Un'altra me

di Ely82
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cambiamenti ***
Capitolo 2: *** Strategie ***



Capitolo 1
*** Cambiamenti ***


Buongiorno a tutti e ben ritrovati.
Non credevo che sarei tornata così presto. Eppure ho pensato che fosse giusto postare questa "nuova storia".
A  10 anni esatti dalla stesura di questo racconto, il primo in assoluto che io abbia mai scritto, ho deciso di renderlo pubblico per farvelo conoscere. Chi già mi segue da tempo, sa che fino ad ora ho sempre pubblicato FF su Twilight, ma forse è il momento di voltare pagina. 
E' un azzardo pubblicare questa storia originale, soprattutto perché in 10 anni il mio stile è cambiato, si è fatto più meticoloso, ho dato molto più spazio al genere erotico, su cui riesco a districarmi con maggior facilità.
Questa è una storia semplice. Mi rendo conto che forse per alcuni di voi non sarà "all'altezza" delle altre cose che avete fino ad ora letto di me, ma vi chiedo di tenere conto che questo racconto è il mio inizio. 
Sto lavorando ad un nuovo racconto, molto più complesso, e mooooolto più lungo che non so quando potrò farvi leggere.
Per il momento ho pensato di condividere con voi "Un'altra me", un titolo legato alla storia ma anche a me stessa, perché con questa storia ho scoperto un nuovo lato di me che fino a quel momento non conoscevo. Ho sempre pensato che sarebbe rimasta una cosa solo mia, che non avrei pubblicato in rete, ma sono passati 10 anni e forse anche Alice e Thomas si meritano una chance.

Alcune info sulla storia... E' narrata in prima persona dalla protagonista Alice Cooper ed è composta da 21 capitoli, abbastanza brevi.

Mi auguro che vi piaccia.
Grazie a chiunque vorrà leggerla.
E come sempre....

BUONA LETTURA!





Capitolo 1

Ero seduta, come tutti i lunedì mattina, alla scrivania del mio ufficio benché, quello, non fosse per me un giorno come gli altri: sarebbe, infatti, potuto diventare il più importante della mia vita.
Guardai l’orologio impaziente: erano appena le nove.
Iniziai a guardarmi intorno per verificare che nessuno notasse il mio stato di agitazione, ma intorno a me tutto procedeva come al solito.
Mike Ford, credo si chiamasse così, era nel corridoio a combattere come sempre con la fotocopiatrice: chissà perché sembrava che con lui si rifiutasse di funzionare. Era l’ultimo arrivato e, come tutti i neo assunti, gli toccava un po’ di gavetta; tra i suoi compiti spiccavano quelli di portare il caffè ai vari capi ufficio, andare a fare le commissioni e, ovviamente, fare le fotocopie.
Nella scrivania di fronte alla mia, Miriam era impegnata in un’intensa telefonata con la nostra sede di Parigi: sentirla parlare in francese era uno spasso, specialmente quando si arrabbiava. Si occupava principalmente di coordinare il lavoro dei vari uffici distaccati impegnati nel lancio di uno stesso prodotto: quello del giorno era un nuovo modello di lavatrice.
Mi voltai, infine, a guardare nell’ufficio adiacente al mio, separato solo da una grande vetrata.
Ed eccola lì, la mia rivale.
Intenta a controllare il suo riflesso sul monitor del computer, Sandy Carter era senza dubbio la donna più viscida e inutile che conoscessi. Ovviamente, però, al mio capo piaceva.
Tacco dodici, minigonna vertiginosa, capelli e trucco sempre perfetti. Aveva solo un difetto: di marketing non ne capiva un tubo! Eppure quel giorno qualcosa ci accomunava.
Il responsabile dell’area marketing della nostra sede, il caro vecchio Jake, era stato promosso  vice direttore generale della nostra società, la Spencer Advertising Corporation, ed io e la signorina Carter eravamo in lizza per ottenere quel posto.
Quella mattina il capo avrebbe chiamato una di noi due nel suo ufficio per comunicarci quella tanto sospirata notizia.
Non potevo credere che avesse dei dubbi tra me e lei: non avrei mai permesso a quell’insulsa donna di privarmi della cosa a cui tenevo di più in quel momento. Avevo lavorato fino allo stremo delle mie forze nell’ultimo anno, avevo perfino rischiato di dover andare in terapia per lo stress che avevo accumulato. E lei? Beh, anche lei aveva le sue preoccupazioni: del tipo "quale smalto mi metto oggi?”.
No, non poteva succedere.
Lo squillo di un telefono mi fece balzare sulla sedia e quasi caddi quando mi accorsi che non era un telefono qualsiasi a squillare, ma il suo. La vidi scattare in piedi, mi lanciò un’occhiata di sfida, ma che sapeva di vittoria, e si diresse verso l’ascensore.
«Alice, tutto bene? Che ti prende? Alice?»
Sentivo appena la voce di Miriam che mi chiamava. Ero impietrita.
Guardavo fissa l’ascensore che si chiudeva alle spalle di Sandy. Non potevo credere che il mio peggiore incubo si stesse avverando sotto i miei occhi.
Un altro squillo. Un altro sussulto. Questa volta, però, veniva da più vicino.
Alzai la cornetta con l’ultimo soffio di speranza che mi era rimasto dentro, l’ultimo prima che sprofondassi nella disperazione o, peggio ancora, che iniziassi ad urlare come una pazza.
«Signorina Cooper, sono Susan, il signor Barner la sta aspettando nel suo ufficio.»
«Come scusi?», non ero sicura di aver capito bene.
«Appena le è possibile la prego di recarsi nell’ufficio del direttore, la sta aspettando!», mi disse scandendo le parole come stesse parlando con una bambina di cinque anni.
«Arrivo subito», dissi d’un fiato, prima di lanciarmi a mia volta verso l’ascensore.
«Alice??!», mi gridò dietro Miriam.
«Poi ti spiego, promesso, ma non sono pazza ok?!»
Arrivai al quarto piano dell’edificio quasi con il fiatone, come se avessi fatto dieci di rampe di scale invece che due piani in ascensore, ma ero elettrizzata: come avevo potuto dubitare della capacità di giudizio del Signor Barner?
Passai davanti all’ufficio di Mary e senza fermarmi le sorrisi mostrandole le dita incrociate; mentre mi allontanavo, mi sembrò di sentire un “Vai Alice!!” provenire dal suo ufficio, ma forse era il mio inconscio che lo gridava!
Mary Dixon era la migliore. La migliore amica che avessi… nonché l’unica che mi fosse rimasta.
 
Arrivai davanti all’ufficio del capo, salutai Susan con un sorriso imbarazzato per la figura da cretina che avevo fatto al telefono, e mi avvicinai ai divanetti, in attesa di essere chiamata.
«Tu che ci fai qui?», balbettai inorridita di fronte alla figura di Sandy Carter che mi fissava da una delle poltroncine.
«Il capo mi vuole vedere…e, a quanto vedo, non solo a me!»
Cavolo, era più perspicace di quanto pensassi.
Mi sedetti più lontano possibile da lei cercando di dare un senso a quella doppia convocazione.
Una doppia promozione? No, improbabile, sarebbe stata la prima volta e non aveva alcun senso. Voleva proporre a Sandy di farmi da assistente? Mi sembrava un’idea plausibile. L’ipotesi contraria non volli neanche prenderla in considerazione, ovviamente.
Lavoravo alla S.A.C. da otto anni e da tre ero entrata a far parte della squadra di Jake Stevens, un colosso del mondo della pubblicità che molti concorrenti c’invidiavano. Avevo ideato campagne pubblicitarie di successo in diversi settori merceologici; ero brillante, ambiziosa e completamente dedita al lavoro. Ne sapevano qualcosa i miei vecchi amici e David, il mio ex fidanzato. Dopo due anni di convivenza, di continui litigi a causa del mio lavoro e degli orari che spesso mi costringeva a fare, mi mollò un mese fa, dopo che lo lasciai ad aspettarmi per quasi due ore al ristorante per festeggiare il nostro anniversario.
Un rumore improvviso mi riportò al presente e a quella situazione surreale in cui mi trovavo. La porta dell’ufficio si aprì.
«Buongiorno signorina Cooper. Signora Carter. Vi aspettavo: prego accomodatevi.»
Avevo una specie di venerazione per quell’uomo. Non riuscivo a capacitarmi di come una persona così di successo riuscisse a conciliare, senza il minimo sforzo, moglie, figli, lavoro e il suo amore più grande, il golf.
Entrai in quell’immenso ufficio e, come mi succedeva ogni volta che lo vedevo, rimasi a bocca aperta: era un attico incredibile. Una vetrata immensa, da cui si vedeva Tower Bridge, attirava sempre la mia attenzione e la mia invidia. Nel mio ufficio non avevo nemmeno una finestra decente.
«Grazie per essere venute. Ho da darvi una notizia importante che vi riguarda da vicino. Sedetevi».
Senza guardare mai in direzione della mia nemica, mi avvicinai alle due poltrone disposte davanti alla scrivania del capo. Fu in quel momento che mi accorsi che non eravamo soli.
Seduto in una delle poltrone vi era un giovane di bell’aspetto, elegante nel suo completo blu, intento a studiare alcune carte.
Quando si accorse della mia presenza a pochi passi da lui, si alzò dalla poltrona e, sfoderando un sorriso mozzafiato, si presentò:
«Salve, mi chiamo Thomas Parker, tu devi essere Alice.»
«Salve», gli risposi spaesata. «Ci conosciamo?»
«Buongiorno, io sono Sandy. Piacere di conoscerla! E’ un nostro nuovo cliente? Deve essere importante se il signor Barner la riceve personalmente!»
Ma perché non stava zitta! In quel momento l’avrei insultata in tutte le lingue che conoscevo!
Lui le sorrise cortesemente, ma poi tornò a rivolgersi a me:
«No, non ci conosciamo, non direttamente almeno. Direi piuttosto che la tua fama ti precede. Il signor Barner mi ha parlato molto di te…e di te ovviamente!», aggiunse rivolgendosi a Sandy, cercando di riprendersi dalla gaffe.
E così il capo aveva parlato di me a questo tipo affascinate, decisamente giovane, ma affascinate: mi sembrò un inizio promettente.
«Il signor Parker, non è un nostro cliente. Bensì è colui che, spero, ci aiuterà a trovarne molti! Thomas è il nostro nuovo responsabile marketing, nonché vostro superiore. Da oggi farete parte del suo staff. Lo aiuterete ad ambientarsi, lavorerete con lui e lo affiancherete durante gli incontri con la clientela. Sono sicura che vi troverete benissimo!»
Mi accorsi che non stavo più respirando.
«Bene, signor Parker sarà un piacere lavorare con lei», cinguettò Sandy, dopo essersi ripresa dallo stupore.
La fulminai con lo sguardo e, se il cervello in quel momento non fosse stato completamente scollegato, avrei iniziato a rivolgerle le peggiori parole che conoscevo in inglese, francese, spagnolo e tedesco! Tanti anni di studi finalmente sarebbero serviti a qualcosa!
«Signor Barner, è uno scherzo vero?», trovai il coraggio di dire.
«Nessuno scherzo, signorina. Forse penserà che il signor Parker non abbia abbastanza esperienza, data la sua giovane età, ma le posso assicurare che il suo curriculum è invidiabile e gli ultimi due anni trascorsi alla Spolding, come vice direttore dell’area vendite, lo hanno reso il giovane manager più appetibile del nostro settore. A soli ventiquattro anni sa, in pratica, quasi più di me!», aggiunse dandogli una pacca sulle spalle.
«Ha detto ventiquattro anni? Affiderà la direzione del reparto marketing ad un ventiquattrenne?!» Non riuscivo a riprendere fiato e a credere alle mie orecchie.
«So che può sembrarti una scelta avventata, ma dammi fiducia e vedrai che ti dimostrerò di che pasta sono fatto!» mi disse.
«Cosa? Tu, Thomas, non devi dimostrare niente a nessuno! Sappiamo già come lavori ed il Consiglio ti ha voluto proprio per questo. Non è stato facile portarti via dai nostri concorrenti, ma ora sei qui e la signorina Cooper farà del suo meglio per aiutarti, sostenerti e, soprattutto, per attenersi alle tue direttive. Se non c’è altro, le chiedo cortesemente di accompagnare Thomas nel suo nuovo ufficio», aggiunse con tono autorevole rivolgendosi a me. «Ora potete andare.»
Lo guardai inorridita da quelle parole.
Davvero pretendeva questo? Davvero credeva che questo ragazzino potesse essere migliore di me? Beh, gli avrei dimostrato il contrario. Presto quel tipo sarebbe sparito dalla mia vita, molto presto.
Senza dire una parola, uscii dalla stanza seguita, a breve distanza, da lui.
«Non sono poi così male, davvero!», disse Thomas cercando di alleggerire l’atmosfera mentre procedevamo per il corridoio.
«Eccoci arrivati: questo è l’ufficio. Io e Sandy siamo al secondo piano. La mensa è al piano terra. E questo è tutto. Benvenuto Thomas!», conclusi nel tono più acido che mi fosse mai uscito. E mi diressi verso la porta.
«Tom! Ti prego chiamami Tom. Credo davvero che potremmo lavorare bene insieme.»
Me ne andai senza rispondere. «Tom», pensai ad alta voce mentre mi avvicinavo all’ascensore: «ok ,Tom, a noi due!»

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Capitolo 2
*** Strategie ***


Buongiorno a tutti!
Mi scuso per il ritardo con cui posto il secondo capitolo.
Ero indecisa se continuare o meno.
Rileggendo oggi la storia si vede che l'ho scritta più di dieci anni fa... e che non è all'altezza di ciò che vi ho fatto leggere fino ad ora.
Però alla fine ho deciso di pubblicarla ugualmente...
BUONA LETTURA!




Capitolo 2

Il resto della settimana trascorse come sempre. Il nuovo arrivato non scendeva quasi mai al nostro piano, ed ero davvero felice di non trovarmelo continuamente tra i piedi. In tre giorni avevamo più o meno scambiato dieci parole, e non intendevo dargli più confidenza del minimo necessario. Aveva quest’aria da bravo ragazzo, innocente, ma al tempo stesso sicuro di sé, che mi faceva salire il sangue al cervello.
Di tanto in tanto telefonava, ma privilegiava l’interno di Sandy: meglio così, una scocciatura in meno. Lei si atteggiava da segretaria tutto fare e dispensava sorrisi ad ogni occasione. Sapevo che, se ne avesse avuto l’occasione, se lo sarebbe portato perfino a letto, come, d’altronde, si diceva che avesse già fatto in passato con altri colleghi. Nonostante tutto, però, non sapere cosa si dicessero per telefono e cosa lei facesse per lui, da un punto di vista lavorativo, mi metteva in uno strano stato di agitazione.
Non sapevo come comportarmi, ma di sicuro non sarei mai andata da lei a chiedergli qualcosa: non mi sarei abbassata a tanto.
Così, come facevo ogni volta che mi trovavo in difficoltà, alzai la cornetta e feci l’interno di Mary.
«Sì, pronto?»
«Ehi Mary, sono Alice! Hai un minuto per me?»
«E me lo chiedi? Dimmi tutto cara!»
«Ho un problema, e vorrei parlarne un po’ con te. Che ne dici di cenare a casa mia stasera?»
«Deve essere qualcosa di serio se ti spinge a cucinare? Uomini?»
«Sì, ma non nel modo che pensi tu! E comunque avevo in mente di ordinare una pizza, puoi stare tranquilla!»
Di qualità me ne riconoscevo parecchie, ma, tra queste, non c’era di sicuro il saper cucinare! E chi aveva tempo di stare dietro ad una cosa del genere?
«Ok, allora vada per la pizza! Passo a prenderle io. Sarò da te verso le nove. Però sono curiosa... sicura che non devo preoccuparmi?»
«No, tranquilla, ho solo bisogno del consiglio di un’amica! A dopo, ciao!»
Sapevo di poter sempre contare su di lei. Mi sarebbe piaciuto poter lavorare insieme, ma a lei piaceva più l’aspetto finanziario del nostro lavoro, io, invece, lo detestavo. Era in contabilità da più di cinque anni ormai, e aspirava a diventarne la responsabile: diceva che, per fare il mio lavoro, ci voleva troppa fantasia e creatività; lei, invece, si riteneva più pratica e razionale. Proprio quello che ci voleva per me in quel momento.
Verso le otto uscii dall’ufficio e scesi nel parcheggio a prendere la macchina. Scelsi il momento peggiore per farlo, ovviamente. Thomas Parker stava salendo nella sua auto, parcheggiata proprio accanto alla mia: «Tempismo perfetto Alice, come sempre», dissi tra me.
«Ciao Alice!  Finito per oggi?», mi chiese per rompere il ghiaccio, con tono gentile.
«Sì, ci vediamo domani. Buona serata», risposi frettolosamente, mentre m’infilavo nella mia Focus.
Lo guardai dallo specchietto mentre mi allontanavo: era ancora lì, in piedi, e guardava nella mia direzione con aria spaesata.
Se mi avesse ignorato, come facevo io con lui, mi avrebbe reso le cose molto più facili, invece si ostinava ad essere cordiale e gentile appena ne aveva l’occasione, e la cosa mi faceva irritare ancora di più.
 
Il mio appartamento era il mio rifugio. Raramente portavo qualcuno a casa mia. Mary era l’eccezione.
«Allora? Ti decidi a dirmi il motivo di questa cena? Ti vedo agitata più del solito o mi sbaglio?», mi chiese impaziente Mary, dopo il secondo trancio di pizza.
«Si tratta di Tom», ammisi con un velo di amarezza nella voce.
«Chi?»
«Thomas Parker! Il mio nuovo capo!», puntualizzai con tono ironico e pungente. «Non so che fare con lui e, soprattutto, non so come sbarazzarmene! Cerco di ignorarlo, gli rispondo a denti stretti ogni volta che mi chiede qualcosa, ma devo fare di meglio e non so come!»
«Cavolo Alice, stai proprio messa male! Mi dispiace tanto per la tua promozione, lo sai questo, ma come pensi di poter tornare indietro? Il direttore non è uno che cambia idea facilmente, e mi sembra davvero convinto delle capacità di questo tizio!»
«Beh, ma avrà anche lui qualche punto debole, no?» Doveva averne.
«E pensi di scoprirli con questo atteggiamento?»
«Che vuoi dire?»
«Che il modo migliore per sconfiggere un nemico, è farselo amico…o qualcos’altro, visto che il ragazzo non è niente male!», ammise Mary facendomi l’occhiolino.
«Che cosa? Tu sei matta! Dovrei fargli gli occhi dolci come fa Sandy? Neanche per sogno! E poi, se gli piace un tipo come lei, non posso certo interessargli io!»
«Non te lo devi mica sposare! Ma davvero si vede con Sandy? Mille punti in meno al caro Tom!», disse sarcastica. «Bella sarà pure bella, ma che altro ci trovi in una così?»
Certo, cosa poteva trovarci in una donna di trentacinque anni, single, alta, bionda e con una quarta di seno?
«Sesso, Mary, che altro? E mi stai consigliando di fare la stessa cosa?», le chiesi allarmata.
«Ok, rimaniamo sul livello amicizia, anche se tutto quel ben di Dio è davvero un peccato sprecarlo! In ogni modo, quello che volevo dirti è che, se ti dimostri gentile, accondiscendente e anche un po’ simpatica, lui inizierà a fidarsi di te. Solo se gli lavori accanto potrai seguire le sue mosse e anticiparle, studiarlo e approfittare di ogni suo errore.»
Diventare sua amica quindi. La cosa non mi piaceva affatto, ma il piano di Mary sembrava perfetto e aveva ragione su una cosa fondamentale: nella posizione in cui ero ora non sapevo niente, neanche a cosa stesse lavorando o con chi stesse prendendo contatti. Come potevo pensare di ostacolarlo e di riprendermi il posto che mi aspettava di diritto?
«L’idea non mi entusiasma per niente, ma, come sempre, credo che tu abbia ragione. Devo osservarlo da vicino e colpirlo nel momento giusto!», conclusi determinata.
«Che cosa hai in mente di fare?»
«Non saprei! Rubargli le idee migliori e suggerirgliene altre per esempio! Contattare i clienti prima che lo faccia lui, dargli qualche consiglio…sbagliato! Cosette così insomma!», dissi ridendo, con aria innocente.
«Una cosa è certa, Thomas Parker deve sparire!», aggiunsi.
«Poverino, non ha idea di chi si è messo contro! A questo punto direi di fare un brindisi», esordì, alzando il bicchiere della birra. «A Tom, ad una carriera breve e rovinosa alla Spencer Advertising Corporation!»
«A Tom!!»
Ci guardammo con aria complice e seria per pochi istanti e poi scoppiammo a ridere come due bambine!
La decisione era, perciò, presa: da domani avrei avuto un nuovo compagno di giochi!

 

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