Darling in the FranXX – Legacy –

di Altair13Sirio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Esseri fragili ***
Capitolo 2: *** Un messaggio dal passato ***
Capitolo 3: *** Cosa vogliono da noi ***
Capitolo 4: *** Come nasce una squadra ***
Capitolo 5: *** Primo giorno ***
Capitolo 6: *** First contact ***
Capitolo 7: *** La vita a Mistilteinn ***
Capitolo 8: *** Preparativi ***
Capitolo 9: *** La prima connessione ***
Capitolo 10: *** Alla fine della giornata ***
Capitolo 11: *** Rimorsi ***
Capitolo 12: *** A lavoro ***
Capitolo 13: *** Presentarsi al mondo intero ***
Capitolo 14: *** Fare pace ***
Capitolo 15: *** Messaggero ***
Capitolo 16: *** Senza più paure ***
Capitolo 17: *** Abbandonato ***
Capitolo 18: *** Crescita ***
Capitolo 19: *** Mano nella mano ***
Capitolo 20: *** La vita va avanti ***
Capitolo 21: *** Casa ***
Capitolo 22: *** Distanza ***
Capitolo 23: *** Torikago ***
Capitolo 24: *** Come una squadra ***
Capitolo 25: *** La metà di me ***
Capitolo 26: *** Il nostro equilibrio ***
Capitolo 27: *** Supremazia ***
Capitolo 28: *** La scelta del caposquadra ***
Capitolo 29: *** L'inizio della guerra ***
Capitolo 30: *** Proteggere quel sorriso ***
Capitolo 31: *** Non ancora al sicuro ***
Capitolo 32: *** Una bambina curiosa ***
Capitolo 33: *** Eroi ***
Capitolo 34: *** Riposo ***
Capitolo 35: *** Neve ***
Capitolo 36: *** Missione ***
Capitolo 37: *** Giocare con la vita ***
Capitolo 38: *** Libera ***
Capitolo 39: *** Troppo ***
Capitolo 40: *** Manatsu no Setsuna ***
Capitolo 41: *** Mettere gli occhiali ***
Capitolo 42: *** Sforzi inutili ***
Capitolo 43: *** Fuoco incrociato ***
Capitolo 44: *** Disordini ***
Capitolo 45: *** Qualcosa che scricchiola ***
Capitolo 46: *** In cerca della luce ***
Capitolo 47: *** La Squadra Desia ***
Capitolo 48: *** Cose da dire ***
Capitolo 49: *** Un incontro importante ***
Capitolo 50: *** Sempre nel mio cuore ***
Capitolo 51: *** Ragazzi da soli ***
Capitolo 52: *** Shuffle ***
Capitolo 53: *** Il vero problema ***
Capitolo 54: *** Due squadre unite ***
Capitolo 55: *** Pace ***
Capitolo 56: *** Parte della famiglia ***
Capitolo 57: *** Una voce a cui dare ascolto ***
Capitolo 58: *** Ancora nei suoi pensieri ***
Capitolo 59: *** Autodifesa ***
Capitolo 60: *** Confessioni ***
Capitolo 61: *** Perdono ***
Capitolo 62: *** Bambini ***
Capitolo 63: *** Ritorno a Desia ***
Capitolo 64: *** Cose da dirsi ***
Capitolo 65: *** Lasciare il segno ***
Capitolo 66: *** Qualcosa di unico ***
Capitolo 67: *** Lotta in città ***
Capitolo 68: *** Invincibili ***
Capitolo 69: *** Tu e loro ***
Capitolo 70: *** Perdita ***
Capitolo 71: *** Un cuore chiuso ***
Capitolo 72: *** Fuori dal proprio tempo ***
Capitolo 73: *** Mente e cuore ***
Capitolo 74: *** Maschera ***
Capitolo 75: *** Tanti auguri ***
Capitolo 76: *** Scuse dovute ***
Capitolo 77: *** Facce nuove ***
Capitolo 78: *** Bandiera bianca ***
Capitolo 79: *** Disperazione ***
Capitolo 80: *** Distruzione ***
Capitolo 81: *** Cambiamento ***
Capitolo 82: *** Conseguenze ***
Capitolo 83: *** Figli dello stesso dio ***
Capitolo 84: *** Rimediare ***
Capitolo 85: *** Più forti ***
Capitolo 86: *** Beautiful World ***
Capitolo 87: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 88: *** Insieme ***
Capitolo 89: *** Spiegazioni ***
Capitolo 90: *** Presagio ***



Capitolo 1
*** Esseri fragili ***


Il mondo è un posto crudele.
Per tutta la vita lottiamo con tutti noi stessi per sopravvivere, e un giorno dall'alto arriva qualcosa che distrugge completamente le nostre speranze.
Siamo deboli, insignificanti. Da soli non siamo nessuno.
Il Jian, l'uccello che vola poggiandosi al proprio partner, vive costantemente alla ricerca di un compagno. Da solo non potrà mai librarsi in volo, eppure da quando sono nato ho un dubbio che mi tormenta: se invece di avere bisogno di un compagno, il Jian fosse già libero di volare per conto proprio, cercherebbe comunque la felicità con un partner oppure si librerebbe in volo, lasciandosi alle spalle il dolore della vita?
Il mondo è crudele. Dover scegliere è crudele. E la parte più dolorosa di tutto ciò è che non possiamo prendercela con nessuno per questo.
Brancoliamo nel buio a testa bassa senza neanche sapere che cosa cerchiamo, ma non vogliamo arrenderci finché non lo avremo trovato. Come il Jian ci prendiamo per mano e cerchiamo la luce. A che serve il nostro vagare? Perché continuiamo a cercare di sfuggire al nostro destino? Se questo esiste davvero, allora a che serve lottare?
Siamo minuscole creature prive di qualsiasi potere sul mondo che ci circonda, eppure siamo riusciti ad andare avanti e cambiare queste cose, piegare la natura al nostro volere e trasformare la materia per farla nostra. E' veramente solo frutto del caso, oppure era veramente destino che arrivassimo sin qui?
E io per quale motivo continuo ad andare contro corrente, spinto da questo bisogno di dimostrare che sono io il padrone del mio destino?

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Capitolo 2
*** Un messaggio dal passato ***


La spiaggia era un luogo meraviglioso. Era il posto dove tutti volevano andare per divertirsi. Gli umani adoravano quei passatempi frivoli dove niente di rilevante accadeva proprio perché le loro vite erano così piene di pensieri che a volte tutto quello di cui avevano bisogno era isolare le loro menti per un po’. La spiaggia funzionava benissimo in quel senso.
La sabbia bruciava sotto al sole dorato, ma le onde cristalline donavano freschezza e sollievo a chiunque osasse avventurarsi fuori dai propri ombrelloni protettivi – e senza perdersi troppo a contare, erano in molti a farlo. La ricompensa dell’essere usciti dalla propria zona d’ombra personale era molto più soddisfacente del rimanere al sicuro, al fresco. Un altro motivo per il quale tutti si spingevano al di fuori della linea delimitata dagli ombrelloni: era nel loro istinto.
Gli umani avevano per secoli cercato ciò che non potevano raggiungere, si erano spinti sempre oltre il limite per scoprire, scoprire sempre di più. Un desiderio di conoscenza insaziabile. Anche quando tutto sembrava perduto, gli umani si erano risollevati per cambiare il mondo e scoprire nuove cose; alcuni avevano perso sé stessi in questa ricerca, altri vi avevano trovato la verità. Altri ancora avevano trovato molto di più.
In una giornata d’estate il massimo dell’eccitazione che si può pensare di raggiungere è quella provata alla vista di un gelato o una bibita fresca a portata di mano, oppure quella provata dai ragazzini che cercano di sbirciare nelle scollature delle signore in costume, o ancora quella donata dall’acqua fredda dopo essere rimasti troppo tempo al sole ed aver deciso di fare un tuffo: una vera scarica di adrenalina!
Ma in quella giornata così calda e fiacca i visitatori della spiaggia si sarebbero trovati in una situazione molto più straordinaria di quanto avrebbero potuto immaginare. Sin dalla mattina non c’era stato un filo d’aria, il mare era rimasto piatto come una tavola. I bambini giocavano spensierati nell’acqua senza che niente potesse turbare loro o i loro genitori, che in tanti restavano a riva a guardare con serenità la loro prole, ricordando il tempo in cui fu il loro turno di giocare nell’acqua mentre qualcuno vegliava su di loro dalla riva. La giornata sarebbe passata come niente se alle dodici e sedici minuti, esattamente l'orario in cui la temperatura aveva raggiunto il suo picco più alto, l’acqua non avesse cominciato a incresparsi inspiegabilmente.
Non si avvertiva il minimo soffio di vento, eppure a riva erano cominciate ad arrivare onde sempre più evidenti e violente. Alcuni genitori andarono a recuperare i loro bambini dall’acqua temendo il presentarsi di qualche onda anomala; altri non si mossero finché anche la terra non ebbe cominciato a tremare.
Con una furia destabilizzante, a una trentina di metri dalla riva cominciarono a emergere dall’acqua delle strane macchine nere delineate da venature blu luminescenti. Sembravano enormi navi da guerra, ma dall'aspetto più animalesco e, in qualche modo, antico. Sollevarono grandi onde a riva e molte persone scapparono alla loro vista, ma in realtà non accadde niente di veramente pericoloso. Ci si accorse solo dopo un poco di tempo che le macchine non si stavano muovendo e non sembravano rappresentare alcun pericolo per i bagnanti. La gente cominciò a tornare lentamente alla spiaggia per osservare curiosa quell’inspiegabile apparizione, non senza un poco di timore, mentre le autorità venivano allertate.
Fu chiaro sin da subito che nessun vigile avrebbe potuto prendersi cura di quelle cose e per questo fu contattato al più presto l'organo scientifico più influente della società umana, che molto più probabilmente avrebbe potuto capire qualcosa di quella situazione.
L'Istituto per il Progresso dell'Umanità era un’istituzione che aveva quasi mille anni di vita e che si occupava del prosperare del genere umano. I libri di storia raccontavano di una antica guerra avuta luogo nello spazio e di un “primo popolo” che riuscì a ricostruire il genere umano dopo essere caduto in una grande crisi. A capo di questa istituzione umanitaria c’erano due figure leggendarie conosciute come la “mamma” e il “papà” degli uomini. Tutti conoscevano queste persone e alcuni nei secoli avevano avuto anche la fortuna di essere loro amici, ma essendo loro due degli esseri immortali preferivano non instaurare delle relazioni troppo profonde con altre persone. Queste due figure avevano rimodellato la civiltà umana e avevano aiutato i popoli a creare la propria prosperità facendo loro da guida con la loro conoscenza antica, raggiungendo uno sviluppo mai visto prima nella storia dell'umanità e che continuava a crescere con la loro guida.
L'I.P.U. mandò una squadra di ricercatori perché potessero studiare le macchine, ma in breve tempo furono predisposti i lavori per portarle via e studiarle in un luogo più adatto. Assieme all'I.P.U. arrivò anche un contingente di persone armate, questo perché sembrava che ci fosse una remota possibilità che quelle macchine enormi rappresentassero un pericolo per la gente nonostante il loro comportamento letargico. Alla fine non successe niente: le macchine se ne rimasero per tutto il tempo immobili a emettere delle strane vibrazioni, come se avessero esaurito le energie e non potessero più muoversi, e fu proprio quella la stessa impressione che ebbero gli specialisti accorsi sulla scena.
Quando le macchine furono portate via, la situazione si poté calmare un poco, ma ormai la bella giornata di mare era andata: non solo la spiaggia somigliava più a un campo minato dopo l'incessante viavai a cui era stata sottoposta durante la giornata, ma i lavori di trasporto si conclusero al tramonto, quando ormai non era più possibile godere del sole.
Al loro arrivo al laboratorio designato per contenere quelle misteriose macchine, i ricercatori ricevettero la notizia che in molte altre parti del mondo si era ripetuta la stessa scena accaduta quella mattina sulla spiaggia: sembrava che in tutto il mondo quelle strane creature stessero cercando di mandare un messaggio alla gente, emergendo dalle profondità del mare o della terra e facendo sapere a tutti della loro esistenza. Ma che cosa volessero dire di così importante era ancora ignoto.
Nessuno sembrava riuscire a stabilire un contatto con quelle macchine – posto che si trattasse realmente di macchine e non di qualcos'altro – e il timore che quello potesse essere il preludio a qualcosa di tremendo per l'umanità iniziò a farsi spazio tra la gente.
 
*
 
Non passarono neanche ventiquattro ore dall'apparizione delle macchine che Hachi decise di andare a esaminare di persona la questione. Aveva chiesto di essere informato su qualsiasi cosa dovesse accadere durante le operazioni di trasporto e durante gli studi avvenuti nella notte, ma all'alba aveva deciso che non gli bastava restare semplicemente in attesa di novità: era avido di conoscere la verità, ma soprattutto di fugare i dubbi che ciò che era venuto fuori dalla terra non fosse ciò che temeva.
Nana era via e in quella situazione qualunque decisione sarebbe stata soltanto sua, ma il voler vedere che cosa fosse emerso dal mare non avrebbe dovuto nemmeno richiedere l'approvazione di qualcuno, e in ogni caso non avrebbe certo avuto problemi nel farlo, lui, uno dei cofondatori dell'I.P.U.
Si fece scortare al laboratorio dove erano state portate le macchine la sera prima e mentre andava là pensò alle descrizioni che aveva ricevuto: giganteschi esseri all'apparenza meccanici, dotati di un rivestimento scuro e di venature blu luminose dentro alle quali sembrava scorrere un fluido denso. Le loro forme erano delle più disparate, così come le loro dimensioni e molti particolari nel loro aspetto sembravano indicare una conformazione pensata per la battaglia; nonostante sembrassero delle macchine, forse si trattava di forme di vita organiche, forse addirittura dotate di intelletto, ma l'impossibilità di comunicarci rendeva impossibile confermare qualunque di queste ipotesi. Questi erano i rapporti arrivati non solo dal centro più vicino che li aveva accolti, ma anche da tutti gli altri centri scientifici nel mondo, come se si fossero accordati su cosa scrivere; e nonostante non fossero in grado di capire i loro comportamenti, tutti i ricercatori che avevano esaminato quegli esseri pensavano che non avessero intenzioni ostili. Le macchine – se così potevano essere chiamate a questo punto – erano rimase docili per tutto il tempo e si erano lasciate trasportare senza mai rendere complicate le operazioni. Se si fosse trattato di armi, che senso avrebbe avuto lasciarle inattive per tutto questo tempo?
Erano secoli che non si sentiva così; una tensione che avrà provato altre due o tre volte da quando aveva ricominciato a vivere come una persona normale. Hachi era molto bravo a reggere il nervosismo, ma durante il viaggio in macchina verso il laboratorio continuò a battere il piede e a guardare impazientemente fuori dal finestrino, come se si aspettasse di vedere da un momento all'altro uno di quegli esseri passeggiare per strada. Aveva già un'idea di che aspetto potessero avere, ma non voleva esternare i suoi pensieri fino a che non ne avrebbe avuto la conferma: tutto quello che si presentava nella sua mente era la reminescenza di un lontano passato, e non era sicuro di voler vedere quelle sue ipotesi confermate.
Aveva cercato di contattare Nana più volte; era lei che sapeva sempre cosa fare in queste situazioni, e proprio quando perdeva la calma lei riusciva a farlo ragionare. Non aveva funzionato e aveva deciso di fare da solo, sapendo che lo avrebbe richiamato il prima possibile. Forse la comparsa di quelle cose aveva bloccato o intasato le vie di comunicazione e dall'altra parte anche la sua partner aveva tentato inutilmente di contattarlo per chiedergli cosa avesse intenzione di fare. Lui lo sapeva bene cosa aveva intenzione di fare: sarebbe andato a vedere di che cosa si trattava, tanto per cominciare, per capire con cosa avevano a che fare; poi avrebbe cercato un modo per capire cosa volessero quelle cose da loro.
Il laboratorio dove erano state portate le macchine distava circa trenta minuti dal suo appartamento, posto proprio in cima al quartier generale dell'I.P.U., ma il viaggio in macchina sembrò durare almeno tre volte di più. Forse era per via del traffico; la notizia della comparsa di quelle enormi cose doveva aver mandato nel panico almeno una minima parte della popolazione, la più suggestionabile, e questo aveva creato un tentativo di fuga di massa dalle città, congestionando le strade.
Ma Hachi sapeva di star mentendo a sé stesso: era l'alba e per le strade non c'era nessuno. La confusione che aveva immaginato era tutta nella sua testa; nessun allarmismo generale, nessun tentativo di lasciare le città. Sembrava anzi che alcune persone non fossero nemmeno a conoscenza dei fatti.
Gli sembrò di vedere due persone che si tenevano per mano sotto a una fermata dell'autobus, al sicuro dal freddo mattutino e dagli sguardi della gente, ma quando sbatté le palpebre non c'era più niente lì. Allucinazioni dovute allo stress o alla mancanza di sonno: così spiegò quella cosa. Quella storia lo stava facendo impazzire; decise di dormire un poco, ma ogni volta che reclinava la testa gli sembrava di udire sibili incomprensibili che lo disturbavano e lo innervosivano sempre di più. Una marea di ombre dal passato lo circondava e cercava di trascinarlo in un abisso infernale dove avrebbe ricevuto la sua punizione per il male causato. Quando si vive in eterno si finisce per credere che qualsiasi azione possa portare alla dannazione eterna, e a un certo punto si teme la morte più di ogni altra cosa.
Quando sentiva quelle cose cercava di pensare a qualcosa di felice, qualcosa che lo rinfrancasse e gli permettesse di distendere i nervi: Nana gli aveva ripetuto fino alla nausea cose del tipo "sei un uomo buono" e che grazie a lui erano riusciti a fare tanto bene al mondo, ma lui non credeva che fosse completamente vero. Se era tanto cambiato nel corso degli anni, era stato grazie a lei, che gli aveva insegnato a vivere, non certo di sua spontanea iniziativa. In fondo lui era sempre stato pronto a sacrificare gli altri, mentre lei… La sua vecchia compagna di avventure si era messa in gioco migliaia di volte per il bene di qualcun altro.
La macchina arrivò al laboratorio dopo appena ventotto minuti dalla partenza. Hachi si rese conto all'improvviso di essere arrivato e si chiese se si fosse solamente immaginato di passare tutto quel tempo in auto. Sicuramente era così. Il suo autista sembrava tranquillo e l'orologio non mentiva. Forse alla fine si era addormentato davvero e aveva sognato quella lunga attesa…
Fu accolto da dei ricercatori che, dal modo in cui si presentavano dovevano essere sicuramente rimasti in piedi tutta la notte a studiare quelle macchine emerse dalle profondità della terra; avevano tutti quegli sguardi stanchi di chi aveva continuamente cercato di trovare un senso in ciò che stava facendo e nonostante tutto era rimasto al punto di partenza. Gli fu subito spiegato che in seguito a diversi test si era concluso che gli oggetti usciti dalla terra avevano sì l'aspetto di macchine, ma erano in realtà esseri viventi viste le loro reazioni a diversi stimoli provati dai ricercatori; tuttavia non c'era stato modo ci comunicare con loro, nonostante sembrassero possedere intelletto. La conclusione dei ricercatori era che si trattasse di forme di vita fossilizzate che avevano versato le proprie coscienze in quei corpi metallici, ma francamente molti di loro sembravano scettici che una cosa del genere fosse possibile.
Hachi era confuso, sembrava che ogni informazione non servisse a niente. Non avevano ancora capito che cosa volessero da loro, e tutte quelle informazioni per lui erano prive di senso finché non poteva vederli con i propri occhi: era questo che voleva. Voleva dissipare quei dubbi che aveva avuto sin da quando aveva ricevuto la notizia della comparsa di quelle cose. Dovette insistere un po', ma alla fine fu condotto nel bunker dove erano stati rinchiusi quegli esseri, una vasta area sigillata e collegata direttamente al laboratorio, il cui accesso era consentito solo ai membri direttamente assegnati allo studio di quelle creature.
Non poté vederli direttamente, ma dal laboratorio dove venivano monitorate le loro attività, attraverso un enorme vetro che si affacciava sul resto del bunker; lì erano tenuti sotto sorveglianza i giganti neri. Gli ci volle solo un'occhiata per rendersi conto di avere davanti quelli che per anni aveva considerato gli obiettivi di una missione, nemici da abbattere senza lasciare alcuna traccia.
Nel grande laboratorio, circondati da macchinari e tecnici che ne studiavano le corazze, i movimenti, le venature, c'erano sei Stridiosauri quasi accucciati nello spazio ristretto a loro disposizione. La maggior parte di loro erano di dimensioni modeste, ma tutti quanti riuscirono a trasmettergli una sensazione di impotenza che aveva completamente dimenticato, ma che ricordava di aver provato ai tempi in cui pilotava i FranXX.
Ed eccoli lì, gli antichi nemici del genere umano, che se ne restavano mansueti e in attesa in un laboratorio di quelle stesse persone che un tempo li avrebbero distrutti e che adesso nemmeno li riconoscevano. O forse non volevano riconoscerli. Hachi era sicuro che nei libri di storia si parlasse abbondantemente degli Stridiosauri e della loro storia millenaria. Perché nessuno aveva ipotizzato che si trattasse proprio di loro?
<< Voglio vederli da vicino. >> Disse al tecnico che lo stava accompagnando. Il poveretto non ebbe nemmeno il tempo di rispondergli che Hachi aveva già deciso di fare di testa sua, dirigendosi verso la porta dove credeva sarebbe riuscito a raggiungere gli Stridiosauri.
Hachi uscì dalla rampa di ingresso seguito da un gruppo di ricercatori che avrebbero dovuto fermarlo, ma nessuno ci provò realmente. Nel laboratorio c'era molto spazio per muoversi, anche gli Stridiosauri più grossi lì dentro si sarebbero potuti alzare e andare via se solo lo avessero voluto. Ma allora perché sembrava che non volessero andare proprio da nessuna parte?
Avevano tutti delle forme diverse, come era sempre stato per anni. Alcuni raggiungevano delle altezze imponenti, assumendo le forme più strane, mentre altri erano più piccoli e modesti, ma nessuno di questi riuscì a sorprenderlo; era abituato alle stranezze degli Stridiosauri e mille anni non gli avrebbero fatto dimenticare tutte quelle cose. Eppure quando arrivò davanti a un particolare Stridiosauro, Hachi si dovette fermare per osservarlo meglio: era adagiato su un fianco e se ne stava raggomitolato in posizione fetale, e a colpire l'uomo fu il suo aspetto stranamente familiare, quasi umano. Quello che doveva essere il suo volto era vuoto, piatto come uno schermo spento; indossava una sorta di armatura e stretta nelle sue mani c'era un'arma. Se non fosse stato impossibile avrebbe pensato che quello Stridiosauro avesse imitato le sembianze di un FranXX…
No, si stava immaginando tutto. Gli Stridiosauri si evolvevano secondo delle leggi precise che gli conferivano una forma ottimale per la lotta, il fatto che fosse simile a un FranXX era solo un caso.
Eppure… Dentro di sé, Hachi sentiva che non era veramente così. Avvertì l'impulso di avanzare e alzò una mano posandola su quello che sarebbe dovuto essere il volto dello Stridiosauro; era attraversato da due linee trasversali agli angoli alti, brillando di un intenso blu pieno di vita. Perché aveva assunto quella forma? Gli Stridiosauri in fondo erano il risultato della completa fusione tra macchine e piloti, e le chance che assumessero una forma umana erano bassissime… Era forse possibile che si fossero rimodellati nell'ultimo millennio, dopo la definitiva rinuncia alla lotta della loro specie? I loro corpi avevano cominciato a cambiare lentamente e ad adeguarsi alla specie che aveva di fatto preso il loro posto nel pianeta, diventando nient'altro che resti fossili di ciò che un tempo erano?
Ma come avevano fatto a uscire dalla terra allora? Se stavano definitivamente "riposando", come era stato possibile anche solo arrivare fino a lì? Gli Stridiosauri erano alimentati dall'energia magmatica ed erano pilotati da una coppia di persone, almeno un tempo. Sì perché dopo la fusione dei piloti alle macchine, dopo milioni di anni passati ad aspettare, gli Stridiosauri erano diventati un tutt'uno con i loro antichi piloti.
Hachi avvicinò il volto alla macchina e posò la fronte sulla sua superficie ruvida. Fu solo un momento, un momento in cui il suo corpo fu sbalzato via come spinto da una potentissima scarica elettrica che lo fece finire a terra dolorante e confuso, ma fu anche un momento molto chiaro che rimase impresso nella sua mente e che trasmise molto più di quel dolore temporaneo: una sofferenza profonda, antica, accompagnata da urla e lamenti in una lingua incomprensibile, sibili assordanti che perforarono le sue orecchie e raggiunsero il suo cervello come preghiere. Una richiesta di aiuto.
Hachi fu investito da milioni di anni di storia e pensieri e sentimenti degli Stridiosauri. La prosperità di un popolo al culmine del proprio sviluppo, l'arrivo degli invasori e una lotta furiosa per poter semplicemente continuare a vivere; il dolore nell'abbandonare tutto pur di sopravvivere, poi la fine e un silenzio lungo milioni di anni ancora, fino all'arrivo di un altro popolo ignorante e razziatore, e il dolore delle perdite, una dopo l'altra, della propria progenie e dello sfumare delle speranze di sopravvivenza a un passo dalla resa dei conti. Infine, una sensazione simile alla gioia, una liberazione, un peso che da troppo tempo bloccava qualsiasi altra cosa e il ritorno alle origini. L'abbandono delle battaglie, il riposo meritato.
Quello che vide Hachi era il passato, ma le sue visioni non si fermarono lì. C'era qualcosa di nuovo, qualcosa che né lui né nessun'altro sulla terra conosceva ancora.
Nelle memorie dello Stridiosauro vide un terzo arrivo dei VIRM: vide la distruzione della civiltà che conosceva e che aveva aiutato a mettere in piedi, la guerra e l'impreparazione del suo popolo contro quegli esseri dotati della saggezza di miliardi di coscienze. Vide una sola via per sfuggire a quel destino, una difesa preparata in anticipo, e il tempo che scorreva inesorabile fino allo scadere.
Le voci dei ricercatori e delle poche guardie nei dintorni gli riempirono le orecchie e Hachi si rese conto di essere rimasto a terra in stato di shock per diversi minuti. Alcune persone stavano già puntando le loro armi contro lo Stridiosauro, le cui venature si erano illuminate debolmente dopo il contatto con Hachi. Lui si rialzò e richiamò quelle guardie intervenute per proteggerlo.
<< Fermatevi! >> Disse cercando di modulare la voce per non allarmarli oltre. << Non mi ha fatto del male. >>
Tra lo stupore generale, Hachi si rialzò massaggiandosi la cervicale e rivolse un lungo sguardo a quello Stridiosauro, ancora immobile. Lui era vivo, su questo non c'era alcun dubbio. Voleva comunicare con loro, e per qualche motivo aveva scelto lui per farlo.
Quando tornò a rivolgersi ai ricercatori cercò di parlare nel modo più chiaro possibile:<< Questi esseri… Non sono delle semplici macchine. Questi sono gli Stridiosauri che si ritirarono nelle profondità della terra mille anni fa, lasciando agli umani la possibilità di continuare a vivere. >>
Una serie di mormorii si levò tra la gente attorno a lui, rendendo quella situazione quasi comica. In fondo nessuno di loro aveva mai visto uno Stridiosauro e alcuni faticavano anche a credere che esistessero dopo tutti quegli anni nonostante le numerose documentazioni nate dagli ex Parasite che avevano voluto trascrivere la storia come era avvenuta, anche con l'aiuto di persone come Hachi e Nana informate sul passato e sulle origini dei FranXX e degli Stridiosauri.
<< E' difficile crederci… Anche io pensavo che fosse una folllia. Pensavamo che ormai gli Stridiosauri si fossero tramutati in materiale fossile per restituire vita alla terra una volta concluse le ostilità, ma a quanto pare le cose sono andate diversamente. >> Continuò osservando anche gli altri esemplari, completamente diversi da quello che aveva toccato lui, e che sembravano osservarlo con quei loro volti privi di occhi. << Forse alcuni di loro sono rimasti in attesa, pronti a riemergere quando sarebbe stato il momento. >>
Il silenzio calò improvvisamente. Che cosa poteva aver fatto svegliare quegli esseri millenari? Che cosa sarebbe potuto succedere di così terribile da richiedere l'intervento degli Stridiosauri, e perché erano stati proprio loro ad avvertirlo?
<< Signori… >> Disse Hachi atterrito, ma mantenendo un tono fermo. Doveva mostrarsi forte, per donare quella stessa forza alle altre persone, poiché senza si sarebbero abbandonati alla disperazione. << Abbiamo ricevuto un messaggio di avvertimento dal passato. Oggi comincia una nuova prova per il genere umano. >>

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Capitolo 3
*** Cosa vogliono da noi ***


<< Certo che li ho visti! Sono apparsi ovunque e ne sta parlando tutto il mondo. Giornali, televisione, radio… Abbiamo dovuto interrompere l'incontro perché qualcuno temeva si trattasse di un attentato. >> Rispose Nana, seduta nella sua stanza di albergo, guardando giù dalla finestra panoramica che le mostrava l'intera città. Le miriadi di luci che infrangevano l'oscurità brillavano come stelle nel cielo, ma lei le stelle le aveva viste per davvero e quello era uno spettacolo che non si poteva paragonare.
Continuava a tamponarsi la testa con un asciugamano per far asciugare i capelli; il suo corpo era avviluppato in un accappatoio rosa profumato di ammorbidente, legato stretto da una corda ai fianchi, lasciando scoperte solo le gambe quando camminava. Non le importava farsi vedere in accappatoio da Hachi, avevano urgenti questioni di cui discutere e sapeva che lui sarebbe rimasto professionale anche in quella situazione. Quelli erano i vantaggi di conoscere una persona da più di mille anni e di aver scoperto ogni singola sfaccettatura della sua personalità.
<< Sei andata a vederli di persona? >> Chiese l'uomo rivolgendo uno sguardo serio all'ologramma di Nana. Lei annuì.
<< Sono proprio loro, non c'è dubbio. >>
Hachi rimase in silenzio. Erano passate poche ore dal suo annuncio al laboratorio, niente di tutto quello era ancora arrivato alle orecchie del pubblico; lui stesso stava riposando in un ripostiglio della struttura e aveva voluto contattare la sua compagna al più presto per parlarle senza mezzi termini. Non era ancora sicuro di voler raccontare ciò che aveva visto, ma sapeva di non potersi permettere di perdere altro tempo.
<< Ehi. >> Disse lei distraendolo dai suoi pensieri. L'uomo alzò lo sguardo confuso e la vide attraverso l'ologramma chiaramente preoccupata. << Hai un'aria stanca. Stai bene? >>
Le immagini che aveva visto una volta entrato in contatto con lo Stridiosauro gli tornarono in mente in un istante, assieme a quella sensazione di tremendo presagio. Non avevano tempo per i mezzi termini.
<< No. >> Rispose lui. << Ti sono sembrati strani, quando sei andata a visitarli? >>
Nana sembrò confusa. Tirò indietro la schiena e inspirò; la scollatura del suo accappatoio si allargò un po' e lei la richiuse con un agile movimento della mano. << Bé… A prima vista possono sembrare gli stessi di sempre, ma questi mi sono sembrati diversi da come quando li combattevamo… Erano più umani.>>
<< Qui ne è comparso uno che somiglia a un FranXX. >> Confessò Hachi. Nana si mostrò sorpresa, ma non sembrò darvi troppa importanza. Poi, quando Hachi ebbe raccontato ciò che aveva provato una volta sfiorato, diede libero sfogo al suo stupore.
<< Vuoi dire che ti hanno trasmesso la loro conoscenza? >> Esclamò incredula, saltando sulla propria sedia. Era una scoperta incredibile, un raggiungimento epocale che gli avrebbe permesso di scoprire moltissime cose sul popolo dell'Homo Klazōsàuros, dalla loro tecnologia alle scoperte nella medicina, fino alle cose più triviali della loro cultura. Eppure Hachi non sembrò particolarmente entusiasta di quello.
<< Gli Stridiosauri dovevano avere un motivo ben preciso per riemergere dalle profondità della terra, perché ci avevano detto che avrebbero lasciato la superficie per sempre. >> Disse tetro, guardando davanti a sé come se stesse contemplando un quadro complesso e dall'aura minacciosa. << La guerra era finita e loro potevano finalmente riposare. Eppure qualcosa li ha fatti uscire allo scoperto, qualcosa che noi non potevamo prevedere, e hanno deciso di avvisarci!
<< E quel qualcosa è l'imminente ritorno dei VIRM, Nana! Loro sapevano che sarebbero tornati – non so in che modo – e sono venuti ad avvertirci. Questa volta non vogliono assoggettarci, non vogliono "renderci uno" come dicevano la prima volta; il loro obiettivo è spazzarci via! E' la loro vendetta per esserci opposti a loro in passato. >>
Non appena sentì il nome della razza aliena che in passato aveva tentato di conquistare il pianeta Nana avvertì un violento brivido lungo tutta la colonna vertebrale. Improvvisamente ebbe freddo e si sentì osservata nella sua stanza di albergo. << Aspetta, ma non è possibile… >> Mormorò stringendosi di più nell'accappatoio, sentendosi improvvisamente poco al sicuro. << La prima volta ci vollero milioni di anni perché riuscissero a tornare. Come hanno fatto a riprendersi così in fretta? >>
<< Questo vorrei saperlo anche io, ma non credo che abbia importanza ormai. >> Disse Hachi con tono disfattista. << Siamo sotto assedio e abbiamo di fronte un nemico infinitamente più forte di noi. Non siamo minimamente preparati ad affrontarli, a meno che… >> Si interruppe. Nana lo riprese subito, non sopportava quei suoi stacchi nel bel mezzo di un discorso, glielo aveva detto mille volte!
<< "A meno che", cosa? >> Esclamò. << Perché sei così pessimista tutto a un tratto? >>
Hachi rimase in silenzio. Non sapeva se il suo silenzio fosse dovuto a un'incertezza su quella teoria oppure si trattasse solo del suo desiderio di tenere Nana sulle spine. << A meno che non accettiamo l'aiuto che ci stanno offrendo loro. >>
Nana rimase a fissarlo confusa, chiedendosi a che cosa si riferisse. Chi gli stava offrendo aiuto e in che modo avrebbe potuto farlo?
<< Questo pianeta è anche il loro e anche se non li vediamo più da secoli, ci vivono ancora. I VIRM vogliono distruggere la loro casa, e questo non potevano accettarlo. Gli Stridiosauri ci hanno voluto avvertire, ma ci hanno anche offerto una via d'uscita. >> Continuò Hachi, prendendola per le lunghe.
Nana ormai aveva perso la pazienza. << Smettila di girare attorno alla cosa! Di che si tratta? >> Sembrava che Hachi si stesse comportando a quel modo semplicemente per irritarla, ma quella sua verbosità era data da tutta la tensione e la paura raccolta in quelle ore.
Hachi inspirò profondamente e rilasciò l'aria soffiando con forza. << Dovremmo addestrare un'armata di Parasite che entro l'arrivo degli invasori potranno costituire una più che solida difesa contro le forze dei VIRM. >>
Dopo che Hachi le ebbe svelato la sua idea, Nana ebbe fatica a credere a quello che stava sentendo. << Ma… Allora il nostro obiettivo non era respingere una minaccia dallo spazio! >> Protestò. << Abbiamo avuto solo fortuna grazie all'utilizzo dello Strelizia Apath e al sacrificio di… >>
<< E' vero, ma quello successe perché eravamo tutti manovrati da dietro le quinte! >> Ribatté Hachi con veemenza. << Dagli stessi VIRM. Se possiamo prevedere il loro arrivo, saremo in grado di prepararci ad affrontarlo! I nostri Parasite saranno più forti di allora e verranno addestrati precisamente per fronteggiare l'offensiva VIRM; impareranno a coordinarsi come un tutt'uno e svolgeranno i loro allenamenti su una grande varietà di terreni diversi, compreso lo spazio profondo se sarà necessario! >>
Nana lo fissò con aria delusa. << Non capisco. >> Mormorò. << Non faremo mai in tempo a preparare un esercito e addestrarlo con i FranXX. Pensa solo al tempo che ci impiegheremmo a costruire tutte le unità necessarie, per non parlare dei costi e delle materie prime necessarie per costruirli… >>
Hachi scosse la testa. Sapeva che le preoccupazioni della sua partner erano tutte legittime, ma non in quel caso. << Non dovremo costruire alcuna unità. Sono già tutte pronte: sono stati gli Stridiosauri ad avvertirci e non resteranno certo a guardare. >>
Il volto di Nana si illuminò. All'improvviso sembrò come se si fosse ricordata di qualcosa, ma non fu del tutto felice di quello. << Ma è… E' pericoloso. >> Disse cautamente. Connettere dei piloti umani a uno Stridiosauro senza alcuna modifica era un esperimento mai provato prima; c'erano voluti anni per riuscire a trovare l'equilibrio giusto per controllare i FranXX, pilotare gli Stridiosauri sarebbe stato impossibile senza il giusto allenamento.
<< Lo so. L'esposizione all'energia magmatica causerebbe l'invecchiamento precoce che caratterizzava i Parasite, forse anche in modo più accentuato rispetto ai FranXX… Ma con la moderna medicina possiamo arginare questo inconveniente! >> Sembrava fiducioso, ma i suoi ragionamenti erano troppo spietati e privi di scrupoli perché Nana potesse accettarlo.
<< E che cosa mi dici dei vecchi modelli di FranXX? >> Chiese lei abbassando lo sguardo per un attimo, pensando a una strategia meno rischiosa.
Dopo il ritorno degli Stridiosauri e la ripresa della civiltà umana, quando si fu raggiunta una decente stabilità e un livello di sviluppo simile a quello delle Plantation, si decise di riunire i FranXX che erano stati utilizzati contro gli Stridiosauri e lasciati fermi per anni un po' ovunque dopo l'ultima battaglia. Alcuni furono trasformati in monumenti, altri furono portati in musei e altri ancora, rovinati in modo irreparabile, furono smantellati. Ce n'era ancora una gran quantità che gli umani avrebbero potuto utilizzare per quello scopo, ma Hachi rifiutò da subito quell'idea.
<< Vecchi, appunto. Sono antiquati. >> Rispose distruggendo le speranze della donna. << Posto che riuscissimo ancora ad attivarli, cadrebbero a pezzi alla prima battaglia. Inoltre sono esclusivamente alimentati a carburante magmatico, e non possiamo certo utilizzare quello… >>
Nana si morse un labbro. Era stato troppo facile, il modo in cui Hachi aveva smontato la sua proposta. << Ma anche gli Stridiosauri si alimentano di energia magmatica! >> Provò a ribattere.
<< Sono organici, Nana. >> Disse lui. << Sono sicuro che si può trovare un altro modo per dar loro energia. >>
<< E i vecchi piloti? >>
Ecco l'unico punto debole dell'idea di Hachi: i piloti che avevano lottato contro i FranXX, che si nascondevano nel nucleo degli Stridiosauri e che erano diventati un tutt'uno con le loro armi dopo millenni di evoluzione. Dov'erano andati a finire?
I ricercatori che li avevano studiati non avevano trovato alcuna traccia di loro all'interno delle cabine di pilotaggio, eppure qualcosa doveva aver mosso gli Stridiosauri fino alla superficie. << Ci sono alcune teorie al riguardo… Dopo tutto questo tempo, potrebbero essere diventati energia, fondendosi con il resto della loro specie. Per questo gli Stridiosauri saliti in superficie sembrano così deboli. Privi di qualcuno a pilotarli, hanno potuto utilizzare le ultime energie che gli erano rimaste per trascinarsi a noi e chiederci aiuto. Vogliono combattere in questa nuova guerra, ma non possono farlo da soli! >>
Nana fissò il volto contratto di Hachi mentre parlava. Sembrava veramente sicuro di quella sua idea, come se dipendesse della sua vita. E in fondo, in un certo senso era così. Sospirò e abbandonò le armi. << Capisco… Quindi dovremmo selezionare dei Parasite per pilotare gli Stridiosauri emersi e prepararli alla battaglia. Mi chiedo come dovrebbero avvenire le selezioni… >> Si mise a guardare fuori dalla grande finestra della sua stanza di albergo. << Forse dovremmo fare una rassegna dei soldati migliori di tutto il mondo, corpi di polizia e… >>
<< No. Il nostro esercito sarà completamente nuovo. >> Disse Hachi interrompendola. Nana tornò a guardarlo, scettica.
<< Allora vorresti crearlo dai civili? >>
<< Quasi. >> Fu la risposta enigmatica di lui, che non riuscì a trattenere un leggero ghigno.
La fronte di Nana si increspò e la donna provò a pensare a una alternativa a quell'idea. Il suo volto prima si scurì, poi tornò titubante, e infine fu travolto dalla rabbia. << No! >>
<< Sì. >> Rispose lui serio.
<< NO! >> L'urlo della donna fece sfarfallare l'ologramma di Hachi, ma lui rimase impassibile. << Non puoi voler veramente fare una cosa del genere! >>
Hachi chiuse gli occhi e sospirò. Sapeva quanto fosse difficile, ma sapeva già che quelle era l'unica via possibile:<< Dovremo fare dei controlli ed estrarre i soggetti più compatibili nelle fasce più giovani della popolazione. >>
<< Vorresti mettere dei bambini a pilotare quelle armi?! >> Esclamò lei fuori di sé alzandosi dalla propria sedia e guardando dritto negli occhi l'immagine luminosa di Hachi.
Lui sostenne il suo sguardo senza vacillare. << E' la stessa cosa che facevamo allora… >> Disse.
<< Sì, ed era disumano! >> Reagì lei, tornando a sedersi con pesantezza.
<< Non li stiamo crescendo esclusivamente per mandarli a morire in un campo di battaglia! >> Ribatté Hachi con tono diplomatico. << Li metteremo al corrente di tutti i rischi e saranno solo loro a decidere se arruolarsi. >>
<< Ma perché dobbiamo farlo fare a dei bambini? >>
Il tono esasperato di Nana era più che giustificato, ma anche lei conosceva la risposta a quella domanda e non avrebbe potuto opporsi a lungo. Hachi assunse un cipiglio ammonitore e una strana ombra tagliò il suo volto a metà, rendendolo estremamente minaccioso. << L'età che va dai dodici fino ai diciassette anni è la fase dello sviluppo in cui si può apprendere meglio ogni tipo di capacità, comprese quelle per pilotare un FranXX. >> Fece una pausa e guardò da un'altra parte come per controllare qualcosa. << Un adulto non otterrebbe mai l'agilità e le capacità di giudizio che invece si imprimerebbero nella mente di un adolescente tramite l'effetto osmosi. Non solo, una mente già completamente sviluppata rischierebbe di avere seri problemi ad affrontare la connessione con il partner, mentre  con una mente ancora in pieno sviluppo il livello di compatibilità tra partner sarebbe maggiore e più facilmente sviluppabile. >>
<< Quindi stai dicendo che i bambini sono più semplici da condizionare secondo il tuo volere. >> Commentò acida Nana guardando dritto nell'ologramma. Le sue braccia si alzarono automaticamente e si incrociarono in una posizione difensiva, come se sapesse già che Hachi avrebbe contrattaccato.
<< Non mettermi in bocca parole che non ho detto. >> Rispose lui girandosi nuovamente a guardare davanti a sé e portando indietro la schiena. Quell'ombra minacciosa che aveva diviso in due il suo volto sparì. << Sai anche tu che sarebbe la scelta migliore. >>
Nana rimase ferma in quella posizione per un po'. Hachi aveva ragione, ma non avrebbe mai accettato di ripetere quello che avevano già fatto una volta con i Parasite; si trattava di una cosa crudele e disumana, prendere dei ragazzi innocenti come pedine sacrificabili e metterli in migliaia di situazioni pericolose, oltre che strapparli alle loro famiglie. Loro due avevano vissuto quel tipo di vita da entrambi i lati, prima come piloti e poi come supervisori, e avrebbero dovuto essere i primi a impedire che la storia si ripetesse.
Ma non era facile scegliere in quelle circostanze.
La donna abbassò lo sguardo fissandosi per un attimo sull'apparecchio che stava generando l'ologramma di Hachi: il fascio di luce conico era composto da una miriade di colori diversi che si alternavano a ogni minimo movimento del suo interlocutore, e l'immagine veniva riflessa sui vetri della finestra alle sue spalle. Quando tornò a guardare Hachi, vide che anche lui sembrava affranto. ma rassegnato.
Non guardarmi in quel modo! Pensò infastidita. Quello sguardo le diceva di star sbagliando, che non avrebbero potuto fare in altro modo, e non voleva accettarlo!
Distolse lo sguardo un'altra volta, ma aveva finito le sue obiezioni. Hachi sembrava aver già deciso.
La donna lasciò andare un sospiro di frustrazione e disse:<< D’accordo, mettiamo che sia la scelta migliore da fare… Come pensi che potremmo preparare dei ragazzini che non hanno mai provato cosa significhi rischiare la vita a una guerra interplanetaria? >>
Hachi si concesse un sorrisetto quando vide di aver quasi convinto Nana, poi tornò serio. << Intanto dobbiamo trovare questi ragazzi. Quando li avremo scelti in base alla loro compatibilità, cominceremo col forgiare il loro carattere e spirito di squadra. Saremo i loro insegnanti in tutte le discipline, creeremo un ambiente familiare che gli permetterà di sentirsi a casa, e poi sarà il momento di insegnargli a pilotare seriamente… >>
<< Un momento. >> Disse Nana. << Quanto tempo abbiamo prima che i VIRM arrivino? >>
Hachi fece una smorfia. << Se te lo dicessi penseresti che sono pazzo. >>
Come se tutto il resto del tuo discorso fosse così normale! Pensò lei.
Con un gesto stizzito, la donna lo invitò a sbrigarsi a vuotare il sacco e lui obbedì con titubanza. << L’arrivo dei VIRM è previsto tra due anni circa. >> L'ansia che aveva colto Nana al momento della rivelazione di Hachi svanì in un attimo: da come aveva detto lui, sembrava che mancassero poche settimane all'arrivo dei nemici. Hachi non era mai stato un tipo ansioso, era improbabile che fosse per quello che avesse tutta questa fretta.
<< Ma…! >>
<< Aspetta! Non è finita. >> Hachi si affrettò a riprendere Nana prima che dicesse altro, sapendo che quella scoperta le avrebbe fatto abbassare la guardia. << Ci sono diverse flotte di ricognizione che sono partite in anticipo e arriveranno da noi molto prima. La nostra unica speranza di fronteggiarli è formare delle squadre di Parasite a bordo degli Stridiosauri; qualunque altro tipo di tecnologia sarebbe inadeguata a fronteggiarli, anche con abbastanza tempo a disposizione! >> Nana abbassò lo sguardo pensierosa e cominciò a pensare a quel fatto, concordando con Hachi. << Sai quanto tempo ci ha messo il dottor FranXX per mettere a punto le armi che poi utilizzammo contro gli Stridiosauri… >> Aggiunse l'uomo dopo un attimo di pausa.
<< D’accordo allora… Quanto tempo ci vorrà prima dell’arrivo della loro prima flotta? >> Nana accettò rapidamente quel fatto e cambiò mentalità, pronta a reagire. << Un anno? >>
Hachi tornò a guardarla con quell’ombra inquietante sul volto e disse con voce grave:<< Meno di quattro mesi. Ho già dato disposizioni ai ricercatori di questa base di cominciare a studiare gli Stridiosauri per trovare un modo efficace per effettuare la connessione. Dobbiamo avviare il programma di arruolamento subito e questo dovrà essere svolto nel più breve tempo possibile; poi ci dovremo occupare di addestrare i nuovi Parasite… Se tutto andrà bene, avremo tre mesi scarsi per prepararli alla loro prima battaglia. >>
Nana annuiva rapidamente alle disposizioni del suo partner, pensando che se fosse stata nella sua posizione avrebbe fatto lo stesso. Poi lo vide sospirare come se fosse esausto, e a quel punto capì perché.
<< Ho intenzione di fare un annuncio alla popolazione. Sarà difficile e molti non vorranno accettarlo, ma penso che avremo molti consensi nonostante la situazione critica. Ma prima di tutto questo, devo sapere che sei d’accordo con me, Nana. Lo sai che non posso fare tutto questo da solo. >>
La donna sospirò a sua volta e vide il viso di Hachi trasformarsi: non c’era più quello sguardo duro di chi sapeva sempre cosa fare, quella sua parte cinica che sembrava essersi disseppellita dopo tutti quegli anni era improvvisamente svanita e al suo posto era tornato l’Hachi umano, con le sue insicurezze e i dubbi sulle sue capacità di giudizio e sulla moralità delle proprie azioni… Hachi aveva ancora bisogno di lei, proprio come tanti anni addietro.
Il braccio e la mente… Pensò tra sé e sé sorridendo. << Non posso dire di essere ancora convinta… >> Disse sospirando. << Ma in questo momento comprendo che non abbiamo alternative migliori, quindi hai la mia approvazione a procedere. >>
Il viso di Hachi si rilassò di colpo non appena sentì quelle parole. 
<< Agisci come meglio credi, poi al mio ritorno vedremo di mettere a punto i dettagli. >> Continuò lei. Nana vide un leggero sorriso formarsi sul volto del suo partner e improvvisamente si sentì incredibilmente potente; non ne era sicura, ma credeva che se non avesse detto quelle cose lui non sarebbe andato avanti davvero: era stato così per mille anni, in fondo. Sembrava che oltre alle mansioni di organizzazione cui era solito occupare, Hachi non riuscisse proprio ad essere sé stesso; era come se avesse dimenticato tutto quanto di sé. Non che le dispiacesse del tutto… Un Hachi più umano era sicuramente più piacevole che dover avere a che fare con un musone incapace di provare emozioni come ai vecchi tempi.
<< D’accordo. >> Disse lui abbassando la testa. Sembrava davvero stremato. << Allora darò l’annuncio a tutte le reti. Dobbiamo avviare il programma di arruolamento immediatamente! >>
Per la prima volta in quella chiamata Nana divagò dall'argomento principale, preoccupara della salute del suo compagno. << Non stai per niente bene. >> Disse imbronciandosi. << Sei sicuro che sia tutto a posto? >>
<< Ho solo dormito male. >> Rispose lui portandosi una mano al volto e asciugandosi il sudore. << Ma parlare con te mi ha fatto stare meglio. Adesso posso affrontare il resto di questa folle giornata… >>
Quelle parole avrebbero reso felice Nana, se non fosse stata così in pensiero. Non voleva che Hachi si stressasse tanto per quella cosa; era vero che si trattava di qualcosa di estremamente serio, ma temeva che finisse per farsi del male a lavorare così tanto. Non aveva neanche conosciuto ancora tutti i dettagli di come Hachi fosse venuto a conoscenza di tutte quelle cose, ma decise di lasciar perdere quell'argomento proprio per farlo riposare un poco. << D’accordo. >> Disse con un mezzo sorriso. << Ma non esagerare! Quando sarò tornata, ce ne occuperemo assieme, come sempre. >>
<< Sì. >> Rispose lui sollevato, sentendo una leggera nostalgia non appena la donna ebbe nominato il passato. << A presto. >>
Poi la chiamata si chiuse. L’ologramma di Hachi svanì sopra al tavolino e Nana rimase a fissare il vuoto per qualche minuto, pensando a tutto quello che era successo in quelle ultime ore. C’era troppo da pensare, troppe notizie e scoperte da accettare… All’improvviso si sentì vecchia, stanca, ma le sembrò anche che gli ultimi mille anni fossero passati in un batter d’occhio e lei non fosse cambiata per niente: il timore di perdere tutto quello che avevano costruito in quegli anni non le fece chiudere occhio quella notte.
Passò l’intera nottata a camminare al buio nella sua stanza, riflettendo su quell’incredibile storia che le aveva raccontato Hachi, nella speranza di ideare un’alternativa. Non ce n’erano: ogni volta che pensava a qualcosa subito le si insinuava un dubbio nella mente che smontava completamente la teoria. Potevano solo guardare al passato e cercare di fare le cose giuste questa volta.
Poi, quando cominciò ad albeggiare, un altro pensiero si insinuò nella sua mente e la rese inquieta: sarebbe tornata a contatto con dei giovanissimi, coordinandoli come ai vecchi tempi e agendo da insegnante e mentore per loro. Era come se non vedesse l’ora di cominciare quell’avventura piena di nostalgia, ma allo stesso tempo si chiedeva se sarebbe stata all’altezza di un compito tanto imponente. Era una grossa responsabilità e questa volta non sarebbero stati dei “soldati fatti in casa” ma esseri umani con una mente propria, delle origini diverse e una prospettiva di futuro molto più ampia di quella dei vecchi Parasite.
Non potevano permettersi di sbagliare.
 
*
 
Le cose andarono come deciso da Hachi e Nana. Quella stessa sera Hachi parlò di fronte alle telecamere, annunciando a tutto il mondo ciò che aveva appreso dagli Stridiosauri: iniziò raccontando la storia che tutti sapevano, ma che molti spesso dimenticavano, di come l’umanità riconquistò la sua libertà lottando contro i veri nemici che li avevano schiavizzati per anni; poi lanciò in diretta il programma di arruolamento chiarendo da subito come non fosse obbligatorio partecipare, ma necessario per poter trovare le persone giuste che avrebbero pilotato gli Stridiosauri. Appena ventiquattro ore dopo l'annuncio, migliaia di ragazzi si erano già presentati agli uffici istituiti in fretta e furia per partecipare al programma. Per incentivare la partecipazione furono attuate delle agevolazioni per le famiglie meno abbienti che avrebbero presentato i loro membri: il programma Parasite non forniva solo il miglior tipo di educazione e un sollevamento dalle spese delle famiglie per il mantenimento dei ragazzi, ma erano previsti anche premi e sussidi in seguito alla partecipazione, anche nel caso i figli non venissero scelti come Parasite.
Ogni maggiore città contava di formare una propria squadra speciale di Parasite, un po' come in passato con le Plantation, ma se il numero di Parasite per squadra era rimasto quasi invariato, le vite da proteggere erano aumentate esponenzialmente.
I tempi erano ristretti e per questo si dovette procedere il più in fretta possibile; questa fu un'altra delle premure di Hachi nel suo annuncio. Non voleva seminare il panico nella popolazione, ma era importante che tutti sapessero quanto fosse importante reagire tempestivamente per poter essere più efficaci possibile: i migliori candidati Parasite avrebbero potuto non fare in tempo a presentarsi e questo avrebbe privato il pianeta di grandi risorse per le future battaglie.
I preparativi delle armi andarono di pari passo con quelli per l'arruolamento dei Parasite: gli Stridiosauri andavano studiati con attenzione prima di metterci sopra i piloti. Hachi non aveva dubbi che si sarebbero lasciati pilotare, ma bisognava capire come funzionasse la connessione dell'Homo Klazōsàuros, in modo da poter reagire prontamente agli effetti di invecchiamento accelerato che avrebbero rischiato di riscontrare i piloti, ed era necessario approntare le modifiche necessarie per accogliere i piloti umani. Ovviamente Hachi si assicurò di rendere chiari tutti i rischi che si presentavano per un Parasite una volta arruolatosi. Non c'era la certezza matematica che tutto andasse per il verso giusto anche con le prevenzioni che stavano prendendo e una guerra era pur sempre una guerra: ci sarebbero state delle vittime e quello che poteva augurarsi lui era che, alla fine di tutto, ce ne fossero meno possibile. Questo, aggiunse, sarebbe stato determinato dalla preparazione che lui e gli altri mentori sarebbero riusciti a dare ai ragazzi.
La fase di arruolamento durò quasi due settimane. Furono migliaia i ragazzi che si presentarono agli uffici di ogni città per diventare dei Parasite e nell'organizzazione per riconoscere i singoli candidati si prese a utilizzare un codice proprio come in passato; Hachi e Nana non erano molto contenti di questa scelta necessaria a fare un po' d'ordine, visto il numero ben superiore di candidati attesi. Era un altro dettaglio che sembrava voler accostare il più possibile quella generazione ai vecchi piloti di FranXX.
Le selezioni avvenivano con un semplice prelievo del sangue e una firma della liberatoria: i candidati accettavano di essere soggetti a dei semplici test fisici e psicologici per valutarne l'adeguatezza a pilotare, nonché la possibilità che, una volta selezionati, le loro vite potessero essere a rischio. Il prelievo del sangue serviva invece per trovare un partner compatibile in base ai valori riscontrati: sorprendentemente, questi test eliminarono una grandissima parte di candidati dalle liste per mancanza di partner ideali, mentre quelli che riuscivano ad avere una compatibilità non ne avevano per nessun altro individuo.
Le due settimane dell'arruolamento furono estenuanti; ad Hachi sembrarono durare in eterno. Poi, quando il programma si chiuse, arrivò il momento di incontrare i Parasite che avevano superato i test: i dodici "fortunati" della loro città che lui e Nana avrebbero dovuto crescere e aiutare. Dodici individui diversi, ognuno dei quali avrebbe avuto bisogno di un adeguato supporto morale per avere successo e affermarsi come componenti validi della squadra.

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Capitolo 4
*** Come nasce una squadra ***


Nana si voltò a guardare Hachi, con la sua pettinatura all'indietro e la giacca elegante dava proprio un'altra impressione rispetto al solito, mentre la benda nera sull'occhio destro controbilanciava aggiungendo quell'alone di mistero che si portava sempre dietro; si stava scrutando allo specchio e sembrava star giudicando ciò che aveva di fronte a sé con impietoso orgoglio. Le sfuggì un sorriso a vederlo in quell'aspetto così formale: l'ultima volta che lo aveva visto vestito così bene era stato all'annuncio del programma Parasite, due settimane prima, ma era stato attraverso la televisione e vederlo di persona dava tutto un altro effetto. Le persone che lo guardavano da fuori non potevano sapere quanto diventasse nervoso, specialmente nei minuti prima di andare in scena.
Sentendosi lo sguardo della compagna addosso, Hachi si voltò e inarcò un sopracciglio per chiederle che cosa avesse da ridere.
<< Lo sapevo. >> Borbottò tornando a guardarsi allo specchio. << Sono ridicolo. >>
<< No, non è questo! >> Disse lei nascondendo più che poté quel sorrisetto. << E' solo che non sono abituata a vederti così… Si vede che tieni a questa cosa. >>
Hachi si studiò un altro po' allo specchio, poi prese la sua cravatta dal cassetto posto sopra al mobile e cominciò ad annodarsela attorno al collo. << Voglio fare la migliore impressione possibile! Dal nostro operato verranno fuori dei ragazzi che potranno salvare il mondo, anche la forma è importante in questi casi, dobbiamo far sapere loro che quello che stanno facendo è importante e che possono fidarsi di noi! >>
Nana si avvicinò e infilò le mani in mezzo a quelle di Hachi, interrompendo il suo tribolare con la cravatta. << Ma non dovresti esagerare con "la forma", se non riesci a metterla assieme… >> Lo prese in giro mentre gli annodava la cravatta al posto suo, le mani molto più rilassate e ferme di quelle di Hachi.
Hachi guardò Nana per un secondo. Anche lei stava molto bene: era raro ritrovarsi in situazioni come quella dove dovevano vestirsi in modo formale negli ultimi tempi, quindi non gli era capitato di vederla a quel modo per un bel po' di tempo. Il suo vestito le calzava perfettamente e non sembrava mancare nulla nonostante la sua semplicità; a Nana non erano mai piaciuti i vestiti troppo rivelatori, così il seno era ben coperto e non portava gioielli o altri accessori che distraessero lo sguardo da ciò che andava veramente osservato: lei. A incontrare quei ragazzi sarebbero state due persone che portavano con sé una grande eredità da moltissimo tempo ed erano le loro idee e i loro valori che avrebbero dovuto mettere in mostra, non i loro corpi o degli inutili accessori.
La cerimonia stessa era comunque una pura formalità. I ragazzi erano stati convocati con delle lettere pochi giorni prima e non conoscevano ancora i loro partner: in quel momento stavano aspettando in una stanza l'arrivo dei due coordinatori e quello sarebbe stato il momento di un primo contatto tra i giovani piloti e i loro futuri tutori. Nana e Hachi avevano atteso quel momento con trepidazione.
<< Ecco fatto. >> Disse lei finendo di aggiustare la cravatta. Hachi sembrava un manichino per quanto fosse rigido.
<< Grazie. >> Disse atono abbassando lo sguardo.
Nana sorrise e si voltò per andare a prendere la scatola che aveva posto sulla scrivania.
<< Ancora con quei cosi? >> Chiese lui guardandola mentre afferrava la scatola. << Non credi che fossero meglio delle spille o qualcosa del genere? Così sembra quasi che li stai facendo sposare. >>
<< Perché? >> Chiese lei avvicinando la scatola al ventre e rivolgendo al compagno uno sguardo volpino. << E' solo un simbolo, un modo per fargli capire l'importanza del loro legame. >>
Hachi distolse lo sguardo. << Forse hai ragione… E' solo che mi sembra troppo simile a quello che fecero loro… >>
<< Sei troppo teso! >> Lo rimproverò lei tornando a posare la scatola. Si avvicinò e tirò la giacca di Hachi dal colletto per assestarla, ma in realtà voleva solo una scusa per dargli uno strattone, e si assicurò che risultasse più brusco possibile. << Sembra che ogni cosa ti ricordi il passato. E' vero, le circostanze sembrano essere tornate le stesse di un tempo, ma è per un fine totalmente diverso. >> Sembrava infastidita da quell'atteggiamento di Hachi. << Noi non stiamo disumanizzando quei ragazzi, non li butteremo via come inutili pedine glorificando il loro sacrificio. Noi, da questo momento in poi, saremo la loro guida e li seguiremo uno ad uno per fare in modo che diventino i migliori piloti che siano mai esistiti! >>
<< Potremmo fare degli errori… >> Disse lui. << E se finissimo per sbagliare di nuovo? >>
<< E chi se ne frega? >> Sbottò lei scuotendo la testa. << Tutti fanno degli errori! Dagli errori si impara, e noi abbiamo imparato già tante cose. Non commetterai qualcosa che tu stesso aborrisci. E se sentirai di non sapere che strada prendere, ricordati che non sei solo. >>
Nana si allontanò un poco e osservò l'aspetto di Hachi nella sua interezza. La sua espressione si addolcì e sulle sue labbra affiorò un sorriso nostalgico. << Ce lo siamo promessi, ricordi? >>
Il ricordo di una collina verde e di un futuro luminoso davanti ai propri occhi riaffiorò alla mente di Hachi; allora voleva comprendere meglio gli umani perché lui stesso pensava di aver perso la sua umanità. Allora non aveva la più pallida idea di che cosa significasse provare empatia per qualcuno e temeva di non poter ricoprire quel ruolo di guida che aveva poi preso; adesso, che sembrava essere diventato troppo umano per via di tutti questi dubbi, credeva ancora di non essere all'altezza di quel compito.
<< Dai. >> Disse lei accarezzandogli una guancia. Nana fissò lo sguardo sulla sua benda, dove riposava l'occhio che lui aveva perso mille anni addietro per difenderla, con la sua antica cicatrice a rammentare a chiunque osasse pensare di varcare la soglia tra l'uomo e gli dei quale fosse il suo posto. << E' ora. >>
Già, era ora di andare a incontrare quei ragazzi. Hachi abbassò lo sguardo con aria rassegnata e respirò profondamente, poi seguì Nana verso la porta e la chiuse alle proprie spalle una volta usciti dalla stanza.
Seguirono fianco a fianco lungo il corridoio per una decina di metri, poi quando raggiunsero la porta si fermarono di colpo: dietro a quella porta li attendevano i ragazzi che avrebbero dovuto prendere sotto la propria ala e che un giorno avrebbero dovuto lottare per difendere il mondo. Rimasero entrambi immobili di fronte alla porta, ad attendere che la tensione diminuisse un po' prima di entrare.
Alla fine fu Hachi a decidersi: avanzò fino alla porta e poggiò la mano sulla maniglia, ma arrivato lì si bloccò di nuovo. Una forte ansia si impadronì di lui e tutti i dubbi che Nana era riuscita in qualche modo a dissipare tornarono in un attimo; era passato troppo tempo da quando aveva imparato a sopprimere le proprie emozioni e ormai non era sicuro di ricordare come si facesse quel lavoro. Guardò Nana che accanto a lui gli mandava degli sguardi di incoraggiamento: anche lei era tesa, non era qualcosa che avrebbero potuto fare con la certezza di fare bene, ma insieme potevano farcela. Avrebbero condotto i ragazzini oltre a quella porta insieme fino al loro obiettivo!
Hachi prese un bel respiro e si voltò di nuovo verso la porta mentre la sua mano spingeva delicatamente; la luce della saletta di raccolta li investì in pieno e Hachi strizzò un po' le palpebre in attesa che il suo occhio si abituasse. Nana uscì dall’ombra e accostandosi a lui sfoderò il suo sorriso più accogliente.
C’era un totale di dodici adolescenti nella stanza, disposti in modo casuale su tre file di panche; i due adulti avevano studiato attentamente le loro cartelle quindi conoscevano già i loro volti, e forse anche per questo motivo avevano tanta paura di andare avanti. Fu quando colsero gli sguardi dei due seduti in seconda fila, intenti a parlottare tra loro, che nelle loro menti riaffiorarono dei ricordi ormai sepolti da tempo.
Sembrava che i ragazzi avessero avuto la stessa idea di Hachi e Nana, perché tutti quanti indossavano degli abiti graziosi ed eleganti, come se quello fosse un incontro dell'alta società. Era vero che nessuno di loro fosse eccessivamente elegante, se non per qualche eccezione, e visti d'insieme erano tutti unici nell'aspetto, ma le scelte di abiti dei futuri Parasite erano state sicuramente molto attente. I loro sguardi erano carichi di curiosità, qualcuno sembrava addirittura timoroso, ma la maggior parte delle emozioni trasmesse da quegli occhi era chiaramente di grande eccitazione.
<< Buongiorno a tutti! >> Esordì Nana continuando a sorridere. Le venne automatico battere le mani due volte e per un momento le sembrò di aver già vissuto quella scena: lei che faceva il suo ingresso per presentarsi, quegli occhi luminosi che la seguivano pieni di meraviglia, e poi i volti di quei due ragazzi che erano così simili a…
Distolse lo sguardo fugacemente come se non volesse farsi notare mentre li osservava e si ricompose un poco. << Il mio nome è Nana e questo qui è Hachi, saremo i vostri coordinatori e insegnanti d'ora in avanti. Vi guideremo per questi due anni e confidiamo che lungo il corso del nostro viaggio imparerete ad essere una squadra e a confidarvi con noi qualora abbiate dei dubbi. >>
Il silenzio che seguì fu strano. Quando Nana si era presentata per la prima volta alla Squadra 13 la reazione era stata molto più vivace: ma quei ragazzi non avevano quasi niente in comune e non potevano di certo comportarsi in quello stesso modo. Fu Hachi a intervenire.
<< Innanzitutto, voglio ringraziarvi. Ci vuole un grande coraggio e un forte spirito per decidere di entrare a far parte del programma Parasite e vi promettiamo che i sacrifici che avrete fatto per arrivare sin qui non saranno in vano. Adesso vi chiameremo due alla volta in base ai livelli di compatibilità ottenuti durante i test; la persona che avrete accanto sarà il vostro partner per i prossimi anni. >> Anche lui non riusciva a distogliere lo sguardo da quei due ragazzi in seconda fila; nonostante stesse parlando a tutti, si scoprì diverse volte a studiare i loro volti pieni di meraviglia, incredulo.
Nana prese l’elenco dei candidati dal piccolo leggio posto a un angolo della stanza e cominciò a chiamarli in ordine. Provò un po' di tristezza quando dovette leggere i numeri ai quali erano abbinati. << Candidato 741, Kaoru Matsumoto e candidata 460, Aiko Mori. >>
Dalla prima fila di sedili si alzarono un giovanotto con la testa rasata e una fanciulla dai boccoli dorati che le racchiudevano il viso; avevano entrambi un'aria distratta come se entrambi avessero la testa tra le nuvole, nonostante si stessero sforzando di apparire seri…
Attraversarono la stanza con aria impacciata e si fermarono di fronte ai due adulti.

<< Nonostante voi non vi conosciate, i livelli di compatibilità sono solo dei valori genetici che permettono a due persone di raggiungere più facilmente la connessione. >> Spiegò Hachi mentre Nana andava ad aprire il cofanetto che si era portata dietro per tirarne fuori un nastro di seta azzurra. Quando tornò, chiese ai due giovani di porle i polsi e glieli legò insieme con delicatezza; un piccolo rituale che pensava avrebbe potuto rendere più speciale quel momento e aiutarli a superare la tensione.
<< Voi siete geneticamente predisposti per pilotare assieme e non dovete preoccuparvi di dover per forza andare d'accordo per formare una buona squadra. Certo, avere una situazione di armonia all'interno della squadra porterebbe a migliorare ancora di più il vostro rendimento, ma adesso dovete pensare solo a conoscervi meglio e prepararvi a quello che vi aspetta. >> Continuò Hachi mantenendo un tono rassicurante.
I due giovani si misero sull’attenti quasi contemporaneamente, scattando come delle molle. << Sissignore! >> Esclamò il ragazzo, mentre la sua partner faceva una piccola ed elegante riverenza.
Hachi rispose con un sorriso bonario. << Non c'è bisogno di tutta questa serietà! >> Disse, e con un movimento della mano li invitò a sedersi.
<< Candidato 099β, Hoshi Kondō e candidata 283, Momo Sakei. >> Chiamò Nana leggendo i due nomi dal registro.
I partecipanti erano stati così tanti che, per non creare codici estremamente complessi era stato deciso di aggiungere una lettera ogni volta che venivano superate le tre cifre; il candidato 099β, il primo della squadra a presentare questa particolarità, era un ragazzino dall’aria timida e con un paio di occhiali dalla montatura sottile che gli conferivano un aspetto inerme. Alzò il capo e si guardò intorno alla ricerca della sua partner, e la vide quasi subito perché ancora prima di alzarsi si era girata a guardarlo e gli sorrideva accogliente: era una ragazza molto alta, con i capelli che non le andavano oltre le spalle e un’espressione sicura di sé in viso; si affrettò a raggiungere i due adulti al centro della stanza mentre il ragazzo sembrò esitare. Quando anche lui si fu alzato e fu arrivato accanto alla sua partner, il divario in altezza tra loro due fu ancora più evidente: la Sakei aveva una corporatura più imponente delle altre ragazze nella stanza, ma anche il suo partner era molto più magro e basso dei suoi compagni di squadra, rendendo il loro accostamento quasi un fatto di contrasto.
Nana si avvicinò sorridendo dolcemente e prese i polsi dei ragazzi per legarvi attorno il nastro. Anche le loro mani sembravano completamente diverse.
<< La compatibilità non è data da caratteristiche fisiche o estetiche, se ve lo foste chiesti. Si tratta di qualcosa di più complesso, che affonda nelle vostre radici e vi rende soggetti unici, capaci di pilotare nel migliore dei modi quando messi in coppia. Quindi non cercate di arrovellarvi troppo sul perché siate stati scelti proprio per fare coppia con alcune persone, invece di altre. >> Disse Hachi schiarendosi la voce, dopo aver notato lo sguardo quasi terrorizzato del ragazzino di fronte a sé.
La Sakei si mise sull’attenti. << E' un grande onore! Mi prenderò cura del mio partner. >> Esclamò emozionata. Poi con uno sguardo più fiducioso, si voltò verso Kondō e disse:<< E' bello avere qualcuno accanto in questa avventura. >>
Lui annuì con poca convinzione e abbassò lo sguardo per osservare il nastro con cui Nana aveva legato insieme i loro polsi, poi assieme andarono a sedersi mentre gli sguardi dei ragazzi ancora sui sedili li seguivano in silenzio.
<< Continuiamo… >> Disse Nana schiarendosi la voce. << Numeri 351 e 352, Aki Mizuru e Rin Kawakami. >>
Due ragazzi seduti a poca distanza l'uno dall'altra si voltarono all’unisono a guardarsi per un momento prima di girarsi verso i due adulti e alzarsi senza dire una parola; sembravano starsi spingendo a vicenda, ansiosi di fare un passo falso. Avevano lo stesso sguardo, dubbioso, benché gli occhi fossero l'unica cosa dei loro volti a non somigliarsi: quelli di lui erano di un chiaro color nocciola, lei invece li aveva verde smeraldo, come i capelli di entrambi.
<< Devo farvi i miei complimenti: i vostri livelli di compatibilità erano incredibilmente alti! >> Esordì Hachi quando furono di fronte a lui. Il suo sorriso era solare e accogliente, ma forse fu proprio quello a spaventarli, anche se sembrarono alquanto orgogliosi di quel risultato. << Anche se avete già un'ottima compatibilità, mi aspetto che diate il massimo e non vi adagiate sugli allori! >>
<< Sissignore! >> Esclamarono all’unisono, sembrando ancora di più una cosa sola. Nana legò il nastro attorno ai loro polsi congratulandosi con loro e li mandò a sedersi. Anche nelle movenze i due sembravano uguali, con quell'aria guardinga che assunsero prima di riprendere i propri posti sulle panche.
<< Bene, andiamo avanti… >> Disse Nana unendo di nuovo le mani e voltandosi a guardare per un momento tutti i ragazzi nella stanza. Quando poi abbassò lo sguardo sul registro, la sua fronte si corrugò per un attimo e dovette schiarirsi la voce. << Candidato 016, Ryo Sato, e… Candidata 002, Kya Nakamura. >>
I due ragazzini che sedevano in seconda fila alzarono la testa insieme, leggermente distratti. Fu come rivedere due vecchi amici, Nana dovette lottare con l'impulso di andargli incontro e stringerli a sé, chiedendo a quei due di non farla preoccupare più così tanto.
Ci siete mancati, Hiro, Zero Two… Pensò Hachi mentre guardava il sorrisetto inconfondibile di quella ragazza che conobbe mille anni addietro farsi avanti nella stanza, ammirando gli inconfondibili capelli rosa di lei e soffermandosi sugli occhi di smeraldo del ragazzo prodigio che fu l'unico a riuscire a pilotare insieme a lei.
Sembravano loro, eppure non erano loro. Per un momento solo ai due adulti sembrò di essere tornati indietro nel tempo, ma poi tutto riprese a muoversi e i ragazzi si fermarono di fronte a loro. Erano i loro ritratti perfetti per qualche scherzo del destino, ma Kya Nakamura e Ryo Sato erano due persone diverse, dovevano esserlo!
Nana si era fermata al fianco di Hachi e gli stringeva il braccio in una morsa carica di ansia. Pur avendo visto le loro foto nei documenti che gli erano stati spediti, non aveva voluto credere ai suoi occhi finché non li avrebbe visti di persona, e ora erano lì, non c'erano più dubbi!
Rimasero a guardarli come se avessero visto dei fantasmi e ai ragazzi sembrò che li stessero fissando un po' troppo, quando alla fine la donna si decise ad avanzare per legare i loro polsi con il nastro mentre Hachi si ricomponeva e cominciava a parlare.
<< Anche voi… Avete mostrato livelli di compatibilità molto elevati. >> Mormorò rimanendo fisso a guardarli negli occhi. Era come se non fosse passato neanche un istante da quei tempi in cui Zero Two gli lanciava i suoi sguardi di sfida e contestava le sue decisioni per restare assieme al suo darling, e ora era lì che lo guardava con quegli stessi occhi, ma piena di curiosità e allegria, molto meno combattiva. << Ci aspettiamo molto da voi. >> 
Nakamura sorrise in modo esagerato. << Certo! >> Esclamò. << Io e il mio Ryo daremo il massimo! >>
Sato fu strattonato dal movimento della sua partner e ci mise un attimo a rispondere, ma quando lo fece annuì con decisione. Anche le loro voci erano le stesse.
Nel frattempo, Nana stava avendo qualche difficoltà a concentrarsi per legare il nodo. I pensieri si stavano ammassando nella sua mente e cominciavano a spingere per poter uscire e cercare risposte. Che cosa stava succedendo?
Quando finalmente ebbe legato il nastro attorno ai polsi dei due ragazzi, questi sorrisero e si voltarono per tornare a sedersi tenendosi per mano. Quel dettaglio colpì così tanto i due adulti che dovettero entrambi distogliere lo sguardo per non farsi sopraffare dalla malinconia.
<< Andiamo avanti… >> Mormorò Nana con voce tremante, girandosi per andare a prendere il registro che aveva lasciato sul leggio. << Candidato numero 698ζ, Tetsuya Maruyama e Candidata numero 115, Suzuko Sentakami. >>
Erano rimasti in quattro ancora: due ragazzi entrambi molto alti, uno di loro aveva uno sguardo di ghiaccio stampato in volto, mentre l'altro sembrava molto più gentile e timido, e due ragazze minute e dall'aria simile ai due restanti compagni di squadra, una accigliata e l'altra più rilassata con il volto segnato da qualche lentiggine. I due che erano seduti ai lati della stanza alzarono la testa contemporaneamente e si cercarono con lo sguardo prima di alzarsi e dirigersi verso i due adulti. La ragazza era quella con lo sguardo duro, mentre il ragazzo era quello timido; lei bionda, lui rosso, vederli accanto fu come prima con i due ragazzi che si passavano almeno una ventina di centimetri di differenza, solo al contrario. Nana gli sorrise mentre loro le porgevano i polsi, ma non riuscì a sembrargli naturale: dopo l’incontro con gli ultimi due candidati era impallidita di colpo.
Hachi disse:<< Alcuni di voi sembrano conoscersi già, mentre molti probabilmente non vi sarete mai visti prima. Potrete non piacervi all’inizio, forse fallirete anche la connessione diverse volte. All'inizio è normale, stabilire un contatto con un perfetto sconosciuto può essere difficile, ma se dovesse esserci qualsiasi problema potrete sempre venire a parlarne con noi. E’ importante che si risolva ogni tipo di divergenza per il bene della squadra, e per una vostra convivenza più tranquilla. >>
I due ragazzi annuirono con decisione, poi la giovane davanti ad Hachi si portò una mano all'altezza del cuore e parlò con tono sicuro di sé. << Lavoreremo duramente, promesso! >>
Hachi sorrise fiducioso, contento di vedere quella passione in lei, poi li lasciò andare ai propri posti. Alzando lo sguardo, rimase a fissare gli ultimi due candidati che stavano attendendo di essere chiamati, il ragazzo alto con lo sguardo di ghiaccio e la ragazza con le lentiggini.
<< E infine… >> Disse Nana con voce ferma. << Candidato 259δ, Yoshiki Ojizaki e Candidata 903ρ, Naho Fukuda. >>
La Fukuda ci mise un attimo a rispondere; sembrava che si fosse persa nei suoi pensieri e quando si accorse di essere stata chiamata quasi cadde dalla sedia per alzarsi. Alzando la voce, avvertì di stare arrivando.
Nella stanza si sentirono delle risatine sommesse un po' tra tutti i candidati, ma lei non sembrò prestarvi attenzione e si affrettò a raggiungere gli adulti assieme al suo partner, che era rimasto impassibile.
<< Voi due siete gli ultimi. >> Disse Hachi col tono di chi stava per concludere. << Giusto perché non abbiate alcun dubbio, il vostro ordine non è determinato dal vostro valore o dai livelli di compatibilità ottenuti… Quindi non pensate a questa cerimonia come un modo per stabilire le gerarchie. Voi siete tutti uguali per noi e più avanti, sul campo, darete prova di ciò che siete capaci e collaborerete insieme. >>
Nana finì di legare il nastro attorno ai polsi dei ragazzi e questi abbassarono lo sguardo per osservarli un istante, poi la Fukuda alzò la testa e sorrise al suo partner, arrossendo un po'. Ojizaki non reagì, ma non sembrò infastidito da quel gesto e rimase a sostenere il suo sguardo in silenzio con aria di approvazione. Poi fecero un cenno ai due adulti e andarono a sedersi.
I Parasite adesso erano tutti seduti vicini, sembravano già aver cominciato a comportarsi come una squadra, ma sarebbe stato il tempo a mostrarlo. Ora c'erano solo i sentimenti dei due adulti a dargli speranze che forse non avrebbero dovuto lasciar trasparire, almeno non ancora.
Erano tutti fissi a guardare i loro coordinatori, come studenti affamati di conoscenza; qualcuno di loro risaltava in mezzo al gruppo per qualche movimento di troppo, ma l'attenzione era completamente rivolta sui due adulti in fondo alla stanza. Nana prese un bel respiro e cominciò a parlare.
<< Questo è solo il primo passo. Abbiamo voluto tenere questa… Piccola cerimonia per potervi incontrare tutti assieme, ma ci sarà molto tempo per conoscervi tutti quanti più a fondo, e soprattutto voi avrete il tempo per creare legami tra di voi. >> Disse, e riprese fiato. << Non vogliamo che vediate questa come una sorta di "relazione di lavoro", ricordate che per i prossimi due anni voi vivrete assieme, studierete assieme, lavorerete in squadra e noi saremmo veramente felici se tra voi dovessero nascere amicizie ben salde e durature, che possano andare avanti una volta che tutto questo sarà finito… >>
Mentre parlava, Nana si rese conto di essersi allontanata un po' troppo dal discorso. Aveva lasciato parlare il proprio cuore, proiettando verso quei ragazzi ciò che avrebbe voluto che diventassero, ma non poteva aspettarsi tutto questo da loro. Si ricompose e concluse in fretta:<< Da adesso siamo tutti una squadra e lavoreremo insieme per raggiungere un obiettivo superiore. Vi prego di avere fiducia in noi e di andare d'accordo! >>
<< Potrete venire da noi per dissipare qualunque dubbio; questa zona è totalmente sicura, i vostri alloggi sono poco distanti dal quartier generale e lungo il sentiero ci sono tutte le indicazioni necessarie per non perdersi; potete anche esplorare a vostro piacimento il parco. Non abbiate paura di esporre le vostre paure, perché una squadra si forma attraverso i suoi successi, ma anche superando ogni sua più piccola crisi. >> Prese la parola Hachi. << Per adesso potete semplicemente concentrarvi a conoscervi meglio tra voi. Nei giorni successivi seguirete delle lezioni integrate al vostro programma scolastico con l'aggiunta di materie speciali incentrate sul funzionamento della connessione, gli Stridiosauri e tutto ciò che sappiamo su VIRM. Andate nelle stanze che vi sono state assegnate e indossate le divise che troverete lì. Indossatele con fierezza perché da oggi siete il futuro dell’umanità! >> Mentre parlava, Hachi prese sempre più confidenza con quel ruolo e alla fine si ritrovò a parlare fermamente come un vero leader.
Nana fece un cenno chiudendo quel discorso. << Questo è tutto. Potete andare. >>
I ragazzi cominciarono ad alzarsi e avviarsi verso l’uscita. Un leggero mormorio si levò nel gruppetto di adolescenti che si muoveva, poi la Sentakami si voltò di scatto e con uno sguardo quasi ammaliato disse:<< Grazie per l’occasione che ci è stata concessa! Non vi deluderemo! >>
Nana e Hachi sorrisero mostrando di aver apprezzato quella dichiarazione nonostante non ce ne fosse bisogno, quindi rimasero immobili ad osservarli mentre uscivano dalla stanza per la porta da dove erano entrati in precedenza. Finché questa non si fu chiusa, nessuno dei due si mosse dal proprio posto.
Fu Nana a rompere gli indugi quando non si sentirono più suoni provenire dal corridoio oltre la porta.
<< Come ti senti? >> Domandò con un grande sospiro.
<< Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo. >> Rispose Hachi senza distogliere lo sguardo dalla porta chiusa, ma concedendosi un leggero sorriso per distendere i nervi.
Nana respirò profondamente e le sue spalle si liberarono di tutta la tensione accumulata. << Già… Tutti quegli occhi sognanti che si aspettano molto da te, e l’ingenuità di una gioventù ancora acerba. >>
<< Me li ricordano molto… Tutti loro. >> Disse lui senza nessun tono in particolare. Nana rimase a pensare a quelle parole per qualche secondo, e alla fine non poté che concordare con lui.
<< Già. >>
Per un po' rimasero in silenzio e nessuno esternò i pensieri che correvano liberi nelle loro menti, ma sia Nana che Hachi sapevano a cosa stesse pensando l'altro: i due giovani che si erano presentati come Kya Nakamura e Ryo Sato. Quando avevano visto le loro foto non ci avevano voluto credere del tutto, ma ora non potevano più far finta di niente: quei ragazzi, per qualche motivo, avevano un collegamento molto speciale con Hiro e Zero Two.
<< Credi che… >>
<< Sia solo un caso? >> Hachi rubò le parole di Nana e le fece sue, ma vi diede anche una rapida risposta. << Non credo che il caso possa andare così lontano… E' tutto troppo perfetto perché sia solo un caso. >>
La schiena di Nana fu attraversata da un brivido gelato e la donna abbassò lo sguardo pensierosa. << Hai ragione… >> Mormorò cupa. Rimasero in silenzio per un po’, poi Hachi, che sentiva il bisogno di dare un senso a tutto quello, riprese a parlare.
<< Deve essere qualcosa di più complesso, qualcosa oltre la nostra comprensione. Non è stato il caso a far incontrare di nuovo Hiro e Zero Two, e di sicuro non può essere questo il motivo dell'aspetto di quei due ragazzi. >>
<< E allora che cosa pensi sia stato? >> Chiese Nana alzando lentamente lo sguardo.
Lui si girò a guardare lontano, pensieroso e con chissà quali pensieri nella mente. << Chissà… >> Mormorò fermandosi a guardare la scatola di legno che aveva portato la sua compagna, ora vuota. << Forse il destino… E' così e basta. E ora noi dobbiamo prenderci cura di quei ragazzi, sia che abbiano qualcosa in comune con loro, sia che si tratti di due bambini completamente diversi! >>
Nana lo guardò con preoccupazion, ma annuì. Aveva ragione, non serviva a niente continuare a farsi quelle domande: quei ragazzi che si erano presentati a loro non erano gli stessi che avevano lottato contro gli alieni mille anni addietro, avevano dei nomi diversi e delle identità ancora tutte da scoprire. Non erano Hiro e Zero Two, ma Kya e Ryo.

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Capitolo 5
*** Primo giorno ***


Le uniformi che i ragazzi trovarono sui letti nelle camere a loro assegnate somigliavano a delle semplicissime uniformi scolastiche, solo con un aspetto più “militare”: le spalline erano decorate con piastre di bronzo e la cravatta era del colore del sangue, mentre giacca e pantaloni erano neri. La camicia di sotto era azzurra, un colore molto intenso che spiccava in mezzo a tutto il resto. Le scarpe erano simili a stivali con le suole a carro armato, adatti a camminare anche nei sentieri meno battuti del parco.
<< Siete fratelli? >>
<< Cosa? >>
L’atmosfera nella piccola camera da letto era leggera. Tra i ragazzi vi era ancora un certo imbarazzo, ma alcuni di loro si stavano già lasciando andare. Kaoru era tra questi, facendo domande per conoscere meglio i suoi compagni di stanza.
<< Alla cerimonia Hachi ha detto che tu e quella ragazza avevate un livello di compatibilità incredibile. Vi somigliate molto e i vostri numeri di matricola sono uno accanto all’altro, segno che vi siete iscritti nello stesso momento. Quindi ho pensato che… >>
Aki stava infilando le scarpe che aveva trovato di fronte al proprio letto, assieme a una busta con dentro un’uniforme della sua taglia. Era stato il più veloce dei tre nella stanza a vestirsi, eppure non sembrava avere fretta di uscire da lì, e dopo le parole di Kaoru sembrò averne ancora meno.
<< Oh. >> Mormorò girandosi a guardare la punta dello stivale che stava indossando, ponderando l'idea di non rispondere. << E' così ovvio? >>
<< Bé, non lo so. Per questo te lo sto chiedendo! >> Rispose l'altro stringendo le spalle.
Il ragazzo dai capelli di smeraldo sospirò come se non avesse altra scelta e strinse i lacci delle scarpe. << E va bene… Sì, Rin è mia sorella. Non pensavamo di riuscire a mantenere il segreto con i nostri compagni di squadra, ma per favore, non dite niente ai coordinatori! >> Dopo essersi rialzato assunse un tono disperato e unì le mani in segno di preghiera verso Kaoru.
<< Perché? >> Chiese lui. Era alle prese con uno stivale che non voleva farsi indossare e si era messo a saltellare per la stanza con un piede sollevato mentre con le mani lo tirava verso l’alto.
Con tono di chi aveva perso una sfida, Aki si mise a spiegare. << Partecipare al concorso corrispondeva praticamente ad arruolarsi nell’esercito e per convincere la gente a presentarsi sono state elargite agevolazioni per le famiglie meno abbienti che avrebbero presentato un figlio… Per aiutare i nostri genitori, visto che le tasse per i nostri studi erano troppo alte e visto che loro non volevano che trovassimo un lavoro con il rischio di distarci dagli studi, io e Rin abbiamo deciso di presentarci sotto falso nome. >>
<< Non capisco. >> Kaoru lasciò perdere le scarpe e si concentrò verso il compagno di stanza. << Anche se fosse, perché nasconderlo? >>
Aki alzò un dito e con sguardo estremamente serio disse:<< Un figlio. Il bando diceva così. >> Poi abbassò la mano e sembrò rilassarsi. << L’addestramento da Parasite offre molti vantaggi tra cui un’istruzione completa e di prim'ordine, per non parlare del fatto che saremo totalmente a carico dell’I.P.U. >>
<< Hai paura che vi possano mandare a casa o togliere i soldi ai vostri genitori se la cosa dovesse saltar fuori? >> Chiese Kaoru diventando improvvisamente serio. Ora capiva il perché delle preoccupazioni del ragazzo.
Aki strinse le spalle e dal solo sguardo espresse quanto fosse spinosa quella situazione. << Non speravamo neanche di entrare nei primi cento. Abbiamo pensato che al massimo poteva farcela uno di noi, e già si sarebbe trattato di un grande aiuto per la nostra famiglia. I nostri genitori avrebbero potuto continuare ad avere una vita dignitosa senza doversi ammazzare di lavoro e nessuno ne avrebbe saputo più niente… Chi si immaginava che saremmo stati scelti entrambi! >> Si intristì. Nonostante lo avesse presentato come un ragionamento disonesto, Kaoru non la pensava affatto così, tuttavia capiva il motivo per cui Aki se ne vergognasse; ma da quanto aveva capito, tutto quello era necessario per la sua famiglia.
Il ragazzino rasato a zero sorrise e si batté un pugno sul petto con aria rassicurante. << Stai tranquillo! Nessuno saprà il vostro segreto. >>
Aki lo guardò come se volesse dirgli che gli era infinitamente grato, ma rimase in silenzio e si limitò a finire di allacciarsi le scarpe. Kaoru si voltò poi verso il suo secondo compagno di stanza, che se n’era rimasto in silenzio per tutto il tempo.
<< E tu, invece? >> Chiese. << Sembrava che tu e quella ragazza vi conosceste molto bene. >>
Ryo non rispose. Era talmente assorto nei suoi pensieri che non aveva sentito niente di quella conversazione. Teneva ancora in mano il nastro dorato che la signorina Nana aveva legato attorno al suo polso e a quello di Kya, lo stava osservando attentamente, come se fosse un manufatto antico, e rimuginava.
<< Ryo! >>
La voce lo fece girare e per un momento non capì cosa stesse succedendo. Borbottò qualcosa di incomprensibile e assunse un'espressione spaesata.
Kaoru ridacchiò divertito. << Stavamo parlando delle nostre partner. La tua mi è sembrata molto felice di finire assieme a te. >>
Ryo tornò a guardare il nastro sciolto che faceva girare attorno alle dita e sospirò. << Già. >> Attese un momento e a Kaoru sembrò che non avrebbe aggiunto altro, ma poi prese la parola. << Siamo amici di infanzia… Io e Kya ci conosciamo da molto tempo, ma non sapevo che si fosse candidata per diventare una Parasite. >>
<< Quindi quando te la sei vista di fronte nella stanza della cerimonia è stata una bella sorpresa, eh? >> Chiese Kaoru incrociando le braccia. Ryo annuì, ma non sembrò particolarmente euforico.
Calò il silenzio per un attimo, tanto da far pensare agli altri che quell'argomento fosse un tasto dolente per il ragazzo. Non aveva aggiunto altro e così sembrava che la discussione si fosse chiusa lì, ma in quel momento Aki volle dire la sua.
<< Scusa se mi intrometto… >> Mormorò dal proprio letto. << Ma non sembri molto contento di ciò. >>
Ryo alzò lo sguardo e si morse un labbro. << E' che non me lo aspettavo. Kya è sempre stata una ragazza impulsiva e ho paura che questa scelta possa essere troppo grande per lei… D'ora in poi metteremo a rischio le nostre vite, e sono preoccupato per lei… >>
Aki annuì, sapendo di non potergli dire nulla su quello. Kaoru si voltò a guardarlo, poi si girò verso Ryo e con imbarazzo sentì l'atmosfera farsi più pesante e cercò di dire qualcosa di sensato in fretta:<< Bé, deve essere bello conoscere già la propria partner… Sarà molto più facile stabilire una connessione per voi. >>
<< Già. >> Mormorò di nuovo Ryo abbassando lo sguardo.
<< E se avete una buona compatibilità, sarete più forti in azione e riuscirete a proteggervi a vicenda! >> Aggiunse Aki guardando Kaoru come se gli avesse dato un'ottima idea. Quell'aspetto fece sorridere Ryo, che pur non illuminandosi sembrò cambiare un poco umore.
<< Io invece non so niente di questa Mori. >> Borbottò Kaoru alzando lo sguardo al cielo. << Ehi! Che ne dite se andiamo di sotto a vedere se gli altri sono già pronti? >> Aggiunse con entusiasmo.
Era impaziente di conoscere gli altri membri della squadra, glielo si leggeva negli occhi: da quando aveva finito di vestirsi, aveva continuato a stare in piedi e a muoversi avanti e indietro nella stanza. Gli altri si guardarono per qualche secondo, poi accettarono la proposta e si alzarono in piedi per seguire il loro compagno di stanza che si dirigeva verso la porta e già la apriva.
<< Allacciati le scarpe, prima. >> Rise Ryo quando furono sul corridoio del primo piano, facendo abbassare il ragazzo all'istante che cominciò a borbottare della sua sbadataggine.
Dal piano di sotto arrivavano diverse voci. Quando Kaoru ebbe finito di allacciarsi le scarpe, il trio cominciò a dirigersi verso le scale. Il legno del pavimento era inaspettatamente silenzioso, tutti e tre arrivarono fino in cima alle scale senza che nessuno li sentisse, ma forse fu solo per via del trambusto che stava avendo luogo sulla rampa.
Fermi lungo le scale che conducevano al piano terra c'erano gli altri tre ragazzi della squadra: Yoshiki, rivolto verso le scale che scendevano, Tetsuya e Hoshi, un po’ più indietro e indecisi sul da farsi. Sembravano star discutendo.
<< Che succede? >> Chiese Kaoru scendendo le ultime scale.
Yoshiki si voltò verso di loro. << Le ragazze sono già di sotto. >> Disse con voce atona.
<< Ottimo! >> Rispose Kaoru, e cominciò ad andare giù.
<< Aspetta! >> Lo fermò quello. << Abbiamo un problema. >>
Ryo e Aki si avvicinarono agli altri due ragazzi, che sembravano veramente preoccupati per qualcosa, ma bastò un'occhiata per capire che quello che aveva un problema era solo il più piccolo dei due.
<< Non so se posso farcela… >> Confessò questo quando avvertì la presenza degli altri due.
<< Che vuol dire? >> Fece Aki perplesso, chiedendo che qualcuno gli spiegasse la situazione.
Ci fu un attimo di silenzio e dalla sala di sotto arrivarono delle risate femminili. Le ragazze sembravano aver già stretto amicizia e si poteva dire che anche i ragazzi stessero facendo una cosa simile.
<< Tutto questo. Non lo voglio fare! >> Esclamò Hoshi passandosi una mano sulla fronte e spostandosi un ciuffo di capelli biondi dal volto, prendendo un respiro profondo dopo averlo detto.
<< Perché? >> Chiese Ryo. Pensava che ormai fosse un po’ tardi per i ripensamenti, rifiutare il ruolo di Parasite dopo che gli era stato detto di essere uno dei pochi ad avere una compatibilità sufficiente con una delle Pistil era semplicemente una follia.
Hoshi lo fulminò con lo sguardo, ma non sembrò arrabbiato, solo spaventato. << Dì quello che vuoi, ma la colpa è di quella ragazza. >> Disse allungando un dito verso il piano terra.
Kaoru si voltò verso la fine delle scale come se stesse cercando qualcuno. << Chi? La Sakei? Perché mai dovrebbe essere un problema? >> Con aria di chi non sembrava voler prendere troppo seriamente quella situazione, si portò le mani ai fianchi e sorrise << A me sembra anche molto carina, dovresti essere contento… >>
<< Potrà anche esserlo, ma io non voglio fare coppia con quella là! >> Ribatté Hoshi facendo voltare Kaoru, che si imbronciò all'istante.
<< Ma perché? >> Lo apostrofò Tetsuya, che evidentemente stava cercando di ragionare con il suo compagno di stanza da tempo, senza successo.
Hoshi lo guardò sofferente. Nei suoi occhi c'era paura, ma non poteva veramente essere spaventato della sua partner. Con voce flebile cominciò a spiegare:<< Io non sono bravo con le persone. La mia famiglia mi ha sempre fatto seguire delle lezioni private da casa e così non ho mai conosciuto altre persone al di fuori dei miei insegnanti, che sono sempre stati tutti uomini. Poi un giorno mia madre ha deciso che quello che facevo non bastava più e mi ha iscritto a questo dannato corso per arruolarmi, sperando che fra tanti candidati scegliessero proprio me. Che razza di illusa! >> Esclamò irritato, sapendo che alla fine le illusioni di sua madre si erano concretizzate. Poi, dal tono sarcastico e scontroso di prima Hoshi cominciò a parlare in fretta, carico di ansia. << Non sono in grado di parlare con le persone né di preoccuparmi di me stesso, e di punto in bianco dovrei saper creare una relazione con una ragazza che non ho mai visto prima per andare a combattere gli alieni pilotando giganteschi macchinari antichi milioni di anni? Che diavolo significa?! >>
I ragazzi ascoltarono lo sfogo di Hoshi senza sapere se compatirlo o dirgli di darsi una calmata. Le sue lamentele sarebbero sembrate il lagnare di un bambino viziato, se quei respiri sempre più veloci non gli fossero sembrati così preoccupanti. Un ragionamento simile era comprensibile: loro erano lì per allenarsi a diventare dei soldati, non certo per fare amicizia. Su di loro gravava un peso enorme e il loro operato avrebbe determinato il destino del mondo intero; era prevedibile che qualcuno preferisse tirarsi indietro, ma sembrava che a preoccupare di più il loro compagno di squadra fosse la parte del "fare amicizia".
Kaoru si sbracciò con fare allarmato, non sapendo come calmare il suo compagno di squadra. << Ma non puoi… >> Disse senza sapere come continuare. Si mangiò un po’ di parole e poi ricominciò:<< Perché sarebbe proprio la ragazza, il problema? >>
Hoshi riuscì a calmarsi un po’ mentre Tetsuya accanto a lui gli diceva di respirare piano e lo aiutava a prendere il ritmo. << Non è stata la ragazza a farmi cambiare idea. >> Disse respirando più lentamente. << Non sono stato io a decidere questa cosa! Ho tenuto duro fino ad ora, ma quando ho visto lei… Mi sono sentito a disagio! >>
<< In che senso? >> Chiese Tetsuya, che non sembrava voler mollare Hoshi. Sembrava molto interessato a capire perché Hoshi si sentisse a quel modo, come se anche lui provasse qualcosa di simile e stesse cercando uno sfogo per quella sensazione.
Hoshi scosse la testa. << Non lo so… Mi… Mi fa paura! E’ il modo in cui mi guarda, come si comporta e come parla… Sembra voglia controllarmi. Non mi piace! E poi ha detto delle cose strane alla cerimonia… >>
<< Quali cose strane? >> Esclamò confuso Kaoru. << Non mi è sembrato che ti volesse controllare, si chiama essere altruisti! >> Lo punse con tono secco. << Deve aver visto che eri teso alla cerimonia e ha preso le redini della situazione. E’ un modo per metterti a tuo agio. >>
<< Sì, bé, non mi serve aiuto! Voglio solo andare via da qui! >> Disse Hoshi cominciando a perdere le staffe.
<< Abbassate la voce o le ragazze ci sentiranno! >>
<< Ma che scemenze! >>
Senza alcun preavviso, Yoshiki si mosse di scatto e cominciò a scendere le scale lasciandosi alle spalle tutta quella discussione. Sembrava averne avuto abbastanza, e gli altri non potevano biasimarlo per quello; la discussione sembrava ripetersi sempre sugli stessi argomenti senza trovare mai una soluzione.
Vedendo che Ojizaki stava lasciando il gruppo, Kaoru gli andò dietro dicendogli che non poteva lasciarli indietro e che dovevano entrare tutti assieme. Non sapendo che fare e non riuscendo a ragionare con Hoshi, Aki e Ryo seguirono il loro compagno di stanza per non restare indietro. Sulle scale rimasero Kondō e Maruyama, che erano quelli con più incertezze.
<< Dai… >> Mormorò il secondo dopo qualche istante, rivolto al compagno di stanza. << Andiamo anche noi. >> E dopo qualche passo incerto, continuò a scendere le scale senza più guardarsi indietro.
<< No, aspettate… >> Implorò Hoshi vedendosi le sue uniche assicurazioni sfilare via verso la porta. << Non lasciatemi da solo! >> E continuando a borbottare, richiuse rapidamente il distacco che gli avevano dato gli altri.
Le ragazze stavano già parlando con leggerezza e toni amabili quando i ragazzi fecero il loro ingresso nella stanza. Erano sparse in giro per quello che sembrava un salotto in stile vintage, dagli ambienti in legno e con dei divanetti imbottiti al centro, in mezzo ai quali c’era un piccolo tavolino con sopra un vassoio pieno di cioccolatini incartati. Le carte erano di tanti colori diversi e ognuna recava una scritta.
Aiko e Suzuko erano sedute una accanto all'altra e chiacchieravano vivacemente mentre Naho si muoveva per la stanza studiando con curiosità l'arredamento; la ragazza aveva adocchiato uno scaffale alto con dei libri chiusi dentro di esso, ma non riusciva ad arrivarci e aveva chiesto l’aiuto di Momo per farsene passare uno. Rin stava seduta sul divanetto di fronte a quello di Aiko e Suzuko e seguiva la conversazione in modo leggermente passivo. Kya, infine, guardava fuori da una finestra e tamburellava le dita sul vetro con impazienza.
Quando i ragazzi cominciarono a sciamare all'interno della stanza, furono accolti da un commento scherzoso da parte di Momo. << Era ora! Certo che vi fate aspettare, eh? >>
<< Ops! >> Borbottò Kaoru ghignando imbarazzato alla ragazza che aveva parlato. << Beccati! >>
Momo rise mentre le altre ragazze si voltavano per accogliere i loro compagni di squadra, nessuno fece caso alla smorfia che fece Hoshi quando sentì la battuta della sua partner, già irritato dalla sua presenza.
Ci fu un attimo di silenzio che si tradusse in un forte imbarazzo per tutti quanti. Per un momento, i ragazzi e le ragazze se ne stettero lì a studiarsi, come se stessero cercando di non spaventarsi a vicenda, poi dal fondo della stanza arrivò la voce di Kya Nakamura, che cominciò a saltellare verso il suo partner.
<< Ryo! >>
La ragazza sfilò tra i divanetti e i ragazzi entrati prima del suo partner e si lanciò addosso a lui stringendolo alla vita. Rise quando il ragazzo attutì in pieno il colpo, quasi cadendo a terra.
<< Accidenti…! >> Borbottò lui cercando di bloccare l’impeto della ragazza. Quindi le mise le mani sulle spalle. << Ciao, Kya. Sono ben dieci minuti che non ci vediamo! >> Commentò sarcastico, quindi le posò una mano sulla testa. << Hai già fatto conoscenza delle nostre compagne di squadra? >>
Kya annuì ammiccando. A dire il vero quando i ragazzi erano entrati gli era sembrato che si fosse isolata un po’ dalle altre, ma perché avrebbe dovuto mentirgli?
Yoshiki ignorò il trambusto dei due amichetti e raggiunse la propria partner, che teneva tra le mani il libro che le aveva passato Momo. << Che leggete? >> Disse sfoggiando un sorriso cordiale.
La ragazza con le lentiggini sussultò quando se lo vide comparire accanto e rispose a tratti:<< Oh, stavo solo sfogliando qualcosa… Penso che ci sia una biblioteca molto più fornita da qualche parte in casa, quindi non ho letto tutto. Non che possa leggerlo tutto ora, ovviamente… >> Agitò il libro dopo averlo chiuso, mostrandolo più volte e alla fine lo abbassò del tutto, sprofondando nell'imbarazzo a causa del suo discorso sconclusionato.
Lui non sembrò farci caso e continuò a chiacchierare, con Momo a prendere brevemente le veci della sua partner in modo che potesse riordinare le idee. Per niente interessati ai libri, invece, Kaoru e gli altri andarono a sedersi dove c’erano le altre ragazze. Aki si mise accanto alla sorella e le mandò uno sguardo rassicurante mentre Hoshi occupò il posto rimanente del divanetto dove erano seduti loro due e cercò di non occupare troppo spazio e allo stesso tempo di fare in modo che non ce ne fosse nel caso qualcuno volesse sedersi alla sua sinistra. Tetsuya e Kaoru rimasero in piedi.
<< Ehm… Ciao! >> Borbottò arrossendo il ragazzo dai capelli rasati, abbassandosi un poco per salutare la sua partner. << Io mi chiamo Kaoru Matsumoto, è un piacere conoscerti! >>
La ragazza con i boccoli sorrise nonostante l'imbarazzo e si alzò per fare un piccolo inchino al proprio partner. << Aiko Mori, e… Lo stesso vale per me! >>
Quell'ultima frase suonò più come una domanda che come una affermazione, ma Kaoru non ci fece caso, troppo imbarazzato e confuso per pensare ad altro; era rimasto incantato dal volto della ragazza, e quando poi aveva avuto l'occasione di guardarla meglio in uniforme non riuscì a fare a meno di pensare a come si abbinassero bene i loro vestiti; in un certo senso lo fece sentire speciale.
In effetti, tutti avevano notato come le loro uniformi fossero molto simili: la camicetta azzurra spezzava subito con la gonna nera, ma le scarpe a stivaletto e il fiocco rosso che pendeva dal colletto si abbinavano chiaramente a quelli delle uniformi maschili; sulla gonna poi comparivano delle righe parallele dello stesso colore delle piastrine dei ragazzi, e sembrava che l’uniforme femminile avesse un altro pezzo al posto della giacca maschile che in quel momento solo Momo stava indossando, una mantellina nera decorata con dei ricami di bronzo da legare attorno alle spalle.
<< Oh, prego, siediti! >> Esclamò Aiko rendendosi conto di essere rimasta a fissarlo senza offrirgli il posto. Kaoru fu restio a sedersi subito accanto alla sua partner, non volendo darle fastidio, ma lei insistette e allora il ragazzo finì per sederle accanto.
<< Di che stavate parlando? >> Domandò alla ragazza, cercando di infrangere la barriera di imbarazzo che li separava nonostante fossero così vicini.
<< Sentakami ci stava raccontando come funzionano i valori di compatibilità e perché potremmo essere risultati noi tra tutti i più adatti a pilotare. >> Rispose cordiale Aiko, nel tentativo di superare l'imbarazzo a sua volta. Suzuko rideva sotto ai baffi quando l'attenzione si fu spostata su di lei; la scenetta tra i due partner sembrava divertirla, ma si ricompose all'istante.
<< Sul coupon che ci hanno consegnato all'arruolamento c'era scritto che i valori più alti permettono alla coppia di lavorare meglio. >> Disse con voce ferma. << Però io ho studiato qualche cosa di più: inizialmente i ragazzi che venivano scelti per diventare Parasite venivano sottoposti a cure speciali per migliorare i loro livelli di compatibilità, quindi questi valori venivano in qualche modo sviluppati dall'uomo. Dopo mille anni di civilizzazione e l'abbandono di queste tecniche, il gene che predisponeva alla connessione è scomparso, diventando rarissimo. In un certo senso, è come se noi avessimo conservato quel gene, forse lo abbiamo ereditato dai nostri genitori oppure è rimasto latente per generazioni… Fatto sta che è grazie a quello se noi siamo qui ora! >>
Kaoru rimase senza parole di fronte alla vasta conoscenza della sua compagna di squadra. << Dove hai imparato tutte queste cose? >>
Suzuko si schiarì la voce e sorrise con un po' di orgoglio mentre al gruppo si aggiungeva anche Momo e prendeva una sedia per mettersi accanto a Hoshi. << A casa mia ci sono un sacco di libri che trattano l'argomento da tutti i punti di vista possibili, storia, biologia, geografia… Mi piace curiosare su tutto ciò che riguardi i FranXX e gli Stridiosauri… A proposito, lo sapete che noi piloteremo proprio degli Stridiosauri? >>
Kaoru spalancò la bocca incredulo e si sporse dal proprio posto sul divanetto. << Piloteremo gli Stridiosauri?! >> Chiese incredulo. << Quelli che sono venuti fuori dal mare? >>
<< Sì, loro. Cosa pensavi che avremmo fatto? >> Intervenne Tetsuya.
Kaoru si imbronciò prima di rispondere. << Pensavo che avremmo pilotato dei FranXX, come nell’antichità. >> Spiegò leggermente spaesato.
<< Ma no! >> Fece Yoshiki dall’altra parte della stanza, unendosi assieme a Naho al gruppo, seguiti poco dopo da Kya e Ryo. << I FranXX sono fuori produzione da un sacco di tempo. Non avrebbero potuto costruirne di nuovi in così poco tempo, e non avrebbero avuto nessun modo per alimentarli. >>
Kaoru sbuffò e poggiò la testa sul retro del divanetto. << Con la tecnologia che abbiamo, avrebbero potuto trovare una soluzione… Non credi, Ojizaki? >> Borbottò. Sembrava veramente ansioso di poter pilotare un FranXX e ora quei discorsi lo avevano abbattuto.
<< Può darsi… >> Continuò Yoshiki. << Ma non si tratta solo di una questione pratica. I FranXX si ricavano dai corpi degli Stridiosauri, e l'umanità ha da tempo abbandonato quella filosofia. >>
Naho annuì. << Sarebbe disumano sottoporre a quel trattamento gli stessi esseri che mille anni fa ci concessero di lottare per la nostra libertà. >>
Il silenzio calò sulla stanza dopo che tutti si furono resi conto di quello che stesse accadendo; le loro vite stavano venendo capovolte completamente e con molte probabilità non sarebbero più tornate quelle di prima. Avrebbero dovuto difendere il mondo da un’invasione aliena, facendo squadra con persone che neanche conoscevano, prendendo parte a una vera e propria guerra. Erano solo dei ragazzini, per quale motivo tutto questo peso doveva gravare su di loro? Sarebbero riusciti a lottare per la loro libertà, come era successo mille anni prima?
Per interrompere quel silenzio destabilizzante, Aiko si schiarì la voce e pensò in fretta a qualcosa da dire:<< Ehm… Dite che riusciremo veramente a pilotare gli Stridiosauri? >> Si rese conto che non fosse l'argomento più adatto, proprio dopo che tutti quanti avevano cominciato a preoccuparsi, ma ormai lo aveva detto e decise comunque di esternare i suoi dubbi. << La connessione… Ammetto che mi fa un po’ paura. >>
<< La connessione è difficile da raggiungere se non c’è un buon equilibrio tra i due partner. >> Intervenne Suzuko. << E in caso contrario può essere dolorosissima per la femmina. >>
Momo sospirò in risposta a quelle parole. << Come al solito, tocca a noi ragazze soffrire… >>
Ci furono delle risatine sommesse tra le ragazze nella stanza, poi qualcuno mise una mano sulla spalla di Momo, facendola voltare: era Kya, che finalmente aveva mollato il braccio di Ryo.
<< Se lavoriamo bene tutti insieme non avremo problemi di questo genere! >> Disse con il suo sorriso pieno di positività. Momo la fissò un po' perplessa, ma poi sorrise.
<< Nakamura ha ragione. >> Disse Suzuko alzando lo sguardo. << Dovremmo lavorare sul rafforzare i nostri legami. E' questo a cui si riferiva il signor Hachi, e credo che sia proprio per questo che d'ora in avanti vivremo tutti assieme in questo dormitorio… >> Si sporse un poco al proprio posto e fece girare lo sguardo tra tutti i presenti. << Che ne dite se cominciamo con il presentarci meglio? >>
La stanza rimase in silenzio per alcuni istanti, bloccata nell'imbarazzo che non tutti ancora avevano superato. Tecnicamente, già all'interno delle stanze erano avvenute delle presentazioni tra tutti i Parasite, per non parlare della cerimonia tenuta neanche un'ora prima. Tuttavia Suzuko aveva ragione: imparare a convivere era molto importante nella loro situazione e quello poteva essere un primo passo per abbattere le barriere che continuavano a impedirgli di conversare normalmente.
Fu Kaoru a prendersi di coraggio, battendo le mani e alzandosi dal proprio posto.
<< D'accordo! inizio io… >>
Gli sguardi conversero tutti su di lui; chi era in piedi non dovette nemmeno alzare lo sguardo, visto che il ragazzo non era molto alto. Improvvisamente Kaoru si rese conto di quanto coraggio ci volesse a fare il primo passo in quella situazione, e una volta sentiti su di sé gli occhi di tutti quanti provò un forte imbarazzo e perse tutta la sua freddezza.
<< Mi chiamo Kaoru Matsumoto, se qualcuno non lo avesse ancora afferrato. >> Mormorò con voce tremante, mascherando una risatina. << Eh… Vengo da un paese di campagna non troppo lontano dalla città e mi sono arruolato perché credevo di poter davvero fare la differenza, diversamente da quello che sarebbe successo se fossi rimasto a casa. >> Inizialmente non sembrava per niente sicuro di sé, ma con il passare dei secondi recuperò un po' di confidenza e fu in grado di concludere senza annodarsi la lingua.
<< Che significa "quello che sarebbe successo"? >> Chiese quasi subito Momo sporgendosi dalla sua sedia. Kaoru si girò verso di lei, felice di potersi spiegare meglio.
<< Se non mi fossi arruolato non avrei avuto l'occasione per dimostrare ciò che posso fare. >> Continuò. << Sarei rimasto in campagna e avrei finito per fare il lavoro dei miei genitori, coltivando la terra e prendendomi cura degli animali. Ma… Io voglio fare altro. Sento di essere destinato a qualcosa di più di questo, e questa era la mia occasione per dimostrarlo! >>
<< I tuoi genitori erano contrari al tuo arruolamento? >> Chiese Tetsuya che se ne stava con le braccia incrociate. Kaoru strinse le spalle.
<< Eh… Non proprio. >> Borbottò. << Speravano che non venissi scelto, ma questo solo perché erano preoccupati… Penso che sia una buona cosa, ma ora ho l'occasione di prendermi cura di me senza interferenze! >>
<< Ci prenderemo tutti cura l'uno dell'altro. >> Aggiunse Suzuko con un sorriso rassicurante. Quella frase fece crescere nuovamente l'imbarazzo nel gruppo; era strano comportarsi come se ci si volesse già bene quando ancora sapevano a malapena i loro nomi.
Ignorando quella sensazione, Aiko raddrizzò la schiena e gonfiò il petto per farsi notare. << Ora tocca a me, giusto? Visto che sono la sua partner… >> L'intraprendenza con cui aveva preso la parola svanì quasi subito, ma proprio da Suzuko arrivò l'incitazione che le serviva per continuare e Aiko sorrise ancora di più per combattere l'ansia.
<< A dire il vero, non ero molto sicura di questa scelta… Non penso che la vita militare faccia per me, ma… >> Si guardò intorno e improvvisamente sentì un forte disagio, come se non sapesse più se meritare di stare lì con gli altri. << Ma sentivo che fosse la cosa gusta da fare, anche se era solo una cosa piccola come presentarmi all'arruolamento. Volevo fare la mia parte per aiutare la gente, ma non avrei mai pensato di essere scelta tra tanti candidati! >>
Probabilmente quasi tutti i ragazzi della squadra potevano dire la stessa cosa; le probabilità di essere scelti erano scarsissime, eppure tra migliaia di candidati erano venuti fuori loro. Veniva da chiedersi quanto il caso fosse dalla loro parte e non si potesse parlare di qualcos'altro.
La ragazza si ammutolì rapidamente e rimase a fissare un punto indefinito davanti a sé, lasciando il turno a qualcun altro. Un'altra cosa che non aveva detto, ma che era stata compresa da tutti ormai era che Aiko fosse estremamente timida; sembrava la tipica ragazza gentile e graziosa, sempre pronta ad elargire un sorriso agli altri, ma che a fatica riusciva a incrociare lo sguardo delle persone. Kaoru stesso poté testare quella sua qualità quando, cercando di farla sentire più a suo agio, le rivolse un sorriso rassicurante, ottenendo che la ragazza si coprisse il viso con le mani, diventando rossa per l'imbarazzo.
<< Vado io. >> Disse Suzuko alzandosi e dando una piccola pacca sulla spalla di Aiko per farle scaricare la tensione.
<< Il mio nome è Suzuko Sentakami. >> Annunciò la biondina, che sembrava star cercando di rendersi più alta possibile. << Il motivo per cui mi sono arruolata è stato perché volevo dimostrare di valere più di quanto gli altri credessero; ho sempre pensato di essere destinata a fare qualcosa di grande e non ho esitato a prendere parte al programma Parasite. Potrei suonare un po' presuntuosa dicendo questo, ma è la verità… >> Sorrise ironicamente, e con lei anche gli altri si ritrovarono a sogghignare. In particolare, Kaoru sembrò molto divertito e si dondolò sul divanetto.
<< Sono una persona molto precisa, quindi potrebbe capitarmi di perdere le staffe con qualcuno di voi; vi chiedo perdono in anticipo se ciò dovesse accadere. >> Concluse Suzuko con un leggero inchino. Ci furono altre risatine, ma in questo caso la ragazza era completamente seria. Poi si girò verso il proprio partner e lo guardò come se fosse un suo vecchio amico. << Spero che riusciremo a formare una bella squadra, Maruyama. >>
Ancora prima che Tetsuya potesse rispondere in qualche modo, Yoshiki intervenne attirando l'attenzione su di sé:<< Questa cosa ti sta molto a cuore, vero? >>
Suzuko si voltò verso di lui con sguardo corrucciato, ma rispose con tono cordiale. << Prendo le cose molto seriamente: dalle nostre azioni verrà deciso il futuro del mondo! >> Qualcosa nella sua risposta sembrò voler pungere il ragazzo che aveva parlato, ma se le sue parole lo avessero scalfito o meno non fu percepito.
Yoshiki si limitò a stringere le spalle e sorrise. << Infatti sono completamente d'accordo; mi piace la tua grinta! >>
L'espressione di Suzuko si addolcì e la ragazza sembrò soddisfatta, poi tornò a guardare il proprio partner che era stato colto di sorpresa dall'intervento dell'altro ragazzo. Tutti quanti stavano aspettando un suo commento, ma lui non sapeva che dire quindi si schiarì la voce e rispose:<< Anche io non vedo l'ora di lavorare con te… E con tutti voi! >>
Tetsuya si girò a guardare i suoi compagni di squadra e mentalmente fece la conta di quelli cui ricordava già i nomi: Hoshi e Yoshiki, i suoi compagni di stanza, poi Kaoru che si era appena presentato e le ragazze Aiko, Momo e Suzuko. << Sembrate tutti delle persone interessanti, sarà importantissimo imparare ad andare d'accordo con voi! Sapete, ho sempre sognato di arruolarmi nelle forze dell'ordine e speravo di riuscire ad entrare a far parte di qualche corpo speciale in cui avrei potuto fare la mia parte, ma le doti del singolo non valgono niente se non c'è un buon legame con il resto della squadra… >> Si mise una mano dietro al collo e sorrise imbarazzato, mentre finalmente riusciva a trovare qualcosa di cui parlare.
<< Direi che ci sei entrato eccome in un corpo speciale! >> Commentò Kya, prendendolo alla sprovvista.
Tetsuya rise, e anche gli altri sembrarono concordare. << Più o meno! >> Disse. << Ma non mi aspettavo di arrivarci così presto. >>
Ci furono altre risate, ma si spensero gradualmente. Kya sorrise in un modo strano, compiaciuta, e poi Tetsuya tornò a rivolgersi alla sua partner. Il ragazzo provò un po' di imbarazzo a sentirsi gli occhi delle due ragazze addosso, quasi come se stessero cercando di dirgli qualcosa senza che gli altri se ne accorgessero; specialmente Suzuko, sembrava completamente persa nei propri pensieri.
Una voce si levò tra le risate che andavano scemando e questa volta non si alzò nessuno dal proprio posto:<< Io vengo dalla città, ma vivo in un quartiere della periferia molto affollato e… >> La ragazza che aveva parlato si interruppe un momento come se volesse riformulare la sua frase, ma poi decise di cambiare del tutto argomento. << Mi chiamo Momo Sakei, sono cresciuta occupandomi dei miei fratellini e aiutando i genitori un po' in tutto, visto che sono molto occupati con il lavoro… A dire il vero avevo paura di venire scelta per pilotare perché avrei dovuto lasciare la mia famiglia e questo avrebbe significato un grosso cambiamento per la mia famiglia, e per questo non ho voluto arruolarmi… Ma mia nonna mi ha convinta a farlo lo stesso. Dice che sono brava a prendermi cura degli altri e che so molte cose, e quindi avrei dovuto… >> Momo sorrise imbarazzata e abbassò lo sguardo come se si fosse appena ricordata qualcosa.
<< Scusate, parlo un po' troppo. >> Disse scuotendo la testa e aggiustandosi le pieghe della gonna. << Comunque, spero di riuscire a fare un buon lavoro e poter fare amicizia con tutti voi. >>
<< Sono sicura che andrai alla grande! >> Disse Naho alle sue spalle; sembrava aver già fatto amicizia con lei. Momo si girò con sorpresa verso la ragazza, poi tornò a guardare davanti a sé e assunse un'espressione difficile da decifrare, contenta ma allo stesso tempo triste.
Ci fu silenzio per un po'. Sembrava che avessero tutti finito di presentarsi, ma dopo pochi istanti fu chiaro che tutti stessero aspettando le parole di Hoshi; tutti, tranne lui stesso, che infatti sembrava distratto e guardava il vuoto mentre se ne stava seduto al suo posto in quella posizione rigida e le braccia incrociate.
Momo gli diede una gomitata per svegliarlo e lui sobbalzò. Si voltò prima verso di lei a guardarla contrariato; stava per dirle qualcosa, ma poi si accorse degli sguardi fissi su di sé e capì che era arrivato il suo turno.
Si schiarì la voce e cercò di farsi notare il più possibile. I ragazzi si chiedevano cosa avrebbe detto ora, visto che prima aveva ammesso di non aver mai voluto arruolarsi, eppure adesso sembrava così calmo.
<< Sono Hoshi Kondō. Io mi sono arruolato perché volevo difendere il pianeta. Il fatto che ognuno faccia la propria parte è molto importante in questa situazione, e penso che servano le persone giuste per eseguire questo lavoro… E mi piace pensare che i signori Hachi e Nana abbiano preso le migliori! >>
Il tono di voce del ragazzo era completamente diverso da prima, così come il suo sguardo: i respiri affannosi erano andati via e quel piagnucolare che aveva messo in mostra prima sembrava un lontano ricordo nella mente dei ragazzi. Adesso Hoshi era sicuro di sé e ottimista; era alquanto bizzarro vederlo così, dopo la scenata che aveva messo in mostra sulle scale. Anche le sue parole avevano cambiato completamente significato e sembrava quasi contento di quella situazione.
<< Sono delle belle parole. >> Disse Momo sorridendogli. << Grazie. >>
Hoshi si girò in modo meccanico verso la sua partner e riuscì a mostrarle un sorriso. Per un momento la sua maschera di gentilezza cadde e si poté notare quanto fosse a disagio anche solo a parlare con lei, ma nessuno ci fece caso.
Dopo di lui, Yoshiki si fece avanti. Aveva un aspetto tetro, ma dal linguaggio del corpo e dalle espressioni del viso non arrivava alcun segnale di ostilità; le sue parole, poi, erano cordiali e selezionate con cura.
<< Io sono Yoshiki Ojizaki. Forse qui sono l'unico a non avere dei genitori felici del mio arruolamento, ma è proprio per questo che sono qua. >>
<< In che senso? >> Domandò Tetsuya, che non aveva ancora avuto modo di conoscere meglio il suo compagno di stanza.
<< La mia famiglia è una delle più influenti della città, mio padre è un grosso investitore e sin da quando ero bambino ho sempre dovuto raggiungere delle aspettative in tutto per non rovinarne la reputazione. Ho ricevuto un’educazione elitaria, seguito dai migliori insegnanti privati, vivo in una reggia e con le mie capacità ho già praticamente assicurato un lavoro come dirigente nell’azienda di famiglia, quando mio padre si ritirerà… Ma a me di tutto questo non importa un bel niente. Non mi interessano i soldi, l’azienda e il suo buon nome. >> Mentre spiegava la sua situazione, Yoshiki sembrò farsi più aggressivo, come se avesse di fronte le stesse cose che stava elencando e che odiava tanto.
<< Di sicuro non gli piace tirarsela! >> Sussurrò sghignazzante Kaoru rivolgendosi ad Aki, che soffocò una risatina mentre Yoshiki continuava sperando che non li avesse sentiti.
<< Mi sono arruolato di nascosto dai miei genitori. Volevo essere padrone del mio destino, per una volta nella vita. >> Disse con tono deciso. << Magari vi sembrerà stupido. Perché uno come me, che ha un futuro assicurato e una vita piena di agi, dovrebbe rischiare tutto quanto per un capriccio? >>
Yoshiki abbassò lo sguardo. << Ho fatto tutto questo per indispettire mio padre, ma è la mia scelta! E' molto più complesso di così e non sono sicuro di poterlo esprimere a parole, ma ora che sono qui andrò fino in fondo! >>
Nella stanza calò il silenzio. I sorrisetti di Kaoru e Aki erano svaniti dopo che Yoshiki aveva concluso la sua presentazione e nessuno sembrava avere il coraggio di ribattere a quelle parole. Poi però Naho prese la parola.
<< Io non credo che sia stupido. >> Disse accarezzandosi la treccia blu che le scendeva lungo la spalla sinistra. << Cosa c'è di male nel voler vivere la propria vita? >>
Yoshiki sorrise, ma non disse niente. Vedendolo a quel modo, le venne spontaneo sorridergli in risposta, ma non sapeva se le sue parole lo avessero rallegrato un po'.
<< E… >> Questa volta a parlare fu Momo. << Come hanno reagito i tuoi genitori, quando hanno saputo che eri stato scelto? >>
Ecco una domanda che tutti quanti avrebbero voluto fare, dopo aver sentito la storia del ragazzo. Sul volto di Yoshiki comparve un sorrisetto compiaciuto e cominciò a spiegare:<< Ovviamente, mio padre era furioso. Diceva che avrebbe fatto causa all’I.P.U. per avermi plagiato o qualcosa del genere, e se avesse avuto il potere di cancellare il mio nome dalla lista lo avrebbe fatto senz’altro. Odia che i suoi piani vengano messi in discussione, l’idea di non potermi più controllare deve avergli tolto il sonno… Ma ho fatto le cose per bene, mi sono iscritto in segreto e quando ha ricevuto la notizia è stato un piacere vedere il suo piccolo mondo andare in pezzi. >>
<< Come hai fatto? >> Chiese Ryo perplesso. << All'arruolamento era necessario essere in compagnia di un adulto la cui identità fosse accertata. Come hai fatto a presentarti? >>
Yoshiki rispose con sicurezza. << Ho costretto un maggiordomo a seguirmi e poi gli ho fatto giurare di non farne parola con i miei. >> Era estremamente compiaciuto di essere riuscito a sfruttare la propria posizione per venirne fuori e si poteva vedere benissimo nel suo sguardo.
Dopo la sua presentazione, Yoshiki si era mostrato molto meno intimidatorio di quanto sembrasse, ma aveva fatto intendere di essere capace di ingegnarsi per ottenere ciò che voleva. Forse quel tratto lo aveva preso proprio dai suoi genitori, oppure era stata la prima e unica volta in tutta la sua vita che si era ribellato alla famiglia, e per questo ne andava così fiero…
<< E tu? >> Chiese poi voltandosi di nuovo verso la sua partner.
Naho fu colta alla sprovvista quando fu interpellata e cominciò a balbettare, toccandosi ancora di più le trecce. << Io… Non ho una storia interessante come la tua, tanto per cominciare… >> Rise per cercare di rendere quella situazione meno imbarazzante, ma si vergognò ancora di più. << Sono solo una ragazza curiosa a cui piace leggere, molto attenta ai dettagli e un po’ distratta. Mi chiamo Naho Fukuda e spero di poter fare amicizia con tutti voi! >>
La presentazione di Naho fu così breve che tutti quanti rimasero con un sacco di domande in testa. Fu Suzuko ad esprimere i pensieri dei suoi compagni di squadra:<< Perché ti sei voluta arruolare? >>
Naho ci pensò un po’ su picchiettandosi la punta dell’indice su un labbro prima di rispondere.
<< Volevo un’avventura! >> Rispose con un sorriso affabile, un po' imbarazzata.
Qualunque altra domanda avessero i ragazzi, quella risposta li lasciò spiazzati e rimasero a rimuginare su ciò che aveva detto Naho. Accorgendosi del crescente imbarazzo della sua partner, Yoshiki cambiò rapidamente argomento e chiamò i due fratelli, Aki e Rin:<< E voi due? Non avete detto molto da quando siamo entrati… >>
Sembrava che fino a quel momento avessero cercato di non dare nell'occhio, perché quando gli sguardi si furono fissati su di loro, i due fratelli iniziarono ad agitarsi. Si girarono l'uno verso l'altra ci misero un secondo prima di aprire la bocca simultaneamente, iniziando a parlarsi uno sopra all'altra e incespicando tra le loro parole. Alla fine si misero a litigare per darsi la precedenza a vicenda.
<< Parla prima tu. >>
<< Va bene. >> Disse alla fine Rin dopo aver passato una decina di secondi a bisticciare su chi dovesse cominciare. Prese una boccata di ossigeno e cominciò a parlare con uno sguardo più sicuro di sé:<< Il mio nome è Rin Kawakami. Mi sono arruolata per servire l’umanità con tutto ciò che ho, ma… Ho sempre voluto conoscere i leggendari Nana e Hachi. >> Si portò una mano all'altezza del petto e sorrise. << Sono due figure della nostra storia che ho sempre ammirato e penso che siamo molto fortunati a poterli avere ancora qui per guidarci. >>
Aki rimase impassibile mentre sua sorella mentiva di fronte a tutti i loro compagni di squadra riguardo alla loro situazione: a dire il vero non si erano preparati prima su cosa dire e non avevano nemmeno discusso dell'idea di rivelare tutto ai loro compagni di squadra, quindi non era sicuro di cosa avesse deciso Rin. Tuttavia era sorpreso di come fosse riuscita a mentire tanto facilmente.
<< E’ vero. >> Intervenne Suzuko voltandosi a guardare Aiko per poi far girare lo sguardo a tutta la stanza. << Nana e Hachi sono due persone squisite, proprio come me le immaginavo. Non vedo l’ora di scoprire cosa hanno da insegnarci! >>
Dopo aver ascoltato l'intervento di Suzuko, Aki decise di stare al gioco della sorella e non dire nulla, quindi passò a presentarsi da programma. << Io invece mi chiamo Aki Mizuru. Non conosco ancora i miei obiettivi… >> Iniziò con molta incertezza; non aveva pensato per niente a cosa raccontare perché non credeva che si sarebbe ritrovato a mentire in modo così spudorato. << Voglio solo creare dei forti legami con tutti voi e spero di poter diventare un grande eroe! >>
Gli altri guardarono Aki con perplessità. << Ti sei arruolato a un programma simile perché volevi fare amici? >> Chiese Yoshiki tenendo le braccia incrociate. << Non hai nessuna aspirazione, a parte quella di diventare un eroe? >> Aveva uno sguardo giudicatore stampato in viso e non sembrava particolarmente contento di sentirsi quella che puzzava tanto di bugia.
Aki si fece minuscolo sul divanetto e la sua mente iniziò a cercare una giustificazione per quella sua mancanza di motivazione, ma Kaoru arrivò in suo aiuto parlando ad alta voce e attirando tutta l’attenzione su di sé.
<< Per me è abbastanza! >> Disse dando un colpo sul bracciolo del divanetto, che però era più rigido di quanto si aspettasse e gli fece male alla mano. Aiko non riuscì a trattenere una risatina per quella scena.
<< Scusa! >> Disse la ragazza cercando di soffocare le risate. << Ti sei fatto male? >>
Imbambolato, Kaoru mostrò la mano dolorante e mormorò. << No, non è niente… >>
Aiko gliela prese ed esaminò la sua pelle arrossata, quindi tornò a ridere scusandosi ancora una volta, portando anche il ragazzo a ridere. Quella situazione fece distrarre i membri della squadra da Aki e Rin e altre risate riempirono la stanza mentre i due fratelli si potevano finalmente rilassare.
<< Oh, ora tocca a noi! >> Esclamò Kya smettendo di ridere e tirando il proprio partner da un braccio per posizionarsi dove tutti avrebbero potuto vederli.
<< Mi chiamo Kya Nakmura e questo qua è Ryo! Siamo uniti praticamente da sempre e il nostro sogno è pilotare insieme uno Stridiosauro! >> Iniziò tirando strattoni al suo amico a ogni parola. Lui sembrava essere totalmente in balia della sua partner, ma alla fine riuscì a bloccare Kya spingendola malamente con una mano, conquistandosi un attimo di respiro.
<< Mi sono arruolato perché ho sempre desiderato proteggere le persone a cui tenevo… Se riuscirò a ottenere il potere per farlo, sarò veramente felice! >> Disse il ragazzo tappando la bocca alla sua amica. << Ma è stata una sorpresa scoprire che anche tu ti eri arruolata. >> Disse poi voltandosi verso di lei, lasciandola finalmente respirare.
Kya sbuffò e si imbronciò. << E perché? >> Chiese contrariata.
<< Credevo che sognassi una vita molto più… Tranquilla. >> Rispose Ryo stringendo le spalle.
Kya assunse un'espressione sdegnosa, ma poi rilassò il viso e si fece più seria. << Bé, hai ragione su questo, ma… Quando ho visto in televisione l'annuncio del signor Hachi, ho avvertito quanta emozione stesse mettendo nelle sue parole… E ho sentito il dovere di fare la mia parte! >> Si girò verso una finestra e sospirò.
Ryo si schiacciò una mano sulla guancia osservando la propria partner con mistero. << E' comunque strano. >> Mormorò. << Sapete, è anche molto pigra! Per questo non riesco proprio a immaginarmela in questa situazione. >> Ghignò, suscitando l'ilarità di alcuni compagni di squadra e scatenando l'ira di Kya.
<< Che cosa hai detto?! >> Esclamò lei voltandosi. Allungò le braccia e cominciò ad agitarle nel tentativo di colpire Ryo mentre questo le tratteneva i polsi.
<< Ti sto solo presentando in modo onesto ai nostri nuovi compagni! >> Disse lui nel bel mezzo della lotta, mostrando un grande ghigno compiaciuto.
<< Allora forse dovremmo parlare anche del tuo piccolo vizietto! >> Ribatté la ragazza afferrando la testa di Ryo e tirandogli i capelli. Adesso era il suo turno per ghignare, mentre lui si lamentava e chiedeva pietà.
Dalla loro lotta scaturirono le fragorose risate della squadra e dopo qualche momento i due amici furono contagiati dall'allegria degli altri e smisero di farsi i dispetti. Kya stessa cominciò a ridere mentre passava le mani in testa a Ryo e finì per poggiarvi la fronte, come a reggersi per non perdere l'equilibrio a causa delle troppe risate. La squadra avrebbe dovuto abituarsi a quel loro modo di fare irruento, perché per loro era la norma stuzzicarsi a quel modo.
<< Siete davvero strani voi due… Ma capisco anche perché siate finiti assieme. >> Disse Yoshiki costringendosi a smettere di ridere e continuando a guardare i due ragazzi con un sorrisetto.
<< Che vuoi dire? >> Chiese Ryo massaggiandosi la testa dopo che Kya lo aveva finalmente lascato andare.
Yoshiki allargò le braccia mentre anche gli altri si tranquillizzavano. << Hachi e Nana hanno detto che i vostri valori di compatibilità erano molto alti, ma non può trattarsi solo di un valore genetico… >> Incrociò le braccia e tornò serio in volto. << La predisposizione genetica è solo una parte della compatibilità tra partner. Ricordate che ci hanno detto di lavorare sui nostri rapporti? Secondo me l'affinità emotiva, chimica e psichica tra i vari soggetti ha un ruolo molto più ampio! Costruire una relazione senza barriere, come la vostra, deve essere uno dei punti principali per far crescere i nostri livelli di compatibilità. E voi partite con un vantaggio, su questo punto di vista. >>
L'espressione perplessa di Kya divenne di pura gioia quando sentì quella cosa e strinse forte il suo partner. Tra gli altri membri della squadra ci furono reazioni diverse, nonostante i più fossero concentrati sui due partner che avevano quella fortuna; Aki e Rin si lanciarono degli sguardi fugaci, sapendo già il motivo dei propri risultati, mentre Suzuko sembrò delusa a sentire quella notizia. Poi intervenne Hoshi.
<< E se non ci piacciamo? >> Yoshiki lo guardò sdegnoso da sotto un ciuffo di capelli che gli scendeva sulla fronte e rimase in silenzio. << Se non dovessimo andare d'accordo? Non si possono forzare certe relazioni! >>
Anche gli altri presenti furono perplessi di seguito al commento del ragazzino biondo. La sua partner, Momo, sembrò preoccupata quando sentì quelle cose; dal suo sguardo sembrò voler dire qualcosa, ma fu frenata dalla veemenza con cui Hoshi espose quelle sue idee.
<< Nessuno può odiarsi all'infinito. >> Disse Yoshiki col tono di chi non intendeva discutere. << Inoltre è difficile cominciare male una relazione, a meno che non la si voglia mandare all'aria sin dall'inizio. Quando si apre il proprio cuore a qualcuno e l'altro fa lo stesso si raggiunge un livello di empatia che permette di abbattere qualunque barriera. >> Mentre diceva quelle cose, il ragazzo lanciò un'occhiata raggelante al suo compagno di squadra, che provò un forte disagio e non disse più niente. L'atmosfera era cambiata rapidamente e le ragazze non poterono fare a meno di sentirsi come se i ragazzi sapessero qualcosa di cui loro non erano al corrente.
Naho sorrise voltandosi verso il suo partner, cercando di raffreddare gli animi. << Sembri uno che sa il fatto suo in questo genere di cose! >>
Yoshiki si rilassò. << Le relazioni sociali sono una delle cose che amo… Dissezionare. Ho letto molti libri sull'argomento, e la letteratura è un campo di prova per la vita reale. >> Non appena il ragazzo ebbe fatto la parola "libri" a Naho si illuminò il volto e divenne improvvisamente più interessata alla conversazione.
<< Comunque a noi non servono tutti questi dubbi! >> Esclamò Kya. La ragazza abbracciò con forza Ryo bloccandolo e poggiandogli la testa sulle spalle. << Sappiamo già tutto l'uno dell'altra e ci vogliamo bene su ogni aspetto! I nostri cuori sono già aperti! >>
Arrivò un sospiro intenerito da Aiko, che alzò lo sguardo sorridendo. << In pratica lui è il tuo darling? >>
<< "Darling"? Che cos'è? >>
Kya allentò la stretta su Ryo e rivolse uno sguardo perplesso alla ragazza mentre per la seconda volta gli sguardi si fissavano su di Aiko, che però questa volta non provò alcun imbarazzo a sentirsi al centro dell'attenzione. << E' una parola antica che si utilizza per rivolgersi all'unica persona che si ama veramente… Come un'anima gemella. >> Spiegò con scioltezza, felice di poter raccontare quella cosa.
In un primo momento nessuno sembrò afferrare cosa volesse dire la ragazza, ma poi Naho schioccò le dita e commentò:<< Ma certo! E' un termine poco utilizzato, ma sono sicura di averla letta in un libro molto tempo fa. >>
Suzuko si unì a lei quasi subito:<< Sì, è vero! Anche a me ricorda qualcosa… >>
Inaspettatamente, tutti i componenti della squadra rammentarono di aver letto quella parola da bambini, ma nessuno riuscì a ricordare esattamente dove.
<< Bé, io la conosco perché è entrata a far parte della tradizione della mia famiglia… >> Riprese Aiko continuando a sorridere. Era di nuovo imbarazzata, ma parlare di un argomento che le stava così a cuore sembrò donarle più fiducia. << E' stata una mia antenata a tenere vivo quel termine e ha fatto in modo di tramandarlo ai figli e ai nipoti. Sapete, nella mia famiglia è stato sempre molto importante rammentare sempre il senso di vero amore. Per noi è… E' una ragione di vita, credo. Se c'è amore si può fare di tutto, e credo che la mia antenata volesse proprio trasmettere questa filosofia. >>
Ryo sorrise vedendo la ragazza che arrossiva timidamente dopo aver parlato di una cosa così personale. Anche Kya sorrise e tornò a stringere con forza le spalle del ragazzo. << Anche io amo il mio Ryo! Ehi, posso chiamarti darling d'ora in poi? >> Disse gioviale, continuando a strapazzare il ragazzo.
<< No, ti prego! >> Gemette lui cercando di nascondersi il volto tirandosi su il colletto della divisa.
<< Eh? Ma perché no? E' una parola così bella! >> Protestò lei strattonandolo ancora. Tutto a un tratto Ryo era diventato rosso dall'imbarazzo; Kya aveva preso il significato di quella parola troppo alla leggera, forse non aveva proprio capito cosa significasse veramente.
<< Avete già visto tutti le vostre stanze? Io credevo che avremmo dormito da soli. >> Disse Suzuko, ignorando per un momento i due "darling" che si strapazzavano.
<< E' molto meglio condividere le stanze per creare spirito di squadra. >> Disse Tetsuya stringendo il pugno.
Suzuko annuì. Sembrava completamente d'accordo, ma rimase pensierosa.
<< Qualcuno ha esplorato un po' la casa, quando è arrivato qui? >> Domandò Aiko agganciandosi all'argomento, guardandosi intorno. << A guardarla così non sembrerebbe niente fuori dal normale, ma mi chiedo che tipo di luogo possa essere… >>
Fu Naho ad alzare la mano, facendosi un po' strada tra gli altri. << Io e Momo abbiamo dato un'occhiata in giro, prima di venire qui… Ma non sembra esserci niente di strano. E' una semplicissima tenuta di campagna, è abbastanza grande per ospitare tutti noi, al secondo piano ci sono altre camere da letto inutilizzate, mentre di sotto sembrerebbero esserci i bagni e le cucine. >>
Kaoru si portò le mani ai fianchi e con aria incuriosita disse:<< Ci sarà qualcosa di particolare in questo luogo per la formazione dei Parasite, o sarà semplicemente un luogo come un altro per farci vivere? >>
<< Mi sembra che i Parasite di un tempo vivessero in strutture simili a questa, per condurre una vita più simile a quella precedente alla scoperta dell'energia magmatica… >> Disse Rin pensierosa. << Quindi, in pratica, è come se vivessimo in un ambiente adatto al nostro sviluppo sereno. >>
<< Insomma, è un posto normalissimo… >> Commentò un po' deluso Kaoru. Da quando l'energia magmatica era stata abbandonata, la vita degli umani era tornata ad essere molto simile a quella di prima, con città all'aperto e abitazioni piccole e verdi. Con gli anni e la sovrappopolazione poi, le città erano cresciute sempre di più e con esse anche i complessi abitativi che ospitavano la popolazione; tuttavia esistevano ancora moltissime abitazioni uguali a quella, non era nulla di eccezionale per il loro tempo. Sembrava che dopo tutti quegli anni non fosse cambiato niente per l'umanità.
<< Che ne dite se andiamo a esplorare un poco? >> Propose Ryo alzando un braccio come un vero leader.
I ragazzi non avevano voglia di restare tutto il giorno seduti lì, per questo furono tutti entusiasti di quell'idea e a poco a poco tutti quanti si alzarono e cominciarono ad avviarsi verso l'uscita.
La tenuta aveva una facciata simmetrica e tempestata da grosse finestre che lasciavano entrare luce sufficiente nelle sale, con una cupola centrale sorretta dal portico in entrata. Sopra al portone principale c'era una scritta che recitava: "MISTILTEINN". Sembrava essere stata aggiunta in un secondo momento, perché l'insegna che la esibiva era di un legno diverso dal resto della casa e le lettere sembravano essere state solamente dipinte sulla tavola.
Sul retro c'era un cortile spazioso contornato da due ali di porticato a colonne bianche con i balconi che vi si affacciavano tutto intorno. La tenuta di Mistilteinn era circondata da un bosco e in lontananza, oltre le cime degli alberi più distanti, si potevano vedere i primi segni della città; erano in campagna, ma non troppo lontani dalla metropoli.
<< Ho saputo che c'è una serra botanica qui vicino. Che ne dite se andiamo a visitarla, più tardi? >> Disse Momo guardandosi intorno e cercando qualche dettaglio interessante nel panorama. I membri della squadra erano sparpagliati in giro davanti all'entrata della casa e si guardavano intorno con aria incuriosita.
<< Il bosco sembra immenso. >> Commentò Hoshi guardando verso la fitta muraglia di alberi che si stagliava poco oltre i confini della residenza, aprendosi solo per lasciar passare il sentiero che li aveva condotti lì. << Non rischieremo di perderci? >>
Tetsuya si avvicinò e gli indicò un paletto poco distante da lì da cui pendeva un cartello. << Ci sono le indicazioni. Andiamo a controllare! >> Disse con calma.
Sul cartello era disegnata una mappa circolare della zona: su di essa comparivano alcune abitazioni e diversi corsi d'acqua sparsi per la zona, assieme a dei sentieri che li collegavano passando tra gli alberi. La geografia di quel luogo sembrava molto più varia di quanto si aspettassero.
<< Questa deve essere la nostra casa. >> Commentò Momo avvicinandosi ai ragazzi e indicando un disegno in alto a sinistra della mappa. << Vedi la forma a "u"? >>
Hoshi allontanò un po' il volto dalla sua partner e annuì. << Sì, e questo quaggiù deve essere la serra. >> Disse indicando un altro punto a destra dove compariva un quadrato circondato da un lago.
Si avvicinarono anche gli altri e quando furono da loro poterono esaminare a loro volta la mappa.
<< Mi sembra un po' troppo grande per essere una serra… >> Commentò Naho, poco convinta.
<< E allora cosa dovrebbe essere? >>
<< Forse si tratta dell'alloggio dei coordinatori. >> Consigliò Suzuko da dietro al gruppetto che si era spinto a guardare il cartello. Pur essendo abbastanza magra da poter trovare uno spazio in mezzo agli altri e infilarsi a guardare da vicino la mappa, preferì rimanere in disparte. << Quando siamo usciti dalla sala delle riunioni abbiamo dovuto attraversare una banchina che passava sopra a un lago, giusto? >>
<< E' vero! >> Si aggiunse Tetsuya. << Il palazzo era costruito al centro del lago. E secondo me i signori Nana e Hachi hanno alloggio da quelle parti. >>
<< Giusto! >> Rispose la ragazza annuendo in direzione del suo partner. << In fondo avranno bisogno di starci vicino per qualunque evenienza! >>
<< Ma se quella è la loro residenza, l'orto dov'è? >> Chiese Aiko un po' disorientata.
<< Deve essere qui vicino. Vedete questi sentieri che si incrociano? >> Disse Ryo alzando un braccio per indicare le stradine tratteggiate che si incontravano sulla mappa. << Potrebbe essere in uno di questi punti. >>
<< Allora che ne dite se andiamo a esplorare un po' il bosco e cerchiamo l'orto botanico? >> Propose Kya piena di vitalità. Il piccolo spazio di terra attorno al cartello si era affollato rapidamente, dopo che tutti quanti vi si erano avvicinati per leggere le indicazioni; dopo la proposta di Kya la squadra si dissipò giusto il necessario per poter comunicare senza doversi respirare addosso, mentre la ragazza che aveva fatto la proposta si era allontanata saltellando. Prima che potesse esserci una risposta dal gruppo, Hoshi si allarmò di colpo.
<< Un momento! Potrebbe essere pericoloso andare in giro da soli per il bosco. >> Commentò sbracciandosi. << Non conosciamo ancora la zona e non dovremmo andare in giro senza sapere dove stiamo andando. >>
Kya lanciò un'occhiata di disappunto al piccoletto con gli occhiali, che si sentì in pericolo.
<< Oh, andiamo! Che cosa potrebbe succederci? >> Esclamò seccata.
<< Chi lo sa? >> Rispose Hoshi facendo un passo indietro. << Il bosco potrebbe essere un parco protetto e potrebbero viverci animali selvaggi, anche pericolosi. >>
<< E secondo te in quel caso ci avrebbero lasciato vivere qui? >> Commentò sarcastico Yoshiki.
Le paure di Hoshi sembravano irrealizzabili, eppure riuscì a sollevare qualche dubbio su quella proposta. Nonostante ciò Kya rimase della sua idea.
La ragazza sbuffò vistosamente e agitò i pugni in aria, dicendo:<< Bé, io voglio andare a vedere la serra, quindi non m'importa se è pericoloso! >> Stava per incamminarsi lungo il sentiero quando Ryo la afferrò da un braccio per bloccarla.
<< Aspetta, Kya. >> Le disse. << Non voglio che tu vada in giro nel bosco da sola. >>
La ragazza sorrise compiaciuta e gli chiese in tono burlesco:<< E allora perché non vieni con me se ti preoccupi tanto? >>
<< Non è meglio se restiamo tutti insieme, per il momento? >> Ribatté lui non cadendo nella sua trappola.
Mentre i due amici discutevano, Hoshi trovò qualcosa per provare a convincere gli altri a restare là.
<< Naho! Non dicevi che volevi andare a vedere la biblioteca? >>
La ragazza con le lentiggini sembrò nuovamente interessata all'argomento e si voltò verso di lui. << In effetti, la serra potrebbe essere troppo lontana… >> Mormorò incrociando le braccia e portandosi una mano al mento, mostrando di star valutando quell'idea. << Magari potremmo chiedere a Nana e Hachi di accompagnarci la prima volta. >>
<< Giusto! >> Esclamò Hoshi, finalmente sollevato dal fatto che qualcuno condividesse la sua idea. Girò il busto e puntò le mani verso la casa, e con un sorriso invitante disse:<< Allora, entriamo? >>
Non senza qualche mormorio di discussione, i vari componenti della squadra cominciarono ad avviarsi verso l'entrata per tornare a esplorare la casa di Mistilteinn; solo Kya rimase ferma a guardare la facciata dell'abitazione e le schiene dei suoi compagni che si allontanavano da lei, seppur riluttanti. Era delusa, forse perché sperava di fare qualcosa più eccitante di un semplice tour della casa, o forse perché non era riuscita a coinvolgere gli altri.
Ryo si voltò verso di lei e ammiccò. << Andiamo, Kya. Sarà per un'altra volta. >> E offrendole la mano attese che lei gliela prendesse.
La ragazza sorrise con furbizia. Oh, bé! Pensò. Almeno c'era il suo Ryo!
La casa dall'esterno sembrava veramente grande, ma era una volta entrati che i ragazzi potevano rendersi conto di quanto immensa fosse: le stanze da letto ai piani superiori erano molte di più di quanti fossero loro e c'erano due bagni, uno vicino alle stanze e l'altro al piano terra; ai piani inferiori poi le stanze erano incredibilmente spaziose, sembravano non finire mai: la sala da pranzo, la cucina, la sala comune e la biblioteca erano tutte lì, assieme a una piccola infermeria che i ragazzi speravano di non dover mai utilizzare. Per raggiungere la loro destinazione, i ragazzi dovettero attraversare la sala comune e passare attraverso la porta che collegava le due stanze.
La biblioteca si presentava come un'ampia stanza divisa tra due piani e con abbastanza spazio per mettere dei comodi sedili dove poter leggere in relax o delle scrivanie per poter studiare. Alle pareti erano presenti librerie altissime cariche di libri di ogni tipo ordinati secondo genere e titolo, che catturarono immediatamente l'attenzione di Naho.
<< E’ incredibile! Questi libri sono introvabili! >> Disse dopo aver dato un'occhiata agli scaffali. Si sporse per afferrare un libro su uno scaffale più in alto, poi cambiò idea e cominciò a guardarsi intorno per cercare una scala, adocchiandola in fondo alla parete.
<< Non ti piace proprio leggere, eh? >> Commentò sarcastico Yoshiki vedendo con quanta foga la ragazza stava trascinando la scaletta scorrevole per poter raggiungere i suoi libri.
Naho rise imbarazzata sapendo di non essere riuscita trattenersi e posizionò la scala dove le serviva. Lui la aiutò a tenerla ferma. << Potresti dire che sono quello che si definisce un “topo di biblioteca”… >> Disse cominciando a salire, incurante del fatto che ci fosse il ragazzo ancora ai piedi della scala e lei stesse indossando una gonna.
Yoshiki distolse rapidamente lo sguardo imbarazzato e attese che Naho tornasse giù prima di tornare a rivolgerle lo sguardo; quando poté nuovamente alzare la testa, notò che teneva ancora in mano il libro che aveva preso dal salotto, oltre a quello appena raccolto.
<< Quanti libri hai intenzione di leggere? >>
Naho rise di nuovo e scese dalla scala. << Lo so, sono un pozzo senza fondo! >> Ammise aprendo il libro appena preso dalla libreria e sfogliandolo distrattamente. << Però non posso farci niente. Mi piace leggere più di ogni altra cosa, e non posso capire se un libro mi piace se non l’ho prima controllato all’interno. >>
<< No, non era una critica. >> Puntualizzò lui. Non gli dispiaceva quella caratteristica della sua partner. << Mi chiedo solo se tu sia in grado di goderti la lettura con tutta questa foga… >>
<< Assolutamente sì! >> Rispose la ragazza senza staccare gli occhi dalla carta. << Alcune volte vorrei che i libri fossero un po’ più lunghi, che durassero un po’ di più… Ma non posso farci niente. La colpa è mia, che non so mai quando fermarmi! >>
Naho ammiccò in direzione di Yoshiki e strinse i libri al proprio petto come se li volesse abbracciare, poi tornò a sfogliarli e la sua espressione cambiò all'istante; il ragazzo poté vedere il momento esatto in cui la mente della sua compagna di squadra si perdeva tra quelle pagine.
<< Comunque, non riesco mai a concentrarmi su un libro alla volta… >> Spiegò pensierosa sfogliando lentamente le pagine del libro e leggendo con attenzione le righe che più coglievano il suo interesse. << Devo sempre averne due o tre con cui fare a cambio per rimanere attiva. Restare ferma sulla stessa storia per troppo tempo può farti dimenticare come ci si sente a leggerla, mentre se passi da un libro all’altro, ogni volta sarà come iniziare quel racconto da capo! >>
Yoshiki ascoltò rapito la spiegazione di Naho, ma alla fine era troppo confuso per seguire il discorso. Sorrise pur non capendo a pieno il ragionamento della ragazza. << Se lo facessi io, finirei per mischiare tutte le storie assieme… >> Borbottò facendo ridere Naho.
<< Questo posto dovrebbe piacere molto anche a te, Ryo… >> Commentò Kya dando un colpetto al braccio del suo partner, dopo aver seguito un po' lo scambio dei due ragazzi. Si era ricreduta riguardo alla biblioteca: era ancora seccata dal fatto che nessuno avesse voluto seguire la sua idea, ma la vista di quel luogo dall’atmosfera così magica e tutti quei libri alle pareti fecero meravigliare anche lei, che non era mai stata una avida lettrice.
<< Sì, forse troverò qualche libro interessante… >> Commentò distrattamente il ragazzo.
<< Ehi, guardate! >> La voce entusiasta di Hoshi attraversò l’intera stanza e fece voltare tutti; come se avesse fatto una scoperta sensazionale, si piegò su di uno scranno e con occhi scintillanti disse:<< Qua c’è anche una postazione professionale per scrivere! >>
Il ragazzo indico la superficie di legno dove era posato un panno verde prato con accanto una boccetta di inchiostro e una stilografica a forma di piuma di cicogna. Prese un foglio di carta dalla pila ordinatamente riposta dentro a un raccoglitore di legno lì vicino e scarabocchiò qualcosa con la penna.
<< Che forza! >> Esclamò guardando l’inchiostro che si spargeva sulla carta mentre la stilografica scivolava rapida come una lama.
<< Non hai mai usato una penna stilografica? >> Chiese Yoshiki avvicinandosi. Hoshi scosse la testa e gliela offrì. L'aristocratico la tenne in mano un momento prima di avvicinarla al foglio e lasciare la propria firma con una calligrafia elegante.
<< Scrivi molto bene. >> Disse Momo osservando la firma di Yoshiki per qualche secondo.
Yoshiki alzò la penna e gliela porse chiedendole se volesse provare. Lei accettò con un po' di sorpresa e si piegò sullo scranno a scrivere qualcosa mentre lui parlava.
<< Ho dovuto seguire dei corsi di calligrafia noiosissimi per imparare a scrivere perfettamente, quando ero piccolo… Mio padre si è sempre aspettato che la mia scrittura rasentasse la perfezione. >> Aggiunse quell’ultima parte con un po’ di insofferenza nella voce.
<< Se fosse stato mio padre avrebbe perso la testa nel cercare di farmi imparare. >> Commentò con leggerezza Kaoru spuntando da dietro Yoshiki. << Scrivere non è il mio forte in ogni caso. >>
Momo gli passò la penna dopo aver lasciato la propria firma vicino allo scarabocchio di Hoshi e il ragazzo la osservò un attimo prima di afferrarla e disegnare un omino stilizzato con un grande sorriso sul volto. I ragazzi risero vedendo il disegno di Kaoru, assieme alla sua reazione incredula dopo aver provato la stilografica e lasciarono penna e carta sul ripiano mentre una voce di sorpresa li attirava dall'altro lato della stanza.
Rin stava osservando con stupore una libreria che presentava una strana leva metallica a uno dei lati e che adesso si stava muovendo; gli scaffali con i libri si divisero e si allontanarono dalla parete, andando a coprire le altre librerie rimaste ferme finché sul muro non si fu aperto uno spazio bianco di un paio di metri di larghezza.
<< Che hai fatto? >> Chiese Aki modulando la voce. Le aveva quasi urlato contro come si faceva quando ci si conosceva bene, ma nessuno ci fece caso  perché tutti i ragazzi erano concentrati sul misterioso meccanismo nella parete.
<< Non lo so, c’era una leva… Il primo impulso che si ha quando si vede una leva è quello di tirarla! >> Si scusò la ragazza mentre dal soffitto usciva una strana scatoletta che si rivolse verso la parete, mandando un fascio di luce entro i contorni del riquadro bianco; nello stesso momento, le finestre della stanza furono oscurate e i ragazzi si ritrovarono al buio, preoccupati.
Nessuno fiatò per alcuni istanti finché qualcuno non esclamò:<< E' un proiettore! >>
Con un po’ di sorpresa e sollevati dal fatto di non aver rotto niente, i ragazzi cominciarono a curiosare  intorno e Kya notò un piedistallo che si era elevato sul retro della stanza reggendo su di esso quella che sembrava una console dei comandi. La ragazza si avvicinò in silenzio e cominciò a toccare i tasti a caso, osservando la reazione del proiettore alla parete; volume su, volume giù, luminosità, riavvolgimento…
<< Sembra che questo posto sia dotato di tutte le comodità… >> Commentò divertito Yoshiki. << Ma un cinema in una biblioteca…? Non è un po' eccessivo? >>
<< E se si vuole leggere, come si fa? >> Domandò Naho senza aspettarsi una risposta. Aveva ancora i suoi libri tra le mani, ma li aveva richiusi dopo che le finestre si erano oscurate.
<< Non si potrebbe leggere comunque, con questo buio. >> Rispose Kya distrattamente prima di schiacciare un pulsante che inizializzò l’avvio di un film.
La luce si fece più fioca e il proiettore mostrò delle scritte su sfondo nero che si dissolsero rapidamente, poi una forte musica proveniente da degli altoparlanti posizionati ai lati della stanza irruppe nella registrazione e accompagnò il titolo del film selezionato.
<< Non credo che i Parasite avessero film da vedere, ai loro tempi. >> Disse Ryo ad alta voce cercando di sovrastare la musica, ma tenendo lo sguardo fisso sul video.
<< Hachi e Nana devono averlo installato di recente, quando hanno saputo che avremmo vissuto qui. >> Intervenne Aki coprendosi un po' le orecchie per via del volume.
<< Gentile da parte loro! >> Ridacchiò Kya toccando qualche altro pulsante.
I ragazzi rimasero a guardare la registrazione che andava avanti, mostrando i titoli di testa che scorrendo lungo lo schermo riassumevano la trama del film. Nessuno volle dire niente finché Kaoru non prese una sedia e si sedette dicendo con aria eccitata:<< Non ho mai visto questo film. Lo guardiamo? >>
I ragazzi rimasero a guardarlo senza rispondere, facendo andare lo sguardo da lui al proiettore. In realtà avevano tutti voglia di guardare quel film, ma nessuno voleva decidere per il resto del gruppo.
<< Non so se dovremmo… >> Mormorò Aiko facendosi sentire poco sopra la musica del film.
<< Che problema c’è? Hachi e Nana hanno detto di fare come se fossimo a casa. Quale occasione migliore di questa per passare del tempo assieme? >> Rispose Kaoru alzando la testa e facendo dondolare un po’ la sedia su due gambe. Aiko rimase a pensarci un po’, ma non riuscendo a decidere si guardò intorno per cercare i pareri degli altri; finì per posare lo sguardo su Kya, che con un sorriso compiaciuto ruotò una manopola alzando gradualmente il volume del film.
Anche Ryo la vide e sospirò trattenendo a malapena una risata. << Dai, restiamo! >> Disse voltandosi agli altri, e detto questo andò a prendere una poltrona e si posizionò vicino a Kaoru.
Anche Yoshiki andò a prendere una poltrona a due posti e la posizionò vicino a quelle già prese dagli altri due ragazzi; accanto a lui si sedette Naho, che senza farsi notare aveva estratto un altro libro da uno scaffale e adesso si teneva tre tomi stretti al petto con avidità.
<< Ci sediamo anche noi? >> Chiese Tetsuya voltandosi verso Suzuko, che era rimasta in silenzio ad osservare la scena. Lei alzò lo sguardo annuì con un mezzo sorriso prima di cominciare ad avvicinarsi al gruppo alla ricerca di un posto a sedere. Hoshi prese posto accanto a loro su uno sgabello che aveva trovato lì vicino e non disse niente, concentrato sul film.
I fratelli si sedettero per terra davanti a tutti dopo aver trovato un paio di cuscini su cui sedersi, e cercarono di comportarsi come se fosse stato un caso che avessero scelto lo stesso posto a sedere. Erano entrambi tesi, soprattutto Rin, che sobbalzò quando ricevette una pacca sulla spalla da Momo, sedutasi per terra accanto a lei,  dicendole:<< Hai avuto una bella idea! >> Fu grazie a quello che la giovane riuscì a rilassarsi un poco.
Vedendo che tutti si erano seduti, Aiko si aggirò per la stanza alla ricerca di un posto in mezzo a tutti loro; non voleva restare in disparte, ma non voleva nemmeno infastidire gli altri. Kaoru la notò nonostante fosse già stato rapito dal film e si alzò di scatto facendole posto. << Vieni qui. Io vado a prendere un’altra sedia. >> Disse battendo una mano sul posto lasciato libero. La ragazza cercò di rifiutare in qualche modo, volendo dire che si sarebbe presa da sola una sedia, ma per non tirare quella discussione troppo per le lunghe e rovinare la visione del film agli altri accettò.
Tuttavia non volle sedersi fino a quando il suo partner non fu tornato con un’altra sedia per sé, che posizionò accanto alla sua.
Infine, una volta assicuratasi che fosse tutto in ordine, Kya si avvicinò saltellando al gruppo e piombò addosso a Ryo scambiandolo per un cuscino.
<< Ho i tuoi capelli in faccia! >> Protestò il ragazzo con una voce troppo comica per essere preso sul serio, mentre quella rideva incontrollabilmente.
<< Silenzio! Comincia il film… >> Disse qualcuno, poi tutto quello che si sentì nella stanza furono i suoni in uscita dagli altoparlanti e, qualche volta, i respiri emozionati dei ragazzi, che con i loro occhi lucidi condividevano quel momento e cominciavano già a sentirsi a casa.

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Capitolo 6
*** First contact ***


Dopo il film i ragazzi rimasero un altro po’ di tempo in biblioteca per chiacchierare e discutere di quello che avevano appena visto; Kaoru, Aki e Rin erano gli unici che non avevano mai visto quel film e ne erano rimasti talmente colpiti da non riuscire a smettere di parlarne. Quando poi i ragazzi si resero conto che si era fatta sera, uscirono dalla biblioteca per andare alle cucine e prepararsi qualcosa per cena, ma con loro grande sorpresa trovarono già tutto pronto a tavola.
Una grande tavola imbandita al centro della sala da pranzo, i piatti pronti ad essere riempiti dalle portate poste al centro del tavolo e i ragazzi liberi di scegliere i propri posti. C’era un biglietto accanto a un vassoio che diceva che per quell’occasione speciale gli era stato già preparato tutto, ma che in futuro avrebbero dovuto cucinare i propri pasti e provvedere alle pulizie da sé.
I ragazzi ringraziarono per la cena e cominciarono a mangiare, e già sembravano una comitiva di amici che si conosceva da tantissimo tempo. C’era un’atmosfera festosa attorno alla tavola, per qualche motivo tutti si sentivano sollevati e per un po’ ogni barriera dettata dall’imbarazzo o dalla paura sembrò svanire.
Dopo la cena i ragazzi si spostarono nella sala comune a parlare e chiacchierare per conoscersi meglio, ma preferirono non stare alzati fino a tardi sapendo che il giorno dopo avrebbero dovuto andare a lezione, quindi una volta che l’orologio a pendolo della sala comune ebbe segnato le dieci i ragazzi della squadra decisero che era arrivata l’ora di andare a riposare.
Erano tutti molto stanchi dopo quella giornata. Era stato un evento speciale ed emozionante per tutti loro, ma anche molto stancante; era come se tutte le loro energie fossero state utilizzate per cercare di rompere le barriere che li dividevano e conoscersi meglio, e ora erano tutti esausti. Lungo le scale per andare alle proprie stanze alcune persone non riuscivano nemmeno a reggersi in piedi.
<< Buonanotte, ragazze! >> Salutò Yoshiki dalla cima delle scale rivolto all’altro lato della rampa, dove le ragazze stavano facendo la stessa strada in senso inverso. Il suo saluto fu seguito da quelli di Tetsuya, Ryo, Hoshi e Aki, mentre Kaoru mandò uno strano grugnito assonnato mentre vagava per le scale con gli occhi semichiusi.
Le ragazze risposero con un saluto unanime, le loro voci acute erano molto diverse da quelle dei ragazzi e sembrò essere in atto qualche tipo di gara a chi parlasse a voce più alta. Momo e Suzuko mandarono solo degli sguardi sorridenti ai propri partner, mentre Aiko, Rin e Kya salutarono alzando la voce il più possibile; soprattutto l’ultima ragazza sembrò la più energica e riservò un saluto solo per il suo partner con tanto di sorriso a trentadue denti. Naho fu l'unica a non alzare la voce: era molto stanca e con la testa tra le nuvole, si accorse in ritardo del saluto del suo partner e gli mandò la buonanotte dopo che le altre ragazze si furono ammutolite.
<< Certo che Nakamura va proprio pazza di te… >> Commentò Tetsuya mentre i ragazzi tornavano a voltarsi per andare alle proprie stanze.
Ryo sorrise imbarazzato. << Sì, ci conosciamo da quando eravamo piccolissimi… Siamo inseparabili! >> Rispose con aria di chi non sapeva cosa dire.
<< Guardandovi penso di aver veramente capito che cosa sia il valore di compatibilità di cui parlava Hachi. >> Disse Aki avvicinandosi alla porta della propria stanza; stava trascinando Kaoru dalla camicia in modo che andasse nella direzione giusta.
<< Chissà… >> Disse Ryo. << Spero veramente di poter fare un buon lavoro assieme a lei… Anche se a volte è un po’ troppo esuberante. >>
<< Lo abbiamo notato… >> Disse Tetsuya divertito. << Probabilmente dovrai assicurarti di tenerla sotto controllo, in modo che non combini guai. Magari Hachi e Nana sapranno darvi qualche consiglio al riguardo! Si saranno sicuramente preparati a ricevere un sacco di domande. >>
<< Hai ragione. >> Disse Hoshi. << Io so di avere un sacco di domande per loro… >>
I due compagni di stanza del ragazzo con gli occhiali si girarono a guardarlo. Il modo in cui aveva detto quella cosa non sembrava promettere niente di buono, ma sia Yoshiki che Tetsuya evitarono di parlarne. << Per ora fate sogni d'oro, ragazzi! >> Riprese il ragazzo più alto tornando a guardare gli altri, prima di voltarsi definitivamente verso la porta della propria stanza.
<< Sì. >> Rispose Ryo annuendo. << Buonanotte, Maruyama. >> Poi si sporse per vedere gli altri due. Yoshiki era già di fronte alla porta della propria stanza e stava girando la chiave nella toppa. << Buonanotte anche a voi! >>
Il piccoletto rispose con un semplice cenno silenzioso mentre l'altro si voltò brevemente e rispose con tono quasi formale:<< A domani. >>
Ryo aprì la porta della camera da letto ed entrò facendosi subito da parte per far passare Aki, che cominciava a fare fatica a trasportare a peso morto un Kaoru caduto in catalessi, poi richiuse la porta e andò verso il proprio letto.
Ryo aveva lasciato la propria valigia dietro al letto e fu lì che andò a cercare le sue cose per cambiarsi mentre Aki dall'altro lato cercava di far riprendere Kaoru per fargli infilare il pigiama.
<< Credete che riusciremo ad andare tutti d’accordo? >> Chiese Aki dopo che fu riuscito a far aprire gli occhi all’altro ragazzo.
<< Chi lo sa… >> Rispose Ryo girando la testa. << Potrebbero esserci delle difficoltà all’inizio… Ma possiamo superarle! In fondo vogliamo tutti la stessa cosa. >>
Il ragazzo aveva un tono positivo, ma Aki sembrò perplesso. << Tutti tranne uno… >> Disse piegando la testa di lato.
<< Parli di Kondō
? >> Ryo perse tutto il suo entusiasmo.
Quello annuì.
Da come si era presentato alle ragazze, Hoshi Kondō sembrava andare già d'accordo con tutti ed era pronto a fare gioco di squadra, ma questa immagine andava completamente in contrasto con ciò che loro avevano visto prima di scendere al piano di sotto; era riuscito a integrarsi nella conversazione normalmente mentendo alle ragazze e continuando per tutto il giorno ad avere un comportamento che all’inizio non era sembrato capace di assumere… Perché aveva fatto tante storie, se era capace di mentire così bene?
<< Cerchiamo di non dare giudizi affrettati. >> Suggerì Ryo. << Ci dobbiamo ancora conoscere bene e credo che si senta molto spaesato. >> Il ragazzo alzò le mani e si mosse un po' sopra al proprio letto. << Capisco che sia infastidito da quello che gli è successo, ma se vede che non siamo poi così male come amici potrebbe cambiare idea e aprirsi a tutti gli altri… >>
Aki non sembrò particolarmente convinto però. << Spero solo che non dica qualche bugia di troppo… O finisca per fare del male alla sua partner. >> Abbassò la testa riluttante e mormorò:<< La Sakei sembra una brava ragazza, non merita questo trattamento… >>
Ryo stava per dire qualcosa, ma fu preceduto da un Kaoru mezzo addormentato che bofonchiò:<< Sono tutte brave ragazze… >> I due si voltarono a guardarlo e lui continuò con voce sognante. << Soprattutto Aiko… Lei è adorabile… >>
Poi, con ancora un piede fuori dai pantaloni del pigiama, si accasciò sul letto di Aki e cominciò a russare. Aki e Ryo tornarono a guardarsi e sorrisero.
<< Sembra che Matsumoto si sia preso una bella cotta! >> Disse Aki divertito.
<< Bé, meglio così. >> Ryo fece qualche passo in direzione di Kaoru e cercò di farlo rialzare per farlo andare sul proprio letto. << Se cominciamo con il piede giusto, sarà meglio per tutti. >> Disse tirando Kaoru dalle braccia. << Ma che mi dici di tua sorella? Mi è sembrata molto più preparata di te quando è arrivato il momento di presentarsi. Troppo, oserei dire… >>
Aki si grattò una tempia con nervosismo. << Già… Non pensavo che volesse andare avanti con la recita anche con voi… Mi ha davvero messo in difficoltà lì, ma d'altra parte la posso capire. Ancora non ci conosciamo per bene, e lei è sempre stata più diffidente di me, preferirà aspettare di essere sicura di potersi fidare della squadra prima di rivelare il nostro segreto. >> Disse, mostrando però di non essere del tutto contento di quello. << Senza offesa. >>
<< No, nessun problema… >> Rispose Ryo, che non si sarebbe certo offeso per quello. << Però non vorrei che, andando avanti, diventasse sempre più difficile dover rivelare la verità agli altri. >>
Riuscì a far alzare in piedi Kaoru, ma farlo salire in cima al letto a castello sarebbe stata tutta un'altra faccenda; sbuffando un poco, lo indirizzò verso la scaletta. << Mentire agli altri per troppo tempo potrebbe creare tensioni nel gruppo ancora prima di formarlo, ed è impossibile che il segreto rimanga tale per molto tempo; lo hai detto anche tu… >>
Aki annuì, mostrando di essere molto preoccupato da quell'idea. << Lo so… Accidenti! E' tutto perché non ne abbiamo parlato prima di arrivare qua. E non so neanche quando avrò l'occasione di parlarle da solo, d'ora in poi… >> Disse con aria stanca guardando fuori dalla finestra in fondo alla stanza. Di fuori la luce fioca di un lampione irrorava una parte del portico sul retro della casa, il resto era tutto un muro di oscurità.
Ryo si aggrappò al bordo del letto superiore e cominciò a spingere Kaoru su per la scala, che con lentezza rispondeva ai comandi datigli. << E' inutile che ti preoccupi tanto adesso… Domani vedremo di escogitare un piano per permettervi di parlare faccia a faccia senza problemi, così deciderete cosa fare. >> Sbuffò.
Il ragazzo dall'altro lato della stanza sorrise e ringraziò il suo compagno di stanza, poi scattò in avanti per aiutarlo a spingere Kaoru sul suo letto.
 
*
 
<< Hai fatto tutte quelle storie prima di scendere e poi non hai battuto ciglio quando sono comparse le ragazze. >> Disse seccato Yoshiki rivolgendosi a Hoshi, che già si era tolto la camicia e la stava ripiegando con poca destrezza sul letto. << Se avessi saputo che eri così bravo a fare la faccia lavata, non mi sarei preoccupato per niente! >>
<< Che dici? >> Chiese il ragazzo girando lo sguardo verso di lui.
Yoshiki si allontanò dalla porta appena chiusa e puntò un dito contro di lui. << Da quando abbiamo incontrato le ragazze è stato come se tu stessi leggendo un copione! Tutte quelle parole incoraggianti e i sorrisi lanciati alla tua partner… E' stato come se ti limitassi a dire quello che tutti volessero sentire. Ma se hai dei problemi faresti meglio a dirlo subito, in modo da poterli risolvere subito! Nessuno ti attaccherà per avere paura… >>
C'era un tono duro nella voce del giovane aristocratico, ma anche una leggera punta di apprensione, a mostrare che fosse per il bene del suo compagno di squadra che gli stesse facendo quella predica.
<< Ehi, io non ho paura! >> Si difese Hoshi alzando la voce. Cercò in tutti i modi di farsi più grosso di fronte a Yoshiki, ma fu inutile contro il suo metro e settantasei. << E non ho bisogno dei tuoi consigli per sopravvivere qui! >>
Tetsuya tentò inutilmente di calmarli. Sperava veramente di non dover assistere a un litigio la prima sera della loro convivenza, ma nessuno dei due gli prestò ascolto.
<< Infatti! >> Disse Yoshiki sostenendo lo sguardo di Hoshi. << Non ti servono. Tu puoi fare quello che vuoi, ma se continui a fingere che vada tutto bene, arriverai a un punto in cui non potrai più far finta di niente e verrai inghiottito dalle tue stesse fandonie. >>
I due ragazzi rimasero a fissarsi intensamente per alcuni istanti. Uno sguardo di sfida lanciato dal ragazzo che prima non sembrava capace di mostrare un orgoglio simile, accolto dal ragazzo che di orgoglio sembrava averne molto. Nessuno si aspettava che potessero esserci dei contrasti simili così presto, soprattutto tra le due persone da cui meno ce lo si sarebbe aspettato, e il fatto che fossero compagni di stanza non avrebbe aiutato la loro convivenza; e in mezzo a loro stava il mite Tetsuya, preoccupato che non si istaurasse un clima di complicità nel gruppo. Sembravano sul punto di cominciare a litigare con ferocia, ma poi Yoshiki passò oltre e si diresse verso il proprio letto.
Senza dire più nulla, il ragazzo cominciò a svestirsi per indossare il pigiama satinato che aveva tirato fuori dalla sua valigia. Tetsuya e Hoshi rimasero a fissarlo per alcuni istanti mentre si toglieva la camicia e poi tornarono ai propri vestiti come se niente di tutto quello fosse accaduto realmente.
Hoshi era già in canottiera quando raggiunse il proprio letto e stese la maglietta grigia che vi aveva posato sopra; la canotta gli si incavava sotto l’addome e le braccia magre sembravano sproporzionate rispetto al resto del corpo nascosto dietro a una taglia un po’ troppo grande. Si rivestì in fretta e poi cominciò a salire la scaletta del letto. Quando fu in cima, con fare frettoloso sollevò le coperte e vi si infilò sotto girandosi verso il muro. Yoshiki si comportò in modo simile, andando subito a letto una volta indossato il pigiama. Tetsuya non aveva neanche finito di spogliarsi e si ritrovò ad essere l’unico in piedi nella stanza.
<< Quando ci dobbiamo svegliare, domani? >> Chiese imbarazzato, chiedendosi se i suoi compagni si fossero già addormentati.
Sorprendentemente, Yoshiki rispose con tono neutrale:<< Le lezioni cominciano alle otto in punto, ma a parte questo possiamo alzarci quando vogliamo. Credo che ci sarà comunque una sveglia generale, forse alle sette… >> Aveva ancora gli occhi aperti e guardava il soffitto con aria apparentemente calma. Sicuramente la discussione con Hoshi lo aveva infastidito, ma questo non gli aveva impedito di rispondere a Tetsuya con tranquillità; era bravo a controllare le proprie emozioni.
Tetsuya annuì pensieroso. << D’accordo… >> Mormorò sedendosi un attimo sul proprio letto, sotto a quello di Hoshi. Poi si rialzò come se avesse trovato delle puntine sul materasso e si affrettò a finire di vestirsi.
<< Puoi spegnere la luce quando hai fatto, per favore? >> Mormorò Yoshiki con aria stanca.
<< Certo… >> Rispose subito Tetsuya, dirigendosi all’interruttore della luce accanto alla porta della stanza. << Buonanotte, ragazzi. >>
<< Grazie, Maruyama. >>
Solo Yoshiki rispose, un attimo prima che si spegnesse la luce. Quando furono completamente al buio, rimase solo un silenzio infrangibile nella stanza e Tetsuya tornò al proprio posto senza dire una parola.
 
*
 
<< Sei sicura della tua scelta? >> Chiese Suzuko da sopra il suo letto.
Rin alzò lo sguardo rimanendo con le braccia incrociate mentre si sfilava la maglietta e la fissò interrogativa. << Riguardo a cosa? >> Chiese prima di riprendere a spogliarsi; rimase impigliata con la testa per qualche istante mentre Suzuko rispondeva alla sua domanda.
<< Riguardo al non dire niente agli altri di tuo fratello. Sei sicura di voler continuare così? >> La ragazza sbatteva le palpebre spesso, come se la luce della stanza le desse fastidio. Subito dopo essere tornata dal bagno si era infilata il suo pigiama leggero ed era salita sul letto, e ora osservava dall'alto le sue compagne mentre si cambiavano.
Rin si sfilò finalmente la maglietta e rispose con un mormorio inudibile. << Pur volendo, non avrei mai potuto parlarne di fronte a tutti gli altri… Si sarebbe scatenato il caos! >>
<< Non rischi di rovinare il rapporto che c’è tra te e tuo fratello? >> Chiese Aiko voltandosi verso le due ragazze dopo che fu riuscita ad abbottonare completamente la propria camicia da notte; sembrava finalmente più rilassata ora che era riuscita a rivestirsi.
Rin abbassò lo sguardo con aria dubbiosa. La sua risposta fu negativa, ma quella pausa che ebbe sembrò metterla in dubbio. << Aki e io siamo molto legati. Non sarà una piccola incomprensione a rovinare il nostro legame. >> Poi si voltò e si tolse anche la gonna, sfilandosi le calze e ripiegandole per bene. << Comunque sarà meglio che gliene parli il prima possibile. Senza di me si sente perso! >> Rise, ma la sua risata sembrò molto forzata e le altre ragazze nella stanza non vollero trascinare molto quei sorrisi che avevano mostrato solo per farla sentire un po' più tranquilla.
<< No, ma sul serio… Se non ci sbrighiamo, tenere il segreto troppo a lungo potrebbe essere un problema per la squadra. E preferirei che Hachi e Nana non lo venissero a sapere, quindi se prima riusciamo a mettere al corrente tutti gli altri, potremmo evitare altre situazioni spiacevoli… >>
<< Che intendi con "situazioni spiacevoli"? >> Domandò Aiko voltandosi verso di lei.
Rin distolse lo sguardo per un momento prima di indossare la maglietta del pigiama. << Ho paura che se non ci sbrighiamo a spiegarci agli altri, qualcuno potrebbe scoprire la verità e pensare che ci siamo arruolati per fregare il sistema, e andare a raccontare tutto ai supervisori… Voi mi aiuterete, vero? >>
La testa della ragazza emerse dal pigiama e lanciò uno sguardo greve a Suzuko; la ragazza in cima al letto a castello le rispose con un sorriso accomodante. << Nessuna di noi si farà sfuggire una parola davanti agli adulti, non devi preoccuparti Okagawa! >>
Rin sorrise con ironia e Suzuko si accorse subito della sua svista.
<< Volevo dire… Kawakami… >> Borbottò trattenendo a stento un sorriso nervoso.
<< Tranquilla. >> Mormorò lei distogliendo lo sguardo. << Anzi, chiamatemi direttamente Rin! Sarà più facile per entrambe, e prima o poi dovremmo cominciare a chiamarci per nome, no? >>
Rin si girò e sorrise ad Aiko, che stava ammiccando beatamente ancora prima che lei si voltasse. La ragazza si era presa di coraggio e aveva confessato alle altre di essere la sorella di Aki quando erano scese al piano di sotto; inizialmente si era convinta che non sarebbe stato un problema, ma poi aveva pensato a suo fratello e agli altri ragazzi; non poteva sapere quello che aveva già raccontato ai suoi compagni di stanza e non volendolo mettere in difficoltà di fronte al resto della squadra aveva deciso di mentire davanti agli altri quel pomeriggio. Sperava che anche le altre ragazze avrebbero mantenuto il segreto per il momento.
Suzuko si sdraiò sul proprio letto e distese le gambe verso il soffitto, arrivando quasi a toccarlo con i piedi. << Sarà meglio che ci riposiamo per bene, ora! Domani ci aspetta una giornata impegnativa… >> Disse stiracchiandosi.
Aiko abbassò lo sguardo. << Io sono già esausta adesso… >> Mormorò cascando sul proprio letto. Rin sorrise voltandosi verso di lei dopo aver infilato anche i pantaloni del pigiama.
<< Vedrai, domani sarai molto più carica! >> Disse, nonostante anche lei fosse molto stanca. Probabilmente era la sua capacità di mantenere i segreti che la stava aiutando a mascherare bene la sua stanchezza dietro a quel sorriso rassicurante.
Aiko sorrise e si girò per aggiustare il proprio cuscino.
<< Vado a spegnere la luce. >> Disse Rin allontanandosi dal proprio letto con passo svelto. Aspettò che Aiko si fosse sdraiata e spinse l'interruttore, tornando al proprio posto agitando le braccia davanti a sé per non sbattere contro qualche ostacolo lungo la strada.
<< Buonanotte, ragazze. >> Disse quando si fu messa a letto e la coperta la ebbe avvolta nel suo calore.
<< Buonanotte. >> Rispose Suzuko. Aiko non rispose, facendo pensare che si fosse già addormentata, ma dopo un lungo silenzio si fece sentire con una domanda inaspettata.
<< Cosa ne pensate dei nostri partner? >>
Ancora silenzio, che fece pensare alla ragazza di aver detto qualcosa di inopportuno. Alla fine Suzuko prese la parola dopo aver fatto un po' di rumore dal fondo della gola.
<< Credo che sia presto per giudicarli, ma sembra che abbiano cercato di far capire che sono dei bravi ragazzi… Delle persone di cui ci si può fidare. >> Spiegò tenendo gli occhi aperti nell'oscurità. Se fosse passato abbastanza tempo, la sua vista si sarebbe abituata a quel buio.
<< Sì, sono stati tutti molto gentili. >> Aggiunse Rin annuendo.
Aiko rimase in silenzio un po', pensando al proprio partner e a come si era comportato durante la giornata. Matsumoto era stato anche troppo gentile; la parola che le veniva in mente era "galante", ma poteva essere solo una facciata o si era comportato in modo onesto con lei?
<< Hai usato delle parole strane per spiegarlo… >> Mormorò. << Credi che stiano solo cercando di piacerci? >>
Suzuko non si aspettava quel commento e ci mise un po' a spiegarsi. << Non credo che vogliano farci credere di essere brave persone per un motivo in particolare… Penso solo che volessero fare buona impressione, un po' come tutti. >>
Aiko annuì. <> Sotto le coperte, le sue mani si contorcevano alla ricerca di qualcosa da fare. << Io penso che siano tutte delle splendide persone, ma mi preoccupa il pensiero di dover costruire un legame forte con loro per poter riuscire nella nostra missione. >>
Nella sua voce c'era incertezza, forse ben giustificata, ma sia Rin che Suzuko pensarono che si stesse preoccupando troppo per qualcosa che al momento non rappresentava un pericolo.
<< Non credo che questo sarà il problema più grosso che ci troveremo di fronte… >> Commentò Rin scherzando. In fondo, quando sarebbe arrivato il momento, si sarebbero ritrovati a lottare contro invasori alieni e avrebbero rischiato direttamente le loro vite; paragonato a quello, il pensiero di non riuscire a fare amicizia con i loro compagni di squadra non sembrava così preoccupante…
<< Lo so, ma non riesco a non pensarci… >> Rispose Aiko.
<< Tranquilla. >> Intervenne Suzuko sporgendosi dal proprio letto, nonostante non potesse vederla nessuno. << Se ci saranno dei problemi, potrai sempre contare su di noi. Affronteremo sempre i guai tutti insieme, come una squadra! >>
Aiko rimase in silenzio qualche istante, pensando. Alla fine rispose con un flebile:<< Grazie, ragazze… >> Suscitando un sorriso soddisfatto in Suzuko.
Rin sghignazzò. << E poi non dobbiamo mica sposarceli! >> Scherzò.
<< Bé, tu no, certamente! >> Le rispose a tono Suzuko, facendo scoppiare dal ridere la ragazza nel letto sotto al suo.
Anche Aiko rise e per la prima volta alle due ragazze sue compagne di stanza sembrò che non stesse cercando di trattenersi.
 
*
 
<< Hai un altro libro? >> Fu la domanda che Naho si sentì arrivare da Momo quando tirò fuori dalla sua valigia il libro che aveva portato da casa, una copia de "Amore in cucina".
La ragazza arrossì un poco e cercò di nascondere il proprio viso dietro al libro aperto mentre la sua compagna di stanza le rivolgeva un'occhiata sconcertata; nonostante si fosse già portata qualcosa da leggere, aveva razziato la biblioteca di Mistilteinn nel pomeriggio e adesso i libri che aveva preso dagli scaffali della tenuta riposavano sulla scrivania accanto alla finestra.
<< Che libro è? >> Fece la voce di Kya alle spalle di Momo. Non sembrava minimamente sorpresa dal fatto che Naho avesse tirato fuori un altro libro dalla valigia.
Naho rispose con un po' di ritardo, stringendo al petto la copertina rosso tenue del libro. << E' la storia di un famoso chef che per raggiungere la vetta nel mondo della cucina decide di lasciarsi alle spalle ogni scrupolo o sentimento che possa intralciarlo. Riesce a coronare il suo sogno, ma al prezzo di dimenticare cosa si provi ad essere felici, finché non entra in scena una sua assistente che cerca in tutti i modi di cambiarlo… A poco a poco, lo chef si innamora e… >> Si zittì con la forza per non finire per raccontare tutta la trama.
<< Bello! Mi piacciono le storie d'amore… >> Rispose Kya. Si era spogliata prima di tirare fuori il pigiama dalla valigia, che stava aprendo in questo momento. << Ma perché l'assistente cerca di farlo cambiare? In amore non si bisognerebbe accettare il proprio partner per quello che è? >>
Naho fu colta un po' alla sprovvista da quella domanda. << Bé, sì, credo… Ma il suo intento non è quello di cambiarlo… Ehm, mi sono spiegata male. >> Disse annodandosi la lingua mentre parlava. << Al suo arrivo l'assistente capisce che lo chef è infelice e cerca di rendergli le giornate più luminose con semplici gesti di gentilezza, nel tentativo di ricominciare a fargli sentire qualcosa. Inizialmente non lo fa per amore, ma a mano a mano che continua questa loro bizzarra interazione, la ragazza si rende conto di essersi innamorata del suo maestro, perché anche se duro e impassibile sa essere una persona gentile, e inoltre lo ammira per il suo talento nella cucina, ed è questo che li accomuna… >>
Kya osservò la sua compagna di stanza mentre agitava le mani spiegandole la storia del libro che aveva posato sul letto e alzò lo sguardo pensierosa. << Capisco… >> Mormorò. << Quando lo hai finito, prestamelo! Vorrei darci un'occhiata anche io. >> Disse alla fine ammiccando, prima di voltarsi per tornare al proprio letto.
Naho sorrise e spostò il libro. << Certamente. >>
Kya sorrise e si fece pensierosa. << "Amore in cucina"… >> Ripeté tra sé e sé. << Quindi ti piace questo genere di storie? >>
Naho arrossi. << Più o meno… Leggo un po' di tutto, ma devo ammettere che il modo in cui alcuni autori riescano a trasmettere il romanticismo anche attraverso qualcosa che di romantico non ha niente, come appunto fa l'autore di questo libro utilizzando una serie di analogie sulla cucina, è veramente intrigante. E' qualcosa che ti fa sognare il… >>
<< Il vero amore? >> La incalzò Kya con un sorrisetto, quasi come se sapesse perfettamente di cosa stesse parlando la ragazza. Naho non rispose, ma le si poté leggere sul volto che aveva fatto centro.
<< E che altri libri ti piace leggere, Fukuda? >> Chiese Momo sfilandosi la camicetta e rimanendo in reggiseno.
Naho alzò lo sguardo pensierosa. << Praticamente tutto… Fantasy, romanzi storici, fantascienza… I saggi filosofici sono un po' complicati, ma anche quelli mi affascinano molto. In pratica basta che sia stampato su buona carta e abbia il profumo di un buon libro perché voglia leggerlo. >> Rispose con un sorriso innocente. Momo e Kya si scambiarono uno sguardo divertito, comprendendo in parte la passione della loro compagna.
Momo si sedette sul letto e si sfilò la gonna tirando un sospiro di sollievo. Kya si voltò a guardarla con aria interrogativa. << E' troppo stretta? >> Le chiese infilandosi i pantaloni bianchi del pigiama.
<< No… >> Mormorò la ragazza con lo sguardo basso. << Non ho mai sopportato le gonne, né le uniformi… Immagino che dovrò farci l'abitudine. >>
<< Mi spiace… >> Rispose Kya a voce bassa. << Forse puoi chiedere un'altra uniforme a Nana e Hachi. >> Propose illuminandosi di colpo.
<< Sì, magari potrei farlo! >> Disse Momo alzando un dito. << Vedrò di parlargliene quando ne avrò l'occasione. >>
<< Ehm… >> Le due ragazze si voltarono a guardare Naho, che adesso era in piedi e si era tolta la maglietta a sua volta. Lei le fissava con un'espressione a metà tra l'imbarazzo e il disappunto.
<< Cosa c'è? >> Chiese Momo sbattendo le palpebre un paio di volte. Non si accorse che gli occhi di Naho erano fissi sul suo reggiseno, gelosi delle sue misure. Anche Kya aveva una taglia generosa rispetto alla appassionata di libri e questo sembrava recarle molto imbarazzo.
<< Niente… >> Borbottò Naho girando la testa e corrugando la fronte. Kya sembrò capire tutto e si avvicinò rapidamente posando le mani sulle spalle della sua compagna di stanza.
<< Oh? >> Disse con tono provocatorio. << Non ti vergognerai mica? >> Chiese rivolgendole un sorriso inquietante.
Naho arrossì di nuovo. << Che diamine vai dicendo? >> Sbottò coprendosi il petto con le braccia e agitando le spalle. << Dai, lasciami! >>
Kya cominciò a fare il solletico ai fianchi di Naho e la ragazza fece di tutto per non cedere alle risate, ma si ritrovò presto sopraffatta dall'impeto e dalla precisione delle dita dell'altra, che riuscì a farla capitolare sul letto e continuò a infierire anche quando ormai si era arresa.
Momo rise sotto i baffi e afferrò la maglietta del pigiama di Kya. Gliela lanciò addosso dicendo:<< Lasciala respirare e vestiti! La metti in imbarazzo. >>
Kya si voltò obbedendo al primo ordine della ragazza, ma non volle rivestirsi. << Chiedo scusa! >> Esclamò portandosi le mani ai fianchi mentre la sua maglietta cadeva per terra, abbandonata al suo destino. << Se c'è qualcuno che ha messo in imbarazzo Naho, quella saresti tu con il tuo décolleté! >>
<< Siete colpevoli entrambe! >> Reagì Naho tirandosi su quando ebbe ripreso fiato e si fu portata a distanza di sicurezza da Kya. La ragazza si infilò rapidamente la maglietta del pigiama per evitare che Kya la attaccasse di nuovo e respirò a fondo.
La assalitrice si voltò di nuovo verso Naho con un sorriso preoccupante, ma questa si strinse al proprio cuscino e con un'espressione intimorita cercò di cambiare discorso:<< Eh… A proposito di vero amore, tu e Ryo sembrate veramente fatti l'uno per l'altra! >>
Kya si arrestò e il suo sorriso si fece improvvisamente sognante. << Oh, grazie! >> Disse piegando la testa da un lato. Poi fece una risatina. << Ryo è il mio più caro amico! Ci vogliamo molto bene… >>
<< Sembra che ti piaccia! >> Si intromise nella conversazione Momo senza cercare di nascondere quel fatto. Stava infilando le braccia nel pigiama e si sporse di poco dal letto.
Naho sembrò oltraggiata dalla sfacciataggine della sua compagna e la rimproverò:<< Sakei! >>
Ma Kya non la prese male, anzi sembrò contenta che Momo avesse notato quella cosa, anche se un po' imbarazzata. Abbassò lo sguardo con beatitudine e si passò una mano sulla guancia. << Ci siamo conosciuti quando eravamo molto piccoli. Lui stava leggendo un libro all'ombra del grande ciliegio al centro della città e io gli sono inciampata di fronte. >>
Momo annuì. << Conosco quel posto! Si dice che quell'albero abbia più di mille anni. >>
Kya annuì a sua volta. << Lui mi ha aiutata a rialzarmi e ci siamo presentati… E da quel giorno non ci siamo più separati. >> Concluse con un sorriso sognante.
Naho e Momo si lanciarono degli sguardi eloquenti, ma nessuna delle due disse niente; invece, si lasciarono sfuggire dei sorrisetti. Kya si mise sull'attenti.
<< Ehi, che c'è? >> Chiese scattando da una parte all'altra.
<< Niente, niente… >> Rispose Momo con naturalezza. Kya raccolse da terra la maglietta del pigiama e se la mise addosso con un movimento goffo. << E' che sembra tutto così magico… >> Poi si mise un cerchietto sui capelli e lo spinse indietro. << Una storia da favola. >>
Kya arrossì un poco e si lasciò sfuggire un sorriso che difficilmente sarebbe stato interpretato nel modo errato. << Grazie… >> Mormorò imbarazzata, non sapendo realmente come rispondere a quello che aveva decisamente preso come un complimento. O magari un augurio?
Momo si rialzò e si diede un paio di pacche sul pigiama, come a spolverarselo. << Comunque sia, domani ci aspetta una giornata impegnativa; sarà meglio metterci a letto, prima di dovercene pentire. >> Disse portandosi le mani ai fianchi, e detto questo si voltò a cercare l'interruttore della luce. << Avremo un sacco di tempo per parlare di noi e dei nostri partner, ma adesso è importante riposare! >>
Kya annuì e si tolse il braccialetto che portava al polso per lasciarlo sulla scrivania, accanto ai libri di Naho. << Va bene. >> Disse, quindi si arrampicò in cima al letto a castello e vi rimase seduta con la schiena ben dritta e le gambe incrociate. << Anche se non credo di avere sonno. >> Aggiunse dopo con voce scherzosa.
Naho le lanciò un'occhiata di intesa. << Sembri davvero una batteria inesauribile… >>
<< Già, lo avevo notato… >> Le fece eco Momo portando la mano all'interruttore vicino alla porta e voltandosi di poco verso di lei. Le sorrise con aria stanca, ma con un solo sguardo sembrò trasferire un intero discorso alla ragazza, che cambiò espressione e alzò gli occhi al cielo.
<< E va bene… Farò la brava, per questa sera. >> Disse Kya piegandosi di lato fino a cadere con la testa sul cuscino. Rimase a fissare il soffitto vicino con occhi spenti, poi aggiunse:<< Solo per questa sera, però! >>
Momo sghignazzò, poi si voltò nuovamente e spense la luce nella stanza. Il buio avvolse la stanza, ma non il silenzio che tardò ad arrivare per via delle risatine di Kya e Naho, ancora divertite dalla battuta di prima. Poi entrambe le ragazze sospirarono profondamente, come a recuperare il controllo e Kya disse:<< Buonanotte, ragazze. >> Con la voce di chi era veramente contento di essere lì.
<< Buonanotte! >> Rispose Naho mettendosi sotto alla coperta e voltandosi verso la parete.
<< Buonanotte. >> Disse con calma Momo quando si fu seduta nuovamente al proprio letto. Quindi, la camera delle tre ragazze poté finalmente sprofondare nei sogni.

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Capitolo 7
*** La vita a Mistilteinn ***


Il giorno dopo una sveglia sincronizzata in tutte le camere svegliò i ragazzi alle sette in punto. Si sbrigarono a prepararsi e poi scesero per fare colazione tutti assieme. Sembrava che durante la notte si fossero già formati legami più stabili che nel primo giorno, e già alcune persone avevano preferito sedersi assieme a colazione.
L’atmosfera nella sala da pranzo era solare, piena di ottimismo e cordialità, ma molti nella squadra ancora avvertivano qualche freno inibitore che impediva di fidarsi completamente l’uno dell’altro: mentre alcuni dei ragazzi sembravano avere un talento naturale nel fare amicizia, altri prendevano più le distanze dagli altri, anche in modo non intenzionale. Era solo una situazione temporanea, e con un po’ di fortuna e forse anche l’intervento dei soggetti più espansivi del gruppo tutte le barriere sarebbero state scavalcate.
Hachi e Nana si aspettavano un comportamento simile all’inizio; non avevano fretta, anche se speravano che i loro legami si saldassero presto, per il loro bene. Sapevano che per creare fiducia tra compagni di squadra ci voleva del tempo, e solo con i primi test i Parasite sarebbero riusciti a conoscersi meglio e a capirsi.
Le lezioni si sarebbero svolte nell'edificio dei coordinatori, attraversato il bosco. I ragazzi si aspettavano di trovare qualcosa di diverso da quello che avevano sempre visto a scuola, ma dopo alcune ore di lezione con Nana e Hachi che si scambiavano il posto per raccontare la storia, illustrare la matematica e le scienze, arrivarono alla conclusione che quella fosse una scuola come tutte le altre. Almeno finché non arrivò l'ora di "fondamenti di pilotaggio", ed entrambi i coordinatori si misero a spiegare ai loro allievi le basi della connessione tra partner e il funzionamento degli Stridiosauri.
<< Uno Stridiosauro funziona allo stesso modo di un FranXX. Tuttavia, benché siano state apportate alcune modifiche per permettere la connessione con gli umani, tutte le funzionalità originali sono state mantenute, comprese quelle che non erano contemplate nel progetto dei FranXX. >> Lesse Nana dal testo che aveva portato, sapendo che avrebbe potuto benissimo farne a meno, conoscendo meglio di chiunque altro quella storia. << Chi sa dirmi quali caratteristiche erano comprese nel progetto originale del dottor FranXX? >>
Non si aspettavano che qualcuno conoscesse quella risposta, quelle informazioni avevano centinaia di anni e non erano cose che potevano essere trovate in una comune biblioteca, eppure qualcuno alzò la mano: si trattava di Sentakami, che non esitò un istante a farsi notare. << Oltre al fatto che erano necessari due piloti di sesso diverso, immagino si riferisca alla procedura di "modellazione" a cui venivano sottoposti gli Stridiosauri per diventare FranXX. >>
<< Esatto. >> Rispose Hachi compiaciuto. La ragazzina esultò in silenzio mentre l'uomo passava a spiegare perché fosse necessario ciò. << Per la tecnologia dell'epoca era troppo rischioso mettere l'uomo a contatto con organismi tanto diversi. Prima di poter essere dispiegati in combattimento, i FranXX dovevano permettere la perfetta connessione tra i partner senza alcuna interferenza; questo significava eliminare ciò che rendeva gli Stridiosauri… Stridiosauri. >>
<< E' per questo che i FranXX non possono essere considerati uguali agli Stridiosauri, nonostante la base usata per costruirli sia la stessa. >> Aggiunse Nana.
<< Professoressa, perché allora noi piloteremo degli Stridiosauri? >> Intervenne Maruyama, seduto accanto alla propria partner che lo aveva costretto a prendere i posti in prima fila. << Non potrebbe essere rischioso? >>
Nana sorrise e cominciò a spiegare. << Sì, tentare una connessione con uno Stridiosauro senza alcun tipo di modifica porterebbe sicuramente a conseguenze spiacevoli per i piloti. Come fu studiato nei primi tentativi falliti di creare un FranXX, si otterrebbe un processo di saurificazione che indebolirebbe il fisico fino a casi estremi… Ma grazie alle modifiche che abbiamo apportato, gli effetti collaterali più pericolosi della connessione verranno deviati, mentre grazie ai passi avanti della medicina nell'ultimo millennio sarà possibile risolvere anche gli inconvenienti più leggeri come mal di testa e nausea. >>
<< In ogni caso, a parte queste modifiche necessarie per la salvaguardia della vostra sicurezza, gli Stridiosauri sono rimasti gli stessi. >> Hachi prese il discorso da dove aveva interrotto prima Nana. << Per via del poco tempo a disposizione, non abbiamo potuto apportare tutte le modifiche possibili e abbiamo dovuto lasciare fuori tutte le modifiche non indispensabili, quindi la loro estetica, i comandi e anche alcune funzionalità originali sono rimaste le stesse. >>
<< Vi potrà capitare di non riconoscere i simboli presenti sui comandi e negli schermi dei vostri Stridiosauri, questo perché sono in una lingua a noi sconosciuta e ci è stato impossibile tradurli. Inoltre, è stata lasciata anche una modalità di cui noi non eravamo al corrente, a cui però vi è vietato accedere al momento. >>
<< Come mai? >> Chiese Ojizaki. Nana sapeva che quello avrebbe immediatamente suscitato la curiosità dell'intera squadra: bastava dire a un adolescente che gli era vietata una cosa, e questo avrebbe subito voluto provarla.
Nana osservò gli sguardi incuriositi dei ragazzi in attesa di una spiegazione e cercò Hachi per vedere cosa ne pensasse; lui annuì. Era inutile tenerli all'oscuro di quella cosa ancora per molto. Allora Nana si girò di nuovo verso di loro e cominciò a spiegare:<< Si tratta di una modalità aggiuntiva che permette ai piloti di sfruttare a fondo le energie dello Stridiosauro. E' definita "modalità berserk", e vi permetterà di ottenere una forza centinaia di volte superiore a quella standard per un tempo limitato… Tuttavia, in cambio, lo Stridiosauro prosciugherà anche le vostre forze: la connessione può essere dolorosa, ma con il tempo ci si abitua alla sensazione; alla modalità berserk no, il dolore è talmente intenso che le Pistil potrebbero perdere i sensi all'istante o subire gravi ferite, per questo vi è proibito farne uso finché i vostri livelli di compatibilità non saranno cresciuti! >>
Con quella spiegazione Nana riuscì a mettere paura ai ragazzi; chiunque avesse pensato che potesse essere divertente, cambiò subito idea al pensiero di far provare tutta quella sofferenza alla propria partner. Le Pistil, dal canto loro, non furono contente di sapere che esistesse una modalità simile nelle macchine che avrebbero pilotato.
<< Come mai non era presente nei FranXX? >> Chiese Mori, che non volle lasciarsi trattenere dalla paura e fece andare avanti la propria curiosità.
<< Non ne siamo sicuri. Probabilmente il dottore pensò che fosse troppo disumano mantenere una modalità simile, ciononostante non fu in grado di eliminarla del tutto; invece, dovette direzionarla verso qualcos'altro, e per questo i FranXX erano muniti della modalità stampede. >> Al suono di quella parola, metà della classe si mostrò confusa.
<< Intende la modalità che permetteva alle Pistil di pilotare senza un partner? >> Intervenne di nuovo Suzuko, quasi alzandosi dal proprio posto. Nana annuì.
<< Essendo assente il valore positivo dello Stamen, lo squilibrio provocava un sovraccarico di energia che però, grazie alla modifica della modalità berserk, poteva essere sfruttata se la Pistil ne aveva le forze. E' stato pensato come un dispositivo di sicurezza nei casi in cui uno dei piloti dovesse morire e fosse necessario continuare senza di lui, ma la modalità stampede è sempre stata instabile e pochissime persone sono riuscite a sfruttarla effettivamente, e sempre per breve tempo. >>
<< In ogni caso, vi sconsiglio di provare a pilotare il vostro Stridiosauro senza il vostro partner. >> Aggiunse duro Hachi. << Senza una Pistil, le macchine non possiedono un corpo su cui appoggiarsi, mentre senza lo Stamen i comandi non possono essere impartiti correttamente, rendendo la attivazione ancora più pesante da sopportare. Dovete imparare a collaborare in squadra e conoscere i vostri limiti. >>
L'intervento di Hachi aveva abbassato improvvisamente il morale. I ragazzi non dissero nulla per non sembrare irrispettosi e per non dire altre cose ingenue, ma quando si rese conto della reazione avuta, l'insegnante si scusò per aver tirato fuori quello scenario così negativo. Nel tentativo di far riprendere la squadra, Nana batté le mani come era solita fare e disse che gli avrebbe spiegato in modo più approfondito il funzionamento della connessione e come avrebbero potuto sfruttare i loro punti di forza con gli Stridiosauri.
Il concetto era semplice: più alta era la compatibilità dei piloti, più alte sarebbero state le possibilità di adattarsi allo Stridiosauro, ma anche di correggere a vicenda gli errori dell'altro e sopportare meglio i danni ricevuti. Il resto sarebbe dipeso dalle qualità individuali dei ragazzi e da come si sarebbero adattati ai loro Stridiosauri; questi fattori avrebbero permesso
alle coppie di sviluppare un proprio stile che avrebbe influito molto anche nel loro modo di affrontare le missioni.
Il valore negativo e il valore positivo dovevano essere in equilibrio, quindi questo significava che oltre a una certa stima tra partner era necessario avere anche una relazione simmetrica che agevolasse l'uguaglianza nella coppia; sarebbe stato un disastro se uno dei due partner si fosse sentito superiore all'altro, il rischio sarebbe stato quello di perdere la connessione o non riuscire a mantenerla stabile durante la guida.
Alla fine della lezione, come previsto, tutti i ragazzi furono entusiasti di quello che avevano imparato, ma solo uno stupido avrebbe detto che si trattava dell'unica cosa importante nel programma: la storia raccontava come l'umanità si era salvata la prima volta contro i VIRM ed era estremamente importante conoscerla per non commettere gli errori di un tempo; non venivano solo raccontati i "noiosi" fatti che stavano nei libri di scuola, ma ai Parasite veniva fornita una nuova prospettiva sul passato e su ciò che le generazioni prima di loro avevano vissuto, assieme a tanti dettagli tecnici che gli sarebbero stati utili nella loro missione.
Quando le lezioni alla mattina arrivavano a una conclusione e i ragazzi erano lasciati liberi per il pomeriggio, potevano decidere come meglio passare il resto della giornata purché studiassero le cose fatte la mattina e si ricordassero di occuparsi della casa. Nana e Hachi avevano fatto riferimento a dover "resistere" anche fisicamente alla connessione, e fu questo a spingere alcuni membri della squadra come Yoshiki e Kaoru a concentrarsi sul proprio corpo e iniziare un intenso programma di attività fisica; il primo lo seguiva diligentemente, il secondo un po' meno, ma entrambi erano determinati a migliorarsi per il bene della squadra e delle loro partner.
Nei giorni successivi al loro primo incontro, i ragazzi si dedicarono a esplorare il bosco che si estendeva attorno a Mistilteinn; organizzarono delle piccole comitive per battere diverse zone della foresta poco a poco, ma alcuni preferivano concentrarsi di più su quello che c'era dentro casa, come Naho, che cominciò a frequentare sempre più assiduamente la biblioteca, e Hoshi, che diceva di voler studiare con calma in solitudine.
Aiko e Momo cominciarono a prendersi cura delle piante nella serra botanica, dopo aver chiesto il permesso a Nana ed essersi fatte accompagnare da lei per conoscere meglio quel posto. Aiko non aveva molta esperienza con la cura delle piante, ma quel luogo la rilassava e le permetteva di concedersi un po' di tempo per sé stessa durante le giornate. Momo invece sembrava più esperta, ma un giorno ammise che le sue visite alla serra erano più "un'abitudine", anche se non si spiegò meglio. Spesso le due ragazze ricevevano la visita di Naho, che cercava un posto tranquillo dove leggere, e Suzuko, quando erano lì; quest'ultima studiava sempre con diligenza.
Fu subito chiaro a tutti che lei era quella che si poteva definire una secchiona, ma non le importava; la ragazza si affrettava a studiare tutto nel primo pomeriggio, chiudendosi in camera per avere la massima concentrazione, lasciando un po' di tempo per il riposo dopo lo studio e poi usciva per cercare qualcuno con cui passare del tempo, come per esempio il suo partner Tetsuya, non brillante come lei nello studio e a cui dava sempre una mano con piacere.
Per quanto sembrasse incredibile, Aki e Rin passavano veramente poco tempo assieme. I dubbi sulle scelte dell'altro li avevano frenati e nessuno osava fare il primo passo per chiarire finalmente le cose tra loro; specialmente il fratello si era ritrovato a ritirarsi spesso dopo essere andato a cercare Rin per parlarle, e le poche volte che era riuscito a non scappare di fronte alla porta della sua stanza, la ragazza non era mai stata da sola. Questo perché Rin, per evitare Aki, passava un sacco di tempo in compagnia degli altri, a zonzo per Mistilteinn e alla ricerca di niente in particolare; lei era una persona più spontanea, ma certe volte con suo fratello non riusciva proprio a parlare.
Kya e Ryo passavano tutto il tempo assieme, come era prevedibile. La ragazza non mollava mai il suo partner, che qualche volta mostrava una certa insofferenza nelle sue continue attenzioni, ma continuava a invitarla e a mostrarle il suo affetto ogni volta che poteva. Momo e Hoshi sembravano il loro esatto contrario: la ragazza cercava spesso le attenzioni del proprio partner e chiedeva di lui ai suoi compagni di stanza, ma questo dava sempre qualche scusa per non poter passare del tempo con lei, restandosene in camera o dicendo che doveva finire di studiare e che l'avrebbe vista dopo, cosa che poi raramente si avverava.
Ciononostante, la squadra stava vedendo crescere
lentamente il proprio cuore; i ragazzi avevano sviluppato una sorta di routine tra le lezioni e i giochi pomeridiani. I libri e i film erano gli argomenti di discussione preferiti da tutti, che avevano preso l'abitudine di riunirsi due o tre volte a settimana nella biblioteca per discutere e confrontare le loro passioni e vedere qualche film tutti insieme. Poi, quando Tetsuya scoprì dei giochi di società stipati su uno scaffale in alto di un piccolo stanzino, i pomeriggi cominciarono a volare nella competizione di partite serrate.
C'erano state anche alcune occasioni in cui il gruppo si era riunito per andare a pescare: era stata di Kaoru l'idea, che per le prime volte aveva convinto Ryo e Aki a unirsi a lui e andare a uno dei laghi che circondavano il parco; poi, a poco a poco anche le loro partner si erano unite alla comitiva.
Per quanto riguardava il cibo, i ragazzi si erano dovuti organizzare in fretta in modo da riuscire a mangiare bene senza però creare troppa confusione in cucina; nelle prime giornate infatti, erano stati colti alla sprovvista dalla mole di lavoro che c'era da fare per sfamare tutti quanti e la disorganizzazione aveva reso tutto peggio. La cucina era diventata un inferno mentre la gente andava avanti e indietro con aria disperata, cercando di far funzionare gli ingranaggi di una macchina di cui nessuno aveva preso realmente i comandi, mentre i pochi che sapevano il fatto proprio ai fornelli cercavano di rimediare ai disastri e le disattenzioni degli altri. Furono così decisi i turni settimanali in cucina, e in seguito anche per la pulizia dei bagni. Suzuko, Momo, Aiko e Yoshiki erano i migliori a cucinare e i più attenti nelle pulizie; Kaoru, Kya e Hoshi, invece, se la cavavano a stento ed erano più svogliati.
Ognuno si occupava di pulire la propria stanza, anche perché alcune ragazze si rifiutarono categoricamente di far frugare i ragazzi tra le loro cose, e dello stesso avviso furono anche Hoshi e Yoshiki, mentre Kaoru e Tetsuya si vergognavano troppo a far vedere il proprio disordine agli altri. La squadra aveva formato una sorta di consiglio dove si prendevano le decisioni più importanti e si organizzavano le attività; tuttavia, visto che inizialmente non c'erano molte cose da fare, il consiglio si era trasformato in un'occasione come un'altra per cazzeggiare.
La dispensa era carica di ogni tipo di cibo per cucinare e gli era stato detto che sarebbe stata riempita ogni settimana da alcuni corrieri. In questo modo i ragazzi potevano controllare sempre cosa avessero a disposizione e quindi organizzare i pasti in base alle loro possibilità; potevano anche richiedere degli ingredienti particolari se ne avevano voglia, ma di solito non si spingevano oltre un certo limite per non sembrare troppo pretenziosi. Suzuko passava moltissimo tempo all'interno della dispensa per catalogare le razioni, ordinarle e segnare le possibili idee per il pranzo e la cena; quando aveva finito di controllare le razioni e aveva messo tutto in ordine, poteva rilassarsi sapendo di avere la situazione sotto controllo.
Tutti quanti si stavano cominciando a conoscere meglio, non solo grazie a quei comportamenti più peculiari che venivano notati da tutti: ogni incontro era un'occasione per raccontare qualcosa di sé e scoprire di più sugli altri. C'era chi si era subito aperto con tutti, come Kaoru e Kya, che mostravano tutta la loro personalità in ogni gesto; queste erano le persone più desiderose di fare amicizia con tutti. Allo stesso modo però, alcuni non riuscivano a superare la timidezza e finivano con il mettere in mostra molto poco di sé, oppure addirittura cercavano di nascondersi il più possibile, come i fratelli Aki e Rin, Hoshi e Tetsuya.
L'atmosfera, in ogni caso, era delle migliori. Tutti stavano bene assieme e più il tempo andava avanti, più sarebbero andati d'accordo; a mano a mano, anche i più duri si sarebbero fatti avvicinare e la squadra avrebbe continuato a crescere unita, raggiungendo obiettivi sempre più alti. Questo era soprattutto ciò che si auguravano Hachi e Nana, che rimanevano ad osservare la loro crescita in silenzio, cercando di aiutarli qualora ci fosse un problema, ma era anche quello che erano venuti a concordare dopo aver visto il modo in cui si stavano sviluppando le dinamiche nella loro squadra.
Sembrava che le cose dovessero continuare così ancora a lungo, qualcuno sembrava addirittura aver dimenticato il proprio compito e credeva che niente sarebbe mai cambiato, ma poi a neanche una settimana dal loro primo incontro, i ragazzi furono portati a tenere una prova molto particolare.

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Capitolo 8
*** Preparativi ***


Una mattina a lezione i ragazzi furono informati di un'imminente evento a cui avrebbero partecipato. "Evento" sarebbe stato il termine esatto, vista la sua importanza e trattandosi della prima volta in assoluto che avrebbero fatto quella cosa, ma la parola che fu utilizzata da Hachi quando comunicò loro quella cosa fu "test".
I ragazzi si sarebbero riuniti in un laboratorio costruito nei sotterranei di Mistilteinn per sottoporsi a una prova alquanto singolare, che tutti quanti stavano aspettando pur non sapendo che sarebbe arrivata così presto: in quel posto, l'hangar dove erano custoditi gli Stridiosauri, i ragazzi si sarebbero dovuti connettere per la prima volta con i propri partner.
Le reazioni furono molto diverse. C'era ovviamente una grande emozione, ma molti dei giovani piloti non si aspettavano che quel momento arrivasse così presto, e cominciarono ad avere ogni tipo di preoccupazione.
Il motivo di quella fretta era semplice: non c'era abbastanza tempo perché si potessero permettere di non cominciare subito a lavorare con gli Stridiosauri. I ragazzi probabilmente se lo erano già messo in testa, ma avrebbero dovuto dare veramente il massimo e superare il limite in quel periodo di addestramento; non era possibile battere la fiacca.
Inoltre – e questo Hachi si guardò bene dal dirlo ai ragazzi per non scatenare il panico – anche se il vero attacco da parte dei VIRM sarebbe arrivato da lì a due anni, la squadra avrebbe dovuto essere pronta in poco più di tre mesi per fronteggiare una prima avanguardia dei nemici. L'esito di quella prima connessione e delle seguenti sessioni di allenamento avrebbero definito se i ragazzi sarebbero stati in grado di affrontare i VIRM e la mole di lavoro che avrebbero dovuto programmare per prepararli.
I ragazzi furono scossi. Il poco preavviso fece diffondere nella squadra una profonda incertezza, non tutti si sentivano pronti a mostrare il proprio valore, e alcune situazioni tra di loro non erano state ancora risolte, come la questione Aki e Rin; i due fratelli non avevano ancora avuto l'occasione di parlare apertamente in quei giorni riguardo alla loro posizione di fronte agli altri compagni di squadra, e se avessero cominciato a partecipare alle missioni senza aver detto loro la verità avrebbero rischiato di minare la fiducia su cui si basavano i loro rapporti.
Quando lo confessò ai suoi compagni di squadra, Aki si vide arrivare una marea di domande. Era l'ora della pausa tra le lezioni, l'intero gruppo era sciamato fuori dall'edificio per godersi la bella giornata e gli insegnanti si erano allontanati dalla classe, rendendo quello il posto perfetto per discutere di quelle cose.
<< Pensavo che aveste parlato ieri, quando abbiamo portato Aiko e Suzuko a pescare. >> Disse assonnato Kaoru. Aveva la testa poggiata a una mano e la sua schiena era completamente incurvata in una posa piena di inerzia che assumeva spesso a lezione.
Aki cercò di fargli abbassare la voce, temendo che qualcuno potesse entrare nella stanza da un momento all'altro. << Ci ho provato. >> Mormorò sconfortato. << Ma proprio quando stavamo per andare al sodo, è arrivata Fukuda che si è messa a parlare con Rin! >> Continuò con un'espressione da cane bastonato in volto.
Ryo avvicinò la faccia a quella di Aki e gli chiese:<< Aspetta, dove vi trovavate? >>
<< In biblioteca, perché? >>
Kaoru sbuffò con aria comica e si guardò intorno un attimo prima di voltarsi di nuovo verso Aki. << E certo che è arrivata Fukuda a interrompervi! Lei passa sempre di lì almeno un paio di volte al giorno. >> Disse. << Perché non l'hai portata in camera nostra? >>
Il tono di Kaoru si fece molto meno canzonatorio quando chiese di quella cosa, ma Aki abbassò lo sguardo abbattuto. << Non posso portarla da noi. Chissà cosa penserebbero gli altri se ci vedessero! >>
In effetti se un altro dei ragazzi avesse dovuto vedere Aki e Rin nascondersi con aria furtiva in una delle camere da letto avrebbero potuto farsi qualche strana idea, non conoscendo la verità, così come le ragazze che forse non erano al corrente della situazione avrebbero potuto preoccuparsi per la loro amica e incuriosirsi ancora di più. Ma Ryo e Kaoru pensavano che quella questione si sarebbe potuta risolvere facilmente, una volta rivelato il segreto al resto della squadra; questo se Rin fosse stata d'accordo a farlo.
Kaoru distolse lo sguardo esasperato. << Accidenti… Quanto può essere difficile parlare con tua sorella? >> Chiese ad alta voce, quasi come se lo stesse rimproverando. << A casa io e Kaori, per esempio, siamo sempre insieme. Dormiamo nella stessa stanza e facciamo il bagno insieme… Se c'è un segreto di cui sentiamo di dover parlare, lo facciamo e basta! >>
Aki allungò le mani per far tacere Kaoru, sempre più seccato da quel suo tono sguaiato. << Lo so, ed è la stessa cosa che facciamo io e Rin! >> Sibilò. << Ma qui è diverso. E non posso essere certo che le sue compagne di stanza siano al corrente dei fatti come lo siete voi, quindi non è che possa andare a parlarne di fronte a tutti. >>
<< Tua sorella si chiama Kaori? >> Fece Ryo distrattamente.
<< Che c'è? >> Chiese il ragazzo spostandosi un poco, guardando Ryo come se ci fosse qualcosa di strano in lui.
Ci fu silenzio per qualche istante, Ryo tratteneva a stento un sorrisetto divertito mentre Kaoru lo squadrava interrogativo, poi Aki batté le mani sul banco facendo tornare l'attenzione su di sé.
<< Chi se ne frega di come si chiama sua sorella! Abbiamo un problema più grave di cui occuparci! >>
I suoi amici però non sembravano allarmati da quello; Kaoru si mise comodo sulla sua sedia con un braccio che passava sopra allo schienale e disse con aria rilassata:<< Tranquillo. Credo di aver già trovato l'occasione giusta per farvi parlare senza problemi. >>
Il volto di Aki si rilassò e il ragazzo abbassò il tono di voce. << Davvero? >>
Kaoru annuì vistosamente. Si sporse in avanti con uno sguardo sicuro di sé e cominciò a spiegare sottovoce:<< Il giorno del test saremo da soli con le nostre partner nella cabina di pilotaggio degli Stridiosauri. Probabilmente ci saranno dei microfoni per tenerci in contatto con i coordinatori, ma prima di effettuare la connessione è probabile che ci lasceranno da soli un momento per prepararci, quindi nessuno potrà sentire quello che diremo. >> Kaoru puntò un dito verso Aki mentre questo finalmente capiva quale fosse il suo piano. << Sarà l'occasione perfetta per chiarire le cose con Rin! >>
<< E' perfetto! >> Esclamò subito il ragazzo con ottimismo rinato. Sembrava veramente entusiasta di quell'idea. << Se riesco a parlarle dentro la cabina di pilotaggio potremo finalmente smettere di nasconderci in continuazione e mentire a tutti quanti… >>
Per un momento Aki si emozionò talmente tanto che alzò un po' troppo la voce; in quello stesso momento vide entrare dalla porta Hachi, che gli mandò un'occhiata perplessa chiedendosi perché urlasse tanto, e il ragazzo si tappò la bocca immediatamente, tornando a parlare con i suoi compagni di stanza. << Grazie, ragazzi. Sapevo di poter contare su di voi! >>
Kaoru fece una faccia come per dire che non c'era bisogno di ringraziarlo, poi si picchiettò un dito sulla tempia. << Basta avere questo… >> Disse.
<< Un testone? >> Rispose Ryo sghignazzando, facendo scoppiare dal ridere Aki mentre Kaoru gli metteva le mani sulla testa e gli scompigliava i capelli con foga per vendetta.
Le cose per Aki sembravano essersi sistemate, ma il ragazzo non sapeva che sua sorella, fuori dall'edificio, stava avendo una discussione simile con le sue compagne di stanza. Rin sembrava ancora più preoccupata riguardo a quella faccenda: la sua incapacità di fidarsi degli altri cominciava ad essere asfissiante; aveva persino portato Suzuko e Aiko in disparte, facendole andare sul retro dell'edificio in modo che nessuno le sentisse parlare.
<< Aki è sempre distratto, come se avesse fretta di fare qualcosa ma poi non lo fa mai, e io non ho il tempo di spiegargli la situazione! >> Si lamentava con Aiko e Suzuko. << Pensavo che essendo Partner avremmo avuto più tempo da soli, ma sembra che ogni giorno ci allontaniamo di più… >>
Le sue compagne di stanza condividevano la sua preoccupazione; ogni volta che avevano tentato di aiutare Rin a restare sola, era successo qualcosa che gli aveva impedito di attuare il loro piano. << Ogni volta che cerchiamo di lasciarvi da soli, quei rompiscatole di Sato e Matsumoto vengono a metterci i bastoni tra le ruote! >> Disse infastidita Suzuko con le braccia incrociate, che si era stancata di farsi raggirare da quei due seccatori ogni volta che si appostava a fare il palo per Rin.
<< Mi dispiace
… >> Mormorò la ragazza. <>
Aiko si portò una mano sulle labbra. << Ma è possibile che sia così difficile? Se provassi a parlargli chiaramente, credi che non ti ascolterebbe? >>
<< Non posso andare da lui e dirgli che dobbiamo parlare. >> Rispose esasperata Rin. << Potrebbe pensare che sia successo qualcosa di grave, oppure stupido com'è penserebbe di chiamare qualcun altro con cui parlarne! >>
Rin era veramente stanca di quella situazione; non era abituata a mentire alla gente e se avesse saputo che sarebbe stato così spossante, avrebbe fatto di tutto per dire la verità a più persone possibile. Si lasciò andare a uno sbuffo di irritazione, e così fece anche Suzuko.
<< Non può essere così difficile! Ci penseremo noi; vado a chiamarlo ora e gli dico che devi dirgli una cosa molto importante. >> Fece per avviarsi verso l'entrata, ma Rin la fermò.
<< E' inutile farlo ora. Tra poco finirà la pausa e rischieremo solo di rendere le cose più complicate per entrambi. >> Raggiunse Suzuko e la costrinse a fermarsi. << Non voglio farlo preoccupare inutilmente, so come ragiona lui: si fa un sacco di problemi prima ancora di sapere che succede. >>
Suzuko allargò le braccia con aria infastidita; voleva aiutare Rin e suo fratello, ma non sapeva in che modo e quello la faceva impazzire. << E allora che facciamo? >>
Rin abbassò lo sguardo, non aveva idee. Si sentiva come se fosse in grado solo di rimandare a più tardi, ma intanto il tempo passava sempre più in fretta e con quel suo comportamento stava facendo allontanare anche le sue amiche.
<< Non lo so… Non riesco a pensare! >> Disse Rin stringendo le palpebre. Non sapeva più cosa fare, perché più provava a pensare a un modo per risolvere quella situazione e più immaginava i risvolti negativi che avrebbero potuto esserci. Non riusciva a trovare un modo per risolvere quella faccenda con suo fratello, e il fatto di non poter comunicare con Aki non le dava una visione chiara di cosa volesse fare lui. << Più tempo passa e più ho paura che tutti gli altri scoprano la verità… >>
Le ragazze si guardarono per un momento e capirono che dovevano fare qualcosa per far sentire meglio Rin e impedirle di farle pensare a tutto quello da un punto di vista così negativo.
<< Non fare così! >> Disse Suzuko. << Le altre ragazze sono tutte d'accordo a mantenere il segreto. >>
<< Non devi essere così negativa; sono sicura che anche se gli altri scoprissero la verità su te e tuo fratello, potrebbero benissimo comprenderti! >> Aggiunse Aiko. Lei era fatta diversamente, era più propensa a fidarsi del prossimo. Suzuko appoggiò quella sua idea, sapendo che al momento l'importante era far sentire meglio Rin.
<< Giusto! Siamo fortunate ad avere dei compagni di squadra così comprensivi. Sono sicura che non si farebbero alcun problema! >> Disse alzando un dito in aria e mostrando un sorriso sicuro di sé.
Rin alzò lo sguardo un po’ rincuorata e sospirò. << E se lo venissero a sapere Nana e Hachi? >> Quella prospettiva era molto più spaventosa, ma sperava che le sue amiche potessero darle di nuovo conforto.
Questa volta però Aiko e Suzuko non se la sentirono di dire che non sarebbe successo niente; in fondo Nana e Hachi avevano più motivi per essere arrabbiati, ma quanto severi avrebbero potuto essere? Potevano davvero considerare le azioni di Aki e Rin un tentativo di frode? Era una di quelle domande alle quali non si poteva rispondere con certezza fino a che non lo si scopriva di persona, ma Rin avrebbe preferito non scoprirlo. Da una parte, si sarebbe potuto dire che era stato l'I.P.U. a creare quella situazione, offrendo gli ausili alle persone meno agiate che avrebbero presentato un figlio, e le persone più sensibili avrebbero potuto dire che era giusto così, ma dal punto di vista burocratico qualcuno avrebbe risposto che i due ragazzi stavano approfittando dell’offerta.
Incapaci di rispondere a quell’ultima domanda, le due ragazze cercarono qualche altro argomento su cui far slittare la conversazione e tutto a un tratto Aiko si illuminò. << Ho trovato! >> Disse con entusiasmo. << Potresti approfittare del test di domani! >>
Rin alzò lo sguardo confusa e le chiese che cosa intendesse. Neanche Suzuko capì perché quello dovesse essere proprio il momento migliore per parlare con Aki, finché la ragazza non si fu spiegata.
<< Pensateci, se è vero che ci faranno pilotare gli Stridiosauri, nella cabina di pilotaggio ci saremo solo noi con i nostri Partner. >> Disse Aiko, ancora su di giri. << Non credi che sarebbe l'occasione perfetta per parlare senza che nessuno senta niente? >>
Rin sostenne lo sguardo fiducioso di Aiko per qualche secondo, che fu supportato anche da Suzuko, ma poi scosse la testa. << E che mi dite dei microfoni? Sicuramente sarà installato un sistema per comunicare con l’esterno. >> Quell'idea la fece sentire come in una gabbia e subito si immaginò lo scenario peggiore. << E se dovessi attivarlo per sbaglio mentre parliamo e finissi per farlo sentire a tutti quanti? Sarebbe orribile! >>
Suzuko sospirò esasperata e si costrinse a mantenere un tono sicuro di sé per non demoralizzare Rin; cominciava a chiedersi quale dei due fratelli fosse il più paranoico…
<< Va bene, è ovvio che non possiamo prevedere quello che accadrà, ma possiamo solo pianificare ed essere pronte a colpire al momento giusto. >> Disse dopo aver fatto un bel respiro e mettendole le mani sulle spalle. << E’ inutile fasciarsi la testa prima di rompersela, no? >> Sorrise, ricordando a Rin come lei stesse facendo la stessa cosa che rimproverava al fratello.
La ragazza si vergognò per il proprio modo di pensare pessimista, ma non riuscì a trovare l'entusiasmo per reagire. << Immagino di sì…? >> Mormorò abbassando lo sguardo.
<< Allora ecco cosa faremo: da questo momento ti preparerai un bel discorso chiaro e conciso per spiegare ad Aki tutta la situazione; non cercherai più l’occasione perfetta, ma dovrai prenderla al volo appena sarà alla tua portata! >> Spiegò Suzuko con voce ferma, come un vero leader. Le stava quasi dando degli ordini, ma allo stesso tempo riusciva a farla sentire più tranquilla. << Quindi dovrai decidere in un attimo se sarà il caso di parlare o meno, però dovrai essere pronta ad agire velocemente, quando sarà il momento! >>
Rin deglutì con drammaticità pensando al momento in cui si sarebbe ritrovata da sola con suo fratello e in un battito di ciglia avrebbe dovuto decidere se parlare o meno. Era terrorizzata solo al pensiero di doverlo affrontare, si chiese se dal vivo sarebbe stato peggio…
<< So che può sembrarti spaventoso, ma se non vai avanti con questa mentalità non ti deciderai mai a farlo finalmente. >> Aggiunse dopo la sua compagna di stanza, lasciandola andare con aria dispiaciuta. << Se ci pensi, è stato per via della tua incertezza che non sei mai riuscita a parlare con tuo fratello. Ma io so che puoi superare questo ostacolo, basta solo che tu ci creda! >>
Rin lottò un po' per sorridere a Suzuko; alla fine ci riuscì e la ringraziò. Era contenta di potersi sfogare un poco con lei e Aiko, ed era decisamente grata del fatto che fossero così sagge da darle tutti quei consigli; non aveva idea di che avrebbe fatto senza di loro.
Suzuko aveva ragione: era colpa sua se lei e suo fratello non avevano ancora potuto parlare. Se fosse stata meno indecisa, lo avrebbe semplicemente detto e tutto quello stress non avrebbe avuto motivo di esistere. Ora doveva finalmente fare la cosa giusta, e solo lei poteva farla!
<< Manca ancora qualche minuto alla fine della pausa. Andiamo a vedere che cosa fanno gli altri. >> Propose Aiko guardandosi intorno. Era evidente come volesse andare al sole e scambiare due parole in spensieratezza con gli altri loro compagni di squadra. Anche Rin e Suzuko erano stanche di nascondersi per questo furono felici di quella proposta. Si avviarono insieme verso l'entrata dell'edificio, ma arrivate di fronte al portico cominciarono ad attraversare il ponte che si estendeva di fronte all'edificio, sopra al grande lago che circondava quel luogo.
Lungo il ponte, il resto della squadra stava passando il tempo ad assaporare il bel tempo; Ojizaki e Maruyama stavano in piedi a guardare l'acqua immobile del lago; vicino a loro, Fukuda stava seduta per terra a gambe incrociate e sfogliava distrattamente un libro, mentre poco più in là Kondō
lanciava ciottoli nel lago, con Sakei e Nakamura vicino sedute sul bordo del ponte a dondolare le gambe nel vuoto.
Le tre ragazze sopraggiunsero mentre Yoshiki si girava e faceva qualche passo verso il centro della banchina, dicendo qualcosa che non sentirono.
<< Credo che ci farà bene. >> Intervenne Naho girando poco la testa verso di lui. << Se ci abituiamo troppo all'ozio, non riusciremo a prendere il ritmo in tempo. >>
<< Di che parlate? >> Chiese con leggerezza Suzuko posizionandosi vicino a Tetsuya e vedendo la metà degli sguardi fissarsi su di sé.
<< Parlavamo del test di cui ci hanno parlato Hachi e Nana, quello dove dovremmo pilotare gli Stridiosauri. >> Intervenne il ragazzo per farle un riassunto veloce. << Ancora non riusciamo a credere che quel momento sia arrivato… >>
<< La notizia del giorno! >> Commentò allegro Yoshiki voltandosi. Poi abbassò lo sguardo e aggiunse sorpreso:<< Pensavamo che anche voi ne steste parlando. >>
Suzuko sorrise imbarazzata e mentì. << Ah, è vero! Pensavamo fosse un argomento noioso e allora ci siamo allontanate… >>
<< Noioso? >> Esclamò Kya contrariata. << E' una notizia bomba! >>
<< Hai ragione, ma pensavamo che fosse un argomento troppo pesante da affrontare insieme… >> Intervenne Aiko posando una mano sulla spalla di Suzuko, come a dire che non fosse quello che intendeva dire la sua compagna di stanza.
<< Sì, magari più ne parliamo e più cresce l'eccitazione! >> Aggiunse Rin ammiccando. Kya sbuffò, ma sorrise in risposta alle due ragazze.
<< Come fate ad essere così tranquille? >> Fece a un certo punto Momo, che non si era mossa. Aveva lo sguardo fisso sull'acqua sotto i propri piedi e teneva le mani unite, facendo scontrare le unghie di tanto in tanto tra loro. << A dirla tutta, io ho un po’ paura… >>
Kya si girò verso di lei e le sorrise. << E’ solamente la tensione, non devi pensarci troppo. Sono certa che farai un ottimo lavoro! >> Disse passandole un braccio dietro la schiena e stringendola piano. Momo sorrise e la ringraziò in silenzio.
<< State tranquille! Non abbiamo motivo di preoccuparci… >> Disse Suzuko mettendosi le mani ai fianchi e sorridendo sicura di sé. << I nostri livelli di compatibilità sono tutti molto buoni. E' altamente improbabile che vada storto qualcosa durante l'esercitazione, solo l'agitazione potrebbe giocare brutti scherzi e, bé, non te ne faranno certo una colpa! >> La ragazza alzò la testa con sicurezza, come se sapesse esattamente di cosa stesse parlando.
Anche Yoshiki prese la parola, sostenendo l'idea di Suzuko:<< Inoltre, pensa a questo per sentirti meglio: tra migliaia di candidati siamo stati reputati i più idonei al ruolo di Parasite. Non avrebbero mai messo a pilotare persone incompatibili tra loro. >> Era sorridente, ma dopo che ebbe fatto una pausa il suo sguardo si fece più tetro e aggiunse:<< Però non farebbe male parlare con il proprio partner su come affrontare la prima connessione. Potrebbe essere piuttosto traumatico, se affrontato senza l’adeguata cura, e la comunicazione è il modo migliore per avvicinarsi l'un l'altro… >>
L'ultima parte del discorso del ragazzo sembrò demoralizzare ancora di più la Pistil. Forse era proprio la comunicazione con il suo partner che non andava bene, e conoscendo Hoshi non era difficile da immaginare. Fu Naho a notare la reazione di Momo e diede un colpo al ginocchio del proprio partner, dicendo:<< Non sei per niente bravo a rassicurare le persone… >>
<< Ma sono realista. Il mio voleva essere un consiglio: una bella chiacchierata potrebbe aiutare a far passare l'ansia! >> Lui si allontanò un po' dal bordo del ponte e fece qualche passo verso il centro. << D’altra parte, come piloti e Partner dovremmo concentrarci sui nostri legami. >>
Momo guardò prima Yoshiki, poi cercò lo sguardo di Hoshi e gli chiese:<< Allora ti va se più tardi parliamo un poco, io e te? >>
Il piccoletto stava per lanciare un sassolino nel lago, ma si fermò sorpreso a guardare la propria partner e sorrise in modo assertivo. Mentre diceva a Momo che non c'era nessun problema, Tetsuya lo notò mentre lanciava un’occhiataccia al suo compagno di stanza che aveva suggerito quell’idea.
<< Comunque sia, io e il mio Ryo non avremo problemi. >> Disse a un certo punto Kya raddrizzando la schiena con fierezza. << Ci basta uno sguardo per capire tutto tra noi. >> Sembrava quasi che si stesse vantando, ma nessuno vi diede peso.
<< A proposito, dov’è adesso? >> Chiese Naho voltandosi a guardare verso l’edificio. << Pensavo che fossero usciti tutti quanti per la pausa. >>
<< Solo un pazzo deciderebbe di passare il tempo della pausa dentro, con questa giornata. >> Commentò Yoshiki voltandosi a guardare l'entrata dell'edificio, adocchiando tre figure che venivano fuori dall'ingresso.
<< E noi ne abbiamo tre in squadra… >> Rise Hoshi sporgendosi a sua volta per guardare i tre ragazzi che andavano verso di loro. A un certo punto, la campanella suonò e Aki, Ryo e Kaoru cominciarono a lamentarsi e a gesticolare animatamente tra di loro.
Kya si alzò a guardare nella loro direzione. << Ma che sta facendo? >> Borbottò. << Avevano detto di dover fare qualcosa assieme e che sarebbero usciti presto, e invece… >>
<< Sempre assieme, quei tre! >> Commentò Suzuko con tono esasperato, facendo ridere gli altri. Nessuno, a parte le sue compagne di stanza, colse il riferimento al fatto che fosse impossibile beccare uno di quei tre da solo, un altro motivo per cui Rin era tanto in ansia.
Il gruppo si incamminò per rientrare a lezione e quando furono di fronte all'ingresso poterono sentire meglio quel che si dicevano i ragazzi appena usciti; trovarono Aki con le mani poggiate sulla nuca di entrambi i suoi compagni di stanza mentre gli faceva sbattere la testa a vicenda.
<< Se non aveste perso tempo a parlare della sorella di Kaoru… >> Non sembrava veramente infastidito, aveva un tono scherzoso che si addiceva alla posa comica che aveva assunto. I ragazzi che stava torturando si scrutarono all'unisono.
<< Ci dispiace, non abbiamo fatto caso al tempo che passava! >>
<< Ryo! >> La voce di Kya arrivò sopra alla scalinata che portava all'interno dell'edificio e Aki lasciò andare i suoi due compagni mentre questa si avvicinava. Una volta raggiunto il suo partner, lo afferrò da un braccio e cominciò a strattonarlo e tempestarlo di domande. << Perché ci hai messo tanto? Che dovevi fare? >>
Ryo non fu in grado di rispondere con tanta scioltezza e si limitò a gesticolare mentre dalla sua bocca usciva un suono strano. Fu Kaoru a tirarlo fuori dai guai, che si accostò al ragazzo e disse:<< Si tratta di un argomento top secret, signorina Nakamura! >>
Kya stette al gioco assumendo un tono infantile e tirando ancora il braccio di Ryo si sporse verso il ragazzo che aveva parlato. << E dai! Voglio saperlo anch'io! >>
Mentre assisteva in silenzio a questa sceneggiata, Aki colse con l'udito una frase detta da Suzuko:<< Torniamo in classe, Rin. >> La ragazza tirò dritto ignorando il siparietto dei suoi compagni di squadra, ma sembrò soffermarsi su di lui per un istante mentre dietro di lei la sorella la seguiva con aria sfiduciata, accompagnata da Aiko e con al seguito il resto della squadra.
Rin si girò ancora una volta a guardare Aki, cercando di entrare nella sua testa: le parole della Nakamura le tornarono in mente e si depresse.
Anche noi eravamo capaci di capirci con un solo sguardo… Pensò abbassando lo sguardo con rassegnazione. Perché ora mi sento sempre più distante da te?
Lui rideva del battibecco di Kya e Kaoru e non sembrava avere nessuna preoccupazione. Adesso restava addirittura in classe a parlare di nascosto con i suoi amici, evitandola forse di proposito. Era veramente così semplice per lui, oppure era lei che stava facendo di tutta quella storia un problema più grande di ciò che era?
L'intera squadra era già entrata, ma davanti all'entrata restavano Kya e i tre ragazzi appena usciti. Fu in questo momento che arrivò Nana a chiudere quel siparietto e a dirgli di sbrigarsi a tornare in classe.
<< Per favore, ancora qualche minuto! >> La supplicò Kaoru, che ricevette una tirata d'orecchie istantaneamente prima di essere trascinato in aula.
<< Avete oziato abbastanza. Oggi pomeriggio potrete riposarvi ancora, quindi non lamentatevi! >> Disse la donna mentre gli altri la seguivano, non volendo ricevere il trattamento di Kaoru. << Dovreste averlo capito ormai che questi teatrini non funzionano! >> Sbuffò.
Da quando era cominciata la scuola, Kaoru era sempre stato il buffone della classe anche quando non sarebbe stato necessario; era fortunato ad essere spalleggiato da Aki e Ryo il più delle volte, che quando erano assieme a lui diventavano più sfacciati del solito, anche se in quella occasione gli era andata male. Alcune volte si spingevano un po' oltre e cercavano di prendere le cose troppo alla leggera, ma se volevano veramente affrontare i VIRM avrebbero dovuto prendere quella situazione più seriamente. I tre ragazzi in breve tempo sembravano essersi integrati nel gruppo meglio di tutti; la disinvoltura con cui il trio di compagni si rivolgeva a chiunque, fossero loro compagni di squadra o i loro istruttori, era difficile da eguagliare.
Nana e Hachi non potevano dire di essere contrari a quello sviluppo nel comportamento dei ragazzi: l'affiatamento generale stava crescendo e questo era un bene. In particolare, compagni e compagne di stanza andavano più d'accordo e alcune delle coppie dimostravano già il proprio potenziale: Fukuda e Ojizaki passavano molto tempo a discutere di libri e a scambiarsi opinioni sulle loro letture preferite, mentre tra Sentakami e Maruyama sembrava esserci stata subito una simpatia reciproca che aveva facilitato il loro avvicinamento. Nakamura e Sato non avevano bisogno di migliorare il loro rapporto, lo si poteva vedere da come sembrassero vivere con naturalezza non solo le lezioni ma anche la loro convivenza, e avevano lo strano potere di attirare a sé il resto della squadra quando erano assieme, giovando alle loro amicizie. Tuttavia i due adulti erano preoccupati per alcuni che non sembravano riuscire ad andare completamente d'accordo, e questi erano la Sakei con Kondō e la coppia formata da Kawakami e Mizuru. Era ancora presto, quindi non c'era bisogno di preoccuparsi troppo per i loro legami, ma entrambi i coordinatori sapevano che avrebbero dovuto impegnarsi per aiutarli a superare le loro divergenze, se il problema non fosse stato risolto.
Fu in questa situazione che il gruppo andò quindi ad affrontare per la prima volta quella che sarebbe diventata la loro quotidianità, mettendo alla prova quello che avevano costruito in quei primi giorni passati insieme.

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Capitolo 9
*** La prima connessione ***


La mattina della prova i ragazzi si svegliarono diversamente dal solito. La loro quotidianità fu la stessa, ma erano tutti condizionati da un'emozione difficile da descrivere che gli teneva chiuso lo stomaco e gli seccava la gola. Fu forse la prima volta che tutti quanti si prepararono celermente per uscire dalla tenuta, in modo da non fare attendere Nana e Hachi che li aspettavano a scuola; quel giorno, tuttavia, non sarebbero andati a fare lezione in classe.
I due adulti erano all’esterno dell’edificio ed erano raggianti. Quando furono tutti riuniti sul ponte che portava all'edificio scolastico e quartier generale di Mistilteinn, Nana e Hachi li condussero all'interno e presero un ascensore che nessuno aveva notato prima: era abbastanza spazioso per trasportare tutti quanti e quando le porte si chiusero, per un po' i ragazzi non videro nient'altro che le fredde pareti di metallo, così in contrasto con l'ambiente di quel posto. Facevano andare in tutte le direzioni i loro occhi, cercando conforto dai propri compagni di squadra per affrontare quella tensione incontenibile, che ormai aveva smesso di celarsi e cominciava veramente ad avere effetto sui ragazzi.
Dopo un periodo che sembrò infinito, i ragazzi si accorsero che le pareti dell'ascensore erano in realtà trasparenti e quelli che avevano osservato fino ad ora erano i muri della tromba dell'ascensore. Tutto a un tratto però, di fronte ai loro occhi si aprì un enorme spazio sotterraneo, un grande hangar con una serie di postazioni numerate a cui erano assegnate delle enormi macchine grigie. Da ogni postazione si estendeva una rampa che permetteva di avvicinarsi alle macchine custodite al loro interno, e già da quella distanza era possibile vedere un numero limitato di persone andare avanti e indietro su di esse.
 I giovani piloti si schiacciarono contro i vetri dell'ascensore per guardare meglio quando si resero conto che di fronte a i loro occhi c'erano i loro Stridiosauri: erano tutti di dimensioni e forme diverse, quello che colpì di più l’attenzione generale era un gigante tentacolato con in cima quella che sembrava una testa gonfia e deforme. Quegli esseri potevano davvero avere un aspetto orrendo, stravagante, intimidatorio e allo stesso tempo meraviglioso.
Fu questo almeno il pensiero di Momo quando la sua attenzione fu attratta da un maestoso Stridiosauro con un paio di ali che nello spazio angusto della sua postazione rimanevano chiuse; avrebbe tanto voluto vederle aprirsi per volare via. Aveva gli occhi posizionati in un incavo nero nella testa, contornati da venature blu luminose che gli conferivano un cipiglio sprezzante, mentre quelle che somigliavano alle zampe della bestia mettevano in mostra grandi artigli lucenti.
Lo Stridiosauro con la rampa di accesso più bassa era un grande serpente che se ne stava beatamente acciambellato per terra; le sue scaglie nere brillavano di un tenue azzurro alla punta e sulla testa aveva un corno nero che culminava con uno strato blu somigliante a vetro. Nonostante occupasse poco spazio in verticale, era veramente mastodontico se osservato in lunghezza.
Gli altri tre Stridiosauri presenti erano i più piccoli, ma ugualmente maestosi; i ragazzi non riuscivano a staccarvi gli occhi di dosso, mentre passavano con lo sguardo da uno all'altro. Quello più bizzarro era anche il più minuto, che assumeva una forma per metà umanoide, con il busto sottile e coronato dalla testa sfilata e appuntita e le braccia prive di mani, mozze, mentre al posto delle gambe c'era una spessa mezzaluna metallica che si congiungeva a un anello che attraversava la schiena dello Stridiosauro.
Un altro Stridiosauro se ne stava a quattro zampe, l'unico a farlo e tuttavia uno di quelli dall'aspetto più normale, vista la sua somiglianza con un animale selvaggio; la sua estetica, tuttavia, era più geometrica e sfilata; la testa quasi triangolare somigliava a uno scudo leggermente ricurvo e a chiudere il suo strano corpo c'era una coda rigida e inerte.
Infine, l’ultimo Stridiosauro, che era anche il più grande dei tre di piccole dimensioni, aveva forma umana. Il corpo agile e snello dalle fattezze femminili, una corona blu e nera da cui emergeva un corno spuntato cingeva la sua testa priva di volto, e nelle mani coperte da un'armatura fino agli avambracci era stretta una lancia enorme. Fu su quello che si fissò Kya, quasi come se ci avesse visto qualcosa che le dicesse “questo è tuo!
<< Quelli sono i vostri Stridiosauri, come avrete già capito. >> Disse Hachi sorridendo; gli erano mancati quei visi pieni di meraviglia alla vista di quegli enormi macchinari. Lasciò che i ragazzi si sporgessero a guardare e si fece un po' da parte. L'emozione dei ragazzini era in netto contrasto con il perfetto autocontrollo dei loro coordinatori, abituati a quella vista.
I ragazzi si voltarono tutti quanti verso di loro. Gli occhi sgranati, dopo avere avuto la conferma di ciò che tutti avevano pensato. << Hachi… >> Mormorò Rin ancora esterrefatta. << Sono enormi… Come faremo a pilotare quei cosi? >>
La ragazza sembrava quasi contrariata; Hachi non si scompose e rispose con calma. << La loro stazza non deve intimidirvi. Ricordate come funziona la connessione? >>
Rin si ricompose e cercò di ricordare velocemente la definizione scritta sul proprio libro di testo. << L’unione dello Stamen e della Pistil innescano l’energia che fa avviare la macchina. >> Borbottò quasi automaticamente. Le veniva facile ricordare quella parte perché ogni volta che ci ripensava, le tornava in mente un fiore che aveva disegnato in un angolo della pagina dopo aver letto i termini stamen e pistil.
<< Giusto, e poi? >> Rispose Hachi annuendo.
Rin fece un'altra pausa prima di continuare con la sua risposta, questa volta andando più a fondo con la spiegazione:<< E’ l’assimilazione del corpo originale alla macchina! >> Una volta afferrato il concetto, riuscì a raccontarlo in modo più spedito. << La coscienza della Pistil entra all’interno dello Stridiosauro mentre la volontà dello Stamen permette di comandarlo. >> Avrebbe potuto continuare, ma Hachi la interruppe.
<< Esatto! Nessuna fatica nel farlo, perché tutto quello che serve per muovere quei bestioni è dentro di voi. >> Alzò un dito e rivolse uno sguardo difficile da decifrare ai ragazzi. << Dentro a tutti voi. >>
I giovani piloti si lanciarono occhiate confuse per qualche istante dopo che Hachi ebbe detto quella cosa, poi la conversazione tornò sugli Stridiosauri quando Nana prese la parola. << Ovviamente, visto che la vostra coscienza sarà incanalata nel corpo dello Stridiosauro, significa che sentirete tutto quello che gli accadrà; il compito degli Stamen sarà quello di pilotare nel modo più pulito possibile perché non avvengano incidenti. Ma ciò non significa che voi non avrete alcun controllo sul vostro corpo; la coscienza di Pistil e Stamen dovrà restare in equilibrio per mantenere la connessione stabile. >>
Ryo deglutì con fatica e si voltò a guardare Kya, che per qualche ragione non sembrava assolutamente preoccupata dall'idea di essere totalmente in balia del proprio partner. Lei si voltò verso di lui e gli rivolse un sorriso spensierato prima che l’ascensore si fermasse, facendo sobbalzare tutti i ragazzi al suo interno.
<< Adesso seguiteci. Per pilotare gli Stridiosauri dovete prima indossare le vostre tute. >> Disse Nana incamminandosi verso l'uscita. Erano arrivati in un corridoio completamente bianco, con luci alle pareti disposte in maniera ordinata che risultavano quasi abbaglianti.
<< Che cosa? Non andiamo di là? >> Chiese Kaoru puntando il pollice verso l’hangar dove erano posteggiati gli Stridiosauri; dall'ascensore era ancora possibile vederli, ma dentro al corridoio non vi erano più finestre.
Lui era impaziente di provare a pilotare, come tutti, ma non lo avrebbero mai lasciato salire a bordo in quelle condizioni.
<< Rilassati. >> Gli disse Hachi con un sorriso divertito. << Non ci vorrà molto. >>
<< Le tute da Parasite sono progettate per proteggervi dagli urti, sono di un materiale resistente ed elastico che non vi intralcerà i movimenti e renderà più agevole la respirazione, in modo da permettere una connessione più facile tra partner. >> Spiegò Nana mentre il gruppo avanzava nel corridoio vuoto. << Le tute delle ragazze, inoltre, sono dotate di uno schermo che traccia la sintonia dei singoli Parasite, così da tenere sempre sotto controllo i valori della connessione. >>
I due adulti si fermarono di fronte a un paio di porte simmetriche poste sullo stesso lato del corridoio; due porte automatiche, dalla superficie liscia e omogenea, presentavano dei simboli su di esse: uno significava "Stamen" e l'altro "Pistil".
<< Prego. Le ragazze da questa parte, i maschi di qua. >> Li indirizzò Nana indicando le porte con i rispettivi simboli.
Le porte si aprivano istantaneamente scorrendo all'interno della parete. Ryo quasi si spaventò quando la vide sfrecciare di fronte a propri occhi ed esitò ad entrare; si voltò a guardare per un momento Kya, che invece stava entrando tranquillamente all'interno dello spogliatoio e fece in tempo a cogliere un suo saluto della mano prima che sparisse all'interno del muro. Alla fine il ragazzo prese un bel respiro e si convinse a entrare al seguito di tutti gli altri.
All'interno dello spogliatoio c'era una fila di sportelli che somigliavano tanto a delle docce; tuttavia al loro interno vi erano delle braccia meccaniche inattive, e al posto del soffione per l'acqua c'era un piccolo punzone di vetro che puntava verso il basso. Dall'altro lato dello spogliatoio c'erano delle comunissime panche e degli armadietti dove poter posare i vestiti, dentro ai quali ognuno dei ragazzi trovò delle fasce di tessuto elastico da indossare all'altezza dei fianchi e del petto.
<< Queste ce le dobbiamo mettere? >> Mormorò Kaoru sollevando il busto che aveva trovato nel suo armadietto e testandone l'elasticità. << Sembra una cosa da donne… >>
<< Serve a rilevare la nostra taglia, e poi non vorrai andare in giro con una tuta attillata che ti sfrega sui gioielli di famiglia, vero? >> Gli rispose Yoshiki mentre si toglieva la giacca da una spalla.
Kaoru fu sorpreso di sentire quelle cose e gettò il busto sulla panca chiedendosi ancora come funzionasse, quindi cominciò a spogliarsi. Se le tute erano elastiche come raccontava Hachi, temeva che senza quella roba addosso si potesse vedere qualcosa attraverso il tessuto, e l'idea di fare figuracce di fronte alla sua partner lo convinse a seguire tutto quello che faceva Ojizaki, che sembrava sapere il fatto suo.
<< Dobbiamo entrare qua dentro? >> Chiese Tetsuya dopo essersi infilato boxer e busto bianchi. Era di fronte a uno degli sportelli delle "docce". Fu di nuovo Yoshiki a rispondere, confermando l'ipotesi di Kaoru.
<< Sì. Una volta dentro resta immobile e lascia che lo scanner finisca il suo giro, dopo potrai uscire. >> Si fermò accanto al box di Tetsuya e rimase con una mano sullo sportello per un momento, poi lo aprì e vi si infilò dentro rapidamente richiudendolo con cura.
Dal punzone in alto venne fuori una luce blu che rimbalzò sulle braccia meccaniche e prese a tracciare il suo corpo mentre queste cominciavano ad attivarsi; le braccia girarono attorno a lui andando dall'alto verso il basso con un leggero ronzio a fargli compagnia, poi una volta finito di esaminare la sua corporatura, la luce puntò di nuovo verso l'alto. Dove passava la luce, sulla pelle del ragazzo compariva del tessuto, seguendo con precisione le forme del suo corpo. Quando la luce si spense, Yoshiki era completamente vestito di una tuta aderente, completa di una leggera armatura sulle spalle.
Tetsuya osservò il risultato finale e fischiò intrigato prima di infilarsi a sua volta nel box per provare quella macchina. Mentre gli altri ragazzi finivano di indossare i busti elastici, Ryo si ricordò di aver già visto un macchinario come quello molto tempo addietro, in un grande negozio di elettrodomestici e accessori per la casa; non si trattava di un oggetto indispensabile, ma era molto diffuso nelle abitazioni da diversi anni e, a giudicare dal suo comportamento, Yoshiki sembrava esservi molto familiare. Questo si accorse dello sguardo imbambolato del suo compagno di squadra e rispose stringendo le spalle.
<< I miei genitori usano questa tecnologia praticamente sempre. Si possono confezionare abiti su misura e personalizzarli in pochissimo tempo. >> Spiegò strofinandosi un polso; la tuta aderiva talmente tanto che entrava nelle pieghe del corpo a ogni minimo movimento. Ci voleva un po' ad abituarsi.
Ryo si voltò a guardare Hoshi, che senza dire niente si era infilato nel suo box e si era sottoposto allo stesso trattamento della luce blu; quando uscì non sembrò per niente sorpreso, forse anche lui aveva familiarità con quella macchina.
Kaoru, Rin e Ryo si mandarono degli sguardi spaesati, poi siccome restare mezzi nudi a quel modo nello spogliatoio gli stava facendo venire freddo decisero di sbrigarsi a vestirsi e imitarono i loro compagni. La tuta da pilota era comoda, Ryo non se la sentiva nemmeno addosso, ma proprio quella caratteristica lo metteva leggermente a disagio; se non fosse stato proprio per il fatto che era in grado di vedere il proprio riflesso in uno specchio, avrebbe pensato di essere nudo.
Provò a tirare il tessuto all'altezza di una gamba, stringendolo tra pollice e indice e vide che questo si allargava senza alcuna resistenza, per poi tornare alla sua forma originale senza lasciare crespe. Sorrise, stranamente soddisfatto a vedere il tessuto espandersi e tornare al proprio posto in quel modo.
Mentre uscivano dallo spogliatoio, i ragazzi continuavano a toccare le proprie tute con occhi pieni di stupore e a camminare in modo strano. I loro supervisori li stavano ancora aspettando nel corridoio. Kaoru notò Hachi sporgersi verso Nana e bisbigliarle qualcosa che le fece sfuggire una risatina; allora anche lui aveva un senso dell'umorismo!
Le ragazze non erano ancora uscite, il che era strano perché di solito erano loro a sbrigarsi prima in qualunque cosa, tanto che alcune di loro avevano cominciato a prendere in giro i ragazzi per la loro lentezza. Proprio mentre Aki faceva notare quel fatto ai suoi compagni di squadra, la porta dell'altro spogliatoio si aprì facendo venire fuori le Pistil, una dietro l'altra, con indosso delle tute di fattura simile a quelle dei ragazzi.
Il colore principale delle tute delle Pistil era un blu elettrico segnato da alcune linee dello stesso colore delle tute dei ragazzi; le ragazze sembravano in imbarazzo a indossare delle tute così attillate che mettevano in risalto le forme anche delle più minute fra loro. Al posto dell'armatura sulle spalle dei ragazzi, le Pistil avevano uno strano casco abbassato dietro la testa e il tessuto delle loro tute sembrava essere più spesso rispetto alle altre. Alcuni degli Stamen non riuscivano a togliergli gli occhi di dosso, tanto che alla fine Rin e Suzuko si fissarono di fronte al resto del gruppo ed esclamarono:<< Ehi, piantatela di fissare! >>
La maggior parte dei ragazzi distolse lo sguardo con imbarazzo; solo Yoshiki si prese il suo tempo per obbedire, non particolarmente colpito dallo scatto delle sue compagne, e Ryo rimase a guardare confuso la propria partner, che invece di tentare di nascondersi come le altre ragazze gli lanciava sorrisetti smaliziati. Rimasero a fissarsi finché Suzuko non li interruppe, spuntando all'improvviso di fronte al ragazzo e dicendo:<< Anche tu, Sato! Chiudi gli occhi o guarda dall'altra parte! >>
La bolla che aveva inglobato i pensieri di Ryo scoppiò e il ragazzo si scusò freneticamente mentre cercava di far andare lo sguardo da un'altra parte. Vedendolo perdere le staffe in quel modo, Kya rise di gusto e raggiunse i suoi due compagni di squadra.
<< Dai, Suzu! Non pensi di esagerare adesso? >> Disse posandole una mano sulla spalla, trattenendo ancora a stento le risate. La Sentakami si voltò incredula.
<< Suzu…? >>
<< Nakamura ha ragione. >> Disse Yoshiki divertito da quella situazione. << Non ha molto senso preoccuparsi di simili dettagli, quando questa diventerà una abitudine per noi. >>
Suzuko indietreggiò e assieme a Rin andò a coprire Aiko, che continuava a tenersi le braccia di fronte al ventre, evidentemente a disagio.
<< In ogni caso, ci sono persone sensibili tra noi, quindi farete meglio a non farvi strane idee, o ve la vedrete con la sottoscritta! E' chiaro, Matsumoto? >>
Improvvisamente, Kaoru si sentì chiamare in causa e spalancò gli occhi con sorpresa. << Che c'è? >> Disse.
La ragazzina gli lanciò un'occhiataccia e spinse lontano la partner del suo compagno di squadra, che le mandò uno sguardo completamente perso. La voce di Nana attirò nuovamente l'attenzione del gruppo e i ragazzi si riunirono attorno agli adulti, pur restando divisi in due gruppi, con l'eccezione di Kya che se ne stava accanto a Ryo come se nulla fosse.
<< Ci siamo tutti? >> Unì le mani di fronte al petto e rivolse un grande sorriso incoraggiante alle Pistil alla sua sinistra. << Come vi sentite? >>
<< Come se dovessi vomitare la colazione di questa mattina e anche quella di ieri. >> Rispose prontamente Naho, forse con un po' troppo sarcasmo per essere presa sul serio.
Dal gruppo delle ragazze si sollevarono delle risatine sommesse, ma non bastarono a distendere la tensione: era vero, le ragazze adesso cominciavano ad avere paura dell'imminente prova che avrebbero affrontato, mentre i ragazzi sembravano non sentire quasi per niente quell'ansia. Era evidentemente a causa dei diversi ruoli che avrebbero avuto durante il test: agli Stamen spettava quello di guidare e basta, mentre le Pistil avrebbero dovuto sostenere una prova fisica che, dalle testimonianze, sembrava essere molto dolorosa.
<< Se volete, abbiamo pronto qualche rimedio per la nausea, ma immagino che si tratti della tensione. >> Intervenne Nana rivolgendosi a Naho. << Forse niente di ciò che potrò dire vi aiuterà a tranquillizzarvi, ma prendete la mia esperienza da ex Parasite: tutto quello che proverete una volta entrati in quei macchinari sarà qualcosa di mai provato prima. All'inizio penserete che sia spiacevole oppure che si tratti di qualcosa troppo difficile da comprendere, ma poco a poco la cosa diventerà sempre più naturale per voi, finché quell'ansia non sarà sparita del tutto. >>
Quasi nessuno fece caso ai consigli della donna, i piloti erano più interessati sul passato di Nana. << Anche lei è stata una Pistil, signorina Nana? >> Chiese Momo alzando una mano.
Nana fu sorpresa di sentirsi rivolgere quella domanda e sorrise pazientemente. << Sì. Io e Hachi eravamo nella stessa squadra. >>
Gli sguardi conversero su di lui e l'uomo sorrise, poi tornò serio un attimo dopo. << L'esperienza della connessione con il proprio partner è qualcosa di intimo, oltre che una sensazione soggettiva. Potete basarvi sulle esperienze passate fino a un certo punto, perché ognuno reagisce in base alla propria costituzione e al legame costituito con il proprio partner. >>
I volti delle ragazze si rabbuiarono improvvisamente, ma non per il motivo che pensò Hachi. Dopo un attimo, Aiko alzò la mano e con naturalezza chiese:<< Signorina Nana, anche da giovane Hachi era così serioso? >>
L'intervento di Mori fece scoppiare a ridere l'intera squadra, persino Nana non nascose il proprio sorriso sotto gli occhi torvi di Hachi. Alla fine questo distolse lo sguardo e col tono di chi non aveva altro da aggiungere, disse alla squadra di seguirlo mentre si incamminava per il corridoio.
Mentre il gruppo avanzava verso la propria destinazione e i suoi membri cominciavano a rimescolarsi per trovare i propri partner, Ryo guardò Kya cercando di leggere attraverso la sua maschera di confidenza, ma non riuscì a capire a cosa stesse pensando mentre avanzava a testa alta con le mani unite dietro la nuca.
<< Allora hai cominciato a dare soprannomi alla gente? >> Disse lui ridendo, pensando al modo in cui aveva chiamato la loro compagna di squadra poco prima.
Kya sbuffò. << Dai, quella là ti stava facendo il quarto grado! E poi… >> Girò lo sguardo verso di lui. << Non è che abbia molto da vergognarmi di te. >>
Ryo ripensò a tutte le volte che lui e Kya avevano fatto il bagno assieme da bambini, i momenti passati a giocare sulla spiaggia e anche tutte le volte che si erano accapigliati rotolandosi per terra, litigando per un gioco che uno o l'altra non voleva condividere o qualche altra leggerezza da bambini. Era vero che fossero estremamente vicini, però pensava che crescendo Kya avrebbe sviluppato un minimo di senso del pudore.
<< Sì, è vero. >> Rispose arrossendo un poco. Poi ripensò al modo in cui aveva reagito Sentakami quando la compagna di squadra l'aveva chiamata "Suzu" e disse:<< Comunque non farti prendere la mano; non a tutti piace essere chiamati con un nomignolo… >>
Lei lo guardò di sottecchi e ghignò. << Ah, davvero, darling? >>
Ryo provò una strana sensazione quando la ragazza gli rispose in quel modo; non avrebbe detto di detestarlo, ma lo mise seriamente in imbarazzo. Tuttavia non disse niente e dopo un po' si ricompose facilmente.
Però Kya era strana; continuava a comportarsi come se quello che stavano per fare fosse paragonabile a una passeggiata al supermercato. Era vero che era solitamente questo l'atteggiamento della sua amica, pimpante e deciso, ma proprio perché la conosceva bene Ryo sapeva anche quanto fosse facile per lei demoralizzarsi nei momenti difficili.
<< Va tutto bene? >>
<< Che vuoi dire? >> Borbottò lei girando la testa verso di lui.
Ryo indugiò studiando l'espressione di Kya ancora un po'. << Tu non sei preoccupata di effettuare la connessione? >>
<< Na-ah. >> Rispose subito lei scuotendo la testa. << Sto alla grande, non vedo l'ora di salire su quello Stridiosauro! >>
<< Ma non sai nemmeno quale sia. >> Le fece eco lui ghignando. Stavano entrando di nuovo in ascensore; questa volta i Parasite si tennero a una distanza maggiore gli uni dagli altri, a causa delle tute che stavano indossando e che li facevano sentire molto più scoperti. Le loro voci non si sentivano nemmeno, visto che più o meno tutti stavano borbottando come facevano loro; alcuni cercavano di far andare via la tensione, altri chiacchieravano riguardo gli Stridiosauri, cercando di rammentare alcune nozioni delle lezioni di fondamenti di pilotaggio.
L'ascensore cominciò a muoversi e da lì i ragazzi poterono tornare ad osservare gli Stridiosauri mentre ci si avvicinavano.
<< Sì che lo so! >> Riprese Kya girandosi verso il vetro e poggiando una mano su di esso. << E' quello dalla forma umana. L'ho sentito. >>
Ryo inarcò un sopracciglio con diffidenza. << "Sentito?" Che vuol dire che l'hai sentito? >> Cercò con lo sguardo lo Stridiosauro che aveva nominato Kya e si chiese che cosa avesse di tanto speciale da incantare a quel modo la sua amica.
Kya strinse le spalle, non sapendo come spiegarlo. << L'ho sentito e basta. Non appena l'ho visto, ho sentito che quel gigante apparteneva a me, in qualche modo. A noi, Ryo! >> Si girò a guardare negli occhi il suo amico e sorrise. Poi il suo sguardo divagò da un lato e lei sospirò. << E che io appartenevo a lui. >>
Ryo guardò Kya come se fosse un alieno; non credeva di averla mai vista in quello stato, come ipnotizzata.
<< Mentre l'ascensore ci conduce sul ponte di comando, passeremo in rassegna i vostri Stridiosauri e le loro caratteristiche. >> Disse Nana attirando l'attenzione su di sé per un attimo e poi indicando verso il vetro dove si potevano ammirare gli Stridiosauri. I box dove erano custoditi erano numerati, e fu dal numero uno che partì. << Quello con le ali è l'Aros, uno Stridiosauro di classe Gutenberg capace di volare ed espellere magma dalle fauci. Possiede una grande forza fisica e ha un enorme potenziale vista la sua capacità di sorvolare il campo di battaglia senza essere attaccato da terra, ma non è molto agile e quando si trova a terra è importante evitare che venga circondato. >>
Tutti quanti ricordavano le diverse classificazioni di Stridiosauri studiate a lezione: i classe Gutenberg erano dei modelli di Stridiosauro molto grandi che variavano nelle dimensioni, ma esistevano dei tipi di Stridiosauro ancora più mastodontici denominati classe Lehmann; le classi restanti erano riservate per gli Stridiosauri di medie e piccole dimensioni, denominati rispettivamente Mohorovičić e Conrad. Venivano chiamati così a seconda della profondità della crosta terrestre in cui si erano venuti a formare; una volta conosciute le dimensioni di uno Stridiosauro, se ne poteva delineare anche l'età in quanto gli Stridiosauri di più piccole dimensioni si formavano negli strati più alti della crosta terrestre e nel tempo andavano sempre più in profondità raccogliendo attorno a sé materiali fossili che ne facevano aumentare la stazza.
<< Chi sono i suoi piloti? >> Domandò Momo alzando la mano, trattenendo a stento l'ansia di conoscere al più presto quell'informazione.
Nana sorrise. << Vedo che non avete più pazienza. >>
La ragazza si scusò per la sua impertinenza, ma lei le disse di rilassarsi, poi diede una rapida occhiata ai documenti che portava con sé e mormorò:<< E' buffo che sia stata proprio tu a chiederlo, perché si tratta proprio del tuo Stridiosauro, Sakei. >>
Momo si sentì gli sguardi di tutti addosso; era vero che ne era rimasta intrigata alla prima occhiata, ma era veramente adatta a controllare una bestia del genere? Sarebbe stata veramente lei a volare con quel gigante, questo la rincuorava, ma nonostante ciò non fu in grado di mostrare il proprio sollievo: sul suo volto si formò un'espressione di grande sorpresa e poi come se non avesse ascoltato la spiegazione di prima, esternò i suoi dubbi.
<< Vuol dire che dovrò pilotarlo io? E' sicuro che possa farcela? >>
Nana sorrise per tutta risposta. << Prenderemo le cose un passo alla volta. Non vi manderemo certo sul campo alla prima uscita. >> Spiegò con voce rilassante. << Non c'è bisogno di farsi questo tipo di problemi, sarete seguiti dall'inizio alla fine. >>
Momo guardò Nana con un'espressione turbata, ma annuì rincuorata. Dopo aver osservato per un'ultima volta l'Aros, immobile e con le ali ancora piegate, si girò verso Hoshi che era ancora fermo a fissare lo Stridiosauro da lontano, e disse:<< Allora… Io e il mio partner faremo tutto il possibile per non deludervi! Giusto, Kondō? >>
Il ragazzo si voltò distratto e sembrò non capire cosa volesse Momo. Poi sembrò finalmente accorgersi della situazione e annuì distrattamente. La ragazza non sembrò fare caso al suo tono distratto e sorrise con ingenuità. Anche gli adulti sorrisero, ma era palpabile che in quel momento qualcosa non stesse funzionando tra i due partner.
<< Il secondo Stridiosauro è un altro classe Gutenberg. L'Anthurium è il più lungo degli Stridiosauri nella squadra, è capace di muoversi liberamente sotto terra, ma è nell'acqua che riesce a sfruttare tutto il suo potenziale; la sua forma a serpente permette una manovrabilità ottima ed è capace di liberare scariche elettriche ad altissima potenza, ma è carente sul lato difensivo. >> Nana alzò lo sguardo per vedere se qualcun altro avrebbe alzato la mano per chiedere a chi fosse stato assegnato, ma questa vota tutti i ragazzi rimasero ad aspettare educatamente che fosse lei a soddisfare la loro curiosità. Sospirando, abbassò di nuovo lo sguardo e disse:<< E' stato assegnato alla coppia Fukuda e Ojizaki. >>
I due ragazzi alzarono lo sguardo all'unisono: si erano entrambi distratti a guardare gli Stridiosauri quando Nana pronunciò i loro nomi. Fu Naho a chiederle di ripetere, e Yoshiki annuì con fare rispettoso.
<< Non stavate ascoltando? >> Chiese la donna inarcando un sopracciglio.
I due ragazzi la fissarono per un momento intontiti, sbatterono anche le palpebre all'unisono come perfettamente sincronizzati e alla fine cominciarono a borbottare nel tentativo di scusarsi.
<< No, cioè sì…! E' che stavo osservando lo Stridiosauro… >>
<< Anche io, non volevo mancare di rispetto! >> Si fecero eco l'un l'altra, causando delle risatine tra i loro compagni.
Nana sospirò con molta pazienza e li tranquillizzò. << Bé, immagino che sia normale per voi essere emozionati… Avete di fronte una grande responsabilità e sembra tutto quanto ancora un sogno, ma cercate di rimanere concentrati, okay? >>
<< Sissignora! >> Rispose prontamente Yoshiki recuperando la sua compostezza. << Siamo veramente onorati di sapere che l'Anthurium sarà il nostro Stridiosauro! Eravamo solo sorpresi. >>
Naho annuì più volte spalleggiando il suo partner e lo imitò quando si mise sull'attenti.
Nana incrociò le braccia e alzò una mano per portarsela alla guancia; rimase ad osservare i due ragazzi come se non riuscisse a capire a cosa stessero pensando; non appena distolse lo sguardo, Tetsuya notò con la coda dell'occhio che i suoi due compagni di squadra si stavano sussurrando qualcosa di nascosto e sorridevano come se fosse proibito. Gli sembrò strano; si era fatto un'idea leggermente diversa del tipo di persona che fosse Yoshiki, così come anche la sua partner, e invece mostravano dei lati della loro personalità inaspettati che sembravano avere addirittura in comune.
<< Andiamo avanti. >> Disse Nana voltandosi di nuovo verso il vetro. << Il terzo Stridiosauro è il più grande della squadra, il suo nome è Gaia. >>
I ragazzi si soffermarono ad osservare il gigante deforme; somigliava a una enorme medusa raggrinzita. Nonostante la presentazione di Nana, però, le sue dimensioni non sembravano tanto superiori rispetto agli altri due appena presentati; fu lei stessa a spiegare che il Gaia era capace di gonfiare la membrana che ricopriva la sua testa, arrivando fino a decuplicare la propria taglia. << Questo accade perché la parte superiore del suo corpo è piena di gas esplosivo. Il gas, espandendosi, fa allargare la membrana che lo trattiene finché non viene rilasciato. >>
Lo Stridiosauro era dotato di una mezza dozzina di tentacoli che scendevano dalla sua testa mentre la parte inferiore del suo corpo era inaspettatamente sottile; non era veramente piacevole da guardare, molto meno maestoso dei suoi simili.
<< A pilotarlo saranno Sentakami e Maruyama. >> Aggiunse la donna dopo la sua spiegazione. << Gaia è uno Stridiosauro molto potente, ma è anche molto lento e i suoi attacchi lo espongono molto, tuttavia grazie ai suoi tentacoli sarete capaci di tenere sotto controllo l'intera area circostante. >>
Suzuko rivolse un'occhiata di disappunto al suo Stridiosauro e rimase in silenzio. Solo Tetsuya notò quella sua espressione, ma preferì rimanere in silenzio e attendere l'occasione giusta per capire che cosa turbasse la sua partner.
<< Aggiungo che anche questo Stridiosauro è capace di volare, ma di solito si muove spingendosi con i tentacoli e strisciando con i suoi arti inferiori. >> Intervenne Hachi. << Non è molto maneggevole, quindi dovrete sviluppare una guida cauta e riflessiva, ma non lasciatevi intimorire dalle apparenze. >>
Dopo che l'adulto ebbe dato quel consiglio, la ragazzina sembrò cambiare drasticamente atteggiamento e con sguardo risoluto si mise sull’attenti dicendo:<< Signorsì! >> Vedendola in quel modo, Tetsuya non seppe se seguire il suo esempio e mettersi in posa a sua volta, quindi finì per fare un'imitazione scomposta del saluto della sua partner.
Anche se delusa di qualcosa, Suzuko non sembrò affatto scoraggiata. << Faremo del nostro meglio! >> Disse alla fine con tono deciso.
<< Bene. >> Rispose Nana sorridendo. << I prossimi Stridiosauri sono tutti di classe Mohorovičić. Il primo di loro è l’Animus, un tipo di Stridiosauro che invece di reggersi su degli arti possiede una ciclistica che gli permette dei movimenti rapidi come un veicolo su ruote. E' equipaggiato con due fucili magmatici al posto delle braccia che possono regolare la densità dei proiettili da utilizzare. >>
Il quarto Stridiosauro, quello con la base a forma di mezzaluna, non era più un mistero: la base corrispondeva alla ruota motrice mentre le braccia, che sembravano essere prive delle mani, erano in realtà le sue armi da fuoco. Nana spiegò che l'Animus era il più veloce degli Stridiosauri della squadra: i test avevano dimostrato che la sua struttura poteva sopportare qualsiasi tipo di accelerazione e raggiungere le velocità più elevate in pochissimo tempo; la sua forma aerodinamica permetteva un controllo affilato dei suoi movimenti, oltre a renderlo più difficile da colpire, tuttavia era poco potente e solo collaborando con gli altri Stridiosauri poteva sfruttare al meglio la sua forza.
<< A pilotarlo saranno Kawakami e Mizuru. >> Annunciò Nana dopo la sua spiegazione.
I due fratelli alzarono lo sguardo e fissarono con stupore la coordinatrice, come se non credessero ancora di avere uno Stridiosauro assegnato a loro, poi annuirono entrambi senza dire niente e quasi contemporaneamente si misero a fissare l’Animus che a mano a mano si faceva sempre più vicino. Quello era il luogo dove avrebbero potuto restare veramente soli e parlare dei loro problemi insieme.
Mentre Rin tornava a seguire Nana, Aki rimase a fissare lo Stridiosauro con fare turbato e si estraniò completamente dalla lezione.
<< Il prossimo Stridiosauro è un modello a quattro zampe, lo abbiamo chiamato Xenomorphus. >> Disse Nana portando le mani al petto; non era necessario che indicasse a quale dei due rimasti si stesse riferendo, i ragazzi lo avevano già adocchiato. Tra tutti quelli presentati fino ad ora lo Xenomorphus era forse il più banale, eppure i ragazzi rimasero comunque abbagliati mentre Nana ne descriveva le caratteristiche. << E’ uno Stridiosauro molto versatile. E’ veloce e molto agile, anche se non possiede la potenza distruttiva dei modelli più grandi, ma ha un'ottima difesa e può resistere più a lungo degli altri Stridiosauri se danneggiato. E' probabilmente l'unità che si adatta meglio a ogni tipo di condizioni esterne. >>
<< Chi sono i piloti? >> Chiese Kaoru eccitato all’idea che quello potesse essere il suo Stridiosauro. Gli altri non ne erano stati colpiti molto, ma a lui già solo dalla descrizione aveva fatto venire la pelle d’oca.
Nana sorrise divertita. << E siamo a due… Tu e Sakei sapete leggere nella mente o cosa? >>
Ci furono delle risatine mentre Kaoru spalancava la bocca emozionato e si girava verso la sua partner con l'aria di chi non riusciva più a trattenere la propria felicità.
<< Hai sentito, Mori? >> Disse rivolgendole un enorme sorriso. << Piloteremo lo Xenomorphus! >>
Aiko osservò la reazione del suo Partner con un po' di perplessità, ma le fu impossibile non sorridere di fronte a tutta quell'eccitazione. Annuì con trasporto, ammiccando a quel volto radioso.
<< Questo vuol dire che l’ultimo… >> Mormorò Kya tra sé e sé mentre Kaoru provocava altro trambusto nell'ascensore. Il suo sguardo andò all’ultimo Stridiosauro dell’hangar, il numero sei, e sorrise con soddisfazione.
<< L’ultimo Stridiosauro della squadra è quello che ci ha sorpreso più di tutti; infatti non eravamo mai entrati in contatto con uno Stridiosauro che avesse assunto una forma umana. >> Nana assunse un tono orgoglioso quando arrivò a presentare l’ultimo Stridiosauro. Ormai l’ascensore era quasi arrivato alle rampe di accesso e i ragazzi potevano osservare ancora meglio quei giganti. << Questo Stridiosauro somiglia molto a un FranXX, è armato con una lancia estensibile che consente di sfondare le difese nemiche. Benché ben bilanciato, la sua armatura è leggera per permettere dei movimenti più liberi, e i retrorazzi aumentano la mobilità e rendono possibile il volo per brevi distanze. Le dimensioni ridotte gli permettono di essere molto agile senza sacrificare la forza. Si tratta di uno Stridiosauro di tipo offensivo, e anche se non è veloce come lo Xenomorphus o l’Animus, può riuscire a mettere in crisi gli avversari con le sue manovre precise e letali. Come avrete già capito, è stato assegnato a voi… >>
Nana alzò lo sguardo e cercò la coppia di piloti a cui era stato assegnato quello Stridiosauro, ma vide che erano stati entrambi già rapiti dal loro nuovo mezzo. Kya in particolare, sembrava talmente assorta nei suoi pensieri che forse non aveva ascoltato niente di quello che aveva spiegato lei.
<< Come si chiama? >> Mormorò dopo un momento senza staccare gli occhi da quel gigante.
Nana sorrise. Fu un sorriso dolce, materno, pieno di nostalgia, ma né Kya e né Ryo lo videro e così non poterono interrogarsi sul motivo di quell'espressione.
<< Il suo nome è Iustitia. >>
Kya alzò una mano e sfiorò il vetro mentre l’ascensore approdava alle rampe di accesso. << Iustitia… >> Sussurrò. Avvertì un brivido una volta pronunciato quel nome. Quello strano torpore che l’aveva invasa scomparve dopo qualche istante e Kya si voltò verso i coordinatori sorridendo. << Mi piace! >>
Nana e Hachi si scambiarono uno sguardo di intesa, quindi cominciarono a uscire dall’ascensore indicando ai ragazzi di seguirli. Il gruppo avanzò lungo la banchina mentre da un lato gli Stridiosauri scorrevano lentamente nel loro campo visivo. Nana cominciò a spiegare quello che avrebbero dovuto fare.
<< L’esercitazione di oggi si concentrerà solamente sul farvi effettuare la connessione e rilevare le vostre reazioni. In base ai risultati che otterremo, vi faremo fare qualche prova alla guida. >>
<< Ricordatevi delle lezioni sul funzionamento della connessione! E’ importante che liberiate la mente prima di iniziare la procedura. >> Intervenne Hachi. << Dovete essere rilassati e affidarvi a vicenda ai vostri Partner. Non esiste individualità quando pilotate, si diventa una cosa sola! >>
Il tono di comando assunto da Hachi inquietò i ragazzi, che pensarono che da quelle indicazioni dipendesse il resto del loro percorso da Parasite, ma poi con la sua voce rassicurante Nana riuscì a calmare la situazione mentre affidava le coppie ai tecnici che li avrebbero condotti ai loro Stridiosauri.
<< Non serve spaventarli. >> Sussurrò Nana quando lei e il suo partner furono rimasti soli, facendo sparire il sorriso con cui aveva lasciato i ragazzi. << Loro ce la faranno anche senza tutta questa pressione. >>
<< Non intendevo spaventarli. >> Rispose atono Hachi. << Gli stavo solo dando qualche dritta per poter evitare difficoltà con la prima connessione; sai che può essere traumatico se affrontato nel modo sbagliato… >>
<< Il modo in cui lo hai detto lasciava intendere implicitamente che se avessero fallito sarebbe successo qualcosa di terribile! >> Ribatté Nana con un sorrisetto a metà.
<< Non era mia intenzione. >> Ripeté lui tenendo le mani dietro la schiena, rimanendo impassibile.
<< Lo so, ma è divertente vedere come il vecchio Hachi stia tornando a galla grazie a questa storia. >> Fece lei avvicinandosi al viso dell’uomo e guardandolo con uno strano sorriso. La maschera di indifferenza dell'uomo andò in pezzi quando sentì quelle cose e le rispose come se fosse stato insultato.
<< Ma quale vecchio Hachi? >> Protestò facendo un passo indietro. Prima che Nana potesse rispondergli, fuggì verso la sala di comando a passo svelto.
 
*
 
La cabina di pilotaggio dell'Animus era abbastanza spaziosa per contenere un piccolo gruppo di persone, ma era ovvio che non fosse stata progettata per quello; piuttosto, lo spazio in eccesso doveva servire ai piloti per potersi muovere liberamente in battaglia. Era buio, c'erano alcune luci sommesse a illuminare quelle che sembravano delle console dei comandi, ma Aki pensava che una volta effettuata la connessione ci sarebbe stata più luce.
La postazione di comando era composta da due parti: il sedile superiore dello Stamen e quello inferiore della Pistil, riverso a pancia in giù.
<< E io dovrei infilarmi là sotto? >> Commentò Rin disgustata una volta che il portellone si fu chiuso alle loro spalle.
<< Uh… >> Aki non fece molto caso alla domanda della partner e si voltò a controllare che la porta fosse effettivamente chiusa e nessuno potesse entrare. Gettò un’occhiata anche alle luci e agli strani caratteri che comparivano su degli ologrammi a scorrimento tutto attorno alla loro postazione; erano incomprensibili, come gli era stato detto, ma tirando a indovinare avrebbe pensato che quei simboli significassero che tutti i sistemi dello Stridiosauro erano disattivati.
<< E va bene, proverò ad entrare… Tu non guardarmi il sedere però, okay? >> Borbottò Rin avanzando a passi rapidi. Aki si voltò interamente verso sua sorella e la vide che cercava di posizionarsi alla sua postazione di comando infilando le braccia dentro a un incavo nella strumentazione e poggiando le ginocchia su delle fessure appositamente studiate per la sua comodità. Lei lo notò che la fissava come imbambolato e gli lanciò un’occhiata confusa. << Che c’è? >>
Ora o mai più! Si disse Aki, e gonfiato il petto si preparò a parlare a cuore aperto con la sorella.
<< Rin, c’è una cosa importante che devo dirti. >> Cominciò lui. Il suo tono e le parole che scelse fecero preoccupare istantaneamente la ragazza, che si mise a sedere e gli rivolse tutta la sua attenzione. Adesso non stavano più recitando, lui le stava parlando in vesti di fratello.
<< Aki, non credo che sia il momento adatto questo… >> Sussurrò la ragazza continuando a guardarsi intorno, timorosa che qualcuno potesse star ascoltando la loro conversazione. Aveva ancora in testa gli incoraggiamenti di Aiko e Suzuko ad approfittare di quel momento di solitudine per risolvere le cose con suo fratello, ma ora che si ritrovava lì pensava che ci fosse ancora qualche pericolo. Aki invece era convinto che quella fosse l'unica occasione per poter parlare liberamente e ora che aveva iniziato non poteva più fermarsi.
<< E invece deve esserlo, perché continuare a tenere nascosta la nostra identità non potrà fare del bene alla nostra situazione! >> Reagì lui alzando la voce. << I nostri compagni di squadra si fidano di noi, e se scoprono che gli abbiamo mentito potrebbe crearsi una situazione davvero spiacevole. >>
Rin si morse un labbro con aria colpevole. << Forse potrebbero averlo già scoperto… >> Mormorò diventando rossa in viso.
<< Che cosa? >>
Rin indugiò sulla risposta, guardandosi le mani che affondavano nella plancia di comando. << E’ stata una decisione che ho preso di impulso, quando io e le altre ragazze ci siamo ritrovate nella sala comune, il primo giorno. Non so perché l'ho fatto, ma ho pensato di dirgli che io e te… Sì, che noi due siamo fratelli. >> Si vergognava profondamente di quella cosa, non riuscì a guardare il fratello negli occhi. << Ho pensato che dicendolo da subito avrei potuto portarle dalla mia parte ed evitare situazioni spiacevoli nel caso avessero dovuto scoprirlo, ma poi non ho pensato a quello che avresti voluto tu e mi sono resa conto che avrei potuto combinare un guaio e… >>
<< Divertente… >> Mormorò Aki incapace di trattenere un sorrisetto ironico.
Rin alzò lo sguardo contrariata. Che cosa trovava di divertente nel suo racconto? Lui si scusò e le spiegò.
<< Sai che è la stessa cosa che è successa a me? >>
<< Eh? >> Fece allibita Rin. << Vuol dire che anche tu lo hai detto a ragazzi? >>
<< Solo ai miei compagni di stanza. >> Rispose lui. << In realtà sono stati loro a chiedermelo per primi. A quanto pare la nostra somiglianza non passa per niente inosservata… >> E detto questo soffocò una risatina nervosa. Nonostante fosse una situazione delicata, entrambi sentivano già la tensione diminuire.
Rin fissò il fratello per un bel po’, poi abbassò lo sguardo e iniziò a tremare come se da un momento all’altro dovesse esplodere. << In pratica… Mi sono fatta tanti problemi per niente? >>
<< Io… Temo che sia la stessa cosa per me. >> Disse Aki cercando di rassicurare la sorella. Erano stati entrambi molto ingenui: avevano tentato di prevedere le mosse dell'altro senza immaginare l'ovvio.
Rin sorrise. Sul suo volto sembrava che stessero per formarsi delle lacrime, ma si trattenne e si passò una mano sopra agli occhi. Poi rimase ferma per qualche istante con il braccio davanti al volto finché non si ritrovò a ridere sommessamente.
<< E adesso che c’è? >> Chiese confuso Aki.
La ragazza riprese fiato e sembrò non riuscire a trovare un modo per rispondere al fratello. << Il fatto è che le mie compagne di stanza hanno cercato di aiutarmi a parlarti in tutti questi giorni, lasciandoci soli il tempo necessario a parlare e controllando che non si intromettesse nessuno, ma ogni volta arrivavano i tuoi amici a rovinare tutti i loro piani! >>
Aki fu sorpreso, poi capì perché Rin stesse ridendo e rise a sua volta. << Credo che stessero cercando di aiutare. >> Rispose imbarazzato. Era una situazione veramente paradossale, ma proprio per questo era così divertente.
I due fratelli condivisero quelle risate per qualche istante, liberandosi della tensione che li aveva accompagnati negli ultimi giorni e potendo finalmente apprezzare la compagnia l'uno dell'altra. Poi quando si furono rilassati e le risate si furono spente, Aki tornò serio.
<< Quindi… Che cosa facciamo? >>
<< Riguardo a cosa? >>
Il ragazzo si dondolò da un lato all'altro restando fermo dove era. << Dovremmo dirlo anche agli altri? >>
Rin ci pensò un attimo: il suo cuore le diceva di smettere di mandare avanti quella sceneggiata, voleva essere libera di comportarsi come una persona normale di fronte ai suoi compagni di squadra, ma la testa le diceva di ragionare e aspettare di poter conoscere meglio il resto della squadra, prima di prendere decisioni rischiose. Che sarebbe successo se qualcuno avesse raccontato la verità agli adulti? Tuttavia, c'era da considerare anche che quasi tutti conoscevano il suo segreto; continuare a fingere sarebbe stato ingiusto nei confronti dei pochi che non erano stati coinvolti. Aveva senso perseverare, quando già la maggioranza della squadra era a conoscenza del loro segreto e lo accettava senza problemi?
Rin aprì la bocca per parlare, ma venne interrotta dall'improvviso rimbombare della voce della signorina Nana che risuonò stranamente vicina a loro.
<< E’ arrivato il momento di cominciare la procedura di attivazione. Prendete posto ai comandi, se non lo avete ancora fatto. >> Disse la voce risuonando artificialmente attraverso degli altoparlanti che nessuno dei due aveva notato fino a quel momento; erano posizionati in alto sopra le teste dei piloti, ai due lati della cabina.
Aki si irrigidì e sentì nuovamente una forte ansia. Come lui, anche la sorella pensò che qualcuno avesse potuto sentirli senza che se ne accorgessero.
<< Ne parleremo dopo, per ora cerchiamo di dare il meglio in questa prova! >> Concluse il ragazzo, ignorando quel dubbio e concentrandosi a rallegrare la sorella.
Rin annuì anche se con un po’ di incertezza, poi rimase a testa bassa e attese che suo fratello si sistemasse alla postazione dietro di lei. Mentre provava la presa sui comandi, lo chiamò.
<< Ehi. >> Disse. << Mi sento meglio, ora che abbiamo parlato. >>
La ragazza si girò per cercare il fratello e gli sorrise. Anche Aki sorrise con trasporto: sentirsi quelle parole dalla sorella gli fece provare una calda sensazione nel petto. <>
Era una cosa talmente semplice da sembrare superflua, ma Aki e Rin erano sempre stati uniti sin dall'infanzia: passare una settimana facendo finta di essere completi sconosciuti era stato veramente difficile.
Rin tirò fuori le mani dal vano dei comandi e si schiaffeggiò leggermente le guance. << Okay! Adesso diamoci da fare! >>
Aki annuì e si posizionò meglio sul proprio sedile; la postazione dello Stamen era comoda e permetteva di muoversi facilmente per poter manovrare lo Stridiosauro con naturalezza, ma aveva qualche dubbio sulla postazione della Pistil, costretta a mantenere l'equilibrio sulle ginocchia e restare piegata in avanti. Si chiese anche come sarebbe stato quando avrebbero effettuato qualche manovra particolarmente brusca.
La voce di Nana tornò negli altoparlanti. << Siete tutti in posizione? >> Chiese la donna. << Potete attivare i microfoni quando volete. >>
I due coordinatori si erano diretti alla sala di comando posta dal lato opposto dei box degli Stridiosauri; erano circondati da tecnici che avevano già cominciato ad analizzare i parametri vitali dei ragazzi connessi alle macchine, mentre altri di loro davano il via alla procedura di sgancio dei colossi perché potessero muoversi liberamente. A pochi minuti dall’avvio del test, c’era calma nella sala di comando.
<< Iustizia pronto! >> Fece chiara e forte la voce di Kya, pochi secondi dopo l'invito di Nana.
<< Qui Anthurium, Fukuda ed io siamo in posizione. >> Seguì la voce di Yoshiki. << Abbiamo avuto qualche problema a posizionarci nella cabina, ma è tutto sistemato ora. >>
<< Io e Mori siamo pronti! >> Disse Kaoru con entusiasmo.
<< Gaia pronto al lancio! >> Si fece sentire Suzuko un attimo dopo.
<< Piloti Mizuru e Kawakami, pronti a partire! >> Esordirono assieme i due fratelli, usando ancora i loro falsi nomi. L'entusiasmo dei due ragazzi arrivò fino alla sala di controllo, prendendo alla sprovvista Nana e Hachi, che si rivolsero un'occhiata sconcertata; un comportamento antitetico a quello mostrato fino ad ora quando erano insieme.
<< Molto bene. >> Sospirò Nana osservando distrattamente i dati che arrivavano alla sala di comando. << Com’è la situazione dell’Aros? >>
Ci fu un attimo di silenzio, poi la voce di Momo uscì dagli altoparlanti, leggermente a disagio:<< Tutto a posto… La postazione di pilotaggio è un po'… Scomoda, ma ora siamo in posizione, pronti a partire al segnale. >>
Questa volta Nana e Hachi si guardarono con un'ombra di dubbio negli occhi, ma non vollero esternare i propri pensieri. La voce di Momo aveva qualcosa di strano, ma non potevano sapere per certo cosa avesse causato quella cosa, né che fosse qualcosa di cui preoccuparsi.
<< Adesso, quando vi daremo il segnale, dovrete attivare la connessione. >> Iniziò Hachi lanciando alla donna al suo fianco uno sguardo che diceva che, qualunque cosa fosse, avrebbero potuto occuparsene una volta visto se interferiva con il loro rendimento. << Cominciate con il tenere un basso livello di coscienza e cercate di avvertire la presenza del vostro Partner, prima di tutto. Una volta che avete definito per bene le vostre coscienze, cercate un equilibrio e aumentate gradualmente l'intensità. >>
<< Detto così sembra molto vago, signore… >> Commentò Yoshiki senza avere paura di sembrare irrispettoso.
Hachi sospirò e notò con la coda dell’occhio Nana che sopprimeva una risatina, e come lei probabilmente una gran parte dei presenti in sala. << Lo so. Per questo la teoria è tutta un’altra cosa rispetto alla pratica. >> Disse sorridendo a sua volta. << Purtroppo non posso darvi indicazioni più precise perché una volta entrati nella connessione tutto ciò che avviene è estremamente intuitivo, e ognuno di voi lo avvertirà in modo diverso. Posso solo darvi qualche consiglio su come muovervi una volta presa coscienza di voi… >>
Ci fu silenzio per un attimo, poi dall'Anthurium arrivò un debole:<< Ricevuto. >>
Hachi riacquisì la sua compostezza e riprese con le indicazioni:<< Concentratevi esclusivamente sul raggiungere una connessione stabile. L'obiettivo di questo test sta nel determinare fino a dove potete spingervi durante una connessione, in modo da delineare un programma per il vostro addestramento; spingetevi più in là che potete, ma non superate mai il limite fisico che siete in grado di sopportare, e assicuratevi di avanzare di pari passo con il vostro partner! >>
<< Il primo contatto potrebbe darvi una sensazione strana: vi sentirete leggeri, intorpiditi o potrete anche provare dolore. >> Intervenne Nana. << Forse vi sentirete invincibili, ma ricordate che la connessione tra partner è un'unione molto delicata, specialmente in questa situazione, e sbalzi d'umore improvvisi potrebbero reciderla da un momento all'altro. L’importante è che non superiate mai il limite delle vostre capacità. >>
<< Non vi preoccupate di dover pilotare; per il momento registreremo tutti i dati e osserveremo come reagiscono i vostri organismi all'unione con gli Stridiosauri. Per imparare i comandi avrete tempo in seguito. >> Concluse Hachi, riprendendo alla perfezione da dove aveva lasciato Nana.
A sentire quelle parole, Suzuko si infiammò di determinazione. Lei non si sarebbe limitata alla mediocrità: avrebbe dato il massimo sin da subito!
Al segnale, le coppie cominciarono a impegnarsi al massimo per avviare la connessione: mentre i ragazzi cercavano di avviare i comandi tramite le cloche che avevano tra le mani e rilassavano i sensi, le ragazze si concentravano sulle proprie coscienze per prepararsi ad entrare in contatto con la parte più intima di sé. Qualcuno chiuse gli occhi per concentrarsi meglio, altri si focalizzarono sulla propria respirazione; ognuno cercava il modo migliore per trovare la tranquillità necessaria ad affrontare quella cosa. Per dare inizio alla connessione, le Pistil dovevano prima dare il comando che inizializzava l’inserimento del valore negativo nelle macchine, e quando la loro coscienza cominciava a scivolare all'interno degli Stridiosauri i ragazzi potevano immettersi per controbilanciare i valori. Quasi tutti avvertirono un forte formicolio attraversargli il corpo, passando dalle mani fino alle spalle e diffondendosi poi agli arti inferiori, mentre le ragazze sentirono un intorpidimento generale.
Dietro al casco delle Pistil si accesero degli schermi dove veniva mostrato l'andamento della connessione: il valore positivo e quello negativo si incrociavano e sembravano quasi cercare di sovrastarsi l'un l'altro. Visto che gli Stamen potevano controllare la percentuale di energia impiegata dalle loro partner era loro compito adeguare i propri valori in base a quelli delle ragazze.
Le barre schizzarono verso l’alto a velocità differenti; in ogni Stridiosauro la scena fu la stessa, ma i valori registrati furono molto diversi fra loro mentre tentavano di stabilizzarsi nervosamente. Inizialmente rimanevano bassi, lontani dalla soglia minima per mantenere attiva una connessione; venti, trenta percento erano i valori più comuni e tutti quanti rimasero cauti in attesa di avvertire il proprio partner. Poi, gradualmente, alcuni dei valori iniziarono ad aumentare; ce n'erano alcuni che avanzavano all'unisono, ma altri si intensificavano lasciando indietro i propri partner, che arrancavano per mantenere l'equilibrio. Poi ci fu il momento in cui ogni Parasite raggiunse una certa soglia nella connessione in cui avvertì chiaramente un suono, o per meglio dire, un colpo.
Perché tutti avrebbero potuto affermare di aver sentito qualcosa, ma nessuno avrebbe ammesso con sicurezza che fosse realmente accaduto. Fu come se si fossero sintonizzati tutti sullo stesso canale e qualcuno avesse schioccato le dita, ragazzi e ragazze avvertirono uno stimolo che partiva dalla radice del cervello e riverberava in tutto il loro corpo attraverso il sistema nervoso. Sembrava che qualcuno fosse andato a bussare alla loro mente e che quella stessa persona avesse sfondato con forza la porta; le loro teste si fecero più leggere, come se gli si fossero riempite di aria e più di un pilota pensò di svenire sul momento, e un attimo dopo qualcos’altro riempì i loro pensieri, rendendo nuovamente pesanti le loro teste.
Ci furono degli istanti di confusione in cui i ragazzi e le ragazze non avvertirono più i loro corpi, credendo di fluttuare in un grande mare nero e vuoto; era una sensazione che poteva essere paragonata al tuffarsi in acqua lasciandosi dietro tutti i vestiti di colpo. I pensieri dei ragazzi si mescolarono e li avvolsero; mentre si addentravano sempre di più in quel turbinio di pensieri, ricordi e sensazioni, le due entità che si cercavano riuscirono a sintonizzarsi, a trovarsi e ad aggrapparsi l'una all'altra, fondendosi in quel fiume di emozioni, per poi disperdersi in esso. E quando le loro menti furono connesse, un secondo colpo, una scossa le punse assieme ai loro corpi, e i Parasite tornarono improvvisamente vigili.
Quando sulla testa dello Iustitia si proiettò il viso di Kya, Hachi e Nana capirono che la connessione aveva avuto successo. Contemporaneamente, anche l'Animus si avviò e le venature dello Stridiosauro si accesero improvvisamente di un blu intenso; all'altezza del busto dello Stridiosauro, proprio sopra alla cabina dei due piloti, si aprirono degli occhi azzurri minacciosi.
<< Iustitia e Animus operativi. >> Dichiarò uno dei tecnici nella sala di controllo. Hachi  si sporse leggermente in avanti per osservare il pannello dei comandi del tecnico, osservando come i valori raggiunti dai quattro piloti fossero quasi completamente uguali, stabili attorno al sessanta percento. Tornò indietro e annuì soddisfatto.
Il terzo Stridiosauro ad attivarsi fu Gaia: l'interno della sua cupola cominciò a brillare di una tenue luce dorata mentre le sue sacche si gonfiavano e sgonfiavano rapidamente, come se un bambino appena nato avesse cominciato a respirare.
<< Gaia operativo. >> Disse un altro tecnico. << Leggero squilibrio tra il valore positivo e quello negativo. >>
<< Anthurium e Xenomorphus operativi. >> Aggiunse una voce femminile dall'altro lato della sala. A quella notizia Nana sorrise e si voltò ad osservare gli ultimi due Stridiosauri attivati. I monitor mostravano un rapporto del cinquanta percento al quarantacinque percento per l'Anthurium e uno del quaranta percento al quarantatre per lo Xenomorphus.
<< Le cose stanno andando abbastanza bene. >> Mormorò ad Hachi. Lui però preferì non sbilanciarsi.
<< Aspettiamo di vedere come vanno. >> Disse. La sua preoccupazione era per l'Aros, che ancora non si era attivato.
Lo Stridiosauro sembrava tardare ad animarsi, quando all'improvviso i sensori della sala di controllo avvertirono un picco di energia provenire dai suoi piloti; l'Aros si mosse per un istante e si arrestò subito dopo. Simultaneamente, nella sala si sentì uno strillo smorzato che fece allarmare i coordinatori.
<< Aros! >> Chiamò Hachi dopo essersi impossessato di un microfono per comunicare. << Che cosa succede? >>
Ci fu un attimo di silenzio, poi la voce provata di Hoshi raggiunse gli altoparlanti della sala. << Non lo so… Sakei ha fatto un urlo e mi sono spaventato, poi tutto si è fatto buio… >> Sembrava in difficoltà.
Hachi attese un secondo prima di rispondere; era sicuro che l'urlo che avevano sentito appartenesse ad Hoshi e non alla sua partner, e oltre a quello non si era sentito niente. Forse Hoshi se lo era immaginato, lo shock della connessione poteva averlo preso alla sprovvista e dato delle allucinazioni, interrompendo il collegamento. Quello, oppure il ragazzo si vergognava ad ammettere di essersi spaventato.
<< E’ colpa mia, mi dispiace! >> Intervenne Momo con un tono che lasciava trasparire un certo disagio. << Ora però è tutto a posto. Possiamo riprendere. >> Aggiunse ansimando.
Hachi esitò un momento prima di premere nuovamente il pulsante che lo metteva in collegamento con lo Stridiosauro. << Riprovate ad effettuare la connessione, se potete. Fate con calma. >>
<< Ricevuto! >> Rispose la ragazza assumendo nuovamente un tono sicuro di sé. Quando la connessione con la sala di controllo fu interrotta, Momo si riposizionò alla sua postazione e fece schioccare le nocche prima di poggiare le mani negli scomparti; si ondeggiò in avanti un paio di volte per assicurarsi di essere ben salda agli appoggi all’interno della cabina e respirò a fondo. Adesso la tensione sembrava essere svanita dal suo volto.
<< Sei pronto, Hoshi? >> Disse guardando davanti a sé con occhi infuocati.
Hoshi inarcò un sopracciglio e mormorò:<< Sì… >> Da quando lo chiamava per nome? Si ritrovò a distogliere lo sguardo all'istante, come se si fosse appena ricordato di qualcosa; era già una tortura dover tenere su quella recita per far credere alla sua partner di essere contento di quella situazione e mantenere in equilibrio quella “connessione” di cui parlavano gli adulti era difficile senza che si aggiungessero altre "distrazioni…"
Accidenti a chi ha progettato questi cosi… Pensò, sforzandosi di concentrarsi. La postazione di pilotaggio della Pistil era terribile, e in più quella tuta aderente lasciava intravedere quasi tutto. Non che fosse interessato al corpo di Momo, ma riusciva a malapena a mantenere l'attenzione quando la guardava negli occhi, figurarsi quando era costretto a fissarle il di dietro!
In ogni caso, era colpa della ragazza se la connessione era fallita; lo aveva ammesso lei stessa. Mentre metteva le mani sulle cloche di comando, Hoshi pensò che sarebbe stato più facile partire ora che avevano avuto un primo assaggio di quella cosa. Adesso avrebbero potuto aggrapparsi con più forza a quel debole appiglio della “connessione”.
<< Andiamo! >> Lo incitò Momo. Hoshi seguì il suo comando senza dire nulla e chiuse gli occhi per concentrarsi meglio.
Si sentì come se una mano arrivasse ad afferrare la sua anima e lo risucchiasse in un imbuto sempre più stretto e affollato; pensieri, paure, sentimenti lo stringevano tra loro. Non riuscì a capire quali di questi appartenessero a sé e quali alla sua partner. Tutto era sfocato e amalgamato come in una tavolozza sporca, irriconoscibile.
La sua testa era piena e vuota allo stesso tempo, come in stand-by e per un attimo temette di aver fallito la connessione di nuovo; ma qualcosa era diverso questa volta, il suo corpo sembrava distante. Poi ci fu una scossa, la avvertì chiaramente all’interno della sua testa: fu come se gli scoppiasse un petardo nel cervello, e anche Momo sembrò avvertire la stessa cosa perché reagì con un tremito, gemendo debolmente. La ragazza riuscì a contenersi rispetto a prima, mantenendo la concentrazione sulla connessione; dopo un attimo di buio, nella visione di entrambi le figure cominciarono a prendere forma, prima come se dietro a un vetro appannato, poi sempre più nitide.
Hoshi sbatté le palpebre con stupore. Ci vedeva doppio: aveva davanti a sé uno spazio chiuso e ampio, pieno di luci, all’interno del quale c’erano gli altri Stridiosauri che si muovevano goffamente; allo stesso tempo vedeva davanti a sé la schiena di Momo e lo schermo contenuto nel suo casco con i valori della connessione che stazionavano su delle percentuali piuttosto basse. Provò a muovere le mani, ma vide degli strani artigli neri comparirgli nel campo visivo.
<< Eh? >> Sbottò confuso, e assieme a lui udì la voce di Momo rimbombare all’esterno e imitarlo.
La voce di Hachi li raggiunse attraverso degli altoparlanti, ma Momo e Hoshi non capirono bene da dove arrivasse. << Molto bene, Aros! Vi sentirete un po' intontiti dopo la prima connessione, ma non è niente di cui preoccuparsi. >>
I ragazzi ancora non capivano cosa stesse succedendo, quando il loro coordinatore suggerì di iniziare con alcuni semplici test. Hoshi non riusciva a sentire le sue parole, troppo preso dal guardarsi attorno; era come dentro a una bolla che rendeva tutto più tondo ed estraneo, gli oggetti gli apparivano lontani e distorti. Era una sensazione fastidiosa, ed ebbe l'impressione che anche gli altri stessero provando il suo stupore in quel momento.
Hachi osservò gli Stridiosauri per un secondo. Non lo stava ascoltando nessuno: l’Aros continuava a guardare con il naso per aria, lo Iustitia e lo Xenomorphus nei box accanto al suo sembravano cercare di muoversi limitatamente all'interno delle loro postazioni, Gaia reagiva debolmente muovendo i suoi tentacoli e ancora faticava a regolare la sua "respirazione", persino l'Anthurium, che avrebbe dovuto essere pilotato dalla coppia di ragazzi più coscienziosi, sembrava completamente assorto in chissà quale pensiero; l'unico a restare sull'attenti in attesa di indicazioni era l'Animus.
<< D'accordo… Fate con calma e prendete confidenza con i vostri Stridiosauri, nel frattempo se l'Animus è d'accordo, possiamo cominciare con voi per fare qualche prova… >> Borbottò Hachi, sapendo che nessuno lo stesse ascoltando. << A voi va bene, Animus? >>
L'Animus sobbalzò e si girò debolmente verso la sala operativa. << Ah… Sì! >> Rispose la voce di Aki. Era difficile controllare quel coso, soprattutto mantenere l'equilibrio sulla sua mezzaluna era la cosa più complicata.
<< Allora provate a muovervi in avanti e a fare un giro… >>
Hachi stava per dare altre indicazioni ai ragazzi, ma nella sala cominciò a suonare un allarme e un tecnico esclamò:<< Anomalia nella connessione dello Iustitia! >> I valori dello Stridiosauro erano nella norma fino a un attimo fa, ma all'improvviso il valore negativo nella connessione era schizzato al cento percento, mentre quello positivo aveva cominciato a scendere.
Prima lo Stridiosauro si stava solo fissando i palmi con aria incantata, ma poi qualcosa sembrò impossessarsi della sua Pistil e questa cominciò a dare di matto; la sua espressione si accese come in estasi e Kya parlò direttamente attraverso lo Stridiosauro prendendo il controllo dello Iustitia.
<< Non ci posso credere, sono una cosa sola con Ryo! Ehi, Ryo, lo senti? Siamo uniti insieme! >> Strillò facendo voltare tutti verso di sé. Lo Iustitia cominciò ad agitarsi come se stesse cercando di salutare qualcuno in lontananza, poi spiccò un salto e venne fuori dalla propria postazione atterrando a testa in giù ed eseguendo qualche piroetta azzardata. Dagli altoparlanti giunsero le suppliche del suo partner di smettere di muoversi così tanto, ma Kya sembrava in trance. Iustitia stava agitando la propria lancia in aria, quando fu attraversato da una scossa elettrica e smise di muoversi; ci fu un rumore statico nell'aria e il collegamento con la coppia si chiuse.
Kya fu strappata via dalla connessione e prese un gran respiro, come se fosse rimasta in apnea per tutto il tempo. Anche Ryo si sentì come se fosse stato scaraventato fuori dalla cabina di comando e si accasciò sul sedile.
<< Che hai combinato?! >> Esclamò il ragazzo ansimando. La ragazza trasalì e si voltò a guardare il suo partner; il suo volto aveva un'aria inquietante, la sua espressione trasmetteva esaltazione, ma anche una sorta di spavento.
Kya non rispose; aveva le mani sul viso, come se non riconoscesse più il proprio volto. Ryo vide i suoi occhi inumidirsi e cercò di raggiungerla per tranquillizzarla, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa a sinistra della postazione di comando si materializzò un ologramma che segnalò un collegamento audio con la sala di controllo, seguito dalla voce di Hachi:<< Iustita! Che sta succedendo? >>
Kya rimase in silenzio ed evitò lo sguardo del suo amico; sembrava in stato di shock. Non avrebbe mai aperto bocca in quello stato.
<< Abbiamo avuto un contrattempo… Adesso risolviamo e ristabiliamo la connessione. >> Disse Ryo cercando di suonare rassicurante.
Hachi sembrò voler dire qualcosa, ma la voce di Nana irruppe nella conversazione interrompendo qualsiasi cosa volesse dire l'altro. << State tutti e due bene, vero? Avete avvertito qualche anomalia durante il collegamento? >>
Ryo notò nuovamente Kya che abbassava lo sguardo con vergogna. Non sapeva bene cosa dire, quindi si ritrovò a blaterare qualcosa senza senso. << E’ stato solo… La connessione, ci ha… Colto alla sprovvista… >>
Il ragazzo si affrettò a chiudere quella conversazione così che potesse concentrarsi completamente sulla sua amica e quando si fu assicurato che nessuno stesse più ascoltando, si fiondò da lei.
<< Che diamine ti ha preso? >> Disse con tono di rimprovero. Si pentì subito di aver usato quelle parole; Kya ora stava tremando e sembrava parecchio scossa.
La ragazza teneva lo sguardo basso e respirava velocemente mentre le lacrime che le sue palpebre non riuscivano più a contenere le scendevano lungo le guance, bagnando la strumentazione sotto di lei. Continuava a muovere le braccia e le mani come se avesse le convulsioni, toccandosi la testa e il volto.
Ryo si imbronciò e assunse un tono più calmo. << Ti sei fatta male? >>
Kya scosse la testa e continuò ad ansimare.
<< E allora che cosa è successo? >> Chiese lui confuso. Kya però non parlava e quella conversazione sembrava sempre più inutile; allora cambiò approccio e le si sedette accanto.
<< Ehi. >> Disse schioccando le dita e facendole girare lo sguardo verso di lui. Il ragazzo le prese le mani e gliele strinse forte; Kya le guardò e poi alzò gli occhi, incrociando lo sguardo incoraggiante del suo amico, e arrossì un poco.
Un brivido le fece allontanare le mani da quelle di Ryo e si strinse intirizzita. << E’ strano… >> Mormorò. << Quando ci siamo connessi ho sentito un'euforia incontrollabile. >>
Ryo notò come stesse evitando di proposito il suo sguardo, ma fu sollevato nel sentirla finalmente parlare.
Kya abbassò lo sguardo e rimase a pensare in silenzio. Non era sicura di quello che avesse provato, ma sapeva di aver sentito delle emozioni molto forti, ed era sicura che fossero le sue.
<< Ehm… >> Mormorò unendo le mani e agitandole. << E' stato come… Come se, moltissimo tempo fa, avessi già provato quella sensazione… >>
Ryo la guardò confuso. Ora che Kya si era tranquillizzata poteva essere più schietto con lei, ma preferì non fare nessun commento su quanto quella cosa sembrasse bizzarra. La ragazza notò il modo in cui la guardava e cercò di trovare qualche altra spiegazione che rendesse quella situazione più credibile, ma non riuscì ad essere chiara.
<< Ho sentito… Sì, sono stata contenta di tornare all'interno della connessione. Così contenta da voler ballare, gridare… >> Il suo viso si infiammò tutto un tratto mentre ricordava quello che aveva fatto. << Riguardo alle cose strane che ho detto… >>
Ryo sospirò esasperato. << Ti sei eccitata troppo e hai dato i numeri! Ho capito… >> Le posò una mano sulla spalla e sorrise rassicurante. << Il tuo sbalzo di umore deve aver scombussolato la connessione e lo Stridiosauro si è fermato. >>
Kya abbassò lo sguardo, delusa. << Già… >>
I due Partner rimasero in silenzio per qualche istante. C’era qualcosa che avrebbero voluto dire, ma non avevano il coraggio di tirare fuori. Poi la ragazza decise di ignorarlo e si concentrò su altro:<< Quando abbiamo interrotto la connessione… E’ stata una brutta sensazione… Come se venissi svegliata violentemente da un sonno profondo. Sto ancora tremando… >> E detto questo si strinse di nuovo nelle braccia per darsi un minimo di contegno.
Ryo guardò le sue spalle e scese giù seguendo i contorni della sua tuta fino alle ginocchia, poi alzò una mano e fissò il proprio palmo; effettivamente, da quando erano usciti dalla connessione, sia lui che Kya non avevano smesso di tremare. Gli formicolavano le gambe e le braccia e non si sentiva alla grande… Il distacco era stato troppo violento, per essere la prima volta.
<< Il mio corpo era quello dello Stridiosauro… Ma dopo aver interrotto la connessione, è stato come se non avessi più un corpo dove stare. >> Mormorò tristemente la ragazza. << Non sentivo più niente e quel che è peggio è che la testa non smetteva di pulsare, come se il mio cervello stesse sbattendo da una parte all’altra del mio cranio. >>
Sembrava una sensazione orribile! Ryo aveva avuto un distacco molto più leggero rispetto alla sua amica, il che aveva senso visto il ruolo della Pistil nella connessione. << Devi avere avuto paura. >> Mormorò avvicinandosi a lei e offrendole appoggio. Kya abbassò lo sguardo con vergogna e annuì. << Non eravamo ancora del tutto connessi, ma tu hai cominciato a muoverti avanti e indietro; siamo a malapena in grado di stabilire una connessione capace di attivare lo Stridiosauro e quando hai dato tutti quei comandi allo Iustitia, hai preso il sopravvento nell'equilibrio e la connessione è saltata, o qualcosa del genere… >> La sua spiegazione somigliò tanto a un rimprovero, anche se Ryo non aveva quell'intenzione. Kya era già abbastanza scossa senza doversi sentire quelle cose, ma pensava che razionalizzando ciò che era successo l'avrebbe aiutata a sentirsi un po' meglio.
<< Vieni qua… >> Le disse offrendole un abbraccio.
Kya si avvicinò e lasciò che le braccia del ragazzo la stringessero, poi le saltò in testa una domanda e si tirò indietro piegando la testa da un lato.
<< Ma non è lo Stamen che guida lo Stridiosauro? >> Chiese confusa.
Ryo sembrò avere difficoltà nel ricordare tutte le informazioni studiate riguardo alla connessione e ci mise un po' a formulare la sua risposta. << Credo che in realtà si tratti di una combinazione dei comandi dei due piloti… Ehm… In pratica, se la volontà della Pistil è più forte, questa può anche imporla allo Stamen, e viceversa. E' per questo che ci hanno sempre detto di mantenere un equilibrio durante la connessione. >>
All’improvviso Kya sembrò farsi pensierosa: la sua testa calò lentamente verso il basso e con sguardo fisso disse:<< Oh… Quindi ti ho dominato… >> Proprio mentre Ryo si chiedeva perché avesse scelto quelle parole, sul volto di Kya affiorò un sorrisetto e questa disse:<< Eh… Patetico! >>
Il ragazzo strizzò le palpebre lanciandole un'occhiataccia. << Mi hai solo preso alla sprovvista! >> Anche se lo stava prendendo in giro, era felice che fosse tornata al suo solito umore.
Kya rise e gli batté le mani sul petto. << Andiamo, lo so che non aspettavi altro per lasciarmi prendere il controllo! >>
Ryo alzò un braccio per difendersi e ghignò. << Sì, come no! >> Si allontanò rapidamente dalla postazione della Pistil e fece il giro attorno ai comandi. << Tu piuttosto, vedi di darti una regolata! Anche lo Iustitia si è spaventato della tua esuberanza. >>
Kya gli rivolse uno dei suoi sorrisi smaglianti, ma riuscì comunque a sentire come se ci fosse qualcosa che la tratteneva dall'esprimersi appieno. Era come se, nonostante si fosse tranquillizzata, la ragazza non riuscisse a dimenticare quella strana sensazione di prima.
<< D'accordo, adesso che abbiamo risolto il problema asciugati il volto e mettiamoci al lavoro! >> Esclamò Ryo tornando a sedersi al proprio posto, alle spalle di Kya.
<< Dici che possiamo farcela? >> Chiese lei strofinandosi le maniche della tuta contro le palpebre per cacciare via le lacrime.
Il ragazzo alzò un pollice. << Se non potessimo, per quale motivo saremmo qui? >> Poi le sorrise.
Eccolo, quel sorriso: era con quello sguardo che le faceva sapere che sarebbe andato tutto bene. Era a causa di quel sorriso così dolce che Kya non si era mai separata da Ryo sin da quando erano bambini; la ragazza non resisteva più quando lui finiva per prendere in mano la situazione ed era pronta a fidarsi ciecamente anche quando le cose sembravano impossibili. Ogni timore svaniva, frantumato dal sorriso rassicurante del suo grande amico.
Kya sentì gli occhi inumidirsi di nuovo, ma questa volta si trattenne. Che senso aveva piangere ora? Non sapeva neanche perché si fosse commossa tanto… Si rimproverò, sentendosi proprio una bambina. << D’accordo! >> Disse sorridendo a sua volta. << Vediamo di far muovere questo coso, allora! >>
Nella sala di comando, per ordine di Hachi e Nana, i tecnici si erano concentrati sui test degli altri Stridiosauri, ma i due coordinatori non potevano fare a meno di guardare con ansia lo Iustitia che ancora si rifiutava di avviarsi. Non era possibile che proprio quei due non riuscissero a stabilire una connessione.
<< Ci stanno mettendo troppo tempo… >> Mormorò Nana portandosi una mano sul mento e cominciando a tormentarsi le labbra con le unghie. Anche Hachi era nervoso, nonostante il suo viso di pietra; lo lasciava intravedere dai piedi che sembravano non trovare pace, andando avanti e indietro. << Quale pensi che sia il problema? >>
Lui osservò ancora lo Iustitia con il suo volto vuoto. << Potrebbe essere qualsiasi cosa… Ricordiamoci che si tratta pur sempre di ragazzini, è una situazione totalmente nuova per loro. Dobbiamo solo credere nelle loro capacità… E dargli tempo. >> E nelle loro capacità ci credeva eccome; aveva visto con quanta semplicità Kya aveva mosso lo Iustitia, prima di perdere la connessione con il partner. Magari si era trattato solo di un caso, ma il potenziale mostrato era enorme.
Il suo sguardo scivolò per un attimo verso gli altri Stridiosauri: Animus stava eseguendo dei giri a velocità sostenuta lungo il perimetro dell'hangar, passando di tanto in tanto accanto agli altri compagni di squadra; Xenomorphus e Anthurium si muovevano lentamente, i loro piloti stavano cercando di adattarsi alle forme tanto diverse da quella umana e probabilmente non avrebbero fatto molti progressi in giornata; l'Aros sbatteva le ali, come gli era stato chiesto di fare, e di tanto in tanto cercava di fare dei passi fuori dal proprio box, ma tornava sempre indietro; Gaia era quello che mostrava meno segni vitali di tutti quanti, la sua respirazione non si era ancora stabilizzata e gli unici movimenti che riusciva ad eseguire erano quelli dei suoi tentacoli, troppo deboli ancora per poter pensare a fare qualche test più complesso. Complessivamente, gli altri ragazzi erano riusciti a stabilire delle connessioni abbastanza stabili rispetto alla coppia dello Iustitia, però era anche vero che nessuno di loro aveva ancora mostrato niente di simile a quello che aveva fatto Kya nei suoi pochi secondi di connessione. E nonostante ciò, avere degli ottimi risultati senza resistere a lungo alla connessione sarebbe stato un raggiungimento inutile. Nonostante i dubbi, Hachi sapeva che Kya e Ryo sarebbero riusciti a stabilire una connessione efficace; era semplicemente destino che andasse così.
A un certo punto, mentre tutti i tecnici erano al lavoro per monitorare i segnali vitali delle coppie, la console dei comandi assegnata allo Iustitia si accese finalmente.
<< I piloti dello Iustitia stanno effettuando la connessione. >> Disse un'operatrice leggendo i dati in arrivo dallo Stridiosauro.
Nana poté tirare un sospiro di sollievo e si voltò a guardare Hachi; anche lui era sollevato, ma sembrava che non avesse mai avuto alcun dubbio su quei ragazzi. Le mandò un sorriso sicuro di sé prima di tornare a osservare lo Stridiosauro, in attesa che si accendesse.
Nella cabina di pilotaggio dello Iustitia i due piloti erano in totale silenzio, concentrati a ristabilire una connessione soddisfacente. Non comunicavano attraverso le parole perché non ce n’era bisogno: una volta aperta “la porta” i pensieri dell’altro si riversavano nelle loro menti come una cascata, inarrestabili e senza fine. Ognuno sapeva cosa sentiva l’altro e agiva di conseguenza per rendere l’effetto ancora più forte; Ryo provò una leggera euforia arrivare dal lato di Kya, ma notò come questa volta la ragazza stesse facendo di tutto per trattenersi, e da parte sua le mandò la fiducia che le serviva per restare concentrata.
Nello schermo dietro al casco di Kya i valori positivo e negativo crescevano lentamente, a sinistra la barra blu si muoveva in modo più frenetico della barra rossa sulla destra, ma sembrava che questa volta Kya si stesse lasciando guidare da Ryo più docilmente, risultando in una crescita equilibrata di entrambi i valori. Alla fine il valore positivo di stabilizzò al quarantotto percento, mentre quello negativo si fermò al cinquanta; quando furono abbastanza stabili, l'energia cominciò a fluire all'interno dello Iustitia e il volto di Kya si materializzò nuovamente su quello dello Stridiosauro.
Ci erano riusciti. I valori di compatibilità erano più bassi rispetto a prima, ma questa volta la connessione era abbastanza stabile da poterla mantenere a lungo.
Lo Iustitia alzò le braccia con cautela e ruotò la testa guardandosi le mani. << Ce l’abbiamo fatta, Ryo! >> Disse emozionata la voce di Kya, che rimbombò nella testa del ragazzo e dentro all’hangar.
<< Quasi… >> Rispose lui un po’ in difficoltà. La sensazione di vederci doppio era tornata, gli faceva girare la testa e nonostante stesse cercando di concentrarsi su una sola delle immagini che gli arrivavano, era impossibile ignorare tutti quegli impulsi.
<< Che ti succede? >> Chiese Kya, avvertendo direttamente nella propria connessione il modo in cui il valore negativo dello Stamen vacillava per la sua condizione. Adesso era lui ad avere problemi; vide la barra rossa cominciare a calare mentre la percentuale diminuiva sempre più rapidamente.
Ryo strinse i denti e chiuse gli occhi. << Non riesco a isolare la mia visione da quella dello Stridiosauro… >>
Questa volta toccò a Kya mantenere la calma e fare da supporto al proprio partner. << Ci avevano detto che sarebbe potuto accadere le prime volte. Devi rilassarti e concentrarti su quello che vuoi vedere. >> Disse con tono inaspettatamente sicuro di sé. Ryo annuì e rimase in silenzio per potersi concentrare meglio. << Hai già chiuso gli occhi, vero? Rimani così tutto il tempo che ti serve. Una volta trovato il controllo, dovresti riuscire a “disattivare” la tua vista e guardare attraverso gli occhi dello Iustitia. >>
<< Sì, ma poi come faccio a premere i comandi giusti senza vedere? >> Chiese lui.
<< Devi affidarti ai tuoi sensi. >> Rispose la ragazza. << All’inizio sarà difficile, ma dopo più guide dovresti cominciare a sviluppare un sesto senso per questa cosa… >>
Ryo sorrise nonostante avesse ancora le vertigini. << Sembra che tu sappia il fatto tuo… >> La prese in giro.
Lei gli rispose a tono:<< E’ quello che hanno detto a lezione! Se tu ascoltassi, invece di dormire tutto il tempo… >>
<< Mi sembrava che dormissi anche tu sul banco… >> La punzecchiò lui. Parlare con Kya in quel modo lo aiutava a distrarsi dal fastidio della sua doppia visione; si stava divertendo un mondo.
Kya sbuffò in segno di resa e lasciò che il ragazzo si concentrasse sulle proprie sensazioni. Ryo cominciò subito con lo stabilizzare la respirazione e cercò di visualizzare nella propria mente l'hangar all'esterno dello Iustitia. Cercò di ricordare più particolari possibile e lasciare da parte l'interno della cabina di pilotaggio per evitare che questa tornasse a interferire; quando avrebbe aperto gli occhi, avrebbe dovuto vedere solo quello che voleva lui!
Sentì come se il suo corpo si stesse sciogliendo poco a poco e per un attimo ebbe l’impulso di aprire gli occhi e dimenarsi, ma rimase concentrato stringendo le mani attorno alle cloche dei comandi.
Si diede un conto alla rovescia prima di aprire gli occhi; in questo modo sarebbe stato sicuro di quando sarebbe tornato a vedere e poteva concentrarsi meglio su quando indirizzare le proprie energie verso la sua vista. Quando ebbe finito di contare, fu sollevato nel vedere che il suo problema si era risolto; avvertiva ancora una piccola traccia di nausea e delle immagini sfuocate sembravano continuare ad entrare nel suo campo visivo, come se fosse rimasto a fissare la luce per troppo tempo, ma davanti a sé vedeva chiaramente l'hangar esterno e gli Stridiosauri attorno a sé. Poi Ryo fu distratto da una risatina della sua partner e si chiese che cosa ci trovasse di tanto divertente.
<< “Uno, due, tre?” Dici sul serio? >> Commentò sbuffando lei. << Sei troppo divertente! >>
<< Ehi, che diavolo c’è da ridere? >> Chiese Ryo irritato. << Ero davvero in difficoltà, sai? E smettila di leggere nei miei pensieri! >>
Una trasmissione audio interruppe il battibecco dei due amici e la voce di Hachi rimbombò dalla sala comando:<< Iustitia, ottimo lavoro! Avete risolto i problemi? >>
<< Affermativo, capo! >> Esclamò Kya ottimista. << Ryo ha avuto qualche problema di adattamento, ma è tutto risolto ora. >>
Il ragazzo per un attimo pensò di rinfacciarle il fatto che prima avessero perso la connessione proprio a causa sua, ma sentirla nuovamente così serena gli fece cambiare idea, non volendo rovinarle l'umore. Era contento di vedere che la sua amica era tornata la solita ragazza piena di vita.
<< Molto bene. >> Disse Hachi. << Prendetevi un minuto per acclimatarvi alla connessione, nel frattempo noi monitoreremo la situazione e decideremo se è il caso di fare qualche test. >>
<< Sissignore! >> Rispose la ragazza prima che la connessione con la sala comando si interrompesse di nuovo, quindi si rivolse a Ryo bisbigliando con un tono divertito. << A cosa stavi pensando? >>
<< Eh? >>
<< Poco fa mi è saltato in mente un pensiero che sentivo non fosse mio, e mi ha leggermente distratto dalla conversazione con Hachi. >> Spiegò la ragazza. << Stai pensando a qualcosa di sconcio, vero? Non mi starai mica guardando il sedere?! >>
Ryo arrossì e per un attimo fu felice che Kya fosse girata di spalle per non poterlo vedere in faccia. << Ma che dici? Certo che no! >> Cominciò a giustificarsi, ma quando sentì Kya sghignazzare si rese conto rapidamente che niente la avrebbe fatta desistere dal prenderlo in giro. Quella ragazza adorava metterlo in imbarazzo in situazioni cruciali.
Ryo preferì concentrarsi su altro. << Piuttosto, mi spieghi come fai a leggermi nella mente? E' inquietante! >>
<< Bé, non ti sto leggendo nella mente… >> Mormorò lei distratta. << Più che altro, sono frammenti di pensieri che condividiamo. Ho sentito chiaramente che stavi pensando a me, anche solo per un istante, ma non so esattamente che cosa fosse. >>
Questo andava di pari passo con la spiegazione di Nana e Hachi riguardo alla connessione, e approfondiva la questione del funzionamento di essa; la connessione era qualcosa di molto più profondo di una semplice chiave di avviamento per quelle macchine enormi: dentro allo Iustitia, Ryo e Kya versavano il proprio animo, la propria mente, tutti sé stessi. Era come se diventassero a tutti gli effetti la macchina, e per questo potevano avvertire le stesse sensazioni sulla pelle e riuscivano anche a sentire quello che pensava l’altro come se lo stessero pensando loro. Due menti racchiuse in un solo corpo, ecco perché interrompere la connessione di colpo li aveva scossi tanto.
Si chiesero per un momento quanto potesse andare a fondo quella cosa; le percentuali mostrate sul display dietro a Kya erano ancora basse, probabilmente accrescendo quei valori sarebbero riusciti ad essere ancora più connessi e a coordinarsi meglio.
<< Stai pensando che dovrai imparare a non pensare a niente di sconcio quando sei con me? >> Lo canzonò ancora Kya.
<< Smettila! >>
<< Molto bene, Parasite. >> La voce di Hachi tornò a suonare all’interno degli Stridiosauri. << Ora che siete tutti in azione, cominceremo uno per volta a fare qualche semplice test per verificare i vostri tempi di reazione, la vostra coordinazione e, in conclusione, l’equilibrio delle vostre connessioni. >>
Alcuni avevano già cominciato; oltre all'Animus, che continuava a girare in tondo all'interno dell'hangar, anche l'Aros si era unito a fare i primi passi all'interno di uno spazio più ristretto. Tutti gli altri piloti erano impazienti di iniziare, nonostante alcuni di loro non fossero ancora in grado di controllare del tutto i loro Stridiosauri. Già dopo aver stabilito una connessione stabile, avevano cominciato a sentire crescere in loro il desiderio di passare all’azione, quasi come se fossero gli stessi Stridiosauri a trasmettergli quel sentimento. Era quello il momento che avevano aspettato da quando si erano arruolati, era quello per cui avevano deciso di mettersi in gioco e avrebbero dato il massimo.
 
*
 
Suzuko calò la testa di colpo quando tornò a sentire il peso del proprio corpo e non riuscì più a reggerlo. Non appena avevano interrotto la connessione, aveva avvertito una stanchezza immane prendere il sopravvento su di lei e ora riusciva a malapena a respirare.
Tetsuya si allarmò nel vederla in quello stato, ma lei lo rassicurò con fare vago non appena la ebbe raggiunta per aiutarla a reggersi; la sua partner era persa nei suoi pensieri, continuava a chiedersi se avesse fatto un buon lavoro, se ciò che aveva mostrato fosse sufficiente.
No. Aveva dato tutta sé stessa per far muovere il Gaia, ma aveva fatto una fatica immensa e aveva ottenuto così poco… Nakamura era riuscita a fare quelle capriole e piroette in un istante, e anche dopo aver perso la connessione con il suo partner aveva ripreso a muoversi con naturalezza con lo Iustitia. Un confronto impietoso con lei e il suo Gaia. Come dovrei fare a imparare a pilotare così?
Da quando aveva stabilito la connessione con Maruyama aveva avuto una marea di difficoltà, più di quante ne aveva previste: non era riuscita a mantenere la concentrazione, aveva fatto fatica ad eseguire gli ordini, e adesso il suo corpo aveva perso tutte le forze… Era stata meno che mediocre, soprattutto se messa a confronto con i risultati degli altri: lo Iustitia e l’Animus avevano dato una prova eccezionale, e anche l’Anthurium e lo Xenomorphus erano riusciti a superare le difficoltà di adattamento iniziali; persino l’Aros aveva avuto delle prestazioni migliori delle sue, eppure all'inizio era sembrato lo Stridiosauro più in difficoltà di tutti!
Che cosa mi manca? Che cosa sto sbagliando?
<< Suzuko! >>
La voce di Tetsuya finalmente la raggiunse e la ragazza alzò lo sguardo verso la propria sinistra, per trovarsi il volto del suo partner che la guardava preoccupato. In quel momento le arrivò la risposta: pilotare gli Stridiosaruri era un lavoro di coppia, non poteva concentrarsi solo su di sé quando apriva la connessione; doveva lasciare che lo Stamen fosse a suo agio e potesse pilotare senza restrizioni, eppure non aveva sentito minimamente la presenza di Tetsuya durante la connessione. Che si stesse trattenendo?
<< Scusa… >> Borbottò lui dopo averla chiamata per nome. << Stai bene? Sei andata giù all’improvviso e mi è sembrato… >> Si avvicinò un poco per aiutarla, ma non sapeva se effettivamente lei volesse essere aiutata. La ragazza lo stava fissando imbambolata, come se avesse notato qualcosa di strano nel suo volto. Si sentì a disagio vedendo che non rispondeva e distolse lo sguardo, ma proprio quando ebbe fatto un passo indietro, Suzuko gli sorrise.
<< No, io… Sì, sto bene. Sono solo un po’ affaticata. >> Rispose cominciando ad alzarsi. Si aggrappò alla strumentazione di fronte a sé per tirarsi su, ma le sue gambe cedettero e fu in quel momento che Tetsuya si sporse per evitarle la caduta, afferrandola prontamente e offrendole appoggio.
<< Grazie… >> Mormorò lei mentre il ragazzo diventava rosso per l'imbarazzo. Rise. << Le mie gambe sono proprio andate… Posso… Appoggiarmi a te per un po'? >>
Si sostenne un po' di più a Tetsuya e lui dovette spostare l'equilibrio del suo corpo per permettere a entrambi di restare in piedi. << Certamente! >> Rispose imbarazzato. << Sono forte, non mi dà nessun fastidio farti da appoggio. >>
<< Grazie. >> Disse di nuovo Suzuko con voce sognante, come se stesse per addormentarsi. Era una interazione molto strana, sembrava però che il loro rapporto fosse già abbastanza saldo da permetterle di fare quel tipo di cose. Tuttavia c'era dell'esitazione in entrambi, e Suzuko aveva capito che era quella la caratteristica che avrebbe dovuto estirpare, se voleva migliorare il proprio rendimento. Il successo del Gaia dipendeva dal legame che sarebbe riuscita a creare con Maruyama; più sarebbe stato forte questo legame, più sarebbero stati efficienti.
Tetsuya offrì il braccio alla ragazza e lei si resse a lui per rimettersi in piedi, poi cercò di passargli un braccio dietro la schiena ma non ci riuscì per la differenza in altezza tra di loro e allora decise di aggrapparsi alla spalla più vicina mentre lui le passava delicatamente una mano attorno al busto, stringendole il braccio dalla parte opposta per aiutarla a stargli vicino.
Suzuko fu un po' delusa del fatto che Tetsuya avesse evitato di proposito i suoi fianchi, ma fu contenta lo stesso del risultato; un passo alla volta si sarebbero avvicinati l'uno all'altra.
Alzò lo sguardo sorridendo e disse:<< Andiamo? >>
<< Ok! >>
I due ragazzi cominciarono a camminare verso l’uscita della cabina di pilotaggio, passi lenti e sicuri in modo che Suzuko non rischiasse di inciampare con le poche forze che le erano rimaste.
<< Ti va un gelato, quando torniamo a Mistilteinn? >> Disse dal nulla la ragazza.
<< Un gelato? >> Le fece eco lui, confuso.
Suzuko annuì. << Penso che ci meritiamo un piccolo premio dopo questa giornata… >>
Tetsuya alzò lo sguardo pensieroso, poi tornò a guardare la ragazza e rispose con un sorriso:<< Ci sto! >>
Suzuko gli ammiccò con trasporto. << Oh, e non mi dispiace se mi chiami per nome. >> Aggiunse mentre lo sportello di fronte a loro si apriva.
<< Davvero? >> Chiese lui dubbioso.
<< Sempre che a te non dia fastidio che io usi il tuo, di nome! >>
Tetsuya guardò all'esterno della cabina, dove li attendevano i loro compagni di squadra, e sembrò pensarci un attimo. Alla fine si girò di nuovo verso di lei e disse:<< Non mi dispiace. >> E sorrise come aveva fatto lei un attimo prima, facendola ridere.
I due ragazzi uscirono dalla cabina e per un attimo furono accecati dalle luci nell'hangar. Entrambi distolsero lo sguardo per cercare di adattare la vista a tutta quella luminosità e l'attenzione di Suzuko si posò sul box alla fine del molo, dove vide Nakamura che saltellava con euforia rivolgendosi al suo partner.
<< Ce l’abbiamo fatta, Ryo! >> Ripeteva muovendosi come una bambina iperattiva. Sato stava uscendo lentamente dallo Stridiosauro e le rivolgeva uno sguardo stanco, ma felice. Suzuko si fece improvvisamente cupa, notando come anche gli effetti sul fisico conseguiti dalla connessione fossero più evidenti in lei rispetto alla compagna di squadra.
Però non volle abbattersi. Aveva già capito che c’erano persone più predisposte di lei a sopportare la guida di uno Stridiosauro, ma con il duro lavoro sarebbe riuscita a colmare il distacco tra sé e loro. E poi, guardandosi attorno, la sua condizione sembrava essere molto più comune di quanto pensasse: anche Aki e suo fratello erano usciti dall’Animus stringendosi l’uno all’altra, sembravano esausti dopo tutti i giri che avevano dovuto fare all'interno dell'hangar, e a guardarli meglio avrebbe detto che erano euforici. Poté rilassarsi quando capì che finalmente erano riusciti a risolvere i problemi tra loro.
Tuttavia, se da una parte una delle sue compagne di stanza sembrava sollevata dopo quello che era successo, l'altra ragazza con cui condivideva la camera sembrava essere in maggiore difficoltà; Aiko sembrava reggersi in piedi per un soffio e nonostante tutto cercava di andare avanti da sola mentre il suo partner Matsumoto la seguiva con ansia, pronto a scattare al minimo segno di cedimento della ragazza.
<< Andiamo da loro, Tetsuya! >> Disse lei indicando con debolezza in direzione della coppia dello Xenomorphus. Il ragazzo annuì e la aiutò ad avanzare.
Mentre si avvicinavano, Aiko crollò improvvisamente a terra. Suzuko ebbe l'impulso di lanciarsi verso di lei, pur sapendo di non poter fare nulla di prevenire la sua caduta, ma poi vide Matsumoto stendersi con prontezza verso la ragazza per afferrarla e offrirle appoggio in modo simile a come aveva fatto Tetsuya prima con lei.
<< Stai bene? >> Chiese lui tenendole una mano. Sembrava che Aiko fosse dolorante, ma in realtà quando alzò la testa stava ridendo.
<< E' stato incredibile! >> Esclamò con le lacrime agli occhi. << Mi fa tutto malissimo, però sono grata di averlo provato! >>
Fu un sollievo vedere Aiko sorridere, nonostante fosse in quello stato così deplorevole. La ragazza sorrise e lasciò andare la tensione di un attimo prima, pensando che in fondo Matsumoto non era poi così male; sembrava un ragazzo molto premuroso.
Mentre i due piloti si rialzavano e questa volta Aiko affidava il proprio equilibrio a Kaoru, dall’ascensore da dove erano arrivati uscirono i due coordinatori, seguiti da una coppia di operatori che reggevano dei taccuini e delle matite e alcune persone che spingevano delle sedie a rotelle. Si avvicinarono alle coppie che sembravano più in difficoltà e fecero segno agli altri di raggiungerli; quando furono di nuovo tutti assieme, Hachi e Nana cominciarono a parlare ai Parasite mentre le persone con le sedie a rotelle invitavano le ragazze a sedersi.
<< Siete stati molto bravi. I test di oggi ci aiuteranno a tracciare un piano di lavoro per il futuro, ma non dovete restare a pensare troppo ai vostri risultati e agli effetti che questi hanno avuto sui vostri corpi. Si tratta solo di valori indicativi, grezzi, utili ai nostri tecnici per migliorare la vostra esperienza a bordo degli Stridiosauri e impostare il lavoro da fare. >> Fece un giro con lo sguardo per osservare tutti quanti e si soffermò più a lungo sulle persone che sembravano avere avuto più difficoltà. << Quindi non vi preoccupate se pensate di non essere andati bene. I vostri risultati miglioreranno molto in futuro; per adesso dovete solo concentrarvi nello studio e prendervi cura gli uni degli altri. >>
<< Abbiamo visto che alcuni di voi erano alquanto provati fisicamente dopo lo sforzo eseguito. >> Intervenne Nana. << Per questo abbiamo fatto scendere questi signori; tra poco vi accompagneranno in una sala per eseguire dei test e assicurarsi che non abbiate subito traumi di alcun genere. >>
Nana si girò per indicare i due operatori con in mano matite e taccuini: un uomo e una donna in camice bianco, dall’aspetto professionale ma accogliente. Fecero entrambi un cenno cordiale ai ragazzi, poi l'uomo fece un passo verso il gruppo degli Stamen e indicò l’ascensore che aveva condotto i Parasite lì sulla rampa. << Cominciamo a muoverci; i maschi vengano con me. Se avete difficoltà a camminare, i nostri collaboratori vi accompagneranno sulla sedia a rotelle. Non vergognatevi di mostrare stanchezza dopo quello che avete fatto. >>
Mentre diceva questo, Aki ringraziò uno degli operatori che gli si era avvicinato e si sedette per lasciarsi trasportare; un altro uomo andò verso Hoshi, ma il ragazzo rifiutò il suo aiuto e andò avanti nonostante fosse chiaro che fosse molto affaticato.
<< Le ragazze invece vengano con me. Vi faremo qualche domanda e testeremo i vostri riflessi e capacità fisiche, confrontandoli con i dati che abbiamo raccolto con la vostra prima visita medica. >> Spiegò la donna alzando un braccio per fari avvicinare tutte le Pistil. << E ovviamente, se doveste lamentare qualche fastidio o dolore non esitate a farcelo sapere! >> Aggiunse con un sorriso verso le ragazze che mostravano di avere meno energie.
Suzuko sorrise in risposta alla donna mentre lasciava andare la presa del proprio partner e si abbandonava alla sedia a rotelle spinta da una collaboratrice in camice bianco. Poi, quando fu seduta, volse lo sguardo verso il trio di Sakei, Nakamura e Fukuda. Quelle là sembravano stare perfettamente, mentre lei e le sue amiche erano esauste; sembrava che fossero state divise in gruppi a seconda della loro resistenza fisica: le “deboli” e le “forti”. Ma lei non sarebbe stata debole, gli avrebbe dimostrato di poter fare molto, molto di più, a cominciare da quel primissimo istante!

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Capitolo 10
*** Alla fine della giornata ***


I Parasite erano talmente esausti da essersi riuniti a fatica nella sala comune quella sera. Avrebbero voluto andare tutti a dormire subito, ma per qualche motivo sentivano che non sarebbero riusciti a prendere sonno, e poi Aki e Rin avevano chiesto a tutti di rimanere ancora un po’ per poter annunciare qualcosa di molto importante a tutti quanti.
I due fratelli si erano alzati non appena erano arrivati i loro compagni di squadra, prendendo posto sulle sedie e divanetti della sala; si stringevano le mani con ansia, pronti a dire quello che erano andati a rivelare.
<< Grazie per essere venuti. >> Mormorò il ragazzo con rispetto, sapendo quanto fossero stanchi i suoi compagni. << C'è una cosa importante che vogliamo annunciare… >>
<< Ma sì, non c'è bisogno che siate così formali! >> Sbuffò Yoshiki, leggermente brusco. E
ra stato di cattivo umore da quando avevano concluso i test per via di un mal di testa insistente e adesso si premeva intensamente le dita sulla fronte per cercare di farselo passare.
Aki e Rin si guardarono in silenzio. Era vero che Yoshiki li avesse esortati a parlare, però sapevano quanto fosse seria quella cosa e forse non sarebbe stato contento di sentirla. Alla fine presero un bel respiro e si voltarono nuovamente verso gli altri, dove le compagne di stanza di Rin sembravano già sapere cosa avessero in serbo per loro e attendevano con ansia che parlassero.
<< Va bene… Quando ci siamo conosciuti, io e Rin non siamo stati del tutto sinceri con voi… >> Incominciò il ragazzo deglutendo a fatica. La partner prese la parola, ansiosa di intervenire in quel discorso così importante.
<< Le nostre presentazioni non sono state del tutto genuine, se così posso dire… Sì, ammiro molto Hachi e Nana, e Aki non vedeva l’ora di conoscere gli altri piloti, ma non sono state queste le motivazioni che ci hanno spinti ad arruolarci. >> Spiegò la ragazza intrecciandosi le dita con nervosismo. << Innanzitutto il mio nome non è Kawakami, e il suo non è Mizuru. >>
La ragazza si arrestò sentendo un forte calore avvolgerle il corpo. Se avessero potuto metterle un termometro addosso, avrebbe potuto farlo scoppiare per l'ansia e la vergogna che stava provando. Aki si era offerto in precedenza di parlare per entrambi, ma la ragazza voleva andare fino in fondo e dire davanti a tutti la verità, così respirò a fondo e parlò:<< Questo perché abbiamo lo stesso cognome: ci chiamiamo Aki e Rin Okagawa e siamo fratelli. >>
Entrambi si abbassarono in un vistoso inchino, evitando al contempo gli sguardi dei compagni di stanza. << Ci dispiace di avervi tenuta nascosta questa storia, ma avevamo una paura matta di essere mandati via per aver abusato dei premi offerti dall'I.P.U. alla nostra famiglia per esserci arruolati. >> Disse Aki tenendo la testa bassa. << Non era nostra intenzione mentirvi. >>
I due ragazzi rimasero con la testa abbassata a lungo mentre il silenzio cresceva attorno a loro e gli faceva temere che quella notizia non fosse stata accolta serenamente dai loro compagni. Fu nuovamente Yoshiki a prendere la parola, spiazzandoli. << Tutto qui? Guarda che lo avevamo già capito. >>
Aki e Rin alzarono la testa all'unisono e guardarono verso il loro compagno di squadra. << Che significa? >> Rin lanciò un'occhiataccia ai due compagni di stanza di suo fratello, ma non era a causa loro se il loro segreto fosse trapelato.
Yoshiki si mise più comodo sulla sua poltrona e sembrò annoiato. << Vi siete mai visti allo specchio? Siete due gocce d'acqua! >> Disse sarcastico. << Non ci vorrebbe molto a fare i conti. >>
Aki e Rin si guardarono a vicenda con imbarazzo. In effetti la loro somiglianza era sempre stata ovvia sin da piccoli, ma avevano sempre pensato che potesse essere scambiata per una semplice coincidenza.
<< Quindi ci siamo dati tanta pena per niente? >> Chiese sconvolta Rin, che se lo avesse saputo prima sarebbe probabilmente riuscita a dormire meglio la notte.
<< Ma insomma, che problema ci sarebbe anche se foste fratelli? >> Chiese infastidito Hoshi allargando le braccia di colpo, non capendo il motivo di tanta agitazione.
I fratelli decisero di spiegare per l’ultima volta ai loro compagni di squadra la situazione della loro famiglia e la necessità di venire scelti come Parasite, anche con il rischio di essere scoperti per aver tentato di “ingannare il sistema”. Gli altri ascoltarono in silenzio e con attenzione, in attesa della fine del racconto, compresi quelli che conoscevano quella storia nei minimi dettagli, e solo allora Yoshiki prese di nuovo la parola, spiazzando nuovamente i fratelli.
<< E per quale ragione dovreste nascondere il fatto che siete fratelli? >>
Rin strillò irritata. << Te lo abbiamo appena detto perché! >> Le sembrava che il ragazzo stesse facendo lo scemo di proposito; lui però non si stava prendendo gioco di loro né era tardo a comprendere.
<< Non posso sapere che cosa passa per la mente dei nostri coordinatori, ma dubito che Hachi e Nana vi farebbero passare dei guai per aver sfruttato qualcosa che era vostro di diritto. >> Disse incrociando le braccia. << E poi ora siete qui, e siete indispensabili quanto chiunque altro. Non vi manderanno via di certo, anche se avete omesso di dire che siete fratelli. >>
Yoshiki aveva ragione e tutti i ragazzi della squadra furono d'accordo con lui su quel punto; tuttavia le ansie di Aki e Rin sembravano impossibili da abbattere, che li pregarono di mantenere il segreto con gli adulti.
<< Non vogliamo creare più guai di quanti ne abbiamo causati. >> Mormorò Rin dopo aver chiesto quella cosa al ragazzo, voltandosi a guardare le sue compagne di stanza che l'avevano sostenuta per tutto quel periodo.
Ci fu silenzio nella stanza. I ragazzi attendevano una risposta da quelli che avevano parlato di più, che erano anche gli unici ad essere ancora all'oscuro della situazione. Yoshiki continuava a squadrare i due fratelli con il suo cipiglio tetro, ma alla fine sorrise. << Non c’è problema. Continuo a pensare che sia una precauzione inutile, ma se è quello che volete, le mie labbra saranno sigillate… >> Disse, facendo sparire un enorme peso dal petto di Rin, che si abbandonò a un sospiro di sollievo.
<< Era alquanto ovvio, comunque! >> Commentò Kya alzandosi e andando ad abbracciare Rin senza alcun preavviso. << Comunque io lo sapevo già, ma non pensavo che la cosa ti turbasse tanto. Perché non mi hai chiesto aiuto? >> Domandò allentando un poco la stretta sulla ragazzina, che era arrossita di colpo.
<< Oh, in realtà ho chiesto aiuto… >> Mormorò balbettando. << Ma non volevo essere un peso, quindi ne ho parlato solo con Suzuko e Aiko… >>
Le due ragazze si girarono a guardare la piccoletta bionda e la sua compagna di stanza con i boccoli; la prima aveva le braccia incrociate e sorrideva nonostante il suo sguardo accigliato, forse dovuto all'improvvisa espansività di Kya, la seconda invece aveva uno sguardo stanco, ma sereno. Erano entrambe contente che la loro amica fosse riuscita a chiarirsi con il resto della squadra.
<< Un momento. >> Intervenne Hoshi alzando le mani all'altezza del busto. << Quanti di voi già conoscevano il segreto di Mizu… Eh, sì vabbé, alzate la mano se lo sapevate già! >>
L'intera squadra, ad eccezione di Yoshiki, Tetsuya e Hoshi, alzò le mani. Ci fu un attimo di imbarazzo, quindi qualcuno sbuffò lasciando andare delle risatine mentre il ragazzino con gli occhiali rimaneva a bocca aperta.
<< Mi dispiace… >> Mormorò Aki. << Anche io ho raccontato il segreto ai miei compagni di squadra, ma diversamente da Rin l'ho fatto quando eravamo noi tre da soli… >>
Yoshiki rise sonoramente. Quella situazione sembrava avergli fatto dimenticare il mal di testa. << Sembra una commedia! >> Disse voltandosi verso Hoshi, che dopo un primo sgomento non riuscì a fare a meno di ridere, e con lui anche Tetsuya sghignazzò sotto i baffi.
<< Eh? Questo vuol dire che lo sapevi anche tu, Ryo? >> Kya si accostò al proprio Partner e gli poggiò la testa sulla spalla. << Perché non me lo hai detto? >> Ghignò.
Ryo sorrise nervosamente e cercò di allontanarsi un poco. << Non potevo andare in giro a raccontare il segreto di Aki! >> Protestò cautamente.
<< Ah… Ma io lo sapevo già! Se tu ti fossi fidato di me come quando eravamo piccoli, tutto questo malinteso si sarebbe potuto evitare. >> Lei si imbronciò. << Sei cambiato, darling! >> Piagnucolò in modo comico prima di cominciare a inseguire Ryo per la stanza.
<< Stai lontano da me, e smettila di chiamarmi in quel modo! >> Strillò lui, stando al gioco della sua migliore amica, facendo ridere tutti i presenti con il loro battibecco.
Aki e Rin erano contenti delle reazioni dei loro compagni; non si erano voluti fidare della squadra, eppure a loro era bastato un attimo per accettare quella loro decisione e cercare un modo per rendergli le cose più facili. Kya e Ryo si erano anche messi a rincorrersi come i personaggi di un cartone animato solo per alleggerire la tensione; erano felici di far parte di una squadra così comprensiva e affiatata.
Tuttavia, se i due fratelli potevano finalmente tirare un sospiro di sollievo, altri avevano notato cose che sarebbe stato meglio tenergli nascoste per il bene della loro serenità: a Momo erano sembrate troppo insistenti le domande del proprio partner, e anche Yoshiki nonostante le risate continuava a tenere d'occhio Hoshi; il ragazzo adesso stava ridendo come tutti gli altri, eppure sembrava voler dire altro sulla faccenda. Nessuno dei due poteva leggere nei suoi pensieri, ma se la ragazza poteva lasciargli il beneficio del dubbio, il suo compagno di stanza aveva imparato a riconoscere i segnali di quando qualcosa non gli andava a genio, e avrebbe voluto affrontarlo meglio in seguito.
Momo si perse talmente tanto nei propri pensieri che la sua fronte si increspò vistosamente, facendo intervenire Naho, che in mezzo al trambusto le chiese se si sentisse bene:<< E’ da quando siamo tornati che non apri bocca. >>
La ragazza alta si spaventò quando sentì la mano della compagna di stanza posarsi sulla propria spalla e le rivolse uno sguardo spaesato. << No, Fukuda… Tranquilla. >> Mormorò dopo aver ripreso a respirare regolarmente. Si diede un colpetto sulla testa e ammiccò:<< Sono solo un po’ sovrappensiero oggi… >>
Naho la osservò per un attimo e poi sorrise. << E’ per via della connessione, vero? >> Chiese sorridendo. << Non ti preoccupare: sono sicura che l'intoppo di questa mattina non sia niente di grave. Hachi lo aveva detto di non dare troppo peso ai risultati di oggi! >>
Momo piegò la testa di lato. Stava veramente pensando a quello? Effettivamente quella mattina lei e Hoshi avevano avuto alcune difficoltà ad effettuare la prima connessione, ma pensava di essersi lasciata quell'intoppo alle spalle, anche perché per tutto il resto del test non c'era stato nessun problema. Alla fine sorrise con aria stanca. << Grazie, Fukuda. >> Mormorò. << In effetti oggi è stata una giornata veramente strana… >>
<< A chi lo dici! >> Rispose l'altra. << Io sono ancora elettrizzata, mi sento lo stomaco sottosopra… E’ stata una esperienza incredibile! >>
Vedere l'eccitazione di Naho fece sorridere Momo. << Ti è piaciuto veramente tanto, eh? >> Commentò sopprimendo uno sbadiglio. Non voleva sembrare sgarbata, ma cominciava ad avere veramente molto sonno.
Naho si voltò stringendo i pugni e ghignò. << Assolutamente! Non vedo l’ora di imparare a pilotare per bene quei giganti… >>
<< E allora farai meglio ad andare a riposarti. >> La interruppe il suo partner, infiltrandosi nella conversazione con casualità. Sorrideva con aria di complicità alla ragazza, che però si voltò verso di lui sbuffando, come se le avesse rovinato il divertimento.
<< Oh, andiamo! >> Commentò a tono. << Sono piena di energie! Anche se andassi a letto non riuscirei ad addormentarmi… >>
Yoshiki piegò le labbra divertito dallo sguardo che gli mandò la compagna di squadra, ma non ammise proteste. << Ti sembra di essere nel pieno delle forze, ma appena lascerai riposare la mente un attimo ti accorgerai di quanto tu sia stanca veramente. >> Poi sospirò e alzò lo sguardo. << Non è vero, Sakei? >>
La ragazza fu sorpresa di sentirsi chiamare in causa. Ammiccò con imbarazzo e rispose con esitazione. << Bé, in effetti credo che Ojizaki abbia ragione… >>
Naho sbuffò voltandosi verso la sua compagna di stanza e le batté scherzosamente i pugni sulle spalle. Momo e Yoshiki risero, poi il ragazzo si girò e con un gesto ampio del braccio si accomiatò dalla squadra.
<< Io sono esausto. Ci vediamo domani, ragazzi. >> Raggiunta la porta della sala comune si girò un attimo. << Buonanotte a tutti! >>
<< Vengo anche io. >> Disse Tetsuya alzandosi dal proprio posto e salutando Suzuko con un rapido cenno, che si era seduta accanto a lui.
Yoshiki osservò il suo compagno di stanza attraversare la sala a passi rapidi e annuì. << Vieni anche tu, Kondō? >> Chiese con tono grave quando si girò a cercare Hoshi.
Hoshi sembrò seccato di sentirsi chiamare in quel modo da Yoshiki, ma fece finta di niente e si unì agli altri due per andare in camera.
<< Buonanotte, ragazzi. >> Disse Momo mentre Naho accanto a lei salutava con una mano in direzione dei tre compagni di stanza.
Il trio salutò le rispettive partner e in modo più generale il resto della squadra, quindi uscirono dalla stanza. Vedendoli andare via, improvvisamente tutti gli altri sembrarono sentire nuovamente la stanchezza della giornata. La squadra si era distratta giusto quanto bastava con il discorso di Aki e Rin per rimanere lucidi, ma gli effetti del test con gli Stridiosauri adesso si fecero sentire nuovamente con prepotenza.
<< Andrò a dormire anche io. >> Fece Suzuko guardando la pendola in fondo alla stanza. Era ancora presto, ma per tutto il pomeriggio aveva avuto stampato in volto uno sguardo esausto e non vedeva l'ora di mettere la testa sul cuscino. Le avevano consigliato di riposare, quando aveva fatto la visita alla fine del test, e cominciava a pensare che non fosse poi una cattiva idea.
<< Allora veniamo anche noi. >> Consigliò Aiko alzandosi e perdendo l'equilibrio per un momento. Dopo un breve capogiro, tornò a sorridere e cercò l'altra compagna di stanza. << Sei d'accordo, Rin? >>
La ragazza annuì e sorrise, poi si voltò verso il fratello, finalmente libera di rivolgersi a lui come tale, e gli diede una pacca sul braccio. << Allora a domani, Aki. >>
<< Sogni d’oro, sorellina! >> Gli fece lui sorridendo stancamente. Era una sensazione strana; finalmente potevano comportarsi come avevano sempre fatto, senza dover più fingere.
<< Ciao! >> Salutarono le amiche di sua sorella mentre il gruppetto usciva dalla stanza e Aki restava a guardare. Dopo un attimo, gli si avvicinò Ryo in silenzio, con Kya aggrappata a un braccio, decisa a non mollare la presa.
<< Come mai Kaoru non è ancora crollato? >> Chiese sottovoce sporgendosi verso l'amico.
<< Forse si è sovraccaricato. >> Rispose Aki sghignazzando. << Ma… Io credo che il merito sia della sua partner. >>
Tutti e tre rimasero a guardare come Kaoru salutava con aria sognante il trio di ragazze dove c'era anche Aiko. La stanchezza si poteva chiaramente vedere attraverso i suoi occhi, eppure finché vedeva il volto della ragazza sembrava incapace di crollare come al solito.
<< Quei due si piacciono! >> Intervenne Kya poggiando la testa sulla spalla di Ryo e sorridendo con l'aria di chi la sapeva lunga.
I due ragazzi furono sorpresi dal commento della ragazza, ma non poterono esprimere disaccordo con lei; nonostante i rapporti impacciati che avevano, Aiko e Kaoru sembravano davvero apprezzare la compagnia l'uno dell'altra.
<< Ma guarda tu questa impicciona! >> Esclamò Ryo scompigliando i capelli alla sua amica, che squittì divertita in risposta al suo gesto. << Che cosa ne vorresti sapere tu, eh? >> Scherzò.
Lei chiuse gli occhi in attesa il ragazzo finisse di scompigliarle la frangetta, poi girò lo sguardo impassibile e con i capelli davanti alla faccia rispose:<< Intuito femminile. >>
Con uno scatto improvviso, la ragazza tirò Ryo dal braccio e gli sollevò la camicia fino alla testa prima di saltellare fuori dalla stanza con aria soddisfatta. << Buonanotte! >> Strillò da fuori della sala comune, mentre Ryo tratteneva un'imprecazione.
<< Sarà meglio raggiungerla, prima che ci chiuda fuori dalla stanza! >> Disse Momo mentre Naho rideva a crepapelle per come la sua amica avesse conciato il ragazzo.
Mentre Aki tentava di aiutare Ryo a rimettere a posto la camicia, le due ragazze uscirono salutandoli e passarono accanto a Kaoru; quando provarono a salutarlo, notarono come non reagisse a nessuno stimolo.
<< Matsumoto? >> Mormorò Naho agitando una mano davanti al suo volto. << Oh cielo… >>
Kaoru si era addormentato di colpo: era rimasto con quel sorriso ebete di un attimo prima e gli occhi gli si erano chiusi come se stesse facendo il pisolino più piacevole di sempre.
<< Forse dovrete aiutarlo a salire le scale… >> Disse Momo trattenendo una risatina, rivolgendosi ai due compagni di stanza di Kaoru.
Aki e Ryo raggiunsero le ragazze e guardarono esterrefatti il loro amico che dormiva di fronte a loro; provarono a punzecchiarlo nel tentativo di farlo reagire, ma le uniche reazioni furono le risate delle ragazze.
<< Perfetto. >> Commentò Ryo frustrato. << Fa sempre così… >>
 
*
 
Ryo richiuse la porta sbattendola forse un po’ troppo forte e sospirò. << Sei incredibile. >> Sillabò rivolgendosi a Kaoru.
<< E dai! >> Esclamò il ragazzo sedendosi sul letto del suo compagno. << Può capitare a tutti di assopirsi un attimino… >>
<< “Un attimino” non è il tempo necessario per portarti in cima alle scale. >> Gli rispose Aki lanciandogli un cuscino sulla faccia. Avevano ancora il fiatone per lo sforzo che avevano dovuto fare per portare fin lì il loro compagno.
Kaoru non reagì. << E va bene, forse ho voluto farvi uno scherzetto, ma almeno ho portato un po’ di allegria in questo posto triste e malinconico! >> Disse allargando le braccia.
<< Quasi quasi ti preferivo sonnambulo. >> Commentò sarcastico Ryo mentre si avvicinava a lui. Poi afferrò di scatto il cuscino lanciato da Aki e iniziò a colpire Kaoru ripetutamente. << Fuori dal mio letto! >>
Kaoru scappò pregandolo di smetterla e tra le risate andò a rifugiarsi in cima al letto a castello; dopo si sdraiò a pancia in giù e infilò la testa sotto al cuscino per proteggersi dai continui attacchi di Ryo. Il ragazzo allora abbandonò l'inseguimento e poté finalmente sedersi sul proprio letto, lasciando cadere la sua arma dietro di sé e sbuffando.
<< Certo che la connessione è davvero qualcosa di incredibile! >> Disse a un certo punto Aki facendo sbucare fuori la testa dalla maglietta del pigiama. << Pensavo di essermi preparato a dovere, ma mi ha comunque colto di sorpresa. >>
Ryo abbassò lo sguardo e ripensò alla reazione che aveva avuto Kya una volta persa la connessione. << Anche a me. >> Disse. << Kya mi ha fatto preoccupare. >>
Kaoru si sporse dal letto dopo essersi assicurato che Ryo non lo avrebbe colpito. << A proposito, che cosa vi è successo? Vi abbiamo visti saltare avanti e indietro come dei matti, e poi lo Iustitia si è spento. >>
Ryo si voltò verso il ragazzo in agguato dall'alto. << Non lo so di preciso… >> Mormorò. << Lei ha detto che appena fusasi con lo Stridiosauro, ha sentito un'euforia incontrollabile ed è stata sopraffatta dal bisogno di ballare, o qualcosa del genere… >>
<< Cioè, ha fatto tutto da sola? >> Chiese sorpreso Kaoru.
<< Sì, ed è per questo che abbiamo perso la connessione. >> Rispose Ryo. L'equilibrio era troppo precario perché lo Iustitia potesse continuare a muoversi. << Non è stato proprio divertente, quando ci siamo scollegati… >> Disse ripensando al momento in cui lui e Kya erano stati tirati via dall'unione.
Ryo si fece cupo ricordando quello che era successo e le cose che si erano detti lui e Kya all'interno della cabina di pilotaggio dello Iustitia, ma i suoi compagni di stanza erano molto più strabiliati dalla maestria messa in mostra dalla loro compagna di squadra, sebbene solo per pochi secondi.
<< Come ha fatto a prendere il controllo? >> Chiese Kaoru girandosi dal lato e guardando il soffitto.
Ryo strinse le spalle e restituì ad Aki il suo cuscino, poi cominciò a spogliarsi. << Sembra che la connessione sia molto più eterea di quanto pensassimo; basta che la volontà della Pistil ecceda su quella dello Stamen che si abbia uno squilibrio nei valori che mettono in funzione lo Stridiosauro, e allora anche lei può comandarlo con la sola forza di volontà. >> Lasciò cadere i vestiti sul letto e andò a cercare il pigiama sotto il cuscino, poi prima di indossarlo si girò un attimo verso gli altri. << In fondo, il loro corpo è connesso a quello dello Stridiosauro, giusto? >>
Kaoru annuì dubbioso. Aki si ricordò di una cosa mentre Ryo raccontava. << E' come la modalità stampede di cui parlavano gli adulti. Quindi è possibile anche negli Stridiosauri? >>
Ryo e Kaoru si fecero pensierosi. Non era una possibilità da escludere, in fondo neanche l'I.P.U. aveva fatto in tempo ad esaminare a fondo gli Stridiosauri per essere sicuri dell'assenza di quella modalità, però a Ryo non era sembrato che Kya avesse mosso lo Stridiosauro con difficoltà, come invece aveva raccontato la signorina Nana. Dalle parole della donna, quella modalità sembrava essere qualcosa di estremamente doloroso, e Kya aveva detto di avere sentito euforia…
<< Incredibile… Le ragazze riescono a fare tutte queste cose? >> Gli fece eco Kaoru poggiando la testa a una mano.
Aki scosse la testa. << Preferirei che non dovessero farlo. E una cosa troppo pericolosa, specialmente se pensiamo che si affidano a noi per essere protette… >> Il ragazzo si incupì e abbassò la voce. << Non vorrei mai vedere mia sorella soffrire a quel modo… >>
Anche gli altri due si intristirono. << Già… >> Ryo finì di indossare il pigiama e pensò nuovamente al volto rigato dalle lacrime di Kya; lei era una persona molto emotiva e non avrebbe mai voluto farle provare qualcosa di tanto intenso.
<< Anche io voglio proteggere Aiko… >> Mormorò Kaoru facendosi serio di colpo. Gli altri ragazzi alzarono la testa per incontrare il suo sguardo, totalmente diverso dal solito. Il ragazzo si rese conto degli sguardi su di sé e si sentì in imbarazzo. << Cioè, è una ragazza tanto buona e gentile che mi odierei a vederla soffrire tanto! >>
<< Ti ha proprio fatto un incantesimo quella lì, eh? >> Ghignò Aki dandogli un colpetto sulla testa che sporgeva dal suo letto. Kaoru tentò di difendersi per mascherare un po' il suo imbarazzo, ma Aki continuò a stuzzicarlo, facendolo innervosire ancora di più. Alla fine Ryo interruppe la loro lotta con una risata contenuta, facendoli voltare entrambi con perplessità.
<< E' strano come siamo già diventati buoni amici, non pensate? >> Disse sedendosi sul proprio letto. << Ci comportiamo come se ci conoscessimo da una vita. >>
Aki e Kaoru sorrisero e il ragazzo con la pelata arruffò i capelli del suo compagno di stanza prima di sdraiarsi nuovamente sul letto. << Hai ragione. Forse è merito della connessione… >>
<< Sono sicuro che anche le ragazze sentono una cosa simile. >> Disse Ryo stringendo il pugno. << I VIRM non avranno scampo contro di noi! >>
Nonostante fossero d'accordo con lui, entrambi i ragazzi fecero fatica ad intervenire dopo quel suo commento. L'idea dell'arrivo dei VIRM terrorizzava ancora tutti, anche solo pensare di affrontarli faceva tremare le gambe ai giovani piloti.
<< Eh… >> Ryo si rese conto di aver parlato senza pensare e borbottò qualcosa per rimediare. Alla fine si alzò dal proprio letto e disse agli altri di non preoccuparsi. << Sono sicuro che diventeremo fortissimi! Non dobbiamo preoccuparci per il futuro ancora, quindi concentriamoci sul passare delle splendide giornate, che ne dite? >>
Ryo attraversò la stanza a passi lenti e si fermò di fronte all'interruttore della luce accanto alla porta, quindi si girò verso i suoi amici e gli sorrise come chi non aveva nulla di cui preoccuparsi. In fin dei conti aveva ragione: quello era sicuramente lo spirito giusto con cui affrontare il loro compito, anche quando l'idea di addentarsi in quella storia gli metteva paura.
Aki e Kaoru sorrisero a loro volta. Avevano compreso il messaggio di Ryo e anche loro non vedevano l'ora di mettersi al lavoro. << D'accordo, mi hai convinto! >> Disse il primo mettendosi sotto le coperte e rabbrividendo.
Kaoru si sdraiò a pancia in su e si mise a tamburellare le dita sul proprio petto. << Anche a me. >> Disse sereno. << Voglio approfittare di questo momento per passare più tempo con tutti voi… Prima che le cose si facciano serie. >>
<< Già, con tutti noi… E con Mori! >> Lo incalzò Aki.
Ryo si aspettava che Kaoru reagisse alla provocazione del ragazzo, ma invece rimase calmo e mormorò sognante:<< Già… Con Aiko. >>
Il ragazzo sorrise, forse già nel mondo dei sogni. Ryo lo guardò contento e si voltò per spegnere la luce.
Click.
<< Buonanotte! >>
<< Buonanotte! >>
La stanza sprofondò nel buio e Ryo rimase fermo qualche secondo per orientarsi: per tutta la giornata aveva sofferto di un leggero mal di testa, ma ora che si era ritrovato al buio era improvvisamente tornato con più insistenza; anche quando chiudeva gli occhi, gli sembrava di perdere l'equilibrio. Probabilmente era uno degli effetti collaterali della connessione, forse in lui era più vistoso a causa della situazione che si era creata con Kya all'inizio… Sperava che passasse presto.
<< Tutto a posto? >> La voce di Kaoru lo raggiunse dall’alto.
<< Sì. >> Rispose Ryo e si poggiò alla parete nel tentativo di ritrovare l'equilibrio perso. In realtà gli sembrò solo di sbilanciarsi ancora di più, come se avesse potuto buttare giù il muro con una semplice spinta.
Alla fine si fece forza e si decise ad avanzare, cercando di puntare nella direzione del suo letto e di mantenerla; passo dopo passo, gli sembrò di abituarsi a quella sensazione fastidiosa. << E’ un po’ difficile orientarsi al buio… >>
Perché sentì il bisogno di giustificarsi? Era un semplice capogiro, probabilmente anche gli altri ne avevano avuti dopo i test di quella mattina; allora perché aveva così paura di quella sensazione?
Quando ebbe toccato il bordo del letto si abbassò per entrarci e sbatté con la fronte alla parte inferiore del letto di Kaoru.
<< Piano! >> Fece quello dall’alto. << Ti sei fatto male? >>
Ryo rimase in silenzio e si massaggiò la fronte. Non aveva fatto male, ma gli dava fastidio quella situazione; normalmente non avrebbe avuto problemi a muoversi al buio, ma in quel momento gli sembrava di aver preso una specie di sonnifero e il suo corpo stesse cominciando a non rispondere più ai suoi comandi.
<< Ce l’hai fatta? >> Chiese Aki dall’altro lato della stanza, preoccupato di non sentire alcuna risposta da parte di Ryo ma avvertendo il suo muoversi sopra le coperte.
<< Sì. >> Ripeté Ryo.
<< Ehi, se non stai bene puoi dircelo! >> Fece Kaoru sporgendosi dal proprio letto. << Hachi ha detto che è normale essere un po’ stanchi dopo la prima volta, ma se c’è qualcosa che non va di farlo presente. >>
<< Ho già detto tutto ai dottori che ci hanno visitato. Mi gira solo un po' la testa, e il buio improvviso mi ha fatto perdere l'equilibrio. >> Spiegò lui un po' infastidito. << Devono essere gli effetti del problema che ho avuto quando sono salito sullo Iustitia. >>
Ryo si sdraiò lentamente e quando poggiò la testa sul cuscino mandò un lungo sospiro di sollievo. Adesso cominciava a passare, finalmente. << Buonanotte, ragazzi. >> Disse sorridendo.
Ci fu un attimo di esitazione, poi Aki e Kaoru risposero di nuovo come prima, e finalmente la stanza rimase in silenzio.
Silenzio, o almeno qualcosa che ci andava vicino. Ogni volta che rimaneva immerso nel silenzio, Ryo sentiva un debole ma insistente ronzio suonargli nelle orecchie; si era sempre chiesto se fosse l’unico a sentirlo oppure se anche gli altri ragazzi dovessero lottare contro quel fischio irritante per riuscire ad addormentarsi.
Quella sera però il ronzio era diverso; sentiva qualcosa in fondo alla propria testa, come se ci fosse qualcuno che frugava nel suo cervello e continuasse ad andare a fondo. La sua mente aveva continuato a lavorare incessantemente durante la giornata, facendogli sentire quella cosa sin dal primo momento in cui si era connesso con Kya allo Stridiosauro.
Un battito debolissimo, lento ma pieno di vita, come il cuore di un bambino appena nato. Era il suono di qualcosa che si risvegliava dopo tanto tempo e per qualche motivo sembrava molto familiare. Ryo sprofondava nel vuoto e nel silenzio, si addentrava nell'oblio del sonno, mentre quel battito risaliva da un abisso antico e dimenticato, proprio alla ricerca della luce, della vita,  di qualcuno che lo potesse sentire.
Come se moltissimo tempo fa avessi già provato quella sensazione.
Respirò a fondo, di nuovo, cercando di rilassarsi. Sentiva chiaramente di starsi addormentando, i suoi arti formicolavano leggermente e lui era entrato in quella fase del sonno in cui si faceva fatica a distinguere i secondi dalle ore.
Voleva risposare, eppure ora che si era accorto di quel ronzio la sua mente sembrava essere diventata più vigile che mai. Nel buio del sonno, in fondo ai suoi pensieri, cominciò a formarsi un’immagine che non riuscì ad associare a nessun ricordo che aveva; dal buio della notte passò a una luce bianca, accecante, in un campo infinito dove nulla si poteva distinguere. Il ronzio era scomparso, ma il mal di testa continuava ad aumentare.
Una piccola figura sfocata si erse timidamente in lontananza. Ryo strizzò le palpebre e cercò di metterla meglio a fuoco, ma più provava a concentrarsi, più la testa gli faceva male. Era come se fosse all'interno di un sogno che apparteneva a qualcun altro.
Il dolore alla testa si fece sempre più forte e Ryo non riuscì più a rimanere concentrato, ma proprio mentre sentiva di perdere i sensi, una voce dentro la sua mente sembrò chiamarlo.
Hiro?

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Capitolo 11
*** Rimorsi ***


Mitsuru si svegliò di soprassalto e si ritrovò di fronte il soffitto grigio della camera da letto, immerso nella penombra. Cercò di stabilizzare il proprio respiro mentre accanto a sé trovava la sicurezza che gli serviva per calmarsi del tutto: Kokoro, sdraiata su un fianco sul materasso, con la chioma dorata che le nascondeva parte del volto, spargendosi sul cuscino, mandava flebili sospiri ogni volta che il suo petto si sgonfiava. L’espressione di beatitudine che aveva sul volto la faceva sembrare un angelo, anche se lei avrebbe probabilmente riso se lui gliel’avesse descritta, dicendo che fosse la più sgraziata delle smorfie; anche se lo fosse stato, lui l’avrebbe sempre trovata bellissima.
Guardò verso la finestra e vide che la luce del mattino era ancora tenue di fuori. Si mise a sedere avvicinando la schiena alla parete, sapendo che non sarebbe riuscito a riprendere sonno.
Un debole lamento interruppe i sospiri di Kokoro. Mitsuru girò la testa e scoprì che sua moglie aveva aperto gli occhi e se li stava stropicciando con una mano.
<< Che succede? >> Mormorò trattenendo un gemito, contorcendosi tra le coperte per mettersi un po' più comoda in modo da vederlo in faccia.
<< Niente. >> Fece lui. << Mi spiace, non volevo svegliarti. >>
Lei fece un movimento della testa per dire che non era un problema e i suoi capelli svolazzarono ovunque attorno a lei.
<< Perché sei già sveglio? >>
<< Non sto uscendo, tranquilla. >> Disse in fretta lui accarezzandole una guancia con un dito. Kokoro ammiccò e mosse la testa per chiedere altre carezze; Mitsuru rimase a guardarla un momento, sorridendo rassicurante mentre la accarezzava dolcemente, ma poi si incupì.
La sua frase era rimasta in sospeso nell’aria, c'era qualcos'altro che voleva dire e Kokoro se ne accorse. Riaprì gli occhi di scatto, lo sguardo vigile e gli mandò un’occhiata interrogativa. Bastava un indizio minuscolo per farle capire che c’era qualcosa che non andava, il suo intuito era infallibile.
<< L’ho sognato di nuovo. >> Vuotò il sacco Mitsuru, crollando come se avesse appena ammesso un crimine terribile. La sua mano smise di muoversi, le carezze si fermarono.
La donna si scurì in volto. << Hiro? >> Chiese debolmente. Sapeva cosa voleva dire quella cosa, sapeva quanto suo marito fosse stressato, tormentato dai vecchi ricordi e i sensi di colpa.
Mitsuru si portò le mani ai capelli e incurvò la schiena in avanti. << Hiro. >> Ripeté. << Mi chiamava… Diceva il mio nome. Io non so come sia possibile, è come se…! >>
Kokoro lo interruppe subito per non far volare troppo la sua fantasia ed evitare che Mitsuru dicesse qualcosa di cui potesse pentirsi. << Sei solo stressato! E preoccupato… >> Abbassò lo sguardo e prese un respiro profondo. << Sappiamo cosa è successo a Hiro e non abbiamo motivo per piangerlo. Un sogno di lui non dovrebbe farti stare così male, dovrebbe portarti gioia… >>
Mitsuru lo sapeva, sua moglie aveva ragione. Ma da quando avevano visto la statua di Zero Two sgretolarsi di fronte ai loro occhi non aveva potuto reprimere completamente un insistente dubbio:<< E se fossero ancora là? >>
Kokoro corrugò la fronte e tirò la schiena in su.
<< Che vuoi dire? >> Mitsuru abbassò lo sguardo un’altra volta, combattuto.
<< Insomma, non è che noi abbiamo visto cosa sia successo. Nessuno lo ha visto, le nostre sono state solo supposizioni… Hiro potrebbe essere ancora là fuori, disperso, con Zero Two, e potrebbe star cercando un modo per tornare da noi. >> Allungò un braccio in avanti senza volerlo; i suoi occhi guardavano lontano, persi nel vuoto della stanza avvolta nella penombra. << E se così fosse, io lo avrei abbandonato. Non ho potuto impedirgli di andare via quando ha deciso di andare fino in fondo, e non sono andato a cercarlo nemmeno dopo che tutto è finito. Avevo fatto una promessa, ma me la sono data a gambe, ripetendo i miei stessi errori… >>
Kokoro lo guardò contrariata, alzando la voce un po' oltraggiata. << Tu sei rimasto qua per un motivo preciso! >> Gli ricordò.
Lui si girò e la fissò come se volesse chiederle scusa. Alla fine le sue spalle si abbassarono di colpo e il tono di Mitsuru si fece più remissivo. << Lo so. >> Mormorò. Abbassò lo sguardo, poi lo alzò nuovamente e passò un dito sul volto di Kokoro per spostarle una ciocca di capelli, quindi scese sulla sua guancia e la accarezzò di nuovo, perdendosi nei suoi occhi di zaffiro. << Scusami. >> Sussurrò. Non avrebbe mai voluto intendere che ci fosse qualcosa di più importante di lei per lui.
Kokoro sorrise tristemente mentre lui la accarezzava e chiuse gli occhi per qualche istante, poi si liberò dalla sua stretta gentile e strisciò verso di lui per abbracciarlo. << Tu non hai tradito nessuno. >> Mormorò prima di poggiare le labbra sulla sua schiena, lasciandogli un tenero bacio.
Lui alzò una mano e la poggiò su quelle di lei, unite davanti al suo ventre. << E’ solo che mi sento così inutile… >> Sussurrò stancamente.
Kokoro avrebbe avuto tante cose da dirgli, come in realtà sarebbe stato incredibilmente difficile vivere senza di lui, ma alla fine rimase in silenzio e continuò ad abbracciarlo. Sapeva che quando si sentiva così, Mitsuru non ascoltava la voce della ragione; il suo senso di colpa verso il modo in cui si era comportato in passato gli impediva di pensare lucidamente. Da un po’ di tempo ormai Mitsuru aveva dei sogni ricorrenti, angosciosi nonostante all'apparenza potessero essere semplici casualità; sognava il suo vecchio amico, che per tanto tempo aveva ammirato e poi odiato, chiamarlo, facendolo sentire incompleto.
Forse la monotonia di una vita tranquilla aveva riportato a galla i ricordi di un tempo molto diverso, oppure un dolore che suo marito aveva nascosto per tanto tempo era diventato troppo grande da sopportare. Mitsuru amava la sua famiglia, era grato per tutto l’amore che i suoi figli e sua moglie gli donavano, ma certe volte sentiva che gli mancasse qualcosa, come se non facesse abbastanza e non poteva fare a meno di interrogarsi. E più domande si poneva, più ne nascevano.
Mitsuru sospirò. Prese una mano della donna e se la portò alle labbra, baciandone delicatamente il dorso.
<< Va bene ora. >> Mormorò. << Mi sento meglio. >>
Kokoro si sporse da dietro la sua spalla e gli rivolse uno sguardo preoccupato, continuando a stringerlo con l'altro braccio. << Sei sicuro? >>
<< Sì. >> Rispose lui con un cenno. << Lo so perché ci sei tu a stringermi così forte. >> Kokoro sorrise, poi lasciò andare la presa e si spostò per andare a sedersi al suo fianco.
Con delicatezza, poggiò la testa alla spalla di Mitsuru e lasciò andare un sospiro leggero, poi fu Mitsuru a reclinare la testa di lato verso di lei. I due innamorati rimasero così per un po’, assaporando il silenzio e la compagnia l’uno dell’altra. Nonostante tutto, il loro amore era ancora forte e giovane anche dopo tutti quegli anni; bastava uno sguardo per capirsi e si cercavano sempre come due adolescenti alla prima cotta. E dopo un momento di sconforto come quello appena passato, avrebbero voluto rimanere in quello stato per sempre.
Ma non era possibile. Presto Mitsuru sarebbe dovuto andare a scuola, quindi diede un bacio sulla fronte a Kokoro e le disse di rimettersi a letto per riposare ancora un po’. Lei non voleva lasciarlo andare, provò a dire che era ancora presto e che poteva prendersi un altro po' di tempo, nella speranza di tentarlo a rimanere lì con lei, ma sapeva anche lei che non avrebbe funzionato. Se c'era una cosa su cui Mitsuru non transigeva mai era il suo dovere verso la scuola.
Lui le rimboccò le coperte e lasciò la stanza per andare a lavarsi. Kokoro sorrise quando il marito le mostrò quel piccolo gesto di affetto, ma non poté non intristirsi nel vederlo uscire dalla porta; ogni giorno doveva vederlo andare via e attendere il suo ritorno, e ogni giorno non faceva che maledirsi per la sua condizione deplorevole che le precludeva di stare accanto all’uomo che amava in ogni singolo momento della giornata.

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Capitolo 12
*** A lavoro ***


<< Ho ancora sonno… Non voglio andare a scuola! >> Piagnucolò Kaoru poggiando la testa sul tavolo. Gli era bastata una settimana perché cominciasse a comportarsi come un bambino di prima mattina. Ryo avrebbe tanto voluto dirgli di chiudere il becco, ma lui stesso aveva avuto difficoltà a dormire quella notte e capiva come si sentisse.
La stanchezza post connessione si era fatta sentire da tutti, la mattina dopo. Le ragazze della stanza di Kya avevano fatto tardi, così come Hoshi e Tetsuya; riguardo a Ryo e Kaoru, l'unica motivazione per cui entrambi erano riusciti a scendere dal letto in tempo era perché quella mattina toccava al loro compagno di stanza occuparsi della colazione.
Qualcuno posò un piatto con uova e pancetta fumanti proprio davanti alla faccia di Kaoru e questo alzò lo sguardo con aria interrogativa; Rin, anche lei impegnata con le colazioni quel giorno, lo squadrava con occhi severi e si teneva una mano su un fianco. << Smettila di frignare e datti una mossa a mangiare! Dovresti essere pieno di energie a quest’ora, mi spieghi che razza di campagnolo sei? >> Gli disse piegandosi un po' verso di lui.
Kaoru fu sorpreso dall'improvvisa espansività della sorella di Aki; sembrava che dopo aver rivelato il proprio segreto agli altri, la ragazza fosse diventata un’altra persona. Non che gli dispiacesse quella sua sfacciataggine, ma doveva proprio sgridarlo in quel modo?
<< Sato, digli qualcosa anche tu! >> Disse lei rivolta all'altro ragazzo. << Siete amici, no? Dovresti spronarlo! >>
Ryo guardò prima Rin, poi Kaoru che aveva nascosto il viso tra le braccia, e provò dire qualcosa, ma dalla sua gola venne fuori un rantolo irriconoscibile. Lei sospirò abbattuta.
<< Caspita! Anche tu sembri uno zombie… >> Mormorò preoccupata prima di voltarsi. << Ma che combinate in quella stanza con quello stupido di mio fratello? >> Borbottò mentre tornava in cucina da Aki.
Mentre lei entrava, dalla cucina venne fuori Kya con in mano la propria colazione e andò a sedersi accanto a Ryo. << E' perché non mi ha ancora salutato che si sente così! >> Cinguettò prima di andare a sedersi accanto al partner. Gli diede una gomitata e gli fece l'occhiolino:<< Non è vero, darling? >>
<< Veramente la tua presenza mi porta all’esaurimento. >> Rispose atono lui, rinunciando a dirle di smettere di usare quel nomignolo. << Tra un po' cominceranno a spuntarmi i capelli bianchi per colpa tua. >>
Gli occhi di Kya si chiusero in due fessure che squadrarono il ragazzo con aria offesa mentre sul volto di lui si formava un largo sorriso soddisfatto; poi la ragazza si voltò facendo oscillare i suoi lunghi capelli in aria e diede una botta sulla nuca di Ryo, scoppiando a ridere mentre il suo amico rischiava di finire con la faccia nel piatto.
<< Ma che diavolo ti prende?! >> Esclamò irritato voltandosi verso Kya e massaggiandosi il collo. La ragazza non rispose, continuò a ridere di cuore, come se non avesse mai visto niente di più divertente. Attirati dal trambusto, nella sala da pranzo arrivarono camminando una accanto all'altro Naho e Yoshiki, che quando videro chi era a fare rumore non sembrarono minimamente sorpresi.
La ragazza aveva le mani impegnate con un libro come al solito; sorrise alla compagna di stanza e salutò gli altri:<< Buongiorno, mi sembrate energetici oggi! >> Trattenne uno sbadiglio mentre si dirigeva verso il lato del tavolo dove si trovavano Kya e Ryo.
Kya salutò la sua compagna di stanza ammiccando, ma Ryo non trovò la forza di rispondere con la sua stessa allegria; la lettrice poi andò a sedersi dal lato opposto al loro e posò il libro alla sua sinistra sul tavolo.
<< Buongiorno, Fukuda. >> Sbuffò Ryo poggiando la faccia su una mano con arrendevolezza. Era inutile: non sarebbe mai riuscito ad avere l'ultima parola con Kya.
<< Dormito male? >> Chiese quella divertita dalla sua espressione.
Ryo abbassò la testa con stanchezza per tutta risposta. Poteva capire che anche lei avesse avuto difficoltà a dormire; nonostante il sorriso, i suoi occhi erano cerchiati da delle vistose occhiaie. Anche se non era sicuro che quel suo stato fosse dovuto alla connessione, quanto al fatto che non smettesse mai di leggere; avrebbe voluto chiedere a Naho quanto tempo passasse tra le pagine prima di andare veramente a dormire, con Kya a fare da testimone nel caso tentasse di mentire, ma fu troppo debole per farlo.
<< Se te lo stai chiedendo, Naho ha passato la notte intera a leggere nel letto. >> Come se gli avesse letto nella mente, Kya levò ogni dubbio sull'origine di quelle occhiaie.
<< Smettila di leggere i miei pensieri! >> Disse lui imitando quello che aveva detto all'interno dello Iustitia, ma sorridendo, prima di rivolgere un'occhiata incredula alla ragazza di fronte.
Kya rise. << Ho provato a prenderle i libri e chiuderli in una valigia per farla dormire, ma Momo me lo ha impedito. >> Aggiunse sbuffando.
Naho sorrise imbarazzata. Sembrò tentare di nascondersi da qualche parte, ma il suo libro era poggiato sul tavolo e non poteva usarlo come scusa per coprirsi il viso, quindi tentò di giustificarsi rimanendo dove era:<< Il fatto è che ieri ero troppo emozionata per andare a dormire, e mi sono messa a leggere qualcosa nell’attesa che arrivasse il sonno… >> Inspirò profondamente facendo passare l'aria in mezzo ai denti, come se sapesse di aver detto qualcosa di compromettente. << Però la lettura mi ha eccitata ancora di più, e così non mi sono più addormentata. >>
<< Sei una maniaca. >> Disse Kya addentando un panino dolce raccolto dal vassoio a centro tavola.
<< Non è vero! >> Protestò Naho. Il suo cipiglio contrariato durò poco, poi abbassò lo sguardo e sorrise come se quella cosa la lusingasse. << Bé, forse un pochino… E’ solo che mi piacciono troppo i libri. >> Ammise a bassa voce.
<< A-ah! >> Esclamò Kya formando una pistola con indice e pollice della mano destra e puntandola contro la ragazza. << Allora lo ammetti. >>
Qualcuno posò con poca delicatezza un piatto sulla testa di Kya, facendola gemere dal dolore. Mentre questa si lamentava, Yoshiki fece il giro del tavolo e posò due piatti di uova e pancetta sul tavolo, uno per sé e uno per la sua partner, e poi prese posto al suo fianco. << Smettetela di prenderla in giro per la sua passione! >> Disse col tono paziente di una madre.
<< Ma come? >> Borbottò Kya massaggiandosi la testa. << Ieri sera non le stavi dicendo anche tu di riposare? >>
<< E avrebbe dovuto ascoltarmi. >> Rispose lui alzando una forchetta. << Però capisco anche il suo punto di vista. E’ difficile trattenersi quando c’è di mezzo quello che ci rende più felici nella vita. Immagino che anche tu abbia qualcosa che ti faccia battere forte il cuore ogni volta che ci pensi, no? >>
La domanda fu rivolta a Kya, ma per la prima volta la ragazza non trovò modo per ribattere; invece si imbronciò e distolse lo sguardo, poggiando il mento a una mano e tamburellandosi le labbra con le dita. << Credo di aver afferrato il concetto… >> Borbottò con aria di sconfitta. Ryo assistette strabiliato a quello che era appena successo: Yoshiki aveva avuto l'ultima parola con Kya, proprio quello che lui aveva rinunciato a fare un attimo prima; e perché lei si era arresa tanto facilmente?
Naho guardò il piatto che le aveva portato Yoshiki e arrossì, quindi si rivolse a lui con tono cortese. << Grazie, Ojizaki. Sei gentile. >>
Quello fece un cenno nella sua direzione e cominciò a mangiare senza dire nulla; poi però sembrò ripensarci e guardò l'uovo che pendeva dalla sua forchetta con sospetto. A sinistra c'era Tetsuya che aveva appena finito di mangiare; lo adocchiò e lo chiamò ad alta voce. << Ehi, Maruyama! C'è da fidarsi? >> Con tono allegro, mostrò la forchetta con sopra i pezzi di uovo cucinati da Aki.
Il ragazzo silenzioso fu sorpreso di sentirsi chiamare all'improvviso e girò la testa da un lato all'altro; alla fine si focalizzò sul compagno di stanza e rispose:<< Ah, sì! E’ molto buono. >>
Yoshiki ghignò e si sporse in direzione della cucina, da dove arrivavano suoni di lavori in corso. << Sentito, Okagawa? Vuol dire che la tua cucina non fa così schifo! >>
<< Ma tu senti! >> Rispose la voce di Aki, seccato per qualche altro motivo. Un attimo dopo la ragione del suo fastidio uscì dalla stanza, spinta da sua sorella.
<< Ti ho detto di andare a sederti! E’ il nostro turno, quindi puoi lasciare tutto a noi; vai a mangiare e rilassati un poco, piuttosto! >> Disse quella ad Aiko, visibilmente contrariata.
La riccioluta si voltò e cercò di spiegarsi. << Ma io volevo solo aiutare… >> Però prima che potesse finire, Rin la stava già dirigendo verso il tavolo, mentre lei reggeva il proprio piatto con equilibrio precario.
La ragazza si fermò accanto al posto di Naho e mosse la sedia per far sedere Aiko, di fronte allo Stamen dello Xenomorphus. << Ecco, siediti qui. Kaoru, tienila d’occhio e non farla alzare finché non avrà finito tutto, intesi? >> Ordinò al ragazzo con uno schiocco di dita; appena lui vide arrivare la sua partner, sembrò recuperare tutte le energie. Fino a quel momento era rimasto a dormire con la faccia sul tavolo: adesso si illuminò di vitalità e salutò Aiko come un cucciolo scodinzolante.
Rin tornò in cucina a passo svelto e mentre raggiungeva il fratello la si poté sentire brontolare:<< Quanto ti ci vuole ancora con quelle uova? Vuoi farci morire di fame? >>
<< Se non arrivano gli altri non ha senso cucinare! >> Rispose quello stizzito, urlando sopra al rumore dell’olio che friggeva. << Non vorrai che si freddino? >>
Giusto, non era solo Rin ad aver cambiato atteggiamento dopo quella sera: anche Aki era molto più rilassato e genuino. Adesso lui e la sorella battibeccavano come una coppietta sposata, ma tutto quell'inveire lasciava trasparire l'affetto che provavano l'un l'altra; doveva essergli mancato potersi esprimere in quel modo. Erano entrambi molto più spensierati, ed era bello vederli così.
<< Hai dormito bene, Mori? >> Chiese Kaoru.
Aiko sorrise con imbarazzo dopo essersi seduta e si portò un ricciolo che le copriva la faccia dietro a un orecchio. Annuì con gentilezza alla domanda di Kaoru, poi si mise a mangiare in silenzio, seguita dal suo partner che finalmente era riuscito a svegliarsi. La ragazza sembrava a disagio, circondata da persone che ancora conosceva poco, ma sembrò sollevata quando la sua amica Suzuko e Momo entrarono nella stanza una accanto all'altra.
Le due ragazze chiacchieravano distrattamente, entrambe assonnate; la prima era perfettamente in ordine, già con la sua uniforme addosso e i capelli pettinati, mentre l'altra ragazza sembrava non avere ancora finito di prepararsi, tanto che portava ancora sulla testa il cerchietto che usava per dormire. Entrambe salutarono il resto della squadra seduto al tavolo e andarono in cucina per prendere i propri piatti, poi Suzuko girò attorno al tavolo per raggiungere Tetsuya.
Lo salutò prendendolo alla sprovvista quando interruppe i suoi pensieri e poi prese posto accanto a lui. << Posso sedermi qua? >>
Tetsuya spostò un poco la propria sedia e le fece segno di fare pure con un movimento della mano. L’arrivo della ragazza lo aveva sorpreso, ma non lo infastidì di certo.
Momo osservò per un istante i posti rimasti disponibili e decise di andare a sedersi accanto a Kaoru, di fronte ad Aiko. La ragazza sembrò tirare un sospiro di sollievo quando arrivò la compagna di squadra a farle compagnia; le mandò un sorriso riconoscente a cui Momo rispose, ma non capendo bene perché. Poi la ragazza più alta attese un momento prima di mettersi a mangiare e si mise a guardare la stanza, come se stesse aspettando qualcosa. Qualche istante dopo, Hoshi fece la sua comparsa.
Era rimasto solo lui. Al suo arrivo diede una rapida occhiata al tavolo e notò il viso di Momo illuminarsi quando incrociò il suo sguardo; poi, ancora prima che potesse dire o fare qualcosa, dalla cucina uscì Rin a passo svelto, che gli porse un piatto con poca grazia. << Oh, ecco il nostro ultimo ritardatario! >> Disse prima di girarsi verso il tavolo con in mano un altro piatto, per andare a sedersi a sua volta.
Hoshi fu sorpreso da quell'improvviso gesto e ci mise un attimo a realizzare quello che stava succedendo, poi l'odore di pancetta abbrustolita e uova lo investì e capì di potersi sedere. Il ragazzo fece tutto il giro del tavolo e andò a sedersi in fondo, facendo svanire il sorriso di Momo.
<< Bene, mangiamo! >> Dichiarò Rin sedendosi accanto alla Pistil dell'Aros, che le mandò un sorriso nonostante la delusione. Suo fratello arrivò poco dopo porgendole il piatto che aveva portato, mentre lei spinse verso di lui quello che lei aveva preso.
<< Buon appetito! >> Fece Kaoru con un pezzo di pancetta tra i denti. Aki lo squadrò sdegnoso, seccato dal fatto che non avesse atteso il loro arrivo.
<< Sì, la prossima volta aspetto che siate arrivati tutti prima di distribuire i piatti… >> Borbottò.
<< Ehi, che dovevo fare? >> Rispose quello ingoiando la pancetta. << Lasciare che si freddasse? >> Lo canzonò, imitando il tono di quando lui e gli altri lo avevano sentito parlare ai fornelli. Ci furono delle risatine in tutto il gruppo, poi gli altri ripresero a fare colazione mentre Aki dava un pizzicottò al suo compagno di stanza per vendetta.
<< Oggi che lezioni ci sono? >> Chiese Rin distrattamente imboccando un pezzetto di uovo.
Naho rispose sfogliando una pagina del suo libro. << Geografia e storia le prime due ore, dopo c’è il ripasso sui fondamenti di pilotaggio. >>
<< Ripasso? >> Chiese Kaoru preoccupato. << Non sarà mica un compito a sorpresa? >>
Naho alzò lo sguardo per un istante. << Non può essere a sorpresa, se siamo stati avvisati ieri dopo i test. >>
<< Era ovvio che volessero assicurarsi che abbiamo capito come funzionano le basi! >> Aggiunse Kya sporgendosi in avanti per incrociare lo sguardo di Kaoru, che però si era accasciato sul tavolo sospirando. << Dobbiamo avere tutto chiaro prima di cominciare seriamente ad allenarci con gli Stridiosauri. >>
<< Ma non è ovvio per niente! >> Piagnucolò il ragazzo. << E non è nemmeno giusto: siamo stati dentro a quei cosi ieri e abbiamo avuto tutti degli effetti collaterali. Oggi dovrebbe essere un giorno di riposo! >>
Suzuko intervenne sporgendosi un poco in avanti per raggiungerlo con la voce, e dal fondo del tavolo disse:<< Ma dobbiamo darci da fare, se vogliamo essere preparati al meglio per affrontare l’invasione! Non abbiamo tempo da perdere, soprattutto all'inizio. E se non ci facciamo l'abitudine in fretta, sarà sempre più difficile tenere il passo con gli allenamenti in futuro. >>
Lui guardò davanti a sé con aria rassegnata e sbuffò. Sapeva che gli altri avevano ragione, ma non poteva farci niente sulla sua stanchezza; però non gli piaceva fare la figura di quello che andava sempre contro a tutti, o che non aveva voglia di impegnarsi. << Lo so. >> Disse tristemente. << Mi piacerebbe solo se avessimo più tempo… >>
Aiko abbassò la testa per arrivare sullo stesso piano di Kaoru, quasi completamente sdraiato sul tavolo. << Ma non ne abbiamo. >> Disse sorridendogli con la guancia poggiata al tavolo. << Quindi promettiamo di fare del nostro meglio da questo momento in poi, va bene? >>
Il volto di Kaoru si fece rosso e sulle labbra del ragazzo affiorò un sorriso tremolante. La stanchezza sembrò svanire completamente e il ragazzo si rialzò di colpo dal tavolo, sfuggendo con imbarazzo allo sguardo incoraggiante della sua partner. << Va bene! Io ci sto, diamoci dentro! >>
Gli altri componenti della squadra si scambiarono sguardi di approvazione, ma alcuni di loro furono sorpresi dalla freddezza della loro compagna di squadra, solitamente molto timida, per aver tirato fuori quegli occhi dolci da fare a Kaoru. Forse la ragazza aveva deciso di osare un po' di più con i suoi compagni di squadra, oppure aveva capito l'effetto che il suo fascino aveva sul suo partner e la cosa la divertiva a tal punto da farle dimenticare la sua timidezza.
Ryo si girò a cercare Kya, ricordando il commento fatto la sera prima sulla chimica tra i due piloti dello Xenomorphus, e vide il suo ghigno compiaciuto quando assistette a quella scena. C'era allegria e complicità nella squadra, il gruppo stava crescendo bene e nonostante i tanti interrogativi sul futuro, nessuno sembrava preoccupato da un imminente pericolo o eventuali difficoltà. In quel momento di allegria passò addirittura inosservata l’indifferenza di Hoshi verso ciò che accadeva a tavola e tutti si concentrarono sul divertimento.
Anche se non tutto era perfetto e c'era ancora molto lavoro da fare, da quel giorno nella squadra si cominciò a respirare aria di famiglia.

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Capitolo 13
*** Presentarsi al mondo intero ***


Il giorno della cerimonia era arrivato. I ragazzi avevano passato un'altra settimana nella loro normalità a cui si erano gradualmente aggiunti test sempre più specifici con gli Stridiosauri. L'idea era di fare abituare i Parasite il prima possibile alla connessione in modo da cominciare a lavorare seriamente sul loro addestramento; tuttavia, alcuni di loro facevano fatica a prendere il volo e i lavori procedevano quindi a rilento. In generale, i ragazzi erano ancora lontani dal poter raggiungere un buon equilibrio con i loro mezzi e cominciare a fare sul serio, ma avevano quel tanto che bastava per potersi considerare una squadra con delle fondamenta su cui ergere un piano, un futuro.
Adesso restava solo da farlo sapere al resto del mondo.
Si sarebbe trattato di una cerimonia ufficiale per dare notizie del loro lavoro alla popolazione; l'I.P.U. voleva dimostrare che qualcosa si era messo in moto e che l'umanità stava rispondendo alla minaccia. Non era un modo per mettere pressione ai ragazzi, anche se c'era il rischio che ciò accadesse.
Ai ragazzi non era chiesto nulla, solo di presenziare alla cerimonia mentre qualcuno parlava di loro alla nazione intera attraverso i microfoni e le telecamere. L’evento sarebbe stato trasmesso ovunque e probabilmente sarebbe diventato un momento cruciale per la storia dell’umanità, che da quel momento in poi si sarebbe affidata a quei dodici ragazzini sconosciuti, così come alle altre squadre sparse per il mondo.
Il modo in cui era strutturata la cerimonia serviva a garantire ai Parasite un'esperienza serena, in modo da non turbarli con aspettative eccessive, ma pochi minuti prima di salire sul palcoscenico da dove sarebbero stati presentati, tutti potevano riconoscere chiaramente i segnali dell’ansia.
La squadra era riunita in una saletta di attesa, vestiti con le uniformi da cerimonia tutte uguali, eleganti e inaspettatamente comode; ad eccezione di Kya e Kaoru, troppo spensierati per essere preoccupati, e di Yoshiki e Suzuko, che sembravano essere abituati a sopportare quel genere di pressione, nessuno riusciva a rilassarsi.
<< L’altro giorno ho visto un rospo nello stagno del parco. >> Disse a voce alta Rin, interrompendo di colpo il silenzio conturbante della saletta di attesa. Sentì il proprio respiro tremare mentre pronunciava quelle parole senza senso.
Gli sguardi appesantiti dall’emozione dei presenti si posarono su di lei, ma la ragazza li ignorò e continuò a parlare come se avesse un interlocutore invisibile di fronte a sé.
<< Era veramente grosso, pensavo che fosse una specie particolare perché sulla nuca aveva queste macchioline scure che spiccavano particolarmente sulla pelle marroncina, ma ripensandoci probabilmente era solo una rana molto vecchia… Credete che le rane possano mostrare i segni dell’età con macchie sulla pelle come noi? Tu hai mai visto una rana di quarant’anni Momo? Ho sentito che esistono alcuni esemplari che possono vivere così a lungo. >> Conscia di star parlando senza usare il cervello, alla fine del suo sproloquio Rin si girò a cercare un po' di sostegno da qualcuno. La sua compagna di posto era un po' perplessa da quella domanda e sembrava già parecchio agitata da parte sua, alle prese con l'acconciatura scelta per quella occasione e di cui si stava pentendo a causa di tutti quei riccioli che continuavano a caderle davanti alla faccia; la fissò trattenendo un sorriso nervoso, rendendosi conto che Rin la stesse fissando come se fosse trasparente, completamente stralunata.
<< Non ne so molto di rospi, ma non credo che possano vivere così tanto… >> Rispose senza sapere cosa dire.
Se fosse dipeso dalle due ragazze, quella conversazione si sarebbe spenta in fretta e i ragazzi avrebbero continuato a fremere in attesa di essere chiamati, ma invece Kaoru si intromise nel discorso con la sua inesauribile giovialità e riuscì a distogliere l'attenzione dall'attesa per un po'. << Io sì, io l’ho visto una volta! Si chiama rospo millenario, o qualcosa del genere, e si dice che sia una specie che si è sviluppata dopo che l’energia magmatica cominciò ad essere utilizzata dagli uomini. >>
<< Dici sul serio? >> Fece Rin con entusiasmo; quel velo che le era stato passato davanti agli occhi sembrò svanire e la ragazza tornò ad esprimere le emozioni, dimenticando per un secondo la cerimonia.
Kaoru sorrise divertito. << Sì, si dice che vivano anche fino a cinquecento anni! >>
Agli occhi pieni di meraviglia della ragazza si aggiunse un verso di incredulità mentre Suzuko si univa alla conversazione.
<< E’ proprio a causa dell’utilizzo dell’energia magmatica che è nata questa specie! >> Spiegò la biondina. << L’energia magmatica veniva utilizzata per rendere immortali gli umani del tempo, ma il suo largo impiego ne causò la lenta diffusione in natura. L'ecosistema subì diversi mutamenti, tra cui un estremo allungamento della vita per molte specie animali; anche se si tratta di un uso errato di quell'energia, è grazie a questo che molte di queste specie sono riuscite a non estinguersi anche dopo la desertificazione di gran parte del pianeta. Anche se… Non è sicuro se questi animali siano veramente immortali come lo erano gli umani del tempo. >>
Rin e Kaoru rimasero ad ascoltare meravigliati la spiegazione di Suzuko; nessuno dei due si aspettava che ne sapesse così tanto su quell’argomento.
<< Ci sono altre specie di animali immortali? >> Chiese Kaoru, lasciandosi trascinare dalla curiosità. Suzuko ne aveva fatto menzione, quindi si aspettava che conoscesse anche quella risposta.
La ragazza rispose alzando una mano con naturalezza. << Certo! Non li ricordo tutti, ma si tratta soprattutto di piccoli animali e qualche specie acquatica, mentre i grandi mammiferi sembrano aver subito meno la mutazione genetica… Sapete che esiste una specie di squalo che, senza mai essere venuta a contatto con l'energia magmatica, è comunque capace di vivere anche oltre i trecento anni? >>
<< Cosa? No, questa te la sei inventata! >>
I tre ragazzi investiti nella conversazione confabularono tra loro per un po’, prima di venire interrotti da Yoshiki. Il ragazzo, che sfoggiava la sua uniforme da cerimonia con estrema eleganza, sembrò quasi parlare tra sé e sé, ma si assicurò di farsi sentire dagli altri.
<< Certo che l’immortalità è veramente una cosa incredibile, eh? >> Disse tenendo le braccia incrociate, in attesa che gli altri gli rivolgessero la parola.
La discussione sugli squali che si era creata poco prima si spense rapidamente e gli sguardi conversero su di lui. Aveva una strana espressione sul viso, come se stesse pregustando già come rispondere alle eventuali reazioni degli altri.
<< Già! E pensare che l’umanità era riuscita a raggiungerla più di mille anni fa… >> Commentò Aki incuriosito sporgendosi dal proprio posto accanto a Rin.
<< E poi ha deciso di abbandonarla completamente… >> Disse Yoshiki con disappunto.
Il silenzio calò sulla stanza. I ragazzi non avevano ancora capito cosa volesse dire con quelle parole, ma molti ebbero una strana sensazione mentre il ragazzo attendeva una risposta, come un perscatore che aveva gettato l'esca.
<< Già, ma è stata una decisione unanime della popolazione… >> Rispose timidamente Aki. C’erano svariati motivi per cui l’umanità avesse deciso di abbandonare l’immortalità, e tra questi c’era il fatto che fosse necessaria l’estrazione dell’energia magmatica per poterla ottenere; mille anni fa, l’umanità aveva deciso di lasciare per sempre in pace gli Stridiosauri e la loro progenie, volendo ricostruire il proprio mondo con le proprie forze.
<< E poi che cosa te ne faresti dell’immortalità? Secondo me sarebbe solo una noia tremenda… >> Intervenne Suzuko polemica, tornando ad essere una delle voci principali in quel discorso.
<< Non la penso così… >> Rispose Yoshiki raddrizzando la schiena e tirando indietro la testa. << Pensateci: una vita senza fine per poter fare qualsiasi esperienza! Tutto il tempo necessario per ottenere qualsiasi cosa, raggiungere qualsiasi obiettivo… Io invidio molto la vita della gente di quel tempo. >>
Yoshiki parlò con entusiasmo e nei suoi occhi si poté vedere una scintilla di qualcosa di diverso dal solito in lui, ma nessuno sembrò condividere il suo pensiero e i ragazzi si limitarono a fissarlo straniti. Naho, in particolare, lo fissava perplessa; per qualche motivo le sembrò un'altra persona. Non condivideva quel pensiero, ma non era sicura di volerlo contraddire in quel momento.
<< Tutte le cose che hai elencato sono diventate solo un ricordo, quando fu scoperta l’energia magmatica. >> Rispose Suzuko, che diversamente dagli altri non si faceva problemi ad aprire bocca. << Con l’eternità a disposizione nessuno si impegnerebbe pienamente per raggiungere uno scopo, proprio perché non ci sarebbe motivo di avere fretta! >>
<< Non credo che si possa definire vita, quella che conducevano gli “Adulti” di un tempo. >> Intervenne dubbiosa Kya. Nessuno pensava neanche che stesse prestando ascolto, e invece si era fatta tutta seria.
<< Esatto! >> Continuò Suzuko mandando un rapido cenno alla compagna di squadra. << Continui a pensare che l’immortalità sia tanto grandiosa? >>
Yoshiki abbassò lo sguardo e incassò il colpo, ma mantenne la sua compostezza, proprio come ci si aspettava da lui. << In quella società il problema di fondo era chi governava. I VIRM lasciarono di proposito che l'umanità si impigrisse, in modo da non rappresentare una minaccia per i loro piani. Ma in un mondo dove tutto è perfettamente in ordine e le persone possono avere tutte le stesse possibilità per vivere, viaggiare, crescere e cambiare, tutto questo all'infinito, l'umanità potrebbe evolversi a una velocità pazzesca. Sarebbe la società ideale! >>
Yoshiki osservò per un momento i suoi compagni di squadra che riflettevano sulle sue parole e continuò:<< Non ditemi che non avete mai pensato che sarebbe stato meglio se le condizioni di vita di ognuno di noi fossero livellate; sì diciamo, alla pari. Nessuno dovrebbe ricorrere a sostegni e cose simili per vivere dignitosamente, non si creerebbero situazioni al limite per centinaia di persone… >>
Queste parole di Yoshiki colpirono indirettamente i due fratelli che si erano arruolati proprio per ottenere i sussidi economici per la loro famiglia, nonostante non ci fosse malizia nella sua voce, e li fecero sentire a disagio nella conversazione; assieme a loro, anche Momo si fece cupa improvvisamente. Suzuko stava per ribattere dicendo che non fosse una bella cosa da dire di fronte ai loro compagni, ma fu anticipata dall'intervento acceso di Kya, che si alzò dalla propria sedia e si avvicinò a grandi passi a quella di Yoshiki, dove il ragazzo rimase per tutto il tempo a fissarla con calma. Il modo in cui si mosse la ragazza fece pensare a tutti che lo avrebbe preso a pugni, ma quando gli fu davanti si limitò a guardarlo con aria assente.
<< E in questo “mondo perfetto” dove andrebbero a finire i sentimenti umani? >> Sussurrò a denti stretti. << Che fine farebbe l’amore? Che fine farebbe quel sentimento che spinge la gente a creare la vita? Che fine farebbe la famiglia, in un mondo dove solo la soddisfazione personale è perseguita? >>
Ora era lei a sembrare un'altra persona. La squadra osservò il modo in cui la loro compagna difese quella sua idea e rimasero in attesa di una qualsiasi reazione da Yoshiki, ma proprio quando la tensione tra i due ragazzi era arrivata al suo picco, la porta della saletta di attesa si aprì rivelando Nana che veniva a chiamare la squadra. Sorpresa di trovarsi davanti quella scena, chiese che cosa stesse succedendo ma nessuno le rispose.
Yoshiki non badò minimamente all'adulta appena entrata e assottigliò il proprio sguardo, risultando ancora più minaccioso del solito. << E’ solo un’idea… >> Disse con tono calmo, nonostante il suo volto. << Abbiamo tutti il diritto di averne. >>
Ci fu silenzio nella stanza. Gli altri ragazzi cercavano un modo per chiudere quella discussione in modo pacifico mentre alcuni mandavano delle occhiate di supplica a Nana, che assisteva basita a quello scambio tra i suoi alunni; solo Kya e Suzuko rimanevano a fissare ardentemente il loro compagno di squadra, entrambe decise a difendere i propri ideali. Sembrava che nessuno volesse fare o dire altro, ma in un certo senso la situazione non si voleva calmare. Fu allora che dalla porta sbucò anche Hachi, che sgridò i ragazzi con il suo solito fare brusco.
<< Che diavolo state combinando qua dentro?! >> Esclamò aprendo completamente la porta e infilandosi nella saletta, facendo sobbalzare tutti dallo spavento. Nana che era di fronte a lui si girò guardandolo sconcertata; si era accorta della sua presenza perché lui era stato dietro di lei tutto il tempo, ma non credeva che avrebbe gridato così forte una volta arrivato, facendole venire un tuffo al cuore.
Yoshiki approfittò di quell'occasione per alzarsi e dare un taglio a quella conversazione e Kya indietreggiò come se si aspettasse un attacco da un momento all'altro. << E' ora di andare in scena? >> Chiese sorridendo affabile, facendo finta di niente.
<< Non fare quella faccia! Stavate litigando in un momento simile, non è vero? >> Lo sgridò Hachi puntandogli un dito contro. Inaspettatamente, anche lui sembrava essere cambiato parecchio da un momento all'altro; di solito era estremamente pacato e anche quando impartiva gli ordini e sgridava i ragazzi non perdeva mai le staffe. Questo qua sembrava tutto un altro Hachi, e Nana sapeva perché: lui non lo avrebbe mai ammesso, ma quella cerimonia lo stava innervosendo parecchio!
Naho si alzò dalla propria sedia e si accostò al proprio partner, studiandone i movimenti per cercare di capire che cosa avesse di diverso quel giorno, e si voltò fugacemente a guardare Kya e Suzuko che continuavano a lanciare occhiate diffidenti nella sua direzione. Si scusò con lo sguardo, prima di tornare a fare attenzione a quello che dicevano gli adulti.
Suzuko incrociò le braccia con fare deluso e rimase a guardare la scena mentre Tetsuya la raggiungeva e le posava una mano sulla spalla. << Tutto bene? >> Le chiese cercando di aiutarla a distendere i nervi.
Lei si girò verso il proprio partner e sembrò guardare male anche lui per un momento, prima di tornare a concentrarsi sugli altri e borbottare:<< Ma che problema ha? >>
Non si riferiva solo a Yoshiki; era evidente che le parole del ragazzo avessero dato fastidio a Nakamura, ma la sua reazione le era sembrata eccessiva per quella conversazione. E cosa ancora più strana, ora che la sua attenzione si era allontanata da Ojizaki ed era stata avvicinata dal suo partner, Kya sembrava essere tornata la solita ragazza spensierata.
Kya mandò un sorriso rassicurante a Ryo, che voleva assicurarsi che stesse bene, e poi raggiunse Momo, la sua compagna di stanza, e le poggiò una mano sulla spalla che sembrò significare molto per entrambe mentre il resto del gruppo si compattava attorno agli istruttori.
<< Grazie. >> Mormorò questa quando incrociò lo sguardo gentile di Kya. L’altra le sorrise, poi la prese per mano e la invitò ad unirsi al resto della squadra per ascoltare le parole di Hachi e Nana.
La donna voleva parlare ai ragazzi con calma ma il suo partner continuava ad esigere spiegazioni su quello che fosse successo prima del loro arrivo, e allora decise di cacciarlo dalla stanza dicendogli di precederli. Una volta ristabilita la serenità, cambiò argomento. << La cerimonia sta per cominciare. Non abbiamo bisogno che vi facciate vedere così proprio ora, quando avremo finito potrete sistemare tutti i vostri problemi in santa pace, ma per il momento vi supplico di restare concentrati! >>
Yoshiki continuò a mantenere un'espressione impassibile e disse:<< Non c'è nessun problema. Stavamo solo chiacchierando. >> Era sicuramente il più bravo a fingere che non fosse successo niente, tanto da far dubitare a Suzuko che non fossero state lei e Kya a reagire eccessivamente.
Nana sospirò. La tensione cominciava a fare brutti scherzi anche a lei e non vedeva l'ora di potersi rilassare un poco dopo la cerimonia; fece segno ai ragazzi di avvicinarsi a lei e cominciò a spiegare:<< Come vi abbiamo già detto, si tratta solo di una formalità per far vedere alle persone che ci stiamo impegnando; durerà tutto pochi minuti e non dovrete fare assolutamente niente, quindi niente panico da palcoscenico! >>
Ci furono delle risatine in mezzo al gruppo e Nana cercò invano i loro autori, ma alla fine si limitò a squadrare con sospetto le teste dei ragazzi prima di continuare a parlare. << Quando avremo finito potremo tornare a Mistilteinn. Dopo di questo, non vi sarà più chiesto di apparire in pubblico in vesti ufficiali o quant'altro. So che siete spaventati, ma sarà tutto finito ancora prima che ve ne rendiate conto, e vi sentirete più liberi una volta finito! >> Poi batté le mani delicatamente e chiese:<< Avete ancora i nastri che vi abbiamo chiesto di conservare? >>
Alcuni ragazzi della squadra si rovistarono nelle tasche e tirarono fuori gli stessi nastri che Nana aveva legato ai loro polsi al loro primo incontro. Ryo lo aveva conservato senza pensarci, ma effettivamente ne aveva tenuto molta cura; per qualche motivo quel piccolo nastro gli dava una insolita sensazione di calore, come se fosse vivo.
<< Questi nastri sono solo un piccolo simbolo, ma credo che rappresentino molto bene lo spirito su cui si deve basare questa squadra. >> Disse Nana cominciando a legare assieme i polsi delle varie coppie. << Qualunque problema possa sorgere, siete tutti quanti assieme in questa storia e dovrete aiutarvi a risolverli a vicenda. >> Poi, quasi come se avesse capito cosa si fosse verificato prima del suo arrivo nella stanza, si rivolse a Yoshiki a cui aveva appena stretto il nastro al polso con quello di Naho, e mormorò:<< Capito, ragazzi? >>
Lui non rispose e le rivolse uno dei suoi sguardi freddi, quasi come se avesse di fronte un'estranea. Naho tentò di farsi più grossa e apparire meglio al fianco del suo alto compagno, mostrando la propria buona volontà e disciplina; non sapeva che cosa avesse per la mente Yoshiki in quel momento, che si era messo a discutere in quel modo così provocatorio con le loro compagne di squadra, ma lei sarebbe sempre stata pronta a reindirizzarlo sulla strada più giusta da seguire.
<< Giusto. >> Fece dal retro Aki, e sorrise a sua sorella mentre questa gli stringeva la mano dopo che Nana gli ebbe legato insieme i polsi. Le parole di Yoshiki li avevano intristiti, ma dovevano cercare di passare oltre ai modi – forse troppo bruschi – e capire che l'intento del ragazzo non era stato quello di ferire loro. << Dobbiamo imparare a comunicare dentro e fuori dagli Stridiosauri. >>
Ojizaki non sembrò fare caso a quelle parole, ma distolse lo sguardo in silenzio come se avesse compreso e per un momento anche Nana sembrò sollevata.
Con il cuore più leggero, la donna passò alle indicazioni riguardanti la cerimonia e decise di cominciare proprio dalla coppia di piloti dell'Anthurium. << Ojizaki, Fukuda: voi due andrete avanti per primi perché serve che ci sia qualcuno di tranquillo a guidare il gruppo. >>
Yoshiki non aveva nulla da obiettare e rispose rapidamente con sicurezza, ma la sua partner reagì come una molla quando capì che avrebbe dovuto uscire per prima davanti alle telecamere.
<< Perché proprio noi? >> Sbottò. << Io mi vergogno! >>
<< Ma sei sempre così calma e posata! >> Le rispose Nana incredula. << Non vorrai dirmi che stare al centro dell’attenzione ti mette un po’ di pressione? >>
Naho non rispose, ma dal suo sguardo trasmise un forte desiderio di non volerlo fare. Anche Nana lo capì e sospirò alzando la testa per cercare qualcun altro che fosse idoneo a fare da capofila.
<< Kondō? Tu e Sakei non avete di questi problemi, vero? >> Disse sorridendo verso il ragazzino e la sua compagna, che gli si era avvicinata in silenzio e che lo fece sobbalzare quando lui la notò. << Siete sempre così tranquilli alle interrogazioni! >>
Sta scherzando? Pensò Ryo, con ancora in mente le scene del suo sfogo, il primo giorno a Mistilteinn.
<< Non credo che funzionerà. >> Commentò Yoshiki con sdegno, guardando come Hoshi si fosse messo sulla difensiva. Nana si voltò a guardarlo con disappunto, chiedendosi perché avesse quella opinione dei suoi compagni, quindi si girò verso di loro per chiederglielo.
<< A dire il vero… Parlare di fronte a tutti a lezione è una cosa ben diversa da questo… >> Mormorò con imbarazzo Momo. << Non credo di sentirmi molto a mio agio ad andare avanti per prima davanti a tutta quella gente… >>
Hoshi annuì e si fece un po' indietro, fugando ogni dubbio su come la pensasse lui.
Nana si portò una mano alla guancia e borbottò sconfortata:<< E allora chi potrebbe essere adatto? >> Credeva che non sarebbe stato troppo difficile, ma sembrava che a nessuno dei ragazzi piacesse stare sotto ai riflettori. << Kya, Ryo, volete farlo voi? >>
<< Possiamo farlo noi! >> Prima che i due piloti dello Iustitia riuscissero a rispondere, una voce femminile intervenne con entusiasmo levando una mano in mezzo alle teste degli adolescenti nella stanza. Suzuko quasi scompariva in mezzo al gruppo, ma quando gli altri piloti si aprirono a ventaglio per lasciarle un po' di spazio la ragazza poté spiccare più che mai in mezzo a loro, mentre il suo partner appariva alquanto confuso.
Nana cercò con lo sguardo l'origine della voce e sorrise soddisfatta. << Finalmente qualcuno che ha le idee chiare! >> Commentò mentre la ragazza abbassava il braccio con un largo sorriso stampato in faccia.
La ragazza si girò un momento verso Kya, che la squadrava con un sopracciglio inarcato, e mormorò:<< Non vi dispiace, vero? >>
Questa si mise una mano sul fianco e sorrise. << Ma no, fai pure. Tanto questo fifone non ce l'avrebbe mai fatta! >> E diede un colpetto sulla fronte a Ryo, che agitò la testa istintivamente.
Suzuko annuì sorridente e tornò a rivolgersi al proprio partner. << Possiamo occuparcene, giusto? >> Gli disse fiduciosa. Il ragazzo esitò un momento prima di annuire con l'aria di chi non poteva proprio rifiutare.
<< In fondo si tratta solo di camminare davanti agli altri… >> Mormorò per convincersi a non cedere all'emozione.
Mentre Suzuko esultava per la risposta del partner, Nana sospirò sollevata, felice di aver finalmente trovato una soluzione, e continuò con le indicazioni:<< Esattamente! Dovrete solamente guidare la squadra fino al podio della cerimonia; poi non dovrete fare più niente e come sarete entrati potrete uscire in tutta calma. >>
<< Bene, abbiamo trovato i nostri rappresentanti… >> Commentò seccato Yoshiki, spostandosi un poco per andare a formare la fila.
Suzuko e Kya si voltarono contemporaneamente per fulminarlo con gli sguardi, ma lui non ci fece caso.
Nana controllò ancora una volta i nastri delle coppie, quindi fece mettere in fila i ragazzi davanti alla porta: aprifila Suzuko e Tetsuya, seguiti da Yoshiki e Naho; dietro di loro c’erano le coppie formate da Ryo e Kya, Aiko e Kaoru, Hoshi e Momo, e infine i due fratelli, sempre più in preda all'ansia nonostante dovessero rimanere in fondo al gruppo.
<< Siate rilassati, testa alta e… Sorridete. >> Disse Nana sistemando il colletto di Kaoru e fermandosi a dare un buffetto di incoraggiamento a Suzuko. << Il mondo vi aspetta. >>
Mentre diceva quello si fece da parte e aprì la porta per lasciare che i ragazzi uscissero. Non li spinse ad andare, aspettò che fossero pronti da soli e allora la aprifila si voltò nuovamente verso il suo compagno per mandargli un cenno deciso, prima di avanzare insieme verso l'uscita.
I ragazzi uscirono poco per volta dalla stanza e seguirono un corridoio vuoto che li portò all'aperto, fin sul palco di una piccola arena ampia e circondata da gradinate, dove accanto a un podio munito di microfono li attendeva Hachi, ora visibilmente più rilassato. Furono assaliti dall'ansia quando videro gli spalti gremiti di persone, quasi fossero a uno spettacolo e si aspettassero che i ragazzi danzassero per loro, ma nonostante l'emozione Suzuko e Tetsuya riuscirono ad andare avanti senza incespicare o fermarsi, permettendo al resto della squadra di seguirli senza problemi. Ognuno aveva pensieri diversi mentre sfilavano di fronte a quelle persone: c’era chi voleva concentrarsi solo sul fare una buona impressione e mostrare tutto il suo valore, chi sperava che quella cerimonia passasse presto e chi alla cerimonia non ci pensava affatto, e aveva la mente fissa al futuro, alla missione che avrebbero dovuto affrontare.
 
*
 
La cerimonia passò come da programma e senza scossoni. Quando fu tutto finito, i ragazzi si resero conto di quanto semplice fosse in realtà e risero ripensando alla tensione che li aveva assaliti, impedendogli persino di accettare di sfilare per primi sul palco. Erano state utilizzate un sacco di parole grosse come “difensori del pianeta” e “futuro dell’umanità”, ma i ragazzi preferirono non pensarci troppo; gli era stato detto di non preoccuparsi troppo di quello che sarebbe successo alla cerimonia, però ciò che avevano sentito li aveva inevitabilmente colpiti, pur senza accorgersene, e le mille attenzioni del pubblico e della stampa presenti non avevano fatto altro che mettere ancora più significato in quello che stavano facendo. Quella cerimonia fece capire ai ragazzi non solo l'importanza della loro missione, ma anche il peso della speranza che tutti riponevano in loro, e non tutti furono rinvigoriti da questa sensazione.
Le parole pronunciate dagli annunciatori della cerimonia non dovevano farli abbattere, aveva detto Hachi, che appena conclusa la cerimonia era tornato impassibile, ma rilassato:<< Il vostro valore verrà fuori più avanti, quando imparerete a pensare come una squadra, e vi renderete conto del vostro potenziale come piloti. Adesso è normale avere paura del futuro, quando ancora avete a malapena provato a stabilire una connessione con i vostri partner. >>
Quindi la fiducia in sé stessi sarebbe arrivata più avanti, quando si sarebbero abituati a pilotare assieme e a fare squadra… Ma ciò che preoccupava alcuni dei Parasite erano le questioni in sospeso di cui i coordinatori non sapevano nulla, come il segreto di Aki e Rin, che pur avendo rivelato le proprie identità ai loro compagni di squadra temevano ancora ripercussioni nel caso Hachi e Nana dovessero venire a conoscenza della verità, o la segreta avversione di Hoshi nei confronti della propria partner, e le frequenti accuse di Yoshiki verso di lui e, più raramente come era successo prima della cerimonia, discussioni iniziate apparentemente solo per mettere zizzania. Era possibile avvertire la tensione nel loro gruppo, nonostante stessero imparando a convivere, e per certi versi era comprensibile visto il peso che gravava su di loro e che con quell'ultima giornata si era fatto molto più grande. Tuttavia la squadra non poteva permettersi che nascessero incomprensioni o antipatie all'interno del gruppo, specialmente così presto.
E così ognuno lasciò la cerimonia con un pensiero diverso, così come ci erano arrivati: per Hoshi era la rassegnazione di aver perso l’ultima occasione di togliersi da quel pasticcio; difficilmente, dopo l’ufficializzazione davanti a tutto il mondo, gli sarebbe stato permesso di fare un passo indietro e tornare a casa. E il pensiero che da quel momento avrebbe dovuto abituarsi a passare sempre più tempo con la sua partner gli provocava una forte angoscia.
Dall’altra parte, Momo era divorata dai dubbi: il ragazzo non aveva fatto che ignorarla da quando si erano conosciuti. Certo, Hoshi era sempre stato gentile nei suoi confronti anche se un po' goffo, ma sin dall'inizio lei aveva avvertito una barriera tra di loro e tutti i suoi sforzi di colmare quella distanza si erano rivelati inutili. Anche durante la cerimonia le era sembrato che Hoshi tentasse di evitarla, e lì erano stati uno a fianco dell'altra per tutto il tempo! Lei voleva poter costruire un legame forte e sano con il proprio partner; ma come poteva essere sicura di quello che stava facendo, se ogni tentativo sembrava solamente allontanarlo da lei?
Anche i due piloti dell’Anthurium stavano attraversando un momento di crisi, o almeno questo era quello che pensava Naho: la ragazza aveva avuto molti dubbi sul proprio partner dopo la discussione che aveva avuto con Kya e Suzuko prima della cerimonia; lei non aveva avuto alcuna esitazione nel fidarsi di lui sin dall'inizio ed era sicura di avere molto in comune con quel ragazzo, però il modo in cui avevano reagito le sue compagne di squadra, e in particolare Kya, le aveva fatto pensare che ci sarebbe potuto essere qualche problema con lui e temeva che quella cosa, se lasciata ignorata, potesse avere sviluppi negativi nel formarsi di legami di amicizia e fiducia all'interno della squadra. Yoshiki, però, non ci pensava minimamente.
Le stesse ragazze con cui aveva discusso avevano metabolizzato diversamente l’accaduto: Kya si era gradualmente dimenticata dell’arrabbiatura provocata dal comportamento irritante del ragazzo e si era concentrata sulla cerimonia, mentre Suzuko aveva continuato a riflettere sul perché Yoshiki la pensasse a quel modo, e si era interrogata su quale fosse il modo migliore per affrontare nuovamente quella tematica e per chiarire le loro divergenze.
I loro rispettivi partner erano stati colpiti di riflesso dalla lite avvenuta prima della cerimonia: Ryo aveva temuto per tutto il tempo che quella cosa potesse avere un effetto negativo sull’umore di Kya, ma le sue preoccupazioni svanirono presto quando vide il comportamento della sua amica durante la cerimonia, mentre Tetsuya aveva provato un certo imbarazzo a ritrovarsi in mezzo a due fuochi; la sua partner e il ragazzo con cui – fino ad ora – aveva legato di più avevano litigato su una cosa apparentemente di poco conto, ma dai toni che si erano levati era chiaro come entrambi fossero determinati a far valere la propria opinione. Lui non avrebbe mai voluto intromettersi in liti all'interno della squadra, ma essendo proprio quelle due persone ad essere coinvolte temeva che avrebbe potuto essere chiamato in causa presto o tardi, se le cose non si fossero risolte in modo pacifico.
Chi non si era fatto distrarre dal comportamento di Yoshiki era Kaoru, troppo distratto e poco interessato a discutere come gli altri; neanche la cerimonia lo aveva preoccupato più di tanto, quanto invece la paura di mettersi in imbarazzo proprio di fronte ad Aiko in quella situazione così tesa. Soprattutto, non avrebbe voluto farla preoccupare più di quanto già non fosse, visto che gli era stato facile notare quanto la ragazza fosse tesa prima e durante la cerimonia, così come anche alla fine della giornata, quando l'ansia di non deludere le aspettative si era insinuata in lei; Aiko aveva una paura matta di non essere in grado di pilotare con il suo partner, e la sua ansia cresceva a causa della sua timidezza, che le impediva di entrare in sintonia con lui.
La coppia di fratelli Aki e Rin era riuscita a superare la paura di mettersi in mostra, grazie alla forza di entrambi, ma dopo aver ascoltato le parole di Hachi e Nana sul palco avevano cominciato a rendersi conto del fatto che non avrebbero potuto continuare a lungo a tenere nascoste le proprie identità; ora che il mondo intero li aveva visti, prima o poi qualcuno avrebbe notato la loro somiglianza estrema, avrebbero cominciato a circolare voci che sarebbero eventualmente arrivate alle orecchie di Hachi e Nana, oppure loro due si sarebbero traditi in qualche modo di fronte agli adulti, e più a lungo avrebbero tirato avanti quella storia, più sarebbe stato difficile uscirne.
Alla sera i ragazzi erano esausti; non si trattava di una stanchezza fisica come la sera del loro primo test con gli Stridiosauri, questa era una stanchezza mentale dovuta alle migliaia di pensieri che li avevano assillati dopo quella cerimonia. L'atmosfera non era delle migliori perché ognuno si era fatto pensieroso a modo suo e tutti avrebbero solo voluto andare a riposare; il vero problema adesso era che i giovani piloti comprendevano meglio il peso di ciò che erano andati a fare. Molti dei ragazzi che si erano iscritti al programma di arruolamento lo avevano fatto a cuor leggero, senza pensare veramente a quanto fosse seria la scelta che stavano compiendo, principalmente perché le probabilità di essere scelti erano veramente scarse. Adesso però lì c'erano loro, erano stati scelti tra centinaia di candidati, erano i "difensori della terra".
Nessuno aveva mai veramente pensato a cosa significassero quelle parole, ora capivano che in quella storia c'era molto di più che seguire i propri sogni o formare nuove amicizie. I ragazzi si sarebbero trasformati in guerrieri, avrebbero affrontato numerosi pericoli e avrebbero dovuto farlo insieme.
Alcuni di loro avevano paura, ma quasi tutti erano fiduciosi che le cose sarebbero andate bene. Prima, però, bisognava assicurarsi che tutto fosse in ordine.

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Capitolo 14
*** Fare pace ***


Naho non era abituata a farsi i fatti propri, specialmente quando pensava che non fare niente avrebbe reso le cose peggiori; era più forte di lei, se pensava che ci fosse qualcosa alla sua portata e fosse giusto farlo, non riusciva a ignorare quell'impulso, e visto che Yoshiki era il suo partner pensava che fosse suo dovere cercare di risolvere quella questione e far chiarire le cose tra lui e le due ragazze che aveva fatto infuriare. E forse il ragazzo aveva già notato questa caratteristica della Pistil, perché non sembrò per niente sorpreso quando lei si presentò davanti alla porta della sua stanza con gli occhi carichi di determinazione.
Andò dritta al punto:<< Credo che dovremmo parlare. >>
<< Di cosa? >> Rispose lui poggiando una spalla alla porta, restando in mezzo al passaggio tra la stanza e il corridoio.
<< Di quello che è successo alla cerimonia. >>
Yoshiki continuò a sorridere, ma alzò lo sguardo e fece un movimento rotatorio con la testa accompagnato da un suono basso dalla sua gola. Alla fine abbassò la testa e disse:<< Sono d'accordo. >>
La rapidità con cui accettò di parlarne colse alla sprovvista la ragazza, che si era già preparata un intero discorso da fargli per convincerlo. Questa volta era stato molto più accondiscendente di quando lui e le altre ragazze avevano litigato.
<< E… Quindi? >> Mormorò lei incrociando le braccia e avvicinandoglisi, facendo per poggiarsi alla porta al suo stesso modo ma rimanendo al proprio posto.
<< Mi sono comportato da vero idiota con Sentakami e Nakamura. Dovrei chiedergli scusa. >> Ammise lui imitando la sua posa. Sembrava troppo facile, Yoshiki sembrava star semplicemente dicendo le parole che Naho voleva sentire.
<< Lo pensi davvero? >> Chiese lei scostandosi dalla porta, sorridendo leggermente. Non riusciva a immaginare che Yoshiki la stesse semplicemente accontentando, in cuor suo voleva credere che il ragazzo si fosse pentito di aver fatto arrabbiare le sue compagne di squadra, o che forse aveva capito di essere stato troppo sfacciato e indelicato nel proporre le sue idee.
<< Certo. >> Rispose il ragazzo stringendo le spalle. << Essere una squadra significa anche conoscere il valore degli altri e dei loro punti di vista, oltre che rispettarli. E poi, a dirla tutta, neanche io sono tanto fissato con quella storia dell'immortalità; può darsi che la tensione di quel giorno mi abbia fatto parlare senza usare il cervello! >>
Quando sorrise, Naho poté capire che non stava mentendo. Yoshiki era onesto e sembrava voler veramente risolvere quel problema nel modo migliore possibile; lo aveva giudicato male, pensava che il ragazzo fosse molto più testardo e alle volte cedesse all'egoismo e alla superbia. Invece oggi Yoshiki sembrava essere tornato lo stesso di sempre, con cui le veniva facile stabilire una connessione emotiva.
Le venne voglia di scherzare. << Vuoi dire che persino tu ti lasci prendere dalla tensione? >>
Yoshiki piegò la testa di lato e rise. << Bé, quasi… >>
La ragazza ciondolò il corpo a destra e a sinistra e fece andare lo sguardo da una parte all'altra, poi portò una mano al mento e osservò il volto rilassato del suo Partner. Non c'era dubbio, era decisamente di umore diverso rispetto al giorno della cerimonia; la tensione doveva avergli veramente giocato un brutto scherzo. Era contenta di vederlo di nuovo così.
<< Allora, come procediamo? >> Chiese lui scostandosi dalla porta ma rimanendo sulla soglia, come pronto a seguirla. Aveva già capito che Naho non aveva intenzione di parlare solo con lui, e conoscendola immaginava che avesse già messo a punto un piano per parlare con Kya e Suzuko.
Naho abbassò lo sguardo incrociando le braccia pensierosa e rimase in silenzio per un attimo, poi alzò lo sguardo fiducioso e disse:<< Seguimi! >>
Il ragazzo chiuse la porta alle sue spalle e la seguì senza fiatare. Naho lo condusse nella saletta comune del piano terra e gli disse di attendere lì mentre lei tornava al piano superiore.
Passò prima nella propria stanza; Kya era seduta in camera e continuava ad annodare e disfare delle ciocche di capelli nel tentativo di fare una treccia. Non era mai stata brava a fare quel tipo di cose, quindi restava a dividere ciuffi rosa e a spazzolarli a ripetizione, rimuginando su come effettuare la procedura questa volta. Quando sentì la porta aprirsi alle sue spalle si fermò rimanendo a guardare con una ciocca stretta in una mano e la spazzola sollevata in aria nell'altra; la lettrice accanita di romanzi la salutò con tono casuale e le chiese se potesse venire con lei per un momento. Lei fu felice di lasciare tutto per seguire la sua amica, ma non riuscì a ottenere spiegazioni sul perché avesse bisogno di lei. Prima di scendere, le due ragazze passarono dalla camera accanto e Naho bussò delicatamente alla porta.
<< Momento! >> Disse la voce di Suzuko dal fondo della stanza, e passò qualche secondo in totale silenzio prima che la ragazza aprisse la porta tirando fuori la testa e strizzando le palpebre.
<< Ciao! >> Disse lei perplessa squadrando prima Naho e poi Kya.
<< Ciao Sentakami. Potresti venire un attimo con noi? C'è una cosa che vorrei farti vedere. >> Disse Naho sorridendo in modo cordiale e assumendo il tono più gentile che potesse. Diversamente da Kya, con lei non aveva ancora fatto amicizia per bene e per questo temeva di infastidirla a chiamarla di punto in bianco.
Suzuko sembrò colta di sorpresa e si guardò intorno per qualche secondo, ma alla fine accettò e aprì completamente la porta per uscire e seguirle.
Dopo aver richiuso la porta dietro di sé, la più bassa delle tre chiese:<< Dove stiamo andando? >>
Naho si girò verso la fine del corridoio e rivolse un rapido sorriso alle due ragazze che la seguivano. << Di sotto. C'è una persona che vuole parlare con voi. >> E quindi cominciò a camminare verso le scale mentre Kya e Suzuko si mandavano delle occhiate perplesse.
Nessuna delle due pensò alla discussione avuta con Yoshiki il giorno prima; certo, entrambe ricordavano bene cosa fosse successo, ma non pensavano che potesse essere veramente collegato a quello. Quando però entrarono nella saletta e videro il ragazzo seduto a una delle poltroncine che gli rivolgeva un sorriso tranquillo, collegarono tutti i punti.
<< Oh. >> Fece Suzuko quasi come se fosse pronta a riprendere a litigare, guardando di traverso il ragazzo mentre Kya emetteva un verso di sorpresa.
Yoshiki fece loro un cenno, mantenendo un'espressione umile molto diversa dal suo solito umore. Quando le tre Pistil furono vicine al centro della stanza, lui si alzò e salutò le sue compagne.
<< Naho mi ha fatto pensare a quello che ci siamo detti l'altro giorno, e mi rendo conto di essere stato troppo brusco. >> Cominciò mentre la sua partner faceva sedere le altre due ragazze. Yoshiki si sedette di nuovo rimanendo di fronte a loro e poco dopo la ragazza prese posto vicino a lui senza intralciare il suo campo visivo, osservando in silenzio e con un'espressione fiduciosa in volto. << E' vero che penso che l'immortalità porti molti vantaggi, ma è vero anche che l'uomo l'abbia sfruttata nel modo peggiore possibile. Non volevo offendervi con le mie parole… Sono stato decisamente irritante durante la cerimonia, e mi scuso di questo.>>
Il ragazzo unì le mani di fronte al viso e assunse un'espressione costernata mentre cercava le parole per continuare. << Quando sono nervoso… >> Riprese. << Posso diventare anche molto testardo e finisco per dire e fare cose di cui poi mi pento. Era quasi come se stessi cercando di litigare di proposito. >>
Suzuko lo guardò attentamente, cercando di decifrare la sua espressione. << Un po' ti capisco. >> Ammise. Poi si corresse. << Non riguardo all'essere nervosi, parlavo del tuo ragionamento sull'immortalità. >> E sorrise nervosa. << Sono certa che quando hai detto quelle cose stessi pensando al bene di tutti, in fondo mi sembri il tipo di persona da preoccuparsi per gli altri anche se non lo dimostra… E mi dispiace che ne sia scaturita una questione così grande da far preoccupare Fukuda. >>
Yoshiki sorrise e si grattò una guancia. Forse era imbarazzato perché Suzuko era riuscita a descriverlo molto bene, oppure perché non pensava che ci fosse qualcosa di cui anche la ragazza si dovesse scusare.
<< Però penso che il motivo principale per cui il tuo discorso fosse fuori luogo sia stato il contesto. >> Continuò la ragazza con tono diplomatico. << Quello che mi ha dato veramente fastidio è stato che hai detto tutte quelle cose di fronte a Rin e suo fratello, Ojizaki. E questo poco tempo dopo che loro sono riusciti a raccogliere il coraggio per raccontarci delle loro difficoltà famigliari. Dico bene? >> Si voltò a cercare appoggio da Kya e questa annuì.
<< Anche Momo si è sentita a disagio a sentire quelle cose. >> Disse la ragazza mettendo le braccia dietro la testa. << Però ammetto di aver reagito in modo esagerato anche io… >>
Yoshiki abbassò lo sguardo con colpevolezza mentre Naho cercava di addolcire la pillola alla compagna di stanza. << E' normale che tu abbia reagito così. Sai bene che Momo non avrebbe mai reagito per la sua timidezza e quindi hai voluto farlo al posto suo. >>
<< Mi dispiace moltissimo. >> Fece il ragazzo abbassando la testa vistosamente. << Voglio essere un compagno di squadra migliore di così, non voglio che si formino delle voragini tra di noi per cose del genere… >>
Kya e Suzuko si guardarono e sorrisero fiduciose. << Non c'è bisogno che ti scusi così. >> Disse la prima. << Abbiamo capito che non volevi fare del male a nessuno, e anche noi abbiamo le nostre colpe. >>
Yoshiki sorrise mestamente e osservò le due ragazze di fronte a sé; sembravano entrambe sincere e forse lo avevano già perdonato. Cercò di tirare fuori il suo miglior sorriso e mormorò:<< Possiamo ricominciare questo rapporto in un modo più pacifico? >>
Kya e Suzuko guardarono la mano che allungò quasi con timidezza e pensarono che fosse un atteggiamento molto diverso da quello che Yoshiki aveva mostrato non solo il giorno della cerimonia ma in generale. Si stava letteralmente cospargendo il capo di cenere per mostrar loro di essere in buona fede e a loro non dispiaceva lasciar perdere quella faccenda una volta per tutte.
Kya fu la prima a stringere la mano a Yoshiki. << Va bene, ma solo se ti lasci chiamare Yoshi, d'ora in poi! >> Disse con un ghigno divertito, facendo ridere il ragazzo e la sua partner. << Comunque sono contenta che ti sia preoccupato di volerti chiarire con noi. >>
<< Per quello dovete ringraziare Naho. Io non avrei mai avuto il coraggio di venire a parlarvi. >> Ammise il ragazzo alzando lo sguardo verso la ragazza con le lentiggini, che arrossì leggermente.
<< E brava la mia Naho! >> Esclamò la ragazza con allegria sporgendosi verso la sua amica e mettendole un braccio attorno alle spalle.
Lo sguardo di Yoshiki tornò su Suzuko, che stava guardando confusa le due ragazze che sghignazzavano tra loro. Alla fine tornò a concentrarsi su di lui e sorrise compiaciuta, quindi allungò la mano per stringergliela.
<< Anche io sono contenta di aver fatto pace. >> Disse prima di lasciare la mano del ragazzo, continuando a sorridere.
Yoshiki si sentì molto più leggero quando lasciò andare la mano di Suzuko. Era stato facile risolvere quella situazione; non lo avrebbe ammesso, ma aveva avuto paura che da quel momento le ragazze lo avrebbero odiato se Naho non fosse intervenuta per aiutarlo a fare pace.
<< E' stato più facile del previsto! >> Esclamò la ragazza, dando voce ai pensieri di Yoshiki come se fosse dentro la sua testa. << A dire il vero, non avevo idea di come avreste reagito. Tu sei sempre troppo volubile, Kya, e poi non conosco Sentakami abbastanza da sapere come l'avrebbe presa. >>
<< Ehi! >> Borbottò la sua compagna di stanza cercando di placcarla. << Dovresti avere un po' di fiducia in più nelle tue compagne di squadra! >>
Naho rise e si lasciò strapazzare dalla ragazza, poi quando ebbe un momento di libertà sospirò. << Sono felice di non aver peggiorato la situazione! >>
<< Hai ragione. >> Mormorò Yoshiki. << Sarebbe bastato pochissimo perché uno di noi male interpretasse le tue intenzioni, ma hai avuto coraggio a intervenire lo stesso. >>
Naho guardò verso il suo partner e gli sorrise ringraziandolo. Era felice di aver fatto qualcosa di buono per tutta la squadra. I loro rapporti non sarebbero certamente dipesi da quell'evento, ma almeno non sarebbero peggiorati a causa di una stupidaggine come quella.
Stavano per uscire dalla saletta, chiacchierando spensieratamente sui loro programmi per il pomeriggio, quando nel momento in cui Yoshiki apriva la porta per le ragazze Rin spuntò dalla soglia ed entrò con prepotenza facendoli sedere nuovamente.
<< Vi devo parlare. >> Disse con tono automatico dopo che ebbe chiuso la porta alle sue spalle, assumendo un'espressione seria per chiarire l'importanza di quella cosa.
Yoshiki, che era rimasto a fianco della porta per tutto il tempo fece una voce perplessa e tornò indietro.
<< Riguarda quello che è successo l'altro giorno? >> Chiese preoccupato. << Se è per questo, stavo per venire a scusarmi con te e tuo fratello per ciò che ho detto… >>
Rin però sembrò non capire di che cosa stesse parlando il ragazzo. << Che dici? No, è qualcos'altro, ha a che fare con il nostro segreto. >> E con un gesto rapido della mano gli disse di avvicinarsi mentre lei cominciava a bisbigliare.
<< Non credo che la nostra recita funzionerà ancora a lungo con Hachi e Nana. >> Le quattro ragazze e l'unico Stamen nella stanza si sedettero tutti più vicini possibile e si acquattarono per fare in modo che quelle parole non potessero essere captate da nessun altro, come se ci fosse il rischio che quella stanza fosse sotto sorveglianza.
<< Che è successo? >> Mormorò preoccupata Suzuko prendendo le mani della sua amica.
Rin sospirò e guardò le proprie ginocchia pallide che riflettevano la luce in arrivo dalle finestre. La sua era solo una sensazione, ma credeva che le cose sarebbero precipitate di lì a poco. << Ho paura… Ci sono troppe coincidenze che indichino che io e Aki siamo fratelli e ho paura… Sono sicura che prima o poi gli adulti arriveranno alla verità! >> Scosse la testa sfiduciata. << Io voglio bene ad Aki, non so se ce la faccio a fingere di non essere sua sorella per così tanto tempo, ma non voglio nemmeno metterlo nei guai… L'idea di mantenere il segreto è stata mia, e più tempo passa più sarà difficile quando gli adulti lo verranno a sapere. >>
Rin sudava freddo al pensiero di dover affrontare l'ira e il disappunto dei loro coordinatori, che avevano tentato di raggirare in modo tanto arrogante; sentiva che qualunque spiegazione avrebbe provato a dare, sarebbe stata invalidata dal fatto che lei e suo fratello avevano voluto tenere quella facciata per così tanto tempo. Le ragazze stavano cercando di aiutarla a calmarsi, quando Yoshiki peggiorò la situazione involontariamente.
<< Hai ragione. >> Disse. << Mentire a Nana e Hachi non è stata una mossa saggia, soprattutto contando la quantità di dati che possiedono su di noi, compresi i nostri campioni di sangue e DNA. Potrebbero facilmente risalire ai vostri genitori e scoprire che gli avete fornito documenti falsi. >>
Lo sguardo di Rin si fece da spaventato a disperato e degli enormi lacrimoni cominciarono a scendere sulle sue guance.
<< Ma insomma sei proprio scemo! >> Lo rimproverò Naho prima di dargli una botta sulla testa con il dorso della mano.
<< Scusa! >> Borbottò lui chiudendo gli occhi per un attimo. Vide Kya e Suzuko che cercavano di consolare Rin e si sentì in colpa per quello che aveva causato. << Mi dispiace, non volevo dire che… >>
Gli sguardi delle tre ragazze che stavano assistendo Rin tornarono su di lui, torvi. Il ragazzo si ammutolì imbronciato, ma il suo silenzio non durò molto. << Ascolta, Okagawa: la situazione è quella che è e sembra essere senza via d'uscita, ma in realtà possiamo ancora risolvere tutto senza che voi due passiate i guai! >>
Rin smise di piangere e si asciugò le guance con una manica. << Ti ascolto. >> Mormorò guardando il ragazzo. Lui alzò due dita e sorrise.
<< Abbiamo due possibilità: la prima, uno di noi accede ai database dell'I.P.U. attraverso uno dei terminali di Hachi e Nana posizionati nel loro ufficio di Mistilteinn, in modo da cancellare ogni prova della vostra parentela. >>
Le ragazze sembrarono confuse. Quel piano sembrava estremamente complicato, oltre che illegale. << Siamo sicuri che non ci metterà in guai ancora più grossi? Qual è la seconda scelta? >> Chiese Suzuko poco convinta di quell'idea.
Yoshiki annuì. << Infatti era solo una battuta. Il secondo piano, quello vero, prevede che riveliamo la verità a Nana e Hachi di nostra spontanea volontà, prima che loro scoprano che i fratelli li hanno truffati. >>
A sentire la parola "truffati", Rin scoppiò di nuovo a piangere e questa volta fu Kya a dare un pugno sul braccio del ragazzo, che avvertì molto di più rispetto al colpetto ricevuto dalla partner.
<< Sei tremendamente indelicato… >> Borbottò Suzuko, che ancora stava giudicando l'umorismo del giovane, tornando ad occuparsi della sua amica, che aveva cominciato a piagnucolare di non aver mai voluto truffare nessuno.
<< Mi dispiace… Era solo un modo di dire. >> Disse il ragazzo, questa volta direttamente rivolto alla ragazza in lacrime. Lei sembrò smettere per un momento e ascoltò quello che lui aveva da dirle. << Quello che voglio dire è che se parliamo con chiarezza ai due adulti e gli spieghiamo la situazione come si deve, sono certo che saranno capaci di perdonare quello che è successo anche se gli abbiamo mentito per tutto questo tempo. >>
<< E come dovremmo fare? >> Sospirò Rin, tra un singhiozzo e l'altro. << Io non credo di essere in grado di rimanere tranquilla e spiegare tutto in modo chiaro, figuriamoci quello scemo di mio fratello! >>
<< Potrebbe farlo qualcun altro. >> Propose il ragazzo, facendo inarcare le sopracciglia a più di una persona all'interno della stanza.
Rin fu contraria all'istante. << No! >> Disse smettendo di piangere all'istante. << Non è giusto che qualcun altro si faccia peso di un nostro problema. >>
<< Ma se tu e Aki non riuscite a trovare il coraggio di affrontare la questione, come vorresti fare? >> Chiese Yoshiki sbuffando. Rin distolse lo sguardo con difficoltà; stava quasi valutando l'idea di provare a cancellare tutte le informazioni su di sé e il fratello, pur di non dover affrontare l'ira di Nana e Hachi a cui avevano mentito fin da subito.
<< E va bene… >> Mormorò alla fine, arrendendosi all'idea di non poter risolvere il problema da sola. << E chi credi che potrebbe essere tanto bravo a spiegare la situazione agli adulti, da farci uscire senza passare i guai? >>
<< Bé, non ho detto che verrete perdonati senza il minimo rimprovero. >> Puntualizzò lui.
<< YOSHIKI! >> Un coro di voci irritate si levò dalle tre ragazze che erano stufe di dover richiamare il loro compagno per le sue pessime scelte di parole. Questo si coprì la faccia aspettandosi un altro colpo da una di loro, ma quando vide che nessuno avrebbe alzato le mani si affrettò a correggersi.
<< Non sappiamo come la prenderanno Nana e Hachi finché nessuno andrà a parlarci
… >> Disse allontanando le mani dal volto con molta cautela. << Ma… Se a voi sta bene, potrei occuparmene io. >>
Le ragazze lo fissarono per qualche istante senza dire niente mentre Yoshiki attendeva pazientemente che gli dessero una risposta, ora mostrando un timido sorriso compiaciuto. Inizialmente l'idea non sembrò convincere nessuna delle quattro, specialmente visto quante volte aveva fatto disperare Rin per non essere riuscito a tenere a freno la lingua, ma pensandoci ancora tutte le ragazze cominciarono a convincersi che quella fosse la scelta migliore.
Nessuno dei due fratelli poteva andare a parlare vista la situazione e le uniche persone che sarebbero state effettivamente in grado di reggere la pressione e spiegarsi con chiarezza sarebbero state molto probabilmente Suzuko e Yoshiki; lei però era diventata molto amica di Rin e avrebbe rischiato di mettere in mezzo i suoi sentimenti, mentre invece il ragazzo era molto bravo a mettere da parte l'emotività e ad agire in modo obiettivo.
<< Pensi di potertene occupare davvero? >> Chiese Rin, che adesso cominciava a valutare veramente l'idea di Yoshiki.
<< Sono abituato a trattare situazioni spinose e a dire le cose apertamente, sono sicuro di poter parlare con Hachi e Nana della questione senza mettere un piede in fallo. >> Rispose con la massima serietà. Le ragazze non erano ancora del tutto convinte, ma Yoshiki era stato l'unico a portare delle proposte utili a quella discussione; bisognava mettere in conto che aveva appena dato prova di voler andare incontro ai suoi compagni di squadra con Kya e Suzuko e questa poteva essere un'altra occasione per mostrar loro che aveva tutte le intenzioni di creare un rapporto cordiale con loro.
<< Sai… >> Mormorò Naho, facendosi pensierosa. << Potrebbe funzionare. >>
Rin adesso era un po' rilassata. Vedere che anche le sue compagne di squadra sembravano essersi convinte di quell'idea la faceva sentire un po' meglio, come se non tutte le speranze fossero ancora perdute; se lasciare in mano a Ojizaki quella situazione significava che lei e Aki sarebbero rimasti a Mistilteinn, anche con qualche punizione da scontare, ne sarebbe stata contenta.
<< Io ho paura di affrontare Hachi e Nana… >> Borbottò. << Anche se pensate che non ci saranno ripercussioni, non ce la faccio proprio ad andare a parlargli. Insomma, avete visto tutti quanto tempo ci ho messo a parlare con mio fratello! Non sono fatta per prendere decisioni così difficili, e Aki lo è ancora meno…
<< L'ultima cosa che vorrei sarebbe pesare ulteriormente su di voi… Ma se a Ojizaki va bene, allora mi affiderò a te per risolvere la faccenda. >> La ragazza fece un piccolo inchino e guardò dritto negli occhi di Yoshiki, che sorrise benevolo.
<< Non sei un peso. >> Mormorò Suzuko poggiandole una mano sulla spalla e mandandole un sorriso incoraggiante. << Ci prenderemo tutti le nostre responsabilità. Siamo una squadra e non vi lasceremo nei guai! >>
Alla ragazza più piccola si unirono i sorrisi di Kya e Naho e poi la prima abbracciò tutte e tre aprendo le braccia al massimo. Le ragazze cercarono di divincolarsi dalla morsa della loro compagna di squadra mentre Yoshiki osservava divertito quella scena in silenzio. Alla fine si accomiatò dal gruppo alzandosi dal proprio posto.
<< Allora andrò a parlare con Hachi e Nana. >> Disse avvicinandosi alla porta. << Ragazze, non perdete di vista Okagawa; fatela svagare, distraetela finché io sono fuori! Al mio ritorno vi farò sapere come è andata. >>
Le quattro ragazze smisero di abbracciarsi e Rin alzò la voce incredula. << Stai andando a parlarci ora? >>
<< E' una cosa urgente, no? >> Disse lui. << Allora è meglio se ci sbrighiamo, così anche tu potrai finalmente rilassarti. >>
Quando ebbe finito, Yoshiki aprì la porta della sala e lasciò quella riunione mentre Rin continuava a ringraziarlo ad lontano. Le altre ragazze erano perplesse, ma tutte fiduciose.
<< Credi che riuscirà a non combinare disastri? >> Mormorò Kya rivolta a Naho senza nascondere i propri dubbi. Anche Suzuko si unì mostrando dell'incertezza.
<< Non per dubitare di lui, ma anche quando ne parlavamo mi è sembrato poco interessato all'argomento… >> Sussurrò la ragazza, facendo attenzione che Rin non la sentisse.
Naho non era sicura di come rispondere. Si fidava di Yoshiki, ma doveva ammettere che spesso era difficile capire che cosa gli passasse per la testa. << Yoshiki è un ragazzo strano… Direi misterioso. >> Rispose pensierosa. << Non parla molto e quando lo fa, è sempre molto diretto e affilato. Non sembra che gli importi molto di parecchie cose, a dire il vero… Però credo che sia solo un'impressione; quello che non mostra con le parole, lo lascia inteso attraverso i fatti. E' una persona che si prende a cuore le cose, e quando capisci come funziona il suo modo di pensare riesci a notarlo ancora di più. >>
Kya ghignò. << Sembra che tu abbia imparato a conoscerlo per bene nonostante sia passato poco tempo… >> E le diede un colpetto con un fianco, facendola sobbalzare.
<< Che intendi? >> Borbottò Naho diventando rossa in viso e nascondendosi dietro a Suzuko. Questa allargò le braccia come a fare da scudo e cercò di deviare l'attenzione dalla ragazza.
<< Va bene, che ne dite se smettete di bisticciare e ci occupiamo di Rin adesso? >> Disse puntando il dito contro la ragazza rimasta rivolta verso la porta. Quando sentì chiamare il suo nome, si voltò per capire che cosa volessero da lei.
<< Giusto, troviamo qualcosa di divertente da fare, così ti distrai un po'! >> Esclamò Kya distogliendo completamente l'attenzione da Naho e saltando di fronte alla compagna di squadra. << Andiamo a fare un bagno nel lago? Dai, andiamo a prendere i costumi! >>
Senza nemmeno aspettare la risposta della compagna, Kya la afferrò da un polso e tirò Rin fuori dalla sala comune di corsa, diretta alla propria camera per cambiarsi. Confuse dalla rapidità con cui Kya aveva preso quella decisione, anche Naho e Suzuko le seguirono dopo un poco.

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Capitolo 15
*** Messaggero ***


Quando Yoshiki bussò alla porta dell'ufficio di Hachi si aspettò di essere ricevuto con la formalità che si addiceva a quell'uomo, eppure il modo in cui lo salutò il suo coordinatore lo lasciò spiazzato; quasi come se non fosse più lui, Hachi sorrideva e lo invitava a sedersi offrendogli delle caramelle. Il ragazzo non aveva alcuna idea di perché quell'uomo tenesse delle caramelle nella sua stanza, ma accettò gentilmente il gesto e ne intascò una.
Lo studio aveva un arredamento molto simile all'edificio dove lui e gli altri Parasite alloggiavano, essendo stati costruiti assieme non sarebbe stata una sorpresa, ma nella stanza erano presenti lo stesso degli indizi che mostravano come Hachi avesse fatto alcune modifiche recenti, come il grande tappeto blu che avvolgeva i piedi della scrivania dove di solito stava seduto. Era sicuro di non aver visto nulla di simile a Mistilteinn, e non capiva perché qualcosa del genere si dovesse trovare nell'edificio dove si svolgevano le lezioni. Ma non erano quelle le differenze che si aspettava di trovare: essendo l'ufficio di Hachi, Yoshiki pensava che ci sarebbero stati apparecchi tecnologici più moderni e invece sembrava che sulla sua scrivania avesse solo un vecchio modello di telefono fisso, assieme ad una cornice la cui foto non riuscì a vedere. Non c'erano computer o proiettori di ologrammi.
<< Di che volevi parlarmi, Ojizaki? >> Gli chiese sedendosi nuovamente sulla sua sedia dall'altro lato della scrivania. Yoshiki esitò un poco; non si sarebbe certo tirato indietro, ma avrebbe voluto poter dire quella cosa a più persone possibile in una volta.
<< Se per lei va bene, vorrei che anche la signorina Nana sentisse quello che ho da dire. >> Mormorò. << Sarebbe possibile chiamare anche lei? >>
Hachi sorrise e si alzò nuovamente. << Come no! Aspetta un attimo qui, io vado a chiamarla. >> E senza neanche dare il tempo al ragazzo di offrirsi per andare al suo posto, lasciò Yoshiki da solo ad attendere nel suo ufficio.
Senza pensarci, Yoshiki si alzò e cominciò a girare attorno alla scrivania. Il mobile non era antico, però ricordava molto l'arredamento di un tempo ed era in linea con lo stile di quel posto; tuttavia non si trattava neanche di un prodotto nuovo, perché sui cassetti e ai piedi poté notare degli strani segni che non riuscì a comprendere; non erano dati dall'usura perché non sembravano essere casuali e si concentravano in alcuni punti specifici. Guardando meglio, notò delle piccole imperfezioni nel legno, segni di spanatura nelle viti, e arrivò alla conclusione che quei segni fossero stati lasciati da qualcuno che aveva tentato di riparare quel mobile.
Distolse l'attenzione dai segni sulla scrivania e si concentrò sulla foto che rimaneva a riposo su di essa, ora visibile a Yoshiki: era una foto di Nana e Hachi vestiti da festa, conservata bene, ma dall'aria quasi antica. La donna indossava un abito viola che lasciava scoperte le gambe sotto le ginocchia e aveva un taglio molto diverso da quello che mostrava nel presente, poco più lungo delle spalle e con i capelli lisci e lucidi, in netto contrasto con la sua acconciatura dall'aria soffice e semplice che doveva essere l'aspetto naturale dei suoi capelli. L'uomo era molto più simile a come si presentava ai ragazzi, anche se in un certo senso sembrava avere vissuto molti cambiamenti; i suoi capelli erano molto più corti, ricordavano molto la pelata di Matsumoto e indossava una benda diversa dal solito. La giacca che aveva addosso somigliava a quelle che portava tutti i giorni, ma il modo in cui la mostrava era decisamente più rilassato e informale.
Sorridevano entrambi in quella foto e si tenevano a braccetto. Non erano dei sorrisi che si potevano vedere tutti i giorni, quelli della foto mostravano un'emozione che normalmente non veniva espressa, benché meno da loro due; sui loro volti c'era una gioia incontenibile, come se stessero vivendo il momento migliore delle loro vite e in più, poco prima di scattare la foto, qualcuno gli avesse raccontato una barzelletta irresistibile.
Yoshiki fu contagiato da quei sorrisi e tornò al proprio posto, pensando che non fosse carino curiosare oltre tra le cose di Hachi, e quando fu di nuovo seduto sentì la porta alle sue spalle aprirsi.
Nello studio entrarono Nana e Hachi ed entrambi gli sorrisero accoglienti; non erano dei sorrisi come quelli della foto, anche se cercavano di esserlo. Il ragazzo si alzò di nuovo per salutare Nana, ma questa gli disse di non scomodarsi.
Senza tornare a sedersi, Yoshiki guardò i due adulti che si fermavano uno accanto all'altra e lo guardavano in attesa di sentire cosa avesse da dire.
<< Questa informazione potrebbe non essere una novità per voi… >> Cominciò con voce un po' tremante, ma assestando il proprio tono dopo un poco. << Ma mi è stato chiesto di venire a parlarvene per risolvere una questione che ha tormentato i miei compagni da quando sono arrivati qui. >>
Gli sguardi dei due adulti si fecero seri e Hachi gli chiese a che cosa si riferisse.
<< Sto parlando di Rin Kawakami e Aki Mizuru, signore. >> Rispose lui con tono grave. La sua non voleva suonare come una accusa, però dal modo in cui pronunciò quelle parole sembrò che fosse lì a loro insaputa. << I miei due compagni di squadra hanno voluto tenere un segreto riguardante le loro identità, pensando che ci fosse un'irregolarità nella loro iscrizione al programma Parasite, ma hanno rivelato gradualmente questo segreto a tutto il resto della squadra. Tuttavia, finché non sarà stato chiarito questo problema, Mizuru e Kawakami non saranno in grado di dedicarsi al meglio al loro compito di Parasite e saranno costantemente preoccupati dal pensiero di essere scoperti e mandati via per avervi mentito. >>
<< Di che stai parlando, Yoshiki? >> Mormorò preoccupata Nana. << Che cosa c'è di tanto terribile che avrebbe potuto farli espellere dalla squadra? >>
Il ragazzo alzò lo sguardo verso di lei e rimase impassibile. << Prima devo chiedervi di non reagire in modo impulsivo quando ve lo avrò svelato, e poi vorrei che mi assicuraste che, qualunque cosa facciate, quei due non verranno mandati via. >> Disse con tono che non ammetteva repliche. << Normalmente non vi farei questa richiesta, ma visto che è stata una mia idea di raccontare la verità vorrei essere sicuro che non siano puniti in modo eccessivo. >>
Hachi avvertì un brivido quando lo sguardo di Yoshiki si posò su di lui. Come era possibile che un ragazzo della sua età riuscisse a farlo sentire così con un solo sguardo? Riuscì a intuire quanto fosse serio riguardo a quella cosa, non solo voleva aiutare i suoi compagni, ma voleva anche assicurarsi che rimanessero al sicuro.
<< Ma certo… >> Rispose esitando. << Non avremmo mai pensato di adottare misure tanto drastiche con i ragazzi della squadra, in ogni caso. Siamo sempre pronti a venirvi incontro, anche se, per come hai posto l'argomento, sembra che tu debba confessare un crimine orribile… >>
Hachi rise per sdrammatizzare sulla faccenda, ma lo sguardo di Yoshiki rimase intenso e questo non si mosse. Alla fine però il ragazzo sembrò rilassarsi e disse:<< In realtà non si tratta di niente di che… E' solo che Rin… La Kawakami mi è sembrata molto preoccupata all'idea di dover parlare, e volevo assicurarmi che non gli avreste fatto nulla. >>
<< Allora… Dicci pure di che si tratta. >> Disse Nana tesa. Per quale motivo quel ragazzo continuava ad adottare tutte quelle misure di precauzione nonostante lui stesso pensasse che il problema non fosse tanto serio da richiedere tutto quello?
Yoshiki prese un respiro profondo prima di parlare. Non se ne era reso conto, ma aveva accumulato un bel po' di tensione mentre si preparava a spiegare tutto ai due adulti; sarebbe stato meglio sbrigarsi a liberarsene.
<< In realtà, Aki e Rin sono fratelli. >> Disse. << Il loro vero cognome è Okagawa. La loro famiglia aveva bisogno dei sussidi dell'I.P.U. predisposti per le famiglie meno abbienti che avrebbero presentato un figlio all'arruolamento, ma poi sono stati accettati tutti e due e la loro famiglia ha cominciato a percepire i premi per entrambi i ragazzi. Aki e Rin hanno tentato di tenere nascosta la loro parentela per timore che potessero esserci ripercussioni. >>
Basita, Nana gli chiese:<< Perché pensavano che ci fosse qualcosa di sbagliato? >>
<< E' la stessa cosa che mi sono chiesto io, e anche dopo la loro spiegazione non me la sono sentita di contraddire le loro convinzioni. >> Rispose lui, avvertendo già come la tensione si fosse distesa e cominciando a parlare con più scioltezza. << Comunque loro pensano di aver fatto qualcosa di illegale, presentandosi entrambi all'arruolamento. Credono di aver truffato l'I.P.U. perché sul volantino di arruolamento c'era scritto di presentare un solo figlio a famiglia. >>
Inizialmente i due adulti non capirono quale fosse il problema, poi i loro sguardi cominciarono ad andare da una parte all'altra della stanza con perplessità e infine iniziarono a confabulare tra loro, ignorando per un attimo il ragazzo in piedi a pochi passi da loro.
<< Abbiamo veramente scritto una cosa del genere? >> Chiese Hachi nascondendo la bocca con la mano.
<< Ma va'! Pensi che avrei permesso una sciocchezza del genere? >> Gli rispose con veemenza la donna, che però dopo qualche istante sembrò avere dei ripensamenti. << Però non ricordo quale fosse il risultato finale dei volantini, forse potrebbe esserci sfuggito qualche errore… >>
<< Non li hai letti, prima che venissero distribuiti? >>
<< Non credevo di essere la tua segretaria! >>
<< No, ma… >> Hachi si ammutolì e si girò a guardare Yoshiki, che li osservava sorpreso. In effetti non ci aveva mai pensato, ma il rapporto dei suoi due coordinatori doveva essere molto più intimo di quanto dessero a vedere; in fondo si conoscevano da centinaia di anni ed erano rimasti sempre assieme. Davanti alle altre persone dovevano mantenere un atteggiamento professionale, ma quei due erano a tutti gli effetti come una vecchia coppietta sposata, e quello doveva essere uno di quei litigi per le piccole cose che scoppiavano di tanto in tanto.
Quando Hachi si girò nuovamente verso Nana, vide che anche lei lo stava squadrando con fare torvo. << Ehm… In ogni caso, vediamo di risolvere questo problema prima. >> Disse alla fine sorridendo come chi non voleva peggiorare le cose. << Non è mai stata nostra intenzione vietare alle famiglie meno abbienti di presentare più di un figlio. Il programma Parasite accoglie chiunque voglia provare ad entrarvi, e le persone che si sono offerte meritavano di ricevere quei fondi. Si tratta di un servizio alla comunità, e ora che loro non sono più sotto la tutela dei loro genitori è giusto che ricevano un risarcimento. >>
<< Quindi era veramente come pensavo io. >> Commentò Yoshiki annuendo. << Non c'era niente di cui preoccuparsi. >>
<< Già. E comunque lo sapevamo già. >> Esordì Nana voltandosi verso il ragazzo, facendolo ridere.
<< Chiedo scusa? >>
<< Avevamo i loro campioni di DNA… E poi non è che si siano preoccupati troppo di nascondere le proprie identità quando si sono arruolati; i loro codici di riconoscimento sono consequenziali, il che vuol dire che si sono presentati insieme, e molti dei dati che ci hanno fornito coincidono come il luogo di nascita o il nome dei genitori. Per non parlare della loro straordinaria somiglianza, dentro e fuori, che non lascia dubbi… >> Nana sorrise. Era incredibile come Yoshiki gli avesse fatto credere che il problema fosse di portata tale da rischiare l'espulsione per i due fratelli, quando le cose non avrebbero potuto essere più semplici di così.
Yoshiki attese un attimo per ricomporsi. Quando il sorrisetto ironico che gli era spuntato in volto fu sparito, chiese:<< Quindi non ci sarà nessuna azione disciplinare su di loro? >>
I due adulti scossero la testa. << Neanche un rimprovero. >> Disse Hachi con un sorriso rassicurante sul volto. Quel risultato era prevedibile, eppure Yoshiki si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo.
<< Scommetto che saranno estasiati di sapere che si sono preoccupati per niente tutto questo tempo. >> Commentò sarcastico, facendo ridere i due adulti. Però non pensava che fosse così semplice; sicuramente Nana e Hachi avrebbero dovuto fare alcune correzioni nei documenti dei due ragazzi, però il loro atteggiamento era stato decisamente accomodante.

Sorrise, contento di sapere che Nana e Hachi fossero delle persone così comprensive. << Bene, ora c'è un'altra cosa di cui vorrei parlarvi… >>
 
*
 
Rin e le ragazze erano introvabili; quando Yoshiki gli aveva detto di far distrarre la loro compagna, non intendeva di farla sparire da Mistilteinn. Sarebbe andato a cercarle volentieri, ma non aveva molta voglia di mettersi a girovagare per i boschi senza una meta e in casa non sembrava esserci nessuno che potesse sapere dove fossero andate, quindi se ne tornò in camera e dopo qualche minuto ne uscì con indosso una tuta da ginnastica.
Mentre scendeva le scale dell'edificio, incontrò Tetsuya in uscita dalla sala comune che gli chiese dove stesse andando.
<< Vado a fare una corsetta. >> Rispose lui fermandosi alla fine delle scale. << Hachi e Nana hanno detto che la fatica post connessione può dipendere anche da un fisico poco allenato, per questo voglio cominciare a fare un po' di moto così da poter sopportare meglio gli effetti della connessione. In questo modo anche la mia partner ne beneficerà. >>
<< Davvero? >> Chiese sorpreso Tetsuya. Non gli era sembrato che Fukuda avesse accusato effetti negativi dopo i loro test a bordo degli Stridiosauri, però se quello che diceva Yoshiki era vero, forse avrebbe dovuto seguire anche lui un allenamento del genere. L'effetto che la prima connessione aveva avuto su Suzuko lo aveva fatto preoccupare; non voleva vederla così affaticata ogni volta che eseguivano dei test o un allenamento.
<< Ehi, posso unirmi a te? >> Chiese senza pensare. Stava per correggersi e dire che forse avrebbe fatto meglio ad andare da solo, ma Yoshiki rispose ancora prima che potesse parlare.
<< Certo! Vai a cambiarti, così ci scateniamo un po'! >> E indicò il piano di sopra. Tetsuya seguì la traiettoria del suo pollice e rimase in silenzio per qualche istante prima di avviarsi su per le scale. Non ci mise molto, quando tornò aveva indosso una tuta dall'aspetto consunto e un po' troppo pesante per la stagione corrente, decisamente in contrasto con quella apparentemente nuova del suo compagno di stanza.
Yoshiki stava aspettando all'aperto, in cima agli scalini di ingresso dell'edificio, e stava facendo scaldare i muscoli. Quando vide Tetsuya lo salutò di nuovo. << Sei pronto? >>
Lui annuì e cominciò a stendere braccia e gambe. << Dove andiamo? >>
<< Non lontano. Visto che è il primo giorno, facciamo solo un giro lungo il sentiero che passa dalla serra botanica e dal lago. Ti va bene? >> Fu la risposta di Yoshiki, che cominciò a indicare il sentiero che si inoltrava negli alberi, e poi facendo girare il dito verso est.
<< Va benissimo! >> Rispose Tetsuya galvanizzato. << Allora partiamo? >>
Mentre il ragazzo si metteva in posizione di partenza, Yoshiki fece qualche saltello sul posto e diede il via. I due iniziarono a correre a velocità moderata in direzione del bosco, rimanendo uno a fianco all'altro per tutto il tragitto. Il percorso scelto da Yoshiki non era particolarmente lungo, la strada che facevano ogni giorno per andare a lezione era più lunga, quindi non ci avrebbero messo molto tempo a percorrerlo tutto; ciononostante, quando si furono addentrati nel bosco, Tetsuya cominciò a respirare con più difficoltà.
<< Sei grande e grosso, e ti stanchi già? >> Cercò di spronarlo il compagno di corsa, nonostante anche lui cominciasse a sentire un leggero fiatone; tuttavia sapeva che si trattava di dover regolare il respiro per non avere problemi a continuare.
Tetsuya sorrise imbarazzato mentre un'espressione affaticata gli compariva sul volto per un istante. << No, è solo che… >> Deglutì e nel frattempo cercò di trovare un modo per rispondere senza sprecare troppe energie. << Ho solo una costituzione robusta, non mi sono mai allenato seriamente. >>
Yoshiki sorrise divertito. << Vuoi che ci fermiamo un po'? >>
Mentre diceva questo, il sentiero curvò verso sinistra. Erano arrivati quasi a metà percorso, più avanti la strada si sarebbe diramata e loro avrebbero preso la direzione per tornare indietro. Sapendo di aver già percorso una buona parte della strada, Tetsuya si sentì rinvigorire e trovò la determinazione per spingere ancora un po'.
<< Posso farcela… >> Ansimò con sguardo deciso. << Tu cerca… Di distrarmi un po'… >>
Yoshiki lo guardò perplesso per un attimo prima di tornare a guardare davanti a sé. Distrarlo in che modo? Non era molto bravo a chiacchierare senza un motivo preciso e temeva di ottenere l'effetto opposto a quello desiderato da Tetsuya, ma visto che l'altro sembrava aver bisogno di una spinta cercò in fretta qualcosa da dire.
<< A Mistilteinn non c'era nessuno. >> Disse atono, guardando avanti. << Stavo cercando le ragazze, ma sembrano essere sparite tutte quante. >>
<< In effetti era molto silenzioso… >> Commentò Tetsuya girandosi per un attimo. << Però anche tu non c'eri fino a qualche minuto prima. >>
<< E' perché ero andato a fare una cosa. >> Spiegò Yoshiki. << Okagawa mi ha chiesto di andare a parlare con i coordinatori… Per risolvere il problema di lei e suo fratello. >>
A quella notizia Tetsuya fu sorpreso. << Che cosa? Vuol dire che gli hai raccontato tutto? >>
La fatica scomparve per un attimo dal suo corpo, proprio mentre Yoshiki cominciava a sentirsi un po' più appesantito. << Già. Oh, e sai qual è la cosa divertente? >> Continuò ghignando. << Loro lo sapevano già. >>
<< Eh!? >>
<< Lo sapevano già! >> Ripeté ad alta voce Yoshiki, che per poco non si mise a ridere in modo sguaiato. << Sapevano già che Aki e Rin sono fratelli! Si sono fatti tutti quei problemi per niente! >>
Tetsuya voltò lo sguardo incredulo alla strada, che si avvicinava al bivio che li avrebbe condotti alla serra. << Assurdo! >>
<< Neanche troppo. >> Rispose Yoshiki svoltando a sinistra. Prese fiato un momento e ricominciò a parlare. << Pensandoci bene, questa sarebbe stata la risposta più logica al loro problema, ma entrambi si sono lasciati prendere dal panico e hanno immaginato cose ancora prima di esserne sicuri. Nana e Hachi mi hanno assicurato che non ci sarà nessuna ripercussione, ma vorranno parlare con i due fratelli per chiarire la questione una volta per tutte. >>
<< Quindi… Non è mai stato un problema per loro… >> Mormorò Tetsuya abbassando lo sguardo e rimanendo ipnotizzato dal movimento delle proprie gambe sul sentiero in terra battuta. << Come mai proprio tu? >>
Yoshiki gli rivolse uno sguardo interrogativo, non capendo la domanda.
<< Perché Okagawa ha chiesto a te di andare a parlare con gli adulti? >>
Il ragazzo alzò lo sguardo dopo aver capito cosa intendesse il suo compagno di stanza e aspettò qualche istante prima di rispondere. << In realtà… Sono stato io a offrirmi volontario. >>
Lo sguardo di Tetsuya chiedeva perché, ma non volle dare voce a quella sua domanda per non sembrare troppo fastidioso. Tuttavia, Yoshiki stava già continuando a spiegare.
<< Il fatto è che Rin è arrivata da noi in preda all'ansia, dicendo che non poteva più andare avanti con questa recita… Io le ho proposto due modi per risolvere la questione, e lei ha finito per scegliere il secondo… >>
<< Qual era… Il primo? >> Domandò curioso Tetsuya, ignorando il suo istinto di non chiedere troppo.
Yoshiki alzò un angolo della bocca con aria estremamente divertita e rispose con calma assoluta:<< Cancellare tutte le prove della loro parentela. >>
Tetsuya rise talmente forte che la sua voce rimbombò tra gli alberi del bosco e dovette rallentare la sua corsa un attimo per evitare di inciampare lungo il sentiero. Per qualche motivo si aspettava una proposta del genere da Yoshiki; il ragazzo era capace di essere estremamente razionale e ligio alle regole, ma anche ribelle e capace di pensare alle cose più assurde. Lui stesso riconobbe quanto fosse irrealizzabile quell'idea e per questo rise assieme al compagno di squadra di quella cosa.
Continuando a parlare per darsi forza a vicenda, i ragazzi raggiunsero la serra senza accorgersene. Al suo interno c'erano Momo e Aiko che si prendevano cura dei fiori e li videro uscire dalla boscaglia fianco a fianco; affacciandosi dalla serra li salutarono e i due ragazzi risposero agitando le mani, ma senza accennare a fermarsi.
<< Dove andate? >> Chiese a voce alta la ragazza più grande.
<< Facciamo ginnastica! >> Rispose Tetsuya tirando fuori le ultime forze che gli erano rimaste; ormai anche parlare richiedeva un grosso sforzo perché doveva concentrarsi a mantenere la respirazione costante. Così come erano arrivati nei pressi della serra, i due ragazzi svanirono di nuovo nella boscaglia seguendo il sentiero che li avrebbe riportati alla tenuta e Momo rimase a guardarli incuriosita mentre Aiko tornava a occuparsi delle piante.
<< Loro due erano qui, ma non vedo le altre. >> Disse Tetsuya quando lui e Yoshiki si furono inoltrati di nuovo nel bosco.
<< Quando abbiamo parlato con Rin, loro non c'erano… >> Ansimò l'altro rimanendo a guardare davanti a sé per non perdere la concentrazione.
Tetsuya notò il suo fiatone e sorrise. << Allora… Anche tu ti stai stancando, eh? >>
<< Sta zitto! >> Rispose seccato Yoshiki. << Tu ti muovi per inerzia! Se… Se ci fermassimo ora, non riusciresti più a partire! >>
Tetsuya rise di nuovo e quella risata riuscì a dargli un altro po' di energie per continuare. Anche Yoshiki ghignò, ma evitò di lasciarsi trasportare come il suo compagno di corsa per non rimanere senza fiato; era rimasta poca strada da fare e loro due erano ormai esausti, per questo rimasero in silenzio lungo l'ultimo tratto di strada per risparmiare le forze, e quando furono arrivati sulle sponde del lago alle spalle della tenuta, si fermarono.
In realtà avrebbero dovuto arrivare fino a casa, e Yoshiki pensava che ci sarebbe riuscito senza problemi, ma poi nell'acqua vide delle sagome familiari e il suo passo rallentò rapidamente fino a farlo arrestare su una roccia che si affacciava sul lago.
Le ragazze stavano facendo il bagno, nuotavano beatamente nell'acqua cristallina del lago e facevano gare di apnea. Sembrava che Naho e le altre fossero riuscite a distrarre Rin, perché la ragazza sorrideva come se non avesse alcun pensiero per la testa; tuttavia il ragazzo sapeva che le avrebbe fatto piacere ricevere buone notizie il prima possibile, per questo le chiamò a gran voce.
<< Ehi, quello non è Ojizaki? >> Reagì Suzuko alzando un dito in direzione del ragazzo sulla sponda. << C'è anche Tetsuya! >>
Naho, che si stava lasciando cullare dalla corrente, si alzò improvvisamente e affondò subito dopo. << Yoshiki è qui?! >> Esclamò imbarazzata, voltandosi a guardare nella direzione indicata dalla compagna.
<< Ha già finito? >> Chiese incredula Rin, che cominciò ad avvicinarsi alla riva seguita dalle altre.
Yoshiki e Tetsuya salutarono le quattro ragazze e si videro arrivare addosso una montagna di domande.
<< Hai già parlato con Nana e Hachi? >>
<< Perché siete in tuta? >>
<< Non è carino spiare mentre facciamo il bagno… >>
<< Come è andata? Che hanno detto? >>
Tra tutte le domande, Yoshiki si concentrò su quelle di Rin, che era quella che più di tutte aveva bisogno di una risposta. Gli dispiaceva averla interrotta, dopo che gli era sembrata così spensierata mentre giocava con le sue amiche, ma era sicuro che quello che stava per dirle le avrebbe ridato il sorriso.
<< Hachi e Nana sono stati gentilissimi e hanno compreso tutto quello che gli ho riferito. >> Iniziò abbassandosi un poco, avvicinando il viso a Rin che si era aggrappata alla roccia e lo guardava speranzosa. << Non vi annoierò con i dettagli, l'importante è che sappiate che non hanno alcun problema con il fatto che tu e Aki siete fratelli! >>
Un urlo di gioia si levò dal gruppo di ragazze non appena ricevettero quella notizia e Rin fu sballottata dalle altre, ancora incredula che quell'incubo fosse finito.
<< Hanno detto che non gli importa che abbiate mentito su alcune cose, ma dovrete aiutarli a correggere le informazioni errate. >> Continuò Yoshiki, ma ormai nessuno stava prestando ascolto.
<< Oh, meno male! >> Esalò Rin fingendo uno svenimento e appoggiandosi a Suzuko, che la afferrò prontamente. << Non so come avrei fatto senza di voi! >>
La ragazza si mise a ridere mentre dalle spalle riceveva un abbraccio da parte di Kya, che sembrava volersi mettere in mezzo alle due compagne di stanza. Naho si sporse un po' fuori dall'acqua per farsi notare e domandò:<< E' stato difficile parlare con loro? >>
Yoshiki scosse la testa e si portò una mano al fianco. << Per niente! Sono stati veramente gentili, Hachi mi ha anche dato una caramella! >>
<< Caramella! >> Esclamò Kya, che lasciate andare Rin e Suzuko si spinse in su aggrappandosi alla roccia e mandò un sorrisone al ragazzo. << Ce l'hai ancora o l'hai mangiata? >>
Yoshiki indietreggiò un poco, sorpreso dall'impeto della ragazza, e si mise istintivamente la mano nella tasca. Prima di cambiarsi per uscire a correre, effettivamente aveva spostato la caramella e l'aveva portata con sé. << La vuoi? >> Chiese sforzandosi di non far cadere lo sguardo in mezzo alla scollatura del costume da bagno della ragazza, che continuava a sporgersi verso di lui.
Kya alzò entrambe le mani contemporaneamente e strappò la caramella ancora incartata dalle dita di Yoshiki. << Grazie Yoshi! >> Esclamò con voce acuta, mentre senza più un appoggio sulla roccia il suo corpo affondava nel lago poco profondo.
Riemerse dopo pochi secondi e scartò la caramella, ficcandosela in bocca senza esitare un istante. << E' al limone. >> Borbottò facendo andare lo sguardo da una parte all'altra, provocando delle risatine nel gruppo.
<< Dove stavate andando ora? >> Domandò Suzuko, tornando a rivolgersi ai due ragazzi.
Fu Tetsuya a rispondere. << Ah, Ojizaki stava andando a correre e io mi sono unito a lui. Adesso stavamo per tornare a casa… >>
<< Ehi, volete unirvi a noi? >> Propose Kya, scatenando l'imbarazzo esplosivo di Naho che andò subito a zittirla e quello più discreto delle altre due ragazze.
Yoshiki rise. << Grazie, ma preferisco fare una doccia per togliermi il sudore di dosso. >> Per fortuna c'era lui, pensò Tetsuya, perché da parte sua non sarebbe riuscito a rifiutare tanto casualmente quell'invito, e tuffarsi assieme alle ragazze lo imbarazzava troppo.
<< Uffa, nemmeno un tuffo? >> Ci riprovò Kya, che questa volta venne spinta con la testa sotto l'acqua dalla compagna di stanza.
<< Va bene così! >> Disse Naho girandosi verso i ragazzi. << Ci vediamo alla tenuta più tardi! >>
Kya uscì dall'acqua respirando a fondo e afferrò la ragazza dalla testa, iniziando a confabulare con lei qualcosa che gli altri non riuscirono a comprendere e isolandosi di fatto dalla discussione precedente.
Distratta da quel teatrino, Rin si ricordò alla fine di una cosa. << Puoi avvertire tu Aki della cosa, se lo vedi? >> Sorrise imbarazzata. << So che ti ho seccato anche troppo, però… >>
<< Non c'è problema. >> Rispose Yoshiki con un sorriso accomodante. << Appena lo vedo, gli spiego tutto! >>
Rin sorrise di nuovo. Questa volta il suo peso era svanito del tutto e finalmente poteva tornare ad essere pienamente sé stessa. Non avrebbe dovuto più temere ritorsioni per un errore ingenuo di lei e suo fratello, e si sarebbe potuta concentrare completamente sul suo dovere. << Grazie. >> Sussurrò, e Yoshiki le mostrò il pollice con sicurezza prima di voltarsi per riprendere la via di casa.
Le ragazze salutarono i loro compagni di squadra e Tetsuya seguì Yoshiki affrettando il passo. Dopo che si furono allontanati un po' e i gridolini delle Pistil furono tornati a riempire l'aria sopra il lago, il ragazzo iniziò a ridere tra sé e sé.
<< Lo so che ti sei fermato perché non ce la facevi più… >>
<< Oh, chiudi il becco! >>

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Capitolo 16
*** Senza più paure ***


Il giorno seguente Nana e Hachi si assicurarono di parlare con tutti i ragazzi della squadra riguardo a quello che era successo con Aki e Rin. Dal modo in cui spiegarono l'accaduto, fu chiaro che non avessero intenzione di mettere ulteriormente a disagio i due fratelli e ammisero di non essere stati abbastanza attenti quando erano stati emessi i requisiti per l'arruolamento; ammisero senza difficoltà che se l’annunciazione del programma fosse stata meno ambigua, questa problematica non si sarebbe presentata, ma non mancarono di menzionare che, quando era stato avviato il programma di arruolamento, le probabilità che fossero scelti due fratelli per pilotare assieme erano considerate talmente scarse da non essere nemmeno prese in considerazione. Anche i tecnici dell'I.P.U. ne erano rimasti sorpresi, non avendo previsto quale un percorso da seguire in tale circostanza. In ogni caso i due coordinatori ci tennero a precisare che nulla sarebbe cambiato nella squadra; non solo Aki e Rin non avrebbero ricevuto nessuna punizione per aver nascosto la propria identità ai loro coordinatori, ma i loro genitori avrebbero ovviamente continuato a ricevere gli ausili dell'I.P.U. fino a che sarebbe stato necessario.
In quel modo Nana e Hachi volevano dimostrare ai ragazzi che potevano fidarsi di loro, per questo ci tennero a dirgli ancora una volta che, per qualsiasi dubbio o preoccupazione che avrebbero potuto avere, avrebbero sempre potuto chiedere il loro consiglio senza essere mai giudicati. Forse non era abbastanza per farli aprire completamente a loro, ma con il tempo i loro legami si sarebbero rafforzati e allora la tensione si sarebbe allentata.
Fu strano lasciare l'edificio scolastico sentendo gli adulti che utilizzavano i loro veri nomi, ma Aki e Rin furono molto felici di poter finalmente essere sé stessi con tutti. Fino all’ultimo momento avevano continuato a temere in una punizione, ma ora che la giornata scolastica era finita, quasi non gli sembrava vero.
Quella sera, l'eccitazione era alle stelle. Era il turno dei piloti dello Xenomorphus per cucinare e Aiko e Kaoru vollero sorprendere tutti dando il massimo per preparare un banchetto speciale. L'idea l'avevano avuta quando avevano ricevuto la notizia da Yoshiki, la sera precedente, e per festeggiare avevano deciso di dare fondo alle scorte in dispensa; per prima cosa avevano preparato una enorme teglia di riso al forno con piselli e vi avevano accostato ogni tipo di verdure stufate e grigliate ad aprire i secondi composti da spiedini di gamberi fritti e una sfoglia ripiena di verdure al forno. L'assenza della carne tra le portate non fu un problema, che anzi incontrò la soddisfazione di Suzuko, vegetariana, e fu compensata dal dolce al cioccolato preparato da Aiko che fece impazzire le papille gustative di tutti.
La sorpresa di vedere tutto quel banchetto in tavola fu alimentata ulteriormente quando Kya e Rin, ghignando compiaciute, mostrarono due bottiglie di vino rosso che avevano trafugato dalla cantina degli adulti. Dissero che tra una lezione e l'altra avevano scoperto dell'esistenza di un magazzino nell'edificio scolastico dove era presente una piccola collezione di vini pregiati, e approfittando della pausa di quella mattina ne avevano sottratto un paio di bottiglie senza farsi notare.
<< Se vogliamo festeggiare, facciamolo come si deve! >> Annunciò la ragazza più alta reggendo entrambe le bottiglie nelle mani e piegando la testa da un lato all'altro con aria divertita.
<< Vuoi finire nei guai? >> La apostrofò Ryo, più seccato dal fatto che la partner non lo avesse incluso nell'impresa che per il furto in sé.
Quando sentì quella spiegazione, Suzuko fu oltraggiata. << Rin! >> Esclamò uscendo dal gruppo per puntare la sua compagna di stanza, che di riflesso tentò di nascondersi dietro la schiena di Kya. << Non ti facevo così ribelle! >>
La ragazza per tutta risposta sorrise nervosamente e cercò di evitare lo sguardo della sua amica. Fu Kya a spezzare il momento di tensione. << Ci penso io a portarla sulla giusta strada! >> Disse provocando delle risatine, anche in Suzuko che pur essendo arrabbiata per il fatto che Rin avesse infranto le regole, non vedeva l'ora di festeggiare in spensieratezza con tutti gli altri.
Vedere la sua mica così rilassata e allegra, ora che aveva finalmente risolto quella questione con gli adulti, la faceva stare meglio. Lo stato d'animo costantemente ansioso di Rin l'aveva fatta preoccupare molto, l'ultima volta era stato quando Suzuko aveva assistito alla sua leggera crisi di panico al pensiero che Nana e Hachi potessero scoprire tutto, poco prima che Yoshiki suggerisse la soluzione a quel problema. Adesso sembrava di vedere un'altra persona, mentre metteva in mostra fieramente il bottino del furto suo e di Kya.
Non solo Rin, anche Aiko sembrava stare molto meglio; Suzuko temeva di avere un po' trascurato l’amica per necessità di aiutare l'altra, ma anche lei era stata a disagio inizialmente. La situazione di Rin si era riflessa sul suo umore, facendole vedere ombre dove in realtà non c'era nulla e facendole alzare la guarda inutilmente con i suoi compagni di squadra. Aiko adesso sembrava molto più rilassata, non si sarebbe fatta carico di preparare quella sorpresa se non fosse stato così.
E il risultato era stato ottimo. Kaoru era un pessimo cuoco, quindi era ovvio che la maggior parte del lavoro l'avesse fatta la sua partner, ma era incredibile quanto si fosse impegnata per garantire una bella serata a tutta la squadra.
Quando Yoshiki stappò la prima bottiglia, Kya e Rin non stavano più nella pelle. Al suono del tappo che veniva fuori le due ragazze lanciarono degli urletti eccitati e furono le prime a porgere i bicchieri per farsi versare un po' del vino.
<< Andateci piano! >> Le avvisò il ragazzo attendendo un momento prima di versare il vino. << Molto probabilmente si tratta di vino di alta qualità, quindi sarà piuttosto forte… >>
<< Tranquillo Yoshi, vogliamo solo assaggiarlo! >> Rispose allegramente Kya, che sembrava già su di giri ancora prima di poggiare le labbra sul bicchiere. Poi allungò un'altra mano con un secondo bicchiere vuoto e disse con un ghigno:<< Per Ryo. >>
Yoshiki la squadrò con sospetto e le versò un altro po' di vino. Continuò a fissarla senza dire una parola finché non fu sicuro che quel bicchiere sarebbe andato al suo compagno, quindi fu distratto da Tetsuya che gli si avvicinò timidamente senza dire una parola.
<< Vuoi anche tu un po' da bere? >> Chiese cambiando completamente atteggiamento, alzando prontamente la bottiglia. Il ragazzo sorrise e allungò la mano con il bicchiere.
<< E' la prima volta che provo il vino. >> Confessò avvicinando il naso al bicchiere e annusando un po' la bevanda. L'odore gli si infilò nelle narici e gli pizzicò la gola, facendolo allontanare dal bicchiere. << Tu però mi sembri tranquillo. >>
Yoshiki guardò la bottiglia con il suo contenuto scuro che cominciava a diminuire e sbuffò. << Sì, l'ho assaggiato qualche volta a casa… Ma non ne vado pazzo, preferisco farne a meno in realtà. >>
Tetsuya annuì in silenzio e rimase ad osservare mentre il suo compagno di squadra si dirigeva verso la tavola, dove cominciò a versare il vino al resto dei suoi compagni. Prima che potesse raggiungerlo, Suzuko comparve al suo fianco e gli chiese:<< Ti piace? >>
<< C-cosa? >> Balbettò il ragazzo, spaventato dall'improvvisa comparsa della sua partner.
<< Il vino, ti piace? >> Ripeté la ragazza, guardandolo come se stesse cercando di leggergli nella mente. Lui prese un sospiro di sollievo e le sorrise; non si era ancora abituato a quell'abitudine di Suzuko, il fatto era che la ragazza era così piccola e silenziosa che riusciva sempre ad arrivargli vicino senza che se ne accorgesse.
<< Non l'ho ancora assaggiato… Credo che dovrei aspettare che cominci la cena, prima. >> A quelle parole Suzuko sembrò perfettamente d'accordo.
<< Hai ragione! Bere a stomaco vuoto fa male, e poi è molto meglio accompagnare un buon vino con un pasto all'altezza, no? >> La ragazza gli fece l'occhiolino e si sporse un po' per incrociare il suo sguardo. Lui sorrise per tutta risposta, pensando che fosse insolito vedere la sua partner così espansiva. Non che gli dispiacesse.
<< Vuoi che… Andiamo a prendere le prime portate? >> Borbottò lui distogliendo lo sguardo e indicando la strada per la cucina con la mano occupata.
Suzuko raddrizzò la schiena e osservò la stanza per un attimo. Il suo sguardo si posò sui due piloti dello Iustitia, che avevano già cominciato a bere e se ne stavano abbracciati chiacchierando in modo un po' troppo sguaiato. << Certamente! >> Disse alla fine, cominciando a camminare per attraversare la sala.
In cucina c'erano già Aiko e Kaoru che stavano preparando le portate. Quando arrivarono i piloti del Gaia, la ragazza sbuffò dicendogli di andare a sedersi.
<< Ci occupiamo di tutto noi! >> Ripeté spingendo la sua amica fuori dalla cucina, senza accettare proteste.
Kaoru aveva già due piatti nelle mani e spostandosi agilmente nella stanza disse:<< Io comincio a portare il riso a tavola! >>
Lei però lo chiamò dicendogli di aspettare. Dopo essere corsa a rovistare in uno sportello, tornò indietro reggendo due caraffe di vetro; le riempì d'acqua e si accostò al proprio partner. << Ecco, andiamo. >> Disse sorridendo, prendendo un bel respiro.
Per qualche motivo, quel sorriso fece arrossire Kaoru, e il ragazzo iniziò a ghignare incontrollabilmente senza riuscire a smettere.
<< Saranno tutti entusiasti, vedrai! >> Disse continuando a sorridere, e vide che anche la ragazza arrossì un poco a quelle parole.
 
*
 
Da quella che doveva essere una cena festosa ma tranquilla, la serata si era trasformata in qualcosa di decisamente più caotico e difficile da gestire. Hoshi era sicuro che non potesse venire fuori niente di buono da come si stavano comportando tutti, eppure era rimasto lì e non aveva detto niente; la stanza era piena di risate e parole messe una sopra all'altra senza alcun filo logico, alcune persone continuavano a sgranocchiare i resti della cena con aria esausta. In pochi erano sobri; oltre a lui che aveva a malapena finito il suo bicchiere, Ojizaki non aveva toccato il vino mentre Matsumoto, nonostante avesse bevuto più della media, sembrava ancora perfettamente lucido.
I fratelli Okagawa erano mezzi addormentati in un angolo, accasciati una sull'altro, e poco lontano da loro Nakamura e Sato cantavano allegramente tenendosi abbracciati, cercando di trascinare nella loro allegria Momo. La ragazza però era rimasta più silenziosa del solito per tutta la durata della cena; aveva continuato a sorridere e non aveva mai lasciato intendere che ci fosse qualche problema, però di tanto in tanto Hoshi sentiva il suo sguardo su di sé e ormai aveva capito che il motivo del suo comportamento insolito doveva essere lui.
A lui non importava. Non voleva avere niente a che fare con lei, con la squadra, con l'I.P.U. e con gli Stridiosauri; non si sarebbe più prestato ad altri test, né avrebbe mandato avanti la farsa del compagno di squadra disponibile, aveva capito che ormai quella cosa gli avrebbe portato solo guai se non avesse smesso presto. Ma non poteva certo ignorare la Sakei per sempre, soprattutto se voleva uscire da quella situazione… Però parlarne con la squadra non lo avrebbe aiutato, loro avrebbero reagito come Yoshiki e avrebbero ignorato le sue necessità. Avrebbe dovuto parlarne direttamente con i coordinatori.
<< Un momento di attenzione, ragazzi… >> Cominciò Kaoru alzandosi in piedi, richiamando con difficoltà l'attenzione. Richiamò Ryo che non la smetteva di ridere per una battuta della sua partner e alzò un dito con l'aria di chi doveva dire qualcosa di importante. << Facciamo un grosso applauso alla fantastica Aiko! >> Esclamò quando ebbe ottenuto ciò che voleva, e subito tutti quelli ancora vigili lanciarono un urlo di acclamazione rivolti alla ragazzina con i riccioli biondi, che si fece più piccola possibile sulla sua sedia.
<< Sul serio, dobbiamo a lei questa serata così divertente… A parte per il vino, quello è opera delle nostre due furfantelle, ottimo lavoro Nakamura! >> Per un attimo il ragazzo ghignò cambiando discorso e puntò le dita con aria di complicità verso Kya, che rispose con un fischio. Poi Kaoru tornò serio e si avvicinò un poco ad Aiko, che intanto era diventata rossa come un peperone. << Ma è grazie a lei se abbiamo potuto assaggiare tutte queste prelibatezze e… Bé, abbiamo avuto modo di festeggiare per bene la risoluzione del problema di Aki e Rin… E sapete tutti che anche se l'ho aiutata, io non sono assolutamente un buon cuoco, quindi è tutto merito di Aiko, e non potrei essere più felice di essere il suo partner… >>
Il ragazzo prese gentilmente la mano della sua compagna di squadra e la alzò come per farle dare un saluto alla squadra mentre lei moriva dall'imbarazzo. Era vero che fosse stata sua l'idea di fare quella sorpresa agli altri e Kaoru l'aveva assecondata in ogni modo, ma Aiko pensava che quell'adorazione fosse esagerata e cercò di nascondere il proprio imbarazzo con la mano libera, continuando a ridere a causa del nervosismo e dell'alcol.
<< Guarda come sei spavaldo, le prendi la mano con tanta leggerezza e la chiami per nome… >> Commentò Kya con un sorrisetto divertito, poggiando la testa al tavolo con pesantezza.
Kaoru non si scompose. Invece, si girò e sorrise ad Aiko come una vecchia amica che conosceva da tempo, e lei rispose allo stesso modo continuando a tenere la mano sul viso. Un'altra voce spezzò il vociare e le risate.
<< Come mai sei tanto sobrio? Pensavo che avessi bevuto più di tutti. >> Yoshiki alzò la voce per farsi sentire e Kaoru si girò istantaneamente verso di lui.
Il ragazzo sorrise alzando il dito. << Non fraintendere… Ci sono solo abituato, visto che a casa mi danno sempre un po' da bere, ogni tanto… >>
<< Sempre o ogni tanto? >> Domandò Tetsuya, facendo scoppiare a ridere il suo compagno di squadra, che non rispose. Anche Suzuko rise al commento di Tetsuya; la ragazza aveva a malapena finito un bicchiere di vino e aveva completamente perso la sua proverbiale compostezza. Nonostante cercasse di non mostrarlo, aveva reazioni esagerate a stimoli leggerissimi come la mezza battuta del suo partner; anche per questo Tetsuya era rimasto vicino a lei per tutto il tempo, cercando di aiutarla a trattenersi e controllando che non bevesse oltre.
<< Lascialo stare, Tetsuya! Al suo posto anche tu ti incepperesti con la ling… Lingua… >> Disse la ragazza, e poi tirò fuori l’appena menzionata lingua con disappunto facendo rumore. Confuso da quel comportamento della ragazza, Tetsuya iniziò a pensare che forse sarebbe stato meglio chiudere la serata prima che le persone che erano state inebriate di più dall'alcol perdessero totalmente il controllo.
<< Forse è meglio portarti a letto… >> Mormorò, facendo sbuffare vistosamente la ragazza.
<< Noooo… Andiamo, la notte è ancora giovane! >> Borbottò Suzuko a voce alta, chiudendo quell'esclamazione con un singhiozzo che le fece tremare tutto il corpo. La ragazza allungò la mano verso il proprio bicchiere e cercò di raggiungere la bottiglia di vino, in cui era rimasto forse un quarto del liquido scuro, ma Tetsuya gliela allontanò rapidamente e invece le versò dell'acqua.
<< Se bevi più di così ti sentirai male. >> Disse fermamente lui mentre lei lo squadrava con disappunto. Alla fine sbuffò e iniziò a bere l'acqua.
Suzuko addentò delicatamente il bordo del bicchiere e disse:<< Va bene, hai vinto tu… Ma farebbe bene anche a te rilassarti un po'. >>
<< Non riesco a credere che sia proprio tu a dirmelo! >> Rise Tetsuya e Suzuko distolse lo sguardo imbarazzata.
<< Io… So rilassarmi benissimo. >> Bofonchiò con la fronte corrugata.
Probabilmente loro due avevano una concezione diversa di "rilassarsi", ma non era importante. Tetsuya si guardò intorno per cercare di identificare qualcuno che lo aiutasse a portare la sua partner a letto; non poteva certo farlo da solo, in quanto a Suzuko non avrebbe fatto piacere che un ragazzo mettesse il naso nella sua stanza e le prendesse i vestiti con cui cambiarsi, ma le sue compagne di stanza non sembravano nelle condizioni ottimali per prendersi cura di lei: Rin si era completamente spenta e Aiko era poco meno brilla di Suzuko, e Tetsuya avrebbe preferito lasciarle un po' di tranquillità dopo che aveva passato tutta la giornata a cucinare per loro.
<< Sakei! >> Chiamò adocchiando la testa di Momo leggermente reclinata da una parte e facendola scattare sull'attenti di colpo. La ragazza si girò a cercare la fonte di quella voce e rimase a sorridere cordialmente a Tetsuya. << Mi aiuteresti a portare Sentakami nella sua stanza? >>
Momo non avvistò subito la ragazza che tirava il suo partner da un braccio, ma accettò senza problemi. Mentre si alzavano tutti e tre dalla tavola, Yoshiki suggerì di accompagnare anche Rin nella sua stanza, senza il bisogno di fare due viaggi.
Così i piloti del Gaia, la Pistil dell'Aros e quella dell'Animus uscirono dalla sala da pranzo. Suzuko straparlava tenendosi aggrappata a una spalla di Tetsuya mentre Rin era molto più docile e si lasciava guidare con ubbidienza. Chi era rimasto cominciò a raccogliere gli ultimi piatti rimasti mentre Aiko e Kaoru si avviavano verso la cucina per finire di lavare i piatti, ma a questo punto furono fermati da Yoshiki e Ryo.
<< Non provateci nemmeno a lavare quella montagna di stoviglie! >> Li ammonì il ragazzo più grande.
Kaoru si girò contrariato. << Ma è il nostro turno! Lo facciamo sempre. >>
<< Ma avete già preparato tutto questo per noi, non è giusto che dobbiate anche occuparvi di ripulire tutto! >> Rispose Ryo, cercando di mettersi in mezzo tra i suoi compagni di squadra e la cucina. Kaoru cominciò a spingerlo dall'altra parte e questo non riuscì a mantenere l'equilibrio per non lasciarsi spostare.
<< Abbiamo già calcolato tutto. >> Disse Kaoru dandosi una spolverata ai vestiti dopo che Ryo fu finito a terra per via della troppa forza con cui lo aveva spinto.
Aiko ammiccò agli altri, restando della stessa opinione di Kaoru. << Ci siamo dati tanto da fare proprio perché volevamo che tutti si divertissero. E comunque, lavare i piatti non sarà niente in confronto ad aver preparato tutta quella roba… Ce la caveremo senza problemi in due. >>
<< Voi piuttosto, occupatevi delle vostre partner! >> Commentò Kaoru sogghignando, spostando l'attenzione sulle ragazze rimaste a tavola; Kya si dondolava avanti e indietro sulla propria sedia e di tanto in tanto salutava in direzione del gruppo di fronte alla cucina, mentre Naho era rimasta al proprio posto in silenzio, ridendo tra sé e sé senza un motivo apparente.
I due ragazzi non trovarono nessun modo per ribattere, così andarono a prendere le loro partner per portarle a dormire, lasciando Aiko e Kaoru da soli.
<< D'accordo signorina sognatrice, è ora di andare a riposare. >> Esordì Yoshiki fermandosi vicino a Naho e piegandosi verso il basso per entrare nel suo campo visivo.
La ragazza sembrò scossa non appena sentì la voce del partner e alzò lentamente lo sguardo sorridendo. << Yoshi… >> Mormorò, mettendo in imbarazzo il ragazzo. Era strano sentirsi chiamare così da lei.
<< Pensavo che reggessi meglio l'alcol. >> Le disse lui mettendosi le mani ai fianchi.
Naho rise. << No. >> Ammise senza alcuna esitazione, guardando il vuoto.
Yoshiki sospirò e le disse di reggersi a lui, che l'avrebbe portata in camera. Naho spostò con forza la sedia dopo essersi alzata, ma non si rese conto di quanto il suo corpo fosse leggero in quella circostanza e rischiò di cadere all'indietro; per fortuna il ragazzo fu abbastanza rapido da afferrarle il braccio e sorreggerla dalla schiena, così Naho ebbe solo un piccolo spavento prima di appoggiarsi saldamente a lui.
La ragazza aveva un equilibrio pessimo, quindi Yoshiki decise di prendersela sulle spalle e lei seguì le sue indicazioni senza opporre resistenza.
<< Ora che ci penso… Tu non hai bevuto nulla. >> Mormorò Naho appoggiando una guancia sulla schiena del suo partner.
<< Non mi piace bere. >> Rispose secco lui allontanandosi dal tavolo e aspettando che Ryo avesse finito di borbottare con la sua partner per poter andare di sopra.
Naho rise sommessamente. << Ecco perché sei così forte… >>
La ragazza si spense, come se si fosse appena addormentata. Yoshiki notò che i suoi arti si erano fatti più molli e il suo corpo era diventato un po' più pesante rispetto a prima; era ancora perfettamente in grado di portarla sulle spalle fino alla sua camera da letto, ma sperava di non dover cercare anche di svegliarla per farla scendere.
Quando Ryo e Kya furono arrivati sulla porta, reggendosi l'un l'altra come due ubriachi, il gruppo uscì dalla sala da pranzo e salì le scale dirigendosi alla camera delle ragazze. Una volta arrivati al piano superiore, Ryo passò due minuti a convincere Kya a tirare fuori la chiave per aprire la stanza e quando furono finalmente dentro la ragazza esordì ridendo:<< Entrare nella stanza di una ragazza così… Che indecente! >>
<< Non è la stanza di una ragazza, è la stanza di un'idiota. >> Le fece eco Ryo non volendo darle corda, mentre Yoshiki cercava un po' di spazio per far scendere Naho.
<< Siamo arrivati. >> Le sussurrò lui. La ragazza si destò dal torpore in cui era caduta e senza dire una parola scese a terra e si diresse verso il proprio letto stropicciandosi gli occhi.
<< Qual è il tuo letto? >> Borbottò Ryo guardando il letto a castello, rivolto a Kya.
<< Quello in alto. >> Disse lei con la voce di una bambina assonnata. << Aiutami a salire! >>
Il ragazzo rispose con una punta di irritazione. << Perché, non ce la fai da sola? >>
La ragazza iniziò ad arrampicarsi su per la scaletta, ma quando fu con piedi staccati dal suolo cominciò a dire con voce acuta:<< Oh no, non riesco a mantenere l'equilibrio… Cadrò… >> E iniziò ad agitare i fianchi, fingendo di star perdendo la presa sulla scala.
Ryo le disse di smetterla e si arrese, dicendo che l'avrebbe sorretta, ma si guardò dal metterle le mani in punti sconci per evitare che lei lo prendesse in giro ancora di più. Nel frattempo Yoshiki stava chiedendo a Naho dove fossero le sue cose e dopo che lei glielo ebbe indicato, le passò il suo pigiama.
<< Grazie, Yoshiki. >> Sussurrò lei stancamente. Le si chiudevano gli occhi da soli, il ragazzo non era nemmeno sicuro che lo riuscisse a vedere in faccia.
<< Non metterti a leggere adesso e vai dritta a dormire, d'accordo? >> Disse lui con voce rilassante, cosa che non gli riusciva bene.
Naho annuì. << Non ce la farei comunque… >> Borbottò.
<< Oh, no! Ho scordato il pigiama di sotto! >> Esclamò scherzosa Kya, prima di farsi lanciare in faccia i vestiti da Ryo.
<< Dormi anche tu, Kya! >> Disse seccato il ragazzo. << Tra un po' manderemo Sakei a controllarvi. Cambiatevi e vedete di riposare! >>
<< Ah, ma il divertimento è appena iniziato! >> Ribatté quella contorcendosi sopra alle coperte, abbracciando il proprio pigiama. << Non volete fare un pigiama party con noi? Finiamo quel vino e passiamo tutta la notte a giocare e… >>
<< No. >> Tagliò corto Ryo andando verso la porta. Kya gli fece la linguaccia e i due ragazzi gli augurarono la buonanotte aprendo la porta.
Quando furono fuori dalla stanza, Ryo tirò un sospiro di sollievo; Yoshiki sembrava divertito dalle bizzarre dinamiche tra lui e la sua amica.
<< Lo so, lo so… >> Borbottò il ragazzo. << E' insopportabile e non ha alcun senso del pudore. Ma… E' mia amica, le voglio bene anche con tutti i suoi difetti… >>
<< Non ho detto nulla io. >> Disse Yoshiki tenendo le braccia incrociate in segno di difesa. << Tuttavia, nonostante tu parli così di lei, si vede che ti stia divertendo. >>
Ryo abbassò lo sguardo imbarazzato e sorrise.
Una voce attirò la loro attenzione: davanti all'altra camera delle ragazze c'era Tetsuya, poggiato alla porta, in attesa. Li salutò con una mano e loro si avvicinarono. << Avete messo a dormire le vostre partner? >>
<< Sì. Come sta Sentakami? >> Fu Yoshiki a parlare per primo, guardando per un attimo la porta alle spalle del suo compagno di squadra.
Tetsuya indicò dietro di sé con il pollice. << La Sakei se ne sta occupando. Mi ha detto di aspettare fuori mentre aiutava lei e Rin a cambiarsi… >>
<< Già… Noi abbiamo solamente preso i vestiti per le ragazze e siamo andati via. >> Commentò Ryo, pensando che forse non era stato un comportamento molto responsabile. Lui poi era forse l'unico che avrebbe potuto aiutare la sua partner a cambiarsi come stava facendo Momo con le altre ragazze, vista la grande confidenza tra loro… Ma aveva più senso lasciare che la ragazza se ne occupasse da sola.
I ragazzi rimasero a chiacchierare di come era andata la serata finché dalla stanza non uscì Momo, il volto scuro e insolitamente stanca. La spilungona si mostrò sorpresa di vedere tutti loro là davanti e gli chiese che cosa stessero facendo.
<< Oh, ti volevamo avvisare che Kya e Naho sono già in camera vostra. >> Disse Yoshiki girandosi per un attimo verso la stanza da dove erano arrivati lui e Ryo e consegnandole la chiave. << Ci occupiamo noi del resto al piano di sotto, tu puoi andare a riposare, se vuoi. >>
Momo sembrò preoccupata. << Oh cielo, forse è meglio che vada a dargli un’occhiata… >> Disse ricordando lo stato in cui versavano entrambe le sue compagne di stanza, prima di salire ad accompagnare Suzuko e Rin. Fece per avviarsi, ma poi si voltò di nuovo verso i ragazzi.
<< Kondō non è con voi, vero? >> Mormorò.
Ryo e Yoshiki inarcarono le sopracciglia. In effetti, Hoshi era stato silenzioso quasi quanto la sua partner quella sera, con la differenza che lui sembrava aver completamente cancellato la propria presenza. Nessuno dei due ragazzi ricordava di averlo visto nella sala da pranzo, quando erano usciti con le loro partner.
<< Hoshi? Credo sia già andato a dormire. >> Rispose Yoshiki, notando come lo sguardo della ragazza si spegnesse non appena ebbe pronunciato quelle parole.
<< Oh… >> Mormorò lei. << Capisco. Allora buonanotte, ragazzi. >> Fingendo che andasse tutto bene, Momo salutò leggermente con la mano e si avviò per il corridoio. I tre ragazzi indugiarono un po' mentre la osservavano sparire dietro la porta della sua stanza, quindi tornarono al piano di sotto per recuperare gli altri.
Quando furono di nuovo in sala da pranzo, Yoshiki sbuffò con tono sprezzante. << Quell'idiota se n'è andato senza dire una parola. >>
Come avevano immaginato, Hoshi non era lì. A meno che non fosse uscito dalla casa per chissà quale motivo, probabilmente lo avrebbero trovato nella sua stanza. << Avete avuto anche voi l'impressione che Momo fosse particolarmente turbata da qualcosa? >>
<< E' stata così tutta la sera. >> Rispose Yoshiki. << E' colpa di Hoshi, senza dubbio! >>
<< Credi che le abbia detto qualcosa che potrebbe aver ferito i suoi sentimenti? >> Mormorò Tetsuya distogliendo lo sguardo per un attimo dalla sala vuota, dove era rimasto solo Aki a dormire su di una sedia.
Yoshiki rispose con tono secco. << Più che altro, credo che non le abbia detto assolutamente niente. Ed è questo il problema: lui la ignora e Sakei si deprime! Se aggiungi anche quello che è successo il giorno della prima connessione… >>
Ryo abbassò lo sguardo pensieroso. La loro compagna di squadra era sfiduciata da quella situazione e sembrava che il suo partner non provasse in nessun modo a migliorare la loro condizione; forse avrebbe dovuto parlarne con Kya, che le era più amica. Lei avrebbe saputo aiutare Momo in qualche modo… Oppure avrebbe perso la testa e riempito di botte Hoshi.
Forse è meglio lasciare Kya fuori da questa storia… Pensò cominciando a sudare freddo a quel pensiero. La discussione fu interrotta da alcune risate provenienti dalla cucina, che attirarono l'attenzione e la curiosità di tutti e tre.
<< Uh, guarda che buffa questa… >> La voce di Kaoru sembrava star commentando qualcosa mentre Aiko sghignazzava incontrollabilmente a bassa voce, come per paura che qualcuno la potesse sentire. I tre ragazzi si affacciarono sulla cucina e le risate si arrestarono di colpo mentre i due partner si irrigidivano e nascondevano qualcosa in fretta e furia.
<< Che succede? >> Chiese Yoshiki perplesso, andando a fissare lo sguardo subito nello spazio tra Aiko e Kaoru, dove si intravedeva qualcosa tra le mani del ragazzo.
<< Niente. >> Rispose rapidamente Kaoru. Aiko annuiva facendo piccoli mugolii, sforzandosi di non ridere, ma quel comportamento era abbastanza sospetto.
<< Avete finito di lavare i piatti? >> Domandò Ryo sorpreso, mettendosi ad osservare la cucina già in ordine. Kaoru sorrise, impaziente di cambiare argomento.
<< Certo! Vi avevamo detto che non c'era problema, no? >> Esclamò avvicinandosi al lavandino e mostrando come fosse già tutto asciutto e in ordine, prima di aprire l'anta dove erano state riposte le stoviglie appena lavate. Yoshiki gli si avvicinò da dietro e afferrò qualcosa che teneva tra le mani, facendolo sobbalzare.
<< Questa cos'è? >> Chiese con un sorrisetto mentre Kaoru si dimenava e cercava di riprendersi il maltolto.
Una macchina fotografica, oltretutto di buona qualità: ecco cosa aveva afferrato Yoshiki prima che Kaoru potesse nasconderla. Non aveva idea di dove potessero averla presa, ma la accese senza attendere una spiegazione e quando vide le foto salvate nella memoria non riuscì a trattenere una risata.
<< Seriamente? >> Disse con un sorrisetto mentre Kaoru se la riprendeva con un gesto stizzito.
Aiko si accostò al proprio partner e sembrò volergli fare da scudo. << Non avevamo intenzione di mancarvi di rispetto! Abbiamo solo pensato che fare qualche foto durante la serata potesse costituire un bel ricordo per la squadra… >>
Yoshiki alzò una mano con tranquillità. << Ehi, io non ho nulla in contrario! Anzi, voglio vederne altre… >>
<< Ma insomma, che cosa c'è di tanto divertente in quella macchina? >> Sbottò Ryo seccato, attirando di nuovo l'attenzione su di sé. Aiko e Kaoru si girarono imbarazzati e tentennarono, poi il ragazzo gli passò la macchina fotografica perché potesse guardare da sé. Quando Ryo la accese, scoppiò in una risata fragorosa e mostrò immediatamente la foto a Tetsuya.
Erano foto di quella serata, ritraevano un po' tutti i ragazzi della squadra, ignari del servizio fotografico in atto mentre festeggiavano. La prima foto mostrava Kya appesa per un braccio alle spalle di Ryo che gli rivolgeva una linguaccia e con un dito gli tirava la guancia dall'interno, facendogli fare una faccia buffa mentre questo sbadigliava; la seconda foto era un'immagine dei fratelli Okagawa addormentati uno accanto all'altro, entrambi che russavano sonoramente con le bocche spalancate; un'altra foto mostrava Suzuko con la testa poggiata sul tavolo e il volto nascosto da un braccio mentre con la mano libera sollevava il bicchiere per chiedere un altro po' di vino al proprio partner; ancora un'altra foto con protagonisti Hoshi, imbronciato come al solito, che rifiutava una seconda porzione di torta salata e Kaoru con una faccia buffa che cercava di persuaderlo a prenderla. Le foto continuavano ancora, seguendo sempre lo stesso tema e ritraendo tutti quanti a rotazione, e nessuno si era accorto di niente.
Un po' per l'allegria contagiosa che gli aveva impedito di notare gli scatti, un po' per il vino che aveva annebbiato i loro sensi, i ragazzi erano stati i bersagli di una vera e propria paparazzata.
<< Chi è il mago che ha scattato le foto? >> Chiese Ryo porgendo di nuovo la macchina fotografica a Kaoru. Il ragazzo e la sua partner si ammutolirono imbarazzati, prima di ammettere che era stata lei a scattare la maggior parte delle fotografie.
<< Sei davvero brava! >> Commentò Yoshiki. << Non solo non ci siamo accorti di niente, ma pochissime foto sono venute mosse o fuori fuoco… A parte questa! >> Rise mentre osservava uno scatto della sua partner che si voltava di colpo, venendo immortalata con il viso mosso.
<< Se Suzuko vede questi scatti non sarà contenta… >> Mormorò Tetsuya a denti stretti, immaginando già come il giorno seguente la sua partner sarebbe tornata a comportarsi con la sua solita severità.
Aiko digrignò i denti a sua volta e trattenne una risatina, pensando alla furia della sua compagna di stanza. Yoshiki poi prese di nuovo la macchina fotografica e fece per esaminarla. << Manca qualcosa però… >> Mormorò.
<< Che cosa? >> Chiese Kaoru avvicinandosi un poco. Ci volle solo un attimo perché Ryo e Tetsuya interpretassero lo sguardo del loro compagno di squadra, così quando Yoshiki alzò di scatto la macchina fotografica per puntarla verso di sé, entrarono tutti e due nell'inquadratura stringendo i loro compagni in mezzo al gruppo.
La macchina scattò la foto e il flash li abbagliò per un istante, poi Yoshiki rilassò il braccio e guardò il risultato: lui e i ragazzi erano venuti bene, Kaoru però era uscito con gli occhi chiusi e Aiko era stata immortalata con un'espressione quasi spaventata, presa completamente alla sprovvista mentre tutti gli altri intorno a lei si mettevano in posa.
<< Anche questa ha il suo fascino. >> Disse Ryo divertito, mentre Kaoru e Aiko si ricomponevano, più imbarazzati di prima per qualcosa che solo loro avevano notato.
<< E' stata una bella idea. >> Mormorò Yoshiki guardando le foto nello schermo della macchina fotografica. << Ma come avete fatto a mettere le mani su questa? >> E la sollevò in aria, perplesso.
<< Abbiamo chiesto ad Hachi. >> Rispose Aiko molleggiandosi sui talloni. << Gli abbiamo detto che volevamo dare una festa e scattare qualche foto, e lui è stato molto disponibile a fornircene una! >>
I ragazzi ci misero un attimo a realizzare che forse includere Hachi in quella storia non fosse stata un'ottima idea, ma evitarono di farne parola con Aiko. Invece restituirono la macchina fotografica e uscirono dalla cucina continuando a parlare distrattamente.
Aki era ancora che dormiva nell'angolo e nessun tentativo di svegliarlo avrebbe avuto successo. E dire che era per lui e sua sorella che avevano messo in piedi quella festa, ci si sarebbe aspettati che resistessero un po' di più.
<< Noi torniamo in camera. >> Disse Yoshiki mentre gli altri si avvicinavano al corpo inerte del loro amico. Tetsuya lo seguiva lentamente, sbadigliando. << E' stata una bella serata, facciamolo di nuovo presto! >>
<< Se diventa un'abitudine, dovremo cominciare a fare a gara a chi cucina più prelibatezze! >> Rise Kaoru piantando i pugni nei fianchi e mandando un grande sorriso alla sua partner.
I due ragazzi uscirono dicendo quanto fossero stanchi mentre nella sala da pranzo restavano Ryo e Kaoru ad occuparsi del loro compagno di stanza.
<< D'accordo bello, vediamo di riportarti a letto… >> Borbottò Kaoru avvicinandosi ad Aki e sollevando delicatamente il suo braccio per farselo passare dietro le spalle, intento a fargli da appoggio. << E' buffo come per una volta sia io a trascinare te su per le scale, no? >> Commentò divertito, senza ricevere alcuna risposta.
<< Sarà meglio che vada anche io. >> Disse Aiko avvicinandosi a lui per un momento. La ragazza era molto stanca anche se non si notava; passare l'intero pomeriggio ad occuparsi di preparare quella cena in ogni minimo dettaglio l'aveva stremata più di quanto avesse immaginato. Ormai il suo sguardo aveva assunto una strana luce, come se si stesse perdendo a guardare dentro il ragazzo che aveva di fronte, a metà tra il mondo dei sogni e la realtà.
<< Certo, hai bisogno di riposare più di tutti! >> Rispose Kaoru con sguardo radiante, in contrasto con la pacatezza di lei. << Fai sogni d'oro, Aiko! >>
<< Anche tu… E grazie per avermi aiutata! >> La ragazza si girò un’ultima volta per salutare con la mano e lasciò la stanza, affrettandosi su per le scale; per un momento sembrò voler dire di più, ma alla fine scomparve in un lampo.
Il sonno tornò a farsi sentire per i ragazzi rimasti di sotto, che senza più stimoli dagli altri compagni cominciavano a rallentare.
<< Non mi aspettavo che ti saresti preso una responsabilità così grande… >> Mormorò pensieroso Ryo mentre lui e Kaoru trasportavano Aki su per le scale. << Pensavo ti annoiassi a cucinare. >>
Kaoru sorrise, ancora euforico per la serata appena passata. << Bé, è vero… Però è stata un'idea di Aiko. Voleva davvero fare qualcosa di bello per tutta la squadra, e non ho potuto fare a meno di accontentarla in ogni modo… >>
Ryo allungò una mano e sfiorò la guancia del suo amico con il pugno chiuso. << E adesso siete entrati così in confidenza, brutto furbastro! >>
Kaoru rise e restò in silenzio, pensando che forse aveva ragione Ryo. Forse lui e Aiko avevano finalmente superato quella barriera di imbarazzo che li aveva tenuti distanti fino a quel momento.
<< Però eravate davvero carini, quando vi abbiamo beccati a guardare le foto della serata. >> Aggiunse il ragazzo aggrappandosi al corrimano della rampa di scale.
<< Che vuoi dire? >> Domandò l'altro arrossendo un poco.
Ryo ghignò. << Sai, si vedeva che eravate entrambi rilassati e che volevate soltanto divertirvi… Non c'era quel bisogno di restare seri che si avverte di solito quando vi parlate. Fate una bella coppia… >>
Le guance di Kaoru divennero più rosse. << Se continui a dirlo, finirò per crederci anche io… >> Borbottò distogliendo lo sguardo. Forse doveva ringraziare il vino di Kya e Rin per quello, perché per la prima volta Aiko era stata veramente più sciolta e sincera nei suoi confronti, tuttavia aveva notato questo cambiamento anche prima che iniziasse la serata; durante i preparativi Aiko aveva preso la situazione nelle sue mani ed era stata chiara e diretta quando ce n'era stato il bisogno. Era come se lavorando assieme fossero entrati in sintonia, e Kaoru doveva proprio ammettere che era una bella sensazione.
<< Parliamo di te, piuttosto! >> Disse alla fine, volendo distogliere l'attenzione da sé e Aiko. << Sembra che tu e Kya vi siate divertiti alla grande! >>
Ryo sbuffò. << Kya è travolgente… Non credevo che l'avrei mai vista ubriaca, ma penso che abbia voluto fare un po' di scena per potersi divertire a modo suo. >>
<< Sì, a quella ragazza piace stuzzicare la gente in ogni modo. >> Commentò Kaoru. Arrivati al piano di sopra, si diressero verso la porta della loro stanza e si fermarono in attesa che Ryo estraesse la chiave. << Comunque è bello che si sia ambientata tanto bene con la squadra. Mi sembra che avessi detto che Kya non ha mai avuto molti amici… >>
Era strano per Ryo, l'idea che Kya non fosse più totalmente dipendente da lui lo faceva stare bene, ma temeva che se si fosse allontanata troppo da lui, avrebbe finito per dimenticarsene. << Non è che Kya fosse un tipo solitario… Quando eravamo bambini era veramente popolare, e anche crescendo è sempre stata una personalità… Di spicco, nei nostri gruppi di amici. >>
<< Ma? >> Kaoru poteva percepire che c'era qualcosa di diverso da quei tempi decritti dal suo amico.
Ryo increspò le labbra e ci pensò un attimo. << E' che non si è mai aperta così tanto con le altre persone, e mi fa davvero piacere che stia bene con tutti quanti. >>
Il ragazzo aprì la porta e lasciò entrare Kaoru mentre Aki gli russava sonoramente nelle orecchie. << E' questo il ringraziamento per averti portato fin quassù? >> Mugugnò questo prima di lanciare il suo amico in direzione del letto.
Ryo scoppiò in una risata che dovette soffocare subito per non rischiare di dare fastidio agli altri nelle stanze vicine. << Guarda che è quello che fai tu ogni sera con noi! >>

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Capitolo 17
*** Abbandonato ***


Alle sette e mezza davanti alla panetteria, questo era l’appuntamento di tutti i giorni che i ragazzi si erano dati. Mitsuru era sempre il primo ad arrivare, ma quel giorno sembrava che gli altri stessero tardando più del solito.
Guardò l’orologio con impazienza, poi diede un altro sguardo alla strada per cercare qualche segno familiare, ma non vide niente che potesse preannunciare l’arrivo dei suoi amici. Spazientito, decise di entrare e aspettarli dentro.
L’odore di pane appena sfornato inondò le narici di Mitsuru quando ebbe spostato la porta scorrevole di vetro. Il viavai della gente nella panetteria era uno spettacolo stupendo, come ogni volta: c’erano gli studenti che si affrettavano a scegliere qualcosa da portare a scuola per più tardi, persone che passate di là non erano riuscite a resistere alla tentazione di uno dei dolci esposti in vetrina e adesso faticavano a scegliere, e poi la gente dietro al bancone che correva dal retro e serviva i clienti; era lì che si trovava il suo amico Futoshi, che lo salutò con un gesto della mano quando lo vide comparire alla porta.
Un paio di studentesse passarono accanto a Mitsuru portandosi via due sacchetti di carta chiusi e lo salutarono:<< Buongiorno prof! >>
Mitsuru gli mandò un sorriso prima di avanzare verso il bancone e prendere posto a uno degli sgabelli liberi; la panetteria di Futoshi permetteva anche di consumare la propria merenda sul posto e raramente si trovava posto con tanta facilità. Ci vollero pochi secondi prima che Futoshi lo raggiungesse e si posasse al banco con il gomito chiedendogli:<< Che cosa prende oggi il mio cliente preferito? >>
Mitsuru sorrise e la mano che aveva poggiata alla guancia sprofondò verso la sua nuca. << Ancora niente, Futoshi. Sto aspettando che arrivino quegli idioti e mi ero stufato di starmene al freddo. >>
Ancora prima che finisse di parlare, una voce acuta proveniente dall’entrata sovrastò la sua e gli fece subito venire il mal di testa:<< Guarda che ti sento! E non provare a prenderti il cornetto al cioccolato che mi piace tanto! >>
Mitsuru si grattò un orecchio e assunse un’espressione seccata piena di teatralità. << Ed ecco che arriva a far baccano. >>
Zorome si sfilò la borsa dalla spalla e la tenne per qualche secondo dalla tracolla mentre lui e Goro si inoltravano all’interno della panetteria di Futoshi. << Ma guarda che seccatura! Per una volta che arrivo cinque minuti in ritardo deve mettersi a fare queste scenate… >>
<< Sono almeno quindici. >> Disse Mitsuru tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Zorome non lo poté vedere, ma gli era comparso un sorrisetto divertito sul volto quando aveva detto quella frase.
Il piccoletto si sedette lasciando uno spazio tra sé e Mitsuru e borbottò qualcosa di incomprensibile mentre Goro prendeva posto sulla sedia libera; anche da quando erano cresciuti, lui era rimasto sempre il più basso del gruppo e Mitsuru si divertiva un mondo a prenderlo in giro per questo.
<< Andiamo, ragazzi! >> Fece Futoshi incrociando le braccia. Non perdeva mai il suo sorriso, i battibecchi tra Zorome e Mitsuru poi erano uno spasso da vedere. << Non vorrete cominciare una giornata così bella con un litigio? >> Disse dopo essersi voltato a prendere qualcosa alle proprie spalle ed essere tornato con un piattino con sopra un cornetto alla cioccolata per Zorome, avvolto in un tovagliolo.
Questo si illuminò in volto quando vide il cornetto, ma dopo che lo ebbe posato sul banco di fronte a sé, si accasciò sulla spalla di Goro e sbuffò con aria esausta. << Veramente l’ho già fatto! Miku non mi lascia respirare nemmeno per un istante, sempre ad abbaiare ordini… >> Poi imitò il latrato di un cane con una voce acuta molto simile a quella della sua ragazza, facendo ridere il gruppo.
<< Ancora problemi con l'appartamento? >> Domandò il panettiere. Sapeva che non si trattava di veri e propri litigi, ma quei racconti di Zorome e Miku erano all'ordine del giorno.
<< Nah… L'appartamento non c'entra, mi sono ricordato di pagare l'affitto in tempo questa volta… >>
Goro rise. Zorome gli lanciò un'occhiataccia, ma continuò a raccontare.
<< E' solo che adesso si è messa in testa di fare l'arredatrice di interni, e quindi appena sposto qualcosa vuole essere sicura che non rovini "l'armonia della stanza" o qualcosa del genere e finisce sempre per farmi muovere tutto quanto ed è esasperante! >> Sospirò il ragazzo spostandosi il ciuffo dall’altro lato del viso.
<< Quindi ha davvero intenzione di lasciare la scuola? >> Chiese Mitsuru, dispiaciuto al pensiero che Miku se ne andasse.
Zorome poggiò una guancia sulla mano e sbuffò. << Chissà… Ha un sacco di grilli per la testa. >> Mormorò. << Dice che prima di crescere una famiglia è necessario avere un lavoro più stabile di quello dell'insegnante. Vuole assicurarsi che i nostri figli abbiano tutto quanto a disposizione, che non gli manchi niente… >>
<< Oh, quindi ne avete parlato! >> Commentò Futoshi, contento di quella notizia. << Congratulazioni! >>
Zorome non reagì molto mentre quello lo scuoteva con entusiasmo. << Insomma… Sembra ancora un argomento tabù per lei. Dice che ha troppa paura di passare quello che ha passato Kokoro alla sua prima gravidanza… >>
Mitsuru sembrò voler dire qualcosa, ma non lo fece e rimase a guardare l'amico in silenzio.
Futoshi si mise le mani sui fianchi e indietreggiò un poco mentre il piccoletto del gruppo si ricomponeva. << Bé, almeno ne avete parlato. E' un primo passo verso la direzione giusta, e quando vi sentirete pronti si vedrà… >>
<< Mah… Forse è meglio così, quella donna non è veramente adatta a fare la madre secondo me… >> Rispose quello poggiando i gomiti al banco. << E' veramente insopportabile! Non posso riposarmi cinque minuti che mi urla dietro; oggi stavo per uscire e mi ha gridato dal bagno di tornare immediatamente indietro per mettere a posto degli asciugamano. Lei oggi dormirà tutta la mattina e io che sono già sulla porta devo perdere tempo con i suoi maledetti asciugamano! Come pensi che crescerebbero dei bambini con questo trattamento? >>
<< Di sicuro saranno ben disciplinati! >> Disse Goro sghignazzando. << E poi penso che faccia bene a tenerti al guinzaglio così; ci vuole qualcuno che non ti faccia battere la fiacca! >>
<< Ma è troppo ossessiva… Anche a scuola, non mi toglie gli occhi di dosso! >> Protestò l’altro. << Anche se scappassi su Marte, finirebbe per trovarmi. >>
Le risate di Goro e Futoshi riempirono la panetteria attirando l’attenzione di alcuni dei clienti; c'era poco viavai in quel momento, quindi il panettiere poteva anche permettersi una piccola pausa per chiacchierare con i suoi amici. Anche Zorome si unì alle risate, nonostante stesse cercando di mostrarsi seccato, ma era inutile: non ci riusciva proprio ad essere veramente arrabbiato quando pensava a Miku.
Alle risate però non si unì Mitsuru, che invece si incupì improvvisamente. Fu Goro ad accorgersene e a sfiorargli una spalla.
<< Ehi, che succede? >>
Mitsuru si mosse come un palloncino spinto dal vento e si voltò pochi istanti dopo con una espressione vuota. << Marte… >> Mormorò con lo sguardo perso nel vuoto. << Divertente. >>
Gli sguardi dei tre ex Parasite si posarono tutti sul loro vecchio compagno e fu proprio Zorome a esprimere le proprie preoccupazioni. << Ehi, ma che hai? Sei diventato bianco come un lenzuolo… >>
<< Sei sicuro di stare bene, Mitsuru? >> Gli fece eco Futoshi.
I quattro adulti rimasero in silenzio per qualche secondo, ma il tempo sembrò rallentare enormemente in quegli istanti. Fu Futoshi ad allarmarsi, dopo aver attentamente studiato l’espressione del suo amico.
<< Non sarà che Kokoro si è sentita male…?! >>
<< Kokoro non c’entra. >> Si affrettò a dire Mitsuru per rassicurarlo. << Sono io quello che ha problemi. >>
I tre amici rimasero zitti. Nessuno voleva provare a dire niente per non interpretare male le parole di Mitsuru, ma forse stavano cominciando a capire di che cosa si trattasse: lui gliene aveva parlato, dei suoi sogni ricorrenti riguardanti vecchi amici che non c’erano più. Il legame tra lui e Hiro non sarà stato sicuramente il più idilliaco all’interno della squadra, ma anche dopo aver risolto le loro divergenze, Mitsuru aveva sempre sentito di non aver mai chiarito del tutto le cose con il “ragazzo prodigio” della loro squadra.
<< Ti va di parlarne? >> Chiese infine Goro, uno sempre disponibile a dare consigli.
Mitsuru fece una smorfia continuando a guardare in basso. Non che ci fosse qualcosa di cui vergognarsi e i suoi amici già conoscevano il suo problema, ma temeva di diventare una seccatura per loro facendo così. << Sapete già di che cosa si tratta, non c'è nulla di nuovo… Mi chiedevo solo… >> Disse alzando lo sguardo con un’espressione di sconfitta in viso.
Mitsuru si interruppe e inspirò lentamente, guardando i suoi amici uno a uno; poi si portò una mano alla testa e si massaggiò una tempia, dicendo:<< Voi siete stati su Marte… L’avete visto? Com’era? >>
I ragazzi erano sorpresi; pensavano che gli avrebbe chiesto direttamente di Hiro, invece Mitsuru si ricollegò alla discussione di prima. Quando loro tre partirono per riportare Zero Two a casa, lasciando Mitsuru ad accudire Kokoro allora incinta di sua figlia Ai, ancora non sapevano che quella sarebbe stata l'ultima occasione per salutare Hiro, prima che decidesse di sparire in quel portale assieme alla sua anima gemella alla volta dello spazio, per chiudere la guerra con i VIRM una volta per tutte. Il fatto di non aver mai potuto dirgli addio era stato un peso difficile da sopportare per Mitsuru.
Goro capì perché Mitsuru volesse sapere di Marte, e cominciò a parlare:<< L’idea di essere così lontani da casa rendeva tutto molto più terrificante… Come se non bastasse il fatto che stessimo rischiando la vita in prima persona, contro dei nemici potentissimi. Però quel mondo inesplorato, così estraneo eppure in qualche modo vicino a noi, anche se non ho avuto il tempo di ammirarlo per bene, mi è sembrato bellissimo. >>
<< Bellissimo… >> Ripeté pensieroso Mitsuru. << Non sarebbe bello scoprirlo? Farlo diventare un mondo non più inesplorato, ma familiare. >>
Goro lo osservò per qualche secondo, perplesso. Poi si appoggiò quasi completamente al bancone con il braccio e guardò in alto con aria assente. << Chissà… Forse, un giorno. >>
<< Ma è un pianeta vuoto! >> Disse Zorome. << A che servirebbe farlo? >>
Goro lo incalzò:<< Non hai spirito di avventura, vecchio mio! >> Tornò a sporgersi in avanti mentre il suo amico si voltava per rivolgergli uno sguardo interrogativo. << Non deve esserci un motivo per volere andare su Marte. Lo possiamo fare per pura curiosità, o per scoprire qualcosa di più del mondo che ci ospita… Potremmo scoprire grandi cose semplicemente raccogliendo una roccia dal suolo, e già questo sarebbe un traguardo incredibile. >> Disse con quel luccichio negli occhi che lo caratterizzava; era difficile parlare di quelle cose con lui, perché non sempre riusciva a spiegarsi in modo sensato a causa della sua sete di conoscenza.
Goro si spinse indietro sullo sgabello e sorrise rilassato, prima di riprendere a parlare. << E poi c’è il desiderio di spingersi oltre i limiti del possibile, sconfiggere le barriere che ci legano nelle nostre gabbie… In poche parole, compire qualcosa che dimostri che siamo veramente i padroni del nostro destino, capaci di fare grandi cose, e non solo dei semplici passeggeri della vita! >>
Zorome vide negli occhi del suo amico la stessa scintilla che avevano i suoi alunni quando si appassionavano a un argomento, e capì come mai avesse voluto viaggiare tanto una volta tornato da Marte, anni addietro; anche dopo tutto quel tempo, il suo desiderio di esplorare il mondo non si era mai spento né appagato.
Mitsuru annuì, comprendendo in parte il ragionamento di Goro; tuttavia lui pensava a qualcos’altro quando immaginava il pianeta rosso. << Ed è lì che avete visto Hiro e Zero Two per l’ultima volta, vero? >> Disse con tono grave.
Il silenzio calò sui quattro amici e gli sguardi tornarono tutti quanti su Mitsuru. Finalmente scopriva le sue carte e andava dritto al punto.
<< Bé, sì… >> Mormorò Futoshi. << Quel gigantesco portale si è aperto proprio in mezzo ai due satelliti… E loro ci sono passati attraverso. >>
Mitsuru rimase in silenzio annuendo ancora. Passarono pochi secondi prima che ricominciasse a parlare, e questa volta la sua domanda lasciò a bocca aperta i ragazzi; con l’espressione più seria che avrebbe potuto trovare, disse:<< Credete che si potrebbe riaprire? >>
Quell’idea, quel pensiero seppur inimmaginabile e impossibile, per un attimo diede i brividi ai tre ragazzi con cui stava parlando Mitsuru. Nessuno di loro aveva mai ipotizzato la riapertura del portale, e non solo per il fatto che fosse praticamente impossibile capire come funzionasse o anche solo raggiungerlo; una volta attraversato, non avevano idea di dove avrebbe potuto spedirli né di quanto tempo sarebbe passato, né se avrebbero trovato effettivamente qualcosa dall’altra parte.
Non c'era nemmeno una reale motivazione per cui fosse necessario tentare di riaprire il portale con tutta questa fretta; a parte la curiosità scientifica, tutta l'urgenza di Mitsuru non era giustificata. Non c'erano segnali di imminenti pericoli dallo spazio, né prove che i VIRM fossero sopravvissuti all'attacco finale. Nonostante ciò, Mitsuru fu contrariato dagli sguardi che gli si rivolsero.
<< Come fate ad esserne sicuri? >> Disse battendo i pugni sul banco, infiammandosi improvvisamente come se gli fosse stato già negato ciò che voleva dire. << Come fate ad essere sicuri che loro non possano essere ancora là? >>
Era come se avessero deciso già di abbandonarli, anche quando c'era la possibilità che Hiro e Zero Two fossero ancora da qualche parte nello spazio, alla ricerca di un modo per tornare. Vide gli sguardi dei suoi amici farsi colpevoli mentre elencava loro le possibilità.
<< Noi non sappiamo cosa gli sia successo veramente. Nessuno di voi ha visto come si è svolta la battaglia… Potrebbe essere che abbiano vinto e il portale si sia richiuso alle loro spalle, impedendogli di tornare a casa. E nonostante ci sia questa possibilità, voi preferite restare a fare finta di niente e comportarvi come se siano andati per sempre? >> Mitsuru li sgridò. Aveva tutto il diritto per essere arrabbiato, anche se non avrebbe potuto certo prendersela con i suoi amici per quello; anche il suo discorso non suonava del tutto insensato, nonostante i grandi interrogativi che lo rendevano un condizionale perpetuo.
Anche avendo senso, quell'idea sarebbe potuta restare solo tale. << Mi piacerebbe che fosse come dici tu, Mitsuru. >> Mormorò Goro tenendo lo sguardo basso, sorridendo mestamente. << Purtroppo, anche se fosse così, potremmo fare ben poco per loro. Le probabilità che siano ancora vivi, da qualche parte, sono bassissime, e noi non avremmo modo per aiutarli. >>
Freddo e diretto, proprio come avrebbe dovuto essere. Se Hiro e Zero Two avevano impiegato tutto quel tempo per raggiungere i VIRM attraverso il portale, non avrebbero mai potuto ripercorrere la strada al contrario senza un passaggio che accorciasse il viaggio, anche essendo nelle condizioni di intraprenderlo. Era impossibile, e Mitsuru non avrebbe fatto che torturarsi a pensare a tutte quelle cose.
<< Mitsuru, dobbiamo accettare che i nostri amici si sono sacrificai perché noi potessimo continuare a vivere. Quando sono partiti sapevano quanto fossero scarse le loro probabilità di sopravvivenza, eppure non ci hanno pensato neanche un minuto. >> Continuò alzando una mano per interrompere i tentativi di protesta dell’amico. << Lo hanno fatto perché noi potessimo avere una possibilità per andare avanti. Ci hanno salutato, sapendo che non sarebbero tornati. >>
Mitsuru sbatté con più forza le mani sul bancone, il volto contratto in una smorfia rabbiosa. Futoshi e Zorome sobbalzarono per lo spavento e temettero che i loro amici fossero a un passo dall’arrivare alle mani, ma Goro era tranquillo.
<< E a te sta bene così? >> Chiese il primo dei due, ringhiando.
Goro rimase impassibile e parlò con voce ferma. << Sì. Perché grazie a loro adesso ho una famiglia, posso vivere libero e tramandare a qualcuno la storia del loro gesto. Anche tu gli devi molto, anche di più di me. >>
Il viso di Mitsuru, attraversato dalla rabbia, lasciò spazio rapidamente allo sconforto. Sapeva che Goro aveva ragione, ma proprio perché doveva moltissimo a Hiro non riusciva a trovare pace.
Alla fine le braccia di Mitsuru cedettero e lui si sedette pesantemente sullo sgabello da cui si era sporto; alzò le mani di fronte alla faccia e le pressò sopra agli occhi, salendo lentamente sulla fronte e passando le dita in mezzo ai suoi capelli, che spettinò. Solitamente Mitsuru teneva moltissimo a mostrarsi ordinato, ma non esitò neanche un attimo a lasciarsi andare a quel gesto di esasperazione, e quando ebbe respirato a fondo, chiese:<< Vuol dire che dovrei arrendermi? >>
I tre amici si scambiarono degli sguardi esitanti mentre lui attendeva una risposta. Alla fine fu di nuovo il più saggio tra loro a rispondere:<< So che sembrerà scontato, ma… E’ quello che vorrebbero loro. >>
Lo sguardo di Mitsuru si fissò sul soffitto con orrore quando sentì quelle parole. Gli si tagliò il fiato, come se Goro gli avesse appena dato un pugno nello stomaco; eppure, nonostante fosse deluso da quel risultato, Mitsuru si sentì un po' più leggero.
<< Se non fosse stato per permettere a noi che eravamo rimasti indietro… A tutti quelli che avevano affidato le proprie vite alle loro mani, per quale motivo avrebbero dovuto sacrificarsi così? >> Disse Zorome, cercando uno spazio in cui mettere il proprio pensiero e aiutare così il suo amico ad accettare quella cosa.
L’espressione di Mitsuru si fece sempre più affranta. Non era pronto a lasciare andare il ricordo di Hiro; com'era possibile che i suoi amici lo avessero accettato così facilmente?
<< Sai, Mitsuru… Quando Hiro e Zero Two ci lasciarono per entrare nel portale, sentì nelle loro voci la rassegnazione. >> Mormorò Goro con nostalgia nella voce. << Non era una rassegnazione piena di rimpianti, ma serena… Loro avevano già accettato di andare fino in fondo per tutti noi. Sapevano come sarebbe andata a finire, eppure ci lasciarono con un sorriso e la promessa di tornare il prima possibile, perché se anche solo ci fosse stata una piccolissima speranza di tornare qui, loro ci avrebbero sicuramente provato. >>
<< E noi non dovremmo fare lo stesso, pur essendoci solo una possibilità su un milione che possano ancora essere lì? >> Tornò all'attacco Mitsuru, ripresosi dallo sconforto di quella situazione. Continuavano a ripetere gli stessi concetti usando parole diverse, quella conversazione aveva raggiunto un punto morto e lui si stava alterando; Goro, invece, cercava ancora di ragionare con lui.
<< Se avessimo gli strumenti per cercarli, per raggiungere anche solo Marte e provare a riaprire quel portale, allora sì e io sarei il primo ad appoggiare questa idea. >> Lo sguardo grave del loro vecchio caposquadra. << Ma nelle nostre condizioni possiamo fare ben poco. E poi ognuno di noi ha le sue responsabilità, delle vite da mantenere… Non è più come quando eravamo dei Bambini. >>
Mitsuru pensò a Kokoro, a quanto fosse fragile in quel momento, e ai loro bambini. Cosa avrebbe fatto lei se il marito avrebbe deciso di partire per cercare Hiro? Molto probabilmente, conoscendola, lo avrebbe appoggiato e potendo sarebbe partita con lui in quel viaggio impossibile. Ma quanto avrebbe sofferto veramente? Soffriva già così tanto per la sua condizione, e quanta di quella sofferenza era causata dai continui dubbi di Mitsuru, che si riflettevano su di lei? Perché lei era la sua cura, il suo riparo… Tutto quello che poteva turbarlo, lei era capace di mandarlo via. Ma doveva essere onesto con sé stesso e ammettere che ci fosse un limite a quanto una persona sola, per quanto buona come la sua Kokoro, potesse sopportare.
<< Ho capito, Goro. >> Disse Mitsuru nascondendo la faccia tra le mani. << Ho capito… So che è assurdo, e so che avete ragione voi… >> Mormorò tremando. Sentì il bisogno di piangere e lottò con tutto sé stesso per non scoppiare in lacrime di fronte ai suoi amici. << Ma non riesco a fare a meno di pensarci. Il modo in cui urlava nel mio sogno, il modo in cui mi chiamava… Mi ha fatto sentire come se io lo avessi abbandonato. >>
<< Non è così. >> Disse Futoshi allungando una mano e posandola sulla spalla dell’amico. Gli rivolse un sorriso rassicurante, uno dei sorrisi morbidi di quel suo faccione tondo con cui di solito accoglieva i clienti alla panetteria, facendoli sentire come se fossero a casa. Anche Mitsuru si sentì a casa per un momento, e poté capire anche perché; in fondo erano sempre stati una grande famiglia. << Non possiamo sapere come siano andate le cose laggiù nello spazio, ma quello che possiamo fare è continuare a vivere la vita migliore che possiamo, per non sprecare il sacrifico di Hiro e Zero Two! >>
Un piattino con sopra un cornetto al cioccolato scivolò sul banco e si fermò di fronte a Mitsuru; Zorome distolse lo sguardo e facendo finta di niente borbottò:<< Ti serve più che a me. E vedi di farti passare questa depressione, o non sarà più divertente prenderti in giro! >>
Mitsuru fissò il piatto con sopra il cornetto ancora caldo preparato da Futoshi e sbatté le palpebre allibito; se Zorome aveva rinunciato alla sua preziosa colazione, significava che doveva essergli sembrato veramente penoso. Sorrise tristemente quando si rese conto che forse non sarebbe mai riuscito a rivedere Hiro, ma almeno avrebbe sempre avuto al suo fianco degli amici così.
La colazione del gruppo fu breve: avevano già impiegato parecchio tempo a parlare del suo sogno e quindi dovettero sbrigarsi per potersi dirigere tutti a lavoro. Lui e Zorome erano diretti a scuola, mentre Goro doveva raggiungere il suo studio a un quarto d'ora di cammino da lì, e Futoshi doveva tornare a occuparsi dei clienti; a quell'ora arrivava la seconda ondata di studenti, i ritardatari che non volevano rinunciare alla colazione anche a costo di essere sgridati a lezione. Nonostante la fretta, tutti e quattro riuscirono a godersi qualche minuto di spensieratezza come vecchi amici.
<< Mitsuru! >> Mentre era sulla porta, l'insegnante sentì la voce del suo amico Futoshi chiamarlo dal fondo della sala e si voltò per sentire cosa volesse dirgli.
<< Oggi pomeriggio pensavo di andare a visitare la tomba di Ikuno. Ti va di venire con me? >>
Nonostante stesse ancora sorridendo, Mitsuru vide la nostalgia negli occhi di Futoshi. Non sapeva esattamente perché glielo avesse detto, ma sentì che sarebbe stato giusto accettare l'invito.
<< Allora ti aspetto. >> Lo salutò Futoshi ammiccando, prima di tornare sul retro a impastare il pane.
Mitsuru tornò a voltarsi e uscì finalmente dalla panetteria. Sì, una visita alla sua vecchia partner forse lo avrebbe aiutato.

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Capitolo 18
*** Crescita ***


Il furto del vino non passò inosservato. Il giorno seguente alla festa, quando tutti soffrivano ancora gli effetti postumi dell'alcol e della mancanza di sonno, Hachi e Nana diedero una bella strigliata ai ragazzi. Ci fu una lunga lezione sui danni che l'abuso di alcol poteva causare, specialmente su individui giovani come loro, e varie precauzioni furono prese perché nessuno potesse più rubare altre bevande dalla dispensa dei coordinatori; tutte queste cose tuttavia difficilmente avrebbero scoraggiato Kya dal tentare di nuovo il colpo. Per lei anche solo l'idea di commettere qualcosa che le era stato proibito le dava una euforia incontenibile.
Dopo quella settimana le visite agli hangar degli Stridiosauri si fecero sempre più frequenti. I coordinatori avevano promesso che dopo la cerimonia non ci sarebbe stato più nessun tipo di evento particolare che avrebbe potuto turbare la serenità della squadra, così tutti quanti poterono concentrarsi meglio sullo studio e sulla connessione; due settimane dopo erano cominciate le esercitazioni periodiche per l'intera squadra, due volte a settimana, e nel giro di un mese erano arrivate a tre.
Erano finiti i test che studiavano le reazioni dei ragazzi alla connessione; i valori di compatibilità si erano quasi tutti stabilizzati a livelli incoraggianti e anche gli effetti sul fisico dei ragazzi avevano cominciato ad affievolirsi sempre di più. Le esercitazioni consistevano nell'eseguire diversi compiti, individuali o di squadra, nel modo più efficiente possibile in scenari di vario genere, elaborati virtualmente all'interno di una sala adibita appositamente per i test con gli Stridiosauri; le più delle volte i ragazzi dovevano eseguire semplici consegne o costruire strutture più o meno complesse avvalendosi delle capacità dei loro Stridiosauri, ma ancora più spesso le esercitazioni erano motivo di testare le armi in dotazione agli Stridiosauri e calibrarne la potenza, permettendo così ai piloti di abituarsi a controllare sempre meglio la potenza dei propri mezzi.
Alcune volte la squadra fu messa a fronteggiare degli speciali droni da battaglia e i risultati furono quasi disastrosi: la coordinazione di squadra era quasi inesistente nonostante i ragazzi fossero già affiatati tra di loro, e i riflessi di Pistil e Stamen erano carenti in situazioni più concitate; le più delle volte pochi elementi finivano per portare sulle spalle il resto della squadra distinguendosi dal gruppo con qualche prodezza che raramente riuscivano a ripetere.
I droni erano perlopiù innocui e fungevano da bersagli mobili, ma alcune volte rispondevano al fuoco assestando delle scosse elettriche di varia intensità che venivano avvertite chiaramente dalle Pistil. Il dolore era stato uno dei deterrenti a lasciarsi andare per le ragazze; i Parasite dovevano lavorare assieme per superare il blocco mentale che tratteneva le Pistil dal raggiungere il loro massimo potenziale, visto che durante la connessione quell'impulso misto alla paura entrava nelle menti di entrambi e scombinava irrimediabilmente la loro coordinazione. Alcune coppie erano riuscite a superare questo ostacolo abbastanza facilmente, mentre altre avevano finito per trattenersi un po' di più in modo da esporsi di meno ai rischi e non dover dunque affrontare gli effetti di un eventuale errore.
Si era così avuto uno sviluppo parallelo delle abilità dei piloti, con alcuni di loro che mettevano la sicurezza al primo posto e altri che invece si gettavano a capofitto nell'azione. Questo non era necessariamente un problema perché era giusto che ogni Stridiosauro sviluppasse uno stile personale, ma il blocco mentale delle ragazze aveva cominciato a farsi sempre più invadente, interferendo anche con i livelli di compatibilità e abbassando l'equilibrio con i loro partner anche solo alla vista dei droni, portando a uno svolgimento sterile delle esercitazioni.
Le ragazze maggiormente penalizzate da questa condizione erano Aiko e Naho, mentre Momo sembrava soffrire di un altro tipo di deficit che i tecnici non riuscivano a spiegarsi; sin dall'inizio i valori di connessione dell'Aros erano stati molto instabili e sbilanciati, rendendo difficile anche solo la sintonizzazione tra i due piloti, e il tutto veniva ingigantito durante le esercitazioni quando era necessaria una alta concentrazione per operare al meglio.
Non erano solo le Pistil ad avere problemi nelle esercitazioni; gli Stamen, attraverso la connessione, potevano avvertire la paura e le incertezze delle loro partner, e questi pensieri interferivano con le loro decisioni, costringendoli a scegliere tra il bene delle ragazze e il compimento della missione. A soffrire di questo "rallentamento" erano soprattutto Aki e Kaoru, che durante le operazioni cercavano più e più volte di sincerarsi delle condizioni delle loro compagne, ma anche Ryo, preoccupato dall'eccessiva foga della partner alla quale cercava di dare un freno.
I problemi non si fermavano qui. Alcuni elementi della squadra sembravano semplicemente non riuscire a sfruttare al meglio il proprio potenziale, come nel caso di Hoshi che, assieme ai già noti problemi di adattamento di Momo, a causa della sua scarsa motivazione finiva per creare un equilibrio estremamente sottile che portava a una guida incerta e faticosa sia dal punto di vista fisico che psichico per entrambi i piloti. La loro coppia era la meno performante della squadra nonostante i loro livelli di compatibilità iniziali fossero tra i più alti; inizialmente nessuno dei due ci aveva dato molto peso, ma dopo un po’ di tempo questi risultati avevano dato il via a un effetto a cascata che aumentava la frustrazione nei due ragazzi, abbassando la fiducia reciproca tra partner e rendendo ancora più scarse le loro prestazioni.
Fortunatamente, non tutti i piloti soffrivano di simili difficoltà e anzi stavano registrando enormi passi in avanti in un brevissimo periodo, in primis la coppia dello Iustitia: la compatibilità di Kya e Ryo raggiungeva livelli sempre più alti ogni volta che effettuavano la connessione, le loro prestazioni crescevano stabilmente e in modo uniforme nonostante dopo il primo test ci fosse stato un leggero calo. Preoccupava però l’esuberanza di Nakamura, che aveva mostrato di poter prendere il sopravvento sul volere del proprio partner, in momenti particolari…
A crescere in modo esplosivo erano stati anche i piloti dell'Animus: i fratelli Okagawa, dopo aver chiuso la questione della loro bugia all'I.P.U., avevano finalmente cominciato a impegnarsi a fondo nei loro ruoli e più di tutti avevano appreso come controllare lo Stridiosauro in coppia. I loro livelli di compatibilità superavano anche quelli di Kya e Ryo, nonostante non avessero la stessa aggressività della Pistil dello Iustitia.
Era stata ugualmente notevole, seppur modesta a confronto, la crescita del Gaia nel corso dei vari test: la determinazione di Suzuko le aveva permesso di sopperire al deficit nella compatibilità tra lei e il suo partner e aveva mostrato di poter colmare il distacco che c'era con i più dotati della squadra attraverso una buona preparazione, tecnica e capacità di giudizio affilate. Mancava comunque qualcosa per esprimere al meglio il proprio potenziale in modo da eguagliare i risultati di Iustitia e Animus, e la connessione del Gaia mostrava sempre uno squilibrio tra valore positivo e negativo che non andava sottovalutato, però lo sviluppo era evidente e degno di lode.
Era passato solo un mese, ma già l'aria che si respirava nella squadra era di complicità e amicizia. Tutti avevano ormai capito di essere a tutti gli effetti parte delle forze speciali e con questo il morale era buono e non c'erano stati più attriti, soprattutto perché ogni volta che ne nascevano venivano rapidamente chiariti tra i ragazzi stessi. Tuttavia, i problemi nati durante le esercitazioni non si potevano risolvere con la stessa semplicità, né essere ignorati e per questo al termine dell'ultima esercitazione Nana e Hachi diedero un messaggio dai toni leggermente preoccupanti ai piloti.
Si era svolta senza troppi scossoni un'altra sessione di allenamento quel giorno: i piloti si erano dovuti cimentare in prove di velocità e come ogni giorno era stata redatta una classifica in base ai risultati.
<< Ottimo lavoro, ragazzi. Adesso potete scollegarvi. >> Fece la voce di Nana negli altoparlanti all'interno di ogni cabina di pilotaggio.
Quando lo Iustitia fu nel proprio hangar, Ryo chiuse la connessione con la propria Partner e liberò un lungo sbuffo. Kya raddrizzò la schiena e gli mandò un sorrisetto di complicità.
<< Bel lavoro anche oggi! >> Disse avvicinando il pugno chiuso al ragazzo.
<< Sì. >> Rispose lui con stanchezza, colpendo il pugno con le nocche.
<< Siete stati bravi, Iustitia. Ma oggi si interrompe la vostra striscia di record. >> Li raggiunse la voce di Nana. << Il più veloce in tutte le prove è stato Xenomorphus. >>
Delle voci di giubilo arrivarono sempre dagli altoparlanti; erano Aiko e Kaoru che festeggiavano. Sin dalla prima connessione la coppia dell'esemplare a quattro zampe si era mostrata ansiosa di pilotare e mostrare il proprio valore alla guida dello Stridiosauro; l'entusiasmo della Pistil aveva contagiato il suo partner, facendogli dare il massimo ogni volta fino ad ottenere quel risultato eccezionale, coltivando i propri livelli di compatibilità nel tempo.
<< E' stato nel percorso a ostacoli che vi siete distinti maggiormente… >> Continuò Nana analizzando brevemente i risultati della prova. << Sembra che siate in grado di prendere decisioni importanti con un brevissimo preavviso, e la conformazione del vostro Stridiosauro vi assicura una agilità maggiore in situazioni di poca mobilità. Tuttavia nel percorso ovale siete arrivati testa a testa con l'Animus, mostrando che con campo libero la loro velocità non ha uguali. >>
All'interno dell'Animus, Aki e Rin si stavano congratulando tra di loro, caricati di orgoglio dalle parole della coordinatrice.
<< Terzo classificato è Iustitia, poi Anthurium e Aros. >> Continuò la donna, alzando lo sguardo dai dati che aveva tra le mani per un momento. << Momo, i vostri movimenti erano lenti e scoordinati. Dovete concentrarvi di più sulle sensazioni che ricevete dal partner, invece di tentare di fare tutto da soli! >>
<< S-sì! >> Rispose la ragazza dell'Aros, sentendosi richiamare dalla coordinatrice.
<< Più tardi tu e Hoshi raggiungeteci nella sala dei briefing, per favore. Io e Hachi vorremmo potervi dare qualche dritta più approfondita… >> Si affrettò a dire dopo aver udito la risposta così preoccupata della ragazza. Questa volta non arrivò un segnale dallo Strdiosauro, anche perché una voce in arrivo dal Gaia interruppe quella conversazione.
<< E noi, invece? >> Sbottò Suzuko aprendo le comunicazioni senza preavviso. << Qual è il nostro punteggio? >>
Distrattamente, Nana tornò a controllare i dati dell'esercitazione, dove il Gaia figurava all'ultimo posto. << Vi confermo che siete arrivati ultimi. Tuttavia non dovete abbattervi per questo risultato; il vostro Stridiosauro è progettato per una guida più cauta e incentrata sulla difesa, è strutturalmente lento e ingombrante quindi in questo tipo di prova era prevedibile che otteneste un punteggio basso. Però i dati che abbiamo registrato sono comunque eccezionali! Si vede che vi state impegnando al massimo. >>
<< Ma non abbastanza… >> Sussurrò Suzuko all'interno della cabina del Gaia mordendosi un labbro. Proprio ora che sembrava star crescendo assieme al suo partner, ricevevano una batosta simile. Avrebbe dovuto prevedere anche la lentezza del Gaia nei suoi calcoli, ma non si aspettava che li mettessero a fare delle prove di velocità.
Suzuko aveva assunto un approccio molto analitico per studiare la sua situazione. Sapendo quanto fosse indietro rispetto ai suoi compagni sul piano del legame con il partner, aveva cercato di concentrarsi su Tetsuya per aumentare la propria affinità con lui: aveva individuato i campi in cui faticavano maggiormente e aveva pronto un piano per concentrarsi su quelle difficoltà e sviluppare le loro abilità in modo funzionale. Tuttavia c’era sempre qualcosa che rischiava di sfuggirle.
<< Accidenti… E' stata davvero una faticaccia. >> Commentò Tetsuya esausto, alzandosi dal sedile del pilota e stiracchiandosi. Quando si girò verso di lei, le chiese come stesse. << Ti fanno ancora male le gambe? >>
A Suzuko facevano un po' male braccia e gambe, ma non era nulla a confronto con quello che aveva sentito la prima volta che si erano connessi al Gaia. Scosse la testa. << E' merito del tuo allenamento, giusto? >> Chiese alzando la mano per farsi aiutare.
Tetsuya le afferrò la mano e la tirò a sé. << Bé, non ne sono sicuro… Però ho sentito che un corpo più allenato riesce a sopportare meglio gli sforzi della connessione, e in questo modo anche tu devi sforzarti di meno per mantenere l'equilibrio. >>
Suzuko sorrise e tentennò un secondo prima di dirigersi verso l'uscita. Avrebbe voluto dire qualcosa di più, ma alla fine dovette battere in ritirata; il problema era che le sembrava che la loro relazione fosse ancora troppo distante e non era sicura di come fare per aumentare la propria affinità con Tetsuya. Alcune volte si era data a mosse audaci per tentare di far aprire il suo timido compagno, ma in quel momento preferiva rimanere sulla difensiva.
Sulla rampa esterna che connetteva tutti gli Stridiosauri c'erano i piloti dello Xenomorphus che festeggiavano. Aiko e Kaoru si erano impegnati veramente tanto, anche se non sembrava che gli importasse dei risultati; a vederli che si davano il cinque e procedevano saltellando, sembrava quasi che non vedessero l'ora di batterli.
<< Deve essere bello. >> Mormorò Tetsuya guardando i loro compagni mentre venivano raggiunti anche dai piloti dello Iustitia.
Suzuko si voltò sorpresa. Anche lui provava quel desiderio di farsi valere? << Non abbatterti! >> Esclamò all'istante. << Noi non valiamo meno di loro, abbiamo solo qualche ostacolo in più da superare! E poi hai sentito quello che ha detto Nana, abbiamo fatto registrare dei risultati eccezionali. >>
Tetsuya fu colto alla sprovvista dall'improvviso fervore della sua partner. << Oh, sì… Stavo solo pensando che è veramente difficile pilotare al massimo come fanno loro. >>
Suzuko gli diede un colpetto sull'armatura. << Ehi, se ci lasciamo scoraggiare adesso non riusciremo mai ad arrivare fino alla fine. >>
La ragazza fece qualche passo in avanti e finì per girare attorno al suo partner, prima di dirigersi verso gli spogliatoi. Si girò un'ultima volta verso di lui e gli sorrise. << Conto su di te! >>
Il ragazzo fu destabilizzato da quel suo sorriso e non disse niente, ma Suzuko non gliene diede il tempo comunque. Aveva ragione: era compito degli Stamen proteggere le proprie partner e la guida era in mano sua, doveva affinare le proprie abilità in modo da essere più preciso e sicuro di sé!
<< Bel lavoro, Tetsuya! >> Fece una voce alle sue spalle, distogliendolo da quei pensieri. Yoshiki passò vicino a lui e gli diede una pacca sul braccio. << Tu e Sentakami sembrate una coppia affiatata. >>
<< Oh, ehi… >> Lo salutò il ragazzo distrattamente. << Abbiamo i nostri punti forti… Ma tu e Fukuda sembrate molto più bravi di noi. >>
<< La bravura non c'entra. >> Rispose Yoshiki stiracchiandosi un poco mentre faceva andare lo sguardo da una parte all'altra dell'hangar. << Dipende tutto dalla sintonia raggiunta tra partner, e si vede che voi due puntate molto su questo aspetto. >>
Tetsuya si sentì in imbarazzo a sentire quelle cose. << Dici sul serio? >> Mormorò distogliendo lo sguardo.
Yoshiki annuì con approvazione, come una persona che sapeva perfettamente di cosa stesse parlando. Poi la sua attenzione passò a quel ragazzino che attraversava la rampa a passi rapidi e con l'aria di chi aveva voglia di andarsene il più in fretta possibile da lì.
<< Kondō! >> Lo chiamò a voce alta, ma il ragazzo non si girò. << Cosa credi che vogliano Nana e Hachi da te e la tua partner? >>
<< E io che cosa dovrei saperne? >> Rispose scorbutico quello, continuando ad andare verso l'uscita. Simpatico come sempre, sin dal primo giorno Hoshi e Yoshiki non erano andati particolarmente d'accordo, però sembrava che ultimamente il pilota dell'Aros fosse diventato molto più insofferente ai commenti del suo compagno di stanza, così come per molte altre cose.
<< Devi proprio stuzzicarlo così? >> Borbottò Tetsuya, notando il sorrisetto di Yoshiki mentre osservava Hoshi andarsene rabbuiato.
Il ragazzo rimase a guardare quella scena per un altro po' prima di rispondere. << Se fosse in grado di accogliere le critiche non si infastidirebbe per una battuta… E poi non mi sembra per niente intenzionato a risolvere i suoi problemi. >>
I due ragazzi si girarono a guardare verso la rampa che collegava la cabina di pilotaggio dell'Aros al ponte e avvistarono la partner di Hoshi uscirne fuori a passi lenti, esausta. Momo si poggiò un momento al bordo del portellone prima di guardare verso il basso e sorridere al resto della squadra che la aspettava sulla rampa. Quando fu scesa, Nakamura cominciò a tempestarla di attenzioni fino a trascinarla via verso gli spogliatoi mentre gli altri le seguivano chiacchierando tra loro.
Yoshiki sospirò, poi disse a Tetsuya di andare. Non voleva mettere il naso negli affari personali degli altri, ma ogni volta che vedeva la Sakei gli sembrava che stesse diventando sempre più depressa, e sapeva che il motivo di quella sua tristezza doveva essere Hoshi.
 
*
 
Nana passò la mano sui fogli sparsi sulla scrivania e alzò lo sguardo verso i due ragazzi seduti di fronte a sé. << Sapete dirmi che cosa sono questi? >> Domandò con il tono di chi non aveva bisogno di una risposta. Sembrava un po' più arrabbiata del solito.
Momo e Hoshi guardavano con timore il volto della donna e facevano attenzione a non distogliere lo sguardo neanche per un secondo; normalmente non avevano bisogno di essere così nervosi, ma in alcuni momenti la loro coordinatrice era capace di trasformarsi completamente se qualcosa non le piaceva, e sembrava che quello fosse uno di quei momenti.
<< Sono… Fotocopie? >> Borbottò il ragazzino, osservando per un momento i fogli sulla scrivania. Non riusciva a vederne il contenuto, ma sembravano diversi tipi di documenti compilati e segnati più e più volte.
Nana annuì e spinse verso di loro due dei fogli presenti sul tavolo.
Momo allungò le mani e fece per prenderli, ma esitò per capire se la donna volesse che lei afferrasse quei fogli o glieli stesse solo mostrando da lontano. Alla fine toccò la carta senza innescare una reazione dalla coordinatrice e fu sicura di poter maneggiare quelle fotocopie con tranquillità.
Dopo aver osservato per un istante il loro contenuto, Momo riconobbe la propria scrittura in quei fogli e alzò lo sguardo. << Sono gli ultimi test svolti in classe. >> Disse perplessa.
Hoshi si sporse un poco verso di lei per guardare meglio e la ragazza gli passò il foglio con il suo nome sopra. Il ragazzo studiò per un momento quelle carte e sembrò soddisfatto.
<< Questi test non sono andati affatto bene. >> Disse Nana con voce ferma. << Volevo parlarvene di persona prima di consegnare i risultati al resto della classe. >>
Lo sguardo di Momo si incupì. Non era mai stata molto brava con la scuola, poteva dire di cavarsela ma i suoi voti non erano mai stati eccezionali nonostante la sua buona volontà. Temeva che questo momento sarebbe arrivato, e adesso avrebbe dovuto affrontare anche quel problema.
<< Non capisco. >> Disse Hoshi alzando lo sguardo. << Io ho ottenuto più della sufficienza, perché non dovrebbe essere andato bene? >>
Nana afferrò altri due fogli tra quelli sulla scrivania e glieli porse. << Hai una media di tutto rispetto che supera il novanta percento dei risultati nei test scritti e orali. Un settanta percento non dovrebbe farti rallegrare… >>
Hoshi strinse le spalle. << Una giornata no può capitare a tutti. >> Rispose mostrando di non essere particolarmente preoccupato. Forse aveva ragione, tuttavia Nana cominciava a notare troppi paralleli che non poteva permettersi di ignorare: l'andamento altalenante e poco soddisfacente della loro crescita come squadra a bordo dell'Aros doveva essere per forza legato al voto peggiore di entrambi i ragazzi allo stesso test.
Momo indugiò a lungo con lo sguardo sul voto segnato in rosso sul foglio di carta: quarantanove percento, mai tanto male per lei. Fino ad ora aveva sempre raggiunto la sufficienza, ma non c'era bisogno del punto di vista di qualcun altro per capire che fosse andata veramente male questa volta. Quel voto avrebbe influito sulla sua media irreparabilmente e sarebbe stato difficile ritrovare il giusto ritmo nello studio.
<< In ogni caso non mi sembra un problema tanto grosso da beccarmi una strigliata… >> Disse il ragazzo con un po' di presunzione, restituendo i fogli alla coordinatrice. Ma Nana gli fece segno di tornare a sedersi.
<< Non è tutto. >> Disse mentre il ragazzo assumeva nuovamente un atteggiamento remissivo. Hachi fece qualche passo in avanti, entrando in quella conversazione dopo esserne stato solo spettatore fino a quel momento.
<< I vostri livelli di compatibilità sono scesi nelle ultime settimane. >> Annunciò l'uomo. In qualche modo, quella notizia sembrò scuotere Momo molto di più di quanto avessero fatto i brutti voti.
<< Non è possibile… >> Mormorò la ragazza. Cercò lo sguardo di Hoshi, ma lui rimase rivolto verso i due adulti, completamente serio adesso.
Hachi aveva un palmare nelle mani, lo attivò e sullo schermo cominciarono a comparire dei dati. << Inizialmente i vostri valori di compatibilità erano tra i più alti. Nella prima connessione, tuttavia, l'equilibrio raggiunto è stato sufficiente all'attivazione dello Stridiosauro, ma al di sotto delle aspettative. Prima era Momo ad avere i valori più alti, che sono arrivati a raggiungere un picco del quarantadue percento in qualche occasione, mentre Hoshi ha iniziato con una sintonia molto più bassa, del trenta percento circa; poi, con il tempo, la tendenza si è invertita, fino ai risultati dei test di oggi. >>
Hachi mostrò i dati sullo schermo del palmare, di cui francamente i due ragazzi riuscirono a capire poco: due barre verticali e parallele con dei numeri in percentuale al loro interno fu ciò che riuscirono a cogliere, immaginando che quei livelli riguardassero loro.
Hachi ritirò il palmare e lo ripose sulla scrivania. << Questi sono i valori della vostra connessione di oggi: il valore positivo è cresciuto quasi fino al sessanta percento, mentre quello negativo è arrivato al trentatré percento. Avete idea di quale possa essere il motivo di questo andamento? >>
I due ragazzi evitarono gli sguardi degli adulti e non risposero alla domanda. Momo non pensava che la sua situazione potesse essere così drammatica, ma ora riusciva a spiegarsi tutta la fatica nelle ultime sessioni.
<< Con un equilibrio così precario, mantenere la connessione aperta è estremamente faticoso. >> Intervenne Nana. << Sembra che più tempo passi, più vi distanziate l'un l'altro. Siamo preoccupati da questi risultati, ma non per il motivo che pensate voi… >>
Ancora prima che Nana potesse spiegarsi, Momo piegò la testa in un profondo inchino e cominciò a scusarsi. << E’ colpa mia! Mi dispiace profondamente per tutti i guai che ho causato. Capisco le vostre motivazioni e so bene che le aspettative nei miei confronti erano alte, quindi giuro che mi rimetterò in riga! Non mi sono impegnata come si deve negli ultimi tempi, ma vi prometto che non succederà più! >>
Colti alla sprovvista da quell'impeto, gli adulti andarono da Momo e le dissero di tirarsi su. << Come dicevo, non è per il motivo che pensate voi. >> Riprese Nana guardando Momo negli occhi, notando come fossero diventati lucidi. << Io e Hachi abbiamo a cuore la vostra formazione prima di ogni cosa, e sappiamo quanto questa situazione possa essere destabilizzante. Gli squilibri nella connessione sono dati da innumerevoli fattori, ma l'impegno può non servire a niente quando alla base mancano cose come la collaborazione, fiducia e serenità. >>
<< Una differenza tanto grande tra valore positivo e negativo non è mai un buon segno: lo Stamen non può pilotare con facilità se manca l'appoggio dalla Pistil, e se questa non riesce ad avvertire i movimenti del partner non può lasciarsi guidare. >> Spiegò Hachi restando vicino a Momo ma dandole il suo spazio.
<< Un momento, io cosa c'entro? >> Sbottò Hoshi spostandosi un po' sulla sua sedia. << Il mio valore è quello più alto, giusto? Allora perché dite che non è abbastanza? >>
Hachi si voltò tranquillamente verso di lui e lo osservò mentre si dimenava, chiaramente offeso da quell'insinuazione. << Un valore troppo alto può essere deleterio, se è presente un distacco così ampio tra i partner. Potrai avere un livello di connessione al sessanta percento o superiore, ma se la tua partner fatica a tenere il passo allora è come se partecipaste a una corsa di coppia e tu la lasciassi indietro, pur sapendo che senza di lei saresti squalificato. >>
L'espressione di Hoshi cambiò; prima era quasi adirato, adesso sembrò vergognarsi. Nana si rialzò dopo aver dato una carezza alla ragazza e si poggiò alla cattedra. << In ogni caso, non siamo qui per stabilire di chi sia la colpa; temiamo che il vostro rapporto non stia andando nel migliore dei modi, e vorremmo aiutarvi in qualche modo, per lo meno a indirizzarvi verso la giusta strada. >>
Momo sembrò rincuorata, ma quando Nana accennò al suo rapporto con Hoshi si fece di nuovo tetra e abbassò lo sguardo in silenzio. In modo simile, il ragazzo distolse lo sguardo come se quella fosse la milionesima volta che sentiva parlare di quello.
<< Non vogliamo far crescere il peso sulle vostre spalle, ma abbiamo ideato dei test a cui sottoporvi per aiutarvi a fidarvi meglio l'uno dell'altra. >> Esordì Hachi attivando lo schermo alle proprie spalle, dove cominciarono a scorrere alcune scritte. << Questi test saranno mirati a fare leva sui vostri punti di forza e cercheranno di farvi avvicinare, rendendovi più dipendenti l'uno dall'altra. Il modo in cui risponderete delineerà la via da seguire per aumentare il vostro rendimento. >>
<< Oltre a questo, vi informo che tra una settimana daremo un nuovo test scritto per confermare i vostri risultati più recenti. Vorrei che vi preparaste al meglio per affrontare questa prova. >> Si accodò Nana unendo le mani con fare ordinato. << Hoshi, so che forse non dovrei chiedertelo, ma potresti aiutare Momo a studiare per l'esame? >>
Il ragazzo girò la testa verso la donna e la fissò come se non potesse credere che gli avesse fatto quella richiesta. Sembrò infastidito, ma poi distolse lo sguardo un attimo e sorrise. << Certo! >>
Momo si girò verso di lui e lo guardò fiduciosa per la prima volta, prima di sorridere a sua volta.
<< Questo è tutto, riguardo ai vostri voti. Per quanto riguarda i vostri livelli di compatibilità in calo, prepareremo alcuni test e vedremo cosa fare, ma ricordate che questa cosa è influenzata anche da fattori emotivi e psicologici. >> Spiegò Hachi mantenendo un tono calmo. << Probabilmente vorrete risolvere la questione con le vostre forze, ma sappiate che se aveste bisogno di parlare di qualcosa… Qualsiasi cosa, noi siamo sempre pronti ad ascoltare le vostre richieste. >>
<< Potete sempre fidarvi dei vostri coordinatori. >> Aggiunse Nana. << Ma se voleste un aiuto più professionale, o ci fosse qualcosa di cui non volete parlare con persone che conoscete, potremmo anche richiedere l'assistenza di uno psicologo per… >>
<< Non sarà necessario, grazie. >> Rispose immediatamente Momo tirando in su la schiena e guardando dritto negli occhi la donna, che sostenne il suo sguardo con un sorriso benevolo. << Capiamo la vostra preoccupazione e vi assicuro che da questo momento in poi daremo il massimo per la squadra. Però vorremmo poterci occupare di questa situazione da soli, giusto Hoshi? >>
Il ragazzo le rivolse uno sguardo stranito e annuì. Era vero che forse l'idea di Hachi e Nana fosse esagerata, ma quella ragazza sembrava aver già deciso tutto quanto. Non gli andava di discutere in ogni caso, e se quello avrebbe fatto andare meglio le cose allora perché no? Tuttavia dover fare da balia a Momo lo infastidiva.
<< Capisco. >> Sussurrò Nana sorridendo e abbassando lo sguardo per un momento. Riuscì ad avvertire una leggera distanza tra sé e la sua protetta, ma non poté fare nulla per tentare di richiuderla; Momo aveva bisogno dei suoi spazi e se avesse avuto bisogno di aiuto, al momento giusto lo avrebbe ricevuto.
<< Allora ci rivedremo domani per un test a bordo dell'Aros. >> Annunciò Nana battendo le mani con il suo solito sorriso allegro, ma facendosi seria di colpo per non dare l'impressione che stesse ridendo dei loro problemi.
Momo e Hoshi si alzarono e si congedarono educatamente, poi si diressero verso la porta e lasciarono la stanza senza dire nulla. Anche i due coordinatori rimasero in silenzio, nonostante avessero molti pensieri per la mente. All'esterno della stanza, Hoshi si fermò un attimo a rivolgere uno sguardo severo alla propria partner.
Sembrava che volesse dirle qualcosa, ma poi cambiò idea e invece si allontanò a passi svelti. Momo sospiro sconfortata, ma lo seguì affrettando il passo, sicura che le cose sarebbero cambiate presto.

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Capitolo 19
*** Mano nella mano ***


<< E ti ha lasciato lì così? >> Chiese incredula Kya, che aveva appena infilato la testa nel pigiama e ora se ne stava sdraiata su un fianco ad osservare la sua amica dall'alto del proprio letto.
Momo alzò lo sguardo perplessa. << Che cosa avrebbe dovuto fare? Avevamo già parlato con Nana e Hachi, ripeterci sarebbe stato inutile. >>
La Pistil dello Iustitia saltò giù dal letto a castello e fissò la sua amica negli occhi, quasi come se volesse rimproverarla. In realtà non risultò molto intimidatoria, vista la differenza in altezza che c'era tra le due; Momo però si fece piccolissima e non riuscì a reggere alla pressione ugualmente.
<< Cosa? >> Balbettò corrucciando la fronte.
<< Non ha neanche provato a prendere le tue difese con Nana e Hachi e poi se n'è andato senza neanche accennare a come organizzarvi per studiare assieme o altro. >> Disse Kya tutto d'un fiato. << Naho, tu come lo chiami un ragazzo che si comporta così? >>
La lettrice aveva messo da parte il suo libro, una delle rare volte che preferiva prestare attenzione alla conversazione piuttosto che isolarsi nel proprio mondo, ma non le piacque ritrovarsi al centro dell'attenzione così all'improvviso e si ritirò sul proprio letto. << Io… Preferirei non mettere parola nell'argomento. >>
Kya tornò a guardare verso Momo e sembrò ancora più seccata, ma lo prese come un incentivo a dirlo da sé:<< E' un pusillanime, fifone e voltagabbana! >>
Momo sembrò oltraggiata. << Non parlare così di Hoshi! >> Protestò facendosi avanti, ma Kya la travolse con le sue parole.
<< Quante altre volte si è tirato indietro quando avevi bisogno di lui? Non fa il minimo sforzo per cercare di rendere la connessione un po' più sopportabile e ti evita in ogni occasione! Ammettilo Momo, Hoshi è un peso morto! >>
La ragazza non riuscì a sostenere lo sguardo della sua amica a lungo e girò la testa incassando il colpo. Si morse un labbro, sapendo di non aver modo per controbattere a quelle accuse; pur non volendo vedere malizia nelle azioni di Hoshi, il suo partner passava molto poco tempo con lei e troppe volte era capitato che rimandasse gli appuntamenti che si erano dati per studiare o per parlare del loro lavoro con lo Stridiosauro, e lei lo conosceva troppo poco per poter dare una spiegazione a quel comportamento.
<< Adesso però è inutile sgridare Momo per questo. >> Intervenne Naho mettendosi a sedere sul bordo del letto. Kya la guardò scontrosa, ma dovette convenire con lei su quello. << Nana ha detto che la sua compatibilità con Hoshi è diminuita e che questo può essere dovuto anche a fattori emotivi. Parlarle così non la aiuterà a stare meglio. >>
La ragazza dagli occhi verdi sembrò comprendere finalmente il problema e si girò verso Momo intristendosi; effettivamente lo sguardo della sua amica si era spento, come se sapesse di aver sbagliato ma non avesse idea di come risolvere quella faccenda, e il peggio era che Momo neanche riusciva a dire nulla.
Le cinse la nuca con le mani e le fece abbassare un poco la testa in modo da poggiare la fronte alla sua, e Kya sussurrò:<< Scusami, Momo. >>
<< Va tutto bene. >> Sussurrò la ragazza comprensiva. Una risposta troppo rapida perché potesse essere sincera.
<< No, non va bene. Ti ho trattato male dandoti la colpa di qualcosa che era fuori dal tuo controllo. In questo momento dovremmo pensare a come risolvere il problema, e invece mi sono messa a dettare ordini come… >>
<< Kya. >> Momo staccò la propria fronte da quella della sua amica e le sorrise dolcemente poggiando una guancia sull'avambraccio di Kya. << Lo so che è per il mio bene che te la prendi tanto. Sei una buona amica, pensi sempre al bene delle persone che ti stanno care: non potrei mai sentirmi offesa dalle tue parole. >>
Kya abbassò lo sguardo con dispiacere. Era stata troppo impulsiva, le succedeva sempre quando vedeva delle ingiustizie colpire i suoi amici: finiva per non ragionare più e agiva in modo imprevedibile, rischiando di ferire gli altri. Si vergognava tanto di quel suo tratto così impulsivo.
<< E poi… >> Continuò Momo distogliendo lo sguardo, cominciando a muoversi di più con il corpo. << Adesso Nana e Hachi hanno già in mente qualche idea per aiutarci a sviluppare la nostra relazione, e hanno chiesto a Hoshi di aiutarmi a studiare per il prossimo test, quindi non potremo più rimandare! >>
<< Non ti avrebbe fatto male neanche accettare di incontrare quello psicologo… >> Mormorò Naho, che aveva notato il cambiamento nell'umore della sua compagna di stanza da qualche settimana.
Momo sbuffò. << Non è una cosa tanto seria! Possiamo benissimo occuparcene da soli, giusto? >>
La ragazza schiacciò le guance di Kya e questa la fissò come se volesse darle un morso, aspettando che la smettesse di giocare con la sua faccia. Dopo un po' si abbracciarono e Kya allungò un braccio verso Naho.
<< Dai. >> Disse. << Vieni anche tu! >>
La lettrice però rimase seduta e scosse la testa. << Non sono il tipo che elargisce abbracci in questo modo. >>
<< Neanche Yoshi lo è, però non ti dispiace quando lo fa lui. >>
Il sorriso di Kya si allargò ulteriormente quando vide Naho arrossire incontrollabilmente e cercare di nasconderlo con dei movimenti a scatti; alla fine la ragazza si alzò per andare ad abbracciare le sue amiche e non disse niente, nascondendo così il proprio viso ai loro occhi.
<< Aah… Guarda che carina: appena si ricorda di come si è lasciata portare in braccio dal suo caro partner diventa tutta rossa e non sa più cosa fare! >>
<< Ti ho detto di non tirare fuori quella storia! >> Rispose a denti stretti Naho, con le braccia ancora legate attorno alle spalle della sua amica. Poi sospirò esasperata. << Accidenti, ma perché ho dovuto bere così tanto quella sera? >>
<< Andiamo, ti sei divertita! >> Cercò di consolarla Momo, senza riuscirci.
<< E poi è meglio passare una bella serata e ricordarla per qualcosa di imbarazzante che non ricordarla affatto! >> Aggiunse Kya agitandosi, facendo perdere l’equilibrio a tutte e tre le ragazze, provocando così una risata collettiva.
 
*
 
Momo si infilò nella propria postazione e fece distendere per bene le dita prima di aggrapparsi ai comandi; vista la sua statura ci stava un po' stretta e alla fine di ogni sessione aveva un gran dolore alle articolazioni, ma non poteva farci niente, era una cosa che doveva sopportare. Sicuramente ci avrebbe fatto l'abitudine e presto se ne sarebbe dimenticata.
Era la prima volta che effettuava la connessione da sola con Hoshi: il resto della squadra era assente, solo loro due erano stati chiamati per quei test straordinari, il che faceva capire quanto seria fosse la loro situazione. Se non davano il massimo sarebbero rimasti indietro, o peggio…
Non voglio dover dire addio alle mie amiche! Pensò quando l'idea di poter essere mandata via per mancanza di risultati si insinuò nella sua mente. Si girò a guardare Hoshi, che se ne stava seduto al proprio posto con la benda sopra gli occhi. Lascia fare a me, Hoshi. Sistemerò tutto!
Il collegamento con la sala di controllo si aprì e, diversamente dalle altre volte, davanti agli occhi di Momo comparve un ologramma che mostrò il volto di Nana. Alle sue spalle si potevano vedere alcuni dei tecnici presenti in sala; erano meno del solito, il minimo necessario a monitorare un solo Stridiosauro.
<< Molto bene Aros, vedo che Hoshi sta indossando la benda come gli avevamo richiesto. >> Constatò la donna mentre Momo cominciava a sentire un certo disagio; per la prima volta, qualcuno al di fuori del suo partner la vedeva in quella posizione imbarazzante, e quella stessa persona avrebbe dovuto giudicare il suo operato.
Il ragazzo fece un cenno con la mano. << Posso chiedere perché devo indossare questa cosa? >>
Il sorriso di Nana si fece più comprensivo quando rispose:<< Abbiamo ipotizzato che il motivo per cui tu ottieni dei valori così alti mentre Momo fa fatica potrebbe essere dato dal fatto che fai troppo affidamento sui tuoi stessi sensi. La connessione è un lavoro di coppia che ottiene risultati migliori quando si è a conoscenza dei segreti del partner; bloccando i tuoi stimoli sensoriali, abbiamo pensato che saresti stato più incentivato a cercare l'appoggio di Momo durante l'avviamento e una volta alla guida dell'Aros potresti avvertire meglio la sua presenza e muoverti in sincronia con lei. >>
Hoshi respirò a fondo mentre Nana finiva di spiegare; era una seccatura doversene stare lì bendato, ma almeno così non rischiava di farsi distrarre da Momo accovacciata di fronte a lui in quella posa così imbarazzante. Avrebbe dovuto solo fare la sua parte, concentrarsi e tutto sarebbe andato bene. Ma più ci provava, più gli veniva difficile svuotare la mente: ogni volta che tentava di impegnarsi, il suo desiderio di andare via da lì cresceva esponenzialmente. Non gli importava degli Stridiosauri e del destino del mondo; lui non era portato per quelle cose e non avrebbe continuato a prestarsi a quella farsa ancora a lungo.
In fondo non lo voleva nessuno in quella squadra; Ojizaki non aveva fatto che giudicarlo sin da quando erano arrivati lì e nessuno aveva provato anche solo per un momento a mettersi nei suoi panni per capire cosa provasse. L'intera squadra preferiva ignorarlo, quindi perché doveva provare a piacergli tanto?
<< Adesso date inizio alla procedura di avviamento. >> La voce di Nana lo raggiunse di nuovo prima che la donna chiudesse il collegamento e lasciasse i due piloti a prepararsi.
<< Sei pronto, Hoshi? >> Domandò Momo, stranamente ardita per il suo carattere. Forse l'idea che Hoshi fosse bendato metteva anche lei più a suo agio. Meglio così, una seccatura in meno.
Hoshi rispose a bassa voce e impugnò i comandi per avviare lo Stridiosauro. Non appena ebbe cominciato a spingere, avvertì una forte vibrazione, un colpo violento e inaspettato: le luci della cabina di pilotaggio si accesero per un istante e poi tutto quanto si fermò di nuovo mentre Momo urlava dallo spavento e si accasciava a terra.
<< Cosa è successo…? >>
<< Stop! >> Tuonò la voce di Nana dalla sala di comando. << Troppa potenza. Hoshi, hai liberato tutta l'energia in un istante e hai mandato in sovraccarico l'Aros prima che si potesse stabilire una connessione! >>
<< Come fate a dire che è colpa mia? >> Protestò il ragazzo, rimanendo bendato. Vicino ai suoi piedi riusciva a percepire il corpo di Momo che strisciava per ricomporsi.
<< Il valore positivo è salito di colpo al cento percento mentre Momo era ferma ancora al dieci. >> Spiegò Hachi, intromettendosi nello scambio come per richiamare all'ordine. << Momo, tu stai bene? Hai bisogno di una pausa? >>
La ragazza si aggrappò al sostegno della sua postazione e respirò a fondo. << Nossignore. >> Rispose digrignando i denti. Era stata colpa sua se avevano fallito di nuovo: si era lasciata cogliere impreparata quando avrebbe dovuto sapere che Hoshi non era in grado di trattenere la propria energia.
Hachi rimase in silenzio, come se aspettasse un altro messaggio da parte della ragazza. Quando richiuse la trasmissione, ricordò allo Stamen di rilasciare la propria energia gradualmente e di concentrarsi sulla ricerca della partner.
<< Scusa… >> Mormorò lui quando furono di nuovo da soli, mentre Momo aggiustava la propria respirazione. << Con questa benda è tutto diverso, non mi sono neanche accorto che stavo aprendo il collegamento. >>
<< Nessun problema. >> Rispose fiduciosa Momo. Lui non poteva vederla, ma lei gli sorrise lo stesso; anzi, forse proprio perché Hoshi era bendato, Momo si soffermò un po' più a lungo a sorridergli. Nonostante le apparenze, aveva un partner veramente forte: era capace di sprigionare una energia tale in un attimo, era ovvio che una come lei facesse fatica a tenere il passo con la sua abilità. Una volta trovato il loro equilibrio, avrebbe potuto imparare molto da lui.
<< Ricominciamo! >> Disse la ragazza infilando nuovamente le braccia nelle postazioni di comando, fiduciosa di poter reagire più prontamente questa volta.
Hoshi rilassò i muscoli e liberò l'aria che aveva intrappolato nei polmoni. Doveva calmarsi, se non seguiva le indicazioni dei coordinatori non si sarebbero mai sbrigati.
Questa volta decise di aprire il collegamento dopo aver aspettato un po'; voleva essere sicuro di essere calmo, prima di combinare qualche altro guaio. Questa volta non avvertì niente, ma era sicuro di aver avviato la procedura; quando ebbe avuto la certezza di aver aspettato abbastanza, cominciò a versare la sua coscienza all'interno dell'Aros sempre più intensamente, ma proprio quando stava per riuscirci un allarme lo tirò fuori da lì e interruppe la connessione.
<< Stop di nuovo. Il valore positivo stava salendo troppo. >> Annunciò Nana comparendo un'altra volta nell'ologramma all'interno della cabina.
<< Che cosa devo fare? >> Sbottò esasperato Hoshi mentre Momo davanti a lui distendeva le braccia e prendeva un bel respiro. Stava cominciando veramente a innervosirsi.
Nana non sembrò colpita dal suo impeto e mantenne un tono autoritario e deciso. << Lascia che sia Momo a farti capire quando potrai aumentare l'intensità! Devi fidarti di lei prima di prendere il controllo, altrimenti continuerete a perdere la connessione. >>
Parla come se fosse facile! Quella là è impossibile da capire, e come dovrei fare con questa cosa sugli occhi?
Sulla fronte di Momo si formarono alcune rughe per il disappunto; era ovvio che Hoshi non fosse soddisfatto da quella prestazione, ma lei non sapeva come fare per raggiungere il suo livello. Doveva mettere tutta sé stessa in quel contatto, altrimenti non si sarebbe mai immersa con naturalezza nella connessione e il suo partner avrebbe finito per considerarla una palla al piede.
<< Riproviamo. >> Mormorò piegandosi in avanti e attendendo risposta dal ragazzo.
<< Va bene. >> Sbuffò Hoshi, quasi ormai completamente distratto. Anche volendo, non riusciva a raggiungere la concentrazione necessaria e tutte quelle interruzioni avevano completamente rovinato l'equilibrio che era riuscito a creare.
Fu Momo ad aprire per prima la connessione questa volta. La ragazza si lasciò scivolare all'interno del collegamento senza alcuna esitazione, timorosa di provare un'altra volta quella brutta sensazione di prima, ma fiduciosa di poter risolvere quel problema con abbastanza determinazione; la sensazione della perdita di connessione era più dolorosa di quanto si potesse pensare, temeva che non ci si sarebbe mai abituata.
Ignorando per un momento gli arti intorpiditi da quella sensazione, acuì i sensi e si mise ad ascoltare: ascoltava le onde della connessione che la cullavano e avvolgevano come su una barca, decisa a lasciarsi trasportare alla deriva, e attendeva di ricevere un segnale dal proprio partner.
Era molto debole, ma riuscì a notare qualcosa: una debole coscienza se ne stava per i fatti suoi, quasi inesistente, e aspettava; era Hoshi, ne era convinta! Una presenza anonima, eppure così cristallina: ora che lo aveva notato, era impossibile perderlo di vista. Era la prima volta che lo sentiva così vicino, ma nonostante tutto era ancora molto distante; sembrava non voler fare la prima mossa, forse per non rischiare di far saltare tutto di nuovo. Doveva avere una pazienza immensa per essere rimasto lì ad aspettare che lei si accorgesse di lui.
Momo gli si avvicinò e si assicurò di afferrarlo con decisione. Non sapeva come altro fare per attirare la sua attenzione, quindi pregò con tutta sé stessa che quell'idea andasse a buon fine. Il pensiero di poter raggiungere fisicamente Hoshi la fece sentire ancora più vicina a lui, e quando lo sfiorò riuscì a sentire chiaramente qualcosa, una forza sempre più imponente.
Nella sala di controllo i coordinatori osservavano i valori della connessione restare a un livello estremamente basso, ma equo. Speravano di non dover interrompere ulteriormente la sessione, per non rischiare di gravare sulla salute dei loro piloti, ma quando il valore positivo ebbe iniziato a salire nuovamente Nana sospirò con aria di sconfitta.
Stava per annullare il collegamento, quando Hachi le fece notare un comportamento strano: come se fosse stato tirato indietro, il valore positivo dello Stamen si abbassò di colpo e allo stesso tempo quello negativo della Pistil gli si accodò rimanendo in equilibrio attorno al venticinque percento e continuando ad aumentare con gradualità, come se i due ragazzi stessero andando avanti tenendosi per mano.
Finalmente, dall'hangar dell'Aros cominciarono ad arrivare i suoni che segnalavano l'attivazione dello Stridiosauro e i due adulti si mandarono delle occhiate piene di sollievo.
Come se fosse stato strattonato all'improvviso, Hoshi avvertì qualcosa proprio vicino a sé, anzi dentro di sé; ora capiva cosa intendessero gli altri quando parlavano di "avvertire" la coscienza del partner. Quella era Momo, un misto di sensazioni e pensieri diversi dai suoi,  e stava per fondersi con lui!
I suoi occhi ripresero a vedere di colpo, ma questa volta c'era l'hangar dove erano tenuti gli Stridiosauri davanti a sé. Lui non era più Hoshi, non era neanche Momo; era l'Aros a guardare il mondo e a muoversi, desideroso di spiccare il volo.
<< Ci siamo riusciti? >> Mormorò il ragazzo.
<< Ottimo lavoro, ragazzi! >> Esclamò euforica Nana. << In questo momento la vostra connessione è stabile al trenta percento, potrà sembrare un livello esiguo ma invece è molto promettente. >>
Momo si trattenne dall'esultare mentre veniva travolta dallo stupore e dall'emozione di essere finalmente un tutt'uno con il proprio partner. C'erano tanti pensieri che non riusciva a identificare e che di certo arrivavano dalla mente di Hoshi; doveva essere quello che rendeva così speciale la connessione, poter diventare una cosa sola con qualcuno con cui si era affine. Momo non fu in grado di dare un nome a molte delle emozioni che sentì una volta connessa a Hoshi, ma sapeva che quello era solo il primo passo e presto avrebbe imparato a fare sue quelle emozioni.
Da parte sua, Hoshi avvertì chiaramente una paura che non riconobbe. Non si sarebbe certo definito un impavido, ma pensava di sapere con esattezza cosa gli facesse paura e cosa no; questa non era una emozione che nasceva da lui. Era Momo a mandargli quei segnali, segnali confusi ed estranei con cui però si sentì stranamente in armonia; era come se fosse lui stesso a pensare quelle cose, eppure sapeva che non era così.
Prima che l'Aros potesse fare un passo, il collegamento tra i piloti saltò un'altra volta. Questa volta Momo non avvertì dolore e Hoshi non si sentì risucchiare come in un vortice, fu solo un attimo di disattenzione che gli fece perdere la presa e i due si ritrovarono all'interno della cabina di pilotaggio, confusi e sballottati.
<< Tutto bene? >> Sorprendentemente, non furono gli adulti nella sala di controllo a chiederlo, ma la stessa Momo che si girò con un largo sorriso in volto. Hoshi si sfilò la benda dal volto e strizzò le palpebre.
<< Che cos'hai da ridere? >>
<< Eh? >> Chiese lei, e si toccò le guance. << Ah… Scusa, credo sia un tic. >>
Il ragazzo si sistemò sul proprio sedile e sbuffò mentre riacquistava la sensibilità negli arti. << Quindi è questa la connessione? >> Borbottò.
Momo annuì sistemandosi un po' la tuta, rendendosi conto che ora il suo compagno la poteva vedere.
<< Ci siamo riusciti? >>
La ragazza si girò sorridendo di nuovo e rispose con entusiasmo:<< Credo di sì! >>
Hoshi sbuffò sollevato e si lasciò sfuggire un sorriso. Non capì se fosse a causa di quello che aveva provato durante la connessione, ma trovò quell'espressione di Momo molto gradevole… Per la prima volta gli ispirò simpatia, ma si affrettò ad assumere nuovamente la sua solita aria burbera per non darle strane idee.
L'ologramma con il volto di Nana si affaccio nuovamente all'interno della cabina e la donna gli chiese se fosse tutto a posto; nonostante il tono apprensivo delle sue domande, si poteva vedere come fosse più rilassata del solito ora che i due piloti avevano effettuato una connessione nel modo giusto.
Nana invitò entrambi a descrivere nel modo più accurato possibile quello che avessero fatto per stabilire la connessione e gli disse di tenere bene a mente ciò che avevano provato una volta stabilito il collegamento.
C'era ancora tanto lavoro da fare, ma avevano imboccato la strada giusta.

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Capitolo 20
*** La vita va avanti ***


Il ragazzo attraversò di corsa le strade che collegavano la struttura ospedaliera al cantiere dove era diretto e si lanciò dritto verso le barricate che separavano i lavori dalla via percorribile. Incrociò alcuni addetti ai lavori che gli mandarono delle occhiatacce, bardati con le loro attrezzature per garantire la massima sicurezza, e si rese conto di essere uscito con addosso solo il proprio camice da infermiere.
Noncurante dei richiami degli operai, fece lo slalom tra le persone fino a riconoscere il profilo della persona che stava cercando e la chiamò ad alta voce:<< Goro! >>
L'architetto si voltò perplesso, chiedendosi chi fosse a chiamarlo con tanta urgenza in quel momento. Chiese all'operaio a cui stava dando alcune indicazioni di attendere e fece qualche passo in direzione del giovane appena arrivato.
<< Chi mi cerca? >>
<< Vengo dall'ospedale. >> Ansimò quello piegandosi sulle ginocchia e riprendendo fiato. << A sua moglie Ichigo si sono rotte le acque, è in travaglio. Mi è stato chiesto di venire ad avvertirla… >>
Prima ancora che il ragazzo potesse finire di raccontare, Goro cambiò immediatamente espressione e iniziò la sua corsa verso l'ospedale mollando tutto quello che non gli fosse strettamente necessario. Quello che era appena arrivato lo osservò sparire oltre le barricate senza provare a stare al suo passo; in fondo, anche se non fosse stato esausto per la corsa appena conclusa, non avrebbe mai potuto competere con l'uomo che aveva scalato le montagne dell’ovest a mani nude e attraversato il deserto senza più viveri.
Goro fu all'ospedale in una manciata di minuti, ma la corsa gli sembrò durare ore. Nella mente gli rimbombavano le parole che Ichigo gli aveva detto quella mattina, di andare a lavoro senza alcun timore, e che lo avrebbe chiamato subito se avesse dovuto avvertire qualcosa.
Il termine della gravidanza non era ancora scaduto, mancava ancora un mese alla data prestabilita, ma da qualche tempo sua moglie aveva cominciato ad avvertire una stanchezza al di sopra del normale. Ikuno aveva detto che la spossatezza fosse normale arrivati a quel punto della gravidanza, ma aveva comunque accontentato i suoi amici fornendo una visita completa a Ichigo per levare ogni dubbio, eppure anche dopo tutte quelle rassicurazioni Goro non era riuscito a smettere di pensare a tutte le complicazioni prospettate dalla loro amica quando avevano scoperto che Ichigo fosse incinta.
<< Zorome! >> Esclamò una volta raggiunto il reparto, riconosciuto il suo amico di fronte alla stanza dove molto probabilmente stava avendo luogo il travaglio.
Ancora prima che questo lo salutasse, si parò davanti alla porta e cercò di far calmare Goro. << Piano, piano, piano! E' meglio se non entri adesso. >>
<< Che cosa sta succedendo? >> Ansimò aprendo la bocca per cercare di afferrare più ossigeno possibile. L'ansia gli aveva fatto consumare più energie di quanto avrebbe dovuto. << Dov'è Ichigo? >>
Proprio mentre chiedeva queste cose, da dietro la porta dove si erano piazzati arrivò un lungo gemito strozzato, seguito da diverse voci indefinite che si parlavano di sopra. Ichigo era lì dentro, senza dubbio, e da quei versi che arrivavano la situazione sembrava più problematica di quanto si fosse immaginato.
Alle spalle di Zorome fecero la loro comparsa Miku e Fumiko, la moglie di Futoshi. Goro non sapeva perché anche lei fosse lì, ma entrambe iniziarono a riassumergli la situazione nel tentativo di tranquillizzarlo. << Lei è nelle mani di Ikuno e Naomi, si stanno occupando di tutto loro. >>
<< Perché è in travaglio? Sono passati solo otto mesi! >>
<< Non lo so, ma ascolta: questa mattina Ichigo ci ha chiamato dicendo di aver cominciato a sentire delle dolorose contrazioni e ci ha chiesto di portarla in ospedale. Naomi ha spiegato che è una cosa che può succedere, soprattutto viste le condizioni di… >>
<< QUESTA MATTINA?! >> Esclamò Goro fuori di sé. << Da quanto tempo è che siete qui? >>
Miku si zittì, intimorita dallo scoppio di rabbia del loro amico e cercò di nascondersi dietro a Zorome, che in quanto a fisicità non forniva molto riparo. << Più… Più o meno un'ora. Sembra ci siano state delle complicazioni… >> Rispose lui.
Alla parola "complicazioni", Goro sembrò non capire più niente. Tentò disperatamente di aprire la porta della sala operatoria per andare da sua moglie, ma qui Zorome lo afferrò e lo spinse contro il muro, guardandolo dritto negli occhi.
<< Lasciami entrare, posso aiutare! >> Protestò quello cercando di afferrare i polsi del suo amico, ma Zorome fu inamovibile.
<< Se ti lascio entrare sarai solo di intralcio per Ikuno e gli altri! >> Fu la risposta del piccoletto, che lo spinse con un po' di forza in più verso il muro. << Lascia che facciano il proprio lavoro e vedrai che andrà tutto bene! >>
Lo sguardo di Goro vacillò fino a scivolare verso il basso e le sue spalle si scaricarono della tensione accumulata. Anche Zorome allentò la presa su di lui e dopo qualche minuto lo lasciò andare del tutto, così che potesse andare a sedersi dall'altro lato del corridoio, con ancora i pianti di sua moglie che gli entravano nella testa e gli facevano credere al peggio.
Zorome e Miku si posizionarono accanto a lui, come se gli stessero facendo ancora la guardia. << Non ha chiamato te solo perché non voleva che avessi questo tipo di reazione… >> Mormorò la ragazza poggiano la schiena alla finestra. Goro abbassò ancora di più la testa come se quell'informazione non lo aiutasse; perlopiù, si stava tormentando con tutti i pensieri e le idee su come avrebbe dovuto restare a casa con lei quel giorno e assicurarsi che andasse tutto bene. Non era dispiaciuto per il fatto che Ichigo avesse chiamato loro invece che lui.
<< In qualsiasi altra circostanza ti avremmo lasciato entrare senza problemi. >> Borbottò Zorome sedendosi accanto a lui e cercando di fare breccia in quel velo di tristezza che gli era comparso sulla faccia.
<< Lo so, lo so… >> Lo interruppe Goro alzando una mano con aria rassegnata. Sapeva fin troppo bene quanto potesse essere pericolosa quella situazione per Ichigo e non voleva rischiare di mettere i bastoni fra le ruote alle dottoresse. << Però avrei dovuto aspettarmelo che Ichigo avrebbe cercato di tenermi fuori da questa situazione. E' stato lo stesso quando scoprì di essere incinta e mi tenne all'oscuro dei suoi problemi per diversi mesi… >>
Miku inspirò a fondo, ricordando la tensione che dovette sopportare la coppia nel primo periodo di gestazione, quando Ikuno parlò alla sua amica dei rischi che poteva avere una gravidanza per lei; la costituzione fisica di Ichigo non era abbastanza sviluppata per sopportare un parto, la dottoressa si era voluta assicurare di descrivere bene i rischi che correva per la propria salute e quella del bambino. Non che fosse impossibile, ma quale medico e sua amica, Ikuno aveva dovuto avvertire Ichigo delle difficoltà che si sarebbero presentate. La coppia si era preparata in ogni modo per rendere il parto meno complicato possibile, partecipando a corsi di ginnastica per donne incinte, modificando le proprie abitudini per dare a Ichigo una quotidianità più rilassante possibile… Tuttavia, alla fine il risultato era stato comunque quello: l'eccessiva fatica durante l'intera gravidanza era stata la conseguenza più ovvia tra quelle elencate da Ikuno, ma l'intrattabilità che questo aveva causato in Ichigo era stato un altro fattore che aveva reso quei mesi veramente difficili per la coppia; in più, c'era la testardaggine della madre, incapace di fermare la propria vita e riposare come si deve, affaticandosi quindi maggiormente.
<< Me la sta veramente facendo pagare per quella volta… >> Mormorò Goro unendo le mani e nascondendovi dietro il viso, ripensando a quando da ragazzi, lui arrivò quasi al punto di sacrificare la propria vita per proteggere gli altri, dopo aver mandato via la sua partner dal FranXX per tenerla al sicuro. Non credeva che dopo tanti anni, Ichigo sarebbe arrivata a ripagarlo con la stessa moneta…
<< Si preoccupa sempre troppo per gli altri, e mai per sé stessa… >> Gli fece eco Miku, abbattuta.
Ci fu silenzio per un altro po’, interrotto solo dal costante vociare in arrivo dalla sala parto di fronte a loro. Goro si sentiva più impotente che mai, più di quando scoprì che il suo migliore amico stava morendo, più di quella volta che non poté impedire che Hiro lasciasse la Terra… Eppure, a confronto con tutte quelle cose, quello avrebbe dovuto essere niente più che una piccola inconvenienza.
<< Se posso permettermi… >> La voce di Fumiko spezzò il silenzio e il flusso di pensieri che si era creato nella mente di Goro. Non aveva detto nulla fino a quel momento, restando in disparte mentre Miku e Zorome tranquillizzavano il loro amico.
<< Oh… Ciao… >> Mormorò Goro alzando lo sguardo verso di lei. << Scusami, non ti avevo vista… >>
Lei fece segno di non preoccuparsi e rimase a sorridere mestamente, sapendo quanto la situazione fosse delicata. << Zorome aveva chiamato Futoshi, ma lui era troppo impegnato a lavoro per riuscire a venire in tempo, così mi sono offerta di venire al suo posto per dare una mano… >>
Goro non sapeva esattamente cosa intendesse la donna per “dare una mano”, ma apprezzò la sua premura. Loro due si conoscevano poco, si vedevano ogni volta che le loro famiglie si incontravano per qualche evento, ma non avendo fatto parte della loro squadra, il legame tra loro e Fumiko era stato molto più flebile: la relazione che lei aveva con tutti loro era quella cordiale che c’era tra conoscenti un po’ più vicini del normale.
<< Io… Diciamo che ne so qualcosa di gravidanze difficili. >> Continuò la donna con timidezza. << Ho avuto tre figli, e tutti e tre mi hanno dato tanti grattacapi alla nascita. La prima volta non sapevo cosa aspettarmi… Devo ammettere che mi ha colto impreparata. Ma la seconda e la terza ero preoccupata; avevo paura di dover provare di nuovo quel dolore, di non riuscire a sopportarlo. Sapevo che alla fine sarebbe passato tutto, ma l’idea di dover vivere ancora quella situazione mi metteva ansia, volevo che finisse tutto e basta. >>
Perplesso, Goro si chiese come potesse aiutarlo quell’aneddoto, ma continuò ad ascoltare sperando di capirlo da solo.
Fumiko sorrise come se si vergognasse di aver ammesso quella cosa. << Tutte le volte che ho partorito Futoshi ha dato di matto come se stessi per morire, e in un certo senso credo che sia quello che il nostro corpo avverte in una situazione del genere. Noi donne smettiamo di ragionare e pensiamo solo al “dopo”, caricando eccessivamente gli uomini di preoccupazioni per il presente; sono sicura che, non chiamandoti, Ichigo volesse risparmiarti tutta questa attesa. Forse sapere che tu fossi da un’altra parte l’avrebbe aiutata a concentrarsi sul “dopo” con più facilità. >>
Fumiko sembrò sorridere con più spensieratezza e si allontanò da Goro per un momento. << E poi… Credimi, ne varrà la pena di sopportare tutto questo, quando arriverete a quel “dopo.” >> Con un movimento ampio, si piegò su di una carrozzina per neonati che Goro non aveva visto fino a quel momento e prese in braccio il suo terzo figlio, nato pochi mesi prima.
Fumiko tornò da Goro mentre imitava quella che ricordava una danza con il bambino stretto al petto e gli mandò un sorriso rassicurante. << Magari ci saranno tanti momenti difficili, anzi saranno sicuramente tantissimi… Ma spariranno completamente non appena vedrai quel visino dolce che ti chiede di proteggerlo, pronto a darti tanto amore incondizionato. >>
Il discorso di Fumiko era riuscito a rincuorarlo un poco, ma altre grida dalla sala parto finirono per rendere vano quel lavoro, così la donna cercò di sollevargli il morale facendogli una proposta.
<< Vuoi tenerlo un po’ tu? >>
L’uomo credette di aver capito male, ma quando vide che Fumiko gli stava porgendo quel fagotto che aveva tenuto in braccio fino a quel momento ebbe l’impulso di allungare le braccia per evitare che cadesse a terra, e anche dopo che lo ebbe afferrato con sicurezza si sforzò di maneggiarlo con la massima delicatezza.
Il piccolo stava dormendo beatamente, probabilmente non era sempre così e Goro era sicuro che anche la paziente Fumiko si fosse ritrovata alle strette con i figli diverse volte, eppure come aveva detto lei stessa, bastavano quei pochi secondi passati a tenere in braccio il bambino per dimenticarsi di tutto lo stress…
Zorome ghignò dopo essersi stampato nella memoria il volto meravigliato del suo amico non appena ebbe preso in braccio il bambino, quindi si girò verso Miku per sussurrarle come avessero fatto benissimo a lasciare che la moglie di Futoshi li raggiungesse.
<< In fondo, che ne sappiamo noi di bambini? >> Scherzò la ragazza, che pur avendo insegnato a centinaia di ragazzini negli anni, sentiva di avere ancora molto da imparare su come si crescessero dei figli o su come dovesse comportarsi un genitore.
I gemiti di Ichigo da dietro la porta cessarono all'improvviso, interrompendo quel momento di serenità che si era riuscito a creare. Goro alzò lo sguardo con preoccupazione, ricordandosi di quanto fosse in ansia un attimo prima e rimase con il fiato sospeso mentre il suo cervello iniziava a immaginare gli scenari peggiori. Poi, come un mattone che gli cadeva sulla testa, un pianto di bebè fece schiantare il neo padre con la realtà e i suoi amici cominciarono ad abbracciarsi, increduli e sollevati.
Goro non seppe come reagire in un primo momento; si affrettò a consegnare il bambino alla madre sentendo di non poterlo reggere ancora a lungo con le mani che incominciavano a tremargli e si passò le dita tra i capelli, mentre il suo corpo avvampava all’improvviso. Cercò di respirare normalmente, ma ogni volta che inspirava gli sfuggiva quella che sembrava tanto una risata, facendolo perdere d'aria.
Dovette alzarsi, le gambe si muovevano in modo frenetico e non riusciva più a stare seduto in quel modo. Poi un colpo sulla spalla lo distrasse da quello sconcertamento, facendogli riprendere contatto con chi gli stava attorno e quando si voltò trovò Zorome che gli mandava un sorriso di congratulazioni, estatico come avrebbe dovuto essere lui.
Si abbracciarono e poi arrivò anche Miku, che travolse entrambi facendoli sbilanciare. Ci furono delle risate liberatorie anche da parte di Fumiko, che rimase in disparte tenendo in braccio il figlio e per un minuto sembrò quasi che si fossero scordati di quanta tensione avessero provato nei momenti precedenti; proprio come aveva detto la madre con più esperienza.
<< Sei diventato papà, brutto fifone! >> Gli rise in faccia Zorome mentre Goro cominciava a piangere dalla gioia, ancora incerto se fosse tutto a posto.
Ancora non ci credeva, anche se lo avesse visto con i propri occhi non ci sarebbe riuscito… Fu quando Naomi venne fuori dalla sala operatoria nascondendo un sorriso dietro la mascherina chirurgica che capì di potersi rilassare, e i suoi muscoli divennero molli.
<< E' andato tutto bene. >> Esordì la dottoressa spostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte imperlata di sudore. << Abbiamo dovuto effettuare un parto cesareo, e a parte qualche complicanza, sia il bambino che la madre si sono comportati benissimo! >>
Goro rimase a fissare Naomi come se fosse un angelo e cominciò a ringraziarla, ma lei si fece da parte e sorridendo disse:<< Puoi entrare, se ce la fai. >>
La porta era spalancata, nulla più lo tratteneva dall'entrare. Da fuori si riusciva a vedere il viavai degli infermieri e la confusione della sala operatoria a fine parto, ma non c'era traccia di Ichigo o del bambino; solo un flebile pianto e i respiri di sollievo di tante persone. Goro non riuscì a muoversi, pietrificato dall'idea di poter trovare qualcosa lì dentro che rovinasse quel momento, qualche scoperta terribile nonostante le parole di Naomi fossero state rassicuranti.
Poi Zorome gli diede una spinta con la mano e il padre si ritrovò a varcare la soglia della sala operatoria senza neanche accorgersene.
Non appena vide il lettino dove stava sdraiata Ichigo, Goro si risvegliò completamente e la raggiunse piegandosi verso di lei, afferrandole una mano.
<< Perché non mi hai chiamato? >> Le chiese subito mentre lei quasi neanche alzava lo sguardo. Era esausta, probabilmente se avesse avuto ancora un po' di forze lo avrebbe preso a pugni per quella domanda idiota in una situazione come quella. Ma in fondo comprendeva come potesse sentirsi messo da parte.
Goro baciò la mano di Ichigo e sembrò sul punto di piangere. << Mi hai fatto preoccupare da morire… >>
Fu solo dopo un attimo che Goro si accorse di dove stesse volgendo lo sguardo la moglie; Ichigo era girata di lato e aveva gli occhi lucidi, abbagliata. Si voltò lentamente verso di lui e gli sorrise mentre dai suoi occhi partivano a cascata le lacrime.
<< Amore… >>
Goro alzò lo sguardo verso dove aveva indicato Ichigo e avvistò Ikuno voltarsi verso di loro, portando con sé un fagotto minuscolo. Sorrideva in un modo che lui non credeva di averle mai visto fare e agitava debolmente le braccia per cullare quell'esserino pigolante.
<< Questo… E' vostro figlio. >> Disse a voce bassa porgendogli il bambino. Sembrava quasi più emozionata di loro due, eppure aveva fatto nascere tanti bambini che Goro avrebbe giurato che fosse diventata immune a quell'emozione.
Ichigo alzò debolmente le mani per accogliere quella piccola creazione e Ikuno glielo diede con estrema delicatezza, quasi come se avesse paura che il bambino fosse troppo pesante da farle cedere completamente le braccia; ma il bambino era talmente leggero da non sentirsi nemmeno, e solo toccarlo sembrò donare nuovamente la forza a Ichigo, che agli occhi di Goro sembrò diventare più bella di quanto fosse mai stata mentre con le lacrime che gli rigavano il volto ammirava quella loro piccola creazione.
<< Che c'è? >> Domandò lei alzando lo sguardo, vedendosi gli occhi imbambolati del marito fissi su di sé.
<< Sei bellissima. >> Rispose Goro ancora sconvolto. Era come se non la vedesse da anni, e in quel momento capì quanta paura avesse avuto fino a quel momento.
Ichigo distolse lo sguardo imbarazzata e si lasciò sfuggire un sorriso mentre agitava un poco le braccia per cullare il bambino. << Smettila… >> Borbottò trattenendo a stento una risata. Non riusciva più nemmeno a controllare le proprie emozioni da quanto era stremata; si ritrovò ad emettere dei rantoli per calmarsi, evitando per un pelo di scoppiare a piangere quando abbassò nuovamente lo sguardo su suo figlio.
Goro si sentì sciogliere mentre guardava sua moglie commuoversi e la abbracciò e la baciò, come a dirle che non c'era bisogno di trattenersi. Non voleva più perderla di vista un solo istante, così come per quel piccolo esserino che aveva dato alla luce. Sentì i sospiri di Ichigo sul proprio orecchio e avvertì il suo corpo tremare, finalmente libero dalla tensione.
Mentre i due genitori si abbandonavano a quell'abbraccio con il piccolo appena arrivato, Ikuno si fece da parte e andò a sedersi per recuperare le forze, rimanendo ad osservare da lontano i suoi due amici, contenta per la loro felicità. Fu raggiunta in un attimo da Naomi, che dopo essersi data una ripulita le mise una mano sulla spalla e le sorrise.
<< Avete già deciso il nome? >> Chiese dopo un po' la dottoressa, sorprendendo i due innamorati che si erano completamente scordati di essere circondati da altre persone.
Goro si girò e sorrise. << Oh, sì. >> Disse, poi si voltò ad accarezzare il bambino, che stava con gli occhi serrati e le manine piccole unite. Sentì gli occhi inumidirsi e il viso gli si fece rovente quando sfiorò la testa del piccolo.
<< Tesoro, sei sicuro di volerlo fare? >> Gli chiese Ichigo, riguardo al nome scelto tempo addietro dalla coppia. Ne avevano discusso a lungo, la madre avrebbe voluto dargli un nome unico e bellissimo, ma Goro sapeva quanto lei fosse affezionata al loro vecchio amico che si era perso tra le stelle; allo stesso modo, non avrebbe voluto vedere suo figlio e ricordarsi ogni volta di lui, per venire travolto dai ricordi tristi che portava con sé quel nome. Così si era ingegnato e aveva creato un nome come il suo vecchio amico aveva fatto con loro quando erano bambini; i caratteri che lo componevano li aveva presi unendo i nomi delle due persone più importanti nella sua vita.
<< Lo chiameremo Ichiro… Non pensate che sia un nome bellissimo? >> Goro si voltò nuovamente verso le due dottoresse e sorrise con le lacrime agli occhi, mentre loro rimanevano senza parole. Poi, contagiate dalle sue lacrime, anche loro sorrisero dolcemente.
<< Sì, è davvero un bel nome. >> Rispose Ikuno.
Goro tornò a guardare Ichigo, che sembrava triste. Gli stava dicendo che non era costretto a farlo, ma lui aveva già deciso e sapeva che lei approvava; poi la donna abbassò nuovamente lo sguardo come se si fosse rassegnata e strinse al proprio petto il bambino.
<< Sì… E' proprio bello. >> Mormorò. << Nostro figlio, Ichiro. >>
Goro sentì una forte commozione crescere in lui quando sentì la moglie pronunciare quelle parole e sentì che avrebbe avuto un mancamento se fosse successo un'altra volta. Era talmente felice che non era più nemmeno sicuro di riuscire a pensare coerentemente.
Avrei tanto voluto fartelo conoscere, Hiro.

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Capitolo 21
*** Casa ***


Ai ragazzi era concesso fare ritorno alle proprie case una volta al mese. Inizialmente non era stato possibile viste tutte le cose da sistemare al loro arrivo e le condizioni a cui abituarsi, ma ora che la pressione si era allentata e gli allenamenti erano diventati regolari, Hachi e Nana avevano deciso di concedergli un po' di riposo tra un allenamento e l’altro.
Alcuni dei ragazzi furono prelevati dalle loro famiglie a Mistilteinn stesso con l'intento di passare una giornata fuori città e divertirsi in spensieratezza, altri presero i mezzi pubblici per tornare a casa; c'era una fermata dell'autobus proprio fuori Mistilteinn e i ragazzi erano già diventati pratici di quelle corse, sfruttandolo anche nei finesettimana per passare il pomeriggio in città, ma una volta arrivati a destinazione dovettero separarsi.
La stazione degli autobus permetteva di arrivare praticamente ovunque ad Anemone, la prima città. I ragazzi conoscevano bene le rotte degli autobus cittadini, ma era facile confondersi e finire da tutt'altra parte.
Ad attendere che arrivasse il prossimo mezzo c'erano Kya e Ryo, Momo, Aki e Rin, Suzuko e Naho;  fino a pochi attimi prima anche Aiko e Tetsuya gli avevano fatto compagnia, ma avevano dovuto prendere i rispettivi mezzi e allora si erano separati dal resto della squadra, dicendo che li avrebbero rivisti quella sera stessa.
Erano due mesi che i ragazzi non vedevano i loro genitori; c'era tensione all'interno del gruppo anche se alcuni erano più bravi a mascherare questa emozione e altri la sbandieravano senza timidezza, cercando di mandarla via in quel modo. Era così che Kya aveva finito per chiacchierare a ruota libera con le altre ragazze, mentre Aki e Ryo invece restavano leggermente in disparte, osservando gli autobus che scorrevano di fronte ai loro occhi.
Faceva caldo; era una delle ultime giornate calde della stagione, prima che arrivasse l'autunno e poi l'inverno, ed entrambi sapevano quanto potesse essere duro l'inverno ad Anemone; Nana e Hachi avevano detto che una volta, quando l'umanità aveva cominciato ad estrarre l'energia magmatica dalle profondità della terra, le stagioni erano gradualmente scomparse. La terra si era trasformata in un vasto deserto privo di vita e lo stesso concetto del tempo era diventato quasi un'illusione, vista la capacità di gran parte della popolazione di poter vivere in eterno. Tuttavia, dopo che i VIRM erano stati scacciati e gli Stridiosauri erano tornati nel sottosuolo, la natura era tornata a vivere e il mondo si era riassestato ai ritmi del passato.
I due ragazzi si chiedevano se il ritorno in superficie degli Stridiosauri potesse significare che la terra avrebbe perso il suo nutrimento, desertificandosi nuovamente come mille anni addietro, ma convennero sul fatto che, avendo buone intenzioni nei confronti degli umani, questa volta avrebbero evitato che ciò si verificasse.
Era buffo pensare che quello che era successo mille anni addietro si stesse ripetendo più o meno come allora; l'idea di dover diventare dei guerrieri per affrontare delle creature venute dallo spazio era ancora assurda per loro, però pensare che qualcuno avesse condiviso il loro destino – e ancora meglio, il pensiero che fossero riusciti nella loro missione – li rincuorava e gli dava più speranze per il futuro, che restava comunque incerto e minaccioso.
<< Cambiamo argomento, per favore. >> Borbottò Aki guardando l'asfalto e seguendo un segno lasciato dagli pneumatici di un automezzo molto pesante. Ryo lo guardò dispiaciuto, rendendosi conto di quanto quella storia gli mettesse ansia.
<< Ok. >> Mormorò. << I vostri genitori lo sanno che adesso non siete più "Mizuru" e "Kawakami"? >>
Aki si girò e ghignò, come se Ryo stesse cercando di proposito di metterlo in difficoltà con argomenti pungenti. << No, non lo sanno ancora. Ma immagino che saranno molto sollevati quando glielo racconteremo, perché anche loro possono essere molto ansiosi… >>
Ryo strinse i denti. Certo, da qualcuno dovevano pur aver ereditato quel loro comportamento… Non riusciva a immaginare a come si potessero essere sentiti i loro genitori, all'idea di fare una scommessa come quella con i loro figli scoprendo poi che erano stati selezionati entrambi per il programma Parasite.
<< Il nostro autobus! >> Fece una voce alle loro spalle appartenente a Rin, nel momento in cui un grosso veicolo blu svoltò nella corsia dove stavano aspettando. La ragazza si alzò dalla panca e abbracciò le sue compagne prima di raggiungere il fratello, che si avvicinò un po' al bordo del marciapiedi.
<< Mamma e papà saranno contenti di rivederci. >> Disse lei mettendo una mano sulla schiena di Aki. Lui annuì pensieroso.
Al bordo si avvicinarono anche le altre ragazze. << Che peccato, speravo di potervi raccontare la fine della storia… >> Mormorò Kya stiracchiandosi.
<< Dovrai aspettare, perché voglio sapere assolutamente come finisce! >> Rispose l'altra voltandosi verso di lei e facendole l'occhiolino.
<< Quale storia? >> Chiese Ryo, che avvertì improvvisamente un brutto presentimento.
Kya fece qualche passo indietro per allontanarsi da lui e rise furbescamente. << Oh, la storia di quando cercasti di entrare dalla finestra del mio bagno perché non volevi aspettare che uscissi per giocare assieme, niente di che! >>
Il ragazzo diventò rosso in volto e cominciò a sbraitare dicendo che non poteva raccontare storie così imbarazzanti sul suo conto, mentre questa gli sfuggiva agilmente e rideva di gusto per la sua reazione spropositata. Le altre ragazze non poterono trattenere le proprie risate di fronte a quella vista; l'unica che non rideva era Suzuko, che diede un ultimo saluto a Rin prima che questa salisse a bordo, e rimase ad agitare una mano con la solita compostezza durante la sua partenza.
Dopo che l'autobus fu andato, la Sentakami sbuffò e si voltò verso gli altri. << Il mio autobus sta per arrivare, sarà meglio che mi avvii. >> Disse con un sorriso cordiale.
I due litiganti si fermarono; Ryo era riuscito ad afferrare Kya per un braccio ma lei aveva continuato a dimenarsi, risultando in una buffa e sconclusionata coreografia. << Giusto, la tua fermata è più avanti. >> Mormorò la ragazza mollando il suo amico. << Allora ti accompagniamo! >>
Kya avanzò verso la ragazza, ma Suzuko rifiutò con gentilezza. << Non ce n'è bisogno, rischierete di perdere le vostre fermate! >> Rispose, e fece un passo in direzione della strada per attraversare. Alzò una mano e salutò debolmente. << Ci rivediamo questa sera. >>
<< A presto! >> La salutarono Momo e Naho, poi la piccoletta si incamminò da sola senza più voltarsi.
<< Peccato. >> Mormorò Kya abbassando la voce. Erano rimasti in quattro, e quando il gruppo si rimpiccioliva Suzuko sembrava sempre un po' a disagio; forse era solo una sua impressione, ma avrebbe voluto saperne di più.
<< Allora abitate vicino? >> Domandò Momo, facendo distogliere l'attenzione da Suzuko che si allontanava. Kya e Ryo si girarono di scatto.
<< No, ci conosciamo da tanto tempo ma non viviamo nella stessa strada. A dire il vero, neanche nello stesso quartiere… >> Spiegò il ragazzo.
<< Ma come avete fatto a incontrarvi così piccoli allora? >> Chiese Naho perplessa osservandoli con la fronte aggrottata. Da quanto fossero intimi i suoi due compagni, avrebbe pensato che fossero cresciuti praticamente attaccati.
<< E' una storia strana. >> Iniziò Kya mettendosi le mani ai fianchi.
<< Non c'è niente di strano, i nostri genitori ci portavano sempre a giocare al grande ciliegio e ci siamo incontrati là. >> Reagì Ryo facendo subito abbassare i toni della conversazione, poco propenso a stare al gioco dell’amica.
Kya sbuffò e assunse una posa da offesa, dicendogli di raccontare la storia da sé visto che doveva essere tanto antipatico. E Ryo iniziò a raccontare.
<< Bé, in pratica io me ne stavo per conto mio a leggere quando questa idiota mi è caduta di fronte. >> Disse il ragazzo con un ghigno soddisfatto mentre la sua partner si voltava contrariata. << Avreste dovuto vedere come piangeva, è sempre stata una piagnucolona… >>
<< NON E’ VERO, NON STAVO PIANGENDO! >> Esclamò lei mettendosi in mezzo, agitando le braccia come se volesse scacciare uno sciame di insetti. Poi si ricompose un momento e aggiunse con stizza:<< E non sono inciampata! >>
<< Sì, invece. Sei sempre stata la solita maldestra.>> Ribatté quello mettendosi le mani in tasca.
Le ragazze rimasero in silenzio mentre Kya si arrabbiava con Ryo, lamentando il fatto che avesse tolto tutta la magia a quel racconto.
<< Il motivo per cui ci siamo conosciuti in questo modo è dovuto al destino, che ha fatto sì che noi due potessimo incontrarci! Sono state le stelle a decidere che saremmo stati inseparabili, non un caso dovuto alla mia fantomatica impacciatezza! >> Puntualizzò la ragazza con tono sdegnoso, rifiutandosi di volgere lo sguardo all’amico che sembrava averla profondamente offesa. Ryo però contestò che quel ragionamento non avesse senso e ricevette un’altra sfuriata dell’amica, che tentò di mettergli le mani in faccia.
Per quanto potesse sembrare fantasioso, Naho era dalla parte della sua amica; credeva che ci fosse qualcosa di "magico" in quella storia. Se non altro, perlomeno ciò che ne era scaturito lo era diventato visto quanto fossero attaccati i due ragazzi.
<< Siete sempre stati così? >> Chiese Momo sopprimendo una risatina mentre i due continuavano ad infastidirsi.
<< Così come? >> Fece Kya bloccandosi con una mano a strizzare la guancia di Ryo mentre il ragazzo le tirava una ciocca di capelli. Quella scena fece ridere le due ragazze ancora di più e prima che ci potessero essere altre spiegazioni, un rumore in lontananza fece voltare i due amici.
<< Ma quello è il nostro autobus! >> Esclamò Kya mollando la presa da Ryo. Anche il ragazzo si sporse in avanti e spalancò gli occhi incredulo.
<< Ci sta lasciando qui! >> E ancora prima di poter dare qualsiasi spiegazione alle loro due compagne di squadra, Kya e Ryo le salutarono e iniziarono a correre dietro all'autobus che, da una corsia poco distante dalla loro, stava per lasciare la stazione. Se non avessero fatto in tempo avrebbero dovuto fare la strada a piedi e non sarebbe stato per niente piacevole.
Naho e Momo rimasero ad osservare la scena e videro Ryo avanzare per fare segno al conducente di aspettare, battere le mani sul portellone in modo insistente fino alla frenata del mezzo, mentre Kya arrancava dietro di lui rischiando di incespicare. Una volta fermatosi, l'autobus aprì le portiere e li lasciò salire ma si poté vedere chiaramente dalle espressioni dei due amici che il conducente li stava rimproverando per bene, prima che salissero a bordo.
<< Non pensano mai a niente. >> Commentò Momo, frustrata dalla leggerezza d'animo della sua amica, che tuttavia era una delle qualità che apprezzava di più di lei.
Naho annuì facendosi improvvisamente seria. Erano rimaste sole e questa era l’occasione perfetta per porle una domanda che aveva da tempo, prima che Momo dovesse andarsene.
<< Sei sicura di stare bene? >>
La ragazza più alta si girò inarcando un sopracciglio, chiedendole che cosa intendesse. Naho però non credeva a quel tono innocente; aveva notato quanto fosse stata silenziosa per tutto il tempo e anche nei giorni precedenti Momo si era comportata in modo troppo insolito.
<< Mi sei sembrata molto giù, negli ultimi tempi… E' da parecchio che ti vedo così, a dire il vero. >> Spiegò alla fine, abbandonando lo sguardo severo che aveva assunto per cercare di intimorire la sua amica. << C'è qualcosa che ti preoccupa? >>
Momo sorrise con sorpresa e scosse la testa. Chiuse gli occhi per evitare il suo sguardo e mormorò:<< Tu voli troppo con la fantasia, Naho. >>
Naho si rabbuiò, sentendosi presa in giro da quella reazione così scontata e in cui Momo aveva messo veramente poco impegno. Non era minimamente capace di mentire, glielo si poteva leggere in faccia che non stava bene, eppure si ostinava a fare finta di niente.
<< Sei preoccupata per il test con Hoshi? >> Chiese alla fine, ignorando gli sforzi della sua amica di distogliere l'attenzione da quell'argomento.
Questa volta la fronte di Momo si corrugò e la ragazza sembrò più allarmata. Non rispose, ma era evidente dalla sua espressione quanto quella cosa la preoccupasse.
<< Non hai parlato con lui, vero? >>
<< Stiamo studiando assieme. >> Rispose stizzita la ragazza voltandosi dall’altra parte. << E con l'Aros abbiamo fatto grandi passi in avanti, quindi non ho motivo di essere preoccupata! >>
Naho si intristì. Avrebbe voluto tenere la bocca chiusa, ma doveva sapere che la sua amica stava bene e non stesse solo cercando di tranquillizzarla:<< Però lo sei lo stesso. >>
Momo si ammorbidì; non riusciva a tenere quella maschera di offesa a lungo, infatti si scusò subito con Naho per il tono che aveva assunto.
<< Non è per quello… >> Rivelò questa volta con meno nervosismo. << Sono solo un po’ tesa perché non vedo la mia famiglia da tanto tempo. Tornare a casa adesso sarà… Strano. >> Spiegò abbassando lo sguardo.
Naho non era sicura che Momo fosse stata completamente onesta con lei, ma non volle infierire oltre e cercò invece di capire cosa intendesse la sua amica con quell’ultima frase. << Perché? Saranno felicissimi di vederti! >>
<< E anche io lo sono, ma vederli sapendo che dovrò andarmene presto mi mette una tristezza enorme… >>
Momo sospirò profondamente e le sue spalle si abbassarono, come se avesse liberato un po' di tensione accumulata nel corpo. Naho avrebbe voluto dirle qualcosa per aiutarla, ma non sapeva quanto la sua amica fosse attaccata alla sua famiglia e non era sicura che qualche parola di conforto sarebbe bastata a farla sentire meglio; in fondo loro avevano un compito pesante da portare a termine e come se questo non bastasse a mettergli un sacco di ansia, le persone che avrebbero dovuto supportarle incondizionatamente durante quell'avventura erano costrette a rimanere lontane.
Questo però non significava che fossero sole. Si avvicinò un poco a Momo e le sorrise mettendole una mano sulla spalla.
<< Cerca di non pensarci troppo. >> Disse con tono spensierato. << Goditi questa giornata con i tuoi e non pensare a quando dovrai salutarli di nuovo; al resto ci penseremo insieme una volta tornate a Mistilteinn. >>
Perplessa, come se le avesse letto nel pensiero, Momo studiò il volto lentigginoso di Naho e si abbandonò a un sorriso pieno di gratitudine prima che un nuovo autobus di passaggio attirasse la sua attenzione.
Senza dire niente, Momo fece capire che quella fosse la sua fermata e sembrò riluttante a lasciare la sua amica da sola sul marciapiedi.
<< Vai, non ti preoccupare! >> Disse però Naho dandole una piccola spinta. << Non vorrai rischiare di dover inseguire l'autobus come Kya! >>
Momo rise di rimando e la salutò agitando una mano mentre si affrettava ad attraversare la strada per raggiungere la propria fermata. Così Naho rimase da sola ad attendere il passaggio del proprio autobus e visto che non sapeva ancora quando sarebbe passato, tornò a sedersi alla panchina e tirò fuori dalla borsa un libro che aveva portato con sé.
 
*
 
<< Bentornato a casa, tesoro! >>
Il modo in cui lo accolse la madre fece pensare a Hoshi che non avesse minimamente pensato a come si fosse sentito quando lei lo aveva costretto a partire. Le rivolse un'occhiata esasperata mentre lei gli rivolgeva tutte le attenzioni del mondo, abbracciandolo e accarezzandolo come un cucciolo.
Era appena sceso dalla macchina e la madre già lo trattava come un bambino, eppure non ci aveva pensato due volte a lasciarlo a sé stesso quando lo aveva fatto arruolare nel programma Parasite.
Il padre di Hoshi sfilò accanto a sua moglie dicendole di dover rispondere a una chiamata e sparì nell'altra stanza mentre lei restava a salutare suo figlio. Sembrava quasi che andare a prenderlo a Mistilteinn con l'auto fosse stata una seccatura e volesse allontanarsi da lui il prima possibile.
<< Andiamo di là. Papà sarà impegnato per un po', ma non ci vorrà molto tempo e nel frattempo potremo chiacchierare un po' solo noi due… >>
La donna gli fece strada all'interno della casa, come se non conoscesse quelle stanze da quando era nato; non gli sembrava che fosse cambiato niente, e in fondo era ovvio che fosse così, ma si aspettava quasi che la madre avesse già buttato via tutte le sue cose dopo averlo fatto partire per il programma Parasite.
Akane Kondō era una donna dall'aspetto composto che nascondeva una personalità solare. Era abituata a viziare suo figlio e per molto tempo quella cosa non aveva mai turbato Hoshi, che però da quando era entrato nella squadra aveva cominciato a serbare un certo rancore nei suoi confronti vedendo quelle sue attenzioni come dei tentativi per compensare al suo tradimento.
<< Aspetta che ti porto un succo di frutta, intanto mettiti comodo… >> Disse Akane facendo sedere il figlio sul divanetto del soggiorno. << Ti sarà mancata la tua casa. >> Gli disse dall'altra stanza mentre Hoshi si guardava intorno con poco interesse.
Quando la donna tornò con un vassoio con sopra due bicchieri di succo di frutta e una caraffa ancora piena, Hoshi si spostò un poco sul divano e le permise di prendere posto accanto a lui, posando il vassoio sul tavolino di fronte a sé.
<< Voglio sapere tutto di questa nuova casa e dei tuoi compagni di squadra, ma prima dimmi come stai tu! >> Disse porgendogli un bicchiere e cominciando a toccarlo. << Mi sembri cresciuto dall'ultima volta che ci siamo visti! E questi capelli non ti sembreranno un po' troppo lunghi? >>
<< Mamma, smettila! >> Reagì di scatto Hoshi tirandosi indietro. Il ragazzo le rivolse un'occhiata infastidita mentre la donna ritirava il braccio con aria ferita e si girava fingendo che la cosa non l'avesse turbata.
<< Sei ancora arrabbiato, allora? >> Mormorò Akane prendendo il bicchiere di succo di frutta per sé e rimanendo in silenzio.
Hoshi la fissò, cercando di interpretare il suo linguaggio del corpo. Certo che era arrabbiato, credeva che sarebbe bastato tenerlo lontano da casa per farlo ricredere? Credeva veramente che si sarebbe lasciato coinvolgere, quando era stato deciso tutto contro il suo volere?
<< Certo che sono arrabbiato. >> Disse secco lui prima di bere un sorso dal proprio bicchiere. << Mi hai letteralmente cacciato di casa, hai deciso tutto quanto di testa tua e ora dovrei fare finta che non è successo niente? Hai idea di quanto è difficile per me trovarmi in questa situazione, adesso? >>
<< Non ti piacciono i tuoi nuovi compagni? >> Domandò tristemente la madre. Hoshi non pensava che quello fosse il punto centrale della discussione, ma era comunque rilevante.
<< No. Bé, non che non mi piacciano, ma sono io a non piacere a loro… >> Disse confuso. << E la mia partner è asfissiante e cerca sempre di parlarmi di sopra! In pratica è come te, mamma. >>
Quello che decisamente non sembrava un complimento arrivò alle orecchie di Akane come qualcosa di molto simile, perché la donna alzò lo sguardo e sorrise distrattamente. << Oh. >> Mormorò nascondendo un sorrisetto, poi si avvicinò di nuovo al figlio e gli chiese:<< Ed è carina? >>
<< Mamma! >>
Akane tornò indietro trattenendo una risata mentre suo figlio diventava rosso dall'imbarazzo. Non gli aveva mai fatto domande del genere, anche se avrebbe dovuto aspettarsele una volta tornato; in fondo sua madre era stata sempre molto attenta alle sue relazioni con altri ragazzi e ragazze della sua età, proprio perché erano così rare; tuttavia non era mai stata così diretta con Hoshi.
Si ammutolirono entrambi e per un po' si sentì arrivare solo la voce del padre di Hoshi dall'altra stanza, particolarmente coinvolto in quella chiamata che stava facendo. Il ragazzo sapeva già cosa sarebbe successo: tra qualche minuto l’uomo avrebbe concluso la telefonata e sarebbe comparso dicendo di dover andare a risolvere un problema improvviso in ufficio, di essere tremendamente dispiaciuto e che si sarebbe fatto perdonare; non avrebbe mancato di dare un bacio a moglie e figlio prima di lasciare la casa, pur non mettendoci neanche un po' di impegno per sembrare dispiaciuto. Akane si scurì in volto quando Hoshi glielo disse, probabilmente perché anche lei stava pensando la stessa cosa.
<< Tuo padre è sempre stato così… Impegnato. >> Cercò di giustificarlo la moglie, ma Hoshi strinse le spalle.
<< Ci sono abituato. In fondo è da quando ero piccolo che mi scaricate sempre a qualcun altro per i vostri impegni. >>
Akane abbassò lo sguardo con dispiacere, ma questa volta volle ribattere al figlio. << Ascolta, Hoshi: so che ti sembrerà che la mia decisione sia stata egoista e improvvisa, ma è solo per il tuo bene se ho voluto farti arruolare in quel programma…
<< Hai ragione quando dici che io e papà ti abbiamo sempre trascurato, ed è per questo che abbiamo sempre cercato di rimediare fornendoti un'istruzione di primo grado, ma ci siamo resi conto che così facendo ti stavamo togliendo la parte più bella della tua infanzia, e cioè fare amicizia con i tuoi coetanei e creare profondi legami con altre persone. >>
<< Se era questo il problema, avresti potuto iscrivermi a un collegio qualunque e avresti evitato di mandarmi letteralmente in guerra! >> Rispose stizzito il ragazzo guardando davanti a sé. << Ancora meglio un collegio maschile, così avremmo evitato tante situazioni imbarazzanti! >>
<< Ah, allora la tua partner è veramente carina! >> Si illuminò Akane con un ghigno, mentre Hoshi scattava sulla difensiva e cercava di nascondere il proprio volto per non farle vedere che stava arrossendo di nuovo. << Però, sai… In un collegio qualsiasi non saresti incentivato a fare amicizia come lo sei ora. Non dico che rimarresti sempre da solo, ma conoscendoti avresti difficoltà ad ambientarti. >>
<< E che cosa ti fa pensare che questo sia meglio? >>
Akane alzò lo sguardo per fissare il figlio dritto negli occhi; per un attimo la sua espressione gioiosa sparì e si mostrò seria come mai aveva fatto prima. << Nulla. Tuttavia so che prima o poi, tutti dobbiamo fare un salto nel vuoto; questo è il tuo, Hoshi. Vorrei che riuscissi a vedere questa cosa da un punto di vista diverso… >>
<< Tipo? >> Sbuffò esasperato il ragazzino. Non riusciva a vedere un modo in cui la madre avrebbe potuto convincerlo a vedere quella situazione con occhi diversi, ma pensò che fosse meglio che non dire niente.
Akane posò il proprio bicchiere e si sedette in modo composto. << Per esempio, la tua partner: hai detto che è ossessiva e che ti parla di sopra… Ma forse è semplicemente molto premurosa, e magari non sa veramente cosa tu voglia e vede un ragazzino timido e indifeso da aiutare ad ambientarsi meglio nella squadra. In fondo hai detto che mi somiglia, no? Forse se parlassi un po' con lei, potreste capirvi meglio, e vi piacereste di più. >>
Hoshi fece roteare gli occhi con fastidio. Se avesse potuto avrebbe preferito non pensarci, però era vero che certe volte Momo gli ricordava molto sua madre, soprattutto con la sua eccessiva premura nei suoi confronti, quasi come se anche lei stesse cercando di compensare per qualcosa… Ma non riuscì a immaginarsi una situazione in cui la ragazza potesse cambiare.
<< E i tuoi amici… >> Continuò Akane. << Sono sicura che tu gli piaccia! E' solo che sei sempre così prevenuto nei confronti delle persone e hai paura di essere ferito… Ma io lo so che sotto questa faccia burbera c'è un grande sorriso amorevole! >>
La donna gli passò una mano tra i capelli e scese fino ad accarezzargli una guancia. Hoshi non si scansò e non disse niente, rimanendo ad assaporare quella carezza che non credeva gli sarebbe potuta mancare tanto.
Quel momento di silenzio e calma fu interrotto quando dalla porta uscì Kyoichi Kondō, il padre di Hoshi, che con aria spaesata andò a salutare il figlio come si deve, passando a scusarsi un attimo dopo.
<< In ufficio è successo un casino e adesso hanno bisogno di me… >> Spiegò in modo sbrigativo, nel tentativo di giustificare il suo bisogno di andare via.
<< Ma caro, oggi è il tuo giorno libero! >> Protestò la moglie. << Hai anche richiesto specificamente di non essere disturbato oggi per poter passare la giornata con Hoshi. >>
Kyoichi strinse le spalle scuotendo la testa. << Lo so, ma quell'idiota di Nishimura ha combinato un guaio e non sapeva chi altri chiamare. Mi dispiace amore… >> E si abbassò per dare un bacio sulla fronte alla donna, che mostrò tutto il suo disappunto nello sguardo.
Kyoichi uscì in tutta fretta dalla casa e fuori dalle finestre si poté sentire il sibilo elettrico dell'automobile che si allontanava dalla casa. Hoshi tirò un lungo sospiro e sprofondò nel divano, sua madre lo osservò con dispiacere; era ovvio che fosse deluso, nonostante il ragazzo avesse detto di esserci abituato aveva sicuramente sperato di poter passare del tempo con entrambi i suoi genitori quel pomeriggio.
<< Bé, io non vado da nessuna parte. >> Disse alla fine Akane posizionandosi meglio sul divano per rivolgere completamente la sua attenzione ad Hoshi. Con un rapido gesto della mano, spense il telefono e lo gettò dietro di sé. << Che cosa vuoi fare oggi? >>
Hoshi girò lo sguardo verso sua madre e la osservò per un momento, sfiduciato. Immaginava che inevitabilmente Akane avrebbe dovuto mollarlo come aveva fatto suo padre, ma forse almeno per un po’ sperava di poter tornare a comportarsi normalmente… Ma potevano veramente ignorare tutto quello che li aveva portati a litigare fino a quel punto e passare del tempo assieme come madre e figlio?
Alla fine sul volto del ragazzo affiorò un sorriso e si posizionò in modo da voltarsi completamente verso la madre, che accolse quel suo gesto con un sospiro di sollievo.
 
*
 
Lo sguardo severo di suo padre torreggiava su di lui. Taishō Ojizaki non era un uomo di molte parole, ma quando incontrava il suo impertinente figlio diventava sempre più loquace e scontroso, proprio come sperava di vederlo Yoshiki.
Non aveva accettato la sua decisione di arruolarsi nel programma Parasite, ma la cosa che lo aveva fatto veramente infuriare era il fatto che lo avesse deciso in gran segreto senza neanche consultarlo; Yoshiki sapeva già cosa avrebbe utilizzato per dimostrare che quella bizzarra idea di entrare in un corpo speciale non fosse adatta a uno come lui, ma aveva deciso di ignorare completamente tutto quello creando di fatto una frattura all'interno della sua famiglia.
<< Hai finalmente deciso di riporre le armi e tornare a casa? >> Gli domandò senza staccargli gli occhi di dosso. Yoshiki lo fissò di rimando con i suoi occhi tetri, rispondendo a tono.
<< Non essere ingenuo, padre. Questa è solo una visita di cortesia. >> Non si era neanche preso la briga di sistemarsi quei capelli lunghi, sembrava che ogni cosa che facesse fosse mirata a infastidire il padre.
Taishō grugnì con arroganza e si voltò. << Bé, non startene lì sulla porta! Resti pur sempre mio figlio, una visita ogni tanto è il minimo che ci si possa aspettare in fondo… >>
<< A dire il vero preferirei andare senza indugiare troppo. >> Disse Yoshiki rapidamente, facendo voltare il padre quasi fuori di sé.
<< Cosa?! >> Esclamò l'uomo. << Te ne vorresti già andare? >>
<< Sono passato solo per prendere alcune cose… >>
I due si fissarono per un minuto, quasi come se stessero cercando di leggersi nella mente, ma Yoshiki non stava pensando assolutamente a niente e suo padre stava facendo uno sforzo inutile. Poi lo sguardo di Taishō si assottigliò.
<< Ma certo, che mi aspettavo? >> Borbottò voltandosi. << Tuttavia le tue "cose" non sono ancora pronte. Ho mandato Mako ad occuparsene, ci vorrà un po'. >>
Senza dire niente, Yoshiki avanzò nell'atrio della magione che lui aveva chiamato casa e si levò la mantellina per consegnarla a uno dei maggiordomi di suo padre, quindi seguì Taishō nella sala vicina, dove era presente un lungo tavolo di vetro scuro dove la sua famiglia accoglieva gli ospiti.
<< Bella uniforme. >> Commentò l'uomo senza un tono, sedendosi a capotavola e squadrando il figlio in attesa di una sua risposta.
<< Grazie. >> Disse Yoshiki, e si sedette dall'altro lato del tavolo. Padre e figlio si fissarono in silenzio per alcuni istanti, nessuno dei due sembrava voler dire niente, ma entrambi sapevano quanto uno dei due volesse parlare e dare sfogo alla frustrazione accumulata in quei due mesi.
<< Sai, avrei potuto semplicemente spedirti quello che ti serviva. >> Riprese Taishō accarezzandosi i baffi, cercando di stuzzicare il figlio con le sue parole. << In questo modo non avresti avuto bisogno di venire fin qui e sottoporti a questa sgradevole interazione. >>
<< Non mi dispiace venire qui di tanto in tanto. >> Rispose il ragazzo. Taishō sembrò insultato da quelle parole, ma sorrise lo stesso.
<< Sicuro che non sia perché non vuoi far sapere ai tuoi compagni del tuo segreto? >>
Yoshiki abbassò lo sguardo come se non sapesse cosa dire. Non gli interessavano i commenti pungenti del padre, pur dovendo ammettere che non fossero del tutto insensati; tuttavia quando gli era stato concesso di andare a fare visita alle proprie famiglie aveva deciso che fosse il momento di dissipare dei dubbi che lo attanagliavano, per assicurarsi di non avere rimpianti sulla sua decisione.
<< Fa' come vuoi, ma sai benissimo che non riceverai aiuti da parte mia, e anzi cercherò in ogni modo di toglierti dalla testa quest'idea folle del progetto Parasite. >> Continuò il padre, irritato dal silenzio del figlio. Yoshiki alzò lo sguardo questa volta.
<< Ho conosciuto tante persone interessanti a Mistilteinn. Sono ragazzi della mia età che arrivano da tanti contesti sociali differenti, ed è molto più piacevole passare del tempo con loro che con i damerini di quell'istituto in cui tu mi volevi rinchiudere. >> Disse mantenendo un'espressione serena, come se fosse realmente contento di star condividendo quelle cose con il padre. Taishō però sapeva che Yoshiki gli stava semplicemente sventolando la sua – temporanea – vittoria in faccia.
<< Certo che sono interessanti, perché si tratta di gente semplice e tu sei abituato a trattare con persone sofisticate! >> Ribatté l'uomo. << E' un vero peccato che voglia sprecare il tuo potenziale con individui tanto rozzi… >>
Un colpo secco spaventò Taishō che alzò lo sguardo come se fino a quel momento non avesse prestato realmente attenzione a ciò che faceva il figlio: Yoshiki aveva sbattuto una mano sul tavolo e il vetro si era incrinato, facendo schizzare schegge in ogni direzione che avevano finito per conficcarsi nel palmo del ragazzo; lui non aveva fatto un fiato ed era rimasto a fissare il padre con gli occhi pieni di rabbia.
<< Non ti permetto di parlare così dei miei amici! >> Scandì a denti stretti mentre attorno alle sue dita si formava una piccola pozza di sangue.
Taishō lo guardò con delusione e sbuffò.
<< Vedo che sei ancora infantile come sempre. >> Disse chiudendo gli occhi, e quindi chiamò un domestico per medicare la ferita di Yoshiki. << Non capisco cosa ci guadagni a farti del male in questo modo… Se è la mia apprensione che cerchi, mi sottovaluti. >>
<< Non potrei mai desiderare l'apprensione di una persona tanto ottusa. >> Rispose Yoshiki ritirando la mano con ancora i pezzi di vetro conficcati nella carne. Un domestico arrivò svelto con un panno, delle bende e un flacone di disinfettante e lui gli porse la mano senza resistere per farsela medicare.
<< Lo sai che questo tuo comportamento non fa altro che peggiorare la tua situazione? In questo stesso momento i miei avvocati stanno studiando la causa contro l'I.P.U. per riportarti a casa e questi scatti d'ira non fanno che dimostrare la tua incapacità nel prendere decisioni come quella a cui ti sei voluto testardamente sottoporre. >>
Taishō Ojizaki gongolava ad osservare il figlio che veniva curato, sicuro di avere la situazione sotto controllo e che presto quella storia sarebbe stata solo un brutto ricordo. Forse stava bluffando, o magari era sicuro di sé fino al punto da credere di potersi mettere contro l'I.P.U.
<< Non tornerò mai a casa! >> Lo sfidò Yoshiki ritirando il braccio dopo che il domestico gli ebbe legato una fasciatura attorno al palmo.
Taishō distolse lo sguardo, disgustato dall'impertinenza del figlio.
<< La tua fissazione di salvare il mondo ti ha rincitrullito. >> Disse. << Quando ti accorgerai dell'idiozia che hai fatto, tornerai strisciando da me. >>
Insultato, ma questa volta calmo, Yoshiki si alzò dalla propria sedia e cominciò ad uscire dalla sala. Disse che si era stufato di perdere tempo a quel modo, ma fu una fortuna che avesse udito la porta all'ingresso aprirsi, perché altrimenti avrebbe dovuto aspettare ancora di più lì con suo padre e la sua serenità ne avrebbe pesantemente risentito.
<< Io ti voglio solo proteggere, Yoshiki. >> Gli urlò dietro l'uomo, mentre il ragazzo accoglieva il maggiordomo che suo padre aveva mandato fuori. << Il mondo è pericoloso e tu non sei pronto ad affrontarlo! >>
<< Bentornato, signorino! >> Disse con tono pacato l'uomo alla porta, leggermente sorpreso di vedere Yoshiki. << Suo padre mi aveva mandato a fare compere per lei, sarei tornato prima se avessi saputo… >>
<< Sono stato io che non mi sono fatto annunciare, Mako. >> Disse cordialmente il ragazzo, felice di rivedere il signore di mezz'età che era stato fedele alla sua famiglia per tanti anni. << E sono solo di passaggio, capiti proprio al momento giusto! >>
Mako annuì comprensivo e gli porse un pacchetto. << Allora immagino che sia qui per queste. >>
Yoshiki intascò la scatola e fece finta di niente. << Mio padre non ti sta trattando male, vero? >>
<< Oh signorino, se avessi qualcosa di cui lamentarmi sarebbero solo le mie vecchie ossa. >> Rispose Mako con un sorriso bonario. Era incredibilmente magro, però sembrava che il suo fisico reggesse ancora in qualche strano modo. << Piuttosto, la trovo in forma! Sta mangiando come si deve nella sua nuova casa, sì? >>
<< Anche troppo. >>
Yoshiki ricordò per un momento la festa organizzata dai suoi compagni di squadra in onore dei fratelli Osagawa e pensò a quello che avrebbe avuto da dire suo padre riguardo a quella faccenda, ma preferì sorvolare.
<< Allora io posso anche andare. >> Mormorò il ragazzo volgendo lo sguardo verso la porta, ma venendo attirato nuovamente da Mako che gli toccò delicatamente la spalla.
<< Credo che sua madre voglia salutarla, signorino. >>
Yoshiki si voltò verso dove aveva indicato con il dito il suo maggiordomo e si accorse di due occhi color dell'ambra che facevano capolino da dietro una porta. Per quanto tempo era stata lì a spiarlo? Mariko Ojizaki era una donna silenziosa, dall'animo mite e per niente combattiva come il marito e il figlio, che erano sempre a litigare; lei aveva sopportato la partenza del figlio senza dire nulla, augurandogli tutto il bene possibile e soffrendo pur sapendo di non poter fare niente per fargli cambiare idea. Era una donna modesta, poco attaccata ai beni materiali, che si dedicava a lavori che potessero arricchire l’animo come il ricamo, la pittura e la scrittura; Yoshiki aveva sempre amato le sue creazioni.
Il ragazzo si voltò con aria costernata e non fu in grado di sostenere lo sguardo di lei mentre usciva allo scoperto e gli andava incontro.
<< Buongiorno, mamma. >> Mormorò. << Mi spiace di essere così di fretta… >>
La donna gli prese le mani con gentilezza e gli sorrise, poi lo baciò su una guancia. << Sono felice che tu sia passato di qua. Ti trovo bene. >>
<< Sto bene. >> Rispose lui, come a voler puntualizzare una cosa che non era stata detta.
Per alcuni istanti gli sguardi andarono da una parte all'altra, Yoshiki non era a disagio in presenza della madre ma provava un certo dispiacere nel dover stare lì senza poter fare nulla; aveva le parole bloccate in fondo alla gola e non era sicuro di volerle tirare fuori. Alla fine fu lei a interrompere quel silenzio e lo fece con un altro tipo di silenzio.
Mariko lasciò andare le mani di Yoshiki e gli cinse il busto per abbracciarlo come solo una madre poteva fare, abbandonandosi per un momento alla stabilità del figlio e dandogli un altro bacio.
<< Stai attento. >> Mormorò alla fine la donna, prima di mollare la presa. Yoshiki sorrise.
<< Vedrai, mamma: sarete fieri di me! Anche lui, forse… >>
<< Ti vuole bene, lo sai vero? >>
Yoshiki annuì e osservò in silenzio la porta del salone, dove suo padre probabilmente stava origliando con la sua solita compostezza, borbottando parole di disapprovazione nei confronti del figlio.
<< Signorino. >> Mako si spostò per salutare il ragazzo e Yoshiki gli strinse la mano quasi come se volesse prendersi tutto il braccio.
<< Non ti ho mai ringraziato a dovere per quello che hai fatto. >> Mormorò. Mako era stato l'uomo che lo aveva accompagnato all'arruolamento per il programma Parasite; senza di lui, non avrebbe mai potuto conoscere i suoi compagni, non sarebbe diventato un Parasite e sarebbe ancora rinchiuso in quella casa.
<< Sono io che dovrei ringraziarla, per avermi mostrato il suo vero valore. >> Rispose Mako ammiccando. Le sue sopracciglia grigie andarono a sostituire per un attimo i suoi occhi. << Non vedo l'ora di vedere cos'altro sarà in grado di fare! >>
Yoshiki sorrise e quasi si commosse. Decise di andare, prima che quelle emozioni lo facessero piangere per davvero, quindi lasciò la casa con il cuore più leggero di quando era arrivato, sicuro di avere ancora tanta strada da fare.
 
*
 
Il disordine regnava nel piccolo appartamento della famiglia Sakei, dove Momo aveva appena messo piede; si sentiva un piacevole odore di sugo provenire dalla cucina, ma dall'altra stanza arrivavano gli strilli di Iki e Thoki che litigavano per qualche giocattolo da contendersi, assieme ai guaiti del più piccolo Sho, probabilmente recluso alla sua culla di legno e desideroso di unirsi ai giochi dei fratelli.
<< Hai sentito qualcosa, Mayu? >> Domandò una voce tenera dalla cucina.
<< E' la porta, nonna. >> Rispose una bambina. << Vado a vedere. >>
Nel corridoio uscì una ragazzina alta poco più di un metro con lunghe trecce scure che si paralizzò non appena vide il volto della sorellona di fronte alla porta.
<< E' tornata Momo! >> Esclamò, scatenando una reazione anche dai due nell'altra stanza e correndole incontro per abbracciarla.
La ragazza aprì le braccia per accogliere la sorella, ma non fu in grado di assorbire la spinta dei gemelli quando le si schiantarono addosso e tutti e quattro i fratelli carambolarono sul pavimento tra risate e abbracci.
Iki e Thoki continuavano a ripetere il nome della sorella maggiore mentre la bambina più grande dei tre le faceva domande più sensate, nel tentativo di farsi capire senza dover urlare troppo. Al coro di bambini si unì Sho, che sentendo il trambusto all'entrata cominciò a lamentarsi, desideroso di poter far parte di quella festa.
<< Questa sì che è una sorpresa! >> Disse nonna Ema quando uscì allo scoperto, fermandosi sull'uscio della cucina e sorridendo contenta in direzione dei bambini.
<< Nonna! >> Momo si liberò rapidamente dei bambini che l'avevano accerchiata e corse ad abbracciarla, stringendola con delicatezza.
La donna rise. << Mi mancava avere te a ricordarmi di quanto sia bassa! Essere circondata da mocciosi fa molto bene all'autostima di una vecchia, sai? >>
Momo rise. La differenza in altezza tra sé e sua nonna era talmente grande da farle credere di essere cresciuta ancora negli ultimi mesi; allo stesso tempo, le ricordò quanto fosse anziana la donna e quanto fragile si stesse facendo.
<< Non ti stai sforzando troppo, vero? >> Le chiese accarezzandole le mani, assumendo un'espressione costernata.
<< No… Mayu mi sta aiutando nelle faccende di casa e Iki e Thoki hanno promesso di fare i bravi. >> Rispose sbrigativa la nonna. << Il che mi ricorda… Thoki, non hai ancora riordinato il letto. Datti una mossa, che tra poco si mangia! >>
<< Ma nonna, oggi tocca a Iki! >>
<< Bel tentativo, ma tua sorella deve occuparsi della tavola oggi. >> Gli rispose la donna, mandandolo via con un gesto della mano. Il ragazzino si ritirò in una delle stanze della casa con aria offesa mentre la gemella si dirigeva verso la cucina.
<< Posso apparecchiare io. >> Propose Momo. << Così Iki può aiutare Thoki. >>
Ema declinò l'offerta della nipote alzando una mano e le disse di lasciare che ognuno seguisse il proprio compito.
<< Se proprio vuoi dare una mano, potresti andare a prendere Sho? Credo che si sia stufato di dormire… >>
Momo sorrise e andò nel soggiorno, dove il suo fratellino più piccolo aveva iniziato a saltare tenendosi dalla sbarra della propria culla; non appena la vide, i suoi grandi occhioni neri si illuminarono e il bimbo riprese a pigolare ansioso.
Momo prese in braccio il fratellino e lo strinse forte a sé. Le era mancata la sensazione soffice della pelle di un neonato, fu tentata da fargli il solletico ma invece gli stampò un bacio sulla guancia tonda e il bimbo guaì indifferente mentre si spostavano nella cucina.
<< Allora… >> Iniziò la nonna, che stava girando un mestolo dentro a una pentola sul fuoco. << Raccontaci un po' di questi Parasite… Ho visto alla televisione che ti hanno accoppiata con un mezzo tappo di bottiglia! >>
<< Nonna! >> Momo sembrò voler rimproverare Ema per il modo in cui aveva apostrofato Hoshi, ma non poteva darle torto; il suo partner era piuttosto gracile e la sua statura non aiutava a farlo sembrare più grande. Si odiò per quello, ma la battuta di sua nonna l'aveva fatta quasi ridere.
<< Che c'è? Basso è basso! >> Rispose la nonna girandosi per un istante, per poi tornare a controllare il sugo nella pentola.
<< Hoshi è un ragazzo molto gentile, non è carino che tu parli così di lui. >> Mormorò la ragazza cullando Sho tra le braccia.
<< E allora parla, così saprò cosa pensare di lui! >>
L'esortazione della nonna la lasciò spiazzata per un momento. Momo non si era preparata un discorso da fare riguardo alla squadra, aveva passato l'intera giornata a pensare che voleva solo rivedere la sua famiglia, non aveva messo in conto i dettagli.
<< Uhm… >> Iniziò sedendosi. << E' timido. E' un tipo molto riservato, quindi ancora non ho potuto conoscerlo perfettamente, ma da un po' di tempo abbiamo cominciato a conoscerci meglio! Sai che il nostro rendimento a bordo degli Stridiosauri dipende dal legame tra partner? >>
Nonna Ema ascoltava pazientemente, contenta che la figlia sembrasse così entusiasta di quelle cose, e nel frattempo si occupava di preparare il pranzo.
<< Ho due compagne di stanza fantastiche! Una si chiama Kya, è più grande di me e fa amicizia praticamente con tutti; pensa che lei e il suo migliore amico si sono arruolati senza sapere niente dell'altro e adesso pilotano assieme! L'altra ragazza invece si chiama Naho, lei è un po' più timida, ma è molto dolce e ci divertiamo un mondo assieme! >> Proseguì Momo, iniziando a dondolare avanti e indietro con la sedia senza rendersene conto. << Le altre ragazze sono un po' più riservate, ma piano piano sto imparando a conoscere bene anche loro: Sentakami è quella che definirei la secchiona della classe, è molto diligente e sa sempre cosa fare, mentre Mori sembra essere il suo esatto opposto da quanto è timida! Oh, e Okagawa è in squadra con suo fratello, pensa che si erano arruolati usando dei nomi falsi perché temevano che non fosse consentito a parenti di entrare a far parte della stessa squadra… >>
<< A proposito di ragazzi… >> Commentò Mayu saltando in ginocchio sulla sedia di fronte a quella di Momo e guardandola con un sopracciglio inarcato. << Ti sei già trovata un fidanzato? >>
<< Che?! >>
La reazione di Momo fu talmente scomposta che quasi diede un pugno alla sorellina, mentre Iki lì vicino ripeteva sghignazzando:<< Fidanzato! >>
Momo arrossì, e come se non fosse abbastanza adesso Sho aveva cominciato ad agitarsi e le metteva le mani in faccia, quasi come se anche lui la stesse canzonando. << No-non-non ho tempo per queste cose! Io e i miei compagni sia-abbiamo una missione importante da… >>
Momo non riuscì a concludere la sua giustificazione tra mille balbettii e ripensamenti e le due sorelle si misero a ridere iniziando a correre attorno al tavolo con aria divertita. Anche la nonna se la rideva sotto i baffi e Momo fu sul punto di chiederle aiuto, ma ci ripensò quando capì che sarebbe servito a poco.
<< I-in ogni caso ci conosciamo tutti da poco, sarebbe assurdo se io avessi già un fi… >> Prima che potesse concludere la frase, si morse la lingua e rimase a farfugliare parole senza senso, mentre le due bambine adesso avevano accelerato la loro marcia e canticchiavano tra loro.
Ema si voltò sollevando la pentola dal fornello e ridacchiò. << Non fare caso a loro, tesoro. Lo sai che si divertono a parlare a sproposito… >>
<< Già… >> Borbottò lei osservando mentre sua nonna posava sul tavolo la grande pentola con dentro il ragù e andava a prendere dei piatti. << Non aspettiamo mamma e papà? >>
<< Mamma e papà tornano tardi, sono impegnati con il lavoro. >> Disse Thoki spuntando alle spalle di Momo e prendendo posto accanto a lei.
Così le cose non erano cambiate molto da quando se ne era andata; i suoi genitori erano sempre pieni di lavoro, come era comprensibile, eppure Momo aveva sperato che con i soldi ricevuti per il sussidio del progetto Parasite avrebbero potuto rallentare un po' il ritmo e stare di più con la famiglia… Invece il risultato della sua partenza era stato che sua nonna si era dovuta caricare di tutto il lavoro in sua assenza, affaticandosi all'inverosimile.
<< Come sono gli Stridiosauri? >> Le domandò il fratellino afferrando un cucchiaio e agitandolo in aria. << Hai già imparato a combattere? >>
Momo gli tolse il cucchiaio dalle mani prima che facesse male a qualcuno e lo fece roteare tra le dita con sapiente manualità. << Sono grandiosi! Abbiamo fatto solo qualche simulazione di battaglia, ma niente di serio per il momento. E poi la connessione è una sensazione… >>
I bambini allungarono le teste in avanti, desiderosi di sapere di più su quanto avesse fatto la loro sorellona, ma dopo un attimo di riflessione Momo cambiò argomento e disse che glielo avrebbe spiegato un'altra volta.
Non voleva ammettere di non essere stata ancora in grado di carpire alla perfezione la connessione come le sue compagne di squadra; la relazione tra lei e il suo partner era piuttosto complicata e non voleva certo far preoccupare i suoi fratelli e la nonna con quei problemi. Quindi usò una scusa inventata sul momento per giustificare la sua decisione e in suo aiuto arrivò la nonna, che richiamò i bambini all'attenzione per il pranzo e a quel punto non se ne parlò più, nonostante le domande continuarono a piovere per tutta la durata del pasto.
 
*
 
A Momo il suono dell'acqua che scorreva giù dal rubinetto la rilassava. Era un ricordo, forse il più vecchio che possedeva, di quando aveva cominciato ad aiutare sua nonna in casa perché lei era anziana e stanca; si ricordava di quando non era neanche abbastanza alta per raggiungere il lavello e allora utilizzava uno sgabello per arrivarci, e lavava i piatti con tutta la cura che poteva. Perché una bambina così piccola non poteva fare molto di più, ma per lo meno poteva sentirsi utile quando il mondo attorno a lei sembrava così pieno di difficoltà.
Era così che la piccola Momo aveva iniziato a dare una mano in casa; non che facesse molto all'inizio, ma dava il suo contributo per quanto poteva, e con la nascita di Mayu imparò anche ad occuparsi di un neonato. Fu con l'arrivo dei gemelli che le cose cambiarono veramente; lì fu lei a impuntarsi: i suoi genitori erano impegnati con orari di lavoro massacranti e la nonna non aveva le forze di occuparsi di due bambini così piccoli da sola, così Momo aveva rassicurato i genitori, dicendogli di continuare a pensare al lavoro mentre lei si sarebbe presa cura dei suoi fratellini.
Era una sorta di scambio, un contratto non scritto a cui Momo si era sottoposta volentieri negli anni: mentre i suoi genitori portavano il pane a casa, lei si assicurava che ai suoi fratellini non mancasse niente e lavorava duramente perché loro non dovessero sentire il bisogno di sacrificare un po' della propria libertà per il bene degli altri come faceva lei… Ma adesso che lei era partita le cose erano cambiate.
Momo si era sottratta a quel "contratto", era venuta meno al proprio dovere, e questo significava per sua nonna che il lavoro sarebbe aumentato, così come anche per sua sorella Mayu, la più grande dopo di lei, e in parte per i gemelli Iki e Thoki. Lei aveva spezzato la catena e così facendo tutti gli altri avevano dovuto soffrire per questo.
Era stata egoista.
<< Ti vedo pensierosa. >>
La voce della nonna la fece destare dai suoi pensieri e Momo scoprì che la stava fissando attentamente, in attesa di un suo segnale. Ema era sempre in grado di leggere la sua espressione meglio di chiunque altro, non le si poteva nascondere niente.
<< Sono solo un po' preoccupata per lo studio. >> Rispose sbrigativa Momo sciacquandosi un'ultima volta le mani e chiudendo il rubinetto. Ema osservò i suoi movimenti e alla fine annuì.
<< Sì, la scuola non ti è mai andata a genio… >> Mormorò tra sé e sé. << Tuttavia non ti sei mai lasciata abbattere così. >>
Ma leggeva nel pensiero? Un giorno avrebbe dovuto spiegarle come faceva a capire tutto da un semplice sguardo.
<< Questa volta è diverso. >> Spiegò la ragazza asciugandosi con un panno e spostandosi una ciocca di capelli dalla fronte con il dorso della mano ancora umida. << E non si tratta solo dello studio. Il mio rendimento con lo Stridiosauro non è dei migliori, e ho paura che se non mi do una mossa… >>
Momo guardò il volto sorridente di sua nonna e si rese conto di star parlando senza un freno. Lasciò cadere quel discorso e sorrise, sperando che le sue parole non avessero preoccupato troppo la nonna. << Va tutto bene. >> Disse infine dando le spalle al ripiano della cucina.
<< No che non va tutto bene. >> Rispose Ema quasi come se stesse scherzando. Trovò posto su una sedia mentre dal soggiorno arrivavano le voci dei bambini che giocavano con Sho. << Ho visto quella stessa espressione il giorno che sei partita per andare a vivere a Mistilteinn. >>
Momo inarcò un sopracciglio, perplessa. << Ero triste? >> Disse come se fosse una cosa ovvia. << Perché mi dispiaceva lasciarvi da soli… >>
<< No. >> Disse la nonna guardandola come una sconosciuta. Il volto di Momo si fece turbato non riuscendo a capire per la prima volta sua nonna. La donna si dondolò un po' sulla sedia e prese fiato, poi le puntò un dito contro.
<< Tu eri triste. >> Disse. << Perché ti sentivi in colpa. E ti senti ancora così. >>
Momo non riuscì a reagire in modo appropriato. La sua faccia si contrasse in una smorfia che secondo lei avrebbe dovuto ricordare una risata, poi i suoi occhi andarono a cercare qualcosa negli angoli della sua visione e dalla sua bocca esalò un suono acuto, pieno di sorpresa che avrebbe dovuto mostrare sicurezza; avrebbe dovuto fingere, ma invece si ritrovò a mordersi la lingua come un ladro che era stato appena colto sul fatto.
Alla fine Momo si spense. Non voleva cercare di fingere ancora, dopo che sua nonna l'aveva smascherata così facilmente; quindi si accasciò su una sedia e sospirò profondamente.
<< Sbaglio o ti avevo detto di avere tutto sotto controllo? >> Disse la donna, quasi un sussurro nell'orecchio della nipote.
<< Ed è così? >> Reagì stizzita Momo. << Nonna, so che lo fai per il mio bene, ma come puoi fingere che anche senza di me le cose vadano alla grande? Mamma e papà non sono più presenti di prima, Mayu ha otto anni e non può badare a tutto da sola! >> Momo avrebbe voluto piangere, ma lo sguardo sereno di Ema le fece salire su una rabbia che non si riuscì a spiegare; la faceva infuriare che sua nonna continuasse a fingere spudoratamente, quando senza di lei era come se fosse persa.
<< Momo, io non posso incatenarti. >> Disse Ema accarezzando la guancia della nipote. << Non posso farti vivere per qualcun altro. >>
Gli occhi lucidi di Ema si specchiarono in quelli duri di Momo e la ragazza non capì in un primo momento cosa volesse dire; la confusione fu sostituita rapidamente dalla rabbia, ma alla fine fu dispiacere che uscì fuori dal voce della ragazza quando parlò di nuovo.
<< Io non… Non voglio abbandonarvi… >> Quasi come se fosse delusa, Momo balbettò la sua risposta sperando che la nonna capisse il suo punto di vista, ma Ema continuò a scuotere la testa.
<< Sei ingenua se pensi che seguire il tuo cuore significhi abbandonare la tua famiglia. Noi non dobbiamo dipendere da te e tu devi trovare la tua strada; si tratta solo della giusta realizzazione che ti ci è voluto anche troppo a raggiungere. >> Disse la nonna dolcemente, ritrovando la sua solita leggerezza d'animo nonostante l'argomento.
Momo inspirò a fondo, cercando di ribattere a quelle parole in qualche modo che non sembrasse provenire da una infantile testardaggine, ma ci rinunciò dopo che non fu riuscita a formulare le parole necessarie e allora sgonfiò il petto con rassegnazione.
<< Ma che ne sarà di loro…? >> Mormorò voltandosi a guardare i suoi fratellini. Loro erano troppo piccoli, troppo soli perché potessero farcela senza di lei. << Non è giusto che debbano vivere quello che ho patito io, dopo che ho lavorato tanto per evitarglielo! >>
<< Loro avranno sempre te come sorella maggiore. Ti vogliono bene, e anche se non sei qui tutti i giorni sapranno di poter contare su di te, ma è giusto che capiscano che è necessario provare le cose di persona prima di chiedere aiuto agli altri. >> Spiegò la nonna guardando i bambini e sorridendo beatamente. << E quando sarà il momento, anche loro andranno per le loro strade. Hai fatto tanto per loro, per noi, Momo. Per una volta, fai qualcosa per te stessa! >>
Momo non aveva mai pensato alla sua vita lontana dalla sua famiglia; non sapeva nemmeno perché avesse voluto arruolarsi nel programma Parasite, le sembrava assurdo che fosse andata a vivere così lontano, lasciando i suoi fratelli e la sua nonna ad affrontare le difficoltà della vita da soli… Ma adesso che era diventata veramente una Parasite, adesso che pilotava l'Aros con il suo partner, poteva dire di star facendo qualcosa di più per loro, per sé stessa e per tutto il mondo; magari era solo un modo per sentirsi meno in colpa, tuttavia si sarebbe ricordata sempre, da quel momento in poi, che quello che stava facendo, lo stava facendo per garantire un futuro a tutte le persone che amava!
In fondo il suo obiettivo non era cambiato…

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Capitolo 22
*** Distanza ***


<< E così abbiamo passato la giornata fuori città, il pic-nic è stato veramente fantastico! Ma mi sarebbe piaciuto se ci foste stati anche voi… >> Concluse Kaoru dopo aver raccontato di come aveva passato la sua giornata libera.
<< Sei sempre tra i piedi e vorresti portarci con te anche quando vai a visitare la tua famiglia? >> Rise Ryo, dando un pugno affettuoso sul fianco del suo amico, che si imbronciò.
La squadra era riunita nella sala comune del piano terra, i più dei ragazzi erano stanchi per la giornata appena trascorsa e alcuni di loro erano già andati a riposare; a conversare attorno al tavolino del salotto erano rimasti i fratelli Okagawa, Kaoru che con molto dispiacere aveva già dovuto dare la buonanotte alla propria partner, Kya e Ryo, Momo, Naho e Yoshiki, che sogghignò al commento di Sato.
Non c'era un motivo ben definito per cui non fossero ancora andati a dormire; la stanchezza aveva colto un po' tutti dei superstiti, però i ragazzi rimasti là continuavano a tergiversare. L’attenzione esitava a rimanere alta, specialmente visto che a quel punto si erano formati dei gruppetti nella sala; Naho, che sfogliava distrattamente un libro posto tra le ginocchia, aveva una visione ben definita di tutto quello che stava succedendo attorno a sé: ogni tanto alzava lo sguardo verso Kya, che riposava con la testa sulle gambe di Momo mentre questa le annodava e slegava ciocche di capelli, ma in realtà era su Yoshiki che rivolgeva maggiormente la propria attenzione.
Il suo partner se ne restava in piedi e interagiva da lontano, come se volesse starsene per i fatti suoi. Eppure era sicura che in quel caso si sarebbe semplicemente congedato per andare a letto come avevano fatto gli altri; invece Yoshiki sembrava veramente turbato da qualcosa, nonostante la facciata di allegria e leggerezza che aveva innalzato con gli altri.
<< Come hanno reagito i vostri genitori, quando gli avete detto di quello che avete passato? >> Domandò il ragazzo voltandosi verso Aki e Rin, spaventando Naho per il suo improvviso intervento, che si era persa a fissarlo senza neanche preoccuparsi di non farsi notare.
I due fratelli sembravano nettamente più rilassati, tanto che per un attimo si girarono tra loro e sghignazzarono ricordando qualcosa di buffo.
<< Non hanno reagito bene! >> Commentò divertita la ragazza, agitando una mano come per sdrammatizzare.
<< Gli abbiamo fatto uno scherzo dicendogli che eravamo stati scoperti e che Nana e Hachi ci avevano espulsi. >> Continuò l'altro battendo una mano sul proprio ginocchio, ricevendo poi una spinta dalla sorella come se volesse essere lei a riferire la notizia.
I loro compagni erano senza parole. Qualcuno provò a chiedere se li stessero prendendo in giro, ma le continue risate dei due gli confermarono che, qualunque fosse stata la reazione dei genitori, era reale e spassosissima.
<< Siete terribili! >> Sghignazzò Kaoru, dando il via finalmente alle risate degli altri. Aki annuì non potendo negare l’evidenza.
<< Però, quando si sono ripresi dallo spavento, sono stati molto contenti. Hanno detto che gli dispiaceva di averci fatto ritrovare in una situazione tanto stressante e che se lo avessero saputo prima, avrebbero fatto di tutto per evitare tutte le difficoltà che ne sono scaturite… >> Spiegò il ragazzo.
Quello era un sollievo non solo per i genitori di Aki e Rin, ma per l'intera squadra; in fondo erano stati tutti parte di quella sorta di recita e sapere che finalmente tutto si era risolto aiutava a distendere i nervi e pensare ad altro.
<< Andiamo, chi non approfitterebbe di un'occasione del genere per fare uno scherzo ai propri genitori? >> Sbottò Rin alla fine, cercando approvazione da qualche compagna.
Momo e Naho scossero la testa all'unisono, mentre invece Kya si attivò all'istante e alzò una mano per farsi notare. << Presente! >> Cinguettò. << Una volta ho detto a mia madre che io e Ryo aspettavamo un bambino! >>
Dall'altro lato del divano arrivò un forte tonfo dopo che il ragazzo appena nominato fu finito a terra sbilanciandosi per la sorpresa. Neanche lui doveva essere al corrente di quella storia, vista la sua reazione scomposta.
<< Forse quello è uno scherzo troppo grande… >> Borbottò Rin abbassando subito i toni, mentre Kaoru prendeva in giro il suo compagno di stanza e gli dava dei colpetti sul fianco, ghignando.
Ryo lo ignorò e si girò verso la sua amica, incredulo e adirato allo stesso tempo. << Che razza di scemenze vai a dire in giro? E ai tuoi genitori, per giunta? >>
Lei neanche alzò lo sguardo per cercarlo e rispose con tono annoiato:<< Avevo otto anni. Non mi avrebbero potuto credere neanche volendo, e comunque non è che intendessi veramente fargli uno scherzo. >>
Ancora peggio, pensò Ryo, che si immaginò la scena di una piccola Kya convinta di essere rimasta incinta di lui.
<< Scusa Kya, per quale motivo pensavi di aspettare un bambino? >> Gli domandò pacatamente Momo piegando la schiena per incrociare direttamente lo sguardo della sua compagna di stanza.
Kya rise come se si fosse appena ricordata qualcosa e fece passare qualche secondo prima di rispondere. Sembrava in imbarazzo, cosa rara da parte sua.
<< Mi vergogno un po'. >> Spiegò coprendosi il sorriso con una mano. << Comunque è successo tutto un giorno mentre giocavamo assieme nel parco. Io sono caduta e mi sono sbucciata un ginocchio e allora Ryo, che leggeva un sacco di libri, mi ha detto come fanno gli animali per curarsi dalle ferite, e ha cominciato a leccarmi il ginocchio sbucciato. >>
La ragazza tirò fuori la lingua e assunse un'espressione perplessa, come se dopo tanti anni non avesse ancora capito perché lo avesse fatto, quindi ammiccò divertita. << Forse voleva solo approfittarne per fare cose sporche! >>
Ci fu qualche risatina e Ryo si rialzò da terra, incredulo. << E' per questo che pensavi che…! >> Ma ancora prima che potesse avventarsi su Kya per fargliela pagare per quello che gli aveva fatto passare, Kaoru lo afferrò trattenendolo e cominciò a strapazzarlo.
<< Tu si che sei furbo, fratello! >> Disse il ragazzo trattenendo a stento le risate. << A otto anni già conquistavi i cuori dell'intero parco giochi! >>
Altre risate riempirono la sala comune e Ryo perse ogni volontà di reagire, sconfitto per l'ennesima volta dal carisma di Kya che gli impediva di farsi valere in situazioni imbarazzanti come quella, quindi si lasciò trasportare dall'allegria di Kaoru.
In quell'istante a Naho cadde l'occhio sul proprio partner, dall'altro lato della stanza, che non si era unito alle risate e invece se ne restava in disparte con aria sofferente.
<< Hai mal di testa? >> Domandò la ragazza distogliendo interamente l'attenzione dal proprio libro, notando come il ragazzo continuasse a massaggiarsi una tempia. Ricordava di averlo visto in quello stato diverse volte dopo le prime connessioni.
Yoshiki si accorse con un po' di ritardo della sua domanda e cercò di rilassare il volto, ma non ci riuscì. << E' da oggi pomeriggio che mi tormenta. >> Borbottò. << Probabilmente parlare con mio padre mi ha fatto questo effetto. >>
<< E' davvero così insopportabile? >> Chiese Aki, temendo di essere troppo invadente. Yoshiki però non sembrò infastidito dal suo commento e rispose a tono sdrammatizzando sul proprio dolore.
<< Di più! Almeno ora che sono qui non dovrò sentirlo mentre si lamenta. >>
<< Comunque, è incredibile che sia ancora convinto di potersi mettere contro l'I.P.U. >> Commentò Momo, ammirando in qualche modo la tenacia del signor Ojizaki. << A questo punto sarebbe impossibile sostituirci, e non è che possiamo semplicemente andarcene… >>
<< Già. >> Fece Yoshiki annuendo. << Sarebbe bello se anche un certo qualcuno sentisse queste parole… >>
Il commento del ragazzo era decisamente rivolto a qualcuno in particolare, ma nessuno colse la sua frecciatina e più di una persona si ritrovò a guardarlo come se non avessero capito il senso delle sue parole.
<< A che ti riferisci? >> Domandò Naho, senza però ricevere risposta. A quel punto Yoshiki cominciò ad avvicinarsi all'uscita.
<< Non fa niente. >> Mormorò scuotendo la testa. << Io vado a stendermi, devo proprio riposare. >>
Le ragazze e i ragazzi rimasti lo salutarono, ancora non del tutto convinti di cosa volesse dire, e rimasero ancora un po' a parlare tra loro. Poi la stessa Naho si ricordò dell'imminente test per la sua compagna di stanza.
<< Tu e Hoshi vi siete preparati a dovere per il prossimo compito? >>
La ragazza però sembrò preoccupata appena le fu menzionata quella cosa.
<< Abbiamo studiato… >> Mormorò. << Non quanto avrei voluto, ma c'è ancora tempo… >>
A questa frase Kya si alzò immediatamente e prese il volto della sua amica tra le mani, schiacciandole le guance con poca delicatezza; avvicinò il viso al suo e la guardò con disapprovazione, assottigliando le palpebre.
<< Non glielo hai nemmeno chiesto, vero? >>
Momo si divincolò dalla presa della ragazza e negò quell'ipotesi.
<< Cosa? >> Disse. << No! Abbiamo studiato assieme, solo che lui non aveva molto tempo e quindi abbiamo dovuto interrompere… >>
Kya alzò gli occhi al cielo in un movimento vistoso e drammatico con cui trasmise tutta la sua esasperazione per quella situazione. << Scusa se te lo dico, ma sei veramente ingenua! >>
<< Che cosa stai dicendo? >> Questa volta fu Momo a mostrarsi esasperata. La sua amica continuava a fare riferimenti vaghi a qualcosa che lei non coglieva e questo era frustrante.
<< Momo, è ovvio che ti sta evitando di proposito! >> Sbottò Kya tornando a guardare dritto negli occhi della ragazza. << Finché continuerai ad aspettare che si liberi per te, non riuscirai mai a parlare apertamente con lui e capire che cosa c'è che non va! >>
Momo deviò lo sguardo e cercò delle scuse, spiegazioni per il fatto che fosse così remissiva nei confronti del ragazzo, quasi come se fosse lei stessa ad aver bisogno di sentirle. << Io… Sto solo cercando di lasciargli il suo spazio e non essere invadente! >>
<< E lui se ne sta approfittando! >>
La ragazza più alta si ritirò come se Kya avesse detto qualcosa di terribile. << Hoshi non lo farebbe mai… >> Mormorò unendo le mani vicino al mento. A questo punto Kya non ribatté, ma fu evidente quanto fosse scettica di quella affermazione.
Non solo lei, visto che gli sguardi allusivi volarono da una parte all'altra della stanza e di colpo Momo si sentì come se fosse l'unica persona a non sapere qualcosa. La ragazza si girò di scatto cercando di capire perché tutto a un tratto l'atmosfera si fosse fatta così pesante, ma nessuno le rispose.
<< Forse dovresti provare a parlare con il tuo partner faccia a faccia, seriamente. >> Concluse Kya alzandosi dal divano e fissando la sua amica come se fosse profondamente delusa, prima di voltarsi e uscire augurando la buona notte a tutti.
Momo si sentì offesa da quelle parole, ma non ribatté; anche lei capiva quanto fosse complicata la situazione tra lei e Hoshi, ma non riusciva a vedere tutto il marcio che gli altri sembravano riconoscere tanto facilmente. Pensava che fossero troppo prevenuti nei suoi confronti.
<< Ehm… E' il caso che andiamo anche noi, Ryo. >> Borbottò Kaoru vedendo come si fosse trasformata l’atmosfera nella stanza. Il breve litigio delle loro compagne aveva interrotto persino il loro battibeccare; adesso non era il momento adatto a giocare…
I due ragazzi si alzarono e salutarono i restanti, chiedendo ad Aki se li avrebbe raggiunti. Questo rispose che sarebbe stato da loro in un attimo, quindi rimase ad osservare la scena con sua sorella, entrambi perplessi.
Per qualche minuto nessuno disse niente. Momo era rimasta seduta al proprio posto a fissare il vuoto, il volto fisso in un'espressione leggermente infastidita, ma chissà che cosa le passava veramente per la testa in quel momento… Naho, vicina a lei, fissava il proprio libro senza però leggere veramente; era rimasta in ascolto per tutto il tempo, lo si poteva notare dal fatto che la sua espressione, solitamente sognante persa nei meandri della fantasia, era diventata seria, impassibile. Alla fine chiuse di colpo il libro e disse:<< Andiamo anche noi. >>
Momo la fissò perplessa. Non riuscì a dire nulla perché la sua mente era ancora ferma a ciò che le aveva detto Kya.
La ragazza la prese da una mano e la tirò facendola alzare dal divano, poi entrambe diedero la buona notte ad Aki e Rin, che risposero con un saluto sincronizzato.
Così i due Okagawa rimasero soli nella sala comune, i volti illuminati dalle tenui lampade a muro nella stanza. Entrambi fissavano il punto dove erano sparite le ultime due ragazze e nel frattempo facevano lavorare le rotelle nella testa, alla ricerca di una soluzione per i loro due compagni di squadra.
<< Secondo te qual è il problema? >> Domandò Rin poggiando il mento su una mano e guardando fuori da una finestra. Tutto intorno alla tenuta erano presenti dei lampioni che permettevano di vedere ancora per qualche metro attorno all'edificio, prima che l'oscurità inghiottisse tutto, ma dall'angolazione in cui si trovava la ragazza riusciva a vedere solo buio.
Aki emise un suono gutturale, segno che volesse far credere di starci pensando, ma in realtà pensava già di conoscere il motivo di quello sviluppo così a rilento della coppia dell'Aros, e non era sicuro di poterlo rivelare alla sorella.
Rin però si accorse di questa sua titubanza. << Ehi, cosa dovrebbe significare quel verso? >>
Aki gemette mentre lei lo strattonava, spingendolo a sputare il rospo. Alla fine il ragazzo cedette, ma le chiese di non farne parola con le altre.
<< Non sono sicuro di poterne parlare… Però è successa una cosa, il giorno che siamo arrivati qui… >> Incominciò, e in breve Aki raccontò a Rin la scena a cui lui e gli altri ragazzi avevano assistito quando avevano fatto la conoscenza di Hoshi: si trattenne dal raccontare nei dettagli quello che fosse successo, ma fu attento a raccontare ciò che Hoshi aveva detto a loro riguardo la scelta dei suoi genitori di farlo arruolare, e alla sorella bastò questo per capire quale sembrasse essere il vero problema del loro compagno di squadra.
<< E' una bella seccatura. >> Mormorò alla fine, voltandosi. << Nessuno di voi ha provato a parlargli in modo da aiutarlo a risolvere il suo problema? >>
Aki scosse la testa. << Io ero troppo occupato con te… Ma non so gli altri… Forse Yoshiki e Tetsuya hanno cercato di farlo ragionare, ma visti i risultati con Momo… >>
<< E' come se stesse ottenendo brutti risultati di proposito… >> Convenne la ragazza, e Aki annuì pensieroso. Stavano solo facendo ipotesi, ma visto il comportamento iniziale di Hoshi, non sarebbe stato tanto impensabile che il ragazzo volesse provare a "dimostrare" di non essere in grado di pilotare uno Stridiosauro, tutto per tornarsene nella sua bolla di sicurezza e non dover avere più a che fare con la squadra, e Momo in particolare.
I due fratelli rimasero in silenzio per un po', pensierosi. Entrambi avrebbero voluto trovare una soluzione a quella questione, ma sapevano che fosse impossibile farlo così, senza far partecipare i diretti interessati di quella storia; per risolvere anche quel problema sarebbe servito che Hoshi e Momo parlassero a viso aperto tra di loro, in modo che il ragazzo potesse spiegare perché cercasse sempre di mettere distanza tra sé e la sua compagna di squadra, ma entrambi sapevano che non sarebbe successo mai a meno che non fossero stati costretti a farlo.
<< Mi dispiace, però… >> Mormorò alla fine Rin. Aki alzò la testa e sostenne il suo sguardo, il viso triste.
<< Già, Momo non si merita di essere ignorata così… >>
Rin annuì. << Sì, ma anche Hoshi… Mi dispiace per lui. >>
<< In che senso? >>
La ragazza strinse le spalle, come se non fosse sicura della propria opinione, poi rilasciò l'aria che aveva accumulato nei polmoni, attendendo che fosse uscita tutta prima di continuare a parlare, dandole il tempo di riordinare i pensieri.
<< E' ovvio che sia spaventato da qualcosa… Si è ritrovato in questa situazione con zero certezze per il futuro, per di più contro il proprio volere; non ha mai avuto l'occasione di vivere una vita normale, conoscere altri studenti della sua età, e all'improvviso tutto questo peso sulle spalle lo spinge a fare amicizia e ad andare d'accordo con persone di cui non sa niente, senza alcuno strumento per riuscire anche solo a fare conoscenza con gli altri. Nascondersi sarebbe la reazione più logica per parecchie persone, al suo posto. >>
Aki ascoltò le parole della sorella, molto sagge per il suo carattere solitamente spensierato, e non trovò il modo per ribattere. Non aveva mai provato a mettersi nei panni di Hoshi per capire cosa provasse veramente il ragazzo, però adesso che glielo aveva fatto notare Rin, c'era qualcosa che lo accomunava al suo compagno di squadra: l’ansia. Che fosse dettata dall’idea di andarsene o di non poter tornare indietro, lui e Hoshi si erano lasciati divorare; ma mentre Aki era riuscito a uscirne grazie all'aiuto dei suoi amici, Hoshi era ancora da solo.
Una forte depressione si impadronì di lui, pensando a come sarebbe stato se, come Hoshi, anche lui non fosse stato in grado di fare amicizia con gli altri.
<< Credi che dovremmo provare ad aiutarlo? >> Chiese la ragazza, vedendo che le sue parole avevano scosso la coscienza del fratello.
Ma Aki non era sicuro che Hoshi si sarebbe lasciato aiutare. Rispose in modo vago, poi consigliò di andare a dormire e di pensarci nuovamente a mente fresca, e Rin fu d’accordo con lui.
 
*
 
Mancava un giorno al test di Momo e Hoshi, la ragazza era in apprensione mentre lui non sembrava neanche pensarci. Nonostante ciò, si era lasciato convincere a ripetere un altro po' con la propria partner per aiutarla a ripassare meglio gli ultimi argomenti; non era certo la cosa più divertente da fare, ma sempre meglio che starsene rintanato nella sua stanza tutto il giorno. E poi non poteva nascondersi per sempre, Momo avrebbe cominciato a farsi delle domande!
Però il modo di fare della ragazza cominciava a dargli sui nervi: più si impegnava a farle capire come svolgere i vari esercizi, più lei sembrava non ascoltare! Doveva ripeterle tutto più volte, e quando finalmente sembrava aver chiaro come procedere e iniziava a lavorare per conto proprio, la ragazza combinava una marea di errori che vanificavano tutti gli sforzi di Hoshi.
<< Ti ho detto che non si fa così! >> Sbottò lui sbuffando vistosamente e abbandonando il volto sul tavolo. Speravano che l’aria di rilassamento in biblioteca li avrebbe aiutati a lavorare meglio, ma invece Momo era più distratta che mai e Hoshi cominciava a perdere la pazienza.
<< Ma come? >> Piagnucolò lei abbassando le spalle con rassegnazione. << Pensavo che si dovesse prima calcolare questa espressione prima di passare a tutto il resto. >>
Hoshi osservò mentre Momo puntava la matita sul foglio facendola andare tra un numero e l’altro. Fermò il proprio sguardo spento sulla mina della ragazza e poi cominciò a salire spostandosi alla sua mano e lungo il suo braccio sinistro, fino alle spalle. Evitò di incrociare lo sguardo della ragazza e finì per guardare fuori della finestra, dove nel cielo spessi nuvoloni grigi si stavano addensando sopra Mistilteinn. Da quella posizione si sentì immensamente piccolo ed avvertì il bisogno di raddrizzare la schiena: non riusciva a guardare Momo da una posizione alla pari in nessun modo, figuriamoci restando piegato in quel modo!
Alzò la testa con aria esausta: ci avevano provato per mezz'ora ed erano ancora al primo esercizio. Normalmente sarebbero bastati cinque minuti per completarlo, ma Momo continuava a sbagliare e lui si stava stancando di dover ripetere sempre le stesse cose.
<< Senti, sei proprio sicura che studiare assieme sia una buona idea? >> Borbottò cercando di non lasciar trasparire la sua irritazione. << Io sono abituato a lavorare da solo, e anche tu mi sembri piuttosto nel pallone… >> La ragazza però tirò fuori una grinta inaspettata proprio in quel momento.
<< Dobbiamo farlo assieme! >> Protestò. << Il compito è ormai alle porte e io non mi sento abbastanza sicura, non abbiamo ripetuto abbastanza e temo che sarà un disastro! Se studiassi da sola finirei di perdere la voglia e distrarmi dopo pochi minuti, mentre così sono sicura di poter rimanere concentrata! Devi aiutarmi, Hoshi! >> In realtà quello era l’unico modo per lei di passare  un po’ di tempo in più assieme a Hoshi e cercare di migliorare la propria relazione con lui; dopo aver parlato con Kya, Momo aveva pensato di buttarsi e provare un approccio più aggressivo, anche solo per una giornata…
Il ragazzo si fece indietro mentre lei cercava di afferrarlo, pregandolo perché le fornisse il suo aiuto. Non gli andava di sentire quei lamenti ancora a lungo, quindi la zittì dicendo che l'avrebbe aiutata.
<< Però tu mi devi ascoltare! >> Le intimò alzando un dito.
Momo annuì; tutto a un tratto sembrava un cucciolo che si aspettava un premio dal padrone. Hoshi scacciò rapidamente quell'immagine che si era formata nella sua mente e si voltò a guardare i fogli con sopra i calcoli.
<< Per prima cosa, io non sono abituato a fare così. >> Disse. << Nana e Hachi ci hanno spiegato questo metodo, ma è superato! Una volta che impari questa nuova formula, è molto più facile svolgere questo tipo di esercizi in questo modo… >> Momo ascoltava rapita, annuendo di tanto in tanto.
<< Capisco… Ha senso che tu sappia queste cose, visto che sei più grande. >>
<< Esatto, e… >> Il ragazzo si fermò. Girò la testa verso Momo e la squadrò per un attimo mentre lei lo fissava interrogativa. << Che hai detto? >>
<< Sei più grande di me, no? >> Rispose lei come se quella cosa fosse ovvia. Il ragazzo la fissò incredulo.
<< Quanti anni hai? >>
<< Tredici. >>
Tredici anni ed era così alta; lui aveva quattordici anni e non le arrivava neanche alla spalla! Che schifo! La genetica era veramente uno schifo!
Hoshi si girò con gli occhi sbarrati e riprese a spiegare il funzionamento della sua formula, ma Momo a quel punto aveva smesso di ascoltare; la reazione del suo partner l'aveva divertita e adesso si era persa nei suoi pensieri mentre lo guardava… Era la prima volta che aveva l'occasione di guardarlo per bene, fino a quel momento non aveva nemmeno notato che i suoi occhiali avevano delle lenti poco spesse che distorcevano pochissimo la sua visione, oppure che lui e lei avevano lo stesso colore degli occhi, o che da quando lo aveva conosciuto i suoi capelli erano cresciuti fino ad arrivargli al collo, ed essendo sempre spettinati di tanto in tanto una ciocca sfibrata gli accarezzava le guance.
<< Momo! >> Esclamò di colpo lui battendo una mano sulla scrivania e facendo sobbalzare la ragazza, nella cui mente per un istante riaffiorarono le parole della sorellina.
<< Che… Che c'è? >> Momo arrossì balbettando mentre cercava di ricomporsi, respirando in modo affannoso.
Hoshi la fissò esasperato. << Non stavi ascoltando. >> Disse alla fine, seccato.
<< S-sì, invece! >> Protestò lei, ricomponendosi.
<< No, non è vero. >>
<< Sì, che è vero! >>
La ragazza sembrò cercare una via per tirarsi fuori da quella situazione mentre le sue labbra fremevano e i suoi occhi guizzavano da una parte all'altra della scrivania. Alla fine si aggrappò all'unico frammento di quella "lezione" che era riuscita a comprendere e pregò che Hoshi non rimanesse ancorato all'argomento di prima.
<< Ehm… Certo che sai un sacco di cose tu. >> Disse agitando le mani. << A che scuola sei andato? >>
Il ragazzo la fissò con un sopracciglio inarcato e sembrò pensare che quella domanda fosse una sorta di trappola. << Nessuna. >> Rispose atono. << Ho preso delle lezioni private, a casa. >>
<< A casa? >> Ripeté lei, genuinamente sorpresa.
Hoshi sembrò infastidito da quel tono. << Sì, prima di arrivare qui avevo un tutor che veniva a farmi lezioni private ogni giorno, direttamente a casa. Mia madre diceva che era molto più qualificato di molti insegnanti delle scuole. >>
<< Questo tutor ti ha insegnato altri metodi efficaci anche per qualche altra materia, o magari per ricordare meglio le informazioni, date, e tutto il resto? >> Chiese subito interessata Momo. Il ragazzo si ammutolì e la fissò per un momento.
<< Forse. >>
Lei sorrise sollevata tutto a un tratto; afferrò la sedia dal sedile e la spostò per avvicinarsi di più a Hoshi. Lui si allarmò vedendola avvicinarsi così tanto, ma la ragazza si mosse così rapidamente che fu con la sua totale attenzione sui quaderni prima ancora che il suo partner potesse dire niente, costringendolo a dover stare curvo mentre lei gli si stringeva vicino.
<< Facciamo così: adesso mi fai vedere qualche metodo di quelli che conosci tu. Se riesco a impararli bene, avremo sicuramente un marcia in più per il compito di domani! >> Spiegò la ragazza dopo aver raccolto i quaderni, porgendogli una penna con ritrovato entusiasmo.
La ragazza sembrava veramente fiduciosa nelle capacità del suo partner, forse anche troppo; lui stesso non era sicuro di poter spiegare alla perfezione i procedimenti che gli stava chiedendo. Tuttavia vedere la sua espressione piena di speranza gli tolse ogni forza di sottrarsi a quella situazione; non sapeva esattamente cosa, ma c'era qualcosa in quella moretta che alle volte gli strappava un sorriso, altre gli faceva perdere totalmente la sua freddezza, e altre ancora lo irritava incontrollabilmente. Non aveva ancora capito pienamente Momo, ma sapeva che era imprevedibile e proprio per questo ne era così spaventato.
Alla fine prese in mano la penna e, grattandosi la fronte, cominciò a scrivere qualche segno su un nuovo foglio a quadretti. << Cominciamo da questa, quella più difficile per te… >> Borbottò, mandando qualche occhiata fugace alla ragazza di tanto in tanto per assicurarsi che stesse ascoltando. Ma questa volta Momo era totalmente concentrata su di lui.
La ragazza sorrise di nuovo, portandosi un ciuffo riccioluto dietro a un orecchio. Anche se era pieno di misteri e sembrava un po' burbero, Hoshi le piaceva; era difficile avere a che fare con lui, per tutto il tempo che passava da solo, però era un tipetto intelligente e onesto. Avevano avuto le loro difficoltà, ma sin dal momento in cui avevano eseguito quei test per provare la connessione sotto la supervisione di Nana e Hachi aveva sentito che le cose sarebbero migliorate, e oggi poteva averne la conferma: non si era sentita mai così vicina a lui, non aveva ancora capito perché alle volte fosse così nervoso ma sembrava che anche lui si stesse abituando alla sua compagnia, e quella era la cosa più importante. Dovevano crescere assieme e migliorare i propri livelli di compatibilità se volevano portare risultati soddisfacenti!
Era in momenti come quello che, nonostante tutte le difficoltà passate, pensava di essere stata veramente fortunata ad avere proprio lui come partner.

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Capitolo 23
*** Torikago ***


Aiko ripose i gigli gialli accanto ai vasi con le altre varietà dello stesso fiore e si guardò intorno posando lo sguardo sull'edera che si arrampicava sul sostegno apposito, finendo per creare una parete verde che divideva le file di vasi. Quel giorno Momo non era andata con lei in serra per rimanere a studiare assieme a Hoshi; sperava davvero che riuscissero a ripassare per bene in vista dell'esame, ma ad essere sincera nessuno dei due le era sembrato abbastanza determinato per poter passare quella prova. Probabilmente Momo e Hoshi erano troppo preoccupati dagli scarsi risultati ottenuti a bordo dell'Aros per riuscire a concentrarsi sullo studio, e lei non poteva biasimarli: c'era passata anche lei, anche se la sua fase era stata molto più breve.
Inizialmente, quando aveva conosciuto Kaoru gli era sembrato che fosse un tipo troppo espansivo e la sua estrema timidezza le aveva impedito di comportarsi con naturalezza in sua presenza; questo l'aveva portata a credere di non essere in grado di pilotare assieme a lui, ma poi una volta effettuata la connessione le era venuto tutto in modo naturale e dalla prima volta lei e il suo partner si erano migliorati ancora e ancora.
Le era piaciuto pilotare, a dirla tutta; era una strana sensazione, così diversa da tutto ciò che avesse mai provato, quella di sentirsi un tutt'uno con un'altra persona sia fisicamente che mentalmente. Pensava che fosse proprio grazie a quell'esperienza se lei era riuscita finalmente ad aprirsi con Kaoru… Ma sembrava che a Momo servisse qualcosa di diverso per poter ottenere la stessa fiducia con Hoshi.
Si affacciò sull'ingresso della serra e osservò il cielo; le nuvole minacciavano di portare la pioggia e si potevano già udire tuoni in lontananza. Avrebbe fatto bene a tornare alla tenuta prima che cominciasse a piovere.
<< Mi spiace, piantine. Oggi ci salutiamo un po' prima. >> Disse voltandosi a salutare una rastrelliera di bonsai, prima di raccogliere la propria mantellina e dirigersi verso l'uscita, affrettando il passo.
 
*
 
Il rumore di piatti sembrava quasi un metronomo mentre i ragazzi andavano avanti e indietro dalla cucina alla sala da pranzo, prelevando le stoviglie sporche per portarle a lavare. Era il turno della coppia del Gaia quella settimana, Suzuko lavava e strofinava con cura i piatti e le posate prima di passarli al secondo lavabo, dove il suo partner si occupava di risciacquarli e riporli nel loro scaffale dove riusciva ad arrivare meglio. Non parlavano molto anche perché il rumore dell'acqua che scendeva dal rubinetto copriva ogni cosa, e così erano anche isolati dai discorsi che si stavano facendo nella sala accanto.
Non che gli altri stessero dicendo niente di particolarmente interessante; c'era Kya che a pancia piena cercava di appisolarsi su una spalla di Ryo e poi i piloti dell'Anthurium si scambiavano opinioni su una delle ultime letture di Naho. Il resto della squadra era sparpagliato per la casa, Aki e Rin cercavano un film da vedere per passare la serata, Kaoru stava osservando la pioggia dalla finestra del primo piano e la sua partner era andata a fare un bagno. Solo i due piloti dell'Aros, che l'indomani sarebbero stati impegnati con un compito speciale, erano rintanati ognuno nelle rispettive camere a ripetere.
Momo, almeno; Hoshi si era messo a letto e fissava il soffitto. Era esausto dopo aver passato quasi tutto il pomeriggio a spiegare alla sua partner tutto quello che riusciva a ricordarsi per aiutarla a passare quell'esame; ma lui non era convinto che sarebbe bastato, e francamente pensava che se Momo avesse preso un altro votaccio sarebbe stato come farle un favore.
Che poi, tra le tante cose che aveva detto la ragazza, una in particolare era rimasta incastrata nei pensieri di Hoshi: se avessero preso un altro brutto voto Hachi e Nana avrebbero potuto mandarli via. Per quanto gli sembrasse ridicolo, lei era sembrata completamente convinta di quella cosa, e incredibilmente spaventata; era davvero così importante per lei restare lì? E se invece Hoshi avesse fallito di proposito per essere mandato via, a quel punto cosa avrebbe fatto lei, da sola?
Il timore di Momo era che, non raggiungendo gli obiettivi minimi sia nello studio che nella guida, sarebbe stata sostituita da qualcuno più adatto al ruolo che ricopriva. Ma in fondo, non sarebbe stato meglio così?
Hoshi avrebbe dato di tutto per essere finalmente riconosciuto come "non idoneo" dopo tutte le volte che aveva provato a spiegarlo agli altri; chiunque al posto suo avrebbe mostrato molto più potenziale e probabilmente avrebbe avuto molta voglia in più di lui, che si era ritrovato lì contro il proprio volere. Se fosse stato veramente possibile andarsene da lì, avrebbe tanto voluto provarci anche se dopo tutti quei mesi passati a Mistilteinn, aveva ormai capito che fosse impossibile.
Che ingenua. Pensò grattandosi un orecchio, sentendo la pioggia picchiare sulla finestra. Almeno lui poteva godersi quel silenzio in beata solitudine e non doveva pensare a ripetere; i suoi voti non avevano nessun problema, sarebbe riuscito a prendere un'insufficienza solo se si fosse impegnato a sbagliare tutte le domande.
Sospirò rumorosamente e non si accorse del bussare che arrivò dalla sua porta. Ci fu un momento di silenzio, poi un altro colpetto delicato e questa volta Hoshi lo avvertì chiaramente.
<< Sì? Chi è? >> Domandò alzando la voce, contorcendosi sul letto.
La voce che arrivò attutita da dietro la porta gli sembrò sollevata. << Sono Momo. Ti disturbo? >>
Il ragazzo ebbe un tuffo al cuore. Neanche nella sua stanza poteva starsene in santa pace? Era venuta a tormentarlo anche ora?
<< N-no, aspetta che vengo ad aprirti. >>
Il ragazzo scese dal letto con calma e si infilò le pantofole, poi si guardò il pigiama e imprecò in silenzio per il proprio aspetto. Lasciando perdere come fosse conciato, andò ad aprire la porta.
<< Scusami, stavi dormendo? >> La ragazza si presentò con un cerchietto sopra la fronte e una vestaglia bianca dalla gonna lunga indosso; aveva le braccia incrociate sul petto che stringevano un libro, tenendolo al sicuro nella loro morsa. Il suo sguardo costernato mostrava che non fosse entusiasta di essere lì, ma che ciò fosse necessario.
Hoshi per poco non le chiuse la porta in faccia dopo averla vista in pigiama. Si sforzò di non esaminare oltre il suo vestiario e fissò lo sguardo sugli occhi marroni della ragazza, ma si rese conto che anche quella cosa gli veniva molto difficile.
<< No, affatto! >> Disse con voce un po' troppo acuta, prima di chiederle come mai fosse lì.
Momo sembrò sollevata e tentò di fare un passo in avanti, ma alla fine rimase dov'era. << Mi spiace disturbarti, davvero, ma mentre ripetevo ho cominciato a… Dimenticare tutto quello che avevamo fatto oggi pomeriggio, e mi sono lasciata prendere dal panico e adesso non so cosa fare… >>
Hoshi tentò di calmarla. Ci mancava solo che avesse una crisi di nervi nella sua stanza.
<< Non è che potresti aiutarmi un altro poco, giusto quanto basta per rinfrescarmi la memoria…? >> Mormorò lei alzando la testa, assumendo un'espressione sconsolata. Hoshi dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non arrossire, ma in questo modo non riuscì a concentrarsi abbastanza per rifiutarsi di aiutarla; voleva starsene per i fatti suoi, ma quando rispose si era già condannato a passare altro tempo assieme alla sua partner.
Lei lo ringraziò ammiccando in modo spontaneo e si intrufolò nella stanza senza che lui potesse correggersi in tempo, e così Hoshi si era ritrovato a lasciar entrare la sua partner nella propria stanza perdendo anche quel briciolo di privacy che gli era rimasto.
La ragazza esitò un attimo, poi indicò la scrivania di fronte alla finestra e chiese se potesse posizionarsi là. Hoshi non disse niente e mimò un gesto per lasciarla fare, quindi si posizionò sul bordo del letto più vicino per poterla assistere.
Dopo essersi voltata un poco per vedere sia la scrivania con sopra il libro che aveva portato e sia Hoshi alle sue spalle, Momo iniziò a ripetere le definizioni delle formule studiate quel pomeriggio. Il ragazzo dovette sopprimere uno sbadiglio enorme per non farle credere di essere annoiato, cosa che ovviamente era vera ma che non avrebbe mai voluto ammettere.
<< Questa te l'ho spiegata cento volte! >> Disse con un po' di frustrazione mentre la ragazza interrompeva la lettura per cambiare pagina. << Come fai a non averla ancora imparata? >>
Hoshi vide che Momo era arrossita. La ragazza cercò di nascondere il proprio volto e borbottò qualcosa di difficilmente comprensibile; dopo un po' sollevò la testa e si sforzò di sorridere.
<< Temo che la tensione mi abbia fatto dimenticare tutto. Mi dispiace Hoshi, tu ti sei impegnato tanto per farmi capire queste cose e io ho mandato tutto all'aria! >>
Il ragazzo alzò lo sguardo pensieroso e valutò quella situazione. Era una seccatura, ma se avesse cacciato Momo senza aiutarla avrebbe rischiato di avere ancora più grane in seguito, perché se la ragazza avesse fallito di nuovo il test si sarebbe dovuta affidare ancora di più a lei, e non era escluso che Hachi e Nana costringessero entrambi a seguire delle lezioni aggiuntive per sopperire a quelle lacune; non ci aveva pensato prima, in quel caso fallire il test sarebbe stato molto più controproducente di quanto avesse creduto.
<< Non fa niente. Adesso te le spiego, ma non ci soffermiamo troppo sul ripetere! >> La ammonì lui. << E' tardi e dovresti riposare anche tu, studiare in queste condizioni non servirebbe a niente. >>
Momo gli sorrise, contenta che fosse così comprensivo, e non disse più nulla mentre Hoshi le chiedeva di farsi passare il libro. Ovviamente lui pensava queste cose, ma glielo aveva detto anche per mettere un limite al tempo che avrebbe passato nella sua camera a studiare; non voleva ritrovarsi piegato sui libri a notte fonda con lei nella sua stanza.
<< Sai, sei davvero gentile con me, Hoshi. >> Disse a un certo punto, mentre il ragazzo le spiegava una delle formule più ostiche per lei.
Hoshi in un primo momento non carpì il suo messaggio, poi quando ebbe alzato lo sguardo ed ebbe visto la sua espressione si ritrovò ad arrossire vistosamente come prima. Momo era quasi sognante, come se avesse visto il principe azzurro di fronte a sé ma in quei suoi occhi così trasognati c'era un'ombra che lo inquietò e confermò l'idea che si era fatto di lei: in quegli occhi c'era il desiderio di controllarlo, la ragazza si stava rendendo conto di quanto fosse facile sfruttarlo e presto avrebbe abbattuto un altro muro che c'era tra loro.
<< Grazie per essere così paziente, anche se io sono così senza speranze… >> Continuò la ragazza distogliendo lo sguardo. Hoshi girò la testa dall'altra parte, muovendosi in modo speculare rispetto a Momo.
Alla fine il ragazzo le disse che non valeva la pena di ringraziarlo e preferì concentrarsi sullo studio, cercando di dimenticare in fretta quella conversazione. Momo dovette capire il suo desiderio di andare avanti perché non disse più niente dopo quello e si mise di impegno per seguire le sue spiegazioni senza interromperlo più.
I minuti passarono velocemente una volta che i due studenti si furono messi di impegno e quando Hoshi ebbe controllato l'orologio vide che erano le ventidue passate. Si stiracchiò un poco e Momo lo imitò; la postazione che aveva preso dallo spigolo del letto si era rivelata molto più scomoda di quanto si aspettasse, ma fu sorpreso di vedere che durante lo studio aveva cercato di avvicinarsi il più possibile a Momo, che a sua volta aveva spostato la sedia per seguire più da vicino le sue spiegazioni.
Si alzò di scatto, sentendosi troppo vicino a lei e cercò di mettere in ordine i pensieri. << Come ti senti ora? >>
Momo sorrise e rimase a guardarlo da seduta. << Meglio. Sei davvero bravo a spiegare queste cose… >>
<< Grazie. >>
La sua risposta suonò gelida e distaccata, Hoshi non aveva intenzione di avvicinarsi oltre alla sua partner sapendo quanto sarebbe stata pericolosa se le avesse lasciato spazio; le aveva già permesso di invadere la sua stanza e studiare quanto volesse, adesso era ora di mettere qualche paletto.
<< Comunque ora è meglio se vai a dormire. >> Suggerì facendo un cenno verso la porta. Richiuse il libro e glielo porse, sforzandosi ancora una volta di non sembrare scortese ma di mantenere un tono assertivo. << Domani devi essere fresca! >>
Momo sorrise e guardò il libro tra le mani del ragazzo. Lo accettò, ma subito lo posò sulla scrivania e si voltò di nuovo a guardare lui; si mosse in fretta prendendogli la mano e chiudendola tra le sue.
Hoshi sussultò e la sua prima reazione fu quella di tirare indietro il braccio, ma non riuscì a divincolarsi. Momo lo aveva intrappolato, continuava ad accarezzare gentilmente il dorso della sua mano con i polpastrelli e sorrideva come se stesse già dormendo.
<< Grazie ancora, Hoshi. >> Mormorò. << Sono davvero felice che stiamo passando così tanto tempo insieme. >>
Eccola che arriva! Pensò terrorizzato il ragazzo, che sentì di doversi tirare subito fuori da quella situazione per non finire in un guaio molto più grosso di quello che aveva dovuto sopportare fino ad ora. Non ci riuscì però, anche perché proprio mentre stava per rispondere a Momo la porta della stanza si aprì.
C'erano Yoshiki e Tetsuya lì davanti, assonnati che confabulavano tra loro. Si accorsero di Momo dopo un attimo che ebbero messo piede nella stanza e per qualche istante ci fu un silenzio imbarazzante in cui gli sguardi dei i due compagni di stanza di Hoshi andarono sulle loro mani unite.
<< Oh. >> Fece Yoshiki sfoggiando un sorrisetto. << Non sapevo che foste già così intimi. >>
Momo e Hoshi ritirarono istantaneamente le mani provando un imbarazzo enorme per essere stati visti in quel modo dagli altri; si voltarono entrambi dall'altra parte come se si vergognassero l'uno della presenza dell'altra e iniziarono a balbettare incontrollabilmente. Ci volle un po' perché uno dei due riuscisse finalmente a mettere insieme le parole.
<< Non è come sembra! >> Sputò fuori Hoshi, finalmente ricompostosi. Yoshiki ghignò e ignorò con quanta veemenza stesse cercando di difendersi.
<< Certo, certo, ma la prossima volta vi conviene chiudere a chiave la porta… >>
Fu in quel momento che Hoshi non riuscì più a controllarsi. Le continue prese in giro del suo compagno di stanza avevano oltrepassato il limite; non gli importava che lo pungesse ogni giorno alludendo alla sua situazione nella squadra o che non perdesse occasione di litigare con lui su qualsiasi cosa, ma non si sarebbe lasciato deridere a quel modo per uno stupido malinteso!
Il piccoletto alzò un braccio puntando il dito contro Momo alle sue spalle e la sua voce divenne improvvisamente più profonda del solito. << Stavamo studiando per quello stupido esame, visto che qualcuno non riesce a ricordarsi niente nonostante abbiamo ripetuto cento volte! Figurati se mi metto a fare cose strane con una persona di cui non mi importa niente!
<< Non ho scelto io questa vita, non voglio fare amicizia né creare legami all'interno di questa stupida squadra! Non mi importa niente degli Stridiosauri, dell'I.P.U. e sicuramente non mi importa niente di quello che pensi tu! Io voglio tornarmene a casa e dimenticarmi di tutti voi idioti! >>
La voce di Hoshi rimbombò fuori dalla stanza e arrivò anche al piano di sotto; era impossibile che non lo avessero sentito anche gli altri, eppure proprio Hoshi non si sentì mentre parlava. Rimase alcuni secondi a riprendere fiato e mentre il cervello riprendeva a funzionare normalmente, si rese conto di ciò che aveva fatto e si girò verso Momo.
La ragazza era in lacrime. Hoshi aveva lasciato che lo stress degli ultimi giorni prendesse il sopravvento e aveva tolto ogni freno alla lingua; aveva persino il dito puntato contro di lei, quasi ad accusarla di qualcosa. Tentò di rimediare, dirle qualcosa perché lei non credesse che fosse un mostro o magari solo per salvare quel poco di credibilità che gli era rimasta, quella fragile personalità che aveva costruito per sopravvivere a Mistilteinn, circondato da estranei che non capivano il suo disagio e gli dicevano solamente di crescere un po', ma era troppo tardi. La fiducia che Momo riponeva in Hoshi era crollata come un castello di carte al primo soffio di vento.
La ragazza si scansò quando lui cercò di avvicinarsi e corse fuori dalla stanza togliendo di mezzo bruscamente i due ragazzi rimasti sulla porta; Tetsuya si spinse così indietro per non scontrarsi con lei che cadde a terra e Yoshiki dovette inginocchiarsi per aiutarlo a rialzarsi.
Momo scese di corsa le scale; non sentì la voce di Kya che la chiamò dall'altra stanza e la intercettò poco prima di raggiungere l'uscita. Le due amiche si guardarono per un istante dopo che la seconda si fu bruscamente scontrata con la prima, poi Momo fuggì al suo sguardo e riprese a correre aprendo di colpo la porta della tenuta e lanciandosi nel buio, sotto la pioggia battente.
Kya la seguì poco dopo, ancora sconvolta da ciò che aveva visto negli occhi della sua amica. Si fermò appena fuori dal portico della casa e con l'acqua che le sferzava il volto la chiamò a gran voce.
Sparita. Era bastato un istante e Momo si era persa nell'oscurità che circondava Mistilteinn. La pioggia scrosciante mascherava i suoni rendendo impossibile anche solo provare ad intercettare un segnale dalla ragazza, sempre che ce ne fossero.
<< Momo! >> Urlò di nuovo Kya mentre alle sue spalle la raggiungevano anche Ryo e Suzuko, seguiti poi dal resto della squadra. La piccoletta cercò di chiedere spiegazioni ma nessuno sapeva nulla ancora e l'unico scambio che ci fu in mezzo al gruppetto fu quello tra Ryo e Kya, che le porse una coperta per proteggersi dalla pioggia, ma la ragazza era completamente rivolta alla foresta.
<< Che è successo? >> Domandò nuovamente una voce in mezzo alla confusione quando furono sopraggiunti tutti gli altri; era stata Aiko, l'ultima arrivata, con ancora i capelli bagnati e avvolti in una asciugamano, a porre quella fatidica domanda. Questa volta ottenne risposta visto l'arrivo dei ragazzi che avevano assistito a quella scena.
<< E' scappata Momo! >> Rispose Yoshiki ansante, le guance solitamente pallide ora rosse per l'escursione termica dalla casa all'esterno. << Il motivo chiedilo a quell'idiota laggiù. >>
Quasi tutti i presenti affacciati sul portico si voltarono verso l'entrata della casa dove ancora all'asciutto se ne stava Hoshi, sbigottito, gli occhi sbarrati.
<< MOMO! >> Kya unì le mani attorno alla bocca nel tentativo di amplificare la propria voce, ma come poteva immaginare soltanto la pioggia rispose al suo richiamo.
<< Dobbiamo trovarla! Con questo tempo non può restarsene qui fuori da sola. >> Esclamò Aiko cercando supporto negli sguardi degli altri.
Un lampo illuminò il cielo per un istante e a seguirlo un rombo mai sentito prima che fece tremare tutti i ragazzi all'esterno della tenuta. Il tempo continuava a peggiorare e loro non potevano restare ad attendere; Yoshiki disse a Tetsuya e Kaoru di seguirlo e andarono di corsa a cercare qualcosa che potesse aiutarli nelle ricerche.
<< Se ha provato a ripararsi dalla pioggia sotto a un albero, potrebbe essere in pericolo! >> Commentò preoccupata la Sentakami, che strizzava le palpebre nel tentativo di vedere qualcosa nell'oscurità tutto intorno a Mistilteinn.
<< Momo non è stupida. >> La rassicurò Naho, accostandosi a lei. << Sono sicura che ha trovato un posto asciutto dove rimanere al sicuro. >>
<< Ma così rischia di perdersi! >> Intervenne Aki, sbucato dalle retrovie. << Se non vuole farsi trovare avrà sicuramente lasciato il sentiero e questo renderà ancora più difficile trovarla. >>
<< Dobbiamo dividerci e setacciare il bosco! >> Suggerì Rin improvvisamente assertiva; sembrava che quando la situazione si faceva critica fosse in grado di cambiare completamente personalità. << Dividiamoci in coppie e procediamo in direzioni diverse per coprire un'area maggiore! >>
Da dentro la casa tornarono i tre ragazzi che erano rientrati; Yoshiki e Tetsuya si misero a distribuire impermeabili a tutti quanti mentre Kaoru posava a terra due paia di torce elettriche che era riuscito a trovare rovistando in uno stanzino, ognuna di fattura e modello diverso.
<< Non ce ne sono abbastanza per tutti, ma è sempre meglio di niente. >> Disse mentre Suzuko gli si avvicinava per prendere una torcia dopo aver ricevuto anche l'impermeabile da Tetsuya. Anche Naho raccolse una torcia e provò ad accenderla, ottenendo in risposta uno sfarfallio della lampadina al suo interno.
<< Sbrighiamoci ad andare. >> Disse subito dopo cercando con lo sguardo il proprio partner, che però la fece attendere un altro momento. Yoshiki infatti tornò all'interno dell'edificio e dopo pochi secondi venne nuovamente fuori trascinando Hoshi per il colletto, costringendolo a unirsi a loro.
<< Tu vieni con noi. >> Gli disse; voleva tenerlo d'occhio da vicino. Il piccoletto non volle protestare e si accodò ai due compagni dopo aver indossato un impermeabile a sua volta, lasciando che Naho illuminasse la via.
Kya si attardò un attimo lottando con il proprio impermeabile per indossarlo correttamente; la tensione le aveva fatto perdere destrezza nelle mani, quando fu finalmente riuscita a sistemarselo erano rimasti solo lei e Ryo davanti alla tenuta. Alzò una mano verso di lui con sguardo angosciato e gli disse:<< Andiamo, Ryo! >>
Il ragazzo annuì comprendendo lo stato d'animo della propria partner e insieme si lanciarono nel bosco, lasciando la coperta portata da Ryo in mezzo alla radura.
Più avanti il gruppo composto da Naho, Hoshi e Yoshiki stava già affrontando una crisi. L'umore era pessimo; a parte la ragazza, che non aveva assolutamente idea di che cosa fosse successo al piano di sopra e voleva solamente sbrigarsi a trovare la sua amica, i due compagni di stanza erano sul punto di cominciare a litigare. Lo stesso Hoshi procedeva con fare svogliato, facendo più attenzione a dove mettesse i piedi che ai dintorni per cercare di scorgere Momo, rimanendo indietro durante la marcia.
<< Accidenti a te, Kondō! >> Esclamò Yoshiki scavalcando un tronco di legno che bloccava il passaggio. << Tu il cervello non lo usi proprio mai, vero? >>
<< Ehi, non è colpa mia se siamo in questa situazione! >> Tentò di difendersi il piccoletto, con poca convinzione. << Che ne sapevo che Momo sarebbe scappata in questo modo? >>
<< SI' INVECE! E' proprio colpa tua se siamo in questa situazione, non tieni mai a freno la lingua e finisci per dire stronzate! >> Tuonò l'altro voltandosi indietro per un momento. << Lei si fidava di te e tu non hai fatto che mentirle per tutto questo tempo. Le hai distrutto un mondo, come credi che avrebbe dovuto reagire una volta scoperto che l'unica persona da cui desiderava un po' di riconoscimento in realtà la odia? >>
Le parole di Yoshiki lo fecero sentire molto a disagio nonostante Hoshi dicesse di avere la coscienza pulita. Avrebbe voluto chiedere aiuto per ribattere, ma l'unica persona che avrebbe potuto aiutarlo – e non lo avrebbe fatto comunque – lo stava ignorando di proposito.
<< Bé, che cosa avrei dovuto fare? >> Sbottò alla fine con tono di sfida.
Yoshiki smise di avanzare e si girò a guardare il ragazzo, attendendo che il rombo dell'ultimo fulmine si quietasse; le loro voci si sentivano a malapena in quelle condizioni e non riuscivano nemmeno a vedersi in faccia visto che la torcia in mano a Naho era puntata verso la boscaglia, nel tentativo di scorgere un segno del passaggio di Momo.
<< Parlarle nel modo giusto, comunicare in modo sano e non affibbiarle la colpa per qualcosa che non c'entra niente con lei! >> Rispose alla fine il ragazzo, sempre più irritato. << Ti sei comportato come se la fonte di tutti i tuoi problemi fosse lei. Hai mai prestato ascolto durante una delle lezioni, tutti quei discorsi sull'entrare in empatia e creare un legame aperto fra partner? >>
<< Quindi avrei dovuto continuare a fingere? >> Rispose Hoshi alzando la voce, nel tentativo di suonare più minaccioso. << Fare finta che tutto andasse bene nonostante la nostra ovvia incompatibilità? >>
Hoshi cercò di fare riferimento agli scarsi risultati ottenuti a bordo dell'Aros, ma non era un segreto che non si fosse mai veramente impegnato in quello per trovare una connessione funzionale con la propria partner.
<< Che ne diresti con il cominciare ad assumerti le tue responsabilità? >> Sbottò Yoshiki, stufo di stare lì a litigare in quel modo e riprendendo a camminare nella direzione opposta. Era come se Hoshi cercasse di piegare tutto a seconda di come gli facesse più comodo, e non ne poteva più di quella sua ottusità.
Il ragazzino fece un gesto esasperato con le braccia e si guardò intorno, restando indietro. << E' inutile discutere… Tanto è sempre colpa mia! Sei contento, Ojizaki? Sono finalmente diventato il cattivo! >> Si ritrovò a urlare mentre la luce sorretta da Fukuda si allontanava.
<< Non hai capito un bel niente. >> Gli fece eco Yoshiki senza voltarsi. << Non ci sono buoni e cattivi, sei solo incapace di vedere quando passi dalla parte del torto! >>
<< E allora vai al diavolo! >> Si infuriò Hoshi, e iniziò ad allontanarsi dai due ragazzi. << Divertitevi a brancolare nel buio! Io sono stufo di questa storia. >>
Yoshiki non si scompose, neanche lo guardò per controllare se stesse scappando veramente; molto probabilmente Momo sarebbe stata al sicuro più di Hoshi in quella situazione, ma erano usciti per cercare lei e non per fare da balia a quel bambino.
Naho però, che fino ad ora aveva ignorato il loro compagno di ricerche, si voltò e illuminò nella direzione dove era sparito Hoshi. << Non sarà pericoloso farlo andare da solo? >>
<< Dubito che voglia compagnia. >> Rispose schietto il ragazzo continuando la marcia e facendosi strada nella vegetazione. Lei osservò solo un istante il buco lasciato tra le piante dal loro compagno di squadra, poi si mise a inseguire Yoshiki per non restare indietro.
Hoshi ne aveva abbastanza. Era veramente stufo di quella gente, in particolare di quell'antipatico di Ojizaki e della sua costante morale con cui ogni volta lo faceva sentire come la peggior feccia che potesse esserci. Non lo aveva chiesto lui di finire lì, non aveva voluto iscriversi a quel dannato programma e non avrebbe mai voluto pilotare dei giganteschi fossili assieme a quel maschiaccio di Momo; tutto quello che voleva lui era di potersene stare in santa pace, a casa sua!
E a fare cosa? Smise di correre nella pioggia, i polmoni avidi di ossigeno lo imploravano di restare lì, il cuore correva a mille e la mente andava ancora più veloce. Adesso perché si sentiva così?
Ammazzarsi di studio e morire dalla noia per la totale assenza dei suoi genitori? Era questa la sua vita, a casa. Un giorno sarebbe diventato un adulto responsabile e avrebbe cominciato a lavorare a contatto con le altre persone, scoprendo così che il mondo non era in bianco e nero come lo aveva sempre visto, che in realtà non era pronto a niente di tutto quello? E allora che senso aveva tutto quello che aveva fatto fino ad ora?
Non essere ridicolo! Quello sarebbe diverso… Si disse, e si asciugò la fronte mentre passava sotto a un ramo dove non cadeva acqua. Saresti preparato a tutto quello.
Ma gli altri non erano stati preparati a vivere in quel modo? Si stavano tutti preparando a qualcosa, ma ci si aspettava che tutti fossero in grado almeno di convivere civilmente e in fondo era così; Hoshi sapeva essere cordiale, poteva benissimo seguire le regole della casa e organizzarsi assieme agli altri senza alcun problema… Ma in qualcosa non erano allo stesso livello.
Perché dopo pochi mesi passati a Mistilteinn, tutti gli altri sembravano conoscersi da anni mentre lui era rimasto a in disparte? Si era comportato credendosi superore a tutti perché non voleva mischiarsi a quella gente, e questo lo aveva portato a chiudersi al mondo… Ma era veramente superiore?
Si sentiva superiore?
Un tuono lo fece spaventare, ricordandogli di riprendere la marcia. Anche il suo cervello riprese a muoversi e Hoshi tornò sulla difensiva. Era vero che avesse un caratteraccio, ma il suo problema finiva qua; non poteva cambiare ciò che era, gli altri avrebbero dovuto accettarlo così come lui accettava loro! Certo che se avesse cercato di andare un po' più d'accordo con loro…
Ma no! Lui non voleva uniformarsi alla squadra! Hoshi non c'entrava niente lì in mezzo, non era un pilota e diventare amico di quelle persone avrebbe reso solo le cose più complicate. Però se aveva questo genere di pensieri, forse significava che in fondo avrebbe voluto fare amicizia con loro e in realtà stava evitando di avvicinarsi; e se stava evitando che questo accadesse, che sarebbe successo se avesse smesso di tenere alta la guardia a quel modo?
Ma soprattutto, per quale motivo adesso continuava a correre sotto la pioggia, completamente al buio e incapace di vedere o sentire qualsiasi cosa, quando avrebbe potuto mollare tutto e tornare indietro verso la tenuta?
Era forse preoccupato per Momo? Si sentiva in colpa? Ma lui non aveva niente a che fare con lei, non aveva niente a che fare con nessuno in quella casa, glielo aveva anche detto in faccia: se se ne fosse andato da lì nessuno se la sarebbe potuta prendere perché lui era stato chiaro con loro fin dal principio…
Bé, quasi con tutti. Non con Momo, che adesso era scappata nella pioggia, delusa, sconvolta, distrutta. Ed era successo a causa sua, e Hoshi non riusciva a smettere di pensarci.
 
*
 
Momo chiuse gli occhi e rimase qualche istante ad ascoltare il rumore della pioggia che la inglobava. Le sembrava quasi di essere abbracciata da qualcuno all'interno di quel tronco cavo in cui si era riparata; di sicuro lì non sarebbe stata trovata dalle persone che sicuramente sarebbero arrivate a cercarla.
L'odore dell'erba bagnata le riempiva le narici ormai da diversi minuti; non sapeva da quanto fosse lì ferma, ma non aveva alcuna fretta di lasciare quel bugigattolo sicuro. Non voleva vedere nessuno, non voleva essere trovata. Voleva solo stare da sola.
Era delusa, triste, ma non ce l'aveva con Hoshi; era arrabbiata con sé stessa per aver voluto costringere il proprio partner a imboccare una strada che non voleva; era stata prepotente e presuntuosa a credere di poter controllare tutto da sola. Si meritava di stare là fuori.
Ebbe un brivido. Il vento veniva aspirato all'interno del tronco dove si era rifugiata e lei aveva indosso solo il suo pigiama; i suoi piedi, sporchi di fango e terra, erano molto freddi e lo stesso poteva essere detto per le mani che sentiva a malapena. Ormai era autunno inoltrato, ma Momo non pensava che avrebbe potuto fare così freddo durante la notte; non che si sarebbe aspettata di passare la sera nascosta nella foresta, nel bel mezzo di un temporale…
Incrociò le braccia e vi nascose in mezzo il mento abbassando la testa con aria sconsolata. Perché era là fuori? Si stava comportando in maniera infantile; avrebbe dovuto accettare le parole di Hoshi, invece che mettere su quella ridicola sceneggiata. Sarebbe stato sicuramente un comportamento più maturo di qualunque cosa stesse cercando di ottenere in quel modo… Probabilmente i suoi amici erano preoccupati e…
Un rumore di rami spezzati interruppe il flusso dei suoi pensieri e fece voltare Momo, che irrigidì il corpo intero e rimase con le orecchie tese per cogliere altri segnali; qualcuno si stava avvicinando a passo incerto, spostando il pietrisco a ogni passo, muovendo l'erba sul terreno, procedendo forse a zig-zag. La ragazza non si mosse e fece guizzare gli occhi da una parte all'altra della visuale limitata che le consentiva di avere il suo riparo, trattenendo il fiato per poter riuscire a cogliere anche il più tenue rumore. A un tratto vide delle ciabatte zuppe e rovinate affondare nella ghiaia attorno al tronco dove era nascosta, e le gambe sottili del loro proprietario che avanzavano sempre più all'interno della sua visuale; alla fine Momo riuscì a riconoscere il suo partner nonostante il buio della notte. Aveva gli occhiali ricoperti da tante goccioline d'acqua, inservibili in quello stato, e i capelli bagnati gli si incollavano alla fronte e al collo; indossava un impermeabile semitrasparente.
Hoshi sembrava irritato. Avanzava a passi pesanti guardando chissà dove nella vegetazione, e si fermò proprio al centro del campo visivo di Momo; si guardò intorno per un momento prima di sedersi a terra quasi in posizione fetale, poggiando la schiena su di un sasso incagliato nel terreno che usciva diagonalmente puntando con uno spigolo verso l'alto. Momo lo vide farsi ancora più piccolo e capì che avesse emesso un profondo sospiro, forse di esasperazione.
La ragazza si fece più piccola che poté e rimase ad osservare il ragazzo, riflettendo se fosse il caso o meno di dire qualcosa per rivelare la propria presenza; Hoshi sembrava turbato, forse non era il momento migliore per uscire allo scoperto considerato anche ciò che aveva detto di lei poco prima nella tenuta. Tuttavia Momo non voleva che il loro rapporto rimanesse così, con quel vuoto a dividerli per sempre.
Prima che la ragazza potesse decidere se uscire allo scoperto o no, l'umidità che aveva preso decise di darle una spinta e all'improvviso fu colta da uno starnuto che non riuscì a trattenere, facendo saltare la sua copertura.
Hoshi sobbalzò e sciolse di colpo le braccia attorno alle ginocchia. Poggiando le mani a terra per ritrovare l'equilibrio, si voltò verso la direzione dello starnuto e strabuzzò gli occhi per vedere meglio nel buio.
<< Momo? >> Sussurrò dopo un attimo di incertezza, guardando dritto verso di lei, ma vedendola appena.
Lei non rispose. Si vergognava ad aprire bocca con quel ragazzo, dopo essere scappata di fronte alle sue parole, nel tentativo di ignorare qualunque cosa avesse da dirle. Sperò che il silenzio potesse salvarla in extremis, complice del buio che nascondeva il suo volto all'interno di quel tronco marcio, ma Hoshi la chiamò di nuovo e lei non poté più far finta di niente.
<< Che ci fai lì? Sono tutti preoccupatissimi! >> Disse il ragazzo quando ebbe sentito la sua voce. Momo abbassò lo sguardo dubbiosa.
<< Non ci credo. >> Mormorò. << Nessuno può essere preoccupato per me: non ho fatto niente per guadagnarmi questa apprensione. >>
<< Mi prendi in giro? >> Sbottò Hoshi trattenendo una risata sarcastica. << Si sono messi tutti a cercarti nonostante questo tempo. Kya è preoccupatissima! >>
A Momo tornò in mentre lo sguardo della sua amica nel momento in cui questa l'aveva intercettata, pochi istanti prima che lei si lanciasse fuori di casa e sparisse nel bosco. Aveva visto l'ansia nei suoi occhi, ma non pensava che lei e gli altri della squadra l'avrebbero inseguita in quelle condizioni. << Mi dispiace… >> Mormorò, non sapendo che altro dire. Improvvisamente la voce le si strozzò in gola e le cominciarono a salire le lacrime agli occhi, di nuovo.
<< Sembra che io riesca a combinare solo casini. >>
Ecco, adesso si sarebbe messa a piangere e avrebbe completato quella terribile figuraccia proprio di fronte al partner che l'aveva respinta. Hoshi doveva veramente pensare che fosse una bambina.
<< Ma che dici? >> La voce di Hoshi le fece ricacciare indietro le lacrime. Momo alzò nuovamente lo sguardo e cercò il volto del ragazzino; era difficile da avvistare con l'oscurità dilagante e gli occhiali ricoperti d'acqua a coprirgli il viso come una maschera.
<< Tutti quanti si affidano a te perché sai aiutare le persone, sai farle stare bene. Non importa che tu non abbia la risposta a un problema, ti prendi cura di tutti e riesci a portare il sorriso a chiunque entri in contatto con te! Non hai idea di quanto tu sia importante per gli altri, Momo! >>
La ragazza inspirò con fatica e dalle sue narici si levò un suono strozzato. << Però non è lo stesso con te… Quelle cose che hai detto tu non le provi… >>
Hoshi si morse un labbro. Si guardò intorno per alcuni secondi e poi rispose:<< Sì, ho detto delle cose brutte… Le penso ancora, ad essere sincero. Ma non avrei dovuto essere così cattivo; non avrei dovuto umiliarti di fronte agli altri. >>
Il ragazzo fece una pausa e respirò a fondo, cercando le parole giuste con cui continuare quel discorso. << Penso ancora che noi due non siamo fatti per stare assieme… Che sei invadente, che parli troppo spesso al posto mio e che prendi decisioni di testa tua… >>
Un gemito in arrivo dal tronco gli segnalò che Momo non stesse gradendo per niente quelle parole e il ragazzo capì che fosse ora di chiudere il becco.
<< Però… >> Riprese frettoloso alzando una mano, cercando di fermare Momo prima che iniziasse a piangere. << Questo non significa che pensi che tu non sia una brava persona. >>
Momo tirò in su col naso un'altra volta asciugandosi le lacrime che le erano quasi uscite dagli occhi e si concesse un leggero sorriso. << Ho provato a forzarti a seguire un programma che non volevi… E non mi sono fermata a pensare cosa volessi veramente tu. >> Disse con tono rassegnato e in quel momento si rese conto che non stava parlando solo dello studio: le loro difficoltà nello stabilire una connessione stabile erano date dalle sue attenzioni soffocanti al proprio partner, che aveva finito per odiarla ancora di più. A quel pensiero le lacrime iniziarono a farsi sentire di nuovo, ma lei chiuse gli occhi e soffocò i propri singhiozzi con una mano finché non ebbe ripreso il controllo di sé. Quando ci fu riuscita, si strofinò gli occhi con il dorso di una mano, insistendo con forza quasi come se volesse prendersi a pugni per aver solo pensato di mettersi a piangere.
<< Credi che siamo ancora in tempo per fare le cose assieme? >> Chiese sforzandosi di mandare un sorriso a Hoshi, per quanto non potesse vederla.
Il ragazzo esitò per un momento fissando il terreno, come se la risposta a quella domanda fosse scritta nella ghiaia, poi piegò gli angoli della bocca in un sorriso fiducioso e mormorò:<< Forse. >>
 
*
 
Ad attendere appena fuori della tenuta di Mistilteinn, coperti da pesanti giacche sopra alle vestaglie da notte, c'erano Nana e Hachi in compagnia di Aiko e Kaoru che non sapendo cosa fare erano andati ad avvisare gli adulti della scomparsa di Momo. Il problema era che neanche loro sapevano cosa fare adesso, a parte attendere l'eventuale ritorno dei ragazzi.
Se una situazione del genere si fosse presentata ai tempi della Squadra 13 probabilmente sarebbe stato possibile rintracciare i fuggitivi grazie alla numerose telecamere installate in tutto il parco e nella casa, ma loro avevano abolito quel tipo di sorveglianza in favore di una crescita più serena dei loro ragazzi; potevano solamente attendere, fornendo alle coppie che si erano avventurate nel bosco un appoggio sicuro in caso dovessero decidere di tornare sui propri passi, in attesa che venissero dispiegate le ricerche con un personale adeguato.
Aiko aveva appena finito di spiegare come si erano svolti i fatti e il motivo per cui, secondo lei, Momo ed Hoshi avessero litigato, quando dal sentiero sbucarono Aki e Rin, fradici e sporchi di fango. I fratelli avevano i vestiti completamente inzaccherati dopo essere caduti all'interno di uno stagno; l'oscurità e la pioggia avevano impedito loro di vedere la strada e si erano impantanati.
Allarmati, i due adulti gli dissero di andare a darsi una ripulita e cambiarsi di abiti prima che si prendessero qualche malattia, quindi gli chiesero se avessero visto Momo o gli altri.
<< Non siamo andati molto lontano. >> Spiegò il ragazzo con sguardo stanco. << Urlavamo per attirare l'attenzione di chiunque fosse nei paraggi, ma non abbiamo mai ricevuto risposta. E' stato così che siamo finiti in acqua, perché non guardavamo per terra… >>
La ragazza si asciugò il volto con una manica e inspirò col naso. << Fa freddo lì fuori, specialmente se ci si bagna come è successo a noi… Spero che Momo abbia trovato un posto all'asciutto… >>
<< Adesso pensate a darvi una sciacquata, tra non molto arriverà la squadra di ricerche e potremo coordinarci meglio. >> Gli disse Nana accarezzandole la testa, quasi a volerla far sentire meglio dopo la sua caduta imbarazzante.
<< E' una fortuna che non vi siate fatti male cadendo. >> Aggiunse Hachi. << Adesso rimanete in attesa. >>
<< Che fine ha fatto la torcia che vi avevo dato? >> Domandò Kaoru, ricordando di aver consegnato una delle torce recuperate dalla casa proprio al suo compagno di stanza. Aki sembrò in imbarazzo quando dovette rispondere a quella domanda ed esitò un momento.
<< Quando è caduta in acqua ha smesso di funzionare… E a quel punto l'abbiamo persa. >>
Kaoru era sbigottito; non gli dava fastidio che Aki avesse perso la torcia che lui aveva trovato, era solo confuso da quanto potesse essere maldestro il suo amico per ritrovarsi in una situazione come quella.
Hachi tagliò corto mandando Aki e Rin a lavarsi dicendo che una torcia non era importante in quel momento, quindi i due adulti rimasero nuovamente con Aiko e Kaoru.
I due ragazzini erano bagnati fradici, nonostante gli impermeabili; purtroppo la corsa fino all'edificio dei coordinatori era stata abbastanza per fargli prendere molta acqua. I capelli di Aiko, che la ragazza era riuscita ad asciugare poco prima di uscire, adesso erano nuovamente zuppi e sbucavano dai lati del suo cappuccio in un vortice di riccioli bagnati, resi a una massa irriconoscibile dall'acqua. Entrambi avevano le caviglie sporche di fango, ma se Kaoru non aveva avuto modo di evitare di sporcare i pantaloni del pigiama, Aiko era almeno riuscita a salvare la gonna della vestaglia.
Faceva freddo, ma l'apprensione per i loro amici era maggiore di qualsiasi sensazione che la notte potesse donargli in quella situazione.
La ragazza si strinse tra le braccia e rabbrividì prima di inspirare a fondo. Kaoru la notò e cercò di dire qualcosa, ma si ritrovò con le parole bloccate in gola. Prima che riuscisse a trovare il coraggio per fare qualcosa però, lei si piegò lentamente verso di lui fino a poggiare la spalla alla sua.
Aiko si ritirò istintivamente, come se si fosse accorta solo in quel momento del suo movimento, e chiese scusa al suo compagno ma Kaoru la tranquillizzò.
<< Hai freddo? >> Domandò vedendo la ragazza rilassarsi di nuovo.
Lei annuì. << Un po'. >>
Kaoru guardò le sue mani, screpolate per il freddo e l'acqua, poi alzò lo sguardo verso il viso di Aiko le cui guance erano diventate più rosse del solito, e questa volta di certo non per l'emozione.
Senza dire niente alzò un poco il braccio come per farsi da parte e lasciò che la ragazza si stringesse a lui per avere un po' di calore; le girò il braccio dietro alla schiena e posò la mano sulla spalla della ragazza tirandola delicatamente a sé. Non ci fu nemmeno l'imbarazzo che di solito si alzava quando i due si sentivano così vicini, fu un gesto spontaneo per allentare un po' la tensione in quel momento così delicato.
Passarono alcuni minuti pieni di apprensione. Gli adulti non parlavano, Aiko e Kaoru restavano in attesa abbracciati e guardavano speranzosi verso gli alberi che circondavano la tenuta. Non c'era traccia di Momo o degli altri finché non si cominciarono a muovere delle ombre in fondo alla vegetazione e dopo qualche istante vennero fuori due coppie di loro compagni.
Suzuko fu la prima a venire allo scoperto: teneva la mano di Tetsuya e lo guidava fuori dal sentiero reggendo nell'altra la torcia elettrica. Poco distante da loro Yoshiki e Naho procedevano di pari passo, uno affianco all'altra.
<< Ragazzi! >> Suzuko lasciò andare la mano di Tetsuya e raggiunse Aiko e Kaoru di corsa. I due si divisero mentre arrivava la compagna di stanza della ragazza.
<< Suzuko, avete trovato niente? >> Domandò Aiko unendo le mani, speranzosa. La sua amica però scosse la testa.
<< Ci siamo imbattuti in Ojizaki e Fukuda poco fa e abbiamo deciso di tornare indietro per fare il punto della situazione. >>
Dopo aver sentito quella cosa Kaoru si sporse guardando il gruppetto di Parasite che si avvicinava e si rese conto dell'assenza di uno dei loro compagni.
<< Dove è finito Kondō? >> Chiese inarcando un sopracciglio, principalmente rivolto a Yoshiki visto che era con lui che il ragazzo era andato.
La coppia rimasta poco in disparte sembrò esitare. Entrambi, Yoshiki e Naho, guardarono in direzioni diverse come a voler ignorare la presenza l'uno dell'altra, oltre che dell'intera squadra lì fuori; sembrò avere luogo una rapida discussione silenziosa e alla fine Fukuda diede una gomitata al proprio partner prima di voltarsi definitivamente dall'altro lato con le braccia incrociate.
Al colpo di Naho, Yoshiki fece una smorfia e si decise a parlare. Aveva il tono di chi non era particolarmente turbato.
<< Sarà da qualche parte a stemperare! Non aveva intenzione di aiutarci, quindi ho pensato che fosse meglio lasciare che si perdesse a sua volta. Magari inciamperà e si prenderà una storta, così imparerà cosa si prova a… >>
<< Yoshiki! >> Lo fulminò la ragazza voltandosi di nuovo verso di lui. << Non è bello dire queste cose. >>
Lui si scusò, ma non sembrò veramente dispiaciuto.
<< In ogni caso, avreste dovuto restare insieme. >> Intervenne Hachi severo. << Adesso abbiamo un'altra persona da cercare. >>
<< E' stato lui ad andarsene, quel defi… >>
<< Yoshiki, basta così! >> Sbottò la Fukuda lanciando un'occhiataccia al ragazzo, che per tutta risposta sospirò con stanchezza. << Sei troppo nervoso, è meglio se ti vai a dare una calmata! >>
Il consiglio di Naho suonò più come un ordine, se non addirittura come una minaccia. Negli occhi del suo partner si poté vedere chiaramente il fastidio che quel tono aveva causato e sembrò voler rispondere in qualche modo, ma alla fine Yoshiki rimase zitto e cominciò a camminare verso l'ingresso di Mistilteinn. Gli altri non avevano mai visto Naho alzare la voce così, specialmente con Ojizaki, con cui di solito sembravano avere una sintonia perfetta; qualunque cosa fosse successa nella foresta, doveva aver fatto infuriare la ragazza.
Le persone rimaste si voltarono verso Naho sperando che gli desse qualche spiegazione, ma lei sembrò a disagio e preferì tenere per sé i propri pensieri, tornando a concentrarsi sugli alberi che circondavano la tenuta.
<< Mancano ancora Nakamura e Sato. >> Disse pensieroso Hachi. Sperava che non si fossero persi anche loro, altrimenti le ricerche si sarebbero complicate ancora di più.
Fortunatamente per lui, Kya e Ryo uscirono dal bosco pochi minuti più tardi. Mano nella mano, i due ragazzi si guardarono intorno come persi, poi esitarono ad avvicinarsi agli altri.
<< Lo sapevo. >> Mormorò Kya ansiosa. << Momo non è rientrata. Dobbiamo tornare indietro e… >>
<< Aspetta, Kya! >> Ryo la tenne stretta dal polso e la costrinse a restare nelle vicinanze della tenuta. << Non abbiamo idea di dove possa essere ora, è passato troppo tempo. Momo potrebbe essersi spostata, e noi rischieremmo perderci a cercarla… >>
<< E allora dovrei lasciarla là fuori da sola? >> Gridò l'altra riversando tutta la sua tensione sull'amico, che non reagì capendo quanto fosse stremata.
<< Non servirà a niente se ti perdi anche tu. >> Rispose Ryo mantenendo la calma mentre Kya mollava di colpo la sua mano e si allontanava a passi rapidi.
<< Kya, per favore non fare niente di avventato! >> La raggiunse la voce di Nana, che si fece avanti per cercare di fermare l'impeto della ragazza, ma la ragazza si voltò e le mandò uno sguardo furioso.
Alzando un braccio in direzione degli alberi, Kya rimase immobile e parlò ad alta voce. << Momo è là fuori, da sola. Voi non avete visto il suo sguardo mentre correva verso il bosco, non avete sentito quanto fosse veramente ferita! Non ho intenzione di lasciare una mia amica a soffrire da sola, continuerò a cercare anche tutta la notte se sarà necessario. >>
<< Non ce ne sarà bisogno. >> Una voce dall'ombra fece voltare la ragazza e tutti gli altri che attendevano di fronte all'entrata della tenuta di Mistilteinn. Dal piccolo sentiero in terra battuta che si apriva in mezzo agli alberi vennero fuori le sagome di Momo Sakei e Hoshi Kondō, entrambi dall'aria stanca e con i vestiti bagnati. Momo indossava un impermeabile un po' troppo piccolo per la sua taglia, probabilmente lasciatole dal partner che procedeva facendo del suo meglio per ignorare la pioggia.
<< Momo! >> Urlò Kya, che si lanciò su di lei seguita dalle altre ragazze circondandola in un attimo.
<< L'ho trovata nascosta in un tronco cavo. Sarebbe ancora là se non mi fossi separato da Ojizaki e Fukuda… >> Disse Hoshi rispondendo solo a una delle tante domande che le compagne rivolsero alla sua partner. Poi si mise le mani ai fianchi con soddisfazione e si girò a cercare proprio Yoshiki in mezzo agli altri, forse per mandargli uno sguardo di sfida.
Hoshi forse si aspettava qualche ringraziamento oppure degli elogi, ma invece quando si voltò di nuovo verso il gruppetto di ragazze accanto a lui si vide arrivare un pugno dritto in mezzo agli occhi.
Il piccoletto finì per terra bagnandosi ulteriormente i vestiti sul terreno fradicio e chiuse gli occhi per il bruciore. Gli venne da imprecare ma si ritrovò a bloccare le parole tra i denti mentre un lungo lamento acuto gli svuotava i polmoni, quindi si rotolò un po' per terra e finalmente riuscì a riaprire gli occhi, giusto in tempo per vedere Kya in piedi di fronte a sé che cercava di aggredirlo, trattenuta dalle altre ragazze.
Arrivarono in fretta anche i ragazzi a reggere con più fermezza la loro compagna mentre questa continuava a sputare veleno sul giovane per terra, completamente fuori di sé per il modo in cui aveva trattato la sua amica.
<< Kya, ora basta! >> Le disse Ryo mentre lui e Tetsuya la tenevano saldamente dalle braccia. Avevano avuto qualche difficoltà ad afferrarla vista la furia che l'aveva posseduta, ma ora la loro forza combinata era abbastanza per tenerla a bada.
<< Questo verme ha trattato male Momo, Ryo! >> Rispose lei dimenandosi. << Le ha mentito in faccia per mesi e adesso le ha anche spezzato il cuore! >>
<< Non è una giustificazione per riempirlo di botte! >>
<< Kya, ti prego, fermati! >>
A interrompere la furia della ragazza fu proprio la voce di Momo, la stessa persona che avrebbe potuto voler vedere il suo compagno punito per ciò che aveva fatto. Era rimasta in disparte per tutto il tempo mentre Nana si assicurava che non fosse ferita e ora guardava nella loro direzione con aria apprensiva.
<< Ti prego. >> Ripeté tenendo le mani giunte al petto. << E' anche colpa mia se è successo tutto questo. >>
Kya non smise di tentare di liberarsi dalla stretta dei suoi due compagni, ma adesso la sua attenzione era interamente rivolta verso di lei. Sconvolta, domandò:<< Che stai dicendo? E' esattamente ciò di cui avevamo parlato, questo pezzo di merda non ha mai provato nemmeno una volta ad essere sincero con te! >>
<< Però è stato anche a causa del mio comportamento! >> Ribatté Momo, stressata da quella situazione. Non le piaceva creare problemi, eppure ecco che era proprio al centro del più grosso problema che la squadra avesse mai affrontato finora.
Ci fu un attimo di silenzio. Hoshi si rialzò da terra nel frattempo e si portò un po' più a distanza di sicurezza da Kya; forse avrebbe voluto dire qualcosa, ma aveva paura di peggiorare la situazione.
Sul viso di Momo cominciarono a scorrere ancora una volta le lacrime, questa volta mascherate dalla pioggia che colpiva il suo viso in continuazione.
<< Per favore… Possiamo solo… >> La ragazza alzò lo sguardo, esausta. << Lasciar perdere tutto quanto? >>
Vedere Momo in quelle condizioni tolse a Kya ogni forza per tentare di lottare ancora. La ragazza si liberò dalla stretta dei due compagni, che la lasciarono andare, e corse ad abbracciare la sua amica, che poté così sfogare il proprio pianto sulla sua spalla.
Fu un pianto liberatorio, un pianto che le permise di riposare i sensi e fare pace con sé stessa e con quegli amici che aveva costretto ad andare sotto la pioggia per cercarla. Momo si strinse forte a Kya e un attimo dopo anche le altre ragazze la abbracciarono per trasmetterle tutto il loro affetto. Alcune di loro ancora non capivano cosa passasse nella mente della giovane, quanto stress si fosse accumulato affinché la sfuriata di Hoshi bastasse a farle avere una simile reazione, ma tutte quante concordarono che ci sarebbe stato un momento più adatto per fare quel genere di domande e che Momo avrebbe deciso di parlarne quando se la sarebbe sentita.
Ci volle qualche altro minuto perché gli adulti lasciassero i ragazzi. Prima Nana e Hachi vollero assicurarsi che fosse tutto a posto, non volevano rischiare che qualcuno di loro si fosse infortunato e non ricevesse adeguate cure; poi avvisarono la squadra di ricerca che si era preparata a setacciare il bosco e annullarono l'operazione. Dopo che gli adulti ebbero augurato la buonanotte ai loro studenti, le ragazze andarono nel bagno grande per lavarsi e cambiarsi i vestiti con qualcosa di asciutto, mentre i ragazzi andarono nei bagni al piano di sopra a fare lo stesso.
Kya adesso era rilassata, sembrava aver dimenticato completamente l'arrabbiatura mentre lavava i capelli a Momo, massaggiandole con delicatezza la testa. Questa invece era ancora silenziosa, triste nonostante avesse finalmente lasciato andare la delusione provata quella sera e tutti i cattivi pensieri che ne erano scaturiti.
<< Credo… >> Mormorò a un certo punto, senza voltarsi a guardare la sua amica. << Che accetterò la proposta di quello psicologo… >>
Senza capire in un primo momento a cosa si riferisse, le altre ragazze la fissarono confuse. Poi Kya ricordò quello che le aveva raccontato Momo dopo la chiacchierata avuta con Hachi, Nana e Hoshi e annuì comprensiva, sollevata dal fatto che la sua amica avesse deciso di chiedere aiuto.
<< Grazie a tutti voi… >> Continuò poi allungando una mano per cercare quella di Kya. Lei gliela strinse e la forza che impiegò Momo la prese alla sprovvista. << Per avermi mostrato il vostro affetto. >>

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Capitolo 24
*** Come una squadra ***


I fogli caddero sulla scrivania con un leggero fruscio, abbastanza compatti da non spargersi una volta fuori dalle mani di Hachi. L'uomo attese un secondo e osservò gli sguardi dei ragazzini che aveva di fronte, serioso come sempre.
<< Questi sono i risultati del vostro test di ieri mattina. >> Disse calmo. << Non volete dare un'occhiata? >>
Momo e Hoshi erano entrambi stanchi, gli occhi spenti e il volto pallido; la pioggia che avevano preso quella notte non era stata clemente con loro alla fine. Nonostante al loro ritorno dal bosco si fossero riscaldati a dovere, i loro corpi avevano preso troppo freddo per non sentire gli effetti della tempesta, alzando le proprie difese immunitarie dal giorno seguente in poi. Anche per questo la loro prova a bordo dell'Aros era stata posticipata al pomeriggio seguente, ma avrebbe potuto essere spostata ulteriormente se uno dei due lo avesse ritenuto necessario.
La ragazza allungò una mano e toccò la carta con le dita sfilando i fogli uno ad uno per poter afferrare solo il proprio compito, quindi indietreggiò sulla sedia e si mise a leggere con poche aspettative. Pochi secondi dopo alzò la testa e il suo sguardo si illuminò, pieno di sorpresa.
<< Settantaquattro percento? >> Esclamò incredula, voltandosi poi verso di Hoshi come per dirgli qualcosa.
Allo stesso modo, il ragazzo fu sorpreso di vedere il proprio voto raggiungere le tre cifre: punteggio pieno.
<< Il vostro lavoro delle ultime settimane ha dato i suoi frutti. >> Commentò soddisfatto Hachi sedendosi dall'altro lato della scrivania, accanto a Nana.
<< Come è possibile? >> Domandò Hoshi, visibilmente confuso. << Cioè, posso capire un ottanta percento… Novanta… Ma un punteggio massimo mi sembra assurdo, anche per me! >>
Nana incrociò le braccia e sorrise. << Perché? Non credi nelle tue capacità? >> Disse inarcando le sopracciglia.
Hoshi guardò un'altra volta il foglio con su scritto il cento in penna rossa e boccheggiò. << Non capisco… >>
<< Devo ammettere che anche noi eravamo sorpresi. >> Disse Hachi inspirando profondamente. << Tuttavia, questo prova ulteriormente che il tuo rendimento era dovuto a dei fattori esterni che ti impedivano di concentrarti o di tirare fuori il meglio di te. Pensi di sapere cosa abbia potuto causare questo risultato? >>
Il ragazzino abbassò lentamente il foglio di carta e si voltò a guardare Momo, che sorrise mestamente quando incrociò il suo sguardo. Non avevano parlato molto dopo la loro chiacchierata nel bosco, sembrava anzi che entrambi stessero evitando il confronto da quando erano tornati a Mistilteinn quella sera; ora però quel fugace scambio di sguardi li faceva sentire meglio entrambi.
<< Come pensavo. >> Disse Hachi abbandonandosi alla propria sedia, unendo le mani come un dirigente soddisfatto. << Allora alla fine siete riusciti a capire che cosa non andasse nella vostra relazione. E' ovvio che, una volta dette le cose come stanno, si riesce a lavorare a mente libera. E' un piacere sapere che siete riusciti a risolvere almeno una parte del problema. >>
L'uomo li guardò abbandonando quel cipiglio severo che lo distingueva quasi sempre e rimase in silenzio per un momento, poi lanciò un'occhiata a Nana al suo fianco come per chiederle l'autorizzazione a fare qualcosa e si sporse di nuovo in avanti. << Ora… Prima di passare alla prova pratica del vostro test, dovremmo discutere di alcune cose… >>
Hachi aprì un cassetto della scrivania e ne tirò fuori due serie di fotocopie. L'inchiostro nero brillava in controluce, specialmente nelle parti in grassetto dove c'era scritto "LETTERA DI CONGEDO". Le porse ai due ragazzi senza troppe cerimonie.
<< Che significa? >> Domandò istintivamente Momo, facendo andare lo sguardo prima alla lettera, poi ai visi di Nana e Hachi, impassibili. Gli adulti non si fecero attendere con le spiegazioni.
<< Secondo quello che ci hanno raccontato i vostri compagni di squadra, la sera che Momo è scappata Hoshi avrebbe detto di non aver mai voluto entrare a far parte del progetto Parasite. Dico bene o mi sbaglio? >>
Lo sguardo dell'uomo che aveva preso la parola andò rapidamente verso lo Stamen, che abbassò la testa con vergogna.
<< Sì, signore. >> Mormorò lui. Hachi annuì e proseguì.
<< A quanto pare, la tua famiglia ti avrebbe costretto ad entrare nel programma, e questa è una cosa che non possiamo tollerare. Con qualche telefonata, siamo riusciti a parlare con i tuoi genitori che ci hanno più o meno confermato di averti iscritto contro la tua volontà e che ti sei sempre opposto a questa storia… >>
Con un movimento continuo del braccio, Hachi avvicinò una delle due lettere al ragazzo e la fermò proprio davanti a lui.
<< Non abbiamo intenzione di tenere qui con noi ragazzi contro la loro volontà. Se firmi questa lettera, sarai libero di tornare a casa e non dovrai più preoccuparti di niente. >> Concluse l'uomo togliendo la mano dalla carta.
Hoshi fissò le lettere in stampatello sulla carta bianca e iniziò a tremare. Passarono minuti interi che il ragazzo percepì come ore senza che nessuno dicesse o facesse nulla. Quindi, quando Hoshi si fu deciso ad aprire la bocca, gli tremarono le labbra.
<< Non starete dicendo sul serio…? >>
I respiri del ragazzo si fecero affannosi, Hoshi non si era mai mostrato così spaventato di fronte a Momo e ai due adulti; anche questo in qualche modo mostrava quanto fosse cambiato da quando preferiva nascondere tutti i suoi sentimenti. Continuò a far andare lo sguardo dalla ragazza ai due adulti e gli chiese di nuovo se stessero facendo sul serio.
<< Tu stesso hai detto che non ti importa niente di noi e che vuoi solo tornare a casa e smettere di pensare a questa storia. >> Spiegò Hachi con voce ferma; erano le sue esatte parole di quella sera, eppure lo mettevano così a disagio ora che le sentiva dalla bocca di qualcun altro. Hoshi non riusciva a credere di aver fatto sentire Momo in questo modo.
Il tono che mantenne Hachi fu il più diplomatico possibile, non c'è nessun biasimo nella sua voce e anzi sembrava determinato a convincere Hoshi a continuare per la propria strada, se fosse stato quello che desiderava. << Ti stiamo dando una via d'uscita. >> Aggiunse alla fine l'uomo; eppure, pur sapendo che era stato quello che aveva desiderato per mesi, adesso Hoshi esitava.
<< Hai detto che questa cosa non poteva funzionare. >> Disse Nana torreggiando su di lui. Ora sembrava che stessero cercando di costringerlo ad accettare, oppure era solo il modo in cui Hoshi percepiva quella discussione?
<< L'I.P.U. non ha bisogno di mandare avanti progetti falliti. Qui si rischia la vita, immagino che ti fosse ben chiaro ormai. >>
<< Sì, ma questo… Questo l'ho detto prima… >> Hoshi balbettò e guardò il foglio di fronte a sé. Il ragazzo di due sere fa non avrebbe esitato a firmare, quello che adesso sedeva al fianco di Momo invece era completamente diverso. << Insomma, non potete fare questo dopo che sono successe tutte queste cose! >>
Gli sguardi dei due adulti guizzarono per un momento fino a incrociarsi, poi tornarono sul ragazzo e si avvicinarono all'unisono al ragazzo.
<< Oh? >> Fece Nana inarcando le sopracciglia. << Significa che è cambiato qualcosa? >>
Prima che Hoshi rispondesse, la voce di Momo attirò l'attenzione verso di sé. La ragazza alzò leggermente una mano, ma poi sembrò pentirsene e si limitò a farsi sentire con la voce.
<< Posso sapere perché ci sono due di quelle lettere? >>
Gli occhi del ragazzo andarono alla seconda lettera di congedo e poi tornò a fissare lei, che sembrava particolarmente a disagio in presenza del documento.
Gli adulti indietreggiarono e si mandarono uno sguardo impassibile prima di rispondere.
<< E' una possibilità che ti stiamo dando, Momo. >> Disse Hachi del tutto serio. << Se Hoshi dovesse scegliere di andarsene, tu resteresti senza un partner. L'Aros è legato a te ormai, ma nella situazione attuale non è possibile stabilire una connessione con un nuovo Stamen in tempi brevi, costringendoti quindi a restare in panchina; una scelta per niente gratificante per te… >>
<< Quindi abbiamo pensato che avresti potuto voler lasciare la squadra. >> Concluse Nana spietata.
<< N-non lo farei mai! >> Reagì con veemenza la ragazza, stringendo i pugni e battendoli inavvertitamente sulle proprie ginocchia. Si ricompose dopo un istante e cercò di moderare i toni, vergognandosi di aver alzato la voce. << Cioè… Non potrei mai abbandonare la squadra… >>
<< E' nobile da parte tua, Momo. Apprezziamo la tua devozione alla causa, ma teniamo alla tua soddisfazione più della riuscita della missione; se dovessi avere dei dubbi non potremmo perdonarcelo. >> Spiegò la donna tenendo le braccia incrociate, gentile nei toni ma dallo sguardo freddo.
Momo abbassò lo sguardo timorosa, poi si girò per cercare qualche rassicurazione da Hoshi. Il ragazzo però era sconvolto come lei, non poté fare altro che sostenere il suo sguardo senza sapere cosa dire.
<< Io non… Non voglio andare via. >> Mormorò Momo girando lentamente la testa verso i due adulti. << Tuttavia, se pensate che la mia presenza qui sarebbe solo superflua, allora accetterò a malincuore il congedo. >>
Le spalle della ragazza si scaricarono di tutta la tensione raccolta fino a quel momento e Momo sembrò distrutta. Allungò la mano verso le fotocopie e le avvicinò agli occhi per leggere con più attenzione. Era così che finiva quella avventura; avrebbe dovuto aspettarselo che non sarebbe durato, era una cosa troppo bella per essere vera…
<< Se è necessario, metterò da parte i miei desideri… >> Sospirò rassegnata. Ma proprio mentre stava cominciando a leggere i documenti di congedo, Hoshi le strappò quei fogli dalle mani.
I due ragazzi si guardarono per un momento e Momo vide negli occhi di lui qualcosa che non aveva mai visto prima: aveva già visto la sua rabbia, la sua vergogna e il suo dispiacere; adesso negli occhi di Hoshi, Momo vide un risentimento che non credeva fosse possibile trovare in quel ragazzo.
<< E avresti intenzione di mollare tutto, dopo tutto quello che hai combinato per restare? >> Le disse stringendo ancora con forza i fogli e squadrandola con delusione.
<< Ma… >> Momo esitò un momento. << Hai detto tu che questa cosa non poteva funzionare… >>
<< E allora solo perché l'ho detto io, tu ci devi credere? >>
Nessuno si mosse dopo che il ragazzo ebbe liberato quella rabbia, specialmente Momo che sentì un tuffo al cuore a sentire quelle parole.
<< Io ho detto un sacco di cose sbagliate. Ho detto che eri un'idiota che non avrebbe mai imparato niente, ma quel compito che hai tra le mani dice il contrario! Ho detto che mi facevi paura, che le tue attenzioni erano soffocanti, ma quando te ne sei resa conto hai preferito sparire piuttosto che provocarmi dispiacere! Ho detto di non volere far parte di questa squadra, ma… >>
Hoshi si fermò un momento e guardò in direzione dei due adulti, compiaciuti di quegli sviluppi e ansiosi di conoscere il seguito. Tornò a guardare di fronte a sé e vide il volto triste di Momo; forse la ragazza si aspettava di venire demolita a parole ancora una volta, ma Hoshi aveva smesso di fare quelle cose. Dopo tutto quello che avevano passato in quei giorni, Hoshi avrebbe avuto solo parole di ammirazione per una persona che teneva così forte ai suoi sogni, anche se adesso stava per rinunciare a tutto.
<< Insomma, non voglio più andarmene. >> Concluse in modo insoddisfacentemente sbrigativo. << Sempre che tu non abbia qualcosa in contrario al riguardo. >>
Gli occhi di Momo si erano fatti lucidi a sentire quelle parole. Forse era per via di tutto lo stress che aveva dovuto affrontare in quel periodo, oppure perché in fondo era proprio questo che sperava di sentire e poter parlare apertamente con Hoshi per la prima volta fu una liberazione.
<< Io… Sarei felice di restare e continuare ad essere la tua partner. >> Disse lei asciugandosi le lacrime con un dito, sostenendo a malapena lo sguardo del ragazzo. << Sempre che sia tu a non avere nessun problema con ciò. >>
A questo punto Hoshi sorrise. Avevano davvero intenzione di passarsi la palla ancora a lungo oppure uno dei due avrebbe dato la schiacciata decisiva, chiudendo quella discussione? Si girò verso i due adulti e gli porse entrambe le lettere di congedo, sentendo il peso sul proprio petto svanire all'istante.
<< Queste non ci serviranno. >> Disse con sicurezza.
 
*
 
Dentro alla cabina di pilotaggio faceva freddo. Momo pensava che la tuta l'avrebbe protetta, ma non aveva messo in conto le sue condizioni fisiche in seguito alla pioggia dell'altra sera, che avrebbero rischiato di debilitarla anche durante la connessione. Tuttavia ormai erano lì, non importava se sarebbero stati troppo stanchi per pilotare, le loro strade erano state decise e questa volta le avrebbero percorse assieme.
<< Hoshi. >> Chiamò la ragazza voltandosi dall'altra parte, dove lo Stamen si era già posizionato sul sedile.
Lui alzò la testa in silenzio e un ciuffo di capelli gli si spostò dal viso.
Momo teneva le mani unite, si strofinava le dita con nervosismo pensando che forse stesse correndo un po' troppo e che la fiducia tra compagni si sarebbe stabilita in seguito, ma sentiva il bisogno di fare quella domanda.
<< Quando abbiamo litigato hai detto che certe cose non sono destinate a funzionare. >> Mormorò guardandosi le unghie. << Perché allora sei rimasto? Non sarà che ti ho fatto pena…? >>
<< No! >> La risposta di Hoshi arrivò istantanea. Temeva che avrebbe dato l'impressione sbagliata e per questo volle chiarire subito quella cosa. << Non è stato quello. Io ho detto tante cose cattive sul tuo conto… Ti ho trattata in modo ingiusto. E ho fatto e detto tutte quelle cose, prima ancora di poterti conoscere.
<< Pensavo di sapere tutto quanto, che niente al di fuori della mia sfera fosse veramente buono… Ma ho capito che non posso avere ragione su tutto, in fondo conosco molto poco del mondo. E l'unico modo per scoprire il mondo è proprio buttandomi nell'ignoto, cercare di capire quelle cose che mi mettono paura. Quindi… Voglio capire anche te, Momo. >>
Hoshi non se ne accorse durante il suo discorso, ma il volto della ragazza si colorò di nuovo un poco in quel momento. Quelle parole le scaldavano il cuore. Forse Hoshi non diceva sul serio e magari stava cercando di salvarsi in extremis dopo aver detto e fatto tante cose brutte, ma alle sue orecchie il ragazzo sembrò onesto e questo la rese felice.
<< E poi… >> Aggiunse dopo un poco il ragazzo. << Ho pensato che ci fosse un motivo se tra tanti candidati, proprio noi due siamo risultati compatibili! >>
Momo alzò lo sguardo. Si ricordò di come la compatibilità fra partner fosse una cosa così eccezionale in quel tempo, così rara e importante. Fino a quel momento non l'aveva mai vista come più che una casualità, ma se come diceva Hoshi si fosse trattato di qualcosa di più?
<< Hai ragione. >> Mormorò concedendosi un sorriso rilassato, e abbassò le mani.
Rimasero in silenzio per un secondo, poi la ragazza batté le mani con forza facendo sobbalzare il suo compagno di squadra e lo guardò con occhi diversi, carichi di determinazione.
<< Adesso mostriamo a questo ferrovecchio chi è che comanda! >> Esclamò stringendo i pugni, mostrando ad Hoshi di aver voltato definitivamente pagina.

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Capitolo 25
*** La metà di me ***


Nel parco echeggiavano le voci dei bambini che giocavano a inseguirsi su e giù per la collina. In quella bellissima giornata di sole coronata da una leggera brezza primaverile, si festeggiava una ricorrenza speciale per quella gente, che doveva tutto a coloro che si erano sacrificati anni addietro per la loro libertà.
Ichigo si spostò un po' per avvicinarsi alla corteccia del gigantesco ciliegio e vi poggiò la schiena, sfogliando delicatamente le pagine del suo libro per raggiungere la parte dove aveva interrotto la lettura l'ultima volta. Ormai non le capitavano tanto spesso occasioni come quella per godere dell'aria aperta e del sole, del silenzio della solitudine, per quanto fosse breve. Non che le dispiacesse la compagnia, in realtà amava essere circondata da amici e parenti, ma di tanto in tanto le piaceva restare sola con i propri pensieri.
Quel momento sarebbe stato perfetto se solo si fosse avvicinato qualche gatto, lasciandosi accarezzare…
Oh, le andava bene anche solo restare ad osservare da lontano le famiglie riunite sul prato a festeggiare. C'erano tante giovani mamme con in braccio i loro neonati, sorridevano come se fossero le persone più felici al mondo… Si chiedeva se anche lei avesse avuto quello sguardo quando era nato Ichiro.
Forse no. Non era mai stata brava a mostrare il proprio affetto alle persone, figuriamoci a degli estranei che la notavano da lontano.
Visto il suo lavoro era anche troppo distante da suo figlio, Goro poteva sopportare di vederla tornare la sera tardi a causa di una riunione improvvisa, ma Ichiro non meritava una madre tanto assente.
Ichigo dovette fermarsi dal pensare ad altre cose deprimenti per non rovinarsi l'umore. Quando poi alzò una mano per strofinarsi gli occhi e scacciare il bruciore delle lacrime che già stavano facendo capolino dalle sue palpebre, sentì qualcosa di leggero sfiorarle la testa e una risatina sommessa.
Alzò lo sguardo per trovarsi una corona variopinta che le cingeva la testa e quando si voltò scoprì proprio il sorriso raggiante di suo figlio, che tratteneva a stento l'eccitazione.
<< Ecco dov'eri finito! >> Lo accolse con tono allegro posando il libro e girandosi un po' verso di lui.
Ichiro le mostrò un sorriso larghissimo; aveva sicuramente ereditato quella sua espressività dal padre, ma fisicamente somigliava molto di più a lei. << Papà mi ha insegnato a fare una cosa! >>
Ichigo continuò a sorridere e gli chiese che cosa fosse. Lui per tutta risposta indicò la corona di fiori che aveva sulla testa e la donna si ritrovò ad afferrarla con delicatezza per esaminarla meglio; si sentì un po' ingenua a non esserci arrivata prima, ma era talmente leggera che si era quasi dimenticata immediatamente di avercela addosso. La esaminò con un sorriso dolce in volto e si stupì a scoprire come suo figlio fosse già così abile: gli steli erano intrecciati assieme ad alcuni fili d'erba più lunghi che servivano a creare una base solida per la corona e i fiorellini che Ichiro aveva usato variavano di tonalità dal rosa al blu scuro, assieme a qualche petalo bianco e immacolato fissato meno saldamente.
<< Questa l'avresti fatta tu? >>
Il bimbo annuì e i suoi indomabili capelli blu svolazzarono su e giù; aveva provato così tante volte a fargli indossare un fermaglio come faceva lei, ma il ragazzino non resisteva più di dieci minuti senza cacciarselo.
Ichigo sorrise dolcemente e si portò di nuovo la corona di fiori sulla testa. << E' bellissima, tesoro! >> E gli regalò un bacio sulla punta del naso, facendolo arrossire entusiasta.
Ichiro rise contento; vedere sua madre felice rendeva lui felice, perché sapeva quanto potesse essere musona da un momento all'altro. Anzi, doveva essersi sicuramente accorto che Ichigo si stesse deprimendo seduta ai piedi di quell'albero e per questo era arrivato di corsa a farle quella sorpresa.
<< Hai visto che bella sorpresa? >> Una voce in arrivo dalla discesa della collina fece voltare il bambino, che iniziò a correre verso il padre in avvicinamento. Goro era tanto alto da poter essere avvistato in anticipo anche con lo scollino in mezzo; Ichigo invece non era cresciuta molto di più da quando erano ragazzi e lui aveva sempre trovato adorabile il suo brontolare in relazione alla loro differenza di altezza.
<< Non so dove tu abbia imparato a fare queste cose… >> Rispose lei sorridendo divertita al pensiero che suo marito si dilettasse con i fiori come un adolescente. << Ma è carino che tu l'abbia insegnato a Ichiro. >>
Goro si scrollò di dosso i fili d'era e i petali rimasti attaccati alla sua veste e sorrise. Era bello come il sole, così come il figlio; entrambi illuminavano le giornate di Ichigo con la loro energia.
Goro poi sembrò distratto da qualcosa in lontananza e avvisò il ragazzino.
<< Ehi, Ichiro! Credo di aver visto lo zio Mitsuru con i ragazzi. Perché non gli vai incontro, così vengono a sedersi con noi? >>
<< D'accordo! >>
E dopo aver mandato un altro sorriso alla madre, Ichiro partì di corsa per andare a intercettare Mitsuru e i figli che stavano scalando la collina, lasciando i genitori da soli.
Ichigo tornò a concentrarsi sul proprio libro e Goro si sedette per un minuto al suo fianco, ascoltando il canto di qualche uccellino appollaiato su un ramo del ciliegio.
<< E' cresciuto veramente tanto, eh? >>
Ichigo annuì in silenzio e sorrise, ricordando per un momento quando il piccolo era solo un fagotto che aveva bisogno di tutte le loro attenzioni.
Goro sbuffò profondamente e si fermò a fissare i fiori di ciliegio. Anche quell'anno l'albero era meraviglioso; non c'era niente che potesse rovinare quella festa, come previsto.
<< Sette anni passati in un battito di ciglia. >> Continuò pensieroso. << Come credi che diventerà tra altri sette anni? >>
<< Chiudi gli occhi e quando li avrai riaperti lo scoprirai. >> Scherzò lei senza alzare lo sguardo. Goro rise, ma si ricompose rapidamente; c'era qualcosa che voleva dire e lo rendeva particolarmente serio. Poteva sentire il proprio cuore battere all'impazzata, sempre più ansioso di svelare i propri sentimenti.
<< Ecco Mitsuru e i bambini. Non credi che Ai somigli a Kokoro ogni giorno di più? >> Borbottò, cercando di distrarre sé stesso e affacciandosi un poco per avvistare il loro amico, guidato da Ichiro che giocava con i figli più piccoli di Mitsuru.
Ichigo alzò lo sguardo per avvistare la giovane ragazza; era difficile ammetterlo, ma arrivata a quindici anni Ai era diventata una goccia d'acqua con sua madre. Doveva essere ancora più difficile per Mitsuru, che rivedeva sua moglie in lei tutti i giorni. Per un attimo sentì un grande dispiacere assieme alla nostalgia che la investì, ma non riuscì a distrarsi per via dell'ansia di Goro, così facile da avvertire da essere irritante.
<< Smettila di tergiversare, sei sempre stato molto diretto quindi se vuoi dirmi qualcosa sputa il rospo! >> Lo punse senza distogliere lo sguardo dalla famigliola in arrivo.
Goro sorrise mestamente. Era impossibile nasconderle qualcosa: Ichigo gli aveva letto dentro senza nemmeno rivolgergli lo sguardo… Così si fece coraggio e prese la parola prima che Ichiro tornasse.
<< Come credi che reagirebbe Ichiro se dovesse ricevere un fratellino? >>
La donna alzò finalmente lo sguardo verso Goro e lo fissò contrariata, ma arrossendo un poco. Non era certo quello che si aspettava di sentire e dovette controllare la propria voce per non far uscire alcun suono strano quando rispose.
<< Bé… >> Borbottò schiarendosi la voce e girando la testa da una parte. << Non ti smentisci proprio mai, riesci a cogliermi impreparata anche quando ti mordi la lingua… Cos'è, sei invidioso di Mitsuru? >>
Goro sbuffò. Era vero che pensava che avere la casa piena di bambini come per Mitsuru dovesse essere una sensazione meravigliosa, ma conosceva bene la loro situazione e non voleva certo emulare il record del loro amico. << Sai, pensavo solo… Che forse Ichiro si sentisse solo, e che potrebbe farci bene un altro po' di confusione per la casa… >>
<< Giusto un po' di confusione. >> Lo incalzò lei, ricordandogli come fosse diventata veramente la loro casa dopo l'arrivo del loro unico figlio.
<< Bé, eravamo molto inesperti. >> Ammise lui.
<< Non si tratta di essere inesperti. >>
<< No, infatti. >>
Ichigo sostenne lo sguardo di Goro, incredibilmente serio. Probabilmente aveva in mente la stessa cosa a cui stava pensando lei, ma nessuno dei due voleva dirlo a voce alta. Alla fine non ebbe il cuore di dargli un no secco e decise di scuotere la testa, sperando che il suo sorriso esasperato riuscisse a chiudere quella discussione senza dover aggiungere altro, ma Goro tornò all'attacco.
<< Sai, Ichiro sta diventando grande. E' ancora all'età di potersi sentire vicino a un fratellino o sorellina, se dovesse nascere ora. Tra qualche anno potrebbe essere troppo grande e sentirsi troppo diverso da lui… >>
<< Non credi che si sentirebbe trascurato? Più di quanto è già adesso? >> Reagì tagliente lei, facendo un cenno in direzione del bambino che si stava rotolando nell'erba con gli amici appena arrivati, un po' più grandi di lui.
<< Al contrario! >> Rispose lui. << Scoprirebbe un nuovo tipo di amore, avrebbe più compagnia a casa e la cosa potrebbe anche responsabilizzarlo e farlo crescere… >>
Ma Ichigo non era d'accordo. << Non ho intenzione di far nascere un altro bambino per guardarlo mentre cresce senza di noi. >>
Come poteva Goro rispondere a quelle parole? Era vero che fossero entrambi poco presenti a casa, Ichiro non glielo aveva mai fatto pesare ma era ovvio che ne soffrisse almeno un poco. I viaggi di lui erano diminuiti negli ultimi anni, ora si occupava solo della sua impresa edile, ma passava comunque moltissimo tempo lontano dal figlio, mentre il posto da dirigente nell'azienda di Ichigo non significava certo che la donna avesse più tempo libero da poter passare con il figlio…
Tuttavia le cose che aveva detto non le aveva dette solo per convincere sua moglie.
<< Anche io ho paura. >> Disse senza preavviso, sorprendendo Ichigo. << Come quando è nato Ichiro, ho una paura tremenda che qualcosa possa andare storto. Conosciamo tutti e due i rischi, anni fa decidemmo di non parlarne mai proprio per questo, e ci concentrammo su Ichiro per dargli tutto il nostro amore. Ma io ti amo. >>
Goro si fermò e Ichigo tornò a guardarlo negli occhi. Quelle parole le facevano ancora effetto dopo tutti quei anni; era come una formula magica, non aveva mai perso il suo effetto da quella prima volta dopo essere saltati fuori dalla sacca esplosiva di quello Stridiosauro…
<< Io ti amo, e amo Ichiro, e sono pronto ad amare incondizionatamente la nostra famiglia. Accetterò ogni tua decisione se non avrai intenzione di farlo, ma voglio sentire una risposta chiara. >> Continuò Goro mantenendo l'espressione più seria che riuscì ad assumere.
Ichigo sospiro e proprio in quel momento una folata di vento le fece cadere la corona di rose, che atterrò a poca distanza dai suoi piedi. Fece per andare a raccoglierla, ma si perse a guardare l'erba e vi passò sopra la mano con delicatezza.
<< Sai, avrei preferito non arrivare mai a questa discussione. >> Confessò debole. << Perché non credo di essere pronta a scoprire a cosa tengo di più, se l'amore per i miei cari o la mia stessa vita… >>
Goro si intristì ad ascoltare quelle parole, sapendo che avrebbero dovuto interrompere la loro discussione per via dell'arrivo di Mitsuru e dei bambini. Chissà se sarebbero più riusciti a tornarci sopra…

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Capitolo 26
*** Il nostro equilibrio ***


Occuparsi del bucato non era una delle faccende domestiche preferite di Suzuko, anzi avrebbe detto che fosse una vera e propria seccatura, ma sapeva bene di avere dei compiti da portare a termine così come Aiko e Momo che la stavano aiutando; a Mistilteinn i Parasite avevano un equilibrio ben organizzato anche grazie a lei e alle sue abilità di pianificatrice, era importante che ognuno facesse la propria parte senza intralciare gli altri.
Per esempio, mentre loro stendevano il bucato all'aperto, i ragazzi rassettavano le camere e lavavano i bagni; nessuno ne era entusiasta, ma ognuno accettava quei compiti e sopportava la fatica o la noia… Anche se certe volte la noia diventava troppa e portava a situazioni alquanto bizzarre.
Fu l'urlo furioso di Yoshiki a dare la svolta a quella giornata noiosa. Paralizzò le tre ragazze che rimasero in attesa a fissare l'ingresso della casa da dove provenivano suoni di lotta, in particolare un rapido rumore di scarpe che sbattevano lungo la scalinata che portava al piano terra, seguito poi da altre grida.
Dopo qualche istante dal portone di ingresso della tenuta vennero fuori correndo a perdifiato Hoshi e Yoshiki; il primo teneva stretto in mano qualcosa di piccolo e ghignava estatico, mentre l'altro gli correva dietro con lo sguardo infuocato.
<< Torna subito qui, gnomo da giardino! >> Gridava adirato Yoshiki, che nonostante la rabbia si stava sforzando di moderare il linguaggio. La strigliata dei giorni precedenti da parte di Naho doveva essergli rimasta impressa nella mente.
Hoshi non diceva nulla, rideva e si concentrava sul mantenere regolare la respirazione per poter mandare avanti la fuga, non avendo speranze di battere la prestanza fisica del suo compagno di stanza.
I due ragazzi attraversarono rapidamente il cortile e Hoshi si mise a fare lo slalom tra le corde dei panni, evitando con agilità le lenzuola stese e le ceste con il resto del bucato ancora da appendere al sole; qui cercò di prendere un po' di tempo girando attorno alle ragazze per depistare Yoshiki e alla fine trovò riparo proprio dietro a Momo, che girò su sé stessa nel tentativo di seguirlo con lo sguardo, chiedendogli che cosa stesse succedendo.
<< Vigliacco! Smettila di nasconderti e restituiscimi quello che hai rubato! >> Tuonò Yoshiki, che non voleva saltare addosso alla ragazza per raggiungere il piccoletto e quindi si ritrovava a fare finte a destra e a sinistra nella speranza di farlo allontanare.
<< Ragazzi! Che cosa state facendo? >> Tentò di rimproverarli Suzuko, ignorata da entrambi.
<< Hoshi, non so che cosa tu abbia fatto ma non è meglio se fai quello che ti dice Ojizaki? >> Mormorò tremante Momo mentre il suo partner continuava a guizzarle dietro la schiena e cercava riparo; nonostante ciò, la ragazza non si era spostata e anzi aveva cercato in qualche modo di coprire il ragazzo, pur avvertendo una grande pressione dallo sguardo di Yoshiki.
<< Ho solo preso in prestito una cosa… >> Rispose vago quello, continuando a schivare i tentativi di afferrarlo da parte di Yoshiki. << Avevo solo intenzione di spostarlo mentre pulivamo la stanza, poi lo avrei messo a posto; ma dopo aver visto la sua reazione mi chiedo quali sporchi segreti nasconda in questo bel diario… >>
Quando finalmente ebbe chiara la situazione, Momo si impuntò e voltandosi di colpo verso il proprio partner gli lanciò uno sguardo di rimprovero. << Questo non va bene, Hoshi! Non è bello mettere il naso negli affari privati della gente! >>
<< Oh, figurati che segreti potrà mai avere quello là! "Caro diario, oggi mi sono vantato del mio status sociale solo sedici volte!" >>
La ragazza soffocò una risatina, ma quando si ricompose rimproverò un'altra volta il suo compagno dicendogli che non fosse divertente.
Hoshi scrollò le spalle e cominciò a sfogliare le pagine del diario, gesto che scatenò lo scatto del suo compagno; Yoshiki aggirò Momo e arrivò vicinissimo ad afferrare Kondō, ma se lo vide svanire davanti grazie a un passo rapido del piccoletto, che si rifugiò dietro a un grande lenzuolo appeso nel tentativo di guadagnare altro tempo, con le grida di Suzuko ad ammonirlo di non sporcare i panni.
<< Allora, vediamo che cosa nascondi… >> Disse a voce alta, chiaramente divertito dalla situazione mentre con le dita passava pagine e pagine di testo che non si preoccupò di leggere. Si arrestò di colpo quando arrivò a una pagina con solo un disegno al suo interno; il suo sguardo cambiò radicalmente e la voglia di scherzare di Hoshi svanì in un istante.
Era il ritratto di un uomo, o comunque qualcosa che gli somigliava nelle forme, con il corpo dai bordi tremoli e frastagliati; gli unici dettagli del suo viso nero erano gli occhi e la bocca, tre cerchi vuoti e simmetrici che esprimevano un profondo senso di disagio, come congelati in un lungo e silenzioso urlo. L'essere aveva le braccia aperte e le gambe leggermente divaricate, come se stesse affrontando qualcosa di petto ma ne fosse terrorizzato, e l'intera figura era calcata pesantemente con la matita, lasciando solchi così profondi da quasi strappare la carta sotto di essi.
Hoshi ebbe solo un attimo per esaminare quell'immagine, perché un istante dopo Yoshiki sollevò il lenzuolo e lo raggiunse, approfittando del suo stato di perplessità e strappandogli il diario dalle mani.
Il ragazzo si allontanò a passi pesanti dal cortile dove si era svolta la fine dell'inseguimento, probabilmente intento a tornare alle sue faccende e trovare un posto più sicuro per il proprio diario, mentre il suo compagno di stanza rimase spaesato ad osservarlo da lontano.
<< Ma insomma, che ti è preso? >> Lo rimproverò Momo quando lo raggiunse.
Il piccoletto strinse le spalle. << Volevo solo scherzare un po', ma è impossibile con quello là… >> Rispose pensieroso, scrollandosi di dosso il pensiero di quello che aveva visto. Poi girò lentamente lo sguardo verso la ragazza e la osservò con curiosità. << Tu, piuttosto… Hai qualcosa di diverso. >>
Momo sorrise e distolse lo sguardo con falsa modestia. << Dici? Deve essere per via della nuova uniforme che ho chiesto a Nana e Hachi! >>
Hoshi studiò l'uniforme della sua partner; in effetti era diversa e aveva qualcosa di familiare: bastò un'occhiata per capire che la ragazza stava indossando quella che sembrava essere una via di mezzo tra l'uniforme maschile e quella femminile, senza cravatta o spalline sulla giacca e con dei pantaloni lunghi al posto della gonna segnata dalle strisce di bronzo.
<< La gonna mi stava scomoda, quindi gli ho chiesto se fosse possibile avere qualcosa di più… Normale. >> Spiegò piegandosi un po', facendo vedere le gambe ben coperte. << Però ho tenuto la mantellina. Quella mi piaceva troppo! >>
La ragazza si girò mettendo in mostra la mantellina ricamata di bronzo che le cingeva il busto e questa svolazzò per un attimo. Sembrava particolarmente entusiasta di quel cambiamento.
<< Eh. >> Disse Hoshi sorridendo. << Carina. >>
<< Tutto qua? Solo carina? >> Si impuntò lei.
<< E' carina, ti sta bene! Cos'altro dovrei dire? >>
I ragazzi si esibirono in un breve battibecco che nessuno dei due prese seriamente. Aiko e Suzuko erano contente di vedere nuovamente la loro compagna di squadra così allegra; negli ultimi tempi, anche prima del momento di rottura nella coppia, la ragazza era stata veramente silenziosa, era ovvio che ci fosse qualcosa che la faceva preoccupare. Adesso però Momo sembrava essere tornata la ragazza allegra e spensierata che si era presentata a loro, piena di pensieri positivi come era giusto che fosse.
Da quella sera anche Hoshi era cambiato e aveva cominciato ad andare più d'accordo con la propria partner come dimostravano quelle scenette che inscenavano di tanto in tanto, ricordando molto i battibecchi tra Kya e Ryo; le continue dimostrazioni di affetto di quei due erano diventate sempre più sfacciate e insopportabili. Suzuko si chiedeva se si mettessero in mostra di proposito o se fossero ignari di quel loro continuo chiacchiericcio, delle loro costanti burle, dei litigi e dell'effetto che questo loro modo di esprimere affetto avesse sugli altri compagni di squadra. Era arrivato a un tale libello che non capiva più nemmeno cosa ci fosse di tanto speciale nella loro relazione, perché tutto quello che facevano sembrava così ordinario e privo di senso…
In questo senso Momo e Hoshi si stavano avvicinando a quei due. Momo era sempre stata così con gli altri, ma adesso anche l'umore del ragazzo era cambiato tanto da permettergli di avere rapporti più civili con tutti; lo scherzo fatto a Yoshiki era un chiaro segno del suo nuovo stato d'animo.
<< Abbiamo sentito un urlo. Siete ancora tutti vivi? >> Fece una voce femminile in arrivo dagli alberi. Quando i ragazzi ebbero alzato lo sguardo avvistarono Nana e Hachi uscire dal sentiero; camminavano uno a fianco dell'altra, avvicinandosi con passo rilassato.
<< Oh, è solo quello scemo di Ojizaki. >> Rispose Hoshi con tono sbrigativo mentre la donna gli rivolgeva un sorriso di complicità.
<< Che succede? >> Domandò Suzuko avvicinandosi ai due adulti mimando una posa di attenti. Non si aspettavano di vederli lì, non c'erano lezioni e non era in programma nessun test con gli Stridiosauri.
La donna distolse lo sguardo da Hoshi e le rivolse tutta la sua attenzione. << So che è un po' improvviso, ma avremmo bisogno che vi prepariate per un test molto importante con gli Stridiosauri. >>
<< Vi dispiacerebbe andare a chiamare i vostri compagni di squadra? Riuniamoci tutti qui tra quindici minuti, vi spiegheremo tutto. >> Seguì Hachi con tono inaspettatamente formale, muovendosi a scatti. Poi si voltò dall'altra parte e iniziò a passeggiare girando intorno alla tenuta con Nana che lo guardò stranita.
<< Non serve essere sempre così rigido, sai? >> Lo rimproverò da lontano.
Per tutta risposta quello disse:<< Facciamo venti. >> E si avviò per la sua passeggiata mentre le ragazze vicino alla adulta sghignazzavano.
Nana sospirò. Di rado capitava che Hachi avesse la testa tra le nuvole e facesse o dicesse cose come se neanche stesse a pensarci, ma quando succedeva lo faceva notare subito. Si congedò dalle ragazze dicendo che le avrebbe riviste a breve e si affrettò a raggiungere Hachi, che stava procedendo parallelo alla linea di alberi che circondavano Mistilteinn, quasi a misurare il perimetro della radura.
<< Ma guardali… Prima dicono che c'è un test importante e poi vanno a farsi le passeggiate romantiche… >> Commentò Hoshi disgustato. Momo si voltò di scatto, curiosa come non mai.
<< Credi davvero che Nana e Hachi…? >> Non continuò la frase, ma il ragazzino capì perfettamente cosa volesse chiedergli; annuì con lo sguardo di chi la sapeva lunga.
<< Hai visto come si completano le frasi a vicenda e sono sempre assieme? Quei due si conoscono da mille anni e li hanno passati sempre uno al fianco dell'altra. Insomma, mi stupirei del contrario! >>
<< Vedi di non prendere l'abitudine di impicciarti nella vita privata degli altri, tu! >> Gli disse Suzuko seccata prima di dirigersi verso l'ingresso della tenuta, seguita da Aiko per andare ad avvertire il resto della squadra.
Il ragazzo non capì cosa avesse detto da infastidire tanto la compagna di squadra e se ne lamentò con Momo, che per tutta risposta gli disse di non farci caso e gli sfiorò un braccio per dirgli di andare insieme a cercare gli altri.
<< Oh, scusa… >> Si fermò di colpo dopo averlo toccato. << Volevo dire, se non ti dispiace. >>
Hoshi sorrise mestamente. Da quando avevano litigato, Momo aveva iniziato ad essere molto più attenta a quello che faceva e diceva in sua presenza; sembrava che si stesse controllando per lasciargli il giusto spazio e Hoshi apprezzava veramente quegli sforzi, ma non voleva che si sentisse costretta a cambiare completamente per piacere a lui. In particolare, il contatto fisico era la materia più delicata per loro e ormai Momo non si avvicinava più così tanto al proprio partner senza prima avergli chiesto il permesso.
<< Andiamo e basta, Momo. >> Mormorò lui per tutta risposta, iniziando ad incamminarsi. << Ma grazie. >> Disse voltandosi di nuovo verso di lei, vedendo il suo volto illuminarsi.
La ragazza zampettò seguendo il proprio partner e arrivati all'ingresso della casa andarono insieme a cercare il resto della squadra mentre Aiko e Suzuko si erano già divise ai piani superiori; Hoshi poté scorgere con la coda dell'occhio Sentakami che si infilava nella sua camera, probabilmente alla ricerca di Tetsuya.
Il ragazzo infatti era lì, armato di straccio per i pavimenti che finiva di lavare a terra. << Hoshi, non ti azzardare a prendere di nuovo il diario di Yoshiki! E non metterti a passeggiare per la stanza che ho appena finito! >> La accolse sentendo la presenza della ragazza sulla porta, ma scambiandola per la persona sbagliata; la sua confusione era comprensibile, visto quanto fossero simili di corporatura lei e il suo compagno di stanza, ed entrambi avevano la stessa andatura rapida e sicura di sé.
<< Non sono Kondō. >> Disse atona Suzuko, facendo spaventare il suo partner che si voltò improvvisamente.
<< Oh, S-Suzuko! Scusa, ti avevo scambiata per… Qualcun altro. >> Disse ricomponendosi e agitando con nervosismo lo straccio.
<< Non fa niente. >> Rispose lei, e rimase ad osservare un po' i letti appena riordinati della camera. Tetsuya guardò nella sua stessa direzione chiedendosi che ci fosse di così interessante e alle fine decise di chiederle che cosa fosse andata a fare lì.
<< Abbiamo incontrato Nana e Hachi fuori, hanno detto di radunare la squadra. >> Proseguì lei facendo qualche passo all'interno della stanza e osservandosi ancora un po' intorno. << Sembra che ci sia un test molto importante da fare. >>
<< Oh. >> Tetsuya lasciò andare lo straccio e fece qualche passo verso la ragazza. << Allora sarà meglio andare a vedere cosa vogliono. >>
Suzuko annuì, ma prima che il ragazzo potesse avvicinarsi lei chiuse la porta dietro di sé e vi ci poggiò la schiena contro. Tetsuya rimase a guardarla perplesso chiedendosi che cosa stesse facendo, ma non riuscì a formulare una domanda anche per via dello sguardo torvo che gli puntò contro.
La ragazza rimase a riflettere per un minuto: da quando Momo e Hoshi avevano cominciato ad andare d'accordo, il loro rapporto si era fortificato, scherzando e prendendosi in giro come vecchi amici; tutto era scaturito da una lite, furiosa, cattiva, che aveva tirato fuori tutto quello i suoi compagni di squadra si tenevano dentro.
Anche Kya e Ryo litigavano spesso; nonostante sembrassero l'idillio perfetto, le loro discussioni animavano Mistilteinn quasi tutti i giorni. Era quasi come se fossero proprio i litigi a rendere così saldo il loro legame, anche quando arrivavano alle mani. Doveva significare qualcosa, se erano così attaccati.
<< Va… Tutto bene, Suzuko? >> Domandò Tetsuya, preoccupato dal fatto che la ragazza non dicesse niente. Quando alzò lo sguardo verso di lui, il ragazzo sentì una improvvisa pressione su di sé.
Suzuko si staccò dalla porta e incrociò le braccia con l'aria di chi aveva la situazione in pugno.
<< Colpiscimi! >>
<< Cosa? >> Sbottò incredulo Tetsuya, ritirandosi nella sua stanza.
<< Ho detto colpiscimi! >> Ripeté la ragazza con sguardo severo. << Dammi un pugno! >>
<< Non potrei mai prenderti a pugni! >>
<< Perché sono una ragazza? >> Il tono di Suzuko cambiò e da perentorio divenne quasi provocatorio; la ragazza sembrava pronta ad azzannare il suo partner, sarebbe bastato solo dire una parola sbagliata.
<< Cosa? No! >> Esclamò lui tirando indietro la testa con gli occhi sgranati. Nonostante Suzuko fosse piccolissima in confronto a lui, Tetsuya vide in quei suoi occhi sbarrati qualcosa di terrificante. << E' perché sei mia amica! >>
<< Sato e Nakamura lo fanno di continuo eppure mi sembra che siano ancora ottimi amici! >> Ribatté quella cercando di aizzarlo. Prova a tirare fuori una scusa migliore. Gli stava dicendo.
<< Che cosa c'entra adesso… Aspetta, Sato e…? >> Il ragazzo sembrò capire solo in quel momento quale fosse il problema; Suzuko aveva nominato spesso quei due, ogni volta riferendosi ai loro risultati a dir poco incredibili e come non capisse che cosa li rendesse così forti. Aveva già capito che la sua partner fosse una persona molto competitiva che più di una volta aveva cercato di spronarlo a dare il massimo, ma era possibile che avesse capito che per avere successo a bordo del Gaia fosse necessario emulare i loro compagni di squadra?
<< Ma loro fanno finta! >> Protestò cercando di far ragionare la ragazza, ma lei gli rispose con sguardo fisso e tono sicuro di sé.
<< Non mi pare proprio! Certe volte le urla di Sato si sentono in tutta la casa e subito dopo è Nakamura a strillare come un pennuto. >>
Tetsuya si portò una mano alla fronte con esasperazione. << Non posso picchiarti in ogni caso! Non è nella mia natura fare queste cose. >>
<< Ascolta Tetsuya: noi due forse non siamo eccezionalmente compatibili e forse non andremo mai d'accordo. >> La ragazza cercò di riavvolgere la conversazione a un punto in cui non fosse stato menzionato il fatto di doverle dare un pugno e provò a cambiare approccio. << Ma come Parasite scelti per pilotare gli Stridiosauri e difendere il mondo, è nostro dovere cercare in tutti i modi di migliorare il nostro rendimento di coppia. Dobbiamo provare ogni cosa! >>
<< E prenderci a botte sarebbe un modo per migliorare il nostro rendimento? >> Sbottò in risposta Tetsuya, fermamente ancorato sulle proprie convinzioni.
Suzuko, che cominciava a spazientirsi, ripeté la sua richiesta e cercò di istigare il ragazzo ad attaccarla aggiungendo:<< Non fare la femminuccia! >> Ma lui sembrò più colpito dalle parole usate da lei.
<< Da quando ti esprimi in questo modo? >>
<< Colpiscimi e basta! >>
<< NO! >> Questa volta entrambi alzarono la voce nel tentativo di sopraffarsi l'un l'altra, ma quella di Suzuko non ebbe minimamente la potenza di quella di Tetsuya e la ragazza rimase allibita per un momento da ciò. << Non voglio farlo! Non mi piace usare le mani e non ho minimamente la confidenza per fare una cosa del genere a te. >>
<< Quindi se fossi un'altra persona lo faresti? >> Commentò delusa lei, tornando all'attacco. << Forse se non fossi una ragazza? >>
<< Ancora con questa storia? Senti, ti rigiro la domanda… >> Tetsuya assunse un'espressione seccata prima di avere un'idea, quindi sorvolò su quella questione per evitare di fare il gioco della sua partner e invece provò a farla ragionare. << Se fossi io a chiederti di colpirmi, tu lo faresti? >>
<< Certo che sì! >> Rispose Suzuko senza la minima esitazione.
<< Ah, davvero? >>
<< Sì! >>
I loro sguardi si incrociarono per un istante: la fredda determinazione di Suzuko, che voleva migliorarsi in ogni modo e non aveva paura di niente di fronte allo scetticismo esasperato di Tetsuya, che per la prima volta si mostrava così.
Alla fine distolse lo sguardo e sbuffò. << Allora comincia tu! Dammi un pugno, bello forte. >> Disse con inaspettata sicurezza nella voce. << E dopo te lo darò io. >>
Suzuko sciolse le braccia e sorrise; finalmente Tetsuya aveva smesso di protestare e si era deciso a collaborare. Si avvicinò a lui vedendo la loro differenza in altezza farsi ancora più marcata e cercò il suo viso un'ultima volta guardando in su. << Bene! >> Disse, e quindi fece un passo indietro.
Studiò per un secondo il busto di Tetsuya e scelse un punto a caso, quindi alzò rapidamente la mano per colpirlo, ma esitò un momento e il suo pugno impattò debolmente contro l'uniforme del ragazzo.
<< Non l'ho neanche sentito. >> Disse lui incrociando le braccia. Il volto mostrava un'espressione compiaciuta mentre Suzuko di fronte a lui cominciava a crollare.
Lei si irrigidì come un gatto pronto ad attaccare e strillò:<< Smettila di essere così duro di comprendonio e colpiscimi! >>
Ma Tetsuya scosse la testa. << Avevo detto "bello forte"! Questo prova che neanche tu sei in grado di colpirmi. >>
La ragazza sembrò sul punto di scoppiare. Agitò le braccia come per colpire ripetutamente il petto del suo compagno di squadra, poi mimò un pugno come per tentare una seconda volta, ma alla fine si tirò nuovamente indietro.
<< E va bene! Neanche io riesco a farlo, contento? >> Concluse voltandosi, non riuscendo a trovare un modo per prevalere in quella discussione. Camminò fino a raggiungere la scrivania in fondo alla stanza e una volta lì si sedette girando la testa verso la finestra; da lì si vedevano Hachi e Nana passeggiare con tranquillità nel prato che circondava la tenuta.
Aveva uno sguardo frustrato e sembrava attendere una domanda per potersi sfogare, anche se probabilmente avrebbe provato a resistere a qualunque tentativo del suo partner di comunicare. Suzuko era ancora un mistero per Tetsuya, ma il ragazzo aveva imparato a riconoscere alcuni suoi modi di comportarsi e ad associarli a determinate emozioni e di conseguenza stava imparando a reagire di fronte a questi comportamenti.
Si avvicinò lentamente e prese posto sull'angolo del letto più vicino alla scrivania.
<< Mi vuoi spiegare perché tutto a un tratto sei così fissata con il voler fare a botte? >> Chiese sorridendo incoraggiante. Gli veniva facile rivolgersi a lei in quel modo, perché gli piaceva quel modo di lei di essere così coinvolta nei suoi progetti e nei suoi ideali.
La ragazza evitò il suo sguardo e continuò a fissare fuori dalla finestra. << Sono quei due… >> Mormorò imbronciata, riferendosi sicuramente a Kya e Ryo. << Sono sempre perfetti in ogni cosa, mentre noi riusciamo a malapena ad ottenere la sufficienza nonostante i nostri sforzi. Pensavo che, comportandoci come loro, i nostri valori di compatibilità sarebbero migliorati e ne ho avuto la prova osservando Sakei e Kondō. >>
Tetsuya avrebbe obiettato che non fosse perché i suoi compagni di squadra stessero imitando Nakamura e Sato che i loro livelli di compatibilità erano aumentati, ma rimase concentrato. << In che senso "comportarsi come loro"? >>
La ragazza finalmente si voltò a guardarlo e sbuffò. << Sai, sono sempre assieme! Si inseguono in continuazione, giocano come due bambini, si stringono e si picchiano senza una ragione. Ho pensato che fosse il contatto fisico a rendere così speciale il loro legame, e ho pensato che potessimo provare anche noi con… I pugni. >>
Tetsuya girò la testa dall'altro lato e rifletté un attimo. Era vero che quei due erano sempre attaccati l'uno all'altra, ma credeva che quella condizione fosse data da qualcosa che aveva permesso prima alla loro amicizia di svilupparsi a tal punto; d'altra parte, il solo pensiero di avere una relazione con Suzuko come quella dei loro due compagni di squadra lo riempiva di imbarazzo, e per quanto fosse d'accordo che il contatto fisico avrebbe potuto fargli perdere un po' dell'impaccio che c'era tra loro, non credeva che avrebbe inciso particolarmente sulle loro prestazioni.
<< Sai, quello che dici potrebbe anche avere un senso… >> Mormorò tornando a Suzuko. << Ma non così. Prenderci a pugni in questo momento sarebbe solo… Come creare una rissa senza senso; anzi, se dovessimo farci male il nostro rapporto ne verrebbe compromesso! >>
Suzuko annuì tristemente. << Lo so che era un'idea stupida… Ma io voglio veramente migliorarmi! Credo davvero che noi siamo compatibili, è solo che ancora non abbiamo trovato quella sintonia giusta per sfruttare al massimo il nostro potenziale. Io so che possiamo fare molto di più! >>
Tetsuya sorrise divertito dal broncio della ragazzina bionda. Aveva capito anche questo, che era una lavoratrice instancabile e quando sapeva di poter fare di meglio ne usciva molto frustrata. << Kya e Ryo hanno qualcos'altro che gli permette di prendersi a pugni e abbracciarsi in continuazione senza che la loro amicizia ne risenta. E poi tutte le persone funzionano diversamente: né io né tu saremmo in grado di colpirci, l'hai visto; non significa che non riusciremo a trovare la giusta sintonia. >>
Suzuko alzò lentamente la testa, quasi completamente distrutta da quella rivelazione. << E allora come dovremmo fare? >>
A Tetsuya dispiaceva vedere la sua partner così triste. Voleva riuscire a superare quello scoglio quanto lei, anche perché immaginava che effettuare la connessione con i loro valori appena sufficienti doveva trattarsi di un grosso sforzo per la Pistil. Così gli venne un'idea.
<< Facciamo così. Fammi vedere la mano. >> Il ragazzo agitò una mano e attese che Suzuko facesse lo stesso, quindi quando lei la alzò con aria perplessa, la unì alla sua e chiuse saldamente le dita.
<< Che stai facendo? >> Borbottò sorpresa, arrossendo all'istante mentre il suo braccio tentava di dividere quell'unione istintivamente.
<< Hai detto che il contatto fisico può aiutarci a stare meglio l'uno con l'altra, quindi possiamo fare così. >> Rispose lui mantenendo un'espressione tranquilla. In realtà il suo viso stava andando a fuoco per la sfrontatezza del gesto che aveva appena compiuto, ma voleva che Suzuko si fidasse di lui.
Così rimasero per alcuni istanti con le mani unite, gli occhi di entrambi puntati su quella strana stretta, increduli. La piccola mano di Suzuko dava proprio una strana sensazione al tatto; la sua pelle era liscia e delicata come ci si sarebbe aspettato da lei, ma era anche incredibilmente fredda e dopo qualche minuto in quella posizione cominciò finalmente a scaldarsi. Per la ragazza era lo stesso dover toccare la mano del suo partner, tremendamente più grande della sua, ma inaspettatamente delicata nei movimenti, come se stesse cercando di non farle male stringendola troppo.
<< In effetti… Non è male. >> Borbottò alla fine la ragazza, distogliendo lo sguardo per nascondere il proprio imbarazzo. Tetsuya sorrise e liberò un po' della tensione, pensando che la sua partner fosse molto più brava di lui a celare quel sentimento.
<< Allora credi che questo sia meglio di prenderci a pugni? >>
Suzuko annuì silenziosa e strinse un po' di più le dita attorno alla mano di Tetsuya. Rimasero ancora qualche minuto in quella posizione finché lei non si ricordò il motivo per cui era andata a cercarlo: dovevano tornare dagli adulti, probabilmente l'intera squadra stava aspettando solo loro.
<< Allora andiamo. >> Disse Tetsuya alzandosi, ma tenendo la mano ferma dov'era. Lei lo guardò confusa e fu in procinto di chiedergli perché non la staccasse, ma alla fine ci ripensò e invece sorrise e lo seguì all'esterno della stanza restando unita a lui.
Mentre scendevano le scale, Tetsuya rise. << E comunque, se ci pensi siamo già stati molto più vicini di così! >>
<< Di che parli? >> Domandò lei voltandosi perplessa.
<< La sera della festa per Aki e Rin… Non volevi andare a dormire e ti ho dovuto trascinare su per le scale… >> Il ragazzo si interruppe quando ricordò come aveva dovuto accompagnare fino alla sua stanza una Suzuko quasi priva di sensi che gli si era aggrappata addosso per tutto il tempo come una scimmietta e diventò improvvisamente rosso. Allo stesso modo gli occhi di lei cambiarono di colpo quando la realizzazione le passò per la mente, facendole ricordare i fatti sbiaditi di quella serata.
<< Oh mio dio! >> Esclamò girandosi dall'altro lato, diventando pallida come un lenzuolo. << Che cosa ho fatto quella sera? Che cosa ho detto? >>
Tetsuya cercò di rimediare a quella situazione imbarazzante che si era venuta a creare e si ritrovò a divagare. << Bé, non eri proprio in te… Sì, diciamo che volevi bere ancora ma ho cercato di darti un contegno, e… Ehm… >>
Nascondendo il proprio sguardo dietro una mano, Suzuko borbottò qualcosa a bassa voce prima di chiedere:<< E mi sono lasciata trasportare in braccio da te? >>
Tetsuya agitò la mano libera. << No, no! Riuscivi a camminare da sola, ma ti sei aggrappata a me… Un po' come quando abbiamo effettuato la prima connessione! >>
Ecco cosa avrebbe dovuto riportare alla mente, non quella serata! Se Tetsuya avesse ricordato di come lui e Suzuko si fossero appoggiati l'uno all'altra dopo aver provato a pilotare il Gaia per la prima volta, quell'imbarazzo non ci sarebbe stato! Però era sorpreso dal fatto che lei non ricordasse assolutamente nulla di quella sera…
Suzuko sembrò in difficoltà. Continuò a rimuginare per un po', chiedendosi come fosse possibile che si fosse lasciata andare così quella sera; la mattina dopo di quella cena la ragazza si era svegliata sapendo di essersi divertita, ma con pochi ricordi di quello che era successo e aveva dovuto sopportare un fastidioso mal di testa per tutta la giornata senza mai attribuirlo all'alcol.
Ansioso di trovare qualcosa che distraesse Suzuko per farle passare la vergogna di quel ricordo, Tetsuya si concentrò sulla propria mano, ancora stretta con forza a quella di lei, e glielo fece notare.
<< Sembra che questa tattica stia funzionando. >> Rise allentando la tensione. Anche Suzuko sorrise e la sua mente poté rilassarsi un poco.
Quando finalmente i due partner arrivarono all'esterno della tenuta, la squadra fu al completo. In quel momento Suzuko lasciò andare la mano di Tetsuya con un movimento rapido, ma gli rimase accanto ed assieme si avvicinarono al resto del gruppo; era comprensibile che preferisse non tenergli la mano di fronte a tutti gli altri, chissà che avrebbero pensato i loro compagni.
<< Grazie per essere venuti con così poco preavviso. >> Esordì Hachi quando l'intera squadra fu riunita nel cortile. << Oggi avreste dovuto avere la giornata libera, ma è stato deciso all'ultimo momento di svolgere un test globale a bordo degli Stridiosauri per determinare una scelta che abbiamo tardato anche troppo. >>
<< Di che si tratta? >> Chiese qualcuno in seconda fila, dal centro del gruppo. Fu Nana a rispondere.
<< Dobbiamo decidere chi sarà il vostro caposquadra. Dovrà essere un leader capace di prendere decisioni e dare ordini all'intero gruppo, mantenendo sempre la lucidità anche in situazioni di emergenza. >>
Non appena fu pronunciata la parola "caposquadra" molti dei ragazzi presenti si illuminarono. Fu come se qualcuno avesse attivato un interruttore, dalla prospettiva di un pomeriggio di test noiosi si era passati all'idea di star effettivamente lottando per qualcosa di concreto. Non che tutti avessero aspirazioni così alte, ma l'idea di poter diventare responsabili degli altri attirava molti dei Parasite.
<< Vi sottoporremo a diverse prove per testare le vostre capacità. Ovviamente terremo conto anche dei test precedenti, ma immaginiamo che le vostre capacità saranno cresciute a tal punto da darvi la possibilità di esprimervi al meglio con i vostri Stridiosauri e alla pari tra voi. >>
L'entusiasmo era già cresciuto. Di solito pilotare era sempre una bella esperienza per i ragazzi e le ragazze, ma dopo tante prove i loro test avevano cominciato a diventare monotoni; questa volta si prospettava qualcosa di nuovo ed entusiasmante!
La squadra era già pronta. Insieme ai loro coordinatori raggiunsero l'ascensore dove si riunivano ogni volta per effettuare i test e scesero nei sotterranei di Mistilteinn fino a raggiungere i laboratori dove erano custoditi gli Stridiosauri. Una volta là, gli adulti si avviarono alle loro solite postazioni e lasciarono i ragazzi agli spogliatoi per cambiarsi. Qui l'atmosfera era leggermente diversa dal solito; se normalmente ragazzi e ragazze chiacchieravano spensieratamente immaginando assieme quello che avrebbero affrontato nei test, questa volta il loro lato competitivo rese le cose diverse.
Persone come Yoshiki, Suzuko e inaspettatamente Rin, iniziarono a vedere i loro compagni come dei rivali. Li rispettavano ovviamente, ma adesso che erano messi l'uno contro l'altro avrebbero dovuto dare il massimo per prevalere.
Si comportarono come al solito tra sorrisi e parole di incoraggiamento riguardo alle imminenti prove, ma la luce nei loro occhi era cambiata e anche i loro partner se ne accorsero quando si riunirono per salire a bordo degli Stridiosauri.
Quando il portellone del Gaia si fu sigillato infatti, Tetsuya riuscì a sentire la tensione nell'aria come se fosse la sua stessa partner a farla salire.
<< E' per momenti come questo che dobbiamo trovare il nostro equilibrio. >> Disse la ragazza prendendo posto ai comandi senza alcuna esitazione. Mandò un ghigno di risolutezza al ragazzo e lo invitò a raggiungerla. << Forza, Tetsuya! >>
 
*
 
Le prove erano state numerose e di diversa natura, ognuna incentrata su un tipo diverso di obiettivi da raggiungere e comportamenti da mostrare in situazioni delicate. L'intera operazione si svolse nella sala addestramento, un ampio spazio attrezzato di un sistema olografico che poteva riprodurre qualsiasi terreno e situazione; in questo modo i ragazzi si erano cimentati in prove di salvataggio, emulato situazioni di battaglia e competizioni sull'utilizzo del loro arsenale, mettendo alla prova le capacità individuali dei singoli e del loro grado di coordinazione in squadra.
Ad aver spiccato nelle prove di salvataggio e coordinazione di squadra erano stati il Gaia e l'Anthurium, che già dall'inizio avevano dimostrato di essere i più motivati in quella competizione. Per quanto volessero dare prova del proprio valore invece, Aros e Xenomorphus erano stati lasciati indietro nella maggior parte dei test, mentre a brillare in battaglia erano stati Iustitia e Animus, molto più adatti negli scontri ravvicinati e in quelli dalla media distanza grazie ai loro corpi agili e progettati proprio per il combattimento intensivo.
La giornata di test si avvicinava alla sua conclusione, ma mancava ancora una prova da completare e sarebbe stata anche la più impegnativa per i piloti: una simulazione di battaglia tra gli Stridiosauri che avrebbe visto diverse coppie sfidarsi a turno. I vincitori del primo turno si sarebbero poi affrontati in uno scontro a tre.
<< Non credo di riuscire a vincere questa battaglia. >> Ammise Kaoru alla sua partner mentre si preparavano alla connessione. << Mi spiace, Aiko. Volevi arrivare più in alto, vero? >>
La ragazza però fu sorpresa di sentirsi dire quelle cose. Per quanto il ruolo di caposquadra non la interessasse, avrebbe mentito se avesse detto di non aver avvertito la spinta agonistica in quella che a tutti gli effetti era diventata una gara a chi fosse il migliore; Kaoru aveva notato il suo atteggiamento più spinto, atto ad ottenere il meglio dallo Xenomorphus, e aveva anche sentito quella spinta attraverso la connessione.
<< Non scusarti. Anche io non credo di avere quello che serve per sconfiggere Fukuda e Ojizaki. Non sono talmente sconsiderata da poter credere di essere tagliata per fare il capo… >> Lo rassicurò lei. I loro compagni di squadra erano stati veramente intensi in quelle prove, probabilmente entrambi avevano motivazioni molto più valide delle loro a dare il meglio e non aiutava che fossero stati assegnati proprio all'Anthurium nella loro prima battaglia, una delle coppie più motivate all'interno del gruppo. << Tu, invece… >>
Kaoru rise. << No, te lo assicuro. Sono bravo a fare le cose per conto mio, ma se devo pensare anche per gli altri non riesco più a fare niente. >>
<< Ah, davvero? >> Disse lei perplessa, abbozzando un sorrisetto. << Eppure mi sembra che tu riesca a pensare sempre in grande quando è per aiutare gli altri… Sei un buon amico, questo è certo, e fai parlare spesso il cuore senza preoccuparti delle conseguenze. >>
Sorpreso da quelle parole, complimenti che mai si sarebbe aspettato di sentire con così tanta gentilezza proprio dalla sua partner, Kaoru dovette distogliere lo sguardo per nascondere un po' il rossore delle sue guance e la ringraziò con voce tremante. Non sapeva quanto ci fosse di vero nelle parole della ragazza, lui sapeva solo di voler proteggere le persone a cui voleva bene, e tra queste c'era anche lei…
Ma questo non glielo avrebbe mai potuto dire.
<< Allora non preoccupiamoci troppo del risultato e concentriamoci su di noi. >> Propose alla fine tornando a guardare verso la sua partner. << Approfittiamo della battaglia per scoprire che cosa ci manca per raggiungere l'equilibrio perfetto e affiniamo la nostra tecnica! >>
Il ragazzo strinse un pugno con intraprendenza e poi lo avvicinò alla ragazza perché lei glielo battesse. Aiko sorrise divertita dall'entusiasmo del suo compagno e gli batté le nocche prima di avviarsi alla postazione di comando per avviare il collegamento.
L'annuncio dei coordinatori agli altoparlanti arrivò come da programma e diede il segnale per i ragazzi di cominciare, così i due partner attivarono i comandi per eseguire la connessione e sentirono le proprie coscienze scivolare in quel turbinio emotivo a cui ormai si erano abituati. Questa volta però furono travolti da una inaspettata eccitazione che nessuno dei due riuscì a spiegare; un'altra caratteristica della connessione era quella di togliere tutti i filtri a pensieri e sentimenti dei Parasite che entravano in contatto e in quel momento, per svariati motivi, entrambi i ragazzi erano parecchio nervosi anche se non lo davano a vedere.
Avevano detto di lavorare sul loro legame e non preoccuparsi troppo del risultato… Eppure, quando i loro corpi furono uniti a quello dello Xenomorphus, una nuova determinazione invase le loro menti.
Al segnale acustico che indicava l'inizio dell'incontro, lo Stridiosauro a quattro zampe si mise in posizione e scattò cercando di muoversi lateralmente rispetto al suo avversario: il terreno che si era creato nella sala di addestramento riproduceva una scogliera rocciosa molto ripida sotto alla quale c'era un breve tratto di spiaggia e poi il mare, dove nuotava l'Anthurium in attesa di una mossa dell'avversario. La conformazione del terreno favoriva lo Xenomorphus, che poteva muoversi agilmente anche su terreni accidentati e per questo Aiko e Kaoru si sbrigarono a trovare un punto sicuro da cui osservare la situazione, tuttavia l'Anthurium era praticamente inespugnabile dalla sua posizione; anche se lo Xenomorphus era in grado di nuotare, non avrebbe mai potuto sperare di superare lo Stridiosauro di Fukuda in quello che era il suo elemento. Ma in qualche modo dovevano pur avvicinarsi, non potevano aspettare che Ojizaki facesse la prima mossa!
Il gigantesco serpente marino meccanico non aveva ancora fatto la prima mossa quando un'idea balenò nella mente di Kaoru: senza spiegare cosa avesse in mente, il ragazzo diede allo Stridiosauro il comando di colpire la roccia sotto ai suoi piedi. Ci volle qualche colpo, ma lo Xenomorphus era abbastanza forte da frantumare quei massi quindi in pochi secondi si scatenò una frana che portò diversi quintali di roccia a riversarsi sulla spiaggia e nel mare. C'era abbastanza materiale da formare una piattaforma su cui camminare per addentrarsi nel territorio dell'Anthurium, così lo Xenomorphus si spostò agilmente per evitare la frana e attese che il tutto si assestasse per bene.
Dalla loro postazione in mare aperto, Naho e Yoshiki osservavano le mosse dei loro avversari con attenzione; non li preoccupava che avessero aperto una via percorribile nel mare, erano ancora in vantaggio, ma se volevano mettersi in mostra di fronte ad Hachi e Nana avrebbero dovuto reagire in fretta. Videro lo Xenomorphus correre verso di loro sulla rudimentale piattaforma che si era costruito e fermarsi all'estremità più lontana, sporgendosi in avanti nel tentativo di avvistarli.
Yoshiki diede il segnale a Naho e questa si preparò a muoversi: la sensazione del corpo dell'Anthurium che si muoveva strisciando era ancora qualcosa di poco piacevole per la ragazza, per questo avevano raggiunto un accordo in cui lo Stamen avvertiva la sua compagna prima di eseguire un particolare movimento in modo da non esserne presa alla sprovvista. Grazie a questa tecnica avevano raggiunto un buon livello di coordinazione, certe volte riuscivano addirittura a comunicare attraverso la connessione, intuendo i pensieri dell'altro appena questi gli saltavano in mente.
L'Anthurium si inabissò sollevando la sua enorme coda e si avvicinò alla piattaforma dello Xenomorphus. Scivolava tra le correnti come se fosse nato per fare quello; quando era a contatto con l'acqua anche Naho riusciva a sentirsi molto più a suo agio: era il movimento sulla terra che le dava problemi e proprio per questo temeva di portare lo scontro sulla riva.
Xenomorphus si guardava intorno freneticamente, deciso a non lasciarsi cogliere alla sprovvista dall'avversario. Era impossibile avvistare l'Anthurium dalla superficie, ma potevano sempre controllare le increspature dell'acqua e notare se ci fosse qualche cambiamento nei movimenti delle onde. Un attimo dopo che Aiko avvistò un'ombra alla sua sinistra, lo Stridiosauro avversario emerse di colpo sollevando grandi spruzzi.
Anthurium tracciò un arco sopra le teste dei ragazzi gettando acqua sopra le loro teste e tornò a tuffarsi in acqua dall'altro lato. Questo era stato solo un avvertimento; la prossima volta sarebbe venuto fuori per colpire e loro lo sapevano.
Kaoru però era anche riuscito a localizzare i suoi avversari adesso: la scelta di intimorirli aveva comportato una grossa svista da parte dei suoi compagni di squadra, rinunciando al vantaggio dell'effetto sorpresa. Adesso sia lui che Aiko avevano gli occhi fissi su quell'ombra gigantesca che svelava la posizione dell'Anthurium sotto la superficie dell'acqua, che continuava a muoversi seguendo traiettorie a caso nel tentativo di confonderli.
Però c'era qualcosa di strano. Fu Aiko a notarlo.
<< Abbiamo a che fare con Ojizaki. Come è possibile che abbia mandato all'aria un vantaggio così grande solo per farsi vedere? >> Domandò voltandosi per un momento, abbandonando lo stato di semicoscienza in cui cadeva quando pilotava.
Ojizaki era un gran manipolatore, estremamente attento ai dettagli e alle apparenze, possibile che arrivato il momento di combattere fosse diventato così approssimativo nelle sue strategie?
Kaoru iniziò a riflettere, cercando ossessivamente qualunque dettaglio potesse essergli sfuggito. I suoi occhi seguivano freneticamente l'ombra dell'Anthurium in acqua mentre la sua mente lavorava alla ricerca di una spiegazione per quell'errore, e assieme a lui anche Aiko non riusciva a smettere di pensare a cosa stessero tramando i loro avversari; i pensieri di Stamen e Pistil erano una cosa sola e se uno dei due piloti si concentrava troppo su un fattore, finiva per trascinare con sé anche il partner.
I parametri della loro connessione cominciarono ad oscillare mentre entrambi iniziavano a vedere pericoli ovunque: la concentrazione di dover seguire con lo sguardo la macchia nera dell'Anthurium, unita alla confusione data dai pensieri di entrambi i piloti sulla tattica di Ojizaki e Fukuda creò un'instabilità nel loro equilibrio che rallentò i loro riflessi.
Uno spavento bastò a fargli perdere per un attimo il controllo: l'Anthurium si avvicinò rapidamente alla piattaforma dello Xenomorphus, costringendolo alla difesa; tuttavia l'unica cosa che uscì dall'acqua fu la coda del serpente marino, sollevando alti schizzi che coprirono la sua visuale. Kaoru credette che l'Anthurium fosse tornato indietro e si fosse lanciato contro di loro dalla distanza, ma dall'acqua non arrivò altro; la confusione durò abbastanza per permettere alla coppia avversaria di aggirare la piattaforma e saltare fuori alle spalle dello Stridiosauro a quattro zampe.
Xenomorphus non fu in grado di spostarsi in tempo e fu colpito in pieno dal muso dell'Anthurium, però grazie al suo ottimo equilibrio riuscì a rimanere a terra. Fu il secondo colpo che lo sbalzò via: una spinta dalla coda di Anthurium che fece perdere la presa ai due piloti in affanno e fece rotolare indietro lo Xenomorphus di diverse decine di metri.
Preso dalla concitazione, Kaoru cercò di rimettere in piedi il suo Stridiosauro e fece dietrofront per tornare sulla terraferma, al sicuro dagli attacchi di Anthurium; ma proprio mentre lo Xenomorphus correva lungo la piattaforma di rocce, il serpente saltò nuovamente fuori dall'acqua e si esibì in un movimento rotatorio con cui colpì l'avversario con più violenza di prima.
Lo Xenomorphus fu scaraventato su quello che rimaneva della scogliera dopo la frana e Aiko urlò dal dolore. Nell'impatto Kaoru credette di schizzare fuori dalla cabina di pilotaggio, ma dopo aver constatato di essere ancora connesso si assicurò subito delle condizioni della sua partner.
<< Sto bene. >> Disse Aiko, che doveva però lottare con un pressante dolore alla schiena. << Mi ha solo presa alla sprovvista. >>
<< Dobbiamo trovare un modo per contrattaccare, altrimenti verremo sconfitti senza aver fatto neanche una mossa! >>
Ma prima che potessero decidere sul da farsi, videro la testa dell'Anthurium spuntare dall'acqua e avvicinarsi rapidamente a loro. Lo Xenomorphus si rialzò rotolando e schivò l'attacco per un pelo; Aiko e Kaoru pensavano che i loro avversari avrebbero impattato con il muro di roccia alle loro spalle, ma invece l'Anthurium frantumò le rocce e sparì nell'entroterra.
Ed ecco l'assurda adattabilità dell'Anthurium: da una parte riusciva a muoversi sott'acqua con estrema agilità, dall'altra era capace di scavare rapidamente gallerie in cui spostarsi nel terreno. I loro avversari avevano completamente dimenticato quella sua caratteristica, essendosi concentrati troppo sullo scontro in acqua.
Kaoru decise di non farsi scoraggiare e cominciò a scalare la parete di roccia. Non poteva più individuare i suoi avversari da là, ma se avesse trovato una posizione più elevata per lo meno non si sarebbe dovuto preoccupare di ricevere attacchi dall'alto.
Con un urlo, Kaoru diede la spinta morale alla sua partner per completare la scalata e spiccare un salto più in alto che poté una volta raggiunta la cima. Lo Xenomorphus si agitò in aria e cercò di localizzare l'avversario: poco distante dalla cima della scogliera, la roccia cominciò a frantumarsi e ne venne fuori la testa dell'Anthurium che li inseguì in aria.
La spinta di Anthurium però non fu abbastanza e il serpente meccanico tracciò un'altra curva nell'aria, puntando verso il mare un'altra volta. Fu in questo momento che Aiko e Kaoru capirono di avere una possibilità per attaccare e girarono il corpo dello Stridiosauro per buttarsi addosso al loro avversario.
L'Anthurium era molto più grande del loro Stridiosauro, non ebbero problemi ad atterrarvi sopra e correre come se fossero sulla terraferma. Aiko dovette prestare estrema attenzione al rimanere aggrappata alle scaglie del serpente per non cadere di sotto e perdere la loro occasione d'oro mentre Kaoru si occupava dell'offensiva; una volta raggiunta quella che sembrava essere una delle giunture nella lunga coda dell'Anthurium, diede un morso allo Stridiosauro avversario e si allontanò di nuovo deciso a ripetere l'operazione.
Naho avvertì il dolore come se un ago le si fosse infilato nella colonna vertebrale e si irrigidì. Lo Xenomorphus continuò a spostarsi lungo la coda dell'Anthurium, mordendo e graffiando diversi punti chiave mentre questo scendeva in caduta libera dalla scogliera. All'ultimo colpo, Kaoru si assicurò di lanciarsi dall'estremità della coda prima che l'Anthurium potesse schiantarsi tirandoli giù con sé e rimase aggrappato al muro di roccia osservando gli avversari. Per sua sorpresa però, l'Anthurium non si schiantò a terra, invece sembrò sgusciare sul terreno per tornare a rivolgersi verso l'alto, spiccando nuovamente il volo nella sua direzione.
Lo Xenomorphus fu colpito nuovamente dalla coda dell'Anthurium e questa volta Aiko avvertì una forte scossa attraversarle tutto il corpo mentre lo Stridiosauro veniva scagliato in acqua.
Oh no! Pensò Kaoru, e la stessa inquietudine che lo colse travolse anche Aiko. Finalmente comprendevano la reale pericolosità dell'acqua in quella battaglia; non si trattava del vantaggio tecnico di Anthurium per via delle sue abilità, ma erano le stesse proprietà dell'acqua a costituire il pericolo.
<< Cos'è stato? >> Domandò ad Aiko, temendo di conoscere già la risposta.
Una scossa elettrica, avrebbe detto lei, ma il dolore le aveva tolto il fiato ed entrambi si stavano già concentrando sul nuotare il più rapidamente possibile per sfuggire a quella situazione. Una voce li raggiunse, aprendo un nuovo canale di trasmissione nello Stridiosauro.
<< L'estremità finale della coda dell'Anthurium trasmette la corrente. >> Disse Yoshiki con uno sguardo serio e impassibile. << Tu sei debole mentalmente, Matsumoto. Sapevo che un comportamento illogico ti avrebbe mandato in confusione e questo avrebbe rallentato i vostri riflessi. Non ti sei accorto che è proprio grazie a quegli schizzi che siamo riusciti a mettervi in ginocchio! >>
L'acqua sollevata dal primo salto dell'Anthurium e che era caduta sullo Xenomorphus aveva condotto l'elettricità quel tanto che bastava da stordirli quasi del tutto. E se il dolore provato da Aiko era stato tale con solo qualche spruzzo, adesso che erano immersi nell'acqua che cosa sarebbe successo?
L'Anthurium rimbalzò sulla parete rocciosa e si lanciò verso il mare tracciando una parabola, pronto a tuffarsi di testa per chiudere lo scontro. Quando vide quella scena, Kaoru fu colto da una grande paura, ma si rese conto che quel sentimento non fosse suo: era Aiko che di fronte all'immagine del loro avversario che si avvicinava non riuscì più a muovere un muscolo.
<< MI ARRENDO! >> Urlò Kaoru istintivamente, alzando una zampa dello Stridiosauro per decretare la fine dell'incontro.
Dall'Anthurium arrivò un unico verso pieno di confusione e si rituffò in acqua senza liberare la sua scarica, rallentando gradualmente fino ad accostarsi allo Xenomorphus.
<< Davvero ti arrendi? >> Chiese la voce di Yoshiki facendo uscire la testa del serpente dall'acqua. << Tutto qui? >>
Kaoru spinse lo Xenomorphus a riva e questo si scrollò come un cane una volta fuori dall'acqua. << Sì. >> Disse. << Non ho intenzione di mettere in pericolo la mia partner. >>
Aiko sentiva il proprio cuore battere come se volesse sfondarle la cassa toracica. Era felice che Kaoru si fosse arreso per lei, ma provava ancora un senso di ingiustizia, come se non avesse avuto l'occasione di completare quello scontro nel modo giusto.
<< Scusami Aiko, lo so che ci tenevi… >> Mormorò lui sorridendo. Lei si voltò ancora col fiatone, lo fissò confusa ma entrambi poterono avvertire un sentimento di sollievo farsi spazio nelle loro coscienze.
Gli Stridiosauri tornarono alle loro postazioni e i piloti furono liberi di scollegarsi mentre il campo di battaglia si rimodellava per tornare alla stanza di addestramento. Quando Aiko chiuse la connessione con il partner, le sue braccia non riuscirono a reggere il peso del suo corpo e rischiò di sbattere con la faccia per terra.
Kaoru fu subito da lei a sorreggerla, ma quando alzò di nuovo la testa scoprì che stava piangendo incontrollabilmente.
<< Ho avuto paura… >> Mormorò lei tremando. << Fa male… Fa davvero male… >>
Lui le offrì un abbraccio e Aiko si resse a lui con tutte le forze che le rimanevano.
<< Va tutto bene. Risolveremo anche questo problema. >>
<< Non voglio più provare un dolore simile, Kaoru! >> Pianse di nuovo lei.
Kaoru non disse niente. Secondo lui c'erano due motivi per cui adesso la sua compagna stava piangendo a quel modo: uno era quello più evidente, ovvero la paura di provare ancora quel dolore, e non poteva certo biasimarla; la scarica elettrica era stata intensa anche se breve… Il secondo motivo per quel pianto doveva essere che Aiko, pur non ammettendolo, desiderava veramente sorprendere gli adulti. Lui lo aveva sentito, la determinazione che li aveva invasi dopo la connessione apparteneva ad Aiko; forse non aveva abbastanza qualità per diventare caposquadra, ma c'era un lato combattivo di lei non indifferente che mostrava di rado e che riusciva a mostrare solo grazie alla connessione.
I due partner uscirono dallo Xenomorphus reggendosi uno all'altra e si fermarono qualche minuto ad osservare i segni lasciati sulla corazza dello Stridiosauro dalla battaglia; c'era solo qualche graffio più vistoso, a dire il vero non avevano ricevuto troppi colpi ma quell'unica scossa era stata abbastanza da metterli fuori gioco anche senza lasciare segni evidenti sul loro Stridiosauro. Kaoru non voleva immaginare che cosa avrebbe sentito Aiko se l'ultimo colpo dell'Anthurium fosse andato a segno.
<< Yo! >> La voce di Ojizaki distrasse i due dai loro pensieri e scoprirono che i piloti dell'Anthurium li avevano raggiunti sulla passerella.
<< Bello scontro. Scusate se ci siamo andati pesante. >> Disse Naho sorridendo cordiale, un po' affaticata dalla battaglia.
Kaoru non fu sicuro di come reagire. Avrebbe voluto arrabbiarsi e dire agli altri quanto avessero fatto spaventare la sua partner, ma forse Aiko non avrebbe apprezzato… Alla fine fu lei a lasciare andare la sua presa e ad avanzare verso la loro compagna di squadra.
<< No, scusateci voi! Non deve essere bello vincere per resa. >> Disse allargando le braccia come se volesse abbracciare Fukuda.
<< Eh, tanto avevamo già vinto. >> Fece Yoshiki distrattamente, che ricevette una gomitata da Naho per dirgli di stare zitto.
<< Avevate veramente intenzione di folgorarci? >> Chiese Kaoru improvvisamente preoccupato.
Yoshiki strinse le spalle. << Chi lo sa. Avevamo un obiettivo e dovevamo portarlo a termine. Con i VIRM dovremo farci pochi scrupoli, quindi sarà meglio adottare quel tipo di mentalità… >>
Kaoru avvertì un brivido dietro alla nuca. Era vero che i VIRM non si sarebbero fatti scrupoli con loro e lo stesso avrebbero dovuto fare loro, ma applicare quel ragionamento anche con i loro compagni di squadra aveva un che di macabro…
<< Bé, io e Kaoru diventeremo molto più forti e impareremo anche a contrastare le vostre tecniche! >> Aiko si tirò indietro e passò un braccio attorno al collo del suo partner con inaspettato trasporto, prendendo alla sprovvista primo fra tutti proprio il ragazzo; il suo tono cambiò talmente tanto che Kaoru credette che fosse stata posseduta o qualcosa del genere, visto che fino a un attimo prima non sembrava neanche in grado di reggersi in piedi da sola e adesso invece mandava occhiolini ai due ragazzi di fronte a sé e teneva le dita alzate in segno di vittoria. << Quindi non scordatevi mai di noi! >>
Yoshiki e Naho assistettero a quella scena senza sapere come reagire, poi non riuscirono a non sorridere di fronte all'entusiasmo della loro compagna di squadra e annuirono con approvazione mentre Kaoru ancora si stupiva del cambio di umore di Mori.
Proprio come la prima volta che avevano pilotato assieme, Aiko si era come trasformata dopo aver chiuso la connessione. Era una sorta di euforia passeggera che le faceva fare cose diverse dal solito; forse aveva a che fare con la stanchezza e questo era il suo modo di recuperare le energie, ma era piacevole vedere quel lato di lei, in un certo senso.
Mentre la coppia dello Xenomorphus tornava agli spogliatoi per cambiarsi nei loro abiti quotidiani e i piloti dell'Anthurium raggiungevano  la sala di controllo dove erano riuniti gli altri Parasite assieme agli adulti, Suzuko e Tetsuya si avviarono verso il ponte assieme ai loro avversari.
Passando sulla passerella incrociarono Yoshiki e Naho di ritorno dalla battaglia, e in quel momento ci fu uno scambio di sguardi tra lo Stamen dell'Anthurium e la Pistil del Gaia.
<< Ti aspetto in finale. >> Disse lui con un sorrisetto, prima di passare oltre e continuare la sua avanzata. Poi diede un colpetto alla spalla del suo compagno di stanza e aggiunse senza voltarsi:<< E non strapazzarmi troppo Maruyama! >>
Oh se era arrogante, pensò Suzuko, ma non si lasciò distrarre. In fondo se le aveva lanciato quella sfida significava che la vedeva come la sua avversaria numero uno per la corsa al titolo di caposquadra; era un modo per riconoscere il suo valore e lei non avrebbe deluso le aspettative.
<< Andiamo, Tetsuya! >> Sorrise carica voltandosi verso il proprio partner, tornando a camminare. Questo la seguì senza dire niente, ancora un po' confuso da quello scambio.
L'avversario del Gaia sarebbe stato l'Aros; Hoshi e Momo attendevano dall'altro lato della pedana, stranamente tranquilli. In effetti negli ultimi tempi il loro rendimento era migliorato vistosamente, ma secondo i suoi calcoli Suzuko avrebbe dovuto essere comunque più forte di loro; il Gaia possedeva un potenziale difficile da sfruttare, ma veramente grande rispetto agli altri Stridiosauri. Stava già elaborando una prima strategia per fronteggiare la potenza di fuoco dell'Aros, ma al resto avrebbe dovuto pensarci una volta visto il terreno su cui si sarebbero scontrati.
Entrando nella cabina di pilotaggio del Gaia, Suzuko tornò con la mente alla conversazione che lei e il suo partner avevano avuto qualche ora prima e gli tese la mano.
Lui la guardò perplesso, sembrò non ricordare la conclusione a cui erano giunti prima, ma alla fine con un po' di insistenza da parte di lei, Tetsuya le afferrò la mano seppure per quel breve tratto che li separava dalla postazione di pilotaggio.
<< Dobbiamo fidarci l'uno dell'altra. >> Disse lei girando attorno alla sua postazione e infilando le gambe una alla volta prima di piegarsi in avanti. << Siamo andati bene fino ad ora, ma adesso dobbiamo superarci ancora una volta! >>
<< Tranquilla. >> Rispose lui, inaspettatamente rilassato. << Non pensare ai numeri, tu concentrati solo su quello che senti nella connessione e tutto andrà alla grande! >>
Lo spero. Suzuko non era scettica dei consigli di Tetsuya, ma quel pensiero le balenò in mente senza che potesse farci nulla. Lui non sapeva quanto fosse importante per lei che avessero successo.
<< Quando siete pronti, potete avviare la connessione. >> La voce di Nana li raggiunse come di consueto e i due ragazzi si misero a lavoro.
Suzuko prese un bel respiro e chiuse gli occhi mentre si preparava ad entrare nel flusso. Non era una sensazione molto piacevole, era come se perdesse completamente la presa sulla propria coscienza e non potesse fare altro che lasciarsi trascinare fino al suo prossimo "contenitore." Sapeva per cosa lo faceva, quindi non voleva lamentarsi, ma allo stesso tempo avrebbe sperato che ci fosse un modo più facile per ottenere tutto quello…
Quando riaprì gli occhi, la sua visione e quella di Tetsuya si erano fuse a quella del Gaia. Era bizzarro sentirsi così in alto, Suzuko aveva sempre l'impulso di alzare lo sguardo, ma non trovava mai nessuno ad attenderlo: il suo Stridiosauro era il più imponente di tutti, superava anche l'Aros in statura.
Quando si rese conto di cosa fosse diventato il campo di battaglia, quasi non credette ai suoi occhi: erano in cima a un picco roccioso alto diverse centinaia di metri, mentre l'Aros se ne stava su di un altro perfettamente uguale a mezzo chilometro di distanza. Attorno a l'oro c'era una distesa d'acqua sconfinata, ma prima di poterla toccare avrebbero fatto un lungo volo…
<< Potete cominciare. >> Annunciò di nuovo la voce, lasciando ai ragazzi il resto.
Cominciare? In che modo? Questo terreno non ci è per niente favorevole!
Suzuko era fuori di sé. L'Aros era in grado di volare molto meglio di quanto potesse fare il suo Stridiosauro anche gonfiando le sue sacche al massimo; non avrebbe di certo fatto della mobilità la sua strategia, ma in quel modo le avevano tolto ogni possibilità di combattere ad armi pari!
<< Suzuko… >> Chiamò Tetsuya alle sue spalle, avvertendo quanto fosse turbata da quella situazione. << Calmati! Troveremo una soluzione. >>
Richiamata alla calma, la ragazza si rese conto di non aver ancora perso. Aveva ragione Tetsuya: la vittoria era ancora a portata di mano, dovevano solo escogitare un piano ben congegnato per spuntarla.
<< Allora… >> Mormorò ricomponendosi, tradendosi per un momento attraverso la sua voce tremante. << Che sia un bello scontro, ragazzi! >>
Dall'Aros arrivarono le voci di entrambi i piloti che risposero a quell'augurio, quindi lo Stridiosauro spiccò il volo agitando le sue imponenti ali. Come volevasi dimostrare, si muoveva alla perfezione in quell'enorme spazio aperto; chiuse la distanza tra sé e Gaia in pochissimi secondi e si mise a girargli attorno per controllare la situazione.
<< Non sembra un bella situazione per voi, eh? >> Fece la voce di Hoshi, quasi come se volesse prendersi gioco dei suoi avversari.
Cantava già vittoria. Meglio così, avrebbe tenuto bassa la guardia.
<< Smettila di perdere tempo, Hoshi! >> Lo rimproverò la partner, e il dragone si irrigidì tirando indietro la testa; un attimo dopo dalla sua bocca venne fuori una fiammata arancione che investì la parte superiore del Gaia.
Tetsuya fece intrecciare i tentacoli tra loro formando un reticolato per proteggere la testa dello Stridiosauro, ma il calore li raggiunse comunque e Suzuko digrignò i denti in risposta al calore che investì il suo viso, come se fosse stato messo di fronte a una stufa accesa.
La fiammata si estinse e l'Aros rimase qualche secondo ad osservare le condizioni dell'avversario, poi cambiò lato e si preparò a un altro attacco.
<< Dannazione! >> Imprecò Tetsuya ordinando al Gaia di voltarsi. Lo Stridiosauro seguì i suoi ordini lentamente e non fece in tempo a proteggersi dalla raffica di calore, ricevendo ancora più danni.
<< Non ci siamo! Suzuko, hai qualche idea? >>
La ragazza aveva in viso un'espressione sofferente. Si stava limitando ad incassare i colpi dell'Aros senza contrattaccare in alcun modo per risparmiare le energie, però non sapeva quanto a lungo avrebbe potuto resistere.
<< Sto ancora pensando. >> Rispose di getto, dicendo a Tetsuya di tenere gli occhi puntati sul bersaglio.
L'Aros si spostò ancora. Questa volta il Gaia fece appena in tempo a voltarsi per bloccare una parte del calore che lo investì, ma continuava a soffrire la situazione di svantaggio in cui era finito; a differenza degli altri Stridiosauri, il Gaia non possedeva una corazza resistente come quella dell'Aros o dell'Anthurium ma era rivestito di una membrana elastica. Visto da fuori, il loro Stridiosauro sembrava essere il più debole di tutti su tutti i fronti…
<< Altra fiammata in arrivo! >> Urlò Tetsuya dopo che l'Aros ebbe cambiato nuovamente posizione. Suzuko strinse le palpebre intensamente e si preparò ancora una volta a sopportare il dolore mentre alle sue orecchie arrivava la voce del suo partner che le chiedeva se avesse avuto qualche idea.
Suzuko attese che il fuoco fosse passato, quindi riprese fiato e rispose:<< Ancora niente. Non riesco, dannazione… >> Ma proprio mentre diceva questo, riaprì gli occhi per notare un particolare che non avrebbe potuto notare prima. Con stupore, sussurrò qualcosa che il suo partner non sentì e la distrazione fu quasi abbastanza da fargli prendere un altro colpo in pieno prima che potessero difendersi.
<< Che hai detto? >> Domandò Tetsuya ricomponendosi, dopo che il fuoco fu passato.
<< Si stanno muovendo in senso orario! >> Esclamò la ragazza, facendo attenzione che la sua voce rimanesse all'interno della cabina. I loro avversari non si stavano curando di rendere imprevedibili le loro mosse, continuavano a muoversi nella stessa direzione e attaccavano sempre con la stessa fiammata; molto probabilmente non stavano nemmeno tentando di prevedere le mosse di Suzuko e Tetsuya per via della loro apparente superiorità.
Con uno scatto, Suzuko disse al suo partner di seguire le sue indicazioni e di prepararsi al contrattacco; Tetsuya poté posizionarsi in anticipo cercando però di non far allarmare Kondō e Sakei, e per precauzione Suzuko gli fece gonfiare la sacca sopra alla testa del Gaia.
Quando il fuoco uscì dalla bocca del dragone, Suzuko disse a Tetsuya di fare esplodere il gas e questo creò un muro di fiamme che devio verso l'alto l'attacco dell'Aros.
<< Ha funzionato! >> Disse sconvolto Tetsuya guardando le fiamme estinguersi nell'aria in tante piccole scintille. Sì, aveva funzionato, ma non avevano ancora risolto il problema.
<< Di nuovo. >> Si limitò a dire Suzuko con tono autoritario, mentre intanto a bordo dell'Aros i due Parasite avversari si chiedevano che cosa fosse successo.
Quando il dragone si spostò di nuovo, le sacche del Gaia erano già gonfie e pronte ad esplodere. Come all'attacco precedente, il fuoco fu deviato verso l'alto da una fonte di calore più forte. Gli avversari cominciavano ad essere infastiditi da quei contrattacchi che nonostante non gli arrecassero alcun danno continuavano a tardare la loro vittoria; dall'altro lato, anche Suzuko sentiva di non poter continuare a lungo in quel modo: dover produrre una quantità simile di gas in così poco tempo era una pratica molto più faticosa del previsto. Si ritrovò ad ansimare mentre le sembrava che l'ossigeno le venisse strappato dal petto ogni volta che Tetsuya impartiva il comando di bruciare il gas.
<< Ancora. >> Disse lei non riuscendo più a chiudere la bocca, le labbra talmente asciutte da sembrarle di carta e la lingua che a malapena si muoveva, come se stesse cercando di risparmiare le energie.
Tetsuya obbedì, ma non era facile ignorare le condizioni della sua partner in quella situazione.
<< Pensate di prendere tempo con le vostre esplosioni? E' tutto inutile! >> Esclamò Hoshi prima di spostarsi ancora una volta e preparare un altro attacco. Era visibilmente irritato, non capiva cosa stesse succedendo ma il fatto di non essere più in netto vantaggio lo innervosiva.
All'arrivo dell'ennesima fiammata, Tetsuya fece esplodere il gas all'interno delle sacche provocando ancora una volta la stessa reazione di prima. Questa volta l'effetto su Suzuko fu ancora più forte e la ragazza dovette reggersi ai comandi per rimanere cosciente, mandando un gemito come se le stessero stringendo la gola.
<< Suzuko! >> Chiamò il suo partner preoccupato, ma lei scosse la testa in tutta risposta.
<< Tetsuya. >> Disse asciugandosi il sudore sulla fronte. << Al prossimo colpo, carica le sacche al massimo! >>
Incredulo, il ragazzo tentò di protestare. Lei era già al limite, avevano ripetuto lo stesso attacco per tre volte e non era successo niente; se adesso aumentavano l'intensità, sarebbe collassata!
<< Rimani concentrato! >> Lo fulminò lei alzando la voce. Già riceveva poco ossigeno senza dover parlare, ma quando alzò la voce credette di dover svenire da un momento all'altro; così non fu e Suzuko poté prendere un paio di boccate d'aria in più prima di concludere la sua spiegazione. << Tu fai… Come ti dico… E quando hai rilasciato l'energia, preparati… >>
All'esterno del Gaia, anche Hoshi e Momo stavano concordando la loro strategia. La ragazza dubitava che perseverare con quegli attacchi ripetitivi avrebbe funzionato, mentre Hoshi era convinto che ai loro avversari non rimanesse molto per contrattaccare.
<< Ci manca poco. Se si stanno difendendo così disperatamente, vuol dire che sono alle strette! >>
Forse era come diceva lui, ma anche Momo aveva un suo limite e sentiva che se non avessero chiuso in fretta quella battaglia, il suo corpo non avrebbe resistito ancora a lungo.
L'Aros si posizionò nuovamente continuando a girare in senso orario. Non si erano neanche accorti che ormai il Gaia stava anticipando i loro movimenti perché lo Stridiosauro si muoveva così lentamente da sembrare addirittura in ritardo.
<< Sei pronta? >> Chiese Hoshi.
Momo inspirò a fondo imitando l'Aros che si preparava a sputare la sua fiammata e rimase in attesa. Come Suzuko, anche lei cominciava a rimanere senza fiato: il suo corpo era scosso dalle convulsioni e i muscoli tesi iniziavano a farle male e come se non bastasse, quella sensazione di sputare fuoco che arrivava direttamente dall'Aros le dava la nausea, come se fosse lei stessa a vomitare le fiamme.
<< Fuoco! >>
<< ORA! >>
La voce di Suzuko tuonò nel campo di battaglia sorprendendo i suoi avversari per quanta energia riuscisse ancora a tirare fuori. Tetsuya seguì alla lettere le indicazioni del suo piano e scatenò la deflagrazione: il muro di fiamme si levò più alto che mai, bloccando ancora una volta il fuoco dell'Aros e sollevando una grande colonna di fumo che avvolse completamente il Gaia e impedì la visuale ai piloti dell'Aros.
Hoshi fece allontanare l'Aros un poco per non essere coinvolto nelle turbolenze che avrebbero potuto destabilizzare il suo volo, ma dopo un attimo decise che ne aveva abbastanza di quello stallo.
<< Andiamo dentro, li finiremo con un colpo deciso! >>
<< Aspetta Hoshi, forse dovremmo aspettare che il fumo si diradi…! >> Provò a suggerire cautela la ragazza attaccata allo Stridiosauro, ma il suo Stamen non la ascoltò.
<< E' proprio questo che vogliono! Credono di essere al sicuro là dentro, così da poter preparare qualche contrattacco. >> Hoshi preparò l'Aros alla carica finale e il corpo dello Stridiosauro si mosse a scatti per puntare l'obiettivo. << Dobbiamo attaccare subito! >>
L'Aros scattò in picchiata e sguainò gli artigli. Sarebbe bastato poco per colpire il Gaia in modo critico, abbastanza da costringere Sentakami e Maruyama alla resa, ma avrebbero dovuto orientarsi all'interno di quella nube di fumo per riuscirci; Hoshi era comunque fiducioso della propria forza, sicuro che non avrebbero avuto problemi in uno scontro ravvicinato.
Appena l'Aros si fu addentrato nella coltre di fumo però, qualcosa afferrò e strinse con forza i suoi arti e bloccò le sue ali. La sensazione che avvertì Momo fu come di qualcosa di viscido che le si avvinghiava attorno; in un istante l'Aros fu immobilizzato, perdendo tutta la sua spinta. Poi lo Stridiosauro venne spostato di peso di fronte allo stupore dei suoi piloti e si ritrovò con la testa incastrata dentro a una cavità molle e stretta.
<< Che cos'è questo odore? >> Fece appena in tempo a dire Momo allarmata, prima di rendersi conto di avere appena fiutato l'odore del gas esplosivo del Gaia. Era ovunque!
L'esplosione fu assordante. Sia Momo che Hoshi caddero a terra e furono sbalzati dalla connessione mentre lo Stridiosauro subiva danni pesanti a contatto diretto con le esplosioni del Gaia. La loro sconfitta arrivò senza che nemmeno se ne potessero accorgere; erano stati i tentacoli dello Stridiosauro ad afferrarli una volta entrati nella nube di fumo e Maruyama era stato molto preciso per incastrare la testa dell'Aros all'interno dello sfiatatoio del Gaia, in modo da infliggergli un colpo diretto.
Avrebbero dovuto aspettare come suggerito da Momo, ma invece si erano lasciati trasportare dall'eccessiva sicurezza nata dalla situazione di vantaggio ottenuta in battaglia e avevano perso a un passo dalla vittoria. La strategia di Suzuko, alla fine, era risultata vincente.
La ragazza si scollegò dal Gaia e tirò un lungo sospiro di sollievo, respirando finalmente un po' d'aria senza che il suo Stridiosauro gliene rubasse per sé. Ancora provata, si voltò verso Tetsuya e provò a esultare, ma le riuscì solo di alzare il braccio ed emettere un gemito esausto, prima di perdere per un attimo l'equilibrio e accasciarsi su un fianco.
La vista le si appannò, ma Suzuko rimase in piedi e rassicurò Tetsuya alzando un dito. Chiuse gli occhi e strinse forte le palpebre, in attesa che il giramento di testa le passasse e rimase alcuni secondi in quella posizione rannicchiata e la testa bassa; aveva ancora molto da fare, non poteva certo arrendersi ora…
<< Ti serve aria fresca… E dell'acqua. >> Concluse il ragazzo raggiungendola e aiutandola a reggersi in piedi. Lei minimizzò sulle sue condizioni, ma Tetsuya la stava già sollevando per portarla in braccio fuori di lì; fu in questo momento che le forze sembrarono tornarle all'improvviso.
<< No, no, no, no! Mettimi giù! >> Iniziò a gracchiare agitando le gambe come una bambina che era stata tirata fuori dall'acqua mentre stava ancora nuotando. << E' troppo imbarazzante, mettimi giù! >>
Tetsuya dovette obbedire, seppur riluttante. La sua partner era decisamente provata dallo scontro appena concluso e sembrava sul punto di svenire da un momento all'altro, farla camminare da sola le avrebbe fatto sprecare ulteriori energie.
Alla fine il ragazzo le si accostò offrendole il braccio. Suzuko lo squadrò interrogativa e sembrò rifiutare, ma lui insistette.
<< Abbiamo detto di doverci affidare di più l'uno all'altra, no? Quindi lascia che ti aiuti ad uscire di qui! >>
Il tono del ragazzo mantenne la solita gentilezza con cui si poneva alle persone, ma questa volta mise più forza nelle sue parole tanto che Suzuko riuscì ad avvertire quanto fosse preoccupato per le sue condizioni. A dire la verità, la ragazza si sentì male per averlo fatto preoccupare così; una vera leader non poteva mostrarsi debole di fronte ai suoi compagni, doveva essere di esempio e spronarli al meglio!
Ma… Era bello poter contare su qualcuno, di tanto in tanto. In fondo stavano lottando per la stessa cosa, avrebbe fatto bene a lasciarsi aiutare da Tetsuya.
<< Va bene. >> Disse, e alzò le mani con incertezza per reggersi all'avambraccio del ragazzo. << Fai strada. >>
Insieme, uscirono dalla cabina di pilotaggio del Gaia e si ritrovarono nuovamente sulla passerella che conduceva agli Stridiosauri.
La simulazione era terminata, il paesaggio era tornato ad essere quello asettico della stanza di addestramento e poco distante da loro i due piloti dell'Aros stavano commentando la battaglia appena conclusa.
<< Te l'avevo detto che era una mossa imprudente! >>
<< Andiamo! Senza prenderci qualche rischio non vinceremmo nessuna battaglia! >>
I due ragazzi si avvicinarono per parlargli. Momo era per terra, gambe e braccia distese a riposare, il viso imperlato dal sudore mentre il suo compagno se ne stava seduto sugli scalini che collegavano alla cabina dell'Aros e la guardava con sufficienza, rimanendo delle proprie idee.
<< Ehi. >> Chiamò debolmente Suzuko. I loro sguardi si alzarono all'unisono. << Bello scontro! >>
Momo sorrise, Hoshi un po' meno.
<< Sì… E' stato bello, ma ci devi spiegare come avete fatto ad afferrarci con così tanta facilità! >> Disse il ragazzo scuotendo la testa. Suzuko colse quell'occasione per elogiare il proprio partner.
<< E' stato merito di Tetsuya! E' incredibile, riesce ad eseguire ogni mia richiesta in modo impeccabile! >>
<< Ma smettila! >> Fece lui imbarazzato. << Se non avessi ideato quella strategia, a quest'ora saremmo stati fritti! >>
Suzuko annuì con falsa modestia, contenta che lui avesse ricambiato quegli elogi, ma era ancora convinta che qualcuno meno abile di lui non sarebbe riuscito ad eseguire quella manovra alla perfezione come aveva fatto Tetsuya; in fondo era anche grazie a lei se la reattività di Tetsuya era così sviluppata…
<< Certo che è strano che ci facciano combattere tra noi. >> Commentò Momo mettendosi a sedere e distendendo ancora un po' le gambe, indolenzite per la posizione che aveva dovuto assumere a bordo dello Stridiosauro. << E' vero che non abbiamo molta esperienza, ma non pensate che sia un po' rischioso? >>
Suzuko aveva pensato la stessa cosa, ma credeva di conoscere la risposta. In fondo fino ad ora nessuno si era fatto male, ma le loro manovre erano state parecchio azzardate in alcuni casi.
<< Credo che vogliano abituarci a pensare in situazioni di stress in cui c'è in gioco la nostra incolumità. >> Spiegò. << Finché facciamo squadra contro dei droni da addestramento o ci limitiamo a cimentarci in gare in cui non è previsto lo scontro diretto, non riusciamo ad avere la piena comprensione di quello che significa combattere al pieno delle forze per qualcosa. Mettendoci l'uno contro l'altro per vincere un "premio", Nana e Hachi hanno tirato fuori il massimo dalla nostra determinazione e allo stesso tempo ci hanno fatto capire cosa significhi affrontare un avversario intelligente, capace di ideare una strategia diversa a seconda della situazione. >>
La ragazza raddrizzò la schiena e si portò una mano sul fianco, lasciando andare Tetsuya per un momento. << In fondo, tutti vogliamo vincere, no? >>
Momo sorrise. << Immagino di sì. >> Rispose. << Ma io mi accontento di sapere che ho fatto un buon lavoro. >>
Lei non riuscì a vederlo, ma quando aggiunse quella cosa lo sguardo di Hoshi cambiò per un istante e il ragazzino con gli occhiali si soffermò a fissarla con malinconia. Qualunque cosa fosse successa tra loro quella notte che Momo era scappata, doveva aver cambiato radicalmente il modo in cui lui vedeva lei.
Mentre discutevano, il gruppo fu raggiunto dalle restanti coppie di piloti che si avvicinavano per la loro sfida. Furono accolti da Tetsuya che si accorse per primo di loro, e subito l'attenzione si spostò su un nuovo argomento.
<< Mancate solo voi e poi ci sarà la finale. >>
<< Rin, mi aspetto di vederti a lottare con noi al prossimo turno. >> Apostrofò la Pistil del Gaia rivolta alla sua amica. Questa aveva uno sguardo duro, sembrava molto concentrata ma si concesse un ghigno divertito per rispondere un po' sfacciatamente.
<< Prega che non ci arrivi, così avrai qualche speranza di vincere! >>
<< Così ti voglio, grintosa! >> Rispose l'altra ragazza dandole una pacca sulla spalla, spingendola verso il suo Stridiosauro.
Diversamente dalla sorella, Aki non sembrava particolarmente determinato, anzi sembrava sul punto di dover cedere completamente alla tensione. Rin continuava a dirgli di seguirla, ma lui rispondeva distrattamente ai suoi comandi.
Dietro ai due fratelli sfilavano poi i ragazzi dello Iustitia, Nakamura e Sato. Per quanto talentuosi, nessuno dei due sembrava particolarmente determinato a diventare caposquadra e forse sarebbe stato questo a fare la differenza una volta iniziato lo scontro.
<< Datevi da fare anche voi! Non rendetegli la vita troppo facile! >> Li incoraggiò Suzuko, destando i loro sorrisi divertiti. Stranamente però Kya non reagì con la sua solita allegria, anzi sembrava incredibilmente calma.
<< Buona fortuna, Kya! >> Chiamò dal basso Momo, dopo aver finito i suoi allungamenti.
La ragazza si girò a cercare la sua amica e fu sorpresa di vederla per terra. Le si formò un sorriso dolce sul volto e dovette trattenere l'impulso di andare ad abbracciarla; invece, con molta calma, si piegò su di lei e le posò una mano sulla spalla.
<< Sei stata brava. >> Le disse con un sorriso sincero. << Fa' il tifo per me. >>
Momo annuì ammiccando alla sua amica e rimase in silenzio mentre questa si avviava verso il proprio Stridiosauro in compagnia del suo partner. Quando i quattro nuovi piloti furono scomparsi all'interno dei propri mezzi, quelli che avevano appena concluso lo scontro decisero di togliere il disturbo; Tetsuya e Suzuko raggiunsero la sala di controllo mentre Momo e Hoshi si avviarono verso gli spogliatoi per levarsi le tute. Poi però la ragazza cambiò idea; fermatasi a metà della passerella, disse a Hoshi di continuare da solo e raggiunse di corsa la sala di controllo.
Kya le aveva detto di fare il tifo per lei, non poteva andarsene così proprio quando stava per iniziare il suo scontro!

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Capitolo 27
*** Supremazia ***


Nella sala di controllo, oltre a tutti gli adulti che si occupavano di mandare avanti il funzionamento della camera di addestramento e monitorare i parametri degli Stridiosauri, c'erano anche gli altri compagni di squadra di Momo ad assistere agli scontri: Naho e Ojizaki seguivano attentamente i movimenti all'esterno della sala e ogni tanto davano un'occhiata agli schermi dei tecnici, curiosi di capire che tipo di informazioni arrivassero a quella gente, e poco distante da loro c'erano Maruyama e Sentakami; un po' più in disparte, già con indosso i loro abiti quotidiani, Aiko e Kaoru seguivano le operazioni distrattamente e parlottavano tra loro.
<< Momo! >> La salutò Naho quando si accorse della sua entrata. La ragazza andò da lei e le sorrise. << Sei stata davvero forte! >>
Lei inarcò un sopracciglio confusa. << Ma ho perso. >>
<< Sì, ma hai combattuto con tutte le tue forze! Tu e Kondō siete migliorati tantissimo, pensavo davvero che avreste vinto! >>
L'entusiasmo della sua amica l'aveva spiazzata. Momo sapeva di aver dato il massimo a bordo dell'Aros, ma non credeva di meritare tanti elogi, soprattutto visto l'esito di quella battaglia. Nonostante ciò, fu felice di sentirsi arrivare quelle parole, che dette da una amica onesta come Naho valevano ancora di più.
<< Bel lavoro. >> Aggiunse la signorina Nana avvicinandosi a lei. << Tieni: la battaglia ti avrà disidratata. >>
Momo neanche notò il bicchiere pieno d'acqua che le stava porgendo la donna. Lo scontro era stato deteriorante per lei e Sentakami; il suo corpo era indolenzito e anche se quello fosse dovuto alla postazione scomoda della Pistil, aveva ancora tanti strascichi dallo scontro come un respiro ancora irregolare e un'eccessiva sudorazione.
Accettò il bicchiere d'acqua e cominciò a sorseggiarla ascoltando l'avvertimento della sua insegnante di fare piano. Mentre beveva, adocchiò la Sentakami seduta, impegnata a scolarsi un grosso bicchiere d'acqua; a giudicare dalla foga con cui lo stava finendo non sembrava voler dare ascolto alle raccomandazioni di Nana. Momo decise di raggiungerla e prese posto accanto a lei su una sedia vuota.
<< Secondo te chi vincerà? >> Domandò piegando la schiena in avanti e tenendo sospeso il bicchiere.
La biondina smise di bere per risponderle, sorpresa che la ragazza fosse andata proprio da lei. Momo la vide esalare con forza quando abbassò il bicchiere, ma questa si ricompose in un attimo.
<< E' difficile fare una previsione. Per come conosco Rin, mi sbilancerei di più su una sua vittoria, ma so che Nakamura è imprevedibile… Credo che assisteremo a uno scontro alla pari. >>
Momo annuì pensierosa. Se anche Suzuko non sapeva su chi puntare, doveva fare di tutto per far sentire a Kya il suo supporto.
<< Tetsuya, per favore, mi puoi portare un altro po' d'acqua? >> Domandò Suzuko voltandosi verso il proprio partner, dopo aver svuotato il bicchiere.
<< E' il terzo bicchiere, sei sicura di non stare esagerando? >>
<< Credimi, è probabile che te ne chiederò anche un quarto. Quindi no, muoio di sete! >> Rispose lei con un sorriso imbarazzato, lasciando il ragazzo ad allontanarsi non senza averle lanciato qualche sguardo dubbioso.
Le due ragazze rimasero sole per qualche momento e inizialmente nessuno disse niente. Momo aveva trovato divertente il piccolo scambio tra i suoi due compagni di squadra e pensava che Suzuko fosse incredibile: era provata dopo un incontro così intenso, eppure continuava a guardare avanti, già pronta a tornare a bordo del Gaia e lottare per la finale.
<< Sei stata veramente incredibile, là fuori. >> Ammise alla fine.
Suzuko le rivolse uno sguardo interrogativo, totalmente presa alla sprovvista, facendo sfuggire un sorriso a Momo.
<< Nonostante fossi già al limite, non hai esitato a seguire una strategia altamente rischiosa ma che vi avrebbe assicurato la vittoria. >> Spiegò con tutta l'onestà che riuscì a trovare, realmente impressionata dalla determinazione di Suzuko. Lei sembrò contenta di sentirsi quelle parole, ma si fece scivolare di dosso quei complimenti.
<< Non è stato niente di eccezionale… Avevo la situazione sotto controllo. >> La ragazza chiuse gli occhi con un sorrisetto sicuro di sé, ma Momo aveva già notato quel tremolio nella sua voce.
<< Sarà… >> Mormorò. << Però penso che sia davvero ammirevole come non ti lasci influenzare dalla paura e dal dolore. >>
Momo abbassò lo sguardo mestamente. Le sarebbe piaciuto sentirsi dire quelle stesse parole, un giorno; ma lei era ancora lontana dal raggiungere quella forma… Quando vedeva i suoi compagni faticare a liberare tutte le loro energie, come era successo nello scontro tra Xenomorphus e Anthurium, voleva spronarli a superare le loro paure perché sapeva che erano in grado di farlo, ma quando toccava a lei andare oltre i propri limiti interveniva una sorta di blocco…
Suzuko non seppe come reagire questa volta, veramente toccata dalle parole della sua compagna. << Bé… Grazie. >> Mormorò alla fine. << Ma credo che tu sia ancora più da ammirare. >>
La ragazza alzò la testa con sorpresa, guardandola come per chiederle il motivo di quelle parole.
<< Il fatto è che… Hai dovuto affrontare tante di quelle difficoltà che è difficile pensare che qualcuno possa ritrovare la determinazione, per di più migliorando in modo esponenziale come avete fatto tu e Kondō; siete passati dall'essere gli ultimi della squadra a darci del filo da torcere in questa battaglia simulata! >>
Tetsuya tornò con in mano il bicchiere riempito d'acqua per la sua partner e questa lo ringraziò, poi tornò a rivolgere la sua attenzione a Momo e le puntò contro un dito. << E poi guardati: entrambe abbiamo dato fondo alle energie, però tu sei ancora in forze. Hai una costituzione molto più adatta a pilotare rispetto a me e le altre ragazze, devi solo prenderne atto! >>
Momo abbassò di nuovo la testa mentre Suzuko svuotava di colpo il suo bicchiere d'acqua sotto gli occhi increduli di Tetsuya. Certo, aveva un fisico più forte delle altre ragazze, ma sentiva comunque una grande stanchezza dopo aver pilotato, per non parlare della fatica che avvertiva durante la connessione per via dell'ancora instabile collegamento con Hoshi.
<< Guarda Tetsuya: per non gravare troppo sul mio fisico, ha preso ad allenarsi tutti i giorni con Ojizaki, e guarda adesso che muscoli che gli stanno venendo! >> Riprese a parlare Suzuko dopo essersi asciugata le labbra. Il ragazzo, un po' imbarazzato, cercò di nascondere il fisico e fare finta di nulla, ma ogni tentativo di coprirsi lo portava a gonfiare i muscoli più sviluppati, che sotto alla tuta aderente da Parasite si notavano ancora più facilmente.
<< Ammetto che ci è voluto un po' per sentirlo, ma adesso riesco davvero a notare la differenza rispetto a prima ed la connessione è molto meno faticosa. >> Concluse Suzuko mandando un'ultima occhiata compiaciuta al proprio partner.
Momo non capì subito cosa intendesse la ragazza con quel discorso, ma alla fine ci arrivò: c'era la possibilità di rendere più sopportabile la connessione con le proprie forze, senza dover costringere il proprio partner a fare qualcosa che non voleva. Il suo problema era sempre stato cercare di spingere Hoshi a fare delle cose per lei, ma che cosa aveva fatto lei per rendere le cose più facili a entrambi?
I pensieri della ragazza furono interrotti dalla voce di Hachi attraverso gli altoparlanti, che dichiarò l'inizio del terzo scontro. Momo si alzò in fretta e raggiunse le enormi finestre della sala di controllo, scoprendo che il paesaggio era mutato in una radura erbosa circondata da alberi. Arrivò giusto in tempo per vedere gli occhi della sua amica illuminarsi sul volto dello Iustitia mentre lo Stridiosauro iniziava a muoversi.
Gli avversari si scambiarono i convenevoli per dare inizio al duello. La distanza che li separava era esigua dei modelli capaci di raggiungere alte velocità come i loro e avrebbero potuto chiudere il distacco in un attimo, ma nessuno diede segno di volersi muovere; invece, Animus puntò le proprie armi sul suo avversario e cominciò a sparare.
Era prevedibile che Aki e Rin avrebbero cercato di sfruttare il proprio vantaggio sulla distanza, ma non si aspettavano che Kya e Ryo gli lasciassero tutto quello spazio per muoversi; lo Iustitia era indubbiamente più forte nel combattimento ravvicinato e se fosse riuscito a mettere Animus con le spalle al muro, lo scontro sarebbe finito rapidamente. E nonostante ciò, si limitava a deviare i proiettili con la sua lancia, schivando quanto più possibile dei colpi che gli arrivavano addosso.
Non sembrava avere alcuna fretta di attaccare e continuò a difendersi spostandosi lateralmente con lentezza; per sfuggire a una raffica di proiettili dell'Animus, Iustitia eseguì uno scatto finale mostrando di poter facilmente evitare quei colpi, quindi spiccò un salto dopo aver ottenuto la giusta spinta e quando tornò a terra piantò le gambe nel terreno con tanta forza da far sollevare una zolla di roccia, nascondendovisi dietro.
Ben fatto! Si ritrovò a commentare tra sé e sé Momo, vedendo che Kya e il suo partner non si stessero limitando a subire; era chiaro che avessero una strategia in mente e adesso lo Iustitia aveva un riparo e più libertà nei movimenti avrebbero potuto metterla in atto.
La scarica di proiettili dell'Animus si interruppe e i suoi piloti andarono alla ricerca di una nuova postazione da dove attaccare; appena gli spari cessarono, Iustitia cacciò fuori la testa dal nascondiglio e sembrò sul punto di agire, ma i proiettili ricominciarono a volare nella sua direzione, rendendo un assalto impossibile.
<< Nakamura e Sato stanno prendendo tempo. >> Commentò Yoshiki. Molti nella sala sembrarono d'accordo con lui. << Hanno già mostrato di poter schivare i proiettili senza problemi, quindi non avrebbero motivo di cercare un riparo. Credo che vogliano fare innervosire i loro avversari. >>
Suzuko si fece pensierosa. Era al quinto bicchiere d'acqua ormai, la sua sete si era quasi appagata e le forze stavano tornando, ma la tensione della battaglia le impediva di rilassarsi per bene; era in ansia per Rin e suo fratello, voleva davvero vederli vittoriosi in quella sfida anche se significava che in seguito si sarebbero dovuti affrontare in finale. Sapeva che la sua amica era determinata, ma anche che rischiava di farsi prendere dal panico facilmente; se qualcosa fosse andato storto avrebbero dovuto improvvisare e né Rin, né suo fratello erano bravi in questo.
L'Animus iniziò a girare lentamente per portarsi in una posizione più vantaggiosa dove la roccia emersa dal terreno non sarebbe stata più un problema e continuò a tenere i mirini puntati su di essa per assicurarsi che lo Iustitia non si muovesse da lì… Quando però Aki e Rin raggiunsero la loro nuova postazione si accorsero che lo Stridiosauro avversario era sparito: sfruttando il riparo che si era creato, Iustitia era fuggito verso il bosco senza farsi notare e adesso aveva un grosso vantaggio sugli avversari, che ne avevano perso le tracce.
Animus si portò al centro della radura, il più lontano possibile dal limitare degli alberi, e iniziò a guardarsi intorno per individuare il suo bersaglio il più rapidamente possibile; la foresta che circondava il campo di battaglia era fuori dalla norma, progettata con l'idea di poterci nascondere all'interno degli Stridiosauri delle loro dimensioni. Lo Iustitia non avrebbe abbandonato un riparo tanto comodo adesso che si era messo al sicuro.
Un movimento attirò l'attenzione dei piloti dell'Animus e questi si voltarono all'istante facendo fuoco in quella direzione, ma colpirono solo dei rami che erano stati abbattuti: un diversivo a cui ne seguirono altri, totalmente impossibili da distinguere dal loro vero obiettivo, che sembrava essere diventato invisibile.
La posizione dello Iustitia continuava a cambiare e i diversivi continuavano a cadere, i movimenti nel bosco si fecero sempre più frenetici, tanto da far credere agli spettatori che nella foresta si nascondessero più Stridiosauri.
L'Animus arrancava: la copertura degli alberi era troppo fitta per lasciar intravedere qualcosa e gli spostamenti dello Iustitia erano troppo veloci perché potessero essere previsti. Bastò un attimo di distrazione per ribaltare la situazione che dall'inizio sembrava favorire i piloti dell'Animu: all'ennesimo albero abbattuto per distrarre gli avversari, dalla parte opposta dell'area arrivò veloce come un fulmine la lancia dello Iustitia che si incastrò tra i giunti che collegavano il busto dello Stridiosauro alla sua mezzaluna motrice. La lancia, connessa da un cavo retrattile al braccio di Iustitia, cominciò a tirare con forza facendo venire allo scoperto il suo proprietario: spinto dai retrorazzi, lo Stridiosauro iniziò la sua carica dopo aver immobilizzato parzialmente gli avversari.
Aki non poté rispondere in tempo con il fuoco a causa dell'arma incagliata nel corpo dell'Animus e dovette difendersi dall'assalto di Kya e Ryo, a loro volta limitati nei movimenti a causa della lama bloccata, ma sempre in vantaggio. I due Stridiosauri si affrontarono in un breve scontro a mani nude durante il quale l'Animus cercò di prendere spazio per tornare ad usare i propri proiettili con lo Iustitia a tempestarlo di colpi, nella speranza che cedesse.
Dopo tanto movimento però la punta della lancia di Iustitia si disincagliò e l'Animus indietreggiò a tutta velocità; subito Iustitia gli fu addosso riversando tutta la potenza nei retrorazzi, dando inizio a un inseguimento che andò ad aumentare sempre più di velocità.
Nel tentativo di sfuggire agli inseguitori, durante la fuga Animus ruotò il suo corpo superiore grazie ai giroscopi presenti all'interno del suo scheletro e riprese a sparare allo Iustitia. Sotto la pioggia di proiettili magmatici, Kya e Ryo furono costretti a rallentare per respingere gli attacchi, finendo per perdere il contatto con l'Animus.
Entrambi si fermarono dopo che l'Animus fu riuscito a incamerare una cospicua distanza di sicurezza dallo Iustitia. I suoi cannoni si spensero e cominciarono a raffreddarsi mentre i piloti al suo interno probabilmente tiravano un sospiro di sollievo; la battaglia stava tenendo sulle spine non solo loro, che dovevano reagire a ogni minimo impulso dagli avversari, ma anche gli spettatori che non potevano fare a meno di commentare con ammirazione quello scontro. Fino ad ora la sfida tra Animus e Iustitia si era rivelata quella più attiva e dinamica, come ci si sarebbe aspettato in fondo viste le caratteristiche così simili delle due unità, tanto che i ragazzi nella sala di controllo facevano fatica a seguirne i movimenti.
<< Finiamola di giocare! >> Esclamò la voce di Rin attraverso un altoparlante, quindi la ragazza diede un segnale al fratello e lo Stridiosauro iniziò ad arcuare la schiena in avanti.
I fucili dell'Animus si piantarono al suolo mentre questo assumeva una posizione alquanto precaria, poi qualcosa iniziò a muoversi all'interno del suo corpo, scuotendolo incontrollabilmente, trasmettendo quelle vibrazioni tramite gli arti al terreno in tutte le direzioni. Fu come se l'intero campo di battaglia fosse scosso da un terremoto la cui intensità non accennava a diminuire; l'Animus rimase fermo dov'era mentre lo Iustitia faticava a stare in piedi e cercava appoggio alla propria lancia. Anche chi era all'interno della sala di controllo avvertì gli effetti del terremoto e parte della strumentazione ricevette dei danni.
La squadra aveva assistito poche volte a quella tecnica dell'Animus sostanzialmente perché non c'era stata l'occasione di provarla molto spesso, e di conseguenza nessuno conosceva bene il suo limite; facendo girare a pieno regime i suoi motori, l'Animus produceva vibrazioni talmente forti che se incanalate correttamente tramite le canne dei suoi fucili, raggiungevano magnitudo esponenziali, capaci di scuotere una zona mirata e ristretta. Era un'arma distruttiva che andava usata con cura per evitare che i danni superassero i benefici del suo utilizzo; ma in quell'ambiente controllato era ottima per raggiungere il risultato sperato.
Iustitia cadde al suolo provocando un altro scossone. Appena lo Stridiosauro fu finito a terra, Aki e Rin rallentarono i giri del motore e staccarono le braccia dal terreno per fiondarsi addosso ai loro avversari; li avrebbero finiti con un colpo concentrato a distanza ravvicinata, ma quando arrivarono la situazione cambiò di nuovo.
I retrorazzi dello Iustitia si attivarono mentre questo era ancora a terra, apparentemente disattivato; il corpo metallico dello Stridiosauro si sollevò e la sua testa andò a cozzare con quella dell'Animus, che rimase spiazzato. Ancora un colpo di retrorazzi e lo Iustitia iniziò a volteggiare sul posto, eseguendo capriole e piroette e assestando colpo su colpo all'avversario con una eleganza e un controllo incredibili per aver subito le vibrazioni dell'Animus.
Il colpo di grazia arrivò quando lo Iustitia si scagliò con tutto il suo peso contro l'Animus. I piloti intontiti e indeboliti neanche provarono a scansarlo e la loro connessione saltò una volta che persero l'equilibrio, decretando la vittoria della coppia formata da Kya e Ryo.
<< Bravi! >> Esclamò Momo senza riuscire a controllarsi, battendo le mani con entusiasmo e stringendo poi i pugni. Sentiva l'adrenalina scorrerle attraverso il corpo, quasi come se fosse stata a lottare in prima fila con Kya su quello Stridiosauro.
La ragazza si sentì un po' a disagio quando notò di avere avuto una reazione un po' esagerata, ma fu sollevata dal vedere che nessuno l'aveva notata e, anzi, tutti si erano lasciati andare a commenti simili sullo scontro.
<< Hanno fatto credere agli avversari di averli in pugno e quando si è presentata l'occasione li hanno colpiti al massimo delle forze… >> Borbottava pensieroso Yoshiki, che probabilmente stava già pensando a come avrebbe fatto ad affrontare degli avversari tanto ostici. Lo scontro che si presagiva non sarebbe stato per niente semplice.
<< Peccato, Rin… >> Mormorò Suzuko guardando mestamente gli schermi. << Sarà per un'altra volta. >>
La ragazza era dispiaciuta per la disfatta della sua amica, ma in fondo provava sollievo all'idea non doverla affrontare in seguito; la sua natura competitiva però non poteva fare a meno di preoccuparsi per le prestazioni dello Iustitia, talmente alte da risultare preoccupanti in vista del loro scontro.
La voce di Nana chiuse ufficialmente lo scontro e i piloti iniziarono a lasciare gli Stridiosauri. Momo si affacciò dalle finestre e cercò di avvistare Kya mentre scendeva dallo Iustitia, ma lo sguardo finì per caderle sui parametri dello scontro appena concluso, messi in bella vista su uno degli schermi dei tecnici lì vicino: i livelli di compatibilità di Kya e Ryo sfioravano il settanta percento! Erano numeri che lei e Hoshi potevano solo sognarsi…
Bravi, ragazzi… Pensò, contenta per i suoi compagni di squadra, senza riuscire ad ignorare però quella strana sensazione che iniziò ad avvertire nel petto, come una fretta improvvisa di raggiungere quei livelli.
Che fosse invidia?
 
*
 
<< Scusa se ci siamo andati pesante, ma Kya non mi avrebbe perdonato se mi fossi trattenuto! >>
<< Va tutto bene. Non credo che avremmo avuto molte chance in finale, in ogni caso… >>
<< Col cavolo! >>
La voce di Rin in arrivo dall'ingresso dell'Animus fece voltare i due ragazzi che si stavano scambiando i complimenti per lo scontro appena concluso. Era visibilmente seccata, nonostante avesse già accettato quella sconfitta; quello che non riusciva a mandare giù invece era l'atteggiamento remissivo di suo fratello.
<< Non sei abbastanza cattivo, Aki! Riuscivo a sentire i tuoi sentimenti e non c'è mai stato un momento in cui hai cercato di fare sul serio! >> Lo rimproverò mentre scendeva dalle scale.
<< Rin, ti ho già detto che ho fatto tutto il possibile! >> Reagì lui allargando le braccia stremato. << E' stato uno scontro equilibrato fino alla fine. >>
Lei gli si fermò davanti e schiacciò l'indice sulla pettorina della sua tuta, lo sguardo severo di chi voleva veramente far tirare fuori tutto dal suo partner.
<< Oh, l'ho visto che è stato uno scontro equilibrato; ma a te è mancata la grinta, la motivazione! Non stavi puntando alla vittoria. >>
<< Di che parli? >> Domandò spaesato quello, pensando che fosse lei a voler diventare caposquadra.
<< Parlo del fatto che non credi nelle tue capacità, e di conseguenza non credi nelle mie! >> Gli sbottò addosso la ragazza. << Tu non credi di poter ricoprire la carica di caposquadra e siccome pensi che siamo uguali vale lo stesso per me, dico bene? >>
Il ragazzo non seppe come rispondere a quelle accuse. Lui aveva sempre supportato sua sorella in qualunque cosa, non si aspettava veramente che questa lo trattasse in questo modo; tuttavia, se Rin diceva di avere sentito quelle cose dentro di lui, forse era vero… Forse si era trattenuto.
<< Scusa… >> Mormorò abbassando la testa. << E' solo che… Io non sono tagliato per questo tipo di cose. Fare il leader, dare ordini a qualcuno, assicurarsi che tutti facciano la loro parte… Sono tutte cose che portano un sacco di stress e noi – noi, perché io ti conosco – non sopportiamo lo stress. >>
In un primo momento Rin alzò lo sguardo al cielo e si mosse come se fosse sul punto di ribattere energicamente, ma la precisazione di Aki interruppe il suo sfogo sul nascere. Lei lo guardò sbuffando, scoraggiata.
<< Volevo solo evitare che ci ritrovassimo nuovamente in una situazione difficile… Non significa che non creda nelle tue capacità, ma… Speravo di poterti proteggere. >> Spiegò alla fine il ragazzo, che in quel momento stava scegliendo con cura le parole come se non volesse scatenare una reazione esagerata nella sorella.
Rin sapeva che Aki aveva buone intenzioni, non era il tipo da cercare di rovinare le occasioni degli altri per restare al sicuro; era ancora arrabbiata con lui, ma non poteva continuare ad attaccarlo quando lui le rivolgeva quello sguardo così timido. E nonostante ciò, era frustrata: sì, era vero che non fosse in grado di reggere la pressione e il modo in cui si era conclusa la battaglia lo aveva dimostrato, ma ciò non significava che non potesse migliorare in quel senso. Aveva pensato che diventare caposquadra fosse proprio la svolta di cui aveva bisogno per crescere, ma sembrava che avrebbe dovuto rimandare quei propositi.
<< Dai! >> Sbuffò la ragazza guardandosi intorno. << Adesso non fare il melodrammatico! Proteggermi? Ma se sono sempre io a pararti le chiappe! >>
Aki rise sommessamente. << Hai ragione. Forse mi stavo preoccupando per nulla… >>
A questo punto lei smise di trattenersi e mandò un sorrisetto di complicità al fratello come aveva sempre fatto. << Puoi scommetterci! >> Rispose prima di dargli un pugno sul braccio. << La prossima volta mi aspetterò il massimo da te. >>
Rin si voltò e raggiunse rapidamente i due ragazzi che aveva appena affrontato nella battaglia tra Stridiosauri; Kya aveva raggiunto il suo compagno e vi si era appoggiata volgendo lo sguardo alla coppia di fratelli, curiosa del loro battibecco. Fu sorpresa di vedere gli occhi della sconfitta carichi di determinazione.
<< Voi due vedete di darvi da fare in finale! >> Disse quella severa. << Se mi rendo conto che vi siete trattenuti, verrò a prendervi a botte entrambi! >>
I due sorrisero sperando di non deludere le aspettative, quindi Rin cominciò ad avviarsi verso gli spogliatoi, ma poi sembrò cambiare idea e si voltò a chiamarli.
<< E buona fortuna. Avete degli avversari tosti di fronte a voi. >> Disse  cercando di dargli la carica, ma tradendo un certo disappunto, sapendo bene che avrebbe potuto trovarsi al loro posto. Alla fine superò la delusione e si voltò definitivamente, trascinandosi anche il fratello che continuava a scusarsi per non aver creduto pienamente nella vittoria.
Kya e Ryo erano in finale; il ragazzo non se lo aspettava nemmeno. Certo, erano una squadra molto forte, forse tra i favoriti per quella sfida, ma non capiva perché fossero lì esattamente: lui non aveva aspirazioni a comandare e Kya non era mai stata una giocatrice di squadra… Eppure quando si era connesso a lei nello Stridiosauro, aveva sentito chiaramente una forte determinazione nel voler dimostrare di essere la più forte. Era solo questo che spingeva Kya? Ma non sarebbe bastata la forza di volontà per vincere contro Ojizaki e Sentakami.
Un leader doveva sviluppare una strategia, essere oggettivo e preoccuparsi del morale della squadra; lei era estremamente impulsiva, tutte le sue strategie la portavano a scoprirsi troppo, e il suo giudizio era spesso offuscato dai suoi sentimenti.
<< Andiamo? >> Domandò lei distraendo il ragazzo dai suoi pensieri ed entrando nel suo campo visivo.
Lui rispose distrattamente.
<< A che pensi? >> Gli chiese Kya curiosa.
Ryo non rispose subito. Era ancora un po' scombussolato per la battaglia, i suoi sensi dovevano tornare ancora a funzionare correttamente, ma anche perché non sapeva esattamente cosa dire.
<< Tu perché vuoi vincere così tanto? >> Sbottò alla fine.
<< Prego? >>
<< Non è una cosa da te… O sì? >>
La ragazza sembrò imbarazzata, per qualche ragione. Distolse lo sguardo e sembrò alla ricerca di una giustificazione. << Oh, lo hai visto… >> Borbottò. << Aspetta! Pensi che non sarei adatta a fare da caposquadra? >>
<< Nemmeno per sogno. >>
Zero esitazioni. La ragazza ridusse gli occhi a due fessure quando sentì la risposta del suo compagno e contemplò l'idea di colpirlo; poi però fece oscillare i suoi lunghi capelli e si allontanò di qualche passo da lui, avviandosi verso la sala di controllo.
<< Bé, io credo che farei un bel lavoro! Sono forte, ho un ottimo rapporto con il mio partner, perché non dovrei provarci? >>
Ryo strinse le spalle. << Nessuno te lo vieta… Ma… >> Lasciò perdere. Certe volte la sua migliore amica era un totale mistero; anche se si fosse spiegata non avrebbe capito il motivo di tanta determinazione, perciò la seguì senza aggiungere altro.
Per permettere a tutte le coppie di combattere al meglio, furono dichiarati quindici minuti di pausa. Alcuni dei ragazzi andarono a prendere una boccata d'aria fresca, altri rimasero nella sala di controllo e si riposarono senza dire o fare molto, ripassando la strategia con i partner o semplicemente osservando i tecnici al lavoro. Al suo ritorno dalla sala di addestramento, Kya fu raggiunta dalle sue compagne di stanza che le fecero i complimenti; Momo era la più emozionata, diceva che il suo scontro era stato spettacolare, mentre Naho era probabilmente riluttante all'idea di dover affrontare la sua amica nel prossimo incontro.
Anche Kaoru e Aiko si unirono alla conversazione e il gruppetto iniziò a parlottare mentre Yoshiki, Tetsuya e Suzuko se ne restavano in disparte. Il primo lasciò completamente la sala di controllo senza dire niente a nessuno, forse seguendo Hoshi nella sua ricerca di un po' di luce solare, gli altri due rimasero ai loro posti e osservarono i loro compagni di squadra. Suzuko, dopo aver assistito alla prova dello Iustitia, cominciava a preoccuparsi: la ragazza dello Stridiosauro dalle sembianze antropomorfe aveva dimostrato una grande tenacia mentre lei a confronto aveva resistito a stento agli sforzi che le aveva richiesto il Gaia. A parte questo, l'idillio tra Nakamura e il suo partner sembrava inattaccabile mentre lei e Maruyama, per quanto affiatati, non avevano ancora raggiunto quel livello di perfezione che sperava di avere. In uno scontro con quei due il Gaia sembrava uscirne sconfitto in partenza per via della sua lentezza e la sua limitata portata di attacco; nonostante lo Iustitia avesse molte potenzialità in meno, il suo assetto più equilibrato sembrava molto più indicato per quella battaglia.
E poi c'era l'incognita Anthurium. Ojizaki sapeva essere spietato, non si sarebbe fatto problemi a sfruttare ogni minima debolezza se lei gliela avesse mostrata; e se in uno scontro uno contro uno sarebbe stato facile concentrarsi sull'avversario e trovare un'apertura, nel duello a tre che li attendeva Suzuko avrebbe dovuto costantemente guardarsi da un genio della manipolazione e uno del combattimento ravvicinato.
Fu in quel momento che si ritrovò a cercare nuovamente le mani di Tetsuya fino a stringergliele quasi come se avesse paura di cadere dalla sedia. Il ragazzo fu sorpreso da quel nuovo contatto; la sua partner doveva essere veramente preoccupata se era riuscita a superare l'imbarazzo di farsi vedere anche dagli altri a fare qualcosa del genere. Lui non poteva certo essere da meno!
Si guardarono negli occhi e si caricarono di fiducia a vicenda, poi lei disse che si sarebbero impegnati al massimo e Tetsuya annuì senza alcuna esitazione. Non potevano sapere quante difficoltà avrebbero affrontato di lì a breve, ma sapevano di poter contare l'uno sull'altra.
Quando la pausa fu terminata e tutti quanti furono di nuovo nella sala di controllo, i coordinatori riunirono le tre coppie che si sarebbero affrontate e gli illustrarono nuovamente le regole della battaglia.
Non era consentito ferire gravemente gli avversari né attaccare chiunque fosse al di fuori della battaglia; lo scontro veniva considerato concluso quando due dei tre sfidanti si arrendevano o perdevano la connessione con gli Stridiosauri; se uno solo dei tre sfidanti era fuori gioco, lo scontro continuava finché uno dei due rimanenti non prevaleva sull'altro. Per il resto, ai ragazzi era concesso utilizzare ogni strumento a loro disposizione, così come il campo di battaglia che poteva essere favorevole o meno alle capacità dello Stridiosauro.
Hachi poi ci tenne a precisare che non sarebbe stato l'esito di quella battaglia a decidere chi sarebbe diventato caposquadra. C'erano tanti fattori da mettere in conto e la capacità di prevalere in uno scontro era solo uno di questi, anche se sembrava effettivamente valere molto vista tutta l'organizzazione che era stata predisposta per quel breve torneo. In questo modo erano venute fuori le abilità individuali e di coppia della squadra, la loro capacità di comunicazione con i propri Partner e la coordinazione in battaglia, tutte cose estremamente importanti per poter condurre la squadra.
Kya e Yoshiki erano tranquilli, sicuri di sé, in netto contrasto con la coppia del Gaia: lo Stamen stava cominciando a sudare per la tensione, preoccupato di non essere all'altezza delle aspettative della sua partner, mentre lei era talmente assorta nei suoi pensieri da risultare insolitamente distratta.
Quando furono mandati sulla passerella per raggiungere i propri Stridiosauri e avviare la connessione, i ragazzi erano tutti carichi di eccitazione e potevano a malapena trattenere la propria agitazione: ognuno tramutava quei sentimenti alla propria maniera, come Kya che saltellava energicamente lungo la via in netto contrasto con Suzuko, rigida come un'asse di legno; Naho non la smetteva di parlare con il proprio partner come una che aveva paura di dimenticare qualcosa prima di partire per un viaggio, e lui la ascoltava pazientemente cercando di tranquillizzarla, pur essendo a sua volta teso. Ryo e Tetsuya poi, seguivano le proprie partner in ogni cosa per assicurarsi che non esplodessero dalla tensione.
Una volta arrivati alle cabine di pilotaggio la tensione non calò minimamente, ma almeno lì fu possibile per i Parasite confrontarsi faccia a faccia.
<< Sei preoccupato? >> Domandò Naho quando ebbe chiuso il portellone. Una volta raggiunto l'Anthurium, Yoshiki era andato dritto verso la postazione di comando senza fiatare, facendo intuire alla ragazza che ci fosse qualcosa che non andava; nonostante sembrasse un tipo molto apatico, il suo partner sapeva essere inaspettatamente emotivo alle volte.
<< No, è che… >> Yoshiki non si preoccupò di fingere che fosse tutto a posto, ma fece fatica a spiegarsi. Seduto nella sua postazione incrociò le braccia e guardò dall'altra parte chiudendo la bocca.
Naho si avvicinò a lui e si appoggiò alla postazione della Pistil, quell'incavo nella strumentazione dove doveva infilare le braccia, e lo fissò in attesa che lui trovasse le parole giuste.
<< Certe volte mi chiedo se sto facendo la cosa giusta. >> Ammise il ragazzo alla fine, notando lo sguardo paziente di lei. Quando abbassò la testa, una ciocca di capelli gli andò davanti agli occhi e nascose la sua espressione. Naho piegò la testa preoccupata e gliela spostò con gentilezza.
<< Non era questo che volevi? Il ruolo del caposquadra mi sembrava adatto a te. >>
Yoshiki nascose di nuovo il viso agli occhi della ragazza e strinse le spalle. << Ma non so se sarei veramente in grado di farlo! Mi sono impegnato talmente tanto che adesso tutti mi vedono come uno dei più probabili vincitori, ma se non fosse questo il mio ruolo? >>
La ragazza sorrise pur non comprendendo del tutto le parole dell'amico. << Che succede, ti sei pentito di essere andato così bene nei test? >> Si aspettava di strappare almeno un sorriso al suo partner, ma lui rimase impassibile e allora Naho tornò seria.
<< Yoshiki, non è da te comportarti così! >> Gli disse con voce flebile. << Anche se dovessi vincere ed essere scelto come caposquadra, quale sarebbe il problema? Abbiamo già visto che sei in grado di coordinare le operazioni e possiedi una sensibilità che ti permette di pensare sempre ai tuoi compagni. Perché tutti questi ripensamenti adesso? >>
Il ragazzo girò lo sguardo da una parte e poi dall'altra. Non era sicuro di come volesse rispondere a quelle parole, il suo orgoglio gli premeva di concordare con Naho, ma i timori che lo avevano portato a quella situazione lo trattenevano. Alla fine Naho sospirò e si alzò per posizionarsi al proprio posto.
<< In ogni caso, io sarò sempre pronta a sostenerti. Quindi se dovessi avere mai dei dubbi, sappi che potrai contare su di me! >> La ragazza infilò le mani nei vani per i comandi e poggiò le ginocchia sui sostegni prima di voltarsi un momento per mandare un sorriso al proprio compagno. Non sapeva perché Yoshiki fosse diventato così indeciso all'improvviso, ma lei lo conosceva abbastanza da poter affermare con certezza di credere pienamente in lui.
I piloti dell'Anthurium non erano gli unici a star avendo problemi in quel momento. A bordo del Gaia, nonostante la sua autoconvinzione, Suzuko era ancora incerta sul risultato.
<< Siamo stati bravi fino ad ora, Tetsuya. Ma adesso dobbiamo veramente dare il massimo! >> Disse una volta entrati nella cabina, lasciando andare la mano del ragazzo e agitando i pugni per darsi la carica, sperando che questa positività avesse qualche effetto anche su di lui.
<< Certo! >> Rispose il ragazzo. << Come sempre, d'altra parte. >>
<< Non hai capito! Dobbiamo superarci! Dare il centodieci percento! Non accetterò una sconfitta proprio ora che siamo arrivati così lontano! >>
L'eccessivo entusiasmo di Suzuko avrebbe anche potuto essere contagioso, se non fosse stato forzato in partenza; dietro a quella maschera di positività, gli occhi della ragazza tradivano una forte incertezza nelle loro capacità, e l'espressione così infuocata di lei ebbe l'effetto di spaventare invece Tetsuya, che pur comprendendo la sua determinazione sapeva di non poter fare i miracoli. Avevano trovato un modo per migliorare le loro prestazioni solo poche ore prima, ma sembrava che Suzuko si aspettasse uno stravolgimento sin da subito.
<< Capisco che tu voglia farti valere, ma al momento abbiamo dei limiti. >> Ragionò lui. << E sulla carta, gli Stridiosauri degli altri hanno molti più vantaggi del nostro. >>
Suzuko sbuffò vistosamente. << Ti stai già convincendo di non potercela fare, ed è proprio quello di cui non abbiamo bisogno! >> La piccoletta si voltò con sicurezza e sorrise rimuginando tra sé e sé. << Tu fidati di me, penserò a tutto quanto. Rimani concentrato e andrà tutto liscio come l'olio! >>
Ma Tetsuya non era sicuro che la soluzione fosse tanto semplice. Non voleva deludere la sua partner, ma a volte gli sembrava che riponesse fin troppa fiducia in lui senza veramente includerlo nei suoi piani; temeva che la ragazza finisse per spingersi nuovamente al limite come nello scontro con l'Aros, caricandosi troppo di tutte le responsabilità.
Una scena inusuale e quasi opposto a quelle nelle cabine di pilotaggio dell'Anthurium e del Gaia stava intanto avendo luogo in quella dello Iustitia. Kya e Ryo non sentivano troppo la pressione; il ragazzo in particolare non aveva grosse aspettative, credeva che la loro corsa si sarebbe arrestata con quell'ultima battaglia, visto che non vedeva alcun modo per poter affrontare da soli due Stridiosauri così grossi, ma Kya invece era molto più determinata di lui.
<< Siamo arrivati alla finale, hai visto? >> Disse lei accarezzando la postazione di comando. Cominciava a piacerle quel posto, per non parlare della scarica di adrenalina che riceveva ogni volta che si connetteva allo Iustitia.
<< Sei convinta ad andare fino in fondo? >> Domandò Ryo guardandosi intorno, dubbioso.
<< Certo! >> Rispose secca lei. << Perché sarei qui altrimenti? >>
Ryo la fissò a lungo con un sopracciglio inarcato. Da quando erano arrivati a Mistilteinn la sua amica di sempre sembrava quasi essere diventata un'altra persona; non si trattava del suo modo di parlare o del suo inguaribile ottimismo, quelli erano rimasti gli stessi, ma le sue ambizioni erano in qualche modo cambiate. La stessa motivazione che l'aveva portata ad arruolarsi era ancora un mistero per lui.
<< Tu voi davvero diventare caposquadra! >> Realizzò in quel momento, e la ragazza lo fissò come se fosse un idiota.
<< Mi sembrava che fosse questo il senso di questa battaglia. >> Commentò sarcastica mentre Ryo le si avvicinava. Il ragazzo ignorò il suo umorismo e le chiese invece perché fosse così decisa a diventare caposquadra.
<< Non ti è mai piaciuto avere gente che dipendesse da te. Li hai sempre considerati come delle seccature di cui occuparti. >> Spiegò perplesso.
La ragazza lo fissò conscia che le sue battute non lo avessero scalfito e non fu in grado di trovare un modo per ribattere con il suo solito fare sardonico. Invece si fece seria ed evitò la domanda.
<< Bé, forse sono cambiata… >>
<< Non è questo il punto. >> Ryo intercettò la ragazza prima che gli sfuggisse e le afferrò un polso. La costrinse a guardarlo negli occhi e notò che per la prima volta era infastidita dal suo tocco; fu in quel momento che capì cosa la muovesse. << Tu vuoi vincere a tutti costi, dimostrare che sei la migliore, ma… Lo fai anche per un altro motivo, come se volessi marcare il territorio. >>
La ragazza soppresse una risata alle parole utilizzate dal suo amico e si liberò dalla sua presa. << Non ti sembra di esagerare? Voglio solo dare il meglio di me. Non potrebbe fregarmene di meno di mostrare agli altri quanto valgo… >> Poi si infilò nella sua postazione e aggiunse in un mormorio:<< Non voglio mica distruggere le loro speranze… >>
Ryo la osservò di nuovo e questa volta credette di aver capito. Non avrebbe definito Kya come una persona tanto competitiva; piuttosto, avrebbe detto che era estremamente dominante e la situazione in cui erano stati messi aveva fatto venire allo scoperto quella parte della sua personalità che normalmente non veniva stuzzicata.
<< Promettimi solo che non ti farai consumare da questa cosa. >> Le chiese alla fine, andando a sedersi al proprio posto. Kya si girò confusa e lo squadrò da testa a piedi.
<< Sai, sono contento se sei motivata da qualcosa di nuovo. Però cerca di non trasformarlo in un'ossessione, d'accordo? >>
Il sorriso di lui la paralizzò per un istante e Kya non sentì la voce di Nana negli altoparlanti che li invitava ad avviare le connessioni.
Gli Stridiosauri si accesero uno dopo l'altro: Gaia fu il primo e subito gonfiò le sue sacche di gas per non farsi cogliere impreparato, seguito dall'Anthurium e poi, un po' più in ritardo, Iustitia. La sala cominciò a cambiare e al posto dello sfondo bianco senza confini prese vita quella che sembrava una città in rovina, piena di palazzi disastrati e macerie sparse per le strade; si trattava di un campo di battaglia neutrale, ognuno poteva trarne beneficio a seconda di come sfruttava i suoi dintorni.
Nana diede inizio alla battaglia e subito i piloti iniziarono a spostarsi per trovare una posizione più vantaggiosa: Iustitia si nascose in fretta tra le rovine sfruttando la sua statura e Anthurium iniziò a scavare un tunnel in cui ritirarsi per potersi muovere senza essere visto; solo Gaia rimase ben visibile, tentando di sollevarsi in aria almeno un poco per potersi allontanare dalla portata degli attacchi a sorpresa di Anthurium.
Nessuno sembrava voler attaccare per primo. Gaia avrebbe potuto bombardare l'area volendo, ma invece si limitava a restarsene a distanza cercando di avvertire i movimenti degli altri. Era abbastanza facile capire dove si nascondesse l'Anthurium: a differenza dell'acqua, quando il gigantesco serpente scavava una galleria nel terreno provocava delle scosse che alteravano la conformazione della superficie, lasciando una traccia piuttosto evidente del suo passaggio. Localizzare lo Iustitia invece era un'impresa più ardua; la rumorosa Kya aveva deciso di essere estremamente cauta, per una volta.
Proprio mentre pensava questo, Suzuko vide spuntare da una torre diroccata la figura dello Stridiosauro antropomorfo e questo rimase ad osservarla a distanza. Il volto di Nakamura era impresso sulla faccia dello Stridiosauro, spavaldo come al solito, ma in casi come quello poteva anche tradire pensieri ed emozioni che si sarebbero voluti tenere per sé.
Kya guardava Suzuko come se sentisse già la vittoria in pugno. La ragazza non le avrebbe permesso di trattarla con quella sufficienza, quindi disse al suo partner si tornare a terra e Tetsuya obbedì. Il Gaia iniziò a scendere e contemporaneamente anche lo Iustitia saltò giù dalla torre e tornò a muoversi tra le rovine.
<< Dobbiamo preparare un attacco che colga alla sprovvista lo Iustitia! >> Esclamò Suzuko al proprio compagno di squadra, che però non aveva idea di come potessero fare. Il loro obiettivo era impossibile da localizzare finché non fosse uscito allo scoperto, in questo modo non potevano preparare un attacco!
Senza lasciarsi prendere dallo sconforto, Suzuko ordinò a Tetsuya di spostarsi in un luogo più riparato per non farsi localizzare troppo facilmente e incominciò a riflettere.
C'era un grande grattacielo in rovina che poteva fornire copertura a un essere delle dimensioni del Gaia, ma era anche il nascondiglio più ovvio; Iustitia non ci avrebbe messo molto a capire che era là che si nascondevano, ma in fondo non avevano scelta.
Una volta posizionatisi in modo da avere bene in vista l'unica uscita, Suzuko fece tendere i suoi tentacoli a Tetsuya creando una sorta di rete in cui, con un po' di fortuna, sarebbero riusciti a intrappolare i loro avversari. Non gli avrebbe dato la certezza di bloccare l'avanzata dello Iustitia, ma almeno avrebbe ridotto le loro possibilità di essere presi alla sprovvista, preparandosi nel frattempo a fare fuoco alla prima occasione.
Era sicuro che Iustitia non potesse arrivare da nessun altro lato visto che Suzuko e Tetsuya si erano preoccupati di avere le spalle coperte spingendosi in un angolo, ma dopo un lungo silenzio da parte degli avversari credettero di aver sbagliato qualcosa. I passi dello Iustitia si sarebbero dovuti sentire in lontananza, eppure ancora non c'era niente ed era improbabile che non li stessero cercando; fu quasi un'illuminazione quella che colpì Suzuko, che le fece dire al proprio partner di controllare il cielo.
E quando Tetsuya fece girare il Gaia, avvistarono la piccola sagoma dello Iustitia piombare dall'alto verso di loro; Nakamura aveva preferito scalare l'intero grattacielo e lanciarsi dal tetto per poterli prendere alla sprovvista. Lo Stridiosauro sguainò la sua lancia e si preparò a conficcarla nel suo bersaglio.
Ovviamente il Gaia non era abbastanza veloce per scansarsi, ma quando Iustitia atterrò sulla membrana gonfia sotto la quale riposava il gas, i suoi piloti furono colti alla sprovvista dalla sua consistenza quasi gelatinosa e non riuscirono ad affondare il colpo. Subito Suzuko aprì lo sfiatatoio del Gaia al massimo e ottenne due situazioni vantaggiose da questa mossa: la spinta dello sfiato li aveva fatti allontanare rapidamente dal pericolo, e allo stesso tempo il gas aveva riempito l'intera zona; sarebbe bastata una piccola scintilla per far brillare l'intera zona.
Iustitia fu sbalzato via dal gas del Gaia e si ricompose a mezz'aria per poter atterrare su due piedi. I suoi piloti pensavano che si trattasse solo di una spinta difensiva, ma quando Kya rialzò lo sguardo e incrociò quello della sua avversaria la sentì dire:<< Scacco matto, Nakamura! >>
Una violenta esplosione scosse l'intera area e provocò un crollo nel già fatiscente grattacielo. Iustitia fu avvolto dalle fiamme, ma non rimase a subire quei colpi: spinto dalla forza di volontà di Kya e dall'istinto di Ryo, corse in direzione del Gaia agitando la lancia nel tentativo se non di sfuggire al fuoco, di coinvolgere alche i propri avversari.
Il ragazzo scagliò la lancia in direzione del Gaia senza mirare con particolare attenzione; il corpo del loro avversario non era ben delineato e in più sembrava essere composto di un materiale quasi liquido che invece di essere lacerato veniva perforato senza conseguenze e tornava a posto dopo poco, ma se da una parte sembrava essere un vantaggio, dall'altra poteva trattarsi di una grossa sfortuna.
La lancia dello Iustitia era fissata a un cavo avvolgibile, ciò significava che se la lancia si agganciava a qualcosa avrebbe trascinato con sé l'intero Stridiosauro, e quando l'arma si incastrò all'interno del corpo gelatinoso del Gaia, Ryo sfruttò la trazione del cavo per sfuggire alle fiamme il più velocemente possibile.
L'esplosione danneggiò lievemente lo Iustitia e Kya avvertì chiaramente il calore sulla propria pelle, ma entrambi i piloti rimasero concentrati sul loro obiettivo. Con un gesto acrobatico, Ryo recuperò la lancia e la estrasse dal corpo del Gaia con un violento strattone per continuare ad avanzare superando gli avversari e tornare sulla terraferma con un balzo, voltandosi di nuovo verso di loro. Avendo osservato il loro primo scontro, avevano capito che Sentakami non poteva produrre tanto gas in tempi così rapidi, per questo dovevano riprendere subito ad attaccare.
Rimessi i piedi per terra, Iustitia si lanciò nuovamente all'attacco. Questa volta Gaia reagì in modo molto più violento, mulinando nell'aria tutti i suoi tentacoli nel tentativo di colpire almeno una volta gli avversari.
Ma la precisione di Tetsuya era scarsa; dover controllare sei tentacoli contemporaneamente e con un bersaglio così piccolo e veloce non era affatto semplice. In pochi attimi lo Iustitia fu di nuovo di fronte a loro.
Suzuko, disperata dall'attacco che non gli lasciava tregua dei suoi compagni di squadra, fece appello a tutte le sue energie e gonfiò un'altra volta le sacche del Gaia, ma prima che queste potessero esplodere, il terreno sotto i loro piedi cedette.
Dalla terra venne fuori l'Anthurium che tentò di colpire entrambi gli Stridiosauri impegnati nella lotta. Iustitia venne sbalzato via mentre il Gaia subì qualche piccolo danno e vide la sua sacca di gas perforarsi, lasciando fuoriuscire tutto il combustibile.
<< Maledizione! >> Esclamò la Pistil, che non aveva più energia sufficiente per scatenare un'esplosione. Fortunatamente per lei, Anthurium si era dato una spinta sufficiente a salire di quota di alcune centinaia di metri, concedendole abbastanza tempo per rimarginare le ferite in tempo, e quando tornò a terra Gaia si era già scansato.
Il gigantesco serpente meccanico non scavò un'altra galleria, invece scivolò sul terreno assumendo una posa semieretta e si guardò intorno osservando la situazione che fino a quel momento aveva solo potuto immaginare restando sotto terra.
Gaia era in trappola. Continuando di questo passo, con Anthurium e Iustitia ad alternarsi nei loro assalti, Suzuko e Tetsuya sarebbero stati sconfitti inevitabilmente. La ragazza avrebbe preferito evitare di arrivare a questo, ma a quel punto non le rimaneva altra scelta se non giocare quella carta…
<< Ojizaki! >> Chiamò a gran voce. Quel nome rimbombò verso l'alto all'interno della trappola in cui si era cacciata e l'Anhurium reagì a quel richiamo voltando leggermente la testa verso di lei, con lo Iustitia ancora distante.
<< Nakamura e Sato sono molto forti; ti propongo una tregua, finché non riusciamo ad eliminare loro due. >> Sotto gli occhi esterrefatti del suo compagno, Suzuko fece quella proposta allo Stamen dell'altro classe Gutenberg. Era una follia pensare che Yoshiki avrebbe accettato, ma anche lui voleva vincere quella battaglia in fondo, e probabilmente come lei reputava Kya e Ryo degli ossi troppo duri da affrontare faccia a faccia.
A sua sorpresa, il ragazzo non rispose subito con un rifiuto o un assenso ma invece interpellò la sua partner, chiedendole che cosa ne pensasse di quella offerta.
Fukuda, rimasta in silenzio fino a quel momento, sembrò seriamente combattuta all'idea di unire le forze con il Gaia per affrontare la sua amica Kya, ma alla fine accettò.
<< Allora non vi attaccheremo finché lo Iustitia non si sarà disattivato! >> Stabilì Yoshiki muovendo lo Stridiosauro in direzione dell'uscita. << Tiratevi fuori da questo buco in cui vi siete cacciati, noi penseremo a distrarre Nakamura e Sato! >>
E senza aggiungere altro, l'Anthurium si interrò di nuovo dirigendosi verso le strade più aperte. Suzuko era riuscita ad ottenere una breve pausa per poter tirare il fiato, ma i loro problemi non si erano ancora risolti.
Fuori dall'angolo in cui il Gaia si era intrappolato da solo, Iustitia vide comparire di nuovo l'Anthurium e si preparò allo scontro. Il serpente meccanico uscì dalla terra senza tentare di colpire alla sprovvista il suo avversario; sapevano che lo stesso attacco non avrebbe avuto effetto una seconda volta e preferì tenersi a distanza di sicurezza.
<< Ben fatto, Naho! Siete riusciti ad annullare la vostra presenza e a coglierci di sorpresa. >> Disse Kya ghignando, il volto chiaramente visibile sullo Iustitia. << Ad essere sincera, il vostro arrivo improvviso mi ha spaventato un pochino! >>
Naho sembrava divertita da quella situazione. Non poteva esprimere le emozioni allo stesso modo della sua amica, ma dai movimenti del suo Stridiosauro era chiaro che qualcosa fosse cambiato nel suo approccio dalla prima battaglia con lo Xenomorphus.
Iustitia sollevò l'ancia e la fece roteare un po' prima di puntarla in direzione dell'Anthurium.
<< Giusto per essere chiari, voglio che tu sappia che non ho nulla contro te e Yoshi. >> Disse nuovamente la ragazza mentre fingeva di stiracchiarsi. << Voglio solo vincere! >>
<< Ovviamente. >> Le rispose l'altra con tono di complicità.
Anthurium partì arcuandosi verso il basso ma questa volta invece di iniziare a scavare un'altra galleria sotto terra, scivolò sulla superficie e si mosse a grande velocità richiudendo il distacco in un attimo. Iustitia reagì prontamente e scagliò la lancia diretta alla fronte del serpente, ma questo la schivò all'ultimo istante e l'arma rimbalzò sul cemento dissestato.
Iustitia riavvolse immediatamente il cavo, ma con sorpresa di entrambi i piloti l'Anthurium non attaccò all'istante; invece, il gigantesco serpente iniziò a girargli intorno, disorientandoli e sollevando una enorme nuvola di polvere che ricoprì tutta l'area.
<< E' questa la vostra strategia? Accecarci per prenderci alle spalle? >> Domandò Kya, intrigata dall'impegno che ci stavano mettendo. Era soddisfatta nel vedere che i suoi avversari preferissero evitare un approccio diretto, perché significava che riconoscevano la sua forza e la temevano!
Non si riusciva più a vedere niente oltre la nuvola di polvere. L'Anthurium continuava a girare in tondo sollevando anche un gran frastuono che avrebbe indebolito i sensi dello Iustitia, ma i Parasite si divisero i compiti per non rimanere impreparati: mentre Ryo si occupava di seguire visivamente il loro obiettivo, Kya teneva d'occhio i dintorni e faceva attenzione ai minimi segnali mandatigli dall'ambiente, e fu così che poté accorgersi con la coda dell'occhio di un'ombra diversa, appena fuori dalla coltre di polvere.
<< ECCOTI! >> Gridò lanciando istintivamente la lancia.
L'ombra, divenuta gigantesca in pochi istanti, si rivelò essere il Gaia che sfruttò i suoi tentacoli per afferrare l'arma e bloccare l'attacco senza problemi. Kya era stata tratta in inganno: adesso che la sua lancia era tra i tentacoli del Gaia non poteva più riavvolgere il cavo in sicurezza e fino a che questo rimaneva teso non poteva spostarsi da lì, era una preda facile!
Si voltò appena in tempo per vedere l'Anthurium scagliarsi contro di lei; questo investì la schiena dello Iustitia con il suo corno e lo trascinò per centinaia di metri grazie alla sua forza dirompente. Il Gaia lasciò andare la lancia dell'altro Stridiosauro e questa fu trascinata lontano assieme al suo possessore, scontrandosi con i diversi detriti sul campo di battaglia, prima di incagliarsi definitivamente tra le macerie una volta che lo Iustitia ebbe finito la sua corsa.
Anthurium tornò sotto terra a prepararsi per il colpo finale; allo stesso modo Gaia gonfiò nuovamente le sue sacche di gas. La connessione dello Iustitia non si era ancora interrotta anche se sembrava in grossa difficoltà, e i ragazzi sapevano che se non si fossero sbrigati la tenacia dei loro avversari avrebbe cambiato nuovamente le carte in tavola.
E come volevasi dimostrare, Iustitia si rialzò. Si reggeva a malapena in piedi, ma anche in quelle condizioni poteva essere un'arma letale; richiamò a sé la lancia per essere pronto a rispondere a qualsiasi attacco e tentò di mettersi in posa, ma proprio mentre si riarmava il terreno sotto ai suoi piedi franò e ne eruppe la testa di Anthurium, che sollevò in aria il suo avversario.
Le urla dei piloti si mischiarono in quel frangente, con Iustitia che manteneva l'equilibrio sulla testa del serpente meccanico e Anthurium che continuava a salire di quota. In quel momento di incertezza, per evitare di rimanere scoperti troppo a lungo i piloti di Iustitia decisero di rispondere e sollevarono la loro lancia conficcandola nelle scaglie della testa dell'Anthurium, che ebbe una reazione inaspettata.
Naho avvertì un forte dolore alla testa, proprio vicino ad un occhio, mentre tutto il corpo iniziò a scuotere come se non fosse più suo; era la prima volta che provava una sensazione simile a bordo dell'Anthurium. Si lasciò sfuggire un gemito ed ebbe l'impulso di andare a toccarsi la ferita, ma si rese conto rapidamente che la sua pelle era ancora intatta; quel dolore era ciò che provava lo Stridiosauro, arrivava dal profondo del suo cervello e non c'era modo di alleviarlo.
Mentre si passava una mano sulla fronte nel tentativo di scacciare quella sensazione orribile, gli occhi di Anthurium le permettevano di vedere Iustitia mentre estraeva la lancia dalla sua testa, saltando via proprio mentre Anthurium iniziava a cadere.
Iustitia non gli diede un attimo di tregua: mentre precipitava, scagliò nuovamente la lancia contro il serpente meccanico e questa si conficcò tra le sue scaglie vertebrali. Sfruttando il cavo della sua arma, si oscillò in aria tenendosi a distanza da un Gaia posizionato proprio sotto di lui che non aspettava che il momento giusto per colpire. Suzuko avrebbe potuto aspettare ancora un po' per rilasciare l'attacco, ma quando vide Iustitia tornare indietro ordinò a Tetsuya di fare fuoco lo stesso, sapendo che non sarebbe potuto comunque sfuggire alla gravità.
Il gas raccolto nelle sacche del Gaia esplose sollevando una colonna rovente che travolse il piccolo Stridiosauro. Il cavo non resse all'onda d'urto e la lancia si sganciò dalla schiena dell'Anthurium, facendo precipitare Iustitia che venne afferrato prontamente dai tentacoli di Gaia.
<< Preso! >> Esultò Tetsuya, preparandosi a colpire la preda con i tentacoli rimanenti. Ma Iustitia era ancora libero di muovere le braccia e parò ogni attacco delle molli protuberanze del classe Gutenberg, al punto da far spazientire i suoi avversari.
Suzuko non era il tipo da lasciarsi condizionare dalla frustrazione e quando Anthuruim atterrò con pesantezza sul campo di battaglia, decise di lanciare lo Iustitia in direzione dei suoi alleati.
<< Ojizaki, è tutto tuo! >> Urlò mentre il gigantesco serpente meccanico si ricomponeva contorcendosi e iniziava lo slancio verso gli avversari.
<< Hai capito cosa hanno fatto Yoshi e Naho? >> Borbottò tra sé e sé Kya. La mossa di Gaia l'aveva colta alla sprovvista, ma non era particolarmente preoccupata nonostante la situazione critica. Il vento che le tagliava il viso mentre il suo corpo si agitava incontrollabilmente andando incontro a una fine inevitabile per mano dei compagni che si erano alleati per sconfiggerla era solo un altro stimolo per lei. << Hanno stretto un patto con gli altri! >>
<< Non è il momento di pensare a queste cose! >> Tagliò corto Ryo, che faceva fatica a stabilizzare lo Iustitia nella caduta libera.
Proprio prima che lo Iustitia si scontrasse con l'Anthurium, Kya si stampò in viso un sorriso beffardo e sperò che la sua amica la vedesse, quindi attivò i retrorazzi un istante prima dello schianto, schivando l'Anthurium quanto bastava per passare da una situazione di totale svantaggio all'avere tutto sotto controllo.
Con uno scatto felino, Iustitia si aggrappò alle scaglie dell'Anthurium e si assicurò di restarvi saldo. Poi, ancora in equilibrio precario, si rialzò e corse verso la testa acquattandovisi sopra e afferrando con fermezza il corno del serpente. Quando sentì il terreno mancargli da sotto ai piedi Kya capì di non avere molto tempo e urlò a Ryo di dare il massimo; pur non sapendo esattamente quale fosse il suo piano, il ragazzo riuscì ad intuire i suoi pensieri attraverso la connessione e attivò di nuovo i retrorazzi, cominciando a tirare nella direzione opposta a quella che stava seguendo l'Anthurium.
La spinta dello Iustitia, unita al fastidio causato dai retrorazzi in faccia per Naho, fece destabilizzare l'Anthurium permettendo agli avversari di manovrarlo a loro piacimento, abbastanza da rendere il suo atterraggio il più caotico possibile. Dopo lo schianto Iustitia fu scaraventato lontano e Anthurium fu fuori gioco per qualche istante.
Kya prese una botta talmente forte che temette di essersi scollegata da Ryo. Le sue paure svanirono quando aprì gli occhi, tornando a vedere dagli occhi dello Stridiosauro. I sistemi erano un po' scombussolati, sembrava che Iustitia avesse qualche tipo di avaria: davanti ai suoi occhi volavano messaggi di errore che non riusciva a decifrare e tutti i suoi sensi sembravano aver smesso di funzionare per un momento, ma lo Iustitia non aveva mai perso la connessione e lei poteva continuare la battaglia.
<< Tutto a posto, Ryo? >> Domandò col tono di chi era pronto a tornare all'attacco. Il ragazzo si stava massaggiando la testa, intontito dopo aver sbattuto al sedile durante la caduta.
<< Sì… >> Rispose lui con meno convinzione. La battaglia stava raggiungendo dei livelli troppo estremi per i suoi gusti, ma non poteva deludere Kya proprio ora!
Entrambi i ragazzi alzarono lo sguardo per vedere l'Anthurium mentre si rimetteva in piedi e spariva nuovamente sotto terra, illeso.
<< Si muovono ancora? >> Sbottò incredula Kya, che pensava già di aver dato il colpo di grazia.
<< Dobbiamo farli scontrare tra loro! >> Propose Ryo a quel punto, sicuro che non ci fosse altro modo.
<< Non sarà facile. >> Mormorò Kya digrignando i denti. << Si sono coalizzati contro di noi, saranno molto cauti per non danneggiarsi a vicenda. >>
Già, era evidente ormai che Anthurium e Gaia stessero facendo gioco di squadra per sconfiggerli per primi. Kya avrebbe dovuto essere infastidita da quella cosa, ma la intrigava l'idea di doversi confrontare con due nemici nello stesso momento, e poi il fatto che quei quattro si fossero uniti per sconfiggerla le confermava il suo presentimento: riconoscevano la sua forza.
<< Andiamo! >> Esclamò. Lo Iustitia partì di corsa verso il Gaia, che continuava ad accumulare gas.
Iustitia mirò subito alla membrana che tratteneva il gas: se l'avessero bucata di nuovo, le esplosioni sarebbero diventate innocue. Ma Tetsuya questa volta fu pronto a reagire e afferrò la lancia a mezz'aria con i suoi tentacoli.
Ryo provò a riavvolgere il cavo prima che venissero tirati nuovamente in aria, ma l'avversario si mosse più rapidamente e lo Iustitia tornò con i piedi per aria. Nel tentativo di stabilizzarsi e preparare un contrattacco al volo, attivarono i retrorazzi e tesero le gambe contro l'obiettivo; se gli fossero saltati addosso in quella posizione avrebbero come minimo danneggiato la membrana del Gaia, ma a quel punto avrebbe potuto essere troppo tardi.
I tentacoli non riuscirono ad intercettare il corpo dello Iustitia, che finì dritto contro la sacca del gas. L'atterraggio fu morbido, la membrana non si bucò ma la spinta fece aprire lo sfiatatoio in cima allo Stridiosauro, liberando un po' del gas nell'area circostante.
Il colpo fece perdere al Gaia la presa sulla lancia dello Iustitia e Ryo poté finalmente richiamare a sé l'arma; nel frattempo, dal terreno ormai dissestato rispuntò l'Anthurium che puntò direttamente i due Stridiosauri in lotta. Ormai noncuranti della tregua, i piloti del serpente meccanico avevano deciso di dare il tutto per tutto in quella mossa.
Spaventati e confusi dall'improvviso avvicinamento dell'Anthurium, i piloti del Gaia innescarono la deflagrazione noncuranti del gas che si era raccolto attorno a loro. Appena Kya sentì la concatenazione di esplosioni dietro di sé, prese il controllo e sollevò drammaticamente la lancia, piantandola nella membrana del Gaia proprio sotto ai suoi piedi.
Il gas fuoriuscì dalla riserva con una pressione intensa, scaraventando in aria Iustitia mentre attorno ad esso tutto prendeva fuoco e gli Stridiosauri si scontravano tra loro. L'intera area fu avvolta dalle fiamme che dopo pochi istanti furono sostituite da un fumo scuro e fitto, mentre lo Stridiosauro più piccolo precipitava senza ormai più forze.
Il campo di battaglia rimase in silenzio, avvolto da quell'impenetrabile cortina di fumo a impedire ai coordinatori e gli altri Parasite di vederci chiaro. Erano tutti stupefatti, increduli delle prestazioni mostrate da quei sei ragazzi.
Persino i tecnici nella sala di controllo erano rimasti senza parole. Uno di loro si era distratto a tal punto da dimenticare di controllare i parametri delle connessioni dei Parasite in battaglia; fu una piccola spia lampeggiante a richiamarlo al suo dovere, portandolo a controllare la situazione di tutti gli Stridiosauri in campo. Dopo aver controllato più volte i dati, richiamò Hachi e Nana per dar loro i risultati.
 
*
 
<< No, no, no! >>
Suzuko riprovò ad avviare la connessione, ma non c'era più niente da fare: ormai il Gaia si era spento e la battaglia era persa. Non sapeva neanche che cosa fosse successo all'esterno, l'esplosione aveva fatto disconnettere lei e Tetsuya quasi all'istante; tutte le falle che aveva causato lo Iustitia saltando sulle loro teste avevano fatto estendere le fiamme a punti critici dello Stridiosauro, danneggiandolo eccessivamente, e lo scontro con l'Anthurium aveva fatto il resto, facendogli perdere la presa sui comandi.
<< Tetsuya, dobbiamo riprovare…! >> Chiamò frettolosa, ma quando si girò a cercarlo, trovò il proprio partner riverso per terra, privo di sensi.
<< Oh, no! >> Suzuko uscì dalla propria postazione e raggiunse Tetsuya incominciando a dargli qualche colpetto sul viso per tentare di farlo riprendere. Dopo che lo ebbe chiamato un paio di volte, il ragazzo sembrò riprendere i sensi.
<< S-Suzuko? >> Mormorò lo Stamen sbattendo le palpebre con insistenza. << Abbiamo vinto? >>
Lei lo guardò mestamente e tirò un lungo sospiro. Si allontanò un poco da Tetsuya per farlo respirare meglio e in quel momento il suo intero corpo si afflosciò, svuotato delle energie che l'avevano fatto andare avanti fino a quel momento.
<< No… Abbiamo perso. >> Mormorò delusa. Tetsuya continuò a sbattere le palpebre e si portò una mano alla fronte, mentre cercava di sedersi.
Non sapeva bene come reagire a quella notizia; Suzuko era visibilmente stizzita a causa della sconfitta, ma non potevano farci più niente e lui credeva di aver battuto la testa perché sentiva ancora girare la testa. Alla fine alzò una mano verso di lei e provò ad accarezzarle una guancia, ma ci ripensò all'ultimo istante. << Tu stai bene? >>
Suzuko non rispose a quella domanda, distratta dai suoi pensieri. Non che servisse una risposta, bastava guardare le sue condizioni; le continue esplosioni l'avevano portata al limite, il respiro affannoso non era dovuto solo allo spavento per Tetsuya, le faceva male la schiena e cominciava a sentire tutti i muscoli del corpo intorpidirsi, che adesso tremavano in maniera impercettibile.
<< Suzuko? >> La chiamò di nuovo lui. Il viso di lei trasmetteva malinconia, delusione.
La ragazza alzò la testa e si sforzò di piegare le labbra in un mezzo sorriso per rassicurare il suo partner, ma non ci riuscì per niente e alla fine si alzò con equilibrio precario dicendo:<< Dai, usciamo da qui. >>
 
*
 
Yoshiki si rialzò da terra e scosse la testa come se fosse appena ritornato da un'immersione. Ci vedeva doppio; la connessione era saltata in modo troppo improvviso e adesso stava avendo quei fastidiosi effetti collaterali… Andò a cercare Naho con lo sguardo; la sua partner si stava riprendendo allo stesso momento, un po' intontita ma illesa.
<< Immagino che abbiamo perso, vero? >> Borbottò lui sarcastico. Naho rise.
<< Già, missione compiuta! >>
Yoshiki non capì. Lo sguardo raggiante della compagna gli sembrò fuori luogo e le rispose inarcando un sopracciglio, visibilmente confuso; lei sembrò far finta di niente per un po'.
<< Non era quello che volevi? >> Domandò piegando la testa da un lato.
Ancora più confuso, Yoshiki la imitò. << Di che stai parlando? >>
Un po' sorpresa da quella reazione, Naho iniziò ad agitarsi pensando di aver interpretato male ciò che aveva sentito e cercò di spiegarsi.:<< E' che… Mentre eravamo connessi ho sentito qualcosa da parte tua, come se non volessi andare fino in fondo. >>
Fino a quel momento Yoshiki aveva fissato con curiosità la ragazza; adesso sulla sua fronte apparvero delle rughe più marcate e Naho capì che non fosse stata solo un'impressione.
<< C'è qualcosa che non va? Pensavo che fossi deciso ad ottenere la nomina di caposquadra… >>
Yoshiki mantenne lo sguardo basso e agitò una mano come se fosse in procinto di dire qualcosa, ma poi si interruppe e andò avanti così per un paio di volte. << Non volevo perdere. >> Disse alla fine con rassegnazione. << E' che non… Non so come potrei essere se dovessi diventare caposquadra. Immagino che la paura dell'ignoto mi abbia trattenuto… >>
<< Perché? >> La voce di Naho rimbombò con frustrazione all'interno della cabina di pilotaggio. << Hai tutto quello che potrebbe desiderare un ragazzo della tua età, sei intelligente e capace, oltre ad avere un bel carattere e ad essere impeccabilmente educato… >>
<< Bé, sul carattere avrei da ridire… >> Borbottò divertito lui tra una parola e l'altra della sua compagna. Lei ignorò il suo sarcasmo.
<< Hai tutte le qualità per diventare il caposquadra, anzi sei la persona più adatta a farlo! Perché sei così pessimista allora? Che cos'è che ti ha fatto cambiare idea così? >>
Yoshiki guardò il soffitto della cabina e rimase in silenzio, sospirando lentamente. Alla fine tornò a guardare la sua partner e le sorrise. << Chi lo sa… >> Disse archiviando quella questione. << Forse un giorno lo scopriremo. In ogni caso, quel che è fatto è fatto… Mi dispiace averti influenzata in questo modo con il mio pessimismo… >>
Yoshiki si alzò e si diede una scrollata alla tuta, poi offrì la mano alla ragazza con un sorriso sincero. Naho non capiva perché volesse mettere da parte quella discussione così in fretta; avrebbe voluto essere ancora nella connessione per poter sentire i suoi pensieri e capire cosa gli passasse per la testa, ma dovette semplicemente accettare quella situazione e prendergli la mano per uscire di lì.
All'esterno era tornata la luce abbagliante della sala di addestramento, la passerella si stava lentamente riempiendo di gente in arrivo dalla sala di controllo mentre i piloti appena usciti dagli Stridiosauri erano tutti vicini; all'appello mancavano Kya e Ryo, che ancora non erano venuti fuori dallo Iustitia.
Suzuko, vicino al proprio Stridiosauro, osservava il gigante con leggero disappunto e una grossa stanchezza negli occhi; questo sembrò ricambiare come un grande animale ferito, ma probabilmente si trattava solo dello stato d'animo di lei che si rifletteva in esso. Poi Suzuko si voltò per accogliere i compagni e congratularsi con loro per la battaglia.
<< Anche voi vi siete disconnessi dopo l'esplosione, vero? >> Domandò subito, non molto interessata a conoscere la risposta.
Naho annuì e osservò Yoshiki e Tetsuya mentre si davano delle pacche amichevoli sulle spalle.
<< Forse abbiamo sbagliato a collaborare… >> Borbottò l'altra con delusione, poi si voltò a guardare la sagoma dello Iustitia non lontano da lì. Yoshiki si avvicinò intromettendosi nella discussione.
<< La nostra tattica era quella giusta, ma Nakamura e Sato sono stati troppo forti e alla fine ci hanno messo gli uni contro gli altri. Quei due sono una vera forza della natura! >> Era un modo per dire che avevano perso più per merito dei loro avversari che per demerito loro, ma questo significava solo quanto fossero avanti quei due rispetto a loro…
Come se li avesse evocati, il portellone del classe Mohorovičić si spalancò e la ragazza dai capelli rosa uscì di corsa guardandosi intorno; non sembrava risentire minimamente della battaglia appena conclusa, mentre Ryo arrancava dietro di lei. Quando avvistò il gruppetto di piloti riunito davanti al Gaia, Kya li raggiunse di corsa e chiese:<< Chi ha vinto? >>
Ci fu sconcerto nel gruppo. Credevano fosse ovvio, ma Nakamura spiegò in tutta fretta di aver perso la connessione poco dopo dell'esplosione, quando lo Iustitia era precipitato schiantandosi.
Se le cose stavano così, allora chi aveva vinto? Avevano pensato tutti che Iustitia fosse sopravvissuto all'impatto, ma sembrava che neanche i suoi piloti avessero delle risposte.
<< E' stato uno scontro incredibile! >> Si fece sentire Hachi quando lui e gli altri Parasite furono arrivati; aveva un tono particolarmente eccitato, come un tifoso alla fine di una partita della propria squadra del cuore. Le tre coppie si voltarono verso di lui e Kya gli si lanciò contro per fargli la stessa domanda di prima.
<< Voi lo sapete per forza chi ha vinto! >> Concluse stringendo i pugni con eccitazione. Quella questione l'aveva veramente rapita, non si sarebbe data pace fino  a che non avrebbe scoperto il risultato.
Hachi e Nana si guardarono sorpresi. Anche loro pensavano che lo sapesse già, ma non vollero tenerla sulle spine più di così, quindi la donna si schiarì la voce e iniziò a spiegare:<< C'è stata un po' di confusione, tuttavia al momento dell'esplosione il Gaia e l'Anthurium si sono disattivati immediatamente. Lo Iustitia ha mantenuto la connessione quanto bastava per poter rimanere l'ultimo Stridiosauro attivo sul campo di battaglia. >>
Gli occhi della giovane si illuminarono quando sentì queste parole. << Vuol dire…? >>
<< Complimenti per la splendida vittoria, Iustitia! >>
Kya si voltò verso Ryo e lo abbracciò strillando, incapace di contenere l'eccitazione. Il ragazzo fu travolto dall'entusiasmo della sua compagna e per poco non cadde a terra nel tentativo di trattenere il suo impeto, ma alla fine fu contagiato da quell'allegria e iniziò a esultare a sua volta in compagnia della sua migliore amica, che aveva mantenuto fede al proposito dato.
Le amiche di Kya li raggiunsero per fargli i complimenti e festeggiare assieme a loro e la ragazza si voltò abbracciando tutti quanti, ancora incredula; poi si unirono ai complimenti anche Aki, Rin e Kaoru, e in pochi istanti l'intera squadra fu riunita attorno alla coppia dello Iustitia.
Suzuko però non riusciva ad essere serena. Era stata sconfitta e questo era indiscutibile, tuttavia sentiva che non fosse giusto… Fissava la sua compagna di squadra mentre festeggiava e pensava che sarebbe stato bello essere nei suoi panni, ricevere tutti quei complimenti… Invece adesso era solo un'altra sconfitta.
Come faceva Ojizaki ad essere così sereno dopo aver perso contro Nakamura? Anche lui avrebbe dovuto essere determinato a vincere, adesso invece si congratulava come se non avesse neanche partecipato…
Comunque non aveva intenzione di passare per quella incapace di accettare la sconfitta: preso un bel respiro, Suzuko sfoggiò un gran sorriso deciso e andò a fare i complimenti alla sua compagna di squadra per la sua maestria nel pilotare. In fondo, una persona tenace come lei avrebbe fatto sicuramente bene alla loro squadra.
Però la sconfitta faceva male lo stesso…

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Capitolo 28
*** La scelta del caposquadra ***


Come ultima richiesta della giornata, i coordinatori chiesero ai ragazzi di scrivere su dei fogli chi pensassero meritasse di diventare il caposquadra e perché; non si sarebbe trattato di una vera e propria votazione, ma Nana e Hachi volevano ascoltare i pareri dei ragazzi prima di prendere una decisione. Ovviamente nessuno poteva votare per sé o per il proprio partner ed era richiesta la massima onestà, in modo da poter valutare le idee dei ragazzi e ponderare per bene quella scelta.
Fu lasciato tutto il resto della giornata ai ragazzi per decidere cosa scrivere e gli fu detto di lasciare i fogli con le votazioni – che potevano anche rimanere anonime – in un raccoglitore che i ragazzi portarono con sé a Mistilteinn.
Alcuni sembravano avere le idee chiare su chi votare, altri invece ebbero più difficoltà a decidere, come se da quel voto dipendesse la loro stessa vita – e in un certo senso era anche così – e si ritrovarono a consegnare i fogli a notte fonda, poco prima di andare a dormire.
Alla mattina, dopo essersi svegliati al solito orario per prepararsi alla nuova giornata di scuola, i Parasite portarono con sé la scatola con i voti e la consegnarono ai loro istruttori e in un primo momento nessuno ci pensò più; tuttavia i giovani sapevano che quelle indicazioni avrebbero potuto essere decisive nella scelta del caposquadra e l'argomento tornò a galla svariate volte durante la giornata.
Nana e Hachi si misero al lavoro solo nel pomeriggio inoltrato, quando furono sicuri che tutti i loro studenti fossero ritornati alla tenuta.
Seduto nel suo ufficio, Hachi teneva nelle mani la foto solitamente riposta sulla scrivania: erano lui e Nana a una festa avuta luogo tantissimo tempo fa, alcuni anni dopo la sconfitta dei VIRM e la ricostruzione della società umana. Guardare le immagini di quell'epoca passata gli metteva nostalgia; allora non c'erano più pericoli, niente nemici in agguato, solo i ragazzi che avevano visto crescere e le loro famiglie. Adesso sembrava quasi di essere tornati a prima che tutto questo si verificasse…
Quando finalmente cercò la scatola dei voti, si ricordò che era stata Nana a portarla con sé, nel suo studio. Rendendosi conto di essersi distratto troppo a lungo, Hachi si alzò e attraversò a passo svelto la stanza per uscire e andare a bussare alla porta di lei.
Non dovette nemmeno attendere una sua risposta, Nana sembrava sapere già che lui fosse lì fuori e lo invitò ad entrare non appena ebbe posato le nocche sul legno. L'ufficio era molto più personale e vivace di quello di Hachi, che aveva sempre apprezzato un arredamento sobrio e minimalista: nonostante non si discostasse troppo dallo stile dell'edificio, lo studio di Nana aveva quadri astratti appesi alle pareti e vistose librerie delle quali ogni spazio orizzontale non occupato da volumi aveva cornici con dentro foto di diverse epoche, tutte raffiguranti Nana o Hachi, o entrambi, assieme ad altre persone. C'era anche una foto che sembrava essere stata scattata nello stesso giorno di quella presente sulla scrivania di Hachi, in cui i due adulti erano circondati da un gruppetto di persone più giovani, tutti vestiti a festa a divertirsi.
La foto più importante, tuttavia, Nana la teneva sulla propria scrivania: era un altro ritratto di lei e Hachi ma questa volta i due erano vestiti da cerimonia, estremamente eleganti; la donna teneva in mano un bouquet di fiori e sorrideva mentre il braccio libero si intrecciava con quello del suo compagno, che mostrava un timido sorriso nonostante l'occasione decisamente molto più festosa. Il contrasto tra la compostezza di lui e l'agitazione di lei, che con il bouquet cercava di proteggersi dai petali di ciliegio che gli venivano lanciati contro e che spiccavano sul suo lungo abito bianco, era ciò che colpiva di più in quella foto e li commuoveva sempre, riportandogli alla mente quei momenti del giorno che non avrebbero mai dimenticato nelle loro vite.
<< Sei qui? >> Fece la donna alzando lo sguardo e posando i documenti che aveva appena raggruppato. La scatola con i voti giaceva sulla sua scrivania, in attesa di essere scoperchiata.
<< Non hai cominciato? >> Domandò lui guardando la scrivania e dirigendosi a prendere una sedia. Nana sospirò e avvicinò un po' la scatola.
<< Non è qualcosa che posso fare da sola. Dobbiamo scegliere con razionalità, senza lasciarci influenzare l'uno dall'altra. >> Preso un taglierino, la donna tranciò il nastro che teneva sigillata la scatola e la aprì senza troppe cerimonie mostrando il suo contenuto: c'erano una dozzina di fogli di carta ripiegati diversamente tra loro, ammassati all'interno di quella piccola scatola marrone. Nana ne prese uno e cominciò ad aprirlo.
<< Con la speranza che non sia troppo difficile… >> Aggiunse leggendo sopra al pezzetto di carta, sbuffando con esasperazione un attimo dopo. << Cominciamo bene… >>
La donna sorrise e mostrò il messaggio al proprio compagno. Hachi strizzò le palpebre per vedere meglio e quando ebbe letto non fu troppo sorpreso di quella scritta.

Non lo so.

Strinse le spalle con fare disinteressato. Se lo aspettava.
<< Alcuni membri della squadra non sono particolarmente risoluti. C'era da aspettarsi che qualcuno non riuscisse a scegliere… >>
<< Sì, bé, speriamo che non siano tutti così. >> Tagliò corto Nana prendendo un altro foglietto di carta dalla scatola e aprendolo con attenzione; questo era stato piegato con cura in una forma che non poteva essere aperta con facilità. Chiunque lo avesse fatto, doveva tenere molto alla segretezza del messaggio.

Ojizaki è un esperto su come si guida una squadra ed è estremamente acuto.

<< Abbiamo un voto per Ojizaki. >> Annunciò passando la carta ad Hachi, che iniziò ad esaminarne il messaggio. La calligrafia ordinata gli fu familiare da subito e la riflessione sul compagno di squadra era ben ponderata e matura, nata da una mente riflessiva e schietta.
<< Questo l'ha scritto Sentakami. >> Borbottò riponendo il foglietto, sicuro di quella sua deduzione. << Ha grande rispetto dei suoi rivali. >>
<< Lo hai notato anche tu? >> Fece Nana voltandosi verso di lui mentre scartava un terzo foglietto. << E' una dimostrazione di grande maturità, secondo me; potrebbe cercare di screditarli oppure dare il proprio voto a qualcun altro per non avvantaggiare nessuno, ma invece ha ammesso senza remore che Yoshiki sarebbe un buon caposquadra. >>
Hachi annuì con negli occhi un'ombra di rammarico. In effetti, il ragazzo si era fatto notare durante le battaglie del giorno precedente, e anche in altre occasioni non inerenti alla lotta.

Ojizaki è la persona adatta a comandare, anche se è troppo presuntuoso.

Anche questa volta non era difficile capire chi fosse l'autore di quel messaggio dai toni scorbutici, e tuttavia ancora una volta i due adulti furono sorpresi dall'onestà mostrata dal ragazzo in questione.
<< Hoshi. >> Mormorò Hachi dopo che Nana gli ebbe passato il foglio, poi soffocò una risata. << Lui e Yoshiki non si sopportano proprio. >>
<< Quello che pensavo anche io. >> Sospirò la donna concedendosi un leggero sorriso. Fino al litigio che aveva coinvolto i due piloti dell'Aros, Kondō aveva trattenuto in parte le sue antipatie il più possibile, ma sembrava che queste fossero esplose la sera della fuga della Sakei e da quel momento anche Ojizaki aveva smesso di essere tanto sottile nelle sue allusioni e critiche al compagno di squadra. Era incoraggiante che, nonostante si sopportassero a malapena, almeno segretamente si riserbassero del rispetto.

Credo che un caposquadra dovrebbe essere capace di fare delle scelte anche quando questo significhi mettere gli altri prima di sé stessi e la missione, per questo voto per Matsumoto.
Ryo Sato

Sorpresi di vedere una firma tra quei messaggi, i due coordinatori non poterono trattenere un sorriso. Ryo era stato sicuramente colpito dalle gesta del suo amico durante la battaglia con l'Anthurium, quando aveva scelto di sacrificare una possibilità di vincere per tenere al sicuro la sua partner, e si trattava indubbiamente di un comportamento nobile messo in mostra dal ragazzo, ma entrambi vedevano difficile la possibilità che uno come Matsumoto potesse ricoprire il ruolo di caposquadra; per quanto abile e genuino potesse essere con i compagni di squadra, gli mancava qualcosa per essere un vero leader.
Nana aprì un altro messaggio e dopo aver letto rapidamente il suo contenuto, lo passò ad Hachi trattenendo una risata. Mentre lui leggeva, disse:<< Gli amici si guardano le spalle, eh? >>

Credo che Ryo dovrebbe essere il caposquadra perché è in grado di tenere a freno quella matta di Nakamura.
Kaoru

Hachi si portò una mano davanti alla bocca per nascondere il proprio sorriso e disse:<< Bé, non ha tutti i torti. >>
Nana infilò nuovamente la mano nella scatola e tirò fuori un foglietto arrotolato con cura che era stato schiacciato leggermente per poter passare attraverso la fessura della scatola. << Il fatto è che è difficile basarsi sull'idoneità di Sato a ricoprire un ruolo simile, quando tutte le scelte fatte dallo Iustitia sono da attribuire alla sua partner. >>
<< Pensi che Ryo non abbia voce in capitolo, quando pilotano? >> Domandò Hachi. << In quel caso i loro valori sarebbero molto più squilibrati. >>
<< Sarà… >> Borbottò Nana srotolando il foglietto e leggendo per un momento il messaggio al suo interno prima di alzare di nuovo lo sguardo. << Ma non credere che non abbia notato come, sin dalla prima connessione, il loro equilibrio sia un po' sceso dopo quell'imprevisto. >>
L'imprevisto di cui parlava Nana era la scenata messa in atto da Kya appena entrata in contatto con il proprio partner attraverso lo Iustitia: la ragazza aveva preso il totale controllo dello Stridiosauro e aveva cominciato a dire cose senza senso, prima di perdere la connessione con il mezzo. Inizialmente il loro equilibrio era arrivato a picchi del sessanta percento circa, ma dopo quell'incidente nessuno dei due aveva superato la soglia del cinquanta percento in tutte le sessioni effettuate.

Credo che il caposquadra debba essere qualcuno che non prende troppi rischi, ma che possa comunque conoscere da vicino le situazioni di emergenza, quindi voto per Rin Okagawa.

Questa volta il voto sembrava essere dettato dal tipo di approccio intrapreso dalla ragazza che pilotava l'Animus, che grazie al suo Stridiosauro poteva tenersi a distanza dai pericoli, ma essere pronta a intervenire in qualsiasi momento con la sua velocità. Chiunque fosse stato l'artefice del messaggio, aveva sicuramente studiato attentamente gli altri piloti per arrivare a una conclusione come questa.
<< Si limita a prendere in considerazione le abilità in suo possesso. >> Commentò Hachi. << In fondo, Okagawa non mi sembra possedere le doti per guidare al meglio una squadra. >>
Nana strinse le spalle. << Non è carismatica come Yoshiki o Suzuko, però credo che sia più forte di quanto pensiamo. Era estremamente decisa a dare il massimo nel test di ieri, ci hai fatto caso? E' come se volesse dimostrare di essere diversa da come l'avevamo conosciuta. >>
Hachi ripose il foglietto consegnatogli da Nana e infilò la mano nella scatola senza pensarci, estraendo un quadratino di carta che sembrava aprirsi leggermente a fisarmonica.

Sentakami ha le carte in regola per fare la caposquadra.

Diretto e conciso. Questo non poteva che essere Yoshiki. Dimostrava di rispettare Suzuko così come lei rispettava lui; questa decisione gli faceva onore.
<< A quanti voti siamo? >> Domandò Nana dopo aver ricevuto quel foglio dal proprio compagno. Hachi iniziò a fare una lista dei messaggi letti mentre lei gettava lo sguardo all'interno della scatola, dove rimanevano cinque foglietti di carta.
<< Due per Yoshiki, uno per Ryo, Kaoru, Suzuko e Rin. Più un astenuto. >> Aggiunse con un po' di ritardo verso la fine.
<< Sono più vari di quanto mi aspettassi. Pensavo che i voti si sarebbero concentrati specialmente sui tre finalisti del torneo. >> Commentò Nana.
<< Loro si conoscono meglio di quanto li conosciamo noi, anche fuori dalla sala di controllo. >> Le ricordò lui. Nana gli puntò un dito contro con aria di complicità e scartò un altro messaggio.

Kya mi ha sempre sostenuta. Mi fiderei ciecamente di lei.

Un altro messaggio che non aveva bisogno di una firma. Era ovvio che quello fosse stato scritto da Momo, la ragazza che più di chiunque altro aveva legato con Nakamura in quei primi mesi di convivenza. Nana fu colta da un moto di malinconia ripensando a quanto lei e il suo compagno avessero ignorato la situazione della ragazza, pensando che i problemi legati al suo rendimento a bordo dello Stridiosauro fossero dovuti a dati impersonali che per quei giovani non avrebbero potuto significare niente.
La rincuorava il pensiero che Momo avesse deciso di incontrare una psicologa dopo la sua disavventura nel bosco dove aveva motivo di credere che lei e Kondō avevano avuto l'occasione di scambiare qualche opinione, e dopo di quello entrambi avevano mostrato di voler continuare ad essere partner. I loro livelli di compatibilità erano tornati alti ed entrambi sembravano più sereni, ma sia lei che Hachi non potevano sapere quanto a posto fossero con le loro coscienze e i loro pensieri.
<< All'opposto di quello di prima, questo voto sembra essere dettato esclusivamente dai sentimenti. >> Commentò dubbioso Hachi, destando Nana da quei suoi pensieri.
<< Che vuoi dire? >>
L'uomo si grattò il mento con aria pensierosa. << Abbiamo detto che il voto per Rin sembrava concentrarsi solo sull'aspetto tecnico del rendimento della ragazza. Qui invece viene menzionato solo il lato umano di Kya. >>
<< E credi che questo sarebbe un problema? >>
Buffo che stessero discutendo proprio di lei riguardo a quell'argomento. Dopo una vita passata a cercare di diventare umana, la persona che le somigliava di più adesso sembrava essere estremamente sensibile, tanto da essere ricordata dai suoi compagni di squadra per quella qualità tra tutte.
I due adulti si fissarono in silenzio per qualche istante, entrambi i loro volti congelati in delle espressioni mute. Perché stavano parlando di quella cosa? Era rilevante alla scelta del caposquadra oppure era un capriccio delle loro menti, che continuavano a cercare un collegamento?
<< Prossimo. >> Chiuse in modo sbrigativo la discussione Nana, prendendo un altro foglio dalla scatola e leggendolo ad alta voce.

Yoshiki è la persona adatta a ricoprire questo ruolo. Sembra che non gli importi niente dei suoi compagni, ma non è così.

Non aveva certo usato giri di parole, chiunque avesse scritto quel messaggio. Decisamente, si trattava di qualcuno che conosceva bene il ragazzo in questione, che aveva già racimolato tre voti da parte dei suoi compagni di squadra. Era interessante vedere come in tre voti, fossero state date motivazioni diverse per giustificare quella scelta; Ojizaki si confermava una persona veramente complessa.
<< Cosa ne pensi? >> Domandò Hachi osservando l'espressione di Nana. Le erano comparse delle rughe sulla fronte a delineare quanto fosse combattuta, ma quando alzò lo sguardo verso di lui quelle rughe erano sparite dietro a un volto che fingeva di non avere alcun dubbio.
<< In molti pensano che Yoshiki sia adatto a ricoprire il ruolo. Cosa dovrei pensare? >> Provò a fingere, ma lo sguardo severo di Hachi le fece mollare quella recita e alla fine si arrese.
<< E' per quello che ci ha detto lui. >> Ammise. << Lui stesso era estremamente determinato a fare bella figura all'esame, ma anche se tutti quanti pensano che sia il più adatto e anche se i risultati continuano ad essere positivi, non si sa mai se… >>
<< Se quella possibilità possa avverarsi. >> La precedette Hachi, mostrando di aver pensato la stessa cosa. Nana annuì amareggiata.
<< E se questo dovesse succedere, magari nel bel mezzo di una operazione, chissà cosa potrebbe succedere alla squadra… >> Esitò, sapendo di star amplificando irragionevolmente i dubbi, rendendoli paure esponenziali e prive di fondamenti. Tuttavia Hachi comprendeva bene quella sua preoccupazione.
<< Quindi è fuori dalla scelta? >> Domandò, provocando l'immediata reazione della donna.
<< Non voglio rimuoverlo dalla lista semplicemente per quello! >> Protestò. << Questi messaggi provano che Yoshiki è una persona che tiene ai suoi compagni, che sa quello che fa quando agisce anche se le sue azioni possono sembrare oscure… Penso che dovremmo comunque tenerlo in considerazione, ricordando però la sua condizione. >>
Hachi annuì pensieroso, conscio di non avere idee migliori.

Suzuko è capace di offrire sostegno morale anche quando la situazione sembra disperata e cerca sempre di trovare una soluzione ai problemi.
Rin

Un'altra analisi impeccabile, questa volta firmata, diretta alla Sentakami che mostrava di essersi fatta notare non solo dai coordinatori. Ancora una volta non era chiaro quanto queste considerazioni fossero dettate dai sentimenti dei ragazzi – in questo caso Rin e Suzuko erano amiche da quando si erano conosciute – e quanto da ciò che questi avessero mostrato in azione, ma per la seconda categoria bastava anche che li avessero osservati i coordinatori; qui però era molto interessante vedere come Rin avesse menzionato il "sostegno morale" della sua compagna, cosa che nelle sessioni di addestramento non era facile notare.
Hachi si ricordo di quando Yoshiki era andato da loro per parlargli della questione dei due fratelli Okagawa, accennando a come in un primo momento Rin si fosse affidata alle sue amiche per trovare una soluzione a quel problema. Era possibile che la ragazza si riferisse a questo, con il suo voto.
<< Non c'è molto da aggiungere… >> Commentò posando il foglietto. << Sentakami è senza dubbio una delle persone più portate a ricoprire questo ruolo. >>
Nana era d'accordo. Non solo aveva dimostrato una tenacia invidiabile sin dai primi test con il Gaia, quando non possedeva un ottimo equilibrio con il proprio partner, ma era anche una persona capace di pensare immediatamente a come risolvere un problema e nel frattempo coordinare le operazioni.
Nella scatola restavano due foglietti. Nana e Hachi li raccolsero contemporaneamente, ma l'uomo attese ad aprire il suo e lasciò che lei leggesse per prima.

Credo che Sentakami sia la persona più adatta a coprire il ruolo di caposquadra, è intelligente e sa come comportarsi al comando.

Ancora una volta, un'altra analisi chiara e incontestabile sul perché la giovane Sentakami fosse una delle scelte più probabili per quella carica. Era quasi ripetitiva, soprattutto se letta subito dopo quella di Rin, ma era anche vera.
Hachi sorrise dopo che Nana ebbe girato il foglietto verso di lui e iniziò a scartare l'ultimo messaggio.

Rin è forte, e i forti meritano di comandare.
Kya

Hachi pensò che fosse estremamente realistico che proprio Nakamura avesse scritto una cosa del genere. Pensava che ci fosse di più dietro a quel ragionamento, ma l'idea di base era che – forse durante lo scontro tra l'Animus e lo Iustitia – qualcosa di Okagawa aveva colpito la ragazza talmente tanto da farle decidere di votare per lei.
Nana si lasciò sfuggire una risata sommessa quando lesse il messaggio. << Terribilmente schietta. >> Commentò. Già, talmente schietta da somigliare un po' troppo a qualcuno di loro conoscenza. Hachi non stava ridendo più.
I deboli muoiono. Tutto qui.
Quella frase tornò in mente a entrambi e sotto gli occhi seriosi di Hachi, anche Nana cambiò espressione. Avevano assistito in prima persona a quando Zero Two aveva pronunciato quelle parole, dura e totalmente estraniata di fronte a un Parasite che la accusava per la morte della sua partner. Le parole usate da Kya erano troppo simili perché quello potesse essere un caso.
Ma nessuno aveva detto che lo fosse, no?
<< Smettila! >> Protestò Nana scuotendo la testa. Hachi la fissò imbambolato. << Abbiamo detto che ci saremmo concentrati su di loro, su ciò che sono in questo momento, e non ci saremmo lasciati influenzare da ciò che ci ricordano! >>
Hachi avrebbe voluto dire che, nonostante il loro proposito, non potevano ignorare il fatto che si somigliassero parecchio… Ma alla fine tenne la bocca chiusa e lasciò andare il foglietto che aveva letto.
Ci fu silenzio per alcuni minuti. Nana con le braccia conserte guardava verso una finestra e faceva muovere una gamba con nervosismo; Hachi fissava il retro della cornice sulla scrivania della sua compagna, costernato. Alla fine ritrovò il coraggio per parlare.
<< Scusa. >> Disse a bassa voce. << Hai ragione. Non importa quale sia la causa di queste circostanze… Noi abbiamo dei ragazzi da crescere e non possiamo distrarci con questi misteri. >>
Nana lo guardò dall'alto in basso, lo sguardo severo durò solo per un momento. Alla fine le sue labbra si incresparono e si sporse un poco per accarezzargli una guancia; un gesto di affetto, così raro quando dovevano mostrarsi in pubblico, tanto piacevole e benvoluto quando restavano soli.
<< Lo so che è più forte di te. >> Borbottò Nana. << Però abbiamo cose più importanti di cui preoccuparci. Cerchiamo di non perderci in ogni piccolo dettaglio, okay? >>
Lui annuì come un cucciolo che voleva altre carezze, quindi si alzò dalla sedia e cambiò nuovamente espressione. << Dunque che si fa? Chi scegliamo come caposquadra? >>
Anche Nana cambiò radicalmente il tono di voce e piantò i gomiti sulla scrivania per poter poggiare il mento sulle proprie nocche. << Non lo so. Abbiamo un gran numero di voti per Yoshiki e Suzuko, ma anche Rin si è fatta notare. La scelta più ovvia, almeno guardando questi messaggi, sarebbe tra loro tre. >>
<< Ma? >>
Nana increspò le labbra. Perché doveva sempre incalzarla in quel modo? << Ma non ne sono sicura. Abbiamo già parlato di Ojizaki e non sono sicura che questa decisione possa funzionare; restano sempre Sentakami e Okagawa, ma una si ritrova a pilotare uno Stridiosauro che la costringe a rimanere nelle retrovie e a non commettere nessun tipo di errore, mentre l'altra ha ottime capacità e un ottimo legame con il proprio partner, ma manca della forza necessaria a guidare una squadra. >>
<< Forza? >> Domandò Hachi afferrando istintivamente il foglietto con su il messaggio di Nakamura.
<< Lo so cosa stai dicendo, ma sai bene anche tu che il suo Stridiosauro non è particolarmente potente. >>
<< Adesso è una questione di potenza? >>
Nana alzò le mani e mosse le dita come se volesse afferrare Hachi. Sembrò in difficoltà mentre liberava una smorfia. << Perché devi ribattere a ogni mia parola? >>
<< E' il mio lavoro. >> Ghignò lui. << Così come è anche il tuo. Dobbiamo spronarci a riflettere per raggiungere la soluzione migliore. >>
Nana sbuffò e girò la testa di lato; aveva ragione, ma in quel modo finiva per confonderla ancora di più. Rimase in silenzio per un attimo a riflettere per conto suo. Poi, quando ebbe trovato un'idea abbastanza convincente, decise di esporla al suo compagno.
<< Mettiamo da parte per un momento il criterio logistico. >> Disse, e mimò un movimento con le braccia come per spostare qualcosa. << Ricordi Ichigo? >>
Hachi inarcò un sopraciglio. Cosa c'entrava adesso la caposquadra della Squadra 13 con quella storia?
<< Ichigo era brava, intelligente, geniale e carismatica. Ma anche lei aveva un problema, e quel problema era Zero Two. >> Continuò Nana assicurandosi che Hachi la stesse seguendo. << Quelle due non sono mai andate d'accordo: Ichigo voleva ordine e Zero Two sembrava fare di tutto per farle perdere la testa! Perché Zero Two era così ingovernabile? >>
Hachi aprì la bocca ma non emise alcun suono. Perché non era completamente umana, sarebbe stata la risposta più ovvia, ma preferì tacere.
<< Perché era troppo emotiva. Si lasciava andare alle sensazioni della battaglia, a ciò che desiderava in quel preciso istante; una persona così non può vivere dentro alle regole, piuttosto se le crea da sola!
<< Noi abbiamo un paio di elementi come Zero Two all'interno di questa squadra: Kya e Kaoru, ma potremmo anche metterci Hoshi, a cui non piace farsi sottomettere. >>
<< Stai pensando di dare a loro il comando in modo che seguano le proprie regole? >> Domandò incredulo Hachi. Quel tipo di azzardo era troppo irrazionale anche per lei, e Nana doveva sapere bene di stare facendo una scommessa assurda in quel momento.
Nana alzò un dito. << Una persona sola. Uno solo di loro può avere il comando, una persona che tutti quanti rispettano e si faranno andare bene. Kaoru non ha la stoffa per comandare, quindi è fuori questione, mentre Hoshi è troppo indeciso e farsi carico dell'intera squadra dopo aver patito tanto la responsabilità di una sola persona lo farebbe crollare. >>
<< Quindi vorresti darlo a Nakamura? >> Domandò Hachi, che aveva capito in anticipo dove volesse arrivare ed era in parte preoccupato da quell'idea.
<< Kya ha cuore. E' carismatica. Ha le abilità cognitive per elaborare una strategia e quelle fisiche per attuarla. E' matta da legare, come dice Kaoru, ma proprio per questo è rispettata da tutti! >> Lo sguardo di Nana si illuminò per un momento, gli occhi di chi era completamente rapito dalla sua stessa idea.
<< Allora perché non diamo quel ruolo a Ryo? >> Domandò Hachi. << Kaoru ha votato per lui, e sono sicuro che Kya lo ascolterebbe senza problemi. >>
<< Ma a Ryo non interessa comandare. >> Disse nana con un leggero sorriso. Lo aveva osservato bene, come tutti del resto; sia a lezione che durante i loro test, Ryo si era sempre limitato a fare la propria parte, impegnarsi al massimo sì, ma senza eccedere e senza mai mettersi in mostra. Kya, invece, era sempre pronta a sbandierare le sue qualità e raccontare di sé; era simile a Suzuko per quel verso, però sembrava molto più spontanea di lei. Hachi si incupì.
<< E Rin? >> Domandò l'uomo alzando una mano, perplesso. << Kya ha detto che è forte, che merita di comandare. Pensi che non la ascolterebbe? >>
<< Ma Rin non ha esperienza da leader. Kya invece è dominante per natura! >> Rispose in fretta la donna. << Con lei al comando non dovremmo preoccuparci di difficoltà di comunicazione e azioni individuali perché è su quello che si baserebbe la sua strategia. >>
<< E siamo sicuri che sarebbe la scelta giusta? >> Domandò Hachi incrociando le braccia. Nana trattenne il respiro.
Era la scelta giusta dare il comando della squadra a Nakamura, oppure si stava facendo condizionare dal suo legame con Zero Two, qualunque esso fosse?
I due adulti rimasero a fissarsi, incerti sul da farsi. Le somme erano state tirate, i candidati si erano messi in mostra e ora spettava a loro la decisione; da quel momento, qualunque cosa fosse scaturita dalla loro scelta, ne sarebbero dovuti essere responsabili.
 
*
 
La notizia arrivò la mattina seguente, quando i ragazzi erano già tra i banchi in attesa di cominciare le lezioni. Nessuno lo ammise, ma erano già un paio di giorni che l'intera squadra era in fibrillazione, in attesa di conoscere chi avrebbe preso il ruolo di leader; ormai i tempi erano maturi e i Parasite sarebbero rimasti delusi se, finita la giornata scolastica, i loro coordinatori non avessero comunicato ancora un nome.
Fortunatamente, i ragazzi non dovettero aspettare oltre. Appena Nana e Hachi fecero il loro ingresso nella classe, dopo i consueti saluti, annunciarono di avere preso una decisione.
<< Non è stato facile. >> Ammise Hachi poggiandosi alla scrivania. << Vogliamo prima di tutto ringraziarvi per i vostri voti e le vostre accurate analisi. >>
<< Grazie ai vostri messaggi ci siamo resi conto che questa decisione non sarebbe stata solamente una formalità, ma anzi una vera e propria scelta cruciale per l'avanzamento della squadra. La scelta del caposquadra non dovrà in alcun modo farvi credere di essere subordinati a qualcuno in particolare, ma aiuterà a indirizzare le scelte della squadra verso una direzione che potrà essere condivisa il più possibile da tutti, grazie a qualcuno dalle grandi doti di comunicazione e un buon carisma su di voi. >> Disse Nana, riprendendo il discorso del suo partner. << E assieme alle doti alla guida di questa persona, siamo sicuri che la squadra riuscirà a sviluppare le migliori strategie in ogni situazione. >>
Consci della fibrillazione dei ragazzi nella classe, i due adulti non persero altro tempo e decisero di annunciare finalmente il nome della persona che avrebbe guidato la squadra da quel momento. Nana sfoggiò un ampio sorriso e la cercò tra i banchi.
<< Kya, da oggi sei tu la caposquadra. >> Disse sorridendole, mandandole un piccolo cenno per farle capire di aver vinto quella lotteria. Lo sguardo della ragazza, dapprima distratto, si fece incredulo e Kya spalancò gli occhi come prima reazione.
Nella classe ci fu sorpresa, ma tra tutti si levarono subito le congratulazioni delle amiche di Nakamura, più quelle di qualcuno dei ragazzi. Kya dovette guardarsi intorno e capire che fossero tutti rivolti verso di lei per rendersi conto finalmente di aver capito bene; dopo qualche istante iniziò a strattonare Ryo al suo fianco, esultando quasi sul punto di mettersi a piangere dall'emozione.
<< E' tutto vero, Ryo? E' successo davvero? >> Continuava a chiedere mentre il suo partner rispondeva debolmente, non riuscendo a trovare un momento per prendere fiato e parlarle faccia a faccia.
<< Grazie! Grazie a tutti! >> Disse infine Kya voltandosi verso le persone che la stavano acclamando. Ormai si erano messi tutti a batterle le mani, alcuni tra loro sorpresi di quel risultato ma comunque d'accordo con la decisione. << Giuro che non vi deluderò! Non vi pentirete di aver scelto me! >>
Per quanto Kya fosse sempre stata sfacciata, si ritrovò ad arrossire e dovette prendersi un attimo per ricomporsi, in attesa che gli applausi finissero. Quando fu poi tornata la calma, Hachi e Nana conclusero di spiegare quali fossero i compiti del caposquadra, che variavano dal tenere unita la squadra durante le missioni al farsi carico di scelte anche estremamente difficili quando necessario ed essere un tramite con loro due in situazioni particolari.
<< Ancora non riesco a credere di essere stata scelta, in tutta onestà. >> Ammise la ragazza dopo che ebbero finito i due adulti. << Miravo a questo, è vero. Ma dare il massimo per ottenere qualcosa e riuscirci per davvero sono due cose diverse… Io sono lusingata della fiducia che avete deciso di riporre in me… >>
<< Non c'è bisogno che tu ti senta sotto pressione. Continua a fare quello che hai fatto: sii te stessa, è questo che ti ha fatto arrivare fin qui. >> Le disse Hachi con un sorriso paterno che sorprese tutti nella stanza.
Ancora commossa, Kya ringraziò nuovamente i due adulti e fece una riverenza anche ai suoi compagni di squadra, che da quel momento si sarebbero affidati a lei. Sembravano tutti felici di quella scelta, ma inevitabilmente chi aveva sperato di venire eletto non poteva serbare un minimo di risentimento; fu per questo forse che Nana rimase a osservare con attenzione il resto della squadra mentre applaudivano Nakamura, e notò quindi una luce quasi impercettibile di disappunto nello sguardo di Sentakami.
 
*
 
Di ritorno a Mistilteinn Kya ancora non riusciva a credere di essere diventata la caposquadra. Solo ora il suo cuore stava rallentando, carico delle emozioni che la sua elezione aveva portato.
Aveva dimostrato di poter veramente raggiungere i suoi sogni, se ci metteva anima e corpo con tutta sé stessa; se era stato così facile ottenere quell'incarico, allora qualunque cosa era alla sua portata… Chissà, forse persino Ryo l'avrebbe notata finalmente.
La voce di Momo la tirò via da quel groviglio di pensieri che le si era formato nella mente, facendole abbassare lo sguardo che aveva tenuto fisso sul soffitto.
La ragazza rise. << Non mi hai sentito, vero? >> Domandò divertita.
Kya si tirò su e lasciò pendere le gambe dal bordo del letto. << No, scusa. >> Disse imbronciandosi. Momo non sembrò infastidita.
<< Ho detto: "ti va di andare a fare una passeggiata?" >> Ripeté, questa volta vedendo il sorriso della sua compagna allargarsi a quella proposta.
Kya saltò giù dal letto e si mise al suo fianco prendendole il braccio. Mentre uscivano, Momo le sussurrò che era molto contenta che fosse stata scelta lei come leader. Kya era ancora scombussolata: normalmente rispondeva ai complimenti con naturalezza, ma questa volta si ritrovò a ridere sommessamente, non riuscendo a trovare le parole giuste per rispondere, e assieme alla sua amica uscì di lì per andare a cercare Naho.
Nella stanza accanto alla loro, l'atmosfera era decisamente più calda. Nonostante avesse accolto la decisione dei coordinatori, Suzuko si stava finalmente lasciando andare alla frustrazione; non voleva andare contro a una scelta dei due adulti che sicuramente avrebbero avuto le loro ragioni per scegliere Nakamura, ma dopo tutto l'impegno che aveva messo nel migliorarsi e dopo aver dimostrato di essere capace di essere una leader, non riusciva ad essere d'accordo con quella decisione. Non solo aveva dimostrato la crescita più esponenziale all'interno della squadra in proporzione ai risultati iniziali, ma le sue capacità di pensiero critico e la sua freddezza nelle situazioni delicate le permettevano di prendere le decisioni migliori per la squadra in ogni occasione, e messa a confronto con l'irruenta Kya, che sembrava sempre agire di istinto e che si preoccupava solo in seguito delle conseguenze, le sembrava incredibile che non avessero scelto lei, o come minimo una persona come Ojizaki.
Alla fine, sul piano fisico non aveva speranze contro di lei; anche pilotando lo Stridiosauro, Kya disponeva di molta più mobilità che in battaglia le permetteva di agire più in fretta e di partecipare più attivamente agli scontri, ma Suzuko credeva che la scelta dei coordinatori non fosse stata del tutto lucida. Avevano voluto una guerriera al posto di una stratega, il che poteva anche essere comprensibile fino a un certo punto, ma le sembrava assurdo che fosse bastato vederla in battaglia per decidere chi fosse più adatto a comandare.
Nakamura piaceva a tutti nella squadra, era una persona espansiva che si faceva spazio nelle vite degli altri anche quando questi non volevano; lei era più riservata, ma era capace di dare ordini e prendersi le sue responsabilità quando necessario… Temeva che l'altra invece avrebbe finito per portare il caos all'interno della squadra con il suo carattere.
Era stata a lamentarsi di quello con le altre, che come loro erano rimaste perplesse della scelta; in particolare Rin, che era stata sconfitta direttamente da Nakamura, perdendo la possibilità di mostrare il proprio valore nella battaglia a tre.
<< Mi dispiace molto che tu non abbia potuto partecipare. >> Commentò Suzuko poggiandosi alla finestra, quando Rin ebbe ricordato quel dettaglio. << Credo veramente che avessi le carte in regola per impressionare tutti. >>
<< Sì, la mia sfortuna è stata incontrare proprio Kya lungo il mio cammino… Ma credo che avrei potuto comunque fare ben poco contro di te e l'Anthurium. >>
Quello non era da lei: fino al momento della sfida Rin era stata sicura di sé e pronta a tutto, anche dopo la sconfitta si era mostrata combattiva riprendendo il fratello per i suoi errori. Adesso invece era diventata improvvisamente disfattista?
<< Non dovresti pensarla così. >> Provò a intervenire Aiko, che non sapeva bene come comportarsi in quella situazione; anche lei aveva sperato di farsi notare durante i test, ma diversamente dalle sue amiche non aveva mai creduto di avere molte chance di essere eletta. << Anzi, ti sei fatta valere contro la persona che alla fine ha vinto il torneo. Se ci pensi, è un gran risultato! >>
Rin apprezzò il tentativo di Aiko di tirarla su di morale, ma non si sentì tanto meglio. Suzuko invece sembrò approfittare di quello per rispondere con ancora più veemenza.
<< Sì, bé, un'ingiustizia è pur sempre un'ingiustizia! >> Strinse il pugno con intensità e si voltò a guardare entrambe le ragazze, sorprese. << Nakamura è una persona estremamente egoista e poco adatta a ricoprire il ruolo di cui è stata investita. >>
Ci fu silenzio per un attimo, la passione della ragazza aveva di certo colpito le sue compagne di stanza, che non seppero come reagire.
<< Ma… Nana e Hachi hanno scelto lei ormai. Cosa pensi di fare ora? >>
Suzuko si voltò portandosi una mano al mento e osservò fuori dalla finestra con aria interessata, come se stesse riflettendo molto profondamente.
<< Adesso niente. >> Rispose infine. << Mi ha battuta e gli adulti hanno ritenuto sensato farla caposquadra, quindi così sarà. Però la terrò d'occhio attentamente, per assicurarmi che sia idonea a quel ruolo. Nakamura sembra non avere nient'altro per la testa se non il suo caro Ryo, e io non voglio che il destino dell'umanità venga tenuto in mano da lei. Se commetterà un errore o comincerà a dare segni di cedimento, allora sarò pronta ad attaccare! >>
Quelle parole così decise da parte della loro compagna quasi misero paura ad Aiko e Rin, e le due ragazze non poterono che preoccuparsi all'idea che, all'interno della loro squadra, si sarebbe formata una spaccatura dovuta a scarsa fiducia e incomprensioni.

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Capitolo 29
*** L'inizio della guerra ***


Hachi si abbandonò alla poltrona e si massaggiò la fronte, esausto. La debole luce della lampada sulla scrivania illuminava a malapena i documenti che era rimasto a scrivere e revisionare, posti vicino alla pila di quelli che aveva dovuto leggere e approvare per la commissione dell'I.P.U. Le sue ricerche non avevano ancora avuto risultati, quindi lì in mezzo non avrebbe trovato risposte, ma leggeva comunque tutto quello che si trovasse davanti con fare ossessivo.
Sentiva di avere poco tempo, il che era paradossale per una persona il cui tempo era letteralmente infinito. Quattro mesi erano passati in un attimo e adesso si ritrovava a pregare perché ci fosse qualche giorno in più, anche solo qualche ora di preparazione in più…
In fondo, perché avrebbe dovuto essere così sicuro delle previsioni degli Stridiosauri? Loro non avevano modo di sapere cosa stesse succedendo al di fuori del loro pianeta; magari avevano sbagliato data…
Questo ragionamento avrebbe potuto funzionare quattro mesi fa, non ora. Su quei fogli appena firmati sulla sua scrivania c'erano i rapporti degli astronomi di tutto il mondo che avevano tenuto sotto controllo i cieli per mesi, e tutti riferivano la stessa cosa: i VIRM stavano arrivando. Fino a poco tempo prima era stato difficile esserne sicuri al cento percento, ma una volta superata la cintura degli asteroidi era arrivata la conferma che una flotta di ricognizione VIRM stesse per raggiungere la terra; ci avrebbero messo pochi giorni con la tecnologia di cui disponevano, e arrivati là avrebbero dispiegato le loro forze su tutto il pianeta.
Una prima offensiva generalizzata, decisa a mandare un messaggio più che a creare danni veri e propri: volevano che l'umanità sapesse che quegli esseri che li avevano soggiogati un millennio prima stavano tornando a finire il lavoro.
Hachi si alzò di scatto e raggiunse la finestra, fermandosi ad osservare la vista sul lago che circondava l'edificio. Fu tentato dall'uscire, fare una passeggiata nel parco per distendere i nervi, svuotare la mente per pochi minuti, ma rimase concentrato; perdersi in leggerezze come queste non era da lui, specie alla vigilia di una missione così importante.
Avrebbero finalmente ricevuto le risposte che cercavano, ovvero se i ragazzi che avevano scelto sarebbero stati all'altezza delle aspettative; lui ne era certo, non poteva essere in alcun modo dopo aver visto tutto quello che erano riusciti a fare quei ragazzini.
Chiuse gli occhi ripensando a Nakamura, Sato e allo Iustitia. Aveva promesso a Nana che non si sarebbero lasciati distrarre da tutte quelle coincidenze, ma non poteva smettere di pensarci pur volendo; adesso avevano anche scelto Kya come caposquadra, sembrava veramente tutto girare attorno a loro… Oppure erano loro, i due adulti che dovevano occuparsi di loro, a far girare tutto attorno a quei ragazzi?
Un rumore in arrivo dal comunicatore portatile che aveva lasciato sulla scrivania lo fece trasalire. Chi poteva cercarlo in quel momento, nel cuore della notte? L'ologramma attivo mostrava un messaggio: "CONNESSIONE A IDENTIFICATIVO SCONOSCIUTO."
Un fascio di luce violetta si aprì dal basso facendo sparire il messaggio di prima; non comparve nessun ologramma, però era udibile un leggero ronzio di fondo a segnalare che ci fosse qualcuno in attesa dall'altra parte.
Ci fu silenzio ancora per un po', poi una voce distorta fece aumentare i battiti cardiaci di Hachi.
<< Lo so che sei lì, ti vedo perfettamente. >>
L'uomo deglutì un momento prima di fare qualche passo in direzione della scrivania. Aveva riconosciuto quella voce, non avrebbe mai potuto dimenticare quanto fosse irritante e come fosse capace di gelargli il sangue nelle vene in un attimo.
<< Il tuo segnale vitale è riconoscibilissimo anche dopo tutti questi anni. >>
<< Padre. >> Disse con tono aggressivo, ma mantenendo uno sguardo tranquillo. << Non credevo che avrei mai più sentito la vostra voce. >>
La voce dell'alieno arrivava a fatica al comunicatore di Hachi; era già incredibile che fosse riuscito a mettersi in contatto con il comunicatore di Hachi, e inoltre il segnale aveva dovuto viaggiare da un punto lontano nello spazio prima di agganciarsi a lui.
<< Ci chiami ancora in quel modo? >> Fece la voce con tono ironico. Hachi non sapeva come altro chiamarli, in fondo era sempre stato quello il loro nome. La differenza era che tutte quelle voci che Hachi aveva imparato ad attribuire a individui diversi, adesso sembravano essersi unite, parlavano una sopra all'altra e all'unisono, dando l'impressione di star parlando con una folla di gente. << Ti abbiamo condizionato talmente bene? >>
<< Avete una bella faccia tosta a farvi rivedere! >> Disse trattenendo a stento l'astio nella voce. << Non eravate morti? >>
La voce non notò minimamente la rabbia montare su di lui e rispose come se avesse tutto sotto controllo. << Può mai morire un'entità condivisa e interconnessa, anche se priva di un corpo e di un mondo a cui tornare? >>
Parlava per indovinelli? Era decisamente il vecchio Padre, quel saccente e borioso personaggio che non faceva che nascondersi dietro a una maschera d'oro, riempiendosi la bocca di parole di elogio per quelli che mandava a morire per un ideale incomprensibile.
<< Abbiamo subito un duro colpo, umano. Ma la nostra razza è forte, ci siamo ripresi in tempi record anche dopo aver perso il nostro pianeta. >>
<< Quello è stata colpa vostra. >> Reagì Hachi, sentendo un moto di orgoglio. << Avete scherzato con la gente sbagliata! >>
Una risata, o qualcosa che vi somigliava arrivò attraverso i piccoli altoparlanti del comunicatore di Hachi e gli raggelò il sangue. Era un suono così privo di umanità che sarebbe stato difficile attribuirlo a qualunque cosa esistente.
<< Su questo devo darti ragione. Il nostro piano avrebbe funzionato alla perfezione se solo non avessimo incontrato degli esseri così testardi. Quei sentimenti di cui andavate tanto fieri alla fine vi sono tornati utili… >>
<< Che cosa volete? >> Tagliò corto Hachi. Dover sentire parlare quell'essere disgustoso era già abbastanza fastidioso senza che continuasse a sminuire tutto ciò che rappresentava. La voce tremò per un momento quando il VIRM riprese a parlare.
<< Stiamo venendo a prendervi, umani. Non importa quale risposta abbiate preparato o quanti nemici dovremo affrontare; avete distrutto la nostra casa e ci avete costretti a ricominciare da zero, e ora stiamo venendo a restituirvi il favore. Non ci fermeremo finché ogni singolo umano non sarà stato sterminato; la nostra missione non è più l'assimilazione, ma l'annientamento totale. E quando avrete finito di dimenarvi e non sarete altro che polvere, toccherà agli Stridiosauri che hanno lottato al vostro fianco.
<< Non aspettatevi di poter vincere, non sperate nella pace tra le nostre razze. Non potete ucciderci, noi non ci fermeremo mai, quindi non avete altra scelta che arrendervi al vostro destino.
<< Ma… Se proprio siete decisi a combattere, allora fate in modo di rendere la cosa divertente. >>
Senza aspettare la risposta dell'umano, la connessione si interruppe e la luce violetta dell'ologramma si estinse. Hachi rimase in silenzio, al buio nel suo studio, lo sguardo fisso in una smorfia di disappunto. Così si erano fatti vedere semplicemente ostentare la loro superiorità e mettergli pressione? Era ovvio che sarebbero stati così sicuri di sé, ma non si aspettava che sarebbe stato contattato direttamente dai VIRM. Per loro mettere paura negli umani era tanto più importante che sfruttare un ipotetico effetto sorpresa?
Credeva di aver agito bene, ma era sicuro che le sue parole non avessero impressionato gli alieni mentre questi stavano già gongolando all'idea di avergli incusso il terrore necessario a farlo cedere; ma non lo conoscevano abbastanza, e soprattutto non conoscevano la sua squadra!
 
*
 
La nave madre della flotta di ricognizione VIRM si era divisa in tante piccole unità che si erano sparse per il globo, atterrando un po' ovunque sulla Terra. Le squadre Parasite erano state allertate per tempo e dispiegate ognuna nelle zone di atterraggio previste; alcuni avrebbero operato assieme unendo le forze a causa della loro posizione, altri avrebbero dovuto contare solo su sé stessi.
Kya scrutò il cielo con disappunto vedendo sbucare dalle nuvole la nave viola che confermava l'arrivo degli alieni nella zona. Pur essendo nel corpo dello Iustitia, si sentiva immensamente piccola di fronte a quella nave; forse la vista da uno Stridiosauro come il Gaia o l'Aros sarebbe stato diverso, ma era sicura che anche i suoi compagni di squadra provassero quella stessa sensazione.
Era dall'inizio di quella giornata che non riuscivano a trattenere la propria ansia. Già al risveglio quella mattina sapevano che avrebbero dovuto affrontare i loro nemici; la connessione era andata senza problemi, anche meglio del solito perché nessuno era abbastanza concentrato per accorgersi dei soliti fastidi che si presentavano alla guida degli Stridiosauri. Tuttavia, quel subbuglio nello stomaco che aveva colto almeno metà dei ragazzi faticava ad andarsene anche dopo essere arrivati fin lì.
Era la prima vera prova per loro, ormai non si poteva più tornare indietro; era naturale sentirsi tesi. Hachi aveva provato a fargli un discorso motivazionale prima di salire a bordo degli Stridiosauri, ma anche lui sapeva che non era possibile governare le emozioni tanto facilmente. L'unica cosa da fare a quel punto era fidarsi dei ragazzi.
La nave sarebbe atterrata in una zona vuota, lontano dalla città. Gli Stridiosauri stavano osservando l'area da una posizione sopraelevata, pronti ad avvicinarsi al primo segno di ostilità. Per fortuna non avevano dovuto occuparsi di evacuare l'area, o la situazione sarebbe stata molto più frenetica.
<< Sei pronto, Ryo? >> Domandò la ragazza, facendo tremare l'area con la sua voce amplificata dallo Iustitia. Ryo non rispose, le mandò solo un cenno pensieroso che lei avvertì attraverso la connessione; era uno di quei momenti in cui riuscivano a leggersi nella mente e potevano carpire entrambi le sensazioni che attraversavano i loro corpi. Paura, ansia, risentimento, senso del dovere…
<< Avviciniamoci un po' alla zona di atterraggio! >> La ragazza fece cenno agli altri di seguirla, mantenendo una buona distanza da ogni unità per poter minimizzare le vie di fuga per i nemici.
Gli Stridiosauri avanzarono scendendo dalle colline su cui avevano trovato un piccolo vantaggio e seguirono i movimenti della loro caposquadra, rimanendo sempre concentrati sulla nave nel cielo. Sembrava che stesse rallentando adesso.
<< Non sembra che si schianteranno. >> Disse la voce di Hachi, in collegamento dalla sala di controllo alla base. << Probabilmente non vogliono rischiare di perdere il proprio vantaggio in manovre brusche. >>
<< Finché non saranno a terra, non attaccate! >> Gli raccomandò Nana. Era comunque inutile tentare un attacco contro un bersaglio così grande e lontano.
I ragazzi risposero affermativamente al messaggio della loro coordinatrice e andarono avanti. C'era tensione sia sul campo che nella sala di controllo; assieme ai due adulti che osservavano la scena dagli occhi degli Stridiosauri e dai droni dispiegati nell'area, anche i tecnici che dovevano occuparsi della salute dei ragazzi e monitorare il funzionamento delle macchine avevano il loro bel daffare. Si trovavano finalmente faccia a faccia con il nemico e il risultato di quella prima battaglia sarebbe stato di un'importanza colossale per delineare le loro mosse future.
Quando furono un po' più vicini, i Parasite notarono dei movimenti dalla nave dei VIRM: il suo frontale si stava aprendo, mostrando un gigantesco vano di trasporto. Con lentezza, la nave si aprì lasciando cadere verso terra grappoli di macchie scure dalle forme e dimensioni più disparate: almeno una decina di figure eguagliavano se non superavano gli Stridiosauri più grossi in termini di grandezza, mentre gli altri erano poco più alti dei classe Mohorovičić. Era ormai chiaro che quelle fossero le unità che i VIRM avrebbero schierato in battaglia, e in quel momento stavano scendendo a velocità costante verso il suolo.
Gli alieni toccarono terra sollevando una grossa nuvola di polvere che iniziò a disperdersi grazie al vento nell'area. L'impatto fu avvertito dai Parasite attraverso delle leggere vibrazioni nel terreno e a quel punto fu che i ragazzi avrebbero dovuto rivedere la loro strategia, non aspettandosi che la nave madre rimanesse in cielo.
Momo avvertì la respirazione e i battiti del proprio partner cambiare; l'agitazione di Hoshi era cresciuta alla vista di quei giganti. Fu tentata dal chiedergli se stesse bene, ma esitò un momento di troppo e quando le comunicazioni con i coordinatori si riaprirono, non ne ebbe più la possibilità.
<< Hanno deciso di attaccare a distanza. >> Constatò Hachi.
<< Signore. >> Chiamò la voce di Suzuko, intromettendosi nelle riflessioni dell'uomo. << E' possibile riuscire a capire se le loro forze siano tutte qui? Oppure la nave sta nascondendo altri nemici? >>
Sorpresi dall'accuratezza della ragazza, gli adulti esitarono un momento a rispondere. << Purtroppo i nostri scanner non rilevano niente. Dovrete combattere aspettandovi la possibilità che i nemici abbiano dei rinforzi. >>
<< Noi non ne abbiamo, vero? >> Chiese Yoshiki, già conoscendo la risposta. Sembrava quasi che volesse pungere i suoi istruttori con una simile domanda, ma era giusto che la ponesse.
<< No. >> Rispose dopo una lunga pausa lo stesso Hachi. << Temo di no. >>
<< Ricevuto. >> Si limitò a rispondere il ragazzo, e si fece un po' più avanti con l'Anthurium.
Ormai la polvere si era definitivamente posata sul terreno, lasciando visibili i VIRM anche dalla distanza. I più somigliavano a macchine umanoidi, corazzate in modo simile agli Stridiosauri, ma alcuni modelli assumevano delle forme sempre più astratte, lontane da quelle antropomorfe; in particolare i giganteschi nemici che torreggiavano sopra agli altri modelli più piccoli, somigliavano più a dei muri muniti di arti, per non parlare degli esseri più piccoli pieni di braccia e corpi snodati.
<< Naho, Rin! >> Chiamò Kya, assumendo pienamente il ruolo di caposquadra. << Spostatevi seguendo una traiettoria circolare e raggiungete l'altro lato del campo; proveremo a circondarli. >> Doveva ammettere che quella situazione la eccitava un po'; l'idea non solo di poter dare degli ordini ai suoi compagni, ma anche quella di avere di fatto le sorti del mondo in mano, le dava una strana sensazione…
Le due ragazze risposero prontamente agli ordini della caposquadra e, assieme ai loro partner, iniziarono a muoversi seguendo due direzioni diverse. I VIRM sembravano totalmente indifferenti ai loro spostamenti.
<< Io vado a dargli supporto. >> Continuò dopo un po' la caposquadra, sorprendendo gli altri. << Il piano è di disporci a distanze uguali per coprire l'intera area, per poi chiudere il cerchio poco per volta. >>
<< Sicura che non sia meglio restare uniti? >> Intervenne Suzuko, non molto convinta di quella strategia. Alcuni modelli come il suo o quello dei fratelli Okagawa rendevano meglio quando erano in squadra; se si fossero isolati come suggeriva Kya, avrebbero rischiato di avere troppi squilibri in battaglia.
Kya non sembrò infastidita da quell'intervento. Sorrise al Gaia con fare incoraggiante. << Aspettiamo di vedere come si muovono, prima. Non sappiamo ancora di che tipo di armi dispongono, né se proveranno a fuggire per raggiungere la città. >>
Iustita si voltò un'altra volta e riprese a camminare in direzione dell'Animus, ma poi si fermò di nuovo rivolgendosi alla sua compagna di stanza.
<< Un'ultima cosa, Momo: tieniti pronta a sorvolare la zona e a far piovere fuoco sui VIRM, se necessario. Ma al momento rimani a terra! Non vorrei che vi bersagliassero con qualche arma che non conosciamo. >>
Sentendosi chiamare in causa, la sua amica rispose prontamente all'avvertimento, ma dentro di sé non era sicura se sarebbe riuscita a soddisfare le aspettative; già non era la più abile della squadra, e poi il suo partner aveva cominciato a trasmetterle uno stato di demoralizzazione che avrebbe rischiato di affossare le loro prestazioni…
Il suo partner. Il respiro di Hoshi si era fatto pesante sin dalla comparsa dei VIRM e la ragazza aveva sentito chiaramente la sua coscienza affievolirsi all'interno della connessione. Prima non era riuscita a dire niente, ma se lo avesse lasciato così presto avrebbero avuto seri problemi!
<< Hoshi, rimani tranquillo! >> Lo richiamò lei, cercando di dosare la voce. Il ragazzo fu sorpreso di sentirsi chiamare e per un attimo, Momo poté notare una variazione nel suo battito cardiaco.
<< Abbiamo detto che combatteremo assieme, ti ricordi? >> Gli disse sforzandosi di sorridere.
Il battito di Hoshi si fece più veloce per qualche motivo, poi il ragazzo sembrò rilassarsi per un attimo e disse:<< Va bene, ci sono! >> Ma dal tono di voce e dalle sensazioni che avvertì attraverso la connessione, Momo pensò che non fosse del tutto onesto.
Il loro Stridiosauro avanzò lentamente nel campo, portandosi di poco più vicino ai VIRM che attendevano in fila. L'Aros non era molto comodo da pilotare a terra; era buffo mentre camminava, i suoi movimenti erano lenti e imprecisi, mentre per aria poteva veramente dire di avere la situazione sotto controllo. Però l'idea che i VIRM potessero avere qualche arma a lungo raggio da usare contro di loro non era da escludere e in quel frangente Hoshi non avrebbe mai azzardato un rischio simile, né tantomeno Momo lo avrebbe incoraggiato.
Aros si bloccò. Un rumore attraversò l'aria ed entrò nelle teste dei piloti, destabilizzandone i sensi per un buon minuto. Fu come un fischio ad altissima frequenza, una vibrazione che attraversò i loro corpi e fece tremare violentemente i loro timpani; inutile provare a tapparsi le orecchie, fu come ricevere un chiodo dritto nel canale uditivo, seguito da un trapano che inveiva su di loro, ma alla fine del rumore tutti loro sentirono come se le loro teste si fossero alleggerite, seppur pulsanti per il dolore.
Poi una voce iniziò a suonare direttamente nei loro pensieri.
Umani. Sono passati secoli dal nostro ultimo incontro. Ci aspettavamo di ricevere un'accoglienza più impegnativa, e invece scopriamo che questa è la vostra linea di difesa? Siete veramente più deludenti di quanto ci aspettassimo: abbassarvi a lottare con coloro che un tempo avete tentato di sterminare, pur sapendo di non avere speranze di vittoria, e per di più mettendo dei bambini alla loro guida…
L'affronto che ci avete recato mille anni fa verrà ripagato solo con il vostro sangue. Non aspettatevi alcuna pietà!
Così come era comparsa, la voce svanì e i VIRM iniziarono a muoversi. Era ancora incredibile come, per alcuni istanti, Naho avesse sentito una voce che non apparteneva a lei dentro la propria testa.
<< Bastardi! >> Esclamò all'improvviso la voce alle sue spalle; Yoshiki sembrava fuori di sé. Non poteva voltarsi, ma era sicura che il suo volto fosse deformato da una smorfia piena di rabbia.
<< Non osate entrare di nuovo nella mia testa! >> Urlò di nuovo il ragazzo, che con uno strattone diede il comando di avanzare all'Anthurium, cogliendo di sorpresa la propria partner.
Lo Stridiosauro attraversò in breve tempo una grossa fetta del campo di battaglia e puntò a testa bassa contro i VIRM. Naho tentò di far tornare il buon senso al proprio partner senza riuscirci e per un attimo pensò veramente che si sarebbe scontrata con i nemici in quel modo.
Improvvisamente poi, Yoshiki sembrò tornare in sé quasi dal nulla e ascoltò le parole della ragazza fermando di colpo lo Stridiosauro.
Il serpente meccanico bloccò bruscamente la propria avanzata e cambiò direzione, tornando il più in fretta possibile alla sua postazione iniziale. Quando l'Anthurium si fu fermato, arrivarono rimproveri da alcuni membri della squadra, Naho compresa; Yoshiki però li zittì tutti, dicendo di avere qualcosa di importante da dire.
<< Ascoltate! >> Annunciò interrompendo le voci degli altri. << I nemici sono molti di più di quanto pensassimo: sulle spalle dei VIRM più grandi ci sono numerosi corpi di piccole dimensioni, forse a decine per ogni unità! >>
L'avvertimento fece subito alzare le difese degli altri Stridiosauri. Se c'erano veramente dei nemici di piccola taglia, avrebbero dovuto fare attenzione a non farsi prendere alla sprovvista; nei racconti di Nana e Hachi, al primo scontro con i VIRM le squadre Parasite sul campo furono decimate a causa del fattore sorpresa, oltre alla superiorità numerica degli avversari. Loro erano divisi in sei coppie e avrebbero dovuto affrontare tutti quei nemici; era di vitale importanza che ponderassero ogni decisione con la massima cautela.
<< Sei stato uno sconsiderato! >> Lo rimproverò Nana attraverso il collegamento dalla sala di controllo. << Non permetterti mai più di fare un'idiozia del genere! >> Il ragazzo non provò nemmeno a giustificare il suo comportamento.
<< Lo so, mi dispiace. >> Rispose. << Non so cosa mi abbia preso. >>
<< Vedete di tenerlo d'occhio d'ora in avanti! >> Disse poi la donna rivolgendosi agli altri, che non sapevano come interpretare quell'ordine. Kya si mise a riflettere.
<< E' vero che Yoshi ha fatto un errore, ma grazie a questo suo errore abbiamo scoperto un'informazione in più sui nemici… Questi modelli di piccole dimensioni sono anche più piccoli di un classe Mohorovičić, quindi in teoria farli fuori non dovrebbe essere troppo difficile… >>
<< Ehi! >> Intervenne Hoshi contrariato. << Non cercare di giustificarlo! Ha rischiato di mettere in pericolo sé stesso e Fukuda senza alcun motivo! >>
Lo Iustitia alzò una mano in direzione dell'Aros, talmente distante da non poter neanche notare quella sua mossa, e rispose:<< Hai ragione! >> Quindi Kya incaricò lo Xenomorphus di restare vicino all'Anthurium per potergli fornire supporto in caso di necessità.
<< Perché noi? >> Domandò Kaoru, più spaventato che altro. L'idea di essere responsabile di qualcun altro non lo entusiasmava in quella situazione così delicata.
<< Perché siete piccoli e veloci e potete coprire l'Anthurium nei suoi punti ciechi. >> Rispose la ragazza dall'altra parte del campo di battaglia. << Tuttavia, se le cose vanno come speriamo, non ci sarà bisogno di preoccuparsi di Yoshi. >>
<< Mi dispiace, Matsumoto. >> Si scusò Yoshiki. << D'ora in poi mi assicurerò di riflettere, prima di agire! >>
La comunicazione si chiuse con Kaoru che deviava quel tentativo di scuse e una volta soli, Naho poté rivolgersi privatamente al proprio partner per fargli una tirata di orecchie.
<< Ma che ti è saltato in mente? >> Sbottò voltandosi quel tanto che bastava per poter avvistare il viso del ragazzo.
<< Mi dispiace. >> Rispose lui a denti stretti. Naho fu subito colpita da come reagì il ragazzo al suo commento; sembrava vergognarsi della propria azione e faticava a sostenere il suo sguardo, quando di solito non aveva alcun problema anche a risponderle per le rime se necessario.
Dopo un attimo di smarrimento, la ragazza si voltò in avanti per tornare a riversare la propria coscienza interamente all'interno dello Stridiosauro.
<< Questo non è da te! >> Gli disse. << So che è una situazione particolare, ma devi rimanere concentrato! >>
Yoshiki non rispose questa volta e rimase in attesa. I VIRM avevano cominciato a muoversi; forse incitati dal quasi attacco dell'Anthurium si erano finalmente decisi ad avanzare e a parte le poche unità più grosse, tutti quanti gli alieni iniziarono ad avvicinarsi agli Stridiosauri. I modelli più piccoli, che da lontano non si riuscivano neanche a vedere, scesero dalle spalle dei più grandi e incominciarono a correre in direzione dei loro nemici, formando una chiazza viola e disomogenea che ricoprì il terreno, seguendo le movenze di un'onda pronta a schiantarsi sulla riva.
Questi non avevano molto di umano: i loro agili corpi erano sfilati e muniti di numerosi arti che si diramavano in altrettante appendici simili a dita; era impossibile dedurne la pericolosità finché non si avvicinavano, ma l'ideale sarebbe stato di non farsi avvicinare affatto.
I VIRM più piccoli erano anche i più veloci: puntarono dritto contro gli Stridiosauri e Kya si mise in posizione difensiva.
<< Preparatevi a rispondere all'attacco! >> Ordinò mentre Ryo impugnava la lancia dello Iustitia. << Non lasciate che vi circondino! >>
Quindi lo Stridiosauro scattò in avanti azionando i retrorazzi. Passò rapidamente in mezzo all'ondata di piccoli VIRM e li evitò tutti con agilità per non inciampare e perdere lo slancio; mosse la lancia rasoterra come la lama di un rasoio, falciando più nemici possibile e osservando le loro reazioni. Gli alieni rimbalzarono e vennero lanciati lontano dal colpo, altri morirono fatti a pezzi dal taglio dell'arma, altri ancora tentarono di aggrapparsi alla lancia dello Iustitia, ma senza successo grazie alle agili movenze di Ryo.
Un dettaglio che i ragazzi non si aspettavano, che saltò fuori quando iniziarono a combattere, era che i corpi dei VIRM non erano meccanici come quelli degli Stridiosauri – che comunque conservavano una parte organica in sé – ma, almeno gli esseri più piccoli, sembravano essere composti da tessuti simili alla carne degli umani, benché al loro interno non sembrasse esserci niente se non uno strano liquido violetto.
Mentre le unità di Stridiosauri più piccole ingaggiavano i nemici a viso aperto, capaci di muoversi agilmente in mezzo al campo di battaglia, gli Stridiosauri più grandi si tenevano a distanza e sfruttavano le proprie abilità per respingere i nemici: l'Anthurium poteva rintanarsi sotto terra ogni volta che voleva per sfuggire agli attacchi dei VIRM, e grazie all'elettricità accumulata nelle sue scaglie aveva un'ottima difesa contro gli attacchi nemici; il Gaia aveva sviluppato una tecnica per continuare a provocare esplosioni a catena senza consumare tutto il gas in una volta, dividendo in sezioni la sacca sopra la sua testa, mentre con i suoi tentacoli teneva a distanza i nemici; l'Aros, infine, aveva sfruttato le proprie ali per tenersi sollevato in aria, facendo piovere magma sulla testa dei VIRM. Era lo Stridiosauro che stava recando più danni all'offensiva VIRM in quel momento, ma continuare a sorvolare l'area era faticoso per Momo, nonché rischioso per entrambi i piloti.
La concentrazione dello Stamen del dragone continuava a calare ogni secondo di più durante il volo. Momo aveva sperato che andando avanti nella battaglia il ragazzo si sarebbe tranquillizzato un po', ma invece aveva iniziato a faticare sempre più ai comandi fino a perdere la concentrazione. La prima ondata di VIRM di piccole dimensioni si era esaurita, così la ragazza propose di scendere a terra per recuperare le energie.
<< Non abbiamo ancora finito! >> Disse una volta atterrati. << La strategia di volare sopra le loro teste è buona! Possiamo occuparci dei nemici in tutta tranquillità così… >>
Ma Hoshi non condivideva il suo ottimismo. Il ragazzo ansimava, esausto oppure terrorizzato; un errore in quelle circostanze avrebbe significato provare un dolore inimmaginabile o addirittura morire seduta stante.
<< Pensi davvero che… Potremmo occuparcene così facilmente? >>
<< Ma certo! >> Fu la risposta carica di ottimismo della ragazza, ma poco dopo fu interrotta dalla voce di Kya, che aprì una nuova comunicazione.
<< Non distraetevi! >> Disse. << Questo era solo un primo assalto, adesso arrivano i nemici più forti. >>
Quando sentirono queste cose, Momo si accorse che in lontananza anche i VIRM di medie dimensioni avevano cominciato a muoversi; questi somigliavano di più a grosse macchine e avevano delle forme più concrete, alcuni si muovevano a quattro zampe reggendosi sugli arti superiori, altri avevano delle movenze simili allo Iustitia e brandivano armi di varie forme e dimensioni, altri ancora strisciavano e rotolavano al suolo. Un'orda di esseri mostruosi e spietati, che non temevano la morte; alla loro vista, il pilota dell'Aros sentì una morsa al petto e il respiro tornò a farsi più pesante.
<< Non devi lasciarti intimorire, Hoshi. >> Gli disse la ragazza. Lei, incredibilmente, non sembrava minimamente impaurita. Come faceva a riporre così tanta fiducia nelle sue capacità, dopo che aveva sentito anche lei le parole di quell'alieno?
<< Non… >> Hoshi deglutì. << Non sono intimorito. >>
Mentiva, ed entrambi lo sapevano.
<< Voglio solo essere sicuro di fare le cose per bene, senza rischi eccessivi. >>
Momo sorrise mestamente. Sapeva che il suo partner stesse cercando di mascherare la paura per lei; lo sentiva nella connessione che Hoshi era spaventato. Apprezzava il suo tentativo per non farla preoccupare, ma temeva che questo comportamento fosse deleterio per lui; non c'era bisogno che cercasse di mostrarsi così forte, ma finse di credergli per permettergli di ricomporsi e affrontare la seconda ondata.
<< Ascoltate! >> Tuonò la voce di Suzuko nelle comunicazioni, mettendo in allerta tutti quanti. << I nemici più piccoli tenteranno di salirvi addosso e colpirvi dall'interno, distraendovi da quelli più grossi che stanno per arrivare e che potranno provocare i veri danni! >>
<< Ottima analisi, Suzu. >> Rispose Kya soddisfatta. << Qualche consiglio? >>
Suzuko, che non si aspettava quella domanda, fu molto felice di poter intervenire di nuovo. << Dovremmo fare squadra, combattere almeno in coppie per poterci guardare le spalle a vicenda! >>
Bastò un attimo di valutazione e Kya accolse quella proposta con entusiasmo:<< Molto bene! Allora tu e Momo combatterete insieme! Kaoru, tu ed Aiko rimanete vicini a Naho e Yoshi e state pronti ad entrare in azione! >>
<< Possiamo saltare sulla schiena dell'Anthurium? >> Domandò eccitato il ragazzo che era stato appena interpellato. Alla sua domanda rispose la Pistil del serpente, piuttosto categorica.
<< Solo se dobbiamo muoverci in fretta! >> Non le piaceva la sensazione di avere qualcuno che le correva sulla schiena, e visto che i suoi sensi erano così amplificati durante la connessione avrebbe preferito evitarlo il più possibile.
Kya annuì con soddisfazione e si voltò a guardare l'Animus, poco distante da lì. << Rin, noi ci occuperemo dei nemici da questo lato! >> Disse prima di impugnare saldamente la lancia e prepararsi a combattere. Dall'Animus arrivò solo un cenno, quindi anche i due fratelli si prepararono a rispondere all'offensiva.
Tuttavia Suzuko non era del tutto convinta di quegli abbinamenti. Provò a discuterne con la caposquadra, ma ormai i VIRM stavano arrivando e quello avrebbe abbassato la concentrazione, rischiando di fargli perdere la battaglia.
Non aveva senso dividere la squadra in coppie di quel tipo: da una parte c'erano tutti i classe Gutenberg, dall'altra i Mohorovičić, e in mezzo l'abbinamento Anthurium e Xenomorphus; se tutti i modelli più piccoli fossero stati messi in coppia con quelli più grandi, avrebbero potuto distribuire la potenza offensiva e difensiva in modo equo, ma così c'era un grosso squilibrio nella loro formazione, per non parlare del fatto che alcuni di loro avrebbero potuto finire per intralciarsi viste le dimensioni simili.
<< Non stare troppo ad arrovellarti! >> Disse Tetsuya, sorprendendo la ragazza e tirandola fuori da quei ragionamenti.
<< Ma se non mi concentro, non troveremo la tattica migliore per vincere la battaglia! >> Protestò lei voltandosi, che per un attimo si era dimenticata di essere in simbiosi con il proprio partner, che probabilmente aveva sentito i suoi ragionamenti.
<< Lo so, e so anche che vuoi avere sempre la situazione sotto controllo. Ma hai notato le coppie che ha creato Kya? Non ti ricordano niente? >>
Suzuko alzò lo sguardo e tornò ad osservare il campo di battaglia; Animus e Iustitia, Gaia e Aros, Anthurium e Xenomorphus: quelle erano le coppie dell'esame per la scelta del caposquadra.
<< Sicuramente Nakamura ha pensato che le persone che si sono affrontate nelle battaglie simulate conoscano meglio degli altri i propri punti di forza e debolezze. >> Disse il ragazzo facendo spostare il Gaia in direzione dello Stridiosauro più vicino. Pensare che Nakamura potesse aver pensato a una cosa simile lasciò Suzuko sconcertata, che non si aspettava una tale attenzione ai dettagli dalla sua caposquadra, e alla fine decise di non lasciarsi distrarre oltre e si concentrò sui nemici, ormai alle porte.
Con la capacità di volare del Gaia, Suzuko e Tetsuya potevano restare al sicuro e continuare a colpire i nemici con i loro tentacoli, ma le loro esplosioni avevano poco effetto sui nemici a terra; una strategia più rischiosa ma estremamente efficace sarebbe stata quella di abbassarsi completamente e far detonare le proprie sacche per spazzarli via tutti in un colpo solo, ma voleva veramente provare una strategia così pericolosa? Gli serviva qualcosa di diverso…
Con un movimento a forbice, Tetsuya chiuse due tentacoli ed eliminò un gruppo di VIRM di piccole dimensioni, ma proprio quando credeva che il suo attacco si sarebbe concluso senza intoppi, i suoi tentacoli cozzarono violentemente contro un VIRM più grosso senza sortire alcun effetto.
L'alieno strinse i tentacoli nelle sue mani artigliate e tirò con una forza che Suzuko non si sarebbe mai aspettata da un esemplare di quelle dimensioni, che era comunque molto più piccolo del Gaia; lo Stridiosauro si sbilanciò, ma grazie al proprio centro di gravità e alla sua capacità di fluttuare rimase a distanza dal nemico e l'Aros poté mettersi in mezzo e aiutare i compagni, respingendo il VIRM con un calcio.
<< Ci pensiamo noi a quelli grossi! >> Disse Hoshi facendo voltare l'Aros per guardare il Gaia. << Voi pensate ai… >>
<< Attenti! >> L'urlo di Suzuko arrivò un attimo prima che questa prendesse il controllo dello Stridiosauro e desse un rapido colpo di frusta con un tentacolo sulla schiena del dragone, dove un certo numero di piccoli VIRM avevano cominciato ad arrampicarsi. I piloti dell'Aros si spaventarono e Momo credette di aver ricevuto un violento schiaffo all'altezza delle scapole, ma quando si resero conto di quello che stava succedendo, ringraziarono la compagna di squadra.
<< Sì, ci occupiamo noi di quelli piccoli. >> Rispose alla fine Suzuko, leggermente seccata dall'idea di essere stata relegata a un compito tanto banale. Sapeva di avere le potenzialità per poter fare molto di più e lo aveva appena dimostrato tirando fuori dai guai l'Aros!
Voltandosi a guardare il resto del campo di battaglia per un momento, vide lo Xenomorphus che saltava da un fianco all'altro dell'Anthurium per difenderlo dagli attacchi dei VIRM, con quest'altro che si voltava rapidamente colpendo i nemici con la coda e il corno frontale. Dall'altro lato, Iustitia e Animus sembravano eseguire un perfetto gioco di squadra mentre affrontavano i nemici di piccole e medie dimensioni, rimanendo sempre vicini e guardandosi le spalle a vicenda.
Diede un altro colpo di frusta a un gruppetto di VIRM che si avvicinavano e vide che alcuni di loro erano rimasti schiacciati dal suo tentacolo. Sembrava quasi ingiusto che dovessero affrontare dei nemici così indifesi, arrivò quasi a chiedersi se fosse moralmente giusto, finché non vide uno di quelli più grossi, fino a quel momento in disparte, farsi avanti e iniziare a correre proprio nella sua direzione: il suo corpo sembrava una montagna, con una corazza frontale e frastagliata, con enormi spuntoni sulle spalle e le braccia. Avrebbe dovuto incuterle paura, ma pensare che quell'essere avesse scelto proprio lei come sua avversaria la riempì di eccitazione.
<< Aros! >> Chiamò Suzuko, facendo voltare il dragone che stava finendo di fare a pezzi un modello un po' più grosso di quelli eliminati dal Gaia.
Senza commentare, Tetsuya indicò il VIRM con un tentacolo e i piloti dell'Aros sembrarono spaventati.
<< Oh no! >> Esclamò Momo, preoccupata.
<< Dobbiamo affrontare quel coso? Proprio ora? >> Hoshi sembrava quasi infastidito, come se quell'interruzione fosse un semplice inconveniente. Ma Suzuko tranquillizzò entrambi con voce ferma.
<< Ce ne occupiamo noi! >> Disse.
<< Che cosa?! >> La risposta arrivò contemporaneamente dai due piloti dell'Aros e dal suo partner, che era stato preso alla sprovvista quanto gli altri. Per tutta risposta al suo compagno, Suzuko ghignò.
<< Voi pensate a coprirci le spalle! >> Disse facendo segno a Tetsuya di avanzare. << Eliminare uno dei pesci grossi metterà finalmente le cose in chiaro. >>
Ancora increduli, i ragazzi dell'Aros si misero in posizione e iniziarono ad attirare i nemici più piccoli per lasciare spazio al Gaia; spazio che questo si prese tutto, distendendo i suoi tentacoli in tutte le direzioni e gonfiando le sue sacche al massimo.
<< Come pensi di affrontarlo? >> Domandò Tetsuya, che pur non essendo sicuro di quella mossa voleva fidarsi della ragazza.
Suzuko aveva stampato n volto un sorriso sicuro di sé da quando era comparso il VIRM. << Un attacco frontale! >> Disse. << Lo colpiremo con tutta la nostra potenza di fuoco quando ci verrà addosso: verrà spazzato via! >>
Non capendo esattamente cosa intendesse, Tetsuya si preparò a far detonare tutto il gas presente nella membrana del Gaia mentre lasciava a Suzuko il controllo dei tentacoli. Lei inspirò a fondo e provò a muoverli: era proprio come se fossero parte del suo corpo, li sentiva ritrarsi e distendersi secondo il suo volere, e nonostante fossero molti di più degli arti che era abituata a controllare, non aveva la minima difficoltà a muoverli con sapienza.
<< Fatti sotto. >> Sussurrò rivolta al VIRM, ormai vicino, che la stava caricando come un animale feroce.
Lo schianto fu potente, lo Stridiosauro fu spinto indietro e se non fosse stato per il fatto che poteva volare, sarebbe andato giù, finendo per essere schiacciato dal peso del VIRM. Per fare in modo che quel piano funzionasse, dovevano avvicinarsi il più possibile al nemico e renderlo innocuo, così Suzuko iniziò a stringere i tentacoli attorno al corpo del VIRM, bloccandogli gli arti e impedendogli la visuale mentre Tetsuya portava la testa del Gaia così vicina a quella del nemico da quasi inglobarla dentro di sé.
La sacca sopra di loro sfiatò violentemente, liberando gas in grandi quantità. A Suzuko girò la testa per un momento quando avvertì l'improvvisa mancanza di ossigeno, ma non si lasciò distrarre e lanciò un urlo per costringersi a rimanere concentrata, quindi quando fu sicura che il VIRM fosse avvolto dalla stessa membrana che accumulava il gas, iniziò a produrne ancora, quasi oltre la capacità massima che poteva contenere.
L'esplosione arrivò quasi un attimo prima che Tetsuya diede il comando. Forse qualcosa all'interno della membrana aveva innescato la reazione, producendo le fiamme; in ogni caso, quello fu esattamente il risultato sperato dalla Pistil del Gaia, che quando sentì il gas bruciare provò una sensazione di estrema beatitudine, potendosi finalmente liberare di quel peso che l'aveva quasi schiacciata, ma anche un improvviso vuoto che partì dal petto e si diramò nel resto del suo corpo.
Tuttavia, nonostante l'esplosione fu veramente terrificante, la spinta esercitata dal VIRM non diminuì e il Gaia si ritrovò ad avere molta meno forza rispetto a prima.
<< Cosa?! >> Esclamò Suzuko, vedendosi comparire di fronte il volto quasi carbonizzato ma ancora intatto del gigantesco VIRM, la cui faccia sembrava una caricatura meschina di quelle nate per mettere paura.
Con un violento scossone, l'alieno portò a terra il corpo del Gaia e lo immobilizzò. Suzuko si sentì come se improvvisamente le avessero afferrato la gola mentre le mani enormi di quell'essere stringevano proprio alla base della sacca del gas, che in questo modo non poté gonfiarsi di nuovo.
Impotente di fronte alla sua partner che soffocava, Tetsuya non poté fare altro che chiedere aiuto ai suoi compagni. I più vicini erano Hoshi e Momo, che scattarono all'istante quando videro le difficoltà del Gaia.
Con un balzo, l'Aros si librò in volo e raggiunse il VIRM assestandogli un'artigliata nelle spalle, caricando tutto il proprio peso su di esso per spingerlo via, liberando il Gaia dalla sua morsa.
Suzuko tornò a respirare e si sentì sollevare in aria. Quando tornò a vedere quello che stava succedendo fuori dalla cabina di pilotaggio, scoprì che l'Aros aveva preso in braccio quel che restava del Gaia e si era sollevato nuovamente in aria per sfuggire all'assalto dei VIRM. Il volo durò pochi istanti, interrompendosi quando l'Aros atterrò rovinosamente nelle vicinanze dell'Anthurium e dello Xenomorphus, che avevano continuato a collaborare fino a liberare la propria area dalla seconda ondata di VIRM.
<< Suzuko! >> Esclamò allarmato Tetsuya, che però si ritrovò ad essere zittito dalla sua stessa compagna.
<< Non è il momento di preoccuparsi per me! >> Disse scuotendo la testa, tornata nel pieno delle sue facoltà ma ancora tremante. Tetsuya la fissò perplesso mentre il Gaia recuperava le forze e si sollevava nuovamente in aria, poi la ragazza chiese a tutti i presenti quale fosse la situazione.
<< Grosso mostro incavolato, dritto di fronte a noi! >> Rispose Kaoru urlando. Il suo Stridiosauro era il più piccolo nel gruppo, quindi l'immagine incombente del gigante che aveva affrontato il Gaia dovette fargli una bruttissima impressione.
Senza aspettare che nessuno dicesse niente, Yoshiki e Naho si lanciarono contro il mostro e iniziarono a vorticare in modo caotico attorno a lui, arrestando la sua corsa e distraendolo dal gruppo; entrambi avevano capito di non poter lasciare che il VIRM si avvicinasse ai loro compagni dopo che era stato in grado di metterli in ginocchio con tanta facilità.
<< Dobbiamo aiutarli! >> Esclamò Aiko, che nonostante non sopportasse di restare a guardare lo scontro a distanza, non riuscì a trovare la forza per inserirsi nella battaglia.
<< Dove sono Iustitia e Animus? >> Domandò frettolosa Momo, guardandosi intorno. Dall'altra parte del campo di battaglia riuscì a identificare gli altri due Stridiosauri, molto distanti e impegnati a lottare contro i VIRM di piccole e medie dimensioni; tuttavia c'era un altro gigante al pari dei classe Gutenberg in avvicinamento.
<< Oh no! >> Bisognava avvertirli. Il campo si stava rapidamente riempiendo di una terza ondata di VIRM di piccole dimensioni; una volta circondati sarebbe stato impossibile occuparsi dei modelli più grossi.
<< Aros! >> La voce di Sentakami raggiunse Momo, che si voltò tanto velocemente da avere quasi un capogiro; sentì la connessione vacillare per un momento. << Voi siete gli unici in grado di raggiungerli velocemente e in sicurezza. Dovete sfruttare la vostra fisicità contro quei giganti! >>
Momo capì cosa le stesse dicendo di fare Suzuko, ma protestò ugualmente pur sapendo di non avere alternative. << Non possiamo lasciare voi indietro! >>
Le condizioni del Gaia non erano ottimali dopo il colpo ricevuto; le sue sacche si stavano lentamente rigonfiando, ma oltre ai danni subiti bisognava mettere in conto anche la fatica sostenuta dalla sua Pistil, che tuttavia continuava a ignorare quella situazione.
<< Forse prenderemo dei rischi, ma distribuire le nostre forze in modo equo piuttosto che lasciare gli altri da soli ci permetterà di avere più possibilità di vittoria! >> Rispose Suzuko, che non voleva perdere altro tempo. Diede un rapido sguardo allo scontro tra giganti che stava avendo luogo non lontano da lì e cercò di mettere pressione alla compagna di squadra per convincerla ad allontanarsi prima che fosse troppo tardi.
Momo era interdetta. Attraversare il campo in volo sarebbe stato facile, ma lei e Hoshi potevano veramente fare la differenza una volta allontanati dal resto della squadra?
No, no! Questi pensieri non erano i suoi, non era da lei essere così pessimista, specie in una situazione tanto critica e…
<< Momo! >> Questa volta fu Naho a chiamarla mentre l'Anthurium sferzava il gigantesco VIRM con la parte finale della coda. Il serpente meccanico si fermò per un istante portandosi alla larga dal nemico e si girò verso l'Aros.
<< Lo sai che puoi farcela! >> Disse sostenendo il suo sguardo in modo intenso, poco prima di tornare a lottare con il mostro alieno.
Momo non seppe come rispondere: i suoi amici le stavano affidando quell'incarico, riponevano la loro fiducia in lei sicuri che fosse la cosa giusta da fare… Un tempo si sarebbe ritirata in sé stessa, incapace di sopportare tutta quella pressione; la Momo di adesso però aveva affrontato così tante cose e per la prima volta si ritrovava ad avere il controllo sul proprio destino. Ad essere sincera, aveva ancora un po' di paura; ma sapere che gli altri si fidavano di lei la rendeva più forte.
<< D'accordo, ragazzi! >> Esclamò preparandosi a spiccare il volo per raggiungere gli altri Stridiosauri. << Ci penso io a K…! >>
Una scossa interruppe i suoi pensieri e la ragazza si sentì scaraventare fuori dalla connessione. L'Aros si fermò definitivamente con un suono meccanico e Momo arcuò la schiena istintivamente per prendere aria, rendendosi conto che la visione era tornata ad essere quella della cabina di pilotaggio dello Stridiosauro; i loro compagni erano spariti, i VIRM all'esterno non si sentivano per niente e l'unico suono che si percepiva era l'affannoso respiro di lei e del suo partner.
<< Che è successo? >> Domandò preoccupata provando a riattivare la connessione, senza successo. << Hoshi! Dobbiamo sbrigarci, gli altri stanno…! >>
Hoshi la interruppe con voce assolutamente flebile, come se avesse finito le energie. << No. >> Disse. << E' inutile, non va. >>
Aveva lo sguardo basso e rassegnato; il ragazzo era accasciato sul proprio sedile e sembrava aver completamente abbandonato i comandi. Momo si voltò contrariata, ma quando lo vide in quello stato, il suo disappunto svanì; l'ansia della battaglia fu sostituita dalla preoccupazione per il suo partner e la ragazza rimase in attesa ad ascoltare cosa avesse da dire.
<< Non ci riesco… Dannazione, non ci riesco! >> Quella voce sconsolata e spenta mutò rapidamente in una carica di rabbia e frustrazione. Il ragazzo alzò le mani come se volesse portarsele alla faccia, ma poi strinse i pugni con forza e le abbassò di nuovo. << Non ci riesco, è inutile! Non sono in grado di pilotare! Sono un incapace buono a nulla! >>
Il ragazzo batté un pugno sul lato del sedile e si coprì il volto con l'altro braccio, spostando con poco garbo gli occhiali che gli caddero sulle ginocchia. Il suo respiro si fece più pesante, talmente rapido da far spaventare Momo; lei provò ad avvicinarsi per cercare di farlo calmare, ma quando fu abbastanza vicina poté vedere che stava piangendo. Fiumi di lacrime nervose iniziarono a rigargli il volto e a colargli da sotto al mento.
<< Non ce la faccio… >> Piagnucolò con un filo di voce, incapace di spostare le mano per guardarla negli occhi.
Hoshi si sentiva un verme; dopo aver fatto passare tutte quelle sofferenze a Momo, adesso la stava deludendo di nuovo. Ma lei non era delusa né arrabbiata; era solo confusa. Uscì dalla sua postazione e si mise a sedere rivolta verso di lui, guardandolo come se fosse lei ad avere qualcosa di cui farsi perdonare.
I pianti si fecero più silenziosi e dopo qualche istante la voce del ragazzo esordì con:<< Io mollo. >>
<< Hoshi… >> Momo assunse il tono di una madre comprensiva che voleva far ragionare il figlio, ma non ebbe il tempo di dire nulla.
<< Mi arrendo! Non posso andare avanti così. >>
<< Hoshi, non dire queste cose… >>
<< Non riesco a reggere la pressione, non sono in grado di pilotare come vorrei… Riesco a malapena a stabilire una connessione e anche quello mi viene male! Sono sicuro che ci sarà qualche Stamen più adatto a pilotare con te… Io non sono semplicemente all'altezza. >>
<< Non è questo il problema. >> Disse lei pazientemente, rendendosi conto che il ragazzo fosse troppo sopraffatto dalle emozioni per poter ragionare; capì anche finalmente il perché di tutti quei pensieri ed esitazioni che avevano oscurato il suo giudizio durante la battaglia: appartenevano ad Hoshi, che stava proiettando le sue insicurezze su di lei attraverso la connessione.
Hoshi però sembrò solo irritarsi di più quando Momo provò ad essere paziente con lui. << Non è questo il problema?! E quale sarebbe allora? Dobbiamo salvare il mondo, mi spieghi come dovrei essere in grado di farlo quando non riesco nemmeno a seguire i ritmi della battaglia? In questo modo non faccio che trattenerti dall'esprimere il tuo vero potenziale!
<< Io ci ho provato ad essere un buon partner, Momo… Ma non ce l'ho fatta, è semplicemente impossibile per me…! >>
Senza pensarci due volte, Momo si alzò e si avvicinò rapidamente alla postazione di Hoshi. Non sapeva ancora come aiutarlo, non sapeva cosa dire e tutte le sue parole sembravano perdersi senza essere ascoltate; generalmente quando agiva di impulso finiva per combinare guai, ma questa volta non si curò minimamente di ciò che sarebbe potuto succedere.
Uno strattone sbloccò Hoshi dalla sua posa passiva con il braccio davanti alla faccia e aprendo gli occhi riuscì a vedere solo la tuta blu della ragazza a occupare il suo campo visivo, e lei che lo abbracciava adagiando con gentilezza la sua testa al proprio petto.
Il ragazzo esalò un respiro che fece volare via tutta la sua confusione di quel momento e rimase immobile. Riusciva a sentire il battito della ragazza vicino a sé; sembrava essere sincronizzato al suo, mentre il calore del suo corpo si trasmetteva a lui. Hoshi avrebbe voluto allontanarsi per cercare l'aria che gli mancava, ma allo stesso tempo sentiva di non volersi sottrarre a quell'abbraccio così caldo…
<< Non dire queste cose di te. >> Mormorò la ragazza con tono triste. << Non è solo colpa tua; gli Stridiosauri si pilotano in due, e io ho cercato di farmi carico di tutto nel tentativo di lascarti il tuo spazio, ma così facendo ho solo peggiorato la situazione. Non capivo che quello di cui avevi bisogno non era una strada spianata, ma un percorso da affrontare di pari passo, insieme.
<< Pensavo che dopo esserci detti la verità le cose sarebbero migliorate tra noi, ma eravamo ancora lontani da quel livello. Mi dispiace di non essermene accorta prima; se avessi notato qualcosa, adesso non saremmo arrivati alla nostra prima vera battaglia con tutta questa pressione… >>
La ragazza non stava negando le colpe di Hoshi nel non essere riuscito a pilotare con lei, ma le stava ridistribuendo per fare in modo che il suo partner non dovesse sopportarle da solo. Aveva poca importanza di chi fosse la colpa della loro crescita tardiva: il loro obiettivo era uno solo da quando si erano finalmente chiariti e credeva che supportandosi a vicenda avrebbero superato quelle difficoltà.
Le parole di Momo fecero aumentare le lacrime di Hoshi, che però sentì il peso che portava dentro farsi più leggero.
La ragazza allentò la presa sull'abbraccio a Hoshi e arretrò, abbozzando un sorriso amorevole, ma carico di malinconia. Poi lo sguardo le cadde sugli occhiali che erano finiti sulle gambe del ragazzo e li raccolse.
<< Io credo in te, Hoshi. E anche tu dovresti. >> Disse posandoglieli sul naso. << Puoi farcela, non abbatterti così finché non avremo dato entrambi il massimo! >>
Senza controllare il proprio corpo, Hoshi per un po' alzò una mano e afferrò uno dei polsi della ragazza, sorprendendola un poco. Era ancora confuso, ma adesso poteva sentire con chiarezza una cosa che aveva ignorato per tutto il tempo e che solo quell'abbraccio lo aveva aiutato a comprendere: lei stava tremando, troppo per una qualsiasi spiegazione spicciola. Poi le parole di una loro compagna gli tornarono alla mente: La connessione è difficile da raggiungere se non c’è un buon equilibrio tra i due partner, e in caso contrario può essere dolorosissima per la femmina.
Che stupido che era stato! Momo era allo stremo delle forze, aveva sopportato i suoi piagnistei e le sue incertezze senza mai far trasparire le difficoltà che provava alla guida; era la stessa cosa che era successo quando si erano conosciuti, lui aveva continuato a comportarsi da idiota e lei aveva sopportato in silenzio. Era quell'incontrollabile tremore che adesso si era trasmesso anche alla sua mano a dirgli tutto quanto della loro situazione.
Momo lo aveva aspettato, cercando di non far pesare su di lui le responsabilità, sopportando la sua poca concentrazione e la pessima motivazione, e aveva finito per ridursi in quello stato. E adesso provava anche a prendersi la colpa di quello che stava succedendo?
Era questo, tra tutte le cose cattive che Hoshi aveva detto e fatto alla sua compagna di squadra, a farlo sentire veramente un verme.
<< Momo… >> Mormorò sollevando l'altra mano per posarla su quella che le aveva afferrato. Lei lo guardò perplessa mentre lui gliela stringeva, aiutandola a controllare il tremore.
Finalmente tornò a guardarla negli occhi: fu un momento intenso, che però durò solo un momento. Provava una vergogna enorme, non per la vicinanza a lei ma per ciò che aveva fatto, ma era deciso a rimediare.
La fissò con le sclere rosse e le guance umide e disse con la determinazione negli occhi:<< Diamoci da fare! Non ti deluderò più, te lo prometto! >>
Fu la prima volta che Hoshi la vide sorridere veramente.

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Capitolo 30
*** Proteggere quel sorriso ***


Iustitia piantò la lancia nel terreno e la utilizzò come ancora mentre l'Animus vi girava attorno restando aggrappato al suo braccio libero, muovendosi come un enorme compasso. Assieme alle urla dei piloti, nell'aria echeggiarono anche i botti dei fucili del secondo Stridiosauro che crivellava di colpi i nemici che li circondavano.
I VIRM di piccole dimensioni non erano un problema per loro; i colpi dell'Animus erano abbastanza per ucciderli sul momento, alcuni addirittura esplodevano facendo schizzare da tutte le parti quel loro liquido viola, e le abilità di combattimento dello Iustitia erano abbastanza da permettergli di tenere testa ai nemici uguali o poco più grandi di lui, ma con l'arrivo dei giganti che eguagliavano i classe Gutenberg i due Stridiosauri avevano dovuto ingegnarsi per mantenere la loro situazione di vantaggio.
Quell'attacco combinato era riuscito a decimare i nemici di piccole e medie dimensioni, ma non aveva fatto alcun danno ai due giganti che si erano uniti alla battaglia. Dopo essersi assicurati che il loro attacco avesse avuto effetto sui pesci piccoli, Iustitia e Animus si divisero; spinto dalla forza centrifuga, lo Stridiosauro motorizzato si infilò in mezzo ai nemici superstiti e iniziò a finirli con colpi rapidi e precisi, mentre piantava i talloni nel suolo ed estraeva la lancia dal terreno.
<< Fuoco! >> Esclamò eccitata Kya dopo aver preso la mira per un momento, scagliando la lancia dello Iustitia contro il gigante che cercava di schiacciare l'Animus. L'arma schizzò verso l'alto e si conficcò nella corazza del gigante, che nemmeno si accorse del colpo; Iustitia iniziò a riavvolgere il cavo che lo univa alla sua arma e venne trascinato per il campo di battaglia dalla forza della bobina, sfruttando i retrorazzi per mantenere l'equilibrio e puntare l'obiettivo. L'Animus continuò la sua serie di colpi rapidi e incessanti tenendo su di sé gli occhi del nemico, aiutando Iustitia ad avvicinarsi. Il VIRM era troppo grosso per riuscire a muoversi con la stessa agilità dei due Stridiosauri, ma sarebbe bastata una minuscola distrazione e sarebbero stati schiacciati in un istante; nonostante ciò, i fratelli Okagawa non si stavano certo risparmiando.
Lo Stridiosauro dalla forma antropomorfa sganciò il suo rampino quando fu vicino alle gambe del mostro e si spostò lateralmente per schivare un calcio: adesso era sicuro che il VIRM si fosse accorto di loro e dovevano proseguire con estrema cautela.
Finalmente l'Animus riuscì a provocare qualche danno alla corazza del gigante viola, caricando a lungo un colpo energetico; sembrava che, nonostante la stazza, anche avversari piccoli come loro potessero danneggiare quei mostri, ma bisognava studiare bene la situazione.
Tuttavia Kya non aveva intenzione di aspettare. Prendendo il controllo per un momento, fece scattare lo Iustitia verso una delle gambe del VIRM e spiccò un salto impugnando la sua lancia: la punta si conficcò nella corazza mentre il gigante tentava inutilmente di schivarla, quindi il piccolo Stridiosauro iniziò una cauta scalata sfruttando la propria arma come gancio.
<< E' troppo rischioso! >> Esclamò Aki mentre scaricava una raffica di proiettili sull'altra gamba del VIRM, nella speranza di spostare l'attenzione su di essa. Avvicinarsi così tanto per muoversi così lentamente sul corpo del nemico li avrebbe scoperti troppo.
Kya però non ne voleva sentire. Aveva un piano in mente, forse l'unico modo per poter sconfiggere quel gigante, e non si sarebbe tirata indietro proprio ora! Consapevole della sua idea, Ryo non era riuscito a trattenere l'impulsività della sua compagna e adesso non si sarebbe certo messo a litigare con lei su chi avrebbe avuto il controllo del mezzo, quindi rimase con gli occhi sul VIRM per controllare che non arrivassero attacchi a sorpresa; non dovette aspettare molto perché questo si realizzasse.
Il continuo trafiggere la gamba dell'alieno con la lancia li aveva fatti identificare. Ormai i colpi dell'Animus non lo interessavano più; il gigante si voltò alla ricerca del piccolo Stridiosauro che si stava arrampicando sulla sua corazza e provò a colpirlo con il braccio. La mano del VIRM era munita di piccole protuberanze simili a dita che riuscivano a malapena ad aprirsi, ma non aveva bisogno di poter afferrare le cose per poter schiacciare lo Iustitia come un insetto.
Ryo reagì con prontezza e, preso il sopravvento su Kya – totalmente assorta nella scalata – scagliò la lancia contro la mano del VIRM e si lasciò cadere nel vuoto. Il cavo dell'arma si tese, facendoli oscillare verso l'esterno mentre la gigantesca mano si abbatteva sulla gamba del nemico, mancandoli di qualche secondo.
Il ragazzo ignorò le proteste della sua partner, ignara del rischio che avessero corso, e riavvolse il cavo fino a raggiungere il dorso della mano del VIRM, ora con la guardia abbassata; dopo aver impiegato un istante a trovare l'equilibrio su quel terreno difficile da interpretare, lo Iustitia si lanciò su per il braccio del gigante, diretto alla testa.
<< Non dovevi scavalcarmi così! >> Sbuffò Kya, lo sguardo puntato al suo obiettivo in cima al braccio del mostro.
Ryo non voleva iniziare a litigare in quel momento, un calo di concentrazione gli sarebbe costato caro e avevano già rischiato abbastanza, ma riuscì comunque a risponderle a tono mentre spiccavano un balzo per atterrare sulla spalla del VIRM:<< Un semplice "grazie" sarebbe bastato! >>
Kya lo ignorò e piantò con rabbia la lancia nella spalla del mostro. Lì la corazza era meno spessa, forse i VIRM non avevano previsto che gli Stridiosauri potessero raggiungere quell'altezza; grazie a quello, per la prima volta il gigante si lamentò lanciando un possente ruggito che fu inteso come di dolore dai ragazzi, e tentò nuovamente di colpire lo Stridiosauro. Iustitia però estrasse rapidamente la sua lancia dalla carne del mostro e la scagliò contro il suo viso; l'arma si incastrò sotto all'occhio del mostro e Kya e Ryo poterono sfruttare nuovamente il cavo per saltare via da lì e dondolarsi con tranquillità, lontano dalla mano del mostro.
Con un movimento agile e aggraziato, Iustitia si issò sull'altra spalla del VIRM e fece riavvolgere il cavo per richiamare la lancia, ma questa volta qualcosa non funzionò; la punta era rimasta incastrata nella corazza del viso del mostro e la forza del cavo non bastava a liberarla.
<< Oh, no! >> Fece Kya, sapendo di essere nei guai. Ryo armeggiava con i comandi nel tentativo di tendere il cavo in modo che piegasse la lancia quel tanto che bastava per farla disincagliare, ma il loro tiro era stato troppo forte; non si sarebbe mossa da lì a meno che qualcuno l'avesse strattonata saldamente.
Il VIRM però non gli diede il tempo di spostarsi nuovamente e sollevò un'altra mano, pronto a schiacciare lo Stridiosauro. Kya stava per giocarsi l'ultima carta e spezzare il cavo che teneva unito lo Iustitia alla propria lancia, ma un attimo prima che la gigantesca mano colpisse, un corpo dalle dimensioni mastodontiche travolse in pieno il VIRM, interrompendo il suo attacco e spezzando la sua guardia.
L'attacco colse il VIRM completamente impreparato; il suo corpo iniziò a piegarsi indietro e a precipitare. Nel tumulto, Iustitia sentì la tensione del cavo diminuire e capì che la lancia si era mossa: con uno strappo deciso, richiamò il cavo e questa volta lo sentì riavvolgersi completamente, mentre davanti a sé poteva finalmente riconoscere la sagoma dell'Aros che si abbatteva furiosamente contro il gigante nemico.
<< State tutti bene? >> Domandò squillante la voce di Momo mentre l'Aros dava una testata al VIRM, portandolo a terra e scuotendo l'intera area. L'Animus, rimasto a terra, dovette allontanarsi di molto per non essere travolto dal crollo e anche da lontano avvertì le enormi vibrazioni dello schianto, che quasi gli fecero perdere l'equilibrio.
Iustitia saltò giù dalla spalla del VIRM e salì sulla sua testa proprio mentre questo andava a terra, piantandogli la lancia in uno dei suoi occhi luminosi.
Quello urlò dal dolore. Un ruggito talmente forte che quasi scaraventò in aria il piccolo Stridiosauro che gli era salito sopra.
<< Togliti di mezzo, Sato!>> Esclamò una voce dall'alto che fece saltare sull'attenti entrambi i piloti di Iustitia. Stavano estraendo la lancia e stavano pensando di affondarla nell'altro occhio del VIRM, quando Hoshi gli intimò di farsi da parte: gli occhi dell'Aros brillavano di una intensa e inquietante luce blu e in fondo alle sue fauci spalancate ardeva una fiamma letale che né Ryo e né Kya vollero mettere alla prova.
Lo Stridiosauro si scansò con un balzo e un attimo dopo, dalla bocca dell'Aros fuoriuscì un fiume di lava incandescente che si riversò sulla testa del mostro. Quello si dimenò per alcuni secondi, ma l'Aros lo teneva immobilizzato; i ruggiti ridotti a rantoli gorgoglianti, si spensero quando la lava iniziò a fondere la testa del VIRM facendosi strada all'interno del suo cranio e a quel punto anche i suoi arti smisero di lottare.
Dopo che fu sicuro che non si sarebbe rialzato, l'Aros estinse le fiamme che continuavano a uscirgli dalla bocca e mollò la presa sul corpo ormai carbonizzato del colosso. Quando si rialzarono in piedi, Hoshi e Momo rimasero un istante a osservare il lavoro compiuto: se quegli alieni erano esseri viventi, poco importava che condividessero un'unica coscienza, di fatto avevano appena ucciso brutalmente uno di loro.
Nonostante la brutta sensazione allo stomaco che attanagliava entrambi, sapevano tutti e due che lo avrebbero rifatto mille volte. Quando Momo aveva visto lo Iustitia in pericolo, nella sua mente era scattato qualcosa, un istinto animalesco che le aveva fatto perdere di vista ogni freno; era la vita loro e dei loro amici contro quella di quelle creature, e non avevano alcuna intenzione di sacrificarsi.
Era stata la paura ad alimentare la loro forza; non c'era carburante più efficace di quello.
<< Grandioso! >> Esclamò Aki, portando l'Animus vicino agli altri due Stridiosauri. << Siete stati fortissimi! >>
Iustitia annuì con soddisfazione; si poteva riconoscere benissimo il ghigno compiaciuto di Kya sul volto dello Stridiosauro. << Non avevo dubbi. >> Commentò lei. << Anche se devo dire che mi avete fatto prendere uno spavento quando siete comparsi all'improvviso sopra di noi! >>
<< Scusate… >> Disse automaticamente Momo, imbarazzata. Stava per dire che forse avrebbe dovuto essere meno precipitosa, ma alla fine lasciò perdere. Invece avvertì l'ansia del suo partner crescere e allora ritirò brevemente la sua coscienza dallo Stridiosauro per poter parlare solo con lui.
<< Ce l'abbiamo fatta, Hoshi! >> Disse incoraggiante, voltandosi verso il ragazzo. Lui era visibilmente affaticato, ancora incredulo di quello che era riuscito a fare.
<< Sì… Lo abbiamo ucciso. >> Rispose lui con poco entusiasmo, ansimando. La ragazza vide nei suoi occhi il rimorso per ciò che aveva fatto, ma ancora di più la paura di ritrovarsi dall'altra parte e sentì il bisogno di rassicurarlo.
<< Ehi. >> Mormorò, facendogli alzare lo sguardo. << Hai sentito quello che ci hanno detto? Siamo stati grandi! >>
Il ragazzo vide di nuovo Momo sorridere e si sentì un po' meglio. Certo, non era ancora sicuro di essere portato per quel genere di cose, ma aveva capito perché dovessero combattere; il supporto della sua partner gli permetteva di fare del suo meglio e continuare a vivere, ed era felice che Momo potesse sorridere a quel modo invece di sentirsi costantemente la causa della sua infelicità.
Gli Stridiosauri osservarono il corpo privo di vita del VIRM per un altro minuto prima di volgere le loro attenzioni alla flotta di giganti rimasti nelle vicinanze della nave madre. Avevano eliminato numerosi nemici, ma rimanevano ancora dei VIRM di grosse dimensioni da abbattere, più diversi nemici grandi almeno quanto i classe Mohorovičić; a loro era servito collaborare per eliminarne uno solo, ma se i nemici rimanenti avessero attaccato tutti insieme, avrebbero dovuto inventarsi qualcos'altro per vincere quella battaglia.
<< Iustitia, Animus. Mi ricevete? >> Arrivò in trasmissione la voce di Sentakami, che assieme all'Anthurium e allo Xenomorphus era rimasta dall'altro lato del campo di battaglia. << Aros è arrivato in tempo? >>
Kya tirò un sospiro di sollievo. << Qui Iustitia, abbiamo tutto sotto controllo. Grazie per aver mandato Momo. >>
<< Era la decisione più ovvia. >> Rispose Suzuko. << Non serve ringraziarci. >>
<< In ogni caso, dobbiamo decidere cosa fare. >> Si intromise nella conversazione Yoshiki, con tono grave. << I VIRM hanno capito che non siamo da prendere alla leggera, il prossimo attacco sarà il più massiccio. >>
<< E non sappiamo neanche se all'interno della nave sono rimaste altre forze. >> Aggiunse Naho. << Potrebbero stare aspettando di sfiancarci e tirare fuori l'asso nella manica all'ultimo momento. >>
L'idea di Fukuda era più verosimile di quanto potessero pensare. Kya non aveva pensato a una cosa del genere, ma aveva notato quanto le cose sembrassero star andando troppo bene per loro: fino ad ora i VIRM non avevano fatto altro che mandargli contro nemici di piccole dimensioni, poco incisivi sulla battaglia, più pochissimi giganti che, se avessero fatto sul serio non avrebbero avuto troppe difficoltà a sconfiggerli. Dovevano ideare un contrattacco prima che i dubbi di Naho si avverassero.
Per fortuna la sua mente escogitò un piano all'istante.
<< Ascoltate. >> Disse voltandosi verso Aros e Animus. << Avrò bisogno di voi due. >>
Gli Stridiosauri dall'altro lato del campo di battaglia ricevettero le informazioni sul piano di Kya un attimo dopo, quando la ragazza ebbe spiegato ai diretti interessati quali intenzioni avesse.
<< Suzu! >> Esordì questa aprendo le comunicazioni.
<< Nakamura. >> Rispose la ragazza interpellata, che cominciava a rassegnarsi all'idea di quel nomignolo.
<< Ho bisogno di un diversivo. >>
Suzuko osservò i dintorni con gli altri Stridiosauri che attendevano istruzioni come lei, ma sentì che quell'idea non le sarebbe piaciuta; conoscendo la sua compagna di squadra, si sarebbe trattato di qualcosa di estremamente pericoloso e avventato, ma valeva comunque la pena di ascoltarla. << Dimmi tutto. >> Rispose alla fine, aprendo le comunicazione anche con gli altri.
<< Il piano è questo. >> Disse quindi quella, facendo una piccola pausa. << Momo porterà me e Rin fin sulla nave dei VIRM e la faremo precipitare. >>
Un piano folle, come volevasi dimostrare. Pensò Suzuko, ma lasciò che la ragazza concludesse la sua esposizione.
<< Voialtri dovrete tenere occupati i nemici di sotto finché non avremo finito; a quel punto la nave sarà distrutta e la minaccia neutralizzata! >>
Era incredibile come suonasse semplice a parole sue: l'idea di Kya era un rischio enorme, una follia mascherata da piano ben ponderato. Avrebbe anche potuto funzionare, se solo avessero avuto qualche informazione in più sui nemici.
Ma era troppo rischioso. Suzuko non era pronta a rischiare la vita dei suoi compagni per delle semplici supposizioni.
<< E' una follia! >> Protestò alzando la voce. << Abbiamo fatto fatica ad eliminare uno di quei giganti e ne rimangono ancora una decina. Senza di voi si concentrerebbero tutti su di noi, saremo morti prima che riusciate ad arrivare lassù! >>
<< Non sappiamo se ci saranno forze nemiche ad aspettarvi sulla nave. >> Intervenne Ojizaki dall'Anthurium, che in questo modo diede man forte alla sua compagna di squadra pur non dicendolo apertamente. << E anche se riusciste a distruggere la nave, non abbiamo la certezza che i nemici a terra smetteranno di muoversi. >>
<< Certo che riusciremo a distruggerla! >> Rispose Kya seccata. La sua risposta era dettata da nient'altro che dall'emotività e dal suo infinito ottimismo, non c'era una motivazione logica del perché avrebbero dovuto vincere.
<< Mi spiace Nakamura, ma non credo che sarebbe una strategia vincente. >> Concluse Yoshiki. Suzuko fu d'accordo e provò a ribattere.
<< Piuttosto, dovremmo riunirci finché i nemici sono distanti così che possiamo mettere su una difesa più robusta! >>
<< Useremo la modalità berserk! >>
A un certo punto la voce di Kya colpì di nuovo i ragazzi all'interno degli altri Stridiosauri e questi non ebbero parole con cui ribattere. Al posto loro, arrivò una comunicazione dalla sala di controllo.
<< La modalità berserk è troppo instabile, non siete ancora nelle condizioni per sopportare una pressione simile! >> Era Nana, che non poteva lasciare che i suoi ragazzi facessero una cosa così pericolosa. << Vi abbiamo già detto che vi è proibito attivarla! >>
Ma in quel momento Kya si fece incredibilmente spavalda e rispose con tono di sufficienza. << Siamo noi sul campo di battaglia. E comunque siamo tutti cresciuti molto dalla prima volta, sono sicura che potremmo reggerla senza troppi problemi! >>
Nana si ammutolì, sconvolta dal tono che la ragazza le aveva riservato. Cercò di ricomporsi in pochi secondi e trovare le parole da rivolgerle, ma prima che potesse parlare Kya riprese a illustrare il suo piano.
<< Non la attiveremo tutti: basterà anche una sola coppia di piloti che si occupi di tenere occupati i nemici per qualche secondo, il tempo necessario a raggiungere la nave indenni! >> Fece una pausa e, come se fossero di fronte a lei, gesticolò come a incitare gli altri compagni a distanza. << Chi rimarrà a terra poi potrà occuparsi dei nostri compagni anche se esauriranno le energie. >>
<< Kya. >> Questa volta fu la voce di Hachi a raggiungere le orecchie dei piloti. Il suo ologramma comparve all'interno dell'abitacolo dello Iustitia e nel campo visivo della ragazza, e la fissò tetro. << Sei veramente sicura di questa tua idea? >>
La ragazza sbuffò come unica reazione. Era ovvio che ne fosse sicura, altrimenti non l'avrebbe proposta! Tuttavia i suoi coordinatori avevano bisogno di essere convinti da qualcosa di più tangibile che il sesto senso della ragazza, e lo stesso valeva per i compagni di squadra le cui vite stava mettendo in prima linea. Per questo, dopo un attimo di silenzio, Hachi chiese un secondo parere.
<< Ryo, tu come la vedi? >>
Quella domanda spiazzò tutti i Parasite, Kya prima di tutti che era sicura che il suo piano fosse perfetto. Ryo, il ragazzo che solitamente doveva tenere a freno l'esuberanza della sua partner, avrebbe potuto avere una visione più lucida di quel piano, ma la sua opinione avrebbe potuto essere influenzata dall'amicizia che li univa.
Preso alla sprovvista, il ragazzo non seppe come rispondere in un primo momento, ma poi assunse un tono deciso e dichiarò:<< Io ho fiducia in Kya! Se lei dice che qualcosa di può fare, allora si farà. >>
Come se si aspettasse quella risposta, l'adulto sospirò e celò un sorriso tramite l'ologramma. Alla fine sarebbe stato come avevano pensato loro: Kya era indomabile.
<< Va bene. Allora potete procedere con il piano, ma dovrete ritirarvi immediatamente se ci saranno imprevisti! Intesi? >>
La voce dell'uomo li ammonì un'ultima volta prima di chiudere le comunicazioni, lasciando tutto in mano ai ragazzi. Qualcuno nella squadra avrebbe voluto protestare su come le considerazioni di Sato non valessero nulla in quella situazione, ma ormai i coordinatori erano stati convinti e metà della squadra era già investita in quel piano; ovviamente, l'altra metà che sarebbe rimasta a terra aveva più difficoltà ad accettare quelle condizioni…
Rimaneva solo la scelta di chi si sarebbe preso il rischio di attivare la modalità berserk. Chiunque, grazie ad essa, avrebbe potuto sbloccare una potenza inimmaginabile a detta dei coordinatori, ma nessuno avrebbe voluto provarlo per primo.
Gli Stridiosauri rimasero nel silenzio più totale, quasi come se emettere meno rumore possibile li avrebbe aiutati a non essere scelti per quel compito; nessuno avrebbe rischiato la vita volontariamente in quel modo, forse l'unica tanto folle da tentarci era proprio la caposquadra, ma lei si era già autoassegnata al gruppo che sarebbe volato sulla nave aliena.
I nemici si stavano riorganizzando, ormai pronti all'attacco; nessuno disse niente, ma era evidente che non gli rimanesse molto tempo. All'interno dello Xenomorphus, Aiko si destò dalla connessione per voltarsi a guardare Kaoru, che le rispose con un'aria stralunata in volto.
Nell'oscurità della cabina, la ragazza vide una goccia di sudore brillare sulla sua tempia per poi cadere giù; era teso quanto lei, spaventato e stanco, desiderava solo che tutto andasse per il meglio, ma sapevano entrambi che senza prendersi qualche rischio non sarebbero andati da nessuna parte. A quel punto decise: la ragazza gli lanciò uno sguardo deciso come Kaoru non le aveva mai visto fare, quindi si girò aprendo le comunicazioni e spiazzando tutti, lui compreso.
<< Ci pensiamo noi! >>
<< Cosa?! >> Il ragazzo provò a ribattere, ma sentì dentro di sé qualcosa che lo trattenne dal farlo: erano i desideri di Aiko, messi in comune all'interno della connessione, che la spingevano a farsi avanti per quella missione. Lei voleva quel ruolo più di ogni altra cosa.
<< Potete farlo? >> Arrivò la voce di Nakamura, seguita da un ologramma che si aprì a un lato della cabina mostrante il volto dello Iustitia. La caposquadra andò dritta al dunque sapendo di non avere molto tempo; se Aiko si era offerta volontaria, significava che aveva valutato i rischi e pensava di esserne in grado.
La ragazza annuì ancora con quell'espressione decisa in volto. << Ci pensiamo noi! >> Ripeté con fermezza, quasi come se fossero le uniche parole che riuscisse a dire.
Nella cabina ci fu silenzio e per qualche istante, poi Kya mormorò un:<< Grazie, Aiko. >> E chiuse la trasmissione.
Rimasti nuovamente da soli, Kaoru cercò di capire che cosa fosse passato per la testa della sua partner.
<< Mori, lo sai di che si tratta, vero? La modalità berserk non l'abbiamo mai testata, non sappiamo che effetti ci saranno…! >>
<< Dobbiamo pur fare qualcosa, Kaoru! >> Esclamò lei alzando di colpo la voce. La ragazza tirò su la schiena e si voltò verso di lui mostrandogli uno sguardo talmente intenso da farlo sentire a disagio; mai prima di quel momento avrebbe pensato di ricevere un'occhiata così forte da quella ragazza così timida. << E' la nostra prima, vera battaglia e rischia di essere anche l'ultima se non facciamo questa scommessa! Oppure tu hai un piano migliore di quello di Kya? >>
Kaoru abbassò lo sguardo con timidezza, sentendosi inadeguato a sostenere quello della sua compagna, ma lei gli afferrò i polsi e gli fece alzare di nuovo la testa.
<< Sapevamo a cosa andavamo incontro quando ci siamo arruolati. Io lo sapevo! >> Esclamò con gli occhi lucidi e il sudore che le schizzava via dalla fronte a ogni movimento brusco della testa. << E nonostante tutto l'ho accettato, anche se mi fa ancora paura! >>
C'era una cosa che Kaoru non aveva ancora notato: le mani di Aiko stavano tremando, anzi il suo intero corpo sembrava scosso da tremiti di nervosismo. Era talmente spaventata da non riuscire nemmeno a mantenere la stretta sui suoi polsi, eppure adesso si stava tuffando a testa bassa in una sfida rischiosissima. Kaoru si sentì minuscolo di fronte a lei: sì, aveva paura, ma il coraggio che stava dimostrando con quella decisione era immenso; non si trattava di eroismo, né del desiderio di farsi vedere. Ora lo sentiva chiaramente, il senso del dovere della sua partner che l'aveva portata a seguire quella strada.
<< Ma, Kaoru… >> Aiko prese un respiro e continuò a parlare, e questa volta la voce le si addolcì, assumendo un tono molto più simile a quello che aveva di solito. << Se penso che al mio fianco ci sarai tu… Se penso al fatto che la mia sicurezza sarà nelle tue mani, allora la paura svanisce in un istante. >>
Aiko mosse lentamente la mano in modo da posare il palmo su quello di Kaoru. Quelle parole miste a quel suo sguardo così dolce lo lasciarono senza fiato, arrossì senza poter fare niente per nasconderlo e rimase in silenzio, sempre più nervoso all'idea di dover reggere lo sguardo di lei. Alla fine si costrinse a reagire, si diede un paio di schiaffi sulle guance e tornò a guardarla negli occhi, prendendole le mani con trasporto ma anche con gentilezza.
<< Sì! >> Disse. << Ti proteggerò io, Aiko! >>
Senza che se ne accorgesse, il cuore cominciò a battergli come se dovesse uscirgli dal petto. Kaoru fu invaso da un calore rassicurante, piacevole. Le mani di Aiko, così piccole e delicate nelle sue più goffe, gli trasmettevano una gentilezza che mal si adattava alla guerra a cui dovevano prendere parte. Pensava che ciò che gli faceva sentire la fiducia di lei non sarebbe stato mai superato da niente, eppure quell'insignificante contatto gli donò un sentimento nuovo; fu come se non volesse più mollare la presa, tirare a sé la ragazza e stringerla forte per farle sapere che sarebbe andato tutto bene.
Per un momento Kaoru credette di vedere una moltitudine di colori che non esistevano e una luce molto più splendente di quella della cabina illuminare il volto di Aiko, poi quella strana sensazione di leggerezza scemò e rimase solo il viso fiducioso della sua partner.
<< E va bene, Aiko. >> Disse facendoci serio, dopo avere preso un lungo respiro. Sul suo volto affiorò un sorriso compiaciuto, pronto alla sfida. << Facciamolo! >>
Quando lo Xenomorphus tornò a muoversi, iniziò a correre incontro ai nemici senza aspettare i rinforzi e la voce di Kaoru raggiunse gli altri Stridiosauri con un urlo.
<< Avrete solo quarantacinque secondi, quindi vi conviene farveli bastare! >> Disse ai compagni mentre richiudeva la distanza tra sé e il trio di Stridiosauri che sarebbero andati ad attaccare la nave aliena.
Iustitia e gli altri Stridiosauri erano rimasti ad aspettare il segnale dai loro compagni; nonostante Aiko si fosse offerta volontaria, sembrava che lei e il suo partner avessero discusso a lungo in privato dopo aver chiuso le comunicazioni, lasciandoli in attesa. Finalmente si mossero, ringraziando ancora una volta i loro compagni di squadra, e mentre l'Aros caricava sulle proprie spalle i due classe Mohorovičić, Kaoru fermò lo Xenomorphus puntandolo esattamente in direzione dei VIRM.
Lui ed Aiko li guardarono per un momento, increduli che stessero per lanciarsi in una cosa così pericolosa. Entrambi avvertirono i brividi percorrergli la schiena e la tensione crebbe in un attimo; non c'era tempo per i ripensamenti, anche quando Kaoru avvertì accelerare il battito di Aiko capì che la sua determinazione fosse più forte di qualsiasi ansia.
<< Andiamo, Aiko. >> La incitò con gentilezza, quasi spaventandola con quel tono così calmo. << Ti tengo forte io! >>
Aiko si voltò un attimo per vedere il largo sorriso del giovane che aveva promesso di proteggerla. Avrebbe voluto ringraziarlo per come l'aveva incoraggiata senza farla sentire inadeguata a quella prova, ma non ne ebbe il tempo perché un attimo dopo i VIRM in lontananza cominciarono a muoversi: tutti i modelli di grosse dimensioni iniziarono a correre verso gli Stridiosauri, preceduti dai nemici più piccoli che sembrarono ricoprire la distanza più rapidamente.
<< Muovetevi! >> Urlò Kaoru facendo eseguire allo Xenomorphus un gesto veloce con una delle zampe anteriori. L'Aros alle sue spalle si stava sollevando in volo in quel momento e iniziò a salire verso l'alto per mantenersi a debita distanza dai nemici ancora a terra.
Il Gaia e l'Anthurium erano quasi arrivati a fianco dello Stridiosauro a quattro zampe: piccolo com'era accanto a quei due giganti, nessuno si sarebbe aspettato che proprio lui avrebbe condotto quell'attacco.
<< Sono pronta! >> Esclamò Aiko reggendosi forte ai comandi, inizializzando la procedura per avviare la modalità berserk. Kaoru non disse niente e trattenne il respiro fino al momento di premere il pulsante.
La Pistil avvertì una scarica elettrica attraversarle il sistema nervoso centrale che arrivò a farle vibrare le ossa; per un istante l'intero corpo di Aiko sembrò andare a fuoco e la ragazza riuscì ad avvertire, riconoscere e selezionare individualmente i tessuti che componevano il suo corpo: gli strati dell'epidermide che lo ricoprivano, i settecentocinquantadue muscoli che lavoravano incessantemente e pulsavano carichi di vita, fino alle duecentosei ossa che reggevano la sua struttura. Il sangue che scorreva all'interno dei suoi vasi sanguigni, i polmoni che caricavano ossigeno ed espellevano anidride carbonica in un ciclo senza fine, gli occhi che processavano la luce che li investiva. Ogni minuscolo segnale del suo corpo fu amplificato e trasformato in qualcosa di quasi letale per Aiko, che quasi perse i sensi mentre il suo corpo si fondeva per intero a quello dello Xenomorphus, lasciandole ben poca coscienza di sé.
Da fuori, gli altri piloti videro lo Xenomorphus arcuare la schiena per poi raddrizzarla di colpo, mettendosi in posa di caccia, pronto a partire. Non erano sicuri se fosse quello l'effetto della modalità berserk, ma quando lo videro scattare in direzione dei nemici, poterono subito notare le differenze e capirono che il conto alla rovescia era già iniziato.
Lo Xenomorphus era molto più veloce di prima, non si muoveva più come una macchina pilotata da esseri umani, ma come un animale feroce accecato dall'istinto di uccidere. Attraversò in breve la distanza che lo separava dai VIRM e falciò la prima ondata semplicemente passandoci sopra, quasi come se non li sentisse nemmeno arrivare e provare ad attaccarlo. Lo Stridiosauro poi piantò gli artigli nel terreno e frenò arcuando il proprio corpo a causa della spinta in eccesso, travolgendo gli altri VIRM senza riuscire a fermarsi finché non si scontrò con un modello più grosso; nonostante la sua mole, il VIRM però non rimase in piedi per molto. Con uno scatto felino lo Xenomorphus si girò e gli staccò la testa con un morso, chiudendola con precisione tra le sue fauci meccaniche e sfruttando il suo stesso corpo come appoggio per scattare in avanti.
Lo Stridiosauro si tuffò in mezzo a un altro gruppo di VIRM senza alcun timore e iniziò ad affrontarli: una sola zampata bastò a tranciare in due il busto di uno di loro e con un altro scatto per invertire la rotazione del suo corpo, lo Xenomorphus sferzò un colpo di coda al nemico più vicino, buttandolo a terra per poi schiacciarlo con le zampe; subito dopo si avventò su un altro VIRM prima che questo potesse saltargli addosso e lo tempestò di artigliate, scavando un grande solco nel suo corpo scheletrico.
Due VIRM arrivarono da dietro e afferrarono gli arti anteriori dello Stridiosauro per impedirgli di attaccare oltre, ma questo sfruttò quelli inferiori e scalciò come un forsennato finché non capì che sarebbe stato meglio sfruttare quella situazione a suo vantaggio: così si sollevò in aria e cominciò a rotolare, trascinando con sé i VIRM che non riuscirono a opporre resistenza e che finirono a pezzi in quel movimento. Lo Xenomorphus continuò a rotolare su sé stesso anche dopo essersi liberato dei nemici, travolgendo ogni unità che gli si parasse davanti; infine fu attaccato da uno dei VIRM più grossi, che schiantò il proprio pugno sul terreno con una tale violenza da far tremare l'intera area, schiacciando lo Stridiosauro sotto di esso.
Se fino a un attimo prima Gaia e Anthurium erano rimasti a osservare attoniti come Xenomorphus metteva in ginocchio le forze nemiche, quell'attacco a sorpresa li ridestò dai loro pensieri ricordandogli quanto la situazione fosse precaria; erano passati meno di dieci secondi e l'assalto dei loro amici sembrava essere stato già bruscamente interrotto.
<< Dobbiamo aiutarli! >> Esclamò Yoshiki dando il comando al serpente meccanico di partire, ma mentre diceva questo vide il gigantesco braccio del VIRM piegarsi, come se stesse cercando di contrastare una forza enorme, quindi qualcosa emerse dal suolo sotto i suo pugno chiuso e lo respinse con un unico colpo: era lo Xenomorphus, illeso, che iniziò ad arrampicarsi sul corpo del mastodontico VIRM infilando gli artigli nella sua corazza, raggiungendo la testa a velocità disarmante. Qui attaccò gli occhi usando coda e artigli per poi passare a tempestare tutto il viso con attacchi rapidi e decisi; il mostro, disorientato, cominciò ad agitare le braccia alla cieca nel tentativo di levarsi di dosso quel piccolo demonio che era lo Xenomorphus, ma i suoi colpi finirono solo per danneggiare i suoi compagni nelle vicinanze.
Lo Stridiosauro diede il colpo di grazia al gigante tranciando parte del suo collo, attraversandone la corazza come se fosse di carta, quindi si lanciò verso un altro VIRM per ripetersi mentre l'ultimo crollava privo di forze al suolo.
<< Uao! >> Fischiò con gusto Kya affacciandosi dalla spalla dell'Aros, osservando come lo Xenomorphus stesse letteralmente facendo piazza pulita dei VIRM; forse quella condizione non sarebbe durata, ma era uno spettacolo da vedere.
Preoccupata, Rin si sporse a sua volta. << Aiko starà bene? >> Si chiese alzando la voce, più rivolta ai compagni di squadra che a sé stessa.
<< Se ha detto di poterlo fare, significa che era abbastanza forte. >> Rispose la Pistil dello Iustitia, tornando a guardare in avanti. << E poi ci sarà Kaoru ad occuparsi di lei. >> Aggiunse con un sorrisetto, sicura che ci sarebbe stato da divertirsi.
<< Ora restiamo concentrati! >> Esclamò subito dopo con tono severo, preparandosi a saltare giù dall'Aros. La parte superiore della nave aliena era una distesa quasi completamente piatta, non erano presenti ingressi o oblò, solo diverse antenne sparse lungo il perimetro e una sorta di torre sul retro del piano; il rivestimento esterno della nave sembrava molto resistente, forse abbastanza da rendere le loro armi quasi inutili, ma non avrebbero avuto bisogno di aprire alcun varco all'interno dell'astronave.
Lo Iustitia si lanciò e atterrò con pesantezza sul tetto dell'astronave, seguito poco dopo dall'Animus che ci mise un momento a riprendere l'equilibrio dopo l'atterraggio.
<< Noi ci occupiamo di quelle torri! Rin, tu e tuo fratello fate quella cosa e preparatevi a dare spettacolo! >> Ordinò Kya voltandosi un attimo, prima che lo Iustitia partisse per fare il proprio dovere. I due fratelli furono presi alla sprovvista da quell'ordine e tentarono di chiedere alla caposquadra a che cosa si stesse riferendo, ma alla fine afferrarono il concetto e si misero a lavoro.
<< Noi che facciamo? >> Domandò dall'alto Momo, l'Aros ancora a distanza dall'astronave.
<< Raggiungi il retro della nave e comincia a bruciare i propulsori! Faremo schiantare questo rottame! >> Rispose la caposquadra con grinta nella voce. Per qualche motivo, il tono usato da Kya preoccupò non poco la Pistil dell'Aros, che però seguì le indicazioni e volò in direzione dei propulsori.
Intanto, in cima all'astronave, Kya e Ryo iniziarono a distruggere tutte le torrette e le antenne che si sporgevano dall'interno della nave; non avevano idea di quale fosse la loro utilità, ma la filosofia di Kya era "se si può rompere, allora lo spacco!"
Dopo aver distrutto un'antenna, lo Iustitia puntò alla torre più grossa sulla nave; somigliava a una sorta di plancia di comando, ma non c'era nessun tipo di oblò che potesse mostrare i suoi interni, e di conseguenza sarebbe stato difficile governare la nave da lì senza poter vedere dove andare. Non che a loro importasse: ogni colpo poteva danneggiare immensamente quella nave, dovevano solo assestarli per bene!
Un forte scossone fece perdere l'equilibrio allo Iustitia e lo Stridiosauro si voltò per guardare che cosa lo avesse provocato: a una distanza di un centinaio di metri, Animus aveva piantato i fucili nello scudo della nave attivando la sua tecnica speciale. Inizialmente si era trattato di una breve scossa ma potente, per saggiare la resistenza della nave; adesso Aki e Rin iniziarono a scaricare tutta l'energia a loro disposizione nel metallo sotto ai loro piedi.
Ripreso l'equilibrio e consci che il loro piano stesse funzionando, i piloti dello Iustitia tornarono a concentrarsi sulla torretta di comando, ma prima che potessero raggiungerla qualcosa si aggrappò alle gambe dello Iustitia: dal fianco della nave si erano arrampicati una miriade di piccoli VIRM che stavano tentando di arrestare l'avanzata degli Stridiosauri. Era difficile vederli in quelle condizioni, ma stavano lentamente ricoprendo l'intero campo di battaglia e presto li avrebbero accerchiati.
Iustitia si scansò colpendo con decisione i nemici sotto di sé con la lancia, ma ce n'erano troppi perché questo bastasse. Provò ad aggirarli, ma ovunque si voltasse c'erano quei fastidiosi esserini viola, pronti a strisciare sul suo corpo e smantellarlo pezzo per pezzo.
<< Dannazione… >> Imprecò a denti stretti Kya, sempre più irritata dall'intromissione dei VIRM in quello che s stava rivelando un piano perfetto.
<< Non lasciamoci distrarre, loro aspettano solo questo! >> La avvertì Ryo, che però ricevette un gesto di stizza in risposta dalla ragazza, che si lanciò così in mezzo alla mischia e iniziò a colpire con forza i nemici, a schiacciarli e scaraventarli fuori dalla nave.
Lo Iustitia era potente, ma i nemici erano troppi perché potesse occuparsene da solo. Alcuni di loro riuscirono a schivare tutti gli attacchi dello Stridiosauro e iniziarono ad arrampicarsi lungo i suoi arti. Kya se li sentiva addosso, come se un esercito di formiche la stesse attaccando; mordevano, pizzicavano con quegli strani pungiglioni che avevano al posto delle mani, e a mano a mano che si accumulavano su di lei, le sue forze venivano meno.
<< Maledetti mostri…! >>
<< KYA! >> Una voce amica la raggiunse da lontano e mentre si girava a vedere chi fosse, una cascata di fuoco si abbatté su di lei. Kya fu avvolta dal calore intenso delle fauci dell'Aros e vide i piccoli VIRM arrampicatisi fin sulle sue spalle sciogliersi come se fossero fatti di cera. Lei ne uscì scottata, ma quello poteva sopportarlo.
<< State bene? >> Domandò Kondō mentre l'Aros si soffermava a poca distanza da loro, rimanendo in volo.
<< Grazie per l'aiuto! >> Disse Ryo istintivamente, ma Kya invece sembrò più preoccupata di concludere quella faccenda.
<< Rimanete a distanza e continuate a danneggiare la nave! >>
Ma i nemici erano troppi, si stavano già ricompattando per attaccare un'altra volta. Aros e Iustitia iniziarono ad attaccare, tenendosi entrambi a distanza di sicurezza e sfruttando la propria mobilità, per quanto questa stesse per venire meno un'altra volta. Poi, un colpo di genio balzò in mente a Ryo che si voltò verso l'Animus: lì i VIRM non si erano radunati, o meglio sembravano avere difficoltà ad attaccare. Le vibrazioni gli davano fastidio, o forse erano capaci di danneggiare i loro sensi permanentemente!
Con tutta la voce che aveva in corpo, urlò:<< Aki! Libera tutto ciò che hai! >>
L'urlo arrivò ai piloti dell'Animus, che alzarono lo sguardo verso di loro prima di capire cosa volesse dire il loro compagno. Senza più freni, il motore dello Stridiosauro iniziò a girare alla massima potenza trasmettendo al suolo una quantità inaudita di vibrazioni che rese impossibile per Iustitia rimanere in piedi, ma che fece disperdere e crollare anche i VIRM che lo avevano circondato.
Lottando contro la sensazione di nausea che quelle incessanti oscillazioni gli provocavano, Kya e Ryo si costrinsero a ritrovare l'equilibrio e appoggiandosi alla propria lancia tornarono a puntare la torre di comando, liberi di muoversi senza più distrazioni da parte dei VIRM. Gli ci volle un attimo per recuperare le energie, ma alla fine riuscirono a spiccare un balzo e a raggiungere la cima senza difficoltà.
Subito lo Stridiosauro conficcò la sua arma nella struttura, aprendo una grossa spaccatura sul fianco della torre da cui cominciò a fuoriuscire un fluido violetto, scuro e viscoso.
<< Che cosa? >> Esclamò sorpresa Kya, avvertendo il liquido caldo imbrattare le sue mani di acciaio. Fu Ryo a tramutare i loro dubbi in parole.
<< Questa cosa non sarà mica un altro essere vivente? >>
Dalla sala di controllo, Hachi e Nana conoscevano già quella risposta: lo avevano sospettato, ma non avevano mai avuto la possibilità di appurare che i VIRM avessero sviluppato delle armi prendendo esempio dagli Stridiosauri. La loro razza non aveva bisogno di corpi, quelli che stavano mandando a lottare erano solo dei fantocci con una mente ad alveare che mantenevano una parvenza di organico, ed era prevedibile che anche con i loro mezzi di trasporto usassero la stessa tecnologia.
<< In fondo, anche gli Stridiosauri si sono evoluti per sostenere viaggi interstellari. >> Ricordò Nana, che assieme al suo partner aveva viaggiato a bordo di uno di quei giganteschi esseri diretti su Marte, mille anni fa.
Hachi annuì e rimase ad osservare lo Iustitia estrarre la lancia dalla torre; normalmente le immagini venivano trasmesse da dei droni che sorvolavano il campo di battaglia, ma in quel caso la sala di controllo stava seguendo la battaglia direttamente dagli occhi degli Stridiosauri saliti a bordo della nave nemica.
Un altro colpo che andò più a fondo di quello precedente e la spaccatura sul fianco della torre si allargò, lasciando fuoriuscire ancora più fluido. La squadra stava finalmente assestando dei danni seri alla nave aliena; dove la corazza era stata già danneggiata, le crepe si allargavano vistosamente ogni secondo che passava grazie alle vibrazioni dell'Animus.
Un violento scossone interruppe gli attacchi di Animus e Iustitia, che videro del fumo arrivare dal retro della nave, dove erano posizionati i propulsori; anche Aros stava dando il massimo e finalmente sembrava che la nave stesse cedendo. Il piano iniziò a inclinarsi rapidamente e i due Stridiosauri capirono che fosse arrivato il momento di scendere da lì.
<< Sta precipitando! >> Esclamò subito Aki rimettendo l'Animus in piedi e iniziando a spingere per non scivolare di sotto. Stavano per richiamare l'Aros, ma la voce di Kya raggiunse la coppia di fratelli dicendogli di restare al proprio posto.
<< E' proprio questo il momento in cui dobbiamo assestargli maggiori danni! Continuate a colpire con la massima potenza; Momo, tu passa di sotto all'astronave e cerca di spingerla verso i nemici a terra! >> Furono le indicazioni piene di ottimismo della caposquadra, che continuava a crivellare di colpi la torre centrale. Poi questa spiccò un salto in direzione della prua e, osservando il mondo ruotare mentre la nave cedeva sotto di sé, conficcò la lancia nella corazza del VIRM e iniziò a stringerla, agitandola come una leva da una parte all'altra.
<< Iustitia! Dobbiamo saltare giù! >> Gridarono insieme i fratelli Okagawa, continuando a mandare vibrazioni alla nave. Kya però fu inamovibile.
<< Non ancora! >> Esclamò sicura di sé. << Dobbiamo prima assicurarci che questo bestione finisca dove vogliamo noi! >>
Lo Iustitia aprì le comunicazioni con tutti gli Stridiosauri rimasti a terra e li avvertì di liberare l'area.
Lo Xenomorphus fu trasportato dall'Anthurium mentre scappava assieme al Gaia; Suzuko rimase un momento ad osservare la nave che si inclinava verso di loro in quella visione da incubo, poi mandò un'altra occhiata al campo di battaglia dove i loro compagni, quasi completamente da soli, erano riusciti a dimezzare le forze nemiche e a mettere in ginocchio quelle rimanenti, prima di esaurire le energie.
I VIRM rimanenti non sembravano in grado di inseguirli, pensò. Che fine orribile sarebbe stata, essere schiacciati dalla propria astronave. Alla fine anche il classe Gutenberg si allontanò per mettersi al sicuro, lasciando il palcoscenico alla caposquadra.
Iustitia stringeva la propria lancia con decisione e la manovrava come se fosse un timone per direzionare la nave aliena; forse si trattava solo di suggestione, oppure quella lama incastonata nel gigante metallico aveva toccato qualche punto critico che lo aveva fatto reagire, ma sembrava che stesse effettivamente funzionando.
Kya non sentì nemmeno le urla di Momo chiamarla quando la nave andò in caduta libera. Rimase lì sulla punta settentrionale del VIRM ad assaporare l'ebbrezza donatale dalla consapevolezza di essere forte, e anche quando fu sul punto di schiantarsi non si mosse di un millimetro; nemmeno i tentativi di spostare lo Stridiosauro da parte di Ryo servirono a niente, la Pistil aveva preso completamente il controllo, dimenticandosi di tutto il resto.
Fu l'Animus a lanciarsi contro Iustitia e a strapparlo da quella trance che l'aveva completamente avvolto, lanciandosi dalla testa della nave nelle braccia dell'Aros, che li stava seguendo in volo.
Lo schianto fu spaventoso. Gli Stridiosauri furono coinvolti in parte nell'esplosione e spinti lontano dall'onda d'urto mentre l'intera area veniva avvolta da una luce accecante e la terra cominciava a tremare, quindi i VIRM rimasti a terra finirono a pezzi mentre le fiamme divampavano ovunque.
Gaia e Anthurium assistettero a quella scena con il terrore negli occhi, pensando che i loro compagni non ce l'avessero fatta. Il vento caldo dell'esplosione li investì in pieno lasciandogli solo immaginare cosa potesse significare restare coinvolti in quell'inferno; ad aggiungersi all'ansia dei ragazzi, le scosse causate dall'impatto non accennavano a smettere, facendogli credere che lo stesso terreno sotto i loro piedi sarebbe crollato.
Dopo un po', nella luce abbagliante riuscirono a scorgere un puntino nero che si faceva sempre più grande. L'istinto gli consigliò di scansarsi, riconoscendo la sagoma dell'Aros appallottolata che viaggiava come un proiettile verso di loro.
Il dragone si schiantò a poca distanza da lì, trascinandosi per qualche centinaio di metri prima di fermarsi definitivamente. Stringeva i suoi compagni al petto con fermezza, ancora scombussolati dall'atterraggio, e dopo qualche istante tutti e tre ripresero a muoversi.
L'Animus barcollava vistosamente e la sua ruota non sembrava essere bloccata, mentre Iustitia, per quanto acciaccato, aveva ripreso a muoversi con fare gioioso.
<< Avete visto che razza di botto che ha fatto? Li abbiamo fatti saltare in aria tutti quanti! >> Esclamò Kya, evidentemente in estasi per il caos scatenato.
Certamente il suo piano aveva funzionato, ma era stato troppo rischioso e distruttivo. Chiunque lo avrebbe definito una follia! Kya però non sembrava vedere i rischi che aveva appena corso.
<< E' stato fantastico! Era come se fossi arrivata in paradiso, avevo il mondo nelle mie mani, volevo… >>
<< Okay, basta così adesso! >> La voce di Ryo si intromise nella comunicazione e lo Iustitia ebbe uno scatto meccanico prima di ricominciare a muoversi in maniera più pacata.
La voce del ragazzo tornò mentre lo Stridiosauro si portava una mano alla testa. << Si può sapere che ti ha preso? Hai di nuovo cominciato a fare di testa tua! >>
Il volto di Kya sullo Iustitia assunse un'espressione seccata. << E dai! Ha funzionato, no? >>
<< Hai rischiato di farci esplodere assieme a loro! Perché non sei saltata giù alla prima occasione? >>
<< Non è successo niente! Perché devi sempre essere così pessimista, darling? >>
Ryo continuò a sbraitare, lamentandosi ulteriormente a causa del nomignolo datogli dalla compagna, e nel frattempo gli altri poterono avvicinarsi a loro.
<< E' inutile che ve lo dica, si è trattata di una mossa veramente incosciente… >> Esordì Suzuko, un po' rassegnata. Ormai aveva capito che fosse inutile provare a ragionare con Nakamura in momenti come quello.
<< Dove sono Aiko e Kaoru? >> Domandò all'improvviso la voce di Rin mentre l'Animus si avvicinava agli altri Stridiosauri con piccoli saltelli.
Anthurium si voltò brevemente a mostrare alle sue spalle il corpo inerte dello Stridiosauro a quattro zampe, adesso accucciato come se fosse a riposo.
<< Credo che abbiano finito il carburante. >>
<< Non avranno bisogno di tornare a bordo dello Xenomorphus. >> Si intromise nella conversazione la voce di Hachi, un attimo prima che il suo ologramma comparisse all'interno di tutti gli abitacoli. << Stiamo mandando dei mezzi a prelevarvi; tornerete tutti via aeromobile, dobbiamo solo aspettare la conferma che i nemici siano stati eliminati. >>
Kya sbuffò. << Certo che lo sono. Li abbiamo polverizzati! >>
Ci fu silenzio per un momento, Hachi sembrava ancora teso e parlava con voce meccanica, ma i ragazzi poterono vedere il suo viso addolcirsi mentre pronunciava le parole:<< Ottimo lavoro, ragazz… >>
<< Ragazzi! >> Prima che potesse concludere il suo messaggio, Hachi fu spinto in malo modo da Nana che si fiondò all'interno dell'ologramma per parlare con la squadra. << State tutti bene? >>
Tra i piloti si sollevarono alcune risatine di fronte a quella scena. Era bello, in un certo senso,, quindi i ragazzi si affrettarono a rassicurare la donna.
<< E' stata una passeggiata, signorina Nana! >> Fu il modo di cantare vittoria di Nakamura, mentre gli altri rimasero più con i piedi per terra nel fare rapporto della propria situazione. L'importante era rassicurare gli adulti; potevano ormai confermare di aver vinto!
Nana era commossa; quei volti splendenti e pieni di positività subito dopo la fine di quella battaglia sanguinosa erano la cosa più bella che potesse mai vedere. Più di una persona lì presente avrebbe potuto giurare di vederle gli occhi lucidi, e quando poi sussurrò:<< Sono veramente fiera di voi, ragazzi… >> I Parasite capirono finalmente quanto fosse stata in pensiero per loro.
<< Eh… >> Borbottò Hoshi sorridendo nonostante solitamente con gli adulti mantenesse un rapporto molto formale. << Non vorrà mica mettersi a piangere adesso? >>
 
*
 
Il portellone dello Xenomorphus si aprì lentamente, lasciando entrare finalmente il sole  nella cabina di pilotaggio; gli occhi di Kaoru erano ormai abituati all'oscurità e per un attimo rimasero abbagliati da quell'improvviso fascio di luce che li investì. Sentì il corpo di Aiko tremare in reazione a quel rumore improvviso, stretta a lui in quell'abbraccio così tenero in cui erano rimasti dopo aver chiuso la connessione.
Dall'uscita il ragazzo vide spuntare la testa del suo compagno di stanza Ryo e questo gli mandò un'occhiata interrogativa. Capendo che fosse arrivato il momento di uscire, Kaoru accarezzò dolcemente la schiena della ragazza che era rimasta tra le sue braccia per tutto quel tempo e le sussurrò qualcosa.
<< Aiko… La battaglia è finita, sono venuti a prenderci. >>
La sua voce non sembrò arrivare alle orecchie della ragazza, che rimase con la fronte schiacciata contro il suo petto. Kaoru alzò lo sguardo verso il suo amico all'entrata e fu come se volesse supplicarlo di attendere ancora qualche minuto. L'esperienza della modalità berserk era stata molto più traumatica di quanto Aiko si aspettasse; anche se erano andati fino in fondo, la ragazza ne era rimasta parecchio scossa tanto da non riuscire più a mettersi in piedi dopo aver chiuso la connessione.
<< Che succede…? Oh. >> Sbucò Kya da dietro le spalle di Ryo, e subito questo le mise una mano davanti alla bocca, tirandola indietro per non intromettersi in quel momento così intimo per i loro compagni.
In mezzo al silenzio della cabina di pilotaggio, i sospiri di Aiko si fecero finalmente più udibili e la ragazza riprese a tremare.
<< Kaoru… >> Mormorò stringendo le dita sulla tuta del ragazzo. << Ti prego… Promettimi che non faremo mai più niente del genere… >>
Il ragazzo in un primo momento non seppe come rispondere. << Aiko, no… Certo che non… >> Poi si fermò. Poteva davvero promettere una cosa del genere quando sapeva che da quel momento in poi le cose sarebbero sempre state più difficili per la squadra? Ogni battaglia sarebbe stata una sfida più grande che avrebbero dovuto saper superare; non era possibile mantenere quella promessa, per quanto avrebbe voluto farlo!
<< Ascolta. >> Le disse spostandosi un poco. Le sue mani abbandonarono le spalle della ragazza e lei ebbe improvvisamente freddo, ma quando le prese gentilmente le guance per farle alzare lo sguardo, sentì tutto il suo corpo andare a fuoco. << Io non so quali sfide dovremo affrontare in futuro. Non so se dovremo mai utilizzare nuovamente la modalità berserk. Non so nemmeno se posso immaginare il dolore che hai provato mentre combattevamo… Quindi non so se posso farti questa promessa, per quanto io lo desideri.
<< Quello che posso fare è giurarti di offrirti tutto il mio supporto, ogni volta che accadrà. >>
Con quell'ultima frase, Aiko ricacciò indietro le lacrime che stavano già sfuggendo al suo controllo e corrugò la fronte in un'espressione interrogativa, confusa.
Kaoru assunse un sorriso mesto. << Non voglio vederti soffrire. E' da un po' che me ne sono reso conto ormai, ma non avevo ancora avuto il coraggio di dirlo forte e chiaro a me stesso: da quando ho visto il tuo sorriso felice il giorno della prima connessione, così carico di eccitazione e positività per il futuro, ho capito che volevo vederlo ancora e ancora… Volevo vederti sempre così, spensierata! E per quanto mi piaccia quella tua timidezza che ti caratterizza, sono quei sorrisi occasionali che mandi senza rendertene conto che mi hanno veramente sciolto il cuore, e per questo ho giurato a me stesso di fare tutto ciò che è in mio potere per continuare a vedere quel sorriso ogni giorno della mia vita, ogni momento buono…
<< Non voglio che tu soffra come adesso, quindi farò di tutto per impedirlo! Condivideremo quella sensazione orribile della modalità berserk, mi impegnerò per aumentare i nostri valori di compatibilità al massimo, diventerò il partner perfetto, così che un giorno non ti resteranno nient'altro che sorrisi da mostrarmi! >>
Kaoru non si rese conto di quanto il suo discorso avesse colpito Aiko finché non ebbe finito di parlare e poté finalmente osservare quanto fosse diventata rossa dalla vergogna. In quel momento si rese conto anche di quanto fossero vicini i loro volti e si scusò, lasciando andare le sue guance.
Aiko riprese fiato e abbassò la testa per un po', approfittandone per ricomporsi. Kaoru pensava di aver detto una marea di scemenze ora che aveva visto la reazione della ragazza, ma quando lei rialzò lo sguardo gli stava sorridendo piena di gratitudine.
<< Grazie, Kaoru… >> Mormorò quasi come se fosse sul punto di mettersi a piangere. << Sono davvero contenta che… Sia tu il mio partner. >>
Anche Kaoru divenne rosso per l'imbarazzo e cercò di nasconderlo unendo le mani davanti al volto, ma fu inutile; entrambi avevano scoperto le proprie carte ormai. E la cosa più imbarazzante, di cui ancora non si erano accorti, era che lo avessero fatto proprio di fronte alla squadra al completo, che era rimasta a guardarli dall'uscita della cabina.
Kya gongolava. << Te lo avevo detto. >> Sussurrò a Ryo rimanendo appoggiata alla sua spalla come un koala. Il ragazzo non disse niente, incredulo di quanto fosse arrivata vicina alla verità la sua compagna, molto prima che gli stessi interessati se ne rendessero conto.
Anche Momo fu chiamata da qualcuno, dopo aver assistito a quella scena. Si girò da un lato e dall'altro per capire di chi si trattasse, ma non vide nessuno; alla fine abbassò lo sguardo notando Hoshi che cercava di attirarla agitando le dita, sorridendole in modo incoraggiante. Lui le prese una mano con gentilezza, quasi con timore, e gliela strinse senza dire nient'altro.
La ragazza arrossì un poco e abbassò lo sguardo sentendosi inspiegabilmente meglio; si chiese come facesse, in momenti come quello, a essere così sfacciato un timidone come Hoshi. Ma lui, per la prima volta, non riusciva a sentirsi a disagio; come Matsumoto, aveva finalmente capito cosa significasse essere un buon partner, e anche lui voleva continuare a vedere quel sorriso…
Finalmente Aiko ritrovò la forza per alzarsi in piedi e aiutata da Kaoru raggiunse l'uscita dello Xenomorphus, dove la attendevano tutti gli altri compagni di squadra. Senza preavviso, i Parasite si lanciarono incontro alla coppia stringendoli in un abbraccio caloroso, esultando a squarciagola per la vittoria di quella battaglia.
A quel punto, finalmente, la giornata poté concludersi.

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Capitolo 31
*** Non ancora al sicuro ***


Hachi ringraziò il ragazzo che gli aveva portato i resoconti dal resto del mondo e iniziò a sfogliare quelle pagine. Ci sarebbe voluta un’ora per leggere tutte quelle scartoffie, ma adesso quello che voleva conoscere era il risultato netto delle battaglie nel resto del mondo; il risultato della loro squadra era stato ottimo, ma non dovevano dimenticarsi degli altri Parasite che avevano lottato contro i VIRM quel giorno, e in tutta onestà aveva paura di conoscere il responso.
Andò subito in fondo al resoconto per leggere quel numero e quando lo ebbe trovato, un dolore pungente al petto gli mozzò il respiro.
Trentasette vittime. Dei piloti che avevano affrontato i VIRM quel giorno in giro per il mondo, trentasette erano morti. Trentasette adolescenti che non avrebbero più rivisto le loro famiglie, stroncati dalla brutalità di quel conflitto a causa di una sua scelta; perché anche se non direttamente, era stato Hachi a causare quelle morti.
Non riuscì a leggere il resto del rapporto, troppo demoralizzato da quella notizia. Eventualmente, Nana lo raggiunse e iniziò a spulciare quei documenti finché non arrivò pure lei al numero di vittime, alle quali comunque si aggiungevano diverse decine di civili che erano stati coinvolti nelle battaglie; in fondo non tutti avevano avuto la fortuna della loro squadra di poter combattere in uno spazio aperto, lontano dai centri abitati.
<< Sembra che l’unica squadra ad uscirne completamente indenne, oltre alla nostra, sia stata quella di Desia. >> Mormorò con tono greve la donna, sapendo che quella fosse una magra consolazione. Incredibilmente, nonostante di solito fosse lui a reggere meglio le cattive notizie, adesso si era fatta forza e aveva cercato di trovare qualche cosa per cui essere ottimista. << La squadra di Maghenta, invece, è stata spazzata via completamente, ma la città ha subito pochissime perdite grazie al sacrificio dei ragazzi… >>
Hachi finalmente si mosse da quella posizione che aveva assunto sulla propria sedia e si portò una mano sul volto. Rimase in silenzio un altro po’, prima di guardare la partner con aria distrutta e sospirare:<< E credi che alle famiglie di quei ragazzi importi qualcosa? >>
Nana abbassò il foglio. Capiva cosa intendesse, ma non ci potevano fare niente.
<< Hanno scelto la loro strada nel momento in cui hanno deciso di arruolarsi. Purtroppo sapevano tutti quanti cosa sarebbe potuto succedere… >>
<< Questo significa che dovremmo restare impassibili di fronte alla morte di quei bambini? >> Era incredibile come adesso fosse lei quella che manteneva la calma e la razionalità nonostante la situazione tragica; Nana era sempre stata la più vulnerabile a questo tipo di situazioni, ma sapeva anche che la reazione di Hachi in casi come questo fosse di tenersi tutto dentro fino a esplodere. Sapeva che si sentiva direttamente responsabile per quelle vittime, per questo tentò di farlo reagire.
<< No che non dobbiamo. Hachi, anche io sono distrutta da queste perdite… >> Iniziò a dire con voce esausta. << Ma in questo momento non puoi mollare tutto perché ci sono state alcune perdite. Abbiamo tante cose di cui occuparci e dovremmo rimanere concentrati per assicurarci che nessun altro debba morire perché non eravamo pronti ad affrontare la minaccia; dovremmo concentrarci sulle buone notizie, come il fatto che i nostri ragazzi sono ancora tutti con noi! Se ti fossilizzi a guardare solo il lato negativo delle cose, ora che abbiamo la possibilità di ottenere nuove informazioni sui nemici e migliorare l’esperienza dei nostri ragazzi, a che cosa sarà servito tutto questo? >>
Nana aveva ragione, come sempre. Ad Hachi piaceva tanto stuzzicarla e farla rimanere senza parole grazie alla sua retorica, ma nessuno come lei riusciva ad esprimere il concetto senza dover ricorrere a tediosi discorsi e metafore astruse per far riflettere le persone; era questo il motivo per cui lavoravano sempre insieme, lui usava il cervello e lei le emozioni, completandosi a vicenda e aiutandosi a ritrovare la strada quando uno dei due si sentiva perso.
Hachi piegò gli angoli delle labbra in un timido sorriso rassegnato, poi si abbandonò alla propria sedia e sospirò guardando la sua partner come se fosse un’opera d’arte. Lei sorrise a sua volta, intenerita da quello sguardo, e portò la propria sedia vicino a lui; si accomodò con un movimento goffo e si sporse nella sua direzione.
<< Vieni qua… >> Mormorò passandogli un braccio dietro alle spalle e posando la tempia alla sua. Il sorriso di lui si allargò e quel contatto gli fece girare la testa nella direzione di Nana, strofinando amorevolmente il naso alla sua guancia.
<< Non so come farei senza di te… >> Mormorò rilasciando tutta la tensione accumulata durante la giornata.
Nana non disse niente, ma lui sapeva che pensava lo stesso. L’eternità era una cosa tremenda da affrontare, ma insieme non si sarebbero mai stancati di vivere; non avrebbero potuto avere figli, ma sapevano che sarebbero rimasti sempre insieme, e questo gli bastava.
Rimasero in quella posizione per alcuni minuti, lanciando raramente delle occhiate alla foto sulla scrivania di Hachi, ricordo indelebile di una delle ultime volte in cui furono tutti insieme. Alla fine Hachi tornò il solito orso e si alzò dicendo di voler raccogliere altre informazioni sui VIRM. Nana comprese il suo voler svoltare pagina e lo assecondò. Era difficile che Hachi si mostrasse vulnerabile a lungo, eppure quando lo faceva ricordava a Nana quanto lo amasse.
<< I tecnici hanno scoperto qualcosa di utile, analizzando i resti delle navi aliene? >>
<< Niente che sia utile a noi. Sembra che il sistema di propulsione sia stato danneggiato, o forse si è autodistrutto al momento dell’impatto, quindi non sappiamo molto al riguardo. Tuttavia è stato confermato il sospetto dei ragazzi che le navi fossero dei giganteschi esseri viventi e non semplici mezzi di trasporto… >> Riassunse l’uomo aggiustandosi la camicia come se dovesse andare a un appuntamento.
La scoperta che le navi fossero in realtà i VIRM stessi non doveva sconvolgerli più di tanto; in fondo era lo stesso con gli Stridiosauri che li avevano portati su Marte mille anni prima per combattere l’ultima battaglia. L’unica differenza era che i VIRM non avevano bisogno di essere pilotati; normalmente non avevano neanche bisogno di un corpo, ma per combattere con loro avevano dovuto adeguarsi imitando l’evoluzione dell’Homo Klazōsàuros.
<< Credi che saranno arrabbiati? >> La domanda era quasi retorica, entrambi sapevano quali fossero le aspettative dei loro nemici.
Hachi ripensò alla chiacchierata con il Padre, la notte prima della battaglia. Era stato così borioso per tutto il tempo, anche una volta messo di fronte ai ragazzi che lo avrebbero affrontato aveva ostentato sicurezza; il messaggio trasmesso telepaticamente all’intera popolazione aveva sicuramente scosso la gente, ma questo non aveva impedito che i Parasite si facessero valere. Di sicuro non erano contenti.
<< Assolutamente. >> Commentò divertito. Nana non sapeva perché ghignasse a quel modo, ma evitò di chiederglielo. Invece, abbassò lo sguardo pensierosa.
<< Allora dovremo aspettarci un attacco ancora più massiccio. >>
<< Già. >> Annuì lui. << Tra soli due mesi. >>
Grazie alla visione dello Iustitia, Hachi aveva potuto conoscere l’esatto momento di tutti i futuri attacchi da parte dei VIRM e si era premurato di comunicarlo a tutti i collaboratori possibili; non sapevano ancora come facessero gli Stridiosauri ad avere informazioni così dettagliate sui piani dei VIRM, ma avevano deciso di fidarsi e sfruttarle al meglio. Tuttavia, molte persone ancora non erano a conoscenza di queste informazioni e forse era meglio così.
<< Dovremmo dirlo ai ragazzi, ora? >> Domandò Nana. Era stato difficile tener loro nascosta la data del primo attacco, ma necessario per evitare che vivessero quel periodo con eccessiva ansia, tuttavia era ovvio che sarebbe stato impossibile continuare così per due anni.
Hachi ci pensò un po’ su, ma alla fine scosse la testa. << Lasciamoli riposare per ora. >> Disse guardando fuori dalla finestra. << Le morti, i segreti dei nemici, la prossima battaglia… Ora si meritano semplicemente di svuotare le menti dopo la giornata che hanno dovuto affrontare. >>
Nana lo guardò malinconica, ma concordò con lui. E seguendo lo stesso ragionamento, evitò di menzionare quello che avevano visto durante la battaglia da parte dello Iustitia; la condotta di Nakamura, per quanto li avesse portati alla vittoria, aveva risvegliato in loro ricordi molto lontani. Quella ragazza e il suo partner, ancora una volta, si erano resi un po’ più simili a loro.
 
*
 
Kya sollevò il bicchiere per brindare assieme al resto della squadra. Il liquido nero che quei ragazzi bramavano tanto si agitava, confinato nelle sue mura di vetro mentre queste tintinnavano disordinatamente, accompagnate dalle urla di giubilo degli adolescenti.
<< Siamo stati fantastici! >> Esclamò la caposquadra avvicinando il bicchiere alle labbra subito dopo per arraffare qualche sorso di vino, quasi come se ci fosse il rischio che qualcuno glielo portasse via; era stata un’ottima idea, quella di nascondere la seconda bottiglia trafugata da lei e Rin e conservarla in attesa dell'occasione giusta. Quale occasione migliore di una vittoria così schiacciante per festeggiare?
<< Sono orgogliosa di tutti voi, ragazzi! >>
<< Anche tu sei stata grande, caposquadra! >> Le fece eco Naho sporgendosi dalla sedia, mentre Yoshiki accanto a lei posava il proprio bicchiere con fare seccato; lo avevano costretto a brindare con del vino perché dicevano che usare solo dell'acqua “portasse male” ma aveva già detto che non avrebbe toccato quella roba.
Aki si unì ai complimenti. << E’ vero! Se non fosse stato per quel tuo piano folle, non saremmo mai riusciti a eliminarli tutti! >>
La caposquadra sembrò lusingata da quelle parole e iniziò a far ondeggiare il vino nel proprio bicchiere con l’aria di chi si stava godendo i complimenti, un po' incerta su come rispondere.
<< Io invece penso che i veri campioni di giornata siano Aiko e Kaoru! >> Intervenne Ryo, che si attirò un’occhiataccia dalla propria partner per averle allontanato i riflettori, ma che ricevette anche il consenso unanime della squadra.
I due piloti dello Xenomorphus stavano cercando di mantenere un basso profilo, ma finirono loro malgrado al centro dell’attenzione. Dopo qualche ora passata a far raffreddare il cervello erano tornati entrambi a spaventarsi delle proprie ombre e non si erano detti una parola su quanto accaduto alla fine della battaglia; l'imbarazzo che aleggiava tra loro era tale da farli arrossire di colpo anche solo quando venivano nominati assieme. La “dichiarazione” di Kaoru ad Aiko era stato un gesto spontaneo – anche troppo – e bellissimo e aveva sicuramente fatto battere forte i cuori di entrambi, ma adesso facevano fatica a guardarsi negli occhi a vicenda… In particolare Aiko si stava maledicendo per essersi lasciata andare in preda allo shock della modalità berserk, abbracciando così forte Kaoru alla fine della battaglia, nella speranza di trovare un po’ di sicurezza in lui.
Non si pentivano delle cose che avevano detto e fatto, ma allo stesso tempo si vergognavano da morire per aver mostrato quella parte così “morbida” di sé. E adesso la cosa gli sarebbe inevitabilmente sfuggita di mano, a partire dal momento in cui, nell’entusiasmo della serata, qualcuno cominciò ad incitarli al bacio come una coppia appena sposata.
Con le orecchie che gli fumavano per l’imbarazzo, i due ragazzi cominciarono a nascondersi il viso dietro alle mani e a cercare scuse per non dover fare una cosa così imbarazzante di fronte a tutti. In fondo non erano mica diventati una coppia, le parole di Kaoru erano da considerare in chiave strettamente platonica, o forse no…?
<< Andiamo, lo sappiamo tutti che morite dalla voglia di sbaciucchiarvi! >> Rincarò la dose la loro caposquadra, chiudendo le mani attorno alla bocca come per amplificare la propria voce e farsi sentire meglio in mezzo al chiasso. I due compagni di squadra fecero convergere i loro sguardi proprio su di lei prima di voltarsi e scambiarsi un’occhiata imbarazzata, ma che valeva mille parole.
<< Bé… >> Mormorò la Pistil. << Se si tratta di un bacetto, non vedo perché no? >>
<< Credo di sì… Aiuta a scaricare la tensione… >> La seguì Kaoru, i cui occhi dicevano che di baci da Aiko ne avrebbe voluti mille, ma non era sicuro se lei ne fosse disposta.
Rendendosi conto di pensarla alla stessa maniera, avvicinarono i volti con incertezza e incominciarono a specchiarsi l'una negli occhi dell’altro. Accompagnati dalle urla crescenti dei loro compagni di squadra, si fermarono un attimo per decidere come coordinarsi e alla fine Kaoru porse la guancia ad Aiko e lei vi poggiò innocentemente le labbra, ritirandosi subito dopo con un sorriso enorme stampato in faccia e le gote infuocate.
Urla e applausi scossero la tenuta di Mistilteinn, che non aveva dovuto attendere nemmeno che l’alcol facesse effetto perché il caos dilagasse. Ormai la squadra era così, l’allegria contagiosa dei suoi membri rendeva imprevedibile e folle ogni momento, e spinti dall’euforia della vittoria i ragazzi sarebbero andati avanti per tutta la notte a festeggiare; la conclusione dei conflitti interni poi, aveva fatto sì che il clima nel gruppo fosse il più disteso possibile, perfetto per accingersi ad affrontare la loro prima prova contro gli alieni.
Dopo del bacio, la squadra fu soddisfatta e iniziò finalmente a tranquillizzarsi e la confusione si spense un poco. Quella settimana il turno in cucina era di Fukuda e Ojizaki, ma quella sera nessuno riusciva a mangiare per tutta l'agitazione che aveva invaso i loro corpi sin dalla mattina; così la coppia dell’Anthurium aveva deciso di preparare qualcosa di semplice, per la maggior parte riso e verdure fresche.
Alcuni di loro quasi non toccarono cibo. I due cuochi della serata guardavano i piatti dei propri compagni rimasti intatti e provarono una certa delusione nel vedere che il loro lavoro era stato quasi completamente ignorato; anche loro erano stanchi e mangiavano a fatica, furono tentati dal lasciare perdere a loro volta, ma quando si accorsero delle reazioni l’uno dell’altra incominciarono a mangiare con più gusto, quasi come se stessero cercando di rallegrarsi a vicenda.
Yoshiki lanciò un sorriso a Naho mentre assaggiava una pallina di riso preparata dalla ragazza e lei rispose imboccando le verdure che lui aveva cotto. Per un attimo si isolarono completamente dal resto della squadra e rimasero a fissarsi mentre mangiavano, sorridendo allegramente come era giusto che fosse, dopo una giornata tanto impegnativa.
Poi lo sguardo di Naho scivolò sul bicchiere del suo partner e ingoiò quello che stava masticando prima di prendere la parola.
<< Perché non bevi mai, tu? >> Gli chiese puntando la propria forchetta verso il piatto del ragazzo.
Yoshiki abbassò lo sguardo per trovare il bicchiere con il vino, lasciato quasi del tutto incustodito da qualche minuto e lo guardò con gli occhi spalancati. Quando tornò a guardare la ragazza, sorrise affabile e mosse una mano di lato.
<< E’ una storia imbarazzante: quando ero bambino bevvi inavvertitamente mezza bottiglia di vino rosso di alta qualità, perdendo la vista per qualche minuto e facendo preoccupare da morire i miei genitori. >> Spiegò con estrema tranquillità, lasciando Naho spiazzata; si aspettava una risposta molto diversa da quella che aveva avuto.
La ragazza soffocò una risatina e nascose il proprio sorriso dietro a una mano.
<< Sì, è la reazione più comune. >> Disse lui rassegnato, sapendo già che sarebbe stato preso in giro a vita per quello.
<< E quindi sei rimasto traumatizzato? >> Domandò lei tossendo, cercando di raggiungere il proprio bicchiere per sciacquarsi la gola ma rendendosi conto che anche questo fosse pieno di vino.
<< Puoi chiamarlo così, si tratta proprio una reazione mentale. Il mio corpo non riesce ad assorbire neanche una goccia d’alcol, che mi si rivolta contro all’istante! >> Rispose Yoshiki afferrando la caraffa con l’acqua e porgendole un altro bicchiere.
Lei lo ringraziò e lasciò che le versasse da bere prima di mandare giù un po’ d’acqua, lasciandosi andare a un verso carico di soddisfazione una volta finito.
<< Anche tu però non sei molto attratta dal vino, stasera… >> Mormorò il ragazzo mostrando un sorrisetto. In effetti sia Naho che pochi altri avevano a malapena bagnato le labbra con quella bevanda a cui si erano abbandonati la prima volta; diversamente da Kya, Kaoru, Rin, che sembravano averci preso gusto, i due piloti dell’Anthurium, assieme a Suzuko e Hoshi, sembravano timorosi di alzare i bicchieri.
<< Hm, sì… Ho pensato di andarci piano dopo la figuraccia dell’altra volta… >> Rispose lei, ricordando come la prima volta, mezza ubriaca, si fosse lasciata accompagnare in camera da Yoshiki non essendo capace di fare un passo da sola.
<< Ma quale figuraccia! >> Rispose lui stringendo le spalle. << Siamo partner, portarti a letto sarebbe il minimo che… >> Si zittì rimanendo impassibile.
Lo sguardo di Yoshiki andò lentamente a posarsi sulla ragazza al suo fianco, che ricambiò allibita, rossa in volto. Ci furono un paio di secondi di totale silenzio tra i due e nessuno seduto a tavola sembrò accorgersi dell'improvvisa tensione nata in mezzo a loro; alla fine scoppiarono entrambi a ridere così tanto che dovettero prendersi un momento per riprendere fiato, incapaci di incrociare nuovamente lo sguardo rimanendo seri.
<< Sei sicuro di non essere tu quello che ha bevuto troppo, stasera? >> Domandò la ragazza con le lacrime agli occhi per le troppe risate.
Yoshiki si posò una mano sul volto, sprofondando nella vergogna. << No, sono solo un idiota! >> Disse con tono comico, facendo ridere di nuovo la ragazza.
<< Non ti facevo così imbranato. >> Gli confessò lei quando fu riuscita a darsi un contegno.
<< Non lo sono! >> Rispose lui nascondendo ancora il viso dietro una mano. << Però certe volte la lingua si muove più velocemente del cervello… >>
Naho si stese in avanti sul tavolo e unì le mani, sorridendo rassicurante. << Oh, capita a tutti di tanto in tanto, specie se si è esausti per aver affrontato una battaglia con alieni e robot giganti! >>
Yoshiki ghignò. Le loro risate avevano distratto per un momento gli altri ragazzi, ma con loro sollievo nessuno andò a chiedergli che cosa avessero da ridere tanto e non ci volle molto perché tutti tornassero a chiacchierare come se nulla fosse.
Una persona però non era in vena di parlare: Suzuko fissava minacciosamente il proprio bicchiere e rifletteva in silenzio.
La battaglia era andata a buon fine, eppure pensava che Nakamura si fosse presa dei rischi inopportuni con le sue azioni sconsiderate; le cose si sarebbero potute risolvere molto più facilmente, senza costringere Aiko ad utilizzare la modalità berserk e senza esporsi così tanto sulla nave aliena. Alla fine il piano aveva funzionato, ma ciò significava che non dovessero continuare a cercare delle strategie più sicure per tutti? Assolutamente no! Come aveva immaginato, Kya non era adatta a fare da caposquadra, ma visto che l’operazione era stata un successo il suo consenso sarebbe aumentato e lei avrebbe continuato a fare di testa sua… Neanche il suo partner era riuscito a tenere a freno la sua esuberanza, cosa sarebbe successo se si fosse presa sempre più spazio?
Da parte sua, Suzuko si riteneva soddisfatta solo in parte per il proprio rendimento: in battaglia il suo corpo aveva resistito meglio che nella sfida tra Stridiosauri avvenuta poco tempo addietro, ma la sua concentrazione era venuta a mancare troppo facilmente e questo aveva fatto sì che il Gaia si rendesse inutile per una parte dello scontro. E i droni dell’I.P.U. avevano sicuramente registrato tutto l'accaduto e distribuito le immagini alle enti televisive; doveva essere apparsa come un'incompetente…
<< C’è qualcosa che ti preoccupa? >> Domandò una voce amichevole alla sua destra. Tetsuya comparve all'interno del suo campo visivo, leggermente accigliato; sembrava riuscire a capire sempre quando fosse turbata e si adoperava sempre come poteva per tirarla su di morale.
<< No, sono solo un po’ stanca. >> Rispose lei sorridendogli, distendendo le braccia per allontanarsi un poco dal tavolo e avere più libertà di movimento. << La battaglia mi ha spossata. >>
<< Quello è poco ma sicuro. >> Rispose lui alzando il proprio bicchiere per un attimo, assaggiando appena il suo contenuto. Dall’altro lato del tavolo invece arrivò la voce squillante di Kya che sembrava quasi volerla prendere in giro.
<< Dai, Suzu! Non essere così triste, abbiamo vinto! >> Disse quella scalmanata agitando il suo di bicchiere, vuoto. Sembrò sul punto di gettarsi nella sua direzione, saltando sul tavolo noncurante di tutto quello che c'era sopra, e come al solito fu Ryo a trattenerla, nel tentativo di dare un contegno alla sua esuberanza.
<< Abbiamo vinto solo una battaglia! Abbiamo ancora tanta strada da fare e dovremo crescere molto nei prossimi mesi, se abbiamo intenzione di continuare a festeggiare così. >> La risposta di Suzuko fu schietta e leggermente pessimista, ma Kya non sembrò fare caso al suo tono piccato.
<< Capisco il tuo punto di vista, Sentakami… >> Intervenne Ryo, sapendo quanto ci tenesse la ragazza ad essere sempre eccellente. << Però preoccuparci ora non serve a molto se non ad appesantire l'atmosfera. Godiamoci il nostro successo e domani lavoreremo sulle nostre lacune; anche io ho ancora molto da imparare, se voglio evitare che Kya prenda il controllo come le altre volte! >>
Ryo concluse la frase smorzando un’esclamazione, mentre la sua partner si stendeva verso di lui e lo strattonava, gesto al quale il ragazzo rispose quasi con una spinta. Suzuko così rimase a osservare i suoi compagni di squadra che si stuzzicavano, chiedendosi come facessero ad essere sempre così carichi di energie.
Ma non ci fu molto da guardare: alla fine Kya decretò la fine di quello scambio afferrando la bottiglia di vino e versandosene un po’ nel bicchiere, mandando una linguaccia al partner che cercò inutilmente di fermarla. Ryo non voleva vederla esagerare di nuovo con l’alcol, ma quando Momo accanto a lei le chiese di riempirle a sua volta il bicchiere, il ragazzo capì di essere di fronte a una battaglia già persa.
<< Non sei già al terzo bicchiere stasera? >> Domandò Hoshi, alla sinistra della ragazza. Quella domanda gli procurò un'occhiataccia da parte di Nakamura, che ancora non lo aveva perdonato del tutto per quello che era successo tra lui e la sua amica; Momo stava in mezzo a loro due proprio per evitare che finissero per litigare, ma appena rivolgeva la parola al proprio compagno, l'altra iniziava a ringhiare come un cane da guardia.
Momo sobbalzò alla domanda del ragazzo. << Dici sul serio? Non me n’ero neanche accorta… Non mi ero resa conto di quanto fosse buono questo vino… >> Borbottò lei con un sorriso elusivo.
Il ragazzo con gli occhiali la osservò perplesso; Momo stava palesemente evitando l’argomento, come se non volesse riconoscere di star bevendo troppo, eppure dalla sua voce e i movimenti del suo corpo sembrava ancora nel pieno controllo delle sue facoltà.
<< Sembra che io regga l’alcol meglio di quanto immaginassi! >> Borbottò prendendo un altro sorso dal proprio bicchiere, e rise nervosamente, forse per nascondere l’imbarazzo di essere stata notata dal proprio partner.
<< Così ti voglio, Momo! >> Si unì a lei Kya, avvolgendole un braccio attorno al collo e trascinandola in una risata molto più spontanea; a differenza della compagna di stanza, lei aveva già cominciato a biascicare e barcollare.
Hoshi sorrise, ricordando le cose che gli erano venute in mente durante la battaglia. Anche se spinta dall’alcol, sentire la risata di Momo gli scaldava il cuore; era una sensazione strana, perché fino a non molto tempo fa la sua felicità non lo avrebbe scalfito minimamente, ma ora era la cosa che più attendeva con ansia. Era contento di sapere che, dopo tutto quello che le aveva fatto passare, la ragazza fosse riuscita a riprendersi e lo avesse perdonato tanto da permettergli di far parte della sua allegria; forse, in realtà, non lo aveva mai considerato colpevole di qualcosa…
Sembrava che Momo fosse incapace di odiare. Da come lo aveva abbracciato durante la battaglia, Hoshi poteva sentire che ci fosse solo tanta bontà in lei e qualunque cosa le fosse successa, Momo avrebbe sempre risposto porgendo l’altra guancia e aiutando il suo prossimo.
 
*
 
I due cuochi della settimana alla fine non toccarono per niente la bevanda alcolica. Come loro, anche Tetsuya e Hoshi evitarono di bere, mentre Suzuko che inizialmente non sembrava voler toccare il vino, si lasciò finalmente influenzare dall’entusiasmo di Kya e tornò rapidamente in quello stato brillo in cui era finita anche l’ultima volta.
Momo finì per dover portare a letto un’altra volta le ragazze che avevano bevuto troppo e alla fine nella sala rimasero lei, i piloti dell’Anthurium e lo Stamen dell’Animus. Ryo aveva lasciato anticipatamente la comitiva dopo che la sua partner gli aveva versato addosso il contenuto del suo terzo bicchiere, mentre invece Aiko e Kaoru si erano allontanati dicendo di essere ancora scombussolati per via della giornata appena trascorsa, ma tutti quanti sapevano che il vero motivo fosse dato da quel bacio verso cui erano stati spinti forse con un po’ troppa insistenza.
<< Momo, sei sicura di stare bene? Avrai bevuto sì e no mezza bottiglia. >> Si preoccupò la compagna di stanza quando la vide rientrare nella sala. La Sakei sembrava ancora vispa e reattiva, nonché più allegra del solito; quell’ultima caratteristica sarebbe stata attribuita all’alcol nel suo corpo, ma in realtà era stata così per l'intera giornata.
<< Oh, stai tranquilla Naho. Non riesco a credere di essermi persa tutto questo, l’ultima volta che avete stappato una di quelle bottiglie! >> Commentò distrattamente la ragazza agitando il bicchiere che ancora teneva in mano, con dentro qualche goccia di vino che ancora non aveva mandato giù.
Yoshiki ghignò. << E’ vero, quella volta non avevi l’aria di una che si stesse divertendo, però ricordo come abbia fatto di tutto per non farlo pesare agli altri. >>
Momo sorrise imbarazzata. Inaspettatamente, non le creava nessun disturbo parlare di quella serata. << Già. Non sono così musona, solitamente; ma ho lasciato che le mie difficoltà con Hoshi mi condizionassero e inevitabilmente questo ha influito sull’umore di tutti… >> Spiegò quasi meccanicamente, come se si fosse ripetuta quelle parole tante volte da ricordarle perfettamente.
<< Non avresti dovuto! >> Le disse Naho posandole una mano sulla spalla. << Se c’è qualcosa che ti turba, è giusto che tu ce lo faccia sapere; siamo qui per aiutarci tutti a vicenda, non per chiuderci nei nostri pensieri. >>
La ragazza più alta mandò uno sguardo dolce alla sua amica come ringraziamento per quelle parole; sapeva già di poter contare sulle sue amiche, ma sentirselo dire era molto più rassicurante. L’ultima cosa che avrebbe voluto sarebbe stato scoprire di essere un peso per i suoi compagni.
<< Adesso lo so. >> Mormorò con voce serena.
Senza lasciare che la discussione si spegnesse, Yoshiki incrociò le braccia e domandò senza alcuna esitazione:<< E quindi adesso come vanno le cose? Il nano infame si sta comportando bene? >>
Ci fu una risatina da parte di Aki, che non riuscì proprio a trattenersi mentre Naho dava uno schiaffetto sul braccio al proprio partner per quel termine infelice che aveva utilizzato; non era un segreto che lui e Hoshi non andassero d’accordo, ma parlare così di lui sembrava un tantino troppo cattivo, anche se fatto a cuor leggero.
Anche Momo rise un poco. << Non dire così! E’ gentile, sta facendo di tutto per essere un buon partner. >>
Il suo sguardo si abbassò un poco e la ragazza ripensò a quello che era successo a bordo dell’Aros durante la battaglia; pensò che se gli altri avessero dovuto assistere a quell’abbraccio come era stato per Aiko e Kaoru, lei non sarebbe più riuscita a mostrare il viso in pubblico per la vergogna.
Ripensandoci, Momo si chiese dove fossero finiti i suoi due compagni di squadra, mentre gli altri iniziavano a sbadigliare e proporre di andare a riposare. Dopo qualche minuto, il gruppetto di superstiti lasciò la sala da pranzo e incominciò a dirigersi verso le stanze al piano di sopra, quando un’ombra fuori da una finestra attirò l’attenzione di Momo e questa disse agli altri di aspettare.
<< C’è qualcuno fuori, sul portico. >> Sussurrò alzando un dito davanti alle labbra, facendo segno ai ragazzi di seguirla. Era raro che la squadra ricevesse visite se non da parte dei propri coordinatori, che sicuramente non avevano motivo di presentarsi a quell’ora della sera; era improbabile che si trattasse di un ladro visto quanto fosse isolata la zona, più possibile che si trattasse invece di qualche animale arrivato dalla foresta, però in quel caso le ombre viste da Momo sarebbero state diverse.
La ragazza si avvicinò all’ingresso e si sporse da una delle vetrate che contornavano il portone e avvistò due figure nell’ombra, affacciate sul parapetto del portico e rivolte verso l’esterno. Ci mise solo qualche secondo a capire che si trattava dei suoi due compagni di squadra scomparsi, Aiko e Kaoru; finalmente capì cosa stesse succedendo e fece segno agli altri di fare ancora più silenzio.
Incuriosito, Yoshiki si avvicinò alla porta e la aprì con estrema discrezione per poter sentire cosa si stessero dicendo, e in un attimo tutti e quattro i curiosi furono attaccati a quello spiraglio per riuscire a captare meglio le loro parole.
<< Sono ancora elettrizzata! >> Commentò tra una risata e l'altra la ragazza dai boccoli biondi. Sembrava che stessero parlando da un po’, molto probabilmente l’argomento era la battaglia del giorno.
Kaoru ascoltava le parole della sua partner con aria trasognata e sorrideva come se non riuscisse più a contenere la sua gioia. Probabilmente stava ancora sognando.
<< Certo che ci siamo fatti valere, eh? >> Mormorò lei. << Non pensavo che saremmo arrivati a fare cose del genere, sai… La modalità berserk… >>
<< Oh, è stata una cosa incredibile! >> Disse il ragazzo agitando le mani. << La potenza sprigionata in quel momento… E’ stato come se potessi a malapena contenerla, e nel frattempo tu hai dovuto provarla tutta sulla tua pelle… >>
Il ragazzo iniziò a tremare al pensiero di dover far provare tutto quello un’altra volta alla propria partner. Lei però intervenne scuotendo la testa.
<< Non ricominciamo! Adesso sto bene; è stato difficile, ma lo abbiamo superato. E grazie a quello siamo riusciti a vincere, quindi non devi incolparti di niente. >> Aiko avvicinò la propria mano a quelle di Kaoru, ma non fece nulla di avventato. << Hai detto che mi avresti protetto, e lo hai fatto; adesso continua a proteggermi come hai fatto oggi! >>
Un po’ rincuorato, il ragazzo sorrise e aprì una mano nella speranza che lei gliela tenesse. Con sua grande sorpresa, la ragazza lo fece senza esitazione; era troppo buio per notare se le sue guance si fossero fatte rosse per il suo classico imbarazzo, ma immaginò che ormai Aiko si sentisse molto più a suo agio in quelle condizioni grazie a quello che avevano dovuto passare…
<< E poi sono stata io a offrirmi di attivare la modalità berserk! >> Aggiunse lei ammiccando, ricordando un particolare di non poco conto. << Quindi smettiamola di pensarci e concentriamoci sul futuro, d’accordo? >>
Kaoru annuì. Doveva dimostrare di poterla proteggere, avevano ancora molto da affrontare, ma al momento riusciva a pensare solo a una cosa…
<< Quindi… >> Borbottò fissando la propria mano che stringeva quella di Aiko. << Cosa siamo noi, adesso? Cioè, non voglio inventarmi cose strane e sembrare inquietante o, sai… Però sono successe tante cose e io non so proprio come spiegarmi tutto questo, e poi c’è stata quella cosa che abbiamo fatto prima davanti a tutti e capisco perfettamente che ci stessero spingendo tutti a farlo – e ammetto che mi è piaciuto molto – ma se tu non avessi voluto farlo non avresti dovuto lasciarti costringere dagli altri… Cioè penso che sia giusto che tu non ti senta costretta a fare qualcosa che non… >>
Il ragazzo prese a borbottare a ruota libera, riuscendo a malapena a pronunciare frasi sensate, e alla fine si ritrovò con gli occhi della sua partner fissi su di sé, divertita da quel suo smarrimento.
<< E’ piaciuto anche a me. >> Disse lei specchiandosi nei suoi occhi scuri e confusi, tranquillizzandolo immediatamente. Kaoru arrossi imbarazzato e distolse lo sguardo, ma fu in quel momento che Aiko si avvicinò ancora di più, lasciandogli un altro bacio sulla guancia, prendendolo alla sprovvista e facendolo quasi scivolare dallo spavento.
<< Quello per che cos’era? >> Domandò portandosi una mano sulla guancia e allontanandosi un poco, pur essendo piacevolmente sorpreso da quel gesto.
Aiko soppresse una risatina e lo guardò contenta. Il pensiero che un semplice bacio potesse scombussolarlo così tanto le donava una strana gioia; stare con Kaoru non solo la faceva sentire al sicuro, ma era anche molto divertente!
<< Mi andava e basta. >> Disse alla fine voltandosi a guardare verso il bosco, la radura che circondava la casa era illuminata a malapena dal chiaro di luna. Confuso, Kaoru si voltò allo stesso modo di lei e si avvicinò di nuovo.
<< Ma quindi… Vuol dire che… >> Borbottò ancora.
Aiko rise e tirò un lungo sospiro prima di poggiare la testa su una spalla del ragazzo, liberando i suoi boccoli sul suo braccio. Era incredibilmente insicuro per aver detto tutte quelle cose quando erano all’interno dello Xenomorphus; ma questo significava che ci tenesse ancora di più a lei.
<< Sei il mio darling, Kaoru. >> Sussurrò al suo orecchio, facendogli venire i brividi per un attimo. Era così vicina e non sembrava avere alcuna intenzione di spostarsi, e il fatto che lo avesse chiamato in quel modo significava che si fidasse di lui più di chiunque altro.
Ancora incredulo di quello che fosse successo, Kaoru annuì e trattenne un gridolino di gioia pensando di star vivendo un sogno. Anche i loro compagni che avevano assistito a quella scena stentavano a credere a quanto fosse stata ardita quella ragazzina dall’aria tanto timida; alla fine decisero di richiudere la porta e allontanarsi con discrezione per lasciarli al loro momento di tenerezza. Quando tornarono alle proprie stanze, i ragazzi che avevano assistito a quel bacio sapevano che da quel momento in poi la coppia dello Xenomorphus sarebbe stata ancora più forte.

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Capitolo 32
*** Una bambina curiosa ***


Quando Miku aprì la porta e vide il volto timido della figlioccia, la prima cosa che le saltò in mente fu come avesse fatto ad attraversare la città per arrivare da lei, ma nonostante lo stupore la lasciò entrare immediatamente.
<< Ai, che cosa ci fai qui? >> Domandò spalancando la porta e abbassandosi per prendere in braccio la bambina. Questa non aveva il suo solito sguardo allegro, sembrava molto turbata invece.
<< Sono scappata di casa. >> Mormorò vergognandosi già di quella cosa. Miku non riuscì a credere alle proprie orecchie; decise di portare dentro Ai e la fece accomodare su quello stesso divano dove aveva passato innumerevoli ore nei suoi riposini pomeridiani quando era più piccola. Mentre andava a spegnere la musica che aveva messo pochi minuti prima, la pregò di dirle che cosa fosse successo e che cosa intendesse esattamente con “scappata di casa.”
<< La mamma mi ha sgridato per qualcosa che ho fatto, e… E… >> Subito le guance le si fecero rosse e i suoi occhi azzurri si inumidirono.
<< Oh, non piangere tesoro! Adesso sistemiamo tutto, lo sai che puoi sempre contare sulla zia Miku! >> La donna dovette fare appello a tutta la sua empatia per mettere a suo agio la bambina; per un momento le venne automatico parlare come parlava ai suoi alunni, ma poi si rese conto che con Ai poteva abbattere quelle barriere e le diede un abbraccio affettuoso.
<< Mi dispiace, maestra Miku! >> Piagnucolò la piccola. << Io non volevo… >>
<< Ehi, non siamo mica a scuola! >> La ammonì lei sorridendo. << Chiamami Miku e basta, o al massimo zia! Cos’è tutta questa formalità adesso? >>
Ai alzò lo sguardo verso di lei: gli occhi trattenevano ancora le lacrime, ma adesso il naso le colava vistosamente rendendo quell’immagine troppo buffa per poterla prendere sul serio. Miku trattenne una risata e cercò un fazzoletto da darle.
<< Allora, adesso tu fai un bel respiro e ti calmi un secondo, va bene? Prendi un po’ d’acqua, ho qualche caramella lì dentro… Nel frattempo io chiamo la tua mamma e le dico che sei qui con me, sei d’accordo? >> Le disse dopo un po’ passandole un bicchiere e indicandole il piccolo scrigno dove – Ai lo sapeva benissimo – custodiva le sue caramelle preferite. Pensava che quell’idea sarebbe andata a genio alla bambina, ma invece lei si drizzò all’istante e protestò.
<< La mamma si arrabbierà moltissimo se scopre che sono scappata! >> Era talmente ingenua che faceva tenerezza.
<< Ma, tesoro, la tua mamma saprà già di sicuro che sei scappata di casa. >> Le spiegò mantenendo la calma. A quelle parole Ai si fece ancora più ansiosa e fu quasi sul punto di saltare giù dal divano per uscire dall’appartamento, ma Miku la fermò.
<< Zia, ho paura! >> Esclamò ansimando. << La mamma si arrabbierà un sacco! Mi sgriderà di nuovo… >>
Miku continuò a sorridere per tranquillizzare la bambina. Ai non era abituata ad essere sgridata, era una brava bambina; tuttavia doveva ammettere che i suoi genitori l’avevano viziata troppo, e anche lei aveva avuto la sua buona parte in tutto quello… Per questo era così spaventata dalla possibile reazione della madre.
<< Ascolta: tua madre potrà anche essere arrabbiata per quello che hai fatto, ma adesso è molto più preoccupata di sapere che ti trovi al sicuro! >> Disse posandole le mani sulle spalle. << Quindi, se adesso le telefono, sarà felicissima di ricevere la notizia. Sarà anche arrabbiata da morire quando arriverà qui, ma solo perché le hai fatto prendere un grosso spavento e ti posso assicurare che non ti sgriderà! >>
<< Non mi sgriderà? >> Ripeté speranzosa la piccola, di nuovo con il naso che colava.
Miku le fece l’occhiolino. In realtà non sapeva se la sua amica si sarebbe mostrata comprensiva, sperava di riuscire a tranquillizzarla prima che arrivasse lì, e nel frattempo magari capire qualcosa di quella storia… Così lasciò Ai a darsi una calmata mentre lei raggiungeva il telefono fisso posto in cucina.
Ikuno, sei un genio! Si ritrovò a pensare per l’ennesima volta mentre componeva il numero. Era grazie a lei se quel tipo di tecnologia non fosse andato perso: dopo aver analizzato i telefonini che gli Adulti davano in dotazione ai Parasite, la scienziata era riuscita a sviluppare un modello a filo che si era rapidamente diffuso in tutte le abitazioni, ma era stato necessario realizzare un’intera rete di collegamenti in tutta la città per farlo funzionare.
Il telefono squillò un paio di volte, Miku immaginò la preoccupazione dell’amica in quel preciso momento e poté confermare i suoi presentimenti quando udì la voce stressata della donna dall’altro lato della cornetta.
<< Sì? Chi è? >> Fece le foce trafelata, solo apparentemente tranquilla per mantenere una maschera di fronte a eventuali sconosciuti al telefono.
<< Kokoro, sono io. Ai è qui da me. >>
Sentì un sospiro di sollievo dall’altra parte e Miku immaginò che l’amica stesse sussurrando dei ringraziamenti al telefono. Quando riprese a parlare, la voce ancora un po’ strozzata, Kokoro non si curò più di fingere di essere tranquilla. << Miku, non so come ringraziarti, non… >> Si interruppe. << Sta bene, vero? Non è ferita? E’ arrivata lì da sola o l’ha accompagnata qualcuno? C’è Zorome lì con…? >>
<< Kokoro, cara; fai un bel respiro! >> Le intimò alzando inavvertitamente una mano. Dall’altro lato del telefono Kokoro rimase in silenzio e seguì il suo consiglio.
<< Brava, va meglio ora? >>
Un leggero gemito fu l’unica risposta che arrivò dalla madre della bambina.
<< Ai mi ha detto che è scappata perché l’avevi sgridata. Ha combinato qualcosa di grosso? >> Domandò per accertarsi che andasse tutto bene. Sapeva che Kokoro non perdeva quasi mai le staffe, se Ai si era spaventata tanto doveva essersi trattato di una sfuriata coi fiocchi.
Il tono di Kokoro tornò ad essere carico di ansia, più confuso che mai. << Ma no, ha solamente rotto un… Non so perché abbia reagito così, io volevo solo… E’ che da quando è nato Kenko mi sembra di avere i nervi a fior di pelle, dormo poco e… Non lo so, Miku, credo di essere diventata troppo vecchia per queste cose, io non… >>
<< Tesoro, se fossi vecchia tu, io sarei già nella tomba! >> Scherzò la maestra. Kokoro era troppo esagerata, non aveva nemmeno compiuto trent’anni che diceva quelle cose; certo però che con quattro figli era possibile che si invecchiasse più in fretta, ma così era troppo!
<< Facciamo così: adesso tu ti rilassi qualche minuto, magari bevi qualcosa di caldo. Metti a nanna il piccolo e chiama qualcuno per venire a sorvegliare le pesti! Poi vieni qui, con calma, e troverai Ai ad aspettarti nel salotto di casa mia. Nel frattempo io vedrò di parlare con lei e di farle capire che quello che ha fatto è sbagliato. >> Disse alla fine raccogliendo tutto l’autocontrollo che aveva dentro di sé. Non era mai stata la ragazza più riflessiva del gruppo, ma sapeva almeno fingere di esserlo quando le altre davano i numeri, e in quel momento Kokoro aveva veramente bisogno di qualcuno che la tranquillizzasse e le dicesse cosa fare.
<< D’accordo Miku. >> Mormorò l’altra tirando un lungo sospiro. << Grazie, sei una vera amica! >>
<< La migliore! Adesso datti una rinfrescata, che intanto sistemo questo pasticcio. >> Le rispose senza fingere modestia, continuando a sorridere come se Kokoro fosse lì.
Quando abbassò la cornetta del telefono, Miku sospirò. Pur non avendo ancora figli, riusciva a comprendere perfettamente l’ansia provata dalla sua amica e riusciva sempre a sorprendersi dal modo in cui riusciva ad affrontare situazioni come quella pur con la sua poca esperienza da madre.
Tornata nel soggiorno da Ai, la donna si sedette accanto alla ragazzina e le sorrise vedendo che si fosse finalmente calmata.
<< La mamma non è arrabbiata. >> Le disse, sapendo che quella fosse la priorità della bambina. << L’hai fatta spaventare, però… Ma si può sapere come ti è saltato in mente di scappare? >>
Ai si sarebbe concessa un sospiro di sollievo se Miku non le avesse fatto quella domanda; ricordare il motivo per cui aveva fatto infuriare sua madre la metteva in imbarazzo, essendo estranea a quel tipo di situazioni, e adesso pensava di essersi trasformata in un mostro per quel singolo episodio. Miku sapeva bene quanto si stesse colpevolizzando per quella cosa innocua, per questo voleva sapere al più presto cosa fosse successo per rassicurarla nel modo migliore.
<< Io… Ho pensato che mia madre non mi volesse più… >> Rispose a voce bassissima la ragazzina. Quando Miku le chiese di elaborare, Ai vuotò il sacco: l’evento scatenante di tutto era stato un bicchiere fatto cadere dalla bambina e andato in mille pezzi; il rumore aveva svegliato il fratellino neonato e Kokoro l’aveva sgridata, lamentandosi di non poter avere neanche qualche minuto di riposo a causa sua.
Miku capiva perché Ai fosse rimasta così male: era in un’età molto delicata e l’arrivo del suo terzo fratello l’aveva scombussolata più di quanto fosse successo con le altre gravidanze di sua madre. Dopo essere stata sgridata in quel modo, aveva attribuito la propria esistenza non solo all’impossibilità di riposare del fratello, ma anche a quella della madre, e aveva deciso di togliersi di torno pensando di non portare nulla di buono. Si era sentita messa da parte, dopo che tutte le attenzioni che fino a quel momento lei e i fratellini avevano condiviso si erano spostate verso il nuovo arrivato.
Da una parte, Miku riusciva a capire come si sentisse Kokoro, che dopo tutto quel tempo pensava di essere più preparata ad affrontare l’arrivo di un nuovo bambino; invece il piccolo Kenko si era rivelato più problematico di quanto si aspettassero. Miku ricordava quanto fosse difficile far dormire Ai quando era una neonata, e a quei tempi erano tutti insieme che si occupavano di crescerla, quindi non riusciva a immaginare come potesse essere faticoso farlo da soli; anche questo era uno dei motivi per cui non aveva ancora voluto figli con Zorome.
La donna accarezzò la testa della bambina e le mandò un sorriso rassicurante. << Si è trattato solo di una concatenazione di eventi: tua madre non voleva urlarti contro a quel modo, ma essendo un po’ stressata ha esagerato. Non devi sentirti in colpa per quella cosa, e decisamente non avresti dovuto scappare in strada dopo essere stata sgridata: hai rischiato di farti male! >>
<< Mi dispiace… >> Mormorò lei abbassando lo sguardo. Miku sospirò.
<< Ma non c’è bisogno di abbattersi così. Sei ancora una bambina, hai tutto il diritto di sbagliare e fare cose stupide… Ma devi ricordare sempre che ti puoi fidare dei tuoi genitori! Anche quando ti sembrerà che saranno arrabbiati con te, non ti abbandoneranno mai. >>
Ai alzò lo sguardo verso la zia e le sorrise. Sapeva di aver fatto qualcosa di sbagliato e che ancora non si fosse risolto tutto quanto, ma sentire quelle parole la rincuorava e Miku sapeva di avere ragione.
<< Posso farti una domanda, zia Miku? >> Mormorò poi, dopo un silenzio leggermente prolungato, come se non fosse sicura di come tirare fuori quell’argomento. Il modo in cui evitò lo sguardo della donna le fece intendere che si trattasse di qualcosa che la imbarazzava non poco.
<< Ma certo, puoi chiedermi qualunque cosa! >> Rispose incoraggiante lei. Tuttavia non credeva di essere pronta al quesito che Ai le avrebbe rivolto.
<< Come nascono i bambini? >>
La sorpresa la fece quasi cadere giù dal divano: Miku non si aspettava decisamente una domanda del genere, ma aveva detto ad Ai che poteva chiederle di tutto e ovviamente la bambina aveva finito per chiederle la cosa che ogni bambino bramava di scoprire. Mantenne la calma e cercò di trovare un modo adatto per rispondere senza dover rispondere; Kokoro l’avrebbe uccisa se le avesse raccontato come funzionavano le cose veramente.
<< Ecco, vedi Ai… E’ buffo che tu lo abbia chiesto proprio a me. >> Borbottò fingendo una risata, cercando di suonare più convincente possibile. << La verità è che… Non lo so nemmeno io come nascano i bambini! >>
Gli occhioni di Ai si sgranarono ancora di più. La bambina non riusciva a credere alle proprie orecchie; come poteva la sua cara zia, così intelligente da insegnare nella sua scuola, non sapere una cosa come quella? Pensava che tutti gli adulti conoscessero quel segreto.
<< Non lo sai? >> Domandò con veemenza. Miku scosse la testa e dovette trattenere una risata; Ai era troppo adorabile quando reagiva in quel modo.
<< Secondo te perché non ho ancora figli? >> Le rispose, rendendo ancora più credibile quella sceneggiata. Ai alzò lo sguardo e sembrò raggiungere l’illuminazione.
<< E perché non hai chiesto aiuto alla mamma? >> Le chiese infine, dopo un lungo momento passato a riflettere. Miku riuscì a trovare la risposta pronta in un lampo, ormai rapita da quella conversazione.
<< E’ perché si tratta di una cosa che si deve scoprire da soli. Per ora so solo che bisogna trovare il proprio darling, e in questo io sono già a buon punto! >> Sorrise pensando a Zorome. Non lo chiamava mai in quel modo, sarebbe morta dall’imbarazzo se lui l’avesse sentita, ma la faceva sentire bene pensarci.
Ai si lasciò andare a un “oooh” pieno di meraviglia e rimase in silenzio. Poi però la sua curiosità tornò ad avere il sopravvento.
<< E che cos’è un darling? >>
Miku girò la testa, interdetta. Pensava che Ai conoscesse già il significato di quella parola, in fondo curiosa com’era si sarebbe sicuramente interrogata presto su quelle cose.
<< Come, non sai che vuol dire? >> Domandò ricevendo in risposta un rapido movimento della testa a destra e a sinistra. Era buffo, proprio lei aveva imparato quella parola senza averla mai sentita da nessuno e non conosceva il suo significato; ricordava ancora quel giorno di otto anni prima, quando lei e gli altri la trovarono sul luogo dove sarebbe sorto il grande ciliegio a ripetere quella parola con urgenza…
<< Non hai mai letto il libro di favole della principessa demone? >> Chiese dopo un attimo di riflessione. Se c’era un modo adatto a spiegare ai bambini cosa significasse quella parola, quel libro era l’esempio perfetto.
Ai abbassò lo sguardo. << L’ho letto. La mamma e il papà me lo leggevano sempre da piccola, ma mi vergognavo troppo di chiedere a loro… >>
Dal modo in cui parlava, sembrava che Ai si fosse tenuta quella domanda per tantissimo tempo, vergognandosene eccessivamente. Temendo che potesse trattarsi di qualcosa di proibito, aveva sperato di potersi fidare di Miku, che oltre a essere la sua madrina era anche la sua insegnante. Le sembrò di rivedere la giovane Kokoro, timida e curiosa come non mai, quando scoprì per la prima volta cosa fosse la maternità.
<< Capisco… Bé, non devi preoccuparti! Non è niente di cui vergognarsi. >> Si affrettò a rassicurarla. << Sono sicura che anche i tuoi genitori sarebbero stati felici di risponderti. >>
Il volto di Ai si illuminò. Amava imparare tante cose nuove, era estremamente matura per i suoi dieci anni.
<< Ehm… >> Borbottò arrossendo. << In realtà ricordo che una volta la mamma disse che ho sempre conosciuto quella parola, ma non riesco a ricordare dove l’ho imparata… >>
Miku annuì e sollevò le ginocchia per posarle sopra al divano, incrociando le gambe e rimanendo staccata dal pavimento. << Sì, bé… In effetti non è una parola molto comune. Forse adesso, grazie a quel libro… Ma prima, quando io e i tuoi genitori eravamo ragazzi, nessuno la conosceva. Ho incontrato solo una persona che la utilizzasse costantemente. >>
<< Davvero? >> Chiese Ai spostandosi in avanti per afferrare una caramella dal piccolo scrigno posto sopra al tavolino. Osservò attentamente le scelte a sua disposizione e intanto chiese:<< E com’era? >>
Miku si sorprese per quella domanda. Per qualche motivo, non si aspettava che la conversazione andasse in quella direzione e dovette riordinare i pensieri per ricordare come fosse quella persona.
<< Era… Piena di sogni. >> Disse alla fine, dopo un lungo rimuginare. Arrivò alla conclusione che non ci fosse un modo esatto per descrivere Zero Two; c’era così tanto da dire su di lei e per lo più si trattava di cose che Ai non avrebbe potuto capire pienamente, così cercò un modo semplice per raccontare chi fosse la ragazza che aveva stravolto le loro vite.
<< Era una persona piena di vitalità, capace di fare di tutto per ciò che amava. >> Continuò, trovandosi a sorridere al ricordo di quei mesi passati in compagnia della Pistil solitaria. << Era una cara amica; lo sai che è stato anche grazie a lei se i tuoi genitori sono finiti assieme? E’ stato perché ha saputo insegnargli cose che non avrebbero mai immaginato senza di lei. >>
<< Quali cose? >> Domandò innocentemente la bambina, ormai completamente rapita da quel racconto.
Di nuovo, Miku dovette fare attenzione a quello che diceva; c’erano diverse tematiche che una bambina non avrebbe compreso in quella storia, eppure pensava che meritasse di sapere cosa fosse successo. Per quanto difficile, la ragazza però riuscì a trovare la risposta perfetta a quella domanda:<< L’amore. >>
Ai arrossì un poco mentre Miku le sistemava un ricciolo che le era caduto davanti agli occhi. << Quindi è questo che significa quella parola? >> Domandò. << Amore? >>
<< Quello è il tuo nome, sciocchina! >> Le rispose immediatamente Miku, facendole un po’ il solletico sotto al collo. Ai si dimenò come se stesse cercando di guizzare via da lì, ma alla fine rimase al proprio posto in attesa di una spiegazione. << Però questa parola è molto legata al suo significato: “darling” si usa per chiamare la persona che si ama con tutto il cuore. E’… Non è semplice. >>
Alla fine si interruppe, perché forse neanche lei sapeva bene quale fosse il modo migliore per descrivere quella parola. << Si tratta di qualcosa che puoi capire solo quando lo trovi di persona. >>
<< E tu quindi lo hai trovato? >> Domandò con entusiasmo la bambina. << E’ lo zio Zorome? >>
Miku le sorrise. << Sì, proprio così. Ma anche la tua mamma e il tuo papà sono due darling. Se li osservi attentamente, forse riuscirai a capire cosa significa veramente. >>
Ai sembrò rincuorata e convinta allo stesso tempo dalle parole di Miku; aveva completamente dimenticato il motivo per cui si era ritrovata lì e anche quel timore di fare domande sensibili era svanito del tutto. Il racconto di Miku l’aveva aiutata a placare un poco la sua curiosità e allo stesso tempo aveva mantenuto la sua innocenza di bambina, che non doveva assolutamente essere intaccata così presto.
Quando Kokoro arrivò a prenderla, le si gettò addosso per abbracciarla, dicendole quanto fosse stata preoccupata per lei; apparentemente, Ai era riuscita a sgattaiolare via di casa senza che nessuno la notasse passando da una finestra, poi aveva attraversato il giardino senza problemi e si era assicurata di richiudere il cancello senza fare nessun rumore. La casa di Kokoro non era molto distante da quella di Miku, ma era situata in una zona un po’ isolata e per la bambina sarebbe stato molto facile perdersi… Kokoro si assicurò di spiegare per bene questa cosa alla figlia così che capisse di non dover fare più una pazzia del genere, ma era grata che la bambina fosse stata tanto brava da orientarsi per le strade e arrivare sana e salva a casa della zia.
Miku stava per invitare l’amica a restare ancora qualche minuto e prendere un caffè o qualcos’altro da bere, quando Ai si intromise nella conversazione spiazzando entrambe le donne.
<< Mamma, mamma! Devi aiutare la zia Miku: tu puoi dirle come si fanno i bambini, vero? >>
Lo sguardo allibito della madre quel giorno, Miku non se lo dimenticò mai. I suoi racconti erano riusciti a placare un po’ la curiosità della bambina, ma quel discorso era stato solo rimandato…

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Capitolo 33
*** Eroi ***


I coordinatori non furono contenti di scoprire che i ragazzi stessero nascondendo una seconda bottiglia. Dopo del primo – e speravano anche ultimo – furto da parte di Kya e Rin, Nana e Hachi si erano assicurati di chiudere per bene la cantina dei vini, ma non potevano prevedere che le ragazze avessero già trafugato abbastanza da bere per una seconda festa.
In ogni caso, la strigliata che ricevettero i ragazzi passò quasi in sordina: a parte Suzuko, troppo ligia al dovere per non sentirsi in qualche modo responsabile, e Aiko che si imbarazzava facilmente, tutti gli altri erano troppo stanchi o troppo malconci per poter prestare attenzione; non era neanche ora di lezione, gli adulti si erano recati alla tenuta dei ragazzi esclusivamente per fargli quella predica, altro motivo per cui l'attenzione fu ai minimi storici.
In un certo senso potevano anche capirli; dopo tutto quello che avevano passato i ragazzi, si meritavano di svuotare un po’ la mente e lasciarsi andare alle emozioni, quindi non potevano biasimarli per aver voluto festeggiare. Ma questo non significava che fossero autorizzati a consumare sostanze dannose per adolescenti come loro, e in quanto loro tutori dovevano assicurarsi che fosse chiaro!
Hachi non riuscì a parlargli del bilancio della prima battaglia; i ragazzi erano ancora troppo provati dalla battaglia e il morale era molto alto grazie alla loro vittoria. Parlargli di perdite e dei danni riportati dalle città in quel momento sarebbe stato come sparargli nelle ginocchia; avrebbe fatto a pezzi tutto il loro entusiasmo e non avrebbe portato nient'altro che paura. Alla fine lui e Nana lasciarono la casa senza aggiungere altro, se non che li avrebbero lasciati andare a prepararsi per la loro gita di ritorno a casa: dopo della prima battaglia, infatti, come premio era stato concesso loro di tornare a casa per alcuni giorni e passare un po’ di tempo con le loro famiglie. Se lo erano meritato, e dopo le notizie di quegli ultimi giorni Nana e Hachi si erano sentiti in dovere di dar loro più tempo con le persone a loro care; quell’avventura in cui si erano lanciati era molto più pericolosa di quanto avessero previsto, i ragazzi non se ne erano ancora resi conto, e avrebbero dovuto fare tesoro di quei momenti.
<< Ragazzi, guardate qua! >>
La voce di Hoshi chiamò a raccolta tutti quanti dopo neanche venti minuti che i due adulti se ne fossero andati. Il ragazzo aveva una radio con sé, nessuno sapeva dove l’avesse trovata né perché ci stesse armeggiando, ma dopo che furono accorsi si affrettò ad alzare il volume dell’apparecchio e a sintonizzare meglio il canale di ricezione.
La trasmissione in onda era un notiziario locale con due voci ben distinte, una maschile e una femminile, impegnate ad annunciare le notizie più recenti e a scambiarsi opinioni, e in quel preciso istante stavano parlando di come la Squadra Anemone avesse sbaragliato le forze nemiche con una dimostrazione esemplare di ciò che avevano imparato nel loro primo periodo di addestramento sotto la tutela dell’I.P.U. A un certo punto la prima voce fece un commento su come solo due delle innumerevoli squadre sparse per il mondo fossero riuscite a respingere l’attacco dei VIRM senza subire alcuna perdita, e per puro caso fossero proprio i due centri più vicini all'istituto principale dell'I.P.U.
<< Sembra che siamo fortunati, i ragazzi della nostra regione sono veramente in gamba! >> Commentò quello mentre l’altra voce lo appoggiava e iniziava a fare un breve resoconto di quello che le telecamere erano riuscite a cogliere dello scontro. Sembrava che avessero tutti assistito alla incredibile lotta dello Xenomorphus contro i giganti VIRM, così come alla difesa che l’Aros e l’Anthurium avevano fornito ai propri compagni di squadra e non mancarono apprezzamenti sensazionalistici per l'audacia di Iustitia e Animus a bordo della nave nemica; tuttavia furono evidenziate anche le incertezze messe in mostra da alcuni membri della squadra, come il Gaia che dopo un avvio titubante che aveva fatto temere una sconfitta anticipata, era tornato nel pieno delle forze in breve tempo.
<< La strategia di indirizzare ai nemici il loro stesso attacco si è rivelata una mossa vincente, anche se molto azzardata, ma ha dimostrato proprio l’audacia e il coraggio di questi giovani eroi, che hanno inteso perfettamente lo spirito della loro missione, e che non possiamo che ringraziare per essersi messi in gioco per difendere le nostre vite! >> Concluse la voce femminile prima di passare alla prossima notizia. Hoshi abbassò rapidamente il volume e si voltò verso gli altri, entusiasta.
<< Ci hanno chiamati eroi! >> Esclamò, incontrando l’entusiasmo di alcuni dei suoi compagni di squadra, Kya in particolare, che per quanto non andasse molto d’accordo con lui si ritrovò a sognare ad occhi aperti.
<< Abbiamo fatto una buona impressione, eh? >> Commentò Rin colpendo il pugno del fratello con complicità e voltandosi verso il resto del gruppo per congratularsi con tutti. Ma qualcuno non sembrò contento di udire quelle notizie.
<< Hanno detto che siamo stati parte dei pochi a non subire perdite. >> Intervenne Tetsuya preoccupato. << Significa che qualcuno è stato ucciso nella battaglia? >>
Il silenzio calò nella stanza, solo il debole brusio della radio continuò ancora per un po’ ad aggiungere informazioni irrilevanti a quella discussione e alla fine Hoshi finì per spegnerla del tutto, comprendendo quanto fosse seria quella situazione.
<< Temo che fosse inevitabile. >> Yoshiki si fece avanti e alzò una mano, cercando di non sembrare indelicato con le parole; troppe volte era stato sgridato per la sua mancanza di tatto, e non era sua intenzione trattare quell'argomento con leggerezza.
<< In una guerra, statisticamente parlando, ci saranno sempre delle perdite da entrambi i lati; i nostri compagni si sono battuti con coraggio e alcuni di loro non ce l’hanno fatta. I VIRM sono venuti qui per distruggerci, non possiamo certo aspettarci che ci vadano piano con noi. >>
Il discorso di Yoshiki aveva perfettamente senso, eppure alcuni dei suoi compagni di squadra non riuscivano ad accettare quella realtà: tante volte erano arrivati a chiedersi se sarebbero riusciti nell’impresa, ma non avevano mai contemplato per davvero l’eventualità di poter morire in battaglia. Quel giorno, mentre combattevano i VIRM ottenendo una vittoria relativamente facile, dall’altra parte del mondo dei ragazzi della loro età stavano esalando i loro ultimi respiri, spinti all’angolo da un numero superiore di nemici oppure schiacciati senza neanche la possibilità di contrattaccare. Era una sensazione debilitante, Momo in particolare sentì lo stomaco rivoltarsi contro di lei e Aiko cercò un posto dove sedersi, sentendosi improvvisamente in colpa per i festeggiamenti della sera prima. L'intera sala comune si spense in un silenzio innaturale, quasi come a piangere i loro compagni caduti.
Una persona però non sembrava particolarmente colpita da quella situazione: Kya, che nonostante la sua spavalderia riuscì a comprendere la serietà della situazione e rispettò quel silenzio. I ragazzi che fino a un attimo prima avevano esultato senza ascoltare fino in fondo i messaggi del notiziario si sentirono tremendamente in colpa.
In questo silenzio deprimente e che mal si adattava a quella squadra, una voce acuta si levò sforzandosi di suonare più matura; Suzuko stava cercando di risollevare il morale dei suoi compagni:<< Non dobbiamo farci condizionare in questo modo! >>
Gli altri si girarono verso di lei e rimasero a fissarla mentre con il suo consueto sguardo torvo dava un discorso di quelli che aveva sempre voluto fare.
<< E’ vero che alcuni ragazzi sono morti, ma se i VIRM avessero avanzato oltre lo avremmo saputo certamente. Invece abbiamo sentito solo che ci sono state delle “perdite”: ciò significa che quei ragazzi sono riusciti a fare il proprio dovere fino alla fine, proteggendo i civili e impedendo al nemico di mettere piede sulla nostra terra! E’ giusto piangere i nostri compagni, anche io sono scossa se penso che avrei potuto ritrovarmi al posto loro… Ma credo che quello che meritino veramente quei ragazzi sia di essere celebrati come gli eroi che sono, sacrificandosi per proteggere il mondo.
<< Sapevamo tutti in che cosa ci stavamo cacciando, ma lo abbiamo voluto ignorare di proposito. Adesso però non possiamo più fare finta di niente, e finché non ne avremo parlato rischieremo solo di deconcentrarci; se non accettiamo il fatto che potremmo morire in battaglia, ci lasceremo cogliere alla sprovvista dalla prossima sfida, e io non voglio perdere nessuno di voi! >> Concluse il suo discorso stringendo i pugni con decisione, fissando lo sguardo negli occhi del partner, che era stato il primo a sollevare quella questione.
La ragazza sapeva di aver rovinato l’atmosfera nella stanza con quel suo discorso, ma aveva ragione! Era necessario affrontare subito quell’argomento; nessuno gliene fece una colpa, e anzi qualcuno le si avvicinò proprio per ringraziarla.
<< La prossima volta, combatteremo anche per loro, per dimostrargli che il loro sacrificio non è stato vano. >> Annunciò Ryo, ricaricato di fiducia dopo aver sentito le parole della compagna di squadra. Si vide arrivare addosso gli sguardi degli altri e sorrise mestamente sapendo di non poter veramente fare promesse su un futuro così incerto, ma conscio che avrebbe dato il massimo sempre e comunque.
Dopo di questo, i ragazzi iniziarono a disperdersi per continuare i preparativi; quella mattina sarebbero tornati tutti alle rispettive case e avrebbero passato alcuni giorni con le famiglie, prima di riprendere le lezioni e l’addestramento con gli Stridiosauri. Adesso che avevano appreso quella notizia, volevano tornare a casa ancora più di prima.
Suzuko mandò uno sguardo incoraggiante a Ryo, orgogliosa del fatto che avesse preso parte a quella discussione supportando il suo punto di vista, ma quando rimase da sola si fece scura in volto. Il pubblico aveva speso parole di elogio per tutti i membri della loro squadra, meno che per lei; la sua prima comparsa a bordo del Gaia non avrebbe potuto essere più disastrosa di così…
 
*
 
La stazione degli autobus era una vera bolgia. Sembrava che l’arrivo dei VIRM avesse risvegliato l’intera città, ma i ragazzi scoprirono in seguito cosa fosse successo veramente: temendo un disastro fuori scala, l’intera popolazione aveva mollato ogni lavoro per passare i possibili ultimi momenti di vita al sicuro, in compagnia delle persone care e lontani dal centro abitato. Solo una volta passata l’emergenza le aziende avevano invitato i dipendenti a rientrare e scuole, locali, negozi e servizi pubblici di ogni tipo avevano ripreso gli esercizi come se niente fosse, tutti quello stesso giorno. E ovviamente non erano mancati gli imprevisti.
<< L’autobus farà ritardo. >> Sbuffò vistosamente Rin mentre suo fratello si abbandonava alla panchina più vicina. Il resto della squadra, a parte Hoshi e Yoshiki, che come al solito erano stati prelevati direttamente a Mistilteinn, era sparso lungo il marciapiedi e i ragazzi si concedevano un po’ di chiacchiere spensierate.
Aiko e Kaoru sembravano non fare caso a niente di quello che gli succedeva intorno, avevano passato tutto il tempo a parlare fra di loro e sembravano contenti che quel ritardo gli stesse permettendo di passare un altro po' di tempo assieme; dopo del loro piccolo scambio a cui avevano assistito Momo e gli altri, la coppietta di Mistilteinn era diventata una cosa ufficiale. Era quasi impossibile separarli, e a vederli da fuori sembravano veramente felici.
Il ragazzo si spostò accavallando le gambe con aria rilassata dopo che Aiko gli ebbe chiesto cosa avrebbe fatto una volta arrivato a casa. << Probabilmente i miei avranno organizzato una scampagnata, oppure inviteranno tutti i nostri parenti… Siamo una famiglia numerosa, una volta che inizi a contare tutti i cugini, zii e nonni, lo sai? >>
Aiko rise. << Deve essere bello avere tanti parenti così vicini a te! >> Assunse un sorriso malinconico, dicendo come tutti i suoi parenti vivessero lontano da Anemone e lei avesse poche occasioni di vederli.
<< Sai, dovresti venire a conoscerli, qualche volta! >> Propose il ragazzo nel tentativo di tirarla su di morale. Ovviamente, la timida Aiko lo fissò come se avesse detto qualcosa di estremamente imbarazzante, ma in realtà stava segretamente sperando in un invito come quello…
<< Bé… Sarebbe bello… >> Riuscì a dire soltanto, visibilmente in imbarazzo. Avrebbe voluto abbracciare Kaoru così forte che forse avrebbe rischiato di rompergli qualche osso, ma dovette trattenersi; forse stava leggendo troppo tra le righe, ma l'idea di conoscere la famiglia del suo partner la faceva sentire già parte di qualcosa di bellissimo. Era veramente il suo darling perfetto!
Alla fine Aiko decise di voltarsi in direzione del ragazzo e posò le mani nelle sue, desiderosa di affetto, e fu a questo punto che Kaoru iniziò ad arrossire. Sapevano che qualcuno della squadra sarebbe presto arrivato a stuzzicarli se avessero mostrato troppe smancerie, ma non gli importava; entrambi volevano solo restare a guardarsi negli occhi ancora un po’, prima di doversi salutare per un paio di giorni.
<< Avete finito di flirtare, voi due? >> Come se fosse stata evocata, Kya si parò di fronte alla panchina dei due innamorati e li fissò con occhi vispi. Con aria giocosa, si piegò verso il ragazzo mormorò:<< Kaoru, se continui a guardarla così finirai per consumarla! >>
I due si mollarono quasi istantaneamente dopo le parole di Nakamura, ma un attimo dopo si ritrovarono a sfiorarsi almeno con una mano, rivolti verso la ragazza nel tentativo di spiegare il perché di tante effusioni… Fortunatamente per loro, arrivò Ryo a tirarli fuori dal terzo grado della loro caposquadra, dandole una piccola spinta.
<< Perché non impari a farti i fatti tuoi? Non vedi che li stai disturbando? >>
La ragazza agitò i suoi lunghi capelli con un movimento della mano e gli rivolse uno sguardo sdegnoso. << Come se tu capissi niente di questo genere di cose… >> Sbuffò guardando dall'altra parte.
<< E adesso cosa c’entra? >>
<< Niente, ma se un certo qualcuno non mi ignorasse continuamente non avrei bisogno di andare a disturbare altre persone! >> Esclamò polemica, girandosi di scatto verso Ryo e stringendo i pugni come una bambina capricciosa. Quelle parole arrivarono a Ryo senza che questo ne capisse il senso e il ragazzo si ritrovò a guardarsi intorno in cerca di una spiegazione; prima che la discussione divagasse, Aiko alzò un braccio e cercò di calmare entrambi.
<< Va tutto bene, non ci ha dato fastidio! >> Mormorò sforzandosi di sorridere, un po’ nervosa a causa del battibecco dei due amici e della mano di Kaoru ancora stretta attorno alla sua.
<< Ehi! >> Chiamò una voce severa che si rivelò essere Suzuko. La ragazza avanzò con le mani ai fianchi e guardò Kya con aria di rimprovero. << Smettetela di fare baccano! Finirete per attirare l’attenzione e qualcuno potrebbe pensare che il clima nella squadra sia teso… >>
Per un attimo le parole di Suzuko sembrarono preoccupare Kya, ma quando ebbe concluso la sua frase la ragazza sbuffò ignorando completamente quegli avvertimenti.
<< Come se qualcuno potesse riconoscerci, sai quante biondine dallo sguardo cattivo ci sono in giro? >> La prese in giro con leggerezza, portandosi una mano alle labbra per nascondere un sorrisetto divertito.
Lo sguardo di Suzuko si assottigliò ancora di più, visibilmente irritata da quel commento, ma si trattenne dal rispondere a tono e invece alzò una mano per indicare con il pollice alle proprie spalle:<< Infatti proprio qualche minuto fa ho notato dei ragazzi fare foto nella nostra direzione. Siamo apparsi in televisione già una volta e dopo la battaglia di ieri siamo ancora più famosi, non ti conviene metterti troppo in mostra! >>
Kya le mandò un occhiolino e mostrò di non aver ascoltato niente di tutto quello:<< Non ti preoccupare, Suzu. Prometto che nessuno mi noterà! >>
Esasperata, la piccoletta abbandonò l’idea di far ragionare la sua caposquadra e iniziò ad allontanarsi mentre Sato si scusava a nome della sua partner. Alla fine decise di incamminarsi verso la fermata del proprio autobus e avvisò Rin.
<< Guarda che se è per qualcosa che ha detto Kya, non voleva offenderti, lo sai… >> Le disse l’altra sotto allo sguardo perplesso del fratello. Sapevano entrambe che la loro compagna non fosse cattiva, solo troppo esuberante.
Ma Suzuko la tranquillizzò, facendo intendere che non fosse arrabbiata. << Devo solo raggiungere il mio autobus prima che parta! >> Poi alzò lo sguardo per cercare l’altra compagna di stanza e sorrise vedendola con il suo partner. << Saluta Aiko da parte mia, adesso non mi sentirebbe neanche… >>
<< Stanno proprio bene insieme, vero? >> Disse Rin sorridendo a sua volta in direzione dei due piccioncini. << Dopo ti racconterò una cosa assurda che mi ha detto Aki! >> Aggiunse voltandosi di nuovo verso di lei.
Suzuko sorrise ancora e rimase a guardare i due ragazzi ancora per qualche secondo, prima di decidere che fosse ora di andare; aveva giudicato male Matsumoto, sembrava tenere veramente tanto ad Aiko. Sperava che continuasse così.
<< Ci vediamo presto! >> Salutò infine andando verso il bordo del marciapiedi.
<< Fai buon viaggio. >> Le rispose l’amica agitando una mano, imitata dal fratello.
Suzuko si avvicinò al proprio partner e lo interruppe mentre stava conversando con Naho e Momo. Gli posò una mano sulla spalla e gli mandò un sorriso per attirare la sua attenzione, al quale lui rispose con un po’ di sorpresa.
<< Allora io vado. >> Disse mandando un’occhiata anche alle due ragazze che erano con lui. << Ci rivediamo tra due giorni! >>
<< Oh, sì! Mi raccomando, divertiti con la tua famiglia! >> Rispose entusiasta Tetsuya, che era sempre contento di rivedere i genitori e pensava che lo stesso valesse per lei. Suzuko annuì con la solita compostezza e salutò un’altra volta prima di avviarsi per la stazione, facendo attenzione quando attraversava lungo le corsie.
Una volta che fu abbastanza lontana, sicura di non essere vista, Suzuko si fermò e aprì rapidamente la valigia che si portava dietro, tirandone fuori un cofanetto scuro che aprì in tutta fretta: c'era un paio di occhiali dentro. Li indossò senza troppe cerimonie richiudendo il cofanetto nella valigia e a quel punto tornò a vedere chiaramente.
Sbatté le palpebre con fastidio. Non le piaceva indossare quei cosi: la facevano sentire ridicola, però doveva ammettere che grazie a loro fosse molto più facile guardarsi intorno; ne aveva bisogno per avvistare i genitori alla stazione.
Mentre si spostava a passi lenti e incerti, le parole della madre le tornarono alla mente; parole che aveva sentito talmente tante volte da non aver bisogno di chiedersi se fossero reali o se la sua mente le avesse trasformate come succedeva a tanti ricordi più effimeri.
Suzuko, ricorda: tu sei la discendente di una grande guerriera. Sei destinata a grandi cose.
Aveva sempre provato un grande orgoglio nel pensare che la sua antenata fosse una persona così importante; non aveva mai pensato che quel nome che aveva ereditato fosse troppo pesante, né che fosse qualcosa che lei non desiderava. La sua famiglia le aveva insegnato ad ammirare quel passato, a desiderare un’occasione per provare il proprio valore: era semplicemente ovvio che volesse mostrar loro ciò che era diventata, anche grazie ai loro consigli. Finalmente era arrivato il momento di far splendere il suo nome, e non avrebbe lasciato sfuggire quell’occasione.
Sua madre e suo padre erano persone rigide; non che mancassero di affetto, ma il modo in cui l'avevano cresciuta non aveva dato molto spazio alle coccole, agli abbracci… Alle emozioni, insomma. Per lei era normale, sapeva che l’avrebbero sempre amata, anche se non lo mostravano apertamente; ma allora perché sentiva una morsa così forte al petto, mentre attendeva di avvistarli in stazione, sapendo di dover dire loro di non essere riuscita ad essere la migliore?

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Capitolo 34
*** Riposo ***


Yoshiki si sdraiò sul letto, espirò a fondo e buttò fuori tutta la tensione accumulata fino a quel momento.
Si era preoccupato tanto di come passare in serenità quei due giorni lontano da Mistilteinn e alla fine aveva scoperto che suo padre non ci sarebbe stato; era partito per qualche viaggio di affari, non sarebbe tornato prima della sua partenza. Ciò rendeva tutto molto più semplice e gli dava la possibilità di passare un po’ di tempo a casa in santa pace, ma odiava il fatto di essersi preparato tanto all’idea di dover affrontare Taishō da sentirsi quasi deluso dalla sua assenza.
Nessuno capiva mai come si sentisse: ogni cosa che faceva aveva l’obiettivo di portare orgoglio alla sua famiglia, si sarebbe aspettato qualcosa per come lui e la sua squadra avevano affrontato i VIRM nella battaglia dell’altro giorno, ma invece l’accoglienza era stata fredda.
Bé, non fredda; in realtà era stato molto più piacevole di quando fosse presente suo padre, ma era come se fosse mancato qualcosa. Quando tornava a casa e Taishō era presente, si ritrovava a contestare ogni cosa pur di farsi valere; senza suo padre, quella diventava una semplice “famiglia felice…”
Niente litigi, niente minacce, niente che potesse farlo sentire un inetto… Eppure tutto quello che voleva Yoshiki era essere riconosciuto da lui.
<< Ma che cazzo…? >>
Yoshiki si rialzò arrabbiandosi con sé stesso. Rimase a fissare le pieghe nel piumone del proprio letto con disappunto, incredulo che avesse veramente cominciato a pensare a quelle cose; non importava di chi fosse la colpa, gli dava i nervi! Proprio in un giorno che poteva non tormentarsi a quel modo, lui finiva per pensarci di proposito; nella sua mente doveva essere instillato un meccanismo profondamente masochista, perché continuasse a fare quella cosa.
Un rumore lo fece sobbalzare. Era la porta della sua camera che si apriva strisciando contro il pavimento; probabilmente un po’ di umidità aveva fatto gonfiare il legno, oppure visto che mancava da parecchio la sua stanza non era stata aperta per tutto quel tempo e i cardini avevano leggermente ceduto.
<< Mamma! >> Chiamò Yoshiki, sorpreso, rendendosi conto che alla porta ci fosse Mariko Ojizaki con in mano un vassoio e due bicchieri di spremuta di arancia.
Si alzò in fretta e raggiunse la donna per aiutarla a portare quel vassoio dentro la stanza. La rimproverò, dicendo che avrebbe potuto lasciare che se ne occupasse un domestico, ma lei disse che ci teneva a portarglielo personalmente.
<< Insomma, quale occasione migliore per passare un po’ di tempo con mio figlio se non quella di bere un bel bicchiere di aranciata? >> Sorrise. Yoshiki non riusciva proprio a resistere con sua madre, appena gli rivolgeva quel sorriso saggio e rasserenante, gli veniva voglia di sorridere a sua volta.
<< Vieni, siediti qui… >> Le disse indicandole il letto al centro della stanza. Quel posto era rimasto uguale a come lo aveva lasciato quattro mesi prima, eppure gli sembrava così estraneo tanto che anche sedersi sul proprio letto era diventato una fatica; farlo con qualcuno che prendesse posto prima di lui gli metteva meno pressione.
Mariko si adagiò sul letto con la sua solita grazia e gli sorrise mentre lui le porgeva uno dei due bicchieri.
<< Non mi hai detto molto sulla tua squadra… >>
<< Non c’è molto da dire. Lo sai che non sono uno di tante parole… >> Yoshiki mosse la testa da una parte all’altra. << Però mi trovo bene. I ragazzi sono tutti molto interessanti – anche i meno simpatici – e le ragazze sono sempre così piene di vita… Una di loro mi ha anche dato un soprannome buffo! >>
Sorpresa, la madre di Yoshiki trattenne una risatina. << Mi siete sembrati molto bene organizzati, quando avete affrontato gli alieni. >>
<< Bé, la coordinazione tra partner è imperativa, ma abbiamo imparato a collaborare tutti insieme nella squadra. >> Spiegò lui annuendo pensieroso. << Grazie agli allenamenti a cui ci siamo sottoposti in questi ultimi mesi, abbiamo potuto conoscere tutti i nostri punti di forza, così come i difetti dei nostri Stridiosauri e nel nostro approccio. >>
Mariko era particolarmente interessata ai giganti usciti dalla terra. Erano stati un mistero per tutti tranne che per suo figlio e pochi altri ragazzi, e le sarebbe piaciuto sapere molto di più sul loro conto; tuttavia volle evitare di chiedere, pensando che si trattasse di informazioni riservate che Yoshiki non fosse autorizzato a rilasciare…
Però lui notò subito il suo sguardo curioso e parlò prima che lo potesse interpellare:<< Sai che ogni Stridiosauro possiede caratteristiche molto diverse e abilità uniche? >>
Rinvigorita da quella menzione, Mariko alzò lo sguardo verso il figlio domandandogli:<< Davvero? >>
Yoshiki annuì. << Non solo ogni Stridiosauro si può adattare meglio a un certo tipo di terreno rispetto agli altri, ma può anche un elemento specifico; il mio produce elettricità che scorre attraverso tutto il suo corpo, quello di Tetsuya provoca esplosioni su vasta scala… >>
<< Chi è Tetsuya? >> Domandò perplessa la donna, cambiando nuovamente argomento.
Yoshiki fu sorpreso da quella domanda, rendendosi conto di aver inavvertitamente menzionato l'amico senza aver prima spiegato chi fosse. << Oh… E’ il mio compagno di stanza, quel ragazzo alto dalla chioma rossa… Lo avrai notato sicuramente alla cerimonia di iniziazione. >>
Mariko sembrò ricordare le immagini della cerimonia dove la squadra di suo figlio era stata presentata al mondo e annuì pensierosa. Per un momento sembrò non avere altre domande, ma dopo un attimo si avvicinò di più e sorrise.
<< Allora ti sei fatto qualche amico! >> Esclamò con l’intento di stuzzicarlo. << E io che pensavo che con quello sguardo cattivo nessuno ti avrebbe avvicinato… >>
Yoshiki alzò gli occhi al cielo e borbottò:<< Grazie della fiducia, mamma… >> Ma era ovvio come entrambi stessero scherzando. Risero entrambi, e quando le risate si furono estinte Mariko disse che doveva sapere tutto dei ragazzi in squadra con lui; ancora un po’ tentennante, Yoshiki decise di raccontarle delle prime impressioni avute all’inizio della convivenza con gli altri, delle amicizie che era riuscito a formare con il tempo e anche del conflitto ormai sepolto con Hoshi.
<< Dopo ti farò vedere che cosa ho creato mentre eri via! >> Lo stuzzicò con un sorrisetto furbo, lasciando intendere che nel suo studio Yoshiki avrebbe trovato qualche opera d’arte che lo avrebbe molto interessato. E con questa premessa, non poteva che raccontare per filo e per segno tutto quello che era successo!
 
*
 
<< Quindi ti sei trovato la fidanzata? >>
<< Non dirlo così! Non mi sono “trovato” una ragazza. >> Borbottò il fratello maggiore, sapendo che quello non le sarebbe bastato. Kaori era sempre così schietta che ormai Kaoru non ci faceva neanche caso, evitando così di imbarazzarsi per nulla ogni volta che apriva bocca.
Lei si girò dall’altro lato e poggiò la testa contro il tronco dell’albero, prendendosi un po’ dell’ombra che lui invece sembrava rifiutare. << E allora spiegati meglio! Come posso aiutarti se non so neanche in che tipo di relazione siete? >>
<< Puoi smetterla di farlo sembrare come se fosse una cosa estremamente seria? >> Sbuffò a denti stretti l’altro, piegandosi verso di lei e spingendo nella sua direzione il pallone con cui avevano giocato fino a pochi momenti prima.
Kaori si rialzò indignata, deviando la palla lontano, facendo reagire anche Chika e Kuro che iniziarono a corrergli dietro perdendosi nell'erba alta.
<< Ma è una cosa seria! >> Esclamò. << Il mio fratellone manca di casa per quattro mesi e quando torna è diventato un uomo! >>
La ragazzina assunse un tono sognante e iniziò a fare un mucchio di movimenti principeschi e sdolcinati che fecero perdere la speranza a Kaoru di avere una conversazione seria con lei. Alla fine decise di stare al gioco e rise del fatto che fosse successo tutto in così poco tempo.
<< L’ho sempre saputo che saresti stato popolare con le donne. >> Disse fieramente. << Scommetto che hai dovuto spezzare il cuore a qualcun’altra per accettare lei! >>
Kaori lo guardò come se sapesse già tutto, ma lui invece si incupì. << A dire il vero, direi più il contrario… >> Ammise con rassegnazione. Senza nemmeno aspettare la domanda della ragazza, continuò:<< E’ che… Aiko è così fantastica che mi sembra impossibile che possa accontentarsi di uno come me… Non sono un tipo coraggioso né particolarmente attraente, quindi… Ahio! >>
Kaori si mosse di impulso e lo afferrò dall’orecchio per tirarlo il più forte possibile. Quando lui la guardo scocciato, rispose con un sorrisetto angelico. << Scusa, avevi una brutta nuvolaccia in testa che andava mandata via! >>
Kaoru non comprese e rimase a fissarla offeso. La sorellina sospirò vistosamente, ormai al limite dell'esasperazione, e si avvicinò.
<< Kaoru, tu sei molto coraggioso: metti sempre gli altri prima di tutto e sei buono come il pane. Sei gentile con tutti, anche con chi non se lo meriterebbe, e riesci sempre a trasformare la giornata degli altri con la tua allegria contagiosa! Ma… >> E qui gli diede una botta sulla fronte. << Sei anche scemo come una roccia! >>
Kaoru mugolò massaggiandosi il punto dove aveva ricevuto la botta e la fissò come se volesse chiederle di smetterla di scherzare, ma lo sguardo di sua sorella non avrebbe potuto essere più serio. Tutto quello che aveva detto era la verità, o perlomeno la sua verità; Kaoru si sentiva ancora una mosca al cospetto della magnifica Aiko, così splendente e perfetta in ogni aspetto. Non aveva provato a conquistarla, ma sminuiva enormemente tutto quello che aveva fatto per lei, pensando che fosse semplicemente ciò che un buon partner avrebbe fatto; lei stessa faceva ben più di quanto normalmente avrebbe potuto fare, eppure pensava ancora che fosse dovuto alla sua naturale bontà e che Aiko stesse solamente cercando di essere gentile…
Però poi era arrivato quel bacio. Non quello che gli altri avevano insistito tanto per vedere, ma quello che si erano scambiati lontano dal resto della squadra, completamente soli alla luce della luna, assieme a quelle parole che si erano detti.
Sei il mio darling, Kaoru.
Il ragazzo arrossì di colpo ripensandoci. Quello non era fraintendibile, Aiko era stata chiara riguardo ai propri sentimenti. Eppure non riusciva a tenere fuori quei dubbi dalla sua testa…
<< Ehi, che succede? >> Domandò Kaori notando il suo rossore innaturale. << Stai male? >>
La ragazza gli posò una mano sulla fronte e Kaoru scattò come se fosse stato punto da una vespa. << E’ tutto okay! Ho solo preso un po’ troppo sole! >> Esclamò andando nel panico.
Lei lo fissò con un sopracciglio inarcato: suo fratello, che durante l’estate diventava nero come un pezzo di carbone, adesso aveva il viso bruciato dal sole freddo di quella mattinata dicembrina?
<< Lasciamo perdere… >> Borbottò, e si sdraiò di nuovo sull’erba, abbassandosi questa volta il cappello sugli occhi. << Piuttosto, non hai intenzione di dirlo a mamma e papà? >>
<< Che cosa? >>
<< Della tua fidanzata. >>
<< Non è la mia… Uhm… >> Kaoru si morse la lingua, non sapendo come reagire a quelle parole. Gli faceva uno strano effetto sentir parlare di Aiko a quel modo, e Kaori lo aveva notato.
<< Ma quanto sei buffo! >> Iniziò a ridere a crepapelle. << Se non è la tua fidanzata, come diamine dovrei chiamarla? >>
Kaoru stava per rispondere che non c’era bisogno di chiamarla in nessun modo, Aiko era solo Aiko, ma poi gli tornarono in mente le sue parole e rimase un attimo in silenzio.
<< E’ la mia darling. >> Disse con tono incredibilmente serio, sorprendendo anche la sorella per quel cambio radicale di umore.
<< Darling? Quella parola del libro delle favole? >> Domandò tirando su la testa e fissandolo sorpresa.
<< La conosci? >>
<< Certo che la conosco, idiota! >> Sbottò lei. << A scuola è stata tipo la prima cosa che ci abbiano mai insegnato! >>
Kaori disse al fratello di come, quando era ancora bambina, i maestri delle elementari andassero periodicamente a leggere storie alla sua classe, e il libro che conteneva quella parola che gli aveva insegnato Aiko fu proprio uno dei primi che fu raccontato a Kaori.
Era strano, lui non ricordava niente del genere, eppure sembrava che fosse una cosa molto comune alle elementari.
<< Distratto come sei, non avrai mai prestato ascolto. E' già un miracolo che tu non sia mai stato bocciato! >> Lo prese in giro Kaori, ma probabilmente aveva ragione.
Kaoru ghignò. << Già, io preferivo dormire quando c’era l’occasione! E devo dire che non è cambiato molto dai tempi delle elementari… >>
Kaori lo spinse con fare scherzoso. << Scemo! Guarda adesso che non ti è concesso battere la fiacca: devi salvare il mondo! >> E poi iniziò a fargli il solletico. Le risate di Kaoru attirarono nuovamente i loro cani, che tornarono di corsa dai due fratelli e li ricoprirono di feste.
 
*
 
Aiko non aveva mai avuto niente di cui lamentarsi, crescendo; i suoi genitori le davano sempre tutte le attenzioni che desiderava e anche quando era di umore pessimo riuscivano a farla stare meglio… Tuttavia, per quanto gli fosse grata per tutto quello che avevano fatto, una cosa che con gli anni aveva cominciato a pesarle era stata la solitudine.
Crescere da figlia unica non era stato difficile, anzi non aveva mai pensato di poter avere dei fratelli per il semplice fatto che stesse bene così; tuttavia la sua mancanza si era estesa anche al di fuori del nucleo famigliare, facendola diventare eccessivamente insicura per ciò che faceva, diceva, o anche solo al modo in cui si mostrava agli altri. Così facendo, era stato veramente difficile per lei formare amicizie solide con i suoi coetanei e aveva finito per perdere l’occasione di sentirsi una bambina normale.
E adesso che era tornata a casa, si sentiva nuovamente come se fosse finita sotto a una campana di vetro: i suoi genitori avevano continuato a tempestarla di domande sin dal primo momento che aveva messo piede nella loro abitazione in periferia. Maemi e Hideo Mori erano degli ottimi genitori, premurosi e amorevoli, ma eccessivamente apprensivi; Aiko non aveva avuto il tempo neanche di togliere la mantellina dell’uniforme che i suoi l’avevano portata nel soggiorno per farle il terzo grado.
Sembrava che la loro preoccupazione principale fosse dovuta dalla sua prestazione durante la battaglia, ciò che avevano visto li aveva fatti preoccupare.
<< Tu non capisci, tesoro: alla televisione si sentivano arrivare le tue urla da quel gigante! >> Piangeva Maemi, che ripensando al momento in cui aveva udito la figlia lamentarsi in quel modo tanto straziante sentiva il bisogno di stringerla per essere sicura che stesse bene.
Per quanto fosse stata un'esperienza segnante allora, Aiko aveva quasi dimenticato del tutto la modalità berserk e come lei e il suo partner avessero dato spettacolo sul campo di battaglia. Non ci aveva pensato fino a quel momento, ma avrebbe potuto facilmente immaginare quanto avrebbe fatto preoccupare i genitori con quell'azione.
<< Si è trattato di un rischio calcolato, mamma! Una reazione come quella era prevista, ma a parte il dolore, abbiamo ricevuto un forte aumento di potenza… >> La ragazza avrebbe spiegato volentieri ai genitori il funzionamento della modalità berserk, così che capissero meglio anche come funzionasse la connessione degli Stridiosauri e si abituassero lentamente all’idea che la figlia si prendesse certi rischi, ma la sua scelta di parole peggiorò la situazione.
<< Cosa significa “a parte il dolore”?! >> Sbottò Hideo, che quasi perse gli occhiali dal naso. << Stai dicendo che il tuo fisico è anche sotto stress nel pilotare quei cosi? >>
Pacatamente, Aiko cercò di tranquillizzarli. Avrebbe dato qualunque cosa per poter saltare quella conversazione e potersi finalmente rilassare: la testa le girava ancora per via del vino della sera precedente – ma questo era meglio non dirglielo – e le urla dei genitori non la aiutavano a riprendersi.
<< E’ una cosa normale, papà… >> Borbottò ammiccando con stanchezza. << Il mio sistema nervoso è direttamente collegato allo Xenomorphus, sento tutto quello che prova lo Stridiosauro. >>
<< E che cosa c’entra questo con tutto quello che è successo l’altro giorno? >> Domandò l’uomo allarmato. Quante cose ancora non sapeva su quello che faceva la figlia?
<< Normalmente, se c’è un buon equilibrio tra partner, lo stress della connessione sarà nullo; ma la modalità berserk che abbiamo utilizzato in battaglia sacrifica il comfort della Pistil destabilizzando la connessione per guadagnare un aumento di potenza. E’ una cosa che ci era stata spiegata già dall’inizio, non c’è bisogno di farne un dramma… >>
Ovviamente lei che vi era abituata lo avrebbe sminuito, pur conoscendo la sua stessa reazione dopo aver attivato la modalità berserk; tuttavia, per i suoi genitori quelle informazioni erano novità sconvolgenti, rese ancora più preoccupanti da quello che avevano assistito alla televisione, e non fecero che peggiorare ancora di più la situazione.
<< Quindi stai dicendo che è tutta colpa del tuo partner? >>
Come avevano fatto ad arrivare a quella conclusione? Aiko si voltò di scatto, incredula, e per un attimo perse il controllo della propria voce:<< Cosa? No! Kaoru non…! Eh… Matsumoto non c’entra niente con quello… >>
<< Però hai detto che il legame con il partner è importante, e se hai provato dolore vuol dire che questo Matsumoto non ha fatto bene il proprio dovere… >> La incalzò Hideo sistemandosi gli occhiali con una mano, con l'aria di chi stava per fare una ramanzina.
Aiko era in difficoltà. << No, non…! Se così fosse, anche io avrei le mie colpe! >> Il più grosso vizio dei suoi genitori era proprio quello di non riuscire a non saltare a conclusioni affrettate.
<< Aiko, per favore, dicci che non ci farai preoccupare ancora. >> La voce di sua madre sovrastò quelle di entrambi, interrompendo la discussione; Maemi Mori guardava la figlia con le mani giunte e il volto come se dovesse scoppiare in lacrime da un momento all’altro. Aiko e suo padre si voltarono verso di lei, la ragazza si sentiva costernata pur non avendo motivo di esserlo.
<< Dobbiamo sapere che non farai più mosse avventate, che rimarrai sempre attenta… E che le persone che staranno con te – il tuo partner e tutti i tuoi compagni di squadra – siano sempre pronti ad affrontare il pericolo! >> Aggiunse quando ebbe la sua attenzione. Era un desiderio legittimo per la donna, ma Aiko sentì come se stesse ignorando completamente le sue capacità e il suo volere. Aiko combatteva in prima linea, era una guerriera, non una passeggera a bordo dello Xenomorphus; la consideravano una debole.
Per un attimo, solo per un attimo, la mite Aiko sentì montare su di sé una rabbia enorme. Il suo respiro fino a quel momento regolare si interruppe per trattenere l’aria nei polmoni; voleva dire che la squadra non era lì per prendersi cura di lei e che era perfettamente in grado di badare a sé stessa. Voleva urlare di non essere una bambina indifesa e che anzi, forse era anche tra i membri più forti della squadra, ma mentre pensava a queste cose la sua mente divagò lontano da quei sentimenti, dicendole che non ne valeva la pena; le sue spalle si rilassarono e lei sbuffò lentamente per espellere quella cosa.
<< Non devi temere, mamma. Puoi fidarti di me, sai? >> Mormorò evitando di proposito lo sguardo della madre. Lei la fissò come se quelle parole l’avessero ferita, ma sorvolò.
<< Voglio solo che tu stia bene. >> Spiegò. << Non vogliamo vedere altre scene come… Quelle. >>
La voce di Maemi tremò un momento al pensiero delle urla della figlia trasmesse a tutte le emittenti televisive. Se il costo della vittoria doveva essere la sofferenza di sua figlia, allora avrebbe preferito che il mondo venisse fatto a pezzi. Aiko invece non riusciva a capire come potessero non accettare un piccolo compromesso per un bene molto maggiore… Capiva che lei fosse la cosa più importante per loro, ma adesso vedevano che stava bene, era sana e forte davanti a loro, perché non poteva bastargli? Perché dovevano strapparle le ali in quella maniera?
Nonostante ciò si sforzò di accettare quel ragionamento. La rabbia che aveva provato prima non era un bene in fondo, i suoi genitori volevano solo il meglio per lei e lei sapeva bene quali fossero le sue capacità… Ma poteva veramente promettere una cosa del genere? In quel momento le tornarono in mente le parole di Kaoru e si rese conto che i suoi genitori stavano facendo la stessa cosa che lei aveva fatto alla fine della battaglia.
Non poteva semplicemente dire che non si sarebbe messa in pericolo perché non poteva farne a meno: era lì per combattere, altrimenti sarebbe rimasta a casa. Tuttavia Kaoru le aveva giurato di restare al suo fianco per tutto il tempo, mano nella mano ad affrontare qualunque pericolo si sarebbe palesato. E come Kaoru, Aiko non poteva dare alla sua famiglia una rassicurante bugia.
<< Io… Non vi posso fare alcuna promessa. >> Ammise alla fine. Voleva avere un tono di voce fermo e sicuro di sé, ma fallì miseramente e la sua voce uscì tremando.
Gli sguardi dei suoi genitori cambiarono, al timore che vi era comparso poco fa prese posto un barlume di rabbia. Aiko capì che sarebbe stata travolta dalle domande, e si affrettò a concludere il suo discorso.
<< Non vi posso fare alcuna promessa perché il mio compito d’ora in avanti sarà quello di dare il massimo per proteggere tutti! I miei compagni di squadra stanno già mettendocela tutta e io non posso lasciare che la mia paura possa rallentarli! >>
Interdetti, i signori Mori si guardarono con la terribile sensazione che la loro bambina si stesse lentamente allontanando da loro; per quanto avrebbe dovuto rallegrarli conoscere una parte così risoluta di lei, non poterono che continuare ad essere preoccupati. A quel punto il motivo di quella visita a casa si fece molto più chiaro e decisero di lasciar perdere quella discussione.
<< Hai ragione, tesoro… >> Mormorò Hideo sedendosi nuovamente tra lei e la moglie. << Forse ci siamo allarmati troppo; hai fatto un lavoro splendido in battaglia… Però noi non possiamo fare a meno di preoccuparci, lo capisci, no? >>
Lo sguardo del padre cercò di trasmetterle tutta la sua amorevolezza così come l'apprensione verso di lei; non c’era niente che potessero fare al riguardo, se non lasciare che Aiko fosse ben attenta e pronta ad affrontare i pericoli senza prendersi troppi rischi, ma non capivano che così sarebbe stato peggio, facendola sentire inadeguata al proprio compito…
<< Per adesso comunque, approfittiamo di questa piccola vacanza e trascorriamo insieme tutto il tempo a nostra disposizione! >> Intervenne Maemi unendosi al marito.
Aiko annuì, un po’ rincuorata dalla fine di quella discussione, ma per qualche motivo le parole della madre le fecero pensare che stessero cercando di riportarla da sé; due giorni con loro non sarebbero bastati a farle desiderare di tornare a casa né a farle cambiare idea, ma l’impressione che ebbe Aiko fu quella che i suoi genitori stessero cercando di rinchiuderla di nuovo.
Erano sempre stati così protettivi… E per qualche motivo, adesso Aiko pensava che fossero anche molto gelosi della loro bambina; gli voleva bene ed era grata loro per tutto quell’affetto, ma in questo modo come poteva trovare il proprio posto nel mondo esterno? Non le avrebbero mai lasciato decidere da sé per la sua vita; forse, una volta finita la guerra, non l’avrebbero più nemmeno voluta perdere di vista… E come avrebbero reagito, se avessero mai dovuto sapere di lei e Kaoru?
 
*
 
<< Abbiamo fatto tutti il tifo per te! E’ stato spettacolare vedere come avete fatto squadra per annientare i VIRM, c’erano tutti i tuoi cugini e zii a festeggiare la vittoria, avresti dovuto vederli! >>
Izumi Maruyama andava avanti e indietro per la cucina sparecchiando i piatti e le posate del pranzo appena conclusosi; sarebbe stata una tavolata molto più grande e affollata se avessero saputo in anticipo che Tetsuya sarebbe tornato a casa.
Il ragazzo avrebbe voluto aiutarla a sparecchiare, ma lei lo aveva costretto a restare seduto; non gli aveva ancora detto di aver preparato uno dei suoi dolci preferiti e non voleva rovinare la sorpresa; si dilettava spesso con i dolci e a detta del figlio era estremamente brava, ma ora che Tetsuya era rimasto così tanto tempo lontano da casa voleva sorprenderlo con qualcosa di nuovo.
<< Avreste dovuto restare al sicuro, invece di invitare tanta gente! >> Protestò preoccupato il ragazzo, riuscendo a immaginare il caos che si sarebbe venuto a creare con tutti i suoi parenti all’interno dell’appartamento per quattro persone della sua famiglia: i suoi genitori inizialmente avevano comprato quella casa nella speranza di avere due figli, ma alla fine Tetsuya era rimasto figlio unico e l’abitazione era rimasta con un posto in più; era abbastanza per loro tre, ma la famiglia Maruyama era veramente estesa e quel posto non era minimamente adatto ad ospitarli tutti.
<< Anche tu avesti dovuto restare al sicuro. >> Lo incalzò suo padre ironico. << Invece hai fatto la figura dello scemo! >>
Lui si rabbuiò, ma Kata Maruyama non lo stava rimproverando affatto, anzi sorrideva vispo mentre si accarezzava la barba, con quella abitudine a stuzzicarsi a vicenda che tornava prepotentemente a farsi presente nella complicità tra padre e figlio.
<< Oh, non dire così! >> Lo incalzò la moglie. << Tetsu è stato eccezionale! Un po’ di nervosismo è normale in una situazione del genere, ma lui è riuscito a rimanere concentrato anche quando le cose sembrassero mettersi male. >> Izumi diede un bacio sulla fronte al figlio e gli disse di non sentire quello che diceva il padre, sempre con quel tono scherzoso tipico della sua famiglia; avevano sempre quella dinamica allegra e scattante in casa, a Tetsuya piaceva sentirsi così a suo agio in presenza dei genitori. Gli sarebbe piaciuto avere la stessa libertà anche con le altre persone.
<< In ogni caso il tuo Stridiosauro mi ha davvero sorpreso. >> Ammise Kata alzando una mano verso il ragazzo. << E’ veramente enorme, sembra fatto apposta per te! >>
Tetsuya arrossì un po' all'allusione alla sua altezza e cercò di abbassare i toni. << Bé, ci sono altri esemplari anche più grossi… >> Borbottò sottovoce, ricordando quanto si fosse sentito piccolo di fronte a modelli di VIRM di grosse dimensioni.
<< Sembri veramente a tuo agio alla guida di quel coso! >>
A quelle parole, il volto di Tetsuya si illuminò. << Non è tutto merito mio. La mia partner è veramente eccezionale, si preoccupa sempre di creare le condizioni perfette per pilotare! >>
<< Quindi dobbiamo ringraziare quella Sentakami per averti tenuto in riga! >> Esclamò l’uomo, interrompendosi un momento per ricordare il nome di Suzuko. Tetsuya gliene aveva parlato un po’ la prima volta che era tornato da Mistilteinn, ma era sorpreso che si ricordasse ancora il suo cognome. << Sembra proprio che voi due abbiate fatto passi in avanti da allora! Non dirmi che c’è qualcosa sotto… >>
<< Oh, per favore! >> Sbuffò Izumi corrugando la fronte istantaneamente. Sapeva quanto quel tipo di discorsi imbarazzasse il figlio, per questo cercò di risparmiarglielo ammonendo il marito:<< Kata, dovresti smetterla di voler inculcare a nostro figlio le tue idee sul trovare un buon partito, è troppo giovane per pensare a queste cose! >>
<< Non si è mai troppo giovani, Izumi! >> Rispose lui facendo le dita a pistola e ghignando, sapendo già che la discussione si fosse chiusa.
<< In ogni caso, Sentakami è una cara amica e niente di più! >> Intervenne Tetsuya per chiudere quella storia. Sapeva che suo padre avrebbe sempre cercato di trovargli una ragazza da sposare il prima possibile, ma lui avrebbe preferito che la smettesse e basta; quella storia, se all’inizio era una semplice questione che sapeva sarebbe stata rimandata al futuro, adesso cominciava ad essere particolarmente stressante e tutta quella pressione lo metteva a disagio. << E’ ligia al dovere, alle regole e non avrebbe il minimo interesse a stare con uno come me. >>
<< Ah! >> Kata si illuminò di colpo. << Vuol dire che un pensierino ce lo hai fatto… >>
<< No, voglio dire che è semplicemente una cosa impensabile, piuttosto! >> Rispose a tono il ragazzo, aspettandosi una risposta del genere.
Kata appoggiò una guancia sul palmo di una mano e lo fissò pensieroso. << E cosa intendi con “uno come me”? >>
Tetsuya era sul punto di rispondere ma non sapeva veramente cosa dire. Si ritrovò a in silenzio, accettando la sconfitta in quel piccolo confronto e alla fine Izumi saltò in mezzo ai due – forse rendendosi conto di quanto fosse a disagio il figlio – e tirò fuori il dolce che aveva preparato per lui.
<< Perché non ci parli un po’ dei tuoi altri compagni di squadra? Immagino che abbiate fatto molta più amicizia dopo il nostro ultimo incontro… >> Disse mentre si apprestava a dividere le porzioni.
Tetsuya effettivamente aveva tanto da raccontare: c'era la storia di Hoshi e Momo, le rivalità nate nel torneo per decidere il caposquadra… Voleva persino raccontargli di come si allenasse con Yoshiki e degli effetti che ormai cominciava a vedere e sentire nel corpo. Voleva raccontargli tutto quanto.
Così Tetsuya parlò per tutto il pomeriggio dei suoi amici.

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Capitolo 35
*** Neve ***


La neve ad Anemone arrivava presto, ancora prima dell'inizio ufficiale dell’inverno. Kya si divertiva a schiacciare gli accumuli a bordo della strada, schizzando acqua in tutte le direzioni con i suoi stivali impermeabili mentre Ryo la osservava chiedendosi se fosse ancora una bambina.
Anche in “vacanza” la ragazza non aveva resistito un giorno lontano da lui, così quella mattina si erano incontrati per passare un po’ di tempo assieme e approfittare di quella giornata che annunciava l’inizio della stagione fredda.
<< Tra poche settimane sarà la fine dell’anno… >> Esordì con aria furba la ragazza affondando le mani nel giaccone a quadri che la copriva dalla testa ai piedi. << Come sono andati i tuoi propositi di quest’anno? Sei riuscito a realizzare tutto? >>
Ryo era ancora un po’ assonnato. Il freddo lo rallentava, sentiva che fosse passato ormai da tempo il periodo in cui si divertiva scorazzare nella neve come faceva ancora Kya; tuttavia era piacevole vederla mentre saltava in mezzo ai mucchi di neve più grossi, magari per scoprire con disappunto che sotto ci fossero una siepe o un sasso sepolti.
<< Io… Credo di sì. Tu hai qualche rimpianto? >>
Per un attimo, nonostante l’allegria di quella giornata, Kya si imbronciò. << Bé, sì… Come al solito. >> Calciò una piccola colonna di neve, guardandola mentre si spappolava sul lastricato del marciapiedi.
<< Come al solito! >> Le fece eco il ragazzo piegando di lato la testa, spostandosi un po’ la sciarpa per respirare meglio. << Forse dovresti smetterla di fare propositi all’inizio dell’anno, così magari riusciresti a combinare qualcosa. >>
<< Ehi, i miei propositi vanno alla grande! E’ solo che ce n'è qualcuno che salta sempre… >> La ragazza sembrò sul punto di aggiungere qualcosa a quel suo commento piccato, ma invece si ammutolì e girò lo sguardo da tutt'altra parte.
<< E allora fanne di meno! >> La provocò, ma a quel punto gli occhi di Kya tornarono su di lui mandandogli lo sguardo più strano che avesse mai visto: più che contrariata, sembrava addirittura ferita da quelle parole. Alla fine girò la testa di lato e fece finta di ignorarlo, affrettando il passo.
Si poteva capire che le fosse passato il buonumore perché aveva iniziato a ignorare anche i mucchi di neve più grossi e invitanti, e i suoi stivali affondavano pesantemente lungo la strada imbiancata; Ryo però non riusciva a comprendere che cosa avesse detto da offenderla tanto. Dopo un attimo, come se avesse sentito i suoi pensieri, la ragazza ci tenne a chiarire di non essersela presa.
<< E’ solo che… Mi sento inadatta a starti accanto quando metti in risalto le nostre differenze in questo modo. >> Borbottò rallentando l’andatura e accelerando improvvisamente dopo essersi fatta raggiungere, in un ritmo impossibile da decifrare.
<< Inadatta…? Kya, sei la mia migliore amica! Per cosa ti dovresti sentire inadeguata? >>
Lei si girò per un momento e lo fissò intensamente negli occhi. Come se Ryo le avesse fatto la domanda più importante di tutte, si avvicinò e iniziò a scrutarlo con uno sguardo intenso, sempre più seria; leggermente a disagio, Ryo non riuscì a capire cosa volesse dirgli.
<< Mi vergogno di essere così indietro rispetto a te, tutti gli anni! >> Disse alla fine, sbuffando come se si aspettasse che lui dicesse qualcosa. << Tu sei sempre così bravo a mantenere le promesse, finisci sempre i compiti in tempo e poi anche i tuoi propositi del nuovo anno finiscono sempre per avverarsi… Io invece sono disordinata, lenta, pigra e inconcludente. >>
Ryo non credeva alle proprie orecchie; quella non era Kya e non soltanto perché aveva appena descritto una parte di sé non veritiera, ma anche per quell'atteggiamento di autocommiserazione che non le si addiceva per niente.
<< Tu non sei così! Alcune cose sono semplicemente troppo difficili da realizzare… >> Mormorò cercando di farla ragionare, e lo sguardo di Kya tornò a farsi pressante su di lui. Nel tentativo di alleggerire quella tensione, Ryo suggerì rapidamente:<< Perché non provi a darti degli obiettivi più realistici, una volta tanto? >>
<< Ma i miei obiettivi sono realistici! >>
Ryo preferì non dire niente, pur potendo smontare con facilità quell'affermazione. Il suo silenzio finì per essere ancora più fastidioso per Kya, che finse di strozzarlo e lo scosse con forza come se stesse cercando di tirargli fuori qualcosa.
<< Ehi, posso farti una domanda seria? >> Riprese il ragazzo quando furono tornati a camminare; non durò molto perché Kya si voltò verso di lui e si fermò completamente.
Ryo rimase fermo a guardare davanti a sé come se in realtà lei non ci fosse, evitando il suo sguardo e cercando le parole giuste. Era una cosa che si era chiesto sin dall'inizio, ma non aveva mai avuto un reale motivo per chiederglielo:<< Non credevo davvero che ti saresti arruolata nel programma Parasite. Perché lo hai fatto? >>
<< Eh? >> Sbottò quella. << E perché mai mi chiedi una cosa simile? >>
<< Te l’ho detto perché. >> La incalzò, e questa volta Kya sentì un tono diverso nella sua voce.
Quando lo aveva menzionato la prima volta, Ryo aveva ricevuto solo una risposta fumosa con Kya che sfruttava la sua solita allegria per distogliere l'attenzione dall'argomento, ma continuava a non avere senso: quel tipo di vita non era adatto a lei, e non poteva averlo fatto per senso del dovere perché Kya era la ragazza più egoista che avesse mai conosciuto! Era stato sorprendente vederla così a suo agio in un mondo fatto di regole e disseminato di pericoli, ma continuava ad avere quel pensiero fisso che gli diceva che ci fosse qualche altro motivo ad averla spinta a prendere parte alla squadra, magari qualcosa che non poteva dire o che la metteva a disagio. Era vero che una scelta così folle fosse sensata nell'imprevedibilità di Kya, però Ryo non poteva fare a meno di preoccuparsi per lei.
Mentre esternava i suoi dubbi, Ryo poté vedere lo sguardo dell'amica passare dal serio al preoccupato, passando poi per totale confusione fino a lasciar andare un sospiro di sollievo e tornare a ridere.
<< Ti preoccupava davvero tutto questo? >> Domandò evitando il suo sguardo. << Avrei dovuto immaginarlo… Eppure mi hai sorpreso ancora una volta. >>
Ryo inarcò un sopracciglio, desideroso di saperne di più. Allora ci aveva visto giusto, c’era davvero qualcosa dietro alla scelta di Kya di arruolarsi nel progetto Parasite!
Si voltò mostrandogli un sorriso dolce, le guance arrossate per il freddo rendevano ancora più espressivo il suo volto solitamente allegro e pungente; si avvicinò con le movenze di una ballerina, gli occhi che sembravano nascondere mille pensieri e le mani nascoste dietro la schiena fino all'ultimo momento, quando gli diede una spinta. Ryo finì con il sedere su un mucchio di neve e gemette per il freddo improvviso che gli entrò fino alle ossa.
<< Credevi che ti avrei potuto lasciare da solo? Scordatelo Ryo, noi due siamo inseparabili! >> Disse con voce squillante prima di voltarsi e iniziare a fuggire con passo rapido, facendo comunque attenzione a non scivolare sul suolo ghiacciato, risultando in una corsa goffa e poco dignitosa.
Ryo ancora non capiva che diamine le fosse saltato in testa che mentre si rialzava, Kya si voltò di nuovo per strillargli contro:<< E che sarebbe successo se ti avessero assegnato una partner più carina di me? >>
Poi gli fece la linguaccia.
Ryo rimase fermo a guardarla mentre scappava lungo il marciapiedi, i pantaloni umidi e la neve ancora attaccata ai vestiti. Era stato per lui che Kya si era arruolata? Ma non aveva alcun senso! Non era una gita di piacere, loro erano andati lì a combattere; che sarebbe successo se non si fosse adattata abbastanza allo Stridiosauro? Se non fosse andata d'accordo con gli altri compagni di squadra? Era stata una scelta sconsiderata, non aveva semplicemente guardato solo a ciò che le avrebbe fatto più comodo, aveva completamente ignorato ogni aspetto di quella situazione solamente perché voleva restare con lui! Doveva ammetterlo, era sicuramente un comportamento che ci si sarebbe potuto aspettare dalla sua migliore amica, ma era una cosa talmente stupida che gli veniva il latte alle ginocchia… E poi le probabilità che loro due venissero scelti come partner erano talmente scarse che era impensabile che Kya avesse fatto quella scelta credendo veramente di essere selezionata!
Eppure era successo. Ryo si bloccò non appena quel pensiero gli saltò in testa, incapace di trovare una spiegazione; non si accorse di Kya che tornava sui propri passi per osservare cosa avesse turbato tanto il suo amico.
<< Non ti ci arrovellare troppo, darling. >> Lo stuzzicò sorridendo con astuzia. << Dovresti sapere che siamo destinati a restare uniti! >>
Ryo alzò lo sguardo confuso, quasi spaventato da quello che aveva appena detto. Certo, si trattava solo delle solite chiacchiere di Kya, eppure in quella situazione assumeva una luce totalmente diversa… Era da parecchio tempo che non sentiva quel nomignolo e gli suonò strano per qualche motivo; Kya non gli aveva mai dato dei soprannomi, lui era sempre stato il suo Ryo e nient'altro… Era talmente importante per lei da averle fatto prendere quella scelta, noncurante dei rischi e delle difficoltà, e nonostante tutto, le cose erano andate esattamente come voleva lei.
Ryo non riuscì a dire niente, la mente non connetteva e lo sguardo appannato gli rendeva difficile concentrarsi. Kya credette di averlo sopraffatto come al suo solito e si voltò soddisfatta, avviandosi lungo la strada e intimandogli di stare al passo; erano quasi arrivati.
Incapace di trovare le parole e pensando che non sarebbe riuscito a tirare fuori alcuna informazione dall'amica, Ryo si rassegnò a seguirla e le chiese invece perché lo stesse portando al vecchio albero di ciliegio. Lei non disse niente, preferì mostrarglielo direttamente una volta arrivati: ad attenderli ai piedi del gigantesco albero millenario c’erano le loro compagne, Fukuda e Sakei.
<< Nessuno ci impedisce di incontrarci anche quando non siamo a Mistilteinn, no? >> Cinguettò Kya abbracciando le sue amiche, che sembravano essere lì già da un po'. Entrambe erano avvolte nei loro indumenti pesanti, circondate da impronte che combaciavano con le loro scarpe a dimostrazione di come avessero fatto avanti e indietro sul posto a lungo: Naho indossava una sciarpa a motivi geometrici e un giubbotto aderente ben chiuso, mentre Momo sfoggiava una cappellino di lana con pompon e un grande impermeabile che le raggiungeva le ginocchia, lasciando intravedere i calzettoni di lana indossati di sotto.
<< Ciao, Sato! Spero che non ti dia fastidio il fatto che ci siamo anche noi. >> Lo accolse la ragazza più alta, tenendo le mani al sicuro nelle ampie tasche del giubbotto e sorridendo con trasporto; da quando le cose si erano sistemate tra lei e Kondō, era diventata più espansiva con tutto il resto della squadra.
<< No, non mi dà fastidio… Sono solo confuso, come avete fatto a organizzarvi per venire qui? >>
A quella domanda Kya sbuffò vistosamente. << Ci siamo scambiate i numeri di telefono, ovviamente! >> Borbottò dandogli una botta sulla fronte. << Appena ho visto la neve, ho dovuto chiamare Momo e Naho, non potevo lasciare che si perdessero lo spettacolo! >>
<< Quale spetta…? >> Ryo ammutolì quando alzò lo sguardo per vedere il maestoso albero, ridotto quasi a uno scheletro in quel periodo, reggere il peso della neve sui suoi rami tanto fitti da sembrare dei capillari. Rimanevano pochi fiori, pochi coraggiosi boccioli di petali rosa che presto avrebbero posato le armi per riposare durante l’inverno e prepararsi così a un nuovo inizio; erano mille anni che quell’albero affrontava quel ciclo, e ogni volta ne usciva sempre più forte.
<< Oh. >> Mormorò provando un tepore familiare dentro di sé. Aveva quasi dimenticato quella vista, dopo che aveva smesso di fargli visita; il ghiaccio invadeva i rami del suo albero preferito e li trasformava in giganteschi fiocchi di neve, belli e delicati come cristalli.
<< Già. >> Gli fece eco Kya. << Sarebbe stato bello esserci durante la nevicata, ma non importa; saremo qui per la festa dei ciliegi! >>
<< Già, lo spettacolo della fioritura è mille volte meglio. >> Constatò Naho affiancandosi alla sua amica. Era strano vederla all’aperto senza un libro per le mani. << Deve essere ancora più interessante passarlo in tua compagnia, Kya. >>
La ragazza si voltò perplessa verso di lei, sbattendo le grandi palpebre un paio di volte per chiedere delucidazioni. La spiegazione non tardò ad arrivare, assieme a un sorrisetto della lettrice.
<< I tuoi capelli hanno lo stesso colore dei fiori di ciliegio. Sarebbe veramente fantastico vederti danzare in mezzo ai petali… >> Rise assieme a Momo, che trovava quell’idea davvero adorabile.
<< Scommetto che Sato lo ha visto decine di volte. >> Aggiunse questa con un sorrisetto compiaciuto, facendo voltare immediatamente l'interpellato verso di sé.
<< Povero Sato, speravi di restare tutto solo con la nostra dolce Kya in questa magica giornata? >> Cinguettò Naho avvicinandosi, studiando il suo volto alla ricerca di qualche segno che lo facesse tradire, nascondendo in modo molto teatrale un ghigno di scherno. Ryo preferì non abboccare all’amo e sbuffò, impotente.
Qualunque cosa avrebbe detto, sarebbe risultato in una sua sconfitta, ma in realtà c'era anche un altro motivo se aveva preferito stare in silenzio: Ryo era sicuro che quello che avevano descritto le due ragazze non fosse mai accaduto, eppure nella sua mente riaffiorarono vivide delle immagini che corrispondevano esattamente a quella situazione, con Kya che danzava gioiosa in mezzo ai ciliegi in fiore e lui completamente rapito da quella visione celestiale. Non poteva essere reale, eppure…
<< Ehi! >> La voce della sua partner li raggiunse, destandolo da quei pensieri. << Pensa a quello con cui vorresti restare tu da sola, invece di importunare il mio Ryo! >>
Naho reagì in maniera scomposta e tentò di nascondersi dietro le spalle di Momo mentre la fronte le si arrossava vistosamente. Balbettò qualcosa in risposta nel tentativo di sviare la conversazione, ma Kya lesse alla perfezione la sua reazione e capì di aver fatto centro.
<< Oh, ma come siamo timide! >> La stuzzicò piegandosi da un lato all'altro, nel tentativo di oltrepassare la muraglia Sakei e incrociare il suo sguardo.
<< Non litigate… >> Sbuffò Momo inutilmente, un attimo prima che Naho si sganciasse da lei e iniziasse a correre mentre Kya raccoglieva un po' di neve da lanciarle addosso.
Ryo rimase interdetto, incapace di seguire oltre quel siparietto, e si ritrovò a osservare le due ragazze che si davano battaglia in mezzo alla neve accanto a Momo, che sorrideva con un'espressione di esasperazione.
<< Allora… >> Commentò dopo un po', non sapendo cosa dire. << A casa tutto bene? >>
Momo non riuscì a trattenere un sorriso stranito come per chiedergli come mai le stesse facendo quella domanda, reazione che lo fece subito arrossire dalla vergogna; si rese conto di averle posto una domanda personale e totalmente scollegata dal contesto, oltre che invadente.
Però Momo rispose mostrando di aver apprezzato comunque la domanda.
<< Potrebbe andare meglio! Adesso che sono tornata, posso aiutare mia nonna ad accudire i miei fratellini, ma c’è sempre un sacco di lavoro da fare… >> La ragazza sorrideva, eppure c'era un tono di malinconia nella sua voce. E nonostante ciò, bastava uno sguardo per vedere come Momo fosse molto più serena che in passato; lo sguardo materno che volgeva alle compagne di stanza era dolce e paziente, ma non nascondeva assolutamente i problemi che potessero vessarla, e tuttavia la ragazza sembrava aver deciso di non lasciarsi toccare da essi.
Un proiettile ghiacciato lo prese in pieno su un orecchio; Ryo fu scosso da tremendi brividi e si irrigidì nel tentativo di scacciare il freddo che gli inondò il colletto. Dopo essersi ricomposto un minimo si voltò contrariato verso la propria partner, sapendo già che fosse stata lei, e le urlò di fare attenzione.
<< Smettila di fare il musone! >> Rispose lei, ottenendo la reazione sperata.
Ryo iniziò a raccogliere un po' di neve e si mise a inseguire Kya mentre, ancora spiazzata dalla botta che aveva ricevuto il ragazzo, Momo incominciava a ridere incontrollabilmente solo per venire interrotta da un’altra palla di neve che la prese dritta in faccia. Questa volta era Naho a sfidarla, e Momo non se lo lasciò ripetere due volte, lanciandosi in cerca di vendetta dopo essersi tolta la neve dalla faccia.
In fondo era una splendida giornata e la neve avrebbe potuto sciogliersi a breve; dovevano approfittarne.
 
*
 
<< Sicuri che i vostri genitori non avranno nulla da ridire? >>
<< Tranquilla, i miei hanno pianto dalla gioia quando gli ho detto che sarei uscita. Dicono che parlo troppo! >> Naho sbuffò e rabbrividì, sperando che l'abitazione di Momo fosse più calda del pianerottolo dove li aveva portati la ragazza.
Kya rise. << Bé, non è vero? >>
<< Gli stavo solo raccontando della nostra battaglia! >> Protestò quella.
Per un attimo ci fu silenzio sul pianerottolo. Kya volgeva uno sguardo furbo all'amica e Momo lo rinforzava con un sopracciglio inarcato, come se entrambe già sapessero che quella non fosse tutta la storia. Alla fine Naho si arrese e sospirò:<< Va bene, forse ho parlato ininterrottamente da quando sono tornata a casa fino a che non sono andata a dormire… Ma avevo veramente tante cose da dire! >>
Il sorriso soddisfatto di Kya si affiancò a quello imbarazzato dell'amica mentre Ryo alle loro spalle si immaginava la scena, ridendo sotto i baffi.
Momo tornò ad occuparsi della porta e quando girò la chiave nella serratura per aprire, una scena con Iki e Thoki mezzi nudi che si picchiavano con delle asciugamani si aprì di fronte a loro. E dire che sperava di poter fare bella figura con gli amici…
Mayu comparve di corsa di fronte alla porta, la faccia imbrattata di pittura e segni di dita sulle guance, e inseguì i due gemelli urlando parole poco lusinghiere, fermandosi giusto un attimo a salutare la sorellona appena tornata.
<< Sono i tuoi fratellini? >> Domandò Kya già rapita dal caos che regnava in quella casa. Momo sospirò e annuì.
<< Mayu è la più grande, quando non ci sono io deve occuparsi di far rigare dritto Iki e Thoki… >> Spiegò la ragazza con rassegnazione. Un pianto interruppe il suo discorso e Momo sbuffò vistosamente prima di far entrare in fretta gli amici, dirigendosi poi dal piccolo Sho per calmarlo.
<< Momo, sei tu? >> Domandò una voce roca prima che da una stanza venisse fuori una vecchietta dall’aspetto vispo; la nonna di Momo si mostrò sorpresa quando vide i ragazzi di fronte all’entrata e sfoggiò un sorriso accogliente prima di salutarli e invitarli a mettersi comodi.
Dopo che Ryo, Kya e Naho ebbero raggiunto il piccolo soggiorno della abitazione seguiti da nonna Ema, la donna si presentò.
<< Allora voi siete gli amici della mia Momo, eh? Lasciatemi indovinare… >> Con calma, puntò il dito nodoso contro Naho e ghignò:<< La piccola divoratrice di libri. >>
In un primo momento la ragazza fu sorpresa da quella cosa, ma pensò che, anche solo tirando a indovinare, non dovesse essere poi tanto difficile capire chi fossero. << Mi chiamo Naho Fukuda; è un piacere conoscerla, signora! >> Si presentò cordialmente, abbozzando un sorriso.
Ema annuì soddisfatta mormorando qualcosa su come il suo sguardo fosse proprio quello da topo di biblioteca e passò alla seconda ragazza, seduta al centro del divano. << Tu sei la peste che continua a toccare le tette a mia nipote! >>
Naho scoppiò a ridere e si piegò su sé stessa, noncurante dell'imbarazzo che avrebbe provato subito dopo. Incredibilmente, anche Kya era diventata completamente rossa in volto e anche se non stesse negando l’evidenza avrebbe tanto voluto scomparire in quel momento.
Ema mostrò un sorrisetto compiaciuto, sapendo di aver preso alla sprovvista un tipetto difficile da imbarazzare, e chiuse voltandosi verso Ryo, ancora strabiliato per aver visto ammutolire la sua amica.
<< E tu invece sei… >> La donna rimase a pensare per qualche secondo, la fronte corrugata pesantemente; alla fine però scosse la testa:<< Scusa, hai un volto troppo generico per capire chi sia. >>
Kya rise dimenticando immediatamente l’imbarazzo per quello che le aveva detto Ema; sapeva già per cosa lo avrebbe preso in giro per i prossimi giorni. Anche se un po’ deluso, Ryo si mostrò comprensivo e ignorò le battute della sua compagna presentandosi alla signora:<< Mi chiamo Sato. Non si preoccupi se non mi conosce, sua nipote probabilmente non le ha parlato di… >>
<< Ah, sì! >> Lo interruppe di colpo schioccando le dita. << Sei il fidanzatino di questa qui. >>
Kya smise immediatamente di ridere e fissò lo sguardo sulla nonna di Momo; l'espressione che avevano lei e Ryo era identica ed esilarante, si poteva quasi vedere il fumo uscirgli dalle orecchie mentre i loro visi prendevano rapidamente colore. Ema sembrava starsi divertendo alla grande e assieme a lei anche Naho non riusciva più a trattenersi. Purtroppo per il loro divertimento, il ritorno di Momo interruppe quel momento di scherzi e permise ai due partner di distendere i nervi.
Ancora confusa per la scena che si era trovata di fronte, la ragazza cercò di attirare l’attenzione su di sé e agitò una mano tenendo in braccio il fratellino.
<< Ehm… Vedo che avete già conosciuto mia nonna! Scusatela, non è abituata a trattenere la lingua… >> Disse mettendosi in mezzo. Ema sembrò contrariata, dicendo che se non avesse potuto dire quello che pensava sarebbe stato meglio che morisse, ma accolse la nipote con un sorriso.
<< Lui invece è il mio fratellino, Sho! >> Cambiò argomento, voltandosi per mostrare il bimbo aggrappato alla sua spalla che si ciucciava un pollice.
Kya sembrò scordare immediatamente l’imbarazzo della conversazione con la signora Ema e saltò per raggiungere Momo e il piccolo Sho, riempiendolo di moine. Le si avvicinò rapidamente anche Ryo, forse ancora alla ricerca di un modo per stemperare, e insieme iniziarono a fare delle faccette buffe per far ridere il bambino.
<< Tua nonna mi piace già! >> Sussurrò Naho accostandosi all’amica, provocandole una risatina.
<< E’ un tipo molto schietto, ma non è cattiva. >> Rispose prima di sistemarsi meglio il fratellino in braccio in modo che fossero rivolti entrambi dallo stesso lato. Kya e Ryo giocarono un altro po’ con Sho prima che la nonna di Momo gli si avvicinasse di nuovo.
<< E come mai non hai portato qui quel tappo del tuo partner? >>
La risata che Kya soffocò assunse il rumore di un potente sbuffo di narici che quasi le fece perdere tutta la dignità di fronte alla donna; sentire qualcuno che parlava in quel modo di Kondō era esilarante, ancora di più se era qualcuno che non lo conosceva nemmeno.
<< Nonna! Ti ho detto di non chiamarlo così! >> Protestò Momo, che però trovò buffo quel commento; Ema si limitò a fare spallucce e a dire che sarebbe stata anche ora che glielo presentasse.
Arrossendo però, Momo disse che non fosse il caso di disturbarlo. << E poi non ho il suo numero, non avrei potuto contattarlo in nessun modo… >> Aggiunse borbottando, pur sapendo che non fosse quello il problema.
<< Ma come, non volevi fargli provare i tuoi biscotti? >> Continuò la donna sapendo che in quel momento Momo si stesse trattenendo dal saltarle addosso e tapparle la bocca. La sua allusione passò inosservata, principalmente grazie alla reazione di Kya che iniziò a girare attorno alla signora Ema.
<< Biscotti? Dove? A che gusto? Ce ne sono abbastanza? >>
Le domande assillanti della ragazza sarebbero state in grado di infastidire chiunque, ma la nonna di Momo si limitò a sorridere e disse alla nipote che avrebbe fatto bene a mettersi al lavoro. Dopo aver alzato gli occhi al cielo, Momo si voltò verso l’amica e le sorrise. << Non ci sono ancora. Vi ho invitati qui perché volevo prepararne un po’ e farveli assaggiare, sempre che vogliate fermarvi a pranzo… >>
<< E me lo chiedi pure? >> Sbuffò l’altra ragazza. << Certo che voglio restare! Avresti potuto invitare più gente però. >>
Momo sorrise e scosse la testa. << Siete le persone con cui mi sento più a mio agio… Mi vergognerei troppo a invitare tutti gli altri. >>
<< Non è vero! Tu sei bravissima con le persone, e poi avrebbero accettato tutti quanti! >>
<< E che mi dici di Hoshi? >> Si intromise Naho, che sembrava particolarmente in vena di stuzzicare le sue amiche quel giorno. Momo si morse la lingua quando lo sentì nominare, mentre Kya si voltò seccata.
<< Che cosa c’entra quell’antipatico ora? >>
<< E’ innegabile che negli ultimi tempi la loro amicizia si sia sviluppata molto! >> Continuò la ragazza con le lentiggini, ammiccando per nascondere il sorriso malefico che altrimenti le sarebbe comparso sul volto.
Kya sbuffò e fece spallucce con aria altezzosa. << Sì, bé adesso non è qui, quindi non serve parlare di lui! >>
<< Non ti piace neanche un po’, eh ragazza? >> Commentò la nonna facendole l’occhiolino. Kya le si avvicinò iniziando a raccontarle tutti i motivi per cui valesse la pena prendere a schiaffi quel piccoletto e finì per seguirla in cucina senza accorgersene, dove probabilmente Ema l’avrebbe messa ad aiutare a preparare il pranzo.
Con un po’ di sollievo, Momo rilasciò la tensione che aveva accumulato nelle spalle e iniziò a fare strada verso la cucina. << Andiamo, Naho: dopo aver messo a riposare Sho inizieremo a preparare l’impasto per i biscotti. >>
<< Potrò finalmente mettere alla prova le conoscenze ricevute da “Amore in cucina”! >> Cinguettò raggiante la sua amica, provocandole una risatina.
Per un attimo le due ragazze sembrarono dimenticarsi di Ryo, rimasto da solo nella stanza, poi le raggiunse nel corridoio e si affacciò nella stanza del fratellino.
<< Io cosa faccio? >> Chiese attirando la loro attenzione con un colpo di tosse.
Momo lo osservò per un attimo, poi sorrise. << Bé, in effetti… Sarebbe carino se tu potessi tenere d’occhio i gemelli. Assicurati che non combinino guai! >>
Un urlo interruppe le parole di Momo e i suoi fratellini tornarono a scorazzare per la casa, questa volta con indosso dei pantaloni sbottonati. La sorella direttamente più grande di loro passò poco dopo, continuando il suo inseguimento, ma fu intercettata da Momo che le presentò Ryo.
<< Lui ti aiuterà a tenere a bada Iki e Thoki. >> Le disse con una spintarella di incoraggiamento.
In un primo momento Mayu sembrò diffidare di Ryo, lo squadrò dalla testa ai piedi mentre lui la fissava senza nascondere una certa ansia al pensiero di esse giudicato da una ragazzina di otto anni. Alla fine sbuffò e con tono di superiorità gli chiese:<< Sai cambiare i pannolini? >>
Ryo alzò lo sguardo verso la compagna di squadra che teneva ancora in braccio il fratello più piccolo, e tornò a guardare la bambina con un timido sorriso.
<< Bé… Posso provarci! >>
Mayu piegò le labbra con soddisfazione, quindi gli fece segno di seguirlo. << Tu bloccherai i miei fratelli, così io potrò vestirli senza che facciano storie. >> Disse totalmente a suo agio, iniziando a dare ordini.
Ryo la seguì senza dire niente, ma mandò un ultimo timido sguardo alle sue compagne di squadra; Momo e Naho stavano ridendo di gusto di fronte alla scena della piccoletta che lo comandava a bacchetta, che somigliava troppo a una delle tante scene viste con Kya.

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Capitolo 36
*** Missione ***


La confusione di Zorome non faceva che aumentare. Goro non lo invitava mai con tanto poco preavviso, ma poteva anche perdonare l'improvvisata; quello che lo lasciava perplesso era il suo ritardo, totalmente inusuale per una persona precisa come lui; il ritardatario del loro gruppo era lui, non poteva certo rubargli il posto in quel modo!
Certo che però non poteva biasimarlo per aver perso la cognizione del tempo, nelle ultime settimane… Però anche dopo tutto quello che gli era successo, il suo amico si era sempre mostrato in ordine e perfettamente in controllo delle proprie emozioni.
Un altro mistero era il fatto che non gli avesse chiesto di incontrarlo al solito posto, la panetteria di Futoshi: normalmente si sarebbero visti di pomeriggio dopo la chiusura dello studio di Goro, ma ormai era da un po’ di tempo che i loro incontri saltavano. Il messaggio aveva preso Zorome alla sprovvista, ma proprio perché lo avesse contattato così all’improvviso aveva fatto di tutto per arrivare in orario all’appuntamento: era importante che fosse lì per lui in quel momento.
E ora se ne stava ad attendere, buono buono come uno studente che non voleva far infuriare il professore – quante volte aveva assistito a scene simili, dall’altro lato della cattedra – perché il suo amico sarebbe stato un ospite veramente difficile da trattare; voleva fare di tutto per aiutarlo, ma avrebbe dovuto muoversi con cautela con lui.
Dopo almeno quindici minuti di ritardo, Zorome scorse la testa bionda di Goro in fondo alla strada e si alzò dal tavolino che aveva preso all’esterno del locale indicato dall’amico; fece per andargli incontro e salutarlo, ma il passo rapido di Goro lo prese alla sprovvista e questi fu da lui prima che potesse percorrere anche solo un paio di metri.
Ci fu un momento di confusione; Zorome andò per un abbraccio, Goro gli diede una pacca sulla spalla mostrando di non essere ancora pronto a dimostrazioni di affetto e gli indicò di sedersi con cordialità, come se non fosse stato lui a fare ritardo. Ancora un po’ perplesso, Zorome si sedette e rimase a fissare l’amico mentre chiamava un cameriere per ordinare qualcosa da bere; due bibite ghiacciate per entrambi e dopo i convenevoli obbligatori nell’attesa che l’ordine arrivasse, l’atmosfera si fece più pesante.
<< Quindi… Come vanno le cose a casa? >> Pessima domanda, amico! Si pentì subito Zorome, ma sapeva che prima o poi avrebbero dovuto affrontare l’argomento, e non gli veniva nessun altro modo per iniziare la conversazione.
Goro sembrò notare subito come il suo amico avrebbe preferito non fargli quella domanda, ma sorrise in ogni caso come se non fosse qualcosa di estremamente doloroso. << Abbastanza bene. >> Disse sapendo che non fosse affatto così; il riflesso degli occhiali non era abbastanza forte da nascondere l'ombra nei suoi occhi. << Non ho ancora riaperto lo studio, ho cercato di trovare una routine a casa per potermi occupare di Ichiro senza fargli mancare niente… Sono riuscito a farlo tornare a scuola, almeno uno di noi sta riprendendo in mano la propria vita. >>
Faceva male sentir parlare Goro in quel modo. Non potevano girare attorno all’argomento troppo a lungo, e forse lasciare che ne parlasse lo avrebbe aiutato, quindi Zorome si fece forza e disse:<< Non devi per forza fingere che vada tutto bene. Due settimane sono poche per superare un lutto, e se avessi bisogno di qualsiasi cosa… >>
<< Zorome. >> Lo sguardo di Goro era sereno, il suo amico non sembrava per niente arrabbiato nonostante avrebbe giurato che quell’argomento fosse troppo doloroso ancora perché potesse aprirsi con lui. << Ti ringrazio per il tuo sostegno. >>
L’interruzione nella voce di Goro lasciò Zorome spiazzato. Pensava che avrebbe cercato di resistere, di mostrarsi forte, invece rimase a sorridere conscio di poter contare su di lui. Adesso Zorome capiva cosa fosse quell'ombra nei suoi occhi; la tristezza era solo una parte del suo stato d'animo, ma a questo punto era subentrata la rassegnazione, come se avesse già accettato di non poter fare niente per tutto quello. Se da una parte quella doveva essere decisamente una notizia incoraggiante, la serenità di Goro gli sembrò sospetta.
Ancora interdetto da quella reazione, Zorome gli sorrise con onestà. Si guardò un po’ intorno e notò un cameriere arrivare con le loro bibite, quindi non disse niente finché questo non se ne fu andato e allora riprese:<< Dunque come mai mi hai chiamato con tanta emergenza? Temevo che fosse successo qualcosa di serio e… >>
Goro alzò lo sguardo dopo aver dato un lungo sorso alla propria bevanda, come se non bevesse niente da mesi, e sembrò quasi sorpreso di quella domanda. Poi però, una volta posato il bicchiere, si sporse leggermente in avanti sulla sua sedia e disse all’amico:<< Giusto, volevo chiederti un favore. >>
<< Tutto quello che vuoi! >> Gli rispose prontamente. << Lo sai che puoi contare su di me per qualsiasi cosa. >>
Goro sorrise mestamente a quell’affermazione ed esitò ad andare avanti con la sua richiesta, ma alla fine alzò nuovamente lo sguardo e liberò tutto in una volta sola:<< Potresti occuparti di Ichiro per un po’ di tempo? >>
Dopo essere tornato accomodante per accogliere ogni richiesta del suo amico, Zorome si fece nuovamente perplesso; Goro aveva appena detto di star riprendendo il ritmo con la vita assieme al figlio, e ora voleva che lui si occupasse di Ichiro per…?
<< Ah… Certo, non credo che ci siano problemi… >> Rispose con un attimo di ritardo, afferrando il bicchiere di limonata di fronte a sé e agitandolo un po’ per aria. << Ma perché, così tutto a un tratto? >>
Goro rimase in silenzio per un po’ e fissò il vuoto, come se qualcosa alle spalle di Zorome gli stesse suggerendo la risposta.
Alla fine, dopo essere tornato a guardare in faccia il suo amico, raccolse tutte le energie che aveva in corpo e disse:<< Ho qualcosa da fare fuori città e non posso portarlo con me. >>
Sembrava che avesse finito, poi però aggiunse:<< Sarebbe davvero bello se potessi occuparti tu di lui. >>
Zorome posò il bicchiere dopo aver preso un sorso e rispose pensieroso. << Bé, certo… Lo so, in fondo non è la prima volta. >> Non avendo figli, Miku e Zorome si erano ritrovati spesso a fare da balia ai bambini dei loro amici e negli anni avevano accumulato una certa esperienza grazie al loro lavoro alla scuola, ma dopo quello che era successo non si sarebbe aspettato che Goro decidesse di allontanarsi dalla città tanto presto; e invece era lì, con lo sguardo di pietra, che sembrava tenere tutto quanto insieme senza troppi problemi.
<< Ma così all’improvviso… >> Mormorò alla fine, cercando di capire se Goro fosse sicuro della sua decisione.
<< Lo so, è improvviso. >> Ripeté Goro. << Ma è una cosa che devo fare assolutamente! >>
Zorome notò come Goro strinse i pugni alla fine di quella frase e anche il suo modo di respirare si alterò leggermente. Adesso non poteva fare a meno di preoccuparsi per il suo amico, cominciava a pensare che quel comportamento non gli si addicesse affatto; lui aveva visto Goro accecato dalla rabbia e anche terrorizzato da qualcosa che non poteva controllare, ma le volte che aveva ceduto il controllo alla propria emotività si potevano seriamente contare sulla punta delle dita di una mano, adesso invece sembrava estremamente irrazionale, cambiava in continuazione ciò che sembrasse voler dire e non era per niente lucido. Aveva paura che finisse per cacciarsi in qualche guaio, e se quello era il caso non poteva preoccuparsi di essere indiscreto.
<< Ma cos’è che devi fare? >>
Goro si guardò intorno e fissò lo sguardo lontano da lì, triste, come se da qualche parte qualcuno lo stesse chiamando. << Zorome, mi manca Ichigo. >> Disse con la voce più piatta possibile quando tornò a guardare di fronte a sé.
L'altro si fece cupo. Finalmente si scoprivano le carte; era come se, spinto in un angolo, Goro avesse dovuto rinunciare al proprio orgoglio e si fosse finalmente liberato di quel peso. Forse serviva dirlo chiaramente, per riuscire a superare quel dolore. Lo lasciò continuare, e piano piano Goro sembrò sprofondare sempre più nello sconforto.
<< Ichigo mi manca da morire e non sono sicuro di potermi occupare da solo di Ichiro… Non sono sicuro di poter riempire da solo il vuoto che ha lasciato lei. >>
Abbassò la testa con aria di sconfitta e deglutì come se fosse sul punto di vomitare e solo facendo appello a chissà quali forze riuscì a resistere. << Non riesco nemmeno a pronunciare il suo nome senza che mi ricordi di lei! Adesso capisco come deve essersi sentita lei, con Hiro… >> La voce gli si spezzo, incapace di andare avanti mentre le lacrime annegavano le sue palpebre. Zorome avrebbe voluto andare dall'altra parte del tavolino e dirgli che non doveva essere così duro con sé stesso, ma vide nella figura di Goro piegato su sé stesso qualcosa di estremamente difficile da avvicinare, e prima che avesse il tempo di decidersi questo alzò nuovamente la testa, apparentemente ricomposto, e poté solo rispondere al suo sguardo vuoto con uno di cordoglio, sperando che così non sembrasse fasullo.
<< Ichigo… E’ stata colpa mia se lei è morta! >> Disse Goro facendo appello a tutte le proprie forze per pronunciare quelle parole.
Zorome avvertì un brivido attraversargli la colonna vertebrale. Non era mai stato un tipo particolarmente emotivo, ma ripensare allo shock della scomparsa della loro amica gli fece tremare le labbra e tese i muscoli della gola per trattenere un singhiozzo di rimpianto; forse fu perché gli occhi rossi di Goro gli ricordarono il volto solcato dalle lacrime di Miku, quando apprese la notizia. Cercò di farlo calmare e spostò l’attenzione su un altro argomento per non cedere a sua volta, ma questo si allontanò rifiutando il contatto con lui.
<< E’ stata colpa mia… >> Ripeté incrociando le braccia e guardando lontano. << Tutte quelle idee sull’avere un secondo figlio, sul dare un fratellino a Ichiro… Erano tutti miei desideri, e lei li ha accettati pur sapendo che sarebbe stato rischioso per la sua salute, perché sapeva che avrei continuato a fare pressione finché alla fine non avrebbe ceduto.
<< Sono stato un maledetto egoista! Non ho pensato neanche per un momento ai rischi, a tutti i problemi avuti con la prima gravidanza a causa della sua costituzione o al fatto che non ci fosse più nemmeno Ikuno a… >> Si interruppe, quasi come se avesse ricordato qualcosa di molto doloroso. Ikuno aveva fatto nascere Ichiro e poi era morta poco tempo dopo… Lei e Ichigo erano molto legate, forse era stata proprio la speciale chimica che le univa a permettere che sua moglie sopravvivesse al primo parto; e adesso lui aveva pensato che qualcun altro potesse sostituirla tanto facilmente…
Alla fine Goro si passò una mano tra i capelli e abbassò la testa avvilito. << Sono state tutte mie idee scellerate, e lei ha accettato tutto; ha accettato di soffrire e non ha mai detto niente. E quando è diventata troppo debole io ero ancora accecato dal “miracolo” che stava creando, non mi sono accorto di niente… >> Digrignò i denti come se il suo corpo stesse venendo dilaniato da fitte di dolore insopportabili e strinse i pugni con forza estrema, conficcando le unghie nei palmi che divennero rossi. << L’ho uccisa io, con il mio egoismo! E ora non so più cosa fare… >>
Era uno spettacolo deplorevole per Zorome, che non pensava che il suo amico meritasse di flagellarsi così tanto. Forse non sarebbe stato il più saggio – anzi era sicuro che Mitsuru avrebbe potuto dargli delle parole di gran lunga più utili e incoraggianti, avendo vissuto la sua stessa situazione – ma in quel momento era importante che ricordasse a Goro quello che Ichigo provava per lui.
<< Goro! >> Esclamò Zorome afferrandogli le spalle e strattonandolo brevemente. << Stai dimenticando una cosa di vitale importanza: Ichigo avrà anche sofferto per quella che era stata una tua idea, e ti avrà anche nascosto la verità per non apparire debole… Ma lei ti amava! Ti amava con tutto il cuore e con quell’amore avrebbe affrontato di tutto, come ha fatto in passato tante e tante volte! Non ha accettato di avere un altro figlio perché potessi essere felice solo tu; lei lo ha fatto per poter essere felice insieme a te! Credimi, se fosse ancora qui, Ichigo non smetterebbe di provare e riprovare a farcela, perché è fatta così! Lei è testarda, è forte, e ti ama. Quindi il simbolo del vostro amore non potrebbe che renderla ancora più felice, anche sapendo che finirebbe con il prosciugarla dall’interno.
<< Lei ha attraversato quel periodo con il sorriso perché sapeva che anche tu lo avresti fatto. Era felice e impaziente, proprio come te, perché voi due siete uguali e ciò che rende felice te rende felice anche lei. Quindi non ti dare la colpa così! Non dire che l’hai uccisa, perché Ichigo sapeva bene quello che faceva. Ha scelto di sua spontanea volontà tutto quello; è solo a causa della sfortuna se alla fine non ce l’ha fatta. >>
Goro sostenne lo sguardo del suo amico brevemente, incapace di sopportare tutto quel peso su di sé. << Ma sapere questo non la riporterà indietro. >> Sussurrò con voce rotta dal pianto.
Zorome annuì tristemente. << E’ così, ma almeno ti farà ricordare il tuo ruolo: Ichiro è ancora qui con te, ha bisogno di supporto! Ora più che mai ha bisogno di un padre che lo faccia sentire al sicuro, perché ha ancora tante cose da scoprire e solo con la tua guida riuscirà a prendere la strada giusta; ma se lasci che il dolore ti spezzi, finirà per distruggere anche ciò che rimane della tua famiglia. >>
<< Come faccio ad essere forte con lui, quando ogni volta che lo guardo negli occhi mi ricorda lei…? >> Mormorò Goro, stanco di tutto quello.
<< Se il ricordo di Ichigo ti fa così male, allora a che è servito tutto questo? >> Domandò schietto Zorome, lasciando andare la presa dalle spalle del suo amico. Questa volta non avrebbe tentato di incoraggiarlo, Goro avrebbe dovuto capire il suo compito anche al costo di esserne ferito un po’. << Non hai detto la stessa cosa a Mitsuru? Che Hiro si era sacrificato per noi? Allora pensala allo stesso modo, pensa che Ichigo non voglia vederti così addolorato! Non pensi che sarebbe disgustata dal modo in cui stai reagendo? >>
Per Zorome fu difficile pronunciare parole tanto spietate, ma stava cercando di farlo reagire; gli fece male vedere lo sguardo del suo amico cambiare, quasi come se volesse aggredirlo, dopo che ebbe pronunciato il nome della sua amata scomparsa. Eppure fu proprio in quel momento che Goro sembrò riprendersi finalmente e capire il motivo di quelle parole.
<< Ichigo non si è sacrificata per nessuno! >> Esclamò alzandosi dalla sedia e allungando una mano come per afferrare Zorome dal colletto, ma fermandosi giusto un attimo prima. << E’ stato solo un maledetto incidente! >>
<< E allora è giusto abbandonare tutto il resto e lasciare che il suo ricordo diventi un’ossessione? >> Rispose l’altro alzando la sua voce rauca, che non era minimamente in grado di sovrastarlo, ma che sembrava comunque essere in vantaggio. << Pensaci un attimo Goro, perché se Ichigo fosse qui in questo momento ti prenderebbe a schiaffi così forte da spedirti su Marte! >>
Con gli occhi pieni di lacrime, Goro fissò il volto del suo amico e non riuscì a trovare una risposta a quella provocazione. Gli ricordò quando lui affrontò Hiro, finendo per prenderlo a pugni perché non riusciva più a fidarsi dei suoi amici, e finalmente riuscì a capire cosa avesse provato il suo amico anni addietro; aveva imbottigliato tutto dentro di sé e si era rifiutato di ascoltare i consigli, dilaniato dal dolore e spaventato dal futuro incerto, ma nonostante questo continuava a voler fare la cosa giusta.
<< E allora dovrei solamente accettare tutto questo? >> Domandò sconfortato, rendendosi conto anche che quelle fossero le stesse parole usate da Mitsuru.
Zorome abbassò nuovamente la voce e tornò a sedersi composto. << Per il bene tuo e di tuo figlio, sì. Devi andare avanti, Goro! >>
Goro non disse più niente. Zorome aveva ragione. Forse lo aveva già capito, ma non era riuscito a realizzarlo appieno fino a quel momento; era per questo che doveva completare quella cosa per considerare quel capitolo chiuso.
<< Se non ti dispiace, lascerò Ichiro da te per qualche giorno. >> Disse alla fine con lo sguardo fisso sui propri pantaloni. << Ho bisogno di fare una cosa prima di andare avanti… >>
Zorome annuì. << Certo. >> Gli sussurrò comprensivo. << Guarire richiede tempo, ma l’importante è che tu capisca quale sia il primo passo da fare. >>
Goro annuì, ma non se la sentì di aggiungere altro. Le parole del suo amico lo avevano scosso; forse era un bene, ma non sapeva ancora come reagire a tutto quello. Da quando Ichigo era morta nel tentativo di dare alla luce il loro secondo figlio, aveva sentito un vuoto dentro al cuore, un dolore costante che gli bloccava il respiro, e aveva incessantemente cercato un modo per superare quella terribile sensazione…
 
*
 
Mistilteinn era abbandonata da tempo ormai. Dopo la vittoria con i VIRM, i ragazzi vi si erano appoggiati per un po’ finché non erano stati ultimati i lavori di costruzione dei primi villaggi, divenuti poi le città in cui vivevano ora; una volta trasferitisi ad Anemone e i centri vicini, il silenzio era calato sulla vecchia tenuta che aveva ospitato la squadra 13 e la natura si era riappropriata completamente di quel luogo.
La vegetazione aveva preso a crescere senza alcun freno e presto la villa era stata ricoperta dai rampicanti, nascosta in mezzo agli alberi che erano cresciuti a dismisura attorno ad essa, mentre le piante della serra di Kokoro erano letteralmente fuggite da quella gabbia di vetro che le conteneva, diffondendosi ovunque nel territorio circostante; era uno spettacolo magico a cui assistere, ma anche le piante più belle senza un minimo di cura rischiavano di assomigliare a esseri mostruosi che avrebbero inghiottito la terra e ogni essere vivente che vi si fosse avvicinato. A Goro però, l’aria selvaggia di quella flora lo rilassava; gli ricordava le foreste pluviali in cui si era imbattuto nei suoi viaggi.
Si riusciva a leggere a malapena la scritta sopra all’arcata principale: la vegetazione aveva preso il controllo dell’intera villa, tanto che si potevano vedere grandi radici e rami carichi di foglie passare attraverso le finestre e sfondare la cupola in cima all’edificio. Nonostante tutto ciò, la cara, vecchia Mistilteinn restava in piedi e attendeva chi, come lui, tornava lì alla ricerca di ricordi.
Goro dovette forzare un po’ l’entrata per accedere all’atrio di ingresso; le radici avevano invaso il portico che conduceva al portone e avevano reso il vecchio legno della casa molto più rigido di quanto avrebbe dovuto essere, ma a parte quel piccolo imprevisto riuscì a entrare in casa.
Quanti anni erano passati dall’ultima volta che aveva messo piede in quelle stanze? Non era nemmeno sicuro di ricordare la disposizione delle camere o cosa fosse rimasto nelle vecchie stanze della tenuta… Mistilteinn adesso sembrava uno spettrale ma bellissimo teatro, la luce entrava dal soffitto sfondato e ovunque si voltasse vedeva fiori, steli d’erba e radici aggrovigliate a proteggere il mobilio; alcune finestre erano state sfondate dalle piante, riversando le loro schegge sul pavimento vicino ad esse, mentre erano visibili qua e là cocci di ceramica provenienti da alcune delle credenze in giro per la casa dove erano custoditi soprammobili o servizi da tè che a suo tempo nessuno di loro aveva utilizzato. Come era possibile che avessero lasciato che quel luogo andasse così in malora? Perché lui e i suoi amici lo avevano abbandonato?
Le scale che conducevano ai piani di sopra erano malandate, sarebbe stato pericoloso attraversarle, così vi si incamminò con molta cautela e già dal primo passo capì che quella casa fosse in pessime condizioni. Gli faceva male al cuore vedere in quello stato quella che era stata la dimora della sua infanzia; per quanto amasse la natura, non poteva sopportare di vedere quel posto divorato dall’incuria e abbandonato a sé stesso.
Quando fu finalmente in cima alle scale, Goro iniziò a passare in rassegna le stanze che un tempo avevano ospitato lui e la squadra. A parte le piante che vi crescevano senza alcun limite, erano rimaste uguali a come le ricordava: la stanza che aveva condiviso con Hiro, per esempio, aveva ancora quel letto a castello in più che non avevano mai dovuto sfruttare, e sorprendentemente il balcone era ancora in ottimo stato. La vista da lì era spettacolare: il cortile sul retro di Mistilteinn si era trasformato in una specie di serra naturale, le piante che erano cresciute attorno all’edificio lo avevano sovrastato fino a ricoprirne le mura esterne, gettando una ragnatela di rami che aveva ricoperto la radura in fondo, dove adesso la luce filtrava come attraverso un banco di nuvole.
Al piano di sopra era rimasto poco spazio, dopo che l’albero cresciuto all’interno dell’atrio aveva sfondato la cupola, divelto le assi del pavimento e bloccato l’accesso alle altre stanze; tuttavia, la camera che era stata occupata da Zero Two nel suo soggiorno a Mistilteinn, quella che si affacciava direttamente sul lato frontale dell'abitazione, era rimasta quasi completamente intatta.
Non era mai stato lì prima d'ora. Non aveva mai visto i graffi lasciati sulle pareti dalla loro compagna di squadra, ossessionata da quel sogno di “diventare umana”, e ad attirare la sua attenzione in mezzo alle assi di legno rigonfie e i resti dei mobili impolverati fu un luccichio vicino a un angolo: uno specchio rotto, aggiustato alla bell’e meglio con del nastro adesivo, alcuni frammenti sparsi attorno alla cornice sottile; nonostante la polvere, la luce che lo colpiva veniva riflessa in modo decisamente abbagliante.
Lo raggiunse e lo raccolse facendo attenzione a non tagliarsi. Mancavano alcuni frammenti dalla cornice, ma nonostante le crepe riusciva ancora a riflettere la sua immagine; un’immagine spezzata e che forse non si sarebbe più potuta riparare, ma nonostante tutto continuava ad essere viva all’interno di quelle schegge.
Era lo specchio di Zero Two. Era stato Hiro a regalarglielo, ma Goro l’aveva vista usarlo raramente; non lo dava a vedere, ma la ragazza era sempre stata molto gelosa del suo darling e dei suoi regali. Quello specchio doveva significare molto, se dopo averlo rotto aveva preferito ripararlo come poteva piuttosto che cercarne un altro.
Gli sembrò di sentire ancora i battibecchi tra Ichigo e la ragazza con i corni rossi; gli sfuggì un sorriso e se ne pentì quasi subito, ma alla fine le sue labbra non poterono fare a meno di piegarsi in quello che avrebbe potuto essere definito come un rilassamento dei muscoli del volto. Era veramente passata una vita e il mondo era cambiato totalmente, rivoltato da sopra a sotto.
Non avevamo proprio idea di quello che ci aspettava, eh? Disse tra sé e sé, forse rivolto alla sua amata Ichigo che a quei tempi riusciva a vedere solo il suo migliore amico.
Ancora incerto di cosa stesse cercando, Goro lasciò la camera in soffitta portando con sé lo specchio rotto e si diresse nuovamente al piano di sotto; questa volta superò le radici che bloccavano la strada e raggiunse le stanze abbandonate – bé, tecnicamente ormai l’intera abitazione era abbandonata – dove aveva dimorato la vecchia Squadra 13, i loro predecessori.
Quando posò la mano sul pomello pregò che il legno fosse ancora solido e che la vegetazione non avesse invaso anche quella stanza, ma quando la aprì fu addirittura sorpreso dallo stato immacolato in cui versava questa; sembrava che lì il tempo si fosse fermato, i fiori lasciati per l’ultima volta da Miku erano ovviamente appassiti e divenuti polvere, ma le dediche e le foto ricordo lasciate sullo scaffale erano intatte. I volti di quei ragazzi impressi sulla carta erano ormai congelati nel tempo, sarebbero sempre stati così nonostante il passare degli anni, nonostante l’invecchiare dei loro corpi, e nonostante un giorno se ne sarebbero andati tutti…
Goro prese la foto della propria squadra. Di quei dieci adolescenti erano rimasti la metà, il loro lascito tuttavia era stato decisamente più grande e di quello avrebbe dovuto andare fiero… Ma gli faceva male sapere che quei ragazzi nella foto – quelli che se n’erano andati – non avrebbe più potuto vederli sorridere.
Sentì le lacrime lottare per uscire, ma si trattenne dal piangere. Niente avrebbe potuto riportare indietro Ichigo, ma forse avrebbe potuto trovare un modo per mostrare a tutti quanto l’avesse amata, quanto fosse bella sia di dentro che di fuori, e quanto avesse reso felice la sua famiglia e le persone che le stavano intorno.
Sì, aveva ancora del lavoro da fare. Non poteva lasciarsi sopraffare dalle emozioni in questo modo.
Così ripose la cornice, vi poggiò accanto lo specchio di Zero Two e si mise al lavoro.

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Capitolo 37
*** Giocare con la vita ***


Tornare a Mistilteinn dopo due giorni di “vacanza” non fu difficile come si era prospettato. I ragazzi avevano sentito la mancanza dei loro amici, e grazie alla vittoria ottenuta pochi giorni prima il loro entusiasmo era salito alle stelle. Sapevano di avere un compito importante e volevano tornare subito al lavoro per proteggere il mondo.
Sembrava che i loro coordinatori avessero previsto questo loro desiderio, perché in brevi tempi dopo che si furono ristabiliti alla tenuta, i ragazzi furono portati a vedere le modifiche che erano state apportate ai loro Stridiosauri sfruttando i dati registrati nella battaglia contro i VIRM.
Hachi disse che grazie a quello scontro avevano ottenuto molte informazioni su come potenziare i giganti e che nel periodo di pausa lasciato ai ragazzi avevano dato il via ai lavori, assieme a quelli per le riparazioni dei danni subiti in battaglia; quando entrarono nella sala di controllo per ricevere la spiegazione, i ragazzi notarono all’istante delle differenze visive nei loro Stridiosauri.
<< Tenete conto che le modifiche sono nate prendendo a esempio il vostro stile di combattimento e che c’è ancora molto margine per potenziare ulteriormente i mecha, e se doveste avere delle proposte al riguardo saremo felici di ascoltarle. Nel frattempo, questi sono i risultati… >> Concluse prima di avvicinarsi alla vetrata e lasciare che i ragazzi osservassero con i loro occhi.
Gli Stridiosauri avevano subito delle modifiche non drastiche, ma che ne avevano cambiato comunque in modo significativo l'aspetto: anche tra quelli di piccole dimensioni, che sembravano aver ricevuto meno modifiche, si potevano notare certe differenze vistose.
Il primo che catturò l’attenzione dei ragazzi fu il Gaia: il suo corpo non sembrava più quell’ammasso di tentacoli gelatinosi che avevano visto la prima volta, ma presentava uno strato solido a reggere le sacche di gas, al momento sgonfie, mentre i tentacoli sembravano essere stati avvolti da una spirale dello stesso materiale.
<< Quello che riveste il Gaia è un esoscheletro in carbonio sviluppato per proteggere al meglio lo Stridiosauro e i suoi piloti senza dover sacrificare la sua già ridotta manovrabilità e i movimenti dei suoi tentacoli; inoltre, l’esoscheletro regola il trasporto del gas alle sacche esplosive, permettendo di non rimanere mai a corto di munizioni. >> Fu la spiegazione di Hachi quando notò la confusione di Suzuko e Tetsuya, che si sporgevano verso il vetro nel tentativo di vedere meglio il loro Stridiosauro.
A quelle notizie i due piloti sembrarono contenti e si mandarono degli sguardi speranzosi, però Suzuko si accigliò rapidamente:<< L’esoscheletro sembra costringere le sacche di gas. La nostra potenza di fuoco non ne risentirà? >>
Comprensivo, Hachi annuì. << E’ così. Si tratta di una misura necessaria a garantire la tua sicurezza, Suzuko. >>
Confusa, la ragazza attese una ulteriore spiegazione, che ricevette da Nana un attimo dopo.
<< E’ perché da tutti i test che hai effettuato, più la battaglia sostenuta l’altro giorno abbiamo ricavato dati preoccupanti: in ogni occasione, almeno una volta nel corso della connessione hai raggiunto livelli di sopportazione critici. Ti sei spinta troppo oltre il tuo limite, subendo danni enormi, e non possiamo lasciare che continui a farti del male così, quindi con questo sistema speriamo di riuscire perlomeno a limitare l’energia che farai disperdere con le tue esplosioni! >>
Per alcuni secondi la squadra non ebbe alcuna reazione, Suzuko aveva lo sguardo di chi si sentiva accusato ingiustamente e nessuno avrebbe voluto disturbarla in quel momento; poi Aiko le si avvicinò timorosa, seguita da una Rin più che infervorata, ed entrambe iniziarono a chiederle che cosa stesse realmente facendo a bordo del Gaia.
<< Tutto il necessario… >> Borbottò lei a denti stretti, con le spalle al muro. Adesso sembrava vergognarsi di quella situazione e il fatto che i coordinatori non avessero sentito la sua risposta la sollevò un poco. Delusa da sé stessa, la ragazza si fece da parte e rimase ad ascoltare il resto delle spiegazioni sulle nuove funzionalità del Gaia.
<< Sappiamo che potreste vederla come un'ingiustizia, in fondo è evidente che tu abbia voluto dare fondo alle tue energie per compensare quella mancanza che continuava a farvi arrancare rispetto ai vostri compagni… >> Disse Hachi con tono diplomatico. << Tuttavia siete cresciuti molto negli ultimi tempi, e non c’è assolutamente bisogno di prendersi rischi così grossi per ottenere risultati migliori. Sarete ancora in grado di sfruttare la massima capacità di esplosivo del Gaia attraverso la modalità berserk, ma questo sarà un deterrente per impedirvi di rischiare la vostra salute a ogni connessione. >>
Quasi come se fosse stata insultata, Suzuko incassò quelle parole con dignità ma si ritrovò a stringere i pugni con forza, carica di risentimento. Gli adulti notarono il suo sguardo, ma pensarono che qualunque cosa avrebbero detto non sarebbe servita; non sapevano cos’altro fare per non far sembrare quella circostanza una punizione, finché Tetsuya non si avvicinò alla sua partner e le posò una mano sulla spalla con un sorriso benevolo dipinto sul volto.
<< Suzuko, tu non hai nient’altro da dimostrare. Hai già fatto vedere a tutti quanto sei forte e tenace! Adesso per la tua sicurezza dovremmo scegliere un approccio diverso. >> Disse tranquillo, facendo sparire per un momento il cipiglio della ragazza. <>
Suzuko non era una stupida: capiva perfettamente che stessero tutti cercando di farle mandare giù il boccone amaro, però l’idea di potersi migliorare nuovamente la caricò di energie e le fece passare l’arrabbiatura abbastanza in fretta. Sembrava che il suo partner stesse cominciando a pensare come lei e a capire i suoi desideri, e questo non poteva che renderla fiera!
<< Va bene, vi dimostreremo che siamo in grado di farcela anche con l’energia limitata! >> Esclamò alla fine, strappando un sorriso agli altri ragazzi. Anche Hachi e Nana sorrisero, ma sentivano che le loro motivazioni non fossero state completamente chiare alla ragazza.
<< Il prossimo nella lista è l’Aros… >> Iniziò Hachi passando oltre, avvicinandosi di nuovo al vetro per mostrare alla squadra le migliorie dello Stridiosauro dalla forma di dragone: sembrava aver ricevuto modifiche solo all’altezza della testa e delle spalle. << La speciale corazza protettiva apportata al suo volto vi proteggerà dagli impatti e dal calore; avevamo pensato che un modello che può sputare fiamme sarebbe già stato immune al fuoco, ma in realtà dopo diversi test abbiamo scoperto che la sua resistenza al calore è solo poco più alta della media, quindi abbiamo lavorato per migliorare questo aspetto così che possiate sfruttare in modo ancora più efficiente il vostro punto di forza senza risentirne. >>
Hoshi e Momo furono molto soddisfatti di quell’aggiornamento al loro Stridiosauro. In fondo sputare le fiamme richiedeva già abbastanza energie senza doversi preoccupare di bruciare con i loro nemici; adesso Momo sarebbe riuscita ad attaccare più liberamente.
Nana si sporse in avanti. << Abbiamo anche apportato dei miglioramenti alle ali dello Stridiosauro: il vantaggio aereo è una grossa parte del vostro stile di guida e se le vostre ali venissero danneggiate, perdereste tutta la vostra mobilità, quindi le abbiamo rinforzate in modo che da resistere anche ai colpi più violenti. >>
<< Ovviamente, questo risultato è stato ottenuto a scapito di una piccola diminuzione della velocità di volo. >> Aggiunse Hachi. << Delle ali più pesanti saranno più difficili da manovrare, ma i benefici superano di gran lunga i costi. >>
Nonostante quel dettaglio, Hoshi e Momo sembrarono comunque molto contenti di quei miglioramenti; ora che avevano iniziato a scoprire il proprio potenziale come coppia, entrambi non vedevano l’ora di dare il massimo alla guida e quei potenziamenti gli avrebbero permesso di esprimere ancora di più quel loro sentimento.
Suzuko rimase a scrutare con disappunto i suoi compagni di squadra, quasi con invidia al pensiero che mentre a loro era stato dato un aggiornamento che gli permettesse di sprigionare più potenza senza troppi rischi, con lei la scelta era stata quella di limitarle la potenza; trovava che fosse un trattamento per niente equo, ma non volle mettere bocca nell’argomento avendo già detto la sua, tuttavia il timore che il distacco con il resto della squadra si ingigantisse dopo quelle modifiche iniziò a martellarle nella testa.
<< Per l’ultimo classe Gutenberg della squadra, le modifiche sono state più specifiche. >> Continuò Nana riprendendo il giro, in attesa che i ragazzi tornassero a seguirla. << Prima l'Anthurium poteva solo condurre elettricità attraverso la coda, ma con le ultime modifiche qualsiasi punto della corazza dello Stridiosauro potrà trasmettere la corrente! In questo modo però, la dispersione di energia sarebbe troppo elevata, e così abbiamo diviso il corpo dell’Anthurium in vari scomparti che potranno isolare autonomamente la corrente elettrica. >>
<< In questo modo, per esempio, se verrete attaccati frontalmente potrete far passare l’elettricità nella testa dello Stridiosauro senza sprecare troppa corrente. >> La sostenne Hachi, serio come sempre.
<< E visto che il vostro è uno degli Stridiosauri più grandi, non è da escludere che vi ritroviate a “dare un passaggio” ai vostri compagni di squadra come successo con l’Aros durante la battaglia. In questo modo sarete in grado di utilizzare il vostro potere speciale senza danneggiare anche gli altri Stridiosauri. >>
Hachi e Nana si guardarono con complicità, particolarmente fieri di quel potenziamento. Effettivamente Naho e Yoshiki non avevano avuto modo di sfruttare al meglio quella caratteristica del proprio Stridiosauro con il rischio di fare del male anche agli altri piloti, ma non avevano mai pensato di aggirare il problema in quel modo; così le battaglie diventavano molto diverse per loro.
<< C’è anche un altro miglioramento, atto a diminuire la dispersione di corrente elettrica incanalata nel corpo dell’Anthurium. >> Continuò la donna dopo che i due piloti si furono mandati dei cenni soddisfatti, sorprendendoli ancora una volta. << Probabilmente avrete notato quel luccichio che riveste il serpente lungo tutta la sua coda. >>
Il tono di Nana nascondeva un certo orgoglio in quel dettaglio e seguendo il suo dito i ragazzi riuscirono a scorgere, dopo una attenta osservazione, strani riflessi che circondavano le scaglie del serpente meccanico. Si trattava di un sottile filo di metallo che, partendo dalla testa si diramava come una gabbia attorno alle sezioni della schiena dell’Anthurium, fino a ricongiungersi sulla punta della coda.
<< Per abbassare la resistenza dei circuiti in cui scorre la corrente, li abbiamo sostituiti con dell’argento, rendendo così le sue funzioni molto più efficienti. >> Spiegò la coordinatrice mentre i ragazzi studiavano attentamente il loro Stridiosauro. Sembrava una modifica insignificante, eppure unita a quella sull’ottimizzazione della corrente dava la possibilità di preservare una grandissima quantità di energia in battaglia e spingere il limite ancora più in là.
<< Adesso è anche molto più figo! >> Scherzò Yoshiki portandosi una mano al fianco. La squadra reagì con delle grosse risate, colti alla sprovvista dall'umorismo del ragazzo.
Naho gli sorrise. << Sì, adesso vinceremo tutte le sfilate di bellezza per Stridiosauri! >> Continuò dandogli un colpetto sul braccio, facendolo ridere a sua volta.
<< Anche io voglio uno Stridiosauro più carino! >> Si intromise Kya, sempre pronta a mettere il naso in qualsiasi argomento; questa volta però il suo intervento mirava a chiedere che tipo di modifiche fossero state apportate allo Iustitia e, divenuta seria, perché non se ne notasse alcuna.
<< Come avevamo detto, i nostri potenziamenti sono derivati dallo stile mostrato e le scelte fatte durante il combattimento; nel vostro caso sono state installate funzionalità meno evidenti, ma siamo sicuri che influenzeranno molto il vostro comportamento sul campo. >> Illustrò Hachi alzando una mano con sguardo compiaciuto. In effetti, rispetto agli altri, lo Iustitia non presentava alcun cambiamento visibile.
<< Di cosa si tratta? >> Domandò Ryo, curioso quanto Kya di quelle nuove funzionalità.
Nana estrasse un piccolo proiettore di ologrammi e lo attivò, mostrando un modellino tridimensionale dello Stridiosauro; accanto ad esso comparve un modello della sua lancia, assieme ad alcune descrizioni che i ragazzi non riuscirono a leggere.
<< Abbiamo notato come, nel combattimento in mischia, lo Iustitia avesse bisogno di appoggiarsi a un’altra unità per riuscire a dare il meglio. >> Disse Hachi, facendo un lieve cenno all’ologramma attivato da Nana. << Una volta messo di fronte a un gran numero di nemici, non riusciva a concentrarsi su tutti in modo equo, così abbiamo pensato di rendere le vostre armi un po’ più versatili… >>
Nana premette un pulsante e l’ologramma cambiò, mostrando un modello più grande della lancia e una seconda immagine in cui questa si apriva come un artiglio. << Con questo dispositivo a dispersione, la lancia si dividerà in un gran numero di uncini che si distenderanno in tutte le direzioni, fornendovi un raggio di attacco più ampio e la possibilità di colpire più nemici in una volta. >>
<< Ovviamente, si tratta di un tipo di arma che richiede molta pratica; agitare un simile attrezzo senza l’adeguata cautela significherebbe rischiare di danneggiare voi stessi o i vostri compagni. >> Puntualizzò l’uomo con il solito tono ammonitore. Questo non servì ad abbassare il morale dei due piloti, ringalluzziti dall’idea di avere un nuovo giocattolo da testare.
Nana e Hachi rimasero a guardare i due ragazzini che cominciavano a fantasticare su come avrebbero potuto utilizzare quel nuovo dispositivo in battaglia e si lasciarono sfuggire dei sorrisi malinconici; sembravano aver dimenticato di avere di fronte una serie di prove che avrebbero segnato il futuro dell’umanità. Alla fine la donna si costrinse ad uscire da quella malinconia e riprese a parlare degli Stridiosauri.
<< Come avete potuto vedere, non tutte le nostre modifiche si concentrano sul reparto offensivo, e il caso dell’Animus è forse quello che lo dimostra al meglio. >> Iniziò spostando l’attenzione di nuovo sulla finestra. << In questo caso, i cambiamenti apportati servono a permettere una maggiore performance del motore dello Stridiosauro, per resistere a regimi molto più elevati e per più tempo; inoltre, abbiamo migliorato la sua aerodinamica per permettere una velocità maggiore, essendo questo il suo più grande punto di forza. >>
Rin mandò un’occhiata sorpresa al fratello, che rispose in ritardo voltandosi verso di lei come per chiederle cosa volesse dirgli. La ragazza poi tornò a guardare davanti a sé e ghignò con fare spavaldo:<< Speriamo che Aki riesca a farlo andare veloce per davvero, altrimenti queste modifiche non saranno servite a molto! >>
<< Ehi! >> Sbuffò quello allargando le braccia con rassegnazione. << Non sono io quello a cui viene il fiatone appena alziamo un po' il ritmo! >>
I due fratelli iniziarono a prendersi in giro per un po’ finché non furono richiamati all’ordine da Hachi, che si ritrovò a dover alzare la voce come se avesse a che fare con dei bambini.
<< Come dicevamo, abbiamo potenziato il motore e migliorato l’aerodinamica in modo da permettervi di raggiungere velocità più elevate, ma se avete difficoltà a tenere questi ritmi saremo pronti a sentire i vostri punti di vista per provare a capire cosa c’è che non va nello Stridiosauro. >> Disse l’uomo con fare autoritario, rimettendo subito in riga i ragazzi. Aki e Rin lo ascoltarono senza replicare e alla fine sembrarono in imbarazzo.
<< Ah… No, non c’è nessun problema con lo Stridiosauro. >> Ammise il ragazzo.
Rin riprese da dove aveva lasciato lui:<< Sì… Stavamo solo scherzando. >>
Hachi annuì. Entrambi i ragazzi sembravano davvero costernati, forse era stato troppo duro per una sciocchezza; tuttavia, quella era una questione che avrebbero affrontato tra un attimo.
<< E noi? >> Domandò timidamente Aiko, facendosi avanti per cercare di notare le differenze del proprio Stridiosauro. Anche Kaoru la raggiunse, mostrandosi un po’ spaesato.
<< Già, lo Xenomorphus non sembra molto diverso dal solito. A parte la coda, che sembra essere stata rinforzata… >>
<< Ed è esattamente quello che abbiamo fatto. >> Disse Nana anticipandolo. Fu Hachi a illustrare tutte le nuove caratteristiche dello Stridiosauro, una volta che si fu ricomposto.
<< La coda dello Xenomorphus è un grande vantaggio, possiamo considerarlo come un arto in più, e abbiamo notato come nonostante la sua versatilità rimanga molto scoperta e inutilizzata durante la battaglia. Con questa modifica, speriamo di poterla rendere più utile in uno scontro con più nemici. >>
Kaoru e Aiko osservarono il loro Stridiosauro, a riposo nel proprio box dopo la dura battaglia che aveva dovuto affrontare: i danni subiti nella loro furia offensiva erano stati riparati e adesso il mecha era tornato a splendere come la prima volta che lo avevano visto, ma la sua coda aveva assunto una forma molto diversa. Il suo profilo era diventato meno armonioso, sulla punta era presente un peso che gli conferiva un aspetto molto più goffo, contornato da punte acuminate che con la giusta forza avrebbero assestato dei danni devastanti ai loro nemici.
Per qualche motivo, pur sapendo che fossero tutte modifiche necessarie per migliorare le loro prestazioni, Aiko provò dispiacere a vedere il suo Stridiosauro cambiare leggermente forma.
<< Cosa ne pensate? >> Domandò Nana, che aveva notato come entrambi non avessero detto niente. Kaoru si staccò dal vetro e si voltò verso di lei.
<< E’ tutto qui? >> Domandò, sorprendendola.
<< Prego? >>
<< E’ tutto qui o ci sono altri aggiornamenti? Avete avuto dei dati interessanti dall’utilizzo della modalità berserk? >> Continuò il ragazzo facendosi serio di colpo. << Sostenere quella forma anche solo per trenta secondi è stata un'agonia per Aiko, lo sapete? Apprezziamo che abbiate voluto rendere più forte il nostro Stridiosauro, ma credete che ci sia qualche modo per rendere più sopportabile il peso della connessione in situazioni critiche quanto in quelle più a riposo? >>
Anche se commossa per quell’interessamento al suo benessere, Aiko si sentì a disagio al pensiero che Kaoru stesse facendo quella ramanzina ai loro coordinatori per lei e pensò di sviare la discussione, ma Hachi e Nana furono più veloci di lei e incassarono il colpo con classe.
<< E’ vero che sarebbe stato preferibile apportare delle modifiche per la connessione invece che dei semplici potenziamenti offensivi… >> Esordì Hachi con lo sguardo corrucciato. << Ma come vi abbiamo già spiegato, il livello di sopportazione della connessione è dato dalla compatibilità raggiunta dai piloti; siete ancora agli inizi del vostro viaggio, ma non mi sorprenderebbe vedere una rapida crescita dei livelli compatibilità di tutta la squadra, dopo questa prima battaglia. A quel punto, anche la modalità berserk potrà essere più abbordabile. >>
<< Dovete mettere in conto che la modalità berserk eleva le vostre performance a livelli inverosimili; la reazione per le Pistil sarebbe di intenso dolore anche nel caso che la connessione arrivasse al cento percento. >> Aggiunse Nana costernata, pur rimanendo obiettiva.
Kaoru si sentì deluso. Aveva giurato di proteggere Aiko dopo quella battaglia, l’immagine di lei in lacrime e priva di forze gli aveva lasciato un grande senso di impotenza e quella notizia non avrebbe fatto che ingigantirlo ancora di più; avrebbe dovuto adeguare la propria guida per aiutare Aiko, non poteva permettersi di ferirla di nuovo…
<< Ehi… >> Lo chiamò una voce da destra. Subito Kaoru si ritrovò i grandi occhi luminosi della sua partner davanti e fu quasi spaventato dal vedersela così vicina di fronte a tutti gli altri. << Grazie per esserti preoccupato per me, ma adesso non possiamo farci niente. >>
<< Ma così tu… >>
<< Troveremo una soluzione insieme, sei d’accordo? >>
Come poteva non essere d’accordo? Quello sguardo così dolce, la sua voce rassicurante che gli impediva di pensare che qualcosa potesse andare storto… Aiko aveva acquistato una freddezza inaspettata dopo la loro prima battaglia con i VIRM, questo suo segno di maturità non poteva che far innamorare Kaoru ancora di più!
<< E con questo si conclude la lista di aggiornamenti apportati ai vostri mezzi. >> Disse Nana, spezzando il silenzio nato dopo che i due ragazzi si furono fermati a fissarsi negli occhi. Era evidente come alcuni di loro non fossero pienamente soddisfatti dei risultati e la donna ci tenne a fare presente che avrebbero accolto ogni tipo di critiche, in modo da poter trovare un modo per migliorare ancora di più gli Stridiosauri con i consigli dei piloti.
<< Adesso, prima di lasciarvi alle vostre faccende, vorremmo parlarvi di un’altra cosa. >> Spiegò Hachi, che sembrava starsi preparando ad affrontare un argomento molto serio. << Ma non qui: c’è qualcosa che dovreste vedere, e si trova nella tenuta di Mistilteinn. >>
Perplessi, i ragazzi acconsentirono a proseguire quel discorso altrove. Hachi e Nana si lanciarono degli sguardi difficili da interpretare, quindi li guidarono fuori dalla sala di controllo per prendere nuovamente l’ascensore che li avrebbe riportati nell’edificio scolastico; i Parasite pensavano che avrebbero ripreso subito con gli allenamenti, invece questo cambiamento di programma li aveva spiazzati e incuriositi allo stesso tempo.
La neve caduta nei giorni precedenti aveva resistito, ma il debole sole di fine autunno aveva ancora la forza per farla sciogliere con facilità: il bianco rimaneva vivido in mezzo ai prati e sui rami dei sempreverdi del parco, mentre il sentiero che divideva la scuola dalla casa dei ragazzi era diventato fangoso, solcato da piccoli rigagnoli che si disperdevano lungo la via. Naho si ritrovò a pensare a cosa si dovesse provare a stare a Mistilteinn durante una nevicata fitta come quella che aveva colpito la città, e per qualche ragione si ritrovò a immaginare Hachi e Nana da soli, ad osservare la neve cadere da una delle loro stanze a Mistilteinn.
Il viaggio fino alla tenuta fu breve. Hachi e Nana andavano veloci come se avessero fretta e più di una persona nella squadra poté notare come i loro nervi si facessero sempre più tesi a mano a mano che si avvicinavano alla loro destinazione.
Quando furono a casa, i due adulti tirarono dritto verso la rampa di scale che accoglieva i visitatori all’entrata e si avventurarono verso una parte della casa che i ragazzi frequentavano molto poco: lì c’erano delle stanze chiuse che all’apparenza erano semplici camere da letto uguali a quelle dove dormivano loro; tuttavia, al loro interno era custodito un segreto che Nana e Hachi volevano assolutamente mostrargli.
<< Sapete che questa è la stessa casa che ospitò la Squadra 13, vero? >> Iniziò Hachi cominciando a girare la chiave nella serratura. Si fermò un istante a guardare le risposte dei ragazzi, più o meno tutte affermative, sembrò giudicare la loro sincerità. Alla fine si girò continuando a muovere la chiave. << E sapete anche che io e Nana eravamo i coordinatori di quella squadra? >>
Ancora un po’ incerti, i ragazzi risposero di sì. Lo avevano studiato con loro a lezione, perché gli stavano facendo tutte quelle domande prive di senso?
<< Ragazzi… >> Questa volta fu Nana ad attirare l’attenzione su di sé. Hachi era pronto ad aprire la porta, ma attese la sua compagna. << Sicuramente sarete al corrente delle notizie dal resto del mondo, di come numerose squadre abbiano dovuto affrontare difficoltà molto più grosse di quelle incontrate da voi… Perdite terribili di civili e Parasite, tutti giovani come voi. >>
I ragazzi ricordavano bene il notiziario sentito la mattina seguente alla battaglia, ma avevano ottenuto ben poche informazioni sulla vera mole di danni subiti dall’umanità. I più si ritrovarono a deglutire con pesantezza cercando di scacciare quel brutto pensiero nato un attimo prima, e la sensazione opprimente di essere in pericolo tornò ad aleggiare su tutta la squadra.
<< Inizialmente non volevamo parlarvene, pensavamo che fosse ingiusto tirarvi in mezzo a una questione così pesante, sapendo quanto vi foste impegnati durante la battaglia… >> Continuò Nana unendo le mani davanti al petto. << Ma dopo una attenta rivalutazione, abbiamo capito che è inutile tenervi all’oscuro di simili dettagli e per la vostra sicurezza ci siamo già promessi di farvi presente tutti i rischi che correvate all’inizio di questa avventura, e non possiamo non aggiornarvi su quanto è venuto fuori ora… >>
<< C’è stata una strage e ora i nemici sono liberi di scorazzare per il pianeta? >> Commentò schietto Yoshiki, che cominciava a stufarsi di quei preamboli. Nana sembrò oltraggiata.
<< No! Come puoi pensare che sia una cosa del genere… Le altre squadre hanno tutte svolto un lavoro eccellente e… >>
<< E allora qualunque cosa sia, saremo in grado di reggerla. >> Tagliò corto con il suo solito sguardo gelido. Nana lo fissò incredula, chiedendosi come facesse a mantenere quella freddezza in ogni occasione, ma doveva ammettere che aveva ragione.
<< E va bene. >> Si schiarì la voce, pronta a parlare, ma Hachi la interruppe.
Con uno sguardo, l’uomo le fece capire che fosse meglio qualificato a dare cattive notizie e lei non si oppose; così Hachi prese il suo posto e si rivolse al gruppo.
<< Ci sono state numerose perdite nel resto del mondo. Trentasette, per essere precisi. >> Annunciò, provocando subito delle reazioni di sconcerto in mezzo alla squadra; sospiri, mormorii ed esclamazioni affrante spezzarono il silenzio del corridoio e accompagnarono la sua voce per un po’. << Dei piloti andati ad affrontare i VIRM, ne sono morti trentasette. La squadra Maghenta è stata spazzata via completamente; erano ragazzi come voi, si sono allenati duramente quanto voi, eppure i nemici hanno avuto la meglio.
<< Tra le perdite bisogna contare anche diversi civili rimasti coinvolti negli scontri; voi avete avuto la fortuna di affrontare i VIRM in campo aperto, ma molte squadre hanno dovuto occuparsi dell’evacuazione di centri abitati, per non parlare dei danni che questi hanno riscontrato nella battaglia. Se prendiamo i risultati generali, la prima battaglia con i VIRM è stata un successo, ma a parte voi l’unica squadra che non ha subito perdite tra i suoi membri e la città che difendevano, è stata quella situata a Desia. >>
Ryo conosceva quella città. Era un centro industriale altamente sviluppato a nord di lì dove erano fiorenti la tecnica e la meccanica e dove risiedevano alcune delle più importanti università del continente; Desia era anche famosa per l’alto tasso di povertà, ma era ovvio che non fosse questo che venisse in mente alle persone quando veniva menzionata, e adesso sembrava che potessero vantare anche una squadra di Parasite eccezionale. Maghenta invece era un centro più piccolo dedicato perlopiù alle industrie manifatturiere, molto più lontano; ma a parte questo il ragazzo la conosceva poco…
In quella situazione, conoscere il numero delle vittime e sapere dove erano state fatte esattamente fu per tutti i ragazzi ragione di grande timore, come se adesso non fossero più solo delle informazioni vaghe che avevano sentito per caso alla radio, ma erano diventate a tutti gli effetti delle vite umane stroncate in maniera tragica.
<< Noi non siamo qui per piangere la morte di quei ragazzi adesso; pensiamo che il modo migliore per onorarli sia quello di svolgere il nostro lavoro al meglio. >> Spiegò Hachi con sguardo duro, come se volesse rendere chiaro il concetto di non lasciarsi prendere dalle emozioni. << Tuttavia, alcune cose mostrate nella vostra battaglia ci hanno fatto pensare che sia importante ricordarvi quello che rischiate sul campo di battaglia. >>
Rin si voltò a guardare verso Kya, che sembrava totalmente estraniata dalla conversazione, e fu sorpresa di vedere che anche il suo partner Ryo e diversi compagni di squadra le stessero rivolgendo gli stessi sguardi inquieti. Alla fine la ragazza si accorse di essere osservata e si girò di scatto verso gli altri chiedendo cosa stesse succedendo. Come se l'avesse interpellata, Nana prese la parola.
<< Kya, siamo molto contenti di vedere il tuo entusiasmo nel pilotare lo Iustitia, tuttavia, siamo preoccupati per gli enormi rischi che ti prendi in battaglia. >>
La ragazza non sembrò minimamente allarmata e si limitò a fare spallucce.
<< Abbiamo notato quanto tu sia stata impulsiva in alcuni momenti dello scontro e anche se come caposquadra ti sei distinta in quanto a strategia e organizzazione del gruppo, nel singolo hai commesso diversi errori di disattenzione; l’idea di attaccare i nemici direttamente sulla loro nave è stata audace, ma estremamente rischiosa e una volta completato l’obiettivo avreste dovuto lasciare immediatamente la zona prima che la nave precipitasse! >>
Kya guardò la donna con disappunto. << Era Ryo che stava guidando! >> Borbottò cercando di scrollarsi di dosso quella responsabilità, ma il suo partner la fulminò.
<< No che non stavo pilotando! Hai preso il sopravvento sui comandi un’altra volta! >>
<< Che incapace. >> Sbuffò lei atona, e distolse lo sguardo.
Per quanto fosse divertente vederli litigare, Nana dovette richiamarli all’ordine:<< Si tratta di un pericolo per la vostra sicurezza, Kya! Ci aspettiamo che durante la battaglia rimaniate sempre concentrati per quanto vi sia possibile, non fateci prendere altri spaventi come quello… >>
I ragazzi si zittirono e rimasero a rivolgerle sguardi timidi e costernati. Adesso Kya non scherzava più, aveva capito di aver combinato una grossa scemenza e la verità era che nemmeno lei sapeva perché fosse successo: proprio a fine battaglia si era lasciata prendere dall’euforia e improvvisamente tutto quello che aveva voluto era godersi il momento della vittoria. Si vergognava al pensiero di aver commesso una tale svista, eppure non riusciva a considerarlo veramente qualcosa di sbagliato.
<< Ho capito. >> Disse alla fine. << Cercherò di trattenermi d’ora in avanti. Ma Ryo dovrà restare sveglio, se vuole controllarmi! >>
<< E’ una cosa seria, Kya. >> Le disse Nana senza accennare ad alcun sorriso. La battuta della ragazza avrebbe potuto alleggerire gli animi, ma non ora.
Eppure Kya non stava ridendo, mentre parlava. Alle parole della adulta abbassò lo sguardo con disappunto e sussurrò in maniera appena percettibile:<< Non è solo colpa mia… >>
<< Questo discorso ovviamente vale per tutti voi. >> Intervenne Hachi facendo girare lo sguardo da una parte all’altra. << Ogni azione sul campo di battaglia deve essere ben ponderata, e ricordate sempre di poter contare sui vostri compagni e sul sostegno dal centro di comando. Non possiamo permetterci errori dovuti a imprudenza o eccessivo ottimismo; non vogliamo perdere nessuno di voi, e non perché siete i nostri guerrieri e dovete salvarci la pelle… >>
Nana si intromise a metà discorso, con un sorriso speranzoso rivolto ai ragazzi. << E’ perché teniamo a voi. >>
Quelle parole suonarono un po’ strane. I giovani non avevano ancora sentito dei discorsi così personali da parte dei loro coordinatori, sembrava che nonostante i toni burberi di Hachi e i tentativi di Nana di restare formali, alla fine i due adulti si fossero ammorbiditi.
<< E… Che cosa volevate mostrarci nella stanza? >> Domandò timidamente Hoshi, che alzò la mano dal centro del gruppo per farsi notare meglio.
Nana e Hachi si guardarono come se si fossero ricordati solo ora di quella cosa. Con un cenno, la donna fece segno al proprio compagno di aprire la porta e questo attraversò la soglia con fare solenne: all’interno c’era una camera da letto come le altre, adornata con decine di fotografie messe insieme a formare dei collage contornati da fiori e candele profumate e altri oggetti personali difficilmente riconoscibili. All'apparenza sembravano foto di persone qualunque, ma era chiaro che, almeno alcuni dei protagonisti nelle foto, fossero una costante sempre e comunque, e fu una foto quasi in disparte, poggiata su uno scaffale, a rivelare ai ragazzi quella cosa.
<< Questo è un santuario della Squadra 13, per così dire. >> Spiegò Hachi con tono pacato mentre si faceva da parte per lasciare che i ragazzi entrassero. L’odore dei lillà che riempivano la stanza riempì subito le narici dei ragazzi, mascherando anche in parte la puzza di chiuso che quella stanza doveva aver sofferto per molto tempo ma tutti i ragazzi ci si abituarono rapidamente dopo aver fatto qualche passo al suo interno.
Aiko si soffermò a guardare delle foto di una famiglia numerosa attaccate a quella che sembrava essere una giostrina acchiappasogni; sembravano così felici, e allora perché quelle immagini le donavano quella sensazione di malinconia?
<< Perché ci avete portato qua? >> Domandò alzando lo sguardo verso gli adulti, rimasti in disparte mentre i suoi compagni iniziavano a curiosare tra quei cimeli.
<< Qui sono custoditi i ricordi dei ragazzi che combatterono al nostro fianco mille anni fa, ma anche quelli di coloro che vennero prima di loro. >> Hachi aveva un tono calmo, rilassato. Attraversò la camera lentamente e alzò la mano per afferrare una cornice posta vicino a quella dei ragazzi della squadra. << Qui sono immortalati i volti dei Parasite che non riuscirono a sconfiggere i loro nemici; la vecchia Squadra 13, che ha incontrato una tragica e prematura fine. >>
Incuriosita, Suzuko si sporse per vedere meglio la foto e Hachi gliela porse con gentilezza. Era un gruppo di ragazzi comuni, tutti sorridenti e dall’aria molto affiatata; ricordavano un po’ la loro squadra, per quanto si trattasse di persone completamente diverse e appartenenti a epoche lontane, e in fondo entrambe le squadre erano nate dal bisogno di fronteggiare un nemico potente per difendere il mondo che conoscevano. Ma questa era l’altra Squadra 13; quella che conosceva lei era dall’altro lato dello scaffale, in una cornice diversa.
Lì, oltre ai fiori che sembravano adornare ogni angolo della camera, non vi era solo una foto della squadra ma un’infinità di scatti più e meno eleganti, foto di famiglia e di amici, con i protagonisti in pose spontanee e altre più elaborate. Da un lato c’era la squadra che aveva fallito, dall’altro quello che avrebbero potuto diventare quei ragazzi; era alquanto deprimente vedere quanta felicità si fossero persi quei giovani piloti, tutto perché non erano riusciti a sopravvivere, perché i loro nemici li avevano sterminati… Così come sarebbe potuto succedere a loro.
In una foto comparivano anche Hachi e Nana. Erano circondati da quegli stessi ragazzi che facevano parte della Squadra 13, qui più adulti, e sorridevano felici indossando degli abiti da cerimonia piuttosto eleganti in cui nessuno dei Parasite si sarebbe mai aspettato di vederli; gli uomini nella foto facevano delle facce buffe ed esultavano attorno ad Hachi agitando campanelle dorate, mentre le donne circondavano Nana vestite da damigelle d’onore e portando fiori. Ci vollero due secondi perché Momo, la ragazza che aveva notato per prima la foto, riconoscesse i segni della cerimonia e si voltasse sconvolta verso i due adulti.
<< Hachi, Nana… Voi due siete sposati? >>
Le parole della ragazza furono accolte per prima cosa da un silenzio sbigottito prima che i due interpellati potessero rispondere con delle risatine colpevoli, quindi la voce di Hoshi spezzo quell’equilibrio, con un divertito:<< Lo sapevo! >>
<< Bé, è abbastanza ovvio che dopo mille anni passati assieme ci si voglia legare alla persona che è stata sempre al tuo fianco, no? >> Commentò Aki, confuso sul perché quella informazione fosse così scioccante per la ragazza. E in effetti non lo era; era solo… Interessante.
Nana si ravvivò i capelli setosi con una mano e cercò un punto nella stanza dove non dovesse sostenere gli sguardi dei ragazzi mentre si ricomponeva. << Sì, è successo parecchio tempo fa… Poco tempo dopo che Anemone fu ultimata, ci fu qualche anno di tira e molla tra me e lui… >>
Un colpo di tosse interruppe il racconto della donna. Hachi, che sapeva quanto Nana fosse capace di perdersi nel raccontare in casi come quello, pensò che fosse meglio non dilungarsi troppo. In quel momento fu divertente vedere l'imbarazzo di quell'uomo così glaciale, e anche la sua compagna fu divertita da quel suo intervento.
<< Insomma non è mai stato un segreto, ma immagino che con i secoli la gente abbia smesso di parlarne. >>
<< E forse è meglio così, odierei avere a che fare costantemente con paparazzi a caccia di scoop mondani. >> Concluse burbero lui. << Abbiamo già parecchi grattacapi con i giornalisti per le questioni normali… >>
Yoshiki annuì comprensivo. << In pratica siete come la coppia d’oro della nostra società. Molta gente vorrebbe sapere di più su di voi, eppure vi siete sempre tenuti in disparte… >>
<< Bé… Non è mai stata la notorietà, quello che cercavamo. Abbiamo fatto una promessa ai nostri amici, il rendere pubblica la nostra vita non era contemplato né necessario. >> Spiegò quello incrociando le braccia. I ragazzi concordarono con lui e quindi tornarono a curiosare per la stanza, chiedendosi quali altri segreti potessero scoprire lì.
<< Che promessa era? >> Domandò innocentemente Tetsuya, rivolto completamente verso i due adulti. Hachi lo guardò serio e rispose senza esitazione.
<< Di vegliare sui loro figli e sui figli dei loro figli… Come avevamo fatto con loro. >>
I ragazzi rimasero in silenzio, colpiti da quella frase piena di valore per i loro coordinatori. Gli sembrò di essere di troppo in quel luogo carico di ricordi per loro, ma in fin dei conti ce li avevano portati loro e quella ormai era la loro casa; dovevano essere per forza di cose autorizzati a studiare il posto, pur mantenendo il rispetto per ciò che tutte quelle foto rappresentavano.
<< I loro figli… >> Mormorò Aiko dopo essere passata a studiare l’ennesima foto, rappresentante una madre sorridente dai lunghi capelli del colore della paglia e quattro bambini che le somigliavano come gocce d’acqua. << E i figli dei loro figli… >>
Sembravano così felici in quelle foto, eppure pensare che fossero ormai tutti morti le mise un senso di malinconia non indifferente nel cuore; l’idea che nonostante tutto, alla fine si arrivasse sempre lì, al vuoto, il nulla che faceva sparire per sempre i ricordi di qualcuno dalla memoria delle persone che sarebbero venute dopo di sé. Eppure quella stanza rappresentava esattamente il contrario: lì i ricordi di quelle persone erano vivi più che mai, portavano la testimonianza di un tempo che non c’era più ma che non per forza doveva essere diverso dal loro.
Così come Aiko, anche Suzuko si era soffermata ad osservare delle foto di una madre e il suo bambino, ma per qualche motivo non sembrava meravigliata al vedere quella composizione di immagini di quella gente, che doveva essere stata preparata da qualcuno che gli voleva molto bene; la sua mente vagava e si ricollegava a tutte le nozioni che aveva memorizzato sul passato, gli Stridiosauri e i FranXX, la Squadra 13 e i suoi antenati, e mentre catalogava e riconosceva uno per uno quei volti congelati nel tempo l’unica reazione che riusciva ad avere era di leggera sorpresa per la scoperta di un posto simile.
Ormai erano tutti presi da quelle foto che sembravano riportare alla memoria dei giorni fantastici, figli di una vita perfetta ormai andata, e per un po’ nessuno fece caso alla foto da cui era partito tutto, quella con la Squadra 13 – quella che era sopravvissuta – ai tempi dei FranXX.
Erano dieci ragazzi dall’aspetto meno ordinario di quelli della prima foto, eppure anche loro sarebbero sembrati dei semplici adolescenti a chiunque li avesse incrociati per strada: nessuno avrebbe pensato che pilotassero giganteschi robot per combattere contro mostri provenienti dalle profondità della terra, né che potessero essere andati nello spazio… Eppure due di loro in quell'immagine sembravano meno ordinari degli altri.
Fu Kaoru ad accorgersene: era una coppia quasi in disparte nella composizione del gruppo, formata da un ragazzo e una ragazza abbracciati dall'aria molto familiare. Erano un po’ più grandi di loro e per qualche ragione lei presentava due corni rossi sopra la fronte che le passavano in mezzo ai capelli, ma a parte quel bizzarro dettaglio e le loro altezze sembrava di star fissando una foto dei suoi compagni di squadra Sato e Nakamura. Lo sguardo, il portamento e anche il modo in cui restavano vicini, come se fossero un tutt’uno, sembravano indicare che su quella foto fossero ritratti i due sosia perfetti dei piloti dello Iustitia.
<< Ehi, Ryo… Questo qui ti somiglia un sacco. >> Borbottò con smarrimento, attirando l’attenzione dell'amico.
Questo si avvicinò chiedendosi se Kaoru fosse impazzito; trovare una somiglianza con qualcuno vissuto mille anni fa da una foto così non poteva che suggerire seri problemi di vista nell'osservatore, ma quando ebbe preso in mano la foto poté notare molto più che una semplice somiglianza tra sé e il ragazzo ritratto.
<< Ma che…? >>
<< E questa qui non sembra proprio Kya? >> Continuò Kaoru posando l’indice sull’immagine.
<< Vedere! >> Cinguettò lei avvicinandosi a saltelli e dando un’occhiata all’immagine da dietro le spalle del proprio partner. La sua spensieratezza fu per una volta spezzata dalla sorpresa di vedere l’esatta copia di sé in quella fotografia vecchia di mille anni. Come era possibile? Era sconcertante, poteva accettare una leggera somiglianza, ma non… Quello!
<< Sono Zero Two e Hiro. >> Disse grave la voce di una delle loro compagne di squadra. Sorprendentemente, non furono i coordinatori a rispondere, ma Suzuko che si fece spazio nella stanza e raggiunse il trio per guardare la foto con i propri occhi.
<< Vuoi dire… Quella Zero Two? >> Balbettò Kaoru mentre la ragazza gli prendeva la cornice dalle mani e iniziava a studiare i volti dei ragazzi.
<< Non ho mai visto delle loro foto perché non ne esistono… Ma ho sempre sospettato che voi due gli somigliaste molto, e ora che ho potuto guardare queste immagini, sì: siete le copie sputate di quei ragazzi. >> Disse pensierosa Suzuko, sollevando la cornice per metterla tra sé e i suoi compagni di squadra per confrontare i loro volti. << Se non fosse impossibile, direi che siete i loro discendenti o qualcosa del genere. >>
<< Suzuko, tu come fai a sapere queste cose? >> Domandò Hachi con una punta di sconcerto nella voce. La ragazza si girò per un attimo mandandogli uno sguardo sagace prima di riprendere a spiegarsi.
<< Ho studiato molto. La mia famiglia ha la tradizione di raccogliere documenti storici e tramandarli di generazione in generazione; sareste sorpresi di quante informazioni si trovano su quei due nella biblioteca di famiglia… >> Hachi vide affiorare un leggero sorriso di vittoria sul suo volto, ma solo per un istante. << Però è comunque molto poco per conoscerli a vista. Voi, invece, avreste dovuto riconoscerli subito… >>
Inaspettatamente, gli sguardi adesso si puntarono sui due adulti nella stanza; tutti avevano abbandonato quello che stavano facendo per seguire la discussione. Per un attimo Hachi e Nana furono presi alla sprovvista dal modo in cui Suzuko gli aveva rivolto quella domanda, ma si ricomposero in fretta.
<< E’ vero, quando vi abbiamo visti avevamo capito che ci fosse qualcosa di strano… Di familiare, in voi. >> Iniziò Hachi con tono costernato, come se dovesse farsi perdonare di qualcosa. << Pensavamo che potesse essere un caso, e probabilmente è proprio così: migliaia di anni e di generazioni dopo, ci sono infinite possibilità che qualcuno nasca con delle somiglianze a persone vissute in un passato molto lontano… La genetica è una materia bizzarra, ma abbastanza semplice e in alcuni casi addirittura prevedibile. >>
<< Ma qui non si tratta di somiglianza: queste persone siamo noi! >> Sbottò Ryo scosso. Nessuno lo aveva mai paragonato al ragazzo nella foto, eppure sapere di somigliare così tanto a lui gli dava una sensazione che non riusciva a decifrare e che non gli piaceva per niente. Le espressioni dei due adulti cambiarono, i loro occhi andavano alla ricerca l’uno dell’altra, in difficoltà.
<< Ryo, capiamo che può essere una situazione strana, hai tutto il diritto di sentirti spaventato… Ma ricorda che questo non cambia in alcun modo la tua identità. >> Lo rassicurò Nana, senza però riuscire a mascherare un tremore nella propria voce.
Quelle parole non sembrarono convincere del tutto Ryo, ma riuscirono perlomeno a tranquillizzarlo e il ragazzo rimase a pensare perché avessero deciso di tenergli nascosto quel dettaglio.
Kya sembrò intuire quanto il suo amico fosse turbato e cercò di cambiare argomento. << Ho una domanda: perché Zero Two aveva dei corni sulla testa? >>
Quasi come se fossero sollevati dal sentire quel quesito, Hachi e Nana risposero all’istante, spiegando come la ragazza fosse in realtà un clone ricavato dal DNA della Principessa degli Stridiosauri che il dottor FranXX era riuscito a sottrarre nel suo breve incontro con essa.
<< La Principessa degli Stridiosauri? >> Borbottò la ragazza inarcando un sopracciglio e studiando ancora con più perplessità la foto della ragazza. Naho arrivò in suo aiuto.
<< Era il capo degli Stridiosauri, l’unica della sua specie a non aver subito mutazioni in milioni di anni, rimasta a vegliare sugli Stridiosauri in attesa del ritorno dei VIRM. Si dice che sia grazie a lei che i Parasite riuscirono a respingere il primo attacco alieno… >>
Sorpresa di sentire tutte quelle notizie dalla sua amica, Kya le mandò un sorrisetto compiaciuto. << Allora hai anche un po’ di storia in mezzo a tutti quei tuoi libri! >>
Naho ignorò la battuta dell’altra e sorrise a sua volta mentre Nana riprendeva a raccontare. << Naho ha ragione: la Principessa degli Stridiosauri voleva utilizzare i FranXX per distruggere i VIRM che si erano infiltrati tra noi, ma il suo piano le si rivoltò contro quando la trappola dei VIRM scattò. Fu grazie all’intervento di Zero Two che riuscimmo a tornare in contatto con lo Strelitzia Apath, mentre il sacrificio della Principessa lo liberò dal controllo dei nemici. >>
<< Se aveste studiato come si deve, sapreste già queste cose! >> Suzuko rimproverò Kya, Ryo e Kaoru agitando un dito come una insegnante adirata. << E’ stato uno dei primi argomenti affrontati nelle lezioni di storia! >>
La strigliata di Suzuko distolse un po’ l’attenzione da quella discussione così pesante che era scaturita dalla foto della Squadra 13 e fu abbastanza per far distendere i nervi. Gli altri ripresero a curiosare ancora tra i cimeli della stanza, finché anche i diretti interessati non riuscirono a pensare ad altro e alla fine Kaoru ripose la cornice dove l’aveva trovata.
I ragazzi comprendevano il motivo per cui Hachi e Nana volessero convincerli ad essere meno spericolati; volevano che vivessero le loro vite pienamente e non che diventassero dei ricordi troppo presto, ma quella visita al “santuario” della Squadra 13 li aveva completamente distolti dall’opprimente futuro e gli aveva dato tante domande a cui avrebbero inevitabilmente cercato una risposta. Alcuni di loro erano così presi da quel luogo mistico che chiesero ad Hachi e Nana di lasciargli le chiavi della stanza, in modo da poter tornare a studiare quei ricordi ancora un po’ e allo stesso tempo prendersi cura del luogo.
<< Sarebbe un peccato lasciare che questo posto rimanesse abbandonato, e non dovreste più preoccuparvene voi. >> Disse infine Rin, cercando di appoggiare l’idea di Aiko.
Sorprendentemente, i due adulti furono contenti di quella richiesta e lasciarono di buon grado la chiave della stanza ai Parasite. Nana però volle assicurarsi che i ragazzi non avrebbero mai spostato nulla né portato via dalla stanza alcun oggetto, e fece promettere a tutti quanti di essere sempre rispettosi della memoria dei loro vecchi amici.
Così alla fine i ragazzi lasciarono quel luogo ripromettendosi di tornarci. Avrebbero organizzato dei turni per mantenere la stanza pulita e ognuno avrebbe potuto entrarci in qualsiasi momento per studiare i cimeli custoditi in essa, cercare tra le foto o anche solo rilassarsi grazie al silenzio e all’atmosfera magica che veniva a crearsi grazie al profumo di quei fiori che riempivano la stanza.
Suzuko si soffermò ad osservare la foto di una giovane donna sorridente e dai lineamenti gentili; sembrava che fosse stata scattata in una giornata di sole, circondata da campi fioriti perché i suoi capelli blu splendevano particolarmente sotto la luce solare e la sua pelle bianchissima aveva una tonalità ancora più lucente che nelle altre foto che la ritraevano. La ragazza sospirò prima di voltarsi, mandandole un silenzioso saluto con lo sguardo, sentendosi improvvisamente demotivata. Le sue compagne di camera notarono il suo cambiamento di umore, ma non furono sicure del motivo e non fecero in tempo a parlarle che, appena richiusa la stanza, Suzuko si affrettò a nascondersi in camera dicendo di essere stanca.

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Capitolo 38
*** Libera ***


Momo sorrise alla donna che aveva di fronte, fiera di essere riuscita a pronunciare quelle parole e la donna le sorrise di rimando. L’aula dell’edificio scolastico che avevano attrezzato per accogliere le sue sedute di psicanalisi non le era mai sembrata tanto luminosa: i raggi del sole entravano dalle ampie finestre ed evidenziavano la polvere che aleggiava nell’aula; faceva un po’ freddo, ma la poltrona che Hachi aveva fatto portare per le sue sedute la avvolgeva quasi come un grembo materno, facendole dimenticare che fuori stesse arrivando l’inverno.
La dottoressa sorrise ancora e si spostò un poco sulla propria poltrona, posando il taccuino che aveva sempre a portata di mano. Ora che la ragazza si era aperta a lei voleva parlarle rivolgendole tutta la sua attenzione.
<< Potresti ripeterlo, per favore? Voglio che tu te ne renda conto fermamente. >>
Momo non riuscì a trattenere un sorrisetto nervoso e si strinse a sé stessa nella poltrona, cercando di stiracchiare le gambe nella speranza di scacciare un po’ del nervosismo appena nato. << Non voglio sentirmi ancorata alla mia famiglia. >> Disse tenendo lo sguardo basso, sereno. La donna annuì.
<< Non si tratta di un sentimento egoista. >> Le disse. << Stai crescendo, il tuo corpo continua a ricordarti di non essere più una bambina, e per di più il momento delicato in cui ci troviamo ti ha portata a farti parecchie domande. E’ giusto che tu ti prenda il tuo spazio, in modo da trovare la tua strada, e la tua famiglia non può tenerti legata a sé per sempre; proteggerti, accompagnarti lungo la strada, questo sì, ma non devi lasciare che ti soffochi. >>
Momo annuì in risposta alla dottoressa, ma a quel punto le sorse un dubbio nella mente. << Ho capito quale sia la strada da seguire, ma… >> Iniziò cercando di giustificarsi, non volendo far credere di avere appena fatto dietrofront sulle proprie idee. << Che cosa ne sarà dei miei fratellini? Loro non possono affrontare il mondo da soli e senza di me non potranno avere… >>
Momo si interruppe, un singhiozzo la costrinse a fermarsi. Per qualche motivo, quando si sedeva in quello studio, a mano a mano che parlava le veniva sempre più facile eruttare in un pianto incontrollabile; ormai ci aveva fatto l’abitudine, non cadeva più in fallo, ma le prime volte che le era successo era stato talmente inaspettato che aveva pensato di stare male; si era chiesta cosa ci fosse di sbagliato in lei, perché fosse diventata improvvisamente tanto debole, ma la dottoressa le aveva fatto capire che non c'era niente di male nel mostrare la propria vulnerabilità.
<< Nessuno dice che tu non debba essere presente per la tua famiglia. >> Spiegò con voce paziente. << Ma non è giusto che ti carichi tutto il peso sulle spalle. Mostra loro la strada da seguire, sii un guardiano per loro, non una guida; aiutali a prendere le decisioni, ma lasciali agire autonomamente come la tua famiglia avrebbe dovuto fare con te. >>
<< In realtà mi hanno sempre lasciato agire autonomamente… >> Borbottò la ragazza, venendo però corretta dalla psicologa.
<< Non ti è mai stata data una scelta, hai solo finito per accettare quello stesso ruolo che ti era stato imposto. E alla fine eri arrivata al punto che avresti fatto di tutto per uscire da quella gabbia che ti eri costruita, e l’arruolamento è stata l’occasione perfetta per te; è come se stessi chiedendo aiuto, pregavi di essere lasciata libera attraverso le tue azioni, e quando hai voluto scegliere ti sei quasi tirata indietro a causa della tua famiglia. >>
Momo sembrò dispiaciuta, ma mostrò un sorrisetto divertito. << Se non fosse stato per la nonna… >> Commentò, e la dottoressa afferrò subito il messaggio.
<< Già. Tua nonna sembrava aver capito tutto, ma proprio perché non voleva costringerti a fare una scelta ha cercato solamente di farti vedere quale fosse la strada giusta, aspettando che fossi pronta a intraprenderla… >> La donna fece una breve pausa e si picchiettò le dita su un ginocchio. << E sembra che quel momento sia arrivato. >>
Il sorriso che le rivolse Momo fu uno dei più spontanei e felici che avesse mai visto. Le venne automatico increspare le labbra come se sapesse già che quella sarebbe stata la reazione della ragazza, ma in realtà era orgogliosa di vederla così.
<< Ha ragione. Credo di essere arrivata a un punto in cui posso finalmente camminare con le mie stesse gambe. >> Iniziò la giovane stringendo leggermente i pugni. << So bene che non sarà facile raggiungere la meta, ma ho capito di poter contare su tante persone che mi vogliono bene e questo mi darà la forza di andare fino in fondo. >>
<< Sono contenta di sentirtelo dire. E’ successo qualcosa di particolare che ti ha fatto decidere di chiudere questo percorso? >> Le domandò la psicologa, non riuscendo a trattenere la curiosità.
Momo sembrò volersi scusare e precisò che quella decisione non fosse mirata a smettere di vedere la dottoressa, ma data dal raggiungimento di una maggiore coscienza di sé. Quel tentativo di scusarsi fece divertire la donna, che le disse di non avere niente di cui preoccuparsi e allora la ragazza si sentì più libera di rispondere.
<< Diciamo che avevo già cominciato a pensarci da un po’… Mi sentivo molto meglio rispetto a quella sera. Poi durante la battaglia con i VIRM ho finalmente capito di cosa fossi capace… E quando ho invitato i miei amici a casa, mi sono resa conto che era questo che volevo fare: voglio vivere senza dovermi preoccupare degli orari e necessità di altre persone, voglio essere indipendente senza dovermi sentire in colpa quando mi appoggio agli altri! >> Il discorso della ragazza iniziò con timidezza, come se stesse ricordando qualcosa di imbarazzante mentre parlava, e si concluse con molta più veemenza e uno sguardo di fuoco che la psicologa non credeva di averle mai visto fare.
<< E’ proprio quello che speravo di sentire. >> Disse infine la donna dopo aver mimato un silenzioso applauso. Era estremamente orgogliosa di come fosse cambiata quella ragazza, nei mesi di sedute tra loro. << Allora immagino che non ci rivedremo, la settimana prossima? >>
Momo annuì. << La ringrazio per tutto quello che ha fatto per me, dottoressa. >> Disse alzandosi dalla poltrona. << Ora vedrò di non sprecarlo! >>
La donna si alzò assieme a lei e iniziò ad accompagnarla alla porta. << Sai, Momo, non sempre gli errori ci portano nei posti sbagliati. Anche un errore può fare del bene, e credo che tu capisca a cosa mi sto riferendo… >>
Momo alzò lo sguardo e sorrise timidamente. Provava ancora molta vergogna per quella volta che fece uscire tutti i suoi amici per il bosco sotto al diluvio.
<< Il punto è che non devi per forza raggiungere un particolare obiettivo per sentirti realizzata, e la vita si completa con le piccole cose messe insieme nel tempo; anche se dovessi sbagliare di nuovo, smarrirti, perdere la fiducia ancora e ancora… Ora conosci la via, sai cosa ti aspetta e sai su chi e cosa puoi contare; credi davvero che finiresti per “sprecare tutto quanto”? >>
La ragazza sostenne lo sguardo della psicologa, fiduciosa. Aveva ragione; si sentiva come se anche se le fosse crollato il mondo addosso non avrebbe mai potuto tornare a come era prima. Aveva una nuova consapevolezza, un nuovo obiettivo, per non parlare della sicurezza ritrovata in sé stessa; con tutte le cose nuove che aveva appreso come avrebbe potuto perdersi di nuovo?
<< Ha ragione, dottoressa. >> Disse voltandosi. << La ringrazio. E buona serata… >>
<< Stammi bene, Momo. >> La salutò quella mentre la ragazza usciva dall’aula e si avviava per i corridoi dell’edificio scolastico, a quell’ora vuoto.
Bastarono pochi passi e quando girò l’angolo, Momo si imbatté nel proprio partner che avanzava pensieroso nel corridoio.
<< Ciao… >> La salutò sorpreso. Momo gli sorrise.
<< Stai andando? >>
<< Sì, comincia una nuova avventura… >> Aveva un tono riluttante, nonostante l'espressione allegra.
<< Sono contenta che tu abbia deciso di seguire il mio consiglio. >>
Hoshi arrossì un poco mentre il sorriso di Momo si addolciva. Da quando le faceva quell’effetto?
<< Sì, bé… Avevi ragione su molte cose… E credo che tu abbia ragione anche su questa. >> Disse alla fine distogliendo lo sguardo, cercando di non far trasparire quella improvvisa tensione.
I due compagni rimasero in silenzio per qualche istante: Momo se ne stava con la schiena perfettamente dritta e le mani unite davanti a sé, come in attesa che il ragazzo le dicesse qualcosa, e nel frattempo Hoshi si guardava intorno cercando il coraggio per parlarle con più confidenza.
<< Allora… Hai finito? >> Le chiese dopo una attesa che sembrò eterna.
Momo annuì fiera. << Questa è la mia ultima seduta. >>
<< Mi fa piacere. >> Rispose automaticamente quello, sentendosi subito come se avesse detto qualcosa di sbagliato. << Nel senso… Mi fa piacere che tu non debba più venire qui, cioè intendevo che non ti debba più vedere tri… No, quello è peggio! Volevo dire… >>
I borbottii sconclusionati di Hoshi rimasero a metà quando la ragazza lo abbracciò con trasporto, zittendolo di colpo mentre il suo imbarazzo esplodeva incontrollabile.
<< Che… Che fai? >> Sbottò con nervosismo, sentendo caldo alle orecchie.
<< Grazie per esserti fidato di me. >> Mormorò lei. << Grazie per essere mio amico. Non te ne pentirai, te lo prometto! >>
Colto alla sprovvista da quelle parole così dolci, Hoshi balbettò una risposta che non arrivò alle orecchie della ragazza e alla fine ricambiò l’abbraccio in maniera impacciata, finché la ragazza non si fu ritirata di sua spontanea volontà. Posò le mani sulle sue spalle e gli sorrise guardandolo dritto negli occhi.
<< Va bene… Allora io vado… >> Mormorò lui. << Ci… Ci vediamo più tardi! >>
Momo annuì senza però lasciarlo andare. Alla fine gli disse:<< Buona fortuna. >> Con voce talmente bassa che sembrò quasi che lo stesse dicendo a sé stessa, quindi abbassò le mani e gli sfilò accanto continuando a salutarlo con una mano. Hoshi rimase fermo un secondo per salutarla, quindi si avviò verso l’aula da cui era appena uscita; bussò un paio di volte e dopo aver sentito una voce dall’altro lato, aprì la porta ed entrò.
 
*
 
La ragazza finì di allacciarsi le scarpe e scese gli scalini del portico di fronte alla tenuta.
<< Sei sicura di voler venire con noi? >>
Momo si girò verso Tetsuya, che la guardava stranito, e annuì con vigore. << Certo! Ho visto come siete migliorati tu e Suzuko e ho capito che se voglio rimanere al top con Hoshi dovrò impegnarmi anche io! >>
Yoshiki attendeva entrambi in fondo alla strada, accanto al cartello con sopra la mappa di Mistilteinn. Sembrava alquanto infastidito dal fatto di aver dovuto ritardare l'inizio del suo allenamento con Tetsuya a causa dell'aggiunta della loro compagna di squadra.
<< Non abbiamo intenzione di rallentare ad aspettarti, quindi ti conviene essere all’altezza del programma. >> Disse con tono burbero, ma lei non gli diede peso e prese a riscaldarsi.
<< Lo so, quindi non mi lamenterò e mi ritirerò se non dovessi farcela. >> Rispose con decisione. Non aveva intenzione di rallentarli, erano finiti i giorni in cui era solo una palla al piede.
Momo si affiancò a Yoshiki dopo aver concluso i riscaldamenti e si mise in posizione, distendendo i muscoli un altro po’. << Allora, andiamo? >>
Sorpreso da tutta quella grinta messa in mostra all’improvviso, il ragazzo sorrise compiaciuto e sciolse le braccia. << Va bene. Allora il nostro percorso prevede di raggiungere il centro di comando e poi tornare indietro passando dalla serra, pensi di potercela fare o è troppo per te? >>
<< Scherzi? Ho sputato fiamme per minuti interi nel tentativo di sfiancare Suzuko, ho fiato a sufficienza per fare quel percorso tre volte! >> Ribatté a tono la ragazza, forse un po' troppo ottimista. Tetsuya li raggiunse e disse che non sarebbe stato necessario, ma il suo tono di sfida aveva ormai stuzzicato Yoshiki.
<< Allora vedremo se sarai dello stesso avviso quando avremo finito. Tutti pronti? >> Il ragazzo si rivolse per un attimo al compagno alle sue spalle e questo sembrò un po’ titubante.
<< Sì, però non litigate… >> Borbottò. Ma quello non era un litigio; un inaspettato spirito di competizione si era fatto strada tra i due e Yoshiki si stava solo divertendo a tirare un po’ la corda.
La corsa partì e per un po’ Momo riuscì a tenere il passo dei due ragazzi più allenati di lei; dovette ringraziare le sue gambe lunghe per quello, poiché con una statura più bassa avrebbe dovuto faticare il doppio per avere lo stesso ritmo dei due ragazzi più alti dell’intera squadra. Come aveva detto, la sua resistenza elevata le permise di andare avanti per un po’ senza risentire della fatica, ma a un certo punto nel pieno della corsa Momo si ritrovò a respirare sempre con più fatica mentre il suo passo si faceva incerto.
Yoshiki se ne accorse e si voltò a guardarla costernato; aveva cominciato a muoversi in modo più scoordinato, braccia e gambe erano diventate come dei macigni per lei e il sentiero non era particolarmente difficile da attraversare, ma per chi lo conosceva poco diventava un percorso pieno di insidie. Nonostante la fatica però, Momo guardava di fronte a sé con determinazione, non avrebbe accettato di ritirarsi; si sarebbe trascinata fino all’arrivo anche a costo di crollare senza più forze, piuttosto.
<< Ehi! >> Il ragazzo non volle prendersi alcun rischio e con una scivolata profonda, arrestò la corsa. Tetsuya si fermò con qualche secondo di ritardo, non essendosi ancora accorto di quello che stava succedendo e Momo, anche se contrariata, inchiodò immediatamente per riprendere fiato.
<< Posso… Ancora farcela… >> Ansimò sentendosi mancare l’aria all’improvviso.
Yoshiki non rispose e si limitò a darle un po' di tempo per riprendere fiato. Era piegata su sé stessa, le mani affondate sulle ginocchia; i capelli le ricadevano sul volto nonostante il cerchietto indossato sulla fronte, appiccicandosi alla fronte sudata. Adesso Momo capiva che sopportare gli effetti della connessione era una cosa e andare avanti in una lunga corsa con le proprie forze era totalmente differente; si rese anche conto di quanto fosse fuori forma.
Vedendo che non accennava a migliorare, Yoshiki capì che sarebbe stato difficile continuare così per tutto il resto del percorso e iniziò a stiracchiarsi con l’aria di qualcuno che voleva lamentarsi.
<< Ah, che male la gamba! Forse è meglio se continuiamo con una marcia svelta, invece di correre… >>
Per un momento Momo alzò lo sguardo contrariata, ma quando vide come gli altri la stavano fissando in attesa di un suo segnale capì di essersi sopravvalutata troppo; Yoshiki e Tetsuya erano ancora lì nonostante le parole di prima, la stavano aspettando ed erano disposti ad andare avanti al suo ritmo per aiutarla ad abituarsi. La stavano aiutando, ma non era una sconfitta per lei; non c'era bisogno di spingersi al limite sin da subito, poteva iniziare per gradi e imparare da loro…
Sorrise grata di non essersi sbagliata sul conto di quelle persone, quindi raddrizzò di nuovo la schiena e diede una botta sulla spalla del ragazzo che aveva fatto quella proposta.
<< Ma come, ti sei fatto male? >> Gli disse in tono scherzoso, ma ringraziandolo di cuore con lo sguardo. << E ti vantavi così tanto… Dovresti andarci piano con questi allenamenti! >>
Yoshiki si girò imitando una risata sarcastica e iniziò a camminare affiancato dalla ragazza. Tetsuya attese che lo raggiungessero per riprendere la marcia, rincuorato da come il suo amico si fosse occupato della situazione; Yoshiki continuava a dimostrarsi un ragazzo estremamente sensibile nonostante le apparenze. Un cambio nella loro routine di allenamento non avrebbe fatto male, anzi sarebbe stato addirittura divertente…

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Capitolo 39
*** Troppo ***


L’Animus sfrecciò sul campo di allenamento e si infilò in una strettoia in mezzo a due palazzi; l'area era una ricostruzione di una grande città deserta formata da ologrammi e campi di forza. Ci furono delle esplosioni alle sue spalle; i nemici robotizzati lo avevano preso di mira con più insistenza negli ultimi cinque minuti e aveva dovuto mettersi al riparo. Era l’Animus ad occuparsi di riportare i civili – piccoli droni da salvare – al punto di raccolta prestabilito, per questo era impellente che rimanesse illeso a tutti i costi.
Lo Stridiosauro si lanciò all’interno di una galleria e riuscì così a liberarsi degli inseguitori, che rimasero all'esterno. Le luci del tunnel, a distanza regolare colpivano la sua testa a velocità sempre più elevata: quello era il posto perfetto per guadagnare velocità e poter così seminare definitivamente i nemici, ma quando l’Animus fu vicino all’uscita vide comparire di nuovo le sagome dei droni che lo avevano braccato, ad attenderlo alla fine del tunnel. Stavano preparando un attacco diretto, ormai era troppo tardi per voltarsi e tornare indietro, così Aki non poté fare altro che caricare a testa bassa e prepararsi a resistere al colpo; l’alternativa sarebbe stata sparare in avanti, ma con gli obiettivi da proteggere tra le braccia sarebbe stato troppo rischioso.
Così Rin strinse i denti e si preparò alla scossa che le avrebbe inevitabilmente tolto il respiro, ma questa non arrivò: nello stesso momento in cui i nemici fecero fuoco, il corpo di un altro Stridiosauro si parò davanti a loro e fece da scudo ai due fratelli, restituendo un colpo di coda ai due droni inseguitori, che vennero distrutti nell’impatto con un edificio.
<< Sbrigatevi ad uscire da qui, ed evitate di ficcarvi in trappole simili la prossima volta! >> Esclamò Yoshiki, sgridandoli per non essere stati abbastanza cauti. Il suo Stridiosauro si rialzò come attraversato dai brividi, Aki e Rin gli rivolsero uno sguardo di ringraziamento prima di sfrecciare lungo la strada sgombra dai nemici, lasciandolo a sincerarsi delle condizioni della propria partner.
<< Quei due devono imparare ad essere più riflessivi. >> Sbuffò il ragazzo osservando l’Animus che spariva in lontananza. In realtà la coppia composta dai due fratelli era tra le più analitiche della squadra, ma quando si ritrovavano alle strette finivano per cedere all’istinto completamente; erano forti e intelligenti, ma alcune volte commettevano errori ingenui.
Naho fu rincuorata a sentire che Yoshiki fosse genuinamente preoccupato per lei; grazie alla connessione riusciva a provare alcune delle emozioni che occupavano la mente del ragazzo, in quel caso c'era apprensione nei suoi confronti, che aveva dovuto ricevere l'attacco al posto dell'Animus. Ormai la loro connessione era arrivata a livelli abbastanza alti da riuscire a condividere i sensi alla guida dell’Anthurium, ma a volte era una sensazione fastidiosa che rischiava di distrarli; con il tempo si sarebbero abituati anche a quello e il loro equilibrio si sarebbe allineato in maniera ottimale…
<< Forza, torniamo dagli altri. Senza di noi Gaia finirà per essere sovraccaricato di lavoro! >>
Bastavano poche parole a far tornare Yoshiki completamente operativo, quasi fosse una macchina da guerra; si dimenticò completamente di quella sensazione sgradevole e riprese a pilotare come sapeva, riportando l’Anthurium nella posizione iniziale per dare man forte agli altri Stridiosauri. I modelli più piccoli erano stati mandati in avanscoperta per contrastare l’offensiva nemica mentre l’Aros perlustrava il perimetro dall’alto; a loro era stato dato quindi il compito di restare nel centro della città ed occuparsi dei nemici che sarebbero potuti sfuggire agli altri, oltre che tenere gli occhi aperti per eventuali civili da salvare. Era un compito noioso alle volte, ma i Parasite dovevano restare sempre vigili!
Suzuko continuava a pensare di essere stata relegata a compiti ingrati; prima i potenziamenti che servivano a limitarla, adesso gli allenamenti inutili in una zona dove non succedeva niente… In fondo sapeva già che, assieme allo Xenomorphus, lo Iustitia avrebbe fatto piazza pulita dei droni nemici senza lasciarne passare nemmeno uno e normalmente questo sarebbe stato ottimo, ma avrebbe preferito essere lì con loro invece che restare nelle retrovie a non fare niente! E poi doveva tenere sotto controllo la caposquadra, assicurarsi che non desse di nuovo di matto…
<< Ehi, non è che c’è qualcosa che ti preoccupa? >> La voce di Tetsuya la destò improvvisamente dalle sue macchinazioni, facendole perdere la visione all’esterno del Gaia per un momento. Lui poteva sentire ciò che provava, e se c’era un calo di concentrazione lo avrebbe percepito; era solo un’ipotesi, ma forse in quel modo avrebbe potuto condizionarlo indirettamente a seguire i suoi stessi obiettivi.
Suzuko si voltò e sorrise automaticamente. << No, sono solo un po’ annoiata. >> Ammise, sapendo di non poter fare molto per mascherare la sua irritazione. << Restare qui non è molto emozionante… >>
<< A chi lo dici… >>
Ottimo! Pensò. Anche lui non ne può più di attendere.
<< Hai detto qualcosa? >>
Suzuko sobbalzò sulla propria postazione. Non si era ancora abituata all'idea che il suo partner condividesse le sue stesse sensazioni, ma poteva addirittura sentire i suoi pensieri direttamente? Di certo significava che il loro legame stava crescendo!
<< No, niente! >> Si affrettò a rispondere, non volendo mentire troppo al ragazzo. << Quindi anche tu ti stai annoiando? >>
Tetsuya sbuffò e allungò le gambe dal proprio sedile. << Bé, in questo modo non impariamo niente di nuovo. Le squadre dovrebbero essere più equilibrate, in modo che tutti possano esercitarsi… >>
<< Hai perfettamente ragione! >> Esclamò entusiasta la ragazza, contenta di vedere che Tetsuya capisse come si sentiva. << Cioè, va bene andare sul sicuro in una battaglia reale… Ma in simulazioni come queste ci potrebbero anche lasciar sperimentare con la formazione! >>
<< Non fatevi venire strane idee, voi! >> Li ammonì la voce di Ojizaki, proveniente dagli altoparlanti della cabina. Accanto a Suzuko comparve l’ologramma del volto del ragazzo e questo mandò un’occhiata di rimprovero al compagno di squadra. << Attenetevi al piano! Potrete lamentarvi dopo con Hachi e Nana. >>
<< Sì, scusa Yoshiki… >> Rispose imbarazzato Tetsuya, che non si aspettava di essere sentito dagli altri. Suzuko però sbuffò.
<< Ma sì, anche se dovessimo rompere gli schemi, non succederebbe niente! E’ per questo che facciamo tutti questi test. >>
Yoshiki fissò l’ologramma con diffidenza, poi cambiò argomento. << E’ ora del controllo: dividiamoci e perlustriamo il perimetro della zona! >>
<< Agli ordini! >> Rispose un po’ spaesato lo Stamen del Gaia subito prima che la connessione con l’altro ragazzo si chiudesse. Suzuko però rimase contrariata.
<< Non c’è bisogno che sbraiti ordini in quel modo… Non è neanche il caposquadra! >>
<< Ma sì… In fondo ha ragione. >> Cercò di calmarla lui. << Andiamo, meglio non perdere tempo! >>
I due si avviarono lungo la strada prescelta e mentre Tetsuya teneva d’occhio gli anfratti in cui avrebbero potuto nascondersi eventuali nemici sfuggiti all’avanguardia, oltre che altri civili da salvare, Suzuko teneva i sensi all’erta per prepararsi a un eventuale attacco; era più che pronta, aveva i nervi a fior di pelle, sarebbe bastato uno stimolo minuscolo e avrebbe fatto saltare in aria l’intera zona con il suo gas.
La ragazza avvertì un’incertezza nel partner quando questo alzò lo sguardo verso una terrazza a cinquanta metri di distanza e si girò per guardare nella stessa direzione.
<< Lì! Un drone nemico! >> Esclamò lo Stamen facendo alzare un tentacolo, che subito si estese per afferrare l’obiettivo. Suzuko digrignò i denti mentre quella sensazione di avere il braccio allungato oltre i limiti fisici le toglieva il respiro, ma sentì una sorta di rilievo quando poté afferrare il robot che aveva attirato la loro attenzione. Ce l’aveva fatta, aveva raggiunto un altro obiettivo, un riquadro da riempire nella lista, un punto in più nel risultato finale… Ma sfortunatamente per lei, non aveva previsto la possibilità che il nemico non fosse da solo: in un istante, decine di droni nemici saltarono fuori dai loro ripari e salirono sul tentacolo del Gaia mentre questo distruggeva il suo bersaglio principale.
<< Oh, no! >> Riuscì a esclamare solo la ragazza, sentendo i corpi dei nemici che si arrampicavano sul suo “braccio.” Il drone si era lasciato catturare di proposito così che gli altri potessero prenderli con le difese abbassate.
Provò a scacciarli come insetti agitando il tentacolo, ma solo un certo numero di questi mollò la presa e si schiantò contro gli edifici circostanti, provocando diversi crolli. Presa dal panico, non si rese conto delle urla di Tetsuya che le diceva di calmarsi e di lasciare che se ne occupasse lui; aveva perso il controllo per una brevissima frazione di secondo e questo era bastato perché la coscienza di Suzuko si ritrovasse al comando dell’intero Stridiosauro. Era una sensazione nuova, ma non fu in grado di accorgersene per via dello spavento e così il Gaia iniziò a vibrare violentemente nel tentativo di liberarsi dei nemici che lo avevano circondato.
<< Suzuko, ascoltami! Possiamo occuparcene se manteniamo i nervi saldi…! >>
Senza che le parole di Tetsuya sortissero alcun effetto, il Gaia iniziò a perdere quota e i suoi tentacoli si allungarono in tutte le direzioni, girando vorticosamente in una spirale di carbonio e molecole di gas. La ragazza andò in iperventilazione e nell’esatto momento in cui sentì un drone arrampicarsi vicino alla radice di un tentacolo, rilasciò tutta l’energia.
L’esplosione fu visibile anche da dove stavano lottando Iustitia e Xenomorphus. Il gas raccolto fino a quel momento nelle sacche era in quantità minore rispetto agli altri test, ma la tensione di Suzuko aveva fatto addensare una parte del combustibile, provocando una esplosione più intensa che incenerì l’intera area e fece quasi perdere i sensi alla Pistil.
Per un po' ci fu un fischio insistente nelle orecchie di Suzuko. La zona era stata distrutta, ma i nemici erano stati tutti annientati; anche se un po' estrema, avrebbero potuto considerarla un'ultima risorsa da utilizzare in battaglia.
<< Stai… >> Quando si voltò per cercare il proprio partner, una violenta scossa alla base del cranio la fece gemere di dolore; fu come se le fosse stata staccata improvvisamente la spina e il Gaia smise di muoversi. Non ci capiva niente e aveva forti vertigini e un mal di testa fastidiosissimo, ma tutto passò in secondo piano quando sentì i lamenti di Tetsuya alle sue spalle.
Suzuko si voltò e, nonostante la stanchezza, si alzò per correre subito da lui: il ragazzo si era gettato a terra e si stava rotolando come vessato da un dolore insopportabile. Suzuko non riuscì a farlo parlare, ma alla fine capì che la radice del problema era il suo braccio; la tuta da Parasite era stata strappata fino alla spalla e ai fianchi, mentre il braccio di Tetsuya aveva assunto un colore scuro come irritato, anzi completamente ustionato.
<< Che è successo? >> Domandò più a sé stessa che a lui, quindi si affrettò ad aprire le comunicazioni per chiamare aiuto. << Maruyama è ferito! Sembra provare molto dolore, e… >>
La voce di Suzuko si interruppe. Chiamando aiuto sarebbe stata esposta al giudizio degli altri, l'infortunio di Tetsuya sarebbe stato sicuramente attribuito a lei; non sapeva ancora come fosse successo, ma era sicura che fosse colpa sua…
Era colpa sua che il suo partner fosse in quello stato agonizzante in quel momento, e ne avrebbe sicuramente dovuto pagare le conseguenze. Sentiva già la vergogna di quell'incidente ricadere su di lei e tormentarla fino alla fine dei suoi giorni: avrebbe perso la stima dei coordinatori e l'ammirazione delle sue amiche, mentre sarebbe stata definitivamente lasciata nell'ombra di Nakamura e Ojizaki; e che cosa avrebbero detto i suoi genitori di una simile incompetenza?
Tutto questo si sarebbe sicuramente avverato, a meno che non avesse fatto finta di niente. Se avesse cercato di risolvere il problema da sola, magari sarebbe riuscita a deviare la colpa su qualcos'altro; magari poteva dire che i droni avevano provocato l'esplosione o che era stato lo stesso Tetsuya a interrompere la connessione inavvertitamente… In questo modo tutto quello che aveva fatto, tutto il suo lavoro non sarebbe stato sprecato, forse…
Forse…
Ma che cosa stava pensando?
Non riusciva a credere che avesse pensato di dare la colpa a Tetsuya. Da quando non era capace di assumersi le proprie responsabilità? Una vera leader non si sarebbe messa a pensare a come salvare la faccia in quella situazione: Tetsuya aveva bisogno di aiuto, e lei era la persona su cui doveva contare in situazioni del genere, non poteva tradire la sua fiducia in questo modo!
Suzuko riattivò le comunicazioni e completò il messaggio di emergenza. I coordinatori interruppero prontamente l’addestramento per recuperare la coppia del Gaia in sicurezza e portare Tetsuya al centro medico.
Più tardi Hachi avrebbe detto che forse avrebbero dovuto sfruttare quell'imprevisto per mettere alla prova il resto della squadra nella situazione in cui una delle coppie non fosse in grado di combattere, ma l’emergenza aveva la priorità e per la sicurezza di Maruyama era stato fermato tutto.
Tetsuya aveva contratto quella che sembrava una ustione al braccio destro, ma ciò che l’aveva causata inizialmente fu un mistero per i tecnici; ancora più strano fu constatare per i dottori che visitarono il ragazzo come non vi fosse un vero danno sul suo corpo: il braccio di Tetsuya presentava quasi tutti i segni di una ustione di secondo grado, ma i suoi tessuti non erano danneggiati. Sembrava che il suo cervello stesse reagendo a uno stimolo inesistente, provocandogli tutto quel dolore e facendo reagire il corpo di conseguenza. Quando poi arrivarono i dati del Gaia, le cose si chiarirono un poco: sembrava che Suzuko avesse preso il controllo dello Stridiosauro per un breve lasso di tempo, superando la volontà del partner e raggiungendo dei livelli critici durante la connessione, ma che lo spavento causato dall’attacco dei droni avesse provocato un crollo di concentrazione, portando la Pistil a perdere completamente la connessione proprio nel momento in cui il Gaia faceva esplodere il gas accumulato; rimasto senza partner, i nervi di Tetsuya avevano sostituito quelli di Suzuko per un istante e sovraccaricati di stimoli avevano provocato quella reazione.
<< Cento percento?! >> Esclamò incredula la ragazza quando Hachi le lesse il livello raggiunto dalla Pistil durante il picco; per un istante si dimenticò del suo partner, simili risultati non potevano che eccitarla.
L’uomo annuì pensieroso. << Non c’è da stupirsi che abbiate perso la connessione; gli strumenti avevano già rilevato un aumento della pressione dal tuo lato, mentre i livelli di Tetsuya erano rimasti stabili al punto di partenza. Con un salto così grande vi sareste disconnessi ugualmente anche senza l’intervento dei droni. E’ stato un colpo di sfortuna che vi siate ritrovati in quella situazione, altrimenti ne sareste usciti pressoché illesi… >> Spiegò leggendo ancora i dati forniti dai tecnici.
Suzuko si ricompose e annuì costernata; non si poteva certo mostrare allegra quando il suo compagno era nella stanza accanto, dolorante. La giustificazione di Hachi la rincuorò un poco, ma si sentì comunque una stupida per aver perso la concentrazione in quel modo; il suo errore era inammissibile, se fosse successo durante una battaglia reale sarebbero morti!
<< Posso andare a parlare con Tetsuya? >> Avrebbe voluto condividere con lui quelle informazioni e chiedergli scusa per la sua disattenzione.
Hachi annuì lasciando intendere che non ci fosse nessun problema. << Lo abbiamo spostato nell’infermeria della tenuta; ancora qualche ora di riposo e potrà tornare alle sue faccende, ma dovrà tenere un bendaggio speciale per le ustioni sul braccio ancora un po’… >>
Dopo quelle spiegazioni, Hachi la accompagnò a casa per incontrare Tetsuya; anche lui voleva assicurarsi che stesse meglio, ma quando arrivarono all’infermeria di Mistilteinn scoprirono che il ragazzo non era esattamente dell’umore adatto a conversare.
<< Ciao, Tetsuya… >> Lo salutò timidamente Suzuko appena entrata, cercando lo sguardo del proprio partner che se ne stava sul letto a fissare il soffitto.
<< Ciao. >>
<< Posso parlarti un momento? Volevo sapere come stessi… >> Provò a dirgli la ragazza, facendo qualche passo all’interno della stanza. Anche Hachi si infilò attraversò la porta e salutò il giovane e forse fu la sua presenza a tranquillizzarlo un poco – o a inibirlo?
<< Sto bene, credo… >> Iniziò lui. << Il braccio brucia, ma posso sopportarlo. Queste bende sono talmente rigide da avermelo addormentato, quindi non è un gran problema… >>
Suzuko mostrò un mezzo sorriso a quella che le sembrò essere una battuta del ragazzo, ma nessun altro rise nella stanza facendola sentire fuori posto. Alla fine si avvicinò ancora di più al lettino dell’infermeria e inspirò a fondo, come alla ricerca delle parole adatte.
<< Mi dispiace, Tetsuya. E’ stata colpa mia se ti sei fatto male durante l’addestramento! >>
Il ragazzo rimase in silenzio. Non sembrava tanto sconvolto da quella rivelazione, probabilmente lo aveva immaginato già da tempo; la vera sorpresa forse fu ricevere le scuse di Suzuko.
Hachi ripeté le stesse cose dette alla sua partner e illustrò i dettagli tecnici che avevano portato alla disconnessione e al conseguente danno per lo Stamen, ma Tetsuya era poco interessato a quelle informazioni e dopo averlo ringraziato, espresse il desiderio di essere lasciato da solo con Suzuko.
Così Hachi si scusò e lasciò i due ragazzi da soli a risolvere qualunque problema fosse sorto. Improvvisamente Suzuko si sentì a disagio e desiderò che l'adulto tornasse indietro; teneva la testa bassa, incapace di reggere lo sguardo di Tetsuya che invece la fissava con sdegno.
<< Non sono arrabbiato, se è questo che pensi. >> Le disse alla fine con la voce di chi stava trattenendo una profonda rabbia. << Tuttavia penso che ci sia un problema, e voglio fartelo presente prima che questo finisca per protrarsi a lungo e rovinare tutto ciò che siamo riusciti a costruire insieme. >>
<< Dimmi pure. >> Mormorò lei con voce tremante dopo aver trovato il coraggio di guardarlo negli occhi. Deglutì vistosamente, coscia di essere di fronte a una discussione pesante.
<< Io lo sento, il tuo desiderio di migliorarti: non so esattamente perché, ma sembra che tu sia ossessionata dall’idea di andare oltre, superare sempre l’ostacolo al primo tentativo. Eppure dovresti aver capito ormai che le cose vanno prese con calma, o si rischia di farsi male… Lo sento durante la connessione quanto tu sia concentrata sul dimostrare a tutti il tuo valore, e per quanto io non sia pressato allo stesso modo, finisco per esserne influenzato tramite la connessione. Non è un problema, non c’è niente di male nel voler crescere, ma dobbiamo farlo insieme! Ci è già stato detto di non poter andare avanti senza aspettare i progressi l’uno dell’altra, eppure tu hai continuato a ignorarlo e hai cercato un modo per aggirare il problema, finendo per superare il limite. Oggi è successo in un addestramento, ma che succederebbe se dovesse ripetersi in battaglia? >>
Suzuko abbassò lo sguardo costernata. Non aveva modo di scusarsi, non c’era alcuna cosa che potesse dire per ottenere il perdono del partner; tuttavia Tetsuya continuava a dirle di non essere arrabbiato.
<< Voglio capire, Suzuko. >> Disse lui sporgendosi un po’ dal letto. << Voglio capirti senza dover rimanere a studiarti come un alieno. Voglio sapere cosa ti spinge a dare il massimo in ogni cosa che fai, così che possa essere motivato anche io a farlo per aiutarti! >>
Tetsuya era un bravo ragazzo, gentile e onesto; Suzuko poteva essere sicura che quelle parole fossero dettate dal profondo, che non fossero solo uno strumento vuoto di significato. Tante volte aveva desiderato di sentirsi dire qualcosa del genere, avere un rapporto vero con qualcuno tanto da sentirsi libera di dire e fare ciò che sentiva dentro; ma se si fosse aperta, avrebbe finito per rovesciare sulla metaforica tavola della loro relazione tutto ciò che la angosciava, trasformando quel rapporto di "noi" in un "io." Poteva mai fare quel torto a Tetsuya e addossargli quel peso?
Scosse la testa. << Scusami, è colpa del mio senso di competizione. Sono troppo determinata a dimostrare di essere migliore… No! Uguale agli altri. Voglio che gli altri riconoscano la mia forza, ma nel tentativo di dimostrarlo ho finito per fare del male a te, e adesso non riesco a smettere di pensare a come potrei aver per sempre rovinato il nostro rapporto… >>
Tetsuya fissò il vuoto per un momento riflettendo su quelle parole; quell’inciampo della ragazza mentre cercava di giustificare il motivo di tanta foga gli era rimasto in testa e pressava sul suo cervello, cercando di trovare un significato secondario. Alla fine lasciò perdere e invece cercò una risposta sensata per farle capire di non aver rovinato niente.
<< Non hai bisogno di fare così tanto per dimostrare la tua forza, credimi: gli altri sanno già quanto vali… Io so quanto vali! >> Disse allungando la mano sana verso di lei, che si chiese se fosse accettabile stringergliela con delicatezza. << E ovviamente sono contento che tu voglia dare il massimo quando pilotiamo, ma devi riuscire a gestire le tue energie in maniera intelligente. Non serve a niente spingersi oltre il limite in un allenamento, se questo significa che non potremo allenarci per una settimana… >>
<< Una settimana? >> Fu la reazione incredula di Suzuko, che spalancò gli occhi. << Come… Perché? >>
Tetsuya alzò il braccio fasciato senza troppe cerimonie e fece una smorfia, d'accordo con la frustrazione della partner.
<< Dieci giorni, in realtà. >> Disse seccato. << E’ il minimo perché le ustioni guariscano senza complicazioni, ma fortunatamente non dovrò attendere che siano completamente rimarginate… >>
Ancora una volta, Suzuko abbassò lo sguardo costernata e si scusò con il partner. << Per colpa mia potrei aver rovinato il nostro lavoro di squadra… >> Mormorò. Tetsuya ormai era esasperato.
<< Ehi, non farne una tragedia! Non significa che non possiamo studiare insieme e divertirci. Troveremo un altro modo per migliorare come una coppia, e quando torneremo a bordo del Gaia saremo ancora più forti di prima! >>
Questa volta la ragazza lo guardò fiduciosa e abbozzò un sorriso. Lo ringraziò mentalmente per tutte le parole incoraggianti che le aveva dato, quindi gli propose di andare a prendere un gelato una volta usciti da lì, come da tradizione ormai per loro due.
<< Ah, sì… >> Mormorò il ragazzo. << Un gelato adesso mi tirerebbe su di morale. >>
Mentre finivano di parlare dei loro piani per la giornata, la porta dell’infermeria si spalancò mostrando Yoshiki, agitato e con una piccola vaschetta tra le mani, accompagnato da Naho che faceva capolino da dietro un suo braccio curiosando con lo sguardo all’interno della stanza.
<< Ho… >> Borbottò il ragazzo. << Ho sentito che parlavate di gelato… >>
Le sue parole rimasero criptiche per i due all’interno della stanza finché i loro sguardi non andarono a posarsi su quella vaschetta che aveva in mano: bastò un’occhiata per capire che fosse piena di gelato, il classico contenitore disegnato per mantenere bassa la temperatura, ben sigillato e abbastanza grande per più persone.
<< In realtà non so perché abbia pensato al gelato, fa piuttosto freddo fuori… >> Borbottò Yoshiki stringendo le spalle, quasi sul punto di tornare indietro e far finta di niente. << Ma sapevo che a Tetsuya piace, quindi magari ti avrebbe tirato un po’ su di morale? >>
Suzuko e Tetsuya si lanciarono un’occhiata spiazzata prima di sorridergli e invitare entrambi all’interno; Tetsuya in particolare era molto contento che Yoshiki avesse pensato di fargli quella sorpresa, nella speranza di farlo sentire meglio.
I quattro Parasite trascorsero qualche momento di allegria cercando di distrarre l’infortunato dalla sua seccante condizione, poi i piloti dell’Anthurium gli augurarono una pronta guarigione e tornarono alle proprie stanze, seguiti poco dopo da Suzuko che, dopo essersi scusata ancora una volta con Tetsuya, disse che gli avrebbe rivolto tutte le attenzioni necessarie d'ora in avanti.
Prima di tornare ai propri affari, Naho però intercettò il partner e gli chiese di poter parlare a quattr’occhi per un momento. Yoshiki acconsentì di buon grado e la seguì nella biblioteca dove evidentemente la ragazza si sentiva più a suo agio; la situazione gli ricordò il giorno che lei lo aveva confrontato riguardo alla discussione avuta con Nakamura e Sentakami, ma questa volta non aveva idea di che cosa volesse dirgli.
<< Forse sto solo analizzando eccessivamente ciò che è accaduto… >> Iniziò lei dopo aver tirato un lungo respiro. << Tuttavia, dal giorno della battaglia, non ho potuto smettere di pensarci. E, dopo averci riflettuto a lungo, ho deciso che sarebbe stato importante parlarne per poter limitare al massimo i rischi in futuro. >>
Perplesso, Yoshiki allungò una mano e disse:<< Ti ascolto. >> E Naho annuì a sua volta come per darsi coraggio.
<< C’è qualcosa che ti ha turbato quando abbiamo confrontato i VIRM per la prima volta, non è vero? >>
Lo sguardo della sua partner era titubante, come se volesse sbagliarsi ma la necessità di sapere la costringeva ad agire in modo più sfrontato. Non aveva paura degli occhi sottili di Yoshiki, la maschera di freddezza che indossava era troppo facile da ignorare una volta scoperto il trucco e sin dal primo momento la ragazza aveva capito che non sarebbe stata un problema; tuttavia era quello che restava sotto di essa a confonderla. Certe volte Yoshiki era dolce e impacciato come quando aveva portato il gelato a Tetsuya, altre volte diventava sicuro di sé e faceva impallidire tutti con la sua abilità oratoria, ma in rare occasioni diventava qualcuno completamente diverso… Le emozioni lo sopraffacevano in maniera irrazionale ed era in quei momenti che Naho non capiva più chi avesse a fianco. Era successo durante la battaglia, quando si era lanciato ciecamente verso i nemici, abbassando completamente le difese; fortunatamente Naho era riuscita a farlo rinsavire prima che venissero allo scontro, ma se fosse successo ancora nessuno le assicurava che sarebbe riuscita a controllare quelle emozioni. La connessione funzionava in modo che, più i due piloti si univano, più le emozioni che condividevano influenzavano entrambi, e se la prossima volta si fosse lasciata travolgere dalla rabbia di Yoshiki nessuno avrebbe potuto fare dietrofront e riacquistare la freddezza necessaria a combattere con i nemici.
Dopo che la ragazza ebbe esternato questi suoi pensieri, Yoshiki sorrise come se avesse capito a cosa si riferisse; non le sfuggiva niente, fu ciò che lasciarono intendere quegli occhi.
<< E’ vero. >> Ammise, sapendo di non poter tenere a bada la curiosità della sua partner. << E’ stato quando gli alieni ci hanno parlato. >>
<< Eri arrabbiato per quello che hanno detto? >> Domandò apprensiva Naho. << Lo sai che non si è trattato nient’altro che di una provocazione… >>
<< No, non è stato per quello. O meglio, le parole dei VIRM mi hanno turbato, ma non nel modo in cui credi tu. >> Puntualizzò il ragazzo, prendendo un po’ di tempo per pensare. Naho lo guardò chiedendogli di spiegarsi meglio; sperava di poterlo aiutare a ignorare quelle pulsioni che lo avevano portato a prendersi un rischio enorme. Quando però Yoshiki diede la sua spiegazione, le lasciò molto poco con cui lavorare.
<< E’ stato il modo in cui… Ho sentito la loro voce dentro la mia testa. >> Scandì portandosi una mano alla fronte, quasi come se dovesse alleviare un’emicrania. << Non mi è piaciuto… Mi ha… Fatto arrabbiare. >>
Confusa, nonostante potesse comprendere la sensazione di Yoshiki, Naho annuì con un po’ di fatica. << Quindi… >> Tentennò. << E’ stata l’invasione della tua mente, un posto che dovrebbe restare privato, a farti reagire in modo così aggressivo? >>
Yoshiki annuì vivacemente. << Sì, esatto! E’ come se… Come se mi sentissi violato. >>
Naho sostenne lo sguardo del proprio partner senza lasciar trasparire alcuna emozione, ma fu estremamente grata a sé stessa per non aver mai provato a leggere di proposito nella mente di Yoshiki come Kya aveva dimostrato di saper fare durante la connessione con il suo partner. L’ultima cosa che voleva era scatenare una reazione rabbiosa nel compagno e rischiare di perdere quel legame che li univa in modo tanto sciocco.
<< Ma non è la stessa cosa di quando entriamo nella connessione? >> Era più forte di lei, non riusciva proprio a tenere a freno la lingua. E Yoshiki mostrò di aver pensato la stessa cosa con un sorriso.
<< Però tu sei mia amica. >> Rispose con un tono che Naho non ricordava di aver mai sentito da lui. Era la totale fiducia che riponeva in lei a permettergli di sopportare l’idea di averla nella testa; quello, assieme forse alla consapevolezza di avere a disposizione a sua volta un pezzetto della coscienza di lei.
La ragazza alzò lo sguardo e sorrise. << Eh. >> Sospirò. << Anche questo è vero. >>

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Capitolo 40
*** Manatsu no Setsuna ***


Le uscite in città, da quando avevano respinto il primo attacco dei VIRM, erano diventate un po’ più tese del solito; le persone che li riconoscevano adesso si erano moltiplicate a un livello tale da mettere i ragazzi a disagio ogni volta che mettevano piede fuori da Mistilteinn.
«Ci fissano tutti…» Borbottò Tetsuya, allungando la mano sana per proteggere la tasca dove conservava i soldi. Suzuko camminava al suo fianco, come a guardia del suo braccio ferito, e sembrava districarsi tra quegli sguardi curiosi con molta più naturalezza.
«Ci hanno riconosciuto. Siamo come delle celebrità adesso, hanno visto cosa abbiamo fatto per proteggerli e adesso la gente ci considera molto più di prima; era prevedibile una reazione di ammirazione da parte del pubblico, una volta conclusa la prima battaglia!» Spiegò sorridendo con tranqullità, osando un piccolo saluto in direzione di una coppia di ragazzini che si erano fermati a guardarli con sguardi sognanti.
«Siamo dei personaggi famosi, fratello!» Esclamò un Kaoru infreddolito, ma sempre pronto a rallegrare l’atmosfera. «Forse dovremmo cominciare a darci delle arie?»
«Meglio restare con i piedi per terra!» Lo interruppe Aiko ugualmente scherzosa. La ragazza lo prese per la mano e lo costrinse a moderare il passo al suo e lui per tutta risposta le mandò un sorriso enorme e si sporse per lasciarle un bacio sulla guancia, ma finì per farle il solletico inavvertitamente ed entrambi continuarono a sghignazzare per qualche secondo.
Il gruppo era ancora compatto, di solito quelle uscite di fine settimana andavano sempre nello stesso modo: la squadra iniziava il giro per i negozi, poi pian piano ognuno andava per la propria strada e finivano per formarsi dei gruppetti che si disperdevano per le strade fino al momento di ritrovarsi alla fermata che li avrebbe ricondotti a Mistilteinn. A dicembre inoltrato faceva buio presto, il viale era illuminato dai lampioni che già a quell’ora sembravano lunghe file di diamanti splendenti e i rumori provenienti dalle abitazioni tutto intorno a loro mettevano il buonumore sapendo che si stava avvicinando l’inizio di un nuovo anno, mentre dai locali lungo la strada arrivava ogni tipo di odore accattivante.
Fu proprio un profumo in particolare che attirò l’attenzione dei ragazzi; Suzuko si voltò verso il proprio partner e indicando un locale dall’altro lato della strada gli disse:«Che ne dici se ci sediamo al caldo e prendiamo una tazza di cioccolata calda?»
Il ragazzo fu sorpreso dalla proposta, e fu sul punto di accettare se non fosse stato per Nakamura che con la sua solita irruenza iniziò ad esultare, dicendo al proprio partner di volerli imitare.
«Va bene, voi andate pure…» Commentò Yoshiki divertito dalle feste di Kya. «Io ho promesso a Naho di accompagnarla a comprare qualche libro nuovo, quindi ci vedremo dopo.»
La ragazza al suo fianco rise mentre Kya si voltava a lanciarle un’occhiataccia. «Ma insomma, non la smetti mai di leggere?»
Per tutta risposta Naho fece la linguaccia alla sua amica e afferrò Yoshiki da un braccio per andarsene via, stranamente frettolosa di allontanarsi dal gruppo mentre gli sguardi degli altri rimanevano ancora fissi su di loro. Alla fine Tetsuya distolse lo sguardo e tornò a sorridere a Suzuko.
«Bene, allora entriamo!» Disse, notando però che l’espressione della ragazza era cambiata dal momento in cui Nakamura si era unita a loro. Rimasero entrambi a guardarla; quel pomeriggio aveva indossato una cappellino di lana con un pompon che continuava a rimbalzarle sulla testa e le conferiva un'aria particolarmente buffa, ma grazie ad esso non sembrava soffrire minimamente il freddo. Continuarono a osservarla mentre chiedeva anche alla Sakei se volesse unirsi a loro.
«Uhm… Sì, perché no?» Rispose alla fine la sua amica, voltandosi però verso il partner un attimo dopo. «Sempre che ad Hoshi vada bene…»
Il piccoletto che camminava a poca distanza da lei si voltò appena si sentì interpellato e la squadrò sorpreso. Fu strano sentire Momo che gli chiedeva il permesso di fare qualcosa, ma forse era più un tentativo di includerlo senza farlo sentire pressato; in fondo era stato lui a lamentarsi dei suoi modi troppo stressanti.
In ogni caso avrebbe accettato l’invito comunque: da fuori sembrava tutto d’un pezzo, con il suo cappotto bene abbottonato e la sciarpa dentro la quale gli spariva il collo, ma dentro stava congelando e non vedeva l’ora di andare in un posto caldo. «Certo, vengo anche io!» Disse con gli occhiali appannati, affondando ancora di più le mani nelle tasche del giubbotto e affrettando il passo verso il locale.
Il gruppo si avviò verso l’ingresso, ma poi Ryo si voltò notando che Kaoru e Aiko fossero ancora al centro della via, indecisi sul da farsi.
«Voi non venite?» Gli chiese, e Kaoru gli lanciò un’occhiata esitante. Fu Aiko però a rispondere al posto suo; la ragazza sfoggiò un sorriso ampio, impacciato, ma che nascondeva una sicurezza non da poco e alzò un po’ la voce per farsi sentire dal compagno di squadra a distanza.
«No, in realtà pensavamo di passeggiare ancora un po’…»
«Oh.» Fece Ryo, che non poté fare a meno di chiedersi come mai quei due non si volessero unire al gruppo. Fu Kya ad arrivare in suo aiuto, sporgendosi dalle sue spalle e starnazzando:«Piccioncini, vedete di non sbaciucchiarvi troppo!»
Le parole della ragazza fecero avvampare dalla vergogna i due ragazzi che già si stavano tenendo per mano e Aiko e Kaoru si voltarono per fuggire con la coda tra le gambe, punti nell'orgoglio.
«Devi proprio essere così cattiva?» Domandò Ryo mentre la ragazza si abbandonava a una risata liberatoria.
«Sta’ tranquillo, non si sono offesi!» Rispose lei dopo un po’, appoggiando il mento sulla spalla del ragazzo. Con le mani iniziò a indirizzarlo verso l’entrata del locale e continuò a sorridere con aria spavalda. «Penso che dovremmo tutti prendere esempio da loro!»
«Non so di cosa tu stia parlando.» Ribatté istantaneo Ryo raggiungendo l’ingresso dove gli altri erano già entrati. Kya gli saltellò alle spalle finché non furono arrivati dagli altri e una volta al caldo i ragazzi cercarono rapidamente un tavolo dove potersi sedere.
Il locale era un bar luminoso dalle pareti dorate, un bancone dai colori vivaci dove erano presentati dolci e ogni tipo di leccornie che avrebbero fatto passare i bambini più piccoli a scegliere per ore, e i tavoli erano disposti a semicerchio lungo i lati del locale circondati da panche comode e imbottite. Il gruppo rimase ad osservare mentre Tetsuya cercava di infilarsi tra il tavolo e il sedile senza sbattere con il braccio fasciato; le garze erano rigide e gli concedevano poca mobilità, quindi infilarsi in spazi stretti per un ragazzone come lui diventava un'impresa. Alla fine se ne tirò fuori e disse con imbarazzo che sarebbe stato meglio se avesse preso il posto più esterno, così da avere più libertà di movimento.
Così Kya andò per prima esultando per aver conquistato il posto vicino alla finestra mentre Momo si sedette dal lato opposto in modo da poterla guardare in faccia; i loro partner le seguirono e presero posto cercando di lasciarne a sufficienza per gli altri compagni di squadra, e così Tetsuya e Suzuko finirono per sedersi agli angoli esterni del tavolo, uno di fronte all’altra.
«Mi dispiace che tu abbia tutti questi inconvenienti a causa mia…» Borbottò la ragazza continuando a fissare il braccio di Tetsuya. A quelle parole il ragazzo agitò una mano con fare seccato.
«Dimentichiamoci di tutta quella faccenda, va bene? Ti ho già detto che non voglio che tu ti scusi!»
Suzuko si imbronciò, ma la smise di pensare in negativo. Tetsuya aveva ragione a non volersi concentrare così tanto su quell’aspetto del suo infortunio, ma ogni volta che lo vedeva in difficoltà per la fasciatura non riusciva a smettere di pensare che fosse colpa sua.
«Ti fa ancora male?» Domandò Hoshi sporgendosi un poco verso di lui, sorprendendo la compagna di squadra per la sua intromissione. Tetsuya strinse le spalle.
«Solo quando strofina contro qualcosa. E poi mi fa un prurito bestiale, ma devo resistere!» Rise e si voltò verso Suzuko come a richiedere la sua complicità; lo sguardo della ragazza però gli parve seccato, anche solo per un istante.
Suzuko poi riprese a comportarsi come se niente fosse, ma dopo quella visione Tetsuya non poté togliersi dalla testa l’idea che qualcosa la avesse infastidita.
«Allora… Credete che d’ora in avanti sarà un problema?» Domandò Ryo dal nulla, attirando gli sguardi di tutti su di sé.
«Un problema?» Domandò Hoshi inarcando un sopracciglio. «A cosa ti riferisci?»
Ryo ghignò e indicò verso l’esterno del locale. «Parlo di Aiko e Kaoru! Pensate che saranno così presi dalle loro smancerie che perderanno la concentrazione?»
«Sei proprio scemo!» Fece Kya dandogli uno scappellotto. I ragazzi nel gruppo però risero, segno che l’idea di Ryo, per quanto fantasiosa, era comunque fondata. Arrivò poi Suzuko a calmare le acque con il suo solito fare composto, dando una spiegazione tecnica a quella domanda.
«Al contrario: la loro relazione porterà a un aumento dei loro livelli di compatibilità, il che significa che saranno ancora più forti. Per non parlare del fattore emotivo che li spingerà a dare il massimo per proteggere la persona amata…» Suzuko avrebbe potuto continuare, ma si interruppe lasciando capire al resto della squadra quanto significasse realmente l’amore sbocciato tra i loro due compagni.
«Ergo: sei uno scemo!» Ripeté Kya assestando un altro scappellotto al partner, facendo ridere gli altri. Ryo si lamentò di quel trattamento e prima di ricevere altre botte sulla nuca alzò le mani per proteggersi la testa.
«Andiamo, avete capito cosa intendo!» Protestò. «Se sono persi nel loro mondo rischieranno di perdere la concentrazione durante gli allenamenti e smetteranno di studiare come si deve, no?»
L’unica a prendere seriamente le sue parole fu la stessa Suzuko, che rifletté sulla propria risposta per alcuni secondi. «Normalmente, potresti avere ragione. Tuttavia proprio a causa del tipo di legame che serve per poter pilotare gli Stridiosauri, credo che questi problemi non si presenteranno.»
«Triplo scemo!» Dichiarò Kya dando l'ennessimo schiaffetto sulla nuca di Ryo, chiudendo il discorso.
Così Ryo smise di ribattere e accettò l'idea di aver preso un abbaglio. Forse la conversazione avrebbe anche potuto continuare, ma in quel momento sopraggiunse un cameriere munito di baffi e grembiule rosso per prendere le ordinazioni dei ragazzi e l’attenzione fu tutta su di lui.
L’uomo era allegro e continuava a mandare sorrisi in tutte le direzioni, interrompendosi di tanto in tanto per salutare gli altri clienti mentre passavano vicino a lui; alla fine l’intero gruppo decise di ordinare delle cioccolate calde e il cameriere si congedò dopo aver messo il punto sul proprio taccuino con un gesto elegante della mano e lasciò nuovamente i ragazzi a conversare tra loro.
«A proposito di piccioncini, non pensate che Naho e Yoshi siano una bella coppia?» Esordì Kya totalmente a caso dopo aver disegnato con il dito una faccina sorridente sopra al vetro appannato del locale.
Momo sbuffò divertita e Hoshi la seguì a ruota, forse per un motivo diverso dal suo; gli altri non sembrarono contrari a quell’idea, a parte Tetsuya che mostrò tutta la sua sorpresa.
«Potresti avere ragione.» Disse Suzuko annuendo pensierosa. «Sono andati d’accordo sin dal primo momento, direi che Fukuda è l’unica persona capace di capire esattamente a cosa stia pensando Ojizaki…»
«No, scusami ma Ojizaki non vede nessuno oltre sé stesso.» Intervenne Hoshi, il sorrisetto che faticava a svanire dal suo volto.
«Ma dai, non è vero!» Protestò Tetsuya, che lì in mezzo conosceva Yoshiki meglio di chiunque altro. Kya arrivò a dargli man forte e fece una smorfia a Hoshi, prima di abbracciare Momo con irruenza come se la volesse tenere lontana da lui.
«Ha ragione Tetsu, tu non lo conosci! Ti piacerebbe avere un briciolo della gentilezza di Yoshi, ma tu invece sei antipatico!» A parte le reazioni di sorpresa di Momo e Tetsuya, la prima per essere stata afferrata improvvisamente dall’amica seduta dall'altro lato del tavolo e l’altro per aver sentito quel nomignolo dalle sue labbra, il tavolo sentì le risatine di Ryo prima che Hoshi potesse ribattere seccato.
«Ce l’hai ancora con me?» Domandò il ragazzino sistemandosi gli occhiali.
«Sempre.»
Altre risate; questa volta Tetsuya e Ryo reagirono in maniera quasi eccessiva alla risposta della ragazza, che era rimasta a guardare Hoshi con occhi sottili e sospettosi, mentre la sua partner cercava di consolarlo dicendogli di non fare troppo caso alle sue parole.
«Comunque io rimango della mia idea. E poi ci sono decisamente coppie migliori…» Disse alla fine il ragazzino incrociando le braccia, assumendo un’espressione offesa. A queste parole Kya sembrò tirare fuori le antenne e ghignò con malizia.
«Ah, sì? E quali?»
Ma Hoshi non parlò, rendendosi conto della trappola in cui si era cacciato. L’unica altra “coppia” di fatto all’interno della squadra era quella formata da Aiko e Kaoru, mentre per ovvi motivi non poteva menzionare i fratelli Okagawa; così rimanevano solo le persone sedute a quel tavolo e oltre a non voler assolutamente fare alcuna allusione a sé stesso e Momo, Hoshi non avrebbe avuto mai il coraggio di mettersi a giocare al consulente matrimoniale con i suoi compagni.
Ma Kya continuava a pressarlo, quasi come se volesse assolutamente sentire una risposta da parte sua; per una volta Hoshi capì come si sentisse Ryo a dover avere a che fare con quella ragazza tutti i giorni.
«Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» Ghignò lei sporgendosi dal proprio posto, facendolo imbarazzare non poco, per niente abituato a tutta quella vicinanza. Hoshi si ritrovò in difficoltà a tal punto da far intervenire la propria partner, che gli posò una mano sulla spalla e allungò l’altro braccio come a dividerlo da Kya.
«Adesso basta, Kya!» Disse con tono protettivo. «Così lo metti a disagio.» E pur sapendo di star prendendo ancora una volta il controllo della situazione senza il suo consenso, Momo pensò che il ragazzo gliene sarebbe stato grato questa volta.
Kya si sarebbe ritirata vittoriosa, se volgendo lo sguardo verso la sua amica non avesse notato che anche Momo era in imbarazzo; un piccolo dettaglio che avrebbe preferito non cogliere. Perché se quell’argomento la metteva a disagio, significava che qualcuno a quel tavolo suscitava il suo interesse, e da come aveva difeso Hoshi sembrava chiaro di chi si trattasse…
«Dai, smettila di essere così invadente.» Intervenne Ryo, che riuscì a tirarla indietro sul sedile. «Kondō voleva solo dire che Naho e Ojizaki non sembrano per niente una coppia, per quanto possano essere simili…»
Kya rimase in silenzio e incrociò le braccia con fare giudicatorio mentre continuava a fissare torva il ragazzo dall’altro lato del tavolo; non si era accorta di aver messo a disagio non solo quei due, ma l’intero gruppo con quei discorsi su chi sembrasse di più una “coppia”.
Per fortuna arrivarono le cioccolate calde dei ragazzi a far slittare l’argomento e nessuno menzionò più quella cosa, anche se Kya continuò a lanciare occhiatacce al partner della sua amica, borbottando cose senza senso di tanto in tanto.
«Oh, ehi!» Disse a un certo punto Ryo, che non riusciva a credere di essersi perso quella cosa. «Ma che fine hanno fatto Aki e Rin?»
«Oh, loro…» Iniziò Tetsuya, ma fu interrotto da Kya che diede una botta sulla fronte al proprio partner.
«Ci hanno salutato appena arrivati in stazione, dicevano che avevano delle cose da sbrigare, commissioni… Bell’amico che sei, non presti neanche attenzione quando uno ti dice una cosa!»
«Ahia! Ma che cosa vuoi?» Borbottò il ragazzo visibilmente infastidito dai continui colpi dell’amica, che quel pomeriggio sembrava più manesca del solito.
La ragazza finì per afferrargli la nuca e stringere come se stesse cercando di fargli male e disse:«E’ il prezzo da pagare per essere tanto stupido!» Quelle parole suscitarono delle risate in mezzo al gruppo, ma alcuni rimasero in silenzio, contrariati da quel comportamento; il primo era Ryo, che non capiva perché dovesse sopportare un trattamento simile. E poi Suzuko, che osservava le dinamiche tra Nakamura e Sato e si chiedeva che cosa le servisse per essere come loro…
 
*
 
I fratelli Okagawa erano tornati a Mistilteinn carichi di buste e pacchetti che avevano rifiutato categoricamente di mostrare ai propri amici, dicendo che avrebbero dovuto aspettare fino all'ultimo dell'anno, data dove per tradizione ci si scambiava i regali. Avevano chiuso tutto in un armadio e nascosto la chiave, rendendo futile ogni tentativo degli altri di provare a sbirciare. Era ormai ovvio che si trattasse di regali per loro, ma la sorpresa rimase fino all'ultimo quando la sera dell'ultimo dell'anno i due fratelli andarono a prendere le buste e iniziarono a distribuirle a tutti. Alcuni sembravano essersene addirittura dimenticati, negli ultimi giorni; altri – in particolare Nakamura – non avevano smesso di pensarci neanche un giorno.
Quando Rin porse un piccolo scatolino legato da un nastro a Kya, questa non fu in grado di trattenere il proprio entusiasmo; amava ricevere regali, qualunque cosa fossero, e il fatto di averla incuriosita in quel modo mantenendo la sorpresa fino alla fine la rese ancora più estatica.
«Ci abbiamo messo un po’ a decidere cosa prendere per ognuno di voi. Non è stato facile perché volevamo che ogni regalo fosse unico, non che sembrasse che li avessimo presi tutti a caso e…» Si perse nelle spiegazioni Aki mentre porgeva a Ryo il suo pacchetto.
«Sì, non preoccuparti!» Lo tranquillizzò il suo amico. «E’ il pensiero che conta. Ma non avrete speso un po’ troppo per fare un regalo a tutti noi?»
Aki sorrise imbarazzato e al suo posto rispose la sorella, che spiegò come volesse essere un ringraziamento per tutto l’aiuto ricevuto quando avevano fatto finta di non essere fratelli.
«Sono stati mamma e papà a consigliarcelo. E poi hanno detto che ora che non ci siamo, tutti i soldi dell’I.P.U. sono anche troppi! Così ne abbiamo approfittato.» Concluse con un sorriso smagliante, osservando con quanto entusiasmo Kya stesse scartando il proprio regalo, ansiosa di metterci le mani sopra.
Quando fu finalmente riuscita ad aprire la scatoletta, la ragazza lanciò un’esclamazione di giubilo estraendovi un fiocco rosso che subito cercò di indossare. Alla fine lo annodò in modo un po’ maldestro legando i capelli in una coda e si voltò verso Ryo per chiedergli come stesse.
«Ti dona.» Rispose lui senza sforzarsi a mostrare troppo entusiasmo, cosa che la fece un po’ infastidire.
Rin arrivò in difesa dell’amica e le mise una mano sulla spalla. «Sembra fatto apposta per te!»
Quelle parole fecero tornare istantaneamente il sorriso a Kya, che chiese:«Come facevi a sapere che fosse il mio colore preferito?»
Ma la ragazza rispose che non lo sapeva. «Ho pensato solo che fosse perfetto per te!»
Mentre le due ragazze si scambiavano quei complimenti, Ryo decise di aprire il proprio regalo e fu sorpreso di vedere una cosa che gli sembrava di conoscere molto bene: era un braccialetto sottile con sopra la figura di un uccello che sbatteva le ali.
«Ma è uguale al mio!» Esclamò Kya tornando dal proprio partner, sollevando il polso dove indossava sempre un braccialetto uguale; in tutti gli anni che si erano conosciuti, Ryo non l'aveva vista una volta senza di esso.
«Abbiamo pensato che vi avrebbe fatto piacere avere qualcosa di abbinato, visto che siete sempre insieme…» Disse Aki mentre l’amico indossava quel regalo con impaccio.
«Eh.» Rise Ryo. «Almeno così non potrai essere invidiosa del mio regalo!» Scherzò rivolto alla partner, che subito gonfiò comicamente le guance e lo guardò adirata, pronta ad esplodere in mille moine e lamentele su come si divertisse a prenderla in giro.
Ryo non era stato l’unico a ricevere un regalo che combaciasse con qualcosa che aveva la partner: Aiko e Kaoru, infatti, avevano trovato un unico pacchetto ad attenderli dentro al quale stavano due collanine che insieme formavano un cuore. Aki e Rin non volevano sembrare invadenti con quel tipo di regalo e infatti gli avevano detto di non prenderlo nel senso sbagliato, ma avevano anche detto di aver notato quanto sembrassero felici assieme e che un regalo “condiviso” avrebbe potuto rendere ancora più speciale quel legame che era nato tra loro.
Se in un primo momento entrambi i ragazzi dello Xenomorphus erano diventati rossi dall'imbarazzo, dopo un attimo passato a riprendere fiato avevano iniziato a studiare con attenzione quelle collanine fino a indossarle, e da lì rimasero a scambiarsi occhiate sognanti per almeno dieci minuti, continuando a giocherellare con i loro regali e a unire le collane per formare il cuore, sghignazzando come una coppietta felice, completamente isolati da tutto ciò che accadeva attorno a loro.
Rin era felice che il regalo fosse stato apprezzato, era con quel sollievo che si era avvicinata a Suzuko e il suo partner per portargli i loro regali. Sapeva già che la sua amica avrebbe cercato di rifiutare il regalo; era semplicemente fatta così, faceva di tutto per restare indipendente e non dover favori a nessuno, ma lì non si trattava di ingraziarsela e lei lo sapeva.
«Non provare a scappare!» La fulmino scherzosamente porgendole il suo pacchetto, molto più piccolo di quanto si sarebbe aspettata Suzuko. La biondina sorrise scuotendo la testa.
«Non posso neanche fingere che mi piaccia?» Scherzò osservando attentamente la reazione della sua amica mentre lei cominciava a slegare il nastro che chiudeva il pacchetto.
«No!» Cinguettò Rin. «Se ti fa schifo dovrai dirmelo!»
Suzuko scosse la testa di nuovo come una maestra paziente. «Allora ne approfitterò per far finta di volere qualcosa di più bello…» Borbottò facendole sfuggire una risata. Era raro che si scambiassero quel tipo di battutine, solitamente Suzuko non era prona agli scherzi e rimaneva estremamente fredda anche con gli amici più stretti, specialmente se di fronte ad altre persone, ma l'atmosfera allegra di quella serata doveva aver sciolto anche lei. Tuttavia era già pronta a reagire con calma alla scoperta del regalo, ma fu colta alla sprovvista una volta aperta la scatola.
C'era un piccolo fermaglio metallico su di un cuscinetto rosso. All'apparenza poteva sembrare un regalo di poco valore, specialmente per una come lei che non si legava mai i capelli, ma per qualche motivo la ragazza rimase senza parole alla sua vista.
«Ti fa davvero così schifo?» Borbottò Rin piegandosi in avanti. Suzuko scosse la testa piano.
«No, è solo che…» Mormorò non sapendo veramente cosa dire. «Non me lo aspettavo…» Disse infine raccogliendo il fermaglio dalla scatoletta e portandolo in alto, posato sul proprio palmo.
Rin sorrise imbarazzata. «Lo so che non li usi, ma ho visto che i capelli ti danno spesso fastidio davanti alla faccia…» Fece un movimento con le mani ai lati del viso per rendere più chiaro il concetto. «E sapevo già che non avresti accettato un regalo troppo costoso, quindi ho pensato di andare per qualcosa di piccolo e pratico allo stesso tempo.»
Suzuko strinse il fermaglio tra indice e pollice e lo girò un paio di volte per esaminarlo da entrambi i lati. C'era una piccola S incisa sul metallo, quando se ne accorse Rin le rivelò che lo aveva fatto personalizzare lei.
«Così resterà per sempre tuo, anche se lo dovessi perdere.» Concluse con un sorriso malinconico. Suzuko guardò la sua amica con grande riconoscenza.
«Non potrei mai perderlo!» Le disse prima di abbracciarla in segno di ringraziamento.
Suzuko non aveva mai ricevuto niente che non le servisse. Tutti i regali che aveva ricevuto nella sua vita avevano uno scopo preciso per lei, per la sua crescita; l'idea che potesse ricevere qualcosa di superfluo non l'aveva nemmeno mai sfiorata, eppure adesso era così contenta di aver ricevuto in dono quel fermaglio che non sapeva neanche se avrebbe mai indossato.
Esitò ancora un attimo, poi la ragazza decise di provarlo subito e iniziò ad armeggiare con i ciuffi di capelli che le scendevano ai lati della faccia mentre la sua amica prendeva il regalo per Tetsuya.
«E a te che ti alleni sempre, ho pensato di prendere una nuova tuta da ginnastica!» Rivelò la ragazza porgendogli il pacco, molto più grande di quello della sua partner. Tetsuya sembrò sorpreso per un momento, ma iniziò comunque ad aprire il regalo con entusiasmo rivelando una tuta da ginnastica azzurra divisa in tre pezzi. «Avevo visto che la tua era un po' rovinata, quindi ho pensato che avresti voluto un modello un po' più nuovo. Questa è più leggera della tua vecchia tuta, ma protegge comunque molto bene dal freddo e grazie al cappuccio impermeabile puoi allenarti anche con il cattivo tempo; se invece fa troppo caldo, puoi semplicemente togliere il pezzo di sopra e indossare solo la maglietta, è molto versatile…»
Il ragazzo sollevò uno dei pezzi del completo e ammirò la lucentezza del tessuto ancora nuovo; era così bella che sembrava la stessa che indossava sempre Yoshiki, la sua vecchia tuta impallidiva a confronto.
«Grazie, davvero!» Disse alla fine mandandole un grande sorriso. «E' un pensiero davvero carino.»
«Non devi nemmeno dirlo!» Rispose quella dandogli un colpetto sulla spalla. «Piuttosto prenditi cura di Suzuko qui; sembra tanto sicura di sé, ma come hai visto è capace di combinare un sacco di guai. Tu sei la sua roccia! Insieme siete inaffondabili!»
Un po' sorpreso di sentire quelle parole, Tetsuya continuò ad annuire e sorridere fino a cercare lo sguardo di Suzuko. Tutti quegli elogi lo mettevano in imbarazzo e la ragazza ormai lo aveva capito, così si ritrovò a ringraziare Rin al posto suo. La loro situazione era molto simile a quella di Yoshiki e Naho, quando i due fratelli erano andati a consegnare i loro regali; lì Rin aveva parlato in modo simile, dicendo quanto Naho facesse affidamento sul partner e quanto Yoshiki fosse responsabile e disponibile con tutti.
Per Naho non c'era neanche bisogno di immaginarlo: Rin aveva scelto alcuni libri che sapeva la ragazza avrebbe adorato, mentre Yoshiki ricevette dei colori a tempera e una tela dove poter dipingere. Aki ammise di aver notato quanto tempo passasse a disegnare nel suo diario e che questo aveva influenzato la decisione sul regalo.
Yoshiki aveva mantenuto la sua solita compostezza anche in quell'occasione, pur lasciando intendere di avere apprezzato molto quel pensiero, mentre invece Naho aveva mostrato di aver gradito il regalo iniziando già a sfogliare uno dei libri ricevuti.
Gli ultimi regali rimasti erano quelli per Hoshi e Momo, che Aki aveva appena tirato fuori dalla busta per i suoi amici. La ragazza ricevette un cerchietto come quelli che indossava per dormire; come il fermaglio di Suzuko, anche questo era di metallo ma aveva un design leggermente più elaborato con piccoli denti posizionati in modo da impedire ai capelli di tornare indietro.
«Rin aveva sentito dire che il tuo fosse un po' fastidioso da indossare durante la notte, così ha voluto a tutti i costi cercarne uno che non ti facesse male.» Spiegò il ragazzo facendo un cenno verso la sorella, ancora impegnata con Maruyama e Sentakami.
Momo ammiccò stringendo il regalo al petto. «Vi ringrazio. Sono sicura che mi sarà molto utile!»
Le sue parole furono quasi coperte dall'improvviso tartassare di Hoshi, che chiedeva quale fosse il suo di regalo. Sembrava essersi trasformato in Nakamura tutto a un tratto.
«Un libro sul controllo della rabbia.» Comunicò Aki tirando fuori un volumetto che aveva tutta l'aria di essere un libro per bambini. Il mormorio nella stanza si arrestò di colpo mentre Hoshi sgranava gli occhi, allibito; tutti avevano gli occhi sui due ragazzi, curiosi di sapere come sarebbe andata a finire.
Il silenzio durò un solo istante perché subito dopo Aki scoppiò a ridere e ripose il libro nella busta. «Sto scherzando! E' stata un'idea di Rin, quando l'ha visto in libreria non è riuscita a trattenersi. Ecco il tuo regalo…» E gli consegnò un pacchetto rettangolare che Hoshi accettò con un po' di sospetto.
Le risate continuarono per un po' mentre il piccoletto apriva il pacco ancora con un po' di esitazione, ma quando vide di cosa si trattasse abbandonò quel muso lungo e alzò in aria ciò che Aki e Rin gli avevano regalato: dentro al pacchetto c'era una custodia dalle forme geometriche ed essenziali e quando la aprì, Hoshi ne tirò fuori un paio di occhiali da sole rotondi che indossò subito al posto di quelli da vista.
«D'accordo, siete perdonati!» Scherzò ghignando ad Aki con indosso le lenti scure, poi si emozionò di nuovo. «Sono anche graduati! Come facevi a sapere che mi piacciono queste bellezze?»
La risposta di Aki però non fu esaustiva per niente. Il ragazzo strinse le spalle e disse:«Non lo sapevo. E' stata Rin a intuirlo.» E gli sguardi si spostarono sulla ragazza.
Lei sembrò mostrare un certo orgoglio per il proprio spirito di osservazione e alla fine disse semplicemente:«A tutti piacciono gli occhiali da sole, ma per una persona come Hoshi possono essere di vitale importanza per nascondere il viso nei momenti più imbarazzanti.»
La ragazza si avvicinò al fratello e gli passò un braccio dietro alle spalle, stringendolo con forza. «Noi ne sappiamo qualcosa, vero fratellino?»
Era strano che non fosse stato Aki, ansioso come Hoshi, a fare quel ragionamento, ma questo confermava ancora una volta come i due fratelli fossero sulla stessa lunghezza d'onda su molte cose e fossero capaci di pensare l'uno come l'altra a seconda della situazione.
«Ehi, anche io voglio gli occhiali da sole!» Borbottò Kya con voce infantile, raggiungendo di colpo Rin e facendole smorfie proprio in faccia.
«Scusa non dicevi che il fiocco era del tuo colore preferito ed era bellissimo?» Borbottò l'altra.
«Certo, ma questo non significa che non possa volere altri regali!»
La voce di Ryo la canzonò dal retro:«Ma se non hai mai indossato un paio di occhiali da sole in vita tua!»
La ragazza allora si voltò verso l'amico e facendogli la linguaccia disse:«E allora comincerò a metterli!»
Quei due sarebbero rimasti a prendersi in giro per ore se Naho non si fosse ricordata dell'attrazione principale della serata, le luci di fine anno che scattavano esattamente a mezzanotte. Dopo una serata passata a scherzare in attesa proprio delle luci, sarebbe stato un peccato perderle.
«Hai ragione! Che ora è?» Borbottò Yoshiki subito dopo, voltandosi a cercare la pendola della sala comune; mancavano cinque minuti, giusto il tempo di riporre i regali e uscire sul portico per assistere allo spettacolo. I ragazzi si trasformarono all'istante quando capirono di doversi sbrigare, agendo come una squadra specializzata nelle pulizie, coordinati anche meglio di come fossero a bordo degli Stridiosauri, e alla fine si riunirono tutti all'esterno, riparati sotto al portico che circondava Mistilteinn.
«Avete preparato tutti i vostri desideri di nuovo anno?» Domandò Rin tenendo lo sguardo puntato sul cielo. Le stelle si vedevano benissimo lì fuori, eppure raramente si erano messi a guardare il cielo notturno a Mistilteinn; soltanto in direzione di Anemone la visibilità diventava un po' peggiore a causa delle luci della città. Ma quelle che stavano attendendo quella sera erano luci molto diverse dal solito.
«Certo!» Fu la risposta spontanea di Kya. Il modo tranquillo con cui lo disse fece voltare Ryo per un attimo, che ricordò la loro discussione a riguardo di qualche giorno prima.
Nonostante la conoscesse da tanti anni, per Ryo quella ragazza era ancora un mistero. Le parole che gli aveva confidato l'ultima volta che avevano visitato il grande albero gli erano rimaste impresse nella mente, non era riuscito a smettere di pensarci; era arrivato addirittura a pensare che Kya avesse qualche potere di sensitiva per aver previsto che sarebbero finiti in squadra assieme, o forse si trattava semplicemente di pura logica e la ragazza era molto più riflessiva di quanto potesse sembrare… E poi c'era l'ipotesi che, come aveva detto lei, fosse semplicemente destino e in quel caso non potessero farci niente. Ma a quel punto a Ryo andava veramente bene che la sua vita fosse già decisa sin dall'inizio? Voleva davvero essere legato a lei per sempre?
I pensieri del ragazzo furono interrotti da un movimento brusco della sua amica, che puntò il braccio verso l'orizzonte avvistando i primi segni delle luci; fasci luminosi di un colore azzurrino si levarono verso il cielo e iniziarono a danzare nell'aria mentre da terra iniziavano a salire lentamente le prime figure luminose. Anche ora, mentre ammirava quello spettacolo con gli occhi innocenti di una bambina, lei era semplicemente la sua amica Kya, le voleva bene perché era lei e non perché fossero in qualche modo legati a due persone vissute mille anni prima di loro e quindi uniti dal destino…
Rabbrividì. Meglio lasciar perdere, si disse, e volse lo sguardo al cielo per seguire lo spettacolo.
Sagome di animali, cascate luminose e simboli che rappresentavano i più importanti avvenimenti dell'anno che volgeva al termine, numeri all'apparenza senza senso ma che per tante persone celavano un significato particolare; nomi che si incontravano, si univano e infine si salutavano in quella danza di luci, e alcune volte anche volti comparivano nel cielo di Anemone. Alcune persone potevano "conquistare" un posto per scrivere ciò che desideravano nel cielo dell'ultimo dell'anno, un messaggio a una persona amata, un disegno destinato a qualcuno, oppure semplicemente un piccolo lumino che si alzava nel cielo per mostrare di essere parte di quel mondo variopinto e carico di sogni e desideri che il tempo portava via con sé per lasciare spazio a quelli nuovi. I ragazzi assistettero a quello spettacolo silenzioso con gli occhi lucidi e nessuno riuscì a distogliere lo sguardo finché non fu finito.
«Pensate che anche Hachi e Nana stiano assistendo allo spettacolo dalla loro casa?» Domandò Naho sognante, volgendo lo sguardo nella direzione dove stava l'abitazione dei due coordinatori, poco distante da lì nel parco di Mistilteinn.
«Quei due piccioncini saranno sicuramente alla finestra, abbracciati l'uno all'altra.» Scherzò Hoshi. Da quando avevano scoperto che erano legalmente sposati, lo avevano ricordato in ogni conversazione possibile. Per quanto fosse possibile che avessero visto abbastanza luci nella loro vita per poter fare a meno di quella notte e concentrarsi su qualcosa di più privato, in quanto vertici dell'I.P.U. avevano sempre avuto una parte nell'organizzazione di quei festeggiamenti e quindi era probabile che volessero vedere i risultati del proprio lavoro.
Era sempre una esperienza magica, per quanto si potesse assistervi mille volte. Quelle luci erano un monito che gli ricordava sempre quanto fosse grande il mondo in cui vivevano e quante cose belle ci fossero che valeva la pena di salvaguardare. Tuttavia le luci di quell'anno portavano ancora una sorpresa per il pubblico, i ragazzi se ne accorsero proprio quando alcuni di loro stavano per voltarsi, pensando che lo spettacolo fosse finito; invece delle esclamazioni di meraviglia di alcuni dei ragazzi fecero nuovamente alzare lo sguardo a tutti, rivelando loro una immagine nuova nel cielo della prima città, talmente grande da sovrastarla tutta quanta.
Lì, nel cielo limpido di quell'inverno le cui prime nevi erano già cadute, si innalzò una figura che somigliava molto da vicino uno Stridiosauro, lo Iustitia per la precisione. La sua postura possente, il suo sguardo fiero rivolto all'intera popolazione rappresentava il messaggio che i Parasite avevano indirettamente mandato ai cittadini attraverso le loro azioni: era un messaggio di sicurezza, di un futuro luminoso che li avrebbe visti vincitori.
Poco dopo l'intera volta celeste fu invasa dalle sagome luminose degli altri Stridiosauri, che affiancarono lo Iustitia così come sul campo di battaglia; per i ragazzi quella non solo fu una incredibile sorpresa, ma anche una scoperta commovente che gli fece capire quanto la gente riponesse fiducia in loro.
Era così che li vedevano quelle persone che stavano difendendo, ed era una vista magnifica.

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Capitolo 41
*** Mettere gli occhiali ***


Le settimane seguenti passarono rapidamente. Con la fine dell'anno anche l'infortunio di Tetsuya passò, liberando finalmente i piloti del Gaia da quel freno che erano stati costretti a inserire nei loro allenamenti. Inizialmente cercarono di non esagerare, lasciando che lo Stamen riprendesse confidenza con la guida; questo fu un periodo molto snervante per Suzuko, che pur essendo tornata a pilotare non poteva esprimere al massimo il suo potenziale e iniziò ad accumulare sempre più stress. In ogni caso, ormai tutte le unità avevano ripreso gli allenamenti tutti insieme e il loro rendimento sia come squadra che come singoli iniziò a crescere esponenzialmente.
I livelli di compatibilità delle coppie erano veramente migliorati dopo la prima battaglia, forse proprio grazie all'effetto della vittoria che aveva portato il buonumore all'interno del gruppo; tutti erano più motivati ora che sapevano cosa aspettarsi dai nemici e arrivati a quel punto non potevano più mollare.
Innanzitutto, la coppia formata da Aiko e Kaoru aveva avuto un'impennata incredibile nel rendimento in ogni sessione di allenamento così come nei livelli di compatibilità generali; erano diventati la coppia con l'equilibrio maggiore in assoluto all'interno della squadra, capaci di raggiungere stabilmente il settanta percento di compatibilità con picchi che sfioravano l'ottanta, una soglia mai raggiunta nemmeno dalla coppia di Iustitia che diametralmente aveva sì migliorato il proprio rendimento, ma aveva anche gradualmente perso la spinta nella crescita che l'aveva distinta all'inizio del percorso intrapreso dai ragazzi.
Nana e Hachi sapevano che la crescita improvvisa dello Xenomorphus era collegata all'inizio della piccola storia d'amore tra i suoi piloti e non erano preoccupati da ciò; tuttavia essere al corrente di quel fatto in sé riempiva di apprensioni entrambi gli adulti, specialmente Nana, poco sicuri su come affrontare la situazione non avendo mai potuto imparare il modo migliore su come agire all'interno di quel tipo di dinamiche tra adolescenti. Decisero, per il momento, di lasciare le cose come stavano e prestare aiuto solo se i ragazzi glielo avrebbero chiesto.
Momo e Hoshi, ormai stabili al sessanta percento dopo la prima battaglia contro i VIRM, avevano iniziato a puntare sempre più in alto. I loro risultati erano ancora tra i meno eccezionali nella squadra, ma il salto effettuato nelle ultime settimane era una conferma della risoluzione dei problemi che affliggevano entrambi i piloti, almeno per la maggior parte.
Naho e Yoshiki avevano subito alcune battute d'arresto negli ultimi tempi. Inizialmente c'era stato il loro litigio quando Momo era scappata, che aveva abbassato un po' la fiducia tra i due e in seguito c'erano stati altri eventi che in qualche modo avevano portato a una crescita rallentata del loro rendimento; per questo la loro coppia era tra le più indietro, nonostante fossero anche quelli con un affiatamento invidiabile.
Aki e Rin, che da quando avevano svelato le loro identità avevano iniziato a sfidare persino Kya e Ryo con la loro perfetta sintonia, adesso avevano cominciato come tutti gli altri a stabilizzarsi nella loro crescita mantenendo comunque risultati estremamente soddisfacenti; Hachi e Nana avevano voluto chiarire che, arrivati a quei livelli i ragazzi avrebbero continuato a rallentare nella loro crescita fino a sfiorare il massimo dell'equilibrio tra partner, quindi avevano detto a tutti di non preoccuparsi dei risultati via via meno travolgenti degli inizi.
Ma la maggior parte di loro non era troppo concentrata sui risultati. A parte Suzuko, che trascinava Tetsuya nella sua ossessiva ricerca della perfezione, infatti tutti gli altri erano più interessati a divertirsi in compagnia, curare i propri passatempi, tenere in ordine la casa e prendersi cura del piccolo santuario della Squadra 13; Naho aveva iniziato a passare molto tempo là, diceva che l'atmosfera era perfetta per leggere un buon libro, e Aiko faceva avanti e indietro da quella stanza alla serra per portare continuamente lillà freschi.
Suzuko stessa, completamente concentrata nello studio, passava molto tempo nella stanza della Squadra 13. Ci andava sempre da sola e appena qualcun altro faceva il suo ingresso, se ne andava senza dire niente; a parte quello, la ragazza passava molto tempo chiusa in camera a studiare, ma era evidente che ci fosse qualcosa che la turbava da un po' di tempo e fu per questo che il suo rapido interesse nella proposta che gli fecero i coordinatori fu una sorpresa per gli adulti.
Un ricevimento di inizio anno tenuto dall'I.P.U., una consuetudine da sempre a cui Hachi e Nana dovevano partecipare perentoriamente; quell'anno però gli era stato chiesto di portare con sé i ragazzi della Squadra Anemone. Sapendo quanto molti di loro odiassero i riflettori, avevano cercato di declinare le offerte ma queste si erano trasformate ben presto in pressioni insistenti da parte dei più influenti ospiti della festa; le persone volevano vedere i ragazzi che avevano salvato la loro città e dato che si trattava anche di molti dei finanziatori dell'I.P.U. sarebbe stato difficile rifiutare.
Era in questo modo che i due adulti avevano posto quell'idea ai Parasite. Benché la maggior parte della squadra avesse da subito considerato la cosa fuori questione, a quella notizia Suzuko si era attivata con grande entusiasmo e aveva detto di essere disponibile a prendere parte al ricevimento.
Non erano obbligati, Hachi si era premurato di farglielo presente, ma Suzuko aveva ripetuto più volte di non sentirsi affatto obbligata e, anzi, di non vedere l'ora di essere lì. Così sembrava già deciso che la ragazza che da tempo si era fatta più silenziosa e malinconica sarebbe andata a rappresentare la squadra di fronte all'alta società di Anemone, ma quando era stato chiesto se qualcun altro volesse farsi avanti Ojizaki si era unito al gruppo.
Lui era abituato a trattare con gente sofisticata, aveva detto. Così pensava che sarebbe stato interessante andare alla festa per una volta non nei panni del "figlio di", ma come sé stesso semplicemente.
Era così che lui e Suzuko si erano ritrovati a rappresentare la squadra al ricevimento dell'I.P.U. e si era trattato decisamente della scelta migliore; a parte i ragazzi più timidi che non avrebbero retto la serata, alcuni avrebbero rischiato di combinare guai che li avrebbero potuti mettere in cattiva luce, udire conversazioni che gli avrebbero fatto perdere la concentrazione oppure semplicemente causare situazioni imbarazzanti che avrebbero potuto destabilizzarli. Suzuko era scalpitante all'idea di presentarsi davanti a tutta quella gente come l'invitata speciale della serata, sentiva di aver finalmente raggiunto uno degli obiettivi che si era posta all'inizio di quel percorso e non riusciva a capire come Yoshiki potesse essere così calmo a quel pensiero; temette che le avrebbe rubato la scena essendo naturalmente carismatico e dall'aspetto più serio e sicuro di sé rispetto a una ragazzina di bassa statura e dallo sguardo arrabbiato come lei, ma decise di ignorare quel pensiero e concentrarsi solo su sé stessa per tutta la serata.
Aveva detto questo, eppure arrivata lì non solo si era sentita come un pesce fuor d'acqua in mezzo a tanti adulti dall'aspetto così serio, ma dopo i convenevoli iniziali aveva iniziato ad annoiarsi. Le persone lì la guardavano come un pezzo da museo, la ammiravano sì, ma allo stesso tempo erano così prevedibili e legati alle apparenze; a rotazione, quasi tutti gli ospiti della serata le avevano posto sempre le stesse domande: quanti anni avesse, cosa l'aveva spinta a unirsi al programma Parasite, come fosse pilotare uno Stridiosauro… Fu grazie a una breve e provvidenziale fuga al bagno che Suzuko poté tirare il fiato per un po' e distendere i nervi.
Hachi e Nana avevano detto che sarebbero rimasti al fianco dei ragazzi per tutto il tempo, ma Suzuko aveva insistito che li lasciassero fare e si godessero invece la festa senza dover pensare di fargli da balia, ma adesso si stava pentendo di quella scelta.
Doveva calmarsi. Lei era Suzuko Sentakami, figlia d'arte e adesso pilota di Stridiosauri; il suo destino era scritto nel marmo e non sarebbe stata una stupida festa a farla vacillare!
Aveva pensato di sfruttare quell'occasione per testare le proprie abilità di oratrice, tenere alto il nome della squadra – e di riflesso anche quello della sua famiglia – di fronte a persone che sicuramente avrebbero saputo di che parlavano, ma quello che aveva ottenuto era stato un branco di personaggi insulsi che si credevano più importanti di quanto non fossero. Era demotivante.
Non era in difficoltà, solo non pensava che sarebbe stato così noioso. Uscendo dal bagno però pensò di essersi data una bella rinfrescata, abbastanza per andare avanti per tutto il resto della serata, ma neanche due secondi fuori di lì e fu colta alla sprovvista da una voce che sembrava starla aspettando.
«Non ne potevi più di quei vecchi bacucchi?» Il tono dissacrante di Ojizaki lo avrebbe riconosciuto tra mille, ma quella era la prima volta che lo sentiva dire una cosa del genere riferito a persone che neanche conosceva.
«Mantieni un po' di decoro, per carità!» Lo fulminò lei dopo essersi ripresa dallo spavento. Lo guardò per un attimo, una gamba sollevata e il tacco della scarpa poggiato alla parete alle proprie spalle; reggeva un bicchiere in una mano con dentro un liquido arancione e frizzantino. «O devo assumere che tu sia già ubriaco per riuscirci?»
Yoshiki inarcò un sopracciglio e si sentì offeso. «E' solo aranciata.» Mormorò agitando il bicchiere e prendendone un sorso; gli adulti si erano raccomandati di non toccare le bevande alcoliche che sarebbero state servite al rinfresco, non che qualche cameriere sarebbe stato così folle da proporgliele, ma conoscendo ciò che avevano combinato i ragazzi intrufolandosi nella loro cantina avevano preferito mettere in chiaro le cose; non avrebbero dovuto preoccuparsi, visto che Suzuko non aveva mai visto Ojizaki prendere un sorso da una qualsiasi bevanda alcolica, mentre lei aveva giurato di non ridicolizzarsi ulteriormente a causa dell'alcol. Sospirò vistosamente, esasperata, e si avvicinò per poggiarsi al muro al suo fianco.
«Avevo solo bisogno di una pausa.» Mormorò alzando lo sguardo verso un enorme lampadario dagli intarsi dorati.
«Immagino.» Borbottò il ragazzo. «Questa gente ha lo spessore di un castello di carte, non riescono a mettere due parole di fila senza scodinzolare di fronte al loro premio ambito. E' uno strazio conversare con loro.»
Suzuko non avrebbe usato quelle stesse parole, ma ammise di trovarsi del suo stesso avviso.
«Ma non puoi parlare così!» Lo rimproverò girandosi di scatto. «Se ti sente qualcuno potresti passare dei guai…»
«E cosa dovrebbero farmi?» Rise Yoshiki staccando il piede dal muro. «Le persone in questa stanza non hanno alcun interesse nei nostri confronti, gli interessa solo ciò che rappresentiamo.»
La ragazza assottigliò lo sguardo e si girò dall'altra parte. «Sì, bé… Ne andrebbe comunque della tua reputazione. E di quella della squadra. Quindi se dici qualcosa che potrebbe compromettere il modo in cui queste persone vedono te, stai certo che rischierai di compromettere anche il nostro lavoro!»
Ma Yoshiki non sembrava particolarmente preoccupato di quello. Gli tornarono alla mente le luci dell'ultimo dell'anno e gli ologrammi celebrativi dedicati a loro. «Forse… O forse sarebbe meglio per noi.» Disse sorridendo con lo sguardo perso nel vuoto. «Questi odiosi ricconi ci ringraziano e ci chiamano eroi, ma se ci vedessero passeggiare per strada in un contesto dove non possono sfruttarci saremmo degli adolescenti qualunque ai loro occhi. Senza tutte queste seccanti distrazioni saremmo in grado di fare meglio il nostro lavoro.»
«Ma non è vero!» Protestò veementemente la piccoletta, alzando un poco le mani inavvertitamente. «Hai visto anche tu come ci guardava la gente per strada, per quelle persone non siamo degli oggetti!»
Yoshiki alzò lo sguardo verso lo stesso lampadario che aveva adocchiato Suzuko, poi si girò di nuovo e posò finalmente i suoi occhi gelidi su di lei. «Forse è così, ma è la popolarità ad attrarre la gente, e io credo che alcuni di noi farebbero volentieri a meno di tutte queste attenzioni da parte del pubblico.»
«Se la pensi così, perché sei venuto qui allora?» Si impuntò la ragazza, che prese quella discussione come un'occasione per difendere ancora una volta i suoi ideali. Yoshiki però strinse le spalle, spiazzandola.
«Mi annoiavo. Tu perché sei venuta?»
La ragazza esitò un momento a rispondere, pensava che la sua motivazione fosse ovvia al ragazzo. In ogni caso non era sicura di poter dire tutte le motivazioni di quella scelta, così come le cose che l'avevano portata ad arruolarsi nella squadra o cercare di dare sempre il meglio di sé, anche quando era innegabilmente in difficoltà.
Alla fine si imbronciò e rispose quasi stizzita. «L'ho fatto per il bene della squadra! Pensavo che questa occasione sarebbe servita a migliorare la nostra reputazione e avrebbe anche fatto bene ad Hachi e Nana, che sembravano veramente disperati quando si sono rivolti a noi.»
Yoshiki annuiva con disinvoltura e sembrò sul punto di dire qualcosa di sarcastico, ma si trattenne. Alla fine abbassò lo sguardo come se fosse deluso e tornò a guardare verso Suzuko, questa volta con un'espressione più costernata.
«Scusami. Mi sono lasciato trascinare.» Disse alla fine, sorprendendo la ragazza per il suo cambio di tono. «Questa è una festa, dovremmo divertirci invece che stare a discutere di cose fastidiose come questa; non ha importanza che cosa ti ha fatto venire qui, ciò che conta è che adesso ci sei e devi decidere cosa fare.»
La ragazza non seppe come rispondere a quelle parole; era riuscito a chiudere quella discussione in maniera incredibilmente diplomatica e repentina, non credeva nemmeno di poter continuare ad essere arrabbiata per le parole che le aveva detto prima. Alla fine si abbandonò a una risata liberatoria e concordò.
«Forse dovremmo restare insieme per il resto della serata. In questo modo potremmo sostenerci l'un l'altra se gli altri ospiti ricominciano con le loro tediose domande…» Propose il ragazzo sorridendo un poco, mostrando di saper anche cambiare espressione alle volte.
Suzuko annuì. «Sì, buona idea.» E fece per tornare al centro della sala con Yoshiki al suo fianco.
La sala del ricevimento emanava un'atmosfera di sfarzo e pullulava di persone benvestite che si muovevano perlopiù in gruppi, mentre alcuni addetti al rinfresco sfilavano in mezzo ad essi per portare vivande da una parte all'altra. Inizialmente i due ragazzi non seppero dove andare e si limitarono a camminare lentamente, zigzagando a vuoto negli spazi più ampi della sala; entrambi si amalgamavano alla perfezione in quel luogo, presentandosi con estrema eleganza e cura nei dettagli, lui con quella pettinatura indietro che raramente mostrava e che metteva in risalto ancora di più il suo sguardo di ghiaccio, lei con il vestito preso in prestito da Aiko, che pur indossando una taglia più larga della sua aveva tantissimi indumenti da festa adatti a occasioni come quella. Suzuko doveva stare un po' attenta a come si muoveva per non far sciogliere i nodi che le sue compagne di stanza avevano fatto per assicurarsi che il vestito restasse su, ma era lieta di essere riuscita a trovare quella soluzione sapendo di non potersi certo presentare in uniforme al ricevimento e che i vestiti che usava di solito lei fossero molto meno adatti a un evento di quella portata.
«Comunque sia, non ho ancora avuto modo per chiederti scusa.» Proferì Yoshiki dopo un po' che si mossero al centro della sala. Suzuko sembrò perplessa e si girò a guardarlo mentre le indicava il tavolo del buffet, intento ad avvicinarcisi.
«Di che cosa devi chiedermi scusa?» Mormorò confusa lei seguendolo. Il ragazzo attese di essere arrivato alla sua meta, poi riprese a parlare mentre con lo sguardo passava in rassegna le tartine e le caraffe ancora piene di fronte a sé.
«Quando abbiamo lottato per decidere chi sarebbe diventato il caposquadra ho lasciato che il mio spirito di competizione si mettesse in mezzo e sono stato troppo aggressivo.»
Suzuko lo fissò incredula. Lei non ricordava nemmeno come si fosse svolta quella competizione ed era stata tra le più competitive nella squadra, e Yoshiki ci aveva pensato per tutto quel tempo?
«Non dovresti scusarti, è una cosa normale: volevamo entrambi la stessa cosa e abbiamo dato il massimo per ottenerla. Oltretutto nessuno di noi due ha vinto alla fine, quindi non c'è niente per cui doversi scusare…» Suzuko agitò una mano come per fargli intendere che non ci fosse alcun problema e pensò di aver messo rapidamente da parte quella questione come lui aveva fatto con l'argomento di prima, ma il ragazzo ribatté atono mostrando di avere ancora qualcosa che lo preoccupasse.
«Ma stavo per folgorare la tua amica. Se Matsumoto non si fosse arreso avrei rischiato di fargli seriamente male, e dubito che tu saresti stata così rilassata in quel caso.» Aveva preso un piattino e stava iniziando a raccogliere qualche pallina di riso con delle bacchette, poi si girò e cercò l'esposizione di pesce ma la scartò rapidamente mentre Suzuko dietro di lui rifletteva.
In effetti in quell'istante Yoshiki era sembrato molto determinato a colpire seriamente i loro compagni; anche avendo già la vittoria in pugno, aveva dimostrato di poter essere spietato se necessario, e se quella poteva essere considerata una qualità adatta a un leader, non poteva essere detto lo stesso per un compagno di squadra.
Però Suzuko non sapeva veramente cosa dire. Se si fosse trovata nella situazione di Ojizaki, anche lei avrebbe cercato di assicurare la vittoria in qualunque modo, pur rischiando di fare del male ai suoi compagni? Aveva affrontato l'Aros nella sua battaglia, ma come si sarebbe comportata se avesse dovuto combattere contro Aiko o Rin?
Quei pensieri furono rapidamente dissipati da un piatto carico di tartine vegetariane, piccoli tramezzini soffici, alghe e palline di riso bollito ripiene di verdure, il tutto ordinato in una composizione graziosa che le piombò davanti, costringendola a sorreggerlo per non far cadere tutto quanto. «Tieni.» Disse Yoshiki, dimostrando di non aver preso tutta quella roba per sé ma per la sua compagna.
Imbarazzato, cercò di distogliere lo sguardo mentre Suzuko gli chiedeva in silenzio che cosa significasse tutto quello. «E' che mi sei sembrata molto più pallida del solito e ho immaginato che non avessi toccato ancora niente da mangiare, quindi ci ho pensato io.»
«Anche tu sei pallido.» Lo rimbeccò lei inarcando un sopracciglio. Yoshiki sorrise imbarazzato e strinse le spalle come per dire che non ci potesse fare nulla.
Divertita, la ragazza lo ringraziò e tornò a guardare il proprio piatto. Effettivamente non si era ancora avvicinata al tavolo del buffet, forse timorosa all'idea di combinare qualche guaio se si fosse sporcata mangiando oppure di attirare altre attenzioni indesiderate, ma vedendo tutte quelle cose proprio sotto al suo naso si rese conto di avere un buco nello stomaco.
«E comunque ero serio prima.» Continuò Yoshiki mentre la ragazza addentava una pallina di riso, sentendo il ripieno al suo interno esplodere sul suo palato. «Mi dispiace per essere stato così… Spietato.»
«Scuse accettate.» Disse lei finendo di masticare. «E grazie per questi!» Disse indicando il piatto.
Yoshiki sorrise. La Sentakami non gli era mai sembrata una ragazza tanto facile da convincere, anzi aveva tutta l'aria della classica perfettina che si legava al dito i torti subiti; o lo stomaco le si era svuotato a tal punto da non riuscire a farla pensare chiaramente oppure la ragazza stava cercando di non fargli una colpa di quello che aveva fatto durante lo scontro perché sapeva che, in una situazione simile, anche lei avrebbe potuto dare sfogo a tutta la sua competitività e preferiva non affrontare quell'argomento…
Alla fine Yoshiki abbandonò quei pensieri e prese un altro succo d'arancia prima di tornare a passeggiare per la sala con Suzuko, che adesso aveva un'aria più allegra. Fu proprio vederla in quello stato che gli ricordò una cosa.
«Credo che dovresti mettere gli occhiali.»
«Che cosa?»
A Suzuko andò di traverso un boccone di tramezzino e tossicchiò un poco prima di potersi ricomporre e chiedere al ragazzo che cosa intendesse con quelle parole. Yoshiki rimase per tutto il tempo con la sua solita compostezza e quando Suzuko ebbe finito di tossire, si spiegò meglio.
«Hai sempre uno sguardo così truce che sembra tu voglia saltare alla gola di chi ti parla, ma penso che questo sia dovuto solo al fatto che non ci vedi bene; hai mai provato a visitare un oculista?»
La ragazza sentì il calore accumulatosi nelle guance e sulla fronte dissiparsi, rendendosi conto che il suo segreto non fosse stato ancora scoperto. «Ah!» Esalò sorridendo imbarazzata. «Dici sul serio? Ma io ci vedo benissimo, questa è solo la mia espressione naturale!» E a quel punto cercò di imitare sé stessa per provare quella giustificazione, ma si rese conto di quanto fosse difficile assumere quell'espressione a comando.
«Espressione naturale un corno!» Rispose quello seccato. Suzuko sbuffò.
«Ma insomma, tu hai la stessa espressione mia! Perché non vai tu dall'oculista?»
«Perché la mia è veramente così! E non ho la fronte perennemente corrucciata come fai tu.»
«Ah sì?» Rispose a tono la ragazza. «Allora fammi vedere un sorriso, vediamo se è proprio la tua espressione naturale!»
Senza preavviso, Yoshiki si avvicinò al viso della ragazza e la squadrò come qualcuno che cercava di vedere attraverso di lei; fu così veloce che le loro fronti quasi sbatterono e Suzuko si ritrovò a indietreggiare spaventata. Poi il ragazzo sfoggiò un sorriso che somigliò più a una smorfia, un ghigno soddisfatto di quelli che facevano i cattivi nei cartoni animati per bambini e Suzuko scoppiò a ridere in mezzo alla sala, attirando qualche sguardo su di sé.
«D'accordo, ti credo!» Gli disse girandosi dall'altro lato e coprendosi la bocca con una mano per attutire e risate.
Yoshiki tornò alla sua solita espressione diffidente, adesso leggermente infastidito. «Non ci riesco a comando.» Borbottò.
«Decisamente no.» Gli fece eco lei mentre ancora cercava di riacquistare la calma. Suzuko si sentiva rilassata, era a suo agio nonostante fosse al centro dell'attenzione e stesse conversando con uno dei ragazzi con cui interagiva di meno di tutta la squadra.
Perché non poteva essere così quando stava con Tetsuya? Che cosa c'era di diverso con lui, che rendeva il loro rapporto una serie di comportamenti imbarazzati e distanti che facevano a malapena breccia in quel muro che li divideva?
Yoshiki sembrò sentire i suoi pensieri, ma in realtà gli bastò solo leggere la sua espressione: dopo quella risata liberatoria si era fatta cupa e pensierosa. «Qualcosa non va?» Domandò reggendo il bicchiere di aranciata all'altezza del fianco.
Suzuko non ci pensò due volte. Se poteva trovare qualche risposta era proprio in quel momento, grazie alla persona che conosceva Tetsuya meglio di chiunque altro.
«Ti dispiace se ti faccio una domanda?» Mormorò alzando lo sguardo, facendosi da triste a determinata nel giro di un istante.
Yoshiki tentennò sorpreso dall'improvvisa aggressività della ragazza, agitò il suo bicchiere e alla fine rispose:«Spara.»
Per un attimo la ragazza sembrò pronta a porgli la sua domanda, poi esitò ancora. Forse non avrebbe dovuto fare un quesito del genere, ma ne andava del suo futuro da Pistil e di quello di Tetsuya, e in fondo non credeva che sarebbe sembrata troppo invadente.
«Tu conosci bene Tetsuya, vero?» Disse cercando di aggirare il punto ancora per un po'. Yoshiki annuì perplesso, chiedendosi dove volesse arrivare. «Come faccio a migliorare con lui?»
Lo sguardo confuso del ragazzo rimase tale dopo quella domanda, Yoshiki la squadrò come se gli avesse appena chiesto il senso della vita e Suzuko si sentì improvvisamente fuori luogo. Alla fine però, vedendo il suo disagio tentò di essere più accomodante e cercò di continuare quella conversazione.
«Come Parasite, o come amica?»
Suzuko alzò lo sguardo. «C'è una differenza?»
Yoshiki sorrise. «Forse sì. Dipende da che approccio usi quando piloti con lui, ma non posso aiutarti molto con questo; solo tu e Tetsuya sapete come funziona la vostra connessione e tra voi due ci sono dinamiche diverse di quelle che ci sono tra me e lui. Per questo posso solo darti consigli per come essere sua amica, non la sua partner.»
Suzuko ci pensò un attimo, poi alla fine annuì sapendo di non avere nulla da perdere.
«E' una persona mite, dovresti saperlo bene.» Iniziò Yoshiki. «Uno di quei tipi che non fanno amicizia facilmente e spesso preferiscono starsene per i fatti propri. Io l'ho notato da subito e un po' perché volevo che non si isolasse, un po' perché eravamo già compagni di stanza, ho iniziato a prendere l'iniziativa e includerlo in quello che facevo.»
Quello lo faceva già, pensò Suzuko. Non era un granché di consiglio…
«A Tetsuya non interessa se sono gli altri a decidere per lui; certo, devi pur sempre rispettare la sua identità, ma scoprirai facilmente che è uno a cui va bene tutto. Quindi se vuoi essere sua amica, dovresti provare ad essere un po' più aggressiva con lui, diciamo così.»
Il ragazzo sorrise come se stesse veramente cercando di aiutarla e Suzuko abbassò lo sguardo pensierosa. Forse era come diceva lui, ma quando aveva cercato di essere più aggressiva aveva finito per far male al suo partner, come poteva provare una cosa del genere sapendo di averla già combinata grossa una volta?
«E' strano, però… Pensavo che voi due foste ben stretti l'un l'altra.»
«E' una cosa complicata…» Rispose lei colta alla sprovvista da quel commento, in imbarazzo.
Lui annuì. «Sì, è più o meno la stessa cosa che dice quando parla di te…»
Gli occhi di Suzuko si illuminarono. Ancora non sapeva se quella che sentiva fosse paura o eccitazione, quindi si avvicinò un poco a Yoshiki. «Lui parla di me? In che senso, a che cosa ti riferisci, come…»
Il ragazzo la fece calmare, non potendo rispondere a tutte le sue domande insieme. Quando Suzuko ebbe rallentato e la sua respirazione fu tornata quella di prima, si spiegò meglio:«Certo, parliamo delle nostre partner di tanto in tanto. E' inevitabile parlare della persona che ti sta accanto più spesso durante il giorno, ci raccontiamo come sono andati gli allenamenti sugli Stridiosauri e via dicendo… Non credo sia mio diritto rivelarti cosa dica Tetsuya di te, ma puoi stare tranquilla che non ha mai detto niente di cattivo sul tuo conto.»
Anche se delusa da quella risposta poco esaustiva, Suzuko fu un po' sollevata. Almeno significava che non la odiava anche dopo quello che gli aveva fatto. «Grazie al cielo…» Mormorò.
«Stai tranquilla, Tetsuya è troppo buono per poter provare rancore per qualcuno.» Le disse con tono gentile. «E comunque non avrebbe motivo di provare risentimento per una persona gentile come te.»
A quelle parole, Suzuko alzò lo sguardo come se non volesse credere alle proprie orecchie e lo fissò con gli occhi lucidi. Forse poteva anche avere ragione, ma non poteva dimenticare tutte le volte che aveva stremato Tetsuya per ottenere dei risultati in più; e anche adesso stava facendo proprio quello, cercando di sfruttare Yoshiki per comprendere meglio il proprio partner e ottenere un livello di compatibilità più alto.
«Perché sei così ossessionata dai risultati?» Domandò di colpo Yoshiki, quasi come se le avesse letto nel pensiero. Lei non riuscì a rispondere, non poteva rispondere; perché se da una parte il suo desiderio di rendere fiera la propria famiglia era tutto ciò che la spingeva ad andare avanti, dall'altra sentiva che ci fosse qualcosa di sbagliato in lei e nel modo in cui vedeva il mondo, e una persona schietta come Ojizaki, che alla sua famiglia aveva voltato le spalle, avrebbe riso delle sue motivazioni.
La serata passò, ma non passò quel senso di pesantezza che aveva inglobato i due ragazzi, che smisero di parlare se non per qualche sporadica occasione; l'atmosfera era cambiata dopo quella chiacchierata e per quanto cercassero di non farselo pesare, nessuno dei due riuscì più a fare finta di niente.
Quando furono tornati a casa e vennero accolti dai loro compagni con ampi sorrisi, le domande nate nella mente di Suzuko continuarono a marciare e crescere, facendole dubitare anche dell'affetto di quelle persone tanto buone con lei, fino a tormentarla nel sonno.
 
*
 
Hachi rientrò nella camera da letto per lasciare la cravatta e la giacca su una sedia, si slegò la benda dalla testa e passò una mano tra i capelli inspirando l'aria a fondo. Normalmente sarebbe andato dritto a dormire, lui non sopportava quegli eventi nonostante un tempo la formalità fosse stata la sua migliore qualità; tuttavia quella sera c'era qualcosa di diverso nell'aria della sua abitazione a Mistilteinn.
Nana non poteva essersene accorta, solo lui aveva lanciato lo sguardo all'edificio scolastico dove stavano anche i loro uffici, dove alcuni dispositivi non si spegnevano mai… Lì, dove aveva comunicato per la prima e unica volta con il Padre nel proprio ufficio, aveva visto una luce che non avrebbe dovuto esserci uscire dalla sua finestra e la curiosità era stata troppo forte per non uscire a controllare di nuovo.
Dal portico della piccola abitazione che lui e Nana condividevano, affacciata sul lago artificiale dove sorgeva l'antico centro di controllo di Mistilteinn, Hachi cercò di nuovo di avvistare quella luce che aveva notato mentre passava accanto al ponte. Non se l'era immaginata, c'era davvero qualcosa lì: lampeggiava a cadenza regolare, non variava mai di intensità… E lo chiamava.
Senza dire nulla a Nana, che probabilmente era ancora in bagno a struccarsi – sapeva quanto odiasse avere a che fare con quella roba e che ci avrebbe messo molto a togliersela di dosso – l'uomo si allontanò dall'abitazione e ricoprì in fretta la distanza che lo separava dal lago; il ponte era illuminato da piccole lanterne poste ai suoi lati che si riflettevano tremolanti sul pelo dell'acqua, il lago rimaneva mansueto in quella notte gelida ma senza vento.
Attraversato rapidamente il ponte, Hachi si sbrigò a tirare fuori la chiave che apriva il portone della scuola e una volta dentro tirò un sospiro di sollievo. Perché era lì? Perché sentiva di star facendo qualcosa di sbagliato nonostante non ci fosse nulla di strano in quello? Il suo cuore aveva accelerato i battiti all'improvviso appena si era chiusa la porta, quasi come se avesse sentito il pericolo e stesse mandando ad Hachi quell'iniezione di adrenalina di cui tanto aveva bisogno, solo che lui l'avrebbe usata per avvicinarsi ancora di più alla fonte della sua ansia, quel misterioso segnale che aveva visto dalla sua finestra…
Salì le scale senza fermarsi, il suo ufficio non era troppo lontano dalla rampa e quando arrivò trovò la porta chiusa a chiave, come l'aveva lasciata quel pomeriggio prima di andare a prepararsi per la festa. Girò la chiave lentamente nella toppa; per qualche motivo sentì il bisogno di usare cautela nonostante fosse ormai appurato che non vi fosse entrato nessuno in quella stanza.
Il suo ufficio era immerso nell'oscurità, non vedeva nulla a parte per la zona vicino alla finestra da dove entrava una flebile luce lunare; la sua scrivania, tuttavia, era illuminata a tratti dal piccolo schermo luminoso del comunicatore che recitava a intermittenza "CHIAMATA IN ATTESA."
Come se lo avesse percepito, il dispositivo si illuminò e una luce violetta fu proiettata verso l'alto. Hachi ormai sapeva che cosa stesse succedendo, ma non riuscì a reagire comunque.
La voce del Padre lo fece trasalire:«Complimenti per la vostra eccezionale vittoria, umani.»
Hachi non si mosse. Il comunicatore era rivolto verso l'altro lato, ma era sicuro che qualunque cosa stesse parlando con lui in quel momento potesse vederlo perfettamente; ora la domanda era se gli avrebbe dato la soddisfazione di rispondere oppure se sarebbe rimasto in silenzio.
«Non pensavamo di affrontare delle forze tanto preparate, benché esigue di fronte a un attacco massiccio come il nostro. Sapete già che quella era solo una delle tante carte a nostra disposizione da giocare, quindi non montatevi troppo la testa…»
«Che cosa vuoi da me? Il prossimo attacco non arriverà tra più di un mese!» Sbottò Hachi non riuscendo a trattenersi, aggirando rapidamente la scrivania per guardare direttamente l'ologramma.
La voce del VIRM cambiò tonalità; dal solito fare altezzoso adesso sembrò quasi amichevole, divertita a vedere l'umano inveire contro di sé. «Non essere egocentrico, vecchio mio. Lo sai che non è l'unico attacco che abbiamo in serbo per voi; tuttavia siamo sicuri che hai già preparato una risposta per quello che arriverà domani… E la settimana prossima… E quelli tra due.»
Ovviamente. Pensò Hachi, che non riuscì a trattenere l'irritazione che quella voce gli donava. Il primo attacco dei VIRM era stato coordinato: adesso cominciava la parte difficile in cui l'umanità avrebbe dovuto rispondere ai continui attacchi che avrebbero preso di mira diverse zone del globo in un tentativo di sfiancare i loro nemici. Alcune squadre erano state trasferite proprio per rispondere agli attacchi in zone che altre non erano più in grado di difendere, quando non erano state spazzate via del tutto, ma la squadra dei suoi ragazzi e poche altre erano rimaste ai propri posti perché avrebbero ricevuto gli attacchi più massicci tra non molto.
«Non siete riusciti a scalfire la nostra volontà.» Rispose a tono Hachi ghignando. «Abbiamo subito delle perdite, ma sempre meno di voi e la popolazione è rimasta al sicuro; siamo perfettamente in grado di vincere questa guerra!»
«Attento, umano.» Lo ammonì la voce con calma. «In guerra nessuno vince, tutti perdono qualcosa. E questo ottimismo potrebbe costarti caro.»
Hachi rimase a fissare la luce del proiettore come se fossero gli occhi del Padre, sprezzante. Come si permetteva di fargli quel tipo di predica? Non era nella posizione per fare simili discorsi, erano stati loro a iniziare tutto quello.
Alla fine Hachi si voltò e incominciò a lasciare la stanza. «Ci vedremo alla battaglia, sempre che le forze messe in campo non siano troppo deludenti!» Utilizzò le stesse parole usate da lui il giorno del primo scontro, quindi richiuse la porta alle proprie spalle con veemenza, facendola quasi sbattere.
La luce violetta rimase da sola nell'ufficio buio, non c'era più niente da dirsi eppure l'alieno esitava a lasciare quel posto. Sapeva che Hachi non poteva sentirlo, ma continuò come se si stesse rivolgendo a lui.
«Stolti umani. Non appena vedete uno spiraglio di luce, diventate tronfi e dimenticate quanto piccoli siate di fronte all'universo. Ora schiacciarvi sarà ancora più soddisfacente.»
Quindi la chiamata si interruppe, questa volta definitivamente, e lo studio poté tornare in silenzio.

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Capitolo 42
*** Sforzi inutili ***


Infine era giunto il momento in cui i ragazzi si sarebbero rimessi in gioco. Il tempo era volato da quando Suzuko e Yoshiki avevano presenziato al ricevimento dell'I.P.U. I loro compagni di squadra li avevano riempiti di domande al riguardo perché anche se avevano preferito evitarlo, la loro curiosità rimaneva, ma se Yoshiki sminuiva tutto dicendo che era stata una gran noia, Suzuko non sembrava avere voglia di parlarne del tutto.
Proprio la ragazza sembrò avere un cambio di umore radicale dopo quel giorno. Nessuno sapeva a cosa fosse dovuto, alcuni provarono a parlare con Yoshiki per sapere se fosse successo qualcosa che avrebbe potuto innescare questa reazione in lei, ma lui negò sempre tutto. Non solo il ragazzo non pensava di essere la causa dello stato umorale attuale della sua compagna, ma credeva anche che lei non avrebbe apprezzato intromissioni da parte degli altri in quella faccenda.
La giovane passava le giornate quasi completamente da sola, spesso rimanendo in camera ma più volte al giorno sembrava visitare il santuario della Squadra 13. Non si occupava dei fiori e non metteva in ordine, se ne restava in silenzio a osservare quelle foto antiche, a volte da seduta, altre volte passeggiava per la stanza incessantemente e se ne andava dopo poco.
Tetsuya aveva ovviamente notato tutto questo; grazie alla connessione aveva potuto avvertire parte dei sentimenti della ragazza dentro di sé, ma ancora non riusciva a capire cosa la tormentasse tanto e aveva provato a sfruttare i momenti di solitudine all'interno del Gaia per parlarle, ma senza successo. Solitamente Suzuko respingeva ogni suo tentativo di approccio dicendogli di concentrarsi sulle esercitazioni o di non preoccuparsi di simili sciocchezze, ma il ragazzo aveva notato un calo nel loro rendimento a bordo dello Stridiosauro e la cosa più sorprendente era il fatto che la sua partner non sembrasse assolutamente scalfita da quei dati; per lei che i risultati erano tutto, ritrovarsi a ignorare completamente il proprio partner e il lavoro a bordo del Gaia significava veramente che qualcosa non andava e non avrebbe potuto essere più ovvio di così.
Neanche provare a parlarne con Yoshiki sollevò alcun dubbio. Il ragazzo rimaneva criptico come sempre e disse di non poter parlare di ciò che era successo alla festa per "rispettare Sentakami" o qualcosa del genere, ma gli consigliò di essere paziente e forse Suzuko si sarebbe aperta a lui quando lo avrebbe ritenuto il momento giusto.
E così Tetsuya aspettò, per quanto fosse penoso dover vedere la sua partner in quello stato ogni giorno. Quando ricevettero la notizia che sarebbero tornati in battaglia, notò la reazione di Suzuko: era carica, pronta a mettersi di nuovo in gioco. A quel punto capì che le cose stessero tornando al proprio posto, ma dovette attendere la mattina della battaglia per vedere il quadro completo.
La squadra stava concludendo i preparativi per uscire: secondo le informazioni date dagli adulti, l'attacco VIRM sarebbe iniziato alle quindici, nel primo pomeriggio. I ragazzi si erano svegliati presto e avevano iniziato a fare le proprie faccende come al solito, volevano assicurarsi di essere pronti a partire appena finito di mangiare, possibilmente prima delle quattordici. In quei momenti concitati sarebbe stato importante rimanere da soli con i propri pensieri e non causare problemi a nessuno, o almeno quella era l'idea di Tetsuya, che però fu portato in disparte dalla sua partner proprio mentre riordinava le sue cose in camera.
«Posso parlarti un minuto?» Fu tutto quello che Suzuko gli disse prima di portarlo con sé nell'ala della tenuta meno frequentata. Lì la ragazza aprì la porta del santuario e si assicurò di chiudere per bene la porta dopo che furono dentro entrambi; Tetsuya non capì perché avesse bisogno di girare la chiave nella serratura, ma non disse niente ricordando il consiglio di Yoshiki e quindi attese che fosse lei a fare la prima mossa.
Suzuko si fermò a guardare alcune delle foto poste sul davanzale della finestra: ritraevano molti bambini con le loro madri, sembrava una riunione di amici, di quelle che avvenivano anni dopo essersi separati e ritrovati.
«Io conosco queste persone.» Disse seria senza voltarsi. Tetsuya non capì. «Conosco i loro nomi, so a memoria i loro volti e potrei dirti tutto quello che hanno fatto nelle loro vite. Conosco queste cose perché mi sono state insegnate, anzi… Inculcate sin da quando ero piccola.»
Suzuko si fermò come se avesse detto qualcosa di sbagliato e Tetsuya la vide sussurrare con riluttanza qualcosa per rimproverarsi; poi con un gesto di stizza si girò verso di lui e avanzò a passi rapidi.
«Ho un compito da portare a termine. Ho sempre pensato che bastasse la mia sola forza di volontà per andare bene e che se mi fossi impegnata al massimo sarebbe andato tutto sempre per il meglio, ma ora capisco che il nostro compito è qualcosa che va affrontato in due; non posso forzarti, anzi è di vitale importanza che proseguiamo al passo più confortevole per entrambi! Eppure non posso fare a meno di pensare che stiamo restando indietro… I nostri sforzi saranno vani se non riusciamo a trovare quell'equilibrio come…»
Suzuko si fermò. Tetsuya la stava fissando con dispiacere; immaginava che avesse a che fare con quello, ma avrebbe voluto credere che dopo tanto tempo la ragazza si fosse convinta a smettere di cercare la perfezione assoluta con quel fare ossessivo.
«Come Kya e Ryo, giusto?» Domandò mentre lei tratteneva il respiro. Sapeva già quello che pensava, sapeva già quanto quella storia lo avesse seccato, ma non poteva fare a meno di continuare a parlarne.
«Non si tratta solo di loro.» Ammise cercando di mantenere un tono sicuro di sé. Il suo sguardo divenne di ghiaccio, ma dentro di lei stava divampando un incendio; Suzuko aveva una forte ansia per quello che sarebbe successo dopo, ma era pronta a tutto pur di migliorare e rendere fieri loro.
Sii aggressiva, prendi il controllo!
Un primo passo incerto, il secondo diretto e poi una mezza rincorsa fino a scontrarsi contro il petto del ragazzo, che si piegò sorpreso e cercò di alzare le braccia per afferrarla e impedire che gli cadesse addosso. Suzuko non disse niente, allungò un braccio e passò la mano dietro la nuca di Tetsuya tirandolo con forza a sé e dandogli un bacio.
Ti prego, funziona!
Per un momento la ragazza non seppe cosa fare, chiuse gli occhi e sperò che bastasse. L'aveva visto fare raramente perché nella sua famiglia quel tipo di effusioni capitavano poche volte e i baci nei film non erano buoni esempi per imparare; lì le labbra degli attori a volte nemmeno si vedevano, coperte dai caldi abbracci che li avvinghiavano e lasciavano il tutto all'immaginazione dello spettatore. Ma l'immaginazione di una ragazzina come lei non bastava a farle sapere cosa venisse dopo aver unito le labbra a quel modo, né a farle capire se quello che stava facendo fosse corretto o meno.
Tetsuya provò a tirarsi indietro e tirò un respiro non appena le loro labbra si divisero. Provò a chiamare il suo nome, ma Suzuko si spinse fin sulle punte e lo baciò di nuovo, questa volta disperata.
Ti prego!
Alla fine Tetsuya riuscì a liberarsi dalla presa della compagna e le chiese che cosa le fosse saltato in testa. Per una volta lo vide adirato, anche se forse era maggiore la confusione della rabbia.
«Ti prego, Tetsuya… Fidati di me.» Disse lei stringendo la camicia del ragazzo e poggiandovi sopra la fronte. Fece una pausa, lo guardò di nuovo negli occhi e tentò di baciarlo una terza volta, ma a questo punto il ragazzo era troppo lontano per poter essere raggiunto e un attacco a sorpresa non avrebbe più funzionato.
«Perché fai così tutto a un tratto? Che cosa ti fa pensare che…»
«Funziona!» Esclamò lei stringendo con forza la camicia di lui. «Funziona veramente! Aiko e Matsumoto si sono baciati, si baciano ogni giorno! Nakamura e Sato si abbracciano e giocano come due bambini e sono fortissimi insieme! Funziona, dovrebbe funzionare… E allora perché ogni volta che provo a farlo io, ti vedo allontanare ancora di più?»
Tetsuya si coprì la bocca con una mano. «Ma non è… Non puoi baciare la gente e aspettarti che…!»
«Perché non posso?» Domandò la ragazza sentendo il corpo di Tetsuya allontanarsi. «Aiko ha baciato Kaoru e i loro livelli sono cresciuti!»
Esasperato, Tetsuya sarebbe scappato di corsa dalla stanza se non fosse stato che la porta alle sue spalle era chiusa a chiave. «Non è il gesto in sé che migliora i loro… E'-è il significato dietro al bacio che lo rende… E' una cosa che fanno solo le persone che si amano!»
«E' una cosa che fanno solo le persone che si amano, sì.» Disse Suzuko con gli occhi lucidi e un brutto presentimento addosso. «Ciò significa che se io ti bacio, noi due ci amiamo. Se ci amiamo, il nostro rendimento dovrà crescere!»
«Non funziona così!»
«E allora come funziona, Tetsuya?» Domandò esausta. «Ogni cosa che ho provato ha sempre avuto il risultato opposto a ciò che credevo, i miei calcoli non hanno alcun senso in tutto questo… Vuol dire semplicemente che siamo destinati a rimanere indietro per sempre?»
«Ascolta, Suzuko!» Lui smise di balbettare, riuscendo a prendere finalmente fiato. Aveva le mani davanti a sé come per assicurarsi che la sua partner restasse lontana, ma Suzuko sperò che non fosse quello il motivo di questa posizione. «Noi non possiamo semplicemente baciarci e vedere i nostri livelli di compatibilità salire; non puoi tenermi per mano senza nessun altro obiettivo se non ottenere un punteggio più alto e aspettarti che ciò accada. Sono i sentimenti a muovere i nostri legami! Le persone che si baciano lo fanno perché si amano, non è il contrario! Kaoru è il darling di Aiko perché lei lo ha riconosciuto come tale, e viceversa! E io…»
Tetsuya scosse la testa impercettibilmente. Ansimava, era spaventato, chissà perché poi. Di fronte a lui c'era solo una ragazzina disperata che aveva provato il tutto per tutto anche a costo di mettersi in ridicolo per raggiungere il suo scopo. Forse non aveva bisogno di concludere quella frase, forse non era necessario ferire il suo orgoglio ancora di più… Ma questa volta Suzuko aveva veramente passato il segno.
«E io non sono il tuo darling!» Concluse prima di voltarsi rapidamente e raggiungere la porta. La aprì dopo aver armeggiato un po' con la chiave e alla fine scappò di corsa prima che il suo senso di colpa lo spingesse a chiederle scusa per quella cosa orribile che aveva detto.
Suzuko però non aveva ascoltato; o per lo meno, pensava di non averlo fatto. Conosceva già l'esito di quella discussione, il suo cuore si era già protetto per quella pioggia di frecce che lo avrebbe travolto, e infatti rimase immobile senza neanche respirare, si costrinse a pensare a qualcosa per non restare bloccata in quel circolo di pensieri che le avrebbero fatto solo del male.
Alla fine lo sguardo le andò su una fotografia posta su un sostegno a spirale, circondata da decine di foto simili a quella; era un ritratto di famiglia, due adulti e un bambino che sorridevano felici, vite compiute che non dovevano preoccuparsi di dover compiacere nessuno.
Avrebbe avuto tante domande da fargli, così tante da non riuscire a finire nemmeno se fosse rimasta là tutto il pomeriggio, e ancora altre ne sarebbero arrivate perché i suoi pensieri non si arrestavano più in quel momento. Tuttavia Suzuko riuscì a pronunciare solo tre parole a quei volti che conosceva sin da quando era bambina.
«Io vi odio.»
Loro però continuavano a sorridere, prendendosi gioco della sua incapacità di essere perfetta come loro.
 
*
 
La corsa di Tetsuya si arrestò nella sua stanza. La porta era aperta e non si curò di guardare se ci fosse o meno qualcun altro dentro, semplicemente una volta entrato la chiuse con foga facendola sbattere violentemente e vi si accasciò contro.
I suoi compagni di stanza stavano sistemando dei vestiti nell'armadio quando lo videro entrare. Si preoccuparono non solo per il grande baccano causato, innaturale per un tipo silenzioso come lui, ma soprattutto a causa dello sguardo terrorizzato che aveva negli occhi.
«Ehi!» Esclamò sorpreso Hoshi scendendo dallo sgabello di fronte all'armadio. Nello stesso momento, Yoshiki fu subito da lui.
«Che succede?» Domandò il ragazzo inginocchiandosi al suo fianco e tastandogli la fronte. «Ti senti male? E' per via della battaglia?»
Tetsuya riuscì solo ad ansimare qualcosa di incomprensibile e scosse la testa. Nonostante ci fosse abituato, la breve corsa dal santuario alla propria stanza sembrava averlo stremato, o forse si trattava di ciò che aveva causato quella fuga a togliergli il respiro.
Hoshi arrivò alla porta porgendo a Tetsuya una bottiglietta d'acqua e questo la accettò volentieri, bevendo a volontà quasi fino a svuotarla completamente.
«Prendi fiato!» Gli disse Yoshiki dandogli un colpetto sulla spalla per evitare che si affogasse bevendo.
Tetsuya tossì. Forse affogare sarebbe stato un miglioramento in quelle circostanze. Ci volle un altro minuto perché potesse riprendere il controllo della parola e nel frattempo le immagini di quello che era successo nell'altra stanza gli scorrevano nella mente come diapositive di un film, incapace di fermarle, ricordando la sensazione gelida e spiacevole di quel contatto con la sua partner.
«Suzuko.» Disse alla fine voltandosi verso Yoshiki. Il ragazzo sembrò capire tutto, ma non disse niente ancora. Invece di lasciare che Tetsuya si spiegasse lì per terra, disse a Hoshi di aiutarlo a tirarlo su e insieme lo fecero sedere su un letto.
Tetsuya li ringraziò; le sue gambe avevano perso ogni sensibilità di colpo, non pensava di riuscire a camminare ancora per un po'.
I respiri del ragazzo si fecero un po' più regolari, ancora rauchi e affannosi, ma migliori rispetto a prima. Ripeté il nome della sua partner senza aggiungere niente e i suoi compagni di stanza si lanciarono degli sguardi perplessi.
«Che cosa ha fatto? Avete litigato?» Domandò Hoshi, pensando di poter aiutare essendo stato in quella stessa situazione. Tuttavia il piccoletto non aveva idea di quanto lontano fosse dalla verità.
Yoshiki rifletté un attimo. Tetsuya era la persona più buona e paziente che avesse mai conosciuto e credeva che nulla avrebbe potuto innescare un litigio tra lui e la Sentakami; tuttavia i ricordi di quello che si erano detti al ricevimento dell'I.P.U. gli suggerirono che la ragazza avesse provato ad avvicinarsi a lui in modo drastico, e se i risultati erano stati quelli doveva significare che non ci fosse riuscita.
«Tetsuya.» La sua voce severa arrestò di colpo i respiri affannosi del ragazzo seduto, che si voltò a guardarlo come se dovesse crollare da un momento all'altro.
«Calmati! Qualunque cosa sia successa, adesso sei al sicuro.» Disse restando immobile. La luce dalla finestra lo colpiva alle spalle e gli faceva proiettare un'ombra alquanto sinistra sul suo amico, eppure Tetsuya lo vide come una luce di salvezza. «Nulla è irreparabile; se ci spieghi per bene cosa è successo, possiamo trovare una soluzione.»
A questo punto Tetsuya si rilassò. Forse Yoshiki aveva ragione; aveva reagito di impulso e aveva lasciato che la mente corresse senza alcun freno, immaginando fantasmi dove non ce n'erano. Non ricordava nemmeno cosa avesse detto a Suzuko negli ultimi istanti, dopo che lei…
«Mi ha baciato.»
Hoshi quasi si mise a ridere. Se fu in grado di controllarsi, pur lasciando andare uno sbuffo per la sorpresa con cui quella notizia lo colpì, fu solo perché vedere Tetsuya in quello stato era stato uno shock.
Yoshiki, per quanto ciò che si fosse immaginato fosse molto peggio della realtà, si imbronciò capendo subito quanto la cosa avesse colpito il suo amico.
«Ti ha baciato? E basta?» Domandò tranquillo. «E poi ti ha confessato qualcosa? E' stata una dichiarazione?»
Lo sguardo di Tetsuya vagò qualche istante per la stanza, poi si fermò sul volto del suo amico e lo guardò come se non avesse capito. «No, no… Lei voleva provare una sua teoria, o qualcosa del genere… Mi ha… B-baciato solo perché pensava che avrebbe aumentato i nostri livelli di compatibilità.»
Yoshiki sospirò rassegnato, adesso capiva molte cose. Alzò lo sguardo verso Hoshi, che non ci stava capendo niente, ed esitò a parlare non sapendo bene come procedere.
«Capisco…» Mormorò. Ci mise un attimo, poi decise di continuare a chiedere a Tetsuya i dettagli. «E tu le hai detto qualcosa, o sei scappato via subito?»
«L-le ho detto… Le ho detto che non è così che funziona. Noi non dovremmo baciarci perché vogliamo aumentare il nostro rendimento, dovremmo farlo perché ci piacciamo, ma io… Lei non mi piace!»
Hoshi inspirò l'aria tra i denti e chiese:«Le hai detto esattamente queste parole?»
Yoshiki sembrò sul punto di ammonirlo per aver scelto un brutto momento per commentare, ma si fermò comprendendo il punto di vista dell'altro; lui aveva vissuto una situazione in cui aveva finito per dire delle cose di cui si era pentito, probabilmente voleva evitare che Tetsuya si sentisse come lui.
«Io… Più o meno, non ricordo…»
Probabilmente il danno era già fatto. Anche se, come aveva detto Tetsuya, quella non era stata una dichiarazione da parte della Sentakami, forse. Ma come le era venuto in mente, si domando Yoshiki.
«Ottimo tempismo, oserei dire…» Sussurrò il ragazzo più alto guardando Hoshi. Quello annuì costernato, pensando alla battaglia che li attendeva quel pomeriggio.
Tetsuya sembrò di nuovo andare nel panico. «Adesso che cosa faccio? Io non volevo tutto questo, non volevo essere trascinato così, non sono capace di reggere questa pressione…»
I due compagni di stanza del ragazzo si allontanarono un attimo. Fu Yoshiki a fare segno a Hoshi di seguirlo per consultarsi in disparte, per quanto non sapessero assolutamente cosa fare.
«Dovremmo parlarne con i coordinatori?» Domandò il piccoletto mettendosi le mani ai fianchi.
Yoshiki strinse le spalle. «Non lo so, con i preparativi e tutto il resto da affrontare rischieremmo di arrivare in ritardo alla battaglia…»
«Okay, ma non può pilotare in questo stato! Lo hai visto?» Ribatté il piccoletto sulla difensiva. E qui Yoshiki dovette concordare con lui: non c'era alcuna possibilità che Tetsuya riuscisse a salire sul Gaia assieme a Sentakami, dopo quello che era successo.
«Però non possiamo nemmeno rimanere con una coppia in meno.» Continuò voltandosi di nuovo verso Kondō.
«Quindi cosa suggerisci?»
Yoshiki abbassò lo sguardo pensieroso. Non avrebbe voluto farlo, ma doveva prendere una decisione per il suo amico e in quel momento Tetsuya non gli sembrava nelle condizioni di pilotare uno Stridiosauro; dovevano salvaguardare la riuscita della missione, ma ancora prima il benessere dei loro compagni.
«Vai a cercare Sentakami e fai in modo che rimanga lontana da Tetsuya per il momento! Io intanto vado da Hachi e gli spiego tutto. Spero che lui abbia qualche idea…» Decise in un paio di secondi. Non sapeva veramente cosa fare, ma non poteva restare a indugiare ancora a lungo in quella stanza.
«E lui?» Domandò Hoshi facendo un cenno verso Tetsuya, che si stava lentamente stendendo sul letto. «Non è meglio lasciare qualcuno con lui?»
«E chi?» Rispose Yoshiki. «Dubito che voglia ragazze vicino in questo momento, e se non riesce a parlare con noi non lo farà neanche con Sato e gli altri. Lasciamo che riprenda fiato e intanto corriamo a chiedere aiuto.»
«Capito.» Hoshi fece per uscire di lì, ma Yoshiki lo fermò un'altra volta. Con un'ampia falcata si riavvicinò a lui e gli sussurrò un ultimo ordine.
«Non sbandierare tutto quanto in giro, meno persone sanno di questo problema e meglio è!»
Hoshi non comprese pienamente le parole del suo compagno, ma pensò che fosse la cosa giusta da fare così non protestò e andò a cercare Suzuko. Yoshiki rimase un secondo con Tetsuya, giusto il tempo per passargli di nuovo una mano sulla fronte e controllare che non avesse la febbre, quindi gli sussurrò di riposare e che presto sarebbe tornato con i rinforzi.
 
*
 
«Ancora non ci credo che Tetsuya si è fatto venire la febbre in un momento simile!» Si lamentò Kya. Agitava i fianchi impazientemente, lo Stridiosauro si muoveva goffamente quando lo faceva e sarebbe stata una vista divertente se la loro situazione non fosse stata tanto preoccupante. Si ritrovavano con due membri in meno a pochi minuti dallo scontro con i VIRM e se le cose fossero andate come nella prima battaglia, avrebbero potuto non vincere questa volta.
«Guarda che non è colpa sua. Tu piuttosto pensa a concentrarti, che con questo atteggiamento rischiamo di disconnetterci!» La richiamò Ryo cercando di calmare la propria partner e di far stare fermo lo Iustitia allo stesso tempo. Kya però non sembrava avere intenzione di smettere, anzi iniziò a muoversi ancora di più.
«Guarda che io non ho alcun problema a mantenere la connessione pur distraendomi un po'! Non sono come tutti voi uomini che non riuscite a fare due cose contemporaneamente!» Lo Iustitia si agitò ancora di più mentre nella mente di Ryo si sovrapponevano pensieri e immagini scollegate dal discorso, evocate attraverso la connessione da Kya solo per farlo distrarre.
«Smettila!» Protestò lui reggendo con forza i comandi, nel tentativo di trattenere la foga della ragazza. I VIRM ancora non si vedevano e Kya cominciava a diventare impaziente, e in più la situazione creatasi con Tetsuya aveva spezzato la concentrazione dei Parasite proprio nel momento più importante.
«Piantatela tutti e due!» Li ammonì scontroso Ojizaki. L'Anthurium era posizionato poco lontano dallo Iustitia ma non era certo per quello che i suoi piloti erano riusciti a sentire l'intera conversazione; i canali di comunicazione restavano aperti prima e durante la battaglia, qualunque cosa potessero notare i ragazzi avrebbe potuto essere di vitale importanza e con l'assenza di una delle coppie di piloti dovevano essere pronti a reagire a tutto.
«E' un momento delicato, i VIRM potrebbero arrivare da un momento all'altro e noi dobbiamo essere pronti a rispondere al loro attacco senza alcuna esitazione!» La foga con cui Yoshiki richiamò i suoi due compagni di squadra sembrò un po' eccessiva, ma nessuno nella squadra a parte lui e Hoshi conoscevano la verità; non solo era preoccupato per Tetsuya, ma la situazione lo aveva fortemente deconcentrato e irritato. Naho lo sentiva, non che ci fosse bisogno di una forte connessione per accorgersene…
«Ma che problema c'è se scherzo un po'?» Domandò seccata Kya guardando in direzione del gigantesco serpente meccanico. «Tanto appena arriveranno i VIRM ci basterà farli tutti a pezzi come l'ultima volta, non potranno fermarci mai!»
«Con questa presunzione non andremo da nessuna parte. Non possiamo affidarci al caso come l'altra volta; ci serve una strategia!» Ribatté Yoshiki. Ma lei non sembrava della stessa idea, e infatti sbuffò voltandosi dall'altro lato.
Ci fu silenzio per un momento, interrotto dalla voce di Aiko che domandò timidamente:«Non potremmo discuterne senza litigare?» Ma non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che Yoshiki attaccò nuovamente.
«Seriamente, come hai fatto a essere nominata caposquadra se poi te ne freghi di tutto quello che diciamo? Dovresti dare l'esempio e prendere le redini della situazione, non lanciarti a capofitto nella battaglia senza interpellare nemmeno i tuoi compagni!»
Le critiche arrivarono dritte al bersaglio mentre dagli altri Stridiosauri si levavano dei versi di sorpresa. Che Yoshiki avesse la lingua abbastanza tagliente da poter dire quel genere di cose lo sapevano già, ma che decidesse di farlo in quella situazione gli sembrava impensabile; un comportamento simile se lo sarebbero aspettato tutti da Kya, che infatti non si trattenne nel rispondere.
«A me sembra che tu sia solo invidioso della carica che mi è stata riconosciuta, Yoshi!» Si mostrò non toccata dalle parole del compagno. Tuttavia sentirsi messa in discussione l'aveva infastidita e non fu solo Ryo, il ragazzo dentro la sua testa, a rendersene conto.
«Neanche un po', so quanto possa essere difficile un compito del genere.» Rispose Ojizaki ricomponendosi un po'. «Ma credevo che tu fossi più adatta a questo ruolo, o che comunque ti saresti responsabilizzata di più per poterci entrare dentro… Invece sembra che non te ne importi niente!»
«Ma che accidenti hai oggi? Mi sembra di essere sempre stata all'altezza delle aspettative, non credevo che sarei stata costantemente sotto esame!» Si lamentò Kya che non comprendeva il motivo di quell'attacco.
«Il fatto è che siamo in una situazione estremamente difficile: due dei nostri sono fuori gioco e in questo momento ci aspetteremmo delle parole di incoraggiamento da parte della nostra caposquadra, non delle lamentele annoiate!» Continuò il ragazzo dell'Anthurium, che chiaramente non voleva perdere di vista quell'argomento. A questo punto Kya rispose stizzita.
«Va bene, scusa Yoshi! Mi raccomando ragazzi, cercate di non farvi ammazzare e picchiate con tutte le vostre forze! Ti va bene così?»
«Spiritosa! Divertiti quando sarai accerchiata dai VIRM e nessuno verrà a salvarti…!»
«ADESSO BASTA!» L'urlo arrivò sempre dall'Anthurium, ma fu Naho a zittire entrambi i litiganti. «Non so che cosa vi sia saltato in mente proprio adesso, ma vedete di darvi una calmata tutti e due! Stiamo per andare in battaglia e l'ultima cosa che ci serve è avere i nervi tesi per questioni superficiali come queste!
«Kya, chiedi scusa a Yoshiki per esserti comportata con sufficienza!»
«Ma io…»
«Chiedi scusa e basta!» La fulminò lei, che non le diede nemmeno il tempo di protestare.
Kya sbuffò e lo sguardo dello Iustitia evitò l'Anthurium nonostante fosse completamente rivolto verso di lui.
«Scusa Yoshi, sono stata insensibile…» Borbottò chiaramente ferita nell'orgoglio, il riverbero della sua voce nel campo vuoto.
Yoshiki non disse nulla, fu Naho a rispondere per lui:«Adesso tu chiedile scusa per essere stato così aggressivo!»
All'interno dell'Anthurium la tensione sembrò salire alle stelle e tutti avrebbero pagato qualsiasi cosa per essere all'interno della cabina e vedere gli sguardi dei due piloti in quell'istante. Dopo un lungo silenzio, la voce di Yoshiki attraversò di nuovo il campo di battaglia, esponenzialmente ridimensionata.
«Mi dispiace… Sono stato troppo severo.» Mormorò. «E' la tensione. Questo imprevisto mi sta facendo perdere la testa!» Aggiunse cercando di giustificare il suo carattere.
«Bene.» Disse Naho soddisfatta, ma ancora irritata. Le comunicazioni si chiusero di colpo e nessuno disse più niente. Anche all'interno della sala di controllo gli adulti erano rimasti senza parole; Fukuda li aveva anticipati prima che potessero anche solo pensare di intervenire.
Nana rivolse ad Hachi un sorrisetto compiaciuto. «E tu volevi intervenire… Mi sembra che se la siano cavata da soli.»
I due coordinatori scherzavano, ma era chiaro che la situazione non fosse delle migliori; dovevano tuttavia mantenere un atteggiamento positivo per non far preoccupare Suzuko, che aveva chiesto di poter assistere alle operazioni assieme a loro e aveva cercato di farsi meno ingombrante possibile negli spazi ristretti della sala operativa mobile allestita per quella battaglia.
Gli adulti sapevano che quella di Tetsuya non fosse una semplice febbre. Non le avevano detto nulla per non farla sentire in colpa, ma Suzuko riusciva a riconoscere le loro bugie – anzi, omissioni di verità – e sapeva benissimo che Tetsuya non volesse andare in campo a causa sua.
Si strinse nelle braccia e piegò la testa in avanti più che poté, cercando di nascondersi agli altri. Aveva fallito su tutti i fronti, non era neanche degna di considerarsi una Parasite.
Avrebbe dovuto vedere il lato positivo in quella storia: poter osservare la battaglia dall'esterno e analizzare con attenzione quello che succedeva sul campo, studiare le azioni degli adulti mentre la squadra era in combattimento e cercare di trovare qualche dettaglio su cui lavorare con i propri compagni per farli migliorare… Ma onestamente la delusione per aver sprecato tutto le impediva di pensare ad altro: probabilmente non sarebbe più nemmeno salita sul Gaia, visto che Tetsuya non aveva alcuna intenzione di vederla.
Sarebbe tornata a casa con disonore e sarebbe stata per sempre un fallimento.
In quel momento Suzuko non riusciva nemmeno a concentrarsi su quello che stava succedendo al di fuori della sala di controllo mobile; la sua presunzione l'aveva portata a sbagliare approccio con Tetsuya e a credere di essere migliore degli altri suoi compagni e questo era stato il risultato… Aveva completamente travisato i consigli che aveva ricevuto, ferendo ancora e ancora il suo partner che era stato tanto paziente con lei.
Era una persona orribile.
«Nave aliena in avvicinamento avvistata.» La voce squillante di un tecnico la destò dai suoi pensieri. Suzuko alzò lo sguardo e vide negli schermi dei tecnici un ammasso scuro dall'aspetto meccanico farsi spazio tra le nuvole; visto da lì era molto meno imponente, ma questa nave sembrava più piccola di quella incontrata nella loro prima battaglia, anche se di poco. In proporzione, era comunque diverse volte più grande di uno Stridiosauro di classe Gutenberg.
«Ognuno ai propri posti, ragazzi!» Ordinò Hachi attivando il collegamento con gli Stridiosauri. «Nakamura, niente colpi di testa!»
«Nessun problema, capo.» Rispose la caposquadra con la solita spavalderia. Quanto era fastidiosa, pensava Suzuko; se non fosse stata in quella situazione, avrebbe fatto di tutto per contestare ogni sua decisione.
«Nervi saldi. Dimenticatevi delle questioni saltate fuori fino ad ora; se ci saranno problemi tra voi prometto che vi aiuteremo a risolverli, ma adesso concentratevi sulla battaglia!» Aggiunse Nana avvicinandosi al microfono delle comunicazioni. Era ovvio che non volessero che scoppiassero altre discussioni, ma quello che era successo prima avrebbe sicuramente avuto degli strascichi durante la battaglia, indipendentemente dalle rassicurazioni dei ragazzi…
Quella Kya… Si ritrovò a pensare. Così superficiale e menefreghista. Per lei c'erano solo il suo caro Ryo e sé stessa; aveva lottato così duramente per diventare caposquadra solo per una soddisfazione personale e si fregiava del suo talento naturale mettendo i piedi in testa a chi si dedicava in pieno al duro lavoro. Non riusciva a sopportare i suoi modi di fare ed era sicura che prima o poi avrebbe combinato qualche disastro… E sembrava che anche gli altri cominciassero a rendersene conto; avrebbe preferito cento volte perdere contro Ojizaki, ma con la Nakamura?
Non che quelle cose la dovessero interessare più; ormai non avrebbe più ottenuto nessuna carica in quella squadra…
La nave aliena si soffermò sopra al campo di battaglia scelto: diversamente dalla zona di montagna dell'ultimo scontro, questa era un'area fertile di campagna, tanto che non troppo lontano da lì erano visibili alcune fattorie e villette, evacuate per sicurezza. Il compito della squadra sarebbe stato anche quello di far subire meno danni possibile al paesaggio e alle proprietà circostanti. Suzuko non avrebbe voluto immaginare che sarebbe successo se quegli esseri fossero atterrati in mezzo a una città…
Dopo alcuni secondi in cui non successe niente, il gigantesco mezzo di trasporto VIRM iniziò a scendere verticalmente e produsse un lungo e fastidioso suono come di tromba, ripetitivo e profondo. Suzuko dovette coprirsi le orecchie per attutire il rumore; se era così doloroso a quella distanza, dentro alla sala di controllo, cosa sarebbe arrivato alle orecchie dei suoi compagni?
Neanche il tempo di farsi questa domanda, che i collegamenti con i Parasite sul campo furono interrotti. Ogni tipo di comunicazione era saltato, restavano attivi solo alcuni droni; persino i parametri vitali dei piloti sballarono di colpo.
Il caos si scatenò nella stanza. I tecnici informavano i coordinatori di quello che credevano fosse successo e stavano già lavorando intensamente per ristabilire i contatti con la squadra, mentre Hachi e Nana impartivano ordini a destra e a manca, invitando alla calma pur essendo a loro volta preoccupati per la situazione.
Cercando di non intralciare le operazioni, Suzuko saltò giù dalla sua sedia e si sporse alla finestra per cercare di avvistare gli Stridiosauri in lontananza; era possibile vedere solo i più grossi, l’Aros e l’Anthurium, che per qualche motivo sembravano immobili. La nave VIRM invece era perfettamente visibile e aveva quasi completato la sua discesa sul campo di battaglia; quando toccò terra, il suolo vibrò violentemente come se fosse stato scosso da un terremoto. Alcuni adulti finirono a terra, poi un rumore lontano iniziò a riempire le orecchie dei presenti nella sala controllo. I droni rimasti ancora in piedi smisero di trasmettere immagini all’improvviso e una strana nuvola marrone si sollevò all’orizzonte, partendo dal punto dove era atterrata la nave aliena.
Quella postazione era frustrante, non si vedeva niente! Senza pensarci due volte, Suzuko corse alla porta e uscì dalla sala di controllo mobile dell’I.P.U. per vedere meglio. L’unità di trasporto in cui era stata allestita la sala di controllo provvisoria era parcheggiata al limitare della zona di atterraggio prevista, leggermente più in alto degli Stridiosauri per poter osservare interamente la zona, ed era munita di una piccola rampa panoramica da dove si affacciò la ragazza.
«Suzuko!» Sentì l’urlo di Hachi mentre varcava oltre la soglia della sala e posava le mani sulla ringhiera protettiva, sporgendosi per vedere meglio in lontananza. Quella nuvola che in un primo momento sembrava così piccola, altro non era che un’enorme ondata di terra, polvere e detriti sollevati dalla nave aliena al suo atterraggio.
Pur avendo intuito il pericolo, la ragazza non si mosse. Le sue gambe rimasero ferme dov’erano, le mani incollate al freddo metallo della ringhiera, spaventata da quella visione terribile e mortale.
Pensava che sarebbe morta lì, sepolta da tonnellate di terra che le sarebbero piovute addosso in un istante, ma proprio mentre vedeva l’onda piegarsi su di sé per travolgerla, Suzuko sentì qualcosa afferrarla da un braccio e tirarla indietro. Senza neanche accorgersi di ciò che accadeva, la ragazza fu trascinata dentro e stretta con forza da Hachi, che si parò di fronte a lei per proteggerla con il proprio corpo.
Quello che successe dopo fu qualcosa di veloce, caotico e spaventoso. Suzuko sentì il corpo farsi incredibilmente leggero mentre attorno a sé tutto quanto iniziava a girare; i corpi dei tecnici furono sbalzati dalle loro postazioni, finestre e schermi andarono in frantumi e le schegge minacciarono di colpire in pieno i presenti mentre fuori di lì il paesaggio mutava, ora grigio come il cielo pieno di nuvole, ora marrone come la terra che li aveva travolti, ora verde, blu, grigio di nuovo, per poi cogliere uno spiraglio di giallo del sole in arrivo da sud.
Il rumore fu la cosa più caotica di tutte. Il cervello di Suzuko non ci provò nemmeno a registrarlo e catalogarlo come faceva con tutte le altre cose che sentiva; la ragazza aveva già abbastanza da affrontare con le braccia del suo insegnante che la stringevano fino a quasi soffocarla, le luci in continua evoluzione e quella sensazione di sprofondare nel vuoto che si era impossessata di lei, fin dentro il suo petto, senza doversi occupare dunque di capire cosa fosse quel rombo che le riempì le orecchie accompagnato dai rapidi e ripetitivi colpi simili a ferraglia che si presentavano assieme a forti scosse che interessavano l’intera sala controllo.
Quando tutto si fermò, Suzuko era con una guancia schiacciata a terra e sentiva un dolore insistente a una spalla, mentre il peso di Hachi sopra al proprio corpo quasi non la faceva respirare.
«Stai bene? Che cosa ti è saltato in mente?» Furono le prime parole che le rivolse l’adulto quando si rialzò, guardandola dritta negli occhi spaventato come mai lo aveva visto prima.
Suzuko non rispose. Le girava forte la testa, avrebbe voluto alzarsi e correre di nuovo fuori ma il suo corpo sembrava essere stato staccato dal suo cervello.
«Mi… Dispiace…» Mormorò volgendo lo sguardo da un lato ma finendo per poggiare la testa al pavimento, in attesa che il mondo la smettesse di girare. Braccia e gambe sembravano andare per i fatti propri quando cercava di muoverle, sentiva che avrebbe potuto vomitare da un momento all'altro se non si fosse concentrata bene.
«Hachi!» La voce di Nana sopraggiunse da un lato. «Sei ferito!»
«Non è niente.» Minimizzò lui rialzandosi. Aveva un taglio sopra all’occhio dove indossava la benda, che adesso si stava sporcando del suo sangue; Hachi la tolse tirando con forza e si guardò intorno per un momento prima di chiedere a Nana se lei si fosse fatta male.
«Hai rischiato di morire!» Gli rispose lei agitando freneticamente le mani, come se si stesse trattenendo dal colpirlo. Hachi però le disse di calmarsi e indicò Suzuko per farle capire che la persona che avesse bisogno di attenzioni in quel momento fosse lei.
Nana si voltò a guardare la ragazzina che adesso stava tentando di rimettersi a sedere; i suoi arti ancora non rispondevano come avrebbero dovuto e la schiena si rifiutava di restare dritta. Sarebbe caduta di nuovo per terra se la donna non si fosse inginocchiata di fronte a lei e l’avesse afferrata con un abbraccio, stringendola forte nonostante i tremori che la scuotevano.
«Sei impazzita?» Pianse posandole una mano dietro la testa. Per quanto fosse ancora confusa, Suzuko sentì quel contatto con tutta sé stessa; quell'abbraccio improvviso fu abbastanza per scuoterla e farla rinsavire. E ancora di più, l'aveva sorpresa: credeva che Nana fosse furiosa per quella sua fuga improvvisa dalla sala di controllo, ma quelle lacrime?
«M-mi dispiace…» Balbettò di nuovo cercando di fissare lo sguardo su un punto del soffitto, inespressiva.
Hachi si allontanò e raggiunse alcuni tecnici per aiutarli a rialzarsi. In un attimo sembrava aver ripreso il controllo della situazione e stava lavorando per rimettere in moto la macchina che teneva in piedi la loro squadra; Nana invece, sempre stata la più sensibile dei due, sembrava non riuscire a lasciar andare Suzuko per paura di perderla.
La donna sembrò tirare un sospiro di sollievo e scosse la testa. «Non ti scusare… Solo…» Allentò un po' la presa sul suo corpo e indietreggiò in modo da poterla guardare negli occhi. «Ricordati che adesso non sei sullo Stridiosauro. Non sappiamo mai quando potrebbe succedere qualcosa di veramente pericoloso, va bene?»
Nana le diede una carezza e Suzuko improvvisamente si sentì terribilmente; avrebbe voluto sprofondare sotto terra per non dover affrontare la vergogna di averla fatta spaventare così tanto. Non pensava di incontrare una simile gentilezza, specialmente in quella situazione, eppure eccola lì.
Non avrebbe potuto sentirsi peggio; dopo la situazione con Tetsuya, adesso aveva fatto piangere la sua insegnante e per di più, invece di venire sgridata aveva ricevuto una carezza. Dovette costringersi a trovare qualcosa con cui distrarre sé stessa e Nana da quella situazione difficile, e ci riuscì quando alzò lo sguardo verso le finestre della sala di controllo, ormai frantumate: fuori l'aria era piena di polvere, ma in lontananza adesso si poteva scorgere di nuovo il campo di battaglia; il paesaggio, tuttavia, era mutato radicalmente.
Al posto dei verdi campi di prima l'area sembrava essere stata rivoltata da sotto e trasformata in un paesaggio vuoto, morto, più consono a una battaglia come quella che si prospettava. In lontananza si potevano vedere i VIRM iniziare la loro offensiva sugli Stridiosauri, impossibilitati a comunicare con la sala controllo e disorganizzati.
«Hanno bisogno di aiuto!» Esclamò Suzuko. Nana al suo fianco osservava quello stesso spettacolo con occhi atterriti.
C'era una muraglia di unità gigantesche di VIRM che avanzava verso di loro e da quella posizione non avevano alcun modo di accertarsi delle condizioni dei ragazzi; avrebbero anche potuto essere feriti, incapaci di lottare, o addirittura…
«Signorina Nana!» La voce di Suzuko la destò nuovamente da quei pensieri e lei le fu grata di questo. Ma la ragazza stava per darle un altro cruccio.
«No!» Come se le avesse letto nella mente, Nana le mise le mani sulle spalle e le proibì di continuare.
«Ascolti: so di aver combinato un casino, è tutta colpa mia… Ma la squadra è in difficoltà e gli unici che potrebbero fare qualcosa si trovano qui. Per favore, mi lasci andare lì fuori e…»
«E cosa? Hai intenzione di mettere in pericolo te e il tuo partner, con il rischio che la vostra connessione salti da un momento all'altro?»
«Non succederà.» Questa volta la voce arrivò dall'ingresso della sala di controllo. La porta era aperta, Tetsuya si ergeva sulla soglia visibilmente scosso, ma estremamente determinato. Nana e Suzuko lo fissarono incredule, il ragazzo sembrò quasi seccato da quegli sguardi insistenti.
«Cosa ci fai qui?» Domandò Hachi, interrompendo quel silenzio. Il ragazzo abbassò lo sguardo per un momento, messo in soggezione da quella domanda.
«Ho… Sentito tutto quel rumore e la stanza ha cominciato a girare…» Spiegò allargando le braccia leggermente. «Sono uscito per vedere cosa fosse successo e… Non lo so, non riesco semplicemente a starmene qui mentre gli altri rischiano le loro vite là fuori! Voglio combattere!»
«Ma sei sicuro di essere nelle condizioni per farlo?» La domanda di Hachi arrivò dal nulla e lo colpì in pieno. Era la prima volta che veniva messa in discussione la sua capacità di pilotare; non era stato fatto neanche quando lui e Suzuko sembravano la coppia con meno potenziale della squadra, ma entrambi sapevano che il problema non risiedesse nelle sue abilità di Stamen, ma se fosse realmente in grado di pilotare come di norma.
Perché era vero che le azioni di Suzuko lo avevano portato all'esasperazione tante volte, ma non poteva certo darle tutta la colpa per quello che era successo; lui era quello che aveva reagito in quel modo, era lui che guardando Suzuko non riusciva a non tremare.
Le azioni che avevano portato a quella situazione erano di Suzuko indubbiamente e si trattava di una questione da affrontare il prima possibile, ma se adesso era stato messo in disparte e trattato come un peso lo doveva solo al suo carattere.
Doveva mostrare un po' di orgoglio, per le persone a cui teneva e per il suo stesso bene. Doveva prendere esempio dalla sua partner, per quanto avesse sbagliato tremendamente.
«Sì.» Disse Tetsuya stringendo i pugni e alzando lo sguardo. I suoi occhi si soffermarono per un momento sul viso di Hachi in modo che l'uomo potesse leggere tutta la sua determinazione, poi andarono proprio a cercare Suzuko. «Sì, ne sono sicuro!»
Forse alla fine era riuscita a influenzarlo un po'. La ragazza sarebbe stata anche orgogliosa del carattere mostrato dal suo partner, se non avesse dovuto scoprirlo in quel modo…

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Capitolo 43
*** Fuoco incrociato ***


Iustitia sollevò l'ultimo masso sulla propria strada e lo lanciò via prestando poca attenzione a dove sarebbe atterrato, abbassandosi immediatamente per afferrare uno degli arti dell'Animus, rimasto sepolto sotto alle macerie dopo che quell'ondata di terra li aveva travolti.
«State bene?» Domandò Ryo mentre lo Stridiosauro a motore si rimetteva in piedi rimanendo stretto a quello della caposquadra.
«Le nostre braccia non sono abbastanza abili per permetterci di liberarci da tutta quella terra…» Borbottò irritata Rin. «Animus è progettato per muoversi orizzontalmente, nessuno ci ha mai parlato di dover affrontare muraglie di roccia!»
«E' una fortuna che non abbiate perso la connessione. Qualcuno è ferito?»
«Stiamo bene. Credo di aver preso un duro colpo alla schiena però, mi sento il collo tutto intorpidito…»
«A chi lo dici…> Si inserì distrattamente la Pistil dello Iustitia. Era preoccupata per il resto della squadra, la situazione era veramente poco incoraggiante: essere travolti da una gigantesca onda di rifiuti non era il modo in cui aveva sperato di iniziare lo scontro, ma ormai era andata; avevano avuto fortuna a non subire danni maggiori, anche se immaginava che i VIRM avessero pianificato altro per loro.
Diversamente dalla volta scorsa, la nave aliena era atterrata prima di mandare le unità più piccole a combattere. Forse quella distruzione creata era stata solo un imprevisto a loro particolarmente sfavorevole, oppure un effetto calcolato per demoralizzarli ancora prima di attaccare.
«Come stanno gli altri?» Domandò Aki cercando di riprendere il pieno controllo dell'Animus. Il suo Stridiosauro si muoveva ancora in modo goffo, sembrava aver perso completamente l'equilibrio.
Ryo si guardò intorno unendosi alle ricerche di Kya, che lasciò andare un sospiro di sconforto.
«Ci piacerebbe saperlo.» Disse. «Le comunicazioni sono andate, possiamo parlarci solo di persona, in questo modo: niente radio.»
«Deve essere stata quella specie di sirena.» Suggerì lui. «Per un momento ho pensato che anche lo Iustitia si sarebbe spento, è stato… Molto preoccupante.»
«Eh?» A quelle parole Kya sembrò oltraggiata. Diede un pugno alla corona dello Stridiosauro come se volesse schiaffeggiare lo Stamen per ciò che aveva detto. «Non diciamo scemenze! Iustitia non potrebbe mai farsi mettere al tappeto da un attacco patetico come quello.»
Aki e Rin guardarono con confusione la loro compagna mentre Ryo prestò poco ascolto alle sue parole, più interessato ad osservare il campo di battaglia. La polvere sollevata era troppo fitta, c'era una coltre impenetrabile attorno a loro che gli impediva di vedere cosa succedesse più lontano di un centinaio di metri; erano stati fortunati a trovare l'Animus per primi, incastrato com'era non avrebbe avuto alcun modo di difendersi dai VIRM.
«Silenzio!» Disse a un certo punto, interrompendo lo sproloquiare della sua partner. Normalmente Kya si sarebbe indispettita e avrebbe cominciato a parlare ancora più sguaiatamente, ma il suo istinto e i sensi connessi a quelli di Ryo le consigliarono di rimanere sull'attenti e mettere da parte la sua natura infantile.
La terra tremava leggermente. Era scossa da rapidi colpi che si ripetevano a cadenza regolare, numerosi e sempre più vicini. Subito Animus e Iustitia prepararono le armi e si misero in posizione per combattere. Erano al centro di un cratere, doveva essere stata la caduta dell'Animus a crearlo e gli scavi di Iustitia per liberarlo probabilmente lo avevano ampliato; una posizione sfavorevole, specialmente se circondati.
E loro lo erano decisamente.
Dalla polvere fecero la loro comparsa diverse unità VIRM di grossa taglia, grandi quanto un classe Gutenberg e forse anche di più. Li osservavano dall'alto in basso come se avessero già la vittoria in pugno, forse ridevano di loro, tronfi delle condizioni pietose in cui li avevano messi con il loro atterraggio.
Animus caricò i fucili al massimo, ma anche con la potenza degli ultimi aggiornamenti dell'I.P.U. sarebbe stato impossibile abbattere quei giganti senza prima danneggiarli in profondità. Aki era indeciso se sparare o attendere una mossa dai nemici, quando due dei dodici giganteschi esseri si lanciarono giù nel cratere con le loro braccia sollevate, pronti a colpire.
Animus fece fuoco, ma il colpo mancò il suo bersaglio perché Iustitia lo afferrò con tutta la forza che poté e lo trascinò con sé verso un varco appena creatosi dopo il salto dei VIRM.
La caduta dei due giganti sollevò altra polvere e per poco i due Stridiosauri non furono nuovamente travolti; invece grazie all'agilità di Iustitia, riuscirono a raggiungere il perimetro del cratere, ma qui dovettero vedersela con gli altri nemici.
Mancava poco, ancora un balzo e sarebbero saltati fuori da quella trappola, ma proprio mentre Iustitia cominciava a vedere i fiochi raggi di sole che filtravano in mezzo a tutta la polvere sollevatasi, una gigantesca mano lo colpì in pieno rispedendolo in fondo al cratere.
Animus fu sbalzato via. La stretta di Iustitia era salda, ma il colpo del VIRM fu talmente forte da fargli scivolare completamente l'arto da cui l'aveva afferrato; Aki e Rin si ritrovarono sotto alle gambe di un altro gigante e decisero di fare fuoco istantaneamente, sperando almeno di attirare l'attenzione di un po' di loro, in modo da rendere più facile la fuga dei loro amici.
Il VIRM che torreggiava su di loro si voltò lentamente e tentò di schiacciarli, ma Aki fece rialzare lo Stridiosauro talmente in fretta che anche lui si sorprese di quei riflessi; partì lanciando una scarica più intensa di proiettili alle proprie spalle, sfruttando la propulsione e iniziando a correre sulla cresta del cratere. Da lì potevano finalmente controllare meglio la situazione, e non era per nulla rosea: Iustitia aveva sbattuto contro la schiena di uno dei due giganti fiondatisi al centro del cratere e adesso stava lottando per schivare al meglio i loro attacchi, scalando i loro corpi e cercando di danneggiarli con ogni colpo, per quanto leggero potesse essere.
Rin sapeva che le attenzioni di tutti gli altri VIRM erano per loro, che erano nella posizione di poter scappare, ma non poté fare a meno di puntare i fucili contro i giganti al centro per aiutare i suoi compagni nel loro scontro; dovevano concentrare il fuoco sugli stessi obiettivi per essere efficaci.
«Attenta!» L'urlo di suo fratello la fece tornare alla realtà e la ragazza si lasciò sfuggire uno sparo ad alta concentrazione proprio davanti a sé, trapassando una enorme mano che si era parata di fronte a loro all'improvviso.
Ancora scossa, la ragazza cercò di capire cosa fosse successo e si distrasse ancora di più mentre Aki la rimproverava e cercava di riprendere il pieno controllo dello Stridiosauro. Questa volta fu lei a urlare quando il ragazzo si distrasse, andando incontro alla gamba di uno dei giganti e deviando la propria direzione, rientrando rovinosamente all'interno del cratere.
Iustitia intanto era arrivato sulla testa di uno dei giganti. Aveva visto i proiettili di supporto dell'Animus pur non prestando molta attenzione da dove venissero e questo l'aveva convinto ancora di più di poter vincere anche quello scontro: era un piccolo passo, ma avrebbe potuto fare una differenza enorme.
Kya urlò quando lo Stridiosauro spiccò un salto verso l'alto preparandosi a scagliare la sua lancia nella testa del gigante, fiduciosa che avrebbe trapassato la sua corazza e disattivato ogni sua funzione. Il colpo andò a segno, il VIRM fu ferito gravemente, ma non morì, non subito; il suo corpo iniziò a cadere e sprofondare nella terra smossa, travolgendo anche il suo compagno e tirando con sé Iustitia, che aveva la lancia ancora incagliata nella sua corazza.
Kya e Ryo provarono a tirare, ma non riuscirono ad estrarre l'arma dalla cute del mostro. Una breve occhiata verso il basso gli fece scorgere il corpo dell'Animus riverso nella terra, scoperto e in pericolo mentre gli altri VIRM si avvicinavano pericolosamente. Fu in quel momento che decisero all'unisono di attivare i retrorazzi alla massima potenza; la forza fu sufficiente per liberarli dalla testa del gigante, ma li spinse verso quella dell'altro accanto. Noncuranti del gigantesco VIRM alle loro spalle, i ragazzi eseguirono una piroetta e piantarono i talloni dello Iustitia nella corazza del nemico, piegando le ginocchia più che poterono e dandosi lo slancio per sfuggire da lì e andare in direzione degli amici in difficoltà.
L'esplosione dei retrorazzi fu tale da far crollare anche il secondo gigante, per quanto questo non fosse ancora stato eliminato, e lo Iustitia volò nell'aria in un attimo, schiantandosi nelle vicinanze dell'Animus.
Noncurante dei nemici che li circondavano, Iustitia scattò verso l'Animus per aiutarlo a rialzarsi e abbassò la guardia totalmente. Alle sue spalle un VIRM sollevò il pugno per schiacciare entrambi gli Stridiosauri, ma a quel punto fu l'Animus stesso ad alzare istintivamente un braccio e sparare una bordata alle spalle del compagno di squadra, colpendo il nemico così forte da destabilizzarlo e permettendo a Iustitia di guadagnare un po' di tempo.
«Guarda dove vai quando fai questo genere di pazzie!» Sbottò Rin esausta mentre Kya e Ryo aiutavano i loro amici a rialzarsi.
Kya sapeva di essere stata imprudente, ma non le interessava; in quel momento l'unica cosa che le era saltata in mente era stato aiutare i suoi compagni, anche la sua incolumità veniva dopo di questo. «Dobbiamo uscire da qui!» Esclamò caricandosi l'Animus su una spalla.
«Siamo circondati, non è possibile scappare!» Ribatté Aki, che stava già ricaricando i fucili pronto a sparare ai VIRM. Con la sua potenza di fuoco poteva tenerne occupato uno e Iustitia era in grado di affrontarne un altro facendo attenzione a non farsi colpire, ma restavano comunque altri nove giganti pronti a intromettersi nella battaglia e vanificare tutti gli sforzi degli Stridiosauri.
«Dannazione!» Imprecò Kya. Se solo non fossero stati isolati dagli altri, a quest'ora sarebbe stato facile scambiarsi gli avversari e prendere anche solo un attimo per tirare il fiato. Se non fosse appena iniziata la battaglia avrebbe pensato di attivare la modalità berserk e far fuori tutti quei giganti da sola, ma in quel momento senza nemmeno conoscere le forze nemiche nella loro interezza…
«Non ci pensare nemmeno!» La fulminò Ryo all'interno della cabina.
La ragazza si voltò mandandogli uno sguardo lascivo. «Allora anche tu leggi nei miei pensieri…» Se non fossero stati in una situazione critica Ryo sarebbe anche stato al suo gioco, ma in quel momento non aveva intenzione di lasciarla scherzare come al solito.
«La modalità berserk non sarebbe sufficiente! Rimarremmo senza più energie e saremmo solo un peso per il resto della battaglia.»
«Rilassati, non ho intenzione di fare qualcosa di così stupido…» Lo tranquillizzò lei, ma il suo tono di voce annoiato non lo convinse per niente.
Ryo tornò a concentrarsi sull'esterno dello Stridiosauro e fece un guizzo per schivare un attacco di uno dei VIRM più vicini. Il braccio del gigante affondò nella terra e fece barcollare sia Iustitia che Animus e i due Stridiosauri si dovettero separare.
«Animus, voi siete veloci; dovete sfruttare le aperture e fuggire da qui il prima possibile!» Suggerì pur sapendo quali fossero le implicazioni di quel piano. Ma i due fratelli furono granitici sulle loro convinzioni.
«Non se ne parla, Ryo! Non vi lasciamo indietro!»
Un altro attacco allontanò ancora di più gli Stridiosauri. Ormai i ragazzi si stavano urlando a distanza mentre nel frattempo si muovevano per schivare i colpi dei nemici.
«Se restiamo qui moriremo entrambi senza aver ottenuto nulla!»
«Quindi avresti intenzione di morire? Vuoi mollare così presto?»
«Smettila di essere tanto testardo e cerca di pensare più in grande!»
«Volete smetterla voi due?!»
L'urlo di Rin arrivò nello stesso istante in cui Kya prese il controllo di Iustitia per scagliare la propria lancia addosso a un VIRM che stava per afferrare i suoi amici; allo stesso modo, la Pistil dell'Animus prese le redini nella connessione con il fratello e sparò un colpo alla massima concentrazione contro un gigante che si stava per avventare su Iustitia, facendolo crollare a terra.
«Nessuno deve morire qui! Se collaboriamo come abbiamo sempre fatto, possiamo vincere anche questa battaglia!» Esclamò voltandosi verso i compagni di squadra.
«Ben detto, Rin!» Le fece eco Kya, che in quel momento avrebbe iniziato a parlare di quanto fossero disfattisti e drammatici i maschi, ma la situazione richiedeva di restare concentrati così decise di restare zitta.
Sfortunatamente, il discorso di Rin si trasformò in fumo quando l'Animus fu falciato dall'attacco improvviso di un VIRM che lo spedì in aria. L'urlo della ragazza echeggiò fino a Iustitia, che poté rimanere a guardare la scena impotente mentre i suoi compagni di squadra venivano afferrati da un altro gigante e scagliati al suolo in un impatto devastante.
«RIN!» Gridò fuori di sé Kya, che tentò inutilmente di attivare la modalità berserk.
«Lasciamelo fare, Ryo!» Ringhiò la ragazza che avrebbe tanto voluto abbandonare la postazione per prendere a pugni il partner che si rifiutava di collaborare. «Devo andare a salvare Rin!»
«E' troppo pericoloso, saremo completamente scoperti non appena finirà la carica!» Ryo provò a farla ragionare, ma sapeva che era ormai tardi per quello. «Non possiamo prendere rischi così grandi o finiremo per essere uccisi!»
«E lasciar morire Aki e Rin va bene, invece?» Sbottò lei furiosa, alzando la testa e voltandosi verso il ragazzo che fu scosso da quelle parole.
Ryo era sempre stato quello più saggio; aveva già capito da tempo cosa rischiavano in quelle battaglie e tuttavia sembrava essersi reso conto di questa cosa solo ora. La paura negli occhi di Kya era reale, una emozione nuova in lei, mista a rabbia e disperazione, altri due sentimenti rari per la ragazza che aveva illuminato la sua vita sin dall'infanzia.
Le mani di Ryo scivolarono verso i comandi della modalità berserk e si preparò a pigiare il pulsante; pur conoscendo i rischi di quella scelta, non poteva restarsene a guardare mentre i suoi amici venivano massacrati.
«Adesso ho capito perché ti hanno fatta caposqua…» Proprio nel momento in cui il suo dito premeva il pulsante, Ryo si vide interrotto da un violento scossone che travolse lo Stridiosauro. Si erano distratti un secondo di troppo, diventando un bersaglio facile per i VIRM che approfittarono di quella situazione.
Un colpo a spazzata scaraventò via Iustitia, Kya si sentì come un giocattolo in mano a un bambino molto irruento; il suo corpo si irrigidì di colpo e la sua gola emise un urlo strozzato mentre tutto attorno a lei incominciò a girare. Ryo mollò i comandi e quasi cadde dal proprio sedile, ma riuscì a mantenere aperta la connessione e rimanere così vigile.
Quando tornò a guardare all'esterno attraverso gli occhi di Iustitia, Ryo riuscì a vedere solo la polvere che riempiva l'aria e una gigantesca mano in avvicinamento verso di lui. Doveva uscire da lì, attivare i retrorazzi e scappare più in fretta che poteva, ma non aveva idea di dove andare e in quel momento aveva un solo pensiero in testa.
«Kya!» Urlò senza distogliere gli occhi dal nemico. «Stai bene? Batti un colpo!»
Un flebile gemito di risposta arrivò dalla ragazza di fronte a sé; era ancora cosciente e rispondeva agli stimoli, ma poteva ancora pilotare? Il suo fisico avrebbe retto alla modalità berserk adesso?
Toccava a lui farsi carico di uscire da lì, e lo avrebbe fatto tirando fuori da quell'inferno anche Animus, a costo di trascinarsi dietro i suoi compagni! Ma quando prese in mano i comandi dello Stridiosauro esitò per un istante.
La mano, l'arto o protuberanza che fosse, si era fatta enorme. Il VIRM era a un passo da loro, li avrebbe stritolati senza alcuna fatica.
I nervi di Ryo gli stavano urlando di agire, sbrigarsi a tirare fuori Kya da quella situazione… Ma il suo corpo non rispondeva. Era solo un piccolo umano, come poteva pensare di affrontare quegli abomini, quando fino a quel momento in coppia avevano subito soltanto?
Cosa poteva fare da solo? Cosa potevano fare tutti loro, isolati come ora?
Ma Iustitia non era veramente solo.
Qualcosa saltò fuori dal terreno sollevando un gran polverone e travolgendo il gigante che stava per afferrarlo; Ryo riuscì a scorgere solo qualche riflesso argentato nella fioca luce di quella giornata, ma sentì il cuore riempirsi di sollievo pur non riconoscendo il suo salvatore.
La figura sembrò danneggiare in modo critico il nemico e si scagliò subito dall'altra parte tuffandosi nel sottosuolo e tirandosi dietro una lunga coda. Era Anthurium.
Ma certo!
Rinvigorito da quella realizzazione improvvisa, Ryo attivò i retrorazzi e chiese scusa mentalmente a Kya se quella mossa l'avrebbe affaticata. Preso pienamente il controllo dello Stridiosauro, manovrò lo Iustitia per rimettersi in posizione verticale e lo condusse agilmente attraverso il campo di battaglia schivando gli attacchi dei VIRM rimasti; Anthurium aveva dimezzato i nemici grazie al suo attacco a sorpresa e in lontananza si poteva vedere mentre continuava a dare spettacolo, abbattendo altri giganti delle sue stesse dimensioni. L'arrivo insperato dei loro compagni aveva aperto un varco nel cratere; sarebbe stata la via d'uscita da quell'inferno una volta recuperato Animus.
Lo Stridiosauro dei fratelli Okagawa era all'interno di un cratere più piccolo, apparentemente disattivo. Tuttavia, quando Ryo lo sollevò per trascinarlo fuori da lì poté sentire un verso esausto provenire dal mecha; sapere che Aki e Rin fossero ancora coscienti lo rincuorò, ma non sapeva ancora in che condizioni fossero realmente e per questo rimase concentrato e decise di rimandare i sospiri di sollievo.
Iustitia attivò nuovamente i retrorazzi e questa volta si sollevò da terra con più fatica a causa del peso in aggiunta dell'Animus. L'uscita dal cratere era molto vicina, sarebbe bastata una piccola spinta per raggiungerla ma ora che era alla loro portata sembrava anche irraggiungibile mentre i VIRM rimasti in zona si rialzavano, pronti a intercettarli.
Ryo si voltò sentendo un movimento alle proprie spalle; quando vide uno dei nemici in procinto di piombare su di lui capì che non sarebbe mai riuscito a schivarlo e con Animus sulle spalle la sua mobilità era molto limitata, mentre provare a combattere in quello stato era una pessima idea. Stava per tentare un disperato attacco con la lancia di Iustitia, quando dalla terra emerse di nuovo Anthurium che azzannò la testa del VIRM e rilasciò una scarica elettrica che diede violente convulsioni al gigante, prima di decapitarlo con uno strattone deciso.
Di fronte a quella scena, con il "sangue" violetto del VIRM che pioveva su di loro, Ryo attivò al massimo i retrorazzi e poté finalmente uscire da lì con Animus ancora attivo. Il dislivello all'esterno del cratere era tale che il pilota non riuscì a stimare correttamente la distanza dal suolo ed entrambi gli Stridiosauri rotolarono rovinosamente per terra, salvi ma ancora sotto attacco.
Un colpo di tosse arrivò dallo Iustitia. Kya sembrava starsi riprendendo.
«Bella mossa, Ryo…» Esalò cercando di riprendere fiato. Aveva preferito lasciare il controllo a lui in quel frangente, ma non mancò di stuzzicarlo come al solito:«Avresti potuto tirare fuori queste manovre un minuto prima però…»
Ryo ignorò la sua debole ironia e si guardò intorno notando come la concentrazione di VIRM fosse solo all'interno del cratere; gli altri nemici erano parecchio distanti e poco visibili a causa della polvere nell'aria.
«Devi ringraziare Anthurium se sono riuscito a fare quelle cose.» Disse alla fine sentendo improvvisamente caldo. Solo in quel momento si accorse di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo; gli faceva male il petto e gli si stavano addormentando le dita da quanto aveva stretto i comandi.
Sentì Kya gemere con fare ironico e subito dopo a poca distanza da loro si aprì un varco nella terra brulla da cui fece capolino la testa del classe Gutenberg.
Kya fissò per un momento il serpente meccanico che li aveva tirati fuori dai guai e sembrò lottare con sé stessa per arrivare ad accettare quella cosa; alla fine, con un vistoso sospiro, la ragazza ringraziò Yoshiki e Naho per il loro intervento provvidenziale.
«E scusami se prima ti ho messo in discussione, Yoshi…» Borbottò sconfitta. Ryo non riusciva a credere che la orgogliosa Kya avesse riconosciuto di essere stata nel torto. Ojizaki non sembrò particolarmente colpito e con un rapido cenno gli disse di fare attenzione.
«Aros e Xenomorphus stanno combattendo dall'altra parte dell'area; ci conviene riunirci a loro se vogliamo fare il punto della situazione.» Concluse il ragazzo mentre il suo Stridiosauro si inabissava nuovamente.
«Un momento!» Chiamò di nuovo Ryo, preso alla sprovvista dalla fretta dei suoi compagni. Fece spostare Iustitia di qualche passo e si abbassò per aiutare l'Animus a rimettersi in piedi. «Aki e Rin sono stati colpiti duramente, dovremmo portarli al sicuro, lontano dalla battaglia!»
«E' un rischio. Siamo già con una coppia in meno e mandare un altro di noi per accompagnare loro due ci farebbe scoprire troppo.» Rispose quello con il cinismo che gli si confaceva; tuttavia sapeva di avere ragione. «Non siete proprio in grado di fare ritorno al centro di comando da soli?»
Gli sguardi andarono sull'Animus che si reggeva a Iustitia. Nessuno dei piloti aveva ancora detto niente, ma a giudicare dai respiri affannosi di Rin la situazione non doveva essere delle migliori per lei e suo fratello.
«No…» Mormorò la ragazza. Yoshiki nella sua cabina alzò lo sguardo con rassegnazione, sapendo di non poter certo costringere i loro compagni feriti a tornare indietro per conto proprio.
«Allora sarà meglio che…»
«Non torneremo indietro…» Lo interruppe nuovamente la ragazza, completando la sua frase. Aveva ancora la voce appena udibile per lo sforzo e chissà quali ferite che l'avevano quasi strappata dalla connessione, eppure adesso non mostrava alcun segno di voler cedere.
«Che stai dicendo?» Sbottò incredula Kya mentre il suo Stridiosauro si abbassava un po' verso l'altro, lasciando trasparire un po' troppa umanità pur essendo per metà una macchina.
«Aki?» Domandò Ryo. «Falla ragionare, ti prego! Non vi reggete in piedi…»
Ci fu silenzio per qualche istante e tutti rimasero a guardare Animus che cercava di reggersi in piedi senza doversi affidare a Iustitia. Poi la voce del suo Stamen tornò a farsi sentire; era stanca, tremante, ma anche incredibilmente decisa per la situazione in cui si trovavano.
«Ho detto che avrei riposto la massima fiducia in mia sorella…» Iniziò il ragazzo. «Io ho paura, sono esausto e la battaglia è appena iniziata… Ma non ho alcuna intenzione di ritirarmi con la coda tra le gambe, e se lei dice di poter continuare allora la sosterrò fino alla fine!»
Increduli, sia Ryo che Kya furono sul punto di controbattere dicendo che fosse troppo pericoloso spingersi così verso il limite, ma le parole gli si strozzarono in gola quando Rin li anticipò.
«Non preoccupatevi: sappiamo bene quali sono le nostre possibilità in questo momento. Non faremo più del possibile, ma non lasciateci andare via quando potremmo ancora aiutare!» La testa di Animus si alzò leggermente per guardare in direzione di Iustitia e anche se questo non aveva il volto della Pistil come per lo Stridiosauro antropomorfo, bastò la voce della ragazza a rendere tangibili i suoi sentimenti di volersi mettere in gioco, assieme alla sua stanchezza che invece tentava di sminuire.
Ancora riluttanti a lasciare che i loro amici si riunissero alla battaglia in quelle condizioni, Kya e Ryo dovettero riporre le armi; non c'era tempo per discutere e non potevano neanche lasciare che dei pensieri come quelli occupassero le loro menti in quel momento così difficile, quindi accettarono a malincuore quella decisione.
«Allora possiamo andare.» Si intromise Ojizaki facendo voltare l'Anthurium. Stava per sparire di nuovo nelle sue gallerie, quando aggiunse un'ultima raccomandazione:«Se però doveste ritrovarvi di nuovo alle strette, vi prego di ritirarvi una volta per tutte.»
Le raccomandazioni di Yoshiki sembravano non proprie di una persona così distaccata come lui, eppure la preoccupazione nella sua voce sembrò sincera a tutti i presenti.
Aros e Xenomorphus stavano collaborando per tenere a bada i nemici; il classe Gutenberg bersagliava i VIRM con una pioggia di fuoco e continuava a respingere le nuove ondate mentre lo Stridiosauro più piccolo si occupava di finire e smantellare le unità rimaste nel suo raggio d'azione. Non era un lavoro semplice; considerato che non potevano contare sull'appoggio del centro di comando e dei loro compagni, ogni azione andava ponderata attentamente prima di essere attuata e questo portava a molti ripensamenti nel bel mezzo del combattimento.
Kaoru stava cercando di trattenersi per il bene della sua partner, eppure quei movimenti così agili e gli attacchi potenti che aveva assestato ai nemici continuavano a venirgli con naturalezza senza il minimo sforzo. Nonostante l'apparente controllo della situazione, erano comunque in difficoltà: l'Aros doveva assicurarsi che nessuno dei nemici si allontanasse dal campo di battaglia e per questo non poteva fornire il supporto adatto allo Xenomorphus e bastava un minuscolo errore per vanificare tutto il lavoro svolto fino ad ora.
Quando però videro tornare indietro l'Anthurium, emerso dalla terra con teatralità per lanciarsi addosso a un gigante che stava tentando di raggiungere l'Aros, le due coppie di piloti poterono tirare un sospiro di sollievo. Al seguito di Anthurium c'erano i loro compagni di squadra, un po' affaticati ma ancora in piedi.
«Qual è la situazione?» Domandò Ojizaki facendo a pezzi la sua preda. «E non dire "non lo so"!»
Ci fu un attimo di esitazione prima che Hoshi, probabilmente la persona a cui era rivolta quell'ultima frase, rispondesse con un rapido resoconto sullo scontro.
«Ci stiamo occupando dei VIRM senza esporci troppo, ma sembrano non finire mai.»
«Momo ha contato almeno un centinaio di VIRM giganti.» Aggiunse Aiko in un breve spazio per riprendere fiato tra un attacco e l'altro. Kaoru si accostò a lei subito dopo.
«La buona notizia è che sembrano esserci solo quelli; niente piccoletti molesti come l'altra volta!» Per quanto potesse rincuorare l'idea di non dover avere a che fare con altri nemici, il numero di unità di quelle dimensioni era preoccupante e anche se adesso la squadra si era ricompattata, rimanevano comunque in svantaggio.
«Ragazzi, state bene?» La voce di Momo tuonò sui nuovi arrivati quando la ragazza si fu accorta del ritorno di Animus e Iustitia. Si trattava di una semplice domanda per accertarsi delle loro condizioni, eppure bastò per farle abbassare la guardia e farsi attaccare da un VIRM che si era preparato a balzare nella sua direzione.
L'Aros stava per lanciare una fiammata verso il nemico, ma una lancia magmatica volò nella stessa direzione del suo attacco e lo colpì prima, aprendosi a ombrello con uno scatto dopo essersi incastrata nella spalla dell'essere, mandandola in frantumi.
Confuso e spaventato, Hoshi colpì la testa del gigante e si allontanò a guardare da dove fosse arrivata quella lancia: Iustitia, si erano messi subito al lavoro. Sul volto, l'espressione stanca ma determinata della caposquadra.
«Non abbassare la guardia, Momo!» Disse con fare ammonitore respirando a fondo, rivvolgendo il cavo della lancia, che si richiuse nella sua forma base.
«Scusa…» Mormorò la ragazza spiazzata dai riflessi della sua amica nonostante le sue condizioni. Kya non sembrò impressionata da quello che le accadeva intorno e richiamò la squadra.
«Sentite: dobbiamo giocare le nostre carte per bene. Formeremo una vera e propria fortezza che i nemici non riusciranno a penetrare!» Iniziò facendo avvicinare il più possibile gli Stridiosauri.
«Che hai in mente?» Domandò Naho. Kya sorrise con malizia ai suoi compagni di squadra.
«Io andrò avanti. Assieme a Xenomorphus e Anthurium continueremo a girare attorno a questa zona respingendo i VIRM e scambiandoci i bersagli in modo da logorarli poco a poco con il rischio minore; combatteremo i VIRM faccia a faccia e ci occuperemo di tenerli a distanza! Aros e Animus, guardatevi le spalle a vicenda: restate al centro del cerchio e occupatevi dei buchi nel perimetro dalla lunga distanza, attaccate senza esporvi!
«Continueremo a muoverci in modo da non essere bersagli troppo facili. In questo modo se uno di noi dovesse cadere, sarà più facile soccorrerlo, ma ovviamente confido che nessuno di voi si lascerà colpire.» L'ultima parte di quel discorso fu come uno schiaffo per tutti; avevano visto la morte in faccia così tante volte che ormai non sapevano nemmeno se considerarlo di buon auspicio o meno.
«Sappiamo quanti nemici sono rimasti?» Domandò poi voltandosi verso l'Aros. Momo aveva contato i VIRM all'inizio della battaglia e fu contenta di poter essere nuovamente utile.
«Abbiamo abbattuto quarantatre nemici da quando è iniziato l'attacco.» Disse la ragazza. Poi riprese a parlare:«Non ne sono del tutto sicura!»
Kya ignorò l'ultima parte del suo messaggio. «Che aggiunti ai dodici che ci hanno accerchiato, fanno cinquantacinque. Se vogliamo fare cifra tonda, allora i nemici rimasti saranno almeno quarantacinque, ma potrebbe essercene qualcuno in più…»
«Quarantasei.» La corresse Yoshiki, che senza dire nulla si girò a guardare in direzione della gigantesca astronave aliena. Fino a quel momento non aveva fatto nulla, ma dovevano sicuramente contarla come uno dei nemici; la vittoria sarebbe stata decretata dalla distruzione di tutte le unità VIRM.
«Giusto.» Commentò Kya annuendo. «Troveremo un modo per occuparci di quella. Ma ora…»
I suoi compagni la osservarono mentre assieme al controllo del proprio partner si allontanava da quella zona sicura che erano riusciti a creare per qualche istante e subito Xenomorphus e Anthurium si misero in moto per imitarla.
«Ora combattiamo!» Esclamò la ragazza, e Ryo poté sentire un cambiamento repentino nel suo carattere proprio prima di lanciarsi nella lotta.
 
*
 
«Abbiamo finito…» Disse Suzuko tirando un sospiro di sollievo. Il Gaia aveva prodotto una quantità abnorme di gas fino a quel momento, ma finalmente potevano allentare un po' la presa; non che fosse tutto risolto, ancora c'era una battaglia da concludere a cui avrebbero dovuto prima unirsi. Speravano solo che i loro compagni stessero resistendo come sperato.
«Sei sicura che funzionerà?» Domandò Tetsuya, che non voleva immaginare quanto fosse stanca dopo aver sorvolato l'intera zona. Lei lo guardò fiduciosa e sorrise.
«Non avrei escogitato questo piano se non ne fossi stata sicura!» Forse l'incertezza di Tetsuya la punse nell'orgoglio, ma era ovvio avere dei dubbi in quella situazione: avevano avuto quello che a definirlo "screzio" era un eufemismo, la squadra era in disordine colossale dopo l'attacco dei VIRM e non sapevano ancora nemmeno in che condizioni versassero i loro compagni. Qualcun altro si sarebbe bloccato senza sfidare oltre la fortuna, al loro posto.
La cabina cadde nel silenzio mentre Suzuko si posizionava nella maniera più comoda possibile. Tetsuya guardava lontano, ovunque dove non dovesse posare gli occhi sulla propria partner; era a disagio in sua presenza, ma aveva deciso di ignorare quella sensazione per il bene di tutti. Tuttavia lei non voleva continuare in quel modo.
Dopo aver smesso di cercare una posizione comoda, Suzuko raddrizzò di nuovo la schiena e rimase a fissare il vuoto.
«Ehi.» Mormorò senza voltarsi. Tetsuya sentì il suo tono serio e capì che fosse arrivato il momento di parlare dell'elefante nella stanza.
«Cosa c'è?» Rispose lui cercando di rimanere tutto d'un pezzo.
«Ti sono estremamente grata per quello che stai facendo.» Disse subito lei, cogliendolo totalmente alla sprovvista.
«Non devi esserlo. E' il nostro compito.»
«E' il compito che dovremmo fare, sì.» Riprese subito lei quasi come se Tetsuya non avesse detto niente. «Ma le mie azioni ti hanno portato a non volerlo svolgere, e mi odio per questo.»
Il ragazzo finalmente riuscì a trovare il coraggio di fermarsi a fissare la testa di Suzuko, ma lei era ancora voltata e non sembrava avere alcuna intenzione di incrociare il suo sguardo; forse provava il suo stesso disagio in quella situazione.
«Sono stata insensibile e precipitosa. Ho detto e fatto tante cose terribili e tu hai dovuto sopportare tutto perché sei troppo buono per reagire diversamente…»
«Adesso non esagerare…» Tetsuya vide la colonna di sinistra nello schermo alle spalle di Suzuko vacillare un po'; dopo quello che era successo, i loro livelli di compatibilità sembravano aver preso una piega devastante verso il basso, andando al di sotto del cinquanta percento. Rendendosi conto che la concentrazione della ragazza stesse venendo meno, provò a tranquillizzarla, ma Suzuko si agitò ancora di più.
«Sei tu che vuoi minimizzare!» Sbottò interrompendolo, lasciando un silenzio innaturale e fastidioso dopo quelle parole. Tetsuya non disse più nulla e rimase ad ascoltarla.
Suzuko stava piangendo, ma non voleva che il ragazzo alle sue spalle se ne accorgesse. Aveva già fatto troppi errori perché potesse lasciare che qualcuno la vedesse in quello stato. «Io volevo… Di più. Ho sempre voluto di più perché sapevo di poterlo ottenere.
«Quando sono nata, il mio destino era già scritto. Quando gli Stridiosauri sono usciti dal mare, tutto quanto ha acquistato un senso… Ero destinata ad arrivare qui, a lottare per la Terra, a morire se necessario! Solo che arrivata qui, per qualche motivo, tutto quanto ha cominciato a girare per il verso sbagliato.
«Volevo essere la migliore, volevo ricevere quei complimenti… Volevo essere una persona di cui andare fieri e invece mi sono ritrovata a far allontanare tutti da me, trattando male l'unica persona che non avrebbe mai potuto abbandonarmi. Tu non meritavi una partner tanto egoista… Purtroppo però è quello che ti è toccato.»
Suzuko inspirò a fondo e approfittò del fatto che Tetsuya non potesse vederla in faccia per asciugarsi le lacrime con una mano, ignara del fatto che il ragazzo sapesse già cosa stava succedendo.
«So di aver rovinato tutto, ma ti prego… Ti supplico di darmi un'ultima possibilità, di arrivare alla fine di questa giornata e dimostrarti che posso essere una buona partner!» Concluse facendo una grande fatica a pronunciare quelle parole. La ragazza riprese fiato e alzò lo sguardo, esausta come se parlare a Tetsuya fosse stato lo sforzo più grande di tutti. Poi arcuò di nuovo la schiena e continuò, tornando al suo solito tono categorico:«Adesso occupiamoci di questi alieni!» Un leggero tremore segnò la sua voce.
Tetsuya non disse niente, senza parole di fronte allo sfogo – o alla supplica? – di Suzuko. Si limitò ad annuire in silenzio ed inizializzare l'avvio della connessione.
Il collegamento, già aperto al momento di salire a bordo del Gaia, adesso si fece più intenso: si erano lasciati trasportare da un velivolo militare fino a quel punto per raggiungere più in fretta la quota necessaria a non farsi localizzare dai VIRM. Ora era arrivato il momento di fare sul serio.
Quando tornò a concentrarsi completamente sulla connessione, forse per via della situazione critica oppure a causa delle parole di Suzuko, Tetsuya si scoprì meno ansioso di prima, e poi qualcosa cambiò radicalmente: una miriade di emozioni diverse lo investì, appesantendo la sua coscienza in maniera diversa rispetto a quando aveva baciato Suzuko.
C'era il senso di impotenza di fronte a persone più abili di lui, la vergogna di non essere stato in grado di compiacere persone più importanti di lui, l'umiliazione per essere stato respinto e lasciato senza più alternative… Ci mise un momento per rendersi conto che quelle emozioni provenissero tutte dalla compagna accovacciata di fronte a lui.
Tutte quelle cose non le aveva mai sentite dentro di sé, eppure la sensazione che stava provando gli era familiare; adesso si rendeva conto di aver sempre avvertito degli stralci di quelle emozioni nelle altre occasioni in cui aveva effettuato la connessione con Suzuko, ma erano state sempre "soffocate" da qualcosa in modo da risultare impercettibili.
Così era questo che albeggiava nel cuore di Suzuko… Tetsuya si sarebbe aspettato qualcosa di molto diverso, qualcosa che alimentasse il suo orgoglio e desse valore a ciò che faceva al meglio… Invece tutto ciò che trovò fu una enorme fragilità.
Era veramente orribile! Non riusciva a credere che Suzuko fosse in grado di soffocare tutto quello e pilotare come se niente fosse in quello stato, sopportando a sua volta i colpi e l'affaticamento fisico senza fare una piega; e tutto quello non la abbandonava di certo una volta chiusa la connessione!
«Iniziamo la discesa.» Disse lei spaventandolo. Tetsuya si sorprese di quanto fosse concentrata nonostante tutto. Capì di non avere tempo per quei pensieri e allora decise di seguire il suo esempio e pensare solo alla battaglia, nonostante tutti quei dubbi continuassero ad aleggiargli nella mente. Suzuko sembrava essere tornata la solita ragazza sicura di sé che aveva sempre dimostrato di essere, forse il suo segreto stava proprio nel fatto che appena si metteva a lavoro riusciva a dissociarsi da tutto il resto…
Il Gaia iniziò a precipitare. Sgonfiate le sacche che lo facevano galleggiare nell'aria, il mastodontico Stridiosauro prese a scendere sempre più velocemente sul campo di battaglia, dove era concentrata la maggior parte di nemici e dove, probabilmente, si trovava raccolta la squadra in un'ultima resistenza in quella battaglia che li aveva colti in contropiede.
Il corpo "fluido" del Gaia finì per rimpicciolirsi in maniera eccessiva, Tetsuya non credeva di averlo mai visto così vuoto; non potevano rischiare di far saltare in aria i loro compagni, quindi si sarebbero affidati alla fortuna e avrebbero sperato che la squadra fosse lì, pronta a difendere anche loro per un breve momento.
Gaia atterrò rovinosamente, ma rimase in piedi e con gran sollievo dei due piloti la squadra apparve davanti a loro, avvolta nella polvere sollevata dalla battaglia; i loro compagni esausti, ma ancora tutti vivi.
Iustitia, Xenomorphus e Anthurium giravano in cerchio a velocità costante, respingendo gli attacchi dei VIRM e scambiandosi i bersagli, sempre in movimento e attenti a reagire al minimo segnale di pericolo; al centro del cerchio c'erano Aros, che teneva a distanza i nemici grazie alle sue fiammate, e Animus sotto alle sue gambe che forniva il fuoco di copertura.
La voce di Ojizaki li raggiunse di colpo, carica di sorpresa. «Ragazzi! Voi cosa ci fate qui?»
Anthurium si fermò per un attimo, talmente sorpreso che finì per abbassare totalmente le difese, rischiando di farsi colpire; fu Tetsuya a reagire alzando un tentacolo e bloccando l'attacco del VIRM alle sue spalle, frantumandogli una spalla.
Ancora sorpreso, Yoshiki si scusò e ringraziò il compagno di stanza mentre Tetsuya stesso si stupiva della propria forza in quel frangente.
«Siamo venuti ad aiutarvi!» Spiegò rapidamente Suzuko, sapendo di non ricevere molta attenzione. Iniziò a preparare un po' di gas per tenere occupati i nemici mentre intanto richiamava l'attenzione della caposquadra. «Ho un piano!» Le disse.
Nakamura drizzò le antenne, immediatamente interessata. Lei e Sato si fermarono, ma solo per un attimo: Iustitia inchiodò e schivò agilmente il pestone di un VIRM prima di arrampicarsi sulla sua gamba e iniziare a farla a pezzi chirurgicamente con la propria lancia.
«Sentiamo.» Disse la Pistil dopo che fu saltata di nuovo a terra ed ebbe raggiunto il Gaia, con un'agilità che fece provare un po' di invidia a Suzuko; era come rigirare il coltello nella piaga!
«Prima di arrivare qui ho disseminato il campo di battaglia di bolle esplosive, cariche di gas del Gaia, tutte legate a una miccia quasi invisibile che aspettano solo di scatenare la loro potenza. Mi basterebbe attivarle ora e l'intera area si trasformerà in un fuoco d'artificio!» Spiegò la ragazza in fretta e con una leggera punta di orgoglio. «I VIRM saranno feriti gravemente, se non annientati in una singola deflagrazione!»
«Bolle esplosive?» Commentò la caposquadra scettica. «Non sapevo nemmeno che lo potessi fare.»
«Era un'idea che ho avuto sin dai primi test con il Gaia, ma non ho mai potuto metterla in pratica.» Spiegò temendo che quel dettaglio potesse minare alla solidità del suo piano. Nakamura però non sembrò particolarmente contraria a quell'idea e si fermò a guardare il cielo per un momento
«Avete minato anche quello?» Domandò poi indicando il gigantesco VIRM in lontananza.
«Certamente!»
La ragazza annuì compiaciuta a quella risposta e si voltò richiamando gli altri compagni. Adesso i VIRM erano diminuiti significativamente, la squadra aveva il tempo di respirare lasciando solo pochi di loro a controllare il perimetro; mentre Anthurium continuava a girare attorno all'area e Aros sputava palle di fuoco in direzione dei nemici che osavano avvicinarsi, i classe Mohorovičić e il Gaia si riunirono ai piedi del dragone e Kya spiegò la situazione anche agli altri.
«E' probabile che una parte di loro resterà quantomeno in piedi dopo l'esplosione, giusto?» La ragazza si interruppe per interpellare Suzuko, che rispose affermativa prima di lasciare che continuasse. «In quel caso dovremo assicurarci di finirli assieme al loro gigante. Chi si vuole unire con me alla squadra per l'assalto finale?»
Iustitia rimase con la mano alzata e osservò i compagni; Xenomorphus non esitò ad unirsi subito e anche Animus tentò di reagire, ma fu fulminato dallo sguardo della caposquadra che conosceva fin troppo bene le condizioni dei suoi piloti.
«Portate con voi anche l'Anthurium!» Suggerì Momo che si era distratta solo un momento per ascoltare quella parte del discorso. «Noi resteremo a difendere Animus.»
Kya osservò il serpente che saltava da una galleria all'altra continuando a respingere i nemici senza troppe difficoltà e annuì, pur con qualche remora al pensiero di lasciare da soli i loro compagni.
«Vogliamo venire anche noi!» Si intromise Suzuko. In fondo era stata lei a escogitare quel piano, non potevano lasciarla indietro proprio ora.
Kya sembrò indecisa sul da farsi; ciò che la preoccupava era la lentezza del Gaia, che gli avrebbe impedito di raggiungere la nave aliena in tempo per un assalto che li cogliesse impreparati, ma alla fine accettò. «Molto bene; allora tu ti occuperai di finire tutti i VIRM che non saranno morti mentre noi attaccheremo il capo!»
Nonostante il tono leggero della ragazza, quello aveva tutta l'aria di un ordine a cui Suzuko non poteva opporsi, ma le stava bene; in quel caso restare nelle retrovie sarebbe stato un compito estremamente importante e particolarmente adatto al suo Stridiosauro.
Senza aspettare la risposta della ragazza, Iustitia si voltò e cominciò a urlare ai compagni dicendo loro di mettersi al riparo; anche l'Anthurium si ritirò pur non conoscendo i dettagli del piano, scavando una galleria irraggiungibile dai VIRM che l'avevano circondato.
«Hai sentito, Tetsuya?» Mormorò Suzuko con un moto di orgoglio. «Abbiamo strada spianata!»
Il ragazzo deglutì debolmente e fece un piccolo cenno che Suzuko avrebbe sicuramente avvertito. Sapeva di avere il suo pieno appoggio per quel piano; quello che era successo prima di arrivare lì non avrebbe in alcun modo influito sul suo giudizio.
Suzuko inspirò profondamente e chiuse gli occhi per un secondo; quando li riaprì, si lasciò sfuggire un sorriso pieno di sicurezza, incredibile come una volta tornata in controllo della situazione il suo vero carattere fosse riaffiorato nuovamente.
La ragazza avvertì una scossa fin dentro il cervello; una scintilla che attraversò il suo sistema nervoso centrale in un istante e si diramò ai comandi della cabina raggiungendo il Gaia, sua metaforica estensione del corpo, e incanalandosi per il sottilissimo filo che teneva collegate le bolle di gas disseminate per tutta l'area. Fu una scarica di adrenalina che la fece sentire come se fosse proprio al centro di ogni singola esplosione, quindi la sua visione si riempì di luce e fiamme mentre i VIRM venivano travolti da qualcosa che non potevano prevedere: un vortice rovente che sollevò il suo calore fino agli Stridiosauri, che rimasero ad osservare la distruzione increduli.
Ogni volta che una cella di gas esplodeva, Suzuko sentiva accelerare i battiti del cuore e l'orgoglio per aver escogitato una strategia vincente cresceva sempre di più… Ma la soddisfazione più grande fu vedere che persino il VIRM gigantesco che aveva scatenato l'onda di detriti che li aveva travolti all'inizio della battaglia stava venendo danneggiato seriamente dalle esplosioni, con la sua corazza che si scioglieva e si spaccava e le fiamme che si propagavano dentro e fuori del suo corpo.
Rimase senza parole, tanto estasiata che non si accorse di quando i suoi compagni partirono all'attacco per finire i nemici sparsi per il campo di battaglia e Tetsuya dovette richiamarla per ricordarle il loro ruolo  per il finale di quella battaglia.
«Scusa…» Mormorò lei sbattendo le palpebre un paio di volte; il calore le aveva asciugato gli occhi e adesso le bruciavano. «Andiamo a fare il nostro lavoro!»
 
*
 
Iustitia fece rotolare lo scheletro del VIRM morto da un pezzo e osservò sprezzante i resti. Gusci vuoti, ecco cosa restava di quelle cose una volta uccise; non si potevano neanche considerare veramente esseri viventi e una volta morti iniziavano a sciogliersi.
Hachi e Nana dicevano che i VIRM erano una coscienza condivisa, un insieme di vite divenute una sola che aveva come unico obiettivo quello di espandersi… Ma che razza di coscienza era questa? A Kya sembravano solo delle macchine per uccidere, freddi e accecati da chissà quale obiettivo… Un computer avrebbe avuto più umanità di quegli esseri.
«Io ho molta più umanità di loro.» Mormorò fissando il vuoto. Per un momento Kya perse il contatto con la realtà, la sua visione si fece sfocata e i suoi pensieri si persero, fondendosi tra loro e diventando… Qualcos'altro.
Un tremito la scosse da quella bolla dentro cui era finita e si guardò intorno alla ricerca degli altri. Dimenticando ogni cosa, si avvicinò al Gaia che studiava dall'alto il campo di battaglia devastato e attirò la sua attenzione.
«Grazie per il vostro intervento, ragazzi!» Salutò con una mano alzata. «Staremmo ancora arrancando se non fosse stato per voi.»
Il gigantesco Stridiosauro si voltò lentamente e mosse un tentacolo in direzione dei compagni di squadra. Non c'era bisogno di ringraziarli, avevano fatto solo ciò che avrebbero dovuto fare sin dall'inizio.
«In un certo senso, è una fortuna che voi siate rimasti indietro.» Commentò Ryo, non conoscendo il motivo per il quale Tetsuya e Suzuko non si fossero uniti alla battaglia sin da subito. Kya si accodò subito a lui.
«Già, sembra quasi che aveste già preparato questa strategia!»
«Non scherziamo.» Fece Suzuko con modestia. «Non siamo così lungimiranti!»
I quattro Parasite condivisero una breve risata, contenti di essere sopravvissuti un altro giorno. L'intervento del Gaia era stato di certo inatteso, ma era proprio ciò che aveva sbloccato la situazione in cui si erano riparati i ragazzi nell'attesa di avere un'idea migliore che gli permettesse di ribaltare il combattimento.
L'atterraggio di un piccolo velivolo dell'I.P.U. interruppe la conversazione tra i due Stridiosauri e Iustitia si scusò per andare a incontrare Hachi e Nana, che furono lieti di scoprire che nessun membro della squadra era gravemente ferito.
«Sembra che siamo gli eroi della giornata, eh?» Mormorò Suzuko con amarezza. In circostanze diverse quella notizia l'avrebbe riempita di orgoglio, ma adesso tutto quello a cui riusciva a pensare era come avesse rovinato tutto…
Tetsuya non disse niente. Era estremamente taciturno anche per i suoi standard; Suzuko avrebbe trovato frustrante quel suo comportamento, se non avesse saputo che fosse perfettamente giustificato.
«Scusami di nuovo per averti costretto a fare tutto questo…» Continuò senza volerlo guardare in faccia. «Ti ho causato uno stress enorme nelle ultime settimane chiedendoti qualcosa che non potevi darmi, e quando ho perso la pazienza ho finito per cercare di prendermelo con la forza… Non avrei mai dovuto farlo e mi vergogno di non essermene resa conto prima.»
La ragazza rimase in silenzio, in attesa di essere distrutta dalle parole del suo partner. Parole che però non arrivarono e Tetsuya invece rimase a fissarla imbambolato.
«Non mi hai costretto a fare niente che non volessi già fare.» Disse dopo un po', lo sguardo basso a sua volta. «Sono stato io a venire nella sala di controllo e il caso ha voluto che ci fossi anche tu… Quando poi ci siamo connessi avevo ancora paura, temevo che avessi solamente cercato di sfruttarmi e tutto ciò che conoscessi di te fosse una bugia… Ma ho sentito…»
Tetsuya si interruppe. Voleva veramente rivelare a Suzuko ciò che aveva letto dentro di lei? Lei era stata troppo invasiva e adesso lui stava rischiando di fare la stessa cosa; se Suzuko non gli aveva mai detto niente di tutti quei sentimenti, significava che se ne vergognava o forse non reputava che lo riguardassero… Ma non era proprio questo il punto del loro rapporto?
«Ho sentito qualcosa. Ho capito che sei mossa da una forte passione e che anche se agisci in modo egoista, lo fai sempre con buone intenzioni…» La ragazza trattenne il respiro mentre Tetsuya le diceva quelle cose; sentì uno strano calore salirle sulle guance. «Sono stato troppo duro con te, ma rimando della mia idea: anche se altri hanno raggiunto il loro equilibrio in un modo, non significa che noi dobbiamo fare lo stesso! Io voglio veramente che questo progetto funzioni, voglio diventare anche io come loro, ma per farlo dobbiamo trovare un'altra via… Insomma, credo che dovremmo cominciare da quelle cose che ci hanno fatto venire qui, ma anche cose che non hanno niente a che fare con gli Stridiosauri come le nostre passioni e i nostri sogni per il futuro… Voglio conoscere di più la te al di fuori dell'uniforme, ecco!»
Suzuko si lasciò sfuggire un sorriso e ruotò leggermente la testa per scorgere Tetsuya mentre le puntava contro un dito. «Non intendevi letteralmente, vero?»
A quella battuta, il volto del ragazzo si infiammò e Tetsuya schivò istintivamente il suo sguardo.
«Scusa, era fuori luogo.» Si rimproverò da sola girandosi nuovamente dall'altra parte. Si sentì una stupida.
«No, è…» Tetsuya si annodò la lingua e rimase a fissare la schiena di lei, sorpreso. «Credo che tu abbia centrato in pieno cosa volessi dire.»
A quel punto Suzuko si voltò definitivamente. Dover sostenere lo sguardo del suo partner le dava molta ansia, considerato che fino a poco tempo prima lui non volesse neanche vederla in faccia e le risultò molto difficile non continuare a guardare in basso.
«Mi dispiace.» Disse alla fine tendendogli una mano tremante. «Spero di poter essere una buona partner, d'ora in poi.»
Tetsuya fissò il volto costernato di Suzuko; anche se faticava a guardarlo negli occhi, la ragazza era sincera. Abbassò lo sguardo sulla sua mano e sospirò prima di abbracciarla senza preavviso, portandosela il più vicino possibile e scatenando tutta la sua confusione e imbarazzo.
«Questa battaglia la dobbiamo combattere insieme, capisci?» Mormorò lui, sicuro che avrebbe ricevuto uno schiaffo dopo aver lasciato andare la ragazza. Gli andava anche bene, però aveva bisogno di trasmettere quel messaggio nel modo più chiaro possibile.
Con sua grande sorpresa, alla fine Suzuko smise di dimenarsi e farsi domande e semplicemente passò le braccia sotto alle spalle di lui per rispondere all'abbraccio.
«Scusami…» Borbottò. «Non sono tanto brava con gli abbracci.» Aggiunse una piccola pacca sulla schiena di Tetsuya, facendo sfuggire una risatina al ragazzo che contagiò anche lei.
Durò poco, ma quell'abbraccio sarebbe rimasto nei pensieri di Suzuko fino a sera; un gesto nuovo, che incuteva un certo timore, ma che la faceva stare bene al solo ricordo…

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Capitolo 44
*** Disordini ***


Hachi e Nana furono lieti di sapere che i Parasite avevano riportato solo ferite superficiali; quando li incontrarono, poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Si scusarono mille volte per non essere riusciti a ristabilire le comunicazioni in tempo e promisero che avrebbero studiato i dati della battaglia per trovare una soluzione a quel problema. Nonostante le numerose rassicurazioni della squadra – principalmente di Nakamura, sempre pronta a minimizzare sulla faccenda – i due adulti non riuscirono a smettere di pensare all'accaduto, temendo già di riuscire a trovare ben poche risposte analizzando i resti dei VIRM di quella battaglia.
Una cosa che li rincuorò fu sapere che il problema tra Maruyama e Sentakami era apparentemente risolto. Vista la situazione concitata non avevano avuto il tempo di parlare con i ragazzi e aiutarli ad elaborare la cosa, e adesso non sapevano se riportare nuovamente alla luce l'argomento fosse una mossa saggia, considerato che entrambi sembrassero nuovamente tranquilli.
Alla fine decisero di lasciar riposare i loro protetti e non fargli altre domande. Avrebbero voluto dire che si erano meritati un'intera settimana di riposo, ma sfortunatamente stava per aprirsi un periodo molto stressante per tutti loro; li attendevano battaglie a ripetizione ed allentamenti sempre più specifici, ma ancora prima i ragazzi avrebbero dovuto imparare a convivere con una nuova squadra di Parasite per un po' di tempo, e viste le situazioni complicate che erano venute a crearsi all'interno del loro gruppo nel corso di quei mesi nessuno gli assicurava che quella nuova sfida sarebbe stata esente da problemi… Ma per il momento, senza il bisogno di complicarsi la vita ulteriormente, istruttori e Parasite avrebbero spostato al futuro qualunque cosa da fare, anche solo di un giorno per avere il tempo di riprendere le energie.
L'attacco dei VIRM aveva causato un discreto scompiglio ad Anemone. Con il silenzio totale di tutte le comunicazioni non c'era stato modo di conoscere l'esito della battaglia e le persone avevano cominciato a riversarsi per le strade, nel tentativo di fuggire dalla città e allontanarsi il più possibile dalla zona dello scontro in misura precauzionale. Appena ricevuta la notizia dei disordini, Hachi e Nana decisero che uno di loro sarebbe andato in città a tranquillizzare la popolazione: fu lui a prendere un aeromobile e dirigersi in tutta fretta verso il centro abitato mentre lei si occupava di riportare a casa i ragazzi. Non volevano recargli ulteriore stress dopo la battaglia appena conclusa, sapendo quanto la folla li mettesse a disagio. Quando arrivarono a Mistilteinn però, trovarono un'altra sorpresa ad attenderli.
C'erano due figure magre di fronte al cancello di ingresso. Avevano un'aria composta nonostante lasciassero trasparire una certa trepidazione; quando notarono il bus della squadra gli si lanciarono contro, come se sperassero di vedere qualcuno a bordo.
Quando riconobbe i loro volti, Hoshi si rabbuiò: erano i suoi genitori.
«Posso aiutarvi, signori…?» Fu il modo in cui li accolse Nana, scendendo dal mezzo, ancora incerta sul da farsi.
«Kondō! Sono la madre di Hoshi. Lei è la signora Nana, vero?» La incalzò subito la donna, una persona abbastanza alta e con il volto che ricordava quello di un topolino. Nana notò subito la somiglianza con il suo studente, ma fu comunque sorpresa.
Il suo sguardo andò all'uomo che era con lei: anche lui somigliava a Hoshi, la sua capigliatura disordinata era ciò che attirava immediatamente l'attenzione, ma nonostante il suo aspetto formale trasmetteva una forte ansia e confusione, così come la moglie, e fu quello che confermò definitivamente la loro identità.
«Vi prego, diteci che è andato tutto bene nella battaglia!» La implorò quello. Entrambi ansimavano come se avessero appena concluso una maratona e continuavano a scambiarsi le battute.
«Stavamo seguendo lo scontro in televisione, quando a un certo punto si è spento tutto…»
«Siamo corsi qui sperando di avere qualche notizia su nostro figlio, ma…» Il signor Kondō si interruppe quando vide scendere proprio il figlio dal bus alle spalle di Nana. Subito lui e sua moglie si lanciarono contro il ragazzino, che aveva ancora indosso la tuta da Parasite, ricoprendolo di attenzioni e abbandonandosi a pianti liberatori.
«Cosa sta succedendo?» Domandò una sbigottita Kya uscendo dall'auto, seguita dal resto della squadra. Vedere Hoshi stretto nella morsa dei due adulti fu una scena divertente, ma che riuscì anche a intenerirla.
L'emozione dei signori Kondō era tale che per cinque minuti fu impossibile farli staccare dal figlio né comunicare con loro. Quando l'adrenalina fu scesa, Hoshi riuscì finalmente a respirare e poté domandare:«Voi due che ci fate qui?»
«Eravamo preoccupati! In città non sapevamo niente di come stesse andando la battaglia, abbiamo temuto che…» La donna non continuò, semplicemente grata che il figlio fosse sano e salvo.
«Siamo qui da chissà quanto tempo, speravamo che passasse qualcuno.» Continuò il marito, incapace di far sparire quel sorriso che gli si era formato in viso. «Meno male che siamo venuti!»
Hoshi era senza parole. Aveva sempre reputato i suoi genitori delle persone estremamente riflessive e quasi apatiche; era stata necessaria un'invasione aliena per fargli capire quanto ci tenessero a lui… Ma questo preferì non dirlo ad alta voce.
«Allora… Tutto è andato per il meglio, giusto? Gli alieni sono sconfitti?» Domandarono gli adulti, indietreggiando un po'. Nana fu contenta di vedere quell'energia, per quanto la loro reazione l'avesse lasciata senza parole.
«Sì. L'attacco dei VIRM ci ha colti alla sprovvista, ma i ragazzi si sono comportati brillantemente.» Li tranquillizzò, rimandando l'attenzione ai giovani usciti dall'auto e che adesso se ne stavano disposti in riga di fronte a loro.
Contenti di sentire quelle notizie, i due adulti si rivolsero dunque verso i compagni di squadra del loro figliolo e iniziarono a stringergli le mani, presentandosi.
«E' un vero piacere conoscervi, ragazzi! Io sono Akane e lui è mio marito Kyoishi.»
«Io sono la caposquadra!» Cinguettò Kya con ben poca modestia quando gli adulti furono passati a stringere la sua mano.
Ci fu un minuto di presentazioni in cui Akane e Kyoishi si assicurarono di passare da tutti i Parasite e rivolgere loro la stessa quantità di attenzione; poi quando arrivarono da Momo, la madre di Hoshi si fermò un istante e vista la differenza in altezza con il figlio esclamò:«Sei tu la partner di Hoshi!»
«Mi conosce già?» Domandò imbarazzata la ragazza, che tutto ciò che riuscì a fare fu iniziare a tormentarsi un orecchio dalla sorpresa.
«Certo!» Rispose quella. «Mio figlio mi ha detto molto su di t…»
«Ehi, mamma! Hai conosciuto Sentakami? E' stata la sua strategia a farci vincere oggi, assicurati di ringraziarla a dovere!» Tuonò il piccoletto spostando l'argomento da un'altra parte, in allerta già da prima per impedire che i genitori dicessero o facessero qualcosa di imbarazzante.
La donna, che sembrava particolarmente contenta di conoscere Momo, si fermò un istante e guardò in direzione del figlio; accanto a lui, Suzuko lo fissava perplessa non capendo perché fosse stata tirata in ballo così improvvisamente.
«Sentakami…» Mormorò pensierosa. «Ma sì, sei la figlia di Danuja!»
Improvvisamente l'attenzione di Suzuko aumentò mentre la donna continuava a fare riferimenti a lei e alla madre, dicendo quanto le somigliasse e spendendosi in altri elogi per la ragazzina riguardanti la battaglia.
«Conosci sua madre?» Domandò perplesso suo figlio, pensando che si sarebbe ricordato di una amicizia tra sua madre e quella di una sua compagna. A questo punto Akane però scosse la testa con aria innocente.
«No, assolutamente! Però l'ho vista svariate volte come ospite a convegni, mostre… Insomma è una persona illustre, il che non mi sorprende visto il nome che porta, giusto cara?» Il cenno che le mandò fu leggerissimo e privo di qualunque segno di aggressione, eppure lo sguardo di Suzuko si fece serio e arretrò di poco come per allontanarsi da lei.
«Ora… Devo andare.» Si affrettò a dire, e Suzuko si avviò a passi svelti verso il cancello di ingresso di Mistilteinn. Nana cercò di allungare un braccio nella sua direzione e dirle di aspettare, ma neanche lei seppe cosa fare esattamente perché quella situazione l'aveva presa completamente alla sprovvista.
Akane Kondō non sembrò notare la strana reazione della ragazza e disse che non c'era problema, che erano sicuramente stanchi e che anzi, avrebbe fatto meglio a lasciare i ragazzi al loro meritato riposo.
«Io volevo solo assicurarmi che il mio piccolo tesoro stesse bene!» Borbottò cercando di tirare le guance a Hoshi, ma alle sue resistenze decise di accontentarsi di un abbraccio e il ragazzo fu costretto a lasciarla fare.
«Dai, mamma… Ora lasciami!» Borbottò alla fine Hoshi, sentendo gli sguardi degli altri fissi su di sé, sicuro che sarebbe stato preso in giro fino alla morte per quella cosa. In effetti i suoi compagni stavano osservando la scena con interesse, ma nonostante un certo divertimento generale – più accentuato in Yoshiki, che sembrava star veramente godendo dell'imbarazzo del suo compagno di stanza – le reazioni più vistose furono di tenerezza. Dopo quello che Hoshi aveva detto sui suoi genitori, era bello vedere come si fossero preoccupati per lui. E anche Hoshi non lo avrebbe ammesso, ma vederli lì lo aveva fatto felice…
Quando i signori Kondō furono partiti per rientrare in città, Nana condusse i ragazzi a Mistilteinn e li accompagnò fino alla tenuta attraverso il parco, dicendogli di riposare il più possibile. Quando poi fu rimasta da sola, tornò all'edificio scolastico per fare alcune ricerche.
Al ritorno di Hachi, finalmente, gli comunicò la sua decisione.

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Capitolo 45
*** Qualcosa che scricchiola ***


Kya canticchiava serenamente mentre si spazzolava i capelli, controllando il proprio operato nello specchio rotto che teneva in mano. Pensava che avrebbe dovuto andare da un parrucchiere tra non molto tempo; solitamente era Ryo che le ricordava di quanto si stessero facendo lunghi i suoi capelli e la ragazza lo prendeva come un invito ad accorciarli pensando che li preferisse di più così, ma ultimamente erano stati tutti troppo presi dalle missioni ed esercitazioni per potersene occupare o preoccupare.
Non che le dispiacesse avere i capelli così lunghi; non li accorciava mai più in su delle scapole, addirittura da bambina li aveva lunghi fino alle ginocchia. Ricordava che, quando si conobbero, Ryo le disse quanto le donassero quei capelli così lunghi; erano le parole uscite così per caso di un bambino che non si fermava tanto a riflettere, eppure lei le aveva portate nel cuore per tutta la vita. Quel ragazzo non si rendeva conto di quanto fosse importante per lei.
Sospirò osservando il proprio riflesso. I vetri spezzati davano un'immagine incompleta e distorta della realtà, quasi neanche riconoscibile a causa dei numerosi frammenti incollati alla bell'e meglio con il nastro adesivo, eppure quella immagine sembrava bastarle; o meglio, doveva bastarle per il momento. Sotto di esso, al centro della scrivania dove solitamente studiava, il libro di storia, aperto su una pagina riguardante la fine della prima guerra con i VIRM.
Kya pensava che ci fosse qualcosa di strano in tutta quella faccenda, come il fatto che tutti sembrassero pensare che lei e Ryo somigliassero troppo a quei due ragazzi di mille anni fa… Stava cercando informazioni sulla propria controparte, ma aveva trovato ben poco e tutte quelle nozioni le facevano girare la testa; avrebbe volentieri posato il libro e fatto un pisolino.
La porta della stanza si aprì e Momo fece il suo ingresso, trafelata e accaldata. La salutò distrattamente prima di buttarsi sul proprio letto tirando possenti boccate d'aria; Kya si voltò e rimase a guardare il suo petto espandersi e restringersi vertiginosamente, la tuta da ginnastica che si ripiegava a ogni movimento del suo busto.
«Sei tornata!» La salutò la ragazza con in mano lo specchio, sorridendo serena. Era contenta che la sua amica andasse a correre con i ragazzi, trovava che negli ultimi tempi si fosse aperta molto con tutti i loro compagni di squadra e oltre a rinforzare il fisico e migliorare la propria salute, in quel modo Momo riusciva ad aumentare la propria autostima.
«Yoshiki ha allungato il percorso. Ha detto che siamo migliorati e quindi dobbiamo alzare l'asticella, o qualcosa del genere…» Esalò quella senza guardarla, la fronte corrugata come se stesse facendo un grosso sforzo. «Non vedo l'ora di farmi una doccia e rilassarmi un po'… Mi ficcherei subito nel letto, ma ho promesso a Hoshi che avremmo studiato assieme.»
Per quanto Kya non amasse sentir parlare del partner della sua amica, la sorprese sentire che non fosse stato lui a dover fare quella promessa, visto quanto fosse sempre stato schivo con Momo. Anche quello era un segno che le cose stessero cambiando nel loro rapporto, e ormai era da parecchio che andava avanti così.
«Non dovresti andare alla serra con Aiko?» Domandò innocentemente.
«Aiko è con Kaoru. Ha detto che l'avrebbe aiutata lui oggi pomeriggio…» Spiegò rapidamente Momo, poi raddrizzò la schiena e si voltò sorridendo verso l'amica. «Anche se non credo che le sarà di grande aiuto con le piante!»
«Bé, non ti ha mica detto per cosa l'avrebbe aiutata…» Commentò Kya con un sorrisetto lascivo. Momo le lanciò un cuscino addosso per tutta risposta.
«Ma smettila!» Rise mentre Kya lasciava andare un acuto e alzava la mano che stava reggendo lo specchio per proteggerlo dall'impatto, venendo travolta dal cuscino che improvvisamente le sembrò enorme. In un primo momento le risate distrassero entrambe, poi fu proprio lo specchio che teneva in mano la sua amica a incuriosire Momo, che si alzò per andare a dargli un'occhiata più da vicino.
«Questo dove lo hai preso?» Domandò perplessa. Non era un oggetto che le si vedeva maneggiare spesso, per di più uno irreparabilmente rotto a quel modo.
Kya lanciò via il cuscino trattenendosi dal rispedirlo all'amica e alzò in alto lo specchio per farglielo vedere meglio. «Oh, è solo uno specchietto che ho trovato in giro per la casa. Mi piaceva, così l'ho preso.»
Momo lo guardò per un attimo e finalmente si ricordò dove lo avesse già visto: era sicura che quello specchio fosse nella stanza della Squadra 13, quando erano entrati lì per la prima volta.
«Lo hai rubato!» La accusò oltraggiata.
Kya strinse le spalle e sbuffò vistosamente. «Non puoi rubare qualcosa che si trova già in casa tua, non ti pare?»
«Ma è un cimelio che è appartenuto a quella stanza per chissà quanti secoli… Non puoi semplicemente prenderlo e usarlo come un oggetto qualsiasi!»
La ragazza sbuffò. Era chiaro che non volesse discuterne. «Hachi e Nana hanno detto che possiamo occuparci di quella stanza e fare come se fossimo a casa nostra! L'ho solo preso in prestito, che problema c'è?» Volse lo sguardo dall'altra parte con indignazione, evitando Momo di proposito.
La ragazza la guardò con esasperazione chiedendosi se ci fosse mai stata una volta nella sua vita in cui non avesse agito completamente di impulso, quindi sospirò vistosamente. «E va bene, ma promettimi di fare attenzione! Non voglio rischiare la distruzione di uno dei cimeli di Hachi e Nana…» Le concesse, scatenando subito una piccola reazione di giubilo in Kya che ricominciò a rimirarsi all'interno della piccola cornice.
«E quando avrai finito di giocarci, rimettilo a posto!»
Momo uscì dalla stanza mentre le dava le sue ultime raccomandazioni, diretta ai bagni per togliersi tutto quel sudore di dosso. Kya neanche la ascoltò, continuando ad annuire distrattamente come una bambina furba. Se Ryo fosse stato in quella stanza, gliel'avrebbe semplicemente data vinta e avrebbe aggiunto un commento sarcastico, dicendo che probabilmente avrebbe perso interesse in quell'oggetto nel giro di un paio di giorni… Ma non aveva veramente idea di quanto fosse risoluta, in particolare riguardo a determinate tematiche.
Non aveva perso interesse in lui in tutti quegli anni… Un misero specchio non era niente.
Sbuffando, abbassò lo specchio e posò lo sguardo sulla scrivania dove aveva riposto il cuscino di Momo senza pensarci, coprendo il libro aperto; per qualche motivo, aveva pensato che se Momo lo avesse visto avrebbe cominciato a farle domande e lei non avrebbe saputo cosa rispondere.
Strano. Si disse prima di afferrare il cuscino e gettarlo sul letto dell'amica. Poi afferrò il nastro che le aveva regalato Rin e se lo annodò dietro la testa per farci una piccola coda di cavallo.
Kya si stiracchiò. Pensava proprio che sarebbe andata a cercare Ryo per vedere cosa stesse facendo, magari lo avrebbe trascinato a fare una passeggiata nel parco oppure avrebbero guardato un film insieme… Aveva l'impressione che lui la stesse trascurando, perciò doveva fare qualcosa. Era sempre stato un po' musone, le ultime battaglie dovevano averlo sfiancato: toccava a lei illuminargli le giornate con la sua intramontabile positività!
 
*
 
«Posso farti una domanda?»
La voce di Naho attraversò la biblioteca e Yoshiki si girò verso di lei mandando un singolo verso interrogativo. Era in cima alla scala della biblioteca, le mani ferme su uno dei volumi che stava afferrando e sembrava in perfetto equilibrio nonostante adesso si stesse sbilanciando indietro.
La ragazza allungò le braccia verso di lui facendogli segno di fare attenzione, ma Yoshiki scese con grazia portandosi dietro il libro recuperato e porgendoglielo le chiese:«Di che si tratta?»
Lei, che per un momento si era dimenticata della propria domanda, troppo preoccupata che il partner non si facesse male cadendo dalla scala, guardò la copertina del libro che aveva in mano e si risvegliò.
«Ah, giusto!» Disse. «L'altro giorno, quando abbiamo combattuto i VIRM, eri palesemente distratto da qualcosa.»
Le sopracciglia di Yoshiki si corrugarono quando sentì quella premessa. Non che si aspettasse di passare inosservato, ma se avesse potuto essere completamente onesto sperava di non dover affrontare quella discussione.
«C'entrava Maruyama, non è vero?» Mormorò lei abbassando lo sguardo con vergogna, strofinando con insistenza le dita sulla copertina rigida che teneva tra le mani.
Con riluttanza, Yoshiki dovette constatare per l'ennesima volta che la sua partner era una persona estremamente intelligente, almeno tanto quanto era curiosa. Piegò gli angoli della bocca divertito, ma fu solo un tentativo di mascherare una smorfia.
«E' vero. Ero preoccupato per Tetsuya perché si è sentito male così all'improvviso…»
«Ma sappiamo entrambi che non si trattava di una normale febbre, non è vero?» Lo incalzò Naho, prendendolo alla sprovvista. «Altrimenti non sarebbe arrivato qualche ora dopo alla guida del Gaia, tirandoci fuori dai guai in maniera tanto lodevole.»
Questa volta non ci fu nessun sorriso, Yoshiki increspò le labbra e cominciò a cercare una spiegazione sensata che non richiedesse di mentirle, senza però rivelare il segreto del suo amico. Naho sembrò subito comprendere quel suo tentativo e cercò di aiutarlo.
«Sai, se non vuoi dirmelo non ti costringerò a parlarne…» Spiegò tenendo lo sguardo basso. «Però voglio solo sapere se va tutto bene o se ci sia qualcosa in cui potrei aiutare in qualche modo. Anche con Tetsuya, se è in difficoltà allora è giusto che come suoi compagni di squadra ci adoperiamo per aiutarlo e permettergli di trovare la serenità necessaria a pilotare e…»
Yoshiki si lasciò sfuggire una risatina e Naho lo guardò perplessa, credendo di aver detto qualcosa di sbagliato. Poi il ragazzo alzò lo sguardo sorridendo, quasi come se avesse cambiato totalmente umore.
«Sei una persona veramente splendida, Naho! Ti preoccupi dei tuoi compagni e ti fai carico di risolvere le questioni tra loro anche quando non hai nessun ritorno.» Le prese le mani senza preavviso e le unì, muovendosi come se non riuscisse a contenere l'emozione. «Sono veramente contento di essere il tuo partner!»
Un po' sorpresa da quella reazione, Naho sorrise a sua volta e rimase a fissare Yoshiki pensando che avrebbe ricevuto una risposta. Il ragazzo continuò a sorridere per qualche secondo, poi sembrò rendersi conto di aver invaso i suoi confini e lasciò la presa schiarendosi la voce e facendo un passo indietro.
«Ci hai visto giusto, come era prevedibile: Tetsuya non stava male, o almeno non come vi abbiamo detto…» Riprese con la sua solita calma, ancora indeciso su come affrontare l'argomento. «Poco prima di incontrare i nostri coordinatori per andare a prendere gli Stridiosauri, ha avuto un problema con la sua partner, ma… A questo punto non credo di essere nella posizione per poter rivelare cosa sia successo.»
Naho inarcò le sopracciglia. «Un problema?» Borbottò pensando che fosse assurdo che una persona corretta e ligia al dovere come Sentakami potesse diventare tanto problematica. «Quindi uno di loro due non voleva più pilotare?»
Ancora una volta, aveva centrato il punto. «Già, ma adesso credo che abbiano risolto le loro divergenze perché hanno ripreso a comportarsi come se niente fosse.»
«Ma davvero?» Continuò la ragazza, che invece credeva di aver notato una strana freddezza tra i loro compagni di squadra una volta tornati dalla battaglia; non solo quello, Suzuko aveva cominciato a comportarsi in modo strano da quando avevano incontrato la madre di Kondō. Yoshiki sembrò leggerle nel pensiero.
«Sì, è strano. Ma non così tanto, conoscendo Tetsuya.» Disse rimanendo serio. Naho annuì pensierosa.
«E' solo che… Quando ci siamo connessi eri particolarmente nervoso e potevo sentire che ci fosse questo pensiero martellante che non ti dava pace e ti impediva di concentrarti sulla battaglia…» La ragazza strinse i pugni con molta espressività, poi rilasciò i muscoli e sbuffò. «E alla fine ho notato come la tensione si sia enormemente allentata all'arrivo del Gaia nella battaglia. Scusa se ho cercato di confrontarti in questo modo, spingendoti con le spalle al muro…»
«Non mi hai spinto con le spalle al muro.» Disse lui toccando con la punta dell'indice la copertina del libro che aveva recuperato per lei. «Dobbiamo discutere di questo splendido libro insieme, non ricordi?»
Naho lesse il titolo e sorrise un poco, ma non riuscì comunque a smettere di sentirsi in colpa per il modo in cui aveva avvicinato Yoshiki per parlargli di qualcosa che non fosse affare suo. E nonostante tutto, non riuscì a trattenersi dal fare un'ulteriore domanda.
«Mi ha ricordato la sera che Momo scappò sotto la pioggia.» Mormorò timorosa, pensando che questo avrebbe potuto veramente infastidire il suo compagno. «Il modo in cui rispondevi a Kya, i nervi a fior di pelle e l'irrazionale bisogno di contestare ogni cosa detta… Mi ha ricordato molto la discussione che avesti con Hoshi quella sera. E il fatto che questa volta fossi connessa a te mi ha fatto capire quello che provavi in quel momento, sono stata influenza dalle tue emozioni e mi sono preoccupata per te…»
Yoshiki fissò lo sguardo su di lei, turbato. Naho alzò la testa finalmente, leggermente più calma.
«E' solo un caso, oppure c'è qualche problema con cui potrei aiutarti?» Domandò timidamente. «Non so, forse le aspettative che gli altri hanno di te ti mettono un peso eccessivo e questo ti rende nervoso, oppure è la situazione con tuo padre che ti preoccupa… Magari parlarne con una persona amica ti potrebbe rilassare, oppure possiamo trovare nuovi modi per distendere i nervi, forse la lettura non è la strada migliore per te o…»
Un altro gesto inaspettato, un abbraccio. Yoshiki la prese totalmente alla sprovvista stringendole le braccia attorno alle spalle, avvicinando con delicatezza il suo viso al proprio petto e abbassando la testa un poco per posare una guancia sulla sua tempia. Se fino a un attimo prima Naho non avrebbe pensato a nessun problema, il comportamento erratico del suo partner cominciava a preoccuparla.
«Ti ringrazio, davvero.» Le sussurrò all'orecchio. «Non mi aspettavo di trovare un’amica così, quando sono arrivato qui.»
Naho non seppe come rispondere. Si limitò a reagire passivamente, ascoltando quello che il ragazzo aveva da dire.
«E’ vero che in quelle situazioni mi sono lasciato travolgere dalle circostanze e ho finito per comportarmi in maniera sgradevole… Avevo un rapporto difficile con Kondō a quei tempi, ma le cose ora si sono aggiustate e posso promettere che non succederà niente di simile con lui. Con Nakamura, invece… E’ stata la mia preoccupazione per Tetsuya a farmi perdere la compostezza. Sfortunatamente, certe volte non sono in grado di ragionare a mente fredda come vorrei, e finisco per dire e fare cose di cui poi mi pento…
«Mi dispiace di aver reagito in quel modo e mi dispiace ancora di più per averti influenzato attraverso la connessione; posso solo promettere che non succederà più, ma la verità è…»
Yoshiki si interruppe e per un secondo sembrò sicuro di voler dire qualcos'altro, ma poi sospirò e sciolse il proprio abbraccio.
«Scusami e basta. Farò di tutto perché non succeda più.» Disse guardandola negli occhi, sul volto un'espressione sconsolata che non fece che aumentare la confusione della ragazza. Fu a quel punto che Naho agì istintivamente, alzando le braccia e stringendole con forza attorno a Yoshiki, come se non volesse perdere quel contatto così intimo creatosi all’improvviso.
«M-ma… Si tratta solo di piccoli scatti, vero?» Domandò incerta. «Non è niente di grave, solo hai un carattere un po’ particolare, siamo tutti così…
«Non è per me che ti sto dicendo queste cose. Io sono preoccupata per te, perché so che tu sei molto più complesso e profondo di così! Tu sei buono, sei sempre disponibile… Non c'è niente di sbagliato in te e il fatto che ti sei scusato con me lo dimostra.»
Affondò la testa nel petto del ragazzo, rimanendo a fissare in basso con timidezza; si sarebbe vergognata da morire una volta concluso quel momento, ma adesso voleva solo spiegare le cose per bene a Yoshiki.
«Voglio solo dirti, Yoshiki… Che se pensi che non ci sia niente di cui preoccuparsi, allora la smetterò di pressarti. Ma se hai intenzione di ignorare tutto quello che ti fa sentire così solo per non farmi preoccupare, non ti perdonerò!» Concluse chiudendo gli occhi, ormai con il viso rovente e le orecchie arrossate. Yoshiki, che per un momento aveva pensato di lasciarla andare completamente, inspirò a fondo e rinforzò la sua presa sulle spalle dell’amica.
«Non avrei mai voluto farti preoccupare.» Disse rimanendo attaccato a lei un altro po’. «Ho solo pensato che non fosse una cosa di cui valesse la pena parlare… Si tratta solo di un po’ di nervosismo che a volte mi sfugge di mano dovuto ai miei problemi personali e familiari. Sai, tutta quella roba noiosa su mio padre…»
Naho alzò lo sguardo contrariata. Sentiva che le stesse omettendo qualcosa, ma non ebbe il coraggio di farglielo presente e così rimase a fissarlo con disapprovazione.
«Hai ragione su una cosa: ho la pessima abitudine di tenermi tutto dentro, e vorrei che questo cambiasse…» Finalmente sciolse l’abbraccio, ma non lasciò andare Naho che afferrò per le spalle e fissò negli occhi per un momento. «Forse sarebbe la cosa giusta da fare, o forse rischierei solo di caricare anche te di questo nervosismo e finiremmo per collassare in due… Non sono ancora pronto per farlo ma forse un giorno, Naho, potrò spiegarti tutto per bene.»
Il sorriso rassicurante che le donò avrebbe dovuto chiudere quella discussione, ma Naho sentì il silenzio che seguì troppo invadente e fastidioso perché potesse essere tutto qui. Tuttavia visto ciò che le aveva appena detto, non poteva insistere oltre…
«E va bene.» Mormorò abbassando la testa con pesantezza, poggiando la fronte al petto di Yoshiki per qualche secondo con aria di sconfitta. «Mi basta sapere che tu stia bene, poi il resto può aspettare…»
Commosso, Yoshiki le accarezzò la testa. Fu un piccolo gesto innocuo che gli venne spontaneo, ma un secondo dopo divennero entrambi paonazzi e iniziarono a schivarsi, troppo imbarazzati per riuscire a guardarsi negli occhi.
«Co-comunque… Sbaglio o dovevamo parlare di un libro?» Borbottò Naho iniziando a giocherellare con i propri codini, cercando il volume che le era scivolato dalle mani quando Yoshiki l’aveva abbracciata. Il ragazzo cominciò ad annuire compulsivamente e la seguì trattenendo delle risatine nervose mentre cercava un posto comodo dove sedersi.
 
*
 
Suzuko si tolse gli occhiali e li ripose dentro alla loro custodia prima di chiuderla freneticamente dentro al cassetto della scrivania. Si diede un secondo per riprendere fiato, controllare se avesse del sudore addosso e poi disse ad alta voce:«Avanti!»
La porta della sua camera si aprì lentamente, rivelando Kondō dietro di essa. Il ragazzo sembrava leggermente a disagio, era la prima volta che andava di sua spontanea volontà nella stanza di una compagna – se si escludeva Momo. Le domandò se potesse parlarle un minuto e lei annuì con un sorriso tranquillo in volto.
Hoshi entrò nella stanza, ma non appena ebbe attraversato la soglia si chiese se la risposta di Suzuko fosse effettivamente un invito a entrare o dovesse restare fuori, ma ormai che era entrato poteva farci ben poco quindi continuò e si fermò al centro della stanza senza invadere oltre lo spazio personale della ragazza.
«Scusa se ti disturbo così, avrei dovuto chiedertelo in un momento diverso…» Borbottò unendo le mani e cominciando a muovere le dita con nervosismo.
«Non fa niente, non mi stai disturbando.» Rispose Suzuko con un sorriso cordiale sul volto, ancora seduta alla scrivania e girata nel verso opposto della sedia. I libri lasciati aperti e la penna privata del tappo suggerivano che fosse stata interrotta nel bel mezzo dello studio, e tutti sapevano quanto quella cosa desse fastidio a Sentakami, quindi fu difficile crederle.
Hoshi respirò profondamente e continuò a evitare il suo sguardo. «Sono venuto per chiederti… Se per caso l'altro giorno mia madre abbia detto qualcosa che ti abbia offeso.»
Suzuko inarcò vistosamente un sopracciglio e piegò la testa di lato, ma sapeva esattamente a cosa si stesse riferendo il suo compagno.
Hoshi si innervosì ancora di più vedendo la reazione di lei e pensò di aver frainteso. «E' solo che… L'altro giorno quando mia madre ti ha riconosciuta dicendo che somigliavi a tua madre o qualcosa del genere, mi è sembrato che la cosa ti abbia improvvisamente turbata, e siccome sono stato io a tirarti in mezzo mi sono sentito in colpa e vorrei scusarmi…»
Questa volta Suzuko sembrò ricordare e sorrise annuendo. «Non ti preoccupare, Kondō. Ero solo veramente stanca e nervosa dopo la battaglia e tutto quello che era successo durante la mattina…»
«Già…» Borbottò Hoshi, che per un momento fu sul punto di menzionare il bacio che c'era stato tra lei e Tetsuya. Fortunatamente si trattenne in tempo e invece disse:«Immagino debba essere stato snervante, non sapere se sareste stati in grado di pilotare…»
«Esatto.» Annuì ancora lei. «Quindi non ti crucciare: tua madre sembra una persona squisita e non c'è motivo di pensare che le sue parole mi abbiano turbata.»
«E' che lei sa essere un po' così… Non sempre pensa attentamente a quello che dice.» Mormorò il piccoletto.
«Bé, ma anche se fosse non ha detto niente di sbagliato: mia madre è una persona conosciuta ed è facile che lei l'abbia incontrata a un certo punto o abbia sentito parlare di lei.»
Hoshi alzò lo sguardo, meno preoccupato adesso; Suzuko sembrava avere la risposta pronta a ogni sua battuta, come c'era da aspettarsi da una ragazza come lei. «E di che si occupa, visto che è così famosa?» Domandò sperando di non essere troppo invadente.
Suzuko girò la testa verso la finestra. «Un po' di tutto, a essere onesti. Lei e mio padre sono filantropi e la mia famiglia è sempre stata legata all'I.P.U, tra le tante cose.»
Hoshi si lasciò andare a un verso meravigliato. «Incredibile!» Commentò. «Quindi sono una specie di pezzi grossi dell'agenzia?»
Suzuko ridacchiò a quella domanda. «Bé, non esattamente… Comunque sono abbastanza famosi, non è una sorpresa che tua madre li conoscesse.»
«Direi di sì…» Borbottò il ragazzo, che tutto a un tratto si sentì un ingenuo a pensare che quella cosa avesse turbato Suzuko; lei, la persona più risoluta dell'intera squadra. Fece una risata per scacciare quella sensazione. «E io che pensavo che ti avesse offeso!»
«Certo che no!» Anche Suzuko rise e si sporse dalla sedia. «A dire il vero credo di non aver neanche capito cosa mi abbia detto, in un primo momento; ero troppo stanca per la nostra battaglia e non vedevo l'ora di sdraiarmi!»
«Sì, anche io mi reggevo a malapena in piedi… Ma vedere i miei genitori mi ha scioccato!» Hoshi gesticolava rapidamente, ancora incerto di cosa dire. Continuarono a ridere per un po' finché le loro voci non si spensero e i due ragazzi rimasero in silenzio a evitare l'una lo sguardo dell'altro. Era strano per lui parlare così liberamente con Suzuko, aveva sempre pensato che fosse una delle persone più difficili con cui parlare della squadra, ma non era sicuro del perché gli desse quella sensazione di distanza.
«Allora se non c'è nessun problema, me ne andrò per la mia strada…» Mormorò indicando la porta. «Mi fa piacere sapere che mia mamma ti abbia divertito.» Fece un'altra risatina prima di indietreggiare. Suzuko annuì.
«A presto, Hoshi.» Gli disse.
«Buono studio.» Si congedò lui chiudendo la porta alle proprie spalle. Suzuko rimase così nel silenzio della propria stanza. Passarono alcuni secondi, minuti interi, ma non si mosse; nella sua mente c'era un pensiero che si stava formando e che le dava molto fastidio.
Aveva finito per impietosire un suo compagno di squadra. La sua situazione era talmente deplorevole che adesso la gente andava a chiederle se fosse stata turbata da qualcosa tanto stupido come quello…
E la cosa peggiore era che Kondō ci aveva visto giusto. Non avrebbe voluto reagire in quel modo alle parole della signora Akane, ma non era riuscita a trattenersi: quando aveva sentito nominare sua madre, Suzuko aveva sentito il bisogno di allontanarsi da lì il più in fretta possibile, come se essere accostata ai propri genitori fosse una vergogna.
Ma non era una vergogna, doveva essere un onore. E' solo che era complicato da spiegare.

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Capitolo 46
*** In cerca della luce ***


I ragazzi avrebbero dovuto affrontare una nuova prova a breve, così Hachi e Nana decisero di lasciarli svagare una giornata in città dopo il ritorno dalla loro seconda battaglia. Non ci sarebbe stato il tempo per rivedere i loro genitori, tra pochi giorni sarebbero dovuti partire e sarebbero stati via da Anemone per una settimana, ma una giornata di svago in centro non gliel'avrebbe tolta nessuno.
Quando uscivano in città, i ragazzi spesso finivano per dividersi in gruppetti fino al ritorno a casa e questa volta non era diverso, ma per la prima volta Tetsuya aveva perso di vista Yoshiki e gli altri ed era rimasto da solo.
Stava camminando da solo a ritroso lungo la via nella speranza di incontrare qualcuno e accodarsi a loro e nel frattempo pensava a Suzuko; la sua partner continuava ad essere un enigma nonostante l'ultima battaglia gli avesse dato molte risposte. Non aveva ancora sentito una spiegazione da lei e temeva che non sarebbe mai arrivata a questo punto: nonostante le cose che si fossero detti, Suzuko si era chiusa in sé stessa dopo quel giorno; non sembrava avere intenzione di aprirsi con lui.
In fondo non poteva biasimarla: lui era stato molto duro con lei, doveva essere difficile rendersi vulnerabili con la persona che aveva respinto in modo così eccessivo un suo tentativo di avvicinamento. Probabilmente dopo aver visto la reazione di Tetsuya al suo bacio, Suzuko ci avrebbe pensato mille volte prima di tentare di entrare più in intimità con lui… E adesso si sentiva in colpa, nonostante sentisse di non avere nulla da rimproverarsi.
Avrebbero dovuto ricominciare da capo, muoversi con cautela come un escursionista che cerca di attraversare un passo che l'aveva fatto ritirare in precedenza: sarebbe stato snervante, ma questa volta Tetsuya credeva che Suzuko avrebbe mostrato più pazienza; la ragazza era intelligente, non avrebbe più interpretato male i suoi sentimenti.
O almeno sperava che fosse così. Sospirò pensando alla recente distanza creatasi tra sé e la ragazza; anche se fino a pochi minuti fa erano insieme nella loro passeggiata, aveva notato una differenza nel suo modo di comportarsi e soprattutto, Suzuko aveva smesso di cercare il suo contatto, come se non volesse più raggiungere quell'idillio che aveva sempre sognato e lo stesse invece tenendo più lontano possibile. Non si fidava di sé stessa? Era il suo modo di dargli spazio? Forse stava provando una strada diversa; gli sembrava impossibile che la sua partner rinunciasse così a tutto quello per cui aveva lavorato duramente, per questo si convinse che Suzuko avesse tutto sotto controllo e i frutti del loro lavoro sarebbero presto arrivati.
Si stava preoccupando per niente, di sicuro lei sapeva cosa fare; doveva essere la noia a farlo viaggiare con i pensieri visto che era ormai da parecchio che passeggiava da solo… Guardava distrattamente le vetrine ai lati della strada, alla ricerca di qualcosa per far passare più in fretta il tempo o magari qualche cosa da comprare e regalare alla sua partner in segno di pace.
Tetsuya era stanco, l'ultima battaglia era stata estenuante anche se lui vi aveva preso parte solo per metà; non riusciva a immaginare come si sentisse Suzuko, che aveva dovuto produrre tutto quel gas per minare l'intero campo di battaglia. E la cosa incredibile era che presto sarebbero tornati in azione!
Hachi e Nana gli avevano detto molto poco della loro prossima mossa: per qualche motivo l'unico a conoscere le future mosse dei VIRM era proprio il loro coordinatore e grazie a questa sua conoscenza era stato possibile preparare ognuna delle risposte agli attacchi alieni negli ultimi mesi. Ma c'era qualcosa di misterioso in quell'uomo che non riusciva a spiegarsi del tutto…
Distogliendo lo sguardo dal lato della strada, Tetsuya si fermò. In fondo a una via secondaria e stretta tra due file di edifici c'era un edificio tutto bianco, leggermente distaccato dal resto del quartiere e con un piccolo cortile ben tenuto ad accogliere i visitatori; l'architettura era cubica, minimalista e con poche e piccole finestre ai lati, mentre sulla facciata era affisso un grosso simbolo nero che ricordava due croci parallele che si sfioravano appena. Non ricordava che ci fosse un edificio del genere lì, anzi sembrava una costruzione molto recente. La sua aria misteriosa lo fece avvicinare, incerto di cosa avrebbe trovato.
L'unico ingresso era una piccola porta metallica posta leggermente di lato; c'era una targa affissa accanto a essa, recitava: "A coloro che cercano il perdono, avanti."
Tetsuya rimase in silenzio a fissare quelle lettere confuso, finché dalla porticina non venne fuori un uomo sulla trentina che dopo averlo notato gli sorrise accogliente.
«Cerchi qualcuno?» Gli domandò prima di lasciare la porta socchiusa dietro di sé.
Tetsuya fu preso talmente alla sprovvista che non riuscì a dare alcuna risposta allo sconosciuto, balbettando cose senza senso. L'uomo sembrò divertito dallo smarrimento del ragazzo e gli diede tutto il tempo che gli serviva per ricomporsi.
«Ah, no… Mi-mi scusi, non pensavo che questo posto fosse abitato…» Rispose alla fine, alzando lo sguardo verso il tetto scarno dell'edificio. L'uomo lo imitò e sembrò alquanto malinconico.
«Immagino che dia un po' nell'occhio, vero? Ha un aspetto piuttosto deludente, ma è ciò che sta dentro che conta.» Mormorò. Quando abbassò nuovamente lo sguardo, vide l'espressione carica di curiosità di Tetsuya e decise di anticiparlo:«Vuoi sapere cos'è?»
Ancora intimidito da quella situazione così assurda, Tetsuya cercò di rifiutare gentilmente fingendo di non voler ficcare il naso in cose che non lo riguardavano, ma la curiosità lo stava divorando.
L'uomo incrociò le braccia e poggiò la schiena alla parete accanto alla porta. Sorrise con aria compiaciuta, guardando dentro all'animo del ragazzo che aveva davanti. «Sai, che tu sia qui per fare solo qualche domanda o per cercare qualcosa di più, non c'è nessun problema; basta solo che tu lo dica e ti lascerò entrare.»
Ancora perplesso, Tetsuya si chiese per quale motivo quell'uomo avrebbe dovuto fare entrare un completo sconosciuto in quel posto. «Ma… Entrare dove?»
Questa volta fu l'altro ad essere sorpreso. «Bé…» Borbottò scostandosi dalla parete. «Possiamo definirla come una specie di comunità.»
Era strano come l'uomo continuasse a evitare l'argomento e aspettasse una risposta dal giovane visitatore in base a quelle informazioni fumose che gli stava fornendo; una persona coscienziosa come Tetsuya si sarebbe tenuta alla larga da un posto tanto sospetto, ma in tutta onestà non riusciva veramente a vedere un pericolo in quella persona.
«Che tipo di comunità?» Domandò lui, ritrovandosi a deglutire con nervosismo. Vide un altro sorriso compiaciuto affiorare sulle labbra dell'uomo, questa volta durò solo un attimo prima di essere sostituito da un'espressione più dolce.
«Una comunità dove gli emarginati possono trovare un'appartenenza, sentirsi uguali…» Allargò le braccia e strinse le spalle. «Onestamente, può essere tutto ciò che vuoi. Devi solo sapere cosa stai cercando.»
Tetsuya rimase a fissare una sua mano come se fosse la cosa più interessante del mondo: era una mano perfettamente normale, con le dita sottili e le unghie tagliate con ordine, le nocche leggermente arrossate per via del freddo e i polsi coperti dalle maniche del giubbotto. Il suo sguardo passò poi a osservare il volto dell'uomo, quello di una persona qualunque, gli occhi a mandorla e scuri, con un leggero pizzetto sul suo mento appuntito e i capelli scompigliati che gli accarezzavano il collo. Avrebbe potuto trattarsi di qualsiasi affare losco e Tetsuya sarebbe stato comunque incuriosito, eppure il modo in cui si era posto quell'uomo gli fece credere che non potesse trattarsi di niente di tutto ciò.
Fu tentato dall'avanzare. Era curioso, ma poteva comunque fare dietrofront e andarsene dopo aver capito di cosa si trattasse; in fondo non avrebbe fatto niente di male e quell'uomo non avrebbe potuto lamentarsi dopo avergli dato informazioni così vaghe… Ma poi si fermò.
"Un luogo per gli emarginati dove trovare un'appartenenza" e come recitava la targa "per chi cerca il perdono". Perché era attirato da un posto simile?
Stava cercando una spiegazione, ma in realtà la sua mente sembrava ingolfata. Improvvisamente ebbe voglia di andarsene e fu sul punto di inventare una scusa per poter scappare, ma in quel momento una voce lo chiamò a squarciagola dal fondo della strada.
«Tetsuya!»
Si voltò di scatto. C'erano i suoi amici laggiù: Yoshiki era quello che lo aveva chiamato, accanto a lui c'era Naho e Suzuko si stava già precipitando verso di lui con apprensione. La vide correre a perdifiato e fermarsi a un passo da lui, stringendogli le mani attorno al braccio e domandandogli dove si fosse cacciato. Per qualche motivo si sentì come se fosse stato colto a fare qualcosa di proibito e sentì il bisogno di giustificarsi.
«Ti abbiamo cercato ovunque!» Esclamò lei tirandolo un po' a sé, destabilizzandolo. «Che ci facevi qui?»
Come un animale spaventato dall'improvviso trambusto, l'uomo che aveva avvicinato Tetsuya si voltò e rientrò nella porticina dell'edifico mandandogli un ultimo sguardo enigmatico.
«Ci vediamo, Tetsuya.» Mormorò sorridendo prima di richiudere la porta e lasciare i ragazzi all'esterno.
Tetsuya rimase a fissare imbambolato il muro bianco di fronte a sé chiedendosi che cosa avesse appena visto, quindi la voce di Suzuko lo fece tornare alla realtà per convincerlo ad andarsene.
La ragazza iniziò a tirarlo più insistentemente e allora Tetsuya la seguì ancora un po' riluttante, raggiungendo in breve tempo gli altri compagni rimasti a guardare l'edificio di fronte al quale si era fermato.
«Che diamine è questo posto?» Domandò Fukuda un po' intimorita. Tetsuya si girò un'ultima volta a fissare la facciata priva di segni di riconoscimento se non per quello strano simbolo nero.
«Io non ne ho idea…»
Lo sguardo del ragazzo passò in rassegna i volti dei suoi amici e si fermò su Yoshiki, che fissava l'edifico con avversione, quasi gli avesse fatto un torto; poi si voltò verso di lui e gli si avventò contro con fare aggressivo.
«Ti avevamo perso di vista. Temevamo fossi finito chissà dove.» Era preoccupato, ma questo non passò attraverso la sua espressione furiosa.
«No, stavo solo facendo due passi…» Mormorò Tetsuya. «Mi spiace, mi devo essere distratto a guardare qualche vetrina troppo a lungo…»
«Che ti stava dicendo quell'individuo?» Domandò Suzuko lasciando andare finalmente il suo braccio. Il ragazzo fu colto alla sprovvista da quella domanda più che lecita e per qualche motivo a lui oscuro si ritrovò a mentire.
«Gli stavo chiedendo delle indicazioni. Non ricordavo questa zona della città, così ho pensato di chiedere a qualcuno…»
Lo sguardo di Yoshiki si inasprì, ma non disse niente. Invece si voltò di scatto dicendo di tornare dagli altri che li stavano attendendo e nessuno aggiunse niente, né sembrò intuire il cambio di umore del ragazzo. Anche Tetsuya, troppo distratto a pensare a quello che era appena successo, interpretò il tono del suo amico come il suo solito modo di fare scorbutico, quando invece in altre circostanze sarebbe stato in grado di notare subito qualcosa di strano nel suo comportamento.

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Capitolo 47
*** La Squadra Desia ***


Kaoru si scrollò intirizzito nel proprio cappotto sbuffando vistosamente. Il freddo era suo nemico e da quando erano partiti per Desia lo aveva sentito diventare sempre più forte; non erano neanche atterrati, ma immaginava già che una volta scesi dall'aereo si sarebbero dovuti rintanare in un luogo chiuso prima di raggiungere l'assideramento.
Aiko continuava a dirgli di stare esagerando, ma nel frattempo si stringeva a lui e gli accarezzava affettuosamente la testa rasata nel tentativo di scaldarlo un po'. A Kaoru piaceva sentirsi coccolato in quel modo, non gli dispiaceva dover sopportare tutto quel freddo se in cambio otteneva tutte quelle attenzioni…
In modo simile e quasi speculare c'erano i Parasite dello Iustitia, con Kya che continuava a coprire di attenzioni il proprio amico d'infanzia e lo spronava a interagire con lei anche solo se di poco. Non sembravano tanto infreddoliti, anzi Kaoru era decisamente la minoranza lì, ma l'intera cabina sembrava essere avvolta da un freddo metaforico che toglieva il respiro.
A parte loro quattro e i fratelli Okagawa che dormivano accasciati uno all'altra infatti, i ragazzi della squadra sembravano tutti presi da pensieri che davano ben poco spazio alle chiacchiere spensierate che di solito riempivano l'atmosfera. Era questo il tipo di calore che mancava in quel momento secondo Kaoru e non si spiegava perché.
Hoshi e Momo avevano tirato fuori la scusa del troppo studio che li distraeva: la ragazza si era messa a recuperare tutte le materie in cui aveva avuto difficoltà e Hoshi, da bravo partner e secchione l'aveva aiutata tutte le volte che poteva. Questa scusa era abbastanza credibile specialmente visto che ad averla fornita erano proprio i due che più di tutti avrebbero avuto una motivazione per tentare di evitarsi, grazie ai loro trascorsi difficili; un'altra dimostrazione di come ormai fossero diventati ottimi amici.
Tuttavia altri erano privi di un alibi: da un po' di tempo Kaoru aveva notato un leggero distacco tra Tetsuya e Suzuko. Normalmente la Sentakami era sempre un po' distante e formale anche con le persone che le stavano più vicino, ma per qualche motivo Kaoru non riusciva a togliersi di dosso l'idea che ci fosse qualcosa di diverso questa volta… E che dire della timidezza di Maruyama, ricomparsa improvvisamente senza alcun motivo? Sembrava che ci fosse qualcosa che si muoveva sotto tutta quella storia, di nascosto ai loro occhi.
Tra tutti, forse Naho e Yoshiki erano quelli più strani in quella situazione. Quel musone di Ojizaki non riservava mai un trattamento tanto freddo alla sua partner, eppure quella mattina sembrava essersi svegliato proprio male; parlava poco, rispondeva a scatti e sempre con poca voglia, e continuava a lanciare occhiatacce attorno a sé come se stesse cercando qualcuno da attaccare. Aveva sentito dire che fosse nervoso per via della causa intentata dal padre contro l'I.P.U. e che il fatto di non essere potuto passare da casa negli ultimi tempi lo avesse messo di cattivo umore, ma Kaoru non se lo spiegava visto quanto Yoshiki sembrasse odiare dover vedere il padre. Era incomprensibile, ad essere sincero gli metteva i brividi.
E poi c'erano gli adulti, sempre musoni e assorti nei propri pensieri, ma non necessariamente di cattivo umore; stavano sempre a pianificare la prossima mossa, il prossimo test, eccetera eccetera… Eppure Kaoru sapeva che fossero tipi capaci di scherzare come tutti, anche se non lo mostravano spesso.
«Senti, ma non è che quando atterriamo farà ancora più freddo?» Borbottò il ragazzo rivolgendosi alla sua partner, che per tutta risposta distolse lo sguardo pensierosa.
Fu Hachi a rispondergli dal sedile poco più avanti del suo, gelido. «Desia è situata in una delle regioni più fredde del blocco orientale; le temperature vanno facilmente sotto lo zero quasi tutte le sere, in questo periodo.»
Un gemito di sconforto arrivò dai sedili dove erano posizionati Parasite dello Xenomorphus. «E dovevamo fare questo test congiunto proprio adesso?» Si lamentò Kaoru.
Questa volta fu Nana a rispondere, alzandosi un poco dal proprio posto per vederci meglio e voltandosi a cercare lo sguardo deluso del ragazzo. «Hanno anche degli ottimi sistemi di riscaldamento; credimi, una volta al chiuso non sentirete la differenza da casa!»
Per quanto la risposta della donna lo avesse rincuorato un po', Kaoru non poté fare a meno di rabbrividire al pensiero di dover affrontare delle simili temperature e cercò di farsi più piccolo possibile sul proprio sedile. Aiko cercò di consolarlo un po' dandogli altre carezze, finché la voce di Hoshi non lo raggiunse dall'altra corsia della cabina.
«Forse se non ti rasassi i capelli ogni settimana non avresti così freddo.»
Immediatamente Kaoru si portò sulla difensiva. «Cosa c'entra questo? Ho freddo alle gambe, braccia e tutto il resto, non sulla testa!»
Hoshi incrociò le braccia e tirò su col naso con spavalderia, dicendo come avere la nuca ben coperta giocasse un ruolo fondamentale per non sentire freddo.
«Dice davvero?» Borbottò il ragazzo voltandosi verso la propria partner, che rispose stringendo le spalle. A quel punto Kaoru si girò di nuovo e ghignò divertito, dicendo:«Dici così solo perché così puoi giustificare il fatto che non ti tagli i capelli da una vita!»
Hoshi scattò sull'attenti non appena sentì quelle parole. In effetti i suoi capelli erano cresciuti parecchio e lui non aveva mai dato segno di volerli tagliare, tanto che ormai avrebbero potuto essere raccolti in un codino non molto vistoso. «Ma sta' zitto! I miei capelli non hanno niente che non va!»
Una risatina al fianco del ragazzo fece voltare i litiganti che trovarono Momo che, nonostante la stanchezza, aveva tenuto un orecchio teso per seguire l'intera conversazione.
«Però ha ragione, Hoshi: hai i capelli lunghi. Non sarà mica che non sai tagliarteli da solo?» Domandò interrompendo il suo sghignazzare, quesito che non fece che alterare ancora di più il suo partner.
«Ti ci metti anche tu? Guarda che a me piacciono così e basta!» Rosso dall'imbarazzo, Hoshi si sentiva adesso con le spalle al muro e l'ultimo intervento di Kaoru non fece che aumentare la sua frustrazione.
«Non dirmi che si occupava anche di questo tua mamma?»
«Ma cosa c…! Chiudi il becco!»
La voce di un loro compagno di squadra li fece sobbalzare e zittire in un attimo; Yoshiki, che sembrava particolarmente infastidito, aveva deciso che non ne poteva più di stare a sentire i battibecchi dei suoi compagni.
«Smettetela di stuzzicarvi, a meno che non abbiate intenzione di scaldarvi grazie alla rabbia!» Concluse secco, facendo affondare il gomito nel bracciolo del proprio sedile. Con una frase era riuscito a riportare il silenzio nell'aereo, forse anche troppo.
Yoshiki incrociò le braccia e iniziò a battere un piede per terra, spazientito. Alla fine alzò le mani con esasperazione, lamentandosi:«Oh, adesso restate tutti buoni e zitti e io mi devo sentire in colpa per avervi sgridato? Siete proprio dei bambini!»
Gli altri non sapevano se quella reazione inaspettata fosse dovuta a un tentativo di alleggerire la tensione del ragazzo oppure fosse semplicemente infastidito da quel silenzio innaturale, tuttavia riuscì a strappare qualche sorriso e poi toccò ad Hachi prendere la parola.
«Stiamo per iniziare l'atterraggio, in ogni caso avreste dovuto stare zitti e fermi ai vostri posti.» Con poche parole calme, l'uomo pose fine alla discussione e nessuno obiettò più. Poco dopo che ebbe finito di parlare, i ragazzi avvertirono l'aereo piegare la sua traiettoria e iniziare la discesa; forse era una fortuna che fosse arrivato il momento dell'atterraggio, pensò Kaoru…
La Squadra Desia attendeva i ragazzi fuori dall'aeroporto. I coordinatori della squadra erano un uomo e una donna come Hachi e Nana, entrambi dall'aspetto sicuro di sé ma apparentemente inesperti: non erano immortali come loro, ma sembrava che fossero stati scelti personalmente da loro per ricoprire quel ruolo. Il modo in cui interagivano con i propri ragazzi denotava una confidenza maggiore nel gruppo, diverso dalla quasi reverenza che c'era tra i ragazzi di Anemone e i loro istruttori, e questo si rifletteva anche nel modo in cui la squadra Desia si rapportava con le altre persone.
«Benvenuti, Squadra Anemone! E' un piacere potervi ospitare nella nostra regione, dopo aver sentito delle vostre gesta!» Disse la donna, che rispondeva al nome di Kyu. Non era molto alta e il viso scarno e pallido mostrava una espressione amichevole che non ci si aspettava da una persona con un'aria così seria.
«Avete fatto un buon viaggio? Speriamo che il tempo non sia troppo rigido per voi.» Le fece eco Jun, l'uomo che era con lei, alto e robusto, con guance rotonde e uno sguardo similmente amichevole nonostante la mole imponente.
Nonostante il freddo, sia i coordinatori della Squadra Desia che i loro protetti non indossavano vestiti particolarmente pesanti, in contrasto con la scena a cui si poteva assistere guardando i loro visitatori: sapendo che avrebbero potuto trovare temperature molto rigide, i ragazzi di Hachi e Nana avevano voluto prepararsi a ogni evenienza portando cappotti ingombranti e impellicciati.
«E' stato un volo molto tranquillo. Siamo felici che ci abbiate ospitato!» Rispose cordiale Hachi.
«Siamo noi quelli che dovrebbero ringraziarvi per essere venuti fino a qui!» Fu la risposta gioviale di Jun, che mandò avanti quei convenevoli superflui. Alla fine l'intervento di un infreddolito Kaoru interruppe quella situazione, chiedendo se potessero andare a parlare da un'altra parte.
La domanda sollevò diverse risatine nel gruppo di Anemone e tra gli adulti, mentre la Squadra Desia non sembrò minimamente sfiorata dall'umorismo non intenzionale del ragazzo, quindi i due gruppi si avviarono alla ricerca di un posto più caldo.
La Squadra Desia era composta da dodici membri, come nel caso della Squadra Anemone, ma le informazioni che i ragazzi avevano su di loro si fermavano qui; Hachi e Nana non gli avevano fornito i dettagli sulle persone che avrebbero incontrato, sapevano solo da alcune notizie sentite di sfuggita che si trattava dell'unica squadra oltre alla loro a non aver mai subito perdite in tutte le battaglie a cui aveva preso parte. L'esercitazione congiunta in programma sembrava essere nata proprio da questi loro risultati che avrebbero dovuto accomunarli; eppure più tempo passava, più sembrava ai ragazzi che la Squadra Desia non li avesse particolarmente in simpatia.
I ragazzi scoprirono che la "Mistilteinn" della Squadra Desia era in realtà un alloggio in pieno centro città, un piccolo palazzo interamente a disposizione dell'I.P.U. all'interno del quale i ragazzi abitavano piccoli appartamenti: era completo di un'aula per le lezioni, una palestra al piano terra e una terrazza panoramica in cima. Il resto dei locali era riservato a laboratori dell'I.P.U. dove lavoravano i tecnici che seguivano la squadra. Diversamente da Mistilteinn gli hangar dove erano custoditi gli Stridiosauri della Squadra Desia si trovavano in una sede separata e quindi per raggiungerla era necessario un viaggio un po' più lungo.
Arrivati a quella che sarebbe stata la loro nuova casa per una settimana, i ragazzi ricevettero già una notizia che li lasciò sconcertati.
«Che vuol dire che state tornando indietro?» Fu la domanda di quasi tutti i ragazzi diretta ai due coordinatori, imbarazzati e leggermente in difficoltà.
«Torneremo in tempo per i test, ma abbiamo un impegno molto importante ad Anemone che possiamo concludere solo in questi giorni.» Fece Hachi, cercando di mantenere un tono di comando.
«Sarete sotto la tutela di Jun e Kyu, nel frattempo.» Disse Nana, sorridente come al solito, ma sicura che i suoi ragazzi non fossero per niente contenti di quella notizia. «Mi raccomando, non combinate guai mentre siamo via!»
«Ma… Ma come?» Borbottò Kaoru, e assieme a lui i più spaventati all'idea di restare senza i propri istruttori furono la sua partner, Aki e Hoshi. Altri, come per esempio Ojizaki, sembrarono solo incuriositi da quella situazione.
«Questi due giorni saranno incentrati sulla socializzazione e la formazione di legami tra le due squadre. Dopodomani ci sarà il primo test con gli Stridiosauri e per allora saremo già di ritorno.» Spiegò con calma Hachi. Sia lui che Nana avevano tenuti i cappotti una volta arrivati al palazzo, segno che sarebbero ripartiti all'istante.
Ancora increduli di quella situazione, i ragazzi salutarono con riluttanza i loro coordinatori e si ritrovarono così ad affrontare una nuova realtà in compagnia di completi sconosciuti. Kyu e Jun si dimostrarono da subito molto gentili e accomodanti, portando tutti a vedere le loro nuove stanze e illustrando loro le regole della casa, quindi quando i bagagli furono tutti sistemati e non rimasero più cose da dire, i ragazzi furono lasciati ad ambientarsi nelle nuove stanze.
Gli alloggi dei ragazzi erano molto più spaziosi rispetto a quello a cui erano abituati: ogni appartamento aveva il proprio bagno, una cucina e due letti. Per non creare equivoci, le coppie che avrebbero condiviso la stanza furono scelte a caso e nessuno ebbe da ridire sugli abbinamenti. Quando però fu il momento di incontrare la Squadra Desia e i coordinatori li ebbero lasciati soli, immediatamente calò il gelo fra i due gruppi di ragazzi.
Riuniti in una sala comune che occupava gran parte di un piano del palazzo, i due gruppi rimanevano ben separati nonostante continuassero a studiarsi con curiosità come due predatori pronti a saltarsi addosso; Ryo lo aveva avvertito già la prima volta che li aveva visti, ma adesso l'avversità nei loro confronti era palese. Fu tentato dal farlo presente a Kya mentre andava a presentarsi in vece di caposquadra, ma alla fine rimase al suo posto e attese di vedere come si sarebbe svolta la faccenda.
«Così voi siete la famosa Squadra Anemone.» Disse il ragazzo che si frappose fra Kya e la propria squadra, un tipetto non troppo alto, dai capelli biondi e ben pettinati e lo sguardo freddo; era il ragazzo con i tratti più spiccati nel gruppo, con gli occhi grandi e chiari e la mascella squadrata. Sembrò studiare attentamente la ragazza che aveva di fronte. «Io sono Kano, il caposquadra. E tu invece devi essere la Randagia di Anemone…»
Kya rimase interdetta mente quello le offriva la mano e gliela stringeva senza attendere una sua risposta. «Randagia?»
«Nel senso che abbiamo sentito parlare molto di te, Nakamura.» Disse quello, e fu raggiunto da una ragazza minuta e con gli occhiali che aveva tutta l'aria di essere la sua partner. «E' così che ti chiamano, perché sei… Sei un tipo interessante.»
Questo ricevette una spallata dalla ragazza e si zittì. Mentre Kya ancora cercava di dare un senso alle parole della sua controparte locale, la nuova arrivata si presentò con una piccola riverenza.
«Io mi chiamo Saki Yumu, sono in coppia con lui.» Spiegò. «Sembra cattivo, ma non lasciatevi intimorire dalle sue parole. Non vediamo l'ora di collaborare con voi!»
Quasi ignorando Kya, ancora intenta a rimuginare su ciò che Kano aveva detto, Suzuko si fece avanti presentandosi a entrambi e cominciò a informarsi sulle abitudini della loro squadra e a chiedere informazioni in generale sulla casa e la zona dove abitavano.
«Questo è un quartiere piuttosto tranquillo…» Si intromise un ragazzo in fondo al gruppo. Seppur alto e dalle spalle larghe, aveva un aspetto ordinario e non sembrava distinguersi particolarmente all'interno del gruppo, ma fu il suo sguardo truce a rimanere impresso nelle menti degli ospiti, così come il suo tono minaccioso. «Ma vi sconsiglio di allontanarvi troppo, o finirete per perdervi. E a quel punto chissà in che posti potrete finire…»
«Smettila di spaventarli, Harada!» Borbottò un ragazzo con gli occhi a mandorla dandogli una botta sul braccio. «Scusatelo, eh… Si diverte a fare il misterioso, ma è solo un gran chiacchierone…»
«Non sono io quello strano, qui!» Rispose quello che rispondeva al nome di Harada, voltandosi di scatto e cercando di mettere le mani in faccia all'altro ragazzo. I presenti non colsero la sua allusione, ma in realtà nessuno della Squadra Desia sembrò farci caso.
«Dai!» Sbuffò il suo amico, difendendosi. «Non serve mettergli paura così, non se ne andranno di certo a zonzo per la città se sono appena arrivati!»
Suzuko cercò di approfittare del discorso per interrompere quella specie di litigio che stava avendo luogo tra i due compagni di squadra, così alzò la voce per farsi sentire anche da loro:«Immagino che possiate uscire quando volete, giusto? Dovete occuparvi voi delle spese?»
Harada mollò la presa dal suo compagno di squadra e tornò a rivolgersi verso la biondina della Squadra Anemone mentre alle sue spalle un paio di ragazze che si tenevano per mano e un ragazzo dal fisico mingherlino abbandonavano la stanza senza dire nulla, apparentemente annoiati.
«Sì, noi usciamo quando ci pare e dobbiamo occuparci di tutto per conto nostro. E' così che vanno le cose normalmente, ma se vivete dentro a un castello fatato ovviamente non lo potreste sapere!» E senza nascondere un tono stizzito, anche lui se ne andò a passi rapidi, seguito da un altro ragazzo che sembrò chiamarlo per farlo calmare.
Ancora più perplesse, le ragazze si lanciarono degli sguardi più che eloquenti, ma prima che potessero dire qualunque cosa il caposquadra del posto intervenne per chiudere quell'incontro in fretta.
«Scusate se è stato un po' brusco. Sarete stanchi per il viaggio, quindi vi lasceremo a disfare le valigie. Chiamateci per qualunque cosa.» E allo stesso modo di Harada, si voltò e iniziò ad andare verso l'uscita, questa vota seguito dal resto della sua squadra. Solo Yumu sembrò esitare, come se volesse dire qualcosa in più, ma alla fine si congedò allo stesso modo e i ragazzi rimasero in silenzio nella sala comune, confusi e pieni di domande.
Era ovvio che ci fosse qualcosa che non gli era stato detto. La Squadra Desia sembrava particolarmente scontrosa e probabilmente affrontare direttamente la cosa sarebbe stata una pessima idea, così tutti concordarono di non cercare di sollevare la questione, almeno per il momento, e seguirono il consiglio di Kano di disfare i bagagli. Tuttavia alcuni non avevano intenzione di lasciar perdere quella questione e già pochi minuti dopo aver concluso le operazioni, Yoshiki, Naho, Suzuko e Kya furono riuniti in una delle camere a parlare.
«Ci guardano con astio.» Dichiarò l'unico ragazzo del gruppo. «Sembra quasi che non ci vogliano qui.»
«Magari è solo la tensione?» Domandò dubbiosa Naho. «Anche io ero nervosa all'idea di incontrare un'altra squadra di Parasite.» Ma il suo partner le mandò un'occhiata scettica.
«Bé, siamo in casa loro. Probabilmente gli secca che sia stato invaso il loro territorio.» Borbottò tra sé e sé Kya. «E' stato tutto piuttosto improvviso, in fondo.»
«Ma non può trattarsi solo di quello!» Protestò Suzuko. «Noi abbiamo passato tutta la mattinata in aeroporto, ci siamo alzati presto prendendo un sacco di freddo e siamo stanchi morti per il viaggio, eppure abbiamo più entusiasmo di loro! C'è qualcosa che ci sfugge.»
«Hanno detto qualcosa di strano, quando hanno parlato di castelli, favole…» Yoshiki non riusciva a ricordare esattamente cosa avesse detto Harada in quel frangente, ma fu subito aiutato da Suzuko che riportò per filo e per segno la frase del ragazzo.
«Era sarcastico?» Domandò Kya girando la testa dall'altra parte. «Perché se lo era, giuro che lo gonfio!»
«Lo era.» Rispose atono Yoshiki, e subito la ragazza sembrò infervorarsi.
«Qui nessuno gonfierà nessuno!» Si affrettò a precisare Suzuko mentre Naho prendeva la sua amica per un braccio, costringendola a restare seduta. «Vediamo di agire con razionalità: ci hanno fatto intendere di non essere i benvenuti, tuttavia non possiamo certo andarcene ora.»
«Non ci sono neanche Hachi e Nana, quindi non abbiamo modo di chiedere consiglio…»
«Ma ci sono i coordinatori della Squadra Desia! Kyu e Jun sembrano persone gentili, potremmo parlare con loro…»
«Però sarebbe importante capire che cosa pensano i nostri nuovi compagni in modo più approfondito.» Commentò sconfortato Yoshiki. «Dobbiamo parlare con loro!»
Ci fu silenzio per un momento. Nessuno era entusiasta dell'idea di affrontare così presto i ragazzi dell'altra squadra considerata l'accoglienza fredda che gli avevano riservato; tuttavia era vero che bisognava fare qualcosa e sarebbe stato meglio farlo proprio in quei primi giorni di convivenza, piuttosto che trascinarsi dietro quel peso per tutto il tempo.
«Allora come agiamo?» Borbottò Naho. Kya accanto a lei si era tranquillizzata e adesso ascoltava con attenzione il discorso.
Yoshiki incrociò le braccia e si mise a riflettere. «Partiamo da quelli che abbiamo conosciuto oggi. Il caposquadra e la sua partner, poi il ragazzo che litigava con Harada…»
«E a lui invece non parliamo?» Domandò Suzuko, che pensava che parlare direttamente con una delle persone più scontrose potesse essere la chiave per capire subito il problema. Yoshiki però non era della sua stessa idea.
«Potrebbe reagire male se ci presentiamo subito da lui. Meglio aspettare un po' e intanto cerchiamo di capire cosa sta succedendo; inoltre qualcuno deve andare a parlare con i coordinatori, dobbiamo procedere poco per volta.» Spiegò iniziando ad andare verso la porta.
«Posso parlarci io con Harada.» Suggerì Kya alzandosi di scatto. Forse non aveva ancora abbandonato del tutto l'idea di gonfiargli la faccia…
Il ragazzo si fermò proprio sulla soglia e squadrò con fare ammonitore la ragazza, puntandole contro un dito. «No, è meglio se vai a parlare con Kano. E non combinare guai! Io vado a raccogliere informazioni da Yumu, che mi è sembrata la più ben disposta. Decidete chi di voi andrà a parlare con gli adulti.» Concluse il discordo facendo andare il dito tra Naho e Suzuko, che si scambiarono degli sguardi esitanti.
Dopo di questo, il ragazzo uscì dalla camera senza accettare alcun tipo di obiezione. Yoshiki era stato molto deciso e autoritario, sembrava trascinarsi ancora il nervosismo mostrato sull'aereo; Kya sbuffò sentendosi scavalcata per un momento e si rivolse in silenzio verso le compagne rimaste nella stanza, le mani poggiate sui fianchi.
«Che caratterino…» Borbottò seccata.

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Capitolo 48
*** Cose da dire ***


Saki non vedeva oltre il proprio naso. Aveva deciso di restituire alla biblioteca i libri che la squadra aveva preso in prestito negli ultimi mesi, ma si erano rivelati molti più del previsto, così adesso avanzava a passo incerto con nient'altro che pagine chiuse e stropicciate davanti alla faccia, dando una voce di tanto in tanto per chiedere a chiunque fosse nei paraggi di farsi da parte ed evitare così di scontrarsi.
Certo, le avrebbe fatto comodo una mano… Ma non voleva disturbare gli altri e anche lei aveva bisogno di un po' di tempo da sola.
«Attenta!» Una voce che non riconobbe la fece sobbalzare mentre urtava qualcosa che non aveva sentito arrivare. Lei gemette di dolore quando urtò con il braccio e alcuni libri le caddero dalla pila, ma non li sentì arrivare a terra; qualcuno li aveva afferrati al volo e adesso la colonna di libri sopra la sua testa si era accorciata abbastanza da far spuntare dei ciuffi neri dietro di essa, assieme a degli occhi che, a dir la verità, la intimidirono un poco.
«C'è mancato poco.» Disse lo sconosciuto; era uno di quelli appena arrivati da Anemone. Le sembrava di averlo visto nel gruppo durante i brevi e imbarazzanti convenevoli tra le due squadre, ma non credeva di aver mai sentito la sua voce: era alto, snello, e con un'aria di chi sapeva il fatto suo.
Che figo! Le venne in mente quando lo vide sorridere, mostrando i libri che era riuscito a salvare dalla caduta.
«Scusami, ero sovrappensiero e non ti ho vista.» Disse imbarazzato, incerto sul da farsi. Saki scosse la testa arrossendo un po'.
«Scherzi? Sono io che non vedo dove vado!» Commentò tramutando una risatina nervosa in un colpo di tosse, esitando un attimo a spostarsi. Quello le fece segno di passargli un po' dei libri, ma lei oppose resistenza e per un momento si ritrovarono a reggere insieme la pila di libri e a fare il doppio della fatica, tirando ognuno verso di sé.
Alla fine Saki si arrese e ringraziò lo sconosciuto.
«Mi chiamo Yoshiki.» Disse lui tranquillo. «Dove vai con tutti questi libri? Non dirmi che anche tu sei un topo di biblioteca come la mia partner!»
Saki rise e scosse la testa. «No, per me ci vorrebbero anni a leggerli tutti. Sono una vera frana con i libri, mi addormento ogni volta che cambio pagina!» Si aggiustò gli occhiali sul volto, rendendosi conto quanto il suo aspetto contraddicesse quelle cose.
Il ragazzo rise. «Allora non andrai d'accordo con lei…» Scherzò riferendosi alla propria partner. Saki rise a sua volta tra i denti, ma non volle chiedere delucidazioni su quelle parole. Fu Yoshiki a riprendere il discorso, chiedendole se potesse accompagnarla nella sua commissione.
«Non vorrei rubarti del tempo, avrai sicuramente da fare…»
«Assolutamente no, ho già sfatto le valigie e mi annoio da morire a restare in camera!» La incalzò lui. «Anzi, se mi mostrassi un po' la zona te ne sarei grato.»
Ancora un po' spaesata dall'inaspettata disponibilità del ragazzo, Saki si guardò intorno e accettò. «Però ti conviene andare a prendere un giubbotto. Fuori si gela e non credo che voi siate abituati…»
«Tu mi sottovaluti.» Commentò ironico lui, ma accolse il suo consiglio e le disse di aspettarlo. Passarono solo un paio di minuti quando Yoshiki fu di ritorno con lo stesso giubbotto pesante che aveva indosso quando era atterrato con l'aereo, quindi il ragazzo sollevò nuovamente i libri e le disse di fare strada.
In realtà non c'era molto da mostrare: la biblioteca era dall'altro lato della strada appena lasciato il palazzo, così dovettero solamente guardarsi dalle auto in transito mentre attraversavano. Una volta giunti, furono accolti da un anziano signore che gli sorrise prendendo un grosso libro contabile; tutto in quel luogo sembrava indicare che avessero viaggiato indietro nel tempo.
«Buongiorno, Saki! Vedo che hai portato i libri dei tuoi compagni, ma avrebbero potuto portarli loro invece che farti fare tutto il lavoro.»
«Buongiorno signor Nakano! Oh, non mi dispiace; è sempre bello immergersi nell'atmosfera di questo posto…»
«Ma non dici sempre che odi i libri?» Non appena la incalzò, la ragazza si morse un labbro con nervosismo e lanciò un'occhiata verso il suo accompagnatore, che sembrava stranamente divertito dalla situazione. Cercò di rimediare con un sorriso imbarazzato mettendo da parte quella conversazione, ma ormai il danno era fatto.
«Comunque sia… Chi è il tuo amico? Non fa parte della squadra, vero?» Domandò il vecchietto poggiandosi al bancone per vedere meglio oltre la pila di libri retta da Yoshiki.
«Faccio parte di un'altra squadra Parasite, mi chiamo Ojizaki.» Rispose lui prontamente, facendo affiorare un'espressione meravigliata sul viso del signor Nakano. Dopo un po' sembrò rammentare.
«Ma sì, ricordo la tua faccia in televisione!» Disse agitando un dito in avanti. «Ma che ci fai qui? Tu dovresti essere a, ehm…»
«Anemone. Siamo qui per un addestramento congiunto.»
Incuriosito dalle parole del ragazzo, finalmente l'uomo capì il motivo della sua presenza e annuì comprensivo, quindi iniziò a sfogliare il proprio libro per segnare a penna alcune cose che nessuno dei due giovani piloti riuscì a leggere.
«Li puoi lasciare qui, caro. Provvederò io a metterli a posto.» Disse interrompendo il proprio lavoro per un secondo, riferendosi ai libri. Yoshiki obbedì e fu sollevato a sentire il carico sulle braccia sparire; i bicipiti gli rimasero intorpiditi per un momento.
Il vecchietto guardò meglio Yoshiki e sorrise. «Resterete qui a lungo?»
«Solo una settimana, ma non escludo che possa capitare qualche altra visita.»
Interessato, l'uomo annuì e mandò un'occhiata stranamente allegra alla ragazza che gli stava accanto, che iniziò subito ad agitarsi. Saki così si affrettò a tirare Yoshiki da un braccio e ringraziò il signor Nakano quasi da fuori la porta, dicendo di dovergli mostrare la zona, quindi i due adolescenti lasciarono la biblioteca.
Ci fu un attimo di silenzio tra loro e Yoshiki si sentì strappato dalla conversazione senza poterci fare niente. Si girò lentamente verso Saki, guardandola divertito e le chiese:«Così odi i libri?»
Rossa dalla vergogna, la ragazza cercò di nascondere il volto e annuì con riluttanza. «Ammetto di non essere stata del tutto onesta…» Borbottò.
Yoshiki si lasciò sfuggire una risatina. «Con questo le possibilità che tu e Naho andiate d'accordo calano drasticamente…» Commentò ironico, quindi rise con leggerezza cercando di contagiare anche lei, che nonostante l'imbarazzo si lasciò andare a un timido sorriso.
«Ma non capisco… Se odi i libri, perché ti sei occupata tu di restituirli?»
Saki sbuffò guardando verso l'edificio dove lei e i suoi compagni abitavano. «Diciamo che odio ancora di più il disordine e i ritardi.»
«Ah, ti capisco perfettamente!» Commentò lui guardando nella sua stessa direzione, quindi rimasero entrambi in silenzio come se stessero aspettando qualcosa. Alla fine Saki non riuscì più a sopportare quel vuoto lasciato dalla fine della conversazione e provò a buttarsi.
«Quindi… Ti va di fare un giro?» Rendendosi conto che il ragazzo avrebbe potuto fraintendere, si affrettò a chiarirsi:«Così ti mostro per bene la zona.»
Yoshiki rifletté sull'offerta per un attimo, poi sorrise amichevole.
«Certo, fai strada!»
 
*
 
«Apri!»
La porta di fronte a Kya non si sarebbe mossa, eppure lei, testarda come un mulo, restava ferma ad abbaiare ordini in attesa che qualcuno la sentisse. Non sapeva nemmeno se ci fosse qualcuno in casa.
La ragazza sciolse quella posa da comandante che aveva assunto e allungò un braccio verso il campanello, suonando insistentemente ancora una volta.
«Sono Nakamura, della Squadra Anemone. Ho bisogno di parlare con te di una questione molto urgente, da caposquadra a caposquadra!» Chiamò di nuovo, decisa a non lasciare quel posto fino a quando qualcuno le avrebbe risposto. La targhetta sulla porta parlava chiaro, "Shinji Kano" abitava lì.
La ragazza si fermò un momento e dopo essersi guardata intorno con circospezione, mollò quell'aria da dura e si avvicinò la porta poggiandovi sopra un orecchio per ascoltare meglio. Adesso sembrava che stesse cercando di entrare di nascosto, ma la colpa era di quell'antipatico del caposquadra che non voleva farla entrare.
Un flebile rumore di passi dall'altra parte la fece rizzare sull'attenti, confermandole la presenza di qualcuno, quindi ancora con più veemenza tornò a urlare sbattendo un pugno sulla porta.
«Fammi entrare! Devo dirti una cosa molto importante!» Sbraitò picchiando ripetutamente il dorso di una mano sul legno.
Alla fine la porta si aprì. Kya era così concentrata che non se ne accorse e rischiò di dare un pugno in faccia al ragazzo che le aprì.
«Ma insomma, che diavolo vuoi? Che cos'hai da dire di così importante?» Sbottò quello dopo essersi visto la mano della ragazza avvicinarsi pericolosamente alla sua faccia. Era visibilmente irritato dall'insistenza di Kya e non era neanche la persona che stava cercando lei.
Sorpresa di ritrovarsi di fronte qualcun altro la ragazza controllò di nuovo la targhetta sulla porta. «Scusa, il caposquadra Kano non c'è?» Domandò abbassando di molto il tono della voce.
«No, e non ho idea di dove sia adesso!» Rispose sbrigativo il ragazzo con fare burbero. Aveva i capelli arruffati e quella che aveva indosso non era certo una divisa; sembrava che si fosse appena alzato dal letto.
«Oh.» Kya controllò la targhetta per la terza volta e lesse il nome accanto a quello di Kano. «Tu sei… Yuki Tsunami?»
«Presente. Che vuoi?» Ancora una risposta fredda dal ragazzo. Cominciava a darle sui nervi.
«Ho bisogno di parlare con il tuo compagno di stanza. Sai dove potrei trovarlo?» Decise di essere diretta per non perdere altro tempo.
«Ti ho già detto che non so dove sia. Io stavo riposando, prima che una certa rompiscatole venisse a buttare giù la mia porta!» Rispose acido. Kya stava per rispondergli a tono, ma il ragazzo fece qualcosa che non si aspettava: si fece da parte e aprì un poco di più la porta.
«Senti, io sono a pezzi e non ce la faccio a darti retta; se proprio vuoi parlare con Shinji, puoi aspettarlo qui. Ma non toccare niente e non fare casino!» Disse con fare disinteressato, voltandosi dall'altra parte.
Ancora prima che potesse arrabbiarsi per i toni bruschi di Tsunami, Kya sentì i suoi sensi da competizione affievolirsi nuovamente. Nonostante l'apparente aggressività, il padrone di casa era stato inaspettatamente accomodante, possibile che lo stesse facendo solo per potersi liberare di lei il prima possibile?
Ringraziò senza discutere ed entrò nella stanza a passo di danza, seguendo il ragazzo che la osservò stranito.
«Non sono bravo a fare i convenevoli. Se ti serve da bere o vuoi qualcosa del genere, il frigo è lì…» Borbottò indicando un punto imprecisato della cucina. Il ragazzo poi guardò l'orologio che teneva al polso e seguì la stessa direzione che aveva indicato per tirare fuori una bottiglia d'acqua dal frigo e versare da bere in un bicchiere. Pensando che stesse cercando di essere gentile, Kya si avvicinò sorridendo ma invece Yuki ingoiò qualcosa in tutta fretta e bevve l'acqua ignorandola.
«Ripeto: non disturbare!» Disse a denti stretti una volta finito, posando il bicchiere. Il ragazzo si fece strada lungo la cucina e si diresse verso l'altra stanza massaggiandosi una tempia.
Anche se un po' seccata dal comportamento burbero del suo ospite, Kya sorrise:«D'accordo, Yuki! Grazie per avermi fatta entrare!»
«Non chiamarmi Yuki! Noi non ci conosciamo.» Borbottò seccato lui prima di sparire oltre la porta che conduceva molto probabilmente alla camera da letto.
Kya rimase da sola nel soggiorno a riflettere sul significato delle parole del ragazzo e a osservare la stanza; non era particolarmente diversa da quella dove alloggiavano lei e Rin, anzi era sicura che anche le camere da letto fossero identiche. Era un qualunque soggiorno di città, ben illuminato grazie alle ampie finestre e caratterizzato da un arredamento sobrio e funzionale, così come la cucina che non era esattamente separata da esso, munita tra le tante cose di una lavastoviglie che loro non avevano a Mistilteinn. Tuttavia la sua impressione era che i ragazzi della Squadra Desia non avessero molte delle comodità che invece erano presenti a casa sua, a cominciare dal verde che mancava in tutta la città…
Un momento, aveva veramente chiamato Mistilteinn "casa sua?" Significava che, in un certo senso, era come se lei e Ryo vivessero insieme?
Le guance le si colorarono di un rosa vivo al solo pensiero. Chissà se un giorno avrebbe potuto veramente vivere con il suo Ryo… Gli mancava, a dire il vero; non si erano visti per poco, nemmeno un'ora, eppure aveva voglia di vederlo. Avrebbe voluto lasciare quella stanza e andare a cercarlo, ma aveva una cosa da fare prima…
Chissà cosa stava facendo…
 
*
 
Ryo stava finendo di disfare le valigie e appena libero si sarebbe messo a riposare un po'. Meglio approfittarne ora, visto che probabilmente Kya sarebbe arrivata da un momento all'altro per trascinarlo fuori dalla sua stanza.
Quel posto era accogliente, per quanto fosse completamente diverso da Mistilteinn; riusciva a sentirsi a suo agio nonostante vi si fosse appena stabilito. Aveva notato una certa freddezza da parte dei padroni di casa, probabilmente per via dell'improvvisa invasione da parte di tutta quella gente. Sperava che questo non diventasse un problema a lungo termine, ma pensava che se si fossero comportati bene e nessuno avesse combinato guai, la Squadra Desia avrebbe presto allentato la tensione e i rapporti sarebbero diventati più civili.
Tuttavia, Ryo conosceva troppo bene i suoi polli. Normalmente sarebbe andato a vedere cosa combinasse Kya per tenerla lontano da guai, ma in quel momento…
Si gettò sul proprio letto e chiuse gli occhi giusto qualche secondo per ascoltare meglio il proprio respiro, i suoni dalla strada ovattati che arrivavano dalla finestra chiusa, le ante che cigolavano quando il suo compagno di stanza le apriva e chiudeva per mettere a posto i vestiti… Che pace.
«E' buffo che noi due non abbiamo mai parlato molto fino ad ora, non credi?» Fece Hoshi con leggerezza, voltandosi verso di lui alla conclusione della sua domanda.
Ryo aprì gli occhi e fissò le sue spalle, poi inarcò un sopracciglio. «Davvero?»
«In un certo senso…» Hoshi si buttò su una spalla la sciarpa che stava per riporre e si voltò completamente verso il nuovo compagno di stanza. «Se ci pensi, io e te siamo finiti in due stanze diverse sin dall'inizio: non abbiamo mai avuto l'urgenza di fare amicizia, non condividendo gli stessi spazi, e quando io mi sono chiuso in me stesso sono diventato inavvicinabile. Così mentre tu facevi amicizia con Matsumoto e Okagawa, io a malapena scambiavo due parole con Maruyama e Ojizaki. Non è una sorpresa che noi non ci siamo mai parlati!»
Ryo si tirò su e lo guardò un po' spaesato. «E' vero…» Borbottò, non sapendo come reagire. «Quindi immagino che questa sia la nostra occasione per conoscerci meglio?»
Hoshi sorrise e riprese ad occuparsi del guardaroba. Nessuno dei due aveva mai pensato a quel fatto in quel modo; entrambi avevano semplicemente vissuto a Mistilteinn riconoscendo l'esistenza l'uno dell'altro, ma senza mai darvi un particolare peso come invece accadeva con gli altri.
Ryo tornò a parlare, più interessato al discorso questa volta. «E adesso che cosa ti rende meno "chiuso in te stesso"?»
Hoshi girò la testa distrattamente. «Non saprei… Sono semplicemente maturato.»
«E' per via della tua partner?»
Sorpreso che Ryo stesse sollevando quella domanda, Hoshi scosse la testa. «Non so bene cosa lo abbia causato… Diciamo che è sempre stato a causa sua, se mi sono comportato nel modo in cui mi sono comportato…»
«Anche ora?»
Hoshi ci rifletté un poco, poi annuì.
«Ma dicevi che era prepotente e ti faceva paura, e che non volevi restare qui perché non hai mai scelto di arruolarti…»
Questa volta Hoshi abbassò lo sguardo con aria veramente costernata. «Ho detto un sacco di cose di cui non vado fiero… Io ho fatto l'errore di valutare Momo prima ancora di conoscerla, lei quello di volersi avvicinare a me troppo in fretta. Credo che entrambi fossimo troppo concentrati su ciò che volevamo e non riuscissimo a vedere i punti di vista dell'altro; poi abbiamo iniziato a condividere le cose, a vedere il mondo in maniera simile… E adesso vogliamo la stessa cosa, o comunque ci supportiamo l'un l'altro per raggiungere i nostri obiettivi.»
Perplesso, Ryo sorrise. «Quindi ora sei felice così?»
Un po' imbarazzato, Hoshi strinse le spalle e piegò la testa di lato come se volesse annuire, ma solo un poco. «Diciamo che non sono più infelice come prima. Adesso quello che desidero… E' un obiettivo che mi potrà rendere felice, che mi spinge a migliorarmi e ad andare avanti.»
Ryo abbassò lo sguardo pensieroso. Detta così sembrava estremamente semplice, bastava andare d'accordo con la persona con cui si doveva condividere i propri pensieri ed era fatta! Eppure, più ci pensava, più si sentiva come se quella cosa fosse diventata un problema per lui; era come se la vicinanza con Kya non lo aiutasse più a pilotare meglio, ma all'opposto fosse proprio ciò che lo avrebbe fatto affondare…
 
*
 
Suzuko si era separata da Naho solo un momento fa e già stava rimpiangendo quella scelta. Alla fine si era convinta ad occuparsi degli adulti e lasciare il ragazzo alla sua compagna e per quanto si fosse sempre sentita a suo agio a parlare con figure autoritarie, adesso sentiva una pressione schiacciante, ansia di sbagliare e rovinare tutto; principalmente si trattava del fatto che non conoscesse per niente Jun e Kyu, quindi non sapeva esattamente come comportarsi al meglio.
Ma questo non era da lei. Era cresciuta proprio imparando a gestire le interazioni tra persone e a guidare gli altri come una perfetta condottiera, cosa aveva da temere? Era abituata a trattare con elementi dal carattere difficile e sapeva muoversi bene con le parole in una conversazione per non mettere un piede in fallo anche quando il suo interlocutore aveva un vantaggio; non avrebbe avuto alcun problema!
No, non era questo che la preoccupava assolutamente! Ma quello era un momento molto delicato della loro visita a Desia; gli sviluppi nei rapporti tra le due squadre sarebbero stati influenzati in particolare dall'esito di quella sua chiacchierata con i due coordinatori. Era per questo che era così nervosa, il suo istinto le stava solo dicendo di restare all'erta!
Si fece avanti nel corridoio una volta raggiunto il piano dove gli era stato detto che si trovassero gli alloggi degli adulti e iniziò a scandagliare gli interni: c'erano due porte poste una di fronte all'altra le cui targhette riportavano proprio i nomi di Kyu e Jun, ma Suzuko esitò ad avvicinarsi pensando che ci fosse qualcos'altro lì. Invece che bussare a una di quelle porte, andò oltre notando una terza porta in fondo al corridoio lasciata socchiusa, la cui targhetta recitava: "Sala Riunioni".
Non poté fare a meno di sentire la voce adirata di uno dei membri della Squadra Desia parlare di loro. Per correttezza Suzuko avrebbe aspettato fuori e ignorato qualunque cosa si stesse dicendo in quella stanza, ma questa volta non ci riuscì.
«Ti abbiamo già detto che non si può fare! Questa collaborazione è essenziale per la riuscita della prossima missione.»
«Noi non li vogliamo! Siamo benissimo in grado di cavarcela da soli!»
«Lo sappiamo benissimo, ma questo non significa che i vostri sforzi individuali saranno sempre sufficienti.»
«Possiamo fare più test, migliorare le nostre armi…»
«Nessuna modifica alle armi ci darà la sicurezza che ci sarebbero dei piloti in salute; specialmente quando le loro condizioni sono così imprevedibili.»
«Ehi, ce la siamo cavata! Ce la siamo sempre cavata!»
«E cosa succederà quando sarete troppo esausti per riuscire ad affrontare i nemici? Se la prossima nave aliena sarà piena fino all'orlo di VIRM, come vi occuperete di un intero esercito nemico? E come avreste intenzione di difendere la città, se qualcosa andrà storto? Questo non è un gioco, Shinji. Potreste morire!»
Gli adulti stavano discutendo animatamente con Kano, Suzuko aveva riconosciuto la sua voce. Era sicura che fosse a causa loro se stavano litigando così, per questo non riuscì a starsene in disparte e finì per bussare alla porta, rivelando la propria presenza a tutti.
«E' permesso? Sono Sentakami, della Squadra Anemone… Sono qui perché vorrei parlarvi riguardo a una cosa…» Le venne a mancare la voce quando spinse un poco la porta, ritrovandosi davanti le tre sagome di Kyu, Jun e il caposquadra ferme a fissarla; se gli adulti erano solo sorpresi di vederla lì, il suo coetaneo sembrava veramente oltraggiato di quell'interruzione.
«Ci stavi spiando?» Domandò mantenendo a stento il controllo.
Suzuko balbettò. «No, io sono appena arrivata…» Improvvisamente si sentiva tremendamente timida e spaventata, non credeva di aver mai provato niente di simile in vita sua. Kano non sembrò crederle, ma lasciò perdere quella conversazione e fece per andarsene aggirando il grande tavolo al centro della stanza; l'ufficio sembrava angusto e poco illuminato, con solo un ingresso in un angolo, al tavolo da riunioni posto al centro erano affiancate diverse sedie e al centro di esso era presente un dispositivo elettronico ora spento di cui Suzuko non conosceva l'utilità.
«Scusaci, Sentakami. Forse hai sentito…» Provò a dire qualcosa Jun, ma la ragazza decise di essere assertiva e non lasciare che quella conversazione vertesse su di lei.
«Ho sentito poco della vostra conversazione, ma credo di aver inteso abbastanza. Sono qui per parlarvi proprio di questo.»
«Bene, divertiti!» Commentò sarcastico Kano sfilando verso l'uscita, pronto a spostarla con poco garbo se non si fosse tolta di mezzo. Ma Kyu lo fermò alzando la voce.
«Tu resta qua! Riguarda anche te e non abbiamo finito di parlare.» Disse con fermezza. Vedere il ragazzo obbedire senza la minima discussione fece un certo effetto a Suzuko, che subito pensò di poter trovare nella donna una buona alleata.
Kano prese posto al tavolo delle riunioni, il più lontano possibile dai due adulti in piedi a un capo di esso, quindi questi invitarono anche Suzuko a sedersi e lei obbedì.
La ragazza riordinò le idee e deglutì con convinzione per assicurarsi di non annodarsi la lingua, quindi prese una boccata d'ossigeno e prima di parlare si assicurò di aver scelto con cura le parole con cui aprire il suo discorso.
«I miei compagni hanno notato una certa… Resistenza da parte della Squadra Desia, al nostro arrivo. Non vogliamo accusare nessuno di nulla, il nostro obiettivo è lo stesso di prima: vogliamo collaborare per creare la squadra migliore che possa esserci e avevamo messo in conto che ci sarebbero state alcune resistenze all'inizio… E' per questo che sono venuta a parlarvi, vogliamo risolvere questo malinteso il prima possibile, così da poterci concentrare insieme verso un unico obiettivo!»
Kyu e Jun lanciarono delle occhiate di rimprovero a Kano, che per tutta risposta fece roteare gli occhi con esasperazione.
«Capisco che siamo due gruppi molto diversi e ci possa essere attrito agli inizi, ma non dovremmo essere in competizione tra noi quando il futuro del mondo è nelle nostre mani!» Continuò Suzuko cercando di essere diplomatica, il tempo a chiunque volesse ribattere. Fu proprio il caposquadra opposto a riprendere da dove aveva lasciato lei.
«E' vero: non abbiamo alcuna intenzione di competere con voi. Semplicemente non ci piacete!»
«Shinji…» Iniziò Jun, ma questa volta fu Suzuko a ribattere, chiedendo agli adulti di lasciare che si spiegasse.
«Credete che basti arrivare qui, far finta di essere amiconi e tutto quanto andrà alla grande? Voi non sapete niente di noi, non vi interessa minimamente se questo test andrà a buon fine oppure no! Abbiamo visto come lavorate voi di Anemone, siete un gruppo al di fuori delle regole, scriteriato ed incredibilmente fortunato; noi abbiamo un nostro equilibrio, non abbiamo bisogno che veniate a rovinare tutto in questo modo!» Il ragazzo le riversò addosso tutto questo senza fermarsi un solo istante; nei suoi occhi si potevano leggere diverse emozioni, una dopo l'altra, come invidia, rabbia, incredulità… Suzuko incassò quelle dure parole senza battere ciglio, poi rifletté un  momento e trovò la giusta risposta.
«Ho già detto che abbiamo lo stesso obiettivo. I miei compagni potranno essere anche indisciplinati e spericolati, ma non credere che la nostra squadra non sia in grado di adattarsi! Inoltre, se posso dire la mia, credo che il nostro tipo di lavoro non sia per niente individuale come tu stia insinuando, e trovo che definire la nostra squadra "fortunata" sia riduttivo e offensivo…»
«Oh, ma di sicuro avete una bella faccia tosta!» Tagliò corto Kano con un sorriso irrisorio, ma fu rapidamente zittito da Kyu.
«Shinji!» Fece la donna. Inizialmente sembrava contrariata, ma poi il suo tono si fece più dolce nel tentativo di essere comprensiva. «Perché non vuoi neanche dar loro una possibilità?»
«Perché non voglio dare una possibilità alla grande Squadra Anemone?» Rispose sarcastico lui. «Mi è bastato vedere come si atteggiano per capire che non saranno di alcun aiuto. Sembra che sono venuti qui in gita scolastica… Siamo in guerra, non avete idea di quello che abbiamo dovuto affrontare solo nell'ultima settimana! Non vi siete neanche informati su di noi e proprio il fatto che pensiate di potervi amalgamare al nostro gruppo con tanta facilità basta a capire quanto siate ingenui!»
Kano si alzò di scatto dalla propria sedia e raggiunse la porta con gli adulti che gli intimavano di tornare indietro. Non disse niente mentre lasciava la stanza, Suzuko neanche lo seguì con lo sguardo; si sentiva troppo delusa da quell'atteggiamento refrattario a tutti i costi, non riusciva a capire perché continuasse a essere così testardo.
Quando aveva conosciuto i suoi compagni di squadra, credeva che niente fosse irrisolvibile attraverso il dialogo e la comprensione, ma come poteva fare a comprendere qualcuno che non voleva aprirsi a lei?
All'improvviso le tornò in mente quello che le aveva detto Tetsuya, su come fosse troppo concentrata su sé stessa e ignorasse totalmente i suoi bisogni. Possibile che stesse facendo la stessa cosa con Kano?
Ma lì era diverso… Tetsuya era ben disposto a parlare, lei semplicemente si era concentrata troppo su ciò che andava fatto senza interpellarlo; qui continuava a incontrare muri ovunque andasse. Però… Anche se fosse stato vero, aveva qualche differenza?
Doveva trovare il modo per arrivare come minimo a un compromesso, ma non poteva farlo direttamente con i componenti della Squadra Desia, quindi avrebbe dovuto provarci attraverso i loro tutori e cercare di ottenere più informazioni possibile.
 
*
 
I passi nel corridoio si fecero più rumorosi, sempre più incerti. Naho ancora non si era convinta ad entrare; aveva girovagato un po' senza meta per il palazzo finendo inevitabilmente per trovare proprio la persona che stava cercando, ma ancora non si era decisa a fare la prima mossa e iniziare a parlare.
Il suo obiettivo sembrava occupato ad armeggiare con qualche attrezzo della palestra, era un giovane non molto alto e con un fisico sottile. Indossava solo una parte della sua uniforme, la camicia superiore infatti era legata attorno ai fianchi e le maniche gli accarezzavano le ginocchia mentre camminava. Naho era rimasta cinque minuti ad osservarlo nel tentativo di capire come approcciarlo, e la prima cosa che aveva notato era che sembrasse non perdere mai il buonumore; continuava a canticchiare tra sé e sé anche mentre faceva fatica a far funzionare qualunque cosa stesse cercando di aggiustare.
Non sembrava per niente una persona scontrosa come i suoi compagni di squadra, ma Naho non avrebbe voluto sottovalutare la situazione e rischiare di farsi raggirare, quindi doveva essere sicura di quello che faceva. Se voleva scoprire il motivo dell'astio della Squadra Desia, avrebbe dovuto superare la timidezza e presentarsi allo sconosciuto!
Datti una mossa! Si disse, convincendosi che non fosse niente rispetto a quello che erano andati a fare i suoi compagni.
Anche se la sua mente non si fosse ancora decisa, le sue gambe cominciarono a muoversi verso il ragazzo che non si accorse della sua presenza; fu velocissima, ancora prima di riuscire a formulare le prime frasi nella sua mente, Naho si ritrovò alle spalle dello sconosciuto e poté vedere che non stava lavorando a un macchinario della palestra, ma continuava a smanettare con i pulsanti di uno stereo.
«Ciao, che stai facendo?» Domandò nervosa senza prendere fiato.
Il ragazzo sembrò non accorgersi di lei e rispose distrattamente, grattandosi un orecchio. «Saitō mi ha chiesto di dare un'occhiata allo stereo, dice che non riesce a fare ginnastica senza un po' di musica, ma gliel'ho detto che io non sono un elettricista!» Sbuffò guardando con impotenza l'apparecchio. Poi il ragazzo si voltò e a quel punto si rese conto di non essere in presenza di una persona a lui conosciuta: il suo sorriso sparì per un attimo e lui si rialzò di scatto ripulendosi la divisa con fare impacciato, chiedendo scusa per qualcosa… «Tu… Sei della Squadra Anemone, ti ho vista prima!»
Naho fu sorpresa di scoprire che il ragazzo l'avesse notata e fu presa alla sprovvista da quella rivelazione. «Sì, sono della Squadra Anemone… Ci siamo, ehm… Visti prima…» Ripeté a cervello spento, facendolo sghignazzare.
«Come ti chiami?»
«Naho. Fukuda.» Disse lei, desiderando sempre di più di sprofondare.
Il ragazzo sorrise notando l'evidente impaccio della nuova arrivata e fece un passo indietro come per lasciarle un po' d'aria. «Piacere di conoscerti, Naho. Io sono Katsuki!»
Finalmente lo sconosciuto gentile aveva un nome. Naho non riusciva a capire perché fosse tanto nervosa in sua presenza, non ricordava di essere stata tanto in difficoltà quando aveva conosciuto Yoshiki e gli altri suoi compagni di squadra.
«Hai… Bisogno di una mano?» Domandò imbarazzata, cercando qualsiasi scusa per portare avanti quella conversazione. Katsuki sembrò contento, ma alla fine rifiutò l'offerta.
«No, non ce n'è bisogno; lo aggiusterò un'altra volta. Tu invece mi sembri un po' persa…» Cambiò argomento lanciandole un sorriso eloquente. Naho si vergognò ancora di più, rendendosi conto di aver completamente dato a vedere quanto fosse in difficoltà in quel momento.
«Ehm…» Balbettò arrossendo, incredula di quello che le stava succedendo. Era stata così tanto tempo in compagnia di persone con cui stava a suo agio che aveva completamente scordato come fosse incontrare nuove persone? «Stavo pensando… Mi piacerebbe fare un giro del palazzo e dare un'occhiata ai dintorni, però da sola ho paura di perdermi e così mi chiedevo se ci fosse qualcuno disposto a farmi da guida…»
Katsuki incrociò le braccia perplesso, gesto che la fece subito ritrattare.
«Ma non devi sentirti obbligato a farlo!» Disse alzando una mano. «Siete tutti molto impegnati, e a dire il vero anche io e i miei compagni dovremmo occuparci delle valigie, quindi… Ehm… Posso fare anche da sola…»
«Ehi, tranquilla!» Disse quello, leggendo l'espressione spaventata di lei e cercando di far rallentare i suoi ingranaggi. Quando Naho ebbe dato segno di essersi rilassata, riprese a parlare:«Mi fa piacere accompagnarti! Io non ho nulla da fare e dovermi occupare dello stereo è una noia. E in ogni caso, dovremmo pur conoscerci meglio se vogliamo collaborare, no?»
Il ragazzo le fece segno di seguirlo e iniziò a camminare verso l'uscita. Naho boccheggiò incredula di quanto fosse stato facile e sentì l'imbarazzo scivolarle di dosso pian piano. Come previsto, Katsuki si era dimostrato ben disposto a dialogare e avrebbe potuto essere una buona fonte di informazioni… Ma Naho avrebbe dovuto saper fare le giuste domande senza sembrare troppo ficcanaso.
Si sentì a disagio al pensiero di star sfruttando la benevolenza del ragazzo per scoprire di più su quella squadra di Parasite scontrosi, ma chi le diceva che non fosse veramente un altro modo di fare amicizia?
 
*
 
«Senti, Yuki… Pensi che io piaccia davvero a Ryo?»
Kya aveva lo sguardo fisso sul soffitto, leggermente assonnata. Inizialmente aveva cercato di restarsene ferma e zitta ad aspettare il ritorno di Kano, ma la sua curiosità alla fine aveva avuto la meglio e la ragazza era riuscita a trascinare Tsunami fuori dalla sua tana; aveva passato mezz'ora a sfiancarlo di domande, ricevendo risposte generiche e poco soddisfacenti, ma la maggior parte del tempo l'aveva passata a parlare di sé e dei suoi amici senza sosta, sentendosi sempre più a suo agio in presenza di quel ragazzo scorbutico, ma inaspettatamente cordiale. Tsunami sembrava aver accettato il proprio fato e dopo un po' aveva iniziato ad ascoltare sempre con più interesse i racconti di Kya, che adesso era finita sdraiata sul suo divano, le gambe che pendevano fuori da un bracciolo e le mani a riposo sopra il ventre; anche lui aveva preso posto vicino a lei, sdraiandosi in direzione opposta e con la testa vicina alla sua, e dopo aver fatto così sembrava essere diventato un altro.
«Da quello che mi hai detto, siete sempre attaccati. Perché non dovresti piacergli?» Domandò fissando lo stesso punto del soffitto che stava fissando lei, quasi come se stesse cercando di capire cosa trovasse di tanto speciale nel soffitto del suo appartamento.
«No, intendo… Davvero davvero!» Kya alzò poco la testa, poi sembrò imbronciarsi. «Insomma… Ho passato così tanto tempo al suo fianco da imparare a riconoscere ogni suo segnale, ogni intonazione della voce e ogni sua piccola abitudine, cose a cui nemmeno lui fa caso; riesco a capire a cosa sta pensando prima ancora che me lo dica, e lo stesso vale per lui! Ma a volte mi chiedo se gli vada bene tutto questo, o se come me desideri qualcosa di più… Io sarei felice se potessi solo dirgli ciò che provo veramente, quello che ho covato dentro di me per tutta la vita… Ma lui? Certe volte lo vedo come se cercasse di sfuggirmi, come se si vergognasse di me… Ci stuzzichiamo tanto, non è mai stato un problema; ma a volte sento come se le sue parole non fossero solamente dettate dalla leggerezza di uno scherzo ma seriamente mirate a farmi male, e questo mi fa paura…»
L'incertezza di quella ragazza solitamente così allegra lasciò sconcertato Yuki, che per qualche motivo sentì un forte disagio nascere dentro di sé. Cercò di rallegrarla, forse senza successo. «Sai, quando si vuole bene a una persona possono nascere dubbi così… Ci si chiede se si è abbastanza per l'altro, se i sentimenti saranno ricambiati… E si finisce per ignorare ciò che è ovvio agli altri.» Si sporse un poco a cercare il viso di lei; non lo trovò, ma avvistò la sua frangetta rosa e il naso che puntava verso l'alto. «Se quello che mi hai raccontato è vero anche solo in parte, la vostra relazione deve essere veramente qualcosa di speciale. Io non mi preoccuperei troppo, fossi in te.»
Kya sorrise con grande imbarazzo, ma anche sentendo un calore farsi avanti nel petto e si stropicciò gli occhi per nasconderlo; Yuki la vide stiracchiarsi e cercò di spostarsi per non prendersi un pugno in faccia.
«Basta parlare di cose tristi!» Sbuffò alla fine allungando le braccia. «Posso farti una domanda? Rispondi seriamente, però!»
Yuki sospirò e si rassegnò a rispondere a qualunque stramberia avesse ora in mente.
«Perché il tuo caposquadra è così antipatico?» In quanto a tatto, la ragazza ne era totalmente sprovvista, ma le mancava anche quel briciolo di timidezza e buon senso che le avrebbe impedito di fare domande tanto sfacciate. Yuki però non la prese a male, anzi gli venne da ridere.
«Non è cattivo… E' un tipo un po' scontroso, ma credo tu lo abbia inquadrato male.»
«Mi ha chiamata "randagia".» Borbottò offesa.
Yuki soffiò l'aria tra i denti. «Sì, quello è un soprannome che ti hanno dato alcuni Parasite, vedendo le registrazioni delle tue battaglie. Sei piuttosto sregolata, eh?»
«Cosa?!» Esclamò oltraggiata la ragazza, alzandosi di colpo e voltandosi per guardare in faccia il giovane, che istintivamente alzò una mano a coprirsi la faccia.
«Che vorresti dire con questo? Io sono forte, combatto per vincere, con qualunque mezzo!»
Ancora un po' sconcertato da quella reazione, Yuki corrugò la fronte infastidito. «Non so che dirti… Non credo lo facciano con cattiveria, forse… E' solo un modo più facile di ricordarsi di te…»
«Nessuno può scordarsi di me!» Kya saltò giù dal divano e si voltò a guardare fuori da una finestra. Yuki la seguì con lo sguardo e alzò lentamente la schiena chiedendosi quanto fosse smisurato l'ego di quella ragazza.
Dopo qualche istante, Kya si voltò con decisione e lo guardò direttamente negli occhi. «Voglio i nomi!» Sbuffò. «Chi è che mi chiama così? Voglio parlarne direttamente con loro!»
Questa volta Yuki esitò. «Io non ci darei tanto peso…»
«Ma è ingiusto! Se vogliamo collaborare, dobbiamo evitare che ci siano pregiudizi del genere tra le nostre squadre. Non voglio essere bersaglio di sbeffeggiamenti di alcun tipo, e non lo dovrà essere nessun altro!»
Yuki strinse le spalle, le labbra sigillate. Kya lo osservò per un momento, ma vedendo che continuava a non collaborare trovò una soluzione da sé.
«Ne parlerò con Kano, allora! Dovevo incontrarlo in ogni caso.»
«Ottima idea, se vuoi farti urlare in faccia.»
«Oh, andiamo! Che diamine ha che non va, quel tipo?»
«E' solo un po' rigido… Ha parecchi grattacapi, come caposquadra. Tu più di tutti, dovresti capirlo…»
Kya si imbronciò. Non le sembrava di essere tanto stressata da comportarsi come quello là; la sua squadra era la migliore che potesse desiderare e anche se a volte c'erano incomprensioni tra i suoi membri, sapeva di poter contare sulla loro collaborazione senza caricarsi eccessivamente di responsabilità superflue.
«E invece non lo capisco…» Sbuffò incrociando le braccia, rimanendo ferma per qualche momento. Yuki la osservò come se volesse dire altro, ma alla fine si limitò a sorridere mestamente, lasciandola alle sue congetture.
Rimasero in silenzio per qualche istante, Kya persa alla ricerca di un modo per affrontare il perfido caposquadra e Tsunami apparentemente rilassato, anche se ancora un po’ stanco.
«Potrei indire una riunione con tutte e due le squadre per chiarirci tutti con un dibattito dai toni equi!» Propose la ragazza, illuminandosi come se avesse avuto un’idea fantastica. Ma Yuki la guardò con timore.
«Ti prego di non farlo!» Disse digrignando i denti. «Shinji la prenderebbe come un affronto alla sua autorità, sarebbe come se stessi cercando di scavalcarlo.»
Irritata, Kya cestinò l’idea nella sua mente e sbuffò vistosamente. Era vero che Yuki lo conoscesse meglio, ma sembrava che il vero problema in tutta quella faccenda fosse proprio il caposquadra Kano e nessun altro!
Mentre Kya tornava a rimuginare, i suoi borbottii e macchinazioni furono interrotti da un rumore prodotto da Yuki stesso, che fece una smorfia e iniziò a contorcersi sul posto. La ragazza si allarmò e corse da lui per chiedergli che cosa succedesse.
Yuki rimase immobile per qualche secondo, lamentandosi molto rumorosamente mentre il suo volto diventava rosso per lo sforzo; si chiuse entrambe le mani attorno alla testa e piegò la schiena al limite come se stesse cercando di nascondersi da qualcosa. Poi, così come erano arrivati, i lamenti cessarono e lui smise di digrignare i denti, rilassando tutto il corpo all'unisono; le mani scivolarono giù fino a posarsi sulle gambe e lui tirò un sospiro di sollievo.
«Niente di cui preoccuparsi…» Borbottò rilassando i muscoli della fronte; il suo volto tornò lentamente ad avere una tonalità più pallida e le occhiaie spiccarono nuovamente su di esso.
«Lo sai che sei negato a raccontare balle, sì?» Gli rinfacciò lei, facendogli sfuggire una risata. Sin da quando lo aveva visto la prima volta, Kya aveva immaginato che Yuki non stesse proprio bene, ma qualunque cosa fosse accaduta adesso aveva appena confermato quel dubbio e il suo tentativo di minimizzare non reggeva.
Yuki si rimise a sedere e faticò a sostenere lo sguardo della ragazza, mostrando di essere stato punto dal suo commento. Gli tremavano le labbra, come se volesse dire qualcosa ma gli mancasse la forza per farlo, e con un lungo sospiro finale abbandonò del tutto quell’idea.
«Ti prendo un po’ d’acqua.» Disse la ragazza, capendo che non avrebbe ottenuto nulla. Si alzò rapidamente dal divano e raggiunse il frigorifero che ormai aveva imparato a conoscere e frugò per un momento tra i ripiani. «Forse sarebbe più adatta una bevanda zuccherata?» Disse ad alta voce, notando la varietà di bevande energetiche presenti.
«L’acqua andrà bene.» Disse lui. «Quelle le ha prese Shinji, ma non mi piacciono. Dice che sono integratori o roba del genere…» Concluse mentre Kya riempiva un bicchiere e glielo portava. Lo osservò mentre si dissetava con inaspettata avidità, quindi quando il bicchiere di Yuki fu vuoto, i due rimasero a guardarsi senza sapere cosa dire.
«Grazie.» Sussurrò alla fine, guardando verso il basso come una persona che non desiderava essere compatita. Kya stava per rispondere, ma la porta dell’appartamento si aprì con un rumore di chiavi e sulla soglia comparve proprio la testa bionda del caposquadra Kano.
«Tu che ci fai qui, Randagia?» La apostrofò nervoso.
«Proprio te cercavo!» Rispose a tono lei portandosi le mani ai fianchi con aria di superiorità.
«Yuki!» Chiamò quello subito dopo, vedendo il suo compagno seduto sul divano e apparentemente affaticato. «Cosa ti ha fatto?»
Allorché, il ragazzo che era rimasto con Kya per tutto il tempo cercò di tranquillizzarlo dicendo che non fosse come sembrava:«E’ davvero gentile, sul serio!»
Ma Kano non volle sentire ragioni. Dopo essersi brevemente assicurato che Yuki stesse bene, si voltò verso la sua ospite indesiderata e incominciò a versarle addosso tutto l’odio che aveva in corpo.
«Prima trovo quella ficcanaso a origliare la mia conversazione con i coordinatori e che cerca di farmi la predica, adesso trovo te dentro casa mia a importunare il mio compagno? Che diavolo volete da noi?»
«Io e Yuki abbiamo fatto amicizia…!» Provò a dire Kya, rimandandogli un’occhiata carica di energia, ma lui per tutta risposta le urlò di andarsene.
In un primo momento la ragazza si oppose, dicendo che avrebbe dovuto costringerla. Non le piaceva essere trattata in quel modo, altrimenti forse sarebbe riuscita a mantenere la calma e avrebbe provato a far ragionare il ragazzo, ma Kano iniziò a spintonarla con forza fino a sbatterle la porta in faccia, lasciandola da sola sul pianerottolo.
Il campanello suonò insistentemente altre due, tre, quattro volte. Nessuno però rispose a Kya, che a quel punto aveva abbandonato l’idea di ragionare con l’altro caposquadra e voleva semplicemente avere la soddisfazione di dirgliene quattro prima di tornare al proprio appartamento.
Indispettita, la ragazza decise di arrendersi e andò a cercare i propri compagni.
 
*
 
Yoshiki non avrebbe mai immaginato che una “missione” come quella sarebbe stata tanto piacevole. Passando del tempo assieme a Saki era riuscito a conoscerla meglio e scoprire una persona davvero cordiale e interessante; la ragazza cercava sempre di farlo sentire a suo agio e lo aveva accompagnato tutto il tempo in giro per l’isolato in modo da farlo ambientare, presentandogli persone che sembravano conoscere molto da vicino l’intera squadra. Così aveva capito che la Squadra Desia era ben vista nel vicinato e la città in generale la tenesse in grande considerazione, come era prevedibile; come poteva un ambiente tanto positivo far sviluppare un atteggiamento così aggressivo da parte di alcuni membri della squadra? Quando aveva provato a chiederlo a Saki, restando il più discreto possibile, la ragazza non aveva saputo rispondergli…
Sembrava che Yumu fosse a disagio nel parlare dei suoi compagni di squadra, in particolare del suo partner il caposquadra, così Yoshiki non aveva insistito, ma i suoi occhi avevano comunque colto molti dettagli nei movimenti della ragazza quando aveva ricevuto quelle domande e soprattutto si era accorto di un particolare a cui inizialmente non aveva dato molto peso: Saki usava pochissimo la mano destra, eppure a causa della propria timidezza la si poteva vedere spesso che si agitava, giocando con i capelli e sistemandosi gli occhiali. Anche quando stava trasportando i libri da restituire, aveva notato come non solo fosse particolarmente sbilanciata ma anche il suo lamento dopo essersi scontrati, esagerato per una semplice spinta. Muoveva a malapena le dita, e dubitava che si trattasse di un caso; anche se fosse stata mancina, una persona non poteva avere delle movenze tanto innaturali, sembrava che si stesse sforzando di tenerla immobile il più possibile.
«Grazie per avermi fatto da guida.» Le disse fermandosi nella sala di ingresso del palazzo, quando furono al caldo. Quel posto somigliava tanto a un albergo di lusso, anche se mancavano alcune caratteristiche proprie della categoria.
«Grazie a te per avermi aiutato con quei libri.» Gli rispose la ragazza, che era visibilmente più rilassata rispetto a quando si erano incontrati la prima volta. «E grazie per avermi fatto compagnia.»
«Probabilmente verrò a chiederti ancora qualche indicazione, devo ancora orientarmi in questo posto…» Lo sguardo gli cadde sul braccio destro di lei; Saki si teneva una mano nell'incavo del gomito, massaggiandolo delicatamente e quella sembrava una posa perfettamente normale, ma la rigidità dell'arto suggeriva diversamente.
«Oh, non c’è problema! Anche se…» Saki sembrò distratta da qualcosa, ma lui notò che stesse esitando anche solo per un attimo e temette di averle fissato il braccio troppo a lungo. Poi però si accorse che era stata la comparsa di due figure in fondo del corridoio ad attirare la sua attenzione: Naho e il ragazzo che era andata a incontrare chiacchieravano allegramente, la sua partner sembrava essere riuscita a fare colpo sulla “preda”, pur rimanendo alquanto impacciata come suo solito.
«Oh.» Ne approfittò per cambiare argomento. «Quella è la mia partner! Sei vuoi, te la presento.»
Perplessa, Saki si girò a guardare Yoshiki e accettò quando lui si era già avviato. In quel momento però, Yoshiki provò a tirarla da una manica per provare a tendere un po' la corda, e la scoprì a fare molta più resistenza di quanto si aspettasse.
«A-ahi!» Squittì Saki, che subito si divincolò dalla presa del ragazzo e si coprì il volto come se avesse detto qualcosa che non doveva. Lui la fissò costernato e confuso.
«Scusa, ti ho fatto male?»
«N-no…» Balbettò lei guardandosi il polso. «Mi hai solo presa alla sprovvista. Sto bene, sul serio!»
Il sorriso che gli rivolse non convinse per niente Yoshiki, che a questo punto si sentì anche in colpa per aver tentato una mossa così rude; normalmente avrebbe fatto finta di niente e sarebbe tornato a fare quello che stava facendo, ma sotto a quella manica, per un solo istante, Yoshiki aveva visto con la coda dell'occhio qualcosa che lo aveva scosso e per cui sentì una grande pena.
«Yoshiki!» Chiamò Naho, un po’ sorpresa di vederlo lì. Yoshiki si voltò vedendo la partner e il suo accompagnatore avvicinarsi a loro.
«Ciao…» Mormorò lui ancora distratto. Naho sorrise, ma un istante dopo sentì una certa tensione prendere il sopravvento.
«Questo qui è… Katsuki, ehm…» Si voltò. «Non mi sembra che mi abbia detto il tuo cognome.»
Il ragazzo sorrise divertito e si scusò, quindi avanzò per salutare direttamente il partner di lei e gli tese la mano. «Katsuki Suzuki. Tu devi essere Ojizaki…»
Sorpreso che lo sconosciuto sapesse il suo nome, Yoshiki accolse quel saluto e si presentò. «In carne ed ossa. Non dirmi che questa chiacchierona ti ha già detto tutto sul mio conto!» Lanciò un’occhiata di intesa a Naho, ma questa sorprendentemente evitò il suo sguardo. Suzuki rise.
«No, mi ha solo detto che sei particolarmente testardo!»
«Allora hai tutto il tempo di scoprire quanto sia veramente pessimo!»
Quello scambio di battute avrebbe potuto sembrare allegro e di poco conto, ma per qualche motivo le ragazze presenti sentirono una forte pressione mentre i loro accompagnatori si sorridevano in quello strano modo. La stretta di mano durò un po’ più del previsto, tanto che alla fine fu Saki a intromettersi per cercare di alleggerire l’apparente tensione nata nel gruppo.
«Suzuki, anche tu stai facendo da guida ai nostri ospiti?» Esordì piena di entusiasmo per dividerli. Katsuki si voltò verso di lei e sembrò accorgersi di Saki solo in quel momento, quindi la salutò.
«Bé, sì… Stavo provando a sistemare lo stereo per Saitō, ma ho incontrato Naho che ha chiesto se potessi farle vedere il posto e…»
«Quindi tu sei Naho?» Subito, l'attenzione di Saki si spostò alla ragazza appena indicata dal suo compagno. «Io mi chiamo Saki, forse hai già sentito il mio nome quando le squadre si sono incontrate…»
Speranzosa che la partner di Yoshiki fosse amichevole, Saki provò a mostrarle il miglior sorriso che avesse in repertorio e le tese la mano; l'altra ragazza fu un po' sorpresa da quella rapida presentazione, ma rispose a sua volta specchiando la sua energia.
«Sono Naho, sì… Quindi Yoshiki ti ha parlato di me?» Borbottò stringendole la mano e posando lo sguardo sul proprio partner.
«Mi ha detto che sei un vero e proprio topo di biblioteca!» Ammiccò Saki. Naho era sicura che avrebbe detto qualcosa del genere, ma si chiese come fossero arrivati a parlare proprio di lei, con tutti gli argomenti di conversazione disponibili.
«Oh, sì!» Yoshiki sembrò leggerle nel pensiero. «Ti sarebbe piaciuta la biblioteca qui di fronte, magari più tardi possiamo visitarla in tutta calma…»
Naho ritirò la mano e sorrise imbarazzata; le dava una strana sensazione il fatto che quella sconosciuta sapesse già diverse cose sul suo conto, anche se Yumu non sembrava affatto una brutta persona. Yoshiki, invece, era sempre così bravo a farla sentire a suo agio…
«Potremmo andarci tutti insieme!» Propose Suzuki. Sorrise a Naho e Saki, ma cercò anche un'occhiata di approvazione da parte di Yoshiki; per quanto questo fosse sorpreso dal suo intervento, si mostrò compiaciuto.
«Allora potremmo andare domani.» Concluse con tranquillità, non troppo preoccupato di sapere se gli altri fossero d'accordo. «Ora però io e Naho dovremmo andare… Avevamo promesso di incontrarci con i nostri compagni di squadra per parlare di alcune cose.»
Per niente sorpresi di quelle parole, sia Saki che Suzuki si fecero da parte e salutarono i loro ospiti dicendo che anche loro avevano da fare; Naho e Yoshiki salutarono i loro due nuovi amici con cordialità e si infilarono nell'ascensore in fondo alla sala senza dire nulla, guardando dritti di fronte a sé finché le porte scorrevoli non si furono chiuse.
La cabina iniziò a salire e per qualche istante nessuno dei due aprì bocca. Naho non sapeva dove guardare, Yoshiki invece sembrava assorto nei suoi pensieri e fissava un angolo in alto.
«Sembra che tu ti sia divertito…» Borbottò lei, provando a rompere il ghiaccio. Yoshiki annuì.
«Anche tu.»
«Hai scoperto qualcosa?»
«Forse, ma aspettiamo di essere con le altre per parlarne.» Fu la risposta cauta di Ojizaki.
«Giusto…»
Ancora silenzio. L'ascensore sarebbe presto arrivato a destinazione e allora non avrebbero più avuto l'occasione di stare da soli; se avevano qualcosa da dire, quello era il momento giusto. E l'impressione era che di cose da dire ce ne fossero tante, perché non era mai capitato che tra loro due si creasse una distanza così abissale. Era una situazione nuova, ritrovarsi senza sapere cosa dirsi, come se entrambi avessero qualcosa di cui vergognarsi; erano abituati a comunicare in maniera onesta e risolvere i problemi sul nascere, questo non era da loro!
«Sei gelosa!» Esclamò all'improvviso Yoshiki, voltandosi verso Naho che a sua volta scattò sull'attenti dimenticandosi dei suoi pensieri.
«Cosa? No!»
«Sei gelosa.»
«Bé, anche tu! Guarda che ti ho visto, sembrava che volessi saltare alla gola di Suzuki!»
«No, non potrei mai…»
«E allora perché dovrei esserlo io?»
«Perché appena hai visto Yumu, ti sei rabbuiata.»
Si guardarono dritti negli occhi, i loro volti quasi attaccati. La tensione era cambiata, non più qualcosa di negativo come fino a pochi secondi fa: Naho non seppe spiegarselo, era diversa dalla solita goliardia che aleggiava tra loro quando erano di buon umore, ma dopo quegli scambi la classica complicità che caratterizzava le loro interazioni sembrava essersi rapidamente trasformata in qualcosa di più competitivo, come se fosse imperativo riuscire a convincere l'altro di qualcosa…
Alla fine fu Yoshiki a distogliere lo sguardo e rise. «Non posso crederci, sembriamo una vecchia coppietta sposata!»
Naho lo fissò perplessa chiedendosi che cosa intendesse, ma poi si accorse di quanto dovesse essere sembrata buffa la loro discussione e rise assieme a lui.
L'ascensore si fermò e le porte si aprirono con loro che ancora cercavano di controllarsi, mostrandogli gli interni non molto familiari del piano dove erano stanziate alcuni dei loro appartamenti. I due amici uscirono da lì continuando a prendersi in giro finché, di fronte alla porta della camera di Naho e Sentakami, non trovarono la loro caposquadra con un aspetto alquanto demoralizzato.
Kya aveva la testa poggiata alla porta, lo sguardo spento e le braccia che pendevano senza vita verso il basso. Borbottava qualcosa di incomprensibile e si spingeva ritmicamente avanti e indietro, battendo la fronte sul legno con delicatezza.
«Kya…?» La avvicinò Naho posandole una mano sulla spalla. Quel gesto fece trasalire la giovane, che quando riconobbe l'amica sembrò commuoversi.
«Finalmente!» Esclamò sul punto di piangere. «Sono stufa di bussare a porte che non si aprono!»
Naho e Yoshiki avevano molte domande, ma pensarono prima di farla accomodare, quindi attesero che Kya si fosse ripresa del tutto per sapere cosa fosse successo.
«Bé, sono andata dal caposquadra, solo che lui non c'era e ho dovuto aspettare un po'… Ho bussato così tanto che alla fine mi ha aperto il suo compagno di stanza e mi ha lasciato entrare. Me lo sono fatto amico; è un tipo simpatico, un po' moscio… Solo che quando è arrivato quell'antipatico di Kano, mi ha cacciata! Allora io ho cercato di farmi aprire la porta nuovamente, ho bussato e suonato il campanello nella speranza di farlo irritare e stanarlo, ma niente! Così sono tornata qui e ho bussato alla porta, ma non mi ha aperto nessuno…» Dopo la sua spiegazione, Kya si rabbuiò. «E' terribile bussare a una porta che non ne vuole sapere di aprirsi…»
Per quanto fosse divertente il racconto della loro compagna, a Naho e Yoshiki importava di più l'esito della sua missione e rimasero entrambi delusi dal fatto che Kano non avesse voluto nemmeno parlare.
«Come facciamo a dialogare con una persona che non vuole ascoltare in nessun modo?» Domandò il ragazzo. «E comunque, perché ce l'ha tanto con noi?»
Una voce sull'uscio lo fece trasalire e con lui anche le ragazze che si erano sedute sul divano si voltarono di scatto.
«Lo so io perché.» Sulla porta, Suzuko li fissava tetra. Non l’avevano sentita arrivare, la porta non aveva fatto alcun rumore e solo in quel momento Yoshiki si accorse di averla lasciata socchiusa.
La ragazza osservò i volti dei suoi compagni per un momento prima di entrare finalmente nella stanza e chiudere la porta alle proprie spalle. Non sembrava infastidita né tantomeno arrabbiata, solo profondamente delusa, come se ciò che aveva appreso l’avesse scossa nel profondo.
«Ho parlato con i coordinatori della Squadra Desia. Lì c’era anche Kano, ma se n’è andato dopo avermi urlato contro…»
«Ovvio.» Sbuffò Nakamura incrociando le braccia con disfattismo. Adesso capiva a cosa si riferisse quando l’aveva cacciata dal suo appartamento, ma le dava comunque fastidio essere stata trattata in quel modo. Suzuko ignorò il suo commento.
«Per un attimo è sembrato disposto a comunicare, ho cercato di dirgli che noi vogliamo collaborare, ma mi ha risposto dicendo di non aver bisogno del nostro aiuto e che non abbiamo idea di quello che hanno passato. Quando se n’è andato, ho potuto parlare da sola con i coordinatori, ma…»
«Non ti hanno voluto spiegare la faccenda?» Domandò Yoshiki, tremendamente pessimista. Suzuko scosse la testa.
«Il fatto è che non so se sia giusto dirvelo.» Rivelò la ragazza con un filo di voce. Quell’informazione sembrò lasciare increduli i suoi compagni. Che senso aveva fare tutto quel lavoro e cercare di risolvere la faida tra le due squadre se poi decideva di tenere per sé informazioni chiave sul conto della Squadra Desia?
«Stai scherzando?» Sbottò Kya contrariata. Si alzò dal divano e affrontò a viso aperto la compagna di squadra che l’aveva sfidata per la conquista del titolo di caposquadra. Non era il momento di mettere in risalto le gerarchie tra di loro, ma Kya voleva solo capire perché Suzuko fosse così restia a vuotare il sacco.
«Non è semplice come credi…» Protestò lei. Suzuko non aveva problemi a sostenere lo sguardo della compagna, ma il fatto che la guardasse dall’alto in basso la innervosiva. La voce di Naho in arrivo dal divano sembrò voler mettere fine alle discussioni, alla ricerca di un compromesso.
«Suzuko, capiamo che possa essere un peso particolarmente grande e l’idea di svelare questo segreto potrebbe metterti a disagio… Ma se non riusciamo a capire quale sia il problema, non saremo mai in grado di collaborare con la Squadra Desia!»
Le due ragazze si fissarono intensamente e nessuna delle due sembrò decisa a mollare. Per quanto fossero sensati i discorsi dei suoi compagni di squadra, Suzuko non era ancora sicura di voler parlare a cuor leggero di quella faccenda.
«Facciamo così…» Disse a un certo punto. «Prima mi dite cosa avete scoperto voi: non lasciate da parte nessun dettaglio e ditemi quale crediate che sia il problema. Poi mi dovrete promettere di non fare parola con nessuno di ciò che vi dirò!»
Si voltò a guardare la porta, questa volta ben chiusa, e tornò dai suoi.
«Nessuno.» Ribadì a denti stretti.
Kya stava per protestare. Come poteva tenere nascosto qualcosa a Ryo, o a Momo? Solo questo sarebbe bastato a mandare all’aria le condizioni di Suzuko, ma quella faccenda era importante per tutti loro e Yoshiki si premurò di intervenire prima che agisse di impulso, trattenendola e offrendosi di parlare per primo.
Così Kya fu messa a tacere. Naho cercò di tranquillizzarla dicendole che non avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa per troppo tempo, e così tutte e tre le ragazze furono nuovamente sedute sul divano. Yoshiki si mise in piedi di fronte a loro e iniziò a parlare mettendo in mostra le sue doti da oratore.
«Sono riuscito a trovare Yumu, la partner del caposquadra; come avevamo pensato, non sembra avere nulla contro di noi. Parlare con lei è stato facile, è una persona cordiale che vuole il meglio per la sua squadra, credo capisca l'importanza di un rapporto amichevole tra le squadre… Tuttavia diventa nervosa quando si parla dei suoi compagni e mi è sembrata un po’ tesa anche quando abbiamo incontrato Suzuki…»
«Questo perché eri tu ad essere teso.» Fece Naho, ridendo sotto i baffi. Yoshiki le lanciò un’occhiataccia, ma colse la sua ironia e sembrò d’accordo con lei alla fine.
«E’ vero, il mio incontro con Suzuki è stato un po’ particolare! Ma non è di questo che dobbiamo parlare…
«Saki è stata particolarmente schiva riguardo alle domande che le ho fatto. Non aveva alcun problema a condividere informazioni di sé, della sua routine e della zona in cui ci troviamo, ma ogni volta che provavo a spostare il discorso sui suoi compagni, lei cercava un modo per sviare la conversazione. Ha detto che la squadra è stata sovraccaricata di lavoro e impegni, il che significa addestramenti intensivi e battaglie spossanti, ed che è questo il motivo per cui siamo stati convocati noi. Ma ho anche notato qualcosa che non avrebbe dovuto esserci: fasciature.»
Quando arrivò a quel punto, Yoshiki si fece estremamente serio. Le ragazze rifletterono il suo stato d'animo senza volerlo, rimanendo in silenzio tombale.
«Quando l'ho incontrata la prima volta, ci siamo urtati; lei non vedeva dove stava andando e mi ha sbattuto contro, facendosi male. All'inizio non ci ho fatto molto caso, ma più tempo passava e più notavo come non muovesse per niente il braccio destro; è come se ce lo avesse costantemente addormentato, fiacco. Non riusciva ad afferrare le cose per bene e in generale preferiva usare il sinistro.» Yoshiki fece una pausa, lasciando il tempo alle ragazze di trarre le proprie conclusioni prima di dir loro le sue ipotesi. «Quando poi abbiamo incontrato Naho, ho cercato di approfittare della sua distrazione e ho provato a farle alzare una manica, ed è lì che ho notato che, dal polso in su, il suo braccio era bendato. Non ho voluto fare domande anche perché la cosa sembra metterla particolarmente a disagio, ma credo che Yumu si sia trovata al centro di un incidente che le abbia provocato dei danni piuttosto seri, un po' come è successo a Tetsuya qualche tempo fa.»
Suzuko deglutì nervosa mentre Yoshiki le faceva un cenno come per chiederle se ricordasse quell'episodio; certo che lo ricordava, ricordava bene anche la vergogna che lo aveva seguito. Sentì gli sguardi fissi su di sé, come se aspettassero un suo commento, ma lei rimase in silenzio.
«Non sembra essere una semplice ferita; Saki prova dolore intenso e il trauma psicologico legato ad esso sembra metterla molto a disagio, quindi escluderei che sia stato un semplice incidente in allenamento…» Continuò. «L'idea che ho avuto è che stesse cercando di ignorarlo totalmente, come se riconoscerne l'esistenza l'avrebbe resa più debole.»
Quelle erano ovviamente solo supposizioni, Yoshiki stava dando via libera a tutti i suoi pensieri al riguardo e pensava che fosse giusto non lasciare niente al caso. Quando fu il turno di Kya però, queste supposizioni iniziarono a sembrare molto più sensate.
«Anche io ho notato qualcosa del genere…» Disse con un tono ben lontano dalla sua solita allegria. «Sono andata a cercare Kano, ma non l'ho trovato.» Sì girò. «Questo perché era assieme a Suzuko e gli adulti, se non sbaglio. La sua stanza però non era vuota e ho conosciuto il ragazzo che dorme con lui, Yuki.
«Inizialmente non ne voleva sapere di me, mi ha detto che potevo entrare se facevo silenzio e di attendere il ritorno del caposquadra senza disturbarlo. Mi è sembrato un po' burbero, ma ho pensato che fosse per la mancanza di sonno: aveva delle occhiaie assurde!»
Kya si tirò le palpebre con le dita e si girò un momento a guardare i presenti, poi si schiarì la voce rendendosi conto di star divagando.
«Comunque sia, sono entrata e mi sono messa ad aspettare. Ma… Non mi piace aspettare, quindi ho cominciato a parlare e, non so per quale motivo, Yuki mi ha prestato ascolto. Mi è sembrato un ragazzo normalissimo, abbiamo anche fatto amicizia, ma a un certo punto si è sentito male. E' stato come se avesse un fortissimo capogiro, non saprei spiegarlo bene… Stavo per chiedergli che cosa avesse, ma il suo amico è rientrato in casa e mi ha cacciato urlando, come se fosse stata colpa mia!»
«Un capogiro?» Domandò Yoshiki, una mano posata sul mento.
«E bello forte anche!» Rispose lei. «Sembrava provare molto dolore. Inoltre, quando sono entrata l'ho visto prendere una sorta di pillola, come una medicina… E il suo frigo era pieno di bevande saline e integratori. A detta sua, è stato Kano a portarglieli.»
La ragazza si fermò un momento a riflettere, così come i suoi compagni. C'era questa costante all'interno della Squadra Desia riguardante la salute dei suoi membri che cominciava a sembrare troppo grande per essere una coincidenza; possibile che fosse quello il motivo della loro visita a Desia? Ma allora perché la squadra era così scontrosa nei loro confronti?
«Bé, il fatto che prendesse medicine non indica necessariamente che sia collegato a qualche incidente…» Mormorò Yoshiki distrattamente. «Ma non è da escludere. Però… Due piloti diversi? Se almeno due ragazzi appartenenti a coppie diverse sono così malconci, significa che non si è trattato di un semplice incidente, ma di un vero e proprio disastro! Potrebbero esserci altre persone che stanno male nella squadra e noi ancora non lo sappiamo.»
Kya lo fissò sperando vivamente che quell'ipotesi rimanesse infondata, ma più cose scoprivano e più la situazione si faceva grigia per i loro colleghi. Entrambi si voltarono verso Naho, che non aveva aperto bocca.
«In realtà… Io non ho scoperto molto.» Ammise imbarazzata. «Mi dispiace. Suzuki non sembra avere alcun trauma ed è molto gentile e aperto a conversare. Non sono riuscita a fargli domande troppo personali, più che altro è stato lui a parlare la maggior parte del tempo… Sembra che non ci sia nulla che lo preoccupi.»
«Va bene così.» Si affrettò a dire Suzuko, un po' sollevata. «Non tutti devono avere per forza dei segreti e non devi incolparti per non essere riuscita a indagare abbastanza a fondo.»
Naho fu contenta di sentirglielo dire, ma allo stesso tempo pensava che, in confronto al lavoro dei suoi compagni, fosse stata alquanto negligente.
Le informazioni raccolte da Yoshiki e Kya sembravano combaciare, anche se di poco. Sapevano che i loro compagni della Squadra Desia li avevano presi in antipatia, anche se non capivano perché; Suzuko sembrava saperlo, ma aveva detto di non essere sicura di poterlo dire. Ma se veramente conosceva la verità, doveva aiutarli a comprendere il problema! Lo sapeva anche lei, che pur con riluttanza si alzò dal divanetto e chiese che quella storia rimanesse tra loro.
Yoshiki si sedette al suo posto accanto a Kya e Naho che la fissavano con occhi sgranati, quindi tutti e tre lasciarono campo libero a Suzuko, che senza nascondere un certo nervosismo si portò al centro della stanza e incominciò a stringersi le mani in modo frenetico.
«D'accordo.» Iniziò, come se fosse stata costretta e non potesse più tirarsi indietro. «Adesso vi spiego… Inizialmente dovevo andare a parlare con Jun e Kyu di questa situazione e chiedere loro consiglio, giusto?»
Suzuko attese un assenso dai suoi compagni che non arrivò.
«Ma la presenza di Kano ha cambiato le cose. Dopo la sua sfuriata non c'è stato bisogno di spiegare la situazione ai coordinatori e mi sono ritrovava con tante domande… E loro mi hanno risposto su tutto. E' come avete detto: la Squadra Desia è stata sovraccaricata di impegni nell'ultimo mese. La città è stata presa sotto assedio svariate volte dai VIRM, in alcuni casi anche due o tre volte nella stessa settimana, e questo ha fatto sì che la squadra esaurisse la forze, che combattessero senza la giusta concentrazione; questo li ha portati a commettere degli errori che li hanno debilitati, e ora sono esausti!»
La stanza rimase in silenzio ancora qualche secondo, Suzuko sapeva che fossero un sacco di informazioni da processare in breve tempo e per questo li lasciò riflettere per qualche secondo.
«Quindi nei pressi di Desia c'è stata un'intensa attività di VIRM, molto più che da noi…» Mormorò pensieroso Yoshiki, che dei tre aveva reagito in maniera più composta.
«Ecco il perché delle ferite!» Esclamò Kya sporgendosi in avanti, come se dovesse indovinare la soluzione prima degli altri.
Suzuko annuì. «Ma c'è dell'altro…» Continuò, e qui trattenne il respiro per un momento.
La pausa di Suzuko durò un attimo di troppo, così che Naho le chiese cosa stesse per dire; anche Yoshiki e Kya la fissarono curiosi, chiedendosi perché ci mettesse tanto. Alla fine, Suzuko abbassò lo sguardo con rassegnazione e riprese da dove aveva lasciato.
«Giusto.» Mormorò. «Jun e Kyu mi hanno detto che c'è una sorta di invidia, nei confronti della nostra squadra ed è questo a causare la loro aggressività.»
Quella rivelazione fece sollevare diverse sopracciglia, un'idea troppo surreale per pensare che avesse portato a un tale astio nei loro confronti.
«Non so bene come spiegarlo… Alla Squadra Desia non piace dover ricevere aiuto da qualcuno che ha affrontato molte battaglie di meno; pensano che siamo stati fortunati, che se ce la siamo cavata senza danni è stato perché abbiamo avuto fortuna. Dicono che siamo troppo boriosi e che l'attenzione mediatica ci dia alla testa. Insomma vogliono dimostrare di potercela fare da soli!»
Suzuko strinse i denti alla fine della sua spiegazione, conscia di quanto sembrasse assurda. Guardò gli altri mentre cercavano di dare un senso a quella storia e il primo a contestarla fu Ojizaki, per niente convinto.
«Seriamente?» Domandò abbassando la testa. «Ce l'hanno con noi perché siamo più famosi e perché abbiamo ottenuto risultati migliori?»
Suzuko lo squadrò timorosa. «So che è difficile da credere, ma è quello che mi hanno detto i coordinatori…»
Improvvisamente quella questione sembrava essersi fatta molto meno seria di quanto avessero pensato. Certo, la Squadra Desia aveva avuto alcune difficoltà nelle loro ultime missioni e per questo loro erano là, ma quello non bastava a giustificare l'astio nei loro confronti.
«Bé, abbiamo appurato che la Squadra Desia è stata sovraccaricata di lavoro… E' normale che siano così tesi.» Provò a giustificarli Naho. Yoshiki invece fu spietato.
«Mi sembra un atteggiamento incredibilmente infantile… Ma se è questo il problema, allora ci adegueremo.» E detto questo, si alzò dal divano per raggiungere la porta, dicendo che sarebbe andato a riposare.
«Prima che andiate…» Suzuko fu presa alla sprovvista dal rapido movimento di Yoshiki e si ritrovò ad alzare inavvertitamente la voce per richiamarlo. Lo fissò mentre si voltava, fermo sulla porta. «Non avete dimenticato quello che ho detto prima, vero?»
Yoshiki sbuffò stufo. «Sì, non faremo alcun cenno a questa storia…»
«Non sappiamo come potrebbero reagire… E non gli piacerebbe sapere che andiamo in giro a chiedere informazioni su di loro.»
«Ma sì, non c'è nessun problema.» Concluse lui sbrigativo, salutando le ragazze prima di sparire nel corridoio. Era comprensibile che fosse seccato da quella storia; si era preoccupato per niente credendo che ci fosse chissà quale problema, ma aveva comunque accettato senza alcuna esitazione.
Suzuko rimase a fissare le altre due ragazze nella stanza, in silenzio. Naho era la sua compagna di stanza quindi non si aspettava che dovesse andare da qualche parte, ma sperava che Kya non avesse intenzione di restare lì ancora a lungo…
«Bé, in fondo posso capirli.» Borbottò alla fine la ragazza dai capelli rosa. «Siamo il meglio del meglio, è ovvio che siano invidiosi!»
Suzuko si trattenne dal rispondere a quell'affermazione e pensò che la sua caposquadra non si fosse smentita neanche questa volta. La pregò di nuovo di non raccontare a nessuno quella storia.
«Ma sì, tranquilla!» Le sorrise. «In ogni caso, ricordiamoci che non sono tutti uguali. Yuki, per esempio, è molto simpatico e non mi è sembrato assolutamente invidioso!»
Suzuko e Naho si guardarono e annuirono timidamente. Non avevano idea di come fosse il ragazzo che aveva incontrato Kya; nella sua imprevedibilità aveva finito per conoscere qualcuno che non avevano messo in conto, ma alla fine gli era stato utile e sembrava che non avesse causato problemi.
Le due ragazze accompagnarono Kya verso la porta e la salutarono mentre si avviava lungo il corridoio, quindi rimasero un momento ad osservarla. Prima che Kya uscisse dal loro campo visivo, tutte e tre furono attirate da un rumore dall'altro lato del piano.
«Ai, ecco dov'eri!»
Una voce femminile sconosciuta le fece trasalire e avvistarono una ragazza con lo sguardo assente in fondo al corridoio, gli occhi vitrei fissi su di loro; indossava una tuta da Parasite, sembrava pronta a salire su uno Stridiosauro, ma se ne stava lì ferma. Non rispose quando fu chiamata dalla voce.
Un'altra ragazza arrivò di corsa dalla rampa di scale vicina e la afferrò per una mano, ansante. Era stata lei a urlare, le chiese se stesse bene e le diede delle carezze prima di accorgersi delle altre.
Per un momento le due sconosciute rimasero a guardare le loro ospiti proprio come delle estranee, poi la nuova arrivata si voltò verso la ragazza dagli occhi spenti e le sussurrò:«Forza, andiamo via.»
Kya, Naho e Suzuko rimasero senza parole. Forse si stavano facendo impressionare troppo, ma furono colte dai brividi e tutte e tre furono assalite da una brutta sensazione.

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Capitolo 49
*** Un incontro importante ***


«Non avremmo dovuto lasciarli da soli.» Borbottò Nana correndo da una parte all'altra della stanza.
«Rilassati. Ho dato a Jun e Kyu tutte le informazioni possibili, e comunque non staremo via così tanto tempo.» La voce di Hachi arrivò rilassata per una volta, in contrasto con il tono frettoloso della sua partner.
«Lo so! Ma sono completamente da soli in un posto lontano da casa e se dovessero avere attriti con l'altra squadra…»
«I nostri ragazzi sono diligenti. Sapranno cavarsela per ventiquattro ore.»
«Diligenti? Stiamo parlando degli stessi ragazzi che si sono intrufolati nella nostra cantina e si sono scolati due bottiglie di vino di alta qualità, presentandosi ancora ubriachi a lezione il giorno dopo?»
Hachi rise. «Sei tu quella che ha voluto una cantina per i vini!»
Nana grugnì irritata a quella frecciatina, sapendo di non aver modo di ribattere.
«In ogni caso non avranno modo di combinare disastri in così poco tempo. A meno che non saltino sugli Stridiosauri e radano al suolo Desia, credo che sapremo risolvere qualunque guaio dovessero presentarci al nostro ritorno.» Il sarcasmo di Hachi avrebbe dovuto alleggerire la tensione, ma ebbe solo l'effetto di aggiungere quella eventualità alla lista di preoccupazioni che affliggeva Nana.
La sala comune di Mistilteinn era splendente, Hachi e Nana l'avevano fatta ripulire per bene e si erano assicurati di far entrare abbastanza luce per poter preparare un ambiente accogliente e rassicurante. Avevano pensato a lungo su dove incontrare i loro ospiti e alla fine avevano scelto proprio il luogo dove i Parasite spendevano la maggior parte del loro tempo; avevano convenuto che fosse una scelta molto migliore che uno dei loro studi o una semplice classe dove tenevano le lezioni, più personale e umile per il tipo di persone che avrebbe ospitato. Nonostante fosse stato tutto rivoltato come un calzino appena lavato, Nana continuava a guardarsi intorno, spostando soprammobili e controllando il numero di cuscini sui divanetti al centro della stanza, nel tentativo di trovare qualcosa fuori posto e acquietare così quella sensazione di angoscia che la attanagliava; Hachi si limitava a osservarla dalla porta, incapace di sedersi finché non si sarebbe tranquillizzata.
«E poi sei stata tu a decidere questo incontro.» Disse seccato. «Non capisco che hai tanto da borbottare adesso!»
Nana gli intimò di stare zitto con un rapido gesto della mano, spostandosi di nuovo per la stanza. «Ho i miei motivi.» Disse stizzita. «E' colpa tua e di quello stupido aggeggio che ti dice le cose!»
«Iustitia?»
«Sì, lui!» Sbottò fermandosi. «Ti ha dato tutte queste informazioni dettagliate in un battito di ciglia, conosci perfettamente tutte le date e gli orari di ogni singola invasione che avverrà da qui per i prossimi due anni e nonostante non abbia alcun senso, non hai mai sbagliato di una virgola. Perché conosce tutte queste cose? E perché gli attacchi dovevano essere tutti così alla rinfusa?»
«Non l'ha mica scelto lui…» Fece Hachi candidamente, nonostante sapesse che non fosse quello il punto della sua compagna. Nonostante Nana si stesse sfogando in maniera irrazionale, aveva sollevato delle domande interessanti: come facevano gli Stridiosauri a conoscere la mappa degli attacchi dei VIRM? Poteva immaginare del perché avessero comunicato proprio con lui, magari condividevano una sorta di memoria collettiva e lo avevano riconosciuto, ma restava comunque un grosso punto interrogativo su quell'argomento.
Lui stesso, al suo ritorno da Desia quel pomeriggio, era corso subito a controllare che non ci fossero messaggi dal comunicatore del suo ufficio; il Padre non gli era sembrato per niente sorpreso del fatto che avessero preparato una risposta ai loro attacchi. Doveva andare in fondo anche a quella storia, doveva parlare di nuovo con quell'essere, per quanto lo disgustasse… Ma non oggi.
Oggi era il giorno che avrebbero conosciuto i genitori dei Parasite. Una cosa che, a detta di Nana, avevano ignorato per troppo tempo.
Si avvicinò a lei, che stava perdendo la testa di fronte a una piccola credenza alla parete, e la fece voltare per cercare di farla tornare in sé.
«Adesso però vedi di calmarti.» Le disse con sguardo serio. «Hai voluto tu questo incontro e sai già di aver preparato tutto nei minimi dettagli, quindi non c'è bisogno di agitarsi ancora!»
Lei lo guardò sconsolata, ma era d'accordo con lui; tuttavia non riusciva a fare a meno di essere nervosa.
«Piuttosto, posso sapere perché tutta questa fretta?» Se avesse saputo che si sarebbe preoccupata tanto per i ragazzi a Desia, avrebbe fatto di tutto per impedire che Nana organizzasse quegli incontri proprio quel giorno. Adesso meritava almeno una spiegazione.
Nana sospirò. «E' stato quando siamo tornati dall'ultima battaglia, tu non c'eri: arrivati a Mistilteinn abbiamo incontrato i genitori di Hoshi. Spaventati dal blackout, erano venuti a cercare il figlio nell'unico posto che conoscevano. Quando li ho visti così preoccupati per il figlio, senza neanche sapere se lo avrebbero trovato, mi sono resa conto di quanto poco sapessimo di queste persone; ho capito che in quanto tutori dei ragazzi abbiamo bisogno di conoscere i loro genitori, condividere le storie a cui assistiamo tutti i giorni con loro perché sono tremendamente spaventati, forse più dei figli!»
Hachi annuì comprensivo tutto il tempo, Nana aveva ragione: c'era stata una grossa mancanza di comunicazione tra l'I.P.U. e i genitori dei Parasite, e questo non solo aveva portato a situazioni come la causa intentata da Taishō Ojizaki, ma poteva causare altri incidenti di percorso evitabili e deleteri. Conoscendo quella gente avrebbero potuto capire che cosa li aveva spinti ad appoggiare la decisione dei figli ad arruolarsi, avrebbero rassicurato gli adulti che restavano ad attendere loro notizie da casa e si sarebbero potuti sentire ancora più vicini ai ragazzi, venendo a conoscenza di parti di loro che non avevano ancora visto.
Eppure Hachi sapeva che c'era anche un altro motivo per cui Nana aveva fatto quella scelta. Gli sfuggì un sorriso troppo eloquente perché la donna non capisse cosa stesse pensando, e si mise subito sulla difensiva.
«No.» Disse alzando un dito con aria minacciosa. «No! Loro non c'entrano.»
«Se lo dici tu…»
«Lo dico perché è così!» Nana si fermò sulla porta, bloccando Hachi che stava cercando di sfuggirle. «Infatti non ho fissato il loro appuntamento per primo.»
Il sorriso sardonico di Hachi si liberò completamente dopo aver sentito quelle parole, una visione quasi innaturale per la donna che non credeva di aver mai assistito a una reazione del genere da parte del compagno.
«Quanta nonchalance! Riesci addirittura a trattenere la tua morbosa curiosità per conoscere quelle persone!»
Nana fece una smorfia ed evitò di rispondere, anche perché mentre lasciava la stanza sentì bussare alla porta di ingresso e si affrettò a raggiungerla. Il momento degli scherzi era finito, i volti di entrambi divennero di marmo e la donna diede le ultime raccomandazioni al compagno. Quando aprirono la porta sorridendo, si ritrovarono di fronte i signori Kondō.
Akane e Kyoishi Kondō sorridevano cordiali a loro volta, le facce molto più distese di quando Nana li aveva incontrati la prima volta, e dopo i convenevoli si lasciarono accompagnare nella sala comune dove si accomodarono, estremamente attenti nell'osservare gli interni della tenuta.
«Questo posto è dove vive nostro figlio con i suoi compagni di squadra?» Domandò Kyoishi mentre Nana e Hachi prendevano posto di fronte a loro.
«E' esatto. Questa è solo la sala comune, ma se ne avete voglia potremmo farvi fare un giro della casa più tardi…» Spiegò Nana, molto accomodante. I signori Kondō le dissero che non fosse necessario, pur mostrando un buon apprezzamento per quel posto.
«Signorina Nana, mi dispiace di essermi presentata senza invito l'ultima volta.» Disse Akane dopo un attimo. «Non siamo abituati a non sapere cosa stia facendo Hoshi e quando c'è stato quel terremoto abbiamo avuto una grande paura…»
«Akane, non c'è bisogno che si scusi!» Nana la rassicurò. «La vostra è stata una reazione più che comprensibile. E poi penso che sia ammirevole il fatto che abbiate subito pensato a vostro figlio, senza curarvi dei possibili rischi che avrebbe comportato uscire di casa in quel momento…»
Un po' imbarazzata, la donna sorrise mostrando di aver apprezzato la comprensione di Nana. «E' stato più forte di me, è l'istinto di una madre… Immagino che lei potrà capirmi.»
Nana sorrise. «Veramente no, ma mi sono ritrovata in questa posizione diverse volte e le assicuro che è davvero facile affezionarsi ai ragazzi…»
In quell'istante la signora Kondō si ricordò che le persone che aveva di fronte non erano come lei, che avevano dovuto rinunciare a una cosa ben specifica per poter vivere in eterno. Si portò una mano al volto e si scusò, ma Nana le disse di non preoccuparsi.
«Sono una frana!» Borbottò. «Succede sempre così, mi basta un nonnulla per dimenticarmi di tutto… Quando c'è di mezzo Hoshi poi, perdo completamente la testa!»
«Bé, vostro figlio invece sembra non perdere mai la concentrazione!» Ne approfittò Hachi per agganciarsi al discorso. «E' sempre così diligente e preparato. C'è stato un momento in cui ci ha dato un po' di problemi, però…»
«Hoshi ce ne ha parlato.» Esordì il padre, costernato. «E ricordiamo molto bene la comunicazione avuta dall'I.P.U. quando lui voleva tornare a casa.»
Hachi e Nana si lanciarono un'occhiata silenziosa, chiedendosi quanti dettagli conoscessero della questione che aveva coinvolto il loro figlio e la sua partner; quando aveva deciso di informarli, avevano pensato di includere meno dettagli possibili riguardanti Momo per il bene della ragazza, ma si chiesero cosa gli avesse raccontato il ragazzo una volta tornato a casa.
«Cosa vi ha detto Hoshi di questa storia?» Chiese Hachi. Kyoishi strinse le spalle.
«Molto poco, a dire il vero. Sembra che si vergogni di tutto quello che è successo…»
«Ha detto di aver mancato di rispetto alla propria partner, rifiutandosi di provare a collaborare.» Intervenne Akane costernata. «Ci dispiace molto per quella ragazza…»
«Momo sta bene, sia lei che Hoshi sono maturati molto negli ultimi tempi.» La rassicurò Nana. «Quello che ci preoccupa è il motivo di tali resistenze da parte di Hoshi.»
Nana e Hachi si guardarono di nuovo, questa volta una leggera tensione si poté leggere sulle loro fronti e la donna inspirò di fretta prima di riprendere a parlare.
«Signori Kondō, c'è un motivo ben chiaro se siete stati convocati qui per primi. Innanzitutto, è stato grazie alla vostra comparsata dell'altro giorno che abbiamo capito di aver bisogno di confrontarci con voi genitori, ma anche perché abbiamo una domanda da farvi…» Nana piegò la schiena un po' in avanti e unì le mani per raggiungere il giusto equilibrio. «Perché avete fatto arruolare vostro figlio contro il suo volere?»
Akane sospirò, sapendo di non poter evitare in alcun modo quella conversazione, ma fu suo marito a rispondere con prontezza, cercando di alleggerire un po' la situazione.
«In realtà non pensavamo neanche che sarebbe stato scelto. Le probabilità erano minime…»
«Questo non cambia ciò che abbiamo fatto, Kyoishi.» Intervenne lei polemica. Aveva le mani unite di fronte alla bocca e sembrava vergognarsi profondamente di tutto quello, ma non cercò di sottrarsi a quella spiegazione. Finalmente, dopo un lungo respiro, Akane Kondō iniziò a parlare.
«Non credevamo che nostro figlio sarebbe stato scelto, è vero; tuttavia ciò non toglie che lo sperassimo. Nonostante tutte le proteste di Hoshi, abbiamo deciso di fare di testa nostra e lo abbiamo costretto a sottoporsi a qualcosa che non voleva. Però vi giuro che lo abbiamo fatto seriamente pensando solo al suo bene!»
«E' difficile capire quale sia la cosa giusta per un figlio.» Disse Nana, empatizzando con lei. Akane annuì con difficoltà.
«Hoshi aveva un problema che noi gli abbiamo causato, tenendolo troppo al riparo dal mondo quando stava ancora crescendo. Quando ci siamo resi conto dell'errore che avevamo commesso, abbiamo pensato che avremmo potuto risolvere il problema con un intervento deciso, anche se alquanto traumatico… Purtroppo abbiamo solamente nascosto tutti i problemi in un posto dove non li potevamo vedere, senza ascoltare nostro figlio…»
«E' stato un errore non ascoltare i desideri del ragazzo, ma è anche grazie a questa scelta se Hoshi è riuscito a crescere molto.» Disse Hachi. Il suo tono sembrava impietoso, ma si tramutò rapidamente in qualcosa di più sereno. «Ha avuto molte difficoltà a integrarsi nella squadra, ma anche con un po' di aiuto da parte nostra è riuscito a maturare… Ha accettato di continuare il programma Parasite di sua spontanea volontà, e anche i rapporti con la sua partner sono tornati ad essere civili e, più avanti, anche molto stretti. Tuttavia comprendiamo che la situazione venutasi a creare sia nata da un'ingiustizia per Hoshi e quando ha scelto di continuare ha avuto una buona dose di pressione addosso che non avremmo dovuto esercitare, quindi adesso vogliamo chiedere a voi cosa pensiate sia giusto fare: vostro figlio ha deciso di restare nella squadra dopo un forte litigio con la propria partner, e anche se questa situazione si sia risolta da sola, se lui non si fosse trovato qui in partenza tutto lo stress che entrambi i ragazzi hanno dovuto sopportare non ci sarebbe stato.»
«Quello che cerchiamo di dire…» Fece Nana, rendendosi conto che Hachi stesse complicando enormemente il discorso. «E' se pensiate che sia giusto lasciare che Hoshi rimanga nella squadra, dopo che ha diverse volte espresso di non voler avere niente a che fare con essa. Vi stiamo facendo questa domanda perché temiamo che Hoshi si sia lasciato condizionare dagli eventi oltre che dal nostro ultimatum quando è venuto il momento di scegliere, quando magari a mente fredda avrebbe scelto diversamente. Non vogliamo che lui continui a sentirsi costretto a fare qualcosa che non vuole.»
I due istruttori mostrarono ai signori Kondō lo stesso documento di congedo che avevano dato a Hoshi diversi mesi addietro. I due genitori lo lessero con occhi sgranati, pensando prima che si trattasse di uno scherzo e poi rendendosi conto del peso di una tale scelta.
Tuttavia, quando lo posarono, i loro sguardi sembrarono estremamente decisi.
«Avete detto che è stato Hoshi a scegliere di restare, giusto?»
Hachi annuì in silenzio.
«E che ha cambiato idea dopo quegli episodi riguardanti la sua partner?»
Un altro cenno. «Dopodiché, li abbiamo convocati entrambi nel nostro ufficio e gli abbiamo consegnato dei documenti come questo, chiedendogli cosa volessero fare.»
Kyoishi e Akane si guardarono allibiti. Era stato brutale da parte dei coordinatori fare quella domanda ai ragazzi; forse mille anni di esperienza li avevano induriti a tal punto da non fare caso a cose del genere, tuttavia compresero che fosse un atteggiamento professionale e anche abbastanza imparziale. In fondo non avrebbero avuto alcun vantaggio nel mandare a casa due membri della loro squadra, anzi si sarebbe trattato di uno spreco enorme di risorse per l'I.P.U.
Ancora un po' sorpresi, i coniugi si scambiarono degli sguardi di intesa e sorrisero. «Se è così, allora non abbiamo intenzione di cambiare la sua decisione.»
«Abbiamo già preso una decisione cruciale contro il volere di nostro figlio. Farlo di nuovo significherebbe non aver imparato niente, distruggerebbe quel poco di fiducia che gli è rimasta in noi.» Spiegò Kyoishi.
Hachi e Nana era contenti di sentirglielo dire. Sorrisero con grande naturalezza prima di passare al prossimo argomento.
 
*
 
Dopo di quello, Akane e Kyoishi chiesero ai coordinatori della squadra di raccontargli meglio cosa fosse successo tra Hoshi e Momo sin dall’inizio della loro convivenza fino alla loro riappacificazione e la situazione attuale. Scoprirono anche che era stata proprio Momo a convincerlo a frequentare una psicologa, e a mano a mano che ne sentivano parlare sembravano sempre più curiosi di conoscere personalmente la ragazza. Prima di uscire chiesero persino di ricevere i contatti della famiglia Sakei per poterli incontrare. Hachi e Nana dissero che ne avrebbero parlato con i genitori di Momo e li salutarono, chiudendosi ad aspettare l'arrivo della prossima coppia.
I genitori di Hoshi erano stati molto collaborativi e accondiscendenti con loro, erano contenti che il loro ragazzo avesse degli istruttori tanto coscienziosi. Quell'incontro aveva rassicurato Nana, ma sapeva bene che non sarebbe andata così con tutti e la sua paranoia tornò a farsi sentire quando alla porta bussarono i signori Fukuda.
La seconda coppia della giornata, i genitori di Naho avevano un aspetto decisamente meno appariscente delle persone appena uscite e sembravano avere un carattere particolarmente contenuto che la figlia doveva aver sicuramente ereditato da entrambi, ma fu difficile capire da chi la ragazza avesse preso la sua irriducibile curiosità. Mina Fukuda portava i capelli legati in trecce nate da mani esperte, proprio come Naho. Suo marito Juzo era un uomo robusto ma dall'aria mite, tremendamente silenzioso; non somigliava quasi per niente alla figlia.
Lasciarono che Nana e Hachi li guidassero nella sala comune e quando si furono seduti, ringraziarono di essere stati convocati; erano curiosi di conoscere l'opinione che altre persone si erano fatte su Naho e dissero che la ragazza gli aveva sempre raccontato così tante cose della vita a Mistilteinn da lasciare ben poco che non sapessero già.
«Bé per cominciare, vostra figlia è una studentessa modello qui a Mistilteinn! E' riuscita a conformarsi alla squadra molto facilmente, stringendo amicizia da subito con molti compagni, e lei e il suo partner sono sempre stati tra le coppie più performanti del gruppo.» Fu l'inizio del discorso di Nana, che lasciò subito sorpresi i coniugi. Dopo un attimo di smarrimento, fu la madre a spiegare il perché di quella confusione, parlando e muovendosi con una grazia fuori dal normale.
«Sapevamo che Naho fosse una brava ragazza e ci aveva detto di avere fatto amicizia con tante persone, ma… Sapendo quanto sia sempre stata introversa, ci è stato difficile crederle veramente. Però visto il suo entusiasmo non abbiamo voluto mettere in dubbio le sue parole.»
Mina fece una pausa e si girò a guardare il marito, che sostenne il suo sguardo. «E poi ce ne ha parlato veramente tanto…» Aggiunse, e risero entrambi sommessamente.
«Bé… Siamo felici che vostra figlia abbia apprezzato così tanto questa nuova pagina della sua vita.» Disse Nana. «La serenità dei ragazzi è uno dei nostri obiettivi principali, sapere che c'è così tanto entusiasmo all'interno della squadra ci aiuterà a capire come lavorare d'ora in avanti.»
I signori Fukuda sembravano contenti di sentire quelle parole, poi però cambiarono umore rapidamente e sembrarono un po' più preoccupati. La signora Mina chiese se potesse fare una domanda ai due coordinatori e questi acconsentirono.
«Forse non dovremmo chiederlo, ma da quando Naho è tornata a casa non ha mai smesso di parlare del suo partner. Abbiamo capito che c'è un ottimo rapporto tra loro, ma ci chiedevamo se ci fosse qualcosa di lui che dovremmo sapere…»
«Non vogliamo intendere che non ci fidiamo…» Disse suo marito, volendo specificare. «Tuttavia sappiamo che ci sono cose che nostra figlia potrebbe non volerci dire per non farci preoccupare… Insomma, sempre se sia possibile…»
Sembravano in difficoltà. Si rendevano conto che quella fosse una domanda poco discreta, ma in fondo Nana e Hachi potevano capirli: la figlia era lontana da casa e li vedeva ormai pochi giorni al mese, viveva con dei coetanei di cui non avevano alcuna informazione se non la stessa percezione che lei aveva su di loro e questo doveva essere snervante da sopportare.
«Non possiamo darvi informazioni private sul ragazzo… Ma non vedo perché non si debba dire cosa ne pensiamo noi.» Disse Nana con pazienza, voltandosi verso Hachi per cercare supporto, che arrivò tramite un silenzio assenso e un piccolo cenno del capo.
«Yoshiki è uno splendido ragazzo, intelligente e ben educato. Sembra che abbia fatto amicizia con Naho sin da subito trovando molte cose in comune con lei per far crescere il loro rapporto. E' di buona famiglia e ha dimostrato di saper pensare alla squadra e ai suoi compagni più volte, ideando ottime strategie e lottando con tutte le sue forze. Qualcuno potrebbe dire che è troppo serio o addirittura che metta paura, ma sotto quell'involucro da duro c'è una persona molto sensibile… E' anche un leader naturale, a volte sembra molto più posato e preparato di molti adulti.»
«Considerato che il comfort della Pistil è dato anche dall'abilità dello Stamen, direi che potete stare tranquilli.» Si intromise Hachi, sorridendo. «Yoshiki comunica sempre con lei con grande maturità, preoccupandosi della sua salute tutte le volte che è necessario. Naho non potrebbe essere in mani migliori.»
Sembrava proprio quello che i signori Fukuda volessero sentire, e tuttavia non furono ancora soddisfatti; volevano sapere ancora di più, ma a quel punto si trattava più di soddisfare la loro curiosità personale che giudicare il ragazzo. Fu in questo che Hachi e Nana riuscirono a vedere la più grande somiglianza tra Naho e i suoi genitori…
 
*
 
Quando arrivarono i signori Maruyama, entrambi sembrarono a loro agio e pronti a parlare del figlio e dei suoi compagni di squadra. Il padre di Tetsuya aveva un modo di fare molto spontaneo che lo rendeva facile da avvicinare; sembrava un tipo molto tranquillo che non si lasciava innervosire da nessun tipo di notizia, al contrario della moglie che sembrava molto più seria.
Kata Maruyama si stava perdendo a raccontare un aneddoto sulla famiglia quando Izumi lo interruppe, ricordandogli che quella fosse una situazione dove sarebbe stato meglio ascoltare piuttosto che parlare.
«A dire il vero, anche conoscere questo lato di voi ci aiuta nel nostro lavoro.» Commentò Hachi cercando di tranquillizzare gli ospiti. «Tuttavia ci sorprende che con una personalità così esuberante in casa, Tetsuya sia cresciuto così timido…»
«Tetsu non è timido, è solo uno che ci mette un po' di più a fare amicizia con le persone!» Lo incalzò Kata, ancora per niente ammansito. Su questo però, Hachi e Nana dovettero concordare con lui.
«E' vero. Inizialmente non parlava quasi con nessuno, ma pian piano ha iniziato a fare amicizia ed è diventato più spontaneo con gli altri.»
«Che vi dicevo?»
Kata alzò una mano puntando le dita a pistola con fare rilassato, sicuro di sé. A quel punto però Nana si rabbuiò un poco.
«Tuttavia c'è stato un momento in cui il rapporto con la sua partner si è fatto difficile…» Guardò Hachi con esitazione. «Molto difficile.»
I volti dei loro ospiti si fecero seri immediatamente. Kata e Izumi li pregarono di spiegarsi meglio e fu chiaro come fino a quel momento avessero interagito con loro a cuor leggero, ma adesso erano preoccupati di sapere cosa fosse successo al loro ragazzo.
«Bisogna partire un po' più indietro.» Iniziò Hachi. «Quando effettuammo i primi test con gli Stridiosauri, Tetsuya e la sua partner risultarono tra le coppie meno performanti della squadra; i loro livelli di compatibilità erano buoni, ma i risultati furono un po' sotto le aspettative e questo impattò particolarmente su come la presero entrambi i piloti.
«La natura più assertiva della partner di Tetsuya – Suzuko – portò entrambi a dare il meglio di sé negli addestramenti. Questo non è mai stato un problema, fino a una sessione di allenamento di circa un mese e mezzo fa, quando per un eccesso di Suzuko, Tetsuya ha ricevuto delle bruciature a un braccio.»
«Tetsuya ce ne aveva parlato.» Intervenne Izumi. «Ma pensavamo che non ci fossero stati altri problemi.»
«Infatti in un primo momento lui e la ragazza si sono riappacificati e hanno ripreso a pilotare senza problemi. Tuttavia, il giorno della seconda battaglia è successo qualcosa che non ci aspettavamo: eravamo già pronti a partire quando uno dei compagni di stanza di Tetsuya è venuto da noi, dicendo che stesse male. Stando a quello che ci ha riferito, la signorina Sentakami avrebbe provato a baciare Tetsuya senza il suo consenso, causandogli una forte crisi di panico e rendendolo non idoneo a pilotare; è per questo che il Gaia non è entrato in battaglia assieme ai suoi compagni di squadra.»
I signori Maruyama rimasero a guardarsi, interdetti. Effettivamente li aveva sorpresi non vedere lo Stridiosauro di Tetsuya prendere parte allo scontro, ma quando poi il ragazzo gli aveva raccontato come fosse andata avevano scoperto che si era trattato di una scelta tattica; adesso scoprivano un retroscena di quella storia che mai si sarebbero aspettati.
«Te-Tetsuya non ha voluto pilotare… Per un bacio?» Kata si portò una mano alla testa e si afferrò i capelli che si arricciavano davanti alla fronte. Quello normalmente sarebbe stato il momento in cui avrebbe fatto una battuta apprezzando le doti di rubacuori del figlio, ma capì che non fosse il caso; la reazione di Tetsuya mostrava come l'accaduto lo avesse profondamente turbato, almeno sul momento.
«E' colpa tua!» Lo rimproverò la moglie, senza alcun preavviso.
Izumi colpì Kata sul braccio e chiese scusa alle persone di fronte a sé per aver perso la sua compostezza. «E' solo che… Sta sempre a stuzzicarlo con la storia di trovare una fidanzata e si dimentica che nostro figlio ha solo sedici anni!»
Gli sguardi virarono dalla signora Maruyama al suo consorte e questo sembrò sprofondare nella vergogna. Aveva lo sguardo perso, confuso.
«Mi… Dispiace…»
«Per favore, non litigate!» Intervenne Nana alzando leggermente le mani. «E' vero che la reazione di Tetsuya sia stata molto vistosa e preoccupante, ma dopo averci parlato siamo riusciti a tranquillizzarlo e in seguito è tornato ad avere rapporti cordiali con la sua partner. Stanno continuando a fare coppia come se nulla fosse successo.»
Bé, proprio nulla no. Hachi e Nana avevano notato come il rendimento del Gaia si fosse stabilizzato da parecchio tempo senza particolari picchi, con la connessione dei due Parasite sempre in leggero squilibrio.
«Ma perché ha fatto una cosa del genere?» Domandò la signora Izumi, alzando la voce. Hachi e Nana si guardarono per un momento, incerti su come spiegare quell’argomento.
«Crediamo che sia stato un tentativo di aumentare la propria compatibilità con Tetsuya. Suzuko stava pensando al bene della squadra di sicuro, ma ha finito per cercare la soluzione nel posto sbagliato.» Disse alla fine Nana. Per i genitori di Tetsuya, che sapevano pochissimo della connessione, quelle parole furono quasi incomprensibili.
«E' veramente possibile farlo…?» Domandò Izumi. «Migliorare il rendimento di coppia… Con un bacio?»
Hachi sospirò pazientemente. «Essendo basato sul rapporto tra i piloti, in alcuni casi una situazione del genere potrebbe avvicinare la coppia e rendere così più saldo il loro legame. Una delle coppie della nostra squadra è formata da due fratelli e la loro compatibilità è stata fra le più alte sin dal principio, mentre abbiamo un'altra coppia in cui i due piloti con il tempo hanno stretto un rapporto più intimo e da allora sono stati sempre tra i migliori della squadra. E' possibile, ma non garantito.»
I due genitori ascoltarono la spiegazione di Hachi con attenzione, sorpresi dal funzionamento bizzarro di quella cosa che a malapena riuscivano a comprendere. Ci fu silenzio per un momento, poi Kata intervenne curioso.
«E… Ha funzionato?»
Izumi lo guardò inferocita, ma non disse niente. A loro volta, Hachi e Nana sembrarono un po’ perplessi prima di rispondere, dicendo che anche se la connessione tra loro figlio e Suzuko adesso era tornata a livelli stabili, l'episodio del bacio aveva fatto più danni che benefici al loro rapporto.
«Sul momento, sembrava addirittura che Tetsuya volesse lasciare la squadra.» Aggiunse Nana. «Abbiamo avuto un caso dove un ragazzo non fosse intenzionato a continuare il percorso e alla fine ha cambiato idea, e anche Tetsuya dopo essersi calmato sembrava averci ripensato… Tuttavia abbiamo ritenuto corretto mettervi al corrente della situazione.»
Izumi annuì comprensiva.
«Ora sta a voi decidere se parlarne con Tetsuya. La situazione sembrerebbe essersi stabilizzata, ma non possiamo esserne del tutto convinti.»
I signori Maruyama ringraziarono Hachi e Nana dell'avvertimento. Erano venuti lì pensando di ricevere informazioni interessanti e sentire come andasse il loro ragazzo, non di certo per scoprire una cosa tanto preoccupante sul suo conto. Prima che andassero, ancora scossi dalla notizia, Izumi volle fare un ultima domanda a Nana.
«La partner di nostro figlio… Che tipo è?»
Non sicura di aver inteso quella domanda, Nana ci mise un attimo per rispondere:«E' una giovane tranquilla ed entusiasta. Non ha mai causato problemi all'interno della squadra e anche con Tetsuya si è sempre comportata in maniera corretta e con cordialità; è per questo che scoprire di questa situazione ci ha sorpresi ancora di più.»
La donna rifletté in silenzio, ponderando quelle parole appena udite nella propria mente. Non aveva motivo di dubitare dell'opinione delle persone che avevano il compito di vegliare sui loro ragazzi, eppure si chiedeva se fosse veramente come dicevano loro o se ci fosse qualcos'altro sotto.
«Vi prego di continuare a prendervi cura di nostro figlio.» Disse infine, salutando con molta educazione e raggiungendo il marito già fuori dalla porta. Sembrava un semplice saluto cordiale, ma Hachi e Nana lessero nel suo sguardo un messaggio molto chiaro: "spero niente di tutto questo si verifichi più."
 
*
 
I signori Okagawa erano esattamente come Nana e Hachi li avevano immaginati: composti, bene educati e particolarmente nervosi, quasi come se le persone che li avevano convocati dovessero saltargli alla gola da un momento all'altro. E in un certo senso era naturale aspettarsi un simile atteggiamento, tuttavia entrambi i coordinatori pensavano che si sarebbero rilassati una volta iniziato il colloquio, cosa che invece non accadde.
Nana e Hachi vollero cominciare portando alla luce la questione che aveva coinvolto i loro figli nelle prime settimane di addestramento, quella presunta frode che i due fratelli avevano tanto temuto nel corso del loro orientamento a Mistilteinn. Con loro sorpresa, i signori Okagawa vollero parlare per primi di quella faccenda e tentarono di accollarsi tutta la colpa di quel caos, scagionando i figli per aver semplicemente accettato di prestarsi a una improbabile sceneggiata; loro avevano solo bisogno di un po' di soldi per tirare avanti in un momento particolarmente difficile, non si aspettavano certo che sarebbero stati selezionati entrambi i ragazzi. La storia che conoscevano Hachi e Nana però era molto diversa e diceva che l'idea era stata in realtà proprio dei ragazzi; quando glielo fecero notare, i signori Okagawa arrossirono per l'imbarazzo. Sembrava di vedere le copie esatte di Aki e Rin, solo che lui era biondo mentre lei aveva un naso più prominente e un modo di vestire più femminile della figlia.
«E'… Vero.» Borbottò Taro Okagawa, ammettendo la sconfitta. Sua moglie lo guardò come se fosse stata appena tradita, ma anche lei capì di non poter negare oltre quella cosa. «Però i soldi non sono stato l'unico motivo della scelta di Aki e Rin. Quei due volevano davvero aiutare la gente, anche se si fosse trattato solo di fare un prelievo di sangue!»
Taro piegò la testa verso il basso con grande pentimento e chiese scusa ancora una volta; dopo un po', anche Yuri Okagawa si esibì in un rispettoso inchino e chiese scusa per aver tentato di ingannarli.
«Signori, non siamo qui per farvi il processo!» Disse Nana trattenendo un sorriso. Quella buffa coppia le ricordava troppo Aki e Rin.
«Abbiamo menzionato quella storia solo per poterla chiarire una volta per tutte e metterla da parte.»
Ancora sospettosi, Taro e Yuri li fissarono e sbatterono le palpebre all'unisono.
«E allora perché ci avete fatto venire qui?»
Nana e Hachi si guardarono pensando di aver finalmente fatto tranquillizzare i loro ospiti, quindi lei iniziò a spiegare:«Volevamo conoscervi. Abbiamo avuto molto tempo per conoscere i vostri figli, ma non ci siamo mai soffermati a chiederci da che realtà famigliari provenissero. In questo modo, capiremmo anche come poterci avvicinare ancora di più a loro.»
Sembrava una cosa assurda per i genitori dei ragazzi, che erano andati lì pensando a chissà quale problema; Hachi e Nana poterono vedere chiaramente il momento in cui la tensione lasciò i loro volti e quasi istantaneamente iniziarono a comportarsi con molta più scioltezza.
Taro e Yuri cominciarono a fare domande cariche di entusiasmo riguardanti gli Stridiosauri e il comportamento dei figli con il resto della squadra, e mostrarono chiaramente più volte di essere orgogliosi del loro lavoro e felici che i ragazzi fossero stati presi in carico da persone tanto importanti, che si erano rivelate essere poi anche delle persone squisite e gentili! Dal lato loro, Hachi e Nana si vollero sincerare delle condizioni finanziarie della loro famiglia per sapere se fosse necessario aiutarli ulteriormente, ma i due ospiti dissero che i fondi premio dell'I.P.U. erano stati più che sufficienti a risollevare le finanze della loro famiglia e che anzi, adesso che Aki e Rin vivevano a Mistilteinn, pensavano anche di aver ricevuto troppi soldi.
«In realtà, c'è un'altra cosa per cui vorremmo ringraziarvi…» Cambiò tono ed espressione Yuri, mettendo una mano sulla gamba del marito che annuì comprensivo. «Non si tratta dei soldi, che avreste potuto benissimo decidere di non promettere… E' per Aki e Rin.»
Sorpresi da quell'improvviso cambio di toni, Hachi e Nana la pregarono di spiegarsi meglio.
«Quando i ragazzi hanno scoperto di essere stati selezionati entrambi… Il loro umore è cambiato.» Disse trattenendo il respiro. «Inizialmente c'era solo una piccola ansia dovuta a quello che pensavamo fosse un vero e proprio tentativo di frode, ma quando hanno entrambi capito che sarebbero stati messi sotto la lente d'ingrandimento… La paura è aumentata. E non solo quello.
«Aki e Rin sono due ragazzi che hanno bisogno del supporto l'uno dell'altra; non reggono lo stress, ma hanno un grandissimo senso del dovere. Così, pur essendo schiacciati dal pensiero di avere il futuro dell'umanità nelle proprie mani, hanno continuato lungo questo cammino perché sapevano che sarebbero stati insieme; e anche se sappiamo che non è stata veramente una vostra scelta, siamo proprio felici che li abbiate resi partner! Quei due si conoscono meglio di chiunque altro, non sarebbe potuta andare diversamente.»
«Quando li abbiamo lasciati partire, temevamo che non avrebbero retto alla tensione.» Intervenne Taro. «Al loro ritorno poche settimane dopo, però, abbiamo capito di esserci preoccupati per niente. Aki e Rin erano rilassati e felici come non li avevamo mai visti prima e siamo sicuri che senza la vostra guida paziente le cose non sarebbero andate così bene. Quindi, insomma…»
Entrambi gli adulti chinarono il capo verso la coppia che avevano davanti e dissero all'unisono:«Grazie per esservi presi cura dei nostri figli.»
Nana era commossa. Avrebbe voluto dirgli come in realtà i ragazzi avevano fatto quasi tutto da soli, che quelli che avrebbero dovuto ringraziare erano i loro amici che li avevano supportati per tutto il tempo, ma aveva l'impressione che gli Okagawa non avrebbero accettato niente del genere. Però era bello sentire che il proprio lavoro fosse apprezzato, per quanto potesse essere marginale.
 
*
 
Quando arrivò il momento di salutare i signori Okagawa e attendere l'arrivo della famiglia Sentakami, Nana e Hachi si fecero più ansiosi. Come avevano fatto a non rendersene conto prima? Erano state proprio le parole della signora Akane a risvegliare quel ricordo nella mente di Nana: i genitori di Suzuko non solo facevano parte della alta società di Anemone in quanto filantropi e personalità di una certa influenza, ma erano anche parte attiva della dirigenza I.P.U. e discendenti dei co-fondatori dell'istituto. Erano soliti essere molto rumorosi e attivi nelle riunioni e in generale nelle azioni intraprese dall'organizzazione, ma nell'ultimo secolo circa la famiglia Sentakami era scomparsa da ogni radar, mantenendo minimi i contatti e mandando avanti progetti separati a quelli dell'I.P.U. ritagliandosi una realtà tutta loro nella società.
Normalmente non gli sarebbe potuto importare di meno di persone del genere; faticavano a ricordare i nomi delle teste a capo dell'I.P.U. che si succedevano ciclo dopo ciclo, ma quello della famiglia Sentakami era un caso particolare: loro infatti erano gli unici famigliari della Squadra 13 con cui erano riusciti a mantenere i contatti.
A questo punto si spiegavano molte cose, come il fatto che Suzuko fosse stata selezionata per diventare una Parasite grazie a quella compatibilità innata nascosta nei suoi geni; infatti non li avrebbe sorpresi poi così tanto sapere che la maggior parte dei Parasite scelti discendesse a sua volta da ex Parasite che avevano conosciuto. E la discendenza di Suzuko era delle più illustri, con i nomi mastodontici di Goro e Ichigo sulle sue spalle.
Danuja era una donna che incuteva timore, bastava uno sguardo per capire che esigesse rispetto e nonostante ciò non appariva come presuntuosa né superiore; solo una persona che sapeva di essere più in alto degli altri, capace di mettere in soggezione persino i due immortali che la accolsero. Ma non era solamente l'aria che la circondava a fare quell'effetto su di loro: oltre al completo formale con cui si presentava e la spilla dell'I.P.U. affissa con attenzione al petto, tutto nella sua figura ricordava l'aspetto di Ichigo, con quella spilla così caratteristica a tenerle fermi i capelli – neri, non blu come l’antenata, ma tagliati al millimetro nella stessa identica acconciatura della loro vecchia amica – da un lato del viso e quella magrezza eccessiva, difficile da passare inosservata. Era la capofamiglia dei Sentakami, essere sicura di sé era fondamentale, ma Hachi e Nana sapevano che anche quel suo tentativo di emulare i propri antenati fosse una sorta di tradizione; in secoli di riunioni con i capi dell'I.P.U. i Sentakami erano sempre stati i più riconoscibili perché facevano di tutto per somigliare a Ichigo o a Goro. E nonostante tutti i loro sforzi, per qualche motivo c'era sempre qualcosa che finiva per renderli più lontani dai loro modelli di quanto fossero realmente vicini; era come se qualcuno avesse tentato di vestire una persona qualsiasi per farla assomigliare a Ichigo, ma avesse ottenuto l'effetto contrario.
Anche il marito di Danuja, Kan somigliava in qualche modo a Goro, per quanto la sua figura fosse completamente diversa. E con quella strana mascherata, Hachi e Nana dovettero affrontare il colloquio senza pensare ai loro amici, ma tenendo bene in mente il motivo per cui fossero lì: Suzuko.
La ragazza era la studentessa più preparata della classe, la più volenterosa e matura del gruppo, sempre pronta a prendere le redini della situazione; nel rapporto con il partner però, aveva vissuto alcune situazioni difficili e il suo rendimento con il Gaia era sempre stato leggermente sotto alle aspettative e per quanto loro lo ritenessero più che sufficiente, la ragazza aveva mostrato più volte di soffrire quella situazione.
«Grazie per il vostro invito. A dire il vero, mi aspettavo di incontrarvi più presto.» Esordì Danuja con estrema compostezza. Guardò Nana dritta negli occhi, come se avesse già capito di chi fosse stata l'idea di quell'incontro, e attese una sua risposta.
«Già. Ci dispiace di avervi lasciati in attesa per così tanto tempo, ma i primi mesi di addestramento sono stati veramente impegnativi e abbiamo avuto ben poco tempo da dedicare a qualunque cosa che non riguardasse direttamente i ragazzi.»
«Non era certo un rimprovero il mio. Io e mio marito siamo fieri di sapere che ci sono persone come voi ad occuparsi della nostra ragazza e comprendiamo benissimo che non sia affatto un lavoro semplice.» Mantenne uno sguardo freddo e sicuro di sé e passò una mano vicino al braccio di Kan.
«Anche i nostri collaboratori sparsi in tutto il mondo sono altamente qualificati per questo lavoro…» Intervenne Hachi, curioso di vedere la reazione di Danuja a quel commento. Lei girò la testa nella sua direzione in modo quasi meccanico e gli mandò un sorriso che sembrava intimargli di stare zitto. A quel punto Hachi decise di lasciar fare alla moglie.
«Ad essere sincera, devo ammettere che ci abbiamo messo un po' a capire chi foste davvero; non ci aspettavamo di trovare dei discendenti della Squadra 13 nel nostro gruppo. E' quasi poetico sapere che una parte di loro è tornata qui…»
«Ma davvero? Che buffo!»
Il commento di Danuja irritò Nana, che corrugò la fronte ma solo per un attimo, chiedendosi se stesse cercando effettivamente di infastidirla oppure fosse solo il suo modo di reagire alle notizie.
«Noi invece non avevamo alcun dubbio che venisse scelta.» Per la prima volta, Kan prese la parola facendosi avanti. Fece passare un braccio dietro alla testa della testa della moglie e le posò la mano sulla spalla per un istante, gesto che lei non sembrò apprezzare particolarmente. «Discendere da una simile stirpe non è cosa da niente.»
«E' vero. In fondo i vostri antenati sono stati i protagonisti diretti della guerra che segnò la rinascita del genere umano, ma erano ancora più importanti per noi come amici.» Rispose Nana sorridendo. «In ogni caso, non abbiamo riconosciuto il cognome di Suzuko quando lo abbiamo visto la prima volta perché era da parecchio tempo che non sentivamo parlare di voi.»
«Non credo di avervi mai visto partecipare a una delle riunioni dei dirigenti dell'I.P.U, eppure siete sempre stati così presenti…» Ripresosi di coraggio, Hachi provò quel nuovo approccio. Questa volta Danuja si voltò in modo più naturale e non sembrò volerlo uccidere.
«E' vero, ma pensavo ricordaste il nostro primo e unico incontro, al funerale di mio padre venti anni fa.»
Hachi e Nana si guardarono un momento. Ricordavano a malapena anche il padre di Danuja, perché erano sicuri che la famiglia Sentakami fosse stata assente per almeno un lustro; tuttavia nelle loro menti riaffiorò il ricordo di una giovane donna dall'aspetto meno inquietante ma comunque forte che prendeva la parola di fronte a tutti al funerale dell'ex capofamiglia Sentakami. Quella era Danuja venti anni prima, prima di avere Suzuko e forse anche prima di sposarsi con Kan.
Imbarazzati, i due immortali cercarono di scusarsi ma lei gli disse che non dovevano.
«In fondo è anche colpa mia, per essere sparita nonostante ricoprissi un ruolo importante all'interno dell'I.P.U. Ma sapete, dopo la morte di mio padre le responsabilità della famiglia sono ricadute sulle mie spalle e ho dovuto reagire come mi era stato insegnato; occuparmi anche del mio ruolo all'I.P.U. avrebbe richiesto ancora più energie che al momento non ero in grado di spendere, così mi sono ripromessa di tornare una volta che mi fossi abituata alla mia nuova vita… Ma a furia di rimandare, ho finito per perdere completamente di vista l'obiettivo.»
«Non c'è problema.» Tagliò corto Hachi. «Nessuno si aspettava che dedicaste tutto questo tempo all'istituto, in fondo vi siete occupati di tante altre cose anche autonomamente.»
Per la prima volta, Danuja sembrò apprezzare le parole di Hachi e rimase a godersi quel complimento.
«In ogni caso, non è per parlare del passato che vi abbiamo convocato.» Intervenne Nana facendo un cenno ad Hachi.
«Certo, Suzuko.» Disse la donna, e assunse una posizione più dinamica pur restando adagiata sul divanetto. «Spero che non vi stia provocando problemi.»
«No, no!» Nana rispose istantaneamente per rassicurare la donna. «Suzuko è un'ottima studentessa e ha una cultura sconfinata; la sua preparazione sulle materie chiave per pilotare ha superato le nostre aspettative sin dall'inizio e anche sul piano sociale ha formato una rete di amicizie solida con i suoi compagni di squadra. Anche il suo rendimento a bordo del Gaia è perfettamente nella norma e in linea con le previsioni, si è persino messa in mostra per le sue qualità da leader quando è stato il momento di scegliere il caposquadra…»
Nana notò lo sguardo di Danuja mutare per un istante quando pronunciò quelle ultime parole, come se non fosse particolarmente contenta di quello. Non seppe come decifrare quella reazione.
«Sembra che il suo discorso debba concludersi con un "ma", signora Nana.» La incalzò alzando il mento, le palpebre strizzate. Nana dovette concedersi un momento di pausa ed espirò a fondo per ricomporsi; sembrava che Danuja stesse facendo di tutto per farla innervosire.
«No, non lo avrei fatto.» Disse infine. «Siamo contenti del lavoro svolto da Suzuko e cerchiamo sempre di incoraggiare i ragazzi a migliorarsi al proprio ritmo, e quando c'è un problema ci assicuriamo che possano parlarne senza alcuna pressione. Il motivo per cui siamo preoccupati per lei non è legato al suo rendimento, ma ad alcune cose che sono successe con il suo partner.»
«Preoccupati? Addirittura?»
Danuja inarcò un sopracciglio e rimase impassibile di fronte a quelle parole. Era una donna dal ferreo autocontrollo in fondo, tuttavia Hachi e Nana avrebbero giurato che non fosse per questo che stesse rispondendo così.
«Nel tentativo di ottenere risultati più soddisfacenti, Suzuko ha cercato in diversi modi di migliorare la propria compatibilità con il partner, causandogli però forte stress emotivo e finendo per ferirlo durante una sessione di allenamento.» Prese la parola Hachi, forse infastidito dalle continue reazioni passive aggressive della donna, desideroso di darle quelle informazioni di persona.
Danuja passò a fissare lui e piegò la testa dall'altra parte. «Quindi siete qui per rimproverarci?»
«No. Suzuko ha chiesto scusa al proprio partner e si è finalmente chiarita riguardo a questi incidenti; noi siamo preoccupati per lei, perché è chiaro che un comportamento così impulsivo in una ragazza come lei non possa non essere causato da una situazione di disagio interiore di cui noi non possiamo conoscere l'origine, e pensavamo che i suoi genitori avrebbero potuto aiutarla a risolvere questo problema meglio di chiunque altro, se non ne fossero già stati al corrente.
«Sembra che Suzuko cerchi sempre di dare più del suo massimo e dimostrare di essere la migliore, ma quando non ci riesce la frustrazione la porta a commettere errori che non fanno che peggiorare la situazione…»
Danuja osservò Hachi per tutto il tempo e sorrise come chi non stava ascoltando una parola del discorso, quindi quando fu sicura che ebbe finito, inspirò a fondo e cercò nuovamente lo sguardo di Nana.
«Possiamo darci del tu? In fondo conoscete la nostra famiglia da tanto tempo…»
Spiazzati da quell'inizio, Nana e Hachi strinsero le spalle e la lasciarono fare.
«Nana, cara.» Continuò Danuja. «Mia figlia è esattamente come l'ho cresciuta: è perfetta così com'è. Lo saprei se avesse qualcosa che non va e posso assicurarti che non ha nessun problema.
«Suzuko non sa cosa sia l'ansia o il disagio; è una ragazza forte, con la testa sulle spalle, lo hai detto anche tu, e non si fa destabilizzare dalla pressione di dover essere la migliore perché lei è la migliore, con tutto il rispetto per i suoi compagni. Tuttavia, avendo vissuto lontano da casa per un po' è possibile che sia rimasta spaesata dal nuovo ambiente e abbia avuto bisogno di più tempo per riassestarsi; pur potendo comprendere questa cosa…»
Danuja si interruppe e guardò Hachi con occhi gelidi. «Non è da lei. Io mi aspetto di più, lei stessa si aspetta di più ed è per questo che sono certa che saprà darvelo molto presto.»
Nella stanza calò il silenzio, Hachi e Nana attendevano che Danuja concludesse il suo discorso o che gli lasciasse spazio per ribattere, sicuri di avere urtato l’orgoglio della donna. Pensavano avesse ancora altro da dire, ma poi la videro iniziare ad alzarsi:«Tuttavia vi siamo grati per la vostra attenzione e per averci parlato di questo problema; ne parleremo con Suzuko appena si presenterà l'occasione, così da risolvere la situazione e poter continuare ognuno a svolgere il proprio lavoro.»
Dopo quella che sembrava tanto una specie di minaccia, Danuja si scusò e disse di dover andare. Salutò con molto trasporto i due che l'avevano ospitata e il marito la seguì senza dire una parola.
Hachi e Nana non riuscirono a dire nulla. Avevano l'impressione che Danuja non fosse stata contenta di quel tentativo di mettere mano al suo "lavoro" di genitore e da una parte potevano comprendere quel sentimento; tuttavia le parole che aveva usato e il modo in cui aveva messo da parte le loro preoccupazioni gli lasciò un retrogusto amaro.
«Comincio a capire perché non abbiamo mai riconosciuto il nome di Suzuko.» Commentò Hachi. Nana annuì con la fronte corrugata.
«Sono inquietanti… E' come rivedere una caricatura grottesca dei tuoi amici del passato.»
«Solo che non gli somigliano per niente.»
«Già…» Mormorò pensierosa. «Paradossalmente, penso che Suzuko somigli molto di più a Ichigo di quanto le somigli la madre… Sia dentro che fuori.»
Hachi non rispose. Sicuramente aveva notato alcune similitudini nel carattere della loro giovane studentessa con quello della sua antenata e poteva notare una vaga somiglianza fisica con lei… Ma credeva che Nana si riferisse a qualcos'altro con quelle parole e forse aveva anche capito di che cosa si trattasse; sentiva come se l'immagine che i Sentakami avessero dei loro antenati fosse totalmente distorta, rovinata dal tempo. E se era vero che nei secoli avevano cercato di imitare quell'immagine, cosa poteva uscire fuori dai loro tentativi, arrivati a quel punto?
 
*
 
I prossimi della lista non sarebbero stati una coppia facile da incontrare. I genitori di Yoshiki, Taishō e Mariko Ojizaki, una coppia dalle umili origini che si era fatta strada nella piramide sociale grazie in particolare al lavoro assiduo di lui; Yoshiki aveva parlato del disaccordo del padre sulla sua decisione di entrare nella squadra e per questo Hachi e Nana sapevano già che avrebbero dovuto prepararsi a una discussione piuttosto accesa.
Taishō era un omone perennemente accigliato, molto alto e robusto; quando parlava metteva tutti a tacere, esigeva rispetto in qualunque sua azione e difficilmente cambiava idea. Sua moglie Mariko era una donna dall’aspetto totalmente opposto al suo, minuta e delicata, dai modi cordiali. Dopo aver esaminato i comportamenti di entrambi per quanto strano potesse sembrare, Hachi e Nana concordarono sul fatto che Yoshiki avesse ereditato le qualità più evidenti di entrambi.
Taishō entrò a Mistilteinn guardandosi intorno con aria indagatrice, giudicando in silenzio ogni aspetto che non gli andava a genio di quel luogo; tuttavia non sembrò troppo disgustato e quando gli fu chiesto di sedersi nella sala comune non volle discutere troppo. Inizialmente non parlò quasi per niente, come se preferisse non dare alcun indizio di sé ai “nemici” che aveva di fronte e fu sua moglie a occuparsi di tutto.
«Lasciatemi dire che siamo molto contenti del vostro invito.» Iniziò Mariko mandando un piccolo cenno in direzione del marito, a cui lui non rispose. «Devo confessarvi di essere un tantino emozionata, era da tanto tempo che speravo di conoscervi ma non ho mai voluto contattare l’I.P.U. per non disturbarvi col vostro lavoro…»
Furono sorpresi di sentirglielo dire. Hachi rispose che in realtà avrebbero potuto contattarli in qualunque momento e che anche loro sarebbero stati felici di conoscerli prima, ma a quel punto Mariko diede una risposta fumosa, lasciando intendere che ci fosse altro che non volesse dire. A quel punto i due immortali capirono che il motivo di quell’esitazione fosse dovuto a Taishō e alla sua causa mossa contro l’I.P.U.
«Giusto…» Mormorò Nana guardando verso la donna di fronte a sé. «In ogni caso adesso siamo qui e ci fa molto piacere che abbiate accettato di incontrarci.»
«Ma certo! Noi non vedevamo l’ora di chiudere questo imbarazzante equivoco e guardare avanti, non è vero caro?» Mariko si voltò verso il marito, ma questo sbuffò senza aggiungere niente e la stessa Nana dovette correggerla.
«In realtà noi vi avremmo convocati qui per parlare di Yoshiki…»
«Oh.» Mariko si scusò per il malinteso, ma sembrò sollevata. Sfortunatamente, le disse Nana, non potevano risolvere lì una questione che il signor Ojizaki aveva deciso di portare in tribunale e che evidentemente non aveva intenzione di abbandonare.
«Bé, mi fa piacere sapere che qualcuno voglia parlare di mio figlio e del suo bene.» Aggiunse alla fine, lanciando un’occhiata di sottecchi al marito. Sembrava come se stesse costantemente cercando di tenere a bada l’uomo seduto al suo fianco.
C’era tensione nella stanza, Hachi e Nana lo avevano capito ormai ma non erano sicuri di cosa potessero fare per risolvere quella situazione, così andarono avanti.
«Ovviamente non abbiamo che buone parole da spendere su di lui, ma vorremmo farvi qualche domanda sul suo conto nonché chiedervi cosa ne pensiate del suo lavoro qui con noi e, più in generale, come pensiate si stia adattando alla vita di squadra.»
Non appena Mariko sentì quelle parole Nana poté vedere l’orgoglio invadere ogni fibra del suo corpo; era chiaro come la madre fosse più che contenta di vedere il figlio in quella situazione e che tenesse alla sua felicità. Iniziò subito col dire che Yoshiki le aveva parlato molto dei suoi compagni di squadra e della sua partner con cui aveva subito trovato una gran sintonia e poi iniziò un lungo discorso su come vedere il figlio in azione a bordo di quel terrificante Stridiosauro le donasse un misto di emozioni contrastanti, come l’apprensione verso di lui, lo sconforto di non poterlo proteggere in alcun modo e la gioia nel vederlo combattere con tanto coraggio. A colpire l’attenzione dei due istruttori di fronte a lei fu in particolare l’uso del singolare durante tutto il suo discorso, segno che il signor Taishō non condividesse quella posizione; tuttavia era abbastanza prevedibile che fosse così e per questo Hachi e Nana si trattennero dal chiedere a lui cosa ne pensasse di tutto quello.
Quando Mariko finì dicendo che continuava a sperare che quel periodo passasse il più in fretta possibile, riconoscendo in quel sentimento un certo egoismo visto quanto il figlio sembrasse felice, Nana pensò di rassicurarla.
«Signora Ojizaki, ha ragione a soffrire la mancanza di suo figlio! Sfortunatamente le rare occasioni che hanno i ragazzi per tornare a casa e rivedere i famigliari non possono essere aumentate visto il lavoro che abbiamo da svolgere come squadra e per questo sento di doverla ringraziare per la sua pazienza, ma le assicuro che tutti noi non vediamo l’ora che il pericolo passi e i ragazzi possano tornare a casa senza più alcun peso sulle spalle. Nel frattempo io e Hachi siamo orgogliosi di sapere che riponete in noi la vostra fiducia e continueremo a fare il nostro lavoro al meglio!»
Quelle parole fecero storcere il naso a Taishō, che però non disse niente.
«Oh, ne sono convinta!» Annuì la signora Ojizaki. «Yoshiki ha sempre belle parole sul vostro conto, è veramente contento di essere capitato in questa squadra.»
Lusingati da quell’affermazione, Nana e Hachi si concessero un piccolo sorriso di complicità tra loro. Non si sarebbero certo aspettati una cosa del genere dall’ossequioso Yoshiki, ma ciò confermava ancora di più la tesi che già avevano appurato sul fatto di dover conoscere meglio i loro ragazzi.
Tuttavia, per quanto fossero sollevati dalle parole di Mariko, non potevano ignorare lo sguardo truce di suo marito che continuava a girare gli occhi con esasperazione. Così, pur sapendo di star mettendo piede in un campo minato, Hachi si fece avanti per tentare un dialogo con quell'uomo tanto scorbutico.
«Signor Ojizaki, sappiamo che ha una certa antipatia nei confronti dell'I.P.U, ma le assicuro che abbiamo a cuore il bene di suo figlio. La sua partecipazione nella squadra per noi è preziosa non solo per quanto riguarda i risultati delle battaglie.» Tirando fuori il suo lato più sincero, Hachi sorrise a Taishō sperando che questo accettasse il suo invito alla pace, ma l'uomo sembrò accorgersi di lui solo alla fine di quel discorso e per tutta risposta gli fece una smorfia.
«Ma davvero? Dopo che avete plagiato mio figlio e lo avete messo contro di me, ora volete anche sostituirvi a noi? Secondo voi io non ho a cuore il suo bene?»
Inizialmente il tono di Taishō era calmo, come sarcastico nonostante sembrasse star cercando di trattenersi, ma andando avanti l’uomo alzò la voce finendo quasi per urlare in faccia ad Hachi, alzandosi minacciosamente dal divano su cui era sprofondato. Questo provò a spiegarsi, ma Taishō non gliene diede il tempo.
«Avete portato via Yoshiki dalla mia casa. Lo avete trasformato in… Qualcosa che neanche riconosco!» Disse sprezzante. «Prima mio figlio ascoltava ciò che gli dicevo, non osava mai urlarmi contro… Adesso che sono usciti quei cosi dal fondo dell'oceano, lui mi odia! Lo hanno traviato loro, quei mostri! Non so che diavolo stiate bramando voi stramboidi, quale orrido piano abbiate in mente radunando in queste case di carta così tanti bambini ignari, ma potete giurare che andrò in fondo a questa storia e riuscirò a riprendermi mio figlio!»
«Signor Taishō, qui nessuno vuole portarle via suo figlio! C'è stato un regolare reclutamento e Yoshiki vi ha preso parte di sua volontà; il fatto che sia stato scelto è stato un caso rarissimo.» Alzò la voce Nana, ma fu rapidamente sovrastata da quella dell'uomo.
«Ha sedici anni e ha fatto tutto di nascosto! Come potete pensare che un ragazzo della sua età riesca a fare una scelta…?»
«HA DICIASSETTE ANNI!»
Ancora più forte di Taishō, la voce di Mariko lasciò il vuoto dietro di sé. Tutti quanti rimasero a fissare increduli quella donna così piccola, che non sembrava assolutamente possedere tanta energia, e solo in quel momento notarono di essere rimasti tutti in piedi.
«Yoshiki ha diciassette anni.» Ripeté tremante la donna, guardando con astio il marito. «Li ha compiuti appena dopo essere partito.»
«E' vero.» Ansimò Nana, che cominciava ad avvertire caldo. Guardò Hachi accanto a lei e le tornò alla mente il foglio che il ragazzo aveva compilato all'arruolamento e che tempo dopo si era ritrovato sulle loro scrivanie; la data di nascita segnava 13 settembre, lo ricordava bene perché aveva notato quanto fosse vicino allora.
Mariko continuò dopo essere riuscita a zittire il marito. «Il fatto che tu non riesca neanche a ricordare la sua età fa capire quanto ti importi veramente di lui!»
La donna lo trafisse con quelle parole, impietosa. Taishō fu visibilmente scosso da quell'accusa, tanto che fece un passo indietro e la fissò incredulo; fino a un attimo prima sembrava capace di fare a pezzi il mondo, adesso non riusciva più a dire nulla.
Sconfitto, imbarazzato, l'uomo si fece da parte.
«Molto bene.» Disse a testa bassa. «Non è finita qui. Se pensate di mettere in pericolo Yoshiki con le vostre assurde idee sul proteggere il mondo, io vi contrasterò con ogni mezzo. Ma adesso non posso fare nulla per riprendermelo, quindi vi dico solo una cosa: guai a voi se succederà qualunque cosa a mio figlio! E se dovessi scoprire che viene trattato con poco riguardo o che le sue condizioni mediche sono ignorate… Bé, non volete sapere cosa sarò capace di fare.»
Taishō mandò un ultimo gesto di stizza ai due coordinatori e lasciò la stanza a grandi falcate; era ovvio che non avrebbero ricavato nulla continuando a discutere con lui, ma Nana si sentì ugualmente delusa a vederlo andare via. Sua moglie si girò prima verso di lui, poi rivolse alla coppia uno sguardo costernato e si scusò per il trambusto creato.
«Non avrei dovuto accusarlo così…» Mormorò sconfortata. Nana le si avvicinò.
«Siamo stati noi a iniziare il discorso. L'argomento della causa è ancora troppo delicato per discuterne così… Mi dispiace che la situazione in famiglia sia questa e mi creda quando le dico che se potessi risolvere tutto mandando a casa Yoshiki, lo farei.»
«Ma Yoshiki è felice qui.» Rispose Mariko abbozzando un sorriso. «Potrà sembrare distante e non molto a suo agio, ma in realtà tiene moltissimo ai suoi compagni e vorrebbe poter fare di più. Mi ha detto che in questo posto è riuscito per la prima volta a non pensare ai suoi demoni, a vivere come un ragazzo normale.»
Nana comprese il discorso della donna e le sorrise mestamente; anche lei aveva visto il modo in cui Yoshiki trattava i suoi compagni, gli sguardi che mandava alla sua partner e a Tetsuya in particolare. Non era qualcosa di cui avrebbe voluto privarlo.
 
*
 
Alla fine Mariko si congedò e si affrettò a raggiungere Taishō, che si era già incamminato lungo il sentiero. Hachi e Nana rimasero a osservarla da lontano, lasciando i propri pensieri per un secondo momento; c'erano tanti ragazzi che avrebbero voluto sentirsi utili partecipando al programma Parasite e tra tutti questi Yoshiki aveva avuto la fortuna di potervi prendere parte, ma suo padre continuava a ostacolarlo. Come potevano risolvere una situazione simile?
Rimasero ancora un po' sul portico di Mistilteinn in attesa della prossima coppia di genitori, ma stranamente i signori Matsumoto stavano tardando. Fu solo allo scadere del tempo, quando avrebbero dovuto incontrare la prossima coppia, che questi comparvero discutendo disordinatamente con i coniugi Mori.
Dalle parole che volavano nel gruppetto, sembrava esserci stato un disguido e le coppie di genitori non sapessero più quale avesse la precedenza sull'altra né come risolvere la questione. Quando videro la loro confusione, Hachi e Nana li intercettarono per salutarli e riportarli all'ordine.
«Vi aspettavamo mezz'ora fa, avete avuto un contrattempo?» Non appena sentirono la voce accogliente della donna, gli adulti sembrarono ricomporsi e si rivolsero verso i nuovi arrivati per fornire le loro spiegazioni. Subito però, Nampo Matsumoto si voltò verso la moglie polemizzando.
«Ecco, te l'avevo detto che eravamo in ritardo!»
Maki Matsumoto alzò gli occhi al cielo con esasperazione e lo ignorò, scusandosi ancora per il ritardo. «Abbiamo fatto confusione con l'orario. Eravamo sicuri che fosse a quest'ora, ma quando abbiamo visto i signori abbiamo capito che ci fosse un errore…» E indicò con una mano i coniugi Mori, Hideo e Maemi, che sembravano persi quanto loro.
«Ci dispiace, non volevamo causare problemi…»
«Nessun problema. Anzi, visto che siete qui ho avuto un'idea: i vostri figli sono partner, quindi noi non avremmo problemi a parlare a entrambi in un unico colloquio per non far aspettare ulteriormente nessuno, sempre che a voi stia bene.» Disse Nana con un lampo di genio. Anche Hachi fu stupito di quella proposta e i genitori lì presenti apparvero un po' perplessi, ma alla fine la signora Matsumoto provò ad accettare timidamente.
«Bé, se ai signori non è un disturbo…»
«Ma sì, in fondo se non risolviamo il ritardo ora, finirà per incidere con gli orari dei prossimi colloqui!»
«E poi eravamo curiosi di sapere qualcosa di più sul partner di nostra figlia…»
A quelle parole, Nana sorrise contenta di aver trovato un compromesso e fece strada ai suoi ospiti fino all'ingresso di Mistilteinn, dove questi incominciarono a guardarsi intorno con estrema curiosità, borbottando frasi di assenso come una comitiva in visita a un museo. Hachi chiuse la fila, chiedendosi se fosse veramente una buona idea permettere che i genitori di due Parasite diversi ascoltassero lo loro opinioni sui ragazzi, ma quando furono seduti decise di lasciar perdere.
«Allora, intanto vi ringraziamo per essere venuti nonostante il poco preavviso…» Iniziò Nana mandando un rapido sguardo ad Hachi, che le rispose piegando le labbra in un debole sorriso.
«Vi ringraziamo noi, per averci convocati!» La interruppe Nampo, cercando assensi negli sguardi degli altri adulti accanto a sé. «E' successo qualcosa?»
«No, la squadra lavora alla grande e avete avuto modo di vedere di persona i risultati dei ragazzi nell'ultima battaglia…»
«Non esattamente…» Un'altra interruzione, questa volta dalla signora Mori, che sembrava alquanto preoccupata. «Quel blackout improvviso ha interrotto tutte le trasmissioni. Temevamo veramente che fosse successo qualcosa di orribile…»
Nana ignorò il fatto di essere stata già interrotta due volte e sorrise rassicurante. «I ragazzi si sono comportati egregiamente, hanno reagito alla grande ribaltando uno scontro che sembrava essere iniziato molto male!»
«E' bello sentirglielo dire!» Sorrise Maki, le guance puntinate da lentiggini.
«Già, anche io sono molto contenta di poterlo dire. E vi dirò di più…» Abbassò lo sguardo per un momento come se stesse cercando qualcosa. «I vostri ragazzi sono i più forti in questo preciso istante. Da alcuni mesi il loro rendimento non ha fatto che crescere sempre di più, hanno fatto passi da gigante dal loro primo incontro.»
«Spero proprio che non sia a causa di quella modalità infernale…» Borbottò di nuovo Maemi rivolta al marito.
«La modalità berserk.» Puntualizzò lui, vedendo la confusione delle persone presenti nella stanza. Nana emise un verso di assenso.
«Capisco, la modalità berserk utilizzata nella prima battaglia da Aiko e Kaoru deve avervi spaventato. E' comprensibile, ma vi possiamo assicurare che Aiko non ha sofferto alcun trauma a lungo termine dopo quell'episodio e visti i livelli di compatibilità raggiunti da lei e il suo partner, gli effetti di quella modalità saranno già molto più blandi che in passato. Nonostante ciò, io e Hachi abbiamo sempre ribadito ai ragazzi come quella modalità sia un'ultima risorsa da utilizzare solo lo stretto indispensabile.»
«A essere sinceri, preferiremmo che non dovessero usarla mai più.» Aggiunse Hideo squadrandola con diffidenza. «Quando lo abbiamo chiesto ad Aiko, lei ci ha rifilato una scusa riguardo a come non potesse fare a meno di utilizzarla perché avrebbe mancato di rispetto ai suoi compagni o qualcosa del genere…»
Nana inarcò un sopracciglio mentre l'uomo raccontava quell'episodio. Era comprensibile che i signori Mori fossero preoccupati per l'incolumità della figlia, ma vietarle di sfruttare le potenzialità del proprio Stridiosauro non le sembrava la scelta giusta. «Anche noi vorremmo che non fosse necessaria…»
«E allora perché tenerla?» Sbottò Maemi, interrompendo Nana per l'ennesima volta. La donna cominciava a irritarsi per via di tutti quei commenti, non aveva pensato che un colloquio con quattro persone sarebbe stato tanto caotico, ma proprio quando stava per rispondere alla domanda, Hachi la precedette.
«Non abbiamo costruito noi gli Stridiosauri. Fanno parte di una tecnologia antica, l'unica in grado di aiutarci in questa lotta contro i VIRM, e abbiamo dovuto prenderla così com'era; pur non condividendo il suo funzionamento, è una freccia in più al nostro arco e dobbiamo sfruttarla quando possibile. Senza l'intervento di Aiko e Kaoru nella prima battaglia, forse non saremmo riusciti a vincere con tanta facilità e i danni avrebbero potuto essere molto più ingenti.» Impeccabile e sicuro di sé come sempre, Hachi riuscì a far abbassare i toni dei loro rumorosi ospiti. Quando poi vide la signora Mori tornare all'attacco, la precedette:«Aiko è una ragazza coraggiosa, ma è anche estremamente coscienziosa: non si esporrebbe a un rischio tanto grande senza conoscere i propri limiti. Il suo partner poi è uno dei giovani più premurosi che abbia mai incontrato e ha nei suoi confronti una cura quasi ossessiva, non farebbe mai nulla per farle del male.»
Notò con la coda dell'occhio i signori Matsumoto gonfiarsi di orgoglio a quelle parole, poi Maki sorrise verso Maemi nel tentativo di tranquillizzarla. «Su questo posso confermare: Kaoru parla sempre della sua amica, è felicissimo di fare squadra con lei! Si vede come il loro legame sia davvero speciale.»
Ma l'altra non sembrò particolarmente colpita da quelle parole, anzi commentò seccata:«Però non c'è lui a sopportare tutto quel dolore…»
A quelle parole il gruppo si congelò. C'era tensione, era ovvio; per quanto i signori volessero rimanere cordiali, sembrava che ci fossero dei problemi alla base della loro situazione e questo, misto alla paura di non poter proteggere i loro figli e amplificato dall'imprevisto in cui si erano trovati al loro arrivo a Mistilteinn, li stava facendo sfogare al momento meno opportuno.
Nana intervenne battendo le mani ma non nel suo solito modo di fare allegro, bensì con decisione. Anche il suo sguardo cambiò radicalmente quando si accigliò e disse:«Nessuno qui ha mai parlato di dolore! E' meglio fare un po' di chiarezza, prima di continuare il discorso…» E lasciò nuovamente il campo ad Hachi.
«La connessione mette in contatto i piloti con il corpo fisico dello Stridiosauro, ciò significa che la loro coscienza si riversa in quella dello Stridiosauro e viceversa, rendendoli consci di ciò che avviene all'esterno del mecha. La Pistil, che è il pilastro alla base di questo collegamento, si fa carico di sopportare la fatica fisica dello Stridiosauro in cambio di poterlo muovere; da qui può derivare un affaticamento più o meno evidente nel caso la ragazza sia poco allenata, inconveniente che con il tempo ormai non è più presente nella nostra squadra. Se la Pistil avvertisse dolore pilotando, significherebbe che c'è qualcosa che non va e in quel caso noi ci assicureremmo di aiutare i ragazzi a capire di che cosa si tratti prima di farli tornare a bordo; il dolore per la Pistil può significare che la connessione non è andata a buon fine, che il legame con lo Stamen è troppo basso o sta vacillando, o che c'è un'altra problematica insorgente.»
«Sì, ma…»
«Quando poi i piloti si ritrovano in battaglia e ricevono colpi dai nemici, la Pistil avvertirà il dolore di tali colpi come è normale che sia. Il nostro addestramento mira a migliorare la compatibilità tra partner per permettere una resistenza maggiore ai danni, rendendo più sopportabili questo tipo di danni.» Hachi fulminò la signora Mori che aveva tentato di interromperlo e continuò la sua spiegazione. «La modalità berserk è un caso a parte, in quanto rende invalido tutto ciò che ho appena detto: essa amplifica esponenzialmente le capacità dello Stridiosauro sacrificando totalmente la resistenza dei piloti, in particolare della Pistil. Un assetto così estremo è impossibile da arginare, si può solo lasciare che prenda il controllo finché non finisca. E' un compromesso difficile da accettare, ma come già detto necessario in alcuni casi e i ragazzi hanno dato mostra di aver inteso questo concetto non abusandone.»
I genitori di Aiko si guardarono ancora poco convinti. Non sapevano cosa dire, Hachi continuava a squadrarli con quel suo sguardo impietoso, finché non aprì bocca nuovamente.
«Noi non vogliamo convincervi che la modalità berserk – o pilotare uno Stridiosauro in generale – sia privo di rischi, anzi è comprensibile il fatto che vi preoccupiate tanto per Aiko. Vi ho appena elencato tutte le caratteristiche riguardanti la connessione e i rischi della modalità berserk; c'è ancora molto che potrei dire, ma ve lo risparmierò. Il punto è che i vostri figli hanno affrontato questo concetto molto tempo fa e vi sono scesi a patti insieme: la fatica si supera con il duro lavoro, il dolore si evita non subendo danni e la modalità berserk si usa solo se strettamente necessario!
«Noi ci fidiamo dei ragazzi e sappiamo che sono in grado di affrontare i pericoli in arrivo. Dobbiamo fidarci di loro, perché alla fine della giornata sono loro a combattere a bordo di quei giganti, e se avvertissero la nostra mancanza di fiducia di conseguenza perderebbero fiducia in sé stessi. Detto questo, vi forniremo tutte le informazioni che vorrete, ma vi chiediamo una sola cosa: supportate i vostri figli al meglio che potete! Non dubitate di loro né cercate di instillare in loro dubbi, perché sono loro ad andare sul campo di battaglia e hanno bisogno di essere sereni mentre lo fanno. Invece, cercate di incoraggiarli e fornite loro supporto nel caso debbano perdere quella fiducia in sé stessi! Se lo farete compieranno il proprio dovere con molta più sicurezza, ma non è per questo che ve lo sto chiedendo: è esclusivamente per la loro felicità.»
 
*
 
Hachi e Nana osservarono i signori Mori che si allontanavano assieme ai coniugi Matsumoto, dopo aver concluso il loro colloquio e averli salutati dal portico di Mistilteinn. I genitori di Aiko sembravano ancora turbati all'idea che la loro bambina prendesse parte in operazioni tanto pericolose, anzi dopo il discorso di Hachi erano sembrati addirittura mortificati, ma lui pensava che una simile strigliata fosse necessaria per permettergli di capire a fondo l'importanza del lavoro fatto dalla ragazza. I genitori di Kaoru non sembravano avere lamentele di alcun tipo, anzi erano felici di aver conosciuto i signori Mori e già parlavano di volerli invitare un giorno che fossero presenti anche i ragazzi.
Avevano preferito evitare di menzionare quanto fossero diventati vicini Aiko e Kaoru negli ultimi mesi. Non sapevano se gli adulti ne fossero a conoscenza, né pensavano fosse un argomento realmente rilevante in quel contesto. Tuttavia Hachi e Nana avrebbero voluto risparmiargli di scoprire una cosa così grande per non farli preoccupare ulteriormente; un amore adolescenziale era qualcosa di importante, che aveva diritto ad essere coltivato con la giusta calma, era l’origine della felicità di Aiko e Kaoru, ed essendo con molta probabilità il primo per entrambi non volevano che i loro genitori rischiassero di scoprirlo così, preoccupandosi per loro senza alcuno sfogo. D’altro canto non potevano negare che quel nuovo legame avesse avuto un ruolo fondamentale nella crescita della coppia, motivo per cui non avevano avuto altro che elogi sul loro conto da raccontare ai genitori.
«Devo ringraziarti.» Mormorò Nana osservando le cime degli alberi che circondavano Mistilteinn. Hachi la guardò esterrefatto. «Ammetto di aver quasi perso la pazienza durante il colloquio; la situazione mi stava sfuggendo di mano. Per qualche motivo mi sono sentita a disagio, non più in controllo. Ho capito di avere di fronte delle persone che non volevano essere rassicurate, ma semplicemente che tutto tornasse come prima; solo che era impossibile.
«E in tutto questo, tu hai avvertito perfettamente il mio disagio e mi hai aiutata, prendendo in mano la situazione e aiutando i Mori ad accettare le condizioni. Quindi grazie.»
Nana alzò lo sguardo verso il proprio partner e gli sorrise, poi quando tornò a guardare verso l'esterno si avvicinò un poco e poggiò la testa alla sua spalla con tenerezza. Anche l'espressione di Hachi si addolcì, ma mantenne quell'aria da duro che lo contraddistingueva.
«Era l'unica cosa che potessero fare. Ostinarsi a non accettare una scelta della figlia, come ha fatto Ojizaki, porterebbe solo a un mucchio di problemi facilmente evitabili.»
Era maledettamente modesto, ma era anche a causa di quel suo modo di fare impacciato con cui deviava i complimenti che lo amava.
«E io devo chiederti scusa.»
Nana sussultò e tirò su lo sguardo, scostando la testa dalla spalla di Hachi. Lui le sorrideva con gentilezza, un po' dispiaciuto.
«Ti ho presa in giro dicendo che non potessi aspettare di conoscere i genitori di Kya e Ryo, ma siamo arrivati quasi alla fine dei colloqui e loro non sono ancora arrivati.» La guardò con dolcezza e fu tentato dal prenderle il viso tra le mani; alla fine si limitò a passarle una mano sulla guancia e quel gesto così inaspettato la fece avvampare come un'adolescente alla prima cotta. «Non avrei dovuto dubitare della tua professionalità.»
Imbarazzata, Nana abbassò lo sguardo ma non si tirò indietro da quel piacevole contatto. Provò a dare una risposta elusiva, stringere le spalle con poco interesse, ma non riuscì a fare nulla di tutto ciò; il cervello le si era totalmente spento nel momento in cui la mano di Hachi le aveva sfiorato la guancia. Alla fine anche lui notò la sua confusione e sorrise; poi allontanò la mano dal viso di Nana con rapidità, ma senza fretta per farle capire che avrebbe voluto restare in quella posizione ancora un po', e scorgendo un paio di figure alte fuoriuscire dal bosco si voltò per accoglierle.
Erano i signori Sakei, in perfetto orario per il proprio colloquio. Si poteva subito vedere come Momo prendesse il suo aspetto dalla madre Hiromi, che aveva i suoi stessi occhi grandi e curiosi, e anche gli stessi capelli che però lei portava più lunghi. Shigeru era mingherlino rispetto alla moglie e poco più basso di lei, portava un paio di occhiali dalla montatura sottile che ricordavano un po' quelli di Hoshi e generalmente, guardandoli sembrava di avere di fronte una imitazione del duo formato dai piloti dell'Aros, meno la distanza siderale in altezza.
Hachi si presentò cordialmente e strinse la mano a entrambi prima di accompagnarli all'ingresso di Mistilteinn, dove anche Nana li salutò; era riuscita a scuotersi da quello smarrimento causatole dalle parole di Hachi, ma per un momento aveva sentito un tuffo al cuore. Era diventata veramente così tenera da arrossire a quel modo di fronte a qualche parola dolce?
Entrarono in casa e li fecero accomodare come gli altri genitori nella sala comune. I signori Sakei si guardavano intorno curiosi e spaesati, non dissero quasi nulla finché non furono seduti, quando poi sembrarono cambiare completamente carattere.
«Signora Nana, signor Hachi: vi dobbiamo delle scuse a nome di nostra figlia, per tutti i problemi che ha causato!»
«Sì, tutte le sue incertezze e difficoltà sono nate da un problema che abbiamo creato noi, e non potremo mai perdonarci per questo!»
Sconvolti da quell'improvvisa ammissione di colpa, Nana e Hachi e rimasero senza parole, incerti su come rispondere.
«Vedete, nostra figlia è cresciuta in una condizione di poca agiatezza e sin da piccola si è fatta carico di compiti non suoi; nel tentativo di aiutare la nostra famiglia ad andare avanti, mentre noi lavoravamo lei cresceva i suoi fratelli e si occupava della casa… Col tempo però questa condizione è diventata la norma e noi due abbiamo finito per ignorare completamente il problema, che nonostante i sorrisi di Momo si è ingigantito tanto da farle desiderare di scappare dalla vita che si era costruita; è stato per questo che ha deciso di arruolarsi nel programma Parasite, nella speranza di ritrovare quella spensieratezza che aveva dimenticato vivendo nella sua stessa casa.
«Noi abbiamo accettato non conoscendo le vere motivazioni che l'avevano spinta a scegliere. Momo è sempre stata una bambina altruista, per noi era normale che volesse dare il proprio contributo in questa storia, per quanto piccolo… Ma quando poi è stata scelta e le speranze di andarsene sono diventate realtà, noi siamo stati colti impreparati; lei invece, che non aveva risolto il conflitto che aveva dentro di sé, ha finito per trasferire quel suo eccessivo altruismo alla sua nuova squadra, e i risultati sono stati disastrosi…
«Non avevamo pensato a cosa sarebbe potuto succedere se lei fosse stata scelta e Momo non aveva pensato a eventuali imprevisti che si sono poi presentati, e li ha affrontati nell'unico modo che sapeva: caricando tutto sulle proprie spalle. Quando poi è tornata a casa e ha visto che la situazione da cui voleva fuggire non era cambiata, ma che si era semplicemente trasferita alla sua sorellina minore perché noi abbiamo continuato a concentrarci solo sul lavoro, alla frustrazione che stava attraversando in quel periodo si sono aggiunti i sensi di colpa per aver abbandonato la sua famiglia e tutta questa assurda situazione è esplosa!»
Hiromi si perse in un discorso lunghissimo che doveva per forza aver preparato in anticipo, ma non mancarono segni di incertezza e dispiacere nel suo tono per la situazione difficile venutasi a creare; quei due sembravano essere perfettamente al corrente di tutto ciò che era successo dall'arrivo di Momo a Mistilteinn fino alla sua accesa discussione con Hoshi.
«E' stata sua nonna, mia madre, a raccontarci tutto.» Spiegò Shigeru un po' abbattuto. «Momo non ci avrebbe mai potuto dire tutte queste cose, ma con lei è sempre riuscita a confidarsi…»
«Però ci ha parlato degli incontri con la psicologa che le avete proposto.» Aggiunse sollevata la madre. «In realtà lo sapevamo già, siete stati voi a informarci e a chiederci il consenso… Ma è stato bello sapere che volesse parlarcene, e negli ultimi tempi ci è sembrata molto più rilassata e abbiamo immaginato che il merito andasse alla dottoressa.»
«Ma ciò non toglie che noi abbiamo fatto un grosso errore lasciando che affrontasse tutto questo da sola. E' per questo che vorremmo chiedervi perdono per i problemi che avete dovuto passare e ringraziarvi per aver aiutato nostra figlia.» Shigeru chinò la testa con costernazione, preceduto di un attimo da Hiromi.
Avevano fatto tutto da soli, Nana e Hachi non avevano detto una parola da quando si erano seduti eppure sembrava che avessero già parlato di tutti gli argomenti che volevano affrontare. Il fatto che fossero al corrente di tutte quelle cose mostrava quanto per loro fosse importante risolvere quella faccenda, nonostante fosse stata proprio la loro assenza a causarla; dovevano aver deciso di cambiare, se erano così risoluti.
«Avete ragione a dire che abbiamo avuto alcune difficoltà a causa di questo problema, ma se pensate che occuparcene sia stato un peso vi sbagliate.» Disse Nana con voce rassicurante.
«E per favore, alzate lo sguardo.» Intervenne Hachi. «Il fatto che le vostre azioni abbiano causato questo problema non deve essere motivo per vergognarvi ora; sono sicuro che anche Momo non vorrebbe vedervi così prostrati. Stavate agendo in buona fede, così come lei quando ha preferito tenersi tutto dentro. Piuttosto, ora che avete capito qual è il problema, dovreste fare del vostro meglio per cambiare le cose!»
Gli sguardi dei due coniugi cambiarono. C'era un immenso dispiacere dietro i loro occhi, ma le parole di Hachi sembrarono fargli bene; il pensiero che la figlia potesse perdonarli per tutte le cose per cui l'avevano costretta a rinunciare gli sembrava irraggiungibile, però proprio perché si trattava di Momo non era improbabile.
Hiromi e Shigeru sorrisero mestamente mentre i loro occhi si inumidivano. Nana gli porse una scatola di fazzoletti; quando l'aveva portata lì non credeva le sarebbe servita, ma fu molto contenta di sapere di essersi sbagliata.
Diedero il tempo ai signori Sakei di riprendersi; Hachi e Nana uscirono dalla stanza per un attimo e si guardarono in silenzio, contenti di essere riusciti ad aiutare una famiglia, ma intristiti dalla situazione raccontata dai genitori di Momo. Quando tornarono, Hiromi e Shigeru sembravano tornati come nuovi, ma i segni sotto agli occhi parlavano chiaro.
«Vogliamo essere migliori.» Disse a quel punto Hiromi. «Abbiamo visto quanto si è impegnata Momo e glielo dobbiamo. Non è una questione di ripagare il torto che le abbiamo fatto, semplicemente abbiamo capito quanto nostra figlia sia speciale e meriti solo cose belle nella sua vita, e che genitori saremmo se fossimo i primi a fargliele mancare?»
Si guardarono, adesso i due coniugi si tenevano per mano. Ancora una volta, quell'immagine ricordò ad Hachi e Nana il comportamento di Momo e Hoshi; quei due erano diventati molto legati nonostante le loro vicissitudini, e fu proprio da lì che vollero cominciare per cambiare l'argomento.
La questione era risolta ormai, così Hachi e Nana cercarono di distrarre i loro ospiti raccontandogli di quanto Momo fosse apprezzata dall'intera squadra e come avesse fatto enormi progressi con il suo partner. Anche se non era diventata caposquadra e non aveva nemmeno ricevuto voti per diventarlo, si prendeva cura dei suoi compagni con grande responsabilità ed era estremamente affidabile sia in battaglia che nelle situazioni di tutti i giorni. Pur essendo mirate a far sentire meglio i signori Sakei, videro che queste notizie non furono assolutamente nuove per loro: conoscevano Momo meglio di chiunque altro, sapevano quanto fosse speciale e qualunque cosa avrebbero detto i suoi supervisori, non avrebbe potuto che rafforzare l'opinione che avevano di lei.
 
*
 
Il colloquio si concluse nel migliore dei modi e i signori Sakei tornarono a casa sapendo che la loro bambina fosse in ottime mani, ma con la consapevolezza di non poter più lasciare che si prendesse cura di sé da sola; era stato un incontro illuminante per Hachi e Nana, che avevano capito quanto fosse complessa la situazione familiare della ragazza. A dire il vero, molte delle situazioni familiari dei loro ragazzi si erano rivelate più difficili e problematiche di quanto potessero aspettarsi: certo alcune non presentavano nessuna crepa ed era chiaro come fossero basate su principi solidi e salutari come il rispetto e la comunicazione tra i genitori e figli, ma adesso capivano l'importanza di quegli incontri richiesti da Nana. Poteva essere un mucchio di grattacapi in più per loro, che erano già pieni di impegni, ma per la felicità dei ragazzi era importante che esplorassero ogni possibilità e stabilissero un contatto solido con le loro famiglie.
E non era ancora finita. Adesso veniva la parte più difficile di tutte, quella che entrambi avevano atteso con trepidazione pur negandolo, la prova del nove: i genitori di Kya e Ryo stavano per entrare nella stanza.
Nana aveva organizzato il loro incontro in modo che fossero presenti tutti e quattro, in fondo si conoscevano già bene e pensava che incontrarli assieme li avrebbe aiutati a inquadrare meglio i loro due misteriosi studenti.
Perché anche se non lo ammettevano, Hachi e Nana stavano ancora cercando di svelare il mistero.
Mitsuha Nakamura e suo marito Matsu condividevano gli occhi verdi e felini della figlia, ma per il resto nessuno dei due sembrava aver donato gran parte delle proprie caratteristiche a Kya; gli zigomi sporgenti di lei e i suoi capelli biondi e ricci andavano chiaramente in contrasto con l'aspetto della ragazza, così come la sua figura bassa ed esile, mentre lui aveva le spalle larghe, la fossetta sul mento e una camminata troppo rigida per la figlia.
Anche Taki Sato e Tsuki, i genitori di Ryo, mostravano poco la loro somiglianza con il ragazzo. I loro volti non presentavano molte caratteristiche di spicco, avevano entrambi i capelli scuri ma lo stesso valeva per i loro occhi, la carnagione variava da una tonalità più pallida di Ryo per il padre e una più scura per la madre, però le movenze di entrambi combaciavano con i comportamenti del ragazzo, e la voce di Taki, quella sì, sembrava quasi la stessa di suo figlio.
Ciò non significava che quelli non potessero essere i genitori dei ragazzi. Nel complesso, Kya e Ryo avevano entrambi preso qualcosa dai loro genitori e guardandoli assieme era innegabile che fosse così: quegli adulti somigliavano assolutamente a Kya e Ryo, ma non somigliavano neanche un po' a Hiro e Zero Two, ed era proprio questa la cosa bizzarra.
«Grazie per essere venuti, sappiamo che è stata una richiesta un po' improvvisa…» Li accolse Nana recitando il solito copione; non riuscì a nascondere completamente il nervosismo che la colse. I signori Nakamura e Sato si mostrarono subito molto accomodanti, dicendo di essere contenti di essere lì.
«Abbiamo pensato di organizzare il vostro colloquio insieme, visto che i vostri ragazzi sono partner e vi conoscete già da tempo.» Intervenne Hachi facendo un piccolo cenno. A quelle parole, Taki annuì vigorosamente.
«Già, è stato un vero colpo scoprire che anche Kya aveva voluto arruolarsi nel programma Parasite, e poi è saltato fuori che Ryo avrebbe fatto coppia con lei…»
«Ad essere onesti, quello non è stato poi tanto sorprendente!» Ridacchiò sua moglie.
«Già, quei due sono inseparabili. Difficile immaginare che sarebbero potuti finire assieme a qualcun altro.» Intervenne Mitsuha con tono solare. Era ovvio come l'atmosfera tra quei quattro fosse delle più distese e questo avrebbe reso facile parlare per Hachi e Nana, ma non era detto che ciò non cambiasse.
«A dire il vero, abbiamo proprio una domanda a tal proposito da farvi.» Commentò Nana, inserendosi in quella dinamica che prometteva molto bene. Gli occhi dei genitori di Kya furono su di lei quando riprese a parlare. «Abbiamo sentito dire da Ryo diverse volte che non si sarebbe aspettato di incontrare vostra figlia qui, e ci chiedevamo come mai…»
Matsu e Mitsuha sembrarono sorpresi, ma poi annuirono entrambi. «Bé, non ha tutti i torti. Kya è sempre stata una ragazza un po' pigra, troppo per pensare che potesse decidere di entrare in una avventura così faticosa. Quando c'è stato l'annuncio del programma, lei era alla televisione: ha seguito l'intera trasmissione con gli occhi sgranati, e quando è finita ricordo di averla sentita dire "Ryo sarà lì."»
Nana e Hachi guardarono Mitsuha perplessi, senza però esternare i dubbi che avevano.
«Poi, ancora prima di sapere se Ryo si sarebbe presentato, ci ha convinti a iscriverla. E poi abbiamo scoperto che era come aveva detto lei…»
«Nostra figlia è sempre stata una ragazza solitaria, anche se molto estroversa. Ryo è il suo più grande amico e forse è stata la paura di perderlo che l'ha fatta arruolare…» Disse Matsu con aria costernata.
«E voi l'avete accontentata pur conoscendo i pericoli?» La domanda di Hachi sembrava volerli accusare di aver preso sotto gamba la questione, ma in realtà era solo curioso di come avesse fatto Kya a convincerli.
Matsu sorrise mestamente. «Credo che ormai la conosciate abbastanza da aver capito che è impossibile farle cambiare idea…» Mormorò. «Ma non è stato questo il motivo. Kya vuole davvero tanto bene a Ryo, non riuscirebbe a sopravvivere standogli lontano per tutto questo tempo. Avevamo paura che ne sarebbe rimasta pesantemente depressa, una volta perso il suo unico appoggio…»
Gli sguardi si fecero tristi. I genitori di Ryo sembravano d'accordo con quelli di Kya, come se fossero in grado di capire le loro preoccupazioni rivedendole nel loro figlio; era proprio vero che quei due avevano un rapporto simbiotico, se anche i loro genitori temevano una loro eventuale separazione. E quella situazione era accentuata dall'unicità del loro legame di Parasite, menzionata all'inizio della loro avventura: Hachi pensava che, molto probabilmente, se Kya non avesse avuto quella sensazione e non si fosse presentata all'arruolamento, neanche Ryo sarebbe stato selezionato per incompatibilità con gli altri candidati.
«Potete stare tranquilli a questo proposito.» Disse Nana avvicinandosi un poco. «I vostri ragazzi stanno alla grande, il loro rapporto è preso a esempio da tutti gli altri membri della squadra e sono una delle coppie più forti sul campo. Siamo orgogliosi di avere due ragazzi come loro sotto la nostra protezione e vi possiamo giurare che faremo sempre di tutto per coltivare la loro amicizia!»
I signori Nakamura e Sato furono contenti di sentire quelle parole. Era palese come il rapporto dei loro figli si rispecchiasse in loro e molto probabilmente sapere che potessero contare l'uno sull'altra a simili livelli li faceva stare meglio, perché nonostante tutto Kya e Ryo avrebbero potuto sostenersi a vicenda in quel difficile percorso che avevano intrapreso.
Nana avrebbe voluto fargli una domanda a quel punto, provare a svelare finalmente quel mistero che riguardava l'aspetto dei ragazzi… Ma non ne ebbe il coraggio. Qualunque cosa fosse successa, era chiaro che quelle fossero delle persone semplici, volevano solo il bene dei propri figli e strane domande sul perché del loro aspetto non avrebbero fatto altro che turbarli, e non poteva fargli questo torto dopo aver detto tutte quelle cose.
Passò invece a raccontargli qualche aneddoto sugli allenamenti con gli Stridiosauri, della abilità dei loro ragazzi in coppia, e il resto del colloquio passò in tranquillità. Hachi non capì il perché di quella scelta e quando furono rimasti da soli si confrontarono al riguardo, e Nana gli ricordò ciò su cui avevano concordato molto tempo fa.
Quei ragazzi erano Kya e Ryo, non i loro vecchi amici. Forse esisteva un collegamento tra loro o forse no, ma il loro obiettivo principale non era quello di scoprirne il motivo, bensì di aiutarli a crescere insieme. Magari non avrebbero mai scoperto il perché di quel loro aspetto e andava bene così.
Perché certe cose non erano fatte per essere portate alla luce.

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Capitolo 50
*** Sempre nel mio cuore ***


Attraversò il corridoio dell'ospedale con la gola che le bruciava, la mascella stretta in una morsa talmente forte da farle male ai denti. Se avesse allentato la presa per un solo istante, Naomi sarebbe crollata a terra e non si sarebbe più rialzata.
Sapevano già che le cose non sarebbero migliorate, sapevano già che non c'era più molto tempo, eppure quando uno dei suoi collaboratori era arrivato a chiamarla di corsa sotto richiesta di Ikuno, aveva pregato di poter riavvolgere il tempo e provare ancora e ancora a trovare una soluzione!
Non era giusto.
Varcò la soglia della camera dove riposava da diverso tempo ormai, le finestre non avevano mai lasciato entrare così tanta luce durante il suo soggiorno lì dentro, come se nella sua ultima giornata su quella terra Ikuno volesse godersi per l'ultima volta il vastissimo cielo terso che dominava la città in costruzione.
Ma che razza di pensieri le saltavano in mente? Si sarebbe presa a schiaffi, se non fosse già stata lì! Naomi scosse la testa con decisione e avanzò verso il lettino, dove Ikuno riposava con lo sguardo posato verso la finestra.
Le sue condizioni erano peggiorate ancora, giorno dopo giorno diventava sempre più debole e il suo corpo invecchiava come se appartenesse a un altro mondo; era ingiusto che tutte le sue ricerche avessero aiutato tanta gente, ma non avessero potuto salvare lei.
Avanzò piano, sentendo i propri passi riecheggiare nella stanza spoglia e attendendo la reazione della sua compagna. Sapeva già che avrebbe pianto; Ikuno odiava vederla triste a causa sua, ma questa volta non avrebbe potuto farne a meno.
Naomi si sedette al fianco del lettino e rimase in attesa, lo sguardo fisso sul corpo inerte della sua amata, l'unico segno di vita proveniente da esso era il ritmico movimento del suo petto; si alzava e si abbassava debolmente, un fischio impercettibile era il suono dei suoi respiri.
«Ikuno…» Troppo impaziente, si rimproverò. Ma non riusciva più a sopportare quella tensione. Se era vero che gli restava poco tempo, non voleva passarlo senza averle detto tutto quello che voleva.
Ikuno si voltò lentamente, sorrideva. Gli occhiali sul volto erano leggermente appannati – una cosa che aveva sempre odiato – ma le sue iridi verdi splendevano come quando era giovane.
«Credo che sia arrivato il momento di andare.» Mormorò con tranquillità. Naomi sentì un peso enorme schiacciarle il petto e le labbra incominciarono a tremarle, mentre gli occhi già umidi andavano da una parte all'altra, alla ricerca di un appoggio sicuro.
«Non puoi… Non abbiamo ancora provato di tutto…» Protestò sapendo di sembrare una illusa. L'altra distolse lo sguardo e assunse un'espressione divertita; ignorando le parole di Naomi, Ikuno tornò a guardare fuori dalla finestra.
«Forse, se avessi avuto più cura della mia salute, avrei avuto ancora un po' di tempo. Diciamo un anno, magari poco più… Ma i dottori non seguono mai i propri consigli, non è così?» Si girò nuovamente verso di lei e sorrise. «Anche tu hai sacrificato molto per me.»
«E con questo cosa staresti insinuando?» Le domandò Naomi tra le lacrime, quasi offesa. Ikuno sapeva bene che non ci fosse altro posto dove avrebbe voluto stare se non al suo fianco, glielo aveva detto tante volte di non provare a usare quel tipo di retorica con lei.
Ma Ikuno rimase calma. «Niente. Sono contenta che tu mi voglia così bene.»
Naomi le prese una mano e la baciò, poi vi affondò il volto nascondendo il proprio sguardo alla compagna. Iniziò a singhiozzare in silenzio; Ikuno le aveva detto che non c'era bisogno di disperarsi così, ma lei non riusciva proprio a trattenersi.
«Sai, non mi pento di quello che ho fatto.» Sussurrò lentamente. Naomi non capì a che cosa si stesse riferendo finché non ebbe aggiunto:«Quando sacrificai la mia forza per gli altri, durante la nostra corsa verso lo Strelitzia Apath. Allora sapevo quali sarebbero state le conseguenze di un gesto così estremo, ma non ci pensai neanche per un istante; il bene dei miei compagni era troppo importante perché potessi avere dei dubbi. E anche con questa disabilità sono riuscita a vivere a lungo e felice…»
Naomi scosse la testa debolmente mentre Ikuno sorrideva con gentilezza, come una madre che aveva perdonato il figlio per qualche marachella. Avrebbe voluto dirle che doveva smetterla di pensare di dover ripagare qualche debito, che non c'era bisogno che si sforzasse così tanto per aiutare tutti gli altri; per una volta nella vita, le disse, poteva vivere solo per sé stessa ed essere almeno un po' egoista!
«Ma questo è ciò che mi rende felice.» Rispose pacatamente, spiazzandola. «Una vita volta al donare felicità e agio agli altri. E' questo che fanno i dottori. E' allo stesso modo, ho ricevuto la felicità dagli altri.»
La mano di Ikuno strinse un po' più forte quella di Naomi, poi con le poche forze che le restavano si avvicinò e allungò l'altro braccio per sfiorarle la spalla, l'origine di quella disabilità che in parte le aveva avvicinate, e poi passò ad accarezzarle una guancia per asciugarle le lacrime. Naomi provò ancora più dolore quando incrociò il suo sguardo rassegnato, ma soddisfatto.
«Naomi, tu più di tutti mi hai regalato una felicità che non avrei potuto restituire in mille anni. Vorrei solo che ci fosse un modo per non farti sentire così…»
Naomi girò la testa e chiuse gli occhi, baciando la mano di Ikuno che la stava accarezzando, il cuore le era ormai diventato un macigno dentro al petto. Le parole le rimanevano in fondo alla gola, incastrate mentre tentavano di uscire tutte assieme, l'unica cosa che poteva fare per trasmetterle tutto il suo amore era continuare a baciarla, e così rimase con le labbra pressate sul dorso della mano di Ikuno, stringendo sempre più forte l'altra mentre questa continuava a parlare.
«Naomi, se ci fosse un modo per evitare di causarti tutto questo dolore, mi ci butterei dentro senza neanche pensarci un istante! Ma voglio che tu mi prometta che, quando non ci sarò più, continuerai ad essere felice. Voglio che tu continui a far del bene, che non cambi nulla della tua vita solo perché questa vecchia Parasite se n'è andata…» La voce iniziò a tremarle mentre il suo sguardo si abbassava lentamente; la vista le si appannò e con ancora il sorriso sulle labbra, sussurrò:«Ti amo…»
Le parole di Ikuno si interruppero inavvertitamente. Il suo braccio teso si rilassò all'istante, quasi sfuggendo ai baci di Naomi e la stretta sulla sua mano venne meno; lei alzò lo sguardo incredula e la osservò mentre abbassava la testa, le sue bellissime iridi verdi adesso prive di luce. Gli occhi della donna rimasero fissi sul volto magro di Ikuno, congelato in un perenne sorriso beato, mentre un suono acuto e continuo proveniente dai macchinari accanto al letto riempiva la stanza, riempiva le sue orecchie, che ancora si aggrappavano a quel "ti amo."
Era bella, la sua cara Ikuno. Era andata via.
Il mondo iniziò a vorticare paurosamente attorno a Naomi mentre diversi infermieri accorrevano nella stanza e iniziavano a fornire assistenza alla paziente, lanciando richieste e ordini a gran voce da una parte all'altra della stanza mentre mettevano mani alle apparecchiature. Lei non sentì niente di quello che dissero, i suoi occhi erano fissi a guardare il viso di Ikuno, quel viso che era invecchiato molto più rapidamente del suo. Forse non capì cosa fosse successo, perché rimase impassibile per molto tempo a guardare quel volto; poi, adagio, abbassò la mano, unica parte del suo corpo che ancora lottava, abbandonò la stretta sulle dita di Ikuno che si era fatta insopportabile, si alzò dalla sedia e con la mano andò a sfilare gli occhiali dal viso di Ikuno, poi si piegò su di lei per donarle un ultimo bacio sulla fronte e quindi, conscia che non ci fosse più nessuno in quella stanza, se ne andò lasciando dietro di sé il disordine.
Naomi camminò alla svelta nel corridoio vuoto, lo sguardo perso lontano e gli occhiali ancora stretti nella mano; le sembrava di essere finita su un altro pianeta perché tutto le era così estraneo. Trovò una zona vuota con alcune sedie messe in fila lungo la parete, rivolte verso grandi finestre dall'altro lato del corridoio, e vi prese posto mentre una luce celestiale la colpiva in pieno. C'era una pianta decorativa accanto a lei, forse.
Si sedette tenendo la schiena ben dritta, la testa alta come un giovane impiegato al primo colloquio di lavoro, e rimase a fissare davanti a sé per un po'. Poi, quando la sua vista si fu offuscata del tutto, crollò come un castello di carte: la postura, la sua freddezza, l’espressione sul suo viso… Tutto venne giù, spinto dall'irrefrenabile forza dei sentimenti e della realizzazione di essere rimasta sola, di aver perso il suo grande amore.
Le lacrime ricominciarono a solcarle il viso e lei cercò inutilmente di asciugarsele. La sua mano non riusciva a muoversi bene, stringeva gli occhiali nel tentativo di non danneggiarli e con il dorso si strofinava le guance e le palpebre, avvicinando gli occhi alla manica e singhiozzando incontrollabilmente.
«Ikuno, amore mio…» Sussurrò a stento, rimanendo senza respiro subito dopo. Anche pronunciare il suo nome la uccideva.
Anni dopo, ancora non sapeva quanto tempo avesse passato a piangere seduta in quel corridoio d'ospedale.

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Capitolo 51
*** Ragazzi da soli ***


C'era una serra simile a quella di Mistilteinn in cima al palazzo della Squadra Desia, quando Aiko lo aveva scoperto aveva subito deciso di andare a visitarla e aveva portato con sé Momo, Naho e Kaoru per compagnia. Il ragazzo non sapeva molto su come si curassero le piante, ma era contento di aiutare come poteva e passare del tempo con la sua darling senza preoccuparsi troppo del resto. Tecnicamente in quel momento avrebbero dovuto fare amicizia con i ragazzi dell'altra squadra, ma questi non sembravano volerli intorno, così erano rimasti senza una occupazione.
La città si muoveva pigramente sotto di loro. Da quell'altezza era possibile vedere le strade sporgendosi un po' dal parapetto della terrazza, ma Momo diventava particolarmente apprensiva quando qualcuno vi si avvicinava, quindi avevano deciso di limitarsi a guardare verso l'alto, dove palazzi più alti incontravano il loro sguardo, stagliando verso il cielo leggermente nuvolo.
«Certo che è buffo che proprio tu abbia paura dell'altezza…» Ridacchiò il ragazzo guardando la Sakei, dopo che li ebbe riaccompagnati al sicuro nella serra. In effetti era bizzarro, in fondo quando pilotava l'Aros raggiungeva altezze improponibili per una persona normale, eppure lì non aveva quella sensazione di terrore che la prendeva quando invece qualcuno si avvicinava al bordo della terrazza.
«In effetti hai ragione… Deve essere una reazione alla connessione, oppure semplicemente so di essere al sicuro quando sono sull'Aros. A te non succede?» Gli restituì la domanda.
«Chissà…» Borbottò lui. Qualcosa che normalmente non era capace di fare e che cambiava totalmente appena salito sullo Stridiosauro, cosa avrebbe potuto essere?
«Probabilmente l'imbarazzo che ti viene a stare vicino ad Aiko!» Lo prese in giro Naho, facendolo arrossire all'istante. «Ecco, vedi?» Le ragazze si misero a ridere finché non arrivò proprio l’interessata, sbuffando nel consegnargli un vaso carico di fiorellini bianchi ammassati tra di loro e dicendogli di annaffiarlo, invece di dire scemenze.
Kaoru le mandò un sorriso di ringraziamento quando lei gli passò accanto. Il rossore delle sue guance non si era ancora del tutto estinto e a vederlo in quello stato la ragazza fu colta da un'improvvisa voglia di stuzzicarlo e gli rubò un bacio sulla guancia, facendolo andare a fuoco un'altra volta. Anche lei arrossì, ma riuscì a dissimulare quell'imbarazzo nascondendolo dietro a una risatina divertita.
«Che razza di esibizionisti…» Borbottò Naho posando a terra il vaso che le aveva dato Aiko, mentre Momo vicino a lei se la rideva sotto i baffi.
Mentre riprendevano il proprio lavoro, la porta della serra si aprì lasciando entrare tre ragazze sconosciute. Gli sguardi si spostarono rapidamente su di loro, che furono sorprese di vedere altra gente in quel posto.
Una delle tre – Naho la riconobbe, era la ragazza che il giorno precedente si era fermata a guardarle nel corridoio, quella con la tuta da Parasite – li osservò per un attimo e si voltò a guardare una delle sue amiche. Le disse qualcosa a voce talmente bassa che nessuno a parte lei riuscì a sentirlo, e la sua risposta arrivò istantanea.
«No Ai, tranquilla: possiamo restare. Adesso siediti qui.» Disse questa, facendosi così riconoscere a sua volta da Naho grazie alla propria voce: era colei che era arrivata a recuperare l’amica nei corridoi.
«S-salve!» Salutò Momo, ma il suo sguardo rimase fisso sulla ragazza stralunata mentre veniva accompagnata a una sedia in disparte. Aveva una camminata incerta, tanto che la sua amica la teneva per le spalle per aiutarla a restare in piedi. Quando poi fu seduta, rimase a fissare il pavimento con sguardo annoiato.
«Che state facendo qui?» Domandò la terza ragazza, capelli rossi come il fuoco e lo sguardo corrucciato. Fu Aiko a rispondere, un po' impacciata.
«Volevamo vedere la serra. Ne abbiamo una simile a casa, ma se è un problema possiamo tornare un'altra volta…» Vista l'accoglienza che avevano ricevuto il giorno precedente, avrebbe preferito evitare uno scontro in quel momento; non era per niente convinta di poter affrontare una lite e non aveva intenzione di causare problemi.
La ragazza che aveva parlato sembrò pensarci su per qualche secondo, portò le mani ai fianchi e guardò lontano, ma alla fine sospirò e le disse che potevano restare, ma di non dare fastidio.
«Sì! Grazie!» Rispose Aiko sorridendo, immediatamente sollevata. L'altra fece una smorfia e iniziò a ignorarla; forse era solo un'illusione, ma c'era la possibilità di aprire un dialogo con la Squadra Desia in quel momento.
Dopo qualche istante passato in silenzio le nuove arrivate iniziarono ad armeggiare con alcuni arnesi da giardino, finché la stessa ragazza che aveva parlato con Aiko non si voltò tenendo in mano delle cesoie, presentandosi.
«Io sono Naka, piacere o come si dice…» Borbottò quasi come se fosse costretta a quella presentazione, poi fece un cenno verso le altre due. «Loro sono Ai e Hikari. Veniamo qui per prenderci cura delle piante, di tanto in tanto…»
Un po' sorpresa, Aiko ammiccò in risposta. «Anche noi facciamo giardinaggio a casa, è così rilassante! Io mi chiamo Aiko, queste sono le mie amiche Naho e Momo e lui è Kaoru.»
Kaoru alzò una mano da dietro un vaso in segno di saluto ma Naka non sembrò particolarmente colpita. «E' il tuo partner?» Domandò restando concentrata su Aiko. Questa annuì, curiosa di come avesse fatto a capirlo.
«Vi avevo visti assieme l'altro giorno e mi siete sembrati subito una coppia affiatata. Bé, complimenti.» Spiegò quella prima di tornare ad occuparsi delle piante.
Quelle parole così schiette diedero una sensazione nuova alla coppia, come di imbarazzo ma in un senso diverso; davano l'impressione di una "coppa affiatata", significava quasi sicuramente che sembrassero due fidanzatini anche agli occhi di un estraneo. Provarono uno strano senso di pudore a quel pensiero, tanto da farli agire in modo impacciato per il resto della giornata, ma Naka non sembrò farci caso.
Naho tornò ai propri incarichi e per un po' cercò di non dare fastidio a nessuno, ma più passava il tempo e più la ragazza di nome Ai continuava a darle una strana sensazione; da quando era arrivata, se n'era rimasta seduta a guardare le piante senza aiutare in alcun modo. Non parlava nemmeno e, se da una parte avrebbe potuto attribuire questo suo silenzio all'imbarazzo causato dalla loro presenza, le sue compagne sembravano chiacchierare occasionalmente anche se a bassa voce, non meno di Momo e Aiko almeno…
Di certo non voleva fare domande inopportune, ma non era solo la sua infinita curiosità a pressarla di cercare una risposta in quello strano comportamento della ragazza, bensì la scena a cui aveva assistito il giorno prima ad averla messa sull’attenti. Tuttavia, doveva essere discreta: fu quando notò un grosso vaso posto in un angolo della serra sopra a un paio di tavolette di marmo che le venne un'idea e, presa una scopa, si avvicinò alla ragazza misteriosa.
«Ehm… Ciao, Ai.» Le sorrise cercando di apparire meno minacciosa possibile.
Inizialmente la ragazza non sembrò vederla, ma poi alzò la testa e si fissò sul suo volto e le rivolse uno sguardo interrogativo. Aveva aperto un contatto.
«Vorrei pulire sotto a quel vaso, ma non riesco a spostarlo da sola. Mi aiuteresti, per favore?»
Ai in un primo momento sembrò confusa, guardava Naho e poi il vaso da lei indicato come se non fossero veramente lì; poi però, senza dire una parola, saltò giù dalla sedia e si avviò verso il vaso, ma a quel punto Naka la fulminò.
«No! Lei non può!» Scattò per afferrare le spalle della sua amica e la portò di nuovo a sedere. Questa non si oppose e rimase a fissare Naho davanti a sé, impassibile. «Ti aiuto io a spostarlo.»
Naho fu tanto sorpresa da quella reazione improvvisa e quasi violenta che decise di non insistere per non infastidirla; si allontanò dando un'ultima occhiata ad Ai, che però non ricambiò e rimase ferma come in catalessi.
«Allora… Chi è il tuo partner?» Borbottò cercando di cambiare argomento, mentre lei e Naka sollevavano il vaso.
La ragazza inarcò un sopracciglio e non disse niente finché non ebbero posato il grosso vaso lontano dal punto iniziale, rivelando i mucchietti di sporco accumulatisi sotto di esso. «Yuki Tsunami. Perché ti interessa?»
Avrebbe dovuto aspettarsi una reazione del genere, ma Naho non seppe come rispondere per due buoni secondi. Riuscì comunque a mantenere la calma per dare una spiegazione credibile alla sua curiosità:«E' perché hai indovinato subito di chi fosse partner Kaoru, così ho pensato di chiedertelo…»
«Conosci Yuki?»
La seconda domanda di Naka fu ancora più sospettosa, Naho sentiva di star veramente scegliendo con cura le parole adesso.
«No, ma una mia amica lo ha incontrato ieri… Ha detto che è un tipo simpatico.» E cercando di nascondere la propria difficoltà in quella conversazione, si concentrò sullo spazzare.
Il broncio di Naka si alleviò per un attimo e borbottò:«Sì, lo è…» Poi rimase in silenzio aspettando che Naho finisse.
«E loro, invece?» Domandò la ragazza facendo un cenno verso le due compagne di squadra di Naka. Questa si girò a guardarle e lasciò che a rispondere fosse Hikari.
«Il mio partner è Harada. Ehm… Forse ricorderete quel tipo particolarmente scontroso nel nostro primo incontro, ieri…» Sembrò in imbarazzo nel ricordare quell'evento. Le ragazze non ci misero neanche un secondo a ricordare il ragazzo dall’aria a dir poco minacciosa dell’altro giorno, e a quel punto capirono il perché dell'imbarazzo di Hikari.
Gli sguardi poi si spostarono sulla ragazza silenziosa seduta sulla sedia, che alzò lo sguardo a sua volta e si guardò intorno smarrita prima di rispondere con un filo di voce:«Tetsu.»
Non del tutto prive di dubbi, le ragazze rimasero in attesa per sapere se avrebbe aggiunto qualcosa, ma poi Naka prese la parola:«Sì, Nagashima. E' il suo partner.»
Quando sentì pronunciare il suo cognome, la ragazza cambiò solo per un momento e il suo volto si illuminò di colpo, come se avesse ricordato qualcosa di molto piacevole; Naho notò quella reazione, così come il suo ritorno a uno stato quasi catatonico, e non disse più niente che potesse sembrare indiscreto alle altre ragazze. Tuttavia sentiva che con Naka non ci fosse tutto quell'astio mostrato dagli altri membri della Squadra Desia e pensò di provare ad avvicinarsi un po' di più a lei; sapeva bene che Suzuko aveva chiesto a tutti di mantenere il segreto su quello che avevano scoperto e infatti non avrebbe dato a intendere di aver fatto domande in giro, ma doveva trovare un modo per risolvere quella situazione e far andare d'accordo le due squadre!
«Scusami, Naka…»
«Chiamami Takagami.»
«Giusto.» Si ricordò improvvisamente di non essere minimamente in confidenza per chiamarla liberamente con il suo nome. «Non vorrei sembrare scortese con questa domanda, ma… Posso sapere perché la tua squadra sembra così contraria a collaborare?»
Naka la guardò con un sopracciglio inarcato dopo che ebbero messo a posto il vaso di prima, poi sbuffò quasi divertita. «Non farti ingannare dalle apparenze; non siamo tutti come Harada e il caposquadra.»
Sentendosi colta in fallo, Naho ci tenne a correggersi. «No, certo che no! E' solo che avevamo paura di non essere i benvenuti, quando siamo arrivati qui… I coordinatori ci hanno lasciato due giornate libere per conoscerci meglio, ma non sembra che le cose stiano funzionando e il tempo scorre…»
Naka sospirò e si distrasse a guardare un bonsai che stava gettando i primi boccioli, ne accarezzò un rametto prima di rispondere:«E' proprio il tempo che ci manca.»
Naho non capì cosa intendesse. Pregava che si spiegasse meglio, ma non poteva parlare per non farla sentire sotto pressione, così rimase a guardarla in attesa.
«Il caposquadra pensa che affidarci alla forza di un'altra squadra sia una pessima idea.» Disse infine, abbandonando il bonsai. «Abbiamo affrontato un numero impressionante di battaglie in pochissimo tempo e secondo lui ne siamo sempre usciti alla grande; questo significherebbe che siamo più che in grado di occuparci della prossima battaglia da soli, giusto?»
La domanda che le rivolse sembrava quasi volerla mettere a disagio di proposito. Naho trattenne il respiro mentre lo sguardo di Takagami si posava su di lei, poi questa si girò a guardare la sua compagna di squadra con rassegnazione.
«Ma non è così. Semplicemente stiamo facendo finta di stare bene, quando in realtà le nostre ferite sanguinano senza fermarsi.» Ai si stava dando dei pizzicotti a un braccio mentre faceva andare la testa ritmicamente da un lato all’altro, intonando una flebile canzoncina; Naho però non guardava lei, ma il volto triste di Naka, che sembrò dire molto più di quanto volesse.
«Respingere gli aiuti non vi renderà più forti.» Disse all’improvviso, sorprendendosi di come non fosse riuscita a trattenere la lingua. Takagami si girò con uno sguardo incredulo e Naho si portò le mani davanti alle labbra; avrebbe voluto sprofondare nella terra!
«Scusa!» Balbettò facendo un passo indietro. «Non volevo… Non intendevo…»
Ma Takagami sorrise, anzi sembrò proprio dover sopprimere una risata fragorosa e a quel punto interruppe Naho.
«No, scusami tu! Mi sono incupita un po’ troppo.» Disse agitando una mano alle proprie spalle.
Naho continuava a vergognarsi da morire, nonostante il tono rilassato dell’altra. «Non avrei dovuto farti una domanda così personale…»
«La colpa non è tua.» Borbottò Naka coprendosi il volto per un istante e ricomponendosi; quando abbassò la mano sembrò cambiare totalmente. «Hai centrato in pieno il problema: Kano pensa che dovremmo concentrarci ad aumentare le ore di allenamento invece che cercare un'alleanza con altri Parasite, e per questo era particolarmente seccato all'idea di dover perdere tempo con voi.»
Adesso si spiegava l'impazienza del ragazzo mostrata nel colloquio con Jun e Kyu, tuttavia Naho ancora non riusciva a capire quale fosse l’origine di tutto quell’astio, né perché si ostinassero a resistere tanto; la decisione era stata presa, la Squadra Anemone era arrivata continuare così avrebbe solo peggiorato la situazione, quindi tanto valeva cercare di andargli incontro.
Ma fare altre domande sarebbe stato inopportuno; vide Takagami allontanarsi come se quella conversazione fosse chiusa e allora la lasciò stare. A quel punto Naho capì che forse non avrebbero scoperto subito tutti i retroscena di quella storia, ma il loro obiettivo doveva essere quello di conoscere la Squadra Desia e mostrargli che fossero persone di fiducia. Come aveva fatto con Katsuki. Così decise di darsi da fare e aiutò le nuove arrivate con i loro compiti nella serra, tirando in mezzo anche Aiko, Momo e Kaoru.
 
*
 
Yoshiki aveva avvicinato Yumu il pomeriggio precedente, gli aveva fatto una buona impressione e adesso aveva una persona fidata all’interno della Squadra Desia, ma il suo lavoro non era certo finito lì. Anche se Sentakami gli aveva chiesto di non essere troppo invadenti, voleva affrontare quel ragazzo così scontroso della giornata precedente e cercare di farselo amico.
Aveva scoperto che passava parecchio tempo nella palestra in compagnia di un certo Saitō, così pensò di farsi accompagnare da Tetsuya – che era totalmente ignaro dei suoi piani – e cercare di instaurare un rapporto più civile.
La palestra era silenziosa, c'era solo il ronzio costante dei macchinari in uso a fare da colonna sonora agli allenamenti; Suzuki non doveva essere riuscito a riparare lo stereo. Meglio così, avrebbero potuto parlare più chiaramente.
Quando lui e Tetsuya entrarono nella sala, sentì subito gli sguardi sospettosi dei due ragazzi già presenti posarsi su di loro. Cercò di assumere un tono casuale e li ignorò per un po', parlando con Tetsuya del più e del meno mentre iniziavano a capire come funzionassero i macchinari. Aveva bisogno di trovare un pretesto naturale, altrimenti avrebbe rischiato di avere l'effetto contrario e farli chiudere a riccio; così passarono venti minuti senza che le due coppie di ragazzi si calcolassero, quasi come se si stessero evitando.
Era piacevole avere un posto dove allenarsi. Quando erano partiti Tetsuya aveva temuto che avrebbero saltato i loro allenamenti, ma lì c'erano tutte le attrezzature necessarie per mantenere il ritmo e anche spingersi più in là. Solo che, a giudicare dagli sguardi di Harada e Saitō, non sembrava che avessero bene inteso come funzionassero…
«Che avete da ridere?» Sbuffò Yoshiki, prendendo al volo la sua occasione. Forse sarebbe sembrato aggressivo, ma era sicuro di poter guidare la conversazione verso un dialogo pacifico. «Se siamo tanto ridicoli, perché non ci mostrate come si usano questi attrezzi?»
Tetsuya si girò prima verso i due ragazzi e poi verso Yoshiki, pregandolo a bassa voce di non iniziare discussioni, ma lui gli sorrise tranquillo e attese la risposta degli altri; Harada e il suo compare si erano già avvicinati.
«Quella macchina non si usa così.» Disse atono il primo, che però aveva un piccolo ghigno stampato sul volto. Yoshiki abbassò le braccia per mollare i manici dell'attrezzo che stava usando e si spostò dal sedile, chiedendogli di mostrargli come si usasse veramente.
Il ragazzo smise di sorridere e andò a sedersi. Si trattava di una macchina con una postazione con due manici ai lati che andavano sollevati mentre in una colonnina al lato andavano i pesi da selezionare per l'esercizio; innanzitutto, Harada prese posto sedendosi nel verso opposto di Yoshiki e subito lui e Tetsuya si resero conto di aver usato la macchina al contrario per tutto il tempo.
«Devi alzare i pesi usando i muscoli delle spalle, non quelli delle braccia.» Spiegò guardando Yoshiki con superiorità. Fece alcune serie di esercizi, poi lasciò nuovamente il posto al suo ospite.
Yoshiki si sedette scettico, pensando che non fosse poi tanto difficile, ma quando iniziò a sollevare i pesi si rese conto rapidamente della differenza. Harada e Saitō si misero a ridere.
«Non siete abituati a fare pesi, vero?» Commentò l'altro ragazzo.
«Noi di solito corriamo e basta.» Ammise Tetsuya, che aveva cambiato subito posizione sulla macchina per i deltoidi.
«Sì, si vede.» Rispose quello guardandolo. «Tu in realtà hai un bel fisico. Il tuo amico invece è un po' troppo mingherlino…»
«Ho una buona resistenza.» Sbuffò Yoshiki cercando di darsi delle arie, tra un sollevamento e l'altro. Harada e Saitō si guardarono ridendo, sicuri che un ragazzo così magro non potesse essere veramente tanto atletico, poi iniziarono ad allontanarsi.
«Bé, vedi di non strafare, o sarai inutile anche a bordo di uno Stridiosauro! Noi abbiamo finito per oggi, divertitevi…»
«Aspetta!» Un po' troppo energico, Yoshiki richiamò i ragazzi. Questi si girarono guardandolo perplessi.
Ci fu un momento di smarrimento, il ragazzo non aveva intenzione di urlare tanto, ma arrivato a quel punto non poteva più cambiare approccio.
«Vi va…» Iniziò aggiustando il tono della voce. «Vi va di spiegarci anche come funzionano gli altri macchinari?»
I due sorrisero divertiti; forse il fatto che un membro della Squadra Anenome gli stesse chiedendo aiuto in quel modo gli dava un senso di superiorità, oppure pensavano che fosse semplicemente buffo il cambiamento avuto dal ragazzo in pochi istanti. Alla fine si fecero avanti e si presentarono.
«Io sono Takuma Saitō, lui si chiama Akira Harada, ma sono sicuro che vi abbiano già detto tutto di noi…»
«Veramente no…» Commentò perplesso Tetsuya, alzandosi per presentarsi a sua volta.
«Non ci hanno mica dato i vostri dossier quando siamo atterrati.» Aggiunse ironico Yoshiki, strappando un sorriso a entrambi. Sentiva già che il suo piano stesse iniziando a funzionare.
 
*
 
Tooru Kawa si sentiva veramente persa, una disgrazia simile non avrebbe potuto prevederla nessuno; doveva trattarsi di un orribile scherzo del destino, perché il tempismo non avrebbe potuto essere peggiore di quello. Era bloccata in casa con una marea di estranei liberi di girare a proprio piacimento, ed erano appena finite le patatine!
Zero. Neanche un rimasuglio salato nel fondo di un pacchetto di carta o qualche bordino congelato da friggere e sgranocchiare nel pomeriggio. Niente di niente! Ricordava bene l'ultima volta che aveva aperto un pacchetto, consumandolo distrattamente mentre faceva i compiti come era solita fare, ma aveva completamente dimenticato che quello fosse proprio l'ultimo nella dispensa! E non poteva neanche andare a chiederne un po' ai suoi compagni, nella squadra era l'unica che mangiava quella roba perché quei salutisti da strapazzo di Harada e Saitō odiavano ogni tipo di snack che contenesse calorie in eccesso, il caposquadra non si curava di fare la spesa mentre gli altri sembravano degli automi perfetti privi di qualsiasi tipo di voglia o impulso, capaci quindi di controllare qualunque bisogno fisiologico molto meglio di lei. Se ne lamentò con la sua compagna di stanza, l'unica in grado di capirla in simili circostanze.
«E che problema c'è?» Borbottò Tomoko alzando lo sguardo dal suo fumetto. «Fammi finire questo capitolo e andiamo a comprarle assieme.»
«Ma è proprio questo il problema!» Tooru agitò le mani come se avesse di fronte uno sciame di zanzare da scacciare via. Lei aveva preparato un programma perfetto per la giornata in modo da non dover uscire dalla propria stanza e rischiare di incontrare i ragazzi della Squadra Anemone, i perfettissimi colleghi che erano venuti a fargli vedere quanto fossero migliori di loro; non voleva uscire con il rischio di incrociarli in ogni momento!
Tomoko, ragazza paziente ma dal temperamento burrascoso, chiuse il volume che aveva tra le mani e lo sbatté in testa alla sua amica. «Adesso smettila di dire scemenze e aspettami fuori in corridoio, vado a cambiarmi! Un po' d'aria fresca ti farà bene.»
Abbattuta, sconfitta, Tooru non poté che trascinarsi lungo l'appartamento fino a raggiungere la porta dove indugiò a lungo, ancora sotto lo sguardo sdegnoso della sua compagna di stanza, prima di uscire e accovacciarsi in un angolo a rimuginare nella speranza che non passasse nessuno di lì.
Non riusciva a credere che Tomoko fosse così crudele da farla aspettare tutto quel tempo fuori dal proprio appartamento! Apprezzava i suoi tentativi di farla diventare più socievole, ma non pensava che servissero veramente a qualcosa. Era stato già un miracolo che fossero diventate amiche, visto quanto fossero diverse, e anche se sembrava poco a Tooru questo bastava; le bastava essere riconosciuta dal resto della squadra, anche se magari non la consideravano veramente loro amica e ai loro occhi era solo la ragazza asociale che dovevano sopportare per continuare a convivere. Ma potevano veramente biasimarla, dopo quello che era successo a…?
La campanella dell'ascensore la fece sobbalzare e il rumore delle porte che scorrevano la mise sull'attenti; subito due serie di passi incerti entrarono nel corridoio mentre una voce borbottava frasi di disappunto. Tooru si fece minuscola, quasi smise di respirare restando con lo sguardo basso in quell'angolino, pregando di non essere notata.
«Non è questo il piano… E adesso l'ascensore è andato! Ma perché non lo hai tenuto aperto?»
«Scusa, credevo fossimo arrivati! Mi sono girato un secondo e…»
Non riconosceva quelle voci: erano sicuramente i ragazzi della Squadra Anemone, un maschio e una femmina, probabilmente partner. Fantastico, pensò: adesso l'avrebbero vista e avrebbero pensato anche loro che fosse strana.
«Adesso dobbiamo continuare per le scale… Che palle, invidio proprio Momo per essere in grado di fare tutte quelle corse nel parco!»
Passate oltre, per favore! Pregò Tooru chiudendo gli occhi, la testa nascosta in mezzo alle ginocchia.
I passi continuarono per qualche istante, poi esitarono un po' e infine iniziarono bisbigli e borbottii.
«Che c'è?» Domandò confuso Aki, voltandosi verso la sorella. Lei si schiarì ancora la voce e fece un cenno verso la ragazza accovacciata per terra. Lui scrollò le spalle come per chiederle che cosa volesse che facesse, ma lei alzò gli occhi al cielo e si avvicinò.
«Va tutto bene?» Domandò con grande gentilezza, facendo spaventare Tooru che non appena sentì le sue dita sul gomito sollevò lo sguardo con apprensione.
Mimò il sorriso più finto che potesse creare in quel momento e fece una risatina nervosa. «Ah, no… E' tutto a posto! Sto aspettando la mia amica per uscire, ecco…»
«Perché la aspetti seduta per terra?» Domandò l'altra. Dietro di lei, il fratello alzava lo sguardo con esasperazione: perché Rin doveva ficcare il naso negli affari di tutti?
Tooru però tradusse quello sguardo come un gesto di stizza nei suoi confronti, pensando di star facendo perdere tempo a quei due. Ecco, già mi odiano.
Peccato però, quel ragazzo non era male; aveva un bel faccino androgino e un fisico molto modesto, non pompato come Saito o Harada, del tipo che piaceva a lei. Fare amicizia con lui non sarebbe stato brutto, ma era inutile che si facesse tutti quei pensieri, sicuramente era già stato accalappiato dalla ragazza che aveva di fronte; era una cosa comune fra Parasite, finire assieme al proprio partner. Non per lei, Suzuki era troppo complicato perché potesse piacergli, anche se comunque non sembrava detestarla…
Rin agitò una mano, vedendo che la ragazza non rispondeva. «Sei sicura di stare bene?» Borbottò con la fronte aggrottata. «Sei pallida.»
Tooru si accorse di essersi persa nei propri pensieri e cercò una scusa all'istante. Non riuscì a dire niente e il ragazzo si fece avanti, prendendo sorprendentemente le sue difese.
«E' perché la stai spaventando, Rin. Sei troppo vicina, mai sentito parlare di prossemica?»
«Che? Hai ingoiato un dizionario sull'aereo o cosa?» Rispose acida lei voltandosi.
«Lasciala respirare!» Disse lui infine, esasperato. Poi si avvicinò a Tooru – anche se non quanto la ragazza – e le chiese di scusarla.
«Va tutto bene, mi spiace di avervi fatto preoccupare…» Borbottò in risposta, evitando il suo sguardo. Aki si girò verso la sorella e inarcò un sopracciglio, poi tornò a guardare Tooru con un sorriso incoraggiante, ma prima che potesse dire qualcosa dalla camera venne fuori Tomoko.
La sua salvatrice!
«Che fai lì per terra?» Domandò stranita, ignorando per un attimo i due estranei. Tooru si alzò di scatto e si pulì i pantaloni dalla polvere.
«Meditavo… Meditavo!» Rispose balbettante. L'amica scosse la testa esasperata, poi si rivolse ai due nuovi arrivati. Aveva detto che si doveva cambiare, e infatti si era cambiata: dalla tuta da ginnastica che le piaceva indossare quando non aveva nulla da fare, era passata a un paio di jeans aderenti che si fermavano alle ginocchia mentre per proteggerle le gambe dal freddo aveva indossato dei calzettoni neri e spessi, e il giaccone lasciato aperto per metà lasciava intravedere la camicetta bianca di sotto. Certo che Tomoko era proprio perfetta in ogni aspetto… Era una ragazza atletica e con cui era facile parlare, ma non era il tipo esageratamente sciatto e anzi, aveva un senso dell'estetica impareggiabile e riusciva a farsi stare bene ogni cosa che indossasse; tutto il contrario di Tooru, che sudava freddo a ogni domanda e l'unica cosa in cui si sentisse a suo agio era il pigiama… Se anche il belloccio non fosse stato insieme alla sua partner, ora che aveva visto Tomoko non l'avrebbe più degnata di uno sguardo.
«Voi chi siete?»
Aki sobbalzò, rendendosi conto di non essersi presentato. Non seppe se girarsi verso la ragazza appena arrivata o quella che aveva incontrato nel corridoio e alla fine rimase con una mano tesa verso la seconda mentre sua sorella si occupava delle presentazioni, sbuffando esasperata.
«Io sono Rin, e questo è mio fratello Aki.» Salutò affabile Tomoko, poi fece un grandissimo sorriso a Tooru che questa non riuscì a decifrare. «Scusatelo, è un imbranato ma è innocuo!»
Scocciato dalla descrizione della sorella, Aki preferì rimanere zitto per non scatenare altri commenti che avrebbero potuto metterlo in imbarazzo e lasciò che le altre si presentassero a loro volta.
«Oh, siete fratelli?» Commentò Tomoko, non molto sorpresa. «Non lo avrei mai detto.»
Rin rise con complicità, vedendo già nascere un ottimo rapporto con quella ragazza dalla battuta pronta e il sarcasmo pungente. Aki e Tooru rimasero a guardarsi come se provenissero da un altro pianeta.
Quindi quella era sua sorella? Che dire, Tooru non avrebbe mai immaginato di avere un colpo di fortuna simile, ma anche se carino e apparentemente single, Aki non avrebbe avuto motivo di interessarsi a una come lei.
«Io sono Higana, chiamatemi pure Tomoko. Lei invece è la mia amica Tooru.»
Gli sguardi di Tomoko e Rin si posarono su di lei, che ancora non aveva tolto gli occhi di dosso ad Aki. Alzò la mano come per stringerla al ragazzo, poi ci ripensò.
«Chiamami Ka-Kawa…» Balbettò.
«Kakawa?»
Merda! Voleva sprofondare nelle viscere della terra, non avrebbe potuto più guardarlo negli occhi dopo essersi presentata in un modo tanto ridicolo.
«Somiglia al nostro cognome, Okagawa!» Commentò Rin mettendo le mani sui fianchi.
L'imbarazzo di Tooru sparì, anche se il rossore delle sue guance si intensificò. Per qualche motivo l'avevano presa bene, tanto da renderle difficile trovare un momento per correggerli.
Tomoko intervenne mostrando il giubbotto, segno che fossero dirette fuori. «Ehi, mi è venuta un'idea! Stavamo per uscire a fare un po' di spesa, perché non venite con noi? Con la scusa possiamo fare quattro chiacchiere e mostrarvi un po' la città…»
No, perché glielo hai detto? Tooru aveva completamente dimenticato le patatine. Se fossero uscite con Aki e Rin, avrebbero scoperto il suo segreto, ovvero che preferiva passare le giornate in casa e sgranocchiare cibi poco salutari piuttosto che fare altre cose più produttive come le persone normali; le sue possibilità di piacere a qualcuno si sarebbero sciolte come neve al sole!
Rin sembrò cogliere la palla al balzo. «Stavamo proprio cercando una dispensa perché nei nostri appartamenti non c'era nulla e pensavamo che invece ci fosse un locale comune dove prendere da mangiare.»
Tomoko sorrise. «No, credo che si siano semplicemente dimenticati di riempire i vostri frigoriferi. Per fortuna avete incontrato noi, vi possiamo accompagnare al supermercato migliore della città e insieme non faremo alcuna fatica!»
Con quelle parole le speranze di Tooru si infransero definitivamente. Aveva già cominciato a pensare a come far finta di essere una persona responsabile che non cedeva alla gola ogni volta che vedeva uno scaffale di merendine, quando Aki le chiese se si sentisse veramente bene.
«Sai, mia sorella è un'impicciona, però ha ragione a dire che sei un po' pallida…» Mormorò, genuinamente preoccupato. Lei scosse la testa, esausta.
«Credo che sia solo un calo di zuccheri, adesso mi passa…» Sospirò portandosi le dita alla fronte.
Sentendo quelle parole, Aki si ricordò di qualcosa e si infilò una mano in tasca. «In quel caso forse ho qualcosa che può aiutare…» Disse, e tirò fuori un pacchetto che Tooru riconobbe troppo facilmente: era una famosa marca di dolci, più particolarmente un pacchetto di snack "da strada", piccoli grissini ricoperti di cioccolato da gustare mentre si passeggiava o anche in totale relax a casa. Erano così buoni che finivano in un istante, e per di più il pacco era totalmente sigillato!
«Quello da dove salta fuori?» Domandò Rin con un sopracciglio inarcato. Imbarazzato, Aki continuò a porgerlo alla ragazza mentre rispondeva alla sorella.
«Me lo ha dato Hachi sull'aereo, ha detto di avermi sentito che mi lamentavo per la fame, ma non li ho aperti perché… Ecco, non avrei saputo che fare della carta.»
«Insomma, le stai offrendo la tua spazzatura.» Lo prese in giro. Aki le fece una smorfia, ma sorprendentemente Tooru accettò quel gesto balbettando un ringraziamento.
Non riuscì a trattenersi, aprì subito il pacchetto e vi infilò dentro due dita.
«Aspetta, ma se l'hai tenuto in tasca da ieri…»
Prima che Rin finisse la frase, Tooru estrasse un bastoncino dove il cioccolato si era quasi sciolto. Lo osservò con un po' di disappunto, ma alla fine gli diede un morso comunque. Si sentì in imbarazzo a mangiare di fronte a tutti, in quel silenzio innaturale che era calato dopo le ultime parole della ragazza.
«Uhm… Sono ancora buoni.» Borbottò guardando dentro al pacchetto. Poi, sentendosi ridicola, allungò la mano offrendone un po' a tutti.
Ancora un po' perplessi, i ragazzi accettarono e Tooru si ritrovò a guardare dritto negli occhi di ognuno di loro: Tomoko sorrideva con soddisfazione, come se quello fosse tutto parte di un suo piano, Rin era divertita da quella buffa ragazza, mentre Aki le sorrideva nervosamente. Tooru non capì cosa significasse quello sguardo, quindi imboccò un altro bastoncino e alla fine sorrise a sua volta.
Forse era un bene che fossero finite le patatine…
 
*
 
Kya non era riuscita a trovare Ryo da nessuna parte; non voleva saltare a conclusioni affrettate, ma le sembrava che stesse cercando di evitarla.
Forse il trasloco a Desia era stato più impegnativo del previsto e non si era ancora ripreso dal viaggio, oppure doveva ancora disfare le valigie, anche se quel comportamento così sciatto non era per niente da lui. Decise che sarebbe andata a passare un po' di tempo con Yuki, magari sarebbe riuscita a farsi dire qualcosa di più su Kano; quando però arrivò da lui e bussò alla porta, a risponderle fu qualcun altro.
«E tu chi sei?» Disse al ragazzo mingherlino che si ritrovò davanti, capelli scuri e occhi blu come il cielo.
«Chi sei tu!» Le rispose quello, pronto a richiudere la porta. Una voce dal retro della stanza lo trattenne dallo sbatterle la porta in faccia; era Kano.
«E' la Randagia.» Burbero come al solito, eppure questa volta non sembrò troppo aggressivo, come se fosse troppo preso da qualcosa per litigare. Sorprendentemente, l’altro ragazzo sembrò prendere le difese di Kya.
«Shinji, devi proprio usare quel nomignolo?»
«Sì, diglielo!»
«Tu comunque non ti sei ancora presentata!» Reagì voltandosi di nuovo verso di lei. Non poteva negarlo, quindi si ricompose e gli porse la mano.
«Kya Nakamura, caposquadra di Anemone e Pistil dello Iustitia.» Disse con un sorrisetto compiaciuto. Quello la squadrò, poi annuì e le strinse la mano.
«Tetsuki Nagashima, piacere.»
«Hai intenzione di restare lì fuori ancora a lungo?» Sbottò Kano dall'interno della stanza. Nonostante fosse sempre sgarbato, sembrava star cercando di andarle incontro e Kya preferì non stuzzicarlo oltre, anche se non riuscì a trattenersi dal fare un commento sarcastico.
«Hai uno strano modo di fare gli onori di casa…» Disse entrando nella stanza, trovandolo in piedi, schiena contro il muro e mani incrociate in una posa di quasi meditazione.
Nagashima chiuse la porta, confuso sul perché l'amico avesse fatto entrare la ragazza pur non sopportandola e rimase a osservare la scena: c'era la loro ospite al centro della stanza, schiena dritta e sguardo alto corrucciato, rivolta verso la sua controparte di Desia che le mandava un'occhiata truce pur non avendo alcuna intenzione di iniziare uno scontro.
«Dov'è Yuki?» Domandò alla fine, rilassandosi un po'.
«Siete tanto amici?»
«Abbastanza da volerlo vedere.»
Kano la fissò in silenzio per un minuto intero. Lei non abbassò lo sguardo neanche per un istante finché il ragazzo non si fu deciso, e a quel punto sospirò con rassegnazione.
«Ha una visita.»
«Che tipo di visita?»
«Chi sei, sua madre? Una visita e basta!» Rispose irritato quello. Tutto nel suo linguaggio del corpo sembrava voler dire di lasciarlo stare prima che si infuriasse davvero e Kya non voleva assolutamente irritarlo oltre, ma pensava che quel comportamento fosse particolarmente sgarbato.
Dopo essersi guardata intorno, trovò una sedia e vi si sedette sopra; poi si imbronciò e iniziò a guardare la stanza senza dire una parola, sotto gli occhi esterrefatti di Nagashima che non aveva idea di cosa stesse succedendo.
«Sta male, non è vero?» Disse all'improvviso, facendo alzare lo sguardo al cielo a Kano, esasperato. Lui non rispose, confermando così i suoi dubbi. «Sono preoccupata, Yuki è anche amico mio!» Provò a giustificarsi.
«Non lo conosci per niente.» Reagì l'altro. «Che ti interessa se sta bene o male?»
«Allora non sta male?» Lo incalzò. «Quindi perché dovresti essere così nervoso?»
Interdetto, Kano si morse un labbro e iniziò a battere un piede a terra, sempre più veloce. Kya lo fissò come se volesse accusarlo, ma non disse niente perché sapeva che alla fine avrebbe fatto tutto lui.
«Voi ragazzi di città, perfetti in ogni cosa, non fate nemmeno le visite mediche di routine?» Le domandò alla fine, in tono sarcastico. Kya fece una smorfia.
«Anche voi vivete in città.» Rispose ignorando il resto. «E comunque sì, ma non mi risulta che noi prendiamo strane medicine e abbiamo svenimenti di punto in bianco!»
A quel punto Kano si zittì, di nuovo. Quella ragazza era più attenta ai dettagli di quanto avrebbe scommesso, e in fondo aveva assistito a quella crisi di Yuki il giorno precedente; anche se non la sopportava, pensava che fosse gentile a preoccuparsi per lui nonostante fosse così cafona nel farlo.
«E' una visita medica particolare.» Fece infine una voce. Nagashima, il ragazzino che era sembrato tanto timido fino a quel momento; vedere il suo caposquadra litigare con Kya doveva essere stato frustrante. «La nostra squadra è seguita da degli specialisti, per via di alcuni… Incidenti.»
Kya girò lo sguardo verso l'altro ragazzo, finalmente interessata, e si alzò dalla sedia. «Che tipo di incidenti?» Ma questo non si volle sbottonare.
«Incidenti e basta. Alcuni membri della nostra squadra sono stati danneggiati, e così devono essere esaminati periodicamente…»
Questo spiegava perché Yuki prendesse quelle medicine e quei suoi mal di testa; giustificava anche il fatto che sembrasse così malconcio, anche se quello lo avrebbe attribuito alla sua mancanza di sonno… Tuttavia aveva l'impressione che stessero minimizzando sul problema.
«Tutto qua?» Domandò scettica. Nagashima rispose con fermezza.
«Tutto qua.»
Kya alzò lo sguardo sdegnosa verso Kano, che la fissava torvo in silenzio. «E per questa cosa tu devi trattarmi così?»
Kano si irritò tanto che finalmente decise di staccarsi dal muro. «Senti, perché non te ne vai? Non c'è niente da fare qua e noi non abbiamo intenzione di giocare…»
«Ero venuta a trovare Yuki!» Ripeté Kya seguendolo con lo sguardo. «Ora voglio accertarmi che stia bene.»
«Bé, Yuki non c'è e lo vedrai un'altra volta. A quel punto vedrai che sta benissimo!»
«Okay, che ne dici di abbassare un attimo la cresta e parlare come una persona civile?» Kya avanzò portandosi le mani ai fianchi, guardando Kano dall'alto in basso, ma lui scattò di fronte a lei e rispose con uno sguardo ancora più sdegnoso.
«No, che ne dici tu di abbassare la cresta? Sei qui da nemmeno ventiquattro ore e ti comporti come se fossi la padrona di tutto!»
«Voglio solo sapere come sta Yuki e se ci sia qualcosa che posso fare per aiutare! Io, al contrario di qualcuno, voglio collaborare!»
Kano assunse un tono di scherno e si voltò verso il compagno si squadra, che però preferì restare in disparte. «Oh, che gentile! La Randagia si preoccupa per noi, ha veramente un cuore d'oro!»
«E già che ci siamo, perché non parliamo di questa storia dei nomignoli? Perché a me non va proprio a genio essere chiamata in un modo tanto dispregiativo!» La ragazza lo fece voltare con la forza, ma ritirò subito le mani quando ebbe avuto la sua attenzione. Kano era furioso.
«A me invece piace chiamarti Randagia, perché è quello che sei!» Rispose fissandola dritto negli occhi. «Ho visto come fai le cose: ti lanci a capofitto nella battaglia, fai un sacco di casino senza curarti del pericolo in cui metti tutti quelli che ti stanno attorno. Ne faccio volentieri a meno della compassione di una così!»
«Almeno io provo ad averne! Ma mi sembra che a te non interessi veramente di come mi comporto io, perché qualunque sia l'argomento finisci sempre e solo per lamentarti di come io abbia fatto le cose meglio di te!»
«Ma per favore!» Sbottò di colpo, alzando un braccio come per farle segno di andare via, ma riabbassandolo subito. «Se avessi affrontato le battaglie che ho affrontato io, saresti sotto a tre metri di terra adesso!»
«Certo, mi sembra una cosa perfettamente ragionevole da dire alla persona che ha condotto la sua squadra verso la vittoria più volte, senza neanche un graffio!»
Quelle parole sembrarono colpire Kano nel profondo, che serrò le labbra e si morse la lingua con nervosismo per trattenersi dall'urlarle contro. Anche se timoroso, Nagashima cercò di mettersi in mezzo dicendo a Kya che avrebbe fatto meglio ad andare via, ma lei lo zittì e tornò a voltarsi verso il ragazzo che aveva di fronte.
«Che c'è, non riesci più a trovare delle cose cattive con cui ribattere? Tanto lo avrai capito che qualunque cosa dirai me la farò scivolare addosso come se niente fosse; perché io, al contrario di te, ho fatto il mio dovere come si deve! Quindi, invece di continuare a fare lo stronzo con tutti e fingere di non aver bisogno di aiuto, perché non indossi finalmente i pantaloni e inizi a darti da fare? Scommetto che quando avremo finito la prima giornata di test, saremo in netto vantaggio in tutte le prove. Vedremo allora se farai ancora il gradasso!»
Kya aveva preso un po' troppo gusto nell'urlare contro Kano, non si rese conto che aveva esagerato. Il ragazzo la guardava con il volto paonazzo e gli occhi lucidi, pronto a esplodere; e nonostante ciò, Kano non disse né fece niente. Dopo un lungo istante passato a fissarla con sdegno, ferito nell'orgoglio o qualunque altra cosa fosse che Kya vide nel suo sguardo, il ragazzo inspirò a fondo e si fece da parte.
«Ora vattene.» Disse a voce bassa. «Sei venuta qui con la scusa di voler vedere il mio amico, ma hai cominciato a spargere cattiverie e a insultare il mio operato di caposquadra, pur non sapendo niente di me; dici di voler dialogare, ma poi non fai altro che darti tutte queste arie… Forse non lo hai ancora capito e per questo continui a trattare tutto come un gioco, ma noi siamo in guerra. Cresci un po'!»
E le mostrò la porta. Kya fu felice di uscire da lì mentre Nagashima rimase in silenzio vicino all'uscita, a guardare il suo caposquadra che si allontanava con sguardo basso e camminata pesante.
Le faceva venire un nervoso tale che non sapeva più nemmeno che cosa volesse! Era andata lì per passare un po' il tempo in spensieratezza e si era ritrovata a gridare in faccia a quel cretino. Adesso tornava nella sua stanza a mani vuote, umore pessimo e una gran voglia di prendere a pugni qualcosa.
Gliel'avrebbe fatto vedere lei! Gli avrebbe fatto vedere quanto si sbagliava a trattarli in questo modo.
 
*
 
«Che cosa hai fatto?!»
La voce di Suzuko tuonò nella sala riunioni, sovrastando tutte le altre e zittendo il brusio che si era creato fino a quel momento. Kya sapeva che non sarebbe stata contenta di sapere cosa era successo il giorno prima, ma aveva comunque pensato di aggiornarla visto che probabilmente avrebbero dovuto affrontare la situazione insieme, come una squadra.
«Kya, lasciatelo dire: non hai proprio il minimo tatto!» Arrivò Yoshiki a supportare l'incredulità di Suzuko, che se aveva chiesto una cosa era proprio di restare discreti nel loro soggiorno a Desia. Lei però non si mostrò colpita e rispose con la sua solita lingua tagliente.
«Detto da mister delicatezza, lo prendo come un complimento.»
«Non hai capito, il nostro obiettivo doveva essere quello di far sentire la Squadra Desia a proprio agio in nostra presenza, così che potessero fidarsi di noi; non farli diventare nostri rivali!» Tornò a rimproverarla Suzuko, che era molto più infervorata di quanto desse a vedere; la sua statura non aiutava di certo, visto che Kya non sembrava prenderla sul serio.
«Bé, quella strategia non ha funzionato quindi ho deciso di cambiare approccio.» Rispose sbuffando. «Mettere un po' di competizione nei nostri rapporti renderà il tutto più genuino, e quando gli avremo fatto mangiare la polvere capiranno che aria tira!»
«Ma non è come dici tu!» Protestò Yoshiki. «Ci sono un sacco di persone pronte a collaborare nella Squadra Desia; non puoi prendere un caso isolato e fare di tutta l’erba un fascio solo perché è ciò che conviene di più a te!»
«Ormai ho deciso. Volete aiutarmi oppure dobbiamo iniziare a litigare anche tra noi?» Kya incrociò le braccia, visibilmente infastidita. Quella domanda aveva il sapore di un ultimatum e probabilmente si fondava su un ragionamento sensato, ma ciò che aveva portato a quella decisione era completamente sbagliato.
Suzuko si portò le mani alla fronte e digrignò i denti con frustrazione, poi si voltò dall'altra parte e borbottò:«Fa' come vuoi!» E continuò a imprecare a bassa voce, probabilmente maledicendo la sua caposquadra per aver fatto di testa propria ancora una volta. Yoshiki la guardò con dispiacere, pensando che ci fosse qualcosa che non avesse ancora detto: la sua reazione era stata comprensibilmente di frustrazione, ma sembrava aver preso quella situazione particolarmente a cuore e il suo procedere con le pinze mostrava quanto fosse una questione delicata. Se era vero che gli stava ancora nascondendo qualcosa, non si poteva certo biasimare Kya per aver agito incoscientemente non conoscendo la reale gravità della situazione… Ma quelle erano solo supposizioni.
All'arrivo di Hachi e Nana, che erano rimasti indietro per parlare con Jun e Kyu e farsi aggiornare sulla situazione, la squadra si riunì per ascoltare ciò che avevano da dire, ma con loro entrò anche il gruppo a loro contrapposto: le uniformi portate con fierezza, gli sguardi determinati, questa sarebbe stata la prima volta che avrebbero visto la Squadra Desia veramente compatta. Il caposquadra Shinji Kano aveva un cipiglio perenne dipinto in volto, a dimostrazione di non aver ancora digerito la lite con Nakamura, mentre la sua partner Saki Yumu procedeva silenziosa lanciandogli occhiate dubbiose; gli sportivi Akira Harada e Takuma Saitō erano tornati a quei loro sguardi di diffidenza iniziali, probabilmente erano stati messi al corrente dal caposquadra di quanto accaduto e per quanto Yoshiki e Tetsuya fossero riusciti a prenderli per le buone, sembrava che gli sforzi fatti fossero stati vanificati, mentre le loro partner Hikari Ōkubo e Tomoko Igana rivolgevano sguardi confusi ai ragazzi dell'altra squadra. Meno turbati, ma comunque non particolarmente allegri, Yuki Tsunami e la sua compagna Naka Takagami si scambiavano occhiate nervose, mentre poco distante da loro Ai Ogura e Tetsuki Nagashima avanzavano tenendosi per mano, lei stralunata come sempre. Gli unici a non sembrare turbati erano Katsuki Suzuki e Tooru Kawa, lui apparentemente rilassato e distratto e lei troppo impegnata a sistemarsi l'uniforme in cui evidentemente non si trovava a proprio agio.
Si posizionarono di fronte alla Squadra Anemone contrapponendo l'ordine della loro formazione ai loro gruppetti disomogenei e non dissero niente finché i coordinatori non furono al proprio posto ed ebbero iniziato a presentare il programma degli allenamenti. Nessuno stava ad ascoltarli però: Kya rimase a fissare Kano con sguardo di sfida e questo le rispose con occhi fiammeggianti, e in maniera simile fecero gli altri. C’erano dubbi e preoccupazione tra le due squadre, un senso di sfiducia imperante… Era una situazione difficile da sopportare, desideravano tutti di poter andare via da lì e salire sugli Stridiosauri il più presto possibile.
«Ci sono domande?» Chiese Nana dopo aver finito di esporre il tipo di esercitazioni che avrebbero svolto. Sia lei che gli altri adulti si erano ormai resi conto di essere stati ignorati completamente dagli adolescenti e infatti erano sul punto di chiudere la riunione, quando una mano si levò in mezzo al gruppo Anemone.
«Ryo?» Domandò Hachi voltandosi verso di lui, grato che qualcuno avesse ascoltato.
Il ragazzo inspirò a fondo mentre gli sguardi – tutti gli sguardi – si posavano su di lui, dandogli un enorme peso al petto. Tutta la tensione accumulata nelle ultime settimane, quella sensazione di bruciore dentro allo stomaco come se ci fosse qualcosa che scalpitava per uscire e fuggire dalla prigione che era il suo corpo, tornò a farsi presente dentro di lui e per un momento Ryo considerò l'idea di lasciar perdere e andare avanti come se niente fosse. Ma non poteva; non poteva più ignorare quella sensazione o avrebbe finito per provocare un incidente o creare una spaccatura nel suo rapporto con quella persona, e proprio per evitare che le cose diventassero irreparabili fece quella richiesta.
«Vorrei richiedere un partner shuffle.»

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Capitolo 52
*** Shuffle ***


La procedura di partner shuffle era una pratica poco comune, ma abbastanza conosciuta nel mondo dei Parasite specialmente ai tempi dei FranXX; era stato uno degli argomenti di lezione nei primi tempi, quando i ragazzi stavano ancora imparando come funzionasse la connessione, e gli stessi Hachi e Nana l'avevano attuata in passato con la Squadra 13. Era stata ideata come mossa per motivare i membri delle squadre a migliorare il proprio rendimento sperimentando nuove formazioni e, in sintesi, scambiare i partner.
Normalmente Nana e Hachi non l'avrebbero proposta a meno che non ci fossero evidenti problemi con una coppia – ci erano andati vicino con Momo e Hoshi, ma alla fine erano riusciti a risolvere i loro problemi senza adottare misure drastiche – e per questo la richiesta di Ryo, che faceva parte di una delle coppie più performanti della squadra, risultava incomprensibile.
Il ragazzo gli rivolgeva uno sguardo carico di determinazione, non stava scherzando. Ma perché voleva uno shuffle? Loro credevano che il suo rapporto con Kya fosse perfetto.
«Che stai dicendo, Ryo?» Mormorò la ragazza, preoccupata. Fu la prima volta in tutta la giornata che si mostrò veramente turbata; di solito Kya reagiva a tutte le notizie con decisione, sarcasmo o energicamente, ma questa volta le tremava la voce. Cercò comunque di simulare un sorriso pieno di sicurezza e mise una mano sulla spalla del proprio amico, passando poi a scompigliargli i capelli. «Sta sicuramente scherzando, non fategli caso!»
Il tono allegro messo in mostra dalla ragazza fu subito zittito da un grugnito di Ryo, che si divincolò dalla sua presa e si girò verso di lei. «No che non sto scherzando, ed è esattamente questo il motivo per cui voglio cambiare partner.»
«Ma che cosa dici, Ryo?» Disse di nuovo lei, incredula. «Noi siamo sempre stati insieme…»
«Ed è straziante!» Sentire quelle parole fu come ricevere un pugnale dritto nel petto, Kya si zittì immediatamente e rimase a fissare il ragazzo con occhi sbarrati mentre si sfogava. «Sei soffocante, mi stai sempre attaccata come un cucciolo che ha bisogno di attenzioni costanti e quando cerco di farti capire che stai esagerando, tu ignori i miei messaggi e prendi decisioni al posto mio. Sei indisciplinata e disordinata, non studi mai per tempo e devo sempre farmi carico di costringerti a fare i compiti, per non parlare dei guai che mi fai passare con le tue bravate; quando pilotiamo non fai altro che prendere il controllo senza alcun preavviso e come se non bastasse dai a me la colpa di questi sbalzi di equilibrio! Ma la cosa peggiore è che sembra che tu faccia di tutto per ridicolizzarmi di fronte agli altri!
«Avevo deciso di arruolarmi nella speranza di potermi allontanare un po' da te, di poter vivere la mia vita senza essere legato alle tue ali, e quando arrivo qui scopro che anche tu ti eri arruolata? A quel punto ho provato a farlo funzionare, ma quando poi mi racconti quella storia di esserti arruolata solo per me? Secondo te questo dovrebbe rendermi felice?»
Con gli occhi ormai bagnati dalle lacrime che stava disperatamente cercando di trattenere, Kya allungò una mano verso il ragazzo e mormorò:«Ma Ryo… Noi siamo darling…» Ma le sue parole lo fecero arrabbiare ancora di più.
«E poi c’è quello stupido nomignolo che mi hai affibbiato da quando siamo arrivati a Mistilteinn! Non sono il tuo "darling" o il tuo animaletto da compagnia; io sono solo io, dannazione!»
Ryo non si accorse di aver cominciato a urlare. Quando vide gli sguardi turbati del resto della squadra e quelli costernati dei loro coordinatori, abbassò lo sguardo vergognandosi di quello che aveva fatto e si fece da parte, scusandosi con tutti per quella scenata.
«Adesso cerchiamo di calmarci tutti…» Disse Nana, la voce un po' tremante. Non si sarebbe mai aspettata di vedere una scena del genere proprio da quei due, e proprio dopo aver sentito le parole dei loro genitori. «Se la situazione è questa, non possiamo ignorare la richiesta di Ryo. Tuttavia vorremmo che vi prendeste tutti del tempo per riflettere e discutere assieme di questa situazione. Uno shuffle è una cosa seria e coinvolgerà inevitabilmente diversi di voi…»
«Io mi sono già deciso.» La interruppe Ryo, sedutosi su uno dei sedili disponibili alle squadre. «Non c'è modo di ammaestrare Kya e io non ce la faccio più a portare questo peso! Ho bisogno di una pausa!»
Nana deglutì avvertendo il rimpianto nella sua voce; magari era vero e lui ci aveva provato a lungo, ma non faceva meno male sentirglielo dire. Significava che tutto il lavoro fatto fino ad ora era stato inutile? Che avevano sbagliato tutto e che avrebbero dovuto intervenire prima, notare le crepe nel rapporto tra i due ragazzi…
«Adesso rimanete qui, parlate tra voi.» Intervenne Hachi, che posò una mano sulla spalla di Nana avvertendo la sua indecisione. «Noi quattro discuteremo di questa proposta e cercheremo una soluzione.» Mandò uno sguardo anche a Jun e Kyu, che avevano assistito a quella scena increduli. L'idea che quella squadra così forte presentasse simili instabilità al suo interno era talmente assurda da averli scandalizzati e nonostante ciò Hachi li voleva con sé per prendere quella decisione.
I quattro adulti lasciarono l'aula in silenzio, mentre all'interno delle due squadre si formava un brusio opprimente; voci di discussione tra i ragazzi della Squadra Anemone, commenti e risatine nella Squadra Desia. Adesso Kya non era al centro di tutto, non aveva il potere né la forza di spiccare in mezzo a quelle voci perché le parole le erano rimaste bloccate in gola, le mani ferme all'altezza del cuore come a cercare di attutire il dolore che le parole di Ryo le avevano provocato. Sentì gli sguardi su di sé, sguardi di scherno, di invidia, di odio; occhi cattivi la scrutavano e per un momento riuscì a cogliere un'occhiata di Shinji Kano mentre usciva dalla stanza: ghignava beffardo.
L'intera Squadra Desia lasciò la stanza in cerca di un'aria più respirabile mentre alcuni ragazzi raggiungevano Ryo per chiedergli che cosa gli saltasse in mente, ma Kya non riuscì a prestare ascolto ai loro discorsi così come non riuscì a sentire le parole che Momo e Naho le dissero nella speranza di donarle un po' di conforto.
Il suo Ryo l'aveva appena abbandonata, il suo cuore era a pezzi.
 
*
 
«Vuoi provarci tu?»
Tetsuya girò la testa basito. Non riusciva a credere che Suzuko stesse proponendo una cosa del genere.
«Perché? Vuoi cambiare partner anche tu?» Domandò. C'erano diversi motivi per cui non avrebbe mai potuto prendere il posto di Sato, ma ciò che più gli premeva era sapere che Suzuko si trovasse bene con lui.
Lei sospirò. Quella situazione era assurda: non le piaceva particolarmente Nakamura, ma era un membro essenziale della loro squadra e vederla così affranta non era un bello spettacolo.
«Stavo solo pensando che, per quanto siamo affiatati, anche noi abbiamo avuto i nostri problemi… E con tutto quello che ti ho fatto passare ho pensato che forse volessi approfittare di questa situazione per provare qualcosa di nuovo. Chissà, potresti avere una maggiore intesa con un'altra partner…»
«Dopo tutto il lavoro che abbiamo fatto, vorresti semplicemente cacciarmi?»
«Non ti voglio cacciare! Io mi trovo benissimo con te.» Protestò. Tetsuya strinse le spalle, incredulo. Suzuko rimase in silenzio per un momento, poi sentì la testa farsi pesante e guardò fuori dalla finestra, malinconica. «E' solo che forse tu staresti meglio con qualcun altro…»
Entrambi si sentirono malissimo al pensiero. Non era solo una questione di trovare un equilibrio a bordo degli Stridiosauri, cambiare partner avrebbe significato cambiare le proprie abitudini, adeguarsi alla vita dell'altra persona, ricostruire la fiducia tanto delicatamente formata nel tempo, e francamente a entrambi piaceva molto stare assieme.
«Non voglio cambiare partner, Suzuko.» Disse lui alla fine. «Voglio continuare a lavorare con te, perché tu mi conosci bene e io conosco bene te; stiamo imparando a fidarci l'uno dell'altra e cambiare questo equilibrio adesso non servirebbe a niente.»
Lei gli sorrise piena di gratitudine. Sentire quelle parole la rincuorava, ma chi le assicurava che fosse veramente così? Forse lei e Tetsuya non erano perfettamente compatibili nonostante tutti i loro sforzi, ma doveva ammettere che una persona mite come lui avrebbe avuto difficoltà a relazionarsi proprio con Nakamura… Quindi in assenza di opzioni migliori, era bloccato con lei.
Sospirò come sconfitta; e dire che aveva preso a esempio il modo di fare brusco di Kya e il suo rapporto con Sato, pensando che quella fosse la chiave per avvicinarsi a Tetsuya… Per fortuna non aveva deciso di mandare avanti quel piano assurdo e ora le cose con il suo partner andavano bene. Certo, almeno fino a quando sarebbero stati assieme: non avevano alcun potere sulla decisione degli adulti, presto avrebbero scoperto chi avrebbe fatto a cambio con i ragazzi dello Iustitia e non avrebbero certo potuto opporsi.
La sala era rimasta quasi in silenzio totale dopo che la Squadra Desia l'aveva lasciata; le frasi sussurrate di tutti i presenti restavano isolate in modo che nessuno potesse sentire alcunché e un costante senso di ansia aleggiava nell'aria, propiziato dalla minaccia di perdere il proprio partner per fare coppia con uno dei due divorziati dello Iustitia. Hoshi non riusciva ancora a credere che una coppia idilliaca come quella fosse arrivata a quel punto, ma in un attimo gli tornarono alla mente le parole criptiche che gli aveva rivolto Ryo alcune sere prima; in quel momento, solo per un momento, si sentì responsabile di aver causato quella situazione. Forse se gli avesse dato una risposta più soddisfacente, Ryo non avrebbe deciso di lasciare Kya in quel modo… I suoi pensieri furono interrotti da Yoshiki, che si poggiò allo stesso muro dove era poggiato lui, lo sguardo fisso sulla propria partner dall'altro lato della stanza.
«Stai pensando che quelli avreste potuto essere tu e lei, non è vero?» Domandò senza provare ad essere discreto. Hoshi si sentì uno stupido per aver lasciato trasparire i suoi pensieri così facilmente.
«Anche.» Disse. Era inutile girarci attorno. «L'altra sera Sato mi ha chiesto come avessi fatto a restare in coppia con Momo, dopo tutte le cose che avevo detto di lei. In quel momento poteva sembrare solo una domanda fatta per iniziare una conversazione, ma adesso mi rendo conto che stesse passando la stessa cosa che ho passato io…»
Sospirò. «E' deprimente…»
«Non farti vedere da Momo in questo stato.» Lo incalzò Yoshiki, atono. Hoshi lo guardò perplesso. «Lei ti vuole bene, sarebbe mortificata se sapesse che ti stai dando delle colpe che non ti appartengono.»
Entrambi si voltarono a guardare la ragazza in questione: Momo stava cercando di tirare su il morale a Kya, senza successo. Era fatta così, si preoccupava per gli altri più che per sé stessa, ma in quel caso doveva essere stata particolarmente colpita da quella situazione perché ci era passata a sua volta, sapeva cosa stesse provando in quel momento la sua amica e conoscendola doveva star soffrendo più di quanto desse a vedere.
«Pensi quindi che Sato avesse già deciso da tempo?» Domandò alla fine Hoshi, spostando lo sguardo dall'altro lato della stanza e trovando il volto rabbuiato del suo attuale compagno di stanza, rimasto da solo.
«E' solo un'ipotesi, ma da ciò che ha detto sembra che si stesse tenendo tutto dentro da un bel po'…» Rispose l'altro. Un po' riusciva a capirlo: Ryo aveva cercato di liberarsi da un ruolo che gli era stato appropriato senza che potesse avere voce in capitolo, ma nonostante tutti i suoi sforzi aveva finito per peggiorare la cosa e con il tempo la situazione era diventata insostenibile; anche lui era scappato da ciò che non voleva essere, non poteva di certo biasimarlo.
Chi lo biasimava invece era Kaoru, che lo aveva lasciato da solo dopo essere stato scacciato in malo modo. Lui e Aki avevano provato a ragionare con lui e fargli rivedere la sua decisione, ma era stato tutto inutile così si erano allontanati e avevano incluso le proprie partner nella loro discussione.
«Non avrei mai pensato che potesse succedere una cosa del genere…» Mormorò restando con le braccia incrociate, salde al petto. Rin però non sembrava del suo stesso parere.
«Bé, io invece sì.» Disse stringendo le spalle riluttante. «Kya ha la colpa di essere troppo esuberante e possessiva, anche se è strano che a perdere la pazienza per prima sia stata proprio la persona che le è stata al fianco per tanti anni…»
«Bé, sì…» Borbottò lui. «Kya lo tira spesso in mezzo mettendolo in imbarazzo e a volte sa anche essere pesante con i suo scherzi, ma Ryo non ha mai dato segno di odiarla a tal punto… Credevo che fosse il loro modo di convivere.»
«Ho paura…» Mormorò Aiko. «Se loro due sono arrivati a un simile litigio, allora vuol dire che chiunque potrebbe separarsi da un momento all'altro. Anche noi…»
La ragazza non concluse la frase e si voltò invece verso il proprio partner, che ricambiò lo sguardo trattenendo il respiro, preoccupato. Questo non era possibile!
«No, no! Questo è da escludersi!» Reagì con un istante di ritardo, forse rallentato dalla realizzazione che tutto quello potesse essere molto più effimero di quanto credessero. «C'era un problema di fondo che ha causato questa rottura. Ognuno è diverso e gli equilibri che formano una coppia non sono certo assoluti!»
Kaoru le prese le mani con delicatezza avvicinandosi un po' a lei e sostenendo il suo sguardo; le loro collanine tintinnarono debolmente quando fecero quel movimento. Aiko era dispiaciuta, ma forse il vero dispiacere era dato dall'essersi immedesimata troppo nella loro compagna di squadra; come avrebbe reagito lei se Kaoru le avesse detto le stesse cose che Sato aveva detto a Nakamura?
Aki e Rin rimasero a guardare i loro compagni che continuavano a rassicurarsi a vicenda e si chiesero se avrebbero dovuto lasciargli un po' di privacy; la situazione era più seria di quanto potesse sembrare se anche loro due ne erano rimasti tanto colpiti e ancora non sapevano che sviluppi avrebbe avuto, visto che l'ultima parola spettava agli adulti. Come se non bastasse, l'imminenza dei test congiunti con la Squadra Desia che non potevano essere rimandati e quell'aria particolarmente spiacevole che si poteva respirare tra le due squadre rendevano tutto più complicato; erano andati lì per portare sicurezza e speranza ai loro compagni, ma fino a quel momento tutto quello che avevano causato erano stati nervosismo e melodrammi.
 
*
 
Hachi non avrebbe mai voluto trovarsi in quella posizione; quella non era una decisione da fare in dieci minuti. Costringere dei ragazzini che negli ultimi mesi avevano lavorato per formare un legame ben saldo a gettare tutto alle ortiche per accomodare una richiesta di un loro compagno di squadra era ingiusto e avrebbe rischiato di far crescere la tensione all'interno del gruppo, e in quel momento era una cosa che non potevano permettersi.
«Pensavamo che la vostra squadra non avesse simili problemi…» Aveva commentato allibito Jun, guardandolo come se tutto ciò in cui aveva sempre creduto si fosse rivelato una bugia. Adesso dovevano anche fare i conti con la delusione che avevano causato a persone come loro, che li avevano sempre ammirati.
«E' stato talmente improvviso…» Provò a giustificarsi Nana. Che poi giustificarsi di cosa? La Squadra Anemone aveva ottenuto risultati eccezionali e tutto fino a quel momento aveva suggerito che non ci fossero problemi interni. Nessuno avrebbe potuto prevederlo!
«Come dovremmo procedere?» Chiese Kyu, nel tentativo di fare qualche proposta. «Volete che coinvolgiamo anche i nostri ragazzi?»
«No, creeremmo solo altro scompiglio.» Rispose Hachi massaggiandosi le tempie. Anche se quell'idea avrebbe potuto anche aiutare le due squadre a collaborare; ma una simile soluzione sarebbe stata solo temporanea e loro avrebbero dovuto comunque trovare un rimpiazzo per lo Stamen dello Iustitia. E il problema era che Ryo non sembrasse desiderare una soluzione temporanea…
«Quando coordinavamo la Squadra 13…» Iniziò ricordando quei tempi lontanissimi. «Il problema non si pose perché a desiderare lo shuffle erano due coppie: Mitsuru e Ikuno non avevano mai avuto un buon rapporto, così quando Kokoro chiese di poter pilotare con lui fu facile separare le due coppie.»
Non era stato facile per niente, in realtà. Futoshi aveva sofferto molto per quella decisione, anche se con il tempo si era rivelata essere la scelta giusta.
«Vorresti fare lo stesso e scambiare Kya e Ryo con una coppia con una bassa compatibilità?» Lo incalzò Nana, pensando che quella sarebbe stata la scelta più logica a quei tempi, ma lui scosse la testa.
«No.» Disse Hachi. «Allora non dovevamo preoccuparci della compatibilità innata dei Parasite; oggi l'equilibrio è molto più precario di allora e se prendiamo qualcuno che ha già uno scarso rendimento non ne beneficerà nessuno.»
Hachi e Nana rimasero in silenzio, entrambi stavano cercando di riflettere sul da farsi. Jun provò a riassumere il tutto per capire se avesse seguito il discorso:«Insomma, per effettuare lo shuffle i ragazzi dovrebbero rientrare in una serie di parametri scelti, in modo da non avere problemi nella connessione?»
«E questi parametri sarebbero il rapporto con il proprio partner, più quello con i piloti dello Iustitia?» Concluse Kyu, guardando preoccupata il collega. «Chi rientrerebbe in questa lista, allora?»
Hachi sospirò prima di mettersi a fare qualche calcolo. Potevano subito escludere la coppia del Gaia: non avevano rapporti particolari con Kya e Ryo, e visti i loro precedenti avrebbero fatto fatica a sostenere una connessione con dei nuovi partner. Si sentiva di escludere anche Naho e Yoshiki dalla selezione. I loro livelli erano buoni e anche i loro rapporti con gli altri due piloti erano soddisfacenti, in più un carattere come quello di Ojizaki sarebbe stato quello che serviva per tenere in riga Kya, ma era proprio il ragazzo a rappresentare un problema; Hachi non voleva rischiare di creare ulteriori guai con la sua famiglia visto l'incontro che avevano avuto con Taishō Ojizaki, e le condizioni di salute di Yoshiki rendevano tutto più complicato…
«I candidati ideali, per compatibilità e rapporti con Kya e Ryo, sarebbero le coppie Aros, Animus e Xenomorphus… Tuttavia preferirei escludere subito Momo e Hoshi da questa scelta, visti i loro trascorsi; il loro rendimento è migliorato esponenzialmente negli ultimi tempi, ma essendo ancora in crescita rischieremmo un contraccolpo se dovessimo interrompere il loro cammino insieme proprio ora.» Disse alla fine contando con le dita i nomi proposti.
Nana annuì in silenzio e lo stesso fecero Jun e Kyu, che non conoscevano nei dettagli la situazione dei loro studenti ma si fidavano del giudizio dei loro superiori.
«Aki è grande amico di Ryo e Rin ha un buon rapporto con Kya…» Continuò Nana. «Ma non mi sembra di aver mai visto lo Stamen di una coppia interagire con la Pistil dell'altra.»
«La loro compatibilità è comunque la migliore, quindi ci sarebbero più possibilità di adattamento a un nuovo partner…» Suggerì Kyu, che aveva studiato con cura le cartelle dei ragazzi.
«Ma è perché sono fratelli.» Intervenne Jun mordendosi la lingua. Lei lo guardò trattenendo il respiro, rendendosi conto di quanto complicata fosse quella situazione.
Hachi annuì dubbioso. «Per lo Xenomorphus invece, per quanto Kaoru sia capace di avere un buon rapporto con chiunque, Aiko e Ryo sono quasi degli estranei. I loro livelli di compatibilità però sono alle stelle in questo periodo, sarebbe molto più semplice per loro fare a cambio…»
Nana si sentì malissimo al solo pensiero; scegliere la coppia dello Xenomorphus sarebbe stato un colpo devastante per Aiko e Kaoru, che stavano così bene assieme… Anche se logicamente sarebbe stata una buona scelta, avrebbero rischiato di scuotere ancora di più l'intera squadra.
«Quindi la scelta è tra questi due?» Domandò Jun, tirando un sospiro carico di apprensione. Non era per niente facile e non voleva immaginare come si sentissero Hachi e Nana in quel momento, che avevano formato un legame molto più stretto con quei ragazzi.
Hachi abbassò lo sguardo e si mise a pensare. La stanza era quasi completamente buia, il grande tavolo dove solo lui aveva preso posto sembrava così vuoto adesso; nessun altro era riuscito a sedersi e infatti i quattro adulti nella stanza erano tutti in posizioni diverse, isolati.
Aveva bisogno di qualcos'altro per prendere una decisione definitiva, ma non potevano restare lì ancora; più tempo passava, più esitavano. Prendere una decisione immediata avrebbe fatto bene a tutti, anche se sarebbe stato come strappare un dente senza anestesia.
Stava ancora cercando un dettaglio che lo convincesse pienamente della sua decisione, quando si ricordò di una foto che i ragazzi gli avevano fatto vedere un po' di tempo fa. Forse era solo un caso, ma era quel dettaglio che gli serviva per prendere la sua decisione e così iniziò a parlarne con gli altri per chiedergli cosa ne pensassero.
 
*
 
Quando gli adulti rientrarono, i ragazzi avevano ormai finito di discutere da parecchio. La decisione aveva richiesto più tempo di quanto si aspettassero, tanto che anche la Squadra Desia aveva fatto ritorno nella sala; Hachi e Nana presero posto davanti al podio dove normalmente sarebbero saliti e guardarono i ragazzi seduti davanti a sé, sparsi per tutti i sedili. Avevano addosso i loro sguardi carichi di apprensione, in particolare di Kya e Ryo nervosi e in attesa di sapere la decisione presa.
«Abbiamo deciso di ascoltare al richiesta di Ryo e organizzare uno shuffle.» Esordì guardando in direzione di Kya, che subito sembrò crollare senza più alcune forze. Hachi continuò:«Tuttavia questa sarà solo una soluzione temporanea. Il nostro obiettivo è quello di risolvere qualunque conflitto interno alla squadra, quindi dovremo andare a fondo della situazione per capire cosa abbia portato a questa rottura tra voi due.»
Il suo sguardo passò rapidamente su Ryo, seduto da solo, che lo evitò di proposito. Lui sembrava aver avuto quello che voleva, il resto non avrebbe potuto interessargli di meno, ma avrebbe dovuto.
«Prima di tutto: qualcuno vuole per caso offrirsi volontario a effettuare lo scambio?» Intervenne Jun, passando in rassegna i volti dei ragazzi e cercando anche in mezzo a quelli della propria squadra. Nessuno fiatò, come prevedibile: gli era sempre stato insegnato ad affrontare i problemi e risolverli civilmente, una situazione tale da portare a una divisione della coppia non si era mai verificata – e quando c’era stata, si era risolva in maniera matura – e adesso nessuno avrebbe voluto perdere il proprio partner.
Hachi e Nana annuirono comprensivi. Questo significava che avrebbe fatto ancora più male, decidere al posto loro.
«Allora per il momento, la coppia dello Iustitia effettuerà lo shuffle con quella dello Xenomorphus.» Riprese rassegnato l’uomo con la benda sull’occhio. «Vi preghiamo di essere comprensivi e pazienti, la nostra decisione è stata dettata unicamente da riflessioni tecniche che avrebbero portato a meno difficoltà per tutti i piloti in una situazione improvvisa come questa.»
Hachi spese un lungo discorso sulle motivazioni che avevano portato a quella scelta, ma quasi nessuno sembrò seguirlo: alcuni erano semplicemente sollevati all'idea che non fosse toccato a loro, altri invece si girarono in direzione di Aiko e Kaoru, al momento pietrificati e con le mani giunte tra loro, per mostrargli il loro cordoglio per la situazione creatasi.
Era stato il carattere della coppia a colpirlo e a fargli decidere che fossero i ragazzi giusti per questo compito: all’inizio Aiko e Kaoru non sembravano particolarmente diversi dal resto del gruppo, ma nonostante fossero sempre stati una coppia “nella media”, avevano ottenuto risultati sempre maggiori attraverso la propria forza di volontà e audacia. Presto erano venuti a definirsi come quella coppia che faceva da “collante” alla squadra e il loro affetto verso tutti i loro compagni si era sempre mostrato chiaramente attraverso le loro azioni; una coppia del genere avrebbe potuto aiutare Kya e Ryo a riconciliarsi, ma questo non lo dissero chiaramente di fronte ai ragazzi. C’erano punti che era meglio tenere nascosti i giovani Parasite per non farli sentire come se stessero venendo raggirati, così Hachi si limitò a condividere con loro un discorso logistico riguardante i livelli di compatibilità dei piloti e sul loro carattere, ma la verità era che era stato un evento in particolare a convincerlo: la sera di festeggiamenti immortalata da Aiko e Kaoru con la macchina fotografica che lui gli aveva procurato.
Aveva visto le foto, quei ragazzini erano riusciti ad avvicinare un gruppo ancora estraneo con spontaneità, usando tutto il proprio affetto come arma. Aiko e Kaoru potevano vantare di un potere che andava oltre l’essere partner; non si sarebbero divisi così facilmente e anzi avrebbero contagiato gli altri con quel loro atteggiamento. Inoltre, per quanto non avesse un rapporto particolarmente stretto con Kya, Aiko non era considerata una “rivale” proprio grazie al suo legame con Kaoru e questo gli avrebbe reso più facile la collaborazione.
Da quel momento in poi il tempo sembrò scorrere a velocità raddoppiata. Aiko e Kaoru si guardarono atterriti, consci che non sarebbero stati assieme sullo Stridiosauro, e non furono in grado di dire niente. Quando poi il gruppo si diresse verso gli spogliatoi e Stamen e Pistil furono lasciati a cambiarsi, le domande furono molteplici da tutte le parti ma nessuno dei diretti interessati riuscì a dire una parola; tutti e quattro i ragazzi che avrebbero cambiato partner mantennero delle facce di marmo per tutto il tempo quando salirono sul mezzo che li avrebbe portati al luogo dell'addestramento, persino quando si diressero agli Stridiosauri – e comprensibilmente Kaoru per un attimo sbagliò strada, dirigendosi verso lo Xenomorphus, per poi rendersene conto e seguire Kya fino allo Iustitia – ci furono solo sguardi di rammarico tra gli attori di quell'inaspettato dramma e nessuna parola.
Kya rimase a fissare l'esterno dalla cabina dello Iustitia con malinconia mentre le porte si chiudevano e la luce si riduceva a una fessura presto inesistente. Solo quando fu immersa nell'ombra, lontana dallo sguardo di Ryo, incominciò a singhiozzare incontrollabilmente.
 
*
 
Ryo guardava distrattamente i comandi dello Xenomorphus e si sistemava la tuta in attesa che Aiko fosse pronta a prendere posizione. Non sembrava minimamente turbato da quello che stava succedendo.
«Mi dispiace che tu e Kaoru ci siate andati di mezzo…» La sorprese a un tratto. Aiko era rimasta in disparte a osservarlo con curiosità, rispose come se fosse ancora sovrappensiero e per qualche motivo cercò di fare finta di niente.
«Perché non vuoi più pilotare con Kya?» Quella domanda era nell'aria ormai già da tempo, ora che le acque si erano calmate Aiko aveva diritto a una spiegazione essendo una delle persone più colpite da quella situazione.
Ryo si incupì. «Sono stato troppo duro, vero?» Mormorò. Aiko avrebbe annuito volentieri per marcare il concetto, ma non le sembrò necessario e lo lasciò parlare.
«E' vero quello che ho detto: è difficile stare costantemente in sua compagnia e quando pilotiamo, Kya è incontrollabile! Ho cercato tante volte di farle capire che non ero a mio agio e ogni volta lei ha continuato a ignorare i miei segnali, trattandomi come se non esistessi; non le interessava veramente che fossi con lei, solo che io non fossi con qualcun altro.»
Aiko si sentì un po' in colpa per avergli fatto una domanda tanto personale, ma a quel punto non poteva più tirarsi indietro e in ogni caso tanto valeva approfondire il suo legame con Sato; tra non molto, avrebbero comunque avuto accesso ai pensieri l'uno dell'altra.
«Però…» Mormorò. «Tu stai bene con lei. Io l'ho notato, non avresti tenuto duro per così tanto tempo se non ti fosse stata cara; si può vedere chiaramente come tu sia felice, quando sei con lei.»
Era strano come, pur conoscendosi così poco, Aiko fosse riuscita comunque a dipingere un quadro molto veritiero dei pensieri di Ryo, o forse era semplicemente palese.
«Già… Non odio Kya, non la potrei mai odiare! Siamo stati amici sin da quando ho memoria, sempre uno accanto all’altra… Le voglio bene come se fosse mia sorella, ma…» Si interruppe, alla ricerca delle parole giuste da usare. «Ma da quando siamo diventati Parasite mi è sempre stata addosso! E' diventata più prepotente di quanto già non fosse ed è diventata particolarmente possessiva… E poi con quella storia che io e lei dovremmo somigliare a Hiro e Zero Two e a come tutto sembrasse fatto per andare in quel modo… Io non ce l'ho fatta, ho dovuto provare al destino che sono io a creare la mia strada! Volevo fare la mia scelta, non sentirmi chiuso in una gabbia.»
Aiko non seppe cosa dire, non conosceva i pensieri di Ryo né sapeva cosa volesse lui, anche se poteva capirlo riguardo all’idea di essere "guidato" da un destino ineluttabile e avere qualcuno che decidesse tutto per lui… Ma non era suo diritto cercare di rendere personale il problema del suo compagno di squadra.
«Però tu la conosci bene, sai che è così.» Disse invece. «Kya non vorrebbe mai farti del male o tarparti le ali, è solo parte del suo carattere e non se ne rende conto. Avresti potuto parlarle seriamente e risolvere il problema senza ferirla, raggiungendo un compromesso, anche se so che con il suo carattere è difficile da trattare… E forse quando sente qualcosa che non le piace preferisce semplicemente non ascoltare…»
Aiko si rese conto rapidamente di quanto fosse complicata quella situazione e si passò una mano tra i capelli, frustrata. Adesso capiva perché Ryo avesse deciso di fare quella scenata, invece che provare a ragionare con Kya.
«Scusa… Capisco che è più complicato di quanto sembri…»
«No, hai ragione.» La incalzò. «E' proprio così che avrei dovuto fare, ma non ce l'ho fatta. Non sono riuscito a parlarle faccia a faccia perché ogni volta vedevo quanto fosse contenta di stare assieme a me, e ogni volta che ci pensavo credevo di essere un mostro a volerle fare un torto simile… Ma non sono riuscito nemmeno a fare finta di niente! A poco a poco sentivo come se non potessi più respirare e avevo… Avevo bisogno di un po' di spazio!»
Anche Ryo sembrava molto frustrato da questa situazione. Aiko fu sorpresa di sentirlo così tormentato, come se anche arrivato a quel punto non fosse tanto sicuro di quella scelta; sentiva di aver fatto qualcosa di tremendo e forse avrebbe preferito semplicemente che tutto quello non fosse mai accaduto, ma ormai aveva deciso di sfogarsi e adesso aveva una nuova partner come aveva chiesto.
«Non avrei mai voluto ferirla, in fondo non ci siamo mai divisi prima d'ora e siamo sempre andati d'accordo… Kya ha un carattere difficile, ma è molto dolce anche se non sembra e io sono contento di essere suo amico. Però…» Alzò lo sguardo verso la ragazza di fronte a sé. Non stava cercando scuse, era solo quello di cui aveva bisogno. «Devo fare ordine nella mia testa, capire perché sto così male quando sono con Kya, quando vorrei essere felice assieme a lei, e devo far capire a lei che non posso più lasciare che si comporti come una bambina!»
Il corpo di Ryo si afflosciò improvvisamente, come se avesse esaurito le energie dopo quel discorso. Doveva essere la prima volta che riusciva a dire tutte quelle cose senza sentirsi giudicato o ignorato, senza il timore di ferire qualcuno con quelle parole; se fosse riuscito a parlare in quel modo di fronte a Kya, forse il problema si sarebbe risolto immediatamente.
Abbassò lo sguardo, incapace di guardare Aiko negli occhi. «Mi dispiace di avervi tirato in mezzo…» Disse di nuovo con voce stanca. «Avrei dovuto pensare meglio alle conseguenze delle mie azioni, forse…»
«Ormai è inutile stare a pensarci!» Lo interruppe lei. Quel cambio di tono spiazzò Ryo, che rimase a guardarla con occhi sgranati. «Hai ceduto alla tensione e hai chiesto una pausa. Questo non deve essere stato difficile solo per Kya; ci vuole un grande coraggio ad ammettere di non poter più stare con una persona cara. Adesso non pensarci e quando ti sentirai pronto, potrai parlarle con chiarezza e risolvere questo problema!»
La ragazza aveva un tono deciso e lo sguardo fisso, ma sorrideva benevola come per tranquillizzarlo e metterlo a suo agio. Non credeva di averla mai vista così, di solito era una persona estremamente timida e le poche volte che aveva tirato fuori gli artigli erano state proprio alla guida dello Xenomorphus; forse, ora che sarebbe diventato il suo partner, Ryo avrebbe visto più spesso quel lato di lei.
Piegò le labbra in un sorriso di ringraziamento, poi aggiunse cambiando un argomento:«Sai, non ti facevo così decisa.»
Aiko sobbalzò e distolse lo sguardo imbarazzata, pensando di essersi allargata troppo, quindi si ricompose in maniera un po' buffa e gli rivolse un sorriso esitante, tornando un po' al suo tono più positivo.
«Per il momento, concentriamoci solo nel dare il meglio!» Esclamò alzando un pugno e ammiccando con trasporto.
 
*
 
Quando le porte dello Iustitia si chiusero, Kya ricominciò finalmente a emettere dei suoni: si era trattenuta a lungo perché Ryo non la vedesse in quello stato, ma aveva bisogno di piangere e così fece, lamentandosi a voce sempre più alta.
«Il mio Ryo non mi vuole più!» Diceva con voce strozzata, le mani a nascondere il volto arrossato e imbruttito dal pianto.
Kaoru si voltò un po' sconfortato. Aveva immaginato che si verificasse una scena simile, una volta chiuse le porte, e ancora non sapeva come affrontarla; aveva un buon rapporto con Kya, ma non poteva dire di essere la persona più adatta a confortarla… Tuttavia doveva almeno provarci, e l'unico modo che conosceva per farlo era essere onesto con lei per farla ragionare.
Forse farla sfogare sarebbe stata la scelta migliore, ma lasciarla pilotare in quello stato sarebbe stata una pessima idea, quindi decise di avvicinarsi.
«Ehi, Kya.» mormorò cercando di attirare la sua attenzione. La ragazza però piangeva troppo forte per sentirlo, né sembrava particolarmente intenzionata a prestargli ascolto. Kaoru così si avvicinò ancora e le toccò timidamente una spalla.
Improvvisamente Kya sembrò accorgersi della sua presenza e si voltò piano, soffocando gradualmente quei pianti; scostò di poco le mani dal viso e girò gli occhi per guardarlo, lasciando intravedere così le sclere arrossate.
«Ti piace davvero Ryo, non è così?» Le domandò con un sorriso malinconico.
Kya si voltò dall'altro lato e fissò in alto davanti a sé, inspirando con fatica dal naso, prima di annuire vigorosamente. Certo, era ovvio che fosse così, pensò Kaoru; Kya non si vergognava di quel tipo di cose ed era più che sicura dei propri sentimenti.
«E perché pensi che abbia chiesto questo scambio?» Sapeva di star tirando molto la corda, ma aveva bisogno che Kya affrontasse quel problema prima di tutto. La ragazza si paralizzò come prima, lo sguardo fisso di fronte a sé e le mani ancora alzate davanti al volto; questa volta la sua espressione fu di vero terrore e concentrò gli occhi in un punto preciso come se la risposta fosse scritta sulle pareti della cabina.
Poi, come se fosse arrivata a una conclusione terribile, riprese a piangere e riuscì a dire a malapena:«Lui mi odia!»
Un altro pianto, più violento e sguaiato di quello di prima, scoppiò nella cabina e Kya affondò nuovamente il volto nelle mani, rendendo le maniche della tuta ormai fradice. Kaoru fu colpito da quella reazione, ma non ne fu del tutto sorpreso; cercò di toccare di nuovo la ragazza, di farla rimanere concentrata, ma a questo punto si voltò e si accasciò su di lui con tutto il proprio peso.
«Come diamine puoi pensare che ti odi!» Esclamò lui, ormai a corto di idee. «E' dello stesso Ryo che stiamo parlando? Voi due vi conoscete da una vita, hai idea di quanto tenga veramente a te?»
«Se mi vuole così bene, perché mi ha abbandonata?» Ululò la ragazza, abbandonandosi a un abbraccio su Kaoru.
«Non ti ha abbandonata!» Cercò di tranquillizzarla. Doveva fare attenzione a quello che diceva, in quella situazione Kya avrebbe creduto a qualsiasi cosa e se avesse parlato troppo avrebbe potuto pentirsene. «Sono sicuro che Ryo ti vuole ancora bene… E' solo confuso! Forse lo hai esasperato con il tuo affetto. Possiamo vedere tutti quanto tu gli voglia bene, ma… Se mi dovessi mettere nei suoi panni, penserei che sei stata troppo soffocante con lui e questo deve averlo messo a disagio.»
Kaoru pregò che Kya non prendesse a male le sue parole; doveva darle un'opinione onesta, cercando comunque di non farla sentire peggio di come stesse adesso e possibilmente farla ragionare. Per fortuna lei sembrò volere la stessa cosa.
«E io cosa dovrei fare allora?» Domandò allentando un po' la presa e guardandolo dritto negli occhi. Un po' a disagio da quella vicinanza improvvisa, Kaoru distolse lo sguardo per un secondo.
«Bé… Dovresti fargli capire che lui conta per te, ma in un modo diverso da come lo hai fatto fin'ora…»
«Ma io non conosco nessun altro modo per esprimere i miei sentimenti. Sono così e basta!» Protestò lei alzando la voce e Kaoru intese perfettamente cosa voleva dire: anche adesso Kya non aveva certo perso il suo modo di fare brusco e vistoso, pur essendo disperata.
«Innanzitutto, deve capire che sei in grado di strare senza di lui.» Con un lampo di genio balenatogli in testa, le prese le braccia e si liberò dalla sua stretta, mandandole uno sguardo pieno di sicurezza. «Mandagli segnali chiari, ma non esagerare con le attenzioni. Anzi, devi riuscire a imparare a vivere senza doverti appoggiare a lui, quasi come se non esistesse più!»
«Ma io non voglio vivere senza il mio Ryo!» Piagnucolò la ragazza, le lacrime pronte a scorrere di nuovo. Lui le passò una mano sulle guance e gliele asciugò facendo più delicatamente possibile.
«E non dovrai farlo, ma devi riuscire a controllarti altrimenti sarà lui a non sopportare più la tua presenza.» Quelle parole avrebbero dovuto tranquillizzarla, ma dopo averle dette Kaoru pensò che fosse stato troppo brutale. «Comunque Hachi ha detto che questa è solo una soluzione temporanea, no? E Ryo ha detto che voleva una pausa, non che non ti volesse più vedere. Quindi se gli dimostri che sai essere responsabile, lui capirà quando è veramente importante per te! Prima perdevi il controllo e ti immergevi troppo nella battaglia, fregandotene del resto e facendolo arrabbiare; ma tu sei la nostra caposquadra, abbiamo bisogno che tu sia lucida e abbia il controllo della situazione! Se metti in mostra le tue doti, ora più che mai Ryo capirà che non sei la bambina irruenta che credeva!»
Kya inspirò a fatica e si strofinò un dito sotto alle palpebre per scacciare le ultime lacrime. Il discorso di Kaoru sembrava avere senso, ma non era sicura di potergli credere del tutto dopo quello che aveva sentito; Ryo le aveva detto che lei era sempre stata così, poteva veramente cambiare all'improvviso? Poteva diventare un'altra persona, per Ryo?
«Tu pensi che io possa farcela?» Mormorò con timidezza. Kaoru le mise una mano sulla spalla e le mostrò il pollice con l'altra, ghignando convinto.
«Donna, ne sono sicuro!» Esclamò con voce stranamente matura. «E io ti aiuterò!»

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Capitolo 53
*** Il vero problema ***


I giorni a Desia furono carichi di tensione, dopo il primo test. Le aspettative per la Squadra Anemone non furono soddisfatte, considerato il fatto che due delle sue coppie più promettenti dovettero ripartire da zero e lavorare passo dopo passo per raggiungere livelli stabili; oltre a questo, il conflitto nato tra Sato e Nakamura finì per estendersi a parte della squadra, rendendo l'umore generale pessimo. La ragazza non voleva parlare con nessuno, era sfiduciata e ogni volta che incontrava Ryo lasciava la stanza come in preda al panico; lui, da parte sua, aveva difficoltà a stare in sua presenza e comportarsi come sempre, ma era vero anche che fosse un po' più rilassato rispetto a prima.
A tutto questo si aggiunse l'improvvisa competitività della Squadra Desia; il caposquadra Kano non perdeva occasione di girare il coltello nella piaga per Kya e chiederle come mai non gli avesse ancora mostrato ciò che sapesse fare, e se alcuni dei suoi compagni cercavano di farlo stare zitto, altri erano ringalluzziti dalla sfida con l'altra squadra e tentavano di dare il massimo senza nascondersi.
La Squadra Desia aveva un equilibrio eccezionale: tutte le loro unità avevano le stesse caratteristiche e si coordinavano alla perfezione sul campo di battaglia, non era una sorpresa che fossero stati gli unici oltre alla Squadra Anemone a vincere incondizionatamente le proprie battaglie. Tuttavia il confronto in un momento così complicato risultava ingiusto: la squadra capitanata da Kya aveva perso la concentrazione, persino Suzuko, sempre attenta e perfetta nel proprio lavoro, era distratta in quei giorni.
C'era qualcosa che la turbava da quando era arrivata a Desia e vedere i suoi compagni di squadra faticare non fu per niente come se l'era immaginato; i continui attacchi al morale del suo gruppo da parte di Kano poi, non aiutavano per niente alla sua concentrazione. Fu così che decise di andare a parlargli.
Nakamura non era nelle condizioni di intrattenere un dialogo sereno e a lui bastava poco per attaccare briga; lei, invece, era più diplomatica e conosceva meglio di chiunque altro la situazione avendo parlato con Jun e Kyu.
Aveva deciso di parlare e cercare di risolvere quel problema, ma quando fu dal caposquadra capì quanto fosse difficile avvicinarlo; Kano non sopportava nessuno della Squadra Anemone e lei e Kya erano le persone che sembrava detestare di più in assoluto. Riuscì comunque a farsi aprire la porta e a quel punto decise di fare tutto il possibile per risolvere quel problema.
«Vorrei che la smettessi di essere così duro con Nakamura.»
«Ma come, si è già arresa? Ha chiesto alla sua galoppina di venire a fare la pace?»
Era evidente come si sforzasse di essere più sgradevole possibile, ma Suzuko lo ignorò e cercò di mandare avanti il discorso.
«Tu non conosci lei e noi non conosciamo te, non farebbe male a nessuno ricominciare questo rapporto senza pregiudizi ad annebbiarci la mente.» Si sentì particolarmente orgogliosa di aver espresso quel suo pensiero, curiosa di vedere come il ragazzo avrebbe risposto questa volta. Con sua grande delusione, Kano si limitò a stringere le spalle.
«Non mi piacete, punto.» Disse andando a prendersi da bere. L'appartamento del caposquadra era vuoto, Tsunami era andato da qualche parte senza di lui e questo sembrava star solamente attendendo che il tempo passasse.
«Non ti capisco!» Sbottò Suzuko. «Dovremmo essere tutti dalla stessa parte. La nostra presenza qui è dovuta al fatto che dovremo lavorare insieme per superare i prossimi ostacoli, e continuando a contrastarci tanto non fai altro che rovinare le possibilità di tutti noi di sopravvivere! Non ti interessa il bene della tua squadra?»
A quelle parole Kano non volle stare zitto. Scattò in direzione di Suzuko lasciando tutto quello che stava facendo e si fermò a pochi centimetri dal suo viso, guardandola con tutto l'odio che aveva in corpo.
«E' proprio perché tengo alla mia squadra che non voglio avere nulla a che fare con qualcuno che non dà valore alla vita umana.» Scandì come sul punto di esplodere. «Io sono abbastanza forte da proteggere chiunque, morirò pur di tenerli al sicuro se necessario.»
Intimorita dai toni del ragazzo, Suzuko indietreggiò. «Non puoi proteggere nessuno da morto.» Gli rispose. «Sei solo un presuntuoso, se credi che la tua vita abbia un simile valore.»
«Ma cosa ne vuoi sapere tu…» Kano si voltò dall'altra parte, stufo di quella conversazione nonostante fosse appena iniziata.
«Invece io so…» Suzuko aprì la bocca senza pensare e quando si ritrovò gli occhi di Kano addosso non poté più ritirare ciò che aveva detto. Anche se dentro di sé stava bruciando dalla rabbia per essersi lasciata sfuggire quelle parole, decise di andare a fondo alla questione:«Io so cosa è successo.»
Lo sguardo di Kano si fece furente, ma in modo diverso da quello che Suzuko era abituata a vedere sui suoi occhi: la rabbia non era evidente, sembrava addirittura calmo, ma sotto a quell'espressione enigmatica sembrava volerla sfidare ad andare avanti, a fargli perdere completamente il lume della ragione.
Suzuko inspirò a fondo e chiese scusa mentalmente a Jun e Kyu; le avevano chiesto di non parlare con nessuno di quella storia e sapeva bene che se Kano ne fosse venuto al corrente sarebbe impazzito, ma nasconderlo non sarebbe servito a niente.
«Ti andrebbe di parlarmi di Tanaka e Honda?»
Se fino a quel momento Kano aveva avuto la remota intenzione di conversare con Suzuko, non appena sentì nominare quei nomi sembrò profondamente insultato e iniziò ad alzare la voce, dicendole di andare via.
«Shinji, non puoi continuare a fare tutto da solo! Fallo per i tuoi amici!» Lo supplicò lei mentre veniva spinta verso l'uscita. Non tentò di resistergli perché sapeva bene che sarebbe stato inutile, ma cercò di dire il più possibile prima che fosse troppo tardi.
«Io faccio tutto in funzione della mia squadra, non come voi maledetti ficcanaso!» Rispose. «Chi ti ha raccontato questa storia? Sono stati Jun e Kyu?»
Suzuko annuì e pur essendo rimasta fuori dalla porta, cercò di spingersi verso l'ingresso per guadagnare qualche secondo. «Sì, gli ho chiesto io di raccontarmi il più possibile su di te, ma non l'ho detto a nessuno. So anche cosa è successo a Ogura, dell'infortunio di Yumu e la condizione del tuo compagno di stanza…»
«Bene, adesso che sai tutto sul nostro conto puoi anche andare al diavolo!» Le gridò contro spingendo la porta per chiuderla, ma lei la spinse con tutta la forza che riuscì a trovare e infilò la testa nello spazio.
«Non sono venuta qui per spargere sale sulle tue ferite, né per fare un confronto tra la mia squadra e la tua. Abbiamo bisogno di collaborare e capisco che il tuo trauma ti stia facendo reagire così, ma devi affrontarlo!»
«Per fare cosa? Far sapere a tutto il mondo che fallimento di caposquadra sono? Demoralizzare tute le persone che contano su di me, così da diffondere il caos in città e nel resto del mondo? Oppure è semplicemente un modo per far sentire meglio voi bastardi, con il vostro record di battaglie vinte senza danni?» Kano trattenne la porta per un momento, lasciando che Suzuko entrasse un po' di più, e la guardò negli occhi. Lo sguardo solitamente truce di lei era svanito, non era niente a confronto con quello che le mandò in quel momento: non c'era neanche più rabbia nei suoi occhi, solo una triste e profonda delusione.
«Siete tutti falsi.» Disse. «Vi vendete al meglio cercando di nascondere i vostri intenti, ma quando arriva il momento vi mostrate tutti per ciò che siete. Bugiardi, presuntuosi ed egoisti. Anche tu, non vuoi aiutarmi perché così saremo più forti assieme; lo stai facendo solo perché verrai elogiata per aver risolto la situazione, o quantomeno per averci provato.»
Suzuko rimase immobile, senza parole con cui ribattere. La porta si chiuse lentamente di fronte a lei e da dietro di essa non arrivò più alcun rumore. Quelle parole facevano male… Facevano male e basta.
Se ne tornò avvilita alla propria stanza, e quando entrò e andò alla ricerca di qualcosa di dolce da mangiare in cui affondare la propria delusione, Naho fece la sua comparsa dalla camera da letto e la guardò con aria di biasimo.
«Che c'è?» Domandò lei cercando di fare finta di niente, ma suonando solamente irritata.
«Dove sei stata?»
«Da Kano. Ho cercato di parlargli, ma non ha voluto ascoltarmi.» Era inutile mentire, tanto il risultato era stato comunque un fallimento.
Naho sospirò e sciolse le braccia andando a sedersi di fronte a lei mentre iniziava a prendere a morsi una barretta di cioccolato.
«Hai intenzione di mangiarla tutta?» Domandò. Suzuko procedeva a piccoli bocconi e molto lentamente, ma non sembrava avere alcuna intenzione di fermarsi.
«Sì.» Grugnì continuando a masticare.
«I tuoi genitori non ti hanno mai detto che ti verranno i brufoli a mangiare tutta questa cioccolata?»
«I miei genitori non sono qui, ed è scientificamente provato che il cioccolato aiuti a curare la depressione. Quindi non mi interessa.»
Naho sorrise alla risposta della sua compagna; anche quando di cattivo umore, Suzuko sapeva sempre essere saccente e riusciva ad avere l'ultima parola. Ma adesso non avrebbe potuto rispondere con lo stesso sarcasmo.
«Non sono stupida, lo sai?» Disse facendosi seria. «So che c'è qualcosa di strano in questa squadra e tu ne sei al corrente.»
L'espressione di Suzuko non cambiò minimamente, sembrava solo seccata da quel commento. A quel punto non avrebbe potuto importarle di meno di mantenere il segreto.
«Voglio aiutare anche io!» Continuò agitando le mani, come se fosse veramente stanca del fatto che la ragazza si stesse tenendo tutto dentro.
Non avrebbe potuto essere più felice di quella richiesta, non aveva più intenzione di procedere con i guanti di velluto!
 
*
 
Di pomeriggio, quando il sole tramontava, la serra diventava un posto molto accogliente. C'erano delle piccole luci che potevano accendersi per permettere alla gente di restare a curare le piante anche la sera o semplicemente immergersi in quell'atmosfera rilassante e passare un po' di tempo in solitudine; era questo che aveva pensato Aiko quando aveva deciso di rimanere nonostante le altre volessero tornare indietro, così da potersi riposare e schiarire le idee.
Non le piaceva stare da sola, per quanto fosse una persona abbastanza introversa; si era abituata a dipendere dai suoi amici a tal punto che, quando non c'era più nessuno a farle compagnia finiva per farsi mille domande. Si chiedeva se fosse veramente in grado di dare il proprio contributo come le dicevano, se fosse una brava figlia e amica, persino se fosse abbastanza come partner per Kaoru – cosa che oltre a essere del tutto infondata visto quanto lui pendesse dalle sue labbra, era anche diventata datata per via dello shuffle.
Non parlava con nessuno di quei dubbi perché non voleva stressare i suoi amici con preoccupazioni superflue e sapeva che una volta in compagnia sarebbe tornata a comportarsi come sempre… Eppure quelle ombre rimanevano in attesa e colpivano quando abbassava la guardia; e da quando non era più in squadra con Kaoru, le sue insicurezze erano diventate più forti che mai.
Si sarebbe depressa ancora di più se non ebbero fatto il loro ingresso due delle ragazze che aveva conosciuto in quello stesso luogo pochi giorni prima, Takagami e Ogura, che furono sorprese di vederla lì ancora a quell’ora e le chiesero scusa per l'invasione.
«Ma no, di cosa devi scusarti? E' casa tua.» Rispose Aiko sorridendo a Naka, tornando a lavoro sulle piante per non far sembrare che fosse rimasta lì semplicemente per oziare.
«Devo tagliare i capelli ad Ai, ma tranquilla; non ti daremo fastidio.» Disse l'altra facendo sedere la sua amica su di uno sgabello. Aiko scosse la testa per rassicurarla, ma rimase a osservare curiosa la scena cercando di non farsi notare: Naka aveva portato con sé tutto l'occorrente, spazzola, forbici e asciugamani, assieme a una bacinella che andò a riempire con acqua calda; Ai sembrava totalmente assorta nei suoi pensieri e non prestava attenzione a nessuno nella stanza, la testa che le dondolava debolmente da un lato all'altro a meno che Naka non le chiedesse di stare ferma. Quando incominciò a metterle le mani nei capelli però, sembrò infastidirsi.
«Non voglio!» Si lamentava sfuggendo alla presa dell’amica.
«Dai, lo sai che starai meglio una volta finito!» Naka provò a convincerla col tono di chi sembrava aver avuto quella discussione già diverse volte, senza risultati però.
«L'acqua brucia!» Protestò Ai scuotendo la testa rapidamente, rendendo impossibile alla sua amica di bagnarle i capelli.
Naka sospirò vistosamente e rimase a guardare un albero di limoni per qualche secondo, prima di passare ai riccioli dorati della sua ospite e chiamarla nuovamente.
«Scusami di nuovo… Avrei bisogno di un favore.»
Aiko si avvicinò annuendo, curiosa.
«Di solito non lo faccio da sola, ma oggi Ōkubo non c'è e Ai diventa nervosa se non c'è nessuno a tenerla impegnata…» Mormorò quasi come se si vergognasse di quello che stava per dire. «Non è che potresti distrarla mentre le taglio i capelli? Non ci vorrà molto, promesso!»
Aiko non si sarebbe di certo aspettata una simile richiesta, ma non vide perché avrebbe dovuto rifiutare; aveva già capito che Ogura avesse qualche tipo di problema, ma lei e le altre ragazze non avevano voluto fare alcuna domanda per non sembrare troppo indiscrete. La ragazza aveva un atteggiamento quasi infantile, quando non era del tutto assente, ma sorprendentemente queste sue caratteristiche svanivano quando pilotava il suo Stridiosauro: i suoi sensi si acuivano esponenzialmente, reagiva prontamente a ogni pericolo e pilotava con grande maestria, come una vera guerriera esperta.
Così Aiko prese un altro sgabello e si sedete di fronte a lei mentre Takagami preparava tutto il resto. «Cosa dovrei fare?» Chiese alzando lo sguardo, sentendo gli occhi di Ai su di sé, curiosa del perché fosse entrata nel suo campo visivo.
Naka rispose in maniera vaga. «Parlale un po', attira la sua attenzione… Se è distratta non si lamenterà.»
La ragazza la squadrò dalla testa a i piedi, Ogura le rivolgeva uno sguardo neutrale, con un sorriso appena accennato; i suoi capelli castani le ricadevano sulla fronte e minacciavano di coprirle gli occhi, mentre di dietro erano legati da un fiocco giallo; le guance di un rosa vivo, sempre colorate, erano accompagnate da un nasino piccolo e appuntito, mentre gli occhi cristallini del colore dell'erba assomigliavano a due gemme che adornavano quel viso così innocente. Era seduta composta nonostante fino a pochi istanti prima stesse lottando per non farsi slegare i capelli e sembrava attendere una sua mossa, per capire che cosa volesse da lei.
Aiko si sforzò di sorridere e le prese le mani. Fu un gesto senza preavviso che quasi spaventò l'altra ragazza, ma dopo qualche secondo di contatto fisico Ai si tranquillizzò e rimase semplicemente a guardarla negli occhi, come se stesse cercando di capire se quella bionda piena di boccoli in testa fosse un'amica o una nemica.
«Così è Ōkubo ad occuparsene, di solito?» Domandò guardando Ai, ma rivolta principalmente a Naka che aveva già cominciato a sciogliere il nastro  della sua amica.
«Sì. Io e lei ci prendiamo cura di Ai…» Mormorò sospirando. «Ma lei oggi aveva un impegno, e per non scombinare i suoi orari ho deciso di tagliarle i capelli lo stesso; l'ho portata qui sperando che le piante la calmassero, ma immagino di essere stata troppo ottimista.»
«Ma hai incontrato me.» Disse Aiko sorridendole. «Sono contenta di poter dare una mano.» Non si interrogò sul perché fosse così importante non scombinare gli orari di Ai e invece tornò subito a concentrarsi sulle sue mani. Erano piccole e fredde, Aiko sentì il calore aumentare gradualmente mentre continuava a tenergliele e a stringere le dita, dondolando le braccia di tanto in tanto cercando di mantenere viva l'attenzione su di sé.
Naka sorrise e per un po’ non disse niente, iniziando invece a lavare i capelli di Ai che fissava perplessa la ragazza di fronte a sé.
«E…» Alla fine schiuse le labbra. «Il tuo fidanzato oggi non c'è?»
Aiko si irrigidì. «Non è il mio…» La sua voce si spense a metà della risposta e le tremarono le labbra. L’altra sorrise a quella reazione adorabile mentre Ai sembrò inarcare il sopracciglio con sospetto senza però cambiare minimamente espressione; chissà che anche lei fosse curiosa di quello o fosse solo confusa dalla sua reazione.
Nel tentativo di spostare l'attenzione su qualcos'altro, Aiko riacquistò un po' della sua calma e parlò:«Aveva da fare… Credo che stia lavorando assieme a Nakamura.» Non riuscì a nascondere una punta di delusione nella voce.
Naka annuì pensierosa. «Giusto, adesso sono partner.» Rispose. «Sai, ero curiosa di vedere la "randagia" in azione. Da quanto ho sentito, è veramente una forza della natura! Ma con questo shuffle non ha ancora avuto l’occasione di fare niente di eccezionale… Spero che riesca a tornare presto alla sua forma di prima.»
Aiko le mandò uno sguardo interrogativo. «Pensavo che la detestaste.»
«Non la detestiamo! Non io, almeno…» Disse corrugando la fronte. «Il modo in cui pilota è veramente… E' qualcosa che ti ispira! E' il tipo di persona che fa del suo meglio e si diverte nel farlo. Non potrei odiare una persona che si impegna così tanto per proteggere degli innocenti!»
Aiko annuì e abbassò lo sguardo. Pensava che quella descrizione si addicesse alla sua caposquadra, così piena di entusiasmo e abile nel trasformarlo in azione; ma anche lei sapeva divertirsi quando pilotava, pensava che avrebbe fatto colpo a sua volta se non fosse stata separata dal suo darling…
«Tu invece perché non passi del tempo con il tuo nuovo partner?» Le chiese poi all'improvviso, distogliendola dai suoi pensieri. Aiko ci aveva pensato per un momento, ma alla fine aveva desistito sentendosi troppo in imbarazzo al pensiero.
«Io non sono brava come Kaoru. A fare amicizia e tutto il resto…» Rispose sbuffando. «A dire il vero, con i ragazzi della mia squadra non ho mai avuto un rapporto particolarmente aperto; solo il mio partner mi è sempre stato accanto…»
«Non puoi continuare così, però.» La sorprese Takagami passando un asciugamano sui capelli di Ogura. Aiko le mandò uno sguardo interrogativo, in attesa di una spiegazione. «Adesso è stato un caso che venissi separata da lui, ma non puoi appoggiarti per sempre al tuo ragazzo; Matsumoto sarà anche una splendida persona, ma tu devi saper procedere sulle tue gambe. Se riuscissi a costruire un rapporto più rilassato con Sato – e poco a poco, anche con gli altri ragazzi del tuo gruppo – la cosa ti gioverebbe senz'altro!»
Naka aveva ragione, eppure Aiko era sempre stata così… Come poteva immaginare di cambiare da un momento all'altro?
«E comunque non mi sembra che tu sia così pessima a fare amicizia.» Aggiunse alzando lo sguardo, mandandole un sorriso benevolo. «Guarda Ai, le piaci tantissimo!»
Aiko si soffermò a guardare la ragazza che aveva di fronte, le sue mani ormai tiepide e rassicuranti rispondevano alla sua stretta ma lo sguardo che aveva in volto era ancora distante, come spiritato; tuttavia, gli occhi non si scostavano dal suo viso, come quelli di un bambino che seguiva una persona nuova con curioso interesse. Non metteva a disagio, anzi faceva tenerezza per come sembrasse rapita dalla sua presenza.
«Hai ragione.» Sorrise, forse un tentativo di mostrarsi amichevole alla ragazza e farla reagire in qualche modo. Ai sbatté le palpebre un paio di volte e piegò gli angoli delle labbra per un istante, poi tornò a fissarla impassibile come prima; per quanto la curiosità di sapere qualcosa di più su di lei la divorasse, Aiko sapeva di non poter fare domande troppo indiscrete o avrebbe finito per rovinare tutto.
Da quel momento in poi Naka prese a tagliare i capelli a Ogura con estrema cura, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi mentre Aiko teneva l'attenzione della sua nuova amica lontano dalle forbici; non era il lavoro di una professionista, ma si poteva vedere come oramai la ragazza fosse abituata a quei momenti e avesse sviluppato una tecnica personale. Fecero silenzio per tutto il tempo, Aiko rimase a osservare come l'acconciatura di Ai diventava sempre più corta, un semplice taglio sbarazzino che lei non si sarebbe mai sognata di provare, dovendo rinunciare ai suoi lunghi boccoli, e alla fine il risultato fu molto gradevole.
«Ecco fatto!» Esclamò Naka sollevata dopo l'ultima sciacquata, strofinando la testa della sua amica con l'asciugamano. Ai chiuse gli occhi infastidita dal movimento brusco delle sue mani, ma non protestò; Aiko non sapeva se il motivo fosse da attribuire alla sua presenza o al fatto che sapesse di aver finito e di non dover più sopportare tutto quello a lungo.
«Grazie davvero per averla tenuta occupata.» Le disse poi, quando ebbe ritirato l'asciugamano e Aiko ebbe lasciato le mani di Ai, che rimase a fissare il vuoto davanti a sé. «Sei stata davvero di grande aiuto.»
«Mi sembra di non aver fatto niente…» Mormorò imbarazzata lei. Rimasero in silenzio per qualche istante, Aiko evitava lo sguardo di una Naka leggermente tesa; alla fine questa sembrò sospirare con rassegnazione e riprese a parlare.
«Ai ha subito una brutta ferita durante una battaglia.»
Aiko avvertì un brivido lungo la schiena, ma non reagì in maniera troppo vistosa, lasciando il tempo all'altra di continuare il discorso.
«I VIRM avevano accerchiato lei e il suo partner, li hanno colpiti con violente scariche elettriche… Prima che potessimo arrivare a salvarli, fu Nagashima a reagire e a tirare fuori il suo Stridiosauro da quella situazione, ma una volta passata l'adrenalina del momento e chiusa la connessione, trovò Ai in stato quasi catatonico, agonizzante.
«Non so bene come funzioni, quello che so è che le scariche elettriche le hanno fatto molto male; hanno danneggiato qualcosa all’interno del suo cervello, facendola regredire quasi a uno stato infantile. Non parla molto, è particolarmente attaccata ad alcuni di noi e le piace "giocare".»
Aiko deglutì, chiedendosi perché quell'ultima parole avesse avuto un suono così diverso dal resto del discorso.
«Nel suo mondo, giocare significa uccidere i VIRM. A bordo del suo Stridiosauro torna quasi a come era prima; non diventa più loquace né si mette a pianificare, semplicemente è forte. E' intuitiva e incredibilmente veloce, risponde con facilità a qualsiasi imprevisto, eppure una volta chiusa la connessione ha bisogno di essere accompagnata per mano fuori dalla cabina; non riesce a vestirsi da sola, ha paura del buio… Insomma, Ai ha bisogno del nostro aiuto in molte cose.
«Segue degli orari molto rigorosi, cambiare abitudini per lei è molto difficile… L'altra volta avremmo dovuto andare a fare l'addestramento, ma si è trattato del giorno del vostro arrivo e allora tutte le sessioni previste sono state rimandate in favore della nostra socializzazione; Ai, quando è arrivato il momento, non ha detto niente a nessuno ed è andata a mettere la tuta da Parasite con l’intenzione di cercare il proprio Stridiosauro. Siamo riuscite a trovarla e l'abbiamo fatta cambiare di nuovo, ma lei continuava a non capire…»
Aiko si ricordò di quell'episodio, glielo aveva raccontato Naho; era successo proprio di fronte agli occhi della sua compagna, Ogura era stata vista vagare per i piani del palazzo ed era stata intercettata da Ōkubo. Questo spiegava anche molti dei suoi comportamenti strani: la mancanza di attenzione, l'aria sognante quando sentiva nominare il proprio partner, il rapporto simbiotico che aveva con le ragazze della propria squadra…
«Mi… Mi dispiace…» Disse soltanto. Non riusciva a immaginare veramente un modo giusto per reagire a tutto quello, ma Naka sembrava fidarsi abbastanza da confidarle quella storia. E lo aveva fatto sempre con la sua amica lì presente
«Io… Cerco di convincermi che almeno non può esserne triste.» Rispose lei passandosi una manica sopra al naso, turbata ma stoica. «Sai, prima lei era molto diversa… Nelle lezioni veniva sempre richiamata perché non stava mai zitta, era una persona rumorosa e disordinata che sapeva trascinare il gruppo; le piaceva fare sport di gruppo, lavorare a maglia, disegnava… Adesso è solo… Così. Vive nel momento, ricorda le sensazioni più viscerali che una persona possa provare, ma non si preoccupa per il futuro; non ha dubbi su sé stessa, non ha rimpianti, a volte ride anche…»
Come se fosse stata chiamata in causa, Ai girò la testa e cercò lo sguardo della sua amica, sbattendo le palpebre un paio di volte. Naka le sorrise, nonostante le costasse una gran fatica.
«Grazie per avermi tagliato i capelli.» Disse guardando verso l'alto. «Avevi ragione, sto meglio ora.»
Naka fece uno sbuffo, un singhiozzo soffocato da una debole risata provocata dal ringraziamento dell'amica, e si abbassò per abbracciarla.
«Perché sei triste?» Domandò Ai. «Non ti piacciono?»
«No, stai benissimo così, Ai.» Singhiozzò Naka. «Ti voglio bene.»
«Ti voglio bene anche io.»
La risposta di Ai suonò quasi priva di sentimento, come se quella fosse la cosa più semplice da dire a una persona, ma a quel punto Aiko capì che i sentimenti messi in mostra dalla ragazza, anche se molto deboli, erano genuini. Ai non mentiva, non sembrava fisicamente capace di farlo a detta di Takagami; quindi per lei esprimere affetto era un semplice fatto, niente di più semplice, e il fatto che percepisse la realtà in maniera diversa da loro non doveva significare che valesse di meno.
Si commosse un po' di fronte a quella scena. Era felice che Naka si fosse aperta a lei, anche se non era sicura di meritarselo; alla fine dell'abbraccio, volle fare i complimenti ad Ai a sua volta.
«Ti stanno molto bene i capelli così.»
«Grazie.» Rispose girando la testa di nuovo verso di lei, il volto rilassato e neutrale adesso, non più particolarmente incuriosito dalla ragazza che aveva di fronte. «Anche i tuoi sono molto belli…»
Aiko fu sorpresa da quel complimento e andò ad accarezzarsi una ciocca inavvertitamente. Sorrise imbarazzata, ringraziandola, ma Ai sembrava perplessa, come alla ricerca di qualcosa.
Alla fine tornò a guardare Aiko negli occhi e le disse:«Scusami, mi sono dimenticata il tuo nome.»
Aiko lo aveva pronunciato una volta sola il proprio nome di fronte a lei, non poteva certo aspettarsi che se lo ricordasse dopo aver sentito tutte quelle cose sul suo conto, così fu lieta di presentarsi di nuovo:«Aiko. Mi chiamo Aiko Mori.»
«Io mi chiamo Ai Ogura.» Rispose abbozzando quello che, solo per un momento, somigliò a un sorriso. «Mi piaci, Aiko Mori. Abbiamo un nome simile, non me lo dimenticherò più adesso. Possiamo essere amiche?»
Commossa, Aiko annuì e prese di nuovo le mani di Ai. «Certo che sì!»
Questa volta lo vide chiaramente, un sorriso sul volto di Ai; le sue labbra si piegarono quanto bastava per trasmettere quell'emozione genuina di avere appena incontrato una nuova amica, di aver trovato qualcuno con cui si stava bene, e per Aiko fu estremamente contagioso: la fece sentire bene dentro, come se fosse stata guarita da ogni male. Anche Naka sorrideva con approvazione; forse nemmeno si aspettava un tale sviluppo, ma vedere la sua amica sorridere a qualcun altro le donava una gioia incontenibile.
 
*
 
Uscire con Saki stava diventando ormai un'abitudine, quasi una necessità. Yoshiki non sapeva bene perché quella ragazza lo incuriosisse tanto, ma più tempo passava assieme a lei e più si divertiva in tutta onestà, in maniera spensierata come non era abituato a fare, come un turista in visita in una città lontana – che poi non era tanto lontano dalla verità.
Non era neanche il fatto che fosse palese ormai che la ragazza stesse cercando di nascondergli qualcosa; c'erano dei segreti che la Squadra Desia non voleva svelare e Yoshiki stava proprio cercando di scoprirli, ma voleva andarci piano ed essere il più discreto possibile proprio perché non voleva rovinare l'amicizia che stava nascendo con Saki.
Lei gli aveva chiesto se volesse farsi mostrare la città un po' più a fondo questa volta, e Yoshiki aveva accettato pensando che potesse essere una buona occasione per tirarsi fuori dall'aria cattiva che si respirava in casa; oltre ai continui sguardi torvi da parte dei compagni di Saki, la situazione creatasi all'interno della sua stessa squadra per via della richiesta di Sato e la mancanza di una direzione precisa da prendere da parte di chi stava indagando sulla Squadra Desia aveva fatto sì che il tempo passato al chiuso diventasse quasi una tortura anche quando decideva di rilassarsi a modo suo, e sembrava che la stessa Saki la pensasse allo stesso modo perché appena varcata la soglia dell'albergo sembrò lasciarsi alle spalle un peso.
Passeggiarono quasi senza meta per un po', osservando il cielo farsi gradualmente più scuro nel pomeriggio di febbraio e furono colti alla sprovvista da alcuni fiocchi di neve che incominciarono a cadere dal cielo, bagnando le strade e accumulandosi sui marciapiedi. Per ripararsi finirono per rintanarsi in un bar e ne approfittarono per prendere una cioccolata calda e far riposare le gambe.
Saki osservava le buste che Yoshiki aveva trasportato per quasi tutto il tempo; lo aveva convinto a entrare in un negozio e aveva finito per comprare un vestito estivo, con la scusa di voler chiedere il suo parere mentre lo provava. Non sapeva neanche perché lo avesse fatto: aveva semplicemente scelto un vestito che le era sembrato carino e che voleva provare, ma già a vedere il prezzo esposto sul cartellino si era detta che fosse troppo per le sue tasche; si era sentita estremamente in imbarazzo quando poi era uscita dal camerino per mostrarglielo, tremante per il freddo nonostante i riscaldamenti del negozio e il giubbotto ancora addosso, sicura che anche se lo avesse comprato non l'avrebbe tirato fuori dall'armadio per almeno altri cinque mesi, e il peggio era che Yoshiki l'aveva osservata per tutto il tempo e le aveva anche fatto i complimenti per come le stesse. Normalmente questo non sarebbe stato un problema, ma Saki aveva già le orecchie che fumavano a quel punto e non riuscì a fare nient'altro che cambiarsi di nuovo e portare il vestito alla cassa, giurando su sé stessa che lo avrebbe portato a casa a qualunque costo. Ma prima che potesse allontanarsi, Yoshiki l'aveva sorpresa chiedendole a sua volta un parere e mostrandosi con indosso una giacca di cotone dall'aria molto elegante; la sicurezza con cui si metteva in mostra e l'attenzione per le sue opinioni la lasciarono di stucco. Quindi, soddisfatto del risultato, aveva preso una taglia più grande del completo indossato e lo aveva portato alla cassa, dove era arrivata un'altra sorpresa.
Yoshiki aveva deciso di pagare tutto da solo. Aveva detto che voleva fare un regalo a Saki e che si sarebbe offeso se lei non glielo avesse lasciato fare; non aveva neanche visto il prezzo che si era già occupato di tutto. Lei era rimasta senza parole di fronte alla compostezza del ragazzo, incapace di ribattere in qualunque modo, e per il resto della strada si era lasciata portare la busta da lui.
Si sentiva un po' in colpa, ma Yoshiki le aveva detto che per lui era un piacere trasportare quelle cose al posto suo e che comunque anche se le avesse lasciato portare la sua busta avrebbe avuto le mani occupate in ogni caso dalla seconda.
«Meglio che sia uno solo di noi ad essere occupato.» Aveva detto con quel suo sorriso sicuro di sé. A quel punto Saki non era più stata in grado di dire nulla, troppo imbarazzata all'idea di ciò che potessero sembrare ai passanti che incrociavano per strada.
Yoshiki si era poi fermato in libreria per comprare un altro regalo, quindi dopo aver aggiunto un'altra busta al suo carico era arrivata la neve e loro si erano diretti al bar dove adesso si stavano scaldando in attesa delle loro bevande.
«Vuoi davvero bene ai tuoi amici, eh?» Commentò Saki srotolandosi la sciarpa dal collo. Yoshiki si girò verso di lei, confuso sul perché avesse esordito con quella frase, ma lei fece un cenno in direzione delle buste. «Quei regali. Per chi sono?»
Yoshiki abbassò lo sguardo e sorrise rivolto alla sua spesa. «Oh, sono sicuro che a questo punto sei perfettamente capace di capirlo da sola.»
Saki inarcò un sopracciglio, ma si ritrovò a sorridere a sua volta, intrigata da quella che sembrava una sfida. Avevano passato abbastanza tempo assieme da conoscersi a malapena, eppure lui pensava che fosse in grado di entrargli nella testa così a fondo?
«Bé, il libro è sicuramente per la tua partner…» Borbottò iniziando a grattare con un'unghia il tavolo del bar. Yoshiki sorrise come se quello fosse ovvio, quindi la lasciò riflettere sul secondo regalo finché lei non si illuminò in volto:«Oh! Dev'essere per quel tuo amico rossiccio!»
Non ricordava ancora il suo nome, ma sapeva che lui e Yoshiki passavano un sacco di tempo assieme e ricordando la sua fisicità adesso capiva il perché della taglia più grande scelta alla fine. Yoshiki annuì soddisfatto e le disse che il nome del ragazzo era Tetsuya.
«Siamo compagni di stanza sin da quando siamo entrati nella squadra ed è stato facile per noi fare amicizia sin da subito.» Spiegò raccontando come l'indole gentile del suo amico lo avesse fatto diventare in qualche modo protettivo nei suoi confronti.
«Sembri davvero una brava persona, Yoshiki.» Disse Saki in atteggiamento sognante. «Deve essere bello, averti come amico.»
«Bé, questo sei tu che devi dirmelo.» Commentò lui, che quasi come se niente fosse distolse lo sguardo verso il cameriere che gli stava portando le loro cioccolate calde, lasciando la ragazza ai suoi ragionamenti. Significava che la considerava una sua amica? Era veramente così facile? Si conoscevano da neanche una settimana e già potevano considerarsi amici?
Saki non disse niente, troppo imbarazzata per pensare; allungò la mano per prendere la tazza di cioccolata calda, ma mentre la sollevava avvicinandola al volto il suo braccio fu scosso da un intenso dolore e debolezza al braccio e si afflosciò di colpo, rischiando di versare la bevanda sul ripiano.
Yoshiki notò subito quella cosa, ma rimase calmo. Aveva tenuto d'occhio le reazioni della ragazza per tutto il tempo e aveva concluso che, anche se erano diminuiti, eventi di quel genere erano sempre stati presenti nelle sue giornate e non poteva trattarsi solo di un caso.
«Saki, dimmi una cosa.» Iniziò posando la propria tazza e avvicinando una mano alle sue. Lei teneva lo sguardo basso, abbattuta come se si stesse maledicendo per qualcosa e quasi rifiutò il contatto con Yoshiki. «Sii sincera con me e voglio che tu me lo dica se sto chiedendo qualcosa che non dovrei… Ma da amico a amica, sei sicura di stare bene?»
Saki temeva che quel momento sarebbe arrivato, il momento in cui avrebbe dovuto mostrare la propria debolezza e sgretolare quell'immagine di forza che la sua squadra aveva costruito con tanto duro lavoro; il momento in cui le sarebbero piovute addosso frasi di rammarico obbligatorie e lei sarebbe diventata a tutti gli effetti qualcuno da compatire per l’ennesima persona. Tutto perché non era stata in grado di fingere bene come gli altri, perché non era forte come i suoi compagni di squadra, e in generale perché non era degna di ricoprire un ruolo tanto importante come quello che le era stato assegnato grazie a chissà quale colpo di fortuna…
«Saki?» La voce di Yoshiki la fece tornare con i piedi per terra. Si diede un colpetto sulla tempia e iniziò a scuotere la testa furiosamente, strofinando un palmo sulla fronte come se stesse cercando di aprirvi un buco.
«Scusami…» Mormorò scuotendo ancora la testa, evitando il suo sguardo di proposito.
«Mi è sembrato che pensassi ad altro…» Disse lui, costernato. «Capisco se è qualcosa di cui non ti va di parlare.»
«Non è così!» Rispose alzando lo sguardo. Improvvisamente si sentì come se dovesse sputare il rospo, altrimenti sarebbe rimasta per sempre bloccata lì, incapace di andare avanti e accettare gli errori passati. «E' solo… Mi vergogno molto di questa cosa, è solo una stupida ferita eppure tutti ne fanno un così grosso problema.»
La ragazza aprì la cerniera del giubbotto e se lo sfilò di dosso; aveva caldo, specialmente dopo la domanda posta da Yoshiki, ma non fu per questo che lo fece. Dopo averlo poggiato sul sedile accanto al suo, spostò il maglione all'altezza della spalla destra per rivelare le bende che le ricoprivano il braccio fino al polso; si nascondevano bene in quel periodo invernale, un po' meno quando pilotava lo Stridiosauro, ma difficile da notare. Sotto alle fasce si potevano scorgere alcune macchie rosse che fecero immediatamente storcere il naso a Yoshiki; come pensava, era qualcosa di serio, anche se non sapeva ancora quanto.
«E' successo tutto a causa di un mio errore. Mi sono esposta troppo ai nemici e mi sono bruciata.» Spiegò sbrigativa, lasciando che il ragazzo si prendesse il tempo necessario a studiare le sue ferite di guerra, ma ansiosa di coprirle di nuovo. «I danni che subiscono gli Stridiosauri, noi Pistil li proviamo tutti sulla nostra pelle.»
Yoshiki era sconvolto. Ricordava solo la ferita quasi superficiale di Tetsuya alcuni mesi prima, e quella era stata causata da una anomalia nella connessione; ma questa poteva capitare a chiunque, pensare che anche Naho avrebbe potuto soffrire delle ferite del genere lo fece stare male e gli diede una dimensione molto più realistica di quello che la sua partner dicesse di provare ogni volta che veniva colpita.
«Il fuoco ha bruciato parte dei legamenti del mio braccio, così non sono più capace di muoverlo al meglio, la mia forza fisica ne ha risentito ovviamente… Ma questo non ha intaccato la mia capacità di pilotare, per fortuna.» Dopo un po' la ragazza abbassò la voce, tremendamente a disagio. «Potresti non fissarlo così tanto?»
Per Yoshiki fu come ricevere una secchiata d'acqua ghiacciata e si scusò immediatamente. Saki rimise a posto il colletto del maglione e indossò di nuovo il giubbotto, sentendosi nuovamente al sicuro.
«E' solo che non mi piace farlo vedere tanto.» Spiegò poggiando i gomiti sul tavolo, lo sguardo fisso sulla cioccolata calda che iniziava a raffreddarsi. «Mi ricorda un mio errore, un momento in cui ho messo in pericolo non solo me ma tutta la squadra, e me ne vergogno…»
Adesso Yoshiki poteva capire il suo sentirsi inadeguata dopo aver ricevuto un colpo simile, per quanto non lo condividesse, ma cosa c'entrava il resto della squadra? Lui e i suoi compagni erano abituati a contare gli uni sugli altri, se qualcuno di loro era nei guai arrivava qualcun altro a proteggerlo e viceversa e non ci si dava la colpa di niente; la squadra era anche lei, stava forse insinuando che fosse solo un inconveniente come un altro, o peggio, che i suoi compagni la avrebbero lasciata a sé stessa in una situazione del genere?
«Non mi piace che parli così.» Si riscosse da quella sorpresa mista a paura che lo aveva sopraffatto quando aveva visto le bende di Saki e assunse l'espressione più seria che riuscì a ottenere, quasi inquietante forse. Lei lo fissò perplessa e prese un sorso dalla propria tazza.
«Non sei un problema per la tua squadra. Se Suzuki fosse in pericolo, tu non ti lanceresti a salvarlo?» Nominò il primo che gli venne in mente.
«Ovvio, ma questo cosa c'entra?» Domandò la ragazza piegando la testa di lato.
«C'entra perché è lo stesso identico ragionamento che fanno i tuoi compagni quando tu ti ritrovi nei guai!» Rispose schietto Yoshiki. «Se fai un errore, è un problema di tutti a prescindere dalle conseguenze; una squadra lavora insieme sempre, nei successi e nelle disgrazie, e nessuno dovrebbe dirti che devi occupartene da sola!»
Spiazzata dalla passione messa in mostra da Yoshiki, Saki sorrise debolmente e si ricordò di una cosa che aveva sepolto in fondo alla propria memoria, quindi lo ringraziò con voce flebile e si scusò ancora una volta per aver portato quell'atmosfera così tetra, quindi cercò di sdrammatizzare e riprese a bere la sua bevanda.
Ma Yoshiki non voleva scuse, non voleva nemmeno che ignorasse quella cosa; poteva intuire come Saki fosse ancora turbata da qualcosa che non aveva detto, ma la lasciò stare per il momento. Sicuramente aveva ottenuto più di quanto si aspettasse quel pomeriggio, ma non poteva certo ritenersi contento di aver scoperto quella verità che la ragazza si teneva dentro.
 
*
 
«E' veramente tutto qui?» Domandò Naho, ormai con i nervi a fior di pelle. Se Suzuko le avesse tenuto nascosto qualcos'altro non sarebbe riuscita a rispondere delle proprie azioni.
«Questo è tutto quello che mi hanno raccontato Jun e Kyu.» Spiegò. «Non è da escludere completamente che mi abbiano tenuto all'oscuro di alcuni dettagli, ma mi sono sembrati sinceri tutto il tempo.»
Naho si alzò e andò alla finestra. I lampioni in fondo alla strada erano ormai accesi da tempo, il sole era sparito e le finestre dei palazzi accanto erano dei rettangoli luminosi pieni di vita. «Le crisi di Tsunami, l'infortunio di Yumu, tutto quello che è successo ad Ogura e poi… Asphodelum.»
Abbassò lo sguardo abbattuta, non riusciva a credere che fino a poco tempo fa avesse addirittura provato irritazione di fronte ad alcuni dei ragazzi di quella squadra, quando nei loro confronti c’era solo bisogno di comprensione. «Hanno tutti i buoni motivi per essere arrabbiati…»
«E non sono nemmeno tutti.» Mormorò Suzuko triste. «Ma il loro caposquadra è quello che decide, nessuno riuscirà ad affrontare la questione finché non lo farà prima lui.»
«E dovremmo convincerlo noi?»
«Ci ho provato, ma continua a sbattermi la porta in faccia.»
«Ma perché non ci è stato detto prima che arrivassimo?» Domandò esasperata la ragazza in piedi. L’altra strinse le spalle con rassegnazione.
«La Squadra Desia ha voluto tenere un basso profilo, parlare il meno possibile di tutti i problemi… Pensano che in questo modo riusciranno a risollevarsi.» Spiegò ben poco convinta di ciò che aveva appena detto.
Suzuko e Naho si fissarono intensamente, incerte sul da farsi.
«Sei sicura di non volerne parlare anche con gli altri?»
Suzuko alzò lo sguardo divertita, le sembrava di aver sentito quella proposta già altre mille volte. «Rendere pubbliche informazioni del genere porterebbe al caos, saremmo sbattuti fuori da qui tanto velocemente da non riuscire nemmeno a chiedere scusa.» Disse sarcastica; non pensava che la sua compagna fosse una persona ingenua, ma in quel momento lo sembrava di sicuro. «E poi i nostri compagni adesso non sono nelle condizioni di maneggiare una questione del genere.»
Naho si morse un labbro. Suzuko aveva ragione su quell'ultimo punto, almeno in parte; pensava che almeno Yoshiki, Rin, Momo e Kondō sarebbero stati abbastanza obiettivi da poterne discutere con maturità, ma non ribatté.
«Però non possiamo lasciare che Kano continui a ignorare questo problema!» Cambiò discorso. «Qualcosa bisognerà pur fare!»
Suzuko sospirò esasperata, conscia di aver pensato quelle stesse identiche cose nel primo istante che aveva appreso quella storia. «Ogni tentativo di avvicinamento va a concludersi in un nulla di fatto e se continuiamo così finirà per chiudersi completamente a riccio. L'unica cosa che possiamo fare è fargli capire attraverso le azioni che non siamo nemici, che abbiamo buone intenzioni, ma è facile a dirsi…»
Naho la osservò mentre si massaggiava la fronte, provata. Quello sarebbe stato ovvio anche prima di scoprire tutto questo, ma era chiaro che non bastasse.
«E se coinvolgessimo i suoi compagni?» Propose.
Suzuko scosse la testa. «Come ti ho già detto, non faranno un passo prima che lo abbia fatto lui.»
«Forse non tutti.» Quelle parole fecero alzare subito lo sguardo alla piccoletta rimasta seduta, che le chiese se avesse qualche idea. Naho annuì. «Forse.» Disse.

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Capitolo 54
*** Due squadre unite ***


Le unità Chrysanthemum della Squadra Desia erano sei Stridiosauri quasi completamente uguali dalle dimensioni ridotte; si trattava di modelli Conrad, più piccoli dei Mohorovičić, la cui forza risiedeva proprio nel lavorare in gruppo e unirsi in un unico, gigantesco essere per sopraffare i nemici se in gran numero, ma in una squadra di così pochi elementi il loro impatto era molto meno incisivo e nonostante ciò la Squadra Desia aveva ottenuto grandi risultati in battaglia e nei test effettuati con la Squadra Anemone.
Suzuko aveva osservato la loro coesione e aveva concluso che ci fosse qualcosa a tenerli uniti saldamente; se fosse stata all'oscuro di tutto, avrebbe pensato che fossero semplicemente tutti molto compatibili fra loro e ben organizzati, ma dopo aver sentito la storia di Jun e Kyu sapeva bene che ci fosse qualcosa di più: era qualcosa nato nelle teste dei ragazzi da poco tempo, un legame indissolubile che li rendeva molto forti proprio perché ne avevano bisogno, eppure una forza simile rischiava di venire meno in qualsiasi momento se mancavano colonne portanti a sorreggerla, e in questo caso tali colonne erano il dialogo all'interno della squadra e la fiducia nella Squadra Anemone, che si era presentata lì con le migliori intenzioni.
Suzuko comprendeva che non dovesse essere facile fare da supporto psicologico ai propri compagni di squadra in una situazione del genere; non tutti potevano essere portati naturalmente per fare da leader, ma Kano sembrava star andando a cercare di proposito tutte le scelte peggiori del caso. Era anche per questo che aveva deciso di affidarsi al piano di Fukuda e sperare che Suzuki le aiutasse.
Il ragazzo aveva dimostrato di non avere alcuna antipatia nei confronti della loro squadra, era aperto al dialogo e usando le parole giuste avrebbe potuto aiutare il proprio caposquadra a vedere un po' di ragione. Ma non sapevano ancora come avrebbe potuto reagire alla menzione dei problemi della Squadra Desia, e per questo fu Naho che andò a parlargli da sola; lei aveva stabilito un legame più forte con lui e credeva di potersi sbilanciare a dire qualcosa di più rischioso rispetto a Suzuko.
Così la biondina dovette affidarsi alla propria compagna e sperare per il meglio, senza poter in nessun modo conoscere in anticipo il risultato della sua chiacchierata con Katsuki; a preoccuparla era anche il tempo che scorreva inesorabile. Mancava solo l'ultimo test prima di tornare a Mistilteinn e dopo di quello si sarebbero rivisti chissà quando senza alcuna possibilità di lavorare sulle proprie differenze. Bisognava risolvere il problema adesso e possibilmente sperare che nel frattempo i loro compagni di squadra – Nakamura su tutti – non combinassero guai.
Naho aveva avvicinato Suzuki poco prima del solito briefing che precedeva ogni sessione di allenamento e gli aveva chiesto di seguirlo in privato; Katsuki prima aveva dovuto scusarsi con la propria partner Kawa, che però sembrò molto accondiscendente e si allontanò finendo per essere attratta dall'orbita dei fratelli Okagawa, quindi le chiese immediatamente cosa volesse dirgli mantenendo sempre quell'espressione tranquilla e un po’ assente che lo contraddistingueva.
Naho non rispose finché non furono lontani da sguardi indiscreti, quindi ancora un po' in ansia per quello che aveva da dire, iniziò a pensare al modo migliore per parlargli.
Suzuki sembrò quasi divertito dall'indecisione di Naho, tanto che arrivò un momento in cui le chiese:«E' una confessione?»
Il suo tono era chiaramente scherzoso e nonostante ciò riuscì a mettere in crisi la ragazza, che subito iniziò ad agitare le mani e a negare quella ipotesi, paonazza in viso.
«E allora a che serve tutta questa tensione? Coraggio, dillo e basta!» La incitò ridendo, compiaciuto da quella reazione scomposta. Naho ci mise un secondo a stabilizzare le proprie respirazioni e quando ci riuscì le sue guance tornarono di un colore normale, quindi fece un respiro profondo.
«Si tratta del tuo caposquadra.» Disse tornando completamente seria. La smorfia di Suzuki suggerì che avrebbe preferito una confessione piuttosto che parlare di quello, ma la lasciò continuare. «Una mia compagna ha parlato con i vostri coordinatori e loro le hanno raccontato tante cose sulla vostra squadra. Vogliamo aiutare, non è giusto che dobbiate tenervi tutto dentro in questo modo solo perché lui non riesce ad affrontarlo…»
Katsuki la interruppe. «Quanto sapete, esattamente?»
«Tutto.»
«Sapete di Ogura?»
«Sì.»
«E di Yumu e Tsunami?»
«Sì.»
«E…» Il ragazzo si fermò, osservandola attentamente. Quello era lo sguardo di chi sapeva cosa avrebbe detto.
«Katsuki.» Gli disse con voce ferma. «Sappiamo tutto. Vogliamo aiutare!»
Suzuki fu sorpreso dal sentirsi chiamare per nome, quindi abbozzò un sorriso divertito e le disse di andare avanti. «Come avreste intenzione di aiutare, esattamente?»
Un po' più incespicante su quell'argomento, Naho riprese il suo discorso:«Kano non accetta alcun tipo di aiuto, sembra sicuro di poter affrontare qualsiasi pericolo da solo, e ammetto che i nostri risultati nei test non sono stati molto incoraggianti… Se dovessimo deludere le aspettative anche questa volta, potrebbe spingere ancora con più forza per non collaborare mai più, ma dai racconti di Jun e Kyu sappiamo che per la prossima battaglia abbiamo bisogno di combattere assieme! Solo che se dovessimo arrivarci in questo stato, sarà tutto inutile.»
«D'accordo. Quindi? Vuoi che gli parli?»
Naho alzò lo sguardo verso Suzuki. Era serio, ma nonostante avesse tutte le buone intenzioni credeva che non sarebbe servito che qualcuno della sua squadra mettesse una buona parola su di loro.
«No, finiresti per farlo arrabbiare di più.» Disse. «Non vogliamo farlo sentire in trappola, a lui basta pochissimo per reagire in modo aggressivo. Però volevo chiederti qualche consiglio su di lui, per come parlargli meglio e aiutarlo a capire che non vogliamo fare nulla di sbagliato…»
Suzuki abbassò lo sguardo, braccia incrociate e labbra serrate. Rifletté per qualche secondo, poi annuì un paio di volte tra sé e sé e infine tornò a guardare Naho.
«Capisco la vostra preoccupazione. Anche io penso che, se resteremo da soli la prossima battaglia, moriremo tutti di sicuro.» La sua schiettezza diede i brividi a Naho, che si chiese come facesse a dire cose simili con tanta leggerezza. «Tuttavia il problema non è "ciò che fate", ma "ciò che avete fatto."
«Kano odia ciò che rappresentate. Il vostro gruppo è forte, ma manca di coesione; la scenata fatta dal tuo compagno di squadra l'altro giorno dimostra che ci sono cose nascoste agli sguardi esterni che potrebbero minare la struttura della vostra squadra. Ci sono altri esempi simili che potrebbero venirti in mente?»
Naho ripensò a quello che era successo tra Hoshi e Momo, alla fuga disperata sotto la pioggia della sua amica, a come Kya non avesse mai del tutto perdonato quel comportamento del ragazzo; si ricordò delle insicurezze di Aki e Rin e del loro breve ma intenso gioco di nascondino con i coordinatori nelle prime settimane di convivenza; si ricordò anche delle volte che Yoshiki aveva causato, anche involontariamente, delle discussioni parecchio accese tra i suoi compagni e delle sue reazioni incontrollabili sul campo di battaglia, che gli ricordavano Kya per certi versi.
Suzuki non la fece nemmeno rispondere. «Ecco, quello sguardo la dice lunga. Magari sono solo sciocchezze, però ci sono state chiaramente alcune situazioni che ti hanno fatto dubitare dei tuoi amici; se tu hai dubbi simili, allora immagina uno carico di pregiudizi come il mio caposquadra.»
«Ma questo è un altro discorso…» Cercò di ribattere lei, ma Suzuki la interruppe calmo.
«Anche volendo abbuonare alla tua amica ciò che ha portato alla rottura con il suo partner, ci sono tante altre sue azioni che hanno fatto storcere il naso a Kano.»
Naho sapeva già cosa avrebbe detto, si preparò alla batosta senza ribattere.
«Quando pilota è indubbiamente una forza della natura, tuttavia a volte sembra fare troppo.» Continuò Katsuki. «Come se le interessasse di più uccidere i VIRM, piuttosto che proteggere il mondo.»
A quelle parole Naho non seppe cosa rispondere. Anche a lei era sembrato che Kya traesse particolare piacere dalla lotta e questo non l'aveva mai rassicurata particolarmente; tuttavia lei conosceva Kya meglio di Kano e Suzuki, sapeva cosa volesse lei e cosa provasse per le persone che le stavano accanto, non credeva che avrebbe mai veramente messo in pericolo i suoi compagni in un modo tanto ingenuo.
«Kano ha paura ad affidare la propria vita e quella dei suoi compagni nelle mani di qualcuno tanto frivolo. Il suo comportamento è una sorta di test, vuole tirare fuori il peggio da voi per dimostrare ciò che ha sempre sostenuto, non gli interessa se siete stati provocati; lui farà di tutto per distruggervi!»
«Ma come facciamo a fargli capire che non abbiamo cattive intenzioni con lui?» Sbottò preoccupata. Suzuki strinse le spalle.
«Non potete. Dovete semplicemente fare il vostro lavoro, fargli capire che le sue provocazioni non vi interessano; lasciate parlare i fatti! Kano si calmerà, forse.» Quella risposta non era esattamente ciò che Naho sperava di sentire, eppure capì che fosse il consiglio migliore che potesse darle in quel momento.
Avrebbe voluto qualcosa di più, una sorta di trucco magico per risolvere quel problema in un battito di ciglia, ma Naho sapeva che queste cose non esistevano realmente; per lei e la sua squadra c'era solo da dura realtà con cui scontrarsi e le conseguenze delle proprie azioni, che non potevano piacere a tutti come prevedibile.
«Ho come l'impressione che le mie parole non ti siano piaciute.» Commentò atono Suzuki, ma Naho alzò lo sguardo e gli disse che non era così.
«E' solo che…» La ragazza si imbronciò. «Speravo in un aiuto più sostanzioso.»
«Non sta a me cambiare l'idea che ha Kano di voi. Non vi conosco abbastanza per mettere una buona parola e anche se lo facessi, Kano capirebbe che sto mentendo; posso solo dare le mie impressioni e sperare che combacino con quelle degli altri, ma i tuoi compagni non hanno fatto del loro meglio per piacere ai miei. E' semplicemente come si sono sviluppate le cose.
La ragazza sospirò. «Hai ragione, mi dispiace averti tirato in mezzo a tutto questo.» Ma la risposta di Katsuki fu un sorriso sbrigativo.
«Nah, mi sto divertendo.» Commentò. «Sono curioso di vedere come andrà a finire tra le due squadre.»
Naho rimase a riflettere su quelle parole; il tono di Suzuki somigliava a quello di qualcuno totalmente distaccato dalla situazione in cui ci si trovava, eppure anche lui era coinvolto in tutto quello, per quanto forse in maniera ridotta rispetto agli altri. Il ragazzo fece per voltarsi e lasciarla così ai suoi pensieri, ma sembrò ricordarsi di qualcosa e tornò da lei.
«Ah, prima che mi dimentichi… A me non importa, ma sarebbe meglio che non nominassi Tanaka e Honda di fronte ai miei compagni.» Disse facendosi serio di colpo. Naho lo fissò sorpresa; aveva già pensato che fosse una cattiva idea menzionare quelle persone quindi non sarebbe di certo andata a fare domande in giro, ma se Suzuki glielo aveva voluto dire significava che fosse da evitare assolutamente.
«Non gli piace… Sì, non gli piace ricordare quei due.» Fece una pausa. «E non parlare a Ogura del suo infortunio, mi raccomando!»
Naho annuì più volte, ma nella sua mente rimasero impresse le parole utilizzate da Suzuki: "a me non importa" e "non gli piace." Sembrava che lui non si includesse di proposito in quel gruppo. Ignorando il suo voto di discrezione, Naho domandò:«Perché a te… Non importa?»
Suzuki inarcò un sopracciglio e la fissò con un'espressione carica di sorpresa; gli sfuggì una risatina.
«Alla faccia della curiosità, non guardi in faccia a nessuno quando c'è da svelare un mistero!»
Naho volle scusarsi immediatamente dicendogli di lasciar perdere, ma Suzuki fu stranamente rilassato e si avvicinò di nuovo, mostrando di non essere offeso dalla sua invadenza.
«Non è un segreto, ma mi dispiacerebbe se in questo modo sembrassi un insensibile o comunque una persona orribile…» Iniziò lui. «Quando ero piccolo mi fu diagnosticato un disturbo antisociale di personalità, il che vuol dire che sono diverso dagli altri nel modo in cui mi affeziono a cose e persone, e le emozioni hanno un sapore… Diverso.»
Naho ascoltò quel discorso con in viso un'espressione di marmo, ma in realtà era sconvolta. Non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo nascondesse un segreto tale e nonostante l'effetto che faceva, a lui non sembrava importare minimamente; in fondo era esattamente quello che le aveva appena detto, ma vederlo in azione con questa consapevolezza lo rendeva ancora più incredibile.
«Quindi è per questo che non sono triste se quei due abbiano tirato le cuoia.» Suzuki simulò un sorrisetto, ma sembrò ripensarci e si scusò per aver usato un termine così insensibile.
Naho sentì un brivido lungo la schiena alla sua battuta, ma mantenne il sangue freddo; non voleva rovinare il rapporto che aveva con quel ragazzo e in fondo qualunque disturbo avesse era sempre una persona molto interessante e a tratti amabile. «C-come mai hai deciso di entrare nel programma Parasite, allora?»
Suzuki sorrise di nuovo, divertito dalle incessanti domande della ragazza che sembrava non riuscire a darsi un contegno, ma in fondo doveva aver capito che non gli dava alcun problema ricevere domande anche scomode.
«Volevo fare qualcosa di divertente.» Disse senza pensarci troppo. «Volevo divertirmi. Potrei dire che non c'è niente di divertente nel combattere in una guerra, ma non è questo a renderlo piacevole: la monotonia di una vita tranquilla non soddisfa come può fare invece una vita sempre di corsa, passata tra un allenamento e una battaglia, con il rischio di farsi molto male. E poi, semplicemente, mi attirava l'idea di avere gente che si affidasse a me, pur essendo un mostro.»
Sembrò malinconico mentre pronunciava quelle ultime parole, ma in realtà era semplicemente sincero; forse era Naho a osservarlo e analizzare le sue parole, attribuendogli sfumature che non aveva. Suzuki alzò lo sguardo verso di lei, che non disse niente e rimase a fissarlo in faccia, quindi sorrise e si girò.
«Scusa, non volevo certo distruggere l'immagine che avevi di me.» Borbottò portandosi una mano alla nuca e iniziando a lasciare la stanza. «Ci si vede sul campo di addestramento!»
«Non sei un mostro.»
La voce di Naho rimbombò all'improvviso nella stanza vuota e fece fermare Suzuki, che si era già avviato verso l'uscita. L'espressione di sorpresa che le mostrò fu impagabile, ma Naho non vi si concentrò troppo per non perdere il filo del discorso che aveva in mente.
«Tu non sei un mostro, sei solo una persona un po' diversa dal resto.» Continuò. «Un mostro non sarebbe così disponibile e non darebbe consigli preziosi e onesti su una questione così delicata. E' probabile che anche a te importi del benessere della squadra, solo che non lo sai e non lo dai a vedere.»
Confuso da quell'improvvisa pioggia di parole, Katsuki fece una smorfia e scosse la testa. «Se lo dici tu…» Borbottò salutandola di nuovo, lasciando la stanza definitivamente.
Naho rimase in silenzio qualche istante, poi sospirò e con aria soddisfatta tornò alla sala dei briefing per incontrare il resto della squadra. Arrivando alla sala, incontrò Kya e Kaoru appena fuori dalla porta, appostati a ripetere qualcosa tra di loro con aria losca; dovevano essere particolarmente assorti, perché non si accorsero di Naho finché questa non fu alle loro spalle e li ebbe chiamati per nome.
«Che state facendo sulla porta? Entriamo!» Disse lei, ma questi furono riluttanti a seguirla.
«Tu vai avanti, noi dobbiamo finire di ripassare alcune cose…» Borbottò Kya, lanciando un'occhiata a Kaoru che annuì senza dire niente. Naho li fissò per un secondo e aggrottò la fronte, poi alzò lo sguardo esasperata.
«Che state facendo?» Domandò di nuovo, questa volta con tono perentorio. Kya allora rispose cercando di minimizzare.
«Solo un piccolo consiglio di guerra, stiamo ripetendo come affro…»
«Un consiglio di guerra?!»
Le mani della caposquadra si lanciarono a premere le labbra della sua compagna per farle fare silenzio. Kya soffiò l'aria tra i denti e si guardò intorno alla ricerca di qualche testimone di quella scena, quindi allontanò lentamente le mani dalla bocca di Naho e tornò a parlare a bassa voce.
«E' solo una chiacchierata tra partner su quale linea d'azione sarebbe meglio seguire nel prossimo test.» Spiegò scrollando una mano con fare sbrigativo.
«Ma non sappiamo che tipo di test sarà.» Rispose Naho perplessa. Kya annuì compiaciuta.
«Questo, mia cara, perché tu non hai la lungimiranza mia e del signor Matsumoto qui presente, la nostra intraprendenza e questo documento dove stanno scritte tutte le prove dei test passati e futuri!»
Kya tirò fuori da sotto l’uniforme una busta trasparente con dentro diversi fogli stampati e rilegati assieme e Naho quasi glielo strappò dalle mani rendendosi conto della gravità della situazione.
«Che diavolo fai? Se lo scopre Nana, o peggio Hachi, siete morti!» Esclamò a denti stretti agitando le braccia, ma la sua amica aveva già nascosto di nuovo i fogli sotto all'uniforme.
«Non succederà perché me ne sbarazzerò presto, ora che ho ottenuto quello che cercavo.» Ghignò e qualche istante dopo il suo sorriso si allargò ancora di più. «Ma non è che per caso… Vuoi dare un'occhiata anche tu?»
Naho arretrò in maniera molto teatrale e guardò la sua amica con sdegno. Avrebbe detto che non poteva credere a ciò che le aveva proposto, ma in realtà ci credeva benissimo perché sapeva come era fatta Kya; in ogni caso mantenne un tono autoritario e si rifiutò di prendere i fogli che l'altra le stava porgendo senza troppo riguardo.
«Sarebbe come barare, non potrei mai fare una cosa del genere!» Disse distogliendo lo sguardo. Kya annuì e disse che non si sarebbe aspettata niente di meno da lei.
«Allora vedrò di farlo sparire, così nessun altro saprà cosa ci aspetta in questo test decisivo…» Borbottò voltandosi, estendendo l'ultima parte della sua frase il più possibile sapendo che Naho stesse ancora ascoltando.
Kya rimase ferma per due secondi, lo sguardo compiaciuto fisso su Kaoru che la squadrava perplesso, e quando fece un altro passo in segno di voler andare via, la sua amica la fermò e le prese con poco garbo la cartellina. Mentre sfogliava nervosamente i documenti che indicavano la scaletta dei test delle due squadre, Kya le si avvicinò sghignazzando e posò gli occhi sui fogli assieme a lei.
Stando a quanto riportava il documento, l'ultimo test avrebbe visto le due squadre collaborare dividendosi in coppie di Stridiosauri: il campo di battaglia sarebbe stato una replica di un centro abitato e l'obiettivo sarebbe stato quello di salvare i civili, impersonati da droni passivi, affrontando al contempo altri droni che avrebbero cercato di fermarli; il risultato sarebbe stato giudicato dalla rapidità con cui l'obiettivo sarebbe stato raggiunto, l'efficienza nell'eliminare i droni avversari e dai come sarebbero stati contenuti i danni alla città.
Naho si lanciò subito a leggere i nomi dei piloti che avrebbero lavorato in squadra, trovando il suo e quello di Yoshiki accanto ai nomi di Saitō e Igana.
Non era poi così male. Lei aveva già parlato con Tomoko, mentre Yoshiki sembrava aver fatto più o meno amicizia con il suo partner, ma era sicura che non si sarebbero risparmiati durante il test.
Tuttavia non si trattava di competere tra loro; le coppie avrebbero dovuto collaborare per superare la prova, forse neanche ci sarebbe stata una classifica alla fine.
«Allora anche la nostra perbenina Naho non riesce a resistere alla tentazione di sbirciare nel programma del giornata, eh?» La stuzzicò Kya, e Naho si ricordò immediatamente di essere nel bel mezzo del corridoio e di avere in mano un documento che scottava.
Glielo schiaffò in faccia e le disse di farlo sparire, impedendo alla sua amica di ribattere in alcun modo. Dopo un istante però, la curiosità di Naho tornò alla carica.
«Voi con chi dovrete collaborare?»
Kya sembrò aspettarsi quella domanda. Con sguardo sdegnoso per essere stata trattata con così poco garbo, diede qualche colpetto con la mano alla cartella e si schiarì la voce, tornando a passare le dita tra i fogli per prendere nuovamente la pagina appena consultata dalla sua amica.
«In effetti mi sarei aspettata di dover collaborare con Kano, sai essendo entrambi caposquadra e dovendo lavorare sulle nostre differenze e tutte quelle scemenze là…» Borbottò. «Ma invece io e Kaoru siamo stati accostati a questi Ogura e Nagashima.»
Kya lesse i nomi sul documento con aria misteriosa, come se non li avesse mai sentiti prima. In un primo momento Naho pensò che avesse senso che non fossero finiti con il caposquadra opposto, ma subito temette che il carattere particolarmente impulsivo della sua amica avrebbe potuto provocare dei problemi al fianco di Ogura e provò ad avvisarla.
«Lo so, starò attenta!» La anticipò sbuffando. «So già di essere tenuta d'occhio dai coordinatori, non voglio fare arrabbiare nessuno.»
«Non è quello…» Mormorò Naho, incerta se dire di più. Doveva fermarsi, Kya non sarebbe mai riuscita a mantenere il segreto. «E' solo che Ogura ha un carattere particolare, cerca di non strapazzarla troppo, d'accordo?»
Kya la fissò come se avesse davanti un alieno. Normalmente avrebbe risposto con sarcasmo all’invito e avrebbe fatto totalmente il contrario di quello che le era stato chiesto, ma invece si limitò a fare spallucce e a dirle che sarebbe stata attenta.
«In ogni caso, ci siamo preparati alla grande proprio per ridurre a zero i rischi!» Intervenne Kaoru, posando una mano sulla spalla di Kya. Questa sorrise soddisfatta e annuì più volte.
«Sì, non ci sarà bisogno di scomodare troppo gli altri!»
Sorpresa dall'improvvisa complicità nata tra quei due, Naho gli chiese che cosa avessero in mente per quel test e Kya fu fiera di rispondere carica di entusiasmo e spirito battagliero.
«Faremo sprofondare Kano nella vergogna!»
Sempre realistica e pacata, la sua cara amica.
La ragazza scoppiò a ridere dopo aver visto il volto di Naho. «Stavo scherzando!» Le disse, quindi si appoggiò a una spalla del partner continuando a sbudellarsi dalle risate.
«Il piano è quello di prendere un approccio conservativo, di non strafare in pratica.» Spiegò questo. «Con le nostre capacità attuali abbiamo poche possibilità di brillare come eravamo abituati a fare, quindi ci assicureremo di fare il nostro lavoro e non intralciare nessuno.»
«Anche al cinquanta percento delle mie capacità sono fortissima!» Esclamò Kya gonfiando i muscoli, senza risultare convincente. «Mostrerò a Kano il mio talento e il mio contegno, così non avrà altra scelta che accettare il nostro contributo! E a quel punto anche Ryo vorrà tornare da me, ammaliato dalla mia bravura alla guida e dalle mie doti diplomatiche!»
La ragazza si sbracciò con grande teatralità e concluse quel discorso con gli occhi che le brillavano, ma a quel punto Kaoru dovette intervenire con tono più contenuto per farla volare basso:«Una cosa alla volta, Kya.»
Naho era sorpresa dall'intraprendenza della sua amica. Negli ultimi giorni aveva pensato che fosse troppo depressa per cercare un modo per rispondere al duro colpo che il suo amico le aveva inflitto; invece adesso scopriva che si stava impegnando a risolvere il problema agendo in modo diverso da come era abituata a fare e la cosa più bella da vedere era come Matsumoto la stesse sostenendo. Forse Suzuki aveva ragione a dire di lasciare che le cose si sistemassero da sole.
«Bé, allora sembrate avere tutto sotto controllo…» Sospirò. «Ma sul serio, vedi di far sparire quel coso altrimenti ti aspetta una tirata d'orecchie da qui fino ad Anemone!»
Kya ammiccò e le disse di non preoccuparsi. «E non dimenticare: contiamo anche su di te!»
«Come su di me?»
«Bé, visto che Iustitia e Xenomorphus, che erano gli Stridiosauri più forti dell'ultimo periodo, sono stati azzoppati da questo shuffle, rimanete voi dell'Anthurium e l'Animus a tenere alta la bandiera della nostra squadra, e voi siete sempre stati impeccabili sin dall'inizio.» Spiegò la ragazza ricomponendosi. «Se vogliamo dimostrare a quell'antipatico di Kano che siamo gente di cui fidarsi, dobbiamo mostrargli che siamo tutti capaci di cose straordinarie!»
Kya si girò verso la porta dopo aver visto gli adulti arrivare dalla fine del corridoio e fece l'occhiolino a Naho, che rimase a fissarla stordita; tra tutto quello che aveva scoperto in quei cinque minuti di conversazione, sapere che Kya la reputava una delle persone più forti della squadra la lasciò senza parole. Forse la sua amica era molto più matura di quanto desse a vedere.
Rientrando nella sala briefing, Naho lanciò un'occhiata a Suzuko per farle sapere che aveva concluso con Suzuki, ma non andò a parlarle subito perché dopo di lei entrarono anche Nana, Hachi e i due coordinatori della Squadra Desia, seguiti poi da tutti gli altri che ancora non erano presenti in sala, e così rimase ad ascoltare le loro indicazioni.
Nana li salutò con il suo solito tono raggiante, battendo le mani per richiamare l'attenzione. Era arrivato il momento della prova decisiva, l'ultimo giorno di quel gemellaggio che per alcuni era stato molto movimentato.
«Lasciateci dire, innanzitutto, che siamo molto contenti dei risultati avuti fino ad ora. Vediamo tutti i vostri sforzi nel tentare di costruire un dialogo pacifico tra le due squadre e speriamo che presto anche le ultime incomprensioni potranno essere chiarite…» Quell'ultima parte fu diretta in particolare a Kano, che però sembrò quasi non ascoltare.
Shinji aveva i nervi a fior di pelle da quando era atterrata la Squadra Anemone. Se prima pensava che sarebbe bastato ignorarli, adesso le provocazioni che aveva ricevuto lo avevano convinto a fare di tutto per umiliarli. E in fondo ci stava riuscendo; nonostante la poca concentrazione, aveva sempre ottenuto ottimi risultati nelle prove surclassando diversi membri dell'altra squadra e, soprattutto, quella presuntuosa di Nakamura. Li avrebbe rispediti a casa in lacrime!
«Passando all'ultima prova, per adesso vi forniremo solo alcuni dettagli generali e quando sarete sul campo riceverete maggiori istruzioni.» Fece Hachi, attivando un ologramma che mostrava l'area su cui si sarebbe svolta la prova; un modello estremamente dettagliato della città di Desia, proprio come aveva detto il documento di Kya.
Naho si voltò a cercare l'amica, immaginando che se la stesse ridendo sotto i baffi, ma invece la beccò a lanciare occhiate timorose a Sato, seduto dall'altro lato della sala quasi in isolamento; Aiko aveva preso posto accanto a Kaoru, che era seduto al fianco della sua nuova partner, e in generale nessuno sembrava aver voluto prendere posto accanto allo Stamen dello Xenomorphus. Da quando aveva dato voce al suo disagio, Ryo si era isolato quasi volontariamente dal resto della squadra e gli altri, anche i suoi amici più stretti, avevano fatto fatica ad avvicinarlo e parlare onestamente con lui. Le cose sarebbero mai tornate come prima?
Dopo le istruzioni degli adulti, le due squadre si avviarono verso l'uscita. L'abitazione della Squadra Desia era in pieno centro città e non c'era abbastanza spazio per gli Stridiosauri, quindi per ogni allenamento c'era bisogno di un viaggio relativamente breve fino alla periferia; i mezzi erano custoditi in una grande struttura dell'I.P.U. dove avveniva la manutenzione, ma in quei giorni non c'era stato molto lavoro da fare perché i test avevano riportato pochissimi danni. Per quanto la struttura non avesse bisogno di ospitare Stridiosauri di grosse dimensioni, lo spazio per gli Stridiosauri ospiti, dalle dimensioni mastodontiche rispetto alle sei unità Chrysanthemum.
Non appena arrivarono alla struttura, Kya iniziò subito a ronzare attorno alla coppia formata da Ai Ogura e Tetsuki Nagashima; sapendo che avrebbe dovuto collaborare con loro aveva intenzione di capire che tipi fossero e magari fare amicizia sul momento, ma si rese conto di aver già conosciuto il ragazzo in precedenza, quando era andata a fare visita a Kano e aveva finito per litigare furiosamente con quest’ultimo. In quella circostanza si era completamente dimenticata della presenza del piccoletto sarcastico, ma adesso che se lo ricordava fu molto sollevata al pensiero di avere già avuto a che fare con lui.
Normalmente, a quel punto, la ragazza si sarebbe allargata e avrebbe rapidamente abbandonato ogni formalità per abbattere ogni barriera tra loro, ma questa volta invece preferì trattenersi per non risultare eccessiva; poteva comunque contare sulla sua naturale estroversione e fare una buona impressione ai due ragazzi, ma la presenza della Pistil di quella coppia la frenò un poco.
Ogura aveva un'aura difficile da spezzare attorno a sé, lo sguardo fisso anche quando rivolgeva la parola a qualcuno, per non parlare del fatto che sembrasse avere una guardia del corpo, una ragazza alta e dai capelli rossi con lo sguardo severo, e che non lasciasse mai la mano del proprio partner. Anche per una persona come lei, era difficile avvicinare qualcuno così.
Per i piloti della Squadra Desia fu strano vedere i loro ospiti imboccare rampe diverse per raggiungere le cabine di pilotaggio dei diversi Stridiosauri; la differenza in altezza di alcuni modelli sapeva essere intimidatoria, ma non tutti si lasciarono spaventare dall'imponenza di Stridiosauri come il Gaia o l'Aros, essendo sicuri nelle proprie capacità.
Quando i piloti furono nelle cabine di pilotaggio, gli Stridiosauri furono spostati dai macchinari per essere posizionati sul campo del test. I coordinatori avevano allestito tutto con cura questa volta, volevano mantenere la sorpresa a tutti i costi probabilmente per aiutare i ragazzi a improvvisare in situazioni complicate; era un vero peccato che Kya e Kaoru fossero già venuti a conoscenza del programma della simulazione odierna e avrebbero sfruttato ogni minimo vantaggio.
Quando finalmente, dopo diversi minuti passati al buio nelle cabine ad aspettare che le unità fossero in posizione, dalla sala comando arrivò il via per attivare la connessione, gli Stridiosauri si risvegliarono uno ad uno, ritrovandosi all'interno di un paesaggio urbano e lontani dai propri compagni di squadra; accanto a loro c'era solo una delle unità della squadra opposta.
«Il vostro compito è quello di collaborare in coppia per respingere l'offensiva nemica all'interno della città e allo stesso tempo recuperare e portare in salvo i civili nascosti sul campo.» Spiegò la voce di Jun via radio, sorprendendo non poco in particolare i membri della propria squadra.
«Sia i nemici che i civili saranno impersonati da dei droni con pannelli luminosi viola e verdi a contraddistinguerli, come al solito.» Si unì Kyu. «Assicuratevi di non fare confusione.»
«Inoltre, per incentivare la collaborazione tra coppie, i vostri canali di comunicazione sono stati disattivati; non riceverete più istruzioni da noi e sarete in grado di comunicare solo con le unità nelle vicinanze tramite gli Stridiosauri.» Questo fu l'ultimo messaggio dalla sala di controllo, prima che gli adulti si chiudessero a osservare e giudicare l'operato dei loro pupilli. Suzuko pensò che avessero preso quella decisione dopo l'imprevisto nella loro ultima battaglia che aveva impedito tutte le comunicazioni tra Stridiosauri e coordinatori, ma più ripensava a quello che sapeva sulla Squadra Desia e più credeva che quel tipo di precauzioni fossero superflue.
«Ci stanno prendendo in giro? Questa avrebbe dovuto essere una sfida tra squadre…» Ringhiò una voce familiare proveniente dallo Stridiosauro accanto al Gaia. Suzuko si voltò sorpresa.
«Kano, sei tu?»
Un gemito insofferente la raggiunse in risposta. «Sentakami, giusto?» La salutò senza neanche voltarsi a guardare. «Bé, immagino che poteva andarci peggio…»
Suzuko si trattenne dal rispondere a tono a quel commento fuori luogo e invece cercò di creare un dialogo costruttivo:«Pensavo che i caposquadra avrebbero collaborato assieme.»
«Forse hanno capito che quella randagia della tua compagna non è nelle condizioni per fare la caposquadra…» Rispose lui credendo di infastidirla. Al contrario, Suzuko aveva sostenuto quella tesi sin dal primo giorno ma aveva lasciato fare perché, fino a quel momento, i risultati della squadra erano stati soddisfacenti. Ma le parole di Kano risvegliarono qualcosa in lei; avrebbe dovuto considerare questo test come una prova per mettere in mostra le proprie doti da leader? In fondo aveva sempre cercato il dialogo con Kano, si era comportata in maniera diplomatica come avrebbe dovuto fare Nakamura, quindi forse qualcuno aveva notato i suoi sforzi?
«O magari hanno semplicemente scelto le coppie a caso.» Rispose stizzita la partner del caposquadra, Yumu. «Smettila di cercare sempre un motivo per litigare!»
Il rimprovero di Saki sembrò avere effetto su Kano, che cambiò argomento e disse al Gaia di darsi una mossa e di restare vicino. Gli Stridiosauri in dotazione alla Squadra Desia erano tutti piccoli e molto maneggevoli, differenziati solo dal numero che accompagnava il loro nome dipinto sul dorso di ognuno, e alcune abilità individuali: l'unità Chrysanthemum 1 appariva come un piccolo pod slanciato e dal dorso leggermente bombato, poteva spostarsi sia orizzontalmente che in verticale, sfruttando i retrorazzi per le manovre; non era munito di ruote come l'Animus, ma poteva considerarsi simile ad esso per le sue qualità e così anche gli altri Stridiosauri del gruppo. Il suo potere di attacco non era alto e da solo spesso otteneva pochi risultati, ma poteva scovare i punti deboli dei nemici ed eliminarli in un solo colpo grazie alla grande varietà di accessori di cui disponeva.
Non appena le comunicazioni furono disattivate, Kya e Kaoru si concentrarono sui loro compagni per quella missione: normalmente la ragazza non si sarebbe neanche premurata di chiedere i loro nomi, ma avendoli già letti nel documento che aveva rubato ai coordinatori le venne naturale chiamarli a sé.
«Ogura, Nagashima! Siamo finiti assieme, eh?» La differenza in altezza tra lo Iustitia e il Chrysanthemum 4 era molto meno evidente che con gli altri modelli, eppure la ragazza si sentì ugualmente molto sbilanciata; improvvisamente capì come dovesse sentirsi la sua amica Momo quando stava accanto a quel tappo di Kondō e le venne da ridere.
«Sei Nakamura?» Borbottò sorpreso il ragazzo, voltando lo Stridiosauro verso di lei.
Kya ammiccò. Era strano per Tetsuki vedere il suo volto impresso sulla faccia dello Stridiosauro, aveva letto che era una caratteristica dei vecchi modelli di FranXX, ma non avrebbe mai pensato di poterlo vedere di persona su di uno Stridiosauro.
«Non fatevi problemi a chiedere aiuto in qualsiasi momento!» Disse la caposquadra cercando di assumere un tono rassicurante per spingerli a fidarsi di lei. «Io e Kaoru non siamo ancora al top della forma, ma siamo sempre due abili piloti!»
Kaoru provò ad aggiungere qualcosa per rafforzare quella affermazione, ma a quel punto arrivò tagliente la voce di Ogura dall'altra parte. «Non ci sarà bisogno.»
E ancora prima che Iustitia potesse ribattere, il piccolo classe Conrad attivò i propulsori e scattò facendo sponda su di un palazzo per cambiare direzione, fiondandosi poi su di un cantiere vuoto, facendolo crollare.
Quando la polvere si diradò, Kya e Kaoru videro il Chrysanthemum 4 circondato da resti metallici e circuiti ormai inutilizzabili. Ancora un po' confusi su cosa fosse successo, vennero ragguagliati dalla voce di Nagashima che sembrava star rimproverando la sua partner.
«Ai, non puoi fiondarti così addosso ai nemici! Abbiamo distrutto l'intero fabbricato!»
«Ma era vuoto.» Rispose lei, la voce rimbombava nell'aria amplificata dallo Stridiosauro nonostante il suo tono fosse basso come al solito. «E poi questa è una simulazione, non ci sono pericoli per i civili.»
«Ma le simulazioni servono appunto per capire cosa si può fare e cosa no!» Sbottò seccato lui. «E comunque lo sai che non va bene prendere il controllo in questo modo. Non farlo mai più!»
«Scusa, Tetsu…» Mormorò la ragazza con voce quasi impercettibile. «Non lo farò più, né in prova né in battaglia.»
Ancora confusi, i piloti dello Iustitia raggiunsero il luogo dell'impatto e provarono a setacciare la zona in cerca di droni superstiti, ma poterono constatare da subito che il Chrysanthemum 4 aveva fatto piazza pulita dei nemici.
«Scusateci…» Borbottò Tetsuki. «Ai aveva avvistato i nemici appena siamo entrati nell'arena e non ha saputo resistere…»
«Li ho eliminati.» Gli fece eco la Pistil, rimanendo perfettamente impassibile, stranamente orgogliosa.
«Ma non succederà più!» Aggiunse lui severo. «Dobbiamo fare attenzione anche ai civili, ricordi?»
La rapidità dell'azione di lei, mista all'efficacia di una manovra apparentemente improvvisata, aveva lasciato sgomenti i due Parasite dell'altra squadra; Kya già si immaginava di dover avere a che fare con un tipo lento e distratto e invece quella ragazzina stralunata le somigliava molto più di quanto avrebbe potuto immaginare. Un sorriso affiorò sulle sue labbra mentre Kaoru avvertì l'interesse di Kya crescere in quel test.
«Va tutto bene.» Disse. «L'importante è che ne lasciate un po' anche per noi!»
Nagashima non seppe come reagire a quell'affermazione che la sua partner sembrò invece prendere alla lettera, quindi il Chrysanthemum 4 si mise di nuovo in moto come se avesse captato qualcos'altro e si lanciò lungo uno stradone, seguito a ruota dallo Iustitia.
 
*
 
«A che stai pensando?» Domandò Katsuki, notando una certa deconcentrazione nella sua partner. Tooru era stata particolarmente silenziosa dopo l'inizio della prova e, per farla semplice, avrebbe detto che quel giorno la sua mente era decisamente altrove. Eppure di solito era sempre così professionale, almeno alla guida.
Lei sussultò sentendosi colta in flagrante e gli effetti di questa reazione si sentirono anche nei movimenti del Chrysanthemum 5, che per poco non spiccò un salto sfondando una parete di cemento. Si girò a guardare il proprio compagno, che come al solito era impassibile e addirittura sembrava anche un po' seccato da quel suo comportamento; era non era una novità reagire così per lei, appena le capitava un imprevisto perdeva tutta la sua compostezza e iniziava a fare errori stupidi, ma credeva che questo tipo di inconvenienti non le capitassero nella connessione.
E invece quando aveva scoperto che avrebbero collaborato proprio con lo Stridiosauro di quei due fratelli, Tooru si era persa nel suo mondo. Fino ad ora avevano fatto scappare una mezza dozzina di droni nemici perché lei non era riuscita a finirli ed era sicura che le stesse sfuggendo ancora qualcosa; il problema era che in quel modo finiva per lasciare tutto il lavoro in mano a Katsuki e lui non poteva occuparsi di tutto da solo.
«A niente?» Bofonchiò goffamente, sapendo di non risultare per niente convincente.
Lui la fissò con sdegno, poi andò a controllare le percentuali sul retro del suo casco per assicurarsi che l'equilibrio non fosse stato intaccato: sessantacinque percento di connessione per lui, la Pistil invece era stabile al sessanta. Non era un problema, ma normalmente sarebbero riusciti a raggiungere anche il settanta percento; di più sarebbe stato impossibile forse, ma ormai era da parecchio che i loro valori non restavano stabilmente allo stesso livello.
«E' un peccato che non possa leggerti nel pensiero come fanno gli altri, sarebbe molto più facile aiutarti ad essere sincera.» Disse sarcastico, facendola arrossire.
«Dai, non dire scemenze!» Tooru simulò una risata, quando in quel momento stava provando in realtà un forte imbarazzo; Suzuki riuscì a sentire in particolare il suo disagio e l'incapacità di mentire che l'aveva sempre contraddistinta, ma dalla connessione non ottenne altro.
La voce di Aki Okagawa interruppe quello scambio e il valore negativo vacillò un momento; l'Animus si era allontanato per un breve giro di perlustrazione e stava tornando a gran velocità. «Abbiamo localizzato degli obiettivi da salvare all'interno di un edificio più avanti.» Disse.
«Molto bene.» Rispose Suzuki. «Quanto dista dal punto di raccolta?»
«Uhm…» Rin si guardò intorno e intanto fece scorrere davanti a sé alcuni ologrammi fornitigli dal centro di comando riguardanti la mappa della città. «Due o tre minuti alla massima velocità, se non troviamo imprevisti.»
«Allora andiamo.» Disse lui. «La priorità è recuperare i civili e tenerli al sicuro; se dovessimo incontrare nemici lungo la strada dopo averli presi in custodia uno di noi resterà indietro e permetterà la fuga all'altro.»
«Non è un po' estremo?» Domandò Aki. «In due avremmo più possibilità di farcela…»
«Come ho già detto, i civili hanno la priorità.» Suzuki fu lapidario su quello, non aveva alcuna intenzione di discuterne.
«Ma non possiamo lasciare indietro i nostri compagni!» Protestò l'altro, seguendo il Chrysanthemum 5 mentre si allontanava dall'area. «In una battaglia reale sarebbe troppo pericoloso…»
«In una battaglia reale dovresti semplicemente pensare a mettere in salvo i civili!» Lo zittì Suzuki, che sembrava leggermente infastidito. «Doversi preoccupare di tenere al sicuro delle persone che non possono intervenire renderebbe solo più difficile il nostro compito, quindi meglio restare da soli e combattere con i VIRM piuttosto che farlo in due con una palla al piede.»
Aki e Rin si sentirono a disagio improvvisamente. Non avevano messo in conto quel punto, ragionando in funzione dei droni che sostituivano i civili in una battaglia vera; avevano semplicemente pensato che, essendo la loro collaborazione l'obiettivo principale dell'esercitazione, sarebbe stato ingiusto abbandonare i propri compagni. Si scusarono, ma continuarono a pensarci lo stesso: se Kya e Ryo avessero seguito quel ragionamento nella loro ultima battaglia, forse loro non sarebbero stati lì in quel momento.
Tutti i dubbi e le discussioni furono interrotte dalla voce di Kawa, che domandò:«D'accordo, ma chi è il più veloce?»
Distratti da quella domanda apparentemente insensata, Aki e Rin diedero la risposta che loro ritenevano ovvia:«Noi, ma perché?»
«Oh, non ne sarei del tutto sicuro.» Fece Suzuki, mentre la sua partner si spiegava meglio.
«Sarebbe sensato affidare al più veloce del gruppo il recupero dei civili; in questo modo avrebbe più possibilità di portarli in salvo.»
Tooru non voleva certo risultare una maestrina, quindi fu pronta a scusarsi per quelle assunzioni, ma in fondo sia lei sia i suoi compagni di squadra non erano al corrente del pieno potenziale di entrambi.
«Bé, noi siamo i più veloci nella nostra squadra…» Azzardò Aki. «E' altamente probabile che lo saremmo anche in questo caso.»
«Le unità Chrysanthemum sono piccole, ma non vi conviene sottovalutarle.» Disse Katsuki con una punta di orgoglio nella voce. A quel punto fu Rin a ribattere sfacciatamente.
«Allora facciamo una piccola gara!»
Subito si rese conto di aver detto una cosa estremamente stupida: mettersi a fare a gara in una situazione come quella, nel bel mezzo di una esercitazione che avrebbero dovuto prendere seriamente, era un comportamento estremamente sconsiderato. Si aspettava di essere redarguita subito dal rigido Suzuki, e invece lui sembrò divertito dalla proposta.
«Ci sto! Il primo che raggiunge l’obiettivo si occuperà del recupero.» E senza quasi nemmeno dare il via, il suo Stridiosauro si lanciò nella corsa.
L'Animus reagì con un secondo di ritardo, sorpreso anche dalla velocità raggiunta dal Chrysanthemum 5 che grazie alla sua forma aerodinamica aveva un'ottima accelerazione e poteva contare su dei propulsori istantanei; lo Stridiosauro partì seguendo la strada di prima a ritroso, schivando agilmente gli per la strada e seguendo le vie principali; non era molto distante, meno di cinque chilometri forse, e con le strade deserte di quella simulazione non sarebbe stato un problema. A un certo punto dalla propria posizione l'Animus poté vedere l'altro Stridiosauro sfrecciare nella strada parallela alla propria; si era trasformata a tutti gli effetti in una gara di accelerazione, ma se il Chrysanthemum 5 aveva potuto sfruttare il vantaggio di conoscere il territorio e la partenza anticipata, l'Animus poteva contare su una velocità di punta maggiore e in breve tempo si creò un distacco sempre più ampio che gli aggiudicò la vittoria una volta giunti sul posto.
«Bel lavoro.» Disse Suzuki non molto sorpreso. «Ma in un terreno più accidentato avreste perso. E non credete che non abbia notato quanto lentamente abbiate reagito alla nostra partenza!»
Aki si sentì in diritto di vantarsi un po', ma rimase comunque con i piedi per terra. «Siamo riusciti comunque a raggiungervi e ad arrivare prima di voi; su un percorso ancora più lungo avremmo vinto con distacco.»
«Sì, sì.» Suzuki non sembrava irritato, solo preferì andare oltre come se volesse ricordare ai suoi compagni di avere un lavoro da sbrigare. Guardò in alto verso la cima del palazzo indicato dagli altri e domandò se fossero in grado di scalarlo.
Aki si lasciò sfuggire un sorrisetto. Fortuna che nessuno poté vederlo a parte Rin, che avvertì quanto si stesse diverntendo. «Sta' a vedere!»
Dopo essersi distanziato dalla parete del palazzo, l'Animus iniziò a corrervi incontro e quando l'ebbe raggiunta sfruttò le punte della propria mezzaluna per agganciarvisi e iniziare una rapida scalata alla massima velocità.
Bastarono pochi attimi perché l'Animus arrivasse in cima, saltando in aria e frenando violentemente una volta toccata la terrazza del palazzo; qualche istante dopo arrivò il Chrysanthemum 5, che aveva sfruttato i retrorazzi per volare radente alla parete e seguire così i compagni; il classe Conrad sembrava essere munito di una sorta di dispositivo di levitazione magnetica che gli permetteva di restare parallelo a qualsiasi superficie mentre si spostava.
«Niente male.» Disse Suzuki. «Ora recuperate i droni e leviamoci di qui prima che arrivi qualche sorpresa.»
Di solito Aki non dava peso a certe cose, ma gli sembrò che la poca enfasi nella voce dell’altro fosse un modo per evitare di dargli credito. Preferì lasciar perdere e fece avvicinare l'Animus ai droni con la luce verde, che quando furono da lui si agganciarono automaticamente alla sua corazza. Adesso avevano un gruppetto di droni da tenere al sicuro e l'intenzione era quella di sbarazzarsene il prima possibile; anche se era brutto ammetterlo, in quella situazione dei civili risultavano essere solo dei pesi e anche per questo Suzuki sembrava così deciso a mettere la loro sicurezza davanti a tutto. Tuttavia era proprio per questo motivo che eseguivano quel tipo di esercitazioni, per prepararsi alle eventualità in cui avrebbero dovuto occuparsene realmente; adesso erano liberi di sperimentare e anche di sbagliare, ma in battaglia avrebbero dovuto essere perfetti e seguire la via più sicura.
Gli Stridiosauri scesero nuovamente in strada, questa volta l'Animus fu molto cauto per non causare danni ai suoi passeggeri, e insieme si avviarono verso il centro di raccolta più vicino. Rin si chiedeva se avrebbero incontrato qualcuno della squadra lì…
Quando furono più o meno a metà strada però, gli Stridiosauri furono assaliti da un gruppo di droni dalla luce viola. I fratelli Okagawa sapevano che avrebbero dovuto correre il più velocemente possibile e lasciare la situazione in mano a Suzuki e Kawa, ma non ci riuscirono a lasciarli indietro e Rin iniziò a sparare addosso ai droni, abbattendone alcuni.
Lo sciame di nemici si allargò chiudendogli le vie di fuga e sia l'Animus che il Chrysanthemum furono travolti; alcuni dei droni attaccati alla corazza del classe Mohorovičić rimasero coinvolti, le loro luci sfarfallarono spegnendosi.
L'urlo di Suzuki sovrastò il caos creatosi in quegli istanti, quindi il Chrysanthemum 5 iniziò a roteare su sé stesso mentre i retrorazzi sfiammavano alla massima potenza. Lo Stridiosauro scattò seguendo una traiettoria imprevedibile, rimbalzando sui palazzi adiacenti e tagliando la strada all'Animus rimasto immobile; ovunque passasse, i droni restavano bruciati dalla potenza dei suoi propulsori.
«Muovetevi e smettetela di provare a fare gli eroi!» Esclamò Suzuki irritato, attirando su di sé la maggior parte dei droni presenti. A quelle parole Aki si rese conto della situazione; i droni con la luce verde che erano stati colpiti erano rimasti agganciati al suo Stridiosauro, forse non sarebbe stato nemmeno possibile rimuoverli, ma doveva trovare un modo per uscire da lì il prima possibile e minimizzare i danni.
L'Animus si mosse in avanti sollevando le braccia in modo da proteggere i droni rimasti aggrappati alla sua corazza. La velocità aumentò rapidamente e ancora prima di avere la visuale libera dai nemici, Aki e Rin furono tirati indietro dalla spinta dell'accelerazione.
Erano già lontani dal Chrysanthemum eppure molti droni nemici erano riusciti a seguirli, rimanendo attaccati a loro o tenendo testa alla loro velocità; normalmente per liberarsene si sarebbero impegnati in alcune mosse acrobatiche, avrebbero sparato senza alcun riguardo e si sarebbero infilati in punti stretti dove era difficile essere seguiti, ma in quel caso dovevano tenere al sicuro i civili, quindi eseguire manovre estreme era fuori discussione e anche raggiungere velocità troppo elevate; quello che potevano fare, essendo i droni agganciati a una parte fissa dello Stridiosauro, era ruotare la parte superiore dell'Animus mentre questo procedeva la sua corsa e sparare ai nemici per eliminare e disperdere gli ultimi rimasti.
Rin rimase a concentrarsi sulla strada guidando la mezzaluna e regolando la velocità dell'Animus mentre Aki imbracciò i fucili e iniziò a sparare ai droni dalla luce viola mentre grazie alla forza centrifuga quelli che stavano tentando di arrampicarsi su di loro furono lanciati via.
«Virata!» Gridò lei, e un secondo dopo Aki sentì il corpo piegarsi di lato mentre l'Animus prendeva un'altra strada. Gli inseguitori adesso erano tutti alle loro spalle. Il ragazzo prese bene la mira e ne abbatté ancora, ma non era abbastanza: più le fila nemiche si assottigliavano, più diventava difficile colpire gli obiettivi e mancava poco per arrivare al punto di raccolta; se avessero dovuto attirare dei droni nemici laggiù, avrebbero rischiato di mettere in pericolo tutti gli altri civili salvati finora.
«Dobbiamo guadagnare tempo!» Esclamò.
«Non possiamo!» Rispose la sorella, che stava facendo un grosso sforzo per mantenere la concentrazione e pilotare mentre lo sguardo dello Stridiosauro era rivolto dal lato opposto.
«Ma se gli facciamo sapere dove si trova il punto di raccolta, loro…» Prima che Aki potesse concludere la frase, un muro di fiamme piovve dal cielo incenerendo gli ultimi droni all’istante, lasciando la strada vuota e sterile.
L'Animus rallentò, la confusione dei piloti crebbe finché non videro scendere verso di loro la sagoma dell'Aros. Momo li chiamava chiedendogli se fosse tutto a posto.
«Ci avete salvato proprio al momento giusto!» Li accolse Rin, che finalmente poteva distendere i nervi. «Non sapevamo più come scrollarceli di dosso.»
«Stavamo portando dei superstiti al centro di raccolta assieme al Chrysanthemum 6, quando abbiamo rilevato un grosso numero di droni nemici nell'area e un piccolo gruppo di loro in rapido avvicinamento; siamo venuti a vedere cosa stesse succedendo e abbiamo trovato voi.» Spiegò Hoshi atterrando con il dragone meccanico. Aki fu sorpreso.
«"Rilevato?"»
«Sì, pare che gli Stridiosauri della Squadra Desia abbiano incorporato una specie di radar.» Rispose quello, sorpreso quanto lui. «E' una funzione parecchio utile in situazioni come questa.»
«Capisco…» Mormorò Aki, che stava già pensando a tutti i modi in cui sarebbe stato utile per l'esercitazione; se tutti i modelli Chrysanthemum avevano quel radar installato, allora recuperare i superstiti in giro per la città sarebbe stato facile. «Quindi avete lasciato i vostri compagni indietro per venire a eliminare i nemici prima che si avvicinassero troppo?»
«Esatto. I vostri dove sono?» Domandò Momo guardandosi intorno.
In un attimo, Rin ebbe un'idea. «Sono rimasti indietro per distrarre i nemici, ma temiamo che non riescano ad occuparsene del tutto da soli. Noi dobbiamo portare al sicuro questi droni, vi dispiacerebbe andare a dargli una mano finché non torniamo?»
Aki si sarebbe stupito di quella richiesta, se non avesse letto il pensiero della sorella nella connessione un attimo prima che lei lo esternasse. I loro amici non sembrarono per niente disturbati dalla cosa e chiesero subito in che direzione si trovassero Suzuki e Kawa.
«Grazie, ragazzi!» Disse Rin preparandosi a ripartire. «Troveremo il modo di sdebitarci.»
«Ho un'idea: che ne dite se dopo che avrete portato al sicuro i vostri droni continuiamo l'esercitazione assieme? Noi quattro e i due Chrysanthemum, saremo molto più forti!»
Hoshi sorprese tutti con quella proposta; normalmente quella sarebbe stata un'ottima idea, ma sia Aki che Rin pensarono che in quel caso sarebbe venuta meno l'essenza di quel test, forgiare la collaborazione tra membri di squadre diverse. Fare squadra in quel modo avrebbe tolto senso al motivo per cui erano stati isolati, anche se in una situazione di pericolo avrebbero tutti preferito restare in gruppo.
«Vediamo cosa ne pensano gli altri.» Rispose alla fine Aki, partendo subito dopo per chiudere finalmente quella fuga e portare al sicuro i pochi droni rimasti attivi. C'era anche un altro motivo per cui aveva chiuso quella conversazione in modo tanto brusco, e cioè evitare che Hoshi e Momo notassero che avevano perso alcuni dei civili recuperati; la sua testardaggine lo aveva fatto fallire e non osava immaginare il peso che quella situazione avrebbe avuto su di lui se al posto di quei robot ci fossero state vite umane.
L’Animus percorse la strada rimasta in breve tempo e quando svoltò l’angolo riconobbe uno degli Stridiosauri della Squadra Desia in attesa davanti a una sorta di grosso magazzino barricato; sul dorso del classe Conrad era ben visibile il numero sei, ma né Aki né Rin ricordavano a quali piloti corrispondesse quel numero.
«Ragazzi…» Chiamarono esitanti, nella speranza che si presentassero da soli. Lo Stridiosauro si girò e li riconobbe.
«Voi siete i fratelli Okagawa, giusto?» Domandò una voce femminile, che si rivolse a loro con toni gentili.
«Esatto! Stavamo portando qui i droni recuperati, quando abbiamo incrociato l’Aros lungo la strada. Gli abbiamo chiesto di andare a dare una mano al Chrysanthemum 5… Dovrebbero tornare presto.»
«Siete con Suzuki, quindi?» Borbottò una voce di ragazzo. «E li avete lasciati indietro?»
«Akira…»
Il tono del ragazzo si fece rapidamente scontroso, ma finalmente Aki e Rin avevano capito con chi stessero parlando: Harada e Ōkubo, lui particolarmente scontroso e lei molto più docile. «Sono stati loro a dirci di sbrigarci, per mettere in salvo questi!»
Rin mise in mostra i droni che si stavano sganciando dal proprio corpo per entrare nella zona sicura, ma Harada sembrò interessarsene poco.
«Scommetto che ve la siete data subito a gambe con questa scusa! Non avete nemmeno fatto il vostro lavoro come si deve, quelli perché sono spenti?»
I droni danneggiati durante la fuga erano rimasti attaccati all’Animus, immobili. Aki sentì crescere la vergogna nel dover giustificare la perdita di quelle macchine che avrebbero dovuto simulare delle vite umane, ma non si tirò indietro da quelle spiegazioni.
«E’ stata colpa mia.» Disse rimanendo serio. «Suzuki aveva detto che in caso di attacco nemico, il più veloce della squadra avrebbe dovuto correre per riportare al sicuro gli obiettivi, ma io non ho voluto ascoltare e ho finito per peggiorare la situazione…»
Si sarebbe aspettato un insulto da parte di Harada, o magari un altro rimprovero o una presa in giro, ma invece lo Stamen del Chrysanthemum 6 rimase in silenzio, sbigottito. Poi un’altra voce si levò dall’Animus, prendendo alla sprovvista entrambi.
«Noi.» Disse Rin, e si voltò a guardare il fratello. I suoi occhi gentili a tranquillizzarlo. «Abbiamo commesso uno sbaglio insieme, io e mio fratello.»
Era veramente così? Rin non aveva provato a fermarlo di sicuro, ma era stato lui a impuntarsi sull’idea di restare a combattere, non avrebbe voluto trascinare anche lei in quella storia… Ma le sorrise in segno di gratitudine per averlo supportato.
«Siamo qui per imparare.» Continuò. «Io e Aki volevamo occuparci dei nemici assieme agli altri perché non vorremmo mai abbandonare dei compagni sul campo di battaglia; tuttavia non avevamo mai dovuto pensare al bene di altre persone che dipendono da noi fino ad ora, e per questo ci siamo fatti cogliere impreparati. Questo errore ci ha fatto capire quanto pesi un fallimento simile e ci aiuterà a non commetterlo più.»
La voce di Harada vacillò, poi il ragazzo sembrò sbuffare esasperato e alla fine gli disse di lasciar perdere. «E’ solo uno stupido test, è a questo che servono…»
Poi gli disse di tornare indietro dai loro compagni di squadra, lui e la sua partner sarebbero rimasti ad attendere il ritorno dell’Aros.
«Grazie.» Mormorò Rin prima che l’Animus riprendesse la corsa a ritroso lungo le strade deserte della Desia virtuale. Hikari rimase ad osservare la coppia di fratelli che si allontanava e non poté trattenere un sorriso.
«Pensavo che avresti perso la pazienza, come al solito.» Punzecchiò il proprio partner, che invece cercò di deviare il discorso.
«Ho solo voglia di concludere questa esercitazione il prima possibile, non ci servono cali di morale in questo momento.»
La ragazza annuì con riluttanza. «Già.» Mormorò ripensando a come Kano cercasse in continuazione di tenerli carichi e aggressivi, per non soccombere allo sconforto. Avevano attraversato tante difficoltà, ma ne erano usciti più forti, o almeno era quello che diceva il caposquadra.
Chysanthemum 6 rimase in attesa davanti al centro di recupero finché l’Aros non tornò in volo. Vedere quel gigante planare su di loro dall’alto era sempre un mezzo spavento, ma Akira e Hikari cominciavano a farci l’abitudine; proseguire al suo fianco trasmetteva sicurezza, il suo fuoco era molto utile con i droni ed erano sicuri che fosse stato di aiuto anche contro i VIRM.
I due Stridiosauri proseguirono allontanandosi dall’area di raccolta e addentrandosi nel centro città dove il radar aveva rilevato una alta concentrazione di nemici; sembrava che fossero appostati in attesa del passaggio di una preda, ma in realtà scoprirono che quei droni stavano tentando di stanare un secondo gruppo di droni da un loro nascondiglio; l’unica differenza tra questi era il colore delle loro luci.
Un’altra simulazione della prova, senza dubbio: i droni non avrebbero avuto difficoltà a far crollare il riparo che li divideva dai loro obiettivi, ma il motivo di quel test era capire come avrebbero reagito i Parasite a situazioni del genere e se si fossero attivati subito non avrebbero ottenuto nessun risultato dai ragazzi.
I droni dalla luce verde erano nascosti sotto alle macerie di un fabbricato, forse bloccati dal crollo, e i resti della costruzione sembravano rimanere in piedi per miracolo; non sarebbe durato ancora per molto.
Bastò un attimo perché i due Stridiosauri elaborassero un piano senza neanche il bisogno di parlarne: Chrysanthemum 6 si lanciò in mezzo alle rovine per supportare il tetto del fabbricato e fare da scudo ai droni civili, mentre Aros sputò una fiammata non troppo concentrata in modo da danneggiare i droni nemici all’esterno senza arrecare danni al compagno. Molti droni resistettero alle fiamme, ma altri videro saltare i loro circuiti e divennero inutilizzabili; l’attenzione fu tutta sull’Aros, che sparse le fiamme ovunque per strada e cercò di allontanarsi un po’ dall’edificio per lasciare il tempo al Chrysanthemum di portare in salvo i civili. Quando i droni dalla luce verde furono tutti a bordo, lo Stridiosauro uscì in strada e si diresse al centro di recupero più vicino, ma fu proprio a questo punto che un imprevisto scombinò completamente i loro piani.
I droni iniziarono a emettere un ronzio diverso dal solito, le loro luci lampeggiarono per un momento prima di spegnersi del tutto e un attimo dopo iniziarono ad attaccare indiscriminatamente gli Stridiosauri. Hikari avvertì come delle lame entrarle nella schiena mentre gli stessi “civili” che aveva caricato su di sé le si rivoltavano contro e lanciò un urlo di dolore, abbandonando completamente i comandi; Chrysanthemum 6 cadde a terra rovinosamente e Akira da solo non riuscì a rialzarlo. Il segnale di emergenza che i piloti conoscevano ormai troppo bene si attivò, illuminando di rosso la cabina di pilotaggio.
«Hikari, che succede?» Urlò il ragazzo, ma lei riuscì solo a lanciare un urlo disperato.
Le urla di Ōkubo raggiunsero l'Aros, che rendendosi conto del pericolo diede un colpo a spazzata con le ali per scacciare tutti i droni nelle vicinanze e scattò in direzione del Chrysanthemum 6 per fornire supporto, ma quando arrivò sul posto i due piloti ebbero difficoltà a capire cosa stesse succedendo.
Non avendo tempo per pensare, Hoshi decise di raccogliere da terra il classe Conrad e fuggire il più velocemente possibile salendo di quota. Harada ringraziò i compagni, ma la sua voce fu subito sovrastata dalle grida di Ōkubo, che gridava:«Toglimeli di dosso, toglili!»
Akira era confuso, non riusciva a capire perché la sua compagna di squadra provasse ancora dolore nonostante non ci fossero nemici nelle vicinanze e i suoi lamenti gli gelavano il sangue; l'equilibrio tra valore positivo e negativo stava oscillando pericolosamente e prima di causare danni cercò di chiamare la partner e dirle di staccare tutto, ma lei non poteva sentirlo. Spegnere la connessione in quel momento sarebbe stato traumatico per Hikari, così Akira fece l'unica cosa che poteva fare e chiese aiuto all'Aros.
«Fatela smettere, per favore!» Ormai non riusciva più a pensare, il dolore di Hikari e il suo stato confusionale iniziavano a influenzare anche lui, che non poteva vedere al di fuori dello Stridiosauro; Hoshi e Momo invece, avendo una visuale completa di quello che succedeva, ci misero poco a capire quale fosse il problema.
I droni avevano smesso di funzionare come civili e avevano iniziato ad attaccare il Chrysanthemum, ferendolo in profondità con dei laser concentrati a corto raggio. Anche se confusi, i ragazzi non esitarono a bruciarli in un istante e una volta disattivati persero la presa sullo Stridiosauro e caddero nel vuoto, ma l'interrogativo su cosa avesse scatenato quella reazione rimase.
L'Aros atterrò in uno spiazzo protetto da alcuni palazzi alti e adagiò al suolo il Chrysanthemum 6. Ōkubo aveva smesso di gridare, ora lo Stridiosauro emetteva solo i suoi sospiri provati.
«Vuoi che disattiviamo la connessione?» Domandò Harada preoccupato per lo stato di salute della sua compagna, ma lei scosse la testa con decisione.
«Se dovessi chiudere il collegamento, non sarei più in grado di ristabilirlo…» Rispose ancora con il fiato corto. Akira osservò il monitor dietro al casco e si ritrovò a concordare a malincuore: il valore negativo era sceso pericolosamente attorno al venticinque percento, appena sopra la soglia minima, mentre il suo era al quaranta. Un disquilibrio simile rendeva futuri tentativi di connessione troppo rischiosi finché la Pistil non si fosse ripresa, quindi la cosa migliore da fare era cercare di mantenere quell'equilibrio, per quanto debole.
«Ma che accidenti è successo? Perché i droni hanno cominciato ad attaccare il Chrysanthemum?» Domandò Momo, quasi irritata. Stava andando tutto bene fino a quel momento, era un imprevisto che non avevano messo in conto perché non ce n'erano mai stati nelle loro esercitazioni.
«Potrebbe essere stato… Il fuoco a mandarli in tilt?» Suggerì Ōkubo riprendendo fiato, anche se non sembrava tanto convinta di quella sua ipotesi. Hoshi si affrettò a scartare quell'idea, dicendo che in quel caso si sarebbero semplicemente disattivati come gli altri.
«E se fosse stato un imprevisto programmato?» La voce di Harada si fece grave di colpo e tutti e tre prestarono attenzione a ciò che aveva da dire. «Magari i nostri coordinatori vogliono farci reagire a una situazione di caos controllato, dove comunque non abbiamo altre possibilità se non affidarci alle nostre forze.»
«Avete mai fatto qualcosa del genere?» Chiese Hoshi allarmato, pensando che fosse una follia mettere in pericolo i Parasite in questo modo, mandandoli a fare qualcosa con l'intenzione di fargli affrontare tutt'altro.
Akira scosse la testa. «Però nella vostra ultima battaglia non è successa la stessa cosa?»
Hoshi e Momo ricordarono di quel segnale lanciato dalla nave VIRM e la seguente disattivazione delle comunicazioni; la squadra si era ritrovata all'improvviso senza più supporto dal centro di comando e incapace di comunicare da uno Stridiosauro all'altro e aveva dovuto quindi adattarsi. Anche se in una situazione diversa, effettivamente sembrava trattarsi dello stesso copione.
«Quindi questo sarebbe un test… Dentro al test?» Sbottò confuso Hoshi.
«Pare proprio di sì.»
I piloti si guardarono per qualche istante, allibiti. Quando sarebbero scesi dagli Stridiosauri gliene avrebbero detto quattro ad Hachi, Nana e i loro collaboratori! Ma adesso, per quanto potessero sentirsi traditi, dovevano assicurarsi di portare a termine la missione e dimostrare di essere in grado di vincere anche con uno svantaggio simile.
«Ce la fate ad andare avanti?» Domandò Momo vedendo come il Chrysanthemum 6 fosse incerto nei movimenti.
«Abbiamo sopportato di peggio.» Rispose Hikari, il cui tono vacillante però non prometteva nulla di buono.
Tornati a guardare avanti, i quattro Parasite si ritrovarono a dover decidere come procedere. Ora che sapevano che i droni potevano guastarsi, aveva senso continuare nella missione come da programma? Forse solo alcuni dei droni dalla luce verde erano programmati per attaccare, forse tutti quanti avrebbero attaccato a un certo punto, oppure quello era stato solo un caso e non si sarebbe più ripetuto; c'erano così tante eventualità da tenere in considerazione che i ragazzi non avevano idea di come procedere. Dovevano andare avanti ad esclusione finché non avrebbero avuto la certezza delle loro ipotesi, e così si diressero al centro di recupero più vicino per fare il punto della situazione.
Il centro era vuoto. Quando Aros e Chrysanthemum 6 arrivarono, non c'era nessuno ad attenderli; la città era grande e le possibilità che ancora nessuno dei loro compagni fosse passato di lì erano alte, ma delle esplosioni nelle vicinanze gli fecero cambiare idea.
L'Aros disse al Chrysanthemum di restare indietro mentre loro andavano a controllare cosa stesse succedendo, e anche se con riluttanza i piloti della Squadra Desia accettarono per non correre troppi rischi; quando il dragone spiccò il volo non ebbe nemmeno il tempo di svoltare l'angolo della strada principale che si vide tagliare la strada dallo Iustitia, inseguito da uno stormo di droni con le luci spente.
La caposquadra fece un balzo e travolse un'abitazione che si demolì all'istante, quindi agitò la lancia per scacciare i droni, ma questi non appena si avvicinavano abbastanza detonavano delle cariche esplosive, danneggiando lo Stridiosauro e interrompendo i suoi attacchi. Lo sciame di robot assassini era seguito a sua volta da un modello Chrysanthemum con il numero quattro, i cui movimenti rapidi ricordavano molto lo stesso Iustitia.
Per interrompere quel caos e aiutare i propri compagni, Hoshi e Momo sputarono una colonna di fuoco in mezzo ai due Stridiosauri, bruciando tutti i droni in mezzo ad essi e lasciando che Iustitia e Chrysanthemum 4 si occupassero di eliminare le poche unità rimaste.
«Momo!» Esclamò Kya, felice di vedere la sua amica comparire proprio nel momento del bisogno. Colpì di taglio una fila di droni con la lancia e poi scagliò l'arma in direzione di un robot che si stava per avventare sull'altro Stridiosauro, bloccandolo il tempo necessario perché Chrysanthemum 4 lo facesse a pezzi.
«Che ci fate qui?» Domandò la Pistil dell'Aros, pur non sapendo esattamente cosa avrebbe dovuto significare una domanda del genere. Kya non ci fece caso.
«Stavamo setacciando la zona in cerca di altri superstiti, quando tutti i droni che erano al sicuro nell'area di recupero sono usciti fuori e hanno cominciato ad attaccarci.» Iustitia richiamò la lancia e il suo cavo si riavvolse con un sibilo. «Onestamente, non ci stiamo capendo niente!»
«Perché i droni alleati stanno attaccando gli Stridiosauri?» Sbottò frustrato Hoshi, voltandosi a guardare in direzione dello Stridiosauro che era con Iustitia. «Voi state bene?»
Chrysanthemum 4 non rispose, si limitò ad avvicinarsi lentamente al gruppo e fu Kya a prendere la parola per i suoi piloti.
«Oh, già. Ogura non parla molto e, quando pilota, Nagashima è troppo concentrato su di lei. Stanno bene comunque, sono una forza della natura!» Aggiunse l'ultima parte con un po' di eccitazione nella voce, come se fosse contenta di aver trovato qualcuno che combatteva con la sua stessa ferocia.
«Abbiamo un piano?» Fece la voce di Akira alle spalle dell'Aros, quando il Chrysanthemum 6 comparve all’improvviso dopo averli seguiti.
«Non lo so, che piano dovremmo avere oltre a spaccare tutto?» Fu la risposta della caposquadra. Harada non era abituato a trattare con lei, gli avrebbe presto dato ai nervi se non fosse intervenuta la sua partner.
«Con l’Aros abbiamo ipotizzato che questo guasto potesse essere stato programmato in anticipo dai coordinatori, per aiutarci a collaborare in situazioni critiche e studiare le nostre capacità di adattamento.»
«Che cosa?» Fece l'altra. «E' assurdo, perché avrebbero dovuto fare una cosa del genere?»
«Bé, forse perché è proprio nei momenti di bisogno che nasce la vera collaborazione e Hachi e gli altri volevano fare leva su questo…» Suggerì Momo, sorpresa dal fatto che la sua amica fosse così sicura. Kya però continuò a stare sulla difensiva e lo mostrò con una vistosa smorfia che fu proiettata sul volto dello Iustitia.
«Nah, se fosse stato programmato ci sarebbe stato scritto nel programma…» Borbottò voltandosi a guardare lungo la strada, rendendosi conto solo un istante dopo di quello che aveva appena fatto.
Ci fu silenzio tra i quattro Stridiosauri e Iustitia rimase immobile quasi per timore che una mossa falsa l'avrebbe fatto scoprire. Alla fine la voce di Kaoru ruppe il silenzio:«Gran bella mossa, Kya…»
La ragazza si stava mordendo un labbro furiosamente, conscia di avere appena svelato il suo segreto non solo ad altri suoi compagni di squadra, ma anche a quelli dell'altra squadra che avrebbero sicuramente avuto da ridire. In un attimo Aros e Chrysanthemum 6 gli furono addosso per tempestarla di domande, la ragazza avrebbe voluto sparire in quel preciso istante.
«E va bene! Sapevo di cosa avrebbe trattato l'esercitazione, ma non è stato poi un grosso vantaggio visto quello che è successo, no?» Sbottò alla fine, stufa di sentire tutte quelle voci che la tartassavano.
«Ma cosa significa che lo sapevi?» Domandò incredulo Harada, vicinissimo a perdere le staffe.
Iustitia iniziò a giocherellare con le dita e lo sguardo di Kya cercò di evitare gli altri Stridiosauri. «Diciamo che mi sono infiltrata nello studio dei coordinatori per… Essere preparata alla prova di oggi…» Ammise con un filo di voce, imbarazzata da morire.
«Kya, hai barato a una esercitazione ufficiale!» Esclamò Momo, oltraggiata. «Che razza di senso ha?»
«Andiamo, in fondo in amore e guerra tutto è concesso, o qualcosa del genere no?» Borbottò quella. «Siamo in guerra e quindi possiamo fare quello che vogliamo…»
«Ma la guerra è con gli alieni, Kya!» La sgridò nuovamente la ragazza. «Con loro non avremmo neanche avuto questo tipo di informazioni!»
«Si può sapere perché lo hai fatto? Non è da te fare qualcosa così tanto stupido!»
L’intervento di Kondō fece digrignare i denti alla caposquadra, che tuttavia non reagì; invece, Kya si abbatté ancora di più.
«L'ho fatto per far vedere a quello stupido di Kano che anche senza il mio partner posso essere capace di vincere… E l'ho fatto per farmi notare da Ryo! Ecco, siete contenti?»
Ancora increduli di quella situazione, i suoi compagni di squadra non se la sentirono di attaccarla ancora; sapevano quanto fosse giù di morale per quella situazione e non potevano giudicarla per aver agito così, specialmente Hoshi e Momo. Temevano però che Harada e Ōkubo non si sarebbero fatti andare bene quella cosa, ma invece i due ragazzi erano stranamente silenziosi.
«D'accordo, abbiamo capito…» Mormorò Hikari, osservando la scena che si presentava di fronte ai suoi occhi, con Iustitia sulla difensiva e un'espressione piena di vergogna di fronte a un Aros sconfortato da quella situazione. «Nakamura sembrava il tipo da fare una cosa del genere, in ogni caso…»
Anche se era difficile prendersi meriti in quella situazione, Kya sentì un piccolo moto di orgoglio quando vide che qualcuno stava riconoscendo le sue qualità. «Avresti dovuto vedermi con il vino dei nostri coordinatori…» Borbottò ghignando piena di sé, venendo però zittita rapidamente da Kaoru nella cabina.
«Normalmente questo sarebbe un problema per lo svolgimento della prova, ma la situazione è cambiata. Abbiamo bisogno di pensare fuori dagli schemi e se voi due conoscete veramente i piani dell'esercitazione, potremmo sfruttare la cosa a nostro vantaggio per uscire da questa situazione!»
Kya si illuminò quando si rese conto che la sua insubordinazione aveva la possibilità di sfociare in un vantaggio per tutto il gruppo. «Assolutamente! Possiamo consultare i documenti anche subito, li ho ancora qui con me. Kaoru, prendi i fogli dalla mia tasca!»
Lo Stamen rimase a fissarla un po' perplesso mentre Kya agitava i fianchi per mostrare la piccola tasca della tuta da dove spuntavano dei fogli. Kaoru impallidì quando notò che la tasca era pericolosamente vicina ai glutei di lei ed esitò ad avvicinarsi finché non lo esortò di nuovo.
«Dai, che stai facendo? Sbrigati, i droni potrebbero tornare da un momento all'altro!» Borbottò, facendolo scattare. Kaoru si concentrò per essere il più delicato possibile e fu in grado di sfilare i fogli dalla tasca senza dover toccare nessuna altra parte della tuta di Kya, evitando così di creare situazioni ambigue, quindi dopo aver lasciato andare un sospiro di sollievo iniziò a sfogliare le pagine.
«Kya aveva ragione, qui non è scritto da nessuna parte che i droni debbano perdere il controllo.» Commentò dopo aver letto distrattamente qualche riga. «C'è una mappa dell'area assieme a tutti i centri di recupero per i civili, le posizioni di partenza di tutti i droni e il loro percorso programmato. Così facendo potremmo riuscire a evitare scontri non desiderati, sempre che il malfunzionamento non li abbia resi imprevedibili…»
I ragazzi ascoltarono attentamente, rincuorati dalle informazioni condivise dal ragazzo. Kaoru si concentrò sulla lettura per qualche altro istante, prima di alzare di nuovo la voce.
«Sono segnate anche le posizioni di partenza di tutte le squadre nella mappa! Se teniamo conto di questo possiamo restringere il campo nelle ricerche e trovare gli altri con più facilità.»
«Dice anche come sono disposte le coppie?» Domandò Akira, che nonostante non fosse ancora del tutto convinto di quel piano, pensava che quei documenti si stessero rivelando molto utili.
Kaoru annuì, poi iniziò a elencare:«Chrysanthemum 1 è in coppia con Gaia, numero due e tre sono con lo Xenomorphus e Anthurium, mentre il quattro…»
Kaoru si fermò e insieme a Kya si voltarono a guardare Chrysanthemum 4, in attesa e apparentemente fuori dalla discussione.
«Giusto.» Borbottò il ragazzo. «Chrysanthemum 5…»
«Loro sono con i fratelli Okagawa.» Disse Akira, anticipandolo. «Li abbiamo incontrati non molto tempo fa vicino a un centro di raccolta superstiti. Ma è probabile che siano già lontani.»
Kya si voltò a guardare verso l'Aros, che gli mandò un cenno. «Rin e suo fratello sono veloci, e se quegli altri sono vispi almeno quanto la nostra Ai, allora saranno sicuramente finiti a fare qualche gara di velocità! Non c'è da preoccuparsi per loro.» Disse compiaciuta.
Anche se un po' riluttanti, i ragazzi della Squadra Desia si ritrovarono a concordare con lei Avrebbero voluto trovare una soluzione sicura a quel problema il prima possibile e per quanto andare a cercare i loro compagni uno ad uno fosse probabilmente la cosa più sensata da fare in quella situazione, la priorità avrebbe dovuto essere trovare un modo per comunicare con la sala di controllo.
«Ma hanno interrotto tutte le comunicazioni!» Ribatté Kya. «E perché non le stanno riattivando, vista l'emergenza?»
«Se dovessi tirare a indovinare, direi che non sono nemmeno al corrente della situazione.» Commentò Hoshi pensieroso. «Forse il malfunzionamento dei droni è direttamente legato a qualcosa che sta succedendo nella sala di controllo e per questo gli adulti non hanno più il controllo dell'esercitazione.»
Akira annuì. «Il fatto che le comunicazioni siano disabilitate è solo un caso sfortunato.»
Non era di certo rassicurante. Kya e Kaoru avevano cominciato quell'esercitazione sicuri di poter fare un gran bel lavoro e adesso dovevano risolvere una crisi molto più grande; tuttavia non potevano certo sottrarsi a quella responsabilità, specialmente quando erano gli unici ad avere delle informazioni in più sulla prova.
«Insomma, quando uccidiamo i nemici?» Sbuffò a un certo punto la voce di Ogura, attirando su di sé l’attenzione. Tutto quel parlare doveva averla stufata e si poteva vedere come avesse solo una cosa in mente.
«Oh, molto presto mia cara!» La rassicurò Kya, che avvicinò Iustitia al Chrysanthemum 4 e sorrise con trasporto. «Tra poco avrai tutti i mostri da uccidere che vorrai.»
Per i compagni di Ai, quel momento era difficile; Kya non sapeva della condizione della ragazza e per questo si stava comportando in modo così rilassato con lei, ma dovevano ammettere che vedere qualcuno parlare con tanto trasporto alla loro amica era bello…
Il gruppo decise dunque di cercare di raggiungere uno dei punti esterni della sala di addestramento; c'era un limite a quanto potesse espandersi il campo di esercitazione, camminando in una direzione i ragazzi avrebbero prima o poi raggiunto l'uscita e da lì avrebbero potuto provare a disattivare la simulazione e tornare in contatto con la sala controllo.
«Ci sono quattro punti chiave nella sala di addestramento.» Disse Kaoru. «L'area è circondata da una sorta di campo di forza pressurizzato che separa l'interno dall'esterno. Se colpiamo una delle quattro torri energetiche del campo di forza, potremmo indebolirlo e aprire uno spiraglio per comunicare con gli adulti!»
Quelle erano tutte supposizioni ovviamente. Il ragazzo stava leggendo il funzionamento del campo di battaglia virtuale traendo le sue conclusioni al riguardo, ma era l'unica possibilità che avevano e piuttosto che rimanere a combattere a oltranza contro i droni tanto valeva provare quella strada.
Prima che i quattro Stridiosauri si mettessero in marcia, Hikari volle assicurarsi che Ai avesse compreso la situazione per bene e da lì in poi i due Chrysanthemum rimasero attaccati per tutto il tempo.
«Scusa se te lo dico, ma mi sembra che quei due siano perfettamente in grado di prendersi cura di sé.» Borbottò Kya a un certo punto, incapace di stare zitta. Aveva visto come combattevano Ogura e Nagashima e credeva fermamente che le preoccupazioni dei loro compagni di squadra fossero eccessive.
In un primo momento Harada sembrò voler ribattere con tono aggressivo, ma Ōkubo fu più svelta e si mostrò più diplomatica:«Lo so, ma credimi: sono molto più fragili di quanto possa sembrare. Soprattutto Ai, quella ragazza… Ha dovuto sopportare veramente tanto.»
Kya e Kaoru rimasero a osservare il Chrysanthemum 6 mentre i suoi piloti discutevano. Akira non sembrava contento del fatto che Hikari stesse parlando di quell'argomento, ma lei disse che non le importava.
«Il fatto è che… Di solito c'è Naka ad occuparsi di lei; nelle esercitazioni e anche in battaglia, noi non ci separiamo mai! E senza di lei non so proprio cosa fare, e ho paura che se abbasso la guardia un solo istante Ai potrebbe…»
La ragazza si interruppe. Gli altri non seppero se perché non riuscisse più ad aggiungere altro oppure se per volontà del suo partner, comunque mentre avanzavano lo Stridiosauro divenne estremamente silenzioso fino all'intervento dell'Aros.
«Capisco come ti senti.» Mormorò Momo, che continuava a guardare avanti. «Quando mi sono arruolata, ho pensato che la mia famiglia non sarebbe riuscita più ad andare avanti senza di me, perché ho passato l'intera vita a prendermi cura dei miei fratelli e ad aiutare nelle faccende di casa mentre i miei genitori erano fuori a lavorare. Lasciarli da soli è stato difficile, ma quando sono tornata a casa ho scoperto che stavano tutti bene; non era successo niente di brutto, erano un po' più indaffarati del solito, ma stavano bene. Forse la situazione non è esattamente la stessa, ma se ti può far star meglio, non credo tu debba addossarti tutta questa responsabilità. O meglio, è bello e ammirevole che tu lo faccia, ma non lasciare che ti prosciughi!»
Momo aveva parlato onestamente aprendo il suo cuore con quegli estranei in cui si era rispecchiata; Kya la guardò commossa, se non fosse stata in connessione con Kaoru le sarebbe saltata addosso per abbracciarla. La reazione dei piloti del Chrysanthemum non fu ugualmente visibile, ma fu chiaro come le sue parole li avessero toccati nel profondo.
«Momo, sei così saggia!» Esclamò Kya, che avrebbe voluto aggiungere altro ma non se la sentì di parlare apertamente di quell'argomento di fronte a tutta quella gente e così si fece un appunto mentale per ricordarsi di riempirla di coccole quando ne avrebbero avuto l'opportunità. Neanche lei conosceva così tanto la situazione familiare di Momo e i dubbi che l'avevano attanagliata fino a quel momento, ed era estremamente fiera del fatto che fosse riuscita a parlarne in quel modo con loro.
L'imbarazzo di Momo a quel commento mascherò la sua malinconia, ma Hoshi riuscì ad avvertirla tutta attraverso la connessione. Non aveva mai sentito quelle cose fino a quel momento; sapeva che la famiglia fosse importante per la sua partner, la percepiva ogni volta che entravano nella connessione, ma non aveva mai capito quanto fosse veramente fondante per lei. Avrebbe voluto parlarle, mostrarle un po' di empatia, ma la situazione non lo permetteva e temeva che sarebbe passato per un insensibile senza fare nulla, ma poi fu Momo stessa a voltarsi verso di lui e lì, nella privacy della cabina dell'Aros, gli mandò un sorriso.
Grazie.
Ma certo, la connessione. Ormai erano capaci di sentire l’uno le emozioni dell’altra, Momo aveva mandato la propria malinconia al partner e lui aveva risposto con quel desiderio di darle appoggio; bastava anche solo quello per farla stare meglio e Hoshi se ne accorse, e arrossì al pensiero che quel sorriso così dolce fosse riservato a lui e lui soltanto.
«Vi ringrazio.» Mormorò Hikari. «Apprezzo davvero le vostre parole, ma… Ai non è come gli altri.»
«In che senso?» Domandò Kaoru, forse troppo indelicato senza volerlo. La ragazza esitò a rispondere e prima che potesse decidere se parlare o meno, una voce che il gruppo aveva sentito poche volte dall'inizio dell'esercitazione si intromise nella discussione.
«E' perché Ai ha ricevuto delle ferite troppo profonde per essere rimarginate.»
Chrysanthemum 4 si avvicinò di nuovo. Era rimasto in disparte fino a quel momento e per quanto Ogura potesse essere estranea a qualunque tipo di discussione, il suo partner Nagashima rimaneva sempre vigile.
Lo Stridiosauro si fermò di fronte a Iustitia e Kya si sentì addosso gli occhi dei piloti, nonostante questo non avesse un volto come il suo. «Ai è stata vittima di un assalto nemico. Stavamo combattendo i VIRM, quando ci attaccarono da ogni lato; le urla che ho sentito quel giorno mi tormentano ancora. Ho dovuto trascinare lo Stridiosauro fuori da quell'agguato mentre la mia partner urlava pietà, e quando abbiamo chiuso la connessione lei era ormai andata; non è stata più la stessa da quel giorno, faceva le cose solo se indirizzata, non parlava più né sorrideva… Ha smesso di essere tutto ciò che era prima, eppure per qualche motivo ha voluto restare con noi, e quando è tornata a bordo del Chrysanthemum è stato come se si ricordasse quella che era prima. Adesso pilotare la fa stare bene, è serena quando siamo nella connessione, io… Lo posso sentire.» Tetsuki rimase in silenzio per un secondo, come se pronunciare quelle parole fosse difficile per lui, e alla fine dopo un profondo sospiro concluse:«Ma non posso fare a meno di pensare che se fossi stato più forte, avrei potuto risparmiarle tutto questo.»
Ci fu silenzio tra i quattro Stridiosauri; Nagashima si era tenuto dentro tutte quelle cose e doveva aver atteso tanto per poterne parlare liberamente. Gli altri gli diedero il giusto spazio, sapendo che non dovesse essere facile. Dopo un po’ però, Kya intervenne nuovamente.
«E' la stessa cosa che è successa a Yuki?»
«Tu come fai a sapere di Tsunami?» Domandò sorpreso Akira, che però ricevette la sua risposta dallo stesso Nagashima.
«Era con noi l'altro giorno, quando Yuki è andato alla sua visita medica. E ha assistito a una delle sue crisi.» Il ragazzo poi si voltò nuovamente verso la caposquadra. «Sì, in sostanza è una situazione simile, anche se gli effetti su di lui sono stati diversi.»
«Ma perché ne ha risentito lui e non la sua partner?» Domandò Kaoru. «Non è sempre la Pistil a sopportare i danni?»
«Normalmente sì, ma quando sono stati colpiti, Yuki ha interrotto la connessione per salvare Naka e il colpo si è riflesso su di lui.» Fu la risposta di Nagashima. «Ha espulso forzatamente la Pistil dalla connessione, rimanendo l'unico attaccato allo Stridiosauro per un istante, abbastanza da riversare dentro di lui tutto quello che stava reggendo la sua partner.»
«Come quello che è successo a Tetsuya e Suzuko.» Commentò Hoshi, ricordandosi dell'incidente che aveva coinvolto il Gaia durante le esercitazioni di dicembre e che aveva costretto la coppia all'immobilità per diverse settimane.
«Gli effetti sono stati diversi, ma ugualmente distruttivi.» Spiegò Nagashima. «Attacchi epilettici, emicranie costanti… Per avere una vita appena decente ha bisogno di riempirsi di medicine.»
«E' per questo che Naka è così protettiva con tutti noi.» Ammise Hikari, facendo voltare lo Stridiosauro verso Iustitia e Aros. «Si sente in colpa per quello che è successo a Yuki, così fa quel che può aiutando lui ed Ai.»
Passarono alcuni secondi e la ragazza si incupì. «Ma adesso lei non può aiutarci.» Mormorò, tornando di nuovo al punto che aveva iniziato quella conversazione.
«E' terribile…» Mormorò Momo, che non si sarebbe mai aspettata che la Squadra Desia portasse con sé tante tragedie. Kya invece era irritata.
«C'è qualche altro problema di cui dovremmo essere al corrente?» Domandò con tono spazientito. «Qualcosa che quel mentecatto del vostro caposquadra ha preferito tenere nascosto, invece che parlarne come una persona civile ed evitare di attirarsi le antipatie della mia squadra?»
Akira questa volta non riuscì a trattenersi. «Come osi?! Noi stiamo condividendo con voi delle storie veramente difficili e tu inizi a insultare e a chiedere di più? Dovresti imparare a stare al tuo posto, se non fai parte della squadra!» Era furioso, ma fu in quel momento che per tutta risposta, Nakamura esplose contro di lui.
«Sì, non faccio parte della squadra ed è per questo che non so le cose!» Sbottò acida. «Quel cretino di Kano ha preferito urlarmi in faccia e dire scemenze come che non sono una persona che si occupa dei suoi compagni, sfidandomi a questo stupido gioco a chi fa più punti nei test! Ho creduto che fosse solo un borioso megalomane che non voleva accettare di collaborare con persone diverse da lui e adesso scopro che ha delle motivazioni più che valide per essere incazzato, ma continua comunque ad essere incazzato con la persona sbagliata!
«Merda, anche Suzuko mi ha presa in giro! Mi ha raccontato solo balle dicendo che Kano ce l'aveva con noi perché era invidioso. Se permettete adesso sono stufa di sapere le cose solo per metà, voglio essere informata così da poter agire nel miglior modo possibile, così che la gente smetta finalmente di odiarmi!»
La rabbia di Kya spiazzò tutti, a partire dai suoi compagni di squadra che sicuramente l'avevano vista sbottare di punto in bianco diverse volte, ma mai con persone con cui non era in confidenza e raggiungendo un linguaggio così colorito.
Harada era ancora teso, ma anche lui era rimasto colpito dalla veemenza delle parole della ragazza. La sua frustrazione era comprensibile, ma come pensava che avrebbero dovuto parlarle di quelle cose così delicate?
«Okay.»
«Che cosa?!» Akira reagì istantaneamente. Tetsuki aveva risposto con una naturalezza disarmante, ma quell'argomento era più serio di quanto Nakamura potesse immaginare. Chrysanthemum 6 si avvicinò al suo omonimo con il numero quattro e i due Stridiosauri sembrarono avere una gara di sguardi per un momento. «Se gli parli di quella cosa, Shinji ti ammazza…»
«Shinji non c'è, e non può continuare a fare finta di niente per sempre! Prima o poi anche lui dovrà affrontare la verità.» Lo Stridiosauro si voltò a guardare Iustitia, che si sentì improvvisamente al centro dell'attenzione. «Nakamura ha ragione: hanno diritto a sapere. E poi lei piace ad Ai, quindi mi fido.»
I ragazzi rimasero in silenzio. Le parole criptiche di Nagashima sembravano aver convinto Harada, che adesso fece un passo indietro e lasciò che il suo compagno di squadra si occupasse di raccontare la storia.
«Tanti saluti alla reputazione di unica squadra senza perdite…» Mormorò, sapendo che a quella storia ormai non ci credeva nessuno. Nagashima lo ignorò e iniziò a raccontare.
«La nostra squadra era composta da quattordici membri, in origine.»
Già alla prima frase, a Kya si gelò il sangue nelle vene. Perché li aveva contati, li aveva visti tutti quanti assieme più volte, e gli Stridiosauri della Squadra Desia erano indubbiamente, innegabilmente sei e lavoravano tutti quanti in maniera impeccabile, come se non ci fosse alcuna mancanza. Dire una cosa del genere in una situazione come quella poteva significare solo una cosa e per quanto potesse essere al corrente di quella eventualità, la ragazza non vi era mai stata così vicina.
«Alcune settimane fa, poco dopo l'inizio del nuovo anno, le cose sembravano andare alla grande; eravamo ancora l'unica squadra oltre a voi a non aver subito perdite o danni gravi in battaglia. Ma gli scontri iniziarono a intensificarsi improvvisamente.
«I VIRM sembravano venire solo qui da noi e non potevamo fare altro che rispondere agli attacchi. Non potevamo certo chiedere aiuto ad altre squadre, in fondo eravamo già tra i più forti e le altre città avevano i loro problemi a cui pensare; così continuammo a lottare da soli, finché non esaurimmo le energie.
«Il giorno dell'incidente ad Ai è coinciso con quello a Yuki, ma anche a un altro incidente che coinvolse il caposquadra e il nostro caposquadra precedente, Kazuma Honda. Lui e la sua partner Fumie Tanaka pilotavano l'Asphodelum, uno Stridiosauro di classe Lehmann. Erano forti… Ma anche con una forza del genere non potevano prendersi cura di tutti noi e l'offensiva dei nemici stava cercando di metterli in ginocchio per poter dare il colpo di grazia a noi in un secondo momento.
«Fu per una distrazione di Kano che Honda decise di intervenire. Il fuoco avvolse Chrysanthemum 1 e Yumu, la partner di Kano, rimase ustionata e priva di difese. Sarebbero morti se Asphodelum non si fosse lanciato contro i nemici, radunandoli tutti attorno a sé e facendo da scudo a tutti quanti. Ma i VIRM erano comunque troppi, troppo forti, e continuavano a scavare all'interno della corazza dei nostri compagni…»
Tetsuki era visibilmente provato, la sua voce ormai ridotta a un sussurro. «A volte sento ancora le urla di Fumie nei miei sogni…» Mormorò cercando una pausa in quel racconto, bisognoso di sfogarsi su quanto fosse stata traumatica quell’esperienza. Alla fine sospirò e tornò a raccontare mentre gli altri attendevano pazientemente in silenzio, devastati al pensiero di cosa significasse veramente quella storia.
«Kazuma aveva capito che non ci fosse più nulla da fare. Per risparmiarle quella tortura, decise di attivare l'autodistruzione dell'Asphodelum portando con sé l'intera armata VIRM. Quel giorno il sacrificio dei nostri compagni ci salvò da una sconfitta schiacciante, ma fummo costretti ad affrontare pesanti conseguenze dei i nostri errori sul campo. La carica di caposquadra passò a Kano, che decise che avremmo dovuto cambiare mentalità; non avremmo lasciato che la tristezza del passato ci trascinasse con sé verso il fondo e ci fece giurare che non avremmo più parlato di Honda e Tanaka. Voleva cancellare la delusione del fallimento sotto a una maschera di positività, ma è difficile dimenticare quello che è successo quando i risultati di quel giorno sono sotto ai tuoi occhi ogni singolo momento.» Nagashima si interruppe per un momento e qui il riferimento ad Ai, Saki e Yuki fu chiaro, ma poi riprese:«No, neanche quello. E’ impossibile fare finta di niente quando perdi un amico… Non so come faccia Kano.»
Gli sguardi conversero sul Chrysanthemum 4 e rimasero tutti in silenzio per molto tempo. Tra tutti, la preoccupazione era specialmente per come avrebbe reagito Ogura a quel racconto; forse non aveva neanche ascoltato, oppure sapeva fin troppo bene cosa significasse nonostante la sua mente ferita faticasse ad allineare i punti. Ma rivivere quel trauma – non semplicemente ricordarlo ma affrontarlo così direttamente per farlo comprendere a qualcun altro – non era stato difficile solo per la ragazza menomata; Kya e i suoi compagni si sentirono terribilmente a disagio al pensiero di aver sottovalutato così tanto quella situazione, tanto che si sentì in dovere di chiedere scusa.
«Non c'è niente di cui debba scusarti.» Disse Nagashima, ora sereno. Dall’atteggiamento sembrava essere appena uscito da una doccia bollente. «Non potevi sapere, lo hai detto tu stessa. E l'atteggiamento di Shinji è stato aggressivo sin dall'inizio.
«Shinji si sente responsabile di tutto quello che succede alla squadra, per questo ha paura di collaborare con voi; non vi conosce e non può controllarvi. Ha studiato le vostre battaglie nelle registrazioni televisive e ha concluso che non gli piace il vostro modo di fare, ma noi possiamo solo accettare il fatto che non tutti debbano lavorare come facciamo noi e fidarci del giudizio degli adulti.»
«Kano pensa che abbiate sottovalutato il problema.» Intervenne Akira, seccato. Alla fine anche lui aveva deciso di parlare senza nascondere nulla. «Noi abbiamo affrontato molti più scontri di voi, e nonostante ciò venite trattati con più deferenza di noi, che potremmo quasi essere considerati dei veterani ormai; lui pensa che non avete ancora visto l'inferno che abbiamo visto noi, e per questo non potete capirlo.»
«Ma è assurdo!» Commentò Momo. «Abbiamo affrontato decine di difficoltà anche noi! Solo perché non abbiamo perso nessuno, non significa che abbiano meno valore.»
«Statisticamente, no di certo.» Rispose l'altro. «Ma secondo lui è così. E non vi permetterà di giudicarlo, perché non conoscete il suo dolore.»
Aveva tutto senso. Il comportamento diffidente di Kano aveva portato a quella situazione in cui anche gli altri avevano smesso di fidarsi di lui e adesso le due squadre si trovavano di fronte a una spaccatura troppo difficile da risanare. Le possibilità che le cose si sistemassero erano scarse finché Kano non decideva di affrontare il proprio trauma, ma dopo la sua furiosa lite con le ragazze di Anemone chi si sarebbe preso l'impegno di tentare di farlo ragionare?
«Ho capito.» Mormorò Kya. Iustitia riprese a camminare in avanti con decisione, la strada non presentava alcun segno di vita e loro avevano approfittato di quella calma anche troppo; i loro compagni contavano su di loro per raggiungere i punti critici della barriera e interrompere quell'anomalia, non c’era più tempo da perdere!
Kaoru avvertì le intensioni di Kya e fu sul punto di ribattere, ma si rese conto che sarebbe stato inutile. Quando prendeva una decisione, quella ragazza non si lasciava convincere più di nient'altro.
«Ci parlerò io.» Dichiarò spiazzando tutti. I due modelli Chrysanthemum gli furono subito dietro.
«Se dici al caposquadra che sai di Honda e Tanaka rischi veramente che ti attacchi a vista! Non è una cosa di cui si può parlare con leggerezza!»
«Lascia prima che ci parliamo noi!»
«Nakamura, ti prego! Kano è troppo instabile per affrontare una discussione del genere!»
I tre ragazzi della Squadra Desia non stavano più nemmeno cercando di tenerla fuori dai loro affari, erano tutti solamente preoccupati per lei in quel momento; temevano la reazione che avrebbe avuto il loro compagno, specialmente visti i suoi trascorsi con la ragazza. Ma Kya fu irremovibile.
«No!» Disse imperativa. «Se aspettiamo che ci parliate voi, sarà troppo tardi! Neanche voi avete il coraggio di affrontare l'argomento e lo capisco perfettamente. Deve farlo qualcuno esterno alla squadra proprio perché così saprà che è possibile riuscire ad aprirsi e affrontare le proprie paure, come avete fatto voi nel raccontarmi questa storia.»
La ragazza fermò lo Stridiosauro e si voltò a guardare gli altri. Un sorriso rassicurante affiorò sulle sue labbra, forse il sorriso più sincero che le avevano visto fare da quando era arrivata in città.
«Non ho intenzione di attaccare briga. Non voglio ferirlo riportando alla luce quei ricordi, solo fargli capire che non deve averne paura! E se sarà lui ad attaccare… Saprò difendermi.»
I ragazzi osservarono allibiti quella tipa così strana. Non avrebbero mai pensato che potesse essere così altruista, né tanto determinata a risolvere i loro problemi; per loro Kya Nakamura era una brillante Pistil di una squadra diversa dalla loro, ma troppo irruenta, vanesia e individualista. Dopo aver vissuto nelle stesse mura con lei per qualche giorno, avevano scoperto che quella ragazza era molto di più.
Per un solo momento, ai ragazzi della Squadra Desia sembrò che Iustitia splendesse di luce propria.
 
*
 
Yuki non si sentiva bene. Il cuore batteva forte, i respiri erano diventati quasi dei rantoli mentre il suo cervello gli mandava segnali di pericolo in continuazione, e il tutto continuava a peggiorare quando Naka riceveva quelle stesse sensazioni attraverso la loro connessione, reagendo di conseguenza e spaventandosi ancora di più. Non sapevano come avessero fatto ad andare avanti per gli ultimi quindici minuti, sapevano soltanto che lo Xenomorphus stava facendo tutto il lavoro al posto loro nel tentativo di non fargli pesare ulteriormente quella situazione.
Era una situazione orribile. Da quando i droni avevano iniziato ad attaccarli indiscriminatamente si erano sentiti braccati e confusi, incapaci di fare qualcosa che non fosse scappare. Avevano sempre cercato di lottare contro gli imprevisti, i problemi venivano sempre risolti in un modo o nell'altro; adesso invece c'era solo paura nel cuore di Yuki. E il fatto che stesse condizionando così tanto anche la sua partner lo faceva stare male.
«Yuki, dobbiamo reagire!» Esclamò Naka, cercando di tenere alto il morale. Non Poteva fare molto in quello stato, le condizioni del suo partner non erano buone; stava avendo un attacco di panico? Oppure erano i primi segnali di una nuova crisi? Non aveva dolore, non pensava che avrebbe potuto trattarsi di quello, e comunque le medicine avrebbero dovuto impedirlo almeno in parte; non gli era ancora successo mentre pilotavano, era veramente possibile? Cosa sarebbe successo se ne avesse risentito anche lei?
«Mi dispiace…» Boccheggiò lui tenendosi una mano sul petto. Credeva che il cuore gli sarebbe saltato fuori dalla cassa toracica. Si scoprì a salivare eccessivamente, ma non disse niente per non preoccupare ulteriormente la ragazza.
«Guarda i nostri compagni: hanno bisogno del nostro aiuto! Non possiamo lasciarli da soli in questo momento!»
Yuki lo sapeva. Sapeva che, esercitazione o meno, loro avevano un compito da portare a termine. Lo dovevano a quelli che non c'erano più, che avevano fatto delle scelte perché loro potessero continuare a combattere al posto loro.
Cercò di muovere la cloche alla sua destra e sparare un colpo in direzione di un gruppo di droni che stava per abbattersi sullo Stridiosauro quadrupede, ma l'esplosione fu mal calibrata e si dissolse tutto in una nuvola di fumo di fronte alla loro cabina.
«Dannazione!» Sbottò abbandonandosi al proprio sedile.
Xenomorphus era veramente agile, non avrebbe dovuto avere troppi problemi con quei nemici; tuttavia in una situazione di svantaggio numerico, con le preoccupazioni sull'incolumità dei loro compagni a pesare sulle menti dei piloti, bastava poco perché l'equilibrio si spostasse troppo da un lato o dall'altro e di conseguenza scatenasse una reazione a catena incontrollabile che avrebbe gettato Aiko e Ryo in una spirale negativa, e non bisognava dimenticare che lo Stamen non si fosse ancora abituato al nuovo Stridiosauro…
Ryo si accorse di essere lento quando un drone gli volò affianco, graffiando la guancia di Aiko con un laser e piantandosi poi nel petto di Xenomorphus, tagliandole il respiro. Con un urlo, il ragazzo estrasse il drone e lo distrusse, chiedendole subito dopo se stesse bene.
«Attento!» Aiko neanche alzò lo sguardo, sapeva che stavano arrivando dei nemici ma Ryo non se n'era ancora accorto. Non era conscio dei propri dintorni come lo era Kaoru a bordo dello Xenomorphus, la loro connessione non era ancora ottimale e quella situazione di confusione non faceva che creare ancora più difficoltà.
Dovette prendere il controllo lei. Agitò la coda dello Xenomorphus distruggendo i droni che arrivavano da dietro, quindi si gettò di lato per schivare quelli restanti.
«Scusa!»
«Non ti scusare, sei stata bravissima…!»
Sapeva quanto Ryo odiasse essere scavalcato alla guida, ma quello era l’unico modo per salvarsi. Non che cambiasse molto la situazione: Aiko era esausta, sentiva le forze venirle meno e stava per accasciarsi al suolo e interrompere la connessione; lo Stridiosauro non si rialzò, rimase per terra a osservare i nemici che lo circondavano con aria di sconfitta, ma fu a quel punto che una voce sembrò portare un raggio di speranza in quella giornata.
«Meno male che eravate i migliori!»
Qualcosa di molle e pesante cadde attorno allo Xenomorphus e al Chrysanthemum 2 e un attimo dopo ci furono delle esplosioni che dispersero i droni nemici. Uno Stridiosauro con il numero uno sul dorso volò nell'area e iniziò ad attaccare i nemici rimasti mentre lunghi tentacoli corazzati si estendevano a proteggere i compagni in difficoltà; la voce di Tetsuya che li raggiunse subito dopo fu come un balsamo per Aiko e Ryo, che avevano temuto il peggio.
«Caposquadra!» Esclamò Naka, vedendo il Chrysanthemum 1 avvicinarsi dopo aver scacciato i droni. «Non siamo in grado di proseguire.»
Kano osservò i suoi compagni che stavano tentando di riprendere il controllo dello Stridiosauro e gli disse di fermarsi.
«Adesso ci siamo noi, non dovete più sforzarvi. Takagami, tu pensa ad occuparti di Yuki!» E detto questo, il caposquadra si allontanò per raggiungere Xenomorphus e Gaia. L'ex partner della caposquadra stava ringraziando i suoi compagni per il loro intervento provvidenziale, ma l'arrivo di Kano cambiò radicalmente i toni della discussione.
«Sato, giusto?» Domandò rivolgendosi a Xenomorphus. L'unico motivo per cui ricordava il suo nome era perché aveva fatto quella scenata con Nakamura, altrimenti non avrebbe potuto importargli di meno di lui.
Ryo ed Aiko annuirono all'unisono, sorpresi che il caposquadra gli stesse rivolgendo la parola, ma pochi secondi dopo capirono il perché.
«Come avete potuto lasciare i miei compagni da soli?» Il ragazzo assunse un tono aggressivo sin dall'inizio, ma che alle orecchie di Ryo arrivò quasi sotto la forma di un piagnisteo. Ci misero un attimo a capire cosa intendesse e non riuscirono a ribattere in maniera convincente. «Avevano chiaramente bisogno di aiuto, ma voi li avete ignorati e avete continuato a fare i vostri comodi come se niente fosse. Non vedete che sta succedendo qualcosa di strano? L'esercitazione è stata evidentemente alterata, l’obiettivo dovrebbe essere prima di tutto di preoccuparsi dei propri compagni!»
«Kano, non c'è bisogno di essere così aggressivi.» Cercò di calmarlo Suzuko, ottenendo un gesto di stizza atto a zittirla.
«Il mio compagno di squadra ha un problema di salute che gli impedisce di pilotare al meglio, ma questo dovreste saperlo già visto che quella chiacchierona della vostra caposquadra e le sue comari non riescono a tenere il naso fuori dalle questioni private!» Kano lanciò un'occhiata penetrante al Gaia. Anche attraverso la corazza dello Stridiosauro, i piloti si sentirono chiamati in causa e non riuscirono a reagire.
Ryo invece non si sentì per niente toccato e nonostante la frecciatina alla sua amica disse con calma:«Noi non lo sapevamo, quindi non avremmo potuto prevederlo.»
«In ogni caso abbiamo fatto il possibile per attirare i nemici su di noi e tenere Tsunami e Takagami al sicuro.» Continuò Aiko, stranamente sulla difensiva. «Ma mi sembra che voi questo non lo abbiate notato!»
Chrysanthemum 1 si avvicinò allo Xenomorphus, il viso animalesco dello Stridiosauro a quattro zampe fu a un passo dalla cabina dove erano posizionati i piloti, e Kano li fissò intensamente prima di parlare.
«Stai dicendo che è colpa mia se il mio compagno ha rischiato di venire ferito?»
Aiko rimase impassibile. «Di certo non è colpa mia se Tsunami è in quello stato.»
Suzuko si morse un labbro talmente forte che Tetsuya sentì il bisogno di fare lo stesso, come un prurito che non se ne sarebbe andato via; la ragazza timida e mite che era di solito Aiko aveva deciso di trasformarsi in una leonessa proprio nel momento meno opportuno! Temeva che sarebbe partito uno scontro di lì a breve, ma dopo un intenso scambio di sguardi tra i due Stridiosauri, Kano indietreggiò sorprendentemente.
«Da qui in poi io resto con i miei.» Disse raggiungendo Chrysanthemum 2. «Voi continuate pure a divertirvi come credete, ma non lascerò i miei compagni nelle mani di gente come voi.»
«Kano, aspetta…» Provò inutilmente a fermarlo Suzuko, ma un'altra voce si levò più forte della sua. Era Aiko, di nuovo, e questa volta era furiosa.
«Gente come noi?» Esclamò facendo un passo in avanti. «Che cosa sapresti esattamente di noi?»
Kano si voltò un attimo. «So abbastanza da non volervi vicino.»
«Ah davvero? Mi piacerebbe saperne di più allora!» Ribatté. «Sai quelle quattro cose che traspaiono dalle registrazioni delle nostre battaglie, che i nostri membri sono irruenti e che siamo più individualisti di quanto dovremmo essere, ma la tua conoscenza sulla nostra squadra si ferma qui!
«Non hai nemmeno provato a conoscerci di persona, hai solo conosciuto superficialmente la nostra caposquadra e hai deciso che non ti piaceva e di conseguenza non avremmo dovuto piacerti tutti, e come se non bastasse hai costretto i tuoi compagni a fare lo stesso! Ma ti do una notizia, sapientone: anche noi mostri della Squadra Anemone abbiamo emozioni, e tu le stai calpestando a ogni occasione!»
Nella mente della ragazza passarono un migliaio di esempi per cui Kano aveva torto marcio: rivide Yoshiki il giorno che si prese la responsabilità di andare a parlare con Hachi e Nana dei fratelli Okagawa, le preoccupazioni di Kaoru per la sua sicurezza in seguito alla loro battaglia e durante gli scontri per decidere il caposquadra, le foto che custodiva gelosamente della loro prima serata di festeggiamenti a Mistilteinn, i regali di fine anno di Aki e Rin all'intera squadra, e il loro gruppo che si disperdeva all'interno dei boschi di Mistilteinn per cercare Momo dopo la sua lite con Hoshi. Kano non aveva assolutamente il diritto di dire tutte quelle cattiverie.
Le parole cariche di frustrazione della Pistil dello Xenomorphus colpirono in pieno Shinji, che si sentì insultato e si preparò a ribattere. Saki sentì la sua rabbia ribollire attraverso la connessione e fu totalmente sopraffatta dalle azioni dello Stamen, che si lanciò in direzione dell'altro Stridiosauro, intenzionato ad attaccare.
Prima che Chrysanthemum 1 potesse saltare addosso a Xenomorphus, i tentacoli di Gaia si piantarono nel terreno allontanando i due litiganti; il suolo tremò mentre le sacche del classe Gutenberg si gonfiavano minacciosamente e l’aria si riempì della polvere sollevata dall’attacco di Suzuko. Ammonito dalla mossa del gigante, Kano si fermò e guardò in altro trovandosi addosso la mole opprimente di Gaia che cercava di riportare tutti alla calma.
«Questo non è assolutamente il momento per litigare!» Disse la ragazza, sgridando indirettamente sia Kano che la sua compagna di squadra. «Abbiamo un problema e questi continui battibecchi non faranno che rovinare le nostre possibilità di successo, esercitazione o meno! Tuttavia…»
Lo sguardo del Gaia si posò sul Chrysanthemum 1, infinitamente piccolo rispetto a quell'ammasso informe carico di gas esplosivo e tentacoli. Fu uno sguardo tranquillo, ma che lasciava intendere che la pazienza si stesse esaurendo; Kano per la prima volta si sentì in pericolo di fronte a quelle persone che fino a poco prima avevano collaborato con lui.
«Se attaccherai la mia amica, sarò costretta a reagire. Non farmi fare cose di cui potrei pentirmi, Shinji Kano.» Quella frase uscì con naturalezza dalle labbra di Suzuko, che solo un attimo dopo si rese conto di aver minacciato chiaramente il caposquadra; avrebbe tanto voluto rimangiarsi tutto quanto, ma ormai aveva lasciato parlare le emozioni e non voleva lasciare Xenomorphus da solo.
«Finalmente mostrate la vostra vera natura.» Mormorò Kano osservando il gigantesco Stridiosauro e ammirandone l'anatomia quasi aliena. «Vi preferisco così, piuttosto che vedere che cercate falsamente di essere miei amici.»
«Ho cercato a lungo di avere un dialogo con te. Ti ho teso la mano per tutto questo tempo, ma tu hai deciso di ignorarla; non posso fare più di così da sola!» Rispose Suzuko rimanendo gelida, ignorando la sua frecciatina. Era stufa: stufa di essere trattata con sufficienza, stufa di doversi preoccupare dei problemi degli altri, stufa di quel maledetto freddo del nord. Le sembrava di essere circondata da una massa di poppanti urlanti e capricciosi che non volevano vedere il vero problema.
«Basta, Shinji.» Chiamò una voce alle loro spalle. Yuki sembrava essersi ripreso; le sue condizioni non erano ancora ottimali, ma era riuscito a riconnettersi allo Stridiosauro e inserirsi nella conversazione.
Kano lo fissò incredulo. Il suo Stridiosauro non aveva modo di esprimere le emozioni se non attraverso i movimenti, ma tutti furono in grado di immaginarsi la sua espressione a sentire il proprio compagno di squadra che alzava la voce contro di lui.
«Basta con queste lotte inutili.» Sussurrò quello. «Tutti quanti non vogliono altro che aiutarti, ma tu continui a respingerli. Nessuno ha intenzione di rubarti nulla e non perderai valore come Parasite né come amico per aver accettato un aiuto. Ti prego, basta questioni!»
Kano fissò il Chrysanthemum 2 che a stento si reggeva in piedi; era arrivato a un punto tale che i suoi stessi compagni non ne potevano più, ma come facevano a non vedere che faceva tutto quello per loro? Che bene avrebbe fatto alla squadra se Yuki si fosse infortunato durante quell'esercitazione?
«Vogliono aiutarmi, dici?» Rise. «Invadendo la mia privacy, parlando alle mie spalle e provocandomi fino a farmi scoppiare?»
«Sei tu che vedi fantasmi da tutti le parti!» Reagì Yuki. «Come possono aiutarci se non conoscono neanche la nostra storia? Tu sei intrattabile e non vuoi sentire ragioni, perciò sono andati a parlare con altri.
«Jun e Kyu ti hanno pregato di parlare con quel dottore, in questo modo ti avrebbe aiutato a superare il lutto di…»
«NO! NON LI NOMINARE! LORO NON C'ENTRANO NIENTE!» Le urla di Kano squarciarono l'aria, riempiendo le vuote vie della città virtuale. Alcuni nel gruppo indietreggiarono un poco quando sentirono quella voce così furiosa, ma nonostante tutto non erano loro ad essere con le spalle al muro. Suzuko pensò che quello fosse il momento giusto per provare a dire qualcosa, e così si prese di coraggio e cercò di esprimere tutto quello che sentiva dentro.
«Ha ragione, e tu lo sai!» Gridò per attirare l'attenzione del caposquadra. «Puoi seppellire i tuoi sentimenti sotto a una montagna di emozioni diverse in modo da non riuscire più a distinguere quelle negative da quelle positive e questo può anche aiutarti a ignorare il problema, ma non significa che tu sia guarito.»
«Non sta a te decidere come debba affrontare i drammi!» Ribatté Kano a denti stretti.
«E’ vero!» Una nuova voce li raggiunse dall’alto, spiazzando tutti. Gli sguardi si alzarono verso il cielo, dove accucciato sul bordo di una terrazza faceva capolino Iustitia; lo Stridiosauro saltò giù con un gesto acrobatico e simultaneamente dalle strade circostanti vennero fuori Aros e altri due modelli di Chrysanthemum.
«Quello che dici è vero.» Ripeté Kya guardando in direzione di Shinji. Lui era confuso, ma quando capì che si trattava di lei sembrò solamente infastidito.
«E adesso arriva quest'altra seccatura… Vi siete dati appuntamento, per caso?»
Iustitia strinse le spalle e dalla voce della Pistil arrivò una punta di sarcasmo:«Oh, no! Passavo solo di qua mentre andavo a risolvere questo guaio dei droni impazziti, ma quando ho visto che eravate tutti qui ho pensato di infilarmi nella discussione.»
«Perfetto, volete dire la vostra anche voi? Su ragazzi, avete sentito cosa ha detto Yuki, no? Parlate. Ditemi le cose in faccia!» Il tono del ragazzo risultò decisamente aggressivo quando si rivolse ai compagni di squadra comparsi con Nakamura, il Chrysanthemum 4 e il numero sei.
«Evita di aggredire i tuoi amici, loro sono i più preoccupati per te.» Reagì Kya, prendendo le difese degli altri. Si piazzò di fronte a Chrysanthemum 1 come per dirgli che era lei la persona con cui doveva parlare ora e Kano dovette ascoltarla.
«D'accordo, allora sentiamo: come mai ho ragione, all'improvviso?» Mascherando la propria irritazione, il caposquadra finse di collaborare e assunse a sua volta un tono sarcastico nella speranza di infastidire l'altra, ma ormai Kya aveva smesso di cadere nelle sue trappole.
«Perché hai detto una cosa sensata. Per la prima volta da quando sono in questa città, oserei aggiungere.» Spiegò tranquillamente, senza fare a meno di lanciargli una frecciatina a sua volta. «Nessuno ti può costringere a comportarti in un determinato modo per affrontare tutto quello che ti è successo, solo tu sai come reagire a un lutto o alle difficoltà che ti si mettono davanti.»
Kano non reagì perché Kya gli stava dando ragione, fino a quel momento; menzionare il lutto lo avrebbe fatto scattare all'istante, ma ancora non aveva motivo per farlo.
«Tuttavia non ti stai comportando in modo maturo.» Continuò lei. «Se sei stoico, allora fallo fino in fondo e non trascinare con te gli altri che desiderano affrontare il problema! In questo modo finisci solo per sembrare un bambino che frigna perché gli altri non fanno quello che vuole lui.
«E prima che tu mi prenda a male parole…» Intervenne alzando una mano, sapendo che Kano avrebbe reagito male a quel commento. «Sappi che non credo assolutamente di avere ragione in questa situazione; non c'è nessuno che abbia ragione, nessuno è esente da colpe o sbagli. Quello che so – e che è evidente a tutti con due occhi funzionanti – è che tu stai soffrendo; e se soffre il caposquadra, allora soffrirà l'intero gruppo.»
Kano non disse niente. Nessuno disse niente perché Kya era riuscita a monopolizzare la scena, zittendo tutti senza lasciare alcuno spazio per ribattere; aveva detto la verità, era stata onesta e diretta con il ragazzo; persino Suzuko, che appena l'aveva vista comparire aveva temuto che potesse combinare qualche disastro, era rimasta colpita da quelle parole.
Iustitia avanzò e passò accanto a Chrysanthemum 1 e gli diede una pacca sul dorso.
«Però adesso non ho tempo per parlare.» Concluse allegramente. «Devo risolvere questo pasticcio, perché ho cercato di barare e adesso ho la soluzione ai nostri guai!»
Chrysanthemum 1 si voltò chiamando a gran voce la ragazza, ma lei non rispose. Stava per inseguirla, quando un rombo scosse l'intera area, facendo scattare i piloti sull'attenti.
Dal fondo della strada emerse un'ondata di droni che virò e si gettò contro gli Stridiosauri in zona. Erano molti più di quanti ne avessero affrontati fino ad ora, come se tutti quelli recuperati e portati nelle zone di raccolta si fossero uniti a formare quella marea e gli avessero poi dato la caccia, attraendo a sé ogni altro robot con cui venivano in contatto. Quel malfunzionamento cominciava ad essere veramente fastidioso!
Iustitia imbracciò la lancia, ma si rese conto che in quelle condizioni la sua arma sarebbe servita a ben poco e fu travolto all'istante assieme agli altri Chrysanthemum mentre Aros, Gaia e Xenomorphus rimasero al riparo.
Un'esplosione disperse i droni. Suzuko chiamò a gran voce Kya, dicendole di fare qualunque cosa dovesse fare per risolvere quella situazione; questa però era alquanto scombussolata dopo aver preso in pieno una parete, lei e Kaoru si rialzarono con fatica e iniziarono a guardarsi intorno per stabilire un piano.
«Il nostro obiettivo è a pochi chilometri da qui.» Disse Kaoru controllando rapidamente i documenti in loro possesso. «Possiamo approfittare della distrazione creata dal Gaia per attraversare la strada principale senza che i droni ci inseguano!»
Kya era d'accordo, l'esplosione di Suzuko aveva aperto un varco che si sarebbe richiuso presto e quella sarebbe stata la loro unica occasione per risolvere quella crisi. Stava per lanciarsi in strada alla massima velocità, ma un urlo attirò la sua attenzione: Chrysanthemum 2 dopo l'attacco dei droni aveva cominciato a contorcersi in preda alle convulsioni. Nella confusione nessuno sembrava aver fatto caso a lui, e tuttavia non poteva restare ignorato.
Quello era lo Stridiosauro di Yuki! Era esattamente come quella volta che lo aveva conosciuto nella sua stanza; le bastò un attimo per capire che il ragazzo stesse avendo una delle sue crisi, e ora che era circondato da droni la situazione era anche peggio.
«Kaoru, cambio di programma!» Esclamò ordinando con ogni cellula del proprio corpo di restare sul posto. Il ragazzo stava per obiettare, ma lei andò dritta al punto:«Voglio aiutare Yuki!»
«Ne sei sicura? Non sappiamo quando riusciremo a raggiungere nuovamente la torre energetica.»
«Sicurissima!» Rispose senza alcuna esitazione. «Non posso restare a guardare mentre soffre!»
Pur sapendo che quella decisione avrebbe cambiato lo sviluppo della battaglia, Kaoru seguì Kya e insieme si lanciarono verso il campo dove i Chrysanthemum erano stati sparsi. Iustitia si fece strada tra orde di droni sferzanti agitando la propria lancia e mandando in pezzi i nemici, ma quando fu a un passo da Chrysanthemum 2, qualcosa lo afferrò a una gamba interrompendo la sua corsa. Era Chrysanthemum 1, che aveva tirato fuori un cavo per trattenerla, stringendoglielo attorno alla caviglia con una forza incredibile.
«Non ti avvicinare ai miei compagni!» Esclamò il caposquadra, ormai fuori di sé. Kya era basita, avrebbe preferito vedere Yuki soffrire piuttosto che lasciare che qualcuno come lei lo aiutasse.
Stufa di quell'irragionevole odio nei suoi confronti, la ragazza tese con forza il cavo tirando indietro la gamba e lo tranciò di netto con la lancia. «Non è il momento di discutere!» Esclamò per dargli una svegliata, ma Kano scattò nella sua direzione per mandare avanti l'assalto.
Iustitia si preparò all’impatto, ma Chrysanthemum 1 fu placcato da un altro modello uguale; questa volta erano stati Harada e Ōkubo, che finalmente sembravano aver trovato il coraggio per rispondere al proprio caposquadra.
«Vai, ci pensiamo noi a lui!» Esclamò Akira, lasciando a Kya il compito di proteggere il loro compagno. La ragazza annuì e non perse altro tempo.
Mentre correva, Iustitia fu colpito in pieno da alcuni droni che volavano impazziti e quasi cadde a terra; sbilanciatosi dopo l'impatto, utilizzò la lancia come appoggio e sfruttò la spinta dei retrorazzi per rimanere in movimento e raggiungere Chrysanthemum 2, ora immobile bersaglio dei droni. Fece roteare l'arma sopra la testa e con un colpo a spazzata allontanò gran parte dei nemici mentre altri cadevano sotto la sua lama, quindi ancora barcollante si piazzò davanti al classe Conrad decisa a fargli da scudo anche con il proprio corpo se necessario.
Kya urlò quando un laser colpì Iustitia, fulminandola con una violenta scarica elettrica. C'era decisamente qualcosa di strano, anche quando combattevano con i droni normalmente i loro colpi non erano mirati a ferire; ormai erano completamente fuori controllo.
Uno Stridiosauro passò di fronte a Kya come un fulmine, travolgendo i droni che l'avevano assaltata; vide per un istante il numero quattro sul dorso ormai familiare dei modelli Chrysanthemum e poi la voce di Nagashima li raggiunse.
«Se continuiamo così non risolveremo un bel niente!»
Iustitia annuì, ma non aveva intenzione di abbandonare Yuki proprio ora. «Noi resteremo qui a difendere gli altri. Voi siete più veloci, potete raggiungere il nucleo e distruggerlo?»
Nagashima rispose immediatamente, ma non era rivolto a lei:«Cosa ne pensi, Ai?»
Ci fu silenzio dal Chrysanthemum 4. Lo sguardo dello Stridiosauro era basso come se stesse riflettendo; in una situazione come quella, anche circondata da decine di droni nemici, Ogura riusciva a rimanere impassibile come una statua; anche se forse era indelicato da dire, Kya ammirava veramente quel lato di lei.
«Andiamo.»
Dopo una decisione improvvisa, lo Stridiosauro partì in direzione della torre energetica infilandosi in un varco tra i droni e lasciando Iustitia a respingere i nemici da solo; ancora ammaliata dalla decisione messa in mostra dalla coppia, Kya si convinse a resistere solo un altro po'. Doveva proteggere gli altri e fidarsi di Ai e Tetsuki.
Una vampata di calore attraversò la strada e investì anche Iustitia; i droni furono confusi a sufficienza da lasciare lo spazio allo Stridiosauro per respingerli e distruggerne alcuni, quindi si voltò a ringraziare con un cenno l'Aros che aveva fornito quell'assistenza.
Avendo un attimo di tempo, Kya si lanciò su Chrysanthemum 2 per accertarsi delle condizioni del suo amico, ma trovò lo Stridiosauro disattivato; qualunque cosa stesse succedendo all'interno della sua cabina, loro non vi avrebbero avuto accesso.
«Maledizione!» Esclamò liberando un po' della frustrazione accumulata fino a quel momento, e attivò l'apertura a ombrello della sua lancia per catturare una quantità maggiore di nemici con un solo colpo.
Kya agitò la lancia da una parte e dall'altra, i droni catturati dalle lame furono fatti a pezzi e così facendo riuscì a liberare l'area per un attimo; ma i nemici erano veramente troppi. Ne arrivarono altri che la colpirono alle spalle, alle gambe, sfruttando ogni punto che avrebbe potuto farle perdere l'equilibrio, e alla fine Iustitia crollò.
Privo di forze, lo Stridiosauro si accasciò su Chrysanthemum 2 per proteggerlo dagli attacchi nemici. Kya sentiva di non poter fare altro se non usare il proprio corpo ormai; se fosse stata con Ryo, forse quello scontro non sarebbe stato un problema, magari se ne sarebbe occupata senza difficoltà e avrebbe anche avuto tempo a sufficienza per distruggere la barriera della sala di addestramento. Ma una cosa era sicura: lei non si sentiva affatto bene in quel momento.
La sua forza non era la stessa di quando pilotava con Ryo, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere. Sentiva che in quel momento, solo per riuscire a ripetere ciò che era stata in grado di fare con Iustitia in passato le sarebbe servito dare fondo alle forze ottenute attraverso la modalità berserk, ma non se la sentiva di dare a Kaoru un peso simile e considerato che non erano ancora in perfetta sintonia, avrebbero rischiato di fare del male anche agli altri, Yuki compreso.
«Mi dispiace, Kaoru…» Mormorò la ragazza. «Mi spiace averti fatto credere che fosse possibile aiutarmi…»
«Non è vero!» Ribatté lui, e afferrò i comandi con più fermezza. «Fidati di me!»
A quei sentimenti di inadeguatezza che sentiva la ragazza, si sostituì una determinazione nuova, quella di voler proteggere tutti a qualsiasi costo; fino ad ora non aveva sentito quasi per niente le sensazioni del proprio partner, ma adesso poteva avvertire chiaramente ciò che provava Kaoru. E lui credeva in lei!
Iustitia si rialzò e, stretta la lancia in una mano, la sguainò tracciando una linea in quella nube di droni aggressivi; Kya si liberò con un urlo pieno di rabbia e lasciò prendere il controllo a Kaoru.
Lo Stridiosauro si lanciò in avanti e interruppe il flusso di macchine; ne fu quasi travolto, ma voltandosi piantò la lancia nel terreno alle proprie spalle e attivò nuovamente l'apertura della lama. I rampini avvolsero i droni che continuavano a volargli incontro e dopo che ebbero raggiunto l'altro lato della zona mollò la presa dall'arma, lasciando che il cavo che la legava al suo braccio si allungasse mentre esso si impegnava in una coreografia di attacchi a mani nude concentrata sui gruppi di robot. Iustitia girò attorno all'area tendendo il cavo della lancia e travolgendo i droni con le sue mosse finché non ebbe più libertà di movimento; a quel punto riavvolse il cavo a tutta velocità e i rampini della lancia iniziarono a dimenarsi per il campo di battaglia come posseduti da spiriti irrequieti, falciando droni a destra e a manca mentre i piloti proteggevano il guscio inanimato del Chrysanthemum 2.
La lancia tornò in mano a Iustitia e Kaoru la fece ruotare in aria creando una barriera impenetrabile con i suoi movimenti rapidi e precisi, quindi iniziò a volteggiare nuovamente per il campo di battaglia sfruttando quell'elica che aveva creato per eliminare i droni rimasti mentre gli altri si allontanavano intimoriti dall'audacia dello Stridiosauro. Erano una furia, una coppia di piloti che ancora non funzionavano bene assieme, ma uniti dallo stesso obiettivo che li rendeva abbastanza forti da fare ciò che dovevano fare. Fu così fino all'ennesima fiammata dell'Aros, che destabilizzò nuovamente i droni e distrusse definitivamente quelli più danneggiati e permise loro di allentare un po' la corda, poi un'esplosione nell'intera area travolse i droni e gli Stridiosauri, decretando la fine di quel caos.
Passarono alcuni secondi nel silenzio più assoluto, le fiamme di stavano estinguendo da sole nell'aria e i ragazzi capirono che era stato Gaia a scatenare quel putiferio. I droni erano a terra, una distesa di rottami bruciati e ormai inutilizzabili circondava gli Stridiosauri ad indicare il pericolo passato.
La prima cosa che Kya sentì fu la leggerezza delle proprie gambe e Iustitia non riuscì a rimanere in piedi; Kaoru fu colto alla sprovvista da quella sensazione e dovette poggiarsi alla lancia per non crollare, ma fu comunque messo in ginocchio dalla stanchezza della sua Pistil.
«Sono finiti?» Mormorò lei guardando in alto, scorgendo i due classe Gutenberg che si scambiavano gesti di approvazione; probabilmente si era trattato di una strategia di Suzuko, e Kya era sicura che avrebbe avuto presto delle spiegazioni sul perché le fiamme di Aros non l'avessero raggiunta prima, ma a quel punto sentì solo le forze lasciarla completamente.
Quello che videro i Parasite rimasti sul campo un attimo dopo, fu l'espressione di Kya svanire dal volto dello Iustitia e questo rimanere immobile al centro della strada, con alle spalle Chrysanthemum 2 illeso.

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Capitolo 55
*** Pace ***


I Parasite furono estratti dall'area dell'esercitazione non appena Ogura e Nagashima riuscirono a disattivare la barriera che creava gli ologrammi. I droni furono disattivati non per intervento della sala di controllo, che ne aveva perso completamente il controllo nel bel mezzo della simulazione, ma grazie alla risposta coordinata delle due squadre. Gli adulti preferirono tenere i ragazzi all'oscuro dell'informazione, ma i tecnici gli dissero che a scatenare il malfunzionamento dei droni era stato un virus artificiale insinuatosi nei loro computer; non sapevano come fosse entrato nella rete, ma era una questione preoccupante di cui avrebbero dovuto occuparsi senza coinvolgere i piloti, già impegnati altrove con la mente.
Il virus aveva tagliato i tecnici fuori dalle linee di comunicazioni e resettato tutti i droni come semplici macchine da combattimento, rendendoli autonomi; qualunque obiettivo per loro diventava un nemico e non erano più tarati per fare danni minimi ma attaccavano alla massima potenza. I piloti colpiti avevano riportato danni paragonabili a quelli ricevuti in battaglia con i VIRM, ma grazie alla pronta risposta delle squadre e agli sforzi di alcuni membri questi danni erano stati contenuti.
I letti occupati nell'infermeria erano solo tre e considerato l'incidente era un numero più che accettabile: ad occuparli Shinji Kano, che durante l'operazione aveva avuto una nervosa ed era collassato, Yuki Tsunami ricoverato a causa della violenta crisi epilettica che lo aveva colpito dopo essere stato portato allo stremo dai droni e Kya Nakamura, che aveva fatto da scudo con il proprio corpo per proteggere Chrysanthemum 2.
«Da quanto tempo non dormi?» Domandò Saki costernata. Il suo partner non poteva più rifiutarsi di rispondere, ma la guardava comunque con aria di disapprovazione come se non volesse sentirsi giudicato da lei.
«Non lo so, ho smesso di fare caso a quello che mi succede la notte.»
La ragazza era seduta a fianco del lettino di Kano, si guardò intorno esasperata e cercò supporto dal compagno sdraiato sulla branda accanto alla sua. Ma Yuki non fu in grado di aiutarla, neanche lui sapeva niente di tutto quello.
«Le mie medicine mi fanno dormire troppo profondamente perché io possa accorgermi di qualcosa.» Spiegò. Si sentiva in colpa perché era la persona più vicina al caposquadra e se avesse notato qualcosa prima avrebbe potuto sicuramente aiutarlo.
«Fartene una colpa, è solo uno scorbutico odioso!» Borbottò la ragazza sdraiata nel lettino in fondo alla stanza, facendo sobbalzare il caposquadra pronto a risponderle per le rime, ma una mano di Saki lo trattenne.
Kya era serena, anche se acciaccata. Il suo solito umore spensierato era tornato, le mani unite dietro la testa e lo sguardo che girava da una parte all'altra della stanza; era la prima volta che si ritrovava così malconcia dopo aver pilotato e doveva ammettere che non era del tutto una brutta sensazione. L'idea che fosse "infortunata" le permetteva di ricevere attenzioni da tutti e questo per lei era come una manna dal cielo in quel momento, ma c'era un'altra cosa che l'aveva fatta calmare: sin da quando Ryo aveva chiesto lo shuffle non era stata del tutto in sé, troppo nervosa e irritabile, e perdere le staffe con i compagni durante l'esercitazione le aveva fatto scaricare tutta quella tensione.
«Nakamura, vorrei chiederti scusa a nome del mio partner per quello che è successo.» Disse Yumu, continuando a premere una mano sui polsi del partner per non farlo intervenire. «E' stato a dir poco indelicato nei tuoi confronti e anche quando volevi soltanto aiutare ha cercato di metterti i bastoni tra le ruote; avrei voluto intervenire nella discussione, ma a quel punto Shinji aveva completamente preso il controllo sul nostro Stridiosauro e non sono riuscita a fare nulla.»
«Scuse accettate.» Mormorò Kya senza voltarsi. «Adesso però risolvete le vostre questioni.»
Saki deglutì vistosamente, sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Lo sapevano anche tutti i suoi compagni di squadra, presenti nella stanza e costernati quanto lei; Kano aveva esagerato, ma bisognava aspettare che fosse lui ad ammetterlo.
E lo ammise. Kano si vergognava del proprio comportamento nonostante fosse ancora un po' nervoso, e gli servì molta forza per chiedere scusa ai suoi compagni di squadra e alla Squadra Anemone.
«Mi sono comportato da vigliacco, ho ignorato i miei sentimenti e i vostri credendo di poter risolvere tutto.» Disse. «Volevo proteggervi, farvi vedere che potevano superare le avversità se solo lo decidevamo, e in parte è stato così; ma ho preferito nascondere dentro a una scatola tutti i ricordi che invece avrebbero dovuto darmi la motivazione per andare avanti.
«Devo chiedere scusa anche a te, Nakamura.» Continuò, vedendo affiorare sul viso di Kya un sorrisetto compiaciuto. «Penso ancora che tu sia un'idiota impulsiva e superficiale; ma sei un'idiota impulsiva e superficiale con un gran cuore, e ti devo ringraziare per aver protetto Yuki e Naka.»
Il sorriso lasciò le labbra della ragazza in un primo momento e poi tornò quando lui finì il suo discorso di scuse. Con fierezza spudorata, si agitò sul proprio lettino e si voltò verso il ragazzo dicendo che era tutto a posto.
«Ma ti sei comunque fatta flagellare come un'idiota dai droni.» Commentò Ryo, che stava seguendo quello scambio con sguardo impassibile. L'entusiasmo di Kya sparì.
«Ti attacchi sempre ai dettagli, tu.»
«Ryo ha ragione, Kya.» Intervenne Kaoru, riluttante. «Sei conciata veramente male. So che volevi proteggere gli altri e non ti ho fermato perché sarebbe stato controproducente, ma devi imparare a contenerti e trovare una via di mezzo tra l'essere un minimo razionale e… Essere te.»
La ragazza si voltò verso il suo partner attuale e fece un broncio carico di delusione, come se fosse stata tradita. «Ma io non so fare altro se non essere me.» Borbottò. «E' davvero un problema, se alla fine raggiungiamo comunque il nostro risultato?»
«E' un problema per te!» Sbottò esasperato Ryo prima di voltarsi e uscire.
Le due squadre osservarono il ragazzo che lasciava l'infermeria, evidentemente frustrato dalla situazione. La sua amica di sempre si era spinta al limite per proteggere gli altri ed era abbastanza ovvio che, anche se in minima parte, il litigio tra loro avesse causato questa situazione; era probabile che Sato si sentisse responsabile di quelle sue ferite.
«Lasciatelo stare.» Rise Kya rivolta agli altri. «E' sempre così burbero, poi gli passa.» E tornando a guardare verso gli altri lettini spostò nuovamente l'attenzione sull'altro caposquadra. «Sbaglio o stavi dicendo qualcosa alla tua partner?»
Il sorriso di Kya si allargò quando notò Kano arrossire; era la prima volta che lo vedeva reagire così non per la rabbia ma per l'imbarazzo. Il ragazzo si schiarì la voce e annuì.
«Saki, mi dispiace.» Mormorò prendendole una mano. La ragazza annuì comprensiva, ma lui scosse la testa. «Tra tutti, tu sei quella che ha dovuto soffrire di più per le mie decisioni scellerate; ho continuato ad agire in modo egoista, zittendo qualunque tipo di richiesta di aiuto da parte dei miei compagni e mi sono chiuso talmente tanto da non riuscire più a raggiungere i tuoi pensieri attraverso la connessione.»
Adesso fu lei a scuotere la testa. «Io sentivo tutto, invece.» Mormorò. «Sentivo il tuo dolore, la tua sconfinata tristezza… Sapevo che volevi parlare, piangere e urlare tutto quello che ti sei tenuto dentro, ma non ho fatto niente per aiutarti.»
Sconcertato dalle parole della ragazza, Kano non riuscì a continuare. Gli si formò un nodo in gola talmente stretto da fargli mancare il respiro e i suoi occhi divennero lucidi. «Allora ti ho anche tormentata con questo peso per tutto il tempo…»
Saki fu pronta a chiarire e dirgli che non era mai stato un peso per lei, ma il ragazzo la anticipò.
«Avresti avuto tutto il diritto di odiarmi, dopo quello che ti è successo…» Disse a denti stretti, e le sue mani sfiorarono con estrema delicatezza il braccio fasciato della ragazza. «Dopo quello che io ho causato…»
Kano sospirò e dai suoi occhi arrossati scesero alcune lacrime, poi il suo sguardo si soffermò su tutti i suoi compagni di squadra che lo osservavano in riga dalla parete. «Sono stato un pessimo caposquadra con tutti voi… Ho sbagliato tutto quello che potevo sbagliare e alcuni di voi hanno dovuto affrontarne le conseguenze da soli…
«Capirò se non vorrete più parlarmi o vedermi. Sono disposto anche a lasciare la squadra, ma se mi concederete una seconda possibilità vi prometto che farò tutto quanto in mio potere per rimediare.»
Non era il caposquadra perfetto, anzi era lontano dall'esserlo; ma era innegabile che amasse i suoi compagni e aveva la stoffa per tenerli tutti al sicuro. Per questo Suzuko non fu sorpresa quando vide i ragazzi della Squadra Desia avvicinarsi al lettino e abbracciarlo con tanto calore, lasciando che Shinji si sfogasse con quelle lacrime amare che aveva tenuto dentro per troppo tempo.
Yuki si voltò verso Kya con discrezione, che stava sorridendo di fronte a quella scena, e sussurrò:«Grazie.»
Lei gli rispose ammiccando, quindi si rilassò sul proprio lettino e chiuse gli occhi, felice di aver fatto una buona azione.
 
*
 
L'ultimo giorno di permanenza a Desia passò in fretta. Kya e gli altri recuperarono abbastanza bene l'affaticamento post esercitazione e la sua squadra fu pronta a lasciare la città a mezzogiorno, non senza qualche rammarico per dover salutare gli amici fatti in quella settimana. Se c'era una cosa che rincuorava le due squadre però, era che si sarebbero rivisti presto per combattere assieme.
«Scusa per il modo in cui ti ho trattata.» Disse imbarazzato Shinji a Suzuko, che ormai non sapeva più come rispondere a quelle scuse.
«Mi hai chiesto scusa un centinaio di volte da quando siamo tornati dall'esercitazione, adesso puoi anche smettere!» Scherzò lei. «Hai una squadra formidabile, prenditi cura di loro.»
Gli sguardi di entrambi andarono verso Saki, che stava conversando con Yoshiki, e Shinji rispose:«Sono loro a prendersi cura di me.»
Non se n'erano mai resi conto fino a quel momento, la partner del caposquadra era una delle persone più forti dell'intera squadra; il modo in cui aveva dovuto sopportare tutte quelle difficoltà continuando a sostenerlo nonostante tutto dimostrava quanta forza di volontà nascondesse in quel corpo così minuto, eppure anche lei aveva bisogno di ricevere forza da qualcuno.
Ringraziò per l'ennesima volta Yoshiki per tutta la compagnia che le aveva fatto in quei giorni e per il suo regalo. Il ragazzo sentiva che lo avrebbe ringraziato fino alla fine dei suoi giorni; era troppo gentile, ma non gli dispiaceva che qualcuno lo tenesse così in alta considerazione, sempre che non si trasformasse in un rapporto privo di equilibrio.
«Abbi più fiducia in te stessa, d'accordo?» Le disse posandole una mano sulla spalla. Saki annuì vigorosamente. Sapeva che da quel momento le cose potevano solo migliorare per lei e per la squadra, quindi avrebbe dato il massimo in tutti gli aspetti.
La ragazza poi si voltò verso la partner di lui, che stava salutando il suo compagno di squadra Suzuki, e si avvicinò rapidamente prendendole una mano e interrompendo la conversazione.
«Prenditi cura di Yoshiki, va bene?» Le comunicò con un sorriso nervoso. Presa totalmente alla sprovvista, Naho si voltò a guardare il proprio partner che le rispose con una scrollata di spalle, poi tornò a guardare la ragazza e annuì con delicatezza.
Non sapeva bene cosa avesse spinto quella ragazza a farle quella richiesta, ma sapeva che lei avrebbe sempre vegliato su Yoshiki e lui avrebbe fatto lo stesso con lei. Vide Saki allontanarsi mentre mandava ancora saluti ai due ragazzi, quindi questa si ricongiunse con il proprio partner e da lì in poi rimase al suo posto senza dire nulla, ma continuando a mandare occhiate curiose al duo dell'Anthurium.
«Non farti spaventare.» Rise Katsuki dando un colpetto sulla spalla a Naho, che tornò a concentrarsi su di lui e gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Che intendi, scusa?»
Il ragazzo continuò a sorridere, poi vedendo che la confusione di lei era genuina smise di ridere e rimase in silenzio per qualche secondo prima di cambiare totalmente argomento. «Vedete di non cacciarvi nei guai, abbiamo bisogno di voi alla massima potenza!»
La ragazza stava quasi per chiedergli nuovamente cosa volesse dire con quelle parole, ma alla fine lasciò perdere e invece gli rispose a tono:«Vi daremo del filo da torcere!»
L'intero gruppo si stava scambiando parole simili. I ragazzi erano ormai entrati in confidenza abbastanza da scherzare sulle battaglie future, ma c'era anche chi era profondamente dispiaciuto all'idea di dover salutare i nuovi amici, come Naka e Ai che stavano abbracciando Aiko.
«Buona fortuna per tutto, ragazze.» Disse la Pistil dello Xenomorphus. Si era affezionata a quelle persone, aveva assistito alla loro vulnerabilità e l'aveva visto come un segno di fiducia, e in più lei e Ai erano amiche ora.
«Ci rivedremo presto.» Disse Naka con tono rilassato. «Tra due settimane ci sarà la nostra battaglia, e dopo di quello andremo tutte insieme a prendere un gelato… O qualcosa di più adatto alla stagione.»
Aiko rise, ma quelle parole le ricordarono che l'inverno cominciava a volgere al termine; ad Anemone sarebbe finito prima, molto probabilmente, ma anche una volta finito marzo e ad aprile inoltrato Desia sarebbe rimasta gelida, se non anche per più tempo.
«Fai buon viaggio, Ai… Aiko Mori.» Ai incespicò tra le parole, ma alla fine riuscì a pronunciare il nome completo della sua nuova amica. «Hai visto, me lo sono ricordato.»
Aiko le sorrise benevola. Le piangeva il cuore vedere come quella ragazza così dolce fosse limitata alle capacità di una bambina, ma vedere i suoi sforzi per vivere una vita normale e tranquilla nonostante tutto la rendeva felice. Si adagiò un poco a Kaoru, che a sua volta ringraziò le ragazze per l'ospitalità.
«E' stato un piacere collaborare con voi.» Disse, quindi come se avesse detto qualcosa di strano la ragazza dai capelli più corti si girò e andò via a passo svelto. Lui e la propria partner la seguirono con lo sguardo mentre Naka e Tetsuki le andavano dietro allarmati.
Ai raggiunse la caposquadra, che se ne stava in disparte in attesa che tutti finissero i saluti. L'uniforme e il giaccone pesante sulle spalle le conferivano un aspetto quasi minaccioso, ma quel suo sguardo torvo era dato solo dal fatto che avesse la testa fra le nuvole; fu sorpresa di vedere proprio la Parasite del Chrysanthemum 4 di fronte a sé.
«Anche tu…» Mormorò quella. «Vuoi essere mia amica?»
Sorpresa da quelle parole che non credeva di sentire da tantissimo tempo, Kya ci mise un attimo a reagire. Poi le posò una mano sulla testa, scompigliandole i ciuffi castani e sorrise.
«Ma certo!» Disse serena, e i compagni di squadra della ragazza furono sorpresi di vedere che Ai si stesse lasciando toccare da qualcuno in questo modo.
«Io mi chiamo Ai Ogura.» Mormorò quando l'altra ebbe finito di passarle la mano sulla testa.
«Piacere di conoscerti. Io sono Kya.»
«Kya… E basta?»
Lei la guardò sorpresa, ma divertita. «Kya e basta.» Ripeté ammiccando. In fondo non le era mai piaciuto farsi chiamare per cognome, lei era una che non badava alle formalità.
Rimase a pensare a quel bizzarro scambio ancora per un po', tanto che non si accorse di Yuki che si avvicinava da un lato.
«Sembra che tu abbia fatto colpo sulla nostra Ai.» Mormorò sorridente.
Kya alzò lo sguardo, poi sorrise. «E' una brava ragazza. Mi piace, siamo parecchio in sintonia!»
Yuki incrociò le braccia e rimase a guardare l'altra ragazza che veniva portata via dalla sua partner. Stettero in silenzio per qualche istante, come se dovessero dire entrambi qualcosa ma nessuno avesse il coraggio di farlo.
«Ci rivedremo tra un paio di settimane, allora?» Disse infine lui, lasciando il muro a cui si era appoggiato e rivolgendosi completamente alla ragazza. Lei annuì pensierosa.
«Non farti ammazzare, nel frattempo.» Disse sarcastica, e gli prese la mano per stringergliela con vigore. Yuki però le mandò un'occhiata stranita.
Rimasero un secondo a guardarsi, lui come se non la riconoscesse più, lei apparentemente inespressiva, e alla fine Yuki la abbracciò. Kya non resse a quel gesto, le gambe quasi le cedettero e lui dovette sorreggerla con tutta la forza che aveva per evitare di finire per terra.
«Mi spiace che le cose con Ryo non si siano sistemate.» Mormorò.
Kya inspirò a fondo, il naso già tappato da lacrime che stava sforzandosi di ricacciare indietro, e nascose il volto nella spalla dell'altro.
«Ma sono sicuro che si sistemerà tutto.» Continuò lui. «Tu sei forte, sei una persona straordinaria… E presto se ne accorgerà anche lui.»
Kya annuì senza dire niente, quindi strinse con più forza il busto di Yuki, che la lasciò sfogare quanto voleva; aveva dovuto sopportare tanto in quella settimana, sembrava che tutto il mondo avesse deciso di andare contro di lei e un abbraccio come quello le avrebbe fatto bene, ma la ragazza non si aspettava di perdere totalmente il controllo in quel modo.
«Grazie per avere protetto me e Naka.» Aggiunse poi lui, lo sguardo fisso sulla parete alle spalle della ragazza. Poteva vedere qualche ciuffo di capelli rosa con la coda dell'occhio, la testa di Kya si muoveva debolmente.
Alla fine riuscì a sollevare nuovamente lo sguardo. Aveva gli occhi lucidi e le guance umide, ma Kya sorrideva come al suo solito, quel ghigno tronfio con cui si era presentata a quella gente sette giorni prima.
«Non devi neanche pensarlo!» Gemette con voce leggermente tremante. «L'ho fatto perché andava fatto, non è qualcosa di cui ringraziarmi!»
Yuki increspò le labbra per tutta risposta.
«E comunque, vedi di restare al sicuro d'ora in poi!» Sciolse l'abbraccio e gli diede un colpetto sulla spalla. Yuki lo sentì, forse un po' troppo, e sorprendentemente vide lo sguardo della ragazza cambiare completamente quando si accorse gli avergli fatto male.
«Cacchio, scusa!» Borbottò toccandogli la spalla, ma non sapendo cosa fare esattamente. Kya abbassò lo sguardo, costernata.
«Va tutto bene.» Disse quello. «Ci vediamo presto, okay?»
Kya alzò nuovamente lo sguardo, rincuorata ben poco, ma comunque contenta di poter contare su di lui; quella sua abitudine a prendersi troppo spazio con gli altri era stato esattamente ciò che l'aveva portata alla rottura con Ryo e aveva paura di fare la stessa fine con Yuki.
Con un sospiro vistoso, la ragazza si costrinse a far sparire quella maschera di malinconia dal proprio viso e si girò verso gli adulti.
«Noi siamo pronti.» Sorrise verso Hachi e Nana, che stavano finendo di parlare con Jun e Kyu; i coordinatori di Desia gli stavano augurando un buon viaggio, mentre i due immortali continuavano a fargli raccomandazioni su qualche materia tecnica. Quei due non finivano mai di lavorare, pensò Kya divertita.
Nana finì con le raccomandazioni ai due apprendisti e si voltò verso la caposquadra mentre Hachi richiamava all'attenzione il resto del gruppo.
«Ragazzi, siamo contenti che le due squadre siano riuscite ad andare d'accordo. Abbiamo cercato di lasciare che le cose si svolgessero da sole e non abbiamo forzato il contatto tra voi, e vedo con piacere che è stata la scelta giusta.
«Ora è il momento di salutarsi, ma vi rivedrete presto. Tra qualche settimana i VIRM attaccheranno ai confini della città e voi lavorerete insieme per fermarli; sappiamo che è una situazione che può mettere ansia, ma abbiamo visto come lavorate in squadra e siamo sicuri che non mancherete di dare il meglio di voi quando arriverà il momento!»
Era un discorso che non poteva che mettere pressione, da qualunque lato lo si guardasse. I ragazzi ci erano ormai abituati, anche i più ansiosi non avevano problemi con le aspettative degli adulti; era ovvio che il mondo ne avesse a quel punto, e il fatto che avrebbero rivisto i loro nuovi amici e avrebbero lavorato insieme – per davvero, questa volta – li riempiva di fiducia.
Le due squadre si mandarono per l'ultima volta dei calorosi saluti, quindi il gruppo Anemone lasciò l'edificio salendo su un autobus che li avrebbe portati all'aeroporto, e poi da lì dritti fino a casa.
Il viaggio di ritorno fu lento e noioso; sarebbe stato più vivace se l'intera squadra non avesse completamente esaurito le energie. Kya in particolare si sentiva a pezzi, ma era pur sempre la solita  ragazza vivace che attirava l'attenzione e cercava di ravvivare le cose, solo che questa volta non riuscì a trovare lo spunto per farlo.
Nonostante la presenza di Momo e Naho – e di conseguenza, i loro partner – che si erano sedute vicino a lei per solidarietà e Kaoru, che pur essendole vicino era una fila indietro alla sua assieme ad Aiko, Kya si sentiva sola; le mancava avere Ryo direttamente accanto a sé, le mancava stringere il suo braccio quando era stanca e appoggiare la testa alla sua spalla per sentirsi al sicuro. I suoi amici erano lì per cercare di riempire il vuoto nel suo cuore, ma avevano già un posto al suo interno, non potevano dividersi per sostituirne un altro; e tutta quella situazione aveva creato una dinamica che avrebbe preferito evitare, ovvero la solidarietà di molti membri della squadra nei suoi confronti e l'isolamento involontario di Ryo. Il ragazzo se ne stava per i fatti suoi, da solo e in silenzio; sembrava che non volesse parlare con nessuno, ma Kya sentiva che fosse più disturbato di lei da quella situazione e si sentiva tremendamente in colpa.
Ai ragazzi già mancavano le nuove amicizie fatte in quella settimana, così come il caos e l'allegria che sapeva portare un gruppo così nutrito di persone; una cosa che non gli sarebbe mancata di certo sarebbe stato il freddo. Desia era una città poco adatta a una vacanza, ma sicuramente lavorare con un clima così rigido non era molto entusiasmante; tornare alla ridente Mistilteinn, soprattutto a poche settimane dall'inizio della primavera, sembrava un sogno.

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Capitolo 56
*** Parte della famiglia ***


Il nero non le era mai piaciuto, né pensava che le donasse particolarmente. Da quando il Padre aveva gettato via la maschera e i Bambini si erano presi la responsabilità di far rinverdire il mondo, Naomi aveva indossato quel colore così cupo pochissime volte.
Inizialmente c'erano pochi abiti, tuniche grezze raccattate in chissà quale magazzino ancora integro, pantaloni elastici e leggeri adatti ai lavori fisici, tutti di colore bianco; oltre a questi c'erano le loro vecchie uniformi, unici vestiti di fattura migliore ma con una storia troppo pesante per essere portate liberamente, e in particolare la sua era probabilmente in fondo a qualche scarpata, sepolta sotto tonnellate di roccia e rottami.
Dopo un po' di tempo avevano iniziato a usare i camici da laboratorio. Prima erano in pochi a usarli, poi sempre più persone si erano unite al lavoro suo e di Ikuno ed erano diventati una sorta di simbolo, un modo per riconoscersi a vicenda; con il passare degli anni ogni professione aveva acquistato un particolare tipo di vestiario, il loro lo avevano ereditato dal dottor FranXX e Naomi pensava che fosse ironico come l'ultimo uomo mortale della vecchia generazione li avesse ispirati in qualche cosa, pur essendo un modello da non prendere a esempio.
Ecco a Naomi piacevano i suoi camici. Bianchi e puliti, ampi e comodi da indossare, poteva nascondere la sua menomazione facilmente se li teneva sulle spalle e lasciava che entrambe le maniche svolazzassero vuote; ma soprattutto, i camici da laboratorio le ricordavano Ikuno.
Erano i suoi vestiti da lavoro, ma niente le impediva di indossarli sempre. Ma al funerale di Ikuno proprio non poteva farlo; avrebbe per sempre macchiato il significato che avevano, ricordandole il momento più difficile della sua vita. Il nero sembrava un colore adatto all'occasione perché sicuramente non lo avrebbe più indossato, anzi appena tornata a casa avrebbe gettato nella spazzatura quello stesso completo che aveva indosso.
La giacca era troppo rigida e i pantaloni stretti; forse avrebbe dovuto indossare un vestito più femminile e chiuderla lì così da buttare quello invece, ma non poteva fare un torto simile alla sua Ikuno. Lei amava stuzzicarla, dicendo che vestiva sempre "da maschio" e lei le rispondeva sempre che vestirsi "da maschio" o "da femmina" poteva significare qualunque cosa e che stava a loro ridefinire le norme della società essendo i creatori di un mondo nuovo, e se indossare i pantaloni era considerato da maschi allora…
Lotterò perché diventi "vestirsi da Naomi"!
Sorrise amaramente a quel ricordo. Ikuno adorava vederla vestita in quel modo, così elegante e sicura di sé. Le aveva detto una volta che la giacca – e anche il camice – la facevano sembrare una donna potente; Naomi non aveva idea di che cosa intendesse, ma aveva conservato quel complimento nella parte più sicura della propria mente e non avrebbe privato Ikuno di quella vista che tanto amava al loro ultimo incontro.
Osservava le sagome dei suoi vecchi amici porgere un ultimo saluto alla tomba di Ikuno; dalla sommità della collina dove si era isolata non doveva sopportare gli sguardi addolorati degli altri e rischiare di cedere allo sconforto, e sentiva comunque di non avere posto in mezzo a tutti loro.
Non si era mai sentita parte della squadra, da quando l'aveva abbandonata ancora prima di provare un FranXX. Anche quando al suo risveglio aveva incontrato le altre ragazze e loro l'avevano abbracciata in pieno shock alla vista delle sue condizioni, non era riuscita a sentire quello stesso affetto; era come un'estranea per loro, una conoscente che era andata via prima di poter creare dei legami saldi. Avrebbe potuto esserci lei al posto di Zero Two, oppure semplicemente sarebbe bastato che non venisse scelta per fare coppia con Hiro; era un pensiero egoista, ma aveva veramente pensato che la sua vita avrebbe potuto essere migliore solo facendo a cambio con qualcun'altra Pistil della Squadra 13. Si era sentita sbagliata per molto tempo: lei, come tanti Bambini, era cresciuta con il solo obiettivo di diventare Parasite e proprio a un passo da questo raggiungimento le era stato tolto tutto perché… Perché lei non andava bene. Non era abbastanza, e allora era stata riposta con cura su una mensola, nel caso dovesse mai tornare utile; un pezzo di ricambio che però si sapeva essere difettoso.
Poi aveva incontrato Ikuno, l'aveva conosciuta per davvero questa volta seguendola nella sua passione e a quel punto aveva capito che ne era valsa la pena di aspettare così tanto, di vedere il suo sogno infranto a pochi metri dal traguardo. Era ancora un elemento in più dentro alla squadra, una persona che era arrivata dopo e che quindi non si sarebbe mai del tutto amalgamata al gruppo, specialmente ora che la ragione che l'aveva fatta riavvicinare a loro se n'era andata… Ma era comunque grata di tutto quello che aveva vissuto, anche se solo di riflesso. Tutte quelle persone al funerale erano lì per Ikuno, non per rincuorare lei o esprimergli il proprio cordoglio, ed era giusto così: anche loro provavano dolore per la loro amica scomparsa, era semplicemente come funzionavano i sentimenti umani.
Dei passi alle sue spalle la fecero sussultare, ma Naomi rimase immobile. Se avesse mostrato la minima debolezza sarebbe crollata e non poteva permetterselo quando aveva resistito così a lungo; il suo viso si presentava come una maschera di marmo, ma erano visibili numerose crepe che andavano ad aumentare con ogni secondo che passava. I suoi occhi fissi che non osservavano nulla in particolare di quel panorama erano contornati da profonde occhiaie e la mascella serrata era rimasta tesa così tanto tempo che adesso le tempie cominciavano a farle male, ma se avesse schiuso le labbra anche solo per fare un respiro sarebbe crollata. Era stremata, Mitsuru lo vedeva, sentiva la sua tristezza mentre si avvicinava cercando le parole con cui iniziare.
«Mi dispiace.»
Alla fine fu banale, ma sincero. Si accorse anche di avere la gola completamente secca quando aprì bocca, segno che non fosse stato facile neanche per lui.
Naomi non disse nulla. Rimase a fissare il panorama come se stesse pensando a qualcosa di profondo e complesso; forse voleva essere lasciata sola, ma Mitsuru era lì per un motivo ben preciso e non si tirò indietro.
«Rispettavo molto Ikuno.» Continuò facendo un passo nella sua direzione. «E' vero, non ci siamo mai piaciuti, ma non significa che la odiassi. A dire il vero, le sono grato per tutto quello che ha fatto… E anche di più.»
Naomi non voleva sentire quelle cose, non voleva che qualcun altro le ricordasse ancora quanto fosse fantastica la donna che amava. Il suo viso iniziò a contrarsi in un pianto imbruttito e fece di tutto per nasconderlo all'altro.
«Ha fatto così tanto bene per tutti e ha ricevuto così poco in cambio… Anche io le devo molto, in un certo senso è grazie a lei se oggi posso dire di essere felice.» Mitsuru si fermò, rimase un passo indietro rispetto a Naomi in attesa che si sentisse a proprio agio per guardarlo. La donna adesso stava singhiozzando sommessamente, credeva di star facendo un buon lavoro a nascondere il suo pianto, ma il suo corpo stava tremando incontrollabilmente.
Alla fine trovò la forza per girarsi, le guance bagnate da amare lacrime che si tuffavano nel vuoto a nutrire la terra. Naomi digrignò i denti a metà tra un sorriso e uno sforzo per rimanere seria, e domandò:«Come?» Aveva una voce debole, come se avesse gridato per ore e adesso non avesse più alcuna forza.
Mitsuru non nascose un sorriso amaro. «Non mi ha mai trattato come qualcuno da compatire.» Spiegò. «Quando eravamo ragazzi e io e lei stavamo ancora in coppia, trattavo tutti come se fossero inferiori; ero veramente miserabile. Ma lei decise che non avrebbe sopportato le mie lagne e mi ripagò con la stessa moneta; credo che senza di lei ci avrei messo molto più tempo a capire cosa ci fosse di sbagliato in me, e ho sempre ammirato il suo coraggio.
«Forse mi detestava e basta!» Scherzò voltandosi verso Naomi a cercare una reazione sul suo volto. E in quel momento notò per quanto fugace, nascosto tra un sospiro e l'altro, un gemito più vitale da parte dalla dottoressa, una mezza risata al ricordo della giovane e Ikuno, tanto fiera e testarda.
Mitsuru abbassò lo sguardo e sospirò, poi lo alzò perdendosi tra le nubi nel cielo. Avrebbe piovuto.
«Non aveva paura di lottare per i suoi principi; non aveva paura di infrangere le regole per ciò che credeva giusto e amava. E non ha mai avuto paura delle conseguenze che un'azione scellerata avrebbe potuto comportare.»
Mitsuru e Naomi rimasero in silenzio per un po'. Solo il vento si mise in mezzo a loro, scompigliando i capelli di lei e agitando i vestiti di entrambi. Era strano che fosse andato proprio lui a parlarle, da solo per di più; lui, che era quello che meno di tutti sapeva maneggiare le parole e in più con una delle persone con cui aveva meno confidenza. Ma non si trattava di qualcosa che fosse o no in grado di fare: era qualcosa che doveva fare per lei, per la sua amica.
«Mi manca.» Confessò abbassando la testa. Naomi si voltò nuovamente a fissare le colline e riprese a piangere. «Non sono mai riuscito a ringraziarla per tutto quello che ha fatto, a restituirle un po' della gentilezza e dell'amore che ha donato a me, a Kokoro, e lo stesso vale per gli altri… Lei ha fatto nascere i nostri figli, ha sviluppato una cura contro l'invecchiamento dei Parasite permettendo a una generazione intera di vivere una vita normale! Mi fa sentire veramente male il pensiero che se ne sia andata prima di tutti, senza poter godere di quella felicità che ha diffuso nel mondo.»
Naomi rimase in silenzio, e lui non andò a cercare il suo sguardo.
«Mi manca davvero tanto…» Ripeté abbassando lo sguardo e stringendo i pugni. «Non credevo che mi sarei sentito così quando questo momento sarebbe arrivato, ma… Forse in realtà non volevo pensarci davvero. Volevo far finta che tutto sarebbe rimasto com'era per sempre, senza più niente che avrebbe distrutto la nostra felicità… Finché Ikuno è rimasta tra noi, ho pensato che se avessi voluto avrei potuto semplicemente andare a parlarle e chiederle scusa per tutte le cose cattive che le dissi in passato… E ringraziarla per tutto quello che ha fatto. E invece non l'ho fatto, e la cosa più frustrante è che lei se ne sia andata senza chiedere niente, senza un rimpianto…»
Mitsuru si lasciò sfuggire un sorriso ironico. «E' davvero irritante, quando fa così.»
Gli occhi di Mitsuru cercarono rapidamente il viso di Naomi; aveva ricominciato a piangere. Gli angoli dei suoi occhi erano diventati rossi per quanto aveva cercato di strofinarseli e costringerli così a smettere di versare lacrime, ma era tutto inutile. Non poteva immaginare quanto dolore stesse provando; in fondo lui aveva tutto, aveva avuto qualsiasi bene dalla vita e tutto questo bene gli era stato donato anche dalla persona che adesso stavano piangendo. Non poteva comprenderla, forse non l'avrebbe compresa mai. Ma voleva cercare di alleviare un po' il suo dolore, anche solo di poco, e farla sentire amata ancora.
«Senti… Non sono bravo con queste cose…» Borbottò guardandosi intorno. Cercò in tasca un fazzoletto da prestare a Naomi, ma non trovò nulla.
Lei scosse la testa. «No… Disse singhiozzando. «Capisco cosa vuoi dire… Ti ringrazio.» Finalmente i suoi respiri si alleviarono e Naomi riuscì a smettere di piangere un poco, e a questo punto si sforzò di sorridere a Mitsuru e questa volta risultò molto più credibile.
Lui sostenne il suo sguardo con un'espressione perplessa, poi disse:«C'è un'altra cosa che dovevo dirti… Questa è stata un'idea di Kokoro e… Francamente credo che sia molto meglio di me che me ne sto a ciarlare come un vecchio nostalgico, ma capisco perfettamente se dovessi non essere dell'umore adatto per una cosa del genere, quindi sentiti libera di mandarmi a quel paese nel caso dovessi…»
Il mal di testa lo interruppe. Pronunciare il nome di sua moglie gli faceva ancora uno strano effetto, dopo che gli erano stati strappati tutti i ricordi che la riguardavano prima del matrimonio. Dopo tutti quegli anni ci si era abituato, ma quando era nervoso diventava più sensibile.
«Ecco, lei ha pensato che ti avrebbe fatto piacere venire a cena da noi, un giorno di questi…» Mormorò non senza una punta di imbarazzo, portandosi una mano alla testa per cercare di attutire quel dolore.
Naomi lo osservò senza parole. Stava ancora processando quello che le aveva detto, quando Mitsuru riprese a parlare.
«Lo so, lo so…» La anticipò. «Casa nostra è piena di bambini chiassosi e non sarebbe esattamente una situazione ideale per riunirsi e comportarsi come se ci fosse qualcosa da festeggiare, però lei ha detto che forse ti avrebbe fatto bene stare in compagnia di amici e… Bé, bambini chiassosi, appunto.»
Non sapeva bene perché dovesse essere proprio lui a fare quella cosa. Avrebbe potuto occuparsene chiunque altro e sarebbe stato sempre più bravo, ma per qualche ragione aveva sentito di doversi prendere quella responsabilità e andare a parlare con Naomi. Senso del dovere? Pietà? Qualunque cosa fosse, lo stava facendo sentire tremendamente in imbarazzo, ma aveva intenzione di andare fino in fondo.
Naomi rimase in silenzio ancora a lungo. Con un movimento lento e meticoloso del braccio si asciugò il volto un'ultima volta e sorrise con stanchezza.
«Grazie…» Mormorò, anche se sembrava più triste di quanto desse a vedere. Mitsuru si allarmò.
«Ah! Ma se non te la senti, lo capisco perfettamente! Non deve essere facile cercare di far finta di niente, come se…»
«Va bene. Lo apprezzo molto.» Naomi lo interruppe e continuò a sorridere, ora più calma. «Mi piacerebbe molto venire a passare una serata da voi. Credo anche io che mi farebbe molto bene.»
Le avrebbe fatto bene senza dubbio, anche perché da quando Ikuno non 'cera più la loro casa era diventata silenziosa; e quel silenzio faceva male. Non pensava di potercela fare a vivere in quel modo, ma credeva che, anche se fosse stato solo per una notte, sarebbe riuscita a stare un po' meglio lontano da quel silenzio. Non voleva seppellire la memoria di Ikuno e non stava neanche cercando di scappare dalla solitudine; non avrebbe mai fatto un torto simile alla sua amata. Aveva solo bisogno di tempo.
Mitsuru sembrò sorpreso, quasi come se si stesse aspettando un secco rifiuto. «Oh.» Borbottò. «Allora… Non vediamo l'ora di poterti ospitare!»
Sorrisero insieme, e poi rimasero ancora in silenzio: Mitsuru guardava Naomi, che guardava lontano mentre il vento passava tra loro due e riempiva le loro orecchie con il suo fischio. Il mondo era diventato improvvisamente solitario, ma in quella sua solitudine Naomi sembrava ancora capace di sentirsi a casa.

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Capitolo 57
*** Una voce a cui dare ascolto ***


Per la prima volta Hoshi non fu accolto dai genitori con un sorriso e un abbraccio: sua madre lo fissava con disappunto, braccia incrociate e testa piegata. Lo salutò con parole dolci, ma nella sua voce sembrava esserci del distacco; lo stesso valeva per il padre, che lo aveva accompagnato fino a lì senza dire una parola. Hoshi non aveva pensato a niente, Kyoishi Kondō era sempre stato un uomo silenzioso e quindi pensava che fosse particolarmente concentrato su qualcosa, ma quando fu arrivato a casa capì che c'era qualcosa di strano nell'aria.
Preferì comunque non iniziare quel discorso, temendo di dire qualcosa di sbagliato. Era assurdo come Hoshi potesse sentirsi in colpa per qualcosa che sapeva con certezza di non aver commesso!
«Che cosa avresti fatto a quella ragazza?» Domandò Akane con tono indagatore quando si sedette sul divano.
«Quale ragazza?» Rispose lui confuso. La madre parlava come chi sapeva già quello che voleva sentire, ma continuò ad attendere che fosse lui a spiegarsi.
«La tua partner. Ci è stato raccontato del vostro screzio avuto tempo fa, se così si può dire.»
La sua voce rimase per un momento sospesa nella conversazione, come a indicare che avrebbe potuto dire altro ma che attendesse prima il turno del figlio. Hoshi capì a quel punto che qualcosa delle sue prime settimane a Mistilteinn doveva essere trapelato, il che non era un problema onestamente, ma la cosa lo prese talmente alla sprovvista da mettergli un'ansia enorme.
«Uno… Screzio?» Balbettò spaventato. «Aspetta, voi come fate a sapere…»
«Abbiamo incontrato i tuoi coordinatori mentre eri a Desia.» Spiegò Akane rimanendo in piedi. «Ci hanno detto che sei stato sgarbato con lei e che l'hai fatta piangere.»
«E'… Un riassunto un po' riduttivo di come sono andate le cose…» Borbottò lui con una vocina impaurita.
«E allora perché non ce lo hai fatto tu?» Intervenne il padre, che si accostò ad Akane per osservare Hoshi dall'alto. Il ragazzo deglutì vistosamente, stava sudando. «Per tutto questo tempo abbiamo pensato che la vostra fosse stata una semplice discussione.»
Perché questo terzo grado, tutto a un tratto? Non credeva di aver fatto niente di male e non poteva credere che Momo gli serbasse ancora del rancore per quello che era successo  – anche se ne avrebbe avuto tutto il diritto – ma ancora più strano gli sembrava il fatto che i suoi genitori fossero così arrabbiati per qualcosa che avrebbero potuto aspettarsi a suo tempo.
«Po-possiamo parlarne senza quel tono accusatorio?» Mormorò facendosi minuscolo sul divano. Senza dire niente, Akane e Kyoishi Kondō si sedettero di fronte a lui e attesero che iniziasse a raccontare.
Hoshi cercò di raccogliere tutta la calma possibile e partì dall'inizio. «Io mi… Mi vergognavo di quello che avevo fatto.» Disse subito, sentendo il sangue salirgli alla testa.
Lo sguardo di Akane e Kyoishi si ammorbidì di colpo. In quel momento si ricordarono quanto potesse essere fragile il loro ragazzo e si sentirono in colpa per essere stati così duri. Nonostante ciò, Hoshi continuò a parlare a testa bassa.
«Vi avevo detto che non volevo partecipare. Mi avete costretto ad arruolarmi, e questo mi poteva anche stare bene. Ero nervoso e arrabbiato quando sono arrivato a Mistilteinn, ma tutto sommato ho pensato che le cose sarebbero andate bene; una parte di me sperava ancora di poter tornare indietro, ma ormai ero rassegnato. E' stato quando ho visto la persona con cui ero stato messo in coppia che ho avuto per la prima volta una insormontabile paura…
«Ero lì controvoglia, ero arrabbiato con voi… Ma fino a quel momento nessuno mi aveva detto che avrei dovuto lavorare in squadra con una ragazza! O con chiunque altro… Insomma, lo sapete che io le cose le faccio meglio per conto mio! Entrare a far parte di una squadra sarebbe stata la cosa peggiore per me, e quando poi ho scoperto che fare amicizia sarebbe stato di vitale importanza?» Scosse la testa ridendo. «Non ci sarei mai riuscito! Le aspettative erano troppo alte… Lei era troppo alta…»
«Alta?» Domandò perplesso Kyoishi e Akane lo guardò stringendo le spalle. Hoshi scosse la testa di nuovo.
«E' stato il suo aspetto a spaventarmi. Questa ragazza altissima che mi fissava come se fossi un pupazzetto mi aveva messo paura, talmente tanta da farmi immaginare cose sul suo conto che non sapevo nemmeno. Avvertivo una persona prepotente e possessiva in lei, poi qualcuno non alla mia altezza e che non meritava attenzione… Non era niente di tutto questo. Momo è una ragazza gentile e fragile, e io mi sono inavvertitamente avvantaggiato di questa sua caratteristica e l'ho quasi resa schiava della mia insicurezza: nella mia testa, lei era un mostro che cercava di controllarmi, quando in realtà moriva dalla voglia di essere inclusa nelle mie attività, di conoscermi meglio. A quel punto mi sono trasformato in una persona cattiva, la evitavo e cercavo un modo per giustificare il fatto che non fossimo fatti per stare assieme, ma in realtà non stavo nemmeno provando a collaborare… E alla fine sono esploso e le ho detto delle cose orribili.»
Hoshi sospirò con pesantezza. Provava una grande vergogna per ciò che era successo quella notte, non riusciva a credere che lo stesse riportando alla mente di sua spontanea volontà. «Momo è scappata e gli altri sono andati a cercarla. Io mi sono unito al gruppo, ma sono scappato a mia volta perché non riuscivo a vedere nessun altro punto di vista se non il mio; non riuscivo a sopportare il giudizio degli altri… E guarda caso, sono incappato proprio in Momo che cercava di nascondersi dal resto della squadra. Abbiamo parlato e a quel punto ho capito una cosa: forse c'era un motivo se tutti quanti erano arrabbiati con me. Non mi sentivo parte della squadra perché non avevo mai provato ad entrarvi veramente dentro! Momo aveva provato più volte a tirarmi con sé, ma io l'avevo respinta a priori, alimentando le sue insicurezze e creando solo una grossa voragine tra di noi. A quel punto ho capito che Momo non era una persona cattiva, era solo una ragazza che non sapeva che direzione prendere, come me, e per qualche motivo voleva essere mia amica per davvero! Così ho pensato che avrei potuto provare a impegnarmi veramente, almeno un poco, per capire se potevo davvero fare parte della squadra o ero veramente senza speranze… E alla fine ho scoperto che mi sbagliavo: andare a Mistilteinn non è stata poi una così grande tortura e grazie a questa storia mi sono potuto migliorare.
«Sono ancora arrabbiato con voi, a dire il vero.» Aggiunse dopo una pausa, facendosi completamente serio. «Avete ignorato i miei desideri per farmi vivere qualcosa di nuovo, e questo non riesco a farmelo andare giù… Però capisco il vostro punto di vista. Ho capito che sapevate quanto fosse veramente importante provarci; volevate che ci arrivassi da solo perché spiegandomelo non avrei semplicemente capito! E alla fine ho avuto la possibilità di scegliere, e dopo aver vissuto tutto quello che ho vissuto ho capito che quella scelta che ho tanto odiato per un po', l'avrei preferita cento volte a quella contraria che ho difeso a spada tratta inizialmente, odiandovi tanto dopo essere entrato nella squadra.»
Hoshi aveva finito per ripetersi nel suo lungo discorso, ma era come se dovesse liberarsi di un grosso peso e l'unico modo che avesse per farlo fosse continuare a parlare fino a che non sarebbe rimasto senza voce. Le mani gli tremavano e sembrava un cucciolo impaurito agli occhi dei genitori, ma la sua voce era ferma come non mai: sapeva cosa sentiva dentro e voleva che fosse chiaro anche a sua madre e suo padre.
Akane e Kyoishi si guardarono stupefatti. Avevano iniziato quella discussione come se dovessero rimproverarlo, ma adesso erano mortificati. Il ragazzo aveva affrontato tante difficoltà da solo e loro lo avevano completamente ignorato nonostante volessero il suo bene; avevano pensato che lasciare che capisse da solo cosa fosse giusto o sbagliato fosse la cosa migliore, ma avevano completamente ignorato il fatto che la loro guida sarebbe stata essenziale in un momento così delicato della sua crescita.
Akane si alzò dal proprio posto e raggiunse Hoshi sul divano per abbracciarlo. Il ragazzo fu sorpreso di sentirsi le braccia della madre attorno al collo, che un attimo prima sembrava sul punto di punirlo come un bambino dispettoso.
«Mi dispiace di averti messo in questa situazione difficile.» Mormorò lei mentre Kyoishi si alzava a sua volta e li raggiungeva. «Volevamo che facessi nuove esperienze, avevamo paura di aver sbagliato tutto con la tua crescita per paura di perderti e allora abbiamo fatto una scelta estrema, perché non sapevamo come altro fare ad affrontare la cosa.»
«Scusaci, Hoshi.» Disse suo padre unendosi all'abbraccio. «Abbiamo deciso cosa fosse giusto senza interpellarti e questo ha rovinato tutta la tua esperienza.»
In quel momento il ragazzo capì di essersi comportato esattamente nello stesso modo in cui si erano comportati i suoi genitori: aveva preso per certa una propria convinzione e aveva spinto i suoi ideali fino all'estremo, nonostante gli altri gli dicessero che si stesse sbagliando. L'unica differenza era che loro avevano agito a fin di bene, mentre lui era stato testardo solo per protesta.
«Va tutto bene. Non fa niente, adesso.» Hoshi inspirò con fatica non perché fosse sul punto di mettersi a piangere, ma perché la stretta dei genitori fu così soffocante che si ritrovò a lottare per la propria sopravvivenza, ma nonostante ciò alzò le braccia per stringere ancora più a sé i due adulti. Gli erano mancati.
Akane e Kyoishi iniziarono a singhiozzare continuando a scusarsi. Quella scena lasciò senza parole Hoshi, che con solo due mani non sapeva proprio cosa fare e iniziò a sentirsi strano a sua volta.
Aveva gli occhi lucidi; non avrebbe pianto, ma sentiva di esserci vicino. Rise forzatamente e con le mani accarezzò delicatamente le teste dei genitori, che si stringevano ancora più forte a lui. Non era abituato a fornire quel tipo di supporto, per quanto cercasse sempre di apparire duro nonostante il suo aspetto inerme. Quel contatto però lo rese felice, ricordandogli la volta che Momo lo aveva abbracciato con tanto trasporto per farlo calmare.
Imparare a ricevere amore, per restituirlo amplificato. Ecco cosa doveva fare.

 
*

Suzuko distese le gambe per far andare via l'intorpidimento, poi tornò nella posizione di prima, distesa sul proprio letto e con la schiena poggiata al muro a leggere il suo libro.
Non avrebbe detto di essere di cattivo umore, ma gli eventi di Desia erano ancora vivi nella sua mente e non riusciva a essere soddisfatta di come avesse affrontato il problema: alla fine il suo intervento era stato praticamente inutile, la caposquadra aveva risolto il problema senza che lei potesse fare nulla e si era conquistata l'ammirazione e il rispetto di tutti; normalmente avrebbe dovuto essere contenta di questo perché significava che i contrasti tra le squadre si erano conclusi, ma si era impegnata così tanto perché fosse lei a risolvere il problema che adesso sentiva di aver fatto tutto per niente.
Cominciava ad essere un po' demoralizzata. Il suo lavoro da Parasite non stava dando gli effetti sperati e ogni volta che provava a tirare la corda finiva per scottarsi, e come se non bastasse adesso a casa sembrava essere diventata ormai invisibile.
Scostò lo sguardo dalla propria lettura per sbirciare oltre la porta aperta della propria stanza, dove pensava di aver visto un'ombra passare. La camera di Suzuko era decorata di blu con una fila di bamboline della stessa forma e dimensioni sempre più piccole poste su di una mensola, la sua scrivania, di fronte a una finestra oltre la quale scendeva candida la neve, era in perfetto ordine come sempre, ma per la prima volta era coperta da un leggero strato di polvere; non c'erano libri, matite o oggetti personali su di essa, solo una lampada spenta, la custodia degli occhiali – indossati in quel preciso istante, tanto era fastidioso dover leggere senza – e i vari cassetti chiusi con cura. La sua assenza da casa si faceva sentire non nell'ordine in cui giaceva quella scrivania, ma nel vuoto che suggeriva.
Nessuno era stato in quella stanza per parecchio tempo, nessuno aveva smosso quella polvere, rifatto il letto, sfogliato i libri o toccato le bambole sui ripiani; la stanza di Suzuko era stata abbandonata come se non fosse più parte della casa, come se non servisse a niente. Un po' come lei: un tempo osannata come una grande promessa, arrivata al giro di boa non aveva saputo soddisfare le aspettative e adesso era dimenticata, inutile, un talento sprecato e portatrice di vergogna.
Scosse la testa sospirando. Non avrebbe dovuto pensare queste cose, ma se lo sentiva dentro: non c'era più quell'aria di speranza quando gli altri pronunciavano il suo nome, e da tempo ogni cosa che faceva finiva male. Il suo nome era ormai qualcosa di cui vergognarsi, come se fosse sempre stato niente di buono sin dall'inizio.
Si erano semplicemente sbagliati.
Lei per prima; aveva creduto di essere speciale. Ma quando si era confrontata con altre persone – persone con un lignaggio ben meno altisonante del suo e una preparazione quasi nulla – che avevano dimostrato un talento smisurato e adattamento molto migliore del suo, la realtà l'aveva smontata completamente. Era stata ingenua.
Lei non era destinata ad essere qualcosa semplicemente perché lo aveva detto sua madre; lo sarebbe stata sin dall'inizio, se fosse stato così.
Alzò di nuovo lo sguardo, questa volta alla porta c'era proprio lei: Danuja. La donna che l'aveva cresciuta e le aveva insegnato tanto, la donna a cui doveva tutto, ma in quel momento non riuscì a sorriderle per accoglierla.
«Ho incontrato i tuoi coordinatori.» Disse restando sulla soglia, quasi a voler rispettare gli spazi della figlia. Suzuko aveva ben poco spazio per sé, in realtà.
Si fece più piccola possibile sul proprio letto, chiudendo il libro e posandolo al lato; il suo sguardo sembrava chiederle cosa volesse da lei, quasi irritata. Danuja entrò e rimase accanto alla finestra senza sedersi.
«Hanno detto che sei una studentessa modello e che hai una preparazione fuori dal normale, ovviamente. Non mi sarei aspettata niente di meno da te.» Continuò ignorandola. «Tuttavia hanno anche insinuato che tu abbia delle debolezze, che tu sia vessata da ansie e dubbi riguardo a qualcosa, e questo non lo posso accettare.
«So bene che la ricerca della perfezione di mia figlia non è dovuta a una sua debolezza, bensì è una prova della sua grande forza d'animo e infinita dedizione al lavoro. Quegli sciocchi non sembrano avere ancora compreso le tue reali potenzialità!»
Suzuko si morse una guancia e chiuse le braccia attorno alle ginocchia, quasi come se fosse spaventata dalla madre. Danuja non si era mossa e non l'aveva guardata fino a quel momento, ma adesso si voltò posando su di lei i suoi occhi freddi.
«Però c'è anche un'altra cosa.» Disse. «Mia figlia non è una che sbaglia, eppure loro mi hanno confermato come tu abbia sbagliato diverse volte. Sembra che tu non riesca a trovare un buon equilibrio con il tuo partner, è davvero così difficile oppure semplicemente non siete compatibili? Dubito che avresti queste difficoltà in caso contrario…»
Tetsuya non c'entrava niente. Suzuko aveva deciso che avrebbe risolto quel problema da sola.
«E che dire di quando hai completamente perso il controllo durante la prima battaglia? Certo, ti sei saputa rifare alla volta seguente, ma…» La donna fece schioccare la lingua con disappunto, quindi sospirò. «Forse sei troppo avanti per loro. Ti stanno rallentando, e nel tentativo di adattarti a loro finisci per commettere errori ingenui. Ma tu non faresti mai qualcosa di così di avventato, tu hai sempre svolto il tuo lavoro in maniera impeccabile anche con mille difficoltà… Quindi quale sarebbe il problema? E' il tuo partner? In tal caso puoi richiedere uno shuffle, lo sai bene; arrivati a questo punto avresti una compatibilità decente con tutti, abbastanza per cominciare da zero e andare più lontano di quanto tu sia andata fin'ora.»
«N…» Suzuko balbettò qualcosa, ma non concluse la frase. Danuja le rivolse uno sguardo stranito, come se non riuscisse a credere che avesse provato a interromperla.
«Stavi dicendo?» Domandò con fare candido. Suzuko inspirò a fondo, ansiosa di dire qualcosa che l'avrebbe compromessa.
«Non è il mio partner.» Mormorò in ansia, lo sguardo basso a mostrare rispetto e la voce a malapena udibile. «Non è Tetsuya, il problema.»
Danuja si mostrò sorpresa, come se non si sarebbe aspettata nulla di tutto quello, a partire dall'intervento della figlia fino alla sua ammissione di colpa. Si girò fingendosi perplessa ed evitò di guardarla.
«E allora cosa potrebbe essere? Saranno mica gli obiettivi troppo ambiziosi per te? Non potrei crederlo mai.» Danuja si picchiettò un polpastrello sulle labbra e si concentrò sulla stanza, ma con la coda dell'occhio teneva sempre d'occhio Suzuko. La ragazza stava tremando, le mani congiunte erano quasi sigillate tra loro e le unghie stavano lasciando profondi segni sulla sua pelle. Sembrava sul punto di esplodere, ma resistette.
«Vivere lontano da casa potrebbe averti fatto rilassare… Un po' troppo, magari.» Suggerì la madre distogliendo lo sguardo alla fine. «Potresti aver dimenticato ciò per cui hai sempre lavorato diligentemente. Personalmente, mi rifiuto di credere che mia figlia sia diventata un'incompetente tutto a un tratto! So bene che si tratta di un momento di difficoltà che riuscirai a superare senza alcun problema, ma forse ti serve la motivazione giusta…»
Danuja si avvicinò al letto di Suzuko e si piegò al suo fianco, allungando una mano per accarezzare i suoi capelli biondi; erano cresciuti, un po' troppo per i suoi gusti, ma lasciò correre. Poi però andò con le dita ad afferrare le stanghette dei suoi occhiali, un po' tondi, molto spessi, e glieli sfilò dal viso per guardarla meglio. Ora era come l'aveva sempre voluta.
«Ricordati per cosa combatti, Suzuko! Ricorda la tua stirpe, i sacrifici fatti dai tuoi genitori… Il tuo nome è troppo importante perché venga accostato a risultati così indecorosi.» Disse guardandola dritto negli occhi, ma la ragazza non riuscì a fare altrettanto. Danuja ammiccò, quasi dolce. «E cerca di non fare più del male al tuo partner, quel poveretto è solo una persona qualunque in fondo.»
Suzuko annuì in silenzio, lo sguardo basso e assente; avrebbe voluto urlarle che si sbagliava, che Tetsuya non era assolutamente una persona qualunque… Ma in quel momento voleva solo che sua madre uscisse da lì e la lasciasse stare, e per fortuna Danuja sembrò accogliere quel suo desiderio perché dopo quella carezza si rialzò e uscì a passo svelto dalla sua camera.
Non doveva andare così. Non era così che si era immaginata la sua vita da Parasite! Eppure più si interrogava sul perché avesse lasciato che le cose andassero così, meno riusciva a trovare una spiegazione; tutto quello che le rimaneva era un profondo senso di frustrazione e la sensazione di non conoscere minimamente ciò che ormai era una parte della sua vita.
Lei voleva solo renderli fieri, ma più ci provava e più loro sembravano disprezzarla.

 
*

«Non vai da Ryo, oggi?»
Le parole di Mitsuha tagliarono l'aria come un coltello, lasciando un silenzio innaturale nella stanza. Kya aveva pensato di distrarsi e aiutare la madre a cucinare, ma adesso si stava pentendo di essersi fatta avanti.
«Non mi va…» Mormorò a testa bassa, mescolando la mousse dentro alla ciotola per renderla più compatta. Aveva senso che non sapessero nulla, in fondo non gli aveva raccontato niente del viaggio a Desia e così i genitori avevano pensato che non ci fosse nulla di importante di cui parlare; quel comportamento gli era sembrato strano, conoscendo l'entusiasmo che quella ragazza si portava dietro ovunque andasse.
«Che c'è da dire?» Aveva risposto Kya quando interpellata. «Siamo andati lì per fare alcune esercitazioni congiunte. In futuro dovremmo lottare assieme ai ragazzi di lì, quindi era giusto conoscerli prima.» Sembrava particolarmente concentrata sul proprio compito e non voleva distrarsi.
Mitsuha osservò lo sguardo della figlia cambiare, diventando sempre più dispiaciuto come se le avesse detto qualcosa di sbagliato e ora se ne fosse pentita, ma poi Kya sembrò rapidamente cambiare idea.
«Bé, a dire il vero qualcosa c'è…» Disse rallentando con la frustra. «Ho conosciuto delle persone… Simpatiche.»
La donna sorrise nuovamente e le chiese di raccontarle. Kya non se lo faceva ripetere due volte normalmente, ma questa volta sembrò esitare.
«Bé, c'era questa ragazza un po' strana… La prima volta che l'ho vista stava girando da sola per la casa con indosso la tuta da Parasite. Non ho capito cosa avesse finché non ci siamo chiariti sul campo di battaglia, il suo Partner ha detto che "le piacevo" chissà cosa abbia voluto dire…» Sbuffò come se non fosse niente di importante, ma se lo aveva menzionato era chiaro che lo fosse in realtà. «C'era anche il caposquadra avversario, ma quello era un vero idiota! Mi ha trattata male per tutto il tempo, credeva che volessi fregargli la scena o qualcosa del genere, è stato veramente odioso!»
«Mi spiace, tesoro…» Mormorò comprensiva Mitsuha, che però notò come non ci fosse astio nella voce della ragazza.
Lei strinse le spalle. «Ci siamo chiariti alla fine. E' stato anche grazie a un suo amico, lui sì che è stato gentile! Oh, giusto… Yuki!»
Come se si fosse appena ricordata di qualcosa, la ragazza tornò attiva come sua madre era abituata a vederla e si voltò eccitata, agitando con forza la frusta nella scodella.
«Ho conosciuto anche questo ragazzo gentilissimo, Yuki. Lui aveva sonno e voleva dormire, ma mi ha ascoltata per ore mentre parlavo di Ryo e alla fine siamo diventati amici! Sai, anche lui aveva un problema di salute, tanto che ha avuto una crisi epilettica nel bel mezzo dell'ultima esercitazione – che tra l'altro si è trasformata in un vero e proprio incubo perché i droni sono impazziti – e io gli ho fatto da scudo con il mio stesso corpo per proteggerlo!» Kya raccontò tutte quelle cose senza quasi prendere fiato, tanto presa dai ricordi che riaffioravano alla rinfusa, facendola emozionare sempre di più.
Mitsuha era contenta di vederla nuovamente sorridente, ma fece fatica a stare dietro al suo racconto. «Capisco che tu abbia un dovere nei confronti dei tuoi compagni, ma cerca di non esagerare!» Le disse comprensiva, pensando che non doveva essere stato facile fare da scudo al ragazzo. «Comunque sono contenta di sapere che hai fatto nuovi amici…»
Kya si calmò un poco e annuì, anche se non poteva promettere che avrebbe seguito quel consiglio. «Sì, bé… Lo sai, è bello sentirsi apprezzati, a volte.»
Ancora una volta, la ragazza sembrò incupirsi senza un vero e proprio motivo. Mitsuha non capì a cosa si riferisse mentre guardava la mousse che stava lavorando con dedizione e pensò di provare a rallegrarla ancora una volta facendo leva sul suo orgoglio.
«Abbiamo parlato con i vostri coordinatori.»
La reazione che ebbe Kya fu opposta a quella che si aspettava: la ragazza quasi perse l'intera ciotola dalle mani e sobbalzò sbigottita nella direzione opposta.
«Che cosa? Perché, vi hanno chiamato loro?» Domandò scomposta. Mitsuha non capì perché fosse tanto sorpresa. Immaginava che fosse normale che a un certo punto Nana e Hachi avrebbero voluto conoscerli.
«Bé, certo.» Rispose incerta. «Volevano conoscerci, ci hanno raccontato un sacco di cose…»
Kya posò la ciotola sul ripiano prima che le sue reazioni spropositate le facessero combinare qualche disastro e rimase a osservare la madre con un sopracciglio inarcato, ancora sull'attenti.
«E' successo durante il vostro viaggio a Desia. Pensavo che ne foste al corrente.» Quelle parole furono già abbastanza per farla tranquillizzare, ma Mitsuha continuò a non capire il perché di tanta tensione.
Se Hachi e Nana avevano incontrato i suoi genitori mentre loro erano a Desia, allora doveva essere stato quando si erano assentati subito dopo il loro arrivo in città, il che significava che non avessero potuto parlare dello shuffle perché ancora non era successo nulla. Si rilassò un poco e tornò a mescolare, ma adesso sentiva di dover scegliere con cura le proprie parole e non far insospettire oltre la madre.
«Non ci hanno detto niente, credo che non volessero distrarci.» Mormorò pensierosa fissando la frusta che girava.
Mitsuha strinse le spalle. «Credo che abbiano incontrato i genitori di tutti. Con noi c'erano anche Taki e Tsuki, erano molto contenti di sapere che c'eri tu con Ryo!»
Le sfuggì un sorriso amaro. Quella situazione era veramente ironica, ma ovviamente non poteva farlo sapere alla madre, si sarebbe preoccupata tremendamente ed era l'ultima cosa che voleva considerato che dovesse già sopportare l'idea che la figlia andasse a lottare contro degli alieni assassini…
«E che vi hanno raccontato?» Domandò fingendo ingenuità, ma genuinamente curiosa sulle considerazioni degli adulti sul suo conto. Mitsuha sembrò contenta di quella domanda.
«Hanno detto che siete sempre i soliti!» Rispose allegramente, dandole una spintarella. «Sembra che tu ti sia fatta notare da tutti nella squadra, tu e Ryo siete la coppia più forte tra tutte, vero?»
«Sì, bé… Prima era così.» Mormorò abbattuta la ragazza, pentendosi subito del suo commento. «Nel senso che adesso alcuni nostri amici sono diventati più forti!» Si affrettò a spiegare, ma lo sguardo della madre la costrinse a dare più informazioni.
«Sì, insomma… Ci sono questi due ragazzi nella squadra che da qualche tempo si sono, ehm… Fidanzati, diciamo così.» Continuò con immensa difficoltà ad esprimere quel concetto; non era abituata a parlare di quelle cose con la madre, nonostante un tempo fosse sempre stata senza peli sulla lingua. «I loro livelli di compatibilità sono cresciuti all'improvviso, sono diventati di gran lunga i migliori della squadra.»
Solo in quel momento si rese conto di quanto lo shuffle stesse influenzando anche i suoi compagni: Kaoru e Aiko erano fortissimi insieme, dividerli in un momento di tale crescita era stato veramente un colpo basso e non riusciva a fare a meno di pensare che fosse tutta colpa sua.
Se lei non fosse stata tanto ossessiva con Ryo, forse lui non l'avrebbe odiata e tutta quella situazione si sarebbe potuta evitare; e la cosa più incredibile era che, a detta sua, erano anni che le cose andavano così, tanto che Ryo si era arruolato per sfuggirle. Era veramente così insopportabile?
«Bé, non farti abbattere con così poco!» La madre la tirò fuori da quei pensieri punzecchiandola, facendole segno di tornare a mescolare. «Se ti impegni tornerai presto a splendere come prima, ma anche se non dovessi riuscirci sarai comunque una fantastica eroina! Non dimenticare tutto quello che hai fatto da quando ti sei unita alla squadra.»
Kya guardò sua madre che le sorrideva con trasporto e fu colta dal desiderio di abbracciarla, ma si trattenne: non voleva causarle altro dispiacere facendole pensare che ci fosse qualcosa che la turbasse, sapeva che a lei bastava che stesse al sicuro e che fosse felice, vederla fragile in quel momento l'avrebbe distrutta. Si sentì una stupida per tutti quei discorsi tristi e allora decise di cambiare argomento.
«Comunque… Perché stiamo facendo una torta?»
Mitsuha la guardò divertita e le rispose con tono scherzoso. «Ma come, per il tuo compleanno, è ovvio!»
Kya la guardò stranita e reagì come prima, solo leggermente più contenuta, quindi si girò alla ricerca di un calendario. «E' il mio compleanno?!» Esclamò confusa. Aveva dormito sotto una roccia per tutto quel tempo? Il tempo era passato talmente in fretta che non se ne era accorta oppure era stata così distratta da dimenticarsene completamente?
La donna la tranquillizzò ridendo. «Manca ancora qualche giorno, ma ho pensato che sarebbe stato bello festeggiare in famiglia adesso, visto che non avremo l'occasione di farlo il giorno esatto.»
Kya osservò sua madre. Non sembrava triste al pensiero di non poterci essere per il suo compleanno, eppure doveva essere parecchio dispiaciuta: da quando era nata non aveva mai passato così tanto tempo lontano dai genitori, il suo compleanno poi era sempre stato un giorno speciale e lo aveva sempre festeggiato con loro, spesso anche con la famiglia di Ryo. Faceva quasi male vedere come le cose fossero cambiate, e forse non sarebbero più tornate a come erano prima; anche questo sentiva che fosse colpa sua.
«Grazie…» Mormorò. «Buona idea.»
«Potremmo anche invitare Ryo, ti ha sempre fatto piacere che ci fosse!» Propose subito Mitsuha, ma Kya rifiutò categoricamente, imbarazzata.
«Lo disturberemmo soltanto!» Disse. «Probabilmente sarà andato fuori con la famiglia, o comunque vorrà riposarsi… Va tutto bene, festeggeremo a Mistilteinn!»
L'entusiasmo della donna si spense per un istante; era raro che la figlia non approfittasse della minima scusa per avere accanto il suo migliore amico, ma la spiegazione che le fornì era ragionevole quindi non ci fece troppo caso. Poi tornò di nuovo all'attacco:«Allora che ne diresti di portare a Mistilteinn la torta che stiamo preparando?»
Ancora una volta Kya si ritrovò a scuotere la testa con vigore, tremendamente a disagio al pensiero. «Non essere ridicola, si rovinerebbe soltanto! La preparerò di nuovo quando sarò là, non ti preoccupare…»
Kya non sapeva più come arginare le proposte della madre; a volte si chiedeva se fosse a causa sua che fosse così esuberante, ma pensava che nonostante tutto Mitsuha fosse molto più pacata di lei; era probabile il contrario piuttosto, che la madre avesse imparato ad essere così impicciona proprio da lei.
Però le faceva piacere che la spingesse a condividere quel momento con i suoi amici: Kya era cresciuta quasi da sola, con solo Ryo al suo fianco, e tutti i possibili amici che incontrava finivano per allontanarsi da lei per un motivo o per un altro; come madre, quella cosa doveva averla preoccupata da sempre e sapere che adesso non stesse avendo quel tipo di problemi doveva averla sollevata enormemente.
La porta di ingresso si chiuse rumorosamente e la voce di Matsu si poté udire attraverso il corridoio. «Qualcuno mi aiuta con queste buste?»
Kya corse fuori dalla cucina per raggiungere il padre e lo accolse con un bacio sulla guancia prima di chiedergli se avesse preso tutti gli ingredienti per la madre.
«E secondo te cosa ci sarebbe qui dentro?» Le rispose a tono con un sorriso divertito. La ragazza sghignazzò prendendo una delle buste della spesa dalle mani del padre e la aprì per controllare prima di portarla in cucina e smistare il tutto.
«Oh, eccoti qua!» Lo accolse Mitshua voltandosi per un attimo. «Al momento giusto, ho bisogno di qualcuno che monti la panna.»
Matsu non se lo fece ripetere che era già a lavarsi le mani per iniziare il lavoro.
«E magari potresti sostituire Kya, così lei può uscire un po' con le sue amiche…» Suggerì poi la donna lanciando un'occhiata di sottecchi alla figlia, che in un primo momento non capì cosa intendesse.
«Aspetta, cosa?» Disse a un tratto voltandosi quando il messaggio le arrivò in testa. «Ma pensavo che dovessimo preparare la torta!»
«Qui non resta molto da fare. Tu dovresti andare a divertirti un po' con Momo e le altre, invece. Potrebbe essere l'ultima neve della stagione, vuoi veramente stare a guardarla da dentro casa?»
Kya si girò verso la finestra e osservò dei soffici fiocchi di neve scendere paralleli al vetro. A Desia faceva molto più freddo, eppure lì non aveva visto neve; a marzo pioveva soltanto, sarebbe stato difficile vedere il ciliegio innevato prima del prossimo inverno, sempre che…
Si incupì improvvisamente. Tutto a un tratto le tornò in mente la storia dei compagni di Yuki, i ragazzi che si erano sacrificati per proteggere la Squadra Desia e come in un attimo si fossero trasformati in un altro paio di nomi che sarebbero rimasti per sempre solo un ricordo; quelli avrebbero potuti essere lei e Ryo un giorno, oppure Momo e il suo partner, o Naho e Yoshi, o chiunque altro nella sua squadra. Avrebbe potuto non vedere più il grande albero al centro della città, mangiare la neve direttamente mentre scendeva o gustarsi una fetta di torta con i suoi genitori, e il tutto sarebbe potuto accadere in qualsiasi momento.
Non aveva mai veramente pensato a quanto fosse rischiosa la scelta che aveva fatto e ripensando a tutti i rischi che si era presa in battaglia, era stata proprio un'incosciente…
«D'accordo.» Mormorò rimanendo impassibile, ma era ovvio che volesse dire qualcos'altro. Alla fine andò dai genitori e li abbraccio entrambi, prendendoli alla sprovvista. «Torno presto.» Disse con voce strozzata.

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Capitolo 58
*** Ancora nei suoi pensieri ***


Kya calpestava la neve sul marciapiedi senza entusiasmo; non era dell'umore adatto per giocare per strada come suo solito, aveva molta più premura di raccontare tutto quello che aveva pensato alla sua amica prima che si dimenticasse qualche ragionamento importante.
Momo aveva detto di essere disposta ad ascoltare tutto quello che voleva, ma la ragazza temeva comunque di infastidirla se avesse esagerato e così quando si fu assicurata di avere detto lo stretto indispensabile si zittì, lasciando che Momo traesse le sue conclusioni.
«Io credo che la tua sia una realizzazione importante.» Disse. «Ammetto che può essere un po' macabro e troppo negativo, ma abbiamo affrontato diverse situazioni da cui avremmo potuto uscirne molto male, se non morti; siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo per forza di cose mettere in conto la pericolosità di ciò che facciamo! L'incontro con i ragazzi di Desia lo ha fatto in maniera particolarmente traumatica, ma avremmo dovuto affrontare l'argomento prima o poi e se non fosse stato così avremmo rischiato di viverlo in prima persona, come hanno fatto loro.»
Kya ebbe un brivido lungo la schiena. Non riusciva a immaginare di arrivare a parlare al passato di una delle sue amiche della squadra.
«Tu ci hai mai pensato?» Mormorò abbassando lo sguardo sui propri scarponi. «Alla morte?»
Momo fu colta alla sprovvista da quella domanda così seria e personale che non seppe proprio come rispondere. Strinse le spalle nella speranza di riuscire a dire qualcosa di sensato. «A volte. A volte ho avuto paura che tu o qualcun'altra moriste, per questo mi sono lanciata sempre ad aiutare. Io… Stranamente non ho mai pensato che avrei potuto morire.» Sorrise imbarazzata. «Solitamente tendo sempre a non prendere rischi e la stazza dell'Aros mi permette di avere un vantaggio che voialtri non avete… Così non mi sono mai ritrovata in situazioni come… Come quando sei rimasta immobile sull'astronave che precipitava.»
Kya divenne pallida di colpo e abbassò lo sguardo scoraggiata. «Ecco, un'altra cosa di cui adesso mi vergogno da morire!»
Momo si scusò per averglielo ricordato, ma lei non le diede peso.
«E la cosa assurda è che si tratta di qualcosa che non riesco a controllare!» Continuò frustrata. «D'accordo, sono sempre stata un tantino esuberante alla guida dello Iustitia e sì, ho spesso idee folli che mettono a repentaglio me o anche l'intera squadra, ma cose come quello… Quello non c'entra.»
Momo la guardò come per dirle di spiegarsi meglio e Kya tirò un lungo sospiro, come se sapesse che quello che stava per dire l'avrebbe fatta sembrare pazza.
«Quando succedono quelle cose e io prendo il controllo su tutto… Non lo faccio di proposito.» Spiegò gesticolando piano e a fatica, le mani che si muovevano a scatti per via del freddo. «Non è che abbia una scelta… Semplicemente vengo travolta da questa euforia, come uno stato di ebbrezza… E a quel punto smetto di darmi un contegno, anzi smetto di essere me! Sin dalla prima volta che ho effettuato la connessione con Ryo ho sentito questa piccola… Cosa fare pressione su di me, spingere per farsi sentire. E ho sempre dovuto tenerla a bada. Pensavo che fosse normale, che funzionasse così la connessione e che gli altri sentissero lo stesso, ma poi quando mi sono connessa con Kaoru…»
Kya scrollò le spalle.
«Non ho sentito niente. Mi succede solo con Ryo, e la cosa mi fa impazzire!»
Momo la osservò perplessa, un po' preoccupata perché quello che aveva descritto non ricordava niente di ciò che avesse provato lei, e a quel punto poteva aspettarsi di tutto. Credeva alle parole dell'amica, le veniva solo difficile comprenderle appieno.
«Posso sapere perché ci sono anche io, qui?» Bofonchiò la voce di Kondō, al quale Kya rivolse uno sguardo sprezzante. Procedeva al fianco di Momo, quasi a farsi fare scudo da Kya. «Mi sembra che questa sia una discussione che dovreste avere da sole…»
«Io non ti volevo qui, è stata Momo a insistere!» Abbaiò quella girando la testa dall'altro lato. Il fatto che la sua amica si fosse impuntata per poter invitare anche il proprio partner confermava quei suoi terribili dubbi: Momo aveva un debole per quel nanerottolo antipatico!
«E' perché è un ragazzo!» Spiegò la ragazza innocentemente. «Magari può aiutarci a comprendere meglio il punto di vista di Ryo.»
Kya sbuffò. «Allora tollererò la sua presenza, per ora.» Commentò guardando lontano. Camminarono ancora un po' senza dirsi niente, la tensione scese e alla fine Momo parlò di nuovo riportando l'attenzione sull'argomento chiave di quella faccenda.
«Non capisco però… Perché non hai detto ai tuoi di aver litigato con Ryo?»
Come se fosse la domanda più scomoda che potesse farle, Kya strinse i denti con sofferenza. «Io non ho litigato con Ryo… E' stato lui a dire che non mi voleva più, che sono troppo fastidiosa…»
«Non ha detto che sei fastidiosa.»
«Però lo sei.» Commentò Hoshi, sapendo che avrebbe ricevuto come minimo un'occhiataccia dalla caposquadra. Ma Kya lo ignorò.
«E comunque non voglio farli preoccupare!» Riprese rapidamente la ragazza per evitare che si soffermassero troppo sui dettagli. «Hanno sempre visto Ryo come un secondo figlio, quasi. Li distruggerebbe sapere che le cose ora sono così complicate.»
Momo si dispiacque che la sua amica fosse in una situazione così: da un lato la paura di non essere più amata dal migliore amico, dall'altro il fatto di star mentendo ai genitori su questa storia. Preferì concentrarsi su qualcosa di positivo per aiutarla a sentirsi meglio.
«Però io continuo a pensare che il fatto che tu abbia avuto questa realizzazione sia un buon segno.» Intervenne alzando un dito. Kya la squadrò perplessa. «Hai detto di voler essere una caposquadra migliore e di riconoscere i rischi ora che hai assistito a ciò che potrebbe accadere se commettessi un errore. Significa che quella parte frenetica e menefreghista di cui parlava Sato si è indebolita! Magari non se n'è andata via del tutto, ma stai ovviamente attraversando un cambiamento e quando ne sarai uscita potrai mostrare a Ryo il risultato!»
Un sorriso amaro affiorò sulle labbra di Kya: quelle erano quasi le stesse parole usate da Kaoru quando avevano eseguito lo shuffle. Era proprio chiaro a tutti cosa avesse causato la reazione del suo Ryo…
«Ma se…» Mormorò, e qui le parole le morirono in gola. Momo le chiese cosa stesse per dire, ma Kya non ebbe il coraggio di concludere la frase.
Il vento tagliò loro i volti, una lama gelida che si abbatteva sulla loro pelle il cui unico rimedio poteva essere una calda sciarpa o un cappello; Kya non indossava niente di tutto ciò quella giornata, aveva sfidato gli elementi sottovalutando ampiamente la propria resistenza e adesso si ritrovava a tremare come una foglia, una volta fermatasi sul marciapiedi.
«E se non dovessi arrivarci a quel momento?»
Freddo, questa volta dentro. Momo sentì un'ansia tremenda salirle addosso, un bisbiglio alle sue spalle le ricordò improvvisamente che anche se riconoscevano il pericolo, questo rimaneva comunque presente e più vivo che mai. Kya continuò con le lacrime agli occhi.
«Io… Voglio che Ryo sappia quanto lo amo… Voglio avere l'opportunità di raccontargli quanto è importante per me, quanto la sua presenza nella mia vita abbia portato una luce inestinguibile che ancora oggi illumina il mio cammino. Voglio dirgli cosa provo davvero almeno una volta nella vita, e allora e solo allora sarò soddisfatta! Non voglio andarmene…» Si morse un labbro al pensiero. «Senza avergli prima detto tutto quello che provo.»
Erano parole forti, una confessione indiretta che penetrava le difese di chiunque ascoltasse e gli faceva versare lacrime, specialmente considerato il fatto che fossero parole pronunciate da una ragazza di quattordici anni. Momo riuscì a trattenersi perché doveva mostrarsi forte per la sua amica, ma avrebbe tanto voluto abbracciarla forte e farle scaricare tutta la tristezza che aveva accumulato fino a quel momento.
«Se mi fossi resa conto prima del rischio che correvo, lo avrei fatto subito.» Aggiunse la ragazza. «Insomma, non gli ho detto le cose così come stavano perché volevo che fosse lui ad accorgersene e facesse la prima mossa, ma adesso… E' stata solo una scelta stupida e infantile! Potrei aver bruciato la mia ultima occasione di dire a Ryo che lo amo, e ora…»
«Kya, basta!»
Momo le afferrò i polsi e la costrinse a guardarla negli occhi. «Sei ancora qui. Io sono ancora qui. Siamo tutti ancora qui!»
La ragazza doveva stare leggermente piegata per essere al livello dell'amica, ma quello non era un problema al momento. Voleva che Kya capisse quanto le fosse vicina in quel momento.
«Non è successo ancora niente e abbiamo fatto grandi cose fino ad ora, sempre! Non hai perso niente e Ryo non ti odia! Vinceremo ancora e usciremo da questa brutta situazione, devi solo avere pazienza!»
Kya sbatté le palpebre più volte, gli occhi ormai completamente lucidi ma non sarebbero scese lacrime sul suo volto. Aveva già fatto abbastanza mostrando una scena così penosa alla sua amica.
Cercò di divincolarsi e alla fine distolse lo sguardo, fingendo di stare meglio. «Perché parliamo di queste cose tristi, quando dovremmo goderci questa giornata fantastica?» Disse allontanandosi. Non voleva più far preoccupare la sua amica, ma Momo avrebbe preferito che si aprisse completamente con lei.
«Lasciamo perdere per adesso.» Continuò voltandosi, sorridendo solare. «Non c'è motivo di preoccuparsi, abbiamo ancora tanto tempo a disposizione!»
Anche se quello era esattamente ciò che Momo le aveva detto, sembrava che il significato di quelle parole fosse stato travisato. Kya stava minimizzando il problema, evitando di affrontarlo, quando avrebbe dovuto pensare passo dopo passo alla propria strategia. Momo non voleva metterla a disagio concentrandosi oltre su quella cosa, ma avrebbe voluto poter aiutare di più… Hoshi si accorse di come si sentisse la sua partner e le prese la mano per qualche istante, stringendo delicatamente le sue dita per infonderle un po' di fiducia e vicinanza, poi ritirò il braccio con rapidità diventando rosso dall'imbarazzo; se Kya li avesse visti in quel momento si sarebbe lanciata al collo del ragazzo e glielo avrebbe strappato a morsi, ma Momo fu contenta di quel gesto e reagì cercando a sua volta la mano di lui, stringendogliela per un momento e sorridendo.
I tre ragazzi si lasciarono alle spalle quella conversazione così cupa e iniziarono invece a comportarsi in modo più rilassato, giocando spensieratamente con la neve e facendo visita al grande ciliegio al centro della città per assistere ancora una volta allo spettacolo della neve sui rami. Momo era contenta di essere riuscita a invitare Hoshi, aveva l'impressione che quella fosse una vista che avrebbe fatto piacere al suo partner e che si trattasse di un'esperienza che voleva vivere al suo fianco almeno una volta. Anche Kya fu grata della presenza di Kondō: il fatto di doverlo tenere d'occhio per controllare che non facesse strane mosse con Momo – specialmente ora che aveva avuto la conferma che qualcosa effettivamente c'era – la aiutò a distrarsi dai pensieri che le occupavano la mente ormai in maniera costante e poté così divertirsi un po'.
Alla fine della passeggiata, Momo provò a invitare entrambi gli amici a casa sua dicendo di aver preparato dei biscotti con la nonna.
Kya lanciò un'occhiataccia a Hoshi, che si affrettò a rifiutare cordialmente. Non era pronto a incontrare i suoi genitori, considerato tutto quello che c'era stato tra loro. Quando ebbe dato la sua risposta vide che l'espressione della caposquadra si fece molto più rilassata e anche lei a quel punto disse di non potersi trattenere.
«Mia madre stava preparando un dolce per me, ci resterebbe male se dovessi rovinarmi l'appetito!»
«Un dolce?» Cinguettò l'altra curiosa. «E perché?»
Rendendosi conto di aver detto troppo, Kya cercò di far finta di niente e abbozzò una risposta poco soddisfacente, dicendo che era una sorta di festeggiamento per il suo ritorno a casa, ma nessuno dei due le credette.
Dopo qualche secondo passato sotto gli sguardi giudicatori dei piloti dell'Aros, Kya si arrese e gli chiese di non dire niente a nessuno. «Si tratta del mio compleanno…» Borbottò a bassa voce, come se ci fosse il rischio che qualche passante la sentisse. Momo si portò subito le mani alla bocca, strabiliata.
«E' il tuo compleanno?» Domandò con entusiasmo, ma prima che potesse farle gli auguri Kya si affrettò a chiarire.
«Non è oggi, ma tra qualche giorno. Mia mamma ha deciso di festeggiare adesso perché non avremmo potuto farlo il giorno esatto…»
«E quando sarebbe il giorno esatto?» Domandò curioso Hoshi, che la guardava dal basso con le braccia incrociate. Kya sembrò infastidita dal suo intervento, ma non poté rifiutarsi di rispondere.
«Il ventisette.» Disse a denti stretti.
«Allora il ventisette ti faremo tutti gli auguri!» Iniziò Momo con entusiasmo, ma l'altra la fermò.
«No, preferirei che non si sapesse.» Mormorò con le mani alzate davanti al volto dell'amica. «Non voglio… Causare problemi. E avere gli altri che mi trattano bene solo perché è il giorno in cui sono nata sarebbe imbarazzante e porterebbe a inutili equivoci…»
Momo era confusa. Era la prima volta che vedeva qualcuno che desiderava di non festeggiare il proprio compleanno, in particolare Kya che amava l'attenzione altrui. Era di un umore un po' altalenante da quando aveva litigato con Ryo, ma anche in quella situazione le sembrava insolito per un personaggio come lei.
«Quindi potreste, ehm… Mantenere il segreto?» Mormorò alla fine, assumendo un'espressione da cane bastonato.
Momo e Hoshi si rivolsero degli sguardi perplessi; non avevano alcun motivo per rifiutare, ma era evidente come quella fosse una richiesta alquanto strana. Tuttavia accettarono, non vedendo come avrebbero potuto far cambiare idea a Kya.
«Io però ti farò gli auguri lo stesso!» Sussurrò Momo abbracciandola, strappandole così un sorriso.
«A proposito, voi quando fate il compleanno?» Borbottò questa dopo qualche istante. I due partner la fissarono sorpresi, rendendosi conto di non aver mai condiviso quell'informazione.
«Io a novembre.» Rispose il piccoletto facendo spallucce. Momo rispose subito dopo.
«E io il nove maggio.»
Passò qualche secondo e il ragazzino incominciò a sorridere, quindi con un ghigno compiaciuto commentò:«Questo vuol dire che sono io il più grande qui, eh?»
«Se questo ti dà soddisfazione…» Rispose Kya pronta a ribattere. «Ma io almeno arrivo al ripiano dei bicchieri in cucina!»
I due si scambiarono delle occhiate focose e Momo dovette intervenire per separarli. Nonostante il pessimo umore, Kya sembrava ancora in grado di scherzare e intrattenere gli amici con il suo solito carattere spumeggiante, e lei non poteva che essere contenta di questo anche se a farne le spese era il povero Hoshi.
 
*
 
Il ritorno a Mistilteinn fu tranquillo, quasi noioso. I ragazzi rientrarono dalle proprie case un po' più consapevoli di ciò che dovevano fare; i loro genitori avevano avuto diverse cose da dire, memori dell'incontro con Nana e Hachi, e ognuno aveva avuto le sue discussioni da affrontare.
Kya rimase a pensare alle parole di Momo e al suo desiderio di poter tornare al fianco di Ryo il prima possibile; fremeva dalla voglia di vedere le cose tornare come prima, ma non era nient'altro che una speranza sbiadita. Il giorno del suo compleanno arrivò quasi subito e come promesso, Momo le fece gli auguri sin da subito riempiendola di attenzioni; Kya però non voleva che la sua amica si sforzasse di darle affetto per compensare il suo pessimo umore e cercò di fare l'indifferente per darle il segnale di concentrarsi su altro e non perdere tempo con lei. Aveva detto alla madre che avrebbe preparato un dolce per festeggiare con tutti i suoi amici, ma aveva mentito: non voleva rischiare di attirare l'attenzione e dare a tutti l'impressione di voler essere trattata in maniera speciale.
Si accorse in fretta di quanto fosse stancante fare così, sforzarsi troppo per mantenere il segreto non solo era difficile e deprimente, ma aveva anche un impatto negativo sul suo umore rendendola particolarmente scontrosa.
A metà della giornata era già stufa di tutta quella pantomima, probabilmente tutti nella squadra avevano intuito che ci fosse qualcosa di strano nel suo comportamento perché non era stata allegra e piena di energie come al solito; quella settimana era il turno suo e di Kaoru nelle cucine, e per quanto non pensasse di essere una cattiva cuoca il suo attuale partner era veramente negato in quelle mansioni. Quando qualcuno si lamentava – anche in maniera scherzosa – del cibo troppo cotto o di qualche altra imperfezione nel proprio piatto, lei non rispondeva con la solita complicità che la contraddistingueva, ma invece si era ritrovata a sputare veleno indirettamente ai propri compagni, peggiorando il proprio umore e creando una sorta di muro tra sé e i suoi amici.
Era una spirale negativa che si autoalimentava: Kya non voleva ricevere attenzioni perché si sentiva di troppo, ma più provava a respingere i suoi compagni più questi andavano a cercarla chiedendosi cosa avesse, e il fatto che si preoccupassero per lei la faceva sentire ancora peggio e lei reagiva in maniera ancora più brusca attirando ancora di più l'attenzione su di sé.
Era arrivata a un punto tale da far preoccupare anche Kaoru, che dopo pranzo si era seduto con lei ed era rimasto in silenzio nella speranza di riuscire a farla aprire un poco; non voleva invadere i suoi spazi, avrebbe deciso lei se parlare, ma anche se con un piccolo gesto il ragazzo voleva farle sapere di essere pronto ad ascoltarla.
«Non hai qualcosa da fare?» Borbottò alla fine Kya, sapendo che non se ne sarebbe andato. Kaoru, che era negato a fingere nonchalance, scosse la testa rimanendo a fissarla. «Neanche passare un po' di tempo con Aiko?»
Il ragazzo alzò lo sguardo pensieroso e attese qualche secondo. «Bé, passo sempre un sacco di tempo con Aiko. Oggi voglio passare un po' di tempo con te, perché penso che non ne passiamo abbastanza.»
La ragazza si morse il labbro chiedendosi perché dovessero tutti cercare di tirarle su il morale. «Ma io voglio stare da sola.» Protestò con poche energie.
Kaoru piegò la testa da un lato e la fissò stranito. Anche lui si rendeva conto di quanto fosse estranea una frase del genere detta dalla bocca di Nakamura. Alla fine lei sospirò sentendosi messa all'angolo e pregò che smettesse di infastidirla.
«Non abbiamo lavorato a sufficienza.» Borbottò pensieroso il suo partner, e qui Kya alzò lo sguardo perplessa. Kaoru si girò, contento di averla finalmente interessata, e riprese:«Avevo detto che ti avrei aiutata a riconquistare Ryo, no?»
Il sorriso che le rivolse sarebbe stato abbastanza da farla sciogliere in un pianto eterno, ma Kya quel pomeriggio era molto sulla difensiva e rimase a guardarlo inespressiva, tanto che il ragazzo si sentì un po' a disagio dopo aver provato a tirarla su di morale.
Kya dovette sentirlo, perché cambiò espressione subito dopo e si imbronciò chiedendogli scusa. «Sono solo stanca, non ho molte energie oggi…»
«Deve esserci un motivo, non puoi essere così stanca senza alcuna ragione…» Commentò lui avvicinandosi un po'. Kya ci pensò su; forse era come diceva lui, ma perché non poteva sentirsi stanca semplicemente per caso?
«Vorrei solo che questa giornata passasse all'istante, tutto qua.» Mormorò sconsolata prima di poggiare il volto sulla tavola, abbandonando al vuoto le braccia prive di forze.
Kaoru la osservò preoccupato, non gli piaceva vedere Kya in quello stato; non gli piaceva vedere nessuno in quello stato, ma lei in particolare visto quanto fosse vivace di solito. Anche dopo la lite con Ryo era sempre stata abbastanza spensierata, era difficile accettare che stesse così male.
Una voce in arrivo dalla porta lo fece sobbalzare, Momo sembrava star cercando la ragazza e finalmente l'aveva trovata. Si avvicinò alla sedia dove era seduta e andò per un abbraccio nel tentativo di farla stare un po' meglio.
«Stai ancora pensando a quelle cose che mi hai detto l'altra volta?» Domandò quasi in un sussurro. Kya rispose con un gemito negativo.
«Allora è per l'altra cosa.» Concluse la ragazza stringendo un po' più forte e strofinando una guancia a quella dell'amica. Avrebbe voluto dirle che sarebbe andato tutto bene, ma non voleva che quelle parole sembrassero semplici frasi di circostanza in cui nessuno credeva veramente.
Kaoru rimase a fissarle come chi non ci aveva capito niente. Avrebbe voluto chiedere che cosa stesse succedendo, ma non ne ebbe l'occasione perché proprio in quel momento alla porta della sala da pranzo fece la sua comparsa anche Ryo Sato, che diede una rapida occhiata alla stanza prima di commentare:«Che folla, qui dentro!»
Kya si girò dall'altra parte incredula e rivolse al suo vecchio amico un'occhiata quasi timorosa. Aveva paura che fosse lì per dirle qualcosa che l'avrebbe ferita o magari per lamentarsi dicendo come quel suo comportamento passivo lo stesse mettendo in cattiva luce e fu tentata dall'andarsene.
Momo la lasciò andare e si fece leggermente da parte guardando il ragazzo con sospetto. Era pronta a mettersi in mezzo nel caso dovesse succedere qualcosa di spiacevole, ma avrebbe preferito che non ce ne fosse bisogno per non dover scegliere tra i suoi compagni; Sato però non sembrava avere cattive intenzioni e doveva essere di buon umore a giudicare dalla battuta al suo arrivo.
Raggiunse il tavolo e si fermò dove era seduta Kya per lasciare un pacchetto di fronte a lei, che rimase a osservare perplessa. Quando ebbe fatto un passo indietro, la ragazza lo guardò come se fosse una trappola e fu a un passo dallo spingere indietro la sedia e andarsene senza dire una parola; in realtà dentro di sé stava avendo luogo una tempesta, il cuore le batteva all'impazzata nella speranza che quello strano gesto potesse essere anche solo lontanamente qualcosa legato a lei, un segno che il vecchio Ryo fosse ancora lì con lei.
«Bé, non lo apri?» Borbottò restandosene a distanza, scrollando le spalle. Kya tornò a guardare lo scatolino che le aveva portato e fu investita dalla curiosità per quell'oggetto, ma nonostante ciò mostrò tutto il contegno possibile.
«Che cosa sarebbe?» Chiese senza metterci sopra le mani ancora.
Ryo si portò una mano dietro al collo, come se fosse leggermente in imbarazzo. «E' il ventisette febbraio, no?» Disse. «Quello è un regalo.»
Kya spalancò gli occhi incredula mentre attorno a lei Momo e Kaoru rimanevano a bocca aperta; il ragazzo non era al corrente della ricorrenza, ma quel gesto e le parole di Ryo erano stati abbastanza eloquenti, mentre lei era piena di gioia al pensiero che Sato fosse stato in grado di sorprendere Kya in quel modo.
Senza più fare finta di essere distante, Kya scartò e aprì il pacchetto in un attimo, scoprendo un paio di occhiali da sole al suo interno.
«Avevi detto che ti piacevano quelli che Aki e Rin avevano regalato a Hoshi, quindi ho pensato di prenderti qualcosa di simile…» Spiegò Ryo. «Lo sai, anche se non siamo più partner non vuol dire che non ci tenga a te.»
Erano quel tipo di lenti a specchio che l'avevano sempre affascinata molto, grandi e con le stanghette laterali sottili e ricoperte di un piccolo strato di gomma; erano anche meglio di quelli di Hoshi!
«Sono… Sono bellissimi!» Esclamò lei senza fiato. Se li provò in un attimo e dopo essersi guardata intorno chiese con un largo sorriso:«Come mi stanno?»
«Bene.» Rispose Ryo pensieroso. «Sono carini.»
Kya arrossì leggermente. Quanto avrebbe voluto sentirgli dire una cosa del genere rivolta però direttamente a lei e non a qualcosa che stava indossando; credeva che sarebbe potuta morire sul posto se fosse successo veramente.
Con fare impacciato, Ryo indietreggiò dicendo che era venuto solo a portarle quel regalo. «Buon compleanno, Kya. Ci vediamo più tardi…»
Kya si girò con gli occhiali ancora tra le mani, le labbra che tentavano di muoversi come se volesse fare uscire delle parole e rimase a osservarlo mentre usciva. Momo e Kaoru si avvicinarono di nuovo a lei e sembrarono molto contenti, decisi a rallegrarla e farle gli auguri di compleanno, questa volta ufficialmente, ma lei in un attimo si alzò in piedi e corse di fuori.
«Aspetta, Ryo!» Ansimò chiudendo in pochissimo la distanza che li separava. Il ragazzo fu colto alla sprovvista dal suo impeto e fu un miracolo che entrambi non finirono a terra quando lei lo abbracciò.
In pochissimi secondi Kya liberò una cascata di parole che non credeva di avere dentro di sé, un fiume in piena che travolse il suo amico senza far passare nessun messaggio. Gli disse che le dispiaceva tanto, che sapeva che nonostante tutto lei era ancora nei suoi pensieri, che gli voleva bene e che voleva tornare a pilotare con lui, che lo sapeva di contare ancora per lui, che lui era la sua vita e che senza di lui quelle ultime settimane erano state un inferno. Ryo assorbì tutto senza poter ribattere e cercò solamente di staccarsela di dosso, infastidito da quell'improvvisa dimostrazione di affetto. Momo e Kaoru assistettero alla scena e anche loro si chiesero se fosse il caso di dividerli o se quello fosse un momento privato.
«Kya… Smettila!» Sbottò alla fine Ryo afferrandole i polsi e allontanandoseli di dosso. «Questo è proprio il problema, non capisci? I motivo per cui ho chiesto lo sfuffle. Appena qualcuno ti mostra la minima gentilezza, ti prendi tutto senza neanche chiedere il permesso! Non riesci a darti un contegno e il tuo affetto mi soffoca! Non riesci veramente a non essere così ossessiva?»
Kya fece un passo indietro e lo guardò atterrita, le mani adesso abbassate che tremavano leggermente e il cuore dentro la cassa toracica che sembrava volerla demolire. «Ma… Mi hai detto che mi vuoi bene. Io pensavo che con questo regalo volessi dirmi che le cose stavano tornando al loro posto… Credevo che saremmo tornati a pilotare assieme…»
«No! Come fai a pensare che un regalo risolva tutto?» Esclamò Ryo agitando le braccia come se stesse facendo fatica a trattenersi. «Sei sempre la solita, Kya! Se continui a fare così, noi due non torneremo mai a pilotare assieme, perché sei fuori controllo e la tua ossessione verso di me è inquietante!»
La ragazza rimase interdetta e lo fissò come se le avessero appena rivelato un segreto terribile. Il respiro trattenuto, avrebbe voluto dimostrare il contrario di ciò che Ryo aveva appena detto, contare fino a dieci, cento, mille se necessario e fargli vedere che lei poteva essere diversa, che sapeva come non cedere alle proprie emozioni… Ma in quel momento tutto divenne rosso e le sue mani si mossero da sole, colpendo dritto in faccia il suo migliore amico.
Ryo si protesse alzando le mani, ma la furia di Kya lo travolse e non poté fare altro che indietreggiare per tentare di evitare qualche colpo. Sentì i passi dei suoi compagni venirgli incontro e proprio mentre Momo afferrava Kya dalle braccia per dirle di calmarsi, fu spinto a terra dalla ragazza ormai fuori controllo.
Kya si dimenò un momento, liberandosi dalla presa di Momo e rimase immobile a guardarlo con disprezzo. Voleva piangere, non capiva cosa le stesse succedendo e perché all'improvviso avesse avuto quei pensieri, quella voglia irrefrenabile di fare del male a Ryo; si sarebbe voluta inginocchiare e chiedergli scusa, aiutandolo a rimettersi in piedi, ma invece strinse i pugni e dichiarò a denti stretti:«Io ti odio!»
Poi ancora con le lacrime agli occhi, si voltò avviandosi per il corridoio e sparendo dalla vista dei presenti. Ryo era senza parole, dolorante e ancora riverso per terra, con Kaoru che lo reggeva dalle spalle.
Un luccichio in un angolo attirò l'attenzione di Momo, che si chinò a raccogliere gli occhiali caduti dalle mani di Kya, le lenti ormai distrutte. Le venne da piangere al pensiero di quanto fosse felice pochi minuti prima mentre li teneva in mano e come adesso li avesse lasciati lì senza nemmeno curarsi di vedere se fossero salvi. Alzò lo sguardo verso Sato, che ricambiò senza sapere cosa dire, atterrito; anche Kaoru la fissava tristemente, incerto se restare lì o inseguire la ragazza, ma dubitava che Kya avrebbe voluto ascoltare chiunque in quel momento.
Rimasero senza parole, consapevoli di avere assistito al momento in cui la relazione tra Kya e Ryo si spaccava senza poter fare niente e più i secondi passavano, più si rendevano conto di quanto fosse difficile accettare quella realtà.

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Capitolo 59
*** Autodifesa ***


Il maestro Kazuhira Yamada era un uomo dall'aspetto marziale, estremamente silenzioso e con lo sguardo duro che sembrava giudicarti costantemente. Non c'era da sorprendersi se i ragazzi rimasero perplessi dalla sua apparizione a Mistilteinn e gran parte di loro sentirono un certo disagio a sostenerne lo sguardo.
Yamada era un maestro di arti marziali ormai in pensione, un tipo che si diceva avesse partecipato a innumerevoli competizioni internazionali e non, portando a casa sempre risultati incredibili. Hachi e Nana lo presentarono ai ragazzi un pomeriggio dopo le lezioni, dicendo che era lì per insegnargli le basi delle arti marziali e, procedendo per gradi, permettergli di sviluppare una tecnica di autodifesa soddisfacente che li avrebbe tenuti al sicuro.
«Non possiamo sapere quali pericoli dovrete affrontare, e abbiamo avuto prova di come i VIRM attacchino in qualsiasi modo. Potreste ritrovarvi a dovervi difendere anche a mani nude, un giorno.» Aveva giustificato così il coordinatore, spiegazione che in realtà puzzava a molti.
«Perché non ci addestrate anche all'uso di armi, allora?» Propose Yoshiki, che in realtà era semplicemente interessato a vedere la reazione di Hachi a una cosa del genere. Mettere un'arma in mano a un adolescente era qualcosa di estremamente irresponsabile, ma in fondo non stavano già pilotando gigantesche armi che avrebbero potuto distruggere intere città?
Hachi si morse la lingua, quasi come se fosse una sorpresa che il più impertinente dei suoi allievi potesse fare una domanda scomoda come quella, e quando fu lì per rispondere fu interrotto dal maestro Yamada.
«Posso rispondere io?» Chiese voltandosi, una mano alzata. Aveva una voce cavernosa. Hachi lo lasciò fare.
Yamada era un uomo massiccio, muscoli scolpiti dal colorito brunito davano profondità al suo gi che indossava con fierezza e la mascella quadrata era completamente liscia, così come la testa rasata con cura maniacale; avrà avuto una quarantina d'anni, forse di più. Corrugò la fronte, le sopracciglia scure e spesse gli donavano un cipiglio ancora più severo.
«Un'arma può essere letale ed è sicuramente un metodo più adatto per assicurarsi di uccidere il proprio prossimo. Ma io non sono qui per insegnarvi a fare del male agli altri, bensì mi assicurerò che voi abbiate le conoscenze e le capacità di restare al sicuro dai pericoli: una persona che brandisce un'arma, pur sapendo come usarla, è pericolosa; chi conosce i limiti del proprio corpo e quelli dell'avversario, è sicuro e può mettere in sicurezza anche gli altri.»
Yoshiki lo osservò inarcando un sopracciglio e si mostrò soddisfatto, tuttavia non lo era per niente. Anzi, se aveva capito una cosa da quel discorso era che non era per i VIRM che quell'uomo era stato chiamato a insegnargli quelle cose.
Yamada consegnò a tutti delle uniformi della misura giusta e li mandò a cambiarsi dicendo loro che avevano cinque minuti prima che incominciasse la lezione. Era un tipo che non ammetteva repliche sicuramente…
Per quanto non si aspettassero una cosa del genere, alcuni dei ragazzi erano particolarmente eccitati al pensiero di allenarsi con un maestro di quel calibro. Kaoru in particolare, che mentre andava a cambiarsi nei bagni di Mistilteinn assieme agli altri non smise di parlare di quanto fosse emozionato all'idea di imparare qualcosa di nuovo, e anche Kya sembrò ansiosa di incominciare, nonostante il suo umore non fosse dei migliori.
Cinque minuti dopo, l'intera squadra era disposta su due righe davanti al maestro Yamada, i più alti dietro e quelli più bassi davanti. Questo iniziò a dividerli in coppie dicendo che prima avrebbero seguito il suo esempio e poi avrebbero iniziato a fare qualche prova insieme; per non causare disagio a nessuno furono separate le ragazze dai ragazzi e le coppie furono scelte in base all'altezza di ognuno.
Così delle ragazze Rin andò con Suzuko, Aiko, leggermente più alta delle due, fece coppia con Naho, mentre l'unica in grado di avvicinarsi all'altezza di Momo fu Kya; le coppie dei ragazzi furono formate da Ryo e Aki, Kaoru e Hoshi e infine Tetsuya e Yoshiki, i due più alti della squadra.
La lezione iniziò concentrandosi sulle posizioni di partenza, il maestro Yamada controllò uno ad uno i ragazzi e le ragazze aiutandoli ad aggiustare la postura e a mantenere l'equilibrio, quindi iniziò a spiegare loro come eseguire alcuni spostamenti per poter controllare lo spazio attorno ad essi; alcuni di loro sembravano avere una inclinazione naturale per quel tipo di cose, Hoshi e Momo si scoprirono molto rapidi ad apprendere, così come Kya che però peccava di irruenza, mentre altri si rivelarono completamente negati in quella materia: Suzuko, pur dimostrando di essere a conoscenza delle basi, era completamente scoordinata e non sembrava per niente contenta di trovarsi lì, e assieme a lei anche Tetsuya e Aiko facevano fatica a seguire le indicazioni del maestro. Yamada però era un tipo paziente, disse che li avrebbe seguiti un passo alla volta per assicurarsi che riuscissero a imparare bene come muoversi; era molto diverso da come appariva, se all'inizio era sembrato un uomo rigido e incline alla serietà, si ritrovò spesso a fare battute e fraternizzare con i suoi allievi durante l'allenamento.
«Allunga la gamba, ciuffo!» Disse a Hoshi dopo averlo visto mentre eseguiva i passi da lui mostrati. «Non andrai da nessuna parte se ti muovi così.»
Non era niente di particolare, i ragazzi si stavano divertendo tutto sommato e nel frattempo imparavano qualcosa di interessante e utile; quando poi Yamada li mise a lavorare in coppie le cose diventarono leggermente più complicate.
Inizialmente i Parasite stettero ad ascoltare come funzionava il controllo dell'equilibrio dell'avversario e gli fu spiegato come spezzarlo per poterlo sopraffare; dopo la spiegazione, Yamada passò a una dimostrazione pratica e chiamò a sé Yoshiki. Dopo avergli mostrato come afferrare qualcuno e come difendersi da qualcuno che tentava di afferrarlo, iniziò a metterlo in pratica e gli disse di cercare di buttarlo a terra seguendo i movimenti appena visti.
Yoshiki seguì le indicazioni come da programma; normalmente avrebbe cercato di uscire dagli schemi e divertirsi un po', ma conosceva troppo poco la materia per fare lo spaccone e sapeva che il maestro lo avrebbe rimesso subito in riga vista la sua esperienza, e dopo qualche tentativo credette di aver capito il funzionamento di quella presa. Poi fu il suo turno di difendersi, e alla prima spinta di Yamada finì con il sedere nell'erba.
Yoshiki aveva sottovalutato la resistenza del maestro e aveva pensato che sarebbe bastato concentrarsi sulla parte superiore del corpo per rimanere in piedi, ma i movimenti esperti di Yamada lo avevano colto alla sprovvista e lui era finito per terra. Ci furono alcune risatine dal gruppo di compagni che assistette alla scena, ma lo stesso maestro sembrò volerlo rassicurare e dopo averlo aiutato a rialzarsi gli diede qualche spiegazione più dettagliata su come difendersi dalla spinta dell'assalitore.
Al secondo tentativo il ragazzo rimase in piedi, ma sentì una forte spinta che fu sul punto di farlo cedere; un attimo prima che potesse cadere di nuovo però, il maestro si fermò rivolgendosi agli altri.
«A questo punto dovete contrattaccare.» Disse ad alta voce e poi si rivolse a Yoshiki. «Se fai resistenza e basta, prima o poi l'avversario avrà la meglio su di te; se però interrompi il suo attacco puoi facilmente passare in vantaggio. Adesso ti spiegherò come fare per mandarmi a terra.»
Yoshiki era sorpreso dalla premura dell'insegnante, che gli spiegò passo dopo passo come fare per rispondere all'aggressione; gli insegnò due tipi di contrattacco con l'intento di buttare a terra l'avversario, uno partendo dall'altro e trascinando l'altro per la testa e il secondo sfruttando le gambe per fargli perdere l'equilibrio. Dopo aver imparato la tecnica e l'intera serie di movimenti, il maestro Yamada gli fece provare l'esercizio un'ultima volta senza interruzioni e quando l'ebbe mandato a terra gli fece anche i complimenti. A quel punto disse ai ragazzi di dividersi nelle coppe selezionate precedentemente e provare questo tipo di proiezioni tra di loro mentre lui li avrebbe osservati, correggendo eventuali errori.
Kya ardeva dalla voglia di muoversi, non le importava che a fronteggiarla ci fosse Momo con la loro differenza in altezza; l'idea di star simulando un combattimento, per quanto non avesse idea di come funzionassero le arti marziali, le dava la carica. Si lanciò per prima contro l'amica e questa assorbì la sua spinta prima di passare ad alzare una mano verso il suo viso, come le era stato detto per distrarla, e afferrarle poi la testa per mandarla al tappeto.
Kya cadde pesantemente a terra e grugnì, poi sorrise. «Di nuovo!»
«Non è il tuo turno?»
«Voglio provare un'altra cosa.» Disse rialzandosi e cominciando a saltellare. «Dai, preparati!»
Momo si mise in posizione e attese la carica di Kya un'altra volta. Adesso la ragazza si fece forza con un piccolo grido che attirò l'attenzione dell'intera squadra, che così poté assistere al goffo attacco di Kya e alla proiezione di Momo, che sembrava aver imparato subito la tecnica.
«Forse avrei dovuto provare con un calcio…» Borbottò la ragazza finita per terra dopo aver ricevuto una mano dall'amica. Questa le lanciò un'occhiata stranita.
«Ma il nostro obiettivo non è buttarci a terra, dobbiamo eseguire la proiezione come ha fatto Ojizaki.»
«Sì, ma sai già che finirà in quel modo! Che gusto c'è se facciamo per finta?» Ribatté l'altra ghignando. Questi discorsi attirarono l'attenzione del maestro, che si avvicinò prendendo la parola.
«Fare finta vi permette di imparare bene i movimenti e capire come fare correttamente il vostro lavoro. Se vi lasciassi a prendervi a botte senza alcun controllo non imparereste niente.» Spiegò Yamada porgendo una mano a Kya. «Perché non mi fai vedere come esegui tu una proiezione, adesso?»
Lei osservò la mano dell'uomo e alzò il braccio, ma un attimo prima di stringergliela le si formò un ghigno divertito sul volto e cercò con tutte le sue forze di tirarlo a sé e farlo cadere per terra. Yamada non sembrò neanche accorgersene, invece piegò le ginocchia con rapidità e raggiunse il viso di Kya con la mano libera, spingendola a terra ancora di più.
«Restando a terra parti svantaggiata, non potrai far sbilanciare un avversario senza una leva, specialmente se rendi le tue intenzioni chiare a tutti.» Le disse mantenendo la mano schiacciata contro la sua guancia per qualche secondo. Kya arrossì mostrandosi sconfitta e si rialzò da sola. Rivolgendosi a tutti poi, Yamada diede un consiglio legato a quella situazione:«Cercate di portare lo scontro a terra il meno possibile; se per caso una vostra proiezione non va a buon fine e il vostro avversario si rialza prima di voi, sarete in una posizione di pericolo perché avrete poche possibilità di difendervi. Mandate a terra l'avversario e allontanatevi, oppure andate giù con lui e immobilizzatelo!
«Quanto a te…» Yamada lanciò un'occhiata a Kya, costernata.
Era pronta per una lavata di capo, ma lo sguardo severo dell'uomo era solo una facciata; le parole che le rivolse furono cariche di comprensione.
«Capisco che sia abituata a prendere il controllo, ma qui puoi avere il controllo veramente solo se lasci che il tuo avversario creda di avercelo. Agendo in modo sconsiderato finirai solo per sbagliare, e mi sembri una ragazza in gamba.» Fece un piccolo sorriso mentre Kya si sforzava di evitare il suo sguardo, mai prima d'ora ridotta a un agnellino mansueto in quel modo. «Mi sembra di capire che ci sia qualcosa che ti fa reagire così e speri di scaricare la rabbia con l'adrenalina, ma se lo fai sprecherai tutte le tue energie; incanala la tua forza nei movimenti del tuo corpo ed espelli la rabbia, ti sentirai meglio!»
Kya non disse niente e Yamada non si spiegò ulteriormente, lasciando le due ragazze al loro allenamento. Gli era bastato uno sguardo per capire che fosse arrabbiata? Nervosa? Triste? Nemmeno lei riusciva a capire cosa avesse, ma era come aveva detto lui: stava disperatamente cercando di liberarsi di una sensazione nascosta dentro di sé, e pensava che il movimento, il dolore di essere mandata a terra, l'umiliazione di fronte a tutti e tutto il resto l'avrebbero aiutata. Forse doveva fare come le aveva consigliato e farla uscire spontaneamente?
«Ok, riprendiamo!» Disse dopo aver tirato un lungo sospiro. Andò di nuovo da Momo e saltellò dicendo che questa volta avrebbe eseguito lei la proiezione. La sua amica era un po' turbata; sapeva che l'eccessiva energia di Kya fosse solo una facciata per nascondere il suo disappunto dell'ultimo contatto avuto con Sato, ma decise di lasciar perdere e seguire il desiderio di Kya di concentrarsi su altro.
La piccola spiegazione del maestro aveva interrotto gli allenamenti degli altri, che solo ora stavano tornando ai propri scontri commentando quello che era appena successo; Yoshiki e Tetsuya non avevano ancora ripreso ad attaccarsi, pensando entrambi a come Nakamura avesse attirato l'attenzione ancora una volta.
«Era prevedibile che combinasse qualcosa per farsi rimproverare…» Borbottò Yoshiki, che però non lo stava dicendo con malizia. Aveva notato quanto la ragazza fosse distratta dopo il loro ritorno da Desia, quella sua foga nell'eseguire qualcosa che sembrava avere perfettamente sotto controllo dimostrava una mancanza di lucidità che non avrebbe avuto in altre circostanze.
Tetsuya non disse niente, rimase a osservare la ragazza dai capelli rosa mentre respingeva l'attacco della compagna mandandola a terra come mostrato da Yamada. Era talmente assorto nei suoi pensieri che Yoshiki arrivò e lo chiamò a sé con fare annoiato.
«Ci sei?» Gli chiese, sorpreso di quella sua poca attenzione. «Forza, adesso tocca a te difenderti!»
Dopo aver capito come funzionava e aver messo in pratica gli insegnamenti di Yamada, Yoshiki era impaziente di provare a trovarsi dal lato opposto, quello dell'aggressore, un po' per vedere cosa si provasse a farsi mandare al tappeto in quel modo e un po' perché era curioso di vedere come avrebbe reagito Tetsuya. Non che a Tetsuya servisse conoscere le arti marziali per resistergli: lo superava sia in altezza che in massa muscolare, neanche lui si rendeva conto della propria forza.
Il ragazzo però non aveva l'aggressività necessaria per lanciarsi all'attacco, aveva paura di metterci troppa foga e fare del male all'amico, ed era stato un miracolo che non fosse inciampato nei suoi tentativi di attaccare Yoshiki; i suoi timori si tramutarono in realtà molto rapidamente quando l'altro gli si lanciò addosso.
Una breve rincorsa, uno sbuffo vistoso, le mani addosso, e Tetsuya si sbilanciò finendo a terra senza più distinguere il cielo dalla terra, il peso di Yoshiki su di lui e la testa che improvvisamente cominciava a girare come una  giostra, stranamente leggera. Ancora prima di dover mettere in atto la proiezione il suo corpo si era incantato, la presa di Yoshiki lo aveva travolto e le sue gambe erano diventate molli.
«Ehi, tutto bene?» Domandò Yoshiki rimanendo con il petto schiacciato al suo. Si sollevò un po' con le braccia per allontanarsi e lo guardò dritto negli occhi, sorpreso.
Tetsuya balbettò e per quanto avrebbe voluto distogliere lo sguardo dall'imbarazzo, si ritrovò ad agganciare gli occhi su quelli magnetici del suo amico. Il respiro si fece più veloce mentre le costole soffrivano dopo l'impatto al suolo e con il corpo di Yoshiki, gli arti improvvisamente privi di energie e la lingua annodata. Fu in quel preciso istante che Tetsuya si accorse che Yoshiki… Era bellissimo.
«Ehi!» Lo chiamò di nuovo e subito gli arrivò uno schiaffetto sulla guancia. Tetsuya sbatté le palpebre e riprese a respirare.
Yoshiki gli si tolse di dosso e si inginocchiò sull'erba accanto a lui, chiedendogli se gli avesse fatto male.
«N-no…» Mormorò confuso lui.
«Non è che hai battuto la testa?» Domandò ancora Yoshiki avvicinando il volto e controllando il terreno sotto di lui. Tetsuya scattò improvvisamente avvampando, quindi si bloccò chiedendosi cosa stesse facendo.
«Scusa…» Sussurrò portandosi una mano alle labbra e afferrandosi le guance. «Non mi sono fatto male, tranquillo.»
Anche se ancora un po' dubbioso, Yoshiki annuì e si rialzò, quindi offrì la mano all'amico. Tetsuya ebbe un momento per vederlo nella sua interezza, in controluce con il cielo del primo pomeriggio era difficile distinguerne i tratti del volto, ma fu una visione quasi mistica e mentre allungava la mano per farsi aiutare sentì una morsa dentro al petto.
«Devo essermi lanciato con troppo impeto.» Commentò Yoshiki lasciandogli la mano e tornando al proprio posto.
Tetsuya si guardò i polpastrelli leggermente arrossati, le dita gli tremavano e le gambe ancora non sembravano tenerlo in piedi perfettamente. Alzò lo sguardo verso l'amico che gli chiedeva se fosse pronto, e in quel momento pensò tra sé e sé che no, non credeva di esserlo.

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Capitolo 60
*** Confessioni ***


«E' stato divertente, no?»
«Odio queste cose!»
Rin e Suzuko parlarono contemporaneamente esprimendo due concetti completamente diversi. Si guardarono per un momento con gli occhi sbarrati, poi si misero a ridere.
Le ragazze si erano ritirate nella sala da pranzo, Suzuko sembrava di umore altalenante e aveva deciso di aprire un pacchetto di pistacchi; dover aprire i gusci era impegnativo, le facevano male le mani dopo l'allenamento con il maestro Yamada quel pomeriggio, però il dolore la aiutava a pensare ad altro mentre i pistacchi le riempivano lo stomaco brontolante.
Rin la osservava sgranocchiando qualcosa di tanto in tanto, il mento poggiato su una mano e lo sguardo perso a studiare il volto della sua amica; aveva quella sua caratteristica espressione arrabbiata, ma diversamente dal resto delle volte doveva essere davvero seccata. Sorrise.
«Perché non ti è piaciuto?» Domandò con voce stanca. Suzuko alzò lo sguardo per un momento e si leccò un indice dopo aver buttato il guscio di un pistacchio.
«Perché sono negata!» Borbottò mordicchiandosi il polpastrello e tirando fuori la lingua con esasperazione. «L'hai visto, praticamente avresti avuto più da fare se ti fossi allenata con una statua di marmo.»
«Non è vero!» Rispose l'altra sorridendo. Pensava che Suzuko fosse sempre stata troppo dura con sé stessa e non vedesse quanto fosse realmente poliedrica.
Quella sbuffò e prese un'altra manciata di pistacchi, rendendosi conto che il pacco stava per finire. Da quanto tempo mangiava in quel modo quando era nervosa?
«Comunque non mi piace fare ginnastica o cose simili.» Sbuffò abbassando lo sguardo. «Mi stanca troppo e poi mi riempio di sudore! E non mi piace stare avvinghiata alle altre persone.»
Suzuko sapeva che Rin non se la sarebbe presa per quell'ultima frase, la conosceva abbastanza da capire che non le piacesse essere toccata dagli altri; lei però pensava che quella sua caratteristica fosse un po' triste, ma evitò di commentare.
«Tu, stanca?» Disse invece assumendo un tono di scherno. Suzuko le lanciò un'occhiataccia mentre con la lingua cercava di disincastrare un pezzo di pistacchio rimastole tra i molari; nonostante quello sguardo, Rin non riuscì a prenderla sul serio mentre la sua guancia si muoveva su e giù. «Andiamo, ti conosco troppo bene per credere che basti qualche proiezione a farti scaricare le energie! Tu sei quella che ha pompato e fatto esplodere gas con il suo Stridiosauro per minuti interi senza collassare, non vorrai farmi credere di esserti rammollita?»
Era una provocazione, Suzuko lo sapeva eppure non riuscì a far finta di niente. Era solamente un po' scoraggiata, non voleva certo gettare la spugna.
«Si tratta di cose diverse.» Borbottò. «Ci sono cose in cui sono brava e cose in cui non lo sono e non lo sarò mai. Ci ho provato una volta, da bambina, ma fu chiaro a tutti che le arti marziali non fossero il mio forte, così ho lasciato perdere per dedicarmi a cose più importanti.»
Rin si sistemò un po' sulla sedia e avvicinò il volto a Suzuko. «Sembri parecchio fatalista.»
«Solo realista. E funzionale.» Rispose lei illuminandosi un po'. «Non ha senso perdere tempo dietro a nuovi impegni quando si ha già un sacco da fare.»
«Ma potrebbe piacerti, e con un po' di pratica anche tu potresti migliorare.»
«Ma non mi piace.» Suzuko rise della testardaggine della sua amica. Le sembrava assurdo che Rin potesse prendere tanto a cuore quella cosa. «E poi guardami: sono così piccola che anche con le conoscenze del maestro Yamada non sarei in grado di smuovere qualcuno della stazza di Tetsuya.»
Rin sghignazzò assieme a lei, ma onestamente non capiva perché Suzuko fosse così disfattista. La ragazza che aveva conosciuto in quella casa era una che faceva tutto alla perfezione, aveva tutto sotto controllo e non si abbatteva per un fallimento o due; era da un po' che aveva notato il suo umore altalenante e avrebbe voluto fare qualcosa al riguardo.
«D'accordo miss realista, allora che mi dici del resto?» Borbottò fingendo disinteresse. «Mi sembra che tu abbia mollato un po' la presa con Tetsuya.»
Lo sguardo di Suzuko si fece nuovamente serio, anzi sembrò quasi offesa e smise di raccogliere pistacchi, spingendo via la busta. «Lui ha bisogno del suo spazio, non serve che continui a pressarlo come ho fatto fin'ora.» Rispose alla fine. Ma a Rin non sembrava del tutto sincera.
«E di Kya?» Decise di non soffermarsi su quell'argomento, sapeva che c'erano molte cose che la sua amica stava cercando di fare contemporaneamente. «Sei rimasta a osservarla da vicino? Immagino che le cose siano diventate molto interessanti ora che il suo partner è cambiato…»
Suzuko si fece ancora più tetra. Era quasi come se ogni argomento di conversazione quel pomeriggio la facesse irritare ancora di più.
«Inizialmente pensavo che non avrebbe retto alla pressione.» Iniziò concentrando lo sguardo sul tavolo, le mani chiuse e poggiate ordinatamente sulla sua superficie. «Però sembra che quella ragazza sia capace di cadere sempre in piedi, qualunque cosa le succeda! Credevo che non sarebbe stata adatta come caposquadra e che avrebbe creato guai molto presto, ma la sua leadership è stata più che decente. Quando siamo andati a Desia ho pensato che avrei potuto finalmente farmi notare e risolvere le ostilità con l'altra squadra da sola, ma alla fine è riuscita a rubarmi la scena e si è anche sacrificata per difendere quella coppia. E' troppo forte! Anche ora che ha un partner con cui non si sente a proprio agio, riesce comunque a fare un lavoro eccezionale. Non posso competere se io sono ancora a questi livelli dopo mesi con lo stesso partner!»
Suzuko finì per scaricare tutta la frustrazione accumulata in quei giorni addosso alla sua amica. Si sentì in colpa immediatamente e fu sul punto di alzarsi e andare via con vergogna, ma Rin la sorprese posandole una mano sulla sua e sorridendole con serenità.
«Non mi sembra di ricordare che tu fossi così disfattista.» Mormorò. «Le cose non sono mai state facili, eppure tu le hai sempre affrontate di petto. Perché dovresti gettare la spugna ora?»
Suzuko non seppe cosa rispondere, troppo imbarazzata dal fatto di essersi spazientita e aver tirato fuori quella cascata di parole.
«E' vero, Kya è una persona straordinaria, una grandissima Parasite e una buona leader, ma ciò non esclude che lo possa essere anche tu!» Continuò l'amica stringendo le dita attorno alla sua mano. «Sei un po' più in difficoltà, ma hai sempre lavorato sodo per arrivare in cima con le tue sole forze. Non hai avuto la strada spianata, ma te la sei costruita con impegno e dedizione! Ed è perché sei arrivata così lontano che non riesco a credere che tu possa arrenderti così. Insomma… Sei una Sentakami, no?»
Suzuko la fissò stranita come a chiederle cosa intendesse. Fu alla sua seguente spiegazione che i suoi timori si realizzarono.
«Ho letto il tuo cognome in un libro, qualche tempo fa…» Ammise imbarazzata l'altra ritirando la mano. «Non mi immaginavo che potessi avere una discendenza così importante, ma onestamente non mi sorprende. Ora capisco perché tu sia così orgogliosa e voglia fare del tuo meglio, però è anche vero che tutto quello che sei viene da te e te soltanto! Prima di essere una Sentakami, tu sei Suzuko, la ragazza più forte e intelligente che io conosca e il merito è soltanto tuo!»
Lei arrossì. Non sapeva proprio come rispondere a complimenti del genere, il primo istinto fu quello di negare tutto e dire che avesse sbagliato persona, ma alla fine incassò il colpo e cercò di cambiare argomento.
«Ti ringrazio… Però per favore, non dire agli altri della mia famiglia…» Mormorò quasi spaventata. Rin non capì.
«Non voglio che credano… Sì insomma, non vorrei che cominciassero a circolare voci…» Suzuko si ritrovò quasi a lottare con degli spasmi incontrollabili mentre pronunciava quelle parole; sapeva che non era quello il motivo della sua richiesta, ma non era sicura di poterlo affrontare ora.
«Non capisco perché dovresti preoccupartene… Gli altri non sono pettegoli lo sai, e ci vogliamo tutti bene nella squadra.» Rispose Rin perplessa, ma continuando a guardare Suzuko vide il suo volto costernato che sembrava pregarla di mantenere il segreto. Non poteva dirle di no e non aveva motivo di portare quell'argomento agli altri, quindi strinse le spalle. «Ma sei vuoi che sia così, non ne farò parola con nessuno.»
Suzuko sorrise grata a Rin e tirò un sospiro di sollievo. La ragazza osservò quella sua reazione immediata e si chiese cosa ci fosse sotto, ma per il momento non voleva provocarle altro stress per la giornata.
«E comunque tutto quello che ho detto rimane vero, famiglia o meno.» Aggiunse con un sorriso furbo. «Io so quello di cui sei capace perché ti conosco, quindi non smettere mai di credere in te stessa, d'accordo?»
Ancora quelle parole calde, Suzuko avrebbe finito per arrossire. Era contenta di avere una amica come Rin su cui contare, anche se pensava che alcune cose non fossero semplici come le facesse sembrare; doveva comunque seguire i suoi consigli e non smettere di impegnarsi, perché aveva sempre un obiettivo in mente e non sarebbe arrivata da nessuna parte con quella mentalità!
«Quindi?» Borbottò alla fine Rin spostandosi un poco sulla sedia. «Hai ancora intenzione di rinunciare a Tetsuya?»
Suzuko sussultò. Non voleva proprio demordere! Pensava di aver superato quella conversazione, ma Rin tornava sempre al punto e continuava a porle domande che l'avrebbero messa in difficoltà. Però se voleva veramente credere in quello che le aveva detto, doveva almeno sforzarsi di affrontare l'argomento.
«La situazione è… Un tale casino!» Sbuffò abbattuta, facendo sorridere Rin per l'espressione utilizzata.
«Non può essere tanto tragica.»
«Ma lo è!» Reagì lei di istinto. «Ho combinato un casino e adesso è impossibile rimediare!»
Rin si imbronciò, cominciava a irritarsi del disfattismo della sua compagna e pensò seriamente di rimproverarla, ma poi decise di continuare a essere comprensiva e si caricò di pazienza.
«Niente è irreparabile per sempre! Perché non mi spieghi cosa è successo?»
Suzuko, che si era accasciata sul tavolo, alzò lentamente la testa e riportò alla mente quello che era successo il giorno della loro seconda battaglia: il giorno del bacio.
«Prometti che non riderai e non mi giudicherai per quello che ti dirò?» Domandò timidamente, alzando lo sguardo verso di lei. Rin annuì e si passò due dita sopra alle labbra per far segno che non avrebbe fatto alcun commento, quindi la incitò a parlare.
Suzuko non poteva credere che stesse per raccontare veramente quella storia. Era una cosa talmente infantile che non riusciva a credere di averla veramente fatto, ma nonostante il suo conflitto interiore, sospirò vistosamente come per darsi la carica e si decise a parlare:«Non è stata una febbre a impedirci di partire con la squadra, l'altra volta.»
Rin ci mise un attimo a capire a cosa si stesse riferendo, poi ricordò.
«Quella volta… E' stata una cosa così stupida!» Sospirò esasperata Suzuko, che avrebbe voluto sbattere la testa contro un muro piuttosto che dover ripercorrere gli eventi di quel giorno. «Si è trattato del risultato di una serie di pessime idee ed esperimenti fatti da me nel tentativo di aumentare la mia compatibilità con Tetsuya. Ho tirato talmente la corda che alla fine lui non ha potuto più sopportarmi…»
«Non mi sembra che ti odi così tanto…» Borbottò Rin guardandosi intorno. Suzuko sorrise amaramente.
«Forse dall'esterno, ma la verità è che mi detesta dopo quello che gli ho fatto.» Iniziò ad accarezzare un centrino del tavolo e a quel punto decise di smettere di tergiversare. «Il fatto è che l'ho baciato.»
Le due ragazze rimasero in silenzio a fissarsi: Suzuko era seria, Rin in un primo momento pensava che stesse scherzando ma i suoi occhi non mentivano. Fu tentata dal dire qualcosa, ma si ricordò che aveva promesso di non fiatare e Suzuko vide quanto fosse difficile per lei non reagire in alcun modo.
«L'ho baciato perché pensavo che questo avrebbe migliorato il nostro rendimento.» Continuò la biondina chiudendo le mani a pugno e posandole entrambe sul tavolo con decisione.
Rin ci pensò un attimo. «Come Aiko?» Domandò.
«Come Aiko.» Le rispose impassibile lei. Rin tacque. «Solo che mi sbagliavo, non è così che funzionano queste cose e tra tutte le cose che ho combinato a Tetsuya, quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ha detto che non voleva più pilotare con me, era serio! Solo che poi c'è stata quell'emergenza e il suo senso della giustizia ha prevalso sul disgusto nei miei confronti, e alla fine della battaglia ha deciso di continuare a sopportarmi. Dopo aver passato tutto questo, come pensi che possa continuare nel mio lavoro per "costruirmi" il partner perfetto?»
Suzuko non si aspettava nemmeno una risposta, sapeva che era una situazione irreparabile e anche Rin cominciava a pensarlo, ma cercò comunque una via d'uscita.
«Da quello che racconti, sembra che tu abbia capito i tuoi errori.» Sbuffò cambiando posto sulla sedia ancora una volta, irrequieta. «E' una situazione difficile, onestamente credo che a me sia andata di lusso perché il mio partner lo conosco già da quando sono nata… Ma per te e le altre può essere difficile capire cosa funzioni, e quando le cose non vanno è molto facile pensare che ci sia qualcosa di sbagliato dentro di te; non vuoi sbagliare e quindi pesi attentamente ogni parola, ma questo ti fa sentire come se vivessi in un campo minato. Ma anche lui si sente così.»
Suzuko sbuffò sarcastica, ma Rin la afferrò da un braccio e le disse che era vero.
«Tetsuya è assolutamente il tipo di ragazzo che si fa un sacco di problemi anche quando non ce ne sono, e in questo direi che vi somigliate.» Aggiunse un piccolo ghigno divertito, cosa che sembrò pungere la sua amica.
«Io i problemi li anticipo, li evito o li risolvo.» Rispose seccata quella, liberandosi dalla presa di Rin. Ma la ragazza ignorò quel suo tentativo di fare la voce grossa e rimase stranamente sicura di sé.
«Hai detto che ti detesta dopo quello che gli hai fatto, ma secondo me è solo che nessuno di voi due sapeva esattamente cosa stava facendo. Qual è stata la sua reazione, quando lo hai fatto? Cosa ti ha detto?»
Suzuko abbassò lo sguardo tristemente. «E' scappato. Ha detto che sono le persone che si amano a baciarsi, non che i baci fanno nascere l'amore…  E poi ha detto che lui non è il mio darling, il che è come dire che non mi ama e non mi amerà mai.»
«E tu vuoi che lui ti ami?» La incalzò Rin. Suzuko si rese conto di aver detto qualcosa di fraintendibile e ritornò sulle proprie parole per correggersi, ma l'amica la tranquillizzò e le posò una mano sulla spalla.
«Suzuko, sono le intenzioni dietro ai baci a far innamorare le persone: un bacio può essere l'inizio di una relazione, ma può anche essere la sua rovina. Hai tutto il diritto di voler baciare Tetsuya, ma non puoi farlo per un motivo del genere.»
«E allora che dovrei fare? Perché ormai il danno è fatto, ma se potessi rimediare o comunque evitare un secondo disastro lo farei senz'altro!» Sbottò Suzuko voltandosi di scatto, quasi in lacrime.
«Ci sono sentimenti precisi che portano a un bacio, devi lasciar parlare loro perché altrimenti sarà tutto finto.» Mormorò Rin avvicinandosi un po'.
«Come? Come faccio a riconoscerli?»
La mano di Rin si mosse decisa, ma dolcemente, posandosi sulla guancia di Suzuko e tirandola a sé. Fu talmente inaspettato che Suzuko rimase spiazzata, senza parole, poté solo restare a guardare mentre lei premeva le labbra contro le sue; erano calde, più morbide di qualunque cosa avesse mai sfiorato. Rin piegò la testa di lato e fece un po' più forza muovendo le labbra in quel piccolo spazio che si era creato tra loro due; ogni movimento della lingua, ogni morso di quel contatto soffiava vita dentro di lei mentre in basso, nel petto, qualcosa martellava sulla cassa toracica e le toglieva il respiro, dandole brividi più forti ogni secondo che passava.
Alla fine fu Suzuko a staccarsi. Pensava che se non lo avesse fatto, Rin non l'avrebbe più mollata. Erano entrambe senza fiato, questo fu chiaro da subito. Lo sguardo trasognato di Rin in contrasto con quello confuso, quasi stravolto di Suzuko e quel sapore che nessuna delle due sapeva bene come identificare se non accostandolo al sale dei pistacchi rimasto sulle labbra di Suzuko.
Un rivolo di saliva brillò in bilico tra le loro bocche; sembrava che Rin dovesse dire mille cose mentre sorrideva imbambolata, improvvisamente più adulta in viso di quanto si fosse mai mostrata, ma furono poche parole ad uscire dalle sue labbra.
«Li hai sentiti, quei sentimenti?» Le tremarono le labbra, la voce si interruppe quasi di colpo mentre la sua espressione mutava rapidamente. Poi Rin si ritirò e lasciò la stanza in tutta fretta evitando il suo sguardo.
Suzuko rimase seduta, confusa. Le faceva male il labbro inferiore, sentiva ancora il bacio di Rin sulla pelle e la sua mano sulla guancia; il cuore batteva all'impazzata, troppo perso per capire cosa stesse succedendo e quali fossero i sentimenti che lo stessero attraversando in quel momento. Si sentiva come quando aveva baciato Tetsuya, solo che questa volta le parti erano invertite: lì era stata lei a colpire, questa volta aveva ricevuto l'attacco senza poter reagire.
Alzò una mano lentamente e premette le dita sulle labbra ancora bollenti. Costernata, dopo che ebbe ripreso a respirare normalmente, formulò un singolo pensiero.
Allora è così che ci si sente.
 
*
 
Di ritorno dalla loro corsa pomeridiana, una volta salutata Momo che ormai non aveva alcun problema a tenere il passo con loro, Yoshiki e Tetsuya di solito passavano a darsi una rinfrescata nei bagni e a bere qualcosa di fresco; la primavera ancora non era arrivata quindi le temperature erano ancora basse all'esterno, però la differenza ormai si sentiva e specialmente Tetsuya, che si muoveva molto di più del suo amico, soffriva il caldo in quelle condizioni, anche se si rifiutava di lasciare dietro il pezzo superiore della sua nuova tuta per timore di pentirsene nel bel mezzo della corsa.
Scherzavano sulle lezioni di arti marziali che erano ormai diventate parte integrante della loro quotidianità lì a Mistilteinn: Yoshiki diceva che ne avrebbe potuto fare volentieri a meno, ma che comunque era qualcosa che spezzava la monotonia e lo divertiva; Tetsuya invece continuava a dire di essere negato nonostante gli incoraggiamenti del maestro.
«Sei troppo duro con te stesso, e poi stai imparando in fretta e bene!» Lo fulminò Yoshiki allontanando il bicchiere dalle labbra. Tirò un sospiro di sollievo dopo aver trangugiato l'acqua, esausto dalla corsa. Tetsuya finse di non averlo sentito e si girò verso una finestra, dove gli sembrò di vedere un colombo lanciarsi in volo dal davanzale.
«Oh, tu lo sapevi che Nana e Hachi hanno parlato ai nostri genitori? Li hanno incontrati uno ad uno!» Cambiò argomento, sicuro che Yoshiki non avrebbe apprezzato il suo tentativo di scappare da quella conversazione. Per sua sorpresa, però, il suo amico gli diede corda.
«No, non lo sapevo. I miei genitori non erano molto in vena di parlare, quando sono passato da casa.» Rispose poco interessato. Tetsuya sentì una punta di stizza nel suo tono.
«Oh…» Mormorò. «Problemi?»
Yoshiki sbuffò e scrollò le spalle. «La solita storia. Mio padre era in riunione con i suoi avvocati, spera ancora di riuscire a battere l'I.P.U… E dopo di quello si è chiuso nel suo studio a lavorare, ma non che avessi intenzione di passare la giornata con lui… Quello che veramente mi è dispiaciuto è stato vedere mia madre isolarsi in maniera simile; si sentiva poco bene e non ha voluto parlare molto. Mi è sembrato che non mi volessero proprio in quella casa.»
«Mi dispiace…» Tetsuya si incupì. Era brutto sentir parlare Yoshiki dei suoi problemi con i genitori, avrebbe potuto fare di più per farlo stare meglio. Ma lui sembrava non darci troppo peso.
«Non dispiacerti, sono cose che capitano. Probabilmente hanno litigato, si comportano sempre così quando succede: si tengono il muso a vicenda per qualche giorno e poi torna tutto come prima!» Yoshiki si rilassò un poco sulla sedia della sala da pranzo e pensò che forse quella sera non avrebbe avuto molta fame. «Tu piuttosto, come è andata con i tuoi?»
Tetsuya si ricordò improvvisamente dell'argomento che aveva iniziato quella conversazione e reagì con un attimo di ritardo. «Ah… I miei genitori mi hanno fatto un sacco di discorsi strani, mi hanno parlato di ragazze e come sia normale per me sentirmi in imbarazzo in particolari situazioni…»
Yoshiki si lasciò sfuggire una risatina sguaiata che Tetsuya comprese perfettamente.
«E' stato molto imbarazzante.» Disse confermando i sospetti dell'amico.
«Direi che Hachi e Nana hanno voluto parlargli di te e Suzuko.»
Lui annuì, seppur dispiaciuto all'idea. «Sarebbe stato difficile tenerglielo nascosto.» Mormorò.
Yoshiki sorrise un altro poco, ma poi rimase in silenzio ad osservare il suo amico, lo sguardo spento e rassegnato; sembrava che volesse dire altro, ma che avesse bisogno di aiuto per tirarlo fuori.
«E tu come stai?» Domandò sollevando una gamba e incrociandola con l'altra, le mani giunte sul ginocchio. Tetsuya si girò verso di lui confuso. «Sei ancora a disagio al pensiero che accada qualcosa del genere?»
«Non credo che reagirei di nuovo in quel modo, questo è certo.» L'altro rispose immediatamente, ma poi sembrò ritrattare. «Ma allo stesso tempo non so bene come potrei reagire, la mia mente smetterebbe di funzionare… Comunque dubito che correrò di nuovo il rischio.»
«Non pensi che Suzuko vorrebbe baciarti ancora?» Domandò Yoshiki con un sorriso divertito. Lui rispose con uno sguardo estremamente serio, ma non aveva capito che anche Yoshiki lo era.
«Non voleva baciarmi. Quello che voleva era ottenere ciò che Mori e Matsumoto hanno ottenuto con un bacio!»
«E non credi che dopo tutto questo potrebbe avere cambiato punto di vista, e magari deciso che gli piaci veramente?» Quella domanda arrivò rapida, spiazzandolo per un istante.
Tetsuya si imbronciò. «Dubito che avrà mai simili pensieri, dopo il modo in cui ho reagito…» Sospirò sentendosi in colpa per il modo in cui era scappato e per le cose che aveva detto quel giorno. Yoshiki annuì pensieroso.
«Già. Povera ragazza, come minimo l'avrai traumatizzata a vita e adesso non proverà mai più a baciare nessuno!» Scherzava, ma quelle parole furono macigni per il suo amico, che non se la sentì di ribattere. Yoshiki se ne accorse e cercò di alleggerire l'atmosfera prendendolo per una spalla e scuotendolo un po'.
«Sto scherzando! Suzuko è una forte, vedrai che avrà smesso di pensarci già da tempo.» Disse riuscendo ad ottenere una reazione più vistosa da Tetsuya, che si liberò in fretta dalla sua presa e distolse lo sguardo con nervosismo. Lui non ci fece caso, pensando che Tetsuya fosse ancora turbato riguardo alla sua partner e decise di farlo ragionare.
«Senti, non credo che tu abbia veramente da preoccuparti per lei: è una ragazza intelligente e non commette lo stesso errore una seconda volta. E soprattutto, tiene veramente a te anche se non riesce a mostrarlo nel modo migliore; non è terribile come credi!» Gli tornò in mente la sera che le parlò alla festa dell'I.P.U. e di come tutto sommato Suzuko avesse mostrato di voler fare del suo meglio per capire Tetsuya; in realtà si sentiva anche in parte responsabile per ciò che era successo quella volta, per questo stava cercando di aiutare Tetsuya ad essere meno lapidario su di lei.
«Ti credo.» Disse Tetsuya con il volto di chi non gli credeva veramente. «Ma è sempre stata così… Difficile da avvicinare, così rigida… E non credo di riuscire a vedere i suoi tentativi per quello che sono…» Si girò verso la finestra e rimase a guardare fuori, il colombo di prima era atterrato nella radura fuori dalla casa e beccava pacifico il terreno. «Da un po' di tempo ormai la sento distante, come se non ci provasse più ad essere mia amica, ma solo la mia partner; all'inizio facevamo di tutto assieme, era sempre entusiasta di vedermi, mentre ora passa tutto il tempo in camera sua, studia tutto il tempo e quando pilotiamo sento quasi come se neanche ci fosse…»
Yoshiki disse che gli dispiaceva. Pensava che fosse una situazione veramente complicata, ma l'unica che poteva veramente risolvere tutto era proprio Suzuko, una volta capito cosa la turbasse; perché era chiaro che ci fosse qualcosa che la tormentava e le rendeva la vita a Mistilteinn un peso molto più grande di quanto ci si potesse aspettare.
Sciacquati e messi ad asciugare i loro bicchieri, i due ragazzi uscirono dalla sala da pranzo con l'intenzione di andare a lavarsi e si ritrovarono di fronte la figura mesta di Nakamura, che si aggirava per la casa guardando per terra come se avesse perso qualcosa. Li salutò distrattamente con lo sguardo di un cucciolo sgridato, prima di sparire quasi di corsa, come se si vergognasse di farsi vedere da loro.
«Che cosa aveva?» Domandò Yoshiki atono. Forse sarebbe stato più facile chiedersi che cosa non avesse, di quei tempi. Tetsuya scosse la testa perso: già la loro caposquadra aveva un umore pessimo da quando erano tornati da Desia, vederla in quello stato ancora più deplorevole non faceva bene al morale…
«A proposito di gente difficile da capire…» Borbottò Yoshiki, pensando che in fondo lei e la Sentakami non fossero tanto diverse. L'unica differenza che avevano era che quando Kya combinava dei disastri, ne risentivano tutti quanti, ma non se la sentiva di darle la colpa dell'instabilità interna alla squadra degli ultimi tempi.
Vederla tanto sconsolata però non significava niente di buono.
«Bé, andiamo a fare una doccia! Devo proprio levarmi tutto questo sudore di dosso…» Disse alla fine Yoshiki indicando la porta dei bagni al piano terra. Tetsuya stava per annuire distrattamente, ma sembrò ricordarsi di qualcosa all'ultimo istante e passò subito sulla difensiva.
«Vai prima tu, io… Ho una cosa da fare, ti raggiungerò dopo!» Disse nervoso, affrettando il passo verso la direzione opposta.
Yoshiki lo squadrò inarcando un sopracciglio. Cosa aveva da fare ancora? Normalmente andavano subito a fare una doccia e poi passavano a occuparsi di qualunque cosa dovessero fare per il resto del pomeriggio; vedere Tetsuya così trafelato alla ricerca di una scusa inaspettata era una novità alquanto sospetta.
Ma Yoshiki non volle essere invadente e lo lasciò andare. Temeva che essere troppo apprensivo lo avrebbe spaventato, così lasciò perdere e si diresse al bagno senza più pensarci. Tetsuya fu sollevato al pensiero di non dover dare spiegazioni su quell'improvviso cambio di piani, ma quando fu sul portico della casa si rese conto di non sapere cosa fare.
Aveva il cuore che ancora gli batteva all'impazzata dopo che Yoshiki lo aveva afferrato; ora sembrava starsi calmando un poco, dopo che il suo amico era uscito dalla stanza, ma non poteva continuare a vivere così… Cosa gli stava succedendo?

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Capitolo 61
*** Perdono ***


Il corso principale di Anemone non era mai stato così carico di nostalgia per i ragazzi. Finalmente potevano passeggiare senza dover indossare i loro giubbotti più pesanti; per quanto le temperature non fossero ancora del tutto scese, dopo essere stati nella gelida Desia il freddo dei primi di marzo della loro città non faceva più paura. Alcuni però avevano preferito restare a casa e fare altro, come Rin, che si era detta malata, e Suzuko che voleva concentrarsi sugli studi che avevano ignorato per troppo tempo; aveva borbottato qualcosa riguardo al fatto che anche Tetsuya avrebbe fatto bene a ripetere un po', ma stranamente non aveva insistito più di tanto e il ragazzo era riuscito a uscire senza sensi di colpa. Da diverso tempo la ragazza gli era sembrata distante e anche un po' demotivata, ma Tetsuya non riusciva proprio a pensarci; sperava di sbagliarsi e finiva per attribuire quella sensazione alla stanchezza e lo stress degli ultimi tempi.
Anche Sato aveva detto di non avere voglia di uscire, ma tutti sapevano che preferiva evitare di passare del tempo assieme alla sua ex partner, mentre lei avrebbe preso qualunque occasione per distrarsi un po'. Yoshiki era rimasto a Mistilteinn dicendo di dover aiutare Fukuda con qualcosa, e così Tetsuya era rimasto quasi da solo nel gruppo che era andato in città quel pomeriggio: non poteva contare Mori e Matsumoto, che alla prima occasione avrebbero cercato un modo per rimanere da soli, e non era particolarmente in confidenza con Aki Okagawa perciò avrebbe finito per restare in compagnia di Hoshi e la sua partner, più Nakamura, ma a dirla tutta sperava di trovare un'apertura per restare un po' da solo a sua volta.
Non era facile da spiegare e qualunque risposta l'avrebbe fatto sembrare ancora più strano; voleva semplicemente un po' di solitudine per schiarirsi le idee, quindi quando cercò di separarsi non fu in grado di fornire una scusa convincente e si attirò un sacco di sguardi straniti.
«Resta con noi, vedi che ci divertiamo!» Lo invitò Kya girandogli un braccio attorno alle spalle con gran trasporto, ma anche a quel punto Tetsuya fu irremovibile.
«E' solo che… Devo fare una cosa e non posso proprio rimandare.» Disse a denti stretti, sapendo che sarebbe stato difficile convincere proprio la caposquadra. Ma con sua grande sorpresa la ragazza sembrò ricordarsi di qualcosa e a quel punto mollò del tutto la presa.
«Oh.» Disse diventando impassibile. «Allora ci vediamo dopo… Divertiti, mi raccomando!»
I suoi compagni non vollero insistere; era raro vedere Tetsuya impuntarsi su qualcosa così. Era un tipo introverso, certo, ma non a tal punto da isolarsi. Gli venne da chiedersi se avrebbe fatto la stessa cosa se nel gruppo ci fossero stati anche Yoshiki o Suzuko, ma nessuno lo pressò ulteriormente.
Dopo essersi allontanato cercando di non sembrare troppo losco, Tetsuya si infilò in una strada secondaria per non rischiare di incrociare nuovamente i compagni e iniziò a girovagare per le viuzze che si intersecavano per la città senza fare troppo caso a dove andava. Aveva un'aria triste, quasi affranta e un po' era così: Tetsuya non sapeva più cosa gli stesse succedendo.
Era iniziato tutto con il bacio di Suzuko, da quel momento aveva sviluppato una sorta di repulsione per la sua partner; gli era stato difficile, ma alla fine era riuscito a superarla e tornare a trattarla come sempre, nonostante adesso fosse lei a trattenersi. Contemporaneamente, Tetsuya si era reso conto di essere troppo dipendente dai suoi amici, in particolare Yoshiki: quando aveva avuto la sua crisi di panico non ci aveva fatto caso, ma la sua fuga nella camera da letto non era stata dettata dal fatto che quello fosse un posto sicuro, ma perché sapeva che lì avrebbe trovato i suoi amici. Senza di loro non sarebbe riuscito a muovere un dito anche dopo ore e così si erano occupati di tutto senza alcuno stress addizionale per lui.
Ma questo non andava bene! Tetsuya voleva essere indipendente, non pesare sui suoi amici. E adesso, in particolare, ogni volta che passava del tempo con Yoshiki si sentiva strano e a disagio, come se non dovesse essere là…
E poi alla fine erano arrivati i suoi genitori a cercare di "metterlo in riga" o almeno era quello che gli era sembrato; perché se da un lato loro pensavano di stargli porgendo le proprie scuse per averlo pressato troppo con quelle assurde storie, dall'altro pensava che quello fosse un tentativo per non farlo arrendere del tutto sul trovare una fidanzata. Tetsuya voleva convincersi di starsi inventando tutto, ma più ci pensava e più credeva a quelle stesse folli idee, ma perché?
Quasi si spaventò quando un edificio tutto bianco e dall'aspetto decisamente non regolare gli comparve di fronte in fondo all'ennesima stradina che aveva imboccato. Quasi non lo riconobbe, ma alla fine si rese conto di avere camminato, senza pensarci, fino al luogo misterioso dell'altra volta.
Pareti immacolate e una facciata priva di dettagli se non per quello strano simbolo che a Tetsuya ricordava vagamente qualcosa. Vicino alla minuscola porta d'ingresso che rovinava la simmetria perfetta dell'edificio, era sempre affissa la targa: "A coloro che cercano il perdono, avanti."
Come se qualcuno avesse aperto un cancello che teneva fuori un fiume di gente in protesta, Tetsuya avvertì la sua curiosità tornare a galla con prepotenza e non seppe che fare. Non pensava che sarebbe veramente tornato lì, ma qualcosa dentro di lui doveva averlo fatto muovere in quella direzione e un po' era grato che fosse stato così; aveva tenuto dentro di sé quegli interrogativi per settimane intere, ma non aveva mai pensato a cosa avrebbe detto o fatto nel caso remoto in cui fosse tornato in quel posto. E che razza di luogo era poi? Perché sembrava tutto così alieno nel bel mezzo della città più antica della loro società?
Rimase fermo ad osservare la targa sulla porta e strinse un pugno con l'intenzione di bussare, ma non fece nulla. Ogni volta che credeva di aver trovato il coraggio per farlo, la sua mano si abbassava di nuovo. Fu uno sconosciuto a interrompere quel ciclo inconcludente, aprendo la porta dall'altro lato senza accorgersi di lui.
«Oh, scusa…!» Mormorò l'uomo, che un attimo prima stava sorridendo e conversando animatamente con un altro sconosciuto in sua compagnia. «Ti sei fatto male?»
Tetsuya scosse la testa. Aveva a malapena sfiorato la porta, e in fondo se l'era cercata… Evitò lo sguardo dell'uomo e fu sul punto di voltarsi e scappare chiedendo scusa per il fastidio, ma poi quello sembrò riconoscerlo.
«Ma tu sei…» L'uomo sembrò fare uno sforzo per ricordare, ma poi tornò a parlare con un tono sicuro. «Tetsuya! Il ragazzo che è si è presentato qui qualche settimana fa.»
Lui alzò lo sguardo incredulo e anche leggermente spaventato, ma adesso lo riconosceva: l'uomo era lo stesso che aveva incrociato in quello stesso posto l'ultima volta, in una dinamica quasi identica a quella di adesso. «Come fa a sapere il mio nome?»
Quello sorrise. «E' facile, quando hai amici così rumorosi.»
Ricordò immediatamente di come Yoshiki aveva urlato il suo nome dalla strada quel giorno e arrossì vistosamente. Si sarebbe scusato, ma non era sicuro di riuscirci; avrebbe dovuto, prima di tutto, spiegare perché fosse lì. Ma l'altro lo precedette ponendogli una domanda decisamente criptica.
«Allora, hai capito come mai sei finito qui?»
Chiedergli perché fosse lì avrebbe avuto senso, ma il modo in cui fece quella domanda lo lasciò spiazzato. Poi Tetsuya si ricordò delle parole dell'uomo la prima volta che lo aveva visto.
«Io… Non ne sono sicuro…» Mormorò fissando la grande facciata del palazzo. «Che tipo di perdono intende il cartello?»
Lo sconosciuto si voltò a guardare la targa affissa alla parete e sorrise. «Abbiamo tutti qualcosa per cui farci perdonare.» Disse. «Viviamo in un mondo che si è allontanato dalle sue radici, abbiamo dimenticato qual è il nostro scopo nella vita, e dimenticandolo abbiamo fatto sì che la memoria si perdesse anche con i nostri discendenti.
«Bé, tecnicamente siamo noi quei discendenti. Alcuni vivono nell'ignoranza e credono che l'appagamento materiale sia ciò che dobbiamo inseguire, altri si accontentano delle emozioni, altri vivono legati a persone che a loro volta sono legate ad altre persone, creando una rete inestricabile di legami che li supporta e li fa andare avanti.»
A Tetsuya venne in mente la sua famiglia, come i suoi genitori avessero sempre tenuto stretti contatti con i parenti e quindi l'intera rete familiare procedesse come un unico blocco; avevano anche invitato zii, cugini e nonni a casa per assistere alla sua prima battaglia tutti insieme, era sempre stata una tradizione quella di vivere uniti esperienze importanti.
«Queste persone credono così di ottenere la felicità, e in parte hanno ragione; una imitazione della felicità, anzi della realizzazione terrena di un individuo si può ottenere attraverso questi canali, ma che ne è dello spirito?» Continuò l'uomo, che aveva assunto i toni di una vera e propria predica. Tetsuya continuava ad ascoltare rapito. «Il nostro spirito un giorno lascerà il nostro corpo, e questo cosa comporterà? Saremo soli, le nostre reti non ci seguiranno e vagheremo per sempre chiedendoci cosa ne sarà di noi e dove abbiamo sbagliato. Che razza di ricompensa per qualcuno che ha sempre vissuto nel giusto, no?»
Il ragazzo si ritrovò ad annuire pensosamente. Non era sicuro di aver compreso l'ultimo passaggio, ma sembrava un discorso che funzionava tutto sommato.
«La risposta è: perché abbiamo trascurato una parte importante del nostro essere, lo spirito appunto, l'unica che conta veramente.» Continuò quello allargando le braccia. «Lo spirito dipende esclusivamente da noi, non possiamo contare su nessuno per farlo crescere; non importa quanto forti siano le emozioni che ci legano a una persona, la perderemo se non saremo in grado di guardare in faccia la realtà.
«E la realtà è che noi – noi tutti – siamo nati col peccato. Abbiamo dimenticato le nostre radici e finché non avremo accettato questa cosa ed espiato le nostre colpe, non potremo unirci agli altri spiriti.»
Tetsuya era confuso, persino l'uomo che era con lo sconosciuto sembrava faticare a seguire quel discorso ma nonostante tutto lo fissava pieno di meraviglia negli occhi. Sembrava una cosa troppo astratta – e anche un po' fuori di testa, ad essere sincero – ma cercò comunque di comprendere:«Quali colpe?»
L'uomo lo guardò e sorrise come se fosse contento che gli avesse fatto quella domanda. «Le colpe dei nostri antenati, la guerra che si scatenò a causa loro e la distruzione di una civiltà.» Spiegò come un professore che mandava avanti la sua lezione. «Possiamo fare ben poco adesso al riguardo, ma arriverà il giorno in cui potremo finalmente lasciare questi corpi e restare insieme in quella vera rete infinita di coscienze, questa volta per sempre.»
Tetsuya abbassò lo sguardo confuso. «Possiamo fare ben poco? Ma allora come si fa a…»
L'uomo sorrise benevolo, contento della curiosità del giovane. «Ognuno ha qualcosa per cui farsi perdonare. Puoi cominciare con qualcosa di piccolo, un litigio, una parola di troppo detta a qualcuno a cui vuoi bene… La tua devozione non passerà inosservata, a patto che tu non perda la bussola.»
Poi l'uomo avanzò e gli mise una mano sulla spalla, sorridendo affabile.
«Ora devo andare, ma torna quando vuoi. Se dovessi avere ancora domande farò di tutto per risponderti, e se dovessi volere qualche consiglio… Bé, non so se potrò sempre aiutare, ma farò il possibile. Sappi che questo posto accoglierà sempre chi ha bisogno.» E con un cenno indicò l'edificio alle sue spalle, prima di allontanarsi con passo rilassato e sparire dietro un angolo.
Tetsuya rimase in silenzio, osservava la strada dove l'uomo si era diretto. Era confuso; credeva di aver capito a grandi linee il discorso dello sconosciuto, ma non riusciva a dargli un senso pratico. Sembrava che il suo racconto si riferisse a quello che successe alla civiltà umana con l'avvento dell'energia magmatica e la guerra con gli Stridiosauri che ne conseguì, ma non fu colpa dei VIRM in fondo?
Non era sicuro di voler tornare. Quel luogo gli faceva uno strano effetto, eppure… Il messaggio che trasmetteva era rassicurante. Un luogo dove potersi sentire accolto senza giudizi di alcun tipo, un posto dove sentirsi a casa anche quando non ci riusciva proprio. E con tutti i pensieri che gli ronzavano per la testa in quel periodo, chissà quanto ne avrebbe avuto bisogno…
Ma la domanda era: che cosa aveva di cui farsi perdonare?

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Capitolo 62
*** Bambini ***


Naomi guardava la tavola imbandita di fronte a sé con occhi sgranati. Tutto quel cibo avrebbe sfamato un intero esercito e lei sarebbe stata sazia molto prima di arrivare alla seconda portata! Poteva capire che i figli di Kokoro avessero bisogno di una alimentazione varia e abbondante, ma sperava che non si aspettassero che anche lei mangiasse quanto loro; insomma era abituata a pranzare in laboratorio con un tramezzino mezzo congelato, lo stomaco le si chiudeva alla sola vista di tutte quelle pietanze!
La giovane Ai si sedette di fronte a lei e le sorrise; ogni volta che Naomi la vedeva, le sembrava una persona diversa, cresceva così in fretta… La sorellina Ruri e il fratellino più grande Ren andarono invece a sedersi proprio ai suoi fianchi, facendola sentire come intrappolata tra due fuochi. Erano solo bambini, eppure sapevano essere così travolgenti e incontrollabili, e lei non era mai stata brava ad averci a che fare se non quando doveva farli nascere…
Quando arrivò Mitsuru con in braccio il piccolo Kenko, la scienziata si sentì un po' più tranquilla e cercò di pensare ad altro mentre lui le versava da bere.
«Sei sicuro che a Kokoro non serva aiuto in cucina?»
Mitsuru sorrideva, era luminoso quando era circondato dai suoi bambini. «Abbiamo già pensato a tutto, non potremmo mica far scomodare la nostra ospite!»
Naomi sospirò come se avesse perso un'occasione per scappare da quel tavolo, ma in fondo forse era meglio così: non che lei avesse chissà quale esperienza a cucinare, di solito i fornelli che usava lei erano molto diversi e i suoi ingredienti molto più pericolosi.
«A che cosa stai lavorando ultimamente, zia Naomi?» Domandò dal nulla Ai, che appoggiò i gomiti sul tavolo e si tese un po' in avanti come qualcuno che era molto interessato alla discussione. Lei fu colta alla sprovvista dalla domanda.
«Ah, è un periodo piuttosto fiacco. Il mio gruppo di ricerca sta lavorando a un modo per rendere più efficienti le nostre centrali geotermiche, ma stiamo già pensando a un modo per passare al nucleare in piena sicurezza, nel futuro.»
Ai era molto curiosa, annuì interessata a quelle parole. «Non c'è il rischio di risvegliare gli Stridiosauri con l'energia della terra?»
Era una sorpresa che proprio lei sollevasse quel dubbio, ma era un dubbio lecito: Naomi e i suoi collaboratori si erano preoccupati a lungo di quell'evenienza ed erano arrivati alla conclusione che sfruttare il calore generato dalle profondità della terra non sarebbe stato come trarre direttamente linfa da essa. «Gli Stridiosauri ci hanno lasciato questo mondo e noi abbiamo intenzione di continuare a rispettarlo.» Aggiunse per lasciare intendere che tornando a estrarre l'energia magmatica come in passato, tutto quello che vedevano sarebbe morto in pochi anni.
«Probabilmente gli Stridiosauri non hanno alcuna intenzione di tornare in superficie, vogliono solo riposare in pace.» Intervenne Mitsuru accarezzando la testa del piccolo Kenko. «Resteranno nelle profondità della terra a meno che non vengano provocati, ma possiamo stare certi che quello non succederà finché a capo della comunità scientifica ci saranno persone come Naomi!»
La donna quasi arrossì al complimento del suo vecchio amico. Era vero che fosse conosciuta per la sua etica e il grande rispetto della natura che studiava, ma pensava che la gente le appropriasse molti più meriti di quanto le toccasse realmente.
«Zia Naomi, è vero che stai lavorando a un sistema per andare nello spazio?» Esclamò Ruri quasi lanciandosi addosso a lei. Naomi fu sorpresa da quella domanda, tuttavia anch'essa legittima per una bambina della sua età. A darle man forte arrivò il fratellone Ren, che si gettò addosso a Naomi in maniera speculare a lei.
«Giusto! Ci sono andati tutti i Parasite del passato, ma papà e mamma non l'hanno mai potuto vedere!»
Naomi guardò Mitsuru, che le rivolse un sorriso imbarazzato; sicuramente doveva avergli raccontato qualche storia del passato e adesso non riuscivano a smettere di pensarci, ma era vero che avesse attivo un progetto per l'esplorazione dello spazio, per quanto ancora nelle sue fasi preliminari. Mitsuru sapeva anche quello.
«Bé, è un progetto ancora da definire. Abbiamo una squadra che se ne sta occupando…» Borbottò cercando di ricomporsi in mezzo ai due bambini. «Tuttavia c'è ancora molto lavoro da fare e ci vorrà parecchio tempo prima che il nostro popolo possa tornare a solcare i cieli.»
L'arrivo di Kokoro con una grossa teglia fumante tra le mani interruppe il flusso di domande che i ragazzini stavano rivolgendo all'ospite e Naomi fu felice di vederla; non pensava che ricevere domande così interessate potesse essere tanto estenuante. Apprezzava sempre la curiosità e l'interesse per la scienza e la natura, ma sapeva quanto i bambini di quell'età potessero non esaurire mai le domande.
In presenza dei due genitori e durante il pasto, i piccoli non furono molto esuberanti e Naomi poté semplicemente godersi la compagnia senza doversi scomporre troppo, ma quando il pranzo si avviò verso le sue fasi conclusive l'allegria dei ragazzini tornò a farsi sentire. Ruri e Ren iniziarono a giocare tra loro e finirono per includere anche Naomi, che non fu in grado di trovare una scusa per sottrarsi a quelle interazioni e così dovette passare parte del primo pomeriggio a rincorrere i due fratellini. Con suo grande piacere, Ai arrivò in suo aiuto a placare i più piccoli e dopo un po' riuscirono a farli crollare esausti.
«Questa è l'ora del riposino.» Spiegò la ragazza dopo che Ruri le si fu addormentata in grembo. Lei e Naomi erano sedute in giardino, l'erba accarezzava le loro gambe con gentilezza mentre il sole riempiva i loro occhi e baciava la loro pelle. «Ruri e Ren sono sempre stati molto energici, ma arrivata una certa ora crollano!»
«Anche tu lo eri.» Sorrise l'adulta cercando di nascondere il fatto che fosse completamente esausta; non era mai stata il tipo da attività fisica. Naomi ricordava ancora con piacere i giorni in cui la figlia di Mitsuru e Kokoro era responsabilità dell'intera comunità; erano tempi più semplici, difficili senz'altro, ma bellissimi in ogni caso.
«Vi ho causato un sacco di problemi, eh?» La ragazza rise. Naomi abbozzò un sorriso in risposta, ma non rispose affermativamente.
«Diciamo che la maggior parte dei problemi ce li siamo creati da soli.» Spiegò alzando la mano e allungando il braccio davanti a sé come a prendere le misure di qualcosa distante. «Non sapevamo nulla; credevamo veramente che la vita fosse solo uccidere gli Stridiosauri e restare chiusi dentro a cupole di ferro.»
Si sdraiò facendo attenzione che Ren poggiato al suo fianco non avesse fastidio e mantenne il braccio teso verso il cielo. «Quanto eravamo stolti nel credere a simili bugie… Se avessimo saputo cosa c'era veramente oltre ai nostri minuscoli paradisi personali, forse ci saremmo svegliati molto prima.»
«Non potete farvene una colpa.» Mormorò Ai poggiando un gomito a terra. «Era il vostro mondo, credevate a quello che vi veniva detto perché non avevate motivo di dubitarne.»
«Già.» La donna abbassò il braccio poggiando il polso sopra alla fronte. «E' per questo che ci chiamavano "Bambini." Piccoli esseri indifesi che si affidano alle cure di qualcuno più grande di loro, privi di colpe perché privi di buon senso…»
Ai accarezzò i capelli della sorella e senza volerlo il suo sguardo finì per posarsi sul braccio mancante di Naomi. Si girò rapidamente prima che questa potesse accorgersene, non volendo sembrare indelicata.
«Ho passato parte della mia vita chiusa dentro a una capsula, pensando di non valere abbastanza per quel mondo che mi aveva rigettata.» A Naomi sfuggì una risata dopo che ebbe ripreso a parlare. «E' per questo che sono tanto inetta con i bambini veri: con simili modelli, mi sorprende che dalla nostra generazione siano usciti genitori esemplari come i tuoi!»
«Qualcuno sta parlando male di noi?» La voce di Mitsuru le sorprese mentre Ai si concedeva una risata spensierata. L'uomo le raggiunse e con lui c'era Kokoro che sorrideva beatamente, anche se un po' pallida.
«Al contrario!» Rispose. «Stavo applaudendo il vostro operato come genitori. Io non potrei riuscirci!»
Mitsuru rise e fu sul punto di sedersi, poi però ci ripensò e mandò un'occhiata alla moglie come per dirle qualcosa. Bastò uno sguardo e i due sembrarono sostenere una conversazione intera, quindi lui sollevò Ren da terra, poggiato al fianco della zia, e lo passò a lei.
«Vieni, Ai.» Disse Kokoro. «Portiamo le bestie a letto.»
Ai sorrise e dopo aver assicurato al proprio busto la sorellina, si rialzò seguendola, lasciando il padre da solo con la sua vecchia amica. A questo punto Mitsuru fu libero di sedersi a terra al suo fianco e rimasero in silenzio per un po'.
Dopo un po' Naomi riprese la parola, lo sguardo lontano. «Dicevo sul serio. Non lasciarmi mai da sola con uno dei tuoi figli, ti prego!»
Mitsuru scoppiò a ridere. L'ironia di Naomi era particolarmente divertente perché molto poco credibile, e nonostante tutto risultava così veritiera quando diceva quelle cose.
«Si tratta solo di esperienza.» Disse. «Se avessi avuto figli, saresti molto più brava di me.»
«Non credo proprio.» Rispose lei scuotendo la testa, serena. «Sono sempre stata immersa nel mio lavoro, pur avendo un bambino a cui badare avrei rischiato solo di ignorarlo per le mie ricerche.»
«Bé, è per questo che questo lavoro si fa in due.» In un primo momento Mitsuru pensò che quel commento l'avrebbe fatta sorridere, ma quando vide l'espressione di Naomi capì di essere stato proprio fuori luogo.
Si girò massaggiandosi le tempie. «Scusami…»
«No, è tutto a posto.» Disse lei. «I miei sentimenti sono in subbuglio, ma la mia mente è in perfetto ordine. Sono d'accordo con te.»
Il sorriso che gli mandò, per quanto sincero, lasciava sfuggire una profonda tristezza che Naomi si portava dietro dalla morte di Ikuno. Era come se tutto il nervosismo e il dolore accumulati negli anni della malattia di Ikuno fossero stati liberati dopo quel giorno e non ci fosse più alcun modo per rinchiuderli nuovamente.
«In ogni caso…» Riprese voltandosi e godendosi il venticello che investì il suo volto proprio in quel momento. «Non esiste ancora un metodo per le lesbiche di avere figli, quindi non mi potrei porre il problema neanche volendo!» Disse con tono sarcastico voltandosi verso il suo amico.
Mitsuru sorrise. «Magari sarai proprio tu a scoprirlo.»
Naomi sbuffò come se quell'idea fosse più una seccatura per lei. «Viaggi nello spazio, energia nucleare… E adesso anche far nascere i bambini tra due donne. Con questa idea, fino al giorno della mia morte non ci sarà più nulla da inventare!»
Risero ancora. Era bello come fossero riusciti entrambi a rilassarsi nonostante il periodo drammatico appena trascorso; specialmente Naomi, che con le altre persone si trovava spesso a disagio, sembrava più tranquilla di quanto Mitsuru l'avesse mai vista.
Ci fu silenzio per un momento, poi la donna allungò la mano verso la spalla dell'uomo e gli diede una piccola spinta affettuosa.
«Grazie per avermi invitato.» Mormorò. «Mi ha fatto bene.»
Mitsuru le mandò un sorriso, lieto di essere stato di aiuto.
«Ringrazia Kokoro. In fondo l'idea è stata su…»
«MAMMA!»
L'urlo arrivò dall'ingresso della casa: Ai stava cercando di reggere Kokoro con tutte le proprie forze mentre questa si accasciava a terra, confusa e spaventata quanto la figlia. Mitsuru e Naomi si alzarono all'istante e scattarono per soccorrerla; lui urlò prima di arrivare e sostenere la moglie, che inesorabilmente si adagiava al suolo senza più forze.
«Tesoro!» Chiamò lui mentre la figlia lì accanto gli chiedeva che cosa le succedesse.
«P-papà…» Esalò Kokoro, chiamandolo in quel modo affettuoso che avevano stabilito dopo la nascita di Ai. Aveva gli occhi pieni di terrore, come se non capisse cosa le stesse succedendo. «Non sento… Non mi sento più…»
Naomi arrivò con un attimo di ritardo, maledicendosi per non essere mai stata tanto atletica. Quando fu da loro disse a Mitsuru di aprire la camicetta a Kokoro e intanto le prese i polsi per misurarle i battiti.
«Ai, solleva le gambe a tua madre!» Ordinò mentre intanto si sporgeva per aprire le palpebre a Kokoro e controllarle le pupille.
Non capiva. Non sembrava esserci niente di particolarmente anormale, eppure Kokoro non rispondeva, era come se si fosse "spenta" e nel mentre il suo corpo tremava incontrollabilmente. Provò a cercare i segnali di un ictus, ma non notò niente di allarmante. I battiti cardiaci erano sopra la norma, ma era impossibile capire se fossero dovuti allo spavento oppure a qualcos'altro; se avesse avuto uno stetoscopio o una macchina per misurare la pressione avrebbe potuto capirci qualcosa di più, ma al momento l'unica cosa che poteva fare era prestare soccorso immediato e chiamare l'ospedale e fu quello che disse a Mitsuru quando provò a chiederle cosa stesse succedendo.
In pochi minuti arrivò un mezzo dall'ospedale e Naomi e Mitsuru vi salirono a bordo per seguire Kokoro. La giovane Ai, invece, rimase a casa a badare ai fratelli e dovette restare a guardarli mentre andavano via con il cuore che le si stringeva dalla paura.

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Capitolo 63
*** Ritorno a Desia ***


Aiko distese le gambe e si stiracchiò. Le facevano male le ginocchia per quanto era stata accovacciata per terra, nemmeno aveva notato quanto tempo fosse passato: era rimasta a osservare quelle foto perdendosi in quei volti raggianti appartenenti al passato.
Il santuario della Squadra 13 era decisamente un luogo particolare, sembrava di entrare in un mondo differente una volta varcata la soglia della stanza; per qualche motivo, nonostante l'intero edificio fosse vecchio di secoli, solo in quella stanza avvertiva tutta quella antichità, come se lì il tempo si fosse fermato.
C'era una cosa che le era rimasta in testa sin dalla prima volta che era stata lì, un pensiero martellante che non si spiegava bene ma che voleva chiarire prima di partire di nuovo per Desia quella mattina; non aveva voluto dirlo a nessuno perché temeva che pensassero che fosse strana, così aveva preso un mazzo di lillà dalla serra, aveva cambiato l'acqua al vaso nella stanza e si era fermata a osservare le foto che componevano quel luogo così mistico.
Una famiglia fra tutte quelle comparse nelle foto l'aveva colpita. Non conosceva i loro nomi, sapeva solo che sembravano tutti molto felici e uniti; ma nonostante l'amore che sembrava legarli, c'era un'ombra che non riusciva a ignorare.
Inizialmente non ci aveva fatto caso, alcuni di loro erano difficili da riconoscere nelle foto che li ritraevano anni dopo, eppure anche così si poteva avvertire chiaramente una mancanza: tutte le foto che li ritraevano tutti e sei assieme sembravano essere datate molto indietro, quando i bambini erano ancora piuttosto piccoli e i genitori molto giovani; andando avanti negli anni erano state scattate diverse fotto che ritraessero a ruota più o quasi tutti i membri della famiglia insieme tranne uno, ovvero la madre.
Questa non appariva in nessuna foto dopo una certa data. I suoi figli crescevano e diventavano adulti, suo marito invecchiava, ma lei era rimasta sempre la stessa in quelle prime, poche foto che li vedevano assieme.
Aiko osservò quel volto luminoso e gentile come se si trattasse di una vecchia amica e sentì una grande tristezza, come se avesse nostalgia di qualcosa che non aveva mai vissuto.
Avrebbe voluto sapere di più sul conto di quelle persone; magari avrebbe potuto chiedere ad Hachi e Nana, in fondo erano amici loro. Ma aveva paura di essere troppo indiscreta e finire per mettere il naso in faccende che non la riguardavano…
Non era mai stata così incuriosita da qualcosa di cui non sapeva niente prima d'ora; era una sensazione strana da descrivere, ma sentiva come se la storia di quelle persone potesse essere importante per lei e passarle tanta esperienza difficile da trovare altrove. Forse era un pensiero presuntuoso, ma sentiva di avere una sorta di connessione con loro.
Guardò i volti di ognuno di loro, fece in modo di imprimerli per bene nella propria mente. Poi sospirò, annusò un'ultima volta i lillà che aveva portato e si avviò verso l'uscita per concludere i preparativi per il viaggio.
 
*
 
«Come è possibile che faccia più freddo della prima volta che siamo venuti qui? Siamo a marzo!» Kaoru aveva portato vestiti decisamente più leggeri rispetto all'ultima volta ed era stato deluso dalle temperature ancora molto più basse di quelle di Anemone. Desia era ancora la città grigia e fredda che avevano visitato la prima volta, ma adesso non sembrava più tanto estranea per lo meno.
«Guarda che ancora l'inverno non è finito.» Gli disse Ryo fermandosi un attimo sull'ingresso del palazzo.
«Cosa vuol dire che non è finito?» Protestò quello.
«Qui al nord l'inverno dura molto più a lungo. E comunque dovresti saperlo che il clima di marzo non è mai tanto temperato.» E detto questo, il suo amico si avviò per andarsene al caldo.
Da quel momento Kaoru iniziò a piagnucolare dicendo di aver portato solo magliette a maniche corte. Aiko provò a consolarlo un po', ma onestamente anche lei pensava che fosse stato un po' ingenuo. Alla fine arrivò Aki a dirgli che gli avrebbe prestato qualcuno dei suoi maglioni, così non sarebbe morto di freddo.
«Bentornati, perdenti!» Li accolse una voce scherzosa quando fecero il loro ingresso nel salone principale del palazzo. Due ragazzi stavano fermi in piedi lungo il passaggio, sembravano aspettarli.
Yoshiki li riconobbe per primo e andò a salutarli. «Harada, Saitō! E' un piacere rivedervi!»
Gli batté le mani con trasporto, tanto che persino la sua partner rimase a fissarlo stupita per quanto le sembrò strano. Anche Tetsuya si unì ai saluti, quindi il resto della squadra fu accolto dai due giovani che confermarono i loro sospetti.
«Stavamo aspettando il vostro arrivo, tutta la squadra non vedeva l'ora di rivedervi.» Spiegò uno di loro.
«Ma dove sono gli altri?» Borbottò Kya perplessa.
«Alcuni sono impegnati con gli allenamenti.» Rispose rapido Akira. «Da quando ve ne siete andati, Kano ha deciso che avremmo dovuto impegnarci a fondo per essere come voi e tornare in forma prima della battaglia, così si è messo a farci discorsi motivazionali ogni singolo giorno e ha incentivato ogni possibile esercitazione.»
«Sembra estenuante.» Commentò Yoshiki guardando l'espressione sofferente dei due.
«Lo è. Però è bello vedere come il caposquadra sia tornato determinato come un tempo; non è più solamente testardo, adesso è testardo e con dei buoni propositi!»
Risero, poi gli adulti che accompagnavano la squadra Anemone iniziarono a fare strada per portare tutti nelle proprie abitazioni.
«Certo, andate pure.» Disse Takuma. «Noi avvertiremo Jun e Kyu e il resto della squadra, saranno felici di vedervi!»
Le stanze erano le stesse della prima volta, i compagni di stanza pure. Ormai quel posto somigliava in parte a qualcosa come "casa" per l'intera squadra, per quanto fosse diverso da Mistilteinn; probabilmente era l'atmosfera che aleggiava ad essere cambiata e quindi più familiare.
Tuttavia questa volta non erano venuti per divertirsi, ci sarebbe stata una battaglia spietata molto presto. Suzuko non era sicura di essere pronta a tornare a bordo del Gaia con Tetsuya, considerato che da quando lei lo aveva baciato non avevano più affrontato una vera battaglia; non sapeva esattamente a cosa pensare, i mille dubbi che aveva avuto sin da allora si erano manifestati di nuovo recentemente, e se da una parte le parole di Rin l'avevano convinta a non mollare, dall'altra le sue azioni non avevano fatto che confonderla ancora di più… Avrebbe dovuto parlare con lei a un certo punto, non riusciva a credere che potesse starla evitando di proposito, ma anche se lo avesse fatto, cosa avrebbe dovuto dirle? E nel frattempo aveva anche Tetsuya a cui pensare…
Perlomeno non era l'unica ad avere problemi con il partner: Kya continuava ad essere lontana da Ryo, più di prima dopo del disastro del suo compleanno; una riconciliazione sembrava impossibile, visti anche i pochi progressi messi in mostra nelle ultime esercitazioni. Si chiedeva se fosse giusto che Kaoru dovesse soffrire assieme a lei, considerato che per colpa sua doveva stare separato da Aiko, ma lui continuava a dire di volerla aiutare, si impegnava per includerla nelle sue attività e ogni volta che lo cercava si rendeva disponibile. Era un vero amico! E parlando di amici, non appena ebbe finito di disfare le valige si avviò alla ricerca di Yuki con l'intenzione di raccontargli tutto quello che aveva fatto dal suo ritorno ad Anemone; solo che fece male i propri conti e si rese conto che Tsunami non era ancora nella propria stanza, probabilmente impegnato con qualche esercitazione o qualcosa di peggio, e così finì per passare ancora una volta del tempo interminabile fuori dalla porta della sua stanza.
Ma Kya non fu l'unica a passare molto tempo di fronte a una porta chiusa quel giorno: come lei, anche Naho una volta messe a posto le proprie cose si diresse verso la stanza di una delle persone con cui aveva fatto amicizia lì a Desia, ma quando arrivò non ricevette risposta.
La stanza di Suzuki era chiusa e non sembrava arrivare nessun suono dal suo interno. Naho provò a spingere per capire se la chiave fosse girata e guardò dal buco della serratura; sapeva che fosse un comportamento sospetto, ma il modo in cui si erano salutati l'ultima volta era stato un po' affrettato e il fatto che non ci fosse al loro arrivo l'aveva preoccupata. Fu così che fu beccata da una ragazza che si aggirava sovrappensiero per i corridoi del palazzo.
«Stai cercando qualcuno?» Borbottò confusa lei, facendola trasalire.
Naho la osservò per un attimo e riconobbe in quella ragazza trasandata la partner di Suzuki, credeva che si chiamasse Kawa.
«Sì!» Disse con un po' troppo slancio; lo sconforto di non essere riuscita ad incontrarlo cominciava a farsi sentire. «Sto cercando Katsuki, pensavo che…»
Quella sembrò confusa per un momento, poi si diede un colpetto alla fronte ed esclamò:«Ah, ma certo! Sei la ragazza con cui usciva Suzuki.»
Non appena la apostrofò in quel modo, Naho pensò che ci fosse un equivoco ma preferì tenere per sé quel pensiero in attesa di chiarire meglio cosa intendesse Tooru. Questa però non chiarì nulla.
«Mi ricordo di te, sei la partner di quel tipo inquietante. Cioè, ehm…» Si interruppe e cercò un modo per correggersi, ma Naho sorrise a quel commento mentre l'altra si copriva il volto con vergogna. Non poteva negare di attirare un sacco di ragazzi a dir poco bizzarri…
La fermò pensando che stessero divagando troppo. «Scusami per essere comparsa qui all'improvviso, è solo che dovevo vedere Kats-Suzuki, e…»
«Come mai volevi vederlo?» Sorrise Kawa, che stranamente sembrò divertita. «Non riuscivi a stargli lontana? Non sarà mica che sei caduta vittima del suo fascino misterioso?»
Naho corrugò la fronte contrariata, sempre più confusa. Dopo aver visto la sua reazione, Tooru sembrò ridimensionarsi e le chiese scusa immediatamente, dicendo che era stata troppo invadente. Dopo un istante passato nel silenzio più totale a evitare il suo sguardo, Naho scosse la testa e riprovò a parlare. Non era ancora riuscita a finire una frase!
«Lascia perdere. Stavo cercando il tuo partner perché c'era qualcosa che dovevo dirgli; sai dove potrei trovarlo?» Domandò seria, espirando con soddisfazione una volta finito. Tooru annuì, comprensiva ma disse di non sapere dove fosse il suo partner.
«Purtroppo Suzuki è un tipo molto schivo. Da quando ve ne siete andati voi, ancora di più… Oggi abbiamo fatto i nostri esercizi con lo Stridiosauro e poi è sparito. Però… Se dovessi tirare a indovinare, direi che è andato al parco, ma a quest'ora…»
«Quale parco?» La incalzò Naho. Tooru la osservò con uno sguardo a metà tra il compiaciuto e l'incuriosito, quindi fece un passo avanti e decise di fare qualcosa molto al di fuori del proprio carattere, come le aveva insegnato Tomoko.
«Ti accompagno io!» Le disse con un sorriso sicuro di sé. «Deve essere importante, se è la prima cosa che sei venuta a fare appena atterrata.»
Le mise addirittura una mano sulla spalla! Era molto fiera di quella sicurezza messa in mostra, finalmente stava diventando una persona di cui potersi fidare, ma dopo qualche passo in direzione dell'ascensore entrambe si accorsero che lei stava ancora indossando le ciabatte, e piena di imbarazzo Tooru dovette prima fare una fermata dalla propria camera per mettersi un paio di scarpe.
 
*
 
«Aiko!»
Una voce in fondo al corridoio la fece sussultare, quando si voltò la ragazza vide Ai, accompagnata come sempre dalla sua compagna Hikari, che le andava incontro accelerando il passo.
Con la sua solita aria stralunata e lo sguardo sognante, Ai le si gettò addosso e per poco non caddero a terra tutte e due mentre Kaoru si sporgeva prontamente per reggere Aiko dai fianchi.
«Mi sei mancata, amica mia!» Esclamò la ragazza, che dopo un breve abbraccio arretrò per guardarla direttamente negli occhi. Aiko non si aspettava una accoglienza così calorosa, doveva aver lasciato veramente il segno nei ricordi della ragazza.
«Quando ha saputo che sareste arrivati oggi non è riuscita a contenere la propria eccitazione e ho dovuto trovare un modo per distrarla.» Commentò Hikari salutando a sua volta la coppia.
«Siamo andate a fare compere.» Spiegò Ai mentre la sua amica mostrava alcune buste che stava trasportando.
«Vestiti, accessori… E abbiamo preso qualcosa anche per te, Mori.»
«Un vestito!» Aggiunse Ai con un largo sorriso, prima di abbracciare nuovamente l'amica.
Aiko era sorpresa. Stava dicendo che non ce n'era bisogno e che non avrebbe saputo come ripagare quella gentilezza, ma Hikari sorrise e strinse le spalle.
«Non devi. Ai è felice quando ci sei tu, quindi questo era il minimo che potessimo fare per te.»
Aiko sorrise. Il fatto che la sua esistenza potesse significare tanto per qualcuno che aveva conosciuto da così poco le dava una sensazione al di là della semplice gratificazione, le scaldava il cuore e la riempiva di allegria.
Kaoru si fece avanti vedendo quanto fosse carica Hikari e si offrì di portare le buste al posto suo, così che le ragazze potessero salutarsi senza impicci. Lei sembrò restia per un attimo, ma alla fine accettò e dopo averlo osservato un istante gli disse:«Perché hai le maniche corte?»
A Kaoru sfuggì una risatina amara mentre Aiko spiegava il malinteso del suo ragazzo, che provocò l'ilarità dell'altra.
«Chiederò agli altri se qualcuno ha una felpa da prestarti.» Disse alla fine sghignazzando, notando come il ragazzo riuscisse a malapena a trattenere i tremori; anche se l'edificio era riscaldato, per i corridoi vuoti la temperatura si manteneva bassa.
La ragazza poi osservò i due compagni per un istante e notò quanto sembrassero sereni rispetto alla loro ultima vita.
«Siete tornati assieme, voi due?» Domandò ghignando curiosa.
Le guance di entrambi avvamparono e Aiko andò a sfiorare inavvertitamente la propria collanina. «Veramente noi siamo sempre assieme…» Mormorò imbarazzata, evitando lo sguardo dell'altra. Kaoru annuiva in silenzio.
Hikari alzò lo sguardo al cielo e rise dicendo di essersi sbagliata e che si riferiva alla questione dello shuffle con lo Iustitia. Aiko e Kaoru si rilassarono un po', ma entrambi non riuscirono a togliersi l'impressione che l'altra ragazza gli avesse fatto quella domanda di proposito per stuzzicarli un po'.
«Purtroppo non abbiamo ancora risolto nulla. Sato non sembra intenzionato a tornare con Nakamura, anche se i rapporti tra loro due si sono stabilizzati sul cordiale…» Spiegò la ragazza. Con quel "purtroppo" non intendeva dire che fosse spiacevole pilotare con Ryo e non poteva di certo dire di non passare abbastanza tempo con Kaoru, ma pilotare con lui era tutta un'altra cosa e Hikari afferrò quel concetto semplicemente leggendo il suo sguardo.
«Capisco…» Mormorò facendosi pensierosa. Avrebbe voluto poter dire e fare di più, ma pensava che non fosse giusto che ficcasse il naso negli affari di quei ragazzi e non li conosceva abbastanza per poter dare una mano.
Ansiosa di voler cambiare argomento per non tediare le altre con quei problemi, Aiko si guardò intorno. «Ma… Takagami non è qui?»
Hikari tornò a guadarla in faccia e anche Ai sembrò attivarsi una volta sentito il nome dell'amica. «Naka è andata ad accompagnare il suo partner a una visita medica. Dovrebbero tornare tra un po'…»
Aiko annuì pensierosa. Si ricordava dei problemi di salute di Tsunami e l'idea che una cosa del genere fosse una costante preoccupazione per lui e tutti quelli che gli stavano attorno la rese un po' a disagio; faceva sentire i suoi problemi di distanza da Kaoru infinitamente piccoli, per fortuna non ne aveva parlato ad alta voce, pensò.
Hikari decise che erano stati a tergiversare nel corridoio anche troppo a lungo, così propose ai nuovi arrivati di andare con lei e Ai da un'altra parte e continuare a parlare con più comodità. Ovviamente furono tutti d'accordo e così partirono mentre Ai prendeva per mano la sua amica dell'altra squadra e faceva strada.
Naka li avrebbe raggiunti poco tempo dopo. Di ritorno a casa, la prima cosa che fece fu dare le ultime raccomandazioni a Yuki; doveva andare a cercare Ai per controllare se avesse bisogno di qualcosa, anche se avrebbe voluto restare con lui un altro po'. Il ragazzo aveva una brutta cera ed era di pessimo umore dopo la visita, ma le disse di non preoccuparsi per lui e di andare dalle sue amiche e che si sarebbero visti più tardi.
La osservò mentre si lanciava di corsa su per le scale diretta alla camera delle sue amiche. Naka non fece caso ai ragazzi aggregati all'ingresso e per questo Yuki si sentì in dovere di andare a scusarla per non averli salutati; solo quando fu vicino riconobbe i Parasite della Squadra Anemone.
«Siete tornati!» Esclamò rallegrandosi. Lì in mezzo però c'erano solo persone che conosceva poco, Ojizaki, Maruyama, la ragazza molto alta… Ed erano già impegnati a parlare con i suoi compagni di squadra Harada e Saitō, quindi dopo aver scambiato qualche convenevole si scusò e andò verso la propria stanza dicendo di volersi riposare. A quel punto però trovò ad aspettarlo l'ultima persona da cui si sarebbe voluto far vedere in quelle condizioni.
Kya era seduta per terra con le braccia legate attorno alle gambe, attendeva pazientemente che qualcuno passasse di là. Yuki non poté fare dietrofront perché la ragazza si accorse di lui troppo in fretta e un attimo dopo fu in piedi.
«Yuki!» Lo salutò con entusiasmo correndogli incontro, ma quando lo vide in faccia la sua rincorsa si trasformò in un passo incerto fino a fermarsi a poca distanza da lui.
Yuki era stanco, emaciato. Per quanto si sforzasse di sorridere, il suo volto finiva sempre per assumere un broncio sconfortato e a quel punto non aveva più senso nemmeno far finta di niente.
Senza dire niente, Yuki fece l'ultimo passo verso la ragazza e la abbracciò affondando la fronte su una delle sue spalle. Confusa, Kya accolse l'abbraccio e cercò di farlo sentire al sicuro, ma non capì cosa fosse successo.
Yuki sospirò in silenzio e le chiese scusa, ma ci mise ancora un po' a mollare la presa. Alla fine si fece indietro e le sorrise, ma quella tristezza rimase visibile sul suo volto.
«Sarai stanca. Vieni, ti offro qualcosa.» Disse come se stesse trattenendo a stento le lacrime. Kya lo seguì senza dire niente, ma sapeva che ci fosse qualcosa fuori posto e stava aspettando il momento giusto per capire cosa fosse.
Yuki aprì la porta e la fece accomodare. Kya ricordava ancora la prima volta che era entrata in quella stanza, il modo in cui avevano fatto amicizia era stato molto anticlimatico eppure era contenta che fosse successo così. Quando Yuki tornò da lei con un bicchiere di aranciata, si sedette al suo fianco e bevve a sua volta una bevanda colorata.
«Bevanda energetica.» Borbottò mostrando il bicchiere. «Quelle che mi prende Shinji, sembra che abbia bisogno di più zuccheri…»
Kya osservò la mano del ragazzo che quasi tremava mentre reggeva il bicchiere.
«E almeno posso mandare giù queste dannate pillole con qualcosa di dolce.» Aggiunse poi lui mostrando una compressa nell'altra mano, che subito mise in bocca e ingoiò affogandola nella bevanda. Alla fine Yuki espirò e si girò nuovamente verso di lei. «Tu come stai?»
«Bene.» Borbottò, ma cambiò subito argomento. «Yuki, che ti succede?»
«Le solite cose…» Mormorò lui stancamente.
Kya si ammutolì per un istante, lo sguardo basso; il bicchiere era freddo tra le sue mani, l'aranciata aveva un colore luminoso e rifletteva la luce delle finestre. Voleva chiedere di più a Yuki e aiutarlo se possibile, ma in quel momento pensò che forse il suo amico non fosse ancora pronto ad aprirsi.
«Mi sei mancato.» Disse alla fine. «Vorrei che stessi meglio.»
Yuki sorrise con amarezza. «Anche tu mi sei mancata. Porti allegria in questo posto così lugubre.»
«E' successo qualcosa, dopo che siamo partiti?»
Kya sapeva che forse quella domanda era già troppo insistente, ma non riusciva a rimanere discreta a lungo, doveva sapere cosa avesse reso Yuki così triste!
Ma lui scosse la testa. «Le cose stanno migliorando e Shinji si sta comportando in maniera esemplare, davvero!» Spiegò distrattamente. «Sono io… E' il mio corpo che non va.»
«Non dire così…» Mormorò lei triste. Yuki sospirò, ma non sapeva come altro spiegarlo.
«Sono appena tornato da una visita medica. Dovrò assumere sempre più medicinali perché non sembra che la mia condizione possa arrestarsi. Ho paura che mi rendano diverso, che mi… Spengano. E ho paura che tutto questo abbia poi un impatto su quello che faccio, sulla mia vita, i miei studi, sul mio lavoro di pilota…»
Kya sospirò, lo capiva. Da quando era entrata a far parte del programma Parasite aveva scoperto di amare quello che faceva, di avere un dono che poteva sfruttare finalmente per qualcosa o qualcuno, e pensare che ci potessero essere delle cose che avrebbero potuto rallentarla nel suo operato o addirittura toglierle tutto quello la faceva stare veramente male… E la paura di perdere tutto l'aveva colta almeno un paio di volte recentemente, per quanto lei apparisse sempre così sicura di sé.
Lo capiva, eppure pensava di non poter paragonare i propri dubbi alle paure di Yuki. Cosa poteva dire di utile in quelle circostanze? Non voleva trovare delle parole gentili solo per accontentarlo, Yuki avrebbe capito subito che non erano pensieri sinceri, ma voleva aiutarlo in qualche modo.
Kya aveva solo il silenzio e la propria comprensione da mettere in campo ed era una sensazione orribile, sapere di essere tanto impotente.
«Mi dispiace…» Mormorò alla fine. Yuki la vide mortificata e fu sul punto di dirle che non doveva sentirsi così solo perché lui era di cattivo umore. Stava per sdrammatizzare con l'intento di allontanare l'attenzione dall'argomento, ma a quel punto Kya fece una cosa che lo sorprese.
La ragazza appoggiò la testa alla sua spalla, delicatamente. Fu quasi impercettibile in un primo momento, ma Yuki poté sentire il calore di un altro essere umano scontrarsi con il suo, il suo peso, così come il respiro leggero che ritmava quell'interazione silenziosa e influenzava anche il suo.
«Mi dispiace tanto, Yuki…» Ripeté lei e chiuse gli occhi. E a quel punto fu Yuki a dispiacersi, perché la sua amica era venuta lì per vederlo, raccontargli quello che aveva fatto nelle ultime settimane e lui stava rovinando tutto… Ma Kya invece stava pensando l'esatto opposto di quella cosa, non credeva che Yuki meritasse una persona tanto frivola attorno a sé quando aveva problemi tanto gravi che lo affliggevano.
«Ti va se stiamo un po' così? Senza dire nulla…» Mormorò lui ruotando di poco il collo in modo da scorgere con la coda dell'occhio la testa della ragazza. Lei annuì, non chiedeva di meglio. Così il ragazzo respirò a fondo e piegò lentamente la testa di lato, poggiandola su quella della sua amica.
«Dopo mi racconterai come vanno le cose con Ryo.» Disse con un mezzo sorriso, e lei rispose con una risatina.
 
*
 
Saki scese dal pulmino e tirò un sospiro di sollievo. Essere la partner del caposquadra era difficile e lo sapeva, ma dover supportare le decisioni di Kano non era mai stato così stancante; era contenta che Shinji fosse finalmente tornato a sorridere e avesse tanti propositi per la squadra, non si trattava più di lavorare fino a esplodere, ma era comunque molto impegnativo e lei credeva di avere il diritto di sperare in qualche ora di riposo in più…
Ricevette i suoi incoraggiamenti ancora una volta prima che lui si incamminasse verso l'ingresso del palazzo; Shinji si era messo in testa di voler riformare lo spirito di squadra che c'era tra i partner e per questo aveva cominciato proprio con lei. Era quasi un periodo di prova, i risultati che avrebbero riscontrato gli avrebbero fatto capire se si trattava del percorso giusto anche per i loro amici.
Dopo quella mattinata di esercitazioni credeva che sarebbe sprofondata nel letto dopo una bella doccia calda, ma arrivata nella sala di ingresso riconobbe due figure che non vedeva da tempo: a conversare con Jun e Kyu c'erano i coordinatori della Squadra Anemone e avevano appena intercettato Shinji per riferirgli qualcosa. Lui si girò verso di lei.
«La squadra di Nakamura è tornata!» Esclamò con un grande sorriso. Era strano vedere il suo partner darle quella notizia con quella faccia, ma anche lei fu invasa dall'allegria a quelle parole.
Si avvicinò ai quattro adulti e ascoltò quello che avevano da dire. Kyu stava spiegando che il gruppo si era già sparso per il palazzo e alcuni di loro erano anche usciti, ma avrebbero dovuto trovarli facilmente.
«Non sono previste esercitazioni per questo pomeriggio, i preparativi per la battaglia inizieranno domani quindi adesso potete andare a vedere i vostri amici!» Concluse la donna con un sorriso quasi materno che fece illuminare sia Saki che Shinji. Senza farselo ripetere due volte i ragazzi andarono alla ricerca dei loro compagni, desiderosi di rivederli e raccontargli tutto quello che avevano vissuto dalla loro partenza.
Hachi e Nana sorrisero guardando il caposquadra e la sua partner svanire per le scale del palazzo, ma quando furono rimasti da soli con i loro colleghi si rabbuiarono. Jun e Kyu gli stavano riferendo alcune informazioni che definire scioccanti era un eufemismo e gli chiesero di riprendere il discorso.
«E' come temevamo.» Disse la donna sospirando pesantemente. «L'imprevisto che ha segnato l'esercitazione dell'altra volta non è stato casuale: abbiamo le prove che qualcuno si sia infiltrato nella nostra rete e abbia rilasciato un virus per corrompere i droni di allenamento e mettere in pericolo i ragazzi.»
«Abbiamo solo sospetti, ma è abbastanza ovvio che si tratti dell'operato di qualche associazione pro-VIRM.» Continuò Jun passando ad Hachi la cartella che teneva sotto braccio. Hachi iniziò a sfogliare i documenti, ansioso di capirci qualcosa di più: quelle carte parlavano del virus rilasciato nel loro sistema, di come sembrasse essere stata identificata l'origine dell'infezione ma senza trovare alcun colpevole, e poi in allegato riportavano degli articoli di giornale che raccontavano di diverse manifestazioni svoltesi in tutto il mondo in opposizione all'operato dell'I.P.U.
Queste persone si proclamavano contro la guerra agli alieni, chiedendo un'immediata resa per non peggiorare la situazione e annunciando l'arrivo dei VIRM come una benedizione per tutti loro; pur essendosi trattato perlopiù di manifestazioni pacifiche, erano stati documentati casi in cui la situazione era sfuggita di mano e i partecipanti erano diventati violenti. Il movimento era vasto e preoccupante.
«Queste persone sono state avvistate anche ad Anemone.» Commentò guardando le foto. C'era un piccolo corteo dove gente di ogni estrazione ed età sfoggiava orgogliosamente un simbolo che ricordava due volti legati da una linea retta: era il simbolo del Padre, la sua vera forma.
«E' proprio per questo motivo che abbiamo deciso di implementare delle lezioni di arti marziali difensive ai nostri ragazzi.» Aggiunse Nana, il cui sguardo si soffermò su una foto di una madre con in braccio il proprio bambino, entrambi con indosso le spille identificative dei VIRM, circondati da tanti altri manifestanti. «Non vogliamo che rischino di imbattersi in questa gente senza alcun tipo di sicurezza!»
Jun annuì. «Concordo! Anche noi abbiamo iniziato un programma simile. I Parasite sono conosciuti ovunque, saranno sicuramente bersagli di questi gruppi, già il loro attacco durante la nostra esercitazione è una dimostrazione delle loro intenzioni.»
«Ma che cosa vogliono?» Domandò Kyu, più frustrata che confusa. Fu Hachi a risponderle.
«L'assimilazione.» Disse con voce grave. «Credono che il piano originale dei VIRM fosse una cosa buona e giusta e vogliono disperatamente entrare a farne parte. Da una parte può essere comprensibile: una vita eterea e unica non comprende legami, malattie, dolore di alcun tipo, ma viene a mancare qualunque emozione umana e il libero arbitrio… E' come un'infezione che si estende all'infinito.»
«Ma come è stato possibile che una simile filosofia mettesse radici nella nostra società?» Sospirò Nana sconfortata. Il movimento pro-VIRM era stato presente quasi sempre da quando la società umana si era rimessa in piedi, nato da alcuni dei Parasite che non avevano voluto accettare il tradimento del Padre e portato avanti dai loro discendenti, ma per secoli erano stati solo una voce rimasta inascoltata; improvvisamente però, dalla comparsa degli Stridiosauri questo movimento aveva accolto molti nuovi adepti che credevano in una "redenzione" del genere umano e l'unione al popolo VIRM. Si facevano chiamare i "Figli", seguaci del Padre che credevano ancora nelle sue menzogne.
«Non dovete farvene una colpa.» Intervenne Kyu. Avrebbe voluto allungare una mano e accarezzare la spalla di Nana per infonderle un po' di fiducia, ma la profonda deferenza che nutriva nei suoi confronti le impedì di prendersi questa libertà. «Voi avete fatto un lavoro impeccabile nel guidare il nostro mondo in tutti questi anni. Ma ci saranno sempre degli individui che interpreteranno male la storia malgrado i nostri sforzi e, purtroppo, avranno sempre una voce più forte di quella della verità.»
Nana chiuse gli occhi. Era stanca, stanca di dover avere a che fare con tutti quegli imprevisti, stanca di dover temere per la sicurezza dei suoi ragazzi ogni volta che li vedeva uscire da Mistilteinn, stanca di tutte quelle responsabilità… Ma parole come quelle la aiutavano ad andare avanti, a stringere i denti e tornare a essere quel supporto di cui avevano tanto bisogno i suoi ragazzi.
Quella storia non si era ancora conclusa, avrebbero dovuto fare attenzione d'ora in poi.

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Capitolo 64
*** Cose da dirsi ***


«Eccolo là!» Esclamò Tooru non appena fu entrata nel locale. Naho girò lo sguardo nella direzione indicata dalla ragazza e notò spuntare la testa di Suzuki in mezzo a diversi tavolini e sedie, completamente da solo mentre finiva una porzione di verdure al vapore.
«Aspetta, dove stai andando?» Borbottò quando vide la ragazza avvicinarsi a lui. Tooru si voltò confusa.
«A parlargli, no? Non era questo che volevi?»
Naho iniziò a rigirarsi una delle trecce tra le mani e balbettò qualcosa di incomprensibile. «Sì, in fondo penso che fosse questo che volevo…» Mormorò con un filo di voce.
Tooru sorrise. «E allora andiamo! Vedrai, sarà felice di vederti!»
Naho avrebbe voluto dissentire, visto ciò che le aveva raccontato proprio Suzuki l'ultima volta che si erano visti, ma decise che anche se non potesse esserlo nel senso letterale del termine, il ragazzo poteva comunque provare una sorta di piacere nel vederla… Forse.
Quando comparirono di fronte a lui, Suzuki fu sorpreso ma non troppo; sembrava più infastidito.
«Ciao Suzuki, guarda chi ti ho portato!» Esordì Tooru ammiccando e mettendo in mezzo la ragazza dell'altra squadra. Naho salutò in silenzio, imbarazzata.
«Che ci fate qui?» Domandò inarcando un sopracciglio. Tooru disse a Naho di non lasciarsi intimidire dal suo tono minaccioso e continuò dicendo che da un po' di tempo il suo partner si comportasse in modo strano.
«Fukuda ti cercava e prima ho pensato che fossi al tuo solito posto, ma poi vista l'ora ho immaginato che saresti stato al tuo bar preferito. Lo sapevi che sono stata io a portarlo qui la prima volta?» Continuò cambiando rapidamente argomento.
«Bé, ci saremmo visti a casa in ogni caso, quindi perché fare tutto questo traffico?» Borbottò lui.
«E chi ha detto che sono venuta a cercare te? Io sono qui per le crocchette di pollo, lo sai che le adoro!» Tooru si fece rapidamente da parte e indicò con il corpo verso il bancone del locale, dove gli inservienti stavano prendendo le ordinazioni. «Ho solo pensato di prendere due piccioni con una fava. Quindi buon divertimento, io vado a prendere da mangiare!»
Senza aggiungere altro, la Kawa sparì mettendosi in fila al bancone, lasciando i due ragazzi ai loro discorsi. Naho osservò con imbarazzo il tavolo solitario scelto da Suzuki e si chiese se il ragazzo volesse veramente compagnia, ma vedendo la sedia vuota proprio di fronte a lui alla fine decise di prendere posto senza troppe storie.
«Che razza di rompiscatole…» Borbottò Katsuki tornando a mangiare. Aveva quasi finito, aveva un altro piatto vuoto e ripulito per bene che se ne stava in attesa sul vassoio; Naho pensò che sarebbe stato giusto lasciarlo finire di mangiare prima di parlare, così attese ma alla fine si ritrovò persino a evitare il suo sguardo, pensando che fosse cattiva educazione fissarlo mentre consumava un pasto.
Ma Suzuki sembrò notare quel suo comportamento losco e la chiamò. «Sei venuta qui per parlare, no?» Le disse alzando lo sguardo e rivolgendosi completamente a lei.
A Naho tremò un labbro dall'emozione. Non sapeva esattamente cosa fosse andata a fare, lo aveva cercato eppure adesso stentava a tirare fuori le parole.
«Che ne dici se finisco qui e andiamo a parlare in un posto più tranquillo?» Sbuffò alla fine lui, lanciando un'occhiata a Kawa che ciondolava in fila per ordinare.
Naho annuì senza neanche dire una parola, poi sorrise come se fosse contenta di quell'offerta, ma in realtà non sapeva veramente cosa aspettarsi da quell'incontro né cosa dire.
 
*
 
Dopo aver dato un'occhiata alla palestra per la terza volta, Saki si accasciò contro la parete e sospirò esasperata. Si sentiva una stupida per quello che stava facendo. Quanto sarà stato difficile andare lì, salutare tutti e intrattenere una conversazione con i nuovi arrivati? Quel suo comportamento era veramente infantile e codardo, neanche fosse la protagonista di uno di quei fumetti sdolcinati che si leggeva Kawa!
Forse avrebbe semplicemente dovuto ritirarsi. Tornare alla sua stanza, provare un'altra volta, quando avrebbe avuto meno pressione… O semplicemente lasciar perdere, comportarsi come sempre.
Si affacciò per l'ennesima volta dall'ingresso e li avvistò nuovamente: Harada e Saitō, Sakei, Maruyama e poi Yoshiki. Girati di spalle, tutti impegnati con i macchinari della palestra; ma come era possibile che la prima cosa che gli fosse venuta in mente appena atterrati fosse quella di andare a fare un po' di esercizio? E cosa ci trovavano in quel vuoto dispendio di energie? Lei una volta aveva provato a seguire un programma di allenamento consigliatole da Kyu e aveva rinunciato dopo due giorni… I risultati non erano nemmeno visibili, era necessario spingersi al limite ogni singolo giorno solo per vedere il proprio corpo leggermente più tonico!
Bé, forse un pochino… Pensò mentre il suo sguardo andava a posarsi proprio sulle spalle scoperte di Yoshiki, seduto sulla macchina per i deltoidi.
Se avesse detto che non stava aspettando con ansia il ritorno della Squadra Anemone, sarebbe stata una bugia; ma adesso che erano lì ed erano alla sua portata si sentiva troppo piccola per andargli incontro. Ma si sentiva ancora più vile a stare lì a spiarli come una maniaca, interdetta tra la speranza di essere notata per farsi includere e il timore di farsi fraintendere.
Si nascose di nuovo e si accucciò a terra. Per quanto ci provasse, la sua timidezza l'avrebbe sempre avuta vinta; e dire che non pensava neanche di essere tanto sgradevole, semplicemente non riusciva a fare il primo passo in una qualsiasi conversazione, e questo la relegava ad avere sempre gli stessi contatti e nemmeno tanto aperti.
Mentre rimuginava e si toccava nervosamente la fasciatura al braccio, una voce all'interno della palestra attirò la sua attenzione e di nuovo si lanciò alla porta per vedere cosa stesse facendo.
La ragazza che era con loro stava dicendo di essere esausta e qualcun altro aveva concordato con lei, quindi si stavano fermando tutti. In una situazione normale quella sarebbe stata la sua occasione, ma Saki sapeva che dopo un allenamento ci si dirigeva agli spogliatoi per cambiarsi o lavarsi, quindi solo allora i ragazzi sarebbero usciti dalla palestra e lei avrebbe finito per aspettare tutto il pomeriggio là fuori, finendo inevitabilmente per sembrare una persona inquietante se fosse passato qualcun altro.
Non riuscì a sentire il resto della conversazione del gruppo, perché dal corridoio arrivarono Igana e Nagashima, che si accorsero di lei solo quando passarono proprio davanti all'ingresso della palestra.
Saki tirò indietro la testa per nascondersi di nuovo, ma non poté fare niente per nascondersi anche ai propri compagni di squadra, che iniziarono a chiederle che cosa stesse facendo lì. Tomoko era in tenuta sportiva e si portava dietro una delle sue bevande vitaminizzate da post allenamento, mentre Tetsuki indossava la solita uniforme; sembrava che il ragazzo l'avesse incrociata mentre si dirigeva in palestra e l'avesse accompagnata.
Al silenzio inoltrato di Yumu che sembrava sul punto di mettersi a piangere, Tomoko sembrò intuire che ci fosse qualcosa di bizzarro nel suo comportamento e gettò un'occhiata all'interno della sala, identificando rapidamente i cinque presenti.
Lei e Saki si scambiarono un rapido sguardo prima che sul suo volto spuntasse un sorrisetto compiaciuto, in contrasto con il rosso evidente dell'altra. E prima che potesse intendere cosa avesse in mente, Tomoko si lanciò con decisione oltre la soglia della palestra, chiamando a gran voce l'intero gruppo.
«Ehi, ragazzi!» Disse alzando la mano libera. «Chi di voi doveva vedere Yumu, alla fine dell'allenamento?»
Saki si sentì sprofondare; stava già sudando più di quanto avessero sudato i ragazzi in palestra. Avrebbe voluto sparire, ma oltre al fatto di essere ancora sotto lo sguardo di Nagashima, questa scelta avrebbe posto fine una volta per tutte alle sue speranze di guardare Ojizaki in faccia; già avrebbe saputo che lo stava spiando mentre si allenava, ma dopo averla vista scappare in quel modo la sua considerazione di lei sarebbe crollata come una capanna di paglia.
Le voci che arrivarono dalla palestra furono confuse e incomprensibili, soffocate in parte dalla musica dello stereo riparato da Suzuki e in parte dai pensieri che bombardavano la mente di Saki. Dopo qualche istante che durò anche troppo per lei, Igana e Yoshiki vennero fuori insieme dalla palestra.
«Eccola qui.» Disse con aria soddisfatta, la traditrice! Yoshiki la guardava con un sopracciglio inarcato.
«C-ciao…» Balbettò Saki agitando una mano, rendendosi conto solo ora di essere seduta per terra. Si tirò su riassestandosi i vestiti, toccandosi i capelli e gli occhiali, controllando che le treccine che le spuntavano da dietro al collo e che aveva meticolosamente preparato e perfezionato in tanto tempo non si fossero rovinate.
Yoshiki le mandò un'occhiata confusa, poi fece lo stesso con Tomoko, che però sembrò tranquilla.
«Ha visto che vi stavate allenando tutti assieme ed era troppo imbarazzata per interrompervi.» Spiegò la ragazza con una semplicità disarmante. In un attimo, persino Saki pensò che quella cosa non avrebbe potuto essere più semplice.
«Oh.» Disse Yoshiki.
«Già. Immagino abbiate molto da dirvi, quindi non vi trattengo!» E così come era arrivata, Tomoko sparì dietro le porte della palestra trascinandosi dietro Nagashima, senza prima però mandare una strizzata di occhio alla propria amica.
«Mi puoi spiegare che cosa è successo?» Domandò Tetsuki, che si stava chiedendo perché la ragazza lo avesse portato con sé in palestra. Tomoko si stava stiracchiando con l'aria di chi era veramente soddisfatto del proprio operato.
«Ho fatto un favore a un'amica.» Borbottò distrattamente. «Per ora lasciamogli un po' di spazio. Oh, sarà meglio dirlo anche a quelli là!» E detto questo si diresse verso il gruppo di compagni rimasti in sala, che avevano assistito a quella scena senza sapere cosa dire.
Tetsuki la osservò scuotendo la testa, quasi contrariato; non avrebbe mai capito come facesse la sua compagna di squadra a capire sempre quando qualcuno avesse bisogno del suo aiuto.
 
*
 
«Sembra che tu e la tua partner andiate d'accordo…» Mormorò Naho sentendosi una stupida per quel commento. Suzuki però rise e per un attimo il suo sorriso illuminò la strada.
Dopo aver finito di mangiare, Katsuki l'aveva portata in un parchetto non molto lontano da lì dicendo di volersi sgranchire un po' le gambe, così Naho lo aveva seguito in quel posto che non sembrava avere nulla di particolare.
«Sì, ci prendiamo in giro qualche volta… Ma siamo una squadra che funziona.»
Naho annuì e deglutì con forza. Non credeva che avrebbe ricevuto una risposta a una domanda tanto idiota, ma lasciò correre. Da quando erano usciti dal locale si era fatta ancora più nervosa, come se ogni secondo che passasse in compagnia del ragazzo la facesse sentire sempre più fuori posto.
«Scusami, non volevo essere invadente…» Iniziò sapendo di averlo interrotto in un momento dedicato solamente a lui, ma Suzuki la interruppe con la mano e scosse la testa.
«Mi fa piacere che tu sia qui. Anche io speravo di rivederti.» Disse allungando un braccio come per frenarla, ma Naho si fermò da sola.
Rimase incollata alla panchina e lo osservò con occhi curiosi, profondi. Lui le rispose con un'aria divertita, quasi a sfidarla.
«E poi sembra che volessi dirmi qualcosa di importante, altrimenti non avresti avuto tutta questa fretta.» Continuò chiudendo gli occhi, prendendosi il vento in faccia.
Naho lo fissò perplessa, come se non capisse a che gioco stesse giocando. «Perché, non potrei semplicemente voler vedere un amico?» Sbuffò contrariata.
«Certo!» Fu la risposta per niente credibile del ragazzo, che neanche aprì gli occhi per risponderle. Naho si imbronciò per tutta risposta, pensando che se l'avesse vista in faccia Suzuki si sarebbe fatto delle grasse risate; però doveva ammettere che aveva ragione, c'era qualcosa di cui voleva parlargli.
«Volevo chiederti scusa perché l'altra volta… Sono stata troppo invadente e ho finito per dirti cose che magari avrai sentito altre mille volte, e ho cercato di darti consigli su qualcosa che non conosco per niente, pensando di sapere meglio di te cose che tu hai saputo per tutta la vita e…»
«Fukuda, non devi chiedermi scusa.» Suzuki riaprì gli occhi e si voltò completamente verso di lei. «Prima di tutto non mi hai offeso; credimi, le tue parole sono state le più comprensive tra le tante reazioni che ho suscitato dopo aver raccontato della mia condizione. E poi sono stato io a decidere di raccontartelo, perché dici di aver insistito?»
Naho non rispose. Sapeva che aveva ragione, ma si sentiva come se avesse inavvertitamente costretto Suzuki a mettere a nudo una parte molto intima di sé, e se ne vergognava.
«Poi se la cosa ti mette a disagio, per me non c'è problema: possiamo comportarci come se non fosse mai accaduto nulla. Tu hai la tua vita e io la mia, non posso mica costringerti a farti piacere qualcosa di me che ti dà problemi.» Continuò il ragazzo tornando ad assaporare il vento. A questo punto Naho si riattivò.
«Un momento, chi ti ha detto che non voglio avere nulla a che fare con te?» Domandò contrariata, tanto che quasi gli diede un pugno.
Suzuki fece spallucce e fece dondolare le spalle. «Era solo un'idea. Visto come sembravi preoccupata al pensiero di chiarire ho pensato che potresti volere un po' di pressione in meno addosso…»
«Essere tua amica non mi mette alcuna pressione!» Ribatté lei impettita. «Piuttosto, non vorrei che tu ti sentissi costretto ad essere mio amico!»
«C'è qualcosa che te lo ha fatto credere?»
«Diciamo che il fatto che tu ti stessi nascondendo non gioca molto a tuo favore.»
I due ragazzi si fissarono per un istante. Suzuki aveva la stessa espressione disinteressata di prima, mentre Naho adesso si era attivata ed era decisa a far valere la propria posizione, come le volte che finiva per discutere con Yoshiki. Avrebbero potuto continuare per ore, ma Suzuki distolse lo sguardo e Naho incrociò le braccia con un sorrisetto compiaciuto, come per dire di aver vinto quel confronto.
«E' soltanto… Dovevo pensare.» Mormorò annoiato, ma forse c'era altro dietro a quell'espressione. A quel punto Naho non poté più tenere quel tono aggressivo con Katsuki e decise di smetterla.
Decise di riprendere il motivo per cui era lì: preoccuparsi per il suo amico. «La tua partner ha detto che ti comporti in modo strano, da un po' di tempo…» Mormorò curiosa se volesse parlarne.
Suzuki fece dondolare la testa da un lato all'altro. «Può darsi. Da quando abbiamo parlato mi sono fatto un po' di domande…»
Quindi le sue parole avevano avuto un effetto! Che fosse l'effetto sperato o meno, era comunque qualcosa. A Naho era sembrato, quando aveva scoperto il segreto di Suzuki, che il ragazzo ci soffrisse segretamente sentendosi poco "umano" a confronto con gli altri ragazzi della propria squadra; ma non sarebbe stata questa stessa sensazione a provare la sua umanità, nonostante tutto ciò che sapeva di sé?
«Ti va di parlarne?» Mormorò comprensiva.
Suzuki alzò lo sguardo, ma non sembrò particolarmente contento al pensiero. «Vedi questo parco? E' il posto dove vengo quando non riesco a capire cosa sento.» Disse.
«Mi piace, è tranquillo e il rumore del vento tra gli alberi mi rilassa.» Suzuki alzò la testa e rimase ad ascoltare, ma Naho riuscì a malapena a sentire tutto quello: c'erano bambini che giocavano poco distante, i mezzi che passavano in strada attorno a loro poi creavano un brusio continuo e di tanto in tanto passavano voci che interrompevano qualunque pensiero potesse affiorargli in testa. Naho non riusciva a credere che un posto del genere fosse considerato rilassante da Suzuki.
«A dire la verità, avevo paura.» Continuò poi il ragazzo. «Avevo intenzione di venire qui già da prima… Sapevo che sareste arrivati oggi e non ero pronto a rivederti.»
«Perché?» Domandò la ragazza. Doveva saperlo che erano amici, no? Suzuki girò la testa e sorrise, un po' malinconico ma difficile da decifrare.
«Tu lo sai cosa significa non capire i sentimenti che provano gli altri?» Domandò lui. «Avevo paura di fare qualcosa di sbagliato e rovinare ciò che pensavi di me. Non volevo "apparire male"…»
Naho abbassò lo sguardo tristemente e annuì. Forse aveva capito. Ma questo non faceva altro che mostrare ancora una volta come Suzuki fosse più umano di quanto pensasse.
 
*
 
Quando ebbe finito di sistemare nell'armadio i vestiti che aveva portato da Mistilteinn, Hoshi andò a prendersi da bere e tornò a sedersi sul divano. Era piacevole avere un intero appartamento per dormire, anche se trovava più accoglienti e intime le stanze che lui e i suoi compagni di squadra condividevano a casa. Sato poi era un compagno di stanza che quasi non si sentiva, anche se dubitava che quella fosse la norma per lui.
Persino uno come lui aveva notato come il suo umore fosse cambiato radicalmente dopo la loro prima visita a Desia; era molto peggio di come fosse Hoshi all'inizio del loro addestramento: quando lui non voleva saperne di lavorare assieme a Momo e prendeva ogni commento dei suoi compagni come una critica nei suoi confronti, i rapporti con la squadra erano comunque decenti e in alcuni casi quasi buoni, ma dal giorno dello shuffle Sato sembrava essersi completamente chiuso in sé stesso e le cose non avevano fatto che peggiorare.
Probabilmente il problema risiedeva nel fatto che la sua situazione stesse avendo effetti anche su altre persone; con la sua richiesta, Ryo aveva costretto altri due compagni a cambiare partner e il fatto che fosse capitato proprio alla coppia dello Xenomorphus aveva rotto un sostegno fondante all'interno del gruppo. Matsumoto era un grande amico di Sato e nonostante a parole i due sembrassero continuare a trattarsi da parti, da lontano Hoshi aveva avvertito nascere tra loro una certa freddezza. Era brutto da vedere perché era ovvio che nessuno volesse tutto questo, ma se da un lato Kaoru cercava di ignorare il problema – fallendo miseramente essendo la sua partner una cosa molto importante per lui – dall'altro Ryo sembrava troppo concentrato su sé stesso e falliva nel riconoscere di aver forse esagerato.
Però la questione era più complicata di così. Hoshi capiva quanto Ryo dovesse essersi sentito soffocato dalle attenzioni di Nakamura: la ragazza era una bella gatta da pelare, per usare una espressione gentile. Sopportare le sue pazzie a bordo dello Iustitia era un conto, avercela attaccata al piede notte e giorno poteva anche essere condonato, ma era stato il suo carattere aggressivo e ostinato a farlo veramente allontanare da lei e Hoshi lo aveva sperimentato sulla propria pelle: lui era stato preso a pugni dalla sua caposquadra e pur ammettendo di esserselo meritato, la ragazza ancora non gli aveva perdonato il fatto di aver fatto piangere la sua amica. Nakamura sapeva essere molto pesante quando si metteva in testa di rovinare la giornata a una persona, e per quanto non volesse credere che fosse tanto maligna, Hoshi temeva che la ragazza non si accorgesse neanche del proprio comportamento.
Quando ebbe finito di bere, posò il bicchiere sul tavolino di fronte al divano e rimase a fissarlo per un po'; sentiva di dover fare qualcosa per risolvere quella situazione, anche se si sentiva la persona meno adatta a farlo. Ryo condivideva l'appartamento con lui in quel periodo e forse era solo il fatto che fossero tornati nel luogo dove era iniziata quella storia, però si sentiva come minimo il dovere morale di provare a parlargli.
Lui era sul proprio letto a leggere qualcosa; aveva detto di essersi portato qualche libro direttamente da casa sua e sembrava che stesse pianificando di restare chiuso in camera per tutto il tempo, salvo per le esercitazioni e la battaglia con i VIRM.
Senza sapere bene cosa fare, Hoshi si alzò e raggiunse la camera da letto soffermandosi un momento sulla soglia. Decise di attirare l'attenzione di Ryo schiarendosi la voce, quindi quando questo lo notò gli sorrise cordialmente.
«Ti va se chiedo a Yoshiki se possiamo unirci a loro per cena, stasera?» Bofonchiò rendendosi conto di starsi agitando troppo, improvvisando parola su parola. «E' che io sono negato ai fornelli e non vorrei fare danni in questo posto…» La buttò sul comico, sicuro che Ryo avrebbe avuto una minima reazione positiva.
Il ragazzo infatti fece una risatina prima di annuire. «Non c'è nessun problema. Cioè, avrei potuto cucinare io, ma…»
«Pensavo che saresti andato da Matsumoto e Okagawa…» Mormorò Hoshi, volendo aggiungere altro ma decidendo di tacere. Non voleva sembrare indiscreto e dire qualcosa che potesse ferirlo inavvertitamente. Questo posò il proprio libro e fissò il soffitto, respirò a fondo.
«In realtà credo che abbiano già altri impegni.» Disse con un leggero disappunto. «Immagino che vogliano passare un po' di tempo con i ragazzi che hanno conosciuto qui, dopo tanto che non si vedono…»
«Già… Le squadre si sono amalgamate per bene.» Borbottò Hoshi pensieroso. Lui non era mai stato bravo a fare amicizia, aveva notato invece come il resto del gruppo fosse riuscito a entrare in contatto con l'altra squadra molto più facilmente. «Allora dirò a Yoshiki se possiamo unirci a loro.»
Ryo annuì e per un momento sembrò che la conversazione dovesse chiudersi lì, ma Hoshi rimase sulla porta a tergiversare. Dopo qualche istante decise di entrare e sedersi sull'altro letto.
«Posso chiederti una cosa?»
Ryo lo guardò alzando gli occhi e gli fece un cenno; adesso ce l'aveva praticamente davanti.
«Com'è cambiare partner?» La domanda di Hoshi venne fuori spontaneamente, ma dopo un attimo pensò che forse non fosse un approccio molto delicato e desiderò rimangiarsi tutto quanto. Lo sguardo sorpreso di Ryo fu più che comprensibile.
«Scusa, non volevo offenderti!» Scattò subito quello. «E' solo che… Io ho quasi abbandonato la mia partner e mi sono chiesto a lungo se abbia fatto la scelta giusta restando. Non ho nemmeno pensato alla possibilità di fare a cambio perché non pensavo si potesse fare, ma il solo pensiero mi spaventa ancora di più di quello che mi spaventava in Momo.»
Hoshi finì per unire le mani con nervosismo e abbassò lo sguardo, costernato. Non si aspettava di ricevere una risposta arrivato a quel punto, ma Ryo invece parlò prendendolo totalmente alla sprovvista.
«E'… Spaventoso.»
Il piccoletto alzò lo sguardo e vide che il suo compagno di stanza si era girato mettendosi a sedere sul bordo del letto. L'espressione seria tradiva una certa tristezza.
«Tutto quello che lo riguarda lo è.» Continuò. «E' stato spaventoso trovare il coraggio per dire quello che volevo ai coordinatori e ancora di più farlo di fronte a Kya… Quando poi mi sono ritrovato da solo con Aiko, la partner del mio migliore amico, mi sono sentito come se li avessi traditi tutti: avevo mandato all'aria l'equilibrio della squadra per un capriccio, avevo la sua sicurezza nelle mie mani e avevo poco tempo per imparare a lavorare con lei. Non avevo idea di cosa fare, volevo tornare indietro sin dal primo istante… Ma quando abbiamo effettuato la connessione mi sono sentito un po' sollevato.
«Puoi sentire la differenza!» Esclamò alzando una mano all'improvviso. «Quando entri nella connessione con la tua partner è una sensazione unica! Kya è sempre stata una presenza più ingombrante, più forte, mentre invece Aiko sembra quasi aver paura di prendersi il proprio spazio, ma poi quando combatte abbandona ogni freno; e me ne posso accorgere anche se è chiaro che si stia trattenendo.
«Nella connessione non puoi mentire, è lì che conosci al meglio una persona ed è grazie ad essa se ho imparato a fare le cose giuste con Aiko.» Concluse Ryo sorridendo debolmente. Hoshi riuscì a seguire il suo discorso solo in parte, perché per molto tempo lui non era riuscito neanche ad avvertire la presenza di Momo nella propria connessione.
«Ma se dici così… Allora non avresti dovuto sentire qualcosa di simile con Nakamura?» Borbottò alzando la testa, improvvisamente curioso. «Voglio dire, anche lei ti ha fatto capire quali fossero le "mosse giuste", no?»
Ryo avrebbe obiettato che il suo disagio con Kya derivava da qualcosa più complesso del solo pilotare assieme, ma comunque rimase sull'argomento perché c'era qualcosa di rilevante al riguardo.
«E' vero. Io e Kya avevamo una compatibilità eccezionale e questo lo dobbiamo grazie al nostro legame speciale… Ma te l'ho detto: non puoi mentire all'interno della connessione, ciò che metti in gioco è la parte più intima di te e questa cosa non fa che crescere con i livelli di compatibilità. Quello che ho visto dentro Kya non mi ha mai sorpreso, ma quando pilotavamo era come se ci fosse anche qualcos'altro; qualcosa di estraneo, che scombinava tutto e rendeva illeggibile anche quelle parti di lei che conosco perfettamente. E a volte questa cosa prendeva il controllo!»
Hoshi inarcò un sopracciglio allarmato. Non aveva mai sentito parlare di una cosa simile né aveva avvertito niente del genere nella sua esperienza; da un lato poteva spiegare alcuni comportamenti della ragazza a bordo dello Iustitia, ma lui voleva rimanere con i piedi per terra e non fare supposizioni troppo fantasiose.
«Kya ed io siamo sempre stati molto stretti… Ci vogliamo bene! Ma ad essere sincero, il suo affetto è sempre stato un po' soffocante. La realtà è che volevo cambiare, allontanarmi un po' da lei e per questo mi sono arruolato nel programma Parasite; pensavo che quella fosse la mia occasione per provare a vivere una vita diversa e quando ho ricevuto la lettera dell'I.P.U. credevo di avercela fatta, ma poi ho scoperto che Kya aveva fatto lo stesso… Avevo pensato che avesse scelto di arruolarsi dopo aver scoperto che ci sarei stato anche io, ma il suo numero di matricola era precedente al mio quindi doveva essersi presentata ancora prima di me! Ho deciso di lasciar perdere quella mia ricerca di qualcosa di nuovo e accettare il mio posto al suo fianco, ma da quando siamo arrivati a Mistilteinn è diventata sempre più ossessiva, troppo… Finché non ho potuto più sopportarlo.»
Ryo sembrò spegnersi. Aveva parlato così a lungo che credeva di aver detto troppo, rovinando la giornata al proprio compagno di squadra; ma l'unico motivo per cui Hoshi rimaneva in silenzio era perché sentiva che la sua storia fosse incredibilmente simile alla propria: come lui, Sato si era trovato in una situazione che non aveva chiesto e dopo aver cercato di trovare un compromesso aveva voluto uscirne. Si poteva contestare che Hoshi non avesse avuto neanche un decimo della pazienza dell'altro ragazzo, o che il suo rapporto con Momo non fosse neanche lontanamente difficile rispetto a quanto avesse fatto credere con le sue ansie, ma i protagonisti che vi avevano preso parte erano tutti molto simili, e avendo conosciuto Nakamura al peggio di sé non si sentiva in diritto di giudicare il suo compagno.
Una cosa era certa: Ryo sembrava aver atteso a lungo un'occasione per poter tirare fuori tutte quelle parole. Non si era confidato la prima volta perché i tempi non erano maturi, la decisione di separarsi era ancora bollente e Hoshi non avevo voluto essere indiscreto.
Sorrise. «Però sembra che nonostante tutto siate ancora rimasti buoni amici.» Commentò. «So che ha fatto il compleanno di recente, ma Nakamura aveva detto di non voler ricevere un trattamento diverso dal normale ma tu le hai regalato un paio di occhiali da sole…»
Ryo però non sembrò per niente contento di quello. «Sì, almeno finché non li ha rotti dopo avermi preso a botte…» Disse stringendo le spalle. «Non volevo fare finta che non esistesse, però appena le ho dato quel regalo è stato come se quella parte sconosciuta di lei prendesse immediatamente il sopravvento… Kya non riesce a trovare una via di mezzo per esprimere il proprio affetto nei miei confronti e ha pensato che quello fosse un modo per "perdonarla" e tornare a come eravamo prima… Ma non è così.»
Hoshi avvertì un profondo imbarazzo per aver portato alla luce quell'argomento. «Ti ha picchiato?» Domandò spalancando gli occhi. Ryo annuì debolmente, come se non ne volesse parlare.
Per un momento rimasero in silenzio e Hoshi immaginò la scena, molto simile a quando lui stesso era stato preso a pugni dalla ragazza. Allora lui aveva cercato di evitare Momo per un sacco di tempo e aveva capito di non poter continuare così; aveva odiato quella parte di sé e non avrebbe mai consigliato a nessuno di seguire le sue orme. Ma pur facendo la cosa giusta, Ryo ne era uscito scottato…
«Bé, direi che abbiamo qualcosa in comune adesso…» Ridacchiò mentre l'altro non capiva a cosa si riferisse. Solo dopo qualche secondo Ryo afferrò il concetto e si mise a ridere assieme a lui, e il modo in cui si piegò su sé stesso per ridere mostrò che ne avesse veramente bisogno.
Alla fine Hoshi sorrise un'ultima volta e si alzò con fare intraprendente, contento di aver risollevato un po' il morale del suo compagno di stanza.
«Va bene, allora dirò a Yoshiki se ci ospiteranno stasera.» Borbottò stanco. «Lui è bravo a preparare di tutto, ma può darsi che finiremo per ordinare del cibo da asporto perché dubito che avrà voglia di cucinare per troppa gente…» Sghignazzò un poco fermandosi sulla porta della stanza. Ryo lo seguì con lo sguardo e prima che potesse sparire lo chiamò di nuovo.
«Grazie per la chiacchierata.» Sussurrò con un sorriso gentile. Sì, Hoshi ci aveva visto giusto: Ryo ne aveva davvero bisogno.
 
*
 
Yuki respirava in modo impercettibile, Kya non si sarebbe neanche accorta del fatto che si era addormentato se non si fosse voltata a controllarlo un paio di volte. Povero ragazzo, doveva essere esausto; alla fine si erano sdraiati sul divano, testa contro testa, e se n'erano rimasti ad ascoltare i propri respiri come avevano detto senza dire e fare niente. A Kya andava bene così, era andata lì perché voleva vederlo e sapere come stesse; se stare in silenzio lo aiutava a rilassarsi un po', questo era ciò che avrebbero fatto.
Tuttavia non durò molto. Yuki aveva dormito forse un quarto d'ora prima che fosse svegliato da un dolore lancinante, costringendolo ad alzarsi lamentandosi, tenendosi le mani sulla fronte come se dovesse cadergli la testa da un momento all'altro.
«Ti prendo qualcosa?» Domandò allarmata la ragazza tirandosi su dal divano e accostandosi a lui. Yuki scosse la testa velocemente, poi deglutì e rimase immobile per qualche secondo a respirare profondamente. Poi cambiò idea.
«Sì, anzi… Potresti prendere la scatoletta di medicine azzurra sul mio comodino?» Con una mano tremante indicò la porta che conduceva all'altro lato dell'appartamento, verso la camera da letto.
Ancora un po' intontita, Kya scattò in piedi e si diresse nell'altra stanza lasciandosi alle spalle i gemiti di Yuki; era la prima volta che entrava nella sua camera, cercò di non distrarsi ma era una sensazione che non poteva completamente ignorare, le sembrò di star ficcanasando in giro. Gettò una rapida occhiata ai due letti, uno dei quali sfatto e disordinato, prima di indovinare quale fosse di Yuki e gettarsi sul comodino per cercare la scatola descrittale. Quando fu tornata nel soggiorno, la lasciò a lui per andare a prendergli un bicchiere d'acqua.
Il ragazzo ingoiò la pillola e bevve un sorso d'acqua ringraziandola, poi restituì il bicchiere e si accasciò di nuovo sul divano, respirando a tratti interrotto dagli spasmi. Si nascose il viso dietro a un braccio e attese che il dolore passasse, e Kya con lui senza mai togliergli gli occhi di dosso, un po' incerta su cosa fare per farlo stare meglio.
Quando Yuki divenne meno teso, pensò di potersi sedere nuovamente al suo fianco e gli si avvicinò.
«Sta passando?» Chiese con voce flebile. Yuki non rispose, inspirava ed espirava più a fondo adesso. Quando sollevò il braccio che gli copriva gli occhi, la ragazza sentì il suo sguardo su di sé e pensò di aver detto qualcosa di male.
«Ancora no… Dammi qualche minuto.» Mormorò stanco. Kya annuì e si fece indietro, ma a quel punto Yuki distese le braccia e andò a cercare una sua mano per stringergliela. «Grazie.» Sussurrò tenendo gli occhi chiusi.
Kya lo guardò senza capire e rimase in silenzio. Non aveva fatto nulla, non sapeva perché Yuki si fosse sentito in bisogno di ringraziarla; semmai, il fatto di non poter fare altro che stare a guardarlo mentre soffriva la faceva sentire orribilmente.
Passarono i minuti e Kya pensò che sarebbero potute passare anche ore intere e lei non si sarebbe mossa; ma la presa di Yuki si era allentata, le rughe sulla sua fronte si erano nuovamente distese e il respiro era tornato regolare e impercettibile, segno che il ragazzo stesse meglio. Le occhiaie c'erano sempre, ma quello era ormai il suo segno distintivo e quasi qualcosa a cui Kya associava tenerezza.
«Sei riuscita a fare pace con il tuo Ryo?» Domandò di punto in bianco lui, tranquillo. Quella domanda la prese alla sprovvista, Kya dovette riordinare i pensieri come poté; non aveva preparato cosa dire quando era arrivata là e dopo aver trovato Yuki in quello stato aveva pensato solo a farlo stare meglio. Ma che cosa poteva dire della sua situazione a dir poco disastrosa?
«No…» Borbottò evitando di guardare verso Yuki. «A dire il vero ho peggiorato le cose…»
«In che senso?» Le fece eco lui aprendo un occhio e fissandola stranito, leggermente in disappunto che lei stesse chiaramente evitando il suo sguardo.
Kya tentennò. «Qualche giorno fa ha voluto farmi un regalo per il mio compleanno e mi ha detto che anche se non vuole pilotare con me non significa che non mi voglia bene o qualcosa del genere…»
«Kya!» Yuki si tirò su di colpo. «Hai fatto il compleanno e non me lo hai detto?»
Yuki la fissò come se avesse appena omesso qualcosa di estremamente importante, ma lo sguardo che gli restituì lei fu di totale smarrimento. Gli occhi di lei andarono da un lato all'altro, suscitando il divertimento del ragazzo.
«Quanti anni hai fatto?» Le chiese sorridendo.
«Quindici…» Borbottò lei come se una parola fuori posto l'avrebbe messa nei guai. A quel punto Yuki le lasciò la mano e la abbracciò con trasporto.
«Buon compleanno, anche se in ritardo!» Le disse abbandonando la testa sulla spalla della ragazza. In un primo momento Kya fu solo confusa da quel gesto, ma con il passare dei secondi senza che Yuki si allontanasse nel suo petto cominciò a nascere un dolce tepore che quasi la fece piangere; era una sensazione diversa da quando Ryo le aveva fatto il suo regalo, lì era stata estatica come se avesse vinto una scommessa e aveva ricevuto la conferma di essere ancora amata dal suo migliore amico – prima che lei rovinasse tutto brutalmente – ma adesso tutto quell'affetto da un ragazzo che non aveva motivo di mostrargliene la stava facendo sentire confusa.
Le tremò un labbro e non riuscì a emettere un suono, ma Kya rispose all'abbraccio stringendogli le spalle e insieme rimasero in quella posizione per qualche istante. Poi fu di nuovo Yuki a sciogliere l'abbraccio e tornare a guardarla dritto negli occhi, pieno di entusiasmo.
«E che cosa ti ha regalato? E' una buona notizia, no? Sorridi un po'!» Era come se si fosse trasformato. Kya si era messa a sua disposizione e aveva rispettato la sua tristezza, ma sembrava che adesso proprio per tirarla su di morale il ragazzo stesse riflettendo la sua energia.
Kya borbottò qualcosa senza riuscire a parlare e si ritrovò a stuzzicarsi un occhio dopo averlo sentito bruciare, incapace di fermare le lacrime che le sgorgarono sulle guance. Yuki sorrise; era ovvio che la maschera di sicurezza e spensieratezza della ragazza stesse cedendo, ma volle supportarla nel miglior modo possibile senza metterla a disagio.
«Mi ha regalato degli occhiali da sole…» Borbottò alla fine lei senza riuscire a riprendere il controllo di sé, e anzi iniziando a singhiozzare incontrollabilmente.
«Voglio vedere come ti stanno! Ce li hai qui con te?» Le chiese lui continuando a rassicurarla, un po' sorpreso da quella reazione incontrollabile. Ma Kya scosse la testa e a quel punto non riuscì più a trattenersi.
«Non ci sono più… Li ho rotti!» Pianse a dirotto. Yuki fu preso alla sprovvista da quella reazione e pensò che ci fosse qualcosa che non gli aveva ancora detto, quindi cercò di aiutare Kya ad asciugarsi il volto. «Io… Sono stata una stupida e ho rovinato tutto!»
Preoccupato dai pianti della sua amica, Yuki le disse che non c'era bisogno di andare oltre se non voleva raccontargli cosa fosse successo e la abbracciò per farla sentire al sicuro. Per un po' Kya non fece altro che piangere a dirotto sentendosi un'idiota per quella scenata, poi lentamente riuscì a calmarsi un po' e finalmente raccontò a Yuki della sua sfuriata subito dopo del regalo di Ryo.
«Mi dispiace, Kya…» Mormorò il ragazzo incredulo. «Purtroppo… Certe volte le persone non sono facili da capire e sbagliamo come comportarci. Non significa che tu sia una brutta persona per quello che è successo, né che Ryo lo sia…»
Lei scosse la testa e si costrinse a fermare le lacrime mentre Yuki le passava un fazzoletto sul volto. Lo ringraziò per tutte quelle dolci parole e poi si concesse uno sbuffo:«Che stupida! Ho finito per parlare solo di me… Tu che mi dici? Come si sta comportando quell'antipatico di Kano?»
«Ci tiene all'erta.» Rispose il ragazzo, conscio del desiderio di lei di non parlare più di quella cosa. «E' decisamente più rilassato di prima, ma la cosa più bella è il fatto di essere tornati a poter parlare dei nostri compagni morti senza dover far finta che non fossero mai esistiti.»
«I vostri compagni…» Mormorò Kya come se si fosse appena ricordata della sfortunata coppia dell'Asphodelum. «Non ti ho mai detto quanto mi dispiaccia che abbiate dovuto affrontare tutto questo… E non poterne parlare con nessuno del gruppo…»
«E' passato. Ora siamo due squadre unite, possiamo parlarci quando vogliamo!» La interruppe lui. Kya abbassò lo sguardo pensierosa; aveva ragione, dovevano concentrarsi sul presente e sul futuro, piuttosto che restare ancorati al passato. Anche lei avrebbe voluto riuscirci.
«Ehi, Yuki…» Mormorò timidamente. Kya iniziò a giocherellare con l'orlo dell'uniforme del ragazzo, spazzolando le sue spalline come se volesse cacciare fino all'ultimo grammo di polvere. «Tu hai mai baciato una ragazza?»
Confuso, Yuki si allontanò un poco e le mandò un'occhiata interrogativa, rispondendo con un filo di voce:«No…»
«Neanche io…» Fu la reazione telefonata di lei, che però subito si allarmò e volle precisare. «Un ragazzo! Intendo un ragazzo!»
A Yuki sfuggì una risata, ma ancora non capiva quale fosse il punto del discorso di Kya. Lei inspirò a fondo e sembrò raccogliere tutte le energie per ricomporsi e tornare a parlare con un tono di voce normale.
«Da un po' di tempo… Mi sono venuti strani pensieri in testa.» Mormorò temendo che l'amico potesse fraintendere le sue parole, pregando che la lasciasse finire prima di reagire. «Ho… Paura che la mia storia si possa interrompere prima del previsto, che tutto quello che avevo previsto e sognato non si possa mai avverare… Perché mi sono resa conto di quanto possano essere fragili le nostre vite…»
«Kya, ma di che accidenti stai parlando?»
«Sono cose normali da pensare, credo!» Si affrettò a dire lei. «E' stato quello che ho sentito qua che mi ha fatto riflettere…»
«Non sono cose normali!» Esclamò Yuki, interrompendola di nuovo. «Pensare che potresti morire in battaglia non deve essere un pensiero normale! Specialmente da parte tua!»
Stava usando il suo carattere contro di lei, ma ciò significava che non aveva il diritto di sentirsi insicura?
«Come faccio a non pensarci, quando attorno a me ci sono persone che sono scampate alla morte per un soffio?» Esclamò lei prendendogli le spalle. «Tu, Ai, anche la partner del tuo caposquadra! Se è successo a voi, potrebbe succedere anche a me; non importa quanto io sia preparata! E non mi sto riferendo solo alle nostre battaglie…»
Yuki rimase in silenzio e ascoltò ciò che aveva da dire. Kya gliene fu grata e ne approfittò per ricomporsi e riprendere fiato.
«Io potrei morire in qualsiasi momento. Potrei attraversare la strada e venire investita, potrei ammalarmi di punto in bianco… Così come potrei scivolare mentre faccio la doccia e sbattere con la testa o strozzarmi con il cibo. Non posso controllarlo e da quando vi ho conosciuti non posso fare neanche a meno di pensare a tutte queste eventualità.»
«E allora? Visto che c'è la lontana possibilità che tu muoia facendo il bagno, smetterai di lavarti?» Le domandò sarcastico Yuki, che aspettava che la ragazza arrivasse al punto. Kya scosse la testa come irritata.
«Certo che no! Ma ho comunque il diritto di avere paura, no?»
«Kya, puoi avere paura di qualcosa che sia razionale…» Provò a spiegarle. «Vivere la vita temendo di cadere in un tombino a ogni passo non può portare a nulla di buono.»
«Lo so!» Sbottò Kya allontanandosi. «Lo so, ma…»
Yuki la vide intristirsi come se si fosse resa conto di quanto fosse assurdo ciò che aveva detto, e nonostante ciò sembrò comunque profondamente turbata.
«Io ho paura… Ah, lascia stare.»
«No, ora me lo dici!» La incalzò seccato. Kya lo guardò come se le avesse appena detto qualcosa di profondamente offensivo. Ci volle un po', ma alla fine la ragazza smise di pensarci e si decise a parlare.
«Ho paura che non riesca ad arrivare a provare tutte quelle cose che ho sempre voluto dalla vita.» Parlò il più velocemente possibile, ma nonostante ciò Kya non riuscì a impedire che la voce le tremasse. «Ho sempre pensato che Ryo sarebbe stato il mio primo bacio, ma adesso che non mi vuole io non so cosa fare e ogni giorno mi immagino come sarebbe se io morissi senza aver prima avuto l'occasione di dare un vero bacio a qualcuno, oppure se non riuscissi a rivelargli tutti i miei sentimenti prima di…»
Yuki le afferrò le mani e la costrinse a tenerle ferme. Si stava agitando troppo e più si agitava, più il cervello viaggiava; la fece calmare in modo che tornasse a respirare regolarmente e le disse di non farsi tutte quelle domande.
«Sei preoccupata perché quello che è successo recentemente ha scombinato i tuoi piani e ti ha fatto credere di non essere all'altezza della situazione, ma non hai motivo di preoccuparti.» Le disse con voce tranquilla, lo sguardo fisso su di lei nonostante Kya stesse fissando le proprie mani che non smettevano di tremare. «Sei una Parasite eccezionale e la prossima battaglia lo confermerà. Per quanto riguarda l'amicizia con Ryo, lui stesso ti ha detto di volerti ancora bene, no? Anche se hai perso il controllo e combinato un disastro, un incidente non distrugge anni e anni di amicizia profonda! Devi solo avere pazienza, lasciare che si schiarisca le idee e tutto si sistemerà!»
«Ma se non dovesse sistemarsi? E se dovessi commettere un altro errore? Nella nostra ultima esercitazione non avevamo previsto i droni impazziti e lì mi sono fatta male…»
«Se cerchi di prevedere ogni mossa del nemico finirai solo per rendere prevedibili le tue di mosse!» Sbottò seccato Yuki, scuotendo la testa vigorosamente. «Vivi sul momento, cerca di fare del tuo meglio! Sbaglio o è sempre stata questa la tua filosofia di vita? Perché dovrebbe cambiare adesso?»
Kya stava per ribattere che era stata proprio quella filosofia a portarla lungo quella strada, ma si rese conto che era comunque sempre rimasto il suo obiettivo primario: anche dopo aver perso Ryo, il suo obiettivo era rimasto quello di lavorare giorno per giorno per riconquistarlo. E quindi non aveva necessariamente perso di vista tutto quello.
«Quindi… In nome di questa filosofia di vita, se io ti chiedessi un bacio qui e ora, tu cosa risponderesti?» Le parole vennero fuori da sole, senza che Kya avesse il tempo di rifletterci: era quello che voleva, ma allo stesso tempo temeva di starsi illudendo che un semplice bacio avrebbe fatto la differenza nella sua vita. Era una di quelle cose che aveva sempre sognato e voleva farlo a tutti i costi, ma valeva veramente la pena di forzarlo in quel modo?
Yuki era senza parole. Per la prima volta vedeva del puro imbarazzo negli occhi della ragazza, ma nonostante ciò manteneva sempre la sua determinazione e quell'aria da comandante che la contraddistingueva ovunque andasse; Kya non poteva veramente avergli chiesto di baciarla, o aveva sentito bene? Ma quello che preoccupava Yuki era il motivo per cui glielo avesse chiesto.
«E' a questo che stavi pensando…?» Balbettò senza fiato. Lei lo zittì.
«Se dovessi morire questa settimana, me ne andrei senza aver neanche mai dato un bacio a un ragazzo! Se voglio vivere alla giornata devo iniziare a pensare in questo modo! Sono sicura che puoi capirmi, anche tu avrai dei rimpianti, no?»
«Sì, ma… Non è questo che…» Yuki si portò una mano alla testa, le dita affondarono tra i capelli spettinati e prese a scompigliarli sempre più freneticamente. Era visibilmente in difficoltà, la domanda lo aveva colto totalmente alla sprovvista e l'imbarazzo stava crescendo.
«Voglio solo una risposta, Yuki.» Mormorò alla fine lei abbassando lo sguardo. Adesso era lì con il cuore in mano che gli chiedeva solo di essere sincero. «Se io te lo chiedessi, mi baceresti?»
Yuki sentì il cuore battere talmente forte che temette di avere un altro dei suoi attacchi: ma questa non era una crisi epilettica, era solo l'emozione di un evento inaspettato che non credeva avrebbe mai vissuto, l'ansia di dover scegliere per rispondere alla sua amica, nonché il fatto di essere così vicino a un'esperienza speciale con l'altro sesso.
Gli mancò il respiro e per un momento credette di svenire. Si guardò intorno alla ricerca di aria, poi scoprì che le sue mani erano ancora unite a quelle di Kya e ritrovò improvvisamente la compostezza.
Tornato a guardarla in faccia, Yuki tentennò ancora qualche secondo, ma iniziò il discorso:«Io… Credo di sì, forse…»
Le guance di Kya divennero rosse. Lo erano già da un po', ma adesso la differenza fu lampante e tutto il suo corpo si mosse mentre inspirava a fondo dopo aver realizzato di aver ottenuto una risposta affermativa.
«Non mi dispiacerebbe, ecco…» Borbottò ancora distogliendo lo sguardo e arrossendo a sua volta. Non aveva notato quanto quella buffa e rumorosa ragazza potesse essere graziosa, una volta spostato quel velo di arroganza che si trascinava dietro.
«Okay.» Sospirò lei e Yuki vide le sue spalle abbassarsi immensamente, come se le fosse stato tolto un peso enorme.
Si guardarono per alcuni secondi, incerti sul da farsi. Poi fu Yuki stesso a domandare, forse con una punta di impazienza di troppo:«Quindi?»
«Sì, scusa!» Scattò lei. «Cioè, se non ti dispiace, per me va bene.»
«A me non dispiace!» Borbottò lui con voce meccanica.
«Neanche a me!» Rispose Kya come un pappagallo. Entrambi erano diventati rigidi come manichini, la voce eccessivamente alta a mascherare l'imbarazzo.
Kya sentì un labbro tremarle, era sicura che avrebbe sentito anche i denti battere se non si fosse data un controllo. Ma non poteva farci niente, era una grossa questione per lei e lo stesso valeva per Yuki a giudicare dal suo sguardo, fisso su di lei ma che continuava a guizzare tra i suoi occhi verdi e le sue labbra rosa, colmo di anticipazione.
Lei si piegò leggermente in avanti e lui la seguì; mani unite, le gambe si stavano toccando a causa della loro posizione sul divano. Tesero in avanti le labbra, questa volta veramente incerti sul da farsi: pensavano fosse così che si facessero quelle cose, ma sia Kya che Yuki si resero conto di non aver mai visto esattamente come avvenisse un bacio nella realtà.
I loro occhi vicinissimi, finirono entrambi per serrare le palpebre incapaci di reggere all'imbarazzo di vedere il volto dell'altro così vicino. Sentirono i propri respiri sulla pelle, il calore dell'altro a un centimetro dal contatto… Poi la porta dell'appartamento si aprì di colpo ed entrambi schizzarono in direzioni opposte come due magneti della stessa carica.
Non erano riusciti a baciarsi, eppure erano rimasti entrambi senza fiato e stavano sudando come se fossero rimasti ore sotto al sole di agosto. Sentirono la voce di Kano in fondo alla stanza che li salutava, ma nessuno dei due riuscì a seguirlo e lentamente i loro sguardi si incrociarono nuovamente, carichi di vergogna da entrambi i lati; Kya si teneva una mano davanti alla bocca come se avesse paura di strillare mentre Yuki aveva le labbra incollate tra loro e improvvisamente secche.
«Ehi, ragazzi! Che vi prende?» Borbottò il caposquadra quando arrivò di fronte al divano senza ricevere una risposta.
«C-ciao Shinji! Hai finito l'allenamento con Saki?» Balbettò Yuki, che essendo il compagno di stanza del ragazzo si sentì in dovere di accoglierlo per primo. Kya lo seguì poco dopo mandandogli un cenno cordiale, ma dentro ancora faticava a contenere l'esaltazione. Credeva che se non si stesse parlando nella stanza in quel momento, avrebbero potuto tutti sentire il rumore impazzito dei suoi battiti.
«Sì, siamo arrivati e abbiamo scoperto che era tornata la Squadra Anemone, ma voi due che avete?» Domandò Kano con un'aria troppo innocente per sembrare sospettoso.
«E' colpa tua!» Sbuffò Kya trovando finalmente la sua solita baldanza. «Hai aperto la porta con tanta foga che ci hai fatto saltare il cuore in gola!»
«Ah, scusa tanto se avevo fretta di salutare i miei amici che non vedo da tanto tempo!» Le rispose a tono lui, continuando a scherzare. Kya ammiccò e per un momento sentì di non star più pensando a tutto quello che lei e Yuki si erano detti; c'era ancora la sensazione di aver mancato un'occasione importante in quel momento e i dubbi che aveva di certo non sarebbero spariti, ma sapeva di potersi ancora comportare normalmente di fronte agli altri e per questo non le sembrò di star fingendo nulla quando tornò a sorridere.
«Sei uno scemo, proprio come ricordavo!» Si alzò per abbracciarlo e il ragazzo la accolse con allegria. Era incredibile come fosse cambiato il suo comportamento in quelle poche settimane; Kya non era sicura che Kano sarebbe stato così socievole da subito, se fossero rimasti a Desia ancora a lungo.
«Ehi, aspetta…» Shinji si divise dall'abbraccio e fece un passo indietro, agitandosi un poco. Lei lo fissò con sguardo interrogativo e rimase in attesa mentre continuava ad annaspare.
«Mi dispiace. Ho detto un sacco di cose cattive quando tu e la tua squadra siete venuti qui la prima volta, in particolare ho trattato te malissimo e non ti ho mai chiesto scusa seriamente…»
«Ma stai ancora pensando a quella storia?» Lo incalzò lei agitando una mano con noncuranza. Ma quella per Kano sembrava essere una questione molto più seria di quanto la ragazza desse a vedere e rimase impassibile.
«Ti ho mancato di rispetto e nel frattempo tu ti sei presa cura di Yuki e degli altri miei compagni di squadra.» Continuò lanciando una rapida occhiata al ragazzo rimasto seduto sul divano. «La mia squadra deve a te molto più di quanto pensi, per questo spero di poter riuscire a ripagarti in qualche modo…»
Kya gli posò una mano sulla spalla e sorrise. «Vedi solo di non essere una palla al piede quando affronteremo gli alieni!» Scherzò suscitando le risate sia di Kano che di Yuki.
«Se la metti così, dovrò sfidarti di nuovo a chi uccide più VIRM!» Commentò sarcastico il caposquadra. Questa volta fu Kya a ridere e disse che ne avrebbe fatto volentieri a meno, poi la ragazza cambiò argomento e iniziò ad andarsene dicendo di essere passata solo per un saluto veloce.
«Aspetta…» La chiamò Kano voltandosi. «Perché non… Mangiamo assieme? Questa sera, dico. Abbiamo un sacco di cose da dirci e Saki, cioè… La mia partner mi ha detto che voi ragazzi mangiate tutti assieme a casa vostra, sarebbe bello formare un po' di spirito di squadra in questo modo.»
Kya non capì come facesse Yumu a sapere delle loro abitudini a Mistilteinn, ma se si trattava di un'occasione per mangiare senza dover cucinare avrebbe accettato ad occhi chiusi. «Posso portare qualcun altro?»
«Certo! Porta chi vuoi, io avevo già parlato con qualcuno della nostra squadra per invitarli, stavo solo aspettando la tua conferma.»
«Allora hai la mia conferma!» Rispose decisa lei, il suo sorriso furbo nuovamente presente come se niente fosse. Si diresse nuovamente verso l'uscita e con tono drammatico esclamò:«Vedi di preparare un sacco di roba buona, perché sarò molto affamata quando tornerò qui!»

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Capitolo 65
*** Lasciare il segno ***


Alla fine nell'appartamento di Kano e Tsunami si riunirono quattordici persone: oltre ai tre che si erano incontrati quella mattina e la partner di Yuki, Kya invitò anche Momo e Kaoru, che a sua volta invitò Aiko; la ragazza quando seppe che Takagami, Ōkubo e Ogura con il proprio partner sarebbero stati lì, accettò senza farselo dire due volte. Suzuko, Rin e suo fratello si unirono al gruppo dopo averne parlato con Aiko e quando arrivarono sul posto scoprirono che anche Kawa sarebbe stata tra i presenti. Quest'ultima si era fatta coraggio e si era unita al gruppo nonostante né il suo partner né la sua compagna di stanza fossero presenti.
Kano fu sorpreso di vedere arrivare così tanta gente; pur essendosi preparato in anticipo, non pensava che avrebbe avuto così tante persone da servire e temette di non riuscire a cucinare abbastanza per tutti, ma nonostante le ultime parole che gli aveva riservato Kya quella mattina a nessuno sembrava importare veramente di mangiare; tutti volevano solo passare un po' di tempo in compagnia, raccontarsi quello che fosse successo nelle ultime settimane e divertirsi come gli adolescenti che erano, senza dover pensare all'opprimente futuro.
Lo stesso accadde nella stanza di Yoshiki e Tetsuya, che dopo la richiesta di Hoshi decisero di invitare altre persone: se proprio dovevano cenare insieme, valeva la pena di fare le cose in grande! Così al gruppo si aggiunsero Naho, Harada e Saitō, la sua partner Igana e Yumu. I ragazzi avevano tanto da raccontarsi dopo le ultime settimane passate da separati e così non mancarono di certo gli argomenti per la serata, ma il giorno dopo molti di loro sentivano che fosse mancato qualcosa; che fosse l'assenza di Suzuki a entrambe le serate, il fatto che i gruppi si fossero separati o che dovessero prepararsi agli imminenti ultimi test prima della battaglia con i VIRM, la sensazione era che le due squadre potessero fare molto di più.
E così l'idea di ripetere la rimpatriata, questa volta unendo i due gruppi e includendo tutti quanti, facendo le cose per bene prima di salire sugli Stridiosauri e lottare per la città, fu avanzata da Kya e appoggiata da altre ragazze.
A Kano e gli altri l'idea non sembrava male, l'unico problema era il fatto che la ragazza volesse farlo proprio la sera prima della battaglia, il che avrebbe comportato alcuni rischi per la loro concentrazione, ma Nakamura insistette così tanto che alla fine le fu dato il via libera.
Il tutto si doveva svolgere all'oscuro degli adulti però, che avrebbero sicuramente disapprovato altri bagordi in una situazione così delicata; ma c'era un altro motivo ben più importante per cui Kya voleva mantenere il segreto.
«Non è una festa senza alcol!»
Naho la stava pregando di usare il cervello e capire che ubriacarsi la sera prima di affrontare un esercito di alieni assassini fosse una pessima idea, ma lei non ci voleva proprio arrivare. Disse di aver parlato con Tsunami e il ragazzo le aveva confidato di non aver mai fatto niente del genere come squadra. Ovviamente non avevano alcuna possibilità di comprare una bottiglia al supermercato più vicino, ma sapevano dove trovare qualcosa di buono senza dover nemmeno lasciare il palazzo: Igana le aveva raccontato che la loto coordinatrice Kyu era una grande appassionata di vini e nel suo appartamento possedeva un piccolo ripostiglio dove conservava esclusivamente alcolici di tutti i tipi; sarebbe stato possibile prendere in prestito una bottiglia o due dalla sua stanza e nessuno se ne sarebbe accorto!
«Hai intenzione di intrufolarti nella stanza di Kyu?!» Sbottò esasperata Naho.
«E hai intenzione di rubare, ancora?!» Questa volta fu Momo a commentare, ricordando come l'ultima volta che fossero stati a Desia Kya si fosse cimentata in un altro tipo di furto.
«Ragazze, non capisco perché siate tanto sorprese. Lo abbiamo già fatto!» Rispose tranquillamente la caposquadra, che continuava a mordicchiare il bastoncino di un lecca-lecca senza sapere dove buttarlo.
«Tu lo hai già fatto! E sarebbe il caso che la smettessi!» Momo le puntò un dito contro, facendola indietreggiare leggermente. La ragazza non si scompose e anzi, dopo un attimo di sorpresa, riprese a sorridere.
«Bé, però mi sembra che tu abbia sempre gradito… Non mi pare giusto dare la colpa solo a me quando avete tutti goduto dei frutti del mio lavoro.»
Momo fu talmente interdetta che non riuscì a trovare alcun modo per ribattere; Kya aveva ragione, lei non poteva aprire bocca dopo quanto messo in mostra l'ultima volta che avevano festeggiato.
«E voi non dite niente?» Borbottò Naho voltandosi verso le altre ragazze riunitesi nella stanza di Kya e Momo: Tomoko, l'informatrice del gruppo, Rin che non vedeva l'ora di mettersi all'opera e poi Tooru, Takagami e Ai che si erano ritrovate lì quasi per caso dopo aver seguito Igana. «E' la vostra coordinatrice, vi sta veramente bene?»
«Lo sai perché sono qui.» Rispose sbrigativa Rin, che ormai era un'esperta a infiltrarsi in luoghi proibiti, ma in fondo la domanda non era rivolta a lei. Tomoko fu la prima a rispondere, estremamente tranquilla.
«Sono stata io a proporre di prendere i liquori di Kyu. L'idea di Nakamura mi piace e adesso sono curiosa…» Disse con un sorriso divertito. Naho sospirò vistosamente.
«La voce della ragione mi direbbe di fermarvi…» Mormorò Naka, che anche quando era in un luogo sicuro non lasciava mai andare la mano di Ogura. «Ma onestamente, la cosa è troppo interessante. Anche io vorrei capire cosa ci trovano gli adulti in queste cose…»
«Anche io voglio provare.» Commentò Ai, stranamente pimpante quella mattina. Sembrava che la notizia della festa l'avesse riempita di energie. Naka dovette però smorzare il suo entusiasmo.
«No, tu no, Ai.» Le disse con tono dolce.
«Perché no?» La ragazza si voltò delicatamente verso la sua amica con disappunto.
«Le tue medicine non possono essere mischiate con l'alcol. Mi dispiace, cara!»
Naka le diede una carezza come per rincuorarla dopo aver notato il suo impercettibile ma comprensibile cambio di umore. Anche se non riusciva a mostrarlo né a comprenderlo, Ai poteva provare disappunto e sentirsi offesa come tutti e quando succedeva era uno spettacolo deplorevole per le sue amiche.
«Troveremo una soluzione, non ti preoccupare!» Intervenne Kya raggiante, che non sembrava intenzionata a lasciarsi fermare dalle controindicazioni dei medicinali di Ai. Si sporse in avanti per darle una carezza sulla testa e Ai alzò lo sguardo, sollevata questa volta.
«Non abbiamo ancora deciso niente!» Sbuffò Naho polemica, che però cominciava a trovarsi senza appoggio. Kya si voltò rapidamente verso di lei, tornando all'attacco.
«Oh, andiamo! Vuoi dire che non vorresti sfruttare nuovamente l'occasione per farti portare in braccio da Yoshi?» Sbatté vistosamente le sue grandi ciglia posando lo sguardo su di una Naho che diventava rapidamente di un colore tendente al bordeaux per la vergogna. Pensava che tutti avessero dimenticato quell'episodio, come faceva a ricordarlo proprio Kya che quella sera era ubriaca marcia?
«E-ehi, non abbiamo ancora sentito cosa ne pensa Tooru…» Borbottò Momo nella speranza di distogliere l'attenzione da quell'argomento spinoso per l'amica. Gli sguardi si posarono tutti sulla ragazza che non aveva aperto bocca sin dal suo arrivo.
Stavano aspettando proprio che parlasse lei. Tooru le guardò tutte in faccia, tutti quei volti che attendevano una risposta, si aspettavano qualcosa di intelligente da parte sua altrimenti non le avrebbero dato la parola, ma poteva veramente aggiungere qualcosa di rilevante al discorso? Credeva di aver seguito bene l'argomento, ma non era sicura di aver capito perfettamente quale fosse l'obiettivo; non era neanche sicura che provare degli alcolici fosse tra le sue priorità nella vita, stava semplicemente pensando a come non volesse combinare cazzate il giorno della battaglia e le sembrava che quella festa avrebbe rischiato di aumentare la possibilità che ciò si verificasse. Pensava che forse avrebbe dovuto opporsi, agire come voce della ragione per una volta e non lasciare che lo stomaco prendesse tutte le decisioni; che poi non sapeva neanche se il desiderio di provare dell'alcol fosse veramente dettato dallo stomaco o si trattasse più di una reazione chimica e… Un momento, avevano parlato di farsi portare in braccio da qualcuno? Anche a lei sarebbe piaciuto farsi portare in braccio da un bel ragazzo come una principessa dei cartoni animati, quelli che guardava da piccola e che ogni tanto rispolverava per via della nostalgia; non aveva mai provato nulla di simile, possibile che un po' di alcol bastasse a scombinare le cose perché si verificasse una cosa tanto assurda? Ma sarebbe morta dalla vergogna se si fosse trovata nelle condizioni di aver bisogno di essere portata in braccio dopo aver bevuto, e comunque era troppo imbranata per fare la principessa e avrebbe rischiato di farsi odiare da chiunque fosse stato abbastanza gentile da aiutarla. Però ripensandoci, l'alcol avrebbe aiutato a scacciare l'imbarazzo in una situazione del genere, o no? Ma aveva ancora gli occhi di tutte puntati addosso, era rimasta a pensare troppo a lungo; doveva trovare una risposta in fretta, altrimenti avrebbero pensato che fosse una presuntuosa che preferisce non mischiarsi a loro e non l'avrebbero più interpellata!
«Ehm…» Balbettò sentendo il proprio equilibrio vacillare, come se fosse stata colpita da un'improvvisa vertigine dopo essersi sforzata troppo a riflettere. «Mi piace, forse? Come idea intendo. Insomma, sarebbe divertente farlo! Credo.»
«Bene, è deciso!» Reagì subito Kya con un sorriso smagliante.
«No! Perché non chiediamo anche a qualcun altro se è una buona idea?» La fermò Naho afferrandola dall'uniforme. Kya sbuffò vistosamente prima di chiederle a chi avrebbero dovuto chiedere.
«A Suzuko, per esempio.» A quella risposta, lo sguardo di Kya si assottigliò.
«Lo sai che sarebbe contraria a prescindere.» Borbottò. «Motivo per cui non l'ho voluta informare.»
«Ah, quindi non era contemplata l'idea di avere un'opposizione a questa scellerata idea?»
«Ma insomma, non capisco perché tu ti opponga così tanto!» Kya sbuffò alzando lo sguardo con esasperazione. «Vogliamo divertirci, fare un po' di baccano senza doverci sentire in trappola per colpa dei VIRM, perché non possiamo farlo?»
«Il problema è che vuoi farlo subito prima di una battaglia importante! Se la squadra perde la concentrazione, rischiamo gravi conseguenze!» Reagì stizzita Naho, che cominciava a irritarsi per la testardaggine della sua amica. «Ma perché dobbiamo proprio farlo stasera?»
«Perché, quando dovremmo farlo?» La voce di Kya si alzò un po' troppo, facendole fare un acuto sgradevole che sorprese anche lei. Le ragazze all'interno della stanza si guardarono senza dire niente, improvvisamente più serie che mai; nessuno aveva detto chiaramente cosa intendesse Nakamura, ma tutti avevano intuito il peso dietro a quelle parole apparentemente buttate a caso.
Momo avrebbe voluto aiutare Naho a risolvere quella disputa, far ragionare la sua amica essendo la ragazza più posata tra loro due, ma si ricordò di quanto le aveva confidato giorni prima ad Anemone e non ebbe la forza per andarle contro sapendo cosa le stesse passando per la mente in quel momento.
«Naho…» Le posò una mano sulla spalla per farle segno di calmarsi. Non c'era bisogno di alzare la voce, avrebbero solo rovinato l'atmosfera che c'era tra loro. «Possiamo farlo responsabilmente. Lasciaci divertire un po', saremo più rilassati in vista della battaglia.»
Naho non aveva neanche pensato all'eventualità che quella necessità di festeggiare fosse dovuta alla tensione in crescita alla vigilia dello scontro con gli alieni; semplicemente conosceva troppo bene Kya e aveva pensato che quello fosse solo un altro pretesto per far festa. Momo riuscì non solo a calmarla, ma anche a farle capire quanto fosse veramente irrequieta la loro amica.
«E va bene.» Sospirò alla fine. Kya lanciò un gridolino di giubilo e si avvicinò per darle un bacio di ringraziamento, ma Naho rimase seria. «Ma non combinate guai! E se vi beccano, io non voglio saperne niente!»
«Non ci beccheranno!» Liquidò così quei pensieri la caposquadra, un gesto con la mano che esprimeva totale spensieratezza e sicurezza nelle proprie capacità. Naho sperava che fosse veramente come diceva, anche perché spiegare un furto nell'appartamento di uno dei coordinatori della squadra che li ospitava sarebbe stato vergognoso.
Vide Kya voltarsi con Rin e Tomoko e iniziare a parlottare del piano. Sembrava che Kano fosse già d'accordo con l'idea di far festa ma nessuno al di fuori di quella stanza aveva ancora saputo dell'alcol; avevano intenzione di sorprendere il resto del gruppo tirando fuori il bottino all'ultimo momento. Ognuno sembrava già avere un ruolo e restava solo da decidere chi sarebbe andato a intrufolarsi nell'appartamento di Kyu; era sicuro che sarebbero state proprio Kya, Rin e Tomoko che cominciavano ad andare d'accordo insieme, ma a un tratto si fece avanti Ai.
«Anche io voglio venire con voi.» Dichiarò tranquilla, ma con una punta di ansia nella voce.
Gli sguardi che le si rivolsero furono dei più disparati, tra la confusione di qualcosa che non riuscivano a capire e la sorpresa di vedere Ai così decisa.
«Ai, potrebbe essere rischioso…» Abbozzò Naka voltandosi verso di lei. Stava pensando che sarebbe stato meglio farla aiutare con qualcosa di più semplice, senza rischiare di farla finire nei guai, ma la ragazza rifiutò categoricamente fissandola dritto negli occhi.
«Voglio aiutare. Voglio andare in missione!»
Era come se stesse prendendo quella cosa come un gioco, e in fondo lo era, ma il modo in cui si pose ricordava molto il suo comportamento a bordo del proprio Stridiosauro.
«Non sarete già troppe?» Commentò preoccupata Takagami, che stava ancora sperando di riuscire a convincere la sua amica a desistere. Ma nessuno voleva contraddire Ai in quella situazione, non volevano che si innervosisse e provasse dello stress superfluo, così Tomoko ebbe un'idea.
«Abbiamo bisogno di qualcuno che faccia la guardia alla porta!» Senza far andare avanti troppo a lungo quella discussione, avanzò verso Naka con sguardo rassicurante e le fece segno di sostenerla. «Ci serve una persona insospettabile che ci possa allertare nel caso dovesse avvicinarsi qualcuno e distrarre eventuali intrusi finché non avremo finito.»
La ragazza posò una mano sulla spalla di Ai e questa trattenne il respiro. La sua espressione non cambiò minimamente, ma dal modo in cui alzò le mani al petto si poté notare quanto orgoglio provasse per quel compito.
«Pensi di potertene occupare, Ai?»
Ai annuì con decisione, molto più eccitata di quanto desse a vedere. Naka guardò le due compagne con apprensione; sapeva quanto fosse importante per Ai far parte di quella cosa, ma temeva veramente che potesse finire per provocare troppo stress per lei. Alla fine decise di darle fiducia e annuì pazientemente, dicendo che l'avrebbe lasciata alle cure del gruppo mentre lei aiutava con la spesa.
Prima che il gruppo si mettesse in marcia, dal fondo della stanza arrivò un improvviso richiamo stridulo e Tooru esclamò:«Vengo anche io!»
Le ragazze si fermarono guardandola di nuovo, i pensieri ripresero a correre senza alcun freno dopo aver urlato quelle parole senza pensare.
«No, è che… Non ho niente da fare e credevo che avrei potuto dare una mano… Magari possiamo portare più cose assieme, ma se non volete va bene lo stesso…» Borbottò ritirandosi quasi istantaneamente, ancora in ansia per il suo intervento precedente. Naho intanto si stava chiedendo come facesse quella ragazza ad essere così impacciata quando pochi giorni prima le era sembrata completamente a posto e sicura di sé, quando l'aveva accompagnata da Suzuki.
Kya si guardò intorno, poi sorrise. «Nessun problema!» Esclamò con un sorriso accogliente. Avevano accettato Ai, non potevano certo rifiutare un'altra mano di aiuto. «Sinceramente non mi aspettavo così tanto supporto, vista la pericolosità della missione.» Commentò fingendosi commossa.
«Parli come se dovessi andare ad affrontare un esercito di VIRM.» La prese in giro Rin, che era già di fronte alla porta e stava solo aspettando un segnale per poterla aprire. Kya le rispose ammiccando spensierata e insieme al suo gruppo improvvisato di complici uscì dall'appartamento, lasciandosi alle spalle le compagne che avevano cercato di dissuaderle. Solo quando le ragazze furono di fronte alla porta dell'appartamento di Kyu, si resero conto di non aver pensato a un modo per entrare: non potevano rubare la chiave perché la padrona di casa se ne sarebbe accorta e non c'era modo di entrare da una finestra per ovvi motivi, e l'appartamento non era collegato a nessun altro come poteva capitare in alcuni casi.
Mentre Kya si stava già scervellando su come poter sfruttare qualche condotto di aerazione o passare attraverso i canali dell'elettricità, Tooru si piegò di fronte alla serratura e, sfilandosi una forcina dai capelli, iniziò ad armeggiarvi finché non si udì un distinto "clack" nel corridoio e la porta si aprì.
«Ho imparato a scassinare le serrature una volta… Perché volevo imitare il protagonista di un fumetto.» Borbottò timidamente, quasi come se si vergognasse di aver appena aperto loro la via.
«Non dirmi che è quel fumetto del ladro gentiluomo…» Commentò Tomoko, che ricordava di aver visto una bella pila di volumi del fumetto in questione nella loro stanza. Per tutta risposta, Tooru arrossì leggermente e assunse una posa che sembrava volerla far rimpicciolire fino a sparire.
«Sei geniale, Tooru!» Esclamò Kya subito dopo. Le avrebbe stampato un bacio sulla fronte, ma la ragazza era già troppo nervosa e non voleva invadere troppo i suoi spazi, quindi si limitò ad afferrarla per le spalle e darle una pacca convinta, cosa che sorprese molto Kawa e le strappò un sorriso di gratitudine.
Le ragazze entrarono, ma non prima che Tomoko si fu assicurata che Ai non sparisse da lì; non era realmente preoccupata che arrivasse qualcuno, ma non voleva lasciarla da sola nel corridoio troppo a lungo sapendo che avrebbe potuto distrarsi e dimenticarsi di quella missione, finendo così per perdersi.
«Se arriva qualcuno, tu di' che ti sei persa e hai bisogno di farti accompagnare alla tua stanza! Non stare ferma di fronte alla porta, cerca di non dare nell'occhio e passeggia un po' per il corridoio come se fossi appena arrivata, sarai più convincente!» Le disse velocemente, ottenendo dall'amica dei piccoli cenni di assenso.
Ancora un po' preoccupata, Tomoko richiuse la porta dietro di sé lasciando Ai da sola. Si fidava di lei, la ragazza era mite e quando le si diceva una cosa la rispettava generalmente, ma la paura che potesse succederle qualcosa anche solo di minore entità era sempre in agguato, senza contare il fatto che Naka sarebbe stata furiosa. Cercò di non pensarci e si concentrò invece sull'obiettivo: l'appartamento di Kyu era leggermente più grande di quelli dei ragazzi, sembrava esserci un stanza in più come minimo e tutti i locali erano più ampi. La stanza in più in questione era proprio il ripostiglio dove Kyu aveva la sua collezione di alcolici: un sancta sanctorum di vetro e sughero, con le pareti ricoperte di mobiletti carichi di bottiglie di ogni tipo. Le ragazze vi si diressero immediatamente ignorando il resto dell'appartamento e rimasero a bocca spalancata per qualche istante.
Era piccola, ma sembrava essere molto più fornita della cantina di Hachi e Nana a Mistilteinn; i due immortali non sembravano essere particolarmente interessati a quel genere di cose quanto la loro collega. Kyu sembrava proprio avere una passione ineguagliabile!
Kya passò in rassegna alcune bottiglie: sotto a ognuna di esse vi era una targhetta che indicava il nome e l'anno in cui era stata prodotta; non c'era una bottiglia che avesse meno anni di lei, mentre non riconobbe neanche uno di quei nomi altisonanti sulle targhette.
«D'accordo, cosa prendiamo?» Scattò voltandosi verso le altre, già con una mano sul collo di una delle bottiglie.
«Dobbiamo fare attenzione, se prendiamo troppe cose se ne accorgerà sicuramente.» Ricordò Tomoko con il naso per aria, ancora ammaliata dallo spettacolo di fronte a sé.
Kya aveva già iniziato a sfilare diversi vini e liquori dalle mensole, leggendo distrattamente le etichette quasi come se stesse facendo la spesa.
«Se prendiamo quelle in basso non ci farà caso.» Ansimò su di giri. Dopo un secondo passato a leggere alzò lo sguardo perplessa:«Che cos'è un "bargnolino"?»
«Kya, smettila di spostare tutto!» La rimproverò Rin, che però a sua volta stava maneggiando diverse bottiglie. L'organizzazione delle due lasciò di stucco le ragazze della Squadra Desia venute con loro, che temevano di essersi messe nelle mani di gente per niente seria.
«Do-dobbiamo sbrigarci, altrimenti Kyu arriverà di sicuro!» Tooru cercò di mettergli fretta così che si decidessero, ma non ebbe fortuna; preferiva comunque lasciar fare a loro non sapendo assolutamente nulla di quelle cose.
«Siete venute senza neanche sapere cosa volevate cercare?» Domandò Tomoko facendo un passo in avanti.
«Ho bevuto del vino senza etichette due volte in tutta la mia vita, non sapevo nemmeno che ci fossero tante varietà!» Rispose Kya leggermente stizzita, poggiando a terra una bottiglia dal contenuto di un rosso delicato.
Quello non era il momento di mettersi a litigare: Tomoko si guardò intorno rapidamente e in un attimo ebbe un'idea. «Prendiamo una bottiglia ciascuno da uno scaffale diverso, così saremo sicure di aver preso un po' di tutto!»
«Perché?»
«Perché così possiamo provare più cose!» Esclamò Rin alzando la testa con approvazione. «Io mi occupo di questo lato.» E detto questo si voltò completamente contro il muro, iniziando a passare il dito sui tappi delle bottiglie esposte.
Tomoko prese Tooru con sé e le disse di scegliere dallo stesso scaffale dove si fermò lei, mentre lasciarono a Kya la scelta del muro in fondo.
La caposquadra si voltò a osservare le etichette, ora più seria che mai: una bottiglia sola era un po' poco, ma ragionevole. Non volevano avere rimpianti e se fossero stati beccati prima di provare tutti gli articoli del proprio bottino ci sarebbero rimasti tutti molto male, quindi meglio andare sul sicuro e portare con sé qualcosa che non sarebbe stato notato, almeno non subito…
Però che cosa posso prendere? Era una scelta veramente difficile! La prima a rialzarsi e mostrare il proprio bottino fu Rin, che afferrò una bottiglia di vino rosso all'apparenza molto simile a quello trovato nella cantina di Hachi e Nana.
«Qui c'è scritto che questo coso ha venti anni!» Disse con fierezza, già in estasi al pensiero di provare qualcosa di così pregiato.
«Non sarà troppo vecchio?» Borbottò scettica Kya, ma quella le rispose che non capiva niente di come funzionasse il vino.
«Anche io ho trovato, credo…» Borbottò Tooru, rimasta a controllare le etichette per tutto il tempo. Alzò una mano per afferrare il collo stretto di una bottiglia opaca, piena di un liquido denso e colorato. L'etichetta diceva "crema al pistacchio."
«Crema?» Commentò Rin avvicinandosi curiosa. «Sicura che non ci sia un errore?»
«Sicurissima! Cioè, credo… So che si fanno bevande alcoliche da qualsiasi cosa, quindi dovrebbe essere buono…» Se per un istante la ragazza era sembrata convinta della propria scelta, dopo averci pensato su sembrò quasi sul punto di rimettere a posto la bottiglia, ma alla fine rimase della sua idea.
«E io ho trovato questo: sidro.» Si unì Tomoko mostrando una bottiglia dal contenuto leggermente dorato, trasparente. Sembrava molto fiera di sé.
«Bello… Che cos'è?» Domandò Tooru, rapita.
«Credo sia un estratto… Di mele.» Commentò Rin mentre Tomoko osservava la bottiglia corrucciata.
«Mele?»
«Ehi, lo hai detto tu che è possibile fare alcolici da qualsiasi cosa!» Rispose quella stringendo le spalle. Poi vedendo che avevano già trovato tutte quello che cercavano, si voltò verso la caposquadra per chiederle se lei avesse fatto.
Kya stava fissando con grande disappunto una fila di bottiglie dalla quale non sapeva proprio scegliere. Avrebbe dovuto andare sul sicuro e prendere qualcosa di cui conosceva già il sapore o buttarsi e prendere qualcosa di nuovo? Non voleva sprecare quell'occasione con qualcosa di già visto, ma non voleva nemmeno rischiare di provare qualcosa di disgustoso.
«Kya, mi senti?» Le si avvicinò Rin toccandole una spalla e distogliendola da quei pensieri, strappandola al proprio mondo.
«Eh? Cosa?» Borbottò spaesata.
«Hai fatto? Dobbiamo sbrigarci prima che arrivi qualcuno.»
Kya si voltò a guardare nuovamente le bottiglie e fece una smorfia, quindi spazientita dalla propria indecisione afferrò la prima bottiglia che le capitò a tiro e si rialzò dicendo di essere pronta.
Rin la osservò perplessa; non aveva neanche letto cosa ci fosse lì dentro e l'etichetta non aiutava di certo. Il contenuto era un liquido trasparente, sembrava quasi acqua.
«Sarà vino bianco.» Disse sbrigativa la caposquadra prima di avviarsi verso l'uscita. «Ho sempre voluto capire quale fosse la differenza da quello rosso.»
Le ragazze uscirono dallo stanzino ricordandosi di spegnere la luce, ognuna con la propria bottiglia alla mano; erano raggianti, estatiche del fatto che fosse andato tutto bene, ma quando si fermarono di fronte alla porta udirono dei rumori. Passi decisi echeggiavano nel corridoio all'esterno dell'appartamento e si facevano sempre più vicini.
In preda al panico, Kya disse alle altre di nascondersi e ognuna cercò un angolino dove mimetizzarsi: Tooru si nascose in bagno, mentre Tomoko e Rin cercarono di passare inosservate sdraiandosi a fianco del divano dal lato dove non si poteva vedere nessuno; infine Kya andò sotto al tavolo della cucina e pregò che Kyu non fosse particolarmente attenta a cosa si trovasse sotto di esso assieme alle gambe delle sedie.
Passarono dei secondi carichi di tensione, i passi nel corridoio rallentarono fino a fermarsi, poi di nuovo silenzio. A quel punto Kya era sicura che la persona all'esterno stesse per tirare fuori le chiavi e aprire la porta, ma invece si sentì una voce sorpresa e subito i passi si allontanarono.
«Ai, tu cosa ci fai qui?» Domandò la voce che risultò essere veramente di Kyu, la padrona di casa.
Le ragazze sentirono improvvisamente caldo mentre la tensione lasciava i loro corpi, anche se solo in parte. Nessuno si mosse e tesero tutte quante le orecchie per carpire i dialoghi dietro quella porta.
«Mi sono persa.» Fu la risposta della ragazza, spaesata come non mai. Era difficile capire se stesse recitando o si fosse veramente dimenticata del piano; Tomoko era sicura che Ai non fosse in grado di mentire, eppure quelle risposte che diede le sembrarono troppo naturali.
«Ma come è possibile, come hai fatto a perderti?» Domandò Kyu. La sua voce si fece più distante, attutita dalla porta. Ai continuò con lo stesso tono.
«Ero con delle amiche, ma poi ci siamo separate. Naka mi stava riaccompagnando in camera, ma dovevo andare in bagno con urgenza… Ho iniziato a correre per fare in fretta, ma…» Una pausa che lasciò tutte le ragazze nell'appartamento con il fiato sospeso. Quando riprese a parlare era completamente smarrita:«Ho sbagliato strada e mi sono persa.»
Kyu fu subito apprensiva e le disse che non doveva preoccuparsi, ma poi le ragazze capirono che quella apprensione avrebbe avuto delle conseguenze:«Vieni con me, ti lascio usare il mio bagno e poi insieme andiamo a cercare le tue amiche.»
«No…!» Protestò Ai, ma le parole le morirono in gola come se stesse lottando per non tradirsi. Adesso era chiaro che stesse recitando. Kyu ignorò quel suo tentativo di ribellione e la sua voce tornò vicina alla porta.
«Stai tranquilla, ci vorrà solo un attimo e poi andremo a cercare le altre!»
Come sentirono i passi di Kyu subito dietro la porta, le ragazze si ricordarono che Tooru era andata a nascondersi proprio in bagno; era troppo lontana dalla porta per aver potuto sentire la conversazione, era all'oscuro di tutto.
«Tooru, esci da lì!» Strillò silenziosamente Tomoko, ma l'altra non sembrò sentirla.
La chiave entrò rumorosamente nella serratura. La porta si aprì di scatto, ma rimase socchiusa per qualche secondo.
«Strano, pensavo di aver chiuso l'ultima volta…» Borbottò la adulta fuori dall'appartamento. In quell'istante, Rin si alzò di scatto e corse nel bagno per raggiungere Kawa: se fossero riuscite ad aggirare Kyu mentre portava Ai nel bagno, forse avrebbero potuto salvarsi per il rotto della cuffia.
Si sentì un litigio soffocato che fu rapidamente interrotto dal rumore della porta che si apriva completamente, quindi i cuori delle ragazze ripresero a battere talmente forte da poter essere uditi da fuori.
Kyu entrò nell'appartamento senza lanciare occhiate sospettose alla cucina dove era nascosta la caposquadra; perché avrebbe dovuto? Non aveva alcuna idea che ci fossero delle intruse nel suo appartamento in quel momento. Tuttavia Tomoko sarebbe entrata presto nel suo campo visivo, se avesse continuato ad avanzare.
In qualche modo, l'istinto di Ai ebbe la meglio sul suo lato ingenuo e la ragazza allungò una mano per tirare l'adulta, facendola voltare di colpo.
«Dov'è il bagno?» Chiese frettolosa, gli occhi fissi su Kyu ma negli angoli del proprio campo visivo riusciva a vedere entrambe le ragazze che cercavano di farsi minuscole nei loro angolini.
Sorpresa dalla fretta della ragazza, Kyu sorrise e cominciò a camminare nell'altra direzione. «Di qua, seguimi.»
Ai la seguì senza staccarle gli occhi di dosso. Rimase sempre rivolta verso di lei, dal lato opposto di dove erano nascoste le ragazze, e proprio mentre lasciavano la stanza poté notare Kya e Tomoko rialzarsi e uscire dalla porta facendo molto silenzio.
Ai avanzò verso la porta del bagno socchiusa e la aprì facendo un passo al suo interno; le ci volle un secondo per accorgersi della presenza della sua compagna di squadra Tooru e della ragazza dell'altra squadra, entrambe strette l'una all'altra con le mani a coprirsi le bocche per non fare rumore che cercavano di nascondersi nell'angolo accanto alla porta. I suoi occhi si illuminarono quando le riconobbe e subito richiuse la porta con violenza, schiacciando la schiena contro di essa.
«Ai, che succede?» Domandò allarmata Kyu da fuori, bussando delicatamente.
Ai fissò intensamente le due ragazze: erano in piedi sopra a una asciugatrice, non si muovevano di un millimetro proprio come due prede faccia a faccia con il pericolo.
«Mi vergogno.» Disse. La voce le tremò un poco, il corpo ancora premuto sulla porta come se dovesse resistere alla carica di cento uomini.
«Oh…» Fu la risposta carica di imbarazzo di Kyu. «Bé, hai ragione… Allora aspetto che tu abbia finito, fai con comodo.»
Ai non rispose e allentò leggermente la presa dalla porta. Dopo essersi spinta in avanti, avanzò ancora nel bagno mantenendo gli occhi fissi sulle due compagne che a quel punto si stavano chiedendo che cosa avesse intenzione di fare. Avevano delle bottiglie tra le mani, segno che erano riuscite a trovare quello che cercavano; con quel pensiero in mente si avvicinò al gabinetto, lo osservò un momento prima di alzare la tavoletta che copriva il sedile e iniziò ad abbassarsi la gonna dell'uniforme.
Rendendosi conto di quello che stava succedendo, sia Rin che Tooru distolsero lo sguardo imbarazzate ma continuarono a sentire gli occhi della loro amica su di sé; per qualche motivo Ai continuava a fissarle anche da seduta. Sentirono un rumore di acqua scorrere in arrivo dalla tazza ed entrambe avvamparono dalla vergogna; comprendevano il dover mantenere le apparenze e non far insospettire Kyu, ma non pensavano che Ai sarebbe stata tanto fedele al piano.
Con l'imbarazzo unito al fatto di doversi costringere a rimanere in silenzio e ai loro respiri smorzati, le due ragazze quasi si persero d'aria mentre si costringevano a vicenda a non fare alcun rumore. Quando dall'altro lato del bagno arrivò il rumore dello sciacquone, videro Ai nuovamente in piedi che finiva di abbottonarsi la gonna e poterono finalmente rilassarsi un poco.
Ai avanzò verso il lavandino e iniziò a lavarsi le mani con cura, rimanendo sempre con gli occhi puntati sulle due ragazze. Sembrava quasi che le stesse giudicando, sdegnosa del fatto che ancora non fossero uscite da lì. Quando ebbe finito, si asciugò le mani e andò nuovamente alla porta.
La ragazza si fermò un istante per mandare un'occhiata pesante alle due nascoste sulla asciugatrice, poi aprì la porta e facendo attenzione che non ci fosse nessuno che avrebbe potuto sbirciare nel bagno, tornò nell'altra stanza.
Tooru e Rin avevano la pelle d'oca. I loro respiri filtravano attraverso le fessure tra le dita chiuse sulle proprie labbra, entrambe potevano udirsi a vicenda i battiti cardiaci impazziti e ormai i movimenti delle spalle e del petto durante la respirazione erano diventati un tutt'uno. Sentirono le voci di Ai e Kyu per qualche altro secondo, attutite dalle mura di quella stanza, poi la porta di ingresso si chiuse definitivamente e solo allora le due ragazze poterono sentirsi di averla scampata.
«Mamma mia, è di ghiaccio!» Sibilò Rin riferendosi ad Ai.
«Ho avuto una paura tremenda!» Piagnucolò Tooru mentre Rin le abbassava la mano dal viso, tremante.
«Credo di essermela fatta addosso…» Borbottò piegandosi sulle ginocchia. Aveva un equilibrio molto precario in cima a quella cosa, stava cercando di scendere e Tooru la aiutò a non sbilanciarsi.
«Credevo di svenire…» Sospirò stanca Tooru mentre Rin la aiutava a scendere a sua volta.
«Ma come ha fatto a restare così seria?»
«E' stata più che seria. Era una macchina!»
Tooru rabbrividì sentendosi ancora gli occhi della compagna addosso. Pensava che normalmente sarebbe stato il contrario e nessuno sarebbe riuscito a fare pipì in presenza di qualcuno che cercava di nascondersi, ma Ai era riuscita a imporre loro una pressione ancora più forte. Era come se il vero pericolo non fosse il rischio di essere scoperte da Kyu, ma la stessa ragazza che era con loro nella stanza.
«Non pensavo che fosse in grado di essere così… Decisa.» Mormorò Rin mettendosi una mano nei capelli. Controllò che non ci fosse più nessuno fuori dal bagno e spalancò finalmente la porta.
«Di solito è così solo quando pilota, ma…» Tooru sospirò sentendo la tensione abbandonarla completamente. Neanche lei sapeva cosa fosse successo esattamente nella mente della sua amica.
Decisero di non perdere altro tempo e insieme di diressero alla porta, che trovarono chiusa. Non era un problema; Tooru sapeva come aprirla, ma avrebbero dovuto anche richiuderla per non insospettire ancora Kyu e quello gli avrebbe preso un po' di tempo in più.
Quando furono entrambe fuori e Tooru si fu messa a lavoro per richiudere la porta con la propria forcina, Rin fu attirata da un bisbigliare in fondo al corridoio; all'altezza delle rampe di scale che portavano ai piani superiori e inferiori vide spuntare da dietro l'angolo le teste di Kya e Tomoko, esterrefatte.
«Cosa è successo? Come ha fatto a non scoprirvi?» Domandarono incredule. Rin gli disse di fare piano, non potevano sapere se ci fosse ancora qualcuno nelle vicinanze, e disse che gli avrebbe spiegato tutto quando sarebbero state al sicuro.
«Fatto!» Esclamò soddisfatta Tooru prima di rialzarsi da terra e recuperare la propria bottiglia. Si asciugò il sudore dalla fronte dopo il momento di enorme stress passato nel bagno e si avvicinò alle altre sorridendo. «Missione compiuta?»
Un ghigno compiaciuto si formò sulle labbra di Kya, che iniziò ad accarezzare la bottiglia che aveva tra le mani come fosse un gatto. «Oh, sì!» Disse. «Andiamo a nascondere queste bellezze, poi passiamo a prendere Ai e potremo considerarla un successo!»

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Capitolo 66
*** Qualcosa di unico ***


L'appartamento di Kano strabordava di persone, le due squadre si erano riunite interamente per passare in spensieratezza la serata prima di dover imbracciare le armi. L'arrivo di Kawa e Igana con gli alcolici suscitò una grande sorpresa nei presenti: c'era chi rimase completamente spiazzato dalla scoperta e chi fu visibilmente contrario. Suzuko in particolare avrebbe voluto fare mille domande a Kya, ma non poté farle la predica perché in generale le due squadre avevano reagito positivamente alla sorpresa e non voleva essere la guastafeste. Ma continuava a sentire che fosse sbagliato.
«Ma dove avete trovato tutta questa roba?» Domandò sconfortata, sperando di ricevere risposta almeno in quello. Kya tuttavia glielo negò categoricamente.
«Segreto!» Disse sfoggiando un occhiolino malizioso. Le ragazze si erano accordate sull'omettere la parte del furto agli altri proprio per evitare discussioni superflue, ma non avevano messo in conto Ai, che quando sentì quella domanda si mise a parlare automaticamente.
«Li abbiamo rubati dalla dispensa di Kyu.»
Nella stanza calò il silenzio per un secondo. Alcune persone si stavano già passando le bottiglie di mano per osservarle, ma tutti gli sguardi finirono puntati sulla ragazza che aveva parlato, seduta comodamente sul divano assieme ad altre compagne e senza la minima vergogna per ciò che aveva appena detto. Suzuko si voltò nuovamente verso Kya, questa volta furiosa.
«Che cosa hai fatto?!»
La caposquadra fece spallucce e allargò le braccia; la sua espressione a metà tra un sorrisetto e una smorfia sembrava dire che ormai era inutile negare, così affrontò Suzuko. «Ma sì, credevi che ce l'avrebbe date se glielo avessimo chiesto?»
«Hai idea di cosa significa? Sai cosa sarebbe successo se ti avessero beccata?»
Kya sbuffò. «Una strigliata colossale? Ne ho sopportate a centinaia… Qual è il peggio che possano fare, non lasciarmi pilotare?» Il sorrisino strafottente con cui accompagnò quelle parole lasciava intendere quanto fosse assurda quell'ipotesi, e lo sguardo di disappunto che le rivolse l'altra le diede prova di ciò, nonché la vittoria che tanto desiderava sull'argomento. «Domani sarà una giornata difficilissima, volevamo solo rilassarci un po'…»
Suzuko sarebbe stata veramente curiosa di capire quanto differisse il concetto di "rilassarsi un po'" dal proprio, ma rimase concentrata sul discorso. «Kya, qui non stiamo parlando di una bravata. E' un vero e proprio furto, non sei a casa tua!»
«Io no, ma loro sì!» Sbuffò indicando Tomoko e le altre ragazze che avevano aiutato nella missione. «Sono state loro a consigliare di andare da Kyu.»
Suzuko si voltò come una furia e avvistò Igana che la salutava con una mano come se non fosse successo niente. Sembrò sul punto di sbottare anche contro di lei, ma poi Kya le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla.
Suzuko ebbe l'impulso di scansarsi, ma Kya la trattenne e con tono suadente le disse:«Andiamo, Suzu! Vogliamo solo divertirci un po' senza dover pensare ai guai per una serata. Anche tu sei un po' nervosa negli ultimi tempi, ti farebbe bene lasciarti un po' andare.»
Per un momento Suzuko la prese come un attacco personale, ma quando vide gli occhi di Nakamura capì che non c'era astio nelle sue parole; probabilmente stava solamente cercando di convincerla a mollare l'osso, ma ciò che le disse la fece sentire un po' compresa. Se Kya aveva notato il suo cattivo umore, allora lo avevano sicuramente notato tutti gli altri; aveva veramente rischiato di affossare il morale della squadra con il proprio atteggiamento?
«E va bene…» Mormorò sconfitta. Non voleva ammettere di essere stata convinta, quindi si limitò a borbottare qualcosa tra sé e sé.
«Vedrai, ci divertiremo tanto!» Commentò Kya lasciandola. «Certo che sei un osso duro, se sapessi cosa ho fatto l'altra volta durante l'esercitazione finale allora non mi molleresti più…» Rise e cercò l'approvazione di Kaoru, che però cercò invece di nascondersi.
«Tu… COSA?» Prima che Suzuko potesse veramente esplodere, Kya le cacciò in mano un piatto con delle patatine e le disse di mangiare ridendo per cercare di alleggerire l'atmosfera, quindi si allontanò rapidamente per cercare un cavatappi e raggiunse così l'altro caposquadra.
Suzuko non capiva proprio che cosa ci trovasse quella ragazza nel combinare guai in continuazione, sfidare le autorità e prendersi rischi inutili; aveva un istinto infallibile in battaglia ed era naturalmente carismatica, ma era dannatamente irresponsabile. E nonostante tutto continuava a ricevere l'approvazione dei compagni, che sembravano amare il suo stile che li metteva tutti in pericolo.
Aveva personalità, era divertente. La gente adorava queste cose in un leader, forse era per questo che lei rimaneva così distante da tutti…
«Ehi.» Una voce la prese di spalle e Suzuko si sentì un peso addosso. Rin sbucò nella sua visuale e le sorrise compiaciuta. «Piaciuta la sorpresa?»
«R-Rin.» Rispose lei. Da quando era così nervosa nel parlarle? «Bé, è stata di sicuro una sorpresa.» Borbottò alla fine passandosi una mano su una guancia.
«Ha ragione Kya: hai bisogno di rilassarti!» Disse quella iniziando a trascinarla dall'altra parte della stanza. «Vieni a sederti, ti porterò io da bere.»
Suzuko si lasciò guidare dall'amica e finì per sedere in mezzo ad altre ragazze della Squadra Desia mentre Rin raggiungeva il gruppo alle prese con le bottiglie.
Decisero di aprirle una alla volta. La prima bottiglia stappata fu proprio quella di Rin, per partire sul sicuro: il gusto era intenso, molto più forte del vino provato a Mistilteinn, con un odore quasi intossicante all’apertura. La maggior parte dei ragazzi della Squadra Desia non avevano mai assaggiato alcolici, fu qualcosa di sorprendente per tutti quanti, anche per i pochi che non poterono provarlo; Yuki e Ai, che prendevano medicine che non avrebbero dovuto mischiare con l’alcol, si limitarono a odorare i propri bicchieri dove era stato versato poco liquido proprio in previsione di quella cosa, quindi dopo del primo brindisi obbligatorio li abbandonarono da qualche parte in cucina, proprio come Yoshiki che ormai era abituato a quel rituale.
E proprio Yoshiki dopo essersi liberato del vino andò ad accertarsi che gli altri si stessero divertendo: aveva notato Naho e Saki conversare dopo il loro arrivo fortunosamente coordinato. Non avrebbe voluto farsi strane idee, ma pensava che ci fosse una strana aria tra quelle due e non poteva negare che la cosa lo divertisse un po’. Quando arrivò le trovò a scambiarsi consigli sull’acconciatura: Saki sembrava particolarmente interessata alle trecce di Naho, che continuava a rispondere di non essere molto brava nonostante le sfoggiasse quasi sempre.
«Tu piuttosto, hai delle treccine davvero carine! Sono nuove?» Cambiò argomento, troppo imbarazzata dai complimenti dell’altra. Ma a quel punto toccò a Yumu deviare le sue parole.
«Oh, queste sono finte! Ho i capelli troppo corti per legarli, così ho usato dei nastrini per allungarli.» Spiegò scoprendo la nuca per mostrare le proprie creazioni colorate.
«Ti donano.» Commentò all’improvviso Yoshiki, accostandosi alla propria partner. Questa sorrise e annuì, ma quando tornò a guardare Saki si rese conto che era diventata rossa come un pomodoro.
«C-ciao, Yoshiki! Shinji mi ha detto che hai dato una mano in cucina…» Lo salutò tremante. La differenza in altezza tra i due era tale da farla stare completamente rivolta verso l’alto.
«Me la cavo un po’… E visto che ci sarebbero state tante persone, ho pensato che a Kano avrebbe fatto comodo un aiuto.» Rispose tranquillo il ragazzo.
«Ah, è gentile da parte tua!» Commentò lei sorridendo come un’ebete. Lo studiò per un secondo chiedendosi che cosa ci fosse di strano in lui, poi si girò a guardare Naho e finalmente se ne accorse. «Tu non bevi niente?» Domandò sentendo la tensione lasciarla un poco.
Yoshiki si sbarazzò della domanda in fretta:«Sono astemio.» La sua risposta fu seguita dal commento divertito di Naho, che tirò fuori il suo famoso aneddoto di infanzia. Saki fu spiazzata da quella storia e si sentì in colpa per le risate che le suscitò.
«Sì, fa questo effetto.» Commentò lui ridacchiando.
«Scusami, scusa davvero!» Lo supplicò con le lacrime agli occhi, nascondendo il proprio imbarazzo dietro al bicchiere e sorseggiando un po' del vino.
«E perché? E' una storia divertente, in fondo.» Le rispose. «Vale la pena di raccontarla, specialmente a una festa.»
«Tu non ne hai mai sentite di storie così?» Intervenne Naho. «Abbiamo tutti un'esperienza imbarazzante da tirare fuori durante questi momenti!»
Saki abbassò lo sguardo pensierosa e rimase in silenzio, mormorando qualche risposta confusa finché l'argomento non cambiò.
«Ma seriamente Nakamura si è infiltrata nell'appartamento di Kyu per prendere da bere? E' pazza?» Domandò il ragazzo, rivolto principalmente alla propria partner che sapeva già i dettagli. Questa sbuffò.
«Non me ne parlare! Ho cercato di farla ragionare… Non voglio immaginare cosa sarebbe successo se fossero state beccate.»
«E' davvero disposta a passare tanti guai per questa roba?» Senza preavviso, Yoshiki prese in mano il bicchiere di Saki e annusò il vino al suo interno. Poi lo restituì alla ragazza con un'espressione disgustata in volto. «Non la capirò mai.»
Saki ricevette nuovamente il bicchiere così come le era stato tolto e guardò il liquido rossastro al suo interno agitarsi dolcemente. Improvvisamente sentì un imbarazzo travolgente al pensiero che quel bicchiere fosse stato così vicino alle labbra del ragazzo, per un attimo aveva pensato che ne avrebbe preso un sorso…
La ragazza consumò avidamente il restante contenuto del bicchiere prima che potesse accadere qualcos'altro di catastrofico e si disse di aver chiuso con l'alcol per quella serata, ma la verità era che tra poco meno di dieci minuti si sarebbe trovata a chiedere un secondo bicchiere alla già brilla caposquadra che avrebbe così svuotato la prima bottiglia; Yoshiki andò avanti e indietro notando sempre di più la sua leggera ebbrezza e pensò che avrebbe dovuto tenerla d'occhio per il resto della serata, senza accorgersi che a quella si aggiungesse anche un forte imbarazzo ogni volta che le si avvicinava.
Naho avrebbe voluto continuare a conversare con Yoshiki e Yumu, ma dopo la sua ultima conversazione con Suzuki non aveva più avuto contatti con lui e doveva chiarire alcune cose, così andò a cercarlo.
Il ragazzo sembrava starsi divertendo. Aveva appena finito l'ultima goccia del suo bicchiere di vino ed era tornato a riempirlo versando questa volta il contenuto della seconda bottiglia, il sidro. La salutò come se fosse la prima volta che la vedeva quella sera, ma lei gli mostrò uno sguardo serio per tutta risposta.
«Questo lo hai assaggiato?» Domandò alzando il bicchiere.
«Ancora no, magari più tardi.» Rispose Naho che non voleva esagerare sentendosi già la testa che le girava leggermente.
Suzuki sorrise e prese un sorso dal bicchiere. «Bé, ti conviene fare in fretta perché ho come l'impressione che la tua amica laggiù finirà per berlo tutto molto presto!»
Naho si girò in direzione della cucina e adocchiò Momo con in volto un'espressione allegra che si versava da bere. Se l'ultima serata insieme non era stata un caso, la sua amica avrebbe continuato a bere senza sentire minimamente gli effetti dell'alcol; sperava solo che non fosse solo un'impressione e che Momo reggesse veramente tutto quell'alcol. Le mandò un'occhiataccia e come per dire "dopo ti concio per le feste" e tornò da Katsuki.
«Dobbiamo parlare.»
Lui bevve di nuovo dal bicchiere e sorrise disinteressato.
«Perché mi stai evitando?» Chiese lei prendendolo per un invito a continuare. Questa volta Suzuki si mostrò contrariato.
«Io non ti sto evitando.»
«Credevo di sì. Perché non sei venuto alla cena con gli altri, l'altra sera?» Era difficile sentirsi in mezzo a quella confusione, con la musica alta nell'appartamento; Naho non fu sicura se Suzuki ebbe risposto alla sua domanda o se l'avesse semplicemente ignorata, quindi glielo chiese di nuovo.
Il ragazzo finì il contenuto del proprio bicchiere e tornò deciso. «Non sono una persona che si incastra in questo tipo di situazioni. La gente può divertirsi benissimo senza di me.»
«Perché dici così? A me sembra che tu sia sempre molto divertente invece.»
«Voglio essere divertente a modo mio, con i miei tempi!» Fu la risposta secca di Katsuki, che fece un passo indietro.
«Lo stai facendo anche adesso.» Intervenne Naho allungando una mano nella sua direzione. «Mi stai evitando.»
«Non mi sembra che abbiamo niente di cui parlare. Ti ho detto che se volevi essere mia amica non avrei avuto alcun problema, ma non puoi aspettarti che ti dia attenzione tutto il tempo.» Katsuki sembrava aggressivo, ma Naho percepì la sua risposta con fare stizzito.
«Non voglio attenzione tutto il tempo…» Commentò la ragazza scuotendo la testa confusa. «Pensavo che avessimo raggiunto una sorta di legame… Qualcosa che ti avrebbe permesso di essere più onesto con me e con te stesso, ma invece continui a comportarti in questo modo.»
«Non mi sto comportando in nessun modo, Naho.» Sbuffò lui voltandosi. «Divertiti invece di pensare a queste cose superflue!»
Naho rimase in silenzio, confusa e interdetta, finché qualcuno non si accorse di lei e la chiamò.
Era Takagami, sembrava di ritorno dal bagno e l'aveva vista ferma in mezzo al corridoio; pensava che stesse male, per questo si fermò da lei. «Se devi andare, io ho finito.» Le disse indicando la porta alle sue spalle, ma evidentemente non era quello il problema.
«No, va tutto bene.» Rispose sbrigativa non volendola annoiare con i suoi problemi. Ma Naka sembrò leggere perfettamente la sua espressione e la prese a braccetto dicendole di accompagnarla; sembrava che lei e qualcun altro volessero andare a fare un giro e prendere un po' d'aria fresca sulla terrazza. Quando Naho arrivò al divano assieme a lei trovò Aiko e Kaoru ad attenderle, nonostante avrebbe detto che preferissero di più restare da soli.
«Ragazzi, dov'è andata Ai?» Borbottò Takagami una volta sedutasi. Kaoru si guardò intorno, improvvisamente spaesato; Naka gli aveva detto di tenere d'occhio la sua compagna e lui avrebbe giurato di averlo fatto ma il fatto era che lui e Aiko si erano distratti giusto un secondino…
Per fortuna la domanda si rispose da sola. «Eccomi!» Cinguettò una voce in arrivo dalla cucina. Ai comparve nella stanza e si gettò sul divano come se non avesse neanche preso le distanze da esso.
«Che stavi facendo da sola?» Bofonchiò Naka un po' divertita dal suo arrivo inaspettato. Ai rispose che non era da sola, l'appartamento era pieno di gente in fondo.
«Non fare la saputella con me!» Scherzò quella accarezzandole la testa affettuosamente. Per un attimo non ci fu niente di strano, ma dopo aver avvicinato il volto a quello di Ai, Naka sentì uno strano odore e si fece rapidamente seria.
«Ai.» Ripeté. «Cosa stavi facendo in cucina?»
Ai sembrò ignorarla in un primo momento, lo sguardo assente sembrò vagare per la stanza, ma non bastò a nascondere l'evidenza quando le sfuggì un singhiozzo traditore.
Qualcuno nel gruppo soffocò una risatina, ma Naka impallidì.
«Stavi bevendo!» Le disse avvicinandosi di nuovo e annusandole il fiato rumorosamente.
«Dai, fa il solletico!» Disse Ai innocentemente, ma questa volta non riuscì a sembrare genuina e Naka si ritirò guardandola come se avesse appena assistito al più grosso tradimento della storia dell'umanità.
«Ai, non puoi bere! Ti farà male!» Esclamò.
«E' solo un-hick! Goccio…» Balbettò quella che improvvisamente sembrava essere diventata molto più espressiva. Ma a Naka non interessava quante gocce o litri avesse ingerito la sua amica, si alzò tirandola da un polso dicendo che dovevano dirlo subito agli adulti.
«Aspetta, se glielo diciamo scopriranno che abbiamo rubato da bere!» Le disse Kaoru alzandosi a sua volta.
«Non mi interessa.» Disse schietta Naka. «Ai potrebbe sentirsi male per questa storia!»
«Non voglio!» Si lamentò Ai liberandosi dalla presa di Naka, che per tutta risposta la guardò basita.
«Ai, è della tua salute che stiamo parlando!» Le disse alzando la voce. Ma Ai continuava a rivolgerle quello sguardo di disappunto, per la prima volta un'espressione umana sembrò formarsi sul suo volto.
«Non voglio. Mi sto divertendo, tutti si stanno divertendo! Non voglio fermare tutto.» Piagnucolò alzando le mani e poi abbassandole, quasi come se non sapesse cosa farci. Per un attimo Ai rimase a fissare il vuoto, gli occhi semichiusi e la fronte aggrottata, poi quando tornò a guardare la sua amica negli occhi, un sorriso le si formò sulle labbra.
«Sei buffa, Naka.» Commentò trattenendo a stento una risatina. «Ti voglio bene.»
Quelle parole la presero totalmente alla sprovvista. Takagami si ritrovò ad arrossire senza potersi controllare e la sua arrabbiatura sparì in un attimo; provò di tutto per nascondere la propria espressione agli altri ma fu inutile, sulle labbra le si stava formando un sorriso molto eloquente.
«Sediamoci e basta.» Sbuffò alla fine, vedendo Ai saltellare nella sua direzione. «Ma tu hai finito di bere per stasera! E dobbiamo riempirti lo stomaco per asciugare il vino.»
Ai non sembrò sentirla perché continuò ad ammiccare gioiosamente, però annuì in risposta a quell'ordine. Dopo un po' iniziò a chiedere dove fosse finito il suo partner, così iniziò ad alzarsi facendo strada ma Naka la afferrò nuovamente facendola ricadere sul divano.
«Non ti reggi in piedi, andrò a cercarlo io…» Sbuffò Naka, riluttante all'idea di lasciarla di nuovo da sola. Kaoru sembrò intuire questo suo pensiero perché fu più svelto e si alzò in piedi dicendo che sarebbe andato a cercare Nagashima.
«Volete qualcosa da bere, visto che ci siamo? Acqua, aranciata?» Domandò indicando le ragazze mentre faceva le sue domande.
«Porta un po' di patatine per Ai!» Rispose Naka ad alta voce mentre Aiko e Naho alzavano le mani.
Kaoru alzò i pollici con prontezza e partì. La verità era che aveva pensato che l'atmosfera si fosse un po' appesantita per colpa della sua svista e voleva cercare di rimediare e tornare nelle grazie di Takagami al più presto; non lo aveva fatto di proposito, ma quella ragazzina era così silenziosa che era difficile accorgersi dei suoi spostamenti, e lui si era distratto un po' troppo ad ammirare gli occhi di Aiko…
Dopo che ebbe trovato Nagashima impegnato in una conversazione con il caposquadra, Kaoru non fece in tempo a raccogliere un po' di patatine da riportare indietro che fu assalito da Kya, che lo abbracciò da dietro facendogli quasi finire la faccia nel piatto.
«Che te ne pare della sorpresa?» Gli domandò raggiante. Da quando era iniziata la festa sembrava essere tornata al suo umore di sempre, si chiese se avesse già bevuto per essere così allegra…
«Non me l'aspettavo, ma conoscendoti avrei dovuto prevederlo.» Bofonchiò lui. «Avresti potuto includermi nel piano!» Scherzò sorridente.
Kya gli diede una botta sulla spalla e rise a sua volta; effettivamente Kaoru poteva essere un bel compagno di scorribande. Cambiò rapidamente argomento, indicando le patatine:«Quelle per chi sono?»
«Oh, è per Ogura. Ha… Bevuto del vino, credo, e adesso si sta comportando in modo un po' strano.» Rispose il ragazzo agitando una mano, incerto su come spiegarlo. Kya sembrò molto interessata, avrebbe proprio voluto assistere alla scena ma prima aveva qualcosa da fare. Senza aggiungere niente, consegnò a Kaoru un bicchiere con dentro una sostanza densa, color menta.
«Assaggia questo.» Gli disse con un sorriso che trasmetteva fiducia.
«Altro vino?» Borbottò quello avvicinando il naso al bicchiere. L'odore non era esattamente lo stesso, ma non aveva idea di che cosa potesse essere altrimenti, così lo assaggiò.
Il liquido gli pizzicò la lingua e in un primo momento gli venne da tossire. Era denso, cremoso e forte, più del vino di prima.
«Che cos'è?»
«Crema al pistacchio, o qualcosa del genere.» Rispose Kya mostrandogli la lingua. «Fallo assaggiare anche ad Aiko, ho come il sospetto che sia qualcosa che valga la pena di gustare in coppia.»
Kaoru la vide allontanarsi e rimase a studiare il proprio bicchiere; sicuramente lo avrebbe fatto provare ad Aiko, anche perché non credeva proprio che sarebbe riuscito a finirlo tutto da solo, vista l'estrema gradazione alcolica.
Kya sfilò agilmente in mezzo ad alcuni compagni e raggiunse Suzuko, che fino a quel momento se n'era rimasta in un angolo a rimuginare. Le toccò una spalla quasi spaventandola, poi la ragazza sembrò rilassarsi ma rimase comunque all'erta quando riconobbe la sua caposquadra.
«Ehi, Suzu. Scusami per come mi sono comportata prima… Volevo farmi perdonare.» Le porse il secondo bicchiere che stava portando, anch'esso contenente la crema e Suzuko rimase a osservarlo piena di confusione.
«Scusami anche tu.» Disse dopo aver sollevato lo sguardo. «Sono stata troppo severa. E' solo che sono preoccupata…»
«Lo so, ti capisco.» Le rispose prontamente Kya. «Però guarda come si stanno divertendo tutti, avevamo bisogno di un po' di svago. Ci serviva qualcosa per scacciare la paura…»
Kya allungò una mano in direzione del resto della stanza; il vociare dei Parasite unito alla musica rendeva indistinguibili le voci distanti, ma si poteva vedere dalle espressioni dei presenti che la serata stesse scorrendo piacevolmente. Suzuko sospirò; per quanto volesse crederle, non riusciva a rilassarsi come loro. Sembrava che fosse l'unica a pensare alla loro battaglia dell'indomani.
«Anche io sono preoccupata, lo sai?» Continuò Kya con voce serena. «Ma dare di matto in anticipazione all'evento principale non aiuterà nessuno; se invece andiamo incontro alla battaglia con i nervi un po' meno tesi, saremo più forti. E poi, guarda: nessuno sta veramente bevendo troppo.»
Ad eccezione di alcuni elementi, la maggior parte del gruppo si stava astenendo dall'esagerare con l'alcol; molti di loro assaggiavano soltanto le bevande e si riempivano i bicchieri con il contagocce.
«Se continua così ce ne resterà per la festa dopo la vittoria.» Scherzò Kya voltandosi a guardare il mobile dove erano riposte le quattro bottiglie trafugate, una ancora chiusa.
Neanche un po' di scaramanzia? Pensò Suzuko abbozzando un sorriso sarcastico. Poi la sua attenzione andò al bicchiere che teneva in mano: emanava un odore molto particolare. Curiosa di quella strana bevanda, poggiò le labbra sul bordo del bicchiere e ne assaggiò una goccia; la freschezza della bevanda la travolse, il calore dell'alcol le punse la gola e Suzuko decise che quella non fosse una cosa per lei, ma tra tutto un gusto in particolare stuzzicò le sue papille gustative, riportandola indietro nel tempo e facendole ricordare qualcosa di estremamente importante: pistacchi.
«E' buono, vero?» Commentò la caposquadra compiaciuta. Non si aspettava una reazione tanto forte da Suzuko.
«S-sì…» Mormorò, poi iniziò a sbandare e guardarsi intorno. Kya la sorresse e questa si scusò. «Devo fare una cosa…» Biascicò portandosi dietro il bicchiere, lasciando Nakamura da sola a osservare con perplessità quella scena.
Rin era in piedi circondata da persone; Suzuko pensava che si trattasse di suo fratello e della Kawa, ma non ne fu sicura perché in quel momento la sua attenzione era tutta su di lei, la sua amica.
Si gettò addosso a lei stimando malissimo le distanze e Rin si ritrovò a reggerla con tutte le forze che aveva. Le chiese che cosa succedesse e lei non riuscì a rispondere.
«Hai bevuto, Suzuko? Ci sei veramente andata giù pesante!» Rise mentre la aiutava a raddrizzare la schiena, le mani strette attorno ai polsi tremanti della bionda.
«N-no, è il mio primo bicchiere questo, è solo che…» Balbettò lei alzando lo sguardo e incontrando gli occhi di Rin, due smeraldi nella penombra della stanza affollata che la lasciarono senza fiato. «E' solo che sono un po' confusa adesso, mi sono ricordata di una cosa e io… Io devo chiederti una cosa, Rin. Devo chiederti una cosa!»
Rendendosi conto che fosse alquanto bizzarro che Suzuko si comportasse in quel modo, Rin la assecondò e disse ad Aki e Tooru che sarebbe tornata a breve mentre accompagnava Suzuko a rinfrescarsi. Il bagno non sarà stato certamente il posto più adatto a fare una discussione importante, ma al momento era il più intimo; e se aveva capito di cosa si trattasse, allora gli sarebbe servita una certa privacy.
Chiuse la porta alle proprie spalle e improvvisamente sentì una grande tensione addosso. Per quanto avesse fatto finta di niente in quei giorni, il momento delle spiegazioni era arrivato e se si fosse tirata indietro avrebbe rischiato di perdere per sempre l'amicizia di Suzuko.
Si voltò iniziando a parlare:«Suzuko, io posso spie…» Ma poi si zittì all'istante.
Suzuko stava trangugiando con avidità la crema al pistacchio, forzandola in fondo alla gola come un beduino assetato beveva l'acqua della prima oasi dopo giorni. La sorprese ad agitare il bicchiere per far scendere le ultime gocce, poi Suzuko si voltò, si asciugò le labbra con il dorso della mano e guardò Rin negli occhi con una determinazione mai vista prima.
«Adesso ce la faccio.» Sussurrò con voce stranamente ferma.
Rin era solamente preoccupata per la lucidità della sua amica a questo punto, sapeva quanto difficilmente reggesse l'alcol.
«Rin, c'è una cosa che mi sono chiesta per tutto questo tempo ma che non sono riuscita a spiegarmi. Pensavo di averlo semplicemente messo da una parte, ma adesso è tornato prepotentemente e se non mi rispondi credo che non riuscirò più a chiudere occhio!» Spiegò la piccoletta respirando a fatica e scuotendo la testa. «Perché mi hai baciata?»
Rin sentì il cuore fermarsi. Lo aveva immaginato a lungo, ma non pensava che sarebbe stato così difficile anche dopo tutti i preparativi fatti; ecco che arrivava il momento in cui dimostrava di essere solo una bambina confusa, che non sapeva perché facesse certe cose.
«Io… Non lo so.» Mormorò scuotendo la testa. «Immagino che volessi capire cosa si provasse…»
Suzuko non capiva. Non era sicura se fosse per via dell'alcol nel suo corpo o se i discorsi di Rin fossero proprio senza senso, ma si sforzò di seguirla.
«Noi… Stavamo parlando di tutte quelle cose, ci stavamo confidando l'un l'altra e… Non so cosa mi sia successo, mi sono sentita un po' compresa e un po' gelosa per il fatto che avessi baciato Tetsuya e…» Rin sentì gli occhi inumidirsi, le lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance. «S-Suzuko, ti giuro che non stavo cercando di sfruttare un tuo momento di debolezza! Non avevo intenzione di rovinare la fiducia che avevi in me, ed è per questo che mi sono sentita sporca dopo averlo fatto e ti ho evitata per tutto questo tempo. Io volevo solo… Volevo solo credere di poter essere come gli altri, per un momento. Non so perché sia così, io non…»
«Rin. Rin!» Suzuko le afferrò il volto, schiacciò le mani sulle sue tempie costringendola a guardarla negli occhi. Non credeva di averla mai vista così disperata. «Rin, tu sei sempre la mia amica! Sei tu, sei questa qualunque cosa tu faccia! Tu sei divertente, ti piace cacciarti nei guai e prendermi in giro ogni volta che non riesco a sollevare qualcosa perché sono esile come un rametto secco in pieno inverno, mentre tu sei forte, sei dannatamente forte!»
Rin stava piangendo incontrollabilmente tra le mani di Suzuko, annuiva nonostante non sembrasse assolutamente convinta di quelle parole.
«Non hai fatto niente di sbagliato! Non è stata una esperienza traumatica, ero solo sorpresa… Non mi sarei mai permessa di parlartene, se avessi saputo che avresti pensato che potessi essere arrabbiata, ma allo stesso tempo credo che tenere tutto dentro avrebbe causato molti più danni a lungo andare… Onestamente credo che venirti a parlare sia stata la cosa giusta da fare, forse la migliore scelta che abbia fatto nell'ultimo mese o due.» Si rese conto di star sproloquiando e pensò che fosse bizzarro come diventasse loquace quando beveva. «Comunque sono f-felice che tu abbia voluto aprirti in questo modo con me… Sono felice che tu ti sia sentita abbastanza al sicuro da mostrarmi questa parte di te; per quanto io non capisca cosa ci trovi in me, sono contenta!»
Rin abbozzò un sorriso in mezzo a tutte quelle lacrime. «Ma sei scema? Ti sei guardata allo specchio?» Stava ancora piangendo, però continuava a scherzare come se fosse una conversazione normale. Suzuko le rispose a tono.
«Onestamente non credo che riuscirei nemmeno a vedermi allo specchio in questo momento, sta cominciando a girare tutto quanto!» Risero un poco, poi Rin la abbracciò piangendo a dirotto. Furono grate che nell'appartamento ci fosse la musica ad alto volume, in quel modo nessuno le avrebbe sentite piangere come due mocciose. Quando ebbero finito di sfogarsi e furono rimaste ferme ad abbracciarsi per qualche secondo, ritrovarono la forza di guardarsi negli occhi ed entrambe si sorpresero a ridere.
«Sei la mia migliore amica, lo sai?» Bofonchiò Suzuko, che adesso sentiva le gambe tremare a causa dell'alcol. Anche Rin aveva le gambe che tremavano, ma per un motivo diverso.
«Non potrei chiedere di meglio.» Rispose sforzandosi di sorridere, ma in quel momento avrebbe voluto riprendere a piangere.
 
*
 
Quando uscirono dal bagno, dopo essersi date una sciacquata e aver nascosto i segni del pianto, Rin e Suzuko ritrovarono facilmente Aki e Tooru che nel frattempo erano rimasti a conversare goffamente tra di loro. A quel punto Suzuko però era troppo confusa per rimanere in piedi a parlare, così Rin chiese al fratello di aiutarla a sedersi mentre lei andava a prenderle un po' d'acqua e qualcosa da mangiare.
Mentre rovistava tra le patatine, i cracker e i salatini, lo sguardo di Rin fu attirato da un bicchiere vuoto e le quattro bottiglie trafugate quel pomeriggio da lei e le altre ragazze. Ripensò a quello che Suzuko le aveva detto nel bagno, a quanto fosse stata buona con lei nonostante tutto, ma non ce la fece a vedere il bicchiere mezzo pieno: lì davanti a lei c'era solo un bicchiere da riempire.
Tirò via il tappo dalla bottiglia di vino che aveva rubato lei stessa e versò le ultime gocce rimaste in quel bicchiere, lo trangugiò senza neanche sentirne l'odore o il sapore. Non era abbastanza, passò a prendere la bottiglia di sidro e si assicurò di riempire il bicchiere fino all'orlo e allo stesso modo mandò giù tutto quanto.
Le mancò l'aria per un attimo, ebbe freddo come se fosse all'aperto e a un certo punto volle controllare che la finestra della cucina fosse ben chiusa. Dopo aver controllato, vedendo qualche luce in lontananza oltre il vetro, Rin allungò nuovamente la mano verso una bottiglia e la versò nel proprio bicchiere.
Bevve senza neanche guardare cosa fosse e il sapore la colpì inavvertitamente. Pistacchi, maledetti pistacchi che aveva sentito sulle labbra di Suzuko una settimana prima. Le venne da piangere di nuovo, ma ormai non lo avrebbe distinto da un qualsiasi biascichio quindi poteva anche sfogarsi; solo che quando ci provò, lì sulla mensola di quella cucina estranea, Rin non riuscì a versare nemmeno una lacrima. Si sforzò a lungo, gli occhi chiusi e la fronte contratta al massimo, ma non ce la fece.
Dalle spalle arrivò Kya raggiante che la salutò e afferrò la bottiglia ancora chiusa.
«La festa sta andando alla grande, vero Rin?» Le disse allegramente, ricevendo in risposta un cenno debole della testa. «E adesso devi ancora vedere… Il meglio deve ancora arrivare!»
La caposquadra sorrise e agitò delicatamente la bottiglia, poi iniziò a svitare il tappo e iniziò a chiamare a gran voce le due squadre per attirare l'attenzione di tutti; quando fu circondata da compagni, iniziò a versar loro da bere e si tenne da parte un bicchiere per sé. Diede da bere anche a Rin, poi quando fu sicura che tutti i presenti avessero avuto quello che chiedevano, assaggiò a sua volta il suo bottino.
Quasi sputò tutto quello che aveva bevuto sul muro accanto a sé. Quello non era decisamente vino, non era il dolce sidro e nemmeno qualcosa di gustoso come la crema al pistacchio di Kawa; qualunque cosa avesse appena assaggiato, aveva un sapore molto più forte di qualunque altra cosa avesse mai bevuto, la bocca le bruciava forte e dopo averlo assaggiato si sentiva la gola completamente asciutta. Non era sicura di volerlo provare ancora, ma aveva rischiato grosso per prendere quella schifezza e se la sarebbe fatta andare bene!
Le reazioni nel resto della stanza non furono diverse dalla sua, in particolare i membri della Squadra Desia furono sorpresi dalla forte bevanda che gli aveva versato e qualcuno le chiese anche che diamine avesse preso.
«Non lo so, pensavo fosse vino bianco!» Commentò Kya guardando la bottiglia appena aperta e poi il proprio bicchiere.
Rin guardò le reazioni dei propri compagni, tutti sconvolti da quel nuovo gusto che non si sarebbero mai aspettati, e osservò il proprio bicchiere dove il liquido spiritoso era ancora rimasto intatto. Non si era mossa da quando Kya le aveva versato da bere, era ancora distratta, confusa; stava ancora pensando a Suzuko, ma più ci provava e più i suoi pensieri si scollegavano tra loro, lasciandola con niente tra le mani, un vuoto che non sapeva come riempire ma che al momento agognava terribilmente per non dover soffrire ancora. Forse era proprio quello che le serviva per dire addio a quella spiacevole sensazione una volta per tutte, così mandò giù l'intero contenuto del bicchiere senza alcuna esitazione.
Non era forte come pensava, o forse i suoi sensi si stavano già intorpidendo a tal punto da non farle più sentire niente. Qualunque fosse il caso, si mise di nuovo in marcia ricordandosi di dover recuperare qualcosa da mangiare per la sua amica, ma quando ebbe adocchiato il vassoio con le patatine si sentì inciampare.
Un braccio forte la afferrò al volo impedendole di finire faccia a terra, una cosa che sicuramente le avrebbe fatto guadagnare una figuraccia colossale. Alzò lo sguardo per capire a chi dovesse un ringraziamento e trovò il sorriso rassicurante di Momo Sakei davanti a sé.
«Ti senti bene?» Domandò con sguardo acquoso. Rin si schiarì la voce; era anche in grado di parlare a quel punto? Non aveva aperto bocca da quando era uscita dal bagno…
«Sì.» Biascicò raddrizzando la schiena e reggendosi ancora saldamente alla compagna. «Grazie per avermi preso.»
Momo annuì e non disse niente, osservò Rin in silenzio come se stesse scegliendo con cura le parole da usare. Alla fine notò che stava osservando il vassoio di fronte a sé con insistenza e sembrò capire tutto.
«Tieni.» Mormorò adoperandosi per raccogliere un po' da mangiare dentro a un piatto, porgendole tutto quanto una volta finito. Rin osservò quella composizione di patatine, bruschette, frittura e cibo da asporto e quasi pianse al pensiero di aver fatto preoccupare Momo.
«Mi dispiace…» Mormorò accettando il piatto. Non stava meglio; la sua mente adesso sarà anche stata vuota, ma su di lei gravava un gran peso che non riusciva a spiegarsi. Si sentiva inutile.
Momo sorrise, ma l'espressione sconsolata dell'amica non passò inosservata. La osservò sgranocchiare una patatina con molta lentezza prima di rivolgerle di nuovo la parola.
«Sai, non sono fatti miei e probabilmente non vuoi sentirtelo dire… Ma conosco quello sguardo.» Rin alzò la testa come se fosse stata appena chiamata da qualcuno molto lontano; aveva gli occhi a malapena scostati e la sua faccia era una maschera indecifrabile in quel momento, come poteva Momo "riconoscere" quello sguardo?
«E' lo sguardo di chi si sente fuori posto, solo e non apprezzato. Vorresti zittire tutti quei pensieri che ti fanno sentire una fallita e vivere normalmente per mezza giornata… Avevo lo stesso sguardo, tempo fa.»
Rin la fissò senza dire niente. Le sue labbra erano piegate quanto bastava per mostrare un broncio di disappunto; non voleva fatta la morale.
«Lo so, lo so!» Momo si ritirò di colpo alzando le mani come per arrendersi. «"Ecco un'altra seccatrice che crede di sapere tutto di me," conosco troppo bene quella sensazione. Ed è vero: nessuno può conoscere la tua situazione meglio di te, ma credo di capire almeno quello che stai cercando di fare e vorrei aiutarti a evitarlo, se possibile.»
La ragazza tirò indietro la testa con superiorità; non aveva bisogno dei suoi consigli riciclati.
«Quando cerchi di soffocare le emozioni per non lasciarti trascinare da esse, finisci soltanto col renderle più pesanti. Io ci ho provato, anche se in maniera diversa… Diciamo che l'alcol non funziona tanto con me, quindi ho cercato altri modi.» Alzò lo sguardo pensierosa, rammentando qualcosa per un secondo. «Ma qualunque cosa ti stia tormentando adesso, la stai solo usando per affibbiargli la colpa della tua tristezza mentre ad agire sei tu. E quando torni in te e te ne rendi conto, ti sentirai solo peggio perché lo hai lasciato accadere.»
«E allora che cosa devo fare?» Sbottò irritata Rin, che sentì le lacrime farsi di nuovo avanti.
Momo strinse le spalle. «Rifletti un momento e pensa: si tratta di qualcosa veramente in tuo controllo?»
Rin inarcò un sopracciglio e piegò la testa da un lato; la sua mente annebbiata le rendeva ancora più complicato seguire quel ragionamento.
«Se sì, allora potrai cercare di risolverlo quando ti sarai schiarita le idee; io so bene che le scelte prese di impulso sono una pessima idea.» Rise. «Ma se invece la risposta è no… Allora a che serve preoccuparsene? Qualunque cosa farai non cambierà il risultato.»
Lo sguardo di Rin si abbassò lentamente. Riusciva a seguirla a stento, ma Momo era riuscita a farle capire qualcosa a quel punto; aveva pensato di affrontare la delusione di essere stata respinta da Suzuko anestetizzando tutto quanto per non apparire ferita, ma in quel momento doveva sembrare veramente un disastro. Non stava annegando solo la tristezza, ma anche le parti di sé che la sua amica aveva lodato fino a pochi minuti fa, tutti quei motivi che spiegavano perché lei fosse la sua migliore amica e che la rendevano sé stessa.
«La cosa migliore sarebbe prenderti cura di te stessa, volerti bene e trovare un modo per sentirti completa senza dover rinunciare a una parte di te.» Continuò Momo con un sorriso mesto. Sapeva quanto fosse difficile, per questo non avrebbe cercato di indorare la pillola, ma era il miglior consiglio che potesse darle. E in quel momento poté notare un cambiamento nella sua espressione, come se Rin le fosse davvero grata questa volta per i suoi consigli.
«Vuoi… Vuoi aiutata a tornare dagli altri?» Mormorò vedendo quanto fosse ancora incerta nel passo, e Rin accettò volentieri.
Era buffo che avesse ricevuto un aiuto simile proprio da quella ragazza: tempo addietro era lei quella che aveva bisogno di aiuto e Rin aveva pensato di volerla aiutare, ma alla fine non aveva fatto nulla; trovava incredibile come una persona che aveva sopportato veramente tanto come Momo fosse in grado adesso di restituire tanto affetto.
«Momo?» Mormorò cercandola con lo sguardo mentre l'altra la reggeva da un fianco.
«Sì?» Rispose quella.
«Scusa, e grazie.»
Momo non rispose e si limitò a sorridere. Era difficile navigare in mezzo alla gente in due, considerato l'equilibrio precario di Rin, ma riuscirono ad arrivare fino al divano senza rovesciare il contenuto del piatto; lì Momo lasciò adagiare l'amica su un cuscino e spiegò la situazione al fratello. Preferì omettere il fatto di averla vista che si scolava quattro bicchieri di fila e disse che probabilmente l'alcol del primo bicchiere avesse cominciato a fare effetto, ricordando quanto poco entrambi lo reggessero.
«Assicuratevi che mangi e se arriva Kya a offrirle ancora da bere, avete la mia autorizzazione a prenderla a calci!» Scherzò la ragazza rivolgendosi ad Aki e Tooru, che stavano già cominciando a preoccuparsi. Girò la testa verso Rin un'ultima volta e vide che lei e Suzuko stavano silenziosamente iniziando a piluccare stuzzichini dal piatto tenuto in grembo da Rin stessa; l'umore forse era ancora un po' negativo, ma l'animo della sua compagna sembrava già essersi risollevato anche a vedere da come interagisse con la sua amica.
Un forte tintinnio vibrò nell'aria, interrompendo le chiacchiere dei ragazzi; la voce di Kya richiamò tutti all'attenzione e un piccolo gruppetto di persone si riunì nella cucina per assistere più da vicino.
«Va bene ragazzi, un attimo di attenzione per favore. Yu-Yuki, puoi abbassare la musica? Solo un po', ecco va benissimo. Grazie!» La ragazza parlava a voce alta e ferma, ma il suo tono tradiva una leggera ebbrezza mentre continuava a sbattere un cucchiaino sulla bottiglia che aveva aperto pochi minuti fa. Si dondolava avanti e indietro al centro dell'attenzione, gesticolando rapidamente, visibilmente nervosa.
«Scusate, non avrei voluto interrompere la festa e costringervi tutti a sorbirvi questo discorso melenso.» Rise poggiando la bottiglia sul tavolo alle proprie spalle, rimanendo con solo il cucchiaio tra le mani. «Ma, ecco… Penso che questa cosa andasse detta prima di fare qualsiasi altra cosa, perché sono veramente contenta di essere tornata qui a Desia, di aver conosciuto tutti voi… Quindi ve lo dico con tutto il cuore, vi voglio bene.»
Ci fu un applauso. Era stato Kaoru a iniziarlo esultando a gran voce e subito era riuscito a coinvolgere il resto del gruppo, che finì per far imbarazzare Kya.
«No ragazzi, sul serio! Non merito tutto questo, siete voi che avete reso possibile questa serata.» Dopo che fu riuscita a riprendere il controllo del pubblico, Kya abbassò un poco la voce. «Basta pensarci un po' su e ci si rende conto veramente che il merito di tutto questo è da attribuire a ognuno di voi: ogni singolo elemento ha avuto un ruolo in questa storia le cui azioni hanno portato a questa bella serata. Quando avete deciso di arruolarvi, a cosa stavate pensando?»
Kya lasciò rimbombare quella domanda per qualche secondo. Qualche mormorio si levò tra le due squadre.
«Pensavate che sareste arrivati a rubare… Alcolici non meglio identificati e poi passare a pilotare robottoni alti centinaia di metri?» Quella frase provocò delle risate nella stanza, ma Kya non era sicura che quello fosse il suo obiettivo. «Eppure è successo. Siamo arrivati qua, e ci siamo arrivati insieme: siamo cresciuti insieme, abbiamo vissuto tante avventure e abbiamo avuto anche tanti spaventi. Ed è grazie all'impegno di ognuno di noi se possiamo raccontarlo.
«Sapete, non mi sono mai soffermata molto a pensare a cosa volessi fare. C'era un solo motivo per cui ho deciso di diventare una Parasite; ma col tempo mi sono resa conto di volere bene a tante persone e di volerle tenere tutte al sicuro, a qualunque costo. Ammetto di non essere stata perfetta come caposquadra, sono sicura che Suzu potrebbe scrivere una tesi universitaria con tutti gli errori che ho commesso da quando ho messo piede a Mistilteinn…»
Risate, questa volta arrivarono da una persona sola, la già menzionata Suzuko che sembrava già bella che andata.
Kya si rigirò il cucchiaino tra le mani e guardò a terra come se dovesse chiedere scusa. Stava cercando di trovare le parole giuste e il coraggio per andare avanti e approfittò di buon grado dell'interruzione data dalle risate della sua compagna.
«Ma ho detto che mi sarei occupata della mia squadra. Ho detto che l'avrei fatto a qualsiasi costo e che avrei portato avanti la memoria di chi non ci è riuscito, perché è quello che gli eroi fanno. Io non ho mai conosciuto Honda e Tanaka, sono sicura che fossero delle brave persone… E sono felice di vedere che siate tutti riusciti a superare il dolore per la loro perdita, anzi vorrei approfittare di questo momento per scusarmi per tutte le cose cattive che ho detto la prima volta che sono stata qua…»
Adesso cominciava a divagare, ma allo stesso tempo non poteva procedere senza prima aver parlato di quello. Vide dei sorrisi e dei luccichii evidenti negli occhi di alcuni dei ragazzi nella stanza e pensò che forse avrebbe dovuto cambiare argomento.
«Io non so cosa ci riservi il futuro, né posso fare promesse specifiche…» Riprese alzando la testa. «Sono sicura che avremo tante altre occasioni per condividere un momento del genere, abbracciarci e dirci tutte queste smancerie, ma volevo comunque approfittare del momento. Quindi, insomma… Ehm…»
Kya esitò ancora e dal gruppo di fronte a lei si levò una voce tranquilla che la incitò.
«Dillo e basta.»
Era Ryo, il suo Ryo. La stava osservando, la stava ascoltando attentamente e ora voleva che portasse a termine quel discorso. Pensare a lui in quel periodo le metteva una grande ansia, temeva che la odiasse dopo l'ultima volta che si erano parlati… Ma quell'incitazione – quasi un ordine a dire il vero – la riempì di coraggio e di gioia nonostante nei modi potesse sembrare un po' brusca e insensibile, quindi non riuscendo più a trattenere un grande sorriso, Kya parlò.
«E' che vi voglio tanto bene, ragazzi!»
Le sue guance avvamparono. Avevano già raggiunto un colorito notevole dopo aver bevuto tanto, ma dire quelle cose di fronte a tutti e vedere i sorrisi dei suoi compagni a quelle parole la rese veramente molto più timida di quanto non fosse. Sentì di nuovo degli applausi, ma non era sicura di meritarli.
«Voglio solamente poter continuare a festeggiare così con tutti voi, quindi domani diamo il massimo e mostriamo a quegli alieni chi comanda!» Riprese facendosi più decisa, rendendosi conto di riuscire a reggere molto meglio un discorso di tipo motivazionale che non uno emotivo. Dalle due squadre si levò un urlo all'unisono, se non lo erano già, sicuramente quelle parole avevano convinto i Parasite delle proprie capacità.
Kya rimase a sorridere senza dire nulla per un po', godendosi l'immagine dei suoi amici che esultavano, carichi grazie a lei. Anche Ryo la guardava e sorrideva, anzi guardava solo lei. Sembrava soddisfatto, e le bastò quello a sentirsi un po' più completa, un po' più vicina a lui, e in quel momento si sentì invincibile e capace di fare qualsiasi cosa.
Afferrò rapidamente la bottiglia che aveva lasciato poco prima e vi batté di nuovo il cucchiaino con decisione, questa volta un po' più ansiosa.
«C'è un'altra cosa che vorrei dire, anche se questa è un po' più personale…» Sentì la voce morirle in gola per un momento. Sapeva che ci volesse un grande coraggio per farlo e forse non era la cosa più giusta da fare davanti a tutta quella gente, ma ormai non si sarebbe fermata.
«Si tratta della stessa questione: voglio dirlo ora prima di dovermene pentire…» Mormorò timidamente.
Il silenzio adesso la stava uccidendo. Non era sicura di voler continuare con quel discorso, ma ormai non aveva più scelta: tutti quanti stavano guardando solo lei, ancora più curiosi di prima e a quel punto non poteva più tirarsi indietro. Chiuse gli occhi per convincersi di essere l'unica in quella stanza, si fece coraggio e tornò a parlare liberando tutto quanto.
«Il fatto è che c'è una persona a cui tengo particolarmente. E' la ragione per cui mi trovo qui oggi, il motivo che mi ha spinta a dare il meglio di me da quando sono diventata una Parasite… Ed è una persona che mi ha mostrato tanto amore senza nemmeno accorgersene.» Le venne da sorridere mentre parlava, sentiva le farfalle allo stomaco mentre diceva quelle cose. Il suo sguardo andò a cercare il suo darling, sicura che ormai avesse intuito tutto.
«Quella persona sei tu, Ryo. Ti ho sempre amato, incontrarti è stata la cosa migliore che potesse succedermi.» Lo disse senza alcuna esitazione, con gli occhi lucidi perché non si era mai accorta di quanto fossero pesanti quelle parole, e con il sorriso sulle labbra perché quello, quel piccolo pezzetto di sogno della sua infanzia era arrivato a destinazione.
Ci furono voci intenerite, applausi; principalmente erano i ragazzi della Squadra Desia ad esultare, quelli che conoscevano meno la situazione tra lei e Ryo, ma anche alcuni della loro squadra si ritrovarono a incitarli timidamente. Kya rimase a osservare la reazione del suo Ryo nella speranza di vedergli mandare un segnale, una risposta, qualcosa che le avrebbe dato l'autorizzazione ad avvicinarsi; ma ciò che vide le mise progressivamente più ansia.
Ryo era passato dall'essere spaesato a non volersi trovare lì. La guardava come se fosse deluso e a questo punto Kya ebbe paura della sua reazione; avrebbe voluto ritirare tutto quanto, tornare indietro nel tempo per non dover mai scoprire quali parole avrebbe sputato contro di lei, ma era troppo tardi per quello e le sue gambe non si volevano muovere per farla scappare e risparmiarle quella umiliazione.
Gli applausi si affievolirono e Ryo abbassò lo sguardo, adesso quasi triste. Ci volle un altro po' perché trovasse le parole giuste e a quel punto il ragazzo andò avanti senza esitazioni.
«Cosa dovrei fare adesso?» Domandò quasi sarcastico. «Dimenticare tutte le volte che mi hai ignorato e sottovalutato? Tutte le volte che mi hai scavalcato trattandomi come una marionetta? Dovrei dimenticare anche i pugni che mi hai dato? Non capisco che cosa ti passi per la testa, Kya! Anche questa festa… Sì, comprendo le tue motivazioni, ma a volte sei veramente impulsiva e non pensi minimamente alle conseguenze.
«Fai tutto in questo modo: volevi divertirti a modo tuo, quindi hai costretto tutti quanti a seguire le tue regole; volevi diventare caposquadra e allora hai schiacciato tutti sul tuo cammino; volevi me…» Si fermò un secondo, sembrò veramente soppesare quelle parole, ma alla fine le pronunciò ugualmente:«Quindi mi hai seguito per non darmi una possibilità di scelta.»
Kya provò a contestare che non era mai stata sua intenzione farlo sentire in quel modo e che tutto avrebbe potuto sistemarsi con una sana comunicazione, ma era troppo da dire; troppe parole complicate e troppo poco tempo in un momento di tale dispiacere per lei, e troppa la rabbia del suo amico che riprese subito a parlare.
«E' per questo che ho chiesto lo shuffle: non capisci mai quando è il momento di fare un passo indietro! Mi dispiace, Kya… Io sono il primo a uscirne devastato, ma finché non capirai come rispettarmi non potrò accettare i tuoi sentimenti.»
Qualcosa si ruppe; Kya lo sentì chiaramente, forse un bicchiere o magari una bottiglia intera. Si schiantò per terra con la forza di un treno, sparpagliando ovunque i suoi frammenti taglienti e subdoli per ferire il più possibile chiunque ci sarebbe passato sopra.
Ah, no. Era il suo cuore.
Senza più sentire nulla, la ragazza barcollò un istante, poi si allontanò dal centro della stanza ed evitò la folla di ragazzi che adesso era ammutolita; continuavano a guardare lei e Ryo, confusi e imbarazzati di quella situazione. Non vide i loro volti, non sentì le loro voci, e fu solo dopo un breve e imbarazzante incespico che Kya riuscì a trovare la maniglia della porta dell'appartamento per aprirla e uscire di lì.
Adesso sì che l'aveva combinata grossa. Ryo la detestava.
 
*
 
Kya singhiozzava incontrollabilmente, poggiata con i gomiti sul parapetto a sorseggiare quello schifo di liquore che aveva preso dalla collezione di Kyu; non era capace neanche di trovare qualcosa di buono da bere tra amici, si sentiva veramente un disastro.
Ormai non vedeva più oltre il proprio naso; non era sicura se si trattasse di tutto l'alcol che aveva bevuto o delle lacrime che le annebbiavano la vista. Se avesse avuto il pieno controllo delle proprie funzioni motorie avrebbe cominciato a prendere a pugni qualcosa, doveva sfogarsi in qualche modo, ma in quel momento sentiva che se avesse mollato la presa dal parapetto sarebbe finita con il sedere per terra incapace di rialzarsi.
Perché la odiava? Perché Ryo continuava a respingerla? Non credeva di avergli mai fatto nulla di male. Pensava che gli piacessero tutte le attenzioni che gli dava, che lo sapesse che il suo modo di dare affetto era quello, anche se a volte poteva sembrare troppo brusco… E lui invece che faceva? Diceva di fronte a tutti che lui aveva sempre voluto scappare da lei e poi le diceva tutte quelle cose… Che era fredda, spietata, un mostro!
Adesso capiva perché le altre squadre la chiamavano "la Randagia." Era così che appariva agli occhi degli altri; non era forte, non era coraggiosa o risoluta, solo una folle prepotente che portava caos ovunque andasse.
Prese un altro sorso dalla bottiglia e piagnucolò per soffocare il bruciore dell'alcol nella gola. La faccia le stava andando a fuoco, ma allo stesso tempo il vento gelido della notte la stava congelando. Lasciò andare un gemito strozzato e quasi urlò per liberarsi un po' di quella tensione che la stava facendo impazzire.
Stava pensando di sedersi a terra e chiudere gli occhi per un po', riposare per smaltire l'alcol e la delusione, ma non voleva lasciar andare quella sensazione; sentiva quasi di meritarsi tutto quello, non era stata la caposquadra e amica che avrebbe dovuto.
Inoltre, non voleva lasciar andare nemmeno il parapetto, pensando che se si fosse allontanata avrebbe completamente perso l'equilibrio. Era ridicola: non riusciva neanche a darsi un contegno, Suzuko aveva ragione a dire che era una sconsiderata…
«Mi stavo chiedendo dove fossi andata a finire…» Fece una voce alle sue spalle. Kya sussultò. Non voleva essere vista in quelle condizioni, ma non era poi tanto difficile farsi trovare.
La risposta della ragazza fu un grugnito di sofferenza, a metà tra la fatica di tirarsi su e l'abbattimento di essere stata rifiutata.
Sentì i passi alle proprie spalle farsi sempre più vicini finché qualcuno non si fermò accanto a lei, poggiando i gomiti sul parapetto che lei aveva quasi completamente abbracciato.
«Fa freddo qui, non sarebbe meglio andare dentro?» Finalmente riconobbe la sua voce; era Yuki, calmo come mai lo aveva sentito prima.
Kya fu colta da un improvviso moto di ironia e rispose con una smorfia, dicendo:«Mi sto scaldando perfettamente, io!» E poi mostrò la bottiglia mezza vuota che teneva nelle mani.
Yuki sorrise. Sapeva che non sarebbe stato il freddo a farla muovere di lì e onestamente non era sicuro ci fosse veramente qualcosa che lo avrebbe aiutato; tuttavia non cercò di metterle fretta, la lasciò parlare per sfogarsi.
«Me ne sto sola soletta a godermi la vista di questa bella città… Una serra alle mie spalle con tante piantine di cui non conosco nemmeno il nome, una bottiglia di vomito aromatizzato tutta per me… Sto benissimo qui, lo vedi?» Agitava la mano con la bottiglia avanti e indietro, reggendosi con il braccio libero. Chiuse con un sorriso quasi estatico che avrebbe potuto anche essere sarcastico vista la situazione.
Yuki sorrise a sua volta e guardò in avanti, la città buia e vuota faceva proprio effetto vista da lì. Allungò una mano verso Kya e le prese gentilmente la bottiglia; per un momento lei pensò di lottare per tenersela, ma alla fine gliela rese.
«E non credi che staresti meglio con degli amici?» Le chiese, indeciso su che fare con essa.
Lei fece spallucce. «Ho rovinato la serata a tutti. Nessuno mi vuole in questo momento…»
«Bé, ti sbagli.» Detto questo, Yuki avvicinò la bottiglia alle labbra e prese un sorso del liquore, sputandolo disgustato un istante dopo. Lo spruzzo fu portato via dal vento e le goccioline brillarono alla luce dei lampioni in strada per un secondo.
«Yuki!» Sbottò Kya allarmata. «Le tue medicine!»
Il ragazzo sorrise un po' dolorante e si asciugò le labbra. Ci mise un attimo per ricomporsi, ma non smise mai di sorridere. «Bere in compagnia è meglio che farlo da soli, no?» Disse prima di prendere un altro sorso, questa volta trattenendosi dallo sputare tutto.
Kya balbettò una risposta che non riuscì a completare. Era bello vedere come, anche da ubriaca, si preoccupasse per la sua salute.
«E poi…» La voce di Yuki aveva un suono strano, dovette deglutire prima di riprendere a parlare. «Anche io volevo togliermi qualche soddisfazione, prima di pentirmene.» Le sorrise. Anche Kya dovette sorridere, non riuscì a trattenersi; lui le passò nuovamente la bottiglia per farle prendere un altro sorso e lei tentennò per un momento.
«Non lo so…» Borbottò guardando il vetro spesso e freddo. «Forse la mia era solo una scusa per fare un po' di casino, mettere le cose sottosopra e poi andarmene senza prendermi le mie responsabilità. Forse stavo solo preparando le condizioni perfette per avere il mio piccolo palcoscenico dove umiliarmi, e mi serviva una scusa credibile per coinvolgere anche gli altri…»
Kya bevve con poca convinzione, poi abbassata la bottiglia rimase a fissare nuovamente l'imboccatura dove aveva poggiato le labbra e le sfuggì un sorrisetto.
«Eh.» Fece. «Questo non si chiama "bacio indiretto"?»
Yuki normalmente sarebbe arrossito dall'imbarazzo e forse anche lei, ma l'alcol in circolo nei loro corpi li rese molto più razionali per un breve momento e gli fece affrontare la discussione con estrema calma.
«Stai ancora pensando a quello?» Le domandò lui.
«Non proprio.» Kya restituì la bottiglia e si appoggiò al parapetto con più forza. Yuki attese la sua spiegazione prima di bere di nuovo. «Insomma, dopo quello che è successo dopo la mia dichiarazione, non ho tanta voglia di bruciare le tappe…»
«A volte bruciare le tappe è necessario però…» Constatò lui. Kya gli lanciò un'occhiata scettica.
«Non metterti a fare questi discorsi ora!» Ghignò. «No, la verità è che ero stufa di aspettare, di restare nell'ombra; Ryo adesso mi odierà anche, ma almeno non devo più nascondere i miei sentimenti. Posso giocare a carte scoperte, lui sa tutto quello che c'è da sapere.» Poi sospirò e sentì un'altra volta il peso farsi più grosso. «Però non avrei dovuto farlo… Distrutto tutto quello che avevo costruito fino ad ora, ho rovinato la festa e deconcentrato la squadra… Che succederà domani, se gli altri penseranno ancora a quello?»
«Credo che avranno altro a cui pensare…» Mormorò Yuki passandole la bottiglia, gesto più che eloquente. Kya non afferrò il concetto e bevve ancora; il modo in cui mandava giù quella roba lo lasciò allibito.
Si ricompose. «Ma che cosa volevi ottenere? A che stavi mirando, di preciso?»
Kya fu sorpresa da quella domanda. Pensava che fosse ovvio, ma dopo averci pensato un attimo, neanche lei ne fu più così sicura.
«Non lo so… Volevo che la squadra si ricordasse di questa serata. Stavo cercando di lasciare il segno, di fare qualcosa di unico! Volevo regalar loro un'ultima esperienza felice, prima di rischiare di non averne più nessuna.»
A Yuki si strinse il cuore sentendo quelle parole. Tuttavia non comprendeva perché Kya fosse così pessimista proprio ora. «Questo non è da te.» Mormorò. «Tu hai sempre combattuto con la certezza di vincere, sei quella che dà la carica davanti a tutti durante una battaglia, non una leader timorosa e con i piedi per terra. Il tuo ruolo è sempre stato quello di ispirare gli altri!» Avvicinò il viso a quello di Kya, quanto bastava per notare una punta di irritazione nel suo sguardo mentre lo evitava. «Non te ne sei mai accorta?»
Kya non rispose. Prese un altro sorso deciso, poi passò la bottiglia a Yuki.
«E comunque non è necessario superare ogni aspettativa per fare qualcosa di "unico."» Aggiunse il ragazzo prima di bere. Vide con la coda dell'occhio il volto della ragazza illuminarsi e lei si voltò desiderosa di conoscere qualunque massima avesse in serbo per lei; la lasciò sulle spine per qualche secondo. Poi, dopo che si fu asciugato per bene le labbra, Yuki le porse nuovamente la bottiglia e sorrise.
«Qualunque cosa può essere unica e degna di essere vissuta, basta semplicemente viverla!»
Kya rimase a fissare il volto sorridente di Yuki, il suo colorito così pallido lo era ancora di più in quel freddo e i capelli arruffati gli si muovevano debolmente al vento. Per la prima volta notò come avesse gli occhi completamente neri, profondi come una galassia e nonostante ciò così vivi; era completamente diverso da come lo aveva conosciuto la prima volta, stanco e scontroso.
Yuki sbuffò. «Detta così sembra una scemenza!» Rise da solo. Kya non si unì alle risate solo perché fu colta alla sprovvista da quella cosa, talmente persa a fissarlo che nemmeno sentì le sue ultime parole.
Dopo un po' le risate di Yuki si spensero, il ragazzo non riuscì a continuare vedendo l'espressione persa di Kya. «Ehi…» Mormorò. «Guarda che non volevo offenderti. Ho detto qualcosa di sbagliato?»
«No… No, no!» Kya sembrò ridestarsi da un sogno a occhi aperti, agitò le mani come se stesse scacciando uno sciame di zanzare. «Quello che hai detto ha senso… Ma allora come faccio a sapere se ho veramente lasciato il segno? E come faccio a sapere se l'ho fatto in positivo?»
Quella era la preoccupazione più grande al momento: l'idea di diventare la zimbella del gruppo dopo quello che era successo la spaventava a morte. Yuki rimase a pensarci un attimo.
«Dipende da come ti senti tu e da quello che mostrano gli altri; certo, la gente potrà anche non essere del tutto onesta, ma se osservi attentamente le loro azioni capirai cosa pensano veramente.» Disse alla fine allungando una mano verso l'esterno.
Kya abbassò lo sguardo abbattuta. «Io mi sento malissimo.» Borbottò piena di sconforto. Assaggiò un altro po' del liquore, solo una goccia, poi passò nuovamente la bottiglia all'amico. «Ho fatto una figuraccia e il mio migliore amico mi odia.»
«Bé, potresti cominciare con il concentrarti su ciò che è successo prima di quella cosa. Eri euforica, no? In quel momento non avresti pensato che qualcosa sarebbe potuto andare storto.» Iniziò a farle la predica Yuki. In realtà era sicuro di ciò che diceva, ma sapeva di dover convincere lei prima di tutto. «E credi che gli altri penseranno a come sei stata rifiutata, alle parole usate da Sato, oppure a ciò che hai detto di fronte a tutti mostrando grande coraggio e spirito di squadra?»
Kya si morse un labbro. Adesso si vergognava anche di quello, pensò che avrebbe preferito non dire proprio nulla, ma non sarebbe stato giusto: lei voleva esprimere il proprio affetto a quelle persone, la sua fiducia nei loro confronti. Negarle di quelle informazioni non sarebbe stato semplicemente giusto.
Yuki alzò la bottiglia. «Io, per esempio, mi sono divertito; ma il momento veramente unico di questa serata sarà sicuramente questo!»
Kya lo guardò stranita, lui le rispose sorridendo.
«Ho avuto l'occasione di provare questa schifezza che a causa delle mie medicine non potrò provare mai più. Mi beccherò un mal di testa fortissimo probabilmente, ma era una cosa da provare, ed è tutto merito tuo.» Disse facendole sfuggire una risata sommessa. «Non ho nemmeno avuto l'occasione di fare un vero brindisi. Quello fatto durante la festa è stato qualcosa di… Distante, non ho nemmeno visto cosa mi è stato versato, tanto non lo avrei bevuto!»
«Vuoi farlo adesso?» Domandò Kya poggiandosi una tempia alle nocche di una mano. Si sentiva sempre più debole e stanca; la voce di Yuki la rilassava, ma i suoi discorsi le accendevano il cuore. Il ragazzo si girò e sorrise con trasporto.
«Sì! Perché no?» Disse e avvicinò di nuovo la bottiglia a sé.
Si schiarì la voce per un attimo, poi allungò il braccio in avanti e piegò leggermente la bottiglia verso l'alto, dichiarando con voce seria:«A qualcosa di unico!» Poi la avvicinò alle labbra e prese un sorso, poco ormai rimasto al suo interno.
Dopo di questo passò la bottiglia a Kya e lei lo guardò un po' scettica. Aveva bevuto così tanto che quel rito non sembrava più avere un senso per lei, ma l'entusiasmo di Yuki la contagiò quanto bastava per farle alzare a sua volta il braccio.
«Sì…» Borbottò con un mezzo sorriso. «A qualcosa di unico… Ai baci indiretti!» E poi mandò giù l'ultima goccia di liquore, ritrovandosi inspiegabilmente senza fiato.
Yuki esultò e le diede una pacca sulla spalla.
«Così si fa!» Esclamò e quelle poche parole sembrarono dare la carica a Kya per continuare. Poggiò la bottiglia sul parapetto e iniziò a sbracciarsi verso la notte.
«Sì!» Ululò lei. «Cazzo, spacchiamo tutto domani! Facciamoli a pezzi quei dannati alieni! Non gli lasceremo distruggere la nostra bella terra!»
Sorpreso da quell'improvviso entusiasmo, Yuki si mise a esultare assieme a lei, urlando sempre di più e agitandosi finché la ragazza con un colpo del braccio non buttò giù la bottiglia che aveva poggiato sul parapetto, mandandola in frantumi contro il pavimento della terrazza.
«Ops!» Bofonchiò prima di cominciare a sbuffare vistosamente, segno di una risata incontrollabile che subito contagiò Yuki e li portò a sentire il proprio eco nella notte.
Kya alzò lo sguardo al cielo e sospirò. Sentì le gambe leggere, la testa pesante, e senza nemmeno lasciar andare il parapetto il suo corpo crollò all'indietro, costringendo Yuki ad afferrarla per evitare che si facesse male.
Si guardarono per due secondi senza dire niente, faccia contro faccia e lui che la reggeva con una mano dietro la testa e una dietro al busto, poi ripresero a ridere e Yuki finì per inginocchiarsi a terra, adagiandola delicatamente al suolo, incapace di mantenere l'equilibrio.
«Grazie per essere mio amico, Yuki…» Mormorò lei, ancora con il sorriso sulle labbra. Gli occhi adesso chiusi e i sensi concentrati ad assaporare il fresco e il silenzio della notte di Desia, come se non ci fosse niente che la turbasse in quel momento.
 
*
 
La festa volgeva ormai al termine. Alcuni dei presenti erano già andati via da un po'; dopo il ritorno di Nakamura e Tsunami i primi a tornare alle proprie stanze erano stati alcuni dei ragazzi della Squadra Anemone tra cui Ryo, che nonostante tutto si era preoccupato per la sua amica. Viste le condizioni della loro caposquadra, le ragazze decisero che fosse il momento di tornare alle proprie stanze e dopo aver aiutato Kano e qualche altro membro della Squadra Desia a ripulire l'appartamento, Momo si prese la responsabilità di guidare tutti quanti ai propri appartamenti; lei e Naho erano entrambe decentemente sobrie, così prima di rientrare si assicurarono che tutte le ragazze stessero bene.
Nonostante Aiko avesse una tolleranza bassa, quella sera si era data un contegno ed era perfettamente in grado di aiutare, così Naho poté restare con Suzuko senza preoccuparsi dopo aver raggiunto il proprio appartamento, e lei e Momo si avviarono verso le stanze di Rin e Kya, che si reggevano a malapena in piedi.
Era già tanto! La prima volta che aveva bevuto del vino Rin si era completamente spenta, mentre visto quanto avesse passato la loro caposquadra quella sera c'era da sorprendersi della sua leggera euforia e apparente rilassatezza. Dovettero comunque sorreggerle lungo tutto il tragitto e quando furono entrate nell'appartamento – di fronte alla cui porta rimasero per tre buoni minuti prima che Kya smettesse di giocherellare con le chiavi – le ragazze smisero immediatamente di collaborare.
Kya si gettò sul divano dicendo che avrebbe dormito lì e mentre Momo cercava di convincerla a rimettersi in piedi, Aiko si ritrovò a dover inseguire Rin per tutto l'appartamento, colta da un improvviso scatto di vitalità; ridevano come se avessero ricordato una barzelletta estremamente divertente e non riuscissero a trattenersi, ma in realtà entrambe stavano solo cercando di trovare un motivo per non intristirsi e magari contagiare anche le proprie amiche per non sentirsi solamente delle buffone.
Non lo sapevano, ma dentro stavano soffrendo entrambe più o meno per le stesse ragioni.
«Presa!» Esclamò Aiko quando Rin ebbe fatto il giro della camera da letto cercando di aggirarla e tornare in soggiorno; questa volta però non era stata abbastanza veloce e la ragazza l'aveva placcata.
«Va bene, va bene! Mi hai presa!» Ridacchiò innocentemente.
«Esatto, quindi smettila di divincolarti e collabora un pochino! Abbiamo una missione importante domani, hai bisogno di riposare a sufficienza.» Sbuffò Aiko facendola dirigere verso il letto per farla sedere. La conosceva bene, sapeva come prenderla ed essendo state compagne di stanza da sempre non aveva problemi a farsi vedere nuda da lei, quindi iniziò a toglierle il maglione, ma Rin la fermò in tutta fretta.
«Aspetta, aspetta!» La sua espressione sembrava quella di chi aveva qualcosa di estremamente importante da dire; Aiko si mostrò sorpresa, non l'aveva mai vista reagire così, ma non era per quello che Rin fosse così allarmata.
Rin esitò un momento e la guardò in faccia con aria colpevole. «Prima devo fare pipì.» Borbottò innocentemente. Aiko sbuffò e non riuscì a trattenere una risatina.
«D'accordo, dammi la mano che ti aiuto ad alzarti!» Fece continuando a sghignazzare. Rin si lasciò aiutare volentieri e Aiko la sollevò per accompagnarla in corridoio, dove poterono scorgere brevemente una Momo in lotta con Kya per un paio di pantaloni.
Vedendo quella scena, Aiko chiese a Rin se avesse bisogno di aiuto anche nel bagno e questa le disse che non c'era bisogno, così scappò nell'altra stanza sperando che in due sarebbero riuscite ad ammansire la loro amica.
Rin entrò in bagno ridendo tra sé e sé e brancolò nel buio finché non ebbe trovato l'interruttore della luce, quindi si diresse rapidamente alla tazza e si sedette; le venne da ridere quando quella situazione le ricordò la scena vissuta quello stesso pomeriggio nel bagno dell'appartamento di Kyu. Quando si fu svuotata la vescica completamente – e le sembrò che fosse passata un'infinità – si asciugò continuando a ridere e si rimise in piedi.
Rin si tirò su i pantaloni senza riabbottonarseli, sapendo che si sarebbe cambiata di lì a breve, e si diresse al lavandino.
«Non bisogna dimenticarsi di lavare le mani…» Bofonchiò con un mezzo sorriso. Mentre sentiva l'acqua scorrere sui suoi polsi, ebbe un leggero giramento di testa e credette di star cadendo nel vuoto, ma aggrappandosi al lavandino riuscì a mantenere l'equilibrio.
Un po' orgogliosa del proprio autocontrollo, si concesse una risatina compiaciuta prima di continuare a lavarsi le mani. Solo pochi secondi dopo però l'acqua davanti a sé iniziò a tingersi di rosso.
Le risate non si fermarono, anzi quando sentì il sapore ferroso del sangue sulle proprie labbra non riuscì a dire altro che:«Ops!» Prima di passarci sopra la lingua con indifferenza.
Ancora ridendo, Rin avvicinò una mano al viso e scoprì di star perdendo sangue dal naso; strano, ma non vide il motivo per cui farne un dramma. Così si diede una sciacquata al volto, si soffiò il naso vigorosamente prima di infilarsi un po' di carta igienica arrotolata nelle narici e continuando a ridere sotto i baffi tornò nell'altra stanza per mettersi il pigiama.

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Capitolo 67
*** Lotta in città ***


La tirata di orecchie che Nana fece ai ragazzi fu tremenda. Le parole non sarebbero bastate a raccontarla.
Hachi faceva paura normalmente, ma tutti sapevano bene che lui più di quanto mostrava non poteva fare; lei invece quando si arrabbiava diventava una furia inenarrabile, sapeva far tremare la terra se necessario e non falliva mai nell'intimorire i ragazzi. Non era il fatto che avessero festeggiato la sera prima di una battaglia importante e nemmeno che ci fosse stato dell'alcol di mezzo; lei e Hachi li avevano beccati una volta che metà della squadra non si era fatta vedere per le otto di mattina come accordato, trovando una parte dei ragazzi a dormire sonoramente e l'altra parte a cercare di svegliarli, quindi sapevano bene di aver perso ogni possibilità di tenere tutto quello nascosto. No, il motivo per cui Nana era così furiosa e delusa era che per darsi alla pazza gioia i ragazzi avessero fatto irruzione nell'appartamento della loro stimata collega Kyu, saccheggiando alcuni dei suoi più preziosi vini e liquori come la sua vodka purissima, distillata seguendo la formula del vecchio mondo tramandata di generazione in generazione nella sua famiglia, i cui resti ingloriosi erano stati rinvenuti sulla terrazza del palazzo.
Dire che Nana fosse imbarazzata per quel comportamento era un eufemismo; la vergogna l'avrebbe perseguitata per anni, specialmente considerato il fatto che quella bravata fosse opera dei suoi ragazzi che avrebbe dovuto conoscere abbastanza da prevederne le mosse. Non servì nemmeno provare a fingere che non fosse stata Kya ad avere quell'idea, ma i tentativi di prendersi la colpa di Kano furono ammirevoli. La ragazza, per quanto non fosse nelle condizioni di sorbirsi una sgridata, fu costretta a prepararsi rapidamente quella mattina e, assieme agli altri compagni che avevano esagerato un po' troppo la sera prima, fu imbottita di aspirine e medicine contro la nausea.
«E' un disastro…» Sospirò guardando gli schermi, soffermandosi sulle riprese che inquadravano Iustitia mentre tentava di saltare da un ponte. «Posso capire lei e Rin, ma anche Suzuko?!»
Non avrebbe smaltito tanto presto l'arrabbiatura. Hachi a dire il vero la trovava carina quando faceva così, ma si guardò dal farglielo sapere. «Almeno possiamo contare sulla lucidità del suo partner, così come di Yoshiki, Momo…» Provò a farle guardare il lato positivo della situazione, ma Nana tornò subito all'attacco.
«Momo? Quella ragazza ha più alcol che sangue nel corpo, in questo momento!» Sbottò facendosi sentire da tutti i tecnici presenti; qualcuno si ritrovò a trattenere una risatina con tutte le proprie forze. «Io non capisco come faccia a bere così tanto senza neanche accorgersene…»
«Ha già smaltito. E mi ha detto di essersi data una controllata questa volta.» Mentì Hachi. Non sapeva se Momo avesse bevuto o meno, ma conoscendola non pensava che si sarebbe mai ritrovata in una situazione estrema come le altre sue compagne, e il fatto che quella mattina fosse serena molto più delle altre lo aveva fatto ben sperare.
Il problema più grave però era che i ragazzi che più di tutti non avrebbero dovuto bere, lo avevano fatto: Ogura e Tsunami facevano fatica a restare coscienti dopo aver mischiato le proprie medicine con l'alcol della sera prima. I coordinatori pregavano che non avessero ricadute di alcun genere durante la battaglia.
Jun e Kyu assistevano allibiti alla piccola lite tra i due immortali; era buffo pensare che quelle persone che avevano sempre visto come intoccabili fossero in realtà molto più simili a loro di quanto immaginassero. Nana e Hachi si erano scusati con loro almeno un migliaio di volte per come i loro scalmanati ragazzi avessero portato sulla cattiva strada i loro protetti, nonché per l'evidente effrazione commessa da Nakamura che – assicurarono – sarebbe stata punita a dovere, ma a loro non interessava: erano contenti che le due squadre fossero arrivate a quei livelli di cameratismo, sarebbero stati molto più turbati se ci fossero state ancora tensioni fra i ragazzi.
In tutto questo, nonostante le difficoltà ad alzarsi di alcuni dei piloti, i preparativi erano stati ultimati facilmente e gli Stridiosauri erano tornati in funzione, aggirandosi per le strade della città deserta, evacuata quella mattina stessa; c’era stato il tempo di informare tutti degli aggiornamenti portati alle unità, un nuovo sistema di salvataggio ideato dopo alcune critiche – principalmente di Matsumoto – che chiedevano un modo per salvaguardare la salute dei piloti in situazioni critiche, così dopo diversi mesi di studio i tecnici erano riusciti a ultimare un sistema di espulsione dei Parasite, sia singolo che di coppia, che li avrebbe tenuti al sicuro di una capsula di salvataggio inespugnabile in attesa di essere recuperati.
Nonostante queste notizie, Kaoru era nervoso. Sentiva di aver fatto un torto a Kya la sera prima e questo continuava a mordergli la coscienza mentre si dirigevano al punto prestabilito e lui doveva restare a guardarla, frugando con la mente in mezzo alla sua coscienza.
«Sei particolarmente taciturno, Kaoru. Qualcosa non va?» Disse Kya, che nonostante avesse lottato tutta la mattina con i postumi della sbornia, non sembrava mai perdere il proprio buon umore. Anche in quello stato aveva avvertito che c'era qualcosa di diverso in lui, quella ragazza aveva veramente un dono naturale per pilotare…
«Sì…» Ammise lui timoroso. «Riguarda quello che è successo ieri sera…»
Kya sentì ciò che stava per dire attraverso la connessione e lo precedette. «Non devi scusarti, ho fatto tutto da sola. Tu ti stavi godendo la serata con la tua Aiko, ed è esattamente quello che volevo, che vi divertiste…»
«Ma non è stato divertente per te!» Reagì. «Tu hai fatto qualcosa di estremamente importante per la tua felicità e ne sei rimasta scottata, e io in quanto tuo partner avrei dovuto restarti accanto…»
Iustitia non si fermò perché se lo avesse fatto sarebbero arrivati in ritardo al punto di arrivo, ma Kaoru poté sentire la coscienza della ragazza farsi un po' più effimera all'interno della connessione, come se avesse lasciato i comandi automatici per un po'. Lei non reagì, rimase a fissare la strada che aveva davanti oppure il muro della cabina di pilotaggio, come se non fosse in grado di sostenere quel discorso.
«Non si tratta solo di essere il tuo partner.» Riprese Kaoru facendosi un po' più triste. «Ho promesso che ti avrei aiutato a riconquistare Ryo, ma ciò significa anche che dovrei sostenerti nei momenti come quello di ieri. Non voglio essere solamente un "compagno", voglio essere tuo amico per davvero!»
Kya sospirò. Era un pensiero gentile, ma non sapeva quanto potesse credergli; non intendeva dire che Kaoru fosse un bugiardo, ma sapeva quali fossero le sue priorità. Lei non sarebbe mai venuta prima di Aiko, ed era giusto così. Non ce la fece a dirglielo però e Kaoru avvertì solo un profondo disagio dalla connessione.
«Gli amici fanno questo, no?» Riprovò lui, chiedendosi dove stesse sbagliando. «Si sostengono l'un l'altro quando uno non ce la fa a volare da solo. E io voglio che tu ti fidi di me d'ora in poi, che venga a chiedermi aiuto per qualsiasi cosa!»
Quelle parole le toccavano veramente il cuore, ma per quanto fosse felice di sentirle Kya credeva che non sarebbero bastate a lenire il suo dolore in quel momento, né in futuro. Abbassò la testa come se non riuscisse più a tenerla alzata, come se alla fine la sua forza di volontà fosse stata spezzata, e sorrise mestamente.
«Ti ringrazio, Kaoru. Sei davvero buono… Ma ormai è tutto inutile: non riavrò mai indietro il mio Ryo.»
Kaoru rimase spiazzato. «Cos… Cosa vuol dire che è tutto inutile?»
«Me lo ha detto: lui voleva starmi lontano, capisci cosa significa?» Si sfogò la ragazza senza voltarsi. «Significa che ho rovinato tutto! Avevo la cosa più importante proprio accanto a me e l'ho fatta scappare via!»
«Kya…» Kaoru comprendeva la demoralizzazione della ragazza. Pensava che fosse troppo presto per parlare di quella cosa, che gli effetti della serata precedente fossero ancora troppo presenti perché potesse pensare razionalmente. Però non credeva che Ryo avesse mai inteso niente di così estremo. «E che mi dici degli occhiali?»
Kya si fermò, questa volta per davvero. La ragazza si girò verso di lui per guardarlo negli occhi in modo da assicurarsi che stesse dicendo sul serio. Come potevano quegli occhiali che lei aveva distrutto con così tanto disprezzo simboleggiare ancora qualcosa?
«Quegli occhiali sono il simbolo della vostra amicizia ancora intatta.» Dichiarò il ragazzo mentre lei faceva schioccare la lingua con sarcasmo. «Ti sei lasciata travolgere dalle emozioni negative e li hai rotti, okay… Questo è ciò di cui ti voleva avvertire lui. Se non ti volesse bene non avrebbe cercato di darti spiegazioni ogni volta.»
Mentre parlava, lo sguardo della ragazza si fece sempre più basso e scoraggiato, come se stesse lentamente comprendendo tutto. Tutto quello però era successo prima che lei rovinasse tutto con la sua dichiarazione; anche se le fosse rimasto un briciolo di speranza di piacere ancora a Ryo, se n'era andato una notte fa. Non sapeva neanche dove fosse andato a finire quel "simbolo della loro amicizia intatta."
«Ryo è ancora il tuo migliore amico, di gran lunga!» Sbottò Kaoru, vedendo come quelle parole stessero smuovendo la coscienza di Kya. «Lui tiene tantissimo a te, è solo che vorrebbe un po' più di comprensione. Sono sicuro che anche lui si senta male per aver fatto quello che ha fatto, ma è anche per il tuo bene che lo sta facendo.
«E' quello che ci eravamo detti la prima volta, ricordi? Imparare ad essere più indipendente e mostrargli che puoi vivere senza di lui.»
«Ma io non posso vivere senza di lui…» Mormorò la ragazza con voce tremante. E quello era il punto che Kaoru conosceva già troppo bene; perché anche se pilotavano insieme da poco, poteva sentirlo chiaramente nella connessione quanto Kya pensasse a Ryo, Ryo e solo Ryo.
Non era un'ossessione, era qualcosa di più: una parte del ragazzo restava sempre in un angolo anche mentre affrontavano i nemici, non se ne andava mai. Kaoru aveva provato tutto quello in terza persona e in maniera attutita perché Kya si era trattenuta in tutto quel tempo, ma immaginò quanto Ryo dovesse aver sentito quel peso farsi schiacciante a un certo punto, considerato che la ragazza gli esternasse ogni tipo di attenzione sia dentro che fuori lo Stridiosauro.
«Lo so.» Mormorò stanco. «Lo so, so bene come ti senti.»
Kya deglutì con pesantezza. In fondo anche lei aveva avvertito i sentimenti del ragazzo attraverso la connessione, e anche lui non faceva che pensare ad Aiko; le voleva bene, lo completava, e doveva ammettere che era un po' invidiosa di tutto ciò.
«Però ascoltami.» Riprese con più forza. Kaoru si sarebbe staccato dai comandi e avrebbe raggiunto Kya per prenderle il volto tra le mani, abbracciarla, fare qualcosa! Ma avrebbe dovuto disattivare la connessione per farlo, così si limitò a guardarla intensamente negli occhi dalla propria postazione. «E' proprio la separazione che rafforza il tuo legame con lui! Stando lontano da Ryo hai capito quanto lui sia veramente importante per te, e credi veramente di essere pronta a fare a meno di tutto questo?»
Kya abbassò lo sguardo come se non sapesse cosa dire, ma Kaoru schioccò le dita dicendole di guardarlo.
«E' per questo che combattiamo. E' per questo che ci miglioriamo ogni giorno. Ma prima dobbiamo essere sicuri di quello che vogliamo, poi possiamo passare ad agire! Tu cosa vuoi davvero?»
Kya rimase in silenzio per alcuni secondi, poi lo sguardo le scivolò da un lato e sembrò rifletterci veramente. Dopo che ebbe pensato a quella cosa, alzò lo sguardo come se avesse avuto un'illuminazione e sussurrò quasi incredula: «Voglio stare con Ryo.»
Kaoru annuì facendole segno di andare avanti.
«Voglio tornare a pilotare con lui!»
«Sì!»
«Voglio dirgli che lo amo per davvero, senza nessun altro ad ascoltare!»
«Brava!»
«E voglio restare con lui per sempre, anche se non vorrà reciprocare il mio amore! Voglio essere presente nei suoi pensieri perché lo amo e so di essere importante per lui!»
«Esatto!» Urlò Kaoru agitandosi e influenzando anche Kya che strillò carica di eccitazione. Avevano un obiettivo, avevano messo in conto la possibilità di fallire ma sapevano di poter comunque raggiungere un compromesso: non era necessariamente un successo assicurato, ma nemmeno un fallimento.
«Nakamura, che succede?» Una voce all'esterno dello Stridiosauro li fece trasalire, ricordandogli di essere nel bel mezzo di un'operazione. Era Kano, che a poca distanza da loro si era accorto di stare avanzando da solo.
Iustitia si era fermato al centro della strada senza alcuna spiegazione ed era rimasto assente per tutto quel tempo; il volto di Kya ricomparve su di esso, che si scusò per averli fatti attendere.
«Andiamo, forza! I VIRM stanno per arrivare.» Disse alla fine l'altro, riprendendo la marcia. La questione era chiusa, Kya e Kaoru si erano detti quello che si dovevano dire e adesso lei non riusciva più a smettere di sorridere; era veramente emozionata, le parole di Kaoru le avevano svoltato la giornata e adesso sentiva di poter conquistare il mondo intero.
In una situazione simile, costretta a pilotare nonostante la delusione, c'era Rin che pur avendo ricevuto parole parecchio confortanti da Momo, decidendo di non pensarci più, alla mattina a mente fredda e smaltita la sbornia si era ritrovata bloccata in una incontrollabile malinconia, tormentata dalla delusione e dal rimorso.
Anche se non aveva detto nulla, per Aki era stato facile intendere che ci fosse qualcosa di diverso nella sorella e una volta avviata la connessione gli fu ancora più chiaro. Avrebbe voluto aiutarla e darle qualche consiglio, ma era raro vedere Rin in quello stato e per questo non sapeva bene cosa fosse più opportuno fare.
Tuttavia per tutto il tempo passato a bordo dello Stridiosauro, il ragazzo sentì cose che non gli piacquero: erano pensieri che non dovevano stare nella mente di sua sorella, qualunque fosse il problema, per questo una volta posizionatisi decise di parlarle.
«C'è qualcosa che non va, vero?» Esordì, rendendosi conto quanto dovesse sembrare strano detto così. La ragazza si voltò sbattendo le palpebre, smarrita.
«Che vuoi dire? Siamo…»
«Ti conosco troppo bene, Rin.» Tagliò corto lui restando serio. «Non sei mai così silenziosa.»
Lo sguardo che le mandò non fu di rimprovero, ma la ragazza sentì come se lo fosse; Aki l'aveva sgamata in pochissimo, aveva dato un'occhiata nella sua testa e aveva trovato un'anomalia, un virus nella mente della sua amata sorellina. Sapeva di non essere lui quello forte tra loro, ma anche così voleva proteggerla da tutte quelle cose che riuscivano a penetrare la sua armatura e che la consumavano dall'interno.
Lei sospirò chiedendosi da quando fosse diventato tanto sfacciato. «Mi hai beccata.» Mormorò con un sorriso amaro. Non sperava veramente di farla franca, ma anche in quella situazione non poteva raccontare tutto quello che era successo ad Aki, gli sarebbe venuto un colpo!
Per la prima volta il fratello maggiore si rese conto di come Rin stesse trattenendo i propri sentimenti: nella connessione, normalmente, le sensazioni e i pensieri erano condivisi senza alcun tipo di filtro, ma da quando aveva menzionato quel problema lei si era irrigidita e come un filo ben teso su cui viaggiavano le informazioni, la connessione si era ingarbugliata rendendo il tutto più difficile.
«Perché fai così?» Mormorò. Faceva male pensare che la sorella non si fidasse abbastanza di lui, tanto da tentare di nascondergli quella cosa. Ma povero Aki, non poteva sapere quanta vergogna provasse Rin per quell'argomento; era stato già abbastanza difficile aprirsi completamente una volta, non sapeva se sarebbe riuscita a reggere di nuovo quella conversazione.
C'era una vergogna enorme nella mente di lei, la sensazione di non essere all'altezza di qualcosa e di voler scappare da una gabbia; si sentiva fragile di fronte a un mondo spietato, esposta al giudizio e al disgusto degli altri che l'avrebbero abbandonata. Tutto questo era opprimente per Aki, che lo stava avvertendo di riflesso: Rin pensava di fargli un favore a trattenersi, ma non sapeva che lo facesse sentire ancora peggio.
Quella sensazione di impotenza di fronte allo smarrimento della sorella avrebbe potuto facilmente inglobarlo e renderlo poco più che un burattino per il resto della giornata, ma Aki reagì e lo fece proprio attraverso la connessione lasciando che la sorella sentisse il disagio che lei stessa aveva lasciato sfuggire all'inizio.
«Vuoi veramente continuare a sentirti così? Anche se dovesse andare tutto bene durante la battaglia, questi sentimenti continueranno a divorarti anche una volta scesa dallo Stridiosauro.» Disse addolorato. «Non si tratta di essere in grado di combattere, si tratta di essere in grado di vivere!»
Esasperata da ciò che Aki stava riflettendo su di lei, Rin si voltò strillando: «Sono problemi di "cuore", d'accordo?!»
Quelle parole lo spiazzarono e Rin poté rilassarsi un poco. Era rabbiosa, ne aveva abbastanza di sentirsi compatita e non voleva più sentirsi in quel modo; aveva già chiuso con quella storia, ma allora perché continuava a fare male?
«S-scusa…» Aki provò un improvviso imbarazzo a sapere che sua sorella avesse una cotta per qualcuno, ma non fu particolarmente sorpreso: avevano visto diversi dei loro compagni attraversare ogni tipo di esperienza amorosa, positiva e non, e in un ambiente simile era solo questione di tempo prima che anche lei sviluppasse dei sentimenti per qualcuno.
Ma da quello che aveva sentito Aki nei suoi pensieri, sembrava che il problema fosse che l'altro non corrispondesse i suoi sentimenti. Era quello a fare male.
Ma… Chi era? Aki non riusciva a immaginare uno dei suoi compagni in coppia con Rin, principalmente perché nessuno di loro sembrava il suo tipo e lei non aveva mai mostrato particolari attenzioni verso gli altri ragazzi; iniziò a passarli in rassegna come se stesse cercando di fare qualche ipotesi e mentre lo faceva, tutte le immagini si sovrapponevano nella mente di Rin.
Oh, Aki… Non potresti essere più lontano di così. Pensò tristemente. Le sarebbe piaciuto che fosse così semplice, che il suo fosse solo un amore non corrisposto; ma no, quello era qualcosa di più grande, qualcosa di impossibile e si sentiva una stupida ad aver coinvolto Suzuko in tutto quello.
«Suzuko?» Disse lui completamente smarrito. Rin si voltò di nuovo, rossa in volto. Aveva abbassato la guardia e si era completamente dimenticata che anche Aki fosse all'interno della sua mente in quel momento; si era giocata da sola come una principiante, adesso il suo segreto non era più al sicuro.
«Non… Non guardarmi!» Sbottò tremante, ma Aki si sporse un po' in avanti.
«No, aspetta! E' davvero così? Non mi sto sbagliando vero?» Le chiese allungando una mano verso di lei. «Ti piace Sentakami?»
Rin in un primo momento pensò di non dire niente, a che serviva rispondere? Tanto Aki avrebbe sentito tutto quello che pensava, non c'era bisogno di ridicolizzarsi ulteriormente… Però, nonostante la vergogna e il rimpianto, Rin sentiva di volere bene a Suzuko, un bene grandissimo che non riusciva a negare, e così alla fine si voltò verso il fratello e annuì, sul punto di scoppiare a piangere.
«Ma è… E' una cosa bella!» Commentò lui, senza parole.
Rin ammutolì, la vista annebbiata dalle lacrime appena trattenute. Non era sicura di voler credere ad Aki, ma sentiva solo sincerità provenire dalle sue parole.
«Scu-scusa, è che è un po' una sorpresa, ma…» Borbottò ancora cercando di ricomporsi. «Sono contento che tu provi… Che tu le voglia così bene.»
Lui lo stava sentendo. Aveva sentito il dolore del rifiuto fino a quel momento e adesso che Rin aveva smesso di trattenersi, tutto il suo amore per la biondina dallo sguardo torvo l'aveva travolto, facendogli capire quanto sua sorella fosse perdutamente innamorata. Non era possibile mentirgli.
«Ma lei non mi vuole.» Dichiarò lei con il naso tappato e la voce stridula. «E io non so cosa pensare ora, ho paura Aki! Ho paura di essermi giocata tutto quanto, il mio rapporto con lei, la mia immagine all'interno della squadra… Ho paura perché anche se per tutta la mia vita ho solamente cercato di distinguermi, adesso vorrei solo essere normale
Rin si accasciò su sé stessa e a quel punto Aki la afferrò, stringendola a sé nel tentativo di trasmetterle un po' di calore.
«Non voglio più questi sentimenti, mi sono già rassegnata al fatto che resterò da sola!» Piagnucolò bagnando la tuta di lui. «A me basti tu, voglio solo il mio fratellino per essere felice!»
«Rin, non c'è niente di sbagliato in te! Non puoi farti una colpa per ciò che sei!» Sbottò lui, sciogliendo di poco l'abbraccio con la sorella per abbassare lo sguardo e trovare i suoi occhi arrossati. «E non devi nemmeno rinunciare all'amore, se non è questo che vuoi! Questo non cambia assolutamente niente! Tu resti sempre mia sorella. Sei quella ragazza che ruba il vino, che mi rimprovera quando mi trattengo, che quando è in squadra è la più coraggiosa ma da sola soccombi alla pressione. Nessuno ti vedrà in maniera diversa per questo!»
Rin lo guardò negli occhi, poi nascose di nuovo il volto nel petto del fratello. Quelli erano i suoi veri sentimenti, era sincero con lei più di qualunque altra volta; ma per quanto potesse volerle bene ed essere onesto con lei, non poteva sapere cosa avrebbero detto e fatto le altre persone.
«Sono sicuro che i nostri compagni ti vorranno bene come hanno fatto sempre, questo non cambia assolutamente niente!» Ripeté sentendo di non aver convinto del tutto Rin. «Ciò non significa che tu debba sentirti costretta a parlare con loro di questa cosa; puoi decidere tu quando farlo, se farlo… Io… Sono felice che tu sia riuscita ad ammetterlo con me, ma ancora di più sono felice che tu sia riuscita a parlarne con lei. E sono sicuro che ti abbia detto le stesse cose che ti ho detto io, non è così?»
Rin effettivamente aveva già sentito quelle parole. Per lei era stato difficile affrontare quel discorso con Suzuko, ma la ragazza pur respingendo i suoi sentimenti le aveva fatto sapere che sarebbe sempre stata sua amica; il dolore di Rin quella mattina era dovuto principalmente al rifiuto, ma dopo aver parlato con Aki mille dubbi e ansie erano tornati a galla, ed era felice di essersi potuta finalmente togliere quel peso dal cuore.
Annuì, incapace di formulare frasi di senso compiuto. Aki sorrise a quell'immagine, gli sembrava una bambina assonnata. Le accarezzò la testa, gesto che lei aveva sempre respinto sin dall’infanzia; da bambini lui era sempre stato un po’ più alto di lei e questo l’aveva sempre fatta impazzire, e per quanto crescendo Rin fosse sempre rimasta in deficit di qualche centimetro aveva sempre lottato con tutta sé stessa per non farsi trattare come la più piccola. Adesso però, sentirsi piccola e al sicuro tra le braccia di suo fratello la faceva stare bene.
All’esterno dell’Animus, gli altri membri delle due squadre non potevano sapere cosa stesse succedendo tra i fratelli; la maggior parte dei piloti stava vivendo quei momenti in maniera naturale, alcuni avevano i loro piccoli rituali scaramantici e altri avevano una vera e propria routine per prepararsi al meglio a pilotare. Gli unici a non avere niente di tutto questo erano Ryo e Aiko, lei troppo timida per tentare un approccio diretto per aumentare la confidenza con il partner e lui con la mente altrove dopo i fatti della sera precedente.
Se fosse stata sfacciata, Aiko avrebbe provato a parlare proprio di quella sera: era evidente che Ryo non volesse fare del male a Kya, ma le sue parole l’avevano ferita e adesso dovevano affrontarne le conseguenze in un modo o nell’altro. Anche se non fosse stata connessa a lui in quel preciso momento, sarebbe riuscita a leggerglielo in faccia; doveva ammetterlo, Ryo non era molto bravo a nascondere cosa gli passasse per la testa.
Nonostante tutto, non se la sentiva di esordire con qualcosa riguardo alla sua vecchia partner. Non credeva che fossero fatti suoi e per quanto il rapporto con lui stesse lentamente crescendo, non si sentiva ancora a suo agio nel parlare di questo tipo di cose.
Ma poi ebbe un’idea.
«Sei nervoso? E’ la nostra prima vera battaglia come una coppia.» Disse voltandosi. Ryo fu colto alla sprovvista, lo vide che se ne stava con la testa bassa e lo sguardo perso nel vuoto.
«Non ci avevo pensato…» Mormorò. In fondo avevano pilotato assieme tante volte prima di quel giorno, anche in momenti parecchio concitati.
«Anche io sono emozionata… Ma non ho paura come ne avevo all’inizio; non l’ho mai detto a nessuno, ma da quando ho provato la connessione per la prima volta ne sono rimasta un po’ ammaliata… Come se fosse una scossa di adrenalina che non avevo mai sentito prima e mentirei se dicessi che non mi diverto almeno un po’ mentre combattiamo…»
Ryo in un primo momento sembrò perplesso, come se stesse cercando di capire dove volesse andare a parare; poi sorrise. «La prima volta che ho pilotato assieme a Kya, ha praticamente fatto tutto da sola. E quando abbiamo finito, anche se avevamo avuto un contrattempo, si poteva vedere come fosse veramente estatica. Credo che pilotare lo Iustitia la faccia sentire come un’eroina dei cartoni animati, o qualcosa del genere…»
Ryo rise, ma Aiko non pensava che fosse molto lontano dalla verità. Sarà stato un modo infantile di vederla, ma anche lei si sentiva parecchio “tosta” quando pilotava lo Xenomorphus.
«Ma non era una delle ragioni per cui hai detto che volevi separarti da lei?» Domandò un po’ titubante, chiedendosi se avesse fatto meglio a restare zitta. Ryo in un primo momento non reagì, ma poi inarcò un sopracciglio per mostrare dissenso.
«No, non è… Ecco…» Ricordava bene quello che aveva detto e capiva che il messaggio avrebbe potuto essere travisato e lui non si fosse mai preoccupato di correggersi. «La prepotenza di Kya… Il suo voler controllare sempre ogni cosa… Questo mi ha fatto allontanare da lei.» Spiegò con una buona dose di difficoltà. «Ma vederla felice, soddisfatta del proprio lavoro… Io ero contento di questo, mi bastava. Solo che poi è diventata troppo…»
«Possessiva?» Lo fermò Aiko. «Scusa, non avrei dovuto intromettermi. E’ stato più forte di me…» La ragazza abbassò lo sguardo costernata e Ryo rispose con un broncio dispiaciuto.
«Non ti sei intromessa. Sono stato io a rendere questa cosa un problema di tutti…» Mormorò. «Non sono stato in grado di affrontare la questione come una persona matura e ho fatto una scenata ridicolizzando la mia amica… Anche ieri ho fatto lo stesso, lei…»
Si interruppe, come se non riuscisse a pronunciare quelle parole.
«Lei ha detto che mi amava e io l’ho chiamata in tutti i modi, ho detto che è impulsiva e che pensa solo a sé stessa, che mi ha costretto a restare assieme… Forse stavo cercando un pretesto per vendicarmi di tutte le volte che mi ha stuzzicato di fronte agli altri, prendendomi in giro o colpendomi come fa di solito… Ma quello che le ho fatto io è stato cattivo!»
Aiko vide come Ryo stava quasi per mettersi a piangere e scattò per tranquillizzarlo, ma era troppo tardi; il ragazzo si portò una mano davanti agli occhi come se si vergognasse di farsi vedere in quel modo e incominciò a singhiozzare.
«Non merito tutto questo affetto da parte sua… Vorrei solo che la smettesse di andare dietro a uno come me…» Mormorò a denti stretti.
Aiko non sapeva che fare. Lei e Ryo non erano abbastanza vicini per poter affrontare quel tipo di argomento da soli in quel modo e non pensava che qualunque cosa fosse abituata a fare lei avrebbe funzionato; non voleva semplicemente donargli un po’ di compassione priva di fondamento, comprendeva il suo dispiacere, ma anche lei pensava che la sua reazione fosse stata esagerata e sentiva che Ryo non avrebbe apprezzato di venire consolato da qualcuno che condivideva quel suo pensiero.
«Lo… Lo risolveremo!» Disse alla fine posando una mano sulla spalla del ragazzo. Ryo smise di sospirare per un secondo e i suoi occhi lucidi fecero capolino da dietro il braccio. «Parleremo con Kya, troveremo un modo per farle capire cosa provi veramente… Però tu devi metterti in testa una cosa: non sei una cattiva persona!»
Ryo ascoltò in silenzio e tirò a fatica dal naso, lo sguardo un po' assente che si sforzava di restare sul volto della compagna.
«Hai chiesto lo shuffle perché desideravi avere una serenità che non riuscivi più a trovare con lei, non puoi combattere in queste condizioni!» Continuò lei. «Quindi non essere così cattivo con te stesso, d'accordo?»
«Scusa…» Mormorò di nuovo il ragazzo abbassando lo sguardo.
«Non ti sto incolpando!» Rispose Aiko raggiante, andando ad asciugargli le lacrime. Per un attimo esitò pensando che Ryo non avrebbe gradito farsi mettere le mani addosso, ma poi continuò lo stesso. «Troveremo una soluzione, va bene? E' per questo che ci hanno messo in coppia, per lavorare su noi stessi e migliorarci! Dobbiamo solo restare concentrati e pensare positivo.»
Leggermente rincuorato, Ryo si lasciò sfuggire un sorriso e piegò un poco la testa di lato sfiorando così le dita di lei, che di riflesso si sciolse in un sorriso sereno. Non era sicura di essere veramente riuscita ad aiutarlo, ma quello sguardo riconoscente le dava buona speranza e annullò la tensione che c'era stata tra loro fino a quel momento; lei e Ryo dovevano collaborare, non sentirsi l'uno il peso dell'altra.
Il collegamento dalla sala di controllo interruppe quel momento, facendo entrare gli adulti metaforicamente nelle cabine dei ragazzi; Hachi disse a tutti di tenersi pronti, la nave dei VIRM aveva iniziato a bucare l’atmosfera e presto sarebbe arrivata.
Gli Stridiosauri riuscivano già a vederli: come le altre volte, c’era una nave gigantesca a trasportare tutti i nemici che si sarebbero riversati sull’area, ma ancora non potevano sapere come si sarebbero mossi una volta arrivati a terra; quello era un territorio molto diverso da quelli dove avevano combattuto Ryo e gli altri fino ad ora e avrebbero dovuto fare attenzione a limitare i danni alla città tra le altre cose. Speravano che le simulazioni effettuate in quei giorni li avrebbero aiutati.
La nave rallentò fino a quasi fermarsi. Era ancora molto distante dal suolo, non sembrava che avrebbero tentato di sorprendere i Parasite come era successo l’ultima volta e probabilmente quella distanza eccessiva da terra serviva a tenerli al sicuro dagli attacchi di chi poteva volare, ma se restavano così lontani come avevano intenzione di attaccare?
In un primo momento, Kano pensò che i VIRM stessero preparando qualche attacco a sorpresa ad ampio raggio e suggerì agli altri di sparpagliarsi, ma poi Momo avvistò qualcosa in lontananza e disse a tutti di guardare in alto e tenersi pronti: vicino alla nave madre, altre piccole unità stavano cominciando a volare in direzione della terra. Sembravano quasi aeroplanini di carta, si muovevano con una agilità incredibile restando in formazione; solo quando furono molto vicini i ragazzi si resero conto della velocità di avvicinamento e dovettero scansarsi tutti quanti per evitare di essere presi in pieno.
I VIRM li sfiorarono e andarono oltre, infilandosi per le strade della città sorvegliata dagli Stridiosauri e abbattendosi in alcuni casi contro gli edifici evacuati.
«Ci stanno attaccando dalla distanza?» Commentò Yoshiki facendo rialzare Anthurium dopo essersi gettato a terra. La voce di Takagami arrivò quasi subito in sua risposta, spostando l’attenzione proprio sui velivoli che li avevano quasi investiti.
«No, guardate meglio: sono questi i nemici!» Alcuni avevano pensato che quelli fossero dei semplici “proiettili” sparati dalla nave madre, ma viste le manovre complesse e le dimensioni che variavano tra un classe Conrad e un Mohorovičić, fu chiaro in breve tempo che quelle unità fossero a tutti gli effetti altri VIRM e stavano utilizzando una tecnica suicida, estremamente pericolosa.
I caposquadra si attivarono immediatamente e Kano iniziò a dare ordini ad alcuni dei suoi, dividendoli in gruppi da mandare a inseguire i VIRM entrati in città e difendere il perimetro mentre Kya elaborava una strategia per contrastare quegli attacchi.
«Suzuki, Nagashima, Harada! Inseguite quei bastardi e non fatevi attirare in qualche trappola! Attenti alle strettoie, contenete i danni alla città!»
«Ragazzi, restate tutti con i piedi per terra: non provate a inseguirli per aria, saremmo completamente alla loro mercé! Cercate di non essere bersagli facili e tenete sempre sotto controllo i vostri dintorni, ma muovetevi il meno possibile se vi riesce!»
«Nakamura, ho bisogno di rinforzi per le strade della città!»
«Rin, Naho! Voi siete i più veloci, andate con loro!»
Ancora prima che la caposquadra finisse di dare l’ordine, Anthurium e Animus si lanciarono lungo la strada per aiutare i compagni dell’altra squadra e in breve tempo non furono più visibili.
«Non separatevi a meno che non sia strettamente necessario!» Ordinò Kano a tutti quanti tramite il collegamento radio. «Cerchiamo di colpirli sfruttando le azioni combinate, senza prendere rischi. Yuki, tu e Saitō restate qui con me!»
«Cerchiamo di prendere il controllo della situazione, prima di tutto! Suzu, a te lascio la difesa dei cieli: sfrutta i tuoi tentacoli e fanne passare il meno possibile!»
Suzuko annuì senza dire niente, una risposta che la caposquadra non avrebbe potuto nemmeno vedere, ma che sapeva sarebbe arrivata senza questioni.
«Usate il fuoco per tenerli lontani se diventano troppi, ma non esagerate: il fumo farà calare la visibilità! Kaoru, tu e…»
Iustitia si girò in direzione dello Xenomorphus, ma si rese conto subito di non star parlando alla persona giusta. Se ne era dimenticata; la concitazione della battaglia l’aveva coinvolta talmente tanto da farle credere che tutto fosse come prima, per un solo istante. Lo Stamen di Xenomorphus non era Kaoru come le sue parole avrebbero erroneamente suggerito, non in quel momento almeno.
Dallo Stridiosauro a quattro zampe non arrivò alcuna risposta, solo uno sguardo silenzioso, come se la stesse segretamente giudicando con esasperazione. Da parte sua, Iustitia invece lasciò trasparire tutte le emozioni che pervasero la sua Pistil grazie al suo volto materializzatosi sulla testa dello Stridiosauro; allarme, delusione, rimpianto, infine rabbia.
Iustitia si voltò di scatto per colpire un VIRM che stava per schiantarglisi addosso e quando lo mandò in pezzi con la punta della sua lancia vide i suoi fluidi corporei inondarlo, lasciando a Kya la spiacevole sensazione di essere stata imbrattata, ma anche uno strano brio che non riuscì a comprendere. Si ricompose, questa volta rivolgendosi alla persona giusta.
«Ryo!» Disse con un po’ troppa foga, concedendosi solo un istante per fermarsi e guardare in direzione di Xenomorphus. «Voi potete muovervi quanto volete. Sfruttate la vostra agilità, inseguite i nemici e danneggiateli! Non sembrano avere molta resistenza e basterà che li facciate schiantare perché muoiano. Fategli perdere il controllo del volo!»
In un primo momento sembrò che i compagni di squadra di Kya fossero rimasti sorpresi dalla sua svista, ma poi proprio dallo Stamen dello Xenomorphus arrivò una risposta: «Sissignora!»
Kya ebbe un tuffo al cuore. Persino Kaoru lo avvertì, sorpreso e divertito.
Ancora con lo stomaco sottosopra, chiedendosi se fossero i postumi della sbornia a tornare a galla oppure se quelle parole di Ryo l’avessero sconvolta così tanto, Kya dovette costringersi a concentrarsi sulla battaglia e riprese da dove aveva lasciato, difendendo la posizione come sapeva fare. Inizialmente Iustitia combatteva da solo, ma a un certo punto arrivò ad unirsi Chrysanthemum 1 e i due caposquadra scoprirono di saper lavorare insieme molto bene; il classe Conrad si muoveva velocemente girando attorno al Mohorovičić, facendo da scudo con la sua corazza spessa e i suoi attacchi dalla media distanza, mentre l’altro si occupava dei nemici che si avvicinavano troppo, tenendo al sicuro i compagni con la sua destrezza. Ci furono un paio di volte che Kano e Kya si lanciarono sguardi compiaciuti, comunicando silenziosamente le proprie mosse in una sintonia che nessuno di loro si aspettava.
«Ragazzi, state facendo un ottimo lavoro!» Si intromise la voce di Kyu, apparendo in un ologramma nel campo visivo dei piloti. «Attualmente stiamo cercando di raggiungere la nave principale con dei droni per osservarla e localizzare un punto debole. Vi terremo aggiornati se scopriremo qualcosa di utile.»
«Droni?» Borbottò Hoshi dalla cabina dell’Aros. «Non andranno mica in tilt come l’ultima volta?»
«Non succederà niente del genere questa volta, potete crederci.» Arrivò rapida la risposta di Hachi, che in qualche modo si aspettava quella reazione. I ragazzi avevano avuto un sacco di problemi con i droni corrotti dell’ultima esercitazione insieme; pensavano ancora che l’incidente fosse stato causato da un guasto e che avrebbe potuto verificarsi in qualsiasi altro momento, ma le precauzioni prese contro tentativi di hackeraggio esterni sarebbero state sufficienti a tenerli al sicuro. Nana non voleva neanche immaginare cosa sarebbe potuto succedere in una situazione di reale emergenza.
«Meglio così.» Commentò positivo Ryo, che era contento di doversi concentrare solo sui nemici.
«Quindi il piano è di restare in attesa finché non capiamo come affrontare quel gigante?» Domandò Naho dall’Anthurium, che sembrava leggermente affaticata per via dell’inseguimento in città.
«Sì!» Fu la risposta decisa di Kano. «Ma tenete tutti alta la guardia, date la priorità alla vostra sicurezza e se doveste essere nei guai non esitate a ritirarvi prima che le cose si mettano male!»
«Ricevuto, capo!» Fu la risposta che arrivò da Yuki, quasi istantanea alle raccomandazioni del suo amico. Shinji fu sorpreso di sentirlo rispondere così, ma subito dopo altri compagni di squadra arrivarono a commentare in modo simile, facendo quasi commuovere il loro caposquadra.
«Ti vedo molto più determinato.» Gli confessò Saki dopo che le comunicazioni si furono chiuse. Shinji poteva anche aver commesso tanti errori da non meritare il ruolo assegnatogli, ma tutti avevano notato come dall’inizio della battaglia fosse stato deciso e riflessivo, non si lasciava guidare dalle emozioni e non aveva paura di elaborare strategie più audaci, ma nemmeno pretendeva che i suoi compagni andassero a combattere allo sbaraglio e anzi continuava a tenerli d’occhio anche quando erano lontani.
Kano assunse un’espressione da duro, un sorriso spavaldo che in realtà gli veniva raramente e che serviva a nascondere il suo vero stato d’animo di quel momento, e rispose: «Stiamo lavorando con la Squadra Anemone, dobbiamo fare bella figura!»
Certo, poteva anche tirare in mezzo la scusa della competizione con la squadra di Nakamura, ma lui non aveva segreti per la sua partner e lei era sicura che neanche ne fosse cosciente: Saki poteva avvertire tutto quello che provava Shinji e sapeva bene quanto fosse importante per lui ricevere la validazione dai loro compagni di squadra, dopo tutto quello che avevano dovuto passare.
Come Yumu, che già di per sé era una ragazza molto empatica, anche Tooru riusciva a sentire alcune sensazioni del suo partner; per quanto reputasse Suzuki un ragazzo incomprensibile, avevano imparato a collaborare efficacemente, scoprendo come la minima comunicazione tra loro funzionasse a meraviglia all’interno della connessione. Era un’ottima notizia per lei, che ogni volta che apriva bocca combinava guai, e in questo modo poteva evitare di dover cercare di comprendere i modi e le parole del proprio partner, che certe volte sapeva essere veramente molto distaccato; leggere i pensieri di una persona era un modo molto più diretto per capire cosa volesse, invece che farselo dire a parole. Tuttavia per la prima volta, Tooru non riusciva proprio a comprendere cosa volesse Suzuki.
Stavano inseguendo i VIRM per la città, ma il ragazzo non le era sembrato per niente concentrato e più di una volta avevano dovuto effettuare delle manovre correttive per regolare la corsa, evitare pericoli facilmente prevedibili e in generale la loro efficienza nel combattimento ne stava risentendo. Avrebbe voluto parlargliene, ma temeva di farlo spazientire e un litigio nel bel mezzo della battaglia sarebbe stato veramente disastroso.
Un velivolo nemico gli si parò di fronte proprio mentre superavano un sottopassaggio e gli sparò i fuochi dei propri propulsori in faccia, abbagliandoli per un momento. Suzuki e Tooru chiusero gli occhi confusi e non fecero in tempo a reagire, venendo spinti via dal nemico che tentò di far seguire l’attacco a un secondo; fortunatamente arrivò Chrysanthemum 6 a respingere l’attacco, e poi Animus e Chrysanthemum 4 rincorsero il VIRM per non lasciarlo sfuggire.
«State bene?» Domandò Akira aspettando che i suoi compagni si rimettessero in piedi. Suzuki sembrò infastidito, rispose a monosillabi e quando si accorse che Anthurium stava assistendo a quella scena tenendo d’occhio i dintorni, sembrò innervosirsi ancora di più.
«Andiamo, Kawa!» Ordinò dando dei comandi secchi allo Stridiosauro, prendendo Tooru alla sprovvista. La ragazza seguì la strada senza sapere dove andare veramente; non aveva visto in che direzione erano andati gli altri, i loro compagni erano scomparsi molto velocemente lasciando indietro gli altri tre Stridiosauri.
Si fermarono e il gruppo iniziò a riflettere sul da farsi. I nemici non sembravano tornare all’attacco e lasciare che Animus e Chrysanthemum 4 si occupassero di tutti i VIRM che si erano sparpagliati in città sarebbe stato da incoscienti, ma sparpagliarsi per cercarli sarebbe stato stupido, così Harada decise di aprire un canale di comunicazioni con le due unità allontanatesi per chiedere direttamente a loro dove andare a cercarli. Mentre gli altri rispondevano alla chiamata, Tooru chiuse forzatamente il collegamento audio, facendo scattare Suzuki che credette in una interruzione della connessione.
«Che stai facendo?» Sbottò.
«Scusami!» Lo supplicò la ragazza, alleviando il collegamento quanto bastava perché potesse muoversi liberamente senza far muovere lo Stridiosauro ed evitando di far saltare la connessione. «E’ solo che sentivo come se non fossi del tutto a tuo agio, non potevo far finta di niente!»
«Di che accidenti stai parlando?»
«Sei distratto, Suzuki. C’è qualcosa che ti turba, non è vero?»
Gli occhi di Tooru incontrarono quelli stupiti di Katsuki, che per la prima volta si ritrovò senza una risposta pronta. Invece di restarsene fermo, il ragazzo distolse lo sguardo e borbottò qualcosa come chi sapeva di essere stato colpito in pieno.
«Stai sbagliando persona.» Mormorò. «Lo sai che io non sono…»
«Sì, lo so!» Lo anticipò lei. «Ed è proprio per questo che ho riconosciuto questa sensazione. Io… So molto bene cosa significa avere dei dubbi. Sono una frana nello studio, non sono atletica e se non ci fossi tu a occuparti di tutto sarei anche una pessima pilota… Quando entriamo nella connessione sento una calma incredibile, so che sei tu a trasmettermela perché anche se sei un tipo difficile da comprendere una cosa l’ho capita bene: il tuo modo di fare le cose. Tu sei preciso, metodico, hai sempre la situazione sotto controllo e non ti lasci mai prendere alla sprovvista anche se succede qualcosa che non avevi previsto; è perché mantieni sempre la freddezza necessaria per la missione.
«Ma oggi tu sei distratto, stai facendo errori che non faresti mai! E so bene che non è facile destabilizzare te, ma io penso che sia veramente così, che tu abbia qualcosa per la testa e non sappia bene come reagire, e visto che questa è forse l’unica cosa in cui sono veramente una esperta, vorrei aiutarti a superarlo!»
Tooru disse tutto senza pause, senza lasciare spazio a Suzuki per interromperla. Sapeva che sarebbe riuscito a spezzare la sua sicurezza in qualche modo se glielo avesse lasciato fare, facendo sembrare che fosse tutto un suo equivoco; ma se lo avesse messo di fronte ai fatti, di fronte a tutto quanto, sarebbe stato più difficile per lui negare l’evidenza.
Ma con grande sorpresa di Tooru, Katsuki non provò a respingere quelle ipotesi. Invece abbassò lo sguardo come se fosse stanco, rimase in silenzio per un po’ e poi annuì.
«Hai ragione, non sono in me oggi.» Mormorò lasciandola senza parole. «C’è qualcosa che mi ha turbato in questi giorni, sono rimasto sorpreso da qualcosa che non mi aspettavo e adesso non so bene come debba comportarmi. Ma questo è stupido!»
Tooru inarcò un sopracciglio per chiedergli di spiegarsi e Suzuki continuò volentieri.
«Normalmente so come si comporteranno le persone con me, so come comportarmi con loro, ma adesso è successo qualcosa che non riesco a comprendere. C’è una persona che sembra ossessionata dal volermi coinvolgere nelle sue attività, vuole essere mia “amica,” ma normalmente i miei amici non hanno bisogno di essere così insistenti e tutte queste attenzioni sono troppo per me. Per la prima volta, di fronte a lei non so cosa fare perché non si comporterà come gli altri.»
Fukuda. Pensò Tooru, ricordando quando l'aveva accompagnata a cercare Suzuki. Fece attenzione a non lasciarsi sfuggire quei pensieri nella connessione, temeva che lui non avrebbe gradito sapere che lei sapesse…
«Ma non devi comportarti in nessun modo in particolare. Se qualcuno vuole essere tuo amico, devi mostrargli te stesso!» Disse invece ad alta voce. «E’ l’onestà che forma le amicizie.»
Suzuki la ascoltò molto attentamente, poi sembrò mettersi a pensare e alla fine annuì deciso. «Giusto. Posso decidere io cosa voglio!» Disse. «La cosa non mi turberà più se accetto le sue conseguenze. Grazie, Kawa! Mi hai aiutato a fare pace con me stesso.»
Tooru lo guardò allibita. «Tutto qui?» Borbottò, aspettandosi una discussione molto più intensa. Ma Suzuki era una persona strana, uno che poteva controllare le proprie emozioni con grande maestria, non c’era da stupirsi che arrivasse a una decisione tanto assurda.
«Sì.» Annuì. «Ora so cosa devo fare e posso concentrarmi su altro. Non avremo più incidenti in questa battaglia, te lo assicuro!» E detto questo riprese i comandi. La sua coscienza tornò a versarsi in maniera più diretta all’interno del Chrysanthemum 5 e il suo corpo divenne più leggero; vedendo che Suzuki si era già deciso, anche Tooru rientrò completamente nella connessione senza però mancare di rispondere – un po’ quasi distrattamente – alle sue ultime parole.
«Non avevo dubbi, Suzuki!»
Chi voleva prendere in giro? Anche con dei problemi per la testa, Suzuki restava il migliore tra loro due; lei era piena di difetti invece, non aveva niente da insegnare a uno come lui, per questo aveva praticamente risolto da solo il suo problema.
Questo non è vero! Sentì nella propria testa, spaventandosi così tanto che quasi perse il controllo della connessione e cadde a terra. Suzuki le stava parlando all’interno del loro contatto mentale!
Tooru lo sentì che la afferrava per trattenerla e Suzuki rimase presente finché non fu in grado di tornare in controllo del proprio corpo.
Avrai anche difetti, ma non significa che sia tutto ciò che hai.
Per qualche motivo, la ragazza non riuscì a smettere di sorridere da lì fino alla fine della battaglia.
Non avevano problemi invece il Chrysanthemum 4 e l’Animus, lanciatisi all’inseguimento dei VIRM che avevano attaccato Kawa e Suzuki. Aki aveva avuto paura per un momento quando aveva visto Chrysanthemum 5 assediato, ma assieme alla sorella era riuscito a riprendere il controllo della situazione; in realtà era stato soprattutto grazie alla abilità di Ogura e Nagashima, che avevano reagito istantaneamente al pericolo e adesso continuavano stupirli con le loro manovre. Quando pilotavano sembravano davvero inarrestabili, una coppia diversa da quella che restava a terra.
Ogura in particolare era un enigma: ormai sapevano tutti quale fosse la sua storia, Rin l’aveva anche vista mettere su una sceneggiata incredibile per non farle scoprire da Kyu, e adesso tirava fuori tutta quella grinta alla guida del suo Stridiosauro… Era veramente tutto il contrario di quello che ci si sarebbe aspettati da una persona nelle sue condizioni.
L’Animus e il Chrysanthemum 4 non avevano problemi a occuparsi dei nemici da soli, ma erano anche perfettamente in grado di collaborare in squadra nonostante il poco feeling tra i Parasite; sembrava che Ogura fosse in grado di affezionarsi ad alcune persone in un battito di ciglia e queste persone diventavano subito la priorità per lei, come aveva dimostrato nell’esercitazione a coppie, lavorando assieme a Kya sin dall’inizio con grande affinità. Unire le forze sarebbe stato cruciale in quella battaglia e per questo l’Animus fu d’accordo a riunirsi con gli altri compagni rimasti indietro; Nagashima dovette fare uno sforzo per trattenere la propria partner dal lanciarsi all’inseguimento del prossimo gruppo di VIRM, ma finalmente i due gruppi riuscirono a ricongiungersi.
Aki fu lieto di vedere che i piloti del Chrysanthemum 5 erano illesi; non che avesse dubbi vista la prontezza di riflessi dei loro compagni nello scacciare i nemici, ma vedere di persona il risultato di quelle azioni era una cosa diversa.
I ragazzi discussero del piano: erano tutti d’accordo con il continuare a pattugliare e difendere il centro abitato per diminuire il più possibile i danni, anche perché vista la situazione restare tutti in un unico gruppo avrebbe rischiato di farli cadere in una trappola e per il momento non potevano arrecare danno alla nave madre degli alieni, quindi il loro obiettivo doveva essere indebolire le loro forze di attacco fino all'arrivo di informazioni dagli adulti.
Il gruppo decise di restare comunque unito: c’era un motivo se Kano aveva chiesto rinforzi dall’altra squadra e lanciarsi all’inseguimento dei nemici senza pensare alle conseguenze avrebbe abbassato le loro difese facendogli prendere rischi inutili. Yoshiki prese il controllo della situazione e iniziò a dare direttive agli altri; anche Harada sembrò tentare di fare lo stesso, ma fu sopraffatto dal carisma dell’altro e si rese conto di non avere il tempo per giocare  a chi dovesse fare il capo. Aveva conosciuto meglio Yoshiki dopo la loro prima visita a Desia, aveva capito che non era uno da prendere sotto gamba e che sapeva il fatto suo; una persona capace di guidare la squadra in momenti di crisi.
Un segnale li allarmò: era uno dei tanti messaggi scritti in una lingua sconosciuta che arrivavano all’interno degli Stridiosauri, illeggibili ma ormai i ragazzi avevano cominciato ad abituarsi a quei caratteri e quelli comparsi in quel momento arrivavano sempre quando i sistemi rilevavano un grosso numero di nemici in avvicinamento.
«Mettetevi al riparo!» Urlò Yoshiki prima di voltarsi per veder comparire in fondo alla strada un nugolo di velivoli neri che li caricò con una forza travolgente. Gli Stridiosauri si lanciarono nelle strade secondarie lì vicino nella speranza di riuscire a sfuggire all'assalto, ma molti dei nemici si abbatterono ugualmente su di loro; non importava se venissero colpiti o meno, i VIRM esplodevano dopo l’impatto con il suolo danneggiando tutto ciò che si ritrovava nelle vicinanze. Per evitare danni troppo ingenti, Anthurium si lanciò in mezzo alla strada per attirare a sé i nemici: la sua stazza era maggiore, aveva più resistenza dei piccoli Conrad e di Animus, avrebbero potuto sopportarlo… Ma Yoshiki era contrario.
Era stata Naho a decidere di punto in bianco, aveva preso il controllo e si era parata di fronte ai VIRM; sapeva di odiare quella sensazione, il corpo bersagliato dai colpi nemici, il calore rovente delle esplosioni le avrebbe lasciato segni per settimane e il dolore l’avrebbe piegata prima di potersi rimettere in piedi. Ma non le importava, aveva scelto di essere eroica nonostante forse neanche ce ne fosse bisogno. L’unica cosa che poté fare il suo partner per cambiare quella situazione, fu dare un violento colpo a spazzata con la coda, distruggendo buona parte dei nemici in avvicinamento, ricevendo così meno danni ai punti vitali dello Stridiosauro – e Naho.
Il fuoco ricoprì l’Anthurium, che lanciò un ruggito di sofferenza. Il serpente meccanico si accasciò su sé stesso mentre veniva avvolto dalle fiamme e dal fumo e si sentirono le urla di qualcuno della squadra, sovrastate tuttavia dal rumore delle esplosioni.
Sembrava che Anthurium dovesse cedere, ma poi la coda del serpente si levò di nuovo e un altro ruggito scosse l’aria; si abbatté un colpo dall’alto sulla strada, coprendo quasi interamente i nemici che detonarono tra loro rimanendo distanti dal gigante e aprendo una voragine nella strada principale della città.
I nemici che non vennero colpiti dalla coda dello Stridiosauro furono spinti indietro dall’onda d’urto e finirono all’interno della voragine che continuava a crescere. A quel punto l’Animus e gli altri saltarono fuori dai ripari e iniziarono a sparare ai VIRM rimasti, bloccati in quella trappola.
Le fiamme di estinsero, il fumo si dipanò rivelando nuovamente l’Anthurium bruciacchiato, ma ancora in piedi. Naho ansimava pesantemente, Yoshiki era arrabbiato.
«Perché accidenti non ti sei voluta spostare?» Le domandò, incerto se lasciare sentire quella conversazione anche agli altri. Naho ci mise un po’ a rispondere, ancora alla ricerca di ossigeno che in quelle loro cabine poteva diventare una risorsa rara.
«Non possiamo semplicemente scappare e limitare i danni…» Ansimò la ragazza. «Certe volte dobbiamo prenderci dei rischi e contrattaccare, altrimenti penseranno di avere la vittoria in pugno, ci sfiancheranno e ci elimineranno uno alla volta!»
«Ma non puoi esporti così! Pensa se ti fossi ferita…!» Prima che Yoshiki potesse protestare ulteriormente, una voce all’esterno dello Stridiosauro la chiamò facendoli tornare concentrati sulla strada; era Suzuki.
«Non voglio che ti prendi simili rischi per colpa mia!» Era irritato, guardava in alto verso il gigantesco serpente meccanico. Rispetto al suo Stridiosauro, l’Anthurium era veramente immenso e sembrava impensabile che due esseri tanto diversi potessero avere ugualmente un grande impatto in una battaglia come quella.
Naho non rispose a Suzuki, ma sentì come se il ragazzo avesse fatto centro e Yoshiki lo sentì all’interno della connessione, e quando collegò i puntini diede di matto.
«Lo stai facendo per quello là?!» Esclamò incredulo. «Scusa se te lo dico, ma non ti facevo tanto idiota!»
«Lasciami spiegare!»
«Saresti potuta morire!» La zittì. «Questo non è un gioco, il campo di battaglia non è il tuo parco divertimenti per risolvere i litigi tra amichetti!»
Ancora la voce di Suzuki li interruppe per tentare di spiegare e qui Yoshiki cominciò a pensare seriamente di rispondergli in malo modo, ma a quel punto fu Naho a zittirli tutti per impedire che la discussione degenerasse.
«Ho sbagliato!» Esclamò sofferente, sentendo la propria voce rimbombare nelle strade.
Yoshiki e Suzuki ammutolirono, specialmente il suo partner sentì un grande disagio all’interno della connessione e si rese conto di avere esagerato.
«Volevo che Suzuki si potesse fidare di me, credevo che forzando un po’ la mano sarei riuscita a superare il muro ed eventualmente saremmo diventati amici per davvero. Ma ho sbagliato, non ho fatto altro che rincorrerlo senza dargli alternative; io non sono brava a fare amicizia, sono andata nel panico e ho finito per forzare la mano ancora di più… Così alla fine ho pensato che forse non avrebbe più voluto essere amico mio, ma magari avrei potuto mostrargli di non avere cattive intenzioni e comunicare attraverso le azioni… E quale modo migliore di esprimere le proprie intenzioni se non quello di proteggere le persone a cui si vuole bene?»
Naho sembrava disperata mentre parlava, lo stress di quei giorni che non era riuscita a condividere con nessuno adesso la stava raggiungendo nel momento peggiore; Yoshiki, che stava a malapena trattenendo il proprio umore, sentì quei sentimenti iniziare a influenzarlo.
Prima che la situazione potesse sfuggire di mano, Suzuki prese la parola: «Non dovresti spingerti a tanto solo perché vuoi diventare mia amica!»
Il tono con cui parlò sembrava quasi di rimprovero, ma il ragazzo era calmo come al solito; tuttavia la sua partner avvertì una sensazione diversa aleggiare nella connessione.
«Prima di tutto, noi siamo già amici!» Riprese Suzuki quasi divertito da quella situazione. «Potrei aver sbagliato a comunicare i miei sentimenti con te, ma non ho mai avuto intenzione di rifiutare la tua amicizia. Ammetto di essere sempre stato un po’ freddo e di aver trattato le cose con leggerezza, ma la verità è che io sono così con tutto; non pensavo di avere un impatto tanto forte su qualcuno e per questo sono stato un po’ colto alla sprovvista dal tuo comportamento.
«Ho i miei spazi, le mie abitudini… E vederli stravolti da un momento all’altro è stato strano. Ma non mi spaventa cambiare: quello che mi spaventa veramente è pensare che qualcuno possa mettersi in pericolo in modo da fare colpo su di me. Non hai bisogno di spingerti così in là!»
Naho si sentì a disagio, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato e se ne stesse rendendo conto solo ora. Provò a ribattere, ma Suzuki l’aveva lasciata senza parole; quindi aveva frainteso tutto sin dall’inizio? Ma anche lui sembrava essere stato preso alla sprovvista da tutto quello che era successo. Arrivò la voce di Nagashima a interrompere quel momento, dicendo che se non era qualcosa di urgente avrebbero potuto tranquillamente affrontarlo una volta scesi dagli Stridiosauri.
«Avete ragione.» Disse Suzuki tornando distaccato come al solito. «Dobbiamo fidarci gli uni degli altri, non prendere iniziativa per conto nostro!»
«Restiamo uniti, finché il centro di controllo non ci ricontatterà con delle notizie.» Suggerì Yoshiki stanco. «Dobbiamo occuparci dei nemici che entrano in città, quando ne sapremo di più potremo riunirci ai nostri compagni!»
«Ottimo!» Intervenne Rin, che iniziò a scandagliare l’area in cerca di altri nemici. Avevano causato un bel po’ di danni alla città, ma era sempre meglio che vederla completamente rasa al suolo…
Quando chiusero le comunicazioni e Suzuki poté tornare ai propri pensieri, si rese conto di non essere totalmente da solo; anche se ancora flebile al suo interno, la coscienza di Kawa sembrava essere cresciuta e la ragazza ora non smetteva di sorridere. La cosa cominciava a dargli i nervi, perché rischiava di influenzare anche il suo umore ma lui non aveva alcuna intenzione di sghignazzare.
«Che vuoi?» Domandò forse un po’ troppo scontroso. La ragazza lasciò andare una risatina, rendendosi conto di essere stata notata e di aver stuzzicato il proprio partner.
«E’ solo che adesso ho capito che cosa ti stesse preoccupando tanto.» Rise senza però volerlo irritare. Le sue risate erano date dal sollievo di vedere che anche lui, un ragazzo tanto freddo, fosse capace di essere umano come chiunque altro. «Le vuoi bene, eh?»
Suzuki fece una smorfia e distolse lo sguardo. «Vedi di concentrarti, piuttosto!» Sbuffò senza però negare l’insinuazione di lei, che continuò a sorridere.
Avevano poco da sorridere gli altri loro compagni ai confini della città; Kya e gli altri stavano resistendo bene e si difendevano dai continui attacchi dei VIRM, ma l’esercito nemico sembrava non finire mai e il peggio era che ancora non sapevano come occuparsi della nave madre. Il gigantesco VIRM nel cielo se ne stava immobile e continuava a mandare le sue unità minori, apparentemente infinite, senza alcuno sforzo. Qualcosa però aveva attirato l’attenzione della caposquadra: la nave madre dei VIRM non sembrava possedere armi a lunga distanza, altrimenti non si sarebbero fatti problemi a lanciargli addosso una pioggia di fuoco; probabilmente doveva essere simile ai piccoli velivoli che continuavano a schiantarsi su di loro, privo di armi e semplicemente pensato per distruggersi contro i nemici. Una nave di quelle dimensioni poteva radere al suolo una città intera se si fosse schiantata al suolo, ma allora perché non procedeva con l’attacco?
Mentre deviava un attacco e spingeva un VIRM contro un altro in arrivo dalla direzione opposta, Kya sentì un urlo e vide lo Xenomorphus che veniva sbalzato via dalla propria postazione.
«Ryo!»
«Aiko!»
I due partner urlarono all’unisono e si lanciarono per prestare soccorso ai loro compagni. Lo Stridiosauro quadrupede era riverso al suolo e immobile sotto il tiro dei VIRM; probabilmente Aiko aveva ricevuto un duro colpo e non era ancora in grado di rialzarsi, le bruciature causate dall’esplosione dei VIRM non erano roba da niente, specialmente se ripetute.
Kya vide altri due VIRM volare in direzione di Xenomorphus e sentì una grande ansia; non sarebbe riuscita a raggiungerlo in tempo, era troppo lontana! Se fosse servito, avrebbe anche attivato la modalità berserk, ma prima di arrivare a quella decisione vide un lampo blu contrapporsi ai nemici e difendere i suoi amici.
Le fiamme divamparono attorno allo scudo di Chrysanthemum 1 e questo ne uscì illeso, dando così il tempo a Xenomorphus di rimettersi in piedi.
«State tutti bene?» Domandò il caposquadra.
«Grazie…» Ansimò Ryo, che era rimasto in silenzio fino a quel momento. Nessuno sentì la voce di Aiko, ma immaginarono che fosse chiaramente provata dopo quell’esperienza.
«Ce la fate a continuare?» Domandò subito dopo Kano, concentrato sugli altri nemici.
Ci fu un attimo di silenzio, lo Xenomorphus sembrò valutare quella domanda con attenzione, ma alla fine Ryo rispose di nuovo, dicendo di stare bene.
«Siete sicuri?» La domanda arrivò da Kaoru a bordo dello Iustitia. Il ragazzo era preoccupato, non aveva ancora sentito la voce di Aiko e temeva che stesse solamente cercando di essere forte di fronte agli altri.
Ci fu un momento in cui Xenomorphus e Iustitia si fissarono intensamente, da una parte la preoccupazione dello Stamen e dall’altra l’orgoglio della Pistil; poi finalmente Aiko parlò, la sua voce solitamente tenera e remissiva, adesso autoritaria come non mai.
«Kaoru, sai che non sono così debole!» Fu quasi come se lo stesse rimproverando. Il ragazzo sentì le guance avvampare e fu contento che nessuno potesse vederlo in quello stato in quel momento; anche se di solito Aiko era una persona timida, quando diventava seria sapeva veramente zittire chiunque.
Senza trovare le parole adatte per ribattere, Kaoru fece voltare lo Stridiosauro e alzando un braccio urlò quasi balbettando: «Tienila al sicuro, Ryo!»
Era rimasto completamente paralizzato, non riusciva a credere che Aiko potesse essere così forte vista da fuori; fino a quel momento l’aveva sempre vista come la ragazza da tenere al sicuro mentre combattevano, ma adesso scopriva che era pienamente capace di prendersi cura di sé. Si sentì un ingenuo per aver pensato che avesse bisogno del suo aiuto in quel frangente.
Anche Kya era rimasta senza parole. Non per ciò che aveva detto Aiko, ma per non essere riuscita a raggiungere lo Xenomorphus in tempo; se non ci fossero stati Kano e Yumu, a quest’ora il suo migliore amico avrebbe potuto essere gravemente ferito, o peggio…
«Kya, non ti distrarre!» Esclamò Kaoru, facendola tornare in sé proprio prima che un altro VIRM si abbattesse su di loro. Iustitia fece roteare la lancia e parò il colpo, disperdendo le fiamme con la sua asta.
«Questi mostri sono una vera seccatura, ma quando finiscono?» Domandò lei esasperata.
«Possibile che la stiva di quel coso sia così grande?» Borbottò Kaoru alzando lo sguardo al cielo. Rimase fermo solo qualche secondo a osservare il gigante in aria, ma bastò quello a fargli notare qualcosa di strano.
«Ma è diventato più piccolo?»
«Che cosa?»
Kaoru fece qualche passo allontanandosi dalla propria postazione; avrebbe tanto voluto avere degli impianti telescopici nello Stridiosauro per capire cosa avesse visto esattamente. Senza poter contare su di questo, si limitò a ripetere: «Il VIRM… Sembra più piccolo di quando è iniziata la battaglia.»
Kya alzò lo sguardo a sua volta. Kaoru aveva ragione: la nave madre sembrava essersi rimpicciolita, anche se in maniera quasi impercettibile. Era come se mancassero alcune parti di essa e, lentamente, si stesse smontando ulteriormente mentre le unità volanti uscivano dalla sua stiva… Anzi no; guardando meglio, i VIRM più piccoli sembravano uscire da ogni angolo della nave, come se facessero parte della sua stessa corazza.
«Ma… Non può essere…» Prima ancora di commentare, la ragazza aprì il collegamento con la sala di controllo per avere spiegazioni.
I droni erano riusciti a raggiungere la nave madre e avevano avuto il tempo di spiarla senza essere attaccati, segno che i sospetti di Kya sull’assenza di armi sul gigante fossero corretti; gli adulti spiegarono di aver scoperto come il VIRM non sembrasse essere “cavo” come gli altri incontrati fino ad ora, ma ogni strato era composto da piccole unità che si sganciavano per abbattersi sulla superficie; in quel modo i VIRM disponevano di un esercito immenso, anche se per qualche motivo non sembravano in grado di separarsi in una volta sola.
«Avete sentito, ragazzi?» Disse la ragazza aprendo il collegamento con tutti gli altri. «Il nostro boss in realtà è composto da tanti piccoli nemici comuni!»
«Questo non cambia molto.» Si lamentò Kondō, che sembrava solamente lì per criticare. Ma Kya mantenne la calma e rispose raggiante.
«Ti sbagli, Hoshi! E proprio tu potresti essere il nostro asso nella manica.» Prima di procedere con la spiegazione, si assicurò che stessero ascoltando tutti.
«Possiamo far volare l’Aros fin lassù senza preoccuparci dei loro attacchi e con il suo fuoco li fonderemo tutti assieme, così potremo farli a pezzi senza problemi!» Per lei era un piano semplice, ma perfetto. Era talmente sicura del successo che fu sorpresa di sentire un’obiezione da parte di Suzuko.
«I nemici sono troppi, non ci lasceranno avvicinare così tanto.» Disse la ragazza, che essendosi occupata personalmente di difendere il suolo sapeva di cosa stesse parlando. E anche se scocciata dal suo intervento, Kya sapeva che avesse ragione; non voleva però ammettere falle nel suo piano e fu in quel momento che Kano si fece avanti.
«Possiamo occuparcene noi.» Disse serio, avanzando verso Iustitia e continuando a schivare i nemici che volavano direttamente giù dal cielo.
«Tu e la tua partner vi siete già messi in pericolo per la mia squadra, Kano.» Rispose Kya categorica. «Non posso permettere che lo facciate ancora per noi!»
Kano parò un attacco dai VIRM e fece roteare lo Stridiosauro fino a raggiungere lo Iustitia, deviando la traiettoria di un altro nemico che si sarebbe abbattuto sul classe Mohorovičić. Kya lo guardò quasi come se le avesse fatto un torto; avrebbe voluto dirgli di smetterla di prendersi rischi inutili, ma lui la precedette.
«Non saremmo solo noi due: tutta la mia squadra!» Disse lasciando molte domande all’altra caposquadra, che sentì la sua concentrazione calare giusto per un attimo e dovette lasciare il controllo a Kaoru.
«Che significa “tutta la squadra?”» Boccheggiò quando fu finalmente in grado di ragionare. Lo sentì sghignazzare dall’interno dello Stridiosauro e Kano si prese il suo tempo per rispondere mentre eliminava una pattuglia di VIRM.
«I nostri Stridiosauri sono speciali, è possibile combinarli assieme per formare un’unità più grande e più potente controllabile in gruppo. Se saliamo in groppa all’Aros e voliamo fin lassù, potremo difenderlo dai nemici e attuare il piano!»
Kya non aveva capito una parola di quel discorso: aveva sentito parlare di una capacità degli Stridiosauri di classe Conrad che gli permetteva di fondersi assieme e creare esseri anche di dimensioni Lehmann, ma i Chrysanthemum erano solo in sei, come potevano formare un modello che costituisse una minaccia tangibile per quel gigante nel cielo?
Kano richiamò a sé gli altri membri della propria squadra; sembrava aver già deciso tutto da solo, ma a quel punto Kya lo fermò.
«Non posso farvelo fare, è troppo pericoloso!» Esclamò mettendosi in mezzo. Iniziò a ignorare i nemici, troppo concentrata sui suoi amici.
«Se non lo facciamo, non riusciremo a concludere questa battaglia!» Ribatté Kano. «Più tempo passa, più crescono le possibilità di essere presi per sfinimento! Vuoi prenderti altri rischi come quello di prima con lo Xenomorphus?»
La caposquadra rimase senza parole, interdetta: non voleva rischiare ancora la vita dei suoi amici, ma non poteva permettere che i Chrysanthemum si esponessero così tanto al pericolo. Non conosceva le loro capacità di squadra, mentre aveva una grande fiducia in quelle dei suoi compagni perché sapeva di cosa fossero capaci; poteva sembrare che volesse semplicemente prendersi i meriti, ma la verità era che la sua paura di perdere tutto non era mai stata più forte che in quel momento.
«Non… Non posso…»
«Kya!» Una voce amica al centro di quell’inferno di fuoco e proiettili la destò da quella situazione. Chrysanthemum 2 planò verso di lei e Yuki lo manovrò in modo da darle tutta la sua attenzione. La guardò negli occhi e anche se lei non poteva vedere il suo viso, provò una certa soggezione.
«Abbi fede in noi.» Disse fiducioso. «Ti mostreremo qualcosa di unico!»
Gli occhi di lei si illuminarono. Qualcosa di unico, come si erano promessi. Si stava comportando esattamente come Kano poche settimane prima, tarpando le ali ai suoi compagni non avrebbe ottenuto nient’altro che frustrazione e prima poi se ne sarebbe pentita; adesso avevano una possibilità di vincere quella battaglia, era quello il piano. Doveva tornare ad essere audace come era stata nelle sue prime battaglie e fidarsi dei suoi amici.
«E va bene.» Disse con ritrovata serenità. «D’accordo, mi fido di voi!»
Era ancora un po’ nervosa, sapere che il resto della missione sarebbe dipeso interamente dalla loro riuscita le metteva un po’ di ansia; se Iustitia fosse stato adatto a quelle condizioni, si sarebbe lanciata lei stessa a difendere l’Aros, ma restare a terra e assistere da lontano a quella battaglia decisiva le sembrava una tortura.
A Kano sfuggì un sorriso all’interno della sua cabina di pilotaggio. «Grazie, Nakamura. Non te ne pentirai!» E detto questo, il suo Stridiosauro iniziò a sollevarsi in aria assieme agli altri Chrysanthemum nell’area.
Lo Stridiosauro di Yuki e quello di Igana e Saitō si posizionarono ai lati del caposquadra e attesero l’arrivo degli altri tre, che una volta tornati in zona iniziarono ad agganciarsi ad essi, formando una figura quasi antropomorfa che iniziò a muoversi in coordinazione: ogni Stridiosauro prendeva il posto di un arto mentre il numero 1 e il 6 costituivano rispettivamente la testa e il busto della figura. Il nuovo mecha era poco più grande dello Iustitia, ma incuteva un certo timore; ci furono alcuni secondi in cui non sembrò succedere niente, poi i retrorazzi combinati del nuovo Stridiosauro si accesero e questo schizzò in direzione dell’Aros.
«D’accordo, siamo pronti.» Disse Kano facendo segno a Momo e Hoshi di poter iniziare l’ascesa, prima di lanciare un urlo di battaglia ai propri compagni: «Chrysanthemum Omega, in azione!»
Il classe Gutenberg e i Conrad partirono verso l’alto e subito Chrysanthemum Omega iniziò a volteggiare attorno al dragone meccanico, proteggendolo dagli attacchi dello sciame di VIRM. Aveva una manovrabilità eccezionale, considerato il tipo di concentrazione necessario ad avere un controllo simile del mezzo.
Ancora un po’ preoccupata, Kya si costrinse a tornare positiva e riprese a dare ordini alla squadra: «Molto bene, noi resteremo qui a proteggere il suolo. Siamo alle battute finali, non perdete la concentrazione proprio ora!»
Era decisa nel dare ordini, ma anche se solo per un momento, Kaoru poté sentire l’augurio che mandò mentalmente alla Squadra Desia: Buona fortuna, ragazzi…
Nei cieli di Desia, Chrysanthemum Omega volava con violente sterzate e piroette, sfruttando la propria corazza spessa per fare da scudo all’Aros e facendo a pezzi i nemici con l’utilizzo di armi da fuoco e lame al plasma. La squadra doveva operare in perfetta sincronia per riuscire a mantenere quelle condizioni, era come se adesso la connessione si fosse estesa a tutti i membri della squadra e bastava solo un minuscolo squilibrio nei valori per far crollare tutto quanto; ma loro erano a dir poco perfetti.
Se ne accorse anche Hoshi mentre volava in direzione della nave VIRM: pensare che quello Stridiosauro così piccolo fosse in grado di tenere il passo con loro coprendogli le spalle allo stesso tempo era incredibile. Ogni elemento della squadra, ogni “arto” agiva come parte di un grande sistema e non come singolo, ma allo stesso tempo era l’unione di più menti che gli permetteva di avere una tale consapevolezza di ciò che gli stava attorno.
«Stiamo arrivando!» Lo ridestò dai suoi pensieri Momo, modificando la traiettoria di volo in modo da non andare a scontrarsi contro il gigante alieno. Hoshi si concentrò di nuovo sul nemico e notò come fosse vero quello che dicevano gli adulti: la nave sembrava starsi scomponendo gradualmente, mandando all’attacco piccole unità volatili ogni secondo che passava; la nave madre sarà stata composta da migliaia, anzi forse milioni di navette come quelle che avevano affrontato fin’ora, pensare di doverle eliminare tutte quante gli metteva i brividi.
Momo lanciò un urlo e l’Aros iniziò a sputare fuoco sulla nave nemica. I componenti che stavano per staccarsi dalla corazza iniziarono a sciogliersi e si fusero di nuovo assieme sulla superficie della nave, bloccando quelli sotto di essi e provocando uno squilibrio nel rilascio di unità.
«Funziona!» Esclamò Kano volando vicino al punto colpito. «Continuiamo così!»
Momo si voltò verso il proprio partner e gli mandò uno sguardo deciso, quindi insieme si lanciarono verso il nemico, facendo piovere le fiamme su di esso. L’Aros e il Chrysanthemum Omega presero a volare attorno alla nave dei VIRM, bruciando la sua corazza e affondando le proprie armi in essa, tagliando e gettando nel vuoto i nemici che riuscivano a scappare mentre improvvisamente un gran numero di essi iniziavano a schiantarsi contro la stessa superficie della nave, in un disperato tentativo di fermare quell'offensiva. Era uno spettacolo maestoso, specialmente visto da terra: le fiamme di Aros e il plasma del Chrysanthemum Omega continuavano a brillare e scomparire, lasciando dietro di sé i segni della vittoria, mentre gradualmente la nave aliena iniziava a inclinarsi, a perdere integrità e a deteriorarsi. Era la fine della battaglia.
Chrysanthemum Omega volò in alto sollevando la sua lama al plasma. «Diamogli il colpo di grazia!» Esclamò Harada.
«Ho un’idea.» Commentò Hoshi, raggiungendoli e posizionandosi al di sopra della nave aliena. Iniziò a raccogliere le energie, Momo era provata dalla battaglia ma aveva ancora abbastanza forze per concludere quella missione, e quando comprese il piano di Hoshi poté confermare di essere ancora in grado di andare avanti.
Aros si contorse e curvò la schiena, il fumo usciva dalle sue fauci ancora serrate; poi, quando si piegò in avanti, riversò addosso al nemico una colata di magma fuso, la più densa che avesse mai prodotto. Bruciò completamente la gola di Momo, che esaurì le energie dopo di quello, ma riuscì nel suo intento: il magma in un primo momento si fermò in cima al gigante alieno e si accumulò, poi iniziò a fondere e scavare all’interno del suo corpo, destabilizzando seriamente la sua tenuta.
«Ottimo!» Urlò Kano, che attivò le lame al plasma di tutti gli arti compresa la sua unità, e si lanciò in picchiata verso il buco creato dall’Aros, urlando assieme ai suoi compagni di squadra.
Chrysanthemum Omega affondò nel magma, fendendo ciò che restava della corazza e degli strati interni della nave VIRM con le sue lame, andando ancora più a fondo e aprendo il canale fino a sbucare dall’altro lato, trapassando completamente la nave.
Per un momento i ragazzi rimasti a terra trattennero il respiro, ma quando videro Chrysanthemum Omega venir fuori dalla parte inferiore della nave in un fuoco d'artificio di magma e rottami metallici, capirono che il piano era andato a buon fine: avevano vinto, ed era stato un lavoro di squadra perfetto.

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Capitolo 68
*** Invincibili ***


«E quando si sono tuffati nel magma bollente? E’ stato incredibile!»
«Ancora non capisco nemmeno perché lo abbiamo fatto, ma è stato veramente spettacolare! Mi tremano ancora le mani…»
«Bé, mentirei se dicessi di non essermi preoccupata… Ma come vi è saltato di fare una cosa così pericolosa a battaglia già vinta?»
Le due squadre avevano concluso la battaglia eliminando tutti i nemici rimanenti e dopo aver assistito al ritorno della popolazione in città e il discorso di Hachi, si erano rintanati tutti nell’appartamento di Kano e Tsunami a rilassarsi, commentare la giornata e divertirsi senza dover pensare a niente in particolare. C’era Momo che ancora non riusciva a sedersi, troppo emozionata da tutto quello che aveva visto lassù nel cielo durante l’assalto finale ai VIRM; i suoi commenti stavano veramente rischiando di far esplodere dall’imbarazzo i suoi compagni della Squadra Desia.
«Abbiamo preso spunto da qualcuno…» Fu il commento sarcastico di Kano, che diede una spallata amichevole a Kya. Il suo stile spericolato aveva decisamente ispirato quella mossa audace, ma non avrebbe mai immaginato che potesse influenzare proprio lui.
«E’ andato tutto alla perfezione, seriamente non abbiamo mai avuto una battaglia più liscia!» Aveva detto Nagashima estasiato, seduto accanto alla propria partner che sembrava avere occhi solo per lui; Ai era stata incredibile a bordo del proprio Stridiosauro, ma appena scesa dal Chrysanthemum era tornata a essere la solita ragazza silenziosa e assente.
«Non possiamo festeggiare con un po’ di vino?» Commentò con tranquillità, come se quell’idea le fosse saltata in testa in quello stesso momento. Fu Naka a risponderle con tono categorico.
«Assolutamente no!» Disse la rossa. «Prima di tutto, tu non puoi bere! Ti ho già detto che ti fa male. E poi gli adulti ci hanno confiscato tutto ciò che rimaneva dalla festa.»
«Potremmo entrare di nuovo nella dispensa di Kyu.» Suggerì allora l’altra, candida come sempre nel proporre un’altra effrazione che li avrebbe fatti cacciare in guai che, a confronto, avrebbe fatto sembrare i VIRM delle docili pecorelle.
«Ai!» La ammonì l’amica con tono polemico.
«Non la facevo tanto trasgressiva.» Commentò divertita Kya lanciando un occhiolino alla diretta interessata, segnale che questa ignorò completamente. Fu Naka a captarlo invece, che rispose quasi stizzita dicendo che fosse stata proprio lei a influenzarla.
Il gruppo si liberò in una risata leggera, nessuno si prendeva sul serio in quel momento e tutto quello serviva a scacciare lo stress della giornata; per Kya era importante circondarsi di gente che fosse capace di ridere e scherzare dopo gli ultimi giorni, anche la vicinanza con Aiko e Kaoru, seduti proprio accanto a lei e impegnati nelle loro smancerie da coppietta, non faceva che ricaricare le sue energie.
In generale le due squadre non volevano nient’altro che pensare a cose felici, festeggiare un poco la vittoria del giorno ma lasciarsi dietro gli scontri il prima possibile; qualcuno però non era presente all’appello, sembrava che Naho e Suzuki avessero qualcosa da risolvere per conto proprio, mentre invece Rin aveva detto di essere esausta e aveva abbandonato i festeggiamenti in anticipo. Ryo era presente, ma continuava a farsi gli affari suoi e a partecipare poco alla conversazione; ogni tanto Kya gli lanciava delle occhiate timorose di sfuggita, ma per quanto giurasse di non essere mai stata notata, sapeva che il ragazzo se ne fosse accorto.
La verità era che lei voleva una seconda occasione: voleva parlare faccia a faccia e chiedergli scusa per averlo messo in imbarazzo di fronte a tutti e dire le cose come stavano chiaramente, come aveva detto a Kaoru durante la battaglia! Ma più ci pensava, più le veniva ansia e finiva per abbandonare l’idea; non credeva che Ryo l’avrebbe mai più considerata la sua partner. E andava bene così, più o meno: aveva capito che non poteva costringere Ryo ad amarla. Voleva che fosse felice; voleva anche essere felice assieme a lui, ma se non poteva avere questo avrebbe dovuto accontentarsi… Ci sarebbero state altre cose per cui essere felice e l’amicizia che condivideva con persone come Yuki era una di queste.
Era particolarmente felice del fatto che durante la battaglia non ci fossero stati imprevisti; Yuki era stato subito esaminato dagli specialisti che lo seguivano una volta sceso dallo Stridiosauro ed era risultato tutto a posto. Sembrava che la sua condizione fosse determinata dalla quantità di stress vissuta dal ragazzo e da quando le cose si erano risolte nella Squadra Desia, lo stress era diminuito significativamente.
Si girò a sorridergli e lui le sorrise a sua volta. Non sapeva quanto la rendesse felice sapere che, nonostante il dolore e le difficoltà, trovasse sempre il tempo per mandarle un sorriso rassicurante.
«Ehi, Nakamura!» Si sentì dare qualche colpetto sul braccio e quando alzò lo sguardo vide la sua compagna di squadra Suzuko, guardarla dall’alto in basso.
Non riusciva proprio a capire cosa avesse da stare sempre imbronciata a quel modo, ma nonostante l’aria cattiva non sembrava avercela con lei. Non questa volta, almeno.
«Volevo chiederti scusa per aver contestato la tua decisione…» Sospirò la piccoletta con arrendevolezza. «Ancora una volta… Non ero nelle condizioni per farlo ieri sera, ma adesso…»
Kya sorrise confusa e si alzò facendole segno come per seguirla e parlare in separata sede, senza doversi esporre così di fronte a tutti. Suzuko non sembrò contraria all’idea, anche se la sua educazione le impediva di accettare direttamente. Così le due ragazze si fecero da parte, lasciando le chiacchiere ai loro compagni.
«Ascolta, so di essere stata una vera palla al piede sin da quando abbiamo iniziato a conoscerci…» Esordì Suzuko, evitando il suo sguardo. «Penso che sarebbe giusto dirti che tutto quello che faccio, lo faccio per il bene della squadra; anche quando faccio qualcosa di sbagliato, sono in buona fede. Quindi, se mi metto a litigare con te riguardo a qualcosa è perché non condivido i tuoi punti di vista e non perché ti odio. Lo sai questo, vero?»
Kya sorrise. «Certo che lo so, Suzu!» Rispose amichevole. Suzuko non sopportava quel nomignolo che le aveva dato, ma se lo fece andare bene per questa volta. «Se non ci fossi tu non sarei spronata a migliorare come caposquadra!»
La ragazza si fece scivolare quel mezzo complimento di dosso e tornò al suo discorso. «Inoltre mi hai saputo dare dei buoni consigli, l’altra sera. Sei più saggia di quello che sembri! E devo ringraziare la tua idea, se sono riuscita a risolvere una questione importante, quindi…»
«Non c’è di che!» Esclamò l’altra contenta, lasciando intendere che non dovesse dire niente che non volesse svelare. Vedeva chiaramente quanto fosse in imbarazzo, ma sapere che le sue azioni avessero indirettamente aiutato qualcuno la rendeva estremamente felice.
Suzuko annuì soddisfatta. Considerava ancora Kya la sua “rivale” e per questo avrebbe continuato a sfidarla, ma non le piaceva che venisse affossata dagli altri per motivi non inerenti alla leadership della squadra. Si congedò con fare schivo, un po’ impacciata, ma mentre si allontanava tornò sui suoi passi sorprendendo Kya ancora una volta.
«Per quello che vale, spero che tu risolva presto i tuoi problemi con Sato.» Questa volta riuscì veramente a farla commuovere.
«Ti ringrazio.» Mormorò Kya mentre quella si voltava. Suzuko aveva visto la disperazione di Nakamura dopo essere stata respinta così duramente dal suo vecchio compagno e subito prima di questo aveva dovuto affrontare la vergogna di Rin nell’esporre il proprio segreto; ancora non riusciva a districarsi bene tra queste dinamiche sentimentali che sembravano così comuni all’interno della squadra, ma aveva capito quanto fosse difficile per alcune persone vivere tutto quello e non voleva vedere la sua caposquadra nelle stesse condizioni della sua migliore amica.
A proposito di Rin, decise di andare a vedere come stesse e mente lasciava l’appartamento vide suo fratello conversare con la partner di Suzuki. Ecco un’altra dinamica che non riusciva proprio a comprendere; quei due sembravano andare proprio d’accordo nonostante si conoscessero a malapena.
«Com’è pilotare uno Stridiosauro assieme al resto della squadra?» Tooru stava spiegando il funzionamento del Chrysanthemum Omega ad Aki, che oltre alla curiosità per quello strano tipo di collegamento multiplo sembrava letteralmente pendere dalle sue labbra.
«Oh, è più semplice di quanto immagini! Ognuno fa il proprio lavoro in locale, ma il controllo completo passa al caposquadra che lo pilota come un qualsiasi Stridiosauro. Io ero dentro la gamba.»
«Quindi non eravate veramente coordinati alla perfezione?» Domandò il ragazzo. Aveva fatto delle proprie teorie sul funzionamento di quella modalità, ma a sentire la spiegazione di Kawa sembrava essere molto più semplice di quanto sembrasse.
«Bé, non ci riusciremmo se non lo fossimo.» Fu la risposta divertita di Tooru, che sentiva crollare le barriere tra sé e Okagawa ogni secondo che passava. «Ogni sezione deve controllare una serie di movimenti e in situazioni di emergenza è possibile muovere e anche separare indipendentemente gli arti, ma immaginalo come un videogioco sparatutto: quando sali su un veicolo assieme alla tua squadra, ognuno controlla una sola parte del mezzo; c’è la mitragliatrice, il lanciarazzi e, ovviamente, il sedile del pilota. Alla fine il pieno controllo è di una sola coppia, ma ognuno fa il proprio lavoro e bisogna fidarsi l’uno dell’altro per riuscire a sopravvivere, proprio come facciamo noi Parasite!»
Aki fissò Tooru come se gli avesse parlato in una lingua sconosciuta. Non aveva mai giocato a quel tipo di giochi, quindi non aveva presente l’esempio fatto dalla ragazza, ma per non farle dispiacere annuì senza pensarci troppo e decise semplicemente che il Chrysanthemum Omega era molto interessante.
«E invece come funziona la connessione?» Domandò subito dopo, rendendosi conto che quello fosse un altro argomento scottante.
Tooru si mise a pensare un attimo; era difficile riportare alla mente le sensazioni della battaglia, specialmente per una persona come lei con una pessima memoria. «La connessione rimane più o meno invariata… Ma tutti quanti diventiamo più consci dei dintorni e del resto della squadra. Non diventiamo proprio “una cosa sola”, ma può sembrare così a volte.»
«Affascinante…» Mormorò il ragazzo, facendola arrossire inavvertitamente.
«B-bé… Non è niente di speciale…» Minimizzò lei fingendo modestia.
«Invece sì! Ed è veramente incredibile che siate in grado di farlo così bene!» Reagì di istinto lui. «Sapere di poter contare così tanto sui propri compagni di squadra deve essere veramente una bella sensazione.»
Tooru iniziò ad arrotolarsi i capelli attorno a un dito, curiosa. «Perché…? Tu non puoi fare lo stesso?»
Imbarazzato, Aki ammise di non essere stato molto delicato con il resto della sua squadra. «Sì, hai ragione; io so di potermi fidare ciecamente dei miei compagni di squadra, ma… Affidare completamente la tua sicurezza a tutti gli altri è qualcosa di totalmente diverso.»
«Bé… Ora sai che è possibile.» Borbottò Tooru, incerta su come continuare quella conversazione. Sentiva che stesse andando verso una direzione strana e la cosa la rendeva nervosa, ma in senso buono. Fu l’arrivo di Tomoko a spezzare la tensione creatasi, posando le mani sulle spalle della sua compagna di stanza e mandando un largo sorriso al ragazzo di fronte ad essa.
«Mi spiace portartela via, ma ho due parole da dire alla mia amica, facciamo in un attimo!» Disse cordiale la nuova arrivata, sorridendo ad Aki come un vecchio amico. Il ragazzo non capì perché fosse così ossequiosa nei suoi confronti ma le disse di non preoccuparsi e così vide le due ragazze allontanarsi confabulando tra loro di qualcosa che non riuscì a captare.
Sembravano alquanto prese dall’argomento, così per non origliare si fece da parte e raggiunse il suo amico Ryo, distratto a guardare fuori da una finestra.
«Com’è tornare a combattere i VIRM a bordo di uno Stridiosauro diverso?» Esordì dandogli un colpetto sulla spalla. Se non avesse saputo di essere abbastanza in confidenza con lui, non gli avrebbe mai fatto una domanda del genere, anche se considerato quello che era successo la sera prima della battaglia forse avrebbe fatto meglio a non dire niente.
«E’ diverso, appunto.» Borbottò lui abbozzando un sorriso ironico. «Anche se… Non del tutto. Inizialmente sì, la connessione si avvia diversamente da come sono abituato e Mori è decisamente più mite di Kya sotto ogni aspetto, ma quando si comincia a combattere non ci fai più caso; abbiamo sviluppato uno stile di combattimento che unisce le abitudini di entrambi permettendoci di trovare il giusto equilibrio.»
«Bé, è una buona notizia, no?» Domandò Aki mettendosi a guardare fuori dalla finestra a sua volta. Ryo fece spallucce.
«Non lo so ancora. Ieri stavamo per essere presi dai VIRM, sarebbe stato un disastro…» Il ragazzo sospirò sentendo all’improvviso un enorme peso sulle proprie spalle. «Sento come se a volte ci siano dei limiti impossibili da superare e questo perché noi non siamo “destinati” ad essere partner. Ci stiamo solo mettendo una toppa!»
Aki alzò lo sguardo al cielo e ascoltò Ryo finché non ebbe finito di parlare; una leggera foschia attraversava la città recentemente ripopolata mentre i lavori in giro per le strade la rendevano più viva che mai per correggere i danni della battaglia.
«Forse è così.» Disse pensieroso. «Ma in questo momento tu e lei state pilotando e state facendo abbastanza! Forse inizialmente non sareste stati in grado di farlo, ma adesso le cose sono diverse: abbiamo sviluppato tutti una maggiore sensibilità alla connessione e conosciamo i comandi alla perfezione. Diamine, anche io mi sento più forte che mai in questo periodo e non mi sarei mai aspettato di dire una cosa del genere!
«Quello che voglio dire è che se è questo che ti serve ad avere la tua serenità, allora ben venga!» Concluse puntandogli un dito sul petto, ma Ryo non sembrò particolarmente sollevato da quelle parole e distolse lo sguardo con aria combattuta.
Aki lo osservò un po’ senza dire niente, dispiaciuto. Era chiaro che non fosse tutto lì il problema e che, anzi, ci fosse qualcos’altro che lo facesse sentire anche peggio di prima.
«Ma… Sei sicuro che sia veramente questo che vuoi?» Borbottò timidamente, nella speranza di essergli di aiuto.
Ryo sospirò nuovamente e girò la testa verso Aki. «Si tratta di Kya.» Ammise. «Lei vuole riavvicinarsi a me più di ogni altra cosa e anche io lo vorrei anche subito! Ma per quanto ci provi, non riesco a non provare…»
Ryo si bloccò e Aki lo vide mentre cercava di esprimere un concetto che non riusciva assolutamente a trasmettere a parole. Sembrò una vera e propria lotta fisica per il ragazzo, che alla fine ci rinunciò e cambiò approccio.
«Non riesco ad avvicinarmi.» Sbuffò esasperato. «E ogni cosa che fa lei per tentare di riavvicinarci finisce invece per avere l’effetto opposto e mi irrita sempre di più!»
Una voce alle sue spalle lo fece trasalire, come se qualcuno si stesse schiarendo la gola. Ryo e Aki si voltarono, trovando Kaoru e Kya fermi di fronte a loro, gli sguardi seri come se avessero qualcosa di importante da dire.
«Kya avrebbe qualcosa da dirti.» Iniziò il ragazzo dando una piccola spintarella alla partner, che sembrò molto riluttante quando venne il momento di parlare. Aveva lo sguardo basso e nascondeva le mani dietro la schiena, Ryo non sapeva che si stesse facendo venire le nocche bianche a furia di stringersele, nel tentativo di darsi un contegno e non fuggire di corsa da lui.
Il ragazzo si guardò intorno e fece una faccia come per chiedere “qui?” «Andiamo in un posto più tranquillo.» Suggerì dopo iniziando a camminare. Non voleva creare altro scompiglio ed era sicuro che anche lei lo avrebbe apprezzato.
Kaoru e Kya furono d’accordo e lo seguirono senza dire niente, mentre Aki restava a fissarli basito, indeciso se fosse giusto seguirli o lasciare che parlassero in privato.
Alla fine era stata lei ad avvicinarsi.
 
*
 
«Sono stato uno stronzo.»
«No, ho esagerato io. E non parlare in questo modo!»
Naho zittì rapidamente il suo interlocutore e gli fece capire che non fosse il momento per giocare a chi avesse la colpa. Katsuki fece spallucce, non capiva perché ogni volta che cercava di scusarsi per qualcosa, finiva per essere lui a ricevere delle scuse; lui ci provava veramente tanto, ma sembrava sempre incapace di completare le sue scuse.
Naho sospirò. Era ancora dolorante dalla battaglia, la sua caparbietà l’aveva fatta mettere in mezzo per proteggere tutti e adesso ne stava pagando il prezzo; come se non bastasse poi, le girava la testa da quella mattina, eppure era convinta di non aver bevuto troppo la sera prima… Avrebbe voluto solamente stendersi, ma aveva delle cose importanti da concludere.
«Katsuki.» Ricominciò dopo aver tirato un lungo respiro. «Io non so come possa essere vivere nella tua condizione, non posso immaginare come ti senta tu con le altre persone, ma sono sicura che quello che dici e fai è sempre stato sincero. Credo tuttavia che tu abbia paura di essere completamente sincero a volte, così ti nascondi come hai fatto in questi giorni.»
Suzuki ghignò. «Te lo sei dimenticato? Io non posso avere paura, non posso provare niente.»
«Tecnicamente è così, ma sei comunque umano. Ci sono cose che ti piacciono e cose che non ti piacciono, cose che percepisci come pericoli e altre che ti fanno sentire al sicuro; il fatto che tu non sia in grado di esprimere la tua emotività, non significa che non esista!» Naho fece un passo avanti e Suzuki uno indietro, quasi come se lo stesse spaventando.
«Visto?» Gli disse. «Tu hai bisogni, desideri e reazioni come tutti quanti. Che importa se non riesci a dargli un nome?»
«Non ti seguo.» Borbottò lui.
«Noi siamo amici?» Domandò schietta la ragazza, ignorando la confusione del ragazzo che però non fece che confondersi ancora di più dopo quella domanda.
«Immagino di sì?»
«E allora questo mi basta.» Concluse lei indietreggiando. «Io per i miei amici sono pronta a saltare in mezzo a una pioggia di proiettili, voglio ascoltare ciò che hanno da dire e fargli sapere che potranno sempre contare su di me. Non mi aspetto necessariamente tutte queste cose da te o da nessun altro, ma vorrei solo che non mi evitassi più…»
«Fukuda, te l’ho detto… Io non…»
«Eri nervoso perché non sapevi come affrontare la situazione, lo so!» Lo interruppe. «E va bene così. Io so che a me ci tieni, come tieni ai tuoi compagni di squadra, perché altrimenti non avresti usato una certa delicatezza nei loro confronti e non ti saresti preoccupato per me durante la battaglia.»
Suzuki trattenne il respiro e finì per alzare lo sguardo al cielo come imbarazzato, o forse seccato. «Non ero preoccupato…» Bofonchiò a denti stretti. Naho sorrise, perché nonostante la sua freddezza Suzuki non era assolutamente in grado di mentire. Alla fine si tenne quel sorriso beffardo in faccia e tornò da lui.
«Allora cosa ne dici?» Riprese tendendogli la mano. «Ricominciamo da zero?»
Suzuki osservò Naho, la sua faccia svampita con quelle treccine blu che le davano un’aria più infantile di quanto non fosse, e si chiese cosa passasse per la testa di quella ragazza. Alla fine sospirò visibilmente e le prese la mano quasi con riluttanza.
«Se va bene a te…» Borbottò ancora burbero, ma Naho non ci fece caso. Invece gli fece strada e insieme lasciarono l’appartamento che Suzuki condivideva con Nagashima per andare a rilassarsi con gli altri. Non c’era bisogno che Suzuki cambiasse i suoi modi per lei, l’amicizia era una serie di gradi e livelli che si superavano poco per volta e insieme sarebbero riusciti a trovare un compromesso.
 
*
 
All’aeroporto faceva freddo, ma questa volta Kaoru non avrebbe avuto problemi: i ragazzi della Squadra Desia gli avevano regalato alcuni vestiti pesanti per poter tornare a casa sano e salvo. Inizialmente aveva tentato di resistere, gli sembrava di stare approfittando della loro gentilezza ma loro insistettero. Lui e Aiko avanzavano a braccetto, le valigie nelle mani del ragazzo mentre lei lo abbracciava; in realtà Aiko era perfettamente in grado di portarsi il proprio bagaglio da sola, ma Kaoru era così contento di essere utile in quel modo e diceva che, se avesse continuato ad abbracciarlo in quel modo, avrebbe trovato la forza per trasportare cento valigie.
Simile a loro, Hoshi se ne andava in giro pieno di confidenza con i suoi occhiali da sole addosso e la consapevolezza di essere stato tra i piloti che avevano dato il colpo decisivo al nemico; bisognava ammetterlo, senza il lavoro dell’Aros la squadra avrebbe avuto molte difficoltà a chiudere quella battaglia, anche se era stata la Squadra Desia a finirlo. Gli piaceva essere un membro importante per la squadra, non credeva di essersi mai sentito così utile a qualcuno e soddisfatto del proprio operato: anche quando otteneva voti alti nello studio, la gratificazione ricevuta non era minimamente paragonabile alla sensazione di star difendendo la terra.
Uno che non si sarebbe aspettato di vedere tanto arzillo era Sato, che arrivò a dargli una pacca sulla spalla cogliendolo alla sprovvista e chiedendogli cosa avrebbe fatto una volta tornato a casa.
«Avremo qualche giorno libero ognuno alle nostre rispettive case, te ne sei dimenticato?» Gli ricordò con trasporto. Onestamente Hoshi non ci aveva pensato quasi per niente; che stesse a Mistilteinn o a casa sua, i suoi genitori non ci sarebbero stati lo stesso quindi non cambiava molto per lui.
«Probabilmente i miei saranno impegnati con il lavoro.» Sbuffò stringendo le spalle. «Avrò casa libera tutto il giorno e… Ehi!»
L’esclamazione di Hoshi fece trasalire il ragazzo, così come anche gli altri nelle vicinanze.
«Avrò casa libera! Potremmo vederci e fare una festa… O qualcosa del genere.»
Ryo sorrise divertito da quella prospettiva. Una festa sarebbe stata proprio quello che ci voleva a mettersi alle spalle tutto quello che era successo negli ultimi giorni.
Hoshi si voltò verso gli altri. «Che ne dite, ragazzi? Una festa per soli uomini, sarà divertente!»
Il primo a dover rifiutare fu Kaoru, che disse di non poter andare in città in quei giorni. I suoi genitori sembravano avere qualche altra gita in programma e non poteva far saltare tutto così di punto in bianco. Dopo di lui, a sorpresa, fu Tetsuya a declinare l’invito.
«Temo di avere un impegno in quei giorni…» Mormorò timidamente quando Hoshi gli chiese perché no, contrariato.
«Che peccato…» Mormorò il piccoletto, vedendo le sue speranze di una festa tra uomini iniziare a sgretolarsi. «E tu che ne dici, Ojizaki? Che programmi hai per questi giorni?»
Si voltò verso l’altro suo compagno di stanza, quasi sicuro che avrebbe rifiutato anche lui visto il rapporto non proprio idilliaco che c’era tra loro; ma Yoshiki invece sembrò molto accondiscendente.
«Pensavo di dipingere un po’ con i nuovi colori degli Okagawa, ma… Sì, forse farei meglio a unirmi a voi.» Mormorò con il suo solito modo di fare tetro.
Erano già in tre, abbastanza per farla sembrare una festa ma non tanti da rendere le cose veramente eccezionali; l’aggiunta di Aki fu quello che serviva a Hoshi per darsi la carica.
«Uh, una festa? Posso venire anche io?» Cinguettò la sorella del ragazzo quando li vide confabulare tra loro. Hoshi si voltò di scatto puntandole contro un dito.
«Niente femmine, è una festa per soli uomini!»
Prima che Rin potesse rispondere, Saitō e Harada si unirono al gruppetto ridendo sommessamente.
«Sarebbe divertente fare un’altra festa.» Commentò uno. «Magari questa volta senza fiumi di alcol…»
«Già, peccato che voi non possiate trasferirvi per qualche giorno ad Anemone…» Commentò Yoshiki, un po’ riluttante. Fece un passo in avanti verso i due ragazzi e gli batté il pugno con trasporto, seguito poi da Tetsuya.
«Non ci pensare troppo; ci rivedremo presto!» Gli disse Akira. Era incredibile quanto il suo atteggiamento fosse cambiato in quelle settimane, ed era bastato solo sbagliare a usare una macchina per i deltoidi in palestra…
Mentre completavano i loro saluti e Kondō si perdeva a programmare la serata a casa sua, Yoshiki notò con la coda dell’occhio lo sguardo di Yumu su di sé e quando si voltò verso di lei la vide sfuggirgli. Sorridendo divertito, le andò incontro per salutarla.
Saki stava tentando disperatamente di non dare troppo nell’occhio, ma più fingeva nonchalance e più il suo atteggiamento diventava meccanico e innaturale. Alla fine smise di borbottare tra sé e sé e si sforzò di mostrare un grande sorriso al ragazzo, tirandosi indietro i capelli con una mano e sfiorando quelle treccine che continuava a sentire fuori posto nella propria immagine.
«Come va il braccio?»
Saki si guardò l’arto chiedendosi che cosa avesse che non andava, poi si ricordò del problema e si lasciò sfuggire una risatina. «Bene, non sento più niente! Cioè, non sento niente perché non sento più il braccio, ogni tanto ho un po’ di dolore ma non mi dà più tanto fastidio…»
«Le ferite sono guarite?» Si preoccupò il ragazzo, divertito dal blaterare della Pistil.
Saki sentì il volto andarle a fuoco mentre si rendeva conto che Yoshiki era seriamente interessato alla sua salute. «S-sì.» Balbettò timidamente. «Cambio le fasciature ogni giorno, le bruciature sono ormai un ricordo…»
Yoshiki osservò il suo braccio con aria costernata, come se fosse qualcosa che lui stesso aveva provocato e che gli portava grande dispiacere. Lei si accorse di quell’espressione così triste e gli disse di non fare quella faccia.
«Guardiamo il lato positivo: questo incidente mi è capitato in inverno e nessuno ha dovuto vedere le mie bruciature; quando sarà il momento di passare alle maniche corte sarà già tutto passato e quest’estate potrò sfoggiare il mio cazzutissimo corpo da guerriera!»
La ragazza alzò il pugno gonfiando i muscoli e ghignò, ma poi provò di nuovo un forte imbarazzo e pensò di aver scelto un pessimo esempio per mostrare il lato positivo; adesso era sicura che Yoshiki stesse pensando a lei in costume da bagno. Incapace di calmarsi, cercò disperatamente un altro argomento e liberò una risata nervosa.
«Le cicatrici sono toste, non è così?» Borbottò ancora timida, chiedendosi perché Ojizaki se ne stesse lì a guardarla sorridendo e basta.
«Sì.» Disse lui e in quel momento il suo tono sembrò addolcirsi ancora di più. «E’ bello vederti finalmente rilassata.»
Saki tornò seria. L’imbarazzo era completamente scomparso, al suo posto era rimasto solo un leggero tepore a pervaderle il petto. «Grazie.» Mormorò quasi commossa. Non aveva mai pensato a quanto le fosse mancato sorridere spontaneamente da quando erano morti i suoi compagni.
«Credi che le cose miglioreranno ancora?» Le domandò poi Yoshiki, quasi a voler cambiare argomento. Ci volle un attimo perché Saki capisse a cosa si stesse riferendo.
«Io penso di sì. Siamo ancora lontani dal poter dire di stare tutti bene: ognuno di noi si porta dietro delle cicatrici profonde e difficili da condividere…» Guardò tutti i propri compagni di squadra che chiacchieravano come se niente fosse tra loro, soffermandosi poi sul proprio partner il caposquadra. «Ma grazie a questa battaglia credo che abbiamo avuto la possibilità di capirci meglio tutti quanti.»
«In che senso?» Domandò Yoshiki perplesso.
«Era da tanto che non ci univamo in combattimento. Come puoi immaginare, Chrysanthemum Omega è una forma molto particolare che ci permette di provare cose diverse dal solito…» Spiegò la ragazza. «Ci è stato utile a capire che non siamo poi così diversi gli uni dagli altri.»
Yoshiki annuì pensieroso, soddisfatto di quella risposta. Forse non era molto, ma era abbastanza; non si poteva ricostruire in un colpo solo tutto quello che la Squadra Desia aveva perso. Era stato fatto molto da quando si erano conosciuti, come l’aver fatto tornare in sé il caposquadra per rimettere l’intero gruppo sulla retta via e adesso si poteva vedere come il clima fosse disteso tra le due squadre; poche settimane prima non ci si sarebbe aspettati di vedere Kano salutare con tanto trasporto i ragazzi della Squadra Anemone, eppure era quello che stava succedendo in questo preciso istante.
«Ci rivedremo presto, Nakamura! E questa volta sarà per qualcosa di più allegro di una battaglia.» Disse prima di battere il pugno alla ragazza, gesto che lei non si aspettò ma che la rallegrò non poco.
«Ci conto!» Rispose lei con trasporto. La sua voce mascherava una certa stanchezza che non le si addiceva; aveva paura di sembrare poco entusiasta, ma la verità era che non le rimanevano molte energie e la prospettiva di dover affrontare il viaggio di ritorno la stancava ancora di più. Nonostante tutto, saltava da una parte all’altra della sala di attesa per salutare tutti i compagni della Squadra Desia: andò a salutare Ai amichevolmente, impegnata a suo tempo a salutare Aiko, poi passò a fare un inchino al suo partner Nagashima, andò a salutare Tomoko e Tooru con cui aveva vissuto le scorribande nell’appartamento di Kyu e infine si ritrovò di fronte alla coppia del Chrysanthemum 2.
Era già esausta. Yuki la vide come ansimava neanche avesse finito di correre una maratona e sorrise sapendo quanto quei giorni fossero stati carichi di emozioni per lei.
«Bé… E’ arrivato il momento di andare.» Ansimò. «Torniamo alle nostre vite.»
«Non proprio.» Disse lui sorprendendola. «Grazie a te e ai tuoi compagni, le nostre vite sono migliorate.»
Da un primo momento di perplessità, lo sguardo di Kya mutò rapidamente in commozione e riconoscimento: l’idea che qualcuno potesse vivere una vita migliore grazie a lei le bloccava il respiro. Non riuscì a trattenersi e prima di iniziare a piangere dal nulla, si lanciò ad abbracciare il suo amico che la accolse con prontezza.
«Mi mancherai, scemo!» Gli sussurrò all’orecchio, affondando poi il volto nella sua spalla. Yuki rise.
«Comportati bene, Kya Nakamura. E non smettere di pensare positivo!»
Rimasero per qualche istante ad abbracciarsi finché la ragazza non ritrovò la carica necessaria a trasformare quell’abbraccio in una vera e propria morsa da lotta e sollevò Yuki con tutte le forze che le rimanevano, facendolo scoppiare a ridere.
Alla fine la ragazza lo lasciò andare e rise assieme a lui, poi uno sguardo alla sua partner leggermente allarmata di fronte a quella scena la fece tornare seria.
«Prenditi cura di Yuki, Naka!» Le disse. Lei sorrise.
«Non devi neanche dirmelo!»
Soddisfatta e leggermente rinvigorita, Kya fece un passo indietro e si fermò accanto ai propri compagni di squadra: le due squadre ora si guardavano faccia a faccia, gli adulti al loro fianco che attendevano.
Kya alzò una mano al proprio lato e afferrò la testa di qualcuno: era Kaoru, che seguì il movimento che gli indicò per mimare un piccolo inchino, poi fece lo stesso con chiunque ci fosse dall’altro lato e prese Naho. Per ultima anche lei si inchinò e il resto della squadra la imitò velocemente.
«E’ stato un onore combattere al vostro fianco.» Disse. «Grazie ancora per la vostra ospitalità.»
Nessuno sapeva perché improvvisamente si stesse comportando in modo così educato, ma fu molto bello da vedere; la Squadra Anemone aveva bisogno di partner leali e forti e la Squadra Desia aveva bisogno di sapere che non erano da soli in quella guerra. Lottare assieme aveva cambiato qualcosa in tutti loro, anche se sapevano che si sarebbero rivisti un giorno sentivano un grande dispiacere nel doversi separare.
«Lo è stato anche per noi.» Rispose Kano facendo un passo avanti. «Buon ritorno a casa!»
Kya mandò un ultimo sorriso a Yuki pieno di sicurezza; anche se lasciava Desia con qualche dubbio in più di prima, sapeva di avere levato un peso grosso dalla propria coscienza e le parole di Ryo l’avevano confortata dopo la battaglia.
Non ti odio, Kya. Anche se ho detto tutte quelle cose.
Già sentire solo quelle parole le sarebbe bastato. Quella certezza le avrebbe permesso di morire senza rimpianti, ma nonostante ciò la ragazza voleva sempre di più e sapeva di essere così; non poteva fare a meno di pensare a quanto avesse sbagliato con Ryo e quanto ancora avrebbe potuto sbagliare, però voleva stare al suo fianco.
Dopo che lei e Kaoru l’avevano portato in disparte con sé per parlare, gli aveva spiegato tutto: gli aveva detto che le dispiaceva di averlo messo in imbarazzo di fronte a tutti, che avrebbe dovuto essere più ponderata nel fare il suo annuncio e di sicuro non avrebbe dovuto invadere i suoi spazi in quel modo, ma gli aveva confermato che non si pentiva di aver detto quelle cose. Kya non rinnegava una parola di tutto quello, avrebbe continuato a dichiarare il proprio amore verso Ryo fino alla fine dei suoi giorni; quello che però aveva capito era che i suoi modi fossero sbagliati, fuori luogo. Ryo era sempre stato un ragazzo delicato, lui assorbiva tutta l’energia emanata da lei e la rendeva innocua, aveva sfoghi molto diversi dai suoi e non era adatto all’impulsività della ragazza; da quando erano separati si era creato uno squilibrio che aveva reso le cose più difficili ed entrambi sembravano soffrirne, ma allo stesso tempo avevano capito entrambi di non poter continuare così.
Anche io vorrei che le cose tornassero come prima, ma la verità è che noi abbiamo bisogno che cambino! Se dovessimo semplicemente accettare tutto quello come prima, non potremo più evolverci: voglio collaborare con te, non farci la guerra! E’ ancora possibile tornare a essere amici, ma dobbiamo prima essere d’accordo sulla direzione da prendere.
Kya guardava fuori dall’oblò dell’aereo, la pista che sfilava velocemente sotto di esso e poi l’orizzonte farsi sempre più basso, lontano dalla città e dal mondo che l’aveva cresciuta; le parole di Ryo continuavano a rimbombarle nella testa, cercava di capire cosa potessero significare veramente così che potesse fare la scelta giusta. Voleva renderlo felice, farlo sentire utile, essere uno stimolo per lui come lui lo era per lei e continuare a crescere insieme; forse erano solo illusioni le sue, ma finché non ci avrebbe provato non avrebbe mai potuto saperlo.

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Capitolo 69
*** Tu e loro ***


Tetsuya osservò la piazza che gli era stata indicata, i gazebo sotto al quale i volontari distribuivano sacchi e scatole di viveri erano un viavai continuo mentre un sacco di gente diversa iniziava a ronzare attorno ai tavoli allestiti in mattinata. Quando avvistò la persona che stava cercando, si avviò a passi rapidi verso di lui.
Alla fine era tornato in quello strano posto. Lo aveva fatto lo stesso giorno che era rientrato a casa da Desia, sgattaiolando fuori senza dare troppo nell’occhio aveva passato sì e no una mezz’oretta per le strade e pochi minuti in quel luogo misterioso: finalmente l’uomo che aveva incontrato là gli si era presentato come Nomu, ma non aveva avuto molto tempo da dedicare alle sue domande; visto che però Tetsuya sembrava ben disposto, gli aveva proposto di incontrarlo lì il giorno dopo e dare una mano a un evento di beneficienza. Il signor Nomu aveva detto che quella sarebbe stata l’occasione per capire meglio cosa intendesse dire quando parlava di “arricchire lo spirito.”
Tetsuya non era ancora del tutto convinto di quella cosa, quel posto continuava a inquietarlo ma la curiosità era più forte di qualsiasi altra preoccupazione; aveva avuto un mucchio di cose per la testa negli ultimi tempi e sentiva che sarebbe stato bello avere qualcuno con cui parlarne. Ma allora perché non provava a farlo con Yoshiki o con Hoshi, o magari con Suzuko che avrebbe dovuto cercare di avvicinarsi a lui così come lui con lei? Bé, semplicemente perché si vergognava…
Nomu era uno sconosciuto, non avrebbe dovuto condividere cose tanto personali con lui, eppure sentiva che fosse uno di cui potersi fidare e visto come parlava sembrava possedere una certa esperienza da condividere… Per non parlare del fatto che tutto quanto attorno a lui sembrasse ruotare attorno a quella strana filosofia che diceva di “aiutare chi si era smarrito”. E Tetsuya non credeva veramente di sentirsi tale, ma non poteva negare di non sapere di preciso che strada prendere.
«Tetsuya, sei arrivato!» Lo accolse l’uomo con un grande sorriso. Aveva un aspetto più curato del solito, probabilmente Tetsuya lo aveva sempre incontrato in giornate meno impegnative di questa. Il signor Nomu si fece spazio in mezzo a un gruppetto di persone e andò a salutarlo.
«Mi spiace di aver fatto tardi…» Mormorò Tetsuya, la schiena leggermente incurvata per l’imbarazzo. C’era veramente tanta gente, sarebbe stato riconosciuto?
«Non fa niente, i gazebo sono stati facili da montare. Però mi servirebbe proprio qualcuno come te per scaricare le ultime casse dal furgone…» Cambiò subito argomento Nomu, indicando un furgoncino bianco poco distante da lì con uno degli sportelli sul retro ancora aperto.
Il giovane si fece avanti, pronto a dare una mano. Nomu si voltò dall’altra parte e a gran voce chiamò una ragazza più o meno dell’età di Tetsuya, che li raggiunse con passi leggeri.
«Yu, ti presento Tetsuya! L’ho incontrato qualche settimana fa alla nostra comunità e sembrerebbe volerci dare una mano.» Disse lasciando che la ragazza si presentasse da sé.
«E’ un piacere, è sempre bello conoscere gente nuova tra noi! Io sono Yuri, ma gli amici mi chiamano Yu. Tu sei nuovo?» La giovane si avvicinò a Tetsuya e gli strinse la mano con entusiasmo; era una ragazza alta e dalla corporatura slanciata, i capelli lunghi e neri e occhi chiari e vivaci che guizzavano da una parte all’altra della zona, scrutando il ragazzo di fronte a sé. Tetsuya fu sorpreso dall’espansività di lei e non seppe bene come reagire in un primo momento, poi si ricompose e riuscì a dare una risposta più o meno esaustiva.
«Ehm… Sì, è la prima volta che vengo qui.» Borbottò. Lei sorrise, quindi gli disse di seguirla e Tetsuya non protestò mentre il signor Nomu li lasciava andare.
«A dopo, Tetsuya!» Lo salutò prendendo un taccuino nelle mani e iniziando a scribacchiare qualcosa con una matita.
Yuri lo guidò fino al furgone indicatogli prima spiegando come avessero ancora un po’ di vettovaglie da scaricare.
«Fammi vedere il braccio!» Disse arrestandosi di fronte al veicolo, un attimo prima di aprire completamente gli sportelli. Tetsuya reagì automaticamente alzando il braccio e rimase un po’ confuso dalla richiesta finché lei non gli tastò il bicipite, annuendo soddisfatta.
Il ragazzo ritirò il braccio allarmato e le mandò un’occhiata interrogativa che le strappò una risata. «Scusa, scusa! Non volevo spaventarti, ero solo curiosa di vedere quanto fossi forte. Uno della tua stazza è proprio quello che ci vuole per questo lavoro.»
Tetsuya la osservò allibito mentre si voltava a prendere una scatola chiusa. Yuri cercò di sollevarla e faticò un po’, nel mentre cercava di cambiare argomento dicendogli quanto fosse bello rendersi utile in posti come quello.
«Aspetta, faccio io.» Le disse avvicinandosi, un po' imbarazzato al momento di stringersi insieme nel retro del furgone. Yuri lasciò andare la cassa e si fece da parte per dargli spazio, osservando attentamente come Tetsuya la sollevava senza problemi.
«Oh, sì! Sei davvero forte!» Commentò guardandolo. Tetsuya sorrise ancora più imbarazzato e le chiese dove dovesse poggiarla. «Oh, seguimi. Ti faccio vedere la strada.»
Iniziarono a camminare lungo il campo, la gente li lasciava passare vedendo come Tetsuya fosse impicciato dalla cassa; riconoscevano che stesse facendo un lavoro delicato e lo lasciavano andare avanti senza intralciarlo, Tetsuya si sentì strano quando se ne rese conto. Intanto Yuri parlava, ma lui non riusciva veramente a stare dietro ai suoi discorsi finché non gli fece una domanda diretta.
«Tu come sei arrivato qui?»
Lui si voltò distrattamente mentre abbassava la cassa dove lei gli stava indicando e le chiese cosa intendesse. «Bé, qui… Nella nostra comunità!» Spiegò non sapendo che altri termini utilizzare.
«Oh.» Disse lui. «Bé, non… Non sono parte della comunità… Più o meno. Diciamo che la curiosità ha avuto la meglio su di me… Ho visto il cartello sull'ingresso e ho provato a chiedere qualche informazione, ma il signor Nomu è così misterioso…»
«Dì pure “schivo.”» Ridacchiò lei prendendo una pinza e iniziando ad aprire la cassa. «Comunque è così, ma credimi: non lo fa di proposito. E’ semplicemente molto distratto e pieno di impegni. Se non ci fossimo noi a dargli una mano, non ci sarebbe nessuno da aiutare qui oggi.»
«Noi?» Domandò confuso Tetsuya. Yuri sorrise.
«Bé, sì. Noi, la famiglia! Siamo tutti uguali, no?» Gli diede un colpetto sul braccio e Tetsuya lo sentì. «Abbiamo tutti quanti i nostri guai e segreti; non importa cosa ci abbia portati qui, l’importante è che abbiamo trovato qualcuno alla fine del viaggio. Io faccio il possibile per aiutare la comunità, ma c’è sempre un limite a ciò che possono fare dei ragazzi come noi, dico bene?»
Divertito da quel pensiero, Tetsuya sorrise. «Ti sorprenderebbe saperlo veramente.» Disse pensando a quanto fosse stato capace di fare per la comunità combattendo sul Gaia.
Yuri non colse il riferimento, ma Tetsuya la vide ghignare con aria di complicità. «Vedo che sei pieno di ottimismo! Che ne dici di portare qui quelle altre casse, così cominciamo a distribuire un po’ di vettovaglie?»
Tetsuya si girò a guardare il furgone e sorrise alla ragazza, dicendo che sarebbe tornato in un lampo. Si incamminò a passo spedito verso il mezzo e per qualche motivo si sentì veramente euforico; non aveva fatto quasi nulla ma già si sentiva pervaso da quella sensazione di aver aiutato qualcuno di cui parlavano Nomu e Yuri. Non aveva ancora capito quale fosse il punto che volevano far passare quelle persone, ma cominciava a piacergli.
Raggiunto il furgone iniziò a rimuginare su come fare per portare più casse possibile in un solo viaggio: credeva di avere abbastanza forza per trasportarne due alla volta, forse anche tre ma viste le loro dimensioni non sarebbe stato possibile. Proprio mentre cercava di sollevare due casse impilate tra di loro, il signor Nomu comparve al suo fianco salutandolo di nuovo.
«Come ti stai ambientando?» Gli domandò, lo sguardo scivolò per un attimo verso Yuri che consegnava un piattino con un sacchetto di posate a una signora anziana.
«E’ una sensazione strana.» Rispose lui, lasciando andare le casse. «Raramente mi sono sentito così nella vita…»
«E aspetta di vedere dopo, quando tutti saranno grati per quello che fai.» Disse quello. «Certe cose sono veramente impagabili!»
«Eh…» Tetsuya pensò che aveva ragione. Non era troppo diverso da quello che aveva sentito alla radio dopo le loro prime vittorie; la gente apprezzava e applaudiva il suo lavoro di Parasite e questo lo faceva sentire orgoglioso e gli dava la forza di spingersi ancora più in là per il loro bene. Non si trattava solo di difendere il pianeta, si trattava di non deludere tutta quella gente.
Il signor Nomu lo osservò mentre si perdeva con i pensieri in quei ricordi e gli diede una pacca sul braccio. «Che c’è, non sei convinto?»
Al contrario, ma la sua espressione distratta aveva dato l'impressione sbagliata. Nomu non gli diede il tempo di spiegarsi e cambiò argomento.
«Mi sembra che fossi venuto qui per fare delle domande.» Commentò tranquillamente, sorridendo incoraggiante. Adesso non sarebbe più scappato, Tetsuya avrebbe potuto fargli tutte le domande che voleva.
«Giusto!» Il ragazzo si raddrizzò completamente e sembrò indeciso su cosa fare per un momento. Si ritrovò a non sapere dove mettere le mani e alla fine decise di sollevare nuovamente le casse che aveva preso dal furgone. «Ehm… Signor Nomu, quando ha detto che abbiamo qualcosa di cui farci perdonare, a cosa si riferiva e da chi dovremmo farci perdonare?»
L’uomo osservò Tetsuya e sorrise divertito. Per un momento non disse niente, poi iniziò a camminare assieme al ragazzo e disse: «Tetsuya, tu sai da dove veniamo?»
Interdetto, Tetsuya non seppe come rispondere.
«La scienza ci ha confermato che la nostra discendenza è frutto di una evoluzione durata milioni di anni e altre razze prima di noi allo stesso modo hanno vissuto lo stesso processo. Ma chi ha permesso tutto questo secondo te?»
Tetsuya e Nomu rimasero a guardarsi, il ragazzo lo fissava instupidito mentre l’adulto sembrava calmo, come se comprendesse perfettamente la sua confusione.
«Colui che ha iniziato tutto questo, che ha messo in moto la macchina della natura e ha permesso che le cose andassero in questa direzione: il nostro Padre Eterno, che ci ha concesso la vita e tutto ciò che viene con essa.» Disse infine, alzando un dito con calma e mandando un sorriso caldo al ragazzo. Tetsuya era ancora più confuso.
«Un padre… Eterno?» Mormorò quasi facendosi cadere le casse dalle mani.
Nomu annuì. «E’ normale che tu non riesca a comprenderlo, il nostro mondo ha abbandonato le sue radici e ha deciso di costruirsi da solo; la società umana si è allontanata dalle sue origini e anche se è stata una mancanza di rispetto verso il nostro Padre, Lui non ce ne ha fatto una colpa.»
Tetsuya andò avanti senza guardare la strada. I suoi occhi erano puntati sull’uomo che camminava al suo fianco, accompagnandolo sapientemente lungo quel corridoio creato dai gazebo e tavoli messi in piedi dai volontari, ora sempre più gremiti di gente che preparava da mangiare.
«Ma ora le cose stanno cambiando: dobbiamo dimostrare nuovamente al nostro Padre di essere degni della Sua benevolenza e che abbiamo imparato dai nostri errori. Molti ancora non comprendono la realtà di questa nostra missione, ma presto si ravvedranno e insieme potremo trovare la pace che desideriamo da secoli…» Concluse con un tono dolce, ma con delle sfumature che lasciavano intuire preoccupazione in esso; Nomu sembrava quasi avere fretta.
«E quindi… Una volta ottenuto il perdono, che cosa succede?» Borbottò confuso il ragazzo, che non sapeva più cosa aspettarsi da quel discorso. Nomu sorrise e si allontanò un po’.
«La pace non ti sembra abbastanza?» Lo prese in giro. Tetsuya pensò di aver detto qualcosa di inopportuno, ma in realtà subito dopo l’uomo lo tranquillizzò e ampliò il suo discorso: «Avremo l’onore di poter finalmente vivere per sempre con lui, una volta abbandonato il nostro corpo.»
Quell’idea a Tetsuya sembrò un po’ strana, ma non disse niente per rispetto. Tutto quello gli sembrava un po’ assurdo, ma qualunque cosa assurda potesse fare tanto bene alla gente non poteva essere cattiva. Guardò un’altra volta i volontari a lavoro e gli sfuggì un sorriso.
«Quindi… Il messaggio “per chi cerca perdono” era tutto qua?» Domandò pensando di essere un po’ troppo puntiglioso, ma a questo punto era quasi deluso; gli era sembrato che quel cartello al di fuori dell’edificio dove aveva incontrato il signor Nomu lo conoscesse fin nell’animo e sapere che fosse un discorso vago era molto meno affascinante.
«Il perdono non lo dobbiamo solo a nostro Padre, Tetsuya.» Disse Nomu, riaccendendo l’interesse del ragazzo. «Abbiamo tutti qualcosa nascosto dentro di noi, un desiderio represso oppure un sogno che crediamo irrealizzabile… Se scavi abbastanza a fondo dentro di te, anche tu troverai qualcosa; il semplice fatto che tu sia venuto a chiedermi queste cose lo dimostra.»
Tetsuya arrossi per l’imbarazzo, punto sul vivo!
«E poi?» Come un bambino dalla curiosità insaziabile, Tetsuya continuava a fare domande in quel tragitto che ormai sembrava senza fine.
«Una volta che hai trovato ciò che tieni nascosto dentro di te, devi liberarlo. Chiedi scusa a te stesso per averti fatto soffrire e smettila di nasconderti; quando avrai imparato ad accettarlo sarai molto più sereno e felice.» Spiegò il signor Nomu con voce estremamente gentile. «La nostra comunità fa questo: accoglie chiunque si senta perso e gli dà una casa, un posto dove sentirsi accettato, poi lo prepara ad affrontare il mondo con questo nuovo sé e lo manda di nuovo là fuori. Guarda Yuri, per esempio…»
Tetsuya e Nomu guardarono contemporaneamente nella direzione della giovane, che rimasta da sola aveva cominciato ad allestire la propria postazione e aveva già visto alcune persone avvicinarsi ad essa.
«La sua famiglia non c’è più, sono morti in un incidente anni fa. Rimasta da sola, l’unica cosa che ha potuto fare è stato aggrapparsi a qualunque cosa la facesse sentire un po’ più viva, un po’ meno sola; ha passato due anni tra ospedali, orfanotrofi, case famiglia e istituti psichiatrici, il tutto riducendosi a un’ombra di sé stessa, qualcosa che nemmeno vorrei ricordare. Quando l’ho conosciuta, era magrissima e senza forze, quel sorriso che ora vedi sul suo volto non esisteva… Potrà sembrarti presuntuoso detto così, ma io e le persone della comunità abbiamo capito quello che decine di dottori e tutori non erano riusciti a capire in anni: Yuri aveva bisogno di qualcuno che la facesse sentire come una sua pari, non come una persona da curare.
«Ho cominciato a farla sentire a suo agio, le ho dato tutte le attenzione necessarie ma facendola sempre sentire in controllo; assieme a questo, le ho chiesto se volesse rendersi utile in qualche modo e aiutare con lavoretti e manifestazioni come questa, e da quel momento in poi qualcosa nei suoi occhi è cambiato: in lei è tornata la luce della speranza, una cosa che non avresti mai immaginato se l’avessi vista all’inizio. In poco tempo ha ripreso a mangiare, ha cominciato a parlare con tutti e ha fatto tanti amici… Ed è diventata una delle nostre migliori volontarie!»
Tetsuya rimase fermo a fissare il volto raggiante di Yuri, che non smetteva mai di sorridere mentre interagiva con i bisognosi, intrattenendo chiacchiere spensierate tra un incontro e l'altro, e gli sembrò di vedere quella luce di cui parlava Nomu; rimase imbambolato qualche secondo di troppo a fissarla, tanto che alla fine lei se ne accorse e gli andò incontro.
«Ce ne hai messo di tempo!» Lo accolse facendo per prendergli le casse, ma ripensandoci subito dopo. «Signor Nomu, la smetta di fargli perdere tempo!»
Nomu sorrise divertito e fece per andarsene. «Hai ragione. Scusa, scusa!» Disse, e Yuri tornò indietro aspettandosi che Tetsuya la seguisse, ma il ragazzo rimase fermo per un momento; Nomu non se n’era ancora andato.
«Vedi, Tetsuya: anche la persona più disperata può essere aiutata.» Riprese a parlare. «A volte non ce ne si accorge nemmeno quando si è completamente a mollo nei guai, ma anche qualcosa di innocuo può disturbarci profondamente; quello che sto cercando di dire è che se hai sentito il bisogno di venire fin qui per farmi tutte queste domande, forse anche tu stai chiedendo aiuto. E io sarei grato di dartelo.»
«Io non…» Tetsuya si ritrovò interrotto da Nomu, che gli posò una mano sulla spalla e soffiò tra i denti.
«Non devi dirlo solo perché te l’ho detto io: devi esserne sicuro tu, prima di tutto. Per ora, divertiti e basta, fai del bene e andrai sul sicuro… E ricorda che, se mai dovessi aver bisogno di qualcuno con cui parlare, un amico di cui fidarti… Noi saremo sempre pronti ad aiutarti.»
Quelle parole lo toccarono nel profondo, Tetsuya si sentì compreso e lasciato con il proprio spazio: Nomu non stava cercando di cavargli qualcosa con insistenza, ma aveva comunque dato qualche piccola spinta per capire cosa avesse, offrendogli il suo supporto nel mentre.
«Grazie…» Mormorò sentendo un sorriso incontrollabile sfuggirgli dalle labbra.
Nomu ammiccò con trasporto e gli diede un’altra pacca sulla spalla prima di allontanarsi definitivamente. «Adesso vai da Yuri, o mi farà un’altra lavata di capo se non ti metto a sgobbare!»
Tetsuya non sapeva come reagire. Era passato dal non sapere cosa stesse facendo lì a fare amicizia con una sconosciuta, a vivere una conversazione intensa e personale come quella, fino a scherzare come se niente fosse pochi secondi dopo; gli era sembrato di partecipare a una visita guidata di un’immersione in una caverna, con tanto di guida turistica e compagni di viaggio. Non era stato a disagio, si era sentito bene, aveva imparato qualcosa e adesso cominciava anche a divertirsi; certo, era lì per lavorare, ma c’erano così tante persone sorridenti che sarebbe stato difficile pensare che non fosse possibile godersi quel momento.
La voce di Yuri lo ridestò da quei pensieri e Tetsuya finalmente sentì il peso delle casse cominciare a intaccare la solidità delle sue braccia, così la raggiunse in fretta per posare tutto il carico sul tavolo; guardandola un’altra volta che iniziava a dargli ordini con quell’aria amichevole, Tetsuya non riuscì a credere che una ragazza tanto spensierata potesse avere un passato così travagliato alle spalle.
Era proprio vero: chiunque poteva essere aiutato.
 
*
 
Alla fine Tetsuya aveva deciso di presentarsi lo stesso a casa Kondō. Il lavoro di volontariato non era durata minimamente quanto aveva previsto e aveva finito per avere tutto il pomeriggio libero, così all’imbrunire si era fatto coraggio ed era andato a casa del suo compagno di stanza sperando di non intromettersi. Appena suonò sentì arrivare da dietro la porta alcune voci soffocate, poi dei passi si avvicinarono all’ingresso e fu accolto da due volti sorridenti e leggermente sorpresi: i fratelli Okagawa avevano aperto la porta.
In un primo momento Tetsuya pensò di aver sbagliato indirizzo, ma poi si rese conto di non sapere dove vivessero i due e per questo fu ancora più confuso. «Ma voi non… Questa non è la casa di Hoshi?»
«Chi è alla porta?» Sbraitò una voce familiare, questa volta appartenente al vero padrone di casa che fece capolino in mezzo ai due fratelli e sembrò illuminarsi quando lo vide. «Tetsuya! Non pensavo che saresti venuto.»
«Sono riuscito a sbrigarmi prima, quindi ho pensato di passare a salutarvi…» Borbottò imbarazzato, rendendosi conto di essere arrivato senza farsi aspettare e di aver probabilmente rovinato l’organizzazione della serata. «Spero di non disturbare…»
«Ma scherzi? Hai fatto benissimo a venire, più siamo e meglio è!» Iniziò a dire il piccoletto facendo strada nella casa. Dietro di lui i due fratelli si separarono e Rin sembrò contrariata.
«Quando sono arrivata io però non lo hai detto!»
«Avevo detto niente femmine!» Sbottò in risposta senza fermarsi a guardarla. Tetsuya lo sentì borbottare ancora per un po’ mentre si allontanava, ma Rin sfoggiò un ghigno divertito nonostante la risposta piccata.
«Vieni, sono già arrivati tutti.» Lo invitò Aki, facendo strada verso il soggiorno al piano terra. La casa di Kondō era un posto veramente diverso da come ce lo si sarebbe aspettato: Tetsuya avrebbe pensato che lui e la sua famiglia vivessero in un appartamento compatto ed essenziale, ma la casa era molto spaziosa e divisa in due piani, una villetta decisamente eccessiva per una famiglia di tre persone che non stavano mai a casa…
«Tetsuya?» Fu il modo in cui fu apostrofato, pieno di sorpresa, da Yoshiki quando questo lo vide varcare la soglia della stanza. Lui era in piedi di fronte a un archetto e sembrava intento a dipingere, osservato con attenzione da Sato seduto sul divanetto lì vicino.
«Come va?» Salutò sentendosi leggermente fuori posto. Ryo si alzò per andare a salutarlo mentre Yoshiki ancora lo guardava incredulo.
«E così alla fine sei venuto?» Disse il ragazzo facendogli segno di sedersi.
«Sono riuscito a liberarmi molto prima del previsto e ho pensato di venire a vedere cosa steste facendo…» Rispose lui spaesato, ripetendo ciò che aveva detto a Hoshi. Gli occhi si posarono su Yoshiki, che non aveva distolto lo sguardo sin da quando era entrato; aveva un pennello tra le dita e una tavolozza macchiata da diversi colori nell’altra mano, ma non stava dipingendo e la tela di fronte a sé aveva giusto qualche schizzo su di essa.
«Hai fatto bene, la festa non era ancora entrata nel vivo quindi non ti sei perso niente.» Ryo si fece da parte e diede una rapida occhiata alla televisione dove stavano trasmettendo un vecchio film che tutti quanti avevano già visto. La spense e attraversò la stanza. «Per ora stavamo solo passando un po’ il tempo guardando Ojizaki che dipinge…»
«Ma non ho alcuna ispirazione.» Sbuffò l’altro tornando a guardare la tela. «Non avrei dovuto ascoltarvi!»
«Ma dai, sei sempre piegato sul tuo diario a disegnare e adesso non hai ispirazione?» Lo prese in giro Hoshi, che però non aveva intenzione di attaccare briga.
«Quello è diverso. Una tela è qualcosa di speciale, mentre sulle pagine di un diario posso buttare qualunque cosa io voglia!» Si lamentò l’artista. «E poi non voglio dipingere una natura morta, voglio fare qualcosa che abbia un significato!»
In preda alla frustrazione, incapace di creare, Yoshiki agitò il pennello centrando la tela con gli schizzi di colore che andarono a mischiarsi a quei pochi tratti che aveva lasciato e rimase a guardare seccato il proprio lavoro.
«Scusate, ragazzi…» Mormorò soprattutto rivolto ai due fratelli Okagawa. «Sto sprecando così il regalo che mi avete fatto…»
«Ma figurati! Noi vogliamo che tu crei ciò che desideri, non devi sentirti obbligato!» Lo tranquillizzò Rin. Con il suo solito tempismo, Hoshi arrivò a tentare di sdrammatizzare.
«Se vuoi dipingere qualcosa pieno di significato, perché non ritrai me allora?» Domandò con un sorrisetto divertito, al quale Yoshiki rispose con un rapido e seccato: «Preferisco di no.»
Tetsuya tornò a guardare i due fratelli e alla fine si rivolse nuovamente a Rin, rendendosi conto di quello che era successo: «Io pensavo che tu non saresti venuta…»
«Mi annoiavo a restare a casa, così sono riuscita a convincere Aki portarmi con sé!» Rispose con un sorriso smagliante.
«Ha rovinato la nostra perfetta serata tra soli uomini.» Mugugnò Hoshi.
«E invece vi ho fatto un favore, sarebbe stato un mortorio senza di me!» Gli rinfacciò lei.
Hoshi continuò a borbottare finché non ebbe raggiunto il tavolino del soggiorno, dove giaceva una scodella piena di stuzzichini. «Comunque, se avete fame prendete pure. Mio padre ha una bella collezione di classici, pensavo che potremmo vedere un film tutti insieme in serata…»
«Ed ecco perché dicevo che sarebbe stato un mortorio…» Sbuffò Rin, che di film ne aveva visti abbastanza a Mistilteinn per voler fare qualcosa di diverso lì.
Mentre i due continuavano a litigare, Yoshiki abbandonò la propria tela sapendo di non riuscire a cavare un ragno dal buco e raggiunse Tetsyua chiedendogli come fosse andata la giornata.
«Uh… Normale, sai com’è…» Borbottò.
«Ammetto che pensavo che avresti rifiutato l’invito di Kondō ugualmente, ma non che avesti cercato scuse.» Gli confessò incrociando le braccia e sorridendo mentre i suoi compagni di squadra davano spettacolo, con Aki che tentava di calmare i loro bollenti spiriti. «Questo significa che avevi veramente qualcosa da fare.»
«Bé, in un certo senso… Era una cosa nuova che non volevo perdermi, e… Non sapevo quando mi sarei sbrigato.»
«E alla fine sei anche voluto venire quaggiù per la festa.» Commentò compiaciuto l’altro. «Cosa è successo al vecchio Tetsuya? Tu chi sei?»
Tetsuya rise alla battuta, ma rimase perplesso quando vide che il volto del suo compagno di squadra non cambiava di una virgola: Yoshiki sembrava serio, nonostante i toni chiaramente ironici.
«Immagino che sia semplicemente un po’ su di giri…» Disse alla fine, imbarazzato. A Yoshiki sembrò andare bene quella risposta, che arricciò gli angoli delle labbra e distolse l’attenzione da lui, chiamando a gran voce i due litiganti.
«Ehi, perché non invadiamo tutti la camera di Hoshi?» Kondō e Okagawa si voltarono all’unisono.
«Sì!»
«NO!»
Era chiaramente una proposta nata per nessun altro motivo se non quello di stuzzicare un po’ il suo compagno di squadra, ma Yoshiki non pensava di divertirsi così tanto a vedere la sua reazione. Rin però tentò ugualmente di vincere quella battaglia.
«E’ questo che intendevo quando parlavo di qualcosa di emozionante! Siamo qui per una festa, e allora che lo sia davvero! Scateniamoci, prendiamoci in giro, giochiamo… Facciamo cose che normalmente non faremmo a casa!» Rin diede un discorso come se ne dipendesse della sua stessa vita, somigliava a Kya quando doveva dare la carica alla squadra sul campo di battaglia.
«Questo accadrebbe se non ci fossi tu, brutta strega…» Commentò seccato il padrone di casa, che mostrava ancora di non aver mandato giù la sua intrusione.
«Perché, avevi forse intenzione di correre per casa nudo o qualcosa del genere?» Gli rinfacciò lei. Il volto di Hoshi divenne improvvisamente paonazzo.
«Ma come ti salta in…!» Fu la sua risposta oltraggiata mentre le lanciava un cuscino.
«E allora non c’è niente che non possiamo fare anche con me.»
Il tono soddisfatto con cui Rin diede quella sua ultima risposta sembrò chiudere definitivamente la discussione; litigare su quella cosa ormai non aveva più senso e non sarebbe cambiato niente in ogni caso, e poi le obiezioni della ragazza avevano più che senso. Fu Ryo a venire in soccorso per appiattire la tensione, mettendo d’accordo tutti quanti.
«Okagawa ha ragione, possiamo fare un sacco di cose e non importa che siamo tutti maschi o femmine. L’idea era quella di rilassarci dopo le battaglie che abbiamo affrontato; può essere qualsiasi cosa, l’importante è farlo in serenità e senza litigare.»
«Facile per te parlare, hai vissuto tutta la tua vita attaccato a una femmina!» Sbuffò contrariato Hoshi, che solo dopo aver parlato si rese conto che menzionare Nakamura fosse un po' indelicato. Lo sguardo di Ryo si rabbuiò; sapeva che il piccoletto non volesse farlo stare male, ma ci rimase male ugualmente. Prima che la situazione si incupisse ulteriormente, fu Yoshiki a intervenire distogliendo l’attenzione da quell’argomento, cercando di strappare una risata a tutti.
«D’accordo, e con questo intervento per niente imbarazzante di Hoshi direi di proporre qualcosa! Che ne dite di una caccia al tesoro? Chi trova per primo il diario segreto di Kondō può leggerlo ad alta voce agli altri.»
«Ehi!» Si levò la voce di Hoshi in mezzo alle risate. Anche Ryo si riprese un poco, smettendo di pensare a Kya.
«Io voglio trovare i suoi giornaletti sporchi!» Si aggiunse alle prese in giro Rin.
«EHI!»
I due complici finsero di scattare verso l’altra stanza per andare al piano di sopra, ma il padrone di casa li afferrò per il colletto e li trattenne sulla soglia.
«D’accordo, d’accordo! Ho capito, facciamo qualcosa di diverso, ma smettetela di prendermi in giro!» Sbuffò il piccoletto, che da solo non sarebbe mai riuscito a trattenere sia Rin che Yoshiki, senza la loro tacita complicità.
«Ma come? Tu hai letto il mio diario, sarebbe solo giusto se io leggessi il tuo…» Ci riprovò l’altro, ma Hoshi continuò a brontolare per farlo stare zitto e finì per far scoppiare dal ridere tutti quanti nella stanza.
Tetsuya sorrise. Dopo la giornata atipica con il signor Nomu e Yuri, tornare alle abitudini della squadra e vedere i suoi compagni finalmente davvero senza pensieri era qualcosa di veramente rinfrescante; si sentiva rinvigorito già da quella mattina, ma dopo un po’ si era reso conto che gli era mancato vedere tutti i suoi amici comportarsi così. Gli erano mancati per così dire, anche se si era trattato solo di una mezza giornata; avrebbe solo voluto mostrargli quel nuovo mondo che aveva scoperto e fargli vivere esperienze come quella della mattina, tutti insieme.

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Capitolo 70
*** Perdita ***


“Ho bisogno di vedervi entrambi.” Era stato tutto quello che Naomi aveva detto al telefono a Miku. Solitamente non aveva mai un tono così autoritario, sembrava quasi volerli rimproverare, ma nonostante tutto la ragazza che per tutti quegli anni aveva continuato a fornirle tutto il suo appoggio e darle affetto incondizionato non fu preoccupata; sapeva che Naomi sapeva essere un po’ brusca senza volerlo, questa cosa l’aveva imparata da Ikuno, in particolare quando diventava nervosa.
Miku sarebbe anche andata da sola, non voleva interrompere il lavoro di Zorome, impegnato con i test di aggiornamento per gli insegnanti come lui; dopo che la nuova società umana era decollata, il bisogno di educatori specializzati era cresciuto esponenzialmente ed era importante valutare periodicamente la preparazione di tali educatori. Per i veterani come lui sarebbe stata una passeggiata, ma i test lo avevano sempre reso nervoso e da qualche giorno quindi non faceva che ripetere e ripetere e Miku temeva che portarlo da Naomi potesse farlo irritare ancora di più, costringendolo a interrompere il suo studio.
Ma Zorome fu felice di accompagnarla. Disse che doveva prendere un po’ d’aria fresca, ma che non lo avrebbe fatto senza una scusa accettabile e sapevano entrambi che a Naomi non si poteva dire di no. La loro dottoressa e amica di lunga data era una donna che non ammetteva scuse.
Arrivarono al laboratorio di analisi dove la dottoressa gli diede appuntamento e per un attimo gli sembrò di essere degli estranei in quel posto: quello non era l’ospedale, lì non c’erano pazienti che andavano e venivano, ma la maggior parte di quelle persone erano sane e in attesa, quasi seccate addirittura perché pensavano forse di poter fare qualcosa di più importante invece che restare lì in fila… Ma una cosa che Naomi aveva sempre detto era che trascurare la propria salute era il peggior torto che si potesse fare a sé stessi; quel motto era stato affisso in una cornice all’ospedale centrale di Anemone, la prima città, pochi giorni dopo la morte di Ikuno anni addietro, e tutti i loro amici avevano osservato quella regola da allora.
Bastò parlare con una segretaria all’ingresso per sapere dove andare. Naomi aveva un ufficio stabile al piano di sopra, da un po’ di tempo preferiva lavorare assiduamente lì piuttosto che all’ospedale; non voleva ammetterlo, ma le sale e i corridoi di quel posto erano diventate di ghiaccio per lei da quando Ikuno se n’era andata, e dopo aver assistito al deterioramento di Kokoro non riusciva più a trovare piacere in quel lavoro. Preferiva starvi il meno possibile.
In questo modo non aveva più il contatto con il pubblico, non curava più le persone. Ma c’erano tanti altri modi per aiutare la gente anche dietro una scrivania o dentro un laboratorio, la malattia di Kokoro glielo aveva insegnato: ore e ore passate a trovare un modo per rallentare l’avanzata del male, notti insonni in attesa dei risultati dei suoi esperimenti, azzardi e salti nel buio con tecniche ancora da testare, tutto per dare alla sua amica un po’ di tempo in più… Alla fine forse non era stato abbastanza, ma era stato uno sforzo non indifferente e al suo funerale Mitsuru l’aveva ringraziata sentitamente.
Naomi però aveva giurato che non si sarebbe più lasciata prendere alla sprovvista in quel modo, avrebbe fatto di tutto per aiutare i suoi amici più di quanto avesse fatto con Ikuno e Kokoro, e adesso ne aveva la possibilità.
«Mi volevi vedere, Naomi?» Le domandò Miku dopo i soliti, espansivi convenevoli. Diversamente dalla dottoressa, lei sembrava non avere alcun riguardo per lo spazio personale altrui: se vedeva un suo amico, doveva per forza riempirlo di abbracci, baci e mille attenzioni. Solo dopo tutto questo – e Naomi non se ne poteva sottrarre – le due donne potevano sedersi e incominciare a discutere del motivo per cui fossero lì.
«Sì, avevo bisogno di confermare alcune cose e consegnarti personalmente i risultati delle ultime analisi…» Spiegò professionalmente Naomi, nascondendo però una leggera preoccupazione. Miku cercò di ignorarlo e prese i documenti ringraziandola.
«Sempre a lavoro, eh Naomi?» Commentò allegra. «Dovresti staccare la spina ogni tanto; io e Zorome pensavamo di fare un viaggio in montagna tra due settimane. Che ne diresti di…»
«Miku.» Naomi la interruppe gentilmente. «Prima la salute, poi il piacere.»
Naomi era sempre così, Miku non si sarebbe dovuta sorprendere eppure lo sguardo che le mandò la mise a disagio. Capì che non doveva tergiversare e allora tornò seria e iniziò a leggere i risultati delle analisi.
«Mi sembra tutto nella norma, o sbaglio?» Borbottò pensando che Naomi non l’avrebbe fatta venire fino a lì se fosse stato così. La sua ciocca bianca ogni tanto le entrava nel campo visivo, ormai troppo grande per essere nascosta e Miku non se ne era mai veramente preoccupata: come Ikuno, considerava i suoi capelli argentei come una medaglia, qualcosa di cui andare fiera.
«Sì, è tutto in ordine per i tuoi parametri. Ma ultimamente mi sono cadute sott’occhio le analisi di diverse pazienti e le ho potute confrontare con le tue per un po’, e ho notato qualcosa di strano…» Spiegò Naomi, che rimase composta nonostante la situazione a dir poco strana.
«Strano, in che senso?» Domandò Miku, che iniziava ad essere nervosa. Non capiva perché tutto a un tratto Naomi esitasse così tanto a parlare, di solito era schietta anche a costo di sembrare insensibile.
«Miku non sta male, vero?» Intervenne Zorome, che forse si sentì un po’ fuori posto a intervenire così, ma l’ansia di quella situazione stava cominciando a metterlo a disagio. La sua compagna gli fu grata per quella domanda, incapace di porla lei stessa.
«No, Miku sta bene.» Rispose rapidamente Naomi, rilassando un poco i suoi ospiti. «Tuttavia i suoi parametri sono sempre stati anomali, e credo di aver capito come mai.»
Un po’ sollevata, Miku strinse le spalle. «Bé, finché sono in salute non credo ci sia notizia che possa farmi tanto male. Non serve girarci attorno così tanto, dimmi tutto!»
Naomi fissò la sua amica, che le sorrideva come se non ci fosse nulla fuori posto in quel mondo caotico; e invece non c’era niente di normale in tutto quello e temeva veramente che darle la notizia adesso sarebbe stato devastante per lei. Miku non era mai stata veramente forte: si mostrava tale per dare la carica, aiutare gli amici che avevano bisogno di sentirsi sostenuti, ma in realtà era molto fragile e timida e uno shock avrebbe potuto farle molto male.
Alla fine sospirò. Naomi annuì dicendosi che era per quello che l’aveva chiamata e quindi non poteva fare la preziosa adesso: «Miku, negli ultimi tempi hai notato delle irregolarità… Qualche tipo di ritardo nel tuo… Intimo?»
L’altra la guardò stranita inarcando un sopracciglio. Non aveva capito assolutamente cosa volesse dire. «In che senso “ritardo”? Non ho mai fatto tardi a un appuntamento in vita mia…»
«No, non intendo questo.» Si morse la lingua Naomi, che fu sorpresa dalla totale mancanza di imbarazzo della sua amica. «Com’è il tuo ciclo mestruale, ultimamente?»
Per un attimo Miku ebbe una grande paura e la sua confusione crebbe ulteriormente. «Ah…» Balbettò. «Ti riferisci a quello… Bé, come sempre, direi…»
«Come sempre, sarebbe a dire…?» La incalzò Naomi, che adesso non voleva mollare l’argomento.
Zorome osservava senza parole, incerto se fosse meglio farsi da parte e lasciare le donne parlare da sole oppure se fosse il caso di restare e ascoltare per evitare poi che Miku dovesse fargli un imbarazzante riassunto in seguito.
«Sì, lo sai… Come tutti, non mi dà problemi, sono sempre stata fortunata in questo…» Mormorò lei evitando a tutti i costi lo sguardo dell’amica, che temeva di aver già capito tutto. Lo smarrimento di Miku era evidente, così come fosse evidente il fatto che non sapesse cosa dire per salvare quella situazione; non aveva mai avuto imbarazzo a parlare di certi argomenti, ma la verità era che proprio quell’argomento costituiva una grossa insicurezza per lei sin da quando era una ragazza.
«Miku…» Mormorò Naomi dispiaciuta. «Tu non hai mai avuto le mestruazioni, non è vero?»
Il cuore di Miku si fermò per un attimo. Avrebbe potuto svenire da un momento all’altro per la tensione, ma sapeva che questo non avrebbe fatto altro che ritardare quella conversazione che sarebbe avvenuta comunque, quindi si costrinse a restare sveglia e soffrire l’umiliazione nel frattempo.
«Io… Certo che le ho avute!» Borbottò lasciandosi sfuggire una risata nervosa. «Ce le abbiamo tutte, no? Quel sangue che esce una volta al mese e ci… Sentiamo male… No, io non mi sento mai male, però è come se mi succedesse, ho dei tremendi mal di testa quando mi vengono…»
Lo sguardo costernato di Naomi la costrinse a chiudere la bocca. Niente di ciò che avrebbe inventato sarebbe riuscito a nascondere quella verità ormai: Miku era completamente ignorante in quella materia.
«Mi dispiace, Miku.» Sussurrò Naomi.
«E’… E’ tutto okay.» Borbottò imbarazzata l’altra. «E’ solo una seccatura in meno. Solo, mi sento un po’ persa quando si parla di queste cose…»
Naomi scosse la testa e allungò una mano per posarla su quella di Miku. «Non credo tu abbia capito esattamente la gravità della cosa.» Disse guardandola dritto negli occhi. Miku trattenne il respiro chiedendosi cosa altro ci fosse da sapere, anche Zorome sembrava aver capito ormai ma attese che fosse Naomi a confermarlo.
«Miku, tu sei sterile. Non potrai avere figli.»
Un battito di ciglia fu tutto ciò che arrivò da lei. Miku sembrò non cogliere il messaggio per un lungo periodo e rimase a guardare Naomi come se ancora dovesse darle quella notizia; poi, pian piano, la dottoressa vide quel mezzo sorriso sicuro di sé svanire dalle labbra della sua amica e la confusione prendere il suo posto, con lei che cominciava a cercare spiegazioni.
«Ma come… Non è possibile, sono sempre stata bene… E’ solo una anomalia, io non…»
Naomi rimase seria, costernata, e le disse chiaramente quello che sospettava: «Il tuo corpo si è sviluppato senza mai raggiungere quel livello, ottenere la possibilità di procreare. Non so se il processo non sia mai iniziato oppure se si sia interrotto molto presto, ma la quantità di globuli gialli nel tuo corpo uniti al resto dei parametri fuori dalla norma spiega tutto quanto.»
Il bianco asettico dell’ufficio si addiceva in parte a quel momento: freddo e distaccato, proprio come un medico avrebbe dovuto essere nel dare cattive notizie a un suo paziente. Naomi era stata così o almeno ci stava provando, perché sapeva di non averne per molto e se Miku avesse dovuto reagire male non sarebbe riuscita a contenersi. La gente diceva che tutto quello che aveva passato l’aveva indurita, era diventata di ghiaccio, ma si sbagliavano; c’erano ancora tante persone per cui si sarebbe sciolta ancora e ancora e vederle soffrire la faceva morire dentro ogni giorno un po’ di più.
In quell’ufficio regnava il silenzio ora. Non c’era nulla che si potesse aggiungere, nessun commento per indorare la pillola, niente bei ricordi o pensieri positivi; nessuno stramaledettissimo viaggio mentale sarebbe riuscito a ripiegare quella storia e trasformarla in una morale, una esperienza da cui trarre forza o qualche scemenza simile. C’erano solo Miku e Zorome e Naomi che la fissavano impotenti, rassegnati.
E proprio il partner della ragazza si sentì tremendamente inutile. Perché sarà anche stato vero che come coppia si sarebbero potuti sostenere a vicenda, ma quando il problema riguardava una cosa così intima alla donna che cosa poteva fare uno come Zorome, che non sapeva niente di niente? Erano passati alcuni minuti e ancora non aveva avuto una reazione da parte di Miku, non sapeva cosa significasse tutto quello per lei; era Miku, in fondo, a ritrovarsi in quel casino. Lui era “pulito.”
«E’ un caso molto comune tra gli ex Parasite.» Riprese Naomi, provando a sbloccarla. «L’esposizione all’energia magmatica ha causato mutazioni genetiche in tanti soggetti, mutazioni che non sono state notate per molto tempo. Tante persone sono diventate sterili per aver pilotato i FranXX durante gli anni della pubertà.»
Miku si sforzò di trovare un momento per parlare, non voleva interrompere Naomi ma sentiva che sarebbe esplosa se non avesse detto qualcosa. «Gli… Ex Parasite?» Domandò con la gola secca. «Ma allora perché Kokoro e Ichigo non hanno avuto problemi?»
Naomi sospirò fermamente, quasi non la si notò. Purtroppo Miku le aveva proprio chiesto la cosa più difficile, quel fatto che preso da solo avrebbe finito per far nascere manie di persecuzione in chiunque. «Dipende tutto dai livelli di esposizione… E dalle energie spese durante le battaglie.» Lasciò un po’ in sospeso quelle parole, come se volesse aggiungere altro. Miku non voleva sentire altro.
Esposizione? Andavano a dirlo a lei, quando i suoi amici avevano fatto fuoco e fiamme a bordo dei FranXX? In confronto alle loro follie, non aveva mai pilotato sopra le righe, non si era mai presa un rischio in tutta la sua vita, e ora le dicevano che lei era rimasta nella trappola mentre le altre no? Aveva visto la sua amica Ikuno invecchiare letteralmente davanti ai suoi occhi; Ichigo aveva nuotato attraverso i liquidi corporei di uno Stridiosauro e Kokoro aveva sforzato il proprio fisico all’inverosimile per entrare nella modalità Stampede, per non parlare del fatto che avesse pilotato con un bambino in grembo! Questi erano comportamenti rischiosi, eppure la ruota aveva preso lei.
Qui non si trattava di quanto fosse stata esposta all’energia magmatica, qui si trattava di puro caso, ed era anche peggio per certi versi! Ma doveva pur esserci una causa scatenante, qualcosa che avesse aumentato le possibilità di rimanere scottati, o no?
Zorome ebbe per un momento la vista sul capo della sua fidanzata e scorse un ciuffo di capelli argentei tra i tanti che la donna aveva in testa. Spiccavano particolarmente sulla sua capigliatura rossa, eppure prima di quel momento non li aveva mai notati più di tanto; solo ora si rendeva conto di quanto si fossero estesi, da quando aveva cominciato ad averne sin da giovane. Quello era il marchio della sua condizione.
Ma se la ragazza non aveva mai esagerato alla guida del proprio FranXX, restando sempre nei limiti di ciò che sapeva di poter fare, a cosa era dovuto tutto quello?
Ebbe un tuffo al cuore quando si rese conto che nella coppia, il più impulsivo  era sempre stato lui; a pilotare in modo sconsiderato senza mai curarsi delle condizioni della propria partner era stato lui. Se Miku non poteva più avere figli, era solo colpa di Zorome.
Smise di ascoltare da quel momento e un profondo disagio iniziò a crescere in lui…

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Capitolo 71
*** Un cuore chiuso ***


Dopo un po' di bagordi, ordinato un po' di cibo spazzatura e consumato qualche gioco di Hoshi, i ragazzi – e Rin – cominciavano ad annoiarsi un poco e fu lì che il padrone di casa decise di ricorrere al gioco più vecchio del mondo, perfetto per serate come quella da passare in compagnia: il gioco della bottiglia.
Solo che, come fatto notare da Rin, essendoci solo maschi nella stanza sarebbe stato piuttosto noioso e non avrebbero potuto sfruttare pienamente il potenziale di quel gioco.
«E' vero.» Sbuffò Hoshi reggendo in mano la bottiglia di vetro appena svuotata. «Bé, io non avevo intenzione di baciare nessuno in ogni caso.»
«Ma dai, è divertente!» Lo prese in giro la ragazza. «E' quello il senso del gioco: affidare al caso cose che normalmente non si sarebbe in grado di fare.»
«Sì, ma se nessuno vuole farlo non è bello costringere gli altri…» Commentò Ryo che non aveva bisogno di prendere una sedia, essendo già di fronte al tavolino, impegnato a una partita a scacchi con Aki.
La ragazza sbuffò e allora accettò quel compromesso. «E va bene, niente baci o altre smancerie!» Fece la linguaccia a Hoshi dicendogli di essere un guastafeste, ma lui non capì perché se la fosse presa tanto; le piaceva così tanto l'idea di vedere dei ragazzi baciarsi?
«Mancano delle sedie?» Domandò Yoshiki avvicinandosi al divanetto. Tetsuya era accanto a lui e decise di sollevare una poltrona per assicurarsi che ci fossero posti a sufficienza.
Si sedettero tutti e sei occupando i posti dei due divanetti divisi dal tavolino basso dove stava svolgendosi anche la partita di scacchi, con Rin seduta sulla poltrona a metà fra i due gruppi di ragazzi e per un attimo sembrarono tutti attendere lei.
«Vediamo…» Disse pensierosa. «Possiamo anche fare degli obblighi da svolgersi in futuro?»
«Che vuol dire?» Domandò Aki, già preoccupato. La sua attenzione sulla partita calò per un secondo e non vide la mossa di Ryo, così quando abbassò di nuovo lo sguardo dovette chiedergli cosa avesse fatto.
«Per esempio, io posso chiedere a uno di voi di fare qualcosa che non è possibile fare qui… Non so, come rubare un'altra bottiglia di vino ad Hachi?»
«Sei pazza se credi che faremo una cosa del genere.» La silurò Yoshiki senza neanche alzare lo sguardo. Rin sghignazzò e rispose facendo l'occhiolino.
«Era solo un esempio!» La ragazza si strinse alla bottiglia e domandò con voce innocente: «Allora, ci state?»
Ci furono sguardi dubbiosi per un istante tra i ragazzi, ma tutti quanti accettarono. Ammisero che l'idea avrebbe reso il gioco ancora più sfizioso e così fu tutto pronto per iniziare.
Già al primo giro di bottiglia la tensione era alle stelle: nessuno voleva essere la prima vittima perché non avevano ancora idea di quanto in là si sarebbero spinti gli altri con le sfide.
La bottiglia rallentò piano, ma la persona che avrebbe dovuto obbedire fu già chiara ancora prima che si fosse fermata completamente: Yoshiki, che rimase a guardare il collo della bottiglia con indifferenza, ma che probabilmente stava mentalmente inveendo contro di essa.
Improvvisamente arzillo, Hoshi afferrò la bottiglia dicendo che le cose si stavano facendo interessanti e la fece girare di nuovo; fu un giro un po' moscio, la bottiglia oscillò rallentando bruscamente e si fermò puntando verso l'unica ragazza del gruppo, che non appena si rese conto di poter dare un ordine qualsiasi al ragazzo più minaccioso della squadra si mise a sorridere malignamente.
«Allora, Okagawa?» Bofonchiò lui restandosene con le braccia davanti al petto. Rin stava riflettendo e nel frattempo mostrava quel suo ghigno compiaciuto, conscia che quella avrebbe potuto essere l'unica possibilità di fargli fare qualcosa di veramente imbarazzante.
«Allora… Ho sentito dire che ci dai dentro con la palestra ultimamente, quindi perché non fai vedere a tutti i frutti del tuo lavoro?» Sghignazzò strofinando le mani come la caricatura del cattivo di un film.
«Dici che mi devo spogliare?» Commentò seccato Yoshiki, che però si stava già sfilando la giacca di dosso.
«E resterai a petto nudo finché non avremo finito il gioco!» Gli fece eco la ragazza agitando un dito nella sua direzione.
Yoshiki sbuffò vistosamente e mascherò una risata. «Se lo trovi così divertente…» E senza aggiungere altro ripose ordinatamente la giacca e si tolse la maglietta per rivelare il corpo talmente bianco da sembrare che brillasse di luce propria; il suo fisico asciutto definiva ancora di più i muscoli che, effettivamente, negli ultimi tempi avevano accumulato più massa lasciando così visibili con chiarezza i pettorali ancora non del tutto sviluppati e anche una leggera tartaruga, resa ancora più visibile dalla mancanza di fitta peluria che ci si sarebbe potuti aspettare dal più anziano del gruppo.
«Non hai freddo?» Gli chiese Tetsuya osservandolo con un sopracciglio inarcato. Yoshiki strinse le spalle e solo in quel momento si rese conto che la casa di Hoshi era molto ben riscaldata; non aveva sentito la minima differenza da quando si era tolto la giacca.
«Bravo, bravo!» Applaudì Rin mentre alcuni ragazzi sghignazzavano tra loro. «Questo è lo spirito giusto. Hai visto, Aki? Se fossi un po' più sicuro di te come Yoshiki, le ragazze cadrebbero ai tuoi piedi!»
«Io adesso cosa c'entro?» Sbottò il fratello di lei, chiamato improvvisamente in causa da quella che era sembrata tanto una frecciatina da parte della minore.
«Sicuro di non volere una coperta?» Ci riprovò Tetsuya ignorando il battibecco dei fratelli. «Sarebbe un vero guaio se prendessi freddo…»
«Rilassati, va tutto bene.» Lo tranquillizzò Yoshiki tornando a sedersi al suo fianco. «Piuttosto, è meglio se ti prepari mentalmente.»
«Perché?»
Sulle labbra di Yoshiki si formò un sorrisetto divertito. «Ho come il sospetto che il prossimo sarai tu, se la bottiglia capiterà di nuovo tra le mani di Rin! Sei molto più figo di me, in fondo.»
Quelle parole fecero avvampare Tetsuya, che al solo pensiero di doversi spogliare di fronte a tutta quella gente sentì i battiti del cuore accelerare un po'. Non era solo quello però, sentire Yoshiki che lo chiamava "figo" in qualche modo gli diede una sensazione tutta nuova, come se gli si stesse torcendo lo stomaco.
Rin richiamò il gruppo all'attenzione e si preparò a girare di nuovo la bottiglia: questa volta il giro fu breve, ma veloce. Il collo puntò direttamente ad Aki, che subito iniziò a guardarsi intorno con aria di panico. Rin sembrava divertirsi come se stesse già pregustando la sua prossima vittima, ma cercò di rassicurarlo e forse fu proprio questo suo atteggiamento troppo scuro di sé a costarle caro: quando girò nuovamente la bottiglia, le scivolò dalle dita e si fermò direttamente su Ryo, dall'altra parte del tavolo.
«Oh.» Fece quello alzando lo sguardo dalla scacchiera, impossibilitato a concentrarsi ancora sulla partita prima di aver sistemato quella faccenda. «Vediamo allora, cosa potrei chiederti…?»
Mentre si strofinava le guance con fare pensieroso, il suo sguardo catturò l'espressione sofferente del suo amico che sembrava starlo implorando di andarci leggero. Ryo non avrebbe voluto infierire troppo, ma quella situazione era troppo divertente per non approfittarne un po'!
«Racconta un episodio imbarazzante della tua infanzia… E Rin dovrà confermarlo!» Disse alla fine facendo schioccare le dita e indicando la sorella con l'indice.
Tradito, Aki abbassò il capo sconfitto e sospirò mentre gli altri attorno a lui sghignazzavano. «E va bene…» Borbottò. «Quando… Quando ero piccolo, mi facevo la pipì addosso.»
La ragazza del gruppo rise. «Questo lo fanno tutti da piccoli. Avanti, devi dirgli qualcosa di più succoso!»
L'intervento della sorella lo fece irritare e Aki iniziò a scuotere la testa. «Ah! Non lo so, non riesco a pensare… Okay, forse ci sono. Prima che… Che nascessi, mamma e papà pensavano che avrebbero avuto una femminuccia…» Lanciò un'occhiata nervosa attraverso la stanza, colpendo proprio Rin che nonostante l'anno di differenza era la sua copia sputata. «Così quando nacqui io, in casa c'erano solo vestiti da bambina… E per qualche mese mi fecero indossare quelli.»
Era evidente che dicesse la verità, il volto di Aki era diventato un tizzone e il modo in cui la sua voce si fosse gradualmente abbassata dimostrava il suo imbarazzo; tuttavia Rin fu comunque sorpresa perché non ricordava assolutamente quella cosa, e adesso erano tutti che attendevano la sua approvazione.
«Dici sul serio?» Borbottò incredula.
«Ma che… Secondo te mi inventerei una cosa tanto imbarazzante?» Le rinfacciò lui. E aveva ragione, ma Rin non riusciva comunque a crederci, era troppo assurdo anche per due sbadati come i loro genitori.
«Ci sono anche delle foto!» Intervenne poi suo fratello, quasi risvegliandola da quello shock in cui si era ritrovata. Rin sorrise intrigata e piegò leggermente la testa, nuovamente con quell'aria sbruffona con cui aveva iniziato la serata.
«Ah, davvero?»
In quel momento Aki si rese conto che avrebbe fatto meglio a tacere; non voleva che il prossimo obbligo diventasse quello di portare a Mistilteinn l'album di famiglia per confermare quel racconto.
Per distogliere l'attenzione dall'argomento, afferrò la bottiglia e in tutta fretta la fece girare, osservando nervoso gli occhi di Rin che continuava a sogghignare.
La bottiglia si fermò puntando Yoshiki: il ragazzo a petto nudo sbuffò sentendo di star venendo preso di mira da quel pezzo di vetro e rimase in attesa di scoprire chi avrebbe dovuto fargli la sua domanda. Il responso del secondo giro arrivò in fretta, indicando il padrone di casa che sembrò molto compiaciuto da quella situazione.
«Possiamo mettere la regola che non si può abusare del potere dato dalla bottiglia?» Domandò sarcastico Yoshiki alzando una mano. Subito Hoshi alzò la voce.
«Non cominciare, sii uomo e accetta il risultato!» Borbottò il piccoletto afferrando la bottiglia e puntandogli contro un dito con fare accusatorio. Yoshiki ghignò e gli disse di rilassarsi, ma Hoshi mantenne quel tono autoritario anche mentre gli diceva cosa fare: «Voglio che mi spieghi che cavolo fosse quel disegno nel tuo diario!»
Le risate del gruppo scemarono dopo quella richiesta. Gli altri non sapevano a cosa si riferisse, ma quando videro lo sguardo serio di Yoshiki pensarono che Hoshi avesse toccato un tasto molto dolente nel privato del suo compagno di stanza.
Ojizaki non stava ridendo; non era neanche infastidito o arrabbiato, ma la serietà nei suoi occhi e la totale mancanza di luce che li avvolse dopo le parole di Kondō fecero calare il gelo nella stanza anche dopo che ebbe finalmente aperto la bocca.
«Tutto qui?» Domandò facendo spallucce. «Era semplicemente un esercizio di disegno, un soggetto inventato su cui stavo facendo qualche prova.»
Hoshi fu preso un po' alla sprovvista dalla calma con cui gli rispose e non notò assolutamente il freddo che li aveva ormai inglobati. «Sul serio? Era veramente inquietante, non significa veramente niente?»
«No, niente.»
Hoshi rammentò la figura completamente nera munita di corna che sembrava quasi essere stata inserita con violenza tra le pagine del diario di Yoshiki e sentì che quella spiegazione non quadrava; una cosa così particolare non poteva essere frutto del caso. Ma per non ficcanasare oltre, preferì chiudere lì il discorso e gli altri gliene furono grati; da quel momento però, Yoshiki sembrò avere un approccio molto meno rilassato al gioco.
«Forza, gira la bottiglia!» Lo incitò Ryo dopo aver mangiato un pedone di Aki. Adesso l'attenzione dalla partita a scacchi era calata anche per i due sfidanti, curiosi di vedere che altro sarebbe successo ai loro amici.
Hoshi non se lo fece ripetere e dopo tre, quasi quattro giri, la bottiglia si fermò puntando proprio il ragazzo che lo aveva incitato. A Ryo quasi cadde il pedone alla mano quando si rese conto che la sua impazienza gli si era rivoltata contro.
Al secondo giro, la bottiglia si fermò nuovamente su Rin e questa lo osservò intrigata. Sembrava non aspettarsi quella occasione, ma in pochi secondi la sua espressione da poco di buono tornò a prevalere sul suo volto e la ragazza fu sicura di cosa domandargli.
«Voglio sapere a cosa si riferiva Kya quando ha parlato di un certo tuo "vizietto…"» Commentò pensierosa, ghignando compiaciuta. Ryo fu talmente sorpreso da quella domanda che alzò la voce incredulo, chiedendole come facesse a saperlo lei.
«Lo ha menzionato davanti a tutti al nostro primo incontro a Mistilteinn, quando ancora non ci conoscevamo bene.» Fu la risposta immediata della ragazza, che sembrava aver già trovato un modo per evitare che il malcapitato si rifiutasse di collaborare.
Ryo ci mise tre secondi a capire di cosa parlasse. «Ti ricordi una cosa del genere?» Borbottò sbalordito, più meravigliato che altro. Subito dopo si mise una mano sulla fronte e gemette. «E' la solita scema! Lo chiama "vizio," quando in realtà è successo una volta sola…»
«Che cosa?» Domandò Tetsuya incuriosito, invitandolo a raccontare.
Ryo era sprofondato nel proprio posto sul divano, quando si levò la mano dalla fronte fu chiaro a tutti come la cosa lo stesse imbarazzando e ci mise un po' a decidersi a sputare il rospo.
«Una volta rubai i suoi vestiti.»
La stanza scoppiò in un coro di risate sguaiate e Ryo rimase a subire la loro ilarità, sapendo di non potersi spiegare finché non avrebbero fatto silenzio.
«Scusami Ryo, ma non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da te!» Anche Yoshiki ruppe la sua maschera per un attimo.
«D'accordo, lasciatemi spiegare!» Protestò il ragazzo vedendo che le risate non si fermavano. «Eravamo piccoli, va bene? Io e Kya ci eravamo conosciuti da poco e onestamente non avevo mai avuto una amicizia tanto stretta e… Mi mancava.»
Ryo lottò con l'imbarazzo per pronunciare quelle parole, sentiva che gli si sarebbe fritto il cervello di questo passo: le orecchie gli bruciavano e se si fosse visto in faccia, forse non si sarebbe riconosciuto per il colore acceso delle sue guance, fronte e naso.
«Un giorno le nostre famiglie andarono a un pic-nic insieme al mare. Kya aveva un vestitino bianco con dei fiori ricamati sopra, ma dopo aver fatto il bagno ed essersi cambiata, lo dimenticò in giro. Io volevo restituirlo, ma per qualche motivo decisi di infilarlo nel borsone…» Sembrava che ogni parola lo stesse facendo sprofondare ancora di più nella vergogna, non c'era modo di salvare quella situazione e in più le risate continuavano sommessamente. «Io… In quel periodo non potevamo vederci tutti i giorni e i pomeriggi erano interminabili e abbracciare i suoi vestiti mi faceva sentire meno solo! Era come avere una parte di lei sempre con me, potevo sentire il suo odore, immaginare le sue risate… E le pieghe del vestito si agitavano esattamente come quando lei correva in giro.»
Le parole di Ryo si persero nelle risatine degli altri, che non si aspettavano che il loro amico potesse essere così "deviante" in tenera età. Non potevano certo sorprendersi se Kya fosse cresciuta tanto attaccata a lui viste le premesse, eppure questo non faceva che rendere la loro situazione attuale ancora più incredibile; tuttavia nessuno volle riportare all'attenzione quella incresciosa questione in quel momento di spensieratezza.
«Conoscendola, non avrà mai smesso di ricordartelo!» Commentò Rin quando fu di nuovo in grado di controllare le proprie risate. «Un po' la capisco, è decisamente qualcosa per cui vale la pena di prendere in giro qualcuno a vita.»
«Fantastico, adesso non sarà solo lei a ricordarmelo nei momenti più inopportuni.» Borbottò il ragazzo, sapendo di essersi appena scavato la fossa da solo. Quando lo avrebbe saputo Kya, avrebbe riso per ore…
«Tranquillo, Sato. Non lo useremo mica contro di te quando meno te lo aspetti!» Sghignazzò Yoshiki raccogliendo la bottiglia e preparandosi a farla girare, il fisico allenato ora messo in risalto mentre si estendeva e lasciava flettere e tendere ogni singolo muscolo.
Yoshiki sembrò attendere molto prima di dare il via al giro, sembrò molto concentrato sul tipo di lancio che voleva dare alla bottiglia tanto da spazientire Hoshi, che alla fine lo incitò a darsi una mossa e dopo avergli lanciato un'occhiataccia, il ragazzo a petto nudo partì. La bottiglia si fermò proprio sul padrone di casa, atterrito all'idea di dover svelare qualche racconto imbarazzante come quelli di Ryo e Aki o peggio, dover obbedire a qualche folle idea dei suoi amici: era sicuro al cento percento che non si sarebbero risparmiati con lui, visto che aveva fatto il gradasso tanto a lungo.
«Sembra che hai visto un fantasma, Kondō.» Lo prese in giro Yoshiki. «Devo ancora fare il secondo giro, magari sarai fortunato e uscirà qualcuno gentile come Sato o Tetsuya.»
I commenti sghignazzati del ragazzo non lo tranquillizzarono e rimase a osservare la bottiglia che girava perfettamente orizzontale sul tavolino del suo soggiorno. Quel tiro sembrò non finire mai, la bottiglia girò ancora per una decina di secondi dopo essere stata lanciata e quando si fermò, ormai con il sudore che gli colava dalle tempie, Hoshi alzò rassegnato lo sguardo verso la persona che aveva indicato, la stessa che l'aveva fatta girare.
«Curioso.» Commentò Yoshiki, che sembrava star nascondendo molto male la propria soddisfazione. «Vediamo un po'… Se non sbaglio le cose tra te e Sakei sono migliorate molto, non è vero?»
Hoshi deglutì vistosamente prima di rispondere affermativamente. «Dovresti saperlo, lavoriamo alla grande assieme…»
«Già, ma ti sei mai veramente scusato per come ti sei comportato con lei?» Non usò mezzi termini: Yoshiki stava veramente scavando ora e non sembrava intenzionato ad andarci piano.
«C-certo che mi sono scusato con Momo!» Borbottò Hoshi. «Non ho bisogno che me lo dica tu per farlo… Io tengo molto a Momo, senza di lei non sarei uscito vivo dalla nostra prima battaglia!»
Yoshiki si accarezzò il mento. «Ma davvero? E lei sa che la tieni in così alta considerazione?»
«Che diamine dovrebbe significare questo?» Domandò imbarazzato Hoshi, che ormai si sentiva il soggetto di un interrogatorio. Yoshiki continuava ad andare a fondo nella questione, mettendolo a disagio di proposito e ancora non aveva dato voce alla sua richiesta.
«Mi domandavo semplicemente se lei sappia che pensi queste cose sul suo conto… L'assenza di un qualche tipo di riconoscimento o apprezzamento nei suoi confronti può finire per pesare, e anche se Momo è una ragazza abituata a dare senza chiedere niente, se non c'è niente di male da dire tanto vale farglielo sapere.» Spiegò l'altro continuando a muoversi come se stesse cercando di irritare l'altro di proposito.
«E'… E' impossibile per uno come me, fare una cosa simile.» Borbottò Hoshi distogliendo lo sguardo. «Momo sa che la apprezzo, punto!»
La stanza cadde nel silenzio, Yoshiki osservò il suo compagno con un sorriso divertito e non disse niente. Gli altri erano presi dallo scambio e non volevano intromettersi, sia perché ancora non avevano saputo quale fosse la richiesta di Yoshiki e sia perché in quel momento il ragazzo sembrava particolarmente preso da quel gioco e non avrebbe voluto interruzioni.
«Allora voglio che tu le faccia un regalo, la prossima volta che la vedrai. E che le dia un abbraccio!» Sbottò all'improvviso alzando le dita verso il cielo. Hoshi si voltò incredulo, la gola troppo secca per rispondere. «Può essere quello che vuoi, qualsiasi cosa. Ma devi farlo appena la vedi!»
«Ma ti sei bevuto il cervello?!» Sbottò Hoshi andando sulla difensiva. «Non potrei mai fare una cosa del genere, mi prenderà in giro a vita!»
«E perché dovrebbe?» Intervenne Rin. «Momo è molto più tenera di quanto possa sembrare e anche se non lo pensi, lei stravede per te! Sarebbe felicissima di ricevere un regalo da parte tua.»
«E non ti prenderebbe mai in giro per qualcosa che la farebbe sorridere.» Aggiunse Tetsuya piegandosi leggermente in avanti, le labbra piegate in un sorriso rassicurante. Hoshi in realtà avrebbe tanto voluto fare un regalo alla sua partner e sotto sotto sarebbe stato felice di un contatto tanto intimo come un abbraccio, ma non riusciva a immaginare la cosa senza sciogliersi dalla vergogna. E se Momo non avesse apprezzato? Non avrebbe più potuto guardarla in faccia.
«Bé, è deciso.» Borbottò Yoshiki preparandosi a lanciare di nuovo la bottiglia. Hoshi provò a ribattere, ma lo sguardo del suo compagno gli fece capire che fosse inutile insistere.
«E va bene…» Bofonchiò alla fine, cercando di mantenere un minimo di dignità, ma vedendo le proprie guance avvampare per l'imbarazzo. Un sorrisetto divertito si formò sulle labbra di Yoshiki a quella vista.
Mentre tutti pensavano che l'argomento fosse chiuso, Rin si avvicinò un po' e sussurrò quasi impercettibilmente: «Ti piace Momo, non è vero?»
Il ragazzo si voltò senza parole, incapace di ribattere mentre il suo volto diventava progressivamente più rosso ogni secondo che passava. Lo videro tutti scuotere la testa come se fosse attaccata a una molla, poi dalla sua gola venne fuori un rantolo soffocato e lentamente le parole iniziarono a formarsi.
«S-s-sei pazza?! Come ti viene in mente di dire una cosa del genere?»
«Allora, ti piace? La tua reazione è alquanto palese…» Sghignazzò la ragazza.
«Non mi piace Sakei!» Ruggì Hoshi, che però non fu preso sul serio da nessuno lì dentro.
«Guarda che non c'è niente di male ad essere innamorati! Guarda Matsumoto, per esempio…» Commentò Yoshiki alzando una mano di lato.
«Io non sono innamo…! Ah, ma perché mi sforzo tanto con voi deficienti?» Esasperato, il padrone di casa sembrò voler mollare quella discussione, ma Rin ci aveva preso gusto e l'imbarazzo mostrato dal suo compagno di squadra le aveva dato un'altra idea.
«Bé, Ojizaki ha ragione.» Disse unendo le mani come una contrattatrice. «E adesso mi avete incuriosita, quindi che ne dite se facciamo un altro gioco?»
Gli sguardi si spostarono su di lei, curiosi di cosa avesse escogitato adesso. Alla ragazza brillavano gli occhi, non guardò nessuno in particolare ma si rivolse a tutti: «Credo sia arrivato il momento di parlare di questioni di "cuore", in fondo è questo che si fa a questo tipo di feste!»
Le reazioni dei ragazzi furono molteplici: chi cercava di scansarsi e uscire dalla stanza, chi incredulo pensava che Rin stesse scherzando, ma anche chi era divertito dall'idea.
«Coraggio, sono solamente curiosa! E siamo tutti amici qui, sapete che non andrei a raccontare a nessuno queste cose…» Ci riprovò poi, sorridendo con meno malizia per far sentire tutti a proprio agio. «Proviamo con qualcosa di più semplice: chi pensate che sia la ragazza più carina della squadra? Comincio io?»
«Rin, non credo che sia perché ci sei tu che nessuno voglia parlarne…» Borbottò Aki, arrossito di colpo di fronte alla franchezza della sorella. «Queste sono semplicemente cose… Di cui non si parla, ecco.»
«Oh, fammi il piacere!» Sbuffò quella. «Kaoru non faceva altro che parlare di Aiko, prima che diventassero una coppia ufficialmente. Non vi prenderà in giro nessuno se mostrate i vostri veri sentimenti!»
«Ma che accidenti vuoi?» Commentò polemico Hoshi. «Io ancora non ho capito perché tu sia qui, perché dovremmo parlare di queste cose poi?»
«Perché è quello che si fa per costruire fiducia e per divertirsi assieme in questi momenti.» Rispose con tranquillità la ragazza. «Cioè, se non per questo, perché avresti dovuto invitare tutti i maschi a casa tua?»
Hoshi la guardò stranito, non riusciva a credere che Rin non pensasse neanche minimamente che quello non fosse stato parte dei suoi piani fin dall'inizio.
«Andiamo! Non avete voglia anche voi di liberarvi di quella sensazione di segretezza che vi opprime? Se avete qualcuno che vi piace e non potete parlarne, non sarebbe giusto sfogarvi un po' con gli altri, anche solo per sentirvi meno soli?» Rin fece andare lo sguardo da una parte all'altra della stanza, incrociando gli occhi con i più impavidi che osavano guardarla direttamente in faccia: Yoshiki, impassibile come sempre, e Tetsuya che ascoltava rapito.
Nessuno però rispose. Rin non si aspettava di certo tanto entusiasmo, ma aveva già pronta una soluzione. I ragazzi sembravano tutti come a un passo dal voler dire qualcosa, ma mancava a tutti quella spinta necessaria a lanciarsi; trovava quella vista particolarmente adorabile, i ragazzi così chiassosi e sicuri di sé ridotti a timidi agnellini. A quel punto fece la sua proposta.
«Allora che ne dite di questo…» Disse finalmente raddrizzando la schiena. «Io chiederò delle semplici domande e se volete potrete rispondere alzando la mano. Se non volete, pazienza. Nessuna pressione, non dovrete spiegare nient'altro se non ve la sentite. Ci state?»
Tetsuya alzò lo sguardo e balbettò: «M-ma… Perché?»
«Perché voglio parlare di queste cose?» Rispose lei con un sopracciglio inarcato. «Ehm… Perché è divertente! Voi non la pensate così?»
Silenzio, ancora una volta. Tutti i ragazzi evitarono il suo sguardo, Ryo addirittura si alzò dicendo che sarebbe andato a ordinare la cena, lasciandoli in cinque a fare quel gioco.
Rin ghignò vedendo che nessuno stava cercando di fermarla nonostante tutte le proteste, così si schiarì la voce e rifletté un attimo. «Vediamo… Direi di cominciare con qualcosa di semplice: a chi di voi piace qualcuno?»
La ragazza fu la prima ad alzare la mano senza alcuna vergogna, e rimase a osservare gli altri mentre decidevano come rispondere.
Furono tre le mani dei ragazzi a sollevarsi alla fine, primo fu Aki che si guardò intorno chiedendosi se qualcun altro avrebbe reagito, poi Hoshi che però fece una smorfia decisamente poco contenta, e infine Tetsuya, estremamente cauto nel proprio movimento.
Rin ammiccò abbassando la mano. «Ma davvero, Kondō? Che sorpresa!» Lo stuzzicò mentre quello incrociava le braccia e si mordeva una guancia.
«Chiudi il becco!» Ribatté burbero.
Rin non si sarebbe aspettata niente di meno. Felice che suo fratello avesse dato la spinta finale a partecipare, si sistemò meglio sulla propria poltrona e riprese il gioco: «Dunque, seconda domanda… La persona che vi piace fa parte della nostra squadra?»
Hoshi le lanciò un'occhiataccia; sembrava che stesse cercando, poco per volta, di far vuotare il sacco a tutti quanti. Ma la domanda di Rin era ponderata in effetti: inizialmente il risultato sarebbe sembrato ovvio, ma invece questa volta fu una mano in meno ad alzarsi, quella di Aki.
Rin abbassò la propria mano e sorrise al fratello. Ovviamente lei sapeva già tutto, il ragazzo non era bravo a mantenere i segreti, ma se poi aveva la possibilità di entrare nella sua testa ogni volta che pilotavano assieme allora ecco che ogni cosa non detta finiva per essere condivisa; in fondo lui aveva fatto lo stesso con lei. In ogni caso non avrebbe certo approfondito la questione di fronte a tutti.
La voce di Ryo al telefono li raggiunse per un momento dall'altra stanza; da una parte Rin era contenta che qualcuno si stesse occupando di ordinare la cena, ma dall'altra moriva dalla voglia di conoscere i veri sentimenti del ragazzo. Tuttavia comprendeva che quello fosse un argomento delicato per lui, per questo non aveva protestato quando si era alzato.
«Andiamo avanti.» Disse tranquilla. «Pensate di piacere a questa persona?»
Nessuno reagì questa volta. Rin sbuffò come se avesse di fronte una manica di bugiardi patologici e riformulò la domanda.
«Allora pensate di piacere a qualcuno
Ci volle un po' per avere qualche reazione e solo una mano si sollevò nella stanza, dalla stessa persona che fino ad ora non l'aveva alzata per niente. Yoshiki se ne era rimasto con le braccia incrociate fino a quel momento, ora sorrideva impercettibilmente di fronte allo stupore dei suoi compagni.
«Ah sì?» Commentò interessata Rin.
Yoshiki strinse le spalle. «Bé, credo.»
«E chi è la fortunata?»
Questa volta Yoshiki rimase in silenzio e distolse lo sguardo ridendo. Non si aspettava niente di meno da lui, ma Rin aveva pensato che valesse la pena di provare.
«Bé, almeno uno di voi è stato onesto.» Commentò sghignazzando. Nessuno volle ribattere, troppo timorosi di scoprire le proprie carte o forse troppo scaramantici per non volersi illudere.
La ragazza sospirò e rimase a pensare un attimo alla prossima domanda. Le venne da ridere quando la trovò e per un attimo pensò che fosse troppo cattiva, ma alla fine parlò: «La persona che vi piace è in questa casa?»
Ancora non aveva smesso di ridere che arrivò uno sbuffo da Hoshi. «Sì, ti piacerebbe!» Commentò concedendosi una risatina. Lei strinse le spalle dicendo che doveva fare un tentativo.
Yoshiki e Tetsuya si guardarono straniti, poi risero anche loro e Aki si unì a sua volta. «Anche se fosse…» Commentò il ragazzo a petto nudo. «Nessuno alzerebbe la mano, non è vero Tetsuya?»
Tetsuya smise di ridere e rimase a fissarlo. Deglutì vistosamente come se gli fosse rimasto qualcosa in gola e alla fine disse: «Già.»
«Ehi, cos'è quella faccia?» Domandò Yoshiki avvicinandosi un po' e dandogli un colpetto sulla guancia. Tetsuya era come inebetito, quasi assente. «Guarda che l'ho notato, sai? Il modo in cui guardi Suzuko, da un po' di tempo.»
«Che cosa?» Borbottò Tetsuya scuotendosi, facendo come per allontanarsi. Rin alzò lo sguardo con attenzione, ma non disse niente come invece avrebbe fatto se il soggetto fosse stato qualcun altro.
«Dai, chi altri dovrebbe essere altrimenti?» Continuò Yoshiki ghignando, cercando di fare reagire il suo amico.
«Sei proprio fuori strada.» Balbettò il ragazzo evitando il suo sguardo. Yoshiki si spinse completamente verso di lui, costringendolo a stringersi nell'angolino del divano.
«Come no! I gelati, i compiti assieme, il tenersi per mano quando nessuno vi vede… Lo sapevo che era solo questione di tempo.»
Yoshiki allentò un po' la sua pressione sull'amico, che però ormai era completamente rosso in faccia e non riusciva più a sostenere il suo sguardo né a controbattere. Gli altri avrebbero voluto dirgli di darci un taglio perché Tetsuya non sembrava proprio a suo agio, ma non riuscirono a intervenire.
«Tranquillo, sai che nessuno qui andrà a raccontare in giro quello che ci siamo detti! Avrai tutto il tempo di corteggiare la tua bella, così quando ti sarà passata la fobia per i ba…»
«BASTA COSI'!» Alla fine il ragazzone esplose, non riuscì a regolare la voce come avrebbe voluto. Yoshiki lo fissò indignato, quasi come se quell'urlo lo avesse strattonato di nuovo nella realtà, mentre gli altri erano senza parole.
La situazione si era fatta pesante, Tetsuya non voleva parlare di quell'argomento; non si trattava solo di imbarazzo, era visibilmente a disagio, ma perché Yoshiki lo aveva pressato così? Tra tutti, Hoshi era il più confuso: perché sapeva a cosa si riferiva Yoshiki e proprio per questo non capiva come potesse il suo compagno di stanza avere così poca delicatezza al riguardo.
«V-vado a vedere a che punto è Ryo…» Disse poi Tetsuya con voce tremante, imbarazzatissimo. Si alzò dal divano e nessuno gli disse niente, mentre Yoshiki si limitò a seguirlo con gli occhi finché non fu fuori dalla stanza; poi il ragazzo sbuffò e incominciò a grattarsi la testa con frustrazione, rendendosi finalmente conto di aver esagerato.
Rin abbassò lo sguardo abbattuta e cercò di farsi più piccola possibile sulla sua poltrona. Certo, pensare che a qualcun altro piacesse Suzuko era stato un piccolo shock, ma non avrebbe dovuto sorprenderla più di tanto; la verità era che l'idea che qualcuno potesse prendersela la faceva stare male. Era gelosa e non sapeva nemmeno perché; in fondo aveva già deciso che se la sarebbe dovuta togliere dalla testa… Però la ferita era ancora aperta e pensare a lei con Tetsuya le aveva dato una strana sensazione.
«Se qualcosa esce da questa stanza, siete morti.» Borbottò alla fine Hoshi, riuscendo ad alleggerire un po' l'atmosfera.
 
*
 
Le mattine ad Anemone erano ancora fredde nonostante il sole ormai alto e splendente, per niente paragonabili al gelo di Desia ma abbastanza perché Momo decidesse di usare ancora il cappotto pesante per qualche settimana. Non era una persona freddolosa, però era grata di avere tra le mani quel sacchetto di carta pieno di biscotti appena usciti dal forno; quella mattina si era svegliata presto e si era messa all'opera con l'intenzione di portarne un po' a casa Kondō dove era sicura che i suoi compagni l'avrebbero accolta con entusiasmo. Tremava al pensiero di una casa piena di maschi scapigliati e disordinati che non riuscivano neanche a decidersi su cosa fare per colazione dopo una – probabile – notte insonne.
«Non capisco perché non li posso assaggiare nell'attesa. Sai che saranno freddi quando arriveremo…» Borbottava Kya seguendola come un'ombra. Aveva invitato anche lei a fare visita a Hoshi, sicura che sarebbe venuta.
«Li mangeremo tutti assieme, è più bello quando si condivide il cibo.» Fu la sua risposta inappellabile, che fece sbuffare la sua amica ancora di più.
C'era un altro motivo per cui Kya aveva accettato di venire. Normalmente non doveva farsi pregare per passare un po' di tempo con la sua migliore amica, ma in quel periodo Momo si era comportata in modo sospetto e doveva tenerla d'occhio per capire cosa stesse succedendo tra lei e quel nanerottolo del suo partner. L'idea che a casa di Kondō potesse esserci anche Ryo le metteva ansia, ma avrebbe corso il rischio.
Quando furono arrivate, videro di fronte a sé una villetta carina che sembrava essere stata ristretta in mezzo a tante altre uguali, si divideva in due piani e nonostante ciò sembrava poter contenere a fatica più di una famiglia di tre persone.
«Da quando conosci l'indirizzo di Kondō?» Domandò Kya osservando la facciata con il naso all'insù. Era certa che Momo non fosse mai stata in quel posto, per questo lo trovava insolito.
«E' stata mia nonna a chiederlo a Hoshi, l'ultima volta che è venuto da noi.» Spiegò l'altra suonando il campanello. «Per qualche motivo pensava che sarebbe tornato utile.»
Furba, la vecchia. Pensò Kya, rendendosi conto che la nonna di Momo stesse giocando a quel gioco molto meglio di sua nipote. Poi però si accorse di una cosa.
«Aspetta, quando è venuto a casa tua, quel tappo?» Sbottò confusa, sentendo che le mancasse un bel pezzo della storia.
Momo la fulminò con lo sguardo per averlo apostrofato in quel modo, ma non riuscì a mantenere quell'espressione quando rispose:«Ehm… Ricordi quando siamo usciti assieme, qualche giorno prima del tuo compleanno? Ho invitato Hoshi ad assaggiare i biscotti che avevamo fatto quel giorno, e così…»
«Momo, ma sei paz…?»
Il portone di ingresso si aprì prima che Kya potesse completare la frase e la ragazza rimase con le parole in bocca mentre entrambe si voltavano con sorpresa a vedere la loro compagna Rin ad accoglierle, i capelli ammaccati e lo sguardo ancora annebbiato.
«Ehi, ragazze! Che bello vedervi!» Le accolse ad alta voce, in volto un sorriso a trentadue denti.
«Rin?» Domandò confusa Momo. «Che ci fai tu qui?»
«Ho convinto Aki a lasciarmi partecipare, e meno male perché senza di me questa festa sarebbe stata un mortorio!» La ragazza le lasciò entrare nell'atrio e Kya riprese a sbuffare, mascherando il proprio interesse per gli interni della casa.
«Se Rin poteva venire, allora anche io avrei potuto partecipare! Non è giusto!»
Una voce le raggiunse dal piano superiore; in cima alle scale era comparso Hoshi, scontroso come al solito. «Si è autoinvitata, questa avrebbe dovuto essere una festa per soli uomini!»
«Certo, continua a ripeterlo e ti crescerà la barba con tutto quel testosterone!» Lo canzonò la ragazza andando nell'altra stanza. Hoshi le mandò un'occhiataccia e raggiunse le nuove arrivate per accoglierle.
«Scusate per il disordine, ieri sera nessuno aveva voglia di pulire…» Volse lo sguardo alla cucina, dove sul tavolo resistevano i cartoni della cena ordinata da Ryo, quindi gli domandò come mai fossero lì così presto.
«Un regalino per colazione!» Disse Momo, dimenticandosi della sorpresa di aver trovato Rin e porgendogli il sacchetto con dentro i biscotti. Hoshi sgranò gli occhi e li accettò non sapendo come ringraziare.
«Caspita, li hai appena fatti? Ma ti sarai svegliata prestissimo per prepararli…» Commentò continuando a spostare lo sguardo dal sacchetto al volto della sua partner, vedendo il suo sorriso lusingato ingrandirsi sempre di più. «Sembrano deliziosi!»
«Dai, assaggiane uno!» Lo invitò lei, non riuscendo più a sopportare tutte quelle lusinghe senza neanche una giustificazione. Hoshi non se lo fece ripetere due volte e imboccò un biscotto intero; ci mise un po' a masticare tutto e ingoiare, ma quando ebbe finito sembrò al settimo cielo.
«E' buonissimo! Più dell'altra volta. Sei veramente brava, Momo!»
«Ma smettila!» Gli disse lei arrossendo un pochino. «Li faccio da una vita, non sarei così brava senza tutta quella pratica…»
«No, dico sul serio…» Hoshi si interruppe e improvvisamente il suo sguardo andò al piano di sopra, dove adesso si erano affacciati Tetsuya, Yoshiki, Aki e Ryo. Quello che sorprese più di tutto Momo e Kya fu il fatto che Yoshiki se ne stava lì a torso nudo e con un sorrisetto compiaciuto rivolto verso Hoshi, poi il ragazzino sembrò ricordarsi di qualcosa e le chiese di restare dov'era per un momento, salendo di corsa le scale.
«Ciao, Momo!» Salutò Yoshiki con aria divertita. Lei rispose al saluto senza capire il perché di quello sguardo e rimase a osservare la porta dove era sparito Hoshi mentre gli altri scendevano.
«Perché sei nudo?» Domandò Kya a Yoshiki senza girare attorno all'argomento.
«Colpa di Okagawa.» Rispose lui senza dilungarsi, e Kya rimase a chiedersi a quale dei due fratelli si riferisse. Proprio in quel momento passò Rin, andando nell'altra stanza.
«Comunque te la puoi rimettere la maglietta.» Gli disse continuando a ghignare beffarda e Yoshiki sorrise ringraziando, andando a cercare i propri vestiti.
«Aspetta, cosa?» Bofonchiò Kya saltellando dietro alla ragazza. «Rin, che cacchio è successo?»
«Tranquilla, era solo un gioco.»
«Che tipo di gioco?»
Mentre Kya e Rin discutevano con leggerezza e gli altri ragazzi si disperdevano per la casa, Momo rimase ferma dov'era in attesa del ritorno di Hoshi, che comparve nuovamente in cima alle scale portandosi dietro qualcosa.
«Ecco, io… Mi sono ricordato che ti devo qualcosa.» Borbottò evitando il suo sguardo e nascondendo ciò che aveva portato dietro la schiena. «Sì, insomma… Non ti ho mai chiesto scusa chiaramente per come mi sono comportato e lo so che tra noi adesso le cose vanno molto meglio, ma a volte le persone hanno bisogno di qualche piccolo gesto di affermazione, no? E io vorrei tanto trovare qualcosa che possa esprimere meglio quello che provo e che possa in qualche modo compensare per tutti i guai che ti ho causato, ma non sono riuscito a trovare niente, quindi per ora temo che dovrò rimediare su… Questo.»
Di colpo, rivelò un pupazzo di una scimmietta blu e quasi lo spinse contro la ragazza, che fu totalmente presa alla sprovvista e per tre secondi non seppe cosa fare. Poi Momo lo prese molto delicatamente e lo studiò con attenzione, specchiandosi negli occhi neri della scimmia.
«Non so se sia proprio di tuo gusto… E' stata una cosa un po' improvvisa, ma se vuoi posso cambiarlo e prenderti qualcosa di più carino…» Mormorò lui tenendo lo sguardo basso, sentendosi ancora più piccolo di quanto normalmente si sentisse di fronte alla sua partner.
«E' adorabile…» Fu ciò che Momo riuscì a dire finalmente, ammiccando mentre con le mani faceva ballare la scimmietta. «E' davvero un bel pensiero, Hoshi. Grazie.»
Hoshi si sentì avvampare, ma finalmente riuscì a guardare Momo negli occhi. Non credeva che quella cosa improvvisata lo avrebbe fatto sentire tanto bene, eppure adesso si ritrovava a voler ringraziare Yoshiki per quell'obbligo.
«Ti… Ti comprerò qualcosa di più bello, un altro giorno…» Provò a dire, ma Momo scosse la testa gentilmente e disse che non sarebbe stato necessario.
Hoshi deglutì e tornò a guardare in basso. Adesso veniva la parte veramente difficile e si rese conto che tutti quanti li stavano fissando: non solo i ragazzi della festa, che si stavano godendo lo spettacolo, anche Kya lo guardava allibita, quasi inorridita da quello spettacolo.
«Io… Ehm…» Balbettò. «C'è un'altra cosa che dovrei fare… Scusa!»
E senza dire nient'altro, si lanciò contro Momo e la strinse chiudendo gli occhi, come se in qualche modo quello avrebbe scacciato l'imbarazzo. Momo fu talmente presa alla sprovvista che la scimmia le cadde dalle mani e rimase con le braccia all'altezza del busto, mentre i suoi occhi sgranati guardavano la testa di Hoshi.
Kya ebbe uno scatto, decisa a dividere quel contatto promiscuo, ma Ryo la afferrò per un polso e la guardò facendole intendere di non rovinare il momento, e allora la ragazza se ne stette con due piedi in una scarpa.
I due rimasero in quella posa per alcuni secondi, gli occhi di tutti fermi su di loro e il fiato trattenuto come se temessero che qualunque movimento avrebbe spezzato l'incantesimo che si era creato con quell'abbraccio. Alla fine Momo non ce la fece più e si lasciò sfuggire un gemito carico di confusione e fu in quel momento che Hoshi capì di dover mollare la presa.
«Scusa, scusa, scusami tanto!» Balbettò velocemente il piccoletto abbassandosi a raccogliere il pupazzo per restituirlo a Momo. Ne approfittò per tenere lo sguardo distante da lei, ma quando ebbe nuovamente le mani libere non riuscì comunque a guardarla.
«No, non fa niente…» Borbottò lei. «Mi hai solo sorpresa…»
«Era… Era un modo per mostrarti la mia… La mia riconoscenza, ecco. Per aver continuato a credere in me… E farti sapere che anche io credo in te. Sì, è questo…» E ti voglio bene. Fu sul punto di dire, sapendo però che dopo una frase del genere avrebbe potuto svenire per l'imbarazzo, così Hoshi rimase a guardare in basso con le orecchie che gli fumavano. In quel momento fu grato di avere i capelli abbastanza lunghi da andargli davanti agli occhi, perché non doveva cercare una scusa per non guardare Momo in faccia.
Eppure avrebbe voluto guardarla: ammirare le sue gote arrossate un po' per il freddo di fuori e un po' per l'emozione di quel gesto, perdersi in quegli occhi profondi come un oceano e pensare che tutta la meraviglia in essi fosse interamente rivolta verso di lui, per poi bearsi di quel sorriso che sapeva sarebbe arrivato, quel sorriso per cui aveva deciso che avrebbe dedicato ogni suo respiro, e cercare di farlo durare il più possibile.
Hoshi non lo aveva mai detto chiaramente, ma in quel momento si rese conto di essere profondamente, irrimediabilmente invaghito di Momo. Alzare la mano la sera prima era stato quasi un riflesso, non lo aveva ancora riconosciuto consciamente e prima ancora non aveva mai pensato di avere un attaccamento romantico nei suoi confronti. Ma adesso? Adesso voleva solo alzare la testa e guardarla negli occhi, e lo fece trovando tutto il coraggio che gli mancava.
E Momo sorrise. Le sue labbra si mossero e lei disse qualcosa, ma lui non riuscì a sentirla; sembrava brillare di luce propria, era veramente splendida.
«Okay, che ne dite se andiamo a mangiare questi biscotti?» Commentò Rin alzando la voce e sventolando per aria il sacchetto portato da Momo.
«Sì, forza piccioncini!» Gli fece eco Yoshiki, che si era rivestito e sembrava molto soddisfatto. La cosa più incredibile di quella situazione fu che Hoshi non reagì minimamente alla parola "piccioncini" e lui e Momo rimasero a fissarsi ancora per qualche istanti, persi nel loro mondo. Poi tutti e due iniziarono a muoversi disordinatamente, a riprendere il controllo di sé stessi, e alla fine si avviarono verso la cucina dove la ragazza fu avvicinata da Kya, visibilmente disgustata.
Momo si lasciò sfuggire un sospiro e la sua amica alzò gli occhi al cielo con esasperazione, prima di spingerla verso il tavolo per cambiare argomento.

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Capitolo 72
*** Fuori dal proprio tempo ***


Era passato un mese e mezzo da quando Kya aveva assistito a quella scena sdolcinata tra Momo e Hoshi. Marzo era arrivato e passato in un attimo, se non ci fosse stata la battaglia con la Squadra Desia in mezzo non sarebbe stato minimamente memorabile, la festa dei ciliegi era arrivata e per la prima volta lei non aveva assistito alla fioritura con il suo Ryo. Non se la sentiva nemmeno di andare a salutare il grande albero al centro della città perché le avrebbe solo messo più malinconia, con i suoi petali che continuavano a cadere poco per volta, ricordandole la fragilità della sua esistenza.
Faceva caldo, talmente tanto caldo che non avrebbe voluto uscire più dall'acqua. Si era trovata un angolino di solitudine e pace dove fermare gli ingranaggi, abbandonarsi al moto del lago e affondare letteralmente e metaforicamente nei propri sentimenti, alla disperata ricerca di una risposta alla domanda che la vessava.
Perché era così infelice?
Si girò a guardare la roccia dove aveva lasciato i vestiti e sperò di non scorgere nessuno nelle vicinanze; non pensava che qualcuno la stesse cercando, ma vederla lì da sola avrebbe fatto preoccupare i suoi amici, e in quel momento l'unica cosa che voleva era dare preoccupazioni agli altri.
Dopo un sospiro sconfortato, Kya si immerse e il suo corpo scivolò orizzontalmente, rivolto verso il basso. Rimase a fissare il fondo mentre l'acqua attorno a lei rendeva la sua visione sfocata e ondeggiante.
Il corpo scorreva lentamente, cullato dal leggero rollio della corrente sospinta dal vento. Il fondale ricoperto di sassi era ben visibile, l'acqua era cristallina e Kya poteva vedere molto più in là del solito in quella giornata limpida; i pesci che spostavano i sassolini alla ricerca di alghe o piccole prede da inghiottire sembravano così tranquilli, senza un briciolo di preoccupazione dal mondo che li circondava. Non sapevano che, se lei avesse fallito la sua missione, le vite di cui non erano nemmeno consapevoli sarebbero state spazzate via assieme all'acqua che era la loro casa, agli scogli che formavano i loro nidi… Loro non dovevano preoccuparsi di niente se non di mangiare e non essere mangiati, non li toccavano problemi come l'amore o l'amicizia, né il destino del mondo.
Kya sentì gli occhi bruciare e strizzò un poco le palpebre; era capace di resistere sotto l'acqua anche per un minuto intero ed essendo un lago dolce non avrebbe dovuto avere fastidio, ma quel bruciore arrivava da dentro, da un pianto che avrebbe tanto voluto liberare in quel momento per scaricare un po' la tensione.
Ryo non la voleva, ci aveva provato in ogni modo a farlo tornare da lei; tutte le sue azioni non avevano fatto che inasprire i loro contatti e adesso l'indifferenza che le rivolgeva lui le faceva male al cuore. Anche se si fossero riconciliati, come avrebbero potuto le cose tornare a come erano prima? Lei aveva bisogno di sentire l'abbraccio caldo di Ryo, stringerlo con amorevolezza e tenerlo per mano; era follemente, disperatamente, fuori da ogni logica, innamorata di lui, e lui sembrava ogni giorno detestarla di più.
Kaoru era stato tanto paziente con lei per tutto quel tempo, ma Kya non poteva certo aspettarsi che prendesse tutto in mano per lei; anche lui aveva i suoi problemi a causa dello shuffle e avrebbe certamente preferito pilotare con Aiko che stare a sentire i suoi lamenti ogni volta che salivano a bordo dello Iustitia. In pratica, nessuno la voleva.
Le braccia e gambe aperte a stella si raggomitolarono al suo corpo e la ragazza si fece minuscola, una pallina di malinconia che galleggiava in un mare di niente, in attesa di essere buttata via dalle onde. Sentì l'ossigeno diminuire a poco a poco, l'aria aveva lasciato il suo corpo, facendola andare più a fondo nel lago e mano a mano che i suoi polmoni si svuotavano, le ginocchia che aveva portato al petto comprimevano ancora di più la sua cassa toracica, svuotandola delle ultime bolle d'aria rimaste intrappolate.
Arrivò a toccare il fondale, i piedi sfiorarono le rocce sotto di sé e i suoi capelli accarezzarono la sabbia, spinti da quella leggera corrente che la faceva andare avanti e indietro. Era sola, era tutta lì: una ragazzina triste e senza più vie di fuga per evitare quella sensazione di vuoto e quel terrore che la incatenava al pensiero del futuro, grigio e incerto, dove solo le navi dei VIRM si distinguevano in mezzo alle nubi.
Erano pensieri pericolosi. La sensazione di non essere all'altezza dei propri compiti l'avrebbe fatta convincere di non poter superare gli ostacoli dell'avvenire e avrebbe perso… Avrebbe perso tutto, ma come poteva Kya rimanere positiva?
Gli occhi bruciavano forte. Piangere sott'acqua era possibile? Il suo corpo non riusciva a comprendere quella nuova sensazione che stava vivendo e le mandava segnali di pericolo tramutati in battiti cardiaci accelerati e violenti, capaci di scuoterla interamente, in una sensazione costante di prurito alle braccia e dietro la testa dettata dal bisogno di riprendere aria e in un acuimento dei sensi che ricevevano stimoli dalle onde che la circondavano. In quel mare di niente, con gli occhi che affogavano nel rimpianto, Kya notò la luce del sole venire coperta da qualcosa e poi un turbine la travolse.
Rumore, acqua che schizzava, bollicine riempirono il suo campo visivo e un'ombra piombò su di lei afferrandola saldamente per riportarla in superficie. Kya respirò affannosamente quando si ritrovò a contatto con l'aria fresca di quella giornata e si dimenò in preda al panico, pensando che le mani che l'avevano afferrata fossero quelle di un assalitore.
«Kya, Kya! Respira, va tutto bene!» Una voce familiare la ridestò mentre la ragazza finiva per posare le mani su una giacca rigida e inzuppata. Finalmente riuscì a mettere a fuoco il volto di fronte a lei e riconobbe subito la benda sull'occhio di Hachi, che la fissava preoccupato.
«Hachi?» Domandò ancora confusa.
«Pensavo stessi annegando…» Le disse lui ansimando, adesso saldamente in controllo della situazione.
La ragazza ci mise due secondi a rendersi conto di cosa stesse succedendo e quando ci arrivò si scostò dall'adulto, visibilmente in imbarazzo. «Hachi, ma che fa? Sono nuda!»
L'uomo si rese conto della situazione e lasciò andare le braccia di Kya, rendendosi conto che fosse in grado di galleggiare da sola. Due minuti dopo erano entrambi seduti sullo scoglio dove Kya aveva lasciato i vestiti, lei avvolta in una spessa asciugamano, leggermente infreddolita, lui composto come sempre ma costernato per via del malinteso.
«Ho notato i tuoi vestiti sparsi per terra e ho temuto che fosse successo qualcosa…» Si giustificò. «Quando ti ho vista in fondo al lago, mi sono spaventato e ho deciso di tuffarmi.»
Anche Kya voleva chiedere scusa per averlo fatto preoccupare, ma la situazione era troppo buffa per farlo senza mettersi di nuovo a ridere. «Mi stavo solo schiarendo le idee.» Sbuffò invece. «Immergermi completamente nel lago mi fa sentire bene, è come se fossi protetta…»
«Mi dispiace.» Mormorò l'uomo girando la testa verso di lei. Kya gli sorrise di rimando, ma vide che l'espressione di lui non si fece più rilassata. Alla fine Hachi distolse lo sguardo e rimase a fissare la linea di alberi che si stagliava oltre l'altra sponda del lago. «"Schiarendo le idee" riguardo a cosa?»
Kya si imbronciò e si girò nella sua stessa direzione. «Riguardo a tutto… Sono preoccupata per il futuro.»
L'uomo attese un istante, poi rispose semplicemente: «Ti capisco.» Sorprendendo non poco la ragazza.
La capiva? Lui? Era un uomo dalla esperienza immensa, aveva visto la società umana evolversi numerosissime volte e continuare a crescere, superando sempre le sfide che si poneva di fronte; come poteva lui, che se c'era una cosa che aveva imparato in tutti quei secoli era proprio il fatto che ci fosse sempre speranza, capire come si sentisse una adolescente confusa come lei?
Hachi sembrò sentire il peso della sua incredulità e si schiarì la voce. «Quando i VIRM furono scacciati la prima volta, vidi il futuro dei giovani Parasite srotolarsi di fronte a loro come un tappeto rosso, ma allo stesso tempo vidi il mio chiudersi. Tutto ciò che avevo sempre saputo era diventato improvvisamente inutile, nessuno doveva più combattere e io non potevo dare ordini a nessuno… Mi sentivo perso e non sapevo ancora cosa avrebbe fatto l'unica costante rimasta all'interno della mia vita.
«Temevo che sarei svanito nel nulla, che mi sarei lasciato coinvolgere dagli eventi senza la forza di reagire… Ma invece scoprii un nuovo me stesso. Diventai diverso da prima, ma non del tutto. Di sicuro ci è voluto del tempo, molto; ma con la giusta compagna al mio fianco e con i giusti obiettivi, sono riuscito a farmi spazio nella nuova vita che mi attendeva. Non avevo più paura di essere lasciato indietro, perché stavo andando avanti assieme a tutti gli altri.»
Hachi si voltò verso Kya e la trovò che lo fissava con gli occhi sgranati. Si scusò per essersi perso a parlare del passato, ma in tutta onestà Kya aveva apprezzato quelle parole: la verità era che sentire parlare così quell'uomo tutto d'un pezzo che di solito incuteva il terrore nei suoi allievi era stata una grande sorpresa.
«Quindi dovrei cambiare? Smettere di preoccuparmi del passato?» Domandò pensierosa e senza pensarci il suo sguardo si levò al cielo. Ma come poteva farlo? Aveva avuto Ryo nel suo cuore per tutta la sua vita, non poteva semplicemente rassegnarsi e mollare!
«Non sarai l'unica a cambiare. Anche ora, tu non sei la stessa ragazza che è venuta qui otto mesi fa: il cambiamento avviene di continuo e non sempre ce ne accorgiamo. Non pensavi di essere in grado di pilotare con qualcuno che non fosse Ryo, no? Eppure lo hai fatto.» Spiegò Hachi voltandosi. «I tuoi compagni sono cambiati allo stesso modo: Momo e Hoshi pensavano che il loro rapporto non si sarebbe mai risanato, e guardali ora… Suzuko e Tetsuya erano veramente indietro negli addestramenti, ma ora riescono sempre a dare il meglio di sé. Aiko non riusciva nemmeno ad alzare la voce in classe e ora invece combatte con carattere. Niente è com'era prima e niente sarà com'è ora, in futuro. Devi solo avere pazienza e alla fine riuscirai a incastrarti di nuovo in tutto questo.»
Kya inspirò lentamente. Avvertì l'aria infilarsi nelle sue narici e allargare i suoi polmoni, dandole tempo per pensare; quando poi rilasciò l'aria con tranquillità, credette di essere di fronte a un muro: qualunque cosa avrebbe fatto, non sarebbe riuscita a scalarlo.
Fissò le proprie dita dei piedi che facevano capolino dall'asciugamano e le agitò un poco, confusa. Non voleva dire addio a tutto ciò che aveva contato per lei fino a quel momento, ma non voleva nemmeno continuare a soffrire per quello.
«E lei che ci faceva qui?» Domandò sorridendo, cambiando argomento. Hachi sorrise a sua volta, lieto che le sue parole avessero in qualche modo migliorato l'umore della sua studentessa.
«Bé, anche io avevo bisogno di schiarirmi le idee.» Disse senza dilungarsi troppo. «Pianificare le vostre missioni non è semplice come sembra ed essendo l'unico che ha tutte le informazioni sugli attacchi dei VIRM ho bisogno di non dimenticare niente e appuntare tutto il possibile. E' un lavoro che alla fine richiede qualche passeggiata per raffreddare il motore…»
Kya lasciò andare una risatina, ma quell'argomento l'aveva sempre affascinata. Come faceva Hachi a sapere tutto dei piani dei VIRM?
«E' stato Iustitia a rivelarmelo.»
«Iustitia?» Domandò incredula.
«Non abbiamo ancora capito come facesse a saperlo.» Spiegò pensieroso. «I tecnici lo hanno studiato e sono arrivati alla conclusione che potrebbe risalire a mille anni fa, più o meno; magari era ancora troppo giovane per uscire in superficie, o forse rimase indietro quando gli altri andarono ad affrontare i VIRM, per fornire il minimo indispensabile di linfa alla terra e non ebbe l'occasione di evolversi ulteriormente… Però appena l'ho toccato è stato come se ricevessi milioni di anni di conoscenze, la storia del suo popolo e non.»
Kya balbettò: «Iustitia è cosciente?»
Hachi rimase calmo e rispose: «Bé, lo sapevi già, o sbaglio?»
Era vero: sin dalla prima volta che aveva pilotato, Kya aveva sentito una flebile coscienza all'interno dello Stridiosauro, in particolare un grande senso di giustizia, come se avesse da raddrizzare un torto. Ma pensare che avesse fatto tutto da solo, che avesse portato tutte quelle informazioni a loro direttamente, era un altro paio di maniche.
Pensare che un essere così antico fosse entrato in contatto con Hachi, che a sua volta era "antico" e poi che quello stesso essere fosse entrato in un contatto ancora più profondo con lei la faceva sentire minuscola, parte di un mondo molto più grande e interconnesso.
Si mosse un po' ed ebbe l'urgenza di parlare, ma le sue labbra non si mossero.
«Hai detto qualcosa?» La incoraggiò l'adulto, ancora grondante acqua dai vestiti.
«Uhm…» Kya esitò un po', credendo che non avrebbe dovuto fare quella domanda, ma non poteva più tenersela dentro. «Io… Somiglio veramente così tanto a Zero Two?»
Hachi non se lo aspettava, o meglio sapeva che avrebbe dovuto aspettarselo, ma visto che non era successo fino a questo momento aveva finito per credere che quella conversazione non sarebbe mai arrivata. Nonostante la sorpresa iniziale, rimase calmo e distolse lo sguardo cercando di non lasciar trasparire l'emozione che quelle parole avevano suscitato in lui.
«Bé, a parte qualche piccolo particolare, direi che sei identica a lei.»
Kya non fu sicura se accogliere con piacere quelle parole o no. Doveva essere un grande onore essere paragonati a una figura leggendaria come lei, ma più ci pensava e più le veniva paura.
«Come… Com'era lei?» Domandò timida, non sapendo come altro esprimere la profonda confusione che provava in quel momento.
Hachi in un primo momento sembrò rimanere impassibile, come se faticasse a ricordare quelle cose; poi però il suo sguardo si ammorbidì, le labbra si piegarono in un sorriso sereno e lui espirò a fondo.
«Bé, innanzitutto era… Incontrollabile.» Rise. «Non le importava di nessuna gerarchia, rispettava solo chi voleva lei. Se voleva qualcosa, se lo prendeva. Potresti pensare che combinasse solo guai, ma era indipendente; sapeva darsi un contegno se necessario e averla nei paraggi significava avere la certezza di poter vincere la prossima battaglia.»
Kya non sapeva cosa aspettarsi, non voleva pensarlo ma molto di quella descrizione avrebbe potuto benissimo rappresentare lei stessa. «Perché le somiglio così tanto?» Domandò raggomitolandosi nelle ginocchia, quasi come se fosse sul punto di mettersi a piangere. Hachi la scrutò costernato, pensando forse di averla spaventata.
«Io… Non lo so.» Disse. «La migliore idea che ho è che si tratti tutto di un caso… Un caso bizzarro e tremendamente preciso.»
«E Ryo? Anche lui somiglia al partner di Zero Two!» Ribatté la ragazza riaccendendosi. «Pensa che anche quello sia un caso?»
Hachi strinse le spalle e scosse la testa. Cosa poteva veramente dire? Alla fine si ricordò di ciò che si erano detti con Nana al loro primo incontro con i ragazzi.
«Qualunque sia la spiegazione, tu sei sempre tu. Eri Kya Nakamura prima di scoprire di somigliare a Zero Two e sarai sempre te stessa anche in futuro. Ogni cosa che hai mai fatto, l'hai fatta semplicemente perché volevi farla, non è vero?»
Kya abbassò lo sguardo pensierosa. Era veramente così? Poteva essere veramente sicura che ogni scelta nella sua vita fosse stata dettata solamente da lei e nient'altro? Tanto valeva sperare che fosse così, perché altrimenti l'alternativa a quella spiegazione sarebbe stata che lei, per tutta la vita, non era mai stata veramente "Kya."
Hachi notò lo sguardo corrucciato della ragazza e pensò che le sue parole non fossero state sufficienti a rassicurarla. E come avrebbe potuto, quando lui stesso era dilaniato da quelle domande? Provò l'impulso di allungare una mano e stringerla un po' attorno alle spalle per farla sentire al sicuro, ma si trattenne sapendo che sarebbe stato fuori luogo, così alla fine strinse il pugno e lo batté sulla roccia delicatamente sollevando un leggero "toc."
«Comunque, lo sai che puoi sempre venire da noi per qualunque dubbio… Che siano problemi con i compiti, con il tuo partner o… Qualsiasi altra cosa ti passi per la testa.» Disse alzandosi, assicurandosi che Kya comprendesse quel messaggio. «Abbiamo promesso ai vostri genitori che ci saremmo occupati di voi; devi capire che io e Nana teniamo molto a voi, quindi ti prego di fidarti.»
Kya sorrise a quelle parole. Anche se un po' impacciato, Hachi era un uomo buono e si poteva vedere che ci tenesse a lei. «Grazie, Hachi.»
Alla fine si lasciò sfuggire anche lui un sorriso, uno di quelli sapienti che facevano le persone sagge e che mantenevano un certo contegno nonostante tutto; poi l'adulto si voltò e si incamminò lungo il sentiero.
«Asciugati per bene e poi vai a casa, d'accordo? Non fare preoccupare i tuoi compagni!» Le disse allontanandosi, rivolto ancora verso di lei.
Kya lo rassicurò dicendo che sarebbe tornata subito, ma poi si sdraiò per godersi ancora un po' il sole. Era più serena, anche se non aveva risolto niente: i suoi problemi sarebbero continuati, ma con il giusto approccio avrebbe potuto affrontarli e sopportarne le conseguenze anche se non fosse riuscita a ottenere il risultato sperato. Il suo sogno era ancora Ryo e se quello che Hachi aveva detto era vero, forse anche lui avrebbe potuto cambiare e volerla di nuovo con sé; doveva soltanto avere pazienza.

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Capitolo 73
*** Mente e cuore ***


Due spari dell'Animus conclusero l'allenamento di giornata. Rin tirò un sospiro di sollievo quando anche l'ultimo drone fu eliminato, lieta di constatare che la sua mira fosse migliorata ancora; presto avrebbe ottenuto il punteggio pieno e non avrebbe più mancato un obiettivo. Doversi allenare con bersagli così piccoli era difficile, ma ripagava tutti gli sforzi col tempo.
Doveva anche ringraziare i potenziamenti ricevuti dopo l'ultima battaglia, dove era stato possibile analizzare il suo comportamento con grossi gruppi di nemici, ampliando il raggio di alcune delle sue armi e la loro gittata, ma i tempi di reazione nel premere il grilletto sarebbero sempre dipesi da lei e suo fratello, quindi non potevano lasciarsi trovare impreparati.
L'Animus non era stato l'unico Stridiosauro a ottenere degli aggiornamenti dopo l'ultima battaglia: Anthurium e Gaia adesso potevano contare su di una corazza estendibile che limitava la mobilità, ma di vitale importanza soprattutto per il serpente meccanico, privo di arti con cui potersi difendere. Anche Aros poteva contare su un nuovo tipo di corazza, questa permanente, più resistente al calore; ora Momo e Hoshi avrebbero potuto saltare dentro a un vulcano, volendo.
A beccare la roulette dei potenziamenti poco apprezzati questa volta erano stati Xenomorphus e Iustitia, entrambi con piccole rifiniture alle proprie armi: gli artigli di Xenomorphus erano stati resi più affilati e muniti di piccoli uncini per rendere le scalate più agevoli, mentre Iustitia aveva ricevuto modifiche alla propria lancia per essere più maneggevole. L'unica a lamentarsi apertamente era stata Kya, dicendo che ciò l'avesse resa più fragile, ma fu chiaro come nessuno dei quattro Parasite coinvolti fosse particolarmente soddisfatto da quegli aggiornamenti.
La caposquadra comunque sapeva che la vera forza risiedeva nelle loro abilità e non nei gadget che l'I.P.U. avrebbe messo a loro disposizione. Per questo aveva deciso di prendere seriamente il proprio ruolo e tenere in riga gli altri; dare ordini non le veniva difficile, ciò a cui dovette abituarsi fu l'idea di essere sempre autoritaria e irremovibile proprio quando stava cercando di cambiare e diventare più attenta ai bisogni del prossimo. Inoltre aveva finalmente deciso di concentrarsi a dare spazio a Ryo e la sua nuova partner, senza cercare di continuo l'approvazione del ragazzo.
«Ry… Xenomorphus!» Chiamò scorgendo la sagoma a quattro zampe dello Stridiosauro tra le luci della sala olografica che si disattivava. Iniziò a camminare verso di loro mantenendo un atteggiamento distaccato; era ancora difficile non urlare il nome del suo migliore amico, ma ci si stava abituando.
«Bel lavoro oggi, ma ho notato che siete ancora un po' in ritardo con le zampe posteriori e la coda.» Disse con fare professionale. «Ogni volta che un nemico esce fuori dal vostro campo visivo, sembra che non sappiate più cosa fare.»
«E' colpa mia.» Si scusò Ryo. «Non mi sono ancora abituato a controllare la coda…»
Iustitia annuì. C'era da aspettarselo, in fondo pur essendo tra i modelli di Stridiosauro più simili, Xenomorphus e Iustitia presentavano comunque differenze anatomiche notevoli. «Giusto. In tal caso, cerca di affidarti di più ad Aiko! La sua esperienza sullo Xenomorphus è essenziale e grazie a lei non rimarrete indietro.»
«Ma certo.» Rispose il ragazzo un po' confuso. Iustitia poi si accomiatò per andare a parlare con gli altri compagni, lasciando Ryo a chiedersi il perché di quella strana conversazione. Mentre si allontanava, si poteva sentire la voce di Kaoru che faceva i complimenti alla sua darling per l'ottimo lavoro svolto durante l'allenamento: «Sei stata bravissima, Aiko!»
Ryo sentì le guance avvampare. Era ovvio che quella fosse la reazione di lei a quelle parole, ma gli dava ancora una strana sensazione. Forse non ci era abituato perché con Kya era molto diverso, il suo corpo era costantemente avvolto in un intenso bruciore quando pilotava Iustitia e non capiva perché; i suoi sensi erano però più acuti, come se fosse in uno stato di perenne tensione, e riusciva a combattere meglio che con lo Xenomorphus. Evidentemente doveva semplicemente farci l'abitudine, ma dopo ormai due mesi passati a pilotare con Aiko si aspettava che i loro livelli si stabilizzassero.
«Suzuko, mia piccola gigantesca amica!» Salutò Kya entusiasta una volta raggiunto il Gaia, che stava per attraccare al proprio box nella sala. Nakamura si dilungò in un discorso atto a elogiare la Pistil del Gaia, dicendo quanto avesse notato il suo nuovo approccio e i risultati molto più concreti e senza più distrazioni.
«Non so cosa tu abbia fatto, ma sta funzionando alla grande. Continua così!» Concluse mostrandole il pollice con grande espansività. Gaia ascoltò distrattamente i discorsi della caposquadra; Tetsuya stava già pensando a scendere di lì e i livelli suoi e di Suzuko avevano già preso a calare da un po' dopo la fine dell'esercitazione, cosa che dava a entrambi i piloti immersi nella connessione uno stato simile a un giramento di testa, mentre la ragazza accolse con una punta di diffidenza quelle parole pensando che Kya stesse cercando di minare alla sua sicurezza per portarla a commettere qualche sbaglio. Era proprio perché aveva smesso di provare a forzare Tetsuya che non commetteva più errori, non aveva bisogno che glielo facesse notare lei.
«Ehi, dopo di questo che ne dici se andiamo a prendere un gelato?» Commentò Tetsuya di punto in bianco, distogliendola da quei pensieri. «O magari preferisci studiare? Possiamo farlo assieme, se ti va.»
La ragazza si mostrò sorpresa di quel tentativo di avvicinamento e questo si unì alla distrazione facendola rispondere proprio in ritardo. «Oh… S-sì, certo!»
«Avevi altri programmi?» Domandò lui pensando che la sua esitazione fosse dovuta a quello.
«No, non è niente.» Rispose rapidamente lei. Forse troppo rapidamente, per compensare il ritardo di prima.
Tetsuya si sgranchì braccia e gambe dopo aver mollato i comandi. «Stavo pensando che è da un po' che non facciamo qualcosa insieme, a parte pilotare…» I valori del Gaia scesero a zero del tutto e a quel punto anche Suzuko poté staccarsi dalla propria postazione.
«E' colpa dello stress dell'ultimo periodo… Lavorare con la squadra Desia mi ha prosciugata, per così dire.» Spiegò massaggiandosi i gomiti. «Non sono stata proprio dell'umore giusto per divertirmi…»
Tetsuya non disse niente e rimase a pensare. Era da parecchio che Suzuko si comportava in modo leggermente più strano del solito, ma non riusciva a spiegarsi il motivo; forse era lui quello che in realtà la stava evitando, e se fosse stato quello il caso non avrebbe potuto darle torto visto tutto quello che gli passava per la testa ultimamente… Avrebbe tanto voluto schiarirsi un po' le idee, ma con chi poteva parlare?
 
*
 
«Mi era mancato il gelato.» Commentò Suzuko posando la coppetta sulla scrivania e sorridendo a Tetsuya, che seduto sul bordo del letto adiacente e con la testa a contatto con la sbarra di quello sopra si sentiva un gigante. Nonostante fosse stato nella stanza di Suzuko tante altre volte, faceva ancora uno strano effetto entrarci da solo con lei. Se ne rimase a fissare gli interni con il cucchiaino in bocca, imbambolato.
«Ma lo mangiamo sempre.» Disse alla fine tornando su di lei. Non aveva torto: se c'era una cosa che, sin da settembre non era mai mancata nella dispensa di Mistilteinn, era il gelato. Era un elemento importante di quel loro piccolo rituale privato e visto che era Suzuko ad occuparsi delle scorte, aveva fatto in modo che non mancasse mai, nemmeno nei mesi più freddi dell'anno.
«Lo so.» Sghignazzò lei. «Ma a Desia non si trovava da nessuna parte, ci puoi pensare? Un intero palazzo e neanche una vaschetta piccola piccola!»
«Perché non me lo hai detto? Saremmo andati a prenderlo assieme, oppure avremmo potuto chiedere a Kano di farcene trovare un po' al nostro ritorno.»
Suzuko abbassò lo sguardo e si incupì. «Non ci ho pensato, non volevo essere di peso…»
Non aveva avuto proprio il tempo di pensare a quelle cose frivole: la prima volta a Desia era stata troppo presa dal tentativo di risolvere il problema dei loro compagni, mentre la loro seconda visita era arrivata in seguito a quell'evento con Rin, e lì la sua mente era andata in corto circuito per diverse settimane. Suzuko non biasimava Tetsuya per aver reagito come aveva reagito quando lei aveva tentato di baciarlo; adesso solo il pensiero delle sue labbra a contatto con quelle di lui la faceva sudare, sapendo come doveva averlo fatto sentire.
«Terra chiama Suzuko! Mi stai ascoltando?» Tetsuya le agitò il cucchiaino di fronte alla faccia e la ragazza sussultò. Gli chiese scusa per essersi distratta, ma lui sembrò non darci peso. «Sembra che avessimo tutti e due bisogno di questo gelato…» Mormorò guardando fuori dalla finestra.
Suzuko non disse niente, chiedendosi cosa intendesse con quelle parole. Tetsuya rimase a fissare il vetro, la luce lo colpiva direttamente in faccia da dove era posizionato, rendendo i suoi capelli rossi ancora più vistosi e gettando ombre nette dietro di lui.
«Ecco che cosa manca: una vacanza! In fondo, verso questo periodo la scuola comincia a chiudere i battenti e noi saremmo già con la testa all'estate. Ma per colpa di questa stupida guerra aliena siamo costretti a rimanere all'erta in qualsiasi momento…»
«Manca ancora più di un mese all'estate.» Sbuffò Suzuko gonfiando le guance.
«Lo so, ma io ho sempre trattato maggio e giugno come i preparativi per l'estate!» Ammiccò lui, suscitando una risatina nella ragazza.
Anche se non lo dava a vedere, Suzuko era d'accordo con il suo partner. Onestamente, non pensava di aver mai avuto bisogno di una vacanza come adesso: in passato rimaneva sempre all'opera, non sprecava un minuto del suo tempo e continuava ad acculturarsi, a studiare, a prepararsi a diventare qualcuno e non sembrava mai esaurire le energie, tanto che la spiaggia la annoiava e preferiva passare i pomeriggi estivi – o per lo meno quelli meno caldi – chiusa in casa a studiare. Ora che era a Mistilteinn non avrebbe avuto di quei problemi, visto che anche durante l'estate avrebbero continuato ad allenarsi con gli Stridiosauri e a combattere gli alieni… Eppure adesso avrebbe desiderato tanto poter semplicemente "staccare la spina."
«Bé, qui non c'è estate che tenga: se non studiamo questi mattoni non supereremo le prossime interrogazioni!» Disse infine rimboccandosi le mani, indicando i libri delle materie che nell'ultimo periodo avevano ignorato fin troppo. «Saremo anche stati impegnati con le trasferte, ma non è un buon motivo per battere la fiacca!»
«Uffa.» Commentò Tetsuya, facendosi però più vicino a lei per poter iniziare a prendere appunti; non aveva intenzione di scoprire cosa avesse in serbo per loro Hachi nel caso fossero stati rimandati in qualche materia.
Suzuko aprì il libro e incominciò a sfogliare le pagine fino ad arrivare al punto dell'ultima lezione; non avrebbe detto di non amare qualche materia in particolare, ma se c'era un argomento che proprio faticava a farsi piacere era tutto ciò che ruotasse attorno alla fisica.
«Oh, questo è facile!» Intervenne Tetsuya, sporgendosi sul libro dopo aver notato l'espressione di disappunto della ragazza. «Sui cambiamenti di stato basta ricordare che tutto parte dal calore a cui viene sottoposto un corpo, ma anche la pressione atmosferica ha una parte nel processo: un corpo solido fonde e diventa liquido quando raggiunge la soglia di temperatura, oppure sublima diventando aeriforme in alcuni casi; i liquidi possono vaporizzarsi e disperdersi nell'aria oppure solidificarsi, mentre i gas si trasformano in liquidi grazie alla condensazione, ma possono fare lo stesso e passare direttamente allo stato solido in alcuni casi particolari. Si tratta sempre di uno scambio di energia tra il corpo e ciò che gli sta intorno… Come questo gelato.»
Tetsuya diede un colpetto alla coppetta di Suzuko con il cucchiaio e lei poté scorgere quel poco di gelato sciolto rimasto sul fondo.
«Il gelato resta solido finché la temperatura nella stanza è simile alla sua temperatura interna, ma appena questa cambia inizia a disperdere energia e fonde. E se lo tieni in mano…» E le passò la propria coppetta, con ancora un po' di gelato dentro. «Sarai tu stessa a trasferire quella energia!»
Suzuko sentì la mano raffreddarsi in fretta e rabbrividì. La spiegazione di Tetsuya non faceva una piega, ma aveva la sensazione che avrebbe fatto fatica a ricordarlo.
«Anche i nostri Stridiosauri fanno questo lavoro, in alcuni casi.» Commentò pensieroso, attirando subito l'attenzione della ragazza. «Gaia trasforma il carburante liquido in gas liberando la pressione e lo brucia in seguito… E anche Aros cambia il calore e la pressione all'interno del proprio corpo per sputare fiamme o magma.»
«Non ci avevo mai pensato…» Mormorò lei rimanendo a fissare il vuoto per un po'. Tutto il lavoro che faceva a bordo del suo Stridiosauro le era sempre venuto naturale o quasi; il suo corpo diventava quello del Gaia, non sapeva come funzionava ma lo faceva comunque, era come respirare!
«Gaia è composto da una sacca liquida dove è raccolto il combustibile e una più grande dove si trasferisce il gas esplosivo. Ciò significa che la sacca liquida ha una pressione e una temperatura diversa da quella del gas.» Continuò Tetsuya notando di avere avuto l'effetto desiderato dalla compagna.
«Per mantenere lo stato liquido, il gas deve essere molto compresso.» Borbottò lei grattandosi un labbro con la matita.
«Immagino che sia per questo che hai bisogno di molta concentrazione.» Commentò Tetsuya sorridendo. Suzuko non solo si affaticava molto alla guida, ma spesso concentrava tutte le sue energie nella produzione e nel rilascio del gas, lasciando in mano a lui le manovre di combattimento. Lei sorrise rendendosi conto di quanto il loro equilibrio fosse migliorato nel tempo, tanto da permetterle da non dover pensare più a tutto da sola; tuttavia non avrebbe voluto caricare Tetsuya di quella responsabilità anche se non poteva farne a meno…
«E' vero… Scusa…» Borbottò alzando una mano per grattarsi una tempia e smuoversi un po' i capelli, come a celare l'imbarazzo sul suo viso. Tetsuya le chiese perché si stesse scusando.
«Non è questo il senso del nostro lavoro? Lavorare in coppia per raggiungere il massimo, ognuno facendo ciò in cui riesce meglio. Tu sei una grandissima stratega e hai un sacco di cose da tenere sotto controllo mentre pilotiamo, io posso reggere i colpi più pesanti e rispondere al fuoco nemico, sapendo che tu hai tutto sotto controllo.» Detta così, Suzuko non poteva che essere d'accordo e questa volta non riuscì a nascondere il lieve rossore sulle guance che affiorò a sentire quelle parole.
«V-vediamo di continuare a studiare, mago della termodinamica!» Sbuffò evitando il suo sguardo, alzando il libro e sbattendolo di nuovo sulla scrivania come se stesse cercando qualcosa. «Fammi vedere come risolvi questo problema!»
Tetsuya si avvicinò alla ragazza e studiò attentamente la descrizione del problema indicato da lei, quindi si mise a pensare. Suzuko mantenne la compostezza, ma quando si mosse verso di lei avvertì una ventata di profumo che la colse alla sprovvista, lasciandola quasi senza fiato; non riusciva a riconoscerlo nonostante non fosse un odore nuovo per lei, era sicura però di averlo già sentito nei bagni di Mistilteinn. Non lo aveva mai notato fino ad ora, perché le faceva tutt'altro effetto ora che era addosso a Tetsuya?
 
*
 
Rin se ne stava con la schiena poggiata al muro, le braccia incrociate e lo sguardo a vagare per il corridoio dove le porte delle camere da letto restavano chiuse la maggior parte del tempo. Era rimasta ferma lì per un quarto d'ora, lì vicino la stanza sua, di Aiko e Suzuko con quest'ultima dentro a studiare in compagnia del suo partner.
Non voleva entrare. Non sapeva perché esattamente, non si era mai fatta problemi a interromperli in situazioni come quelle e farsi i fatti suoi mentre loro continuavano indisturbati a lavorare, ma da un po' di tempo aveva questa sensazione strana addosso di non poter sopportare di stare assieme a entrambi per troppo tempo. Pensava di aver gestito bene la delusione di Suzuko, ma chiaramente non era così e scoprire che Tetsuya aveva anche una cotta per lei – e che molto probabilmente la cosa aveva altre probabilità di funzionare – la faceva sentire a disagio, come se il solo pensiero le desse la nausea. Non era per colpa di Tetsuya: era il suo corpo che si rifiutava di accettare che Suzuko potesse essere di qualcun altro, e non aveva idea di come risolvere questa cosa se non dandosi del tempo… Ma anche con tutto il tempo del mondo, doveva vivere sotto allo stesso tetto di quelle persone, parlare con loro e assistere eventualmente ai loro momenti passati insieme, osservando il loro legame crescere giorno dopo giorno con dentro la consapevolezza che non ne sarebbe mai stata parte.
Faceva male, le veniva quasi da piangere, ma pur sapendo quanto deleterio fosse per lei stare là a sentire le loro voci dietro la porta, non riusciva a trovare nessuna cosa che avrebbe potuto distrarla e portarla lontano da lì; avrebbe voluto entrare sfondando la porta e abbracciare la sua amica e chiederle di perdonarla per essere così disperata per la sua attenzione, ma sapeva controllarsi. Vedere tutti quanti felici e innamorati attorno a sé non aiutava di certo quella situazione: praticamente tutti i suoi compagni di squadra erano immischiati in qualche sorta di inciucio, felice o meno. Si vedeva lontano un miglio che Hoshi e Momo si morivano dietro a vicenda, suo fratello era bello che andato per la sua amichetta di Desia e persino Yoshiki diceva di avere una ammiratrice e lei avrebbe tanto voluto sapere di chi si trattasse! Aveva pensato subito a Naho, ma lei era talmente svampita che sarebbe stato ovvio se le fosse piaciuto Yoshiki. E poi c'era la coppia perfetta di Aiko e Kaoru, in contrasto con quella disastrata di Kya e Ryo, e adesso Tetsuya che ammetteva di avere qualcuno a cui pensava in maniera "speciale" e chi altri poteva essere quel qualcuno se non la sua partner? Doveva fare qualcosa al riguardo o non avrebbe più chiuso occhio la notte.
La porta della camera si aprì e Tetsuya ne uscì guardandosi alle spalle, salutando un'ultima volta Suzuko mentre lei rimetteva in ordine i libri. Sembravano allegri, da quando studiare era così divertente? Non poteva essere tutto qui.
«Oh, Okagawa!» La salutò il ragazzo non appena la notò. «Devi entrare?»
Rin osservò Tetsuya mentre le teneva la porta aperta, solo in quel momento Suzuko la notò e salutò, ma la ragazza dopo due secondi passati a riflettere sorrise malignamente e disse di no, che in realtà stava cercando lui.
«Oh.» Borbottò il ragazzo rimanendo un po' in attesa, perplesso.
«Già. Dove stai andando? Ti accompagno!» Si fece avanti con sguardo raggiante.
Ancora un po' stranito dalle improvvise attenzioni della compagna, Tetsuya lasciò che lo accompagnasse e insieme si avviarono lungo il corridoio, lasciando Suzuko a osservarli dalla porta, che a sua volta si chiese cosa avesse da dirgli Rin tutto a un tratto.
Rin dal canto suo non aveva idea di come iniziare la conversazione: sapeva di preciso cosa volesse chiedergli, ma non sapeva come arrivare a quelle fatidiche domande e non poteva certamente essere troppo diretta con lui, ricordava bene la reazione raccontatale da Suzuko quando lei aveva deciso di essere diretta – era l'unico modo che le veniva per descrivere un bacio dato dal nulla – con lui.
Mentre rifletteva su queste cose, le balenò in mente un pensiero: ma quanto era alto? Aveva sempre pensato che i suoi compagni di squadra fossero dei maledetti spilungoni, ma così era esagerato! Come faceva Suzuko a stare vicino a quel gigante tutto il tempo?
Lo vide girarsi e guardarla impaurito, come se gli avesse appena detto qualcosa di terrificante. Rin non capì che cosa avesse provocato quella reazione finché non si rese conto di aver messo su la faccia più rognosa che potesse mai fare; le sfuggì una risatina e chiese scusa per averlo guardato così, dicendo di essersi distratta a pensare ad altro.
«Era da tanto che non studiavate assieme, giusto?» Cercò di cambiare argomento. Tetsuya annuì continuando a camminare, incerto su dove lo stesse conducendo la ragazza.
«Per un po' di tempo siamo stati entrambi… Distratti. Lo siamo ancora, credo, però almeno ci stiamo riavvicinando l'uno all'altra…» Mormorò fiducioso.
«In che senso "riavvicinando?" Avevate litigato?» Rin finse di non sapere niente della situazione, pronta ad approfittare dell'assist di Tetsuya per avvicinarsi all'argomento.
Lui se ne stette sulla difensiva, ma non sembrava avere motivo di nascondere la situazione pur girando attorno al motivo del litigio. «Non esattamente… Diciamo che io e Suzuko abbiamo avuto visioni diverse su come migliorare come squadra, e questo ci ha rallentato inizialmente… Ma credo che adesso siamo pronti a dare il massimo in qualunque occasione.»
Rin si fece più vicina e sorrise con malizia. «E cosa sarebbe successo per farvi cambiare rotta così di punto in bianco?»
Tetsuya fu sorpreso dall'improvvisa espansività della ragazza tanto che le ricordò la loro caposquadra, ma mantenne la calma ed evitò di scrollarsela di dosso. «Non lo so… Credo che siamo entrambi maturati, in un certo senso… E siamo più rilassati dopo esserci lasciati alle spalle tutto quello che è successo prima di Desia.»
Rin alzò gli occhi al cielo dicendosi di avere pazienza; Tetsuya era un ragazzo timido, ma anche troppo tonto per continuare a non fare caso ai chiari segnali verso cui verteva quella conversazione. Decise allora di fare un po' più pressione e pensò di avere le carte perfette per quello.
«Sei sicuro che non c'entri niente con quella conversazione che abbiamo avuto a casa di Hoshi, hm?» Gli diede qualche colpetto con il gomito e sorrise, sicura che questo sarebbe passato attraverso quella testona. In un primo momento Tetsuya non ricordò nemmeno la serata menzionata da lei, ma poi si fermò e divenne rosso in viso.
«N-no, assolutamente no! Come fai a pensare una cosa simile?» Balbettò, chiaramente a disagio. Questa volta strattonò il braccio a cui si era appoggiata Rin con più veemenza, scostandosi un poco da lei.
«Ah!» La ragazza sapeva di aver fatto centro. «La tua reazione è abbastanza chiara.»
«Non sai di che parli…» Borbottò lui accelerando il passo ed evitando il suo sguardo, ma Rin gli saltellò allegramente davanti costringendolo a rallentare.
«Invece lo so. Una persona che ti piace, che fa parte della squadra, una persona da cui vorresti essere notato e con cui cerchi di passare più tempo possibile… Non manca niente.» Disse guardandolo dritto negli occhi, ma ancora una volta Tetsuya evitò il suo sguardo. «Se poi aggiungiamo tutto quello che ha detto Ojizaki quella sera, direi che è abbastanza chiaro che…»
«N-no!» Protestò Tetsuya quasi urlando. Rin rimase impassibile mentre il ragazzo cercava di ricomporsi e concludere almeno una frase di senso compiuto che mettesse un po' di chiarezza nella situazione.
«N-non è come… Io non… L-lei… Non c'è… Io e Suzuko siamo solo amici!» Alla fine riuscì a esalare quelle parole, quasi come se fosse la cosa più difficile che avesse dovuto fare, e si ritrovò senza fiato mentre Rin si rendeva conto aver preso un granchio.
«Oh cielo… Dici sul serio!» Commentò allibita, le braccia le caddero come due pesi morti e per un po' non riuscì a dire nulla; una difesa così serrata non avrebbe avuto senso, se Tetsuya fosse stato innamorato della sua partner. Nella sua mente tutto ciò di cui si era convinta aveva improvvisamente perso senso e adesso stava furiosamente cercando di far combaciare tutto, ma se da una parte poteva sentirsi sollevata al pensiero che lo spilungone non stesse cercando di "rubarle" Suzuko, dall'altra era ancora più curiosa di scoprire chi fosse la persona verso cui lui aveva indirizzato i suoi pensieri.
«A-ascolta, Tetsu!» Borbottò rendendosi conto di aver esagerato un pochino, dopo che il ragazzo fu andato ad appoggiarsi a una ringhiera delle scale che portavano al piano di sotto. «Scusami, so che questi argomenti sono duri da affrontare per te, ma ero veramente sicura che tu… Sì insomma, che tu e Suzuko vi piaceste o…» Chiuse la bocca sentendosi un'idiota. Adesso era lei che non riusciva a guardarlo negli occhi, e come avrebbe potuto quando le rivolgeva quello sguardo così sofferente?
«No, io… Scusami tu, non volevo alzare la voce.» Mormorò con una mano pressata sulla fronte.
Rin trattenne il respiro. Adesso voleva aiutarlo! Le faceva tenerezza ed era sicura che avrebbe fatto bene a entrambi se fosse riuscita a dargli un po' di consigli.
«Sai… E' vero che parlare di queste cose è imbarazzante e sembra che sia qualcosa di veramente difficile… Ma la verità è che non c'è nulla di cui vergognarsi se ti piace qualcuno.» Mormorò affiancandosi a lui. «Dico sul serio, l'unica cosa che puoi ottenere parlandone sarebbe quella di sentirti meglio dopo. Ti aiuta ad affrontare meglio la cosa.»
Tetsuya rimase fermo a fissare il vuoto, lo sguardo basso mentre le labbra tremavano giusto quanto bastava per notarlo. Rin temeva proprio di averla fatta grossa adesso.
«Non volevo prenderti in giro, se è questo che pensi.» Ci riprovò mordendosi un labbro. «E' che sono un po' troppo impicciona… Ma speravo anche di aiutarti ad affrontare meglio la cosa, in qualche modo…»
Rin si rese conto rapidamente che le sue parole stessero facendo il giro e rimase in silenzio, sentendosi una stupida per aver fatto sentire in quel modo il suo compagno. Stava quasi per rinunciare, chiedere scusa un'ultima volta e allontanarsi, quando Tetsuya mormorò a fatica: «E' complicato…»
La voce bloccata, come se avesse qualcosa che gli ostruiva la gola, le parole trattenute ma che in realtà avrebbero voluto continuare all'infinito, lo sguardo che vagava alla ricerca di un posto sicuro dove posarsi nel tentativo di non dare a vedere troppe emozioni, ormai in subbuglio dentro di lui. Tutte reazioni che lei stessa aveva avuto quando si era dichiarata a Suzuko.
Oh cazzo, ma non è che sono io? Rin impallidì. Non avrebbe avuto alcun senso, ma d'altronde che ne sapeva di quello che passava per la testa di quel ragazzo? Tuttavia pensava che si sarebbe accorta di qualcosa in quel caso, possibile che avesse abbassato così tanto le difese? E ora?
Rin iniziò a cercare freneticamente un modo delicato per respingere Tetsuya nel caso fosse proprio lei la persona di cui era innamorato e per un po' non disse niente, lo sguardo sempre più preoccupato. Alla fine decise di mandare giù tutto quanto con un vistoso movimento della gola e tornò a parlargli, pronta a ogni evenienza.
«S-scusa, stavo riflettendo…» Borbottò simulando un sorriso, ma lo sguardo che le mandò Tetsuya era serio. Quegli occhi urlavano il suo desiderio di parlare, di dire la verità, ma non aveva il coraggio di dirlo per primo.
«Ehi, mi è venuta un'idea!» Disse a un certo punto, sentendosi un genio. Rin si girò dando le spalle alla ringhiera e respirò a fondo, rendendosi conto di aver bisogno di aria. «Che ne dici se io ti dico chi piace a me, prima? Io svelo i miei segreti e tu mi sveli i tuoi, ti sembra uno scambio equo?»
Tetsuya rimase a pensarci su, ma alla fine annuì timidamente. Sembrava sempre di più un cucciolo bastonato e il solo pensiero di spezzargli il cuore stava facendo impazzire Rin, che solo ora si rendeva conto di quanto fosse rischiosa quella mossa.
«Okay…» Mormorò con voce tremante. Inspirò a fondo e cercò di trovare le parole giuste per suonare meno spietata possibile, ma anche in modo da poter far passare il messaggio in modo chiaro.
Si girò verso di lui e questa volta si sentì leggermente in soggezione, avere lo sguardo fisso del ragazzo su di sé mentre stava per dire una cosa come quella non era semplice, sembrava che dovesse sgonfiarsi come un palloncino da un momento all'altro.
«La persona che mi piace… E' Suzuko.»
«Che?!» Spiccò lui con voce acuta, talmente sorpreso da non riuscire a trattenere la voce. Rin si affrettò a calmarlo e sorrise imbarazzata.
«Tranquillo, mi ha già dato il benservito!» Disse trattando la sera della sua confessione come qualcosa di poco conto, ma allora non sarebbe riuscita a considerarlo così. «Io ero un po'… Confusa, per così dire, e l'ho anche baciata a un certo punto e alla fine ho dovuto semplicemente dirglielo, ma… Non è andata bene, come c'era da aspettarsi.»
Rin arrossì deviando lo sguardo ovunque non dovesse sentirsi giudicata; non che Tetsuya lo avrebbe fatto, ma era imbarazzante parlare di quelle cose e solo ora si rendeva conto di quanto dovesse averlo messo sotto pressione. Avere accettato quella cosa era un conto, parlarne apertamente anche più di come aveva fatto con suo fratello però era totalmente diverso.
Nonostante la sua pazienza e le parole spese per spiegare la situazione, Rin si ritrovò a pensare che il silenzio di Tetsuya stesse durando un po' troppo. Normalmente si sarebbe aspettata che parlasse lui ora, ma era normale che dopo una sorpresa così grande ci volesse un po' per riprendersi… Stava per parlare di nuovo, aggiungere qualcosa al discorso o anche solo scusarsi per avergli lanciato addosso quella bomba senza alcun preavviso, ma tutto a un tratto lui le afferrò il polso e iniziò a tirarla scendendo le scale di corsa.
Rin non capì che cosa volesse Tetsuya e lo lasciò fare, ma non avrebbe negato di avere un po' di ansia dopo quel suo silenzio così enigmatico; era sconvolto? La sua ipotesi era corretta e adesso faceva fatica a dichiararsi a lei, oppure c'era qualcos'altro che lo aveva fatto reagire così? E dove la stava portando?
Solo quando uscirono dalla tenuta, Rin si rese conto che il ragazzo si stava freneticamente guardando intorno come ad assicurarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, quindi la trascinò dietro alla casa e qui finalmente mollò la presa e riprese fiato.
«S-scusa…» Mormorò ansimando mentre Rin si massaggiava il polso. «La tua rivelazione è stata un po', ehm…»
«Sorprendente, lo so.» Borbottò lei. Per un momento pensò di tacere e restare con lo sguardo basso, ma poi scorse gli occhi di lui e una luce in essi che valeva più di mille parole: dopo aver sentito la sua confessione, Tetsuya aveva ancora più voglia di parlare.
Così attese che fosse pronto, rimase impassibile e lo guardò dritto negli occhi facendogli sapere che avrebbe avuto tutto il tempo che desiderava e che non lo avrebbe giudicato, qualunque cosa avrebbe detto.
Tetsuya da parte sua continuava a respirare affannosamente, forse troppo visto l'allenamento che era abituato a sostenere, e a tratti quasi sembrava incapace di calmarsi.
Un altro sguardo lanciato intorno per controllare che nessuno potesse vederli o sentirli che parlavano di quelle cose, quindi Tetsuya deglutì vistosamente e trattenne il respiro per tre secondi, prima di parlare finalmente.
«C'è una persona… All'interno della nostra squadra.» Disse con voce tremante, incapace di guardare Rin negli occhi. «I-io non so bene perché o come, ma da un giorno all'altro mi sono reso conto di avere molto interesse verso questa persona, molto di più che un s-semplice amico…»
Rin annuì comprensiva. Le batteva forte il cuore e non sapeva nemmeno perché; per qualche motivo vedere Tetsuya così in difficoltà e così onesto con lei e con sé stesso la stava facendo emozionare.
«Non capisco ancora bene perché questi… Sentimenti si siano manifestati, ma… Io… Mi sono… La persona che mi p-piace…» Gli tremarono le labbra e lì Rin fu in grado di vedere quanta difficoltà stesse avendo il ragazzo a pronunciare tutto quello. Sapeva di doverlo aiutare e per questo si era già assicurata di controllare la propria reazione qualunque cosa sarebbe uscita dalle labbra del ragazzo, e quando lui parlò finalmente si ricordò un'altra volta di rimanere concentrata.
«E' Yoshiki.»
«CHE?!»
Rin si portò le mani alla bocca per tapparsela e il suo strillo fece spaventare anche Tetsuya. Per due secondi netti rimasero fermi a guardarsi negli occhi, entrambi increduli e spaventati, i nervi a fior di pelle mentre i loro sensi stavano all'erta nel caso qualcuno dovesse scovarli là fuori. Adesso tutto aveva più senso, la tensione che si creava quando Yoshiki si avvicinava al suo compagno, l'estremo imbarazzo nel parlare di quegli argomenti e il continuo negare di Tetsuya sui suoi sentimenti per Suzuko, così come l'estrema difesa alzata ogni volta che si parlava di lei e quella grande paura di essere sentito da qualcuno al di fuori di loro due. Tetsuya era come lei.
«Oh cavolo… Adesso ha tutto più senso.» Mormorò allontanando lentamente le mani. «Sei innamorato di Yosh…!»
Tetsuya soffiò tra i denti con un dito davanti alle labbra, tremendamente imbarazzato.
«Sei innamorato di Yoshiki!» Squittì nuovamente lei a voce bassissima, rendendosi conto di non riuscire a trattenere l'emozione. «Ma è… Dolcissimo! Quando è successo?»
«Non lo so… Qualche mese fa, ma… Seriamente non pensi sia strano?» Tetsuya fu colto alla sprovvista dalla domanda di Rin che in un primo momento gli venne spontaneo rispondere. Gli dava ancora una strana sensazione parlarne, ma doveva ammettere che la ragazza aveva ragione: si sentiva leggermente meglio adesso che glielo aveva detto.
«Perché dovrei pensarlo? Ti rendi conto di chi hai davanti?» Si puntò una mano sul petto e a quel punto Tetsuya ammise di essere stato un po' ingenuo, in fondo lei gli aveva appena detto di essere innamorata della sua partner… «Non lo hai detto a nessun altro, giusto?»
«Certo che no. Non potrei sopportarlo…»
«Cavolo! E io che ho pensato per un momento che tutta quella tensione che ti portavi dietro fosse perché eri innamorato di me!» Rise la ragazza dandogli una pacca sulla spalla. Tetsuya riprese a borbottare senza riuscire a finire nessuna frase.
«Cosa? No, certo che no! Cioè, sei una ragazza carina però non…»
«Però non ti piacciono le ragazze, giusto?» Ghignò lei, ormai di nuovo spensierata come sempre. Tetsuya arrossì.
«N-no, io non credo che sia questo… Io… E' solo che Yoshiki è un grande amico, una persona speciale…» Alla fine non riuscì più ad andare avanti e si nascose il volto dietro le mani. Rin sorrise, quella reazione era veramente adorabile!
«Va tutto bene, non c'è bisogno di spiegare niente!» Gli disse mettendogli una mano dietro le spalle, accarezzandolo gentilmente sui capelli ricci e apprezzando per un momento la loro morbidezza; Tetsuya doveva aver fatto una doccia da poco, probabilmente subito dopo l'allenamento. «E' così e basta, ed è giusto così. Fai un bel respiro, scommetto che ti senti già meglio ora!»
Tetsuya scostò di poco le mani e la guardò imbarazzato. «Un pochino…»
«Te lo avevo detto!»
Tetsuya rimase in silenzio concentrandosi sui propri respiri. Forse Rin aveva davvero ragione, l'ansia che lo aveva colto stava calando e anche se non pensava che sarebbe riuscito a ripetere quelle parole, era contento di averlo fatto.
«Accidenti, questa non me l'aspettavo…»
«Non devi dirlo a nessuno!» Tornò immediatamente a preoccuparsi. Rin sollevò una mano con solennità e promise di non parlarne ad anima viva. «Dico sul serio, non è uno scherzo…»
«Rilassati, so bene quanto sia difficile vivere una situazione del genere.» Cercò di farlo calmare lei. Tetsuya avrebbe voluto chiederle tante cose perché evidentemente aveva attraversato le stesse ansie che stava vivendo lui e sapeva di cosa parlava, ma non ci riuscì. Fu lei a parlare, invece: «La domanda però è: cosa hai intenzione di fare?»
Tetsuya si girò e la squadrò confuso, ma in realtà sapeva già cosa intendesse.
«Ti va bene continuare a nascondere tutto per sempre? Non vorresti provare a… Farti avanti?»
«Impossibile!» Reagì istintivamente lui. «Non… Non potrei mai…»
«Bé, ma restare a vivere nella paura come fai ora sarebbe una buona alternativa?» Sbuffò la ragazza scrollando le braccia. Tetsuya sapeva che Rin aveva ragione, ma non riusciva a immaginarlo, aveva troppa paura.
«E… E se dovessi rovinare quello che c'è tra noi?» Mormorò terrorizzato, guardando le proprie scarpe. «Se dopo che lo facessi, Yoshiki non riuscisse più a vedermi come un amico? Come potrei continuare a vivere sapendo di aver rovinato per sempre questo rapporto? La sua amicizia è p-più importante di…»
Tetsuya non finì la frase, non ne ebbe la forza. Anche se in disaccordo, Rin si ritrovò ad annuire in silenzio; era lo stesso che aveva provato lei quando aveva deciso di dichiararsi a Suzuko, ma il tutto era scaturito da un gesto impulsivo che aveva fatto qualche tempo prima. L'aveva pregata di non odiarla, dicendo che avrebbe fatto di tutto purché restasse sua amica, quindi sapeva bene cosa volesse dire Tetsuya; quel terrore che lo rendeva inerme e incapace di ragionare e formulare frasi aveva motivo di esistere, era la paura di non essere accettato, di essere visto come un mostro di punto in bianco.
«Ma stiamo parlando di Yoshiki.» Protestò. «Lui è… Lui ti vuole bene!»
Tetsuya sorrise anche se per poco. «Sì, ma non mi conosce in quel modo. Se dovessi dirgli che mi p-piace, potrebbe pensare che non c'è mai stato niente di genuino tra noi, che ho solo cercato di attirare la sua attenzione sin dall'inizio.»
«Non lo farebbe mai!»
«Però…» Tetsuya si ritrovò ad alzare la voce, fermandosi subito dopo. «Però è da un po' che ho notato… Yoshiki si comporta in modo… Strano. E' imprevedibile, non puoi mai sapere come reagirebbe a una cosa così…»
Rin abbassò lo sguardo pensierosa, preoccupata. In effetti Tetsuya aveva ragione, il comportamento di Ojizaki poteva essere definito erratico se non totalmente bizzarro: in un momento era completamente in controllo dei suoi pensieri e emozioni, e un attimo dopo perdeva le staffe, parlava di cose senza senso e diventava aggressivo. Lo avevano visto tante volte, sia in battaglia che in momenti per niente stressanti e se aggiungeva la possibilità di sorprenderlo con una rivelazione come quella di Tetsuya, non poteva nascondere di avere qualche preoccupazione su ciò che avrebbe potuto dire…
Senza sapere cosa dire per aiutarlo, la ragazza passò un braccio dietro la schiena di Tetsuya e lo strinse a sé. «Troveremo una soluzione, Tetsu… Andrà tutto bene.» Gli disse. Potevano sembrare semplici parole di circostanza, ma Tetsuya si sentì toccare nel profondo da quel gesto, conscio di avere finalmente trovato il coraggio di condividere con qualcuno quel suo segreto.

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Capitolo 74
*** Maschera ***


«Dov'è Momo?»
«Ha detto che vuole rimanere dentro.»
«D'accordo allora…»
Da quando erano tornati da Desia e i ragazzi avevano potuto provare le attrezzature della palestra dei loro colleghi, Momo sembrava essersi appassionata a quei macchinari più complessi e aveva finito per chiedere ad Hachi e Nana di fornirgliene un po' a sua volta, in modo da allenarsi con più criterio. Continuava ad accompagnare Yoshiki e Tetsuya nelle loro corse nel bosco, ma con meno frequenza rispetto agli inizi.
Si prepararono e in pochi minuti erano già sul sentiero, uno di fianco all'altro. Da un po' di tempo i loro allenamenti erano più silenziosi perché avevano capito che non valesse la pena di affaticarsi ulteriormente a parlare quando avrebbero dovuto concentrarsi sulla resistenza, ma per qualche motivo sembrava che il vero motivo di quel silenzio durante le loro corse fosse da attribuire a qualcos'altro. Tetsuya doveva fare appello a tutte le sue forze per rimanere concentrato: i suoi pensieri diventavano un groviglio invalicabile di domande che cercavano di analizzare ogni singola mossa dell'amico per attribuirgli un significato, quando gli stava accanto; Yoshiki però era sempre imperscrutabile e non lasciava trasparire le emozioni se non la fatica della corsa, che a lungo andare si tramutava in prolungati sbuffi e respiri affannosi. Ma nonostante tutto questo, era evidente che ci fosse qualcosa di più nell'aria da un po' di tempo.
Tetsuya non era sicuro di sapere cosa fosse, ma lo aveva avvertito: era come se Yoshiki, quando era in sua presenza, cercasse di fare attenzione a ciò che diceva e come lo diceva. In un certo senso era lo stesso comportamento di Tetsuya quando era con lui, ma era sicuro che non fosse per lo stesso motivo.
«Fermiamoci.» Disse Yoshiki alzando una mano indicando uno spiazzo erboso poco fuori del sentiero. Era raro che chiedesse di riposare, per questo Tetsuya ci mise un po' a fermarsi in confronto all'inchiodata decisa che diede l'altro.
Senza dire niente, Yoshiki andò a sedersi sull'erba e si concentrò sulla respirazione. Tetsuya rimase a guardarlo, perplesso. Non credeva di aver fatto niente di strano, ma per qualche motivo Yoshiki sembrava aver cambiato il suo atteggiamento nei suoi confronti da un po' di tempo. Gli tornò in mente la discussione che aveva avuto con Okagawa qualche giorno prima e cercò di non concentrare troppo lo sguardo sullo spazio tra la maglietta e il petto del suo amico o le gambe scoperte dai pantaloncini, i cui muscoli ancora contratti erano perfettamente visibili ora che avevano iniziato l'allenamento.
«Mi dispiace.» Borbottò Yoshiki tenendo lo sguardo distante, pronunciando quelle poche parole tra un respiro e l'altro.
«Per cosa?» Domando confuso Tetsuya, che fu colto alla sprovvista.
Yoshiki continuò a prendere fiato, lo sguardo chiaramente a evitarlo. «Per essere una testa di cazzo!» Disse infine, facendo sbiancare Tetsuya.
Di solito Yoshiki non si preoccupava di usare termini poco eleganti quando aveva un messaggio da far passare, ma sentirlo parlare in quel modo così all'improvviso era comunque un bel colpo. E nonostante il suo modo di fare diretto, non si era ancora spiegato.
«E' solo che… Sin da quando è successa quella cosa con la tua partner, io non ho fatto altro che prenderti in giro…» Sbuffò come frustrato. «Ti ho sempre spinto, come se avessi bisogno del mio aiuto per fare pace con Sentakami, spesso mettendoti a disagio. Poi la sera della festa a casa di Hoshi sono stato un vero idiota, dicendo certe cose di fronte a tutti, finché tu non ti sei incazzato giustamente!»
Tetsuya ricordava come la conversazione avuta riguardo Suzuko lo avesse messo leggermente a disagio, ma non avrebbe mai detto che erano state le parole di Yoshiki a farlo reagire in quel modo: piuttosto era l'imbarazzo di rivelare una cosa così personale di fronte a tutti gli altri, che lo aveva fatto urlare, per non parlare del fatto che il suo nervosismo fosse derivato principalmente dal suo stare nudo per l'intera serata.
«Io… Non credo che tu abbia fatto niente di male, a dire il vero…» Borbottò Tetsuya, che non sapeva proprio come comportarsi in quella situazione. Yoshiki gli mandò un mezzo sorriso e abbassò lo sguardo.
«Tenero come sempre…» Mormorò prima di rialzarsi. «Scusami, davvero. Certe volte non sono in grado di trattenere certe cose che dico e finisco per essere troppo invadente… Spero che non abbia tradito la tua fiducia, in questo modo.»
Tetsuya guardò Yoshiki che gli porgeva la mano per stringergliela, come a sigillare la risoluzione di quel problema e la conclusione della loro discussione, ma lui non l'aveva mai considerata così tanto dal principio.
«Certo che no! Come fai a pensare una cosa del genere?» Gli disse sorridendo, stringendogli la mano e tirando il braccio come per abbracciarlo. Yoshiki rise sommessamente e se ne rimase pensieroso per qualche istante, poi sembrò cambiare umore.
«Quindi la persona per cui hai alzato la mano quella sera non è Suzuko?» Ghignò facendo scoppiare a ridere Tetsuya, che sinceramente doveva solo rilasciare un po' del nervosismo accumulato da quella conversazione.
«E' un segreto!» Gli rispose prima di rimettersi a correre. Yoshiki rise dicendo che lo avrebbe lasciato fare per il momento, ma che prima o poi sarebbe riuscito a scoprirlo.
Tetsuya continuò a correre più veloce che poté, quasi come se volesse seminarlo. Doveva assolutamente nascondere il volto divenuto rosso dall'imbarazzo dopo quelle ultime domande o non sarebbe più riuscito a tenere il segreto!
 
*
 
«Qui va bene?»
Yuri alzò lo sguardo dopo essersi distratta e alzò il pollice a Tetsuya. «Va benissimo. Fai attenzione a non cadere!»
Tetsuya si mosse con cautela e mantenne l'equilibrio sulla scala mentre le sue mani spingevano la cassa di utensili sullo scaffale. Non gli dava fastidio che gli riservassero i lavori più pesanti, anzi ne era felice perché per lui si trattava di una cosa da niente; riordinare il magazzino della comunità non era un lavoro noioso come si potesse pensare, specialmente se fatto in compagnia. Lui e Yuri ci avevano messo poco ad andare d'accordo, la ragazza era espansiva e lo faceva sentire a suo agio, e a Tetsuya piaceva avere qualcuno che sapesse cosa fare per insegnargli tutto il necessario in un ambiente nuovo per lui; era già da un po' di tempo che visitava la comunità e aiutava come meglio poteva, ma la sua timidezza lo aveva frenato a lungo e per questo si sentiva ancora in imbarazzo a presentarsi ogni volta.
«Sono contenta che ci sia tu ad aiutarmi in questi lavoretti, in due riusciamo a sbrigarci molto prima!» Commentò la ragazza mentre Tetsuya scendeva dalla scala, contemplando il magazzino rimesso in ordine; sembrava vuoto rispetto a prima, gli scatoloni che non servivano erano stati buttati e gli utensili fuori posto non erano più un problema.
«Mi fa piacere essere di aiuto.» Disse lui facendo qualche passo in direzione della prossima scatola. «Ma come fa Nomu a riempire il magazzino ogni settimana?»
«Molte cose sono offerte della comunità, vestiti, attrezzi nuovi… Il cibo però solitamente lo compra con la cassa in comune, facciamo tutti qualche offerta ma il grosso dei soldi ce li mette proprio lui.»
Tetsuya ascoltò rapito. Non pensava che Nomu potesse dirigere tutto quello da solo, addossandosi anche gran parte delle spese. «Che lavoro fa?» Domandò.
«Non ricordo… Mi pare che sia un tecnico informatico, o qualcosa del genere.» Rispose rapidamente lei prendendo un vaso da fiori e portandolo in un angolo dove ce ne stavano altri impilati.
Il ragazzo annuì pensieroso e si fermò a guardare il resto del magazzino. Doveva guadagnare parecchio per avere abbastanza denaro per occuparsi di tutto quello, nonché parecchio tempo libero per essere sempre presente.
«Però è strano.» Commentò alla fine, destando la curiosità di Yuri che si voltò inarcando un sopracciglio. «In fondo è un'organizzazione di beneficienza, perché non riceve soldi dalla città come tutte le altre?»
La ragazza sembrò dispiaciuta, ma nonostante tutto scosse la testa dando una risposta evasiva. «Magari è un processo lungo e ancora in corso, oppure ci sono altre grane burocratiche che non conosciamo… O forse è una comunità troppo piccola per essere riconosciuta dal comune.»
Tetsuya annuì a sua volta, ma pensava che fosse un gran peccato che il signor Nomu dovesse farsi carico di tutto quanto da solo; sotto questa luce, il lavoro che facevano lui e Yuri, più gli altri volontari che andavano lì ogni giorno, faceva una enorme differenza.
La ragazza alzò da terra una scatola e la porse a Tetsuya. «Questo è l'ultimo, poggialo su uno scaffale e abbiamo finito!»
Il ragazzo era distratto quando lo chiamò, ci mise un attimo a registrare il comando e anche dopo aver capito cosa fare, rimase fermo.
«Ehi, Yu…» Mormorò pensieroso. La ragazza, che aveva già iniziato ad avviarsi verso il fondo del magazzino per chiudere, tornò indietro. «Tu ci credi davvero… Alla salvezza di cui parla il signor Nomu?»
La vita eterna, il perdono dei peccati, la salvezza per tutti coloro che avrebbero creduto. Quei racconti sembravano quasi solo fantasia, ma ogni volta che Nomu gliene parlava gli sembrava così serio che era difficile non sentirsi addosso una certa ansia, come se avrebbe dovuto prenderli seriamente anche lui o avrebbe finito per pentirsene.
Yuri incrociò le braccia e corrugò la fronte. Tetsuya stava per chiederle scusa, di non fare caso a quello che aveva detto, ma lei lo precedette: «Anche tu ci pensi, eh?» E Tetsuya non poté fare altro che annuire con un po' di vergogna.
«Credo che siano cose tanto complicate che non ha senso che io mi ci arrovelli troppo. Sono stata già abbastanza fortunata ad avere una seconda possibilità da Nomu e anche se non dovessi guadagnarmi il perdono di cui parla, lo capirei… Preferisco concentrarmi sul presente.»
Per quanto realista fosse la risposta della ragazza, Tetsuya ne uscì poco soddisfatto. «Ma non pensi che saresti felice se dovesse rivelarsi realtà? Oppure, se fosse vero, non credi che ti dispiacerebbe mancare l'opportunità di… Vivere per sempre?»
Yuri sospirò e guardò a terra per un po'. «Se fosse possibile vivere per sempre, libera dalle sofferenze che la vita si porta dietro… Senz'altro. In ogni caso, Nomu dice che chi sarà degno verrà perdonato, quindi è inutile preoccuparsi troppo…»
Anche qui aveva ragione la ragazza. Tetsuya rimase in silenzio e posò lo scatolo che gli aveva consegnato lei, quindi passarono forse due secondi prima di tornare a pensare a quell'argomento.
«E… Ti basterebbe ricevere questa… Benedizione da sola? Oppure vorresti aiutare qualcuno a venire con te?» Domandò esitante. Sapeva di star facendo tante domande anche un po' inopportune, ma Yuri era una persona che non si sarebbe fatta problemi a mandarlo a quel paese se fosse stato troppo invadente. E per un attimo sembrò proprio sul punto di farlo, ma poi si avvicinò cambiando espressione: sul suo volto non c'era fastidio, solo curiosità.
«Spiegati meglio.» Borbottò con un sopracciglio inarcato.
Tetsuya si rese conto di aver parlato senza pensare troppo ai termini, così si scusò e rifletté meglio. «Volevo dire… La vita eterna, o qualunque cosa sia ciò di cui parla Nomu, non ti fa paura? L'idea di doverla vivere… Da sola.»
Yuri rimase in silenzio per un po', in volto un'espressione di disappunto come se ora fosse quasi annoiata da quella conversazione. Ma la realtà era che ci stava pensando molto attentamente; di solito non era così riflessiva, ma adesso era completamente assorta nei propri pensieri. Alla fine alzò lo sguardo con un mezzo sorriso.
«Me lo chiedi perché vorresti portare qui qualcuno?»
Tetsuya arrossì, fu sufficiente quello per alleggerire la tensione. Yuri rise e si concesse un altro paio di secondi prima di rispondere.
«E' una filosofia che viene vista con un po' di sospetto da alcune persone, il signor Nomu lo dice sempre.» Continuò con una mano davanti alle labbra, lo sguardo pensoso. «Se volessi portare qualcuno qui proverei a farglielo vedere nello stesso modo in cui lo vedo io… Ma non avrebbe senso costringerli a credermi.»
Tetsuya annuì. Lo sospettava anche lui e conoscendo il soggetto a cui stava pensando, non avrebbe voluto farlo sentire in trappola con quella storia.
«Adesso andiamo a bere qualcosa, dai!» Disse la ragazza con tono solare. Lo tirò da una mano e Tetsuya la seguì con un po' di ritardo.
«Aspetta…!» Disse facendola fermare di nuovo. «Non mi hai detto se hai qualcuno che vorresti portare…»
Era un po' in imbarazzo, adesso pensava veramente di stare esagerando ma nonostante tutto non ce la faceva proprio a starsene zitto. Yuri sorrise di nuovo, ma questa volta quasi con nostalgia.
«Ci sarebbero delle persone… Ma non ci sono più. La comunità è tutta la mia vita, ora. Non c'è nessuno che possa portarvi dentro che non ci sia già.» Con quelle parole Yuri pose il punto sulla questione e Tetsuya capì di non dover più fare domande. Pensava di avere esagerato, ma poi la ragazza gli afferrò il braccio intero e gli disse di seguirlo.
«Adesso voglio sapere chi è il tuo amico che vorresti portare qui!» Disse con il solito sorriso smagliante che gli rivolgeva ogni giorno. Tetsuya arrossì di nuovo, un po' per l'eccessiva vicinanza della ragazza e un po' al pensiero di dover parlarle di Yoshiki, ma non si sottrasse alla cosa, ricordando come si fosse sentito dopo essersi confidato con Okagawa.

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Capitolo 75
*** Tanti auguri ***


Aiko si piegò un poco e lasciò che i suoi capelli solleticassero il volto di Kaoru, con la testa poggiata sul suo grembo. Il ragazzo fece una smorfia, poi aprì gli occhi per trovare il sorriso luminoso di lei davanti a sé.
Sbatté le palpebre sorridendo di riflesso. «Mi sono appisolato?»
Lei scosse la testa. «Eri così carino che mi è venuta voglia di stuzzicarti un po'…» Scherzò lei agitando ancora la testa. Mentre con i boccoli torturava le sue guance, con una mano grattava delicatamente la sua testa rasata; Kaoru avrebbe giurato che fosse passato molto più tempo da quando aveva chiuso gli occhi, ma che la sua ragazza non volesse mettergli alcuna fretta per alzarsi di lì.
«Abbiamo avuto parecchio da fare negli ultimi tempi. E' bello potersi rilassare un po' così…» Mormorò lei. Kaoru non la pensava allo stesso modo.
«Bé, non abbiamo affrontato nessuna grande battaglia… Oltre alle solite esercitazioni, siamo solo stati chiamati a fare da supporto ad altre squadre.»
«E lo chiami poco?» Borbottò lei fermando la mano. «Sballottati da una parte all'altra del mondo, sempre distanti…»
Kaoru notò una punta di amarezza nella sua voce. Immaginò che non fosse facile per lei passare tutto questo tempo in luoghi sempre più lontani dalla sua casa; gli aveva raccontato come i genitori fossero estremamente apprensivi nei suoi confronti e che in tutta la sua vita, mai aveva fatto un passo tanto lungo per allontanarsi da loro. Ora che non poteva più nemmeno proteggerla con le proprie mani, come poteva dirle di non abbattersi?
«Secondo te, quanto durerà ancora questa cosa?» Mormorò riluttante lei. Non poteva sapere che con "distanti" si riferiva proprio a loro due. «Questo shuffle
Se lo avesse saputo, avrebbe cercato di arrivarci il prima possibile. La verità era che Kaoru cominciava a temere che Kya e Ryo non si sarebbero mai riappacificati e loro avrebbero finito per rimanere separati fino alla fine… Fino alla fine della guerra…
«Cosa…» No.
Kaoru stava per chiederle una cosa estremamente personale, una richiesta che non poteva aspettarsi che lei accettasse, eppure il suo intero corpo cercò di tirare fuori quelle parole. Perché fino a quel momento non ci aveva mai dovuto pensare, eppure prima o poi tutto quello sarebbe finito. E una volta finito tutto quanto, sarebbero tornati alle loro case, alle loro vite normali. E loro due che fine avrebbero fatto?
Non poteva chiedere una cosa del genere ad Aiko, non poteva incatenarla come avevano fatto i suoi genitori.
La ragazza gli sorrise e piegò la testa di lato, tornando poi ad accarezzargli la testa. «Cosa… Cosa?» Gli chiese trattenendo una risatina.
Kaoru boccheggiò senza sapere cosa dire e quando riprese a parlare gli tremò la voce: «Cosa vuoi mangiare, stasera?»
Aiko rise.
«Che c'è? E' una domanda seria!» Quella settimana era il turno suo e di Kya in cucina, doveva farsi venire qualche idea.
«Non ci pensa Kya a pianificare?» Domandò Aiko sorridendo ancora.
«Sì, come no… Finché non ci siamo abituati, ogni sera finivamo per sbattere la testa perché arrivavamo sempre all'ultimo momento!» Rispose lui sbuffando. «Così mi sono preso l'incarico di organizzare tutto per tempo.»
Le mani di Aiko gli si posarono attorno al viso e lui fu sorpreso di sentirsi così avvolto in quel preciso istante. Lo sguardo di lei si fece un po' più vicino e con voce calda la ragazza disse: «Mi piace vederti così responsabile.»
La voce gli morì in gola mentre lei si abbassava per dargli un tenero bacio, nascosto dai capelli che come tende si abbassavano sui volti di entrambi. Dopo un po' Kaoru non resistette e si tirò su con impeto, imbarazzatissimo. Non che avesse pensato che si sarebbe mai abituato a quel tipo di cose, ma come era possibile che Aiko, che a prima vista sembrava la più timida dei due, potesse avere degli slanci tanto audaci?
«Ehm…» Balbettò guardandola con un sorriso ebete, ricambiato da uno sguardo compiaciuto di lei che sapeva esattamente di avere quell'effetto sul ragazzo.
«Visto che lo hai chiesto… Perché non prepari qualcosa di leggero?» Domandò lei facendosi un po' più vicina.
«Leggero?» Domandò Kaoru, che ricevette un verso di approvazione.
«Credo di stare ingrassando un po' troppo, mangiare tutti insieme mette appetito in fondo…»
Il ragazzo la sentì che posava la testa al suo petto ed esitò un po': ora che erano entrambi seduti sul divanetto toccava a lei accoccolarsi, così gli strinse il braccio e poggiò la testa sulla sua spalla.
«Non… Non dovresti preoccuparti di questo.» Borbottò Kaoru, che la lasciò fare e le posò una mano sui capelli, accarezzandola con delicatezza. «Tu sei perfetta in qualunque modo.»
Aiko gli rispose con un leggero mugolio e strofinò la fronte alla sua camicia, sorridendo beata. Kaoru pregò che quel momento non passasse mai, ma invece passò in un attimo.
«Oh, quasi dimenticavo!» Aiko scattò sull'attenti e si alzò dal divano, lasciando Kaoru un po' deluso. Pensava che il loro momento di coccole fosse finito per quella giornata, ma poi la vide raggiungere di corsa un mobiletto della sala comune e vi tirò fuori uno scatolino che gli offrì.
«Buon compleanno, amore mio!» Disse con un sorriso angelico. Kaoru non capì neanche cosa gli avesse detto perché rimase incantato ad ammirarle il volto ancora per qualche secondo, prima di uscire da quella trance e iniziare a innervosirsi.
«Eh? Cosa? Compleanno?» Borbottò andando alla ricerca di un calendario.
«Hai sentito bene, oggi è l'otto maggio!» Continuò lei rimanendo in quelle posizione. «Questo è un regalo… Non è molto, ma ci tenevo a fartelo.»
Kaoru si girò di nuovo verso di lei. Non si era nemmeno reso conto che fosse arrivato il suo compleanno, e ancora meno si aspettava di ricevere un regalo da Aiko; ma come aveva fatto a sapere che quello fosse il suo compleanno?
«Io l'ho… Chiesto alla signora Nana.» Ammise con un sorrisetto colpevole, ancora con il suo regalo tra le mani. «Forza, aprilo!»
Incapace di resistere, Kaoru accettò lo scatolino e lo tenne in mano come se fosse qualcosa di estremamente delicato, poi esitò ancora. «Io… Dovrei darti qualcosa in cambio o…»
«Scemo, aprilo e basta!» Rise lei, che dentro si stava sciogliendo alla vista dell'imbarazzo e del totale stupore che aveva travolto il suo fidanzato.
Kaoru obbedì e incominciò a concentrarsi sullo scatolo, slegando con attenzione i nastri che lo tenevano chiuso. Quando sollevò il coperchio, scoprì una minuscola spilla dorata a forma di goccia, che sembrava attendere che lui la prendesse. Con gli occhi sgranati, Kaoru fu quasi sul punto di restituirla all'istante.
«Aiko… T-tu… Io non posso ripagarti per questa…»
«Non è oro vero.» Lo tranquillizzò lei. Il sudore che già stava colando dalle sue tempie si fermò, ma l'ansia non lo abbandonò. «Volevo solo donarti qualcosa che ti facesse pensare a me ogni volta che l'avresti vista.»
Senza parole, Kaoru rimase a guardare la spilla e si chiese se la ragazza gli stesse veramente dicendo la verità; lui non era un esperto, ma quell'oro sembrava proprio vero!
«Io… Grazie.» Mormorò imbarazzato. Perché era tanto difficile dire soltanto "grazie" e accettare quel dono? Lo avrebbe fatto, lo avrebbe tenuto per sempre con cura, ma gli sembrava di star facendo un torto alla sua fidanzata accettandolo.
«Su, provala!» Disse lei raddrizzando la schiena, ansiosa di vederlo con il suo regalo indosso.
Kaoru non si fece attendere, ma ci mise un po' a capire come si dovesse indossare la spilla. Quando finalmente ci riuscì, la fissò alla camicia dell'uniforme e rimase a sorridere inebetito, chiedendosi se gli stesse bene. Nel vederlo indossare quel suo regalo con tanta fierezza, Aiko si sentì sciogliere. Per un momento pensò che avrebbe addirittura pianto, poi allungò una mano e gli accarezzò una guancia.
«Sei perfetto.» Disse con quello sguardo tanto dolce, che nascondeva dietro di sé mille parole.
Kaoru piegò la testa di lato come se stesse cercando di abbracciare la mano di Aiko e chiuse gli occhi, strofinandovi delicatamente contro la guancia. «Solo se tu sei con me.» Rispose. E questa volta fu lui a fare arrossire lei, che tornò a sorridere con complicità dopo un attimo di smarrimento.
Dopo un po', Kaoru prese delicatamente la mano di Aiko e gliela baciò, prima di dire che avrebbe fatto meglio ad andare. «Altrimenti questa sera non mangeremo niente.» Sghignazzò alzandosi. Le diede un altro bacio sulla fronte, ma Aiko sembrò poco soddisfatta da quello e gonfiò le guance mentre lo guardava allontanarsi. Il suo Kaoru, così dolce e premuroso, così sbadato e innocente…
Mentre Kaoru si lanciava per i corridoi di Mistilteinn, il volto a metà tra l'euforico per il regalo di Aiko e l'imbarazzo sconvolgente per tutto quello che era successo un attimo prima, finì per andare a sbattere contro alla Sakei che veniva dalla parte opposta, anche lei apparentemente distratta. I due ragazzi finirono per terra, Kaoru a massaggiarsi la fronte, Momo le costole.
«Ahi!» Borbottarono entrambi. «Scusa!»
Si parlarono di sopra all'unisono e dopo essersi interrotti un paio di volte, alla fine rimasero a sghignazzare come due ebeti.
«Dove andavi così di corsa?» Domandò finalmente lei, gambe distese e schiena curva come se non avesse più energie per rimettersi in piedi.
«In cucina.» Bofonchiò quello. «Devo decidere cosa preparare questa sera. Scusa se ti ho investita, ero distratto…»
«Anche io… Non stavo guardando dove mettevo i piedi.» Ammise la ragazza imbarazzata.
«Bé, non è colpa tua se non mi hai visto…» Scherzò Kaoru, facendo segno con la mano della differenza in altezza che li separava. Momo lo guardò perplessa, poi capì la battuta e si mise a ridere mentre lui la aiutava a rialzarsi.
«Hai detto che devi decidere cosa cucinare? Accetti suggerimenti?» Gli disse poi quando furono di nuovo entrambi in piedi.
Kaoru sorrise chiedendole cosa avesse in mente.
«Carne.»
«Carne?»
«Carne.»
Kaoru guardò il sorriso divertito della compagna e si chiese se fosse fattibile. «Ma Suzuko è vegetariana.» Commentò poi ricordandosi delle preferenze della loro compagna.
«Puoi preparare un secondo a base di verdure e darle una doppia porzione!» Propose lei, ancora ammiccando.
Kaoru trattenne una risatina, sembrava che Momo avesse una voglia matta di vitamina B. «Non sarà mica tutto quell'esercizio che stai facendo a farti parlare?»
A quelle parole la ragazza fece finta di non sentirlo e sghignazzò dicendo: «Ho fame!»
Allora Kaoru comprese i bisogni della sua compagna e iniziò a pensarci. Si portò una mano al mento e assunse un'aria pensierosa, pensando ad alta voce: «E devo anche fare qualcosa per Aiko…»
«Perché? Non mi sembra che Aiko abbia gusti difficili, anzi il contrario!»
Kaoru la guardò confuso prima di rendersi conto di non aver tenuto per sé quei ragionamenti. «Ah, no. E' solo che mi ha detto di voler mangiare qualcosa che non sia troppo pesante, ha paura di star mettendo su peso.»
Momo si mostrò sorpresa, poi capì cosa intendesse il ragazzo e vide il problema. «Bé, forse un pochino… Non mi aspettavo che Aiko fosse il tipo da farsi questi problemi.»
Kaoru strinse le spalle dicendo che ogni giorno scoprivano qualcosa di nuovo dei propri compagni. Poi si rese conto di essersi fermato a parlare anche troppo e si scusò di nuovo con Momo per averla trattenuta.
«No, figurati! Io stavo cercando Hoshi, non è che lo hai visto?» Cambiò argomento lei. Kaoru scosse la testa senza neanche pensarci, ma se avesse dovuto tirare a indovinare avrebbe detto che Kondō fosse nella propria stanza a studiare.
«Per cosa lo cercavi?»
«Oh, niente di che… C'era una cosa che dovevo fargli vedere.» Borbottò la ragazza facendo spallucce. Stava per divagare, ma il suo sguardo fu attirato dalla spilla che Kaoru portava fieramente al petto, in bella mostra sull'uniforme. «Ma… E quella cos'è?»
«Oh.» Lui fo colto alla sprovvista da quella domanda, non si era ancora abituato a portarla che già la gente gli faceva domande. «E' un regalo di Aiko, per il mio compleanno!»
Kaoru tirò un po' la stoffa per mostrare meglio la spilla e mandò a Momo un sorriso raggiante. La ragazza per tutta risposta sembrò incredula.
«Aspetta, oggi è il tuo compleanno?» Domandò spiazzata. Kaoru annuì e la ragazza alzò di colpo la voce, dicendo che non era modo di annunciare una cosa del genere, e subito passò a fargli gli auguri con un caloroso abbraccio.
«Bé, non sapevo bene come dirlo…» Borbottò quello mentre Momo lo stringeva affettuosamente.
«Oh, non fare come Kya!» Lo rimproverò lei, che si scostò dall'abbraccio e si portò le mani ai fianchi. «Anzi, sai una cosa? Domani è anche il mio compleanno!»
«Come?» Domandò incredulo lui. «Auguri! Aspetta, porta male farli in anticipo?»
Momo sghignazzò per tutta risposta. Dopo essersi scambiati un altro abbraccio, questa volta da parte di Kaoru, ognuno tornò ai propri compiti e il ragazzo stava già pensando a cosa preparare quella sera: visto che stava arrivando il compleanno di Momo pensò che sarebbe stato bello accontentarla, così avrebbe grigliato della carne rossa per tutti, accompagnandola con una sostanziosa torta salata, come quelle che preparava spesso Aiko. Non pensava di essere in grado di prepararla da solo, ma Kya sì e presto lo avrebbe raggiunto, così si mise a lavoro e iniziò a mettere in ordine la cucina.
Momo, da parte sua, salì le scale in tutta fretta, rallegrata dalla chiacchierata con Kaoru, e andò a cercare proprio la stanza del suo partner. Fortunatamente, la porta era aperta.
«Hoshi, ehi! Guarda che so fare!»
Lo trovò seduto sul letto a leggere un libro preso in prestito dalla biblioteca, gli occhiali poggiati sulla scrivania con le stanghette ripiegate con cura. Hoshi era sempre contento di vedere l'entusiasmo della sua partner nel mostrargli qualcosa, lo faceva sentire speciale il fatto che fosse la prima persona che cercasse quando era emozionata o che avesse così tanta voglia di renderlo partecipe delle sue esperienze. Quando le chiese che cosa volesse però, la ragazza gli disse solamente di mettersi in piedi vicino a lei e mantenne il mistero per qualche secondo.
Hoshi sorrise e posò la sua lettura dopo aver lasciato un segnalibro al centro delle pagine, quindi si fermò accanto a lei e rimase in attesa, divertito dalla situazione.
«Quanto pesi?» Gli domandò lei.
«Non lo so… Quaranta chili?» Borbottò lui un po' confuso. La sua confusione si tramutò in totale smarrimento quando si sentì mancare il terreno da sotto i piedi.
«M-ma che cosa fai?» Le chiese diventando immediatamente rosso per l'imbarazzo mentre la ragazza lo sollevava apparentemente senza il minimo sforzo continuando a sghignazzare; lo teneva stretto, al sicuro, una mano dietro ai fianchi e una a sorreggere le gambe. Hoshi cercò inavvertitamente di reggersi e le braccia andarono a cingerle il collo, completando l'opera e trasferendo tutto il suo imbarazzo anche alla ragazza.
«S-sono diventata forte, eh?» Continuò, combattendo quella sensazione. Hoshi balbettò qualcosa senza riuscire ad avere senso.
«Sì, sei fortissima!» Disse alla fine. «Ma perché devi prendermi in braccio per farmelo vedere?» Anche se si stava vergognando da morire, non osava staccare le braccia dal collo di Momo. Lei rimase interdetta per un secondo; pensava che quello fosse il modo più veloce per farglielo vedere, senza contare che avrebbe voluto vedere la sua faccia sorpresa. Aveva sentito una sorta di brio travolgerla quando si era decisa a fare quella cosa, sapeva che a Hoshi non piacesse essere trattato in quel modo senza che gli si fosse data la possibilità di scegliere e sapeva che avrebbe dovuto chiedere il permesso, ma voleva veramente tanto fare quella cosa e farlo sentire… Protetto?
«Momo?» Gli agitò una mano davanti agli occhi e lei sbatté le palpebre, ritrovandosi il suo volto di fronte. Vicinissimo.
Momo non credeva di essere stata così vicina al viso del ragazzo. Sicuramente c'erano state altre occasioni, ma in quella situazione così intima? Solo loro due nella stanza, lui tra le braccia di lei, quel volto così dolce e delicato, ora trasformato in una chiazza rossa proprio a causa sua.
Dal canto suo, Hoshi non pensava di essersi mai soffermato così tanto a osservare il viso di Momo; o meglio, lo aveva sempre osservato attentamente senza rendersene conto e ora che ce lo aveva di fronte, tutti quei piccoli dettagli gli tornavano familiari, come quelle sporadiche lentiggini che aveva sulle guance o i riccioli che le cadevano sulla fronte e davanti agli occhi, talmente ribelli da sfuggire persino al cerchietto che indossava spesso. Era un viso pulito, che trasmetteva sicurezza e simpatia, e lui non riuscì a capire perché lo avesse considerato tanto inquietante la prima volta.
«S-s-s-scusa! Mi sono lasciata trasportare dall'entusiasmo…» Balbettò lei incontrollabilmente, costringendosi ad uscire da quella stasi in cui erano entrati; sembrava che il tempo si fosse fermato mentre i loro sguardi si fissavano, si intrecciavano e si univano in un silenzioso ballo che nessuno dei due era capace di comprendere appieno.
Momo adagiò Hoshi a terra con delicatezza e si scusò ancora. Il ragazzo si scrollò i vestiti, ancora scosso e sudato dall'esperienza, e le disse con un filo di voce che non aveva niente di cui scusarsi.
«E' solo che ero così contenta di essere riuscita a sollevare tutto quel peso che dovevo fartelo vedere in qualche modo…» Continuò poi lei intrecciandosi le mani con nervosismo. «Volevo che fossi… Orgoglioso?»
Il modo in cui la ragazza alzò lo sguardo diretto a Hoshi quasi gli diede un mancamento; quegli occhi vispi avrebbero fatto sciogliere il più duro dei duri, ma in quella situazione con la timidezza e l'imbarazzo che si portavano dietro Hoshi non capì come fece a mantenere la concentrazione.
«E'… E' un bel risultato!» Balbettò lui. «Si vede che ti sei impegnata tanto.»
Quasi immediatamente, Momo ammiccò in risposta a quelle parole e Hoshi pensò che non ci fosse cosa più adorabile sulla faccia della terra.
«Ora devo andare…» La ragazza si mosse come un giocattolo caricato a molla e raggiunse la porta, ma Hoshi la fermò.
«Aspetta un momento… Ehm…» Esitò a guardarla in faccia, temendo di sembrare troppo molesto, e alla fine mantenne un'aria un po' distaccata ma era chiaro che volesse dire tante cose faccia a faccia. «Domani è il tuo compleanno, vero?»
Momo avrebbe voluto urlare, non riusciva a credere che Hoshi si ricordasse la data! Mantenendo a fatica la compostezza, annuì decisa e lasciò intendere che volesse sapere perché lo chiedeva.
«Bé… Non ti ho ancora regalato qualcosa di degno… Quindi domani preparati!» Di nuovo con le guance in fiamme, Hoshi balbettò quella sua spiegazione e non aggiunse altro.
«Hoshi, non devi regalarmi nulla…» Provò a dire lei, ma lui alzò una mano e la zittì.
«Io voglio farlo, Momo! Perché te lo meriti.» Disse. «E perché credo che ognuno meriti di farsi viziare un po' nel giorno del proprio compleanno.»
Momo sentì un gran calore salirle nel petto e ancora una volta si soffermò su quanto fosse carino Hoshi quando cercava, nonostante l'imbarazzo, di mantenere quel velo di sicurezza – e anche un po' del suo tono burbero – con lei. Il regalo che le aveva fatto quando si era presentata a casa sua era stata una dolcissima sorpresa, ma non avrebbe voluto che si sentisse obbligato a fargliene altri.
«D'accordo, allora.» Mormorò. «Grazie Hoshi.»
Lui si grattò una guancia senza aggiungere niente e pensò che la parte difficile fosse passata. Momo si avviò nuovamente verso la porta e si fermò sulla soglia per salutare.
«Oh, giusto!» Disse. «Se vedi Matsumoto, fagli gli auguri! Anche lui compie gli anni.» E con queste ultime parole, si congedò e corse nella propria camera.
Momo non sapeva come avesse fatto a mantenere la compostezza, ma quando ebbe chiuso la porta alle proprie spalle sentì il sudore formarsi lungo la fronte e le tempie, quindi si rese conto di non poter più smettere di sorridere. Con le gambe tremanti non seppe nemmeno come fece a tornare in camera sua, quindi raggiunse il proprio letto e si sedette per cercare di calmarsi; lo sguardo le cadde proprio sul pupazzo regalatole da Hoshi un mese prima. La scimmietta blu era rimasta posata sul suo cuscino per tutto quel tempo, facendole compagnia durante la notte; Momo si vergognava un po' a dirlo, ma quando dormiva abbracciava forte quella scimmietta ed era arrivata al punto che non credeva di essere più in grado di assopirsi senza di essa. Le ricordava Hoshi, non solo perché fosse stato un suo dono ma perché pensava che gli somigliasse un po': piccolo e un po' strano, che nascondeva un lato tenero.
La ragazza se lo mise sulle gambe e sorrise mentre gli occhi lucidi della scimmietta la scrutavano impassibili, poi si sdraiò su un fianco e la strinse forte al petto e subito un'altra strana sensazione la assalì: il cuore batteva come un martello e le toglieva il respiro, sentiva la gola strozzata come se dovesse piangere e una nostalgia che non seppe decifrare la lasciò a sospirare in silenzio.

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Capitolo 76
*** Scuse dovute ***


«E allora ho detto: "ma lo sai che domani è il compleanno di Momo? Voglio farle una torta!" E Kaoru mi ha rivelato che fosse anche il suo, così abbiamo deciso di fare questa festa per tutti e due e rilassarci un po' assieme…»
Quella sera Kya aveva una parlantina inesauribile. Aveva già raccontato due volte la storia a due persone diverse e adesso Aiko, che già sapeva tutti i dettagli della storia, le sorrideva e attendeva pazientemente che finisse la storia. Era attenta e cercava di rimanere coinvolta, ma sinceramente si stava preoccupando della seconda porzione di dolce gentilmente offertale – sarebbe stato meglio dire che gliela avesse piazzata davanti senza ammettere alcuna replica – dalla stessa caposquadra. Non poteva biasimarla però, il suo ex partner era seduto proprio lì accanto e sembrava star partecipando alla conversazione e lei doveva cercare di tenere il cervello impegnato, fingere sicurezza; ma dopo un po' poteva notare le crepe nella sua recita e prima o poi avrebbe finito gli argomenti di cui parlare…
Dal canto suo però, Ryo osservava la seconda festeggiata senza dire niente, che chiacchierava amabilmente con Kondō come se non fosse mai successo niente tra loro; e non erano solo loro due, anche Maruyama e Sentakami si comportavano diversamente da come avrebbero dovuto. Tutti quanti sembravano riuscire ad andare oltre i problemi, perdonare o addirittura dimenticare i torti subiti e le difficoltà… Ma perché lui non ci riusciva?
Il mondo continuava a ruotare normalmente anche se lui voleva urlare contro il vento, esplodere di rabbia fino a perdere le corde vocali e finalmente crollare al suolo senza più forze. Era stato veramente tanto egoista da pensare che tutto si sarebbe fermato per lui? E allora che senso aveva quella crociata personale che aveva imbastito contro la sua migliore amica? Era veramente nel torto?
Da una parte avrebbe voluto dimenticare tutto, riavvolgere il tempo e tornare a quello che erano prima che iniziasse tutto quello… Dall'altra non riusciva ad abbandonare quella sensazione di essere stato trattato male, di non avere tutte le colpe come minimo. Era solo lui? Era troppo orgoglioso?
«Ryo?» La voce cristallina di Kya lo graffiò improvvisamente, facendogli alzare lo sguardo dopo essersi perso quasi completamente in quei pensieri deprimenti e vide gli sguardi di tutti e tre gli amici su di lui. «Va tutto bene? Non hai mangiato quasi niente.»
Il ragazzo osservò il piatto con la torta di fronte a sé, la forchetta ancora infilzata nel pan di spagna e la crema che si scioglieva sempre di più; una scena che si era ripetuta diverse volte quella sera, tra una portata e l'altra. Poteva semplicemente dire di non avere fame? Era sicuro che gli avrebbero creduto, o che per lo meno lo avrebbero lasciato in pace anche se fosse sembrata una ovvia bugia.
«Va… Va tutto bene.» Mormorò lui quasi mangiandosi le parole, poi il suo sguardo si inasprì di colpo e si alzò da tavola. «E smettila di preoccuparti per me, non sei mia madre!»
Kya abbassò lo sguardo immediatamente, costernata e delusa mentre Ryo lasciava la stanza sotto gli occhi di tutti. Il mondo era sottosopra, il pazientissimo Ryo che perdeva le staffe per un nonnulla e la sua impulsiva amica che doveva sopportare quel trattamento senza poter ribattere; qualcuno si sarebbe arrabbiato senz'altro se Kaoru non si fosse alzato dicendo che sarebbe andato a parlargli.
«Non abbatterti, cara.» Mormorò Aiko posando una mano sulla spalla di Kya e rimanendo incerta se dargli una carezza.
Kya fece una smorfia e sbuffò, poi come se avesse ingoiato il rospo più amaro di tutti si ritrovò a sorridere – in maniera piuttosto forzata – e rispose: «Va tutto bene, non avrei dovuto intromettermi.»
Ma Aiko non le credette, anzi rimase a osservarla finché non le fece un'altra domanda: «Hai un istinto quasi materno nei suoi confronti, lo hai mai notato?»
Kya quasi si strozzò mentre beveva e rimase a guardare la compagna mentre si scusava per averla spaventata.
«Non volevo sconvolgerti, pensavo fosse una cosa ovvia…»
«No, è tutto a posto…» Tossì ancora la ragazza, colpita senza dubbio. «Perché… Perché hai questa impressione?»
Aiko inspirò a fondo prima di rispondere, come se stesse cercando di articolare al meglio la propria spiegazione. «Bé, è ovvio che dopo tanto tempo passato assieme, tu faccia fatica a stargli lontano. Quindi il tuo desiderio di stare accanto a Ryo si trasforma in cure e attenzioni tutte rivolte verso di lui.»
Kya la osservò mentre quei suoi boccoli fluttuavano attorno alla sua faccia, conferendole un'aria quasi angelica e distolse lo sguardo imbarazzata. «N-non è vero.» Rispose senza guardarla.
Aiko fece spallucce e abbassò lo sguardo sul piatto di fronte a sé. «E allora perché gli hai chiesto perché non abbia mangiato quando io ho fatto quasi la stessa cosa?»
Improvvisamente Kya prese a sudare freddo. Si girò nuovamente, con lentezza, e vide il dolce ancora quasi immacolato nel piatto di Aiko. Lei però era già alla seconda portata, ma questo non se lo ricordò in quel momento.
«Io non ho… S-scusa, Aiko… Non volevo…»
«Kya, va tutto bene!» Questa volta fu Aiko a dirlo, e lei diceva sul serio. «Sei stressata. Hai la testa completamente altrove e l'unica cosa che riesce a farti restare sui binari ti respinge; onestamente non capisco come tu abbia fatto a restare sana di mente per tutto questo tempo…»
Kya abbassò la testa costernata, le labbra che tremavano come se dovesse mettersi a piangere.
«Guarda che non c'è niente di male a essere così affezionati a qualcuno. Anche io vorrei stare sempre con Kaoru, ma…» Quelle parole rimasero a galleggiare nel brusio della sala da pranzo finché Aiko non decise di lasciar perdere. «Il fatto è che tu hai un bisogno che non sta venendo soddisfatto, è come togliere l'aria a una persona. Tu vivresti senza aria?»
Aiko si versò da bere mentre Kya la guardava interrogativa, chiedendosi se dovesse rispondere a una domanda come quella, ma la ragazza non gliene diede il tempo e le porse un secondo bicchiere con sorriso rassicurante.
«Ryo è la tua aria.»
Guardò il bicchiere davanti a sé: semplicissima acqua, fresca e cristallina, ma accettarla le sembrò quasi un gesto sbagliato. Era come se dovesse ammettere qualcosa di tremendamente vergognoso e questo andava contro tutto quello che aveva deciso di fare per salvare sé stessa da quella sofferenza.
Aiko però rimase immobile finché lei non ebbe afferrato quel bicchiere. Solo allora ammiccò pazientemente e disse che anche a Ryo mancava qualcosa, che lo riusciva a sentire quando pilotavano assieme.
Kya esitò a bere, guardava Aiko con dispiacere come se le avesse fatto un torto enorme e non sapesse come scusarsi. Si specchiò in quel piccolo bacino d'acqua che era il suo bicchiere e pensò di essere veramente infantile, prima di posarlo e rivolgersi completamente verso la sua compagna.
«Scusami, Aiko. Io… Ti ho odiata per un po'.»
Aiko rimase in silenzio in attesa che si spiegasse. Sul suo volto non comparve la minima punta di sorpresa, né rancore.
«Io so che tu non c'entri niente con questa storia, che come me avresti solo voluto che tutto rimanesse com'era… Ma ogni volta che ti vedo al fianco di Ryo, ogni volta che vedo Xenomorphus muoversi grazie a lui… Ogni volta penso che lui avrebbe dovuto essere con me, che ero così felice vicino a lui e che in qualche modo tu me lo hai portato via, anche se indirettamente!
«Non è razionale, anzi so di sembrare completamente pazza. Il fatto è che mi è difficile pensare che Ryo possa non v-volermi stare accanto e per questo finisco per convincermi che non è lui a scappare, ma che sia tu che stai cercando di portarmelo via…»
Kya si accorse troppo tardi di avere esagerato e che alcune lacrime fossero sfuggite al suo controllo e allora alzò una mano a nascondere il proprio volto, cercando di asciugarsi le guance con la manica della felpa. «Cazzo!» Piagnucolò, ingoiando qualunque sentimento il suo corpo stesse cercando di rigurgitare e affrettandosi ad apparire di nuovo normale, così da non preoccupare nessun altro a quella festa.
Non vide cosa stesse facendo Aiko, ma sentì la sua sedia fare rumore. Forse si stava alzando, stufa di quella conversazione così deprimente; probabilmente sarebbe andata a cercare il suo darling per risollevarsi il morale, lei che aveva qualcuno da poter chiamare in quel modo. Un attimo dopo però, Aiko fu ancora più vicina a lei e la strinse come una amica che non vedeva da anni.
«Kya… Se ti fa stare meglio, puoi anche odiarmi.» Sussurrò. Quelle parole furono rivoltanti da sentire, Kya si chiese che diavolo avesse in testa per portare una sua amica a dire qualcosa del genere.
«N-no, io non…!» Provò a divincolarsi, ma non ci riuscì. Il suo sguardo corse da un lato all'altro della stanza per cercare di capire se qualcuno le stesse osservando, ma Aiko non si scompose.
«Quello che vorrei però sarebbe che tu potessi fidarti di più… Di me, di Kaoru, e soprattutto di Ryo.» Continuò l'altra. «Ho notato i tuoi sforzi nel cambiare, i tentativi che hai fatto per correggere quelle cose di cui Ryo si lamentava. Credo che anche Ryo li abbia notati, forse è proprio per questo che reagisce in modo così aggressivo quando gli parli… Ma queste cose non sono semplici e anche con tutta la buona volontà serve del tempo per venire a patti con sé stessi, ed è proprio questo che sta cercando di fare.
«Ma se pensi che lui stia pensando ad altre persone o voglia rimpiazzarti in qualche modo… Allora non devi preoccuparti: tutto quello che ho visto dentro di lui quando pilotavamo assieme, è sempre stato legato in qualche modo a te.»
Un peso ancora più grande si formò nel petto di Kya quando sentì quelle parole. Avrebbe dovuto renderla felice, ma sapere che nonostante ciò Ryo avesse deciso di separarsi da lei le diede solo più tristezza.
«Scusami…» Mormorò abbassando la testa, stretta in quell'abbraccio a senso unico quasi come se fosse stata incatenata dalle braccia di Aiko.
Finalmente Aiko sembrò soddisfatta dalla reazione ricevuta e allentò la presa, rimanendo a sorridere amabilmente alla ragazza; Kya però non riusciva a ricambiare il suo sguardo.
«Sei una brava ragazza, Aiko…» Borbottò superando la vergogna. «Kaoru è fortunato ad averti.»
«Sono io quella fortunata.» Rispose lei con un sorriso. «Tutte e due lo siamo.»
Kya non capì esattamente cosa volesse dire, a chi si riferisse, ma evitò di chiederglielo. Invece si concentrò sulla torta di Aiko.
«Ehm… Non devi mangiarla per forza…» Borbottò rendendosi conto di aver inavvertitamente esagerato con le porzioni.
Aiko però sembrò ricordarsene all'improvviso e in maniera totalmente inaspettata riprese in mano la forchetta e ne imboccò un poco.
«In realtà, voglio!» Disse con le guance ancora piene. «Ero preoccupata di ingrassare, ma il fatto è che la tua cucina è troppo buona e non ce la faccio a trattenermi!»
Kya sorrise mestamente, poi le sfuggì una risatina. Non credeva che avrebbe potuto ricevere più comprensione di così neanche se fosse andata a cercarla: era circondata da persone dal cuore d'oro che le volevano bene e la capivano, ma quanta fatica a rendersene conto…
 
*
 
Ryo sapeva che sarebbe arrivato qualcuno a parlargli dopo l'ennesima scenata con Kya. Ma che andassero tutti al diavolo! Quella ragazza non faceva altro che tentare di fargli venire i nervi e adesso appariva come il cattivo? Non aveva intenzione di litigare con qualcun altro quella sera, se ne sarebbe andato nella propria stanza e avrebbe dormito… Proprio mentre pensava questo e si dirigeva verso la porta per uscire dalla biblioteca dove era andato a rifugiarsi, Kaoru comparve davanti a lui impedendogli il passaggio.
Seccato, Ryo distolse lo sguardo e indietreggiò. Kaoru sorrise mestamente, come se ci trovasse qualcosa di divertente in quella situazione, quindi entrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle.
«Mi hai fatto preoccupare, per sparire così ho pensato dovessi scappare al bagno…» Commentò ironico, sapendo però che quell'umorismo non lo avrebbe aiutato. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che Ryo aveva riso a una sua battuta, mantenendo la vecchia complicità che si era subito creata al loro arrivo a Mistilteinn.
«Chi ti ha mandato?» Sbottò secco l'altro. Kaoru strinse le spalle.
«Deve avermi mandato qualcuno? Non posso preoccuparmi da solo del mio amico?»
Ryo non rispose, anzi incrociò le braccia con decisione e le tenne strette al petto come se quella fosse una scelta definitiva. La parte dell'offeso non gli veniva molto bene, pensò Kaoru.
«Sai, potrei mettermi a dire che stai esagerando con Kya, che lei è cambiata e tutte queste cose…» Il ragazzo avanzò e si sedette su una poltrona da lettura, talmente comoda che visto il buio della stanza e il silenzio che vi regnava, se non fosse stato in una conversazione con Ryo si sarebbe subito addormentato. «Ma sinceramente non mi va di farlo, anche perché sono sicuro che tu non abbia voglia di sentirlo… Quindi, invece vorrei chiederti: come stai?»
«Bene, come dovrei stare?» Rispose immediatamente l'altro, rimanendo girato. «Io ho una nuova partner che non mi soffoca con le sue attenzioni e che non mi scavalca ogni volta che lavoriamo assieme, come pensi che stia?»
Kaoru sbuffò senza farsi notare. Era difficile non rispondere a tono alla aggressività passiva di Ryo.
«Il fatto è che… Non parliamo da tanto tempo.» Mormorò alla fine, intristendosi. Kaoru avrebbe tanto voluto tornare a quando tutto era più semplice, quando il suo miglior amico non era divorato da quelle emozioni negative e loro potevano divertirsi come volevano senza pensare a quelle cose. Quando alzò lo sguardo, vide davanti a sé una scena che non si sarebbe aspettato: Ryo lo fissava incredulo, le labbra tremanti come se stesse cercando di dire qualcosa e il volto improvvisamente pallido.
«R-Ryo?» Si alzò pensando che l'altro si sarebbe sentito male. Era pronto ad afferrarlo e adagiarlo su una sedia se dovesse servire, ma Ryo indietreggiò alzando una mano e chiese scusa.
«Non è niente…» Mormorò. «Io… Mi dispiace, sono così incazzato… Sento che non dovrei esserlo, ma io voglio esserlo…»
«Ehi, è tutto okay!» Kaoru cercò di calmarlo e si avvicinò di nuovo, sapendo però di non poter tirare troppo la corda. «Non devi sapere per forza cosa ti faccia arrabbiare. E' così e basta, io ti capisco.»
Ryo sembrava come se dovesse mettersi a piangere da un momento all'altro. «La verità è che mi sento in colpa…» Mormorò con un filo di voce. Kaoru quasi non lo sentì.
«Ah.»
Rimasero in silenzio per qualche istante. Kaoru non sapeva se avrebbe dovuto chiedere qualcosa di più o lasciar perdere l'argomento: Ryo avrebbe potuto volerne parlare, ma spingerlo a confidarsi avrebbe rovinato tutto.
Alla fine fu il diretto interessato a decidersi: «Io voglio bene a Kya, le ho sempre voluto bene… So che è così, non potrei odiarla neanche se mi facesse del male. Ma non riesco a vivere sapendo di non essere rispettato come…»
Si interruppe stringendo un pugno con forza, come solo pensare quella cosa lo facesse andare su tutte le furie. Kaoru rimase in ascolto.
«Credo che la cosa ci sia sfuggita un po' di mano…» Disse alla fine, voltandosi verso l'altro e rilassando la mano.
«A che ti riferisci?»
I due ragazzi rimasero in silenzio. Certo, Kaoru sapeva già a cosa si riferisse Ryo e non c'era bisogno di dire altro, ma parlarne ed analizzare quella situazione avrebbe fatto bene a entrambi. Alla fine però nessuno disse niente, invece Ryo sorvolò come se non fosse necessario.
«E' solo che… Sento di averti trattato male. Tu ti sei schierato con Kya e io per risposta ho iniziato a ignorarti, a fare finta che non fossimo più amici…»
Kaoru si alzò e andò verso il suo amico. «Ryo, Ryo… Non c'è una parte con cui schierarsi.» Gli disse con tono tranquillo. «Io comprendo i motivi che ti hanno spinto ad allontanarti da Kya, ma simpatizzo con lei per i sentimenti che nutre verso di te. Non deve per forza essere una guerra…»
Ryo lo guardò negli occhi, il bagliore della luna da una finestra gli tagliò il volto quando tornò a guardare dall'altra parte, affranto. «Però… Non riesco a fare in nessun altro modo.» Ammise, non sapendo esattamente cosa significassero quelle parole.
«Lo so, è difficile.» Disse Kaoru. «So che ti serviva tempo e so che non sei cattivo, altrimenti non saremmo amici, ti pare?»
Ryo alzò lo sguardo e si concesse un piccolo sorriso divertito, qualcosa con cui sentirsi meglio anche solo per un secondo. Non sapeva se fidarsi completamente delle parole di Kaoru, il modo in cui aveva trattato la sua migliore amica non sembrava proprio il comportamento di una brava persona…
«Tutto bene?»
Ryo scacciò quei pensieri e sorrise, ma il suo sguardo sembrò più triste di prima. «Sì… Stavo solo…» Cambiò argomento completamente e agitò una mano come per dire di non pensarci. «Grazie per esserti preso cura di lei.» Disse alla fine.
Kaoru sembrò molto contento di sentire quelle parole e ghignò con trasporto. «Questo dovrei essere io a dirtelo, Aiko con te è in una botte di ferro!»
Ryo non era sicuro di poter confermare quella cosa, ma Kaoru lo afferrò e lo strattonò amichevolmente dandogli pacche e abbracciandolo come se non si vedessero da tanto tempo. Iniziarono a camminare assieme verso l'uscita per tornare nella sala da pranzo dagli altri, e mentre andavano disse: «Continuiamo a prenderci cura delle nostre partner, d'accordo amico?»
 
*
 
Aiko aveva già dato il proprio regalo a Kaoru, il ragazzo lo aveva già messo in bella mostra e per tutta la serata aveva continuato a farlo vedere ai compagni e a dire quanto fosse contento di quella spilla. Hoshi avrebbe voluto fare qualcosa di simile e fare il suo regalo a Momo lontano dagli sguardi dei propri compagni, impiccioni e pronti a commentare di tutto solo per metterlo a disagio, ma aveva già detto a Momo che glielo avrebbe fatto vedere quella sera e non poteva rimandare ancora.
L'aveva ripiegata con cura dentro a una scatola e si era domandato se valesse la pena anche di incartarla, ma alla fine aveva deciso di lasciarla così com'era: preferiva un aspetto più minimalista ai motivi pieni di colori dei pacchi regalo che si vedevano di solito e non sapendo cosa preferisse lei aveva deciso di non rischiare di mettere Momo in imbarazzo di fronte a tutti.
Il suo regalo non era niente di che, si sentì un po' un idiota mentre andava a prenderlo nella propria stanza, ma sicuramente sarebbe stato meglio di quel peluche scelto in preda all'agitazione dell'ultima volta; nonostante non facesse che rimproverarsi per quella scelta così pacchiana, Hoshi non aveva idea di quanto Momo adorasse quel regalo in realtà.
Scese le scale, Hoshi tornò in sala da pranzo dove la tavola era stata già sparecchiata e i presenti stavano semplicemente passando il tempo tra una chiacchiera e l'altra. Quando Momo lo vide comparire sulla porta e i loro sguardi si intrecciarono per un secondo, entrambi sentirono un forte calore salire dal profondo.
Hoshi avanzò con fare rigido, teneva lo scatolino tra le mani come se fosse un valletto di fronte a decine di spettatori e quando fu di fronte alla sua partner esitò un istante per porgerglielo.
«Dunque… Come promesso, ecco il tuo regalo di compleanno.» Borbottò con la voce tremante, senza staccarle mai gli occhi di dosso.
Momo gli aveva detto tante volte quanto non fosse necessario che si disturbasse, ma quella sera lasciò correre e lo ringraziò per il pensiero. La ragazza non era sicura se Hoshi stesse facendo tutto quello nel tentativo di farsi perdonare qualcosa o se fosse proprio il suo modo di esprimere affetto, ma avrebbe mentito se avesse detto che non lo apprezzava almeno un poco; anche se le sarebbe piaciuto di più se invece di farle quei regali, Hoshi avesse passato ancora più tempo con lei. Era un sentimento strano da decifrare, in alcuni momenti le sembrava di essere veramente egoista perché le sembrava che volesse tenerselo tutto per sé…
«Ma questa… Non ti sarà costata troppo?» Sbottò dopo aver aperto lo scatolo, scoprendo la sciarpa di seta ordinatamente ripiegata al suo interno. Momo la tirò subito fuori e la srotolò per osservarla meglio.
«So che non è un regalo particolarmente pratico, ma mi sono chiesto che cosa potesse starti bene e mi sono ricordato delle sciarpe in cui ti sei sempre avvolta durante l'inverno. Così ho pensato che avrebbe potuto piacerti qualcosa di simile, ma visto che siamo in primavera ho voluto prenderti qualcosa di più leggero…» Borbottò nervosamente lui, ignorando la domanda sul prezzo.
Momo tese la sciarpa del colore del sole in alto, davanti alla faccia, il tessuto delicato sotto i polpastrelli sembrava quasi vibrare ogni volta che si muoveva, e le nappine ai due capi le conferivano un'aria sbarazzina, leggera. Non poté fare a meno di notare come il colore si abbinasse alle mostrine delle loro uniformi e le venne da sorridere.
Hoshi si stava tormentando mentre pensava di aver sbagliato tutto e che avrebbe fatto meglio a regalarle qualcos'altro, quando una mano scese sul suo capo e lo accarezzò dolcemente. Alzò lo sguardo di scatto – nonostante fosse lui quello in piedi e Momo seduta – e vide la sua partner, la sua amica sorridergli con gratitudine e dire che le piaceva moltissimo. E lì per lì Hoshi quasi cedette alla tentazione di dirle quanto fosse bella e luminosa, come solo quell'immagine impressa nelle retine lo avrebbe fatto andare avanti per mesi carico di energie e pensieri felici.
Alla fine si trattenne, un po' perché avevano addosso gli occhi di tutti e anche perché ancora non capiva cosa gli stesse succedendo, e prima che fosse il momento di prendere in mano quei pensieri ed esporli per quello che erano voleva essere sicuro di ciò che provava.
Così quella sera Hoshi sorrise, disse che era molto felice che il regalo le fosse piaciuto, e si assicurò di ricordare per sempre quel sorriso così come il tocco di quella mano così dolce che gli aveva sfiorato i capelli.

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Capitolo 77
*** Facce nuove ***


Non succedeva spesso che la squadra unisse le forze con altre per una missione di proporzioni tanto grandi. I ragazzi pensavano che la collaborazione con la Squadra Desia sarebbe rimasta un evento più unico che raro, ma bastarono pochi altri scontri sia per loro che per gli altri che questo si ripetesse con l'aggiunta di due squadre di ragazzi da altre due città.
Le due squadre provenienti da Celia e Valenza erano stanziate a molta distanza da Anemone e Desia e normalmente non avrebbero collaborato con queste città in un'operazione, tuttavia le notizie sul prossimo obiettivo dei VIRM avevano fatto prendere misure precauzionali speciali all'I.P.U: sembrava che il prossimo attacco avrebbe preso di mira una centrale energetica geotermica a metà strada tra le quattro città e per difenderla era stato deciso di dispiegare forze più ingenti del solito.
Le Squadre Celia e Valenza erano entrambe composte da sei membri ciascuna, la maggior parte di essi pilotavano degli Stridiosauri delle stesse dimensioni di Iustitia, mentre due coppie avevano a disposizione dei classe Gutenberg da schierare sul campo. L'incontro con gli equipaggi era andato molto meglio di quanto sperato, considerate le esperienze passate con la Squadra Desia, anzi i ragazzi delle due squadre più piccole sembravano addirittura idolatrare i loro compagni più esperti e avevano dimostrato sin da subito di voler dare il massimo al loro fianco durante la battaglia.
La caposquadra di Celia, Touka Yoshida, era una ragazza allegra e dall'aspetto quasi infantile nonostante fosse la più grande dell'intero gruppo. Assieme al suo partner Haru Sakamoto avevano affrontato diverse battaglie e anche perso dei compagni, ma nonostante tutto avevano sempre mantenuto alto il morale del gruppo. Aya Miura e Ryusei Ishii erano i loro compagni di squadra più abili, molto forti alla guida del loro Mohorovičić, si erano fatti carico dei lavori più duri nelle ultime battaglie e avevano entrambi un'aria da duri nonostante dentro fossero estremamente timidi; i loro compagni Junko Sasaki e Yodo Kobayashi invece, anche se meno abili, avevano una spavalderia fuori dal comune. Originariamente la loro squadra aveva altre due coppie, ma entrambe erano andate perse nei primi scontri con i VIRM e i resti dei loro Stridiosauri erano stati ritirati come era successo ad Asphodelum.
La situazione per la Squadra Valenza era simile, anche qui due coppie erano state sconfitte in battaglia, ma in questo caso la Pistil di una e lo Stamen dell'altra erano sopravvissuti ed erano tornati a combattere al fianco dei loro compagni su uno dei due Stridiosauri miracolosamente scampati alla distruzione dei VIRM. Erano loro i capisquadra, Sanjuro Abe e Asuka Mishima avevano deciso di dividere quella carica insieme e sembrava che non prendessero nessuna decisione senza che entrambi fossero pienamente d'accordo; nonostante il loro aspetto tetro dovuto alle ferite che si portavano dietro dalle battaglie in cui erano scampati alla morte, sembravano persone abbastanza amichevoli. Un po' meno positivi i loro compagni di squadra Maki Oda e Sae Watanabe, in coppia con Yusuke Takei e Ken Endō, che cercavano in tutto e per tutto di non farli strafare e mantenerli lucidi in ogni occasione.
Quando Kya incontrò le nuove squadre lasciò fare tutto ai suoi compagni; non voleva dire o fare qualcosa di inopportuno e rovinare il rapporto anche con loro, specialmente visto il poco tempo a disposizione per prepararsi alla battaglia. Per fortuna Kano sembrava in grande spolvero e presentò tutti con grande pazienza, prendendo in mano la situazione; anche Suzuko fece in modo di farsi notare con le sue doti diplomatiche, ma quando l'emozione del primo incontro si fu assestata, molti dei nuovi ragazzi sembrarono particolarmente interessati proprio alla caposquadra di Anemone. In particolare Sasaki e Kobayashi andarono da lei e non smisero più di ronzarle intorno come degli ammiratori sfegatati.
Con tutta la buona volontà del mondo però Kya non aveva proprio intenzione di fraternizzare troppo con loro e allo stesso tempo non era dell'umore adatto per quel genere di cose; si ritrovò suo malgrado a passare parecchio tempo nei giorni antecedenti alla battaglia e se i nervi riuscirono a reggere lo dovette solo a Yuki che le rimase accanto per tutto il tempo, con la scusa di essere stati lontani per troppo tempo.
La struttura dove erano ospitate le squadre era un agriturismo in aperta campagna, poco distante dall'area dell'imminente scontro; c'era un grande cortile frontale dove soffiava un vento piacevolissimo tutto il tempo ed era proprio lì che era diretto Tetsuya, quando scorse la sua caposquadra attorniata da compagni passeggiare con aria stralunata in cerca di un luogo dove poterseli scrollare di dosso. In quel posto c'era molto più sole che a Desia e Anemone, sembrava quasi che avessero saltato completamente la primavera e fosse già arrivata l'estate, per non parlare del fatto che non si vedesse l'ombra di una città per chilometri. Era un posto talmente accogliente che stava pensando di andare a farsi una corsetta, ma non conoscendo i terreni nelle vicinanze avrebbe rischiato di perdersi e non voleva essere un problema agli altri, così si limitò a sedersi sugli scalini del portico e rilassarsi un po', godendosi il venticello mentre il sole pomeridiano iniziava la sua discesa verso l'orizzonte.
Se Yoshiki fosse stato lì con lui, si sarebbe sicuramente messo a disegnare. Non gli faceva mai vedere le sue opere, però era bello vederlo così assorto nel proprio lavoro e Tetsuya poteva bearsi del silenzio tra loro senza il bisogno di provare a riempirlo. Si sentiva in pace quando passava quei momenti con il suo amico… Ma allo stesso tempo si caricava di ansia, perché temeva che potesse scoprire il suo segreto e porre così fine a tutto ciò che c'era di bello nel loro legame. Rin gli aveva detto di non pensarci e che fosse improbabile che Yoshiki avrebbe reagito male, ma non riusciva a crederle fino in fondo; la sua esperienza con Suzuko era sicuramente stata positiva, ma lei e Yoshiki erano molto diversi e non si conosceva mai veramente qualcuno finché non lo si metteva in una situazione difficile.
Completamente assorto nei suoi pensieri e cullato dal vento e dal tepore del sole quasi soporiferi, Tetsuya non si accorse dell'arrivo di un'ospite e balzò come un gatto quando la sentì rivolgergli la parola.
«Posso sedermi qui?» Domandò una ragazza che in un primo momento non riconobbe, ma che poi gli tornò subito alla mente. Era impossibile non riconoscerla, con quell'aria segnata e, in qualche modo, stanca. Asuka Mishima, con quel suo fisico esile, non dava l'idea di una persona capace di sopravvivere dopo essere stata trafitta sette volte dalla propria arma all'interno della connessione e poi schiacciata dal crollo della stessa cabina di pilotaggio, come raccontava il rapporto sulla battaglia dove lei aveva perso il suo partner. Forse era stato proprio grazie a questo che i VIRM non si erano curati di finirla, vedendo il suo Stridiosauro smettere di muoversi così velocemente, o magari era stata tutta fortuna…
«Ehm… Certo!» Rispose facendosi un po' da parte. Gli scalini erano ampi, ma non si sarebbe aspettato che la ragazza si sedesse proprio accanto a lui. «Perdonami…» Borbottò.
«Di cosa?»
Tetsuya si rese conto di aver solo pensato quelle cose, niente di tutto quello aveva raggiunto le orecchie di Mishima. Stava già iniziando a sudare per la mancata figuraccia, ci mancava solo che lei lo guardasse con quegli occhi così penetranti!
«Ehm… No, scusa. Ero soprappensiero.» Disse alla fine evitando il suo sguardo.
«Ah, va bene.» Borbottò monotona lei, e tornò a guardare verso l'esterno.
Rimasero in silenzio per un po' e mentre Tetsuya si chiedeva se fosse un caso che Mishima fosse andata a sedersi proprio vicino a lui, ne approfittò per osservarla un po': il suo aspetto era abbastanza normale, anche il suo sguardo perennemente imbronciato non era niente di nuovo per lui che aveva a che fare con Suzuko ventiquattro ore su ventiquattro, ma era evidente come ci fosse molto altro nascosto agli sguardi meno attenti, come i segni sotto agli occhi e le macchie sulla fronte, nascoste in parte dal caschetto asimmetrico dei suoi capelli argentati, colore che non aveva il coraggio di chiedere se avesse dalla nascita o fosse un effetto della sua esperienza con i VIRM. Tetsuya aveva sentito parlare di come, in passato, i Parasite che pilotavano i FranXX fossero soggetti a un invecchiamento accelerato a causa del continuo impiego dei globuli gialli, ma loro adesso disponevano di una terapia che gli permetteva di arginare questi problemi, quindi o si trattava di un tratto genetico oppure era stato a causa del trauma… E a conferirle un aspetto ancora più spettrale ci si mettevano i suoi occhi grigi, le iridi quasi trasparenti che gelavano il sangue ogni volta che gli si posavano addosso. Non voleva neanche pensare alla quantità di cicatrici nascoste sotto all'uniforme; da lì Tetsuya riusciva solo a scorgere un grosso segno rosso che spariva nella calza destra in direzione della caviglia, mentre spalle e braccia erano protette dalla mantellina invernale, decisamente troppo pesante per quella giornata.
«Fa caldo.» Mormorò la ragazza spostando il proprio peso indietro. Tetsuya annuì preso alla sprovvista e non seppe come rispondere. «Bé, in realtà l'afa non mi dispiace. Anche d'estate ho bisogno di coprirmi…»
La ragazza piegò gli angoli della bocca in un sorrisetto provocante che lasciò Tetsuya senza parole mentre lei con un movimento delle spalle metteva un po' in mostra la mantellina.
«O-oh…» Balbettò lui, rendendosi conto di aver inteso male. Tetsuya si sentì orribilmente a pensare tutte quelle cose, conscio di star facendo mille supposizioni su una persona a cui non si era neanche ancora presentato.
«Io…» Parlò ad alta voce e le parole gli rimasero lì, pronte a uscire ma ancora incerte. Mishima poggiò le mani dietro di sé e accavallò le gambe nel frattempo. «Sono Tetsuya.»
Alla fine ce l'aveva fatta a presentarsi. La ragazza si mostrò compiaciuta e rispose: «Io sono Asuka.»
Poi entrambi rimasero in silenzio di nuovo, questa volta per poco tempo, ma a Tetsuya sembrò comunque un'eternità.
«La vedi quella montagna?» Disse lei allungando una mano. L'agriturismo era situato ai piedi di una catena montuosa che continuava parallela ad esso; normalmente quella sarebbe stata una meta di vacanze ed escursioni di fine settimana, piena di gente in quel periodo, ma l'I.P.U. aveva evacuato l'intera area e chiuso l'ingresso a chiunque per evitare il maggior numero di danni all'arrivo dei VIRM.
Tetsuya annuì confuso e osservò il dorso della montagna. Mishima puntava il dito contro una costruzione che si estendeva per alcuni chilometri quadrati su di essa, ma che da lì appariva piccolissima.
«Quella lì è la centrale elettrica che dovremo proteggere. Ne hai mai sentito parlare?»
Lui scosse la testa. Ovviamente sapeva cosa fosse una centrale geotermica, ma credeva che la ragazza si riferisse a quella struttura in particolare, e doveva ammettere di non avere idea del perché quel posto fosse tanto importante.
«Questa centrale fa parte di un gruppo più grande impegnato a fornire elettricità all'intero continente: a est ci sono altre centrali eoliche e idroelettriche, affacciate sull'oceano, gli innumerevoli pannelli solari che tappezzano le nostre città alleviano il carico dei singoli utenti, ma le centrali a energia nucleare nell'entroterra fanno il grosso del lavoro per sostentare la popolazione, eppure senza un ingranaggio in questa catena complessa, tutto rischierebbe di rompersi, o quantomeno di rallentare.» Mishima si perse un po' nei suoi pensieri e ci mise del tempo ad arrivare al punto. «Questa zona è spesso soggetta a oscillazioni sismiche per via dell'attività vulcanica nel sottosuolo, per questo si è deciso di costruire una centrale geotermica qui… Ma mi domando, tra tutti gli obiettivi possibili che avrebbero potuto danneggiare gli umani, perché i VIRM abbiano deciso di prendere di mira proprio questo posto.»
«Che vuoi dire?» Domandò Tetsuya curioso, piegando in avanti la schiena.
Lei girò lo sguardo e sorrise compiaciuta, come se la divertisse vedere l'interesse dell'altro finalmente. «Bé, se anche i VIRM dovessero riuscire a distruggere la centrale – e non sto dicendo che glielo lasceremo fare – la popolazione subirebbe molti meno danni di quanti ne subirebbe se fosse stato preso di mira un altro sito. L'interruzione di energia sarebbe compensata da altre fonti, il nostro sistema è strutturato in modo tale che nessun punto nevralgico sia interamente indispensabile al comfort della popolazione e nessuno debba venire sovraccaricato di lavoro. Se questo attacco fosse un tentativo di lasciare l'area senza elettricità, si tratterebbe di un piano veramente ingenuo da parte di una razza così intelligente.»
Mishima parlava quasi con superiorità sui VIRM, ma il suo discorso le permetteva di farlo. Era strano pensare che gli alieni avessero basato i loro piani su supposizioni appena accennate.
«Magari speravano di prenderci alla sprovvista.» Borbottò Tetsuya guardando verso la montagna. «Questo posto è parecchio isolato, in fondo.»
«Abbiamo previsto ogni loro singola mossa fino ad oggi, credo che non ci credano nemmeno loro nell'elemento sorpresa.» Lo punse lei, ritirandosi un po' su sé stessa. Aveva ragione anche qui, e questa storia Tetsuya la considerava molto strana; come faceva Hachi a conoscere data e luogo di ogni attacco alieno sulla terra?
«I VIRM dovrebbero conoscere bene i terrestri.» Continuò Mishima dandosi qualche colpetto sulla gonna per scrollarla.
«Forse hanno capito che è inutile tentare di sorprenderci?» Tetsuya si sentì un idiota quando pronunciò quelle parole, ma non aveva nessuna altra idea sul perché i VIRM dovessero scegliere un obiettivo simile.
Mishima quasi gli rise in faccia e lui sentiva che se lo sarebbe meritato, ma la ragazza mantenne il minimo contegno per trasformare le sue risate in un piccolo cinguettio mascherato in colpo di tosse. «Non si vincono le guerre andandoci piano con il nemico.» Commentò divertita.
Tetsuya arrossì ed evitò di rispondere, anche se a quel punto qualunque altra persona avrebbe ribattuto con un po' di sarcasmo.
«Comunque è veramente strano.» Riprese a parlare lei e posò le mani sugli scalini, senza accorgersi di star sfiorando una gamba di Tetsuya con il polso. «Se avessero voluto veramente danneggiarci, avrebbero potuto prendere di mira una centrale nucleare per creare il caos, rilasciare radiazioni nell'area e fare esplodere tutto… Io non lo capisco proprio.»
«Sono esseri guerrafondai!» A costo di essere ridicolizzato, Tetsuya provò nuovamente a parlare e si ritrovò gli occhi glaciali di Mishima su di sé. «Non devi sforzarti di capirli tanto.»
«Hai ragione…» Borbottò lei. «Però sono stati capaci di elaborare piani complessi e dai tempi di azione lunghissimi solo per avere la rivincita sugli Stridiosauri mille anni fa, dopo milioni di anni di attesa. Perché non dovrebbero stare cercando di fare qualcosa di simile adesso?»
A Tetsuya vennero i brividi quando si sentì rivolgere quella domanda pur sapendo che non fosse veramente per lui; il vento era cambiato e lui aveva indosso solo la camicia a maniche corte, iniziava a fare freddo. Sbuffò cercando di nascondere il tremore delle spalle, ma Mishima se ne accorse ugualmente.
«Ti dà fastidio, vero?»
«Cosa, scusa?»
La ragazza sembrò ignorarlo e si sporse per guardare il suo braccio destro. Tetsuya in un primo momento non capì cosa stesse guardando, solo dopo aver osservato meglio lo sguardo della ragazza capì che stesse fissando la cicatrice che gli aveva lasciato Suzuko dopo il loro incidente in allenamento; lui lo aveva quasi dimenticato, ormai non ci faceva più caso.
«Ah, questo…» Si mosse di scatto per nascondere i segni dell'incuranza della sua partner, ma in realtà non seppe perché lo fece.
«Non devi vergognarti.» Disse lei alzando lo sguardo sul suo volto. «Ma ammetto che non avrei dovuto fissare, ti chiedo scusa. Come te lo sei fatto?»
«Non è niente, davvero! Solo un inciampo durante un allenamento.» Rispose lui ancora apprensivo. «E non me ne vergogno… E' solo imbarazzante.»
Mishima lo fissò in silenzio e le sue labbra tremarono leggermente, come se fosse sul punto di dire qualcosa. Dopo un po' si ritirò e tornò a guardare lontano; l'ultima cosa che voleva fare Tetsuya era mettere a confronto le proprie ferite con quelle di una persona che ne aveva di molto peggiori.
«Non c'è niente di imbarazzante nei segni della guerra sul proprio corpo.» Gli disse senza rivolgersi direttamente a lui, abbassandosi per sfiorare la caviglia con la cicatrice in bella mostra. Mishima sembrò poi incupirsi e alla fine decise di alzarsi, e con un lungo sospiro disse che sarebbe andata a riposare.
«E' davvero strano…» Mormorò guardando un'ultima volta in direzione della centrale elettrica. «Pensare che tra qualche giorno questa oasi di pace potrebbe essere completamente distrutta se non dovessimo fare bene il nostro lavoro, mette tanta tristezza.»
Tetsuya rimase senza parole, anche quando lo salutò lui fu completamente muto e riuscì solo a fissarla spiazzato. Le parole di Mishima corrispondevano a verità, ma parlarne in quel modo non faceva che rendere ancora più opprimente quel pensiero. Alla fine decise di rientrare anche lui, quell'atmosfera lo stava facendo gelare e si sentiva un idiota a ciondolare da solo là fuori.
 
*
 
«D'accordo ragazzi, adesso io ho da fare e voi dovreste proprio andare, quindi se volete ci possiamo rivedere domani e parlare ancora!»
Kya era leggermente esasperata, le tremava la voce mentre cercava di non dare di matto con i ragazzi della Squadra Celia. Non credeva di aver mai incontrato qualcuno di così insistente, e dire che aveva sempre pensato di voler essere trattata come una celebrità; persino Yuki che era stato con lei per tutto il tempo non riusciva a inserirsi nella discussione per darle un attimo di tregua.
«Oh, oh! Un'altra domanda!» Cinguettò Sasaki allungando una mano verso l'alto come se fosse a scuola. Saltellava energicamente come se stesse cercando di sbracciarsi in mezzo a una folla, quando là c'erano solo loro. «Com'è stato cavalcare la nave aliena?»
Kya ci mise un po' a ricordare la sua prima battaglia, quando si era quasi ammazzata precipitando assieme alla nave VIRM. «Pericoloso, non è una cosa da imitare!» Sbuffò a denti stretti.
«Sei mai entrata nella modalità berserk?» Domandò di seguito Kobayashi con lo stesso entusiasmo della propria partner.
La ragazza rispose immediatamente di no, che non ci aveva mai provato. Mentì senza pensarci troppo; in realtà c'erano state tante situazioni in cui avrebbe voluto utilizzare quella modalità e una volta aveva anche avviato il comando, ma il suo partner non glielo aveva mai permesso. Però dire a quei ragazzini che fosse sempre pronta a quell'evenienza avrebbe potuto mettergli strane idee in testa e aveva deciso di smettere di comportarsi da irresponsabile, ancora meno da modello irresponsabile.
«E se…» Prima ancora che uno dei due ripartisse con le domande, Kya li interruppe in maniera un po' sgarbata.
«D'accordo, ultima domanda!» Disse alzando la voce, simulando un sorriso paziente ma che rasentava il suo limite di sopportazione. «Potete chiedermi solo un'ultima cosa, quindi farete meglio a pensarci bene!»
Kobayashi e Sasaki si fissarono stralunati. L'idea che potessero aver tempestato Kya di domande non li scalfiva minimamente, loro avrebbero potuto andare avanti per ore; comunque sembrarono riflettere attentamente su quello che volevano chiederle e alla fine fu la ragazza a prendere la parola finalmente.
«Ehm… Tu in realtà sei Zero Two?»
Che razza di domanda sarebbe? Pensarono all'unisono Kya e Yuki, che sbiancarono di colpo. In un primo momento la ragazza fu indecisa se mettersi a ridere o non rispondere del tutto, ma poi un sorriso nervoso comparve sulle sue labbra e diede un colpetto sulla testa della piccoletta davanti a sé.
«Certo che non lo sono! Come vi viene da pensare una cosa del genere?»
«Ahi!» Si lamentò Sasaki. «Ma le somigli veramente tanto! Devi essere per forza legata a lei in qualche modo!»
«E io che vuoi che ne sappia, si tratterà di una coincidenza!» Sbuffò la ragazza dai capelli rosa, che in realtà dentro stava urlando a più non posso. «Sai quante persone somigliano a personaggi storici ogni giorno?»
L'intervento di Yuki la salvò dalle domande che non sembravano voler finire – i due ammiratori di Kya stavano cercando di strappare qualche altra informazione in più alla loro beniamina –e gli disse che adesso avevano da fare e che anche loro avrebbero fatto meglio a fare altro.
«Ah! Voi due siete fidanzati?» La domanda a bruciapelo arrivò nuovamente da Sasaki e questa volta la reazione di Kya fu ancora più vistosa.
«N-no, certo che no!» Risposero in coro, tremendamente imbarazzati. Kya non ci aveva pensato, ma dal modo in cui si muoveva quando c'era Yuki e dagli abbracci che gli riservava ogni volta che lo vedeva, la gente avrebbe potuto scambiarli effettivamente per una coppia.
Si guardarono destabilizzati e mentre i due ragazzi di fronte a loro li fissavano come in attesa di una seconda opinione, gli sfuggì una risatina che si tramutò rapidamente in un tentativo di mandarli via. Alla fine Kobayashi e Sasaki li lasciarono soli e, tirato un sospiro di sollievo, Kya e Yuki andarono a cercare un posto tranquillo dove sedersi e parlare.
«Ma li hai sentiti? Non capisco come facciano a parlare così tanto…» Borbottava la ragazza mentre passavano per i corridoi dell'agriturismo.
«Ma se sono uguali a te quando ci siamo incontrati la prima volta!» Le rinfacciò lui sghignazzando, beccandosi tra l'altro un pugno sulla spalla. Poi però Kya volle ritrattare.
«Bé, forse hai ragione.» Borbottò. «Ero troppo esuberante, è il motivo per cui Ryo mi ha scaricata. Neanche tu mi avresti sopportata.»
«A me basterebbe vederti serena.» Ammise Yuki fermandosi ad osservare un quadro che raffigurava un campo di grano con sullo sfondo la stessa montagna che si poteva avvistare dalla finestra.
Kya sorrise anche se lui non la potesse vedere e finì per aprire una porta a caso, scoprendo un piccolo studio che somigliava tanto a un ripostiglio per quanto era ristretto e pieno di robaccia: libri ammassati su mensole e fogli sparsi su cui erano stati scarabocchiati appunti e conti, piccole targhe esposte in cornici modeste e appese alla parete e grossi scaffali che nascondevano chissà quale noioso plico dentro cui Kya non aveva minimamente voglia di rovistare. C'era una piccola scrivania con un comunicatore olografico come quelli che avevano Hachi e Nana nei loro studi a Mistilteinn e una lampada da lavoro rivolta verso il centro del piano, nonché una sedia girevole dall'aria particolarmente comoda che lei arraffò all'istante.
Yuki rise mentre Kya poggiava i talloni sulla scrivania e si piegava indietro con un ampio ghigno in volto, rilasciando un gemito di soddisfazione fino a svuotare completamente i polmoni.
«Non dovremmo ficcare il naso qui dentro, forse.» Commentò il ragazzo, ricevendo però come risposta un rapido scatto della mano di Kya, che si abbandonò ancor di più alla poltrona.
«Come vanno le cose da voi?» Domandò rimanendo con gli occhi chiusi, godendosi la morbidezza della sedia.
«Sempre meglio!» Rispose Yuki lasciando perdere quell'argomento e iniziando a curiosare per la stanza. «Abbiamo respinto un altro attacco poche settimane fa, ormai la squadra è imbattibile.»
«Kano sta facendo il bravo? E la tua partner?» Kya sollevò una palpebra per localizzare Yuki, poi tornò a rilassarsi.
Yuki rise. «Shinji sta bene, si sta impegnando al massimo per far crescere la squadra. Naka… E' sempre molto apprensiva con me, però sembra che stia cercando di lasciare a me e Ogura un po' di spazio in più.»
Quando sentì quel nome, Kya alzò la testa e si rimise a sedere in maniera composta. «Ai come sta?» L'aveva vista brevemente quando le squadre si erano incontrate la prima volta quel giorno, ma non aveva avuto l'occasione di parlarle.
Yuki si girò con un sorriso inespressivo. «Come al solito.» Rispose lasciando sospesa quella frase per un po', poi tornò a guardare gli scaffali che aveva adocchiato. «Però parla spesso di voi.»
«Davvero?» Kya alzò lo sguardo curiosa.
«Già! Soprattutto quando ha saputo che avremmo nuovamente lottato assieme, continuava a dire di non vedere l'ora di rivedere le sue nuove amiche.» Quelle parole fecero arrossire Kya, che tuttavia provò a nascondere la propria reazione e sprofondò nuovamente sulla sedia.
Si diede una spinta con un piede e la sedia iniziò a roteare rapidamente mentre lei si ritirava al suo interno per assicurarsi di non fermare la corsa inavvertitamente. «Bé, adesso sarà sicuramente con Aiko quindi passerò a salutarla più tardi…» Borbottò mentre la sedia rallentava.
Yuki sorrise, era divertente vedere l'imbarazzo di quella ragazza chiaramente non abituata ad essere in quella posizione. Si avvicinò un po' e sporgendosi dallo schienale, le disse: «E tu? Hai qualche novità da raccontare?»
Vedendoselo così vicino, Kya alzò lo sguardo e i suoi occhi divennero lucidi quasi istantaneamente. Sorpreso da quella reazione, Yuki le chiese se ci fosse qualche problema e le girò attorno per guardarla direttamente in faccia.
«No, è solo che… Ryo continua a non volerne sapere di me.» Borbottò piagnucolando, sentendosi un'idiota. «E adesso sta andando tutto in rovina… La mia migliore amica si è trovata il fidanzato, anche lei non mi vorrà più!»
«Che?» Yuki fu così sorpreso che la voce gli uscì incredibilmente acuta prima di chiedere nuovamente cosa intendesse con quello.
Kya inspirò a fatica con il naso che già le colava e cercò di asciugarsi le lacrime, combinando un macello sulle proprie guance. «Momo, la ragazza alta che va in giro con quel nanerottolo della mia squadra… Ho visto come si guardano, stanno tutto il tempo a farsi gli occhi dolci e a darsi parole di incoraggiamento. "Oh, come sei bravo Hoshi," "oh, come sei forte Momo!" Sono stomachevoli, e adesso hanno anche iniziato a farsi i regali!»
Un po' sorpreso del fatto che Kya fosse così gelosa della sua amica, Yuki poté almeno constatare che non avesse perso la sua vitalità mentre si cimentava in quelle imitazioni. «Sicura di non star esagerando? E' normale che nasca dell'affetto tra partner…»
«No che non è normale! Non quando il partner è quell'infame di Kondō!» Sbottò aggressiva lei sporgendosi dalla sedia. «Non hai idea di quello che le ha combinato, e il peggio è che Momo sembra aver dimenticato tutto quanto! E' una tragedia!»
Kya si accasciò allo schienale della sedia passandosi le mani nei capelli, lasciando Yuki a rimuginare tra sé e sé. «Bé… Le persone cambiano…» Bofonchiò imbarazzato, un po' sperando che la ragazza gli desse ascolto e un po' sperando che non lo sentisse minimamente per non provocare una reazione ancora più rabbiosa.
Da lei arrivò un grugnito che non prometteva niente di buono, ma per lo meno la ragazza non riprese a urlare. Quello fu l'invito a provare a ragionare ancora con lei, Yuki si avvicinò e le posò una mano sulla spalla.
«Senti, ma che problema ci sarebbe se la tua amica dovesse fare coppia con questo ragazzo?» Le chiese con voce estremamente tranquilla. «Anche se dovessi avere ragione e ormai le cose fossero fatte, non saresti contenta di vederla felice con qualcuno a cui vuole bene?»
«Ma Momo ha solo quattordici anni!» Sbuffò sbracciandosi. Come se lei non ne avesse solo uno di più. «Lei è troppo dolce, e piccola, e tenera, e fragile, e chiunque potrebbe approfittarsi di lei e, e, e…»
«E… Credo che tu stia esagerando.» Yuki le mise nuovamente le mani sulle spalle e fermò la sedia che aveva iniziato a roteare da sola. «Io non la conosco, ma chiunque sia arrivato fino a qui è decisamente più forte di quanto sembri. Inoltre, loro due condividono una connessione speciale allo stesso modo in cui io faccio con la mia partner e…»
Yuki notò l'espressione seccata di Kya ed evitò di aggiungere altro. Quell'argomento della connessione era sempre un tasto dolente per lei.
«E comunque non sai cosa potrebbero essersi detti quando erano da soli o cosa potrebbero aver passato assieme, per arrivare a un punto simile.» Concluse alla fine, allontanandosi. «Magari hanno risolto tutte le loro questioni e tu sei l'unica ad essere rimasta ancorata al passato. Non pensi che questo accanimento sia un po' parte di quello che Ryo ti rimpro…»
«Yuki, sei un genio!» Lo interruppe la ragazza scattando in piedi. Lui la fissò stranito.
Kya iniziò a fregarsi le mani con lo sguardo che le luccicava, doveva esserle venuto in mente un piano diabolico.
«Io non posso sapere cosa succede tra Hoshi e Momo… Perché quando sono con loro si vergognano troppo di parlare delle loro smancerie!» Esclamò parlando lentamente, come se stesse arrivando a una realizzazione importante un passo alla volta.
«Non dirmi che hai intenzione di pedinarli per scoprire cosa pensano l'uno dell'altra…»
«Noi li pedineremo!» Ribatté con entusiasmo lei. Proprio quello che Yuki temeva.
Kya attraversò lo stanzino di corsa e afferrò la maniglia della porta, ma quando la spalancò trovò di fronte a sé due piccole figure intrecciate tra loro in quella che sembrava una rocambolesca fuga fallita.
«Ehm… Ciao!» Borbottò la stessa ragazzina che pochi minuti prima le aveva fatto tutte quelle domande.
«Non stavamo origliando.» Mentì spudoratamente l'altro, seduto per terra mentre si massaggiava una natica. Ma Kya non era arrabbiata, ora aveva altri due scagnozzi.

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Capitolo 78
*** Bandiera bianca ***


Kya, Sasaki e Kobayashi si stavano sporgendo da una parete per spiare con discrezione i movimenti di Momo Sakei, il tutto sotto gli occhi allibiti di Yuki che continuava ad attendere il momento in cui si sarebbero resi conto di quanto fossero ridicoli. Il gruppetto sembrava aver preso molto seriamente la situazione e i due ragazzi della Squadra Celia obbedivano agli ordini della caposquadra di Anemone senza dire una parola, orgogliosi di essere inclusi nelle sue attività.
Tutto quello a lei piaceva. Non era un segreto che le piacesse dare ordini e avere qualcuno che pendeva dalle sue labbra le era mancato, quindi nonostante inizialmente avesse pensato che quei due ammiratori fossero un tantino fastidiosi, ora era contenta di avere loro con cui distrarsi per la giornata.
Al loro arrivo all'agriturismo gli era stato detto che non avrebbero dovuto seguire alcun tipo di lezioni per quei giorni e che avrebbero potuto concentrarsi esclusivamente sul conoscere gli altri Parasite e prepararsi alla battaglia, Kya era sicura che Momo non si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione per passare un po' di tempo con Hoshi vista la situazione; la sua amica detestava i libri in fondo e nonostante l'aria che si portava dietro era troppo timida per cercare di fare amicizia con delle nuove persone, almeno non subito e senza nessuno a cui appoggiarsi. Kya però sapeva bene anche quanto Momo ci tenesse a fare una buona impressione e per questo non sarebbe andata a fare esercizio fisico una volta tanto: nonostante la sua nuova passione la vedesse sempre molto impegnata, Momo avrebbe trattenuto l'istinto di andare a correre e fare pesi per concentrarsi sulla missione, quindi restava solo da passare del tempo con il proprio partner.
E infatti fu proprio quello che la sua amica andò a fare, quando lasciò la propria stanza dopo aver sistemato i bagagli: l'agriturismo aveva abbastanza posti per tutti, molti dei ragazzi erano stati alloggiati in camere singole ad eccezione di poche coppie che avevano chiesto di restare assieme, quindi Kya non poteva avvicinarsi troppo per osservare Momo, ma quando la vide uscire fu immediatamente chiara la sua direzione e lei e i suoi scagnozzi iniziarono a pedinarla fino alla camera di Kondō.
Il piccoletto però era fuori, fortunatamente: Momo non lo aveva trovato nella sua stanza e così si era diretta alle aree comuni per cercarlo, era così prevedibile che a Kya quasi veniva da ridere. Ci vollero una decina di minuti prima che Momo trovasse il suo obiettivo e nel frattempo incrociò alcuni ragazzi delle altre squadre scambiando qualche parola con loro; tutti loro si accorsero successivamente del nugolo di sospetti che la seguivano come un'ombra, ma Sasaki e Kobayashi mandarono segnali di non fare caso a loro in continuazione e nessuno li disturbò. In quel momento Kya si rese conto di quanto fosse facile per loro passare inosservati, erano la sua assicurazione per far sapere a tutti che non stessero facendo niente di losco, fatto che era assolutamente errato.
Hoshi era fuori, stava facendo il giro dell'agriturismo per esplorare la zona e si era fermato in un capanno dove, prima che venisse evacuato il personale, erano ospitati i cavalli. Lui non era un tipo di campagna, quei posti li sopportava poco e l'odore era ancora più difficile da sostenere, ma in quel silenzio pensò che non fosse niente male passare qualche giorno di riposo, con l'unica nota negativa di dover affrontare un'altra battaglia con gli alieni in pochi giorni.
Quando avvistò Momo all'ingresso del capanno, le mani giunte con timidezza e uno sguardo dolce che sembrava volergli dire tante cose, arrossì un poco pensando che fosse rimasta lì per un pezzo prima che lui la notasse, quando in realtà era appena arrivata.
Kya e i suoi accompagnatori si arrampicarono su una scala e alcune balle di fieno per spiare da una finestra e si assicurarono di rimanere in religioso silenzio per non farsi scoprire: quello sarebbe stato il momento migliore per scoprire quanto effettivamente quei due fossero vicini, ma sapeva che non sarebbero bastati cinque minuti da soli per fargli confessare tutto il loro amore, doveva permettergli di "scaldarsi" prima e lei era disposta ad aspettare tutto il giorno per avere la certezza assoluta che quei sospetti non fossero solamente tali.
Ovviamente avrebbe preferito sbagliarsi in questo caso, ma quando mai si era sbagliata?
«C-ciao!» Salutò imbarazzato il ragazzo. Sembrò accelerare per raggiungere rapidamente la partner, ma poi ci ripensò e si fermò a metà strada. «E' un bel posto questo, no?»
Momo annuì ed entrò nel capanno, affondando gli stivaletti nello sterrato e calpestando qualche pagliuzza qua e là. Da un po' di tempo avevano fatto il cambio di uniforme, in favore di vestiti più leggeri per la primavera e l'estate, e questa fu forse la prima volta che Hoshi poté osservare bene la nuova uniforme della ragazza, che ricalcava in tutto e per tutto quella sua, priva della gonna e con al suo posto dei pantaloncini all'altezza delle ginocchia che le conferivano un aspetto fresco, sbarazzino, che sembrava fatto apposta per lei.
«E' così pacifico.» Confidò lei guardandosi intorno. «Ma non mi aspettavo che ci sarebbero state così tante persone assieme a noi. Scommetto che anche tu sei venuto qui per stare un po' da solo.»
La ragazza sorrise divertita, lo conosceva troppo bene e Hoshi si vergognò di essere così prevedibile, ma non provò a nasconderlo né ritrattò sul motivo per cui si trovasse lì. Invece dopo pochi istanti, giusto il tempo che Momo potesse raggiungerlo e fermarsi a un passo da lui, rise imbarazzato e borbottò: «Lo sai che non sono bravo con le prime impressioni!»
Quelle parole strapparono una risatina alla ragazza, che ammiccò gioiosa prima di chiedere: «Ti dispiace se stiamo da soli insieme?»
Hoshi un tempo le avrebbe detto di no, o magari avrebbe accettato con riluttanza fino a trovare un modo per sfilare via da lì il prima possibile; adesso invece si sentì lusingato di quella richiesta, dovette trattenersi dal rispondere immediatamente di sì.
Così Momo rimase lì con lui e insieme iniziarono a curiosare per il capanno. Non che ci fosse molto da vedere, qualche attrezzo di campagna e delle mangiatoie ancora piene, ma furono abbastanza per mandare avanti la conversazione tra i due che tuttavia, diversamente dal passato, non sentivano più la necessità di dover riempire il silenzio.
«Sei mai stato in un posto simile?» Domandò Momo piegando leggermente la testa di lato, catturando un'immagine del profilo di Hoshi intento a studiare un forcone incastrato nella paglia.
«Ah… No, mai. Non sono proprio il tipo di campagna…» Borbottò lui un po' sorpreso, poi finse sicurezza e si sfilò gli occhiali per osservarli. «Mi si sporcano sempre le lenti e poi iniziano a lacrimarmi gli occhi… Tu invece?»
Momo fu talmente divertita dalla reazione del compagno che ci mise un attimo a rispondere. «Neanche io… Però ho sempre desiderato avere una casa in campagna, vivere a contatto con la terra.»
«Ti ci vedrei bene…» Si lasciò sfuggire Hoshi, che arrossì di colpo dopo essersi reso conto di avere forse detto troppo. Cercò di rimediare e cambiò argomento, ma mentre parlava vide chiaramente che quelle parole erano rimaste impresse nella mente della sua partner. «Ehm… Matsumoto vive in campagna, e lui sì che ha l'aspetto di un campagnolo!»
Momo non disse nulla per un momento, ma dopo aver finito di pensare il suo sguardo si addolcì: gli occhi si assottigliarono con serenità e il petto si abbassò in uno sbuffo contento, sorridendo come se avesse ricevuto un complimento molto apprezzato.
Kya tirò fuori la lingua con disgusto di fronte a quella scena. «Che smancerie…» Sussurrò. Aveva preso tutto lo spazio disponibile al centro della finestra, lasciando a Sasaki e Kobayashi i lati da cui sbirciare mentre Yuki rimaneva in disparte, poco interessato ai fatti della coppia dell'Aros.
«Bé, è una fortuna che Mistilteinn sia in campagna… Cioè, non è proprio un posto rurale, ma è sempre a contatto con la natura, ed è bello.» Continuò il ragazzo per cercare di scacciare quell'aria di imbarazzo, ma più provava a cambiare argomento e più si sentiva fuori luogo.
Momo si avvicinò lentamente, ma con decisione. Quasi come se volesse appropriarsi dello spazio personale di Hoshi poco a poco. «Hai ragione.» Disse sempre con quel sorriso mezzo imbambolato, come se stesse avendo una visione.
Nervoso, Hoshi si guardò intorno prima di dire: «Ho visto che hai messo la sciarpa…»
«Oh, sì!» Rispose lei annuendo. «L'ho portata con me qui.»
Momo aveva indossato la sciarpa regalatale da Hoshi durante il viaggio, solo dopo il loro arrivo all'agriturismo l'aveva riposta ordinatamente in un cassetto della propria stanza.
«T-ti sta veramente bene, ti dona.» Disse lui abbozzando un sorriso. Hoshi non sapeva quanto quelle parole la riempissero di gioia.
«Mi piace veramente tanto! E poi penso che si abbini molto bene con la nostra uniforme.» Come se volesse mostrarla meglio, fece un giro su sé stessa dopo aver teso i pantaloncini e per la prima volta Momo si ritrovò a desiderare di star indossando una gonna, giusto per vedere l'espressione di Hoshi dopo quel movimento.
Non che gli servisse per farlo diventare rosso come un peperone. Lui cercò di non concentrarsi sulle sue gambe e sorrise dicendo: «E' la stessa cosa che ho pensato anche io! Per questo l'ho presa… Cioè, l'ho presa perché pensavo che ti sarebbe stata bene, ma ho anche cercato di trovare qualcosa che stesse bene con il tipo di vestiti che porti e quindi…»
A Momo venne da ridere, vedere Hoshi che si impappinava in quel modo era troppo divertente; ma per quanto adorasse vederlo così, questa volta cercò di aiutarlo a cambiare argomento.
«Oh, anche tu hai una stanza singola?» Disse riferendosi ai loro alloggi temporanei.
«Già… Non mi aspettavo che ci fosse tanto spazio per tutti noi.»
«Ho sentito che alcune coppie hanno richiesto di poter condividere la stanza…» Mormorò pensierosa lei. «I caposquadra di Valenza, se non sbaglio.»
Hoshi fece una faccia strana. «Bisogna essere veramente stretti con il proprio partner per fare una cosa del genere…»
«Vero…»
Ci fu silenzio un'altra volta, questa volta entrambi erano imbarazzati. Hoshi si rese conto che non poteva continuare a far mandare avanti quella conversazione solo da Momo quindi provò a spezzare l'imbarazzo con una battuta.
«Scommetto che anche a Kaoru e Aiko non sarebbe dispiaciuto.» Pessima battuta!
«E' un deficiente.» Bisbigliò Kya sicura di sé ai due ragazzi accanto a lei.
Stava per dire che scherzava oppure scusarsi per il commento fuori luogo, ma poi vide con la coda dell'occhio Momo che cercava a stento di trattenere le risate e rimase basito. Alla fine la ragazza non ci riuscì più e gli chiese scusa per la sua reazione.
«Certo che Aiko e Kaoru sembrano tanto timidi, ma poi danno questa impressione, eh?»
"Anche tu sembri timida, ma dentro sei una leonessa." Avrebbe voluto dire Hoshi, ma pensò che avesse già fatto abbastanza figuracce per il resto della giornata e così rimase in silenzio e si godette la visione celestiale di Momo che rideva senza riuscire a fermarsi. Non se ne accorse, ma le sue labbra si piegarono in un sorriso contento, veramente tanto contento.
Mentre attendevano che le risate di Momo finissero, Kya e i suoi scagnozzi erano confusi da quello che stava accadendo davanti ai loro occhi; mentre la caposquadra stava cercando segnali evidenti perché i due potessero piacersi in qualche modo, i Parasite di Celia sembravano cominciare a non capire più perché fossero là. Era chiaro che quei due non fossero in cattivi rapporti e anzi sembravano una bella coppia da quel poco che avevano visto, ma gli sembrava strano che la loro caposquadra non avesse un motivo valido per essere preoccupata. A questo punto sarebbe stato il momento per Yuki di fargli notare che ad averli portati lì fosse solo la sconfinata gelosia della ragazza che ammiravano.
«E' strano che tutto sia scaturito dal tuo arrivo a casa mia, quel giorno…» Mormorò pensieroso lui, mentre Momo finiva di sfogarsi. La ragazza sembrò sul punto di asciugarsi le lacrime, tanto che aveva riso, e annuì sghignazzando ancora un po' per qualche secondo.
«Già. Ancora non capisco perché tu abbia sentito il bisogno di regalarmi quella scimmietta, ma…» Momo si fermò un istante ripensando a tutte le volte che aveva stretto a sé il pupazzo di Hoshi. «L'ho apprezzato veramente tanto.»
Hoshi ricordò come la vera origine di quei regali fosse stato Ojizaki e il suo ghigno compiaciuto, pensando di poterlo mettere in ridicolo, ma per una volta doveva avergli veramente fatto un favore nel suo tentativo di tormentarlo. «Diciamo che… Ho avuto una conversazione illuminante, la sera prima.»
Sorrise. Meglio non dire a Momo che il tutto era partito da un obbligo, ma per quanto pensava che fosse stato difficile e imbarazzante, Hoshi avrebbe ripetuto quell'esperienza altre mille volte. Non sapeva bene perché, ma da quando aveva visto la reazione di Momo aveva pensato che avrebbe voluto fargliene altri cento di regali!
«A proposito.» Disse all'improvviso, ricordandosi di quella cosa che gli era rimasta in testa per un po'. «Come facevi a conoscere il mio indirizzo?»
Momo inarcò un sopracciglio, pensando di averglielo già detto. Si sentì un po' in imbarazzo ad ammettere quella cosa. «Ma… Non ti ricordi? Lo hai dato tu a mia nonna!»
Hoshi ci mise un secondo a ricordare, poi arrossì di nuovo. «Giusto…»
«Onestamente, non sapevo perché te lo avesse chiesto. Poi però devo ammettere che è stata una buona idea, è risultato molto utile in fondo…»
«Sì, così hai potuto portare quei deliziosi biscotti…» Ridacchiò Hoshi, che avrebbe tanto voluto suggerirle di portarne ancora.
«Pensavo che non fosse carino però prendere il tuo indirizzo senza chiedere il permesso ai tuoi genitori, ma poi la nonna mi ha detto che loro stessi lo hanno lasciato ai miei quando si sono incontrati.» Continuò la ragazza, interrompendo le risatine di Hoshi che sembrò voler riavvolgere il discorso.
«I nostri genitori si sono incontrati?» Domandò incredulo. Non ne sapeva niente, anche se ricordava che sua madre e suo padre gli avessero accennato di voler parlare con i signori Sakei.
«Furba, la vecchia.» Commentò di nuovo Kya, ricordando di aver reagito esattamente allo stesso modo quando Momo le aveva rivelato il piano della signora Ema. Odiava ammetterlo, ma stava facendo un gran bel lavoro come alleata di quei due.
«Che… Che cosa hanno detto?» Domandò un po' curioso, un po' preoccupato.
«Io non lo so. Mia nonna mi ha solo detto che volevano chiarirsi per quello che era successo, i tuoi si sono scusati per il tuo comportamento e poi…» Strinse le spalle, come se il resto dell'incontro fosse un segreto della massima importanza. A Hoshi quasi venne da ridere, perché per una volta era contento che i suoi genitori non lo avessero coinvolto in qualcosa: non solo pensava che sarebbe stato estremamente difficile partecipare a un incontro del genere sia per lui che per Momo, ma poi credeva che sarebbe stato molto più nervoso in sua presenza dopo quell'evento. Anche ora si sentiva leggermente in ansia al pensiero che fosse successa quella cosa.
«Dici che dobbiamo preoccuparci?» Scherzò suscitando una risatina nella ragazza e una risata sarcastica in Kya, ancora acquattata fuori dalla finestra.
«Anche i loro genitori stanno giocando a questo gioco molto pericoloso.» Commentò seccata iniziando a mordersi un'unghia.
«Dubito che i miei chiederanno la tua pubblica esecuzione con tanto di scuse formali per l'affronto che mi hai recato!» Disse alla fine Momo con tono altisonante per rendere la cosa più divertente. Hoshi rise assieme a lei.
«Già, quella sarebbe Nakamura!» Rispose tra una risatina e l'altra, ma Momo non sembrò d'accordo.
«Andiamo, Kya non è così cattiva!»
«No, ma mi detesta.»
«Non è vero! Le stai simpatico, anche se non lo dà a vedere.» Affermò con sicurezza lei. «E' una persona molto orgogliosa e protettiva, credo che voglia solo metterti alla prova.»
Hoshi strinse i denti e lasciò passare l'aria come se non fosse sicuro di quella cosa. Non avrebbe ribattuto, ma da come erano sempre andate le cose tra lui e la caposquadra, non pensava che Momo stesse ragionando con razionalità. La stessa cosa fece Kya.
«Lo so che non è cattiva.» Borbottò alla fine. «E' solo che… E' troppo esuberante.»
Momo sorrise non potendo negare quel fatto. «Kya… E' passionale. Le cose che ama le protegge anche a costo della vita, è fatta così. La cosa buffa è che è molto facile entrare nelle sue grazie; io non pensavo che saremmo diventate così tanto amiche, ma praticamente dal primo giorno si è comportata come se lo fossimo sempre state.» Iniziò a passeggiare per la stalla guardando altrove, poi quando fu tornata vicino a Hoshi si fermò voltandosi di colpo nella direzione dove era nascosta lei. «E' una brava persona, Hoshi. E anche tu lo sei, siete solamente partiti con il piede sbagliato, come è successo a noi.»
Hoshi incrociò le braccia con scetticismo, ma dopo averci pensato un po' su si ritrovò ad annuire. «Suppongo che tu abbia ragione… Però mi è difficile essere più amichevole nei suoi confronti, quando lei mi rivolge solo occhiatacce e parole avvelenate.»
«Dalle tempo.» Disse la ragazza imbarazzata. «In questo momento sta anche attraversando un periodo difficile.»
«Lo so…» Mormorò lui. «Ho parlato con Sato, il giorno che si sono divisi. Mi è sembrato distrutto, e ancora doveva trovare il coraggio di richiedere lo shuffle. E' stato come se sapesse che non ci fosse altra soluzione.»
Momo sembrò turbata, menzionare Ryo improvvisamente aveva fatto cambiare i toni della conversazione e anche lui lo aveva avvertito. Allo stesso modo, l'attenzione di Kya era cambiata, diventando più affilata come se stesse registrando tutto ciò che sentiva e i ragazzini che aveva accanto lo notarono.
«Sai… Vorrei poter fare qualcosa di più, vederli entrambi così tristi è brutto…» Mormorò il piccoletto abbassando lo sguardo. «Quando ho parlato con Ryo ho pensato che se avessi intuito cosa stesse passando, forse avrei potuto fargli cambiare idea…»
«E' molto più complicato di quanto sembri… Non dovresti fartene una colpa.» Provò a dire Momo posandogli una mano sulla spalla. A quel contatto, Hoshi si sentì un po' meglio; aveva avuto paura di parlare di quelle cose alla sua partner perché sapeva quanto fosse vicina alla caposquadra e anche se sapeva che fosse un pensiero assurdo, l'idea di avere avuto l'occasione di poter impedire tutto quello che era successo lo aveva fatto stare male e temeva che Momo potesse offendersi per questo. Invece lei era sempre la solita ragazza comprensiva, impossibile da fare arrabbiare e sempre pronta a farlo sentire meglio; si sentiva veramente fortunato ad averla come partner, non riusciva a credere che avesse voluto andarsene inizialmente.
Sei bella. Un pensiero tanto semplice che chissà quante volte gli era balenato in mente, si materializzò mentre incrociava il suo sguardo e i loro volti si avvicinavano un po'. Quasi gli schizzò via dalle labbra, ma Hoshi si riuscì a trattenere pensando che se avesse dovuto dire una cosa del genere in quel momento, Momo avrebbe sicuramente pensato che fosse matto.
«Grazie.» Disse alla fine, sorridendo dolcemente quasi come se stesse cercando di imitare lo stesso sorriso rassicurante di lei. Ma il sorriso di Momo era unico, Hoshi non avrebbe potuto mai riuscire a dare a Momo le stesse sensazioni che lei dava a lui; quello che non sapeva era che Momo pensava lo stesso del suo.
«Ti andrebbe…»
«Per caso…»
Si morsero la lingua entrambi e la buffa coincidenza li liberò dallo sguardo in cui si erano incatenati, sghignazzando un poco senza sapere come procedere.
«Prima tu.» Disse Hoshi, ma Momo insistette perché lui parlasse per primo. Così un po' imbarazzato, il ragazzo si rese conto di cosa stesse per dire e cercò rapidamente qualcosa di più adatto.
«No, stavo pensando… Forse potremmo uscire da qui ed esplorare un po' di più la zona.» Si sentì a disagio a proporre una cosa come quella, come se in realtà non volesse lasciare quel posto riparato dove poter stare da solo con Momo, ma non credeva che sarebbe riuscito a resistere a lungo. «Vorrei vedere questo posto meglio… Insieme. Se ti va…»
Momo sorrise per tutto il tempo e quando lui aggiunse quelle parole sembrò ancora più contenta dell'offerta, ma allo stesso tempo sembrò un po' dispiaciuta. «Sì, anche io stavo per dire la stessa cosa.» Mormorò, pensando però ad altro nel frattempo.
Hoshi e Momo uscirono e continuando a chiacchierare allegramente, si diressero lontano dal capanno. Sasaki e Kobayashi saltarono giù dalla loro postazione e si prepararono ad andargli dietro, ma quando chiesero a Kya quale fosse il piano, questa si mosse a malapena e si mise a sedere sulla balla di fieno che era stata il suo supporto fino a quel momento.
«Lasciamo perdere, ragazzi.» Mormorò con sguardo basso, sconfitta.
«Cosa? Non li seguiamo più?»
«No… E' chiaro ormai, Momo e Hoshi sono…» Si morse un labbro cercando di finire la frase, ma non ci riuscì. Si sentiva un'idiota, era tanto ovvio che sarebbe bastato osservarli per pochi minuti senza il suo pregiudizio per capire il modo in cui si guardassero, le parole usate, i movimenti dei loro corpi… Persino un idiota se ne sarebbe accorto, eppure Kya non aveva voluto ascoltare il proprio istinto e aveva continuato a cercare prove finché non le era stata sbattuta la verità in faccia. Ma c'era dell'altro che non le andava giù…
«Perché voi ragazzi non andate avanti? Io e Kya dobbiamo parlare di una cosa adesso.» Intervenne Yuki avanzando, facendo cenno ai due piccoletti di togliersi dalle scatole. «Andate a prendere del gelato o qualcosa del genere!»
Confusi, Kobayashi e Sasaki questa volta non se la sentirono di disobbedire a quel chiaro tentativo di cacciarli e si defilarono mentre Yuki si sedeva al fianco della sua amica.
«E' dura, eh?» Borbottò lui dopo essere rimasto in silenzio per un po'. Lei non rispose.
Ancora silenzio, il vento faceva scuotere gli steli d'erba che circondavano il capanno, sollevando un fruscio che quasi si trasformava in frastuono da quanto era vivo e variegato.
«Non mi è sembrato poi così terribile, quel piccoletto.» Riprovò dopo un po', sapendo che fosse quello che turbava la ragazza. Kya reagì subito.
«No…» Borbottò contrariata passandosi una mano di fronte al viso. «E' veramente antipatico!»
«Non mi sembra, dalle sue parole.»
«E' questo che non capisco!» Sbottò la ragazza con rabbia. «Dovrebbe odiarmi, non gli ho dato un attimo di tregua da quando lui e Momo hanno litigato! E dopo tutto quello che ho fatto, scopro che alle mie spalle… Parla bene di me? Addirittura vorrebbe aiutarmi?»
«E la cosa è tanto sconvolgente?»
Kya si alzò, non bastandole più doversi sbracciare. «Perché? Che cosa ho fatto per meritarmelo?»
Yuki la fissò quasi divertito. «Forse sei una buona caposquadra?» Disse con estrema semplicità.
«Fammi il piacere!» Sbuffò lei tornando a sedersi, leggermente girata dall'altra parte per non doverlo guardare in faccia e incurvata su sé stessa. Ma Yuki non demorse.
«Del tipo che si preoccupa per i suoi amici a tal punto da pedinarli se pensa che stiano facendo qualcosa di sbagliato, che si lancia in mezzo all'azione noncurante della propria salute per proteggere qualcuno in difficoltà… E una capace di riconoscere i sentimenti importanti della gente e metterli prima di tutto, a qualunque costo. Sì, Kya. Sei una brava caposquadra!»
Kya girò lentamente lo sguardo verso di lui, Yuki rimase a fissarla con aria saccente. Sapeva di avere ragione e sapeva che lei lo sapesse, ma non lo voleva ammettere per il troppo orgoglio.
«Devo ancora "farti il piacere?"» La stuzzicò lui continuando a ghignare, più divertito che mai. Kya sbuffò vistosamente e si ritirò da quello sguardo difficile da sostenere.
«Questo non giustifica il fatto che lui non mi detesti!» Tornò su quell'argomento, cocciuta fino alla fine. «Cioè… Non lo riesco proprio ad accettare, non voglio la sua pietà!»
«Kya, non si tratta di pietà.» Le disse Yuki afferrandole gentilmente un polso, distratto dai movimenti frenetici delle sue mani. Attese che fosse tornata a guardarlo prima di spiegarsi: «Sei la migliore amica della ragazza di cui è innamorato, non c'è molto dietro… Le persone cambiano, migliorano. Con il tempo impariamo a vedere punti di vista differenti, ed è quello che è successo al tuo compagno di squadra: lui capisce il tuo punto di vista, non lo condivide, ma lo capisce.»
La ragazza abbassò lo sguardo come se fosse stata sconfitta per l'ultima volta, senza più modi per controbattere. Alla fine le sue pupille vagarono un po' fino a fermarsi ancora sul volto emaciato e appesantito dalle occhiaie di Yuki, che se la rideva con gusto.
«Insomma, devo accettare che Momo e Hoshi si…»
«Quei due si piacciono.» Concluse lui la sua frase, sapendo che non ne avesse il coraggio. La vide trattenere un conato di vomito per accentuare quella situazione e gli sfuggì una risata. «Ed è anche abbastanza evidente, più o meno come è evidente che tu ami Ryo senza il bisogno di dirlo a tutti con un discorso pomposo.» Scherzò un po', riportando alla memoria la sera del suo fiasco a Desia. Per qualche motivo Kya non ricordava con tristezza quella notte; il suo discorso era stato un disastro su tutti i fronti e la fuga al freddo aveva reso il tutto ancora più patetico, ma nonostante ciò era più o meno felice che fosse andata così, grazie a quell'evento aveva potuto fare il suo brindisi con Yuki ed erano quelle emozioni che le erano veramente rimaste dentro alla fine.
Kya inspirò vistosamente, segno che fosse stata vicina piangere. Era buffo come l'idea che qualcuno potesse "rubarle" la sua amica la facesse stare così male, ma lei voleva solo il meglio per Momo.
«Dovrò parlare con Kondō. Capire quali siano i suoi piani e… Tenerlo d'occhio.» Dondolò la testa allegramente, poi diede un colpetto sulla gamba di Yuki e gli sorrise. «Mi dispiace di averti costretto a questa pagliacciata.»
«E' stato divertente.» Disse lui rilassandosi un po'. «E credo che anche quei novellini si siano divertiti parecchio.»
A Kya faceva strano chiamarli in quel modo, eppure era l'unico termine che le veniva in mente; era strano perché la loro squadra aveva vissuto molte più difficoltà della sua, ma per qualche motivo quei due la ammiravano tanto.
«Dovremmo rientrare, prima che combinino qualche guaio.» Disse alla fine.
«Adesso sei la loro madre?» Sghignazzò Yuki per tutta risposta, forse desideroso di restare lì ancora un po'. Poi Kya alzò una mano e gliela posò sulla fronte.
«Tu come ti senti? Ti gira la testa? Hai preso le tue pillole?» Domandò facendosi seria. La condizione di Yuki non era un problema da prendere alla leggera, non voleva vederlo più soffrire come quando si erano conosciuti.
«Sto bene, è una buona giornata per me.» Disse lui tranquillamente, facendola rilassare un po'. Kya abbassò la mano molto lentamente, come se si fosse resa conto di una cosa solo in quel momento e la realizzazione l'avesse lasciata senza più parole.
«Giusto, meno male…» Mormorò. «Scusa, non dovrei essere così invadente…»
«Ma a me fa piacere che tu lo sia!»
Lo sguardo di Kya si alzò di scatto, confusa dalle parole del ragazzo. Yuki era sincero, le sorrideva come se non capisse perché improvvisamente si fosse fatta tanto malinconica.
«Sono contento che ti preoccupi per me, mi fa sapere che ci tieni.» Spiegò allora. «Non sei un peso se ti preoccupi della salute di qualcuno.»
Kya lo guardò commossa, poi abbassò la testa per non dover più sostenere il suo sguardo così puro e rilassato, e si scusò ancora. «Già, hai ragione…» Disse battendo una mano sul ginocchio, prima di alzarsi.
«Allora andiamo, su! Altrimenti il tuo caposquadra se la prenderà con me per averti fatto fare tardi a qualcuno dei suoi allenamenti programmati.» E detto questo ammiccò pensando a quello scorbutico di Kano che borbottava. Da quando avevano fatto pace, il caposquadra di Yuki si era impegnato a fare del suo meglio e coinvolgere tutti quanti nelle attività della squadra, temprando il loro carattere e il loro corpo, sostenendo però anche il loro umore e ascoltando i loro bisogni; era sempre un tipo ligio al dovere e dai nervi ballerini, quindi sapeva anche mettere paura quando c'era da fare la ramanzina a qualcuno, e Kya non aveva intenzione di mettersi nei guai o farne passare al suo amico.

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Capitolo 79
*** Disperazione ***


La centrale geotermica si ergeva a ridosso della montagna, che per la verità era un antico vulcano di dimensioni imponenti e le cui fumarole facevano capolino su tutto il dorso della catena; era una struttura modesta del quale sicuramente saltavano all'occhio le torri di raffreddamento che spezzavano il paesaggio altrimenti per lo più verde. L'impianto era stato messo in sicurezza e spento per quel pomeriggio, tutti gli addetti ai lavori erano stati allontanati per la loro sicurezza e il deficit di energia sarebbe stato preso in carico da altre centrali più lontane così che i centri abitati nelle vicinanze non ne risentissero.
Più conosceva i dettagli, più Tetsuya si rendeva conto che fosse quantomeno strano che quel posto fosse un obiettivo dei VIRM. Quella centrale non aveva nulla di speciale, non possedeva una posizione strategica e non era tanto importante per gli umani da giustificare un attacco mirato degli alieni; il dubbio sollevato da Mishima non aveva fatto altro che divorarlo in quei giorni e adesso che era ai comandi di Gaia sentiva la tensione crescere, come se ci fosse qualcosa che gli sfuggiva.
Non era l'unico a pensare queste cose: come lui, anche Naho aveva intuito che ci fosse qualcosa di strano e Saki della Squadra Desia era arrivata addirittura a pensare che quello fosse stato un depistaggio, che i VIRM non sarebbero arrivati lì e che avrebbero colpito un obiettivo più grande mentre loro erano distratti altrove. Ma gli adulti erano sicuri delle loro informazioni, Hachi aveva visto quell'arrivo in fondo, qualunque cosa volesse dire.
Suzuko per una volta non sospettava nulla, troppo distratta a cercare un modo per lavorare assieme al suo partner. Tetsuya fu inondato da ulteriore tensione quando si connesse con lei, sapendo che da tempo ormai la ragazza fosse come bloccata nei suoi confronti.
Le quattro squadre erano state dispiegate lungo il perimetro della zona con solo alcuni membri a difendere centralmente la struttura: non sapevano dove sarebbero atterrati di preciso i VIRM, quindi dovevano coprire un'area più ampia possibile a costo di essere in minoranza in un primo momento. Quando sarebbe iniziata la battaglia, avrebbero potuto elaborare una strategia più dettagliata, ma per adesso dovevano restare in attesa.
«Come credete che attaccheranno?» Domandò Kya annoiata. «Le altre volte hanno sempre cercato di prenderci alla sprovvista, come quella volta che ci hanno travolto con l'onda d'urto del loro atterraggio…»
«Noi una volta abbiamo affrontato dei nemici che si nascondevano sotto terra.» Intervenne Miura in collegamento di gruppo dalla cresta della montagna. Il fatto che stesse parlando direttamente con la ragazza che i suoi compagni di squadra idolatravano tanto, le metteva un po' di imbarazzo.
«Sì, è vero! Sono atterrati e hanno cominciato a scavare, è stato difficilissimo stanarli da lì.» Intervenne il suo partner Ishii.
«Come avete fatto a sconfiggerli?» Domandò Yoshiki curioso. Il suo Stridiosauro aveva la stessa abilità di quei nemici, sarebbe stato utile sapere qualcosa di più al riguardo.
«Abbiamo inondato le gallerie con vapore ad alta pressione.» Rispose la caposquadra Yoshida, spiegando come il suo Stridiosauro fosse in grado di produrre calore. «I VIRM non hanno avuto altra scelta che uscire allo scoperto per non venire ustionati.»
Yoshiki avvertì Naho muoversi con disagio, immaginando quanto dovesse essere dolorosa una cosa del genere. Di certo non provava pena per gli alieni, ma era facile immedesimarsi in loro quando condividevano le stesse caratteristiche.
«Forse non avrei dovuto chiederglielo…» Le sussurrò lui, facendola voltare con un mezzo sorriso.
Gli Stridiosauri più piccoli erano stati dispiegati per la maggior parte al centro dell'area a guardia della centrale, mentre i classe Gutenberg erano sparsi tutto attorno alla zona per poter coprire un raggio più ampio; l'intera Squadra Desia copriva l'area a metà strada tra la centrale geotermica e i confini della montagna. Assieme a Kya nella centrale c'erano lo Xenomorphus, l'Animus, Zinnia e Lobelia, gli Stridiosauri della coppia Kobayashi e Sasaki e Oda e Watanabe, entrambi delle stesse dimensioni di Iustitia.
Zinnia era un modello molto simile a Xenomorphus, dotato di quattro zampe su cui camminava per la maggior parte del tempo e una coda lunga e affilata, capace di paralizzare i nemici; tuttavia diversamente dallo Stridiosauro di Aiko, questo riusciva a stare in posizione eretta ed era di dimensioni un po' più grosse. Lobelia era un modello più semplice, camminava anch'esso su quattro zampe all'occasione ed era capace di aderire a qualunque parete con i suoi arti lunghi e snodati.
«Ma quando arrivano?» Sbuffò Nakamura. Era da un po' che non si sentiva così impaziente di lottare; normalmente avrebbe dato di matto molto tempo prima se non fosse che in quegli ultimi tempi stesse cercando di trattenere la propria esuberanza.
«Portate pazienza!» Intervenne Hachi dalla sala di controllo mobile. «Sappiamo che i VIRM arriveranno a queste coordinate, non c'è bisogno di agitarsi.»
Kya iniziò a sbuffare vistosamente. Avrebbe voluto ribattere dicendo che non si stava lamentando, solo che la noia iniziava a farsi sentire, ma pensò che un argomento del genere l'avrebbe fatta passare per insensibile; a nessuno piaceva andare in guerra, eppure non ci poteva fare niente se avvertiva quel brio quando lottava.
Hachi si allontanò dalla postazione di comunicazioni e fece qualche passo indietro, iniziando a rimuginare avanti e indietro per la stanza. Il rumore di tastiere e il ronzio dei macchinari a lavoro con i loro tecnici ormai erano diventati qualcosa di talmente familiare da non fare più nemmeno caso al caos che si creava negli attimi prima di una battaglia; in realtà era sempre stato qualcosa di familiare per lui, solo che dopo mille anni lo aveva quasi dimenticato. Tornare a fare quel lavoro lo aveva riempito di nostalgia, anche se avrebbe preferito farne a meno.
La verità era che anche lui non capiva cosa stesse succedendo. I VIRM erano sempre stati puntuali per quanto fosse assurdo e nonostante tutti avessero sollevato dubbi sul perché avessero scelto proprio quel posto come obiettivo, lui sapeva che la battaglia sarebbe avvenuta lì. Bisognava solo avere un altro po' di pazienza.
La sala di comando mobile era un modello molto simile a quella utilizzata nella seconda battaglia della Squadra Anemone, i coordinatori avevano considerato l'idea di allestirne una provvisoria all'agriturismo dove alloggiavano ma temevano di essere troppo lontani dall'area di operazione e così si erano spinti più in là. Secondo i calcoli non rischiavano di essere coinvolti nella battaglia e se necessario il mezzo poteva allontanarsi anche se non troppo velocemente, nonostante ciò l'I.P.U. aveva pensato di dispiegare alcuni mezzi armati per la loro sicurezza; una precauzione forse inadeguata per fronteggiare le forze aliene, ma speravano che non dovesse essercene bisogno.
«Hachi, signore…» Chiamò un tecnico dopo che una spia nel suo schermo ebbe iniziato a lampeggiare. «Rilevo dei parametri anormali nell'atmosfera.»
«Di che si tratta?» Domandò lui facendosi subito vicino al tecnico. Anche Nana e gli altri coordinatori gli furono a fianco, ansiosi.
«E' come se qualcosa stesse bruciando nell'aria. Non riusciamo a localizzarlo né a capire di cosa si tratta, ma non è normale.»
«Tenete d'occhio i parametri, assicuratevi che non ci sia qualcosa che vi sfugge!» Ordinò lui tornando ad aprire le comunicazioni con i ragazzi. «A tutte le squadre, cominciamo a rilevare dei movimenti nell'atmosfera. Restate all'erta e preparatevi a rispondere a una possibile offensiva nemica!»
Kya alzò gli occhi al cielo, le palpebre si chiudevano e si aprivano velocemente, ansiose di avvistare qualcosa in aria e dare inizio agli scontri. Odiava quella tensione più degli alieni che si apprestava ad affrontare; in fondo non pensava che ci fosse niente di personale tra loro, ucciderli era solo il suo lavoro.
«Io non vedo niente.» Borbottò Kaoru facendo sporgere Iustitia, come se quello cambiasse qualcosa nella loro visuale.
Quello era il momento più delicato, dove i nervi si tendevano e l'attesa diventava veramente insopportabile; i sensi dei ragazzi erano amplificati dalla connessione e l'aspettativa di vedere spuntare qualcuno da un momento all'altro li rendeva reattivi, anche troppo. Tra gli Stridiosauri nella zona si poté notare più di un movimento nervoso, come se un minimo segnale li facesse sobbalzare, ma nonostante tutta questa attenzione i ragazzi continuarono ad essere da soli sulla montagna.
«Non capisco…» Mormorò Aiko guardandosi intorno, leggermente in apprensione. Kya sospirò annoiata e la tensione iniziò ad abbandonarla.
«Si saranno sbagliati…» Borbottò, ma appena abbassò lo sguardo un'esplosione scosse la terra e i piloti si voltarono verso la sua origine. Ai piedi della montagna, dove erano posizionati alcuni degli Stridiosauri più grandi, una linea di fuoco travolse la terra e sollevò una fitta coltre di fumo, avvolgendo Gaia, Aros e i loro compagni nella zona.
«Sono loro!» Esclamò Kya e si preparò a scattare per assisterli, ma proprio mentre si preparava alla partenza delle forti vibrazioni la fermarono e assieme ai suoi compagni nella zona della centrale si voltò verso la cima della montagna.
Lì, dove erano posizionati gli Stridiosauri rimanenti delle altre Squadre assieme ad Anthurium, una valanga violetta fece la sua comparsa dall'altro lato della catena e si riversò giù per la valle; sembravano migliaia di insetti che divoravano la terra su cui camminavano, ma erano i VIRM. Era un attacco a tenaglia, li avevano circondati senza che si accorgessero di niente!
«Cosa facciamo?» Piagnucolò Sasaki facendo voltare Zinnia da un lato all'altro freneticamente. Dividersi sarebbe stata la scelta più logica, ma questo avrebbe lasciato sguarnito l'obiettivo principale dei nemici e tuttavia se loro erano ai lati dell'area non avrebbero potuto raggiungerne il centro se li avessero intercettati.
Proprio mentre Kya cercava di decidere quale fosse la scelta migliore, qualcosa piovve dal cielo e si conficcò nel terreno circostante, creando crateri di modeste dimensioni e lanciando intorno a sé terra e detriti, anche travolgendo delle costruzioni dello stabile in alcuni casi. Era come se ci fosse un vetro, una superficie trasparente che sfarfallava e distorceva leggermente ciò che vi stava dietro, ma poi i ragazzi lo videro: videro quell'illusione svanire, al suo posto i corpi opachi e minacciosi di VIRM delle dimensioni dei classe Mohorovičić, teste piccole e protette con numerosi arti che non avevano niente di umano. Dopo aver visto quel travestimento sfaldarsi di fronte ai loro occhi, i ragazzi capirono che era questo che aveva fatto allertare i tecnici; gli alieni avevano utilizzato una tecnologia di occultamento che gli aveva permesso di sparpagliarsi nell'area e prenderli alla sprovvista.
Ryo alzò lo sguardo al cielo, ma non avvistò nessuna nave madre. Poteva essere che si stesse ancora nascondendo, oppure le forze nemiche erano veramente tutte lì, ma la situazione non cambiava: adesso non solo erano circondati a monte e a valle, ma dovevano anche occuparsi di una serie di nemici in vantaggio numerico su di loro e farlo senza danneggiare la centrale.
«Cosa…?»
«Shinji, abbiamo bisogno che forniate rinforzi ai nostri compagni!» Esclamò Kya interrompendo il suo amico, che stava proprio per chiederle cosa avesse intenzione di fare. In collegamento arrivò subito la voce di Kano, che normalmente non si sarebbe lasciato dare ordini da lei, ma in quel momento aveva più a cuore la riuscita della missione.
«Voi riuscite a occuparvi di quei nemici da soli?» Domandò il caposquadra di Desia senza la minima esitazione nella voce.
«Vai e basta!» Ordinò Kya per tutta risposta prima di lanciarsi addosso al primo VIRM, che alzò le due paia di braccia per contrastare la sua carica.
La Squadra Desia era la scelta migliore per fornire supporto alle squadre in cima e a base della montagna, erano posizionati a metà strada ed erano abbastanza numerosi da potersi dividere efficacemente, mentre con la loro velocità e propulsione specializzata potevano spostarsi velocemente e con facilità su qualsiasi terreno. Anche se in quel momento Kya e i suoi compagni stavano fronteggiando dei nemici mai visti e che li avevano presi alla sprovvista, la sua sicurezza contagiò tutti quanti e gli permise di credere che in cinque sarebbero bastati a fermare un gruppo grande almeno quattro volte il loro.
Alcuni VIRM possedevano solo due paia di arti superiori, altri ne avevano di più e la forma di questi variava da una più normale a qualcosa di più astratto, dall'aria particolarmente inquietante come artigli e ganci. In qualche modo il loro aspetto poteva essere considerato quasi umano, anche se distava molto da quello che si sarebbe potuto definire tale; a saltare all'occhio era la loro pelle spessa, corazzata, munita di spuntoni e le armi che alcuni di loro portavano con sé, attrezzi dall'aria rudimentale come lance e mazze mastodontiche; alcuni camminavano su tutti gli arti disponibili, altri solo su due. Questo tentativo di imitare gli umani e i loro Stridiosauri irritò non poco Kya, che diede una testata al suo diretto avversario senza pensarci due volte.
L'alieno che fino a quel momento aveva resistito al suo attacco, mollò la presa e barcollò per mezzo secondo, abbastanza da permetterle di trafiggerlo con la lancia prima di spedirlo a terra con un calcio e lanciarsi addosso a un altro; qui però Iustitia fu intercettato da altri VIRM che lo afferrarono e cercarono di immobilizzarlo. La ragazza sentì sul proprio corpo quelle loro mani che a malapena potevano essere chiamate così e credette di vomitare: le loro dita cercavano di scavare nella sua pelle metallica e graffiare quella corazza che in quel momento corrispondeva alla sua pelle. Per liberarsene iniziò a roteare velocemente attivando i retrorazzi, ma fu solo grazie all'intervento di Animus che Iustitia poté tirare un sospiro di sollievo; sospiro lasciato a metà, perché i loro amici furono attaccati alle spalle proprio mentre Kya e Kaoru si voltavano a ringraziarli. Non fecero in tempo ad andare in loro soccorso perché un altro Stridiosauro, Lobelia, saltò addosso ai VIRM iniziando a farli a pezzi con le proprie mani; non era la forza nei suoi movimenti a strappare gli arti dei nemici, ma la meticolosità delle sue numerose dita che con uno sguardo sapevano esattamente dove andare a cercare i punti deboli del nemico.
Dalle informazioni che Kya aveva sentito riguardo, Lobelia sembrava essere dotato di un pensiero "accelerato" e uno scanner che rilevava tutti i segreti di un nemico alla prima occhiata, che uniti alle sue mani a dir poco chirurgiche diventavano strumenti letali. Non aveva idea di come funzionasse, ma era contenta che potessero contare su compagni con simili abilità e poté tornare a concentrarsi sui nemici più vicini sapendo di poter lasciare a loro quella zona.
Iustitia iniziò a roteare la lancia per respingere i nemici che gli saltavano addosso e con la coda dell'occhio avvistò Xenomorphus intento ad azzannare un nemico mentre con le zampe anteriori teneva lontano un secondo avversario; pensò che Aiko e Ryo stessero facendo un buon lavoro, quindi si fiondò ad aiutare la coppia di Zinnia, che sembrava leggermente più in difficoltà.
Lo Stridiosauro degli ammiratori di Kya stava venendo assalito da un VIRM poco più grosso di lui che gli puntava i suoi arti simili a coltelli contro la faccia mentre questo da terra cercava di respingerlo. Iustitia caricò le braccia indietro e conficcò con forza la punta della lancia nella testa del mostro. Il suo corpo perse tutta la tensione e Zinnia fu libero, ma ebbe a malapena il tempo di ringraziare Iustitia prima di doversi tirare su e scattare per intercettare l'attacco di un altro VIRM che stava cercando di prendere alle spalle l'altro Stridiosauro. Kya e Kaoru fecero lo stesso concentrandosi su un paio di VIRM che avevano tentato di avventarsi sui loro compagni e per qualche istante i due Stridiosauri rimasero a guardarsi le spalle a vicenda, accerchiati da nemici ma ben coordinati per difendersi.
Il numero di nemici nell'area era forse stato dimezzato da quando avevano attaccato la centrale, Kya stava pensando se valesse la pena di mandare qualcuno ad aiutare i loro compagni, ma non aveva modo di capire chi ne avesse più bisogno e non voleva nemmeno rischiare di perdere il controllo della situazione lì. Dopo aver ucciso un altro nemico però, volse lo sguardo a valle dove il fumo aveva iniziato a diradarsi e una ondata viola aveva ricoperto la terra: lì facevano capolino gli Stridiosauri dei suoi amici, impegnati nella lotta ma anche in difficoltà nell'arginare tutti i nemici che andavano sparpagliandosi e con orrore si rese conto che gran parte di questi stava iniziando a sciamare in tutte le direzioni, lontano da loro.
«Hachi, i nemici stanno cercando di scappare!» Chiamò aprendo un collegamento con il centro di controllo.
Il volto di Hachi comparve nella sua visione periferica e le confermò che lo aveva visto. «Rimanete sulla centrale, la Squadra Desia si occuperà di dare la caccia ai fuggitivi.» Disse con fermezza. Neanche qualche secondo e Kya vide scendere dalla montagna a tutta velocità tre unità Chrysanthemum per raggiungere le altre a valle, quindi si sparpagliarono in tutta l'area per fermare e uccidere i VIRM più piccoli.
Soddisfatta, Kya stava per chiudere le comunicazioni quando un'esplosione la distrasse. «Che cos'è stato?» Domandò allarmata, e questa volta Hachi sembrò più allarmato.
«E' la nostra scorta. Alcuni VIRM sono diretti da questa parte e stiamo cercando di metterci al sicuro…» Spiegò l'adulto guardando fuori dal campo visivo di Kya. Poi sembrò tornare a concentrarsi su di lei: «Kya, ascoltami: è importante che proteggiate la centrale! Non fate scappare nessuna unità nemica, difendete la centrale a qualunque cos…!»
Un'altra esplosione interruppe il collegamento, Kya fece in tempo a vedere Hachi che veniva travolto dal fumo e poi una colonna grigia che si sollevò in lontananza attirò la sua attenzione, lasciandola a pensare al peggio.
«Hachi…!» Gemette prima di essere colpita alle spalle da un VIRM. Iustitia si rialzò mentre a Kya girava un po' la testa, lo sguardo ancora fisso sulla colonna di fumo in fondo alla valle. «Dobbiamo aiutarli…!»
«Ci pensiamo noi!» Fece la voce di Nagashima, in collegamento audio con Iustitia. Kya aveva completamente dimenticato che la Squadra Desia si era diretta proprio là, vide la sagoma di Chrysanthemum 4 sfrecciare in lontananza proprio verso il centro di comando mobile, dove i fucili della scorta degli adulti sparavano in direzione della marea aliena che si dirigeva contro di loro.
Sarebbero riusciti ad arrivare in tempo? Sarebbero bastati? E se i coordinatori fossero stati coinvolti nella lotta? Sarebbe bastata una minuscola svista e avrebbero potuto…
«Kya, concentrati!»
Il suo corpo si mosse da solo, Kaoru diede un forte strattone ai comandi costringendo Iustitia a rispondere a un attacco in arrivo dall'alto e Kya si ritrovò faccia a faccia con un VIRM che tentava di infilzarla con una rudimentale lama che componeva il suo braccio.
Con un abile movimento del polso, Kaoru sfruttò la lancia di Iustitia come una leva per sbilanciare l'avversario e fare incastrare la sua lama nel terreno, per poi assestargli un calcio caricato mentre si rialzava da terra.
«Ci sono anche i coordinatori di Desia lì, hanno tutti più di una motivazione per dare il massimo.» Disse il ragazzo tornando sulla partner per un istante. «Dobbiamo fidarci di Ogura e Nagashima, lo sai che sono capaci di farcela!»
Per un momento Kya si era lasciata prendere dallo sconforto, ma la battaglia stava andando bene; nessuno era stato ferito e i nemici, seppur più forti del solito e arrivati con una strategia che li aveva sorpresi, stavano diminuendo di numero. Come caposquadra avrebbe dovuto infondere coraggio nei suoi compagni e fidarsi delle loro capacità individuali, non piagnucolare di fronte al nemico perché era preoccupata.
«Ha-hai ragione Kaoru, scusami…» Borbottò riprendendo il controllo parziale del proprio corpo, barcollando mentre il ragazzo inizializzava il comando per trafiggere e spingere a terra il nemico appena colpito.
«Kya!» Una voce la raggiunse da poca distanza e voltandosi vide Xenomorphus che colpiva un nemico con la coda, scaraventandolo nella sua direzione. Iustitia reagì di istinto e scagliò la lancia contro il VIRM, trafiggendolo, poi tirò con forza il cavo trasformandone il corpo in una mazza con cui colpire gli altri, facendolo roteare finché il VIRM non si fu smembrato a causa della forza centrifuga. Kya riavvolse poi il cavo e afferrò saldamente la lancia, un po' disgustata dalla sua elsa fradicia di liquidi corporei alieni.
«Se continuiamo così, presto potremo andare ad aiutare gli altri!» Disse Ryo, contento che Kya avesse reagito prontamente al suo assist.
Il numero dei VIRM che avevano attaccato la centrale si era dimezzato, ne restavano una decina e non sembravano abbastanza coordinati per mandare avanti un attacco efficace. Anche Kya iniziava a sentirsi leggermente ottimista; dopo di quello sarebbe scesa a valle per aiutare gli altri e si sarebbe accertata delle condizioni di Hachi e Nana, o forse avrebbe fatto meglio a salire verso la cima e aiutare quelli che erano rimasti quasi del tutto isolati dopo la discesa della Squadra Desia?
«Kya.» La ammonì di nuovo Kaoru. «Non è il momento di pensare a queste cose!»
Aveva sentito tutto. I suoi dubbi, il suo spavento, le innumerevoli riflessioni che l'avevano portata a chiedersi se sarebbe andato tutto bene… Kaoru aveva ragione: dovevano solo fare il loro lavoro adesso; vacillare per un secondo nel campo di battaglia significava abbassare le difese e a quel punto fare programmi sarebbe stato inutile. Si concessero un momento per riprendere fiato, poi si prepararono a scattare contro i nemici, ma a questo punto qualcosa li spiazzò.
Kya vide il primo VIRM che aveva steso all'inizio dello scontro rialzarsi come se niente fosse; era sicura di averlo trafitto nel petto e lasciato a terra a morire, ma adesso la ferita dell'alieno non sembrava esserci mai stata. Prima che potesse decidere cosa fare, quello decollò usando un sistema di propulsione simile a quello di Iustitia e si diresse verso una delle torri di raffreddamento della centrale, seguito da altri tre suoi simili.
Hachi le aveva detto di difendere la centrale a ogni costo. Ancora non sapeva perché quel posto fosse così importante per gli alieni, ma non avrebbe deluso il suo mentore proprio ora che aveva riposto la sua massima fiducia in lei.
«Inseguiamoli!» Urlò attivando i retrorazzi, prendendo quasi troppo slancio e ritrovandosi pochi secondi dopo in caduta libera all'interno della torre. Neanche diede ascolto alle voci dei suoi compagni che le dicevano di non essere avventata, non attese che qualcuno si offrisse di accompagnarli.
I VIRM sembravano essersi già dileguati. La ciminiera era grande e vuota, era impossibile nascondersi in un posto del genere, ma sul fondo Kya individuò un condotto sfondato dove avrebbero potuto passare gli alieni.
«Quello deve essere il capo, Kaoru!» Disse riferendosi all'alieno che avevano visto rialzarsi. «Non so perché, ma ho l'impressione che sia più forte degli altri!»
Kaoru non rispose, troppo concentrato a far atterrare Iustitia in sicurezza. Quando furono a terra, scattarono verso il condotto ma prima di entrarvi, il ragazzo le disse di fare attenzione.
«Non dobbiamo perderli di vista, Kaoru!» Ribatté lei, ansiosa di inseguire i nemici. «Se gli diamo il tempo di nascondersi, potrebbero finire chissà dove!»
«Lo so.» Disse lui. «Ma stiamo per entrare in uno spazio ristretto senza averlo mai esplorato prima, i VIRM hanno il vantaggio e potrebbero tenderci una trappola se non stiamo attenti!»
Kya trattenne il respiro e guardò in alto come se lì ci fosse Kaoru. Non si sarebbe voltata, troppo concentrata su Iustitia per poter muovere il proprio corpo facilmente, il controllo dei propri arti diventava fumoso quando era così a fondo nella connessione, ma sapeva che Kaoru avrebbe sentito quella risposta e avrebbe capito che lei non voleva prendere rischi, ma nonostante ciò aveva intenzione di dare il meglio di sé.
«D'accordo.» Disse alla fine, sapendo che finché non gli avrebbe confermato di aver preso in considerazione quell'idea, lui non l'avrebbe lasciata proseguire.
Lo Stridiosauro entrò nel condotto e iniziò ad avanzare con cautela negli spazi angusti delle tubature che trasportavano il vapore. Quella situazione ricordò ai ragazzi il racconto di Yoshida e pensarono che le sue capacità sarebbero state molto utili in quella situazione, ma che in quel modo avrebbero potuto arrecare danni alla centrale e così accantonarono quell'idea. In quel momento seguire i VIRM era l'unica opzione disponibile e anche la più sicura in generale; per un momento Kaoru si pentì di non aver aspettato che li raggiungesse qualcun altro per fargli da supporto, ma ormai erano lì e sapevano come comportarsi.
«Fa caldo, qui dentro…» Si lamentò Kya. Non era ancora un caldo asfissiante, ma da un momento all'altro aveva iniziato a sudare vistosamente.
«E' normale.» Borbottò Kaoru rimanendo all'erta. «Siamo in una centrale che assorbe il calore della terra, sarebbe strano il contrario.»
«Sì, ma non è spenta adesso?» Ribatté lei confusa. Kaoru rimase contraddetto per un istante, prima di ricordarsi che pur spegnendo la centrale, non era possibile spegnere il calore della terra, e loro vi si stavano addentrando sempre di più.
Con un po' di rassegnazione, Kya cercò di isolare la sensazione del sudore che andava a formarsi sulla propria pelle e che scendeva lungo tutto il suo corpo e si concentrò invece su dove potessero essere finiti i nemici. Anche i VIRM dovevano soffrire il calore, non potevano essere andati troppo lontano!
«Attenzione!» Bisbigliò Kaoru indicandole una apertura nel condotto dove si erano infilati. Kya fu contenta di sapere che avrebbe potuto smettere di avanzare accovacciata, ma l'idea che i VIRM potessero essersi infiltrati in un'area delicata della struttura la faceva infuriare.
Senza fare troppo rumore, Iustitia si affacciò dal varco e diede un'occhiata all'area sottostante: quello che si aprì di fronte a loro fu uno spettacolo quasi inquietante, una ampia area protetta da pareti in metallo piena di macchinari ingombranti collegati a numerose pompe e cavi che andavano verso l'alto, illuminata a giorno non dai led che tappezzavano l'alto soffitto, ma dal fluido arancione che scorreva in grosse vasche trasparenti, convogliato in spessi tubi di acciaio per andare chissà dove; si aspettavano una specie di caverna o qualcosa di più naturale di quello che trovarono, ma lo stupore durò solo un attimo perché i ragazzi avevano un lavoro da portare a termine e nonostante le stranezze che si mostravano davanti ai loro occhi, Kya e Kaoru non potevano lasciarsi distrarre.
C'era abbastanza spazio per far camminare comodamente un classe Mohorovičić, così Kya non esitò a scendere dal condotto e una volta toccato terra si acquattò per cercare di non farsi localizzare, nascondendosi dietro una grossa torre metallica di cui ignorava la funzione.
«Dove sono i nemici?» Sussurrò mentre Kaoru faceva andare lo sguardo da una parte all'altra della sala. Il ragazzo avvistò quella che aveva tutta l'aria di essere una vetrata in un angolo del soffitto e la indicò a Kya dopo aver visto delle sagome muoversi al suo interno.
«Sono troppo piccoli per essere VIR…» Si interruppe quando riconobbe delle figure umane lì dentro. Era stranamente familiare, come la sala di controllo da cui Hachi e Nana osservavano le loro esercitazioni a Mistilteinn; le stesse figure in camice si aggiravano dietro quel vetro, ignare della loro presenza.
«Perché ci sono delle persone quaggiù?» Domandò incredulo Kaoru. «Sono in pericolo!»
«Pensavo fossero stati evacuati tutti quelli che lavoravano alla centrale.» Disse Kya continuando a bisbigliare. Non aveva senso che fossero rimaste delle persone in quel posto, la centrale doveva essere spenta in quel momento.
Troppo distratti da quella scoperta, Kya e Kaoru non si accorsero di un movimento alle loro spalle se non proprio all'ultimo istante, quando qualcosa li colpì violentemente facendoli sbattere contro la stessa torre che era stato il loro riparo fino a un attimo prima.
Scombussolata e dolorante, Kya sentì le gambe molli ma fu abbastanza reattiva da alzare le braccia per bloccare un secondo colpo del VIRM che li aveva presi alla sprovvista; l'alieno cercò di schiacciarli con il pugno, le braccia enormi rispetto al resto del corpo, come se fosse stato creato esattamente per quel momento.
«Dobbiamo chiamare i rinforzi!» Esclamò Kaoru stringendo i comandi con forza per non farseli scivolare dalle mani; il calore era arrivato anche nella cabina e avevano iniziato a sudargli le mani.
Kya aprì un collegamento con Xenomorphus, ma il segnale era disturbato. Quando Ryo e Aiko risposero, non riuscì a capire niente di quello che stessero cercando di dirle e prima che potesse chiedere aiuto, la connessione si interruppe.
«Dannazione!» Sbottò alzando di colpo le braccia e attivando i retrorazzi per spingersi contro il nemico, che fu sorpreso dalla perdita di equilibrio e fu colpito in pieno da una spallata. Iustitia si liberò della presa, ma prima di poter poggiare nuovamente i piedi per terra, un secondo VIRM uscì allo scoperto e gli schiacciò uno dei suoi numerosi arti contro il petto, bloccandolo al muro.
Stupidi e presuntuosi umani. Suonò una voce nelle teste di Kya e Kaoru, dandogli un fastidioso capogiro. Veniva da quell'essere, ma in un certo senso anche no; avevano già sentito quella voce durante la loro prima battaglia, adesso era direttamente rivolta a loro. Continuate a dire di essere migliori, ma finite sempre per commettere gli stessi errori.
Kaoru fece dare a Iustitia una violenta testata all'alieno, che venne respinto e perse la presa su di loro. Imbracciata la lancia, Iustitia lo colpì di striscio e si voltò per respingere l'assalto del primo VIRM, parando i suoi pugni colossali e contrattaccando mirando alla testa.
Vi sforzate così tanto a cambiare il mondo per i vostri comodi, mentre voi restate sempre uguali. La stessa voce di prima, una sirena fastidiosa che rimbombava nelle teste dei ragazzi, ma questa volta fu un altro essere ad attaccare saltando addosso a Iustitia dall'alto.
Kya digrignò i denti mentre gli artigli dell'alieno le graffiavano il volto e si dimenò per scrollarselo di dosso. Iustitia perse la lancia, ma riuscì ad afferrare le spalle del nemico e sarebbe riuscito a lanciarlo lontano se i pugni del mostro di prima non lo avessero travolto, scaraventando lo Stridiosauro contro a una ringhiera che si affacciava sulle cisterne di liquido misterioso.
Tre contro uno e un nemico ancora nascosto; la situazione peggiorava di secondo in secondo. Kya era sicura che da sola avrebbe potuto occuparsi di quei nemici uno per volta, ma averceli contro tutti insieme si stava rivelando impossibile. Non che arrendersi fosse un'opzione, stava solo pensando che fosse una bella scocciatura.
Il cavo della lancia era ancora intatto. Iustitia lo riavvolse e la impugnò nuovamente rialzandosi da terra, poi si preparò a ricevere la carica di tutti e tre i nemici.
Il primo fu quello con tanti arti che saltò per impedire allo Stridiosauro di scappare dall'alto, ma in questo modo rese la sua traiettoria prevedibile: Kya e Kaoru scagliarono la lancia centrandolo in pieno e prima che questo potesse provare a rispondere, attivarono l'apertura a ombrello dell'arma che lo fece a pezzi. Arti e resti di alieno si sparsero per la sala mentre una pioggia di liquido violetto bagnava il volto dello Stridiosauro.
Ancora non intimoriti, i due VIRM rimasti si scagliarono contro Iustitia insieme e cercarono di sfruttare la sua momentanea vulnerabilità, ma i ragazzi usarono la lancia aperta come una rete e la calarono addosso ai nemici per rallentarli. Mentre il cavo si riavvolgeva, Kya corse in avanti e diede un calcio al VIRM con le braccia corazzate per provare a fargli perdere l'equilibrio, seguito subito da un pugno che però non sembrò fare effetto. La lancia tornata al proprio posto e alla sua forma originale si sarebbe calata sulla sua testa, se l'altro lasciato indisturbato non si fosse avventato su Iustitia, facendolo rotolare lontano.
Kya sbatté con i fianchi a un'altra torre metallica – che diavolo erano quelle cose? Si rese conto che emanavano un tenue calore, distinto dalla temperatura già alta della sala – e avvertì il dolore dell'impatto propagarsi per tutto il corpo. Cominciava ad essere stufa di quel terreno così accidentato, avrebbe voluto distruggere tutto… Ma il pensiero che ci fossero delle persone nella stanza accanto la trattenne e mentre ci pensava, Kaoru alzò lo sguardo verso il vetro di prima, scorgendo le stesse figure, adesso in allarme. Erano stati visti sicuramente, sarebbe stato il panico.
«Adesso basta, attiviamo la modalità berserk e facciamoli a pezzi!» Sbuffò Kya mentre Iustitia si rimetteva in piedi. Le tremavano le mani, la forza le stava venendo meno, la sua sicurezza non ancora; ma aveva esaurito la pazienza da tempo.
Kaoru la riprese con forza. «No! Non abbiamo ancora trovato il capo e sarebbe una condanna a morte se dovessimo esaurire l'energia prima di averli uccisi tutti.»
Odiava ammetterlo, ma Kaoru aveva ragione. Se solo avessero potuto contare su un po' di tempo in più…
«Prova a vedere se riesci a contattare di nuovo gli altri!» Disse digrignando i denti. Sapeva che fosse inutile, ma non aveva altre idee.
Kaoru aprì la chiamata con gli altri Stridiosauri, questa volta il segnale sembrava leggermente più stabile. La voce di Ryo li raggiunse, chiedendo che cosa stesse succedendo.
«Stiamo affrontando i VIRM in una specie di laboratorio sotterraneo.» Spiegò Kaoru tenendo la difensiva mentre gli alieni attaccavano di nuovo e Kya prendeva il controllo. «Abbiamo bisogno di aiuto!»
«I rinforzi…» Un'interferenza bloccò le parole del ragazzo per un momento. «Stanno arrivando!»
Furono poche parole prima che la connessione cadesse di nuovo, ma bastarono a infondere un po' di fiducia nei ragazzi. Kya si lanciò urlando contro i VIRM e si gettò con tutto il proprio peso sul nemico meno prestante, atterrandolo e tempestandolo di pugni. Iustitia fu poi sollevato e sbattuto contro un muro come se non pesasse niente, più volte finché Kaoru non riuscì ad afferrare la lancia e piantarla nel metallo davanti a sé per opporre resistenza; con una spinta disumana, Iustitia destabilizzò la presa del nemico e ne approfittò per contrattaccare. Abbandonata la lancia conficcata nel metallo, Iustitia avanzò colpendo con calci e pugni il VIRM, che a causa dei suoi arti superiori sproporzionati aveva un pessimo equilibrio e dopo un'ultima spinta con un doppio calcio, lo Stridiosauro gli girò attorno per avvolgergli il cavo della propria lancia attorno alla testa e tirò con tutta la forza che riuscì a trovare, pregando che quegli esseri potessero soffocare o quantomeno che il suo collo deforme si spezzasse.
Ma l'altro VIRM non rimase a guardare, si lanciò addosso a Iustitia nel tentativo di interrompere quell'assalto e chiudere lo scontro una volta per tutte, ma non aveva previsto che Iustitia avrebbe potuto continuare a muoversi anche dopo aver lasciato la presa sulla sua preda; il cavo era ben saldo, non sarebbe scivolato e fu questa sicurezza a permettere a Kya e Kaoru di voltarsi per rispondere all'attacco del nemico, che ricevette un pugno sul petto e fu scaraventato lontano.
Finalmente con un attimo di respiro, Iustitia tese con forza il cavo della lancia e dopo un momento di resistenza vide la testa del VIRM incrinarsi, poi esplodere mentre il suo corpo si faceva molle tutto a un tratto. Con un gesto di rabbia, calciò a terra il mostro e si voltò a cercare l'altro, ma proprio quando lo avvistò che prendeva la carica, qualcosa lo intercettò in corsa ed insieme rotolarono lontano da lì, avvinghiati in una stretta violenta.
Zinnia, comparso all'improvviso, si era messo in mezzo interrompendo la rincorsa dell'alieno e approfittando dell'effetto sorpresa per infliggere un colpo letale: mentre lo mordeva con le sue fauci e tempestava il suo corpo di pugni, Kya e Kaoru videro la sua coda trapassare il ventre del VIRM, lacerando la sua corazza e infierendo ancora e ancora finché il suo corpo non ebbe smesso di muoversi.
«Erano loro… I rinforzi?» Borbottò Kaoru, esausto. Kya non disse niente, semplicemente grata di essere riuscita a resistere fino all'arrivo dei loro compagni.
Iustitia alzò un braccio e salutò Zinnia in lontananza per ringraziarlo dell'aiuto, poi fece dietrofront e andò verso la propria lancia per recuperarla dal muro; c'era ancora un nemico nascosto e bisognava essere pronti ad affrontarlo.
Non appena posò la mano sull'impugnatura, qualcosa calò dall'alto tranciando di netto il braccio di Iustitia con tanto del cavo che lo univa alla lancia. Kya lanciò un urlò di dolore e lo Stridiosauro fu spinto indietro dal contraccolpo mentre si stringeva l'arto mancante. Il VIRM che avevano inseguito era finalmente venuto allo scoperto, aveva osservato lo scontro e scelto il momento più adatto a colpire.
Il dolore accecò Kya che spinta anche dai comandi di Kaoru, prese a menare colpi a vuoto con il braccio rimanente, ma l'essere li evitò facilmente e afferrò Iustitia dal collo per scaraventarlo contro una delle torri di metallo nella sala. Zinnia caricò a testa bassa per difendere i suoi compagni, ma con un movimento agile il VIRM evitò il suo attacco e lo respinse, mandandoli a terra con un colpo violentissimo.
Iustitia si rialzò a fatica e cercò di attaccare, ma il VIRM deviò ancora il colpo e lo spinse nuovamente al muro, estraendo la sua lancia con facilità e conficcandola nell'addome di Kya, Iustitia, che espulse tutta l'aria che aveva nei polmoni.
Senza riuscire a produrre alcun suono, Kya rimase a boccheggiare mentre un dolore pungente iniziava a incendiarle un fianco, espandendosi a tutto il torace e facendo sembrare quello del braccio roba da niente. Improvvisamente il suo corpo fu immobilizzato, in tensione per il dolore che il minimo movimento avrebbe potuto provocarle mentre i pensieri erano offuscati e incagliati, fermi come lo stesso Iustitia ancorato alla parete e sofferente.
Il VIRM dopo aver conficcato la lancia nel suo corpo sembrava sul punto di iniziare una serie di colpi e sfogarsi completamente su di lei, ma invece i suoi movimenti si fecero più lenti. Si avvicinò quasi con delicatezza e nella mente di Kya tornò a palesarsi la sua voce: Adesso guarda attentamente.
Ancora incapace di pensare, Kya alzò lo sguardo mentre il VIRM indietreggiava. I suoi occhi luminosi ancora fissi su di lei, come se volesse gustarsi per bene la sua espressione prima di procedere.
Le urla allarmate di Kaoru non raggiunsero Kya mentre agitava i comandi senza riuscire a far funzionare alcunché. Lei era troppo spaventata per ascoltare, sofferente per la lancia incastonata nel suo ventre metallico, troppo in pena per le intenzioni del mostro alieno.
Zinnia si stava rialzando da terra, lo Stridiosauro a quattro zampe era ancora libero e avrebbe potuto aiutarli, ma c'era un nemico formidabile da scavalcare prima. Kya lo vide lanciarsi verso di lui, Zinnia saltò forse con l'intenzione di raggirare l'alieno, ma quello lo anticipò e lo spinse contro una delle torri di metallo nella sala, non troppo lontano da Iustitia.
Zinnia ricevette un colpo violentissimo alla testa, seguito da un secondo e un terzo che lo lasciarono stordito, poi lo Stridiosauro fu strattonato fino a cadere a terra e il VIRM lo calciò via come spazzatura.
Scivolò vicino a Iustitia e Kya poté sentire i respiri di Sasaki e Kobayashi farsi sempre più affannosi, sempre più disperati mentre cercavano di strisciare verso di loro. Nello stesso momento Kaoru sembrò riuscire a stabilire un collegamento con gli altri in superficie e le voci di Ryo e Aiko, ma forse anche di qualcun altro le entrarono nella testa chiedendole che cosa stesse succedendo.
Kya fissò gli occhi di Zinnia, un volto poco umano visto l'aspetto dello Stridiosauro, ma che comunque le mandò una supplica, una preghiera di aiuto per fermare la furia omicida del nemico. I suoi respiri si fecero sempre più veloci e incompleti, le faceva male il cuore e stava sudando copiosamente.
Poi un salto del VIRM, le sue gambe che affondavano nella schiena di Zinnia e il rumore del metallo che si piegava, scoppiava e si torceva, unito alle urla dei suoi compagni. Un fiotto di liquidi imprecisati iniziò a fuoriuscire dalla carcassa mischiandosi ai fluidi sparsi dai VIRM prima. Gli occhi malvagi dell'alieno, compiaciuto, si fissarono su di lei e Kya sentì una profonda paura, ma anche odio. Tanto, tantissimo odio per quell'essere spregevole.
Ancora domande, ancora urla da parte degli altri. Tutti volevano sapere cosa stesse succedendo, volevano che "la Randagia" entrasse in azione e li salvasse ancora una volta. Kya non sentì più nulla però, solo il vuoto dentro di sé.
E poi un grido disumano echeggiò nel buio.

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Capitolo 80
*** Distruzione ***


Tutto sembrava ovattato nella testa di Kya. Da quando era scesa dallo Stridiosauro – da quando gli altri l'avevano strappata dai comandi – ogni stimolo l'aveva raggiunta come da dietro un vetro. Aveva passato l'ultima ora e mezza tra controlli medici e docce per lavarsi e stabilizzare la propria temperatura corporea, i suoi amici avevano cercato di raggiungerla ma lei era rimasta in silenzio per tutto il tempo.
Sentiva ancora la lancia che le perforava lo stomaco. Credeva di aver sanguinato mentre si lavava, non era sicura se fosse stata una vera ferita o se l'avesse immaginata, o se magari fosse stata lei stessa a scavare con le unghie nella propria carne per cercare di mandare via quella sensazione. Ma questo non era l'unico regalo che aveva ricevuto da quella esperienza.
Sentiva ancora la sua voce: la viscida voce del Padre che le diceva "adesso guarda attentamente."
Le venivano i brividi, era disgustata. Voleva vomitare e questo la faceva stare ancora più male, aumentava il dolore e il buco nel suo stomaco si faceva più grande; non voleva mangiare, il dolore era troppo forte ma se si teneva tutto dentro credeva che sarebbe scoppiata, ma anche volendo i suoi sensi erano come addormentati, il suo corpo non reagiva.
Dopo una decina di minuti passati a fissare il volto preoccupato di Ryo, che stava cercando di ottenere qualsiasi tipo di risposta da lei, la ragazza finalmente parlò con voce stranamente calma.
«Sono morti.» Furono le sue prime parole, ancora un tono estraneo nella voce. «Sono morti, non è vero?»
Aveva visto chiaramente lo Stridiosauro di Sasaki e Kobayashi venire calpestato, ridotto in pezzi. Non era la conferma che cercava, bensì una personale accettazione; aveva visto dei suoi coetanei – anzi, suoi amici – morire di fronte ai suoi occhi. Doveva ancora comprendere appieno quel fatto.
Ryo la guardò devastato, quasi sul punto di mettersi a piangere. Se solo avesse impedito che Zinnia partisse di sua spontanea volontà per seguirli… «Sì, Kya… Sono morti. Mi dispiace tanto…»
Lo sguardo di Kya finalmente girò e si fissò sul suo volto. Ancora non vedeva nient'altro, ma quel volto, il suo sole, adesso era al centro di tutto e fu un tale sollievo che quasi crollò in una cascata di lacrime.
«Ryo…» Piagnucolò cercando un abbraccio. Lui glielo concesse senza la minima esitazione.
«Kya… Lo so che sei stanca, ma dobbiamo capire cosa è successo là sotto.» Mormorò con voce dolce, cercando di farla sentire a suo agio.
«Dov'è Kaoru?» Domandò lei senza curarsi di quello che le aveva detto. Ryo non si aspettava una domanda del genere, ci mise un attimo a recuperare l'informazione.
«Lui è in un'altra stanza. Ha terminato le sue visite e ora credo sia con Aiko…» Evitò di menzionare di averlo visto piangere incontrollabilmente tra le braccia della sua fidanzata. Aveva vissuto un'esperienza traumatica, aveva reagito anche meglio di quanto ci si sarebbe aspettati. «Kya… Sei stata ferita seriamente, dovresti stenderti e riposare… E lasciare che qualcuno ti medichi come si deve.»
La ragazza lo ignorò, anzi lo respinse del tutto tirandosi indietro dall'abbraccio e allontanandosi. Evitò il suo sguardo lasciando intendere con chiarezza che ci fosse qualcosa che la turbava, anche se avrebbe cercato di sembrare forte.
«Io sto bene.» Mormorò, ma il suo braccio non sembrava della stessa idea, così come i segni sul viso che ricalcavano i graffi ricevuti su Iustitia. Ryo aveva visto lo stato in cui era Iustitia alla fine della battaglia: il braccio tagliato via di netto come se fosse stato di burro, o il busto squarciato completamente e l'intera corazza bruciata. Quei danni avevano degli effetti chiari sul suo corpo, era sicuro che i suoi nervi stessero impazzendo mentre cercavano di trovare un motivo a tutto quel dolore; il suo corpo stava reagendo, anche se lei non voleva permetterglielo, e già adesso si potevano vedere i primi segnali di una febbre che sarebbe andata ad aumentare e che sarebbe durata ancora più di quanto prospettato se Kya non si fosse decisa a riposare.
Ryo si sforzò a distogliere lo sguardo dalla mano inerte e sospirò con pazienza.
«Posso solo… Sedermi accanto a te?» Mormorò non sapendo in che altro modo aiutare. La ragazza annuì ma non gli fece posto, Ryo dovette appoggiarsi alla panca facendo attenzione a non avvicinarsi troppo al bordo e una volta lì rimasero in silenzio.
C'erano solo loro due nella sua bolla, Kya aveva desiderato così tanto un momento simile con il suo caro amico e adesso voleva solo essere lasciata in pace. Non voleva stare assieme a Ryo a costo delle vite dei suoi compagni, non voleva la sua pietà perché aveva assistito a qualcosa di orribile…
«Ti fa male?» Lui la sfiorò inavvertitamente al gomito e Kya reagì con uno spasmo, ma cercò di far finta di niente.
«Sono solo tesa…» Mormorò alzando l'altra mano come a protezione del braccio offeso.
«Vuoi… Parlarmene un po'?» Ci riprovò. «Magari posso aiutarti a liberare la tensione.»
Kya inspirò a fondo come se dovesse fare una scelta importantissima, il suo sguardo si posò per un istante sul volto di Ryo e lì sembrò intimorita da quello che avrebbe potuto significare la sua presenza: giudizio, incomprensione, noia, disprezzo. Tutte queste cose avrebbero potuto manifestarsi in un istante e lei le avrebbe colte senza dubbio, e non voleva vederle negli occhi del suo Ryo.
«Non voglio…» Si fermò lì. Quello che avrebbe voluto dire era "non voglio essere un peso per te", ma non ce la fece a pronunciare quelle parole; quello era ciò che doveva fare, non dire, per dimostrare di essere cambiata. E in quel momento stava esattamente facendo lo stesso errore di sempre.
Ryo si sentì male quando udì quelle parole. Non riuscì a fare a meno di pensare che fosse colpa sua se Kya non si fidasse più, ma cosa poteva fare più di quello? Era veramente ancora il suo ruolo, aiutarla ad attraversare i momenti difficili, fornirle una spalla su cui piangere, rallegrare le sue giornate… Oppure qualcun altro aveva già preso il suo posto?
Guardò verso la porta della stanza, lì i loro amici stavano attendendo un segnale, qualsiasi cosa che gli facesse sapere che Kya stesse un po' meglio, ma sapevano già che non sarebbe arrivato niente. C'erano anche Kano e Tsunami della Squadra Desia e la caposquadra di Celia assieme al proprio partner, questa volta incapace di tenere il sorriso come a suo solito.
«D'accordo, ti lascerò riposare allora…» Mormorò abbattuto. Ryo incominciò ad alzarsi, sapeva di aver fallito, di non essere riuscito a ottenere niente da quello scambio, ma temeva che provare ancora non sarebbe servito a niente. Qualcosa però lo fermò e Ryo si sentì tirare di nuovo al proprio posto: Kya si era spinta in avanti e aveva afferrato il suo polso, pregandolo di non andare via.
«Mi dispiace… Mi dispiace per tutto, non volevo che arrivassimo a questo. Io ti voglio bene, Ryo! Non volevo mandarti via, non volevo che quei ragazzi morissero, non volevo che succedesse tutto questo…» Le parole vennero fuori come un fiume in piena, quasi mischiate tra di loro e incomprensibili, ma Ryo capì abbastanza da tornare al proprio posto e stringere con delicatezza le spalle di Kya.
«Non è colpa tua.» Sussurrò. «Quello che è successo era imprevedibile, conosciamo tutti i rischi…»
«Però ho fallito, Ryo!» Reagì energicamente lei, in lacrime. «Come posso considerarmi una buona caposquadra, se lascio morire i miei compagni?»
Ryo la guardò e gli venne da piangere a sua volta. Non aveva mai pensato che avrebbe visto la sua amica così distrutta dopo un fallimento, aveva sempre creduto che niente potesse spezzare quella ragazza, eppure forse per la tensione degli ultimi mesi, forse un po' per colpa sua, adesso Kya era completamente a pezzi.
«Kya, tu non… Il tuo essere una buona caposquadra non c'entra niente!» Gemette abbassando lo sguardo, incapace di trovare le parole giuste che non sembrassero solamente un tentativo di consolarla. «Forse sarebbe stato possibile evitare tutto questo, forse no… Ma sappiamo bene che dobbiamo accettare queste cose come vengono, lo abbiamo imparato.»
Era proprio vero? La loro squadra non aveva mai sofferto perdite del genere, avevano vissuto di riflesso il lutto della Squadra Desia e i suoi effetti e avevano anche aiutato i suoi componenti a superarlo, ma ciò non aveva mai avuto un impatto diretto su di loro; vedere morire qualcuno che conoscevano non aveva paragone con niente di tutto ciò che avevano vissuto.
«Ma io avrei potuto fare di più!» Disse di nuovo lei scuotendo la testa.
«Come? Come puoi dirlo?» Ryo la scosse tremando a sua volta. Kya rimase a piagnucolare davanti a lui e non disse niente per un po', ma era chiaro che avesse qualcosa bloccato dentro di sé che stesse lottando per poter uscire. E quando ci riuscì, Kya non fu più in grado di trattenersi.
«Io ho visto tutto… Ero lì, avrei potuto fare qualcosa e invece ero paralizzata dalla paura!»
A Ryo tremarono le labbra, dovette sedersi perché non credeva che sarebbe riuscito a resistere a quello che la ragazza stava per raccontargli. «Cosa… Cosa hai visto?»
«Il VIRM… Il Padre mi aveva bloccata al muro, ero inerme e avrebbe potuto finirmi in un attimo. Ma invece lui ha voluto che io… Che noi guardassimo quella scena.» Iniziò scuotendo la testa impercettibilmente. «Zinnia non era abbastanza forte per affrontarlo da solo. Loro hanno… Hanno provato a combattere, ma lui era troppo forte e li ha… Non li ha solo uccisi, li ha annientati. Ha continuato a infierire sul loro corpo mentre noi eravamo incapacitati ad aiutare, e io ho potuto solo guardare perché sono stata disattenta e…
«Non riuscivo a respirare bene.» Mormorò deglutendo. «Avevo… La mia lancia nel petto, ho sentito la carne lacerarsi e come se i miei organi non stessero più al proprio posto, eppure… Io ero ancora lì, viva. Soffrivo anche se il mio corpo fosse ancora intero, e loro invece non c'erano più. Sentivo delle voci, mi chiedevano che cosa stesse succedendo e io non sapevo più cosa fare, non riuscivo a parlare, credevo di morire, stavo per morire. Io e Kaoru saremmo morti come Sasaki e Kobayashi, se non…» Si interruppe, perplessa.
«Se non…?» Mormorò Ryo, forse troppo impaziente visto lo stato mentale della sua amica. Kya lo guardò, un po' grata che la stesse aiutando a rivivere tutto quello, se fosse stata da sola in quel racconto si sarebbe messa a tremare dalla paura; ciò che aveva provato in quel momento era stato talmente intenso che non pensava si sarebbe mai più ripresa.
«Se io non avessi perso completamente il controllo.» Si vergognava di ammetterlo, ma quella sua caratteristica le aveva probabilmente salvato la vita quel giorno.
Ryo abbassò lo sguardo. Non perché fosse deluso, era rincuorato, ma si trattava di un argomento delicato per lei e gli servì un attimo per riordinare i pensieri.
«Lo so, è sbagliato…» Mormorò lei terrorizzata al pensiero di aver deluso ancora una volta il suo amico, ma Ryo cercò di dirle che non fosse quello il punto. «Io ho… Non ci ho visto più, sono impazzita! Dentro di me c'era solo odio, ero terrorizzata e volevo fargli del male
Ryo deglutì come se stesse per fare qualcosa di molto rischioso: «Che cosa hai fatto, quindi?»
La ragazza tremò mentre inspirava, incerta se fosse giusto o meno raccontare quel momento di follia che l'aveva travolta: ricordava di aver fatto tutto da sola, come se Kaoru fosse svenuto o qualcosa del genere dopo il suo urlo. Rivide la scena come se fosse ancora lì: il VIRM in piedi sopra a Zinnia aperto in due, liquido magmatico ovunque attorno a loro e sangue… No, solo altro liquido magmatico che sgorgava dal suo corpo di metallo, trafitto dalla sua stessa lancia.
Kya aveva vissuto un momento di estrema lucidità, tanto da essere completamente distaccata dal proprio corpo. In preda all'ira aveva attivato i retrorazzi al massimo, passando attraverso la lancia che aveva allargato la sua ferita; ma a lei non importava, il suo obiettivo era quell'essere.
Lo aveva afferrato per la testa tirando con forza. Non abbastanza da strappargliela come avrebbe voluto, ma si era ritrovata in una situazione molto vantaggiosa, specialmente dopo che questo aveva provato a colpirla, senza ottenere alcuna reazione da lei; la rabbia era troppa per farle sentire il dolore e quando poi lo aveva lasciato andare, Kya lo aveva sbattuto con forza contro una delle torri di metallo nella stanza, spingendolo ancora e ancora fino a che la sua fronte non si era spezzata e aperta, liberando un liquido violetto che aveva iniziato a mischiarsi con quello arancione dei suoi amici.
Kya aveva poi afferrato il VIRM dalle spalle e lo aveva trascinato con sé, volando per la sala e lasciando che tutto attorno a lei diventasse un'arma. Aveva infierito come lui aveva fatto sui suoi amici e quando aveva pensato che fosse arrivato il momento di dare il colpo di grazia, era tornata indietro lanciando il corpo inerte dell'essere per terra, facendogli credere di essere ancora in grado di scampare a quella tortura in qualche modo, ma lo aveva afferrato di nuovo e puntando la sua testa contro la stessa lancia ancora conficcata nel muro con cui lei era stata trafitta, lo aveva spinto fino a che non aveva sentito quella corazza sotto le sue mani sgretolarsi come un pezzo di carbone, andando sempre più a fondo fino a raggiungere il muro e inondando l'area con il suo sangue.
«Quando ho finito, pensavo non ci fosse più niente da fare… Ma quel mostro si muoveva ancora.» Continuò Kya con gli occhi sbarrati. «Ho visto la sua testa ricomporsi senza lasciare il minimo segno della nostra lotta, quindi si è liberato e sfilata la lancia ha iniziato a puntarla contro di me…»
Il tono di Kya era veramente spaventato mentre riportava alla memoria quegli ultimi istanti del combattimento. Ryo non avrebbe voluto rischiare di traumatizzarla ulteriormente, ma la sua curiosità ebbe la meglio e le chiese con molta cautela: «E tu cosa hai fatto?»
Kya lo guardò come se lì non ci fosse una persona amica, ma qualcuno da cui guardarsi. Senza muoversi, la ragazza continuò: «Mi ha inseguita, io ero in difficoltà ma non volevo arrendermi. Sono riuscita ad attirarlo in un'area più spaziosa e ho incominciato a schivare i suoi attacchi fino a che non sono riuscita a spingerlo e farlo cadere in quel liquido che colava nelle viscere della terra, lì dentro… Era…»
«Liquido magmatico.» La precedette il ragazzo. Kya si mostrò sorpresa, ma in realtà concordò con lui.
«Sì, per qualche motivo mi era sembrato familiare…» Mormorò. Rimase in silenzio per un po', poi le immagini tornarono a scorrere nella sua mente. «Quella cosa ne è stata ricoperta. Ho usato una delle manovre del maestro Yamada per spingerlo fuori, e a quel punto ho visto il calore corrodere il suo corpo, come se fosse acido.»
Kya alzò lo sguardo per incontrare quello di Ryo, incredulo che gli stesse raccontando tutto quello.
«E' stato… Strano. Ero soddisfatta di averlo buttato lì dentro, ma lui sembrava volere proprio quello… E' stato tutto un gioco per lui, mentre io stavo lottando per la mia vita. E quando tutto è finito ho provato piacere nell'averlo ucciso, io… Non mi è piaciuto trasformarmi in questo…» Mormorò con gli occhi lucidi. «Però se lo avessi fatto prima… Forse Sasaki e Kobayashi sarebbero ancora qui.»
Un gemito in fondo alla stanza interruppe quelle parole. Ryo alzò la testa per guardare verso la porta e solo allora Kya riuscì a vedere oltre la propria bolla, scoprendo il volto arrossato e a un passo dal piangere di Touka Yoshida; i loro amici sulla porta si fecero da parte per lasciarla entrare e dopo un secondo di esitazione, la ragazza si fece avanti accompagnata dal proprio partner dal volto di marmo.
Kya sentì una forte ansia. «Io… Scusami… Vorrei aver fatto di meglio…»
Yoshida la fissò e nonostante fosse ancora provata, le sorrise.
«Hai già fatto tutto ciò che potevi. Abbiamo perso due compagni, ma se non fosse stato per il tuo intervento avremmo rischiato tutti.» Furono le sue prime parole, una mano a reggere il gomito del braccio opposto dove sembrava avere una ferita e la testa leggermente piegata a guardare la ragazza seduta di fronte a lei. «Noi abbiamo sempre conosciuto i rischi. Sasaki e Kobayashi sapevano a cosa andavano incontro ed erano pronti ad affrontare i pericoli di una tale missione, altrimenti non si sarebbero lanciati per aiutare.»
Kya fece una fatica immensa a sostenere lo sguardo della ragazza, ma si fece forza sapendo che lei stesse facendo ancora più fatica a trattenere le lacrime, a non lasciar trasparire il proprio dolore nel tentativo di farle credere che non fosse colpa sua.
«Non devi sentirti in colpa. Sappiamo tutto quanto sia difficile e pericoloso affrontare i VIRM e tu eri stata ferita gravemente.» Continuò quella posandole una mano sulla spalla. «Se vuoi un consiglio, smettila di pensare a quello che avresti potuto fare: fai tua questa esperienza e mettila da parte, in attesa di poterne trarre un insegnamento. E fatti medicare, perché non possiamo permetterci che un elemento importante come te sia debilitato per un errore che non sei riuscita a perdonarti.»
Senza aspettare che Kya dicesse nulla, Yoshida si allontanò e ancora con un mesto sorriso in volto, raggiunse il proprio partner e lo abbracciò. Kya incrociò per un attimo lo sguardo di Sakamoto e anche lui non le sembrò arrabbiato, solo profondamente triste; tuttavia i due erano ancora visibili quando pochi passi fuori dalla stanza, Yoshida si accasciò totalmente a lui piangendo incontrollabilmente e quella visione spezzò del tutto ciò che era rimasto del suo orgoglio. Come poteva farsi chiamare un "elemento importante" se portava tanto dolore ai suoi compagni? Incapace di dire altro, Kya calò la testa e ricevette una carezza da Ryo, che disse che le avrebbe chiamato qualcuno per aiutarla, quindi anche lui uscì dalla stanzetta.
Mentre usciva, Ryo incrociò lo sguardo dei loro amici fermi in attesa; erano preoccupati. Gli mandò un semplice cenno e allora Momo, Hoshi, Tsunami, Rin e altri si precipitarono per abbracciare la ragazza.
Non tutta la squadra però si riunì da Kya. Tetsuya aveva assistito alla scena da lontano, non era uno dei suoi amici più stretti e non si sentiva abbastanza a proprio agio per andare a stringerla in quel modo; le voleva bene, potevano considerarsi amici e a Nakamura bastava poco per entrare in confidenza con qualcuno, ma vista la situazione i suoi amici più stretti sarebbero stati di maggiore aiuto. E poi lui era in compagnia della caposquadra di Valenza, che continuava ad apparire vicino a lui senza che ne capisse il motivo.
«E' stato difficile da guardare.» Mormorò lei. «Non invidio minimamente Nakamura, né la biasimo.»
Tetsuya guardò mestamente verso la porta della stanza e provò a pensare positivo: «Sono sicuro che con il tempo starà meglio. Le passerà, come le è sempre passato tutto…»
«Secondo me no.» Rispose lei fissando nella stessa direzione, con quello sguardo tetro che sembrava voler incenerire la ragazza dai capelli rosa. «Quella ragazza indossa una maschera, si tiene tutto dentro e prova a ignorarlo… Ma arriverà il giorno in cui esploderà, e la storia che ha raccontato ne è solo un assaggio.»
Tetsuya rimase interdetto, le parole bloccate nella gola come se non fosse sicuro se volesse concordare con la ragazza oppure protestare e difendere l'integrità della sua caposquadra. Alla fine rimase semplicemente a guardarla intontito e lei sembrò notare il suo disagio.
«Scusa, non sono affari miei in fondo.» E voltandosi iniziò a camminare, seguita a ruota da lui. «Comunque, anche se a un prezzo enorme, abbiamo capito perché i VIRM volessero così tanto distruggere questo posto…»
Tetsuya quasi rispose, ma ci mise troppo e così rimase in silenzio ad ascoltarla.
«L'energia magmatica. La centrale geotermica era solo una facciata per estrarre il carburante magmatico che i nostri compagni hanno trovato là sotto.» Era una questione seria, Mishima sembrava profondamente delusa.
«Ma non capisco… Perché c'era un impianto di estrazione dell'energia magmatica là sotto?» Domandò lui perplesso.
«E' quello che ho intenzione di scoprire, sto andando a parlare con i coordinatori.» Rispose lei con decisione. «Vieni con me?»
Tetsuya non pensava che fosse un'ottima idea andare a disturbare gli adulti dopo quello che avevano passato, ma sapeva anche che Mishima non sarebbe stata l'unica a farlo: rifiutò gentilmente, menzionando però che anche il suo amico Yoshiki, la sua partner e Fukuda fossero già partiti per confrontarli.
«Allora sarà meglio sbrigarsi.» Disse lei con leggerezza, affrettando il passo e salutando Tetsuya. Il ragazzo rimase a osservarla mentre spariva in fondo al corridoio; continuava a dargli una strana sensazione, eppure non era cattiva. C'era qualcosa però nel modo in cui lo guardava che gli faceva venire i brividi, e non era dovuto alle sue cicatrici o a quegli occhi di ghiaccio: era uno sguardo che riservava solo a lui, l'aveva osservata, e più se lo chiedeva, più temeva la risposta.
Gli adulti erano riusciti a mettersi in salvo grazie all'intervento di Chrysanthemum 4 e il centro di comando mobile era stato portato a riparare, ancora non era stato possibile scaricare i dati della battaglia per via dei danni mentre tutti i passeggeri erano andati a farsi visitare per le contusioni e ferite riportate nel trambusto. Hachi, troppo stoico per piegarsi alle suppliche dei suoi collaboratori, aveva voluto attendere il ritorno degli Stridiosauri in modo da venire a conoscenza delle condizioni di Kya e gli altri, ma a quel punto aveva incontrato l'ostacolo della psiche della ragazza, che non ne aveva voluto sapere di confidarsi fino a che non aveva visto il suo migliore amico; così aveva dovuto cedere e andare a farsi visitare, per lasciare la situazione in mano ai Parasite. Ora però aveva un gruppo di adolescenti pronti a saltargli alla gola, e giustamente; e tra loro c'era anche la sua amata Nana.
Lei restava dall'altro lato del tavolo da riunioni, ma il suo sguardo di disapprovazione era rivolto al compagno; le braccia conserte e lo sguardo di fuoco, aveva deciso che gli avrebbe esposto tutto il proprio disappunto in seguito, lontano dagli sguardi dei ragazzi che già avevano molto da dire. Come loro, lei non sapeva niente di quella storia ed era lì per esigere spiegazioni.
Yoshiki, tranquillo nonostante la situazione e lo sguardo sempre tetro, aveva mandato avanti la carica assieme a Suzuko, che invece forse appariva più adirata di quanto non fosse; accanto a loro poi c'erano Mishima e Abe, impassibili ma per niente contenti di quella situazione, Naho che aveva accompagnato i suoi amici principalmente per supporto in quella questione delicata, Suzuki con la sua solita aria impassibile e poi Kano e Yumu, forse i più delusi lì in mezzo. Assente qualunque membro della Squadra Celia, e nessuno si sarebbe aspettato diversamente.
«Vi ascolto, ragazzi.» Fece Hachi tranquillo. Non gli metteva ansia l'idea di doversi confrontare con un gruppo di adolescenti, ma sapeva di averli delusi.
«Perché c'era un impianto segreto, sotto alla centrale?» Partì subito Suzuko. «Pensavamo che aveste giurato di non rubare mai più l'energia magmatica agli Stridiosauri!»
La piccola Sentakami, per un motivo o per un altro, adesso somigliava moltissimo alla sua antenata: il modo in cui esigeva spiegazioni e non si lasciava sfuggire alcun dettaglio era certamente una sua grande qualità; se si aggiungeva poi lo sguardo deciso, l'aria trasandata e provata dopo una battaglia difficile e nonostante tutto la voglia di mettersi subito a lavoro, ecco che l'immagine perfetta che la ragazza cercava di dare di sé sfarfallava abbastanza da somigliare a una più semplice e umana come Ichigo. Hachi si spinse in avanti sulla propria sedia. Aveva sperato che qualcun altro prendesse posto per non far sembrare quella scena un interrogatorio, ma sapeva di non avere il diritto di sentirsi a proprio agio lì in mezzo.
«L'impianto è stato aperto da poco. Ce ne sono pochissimi in tutto il mondo e il loro utilizzo non è indiscriminato come un tempo.»
«Ma che bisogno c'era di aprire questi impianti?» Lo interruppe subito Kano, i pugni stretti con forza. I ragazzi avevano sospettato che quello scovato da Kya non fosse l'unico, ma non avevano voluto crederci finché non ne avessero avuto la conferma diretta.
Hachi girò la testa con pazienza e fece un cenno in direzione del caposquadra di Desia. «Nessun bisogno. Le nostre centrali sono sufficienti a fornire di energia l'intera popolazione del globo in maniera sicura e pulita, voi stessi avete visto la centrale geotermica in funzione fino a qualche giorno fa e domani tornerà operativa per fare la propria parte in questa catena.» Sapendo che stessero aspettando una spiegazione, si concesse una brevissima pausa e riprese a parlare: «Il motivo per cui ho dovuto aprire queste centrali segrete è proprio questa guerra.»
Alcuni dei ragazzi fecero qualche verso di sorpresa mentre Hachi continuava la sua spiegazione, ora quasi come se l'equilibrio della conversazione si fosse spostato totalmente.
«Abbiamo provato tante cose per trovare un'alternativa che alimentasse gli Stridiosauri; anche se organiche, in fondo sono delle macchine e senza carburante non possono muoversi. Ma avevamo troppo poco tempo per testare e troppe poche idee da cui attingere, perché nessuno in questo mondo aveva mai potuto veramente studiare uno Stridiosauro prima che tornassero in superficie. Così, con poche garanzie che il programma di energia alternativa portasse a termine il proprio obiettivo, decisi di agire preventivamente perché le nostre squadre non venissero penalizzate da un avvio troppo lento e diedi l'ordine di aprire alcune centrali segrete che avrebbero estratto l'energia magmatica necessaria a far funzionare gli Stridiosauri.
«Ho agito da solo, fidandomi di pochi collaboratori a cui ho fatto giurare segretezza assoluta e con l'intenzione di smantellare tutto una volta l'emergenza fosse passata. So bene il peso di questa decisione, ma non potevamo rischiare di ritrovarci senza risorse per mantenere un nostro principio.»
«Non ha pensato alle conseguenze di una decisione del genere?» Domandò schietto Abe. «Non solo le implicazioni sociali che una fuga di notizie avrebbe causato, ma anche quelle ambientali che si sarebbero inevitabilmente create.»
«Certo che ci ho pensato!» Ribatté Hachi spazientito. «Ed è per questo che ho preso tutte le precauzioni necessarie. Non saranno nemmeno una ventina le persone che conoscono la verità su queste centrali, tutti gli operai coinvolti credono di star lavorando a qualcos'altro e per evitare che qualcuno con cattive intenzioni venga a sapere che si sta estraendo il carburante magmatico dalle viscere della terra, tutto il materiale al riguardo è classificato e destinato alla distruzione entro un tempo limite. Per quanto riguarda l'impatto ambientale invece, so benissimo quali sono i rischi di un uso sconsiderato dell'energia magmatica: è per questo che noi stiamo estraendo solo il minimo indispensabile, quanto ci basta per alimentare le stesse armi che sono venute ad avvertirci e senza la quale saremmo già morti!
«Mille anni fa, gli Stridiosauri attaccarono per la prima volta solo dopo sette anni dall'inizio dell'impiego dell'energia magmatica e allora fu per difendersi. Loro si stavano preparando a una guerra e noi ci eravamo messi in mezzo prosciugando a velocità inesorabile tutta la loro riserva di energia, il loro popolo, la loro progenie…»
Fu come se Hachi si rendesse conto in quel momento del peso delle proprie azioni, ma ovviamente lo sapeva già da tempo. Ammetterlo ad alta voce però era diverso, quella maschera di ferro che portava sempre sul volto per un istante sembrò incrinarsi; Nana riconobbe quell'espressione. Per quanto fosse raro vederlo così, mille anni passati assieme insegnavano anche la più piccola delle sottigliezze.
«Era una scelta che qualcuno doveva fare. E sarei stato felice di prendermi tutta la responsabilità, senza il bisogno di complici e persone da deludere.» Per un attimo il suo sguardo si posò proprio su di lei, adesso non più furiosa ma solo triste. «So che la mia scelta non potrà essere giustificata, non mi aspetto alcun tipo di compassione, ma l'unica cosa a cui posso aggrapparmi è la mia buona fede e il fatto che posso assicurarvi… Vi giuro che ogni singola goccia di energia magmatica prelevata dal suolo, ogni sacrificio dei nostri antenati non è stato impiegato in niente che non fosse quelle macchine che oggi hanno evitato una catastrofe. E' per questo che i VIRM hanno preso di mira la centrale, perché quell'energia sta danneggiando solo e soltanto loro!»
Hachi si era alzato. Lo fece di istinto, non riusciva a rimanere seduto di fronte a quei ragazzi e difendersi allo stesso tempo; non che stesse cercando di giustificarsi, voleva solo spiegare il proprio punto di vista. E per la prima volta in tanto tempo si ritrovò a provare vergogna profonda, pur essendo ancora convinto delle proprie azioni.
«E se non volete credere a me… Chiedetelo direttamente a loro.» Disse poi facendosi da parte. «Chiedetelo ai vostri Stridiosauri. Non avrei preso una simile decisione senza la loro approvazione. Questa guerra è di tutti, gli Stridiosauri non sono solo degli strumenti anche se potreste crederlo: il pianeta è nostro quanto loro e vogliono difenderlo a costo della vita. Quando pensate a tutti coloro che si sono persi, che non sono tornati dalla battaglia, non fermatevi solo ai nomi dei ragazzi che hanno combattuto al vostro fianco: c'erano degli esseri senzienti e antichi, meravigliosi e complicati, che hanno riposto la propria fiducia in loro e che sono andati a fondo con loro. Non siamo gli unici che stanno facendo dei sacrifici.»
Nella sala riunioni calò il silenzio per un attimo. I ragazzi non se la sentivano di infierire su di Hachi dopo aver sentito il suo punto di vista, ma erano ancora arrabbiati e il fatto che gli avesse nascosto tutto rendeva il suo comportamento ancora più inaccettabile. Fu Yoshiki, quello senza peli sulla lingua, che ritornò all'attacco.
«Questo lo sappiamo. Siamo noi quelli con il collegamento emotivo alle nostre stesse armi, ed è per questo che siamo ancora più delusi.» Disse con tono schietto. «Non lo sapevamo, avremmo dovuto essere messi al corrente, specialmente ora che ci ritrovavamo a difendere una di queste stazioni!»
«Pensate che Zinnia sarebbe sopravvissuto, se aveste saputo la verità?» Domandò l'adulto. Non era alterato, ma sapeva bene che quella domanda avrebbe fatto male. Yoshiki però non lo diede a vedere.
«No, ma morire senza sapere cosa si sta difendendo è anche peggio.» E ancora una volta, i ragazzi rimasero in silenzio. Lo sguardo di ghiaccio di Yoshiki trapassava l'uomo con la benda sull'occhio, assurdo che con tutti i suoi secoli di esperienza si lasciasse incalzare così da un ragazzino…
«Non è giusto.» Si fece coraggio Saki, che non era brava come i suoi compagni nei dibattiti, ma che da quando era scesa dal proprio Stridiosauro aveva avvertito un grande disagio che non era riuscita ad esprimere. «Lottiamo per voi, dovremmo essere messi al corrente di certe cose.»
«Abbiamo bisogno di sapere che abbiamo la vostra completa fiducia.» La sorresse subito il suo partner e lei gliene fu grata. «Perché fino ad ora voi avete avuto la nostra.»
«Ragazzi, noi ci fidiamo ciecamente di voi…»
«E allora dimostratelo!»
La voce di Mishima bloccò Hachi prima ancora che potesse aggiungere altro. Stava per dire che c'erano cose che loro semplicemente non potevano capire, ma sarebbe stata una affermazione ipocrita; erano abbastanza maturi per andare in guerra, ma non per quello? Mishima gli fece un favore a interromperlo.
«Vogliamo essere trattati come vostri pari, non come bambini che hanno bisogno di essere protetti dal mondo! Vogliamo sapere che cosa succede mentre andiamo a combattere senza sapere se torneremo a casa. Se siete veramente intenzionati a fidarvi di voi, allora condividete queste informazioni con tutti i parasite e dateci la possibilità di scegliere il nostro destino. Magari potremmo avere anche delle idee da offrirvi, forse sarà solo una perdita di tempo… Ma in ogni caso sapremo finalmente di essere presi in considerazione.»
Hachi ascoltava attentamente, ma con la testa faceva di no. «Non è possibile una cosa del genere. Le informazioni circolerebbero troppo!»
I ragazzi rimasero impassibili. Ognuno aveva esposto la propria opinione, non erano lì per litigare anche se dentro ognuno di loro ribollivano le emozioni; alcuni sembravano visibilmente provati e ciò non era solo dovuto alla battaglia conclusa da poche ore.
«Se non è possibile fidarvi di noi, allora noi non abbiamo motivo di fidarci di voi.» Prese nuovamente la parola Mishima. «Se non ritratterà la cosa, può considerarmi fuori da questa storia.»
La ragazza iniziò a camminare verso l'uscita seguita dal proprio partner mentre tutti nella stanza la fissavano increduli. Hachi si sporse in avanti chiamandola: «Che cosa vuol dire?»
«Riceverete la mia lettera di congedo domani e suggerirò al resto della mia squadra di seguire il mio esempio. Ne ho abbastanza di essere presa in giro!» Fu l'ultima cosa che disse la ragazza prima di sbattere la porta alle proprie spalle, lasciando il vuoto dietro di sé.
Per un momento nessuno seppe cosa fare, poi Nana prese in mano la situazione e ringraziò tutti per essersi fatti avanti. «Tornate nelle vostre stanze per ora, siete esausti e avete bisogno di riposo. Domani ne riparleremo meglio con tutte le squadre presenti. Per ora, vi ringrazio ancora per tutto il vostro impegno.»
Nana si ritrovò quasi a spingere via i ragazzi dalla stanza. Hachi fissava in terra e mentre andava via, Naho notò una sfumatura nel suo sguardo che mai aveva visto prima: era sconforto, una cosa che non pensava potesse mai comparire sul volto dell'uomo che aveva sempre un piano.
Una volta chiusa di nuovo la porta, Nana si voltò e mise le mani sul fianco come se fosse pronta a fargli una ramanzina. Ma dopo aver sentito quel racconto da Hachi, non ne aveva più voglia. Invece la donna avanzò sospirando e massaggiandosi la fronte, in attesa che lui dicesse qualcosa.
«Sei arrabbiata?» Domandò alla fine.
«Secondo te?» Borbottò lei, ma la sua rabbia era rivolta a qualcos'altro. Sentiva di non potersi arrabbiare del tutto perché comprendeva le motivazioni del suo compagno. «Io voglio solo capire perché non mi hai detto nulla!»
Hachi esitò un po', lo sguardo basso. «Per proteggerti.» Disse, ma forse neanche lui ci credeva veramente. «O forse avevo paura del tuo giudizio.»
Nana si fermò di fronte a lui e poggiò le mani sul tavolo, poi lentamente si mise a sedere come se avesse bisogno di un sostegno e lo stesso fece lui. «Hachi, avevi detto che avremmo lavorato assieme… Perché non ti sei fidato di me?»
Riportare alla memoria le parole che lui le aveva confidato su quella collina mille anni prima era quasi ingiusto, un colpo basso che faceva sciogliere qualunque difesa. Ma lei lo aveva fatto, perché alla base di tutto nella loro relazione c'erano quelle parole quasi sussurrate nel vento, pronunciate in un momento di vulnerabilità che Hachi nemmeno si sarebbe aspettato di avere, ed erano troppo importanti per essere dimenticate.
«Avevo paura…»
«Perché almeno non mi hai detto che non avevamo trovato una energia alternativa?»
«Perché credevo che ci saremmo riusciti!» Sbottò lui, che però tornò subito a guardare verso il basso. Tutta quella pressione lo stava facendo esplodere, Nana abbassò lo sguardo e per un momento mollò la presa su di lui.
«Lo so che avevi buone intenzioni, ma il modo in cui hai affrontato la cosa è così sospetto… Non c'è modo per difenderlo.» Mormorò stancamente.
Hachi annuì e si rilassò a sua volta, dispiaciuto per aver perso la calma. «Lo so e sono pronto a prendermene le responsabilità. Ma era l'unica cosa che potevamo fare.»
«D'accordo.» Disse lei guardandolo finalmente in faccia. «Ti credo.»
Hachi annuì, non riuscì a dirlo ma quelle parole significavano molto per lui.
«C'è qualche altro segreto di cui dovrei essere messa al corrente?» La battuta che seguì fu solo per metà diretta a strappare un sorriso ad Hachi; Nana voleva punzecchiare il compagno e fargli capire che quello sarebbe stato il momento giusto per essere completamente onesto, nel caso ci fosse qualcosa che non avesse ancora detto.
«No.» Mentì spudoratamente, ma lei non poteva saperlo. Il sorriso tranquillo che le rivolse fu abbastanza per farle pensare che fosse tutto veramente a posto e allora Nana si rilassò definitivamente e poté tirare un lungo sospiro.
«Allora come pensi di agire d'ora in avanti?» Domandò girandosi.
«Come dovrei agire, secondo te?»
«Bé, ti sei cacciato tu in questo guaio quindi non ti ci tirerò fuori.» Borbottò lei incrociando le braccia. «Però se vuoi il mio consiglio, ti direi di accettare tutto quello che ti chiederanno i ragazzi. Io la penso come loro sulla tua trasparenza, ci saremmo risparmiati un sacco di problemi se non avessi tenuto il segreto.»
Hachi sorrise ancora, trovò quel discorso particolarmente divertente; annuì dicendo che ci avrebbe pensato. In fondo i ragazzi adesso si erano ritirati ed era inutile cercare di ragionare con loro dopo che si erano lasciati prendere dall'adrenalina in quella stanza. Li avrebbe lasciati riposare dopo quella giornata pesante e l'indomani si sarebbero nuovamente confrontati.

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Capitolo 81
*** Cambiamento ***


Kya fissava il volto di Iustitia con enorme tristezza. Aveva un’aria quasi aliena, ora che non aveva la sua faccia stampata sopra; per qualche motivo non lo aveva mai percepito così fino ad ora. Naho le aveva raccontato quello che era successo da Hachi e Nana, la storia sul carburante magmatico estratto e che forse era stato proprio il motivo della morte di Sasaki e Kobayashi. Pensare ancora a quei ragazzi la faceva stare male, credeva di avere fallito miseramente, ma almeno poteva sentirsi meno in colpa adesso… Una magra consolazione, dopo tutto quello che era successo.
Allungò una mano, dalla passerella che sfilava tra tutti gli Stridiosauri e portava alle cabine di pilotaggio era possibile stendersi e toccare la corazza di ognuno di essi: vi posò sopra la mano e lo accarezzò con trasporto, dispiaciuta per tutto il caos che aveva provocato, per tutto il dolore a cui lo aveva sottoposto.
«Ci hanno conciato per le feste, eh?» Mormorò con un mezzo sorriso, mentre l'altro braccio avvolto nella sua fasciatura pizzicava e tirava, ricordandole la disavventura a bordo dello Stridiosauro. A lei una slogatura, al suo gigante un arto amputato; le riparazioni avrebbero richiesto un po' di tempo e anche il suo corpo ci avrebbe messo un po' a guarire, ma restare ferma dopo tutto quello che era successo le sembrava una punizione tanto ingiusta che potendo si sarebbe messa ai comandi in quello stesso istante, anche solo per pochi minuti, anche solo per sentir tornare la sua grinta.
Kya aveva sentito dire che, quando un fantino cadeva da cavallo, la cosa migliore da fare era tornare in sella il prima possibile. Poteva fare paura, ma solo questo poteva restituire la confidenza perduta. E lei ora si sentiva proprio come un fantino costretto al riposo, incapace di liberarsi della propria paura e con solo i propri pensieri a tormentarla.
Non capiva appieno la gravità della cosa riguardo l'energia magmatica e il fatto di tenerla nascosta, ma sentiva che avrebbe capito tutto meglio una volta tornata nella connessione. Lì avrebbe avuto il punto di vista di Iustitia e avrebbe capito finalmente cosa fare, ma per ora voleva sostenere la battaglia dei suoi amici e proteggere ciò che restava del popolo degli Stridiosauri.
La sua mano smise di accarezzare il volto di Iustitia e tornò indietro. «Farò tutto ciò che è in mio potere, te lo prometto!»
E poi con un pianto a ostruirle la gola, tornò indietro.
 
*
 
Tutte e quattro le squadre erano presenti nella sala riunioni dove Hachi li aveva convocati. Mishima era già pronta a consegnare le proprie dimissioni e l’uomo continuava a lanciarle occhiate attente, sperando che aspettasse qualche secondo per lasciarlo parlare.
Questa volta c’erano proprio tutti anche i componenti della Squadra Celia, che nonostante fossero distrutti dalla perdita dei loro compagni avevano espressamente richiesto di poter partecipare, e gli adulti glielo avevano accordato: non avevano intenzione di tenerli all’oscuro di quella storia, ma sapevano che l’ultima parola spettasse a loro e non avrebbero voluto bombardarli di informazioni che in quel momento avrebbero potuto solo far loro del male.
Erano presenti inoltre i coordinatori di tutte le squadre. Anche se alcuni di loro erano usciti un po’ acciaccati dalla battaglia, erano tutti sani e salvi e come i propri ragazzi esigevano delle spiegazioni.
Ancora una volta Hachi si sentì a disagio nell’avere tutti quanti di fronte a sé mentre lui se ne stava comodamente seduto dietro al grande tavolo da riunioni.
«Ragazzi… Come già sapete, a seguito della vostra battaglia sono venute alla luce alcune informazioni cruciali che io vi ho tenuto nascoste.» Iniziò sentendo la mano di Nana sulla propria spalla: doveva occuparsene lui, ma lei non lo avrebbe lasciato da solo. «Per diverse motivazioni tra cui la segretezza della tecnologia in gioco, la sicurezza vostra e la vostra serenità, così come dei vostri coordinatori e i vostri genitori a casa, mi sono sentito in diritto di decidere per un pianeta intero e dissotterrare un vecchio scheletro nell’armadio a cui il nostro popolo aveva deciso di fare ammenda. Quello nascosto sotto la centrale geotermica era un sito di estrazione dell’energia magmatica, che come già saprete è l’unica fonte energetica capace di far muovere gli Stridiosauri, ma anche una linfa di vitale importanza per il nostro pianeta.
«Quando avviammo il progetto Parasite per arruolare voi tutti, contemporaneamente agli studi avviati sugli Stridiosauri per capire come funzionassero aprimmo anche una unità che ci permettesse di convertire i carburanti della nostra era in energia per gli Stridiosauri: sapevamo già che non fosse possibile utilizzare energie rinnovabili per via della loro stessa concezione e il nucleare sarebbe stato pericoloso per gli Stridiosauri in quanto esseri viventi, ma speravamo di trovare una soluzione negli antichi combustibili fossili. Ma come scoprimmo in breve tempo, questi producevano troppa poca energia per essere sufficienti. Ci ritrovammo così con un esercito di piloti pronti a impegnarsi al massimo per noi, ma senza le condizioni per metterli al lavoro.
«E’ stato per questo che ho deciso di macchiarmi di una azione di cui ancora oggi mi vergogno, perché sono venuto meno a una promessa fatta secoli fa… Dando il via libera alla costruzione di poche centrali energetiche dedicate all’estrazione e alla lavorazione dell’energia magmatica con il solo scopo di essere impiegata per il funzionamento degli Stridiosauri. Ho fatto tutto questo in segreto perché… Mi vergognavo di non aver trovato un’alternativa e non potevo sopportare il giudizio delle persone che mi stavano accanto.» Hachi girò la testa verso Nana per un solo istante. «Specialmente dopo aver insegnato a voi ragazzi l’importanza della nostra storia e delle decisioni prese mille anni fa per impedire che il genere umano tornasse a vivere una crisi come quella di allora. E infatti mentirei se dicessi che la vostra reazione coesa e decisa sull’argomento non mi riempie di orgoglio. Tuttavia il mio orgoglio non è niente di fronte alla vergogna che provo nell’essere stato scoperto così, avendovi messi tutti in pericolo senza che poteste conoscere la verità, costringendovi a difendere un sito che non avrebbe mai dovuto sorgere. Per questo non ho intenzione di provare a difendere le mie azioni: mi rimetto al vostro giudizio e alle vostre richieste, che giuro di provare a soddisfare in ogni modo, in nome della trasparenza da voi chiesta e perché il nome dei vostri compagni caduti non sia sporcato da una simile onta.»
Gli sguardi nella stanza erano tra lo sgomento e lo sdegno; i ragazzi più infervorati degli adulti presenti, e solo qualcuno sembrava già soddisfatto di tutto quello.
«Vogliamo la verità.» Sussurrò Mishima, al centro del gruppo. Tutti sapevano già che si sarebbe ritirata se Hachi non avesse accettato le sue richieste, e non solo la Squadra Valenza, ma l’intera organizzazione non poteva permetterselo.
«Non è solo per noi che chiediamo la verità.» Puntualizzò facendo un passo avanti. «Vogliamo che raccontiate questa storia a tutti i Parasite sparsi nel mondo, perché come noi saranno furiosi di scoprire queste cose. Vogliamo che andiate dai genitori di quelli che sono stati uccisi e gli diciate personalmente per cosa hanno combattuto i loro figli. Vogliamo delle scuse pubbliche per questo errore e che tutte le informazioni a disposizione sulle centrali e sull’energia magmatica siano rese pubbliche. L’I.P.U. deve prendersi la responsabilità di un errore così dopo secoli passati a fregiarsi del titolo di “istituto ambientalista” per eccellenza!»
Mishima sapeva bene cosa significasse tutto quello. Significava far arrivare la notizia dell’energia magmatica a persone con un codice morale meno saldo dei loro coordinatori, far perdere consenso all’istituzione che li aveva presi sotto la propria ala e possibilmente finanziamenti, tutto quanto in cambio, apparentemente, di una coscienza pulita. Ma quello che la ragazza voleva soprattutto era fare giustizia per coloro che erano morti senza sapere che il loro popolo – che il popolo degli Stridiosauri – era stato messo nella posizione di sacrificare così tanto, con il rischio di uccidere la loro stessa terra. Messo a confronto con il contraccolpo sociale che l’I.P.U. avrebbe affrontato, Hachi poteva considerarsi dentro una botte di ferro, pur sempre relativamente parlando visto che proprio il giorno prima aveva rischiato la vita come i Parasite.
Hachi guardò Mishima e non batté ciglio, non commentò in alcun modo le richieste della ragazza. Semplicemente, quando ebbe finito di esporre le proprie volontà, annuì con fermezza. «E’ giusto così. Secoli fa decisi che sarei stato migliore di quelli che erano venuti prima di me, che se avessi dovuto guidare il mondo verso una nuova strada, sarebbe stata la più giusta e non voglio più nascondermi dietro le mie decisioni. Ho preso una scelta per il futuro della missione e me ne prenderò le responsabilità. Quello che ora voglio chiedervi però è: a voi sta bene che si continui a utilizzare l’energia magmatica per alimentare gli Stridiosauri?»
I ragazzi si mandarono degli sguardi turbati. Alcuni pensavano che fosse ovvio, che non ci fosse alternativa e altri semplicemente avevano pensato che fosse possibile continuare così fino alla fine della guerra o anche solo fino a quando non si sarebbe trovata una nuova energia da sfruttare, ma quella domanda rimise tutto in discussione.
«Siamo dispiaciuti di sapere che… Che il popolo degli Stridiosauri sia stato messo alle strette così tanto da doversi sacrificare per questa guerra…» Prese la parola Suzuko, sperando di non interrompere nessun altro. «Vogliamo rendere omaggio a questo loro sacrificio e vorremmo tanto porvi fine immediatamente… Ma sappiamo che ciò non è possibile, quindi accetteremo l’impiego dell’energia magmatica esclusivamente per alimentare gli Stridiosauri.»
«Ma esigiamo che venga riaperto il programma che stava sviluppando un combustibile alternativo!» Intervenne velocemente Mishima, che non aveva intenzione di arrendersi. Hachi annuì e ringraziò tutti per la loro decisione nell’agire su quell’argomento.
«Visto che abbiamo deciso di essere completamente trasparenti con voi d'ora in avanti, c'è un'altra questione di cui vorremmo parlarvi.» Questa volta fu Nana a parlare, chiarendo di essere stata al corrente di ciò che stava per dire ai ragazzi già da tempo; l'attenzione dei ragazzi sembrò affinarsi nuovamente.
Hachi e Nana si scambiarono uno sguardo serio, esitando ancora nonostante ne avessero già discusso, e alla fine annuirono all'unisono lasciando che Nana continuasse.
«Esistono dei gruppi di protesta pseudo-religiosi composti da numerosi fanatici che inneggiano al ritorno dei VIRM e chiedono che vengano interrotte le operazioni di difesa per permettere ai nostri "veri creatori" di venire in pace e annettere tutti noi alla loro essenza.»
«Si fanno chiamare i "Figli" del Padre. Non li abbiamo mai considerati una vera minaccia perché in secoli di attività, non hanno mai creato fastidio e la politica dell'I.P.U. è sempre stata incentrata sulla libertà di espressione.» Continuò Hachi alzandosi dalla propria sedia, sperando che il processo fosse finito per sentirsi un po' più rilassato. «Ma la verità è che sono sempre esistiti da quando abbiamo ricostituito la società umana. Alcuni ex Parasite non volevano abbandonare l’idea di essere ancora amati dal Padre, così si distanziarono dal resto della comunità…»
Nana annuì nella sua direzione. Avevano deciso insieme che se fossero stati onesti con i ragazzi, lo avrebbero fatto fino in fondo; come loro, ovviamente anche i coordinatori delle altre squadre ne erano al corrente ma la decisione di raccontare tutto ai ragazzi era stata loro. «Tuttavia, da quando gli Stridiosauri sono ricomparsi e la notizia dell'arrivo dei VIRM si è diffusa nella popolazione, queste associazioni hanno ripreso la loro attività in maniera molto più accentuata. Prima hanno iniziato con semplici proteste, scioperi e cortei… Hanno accolto tra le loro file un maggior numero di adepti, specialmente tra i più giovani. E quando la filosofia di queste persone si è diffusa ancora di più, in concomitanza con l'inizio delle battaglie e gli effetti che la furia dei VIRM poteva provocare, molta gente ha iniziato ad appoggiarli con più veemenza e le proteste pacifiche si sono trasformate in furti, sabotaggi e attentati sempre più violenti.»
I ragazzi ascoltavano con orrore, increduli che qualcuno potesse veramente credere a una simile storia. Poi quando Nana attivò un ologramma e davanti a loro si presentò un'immagine somigliante a due maschere unite da una linea retta, lo stupore aumentò specialmente in Tetsuya.
«Non volevamo dirvelo per non turbare la vostra concentrazione, ma l'incidente che ha coinvolto la Squadra Desia e la Squadra Anemone durante il loro addestramento congiunto è stato molto probabilmente causato da una cellula di questi "Figli" che ha diffuso un virus nella nostra rete con l'intento di farvi del male.»
«Questo è lo stemma con cui si riconoscono. Potreste vederlo sui loro edifici o nei loro vestiti o anche solo su qualcosa di più discreto come un anello o una collana. Potreste anche riconoscerlo dai vostri libri di storia, perché questa è la forma con cui il Padre si rivelò all'umanità dopo che la sua farsa fu scoperta. Non sappiamo bene cosa rappresenti: potrebbe essere la vera forma fisica dei VIRM oppure un semplice nucleo, o un'altra illusione con cui hanno deciso di mostrarsi… Ma se riconoscete questo simbolo per le strade, farete bene a starvi lontano!»
«E’ per la vostra sicurezza!» Il tono di Hachi tornò quello di sempre, deciso e quasi minaccioso; forse stava cercando di avvisare i ragazzi o anche di rassicurarli, ma sapevano già tutti che non fosse il suo forte. «Queste persone sono pericolose e non sappiamo ancora quanto in là siano disposti a spingersi. Potrebbero finire per attaccare direttamente chiunque sia legato all'I.P.U. o prendere di mira le vostre famiglie, o anche solo tentare di contattarvi e traviare il vostro senso del giudizio per farvi credere che i VIRM non vogliano farvi del male per convincervi a deporre le armi. Noi non condanniamo chiunque decida di credere in queste cose, pur credendo fermamente che siano semplicemente in errore; tuttavia abbiamo a cuore la vostra sicurezza e il vostro sviluppo individuale e pensiamo che il contatto con gente così pericolosa possa essere un rischio troppo alto per dei ragazzini, quindi vi preghiamo di guardarvi le spalle d'ora in avanti!»
L'ologramma fluttuò ancora per qualche secondo al centro della stanza, poi sparì lasciando un'ombra negli occhi dei ragazzi che lo avevano fissato troppo a lungo. Mentre Nana diceva che con questo era tutto e che potevano tornare alle proprie stanze se lo desideravano, Tetsuya iniziò ad agitarsi e lasciò per primo la sala riunioni sentendosi improvvisamente debole.
Non sapeva dove andare, la sua visione si stava facendo sfocata e solamente il pavimento sotto di sé era ancora saldo nei suoi occhi. Il respiro faticava a restare regolare e le immagini si sovrapponevano nella sua mente in quella fuga silenziosa che lo stava portando – forse – alla propria stanza. Barcollò lungo un corridoio controllando che nessuno lo stesse seguendo, forse non lo avevano notato mentre usciva freneticamente dalla sala, e mentre il simbolo dei Figli continuava ad apparire nella sua mente e a sovrapporsi a quello visto sull'edificio della comunità di Nomu, iniziava ad assalirlo la terribile realizzazione di essersi cacciato in qualcosa di molto più grande di lui.
Il braccio iniziò a pungere e bruciare, come se le bruciature da tempo guarite si stessero riaccendendo, ma quando cercò di tirare su la manica per cercare di mandare via il dolore, una mano gli afferrò il polso e lo costrinse a fermarsi.
Era Mishima, che lo guardava allarmata e sembrava anche sudata. Nonostante fosse ancora agitata per l'incontro con Hachi, adesso era lì e lo fissava con tenerezza, un'aria materna che onestamente non ci si aspettava da una persona tetra come lei.
«Dove vai?» Domandò allentando la presa, ma senza mollare la presa.
«A riposare.» Rispose lui scontroso. Si sforzò di regolare la respirazione, sicuro che lei avesse notato quella sua reazione.
«E' ancora presto. Non hai riposato abbastanza, stanotte?» Lo interrogò.
«Cosa importa?» Fece lui voltandosi. «A te basta una notte di riposo per recuperare le energie? Dopo una battaglia io mi sento come se dovessi vomitare e le ossa mi si trasformano in gelatina! E adesso… Mi gira anche la testa.»
Tetsuya alzò un po' troppo la voce, non voleva risultare aggressivo. Il suo doveva essere più un lamento frustrato che uno di rabbia, ma non venne fuori così.
«Maruyama, non sono tua nemica. Non c'è bisogno di reagire così.» Lo tranquillizzò lei, ma la sua voce era sempre atona e poco rassicurante. Quegli occhi gelidi erano fissi su di lui e non gli piaceva; la magia di quello sguardo dolce era durata poco.
«E perché mi hai inseguito allora?» Domandò lui fingendo sicurezza. Mishima sembrò bloccarsi per un istante, poi annuì e lasciò andare la presa al polso del ragazzo.
«Ti chiedo scusa.» Dichiarò. «Ti ho visto andare via di corsa e ho pensato che fosse successo qualcosa, non avrei dovuto cedere alla curiosità…»
Tetsuya dovette fare appello a tutte le proprie forze per non chiedere scusa a sua volta per aver alzato la voce. Già sentiva Yoshiki prenderlo in giro per la sua troppa gentilezza… E mentre guardava Mishima sinceramente dispiaciuta per essersi presa troppo spazio, gli tornò in mente l'immagine di Suzuko mortificata dopo aver tentato di baciarlo; fu in quel momento che capì che non poteva continuare a scappare, non sarebbe andato a rintanarsi sotto alla propria campana di vetro.
La caposquadra stava per dirgli di andare a riposare se si sentiva veramente tanto stanco e che avrebbero parlato in seguito, ma lui la afferrò per le spalle e per la prima volta poté vedere pura e semplice sorpresa in quegli occhi grigi, un'emozione che nonostante tutto ancora non aveva mostrato.
«No, adesso ho io delle domande da farti.» Disse serio. Non si accorse di star stringendo con forza le dita attorno alle spalle della ragazza, ma quando la vide irrigidirsi per il fastidio, la lasciò andare subito.
Mormorò un debole "scusa" mentre Mishima abbassava lo sguardo. La ragazza però non scappò, rimase in attesa delle sue domande.
«Vo-volevo sapere… Perché sei così interessata a me?» Fu diretto, anche se temette di essere frainteso. Da quando era arrivato in quel posto, Mishima sembrava aver deciso di ronzargli costantemente attorno, aveva visto più lei che i suoi stessi amici o la sua partner. La ragazza non sembrò negare quella cosa e anzi, fu rapida a rispondere.
«E' perché io e te siamo uguali.»
Tetsuya la fissò confuso per un istante, pregando che si spiegasse meglio. Lei gli prese delicatamente la mano destra e incrociò le dita alle sue, quindi gli abbassò la manica con gentilezza, continuando a guardarlo dritto negli occhi. Non seppe perché la stesse lasciando fare, di solito non gli piaceva essere toccato e Mishima non aveva minimamente la confidenza necessaria a fare una cosa del genere, ma si fidò di lei.
La ragazza scoprì il braccio fino al bicipite, dove dietro ai muscoli potenti che aveva allenato nel corso dei mesi erano ancora visibili i segni della sua bruciatura grave. Mishima si soffermò un secondo ad osservare l'espressione di confusione che nacque sul suo volto prima di tirare indietro il braccio che aveva attentamente arrotolato la manica della sua giacca e iniziare a fare lo stesso con la propria; non l’aveva mai osservata così attentamente fino a quel momento, nonostante avesse avuto alcune occhiate qua e là sul corpo pieno di segni della ragazza.
Mishima sembrava star ripiegando la manica con la stessa cura con cui si piega un lenzuolo, quando arrivò a metà avambraccio iniziò a intravedersi una macchia che si estendeva lungo il resto dell'arto fino alla spalla, come una grande cicatrice rossa: Tetsuya sentì i sensi impazzire non appena lo vide. Sapeva già delle cicatrici di Mishima, ma vederle direttamente in quel modo era tutta un'altra cosa…
«Non importa come…» Mormorò lei dopo che ebbe finito. Il braccio si mosse un po' in fretta e lei posò le dita di nuovo sulla pelle di lui, accarezzando i bordi della sua cicatrice che quasi sembrava invisibile rispetto a quelle di lei. «I nostri corpi hanno segni simili. Tu ed io condividiamo questo dolore.»
Tetsuya prima avvertì un brivido, come una sensazione pungente farsi più intensa. Vedere la cicatrice di Mishima lo aveva spaventato, ma sentire le sue dita sulla propria pelle fu ancora più strano tanto da farlo tremare, poi il delicato tocco dei sottili polpastrelli della ragazza divenne come ghiaccio sul suo braccio e prima che il suo corpo fosse anestetizzato a quel contatto, gli sembrò di star continuamente passando da uno stato fisico all'altro mentre Asuka seguiva lentamente i contorni della sua cicatrice; solido, liquido, gassoso, solido, liquido e gassoso, il suo corpo aveva perso consistenza a quel punto, pensava avrebbe avuto un infarto. E quando lei riprese a parlare, quella sensazione si avverò, ma invece che accasciarsi a terra Tetsuya si rese conto di stare ancora bene e i suoi sensi si acuirono di colpo, come se qualcuno gli avesse stappato le orecchie.
«Prova anche tu.» Disse tornando a fissarlo, afferrando con delicatezza la mano opposta per guidarlo a sé mentre le loro braccia rimanevano intrecciate.
Inizialmente con esitazione, Tetsuya lasciò che fosse la ragazza a guidarlo. Si aspettava che la sua pelle fosse ruvida e secca, ma una volta posati i polpastrelli sulla cicatrice si accorse che era molto più delicata di quanto avesse pensato. Sì, la pelle era rovinata e piena di segni che potevano essere avvertiti al tatto, ma se avesse chiuso gli occhi non avrebbe immaginato un braccio talmente martoriato sotto la mano.
Mishima osservava attentamente le sue reazioni, le labbra leggermente arricciate quasi a gustarsi il suo stupore.
All'inizio Tetsuya provò senso nel toccare Mishima, era preoccupato di farle male. Poi la sua mano sembrò abituarsi a quella sensazione, lo sguardo di lei non trasmetteva niente di negativo e così andò avanti, non sapendo però cosa dire per rompere quel silenzio.
«Anche se provi dolore…» Le parole improvvise di lei lo fecero spaventare. «Con il tempo si allevierà. Tu devi solo essere gentile con te stesso, accettare che ciò che è successo non può essere cambiato.»
Tetsuya rimase a bocca aperta, le parole non gli vennero fuori. Non sapeva nemmeno a cosa si riferisse la ragazza, ma era stata gentile, lo faceva stare bene.
«Tetsuya, sono venuta a parlarti perché sentivo che avessimo qualcosa in comune. Non si tratta delle cicatrici, quelle vanno e vengono e possono essere dimenticate anche se non spariranno mai del tutto… Ti muovi come una persona che si porta dietro un gran peso e che ha paura di farsi aiutare; mi sono sentita così in passato e ancora oggi faccio fatica a superare questa parte di me, ma… Sono abbastanza lucida da riconoscere e aiutare chi ha bisogno.»
La ragazza evitò il suo sguardo per un momento, forse imbarazzata da tutto quello che si era ritrovata a dire. «So che ci conosciamo poco e non ho veramente il diritto di prendermi tutte queste libertà, ma ci ritroviamo in una situazione complicata, rischiosa, spaventosa. E quando ti ho visto per la prima volta, conoscevo già la tua storia; è vero, all’inizio ero interessata a te per via delle ferite che hai riportato in allenamento, volevo capire come qualcun altro vivesse un infortunio simile al mio ma con meno peso sulle spalle… Poi ho capito che avevi un altro tipo di ferita e quando ti ho visto così spaventato ho voluto intervenire. Ora so di essere stata presuntuosa nel credere di potermi mettere in mezzo, ma arrivata a questo punto non mi importa: qualunque cosa sia che ti turba, devi lasciarla andare per poter guardare a tutto con razionalità. Potranno volerci giorni o mesi perché tu trovi una soluzione, ma non ne vale la pena di soffrire così tanto.»
«Io…» Confuso, Tetsuya sbatté le palpebre come se stesse cercando di capire se la ragazza fosse reale o meno. Sentiva che quelle fossero le parole giuste per la persona sbagliata, quasi come se Mishima stesse cercando di assegnargli una parte che non gli apparteneva… Eppure si sentiva toccato nel profondo. Sentiva che Mishima fosse una osservatrice incredibilmente attenta ed era contento che gli avesse riservato tutto quello, pur non comprendendolo del tutto. «M-mi dispiace…» Finì per balbettare.
Quelle parole fecero sfuggire un sorrisetto alla ragazza. «Per cosa?»
«Sono stato scortese con te… E indelicato.» Mormorò.
«Succede.» Disse lei stringendo le spalle e accarezzando delicatamente il polso di Tetsuya, che stava ancora tastando la sua cicatrice. «A volte ci chiudiamo talmente tanto in noi stessi che lasciamo crescere delle spine che pungono chi ci sta vicino, quando vorremmo solo fare del male a noi stessi. Ma non c'è bisogno di fare nessuna delle due cose!»
«Hai ragione…» Lo sguardo di Tetsuya vagò fino a posarsi sul braccio di lei, le dita ferme ora a riposo sulla sua pelle arrossata. «Fa male?»
«Non quanto prima.» Rispose lei.
«Mi dispiace.»
Mishima sorrise come se sapesse già che lo avrebbe detto, era tornato ad essere il solito ragazzo morbido e prevedibile. Ma non gli dispiaceva, in fondo sembrava che a tutti piacesse questo suo lato.
«Credi che le cose miglioreranno, adesso che la gente saprà dell'energia magmatica?» Mormorò alla ricerca di un argomento con cui passare oltre. Mishima però non sembrò particolarmente interessata a quello.
«Non credo che cambierà molto. L'I.P.U. avrà qualche grana in più, ma non c'era un problema inizialmente e non ce ne saranno in seguito…» Spiegò sopprimendo una risatina. «Volevo solo che Hachi si assumesse le proprie responsabilità!»
Tetsuya annuì, ma pensava che la passione mostrata da Mishima fosse ben più di quanta una persona non coinvolta nella cosa avrebbe mostrato. «Eri seria quando hai detto che te ne saresti andata?»
«Chissà…» Disse lei abbassando lo sguardo sul braccio di lui.
«Lo hai mai pensato veramente?» Continuò il ragazzo. «Di mollare?»
Gli occhi grigi della ragazza tornarono sul suo volto. «Tu sì?»
La sua domanda gli si era ritorta contro, si morse la lingua. Non era sicuro di voler rispondere, ma probabilmente il suo sguardo fu abbastanza chiaro. Senza aggiungere altro, Mishima diede la sua risposta.
«Non mi era mai successo prima, anche quando rischiai di morire. Sapevo che avevo ottenuto una seconda possibilità sopravvivendo e gettare la spugna avrebbe significato dargliela vinta a quei mostri… Ora posso continuare a dare il mio contributo e proteggere altre vite, ma non voglio farlo sapendo di star distruggendo il mio pianeta nel processo.»
«E' per questo che hai detto quelle cose ieri?» La domanda di Tetsuya fu forse un po' troppo frettolosa, ma nacque spontaneamente.
«Forse. So solo che non mi sarei arresa per un mio principio.» Disse finalmente la ragazza.
I due rimasero in silenzio per un po', le labbra piegate in sorrisi a metà, le mani ancora unite quasi come se temessero il momento di separarsi. Poi Tetsuya sospirò.
«Grazie per avermi fermato. Avevi ragione tu, ero… Nervoso.» Disse scuotendo la testa delicatamente.
«Lo siamo tutti, in un modo o nell'altro.» Mishima tornò al suo solito tono distaccato. «Abbiamo vissuto una tragedia in questi giorni, non si può non esserne influenzati.»
Anche se riluttante, Tetsuya abbandonò la presa di Asuka e le sorrise, poi la mano si alzò istintivamente a tenersi la fronte.
«Tutto bene?» Domandò la ragazza.
«E' solo… Questo mal di testa non se ne va ancora…»
«Vuoi che ti vada a prendere qualcosa?»
«No… E' una abitudine ormai… Ogni volta che combattiamo, per le prossime ventiquattro ore sono fuori gioco.» Borbottò lui ringraziandola per il pensiero.
Mishima non ricordava simili effetti collaterali dopo ogni connessione, ma in ogni caso non aggiunse altro alla questione. «Dovresti riposarti allora.»
«Sì… Ti ringrazio davvero per essere stata così gentile con me.» Mormorò ancora il ragazzo, che ormai cominciava a ripetersi. A lei non dispiaceva però.
«Faccio solo il mio dovere, Maruyama.» Sorrise e quindi girò i tacchi per andare via, la manica dell’uniforme alzata e le cicatrici ben esposte come se non avesse alcun timore a farle vedere.
Tetsuya rimase a guardarla da lontano ancora per qualche istante, chiedendosi se fosse stato un caso che la ragazza si fosse presa tanto a cuore quella questione. Le sue preoccupazioni sui Figli si erano alleviate un poco, sentire Mishima che condivideva la sua storia con lui lo aveva fatto sentire bene… Ma il suo problema era solo rimandato, al momento.
 
*
 
Naho avrebbe iniziato a preparare le valige a breve, ma prima voleva passare un po' di tempo con Katsuki che nonostante il silenzio dell'agriturismo non sembrava per niente sereno. Lo aveva osservato per un po' prima di avvicinarsi, lui guardava lontano oltre la staccionata che delimitava i confini del cortile principale dove la strada si divideva portando a diverse zone del complesso e per tutto il tempo le era sembrato nervoso, come se avesse fretta di andarsene da lì.
Alla fine, quando aveva deciso di farsi avanti finalmente, lo aveva salutato per rendere nota la propria presenza e gli aveva detto qualcosa come che quel posto fosse un paradiso, rispetto alla città caotica.
«Sì, può darsi…» Borbottò lui un po' distratto. La sua risposta poco entusiasta non passò inosservata, ma Naho lasciò correre e rimase a godersi il venticello.
«Mi ricorda un po' Mistilteinn… Vorrei fartela vedere, sono sicura che ti piacerebbe un sacco!»
Questa volta Suzuki girò la testa verso di lei e anche se con il corpo fosse ancora completamente rivolto all'esterno dell'agriturismo e le braccia fossero racchiuse entro i limiti del busto, non sembrò tanto sulla difensiva. «Sono sicuro che è un posto incantevole.» Disse. «E' una casa tradizionale, antica, intrisa di storia… Deve essere un grande onore viverci.»
«Il segreto sta nel non pensare a tutte queste cose… E trattarla come una semplice casa.» Sghignazzò lei. Anche lui ghignò in risposta.
«Magari un giorno la vedrò di persona… Se i nostri impegni lo permetteranno.»
«Credi che non avremo modo di collaborare ancora?» Il tono che assunse la ragazza era scettico, le sembrava impensabile che per un altro anno e mezzo non si sarebbero più ritrovati sul campo di battaglia assieme.
«Non dico questo… Ma non si sa mai come andranno a finire queste cose.» Borbottò il ragazzo abbassando la testa. Naho comprese che non fosse il dubbio di non lavorare più in squadra a preoccuparlo, ma il pensiero di non poter arrivare a farlo. Non voleva parlare troppo dell'argomento, ricordare Sasaki e Kobayashi la faceva sentire estremamente male, ma pensava che sarebbe stato inevitabile a un certo punto e farlo subito sarebbe stato quantomeno terapeutico; prima affrontavano la questione, prima sarebbe stato facile superarla.
«Quello che è successo l’altro giorno… E' stata una vera tragedia.» Mormorò abbassando lo sguardo in maniera simile a Suzuki.
«E' inutile continuare a pensarci.» Disse lui atono. «Non farai altro che tormentarti chiedendoti cosa avresti potuto fare, sentendoti uno schifo perché non eri là…»
Naho lo guardo allarmata e lui evitò il suo sguardo di proposito. Allora era così che si sentiva…
«Parli per esperienza, o…?»
A quel punto finalmente il ragazzo alzò lo sguardo e le rivolse un mezzo sorriso, abbastanza falso.
«Tu cosa ne pensi?» Domandò, mettendola in imbarazzo. Ma Suzuki non era offeso per quella domanda né sembrò particolarmente ferito. Invece, si mise a raccontare.
«Non ho mai provato "dispiacere" per Honda e Tanaka, però da quando sono morti… Mi mancano.» Osservò le proprie mani mentre le dita si intrecciavano tra loro con delicatezza, quasi avesse paura di farsi del male. «Erano dei bravi compagni… E non averceli più in giro si nota. Era più bello con loro nei dintorni, anche per uno senza amici come me.»
«Tu hai degli amici, Katsuki!» Intervenne Naho posandogli una mano sulla spalla, ritirandola però all'istante. Lui se ne accorse e ghignò come se trovasse molto ironico quel gesto, ma non avrebbe dovuto attribuirgli molto.
«Ti ringrazio, anche se lo dici solo per farmi sentire normale.»
«E' la verità.» Disse lei avvicinandosi. «Potrai non vederlo, ma i tuoi compagni tengono a te. E sei uno dei migliori piloti all'interno della squadra: se non vuoi vederla dal lato dei sentimenti, pensa a quanto aiuto porti alla squadra.»
Suzuki si staccò dalla staccionata e si voltò, alzando lo sguardo per osservare l'intera facciata dell'agriturismo che tra poche ore sarebbe stato abbandonato dai Parasite. «I piloti si possono rimpiazzare, gli amici si fanno sentire… Io non sono né uno, né l'altro. Ma smettiamola di parlare di questo…»
Naho lo fissò con disappunto, ma non ebbe modo di ribattere perché quando tornò a guardarla sembrava aver cambiato completamente umore.
«E' stata una vittoria, no? In generale, sia la battaglia che l'incontro con gli adulti sono andati positivamente.»
«Nessun VIRM è scappato e non ci sono state perdite civili, però due nostri compagni sono morti nello scontro… E anche parte della squadra mandata per proteggere i nostri coordinatori.» Gli fece eco, non del suo stesso avviso. Non era sicura che condividessero lo stesso significato del termine "vittoria."
«Già, già…» Borbottò lui voltando lo sguardo dall'altra parte. «Ma abbiamo limitato i danni. E' quello che facciamo da sempre e da quando vi abbiamo conosciuti lo facciamo sempre meglio!»
«Suppongo tu abbia ragione…» Mormorò Naho scoraggiata, che però effettivamente non poteva considerarla nemmeno una sconfitta. Poi le tornò in mente la discussione del giorno prima e alzando lo sguardo con curiosità, inarcò un sopracciglio e disse: «Non credevo che avessi tanto a cuore la questione dell'energia magmatica!»
Lui assunse la sua medesima espressione, non capendo a cosa si riferisse e lei rise divertita.
«Ti ho visto all'incontro con Hachi, ieri. Non saresti venuto solo per fare numero e dai tuoi interventi direi che ti importasse molto!»
Quando finalmente Suzuki capì a cosa si riferisse la ragazza, strinse le spalle. «Dovevo dimostrare il mio supporto alle squadre. Gli Stridiosauri sono forse i nostri più intimi amici, se sta succedendo qualcosa che nuoce il loro popolo, voglio che venga fatta giustizia.»
«Ah, quindi ce li hai degli amici!»
«Sì, certo…!» Subito dopo essersi reso conto di essere stato punto sul vivo, Suzuki ammutolì e borbottò qualcosa prima di stringere le spalle e allontanarsi da lì con Naho che gli ridacchiava dietro. La ragazza pensava che l'atteggiamento di Suzuki fosse molta più scena di quanto volesse far credere, talmente tanto che neanche lui se ne rendeva conto, ma non avrebbe infierito per il momento.
 
*
 
Shinji osservò i Parasite della Squadra Anemone avanzare a testa bassa, come se a perdere dei compagni di squadra fossero stati loro. Nakamura aveva ripensato a lungo alla battaglia in quei giorni ed era sicuro che si stesse odiando, ma non aveva avuto la possibilità di parlarle faccia a faccia; non era nemmeno sicuro di cosa avrebbe potuto dirle, anche se erano amici non aveva mai avuto un momento da solo con lei e temeva solo di peggiorare la situazione dicendo qualche parola di troppo. Meglio lasciare a gente come Yuki quel lavoro, che a sua volta non aveva avuto modo di parlarle.
Dopo la morte di quei ragazzi, Nakamura si era chiusa in sé stessa, era rimasta in camera la maggior parte del tempo e le poche volte che non vi si era nascosta era sgattaiolata fuori senza farlo sapere a nessuno. Sembrava che non volesse farsi vedere ma alla fine stava continuando a partecipare agli incontri e ai dibattiti, stava quantomeno cercando di reagire, anche se la sua presenza era quasi impercettibile.
Tuttavia ora che stavano per partire, ognuno sarebbe andato per la propria strada. Chissà quando avrebbero avuto l'opportunità di parlarsi di nuovo… Non voleva solo dire qualcosa, voleva che lei sapesse che la apprezzava e ammirava per tutto quello che aveva sempre fatto e che un fallimento non avrebbe cambiato nulla.
Si guardò intorno: i suoi compagni stavano dando i loro ultimi saluti agli altri ragazzi, perché non avrebbe dovuto fare lo stesso? In fondo, come caposquadra era suo dovere fare da ponte tra di loro e ancora di più, lui e Kya erano amici.
«Nakamura.» La chiamò alzando una mano dopo che ebbe posato la propria valigia per terra. Lei alzò lo sguardo con aria assente, quasi come se fosse ancora assonnata. Aveva poca voglia di curare il proprio aspetto, i vestiti erano in disordine e l'unica cosa a rendere presentabile la sua acconciatura era un nastro rosso un po' moscio legato dietro, mentre la pelle delle palpebre le si era seccata visibilmente a causa di tutte le lacrime che doveva aver versato.
«Kano?» Borbottò lei voltandosi.
«La nostra corsa non è ancora finita.» Le disse avvicinandosi a passo tranquillo. Alzò una mano per darle una stretta e lei la accettò senza reagire molto. «Ricordati che sei la più forte tra tutti noi!»
Kya lo osservò con un sopracciglio inarcato mentre lui continuava a stringerle la mano con forza. Non si sentiva minimamente la più forte in quel momento.
«E' sempre un onore combattere al tuo fianco! Abbi cura di te.»
Lo sguardo di lei calò con sconforto dopo che le ebbe portato l'altra mano sulla spalla come per darle un po' di energia e calore. Era semplicemente impensabile che qualcuno potesse più contare su di lei: aveva fallito, aveva tradito la fiducia di Sasaki e Kobayashi e sapeva che le parole di Kano erano solo per farla stare un po' meglio. E nonostante tutto, sorrise.
«Grazie, Kano.» Mormorò mettendo un po' di forza nella mano. Non fecero neanche in tempo a concludere quella stretta che qualcuno arrivò a strattonare il ragazzo da dietro e un attimo dopo comparve Yuki.
«Non farti intimidire dai goffi tentativi di mostrare affetto del nostro caposquadra.» Disse allegro mentre Harada fingeva di stritolarlo. Yuki fece qualche passo per avvicinarsi a lei e sorrise. «Ci mancherete.»
Anche Kya sorrise e si lasciò andare a un abbraccio caloroso. Non voleva mettersi a piangere, non doveva, quindi mollò la presa quasi subito e accarezzò il suo amico su una guancia come per farsi perdonare di quel contatto tanto breve. Le tremarono le mani, come se non sapesse veramente cosa fare.
«Ci vediamo, Yuki.» Mormorò con un sorriso che nascondeva a malapena una tragedia. Quindi si avviò per unirsi a Kaoru e Aiko, che erano presi a dare gli ultimi saluti a Nagashima e Ogura.
La squadra iniziò a incamminarsi lungo il corridoio dove, passati i controlli di volo, sarebbero stati indirizzati verso il proprio aereo. Tetsuya fu tirato dalla manica prima che potesse partire e vide le schiene di Yoshiki e Suzuko allontanarsi prima che i due si accorgessero che non li stava seguendo.
Mishima era tornata per un ultimo saluto. Lo guardò nascondendo a malapena un leggero sorriso, quei suoi occhi glaciali posati su di lui, non più estranei né inquietanti: solo diversi.
La ragazza raddrizzò la schiena dopo che lui la ebbe salutata e allungò una mano. «Mi dispiace di essere stata così invadente con te. Spero che le mie parole non ti abbiano offeso o messo a disagio in alcun modo.»
«Non fa niente… E' stato bello parlare con te.» Mormorò sorpreso lui, che poi guardò la mano tesa in avanti di lei.
La ragazza sorrise, questa volta non c'erano dubbi. «Amici?»
Un po' incerto, alla fine Tetsuya allungò la mano per stringergliela e si lasciò sfuggire un sorriso rilassato, come se dopo tanto tempo avesse finalmente deciso di abbassare la guardia in presenza di quella persona. Si guardarono negli occhi per qualche istante, poi lei alzò l'altra mano per posargliela sul braccio e lui rimase interdetto.
«Non vergognartene mai!»
Tetsuya rimase in silenzio, un po' sorpreso dall'improvviso messaggio di Mishima e incapace di reagire con razionalità; sapeva che tutti i suoi amici li stavano osservando, ma non riusciva a farci niente. Uno sbuffo di impazienza di Suzuko alle sue spalle lo fece tornare alla realtà e Mishima stessa sembrò accorgersene, quindi come se avesse capito di doversi fare da parte, lasciò andare la presa e disse addio a Tetsuya.
«Non sapevo che aveste legato così tanto.» Borbottò Yoshiki, visibilmente sorpreso.
«Già. Una vera sorpresa.» Gli fece eco Suzuko incrociando le braccia, scura in volto. Tetsuya li guardò entrambi senza sapere cosa dire e alla fine tornò a guardarsi la mano come se ci fosse scritto qualcosa e finì per mostrarla anche a loro.
«Diceva… Che voleva darmi qualche consiglio per la cicatrice.» Si ritrovò a mentire senza pensare, imbarazzato un po' all'idea di ammettere che Mishima gli fosse stata molto vicina in quei giorni.
«Ah. Bene…» Sbuffò Suzuko dondolandosi un po' sul posto, prima di voltarsi di scatto dicendo: «Forza ora, o perderemo l'aereo!»
Yoshiki si piegò di lato verso Tetsuya e mentre la seguivano bisbigliò: «Caspita, è gelosia quella che avverto?»
In quel momento Tetsuya rise alla battuta dell'amico, ma poi quelle parole continuarono a rimbombargli nella mente e più ci pensava, più non capiva dove fosse il problema. Cosa aveva da essere gelosa Suzuko? E perché Yoshiki era così sicuro che lo fosse?
Il trio raggiunse il resto del gruppo accelerando un po' e in pochi istanti la squadra superò i controlli dell'aeroporto. Mentre erano in attesa di ulteriori indicazioni, Kya si alzò dal proprio posto e raggiunse Kaoru, che se ne stava in un angolo assieme ad Aiko, apparentemente pieno di energie e incapace di sedersi.
Lui le mandò uno sguardo interrogativo e la ragazza in un primo momento si sentì estremamente stupida nel fare una cosa del genere, ma ormai aveva gli occhi di tutti addosso e non poteva tirarsi indietro.
«Io…» Esitò non sapendo come iniziare. «In questi giorni abbiamo vissuto un'esperienza molto difficile… Ma non mi sono mai preoccupata di chiederti se stessi bene. Nemmeno una volta ho pensato a come ti sentissi dopo… Tutto quello.» Alzò la voce il più possibile, non perché volesse che tutti sentissero quelle parole, ma perché stava cercando di sovrastare il caos nella propria mente.
Kaoru alzò una mano come per dire che non doveva preoccuparsi e che era normale non pensare a certe cose nella loro situazione, ma il suo sguardo stanco fu ciò che fece crollare la sua maschera di sicurezza: con quelle occhiaie e il colorito pallido sembrava di guardarsi allo specchio. Erano uguali, eppure solo lei aveva ricevuto tutte le attenzioni della squadra, degli amici, dei collaboratori… Piena di vergogna per questa realizzazione, Kya aprì le braccia con un movimento quasi meccanico.
«Mi dispiace, Kaoru. Per tutto.»
Il ragazzo la guardò quasi intimorito, ma poi dopo aver mandato un timido sguardo alla propria fidanzata, si spinse in avanti per abbracciarla.
«Grazie, Kya.» Mormorò boccheggiando, affondando il volto nella sua spalla.
«Ti voglio bene, Kaoru.» Fece lei, la voce attutita dal giubbotto di lui e gli occhi che bruciavano, a un passo dall'aprire i rubinetti. Se avesse pianto ora, lontano dalle altre squadre, non sarebbe successo niente in fondo…

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Capitolo 82
*** Conseguenze ***


«Che cosa state facendo?» Domandò Rin osservando i quattro ragazzi che si spartivano attrezzi da lavoro e spostavano assi di legno in giro per l'area. Aiko e Suzuko erano con lei, avevano pensato di fare una passeggiata nel parco e appena uscite di casa si erano ritrovate davanti quella scena.
Yoshiki si alzò da terra e con qualche colpetto delle mani si ripulì la canottiera della polvere, prima di rispondere alle ragazze: «Stiamo costruendo un gazebo.»
«Un gazebo?» Ripeterono loro.
Il ragazzo non capì perché fossero tanto sorprese e mostrò la montagna di assi, staffe, viti e bulloni accatastate lì di fianco messe in ordine con estrema cura da Tetsuya e Kaoru, mentre Hoshi dall'altra parte leggeva attentamente un foglio di istruzioni.
«Fino ad ora non ci siamo mai goduti per davvero tutto questo spazio…» Allargò le braccia e fece andare lo sguardo da una parte all'altra del cortile, con il parco che circondava la tenuta di Mistilteinn come una cintura verde. «Quindi abbiamo pensato che, con l'arrivo dell'estate, avremmo potuto ritagliarci un angolino di paradiso qua fuori.»
«Come sei poetico!» Lo canzonò Kondō lanciandogli un'occhiata di sfida da dietro la propria mappa.
«Non mi sembra di aver mai negato di esserlo!» Gli rispose a tono quello ghignando prima di tornare alle ragazze. «Così quando arriverà il caldo asfissiante non ci faremo prendere alla sprovvista.»
«Ma sei sicuro che funzionerà?» Borbottò Rin con un sopracciglio inarcato. «Senza offesa, ma voi quattro non sembrate proprio capaci di costruire una cosa del genere partendo da zero.»
«Ehi!» Sbraitò Kaoru prima di accorgersi della propria fidanzata in mezzo al gruppetto di ragazze. Corse subito verso di lei per darle un bacio su una guancia, gesto che la fece arrossire di colpo e che tentò di nascondere sghignazzando sommessamente. «Vogliamo solo costruire qualcosa che sia di godimento per l'intera squadra. Sarà un vero gioiellino quando sarà finito, vedrete!»
«Se non siamo in grado di farlo noi, allora chi dovrebbe farlo?» Bofonchiò Hoshi da lontano, che sembrava in vena di litigare anche se continuava ad avere un tono allegro. «Abbiamo combinato intelletto e muscoli proprio per fare il miglior lavoro possibile.»
«Ma sì! Lasciali fare, Rin.» Mormorò Suzuko distratta. «E' un modo come un altro per distrarsi, chissà che non sia utile anche per l'addestramento.»
«Pensi sempre a lavorare, tu?» Sbuffò l'altra, che però poi si accorse dello sguardo particolarmente concentrato dell'amica, che continuava a osservare il proprio partner intento a sollevare un palo di legno lungo un paio di metri, il tutto con la facilità di come si sollevava un quaderno.
Tetsuya fu raggiunto di corsa da Kaoru che era andato lì per dargli una mano, ma il suo sforzo non cambiò minimamente e la definizione dei muscoli di spalle e braccia, in risalto grazie al fatto che tutti si fossero liberati di camice e magliette, sarebbe bastata a spiegarne il motivo.
Tra lo sguardo intenso che Suzuko stava mandando al ragazzone e gli occhi a cuoricino di Aiko per Kaoru, Rin si sentì quasi di troppo e suggerì: «Volete restare a guardarli mentre lavorano?»
Un po' imbarazzate, le due ragazze si ricomposero e dissero che non ce n'era bisogno e che avrebbero potuto continuare la loro passeggiata. Quindi come se non fosse successo niente, Rin tirò fuori dalla borsa che aveva con sé un ombrello e un paio di occhiali da sole e con aria da gran signora si incamminò seguita dalle due amiche.
«Una volta finito il gazebo quella roba non ti servirà più!» Le disse Yoshiki mentre si allontanava.
«Allora datti una mossa, Ojizaki! E vedi di non bruciarti tu, piuttosto!» Gli rispose lei per le rime senza neanche rivolgergli lo sguardo. La risata compiaciuta di Yoshiki a quel commento stizzito fu l'ultima cosa che le ragazze sentirono prima che i lavori si mettessero definitivamente in moto.
Era vero che Rin avesse una pelle delicata, ma non poteva nascondere che quelle precauzioni fossero un po' eccessive e se un tipo pallido come Ojizaki glielo faceva notare, allora era ovvio che la sua mascherata non avrebbe retto: semplicemente la ragazza si era fatta cogliere per l'ennesima volta da quella minuscola gelosia che continuava a nascondersi in lei. Quando aveva visto Suzuko occhieggiare tanto il suo partner, non aveva potuto fare a meno di cercare una scappatoia. Per cosa, poi!
«Non sarebbe meglio portargli qualcosa da bere, almeno?» Si preoccupò Aiko guardandosi indietro. Ma Rin continuò ad avanzare inesorabile.
«Sono grandi e grossi, se la caveranno.»
«Non è una cattiva idea, quella del gazebo.» Mormorò Suzuko imitando l'altra nella camminata. «Però io preferirei comunque restare in camera mia quando fa troppo caldo.»
«Immaginati in pieno agosto a cuocere su quel patibolo mentre vieni bersagliata da tutti gli insetti presenti nell'ecosistema!» Sbuffò di nuovo Rin appoggiando Suzuko. Aiko diede un colpetto in testa a entrambe.
«Siete troppo cattive!» Le rimproverò. «I ragazzi lo stanno facendo per tutte noi!»
Con un unico movimento, Rin girò la testa e fissò la sua amica da dietro gli occhiali; le lenti leggermente calate, le labbra storte a mostrare il suo poco interesse al riguardo. Poi tornò nella posizione di prima con uno strattone del collo, aggiustando gli occhiali senza doverli prendere in mano.
«Ma sì, lasciamo che si divertano…» Sospirò Suzuko, che cercò un po' di ombra in più dall'ombrello di Rin. Avrebbe fatto bene a portare almeno un cappello, ma per una volta non era stata previdente.
Quelle parole sembrarono ciò che serviva alle ragazze per rilassarsi un poco. Rimasero in silenzio per un po', ascoltando il rumore dei propri passi lungo il sentiero e senza nemmeno accorgersene, finirono per raggiungere il lago che circondava il centro di comando di Mistilteinn, l'edificio scolastico e collegamento con la base sotterranea.
Decisero di passare sul ponte e fermarsi ad osservare un po' le increspature dell'acqua nella speranza di prendere un po' di vento. Fu lì che i pensieri di Aiko riuscirono finalmente a ritrovare un ordine e la ragazza tornò a parlare.
«Io sono contenta che i ragazzi si divertano così!» Sbottò di colpo, ricevendo in risposta sguardi confusi. Le altre due avevano semplicemente smesso di pensarci a quel punto.
«Bé… Sì, dai. Non è una cosa così seria…» Borbottò Rin, che dopo la passeggiata si era rilassata un po' e aveva riconosciuto di essere stata troppo scorbutica.
«No, dico sul serio!» Continuò Aiko. «Dopo la battaglia alla centrale elettrica, Kaoru non sembrava più lo stesso… Era troppo nervoso e spaventato, qualunque cosa cercassi di fare lui non riusciva a smettere di pensare a quei ragazzi.»
Le due ragazze che erano con lei si fecero cupe all'improvviso, avvertendo la serietà del momento. Aiko si era ritrovata in una situazione difficile: in quanto fidanzata di Kaoru aveva cercato di fornirgli supporto emotivo per quello che aveva passato, ma non essendo stata presente alla morte di quei ragazzi non sapeva con che delicatezza affrontare l'argomento.
«Da quando siamo tornati a casa non è riuscito a chiudere occhio una sola notte, è veramente penoso da vedere… Ma oggi è stata la prima volta che mi ha salutata con tanta allegria.» La ragazza si accarezzò la guancia dove Kaoru le aveva stampato quel bacio affettuoso e ripensò a quanto stesse sorridendo, alle sue risposte a tono. «Credo che stesse aspettando qualcosa con cui distrarsi e questo lavoro lo aiuti a svuotare la mente, mentre il pensiero di poter creare qualcosa che aiuterà la squadra in qualche modo lo fa stare bene. Se lo fa ed è felice, allora sarò felice anche io!»
Suzuko e Rin si fissarono senza sapere come rispondere. In effetti erano d'accordo con Aiko: Matsumoto aveva bisogno di una distrazione e per quanto l'idea di costruire un gazebo potesse essere un po' ingenua o poco pratica, se gli faceva bene non avrebbero avuto motivo di rovinargli la festa.
«Bé, se è così allora quei babbei possono costruirne anche cento di gazebo!» Sbottò Rin alzando la voce, agitandosi e afferrando le braccia di entrambe le amiche per strattonarle un po', provocando dei gridolini divertiti. Era stata troppo scontrosa, aveva completamente dimenticato tutto quello che era successo nell'ultima settimana. Anche Kya aveva avuto delle difficoltà a rientrare nei ritmi di tutti i giorni, ma sembrava che finalmente fosse tornata – quasi – a essere la solita ragazza piena di grilli in testa; poterono constatarlo quando passarono dal lago oltre la foresta e la trovarono a fare il bagno con altre ragazze, sorvegliate da un silenzioso Sato che da una asciugamano stesa sugli scogli leggeva un libro in totale silenzio.
«Non ti unisci a loro?» Domandò Suzuko quando le tre ragazze si furono fermate vicino al suo ombrellone.
«Mi sono offerto di accompagnarle, ma non mi va di bagnarmi.» Borbottò quello alzando lo sguardo. Kya stava schizzando Momo e Naho mulinando le braccia a pelo d'acqua e le tre lanciavano grida e risate che raggiungevano i bordi del lago.
«Conoscendo Kya, è strano che non ti abbia trascinato in acqua lei stessa!» Sospirò Rin posando il proprio ombrellino e sgranchendosi un po' sulla riva, quindi agitò le braccia per attirare l'attenzione delle amiche in acqua mentre Aiko la raggiungeva e si piegava a osservare il fondale.
Suzuko rimase lì accovacciata e per un po' non disse nulla, almeno finché non fu sicura che le altre fossero abbastanza distanti e distratte dalle chiacchiere per sentirla: «Sei preoccupato per lei, non è vero?»
Lui sembrò quasi infastidito da quell'improvvisa domanda, ma chiuse il libro e guardò verso il gruppetto di adolescenti poco distante da lì. «Non sono preoccupato, ma credo di dover fare qualcosa…»
«In che senso?»
«Mi sono allontanato troppo da lei… Ho causato io tutti questi problemi, l'ho fatta stressare e alla fine non ha più retto la pressione.» Disse stanco, quasi arrabbiato.
Suzuko abbassò lo sguardo. «Ti senti in colpa?»
«So che è un'idea assurda, ma non riesco a smettere di credere che se ci fossi stato io al posto di Kaoru sullo Iustitia, Kya sarebbe stata abbastanza lucida da… Assorbire meglio il colpo!» Lo vide battere un pugno sull'asciugamano. L'unico motivo per cui non obiettò a quelle parole fu perché aveva già ammesso che fosse un pensiero assurdo. Invece si concentrò su altro.
«Sato! Non dovrebbe nemmeno esserci il bisogno di dirle queste cose, ma sai bene che non sei responsabile dello stato emotivo di altre persone. Non puoi farti carico di un peso simile!»
Ma Ryo scosse la testa. «Io la conoscevo meglio di chiunque altro, avrei dovuto sapere che provare a farle del male non avrebbe fatto altro che creare problemi.»
«Ma era pur sempre un tuo diritto chiedere più spazio!»
Ryo trattenne il respiro e per un momento Suzuko pensò che sarebbe svenuto senza più aria. Alla fine le spalle del ragazzo si abbassarono e lui cambiò espressione, da frustrato divenne rassegnato, privo di energie. «Forse.» Mormorò. «Però sto cominciando a realizzare che, per quanto provi a negarlo, io e lei saremo sempre legati in qualche modo.»
Lo sguardo di Suzuko si perse nelle increspature dell'acqua attorno alle ragazze, si allontanò da Ryo come se volesse esprimere il proprio dissenso ma non fosse capace di farlo a parole. Per lei era una cosa estremamente semplice: il rapporto tra lui e Nakamura aveva causato diversi problemi alla coppia e per ristabilire l'ordine, Sato aveva dovuto fare una decisione difficile. Lo ammirava per il suo coraggio, non avrebbe mai detto che fosse qualcosa per cui sentirsi in colpa.
La stessa Nakamura sembrava stare benissimo adesso, come sempre. Suzuko pensava che lo shock fosse stato comprensibile nei primi giorni seguenti alla battaglia, ma che alla fine la sua indole spensierata avesse avuto la meglio come ogni altra volta; per questo non riusciva a empatizzare con lei fino in fondo, perché continuava a pensare che la sua caposquadra stesse mettendo su una scenata per ricevere compassione dagli altri, quando la sua situazione con il suo amico di infanzia era molto meno seria di quanto desse a vedere. Ryo invece guardava quei sorrisi allegri pieni di energie e sapeva per certo che quella fosse solo una maschera della sua amica; il suo recente riavvicinamento, dovuto in parte alla tragedia affrontata e in parte a tutti gli sforzi di lei per mostrargli di essere "cambiata," le aveva sicuramente migliorato l'umore ma c'era un'ombra negli occhi di Kya che non avrebbe dovuto esserci.
Ryo conosceva Kya meglio di chiunque altro, e poteva affermare con assoluta certezza che quella fosse solo una recita per disperdere i dubbi e non attirare troppo l'attenzione su di sé e i suoi problemi. Normalmente Kya si sarebbe beata di tutta quella attenzione nei suoi confronti, ma essere oggetto di preoccupazione per gli altri la metteva a disagio: era abituata a portare allegria attorno a sé, e perciò odiava essere la ragione di tanto stress e ansia all'interno della squadra, tanto da farle prendere decisioni scellerate per quanto riguardava la sua serenità.
Alla fine decise di alzarsi e raggiunse il gruppo di ragazze che chiacchieravano animatamente e arrivò mentre Aiko diceva alle altre che i ragazzi rimasti alla tenuta stavano lavorando a un gazebo.
«A che ci serve un gazebo?» Borbottò confusa Kya.
«Hanno detto che ci tornerà utile durante l'estate.»
«E ci stanno lavorando tutti i ragazzi?» Si intromise Momo molto sorpresa per qualche motivo. Lei, Kya e Naho erano ancora immerse per metà e non sembravano intenzionate a lasciare l'acqua.
«Se tu fossi l'unico a non aver dato una mano, sarebbe parecchio imbarazzante, eh Ryo?» Ghignò la caposquadra sporgendosi di lato per avvistare il ragazzo oltre il gruppo di amiche appena arrivate. Ryo sbuffò.
«Non ne sapevo niente.» Disse assonnato.
Ma Rin arrivò in sua difesa. «Anche mio fratello è rimasto per conto suo… Dice di dover recuperare con lo studio, quindi si è chiuso in camera a studiare.» La ragazza fece un movimento con la mano e si toccò una tempia con esasperazione, quindi disse qualcosa riguardo all'essere incorreggibile di Aki.
«E doveva studiare proprio in questa bella giornata?» Borbottò Kya. «Che noia! Anche Momo ha brutti voti, ma è venuta lo stesso!»
La ragazza appena interpellata si voltò imbarazzata e le chiese di non farla sembrare una scansafatiche, ma tutti sapevano che non eccellesse particolarmente a scuola.
«E' solo che Hoshi mi ha detto che mi avrebbe aiutata domani, quindi non c'era motivo di sforzarmi oggi…» Borbottò sapendo benissimo che quella sembrava solo una scusa come tante.
A quelle parole i presenti sorrisero, tranne Kya che incrociò le braccia e iniziò a mugugnare: «Giusto, tu puoi contare sul tuo caro nanerottolo dagli occhi dolci…» Ma nessuno la sentì e forse era proprio questo il suo intento perché quando Momo le chiese di ripetere, lei sollevò un'onda d'acqua, ricoprendola interamente. Chi era fuori dall'acqua si allontanò di corsa e a parte Ryo che era in costume, le altre ragazze iniziarono a sbuffare mentre tra le due iniziava una vera e propria lotta di schizzi con Naho a osservare pacificamente lo svolgersi dello scontro.
Sembrava essere tutto tornato alla normalità.
 
*
 
Alla sera, dopo che i ragazzi furono esausti e le ragazze ebbero smesso di girovagare per il parco, dopo tanto tempo la cena a Mistilteinn sembrava tanto una riunione di famiglia: c'erano risate e complicità tra di loro e ognuno sembrava aver messo da parte, almeno per quegli attimi, i problemi che li avevano assillati fino ad ora.
Kya stava stuzzicando Kaoru per la sua bruciatura, ma il ragazzo passò al contrattacco dicendo che anche lei si era bruciata sotto al sole e anche più di lui.
«Hm, è vero.» Constatò lei guardandosi il petto e le braccia per poi sporgersi sul tavolo per guardare oltre il proprio partner e chiedere a Ryo: «Ehi, tu come mai non ti sei bruciato?»
«Perché io sono stato all'ombra, non come te che hai passato ore a mollo.» Bofonchiò quello girando la forchetta nel purè di patate dentro al proprio piatto. La ragazza normalmente avrebbe detto che come al solito stava esagerando, ma la verità era che lei era stata a mollo per ore! Questa volta non poteva proprio negare l'evidenza che erano le sue guance rossissime e accaldate, caratteristiche che si riconoscevano anche in Momo e Naho e in tutti i ragazzi che avevano lavorato al gazebo.
In particolare Hoshi sembrava dolorante e infastidito da quella situazione. Non era mai stato un il tipo da passare tanto tempo all'aperto e in quel momento si stava proprio chiedendo che diamine gli fosse saltato in mente per mettersi a lavorare a quel progetto senza la minima precauzione. Se non altro poteva godersi la visione di Yoshiki, molto più bruciato di lui, che tentava di far finta di niente con poco successo.
«Adesso i miei capelli lunghi non sono più tanto stupidi, eh?» Lo canzonava ricordando la loro ultima discussione sull'argomento. Ma per tutta risposta Yoshiki gli faceva notare con serenità che anche lui avesse i capelli più lunghi della norma.
Più abbattuto degli altri era Aki, che si era perso tutta la giornata di svago dei suoi amici e che probabilmente avrebbe passato anche la prossima giornata chiuso in camera. Rin stava cercando di tirarlo su di morale, anche se non voleva dirgli semplicemente di mollare lo studio.
«Il tempo sarà così anche domani e per tutta la prossima settimana… Avrai tutto il tempo per rilassarti.» Mormorava dandogli qualche pacca sulla schiena, incerta su come trasmettere il proprio supporto. «Per ora concentrati a superare queste interrogazioni e andrà tutto bene.»
Hachi era sempre rigido in classe, ma la vera sorpresa era stata Nana, che quando c'era da esigere rispetto e attenzione si trasformava; era l'interrogazione con lei a preoccuparlo.
«Non hai motivo di preoccuparti tanto.» Intervenne Suzuko con tranquillità. «I coordinatori sanno che abbiamo affrontato un periodo faticoso e sanno bene che il nostro addestramento può distrarci da tutto il resto, quindi non saranno duri come temi se dovessi andare male.»
«A proposito dei coordinatori, secondo voi come se la passano?» Fu la domanda di Naho, apparentemente dal nulla. In realtà tutti sapevano a cosa si riferisse, dopo dell'annuncio ufficiale di Hachi a tutto il mondo riguardo le centrali di estrazione del liquido magmatico nascoste in giro per il globo, il pubblico non aveva reagito molto bene e la loro popolarità aveva preso un duro colpo. Alla radio i ragazzi avevano sentito parlare di grossi investitori dell'I.P.U. che avevano voluto trattenere i loro imminenti versamenti, visto come avessero mentito al mondo intero. Oltre al terremoto sociale, sembrava che alcune alte sfere dell'Istituto stessero cominciando a chiedersi se Hachi e Nana fossero ancora idonei al loro ruolo di leader mondiali e molte voci che giravano avevano già sollevato ipotesi assurde sul loro conto.
I ragazzi non erano particolarmente entusiasti di quella situazione, sapevano di essere il motivo per cui quella situazione si era sviluppata ulteriormente e come se non bastasse, sembrava che i genitori di Sasaki e Kobayashi non avessero accettato le scuse pubbliche dell'I.P.U. per aver messo i loro figli in una situazione di pericolo senza dar loro tutte le informazioni disponibili.
«Non credo che siano particolarmente allegri, questo è certo…» Borbottò Hoshi spegnendosi.
«Sì, credo siano preoccupati per l'avanzamento del programma Parasite. Senza fondi non potremo riparare e potenziare i nostri Stridiosauri allo stesso ritmo di prima.» Suggerì Yoshiki, che a sua volta era preoccupato riguardo alla causa di suo padre contro l'I.P.U: quelle nuove informazioni venute a galla non sarebbero di certo state una prova schiacciante, ma non mettevano in buona luce i suoi tutori temporanei. «E' il prezzo da pagare per la loro trasparenza.» Disse infine stringendo le spalle.
«Ma non è giusto che paghiamo per questo!» Protestò Aiko. «Cioè… E' nell'interesse di tutti che l'I.P.U. continui a funzionare. Se non possiamo difendere le città…»
«Andrà tutto bene.» Disse Kaoru, interrompendola. Le mise un braccio attorno alle spalle e le mandò uno sguardo rassicurante; non aveva veramente niente da aggiungere, non poteva sapere come sarebbero andate le cose da lì in poi, ma preferiva avere fede nel buonsenso delle persone.
«E' vero, Hachi e Nana sanno come affrontare questa situazione. Sono solo un po' giù, ma passerà…» Suggerì Suzuko quando si rese conto che Kaoru non avrebbe aggiunto nient'altro.
«Per questo io ti consiglierei di approfittarne! Stacca la spina e goditi tutta la giornata di domani, tanto non se ne accorgeranno!» Subito Kya tornò all'argomento di prima e si girò verso Aki, ricevendo subito un'occhiataccia dall'altra ragazza. «Qualcuno andrà a fare un giro in città, no? Perché non ti unisci?»
«Non ho proprio voglia di andare in città…» Borbottò Aki rimanendo neutrale. Dopo aver parlato dei problemi dell'I.P.U, non gli sembrava più il caso di fare tanta scena per lo studio. «Avrei voluto aiutare con la costruzione del gazebo.»
«Bé, i lavori non sono finiti…» Borbottò in risposta Yoshiki. «Ma dubito che andremo avanti domani, ognuno ha impegni diversi.»
Hoshi annuì e alzò lo sguardo verso Momo, che l'indomani avrebbe dovuto aiutare a ripetere per le prossime interrogazioni. Kya intercettò quell'occhiata di intesa che si scambiarono e in un momento ebbe il lampo di genio: «Perché non ti unisci a loro due?»
Ai due interpellati andò di traverso la cena e subito entrambi chiesero perché di colpo fosse così a favore dello studio.
«Andiamo! Aki ha bisogno di aiuto, non puoi lasciarlo così!» Protestò la caposquadra, che non aveva altro intento se non il malefico desiderio di mettere qualcuno in mezzo ai due piccioncini e rovinare così la loro giornata da soli chiusi in una stanza.
Un po' perplessi e in difficoltà , Hoshi e Momo si guardarono senza sapere cosa rispondere e alla fine il ragazzo posò una mano sul tavolo e disse: «Poi ne parliamo…» Posticipando la discussione a un momento più tranquillo dove potersi regolare meglio con i diretti interessati.
«In ogni caso, dobbiamo fare scorta di materiali.» Sospirò Yoshiki, che con imbarazzo riconobbe di aver fatto male i calcoli quando avevano iniziato a lavorare. Erano rimasti a corto di viti e bulloni e alcune tavole di legno si erano rotte, quindi qualcuno avrebbe dovuto fare un salto in città per comprarne di nuove. «Ce ne occuperemo io e Tetsuya.»
L'altro sentendosi chiamare si voltò a cercare l'amico e subito sembrò ricordarsi di qualcosa. «Ah, sì… Forse andremo assieme, certo.» Borbottò a disagio.
«Perché? Hai qualcos'altro da fare?» Domandò sorpreso quello. Anche la sua partner lì di fianco alzò le antenne.
«N-no! E' solo che forse avrò qualche commissione in più da fare…» Rispose automaticamente lui, che improvvisamente si sentì a disagio in mezzo al gruppo.
«Bé, che problema c'è? Possiamo farle assieme.»
«Potrei venire anche io.» Propose Suzuko con un sorriso rassicurante. «Anche io ho qualche cosa da fare in città.»
«Visto? Possiamo unire le cose e passare la giornata insieme!» Disse infine Yoshiki con tono risoluto, ponendo fine al dilemma. Tetsuya però non era tanto sicuro che le cose fossero compatibili, ma per non rivelare a tutti cosa dovesse fare decise di rimanere zitto e nessuno ci fece più caso; non sapeva quanto attentamente però Suzuko lo stesse osservando dal loro ritorno a Mistilteinn, forse anche più di prima, e notò immediatamente il suo strano comportamento.
«Io invece resterò a casa a leggere.» Commentò soddisfatta Naho, sollevando qualche risatina nel tavolo. Kya stava per protestare, dicendo che fosse sempre con gli occhi incollati a un libro e che non le facesse bene passare tutto quel tempo da sola, ma lei rispose con estrema tranquillità. «In realtà non continuo un libro da un sacco di tempo. Sono stata un po'… In pausa, diciamo. Quindi ora voglio ricominciare.»
«Hai qualche lettura in mente?» Le chiese Yoshiki voltandosi verso di lei, ignorando l'abbaiare incondizionato della caposquadra che avrebbe voluto vedere la sua amica impiegare le sue energie in un'attività più fisica, una volta tanto.
«Forse… Cominciano a incuriosirmi la psicologia, la filosofia… E gli articoli di astronomia.» Rispose con un sorrisetto.
«Niente più racconti?» Ghignò lui, poi girò la testa. «Ne hai avuto abbastanza delle avventure?»
Ma Naho non lo avrebbe spiegato così. Semplicemente la sua sete di conoscenza era rivolta ad altre cose più pratiche e reali; le storie di fantasia la appagavano fino a un certo punto, ma voleva scoprire anche cose nuove.
«Insomma, domani non verrà nessuno di nuovo al lago con me?» Piagnucolò Kya schiacciandosi sul tavolo con forza, come se stesse cercando di impersonare una persona che si scioglieva.
«Faresti bene a restare dentro anche tu.» La ammonì Ryo. «Hai preso troppo sole, non so come tu faccia ad avere ancora tutte queste energie. Dovresti essere a letto con la febbre!»
«Ma dai! Come può farmi male il sole se rimango nell'acqua?» Borbottò quella chiaramente con l'intento di far innervosire il suo interlocutore, che però non volle ribattere conoscendo i suoi trucchi. Alla fine Kya si ritrovò a sbuffare con impazienza. «Però come è possibile che ci sia già questo caldo? Io non ci riesco a starmene chiusa in casa quando il tempo è così!»
«Non è poi così strano. Siamo quasi a giugno…» Commentò Aiko cercando di far calmare la compagna.
«Normalmente a quest'ora staremmo aspettando l'arrivo dell'estate…»
«E invece quest'anno la passeremo a combattere mostri arrivati dallo spazio.» Cambiò improvvisamente tono la caposquadra. Lei stessa si sorprese di quanto sembrò tetra. Per un momento fissò il vuoto di fronte a sé, poi quando sentì tutti gli sguardi su di sé, si sforzò di sorridere e mascherare le sue preoccupazioni con qualche parola di incoraggiamento.
Kya alzò il pugno e mormorò: «Facciamo del nostro meglio, va bene ragazzi? Così la prossima volta che arriverà l'estate, non dovremo più pensare agli alieni e potremo divertirci!»
All'inizio gli altri sembrarono perplessi, quell'augurio sembrava solo un tentativo per dissimulare la sua ansia rivolta al futuro di cui tutti ormai sapevano, ma poi qualcuno alzò il pugno allo stesso modo e in pochi secondi tutti gli altri lo seguirono.
«Sì, dai.» Borbottò Hoshi con un sorrisetto complice. «Non ho ancora intenzione di farmi ammazzare!»
«Combattiamo per tutti quelli che non possono più farlo… E per i nostri Stridiosauri.» Dichiarò poi Suzuko con sguardo serio, avvicinandosi al centro della tavola.
Erano ancora una squadra unita, erano più amici che mai e ognuno comprendeva i sentimenti dell'altro; avevano una motivazione ancora più forte per andare avanti ora. Kya era commossa e anche se sapeva che gli altri stessero seguendo quella sua dichiarazione per infonderle un po' di fiducia in più, pensò che non avrebbe potuto avere amici migliori.

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Capitolo 83
*** Figli dello stesso dio ***


Kaoru girò lo sguardo fino a posare gli occhi sulle guance morbide e candide della sua Aiko. Il rossore che il sole le aveva donato durante la passeggiata del giorno precedente ora si era estinto e lei sembrava aver ripreso a emettere unicamente luce propria. Anche lui non era più rosso, né dolorante; aveva sempre assorbito bene i raggi solari e la sua pelle si era annerita un poco durante la notte sfoggiando una abbronzatura da suscitare invidia a chi ancora doveva attendere l'arrivo dell'estate per stendersi al sole. Ma nonostante tutto, quella mattina il suo corpo non sembrava volerne sapere di muoversi.
Il dottore che era venuto a visitarlo si era detto incredulo del fatto che non fosse crollato già la sera prima. Kaoru aveva avuto un colpo di calore non indifferente e aveva bisogno di riposare e lasciare che la febbre si calmasse; troppo lavoro sotto al sole, ma lui continuava a insistere che quello non fosse niente per lui e che queste cose non gli succedevano mai.
«Lo so che sei grande e grosso, ma per oggi dimenticati di questo e lascia che il tuo corpo si riprenda, va bene?» Gli aveva detto Aiko per farlo calmare mentre cercava di dimenarsi all'interno delle sue coperte. Gli lasciò un bacio sulla fronte prima di posarvi sopra la pezza umida che aveva portato con la sua bacinella.
«Dico sul serio! Questa febbre non ha senso…» Aveva borbottato l'infermo, che però si calmò definitivamente dopo quel bacio. Aiko ormai sapeva esattamente come tenerlo a bada e l'idea di ciò la divertiva non poco, ma la cosa che più adorava del loro rapporto era poter vedere Kaoru in quello stato e desiderarlo ancora di più per proteggerlo, curarlo e riempirlo di attenzioni così come lui faceva sempre con lei.
«Adesso cerca di riposarti. Lo sai cosa ha detto il medico, non cercare di fare l'eroe e potrai tornare a costruire gazebo tra non molto!» Lo ammonì dolcemente la ragazza prima di raccogliere le sue cose, dicendo che sarebbe passata più tardi a vedere come stava.
Anche se un po' seccato, Kaoru le diede ascolto e disse che avrebbe fatto il buono. «Grazie, Aiko…» Mormorò con imbarazzo mentre lei gli mandava un sorriso benevolo. La ragazza era sul punto di uscire dalla stanza quando la voce di lui la raggiunse di nuovo: «Ti a…»
«Che cosa?»
Come se fosse stata tirata improvvisamente da una corda, Aiko ruotò su sé stessa e lo fissò con occhi spalancati a metà tra il dubbio e la speranza. Kaoru non ce la fece a reggere il suo sguardo e mormorò a voce bassa: «Ti aspetto…»
Un po' delusa dal fatto che quella frase si fosse rivelata qualcosa di diverso da ciò che aveva sperato, la ragazzina annuì e fece dietrofront chiudendo la porta alle proprie spalle questa volta. Kaoru rimase solo con i propri pensieri a sentirsi un idiota e un incapace. Cosa gli succedeva? Improvvisamente non aveva più spina dorsale? Dopo tutto quello che aveva detto e fatto, tutte le azioni coraggiose che il suo amore e ammirazione per Aiko lo avevano spinto a fare, voleva per caso dare a vedere di aver esaurito la scintilla? Che non c'era più quel ragazzo di prima?
Perché continuava a tormentarsi tanto al pensiero di pronunciare quella parola tanto semplice che metteva tutta quella paura? Perché credeva che non sarebbe durato? Pensava che avrebbe perso significato se fosse uscita dalle sue labbra, oppure era semplicemente spaventato all'idea di non essere preso sul serio? Credeva che Aiko non avrebbe provato lo stesso nei suoi confronti? Dopo tutto quello che era successo, poteva veramente essere così?
Era veramente stanco. Non era da lui farsi tutte quelle domande. Forse Kya stava cominciando a influenzarlo davvero…
La porta della sua stanza si spalancò e fece il suo ingresso proprio la sua partner attuale, urlando: «Ehilà, Kaoru! Sono venuta a vedere come stai.»
Ma lui si era già addormentato. Kya piegò la testa da un lato con smarrimento e si avvicinò a passetti silenziosi, vergognandosi del caos creato.
Era sereno, silenzioso e immobile mentre il suo respiro impercettibile riempiva la stanza. Dopo aver constatato di non averlo disturbato, Kya posò le caramelle che gli aveva portato sulla scrivania e gli rimboccò le coperte, strizzò il panno che Aiko gli aveva posato sulla fronte e dopo averlo imbevuto nuovamente glielo posò di nuovo in testa per dargli un po' di sollievo. Rimase qualche minuto ancora per asciugargli il sudore, poi ripose il panno al proprio posto e uscì senza dire una parola, augurandogli mentalmente un buon riposo.
 
*
 
La voce di Yoshiki risuonava cristallina in mezzo agli scaffali del negozio di libri dove, ovviamente, Naho aveva voluto fare un salto prima di tornare indietro. I ragazzi stavano seguendo le loro compagne chiacchierando distrattamente e ogni tanto davano un'occhiata ai libri esposti commentandoli con poca serietà.
«Che genere di libri leggi, di solito?»
Tetsuya, che per tutta la giornata era stato irrequieto, rispondeva a tratti e spesso doveva ripetersi perché la voce gli veniva meno. «Un po' di tutto… Racconti di fantasia o fantascienza, forse di più.»
«Sì, è quello che avevo immaginato.» Mormorò l'altro guardando la copertina del libro che aveva afferrato e riponendolo con poco interesse al proprio posto. «Io sono sempre stato un appassionato di gialli… Ma ultimamente non leggo più, troppi impegni.»
«Ti ho visto leggere un libro la settimana scorsa.» Rispose confuso il suo amico prendendo a sua volta qualcosa da sfogliare. In fondo gli sembrava strano andare in libreria e non aprire nemmeno un libro anche solo per dare un'occhiata.
Yoshiki sembrò confuso alzò la testa come se Tetsuya non fosse più lì. «Davvero?» Borbottò seguendo con un lungo silenzio e un'espressione concentrata in viso. «Forse volevo rileggere qualche passaggio che mi aveva colpito…»
La voce di Naho che chiamava il proprio partner interruppe quella discussione e la ragazza tornò da dietro uno scaffale diverso per mostrargli qualcosa: «Guarda, questo è quello di cui ti avevo parlato! E' il primo della saga, poi ci sono altri due libri e il preludio con un altro personaggio come protagonista, ma lo sai che cosa si inventa la principessa guerriera alla fine per sfuggire all'esecuzione dei…»
«Naho, non posso leggerlo se mi dici come va a finire!» La interruppe lui con una calma disarmante. Naho si sorprese a sghignazzare e chiese scusa prima di riprendere con sé il libro e fare dietrofront. «Comunque ce l'ho a casa! La prossima volta te lo porto.»
«Senz'altro.» Rispose lui sorridente, un po' stordito dalla parlantina della sua amica. Tetsuya nel frattempo se la rideva sotto i baffi, conscio della buffa dinamica che il suo amico aveva con la partner, ma in pochi secondi anche lui fu assaltato dalla propria compagna e quasi si lasciò sfuggire un urlo per come Suzuko gli sgattaiolò alle spalle senza fare alcun rumore e chiamandolo improvvisamente con un: «Ehi!»
«C-cosa?» Balbettò dopo un secondo passato a cercare di ricomporsi, osservando lo sguardo spento di lei che reggeva un libro con sopra una stampa di un cluster di galassie.
«Ho sentito che ti piacciono i racconti di fantascienza.» Mormorò lei, sentendosi stranamente a disagio mentre cercava di inserirsi nella discussione più naturalmente possibile.
«Oh.» Fece il ragazzo ancora un po' sorpreso. «Grazie…»
Tetsuya prese in mano il libro e iniziò a leggere l'indice mentre per qualche motivo la sua partner restava a fissarlo. Dopo un po' alzò lo sguardo verso di lei e vedendo che non si era ancora mossa di lì provò a dire: «Sembra interessante! Magari lo compro, così posso ricominciare a leggere qualcosa…»
Soddisfatta, Suzuko disse: «Bene!» E quindi si fece da parte senza però allontanarsi mai del tutto. Il ragazzo la osservò con la coda dell'occhio prima di andare a cercare gli altri per trovarli che discutevano su due libri tenuti in mano da Naho.
«E' solo che non vorrei esagerare, poi chi la sente Kya?» Borbottava la ragazza studiando con attenzione le due copertine.
«Nakamura abbaia ma non morde, dubito che abbia veramente un problema con te e i libri.» Le disse lui con tono rilassato. «Però probabilmente il problema sorge quando passi l'intera notte in piedi a leggere!»
Naho roteò gli occhi come se volesse sfuggire allo sguardo accusatore di Yoshiki e borbottò qualcosa a riguardo per minimizzare.
«Comunque non ti preoccupare, li compro io tutti e due!» Disse a un certo punto il ragazzo, facendola scattare subito sull'attenti.
«Cosa? No! Non te lo permetto!»
Ma Yoshiki le aveva già sfilato dalle mani i due libri e si stava dirigendo alla cassa per pagare. Incrociò Tetsuya lungo la via e quando lo vide con in mano il libro preso da Suzuko, sorrise e disse che ci avrebbe pensato lui e lo prese dalle mani di un Tetsuya sbigottito.
«E' solo un favore tra amici, che senso ha se non vi posso fare qualche regalo ogni tanto?» Disse quando arrivò alla cassa con Naho ancora che lo rincorreva per impedirgli di pagare. La ragazza avrebbe dato cento ragioni perché Yoshiki non dovesse sentirsi in dovere di pagare per quei libri, ma visto che erano già arrivati e non volendo fare scenate e attirare l'attenzione sbuffò vistosamente e accettò la sconfitta rimanendo a fissare Yoshiki indispettita. Per tutta risposta lui si tenne quel ghigno soddisfatto sulla faccia.
La persona alla cassa era un ometto di mezza età che fino a quel momento era sembrato piuttosto distratto e con la testa tra le nuvole, ma dopo aver sentito la discussione dei due ragazzi aveva iniziato a sghignazzare e aveva deciso di fare un po' di conversazione mentre faceva il conto dei libri.
«E' sempre bello vedere dei ragazzi giovani come voi appassionarsi alla lettura.» Disse squadrando prima Yoshiki e poi Naho. La ragazza arrossi a quelle parole, non aveva mai pensato che qualcuno l'avrebbe elogiata semplicemente perché le piaceva leggere. Ad aumentare il suo imbarazzo ci si mise Yoshiki, che sapeva benissimo quanto fosse facile metterla in difficoltà con un estraneo.
«La vera appassionata è lei, noi non potremmo competere con la mole di libri che consuma ogni mese.» Spiegò indicandola rapidamente prima di mettere mano al portafogli e fingere di star cercando delle monetine, con Naho che non poteva lamentarsi con lui per aver attirato l'attenzione così.
Così il signore alla cassa iniziò a chiederle cosa stesse leggendo di recente e quali fossero i suoi libri preferiti, tutte domande alla quale Naho avrebbe risposto in un attimo se non fosse stata tanto timida. Mentre le sorrideva per metterla a suo agio e ascoltava i suoi balbettii, l'uomo però sembrò accorgersi di una cosa.
«Un momento, ma io vi conosco!» Esclamò sorpreso, lasciando interdetti i ragazzi per un momento. L'uomo passò a indicarli con un dito prima di fermarsi su Suzuko e Tetsuya e disse: «Eravate in televisione! E voi due siete quelli che stavano davanti a tutti!»
Ci volle un attimo perché ricollegassero l'episodio a cui si riferiva: Suzuko si mostrò compiaciuta non appena ricordò la loro prima apparizione in pubblico, mentre Tetsuya arrossì leggermente non sapendo come affrontare quel tipo di fama. Quella cosa fece sì che Naho potesse distogliere l'attenzione da sé.
«Siete dei bravi ragazzi, siamo tutti molto orgogliosi del vostro coraggio!» Continuò l'uomo raccogliendo i libri in una busta di carta con sopra stampato il nome del locale. Poi come se avesse avuto un'idea, si alzò dalla propria sedia e andò a cercare qualcosa dicendogli di aspettare. Dopo qualche istante tornò con in mano un piccolo libro per favole che inizialmente i ragazzi non riconobbero.
«Questo ve lo regalo. Consideratelo un ringraziamento per tenerci sempre al sicuro!» Disse porgendolo a Naho.
La ragazza non riuscì a rispondere, talmente sorpresa da quel gesto, e si ritrovò a borbottare qualcosa di incomprensibile prima di concentrarsi sulla copertina: vi era ritratta l'immagine stilizzata di una donna in lacrime con grossi corni e ali nere ad avvolgerla, stringeva al petto una stella mentre il sole e la luna la circondavano e disegni di animali le giravano intorno. All'inizio non riuscì a mettere insieme le parole, ma poi queste si formarono da sole nella sua mente.
«Questo è il libro della principessa demone!» Disse incredula. Lo conoscevano tutti, l'intera squadra lo aveva letto durante l'infanzia, lei stessa ne aveva una copia a casa sua.
«Esatto. Visto che furono proprio dei Parasite a scriverlo, ho pensato che sarebbe stato adatto a voi.» Sorrise l'ometto.
Naho sfogliò le pagine di quel volumetto pieno di colori e disegni. Non era altro che una favola per bambini, sembrava che fossero stati proprio i Parasite della Squadra 13 a scriverla, ma qualcuno sospettava che fosse ancora più antica e loro l'avessero solo riadattata.
«La ringrazio molto.» Disse rialzando lo sguardo verso l'uomo, che sorrise affabile per tutta risposta.
I ragazzi uscirono dal negozio con ancora l'uomo alla cassa che li salutava e per un po' nessuno disse niente, come se stessero ancora processando ciò che era successo. Naho teneva stretto al petto il regalo e si guardava intorno con aria molto più rilassata; Yoshiki che camminava al suo fianco invece sembrava nervoso.
«Non mi aspettavo che qualcuno ci riconoscesse.» Mormorò guardando prima da un lato e poi dall'altro, intento ad attraversare la strada.
«Perché? Ormai tutti conoscono le nostre facce. Noi due abbiamo anche presenziato al ricevimento dell'I.P.U. e sono abbastanza sicura che ci fossero anche dei giornalisti tra gli invitati.» Intervenne Suzuko distrattamente, cercando con lo sguardo Tetsuya e facendo per prendergli la mano.
«Sarà, ma ricordate cosa hanno detto Hachi e Nana?» Yoshiki fece una piccola pausa, giusto il tempo di togliersi dal traffico e quando il gruppo fu interamente dall'altro lato della strada gli ricordò del monito dei loro sovrintendenti: «C'è della gente che potrebbe volerci fare del male, in giro. Dobbiamo stare attenti!»
«E te ne sei ricordato solo ora?» Domandò scettica Naho. «Capisco le preoccupazioni di Hachi e Nana, ma dubito che qualcuno potrebbe provare a farci del male in un luogo pubblico, così di punto in bianco.»
«E' sempre meglio essere prudenti. Torniamo a casa!» Dichiarò quello voltandosi per cercare una fermata degli autobus. A quelle parole Tetsuya si allarmò.
«Cosa? Di già?»
«Perché, dovevi fare qualcos'altro?» Domandò rapido Yoshiki voltandosi. E a quella domanda Tetsuya non riuscì a essere sincero, così ammutolì con timidezza. Yoshiki sembrò dispiaciuto a vederlo così e gli posò una mano sulla spalla. «Lo so che è stata una cosa improvvisa, ma è meglio non stare troppo tempo lontani da Mistilteinn. Anche io avevo un impegno, ma ce ne occuperemo la prossima volta.»
Tetsuya non voleva far sentire in colpa Yoshiki, ma non riusciva proprio ad accettare che la sua possibilità potesse sfumare così; doveva andare da Yuri e parlare con il signor Nomu. Doveva sapere in che razza di guaio si fosse cacciato! Se loro facevano veramente parte dei Figli, non voleva semplicemente scappare e nascondersi. Non aveva senso che persone così gentili potessero fare parte di un gruppo estremista e violento che lo voleva morto. Doveva parlare con loro e capire come stessero veramente le cose!
«N-no, scusa ma ho veramente un impegno improrogabile!» Tetsuya si morse la lingua mentre cercava una scusa e poté vedere lo sguardo di Yoshiki cambiare radicalmente: il sorriso rassicurante che aveva fece posto a un broncio fisso, sospettoso. «A-a casa!» Aggiunse per ultimo, sentendo la mano dell'altro stringergli la spalla un po' più forte.
«Ehi, sei sicuro di stare bene?» Una voce familiare lo fece sobbalzare e Suzuko comparve al suo fianco, silenziosa come un gatto mentre Yoshiki ritirava il braccio.
«C-cosa?» Domandò lui sorpreso. Lei gli puntò un dito in faccia.
«Hai una faccia strana e sei impallidito all'improvviso. Guarda che fronte aggrottata!»
Per un momento il ragazzo pensò di essere stato scoperto, ma poi tornò a pensare razionalmente e si costrinse a rilassarsi. «Veramente sei tu quella con la fronte aggrottata!» Pensava che sarebbe stato un buono modo per spezzare la tensione e cambiare argomento, ma Suzuko invece mostrò di aver preso quel commento molto più seriamente di quanto pensasse e si ritirò incrociando le braccia.
«E' un riflesso incondizionato.» Borbottò accigliandosi ancora di più.
Tetsuya voleva scusarsi, non intendeva ferirla e ormai credeva di capire più o meno quali argomenti fossero le fragilità più esposte della sua amica, ma prima che potesse dire niente, Yoshiki si riunì al discorso.
«Va bene, se devi solo passare da casa allora non ci vorrà molto. Ti possiamo accompagnare, poi prenderemo tutti l'autobus per tornare a Mistilteinn.» Ancora una volta, Tetsuya si ritrovò a cercare un modo per rifiutare.
«No, vi farò perdere la prossima fermata!» Protestò indietreggiando. «Posso cavarmela da solo, davvero! I miei genitori abitano vicino alla stazione, quindi posso passare da lì per…»
«Dici sul serio?» Borbottò Naho cercando di inserirsi nella discussione. «Non ci dà fastidio dover aspettare di più, l'importante è che tu non torni a casa da solo!»
Ma questa volta Tetsuya ebbe la risposta pronta: «Preferiresti girare mezza città con tutta questa roba per le mani?»
La ragazza guardò il mucchio di libri appena comprati e poi le cadde l'occhio su tutti i materiali per costruzioni ingombranti che avevano appresso, e dovette dare ragione a Tetsuya. Anche Yoshiki sembrò in difficoltà ad accettare quel punto, ma alla fine mollò la presa.
«D'accordo, allora tu vai a fare quello che devi fare a casa tua e ci rivedremo a Mistilteinn… Tra non più di un'ora!» Lo sguardo minaccioso di Yoshiki fu un segno evidente del fatto che non avrebbe ammesso altri ritardi. Sembrava palese che Tetsuya avesse cercato una scusa per allontanarsi, ma non volle parlarne ancora per timore di sembrare troppo invadente.
Ancora dispiaciuto per come si era imposto sugli altri, Tetsuya squadrò tutti e tre i suoi amici e gli chiese scusa, prima di ringraziarli a dovere per avergli concesso quella fiducia.
«Lascia stare, datti una mossa piuttosto!» Borbottò Suzuko, rimanendo fredda. Tetsuya annuì e disse che si sarebbe sbrigato, quindi si mise in marcia di gran passo, desideroso di arrivare il prima possibile alla comunità dei Figli. Sapeva che tutte quelle attenzioni erano per la sua sicurezza, ma era già passato tanto tempo dall'ultima volta che aveva visto Yuri e il signor Nomu e non poteva farne passare altro ora che sapeva la verità.
Yoshiki rimase a osservarlo finché non ebbe svoltato l'angolo. Era preoccupato e proprio quando l'autobus stava per accostare, si girò di scatto verso le ragazze chiedendo loro se potevano tornare a Mistilteinn da sole.
«Anche tu, Yoshiki?» Borbottò Naho scoraggiata.
«Mi dispiace, è che visto che Tetsuya è rimasto fuori, ho pensato che potrei farlo anche io e occuparmi di quella cosa che dovevo fare, e poi tornare a casa con lui…» Sembrava andare di fretta, sapeva che l'autobus per Mistilteinn sarebbe andato via in fretta e non voleva che Suzuko e Naho rimanessero per strada da sole.
«Se vai con Tetsuya, voglio venire anche io!» Protestò Suzuko, che però non avrebbe potuto lasciare Naho da sola.
Yoshiki aveva già iniziato a incamminarsi. «Mi dispiace!» Disse facendogli segno di salire sull'autobus senza discutere.
«Non azzardarti a lasciarci qui! Ojizaki!»
A nulla servirono gli strilli della biondina, che furente non poté fare a meno di pensare che l'avessero messa da parte mentre qualcosa di serio andava in atto sotto al suo naso.
 
*
 
Alla fine era tornato. Fissare la facciata dell'edificio della comunità ora che conosceva l'origine di quel simbolo gli dava uno strano effetto, sentiva che non avrebbe dovuto trovarsi lì. Era passato del tempo, temeva quasi che non lo avrebbero più accolto dopo non aver dato notizie di sé… Con tutto il lavoro che c'era da fare lì, non sarebbe stato sorpreso se si fossero effettivamente dimenticati di lui, a dir la verità.
Ma quando si presentò alla porta ed entrò alla ricerca di qualche faccia familiare, nulla sembrò essere cambiato dall'ultima volta che era stato lì. La grande sala principale dove si riunivano tutti i Figli per meditare e "formare una connessione" era nella penombra, un luogo un po' tetro pieno di sedie e tavolini, qualche scultura o dipinto astratto per decorare e poi un lungo percorso fino al fondo dove da una porticina si raggiungeva il retro. Lì era dove Nomu e i collaboratori più stretti si riunivano e discutevano di diverse questioni, ma era anche l'ingresso per il magazzino dove lui e Yuri erano andati diverse volte a lavorare, per riorganizzare e prelevare i materiali necessari alle attività della comunità. E fu proprio Yuri che trovò lì, da sola, intenta a depennare alcune cose da una lista con aria annoiata. Appena lo vide, un sorriso le si formò sulla faccia.
«Tetsuya! Sei tornato…» Si alzò dal proprio posto e lo raggiunse per abbracciarlo, un abbraccio che il ragazzo accettò senza però riuscire a ricambiare con onestà. «Non abbiamo più avuto tue notizie, eravamo preoccupati che fosse successo qualcosa.»
«No, non è successo niente…» Borbottò lui. «Ho solo dovuto fare un viaggio con la mia famiglia e sono stato lontano per un po'…»
Yuri annuì. «Capisco, ma come mai sei venuto oggi? Non è giornata di incontri.»
«Volevo solo vedervi… Sapere come stavate tutti, ma sembra che non ci sia nessuno.» Rispose Tetsuya rendendosi conto che la sua comparsa durante un giorno qualsiasi doveva essere sembrata strana. Yuri sembrava comunque contenta di averlo lì.
«Sì, il signor Nomu aveva un impegno e ha lasciato a me il compito di tenere aperto. Non si sa mai se dovesse passare qualcuno…» La ragazza fece una pausa e assunse un sorrisetto furbo. «E sembra che avesse ragione!»
Tetsuya rise. Per qualche motivo gli sembrò che la differenza in altezza tra lui e lei fosse aumentata, ma era possibile che lui fosse diventato ancora più alto in così poco tempo? «Ti va se ti faccio un po' compagnia? Ti starai annoiando, qui da sola…» Disse cercando di distrarsi.
Yuri iniziò a passeggiare per la stanza facendo finta di niente, parlando di tutto il lavoro che aveva da fare e quanto poco tempo avesse e che non poteva di certo perderlo per stare dietro a un novellino come lui.
«Oh, allora ti lascio al tuo lavoro.» Disse lui con nonchalance, facendola voltare di scatto.
«Ehi!» Sbuffò la ragazza. «Stavo scherzando, torna qui!»
Tetsuya si fermò sulla porta ridendo come un idiota, ma sentendosi veramente felice per aver rivisto la sua amica Yu. Il tempo iniziò a scorrere velocemente, molto velocemente; così tanto che Tetsuya non si rese conto che fosse passato troppo tempo da quando aveva lasciato gli altri alla fermata degli autobus. Se voleva rientrare a casa senza dare nell'occhio, avrebbe dovuto sbrigarsi a tornare, ma non aveva ancora avuto modo di parlare del problema principale… Il problema era che Tetsuya non se la sentiva di parlare di cose così serie in quella situazione dove avrebbero potuto essere interrotti in qualsiasi momento, gli serviva un posto sicuro, benché non si fosse presentato nessuno in quell'ufficio fino a quel momento. Il primo visitatore che interruppe le loro chiacchiere fu il signor Nomu in persona, decretando la fine dei loro divertimenti.
«Tetsuya!» Salutò sorpreso l'adulto quando fece il suo ingresso nella stanza, attirato dal vociare insolito. «Questa è una bellissima sorpresa! Pensavamo di averti perso…»
«Non potrei mai andarmene senza dire niente, signor Nomu.» Lo accolse lui stringendogli la mano. La presa solida di Nomu era sempre la stessa, ma per qualche motivo a Tetsuya sembrò un po' più lunga del solito.
«Tetsuya è passato a salutare e mi ha fatto compagnia.» Spiegò Yuri girando attorno al ragazzo e mettendosi una mano sulla spalla, quasi appoggiandosi alla sua solida figura. «Per fortuna, aggiungerei: mi sarei annoiata a morte qua da sola!»
Nomu rise si scusò per averle lasciato quel compito così noioso. «Però è stata veramente una fortuna che ci fossi tu! Non avrei saputo veramente a chi lasciare il posto…»
«Ha avuto un impegno inaspettato?» Domandò Tetsuya, fingendo di star facendo una semplice chiacchierata. Ma da quando era entrato nella stanza, aveva fatto attenzione a ogni parola e movimento di Nomu.
«Il lavoro.» Fu la risposta poco esaustiva di Nomu. «Certe volte mi dimentico che questo è solo un impiego secondario, ma assumere collaboratori a tempo pieno sarebbe complicato e così devo appoggiarmi all'aiuto di volontari come Yu.»
«Ed essendo sempre qui, sono felice di aiutare!» Aggiunse lei dando un pugno affettuoso al braccio dell'uomo. A volte Tetsuya dimenticava che la ragazza vivesse stabilmente nella comunità, diversamente da tanti altri volontari.
«Già, ma visto che ora sono tornato, fareste bene ad andare fuori e godervi un po' la giornata!» La incalzò Nomu iniziando a fare segno di sgomberare l'area. «Tanto mi sembra di capire che questo posto oggi è un mortorio.»
Yuri e Tetsuya risero all'unisono mentre Nomu li spingeva delicatamente verso l'uscita. «Allora faremo una passeggiata.» Disse lui ringraziandolo, non sapendo esattamente per cosa.
«No, Tetsuya. Sono io che ringrazio te per aver fatto compagnia a Yu.» Rispose quello accompagnandoli entrambi alla porta, attraversando la sala grande. «Sei sempre al posto giusto al momento giusto.»
Quelle parole tanto lusinghiere finirono per farlo avvampare dall'imbarazzo, che rispose semplicemente che cercava di essere presente per i suoi amici.
Usciti finalmente in strada, Tetsuya fu quasi accecato dal sole che iniziava a calare e si rese conto di quanto buio fosse all'interno dell'edificio. Gli avrebbe fatto tanto piacere fare una passeggiata con Yuri, accompagnarla a vedere qualche negozio o prendere un gelato assieme, ma sapeva che se non si fosse sbrigato Yoshiki avrebbe dato di matto e mentre si allontanavano dall'edificio si sentì in dovere di farle sapere che non poteva restare oltre.
«Mi dispiace veramente tanto, Yu… Non mi sono accorto di quanto fosse tardi, devo tornare a casa.»
Il sorriso nato sul volto della ragazza si spense rapidamente, ma sembrò prenderla bene. A Yuri non interessava che Tetsuya dovesse andare, era felice di averlo rivisto dopo tutto quel tempo. Si stava preparando a salutarlo, quando una figura si avvicinò rapidamente dalla strada, chiamandolo con fermezza e, apparentemente, rabbia.
«Tetsuya!» Era un ragazzo alto e magro, dalla carnagione talmente chiara da sembrare un foglio di carta e uno sguardo truce stampato in volto.
Il suo amico si voltò e l'espressione che comparve sul suo volto sembrò di puro terrore mentre avvistava Yoshiki Ojizaki farsi strada verso di lui.
In un primo momento ci fu silenzio, solo la voce interrotta e balbettante di Tetsuya che cercava di chiedere all'altro cosa ci facesse lì, ma non appena furono faccia a faccia il nuovo arrivato gli afferrò il colletto della camicia e iniziò a urlargli contro.
«Lo chiedi a me? Cosa diavolo ci fai tu, qui!» Sbottò tirandolo un po' a sé. «Ci hanno detto di stare attenti a queste persone e tu vai a fargli visita come se niente fosse? Sono stato qui fuori per un'ora, stavo per chiamare la polizia. Pensavo ti avessero sequestrato!»
«Yoshiki, per favore… Calmati!» Ansimò Tetsuya, che nonostante la sua forza non riuscì a liberarsi dalla presa dell'amico. Fu solo quando Yuri, preoccupata dalla situazione, saltò in mezzo ai due spingendo via Yoshiki, che questo smise di urlare e fece un passo indietro.
«Non so chi tu sia, ma se hai dei problemi con Tetsuya, hai problemi anche con me!» Disse aggressiva mantenendo le braccia tese per creare distanza. «E se hai problemi con me, hai problemi con un sacco di altra gente! Quindi prima di fare qualcosa di cui potresti pentirti, vedi di abbassare i toni!»
Yoshiki sembrò profondamente insultato dalle parole audaci di Yuri, il suo volto divenne una furia ma non replicò. Tetsuya temeva che il suo amico facesse veramente qualcosa di avventato e cercò di distendere gli animi.
«Yu… Questo è un mio amico, Yoshiki.» Spiegò toccandole una spalla piano. L'immagine di lei che nonostante la statura si ergeva per difenderlo da una persona che non conosceva era qualcosa che scaldava il cuore, ma in quella specifica situazione Tetsuya avrebbe voluto sprofondare.
«Che razza di amico ti tratta in quel modo?» Domandò lei, ancora aggressiva. Quelle parole riuscirono a colpire Yoshiki nell'orgoglio, che non si trattenne dal ribattere.
«Sono un amico che si preoccupa per la sua sicurezza!» Esclamò piegando la schiena per avvicinarsi a Yuri, che per tutta risposta non si mosse di un millimetro. «Perché se questo idiota ha intenzione di passare le giornate in compagnia di una setta come la vostra, dovrete passare sul mio corpo per averlo!»
«Yoshiki!»
«Setta?» Yuri si voltò esterrefatta come per chiedere se stesse parlando sul serio.
«C'è stato un equivoco, dico sul serio!» Provò a scusarsi Tetsuya, non sapendo però a chi rivolgersi.
«L'equivoco sarebbe avermi mentito su ciò che dovessi fare o sul fatto che questa non sia una schifosa setta?» Continuò l'altro ragazzo, desideroso di fomentare la polemica e possibilmente ferire Yuri a tal punto da farla andare via.
«Ehi!» Abbaiò lei tornando a guardare davanti a sé. «Dillo un'altra volta e ti rompo il naso!»
«No!» Esclamò terrorizzato Tetsuya, che saltò in mezzo ai due litiganti e li allontanò con la forza. «Vi prego! Yoshiki, stai esagerando. Yuri è un'amica ed è una bravissima persona! E lo so che sembra un tipo molto antipatico ma ti assicuro che Yoshiki è un ragazzo gentilissimo!» Iniziò a fare avanti e indietro con la testa per occuparsi di entrambi i suoi amici.
«Gentilissimo un corno!» Ribatté Yuri, che Tetsuya non aveva mai visto tanto feroce. «Tetsuya, hai visto come ti ha afferrato? Vuoi farti trattare così?»
Alle strette e timoroso di provocare un'altra reazione incontrollabile in uno dei due, Tetsuya abbassò la voce e alzò le mani come per chiedere a tutti di fermarsi. «Ti prego… Ti spiegherò tutto… Adesso torna dentro e… Lascia che me ne occupi io.»
Yuri lo guardo scioccata, come se non potesse credere a quello che stava sentendo. Ci volle qualche secondo, ma alla fine accettò pur se controvoglia, e dopo aver detto che avrebbe atteso sue notizie iniziò a camminare in direzione dell'edificio della comunità.
«Grazie, Yu… Scusami.» Mormorò Tetsuya mentre lei si allontanava a passi lenti, come se non avesse alcuna intenzione di lasciare l'argomento ma si stesse sforzando di farlo.
Prima che Yuri rientrasse nell'edificio, Tetsuya si voltò verso Yoshiki e lo trovò che lo fissava sconvolto, in attesa di spiegazioni.
«A-andiamo da qualche altra parte.» Propose Tetsuya prendendolo per un braccio e iniziando a camminare. Sarebbe stato molto difficile fare quella conversazione lì davanti e se fosse arrivato qualcun altro della comunità le cose si sarebbero complicate ancora di più. Così i due compagni si avviarono lungo la strada per tornare alla fermata degli autobus, tuttavia non volò una sola parola tra di loro.
Yoshiki aveva già comprato i biglietti dell'autobus prima di separarsi, quando furono arrivati ne diede uno a Tetsuya e poi rimase in silenzio ad aspettare sul marciapiedi. Anche quando arrivò il mezzo e tutti e due salirono prendendo posto uno di fianco all'altro, non si dissero niente. Solo quando l'autobus fu fuori dalla città e le colline ebbero iniziato a stagliarsi attorno ad esso, Tetsuya si voltò verso il suo amico e raccogliendo tutto il coraggio che aveva, gli parlò.
«Ti prego, non dirlo a nessuno!»
Yoshiki lo guardò stupito, quasi divertito. «E' questa la prima cosa che dici?»
«Lo farai?» Fu la domanda insistente che gli fece lui, rimanendo sull'argomento. Gli occhi sofferenti di Tetsuya erano troppo difficili da sostenere per Yoshiki, per quanto duro anche lui non riusciva a essere cattivo con i suoi amici.
«Non dirò niente a nessuno… Per ora.» Borbottò dopo essersi girato come a cercare qualcuno con cui condividere il proprio disappunto. «Adesso mi dici che diavolo ci fai con quella gente?»
Tetsuya annuì e mentre riordinava i pensieri per dare una spiegazione sensata – cosa che aveva cercato di fare fino a quel momento senza successo – incominciò a tremare; non era il momento per iniziare a balbettare di fronte a quel viso da sogno del suo migliore amico!
«Ti-ti ricordi quando mi trovasti davanti a quel posto la prima volta?» Decise di partire da lì, dall'inizio, così avrebbe avuto altro tempo per riflettere mentre Yoshiki gli rispondeva. «Dopo quella volta, ci sono tornato… Un po' di volte.»
«Perché?» Domandò incredulo Yoshiki. E quella era forse la domanda più difficile per Tetsuya, che a malapena conosceva la risposta e in parte avrebbe anche preferito tenerla segreta.
«C'è stato qualcosa nelle parole che mi dissero… Che mi ha fatto tornare a cercare altre risposte.» Parlò piano, sicuro che alla fine Yoshiki avrebbe avuto ancora più proteste da fargli, ma pregando che lo lasciasse finire prima. «Era un periodo… Difficile per me. Ero confuso e spaventato… E lì ho trovato il tipo di comprensione che cercavo, sono stato trattato come una persona qualsiasi che meritava gentilezza semplicemente perché… Perché esistevo. E il signor Nomu…»
«Il signor Nomu?»
«Non… Non lo conosci, credo.» Borbottò Tetsuya rendendosi conto di quanto dovesse sembrare sconclusionato il suo discorso. «E' la persona che si occupa delle cose lì. Lui mi ha fatto conoscere questa sua… Filosofia. Una filosofia che parla di rinascita, uguaglianza e pace eterna per chiunque avrà fede. E mi sembrava tutto così bello… Sono-sono brave persone, Yoshiki! Abbiamo partecipato a tanti lavori di beneficienza.»
«Sono esattamente le persone da cui ci è stato detto di tenerci alla larga!» Fu la risposta secca e quasi urlata del suo compagno, che a quel punto era una maschera di rabbia. «Come hai fatto a non rendertene conto? Tutto ciò di cui parlano è ricollegabile ai VIRM, non importa come provino a mascherarlo!»
I due ragazzi alzarono la testa e si guardarono intorno. Menzionare di colpo i VIRM avrebbe potuto insospettire qualcuno, ma l'autobus era quasi vuoto e nessuno stava prestando attenzione a loro. Tornarono alla loro discussione all'unisono.
«Questa storia della rinascita, della vita eterna… Seriamente non ti è suonata familiare?» Continuò Yoshiki incredulo.
«Non sapevo che esistessero dei gruppi del genere!» Protestò Tetsuya, e questa volta si poteva vedere chiaramente che non stesse solo cercando di giustificarsi, era onesto e anche un po' risentito che Yoshiki lo considerasse tanto stupido. «Non pensavo che esistessero persone che veneravano i VIRM e il Padre e tutte quelle cose là. Non sono mai venuto a contatto con una religione, non sapevo come comportarmi.»
«E il fatto che non sapessi come comportarti giustifica il fatto di esserti avvicinato a dei terroristi?»
«Non sono terroristi, Yoshiki!» Lo fulminò con lo sguardo. Tetsuya non si accorse di aver alzato la voce e una mano, come per intimare al suo amico di smetterla con quei commenti offensivi. «Sono brave persone. Alcuni di loro saranno anche degli estremisti, ma non loro. Non Yuri!»
«Yuri è la tua fidanzatina?» Commentò sarcastico Yoshiki, sorpreso dalla sua reazione ma nonostante ciò ancora sicuro di sé. «Ho visto come è saltata in mezzo a difenderti. Aveva paura che raccontassi qualche segreto della loro banda?»
«Smettila!» Fu la risposta esausta di Tetsuya. «Non ci sono segreti, non c'è una "banda…" Sono solo persone che vogliono fare del bene e diffondere una loro filosofia, che c'è di male?»
A quelle parole però Yoshiki non riuscì a trattenersi, dovette dirlo chiaro e tondo: «C'è di male che queste persone vogliono che l'umanità si arrenda agli invasori! Hanno apertamente inneggiato alla morte di tutti i Parasite e hanno infettato la rete dell'I.P.U. con un virus creato specificatamente per farci del male. Come fai, dimmi, come fai anche solo a pensare di voler avere nella tua rete di conoscenze delle persone – non quelle direttamente coinvolte – ma delle persone associate anche in minima parte a questo tipo di filosofia guerrafondaia e perversa?»
Yoshiki sembrava un pazzo, era fuori di sé. Tetsuya capiva che lo shock di quella scoperta doveva averlo turbato, ma più parlava e più i suoi occhi si aprivano e la sua voce diventava acuta, e per un attimo pensò che non avrebbe ripreso fiato neanche una volta finito il discorso.
L'unica cosa che Tetsuya si sentì di dire fu: «Io li conosco, Yoshiki. Mi fido di loro.»
Era costernato, ma era la verità. A Yoshiki non sarebbe piaciuto, ma non poteva controllarlo e se lo rispettava, avrebbe rispettato il suo giudizio.
«Ma… Perché? Perché sei andato a cercare questa… Comprensione e consigli da loro?» Domandò confuso. «Perché non ti sei fidato dei tuoi amici?»
A quello Tetsuya non poté rispondere e la cosa che fece più male fu vedere quanto fosse confuso Yoshiki a quel pensiero. Come poteva dire che aveva avuto un periodo di dubbi e paure, tutti dovuti in particolare a lui? Come poteva ammettere di punto in bianco di aver temuto che la loro amicizia non potesse continuare, che a un certo punto i suoi pensieri erano stati pieni di immagini che non comprendeva che riguardavano loro due e che il pensiero che qualcun altro lo scoprisse lo aveva terrorizzato? Quello di cui aveva bisogno Tetsuya era un parere onesto di un elemento esterno che praticasse misericordia, una persona che voleva solo aiutare e questo erano stati i Figli per lui; aveva scoperto che non importava a nessuno ciò che lui provava per un'altra persona, che l'importante fosse semplicemente fare la cosa giusta, essere una buona persona, e che un giorno si sarebbe stati ripagati degli sforzi fatti.
«Mi dispiace, Yoshiki…» Mormorò sapendo di non poter spiegare tutto quello. Scosse la testa lentamente e questo fu ciò che spezzò veramente la determinazione del suo amico. «Non riuscirei mai a spiegartelo.»
Yoshiki rimase senza parole. Vedere l'espressione di delusione sul volto della persona di cui era innamorato fu doloroso, ma Tetsuya non poteva fare altro se non chiudersi in sé stesso e rimandare a un futuro non troppo lontano quella questione.
Non dissero più niente fino all'arrivo a Mistilteinn. Quando l'autobus si fermò scaricandoli di fronte al cancello del parco, Tetsuya osservò le mosse di Yoshiki chiedendosi cosa avesse intenzione di fare e una volta messo piede all'interno della proprietà, questo si voltò.
«Non dirò a nessuno di quello che ho visto oggi.» Iniziò serio, apparentemente tranquillo. «Non è mio diritto controllarti e neanche mio dovere dirti cosa fare. Tuttavia se dovesse succedere qualcosa, non venire a dirmi che non ti avevo avvertito!»
E con quelle parole gelide, tornò a camminare. Tetsuya si sentì estremamente a disagio, sapendo di aver fatto qualcosa di sbagliato che però non riusciva a smettere di fare; si sarebbe addossato le proprie responsabilità e non si sarebbe mai andato a lamentare di ciò. Tuttavia non riuscì a fare a meno di pensare che con quell'episodio, tra lui e il suo migliore amico si fosse aperta una voragine quel giorno.
 
*
 
Le coperte morbide sul corpo sembravano quasi corde intrecciatevi attorno, troppo calde e pesanti per risultare accoglienti. Il fastidio del sudore che continuava a colargli sul corpo e a renderlo bagnato e appiccicoso rendeva quella situazione ancora più sgradevole e per quanto Kaoru amasse oziare e starsene nel letto oltre l'orario di sveglia, si ritrovò ad avere bisogno di alzarsi e cercare un po' d'aria fresca.
Rizzatosi sul materasso e alzata un po' la coperta che lo schiacciava, si accorse che la pezza che Aiko gli aveva messo sulla fronte era ora al suo posto sul bordo della bacinella. Confuso, allungò un braccio e la inzuppò prima di strizzarsela sopra alla testa e poi rimase ancora un po' con il panno avvolto attorno alle tempie, ad osservare le goccioline di acqua e sudore che si mischiavano e ricadevano all'interno della bacinella.
Era stato un sonno inquieto, stranamente lungo. E comunque non agitato, non aveva avuto incubi… Solo che non riusciva a ricordare cosa avesse sognato, eppure sentiva che fosse qualcosa di importante.
Ancora frastornato, Kaoru alzò lo sguardo verso la finestra dove la luce fendeva l'aria e l'accecava tracciando linee vive all'interno della sua visione. La febbre sembrava essere scesa, eppure si sentiva ancora la testa pesante e i pensieri offuscati, indecifrabili. Come se stesse ancora sognando e con lo sguardo puntato verso l'esterno, si ritrovò a pronunciare un nome di cui nemmeno lui conosceva l'origine.
«Chi è Salomon?»

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Capitolo 84
*** Rimediare ***


Da un po' di tempo Miku era diventata più risoluta. Aveva finalmente deciso di lasciare la scuola e concentrarsi sul suo obiettivo di decoratrice di interni, anche se già iniziava a parlare di altri obiettivi; con le recenti notizie era ovvio che cercasse di tenersi occupata e distrarre la mente. Zorome l'aveva osservata a correre avanti e indietro per l'appartamento per giorni nel tentativo di organizzare una routine nuova, mentre inseguiva colloqui per diverse aziende e studiava nuove idee da proporre, un modo per farsi un nome e allo stesso tempo convincere qualcuno a prenderla anche solo per un periodo di prova. I suoi disegni non erano molto dettagliati, ma c'era qualcosa in essi che anche un completo idiota come Zorome poteva cogliere, e cioè il sentimento di uno spirito delicato e bisognoso di rivalsa come era lei.
Zorome la supportò e rassicurò per tutto il tempo, un paio di settimane prima che venisse accolta in una agenzia per un tirocinio e già da quella sera fu possibile vederla molto più rilassata, molto più felice anche se il viaggio era appena iniziato. Era così contenta che passarono una notte totalmente in bianco quella sera, interrompendo un periodo privo di intimità che a entrambi era sembrato molto più lungo di quanto fosse; non per la durata, ma per il peso che si portava dietro.
Alla mattina dopo Zorome si sentiva un'altra persona. Scaricata un po' della tensione accumulata in quelle settimane, era tornato al giorno in cui lui e Miku avevano ricevuto la notizia: non avrebbero mai potuto avere figli. Quelle parole lo torturavano, non perché avrebbe desiderato dei bambini – di sicuro adorava i figli dei suoi amici e diverse volte aveva avuto una mezza idea di averne di propri – ma perché sapeva che ad aver subito il colpo ancora di più era stata Miku. Era lei ad avere "qualcosa che non andava" e Zorome sapeva che questo genere di cose, per quanto si sforzasse sempre di fingere il contrario, l'avevano sempre turbata; temeva che il pensiero di non andare bene per lui avrebbe finito per divorarla; quello che Miku non sapeva era che Zorome si stava tormentando anche forse in maniera più esasperata al pensiero di essere stato il motivo della sua infertilità. E dopo aver tenuto dentro di sé quel pensiero per tanto tempo, non riuscì più a fare finta di niente e decise di confrontarsi con lei.
Era così bella, seduta al tavolo della cucina con una matita tra i denti e i capelli che ricadevano sul foglio, facendola irritare anche più del solito visto che ora aveva degli orari e delle scadenze da rispettare, e quelle piccole distrazioni non facevano che togliere tempo al suo lavoro. Si beò di quell'immagine della sua ragazza incurvata sul proprio lavoro ancora per qualche breve istante, fu poi quando lei lo notò che se ne stava sull'ingresso della stanza che si fece avanti.
«Miku, ti devo parlare.» Esordì con in volto l'espressione che assumeva quando doveva farsi perdonare qualcosa.
Lei sbatté le palpebre un paio di volte e le strizzò per metterlo a fuoco; la sua vista si era un po' abbassata ultimamente e infatti avrebbe dovuto portare gli occhiali, ma tendeva a scordarli in giro per la casa. Sembrava volergli dire di sbrigarsi per non farle perdere la concentrazione nel lavoro, ma riconoscendo quello sguardo di supplica si rilassò e spinse indietro la sedia poggiandovisi completamente e tirando un lungo sospiro.
«Che hai combinato, questa volta?» Domandò con un'espressione a metà tra il divertimento e il rimprovero. Ma chi voleva prendere in giro, non sarebbe mai riuscita a rimproverare quell'adorabile tontolone!
Miku però non sapeva che questa volta si trattava di qualcosa di molto più grosso di una delle sue solite bravate; era infinitamente più grave e Zorome non aveva ancora idea di come sarebbe riuscito a dirglielo.
«E' un po' complicato da spiegare…»
«Bé, trova il modo di dirmelo! Non potrà essere peggio della storia dei vasetti di yogurt…» Sghignazzò lei. Zorome sapeva che avrebbe tirato fuori quell'aneddoto, adorava farlo. «Seriamente, non mi hai mai spiegato come hai fatto a ordinare diecimila vasetti di yogurt per la mensa della scuola. Come fa una persona a confondersi così tanto
«E' una cosa seria, Miku!»
La ragazza rimase a guardarlo interdetta e sembrò offesa da quella reazione così veemente, poi posò la matita e si spinse un po' in avanti sulla propria sedia, rivolgendo interamente il proprio corpo verso Zorome. Con una mano gli indicò il posto di fronte a sé e lui si sedette senza dire niente.
A Zorome si spezzava il cuore nell'interrompere la sua allegria in quel modo così brusco, ma non riusciva proprio a stare al gioco con il suo sarcasmo in quella situazione, la guardò dritta negli occhi e si mostrò onestamente costernato per come avesse alzato la voce.
«Puoi parlare apertamente con me, lo sai no?» Disse con tono tranquillizzante, ma i suoi occhi erano ancora seri. «Se c'è qualcosa che non va, la affrontiamo. Insieme.»
Zorome non riuscì a sorriderle. Non credeva di meritare quella comprensione che lei gli stava mostrando, o forse stava solo cercando di avere pronta una via di fuga veloce appena finito di confessare le sue colpe; però non sapeva ancora se ci sarebbe riuscito, guardare la sua ragazza negli occhi e dirle che la sua condizione, tutto quello che non potevano più fare era dovuto alla sua irruenza.
Alla fine dopo aver preso un lungo respiro, Zorome iniziò a parlare. Quello che disse non ebbe alcuna importanza, se lo dimenticò lui stesso, e alla fine di quel discorso a cuore aperto ma che risultò molto più sconclusionato di quanto avesse preparato nella propria mente, la ragazza lo schiaffeggiò.
«Non dire mai più una cosa del genere!» Lo rimproverò con sguardo fisso. Zorome non riuscì ad alzare lo sguardo per sostenere il suo, ma sapeva che gli stesse mandando un'occhiata disgustata.
«Mi disp…»
«Non dire una parola! Non ci provare!» Sbottò Miku trattenendo a stento la voce. Cominciò a sbattere le palpebre più rapidamente e con irregolarità, come se non sapesse cosa fare, a metà tra lo sconforto e la rabbia più travolgente. Il suo respiro si fece discontinuo e quando Zorome provò ad alzare la testa per affrontarla finalmente, lei gli tirò un altro schiaffo e si mise a piangere.
Questa volta Zorome alzò lo sguardo più in fretta, ma rimase in attesa e si tenne una mano sulla guancia ora dolorante e arrossata. Non aveva nulla, non una giustificazione né qualcosa con cui sollevarle il morale, e per suo ordine non poteva neanche chiedere scusa per tutto quello che le stava facendo provare. La sua punizione era restare a osservare i frutti delle proprie azioni sconsiderate. Ma Miku in realtà non stava piangendo per quello.
Fu solo dopo un po' che trovò la forza per lottare con le lacrime e portatasi le mani al petto iniziò a parlare: «Hai idea di quanto sia mortificante sentire la persona che ami chiedere scusa per averti reso sterile?»
Zorome si sentì come se gli avessero appena dato una martellata in testa, completamente inattesa. Miku non era arrabbiata con lui perché era stata la causa della sua condizione; lei era incazzata con lui perché se ne stava addossando la colpa.
«Sai cosa si prova a sentire che tutto va contro di te, e che forse c'è qualcosa di sbagliato nel tuo corpo? E in un momento così… Dove vorrei solamente un po' di affetto per lenire il dolore e distrarmi da tutto il casino che mi è caduto addosso… Tu vieni qui e mi dici… Mi dici che è colpa tua?» Finalmente alzò lo sguardo Miku, gli occhi gonfi nonostante stesse cercando disperatamente di mostrarsi forte. «In base a quale teoria, poi?»
«Na-Naomi ha detto che…»
Un altro ceffone, sull'altra guancia, quasi fece cadere Zorome dalla sedia. Questa volta sentì veramente male.
«Naomi può dire quello che cazzo vuole!» Gli strillò contro vedendo solo la sua testa piena di capelli. «Ti sembra abbia puntato il dito contro qualcuno?»
«Ma… L'energia magmatica…»
«CHIUDI IL BECCO!» Questa volta l'urlo fece tremare la stessa abitazione e per un attimo Zorome pensò che Miku avrebbe sollevato il tavolo e glielo avrebbe spaccato sulla testa. «Non mi interessa niente se è stato per via del troppo lavoro, dello spazio o dei fottutissimi FranXX! Io sono così e basta, e questa tua mania di voler…» Alzò le mani e piegò le dita come se stesse implodendo. «Fare da scudo in ogni situazione peggiora solo le cose!»
Zorome capì finalmente che cosa non andava: aveva visto Miku come una ragazza ferita che aveva bisogno del suo aiuto; ma la sua reazione era stata quella sbagliata.
«Invece di starmi accanto e aiutarmi a superare la delusione, tu vai alla ricerca di un capro espiatorio in modo da togliermi questo peso di dosso? Pensi che mi farebbe stare meglio sapere che sei stato tu a farmi questo?!> Miku tirò col naso e singhiozzò ancora. Non c'era rabbia nelle sue parole, solo una profonda tristezza e un senso di ineluttabilità.
Rimasero in silenzio per un po', troppo. Zorome avrebbe voluto parlare e chiederle scusa per tutto quello, ma temeva di peggiorare la situazione. Alla fine Miku si passò una manica sulle guance e si strofinò gli occhi rimanendo a testa bassa.
«Hai idea di come mi sento?» Squittì ansimando. «La notte non riesco a dormire più perché ho questo macigno sul petto che mi schiaccia… Sai perché ho chiuso con la scuola? E' perché non ce la facevo più. Facevo sempre tardi a lezione perché tra una pausa e l'altra avevo bisogno di fermarmi cinque minuti a piangere, perché altrimenti non sarei stata in grado di guardare negli occhi tutti quei bambini. Avevo di fronte a me tutto ciò che non avrei mai potuto avere, così ho finalmente deciso di mollare tutto e ho cambiato aria. Ero contenta… Pensavo di essere stata abbastanza eloquente l'altra notte, in fondo! Ma tu non hai pensato nemmeno per un minuto che io avessi bisogno di un abbraccio, un bacio e un po' di vicinanza, per farmi sentire amata anche se avevo questo corpo fatto male che ogni mattina mi ricorda che, alla fine, rimarrò da sola! Tu…»
Miku sollevò il pugno e strinse forte le dita, poi sembrò arrendersi e lo batté stancamente sul tavolo mentre Zorome la guardava con rammarico.
«Tu cerchi un motivo per questa merda… Ti addossi la colpa, come se questo mi facesse stare meglio!» Pianse sconsolata. «Ma non è così, serve solo a pulirti la coscienza che non dovrebbe nemmeno essere sporca! Sei un idiota, Zorome! Certe volte mi chiedo seriamente perché io ti ami.»
Quelle parole erano pesanti, facevano molto male e Zorome sapeva che pronunciarle doveva essere stata la cosa più difficile. Non biasimava Miku per quello scatto d'ira, era sorpreso che avesse reagito solo adesso ma da una parte era sollevato perché finalmente aveva buttato fuori tutto quel veleno che doveva essersi accumulato da quando avevano parlato con Naomi.
Senza dire nulla, il ragazzo si alzò dalla propria sedia, girò attorno al tavolo e si avvicinò a Miku per abbracciarla. Prima lei cercò di resistergli, ma le braccia di Zorome si chiusero inesorabili attorno alle sue spalle e lei si buttò contro il suo petto quasi con disperazione, come se non le rimanesse nient'altro.
«Scusami, Miku.» Mormorò con un filo di voce. «Non ho pensato a quanto dovessi essere ferita. Io… Io non sapevo come reagire alla notizia che non avremmo mai potuto avere una famiglia come quella di Mitsuru o di Goro. Ero ancora stordito e ho cercato qualcosa a cui aggrapparmi, e l'unica cosa che ho trovato è stata la mia paura di aver provocato tutto questo.»
Miku ascoltava in silenzio, forse aveva ricominciato a piangere ma Zorome non poteva saperlo.
«In un mondo ideale, questo avrebbe portato a una soluzione. Avrei potuto ripagare le mie colpe aggiustando tutto, ma le cose non sono così. Solo ora capisco che avrei dovuto parlare con te e starti accanto, quella sarebbe stata la cosa giusta da fare…» Disse anche lui con le lacrime pronte a uscire. «Ma… Anche se non potremo avere figli… Anche se non potremo mai avere una famiglia come quelle dei nostri amici, noi due siamo già una famiglia!»
Zorome abbassò la testa e cercò gli occhi di Miku per poterla guardare in tutto il suo splendore. Non importava se fosse stata in lacrime, col volto solcato da mille rughe, i capelli bianchi o uguale a come erano a quindici anni; lei sarebbe stata per sempre la sua anima gemella, anche nei litigi e nelle scenate di fronte agli altri, anche se lei era manesca e teneva il broncio, anche se cambiava idea dalla sera alla mattina. Non voleva andare da nessun'altra parte se non dovunque sarebbe andata lei.
«Miku… Io non so perché non lo abbiamo fatto prima, ma…» Lentamente, Zorome si abbassò fino a poggiare un ginocchio per terra; le mani scivolarono giù fino a intrecciarsi con quelle di Miku, gli occhi gonfi per le lacrime e in volto un dipinto di stupore, tanto buffo quanto meraviglioso per lui che non riusciva a smettere di sorriderle.
«Vorresti sposarmi?»
Adesso capiva quanto fosse grande il suo amore.

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Capitolo 85
*** Più forti ***


«Le informazioni che abbiamo raccolto fino ad ora sui VIRM possono valere molto o essere totalmente irrilevanti per il futuro.» Era stato il modo in cui Hachi aveva iniziato la riunione straordinaria in vista della prossima battaglia. Un modo per far notare, da un lato, quanto fossero andati avanti dalla loro prima battaglia, ma anche per ricordargli di non dover mai abbassare la guardia, qualunque fosse la loro preparazione; non che gli servissero moniti del genere, anzi Hachi sapeva essere delicato quanto un frustino quando c'era da dare messaggi motivazionali o avvisare i piloti, ma gli avvenimenti dell'ultima battaglia erano abbastanza per ricordare a tutti quanto fosse cruciale non rischiare mai niente. Erano stati già graziati durante le loro prime uscite sul campo e solo ora si rendevano conto di quante leggerezze avessero commesso in queste occasioni e quante volte avrebbero potuto lasciarci la pelle.
«Nell'ultimo scontro abbiamo assistito a un nuovo tipo di tecnologia da parte dei nemici, un sistema di occultamento che è riuscito a prenderci alla sprovvista e ha rischiato di portare ingenti danni alle nostre forze; anche se non privo di imperfezioni, pensiamo che possa essere un'arma veramente importante e bisognerà stare attenti in futuro, per questo vi chiediamo di prestare attenzione a qualsiasi dettaglio che possa farci scoprire sue debolezze o anche semplicemente capire il suo funzionamento.»
Il mimetismo dei nemici aveva veramente sorpreso non solo i Parasite sul campo, ma anche i ricercatori che stavano analizzando la battaglia da lontano. I loro sistemi non avevano rilevato nulla fino alla comparsa dei nemici sopra le loro teste, eppure non era possibile che i VIRM potessero semplicemente sparire come se niente fosse.
«Non sappiamo perché l'occultamento si sia dissolto una volta avvicinatisi al suolo, ma è probabile che sia un limite dei loro sistemi al momento; abbiamo ipotizzato che sia la nostra atmosfera a interferire con il loro funzionamento, oppure che la vicinanza al suolo sia un fattore determinante.» Continuò Hachi cauto. «Ma non dobbiamo adagiarci troppo sugli allori! I nemici potrebbero anche aver deciso di disattivare l'occultamento spontaneamente per non rivelare troppe informazioni su di esso. E' per questo che dovrete tenere gli occhi aperti, quando l'occasione si ripresenterà! E aspettiamoci innovazioni su questo fronte; la tecnologia VIRM è sempre in evoluzione e i nostri ricercatori stanno già lavorando per trovare una soluzione e contrastare questa nuova minaccia, qualunque informazione dovreste raccogliere sul campo potrebbe rivelarsi di vitale importanza, quindi mi aspetto che siate attenti.»
Come sempre, i discorsi di Hachi finivano per essere troppo pesanti e minacciosi per i ragazzi, per questo Nana prese la parola dopo aver visto gli sguardi ansiosi dei loro protetti; il marito si infuocava troppo in queste situazioni. «Un'altra novità che abbiamo ottenuto dall'ultimo scontro è stato l'incredibile fattore di rigenerazione di alcuni nemici; un simile potere in passato era esclusiva di rari Stridiosauri di classe Lehmann e, anche oggi, pochi nei nostri ranghi ne sono capaci e non senza un enorme dispendio di energie. Nonostante le poche documentazioni dell'epoca, non abbiamo mai visto i VIRM fare cose del genere e per questo la scoperta potrebbe significare cattive notizie per noi.»
Con una mano la donna andò a spostarsi i capelli, passandoli dietro una spalla e sorrise ai ragazzi per rassicurarli. Gli ologrammi proiettati sulla lavagna alle sue spalle scomparirono per lasciare spazio ad altre immagini di VIRM che i ragazzi non avevano mai incontrato. «Ma l'ignoto non deve spaventarci: abbiamo affrontato i VIRM senza sapere quasi nulla di loro per tutto questo tempo e siamo fieri di poter dire che avete svolto un lavoro eccellente!»
«Se questa capacità dovesse estendersi anche ai nemici più piccoli, saremmo in grave difficoltà; d'ora in poi assicuratevi sempre che il vostro avversario sia morto prima di passare al prossimo!» Si intromise nel discorso Hachi, volendo dare un consiglio utile per le future battaglie, ma senza rendersi conto di aver messo ancora una volta pressione fuori luogo ai ragazzi. Nana lo guardò esasperata prima di cercare di cambiare argomento e toni della discussione.
«Passando ad altro, alcuni Parasite dalle altre squadre hanno riferito di aver incontrato nemici capaci di nuotare, nemici esplosivi e corazzati, armati di strumenti più o meno complessi… E' come se i VIRM si stessero evolvendo un passo alla volta per adattarsi ai nostri terreni di battaglia e alle nostre armi. Questa potrebbe sembrare una cattiva notizia, ma idealmente potremmo anche riuscire a immaginare la direzione che questo sviluppo li porterà, e infatti abbiamo visto già nell'ultima battaglia come molti nemici avessero ottenuto una forma più umanoide e tanti di loro somigliassero ai nostri Stridiosauri, in particolare i piccoli e agili classe Mohorovičić.» Gli ologrammi che mostravano tutti i diversi tipi di VIRM appena elencati da Nana sparirono e furono sostituiti da alcune immagini di Iustitia. «In ogni caso, è importante continuare a migliorare le nostre armi ed è per questo che voglio illustrarvi gli ultimi aggiornamenti apportati ai vostri Stridiosauri, a partire dalla vostra caposquadra.»
Kya alzò lo sguardo sorpresa. Non si aspettava di essere menzionata in quel modo; ad essere completamente onesta, si era distratta durante la spiegazione e pensò che Nana la stesse rimproverando.
«Prima di tutto, dopo lo scontro con il VIRM speciale dell'ultima volta abbiamo deciso di rinforzare gli arti di Iustitia. Sia voi che Xenomorphus avete molte articolazioni che potrebbero essere prese di mira e ostacolarvi, così abbiamo appesantito l'armatura e agito sullo scheletro interno degli Stridiosauri per proteggervi da eventuali traumi.»
Gli sguardi dell'intera squadra si posarono sulla ragazza dai capelli rosa, che se ne restava in piedi in un angolo e li fissò tutti quanti di rimando, dicendo: «Che c'è?»
Il suo braccio era guarito, ma si era lasciato dietro qualche dolore e forse avrebbe avuto per sempre addosso i segni di quell'infortunio: dopo il trauma di averlo amputato con Iustitia, le ossa avevano reagito cercando di solidificare una ferita non esistente e adesso quando cercava di tenerlo dritto, la ragazza si ritrovava ad avere il gomito puntato un po' troppo verso l'esterno. Era possibile che se si fosse lasciata medicare prima, la ragazza non avrebbe risentito di questi problemi.
«Un'altra modifica apportata a Iustitia riguarda la vostra lancia, ragazzi.» Continuò Nana richiamando l'attenzione e fissandosi a guardare Kya e Kaoru. «Adesso potrete sganciare il cavo se lo riterrete opportuno, ma ricordate sempre che così sarà più facile perdere la vostra arma e a quel punto dovrete affrontare i nemici a mani nude.»
«Suona bene.» Fu la risposta tranquilla della caposquadra, che non voleva sentirsi altri occhi pietosi addosso. Qualcuno si girò lo stesso chiedendosi perché avesse quell'aria strano, ma poi tornarono tutti a seguire Nana.
«Riguardo allo Xenomorphus, visto che lo abbiamo già menzionato, oltre ai rinforzi strutturali abbiamo preso spunto da Zinnia…» Nana si interruppe per un attimo; si era resa conto che fosse stata una scelta infelice, quella di menzionare la coppia scomparsa nell'ultima battaglia. «Dicevo, abbiamo preso spunto da altri modelli e abbiamo implementato nella coda dello Stridiosauro un sistema capace di rilasciare una tossina che paralizzi i nemici colpiti. Dovremmo ancora dosarlo per capire quali siano le quantità ottimali perché la tossina funzioni senza problemi, ma per ora potete già testarlo e riferire i risultati ai tecnici.»
Ryo e Aiko si guardarono incuriositi, quasi rincuorati da quella notizia che in teoria avrebbe dovuto rendere gli scontri più facili.
«Per quanto riguarda Animus, invece: i suoi arti sono già robusti e ben protetti e non possiamo appesantirlo troppo senza intaccare la sua velocità; abbiamo tuttavia inserito una nuova modalità per i fucili al plasma, questa volta si tratta di attrazione magnetica.» Spiegò Nana voltandosi verso i fratelli Okagawa. «Potrete respingere e attirare a voi diversi oggetti. Ovviamente starà a voi decidere come meglio utilizzare questa modalità.
Sembrava un po' poco per la coppia di fratelli, che in fondo avrebbero avuto tante idee per migliorare il proprio rendimento, ma la donna non aveva ancora finito.
«Inoltre…» Disse schiarendosi la voce. «Abbiamo visto come in terreni dissestati la vostra mobilità ne risenta parecchio, perciò i tecnici hanno finalmente messo a punto un sistema che vi permetterà di aumentare la trazione a vostro piacimento durante la connessione; ora potrete far uscire dalla vostra ruota dei chiodi con cui muovervi più agevolmente sui terreni più difficili.»
Nana vide Rin stringere un pugno con soddisfazione, come se aspettasse da tempo un aggiornamento di quel tipo, e sorrise. «Adesso non inciamperemo più!» Li sentì dire.
«Passando agli Stridiosauri più grandi e partendo da Gaia…» Le immagini dietro Nana cambiarono di nuovo. «Dopo gli ultimi risultati, abbiamo deciso di restituire la capacità originale di gas trasportabile, confidiamo che la vostra resistenza sia cresciuta da quando abbiamo preso quella decisione e che non prenderete rischi inopportuni d'ora in avanti.»
Suzuko e Tetsuya si cercarono con lo sguardo i mezzo al gruppo di adolescenti e la ragazza sembrò molto eccitata, quindi si alzò in piedi per ringraziare Nana e Hachi della fiducia mostratagli. «Non vi deluderemo!»
Nana annuì rassicurante. «L'esoscheletro che riveste le sacche di gas continuerà a regolare il trasporto di energia per avere sempre un colpo in canna, così per dire, ma sarà più elastico in modo da permettere una maggiore portata. In questo modo potrete anche volare meglio e spostarvi in maniera più rapida, grazie alla maggiore quantità di gas prodotta.»
Ancora una volta, Suzuko si mostrò compiaciuta e tornò a sedersi; finalmente le cose iniziavano a girare per il verso giusto. Era vero che quello fosse semplicemente un ritorno alle sue capacità iniziali, ma significava che finalmente gli adulti la consideravano in grado di resistere a quelle pressioni e di poter quindi sfruttare a pieno le proprie armi. La Suzuko di un tempo avrebbe visto quei cambiamenti come un insulto, ma adesso accolse il tutto con positività, felice che il tempo avesse dimostrato quanto lei valesse davvero.
«Aros e Anthurium… Voi non avete ricevuto molti aggiornamenti, questa volta. A parte la solita manutenzione della corazza, i nostri tecnici hanno deciso di concentrarsi per sviluppare qualcosa di nuovo nella speranza di fare grossi passi in avanti, ma questo li ha portati a ignorare altre aree di sviluppo. Mi dispiace.» Nana sembrava dispiaciuta quanto i ragazzi, ma non volle lasciarli con quell'informazione perché effettivamente qualcosa di positivo in quella storia c'era: «Sono state comunque aumentate le vostre resistenze al fuoco e all'elettricità. Le vostre specialità sono diventate ancora più uniche!»
Nonostante i suoi tentativi di sollevare l'umore dei ragazzi, Nana si rese conto che quasi nessuno degli ultimi interpellati la stesse ascoltando: Naho si era persa prima che potesse arrivare a parlare del suo Stridiosauro e anche Yoshiki per una volta sembrava distratto, continuando a battere un piede con impazienza, forse desideroso di andarsene dalla riunione; Hoshi e Momo invece avevano seguito attentamente la spiegazione, ma erano arrivati alla conclusione che non importava se ricevessero aggiornamenti ora o in futuro, loro avevano trovato un ottimo equilibrio e non sarebbe stata la mancanza di potenziamenti a farlo vacillare. Inoltre, ricevere qualche potenziamento sul fronte difensivo era sempre una buona notizia!
Con quelle nuove informazioni e la consapevolezza di avere una squadra carica e volenterosa, Nana diede a tutti il permesso di rompere le righe e i ragazzi iniziarono a scemare fuori dalla stanza, ognuno diretto da qualche parte diversa; qualcuno si diresse al gazebo finalmente completato fuori dalla tenuta, altri andarono a passeggio nel parco e qualcun altro andò a rintanarsi nella serra o nel santuario della Squadra 13. Ma prima che tutti potessero andare via, Kya cercò di raggiungere Ryo e gli chiese di restare ancora per qualche minuto.
Senza dirsi niente, i due ragazzi rimasero a fissarsi attraverso il corridoio mentre il resto della squadra lasciava l'edificio e solo quando furono soli e furono sicuri di non essere visti o sentiti da nessuno, si avvicinarono e camminarono insieme verso l'uscita.
«Domani ci sarà una nuova battaglia…» Mormorò Kya facendo il primo passo in direzione del ponte che attraversava il lago artificiale costruito attorno all'edificio scolastico, un tempo centro di comando di Mistilteinn e collegamento con la città.
Ryo annuì in silenzio.
«Volevo chiederti scusa… Per tutti i guai causati.» Mormorò lei con sguardo basso.
«Quali guai?» Domandò Ryo, sapendo bene a cosa si riferisse la ragazza.
Kya sembrò in difficoltà. Si stava già pentendo di aver preso quella decisione e avrebbe voluto scappare da lì, ma non poteva continuare a scappare per sempre. «Tutti i guai che ho causato da quando è iniziata questa storia. So che siamo amici, ma avrei dovuto comportarmi in maniera più responsabile… Più normale.
«La verità, Ryo… E' che quando sono con te la mia testa smette di funzionare. Vorrei ci fosse un modo per farti conoscere i miei sentimenti così come sono, puri e senza alcun filtro che possa mettersi in mezzo. Io non voglio incatenarti, né strapparti via alle cose che ami fare senza di me, ma… Non capisco perché ho così tanto bisogno di starti accanto!» Era visibile quanta fatica facesse a trovare le parole giuste. Ryo avrebbe potuto fermarla e risparmiarle quella tortura, ma la lasciò continuare, perché sembrava che lei stessa volesse arrivare fino in fondo. «Io so che quando mi lascio prendere dall'emotività divento insopportabile e incontrollabile, ma seriamente voglio solo che tu sia felice… E voglio stare accanto a te anche se ciò significa non essere la tua migliore amica o la tua r-ragazza…»
Kya si portò le mani al petto e le unì saldamente, come se avesse paura di perdere la presa. «Smettiamola con questa faida inutile. Abbiamo già rischiato tantissimo e se non dovessimo più rivederci senza aver rimesso a posto le cose, mi odierei per sempre perché significherebbe che avrei rovinato la cosa più importante in tutta la mia vita!» Mentre parlava, gli occhi si inumidirono e improvvisamente le fu difficile riconoscere il volto del ragazzo in mezzo alle lacrime. «Io ti amo, ti amo veramente tanto! Però sono anche disposta a smettere di amarti, basta che tu non mi odii più! Non ce la faccio a vivere con questo peso sapendo che un giorno potrei svegliarmi senza di te nel mio mondo, o che io stessa potrei non esserci più e non vederti più e non poter invecchiare assieme a te e ai nostri amici… E voglio solo lavorare insieme a te per finire questa storia e non dover più avere paura.»
Kya rivolse gli occhi lucidi nella direzione di Ryo e pregò che le dicesse di sì, che andava bene e che non l'avrebbe odiata più, che sarebbero tornati a collaborare senza fingere di non conoscersi perché quella distanza era insopportabile e perché la paura di perdere l'un l'altra era troppo grande. Ma Ryo non aveva bisogno di dire quelle cose; con lo sguardo basso sorrise sereno e scosse la testa.
«Vieni qui.» Disse aprendo le braccia. In un primo momento Kya non capì, poi intese quell'invito come una trappola; ma Ryo non le avrebbe mai fatto una cosa tanto meschina e allora si avvicinò timidamente finché lui non le chiuse le braccia attorno alle spalle, stringendola caldamente.
«Ti conosco, Kya.» Sussurrò. «Avevo capito da tempo che mi volevi più bene di quanto se ne vuole a un semplice amico… Ma la cosa mi spaventava. Non sapevo cosa fare e avevo paura che il tuo affetto diventasse un'ossessione e per questo ho cercato di allontanarmi; volevo essere libero dall'ansia di essere l'unica cosa a renderti felice. Ho visto come il mio rifiuto ti ha fatta reagire, è stata una conferma terribile per me… Ma in questi mesi ho anche notato il tuo impegno a cambiare, a migliorarti e a saper crescere anche senza di me. Ora ho capito che vederti soffrire è ancora peggio che essere soffocato dalle tue attenzioni e non voglio più vivere una cosa del genere. Anche io ho paura di perderti per sempre, Kya… Ho paura di averti ferita nel profondo, di aver cambiato per sempre quel legame che avevamo e temo perciò di non meritare tutto l'affetto che sei pronta a darmi… Ma se sei sicura di volermi ancora bene, se pensi veramente che saresti di nuovo felice con me vicino a te, io non mi opporrò. Perché abbiamo tutti dei difetti e sono stato ingiusto ad allontanarti così…»
Kya provò a divincolarsi dall'abbraccio per guardare Ryo negli occhi e iniziò a ringraziarlo, ma lui la fermò subito per farla rallentare.
«Dovremo mettere dei paletti… Non voglio che si ritorni a come erano prima le cose.» Disse. «Dobbiamo essere migliori, tutto quello che hai imparato in questo periodo non può essere dimenticato!»
«Certo che no, Ryo… Grazie!» Continuava a ripetere la ragazza, forse troppo emozionata per capire realmente cosa le stesse dicendo lui. Non importava, Ryo sapeva che ci stesse mettendo tutta la buona volontà possibile, avrebbero trovato il loro equilibrio; ma dovevano farlo assieme, per l'appunto.
Ryo la guardò come si guardava qualcuno a cui si voleva tanto bene e di cui si era orgogliosi. La abbracciò ancora. «Mi dispiace tanto per tutto quello che hai dovuto affrontare… Non avrei dovuto lasciarti da sola.»
«Hai fatto la cosa giusta, credo…» Mormorò lei. «Se non avessi detto niente avremmo finito per perdere tutto quanto della nostra amicizia.» La ragazza esitò un attimo, incerta se confidargli quella cosa o no, e alla fine si convinse: «A essere sincera, ti ho odiato a un certo punto. Quando ti ho preso a pugni, io… Io non riuscivo ad accettare che potessi aver frainteso i tuoi sentimenti. Ero delusa per essermi illusa e ho sfogato tutto quanto su di te… E ho avuto tanta paura di quella che ero diventata in quel momento.»
Kya non lo lasciò notare a Ryo, ma stava piangendo a dirotto ormai. Non avrebbe voluto mai staccare la faccia dal collo del ragazzo per non mostrarsi in quello stato, ma sapeva che avrebbe dovuto farlo a un certo punto, quindi si costrinse a reagire e strofinandosi violentemente una manica sulle guance e sotto le palpebre, si allontanò da lui.
«Ora… Ora sono diversa, te lo dimostrerò!»
La ragazza iniziò ad andarsene dicendo che avrebbe fatto meglio a prepararsi alla battaglia o a studiare un po' e si sforzò di sorridere. «Sono davvero felice… Sono felice che tu sia ancora qui. Lo so di essere stata difficile con te, ma… Non ti pentirai di avermi dato un'altra opportunità!»
Ryo sorrise tranquillo, un po' sorpreso dalla fuga della ragazza, ma mentre Kya si allontanava le afferrò il polso all'ultimo momento. «Siamo in questa storia insieme, Kya.» Le disse serio, uno sguardo tanto intenso che lei poté solamente rispondervi annuendo.
Erano parole forti, che mettevano una certa pressione perché Kya sapeva che ora Ryo si aspettava di meglio da lei, ma le infondevano anche tanta fiducia.
Il giorno dopo, quella fiducia sarebbe stata messa alla prova.

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Capitolo 86
*** Beautiful World ***


La battaglia si sarebbe tenuta su un altopiano distante svariate decine di chilometri dalla città, ma vicino a piccoli agglomerati di case che avrebbero rischiato di venire spazzati via nel conflitto, per questo anche questa volta l'I.P.U. assistette i civili nelle evacuazioni e dispiegò una linea difensiva che proteggesse il centro abitato e contenesse l'eventuale fuga di VIRM che avrebbero tentato di raggiungere la popolazione. Dopo l'ultimo rischio preso dagli adulti, i Parasite stessi gli avevano intimato di stare alla larga dal campo di battaglia; non era stata la prima volta che venivano coinvolti nel trambusto e non sarebbe stata nemmeno l'ultima, quindi i ragazzi pregarono Hachi e Nana di assistere, quando possibile, da una zona più sicura.
Gli Stridiosauri si erano disposti in coppie lungo l'area dove sarebbero atterrati i VIRM, relativamente vicini gli uni agli altri; l'esercito aveva lasciato loro molto spazio libero, potevano correre quanto volevano per minuti interi senza trovare il minimo ostacolo. Tuttavia tra non molto l'area di sarebbe riempita di nemici e la mobilità sarebbe stata scarsa; tanto valeva godersi la vista della valle che si stagliava attorno a loro ancora per un po'.
«Credete che useranno l'invisibilità anche stavolta?» Domandò Kya, concentrata. Per la prima volta si ritrovava a fare calcoli in anticipo e cercare una strategia valida con cui affrontare i nemici. Kaoru dovette chiederle di rilassarsi perché tutti quei pensieri stavano offuscando anche la sua mente ed era inutile fare tanti programmi ancora prima di conoscere i loro avversari.
«E' un grosso vantaggio nei loro confronti, sarebbe stupido non farlo.» Rispose Yoshiki seccato, che ovviamente avrebbe preferito sbagliarsi.
«Sarà impossibile localizzarli finché non saranno arrivati a terra, quindi rimanete all'erta e pronti a scattare finché non saranno visibili!» Fu il commento di Suzuko, che più che un suggerimento sembrò proprio un ordine ai suoi compagni. Aveva ragione, i nemici avevano un grande vantaggio iniziale e se riuscivano ad annullarlo non facendosi prendere per un minuto, allora sarebbe stata una grande vittoria. Ma qualcuno protestò dicendo che restare in attesa di un qualcosa che non arrivava sarebbe stato deleterio e avrebbero rischiato di stancarsi prima ancora di avere la possibilità di combattere.
La discussione si dilungò su cosa fosse meglio fare se attendere nelle proprie posizioni o restare in movimento per evitare di farsi prendere alla sprovvista. Molti erano dalla parte di Suzuko, ma persone come Hoshi, Kaoru e anche Rin temevano che si trattasse di un dispendio di energie ingiustificato vista la situazione. Avrebbero potuto continuare a lungo se Naho non si fosse messa in mezzo, dicendo a tutti di stare zitti.
«Lo sentite anche voi?» Domandò girandosi a cercare la fonte del rumore che l'aveva attirata.
Era un rombo cupo e continuo, molto distante ma che continuava insistente e cresceva con il passare dei secondi. I ragazzi si misero in allerta iniziando a guardarsi intorno.
«Che cos'è?» Domandò Momo facendo qualche passo in tondo e stendendo il collo per cercare di localizzare qualunque cosa stesse producendo quel suono.
«Stanno arrivando!» Fu la reazione tempestiva di Suzuko, che iniziò ad agitare i tentacoli e a spingere a destra e a sinistra il corpo molle di Gaia. «State pronti!»
Ma furono in pochi a seguire il suo consiglio, troppo concentrati a cercare la fonte di quel rumore. A un tratto il terreno iniziò a tremare, ma non era possibile che i nemici fossero già sotto di loro; no, quel rumore, qualunque cosa fosse, arrivava dall'alto ed era così potente da far vibrare tutto ciò che stava sotto di loro.
Fu Aiko ad avvistarlo: urlò indicando con la coda un puntino nel cielo avvolto dalle fiamme, rapidamente in crescita; quando lo focalizzarono tutti quanti, non ebbero più alcun dubbio sull'origine di quel frastuono.
«E' insopportabile…» Commentò Kya infastidita. C'era una lunga colonna di fumo nero a rendere ben visibile il loro obiettivo, ma diversamente dalle volte precedenti non era una nave madre o uno sciame di unità nemiche: questa "navetta" era di dimensioni molto più ridotte e scendeva molto velocemente, diretta precisamente sulla coppia formata da Animus e Gaia.
«Rin, Suzuko! Spostatevi da lì!» Kya urlò appena si rese conto della direzione e la velocità del corpo alieno. I suoi compagni però rimasero un po' troppo indietro e dovettero scappare rovinosamente mentre quell'ammasso di fumo e fiamme si schiantava al suolo provocando una esplosione che travolse Gaia e lasciando un cratere sul proprio cammino.
«Che diavolo è? Una meteora?» Domandò la caposquadra prima di chiamare i suoi compagni per accertarsi delle loro condizioni. «Gaia, ci sentite? Che è successo?»
Ci volle un momento, il tempo per il fumo di diradarsi e forse anche per i piloti del gigante di riordinarsi dopo lo spavento; l'esplosione aveva avvolto il classe Gutenberg, che si era ribaltato e aveva perso gran parte del gas stipato nelle sue sacche. Quando Suzuko aprì le comunicazioni con il resto della squadra, la sua voce arrivò a stenti e sia a lei che a Tetsuya sfuggì qualche colpo di tosse mentre parlavano.
«Stiamo bene… Non era una meteora.» Disse la ragazza con aria tetra. «E' un VIRM. Uno solo.»
Al centro del cratere c'era un singolo nemico, poco più grosso di uno Stridiosauro di classe Mohorovičić, dalle fattezze quasi umane e una armatura a placche acuminate a coprirne il corpo agile. Portava un'arma con sé, una lancia grigia; la sua punta viola scintillava sotto i raggi del sole filtrati tra la polvere, come un metallo sconosciuto.
Erano già diretti al luogo dell'impatto, ma la preoccupazione di Kya e dei suoi compagni fu quella di controllare i dintorni. «Uno solo? E' possibile?»
«Ce l'ho davanti agli occhi, Nakamura!» Rispose Suzuko tesa. Le bruciature riportare l'avevano irritata, la caposquadra avrebbe fatto meglio a tenere per sé le sue domande inutili.
Kya però stava cercando di prevedere ogni evenienza. Ordinò ad Animus di raggiungere Gaia e fornirgli supporto mentre disse agli altri di restare all'erta e controllare l'area; qualunque cosa stesse per arrivare, doveva essere una grossa ondata e i VIRM avrebbero sicuramente cercato di approfittare della loro distrazione in quel frangente per colpire.
«Hachi?» Chiamò aprendo immediatamente un collegamento con il centro di comando. «I vostri strumenti non rilevano niente?»
La connessione era stabile, l'impatto non aveva danneggiato le comunicazioni questa volta; l'adulto rispose negativamente. «I sensori confermano ciò che ha detto Suzuko: c'è un solo nemico nell'area.»
«Ma non è possibile!» Iustitia si voltò di scatto a cercare qualcosa che non era lì. «Controllate di nuovo… Controllate il cielo! Devono essere nei paraggi, non…»
«Kya!» La voce di Ryo, nello Stridiosauro accanto al suo, agì come calmante. Xenomorphus la guardò dritto negli occhi e lui le disse: «Ricorda quello che ci siamo detti.»
I valori che avevano cominciato a vacillare, iniziarono a stabilizzarsi dopo quelle poche parole. Il respiro di Kya si fece più tranquillo e annuì.
«D'accordo. Scusa, hai ragione.» Disse. «Scusatemi tutti.»
Kaoru sorrise. Aveva un posto in prima fila per assistere ai pensieri e sentimenti di Kya, probabilmente per l'ultima volta, e vederla in quello stato lo rendeva felice… Era tesa sì, ma aveva ripreso subito il controllo; forse per la prima volta da quando pilotavano assieme non era angosciata da pensieri di morte e aveva voglia di reagire alla paura.
La caposquadra tornò a concentrarsi sull'obiettivo principale: c'era un solo nemico quindi tanto valeva concentrare le forze su di esso. Chiamò Suzuko e le chiese di descriverle la situazione mentre a gesti indicava agli altri di avvicinarsi.
La ragazza fu alquanto in difficoltà nel rispondere. «E'… Solo un nemico; ha un aspetto quasi umano e porta una corazza. Se ne sta fermo, non sembra intenzionato a muoversi. Non è di grosse dimensioni. Io… Non capisco cosa stia succedendo.»
Kya si fermò per un momento; sentire Suzuko tanto confusa non era un buon segno. Decise che non c'era tempo da perdere e attivò i retrorazzi per raggiungere i suoi amici più in fretta, quindi ordinò a Gaia di non prendersi rischi inutili mentre Animus gli avrebbe fornito fuoco di copertura.
Suzuko obbedì e nello stesso momento Animus puntò i fucili contro il centro del cratere. I fratelli spararono un paio di colpi di precisione, proiettili al plasma concentrati che avrebbero sciolto qualsiasi corazza; li seguirono con lo sguardo mentre sfrecciavano in aria e andavano a convergere sull'obiettivo. Fu a questo punto che il VIRM si mosse, impercettibilmente, ma visibile a tutti.
La lancia roteò in fretta nelle mani dell'essere, respingendo completamente i proiettili che non lasciarono alcun segno sulla sua corazza e finirono per esplodere a centinaia di metri di distanza sotto gli occhi esterrefatti dei piloti di Animus e Gaia.
Aki e Rin provarono di nuovo, questa volta i colpi furono numerosi a costo di finire il carburante; per quanto veloce, quel VIRM non avrebbe potuto respingere tutti quei proiettili assieme… Ma nonostante la raffica dei ragazzi, ancora una volta la lancia riuscì a respingere ogni proiettile con uno sforzo leggermente più grande del suo possessore.
«Maledetto…» Sul punto di perdere la pazienza, Rin attivò la modalità per i proiettili super concentrati e si preparò a sparare un fascio di plasma puro; con quella potenza avrebbe potuto sciogliere una montagna di titanio. «Vediamo come te la cavi con questo!»
La luce partì. I fucili di Animus riuscivano a malapena a contenere l'energia e le scintille e i residui di magma in eccesso colavano al suolo dalle loro canne; era uno sforzo estremo per la Pistil, che sarebbe stata pesantemente debilitata da quella mossa, ma anche un successo assicurato.
Il VIRM sembrò vedere il fascio di energia dirigersi verso di sé e invece di scansarsi, puntò la propria lancia davanti a sé e la conficcò nel plasma puro, tagliando di fatto il raggio che venne deviato in tante direzioni, disperdendosi nell'aria e nel suolo alle sue spalle.
Increduli, i fratelli provarono a cambiare direzione del raggio ma il VIRM continuò a pararlo con la propria arma e a quel punto senza più energie sufficienti per mandare avanti quell'attacco, Rin dovette arrendersi.
«Questo coso è strano!» Esclamò Aki prima di piegarsi in avanti per controllare la sorella, che improvvisamente si era accasciata su sé stessa in preda agli spasmi per cercare aria.
«Il nemico è più resistente di quanto pensassimo.» Disse Suzuko. Il pensiero di avvicinarsi la pervase e raggiunse anche Tetsuya, facendolo reagire automaticamente. Gaia si mosse frapponendosi tra Animus e l'alieno, preparando i tentacoli nonostante le sue sacche non si fossero ancora rigenerate completamente.
Di fronte a quella scena, Kya sentì una profonda paura farsi largo dentro di sé e corse ancora più veloce urlandogli di ritirarsi e aspettare che la squadra si riunisse.
Suzuko non ascoltò. I suoi tentacoli si abbatterono dalla media distanza sul VIRM solitario; come catene di acciaio sibilarono nell'aria pronti a perforare, stritolare e schiacciare qualunque cosa avesse tentato di sfuggirgli.
Aveva peccato di presunzione, ma lei per prima avrebbe dovuto sapere di non giudicare un nemico dalle dimensioni; questa volta la sua reazione fu più lenta, più facile da vedere e il VIRM si scansò un passo alla volta, schivando i colpi dei tentacoli e respingendoli quando poteva con attacchi decisi, tagliando i tentacoli e sbeccando le loro punte. Suzuko strillò per il dolore; era come se le venissero tagliate le falangi una alla volta, e invece di ritirare i tentacoli in difesa si lasciò prendere dalla rabbia e continuò nel suo attacco.
Per quanto abile, un unico VIRM sarebbe stato presto circondato ed era su questo che contava Suzuko; iniziò ad attaccare in ogni modo, chiudendo ogni via d'uscita e conficcando i tentacoli nel terreno. Era arrivata a formare una gabbia; una volta afferrati gli arti dell'alieno fu in grado di disarmarlo. Aveva creato una rete troppo intricata perché potesse sfuggirgli, pronta a stritolarlo al minimo segnale; per qualche motivo però, il VIRM non sembrava intenzionato ad andarsene e invece si mise a tirare con forza la lancia che Suzuko credeva di avere ormai ben salda nelle proprie mani. Fu come guardare un ragazzino tirare una palla legata a un palo: la corda si tendeva e ondeggiava, ma era inamovibile e il ragazzino continuava a tirare e arrotolarsi senza rendersene conto; ma a ignorare un dettaglio importante fu Suzuko, che non vide come il VIRM stesse passando il suo tentacolo in mezzo agli altri, tendendo sempre di più quel delicato sistema che lei aveva creato con tanta sicurezza; quando se ne accorse era già troppo tardi, ormai i tentacoli erano ancorati gli uni agli altri e continuavano a tendersi e sfregare tra di loro. Ancora un altro po' e avrebbero finito per spezzarsi…
Un urlo tuonò sull'altopiano mentre Iustitia e gli altri raggiungevano la coppia di Gaia e Animus. Il gigante gassoso si accasciò su sé stesso, le sue sacche improvvisamente troppo pesanti per essere rette dopo aver sostenuto quello sforzo lancinante. Kya guardò con orrore i tentacoli spezzati che si agitavano in aria come impazziti, alcuni completamente estirpati alla radice si schiantavano al suolo privi di vita, mentre lontano da lì, ancora indenne, l'alieno si liberava finalmente della gabbia di Suzuko e Tetsuya, ora afflosciatasi completamente.
«Come osi?» Ringhiò la caposquadra, che avrebbe voluto scagliarsi contro di esso e fargliela pagare. Ma non era il momento, quello non era un nemico comune.
Kaoru dovette impegnarsi per sovrastare la volontà di Kya e impedirle di partire in quarta contro il pericolo; avevano già due compagni che avevano esaurito le energie, non potevano permettersi altre mosse avventate. Invece cercò di concentrarsi su Gaia e chiese ai Parasite del gigante se fossero ancora in grado di muoversi; fu Tetsuya a rispondere.
«Abbiamo bisogno di un momento.» Furono le parole confuse e preoccupate del ragazzo, mentre in sottofondo alla chiamata i gemiti di dolore della sua partner raggiungevano le orecchie di tutti; sembrava un pianto incontrollabile. Un attimo dopo il collegamento si interruppe e lo Stridiosauro si disattivò.
Ci fu un momento di ansia tra i ragazzi, un profondo senso di disagio che non riuscivano a spiegare, ma che si tramutava chiaramente in un'unica certezza: avevano trovato qualcosa che non avevano messo in conto, un nemico tanto formidabile da riuscire a mettere in ginocchio due coppie della loro squadra senza alcuna difficoltà. Un'arma perfetta.
Dovevano elaborare una strategia e in fretta, bisognava prima di tutto proteggere i loro compagni finché non sarebbero stati in grado di spostarsi da soli e poi dovevano trovare un modo per sfondare le difese del nemico; un nemico solo, eppure tanto difficile da colpire. E adesso iniziava a muoversi.
Stava correndo verso di loro, uscito rapidamente dal cratere che aveva formato al suo atterraggio, sarebbe stato addosso a Gaia in pochissimo se non lo avessero intercettato.
«Xenomorphus, Anthurium! Venite con me, attacchiamo insieme e fermiamo quel coso!» Reagì prontamente la caposquadra, ma un po' troppo presa dall'ansia, senza pensare troppo. «Aros, tu rimani a difendere Gaia e Animus! Dobbiamo dargli il tempo di recuperare le forze!»
«Non essere impulsiva, Kya!» La raggiunse la voce di Rin dall'Animus. «Se vi avvicinate, siete morti!»
Kya ingoiò la risposta che stava per darle, costringendosi a mantenere il controllo sul campo di battaglia; quando poi la realizzazione si fece spazio nella sua mente, iniziò a ridere. E mentre rideva piano, iniziò a correre per intercettare l'avanzata del mostro.
Come se avessi scelta.
Se si fosse avvicinata sarebbe morta, se avesse lasciato che il nemico si avvicinasse, sarebbe morta, se fosse fuggita cercando di mettere spazio tra sé e il nemico per organizzare un contrattacco, sarebbero morti i suoi amici; l'unica cosa che poteva fare era andare avanti e dare il buon esempio.
Il buon esempio su come morire con dignità?
Era così tetra. Ma no, non sarebbe stato quello l'esempio che avrebbe dato.
Le lance si incrociarono e Iustitia sfruttò la leva che ne venne fuori per lanciarsi a terra e passare sotto le gambe dell'avversario, un avversario poco più grosso di lei ma che incuteva timore come se fosse decine di volte più grande. Uno scontro diretto non avrebbe funzionato e Kya non voleva essere la prima ad attaccare, non dopo quello che aveva visto; non appena si rialzò da terra, scartò di lato fingendo che avrebbe attaccato alle spalle, ma lanciò la propria arma liberandosene immediatamente grazie al nuovo comando installato dai tecnici, così che il cavo che la legava non si estendesse e lei non diventasse un facile bersaglio.
L'alieno schivò la lancia senza scomporsi, come era prevedibile che facesse, e tentò un assalto frontale a cui però Iustitia si sottrasse indietreggiando e continuò a farlo nel tentativo di portarlo lontano dal resto della squadra mentre Xenomorphus e Anthurium poco più distanti cercavano disperatamente di raggiungerli. Stavano danzando ad alta velocità; le risate di Kya si fecero più forti mentre gli occhi luminosi dell'alieno la braccavano, silenzioso e omicida, proprio come aveva immaginato che fosse la morte.
Colti dallo spavento, Kya e Kaoru inciamparono e Iustitia si ritrovò a terra, indifeso e sotto il tiro della lancia VIRM. L'alieno torreggiò su di loro per un secondo prima di sollevare la punta, ma quando l'abbassò qualcosa lo colpì alle spalle, facendogli perdere l'equilibrio e mancando il corpo dello Stridiosauro per un soffio. Iustitia, con una punta di audacia ritrovata, afferrò la lancia con il braccio e fece leva dando un calcio al nemico mentre questo veniva azzannato da Xenomorphus che gli aveva scagliato contro la stessa lancia di Iustitia, vedendosi strappare parte del copricapo che proteggeva la sua testa.
Kya urlò. Ora le risate si erano fermate, i respiri erano diventati brevi e impercettibili e sentire la propria voce così potente fu proprio ciò che le serviva per trovare la forza necessaria a spingere via il nemico e lanciarlo in aria, così che Anthurium potesse afferrarlo e trascinarlo con sé per centinaia di metri, schiacciandolo al suolo e strattonandolo con le proprie fauci.
«State bene?» Domandarono Ryo e Aiko all'unisono con ancora tra i denti un pezzo di corazza aliena. Kya e Kaoru erano storditi, le menti offuscate dalla paura e dall'adrenalina, assenti, con ancora la lancia del nemico tra le mani e semisdraiati al suolo.
Ancora una volta Aiko e Ryo urlarono per avvertirli di qualcosa, ma li sentirono a malapena nel trambusto: Anthurium si schiantò in mezzo a loro, sbattuto al suolo come se non pesasse nulla. Non molto lontano da lui, il VIRM si ricomponeva senza mostrare la minima fatica.
Il serpente gigante si rialzò con una piroetta e sembrò più arrabbiato che mai, quindi Naho chiamò Kya dicendole di tenere al sicuro la lancia del nemico; poi partì di nuovo con tutta la forza che aveva, cozzando con il corno contro il piccolo essere violetto e mandando una scarica elettrica mentre Yoshiki apriva la corazza per proteggere meglio la propria partner.
Le parole di Naho si ripeterono nella mente di Kya finché non si ricordò della sua di lancia: se ne era liberata per non esserne intralciata, ma senza era inerme. Si rimise in piedi aiutandosi con l'arma che aveva sottratto al VIRM, quindi iniziò a guardarsi intorno; doveva immaginare che l'alieno fosse in grado di respingere gli attacchi di tutti loro, quindi Anthurium non avrebbe resistito a lungo e prima che questo accadesse dovevano essere pronti a unirsi alla lotta.
Scorsero per un secondo i classe Gutenberg rimasti indietro, Gaia ancora disattivo e Aros che osservava con ansia lo scontro brutale che si apriva di fronte a sé, mentre il più piccolo e difficile da individuare Animus sembrava già capace di muoversi autonomamente. Gli occhi poi si posarono su qualcosa che luccicava nella polvere e Kaoru riconobbe la lancia di Iustitia che, dopo essere rimbalzata sulla testa del VIRM era finita poco distante da lì. Si fiondarono su di essa tenendo ancora stretta l'altra e proprio mentre la mano dello Stridiosauro si posava sull'asta, un'ombra coprì la loro visuale.
Guardando in alto, Kya riconobbe la sagoma umanoide del nemico, seguito da una grossa nuvola di polvere sollevata con il suo balzo e che aveva avvolto Anthurium alle sue spalle, apparentemente in difficoltà; stava puntando verso di loro, sarebbe stato letale se solo si fossero lasciati toccare, così come lo sarebbe stato se avessero lasciato andare una delle due lance anche solo per un millesimo di secondo.
Kya impugnò l'arma con fermezza e si scansò, mancando di pochissimo di venir calpestata con violenza; il nemico scattò come una molla un attimo dopo dell'atterraggio, cercando di afferrarli. Di nuovo una rincorsa mortale, una fuga disperata di Iustitia che si rese conto in fretta di quanto più veloce fosse il nemico; per difendersi iniziò a menare affondi con entrambe le lance, vedendosi respingere ogni attacco dal VIRM che non rallentò neanche un momento.
Kya e Kaoru incrociarono le lance e le abbassarono con forza nel tentativo di colpirlo; cercavano qualcosa che lo prendesse alla sprovvista, ma questo reagì prontamente ancora una volta e spiccò un salto sopra le loro teste. Iustitia smise di correre e cambiò direzione per non farsi prendere alle spalle, e appena il VIRM tornò a terra si rimise a inseguirli; questa volta però lo Stridiosauro contrattaccò puntandogli contro entrambe le lance e approfittando della spinta che si era appena dato per conficcargliele nel petto, pur sapendo che si sarebbero scontrati.
«Sì!» Esclamò la caposquadra. Il primo colpo, il primo passo verso la vittoria. Erano riusciti finalmente a coglierlo di sorpresa e da lì avrebbero potuto logorarlo fino al colpo di grazia… Ma per qualche motivo il VIRM non sembrò avvertire il danno e dopo una leggera esitazione continuò ad avanzare, spingendo le punte ancora più dentro al proprio petto.
Le lance entrarono ancora di più nel suo corpo mentre il liquido violetto schizzava via a fiotti e le sue ferite si allargavano sempre di più. Colto dall'orrore, Iustitia si ritrasse di scatto e strappò le due lance dal corpo del mostro, aprendo una fontana di liquido violetto che tinse la vegetazione sotto di sé. Il VIRM fu spinto indietro dal colpo e tentennò un istante mentre di fronte agli occhi allibiti dei piloti, le sue ferite si richiudevano tremando e pulsando come se fossero vive.
Iustitia rimase immobile, talmente disgustato che non si rese conto dei rapidi movimenti del nemico; per sua fortuna dal cielo piovve Anthurium, che travolse il VIRM e lo trascinò sotto terra.
Il serpente gigante afferrò l'alieno con le fauci e lo usò come scudo dai detriti mentre scavava la galleria a massima velocità; sarebbe tornato in superficie al momento giusto per darlo in pasto ai suoi compagni, ma prima che potesse iniziare a risalire il VIRM sollevò con grande fatica un braccio e, dopo averlo modellato in una forma affilata glielo conficcò violentemente nel muso, arrestando la corsa di Anthurium e liberandosi dalla sua stretta.
Quello gli salì sulla testa e iniziò a graffiare il dorso del gigante grigio con artigli che sembravano essere spuntati dal nulla, facendo contorcere lo Stridiosauro dal dolore. Yoshiki liberò una scarica alla massima potenza, un meccanismo di difesa diretto a tutte le direzioni atto a stordire, destabilizzare o uccidere qualsiasi nemico nelle vicinanze; il VIRM fu fulminato all'istante, ma riuscì a reagire prima di restare bloccato e fuggì lungo il tunnel.
«Tutto a posto?» Domandò il ragazzo riprendendo fiato. A Naho sanguinava il naso, visibilmente provata.
«Usciamo da qui!» Disse schietta, ignorando il dolore. Anche se lo avesse riconosciuto, che cosa avrebbero potuto farci? Yoshiki annuì rammaricato e mentre risalivano in superficie, chiamò il resto della squadra per avvertirli dell'arrivo del nemico.
In un attimo Kya chiamò gli altri compagni rimasti indietro per avere novità sulle loro condizioni; Animus era tornato operativo, lo sforzo del suo breve scontro con il VIRM non aveva completamente destabilizzato i piloti, ma Gaia aveva subito un trauma non indifferente e avrebbe avuto bisogno di più tempo.
«Posso combattere!» Fu però la risposta di Suzuko, che si era rimessa nella connessione in fretta e furia proprio al pensiero di essere messa da parte. Tetsuya cercò di dirle che non stava affatto bene in realtà, ma lei lo zittì bruscamente. «Sarei solo un peso, se non fossi in grado di muovermi. E se tornassimo indietro la squadra perderebbe un elemento importante, e in questa situazione non ce lo possiamo permettere!»
Senza dilungarsi troppo in discussioni, Kya rispose che se erano sicuri di potercela fare allora di raggiungerli immediatamente per tentare una strategia di squadra. Aveva riallacciato la propria lancia al cavo retrattile di Iustitia, così non avrebbe rischiato di perderla e avrebbe potuto concentrarsi a difendere l'altra; era di vitale importanza che il VIRM rimanesse disarmato.
Ovviamente gli altri non furono in grado di raggiungerli prima che il nemico venisse allo scoperto, ma Iustitia e Xenomorphus erano già pronti a quella evenienza: provarono subito a bersagliare l'alieno con la lancia di Iustitia non appena uscì dal suo buco, ma questo non ebbe alcun problema a schivare i loro attacchi; tentò di avventarsi su Iustitia sfruttando lo slancio delle sue schivate, ma l'altro Stridiosauro reagì prontamente in difesa della caposquadra: con un colpo pesante, Xenomorphus agitò la coda e spinse via l'alieno che si ritrovò a rotolare per un po' senza riuscire a fermarsi. Iustitia riavvolse il cavo dopo il suo primo assalto e si scagliò sul nemico trafiggendolo, ma ancora una volta non sembrò sentire il danno; le lance riuscivano a trapassare la sua corazza con relativa facilità, ma una volta estratte questa si richiudeva come se fosse di gomma. Doveva esserci qualcosa che gli sfuggiva, il fattore rigenerativo non poteva essere così potente da ignorare qualsiasi ferita; persino quello che avevano affrontato alla centrale elettrica non aveva una resistenza simile.
Mentre erano distratti a pensare, il VIRM agì in fretta togliendosi di dosso lo Stridiosauro della caposquadra e tentò di sovrastarlo, ma degli spari lo interruppero; Animus, il più rapido dei tre rimasti indietro, arrivava a tutta velocità sparando quasi senza neanche mirare. Erano semplicissimi colpi standard che non avrebbero scalfito la corazza del VIRM, ma abbastanza per distrarlo; accelerando, lo Stridiosauro motorizzato gli passò accanto schivando agilmente un pugno del nemico e gli si piazzò alle spalle con i fucili spianati.
Una breve scarica a intermittenza travolse l'alieno, che perse l'equilibrio e fini in ginocchio mentre Animus lo tormentava con proiettili a dispersione, ottimi a corto raggio. Lo Stridiosauro non si mosse e continuò a infierire sulla nuca dell'alieno che a ogni colpo finiva sempre più giù; la rabbia dei piloti era talmente esplosiva da inquietare anche Kya, che mai li aveva visti in quello stato.
«Mangia merda, bastardo!» Disse Rin ricaricando per passare a un altro tipo di proiettili. Animus si fece indietro quanto bastava perché il nemico non potesse saltargli addosso e gli scaricò addosso una violenta smitragliata, spingendolo al suolo e ricoprendolo di terra e polvere nel caos dell'attacco. «Non sei tanto forte adesso, eh?»
La scarica non durò molto, non abbastanza perché gli altri si ricomponessero e decidessero cosare fare; Kya e Kaoru erano rimasti scioccati dall'impeto di rabbia dei loro amici, era come se quello scontro fosse improvvisamente diventato una questione personale per loro. Tuttavia credere che i ragazzi di Animus avessero la situazione sotto controllo fu un grosso errore da parte della squadra, che non fu in grado di impedire il contrattacco del VIRM la seconda volta che Animus ricaricò i fucili.
«No!» Vedendo i suoi amici a terra, Kaoru scagliò la lancia di Iustitia con l'intento di allontanare il nemico da loro, ma questo la afferrò in volo senza neanche voltarsi; adesso aveva un'arma e i loro compagni sotto tiro, avevano fatto un errore colossale!
Animus stava per essere trafitto con la stessa lancia di Iustitia, quando Xenomorphus arrivò con una carica inarrestabile travolgendo l'alieno e spingendolo direttamente nelle zampe di Aros, appena giunto sul sito, che lo afferrò immobilizzandolo prima di calciarlo violentemente, allontanandolo dal gruppo per dare a tutti un attimo di respiro.
«Mi dispiace, Aki!» Continuava a dire Kaoru riavvolgendo la propria lancia; Kya lo sentì che era sul punto di scoppiare a piangere. Se fosse successo qualcosa ai fratelli Okagawa per causa sua, non se lo sarebbe mai perdonato.
Animus si era rimesso in piedi e ostentava sicurezza, ma i piloti avevano entrambi avvertito il gelido artiglio della morte, quando il VIRM gli aveva puntato contro la lancia.
«Non fa niente.» Disse fredda la Pistil. «Dobbiamo concentrarci, non possiamo lasciarci fregare così!»
«Avete ragione, ma il nemico è molto agguerrito.» Anthurium tornò in superficie e iniziò a roteare attorno ai compagni per creare una linea difensiva, sollevando uno strato di polvere che diminuì la visibilità. Anche Gaia ormai era rientrato; con un gran numero di tentacoli mancanti, ma ancora capace di muoversi. «Sembra capace di tirarsi fuori da qualsiasi situazione difficile.»
«E' quasi impossibile da colpire.» Aggiunse Kya. «E anche quando si riesce a prendere, ha quel maledetto fattore rigenerativo a renderlo praticamente invulnerabile!»
«Forse non sentono nemmeno dolore.» Commentò Tetsuya, che dopo aver assistito alla reazione della sua partner non avrebbe mai associato quelle stesse sensazioni a un essere così freddo.
«Ma deve avere un punto debole!» Esclamò Ryo irritato. Le discussioni furono interrotte da Hoshi, rimasto assieme a Momo a tenere d'occhio il nemico.
«Ehm, ragazzi? Non vorrei mettervi fretta, ma quel coso sta tornando!» Quelle parole misero in allerta tutti quanti; la sagoma minacciosa dell'essere si avvicinava, in controluce e in mezzo a quella tempesta di polvere solo i suoi occhi rilucenti di una luce violetta erano ben visibili.
«D'accordo, ci serve uno sforzo di gruppo!» Dichiarò la caposquadra. «Quel coso deve avere sicuramente un punto debole, un nucleo o qualcosa del genere che non può rigenerarsi se danneggiato! Quello della centrale funzionava allo stesso modo, una volta lanciato nell'energia magmatica ha smesso di rigenerarsi.»
Ci fu un attimo di esitazione quando Kya nominò la centrale della loro ultima missione, ma non c'era tempo per lasciarsi condizionare dai brutti ricordi; fu lei stessa ad andare avanti.
«Dobbiamo prendere quel coso e non dargli il tempo di reagire! Agiremo insieme, coordinandoci alla perfezione, senza sbagliare: inizieremo noi con un diversivo in modo da permettere a Xenomorphus di prenderlo di sorpresa e spingerlo lontano per darci il tempo di aggirarlo; cercate di colpirlo con il vostro veleno paralizzante, poi io e Kaoru lo prenderemo alle spalle e lo porteremo in aria per indirizzarlo dritto nei tentacoli di Suzu.
«Gaia, ho bisogno del lancio migliore che riusciate a fare! Mandatelo in direzione di Aros e Animus, e mentre Aki e Rin lo terranno a terra con la loro potenza di fuoco, Momo e Hoshi gli faranno piovere addosso l'inferno! La lava lo danneggerà sicuramente, ma potrebbe non bastare; dobbiamo continuare a colpirlo finché non smette di muoversi, quindi Anthurium lo friggerà per bene senza lasciargli il tempo di scappare, e poi…»
Aros chiamò di nuovo all'attenzione e lanciò una fiammata in direzione del VIRM che deviò la propria traiettoria e spiccò un salto per atterrare al centro del cerchio, sgominando gli Stridiosauri in un attimo; la sua attenzione però era tutta per Iustitia, ancora in possesso della sua arma e infatti iniziò una breve lotta di forza per cercare di strappargliela. Kya e Kaoru respinsero l'attacco aprendo le due lance di scatto, costringendo l'alieno a indietreggiare.
«D'accordo ragazzi, attacchiamo ora!» Decise la caposquadra rimanendo con gli occhi puntati contro il nemico.
«Ma non ci hai detto come intendi finirlo!» Protestò Aiko.
«Mi inventerò qualcosa!» Fu la risposta a denti stretti della ragazza, che scagliò la lancia del VIRM con tutta la forza che trovò contro il nemico. Quello la afferrò al volo come previsto, e per un attimo il suo sguardo la rimirò prima di posarsi sulla rivale, che aveva apparentemente lasciato andare un tale vantaggio senza pensarci. Una distrazione breve, ma preziosa.
Xenomorphus lo travolse come un treno con una testata e passò subito a bersagliarlo con la coda sperando che il veleno riuscisse a penetrarne la corazza. Il VIRM parò la maggior parte degli attacchi e si ritrovò a spingere nel tentativo di arrestare la corsa del quattro zampe; non si accorse di Iustitia stesso che gli scattò alle spalle e lo afferrò, attivando i retrorazzi alla massima potenza e trascinandolo in alto.
Sfruttando la propulsione come una fionda, lasciò andare il VIRM che fu lanciato ancora più lontano e mentre iniziava a cadere gli scagliò contro la propria lancia, che si aprì a grappolo prima che questo potesse intercettarne la traiettoria; il VIRM fu colto di sorpresa da quel cambio di rotta dell'arma e si ritrovò con numerosi ganci a chiudersi su di sé, lacerandogli le carni e intrappolandolo nel cavo di Iustitia, che iniziò a tirarlo più forte possibile verso il basso.
L'essere si schiantò al suolo e fu raccolto dai tentacoli di Gaia, che questa volta lo strinse saldamente senza dargli il tempo di contrattaccare e, di nuovo, si ritrovò a essere lanciato con forza lungo l'altopiano, sfondando cime di alberi e schiantandosi rovinosamente tra i massi dell'area.
Ancora prima che potesse rialzarsi, il VIRM fu bersagliato dai proiettili di Animus e non riuscì ad alzarsi; il suo corpo rovente e martoriato faceva fatica a tenere il passo con la rigenerazione, iniziava a intravedersi lo scheletro al di sotto della corazza. Prima che la scarica si esaurisse, un'ombra sorvolò su di lui e gli versò addosso una inarrestabile cascata di magma fuso, ustionando e sciogliendo i suoi tessuti: la lava di Aros, anche se estremamente efficace, non era minimamente calda e pura come l'energia magmatica che aveva ucciso il VIRM dell'altra volta e si solidificò in fretta, immobilizzando il nemico che rimase a muoversi a fatica, incapace di sfuggire a quella gabbia.
I ragazzi non abbassarono la guardia e proseguirono con il piano; la pietra lavica fu frantumata dall'impeto di Anthurium che attaccò dal sottosuolo. Il corpo del VIRM fu sbalzato in aria e il serpente meccanico lo trafisse con il proprio corno, fulminandolo senza trattenersi. Il serpente meccanico trascinò poi il VIRM lungo il campo di battaglia finché, con un salto, non lo liberò per mandarlo nuovamente a terra con un colpo di coda.
Sfinito, ormai ridotto a un corpo carbonizzato che a malapena si muoveva, il VIRM ebbe solo un istante prima che la morte piombasse su di lui; e questa si manifestò nelle sembianze di una dama di ferro armata di lancia e con gli occhi di fuoco.
«Adesso!» Urlò Kya, dando a Kaoru il via libera per attivare la modalità berserk. Fu come tirare una cordicella per avviare un motore; l'azione rimosse un metaforico sigillo e i sensi di Kya furono avvolti dalle fiamme, trasmettendole un tremito che riverberò sull'intero Stridiosauro durante la caduta libera.
L'urlo della ragazza fu udito da tutti, ma questa volta non fu un urlo disperato; bensì un ruggito travolgente che riuscì a dare la carica alla squadra, che assistette esterrefatta allo schianto di quella meteora artificiale che era Iustitia, il tutto in pochissimi istanti che sembrarono però durare un'eternità.
La lancia puntata alla testa, gli occhi intrecciati con quelli anonimi dell'alieno. Uno scatto di lame e poi l'impatto, che affossò ancora di più il corpo del nemico e scosse l'intera area. L'onda d'urto scosse l'intera zona dello scontro, le fronde degli alberi che erano stati risparmiati dal conflitto sollevarono un fragore simile ad applausi, come se volessero esprimere apprezzamento per quella esecuzione, poi tutto tacque.
Kya aveva davanti a sé la testa frantumata del VIRM; la lancia aveva trapassato il cranio e si era conficcata nel suolo. Gli ultimi spasmi di un corpo che non voleva arrendersi alla morte si fermarono sotto gli occhi della ragazza imbottita di adrenalina; la mano che reggeva la lancia allentò la presa fino a crollare, segno di un ultimo disperato tentativo del VIRM di difendersi. L'arma non cadde assieme all'arto però, saldamente conficcata nell'addome di Iustitia; aveva comunque avuto il gusto di non andarsene senza aver fatto danni…
Dapprima Kya non avvertì niente, se non una forte contrazione all'altezza dello stomaco e una mancanza di aria ai polmoni. La modalità berserk era rimasta attiva fino a che il non si erano assicurati di aver eliminato il nemico, poi Kaoru l'aveva disattivata quasi senza pensare per limitare i danni. Fu in quel momento che Kya non resse più e schizzò fuori dalla connessione, gettandosi a terra e vomitando senza sosta; sentiva le viscere rivoltarsi tra loro e un intenso, insopportabile calore avvolse il suo corpo.
Provò a sopprimere quel dolore stringendosi le mani sui fianchi, la bocca spalancata in un silenzioso grido di dolore; Kaoru scese subito dalla postazione di pilotaggio e le fu accanto per soccorrerla, ma poteva fare ben poco.
«Respira, Kya! Non ti ha colpita, è solo l'effetto della connessione!» Le diceva, ma Kya sentiva ancora chiaramente sulla propria pelle la lancia del VIRM, sentiva lo squarcio che le aveva aperto in pancia e le interiora sfuggirle come saponette tra le dita come in un terrificante sogno troppo vicino alla realtà; i muscoli contratti nel tentativo di spingere fuori il corpo estraneo mentre il sangue correva a fiumi bagnando le sue mani, coprendo la sua visione. Se non era reale, perché faceva così male?
Aprì gli occhi trovando l'immagine sfocata e affannata del proprio partner su di lei che cercava di aiutarla e le venne da piangere: era viva – stava soffrendo tantissimo, ma quello era il segno più evidente che fosse ancora viva!
Kaoru cercò di aiutarla a stendersi in modo da rilassare il corpo e mentre la aiutava a spostarsi, dei colpi sul portellone li fecero sobbalzare. Il ragazzo si voltò temendo altre sorprese e si preparò all'eventualità di una lotta, ma pochi istanti dopo le voci di Ryo e Aiko li raggiunsero da dietro il metallo.
«R-Ryo!» Gemette la caposquadra, incapace di muovere un muscolo, ma improvvisamente rincuorata.
Kaoru raggiunse il portellone e iniziò a fare forza per aprire mentre dall'altro lato i ragazzi tiravano. Ci volle un po', la cabina di pilotaggio era ermetica e l'apertura manuale delle porte era stata resa pesante di proposito, ma insieme riuscirono a sbloccarle e quando la luce del sole entrò nella cabina, gli occhi atterriti dei piloti di Xenomorphus gli si pararono davanti.
«Santo cielo, Kya!» Esclamò Ryo correndo verso di lei, inginocchiandosi al suo fianco mentre Aiko carica di tensione si abbandonava a un abbraccio al proprio darling.
La caposquadra boccheggiò e cercò il partner con lo sguardo, ancora confusa. Kaoru sciolse l'abbraccio di Aiko con riluttanza e insieme raggiunsero gli altri due. «Sta bene. Non è ferita, ma ha subito un forte shock…»
«Avreste dovuto dirci che avevate intenzione di attivare la modalità berserk!» Lo rimproverò Aiko.
«Sei stata folle!» Le fece eco Ryo, trattenendosi dallo stritolare la sua migliore amica con un abbraccio. Questa volta lui non riuscì a trattenere le lacrime, aveva cercato di resistere fino a quel momento, ma vedere Iustitia trafitto da quell'essere era stato terrificante.
«Folle… E' quello che bisogna essere, quando si salva il mondo…» Esalò Kya concedendosi un sorrisetto vittorioso. Non stava pensando alla battaglia o al VIRM in quel momento, era solo contenta che il suo Ryo la stesse guardando di nuovo in quel modo, che fosse lì per lei. «Ed è ciò che bisogna essere quando si è innamorati.»
Stava delirando, ma Ryo non riuscì a non sorridere. Tra le lacrime e le risate, la abbracciò forte ma con delicatezza, terrorizzato all'idea di farle male; era come un gigante che maneggiava una bambola di porcellana.
«Sei proprio pazza, Kya…» Sussurrò piangendo copiosamente, dando le spalle ad Aiko e Kaoru che assistevano felici al loro ricongiungimento.
Nonostante il dolore, quando Kya vide i suoi amici lì dietro contenti per lei, non poté fare a meno di rivolgere a Kaoru un occhiolino di complicità; e lui capì perfettamente cosa intendesse: missione compiuta.

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Capitolo 87
*** Un nuovo inizio ***


«Quindi ne sei sicuro?»
Ryo si girò e ghignò; era troppo facile stuzzicarla, ma doveva ammettere che fosse un po’ cattivo a sfruttare l’incertezza della sua amica. «E' la terza volta che me lo chiedi, sei sicura che non lo stai facendo solo per sentirmelo dire?»
Il sorrisetto che gli rivolse Kya fu qualcosa di impagabile, era da tempo che non la vedeva così leggera e spensierata. «Forse…» Rispose cercando di nascondere le labbra con una mano. Ryo scosse la testa fingendo esasperazione e sorrise, voltandosi completamente verso di lei.
Il gazebo costruito dai ragazzi era così pacifico, perfetto per fermarsi ad ammirare il tramonto dopo una lunga giornata. Kya era ancora dolorante, i dottori che l'avevano visitata le avevano applicato degli speciali cerotti che avrebbero fatto credere al suo organismo di star guarendo, in modo da liberarsi del dolore per via naturale; poteva passeggiare per il parco, se lo voleva, ma le era stato detto di non esagerare con gli sforzi e di evitare movimenti bruschi. A quel punto, ogni cellula del suo corpo urlava per potersi stendere su un letto, ma non si sarebbe persa quel momento per nulla al mondo.
«Kya, voglio tornare a essere il tuo partner. Completamente!» Disse il ragazzo posandole le mani sulle spalle. «E' tutto passato, quando ho visto Iustitia venire ferito all'ultimo istante ho avuto una paura tremenda: ho pensato a tutto quello che sarebbe potuto succedere e ho capito che non valeva la pena di vivere lontano da te, in un mondo senza di te, che volevo semplicemente starti accanto e completarti come tu completi me, e che volevo tornare indietro il più presto possibile. E non parlo solo dell'essere Parasite…»
Le guance di Ryo si colorarono un po'. Di solito così in controllo delle proprie emozioni, diventò improvvisamente timido, ed era proprio ciò che avrebbe voluto vedere Kya, sapendo che fosse per lei che stava arrossendo. «Io… Ho ancora molto da imparare e qualcosa potrebbe non venirmi con naturalezza, ma… Ho visto come si comportano gli altri e voglio prenderli ad esempio! Voglio essere migliore, perché finalmente ho capito quello che provavi per me… E adesso sento che è lo stesso per me. Però… Ho bisogno di tempo, devo imparare a fare le cose per bene e dovrò anche farmi perdonare tutto quello che ti ho fatto negli ultimi tempi…» Il suo sguardo vacillò e lui faticò a trovare le parole giuste. «Insomma, quello che voglio dire, Kya… E' che io ti voglio bene… Ti voglio bene e voglio fare tutto per bene, perché…»
Senza aggiungere niente, la ragazza gli bloccò le labbra con due dita e poi si sporse per lasciargli un tenero bacio sulla guancia, quasi impercettibile. Era sempre stata più alta di lui, quindi non ebbe problemi a raggiungerlo, e quando si ritirò gli sorrise con calma.
«Per ora mi basta questo.» Mormorò felice. «Non c'è bisogno di bruciare le tappe.»
Ryo deglutì vistosamente, sorpreso da come Kya sembrasse paga da ciò, e finì per diventare rosso come il tramonto che li stava accarezzando in quel momento. Gli occhi di lei brillavano d'oro e le sue labbra delicate non ricevevano il giusto trattamento da quella luce intensa che ne attenuava il colore, ma il vento tra i capelli che le scopriva il viso riusciva a rimediare aggiungendo un tono di mistero alla sua bellezza ferina. La sua cara amica di una vita era di nuovo accanto a lui e per la prima volta in tanto tempo ne era felicissimo.
Si guardarono ancora per un secondo, gli occhi pieni di dolcezza mentre pensavano a parole che non sarebbero mai riusciti a scambiarsi, troppo imbarazzati dalla loro profondità, poi una voce li chiamò non troppo distante da lì; i loro amici riuniti sul prato, tutti insieme e in attesa che loro li raggiungessero. Era stato Kaoru a chiamarli, sfoggiando una corona di fiori sulla testa su cui cresceva un cortissimo strato di capelli da qualche tempo, mentre Aiko ne intrecciava una simile al suo fianco.
«Arriviamo!» Rispose la ragazza sbracciandosi, quindi tese una mano a Ryo. Lui la osservò con esitazione, ma poi reagì con sicurezza: intrecciò le dita alle sue e con un sorriso accompagnò Kya giù dal gazebo. Da una finestra di Mistilteinn, un paio di occhiali da sole rotti e aggiustati con del nastro adesivo osservavano beatamente quella scena.
Adesso i due Jian volavano di nuovo assieme.
 
*
 
I parametri erano stabili, i due Stridiosauri pronti all'attivazione. Era passato molto tempo dall'ultima volta che i Parasite originali avevano pilotato assieme, per questo Hachi e Nana avevano allestito quell'esercitazione mirata a far tornare la sintonia tra le due coppie. Nella sala c'era molta più tensione che prima di una battaglia, come se non potessero permettersi di sbagliare: i tecnici avevano dovuto lavorare molto per adattare i valori delle Pistil a quelli dei loro nuovi partner in tutto quel tempo e adesso che erano tornati insieme bisognava rimettere tutto in ordine sperando che non si fossero assuefatti troppo alle differenze in gioco.
Nonostante la calma apparente, Kya era estatica. Non riusciva a credere che fosse finalmente arrivato quel momento! E come lei, anche Aiko non stava più nella pelle. Finalmente le due ragazze stavano tornando a essere una cosa sola con i ragazzi che amavano, avrebbero potuto mettere a nudo tutte le loro emozioni e sentire nuovamente i loro pensieri, una sensazione tanto intima quanto assuefacente.
Si stavano ancora dando le ultime raccomandazioni, Ryo non voleva che si verificasse di nuovo qualcosa come quello che era successo la prima volta che erano saliti su Iustitia e nonostante l'emozione Kya giurò che sarebbe stata perfettamente sotto controllo.
Come al solito, le comunicazioni con la sala di controllo furono interrotte per lasciare ai piloti la solitudine necessaria a concentrarsi e organizzarsi. Per due minuti ininterrotti, prima di prendere posto, Kya rimase a fissare Ryo respirando lentamente e tradendo molto evidentemente una emozione più che esplosiva; i battiti correvano, gli occhi facevano di tutto per non soffermarsi su di lui, ogni cellula del suo corpo fremeva desiderosa di saltargli addosso e abbracciarlo, dichiarando tutto il suo amore per lui. No, lei era migliore di così! Aveva imparato a controllarsi, ma allora perché quell'istinto ora era più forte che mai?
Ryo la vide iniziare a respirare in maniera irregolare, le palpebre che sbattevano veloci sulle sclere acquose e le mani tremanti, con quelle dita che chiudendosi con forza nei palmi a malapena controllavano l'energia travolgente che aveva pervaso il suo corpo, conficcando le unghie nei palmi sudati.
«Hai bisogno di aiuto?»
«Ho solo bisogno di un attimo.» Rispose automatica lei. «Ho bisogno di un… Sto solo cercando di calmarmi.»
«Kya, lo abbiamo fatto decine di volte…»
«Lo so, lo so! E' solo che… E' passato tanto tempo e ho paura… Paura di rovinare tutto di nuovo!»
Si mise le mani alla fronte e voltandosi iniziò a respirare più forte, cercando disperatamente di riprendere il controllo. Ryo scosse la testa e si avvicinò di nuovo, abbandonando completamente il sedile che aveva solo sfiorato fino a quel momento.
«Kya, guardami per favore.» Le disse avvicinandosi. La ragazza si era accucciata per terra e si rifiutò di alzarsi, così fu lui che dovette abbassarsi al suo livello. Le prese il volto tra le mani e sorrise sereno. «Sai cosa è successo? Tra di noi, intendo.»
Lei gli rivolse uno sguardo smarrito, pieno di interrogativi; poteva anche essere finalmente di nuovo felice, ma ciò non significava che tutti i dubbi da cui fosse tormentata se ne fossero andati.
«Non siamo tornati indietro. Le cose non sono "tornate a com'erano prima." Siamo andati oltre, siamo cambiati tutti e due!» Disse il ragazzo senza mai spezzare il contatto visivo. «Il motivo per cui ho deciso che volevo tornare con te, sai qual è stato? E' stato che ho capito che tutto quanto, tutto quello che ti rendeva te in realtà mi è sempre piaciuto. Perché soffro molto di più a vedere uno spirito libero come te chiuso in una gabbia che ad avere dei fastidi quando sto con te; perché sono cambiato, e so che anche tu lo sei e per questo non potresti mai deludermi! Non puoi rovinare niente, Kya, perché l'unico modo per rovinare tutto sarebbe non stando accanto a me!»
L'ansia di Kya non passò, ma si affievolì sostituita in fretta da un leggero imbarazzo e alla sorpresa di sentire tali parole proprio dal suo migliore amico. Aveva sognato tanto di sentirsele dire, ma in un altro contesto; adesso riusciva solo a sentire i battiti del suo cuore e il fischio nelle sue orecchie.
Lo abbracciò senza pensare. Gli chiese di stringerla forte e lui capì che si era calmata un poco, quanto bastava per tornare a riempire i polmoni come si doveva e pensare con lucidità.
«Dimmi che ce la posso fare!» Ansimò lasciando andare l'abbraccio e prendendo il viso di Ryo così come lui aveva fatto con lei prima. «Dimmi che posso pilotare di nuovo assieme a te!»
«Certo che puoi, Kya!» Rispose prontamente lui, un po' incredulo di quella richiesta. «E' quello per cui sei nata!»
Kya annuì rapidamente e guardò oltre Ryo, come se avesse finalmente capito qualcosa che le era sfuggito per tutto quel tempo. «Hai ragione…» Mormorò. «Sono nata per questo!»
«E' la cosa che fai meglio.» Continuò lui. «Dopo rubare alcolici, ovvio.»
A Kya sfuggì da ridere senza che se ne accorgesse e anche lui rise a quel punto. Era riuscito a tranquillizzarla un po'; non avrebbe mai voluto vederla in quello stato e comprendeva di essere stato il motivo di quella sua discesa verso l'insicurezza, ma era pronto a farsi carico delle proprie responsabilità e restarle accanto per tutto il tempo necessario e anche oltre. Perché ora sapeva finalmente cosa voleva.
Si alzarono da terra e tenendosi per mano si diressero alla postazione di pilotaggio. Ryo si sedette al sedile di dietro come di consueto mentre Kya si sistemò nella cuccetta davanti; il casco sulle spalle si alzò e lo schermo iniziò ad accendersi mostrando i valori dei piloti ancora sullo zero.
«Scusate per avervi fatto attendere.» Disse Ryo aprendo una comunicazione con gli adulti. «Siamo pronti.»
Dalla sala di controllo arrivarono delle rispose piene di comprensione di Hachi e Nana, poi quando tutto fu pronto i tecnici gli diedero le solite indicazioni assieme a un conto alla rovescia.
«Entrambi gli Stridiosauri, liberi di partire.»
Ryo svuotò la mente e dopo un profondo respiro si immerse in quella che era la coscienza di Kya, la mente di Iustitia e il suo spirito; avvertiva ancora il nervosismo di lei, assieme alla sua impazienza e forse per questo furono un po' bruschi. Pensò che avrebbero sistemato tutto agendo con pazienza e Kya concordò; comunicavano senza neanche pensare, fluttuando in un mondo creato solo per loro, liberi di esplorarlo a proprio piacimento. Avrebbero potuto perdercisi per sempre ed essere felici insieme, tanto era bello. Erano una cosa sola.
I parametri, dopo un piccolo sbalzo all'inizio dell'operazione, ora salivano stabili. Un tecnico osservava le colonne dei valori alzarsi gradualmente, ma a un certo punto rilevò qualcosa di strano nei suoi dati: apparentemente dal nulla, un valore all'interno della connessione di Xenomorphus era salito esponenzialmente; subito dopo se ne aggiunse un altro, poi un altro e un altro ancora. Stessa cosa successe a Iustitia e in breve tempo gli schermi della sala furono una miriade di luci a intermittenza che avvertivano del pericolo.
«Che sta succedendo?» Domandò Nana avvicinandosi a un tecnico.
«I valori sono fuori controllo senza alcun motivo… Non ha senso!»
«Che diavolo significa che non ha senso? Deve esserci un motivo!»
All'interno della connessione una strana entità iniziò a prendere forma; Ryo la avvertì con tutti i suoi sensi, come se stesse apparendo proprio di fronte a lui, ma era un segnale troppo debole e confuso perché riuscisse a comprenderlo.
Sei davvero tu?
Parole che non erano sue gli si formarono nella mente, poi una scossa lo travolse tirandolo fuori in un attimo.
Lui e Kya vennero colpiti da convulsioni senza sapere cosa le avesse generate. Le luci attorno a loro erano troppo forti, come se qualcuno gli stesse puntando dei fari in faccia, lampeggiavano di un rosso fastidioso che faceva girare la testa. Delle scritte a caratteri cubitali torreggiavano su di loro ruotando lungo le pareti della cabina: CONTAMINAZIONE.
Senza la forza di alzare la testa o muovere un dito, lo sguardo gli cadde su Kya di fronte a lui, riversa sulla propria postazione e girata verso di lui, gli occhi spaventati a supplicarlo.
«Non sono stata io…» Mormorò prima che entrambi perdessero i sensi e gli allarmi diventarono una sirena distante.

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Capitolo 88
*** Insieme ***


Le analisi non avevano rilevato nulla di strano, i ragazzi erano in perfetta salute e gli unici ad avere avuto degli effetti collaterali al malfunzionamento durante la connessione erano stati gli Stridiosauri, ora nelle mani dei loro tecnici che ci avrebbero lavorato per un bel po' probabilmente. Dopo aver fugato le possibilità di danni ai ragazzi, pur non avendo capito cosa avesse causato la crisi, a Kya e i suoi amici fu permesso di lasciare la saletta dove erano stati portati e ancora con le tute da Parasite indosso si ritrovarono di fronte l'intera squadra e i due coordinatori ad attenderli di fuori.
«Allora?» Domandò impaziente Rin mentre Momo correva ad abbracciare Kya, visibilmente spaventata dopo aver sentito la notizia.
«Non so, ci hanno detto che non c'è niente fuori posto.» Rispose perplessa la caposquadra guardando altrove. Sembrava aver già dimenticato lo spavento provato. Fu Ryo a spiegarsi meglio.
«Non sono stati in grado di individuare la causa dell'incidente, ma ci hanno detto che noi stiamo bene. L'unico valore fuori dalla norma sarebbe la quantità di globuli gialli nel nostro sistema, ma da quanto ho capito non si tratta di niente per cui allarmarsi…» Si girò verso gli adulti per chiedere conferma di ciò e Hachi annuì.
«Sì, una sovrapproduzione di globuli gialli in quanto Parasite è normale, vi basterà continuare a prendere i farmaci soppressori che vi abbiamo fornito sin dall'inizio per non avere alcun problema.»
Kaoru si fece avanti, curioso: «Non capisco però: che cosa succederebbe se dovessimo smettere di prendere questi farmaci? Io non mi sono mai sentito diversamente, da quando abbiamo iniziato a pilotare…»
Fu Nana a rispondere nel dettaglio, ma con freddi termini alla domanda. «Nell'immediato, niente. Tuttavia questi farmaci non esistevano quando i Parasite pilotavano i FranXX, mille anni fa; dopo un po' di tempo e la continua esposizione all'energia magmatica, i vostri corpi inizierebbero ad invecchiare molto rapidamente, l'organismo si indebolirebbe e… Bé, la vostra aspettativa di vita si abbasserebbe significativamente.»
Erano parole difficili da digerire, ma era un discorso che avevano già affrontato anche se in maniera meno approfondita; era diverso parlarne ora che erano dentro a quella storia così a fondo, pensare che potessero esserci ancora questi rischi dopo tutto quel tempo metteva un po' a disagio. Hachi, per una volta la voce lenitiva dei due, ci tenne a fare una precisazione: «Non dovrete preoccuparvi di effetti a lungo termine: con i nostri farmaci, una volta finito di pilotare gli Stridiosauri i livelli di globuli gialli si stabilizzeranno di nuovo e non correrete più alcun rischio.»
Gli adulti videro chiaramente i sospiri di sollievo appena trattenuti dei ragazzi e Nana si sentì un po' in colpa per avergli messo tutta quella ansia addosso. In ogni caso, la situazione non gli dava alcun indizio su cosa fosse successo durante il test e il fatto che Kya e gli altri stessero bene rendeva il tutto ancora più strano.
«Tornando a voi, vedremo di preparare gli Stridiosauri per un secondo test, ma per il momento sarà meglio che vi riposiate e restiate in attesa.»
«Quanto in attesa?» Domandò Kya impaziente, chiaramente preoccupata all'idea di restare in panchina.
«Non sappiamo. Dovremo capirci di più, prima di prendere altri rischi.»
«Ma è assurdo!» Sbottò a quel punto la caposquadra, subito rimproverata da alcuni suoi compagni.
«Comprendo la tua preoccupazione, ma non possiamo trattarvi come cavie da laboratorio se non sappiamo prima qual è il problema.» Rispose Nana cercando di essere comprensiva. Ma Kya prese la sua comprensione e decise di ignorarla totalmente.
«Il problema è che siamo stati separati per tanto tempo! Come dovremmo risolverlo se ci separate ancora più a lungo?» A quel punto Momo provò a intervenire per far ragionare la sua amica. Comprendeva la sua urgenza, considerato che avesse aspettato tanto quel momento, ma volle ricordarle che non ci fosse alcuna emergenza al momento.
«Kya, si tratta solo di qualche giorno per capire cosa non va. Che cosa cambia aspettare ancora un po'?»
«Cambia una marea di cose! Se me lo avessero detto prima non avrei fatto una piega, ma adesso ci sono salita e ne sono rimasta scottata.» Si lamentò quella. «Sai cosa dicono ai fantini dopo una caduta da cavallo? Di tornare in sella il più presto possibile!»
Momo la fissò sbigottita e borbottò: «Mi… Sorprende che tu lo sappia.»
Ignorando quel commento, Kya si liberò dalla sua presa e andò verso i due adulti rivolgendogli uno sguardo di sfida. «Significa che il modo migliore per risolvere questo problema sarà affrontarlo a muso duro, a meno che non vogliate altre conseguenze più gravi.»
Hachi stava per ribattere che non vedeva come fosse possibile avere conseguenze peggiori di una ricaduta, ma fu interrotto dall'alzata di mano di Aiko in mezzo al gruppo e così lasciò a lei la parola.
«Io sto dalla parte di Kya…» Mormorò timidamente, rendendosi conto di avere gli occhi di tutti addosso. «Non voglio rischiare che quella sensazione sgradevole sostituisca ciò che ricordo della connessione con Kaoru… Quindi se gli altri sono d'accordo, io voto per riprovare subito.»
Tra una Kya vittoriosa e gli adulti sotto evidente stress per la scelta, si lasciò la parola ai due Stamen, la cui opinione era importante tanto quanto quella delle ragazze. E Ryo e Kaoru dopo essersi guardati per un po', concordarono a loro volta con le proprie partner.
«E' meglio occuparsene il prima possibile. Abbiamo affrontato tante situazioni difficili, non vedo come questo potrebbe essere peggio.» Disse Ryo con tono rassicurante, e a quel punto gli occhi di Kya luccicarono nel vedere che tutti i compagni coinvolti erano d'accordo con lei.
Di fronte a quella dimostrazione di coesione, Hachi e Nana trovarono difficile negargli un secondo tentativo, anche se furono tentati dal far valere la propria autorità e mandarli a riposare senza altre obiezioni; con il cuore pesante accettarono di ripetere il test immediatamente e i quattro Parasite con ancora indosso le tute si diressero agli hangar mentre gli adulti e il resto della squadra li seguivano apprensivi.
Quando i quattro furono sulla passerella che li avrebbe portati ognuno ai propri mezzi, poterono finalmente conversare tra di loro mostrando dubbi e preoccupazioni; perché davanti agli altri bisognava far sapere di essere sicuri di quello che si faceva, ma arrivati a quel punto un po' di ansia aveva cominciato a farsi largo tra di loro.
«Secondo voi che cosa lo ha causato?» Domandò Aiko. Kya rispose senza nemmeno voltarsi, ansiosa di raggiungere Iustitia.
«Probabilmente solo un po' di ansia mista al cambio di partner. Avremmo dovuto procedere per gradi, invece che aprire la connessione così di fretta. Tuttavia noi quattro abbiamo una intesa perfetta e ora è ancora più forte dopo aver scambiato partner e conosciuto ogni cosa di noi, abbiamo messo alla prova i nostri legami e questo ci aiuterà sicuramente in questa prova!» La ragazza era sicura di quello che diceva, stava sorridendo on serenità.
«E se invece non fosse solo quello e succedesse di nuovo qualcosa?» Mormorò preoccupata Aiko. «Se non potessimo più pilotare con i nostri partner?»
Di fronte a quell'eventualità, Kya si fermò e fece dietrofront andando a prendere le mani della ragazza.
«Ascoltami un po', Aiko: tu vuoi pilotare assieme a Kaoru?» Le chiese guardandola dritto negli occhi con un'espressione quasi di disappunto.
«Certo che sì!» Esclamò quella immediatamente. Kya non voleva sentire altro.
«E allora fidati di me, credici con tutto il cuore e non fissarti su altro! E' esattamente questo che dicevo prima.»
Aiko fu sorpresa dall'energia mostrata dalla caposquadra, quella era forse la prima volta che erano così vicine e in una situazione tanto accesa per giunta, e vedendo quel sorriso sicuro di sé finalmente capì qualcosa di più di quella ragazza: Nakamura le era grata per essersi presa cura del suo Ryo e adesso stava cercando di ricambiare il favore.
Con ritrovata sicurezza, annuì vigorosamente e rispose alla stretta di Kya.
«Andiamo a riprenderci i nostri darling!» Esclamò quindi Kya, sapendo di essere riuscita a dissipare ogni sua paura. E Aiko non poté non essere più d'accordo.
Fu divertente vedere la reazione leggermente imbarazzata dei ragazzi alle ultime parole, Kya e Aiko continuarono a stuzzicarli finché non furono dentro alle cabine di pilotaggio; a quel punto l'atmosfera si era rilassata. Non c'era più la tensione di prima e tutto quello che i piloti si dovevano dire era stato già detto; semplicemente si diressero alle proprie postazioni mentre Hachi negli altoparlanti gli diceva di prendersi tutto il tempo necessario e avvisarli quando sarebbero stati pronti. Ma loro erano già pronti.
Quando avviarono la connessione, i quattro adolescenti non riuscirono a trattenere l'emozione e la condivisero con i propri partner; ci erano riusciti, erano finalmente uniti dopo tanto tempo e stavano pilotando.
Non successe niente: per mezz'ora di test gli Stridiosauri funzionarono alla perfezione. I comandi erano ancora un po' grezzi per i piloti, che dovevano abituarsi nuovamente alla connessione con un'altra persona, ma entrambe le coppie furono subito in grado di raggiungere dei livelli di compatibilità attorno all'ottanta percento sin da subito. Sorpresi dalla totale assenza di complicazioni, una volta finiti i test pratici, i tecnici iniziarono a fare domande ai ragazzi per ottenere un po' di opinioni e restringere il campo di indagine sull'incidente di prima.
«E' stato tutto come al solito, mi sono concentrato per svuotare la mente e accogliere la coscienza della mia partner. Sapevo che Aiko è un po' più "gentile" di Kya, per questo avrei dovuto ascoltare con più attenzione i suoi segnali, ma è andato tutto liscio fino alla fine… Poi una volta stabilizzatici è successa quella cosa.»
Kaoru fu fulminato da Kya, seduta a poca distanza da lui: «Che cosa vorrebbe dire "più gentile"?»
«Ehm… Mettiamola così… Tu sei più "rumorosa" ed è più facile avvertire la tua coscienza.» Si giustificò imbarazzato, trovando una reazione compiaciuta della ragazza e delle risate nei due compagni vicino.
«Forse dovrei cominciare a farmi sentire di più…» Commentò poi la partner con fare sereno, facendo attenzione a farsi sentire dal suo ragazzo che arrossì.
Il ghigno compiaciuto di Aiko che già pensava a come stuzzicare il proprio fidanzato, le risate di Ryo e Kya, le battute di Kaoru; i ragazzi non erano minimamente preoccupati dalla situazione. Anche se erano di fronte a un mistero, per loro niente era irrisolvibile.
«Un attimo prima di perdere la connessione, credo di aver avvertito un'altra presenza.» Aveva continuato Ryo, cercando di raccogliere più informazioni possibile sull'incidente.
«Che tipo di presenza?» Domandò la dottoressa che stava segnando ogni informazione su una lavagna portatile. Ryo però aveva solo ricordi confusi; a essere del tutto onesto, pensava di essersi immaginato tutto, ma non voleva semplicemente ignorarlo.
«Non so cosa fosse… Era come se stessi avendo una visione, anzi una allucinazione. E più provavo a concentrarmi, più mi era difficile percepirla…»
«Ehi, anche io ho sentito qualcosa.» Commentò Kaoru distrattamente. «E' successo anche a te? Sembrava come se ci fosse un'altra persona nella connessione.»
«Un'altra persona…?»
«Forse l'ho sentito anche io… Ma cosa significa?» Si aggiunse anche Aiko a quel gruppetto, che come Kya ricordava a malapena l'evento. Per quanto fossero tutti confusi, i ragazzi lo ricordavano tutti allo stesso modo e perciò non poteva trattarsi di una coincidenza.
«Come si collega tutto questo a due Stridiosauri separati?» Sussurrò la dottoressa al collega che era con lei. Con una stretta di spalle, l'altro si sporse verso i ragazzi e chiese se fossero sicuri di non ricordare nient'altro.
Ryo scosse la testa. «E' tutto… E' durato solo un attimo, anche se mi è sembrato durare molto di più… Un istante dopo ero nella cabina con Kya e l'allarme continuava a ripetere "contaminazione" o qualcosa del genere…»
I due esperti annuirono pensierosi e continuarono a scrivere nelle proprie lavagne, ma qualche istante dopo alzarono la testa con le sopracciglia inarcate e lo fissarono straniti.
«Come hai detto scusa?»
«L'allarme, era assordante…» Borbottò lui, confuso.
«E che cosa c'era scritto?»
Ancora più confuso, Ryo rispose di nuovo: «Contaminazione?»
I due iniziarono a scorrere tra i propri appunti rimuginando velocemente come se stessero cercando di mettere insieme i pezzi e per un po' ignorarono i ragazzi.
«Ehm… E' grave?» Domandò Kaoru sporgendosi dalla sedia, un po' preoccupato da quella reazione.
«Non è grave, è… Impossibile.» Disse la donna alzando finalmente lo sguardo, stralunata. «I messaggi di emergenza all'interno degli Stridiosauri sono scritti in una lingua sconosciuta. Non dovreste essere in grado di leggerli!»
Ci fu un momento di smarrimento tra i ragazzi, con imbarazzo incrociarono gli sguardi tra di loro e non volò una parola; di sicuro dovevano essersi sbagliati, eppure tutti e quattro ricordavano chiaramente di aver letto quelle parole.
«Non avete… Aggiornato le impostazioni, o qualcosa del genere?» Borbottò Kaoru, incredulo. Sapevano da tempo che quei messaggi avrebbero dovuto essere in una lingua sconosciuta perché non c'era stato il tempo per studiarla e i tecnici non erano riusciti a decifrarla, ma con il tempo avevano semplicemente smesso di farci caso, tanto che se i due esperti non glielo avessero fatto presente non ci avrebbero pensato per niente.
Senza alcuna idea di cosa pensare, i tecnici dissero che avrebbero dovuto studiare meglio la cosa, ma che per ora non avevano altre domande e che visto che i ragazzi non avevano riscontrato alcun tipo di trauma, erano liberi di andare. Senza dire niente, increduli di ciò che era appena successo, i quattro adolescenti lasciarono la stanza e tornarono alla tenuta mentre i tecnici contattavano immediatamente i loro coordinatori.
Mezz'ora dopo Hachi e Nana tornavano alla propria residenza a Mistilteinn discutendo animatamente, entrambi incapaci di spiegarsi come fosse potuta succedere una cosa.
«Non siamo stati abbastanza attenti, ma non è detto che si tratti di qualcosa di negativo.» Provò a dire Hachi, ma neanche lui credeva appieno a quelle parole.
«E' successo chiaramente qualcosa, qualcosa di innaturale! Non possiamo ignorarlo!» Rispose Nana ad alta voce. «Dobbiamo saperne di più! E se i ragazzi stessero vivendo una mutazione genetica? Come lo spiegheremmo alle loro famiglie?»
«Ora l'importante è che stiano tutti bene. Faremo delle nuove analisi e studi più approfonditi, quindi non c'è bisogno di perdere la calma adesso.» Le parole di lui cercavano di calmarla, ma era anche ciò che pensava; non potevano prendere una decisione adesso con le poche informazioni che avevano tra le mani. «Perché non vai a darti una rinfrescata ora? Più tardi ne parliamo a mente fredda e sarà tutto più chiaro…»
Ancora dubbiosa, Nana lo baciò e andò nel bagno per fare una doccia. Il rumore dell'acqua corrente arrivò da dietro la porta chiusa e per Hachi quello fu il segnale per poter andare a fare altro, ma quando salì al piano di sopra e passò di fronte alla porta del proprio studio, una luce sulla scrivania lo attirò.
Era il suo comunicatore. Non attendeva chiamate, eppure la luce segnalava chiaramente un tentativo di connettersi con lui, ma da chi?
Dopo aver gettato un'occhiata al piano di sotto, dove Nana era ancora intenta a farsi la doccia, Hachi entrò chiudendosi la porta alle spalle e raggiunse a passi svelti la scrivania per controllare. Come poteva immaginare, erano loro.
Il fascio di luce violetta si accese velocemente e passò un solo secondo prima che la voce del Padre lo salutasse con il solito accento di scherno. Aveva ben poco da gongolare, in realtà.
«I tuoi ragazzi si stanno rivelando dei guerrieri ben più abili di quanto immaginassimo.» Fece la voce. Ad Hachi faceva ancora una strana impressione come quell'essere stesse semplicemente parlando attraverso il suo apparecchio, quando sul campo di battaglia i VIRM erano in grado di entrare nelle teste dei ragazzi per cercare di destabilizzarli; odiava quella sensazione. «Assicurati di far loro i complimenti da parte mia.»
Si stava prendendo gioco di lui. Hachi rispose aggressivo: «Non hanno bisogno dei tuoi complimenti, sanno già di poterti fare a pezzi senza alcun problema!»
«Quel tono nasconde insicurezza, vecchio mio.» Lo rimbeccò l'alieno. «Un condottiero che ha appena vinto una battaglia importante non dovrebbe reagire così…»
«E' perché parlare con te mi disgusta a tal punto, viscido verme!» Ancora una reazione spropositata da parte di Hachi, che aveva tutte le ragioni per odiare il Padre ma sembrava semplicemente volerlo aggredire senza un motivo reale in quel momento.
«Se ti disgusto tanto, perché continui a rispondere alle mie chiamate?» A quella domanda, Hachi non rispose. Il Padre sembrò scrutarlo a lungo, come se volesse conservare l'immagine dell'espressione smarrita di Hachi. «Come immaginavo, tu ti diverti in queste nostre chiacchierate.»
Distogliendo lo sguardo, ferito nell'orgoglio, Hachi rispose a denti stretti: «Che cosa vuoi da me?»
Il VIRM sembrò divertito da quella domanda e rimase in silenzio per qualche istante a gustarsi il suono del trionfo. «Devo avere un motivo in particolare per voler contattare un vecchio amico?»
«Noi non abbiamo niente da dirci, è già iniziata la guerra e vi scacceremo ancora e ancora finché non avrete capito che non potete vincere!»
«Certo… Come tutte le volte che ne siete usciti vivi per miracolo… Quando ne siete usciti vivi, s'intende. Prendi ad esempio la battaglia di qualche settimana fa…»
Quelle parole in quel momento erano la cosa più fastidiosa che Hachi avrebbe potuto sentire. Dovette fare appello a tutto il proprio autocontrollo per non distruggere il comunicatore e rovesciare la scrivania su cui si trovava, ma avrebbe tanto voluto scaricarsi in qualche modo.
«Voi avrete anche vinto, ma avete perso una pedina importante; poco per volta, tutti i vostri soldati stanno cadendo e alla fine non saranno abbastanza per fermarci. E' un gioco lungo, vecchio mio… E saremo noi a vincere alla fine.» Era fastidioso e sicuro di sé, Hachi non ce la fece a restare zitto.
«Non ti permetto di parlare così dei miei ragazzi! Non osare chiamarli pedine!»
«E come dovrei chiamare dei bambini che mandi a morire per tenerti al sicuro?» Fu la risposta canzonatoria dell'essere, che zittì Hachi solo per qualche istante, giusto quanto bastava perché il Padre cambiasse argomento. «Ci sono quei ragazzini nella vostra squadra… Il loro mezzo ha un che di familiare. Anche la voce di lei… Le somiglia tremendamente, non trovi?»
«Che cosa staresti cercando di dire?» All'inizio Hachi non capì a cosa si riferisse, ma alla fine decise di smettere di provare a comprendere i suoi vaneggiamenti, non voleva che parlasse dei suoi pupilli in quel modo e facesse allusioni… Qualunque esse fossero.
«Sto solo dicendo che voi umani vi somigliate tutti…» Scherzò il Padre. «Soprattutto quando siete disperati. Ho sentito le sue urla quando abbiamo ucciso quei piloti; sono le stesse di quella ragazza. L'ho riconosciuta.»
Hachi rimase in silenzio, lo sguardo fisso e sdegnoso.
«Allora è vero? Sono tornati anche loro?» Continuò l'alieno. «E' così romantico… Già, romantico… A voi piacevano queste cose. Sarà ancora più romantico quando avremo l'opportunità di ucciderli una seconda volta!»
«ORA BASTA!» Fu l'urlo rabbioso di Hachi, che scattò verso la scrivania e piantò i palmi nel legno. Completamente rivolto verso il comunicatore, fu come un gigante che si accaniva su un topolino, ma la paura era tutta per lui.
«Voi mostri avete deciso di rovinarci la vita, siete venuti a distruggere tutto ciò che abbiamo costruito in anni di lavoro… Abbiamo accettato la vostra sfida e vi abbiamo respinto, ancora e ancora! Ma non accetterò queste parole nei confronti dei miei ragazzi, le stesse persone che hanno dimostrato quanto il tuo esercito sia incompetente!»
Un pugno batté sulla scrivania e la luce del comunicatore sfarfallò un poco. Ritrovarsi a urlare a uno sfondo vuoto era frustrante, non vedere il suo interlocutore lo faceva sentire più vulnerabile di quanto avrebbe dovuto.
Hachi e il Padre rimasero in silenzio a lungo, fissandosi metaforicamente senza che nessuno dei due mollasse la presa. Visto che il silenzio continuava, l'uomo pensò di aver messo in chiaro le cose e iniziò a rilassarsi; un respiro profondo, i muscoli delle braccia si rilassarono e poi fece un passo indietro, finalmente dando le spalle a quel dannato comunicatore. Fu allora che arrivò ancora la voce dell'alieno.
«Tieni veramente tanto a quei ragazzi. Sarà perché non hai potuto salvarli la prima volta?»
Un affronto, non avrebbe saputo descriverlo in nessun altro modo. Questa volta sarebbe diventato violento e avrebbe finito per rompere quella diavoleria, ma prima che potesse effettivamente reagire a quelle parole, il suo sguardo fu attirato dalla sagoma di Nana comparsa sulla porta con in viso un'espressione smarrita.
La sua consorte era ancora in accappatoio con una asciugamano pressata sui capelli umidi; aveva aperto la porta distrattamente dopo averlo sentito urlare, pensava che avesse chiamato lei. Ma trovare il marito a discutere con una entità aliena e che avrebbe dovuto essere il loro più giurato nemico sapeva tanto di tradimento.
«Che stai facendo…?» Mormorò lasciando andare la maniglia della porta, confusa come non mai di fronte a quella scena.
Hachi non riuscì a dire nulla, la voce non gli uscì. Improvvisamente sentì le labbra incollarsi e la lingua gli si annodò tanto che qualunque parola provasse a pronunciare, sarebbe risultata un rantolo impercettibile. Si vergognava incredibilmente di quella cosa.
Ad accoglierla ci pensò il Padre, che come sempre non perdeva l'occasione di prendersi gioco degli umani: «Ed ecco arrivare la figlia ribelle! E' da tanto tempo che non ci vediamo, mia cara…»
«Di chi è quella voce?» Domandò con gli occhi sbarrati. Non voleva credere che l'essere che li aveva schiavizzati mille anni prima fosse in quella stanza, anche solo virtualmente. Purtroppo però aveva già capito tutto.
«Non riconosci più tuo Padre?» Domandò il VIRM, che si esibì in una risata; una meccanica e grottesca imitazione di una risata. «Non dirmi che il tuo caro Hachi non ti ha tenuta al corrente delle nostre chiacchierate, in effetti cominciavo a chiedermi perché non ci fossi mai anche tu…»
Hachi mosse le labbra come se stesse cercando di dire qualcosa; in cuor suo stava tentando di chiedere perdono, ma le parole gli morirono in gola. Senza alcun preavviso, Nana fece uno scatto verso la scrivania dove era poggiato il suo comunicatore e lo afferrò in una mano, scaraventandolo a terra con tutta la forza che trovò.
«Ah, questa sì che è energia!» Commentò compiaciuto l'essere mentre la sua voce veniva tagliata dalle interferenze dell’apparecchio danneggiato. «Sei sempre stata più decisa di lui, più incontrollabile… Tu e quelle tue emozioni da cui non hai voluto separarti.»
Un grido precedette la fine delle comunicazioni, decisa dal piede di Nana che piombò inesorabile sul comunicatore distruggendolo. I circuiti fatti a pezzi si sparsero per il pavimento della stanza e l'unico suono che raggiunse le orecchie di Hachi per un po' fu il respiro di lei, che cercava disperatamente di darsi un controllo; poi passi, tonfi pesanti diretti verso di lui, e Nana lo afferrò dalla giacca, bagnandogliela con le sue mani ancora umide.
«Mi vuoi spiegare a che razza di gioco stai giocando?» Gli gridò in faccia, mentre lui ancora le rivolgeva quell'espressione sconvolta. «Che diavolo vi stavate dicendo?»
Hachi non sembrò riuscire a vederla per un po', le sue labbra si mossero senza dire nulla; poi sbatté le palpebre rapidamente finché la sua espressione non cambiò e da spaventato divenne mortificato. «M-mi dispiace…» Mormorò sentendo il corpo farsi improvvisamente debole.
«Rispondi alla mia domanda!» Disse lei lasciandolo andare.
Hachi alzò una mano e si sistemò il colletto, improvvisamente accaldato. Esitò ancora qualche secondo prima di dire: «Il Padre… Mi ha contattato per primo.»
«Da quanto tempo vi parlavate?»
Lo sguardo di lui vacillò, profondamente in imbarazzo questa volta al pensiero di dovere ammettere tutto quello. «Dalla prima battaglia…» Mormorò con voce tremante. «Inizialmente pensavo che volessero parlamentare. Se gli avessimo mostrato ciò di cui eravamo capaci forse avrebbero acconsentito a lasciarci in pace… Ma lui voleva solo prendersi gioco di noi…»
«Sta cercando di manipolarti, Hachi!» Reagì immediatamente lei, incredula che fosse stato così vulnerabile. «Perché hai continuato a rispondere alle sue comunicazioni?»
Hachi scosse la testa. «Non lo so… Non sapevo cosa volesse e ho pensato che avrei potuto ottenere informazioni importanti dandogli corda… Ma poi non sono più riuscito a smettere di ascoltare…»
Nana si avvicinò di nuovo e gli mise le mani sulle spalle, stringendo con forza come se avesse paura che le sfuggisse. Trattenne il respiro, poi lo abbracciò e abbandonò la testa a una sua spalla mentre Hachi rispondeva a quel contatto e la stringeva a sua volta, molto in difficoltà al solo pensiero di averla delusa.
«Nana… Mi dispiace…» Mormorò mentre l’acqua che colava dal suo corpo gli trasmetteva un brivido. «Ho messo in pericolo tutti e mi sono lasciato avvelenare dalle parole di quel verme. Non so cosa mi sia preso, ero così… Rapito.»
«Hai paura.» Disse lei con calma. «Avevi paura che non ce la facessimo e hai tentato di contrattaccare. Ho sentito quello che hai detto prima che entrassi… Stavi difendendo l'onore dei ragazzi.»
Il pensiero che Nana potesse aver sentito ciò che aveva detto prima, assistendo alla sua perdita di compostezza, lo mise in imbarazzo. Tuttavia fu grato di sentire quelle parole.
«Io… Forse avevo tante, troppe cose da dire.» Mormorò. «Tanto odio represso nei confronti del Padre. E l'idea di potermi sfogare così mi ha trascinato…»
«Non farlo mai più.» Sussurrò lei. «Noi non ci abbassiamo a parlare con loro.»
«Ti chiedo scusa.»
La stanza rimase in silenzio a lungo, al centro le due figure intrecciate degli immortali. Hachi era felice che Nana fosse entrata nella sua stanza in quel momento, lo aveva salvato; lei stava pensando che avrebbe dovuto stargli più vicino, controllarlo e assicurarsi che comunicasse sempre con lei per sapere cosa avesse nella testa… Ma per ora l'unica cosa che sentì da lui furono due parole appena sussurrate, tanto difficili da pronunciare per un tipo come Hachi.
«Ti amo.»
Parole che bastarono a farle alzare lo sguardo per cercare un tenero bacio, un segno che dopo tutti quegli anni, anche grazie a quei giovani amori che stavano sbocciando attorno a loro, il loro legame fosse più saldo che mai, e avrebbero superato anche quello scoglio.

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Capitolo 89
*** Spiegazioni ***


Tetsuya sapeva di dovere delle spiegazioni a Yuri, aveva aspettato un po' di tempo perché l'idea di affrontarla direttamente lo innervosiva e pensare che Yoshiki potesse venire a sapere che l’avrebbe incontrata di nuovo lo spaventata a morte. Ma non poteva lasciarla all'oscuro per così tanto tempo, cosa sarebbe successo se avesse scoperto tutto da sola? Anche lei era sua amica e avrebbe odiato perderla così!
Così, anche se tremendamente riluttante e terrorizzato dalle implicazioni ed effetti collaterali, decise che si sarebbe fatto coraggio e nella prossima uscita in città sarebbe andato dritto da lei a parlare. Tetsuya scoprì così che fosse estremamente facile allontanarsi dal gruppo se mostrava la giusta sicurezza e usava le parole adatte; i suoi amici erano sempre dispiaciuti di vederlo separarsi con così tanta impazienza, ma lo lasciarono andare. Solo Yoshiki rimase a fissarlo con sospetto, sapendo già dove fosse diretto. Ma Tetsuya non aveva tempo per preoccuparsi della sua avversione verso la gente della comunità, sperava solo che lo avrebbe compreso prima o poi.
Da quando aveva scoperto che la comunità del signor Nomu era una delle case dei "Figli," quel posto era diventato un po' più tetro per lui e dopo la sua ultima visita gli sembrava quasi di non appartenervi più; continuava a ripetersi che non fosse cambiato niente, eppure gli sguardi che riceveva ora gli sembravano più sospettosi quando passava accanto alla gente della comunità, e improvvisamente era diventato curioso di sapere cosa si dicessero tutti quanti quando si riunivano in quei gruppetti così anonimi; tremava al pensiero che qualcun altro avesse potuto assistere al litigio con Yuri nella piazza frontale traendo conclusioni affrettate, e fu in quel momento che Tetsuya ebbe una realizzazione agghiacciante.
Aveva detto a Yuri che le avrebbe spiegato tutto, ma se le nel frattempo avesse raccontato l'accaduto a Nomu o a qualcun altro? E se gli altri avessero deciso che lui non era più il benvenuto nella comunità dopo aver portato gente ostile tra loro, disturbando la quiete del luogo? Tetsuya era arrivato di fronte alla porta, ma proprio sul momento di posare la mano sulla maniglia per spingere si era impietrito a quel pensiero; se non fosse stato più parte della comunità, aveva rischiato di rovinare il proprio rapporto con Yoshiki e il resto della squadra per nulla e Yuri avrebbe potuto non volerlo neanche ricevere.
Sentì il sudore formarsi attorno alle tempie e iniziare a bagnargli il colletto della giacca; era una giornata calda, ma non così calda! Tutto quello era dovuto unicamente alla sua ansia, la paura di essere cacciato come un traditore, perché in fondo Tetsuya era questo: si era infiltrato tra i Figli senza essere totalmente onesto e adesso aveva rischiato di intaccare l'integrità di quel posto. Ogni singolo istante passato nella comunità rischiava di provocare danni irreparabili a sé, alla fede di quelle persone e alla reputazione di chi gli stava intorno. E nonostante tutto, dopo essere sceso a patti con quelle paure, decise che avrebbe preferito essere cacciato a male parole piuttosto che sparire per sempre senza mai avere la possibilità di spiegarsi. Così la sua mano si strinse nuovamente attorno alla maniglia e spinse, entrando nell'ampio atrio buio, attraversando quasi di corsa il corridoio leggermente affollato fino alla porticina sul retro, dove sperò di trovare una faccia amica.
Tetsuya si lasciò alle spalle i mormorii della gente raccolta per conversare, pregare e meditare; eccoli quei commenti appena sussurrati che non riusciva a percepire, accompagnati da quegli sguardi che lo congelavano e sembravano penetrargli nella mente come coltelli affilati, quelle reazioni che non riusciva a decifrare pienamente alimentando la sua paranoia, reazioni sospette a un comportamento a sua volta sospetto del ragazzo che se non altro poteva contare sulla propria reputazione da timido per sembrare un po’ più naturale. Quando fu finalmente in un luogo più appartato, il suo aspetto provato di cui nemmeno lui si era ancora reso conto fu finalmente notato dal gestore, il signor Nomu, che lo salutò un po' perplesso.
«Che succede? Sembra che tu abbia visto un fantasma.» Commentò mezzo ironico, alzandosi dalla scrivania e raggiungendolo per un saluto caloroso come era solito fare; finalmente un po’ di onesto contatto umano.
«Yuri… Yuri è qui?» Ansimò il ragazzo con gli occhi fissi, come se neanche vedesse l'uomo di fronte a sé.
«E' nel dormitorio, nella sua stanza. Non ha lavori da fare oggi e ha detto che avrebbe riposato un po'. E’ diventata un po' pigra ultimamente, quella ragazza…» Il signor Nomu si perse nel suo confabulare, distratto come sempre. «Non pensavo vi doveste vedere.»
Sorpreso da quel commento, Tetsuya scosse la testa. «Nossignore! E' soltanto che… E' da un po' che non la vedevo e passando da queste parti, ho pensato di venire a salutarla.» Si disse che sarebbe stato meglio non svelare troppo a Nomu prima di aver parlato direttamente con la ragazza; sembrava che Yuri avesse tenuto il segreto per sé, e questo avrebbe giocato a suo favore.
Nomu sembrò soddisfatto della risposta e diede una forte pacca sulla spalla di Tetsuya, che quasi non la avvertì neanche grazie al fisico allenato. «Mi fa piacere che voi due stiate andando tanto d'accordo! Allora vai pure a salutarla, magari riesci a farla smuovere un po'.»
Il signor Nomu concluse quella frase con una strizzata d'occhio a Tetsuya, che non intese pienamente il messaggio, ma si avviò comunque in gran fretta verso l'uscita. Per l'emozione che lo stava facendo andare fuori di sé neanche pensò al fatto che si stesse dirigendo verso la stanza di una ragazza in circostanze decisamente sospette.
Nella sua camera, Yuri era stravaccata sul letto con indosso solo una magliettona larga con sopra disegnato un cuore sbiadito e un paio di pantaloncini da spiaggia. Seguiva la televisione distrattamente e con lo sguardo andava a controllare con un po' di noia le pagine di una rivista che aveva già riletto tre volte. La sua concentrazione finì nella spazzatura quando, alla porta, un paio di colpi sordi batterono nervosamente facendola sussultare.
Gli occhi girarono verso l'entrata, un po' seccata. Aveva detto che non aveva voglia di uscire, ma forse Nomu aveva creduto che si sentisse male? Non voleva che qualcuno venisse a portarle cibo o medicine per controllare che stesse bene, ma le sembrava brutto ignorare completamente la porta. Non fece neanche in tempo a decidere sul da farsi, che i colpi ricominciarono accompagnati però questa volta da una voce, l'ultima che si sarebbe aspettata di sentire.
«Yu… Sono Tetsuya. Possiamo parlare solo un attimo?»
La ragazza cadde giù dal bordo del letto, un attimo prima tesa verso fuori a cercare di captare qualsiasi suono provenisse da dietro la porta. Si rialzò di corsa tentando di sistemarsi in fretta e furia, rendendosi conto troppo tardi di essere impresentabile e di avere ben poche alternative se non fare finta di non essere in casa, cosa che avrebbe voluto evitare anche a costo della propria reputazione con Tetsuya. Sospirò esasperata e raggiunse l’ingresso.
La porta si aprì velocemente, quasi come se qualunque cosa fosse dietro di essa stesse cercando di scardinarla, e Tetsuya si ritrovò davanti una Yuri stravolta e apparentemente in pigiama che lo fissò con occhi sgranati.
«Ehi.» Mormorò confusa.
«Ciao…» Ansimò a sua volta lui, dando una rapida occhiata all'interno della stanza. Perché lo fece? Si sentì molto invadente e anche lei dovette pensarlo perché cercò di sporgersi un po' di più dalla porta per mettersi in mezzo alla sua linea visiva.
«Che ci fai qui?» Domandò con voce tremolante.
«Ah, forse non avrei dovuto… Sarebbe stato meglio farmi annunciare, ma…»
«No, no, va bene! Sono solo sorpresa…»
I due ragazzi andarono avanti per qualche secondo parlandosi sopra e cercando di scusarsi ognuno per motivi diversi, finché Yuri non interruppe Tetsuya bruscamente e gli chiese per cosa fosse venuto.
A quel punto il ragazzo trattenne il respiro un secondo e la fissò come costernato. «Volevo chiederti scusa per l'altra volta… E dirti come stanno le cose.»
Yuri abbassò lo sguardo pensierosa per qualche istante, poi indietreggiò e facendosi da parte gli fece segno di entrare.
Tetsuya entrò nella camera guardandosi intorno incuriosito mentre lei raggiungeva il televisore per spegnerlo. Gli disse di sedersi e si scusò per il disordine, che però non disturbò minimamente Tetsuya; Yuri prese posto sul proprio letto mentre Tetsuya stava dall'altro lato della stanza, adagiato sulla sedia accanto al mobile che teneva la televisione e sembrò farsi più piccola, imbarazzata dallo stato in cui si era fatta trovare.
«E'… Un posto accogliente.» Mormorò il ragazzo sorridendo. Gli adesivi a forma di stelline sull'armadio aggiungevano colore a una stanza altrimenti molto essenziale, con pochi mobili e una finestra sola che si affacciava sul cortile nel retro della comunità; la stanza stessa era molto piccola e la presenza del letto a castello la rendeva ancora più angusta, letto che però era sfatto.
«Oh, non ti preoccupare, non ho una compagna di stanza. Non ci sono molti altri ragazzi e ragazze qui, abbiamo abbastanza spazio…» Lo rassicurò Yuri vedendo che Tetsuya si era fermato a fissare il letto in alto, ma poi il suo sguardo calò su quello dove lei era seduta e vide le lenzuola spiegazzate e disordinate, come se qualcuno avesse passato la giornata a rotolarcisi sopra, e il cuscino rivolto verso la parete e spinto a metà del materasso; forse era nell'interesse di Yuri non avere compagni di stanza, per potersi beare del proprio caos senza timore.
«Allora… Da dove comincio?» Mormorò grattandosi la testa. Si rese conto di non essersi preparato un discorso; aveva passato tutto il tempo a preoccuparsi della possibile reazione della ragazza e ora il suo silenzio rendeva il tutto solamente imbarazzante. Yuri strinse le spalle e lo guardò come se volesse dirgli che era stata una sua idea venire lì.
«Dimmi solo quello che ti senti di dire.» Borbottò alla fine.
E Tetsuya voleva dirle tutto. Così si fece coraggio e dopo aver preso un lungo respiro, partì dalla prima cosa che avrebbe fatto meglio a togliere di mezzo.
«Mi dispiace per come sono andate le cose l'altra volta, con il mio amico…» Yuri annuì, mostrando di ricordare molto bene quello spiacevole incontro. La vide portarsi un ginocchio al petto, un po' per nascondere i propri abiti disordinati e la scollatura della maglietta e un po' per avere qualcosa da fare con le mani, altrimenti troppo ansiose di muoversi. «Lui è… E' una brava persona, ma un po' difficile. E anche un po' presuntuoso a volte…»
Lei rise sommessamente, mostrando di non essersela legata al dito. «Mi ha colta alla sprovvista, non mi andava di farmi urlare in faccia in quel modo…»
«No, hai perfettamente ragione!» La assecondò Tetsuya. «E' solo un po'… Prevenuto.»
«In generale, o…?»
Tetsuya si schiarì la voce e gli venne da ridere, non sapendo proprio come rispondere. Ricordava quanto il suo amico avesse stuzzicato e fatto penare il loro compagno di stanza, prima che Kondō potesse smettere di considerarlo la sua nemesi, ma sapeva che normalmente Yoshiki non era così con qualcuno che aveva appena incontrato; l'eccessiva aggressività mostrata con Yuri era dovuta alla comunità.
«Lui non… Condivide le idee di questo posto.» Disse alla fine. «Quando ha scoperto che era qui che venivo, è stato difficile farlo calmare.»
Anche questa volta, Yuri sembrò aspettarsi quelle parole. Lo sguardo di rassegnazione che vide sul suo volto fece capire improvvisamente a Tetsuya quanto veramente fosse abituata a quelle cose.
«E' una cosa comune. Sai quante volte sono stata trattata con poco riguardo perché appartengo a questa comunità?» Disse lei evitando il suo sguardo. «Una volta era sopportabile, ma negli ultimi tempi la cosa è diventata più difficile…»
«Dici sul serio?» Domandò allibito lui, sentendosi fuori dal mondo; divenne rosso in viso e si sentì di troppo lì dentro. «Non ne avevo idea…»
«Ti ci abitui.» Tagliò corto lei. «Non li biasimo: anche io quando conobbi Nomu pensavo che le sue storie fossero solo scemenze… Lo penso anche ora, più o meno…»
«Tuttavia, l'astio del mio amico è dovuto anche a un'altra cosa… Hai presente l'I.P.U?» Continuò il ragazzo sapendo che ora arrivava la parte difficile del suo discorso e desideroso di chiuderla il prima possibile.
«L'Istituto per il Progresso dell'Umanità? Certo! Chi non li conosce?»
«Ecco, io e lui… Noi due siamo strettamente legati all'I.P.U.» Borbottò a testa bassa. «Inizialmente non sapevamo che cosa fosse questo posto; quando lo abbiamo scoperto, lui non l'ha presa proprio bene…»
Yuri ascoltò quelle parole senza obiettare, sembrò capire tutto senza problemi anche se si mostrò un po' perplessa. «Capisco. Insomma, siete i figli di qualche pezzo grosso o azionista che li sostiene? Francamente, direi che è più facile essere legati all'I.P.U. che non esserlo, visto come abbiano a che fare con tutto nel nostro mondo. E questo è abbastanza per renderci tanto diversi?»
«N-no! Non è una questione di rango sociale… Bé, forse un po' per lui, ma non credo che sia questo il caso.» Tetsuya volle cercare di spiegarsi meglio possibile, ma continuava a balbettare e a cambiare argomento. Alla fine Yuri fece spallucce.
«E allora qual è il problema? Perché da come ha reagito lui, si direbbe che noi dovremmo essere quasi nemici giurati!»
Ci fu silenzio per un momento. Senza volerlo, la ragazza aveva fatto centro; Tetsuya deglutì vistosamente e si chiese se sarebbe stato meglio far finta di niente oppure vuotare il sacco subito.
«Il punto è che… E' proprio così.» Sussurrò imbarazzato infine.
«Cosa significa?» Domandò lei più confusa che mai.
Questa volta la voce di Tetsuya divenne un sussurro, ma Yuri riuscì a captarla ugualmente. «Hai presente quei giganti che sono venuti fuori da sotto terra e che adesso stanno affrontando gli alieni in ogni dove sul pianeta?»
Per un secondo la ragazza rispose affermativamente come se niente fosse, distratta a cercare di seguire il discorso, poi il suo sguardo strabuzzò mentre nella sua mente collegava tutti i puntini, fino a sbottare un: «Porca miseria, Tetsuya!»
«Io e lui siamo stati selezionati per pilotarli…» Spiegò senza troppi giri di parole mentre Yuri si ripeteva, ancora più incredula.
«Porca miseria!» Si alzò di scatto per girare la chiave nella porta della stanza, poi raggiunse la finestra di corsa e chiuse le tende con urgenza. Voltatasi un'altra volta verso di lui, gli domandò: «Mi stai prendendo in giro?»
«Giuro che è tutto vero.» Mormorò lui scuotendo la testa.
«E hai pensato di venire qui… Nel luogo dove la gente venera gli alieni, a dirmi che tu ammazzi i suddetti alieni? Sei completamente impazzito? Che succederebbe se venissi scoperto?» Yuri continuò a muoversi per la stanza, visibilmente allarmata.
«Non avevo idea di che cosa fosse questo posto, sono capitato qui per caso e… Aspetta, vuoi dire che non sei arrabbiata?» Solo dopo un momento Tetsuya si rese conto che l'ansia mostrata dalla ragazza fosse per la sua incolumità.
Yuri lo squadrò da capo a piedi fermandosi un momento, poi scattò verso di lui dandogli dei colpetti veloci sulla fronte. «Ma certo che non sono arrabbiata!» Sbuffò. «Cioè, sono dispiaciuta che tu non mi abbia voluto dire la verità prima, ma capisco perfettamente che tu volessi tenerlo un segreto… Piuttosto, che vuol dire che non avevi idea di che cosa fosse questo posto?»
Tetsuya rimase in silenzio imbarazzato, le mani unite scesero a contorcersi dietro le ginocchia che sembravano tentare di nasconderle e un sorriso appena colpevole affiorò sulle sue labbra.
«Mi stai dicendo che con tutte le informazioni che hai sui VIRM, tutti i libri di storia da cui attingere e tutti i nemici che hai affrontato, l'architettura, i simboli e gli argomenti trattati in questo posto non ti hanno mai ricordato niente?» Yuri sembrava più delusa di quando Tetsuya le aveva chiesto di andarsene dopo aver incontrato Yoshiki.
«Io… Io non pensavo che esistesse veramente un posto così!» Borbottò il ragazzo per giustificarsi, ma la cosa suonò ancora più assurda. «Che tu ci creda o no, non ci avevano mai parlato dei Figli, fino a poco tempo fa.»
Yuri agitò le braccia incredula ma senza parole e Tetsuya strinse le spalle per tutta risposta.
«I nostri istruttori… Hanno sempre avuto una politica di tenerci al sicuro dai pericoli del mondo, in un certo senso…»
«Bé, avrebbero dovuto tenervi al sicuro mettendovi al corrente di una situazione piuttosto cruciale!» Sbottò lei mettendosi le mani sui fianchi. «Ma perché hai continuato a frequentare la comunità, quando lo hai scoperto?»
A quella domanda Tetsuya si sentì ferito, non credeva che Yuri potesse veramente essere così cinica dopo tutto quello che avevano passato assieme, ma le sue parole erano dettate solamente dalla preoccupazione nei suoi confronti. Il suo sguardo vacillò sul volto di lei come se per un momento volesse chiederle come potesse fargli una domanda simile, poi abbassò la testa con arrendevolezza.
«Questo posto… E' pieno di brava gente.» Mormorò costernato. Sapeva di aver corso un grosso rischio, ma non si era mai pentito di stare in mezzo a loro. «Qui mi sono sentito accolto, come se agli altri non importasse niente di chi o cosa fossi, o come vivessi… Volevo solo un gruppo a cui appartenere. Come avrei potuto andarmene senza dire nulla, dopo aver sviluppato queste relazioni?»
E anche se tremendamente preoccupata per lui, Yuri si ritrovò a concordare con Tetsuya. Lei conosceva benissimo quella sensazione di non avere un posto a cui appartenere, non poteva biasimarlo per aver cercato aiuto e comprensione al di fuori dei luoghi che avrebbe dovuto frequentare… Ma quello non era più un gioco, anche se la comunità di Nomu non era stata protagonista di nessun atto di violenza come era successo in altri posti, per lui frequentare i Figli sarebbe stato rischioso e prima o poi il suo nome sarebbe saltato fuori. Era solo questione di tempo prima che qualcuno lo riconoscesse, così come prima che l'I.P.U. si rendesse conto di dove stesse andando a cacciarsi.
«Non ho intenzione di smettere di vedervi!» Sbottò Tetsuya quando Yuri provò a dirgli che fosse arrivato il momento di chiuderla lì. Il verso di incredulità che produsse la ragazza fu qualcosa di estremamente comico e riuscì a spezzare la maschera di serietà indossata da lui, ma lei gli disse che non c'era niente da ridere.
«Sii ragionevole, Tetsuya!» Lo supplicò. «Devi pensare alla tua sicurezza, prima di tutto! Ci saranno altre persone a fare del bene, i volontari non spariranno di certo senza il tuo contributo…»
«Non si tratta di aiutare la gente. Cioè, un po' sì, ma non potrei abbandonare te e il signor Nomu dopo tutto questo…» Spiegò lui con calma, ricevendo un vistoso broncio da parte di Yuri. «Pensaci: è proprio quello che ci diceva lui. Siamo tutti uguali, no? Ho l'occasione di dimostrare a tutti – ai seguaci del Padre e all'I.P.U. – che siamo tutti solo persone, che le azioni dietro di noi parlano più di mille parole… E che tutti possono fare del bene.»
Yuri abbassò lo sguardo e si concentrò sulle proprie mani, unite e nervosamente intrecciate tra di loro, come a liberarsi di qualcosa che non riuscivano a far sparire.
«Ho bisogno di sapere che sarai dalla mia parte, Yu.» Mormorò alla fine Tetsuya. «Le persone di cui mi fido… Le persone a cui voglio bene, voglio solo che continuino a trattarmi come hanno sempre fatto. E' per questo che ti ho voluto raccontare la verità…»
Costernata, la ragazza chiuse gli occhi un secondo e tutta la tensione nel suo corpo, le mani strette assieme, le gambe piegate e puntante sul pavimento, la schiena irta a reggere l'ansia che la stava ormai sovrastando, tutto crollò per un attimo e Yuri sospirò.
«Tetsuya, ricordi quando ti ho detto che tutte le persone che vorrei veder ricevere il "perdono" ormai sono morte?» Domandò rimanendo in quello stato per un po'. Solo dopo aprì di nuovo gli occhi e andò a soffermarsi con lo sguardo sul ragazzo di fronte a sé. «Ora non più. Ora ho qualcuno per cui pregare, voglio vederti al sicuro… Non potrei mai voltarti le spalle! Ma sono molto preoccupata.»
Tetsuya si sentì strano dopo aver ricevuto quella dichiarazione indiretta, un testamento all'affetto di Yuri che non poteva che sottoscrivere in pieno. Tuttavia sapeva che, assieme a tutto il calore che portavano con sé, quelle parole avevano anche una grossa responsabilità.
«Ho paura al pensiero che tu sia là fuori… A rischiare la vita ogni giorno, ma è un rischio che hai deciso di accettare per il bene di tantissima gente. E' qualcosa da cui non ti posso difendere e va bene così. Ma ogni volta che vieni qua corri un rischio enorme! Ti esponi di tua volontà a una comunità che potrebbe rivoltarsi contro di te in qualsiasi momento… Ed è un rischio da cui potresti stare lontano, ma hai deciso di prenderlo ugualmente a causa mia.» Si interruppe di colpo, troppo spaventata al pensiero di essere il motivo per qualunque brutta cosa che potesse succedere al suo amico da lì in poi. E a quel punto Tetsuya allungò una mano e gliela posò su un ginocchio, sorridendole con dolcezza.
«Andrà tutto bene. E' andato tutto bene fino ad ora, perché dovrebbe succedere qualcosa proprio adesso?»
E per quanto Yuri sentisse che ci fossero mille ragioni per contestare quel ragionamento, non ne trovò nemmeno una. Forse era semplicemente egoista e non voleva perdere la compagnia di Tetsuya; lui era la prima persona con cui era riuscita veramente a fare amicizia e a sentirsi completamente a suo agio, non voleva perderlo! Ma valeva davvero la pena di fargli rischiare così tanto?
«Vedrai, Yu! Saremo degli eroi, risolveremo tutto quanto insieme!» Non era mai stato così ottimista, non sapeva neanche lui cosa gli fosse saltato in mente. Sapeva solo che non era disposto a ritrattare la sua posizione, non avrebbe fatto un passo indietro. Si sentiva un folle, eppure era contento di ciò: aveva imparato a prendere decisioni sicure e a fare le cose dopo averci pensato mille volte, eppure anche se sapeva quanto fosse rischioso continuare in quella direzione non voleva tirarsi indietro. In fondo aveva fatto tante cose rischiose da quando era diventato un Parasite, non poteva essere tanto peggio anche se non era a bordo di Gaia…
«E poi devo ancora guadagnarmi la "vita eterna," no?» Scherzò lui tirandosi nuovamente indietro. «Non posso lasciare tutto il lavoro a te!»
Yuri lo scacciò con il sorriso e gli disse di non montarsi la testa. «Un babbeo come te non potrebbe mai ottenere il perdono, sei troppo tonto!» Gli rispose a tono.
Per un attimo le loro risate riempirono quella stanza, scacciando la tensione che li aveva afferrati fino a quel momento; perché adesso arrivava la parte difficile: far finta di niente, comportarsi come sempre e lasciare da parte la paura di causare il caos con una sola parola fuori posto. Avrebbero dovuto rifletterci bene, decidere come muoversi d'ora in avanti, ma anche se entrambi erano preoccupati, sapevano che avrebbero potuto contare l'uno sull'altra.

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Capitolo 90
*** Presagio ***


L'incidente avvenuto con Iustitia e Xenomorphus aveva lasciato tanti interrogativi anche dopo che le acque si furono calmate e i ragazzi cominciarono a lasciarselo alle spalle; essendo stati colpiti direttamente dall'evento, era nel loro interesse scoprire cosa stesse succedendo e tutti quanti iniziarono a prestare maggiore attenzione ai piccoli segnali che avrebbero potuto rivelare qualcosa di nuovo; o almeno pensarono di starlo facendo. La verità era che da quel momento in poi ai ragazzi sembrò di essere diventati delle cavie, non più in controllo della propria vita; era come se qualcuno si fosse inserito nella loro vita di tutti i giorni e avesse iniziato a spiarli costantemente. Come potevano davvero notare dei cambiamenti se la loro stessa percezione non era affidabile? Kya iniziò ad approfondire i suoi studi sugli Stridiosauri e sui FranXX, iniziati già da tempo ma quasi interrotti dopo lo shuffle per poca motivazione; la ragazza avrebbe voluto capire perché le succedessero quelle cose quando si connetteva con Ryo, ma purtroppo le informazioni riguardo alla connessione scarseggiavano.
Se non ci fosse stato quell'episodio che aveva coinvolto sia loro che la coppia di Xenomorphus, Kya avrebbe pensato che si fosse trattato di una eccezione, di qualcosa che riguardava il loro speciale legame. Ma se quel problema includeva anche gli altri, in quanto caposquadra doveva cercare una soluzione; non riusciva a fare a meno di pensare che le stesse sfuggendo qualcosa, ma la verità era un'altra.
La ragazza aveva un presentimento avvinghiato in profondità nel suo animo, una sensazione sgradevole che non capiva appieno: sentiva che ci fosse qualcosa fuori posto e non sapeva cosa, per questo aveva iniziato a studiare il passato degli Stridiosauri nella speranza di trovare qualche indizio che la mettesse sulla strada giusta. Ma tutto quello che leggeva sembrava un mucchio di informazioni generiche, abbozzate e a tratti incorrette; perdeva interesse rapidamente e per qualche motivo nella sua mente si formava la convinzione che ciò non le servisse a nulla.
E' tutto sbagliato. Pensava; non del proprio metodo ma di ciò che stava leggendo. La sua mente correggeva automaticamente le nozioni riportate nei libri e le ampliava, completando una storia raccontata solo in parte… Ma qual era la parte che conosceva lei? Come faceva a conoscerla?
Per paura che la risposta non le piacesse, Kya quel giorno lasciò perdere i libri e uscì a prendere un po' d'aria. Era ormai giugno, faceva caldo, i suoi amici passavano tanto tempo all'aperto e anche le loro uniformi erano cambiate, diventando più leggere e corte, con scarpe più fresche ma non più adatte a ogni tipo di terreno. Gli allenamenti con gli Stridiosauri erano ripresi come da programma e non si erano più verificati incidenti dopo la prima volta, ma quella sensazione che stesse succedendo qualcosa di strano non voleva andarsene; e adesso sembrava che il problema che aveva coinvolto lei, Ryo, Kaoru e Aiko fosse esteso all’intera squadra. Non era ancora chiaro perché riuscissero a leggere la lingua degli Stridiosauri, ma i Parasite sembravano averla imparata dal giorno alla notte, come se l’avessero sempre conosciuta: leggevano perfettamente i caratteri dell’Homo Klazōsàuros concordando tutti sul significato e la pronuncia di ogni parola e sapevano tradurre nella loro lingua qualunque frase postagli davanti con scioltezza. Erano diventati effettivamente bilingui, nonostante non sembrassero riuscire a parlare loro stessi quella lingua morta. I ricercatori erano anche riusciti a creare un piccolo breviario sui termini tecnici utilizzati dall'Homo Klazōsàuros, e più parole traducevano, più gli studiosi dell'I.P.U. si entusiasmavano.
Gli amici di Kya stavano tutti alla grande, almeno per quanto poteva saperne lei. Kaoru continuava a lamentarsi di fare sogni che non riusciva a ricordare, Tetsuya continuava a sparire di tanto in tanto nel fine settimana e Suzuko teneva il broncio come sempre; onestamente, la caposquadra non era un'ottima osservatrice. Ma anche se lo fosse stata, tanti dei suoi compagni non si sarebbero aperti facilmente e anche con le sue doti da investigatrice sarebbe stato difficile saperne qualcosa…
I ragazzi non erano gli unici ad avere segreti. Anche dopo il loro patto di trasparenza, gli adulti avevano deciso di tenerli all'oscuro dell'incidente che aveva coinvolto Hachi a Mistilteinn; principalmente era stata Nana a deciderlo per potersi concentrare sull'aiutare il marito a superare quel momento. Il contatto con i VIRM lo aveva destabilizzato, offuscato il suo giudizio: era come se dopo un po', quegli incontri segreti con il Padre fossero diventati qualcosa di essenziale per lui e ne fosse ormai assuefatto. Vederlo in quello stato era già abbastanza per Nana, voleva risparmiarlo ai ragazzi; se avessero saputo che l’uomo fiero e sicuro di sé che avevano conosciuto si era ridotto a uno straccio pur di sentire le parole contorte del nemico, ne sarebbero stati gravemente demoralizzati. Nana si assicurò che Hachi stesse lontano da qualsiasi tipo di comunicatore e iniziò a passare molto più tempo in sua compagnia. Si erano allontanati nell'ultimo periodo, troppo concentrati sul proprio lavoro, perdendo di vista il loro legame; così la coppia di immortali iniziò a farsi vedere molto più spesso in giro per il parco di Mistilteinn, a passeggio lungo il sentiero nella foresta o sulle rive del lago, e nel frattempo Nana fu al fianco di Hachi per tutto il tempo durante la sua "riabilitazione." Era importante capire se i VIRM avessero impiantato qualche sorta di innesto nel suo subconscio, se lo avessero convinto di qualcosa o anche solo se, nelle loro chiamate, stessero cercando di distrarlo da qualcos'altro. Furono talmente indaffarati in questo periodo che si dimenticarono per un po' dei misteri che avvolgevano i ragazzi della loro squadra, ma anche se passati in secondo piano i lavori iniziati continuarono senza che loro ne sapessero niente e un giorno di metà giugno, pochi giorni dopo una nuova battaglia superata brillantemente, un rapporto corposo fu posato sulla scrivania di Hachi e lui quasi neanche se ne accorse in un primo momento.
Fu solo in serata che l'uomo, riordinando la propria stanza, riconobbe i documenti che lui stesso aveva richiesto in gran segreto diversi mesi addietro, e all'improvviso il suo volto si illuminò di una curiosità che pensava fosse andata via a quel punto. Anche se avrebbe dovuto restare un segreto, non riuscì a tenere Nana all'oscuro di ciò e per questo la chiamò dicendole di avere qualcosa tra le mani.
Sapeva che avevano deciso di lasciar perdere quella storia e concentrarsi sul presente, ma la curiosità era stata troppo forte. E ora forse era arrivato il momento di scoprire la verità.
In un primo momento, la donna non sembrò capire il significato di quelle parole; semplicemente si rifiutò di connettere i punti. Poi finalmente la sua mente riuscì a dare un senso al messaggio di Hachi e le prime parole che vennero fuori dalla sua bocca furono un misto di stupore e rabbia.
«Hai fatto recuperare l'intero albero genealogico di quei ragazzi?» Hachi non solo aveva chiesto di trovare informazioni sulle famiglie dei loro protetti, ma aveva fatto scavare in profondità nelle loro famiglie di centinaia di anni, il tutto motivato dalla strana somiglianza di Kya e Ryo con Zero Two e Hiro. Era un ragionamento folle, ma la curiosità di Hachi era stata tale da spingerlo a dargli una possibilità; il tempo non lo preoccupava e sapeva di avere i mezzi per un intervento del genere, così aveva incaricato alcune persone di fare delle ricerche sulle famiglie di Kya e Ryo, andare a ritroso negli anni e nei secoli, generazione dopo generazione, per poter tracciare una linea che arrivasse a spiegare anche solo in parte perché avessero quell'aspetto e perché ogni cosa che facessero sembrasse rimandare sempre ai loro vecchi protetti.
«Lo so che è una cosa che ci eravamo ripromessi di non fare. E' una grossa violazione di privacy, ma ti prometto che qualunque cosa scopriremmo non intaccherà il mio giudizio su di loro.» Iniziò subito a giustificarsi Hachi, sapendo di essere poco convincente. Nana non gli diede il tempo di aggiungere altro.
«E' immorale!» Sbottò continuando a guardarlo allibita, lo sguardo tornava sempre ai fascicoli che nascondevano la verità. Quegli occhi bramosi non passarono inosservati ad Hachi, che sapeva bene quanto anche lei fosse ansiosa di conoscere il loro contenuto.
«Abbiamo visto chiaramente come quei due siano persone a sé stanti, non credo che rischiamo di farci influenzare più da questi fogli.» Continuò lui. Erano state innumerevoli le volte che i due ragazzini gli avevano ricordato di Hiro e Zero Two, ma ce n'erano state tante altre che avevano dimostrato quanto fossero diversi. Se anche quella ricerca avesse dovuto confermare che Kya e Ryo discendessero in qualche modo da loro, che differenza avrebbe fatto a questo punto?
«L'unica cosa che ne otterremmo, sarebbe sapere che i nostri amici alla fine sono riusciti a tornare, in qualche modo…» Quelle parole sembrarono far scattare una scintilla negli occhi di Nana, che nonostante l'aria di protesta era sempre stata divorata da quelle domande, come tutti loro; i Parasite della Squadra 13 erano morti senza mai ricevere una risposta, ma sperando fino all'ultimo di avere notizie dei loro vecchi amici. Quella ricerca sarebbe stata un testamento alla loro pazienza, avrebbero potuto finalmente – forse – porre fine a quella antica attesa.
In un primo momento Nana sembrò sprezzante all'idea, non ne voleva sapere. Poi scosse la testa e inspirò a fondo, e quando espulse tutta l'aria in un colpo solo i suoi occhi cambiarono visibilmente.
«Dai qua!» Borbottò sapendo di star facendo qualcosa di cui si sarebbe pentita. «Io controllo Kya, così faremo prima.»
Hachi le passo uno dei due grossi fascicoli e sorrise sotto i baffi. L'aveva presa in giro una volta per quella sua curiosità difficile da tenere a bada, avrebbe avuto tutti i motivi per farlo anche stavolta, ma preferì tacere; in fondo lui era stato il primo a cedere a quella stessa curiosità.
Gli studi continuarono per ore fino a notte fonda. Anche dividendosi il lavoro Hachi e Nana ebbero bisogno di tempo per confrontare i nomi degli alberi genealogici – che andavano a complicarsi sempre di più una generazione dopo l'altra – con i documenti recuperati dai collaboratori di Hachi per far combaciare tutto; inizialmente Nana aveva pensato che tutti quei mesi non fossero giustificati per un lavoro così, ma fu proprio la mole del lavoro portato che le fece capire presto quanto rapidi fossero stati i ricercatori di Hachi.
Era incredibile, anche solo passando rapidamente da un nome all'altro, restavano ancora migliaia di nomi da controllare, verificare, far combaciare… Ma in un primo momento, quando si resero conto che non sarebbero riusciti a finire tutto quanto quella notte, decisero di saltare direttamente alle radici più profonde, i nomi in fondo alla lista da cui era partito tutto per vedere se ci fosse veramente qualcosa di vero in quelle domande che li avevano assillati per tutti quei mesi.
Ovviamente non si aspettavano di vedere scritto qualche nome che gli sarebbe risultato familiare, anche se Hiro e Zero Two si fossero nascosti tra quei rami non avrebbero sicuramente avuto i loro veri nomi: questo perché – se anche fosse vero che erano riusciti a tornare a casa – se per qualche motivo non si erano fatti rintracciare in tutto quel tempo, avrebbero usato dei falsi nomi, e Hiro era un maestro nel crearne. Ma anche se a fatica, ogni personalità per quanto antica nell'albero genealogico era stata documentata e riportata in quei fogli; come c'era da aspettarsi, molti degli antenati di Kya e Ryo erano stati Parasite, ma quasi tutti erano stati liberati dalle cellule criogeniche dove venivano riposti i "soggetti difettosi" alla fine della guerra, quindi solo una parte di loro aveva realmente lottato a bordo dei FranXX. Dopo la fondazione di Anemone, entrambe le famiglie rimasero a viverci per generazioni e nulla di radicale cambiò.
Dopo una attenta lettura, l'orologio nell'ufficio di Hachi segnava l'una e quattordici. Si era fatta notte e non se n'erano accorti minimamente.
Hachi e Nana si guardarono instupiditi, consci di aver forse sprecato tutte quelle energie, risorse e le loro attenzioni per pura curiosità. Forse c'era davvero qualcosa di strano nell'aspetto dei ragazzi, o forse era vero che pur non somigliando completamente ai genitori, un caso su un milione avesse permesso che i geni rimasti sopiti per generazioni li avessero fatti somigliare tanto a quei due ragazzi persi tra le stelle mille anni prima… Ma per qualche motivo i due immortali si sentirono tremendamente stupidi ad aver pensato tutte quelle cose e non riuscirono a fare a meno di ridere sguaiatamente della propria ingenuità.
Mentre decidevano di lasciare quel lavoro lì come era, Nana e Hachi sorridevano. Lei era contenta che fosse finita così, anche se inizialmente era stata delusa dal comportamento del marito; così facendo avrebbero potuto distrarsi un po' assieme e Hachi soprattutto avrebbe avuto altro per la testa in modo da dimenticare il Padre e i suoi messaggi velenosi. Tuttavia adesso era lei quella che si era messa un tarlo nella testa e l'idea di lasciar perdere tutto così non la soddisfaceva, così mentre si cambiavano per la notte e continuavano a commentare la giornata appena trascorsa, ricordandosi a vicenda le attività da svolgere con i ragazzi, la donna si fece un appunto nella mente e si promise di occuparsene il prima possibile.

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