Dov'è Betty? [Jughead\Betty]

di carmi15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROMO ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Finalmente è nato! ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** PROMO ***


Ero da Pop. Come sempre, con il mio laptop, stavo cercando di scrivere l’ennesimo libro, quello che mi avrebbe portato fortuna nella vita, ma con le giuste difficoltà. Betty se n’era andata con Charles, voleva arruolarsi nell’FBI. Sono felice per lei, ma so che nel mio profondo egoismo, avrei voluto che restasse. Ci siamo lasciati, e fa male. Non riesco a non pensare che adesso tutto quello che avevamo costruito insieme, tutte le avventure che adesso volevo narrare nella mia collana di libri, restano solo dei ricordi astratti, destinati ad essere un’immagine nella mia mente.

“Continuerò ad amarti, sempre”
“Anche io Jug” mi aveva risposto lei, con gli occhioni blu che si riempivano di lacrime.

Quel ricordo mi fece male come una coltellata allo stomaco e sento le lacrime iniziare riempire le iridi, scorrere dalle palpebre.
“Jug” sentò alle spalle e sobbalzo. Ero così assolto nei miei pensieri che mi ero completamente alienato dal mondo, non sentendo nemmeno i passi della persona che si stava avvicinando a me.
Mi appresto ad asciugare una lacrima che era sfuggita fin sulla guancia e mi giro.
Alle mie palle vedo Veronica, in tutta la sua classe e la sua eleganza, guardarmi fisso. Uno sguardo triste, preoccupato, angosciato.
“Ronny” rispondo, sospirando, mettendomi di nuovo dritto. Lei si stava sedendo di fronte a me.
“Jug” iniziò lei posando la borda di pelle nera sul tavolo bianco “so che stai passando un momento difficile, ma devo parlarti di una cosa, è urgente”
Stavo per dire qualcosa ma mi fermai. Pop si era avvicinato per portare i menù.
Ordinammo i due soliti milk-shake, ed entrambi fissammo Pop allontanarsi sempre di più dalla nostra postazione, e quando fu abbastanza lontano, aprii la bocca per dire qualcosa,ma lei mi fermò.
 
Mi aveva promesso che si sarebbe fatta sentire non appena arriva a San Diego, ma di lei nessuna traccia”
“Jug, Betty è sparita”  disse con fare serio.
Una doccia fredda attraversò tutto il mio corpo. Chiusi il laptop per concentrarmi sulla mia interlocutrice.
“Certo che è sparita” iniziai, irritato “la mia ragazza.. ah no, aspetta, cosa dico” mi corressi “la mia ex ragazza mi ha mollato, per andare ad arruolarsi nell’FBI. E come se già questo non facesse abbastanza male, mi ha lasciato”
Mi leccai le labbra, fermandomi un po nel parlare, la rabbia stava ribollendo nelle vene e il cuore sanguinava “e visto che non si è fatta mancare nulla, sono passate due settimane dalla sua partenza e non si è fatta sentire. Mi ha gettato via come spazzatura, dopo tutto…”
Vidi Veronica trattenere il respiro. Si lasciò andare una mano nei capelli corvini, chiudendo gli occhi.

“Non capisci. E’ sparita”
La frustrazione nella voce di Veronica era palpabile. La cosa mi divertì molto. Non aveva ancora capito.   
“Avrà scaricato te, come ha fatto con me”
Vidi il vido di Veronica contorcersi dalla rabbia, ma non si smosse più di tanto. Era una caratteristica che aveva ereditato da suo padre, senza ombra di dubbio.
“Non ha chiamato nemmeno sua madre”
Fu in quel momento che capii che era successo qualcosa di grave. Betty non avrebbe mai lasciato sua madre in una tale preoccupazione. Non era da lei. Una paura improvvisa attraversò le mie viscere, e mi portai le mani ai capelli. Betty.  La mia Betty. Dovevo trovarla. Ad ogni costo.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Jughead e Veronica stavano andando a casa Cooper. La ragazza aveva sentito già la madre della sua migliore amica per cellulare, ma di quella conversazione si era capito poco e niente. Alice era in stato confusionale e balbettava.
Per tutto il tragitto i due ragazzi non parlavano. C’era una certa tensione nella decappottabile della Lodge, ognuno dei due era assorto nei propri pensieri.
Continuarono a stare nel loro silenzio fino a quando non arrivarono davanti casa dei Cooper. Bussarono alla porta e fece capolino una Alice devastata, ancora in camicia da notte, con i capelli scombinati, completamente trascurata.
“Ragazzi” sospirò, portando una mano alla bocca “ragazzi, siete qui. Forza, entrate”
Jug e Veronica si scambiarono uno sguardo preoccupato.
L’interno della casa era persino peggio delle condizioni della signora Cooper: la cucina era molto sporca, in casa c’era molto disordine, e l’aria era viziatissima, come se la signora non aprisse le finestre da giorni.
I due ragazzi si guardarono intorno, inorriditi e preoccupati. La situazione era molto preoccupante, e devastante.
La ragazza guardò il suo amico: i suoi occhi erano fissi su qualcosa presente sul tappeto del salotto, una macchia rossa. Sangue. Una lacrima solitaria scede dagli occhi del ragazzo, che si affrettò ad asciugare con la mano.
“E’ il sangue di Betty?” domandò con enfasi alla madre della sua ragazza.
“Sì, Jug”  rispose Alice Cooper, cupa, passando di nuovo lo sguardo sulle tazze di tè che stava preparando per i suoi ospiti.
Il ragazzo sentì nuovamente il dolore invaderlo, percuoterlo, distruggerlo dall’interno e strinse forte gli occhi e i pugni. Veronica portò le mani alla bocca e iniziò a piangere rumorosamente “oh mio dio”

Erano seduti tutti intorno al tavolo davanti le bevande quando tornarono a parlare.
“Charles ha fatto delle analisi, e coincide con il sangue di Betty” continuò la mamma “mi aveva detto di pulire per non.. non lo so, non ci riesco, la mia bambina..”
Veronica afferrò il braccio di Alice per darle conforto. Era una situazione tremenda.
“Cosa è successo quel giorno, signora Cooper?” domandò Jughead che si stava torturando le mani.
Lei sospirò, guardò Veronica e poi tornò su di lui “Io quel giorno non ho visto Betty. Era uscita di mattina presto, verso le 8 credo, per andare da Veronica e salutarla”
La corvina annuì “sì, è così”
“Sono rimasta a casa fin verso le 11. Avevo appuntamento con FP alla Riverdale High per un’intervista al preside della scuola...” si passò una mano nei suoi capelli biondi, diventati ormai unti “mi stavo preparando per uscire, e mi serviva il suo rossetto.. quello chiaro che le avevi regalato per il compleanno, Veronica”
Un flebile sorriso apparve sulle labbra delle due donne. Per un secondo.
“Allora sono andata nel suo bagno, sapevo dove lo conservava” gli occhi di Alice erano diventati vitrei “però qualcosa aveva attirato la mia attenzione”
Per qualche minuto ci fu un silenzio assordante. Quella casa ormai era diventata un cumulo di tensione e dolore.
“ Quello era… nel cestino del suo bagno.. era..” guardò Jughead negli occhi e il ragazzo li spalancò “cosa? Cos’era?” domandò stizzito.
Alice sospirò “era un test di gravidanza” spostò lo sguardo su tutti i presenti “positivo”

Ci fu un silenzio tombale. Una gelata invernale era scesa in quella stanza, ma il più sconvolto di tutti era il ragazzo. Veronica lo osservò attentamente iniziare a tremare.
Si alzò di scatto portandosi le mani alla testa “oh mio dio.. oh mio dio..”
Scattò in piedi anche Veronica che si avvicinò a lui ma si fermò quando il ragazzo sferrò un potente calcio al tavolino del salotto. La lastra in vetro si ruppe in mille pezzi in un suono tagliente e distruttivo. L’agitazione del ragazzo era incontrollabile.
“Jug, calmati”
“Calmarmi?! Veronica, CALMARMI?” urlò in preda all’ira “la mia ragazza, la donna che amo è sparita da due settimane! La polizia non riesce ad arrivare a capo, c’è una sua macchia di sangue lì e in più è incinta!”
Veronica aprì la bocca per dire qualcosa, ma la rischiuse. Era senza parole
“Betty porta in grembo mio figlio, MIO FIGLIO, VERONICA!”
Jughead afferrò la poltrona del salotto e la rovesciò, cacciando un urlo.
Le due donne erano lì, spaventate. Lo guardavano, avrebbero voluto fermarlo, ma erano diventate come statue di marmo. Ferme, immobili, in una situazione impossibile da descrivere. Un incubo, che si stava materializzando sotto i loro occhi.
“Se Betty è morta” aggiunse con le lacrime agli occhi, la voce rotta “se lei è morta.. non ho solo perso lei, ma anche mio figlio”
**
“Anchie, dove sei?”
“Veronica, ehi ciao, notizie di Betty?”
“Sì, Archie, ma non sono buone. Sei a casa?”
“Sì, certo, vieni, ti aspetto.”

Quando Veronica e Archie di trovarono nel salotto di casa Andrews, la ragazza sentì nuovamente la tensione che si era avvertita a casa Cooper. Quanto odiava quella sensazione di freddezza.
“Allora, Ronnie, che succede?” chiese il rosso, sedendosi e piagandosi sulle ginocchia, per avvicinarsi di più a lei.
La Lodge iniziò a sentire le mani sudare. Accavallò le gambe e sospirò. Si sentiva come se si stesse lanciando verso un treno in corsa.
“Archie, siamo andati a casa di Betty” iniziò, poi prese fiato “abbiamo visto una macchia di sangue, suo, sul tappeto del salotto”
Veronica vide la faccia di Archie distendersi dallo shock e dallo sgomento.
Stava per bloccarsi nel parlare, ma Archie la invitò a continuare “sua madre non la vede dalla sera prima, e a quanto padre ha scoperto che Betty è incinta del figlio di Jughead”
Archie spalacò gli occhi. Scattò in piedi, e subito dopo lo fece anche Veronica.
“E questo che vuol dire?” domandò lui con enfasi, alzando la voce “è sparita.. è morta? Doveva arrivare dall’FBI, cosa diavolo è successo?!”
“A quanto pare non ci è mai arrivata, Archie. Charles non ha sue notizie dal giorno prima della sua scomparsa.”
il sudore iniziò a scorrere dal corpo di Archie, una fremito di rabbia scosse i suoi muscoli, anche i più piccoli. Avrebbe voluto spaccare tutto.
“Quindi.. oh mio dio. Lei.. oh mio dio, lei deve essere ritrovata. Porta in grembo il figlio di Jughead”
“Lo so, Archie, lo so. Anche lui è molto…” si fermò un attimo “scosso..”
“Lui lo sa?”
“sì..”
“E ora dov’è?”
“Da suo padre.. ha detto che doveva andare a parlare con lui”
“Dobbiamo raggiungerlo, Jug non può stare da solo, Ronnie”.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Quando Jughead entrò nell’ufficio di suo padre sembrava una furia. Quando si sbatté dietro le sue spalle la porta, il vetro incastonato in questa iniziò a vibrare, e con esso anche la scritta SCERIFFO. FP saltò dalla sedia, mentre guardava stranito suo figlio.
“Jughead?” sembrava confuso.
Il ragazzo si portò una mano sulle labbra e strinse forte “papà” disse a denti stretti “betty”

FP aggrottò le sopracciglia “ragazzo, stiamo indagando.. la troveremo al più presto. Non agitarti, il sangue rinvenuto nel salotto non vuol dire per forza omicidio… noi stiamo..”
Suo padre smise di parlare quando vide che il ragazzo si accasciò sulla sedia difronte alla sua scrivania e iniziò a piangere copiosamente.
Sapeva che Betty e Jughead erano legati da qualcosa di unico, sapeva quanto suo figlio ci tenesse a quella ragazza. E sapeva anche che si erano mollati perché Betty doveva partire a San Diego e arruolarsi nell’FBI.
Ma non aveva mai visto suo figlio piangere.
Non aveva pianto nemmeno quando a 4 anni era salito di nascosto sulla sua moto, spenta, e l’aveva fatta capovolgere. Ricordava sua madre urlare quando vide Jughead schiacciato dalla moto, ma tutto quello che disse fu “mi date un aiutino?”
Ma ora, lì, in quella stanza, lo vide debole. Molto debole, fragile.
Gli si strinse il cuore e si avvicinò a lui, poggiandogli una mano sulla spalla “figliolo, so quanto ci tieni a Betty e stiamo facendo tutto il possibile per.. trovarla. Ma sai meglio di me che quella ragazza è una tipa in gamba”
“Papà..” singhiozzò Jug “Papà.. Betty ora è debole. Lei è incinta”
Tolse le mani dagli occhi e osservò suo padre guardarlo con gli occhi sgranati. Anche il suo labbro inferiore tremò.
“Non.. non mi è stato detto nulla.” La sua voce tremava.
“Nemmeno io papà, non l’avrei lasciata andare se avessi saputo..” il ragazzo si bloccò “me l’ha detto la signora Cooper, sono andato a trovarla”

Rimasero entrambi in silenzio, per qualche minuto.
Poi finalmente FP parlò “se è così, dobbiamo trovarla il prima possibile”
Annuì con la testa, più per convincere sé stesso che Jughead.
Guardò nuovamente suo figlio “va a farti una doccia, riposa. Chiamerò i Serpents, loro ci daranno una mano. Non volevo coinvolgerli, ma ora è inevitabile.”
“Betty non fa più parte dei Serpents” ricordò il ragazzo
“Lei forse no.. “ iniziò lo sceriffo “ma il bambino.. il tuo bambino.. sì”

**
“Archie, tutto questo non mi torna. Charles per me, sa qualcosa”
“Ronnie, ma cosa dici?”
“Chiamalo sesto senso femminile, chiamalo come vuoi.. ma per me, qualcosa non torna”
“Ronnie, Charles è un federale, non potrebbe mai fare del male..”
La ragazza si fermò con l’auto. Era alla roulotte di Jughead. Anchie lo aveva chiamato preoccupato, e con un atteggiamento piatto aveva risposto che sarebbe andato a fare una doccia a casa.
La corvina guardò il suo ragazzo, ammiccando con lo guardo, e gli schiccò un sonoro bacio sulla bocca.
“Vai da Jug, Archie-bello” disse con voce pimpante “io vado a cercare prove”
Archie aggrottò le sopracciglia “Ronnie.. non voglio..”
“Starò attenta, baby. Stai con Jug, ha bisogno di te. E Betty, di me”

Si salutarono con un altro bacio, più passionale e Archie si diresse verso casa di Jughead.
Bussò alla porta, ma non rispose nessuno. Insistette, più volte, fino a quando un ragazzo con un asciugamano in vita gli aprì.
Si guardarono senza dire nulla. Jughead rientrò lasciando la porta aperta, segno che il rosso poteva entrare.
All’interno la roulotte sembrava come sempre, solo… molto più disordinata. Archie si guardò intorno ancora un po, e notò un mobile della cucina penzolante, con una macchia di sangue al centro.
“Vado a mettermi qualcosa addosso, serviti pure” disse il Jones, indicando il mini frigo.
Archie sapeva che lì c’era della birra. Molta birra.
Lo aprì e rimase interdetto: era pieno di... vodka?
Afferrò una bottiglia, e la guardò. Sospirò. Non c’era solo quella, ma anche alcolici molto più pesanti.
“Jug?” lo richiamò Archie
“Mh?” rispose il ragazzo distrattamente
“Hai incominciato a bere?”
“Ha importanza?”
Archie sentì un’andata di rabbia “certo amico. Dovresti cercare Betty, in lungo e in largo, non intossicarti con questo schifo”
 Il Jones puntò dalla sua stanza e si avvicinò ad Archie, minacciosamente. “Provaci tu. Provaci tu e renditi conto di quanto sia difficile. Perdere la ragazza che ami. Trovare nel suo salotto un macchia col suo sangue”
Jughead strizzò gli occhi “sapere da tuo padre che la polizia ha setacciato tutta Riverdale, ma niente”
Ma sapeva anche che lui era un combattivo, uno che non si arrendeva, uno che lottava per ciò che amava. Jughead aveva avuto poco nella sua vita, e quel poco spesso lo aveva perso.
“Amico, non è da te. Non è proprio da te tutto questo. So quanto hai sofferto, ci conosciamo dall’asilo.. ma intossicandoti così non aiuti Betty”  disse alzando la bottiglia di vodka a limone “e non aiuti tuo figlio”.
A quelle prole, vide gli occhi di Jug riempirsi di lacrime. Lo abbracciò forte, fortissimo. Il ragazzo si tolse il suo iconico berretto e lo lasciò cadere a terra, spingendo la sua testa nell’incavo della spalla di Archie, e urlò forte. Urlò tutto il dolore che aveva dentro. Quando Betty lo aveva lasciato, quando pensava che fosse partita, quando credeva che si era dimenticata di lui, quando Veronica gli aveva detto che era scomparsa, quando la signora Cooper le aveva detto che aspettava suo figlio.
Anche dagli occhi di Archie iniziarono a scendere copiose lacrime, e strinse ancor di più il suo amico.
“Ce la farai Jug, ne sono sicuro” mormorò il rosso “Betty tornerà da te, lei e il vostro bambino”
“Sarai un padre meraviglioso, sarai il padre che tutti vorrebbero. Ne sono certo”
“Ne sono certa anche io” una voce fece capolino nella stanza, e la mora di bloccò
Osservava entrambi i ragazzi rossi in viso e con le guance bagnate dalle lacrime.
“Ragazzi..”
Jughead si asciugò velocemente le lacrime “non preoccuparti Ronnie, grazie per essere venuta”
“Ringraziami più tardi” disse la ragazza, entusiasta “guarda qui”
Cacciò dalla borsa una foto… e un test di gravidanza.
la foto raffigurava Betty. Era a terra, in ginocchio. Sembrava svenuta. Era sostenuta da una persona con una maschera, una maschera bianca tipo passamontagna. Sul retro della foto, vi era scritto “è viva, lo sarà fino al momento giusto”. Il test era di Betty, la foto anche.
“Oh mio dio” mormorò Archie
“Dove li hai trovati?”
Veronica fece un sorrisetto “Nell’ufficio di Charles”.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


“Ero certa che qualcosa era strano. Charles c’entra qualcosa”
Erano a casa Cooper. Veronica, Archie e Jughead erano andati dritti verso casa di Betty per portare le prove davanti al naso dello Sceriffo.
Sceriffo che viveva lì, appunto.
Il padre di Jughead guardava quei referti e li studiava per bene, grattandosi la barda sul mento. Sospirò.
Mentre da altro canto, Alice sembrava troppo scioccata per poter dire o fare qualcosa, persino per provare qualsiasi tipo di emozione.
“Cosa stiamo aspettando? Papà, Charles sa qualcosa, vallo a prenderlo e mettiamolo sotto interrogatorio!” sbraitò il ragazzo dal cappello grigio, spazientito dal silenzio e l’esitazione di suo padre.
“Sono con Jug, Sceriffo Jones. Se vogliamo trovare Betty sana e salva, dobbiamo muoverci al più presto” aggiunse Archie, per rafforzare il pensiero del suo amico.
F.P. guardò prima i ragazzi, poi Alice. Successivamente si soffermò sulla figura di Veronica, avvolta nel suo mantello firmato Chanel che lo guardava con occhi agguerriti, come quelli di tutti e tre i ragazzi.
“Veronica” iniziò F.P. dal canto suo “apprezzo tanto quello che hai fatto, sia per Jughead, che per Betty…” l’uomo chiuse gli occhi come se fosse stato attraversato da una fitta di dolore “ma non posso ammettere pubblicamente che tu, ti sei infiltrata in un ufficio federale, hai sottratto degli oggetti personali a Charles..”
“OGGETTI PERSONALI?” urlò Jughead “Non sapevo che Charles possa rimanere incinto, papà” sibilò rabbioso.
Suo padre lo guardò con sguardo duro “erano in sua custodia! Certo, E’ ambiguo che lui possegga queste cose, senza averle dichiarate visto che c’è un caso aperto su Betty Cooper, ma ciò non toglie che voi, ragazzi, anzi… per la precisione, tu Veronica, hai commesso violazione di proprietà privata, con aggravante per proprietà federale”
Veronica si portò le mani alla faccia e ci nascose il viso dentro. Tutto il suo corpo era invaso da un senso di malessere, delusione, sconfitta.
Guardò Jughead, ma lui era attento su quei referti. Cosa potevano fare, adesso? Era finita? E se Charles era immischiato in questo? Come avrebbero dovuto smascherarlo?
“Quindi.. questo, è tutto inutile?” sussurrò la Lodge.
F.P. sospirò ancora “no. Non del tutto. Ma fin quando non capiamo quello che succede, non possiamo accusare Charles di nulla”
Tutti e tre fecero un gesto di esasperazione, come se fosse stato un grido interiore.
“Non posso mandare Veronica in galera!”
“Ragazzi F.P. ha ragione” la voce flebile della signora Cooper riecheggiò per tutta la stanza, guadagnandosi l’attenzione di tutti “se davvero Charles le ha fatto qualcosa, lo scopriremo. E giuro di Dio che me la pagherà cara. Ma dobbiamo pensare anche alla vostra di incolumità. Veronica, so che non ci metteresti niente a pagare la tua cauzione, nel caso ti gettassi nelle fauci della legge. Ma la tua reputazione? Pensaci.”
I tre acconsentirono, seppur riluttanti. Si era fatto molto tardi, quindi si congedarono da Casa Cooper. Tranne Jughead.
Gli avevano chiesto di restare, di riposare. Ma lui sapeva che era un modo per tenerlo sotto controllo. Per evitare che facessero sciocchezze. O forse, cosa che lui avrebbe apprezzato molto di più, magari volevano solo stargli vicino.
Gli offrirono camera di Betty per dormire la notte.
Il ragazzo ammetteva che era un dolore al cuore stare nel letto in cui avevano dormito insieme per notti intere, dove avevano tante volte fatto l’amore.
“Jughead..” mormorò Betty quando il ragazzo prese in bocca un suo seno, e iniziò a succhiarlo con dolcezza
“Ti amo” gemette il ragazzo, dentro di lei, muovendosi dentro di lei con sempre più veemenza, facendo crescere il piacere di entrambi.
Quando finiscono, Jug si accasciò su di lei, senza pesarle, per riprendere fiato. Iniziò poi a sentire Betty singhiozzare. Stava piangendo.
“Ehi, ehi” mormorò lui, alzandosi leggermente per guardarla in volto “tutto okay?”
“Sì” rispose lei, prontamente “sono felice, sono solo molto felice”
il ragazzo sorrise, beandosi di quelle parole “ti amo, Betty” sussurrò prima di stamparle un bacio appassionato.

Jughead tornò alla realtà. Doveva essere successo quel giorno. Era stata l’ultima volta che erano stati insieme, dopo giorni, da quando lei gli aveva detto di aver baciato Archie.
Un’altra fitta al cuore arrivò in pieno petto, con anche la sensazione orribile del pianto. Combatté per ricacciarla indietro.
Si svestì e si accucciò sotto le coperte. Sentiva quelle lenzuola ancora intrise dell’odore dolce e floreale di Betty. Chiuse gli occhi, sperando questa volta di sognarla, per stare con lei almeno nei sogni. E mentre si gettava nelle braccia di Morfeo, si augurò con tutto il cuore che stesse bene.

**


“Veronica, devi farmi un favore”
Erano le 9 del mattino e Jughead aveva chiamato Veronica perché doveva raccontarle quello che i Serpents gli avevano riferito. Subito.
“Chiama anche Archie, è urgente. Andiamo a fare colazione da Pop’s”
Non era stato per niente esaustivo al telefono, ma dal suo tono di voce si era capito che c’erano novità.
Per questo si ritrovarono tutti e 3 da Pop’s, davanti ad un milk-shake al cioccolato e due a vaniglia. La tensione di tagliava con un coltello.
“Veronica, mio padre ha coinvolto i Serpents, dato che il bambino di Betty, essendo mio figlio.. e io essendo il loro re.. “ gesticolò con la mano, facendo intendere che neanche lui avesse appreso bene il significato di quello che stava per dire loro “quel bambino è un Serpents, di nascita, e quindi sotto la loro protezione”
Archie e Veronica corrucciarono la faccia, ma annuirono con un cenno della testa, constatando la loro comprensione.
“Loro hanno scoperto che c’è un collegamento con Betty e Hiram, Veronica..”
“Aspetta, cosa?” lo bloccò la Lodge.
La sensazione di vuoto. Di sbaglio. Suo padre, di nuovo. Che faceva del male alle persone che amava, di nuovo. Ma come era possibile, cosa c’entrava Betty con suo padre? Era assurdo.
“Non ci posso credere” mormorò Archie, stringendo i pugni per la rabbia.
Jug si leccò le labbra divenute secche, e senza aggiungere altro unì le mani per poggiarci le labbra sopra. Era troppo. Aveva avuto a che fare con serial killer, stramboidi che voleva ucciderlo, un padre alcolizzato e una madre trafficatrice di droghe. Ma questo, beh questo era troppo anche per lui.
“Come fai a saperlo?! La fonte è attendibile?”
“I Serpents hanno pestato questo tizio del SouthSide, lo hanno mandato in coma” raccontò lui con gli occhi velati, vuoti “hanno detto che Hiram Lodge aveva pagato una persona per rapire e uccidere Betty, per toglierla di mezzo”
“Sì, ma perché?!” ruggì rabbioso Archie
“Perché dava fastidio. Lodge è un criminale, no?! E Betty cosa faceva?”
Gli occhi dei due fidanzati si illuminarono di una luce di genio “svelava i casi.. faceva salire il marcio sopra” sussurrò Veronica, più a sé stessa che agli altri.
“Non vi sembra un movente, questo?”
Ci fu un silenzio, anche un po’ imbarazzante dato dalla presenza di Veronica. Già suo padre aveva cercato di uccidere Archie in passato, lo aveva pedinato fino allo strenuo delle forze.
Ma qui, la faccenda era molto più grave. Qui si parlava di una ragazza incinta.
“Ma noi sappiamo che non l’ha uccisa, che dovevano aspettare il momento opportuno, giusto?” ricordò il rosso, citando quello che c’era scritto dietro la foto.
“Il momento opportuno..” iniziò Jughead
“Il parto. Il momento opportuno è il parto, ecco qual è. Il rapitore sa che Betty è incinta.” disse Veronica, dalla sua voce usciva panico come se piovesse.
Jughead annuì con occhi rabbiosi, preoccupati. Decisi.
“Ora, sono due le cose. Una positiva e una negativa” aggiunse, succhiando dalla cannuccia un po’ del suo frullato al cioccolato “la prima, è che Betty è più o meno la sicuro per circa altri 7 mesi e mezzo”
Posò il bicchiere sulla lastra di marmo che componeva il tavolo di Pop’s “la cosa negativa, è che per tenerla in vita fino al parto.. beh.. qualcuno vuole prendersi mio figlio”.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Veronica stava analizzando ogni singolo centimetro dell’ufficio di suo padre, ma nulla. Non c’era neanche uno straccio di documento che ricollegava suo padre a Charles, né tantomeno prove di altro genere.
Stava per arrendersi quando si accasciò sulla poltroncina, di fronte al camino. Era spento, faceva caldo.
Suo padre era andato via per un viaggio d’affari. Così aveva detto, un paio di settimane prima. Lei aveva chiesto di occuparsi delle sue faccende a Riverdale mentre sarebbe stato via, ma aveva rifiutato.
Come sempre. Poteva nascondere qualcosa? Mh, difficile. O forse no. Stava di fatto che suo padre voleva tenerla sempre allo scuro dei suoi affari, nonostante gli amministratori delegati della Lodge Industries fossero due: lui, e lei. Ma come aveva specificato varie volte, era solo un nome su un foglio di carta. Un’immagine.
Sospirò, esasperata. E si chiese come stesse la sua Betty. La sua B. la sua migliore amica.
Le mancava così tanto, erano passati due mesi e ancora nulla.
F.P. aveva interrogato Charles, ma senza risultato.
Aveva sostenuto che essendo un federale ed essendo Betty la sua sorellastra, aveva indagato per conto suo.
La foto, beh aveva dichiarato che era stata mandata in forma anonima, e che era sotto custodia dell’FBI.  Jughead si era offerto di prendersi la colpa per aver frugato nel suo ufficio, ed aveva funzionato. Forse per uno strano accordo di perdono tra fratellastri.
I pensieri della Lodge vennero interrotti dall’apparire della sua bellissima madre “Ronnie?”
Hermione si guardava intorno, e osservava il casino che sua figlia aveva creato in quell’ufficio.
Veronica la guardò con la coda dell’occhio, poi sospirò “posso capire una cosa, mamma?”
La donna ancora incredula fece dei passi nella stanza “cosa, Veronica?”
La ragazza si leccò le labbra facendo diventare lucido il suo rossetto matte viola “ perché ogni volta che succede qualcosa di brutto in questa città, c’entra sempre papà?”
“Se parli di Betty, io..”
“I Serpents sono a conoscenza del fatto che c’è un collegamento con la sparizione di Betty e papà, ma non ha saputo dire altro.”
Hermione si sedette sulla poltrona al fianco di quella di sua figlia, le mise una mano sulla spalla “mija, credi davvero che tuo padre possa fare una cosa del genere aduna ragazzina adolescente?”
Veronica di girò a guardarla con occhi duri, ma che si stavano riempiendo di lacrime “sì, mamma”
la ragazza singhiozzò ancora “non c’è da scherzare, se sai qualcosa.. qualsiasi cosa..” fece ancora un’altra pausa per prendere fiato “Betty aspetta un bambino, mamma. Il bambino di Jughead. Ha bisogno di cure, di dottori, di vitamine…”
“Ronnie, lo so. Mi ha chiamata Alice”
“Che cosa?”
“Sì, è disperata. E’ preoccupata per Betty, ma soprattutto per la sua creatura”
Veronica si asciugò una lacrima dal volto “allora se sai qualcosa.. qualsiasi cosa.. mamma, ti prego…”
Hermione la bloccò. “Ronnie, giuro che non ne so nulla. Ti do la mia parola.”
“Ma allora perché quel delinquente…?”
“Avrà confessato questo perché voleva che la smettessero di pestarlo, tutto qua”
Veronica annuì. Ma non le credeva. Non le credeva affatto. Suo padre era il killer della città, la mente, che lasciava fare a tutti il lavoro sporco. Mentre lui restava lì a casa, sulla sua poltrona dorata, a sorseggiare Martini. Ma lei, avrebbe capovolto quella poltrona.
 
**

A tavola, a casa Cooper, nessuno stava realmente mangiando. Si fingeva, come da giorni. Mesi, ormai.
Non che quello che aveva cucinato Alice non fosse delizioso, aveva un aspetto più che invitante. In genere aveva una fame da lupi Jughead, ma stavolta era andata via. Via per davvero.
Quella casa era vuota, triste. Fredda.
Il silenzio si interruppe quando Alice fece cadere atterra un bicchiere di vetro, rosso come la macchia di sangue che aveva lavato lui stesso dal salotto.
Essere in una casa era niente male, ma doveva essere cancellato quel sangue. Ormai divenuto rancido.
Ormai, un ultimo ricordo di Betty, doloroso, che doveva essere estirpato.
Cercò di lavare via quella macchia come il suo dolore, strofinando con forza, con veemenza, con rabbia.
La macchia andò via, il dolore no.  Quello era lì, come un fardello pesante.
Sapeva che Charles e Hiram c’entravano, avevano anche intuito il perché. Ma non potevano accusare, né tanto meno sapevano dove Betty fosse.
E quello bruciava, bruciava come il fuoco sulla pelle.
“Dio mio” uscì dalla bocca di Alice “Ma come è potuto succedere?”
E’ da mesi che ti tremano le mani voleva dire Jughead, ma optò per il silenzio, aiutandola con i cocci.
“Non so cosa mi prende” aggiunse dopo la donna, sedendosi al tavolo e tenendosi con la mano la testa.
“Boh, forse che la mia ragazza incinta, è sparita da più di due mesi”
il silenzio ripiombò nella stanza, violento. Alice e F.P. sgranarono gli occhi.
Non si parlava più di quello da molto. Suo padre teneva le informazioni per sé a lavoro (pochissime, quasi nulla), mentre la Signora Cooper odiava anche solo sentire le parole Betty o bambino, si sfogava facendo dolci. Ma che quasi sempre andavano nella pattumiera, perché in quella casa si mangiava poco. O niente. L’appetito era sparito.
Ma quella volta, lei si fece coraggio. Parlò.
“Jug, a proposito di questo, vorrei farti una domanda”
Jughead sentì un macigno caderle sulle spalle “mi dica”
“Tu.. tu sai, visto che insomma sei il padre del bambino” iniziò titubante
“Alice” cercò di bloccarla F.B.
“Papà, sono un uomo, posso rispondere per me, grazie” lo interruppe subito il ragazzo “continui”
Alice riprese fiato “tu sai quando.. o almeno sai quando avete concepito, giusto?”
Jughead guardò entrambi gli adulti seduti a quel tavolo, posi annuì. “Certo.”
“quando Betty è sparita era incinta di circa due mesi e mezzo. L’ho capito, ripensando che era strana in quel periodo. Aveva nausea, le dava fastidio l’odore dei frullati di Pop’s. Ma lei mi diceva che era tutto okay, che era solo un periodo. Non sono un grande esperto di corpi femminili e gravidanze, quindi le ho creduto. Assumeva la pillola, le sue cose non le erano mancate in nessun mese. Ma parlando con l’infermiera della scuola, dicendo che era una mia curiosità, ho scoperto che quelle pillole possono causare false perdite. Che vengono scambiate per altro. Facendo un calcolo, dovrebbe essere adesso di circa 4 mesi e mezzo.”
Alice stava trattenendo il fiato, come F.P.
“Dovrebbe iniziare…”
“a vedersi la pancia..” continuò Jughead.
Gli occhi azzurrissimi di Alice si riempirono di lacrime, e annuì con amarezza.
Il ragazzo vide che anche suo padre aveva gli occhi lucidi, e questo fece molto male al cuore di suo figlio. Un padre che non era riuscito ad essere un capofamiglia come si deve. Che voleva redimersi, che stava per diventare un nonno. Ma che molto probabilmente non avrebbe mai abbracciato suo nipote.
“Ma se posso aggiungere altro signora Cooper” mormorò Jughead “quel bambino sta salvando la vita di Betty. La stanno tenendo viva solo perché incinta, e ha guadagnato tempo. E quel tempo, dobbiamo sfruttarlo al meglio per salvarla. L’ho capito da quella foto trovata dell’ufficio di Charles”

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Finalmente è nato! ***


Ottavo mese.
O meglio, otto mesi e mezzo per la precisione.
Questo era quello a cui pensava Jughead, mentre guardava il calendario.
Erano passati 6 mesi, e di Betty nessuna traccia. Charles era stato persino preso in custodia dalla polizia, ma era stato rilasciato per mancanza di prove schiaccianti.
Aveva fallito. Jughead aveva fallito nella cosa che amava più fare: risolvere casi.  Potare le persone sane e salve a casa, fare giustizia per quelle che non c’erano più.
Ma aveva fallito, sulla cosa più importante della sua vita: Betty.
Si era capito, un altro paio di settimane e Betty avrebbe dato alla luce suo figlio, poi sarebbe stata giustiziata. E il suo bambino, chissà che fine avrebbe fatto. Era finita. Per davvero.
Le lacrime iniziarono a scendere copiose sulle due guance bianche.
Sentiva una strana sensazione, orribile, come se una parte di lui stesse chiedendo aiuto a squarcia gola. Ma da cosa, esattamente?
Semplice pensò da te stesso.
Iniziò a sentire nuovamente del desiderio, sepolto per anni e anni nel suo io più profondo. Nella sua sofferenza più profonda.
Chiuse gli occhi e sentì nuovamente i suoi genitori urlare, litigare, lanciarsi oggetti. Lui era piccolo, si era accucciato in bagno per proteggersi da tutto quell’orrore, quando i suoi occhi si posarono su un oggetto bianco, poggiato sul lavandino.
Era il rasoio di suo padre. Lo prese in mano e lo esaminò a fondo. Era di quelli che potevi smontare, per cambiare la lametta.
Quando il bimbo si ritrovò quel sottile pezzo di alluminio in mano, la sua mente iniziò a viaggiare. Come sarebbe stato se si fosse fatto del male fisico, per dimenticarsi anche solo per un istante di quello emotivo?
CI provò. Tagliò la pelle facendo molta pressione, troppa probabilmente, perché il sangue schizzò ovunque.
L’ultima cosa che ricordava, era un urlo di sua madre. Non lo rifece mai più.
Ma dopo aver sperimentato quella sensazione di evasione, di distrazione, Jughead per tutta la vita portò una lametta da rasoio sempre con lui, ben nascosta nella cover del suo telefono, sempre con lui.
Jughead non ancora sapeva che lì, quattordici anni dopo, lo avrebbe rifatto, nella stanza di Betty.
O almeno, ci provò, perché suo padre lo bloccò immediatamente, scagliandosi contro di lui e strappandogli la lama dalle mani.
F.P. aveva ben a mente quel giorno, di quattordici anni prima.
“MA CHE DIAVOLO STAI FACENDO?!”
La voce di suo padre somigliava a quella di un cane rabbioso, gli occhi sembra che gli fossero usciti fuori dalle orbite, il viso era rosso come il fuoco.
Jughead lo sfidò con lo sguardo, pronto a combattere, ma sentì le forze mancargli. Non ce la faceva.
Non riusciva ad uscire una singola parola dalla sua bocca.
F.P. si cacciò la lametta nel giacchino di sceriffo “mi hai deluso, questo non è mio figlio” mormorò sprezzante “chiamerò Archie, ti terrà sotto stretta osservazione. Io vado a lavoro.”
Come promesso, il suo migliore amici di infanzia arrivò lì. E a giudicare dalla sua espressione, suo padre gli aveva raccontato tutto. Per filo e per segno.
Era steso sul letto di Betty quando Archie fece la sua entrata. Lo guardò con occhi preoccupati, ma Jughead non ci fece caso. Erano mesi ormai che tutti lo guardavano con quegli occhi da commiserazione. Ci aveva fatto l’abitudine.
“Jug”
“Non iniziare  fare la ramanzina del non-suicidio, perché davvero..”
“No, non è per questo. E’ soltanto che ti credevo una persona diversa… sei o non sei un Serpent?”
Jughead si mise a sedere. “Ma perché tutti hanno la concezione che i Serpents non hanno sentimenti?”
Archie sospirò sedendosi su un pouff.
“Non sto dicendo questo, sto dicendo che il Jughead che conosco dimostrerebbe più coraggio, determinazione. Non cercherebbe di tagliarsi le vene”
“NON STAVO CERCANDO DI UCCIDERMI” sbraitò Jughead “era solo un modo… un modo che ho scoperto da piccolo per fermare il dolore, quello nel cuore, anche solo un po”
“Beh amico sai cosa ti dico? Che il tuo metodo fa schifo e fa soffrire le persone che ami”
Il Jones stava per dire qualcosa, ma lo squillo del cellulare lo bloccò. Guardò lo schermo: VERONICA.
Rispose subito, e Archie lo vide fare una faccia confusa.
“V, parla piano, non capisco”
Dopo qualche secondo il viso di Jughead si distese per lo stupore, lo shock.. e granò gli occhi.
“Che diavolo succede?” domandò Archie.
Jughead lo guardò “Dobbiamo sbrigarci, Ronnie ha scoperto dove si trova Betty. Ci ha assicurato che è viva”

**
 
Correvano.. Correvano a più non posso.
Il fuoco ardeva nel petto di Jughead e Archie. Le indicazioni di Veronica non erano state molto chiare, c’erano tanti buchi da tappare. Ma una cosa era sicura. Betty era al Cottage di Hermione.
La boscaglia di faceva meno fitta, e iniziarono a scorgere l’abitazione nei pressi dello Sweet Water.
Eccolo lì, il cottege. Eccola lì, Betty.
Archie e Jughead si scambiarono uno sguardo. L’adrenalina scorreva nelle loro vene.
Un urlo. Un urlo ben preciso, anche se ovattato, arrivò alle orecchie di Jughead.
“Oh mio dio, Betty!” sbottò Archie.
Iniziarono a correre verso la discesa che portava all’ingresso dell’abitazione.
I ragazzi si abbassarono, appena sotto le finestre per non farsi scorgere da chi vi era dentro.
Quando alzarono leggermente il capo, per sbirciare all’inferno, gli si gelò il sangue nelle vene: vi era un ampio letto, con su una Betty sofferente, con un grande pancione. Con lei, Chic.
Si guardarono ancora una volta “Che diavolo ci fa qui Chic? Non era in prigione?!”
“Si, quella di Hiram” rispose Jughead con una velo di rassegnazione nella voce.
Ma la cosa più scandalosa arrivò dopo: videro Chic alzare la maglia di Betty fino a scoprirle tutta la pancia. Aveva preso una lama, tipo un bisturi da una cassettina di legno.
“No, ti prego, ucciderai anche il bambino così” Betty stava piangendo. Era terrorizzata, aveva le mani legate “ti prego Chic, ti prego.. non farmi questo”
Un urlo. Raggelante. Quasi disumano. Uscì dalla bocca di Betty quando quel maniaco, non curante delle sue parole, iniziò ad incidere il ventre.
“Mi hai stancato, Elizabeth.” Disse Chic, con una freddezza paurosa “ci stai mettendo troppo per far nascere il mio bambino”
Ancora urla quando continuò ad incidere, e Archie e Jug videro il sangue schizzare copioso sul letto.
Il Jones era bloccato: era scandaloso quello che stava succedendo sotto i suoi occhi, una vera e propria tortura. Il forte dolore gli stava facendo bloccare gli arti, tutto il corpo, persino i pensieri.
Ma neanche a pensarci, Archie era già scattato. Aveva sfondato la porta di ingresso.
“FERMATI IMMEDIATAMENTE O GIURO CHE TI AMMAZZO!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Teneva puntato verso Chic il fucila da caccia che aveva acquistato tempo prima sotto consiglio di Dilton. Non avrebbe mai immaginato che lo avrebbe usato in quel contesto.
Vide Betty alzarsi in maniera flebile e goffa “Archie.. no.. va via!” sussurrò con poco fiato.  Si stava lamentando. Stava soffrendo.
“No, Archie, resta” disse invece Chic, con una voce spaventosamente fredda, sorridendo leggermente. Il biondo si alzò lentamente dal letto in cui si trovava Betty, e prese la pistola che era sul comodino, puntandola sul rosso.
Le mani di Archie tremavano, ma non aveva in mente di abbassare la guardia. Era lì per Betty, ci sarebbe stato fino alla fine.
“Se vuoi assistere alla nascita del mio bambino…”
“QUELLO NON E’ IL TUO BAMBINO, SPORCO MANIACO! E’ DI BETTY E JUGHEAD!”
Chic rise “no, non è di Jughead. Se fosse stato dello strambo, non sarebbe qui, non credi?”
Archie sospirò. Le mani gli stavano tremando, e ora anche sudando.
“Non sarà mica suo?” domandò ironicamente a Betty “E’ importante che sia del Jones. E’ il mio bambino”
“MA A CHE RAZZA DI GIOCO MACABRO STAI GIOCANDO?!” Archie era fuori di sé
Poi, tre spari.
Archie chiuse gli occhi, sentì Betty urlare. Non li riaprì fino a che non sentì altro che il silenzio, e qualche mugolio di Betty.
Jughead era entrato dalla porta sul retro, e aveva sparato a Chic.
“Dardi soporiferi, dormirà per almeno 9 ore con questa dose”
Il petto di Jughead andava su e giù in maniera frenetica.
Un lamento di Betty gli fece girare la testa. Era zuppa di sangue, stava malissimo. Era molto magra, aveva viso scavato dalla fame e occhiaie pronunciate. Stava perdendo molto sangue dalla ferita sul pancione.
“Betty, amore mio, betty… sono qui!”
“Jug..” mormorò
Archie accorse in aiuto, si tolse la maglietta di cotone e la usò per tamponare la ferita.
“Adesso chiamiamo i soccorsi, Betty, resisti.. ti prego resisti” mormorò Jughead tra le lacrime, afferrando il cellulare dalla tasca, sporcandolo del sangue della sua Betty.
Archie premeva forte sulla ferita, ma questo non faceva altro che provocare dolore a Betty.
Un altro urlo, un urlo intenso. “Betty, tutto bene? Che succede, E’ per l’incisione?”
Sotto gli occhi stupiti di Jughead e Archie, la ragazza si sfilò gli slip. Archie girò la testa verso la testata del letto.
Jughead stava per dire qualcosa, ma si fermò quando fu la bionda a parlare “credo che sia arrivato il momento. Sento che devo spingere, Jug”
I due ragazzi strabuzzarono gli occhi, guardandosi a vicenda.
Un’ondata di panico prese il sopravvento. “Okay, Betty, okay” deglutì Jughead “ti aiutiamo noi”
“CHE COSA?” sbraitò Archie “Jug, non sappiamo far nascere un bambino! Deve andare in ospedale!”
“E’ tardi Archi…AAAAH!” urlò ancora una volta.
“Spingi Betty, spingi”
Ad ogni spinta, anche Archie doveva fare pressione sul ventre, per bloccare l’emorragia.
Il fisico di Betty era sotto uno stress troppo forte, si vedeva. Jughead era preoccupato. Puoi farcela, ti prego, resisti le diceva mentalmente.
Guardava, piano piano, scorgersi la testa di suo figlio. Sorrise “Sei bravissima Betty, vedo la testa!”
Un rumore li fece sobbalzare, la porta. “Oh mio dio” furono felici di sentire che era la voce di Veronica.
Betty urlò ancora una volta. Spinse ancora una volta.
Archie urlò a Veronica di chiamare i soccorsi, smuovendola dal guardare il corpo addormentato di Chic sul tappeto ai piedi del letto.
“Betty, ancora una spinta, ci siamo!” urlò entusiasta Jughead. Betty fece come gli era stato detto, e Jughead afferrò il bambino.
Le lacrime iniziarono ad invadere le gote di Archie e Jughead, il pianto del bambino riecheggiò per tutto il cottage, scaldando il cuore dei presenti.
Maschio. Un bambino. Il loro bambino.
“Oh mio dio Betty, pensavo di non vedere mai questo giorno..” mormorò tra le lacrime, accucciando il bambino vicino la sua mamma.
“Jug.. voglio che si chiami come te” sibilò lentamente, con le poche forze che aveva.
Il sorriso del Jones si spense quando vide Betty che cercava di chiudere gli occhi. “No, no, Betty resta sveglia..”
“Sta perdendo troppo sangue Jug”
“Tagliamo il cordone, prendi la mia giacca dei Bulldogs, avvolgi lì il bimbo” sentenziò Archie.
Con un gesto deciso, Jughead tagliò il cordone che legava mamma e figlio.
Aveva tanta paura. Paura di perdere di nuovo Betty, la donna che amava.
“SONO ARRIVATI I SOCCORSI.. OH MIO DIO!” sbraitò Veronica alla vista del bambino.
Jughead prese in braccio il bambino, uscì fuori. Il bambino stava piangendo a pieni polmoni. Aveva due occhioni blu, e capelli nerissimi, come lui. Gli sorrise e lo baciò.
“Qui!” urlò ai paramedici che si stavano avvicinando. Con loro, suo padre e tutti i Serpents.
Furono i primi ad arrivargli vicino.
“Jug…”
“Papà..” mormorò Jughead.
“Congratulazioni, mio nipote è bellissimo”



 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Successivamente per Jughead fu tutto molto confuso. L’ambulanza, suo padre lo sceriffo, i Serpents.
Aveva visto Betty, semi-addormentata essere trasferita sull’ambulanza. Aveva protestato quando non volevano farlo salire, ma dicevano che c’era bisogno di mobilità tra i paramedici. Il che è vero, non si erano risparmiati in soccorritori.
Ma dopo una situazione del genere, Jughead suppose che fosse anche normale.
Un tocco improvviso lo fece balzare in aria, e si girò. Era Veronica, e dietro di lei, Archie.
Veronica aveva un sorriso stampato sul volto “Congratulazioni, neo-papà!” accarezzò il braccio di Jughead “ho già provveduto per la spedizione di tutine e tanti altri articoli per bambini dalla mia consulente Serafina. Vedrai, ti piaceranno”
Jughead la guardò fissa, senza dire nulla, sentendo anche lo sguardo del suo migliore amico da dietro la corvina. Archie aveva capito il comportamento di Jug, e molto probabilmente anche Ronnie, perché pian piano il suo sorriso si spense.
“Jug..”
“Cosa ci faceva Betty nel cottage di tua madre? Eh? Posso saperlo, V?”
Veronica boccheggiò. “Mio padre c’è di mezzo, ma mia madre no! Te lo assicuro!”
“TUO PADRE DEVE MARCIRE IN CARCERE!” urlò il ragazzo dal cappello grigio, avvicinandosi a Veronica.
Archie fece un passo avanti, per avvicinarsi di più ai due, ma lei lo bloccò con una mano “lo farà. E mi assicurerò che riceverà l’ergastolo. Farò io da testimone”
“Che cosa..?”
“Quando ho saputo tutto, ho subito chiamato voi, per primi, per aiutare Betty. Poi ho fatto una serie di telefonate utili, proprio per questo… e per gli altri”
Jughead sembrò confuso “altri? Altri sono immischiati con questo?”
Veronica annuì amaramente.
Jughead preso dalla rabbia si allontanò velocemente. Si dirigeva verso la moto, la cosa più importante per lui in questo momento era di raggiungere Betty e suo figlio in ospedale.

**

“Grazie, Tom, ti sono debitore”
Jughead arrivò in fretta al Riverdale Hospital. Aveva tanta paura di ricevere qualche brutta notizia dai medici, la ferita che le aveva fatto nel deviato di Chic era profonda, e poi c’era lui, il bambino.
Dovette fare appello a molto del suo coraggio per entrare in quella struttura, che le faceva così tanta paura. E se Betty non ce l’avesse fatta? E se il bambino avesse avuto qualche problema?
Non ne sapeva molto di gravidanze, certo, ma una cosa era certa: aveva bisogno di assistenza medica, di medicine, vitamine, analisi che le erano state negate. E adesso, il Jones, sperava solo che il mondo fosse un po benevolo con la sua famiglia, visto che fino all’ora non lo era stato per niente. 
F.P. staccò la chiamata.
“Jug, eccoti”
“Papà come stanno Betty e il bambino?”
“Non ancora ci fanno sapere nulla, Alice sarà qui in pochi minuti”
Il ragazzo annuì con sconforto e si accasciò sulla sedia. 8 mesi, senza sue notizie, e doveva aspettare.. ancora.
Betty gli mancava. Gli mancava tutto di lei. Aveva cercato di reprimere i suoi sentimenti, pensando che lo avesse abbandonato, ma non era così. Era stata rapita, le avevano fatto chissà che cosa, e ora voleva solo proteggerla. Lei, e il bambino.
Il rumore assordante si tacchi lo fece eludere dai suoi pensieri, e guardò una Alice correre verso di loro con le lacrime agli occhi.
“JUGHEAD” sbottò ansimando leggermente per la piccola corsetta “Jughead… FP…”
Continuava a inspirare ed espirare, boccheggiando per lo shock.
Il ragazzo credeva che da un momento all’altro si sarebbe gettata tra le braccia di suo padre, ma sobbalzò quando Alice abbracciò lui.
“Jughead.. l’hai aiutata.. il vostro bambino.. lo hai fatto nascere..” singhiozzò tra le braccia del ragazzo.
“No no, signora Cooper…”
“Chiami Alice” lo bloccò, staccandosi dall’abbraccio “sei mio genero, dopo tutto”
Jughead abbozzò un sorriso “va bene, emh, Alice. Ma no, E’ tutto merito di Betty, io l’ho solo… guidata”
Furono interrotti dal dottor Honey. Si avvicinò a loro a grandi passi. A quanto sembrava dal suo sguardo, beh, non si riusciva a capire se le notizie fossero buone o cattive.
“Signora Cooper?” domandò.
“Sì, sono io” rispose Alice.
Scambiò un rapido sguardo ai tre. Si soffermò su Jughead “Lei è il padre del bambino, giusto?”
Jughead annuì con veemenza. “Sì, certo, mi dica.. il bambino sta bene?”
Un piccolo sorriso si fece strada sulle labbra del dottor Honey e Jughead tornò a respirare. Un enorme macigno di alzò dal suo petto, e sentì che dalla felicità quasi poteva toccare il cielo con un dito.
“E’ un leone, signor Jones. E’ nato prematuro, di qualche settimana, ma nonostante tutto è completamente sviluppato, ed ha un ottimo peso. 3,2kg. Un bel maschietto, sano e forte.”
Alice emise un gridolino di felicità e Jughead abbracciò suo padre, ridendo.
Una buona notizie, finalmente, da molto.
La gioia era tornata finalmente a fare breccia nelle loro vite, da tempo ormai un qualcosa di dimenticato.
“E Betty?” domandò con speranza, ancora col sorriso sul volto.
La faccia del dottor Honey si rabbuiò “per quanto riguarda la ragazza, signora Cooper può seguirmi?
Tutti i presenti si corrucciarono.
Perché doveva essere qualcosa di segreto? Perché gli altri non potevano ascoltare?
Alice prese fiato. “Certo. FP, puoi seguirmi?”
Il può grande dei Jones annuì ancora confuso, e seguì la compagna. Jughead cercò di protestare, ma tutto fu inutile. Non era suo marito, la sua parte prossima era sua madre, quindi gli toccava aspettare.
Ed eccola lì, di nuovo la frustrazione. Il senso di vuoto, di inutilità che si faceva di nuovo strada nel suo cuore.
Ma in compenso, vide suo figlio.
Era al nido, visto che Betty era praticamente in coma. Era solo, quel giorno non erano nati altri bimbi al Riverdale Hospital. In realtà, i bambini non nascevano da tempo a Riverdale. Un altro regalo di Hiram, quello di aver tolto speranza e futuro ai giovani.
Si sedette sulla sedia a dondolo e lo prese in braccio. Lo avevano vestito di una bellissima tutina azzurra, con un cagnolino stiilizzato. Un regalo di Veronica, immaginò.
“Faccia attenzione alla testa signor Jones” disse dolcemente l’infermiera mentre lo adagiava sulle sue braccia, e il ragazzo non poté fare altro che sorridere.
Il bambino piangeva, il suono era molto assordante, ma in quel momento era tutto quello che voleva ascoltare. La voce, il pianto di suo figlio.
Guardò l’infermiera “sicuri che stia bene? Piange molto”
La signorina, dai gli occhi blu molto espressivi, ampliò il suo sorriso “Ha fame, ecco perché piange”
Jughead ebbe un attimo di preoccupazione. E ora, cosa poteva fare? Betty dormiva…
“Devo.. devo prendere qualcosa? Del latte? Non so, va bene quello di mucca?”
L’infermiera rise di gusto, e Jug la vide avvicinarsi ad una specie di cucinino presente della stanza. Afferrò qualcosa, e si girò verso di lui.
Un biberon, abbastanza particolare.. e abbastanza, piccolo?
Glielo porse “no, non va bene il latte di mucca per bambini così piccoli. Fino a quando la signorina Cooper non si riprende, dovrà dargli questo in polvere.”
Il ragazzo ebbe un po di esitazione nel prendere il biberon. Si chiedeva se ne sarebbe stato capace. Intanto suo figlio continuava a piangere a pieni polmoni.
“Ti mostro come si fa”
Il bambino iniziò ad ingurgitare con forza il latte, e questo scaldò il cuore del Jones.
“Sei un mangione” si disse nella sua mente “proprio come me”
La bellezza di quel bimbo, per lui, non aveva paragoni: i capelli nerissimi, gli occhi blu, le mani perfette e labbra e guance paffute. Betty aveva fatto qualcosa di perfetto, anzi, avevano fatto qualcosa di perfetto.
Più lo guardava, più l’amore per la sua bionda cresceva. Più l’amore per quel cucciolo cresceva.
“Ti amerò per sempre” sussurrò mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime “tu e tua madre, sarete sempre gli amori più grandi della mia vita. Torneremo presto insieme, te lo prometto”

**

“Alice, puoi calmarti?!”
FP cercava di calmare una Alice Smith completamente fuori di testa. Quello che le aveva il dottore le aveva distrutto il cuore.
“Betty è forte, si riprenderà. Non farti spaventare da questo”
“CERTO! GUARIRA’!” sbraitò agitando le mani “le ferite del corpo, ma quelle dell’anima?”
Piangeva molto forte, e si accucciò nel suo petto.
Era troppo. Quello che stava succedendo era troppo.
FP si staccò da lei e la guardò dritta negli occhi “questa cosa Jughead non deve saperla, okay?”
Alice ricambiò lo guardo intenso. Quegli occhi marroni non gli erano mai sembrati così protettivi, così confortanti. Con la testa annuì leggermente, e si lasciò andare nuovamente nella sua stretta.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


“Posso parlarti?”
Veronica Lodge si era presentata alla roulotte di Jughead, di mattina presto. Erano le otto quando il ragazzo sentì bussare, abbozzò un “arrivo!” e si rivestì velocemente, dato che aveva fatto una doccia.
Aveva davvero bisogno di una doccia. Era stato per tre giorni consecutivi in ospedale, con Betty e suo figlio, era distrutto ma avrebbe continuato a seguire quella routine volentieri: erano stati suo padre e la signora Cooper ad insistere.
In effetti, non dormiva né si lavava da giorni, ed era il momento di una rinfrescata. Ma quella mattina, aveva già intenzione di ritornare al Riverdale Hospital.
Aprì la porta e si bloccò quando vide la corvina impalata, con sguardo colpevole.
“Ronnie” la salutò con un cenno della testa, freddo. Sentiva ancora la rabbia bruciargli per quello che era successo a Betty, a causa di suo padre. Era da biasimare? No, assolutamente no.
“Jug, ciao, posso entrare?”
Gli occhi di Veronica erano molto tristi. D’altronde non era colpa sua se suo padre era uno sporco mafioso, e non era giusto che soffrisse così tanto per le colpe del padre.
Ma purtroppo, nessuno sceglie da chi nascere, e ci si prende ciò che si trova.
Jughead si spostò per farle capire che aveva il suo permesso, e la ragazza si fece spazio oltrepassando la soglia.
“Scusa per il disordine, ma sono tutti i giorni all’ospedale e non ho avuto il tempo di rassettare.
Veronica diede un rapido guardo e notò che all’entrata del corridoio, a terra, c’era ancora la maglia con il sangue di Betty, quella blu con la S, di quando aveva partorito nella baita di sua madre.
Le si gelò il sangue nelle vene, al ricordo di ciò che avevano scoperto.
Sentì gli occhi pizzicarle per le lacrime, ma cercò con tutta se stessa di ricacciarle indietro.
“So perché mio padre lo ha fatto” disse tutto ad un fiato, pronta a subirsi la frustrazione e l’ira del ragazzo. Jughead era lì, impalato.
Aggrottò le sopracciglia, segno che la incitava ad andare avanti.
“E’ stato un accordo, tra Charles e mio padre” lanciò la bomba lì e Jughead si portò la mano alla testa, sfilandosi il berretto.
Avevano intuito da tempo che il loro fratellastro c’entrava qualcosa, ma lui ha sperato fino all’ultimo che fossero soltanto ipotesi non verificate. Si sbagliava.
Si fidavano di Charles. Avrebbe dovuto portare Betty con sé all’FBI.
E invece, le aveva fatto del male.
Fu un duro colpo, e fu costretto a sedersi per non cadere, al tavolo vicino la porta.
“In sostanza, a quanto sostiene mio padre, è stato Charles a far sì che Betty rimanesse incinta. Le ha scambiato le pillole quando l’ha aiutata con te, con Donna e Bret… lui voleva che voi faceste un bambino!” sbottò gesticolando energicamente.
In quella stanza c’era così tanta tensione che si poteva tagliare con un coltello.
“E tutto questo perché…”
“Perché voleva prendersi tuo figlio, e crescerlo con Chick. Hanno una relazione.” continuò per lui Veronica.
Al pensiero di suo figlio nelle loro mani, Jughead ebbe un brivido di rabbia e colpì il tavolo con un pugno, molto forte.
Veronica rabbrividì quando vide il sangue sulle nocche di Jughead.
Ora tutto tornava.
Charles e Chick avevano una relazione.
Ecco perché nella baita Chick aveva detto ad Archie che il bambino in grembo di Betty era suo.
Volevano un bambino, il nostro bambino.
E Jug aveva anche intuito perché “voleva che fossimo noi ad avere il bambino, perché è un po come se fosse anche suo, no? Suo padre è mio padre, sua madre è la madre di Betty, una questione di sangue”
Veronica annuì leggermente “esatto. E in più quel deviato sperava che ereditasse i geni dei serial killer di Betty.”
Jughead sospirò sonoramente.
Si alzò dalla sua postazione e afferrò un pacchetto di sigarette posto sul piano della cucina, se la accese.
Veronica la guardò stranito “ho iniziato da qualche mese, evito di farlo sempre.. ma adesso..”
Fece un tiro e ciccò nel posa cenere “adesso ne ho troppo bisogno”
La ragazza si avvicinò al ragazzo e ne prese una anche lei, e se la accese “anche io”
Si guardarono a lungo, per qualche istante.
Jughead non era arrabbiato con lei, lei lo aveva aiutato. Se non fosse stato per Ronnie, non avrebbero mai trovato Betty, e chissà che fine avrebbe fatto, Betty con suo figlio. Il loro bambino.
“Ronnie, ma in tutto questo, tuo padre che cosa ci guadagnava?”
Veronica alzò lo sguardo, con i suoi occhi lucidi e neri, molto espressivi, e guardò i suoi blu come il mare.
“Mio padre sa che l’FBI gli sta addosso. Ha rilasciato Chick, d’altronde era nella sua prigione. Ha pagato Charles, e gli ha procurato delle pillole false” lei sospirò “tutto questo con l’accordo di insabbiare le sue mosse criminali, e togliere di mezzo Betty”
Dopo di che, ci fu un silenzio.
Molto lungo, per molto tempo.
Entrambe le sigarette arrivarono al capolinea e le spensero nel posacenere.
Veronica fece qualche colpo di tosse. “Jug, mi dispiace. Mia madre è in carcere. Credono sia implicata. E’ stata lei ad avvisarmi, quando ha scoperto tutto”
Jughead strabuzzò gli occhi, anche se non c’era da stupirsi.
Il cottage era intestato a lei. Un’altra mossa di Lodge, per lavarsene le mani “mio padre l’avrebbe fatta franca se non avessi testimoniato. Ma nessuno mi crede, quando dico che mia madre non c’entra nulla”
Il ragazzo era in balia di un’ondata di emozioni contrastanti.
Ma dopo tutto, era grato a Veronica (e ad Hermione, a quanto pare) per aver ritrovato Betty.
Si passò le dita delle mani sugli occhi, era davvero stanco di tutto.
“Farò qualcosa, parlerò con mio padre. Con l’avvocato Mc Coy, te lo prometto. Grazie, Ronnie. Senza di te non avrei mai ritrovato Betty”
Di scatto, il Jones abbracciò la Lodge. La ragazza ricambiò, e per la prima volta sorrisero.
Quando di staccarono, il sorriso di Veronica fu ancora più ampio “non devi ancora ringraziarmi”
Si avvicinò alla borsa e gli porse due fogli.
Jughead si corrucciò e li afferrò.
Il primo, era il contratto di una casa.
Il secondo, un contratto di lavoro alla Bonne Nuit.
La guardò stranito ancora “Che significa?”
“Significa che, in accordo con mia madre, ho acquistato casa per voi, e ti offro un contratto di lavoro come barista alla Bonne Nuit, con un compenso mensile le 5000 dollari”
Gli occhi di Jughead quasi gli uscirono dalle orbite.
Nemmeno i medici guadagnavano così tanto.
“Perché?”
“Perché la mia famigli vi ha causato troppo dolore, è ora che facciamo qualcosa per migliorare le cose. E ora tu, Betty e il bambino dovete vivere sotto lo stesso tetto, no? Siete una famiglia. A proposito, come si chiama il mio dolce nipotino?”
Jughead sorrise “Forsythe” disse “Forsythe Pendleton Jones IV”  

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Jughead era al nido quando i Serpents si presentarono all’ospedale.
Come ogni giorno, per tutto il giorno, era lì a prendersi cura di lui. Lo vestiva, lo cambiava, lo nutriva, aveva persino imparato delle tecniche per sorreggerlo al meglio durante il bagnetto.
E ovviamente, giocava con lui.
Rideva sempre sonoramente quando gli mostrava le chiavi luccicanti della sua moto “un giorno te la farò guidare” ridacchiò Jughead guardandolo con dolcezza, il bimbo emise un verso di piacere e sorrise “così faremo arrabbiare la mamma. Vedrai, Fors, è molto bella quando si arrabbia”
Jughead continuò a coccolarlo, a baciarlo. Amava quel bambino, amava il suo profumo, il suo calore. La sua innocenza. Ed essere Innocente a Riverdale, era un lusso.
Un lusso che suo figlio non avrebbe mai perso.
Non si aspettava di diventare padre così presto, certo, ma era contento di accogliere quel fagottino. Mai si sarebbe aspettavo che avere un figlio fosse così bello, ma anche impegnativo. E mai si sarebbe aspettato di provare così tanto amore per un esserino così piccolo. Sarebbe morto per lui.
Forsythe si era addormentato, chiudendo i suoi occhi azzurri così simili ai suoi, mentre suo padre lo cullava dolcemente.
“Dormi bene, piccolo” disse adagiandolo nella culla dolcemente, gli sfiorò la spalla con l’indice e il medio, poi se li portò alle labbra e li baciò.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime, al pensiero che Betty era lì, ancora in coma farmacologico.
E per di più, non gli facevano sapere nulla. Non capiva perché sia suo padre che Alice avevano deciso di tenere la bocca chiusa sulle condizioni di Betty, dicendogli soltanto che si sarebbe ripresa presto.
C’era qualcosa sotto, qualcosa che gli volevano nascondere. Si era ripromesso di indagare, ma occuparsi di Forsythe era molto impegnativo, anche se lui amava farlo.
“Mai avrei pensato di vedere una scenetta così dolce da una serpe come te” sentì la voce di Toni che lo fece tornare indietro, nella realtà, lontano dai suoi pensieri.
Si girò verso la porta e vide Sweet Pea, Fangs e Cheryl dietro a Toni.
Il sorriso di Jughead si ampliò e andò a stringerli a sé “merde, mi avete lasciato solo!” disse ridendo, facendo a rassegna di tutti.
“La situazione era un po delicata Jug, era una questione troppo intima, di famiglia. FP ci aveva detto che avevi tutto il loro supporto, e ti abbiamo lasciato un po in pace” si giustificò Toni
“E ora che le acque sono un po calme, e che tutti sono stati arrestati o uccisi, siamo venuti qui per conoscere il nostro principino” riprese Cheryl, sbattendo le palpebre a mo’ di cerbiatto.
Jughead si corrucciò “Uccisi?”
I quattro di scambiarono uno sguardo preoccupato e poi si riconcentrarono su di lui “Non sai nulla Jug?”
“ragazzi, per piacere, parlate! Sono stato qui con mio figlio per due settimane, cosa volete che sappia?!”
Toni sospirò “Charles e Chick sono morti” mormorò la ragazza dalla chioma rosa “I Serpents li hanno letteralmente massacrati per quello che avevano fatto alla loro regina” poi spostò lo guardo sulla culla “e al loro piccolo principe”
“Volevano uccidere anche Hiram, ma era sorvegliato e molti di loro sono stati feriti dalle loro guardie. Per fortuna, nessun morto”
Jughead si portò le mani alla testa. Quanto era forte la fedeltà dei Serpents? Molto.
Ma perché avevano agito senza il suo consenso? Avevano davvero perso il senno?
Puntò il dito verso di loro e aprì la bocca per dire qualcosa, ma prima ancora che potesse prendere fiato, fu bloccato dall’entrata di Alice “Jughead” i suoi occhi sprizzavano felicità “Betty è sveglia!”

**

Il ragazzo attraversò il corridoio a grandi passi. Finalmente. Se i dottori l’avevano svegliata, vuol dire che si era ripresa. Sentiva il battito del cuore accelerare sempre di più.
Scorse la porta della sua stanza e aumentò la velocità. Stava sudando dall’eccitazione e dalla felicità.
La spalancò e la vide. AL suo fianco, seduto, c’era FP, sorridente.
Alice e gli altri Serpents erano dietro di lui. Jughead sentì come una scarica di piacere invadergli tutto il corpo.
Senza indugiare ancora, si lanciò verso il letto “Betty, amore mio… Betty” le lacrime gli solcavano il volto mentre le lasciava una costellazione di baci su tutta la fronte.
Betty rideva a quel tocco così dolce e persistente di Jughead, allungò un braccio e glielo accarezzò con delicatezza.
Anche gli occhi di Betty, verdi ed espressivi, stavano lacrimando dalla felicità “Jug.. grazie per tutto.. non hai idea di quanto tu mi sia mancato..”
Le loro bocche si incontrarono in un bacio tenero. Il ragazzo lo approfondì leggermente, sfiorando con la sua lingua quella della sua ragazza, e a malincuore si staccò.
“Come ti senti?” le domandò, anche se era palese dal suo aspetto che stava meglio: era ingrassata, non era più scheletrica come quando l’aveva trovata, la pelle aveva ripreso il suo colore rosa, non era più bianca, e le occhiaie erano sparite. Le trasfusioni di sangue e le flebo nutrienti avevano fatto un ottimo lavoro.
“Meglio, molto meglio” sorrise Betty e si alzò a sedere.
Jughead l’accompagnò con le mani, aiutandola “mi fa solo male questa ferita sulla pancia” si lamentò.
Lo sguardo si Jughead si rattristì, rimendando a quell’orrore al quale aveva assistito. Iniziò a sentire freddo.
Ci fu un leggero silenzio in cui i due si guardarono negli occhi, ma un colpo di tosse di FP li fece sciogliere da quell’incantesimo.
“vi lascio un po soli” disse alzandosi, e dirigendosi verso la porta. La oltrepassò, e al suo posto entrarono una Cheryl e una Toni molto sorridenti.
Salutarono Betty, mentre con il carrellino-culla dell’ospedale si facevano strada con il bambino. Il piccolo Forsythe.
Betty si portò le mani agli occhi e iniziò a piangere. Non aveva chiesto di suo figlio, per paura che le dicessero che era morto. Stava solo prendendo tempo per acquisire coraggio.
Le ragazze se ne andarono e nella stanza rimasero solo loro due, con il loro bambino.
Jughead si alzò per avvicinare la culla a Betty, spingendola lentamente perché il bambino stava ancora dormendo.
La ragazza singhiozzò piano, mentre guardava quel piccolo angelo ormai accanto a lei, dormire beato.
Allungò una mano e lo accarezzò dolcemente “oh… Jug… avevo paura che mi dicessero che non c’era più”
Un altro colpo al cuore per Jughead; vederla soffrire lo faceva impazzire.
Fece il giro attorno al letto di Betty, posizionandosi anche lui vicino a suo figlio. Le sue labbra carnose e piccoline erano bagnate, la sua manina era sotto la sua testa: tutto questo non faceva altro che addolcire quel meraviglioso quadro.
“Se il nostro bambino è vivo, è solo merito tuo Betty” sussurrò il ragazzo. Non staccando gli occhi da Forsythe.
La ragazza alzò i suoi grandi occhi verdi su di lui “avevo tanta paura, non mi davano da mangiare.. solo, raramente”
Il Jones serrò la mascella “lo so. Purtroppo, so tutto” sputò con rabbia “ma ce l’hai fatta..”
“E tu mi hai aiutata a farlo nascere” sorrise lei, accarezzando la manina di suo figlio.
Jughead non disse niente, si limitò a sogghignare. Era felice. Era molto felice: il bambino stava bene, Betty stava bene. Presto, li avrebbe riportati a casa con sé.  Guardare lei che coccolava il piccolo era una gioia per gli occhi, e per il cuore. Dopo tanti mesi, tante paure a tante angosce, finalmente potevano mettere fine a quel capitolo così buio della loro vita.
“Jug, mi dispiace. Mi hai ritrovata, incinta, con un pancione enorme. Non so nemmeno se vuoi effettivamente diventare padre, e mi sembra che io ti stia mettendo in una situazione in cui sei costretto a fare questo. Mi dispiace”
“Smettila di dire che ti dispiace” la bloccò lui “io sono felice. Tu sei la donna che amo. E amo questo bambino più bella mia stessa vita. Me ne sono preso cura giorno e notte, ho praticamente vissuto in ospedale per starvi accanto e sono pronto a farlo sempre, ma nella nostra casa. Non mi pento di niente.. solo.. di non essere stato lì quando Charles ti ha rapita. Avrei voluto proteggerti.”
A quelle parole Betty si irrigidì. Era ancora traumatizzata per l’accaduto, purtroppo.  Si guardò le mani iniziando a torturarsi le dita.
Il Jones si adagiò sul letto, sedendosi sul bordo. Le prese le mani nelle sue “quando ho scoperto che eri incinta, sono diventato pazzo. Pazzo perché avevo paura che fosse successo qualcosa a te, a nostro figlio” indicò la testa la culla al loro fianco “la sola idea di aver perso uno di voi..” la voce iniziò a spezzarsi per il ricordo di quel forte dolore “ o addirittura entrambi.. ti amo Betty”
Si bagnò le labbra con la lingua, ormai divenute secche “dici che ti dispiace, ma tu mi hai fatto il dono più grande che un uomo possa desiderare”
Le ragazza sorrise e le loro labbra di incontrarono. Le loro bocche, dopo troppo tempo, si desideravano. La passione messa in pausa in quel periodo si stava facendo strada in modo insistente, i loro corpi pulsavano dalla voglia di aversi a vicenda. Il bacio divenne molto spinto, le lingue danzavano nelle loro bocche e i cuori acceleravano. Jughead si accasciò su di lei, facendola stendere, e iniziò a paciarle il collo e l’incavo del seno.  Betty gemeva.
Allungò una mano e la infilò nel camice largo, toccandole in capezzolo, facendosi largo con la testa e trovare quello dell’altro seno, ma all’improvviso sembrò che la ragazza si irrigidì.
“No..” mormorò “no…”
Jughead si ritrasse all’istante e la guardò. Strabuzzò gli occhi quando la vide lì, inerme, a tremare e piangere. Le aveva fatto male?
“Betty” la richiamò
“Jug.. io.. no..”
Jughead sembrava confuso. Ma cosa diavolo stava succedendo?
“forse è presto” sentenziò il ragazzo, asciugandole una lacrima. Betty annuì e tirò su col naso.
Quella situazione di tensione fortunatamente se ne andò presto. Entrarono gli altri per far visita agli altri, svegliarono il bambino che, curioso dalle nuove facce, non pianse. Toni e Cheryl gli avevano regalato una tutina con il logo sei Serpents. Riecheggiava un’aria di festa.
Jughead guardava Betty sorridere, tra i suoi cari e la sua famiglia, ridere e scherzare e quello fu una medicina molto potente sulle sue ferite. Ma quello che era successo prima, gli aveva messo una pulce nell’orecchio. Le era successo qualcosa, e voleva scoprire cosa.
Richiamò suo padre e Archie fuori dalla stanza.
“Mi accompagnate a comprare queste cose per Forsythe? Sono molte e con la moto non riesco”

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Jughead stava acquistando gli articoli sulla lista per il bambino, quando Archie e FP stavano parlando fuori dalla farmacia.
La tensione si era calmata da quando Betty si era svegliata e stava meglio, circondata dalle persone che la amavano.
Ma né Archie, né Jughead, sapevano quello che FP e Alice nascondevano su ciò che era successo a Betty in quel maledetto cottage.
FP sospirò “sono riuscito a far ridurre la pena di Hermione. 18 mesi” disse con amarezza, rivolto ad Archie “avrei voluto fare di più”
Archie era triste. Veronica stava attraversando davvero un brutto periodo. Stava sempre chiusa in casa, usciva soltanto per comprare cose per Forsythe o per sistemare le questioni per la casa che aveva acquistato per Betty e Jughead, vicino casa Cooper. La sua famiglia aveva complottato con ben due serial killer per togliere di mezzo Betty.
O meglio, Hermione era a conoscenza solo del furto del bambino, ma era all’oscuro dell’uccisione successiva della ragazza.
“Ha fatto abbastanza sceriffo Jones” gli rispose Archie con un leggero sorriso “non dimentichi che ha salvato la mamma di Veronica dall’ergastolo”
FP annuì. Era stato suo figlio a chiedergli insistentemente di aiutare Hermione, che se anche aveva sbagliato non meritava quella fine. Mentre i Serpents, fortunatamente erano stati graziati dalla legge: dichiarando che Betty era la loro regina, e che il bambino il loro principe, erano stati assolti per difesa d’onore.
Avevano ucciso Chic e Charles, e questo a FP faceva male, Charles era pur sempre suo figlio.
I campanellini della porta squillarono e Jughead uscì con due buste stracolme di roba, che caricarono sull’auto.
Jughead cacciò un pacchetto di sigarette dalla tasca e suo padre ne prese una, Archie rifiutò.
“Devi parlarvi di una cosa” disse Jughead, cacciando via il fumo.
Archie lo guardò e lo stesso fece FP, facendo un tiro.
Il più giovane dei Jones aspettò un po’ prima di andare avanti, ma con un sospiro iniziò a parlare “all’ospedale io e Betty… beh, ci stavamo baciando..” alzò gli occhi sui suoi interlocutori e il fatto che fossero così attenti alle sue parole lo fece leggermente imbarazzare “con.. foga..” aggiunse, guardando suo padre.
FP alzò gli occhi al cielo “Jughead, credi che io non sappia che tuo figlio non l’ha portato la cicogna? Voglio  ricordarti che sono diventato padre a 16 anni, con Charles. Sputa il rospo”
“Okay, va bene. Le ho toccato il seno, glielo stavo anche baciando.. ma.. non so, è diventata rigida.. come se avesse avuto paura di me”
Archie e FP s’irrigidirono all’istante.
FP buttò la cicca di sigaretta a terra e puntò il dito verso suo figlio “Jug, dalle tempo, è solo scossa. Stalle vicino”
Stava per avvicinarsi all’auto, sotto lo sguardo attonito di Archie e suo figlio.
“No, signor Jones aspetti! Questa cosa è grave, non se ne rende conto?” domandò alterato Archie. Erano stanchi di essere sempre nel mistero, sempre all’oscuro di tutto. Volevano delle risposte.
Avevano salvato la loro migliore amica, la ragazza di Jughead e il loro bambino. Meritavano di sapere la verità.
“Statele vicino, di altro ci occupiamo noi. Porto queste cose a casa tua Jughead”
Detto questo, FP se ne andò.
Jughead si accasciò su una panchina lì vicino, si prese il cappellino tra le mani e lo strinse forte. Archie gli si avvicinò, ponendogli una mano sulla spalla.
Voleva, con quel contatto, cercare di dargli quanto più sostegno possibile.
“Stai.. stai pensando quello che penso anche io?” solo quando Jug parlò, il rosso si rese conto che stava piangendo, avevo la voce spezzata dalle lacrime.
“Jug.. io.. non voglio neanche pensarci. Era una ragazza incinta”
“APPUNTO!” gridò Jughead “quando ho parlando con Alice, chiedendole cosa le avevano detto i dottori, è stata vaga. Mi ha detto solo quello che avevo già intuito”
“Cioè?”
“Malnutrizione, assenza di cure prenatali, il taglio sulla pancia” gettò il berretto con forza a terra “il travaglio è iniziato prima, e non sanno neanche perché. CAPISCI? NLE 2021 NON SAPPIAMO ANCORA PERCHE’ UNA DONNA PARTORISCE PRIMA DEL TERMINE”
Jughead era così preso dal suo monologo che non si accorse che Archie stava piangendo, con lui, fino a quando i loro occhi lucidi si incontrarono.
“Jug”
“Sì?”
“Io so perché Betty si comporta così”
Uno sguardo sconvolto si impossessò del volto di Jughead. La tensione iniziò a invaderlo per tutto il corpo, iniziò a sudare e la bocca gli si seccò. Non disse niente, ma aveva capito che era qualcosa di orribile.
“Volevo che fosse tuo padre a dirtelo..”
“Parla, Archie”
“Jug…”
“Per l’amor del cielo!”
“L’hanno violentata!” esclamò Archie alzandosi “me lo ha detto in confidenza in ospedale prima che mi chiedessi di accompagnarti qui, mi ha detto di non dirti nulla, ma penso che tu lo avessi capito”
Sì, Jughead aveva capito, ma sperava con tutto il cuore che si stesse sbagliando. E invece, il suo storico amico, gli aveva rivelato una realtà mostruosa.
Il ragazzo sentiva il corpo fargli male, il cuore la parte più dolorosa. Betty. La sua Betty.
la rabbia fece spazio all’angoscia. Una rabbia spaventosa, disumana, si stava impadronendo di ogni singola cellula del suo corpo, e bruciava nello stomaco.
Lo avrebbe preso. E lo avrebbe ucciso. Chiunque fosse stato.
“dimmi tutto quello che ti ha detto” la voce di Jughead era gelida.
“Jug..”
“Archie, ti prego”
Archie sospirò. Era difficile anche per lui “mi ha detto che è successo più e più volte, sempre lo stesso ragazzo”
“Ragazzo, quindi era un ragazzo?”
Jughead si accese un’altra sigaretta.
“Sì, della nostra età”
“E poi?”
“Andava lì, pagava Chic e abusava di lei. Le diceva di amarla, ma modificava la sua voce. Aveva una maschera”
Jughead lo guardò, inducendolo a continuare.
“Per questo il travaglio è iniziato. Prima del previsto. La gravidanza era a rischio, e non doveva avere rapporti fino alla nascita del bambino. L’ha fatta soffrire, Jug”
Il Jones scattò verso una casella della posta. Iniziò a prenderla a calci e a pugni, urlando a squarciagola. Archie lo afferrò, i passanti si erano fermati a fissarlo. Era uno spettacolo raccapricciante.
Le nocche sanguinavano, si dimenava cercando di liberarsi dalla presa di Archie, ma non ci riuscì e si accasciò.
Il respiro dei due era faticoso per lo sforzo.
“Ti starò vicino Jug, te lo prometto. Siamo fratelli. Dobbiamo scoprire solo chi è”
“E come?”
“Betty ha detto che.. era un Serpent. Andava lì con una giacca dei Serpent” 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Due settimane più tardi, Betty era stata dimessa. Jughead doveva far finta di nulla, almeno per un po, per farla stare tranquilla. Bloccata per 6 mesi con dei pazzi assassini, che volevano prendersi suo figlio, che volevano ucciderla.. che l’avevano violentata.
Si era fatto vedere poco nell’ospedale da quando aveva scoperto ciò, aveva bisogno di riflettere, di smaltire il dolore, anche se dopo due settimane, non era cambiato granché.
La casa che Veronica gli aveva regalato, era stupenda. Era proprio vicino casa di Betty ed Archie, questo non faceva altro che facilitare le cose, anche con Forsythe.
Quando entrarono, Archie, Veronica Betty e Jughead, tutto era già stato messo al suo posto, con la collaborazione di tutti.
Betty sorrideva “E’ stupenda, V, davvero” disse Betty guardandosi intorno.
Veronica abbozzò un mezzo sorriso “non devi dirlo, Betty, è… è il minimo”
Forsythe dormiva beato nel suo trasportino, portato da Jughead, che lo traferì nella culletta in soggiorno.
“Il frigo è pieno di ogni leccornia, e c’è una scorta di latte per il piccolo, il migliore sul mercato” disse Ronnie facendosi strada, fermandosi a guardare il fagottino addormentato. Era incantata da quanto quel bambino fosse bello, e da quanto somigliasse a suo padre.
“V.. volevo dirti che tra noi è tutto a posto. Sono stati mesi difficili, ma la cosa importante è che ora stiamo tutti bene. Sei stata un’amica leale, dal primo giorno. Non voglio che tu ti senta in difetto, o altro” dichiarò Betty tornando dalla cucina.
Archie e Jughead si scambiarono uno sguardo, e poi videro le ragazze abbracciarsi, sussurrandosi ‘ti voglio tanto bene’.
Archie e Veronica si congedarono in fretta, dato che volevano lasciare spazio alla privacy e all’intimità dei due neo genitori.
Betty era seduta sul divano, scambiandosi effusioni con Jughead quando il bambino iniziò a piangere, pretendendo attenzioni.
Betty scattò subito, sotto lo guardo di Jug, e prese il bambino tra le braccia “amore della mamma, hai fame” disse, cullandolo dolcemente.
“Vado a preparargli il biberon” rispose allora Jughead dal canto suo, ma fu fermato da Betty.
La ragazza si sedette sull’ampio divano, al fianco di lui, si scoprì il seno e con non poche difficoltà iniziò ad allattare suo figlio. Il faccino del bambino si stava rilassando, e sembrò agli occhi di Betty bearsi di quel contatto così vicino a lei, che lo stava nutrendo.
Gli occhi del ragazzo brillavano.
Quante volte aveva sognato quel momento? Quante volte lo aveva immaginato? Una lacrima solitaria scese sul suo viso, e si affrettò a farla sparire con la mano.
Dopo aver sistemato Forsythe nella culla, pulito e nutrito, fu il momento di aiutare Betty a fare il bagno.
La casa che Veronica gli aveva donato, era bellissima, tutta sul grigio e bianco, modernissima. E il bagno non era da meno.
Ce n’erano due, scelsero quello con vasca.
Jughead la aiutò a spogliarsi, e ad ogni indumento in meno, sentiva il suo cuore fremere alla vista del corpo della sua amata. Quanto lo desiderava, oh.
Il segno sulla sua pancia era ancora vivido, molto rosso e infiammato, e fu un colpo al cuore per il Jones. Quella cicatrice portava in mente troppi orribili ricordi.
Controllò la temperatura dell’acqua e piano piano la adagiò in acqua, aiutandola ad immergersi.
Prese la spugna e un po di sapone, e iniziò a strofinare il suo corpo.
Era cambiato da quando aveva partorito, ma lui lo trovava sempre bellissimo.
“Era da molto che non facevo una doccia come si deve” disse Betty, chiudendo gli occhi quando Jughead passò la spugna dietro la sua schiena “.. il mio corpo”
“il tuo corpo è meraviglioso” la bloccò il ragazzo, sentendo la nota di disagio nella voce della bionda “è forte, e ci ha dato Forsythe”
All’udire di queste parole, Betty si voltò verso di lui e lo baciò.
Fece per alzarsi, ma barcollò e venne subito sorretta.
Era nuda, bagnata, quando tra i baci trascinò Jughead nella stanza da letto.
Si sdraiò, ma Jughead si bloccò.
Come poteva farlo? Lo desiderava, ma lei stava male. La cicatrice. Lo stupro.
“cosa c’è? Non mi vuoi?” domandò stranita Betty.
“Ho paura di farti male”
“Jug, la cicatrice è solida, il dolore sopportabile. Non mi farai male”
“E lo stupro?” domandò in fretta, pentendosi subito dopo di averlo detto, visto la faccia che fece Betty.
Si alzò e iniziò a singhiozzare, fece per andarsene ma il Jones la bloccò
“Perché non me lo hai detto?”
“Ti faccio ribrezzo, non è vero? Ti fa schifo che un altro mi abbia toccata”
“No! A me fa schifo solo chi ti ha fatto questo! E deve pagare, in più perché è un Serpent!”
“Possiamo parlarne domani?”
Jughead annuì, con lo sconforto nel cuore.
Dove rispettare i suoi tempi, era ancora molto scossa.

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