The Young Avengers - Strings of Destiny

di MaryElizabethVictoria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Messaggera degli Dei ***
Capitolo 2: *** Riverbero ***
Capitolo 3: *** Il ritorno dell'Eroe ***
Capitolo 4: *** Fuoco incrociato ***
Capitolo 5: *** Ascensione ***
Capitolo 6: *** Le ombre del passato ***
Capitolo 7: *** Le colpe dei padri ***
Capitolo 8: *** L'ultimo viaggio ***
Capitolo 9: *** Andata e Ritorno ***
Capitolo 10: *** Ricucire ***
Capitolo 11: *** Il figlio perfetto ***
Capitolo 12: *** Passaggio ***
Capitolo 13: *** La fine dei giorni ***
Capitolo 14: *** Multiverse of Madness ***
Capitolo 15: *** Codice Venom ***
Capitolo 16: *** Questioni di famiglia ***
Capitolo 17: *** Il bene più grande ***
Capitolo 18: *** Resa dei conti ***
Capitolo 19: *** Il gioco del destino ***



Capitolo 1
*** La Messaggera degli Dei ***


Sarah Rogers si trovava da circa venti minuti seduta al Lounge Bar di dubbio gusto di un albergo poco distante dal centro di Bangkok. Indossava un abito nero molto corto e tacchi alti, i capelli biondi nascosti sotto una parrucca scura, che copriva anche l'auricolare tramite il quale poteva comunicare a distanza con Morgan Stark.
L'amica si trovava in auto, a pochi metri di distanza, da dove stava monitorando la situazione.

L'uomo che le ava dato appuntamento, tale Doyle, era stato in passato uno stretto collaboratore degli Smith, anche noti come RedDoor, la famiglia di scienziati svitati affiliati all'Hydra, che li aveva sequestrati l'anno scorso e che suo fratello aveva cercato di combattere. Second la loro ipotesi Philip Rogers manteneva la clandestinità proprio per potersi muovere più agilmente nelle sue indagini, se seguivano la sua stessa pista alla fine avrebbero finito con l'incontrare anche lui.Per Sarah Philip era famiglia, per Morgan qualcosa di più...qualcosa che non era mai stato detto esplicitamente tra di loro ma che era sempre stato lì, poco al di sotto della superficie. Quando lo avesse ritrovato si ripromise che glielo avrebbe finalmente detto.

-Ancora niente- commentò Sarah, scoraggiata.

-Dipende dai punti di vista...il cocktail non sembra male - disse Morgan dall'auricolare.

-In effetti...è un vero peccato- Sarah giocherellò con il bicchiere ancora pieno davanti a sé.

Ovviamente non ne avrebbe toccata una goccia, non solo per mantenersi lucida, ma soprattutto perché voleva evitare che qualcuno cercasse di drogarla. Ad avere a che fare con certa gente non si poteva mai sapere e da quello che sapevano di Doyle si trattava di un criminale della peggior specie. Specializzato nella tratta di esseri umani.

Adesso voleva uscire dal giro del crimine organizzato, avendo visto a suo dire cose che avrebbero popolato i suoi incubi per il resto della vita... Ovviamente era propenso a separarsi da alcuni dei suoi segreti in cambio di una cospicua somma di denaro, motivo per cui avevano concordato quell'appuntamento con le ragazze, che a loro volta si erano spacciate per agenti governativi.

Sarah aveva rubato gli accessi di sua madre, attuale direttrice dello SHIELD, e poi Morgan aveva fatto il resto. Non se l'erano cavata male per avere solo diciotto anni ed essere di fatto alla prima esperienza come spie.

-Oh.

-Che vuol dire 'oh'?

-Non lo vuoi sapere.

-Morgan...sono seduta qui da una vita, vestita da escort. Stanno cominciando a fissarmi in una maniera strana! Del tuo contatto neanche l'ombra... Non dormo più di due ore a notte da un anno ormai, ho gli occhi che mi bruciano terribilmente e tra due giorni dobbiamo essere dall'altra parte del mondo al compleanno dei gemelli...

Ci fu un istante di silenzio dall'altro lato dell'auricolare, poi Morgan Stark sganciò la bomba.

-Blake non viene al compleanno. Lo ha appena scritto Sebastian sul gruppo...dice che deve studiare.

Ovviamente nessuno ci aveva creduto e Sarah incassò quell'informazione con ammirabile autocontrollo.

Era da quando si erano lasciati lo scorso anno che Blake Foster accampava le scuse più assurde per non incrociare Sarah.
A dirla tutta non si erano proprio 'lasciati' perchè non erano neanche insieme. Lei lo aveva baciato ma poi si era tirata indietro, proprio perchè non voleva coinvolgere il ragazzo nelle ricerche del fratello. Blake, innamorato di Sarah da una vita, non l'aveva presa bene. Intanto si era trasferito dai suoi nonni in California, con la scusa del college, e vedeva pochissimo anche il resto del loro gruppo.

Anche Morgan e Sarah, in teoria, avrebbero dovuto trovarsi al college o almeno così risultava alle rispettive famiglie.

A suo padre Sarah aveva detto che preferiva trasferirsi all'interno del campus per concentrarsi maggiormente sugli studi e che lo avrebbe chiamato regolarmente per fargli sapere come stava. Almeno su quest'ultima parte era stata di parola, preoccupandosi di non destare sospetti nel genitore. Il cellulare che Morgan le aveva modificato le consentiva di chiamare a casa come se il segnale provenisse da New York, in caso avessero controllato, inoltre la ragazza le aveva iscritte entrambe fittiziamente ad una serie di corsi per fare risultare a tutti gli effetti frequentanti. Morgan si era perfino preoccupata di falsificare i loro libretti degli esami, giusto per stare tranquille.

In realtà nel corso dell'ultimo anno le due ragazze non erano state a New York per più di qualche giorno, giusto per ricorrenze particolari e per vedere di tanto in tanto i loro amici, che comunque avevano tenuto rigorosamente all'oscuro del piano. Ammesso che ancora si potesse parlare di un piano, dato che non avevano collezionato altro che buchi nell'acqua inseguendo le tracce di Philip alla cieca per mezzo mondo... Correvano dietro ad ogni voce ed esaminavano ogni pista per poterla escludere, trovandosi quasi sempre a ricominciare da zero.
Avevano ormai realizzato che Philip Rogers era decisamente in grado di coprirle sue tracce.
Erano mesi che le ragazze non si imbattevano in qualcosa di interessante, come quella traccia di attività sospette ad Ankara, per cui avevano preso il primo volo, che aveva poi finito per mandarle al centro della Thailandia.

-Doyle è appena entrato nella hall- informò Morgan sempre dall'auricolare - Ma non sta venendo verso di te...aspetta....sta salendo in ascensore!

-Come? Non erano questi gli accordi...doveva incontrarmi qui!

-Forse ha cambiato idea.

-Cazzo!

-Linguaggio- la riprese Morgan- Aspetta, forse ho qualcosa...si sta muovendo...è salito fino al piano superiore e si è fermato. No, continua a muoversi... E' molto strano Sarah, non mi piace. Vieni via di lì...dobbiamo saperne di più prima di gettarci...

Ma l'amica non la stava ascoltando.
Di piani superiori l'edificio ne aveva una dozzina e Sarah se li fece tutti di corsa, sui tacchi e senza battere ciglio, ma dell'uomo nessunissima traccia.
Giunta fin sopra il tetto, si trovò davanti solamente a una strana donna che la fissava.
Era vestita di tutto punto proprio come una delle bariste del piano di sotto, ma si distingueva chiaramente per la pelle iridescente e gli occhi curiosamente cerchiati d'oro. Le sorrideva in una maniera plastica e inquietante che le dava come l'impressione che la stesse aspettando.

Sarah si guardò velocemente introno, consatatndo che del suo obbiettivo non vi era alcuna traccia.

-Salve signorina Rogers- la salutò con finta cordialità la donna- Finalmente ti incontriamo.

-Doyle?

-Ha fatto il suo dovere ed è stato ricompensato.

-E tu chi saresti, sentiamo?

Quella per tutta risposta si portò una mano al petto, ostentando modestia.
Si trattava chiaramente di un'altra svitata, almeno quanto gli Smith, ma aveva anche qualcosa in più, qualcosa che chiamava pericolo.

-Io non sono importante- affermò nuovamente, sempre sorridendo, sempre in un tono monocorde e per niente naturale quasi stesse usando una voce non davvero sua-  una mera messaggera, ma tu invece... l'incrocio tra un potenziato e una mutante...Straordinario! Gli esseri umani sono davvero affascinanti- concluse senza smettere mai di sorridere -RedDoor aveva ragione. Non eravamo sicuri che tu fossi quella giusta...fino ad ora.

Al solo sentire menzionare RedDoor Sarah Rogers trasalì.
Era un collegamento importantissimo, forse la pista migliore che avevano mai avuto!
Nel frattempo la donna non si era mossa di un millimetro, se ne stava lì con il suo dannato sorriso inquietante, proprio come un manichino che stava recitando una parte meccanica.

-Stai cercando tuo fratello? - chiese come in un acantilena- Anche noi, sai. E' stato scortese da parte sua andarsene così presto e abbandonarti al tuo Destino. Nessuno può opporsi al Destino che è stato scritto.

-Di cosa stai parlando? Cosa mi avete fatto?

-Non riesci a dormire, vero? Poverina...ma non preoccuparti. Presto non ne avrai più bisogno: tutto a suo tempo- concluse la donna dai cui occhi cerchiati d'oro cominciavano a scendere lacrime di sangue- A Loro maggior gloria!

Furono le ultime parole che pronunciò con bramosia fanatica prima di buttarsi all'indietro al di là del parapetto e poi giù nel vuoto.

 

...

Diciotto anni prima, in un grazioso appartamento di New York il dottor Stephen Strange rincasava dopo una giornata particolarmente complicata al Sanctum, dove aveva dovuto risolvere parecchi problemi. Adesso però era pronto a dedicarsi alla sua famiglia, che stava per allargarsi.
In genere non gli piaceva lasciare sua moglie da sola per troppo tempo, specialmente adesso che si trovava al nono mese di gravidanza... si sa, poteva essere un periodo complicato e poteva avere bisgno di qualcosa. Lei comunque non si era mai lamentata. Anzi, proprio quella mattina lo aveva praticamente cacciato fuori di casa dicendogli senza mezzi termini che aveva già abbastanza da fare senza averlo tra i piedi...nonostante il pancione si era rifiutata categoricamente di smettere di lavorare per l'agenzia immobiliare di cui faceva parte.

Sua moglie Kaya era una donna davvero particolare, il Dottore le aveva raccontato tutto delle sue attività mistiche e lei si era sempre dimostrata di larghe vedute.

La donna della sua vita si trovava appunto in salotto intenta in una delle sue interminabili telefonate alle amiche a cui stava raccontando per filo e per segno la sua giornata lavorativa.

-E poi ho chiuso la vendita! Esatto... no, non hanno avuto nemmeno il tempo di offrire una controproposta...lo so...grazie! Dovei vedere le loro facce...oh, ciao amore! Bentornato- lo salutò distrattamente, rigettandosi subito dopo nel fitto della conversazione.

Stephen la fissò allibito e francamente terrorizzato.

-Kaya, sei impazzita, vuoi lasciare quel telefono? Ti porto in ospedale. Subito.

Lei lo guardò, sinceramente perplessa.

-Perchè? Non sto male.

-Stai per partorire! Non c’è tempo da perdere!

La donna, che in realtà era una divinità del caos sotto mentite spoglie, restò un po' spiazzata di fronte a suo marito, che gesticolava disperato verso la pozza di liquido amniotico che si andava lentamente formando sul pavimento sotto di lei.

Ah, allora era quello il problema...

Quanto a Kaya aveva a malapena registrato che le si fossero appena rotte le acque, proprio nel bel mezzo di una delle sue lunghe telefonate. Non se ne era preoccupata più di tanto. Aveva letto da qualche parte, tempo fa, che era esattamente in quel modo che le umane mettevano al mondo i figli, così anche lei, che si era tanto impegnata per riprodurne l’anatomia corretta, aveva impostato il suo timer interno per scattare esattamente al nono mese come da consuetudine.

-Ah...per quello, certo- realizzò la divinità, che non capiva ancora come mai suo marito, da medico qual era, la stesse prendendo tanto male.

Eppure le sembrava che tutto stesse accadendo in maniera così naturale...Significava solo che il bambino stava uscendo, non era forse normale che accadesse? O forse no? Avrebbe giurato che era proprio così che nascevano gli umani dall'alba dei tempi.

-Ok...Pepper, tesoro, ti devo proprio lasciare...si, perdonami...no, è solo Stephen con le sue fisse...ma figurati, io sto benissimo...si si, va bene, ti chiamo dopo!

-Andiamo- le fece fretta il marito, requisendole il cellulare e sospingendola verso la porta.

-Va bene, va bene...arrivo, però tu stai calmo...

-Sono calmissimo Kaya. Ma tu adesso devi respirare, solo respirare e ...rilassarti. Andrà tutto bene- dichiarò con una certa sicurezza, forse più per convincere sé stesso che lei.

Stephen Strange, che a dispetto della sua affermazione non era calmo per niente, non le si scollò di dosso un minuto durate tutto il tragitto in ospedale, esortandola a non agitarsi ed elencandole metodicamente almeno una dozzina di possibili rare complicazioni. Come se ciò, secondo lui,  potesse contribuire  farla star calma. E soprattutto trovò da ridire praticamente su tutto anche quando furono fatti accomodare in sala parto.

A dispetto di tutti i timori del futuro padre, si rivelò un parto molto semplice e, come il medico di turno fu costretto a ripeter più volte al collega, assolutamente privo di rischi sia per la madre che per il bambino.

Entro un’ora Kaya aveva tra le braccia un fagottino adorabile dal sanissimo colorito rosato: Sebastian era un bambino docile e tranquillo che non aveva dato nemmeno nel venire al mondo il minimo problema.

-E’ perfetto- dichiarò il dottor Strange, quasi commosso, senza curarsi di quanto suonasse come la peggiore delle banalità.
Era esattamente quello che si sentiva di dire, sopraffatto da quella felicità così particolare che lo stordiva come solo la nascita di un figlio poteva fare.
Tutto pareva essersi svolto per il megio e il piccolo Sebastian era il ritratto della salute.

Stephen guardò la moglie, radiosa e per niente affaticata, mormorandole pianissimo un ‘Ti amo’ e il bel sorriso di Kaya a quelle parole si raggelò impercettibilmente.

Era giunta l’ora, si disse lei, adesso non poteva davvero più rimandare: avrebbe parlato con Stephen e gli avrebbe raccontato tutto, finalmente.

Gli avrebbe confessato di non essere umana.
Di essere in realtà una divinità del caos proveniente dalla dimensione oscura, il cui proposito iniziale, giunta sulla Terra, era stato quello di distruggere questo mondo, facendo si che divenisse parte del dominio del caos.

Certo, già questa non era una cosa facile da digerire, ma c’era di più... Kaya si era avvicinata allo Stregone Supremo soltanto per studiarlo, ma poi tutto era cambiato: poco a poco, sempre fingendosi un essere umano, aveva finito con l’innamorarsi di Stephen e della loro vita in quel mondo così variopinto, così diverso dal freddo nulla da cui lei proveniva.

Non esisteva niente di simile nella dimensione oscura, solo silenzio e desolazione.

Nessun sentimento paragonabile a quello che aveva iniziato a provare la sera che si erano conosciuti, una serata ‘magica’ che aveva trascorso ridendo alle sue stupide battute che non facevano ridere nessun altro... alla prima uscita era seguita una seconda e così via.

Dopo due anni, il matrimonio. Kaya ormai si era ambientata del tutto a New York, si era fatta degli amici, si era perfino trovata un lavoro come un essere umano qualunque e adesso faceva l'agente immobiliare a Manhattan. Ed era dannatamente brava a farlo.
Dopo cinque anni dacché conosceva Stephen era rimasta incinta e allora aveva capito che era troppo tardi per tornare indietro. La dea aveva alla fine rinunciato, almeno momentaneamente, al suo piano di conquista preferendo condurre una vita tranquilla e mortale con la sua nuova famiglia, che con quella nascita si era appena allargata.

Kaya non aveva mai provato un’emozione del genere, nemmeno per Stephen. Era diverso. Essere madre era un’esperienza sconvolgente che nona avrebbe mai nemmeno immaginato. Ma la poneva anche di fronte ad una scelta difficile: doveva dire la verità.

Lui avrebbe capito, ne era certa...in fondo aveva appena dichiarato di amarla, lei gli aveva appena dato un figlio e quel legame li avrebbe uniti ben oltre quello stupido segreto.
O almeno così sperava.

-Stephen...- incominciò, ma le parole che voleva dire le morirono in gola.

Per la prima volta nella sua millenaria esistenza la dea conobbe la paura perchè per la prima volta aveva qualcosa da perdere.

-Amore...Ti senti bene?

-Ma certo. Sono solo un po’ stanca...- si giustificò lei, sforzandosi di sorridere.

-E’ naturale... il tuo corpo è appena stato sottoposto a un grande sforzo- Stephen le circondò le spalle con un braccio permettendole di appoggiarsi a lui- Sei stata bravissima- mormorò direttamente sui suoi capelli, facendola sentire sempre peggio.

Erano il ritratto della famiglia perfetta e Kaya esitava ogni secondo di più.

-Io devo dirti una cosa... una cosa importante che riguarda anche nostro figlio.

-Credo di sapere a cosa ti riferisci- sorrise lui- E per me va bene.

Kaya lo fissò esterrefatta.

-Veramente?!

-Certo. A me sarebbe piaciuto Sebastian, come mio nonno, ma se ancora non ti convince mettigli pure il nome che preferisci. A me basta che stiate entrambi bene... Ma ti prego che sia un nome non troppo stravagante, non voglio che si senta in imbarazzo il giorno che si iscriverà a medicina...

-Sembri parecchio sicuro di quale sarà il suo futuro- commentò là moglie, scettica- non è che hai barato e sei andato a dare una sbirciata? Ti avevo pregato di non farlo mai con noi.

Naturalmente quella richiesta non era stata fatta per caso. Era fondamentale affinché il suo segreto rimanesse tale.

-Non ne ho alcun bisogno: è mio figlio- le rispose Stephen carezzando il neonato con lo sguardo- So già che sarà affascinante come sua madre e intelligente come suo padre.

-Soprattutto modesto- sottolineò lei, che come suo marito si soffermò a guardare pensierosa quella creatura a così piccola e indifesa che aveva tra le braccia- E comunque spero proprio che non ti somigli affatto... non abbiamo una casa abbastanza grande per un altro ego come il tuo.

-Se siamo riusciti a farci entrare tutte le tue paia di scarpe senza usare la magia vedrai che lo spazio lo troviamo- assicurò lui, baciandola velocemente sulla fronte.

Erano talmente rari i momenti di calma tra loro due che sarebbe stato un vero delitto rompere quell'atmosfera pacifica, ma ci doveva provare.

-Stephen vedi...io...

-Va bene, un piccolo incantesimo l’ho dovuto usare per le tue scarpe. E per le borse. Di quelle ne hai una quantità tale che sfugge alla mia comprensione.

-Lascia perdere le borse, io volevo dirti...

Kaya stava per cominciare il suo discorso quando nella stanza fecero irruzione a sorpresa  tutti gli ex colleghi dell’ospedale di Stephen, accorsi alla lieta notizia a congratularsi per la nascita del suo primo figlio.

Lui, ancora su di giri per la felicità, strinse calorosamente la mano a tutti, con un entusiasmo che non aveva mai manifestato prima, ricevendo in cambio sonore pacche sulle spalle e commenti scherzosi. Infine suggerì che si spostassero tutti nella stanza accanto per non disturbare troppo Kaya che aveva appena partorito e il piccolo.

-Stephen...

-Torno subito da voi- assicurò premurosamente alla moglie- e dopo potrai dirmi tutto quello che vuoi, va bene? Intanto cerca di riposare ancora un po’.

Kaya si arrese al fatto che non avrebbe potuto parlargli del suo segreto proprio in quel momento di festa. Avrebbe atteso più avanti, il giorno dopo... o forse un’occasione più favorevole. Magari quando Sebastian avesse avuto un anno o due... in fondo un paio di anni passavano subito, non era una grande differenza per lei, che era più antica del mondo stesso...però più il tempo scorreva e più diventava difficile per lei accettare di rischiare tutto.

Era ancora assorta tra quelle considerazioni quando l’aria della stanza si fece diversa... Kaya percepì l’arrivo della creatura ancor prima che si manifestasse. Un po’ si era aspettata la venuta di una Iris, le creature messaggere che fanno da spola tra gli dei per comunicare le loro volontà.

Era quasi una prassi che alla nascita di ogni figlio degli dei una Iris fosse inviata dalle divinità che governano il Destino, le potenti e misteriose Norne, per predirne il futuro.
Non era mai una buona idea rifiutare un loro consiglio poiché esse servivano direttamente le Tre Signore, coloro che perfino gli dei temevano.

Al Fato che governa i mondi nemmeno una divinità poteva opporsi, quale che fosse il suo potere.

Quella Iris in particolare aveva assunto le sembianze di un’infermiera del posto ed entrò nella stanza a passo leggero; unici segni della sua natura sovrannaturale erano gli occhi cerchiati d’oro e la pelle che sembrava emanasse luce dall’interno.

-Salute a te Kaya della Dimensione Oscura. Le mie Signore si rallegrano della nascita della tua prole e ti inviano la Loro benedizione.

-A Loro maggior gloria- rispose educatamente Kaya, stringendo però maggiormente il bambino a sè.

-A Loro maggior gloria- ripetè la Iris sorridendo dolcemente, ma era un sorriso freddo e innaturale che un essere umano avrebbe trovato decisamente inquietante- Sei preparata a conoscere il verdetto del Fato?

-Lo sono- rispose altrettanto freddamente, senza mostrare alcuna debolezza.

-Il destino di tuo figlio che vengo a portarti è intriso del sangue e delle ossa del mondo e sarà collegato alla fine di esso. Il suo destino è di compiere un viaggio insieme a nove compagni per scuotere le fondamenta di questo misero universo. Per questo le mie Signore, nella loro lungimiranza, ti chiedono di affidarlo fin da subito a Loro.

Kaya faticò a maniere la calma... tutto ciò era inaudito, quasi oltraggioso!

Le Norne si credevano a tal punto superiori al resto degli dei da permettersi di reclamare ciò che era suo? Perchè Sebastian era suo, se ne rese conto in quel momento più che mai.

-Saresti saggia ad obbedire poiché questo è il Loro volere. Quindi è anche il volere del Fato- le ricordò la Iris placidamente- Tutti gli dei devono inchinarsi al volere del Fato prima o poi.

Era vero, purtroppo, ma la questione così posta era anche fuorviante.

Kaya non si lasciò intimidire.

-Le tue Signore non posseggono questa prerogativa: interpretano il Destino, non lo posseggono.

-Ti nascondi dietro alla semantica perchè sei spaventata...è una cosa talmente umana- constatò la Iris senza perdere la sua finta cordialità, senza minimamente scomporsi nonostante dai suoi occhi dorati cominciassero a sgorgare lacrime di sangue, segno che il corpo che ospitava faticava a contenerla oltre- Non devi avere paura Kaya della Dimensione Oscura. Puoi sempre avere altri bastardi dal tuo umano... sempre se ti vorrà ancora una volta scoperto il tuo tradimento- sottolineò in una velata minaccia, senza celare il disprezzo un po’ classista che le divinità riservavano a quelli di loro che si abbassavano ad accoppiarsi con gli esseri umani.

-Non oseresti...- sibilò la divinità del caos, i cui occhi si colorarono minacciosamente di giallo.

-Kaya, con tutto il rispetto....non fare la difficile. Sei così accecata dalla tua bella favola da non voler vedere che in fondo vogliono solo aiutarti...Questo bambino, è vero, lo devi dare a me perchè si compia il suo Destino. Ma dopo la tua vita tornerà come prima! Potrai restare sulla Terra e fare come più ti aggrada, con la Loro benedizione... come se nulla fosse successo. Non è quello che volevi? Se invece decidi di rimanere irragionevole...non mi lasci altra scelta che rivelare il tuo segreto al bel dottorino...

-Non mi importa! Lo avrei fatto io stessa prima della tua inopportuna venuta. Racconta pure quello che vuoi piccola Iris...ma a Stephen non importerà, lui mi ama!

La Iris non aveva smesso di sorridere, quasi con condiscendenza.

-Povera cara, hai giocato a fare la mortale per troppo tempo... tanto da dimenticare cosa sei?!- constatò con una punta di compassione, scandendo crudelmente le parole come una cantilena- In nessun caso lo Stregone Supremo potrebbe mai permettersi di amare un mostro.

Kaya ebbe pochissimo tempo per valutare la situazione e per riuscire a governare la tempesta che aveva dentro. Guardò il piccolo Sebastian, addormentato tra le sue braccia, e prese la sua decisione.

-Porterai alle Tre Signore un messaggio...da parte mia?- chiese lentamente la dea del caos, avvicinandosi alla Iris che la attendeva a braccia aperte, pronta a prendere il piccolo .

-Certamente- annuì la creatura dalla pelle iridescente, ormai certa di aver vinto.

Il sangue che le colava dalla faccia le macchiava tutta la divisa di chiazze purpuree e aveva cominciato a lasciare piccole gocce tutto attorno.
Kaya le si avvicinò ulteriormente, ma anziché consegnarle suo figlio come quella si aspettava, la prese per il collo con forza sovrannaturale, spezzandole il respiro.

-Dirai a Loro, agli altri dei e a chiunque sia abbastanza folle da voler ancora minacciare la mia famiglia che quello che gli farò, se solo provano ad avvicinarsi, sarà molto peggio di quanto sta per succedere a te- disse Kaya mentre quella, intrappolata nel corpo mortale che stava occupando si contorceva per la sofferenza.

La morte sarebbe stata troppo poco: Kaya aveva sempre trovato il dolore molto più convincente.

-Lasciami...ti prego...porterò il tuo messaggio come mi hai chiesto!- boccheggiò quella con estrema fatica.

-Mia piccola Iris... il mio messaggio per loro sei tu.

Dopo aver pronunciato queste parole, Kaya gettò il corpo della creatura in un varco che aveva creato direttamente nella dimensione oscura, dove i demoni sempre affamati che vi abitavano le si gettarono immediatamente addosso, fiutando l’odore del sangue.

Il varco si richiuse sulle urla della Iris fatta a pezzi e dilaniata.
Kaya si ricompose per cullare il piccolo Sebastian, che nel percepire la sua tensione si era svegliato piagnucolando, mentre i suoi occhi tornavano gradualmente normali.

-Shhhh sei al sicuro, sei al sicuro...- ripetè più volte, quasi per convince sè stessa che fosse vero.

Così la trovò Stephen Strange al suo ritorno, quando finalmente ebbe finito diversi giri di brindisi, con quello che non era esattamente thè, con tutti i vari amici e conoscenti. Vederla in piedi al centro della stanza con lo sguardo perso, il bambino stretto al petto come se potesse scomparire da un momento all’altro e gocce di sangue fresco sul pavimento di fronte a lei lo fece trasalire di un bruttissimo presentimento.

-Kaya, cosa ci fai in piedi? Dovevi riposare...e quel sangue? Stai bene?

-Si, si non preoccuparti. Devono essersi riaperti i miei punti...- si giustificò lei- ... ma non ce la facevo più a starmene a letto, lontana da te- aggiunse fiondandosi tra le sue braccia.

Era rarissimo che Kaya si abbandonasse così, proprio lei sempre così forte e indipendente.
Solo questo bastò a mettere il dottore maggiormente  in allarme.

-Amore, è colpa mia... non dovevo lasciarti sola così presto, perdonami- disse, cercando di capire cosa l’avesse tanto turbata- Prima c’era qualcosa che volevi dirmi?

-Niente di importante- rispose Kaya, nascondendo il volto contro il suo petto perchè non potesse vedere le sue lacrime- Solo...ti giuro che non permetterò mai a nessuno di fare del male a te o a Sebastian.

Se Stephen sospettò qualcosa a quelle parole non ne fecemai parola. Certo, era strano, ma ci potevano essere mille spiegazioni.
Finì con l'attribuire quello strano atteggiamento della moglie alla stanchezza, agli ormoni, alla forte emozione che li aveva travolti entrambi quando erano diventati ufficialmente genitori e alla fine lasciò correre, senza che però il brutto presentimento lo lasciasse.

-Così ... sarà Sebastian?- domandò speranzoso alla moglie, anche un po' per alleggerire la tensione.

-Sarà Sebastian- confermò lei stringendosi nel suo abbraccio.

Le parole crudeli della Iris le risuonavano ancora in testa come un veleno.

'In nessun caso lo Stregone Supremo potrebbe mai permettersi di amare un mostro'

Non lo saprà mai, decise la divinità del caos, senza sapere che ancora una volta si sbagliava.

 

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Capitolo 2
*** Riverbero ***


Era stato un anno particolarmente difficile per Elisabeth Smith, meglio conosciuta come Ellie, un anno di cambiamenti.
Ormai la ragazza non era più sicura neanche di come farsi chiamare dal momento che quel nome lo avevano scelto per lei le persone che fino ad allora si erano spacciate per i suoi genitori, ma che in realtà l’avevano rapita dalla sua vera famiglia per sottoporla a crudeli esperimenti. Per crescere una ragazza ‘normale’ a loro dire privandola per sempre anche solo della possibilità di conoscere il suo retaggio.
Dopo che i suoi presunti genitori si erano rivelati per quello che erano, scienziati dell’Hydra coinvolti nel progetto RedDoor, Elisabeth era rimasta sola al mondo. Quella che considerava casa sua era esplosa insieme al laboratorio degli Smith.Tutte le tracce del suo passato, vero o falso che fosse, cancellate.

Se aveva trovato la forza di reagire a quella catastrofe lo doveva principalmente a Michael Coulson, suo attuale fidanzato, che non l’aveva mai abbandonata un istante. Michael aveva fatto in modo che, dopo che tutte le sue certezze erano crollate, Elisabeth potesse continuare a credere almeno in lui, comportandosi come il più perfetto dei ragazzi. Era principalmente per dimostrare qualcosa a Michael, oltre che per il desiderio di dare una svolta alla sua vita, che la ragazza aveva maturato la decisione di iscriversi al programma di addestramento dello SHIELD. Voleva fare esattamente quello che faceva lui: proteggere le persone. Purtroppo il suo ingresso nel settore reclute dello SHIELD non era stato facile e il duro addestramento, a cui certamente non era abituata, non era nemmeno la parte peggiore. Fin dal suo primo giorno nel programma Ellie si rese conto degli sguardi incollati sulla sua schiena, poi dei bisbigli nei corridoi.
Infine delle aperte provocazioni:

-Eccola, è quella che ti dicevo... che faccia tosta a presentarsi qui!

-Con tutte le brave persone che i suoi hanno ammazzato e torturato...che schifo.

-Già. La piccola Miss Hydra non può essere tanto diversa...e dice di non saperne niente! Secondo me mente.

-O mente oppure è davvero stupida come sembra. Qualcuno dovrebbe fare qualcosa: è inammissibile che si trovi qui!

Tutti sapevano già chi era e soprattutto chi erano stati i suoi: dei criminali che avevano fatto cose orribili a molte persone, comprese le famiglie di buona parte delle altre reclute. E questo non le avrebbero permesso di dimenticarlo, anzi, non potendo vendicarsi sugli Smith o sull’Hydra, avevano deciso che sarebbe stata lei il loro bersaglio.
Per farla breve Ellie era la vittima preferita dei peggiori fenomeni di bullismo mai registrati nella storia dell’agenzia.
Ed era anche diventata dannatamente brava a nasconderlo.

Tutte le sere, quando tornava a casa, o meglio a casa di Michael che la ospitava, Ellie avrebbe voluto solo piangere e invece si sforzava di sorridere. Non voleva che Michael si preoccupasse, non voleva essergli ulteriormente di peso.

-Sono qui!- annunciò allegramente, appoggiando il borsone delle sue cose all’ingresso con il braccio sano. Quello con meno lividi nascosti sotto le maniche lunghe della maglia che si ostinava ad indossare nonostante il cado dell’appartamento di Michael.

Lui la accolse come sempre con quello sguardo adorante che riusciva a calmarla e rassicurarla allo steso tempo.

-Bentornata. Tutto bene oggi?

-Splendidamente- mentì lei, stando molto attenta a non sussultare nel suo leggero abbraccio quando inavvertitamente andò a toccare le ferite fresche.

-Anche con il resto del gruppo? Non mi parli mai di loro, vedi gli allenamenti sono importanti ma anche fare  amicizia con le altre reclute. Credimi, ci sono passato, non vorrei che ti ignorassero solo perchè sei un po’ timida...come me.

-Sono sempre al centro delle loro attenzioni, tranquillo- assicurò la ragazza, amaramente.

Fortunatamente Michael era troppo in buona fede per cogliere quella leggera ironia.
Il suo unico difetto era proprio di essere talmente una brava persona da non riuscire neanche  aconcepire il male negli altri, se non a livello molto teorico. Era cresciuto così nei miti sfavillanti degli eroi che combattono i mostri, senza lasciare spazio a zone grige.

-Ellie, sei sicura di stare bene? Mi sembri un po’ giù...ma magari è solo una mia impressione.

-Sono solo un po’ stanca, niente di che, non devi preoccuparti.

-Spero tu non lo sia troppo perchè... abbiamo ospiti- annunciò il ragazzo, ricambiando il suo finto sorriso con uno vero.

Era emozionato, si notava tantissimo.
Nel loro salotto in effetti erano accomodati niente meno che il suo capo, Daisy Jhonson, e il di lei marito, il capitano Steve Rogers, ovvero la persona più popolare d’America. Entrambi scattarono sull’attenti non appena intercettarono lo sguardo di Ellie come se fosse lei la star della situazione, mettendo la ragazza ulteriormente in soggezione.

-Ehm... che piacere...signori Rogers. Come va?

-Ellie, il piacere è nostro. Hai tagliato i capelli? Ti stanno bene corti.

In realtà Ellie non li aveva tagliati di sua iniziativa, bensì glieli avevano addirittura bruciati come risultato di un altro stupido scherzo umiliante. La ragazza per minimizzare il danno era stata costretta a rimediare come aveva potuto con un taglio cortissimo.

-Si, ho voluto cambiare- affermò tutta sorridente- Ero stanca di averli così lunghi. Mi si impigliavano dappertutto.

Era stupefacente quanti progressi avesse fatto nel mentire alle persone, proprio lei che fino ad un anno fa si sentiva in colpa a prendere le caramelle dal dentista. Cali sarebbe stata proprio orgogliosa di lei.

-Ci dispiace disturbare...passavamo di qua e così abbiamo pensato di passare a salutare Michael...e anche a vedere come stavi- proseguirono i Rogers.

Entrambi le erano chiaramente molto grati per quanto aveva fatto per aiutare Sarah e i ragazzi e glielo avevano dimostrato in più occasioni. Non ultima la circostanza per cui Ellie era ancora libera. Dopo l’ultima battaglia, infatti la ragazza sapeva che era un miracolo se il governo non l’aveva arrestata, ritenendola una potenziale complice di quella follia. Per la verità si era salvata solo grazie alla testimonianza dei suoi amici e di Michael, oltre che per il cortese interessamento dei genitori di Sarah, che avevano ruoli e conoscenze abbastanza importanti da evitarle il peggio.

-Sto benissimo, grazie- mentì di nuovo la ragazza- se siete appena arrivati, possiamo offrirvi qualcosa da bere? Michael, siediti anche tu per favore, ci penso io a portarvi subito qualcosa.

-Ci piacerebbe, si, se non è troppo disturbo- rispose Daisy sempre molto cordiale nonostante fosse una persona che detestava le formalità. In realtà in quel momento la donna sembrava proprio un animale in gabbia. Si vedeva che aveva una voglia matta di saltare i convenevoli e andare dritta al punto, ma aveva concordato con il marito di andare prudentemente per gradi. In fondo Ellie era una ragazzina che ultimamente ne aveva passate tante, l’ultima cosa che volevano era piombarle in casa e sottoporla all’ennesimo interrogatorio forzato.

-Non è affatto un disturbo...dopo quello che avete fatto per me.

-Dopo quanto hai fatto tu per nostra figlia temo che il debito maggiore sia ancora nostro- disse Steve molto sinceramente.

Ellie aveva i suoi dubbi a riguardo, considerando il fatto che senza il loro intervento a quest’ora si sarebbe trovata suo malgrado internata in qualche buco sperduto molto peggiore della precedente.

Infatti Daisy Jhonson e il capitano Rogers avevano garantito personalmente per lei durante le indagini seguite al disastro dell’anno corso, un po’ per farsi perdonare dalla figlia e un po’ perchè era sinceramente grati ad Ellie per avere aiutato i ragazzi. In effetti senza di lei la maggior parte di loro non sarebbe lì a raccontarlo e pertanto alla gratitudine dimostrata dai Rogers si era aggiunta anche quella di tutti gli altri genitori coinvolti. Avevano fatto a gara per offrirle aiuto, sempre partendo dal presupposto che avevano tutti molto da farsi perdonare ai rispettivi figli, principalmente il fatto di non aver creduto in loro e di averli segregati in collegio per un anno intero ‘per il loro bene’. Aiutare Ellie oltre che la cosa giusta da fare poteva essere un primo passo di redenzione ai loro occhi.

Comunque la ragazza non si era bevuta neanche per un istante che il direttore dello SHIELD e Capitan America ‘passassero di qua per caso’ e fossero venuti a trovarla solo per un veloce saluto. Ci doveva essere dell’altro e riteneva anche di sapere perfettamente di cosa poteva trattarsi.

-Sarah è un’amica. Non ho fatto niente di più di quanto avrebbe fatto chiunque al mio posto, davvero.

-Hai fatto molto di più Ellie...Ma a proposito di Sarah- proseguì il Capitano- per caso l’hai sentita ultimamente?

A quelle parole Daisy Jhonson quasi trattenne il fiato.
Ecco, appunto: erano chiaramente venuti per l’ennesimo problema con la figlia che evidentemente li aveva tagliati fuori entrambi.

-Si ... non proprio spesso, ma si. E’ molto impegnata con il college.

Era la verità, almeno per quanto ne sapeva Ellie.
Tuttavia avrebbe mentito affermando che non le sembrasse un comportamento strano da parte di Sarah Rogers, per come la conosceva, sparire a quel modo e farsi sentire giusto il minimo indispensabile. Tutti i loro amici lo pensavano, era quasi il loro argomento di discussione principale quando si sentivano. Però nessuno di loro osava metterla in discussione, quello sarebbe stato il ruolo di Blake, che tuttavia pareva a sua volta disperso.

Insomma, era tutto parecchio incasinato al momento.

-Così ci ha detto- commentò il padre, sconsolato- Chiama sempre meno di frequente purtroppo.

-Sciocchezze - intervenne invece Daisy, senza più riuscire a trattenersi- Parliamoci chiaro. Conosco abbastanza mia figlia per sapere quando mi dice una palla: la verità è che nella migliore delle ipotesi non ci ha ancora perdonati per...insomma lo sai. Sempre che non ci sia di mezzo qualcosa di peggio...

-All’inizio abbiamo pensato che poteva trattarsi di una semplice delusione per la partenza di Blake- aggiunse suo marito, che era forse l’unico che ancora li credeva semplicemente amici- sai, sono molto legati. Quasi come fratelli.

Daisy sbuffò: amava quell’uomo con tutta sè stessa, santo cielo, ma a volte era di un’ingenuità disarmante! In particolare modo con le persone a lui vicine. Non c’era da sorprendersi se Sarah aveva imparato a rigirarselo come voleva...

-Insomma, pensavamo a quello, ma ormai è passato quasi un anno... sarebbe troppo strano. Deve trattarsi di qualcos’altro.

-Come capirai, visti gli errori del passato non possiamo più permetterci di trascurare nulla- convenne Steve Rogers- Ma con te è diverso, forse Sarah ti ha accennato qualcosa in più...magari anche incidentalmente. In fondo siete amiche.

-Sentite, io non so niente di diverso da quello che sapete anche voi...

-Non ti stiamo chiedendo di tradire la sua fiducia. Solo vorremmo sapere per tempo se possiamo fare qualcosa... e soprattutto se dobbiamo preoccuparci.

-Vorrai dire quanto dobbiamo preoccuparci- lo corresse Daisy- perchè in ogni caso lo siamo già.

-E avete pensato bene di venire fin qua a parlarne proprio con me anziché affrontare l’argomento con vostra figlia?! - commentò a quel punto la ragazza, del tutto esausta e francamente incapace di trattenersi oltre- Avete mai considerato di dire a Sarah che vi dispiace per quanto è successo e di farla finita di girarci introno?

-Ellie!

-No, Michael. Questa me la devono proprio spiegare- insistette lei, forse con una durezza maggiore di quanto intendesse- dite che essendo sua amica dovrei sapere cosa le sta succedendo, ma voi siete i suoi genitori! E i genitori dovrebbero essere sinceri... dovrebbero avere il coraggio di guardarci negli occhi anche quando hanno fatto una cazzata e ammetterlo...dovrebbero prendersi le loro responsabilità anziché tramare, mentire, ingannare ...e farti credere di volerti bene solo perchè sei parte del loro cazzo di piano!- si sfogò infine, ma ormai era chiaro che non stava più parlando dei genitori di Sarah.

Era una situazione orribile la sua, che tutti i presenti comprendevano.

Nonostante gli enormi sforzi compiuti durante l’ultimo anno, Ellie non era sicura che sarebbe mai tornata a stare bene. Era solo diventata una bomba a orologeria pronta ad esplodere quando meno ce lo si aspettava. Sarebbe crollata se non fosse stato per Michael, che con la sua sola presenza, con solo la leggerissima pressione della sua mano sulla sua l’aveva riportata a ragionare lucidamente.

-Scusate, io...sono stata scortese- ammise infine la ragazza, abbandonandosi esausta sul divano- E non mi stavo certo riferendo a voi. So quanto siete davvero preoccupati per Sarah.

-Sei stata sincera- la corresse Daisy- e comunque non hai detto nulla che non abbiamo meritato... o che non ci siamo detti da soli almeno un centinaio di volte.

Già. Specialmente dopo Philip.

-Ellie, ci dispiace tanto- disse Steve Rogers- anche Sarah sa che ci dispiace...insomma, non ne abbiamo mai parlato direttamente, abbiamo avuto i nostri problemi, ma io sono certo che lo sa.

Quanto a questo Ellie aveva le sue perplessità. Ovvio che Sarah in fondo lo sapeva, ma attualmente era anche molto arrabbiata, oltre che essere tutta presa dai suoi traffici misteriosi. E le potenzialità di un’adolescente arrabbiata era ciò che tutti gli adulti parevano irrimediabilmente sottovalutare.

-Dovrebbe dirglielo comunque. Solo questo- pigolò la ragazza- In ogni caso vedrò Sarah tra qualche settimana, al compleanno dei gemelli. Posso sempre provare a indagare- promise Ellie, giocherellando nervosamente con l’orlo della manica e scoprendo inavvertitamente un segno bluastro.

Prima che potesse rimediare si rese conto del lampo di consapevolezza passato negli occhi del suo interlocutore. Forse un altro non ci avrebbe fatto caso, ma Steve Rogers suo malgrado era un vero esperto in materia e a quel punto Ellie ebbe a sua volta paura di essere smascherata pubblicamente. Fortunatamente non erano queste le intenzioni del Capitano. Anzi,  prima che anche Michael se ne accorgesse, Steve ebbe la prontezza di intervenire, pregando la moglie di mostrare di persona al giovane agente qualcosa riguardante la nuova missione.

Possibilmente nella stanza accanto.

-Allora...- esordì una volta rimasto solo con Ellie- ...chi devo rimettere in riga per quello?

La ragazza sussultò, maledicendosi per essersi tradita.

-Sono caduta- dichiarò in un ultimo tentativo piuttosto patetico e mal riuscito di ignorare la cosa e lasciar cadere il discorso.

Ma lui non glielo permise.

-Così però mi deludi, avevamo detto che dobbiamo essere sinceri.

-Non è niente per cui preoccuparsi. O per cui far preoccupare Michael.

-Lascialo decidere a lui se vuole preoccuparsi o meno. Ti è molto affezionato.

-Lo so, ma me la cavo da sola- aggiunse la ragazza- è un mio problema e lo risolvo io. Per favore, non voglio che nessuno si metta di mezzo. Mi sto allenando tutti i giorni...sto cercando di farcela, insomma, sto anche migliorando! Posso gestirlo.

-Lo capisco, più di quanto tu creda- concesse lui- ma non posso neanche lasciarti da sola a prenderle ...o la prossima volta non rimarrà molto da gestire.

Ellie non poteva che essere d’accordo, ma non vedeva altre soluzioni.

Non finché ancora una volta Steve Rogers non la sorprese con la sua successiva proposta.

-Ellie, ti hanno mai fatto vedere come si incassa?
 

...


Il compleanno dei gemelli Maximoff era praticamente l’evento della stagione per il loro gruppo, a maggior ragione quella volta.
Non solo perchè i festeggiati erano due, perchè era il momento dell'anno in cui interagivano di più con il mondo esterno comportandosi  come due adolescenti quasi normali,  ma perchè era il primo compleanno dopo l'ultimo anno celebravano da liberi... si sarebbero divertiti un mondo, ad ogni costo. Peccato solo che Blake Foster non ce la facesse a venire, pensava Ellie.

Dopo gli eventi di qualche settimana prima, quando finalmente si era potuta sfogare con qualcuno su tutto quello che stava passando si sentiva molto meglio, più leggera. Steve Rogers era stato comprensivo, ma fermo. Non si era limitato a farle vedere come lottare. Le aveva anche spiegato che oltre certi limiti non si dovrebbe mai andare da soli, nonostante il proprio orgoglio e infine le aveva fatto promettere che se le cose si fossero messe male lo avrebbe chiamato.

Si era fidato del suo giudizio e dimostrandole fiducia l’aveva motivata ulteriormente a non abbattersi. Non c’era da stupirsi che il padre di Sarah fosse il riferimento genitoriale di tutto il gruppo, anche dal momento che li aveva allevati praticamente tutti in casa sua.

-Ehi- la salutarono i festeggiati, elegantissimi nei loro identici completi argentei, correndole incontro per primi e offrendole il braccio uno per lato- ciao Ellie! Come stai bene!!

La ragazza indossava un semplice top rosa bordato di pizzo, un golfino molto leggero che però le nascondeva bene le braccia martoriate, jeans aderenti, un paio di sandali e un trucco leggerissimo.

-Già, finalmente l’hai abbandonato il taglio di capelli da suora- commentò Cali, che aveva un cortissimo abitino di velluto verde a cui aveva abbinato molti anelli e collane dall’aria preziosa.

Quello era il suo modo per dirle che le era mancata. Alla fine il compleanno lo aveva organizzato tutto Cali all’Edge, un locale molto chic che aveva il pregio di essere anche vicino al campus di Sebastian, dove alloggiavano entrambi. La ragazza aveva decorato una sala privata con una bella terrazza a loro disposizione, praticamente schiavizzando gli altri studenti del suo corso per catering e decorazioni.
Quelli non avevano fatto troppe domande e si erano adeguati.

Tutti gli studenti in verità avevano imparato ad aver paura di Cali Erikssen perchè era imprevedibile e soprattutto non aveva paura di sporcarsi le mani. Cominciavano a girare strane voci su di lei, leggende quasi, il cui succo era che era meglio starle alla larga o, se si veniva presi, fare esattamente come voleva lei per evitare ritorsioni.
Certamente quello che aveva più motivo di tutti di temere era il suo ragazzo, Sebastian Strange, che però era anche l’unico a saperla prendere e a limitare i danni.

-Scusa Cali ma esattamente come hai pagato per tutta questa roba?- le domandò Ellie, osservando con aria critica le costose bottiglie riservate al loro tavolo, mentre la baciava su entrambe guance.

In fondo erano tutti dei semplici studenti senza il becco di un quattrino, dal momento che avevano deciso di vivere per conto loro senza l’aiuto delle famiglie, per altro nessuno di loro aveva legalmente l’età per bere.

-Un gioco da ragazzi- commentò lei, liquidando la questione come se non avesse la minima rilevanza- diciamo che il proprietario del locale è un mio grande ammiratore. E comunque con chi credi di parlare? Non ho mai pagato per un drink in tutta la mia vita.

-Posso anche immaginare il perchè- brontolò Sebastian, che se ne stava in un angolo imbronciato, dando a intendere che non gli stava per niente bene come si comportava la sua ragazza per avere sempre il mondo ai suoi piedi.

-Sebastian, mi spieghi a te cosa importa se flirto un pochino con tutti... se alla fine torno sempre a casa con te?- chiese Cali facendogli l’occhiolino.

-Mi importa perchè è...disonesto.

-Oh, amore, il dirty talking lo proviamo più tardi. Non vorrai dare spettacolo proprio qui...anche se per me, lo sai, non ci sono problemi- commentò la ragazza con disinvoltura. Adorava come sempre metterlo in imbarazzo.

-Michael non viene?- chiese in quel momento Tommy Maximoff stappando la prima bottiglia.

-Forse più tardi- rispose Ellie- doveva lavorare a un caso.

-Di sabato sera? Accidenti sono degli schiavisti allo SHIELD.

-Già. Perfino noi reclute abbiamo serata libera il fine settimana.

-A proposito come vanno gli allenamenti?

-Miglioro- rispose ancora Ellie, esitando un instante prima di aggiungere- Da qualche tempo mi dà una mano il padre di Sarah.

-Non c’è da stupirsi. Papà adora le cause perse- commentò giusto in quel momento la diretta interessata.
Sarah Rogers aveva fatto il suo ingresso sicura come sempre, salutando prima i gemelli poi tutti gli altri.
Subito dietro di lei si aggiunse al gruppo anche Morgan Stark che si andò a sedere un po' più discosta dal resto del gruppo.
Nessuna delle due si era vestita o truccata per l’occasione, ma erano comunque due bellissime ragazze: Sarah bionda e slanciata, Morgan con un fisico asciutto e vaporosi capelli ramati.

-Siete venute insieme?- volle sapere Cali, che decisamente non aveva preso bene il fatto che Sarah ultimamente passasse molto più tempo con Morgan che con lei. E nemmeno si spiegava come mai di punto in bianco avesse smesso di ignorarla, dal momento che le due prima avevano attraversato un anno di totale rottura di rapporti, mentre ora sembravano migliori amiche.

-Quanta bella gente- le interruppe Morgan, proprio come se non l’avesse sentita- e quei drink sembrano ottimi!

-Per te al massimo un’aranciata- stabilì Sarah, che durante quell’anno ci aveva messo tutta sè stessa a farla disintossicare da alcol e pastiglie, senza mia perderla di vista e passando di fatto le pene dell’inferno.

Una Morgan in astinenza non la augurava a nessuno, nemmeno al suo peggior nemico. Una Morgan in astinenza non la smetteva più di cantare.

I ragazzi ,finalmente riuniti, presero a chiacchierare del più e del meno, parlando di tutto tranne che di una cosa: nessuno provò nemmeno a commentare l’assenza di Blake, che però pesava come un macigno.

Era chiaro che le sue intenzioni fossero di evitare Sarah, ma di fatto per evitare lei e tutti posti dove poteva incontrarla si era staccato tantissimo anche dal resto del gruppo, tanto che ormai l’unico che sentiva regolarmente via Skype era Sebastian.
Quest’ultimo, dal suo angolo appartato stava osservando Sarah, alzando un sopracciglio con palese disappunto. Qualcosa non gli tornava.

-Sarah, tu e Morgan state studiando arte e letteratura a Boston, giusto? Anche un mio conoscente ha studiato lì. Arte con Fletcher e Letteratura con McNeal.

-Esatto, proprio così.

-Sai, ripensandoci credo che mi abbia detto proprio il contrario: era Arte con McNeal e Letteratura con Fletcher.

-Si...possibile che mi sia confusa. Non frequento molto ultimamente.

-Eppure sei sempre così ...impegnata- osservò il ragazzo, che diventava ogni istante più evidentemente sospettoso.

-Hai finito l'interrogatorio Sherlock?- lo rimproverò Cali, aggiungendo a bassa voce- Ma che ti prende? Per una volta che vediamo Sarah devi proprio darle il tormento parlando solo di studio...

Ma Sebastian la ignorò completamente, aspettandosi invece ancora una risposta più convincente dalla stessa Sarah. La ragazza con ogni evidenza stava nascondendo qualcosa a tutti loro.

-Sarah... sei sicura di sentirti bene? Sei ...strana- le disse infine con aria circospetta.

-No, tu sei strano- replicò la ragazza sempre più irritata (N. A. Se ve la immaginate detta in inglese fa più ridere XD).

-I tuoi occhi non sono mai stati scuri.

In effetti Sebastian era l’unico ad aver notato che gli occhi azzurri di Sarah ora erano diventati quasi color antracite.

-Sarà un effetto della luce, io sto benissimo... vi prendo il prossimo giro?

La ragazza come al solito minimizzò.

In realtà si sentiva veramente malissimo. Gli occhi le bruciavano ancora di più e la testa le faceva male. La musica alta del locale, le persone, la palese gelosia di Cali, l’assenza di Blake...niente di questo aiutava.

Non dormiva da un sacco di tempo ormai...e si sentiva costantemente scoppiare la testa.

-No, ci penso io- disse Ellie alzandosi per andare a prendere un’altra bottiglia dalla miracolosa scorta privata di Cali.

Peccato che proprio lì, vicino al bancone del locale ci fosse un altro gruppo di ragazzi e ragazze poco più grandi di loro. Un gruppo che purtroppo Ellie conosceva bene. Non poteva credere alla sua sfortuna.

La ragazza quasi si bloccò a metà strada riconoscendo i suoi compagni di addestramento.
Evidentemente tutte le aspiranti reclute SHIELD avevano scelto proprio quella sera proprio quel locale per prendersi una pausa dalle fatiche della settimana. Ellie non si stupì che nessuno l’avesse invitata, sarebbe già stata grata se si fossero limitati ad ignorarla e lasciarla in pace.
E invece proprio in quel momento anche loro si accorsero di lei.

-Non ci posso credere...guardate chi c’è!- esclamò uno di loro.

-Non ci credo...ma ci stai pedinando?!

-Sicuramente non bah buone intenzioni, questo è certo.

Ellie fece rapidamente dietrofront ma fu bloccata da due di loro, che evidentemente non volevano perdere l’occasione di molestarla anche al di fuori dell’accademia. Anzi, per loro era decisamente meglio lì, senza istruttori di mezzo.

Senza testimoni scomodi.
La povera ragazza cominciò a sentirsi in trappola come un animale braccato.

-Ok. Non voglio problemi- tentò, mettendo le mani avanti.

-L’unico problema sei tu che continui a stare dove non dovresti- intervenne una delle ragazze.

-Già, perchè non sparisci... insieme ai tuoi non hai già combinato abbastanza danni?!

-Occupi un posto che non meriti. Lo sai quante brave persone hanno perso la vita a causa di gentaglia come te?!

-O dobbiamo essere noi a farti sparire una buona volta?

Ormai era chiaro che la situazione non stava volgendo a suo favore.

La musica alta copriva la maggior parte dei toni accesi della discussione, eppure alcuni clienti più vicini a loro girarono la testa per capire quale fosse il problema. Specialmente perchè era chiaro che la ragazza più minuta del gruppo era in difficoltà.

-Per favore. Non vi ho seguito! - stava giusto dicendo Ellie- Sono qui con degli amici a festeggiare un compleanno...

-Menti.

-Bugiarda.

-E poi da quando avresti degli amici?!

Successe tutto molto in fretta.

Ellie vide il pugno arrivare di lato, ma la sua memoria muscolare ormai era allenata. Come le aveva insegnato Steve virò rapidamente di lato, facendo perdere l’equilibrio al suo assalitore, che invece di mettere a segno il colpo sfracellò direttamente su uno dei tavoli facendo un gran fracasso. Quando un secondo si fece sotto la ragazza sapeva cosa doveva fare e colpì prima di essere colpita, facendogli piuttosto male. Sempre merito delle lezioni di Steve Rogers.

-Sei morta bastarda- urlò qualcun altro, fomentando l'intero gruppo contro di lei.

La ragazza si ritrovò circondata da almeno una decina dei suoi soliti persecutori. con le peggiori intenzioni Non ci voleva, un paio alla volta poteva anche affrontarli ...ma tutti e diciotto insieme l’avrebbero fatta a pezzi. Non aveva alcuna possibilità di uscirne bene.
Questo almeno pensava prima che il pugno di quello più grosso impattasse, anziché sulla sua faccia, sulla presa d’acciaio di Sarah Rogers, comparsa di fianco a lei insieme a tutti gli altri.

I ragazzi, richiamati dal fracasso, si erano tutti schierati accanto a lei con aria combattiva...Purtroppo, senza Blake a frenarli, sarebbe stato molto difficile evitare che la situazione già incandescente non  degenerasse.

-Volevate conoscere gli amici di Ellie? Molto bene. Siamo tutti qui- dichiarò Sarah con la sua solita aria glaciale, mentre con la mano stava praticamente stritolando il pugno chiuso del ragazzo, respingendolo indietro quasi sulle ginocchia. Anche i suoi due compagni che accorsero a soccorrerlo non fecero una fine migliore, sbattuti a terra senza troppe cerimonie con un colpo deciso della bionda.
I suoi stessi compagni la fissarono allibiti.

Era decisamente anormale, certo Sarah era forte...ma non così forte: quelle erano tutte reclute addestrate e lei li stava praticamente massacrando senza sforzo. E senza battere ciglio.

-Avanti. Conosciamoci meglio- li sfidò tutti.

La rissa che ne seguì fu gigantesca e inevitabile.

La cosa più difficile per i ragazzi fu principalmente fermare Sarah, che ci aveva preso gusto a mandare al tappeto gli avversari e senza preoccuparsi di fargli male sul serio. Si stava comportando proprio come se non le importasse di spezzargli le ossa. Non era da lei.

Se solo ci fosse stato Blake avrebbe saputo cosa fare per calmarla.

Invece dovette pensarci Ellie, che con la forza della disperazione riuscì a pararsi davanti all’amica con il rischio di venire colpita a sua volta.

-Sarah adesso basta!Ti prego fermati...

Sarah la guardò per un istante, inclinando il capo come se non la riconoscesse.

Istintivamente Ellie le prese la testa tra le mani e poi fu come trovarsi sulle montagne russe.
Vide delle cose, un mucchio di cose alla rinfusa: ricordi di Sarah mischiati ad altro che decisamente non apparteneva alla ragazza che aveva conosciuto, era qualcosa di più malevolo e antico...qualcosa di freddo e strisciante...di bagnato e di decisamente letale.

Ellie vide distintamente davanti a sè un pozzo di acqua scura su cui gocciolavano i rami di un grande albero, che le sembrava cupo, rinsecchito. Spettrale.

Le era già capitata una cosa simile solo una volta, ovvero quando un anno fa i gemelli avevano provato ad entrarle in testa per vedere i suoi ricordi. Allora Ellie li aveva respinti con una violenza tale da mandarli entrambi gambe all’aria e da spegnere qualsiasi fonte di energia nel raggio di diverse miglia.
Durò pochissimi istanti ma quando finalmente Ellie riuscì a staccarsi da Sarah si sentì come svuotata.

Si sarebbe accasciata a sua volta se i ragazzi non l’avessero tenuta in piedi.

In compenso Sarah parve essere ritornata in sè, perfino i suoi occhi ora erano tornati azzurri e fissavano con sconcerto quello che aveva appena fatto.
Senza nemmeno rendersene conto.

-Cosa mi è successo?- domandò al ragazza.

Era ancora sconvolta, ma almeno la testa aveva smesso di farle così male.

Nessuno di loro seppe risponderle.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Il ritorno dell'Eroe ***


Blake Foster aveva vissuto l'ultimo anno in California come se si trattasse della vita di qualcun altro.
Si alzava presto la mattina per aiutare i nonni in casa. Poi trascorreva la mattina a lezione a Berkley, dove si era iscritto al corso di astrofisica. Sorrideva alle persone che incontrava, si dimostrava gentile e disponibile, chiacchierava con i compagni di corso, a volte usciva persino con loro nei fine settimana...
Ma niente di tutto questo aveva veramente a che fare con lui o con quello che provava.

Aveva provato con la palestra, sperando che quel genere di esercizio fisico lo avrebbe potuto aiutare a sfogare almeno in parte lutta la rabbia e la frustrazione accumulata da una serie di perdite che lo avevano profondamente segnato. Prima suo padre che se ne era andato prima ancora della sua nascita e che non aveva neanche conosciuto. Poi sua madre, a cui era legatissimo, e che lo aveva lasciato dopo una angosciante malattia. Poi ancora Philip, il suo migliore amico, rimasto ucciso in un incidente che lui non era stato in grado di evitare. Infine aveva perso anche Sarah, seppur metaforicamente, dopo che lei lo aveva respinto. Blake si era reso conto ben presto che in quei momenti, quando pensava a lei,  controllarsi diventava sempre più difficile.
Poteva percepire chiaramente il suo potere formicolargli sotto la pelle come una corrente elettrica che non era in grado di spegnere... aspettava solo di uscire e fare danni. Per questo alla fine aveva optato per un altro genere di allenamento. C’era un vecchio capannone in fondo alla strada dove vivevano i suoi nonni, abbandonato da abbastanza tempo da far si che nessuno se ne curasse. Lì Blake andava ogni sera e si esercitava con il suo potere. A volte non rientrava neanche a casa per dormire.

Gli piaceva quel posto. Solamente lì, lontano dal mondo, poteva veramente sfogarsi. Inoltre poteva godere di una vista mozzafiato sulla baia sottostante. Il ragazzo si trovava giusto in quel luogo di ritiro, intento ad ammirare il tramonto dopo una sfiancante seduta di allenamento che lo aveva scaricato a dovere, quando ricevette la telefonata. Il numero lo aveva salvato sul cellulare come W. e T. Maximoff perchè i gemelli condividevano tutto, anche la scheda telefonica. Pensò subito si trattasse dell'ultimo disperato tentativo di invitarlo alla festa. Non che non si sentisse in colpa ad avergli dato buca con una scusa banalissima, ma il pensiero di rivedere Sarah dopo il modo imbarazzante  in cui si erano lasciati era veramente troppo...

-Ciao Blake.

-Ehi, tutto bene?

Domanda retorica. Quando mai le cose per loro erano andate bene ultimamente?!

-Non che non mi faccia piacere sentirti Will...ma non sono tipo le quattro del mattino da voi?!

-Scusa l'orario- rispose la voce serena di William Maximoff dall'altro capo del telefono- Dovevo parlare con te prima che Tommy si svegliasse...ho una cosa importante da dirti.

-Ok...- ecco, quello era decisamente fuori dal comune anche secondo i loro standard, pensò Blake.
Da quando i gemelli facevano qualcosa di nascosto l'uno dall'altro?

-Devi tornare- gli disse semplicemente il ragazzo con il consueto fare diretto -Succederà oggi.

-Intendi il vostro compleanno? Si, lo sapevo, senti amico mi dispiace davvero non poter venire ma...

-Succederà oggi- ripetè William, come se non lo avesse neanche sentito- e sono preoccupato. Lo siamo tutti. Sebastian è preoccupato  per te, ma rispetta la tua decisione. Cali è preoccupata per Sarah ma è troppo orgogliosa per interferire. Ellie è preoccupata per entrambi piuttosto che esserlo per sé stessa... poverina, non sta passando un bel periodo e la tua assenza non aiuta.

-Non ti sembra di esagerare? E' solo una festa...Ve la caverete benone anche senza di me.

-Non Ellie. Sei stato il primo tra noi con cui ha legato, il primo a portarla nel nostro gruppo. Hai perfino discusso con Sarah a causa sua.

-Già...e guarda a cosa ci ha portato.

-Risolverete- affermò William con una certezza inossidabile accompagnata da tutto il pragmatismo che lo caratterizzava- Alla fine Sarah è Sarah e tu sei tu. Avete sempre trovato il modo di farlo funzionare.

-Bhè, in questo momento fa schifo essere me...

-Anche Sarah non sta bene.

-Cosa intendi dire?- per la prima volta la voce di Blake si incrinò nei toni della preoccupazione e dal momento che all'altro capo c'era uno desi suoi migliori amici non si preoccupò di nasconderlo, ricambiandolo con la stessa sincerità- Cosa sai su Sarah?

L'atteggiamento di Will era davvero troppo strano, perfino per lui.
Per la prima volta dacché Blake lo conosceva stava tradendo qualcosa di simile all'inquietudine... E soprattutto stava portando avanti quella conversazione  con lui tenendone all'oscuro perfino il suo gemello.

-Solo che le sta per succedere qualcosa...e sarà questa sera. Non so cosa ma sarà brutto: io l’ho visto Blake. O meglio, l’ho sognato. Esattamente come capitava alla mamma- aggiunse, sconfortato.

La portata di quell'affermazione non sfuggì al ragazzo all'altro capo del telefono.

Quello che era successo a Wanda Maximoff era stato sostanzialmente vedere il proprio potere aumentare a dismisura fino a consumarla. Erano solo sogni all'inizio. Poi visioni. Poi tutto insieme l'aveva travolta consentendole di vedere tutto: passato, presente e futuro, tutto insieme. Era diventata inarrestabile, ma questo grande potere l'aveva anche scollegata per sempre dalla loro realtà, come una televisione che trasmette costantemente tutti i canali del multiverso, concedendole pochi momenti di lucidità da dedicare alla sua famiglia. Era perfino peggio che averla persa per sempre, perchè i gemelli non potevano mai dire se il momento dopo averli stretti a sé sarebbe stata abbastanza presente a sé stessa da riconoscerli.
Era per loro e per Visione una fonte di infinita pena averla con loro solo così, ad intermittenza.

E adesso anche William rischiava di fare la stessa fine, perdendo a poco a poco il controllo della sua mente e abbandonando i suoi amici, ma soprattutto suo fratello.

-Will...ne sei proprio sicuro? Senti se ne vuoi parlare...

-Non occorre- la sua voce sembrava abbastanza tranquilla ora, quasi rassegnata- So già cosa potrebbe succedere perchè l'ho già visto succedere, ricordi?E in fono potrebbero volerci anni come è stato per la mamma. Solo...se avvenisse prima del previsto, se di punto in bianco non dovessi più riconoscervi... se dovessi perdere il contatto con la realtà come è successo a lei...voglio che ci siate tutti per stare vicino a Tommy. So che ci sarete

-Non ti succederà niente- disse Blake con altrettanta urgenza- Non lo permetteremo, ok?

Sapevano entrambi che non era in loro potere opporsi a quell'eventualità.
Ma era comunque bello sentirselo dire.

-Grazie- disse Will, sorridendo davanti al ricevitore- Ti aspetto alla festa.

-Contaci.

Senza neanche perdere un istante a riflettere Blake Foster prenotò il primo volo.

La scusa che rifilò al nonno era talmente insulta che la scordò subito dopo averla detta. Prese da casa i documenti pochissime altre cose... corse come un pazzo verso l'aeroporto, riuscendo a partire appena in tempo sul primo volo disponibile. A causa di uno scalo partito con uno sfortunato ritardo atterrò a New York solo la notte successiva. Era a sua volta in un ritardo mostruoso.

Provò a chiamare William per accertarsi della situazione ma non rispondeva. Era capace di essersi dimenticato il cellulare a casa per quanto poco lo utilizzava. Stava per comporre innumero per l'ennesima volta quando ricevette la chiamata di Sebastian che lo informava brevemente dell'accaduto. Si, stavano tutti bene per fortuna, ma erano parecchio provati. Soprattutto Ellie Smith, che aveva dovuto chiamare il suo fidanzato Michael inventando di aver bevuto troppo e di essersi fermata con i suoi amici per riprendersi.
Attualmente i ragazzi erano tutti radunati nell'alloggio di Sebastian a decidere il da farsi.

Quando Blake seppe dall'amico che cos'era successo a Sarah e cosa aveva fatto Ellie gli mancò un battito. Avrebbe dovuto essere lì per aiutarli...

Quando si presentò alla porta andò ad aprirgli Cali, che aveva in mano un termos di caffè e per miracolo si trattenne dal tirarglielo in testa.

-Finalmente... dove cazzo eri?!- ringhiò la ragazza.

Uno dei doni di Cali era di riuscire a farlo sentire più in colpa di quanto non si sentisse già da solo.

Blake non ebbe bisogno di domandare dove fosse Sarah perchè il bilocale era talmente minuscolo che non avrebbe potuto nascondersi neanche volendo. La ragazza era seduta sul divano tra Morgan ed Ellie a bere caffè senza la minima convinzione.

-Prima che tu lo chieda...sto bene, come ripeto ormai da ore a questi qua- esordì la ragazza con aria scontrosa.

Come se la trovò davanti Blake non ebbe il mimo dubbio. Come se lo scorso anno non fosse mai esistito, corse ad abbracciarla, con l'effetto di sollevarla da terra di un buon mezzo metro e di rovesciare caffè ovunque.

-Sarah...io...

-Lo so- disse lei, ingoiando l'orgoglio e concedendosi di ricambiare il suo abbraccio come se non ci fosse un domani.
Le era mancato come l'aria che respirava per tutto il tempo che era stata via e a adesso che si erano rivisti non sarebbe stata più in grado di lasciarlo andare.

Cali stava per intervenire commentando qualcosa di acido, ma Sebastian la trattenne, facendole segno di lasciarli stare.
Era un momento troppo bello e solenne per intromettersi.

Anche Ellie dal suo angolo di divano sorrise debolmente: era sicuramente un dettaglio sciocco, ma rivederli insieme le dava speranza. La ragazza era ancora incerta su tutto quello che le era capitato anche se era ormai chiaro che avesse a che fare con quei poteri che i suoi genitori adottivi avevano così efficacemente cercato di reprimere, nascondendole le sue vere origini. L'avevano sempre trattata come un esperimento, un esperimento ben riuscito dal momento che Ellie aveva sempre condotto un'esigenza più che normale. Ma adesso che loro non c'erano più non avrebbe potuto chiedergli spiegazioni sul suo passato. Non era che l'ennesimo mistero da risolvere, oltre a quello legato a Philip.

Dopo che avevano visto Sarah in quelle condizioni Morgan Stark aveva finalmente deciso di vuotare il sacco. Sotto lo sguardo ostile della bionda, aveva raccontato loro tutto quello che aveva fatto con Sarah nell'ultimo anno passato alla ricerca disperata di Philip Rogers, nella speranza che si potesse celare una spiegazione sulle condizioni dell'amica. O quanto meno un indizio.

-Cioè... vorreste dirmi che Philip è vivo e non ce lo avete detto?!- commentò Blake quando venne messo a parte della notizia come il resto del gruppo.

-Almeno così pensiamo- confermò Morgan con aria colpevole- purtroppo non abbiamo avuto conferme di ciò se non quello che Sarah ha visto a casa degli Smith.

-So cosa ho visto-confermò la ragazza- e perfino la strana donna di Bangkok ne parlava come se fosse vivo e ha detto che lo stavano cercando. Ammesso che quella cosa fosse una donna... sinceramente non era chiaro cosa fosse, ma sicuramente non qualcosa di umano.

-Io so perfettamente cos'era- intervenne Cali- e ve lo avrei detto se vi foste degnate di coinvolgermi. Quella con cui avete parlato era chiaramente una Iris. Sono divinità minori, non particolarmente intelligenti... non hanno nemmeno un corpo loro perchè si limitano a possedere quello degli esseri umani, ma lo possono fare per pochissimo tempo prima che quello stesso copro avvizzisca e muoia, consumato dalla loro presenza. La loro funzione principale è quella di messaggere per conto delle altre divinità.

-Wow...sembri saperne parecchio su di loro- commentò Blake, un po' a nome di tutti.

Cali sbuffò infastidita.

-Mi è già capitato di incontrarle quando stavo a Oslo...e non è stato un incontro piacevole- dichiarò.
Era chiarissimo che la ragazza non ne volesse parlare, ma ormai gli occhi di tutti erano suo malgrado puntati su di lei.

-Hanno cercato di rapirmi, ok? Quando ero piccola- ammise infine- Non so perchè...non è neanche un comportamento normale per loro, da quanto mi risulta. Dovrebbero limitarsi a portare messaggi, non rapire ragazzini. Almeno così ha detto mia madre.

-E tua madre...come lo sapeva?

Cali alzò le spalle con noncuranza.

-Mia madre è una stupida- dichiarò senza mezzi termini- Non ha mai creduto all'esistenza degli dei anche se a quanto pare scopava regolarmente con uno di loro. Non si è mai accorta di nulla di strano di ciò che le succedeva sotto al naso. Bene, a parte scoparsela mio padre amava molto parlare. Almeno così mi ha detto lei, ma le storie che le raccontava sulle divinità per lei sono solo questo, delle storie. Non ci ha mai capito un cazzo- concluse con disprezzo.

I sentimenti che provava nei confronti della madre non erano un mistero per nessuno.

Ellie si ricordava bene della madre di Cali.
L'aveva intravista circa un anno fa, quando i genitori dei suoi amici si erano tutti radunati attorno a lei per ringraziarla del suo contributo al salvataggio. Ellie non si era mai trovata in mezzo a tante persone famose e importanti, tutte desiderose di fare la sua conoscenza. Tra loro Ingvild Erikssen l'aveva colpita particolarmente: era decisamente la donna più bella che Ellie avesse mai visto. Bionda e delicata, con un corpo perfetto e uno stile nel vestire tutto suo, avrebbe potuto essere una modella, invece faceva la pittrice di arte contemporanea per una galleria di Oslo. I suoi lavori erano principalmente ispirati alla mitologia norrena.

Era un’artista abbastanza nota a livello internazionale ed Ellie avrebbe avuto piacere di conoscerla, ma quando la donna si era presentata Cali l’aveva praticamente fulminata con lo sguardo, stroncando sul nascere qualsiasi conversazione.

‘Se vuoi essere mia amica, ed è un grande se, non può piacerti mia madre’ era il messaggio nemmeno troppo implicito. Ma le vere motivazioni le aveva taciute. Ellie nel tempo era riuscita a ricostruire un pezzo della storia, ma era chiaro che mancasse la parte più importante, quella che  giustificava l’odio feroce di Cali.

Ellie sapeva che Ingvild Erikssen come pittrice non aveva avuto un grande successo agli esordi.
Quando a diciassette anni era scappata di casa da una situazione difficile si era ritrovata a vivere praticamente per strada della sua arte. Aveva letteralmente fatto la fame in quegli anni, arrangiandosi come poteva, e, trattandosi di una ragazza molto bella e molto ingenua, che alcuni avrebbero chiamato anche svampita, era finita in giri poco raccomandabili. Finché un giorno un tizio elegante, probabilmente uno che viveva in qualche posto chic del centro, si era detta lei, le aveva comprato un quadro che raffigurava Loki.
Notando che la ragazza non se la passava troppo bene l’aveva invitata a uscire, facendole dono della serata più bella della sua vita. Ingvild, ragazza molto semplice e non abituata a sostenere lunghe conversazioni, gli fu grata soprattutto del fatto di aver parlato lui per quasi tutto il tempo, mentre lei si era limitata ad ascoltare sempre più affascinata. Lo sconosciuto ne sapeva davvero una più del diavolo! Ma soprattutto riuscì a catturare l’attenzione della ragazza parlando proprio delle cose che la interessavano di più, come se riuscisse a leggerle i pensieri ancor prima che si formassero.

Ingvild non aveva mai capito un gran che a scuola, che comunque alla fine aveva abbandonato, era sempre stata bocciata in tutte le materie meno che in epica. In quella andava forte: l’avevano sempre appassionata le storie degli dei e degli eroi antichi. Lo strano tizio, che comunque non si era mai presentato, ne sapeva addirittura più dei suoi professori fornendole una miriade di nuovi spunti per i suoi quadri, quadri che tra l’altro le avrebbe comprato in blocco di lì a poco insieme ad un appartamento lussuoso, una macchina e tutto ciò che potesse desiderare, facendone di fatto la sua mantenuta o, come gli piaceva dire, la sua ‘protetta’.

Non le aveva mai chiesto nulla in cambio. Non esplicitamente.

Certo, di tanto in tanto la andava a trovare, si fermava per un bicchiere di vino e le parlava per ore di cose che lei non capiva assolutamente. Ma non le importava. Entrambi traevano piacere anche solo dalla reciproca compagnia. Si, era capitato che qualche volta ci fosse stato qualcosa di più tra di loro, ma nessuno dei due si era fatto illusioni. Ingvild era innamorata come solo una ragazza sprovveduta poteva essere, ma era che molto lucida nel rendersi conto di quanto fosse in fin dei conti solo una meravigliosa avventura: lui le aveva fatto capire molto chiaramente che non aveva alcuna intenzione di impegnarsi, tanto meno con lei, con una ‘insignificante donna di Midgard’ come l’aveva chiamata a volte.

A maggior ragione quando la donna insignificante era rimasta incinta lui si era arrabbiato moltissimo.

La lasciò di punto in bianco senza farsi più vedere, consegnandole una buona uscita in denaro più che generosa affinché non le mancasse nulla di materiale. Però del suo bambino non volle sapere niente, tanto meno se Ingvild intendesse tenerlo o meno. Le disse semplicemente di fare come le pareva e la lasciò sola. Furono mesi difficili. E quando nacque Cali lo fu ancora di più. Ingvild fece del suo meglio, rendendosi però conto molto presto che il suo meglio non era abbastanza. Commise tutti gli errori stupidi che un genitore ancora immaturo potesse fare. Ricadde in compagnie sbagliate, da cui si lasciava spesso traviare, e presto fu chiaro che era più sua figlia a prendersi cura di lei che il contrario.

Cali non aveva una grande stima di sua madre, che considerava sostanzialmente una persona debole e inaffidabile. Soprattutto disprezzava il fatto che quella stupida si fosse fatta sedurre e abbandonare dal primo venuto, da un uomo talmente spregevole che se l’era filata alla prima occasione lasciandola incinta e disperata. Ma soprattutto lasciando la stessa Cali con una donna totalmente incapace di gestire la propria vita, figurarsi quella di una figlia!

Fin da quando aveva sei anni Cali aveva imparato a sue spese che doveva pensarci lei a far quadrare i conti in casa, ad assicurarsi che le bollette fossero pagate e tutto il resto. Sua madre era capace di sparire per giorni, di lasciarla sola senza dare spiegazioni, magari proprio perchè si era 'dimenticata' di lei. Era chiaramente insieme ai suoi amici artisti e cocainomani.

La parte che sapeva Ellie finiva lì. Il resto probabilmente solo Sarah lo conosceva per intero.

Fatto sta che Cali ad un certo punto aveva lasciato Oslo senza guardarsi indietro con la scusa degli studi e aveva vissuto da allora sempre con la famiglia Rogers, diventando quasi una figlia acquisita. Daisy e Steve avevano fatto più per lei di chiunque altro avesse mai conosciuto e Cali li avrebbe difesi a costo della vita, come avrebbe fatto per tutti i suoi amici.

-Insomma se la creatura che avete incontrato era una sorta di divinità che ha fatto qualcosa a Sarah e ha menzionato i miei genitori parlandovi di RedDoor- ragionò Ellie- allora è probabile che sia tutto collegato fin dall'inizio. Anche quello che ho visto io quando ho toccato Sarah.

-Hai visto un pozzo e un albero- riassunse Sebastian a beneficio del gruppo- Naturalmente questo apre a diverse interpretazioni, ci sono parecchi miti che ne parlano... tuttavia l'elemento dell'acqua corrente restringe il campo a quello maggiormente noto, che li identifica come Urd, il pozzo del destino, e Ygdrassil, l’albero del mondo.

-Ovvero dove in teoria abitano le Norne- aggiunse Cali- Le Norne sono le dee norrene del destino e custodi dell'albero del mondo...ma non ha senso. Tra tutti gli dei sono proprio quelle che non dovrebbero interagire in alcun modo con il mondo mortale.

-Secondo la mitologia  sono anche le più potenti tra tutti gli esseri, superiori anche agli altri dei per gerarchia. Leggono il destino di tutti gli esseri viventi e possiedono tutte le conoscenze di passato, presente e futuro- concluse Blake Forster.

Inutile dire che erano tutti piuttosto ferrati sull'argomento mitologia, per ovvie ragioni.

-Ma cosa possono volere da noi creature così potenti?- domandò Ellie.

-Forse si sono stufate di stare a guardare- dedusse Morgan- forse oltre a leggere il destino degli altri hanno deciso di prendersi qualcosa.

-Hanno deciso di prendere Sarah- dichiarò Will con aria cupa, facendo rabbrividire Blake.

Esattamente come aveva sognato.

-Probabilmente per la stessa ragione per cui volevano Cali- osservò suo fratello Tommy- Questo prima che Ellie le fermasse in qualche modo.... come hai fatto con noi tempo fa.

-Non so neanche come- commentò la ragazza- so solo che mi ha dato una sensazione orribile.Come se qualcosa di bagnato mi stesse strisciando addosso.

-Non me ne parlare- confermò Sarah, evidentemente provata dall'esperienza- è da quando mi hanno iniettato qualcosa in quel dannato laboratorio che mi sento da schifo.... qualunque cosa fosse mi ha indebolito abbastanza da lasciare spazio a quella 'cosa' per controllarmi.

La ragazza ripensò ai continui mal di testa, agli occhi che le bruciavano e soprattutto al sorriso super inquietante della Iris che le aveva comunicato che 'lei fosse quella giusta'.

Ma giusta per cosa?

-Scusate, ma il prossimo passo mi pare abbastanza ovvio- propose Blake a quel punto, armato di tutto il senso pratico del mondo- voglio dire, se si tratta di divinità... non è che ne conosciamo moltissime a cui poter chiedere un parere.

Gli sguardi di tutti erano adesso su Sebastian Strange. Il ragazzo trasse un lungo sospiro.

-Posso provare a chiederle informazioni, se volete- disse prudentemente- ma per mia madre...diciamo che questo non è un buon momento. E se non è dell'umore vi dico subito che è meglio lasciar perdere. L'ultima volta che l'ho sentita voleva invertire il flusso del tempo sulla città solo per fare un dispetto a mio padre...e ci ho impiegato un po' a convincerla a desistere.

Cali, che in una maniera molto preoccupante agli occhi del suo ragazzo con Kaya aveva instaurato da subito un ottimo rapproto, sorrise leggermente a quel ricordo.

Effettivamente Ellie non aveva dimenticato che, oltre a Sarah, più o meno tutti i ragazzi stavano vivendo una fase piuttosto conflittuale e delicata con le rispettive famiglie. Sebastian in particolare non ne poteva più dei litigi dei suoi: nemmeno il tempo di riabbracciare la madre che credeva perduta che si era ritrovato in mezzo ad un divorzio piuttosto complicato tra uno stregone e una divinità del caos.

-Inoltre, credevo fossimo tutti d'accordo a non coinvolgere nessun altro- asserì Morgan e in effetti i ragazzi si trovarono più o meno concordi su quell'aspetto.

Non che non si fidassero, ovviamente, ma non avrebbero più accettato di essere messi da parte ad aspettare in panchina come dei ragazzini che fossero gli adulti a gestire la situazione.

Da quando erano tornati nel mondo avevano fatto della propria indipendenza una loro bandiera. Morgan Stark aveva sempre trattato sua madre con condiscendenza, tatto ed educazione impeccabile: segno che era ancora incazzata nera.

Invece Sarah con entrambi i suoi genitori era stata la regina dei ghiacci. Aveva sorriso, aveva ringraziato, ma niente di più facendo intendere che la migliore cosa che potessero fare per lei era lasciarla in pace. Non c'era da meravigliarsi che quei due si fossero rivolti ad Ellie per un consiglio su come prenderla. Quanto a Cali, lei ignorava la madre comunque per principio.

Praticamente solo i gemelli erano stati apertamente affettuosi con il padre, nel loro modo del tutto particolare.

I ragazzi stavano ancora discutendo sul da farsi quando qualcuno bussò alla porta d'ingresso.

-Aspettiamo qualcun altro?- domandò Cali con circospezione.

-Forse è Michael- azzardò Ellie con un pizzico di speranza. In quel momento nulla le avrebbe fatto più piacere che fiondarsi nelle sue braccia.

Sarah, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per smettere di pensare, si alzò di scatto per andare ad aprire ... ritrovandosi davanti niente meno che suo fratello Philip.
Philip Rogers in persona, in carne e ossa, vivo e vegeto.
Sembrava più alto di quanto lo ricordava, più abbronzato e soprattutto più esausto. Ma era Philip, senza dubbio!
La ragazza per lo shock si sentì tremare, gli occhi che le si riempivano di lacrime.

-Ciao punk- la salutò lui con un sorriso stanco- Ho saputo che è qui la festa. Mi fai entrare?


 

 

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Capitolo 4
*** Fuoco incrociato ***


-E’ strano essere qui- ammise Philip, cercando di mitigare l’imbarazzo di quel momento.

Sua sorella, ferma sulla porta, lo guardava come da un sogno: ancora non poteva credere di trovarselo davanti così improvvisamente. Aveva passato tante notti insonni ad immaginarsi quel momento e ora che stava accadendo sul serio non riusciva a fare o dire niente.
Morgan invece, abbandonato ogni pudore, non perse tempo a corrergli incontro e ad abbracciarlo come per accertarsi che fosse veramente lì.

-Tu...gigantesco idiota...

Non le venivano termini migliori per rivolgersi a lui, alla persona che aveva abitato i suoi incubi peggiori dal momento in cui aveva creduto per un intero anno di averne causato la morte. Philip era finito sotto un palazzo nel tentativo di aiutare lei. Questo l’aveva precipitata nel suo periodo nero, quello fatto di pillole e di anestetici consumati come caramelle per tenere a bada un dolore sordo e costante... solo l’aiuto di Sarah e la speranza che Philip fosse ancora vivo le avevano permesso di uscirne.

-Mi sei mancata anche tu Stark- sorrise lui- E tu Sarah non mi dici niente?

-Concordo con lei- ribattè la sorella, stingendo i pugni verso il basso- sei veramente un idiota a presentarti qui come se niente fosse dopo che ti abbiamo cercato per mezzo mondo!

Lo sguardo di Philip, seppur vagamente colpevole, si mantenne più che mai determinato: se aveva agito in quel modo aveva le sue ragioni che evidentemente non si sentiva in dovere di condividere. Ignorando le parole di Sarah in un modo per la verità molto più simile a suo padre di quanto lei ricordasse, passò in rassegna i suoi amici per i saluti di rito. In mezzo a loro riconobbe un volto nuovo, che lo stupì parecchio. Anzi ne sembrò per un istante folgorato prima di riacquisire la consueta compostezza. Ellie si sentì vagamente a disagio sotto quello sguardo indagatore, come se lei fosse un complicato puzzle che lui si stesse sforzando in quel momento di risolvere.

-Lei è Ellie- spiegò in fretta Morgan- è a posto. E’ una di noi.

-Ma certo...la figlia degli Smith. So perfettamente di chi si tratta. Anche meglio di voi- dichiarò il ragazzo, abbandonandosi ad una breve risata esausta. Sembrava arrivato allo stremo delle forze.

Immediatamente la ragazza fraintese quell’atteggiamento, immaginando che anche lui la giudicasse in base a quello che i suoi avevano compiuto in quel laboratorio, come in fondo avevano fatto tutti ad eccezione dei suoi amici e di Michael.

-Io non centro niente con quello che hanno fatto- ci tenne a precisare.

Lo sguardo di Philip si rasserenò istantaneamente, le spalle si abbassarono proprio come s e solo in quel momento il ragazzo si fosse concesso di respirare.

-Certo che no Elisabeth, perdonami. Sono solo molto stanco e... non riesco ancora a credere di averti trovata- aggiunse con un lungo sospiro, dimostrando verso la nuova arrivata uno slancio molto maggiore di quello che aveva avuto per i suoi amici intimi di una vita, per Morgan o addirittura per Sarah, dettaglio che le due ragazze non mancarono di notare, sconcertate.

Cali Erikssen pensò bene di togliere tutti quanti dall’imbarazzo facendo gli onori di casa e facendo anche accomodare il nuovo ospite con i viveri necessari. Philip dava l’idea di chi si era nutrito poco e male, sempre in viaggio, sempre dormendo con un occhio aperto. Nonostante ciò aveva mantenuto una forma fisica smagliante, a dimostrazione del fatto che non si trattasse di un comune essere umano.

-Allora Philip...sei veramente tu, giusto?- chiese la ragazza con il suo solito fare direttissimo.

-Se così non fosse sareste già morti- replicò lui, questa volta con una durezza inaspettata- dico sul serio ragazzi, siete stati molto imprudenti a farmi entrare così, senza fare un minimo di controllo. Le persone che vi cercano avrebbero potuto usare questa debolezza a loro vantaggio.

-Va bene, ci siamo fatti un po’ trasportare, amico- ammise Blake a nome di tutti- ma non puoi biasimarci! Anzi se sapessi quante ne abbiamo passate... vederti qui è  tipo la prima buona notizia da un secolo! No, che dico, è un dannato miracolo!

- Non siete gli unici ad essere stati impegnati negli ultimi tempi- disse Philip Rogers, che aveva a malapena toccato cibo e in compenso non aveva smesso un minuto di tenere d’occhio Ellie Smith- ancora non ci posso credere...tanto tempo passato a correre da un capo all’altro del mondo per trovarti e vengo a scoprire che la Chiave è sempre stata qui.

A quelle parole seguì lo sguardo palesemente smarrito di Ellie.

-Parli di me? Tu per caso sai cosa ho fatto prima?- azzardò la ragazza, riferendosi a come aveva fermato Sarah con la sola imposizione delle mani.

Si sentiva ancora molto scossa a riguardo e sinceramente tutta l’attenzione che le stava dedicando quello strano ragazzo non la aiutava. Se non fosse riuscita a sentire Michael al più presto sarebbe impazzita, lo sentiva.

-La risposta più corretta sarebbe che so cosa sei. Sei la nostra speranza- le disse Philip, questa volta abbozzando un tenue sorriso.

Era esattamente quel sorriso da copertina che Ellie aveva ammirato tante volte da adolescente alla prima cotta, quale era stata ormai troppo tempo fa. Le sembrava ormai di parlare di un’altra vita. Quello era il genere di sorriso da ragazzo perfetto, della porta accanto,  che ti avrebbe fatto andare ovunque e fare qualsiasi cosa.

Il pensiero di Michael si fece spazio prepotentemente ed Ellie si trattenne dal sorridergli a sua volta come una scema,  ricordandosi di essere felice te fidanzata con un ragazzo altrettanto meraviglioso.

-Basta stronzate- intervenne Sarah, spezzando l’incantesimo- Dopo tutto quello che abbiamo passato non ho intenzione di restare qui a sorbirmi i tuoi cazzo di enigmi. Parliamoci chiaro.

-Sei cresciuta, sorellina. Sei diventata una leader... non una brava leader, ma li hai tenuti in vita... è già qualcosa suppongo.

A quelle parole Sarah si ritrasse lievemente.

Purtroppo era vero: non era stata un gran che come guida per il gruppo in vece del suo perfetto fratello, che evidentemente non sbagliava mai. Philip non li avrebbe mai messi tutti in pericolo come invece aveva fatto lei l’anno scorso, conducendoli dritti tra le braccia degli Smith.

Non avrebbe nemmeno mai permesso che il gruppo si sfaldasse, come invece lei aveva fatto.

Philip sarebbe sempre e comunque stato migliore di lei al comando e stava giusto per illustrarle il perchè, confermando quello che i loro genitori e in fondo la stessa  Sarah avevano sempre saputo.

-Dopo l’incidente mi sono risvegliato in quello che sembrava un ospedale. Purtroppo si trattava di una base dell’Hydra. Sono stati loro a tirarmi fuori dalle macerie e a curarmi...ma solo perchè poteva servire ai loro scopi. Stavano cercando il soggetto perfetto dentro cui riversare il potere di una divinità, una divinità antica in combutta con loro fin dall’inizio. Su questo si basava gran parte del lavoro di RedDoor. Un comune corpo umano non può contenere una divinità ...il soggetto deve essere rinforzato per poter reggere il loro potere. Hanno provato  a farlo con me, ma grazie all’aiuto di Wren Nichols sono scappato in tempo. Poi ho scoperto che eravate finiti tutti in un istituto controllato da loro. Non potevo rivelare che ero vivo senza mettervi immediatamente in pericolo. Temevo le loro ritorsioni su di voi e così mi sono nascosto, lavorando per sventare i loro piani per conto mio.

-Ma è da un anno che ne siamo fuori- obbiettò Sarah senza riuscire a trattenersi- perchè non ti sei fatto vivo allora? L’Hydra ormai non rappresentava più un pericolo per nessuno.

-Ne sei davvero sicura?- ribattè il fratello- Non hai la minima idea di che cosa sia dietro al progetto RedDoor nè di quanta gente avete fatto incazzare mettendogli i bastoni tra le ruote. Non siete al sicuro per niente! Per questo ho dovuto passare l’ultimo anno ad occuparmi di loro, per evitare che vi facessero del male...e a quanto pare per consentire a Blake di vivere il suo sogno californiano- aggiunse, dimostrando di sapere molto bene che cosa ciascuno di loro aveva fatto durante quell’ultimo periodo.

Il ragazzo, sentitosi tirare in causa, abbassò la testa senza nemmeno provare a sottrarsi a quel nemmeno troppo velato rimprovero. Era proprio così: Blake li aveva abbandonati tutti per un anno intero, ignorando in che guai si trovassero o in che pericolo si trovava Sarah. Non era stato un leader migliore di lei, lasciandosi abbattere dalla delusione e dallo sconforto delle perdite subite.

Aveva commesso errori che il suo amico Philip non avrebbe mai commesso.

-Ti avremmo dato una mano tutti se solo lo avessimo saputo- mormorò appena, per poi ritirarsi sconfitto accanto a Sarah.

Philip Rogers era tornato al comando, osservò Ellie, e li stava mettendo al loro posto ad uno ad uno. Di fronte a lui tutti i suoi amici così indipendenti e così fieri erano regrediti ad un gruppo di bambini. Con ogni probabilità era proprio lui che maggiormente incarnava per ciascuno di loro la figura genitoriale.

-Ed è esattamente quello che non volevo- asserì Philip a quel punto, avendo buon gioco ad esibire il suo comportamento nobile e magnanimo nell’assolvere l’amico per la sua mancata lungimiranza- Dato che la divinità non poteva più possedere me allora ho capito che ci avrebbero provato con Sarah. E quando il momento è arrivato io l’ho impedito. L’ho portata fuori prima dell’esplosione. Fortunatamente la procedura non era stata completata... non preoccupatevi, l’unica cosa che adesso la divinità può fare è influenzarla molto blandamente.

-Non proprio blandamente...stava per farle uccidere delle persone- osservò Morgan, preoccupata.

-Hai ragione. Ammetto che questo aspetto lo avevo sottovalutato, da principio. Credevo che Sarah fosse molto più forte e che avrebbe saputo resistere, ma invece...per fortuna c’era Ellie.

-Non è stata colpa di Sarah- fece notare Sebastian Strange- Contro una divinità nessuno di noi avrebbe retto per molto e lei ha resistito un anno intero senza far del male a nessuno.

-Certamente tu non avresti retto neanche cinque minuti- osservò Philip, ostentando la massima tranquillità, mentre invece stava dicendo parole terribili alle persone che teoricamente avrebbe dovuto proteggere- la tua magia del caos è ancora troppo instabile...immagino non debba stupirmi se mi hai fatto crollare un palazzo addosso.

Lo disse in tono totalmente neutro come se si trattasse di una conversazione normale, invece Sebastian ne fu annientato. Era vero, in quell’occasione li aveva messi tutti in enorme pericolo...se Cali non avesse provato a fermarlo, se subito dopo non fosse intervenuto suo padre avrebbe riversato la dimensione oscura in questa realtà solo per la sua incapacità di controllarsi. Nell’ultimo anno era molto migliorato, è vero, soprattutto grazie all’aiuto di sua madre che gli aveva insegnato tanto, ma sarebbe stato ingenuo pensare che il rischio di perdere di nuovo il controllo e di fare del male a qualcuno non ci fosse.

Mentre sul volto del ragazzo si leggeva solo il senso di disgusto per sè stesso, Philip manteneva un atteggiamento duro come un caporale che deve rimettere in riga le truppe e che non può tollerare alcuna debolezza.

-Guarda che non lo ha fatto mica apposta!- ribattè Cali, sconcertata soprattutto nel sentire Philip, che stimava al pari di un fratello, parlare in quel modo crudo.

Proprio Philip che non sospettava capace di trattare in un modo tanto freddo e distaccato i suoi stessi amici. O meglio, la sua stessa famiglia. In quel momento non avevano davanti un fratello o un’amico: avevano davanti un fottuto generale, per nulla soddisfatto di loto.

-Non ti preoccupare Cali, ormai è acqua passata- replicò Philip, sempre molto calmo- Inoltre adesso che state insieme, si so anche questo, come vedete non vi ho mai persi di vista, immagino che Sebastian abbia ben altri problemi... tipo non congelare a morte.

Dalla reazione di Cali era chiaro che Philip si riferiva in tono palesemente accusatorio a qualcosa che gli altri non sapevano.

Che soprattutto Sebastian non sapeva. Un colpo basso.

Qualcosa che aveva a che fare con il suo passato a Oslo e che probabilmente era talmente pesante per Cali da non averlo rivelato a nessuno, ad eccezione di Sarah .

Ed era anche il motivo per cui lei e Sebastian, nonostante le sue continue smancerie in pubblico, non erano ancora andati oltre.

Ancora una volta lei gli aveva mentito, si era giustificata dicendo semplicemente che non le andava, che non si sentiva pronta. Lui era stato il ragazzo più dolce del mondo dicendole che non era assolutamente un problema. Avrebbero aspettato il momento giusto per entrambi.

Cali non sapeva se quel momento sarebbe mai arrivato e questo la uccideva dentro ogni istante che erano insieme.

-Ma si può sapere che cazzo di problemi hai?- intervenne Sarah, che si era naturalmente meravigliata di quel commento così duro, anzi che poteva quasi definire gratuitamente crudele, di cui solo lei aveva colto oltre a Cali il significato.

-Al momento salvare te da un pericolo che ti sei andata a cercare in ogni modo concepibile- ribattè suo fratello, senza lasciarsi minimamente intimidire- Veramente non vi capisco...vi state comportando tutti come perfetti irresponsabili, ma tu Sarah...tu mi hai deluso più di tutti. Ti sei lasciata controllare da quella cosa senza neanche provare ad opporti.

-Ci ho provato!

-Non abbastanza- sferzò lui- Meno male che c’era Ellie che è riuscita a fermarti, altrimenti cosa sarebbe successo? Potevi farti male. Potevi far del male a qualcuno.

-Adesso non esageriamo- intervenne la stessa Ellie, che cominciava a sentirsi ben più che a disagio in mezzo a quella discussione- Abbiamo tutti fatto del nostro meglio. Io per prima sarei ancora prigioniera o addirittura morta se tutti voi ragazzi non mi aveste aiutata a più riprese. Non avrei mai scoperto la verità sulla mia famiglia... o almeno su ciò che credevo fosse la mia famiglia. Per quanto faccia male, è stato importante saperlo. Io...in realtà vi devo davvero tutto.

Se anche loro condividevano la sua commozione non osarono esprimerlo.
Non mentre Philip li passava tutti in rassegna con lo sguardo come un plotone di esecuzione, alla ricerca della minima debolezza da castigare.

-Hanno fatto il loro dovere- stabilì il ragazzo, sempre duramente- nonostante tutti gli esperimenti di RedDoor sei tu quella davvero preziosa, quella che stavano cercando davvero. E che è sempre stata sotto il loro naso! L’unica ad avere un potere capace di sopportare una divinità. Ma adesso che lo sanno è più in pericolo che mai- disse rivolgendosi direttamente a una Ellie tesa come una corda di violino, che aveva ascoltato come tutti con la massima attenzione- Verranno a cercarti. Per questo sono venuto a prenderti, per portarti al sicuro.

-A prendere me?!- la ragazza era piuttosto interdetta.

Non aveva mai incontrato Philip Rogers di persona prima di allora e lo conosceva soltanto dai racconti che i suoi amici le avevano fatto. Lo aveva imparato a identificare con una persona affidabile e di sani principi, che sapeva badare alla sua famiglia e che avrebbe fatto di tutto per esserle di aiuto e di sostegno. Ma era anche dolce, comprensivo, umano. L’immagine mentale che aveva di Philip era del tutto incompatibile con la persona che aveva davanti oggi, che non aveva fatto altro che prendere a calci emotivamente i suoi amici, facendo leva sulle rispettive insicurezze.

Forse i duri anni di prigionia e poi di fuga lo avevano cambiato. Forse era sempre stato così ed erano stati loro ad idealizzarlo troppo, questo Ellie non poteva saperlo, ma a sapeva per cento che non avrebbe accordato la minima fiducia a qualcuno che si presentava a quel modo.

Philip Rogers sarà anche stato bello, forte, volitivo, carismatico, il sogno di ogni ragazza d’America... ma si stava comportando proprio da stronzo ed Elisabeth Smith non avrebbe permesso a nessuno di trattare in quel modo i suoi amici!

-Io con te non vengo proprio da nessuna parte- decise Ellie- e penso anche che dovresti rivedere le tue priorità. Tua sorella, insieme a Morgan, ha smosso mari e monti per ritrovarti e tu non l’hai praticamente degnata di uno sguardo! Sei arrivato qui con il tuo piano e le tue sentenze convinto di poter prevalere su tutti... Bene, non so come eri abituato prima, ma non siamo i tuoi cazzo di soldatini.

-Ellie, sono sicura che Philip non intendesse imporsi su nessuno- le disse Morgan, la voce ancora debole per la forte emozione che provava- Sicuramente il suo piano deve essere valido. Penso che dovresti davvero seguirlo e fare come dice...così come il resto di noi.

Il ragazzo sembrava soddisfatto che finalmente qualcuno lo capisse, ma Ellie era tutt’altro che convinta. Morgan non faceva certo testo in quel campo, dal momento che era innamorata di Philip tipo da sempre. Si sarebbe bevuta come sacro qualsiasi cosa uscisse dalle sue labbra perfette. Così come gli altri purtroppo, constatò dandosi un’occhiata in giro.

Era inutile: erano tutti andati in tilt, come bambini sgridati dal maestro.
Tutti tranne i gemelli, che naturalmente si occuparono ben presto di rimettere le cose nella giusta prospettiva.

-Accidenti ragazzi, quanto correte, a volte siete peggio di me! Sentite, ora come ora siamo tutti stravolti... dormiamoci su magari?- suggerì Tommy Maximoff speranzoso- Domani ne parleremo con più calma.

-Domani potrebbe essere già tardi- dichiarò Philip laconico- Ellie deve venire con me adesso. Se cadesse nelle loro mani saremmo tutti spacciati. Non possiamo rischiare.

-Ti ho già detto che io non vengo da nessuna parte con te- ripetè Ellie- mettiti pure il cuore in pace.

-Tu non capisci la gravità della situazione!

-Per uno tanto intelligente, sei tu a non capire- insistette lei con tutta la testardaggine che la caratterizzava- quando una ragazza dice no è no- concluse, incrociando le braccia al petto in segno di protesta.

Un lampo che non le piacque per niente passò rapidamente  negli occhi di Philip Rogers.

Per un momento credette davvero che l’avrebbe presa in spalla issandola senza il minimo sforzo e se la sarebbe portata via con la forza. Sapeva che fisicamente ne sarebbe stato capace. Ma i suoi amici, per quanto soggiogati dalla sua personalità, non glielo avrebbero permesso... giusto?

Tutti sembravano in estrema soggezione di fronte a lui, eppure Ellie poteva dire con certezza che non erano del tutto convinti. In special modo Sarah e Sebastian, che si erano ritirati in un angolo a parlare a bassa voce. Morgan invece sembrava disposta a tutto per credere che andasse tutto bene. La prospettiva di riaverlo con loro la elettrizzava! Non aveva bisogno più di altre conferme che non la sua sola presenza... purtroppo la ragazza aveva sempre avuto la tendenza a lasciarsi accecare dai sentimenti.

-Se Ellie ritiene che sia meglio aspettare, non vedo motivo logico di discuterne oltre- aggiunse William Maximoff con tutta la sua pacata fermezza.

Dietro quel sorriso educato lasciava molto chiaramente intendere che chiunque avesse anche solo provato a forzare Ellie a fare qualcosa che non voleva se la sarebbe vista con lui e con suo fratello.

-Forse sono stato... precipitoso- ammise Philip alla fine, arrendendosi al rifiuto della ragazza soprattutto perchè si trovava in netta minoranza-ma la situazione è veramente grave. Più di quanto immaginiate- ci tenne a precisare.

-Ragione in più per non prendere decisioni affrettate- osservò ancora William, questa volta spalleggiato anche da Blake e Cali, che si erano entrambi schierati accanto ad Ellie.

-Bhè, se Ellie proprio non ne vuole sapere...- cedette anche Morgan Stark.

Sarah, al termine del suo colloquio con Sebastian decise anche lei di prendere una posizione.

-Ha ragione Tommy, ci occorre riprendere le forze e riorganizzarci un attimo...dormiamoci su- propose la ragazza che a quel punto si era in parte ripresa dallo shock di aver rivisto suo fratello e si era velocemente riconcentrata sulla situazione che stavano affrontando- Ci rivediamo tuti qui tra ventiquattro ore.

Philip la squadrò come se lei avesse appena proposto di rivedersi tra un anno.

-Molto bene sorellina- dovette cedere a malincuore- visto che siete tutti così d’accordo... Spero solo che tu sappia quello che fai.

Sarah molto coraggiosamente sostenne il suo sguardo.

-Se dovessero insorgere dei problemi ci penseremo noi a protegger Ellie. In ogni caso meglio restare uniti, no?- affermò con decisione tenendosi saldamente la mano di Blake.

Tutti i presenti concordarono con lei e Philip abbandonò la stanza sdegnato, a un passo dall’imprecare contro la loro maledetta ingenuità.
In quel momento il cellulare di Ellie squillò.

-Scusate, è Michael... vado a spiegargli la situazione- disse uscendo sul balcone per quella che sarebbe stata una lunga telefonata.

Non vedeva l’ora di raccontargli per filo e per segno del suo primo incontro con Philip Rogers, l’idolo della sua infanzia! Quel tipo le dava incredibilmente sui nervi, tutto il contrario di suo padre, pensava la ragazza.

-E’ praticamente quasi mattina...Io vado a studiare in biblioteca- annunciò Sebastian con totale nonchalance- tanto non riuscirei a dormire dopo quello che è successo.

-Ma sei normale?!- chiese Cali- Solo tu in un momento del genere potresti pensare a studiare!

-Perchè no? Tanto qui siamo in una situazione di stallo.

-Fai come ti pare- borbottò lei, poi mordicchiandosi il labbro aggiunse- Anche io esco. Non ne posso più di tutto questo casino...mi danno un passaggio Will e Tommy fino in centro.

In effetti Sebastian era più tranquillo a non saperla da sola dato il suo stato d’animo. Cali era nervosa come non mai. Si vedeva che c’era qualcosa che voleva disperatamente dirgli, senza riuscire a trovare le parole.

-Senti, per prima, per quello che ha detto Philip, ti devo una spiegazione...- aggiunse a tal proposito la ragazza.

-Non mi devi niente. E comunque se ci tieni lo farai quando sarai pronta...come ti ho già detto, per me non sarà mai un problema.

-E se ...se non fossi mai pronta?- mormorò lei, quasi vergognandosene.

Era estremamente raro che Cali si mostrasse insicura.

Lui la guardò teneramente per poi baciarla rapidamente sulla fronte, approfittando anche del fatto che nessuno li stava guardando.

-And so my watch begins- dichiarò solennemente imitando la battuta di Tyrion Lannister dal loro telefilm preferito.
Quello che lei lo aveva obbligato a guardare fino all’ultima estenuante stagione.

-Sebastian vengo con te- si aggiunse Blake in quel frangente, per poi commentare quando furono fuori dall’appartamento- tanto non stiamo andando a studiare, dico bene?

-In un certo senso- replicò l’amico- dobbiamo cercare di saperne di più di questa storia delle Norne. Hai notato che Philip non le ha mai nominate apertamente? Eppure scommetto che sa più di quanto dice, soprattutto su Ellie.

-Già. Comunque ci ha proprio fatto il culo come avrebbe fatto Nick Fury ai tempi d’oro.

-Sinceramente...hai proprio ragione- convenne il ragazzo, mentre si dirigevano senza perder tempo al numero 177A di Bleecker Street.



 

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Capitolo 5
*** Ascensione ***


Il Sanctum Sanctorum di New York era una specie di fortezza magica impossibile penetrare senza permesso a causa di numerosi incantesimi che la proteggevano. Fortunatamente Sebastian aveva con sé la chiave di scorta, che consentì lui e a Blake di passare indenni e dirigersi verso una delle molte biblioteche presenti nella struttura. Internamente l'edificio era molto più spazioso di quanto appariva all'esterno, molto probabilmente a causa di una distorsione nello spazio, necessaria per custodire al meglio tutti i libri e i manufatti che conteneva. A Blake veniva sempre un po' il mal di testa ogni volta che ci andavano, quel posto non era che un gigantesco labirinto! Destreggiandosi tra numerosissime porte e corridoi i ragazzi raggiunsero miracolosamente la scala che gli serviva, quella che portava al piano superiore della casa, dove erano custoditi i testi antichi di maggiore importanza. Stavano quasi per farcela senza dare troppo nell'occhio, come era loro intenzione, ma purtroppo nessun avventore del santuario, per quanto giunto con intenzioni pacifiche, poteva sfuggire allo sguardo dello Stregone Supremo.

-Sebastian, Blake Foster- li accolse alle spalle la voce profonda del Dottor Strange- che gradita sorpresa.

Suo figlio non volle dargli la soddisfazione di mostrare che lo aveva colto in flagrante.

-Non sono qui per te, ma per vedere Wong- lo liquidò senza degnarlo di un mezzo saluto come invece fece Blake.

Suo padre non si lasciò scoraggiare da quell'atteggiamento che ben conosceva. In realtà in quel periodo andavano più d'accordo che in passato, per lo meno da quando era stato appurato che Kaya non era morta Sebastian aveva un motivo in meno per portargli rancore.

-Permettimi di correggerti, tu sei qui principalmente per l'accesso alla biblioteca- rispose il dottore, fluttuando verso di loro fino a sbarrargli la strada di accesso- Ad ogni modo Wong non c'è e la via per ora è chiusa, temo .

-La biblioteca è di tutti- sostenne Sebastian fisando suo padre dritto negli occhi con aria scocciata- Se vuoi scusarci, abbiamo poco tempo...

-Corretto, ma la sezione particolare verso cui ti stavi dirigendo è riservata solo ai Maestri. Purtroppo per il momento dovrai attendere. Forse quando sarai al loro livello potrai guadagnarti il privilegio di accedervi.

-Che stronzata... sono già ben oltre il loro livello. Chiedigli pure come è finita l'ultima volta che uno di loro ha tentato di uccidermi!

Sebastian, che solitamente era una persona a modo e garbata con tutti, dava il peggio di sé solamente con suo padre. Per inciso, era vero che di tanto in tanto qualche stregone cercava ancora di ucciderlo; purtroppo ancora in molti ritenevano che i discendenti delle divinità del caos fossero troppo pericolosi per essere lasciati in vita.

Blake sospirò... l'ultima cosa che voleva era trovarsi in mezzo ad una delle loro infinite discussioni. Probabilmente il suo amico gli avrebbe tolto il saluto se glielo avesse detto, ma riteneva che il principale motivo del loro continuo scontro fosse che fondamentalmente avevano caratteri troppo simili. Per fortuna non era l'unico a pensarla così perchè il discorso fu interrotto da una risata leggera e da un piacevole odore di cannella che si propagò tutto attorno.

-Un biscotto cari?- Kaya si era appena materializzata tra di loro sfoggiando il suo migliore sorriso e una teglia fumante di biscotti- appena sfornati per voi!! Coraggio Blake non fare complimenti, so che sono i tuoi preferiti...però, come sei diventato alto! Avanti, prendine ancora uno!

-Grazie signora Stran...- accidenti, poteva ancora chiamarla così?-...insomma, grazie.

-Allora, di cosa stavate parlando ragazzi, che si dice in giro?- domandò lei con grande nonchalance, assicurandosi di mettere da parte per Wong la sua razione di biscotti.
Era in quel modo ignobile ma efficacissimo che si era guadagnata il suo sostegno contro Stephen nel difficile divorzio che stavano affrontando da ormai un anno.

-Papà sta di nuovo facendo lo stronzo- disse Sebastian senza mezzi termini, incrociando le braccia.

-Modera i toni, ragazzino.

Blake si fece coraggio e prese in mano la situazione che rischiava di degenerare nell'ennesimo dramma familiare.

-In realtà noi avremmo proprio bisogno di accedere alla sezione della biblioteca che parla delle divinità antiche ...per un progetto.

Il ragazzo si rendeva conto che le possibilità di dirlo ad alta voce senza sembrare sospetto erano pari a zero.

-Quanto antiche?- domandò Kaya, che aveva iniziato a sgranocchiare a sua volta un biscotto, avendo cura di sbriciolarne il più possibile sul pavimento del santuario- Magari le conosco.

-Divinità norrene.

-Ah, capisco- a quelle parole Kaya ebbe un moto molto protettivo e materno nei suoi confronti- si tratta di tuo padre, non è vero? Purtroppo non ti posso essere di grande aiuto, caro...Non so molto di lui perchè era sempre impegnato a combattere per salvare questo o quel regno e non ci siamo beccati molto...Loki in compenso l'ho frequentato parecchio. Un tipo in gamba, pieno di risorse, non ci si annoiava mai in sua compagnia...

-Davvero?-domandò il dottor Strange, improvvisamente molto partecipe della conversazione- Loki il dio della Menzogna?!
I più maligni avrebbero anche affermato di cogliere una nota di risentimento nella sua voce.

-Davvero- confermò Kaya con visibile soddisfazione- Ti sembrerà incredibile, ma gli umani hanno la tendenza a esagerare sempre tutto... in effetti mentono molto più loro delle divinità a cui vorrebbero affibbiare tale vizio in esclusiva.

Stephen dalla sua posizione sopraelevata la squadrò con finta sufficienza.

-Tu devi essere proprio l’eccezione alla regola- commentò a tal proposito.

Kaya schioccò uno sguardo infuocato a suo marito, o ex marito ... insomma la situazione tra di loro non era del tutto chiara nemmeno per i diretti interessati.

-Sei ingiusto. Io non ti ho mai mentito.

-Hai detto che venivi dall’Arkansas quando ti ho conosciuta.

-Ho detto che venivo da un posto molto lontano fatto di cupa desolazione. Hai tratto tu le conclusioni che hai voluto, mio caro!

Sebastian decise di intervenire prima che la situazione degenerasse nell’ennesimo battibecco tra i suoi.

-Si tratta delle Norne- ammise, ottenendo l'immediato effetto di zittire sua madre che si concentrò su di lui.

-Cosa ti hanno fatto?- domandò la divinità, preoccupata come non l'avevano mai vista.

-Niente... per ora. In realtà pensiamo che vogliano una nostra amica, per qualche motivo che ora ci sfugge.

-Capisco- lo sguardo di Kaya si rabbuiò come un cosmo in tempesta, l'aria che la circondava cominciò a crepitare di piccole scintille gialle in maniera minacciosa- Non devi preoccuparti, tesoro, da adesso in poi ci penso io.

Uno strano vento fece tintinnare all'unisono tutte le finestre dell'edificio, che all'improvviso si oscurarono. Nell'aria stessa intorno a loro i ragazzi percepirono qualcosa di denso e inusuale, come se l'atmosfera fosse improvvisamente mutata in quella di un altro pianeta. O sarebbe stato più corretto dire di un altra dimensione, perchè era proprio lì che la magia del caos della dea aveva trasportato il santuario e tutto ciò che conteneva, persone comprese.
Kaya sospirò soddisfatta, ma anche abbastanza stanca. Non era stato semplice neanche per lei trasportare un complesso groviglio formato di così tanti incantesimi stratificati come il Sanctum in una dimensione parallela, ma adesso almeno aveva la certezza che erano al sicuro.

Ora tutte le porte e le finestre erano sigillate e davano sul vuoto cosmico.
Una fortezza inespugnabile a chiunque, uomini o dei che fossero.
Ma anche una prigione che si richiudeva impietosamente su chi era rimasto all'interno, isolandolo dal resto dell'universo.

-Mamma, ti prego, non puoi tenerci rinchiusi qui dentro.

-Certo che posso- ribatté lei- sono tua madre e tutto quello che faccio lo faccio per il tuo bene.

-Con un misero incantesimo di dislocazione?!- commentò Stephen Strange, senza riuscire a coprire con il sarcasmo una nota di allarme- Andiamo, non crederai che non troverò un modo per spezzarlo?

-Oh caro, ma io sono sicura che ce la farai...tra qualche secolo. Nel frattempo resterete qui, lontano dalla battaglia incombente. Io vi suggerisco di cominciare a pensare a un nuovo mondo in cui andremo tutti a vivere, perchè il vostro di sicuro non sopravvivrà al risveglio delle Norne. Dicono che la dimensione delle anime del sia deliziosa in questo periodo...posso lasciarvi delle brochure - aggiunse con la disinvoltura tipica dell'agente immobiliare di successo che era stata sulla Terra.

-Kaya, aspetta...parliamone da persone civili.

La divinità a questo punto scoppiò a ridere in maniera isterica.

-Adesso ne vuoi parlare Stephen? Con me?! Dopo che mi hai evitata fin dal mio ritorno. Dopo che mi hai esiliata nella dimensione oscura, tenendomi lontana da mio figlio. Non sono neanche una ‘persona’...e francamente sono stanca di fingermi qualcosa che non sono solo per andar bene a te.

-Kaya, basta con i giochi, liberaci adesso!

-No! Se vogliamo lasciarci posso accettarlo. Ma non rinuncerò alla possibilità di tenervi tutti al sicuro solo perchè non sarebbe abbastanza umano per te.

-Mamma non ci stai tenendo al sicuro, ci stai praticamente sequestrando!- protestò Sebastian- I miei amici sono ancora là fuori...

-Mi dispiace tanto, tesoro, ma è una battaglia che non possono vincere. Non si può combattere il Destino, lo sanno tutti... E tu sei più al sicuro qui- disse Kaya- Quanto a te Blake... sono amica di Jane e sono sicura che anche lei sia d’accordo con me sulla necessità di tenervi al sicuro.

Al ragazzo non sfuggì il fatto che la divinità del caos stesse parlando di sua madre al presente, come se fosse ancora viva.

-Mia madre è morta- replicò freddamente- non può più essere d’accordo su niente.

Un’ombra di apprensione passò sul volto di lei, come se a quel punto fosse indecisa se proseguire. Doveva parlare e rivelare quello che aveva saputo da Wanda? Oppure tenerli all’oscuro sarebbe stato più prudente? Le decisioni morali erano così difficili. Ci credeva che gli umani uscivano di testa di tanto in tanto!

Come sempre quando in dubbio, cercò istintivamente lo sguardo di Stephen. Molto di quello che sapeva sui mortali lo aveva imparato da lui, anche a sua stessa insaputa... Soprattuto aveva imparato che le omissioni, per quanto in buona fede, avevano sempre delle conseguenze sgradevoli.

-Non è...proprio così- disse alla fine Kaya, non senza una certa prudenza e anche cercando di metterla nel modo più delicato possibile- comprendo che a voi umani sfugga la differenza, ma la dottoressa Jane Foster non è morta: è ascesa.

Blake rimase di sasso...poteva essere che sua madre non fosse...lo faceva impazzire anche solo pensarci.

La speranza in quella circostanza gli faceva più male della disperazione.

Ma in fondo che motivo avrebbe avuto Kaya di mentire? Era vero che in passato era stata una delle migliori amiche di Jane Foster. Entrambe avevano avuto i loro figli praticamente insieme, contando anche a Pepper, Daisy e Wanda. In realtà era stata una circostanza abbastanza bizzarra che quasi tutte fossero rimaste incinta lo stesso anno. Una casualità singolare su cui le famiglie usavano da sempre scherzare sopra... O forse era stato un altro fattore ben più temibile a creare quella curiosa coincidenza... forse era stato proprio questo Destino che perfino gli dei temevano tanto.

-Che cosa è successo a mia madre?- domandò il ragazzo con il cuore in gola- Cosa significa?

-Che ormai non c’è più tempo. Jane è stata la prima ad ascendere. Wanda me lo ha raccontato. Anche la Seconda Signora sta per ascendere mentre parliamo, questo riesco a sentirlo... e temo non manchi molto prima che la Terza le raggiunga. Vedete, devono essere ascese tutte e tre prima dell'inizio...sono sempre in tre: la Saggia, la Madre e la Vergine. Solo dopo che si saranno unite avrà inizio la battaglia che distruggerà il vostro mondo... e io non voglio che siate coinvolti.

Sebastian rabbrividì nel sentire la magia del caos, così distruttiva e familiare allo stesso tempo, che gli crepitava introno. Mantenere il controllo in quelle condizioni era un’impresa quasi impossibile. Avrebbe voluto chiedere di più a sua madre sull’intera faccenda, ma Kaya era già sparita, lasciandoli di fatto tutti intrappolati nel Sanctum, che non si trovava più nemmeno nella loro dimensione.

E questo nel momento peggiore dato che, stando alle parole della stessa divinità, i loro amici stavano per essere coinvolti in una battaglia epocale con pochissime speranze di farcela.

...


Michael Coulson rincasò in fretta e furia dopo aver telefonato alla sua fidanzata e aver appreso del trambusto creatosi dalla festa dei gemelli in poi. Ellie questa volta non si trattenne, non gli nascose nulla, da quanto le era successo in addestramento, alla festa e nel corso della serata passata dai suoi amici. Era sconvolta quanto lui di aver appreso del ritorno di Philip Rogers, che in realtà non aveva fatto altro che approfittare della sua morte presunta per riuscire a sgominare il resto della banda legata ai genitori di Ellie.
Raggiunto l’appartamento, Michael si precipitò incontro alla sua ragazza, che lo accolse tra le sue braccia con la medesima urgenza. Nel momento stesso in cui lo strinse a sè si sentì subito meglio. Certo, la situazione restava quella che era e il pericolo di un nuovo attacco incombeva più che mai, ma il solo fatto di avere Michael con lei riusciva a tranquillizzarla almeno un po’.

-Ellie, mi dispiace così tanto di essere stato lontano...se lo avessi saputo...

-Non dirlo neanche, nessuno di noi poteva prevederlo- la ragazza si morse il labbro nervosamente- Inoltre sono io che dovrei scusarmi con te per non averti parlato prima di quello che mi stava succedendo... non volevo che ti preoccupassi per me. Dopo tutto quello che ti ho fatto passare l’anno scorso non ti meritavi altri problemi a causa mia...anche adesso mi rendo conto di essere tremendamente egoista a coinvolgerti sempre nei miei problemi.

-I nostri problemi- replicò Michael, che per quanto Ellie fosse in apprensione non perdeva mai la calma e riusciva sempre a rimettere le cozze nella giusta prospettiva- credevo che avessimo stabilito di mettere tutto in comune: il nostro appartamento, il nostro lavoro, i nostri amici. Anche io sono preoccupato quanto te per Sarah e voglio contribuire per quanto posso ad aiutarla.

-Michael, io ti ho trascinato in una guerra contro delle divinità impazzite!

-E io ti ho portato a cena da mia madre- le ricordò lui, rievocando il terribile ricordo di quanto Melinda Coulson l’avesse tratta con freddezza in quella circostanza, evidentemente non la riteneva una persona adatta a stare con suo figlio - Perdonami amore ma se vogliamo giocare all’elenco delle colpe vinco io comunque.

-Tua madre ha ragione a disprezzarmi, da quando ci conosciamo non ho fatto altro che metterti in pericolo...

-Sciocchezze- la interruppe lui con decisione- Incontrarti è stata la cosa migliore che mi potesse capitare, casomai sono stato io a non dimostrarmi in grado di proteggerti come meriteresti. Perdonami, lo so che ti da fastidio sentirlo e so anche che sei perfettamente in grado di difenderti da sola, ma io non posso evitare di preoccuparmi per la persona a cui tengo di più.

-Tu non sei umano Michael Coulson- dichiarò Ellie, più vicina al pianto per le cose stupende che le aveva appena detto con estrema naturalezza di quanto volesse ammettere - da dove vieni e cosa posso aver mai fatto per meritarti?

Si baciarono in maniera dolce e appassionata. I due ragazzi, nonostante si trovassero nella loro casa, dovettero trattenersi dal momento che non erano propriamente da soli. Infatti nella camera degli ospiti si trovava Sarah Rogers, che si stava facendo una sana dormita per la prima volta da un sacco di tempo. Gli ultimi eventi l’avevano molto provata, non ultimo l’inaspettato confronto con suo fratello. Ellie raccontò a Michael di quanto Philip fosse stato duro con lei e con il resto del gruppo, pretendendo di essere lui ad occuparsi di tutto e trattandoli di fatto come un branco di ragazzini non all’altezza di quella battaglia. Il ragazzo non aveva ritenuto di condividere con loro molte spiegazioni, a parte la sua marcata insistenza a voler portare con sè Ellie, a suo dire per meglio proteggerla da chi la cercava per farle del male.

-E’ stato estremamente sgradevole- concluse la ragazza- tutti ne parlano sempre come di un santo...mentre a me è sembrato solo un pallone gonfiato...

-Da quanto hai detto dobbiamo considerare che ne ha passate tante, probabilmente non era in sè...- disse Michael, come sempre propenso a pensare solo il meglio delle persone.

-Tu non hai visto come ha trattato Sarah! Giuro che gli avrei tirato un pugno per quanto è stato sgarbato nei suoi confronti.

-In effetti...le poche volte che ho incontrato Philip in passato è stato sempre in qualche occasione pubblica, insieme alla sua famiglia. In quella circostanza  l’ho sempre visto molto protettivo nei confronti di sua sorella. E’ molto strano questo repentino cambio di atteggiamento.

-Evidentemente la presunta morte non gli ha giovato- commentò Ellie, stizzita.

-Già. Dobbiamo dirlo ai suoi genitori- disse allora Michael, ricordandosi improvvisamente di un dettaglio importantissimo- non hai idea quanto abbiano sofferto nel crederlo perduto... Daisy Jhonson era fuori di sè e anche il capitano...ma ora possiamo togliergli questo grande peso: meritano di sapere la verità!

In effetti, dopo averli incontrati poco tempo fa e aver visto di persona la loro preoccupazione, anche Ellie cominciava a pensare che fosse meschino tenerli all’oscuro di quella rivelazione. Le dispiaceva in particolare per Steve Rogers, che era stato così gentile con lei, che l’aveva aiutata senza pensarci due volte nonostante tutto a quello che la famiglia di Ellie aveva fatto per distruggere la sua. Steve le aveva immediatamente accordato fiducia quando tutto il mondo la considerava solo la figlia di due persone malvagie.

D’altro canto anche Sarah si era fidata di lei nel metterla a parte dei loro piani e, più in generale, delle loro vite. Non le sembrava giusto nemmeno consegnarla a quel modo.

-Non lo so...in realtà non possiamo farlo senza tradire il segreto di Sarah- disse infatti- Dovremmo aspettare che si svegli e parlarne con lei.

-Non credi che i suoi genitori abbiano già aspettato a sufficienza? Li hai visti Ellie, erano ridotti uno straccio...sinceramente mi ha fatto pena vederli così abbattuti. Hanno sacrificato tanto per difendere il pianeta e adesso che sono loro ad avere bisogno d’aiuto non possiamo negarglielo.

-Sono certa anch’io che parlarci sia la cosa più corretta. Però anche Sarah dev’essere d’accordo.

Proprio in quel mondo dal corridoio fece capolino proprio la diretta interessata.

Sarah aveva dormito per non più di qualche ora, ma si sentiva rinata rispetto all’ultimo periodo perchè finalmente aveva potuto riposare senza che quella nefasta influenza la disturbasse. Certo, era ancora sotto sopra per la difficile situazione che stavano affrontando. Non si capacitava ancora del modo distaccato con cui suo fratello l’aveva trattata. Come se non bastasse Blake non era con lei, ma aveva preferito andare a dare una mano a Sebastian nelle sue ricerche al Sanctum Sanctorum. Appena sveglia aveva subito guardato il cellulare in cerca di loro notizie, ma niente. Forse non erano ancora riusciti a trovare informazioni rilevanti sulle Norne, però era strano che Blake non le avesse mandato nemmeno un messaggio per sapere come stava.
Forse ce l’aveva ancora con lei, pensò nervosamente, eppure credeva che fossero a posto...

-I miei sono stati qui?- domandò quindi la ragazza, che era riuscita ad ascoltare l’ultima parte della conversazione.

-Esatto- confermò Ellie- dovresti essere tu a chiamarli per metterli a parte della situazione. Credimi, sono davvero preoccupati.

-Potevano pensarci prima di rinchiudermi in quel posto orrendo alla mercé dei nazisti.

-Ma lo hanno fatto pensando che fosse la cosa giusta...non sai quanto si sentono in colpa a riguardo.

-Bene. Mi pare il minimo- commentò Sarah- ad ogni modo non credere che sia quella la parte peggiore... la verità è che anche prima non c’erano mai. Sempre in giro per il mondo a fare gli eroi e mai a casa loro. Era Philip ad occuparsi di noi e anche lui era costretto a comportarsi come se tutto fosse normale...come se fossimo la cazzo di famiglia perfetta!

Sarah si rese conto di aver sempre pensato quelle cose solo nel momento in cui si trovò a dirle ad alta voce. La pressione a cui erano stati entrambi sottoposti agli occhi del mondo in quanto figli di capitan America era stata notevole. Lei e Philip avevano sempre dovuto essere non meno che perfetti agli occhi della nazione. In fondo non la stupiva che alla fine anche lui, che portava il peso maggiore, fosse crollato. Solo non avrebbe mai sospettato che quel giorno sarebbe arrivato ora che più aveva bisogno di suo fratello.

-Sono sicuro che hanno fatto del loro meglio- disse Michael, nella speranza che forse le fosse di conforto saperlo.

-Sono brave persone- insistette Ellie- e anche ai migliori capita di sbagliare, ma sono sicura che si farebbero perdonare se solo gli dessi una possibilità.

Sarah li squadrò entrambi con sufficienza.

-Sapete...siete le persone più schifosamente buoniste che conosca- considerò ad alta voce- Siete proprio fatti l’uno per l’altra.

Non era nemmeno lei sicura se si trattasse di un insulto o di un complimento, ma come tale entrambi decisero di prenderlo.

-Quindi li chiamerai?- insistette Ellie speranzosa.

-Può darsi- concesse Sarah.

Solo perchè adesso mi hai fatto sentire in colpa a non farlo, avrebbe voluto aggiungere, ma non ne ebbe occasione dato che proprio in quel momento le squillò il cellulare. Non era Blake purtroppo. La voce dall’altro lato del telefono era talmente concitata che anche Ellie e Michael che si trovavano a un metro e mezzo di distanza da lei sentirono tutto.

-Sarah tutto a posto?

-Ragazzi, è Cali- rispose la ragazza- Dice di raggiungerla subito. Allo studio di sua madre.

Ingvild Erikssen dopo il brutto incidente di un anno fa aveva deciso di fermarsi a New York, in attesa che sua figlia le raccontasse cosa le era successo. Purtroppo non aveva avuto fortuna ad instaurare un dialogo con Cali e, dopo diversi approcci falliti e su consiglio dei Rogers, Ingvild si era decisa a restare nei paraggi nel caso la figlia avesse un improvviso ripensamento e decidesse di riallacciare i rapporti con lei.

Essere raggiungibile e sperare in un miracolo era certamente meglio che tornarsene a Oslo e mettere un oceano tra di loro. Per questo si trovava ora nella sede americana della sua galleria, dove aveva tenuto le sue ultime esposizioni, un nell’edificio di legno nella zona in della città, quella dedicata agli artisti un po’ bohémien come lei.

Era lì che Cali si era recata subito dopo l’incontro con Philip, spinta dal desiderio di scoprire qualcosa di rilevante più che dall’impulso di rivedere la madre, che comunque continuava a giudicare una persona inaffidabile. Purtroppo una scoperta c’era stata eccome. Sarah, Michael ed Ellie la raggiunsero una mezz’ora dopo. I gemelli e Morgan erano già sul posto, altrettanto in allarme per il messaggio ricevuto da Cali che improvvisamente li voleva tutti lì.

-Blake e Sebastian?- domandò Sarah come prima cosa, notando l’assenza dei due.

-I soliti imboscati- commentò Tommy senza troppe cerimonie.

-Sono irraggiungibili a quanto pare...ed è piuttosto strano- disse Morgan, smanettando sul cellulare- non riesco neanche a rintracciare i loro telefoni, è come se fossero scomparsi dalla faccia della terra...

-Ti pareva- commentò Cali piuttosto contrariata- per una volta che ho bisogno di lui decide di sparire, ma quando torna mi sente...

La ragazza, che era andata a prenderli direttamente nell’atrio era visibilmente agitata.
Aveva un aspetto quasi spiritato, coi lunghi capelli scuri che non aveva avuto tempo di legare, che le ricadevano disordinati sul viso teso.
Presto ne avrebbero compreso il perchè.

Una volta entrati nello studio di Ingvild al secondo piano i ragazzi si trovarono davanti uno spettacolo a dir poco agghiacciante. La stanza, costituita da un unico ampio open space di legno chiaro alternato ad ampie vetrate, era letteralmente piena di quadri raffiguranti un albero, un pozzo e tre figure femminili dai contorni spettrali. Vi erano letteralmente centinaia di quei disegni sparsi ovunque e ridipinti in tutte le fogge possibili, con diverse tecniche, come se l’artista non avesse fatto altro che riprodurli in continuazione per giorni e giorni.

Trovarono la stessa Ingvild in uno stato febbrile, con i capelli biondi scarmigliati e  le dita nere di colore, tutta intenta a ultimare un grande disegno a carboncino direttamente sulle assi lignee del pavimento: questa volta la raffigurazione del pozzo, dell’albero e di tre corpi femminili alla base si completava di dieci ritratti, posti tutto attorno ai rami del salice. Le dieci figure corrispondevano in maniera impressionante alle loro fattezze.

C’erano tutti: Sarah, Philip, Blake, Morgan, Will, Tommy, Cali, Sebastian, Michael e infine Ellie.

Quest’ultima si avvicinò maggiormente per esaminare meglio i dettagli: il pozzo e l’albero erano esattamente identici a quelli della sua visione, non c’era dubbio.

-Wow...questo si che è...

-Inquietante- completò Sarah, scambiandosi uno sguardo carico di significato con l’amica.

Cali stava di fianco alla madre e cercava ancora di comunicare con lei, mentre Ingvild, come posseduta, andava avanti a disegnare senza sosta offrendole solo di tanto in tanto solo risposte vaghe in norvegese che solo Cali tra di loro parlava .

-L’ho trovata già così e non riesco a fermarla- spiegò la ragazza, che a dispetto dei loro cattivi rapporti era comunque parecchio sconvolta per le condizioni della madre- non mi ascolta, continua a disegnare e a ripetere che deve finire in tempo.

-In tempo per cosa?- domandarono gli altri.

-Non saprei come tradurlo...non è un termine di uso comune. Forse la parola inglese che si avvicina di più potrebbe essere ...Ascensione.

Perfetto, pensò Ellie, ci mancavano altri enigmi incomprensibili... la cosa più inquietante che riscontrava nel lavoro di Ingvild era il ritratto di Michael, che la donna non aveva mai visto in vita sua. Non si erano mai incontrati, neanche l’anno scorso perchè Michael era ancora in riabilitazione dopo la battaglia. Allora come aveva fatto a riprodurlo in maniera tanto accurata, insieme al resto di loro? Ancora una volta la ragazza ebbe l’impressione di averlo coinvolto in qualcosa più grande di lui e potenzialmente molto pericoloso.

-Mamma, ti prego, ascoltami, mamma...-ripeteva Cali in maniere a sempre più disperata, arrivando a prenderla per le spalle e a scuoterla. Solo in quel momento, per un brevissimo istante, Ingvild Erikssen parve recuperare un briciolo di lucidità.

-Mi dispiace...così tanto- affermò in un inglese perfetto, guadando dritta sua figlia negli occhi- Io non sono stata una buona madre. Avrei dovuto esserci...avrei dovuto fare un sacco di cose diversamente...mi dispiace.

-Mamma...

Con l’ultimo barlume di lucidità Ingvild spinse sua figlia lontano da sè.

Poi i suoi occhi azzurri si tinsero completamente di nero e la Ingvild che conoscevano sparì, lasciando il posto a qualcun altro. O meglio, a qualcos’altro.

Sarah riconobbe con orrore che si trovava davanti un’entità molto simile a quella che aveva cercato di impossessarsi di lei la sera prima... e che senza l’intervento provvidenziale di Ellie ci era quasi riuscita. Senza pensarci due volte afferrò Cali, cha ancora cercava ostinatamente di stabilire un contatto con quella creatura che aveva preso possesso di sua madre, e la tirò indietro insieme al resto del gruppo.

-Ellie resta dietro di me- ordinò Michael che aveva estratto la pistola istintivamente e la puntava verso Ingvild.

-Tutti fuori, subito!- decise Sarah.

Ma prima che potessero raggiungere la porta la creatura con le sembianze di ingvild spiccò un balzo ferale, con una rapidità che non aveva nulla di umano, e si parò loro davanti bloccandogli l’unica via di fuga. I ragazzi reagirono affidandosi all’istinto più che a un piano preciso, in maniera del tutto scomposta.

Tommy Maximoff credette di poter sfruttare la sua super velocità per aggirare l’ostacolo e spalancare la porta per i suoi amici, tuttavia, proprio mentre si spostava in modalità rapidità massima di lato alla creatura, questa riuscì ad afferrarlo per un braccio e a ruotarlo nel senso opposto mandandolo a sbattere contro la più vicina parete. Il ragazzo emise un gemito di dolore nel sentire le ossa che si spezzavano sotto quella morsa d’acciaio. Suo fratello percepì quella sofferenza a come la sua, mentre scagliava contro la creatura una potente onda psichica dai contorni rossastri. Questa non sembrò nemmeno scomporsi. Semplicemente le bastò alzare il braccio destro per far si che l’attacco di William gli ritornasse addosso con un impatto spaventoso, che scaraventò il povero ragazzo direttamente al di là della vetrata opposta in un fragore assordante di vetri rotti. I suoi compagni guardarono immediatamente di sotto allarmati. Fortunatamente il palazzo non era alto e William aveva avuto il tempo di attutire in parte la caduta con il suo potere, ma certamente non era in condizioni di sostenere uno scontro.

Michael fece per sparare, ma Cali gli fermò il braccio impedendogli di prendere la mira.

-Cosa vuoi fare con quella? - gli urlò quasi in faccia- Rischi di ferire mia madre!

-Non sono tua madre- rispose la creatura la stessa voce melodiosa di Ingvild, ma che sembrava provenire da molto più lontano - Io sono La Madre- aggiunse, prima di farli volare entrambi contro il soffitto con un semplice sguardo, tale era il suo potere. Era chiaro che si trattava di uno scontro impari, ben oltre le loro capacità.

Lo sguardo nero della creatura incrociò quello di Ellie per un solo tremendo istante e le belle labbra che erano appartenute a Ingvild si tesero in una specie di ringhio, come se quello che si trovava davanti a lei non le piacesse per niente. Puntò dritta verso Ellie come si punta una preda.

La ragazza si ritrovò paralizzata e senza una via di fuga.

Chiuse gli occhi e smise di respirare.

 

 

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Capitolo 6
*** Le ombre del passato ***



In principio era il Fato, creatore dei mondi.

A ricevere i suoi voleri furono chiamate in tre:
tre divinità superiori,
tre sorelle imparziali,
tre Signore del Destino,
a cui fu affidato il compito di tessere la tela dei mondi e di preservarvi le sorti di uomini e dei.

Urðr, la Saggia che presidia il Passato.
Verðandi, la Madre che osserva il Presente.
Skuld, la Vergine che custodisce il Futuro.

Nessuno può opporsi al Fato, poiché di esso si compone la sostanza stessa dell'universo.
 

...
 

Quando Ellie riaprì gli occhi realizzò di non trovarsi più a New York nello studio di Ingvild Erikssen insieme ai suoi amici.
La scena attorno a lei era come evaporata e si era rapidamente  ricomposta in un ambiente molto diverso, immerso di luce dorata.

La ragazza si trovava ora seduta in una graziosa cucina di stampo vagamente retrò, investita dalla luce che proveniva dalla porta-finestra che dava sul giardino. Sul ripiano ligneo del tavolo di fronte c’era una tovaglietta ricamata a motivi floreali, su cui erano stati disposti i piatti per una colazione abbondante di almeno tre persone, insieme a pane, uova, latte fresco e  biscotti. Le pareti erano ricoperte di una leggera carta da parati dai colori tenui, che riprendeva il motivo floreale della tovaglia. Nella cucina vi era spazio per diversi ripiani, su cui erano appoggiati tanti barattoli, poi pastelli colorati e una televisione di modello molto vecchio. In effetti tutto aveva l'aspetto datato di almeno una ventina d'anni, dai mobili ai suppellettili, ma era nel complesso un ambiente molto accogliente. Ellie si ritrova ad inspirare a fondo quell'aria incantata...

L’intera stanza profumava deliziosamente di fiori e di aromi speziati che la facevano sentire una favola.

Presso i fornelli, poco distante da lei, una donna bruna e minuta sembrava impegnata a cucinare, canticchiando una lieve melodia che ricordava quasi una ninnananna...quel canto infuse ad Ellie un senso di pace e di assoluta tranquillità. Tanto che quasi faticava a ricordare come mai fosse tanto agitata solo pochi minuti fa... La ragazza si sentiva così a suo agio in quel luogo, come se ci abitasse da sempre. O forse era la canzone a metterla a suo agio. Non avrebbe saputo dire dove ma era certa di averla riconosciuta, come se l’avesse già sentita.
Riconobbe anche la donna, quando questa si voltò verso di lei con ancora il padellino in mano.
Aveva visto tante volte la sua fotografia tra le cose di Blake.

Il suo amico non si separava mai dalla fotografia di sua madre, le avevano spiegato, anzi se la portava dietro come un talismano convinto che fosse un modo per sentirsela sempre vicino. Ma le avevano appunto detto che quella persona era morta da tempo, di una misteriosa malattia, lasciando Blake solo al mondo.
Ora quella stessa donna stava cucinando di fronte lei come se nulla fosse in una grottesca imitazione della casalinga perfetta.

-Pancake?- le domandò Jane Foster con un sorriso dolce che per un istante le ricordò tantissimo quello di Blake, ma che allo stesso tempo era qualcosa di profondamente sbagliato e innaturale.

Sembrava una mimica copiata dal repertorio di qualcun altro e riprodotta in quel contesto solo  per un senso distorto di cortesia, poichè chi stava sorridendo non aveva la minima idea di che emozione esprimesse quel gesto.
Jane era stata una donna dai lineamenti delicati ma decisi, che esprimevano insieme dolcezza e forza, quei lineamenti sembravano ora impressi e riprodotti sul volto estraneo, quello di una statua dalle iridi completamente nere.
Qualsiasi cosa fosse stato del copro di Jane Foster, quell'involucro aveva ormai completamente perso ogni traccia di umanità.

- Approfittane finché sono ancora caldi.

Ellie sapeva che non avrebbe dovuto, ma qualcosa la spinse ad accettare. Nonostante fosse pienamente consapevole di trovarsi faccia a faccia con un mostro l'ambiente in cui l'aveva proiettata le infondeva un anomalo senso di sicurezza.

Era quel dannato posto, si disse, aveva uno strano effetto su di lei.
La faceva sentire così calma...anche se razionalmente sapeva di trovarsi in pericolo, che avrebbe dovuto scappare alla prima occasione, si sentiva inspiegabilmente attratta da quel posto e voleva restarci il più possibile. In un certo senso si sentiva finalmente a casa.

-Tu non sei Jane Foster...e niente di tutto questo è reale- si costrinse a dire a mezzo fiato, più per ricordare a sè stessa la propria condizione che per intimorire la creatura che aveva di fronte.

La copia di Jane Foster smise di sorridere, come se ormai no servisse più. Erano finiti i convenevoli così come quel bislacco tentativo di mettere la ragazzina umana a suo agio. In fondo con i mortali non aveva mai avuto una grande pazienza.

-Temo di no- confermò tranquillamente- però il suo sembiante incontra il mio gusto. Sai, l’ho scelta come mio tramite proprio perchè è una creatura estremamente intelligente... per essere solo umana. Non poteva ricevere onore più grande dell’Ascensione.

-Chi sei?- domandò Ellie senza mancare di notare che la creatura si era riferita agli esseri umani come se non facesse parte di quella particolare categoria, anzi come se li ritenesse nettamente inferiori oltre che privi di importanza specifica- e cosa significa ascensione per voi?

-Sono sicura che lo sai già- insistette la creatura dal volto di Jane Foster- Mi hanno chiamata in tanti modi nel corso del vostro tempo, Urðr, oppure la Saggia. Hai già incontrato mia sorella Skuld, anche se per un breve momento, tramite lil suo tramite ... Sarah Rogers- pronunciò quel nome con una vaga nota di bramosia e a quelle parole Ellie rabbrividì, ricordando le iridi di Sarah che si coloravano progressivamente di nero esattamente come quelle di Ingvild e adesso di Jane Foster.

Ascendere pareva significasse per loro prendere possesso del corpo della vittima designata.

- Esatto, vedo che cominci a capire, mortale... infine hai avuto modo di vedere cosa sa fare mia sorella Verðandi quando è ascesa in Ingvild Erikssen. I suoi modi terreni lasciano un po’ a desiderare, ma al momento non c’era di meglio...purtroppo l’ascensione in un corpo umano richiede di trovare qualcuno che sia stato toccato dal divino.

-Ma Sarah non lo è stata- protestò Ellie- non è mai venuta a contatto con gli dei, almeno che io sappia...perchè volete lei?

La Norna non si scompose, i suoi lineamenti da statua restarono esattamente immobili, come congelati.

-Ne sei davvero sicura?- le chiese come se si trattasse di una domanda retorica- Peccato. Stavi andando così bene. Non mi sorprende che la vostra mancanza di fede nel Fato renda voi umani così...miopi.

Qualcosa non tornava, al di là del senso stesso delle parole sibilline della dea.
La Norna era troppo sicura di sè e delle sue mire su Sarah, valutò Ellie. Tanto che le stava sciorinando informazioni gratuitamente, come se averle non avesse fatto alcuna differenza.
Come se fosse già certa di averla già avuta vinta in ogni caso dal momento che chi aveva cercato di opporsi non erano che formiche a suo confronto.
Una manciata di ragazzini umani contro delle potenti divinità. E perchè non avrebbe dovuto ritenersi superiore? In fin dei conti era una divinità antica che si stava rivolgendo ad una singola umana, sola e insignificante.
Secondo il suo punto di vista distorto le stesse Jane Foster e Ingvild Erikssen, da semplici creature mortali destinate alla vecchiaia e infine alla morte,  erano state elevate ad un grande onore in quanto toccate dal divino nel corso della loro vita e, pertanto, degne di incarnare a loro volta delle divinità vere e proprie.

Le due donne avevano in comune di aver avuto una relazione con una divinità, relazioni da cui erano anche nati figli. Ma Sarah non soddisfava nessuna di quelle condizioni. In che modo poteva mai essere stata 'toccata dal divino', per utilizzare le parole della stessa dea?

-Il caso di Skuld è particolare - ammise la creatura ultraterrena, che evidentemente si compiaceva più di quanto volesse ammettere di sapere qualcosa che Ellie, una semplice umana,  invece ignorava- è sempre stata molto difficile da accontentare. Trovarle un corpo di suo gradimento in cui ascendere, un'umana che sia stata toccata dal divino ma che sia al contempo ancora vergine, non è stato facile. Non è come Verðandi che si accontenta di ascendere in una madre, quale che sia... alla fine ha assolto bene al suo compito.

La madre di Cali in questo caso, realizzò Ellie, che da quel dialogo per quanto surreale starava in realtà acquisendo un sacco di collegamenti utili. Avrebbe potuto riferire tutto agli altri in un secondo momento, si ripropose, certo se fosse riuscita mai a  rivederli ed era un grossissimo ma.
Senza dubbio, al momento, la cosa più utile che potesse fare era approfittare di quel legame distorto instaurato con la dea a continuare a farla parlare.

-Quale compito?- chiese infatti, facendosi coraggio.

-Ti ha condotta a me naturalmente...è da tanto tempo che desidero parlarti.

-Parlare con me?- Ellie le riservò uno sguardo scettico- Bene. Ti consiglio di dirmi tutto in fretta perchè non intendo restare qui un minuto di più.

Non era vero, lo sentiva, qualcosa dentro di lei avrebbe voluto restare in quel posto per sempre e proprio questo la spaventava. Si trattava indubbiamente di un trucco, di una trappola studiata per farle abbassare la guardia... eppure, per la prima volta, si sentiva così a casa.

Evitare di lasciarsi distrarre le sembrava una fatica immane.

-Non hai ancora capito dove ci troviamo vero?- domandò la prima delle Norne, la voce monocorde piegata in un sospiro quasi di compassione, poi con un cenno del capo elegante indicò la finestra - La mia specialità dopotutto è il passato- disse la creatura- Posso vedere tutto quello che è mai successo in questo mondo e negli altri, tutto...compreso questo.

Ellie ebbe quasi timore di scoprire ciò a cui si riferiva.
Dalla finestra che dava sull’esterno, in effetti, si potevano scorgere due figure adulte, un uomo e una donna, vestiti come era in voga nei primissimi anni novanta. La coppia stava spensieratamente giocando nel loro giardino con un bambino di quattro anni circa,  vestito con una salopette di jeans, probabilmente loro figlio.
Il piccolo tirò con sicurezza una palla di gomma blu che anziché ricadere a terra restò qualche minuto sospesa a mezz’aria per poi levitare lentamente tra le mani di suo padre. L’uomo la prese con immenso orgoglio stampato in faccia dal momento che in quel momento fu finalmente certo che anche il suo primogenito aveva ereditato i loro poteri...

Era felice che anche lui sarebbe cresciuto con un talento speciale, un talento che gli avrebbero insegnato ad usare per far del bene e aiutare il prossimo. Sua moglie, divertita, scoppiò a ridere della stessa identica risata di Ellie. Quel dettaglio la colpì come una stilettata al cuore.
Su quei volti sorridenti Ellie riusciva a leggere una parte di sé stessa, quella che da sempre le era stata negata.

-Sono ...i miei veri genitori- mormorò piano, quasi temendo che dirlo a voce troppo alta li avrebbe fatti scomparire. Tremò realizzando di trovarsi nella cucina della sua vera casa, tra le cose appartenute alla sua vera famiglia. E il bambino che aveva appena fatto levitare la palla in giardino doveva essere quindi...

-Tuo fratello- asserì la dea,  soddisfatta dai progressi di Ellie nel ricollegare ciò che le stava mostrando, ma anche totalmente indifferente nei confronti della tempesta emotiva che aveva scatenato nella ragazza portandola in un passato che non poteva ricordare.

‘Io ho un fratello’ era tutto quello che riusciva a pensare Ellie osservando gli occhi scuri di quel bambino, occhi esattamente come i suoi per forma e colore ‘O forse lo avevo...chissà cosa ne è stato di lui’ valutò mentre una lacrima solitaria le bagnava la guancia. Si trovavano nel passato, aveva detto la dea, e questo non le dava alcuna garanzia che suo fratello fosse ancora vivo, come pure i suoi genitori. Si ritrovò a fissare la sua avversaria con sguardo supplichevole, poichè solo quella creatura ultraterrena che tutto sapeva del passato poteva rivelarle cosa fosse veramente accaduto quel giorno. Nel suo presente, tutte le prove che ricollegavano gli Smith al progetto RedDoor erano tristemente andate perdute nell’esplosione del laboratorio. Per quanto lei e Michael ci avessero lavorato giorno e notte non si era riuscito a recuperare nemmeno mezzo indizio che potesse portare a scoprire cosa ne fosse stato della sua vera famiglia. Wanda Maximoff le aveva detto tempo addietro che purtroppo i suoi genitori erano già morti.

E proprio oggi Ellie avrebbe avuto la sua unica occasione di scoprire come.

-Ciò a cui stiamo assistendo è successo esattamente diciotto anni fa, pochi istanti prima che li vengano a prendere...- proseguì la dea, certa di avere la sua totale attenzione - Stanno dando la caccia da tempo a tutti quelli con poteri speciali e, pensando di essere d’aiuto, la tua famiglia si è esposta. Hanno usato i loro poteri per aiutare altri loro simili e si sono traditi. L’Hydra ormai sa già tutto di loro, di quello che sanno fare, sanno anche del bambino... ma nessuno sa ancora niente di te. Nemmeno tua madre. E come potrebbe? Sei ancora poco più che un’embrione nella sua pancia. Ci vorrà qualche settimana prima che se ne accorga, ma per allora sarà già prigioniera nel laboratorio e la signora Smith, che desidera sopra ogni altra cosa avere un figlio suo... alla fine ti vorrà tenere tutta per sè e convincerà il marito a tenerti, a crescerti come una umana normale. Ma questa parte della storia la conosci già, concentriamoci su quello che ti sei persa...

Ellie scosse la testa, non ce la faceva.
Non poteva sentire le loro risate, vederli giocare spensierati, sentire direttamente sulla sua pelle ogni grammo dell’amore che permeava quel luogo... e sapere al contempo come tutto stava per finire. Non voleva vedere cosa sarebbe successo di lì a breve... ma la divinità era implacabile e priva di quella compassione che un essere umano avrebbe invece  avuto.

-Manca davvero pochissimo. Sta per succedere ora...non vuoi guardare? Non aver paura di avvicinarti alla finestra per vedere meglio la loro fine. Le finestre dopotutto sono i portali per altri mondi... scommetto che non lo sapevi, mortale- aggiunse con arroganza, come per dimostrare le sue superiori conoscenze.

Lo sguardo di Ellie invece era incollato al pavimento.
Scosse di nuovo la testa.
No, non voleva esser costretta a guardarli morire!

La squadra d’assalto dell’Hydra si era già mossa dalla sua postazione, dapprima silenziosamente, accerchiando la casa, poi Ellie che non aveva ancora avuto il coraggio di alzare lo sguardo sentì gli strepiti dei soldati che gli intimavano di consegnarsi. Poi lo scontro, disperato e impari.

-Scappa Emily! Scappa!- aveva urlato l’uomo, gettandosi d’impeto contro di loro e accendendo i pugni di fuoco.

Era pronto a combattere, pronto a sacrificarsi mentre cercava almeno di coprire la fuga alla moglie e a loro figlio. Ma lei non era da meno, non lo avrebbe mai lasciato solo.
Seguì il rumore assordante di una scarica di proiettili e infine le urla della donna.

-Tuo padre ha preferito combattere ed è stato il primo a incontrare la sua fine- disse la Norna, col medesimo tono neutro, proprio come avrebbe fatto un cronista particolarmente sadico- Tua madre l’hanno catturata subito dopo e utilizzata per i loro esperimenti. Ma tuo fratello non l’hanno preso. Gli Smith avevano pur sempre un’etica: niente esperimenti sui bambini. Se non gli era di alcuna utilità non avevano ragione di prenderlo vivo.

La portata di quell'affermazione le spezzò il cuore, ma ancora una volta Ellie non volle scollare gli occhi dal pavimento, quasi riuscendo a imparare a memoria il contorno delle mattonelle.

-Sicura di non voler guardare? Nemmeno per dirgli addio?

In mezzo a tutto quel frastuono Ellie avvertì distintamente un singolo sparo e le urla di Emily, quasi disumane.

-Chi lo avrebbe mai detto che in un corpo tanto piccolo ci fosse tanto sangue... Un vero peccato- proseguì la dea, indifferente di fronte alle lacrime che ormai rigavano il viso della ragazza- ma tu puoi ancora salvarli. Il destino non è immutabile come gli altri dei hanno sempre creduto... potrà essere riscritto a nostro piacere una volta che anche mia sorella Skuld sarà riuscita ad ascendere in Sarah Rogers. Tutto quello che chiedo è il tuo appoggio e la tua collaborazione. Non è poi un grande sacrificio, non trovi?

Ellie trovò la forza a malapena per scuotere la testa.
Era tutto semplicemente...troppo.

-Aiutaci e io ti prometto che riscriverò il passato per te, farò in modo che tutto questo non si verifichi mai... Niente di brutto succederà alla tua famiglia se farai il nostro volere. Dimostrati degna... e degnamente io ti ricompenserò.

-Mi stai proponendo di tradire i miei amici- ribattè la ragazza, stringendo i denti contro il dolore che si faceva strada in lei come una macchia scura- quale dignità può esserci in questo?!

Alla creatura incarnata in Jane Foster quella risposta tanto diversa da quella che si aspettava non piacque affatto.
Come si permetteva quella nullità di rifiutare il suo grande dono?! Il problema dei mortali era decisamente la loro patologica mancanza di prospettiva!

-Se la tua famiglia oggi verrà risparmiata, sciocca mortale, non vi incontrerete mai - ci tenne a spiegare, quasi tradendo la propria impazienza, ma al contempo mantenendo un tono dolce, così da  accompagnare la sua preda verso il ragionamento costruito apposta per intrappolarla- Se gli Smith non prenderanno i tuoi genitori non avranno nemmeno te. Non la conoscerai mai Sarah Rogers e soprattutto non serberai alcun ricordo di quanto di terribile sarebbe potuto succedere... I tuoi amici non ti mancheranno, credimi- poi avvicinandosi suadente a Ellie le sussurrò - Non ti piacerebbe invece conoscere i tuoi genitori? Ti amerebbero moltissimo. Cresceresti con un fratello maggiore che starà sempre dalla tua parte... sarebbe bello, non trovi?

Quelle ultime parole ebbero il potere di risvegliarla dall’incantesimo.

Per distrarsi dal tormento che aveva in testa Ellie premette i palmi delle mani contro la finestra gelida.
Non aveva ancora alzato lo sguardo nemmeno una volta, non voleva che l’ultima immagine che avrebbe serbato di loro fosse dei loro corpi.
Invece si voltò verso la dea dal corpo di Jane Foster, dando le spalle alla finestra e alla dolorosa scena da cui la separava.

-Anche Sarah ha un fratello maggiore- disse, colta da un’improvvisa illuminazione.

Ecco il collegamento che mancava e che spiegava come mai Philip fosse così strano dopo il suo ritorno!

La Norna non dimostrò alcun interesse a negare. Sembrava anzi compiaciuta del fatto che il suo piano fosse stato ormai compreso dalla ragazza. Arrivati a quel punto mantenere il segreto per lei non faceva alcuna differenza, erano nulla più che triviali questioni fra mortali.
Certo, Sarah Rogers era stata da tempo individuata tramite il progetto RedDoor come il tramite perfetto per incarnare l’ultima delle Norne, che desiderava ascendere nel suo corpo. Skuld l'aveva scelta e non era disposta a cambiare idea.
A quel punto si era presentato a loro il problema di rendere la ragazza in profondo contatto con un essere divino. E quale modo migliore che non il rendere un essere divino il suo stesso fratello, ovvero la persona a cui Sarah era più legata in assoluto?

Questo era quello che tramite RedDoor avevano fatto a Philip Rogers dopo la sua cattura.

Questo il segreto che il ragazzo non aveva voluto rivelare e che lo aveva distanziato dai suoi amici in maniera abissale, impedendogli di tornare da loro. E, ammettendo che Philip conoscesse a sua volta i piani delle Norne su Sarah, gli dava anche un’ottima ragione per  stare il più lontano possibile da sua sorella, maltrattandola se necessario, sperando in ginocchio che il legame tra loro si affievolisse e che le divinità non potessero mai arrivare a lei.

Ma così purtroppo non era stato. Sarah non avrebbe rinunciato a lui anche a costo della vita.
Il suo ritorno era stato l’ultimo disperato azzardo per cercare di salvarla e aveva comunque fallito.

-Trasformare un umano in una divinità non è facile. Sono incantesimi antichissimi. La procedura non è per niente garantita e richiede una certa dose di ...dolore da parte del soggetto- spiegò tranquillamente Urðr- ma il risultato con Philip Rogers è stato perfetto. Quel ragazzo è nato per essere un Dio...se solo non si fosse dimostrato così testardo avrebbe potuto godersi l'eternità con noi risparmiandosi una ingente dose di sofferenza...ma sono certa che tu, ragazzina, sarai più ragionevole.

-E io cosa c’entro in tutto questo? - Ellie lo disse quasi a sé stessa, pensandolo a malapena, ma bastò perchè la dea lo percepisse.

La stessa Urðr, la Saggia, era  ormai impaziente di concludere le spiegazioni e di stringere il patto con Ellie. Ormai non mancava altro perchè il loro trionfo fosse completo...Era solo una questione di tempo prima che Sarah Rogers cedesse al processo di ascensione come era stato per Jane e per Ingvild, diventando il tramite perfetto per Skuld.
Quando anche l’ultima sorella, colei che vedeva il Futuro, si fosse unita a loro sarebbe mancata solo una cosa affinché il grande piano si realizzasse.

-Tu sei l’ultima Chiave che ci serve per legarci definitivamente a questo mondo e diventare finalmente  padrone del suo destino- disse la dea, pregustando quel momento in ogni sillaba.

Jane Foster tese una mano bianca verso la ragazza.

-Vieni con me presso la fonte sacra di Urðarbrunnr, alle radici del mondo, e vedrai con i tuoi occhi cosa il Fato nella sua immensa saggezza ha in serbo per te.

-Grazie- Ellie radunò ogni briciola di coraggio che possedeva per fissarla dritta in quelle iridi vuote- Non ci tengo affatto.

Da quando aveva capito se le Norne avessero ottenuto la sua collaborazione per stabilizzare il tramite non ci sarebbe stato più niente in grado di fermarle. Avrebbero potuto davvero impadronirsi del Fato anziché limitarsi a custodirlo, ciò avrebbe permesso loro di fare tutto quello che volevano senza alcun vincolo primordiale. E, a giudicare dalle loro ultime interazioni con immondo esterno, non avrebbero sfruttato questo enorme potere per scopi nobili.

-La nostra offerta è stata fatta. Dunque accontentaci con le buone, ragazza, oppure prima della fine giuro che guarderai i tuoi amici morire atrocemente- le ricordò la Norna che cominciava sul serio a perdere la pazienza e con essa tutta quella sua algida compostezza.

Ellie non aveva alcuna intenzione di rimanere per scoprire come avrebbe attuato questa minaccia.
Era più che mai decisa a non cedere al ricatto, ma si trovava ancora intrappolata in quella visione del passato, alla presenza di una dea che non si sarebbe fatta scrupoli a servirsi di qualsiasi mezzo per costringerla a seguirla.

Se solo avesse ascoltato Philip Rogers, che naturalmente doveva già essere a conoscenza di tutto, e se ne fosse andata con lui il più lontano possibile non l’avrebbero mai rintracciata. Adesso invece non sapeva come scappare: era chiaro che si ritrovava suo malgrado invischiata in un gioco molto più grande di lei...Era più terribile di quanto avesse immaginato. Doveva ad ogni costo trovare il modo di andarsene e di avvertire gli altri.
Poi si ricordò di una cosa che la dea aveva detto poco fa.

Le finestre sono portali per altri mondi.

In un impeto di intuizione Ellie si gettò all'indietro, il più lontano possibile dalla mano ancora tesa verso di lei della creatura, sfondando con il suo peso la finestra alle sue spalle. Ebbe a malapena il tempo di vedere i lineamenti di Jane deformarsi in una smorfia oltraggiata, prima di ricadere pesantemente sul pavimento di legno dello studio di Ingvild.

Sopra di sé vide le facce preoccupate di Cali, Will, Tommy, Morgan e soprattutto di Michael Coulson. Il suo Michael. Solo vederlo contribuì a confermarle di essere, per il momento, al sicuro.

-Ellie!

Il suo abbraccio protettivo le arrivò ancor prima della sua voce familiare o del suo respiro tra i capelli.

-Cosa mi è successo?- domandò ad alta voce la ragazza, sperando che qualcuno di loro sapesse risponderle.

-Dovremmo chiederlo noi a te- le disse il suo ragazzo, la voce rotta dalla preoccupazione- come quella cosa ti ha toccata sei scomparsa!

-Anche mia mad...intendo quella cosa che l'ha posseduta è scomparsa- dichiarò Cali, abbattuta come non l'aveva mai sentita- e prima di farlo l'ha presa.

Lo sconforto non era uno stato che le apparteneva, proprio lei così apparentemente piena di risorse in ogni circostanza, per questo Ellie si rese immadiatamente conto di quanto il morale di tutti fosse ai minimi storici.

-Ha preso Sarah e poi è scomparsa- spiegò Morgan, molto più pragmaticamente - abbiamo provato a fermarla Ellie, lo giuro, ma non c'è stato verso...

Solo allora Ellie si rese conto dell'assenza di Sarah e di ciò che comportava.
Dopo quanto aveva appena appreso dalla dea che li insidiava le si gelò il sangue.

-Abbiamo?!- Cali scoppiò in una breve sarcastica che serviva a sfogare tutta la sua frustrazione- diciamo pure che quelli di noi che sanno fare qualcosa di utile ci hanno provato...non ricordo un tuo significativo contributo nello scontro, Stark.

Quelle parole freddarono la ragazza  sul posto, evidentemente colpendo proprio uno dei suoi punti deboli. Non era stata in grado di proteggere Sarah come, tempo fa, non  era stata d'aiuto ai suoi amici. Quell'antico senso di colpa, sopito e mai risolto, si riaccese con prepotenza spingendo Morgan fin quasi sull'orlo delle lacrime...Proprio come allora non aveva fatto altro che metterli tutti in pericolo, compreso Philip.

Alla fine lo aveva perso, come oggi aveva perso la sua migliore amica... come ancora prima di tutto ciò aveva perso suo padre.

-La verità è che tutti potevamo fare meglio, ma siamo stati colti di sorpresa- ammise semplicemente Michael, che nonostante la loro condizione disperata non riusciva a dimostrare altro che sollievo e gratitudine verso l'universo per avere Ellie di nuovo con sé sana e salva- Tu eri sparita, quella cosa sembrava inarrestabile....e noi...siamo andati nel panico.

-Era come se i nostri poteri le rimbalzassero addosso- confermarono mestamente i gemelli, che si reggevano ancora in piedi per miracolo, sostenendosi a vicenda, nonostante le ferite riportate.

-So dove potrebbero averla portata- dichiarò Ellie, ricordando ancora chiaramente la menzione della fonte di Urðarbrunnr- solo che non ho la minima idea di come arrivarci.

Si guardarono tra loro, crogiolandosi nella sconfitta, certi che non sarebbe potuta andargli peggio di così.
Invece il peggio doveva ancora venire. Poco dopo infatti i ragazzi furono raggiunti dallo stesso Philip Rogers, che, fermo sulla porta, si rese presto conto di quanto fossero in una posizione critica.

-Cosa è successo qui?- domandò in tono autoritario, squadrandoli dal primo all'ultimo in cerca di risposte.

Dai volti desolati e stravolti dei suoi compagni lesse immediatamente la situazione disperata in cui si trovavano, ma soprattutto si rese presto conto di chi di loro mancasse all'appello.

-Raccontatemi tutto- ordinò quindi in tono glaciale.






 

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Capitolo 7
*** Le colpe dei padri ***


Blake Foster aveva letteralmente perso la cognizione di quanto tempo fosse trascorso dacché era rimasto bloccato nel Sanctum, insieme agli Strange, ritrovandosi sostanzialmente in uno dei peggiori incubi che chiunque potesse vivere. Quando avevano attraversato il passaggio tra le dimensioni tutti gli orologi e i cellulari avevano semplicemente smesso di funzionare lasciandoli di fatto tagliati fuori rispetto al loro mondo. L’unico paesaggio esterno che si poteva vedere dalla finestra era una sterminata distesa nera, che non variava mai e non dava grandi indizi sul passare delle ore...sicuramente era parecchio che provavano a uscirne senza risultati.

Il dottore e Sebastian, ciascuno per conto suo, avevano valutato un po’ di tutto tra incantesimi ed evocazioni, ma niente pareva funzionare in quella particolare dimensione dove la loro magia era instabile. Molto probabilmente era proprio per quel motivo che Kaya li aveva trasportati proprio lì. Come se non bastasse, padre e figlio sembravano ormai al limite della sopportazione reciproca, alternando i momenti di cupi silenzi a quelli di acidi commenti di fronte un Blake esasperato, che si trovava praticamente nel mezzo, a dover evitare che si scannassero.

-Lo stai impostando nel modo sbagliato- osservò lo Stregone supremo senza in apparenza interrompere la sua meditazione.
Si stava ovviamente riferendo al complesso circolo di simboli che suo figlio stava ricostruendo pazientemente da ore e che si snodava dall’ingresso fino al pavimento del salone.

-Variazione mia- tagliò corto Sebastian, che, provato sia dal minuzioso lavoro che dalle continue critiche malcelate da consigli ascetici di suo padre, si esprimeva ormai quasi a monosillabi- funzionerà- aggiunse in un impeto di ingiustificato ottimismo, dettato senza dubbio dalla stanchezza.

Doveva funzionare. Non sopportava l’idea di restare confinato lì mentre gli altri erano in pericolo. In più se non si fosse fatto vivo al più presto ci avrebbe pensato direttamente Cali a farlo fuori.

-Lo hai detto anche l’ultima volta- gli ricordò il genitore, impassibile- Ultima di sette, se non ricordo male.

-Funzionerà- ripetè Sebastian ostinatamente.

-Se non a me, che in fondo sono solamente tuo padre e il custode del Sanctum, dovresti almeno dar retta a Blake Foster. Almeno lui ha avuto il buonsenso di comprendere che un’evocazione in queste circostanze potrebbe comprometterci.

Da quando erano rimasti bloccati lì il dottor Strange aveva inspiegabilmente cominciato a trattare Blake come il suo secondo in comando, pretendendo che gli desse man forte nel contenere l’impazienza di suo figlio, che invece non si dava pace pur di dimostrare che 'poteva cavarsela da solo'. Questo aveva contribuito se mai ce ne fosse stato bisogno ad irritare maggiormente Sebastian, che pure accampava diritti esclusivi sul suo migliore amico.

-Almeno io sto provando a fare qualcosa!- replicò il ragazzo.

-Qualcosa che, come ti ho già ripetuto a sufficienza, non può funzionare perchè manca dei presupposti di base- precisò Stephen, questa volta staccandosi definitamente dal suo stato meditativo e affrontando suo figlio direttamente con un certo cipiglio- ci sono molti incantesimi che io stesso potrei utilizzare, ma non rischierò di evocare su questo piano sigillato qualcosa che poi difficilmente riusciremmo a controllare. Sarebbe solo controproducente e vi metterei in maggior pericolo.

-Ma per favore...- Sebastian naturalmente ignorò quell’avvertimento come aveva fatto con i precedenti.

Dopo aver ultimato l’intreccio di simboli, eseguì rapidi gesti con le mani facendo sì che i segni che aveva tracciato a terra prendessero a sfrigolare di luce rossa, sollevandosi fino a formare un fascio di luce che si proiettava su tutte le pareti.
Era il primo risultato che ottenevano da ore.
Per un breve e folle istante si riaccese la speranza di aver trovato la soluzione, ma subito dopo la scia luminosa prese a vorticare in maniera anomala, avvitandosi prima su sè stessa, poi puntando Sebastian come un dardo. Blake fu prontissimo a tirarlo di lato per evitare che lo centrasse in pieno. La magia evocata da Sebastian sibilò nell’aria con atteggiamento ostile.

Infine, il fascio di luce si arrestò a mezz’aria , come se le pareti stesse del Sanctum l’avessero trattenuto e infine  riassorbito, lasciandosi dietro solo uno sgradevole odore di fumo.

-Incantesimo di rifrazione, permea tutte le superfici del santuario per tenere al di fuori ospiti sgraditi e proteggere i suoi abitanti- spiegò il dottore- non c’è di che .

-Non si è mai visto un incantesimo rifrangente in grado di fare quello!

Cogliendo finalmente una chiara nota di ammirazione nella sua voce, il padre di Sebastian trattenne a stento un sorriso.

-Variazione mia- ammise con una finta modestia a cui comunque non credette nessuno.

Ad ogni modo erano sostanzialmente al punto di prima.
Seppur rigorosamente divisi, si stavano impegnando al massimo per ritornare a New York eppure niente di quello che avevano provato era stato d’aiuto.

-Scusate, ma forse non sarebbe meglio...non è che potreste...insomma, provarci insieme a riportare il Sanctum nella nostra dimensione?- azzardò Blake.

A quelle parole incaute il ragazzo fu immediatamente raggiunto da un’occhiata più che oltraggiata di entrambi. Era dannatamente ironico in quella situazione quanto si somigliassero, ma farglielo notare proprio in quel momento avrebbe rischiato di scatenare un altro vespaio che francamente Blake teneva ad evitare. la convivenza con quei due era già abbastanza difficile.

-Ok, era solo un’idea...- alzò le mani sconfitto.

Ma era chiaro che in quel modo non si andava da nessuna parte.

Dopo quelle che erano sembrate altrettante ore, Blake aveva finalmente ceduto alla stanchezza, concedendosi poche ore di sonno sul divano del salotto e anche gli Strange, dopo l’ennesima discussione che non li aveva portati a nulla, decisero di concedersi a loro volta una pausa per recuperare le energie.
E per tornare a litigare più freschi di prima il giorno seguente.
Il dottor Strange sbatte la porta della sua stanza privata dietro di sé, congedando perfino il fedele mantello con un cenno impaziente della mano.

-Quando la farai finita con questa storia e ci riporterai a casa?-domandò esasperato al vuoto della stanza, certo che lei in qualche modo potesse sentirlo.

In effetti Kaya, anche se poteva evitare di essere vista da loro, non aveva mai abbandonato il Sanctum, vegliando amorevolmente sui loro miseri tentativi di fuga.

-Quando comincerai a parlare a nostro figlio anziché criticarlo in continuazione? - gli rispose infatti lei, comparendogli davanti in forma corporea... una forma che non lo aveva mai lasciato indifferente a dirla tutta- Vi ho osservati in questi giorni. Speravo che vi proteste avvicinare, ma ora so che questo non potrà accadere finché vi sbatterete porte in faccia pur di dimostrare di aver ragione. Ragione di cosa poi? Proprio non vi capisco...

-Chiedilo a lui quando smetterà di comportarsi come un bambino viziato.

-Lo sto chiedendo a te!

-Ti prego di non metterci sullo stesso piano- ribattè il marito, al colmo dell'indignazione, mentre camminava nervosamente su e giù per la camera col tipico atteggiamento di chi è in completa negazione.

-Non lo farei mai: lui è un diciottenne che ha passato buona parte della vita credendo che tu mi avessi uccisa e tu sei ...bhè sei un sacco di cose, ma soprattutto sei suo padre!- gli ricordò Kaya con veemenza.

Stephen si sentì improvvisamente molto stanco.
Era abbastanza razionale da controllarsi alla perfezione a beneficio del mondo che aveva giurato di proteggere, eppure tutto questo controllo non lo aveva aiutato molto a gestire la sua famiglia. L'unica persona con cui si era concesso di condividere i suoi timori più profondi era proprio Kaya, ma lei durante tutto quel tempo insieme non aveva fatto altro che ingannarlo.

-Sto solo cercando di evitare che si faccia male e di tenerlo in riga...- ammise infine- ...non è questo forse che farebbe un padre?

Lei lo fissò con infinita comprensione, ma anche con fermezza.

-E’ quello che farebbe tuo padre- sottolineò la divinità del caos.

Oh. Quello era decisamente un colpo basso.
Ma ormai Kaya aveva deciso che per il bene di suo figlio non si sarebbe risparmiata niente. Il padre di Stephen era sempre stato un argomento offlimits durante la loro vita insieme. Era una figura ingombrante che pur da lontano incombeva sul loro matrimonio,  brillando come un fanalino di allarme per la sua assenza in ogni occasione per loro veramente importante. Kaya lo aveva incontrato solo una volta, di sfuggita, dopo che Stephen era finalmente riuscito a fissare un appuntamento con il suo studio, probabilmente corrompendo la segretaria. Dieci minuti di caffè al volo per annunciargli che si sposavano e suo padre, nonostante la bella partecipazione che gli avevano scritto a mano, non aveva dimostrato un briciolo di entusiasmo.

Al contrario si era limitato a distratte congratulazioni e l’aveva chiamata Christine tutto il tempo. Kaya si era dovuta trattenere parecchio per non staccargli la testa di netto e godersi lo spettacolo del sangue che sarebbe schizzato sul suo completo da migliaia di dollari.
In passato la dea aveva ucciso per molto meno, letteralmente.

-Mio padre è uno stimato professionista- lo difese Stephen, come faceva sempre, quasi in automatico, tanto che era diventato una specie di perverso riflesso condizionato.

-Che non ha trovato il tempo di venire al matrimonio del suo unico figlio- gli ricordò Kaya, legatasi al dito quell’episodio come l'ultimo di molti altri affronti ricevuti e mai vendicati. Purtroppo quella storia risaliva al periodo in cui aveva deciso che sterminare chiunque le avesse fatto un torto non sarebbe stato un buon modo di farsi accettare.

-Ha mandato una splendida email di congratulazioni!

-La sua segretaria ha mandato una splendida email. E anche un regalo dall’aspetto costoso, mi pare, ma questo non lo rende un comportamento socialmente accettabile per gli standard terrestri... lo so perfino io.

-Mentre esiliarci in una dimensione parallela lo consideri socialmente accettabile?

-Se è per tenervi al sicuro certo che si!

Entrambi dopo quell'affondo si presero una pausa secca, secondo la più comune dinamica che aveva caratterizzato il loro matrimonio. Avevano sempre discusso molto, anche all'apice della luna di miele, ma si erano soprattutto amati con altrettanta impetuosa passione. E si trattava di quel genere di passione che difficilmente poteva svanire, anzi, stava emergendo prepotentemente dopo tanto tempo che erano stati divisi

-Lo so che tu non mi credi - constatò Kaya, ritraendosi giusto il necessario per mettere una certa distanza tra i loro corpi accalorati - ritieni che sia pazza o superstiziosa...ma io so esattamente contro cosa nostro figlio e i suoi amici hanno intenzione di combattere e so che non hanno possibilità vincere.

Lui invece le si avvicinò, probabilmente incautamente, ma a quel punto non stava più tanto a ragionare... troppo a lungo gli era mancato averla accanto. Pur irrazionale e caotica com'era restava sempre sua. Con la confidenza di anni di vita passata in comune,  le disse molto sinceramente quello che pensava in merito.

-Io credo nella scienza e nella magia. Credo in forze che esistono, che si possono studiare e comprendere. Non posso accettare di starmene rinchiuso qui a causa di una favola.

-Ma non è una favola, è la verità!- ripetè lei- Tu non c'eri...non hai visto cosa sono in grado di fare... Non si può combattere il Fato. Si può solo soccombervi.

-Ascoltami, ti prego. Una volta in un libro indiano ho letto che il Fato possiede tutto il potere di plasmare il mondo, mentre lo sforzo della volontà umana è solo un vano pretesto- asserì Stephen e a quelle parole Kaya sollevò lo sguardo, interessata.

Era esattamente così che la vedeva lei! Sin dagli albori del mondo era stato tutto quello che le era stato insegnato, la legge non scritta che tutti gli dei rispettavano al pari di una sorta di religione comune.

- Già - proseguì lui- devi sapere però che il giorno dopo, giusto poche pagine più in là, era scritto anche che il fato non è altro che il risultato delle nostre azioni passate. Ovvero, significa cha siamo noi con le nostre mani a forgiare il nostro stesso destino. Per questo io non ho paura e non devi averne neanche tu- le disse infine guardandola negli occhi, quegli stessi occhi gialli e per niente umani che tanto lei detestava mostrargli.

Kaya rifuggì il suo sguardo. Non era stata una buona idea mostrarsi a lui in quello stato di sconvolgimento, decise, proprio in uno di quei rarissimi momenti nel quale era troppo preoccupata per evitare che la sua vera natura affiorasse i superficie, manifestandosi in dettagli sgradevoli esteticamente come quegli occhi scintillanti... Non avrebbero fatto che peggiorare la situazione, visto quanto si vergognava di essere tanto diversa da qualcuno che lui potesse amare.

Cercò di abbassare lo sguardo pudicamente, ma il dottore non glielo permise.
Le alzò il mento delicatamente con la punta delle dita, come per chiederle di riprendere quel contatto. Era tanto tempo che non succedeva e quando Kaya tornò a mostrargli, per la prima volta volontariamente, i suoi occhi demoniaci in quelli di lui non vide la minima traccia del ribrezzo che pensava di trovare. Anzi... sicuramente la divinità si ingannava, ma in quel preciso istante avrebbe giurato di scorgere qualcos'altro di decisamente opposto.
Qualcosa che mancava terribilmente a tutti e due.

-Vedi...non posso temere il fato, amore mio, se il mio fato è stato di incontrare te- concluse Stephen, a pochissimi centimetri dal suo viso.

Il suo respiro era irregolare, spezzato dall'emozione che gli causava la vicinanza di lei, di quel suo profumo così inebriante ormai da tempo era divenuto il tormento delle sue notti insonni. Il dottore si diede del folle per aver potuto imporsi di sopportare tanti anni lontano da lei, che era sempre stata l'unica...

Fu la stessa Kaya, mai stata particolarmente incline a resistere alle tentazioni, specie di quel genere, a sporgersi verso di lui e a colmare quella piccola distanza tra di loro col calore delle sue labbra. Un braccio di Stephen scese quasi subito a cingerle la vita, in maniera dolorosamente possessiva. Non si sarebbe separato da quella creatura, chiunque lei fosse, a costo di dichiarare guerra all'Alto Cocilio degli stregoni al completo o al mondo intero se necessario.

E se il Fato aveva veramente deciso che erano fatti per stare insieme chi era lui per opporsi?

Trascinati dal vortice di una passione a lungo negata e dimentichi di tutto il resto, dondolarono avvinti fino ad incontrare la prima superficie liscia che potesse garantire un minimo di supporto.

-Otto anni senza questo Kaya, mio Dio...

-Mia Dea, vorrai dire- ribatte lei sorridendo sotto le lunghe ciglia scure... riacquistato per l'occasione giusto un briciolo di controllo, voleva sfruttarlo per fargli ammettere una volta per tutte quanto esattamente gli fosse mancata in quel lungo periodo di vuoto nella sua vita e in special modo nel suo letto- lo sai, non ho mai rinunciato all'idea di farmi adorare. E' perfettamente nell'ordine delle cose che un mortale si inginocchi di fronte a me...e cominci a supplicare.

-Kaya...- rantolò Strange, incapace di staccarle le mani di dosso, quasi avesse paura che sarebbe scomparsa, come un sogno.

Ma Kaya non svanì, anzi fu molto partecipe di tutto quello che accadde dopo tra di loro.
Talmente partecipe che abbassò il suo grado di controllo sul Sanctum, permettendo che qualcosa di davvero singolare accadesse proprio in quel momento al piano di sotto, dove Blake Foster vagava insonne e colmo di cupi pensieri.

Blake non poteva fare a meno di ripetersi che finché erano chiusi lì dentro non avrebbero potuto essere di alcun aiuto ai loro amici e allo stesso tempo temeva per loro, soprattutto per Sarah che aveva appena ritrovato. Ma non era quello l'unico tormento che lo attanagliava.

Vedere il suo amico Sebastian in continuo disaccordo con il padre non era solo difficile da sopportare, ma proprio per lui che invece un padre non lo aveva mai avuto era pura follia. Sebastian a suo avviso non si rendeva minimamente conto di quale fortuna avesse ad essere circondato da genitori che non facevano altro, ciascuno a modo suo, che preoccuparsi di lui. Blake, invidiandolo da morire, cercava ad ogni occasione di far si che si che l'amico se ne rendesse conto. 
Sperava sinceramente che presto gli Strange si potessero riconciliare.
Fosse dipeso da lui avrebbe immediatamente perdonato a suo padre qualsiasi cosa, pur di averlo accanto. In particolare pensando alla sua assenza nel corso del tempo non aveva fatto altro che cercare giustificazioni su giustificazioni, si era detto che in fondo era normale che gli dei non si mischiassero con i mortali, come da sempre sosteneva Cali.
Eppure Kaya che era una divinità del caos si preoccupava eccome di suo figlio. Tanto che aveva scelto di rimanere e accettato di vivere come un’umana pur di stare con la sua famiglia. Perchè quella non era stata anche la scelta di Thor?
Perchè abbandonare sua madre e lui sulla Terra e non farsi mai più vedere? Era stata una sua decisione? Oppure vi era stato costretto? Una parte di lui voleva disperatamente crederlo, dal momento che l’alternativa era che davvero non gli importasse nulla di loro...

Era immerso in queste riflessioni quando si ritrovò davanti un paio di occhi color indaco cerchiati d’oro.
Appartenevano ad una una ragazza dai lunghi capelli viola, vestita con un abito lungo, modello toga, trattenuto sul lato destro da una fusciacca dorata, che ricadeva leggero come una nuvola e le lasciava giusto le spalle scoperte. Quella figura eterea pareva comparsa dal nulla e adesso lo fissava come se si aspettasse qualcosa da lui.

-Ehi- salutò Blake, un po' interdetto- E tu che ci fai qui?

-Veramente mi hai chiamata tu- rispose lei, squadrandolo a sua volta con fare circospetto- non è forse così?

Sinceramente il ragazzo non ne aveva idea. Ma chi era quella? Forse una sottoposta di Kaya?!
Non aveva mai valutato che qualcun altro potesse accedere al Sanctum, che era una vera e propria fortezza, oltre a loro.

-Ehm...certo- mentì Blake, che non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo, ma vedeva in quella misteriosa ragazza un’occasione di fare qualche progresso per sbloccare la loro situazione di prigionia- Così tu saresti...

-Iris- rispose lei, un po’ disorientata.

Iris.
Blake trasalì nel sentire ancora una volta il ripetersi di quel nome.

Quella ragazza, o meglio l’entità nel corpo della ragazza, era una Iris, una messaggera degli dei proprio come quelle che avevano già incontrato Sarah e Cali. Eppure non sembrava avere intenzioni malevole. Tutto il contrario, se ne stava lì impalata come se fosse in attesa di qualcosa da lui. Il ragazzo cercò di mantenere compostezza e le fece anche un sorriso, il che, come gli aveva sempre insegnato Jane, non guastava mai.

-Naturalmente. Io sono Blake Foster- si presentò offrendole la mano- Piacere di conoscerti .

La ragazza la guardò incerta, come se non fosse abituata a quel genere di convenevoli. In effetti nei trecento anni della sua giovane vita da Iris nessuno degli dei che avevano richiesto i suoi servizi si era mai disturbato a presentarsi o era stato gentile con lei in una maniera tanto sospetta. Le Iris erano divinità minori che gli dei trattavano con sufficienza nel migliore dei casi, se non proprio come loro serve. Se quel giorno gli girava male facevano a pezzi il loro corpo terreno, usandole per sfogarsi se il messaggio che ricevevano non era di loro gradimento. Ma loro che colpa ne avevano?

Insomma, nella gerarchia divina le messaggere come lei erano proprio l’ultima ruota del carro e dato che la gerarchia, come il fato stesso, non si discuteva, alle povere Iris non restava che rassegnarsi e subire ogni genere di angheria in silenzio.
Quel ragazzo biondo e un po' impacciato non sembrava avere brutte intenzioni come certi altri tipacci che le erano capitati in passato, valutò Iris, oppure era il peggiore di tutti e stava celando la sua natura perversa dietro una facciata rassicurante per ingannarla.

Decise quindi di stare al gioco e gli strinse la mano, imitando il gesto di saluto umano.

-Piacere di conoscerti Blake Foster- ripetè lei, sembrandole la cosa più appropriata da fare per evitare di incorrere nelle sue ire- Dimmi, quale messaggio posso portare per te al Dio del Tuono?

-Un messaggio...per mio padre?

-E’ il motivo per cui sono qui- ripetè Iris- O forse posso fare qualcos’altro per te?

Essendo stata fino a pochi decenni prima un’apprendista, era piuttosto ansiosa di svolgere nella maniera corretta il suo dovere, per fare una buona impressione alle altre Iris. E se quel ragazzo aveva avuto il potere di richiamarla voleva dire che era un dio o almeno un semidio. In quanto a lei non aveva altra scelta se non ubbidire e tacere.

-Intanto vorrei sapere cosa ti ha fatto comparire, se non ti dispiace. E poi scusa come riesci a farlo? Se sei in grado di arrivare perfino in questo luogo vuol dire che puoi spostarti ovunque? O ci sono eccezioni? Insomma, ti sarei grato se volessi spiegarmi un po’ come funziona- le chiese Blake- Quanto al messaggio... ci dovrei pensare.

Iris lo guardò poco convinta.

-L’ho fatto perchè è quello che facciamo: quando gli dei hanno necessità dei nostri servizi noi compariamo. Tu hai espresso l’intenzione di parlare con gli dei e mi hai chiamata- rispose, sempre un po’ perplessa- Quanto alla tua domanda ...ovviamente no, non abbiamo limitazioni nello spazio, non c’è luogo nell’universo che non possiamo raggiungere se è una divinità a richiederlo... le Iris possono viaggiare per tutte le dimensioni- aggiunse con una punta di orgoglio.

Le sembrava una cosa talmente ovvia da non esserci bisogno di spiegarlo.
Quel tipo era davvero strano, sembrava un perfetto sprovveduto all’oscuro di tutto... Se non avesse avvertito il suo richiamo così distintamente sarebbe stata perfino portata a dubitare che si trattasse di un dio o di un suo discendente.

-Perdonami sire, con tutto il rispetto...ma perchè mi hai chiamata se non sai nemmeno quale messaggio vuoi affidarmi?

Per quanto desiderasse mantenere la cautela l'ingenuità di quel ragazzo le dava un po' sui nervi.
Chi si credeva di essere per interferire in quel modo con il suo lavoro?!
Sicuramente con la sua stupida indecisione le avrebbe fatto fare una figura da incompetente con le altre Iris! Oppure peggio. Se non riusciva a farsi affidare il messaggio e a recapitalo correttamente, come il protocollo richiedeva, avrebbero sicuramente dato la colpa a lei e l’avrebbero punita severamente.

-Non ti ho esattamente chiamata, io stavo solo pensando...- accennò Blake, prima di ritrarsi leggermente, combattuto sul da farsi- ...ok, non importa, tanto era una cosa stupida.

-Stavi pensando a cosa avresti voluto dire a tuo padre se mai avessi avuto modo di incontrarlo...non è vero?- domandò lei, aggiungendo subito dopo avergli scoccato un’occhiata incerta- Non guardarmi così, certo che le Iris possono leggere nel pensiero. Non dirmi che non sapevi neanche questo?!

-Ecco, se è così, scommetto che tu sai già quello che gli vorrei dire- ammise Blake, che di fronte alla prospettiva di poter davvero parlare con suo padre si sentiva semplicemente elettrico, tanto da scordarsi perfino della loro condizione di reclusi.

-Ovviamente- rispose lei con un tono leggermente più dolce- Se è quello che desideri.

-Sarebbe fantastico! Voglio dire... grazie!

Iris abbassò lo sguardo, arrossendo leggermente.

Essendo un’entità epatica avvertì l’ondata della sua gratitudine avvolgerla completamente e fu semplicemente ...una bella sensazione per lei, abituata solo a lamentele e rimproveri.

-Non mi devi ringraziare Blake Foster...il protocollo non lo prevede- mormorò sommessa- ma esaudirò subito la tua richiesta.

Battè le mani e una luce dorata pervase la stanza.
Blake dovette portarsi un braccio davanti agli occhi per ripararsi e quando lo abbassò non si trovava più nel Sanctum, bensì in un imponente colonnato di alabastro che riluceva di maestosità e possanza. Era esattamente così che avrebbe immaginato una reggia.

-Dove siamo?

-Asgard naturalmente- rispose Iris- E' dove vorresti essere più di ogni altro luogo al mondo. Quanto al messaggio ...sei tu Blake Foster. Vuoi che tuo padre finalmente ti conosca. 

-E mio padre...?

-Dietro quella porta- disse lei, indicando un maestoso portone scolpito e presidiato da sei soldati in armature scintillanti- non aspetta che te.

A quelle parole il portone si schiuse di fronte al ragazzo in un chiaro invito, come se la sua venuta fosse da tempo immemore attesa e gradita. Il cuore di Blake martellava a mille. Avanzò come in un sogno nel corridoio delle udienze, ai lati del quale si affollava la corte degli Aesir.
Uomini e donne riccamente abbigliati e ingioiellati si inchinarono al suo passaggio, facendogli strada verso il fondo della sala con vivaci esclamazioni di benvenuto.

A Blake sembrava di camminare in un sogno.

Nella sala del trono di Asgard, di uno splendore inimmaginabile, tale che nessuna parola umana le avrebbe mai potuto rendere giustizia, regnava soprattutto l'opulenza. I pavimenti erano d'argento, il soffitto d'oro incastonato di gemme rarissime, i cui colori Blake non aveva mai neanche visto sulla Terra. Su tutto spiccava un'imponente scalinata dorata che conduceva direttamente alla piattaforma su cui stavano i tre scranni regali.

Al centro Odino, Il Padre Tutto, nelle sue vesti più sfarzose, reggeva fieramente la lancia Gungnir, compagna di cento battaglie.
Il re da un solo occhio sorrise benevolmente al nuovo arrivato, facendogli cenno di avvicinarsi.
Al suo fianco sedeva la fedele sposa Frigga. La regina degli Aesir nel vedere il ragazzo di Midgard avanzare verso di loro mantenne invece un contegno freddo e impenetrabile, che mascherava la sua preoccupazione per quanto sapeva stesse per succedere.

Blake non sapeva cosa pensare di quell'accoglienza tanto contraddittoria, poi vide chi era seduto sul terzo scranno e smise completamente di pensare, diventando infine tutt'uno con l'emozione di avere davanti a sé suo padre. Thor, il famoso e potente dio del Tuono.
Era il momento che aspettava da tutta la vita.

Il dio fremette nel riconoscere ad un solo sguardo chi si stava avvicinando a loro.
Quel viso...il ricordo di Jane Foster che lo tormentava come uno spettro...
Thor, principe di Asgard,  figlio di Odino, non si potè muovere di molto dal suo seggio regale, a cui lo trattenevano sottilissime catene d'oro.
Non potè lanciarsi verso suo figlio come avrebbe voluto, ma in compenso lanciò un urlo straziante di pura frustrazione che fece rabbrividire perfino i guerrieri più coraggiosi della guardia reale. Le catene magiche che lo trattenevano avvinto al  trono tintinnavano furiosamente per i suoi sforzi di liberarsi.

-Papà...ma cosa?

-Cosa ci fai qui? - ringhiò Thor, gli occhi celesti ricolmi di disperazione- Non sei al sicuro...non saresti mai dovuto venire!!

-Papà...- Blake si guardò attorno, completamente disorientato dalla situazione.

-E tuttavia il ragazzo giunge come predetto a compiere i voleri del Fato- decretò Odino con orgoglio- A loro maggior gloria!

All'esclamazione dell'alto re seguì un'ondata di approvazione che squarciò i cieli.
Frigga sola non si unì ai festeggiamenti. Il suo sguardo inquieto vagava da suo figlio imprigionato al nipote che non aveva ancora conosciuto, ma che a causa della sua venuta improvvisa era in un pericolo ancora maggiore.

-A loro maggior gloria!- ripeterono in coro tutti i cortigiani asgardiani.

La sala del trono risuonò del loro inquietante giubilo.

 

 

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Capitolo 8
*** L'ultimo viaggio ***


Era ormai calata la sera su New York e le luci intermittenti della città creavano un reticolo particolarmente suggestivo attraverso le ampissime vetrate dello studio di Ingvild. O almeno di quello che ne restava dopo lo scontro.

I ragazzi si erano preoccupati di riparare in fetta e piuttosto alla buona almeno i danni maggiori, in modo che non suscitassero domande scomode. Cali nel frattempo, spacciandosi per una stagista della galleria, aveva spiegato che i rumori che si erano sentiti di sopra erano di una festa organizzata da Ingvild all’ultimo momento, provvedendo poi a mandare a casa tutti i dipendenti che lavoravano al piano di sotto , dicendo loro che la signora Erikssen si sarebbe assentata per qualche giorno a causa di un viaggio improvviso. Nessuno se ne stupì più di tanto dal momento che Ingvild aveva un carattere incostante e spesso imprevedibile. Quel genere di colpi di testa erano all’ordine del giorno e anche il fatto che di punto in bianco non si facesse più sentire da nessuno dei suoi collaboratori era considerato talmente normale da non suscitare il minimo allarmismo.

La maggior parte di loro se ne andò senza fare commenti, ad eccezione di Enid Keller, una delle segretarie più anziane che, pur avendo alle spalle anni di esperienza con artisti inaffidabili quanto Ingvild, sembrò rammaricarsi molto della sua partenza.

-Non mi stupisce che alla fine se ne sia andata- precisò la donna mentre raccoglieva pazientemente le sue cartelline da lavoro- la signora non faceva che ripetere quanto si sentisse oppressa da questa città così diversa dalla sua di origine... non sopportava il traffico, la confusione, le persone sempre di fretta, la mancanza della natura incontaminata dei fiordi. Non faceva che descriverci come stava bene in Norvegia, nella sua piccola cittadina di provincia...

-Poteva tornarsene là quando voleva- commentò Cali sgarbatamente- Problemi di soldi non ne ha, a quanto si dice almeno... perchè trattenersi in un posto che disprezza tanto?

-Oh, non poteva andarsene a causa della figlia naturalmente- le rispose la signora Enid- la signora Ingvild ha una figlia che vive qui... più o meno della tua età. Non sono in buoni rapporti purtroppo e lei non voleva ripartire prima di aver sistemato le cose. La signora ci parla di lei in continuazione, strano che non te lo abbia mai accennato.

-Non lo sapevo- mentì Cali- Sono stata assunta di recente.

-Capisco. Ad ogni modo è molto triste che alla fine sia ripartita senza averle potuto parlare. Pensa che non passa giorno che non venga a chiedermi se ho ricevuto per lei qualche suo messaggio... e quanto ci rimane male ogni volta! Poverina... mi ha sempre fatto tanta pena.

-A me no- obbiettò Cali ostinatamente- è attraente, una pittrice affermata e soprattutto ricca. E poi ora la conoscono in tutto il modo per i suoi lavori... è sempre stata la sua più grande ambizione. Almeno così ho sentito dire.

Enid la guardò con condiscendenza, sorridendole appena da sotto gli occhiali spessi.

-Mia cara, sei talmente giovane...esistono cose molto più importanti della fama e del successo, credimi. La signora Ingvild ad esempio, che come dici tu è una donna affermata e indipendente,  non è affatto una persona felice. Non è mai riuscita a superare gli errori che ha commesso in passato...certo ha sempre ammesso di aver sbagliato con la figlia, se ne incolpava spesso... ma qualsiasi cosa sia successa tra di loro era veramente pentita e sperava di poter ricominciare. Una madre resta sempre una madre, dopotutto. Lo capirai quando avrai dei figli tuoi.

-Non ne voglio, grazie tante- commentò Cali freddamente- mai voluti e mai ne vorrò.

‘Non li saprei mai amare abbastanza' avrebbe potuto aggiungere, ma si trattenne dal scendere in troppi particolari. Soprattutto con quella donna di mezza età che con i suoi modi semplici la stava già mettendo in difficoltà. Si congedò in fretta prima che la naturale empatia della signora Keller potesse vedere al di là delle sue bugie ben costruite e cogliere il suo vero stato d’animo.
Al netto degli ultimi avvenimenti bisognava ammettere che tutto il gruppo si trovava in grande difficoltà, con il morale ai minimi storici.

Ellie Smith in quel momento si era chiusa in bagno a vomitare anche l’anima, con Michael Coulson che, dopo aver aiutato a coprire sommariamente i danni alla parete e alla vetrata con delle assi, non aveva fatto che  stazionare davanti alla porta come una belva in gabbia. Ad ogni suo tentativo di entrare per accertarsi di persona di come stesse la sua ragazza veniva respinto da un frettoloso ‘sto bene’, che, come tutti potevano immaginare, non corrispondeva affatto alla realtà.

Nel mentre i gemelli Maximoff si stavano ancora riprendendo dallo scontro diretto che avevano avuto con la dea. Cali aveva usato il suo potere per curare loro ameno le ferite più gravi, operazione riuscita straordinariamente bene tenendo conto del fatto che non era la sua specialità usare il seiðr come avrebbe fatto una guaritrice. In circostanze normali se ne sarebbe vantata a non finire con il suo ragazzo e con gli altri, ma purtroppo, al momento, Sebastian e Blake risultavano ancora scomparsi. Così come Sarah che era stata rapita e chissà dove era prigioniera.

Suo fratello nell’apprendere dell’accaduto, con uno sguardo di ghiaccio, aveva finito per tirare molto semplicemente un pugno al muro, sfondandolo.

I ragazzi avevano notato con stupore che quando aveva ritirato il pugno insanguinato tutte le piccole ferite sulla mano si erano già richiuse da sole. Solamente Ellie si sarebbe potuta spiegare questo fatto con la mutazione a cui il ragazzo era stato sottoposto contro la sua volontà, ma lei si trovava troppo indisposta al momento per dare agli altri delle spiegazioni complesse. Per la verità si era limitata a riferire il minimo indispensabile del suo incontro ravvicinato con Urðr, la prima delle Norne, tralasciando tra le altre cose che Philip aveva acquisito dei poteri direttamente dalle divinità norrene.

Intanto il buco lasciato nella parete dal suo pugno stava lì, a incombere su di loro come una cupa testimonianza di quanto stavano subendo. Solamente questo sarebbe bastato a dar conto ai ragazzi della gravità della situazione. Da sempre Philip Rogers era noto per essere sempre estremamente controllato in ogni situazione. Vederlo perdere la calma, e forse anche la speranza, durante il resoconto concitato che gli avevano fatto, li aveva mandati ulteriormente nel panico.

Nella stanza regnava un silenzio esasperante.

-Torneranno per Ellie- si costrinse a dire infine ad alta voce proprio Philip, riacquistata almeno all’apparenza tutta la sua austera compostezza- dobbiamo prepararci. Fare quanto è necessario- concluse gravemente.

Il vero significato di quelle parole però pareva esser chiaro solo a lui.

-Dobbiamo trovare il modo di arrivare alla fonte di Urðarbrunnr - gli fece eco Cali, che similmente si stava sforzando di mantenere la concentrazione - è dove Ellie pensa possano aver portato Sarah. Io non so come arrivarci, però conosco qualcuno che lo sa. Potrei...

-Non sarà necessario- la interruppe Philip- so io come riprenderci Sarah. Cali, mi servi qui insieme agli altri in caso tornassero Blake e Sebastian e fossero feriti tu sei l’unica che sa usare la magia per guarire. Quanto a me, la prima cosa da fare è portare via Ellie, come vi avevo detto fin dall’inizio. Vi prego di fidarvi questa volta, è la scelta migliore.

Effettivamente, si dissero un po’ tutti, l’ultima volta che non gli avevan dato retta non si era messa bene per loro. In quel momento di particolare confusione avere qualcuno che si facesse carico delle decisioni importanti era una grazia insperata che li fece subito sentire un po’ più al sicuro. Tutti tranne Michael Coulson che, per quanto a sua volta avesse sempre nutrito una sacrosanta venerazione per i Rogers, non poteva dimenticare la pessima prima impressione che Philip aveva fatto proprio alla sua Elisabeth. La sua ragazza raramente gli parlava male di qualcuno a meno che non le avesse proprio fatto un torto personale. Spesso nemmeno in quel caso.

-Portarla dove con esattezza?- volle sapere il giovane agente- Scusami, ma questo non lo hai detto. Inoltre lei, a quanto ne so, non ha la minima intenzione di venire con te. Come la mettiamo?

-Tu sei il fidanzato suppongo- Philip Rogers che, ignorando bellamente la domanda, gli porse la mano proprio come se lo avesse appena incontrato al bar o in palestra- Penso non ci abbiano presentati.

La mano tesa restò lì dov’era senza che il ragazzo che aveva di fronte contraccambiasse il suo gesto.

-Penso che in questo caso non ci sia bisogno di presentazioni- replicò Michael, la cui proverbiale pazienza era agli sgoccioli, e che, anche a costo di sembrargli scortese, pretendeva qualche spiegazione in più di un banale ‘penso a tutto io’ - Vedi ...io porto il massimo rispetto a te e alla tua famiglia Philip. Se si trattasse della signora Johnson o del Capitano Rogers non esiterei un momento a eseguire un ordine...ma la verità è che non ti conosco. E, sempre con tutto il rispetto, vorrei vederci chiaro prima di affidarmi ciecamente al tuo piano.

-Credimi, so molto bene di cosa sei capace a causa della cieca lealtà- ribattè Philip, questa volta con malcelata ostilità- non eri forse uno di quegli agenti che avrebbe dovuto sorvegliare mia sorella e gli altri nel posto dove la mia cara madre e il mio eccezionale padre hanno scelto di rinchiuderli? A proposito, ottimo lavoro agente Coulson.

-Non potevamo immaginare che...

-Certo che no- tagliò corto Philip, sottolineando uni concetto che per la verità anche Sarah aveva ammesso più di una volta- Vedi, i miei genitori non sono infallibili, contrariamente a come alla gente piace pensare...

Michael però sostenne il suo sguardo con altrettanta fierezza.

-E non lo sei nemmeno tu- ribattè con decisione.

La tensione nella stanza ormai era evidente a chiunque.

Per un momento Philip e Michael, due ragazzi ben piazzati più o meno alti uguali, si contrapposero frontalmente sulla linea della porta che li separava da Ellie, guardandosi intensamente, con determinazione crescente e soprattutto senza il minimo accenno di un sorriso. Probabilmente se fossero stati soli sarebbero venuti allo scontro, anche se era chiaro che si trattava di una circostanza del tutto eccezionale. Tra i due si era da subito instaurata una sorta di reciproco rispetto a prescindere dal fatto che non fossero concordi sul da farsi. Chi avrebbe avuto la meglio era incerto. Philip Rogers aveva acquisito i poteri di una divinità a causa delle manipolazioni subite, ma Michael Coulson era disposto a lottare con ogni mezzo per difendere la persona che amava. Fortunatamente, prima che la situazione degenerasse, ci pensò Morgan Stark a quietare gli animi mettendosi in mezzo ai due potenziali contendenti.

-Andiamoci tutti e facciamola finita- propose la ragazza- se anche Blake e Sebastian tornano qui e non ci trovano pazienza, se se la sentono ci raggiungeranno...la priorità resta trovare Sarah.

-Questo è fuori discussione- insistette Philip, ancora incredulo del fatto che nessuno più gli desse retta -A mia sorella ci penso io. Morgan non è colpa tua, davvero... ma questa volta fidati, stanne fuori- concluse- se andiamo in guerra contro gli dei non voglio dovermi preoccupare anche di te.

-Non dovresti preoccuparti di me, di me mi preoccupo da sola!- replicò la ragazza, piuttosto indignata. Lei era stata l’unica a stare sempre e comunque dalla sua parte e lui non la stava prendendo minimamente in considerazione, anzi adesso la trattava pure con condiscendenza. Era un atteggiamento che la giovane Stark non poteva accettare, nemmeno da qualcuno che amava.

-Saresti solo una distrazione- rincarò Philip, facendola definitivamente esplodere.

-E perchè? Perchè sono una ragazza? O una misera umana? O forse perchè non ho poteri? O perchè non sono semplicemente all’altezza?

-Perchè sei importante per me, va bene?- ammise il ragazzo, lasciando trasparire per la prima volta da quando aveva fatto ritorno una traccia di debolezza - e se loro lo sapessero ti userebbero contro di me. Ti farebbero soffrire per far soffrire me. Possibile che tu non riesca a capirlo?

La ragazza restò immobile, per nulla intimidita dal suo atteggiamento, nè dalla sua confessione.

C’era stato un tempo in cui avrebbe accettato qualsiasi cosa per sentire quelle parole uscire dalla bocca di Philip Rogers. In passato Morgan era passata sopra all’impossibile pur di far funzionare le sue relazioni disfunzionali, ma quel tempo era finito, come la sua assurda dipendenza affettiva. Ci aveva riflettuto molto ultimamente ma la perdita di Sarah l’aveva come svegliata da un lungo sogno. Vedendosi portare via l’amica di cui più di tutti non credeva di meritare la stima, aveva realizzato che qualsiasi decisione la costringesse a rivedere le sue priorità a beneficio di qualcun altro non era degna di essere intrapresa. E se il prezzo da pagare fosse stato perdere tutti e rimanere da sola, quanto meno non avrebbe perso sè stessa e le sue convinzioni.

Questa ritrovata consapevolezza l’avrebbe resa forte.
E più pericolosa di quanto lei stessa potesse immaginare.

-Non ruota tutto sempre intorno a te, Rogers- decretò Morgan Stark, quasi con le lacrime agli occhi- Questa non è solo la tua battaglia, ma quella di tutti noi. Ormai siamo coinvolti non puoi chiederci di tornare indietro.

-E infatti non lo sto chiedendo... ti sto supplicando- tenne il punto lui- Ma le buone non hanno mai funzionato con te... Allora se preferisci consideralo pure un’ordine: restane fuori prima di farti male.

-Ha ragione- intervenne a sorpresa Ellie, riemersa dal bagno proprio in quel momento, pallida come un fantasma- andrò con Philip e lui mi terrà al sicuro. Voi dovete restare qui e aspettare gli altri.

-Ellie... sei sicura?- Michael era forse il più perplesso di tutti- Avevi detto che non saresti andata con lui per nessuna ragione.

-Ho cambiato idea- asserì lei, il volto serio e teso che si sforzava di abbozzare un sorriso stanco- Scusate ragazzi, lo so che avete tutti le migliori intenzioni, ma Philip è l’unico in grado di tenermi al sicuro... e voi sareste solo d’intralcio.

-Ellie...io non capisco- ammise Michael del tutto desolato.

Lei gli fece segno di smettere di parlare e lo abbracciò forte, mettendoci tutto quello che aveva, tutto quello che ancora gli avrebbe voluto dire ma per cui non ci sarebbe stato tempo.

-Fidati di me- mormorò contro la sua spalla, godendo per l’ultima volta del profumo di quell’orrendo dopobarba che a Michael neanche piaceva, ma che metteva comunque solo perché glielo aveva regalato lei- Vedrai che alla fine andrà tutto come deve andare. Ti amo.

Non lo baciò.
Se lo avesse baciato poi sapeva che non avrebbe più avuto la forza di fare quanto andava fatto. Ellie ricacciò indietro le lacrime, le ultime che le erano rimaste prima di apprestarsi al salutare anche gli altri. I gemelli sembravano prostrati, Morgan sconvolta e cali stranamente silenziosa. Il suo istinto le diceva che qualcosa non andava proprio nel modo in cui Ellie si stava congedando, come se non avesse dovuto più rivederli.

-Allora io vado- disse la ragazza, guadagnando in fretta la porta, prima di poter cambiare idea,  seguita a ruota da Philip.

Finalmente soli in ascensore, Ellie trovò il coraggio di guardare il fratello di Sarah dritto negli occhi grigio azzurri, molto simili a quelli di suo padre eppure totalmente diversi.

-Grazie- gli disse in un soffio.

-Per cosa?

La ragazza sorrise mestamente.

Era tempo di abbandonare le belle favole che si erano raccontati finora.
Soprattutto perchè ormai aveva compreso bene la natura del pericolo che dovevano affrontare.

-Per avermi lasciato il tempo di dirgli almeno addio- ammise, confermandogli senza ombra di dubbio di aver capito tutto- se ieri ti avessi seguito sarebbe già tutto finito, non ho ragione? Mi avresti già uccisa e il piano delle Norne sarebbe stato sventato.

-Ellie come...

-Sono state loro stesse a rivelarmi tutto quando mi hanno offerto di unirmi a loro. Hanno detto che gli servivo io per completare la loro ascesa, o meglio, che gli sarebbe servito il mio potere. Se mi togli di mezzo invece...potrebbero passare altri mille anni prima che nasca qualcun altro che possa definirsi un medium con le mie identiche capacità... è molto più pratico che nasconderci per sempre da divinità che comunque tutto vedono. Se non mi prendono, la loro ascensione non sarà mai abbastanza stabile e tu guadagneresti tempo, oltre che una concreta opportunità di recuperare Sarah  prima che sia tardi. Credo che in termini tattici sia la miglior cosa da fare... e non ti biasimo per averlo pensato, certamente è il modo migliore di tenerli tutti al sicuro- concluse Ellie con estrema freddezza.

Quanto le era costato dar voce a quel semplice ragionamento.
Probabilmente se avesse realizzato le intenzioni di Philip il giorno prima sarebbe scappata, si sarebbe difesa. Invece ora che era stata testimone del coraggio dei suoi genitori di fronte alla loro fine sentiva, in un certo qual modo, di non poter essere da meno.
Loro non avevano avuto paura di sacrificarsi e lei non li avrebbe delusi.
Era per quello in fondo che, chiusa in quel bagno, aveva cercato di racimolare le ultime forze necessarie... soprattutto per venire a patti con l’idea che stava per morire.

In quello stretto ascensore poco illuminato potè letteralmente vedere il ragazzo di fronte a lei tornare a respirare. I muscoli delle spalle che si flettevano involontariamente in una posa più rilassata, come se gli fosse stato appena tolto di dosso un enorme peso. Lo sguardo di Philip Rogers, ora finalmente libero da ogni traccia di finzione, riportava esattamente la grande pena che provava nel confermare la sua intenzione di porre fine alla sua vita, pur di far si che le Norne non si potessero servire di lei per rendere permanente la loro ascensione.

-Ellie... mi dispiace tanto. Anche se non ti conosco è chiaro che sei una brava persona e un’ottima amica per mia sorella. Hai fatto tantissimo per tutti noi. Non ti chiederei mai questo sacrificio...se solo ci fosse un’alternativa.

Lei, che lo capiva perfettamente, annuì in fretta, cercando di non suonare troppo patetica.

-Va bene così. Tanto la mia vita non era poi così fantastica...- cercò invece di ironizzare- Ma non ho alcun dubbio: ce la faranno anche senza di me. Perchè te ne assicurerai vero?

Lui annuì solennemente.

-Te lo prometto.

-Soprattutto date un’occhiata a Michael... Lui passerà un bruttissimo periodo e soprattutto non capirà perchè andava fatto. Ma ha sua madre accanto ...e anche la tua. Lo SHIELD è come una famiglia per lui. Sicuramente riuscirà a rimettersi in piedi e mi auguro che un giorno incontrerà una brava ragazza, possibilmente meno complicata di me, da rendere felice.

Di fronte a tanto altruismo Philip comprese come mai quella ragazza era entrata tanto in fretta a far parte della sua famiglia...non faticava ad immaginarsela a far comunella con Sarah o con i suoi genitori, sempre pronti a sacrificarsi per quella che ritenevano una giusta causa.

-Sei molto coraggiosa. Vorrei poterti dire qualcosa che lo renda più semplice...ma temo che sia al di là delle mie capacità. Se posso fare qualcosa...

-Si. Ho un’altra richiesta da farti, se non ti dispiace.

-Tutto quello che vuoi.

-I tuoi genitori, bhè loro sono fantastici...non meritano di crederti ancora morto. Sarebbe importante per me se ci andassi a parlare, quando tutto sarà finito. Tu insieme a Sarah. Sono convinta che riuscirete a riconnettervi e tornerete a essere una famiglia... diciamo quasi normale. Anzi vi auguro di essere il più noiosamente felici possibile, dico davvero.

-Incredibile- commentò Philip- Stai per morite e il tuo ultimo pensiero è comunque per la mia famiglia.

-Un po’ sono stati anche la mia di famiglia. Seppur per poco tempo mi sono sentita davvero parte di qualcosa ed è stato bello- Ellie trasse un lungo sospiro- Posso chiederti come dovremmo fare a...

-Possiamo farlo anche adesso- la interruppe lui, che non desiderava certo prolungarle inutilmente quell’agonia- Non sentirai dolore. Te lo giuro- le assicurò portandole le mani al collo.

Ellie non si oppose, anzi gli fu grata per avere almeno tentato di metterla a suo agio.
L’ascensore intanto era giunto al piano terra e si era fermato... una bella metafora per accompagnare i suoi ultimi istanti.
La ragazza non chiuse gli occhi nemmeno quando sentì il respiro venirle meno.

Non voleva andarsene da codarda, si disse, ma soprattutto non voleva che Philip si sentisse troppo in colpa a causa sua. In fondo era l’unica cosa da fare per assicurarsi che gli altri restassero al sicuro.

Proprio in quel momento le porte dell’ascensore si spalancarono sul volto paonazzo di Michael Coulson. Il povero ragazzo, per nulla convinto dallo stranissimo atteggiamento di Ellie, li aveva raggiunti prendendo le scale di corsa, finendo per trovarsi davanti all’apertura delle porte le mani di Philip strette al collo della sua ragazza.

Non ci vide più.

Con una forza che non sapeva di possedere aveva scaraventato Philip dall’altro lato del corridoio, iniziando a colpirlo con furia cieca e riuscendo anche a coglierlo di sorpresa per un breve momento. Ellie ebbe a malapena il tempo di registrare che stava di nuovo respirando quando si sentì afferrare per il polso da una mano gelida e tirare via di corsa. Si trovava già fuori dal palazzo quando realizzò che era Cali a tenerla stretta e ad obbligarla a seguirla.

Non aveva mai visto Cali tanto arrabbiata, mentre se la strattonava appresso, per le strade affollate della città. Gli altri, si augurò, dovevano essere rimasti a dar manforte a Michael.

-Stupida IDIOTA! Cosa credevi di fare?! - Cali non aveva smesso di inveire un momento mentre costringeva Ellie a un ritmo serrato, trascinandola a piedi il più lontano possibile- Tu, Sarah e tutti gli altri siete dei fottuti imbecilli! Sempre a cercare di sacrificarsi per qualche causa nobile... non vi posso lasciar soli cinque minuti che vi state già mettendo in pericolo inutilmente...siete patologici!

Ellie dal canto suo ebbe il tatto di non farle notare che lei aveva fatto esattamente la stessa cosa l’anno scorso, nel tentativo di salvare la vita di Sebastian. Ma forse più che tatto si trattò di puro spirito di conservazione, che Ellie stava  velocemente riacquistando, dopo la bravata di poco prima: se avesse osato rinfacciarle cosa era successo un anno fa probabilmente ci avrebbe pensato Cali a farla fuori definitivamente.

Evidentemente non sono poi così coraggiosa a come pensavo, si disse Ellie, di fronte a quella sfuriata di proporzioni epiche.

-Mi dispiace Cali- mormorò sommessamente la ragazza, sperando di placarla.

Ma la furia di Cali non accennava a diminuire, anzi sembrava la stringesse sempre più forte per continuare a farla camminare, apparentemente senza una meta. Inoltre, senza che se ne rendesse conto la sua pelle aveva cominciato ad assumere sfumature sempre più bluastre e più di una persona per strada si stava girando a guardarle. Decisero quindi di virare verso un vicolo meno affollato.

-Cali, lasciami...non capisci...mi dispiace, ma era l’unico modo! Ascoltami...

-Ascoltami tu, Bella Addormentata- esordì quella, fermandosi davvero un momento per fissarla dritta negli occhi come se le volesse ghiacciare anche l’anima- Sei veramente una piaga da avere intorno, con tutti i tuoi nobili drammi e tutte le tue uscite buoniste da principessa delle fiabe... ma che io sia dannata se oggi perderò anche te! Se sei tanto ansiosa di raggiungere il mondo dei morti ci possiamo organizzare in mille altri modi...ma non ti permetterò mai di suicidarti. Piuttosto ti ammazzo io! Mi hai capita bene?!

-Ma era l’unico modo- insistette Ellie.

-Sei veramente più stupida di quanto sembri. Il suicidio non è che una soluzione definitiva a un problema temporaneo. Non è mai una buona idea!

-Pensaci meglio, questa volta ho avuto fortuna e sono riuscita a scappare...ma se le Norne mi dovessero trovare nulla impedirebbe loro di completare l’ascensione... Perderesti in maniera definitiva tua madre e perderesti Sarah!

Quell’argomentazione era sicura l’avrebbe convinta, invece la ragazza non si mosse di un millimetro.
Era chiaro che ormai aveva in mente un suo piano ed Ellie non sapeva se esserne confortata o spaventata.

-Allora faremo in modo che non ti trovino- affermò Cali con un sorriso ben poco rassicurante sulle labbra- Dimmi una cosa principessa, quando ti ho detto che abbiamo mille modi di raggiungere il mondo dei morti...pensavi parlassi in senso figurato?

Senza attendere la risposta della ragazza, Cali estrasse dalla borsa una fiala verde e la gettò ai loro piedi. Il fumo sprigionato annebbiò momentaneamente la vista di Ellie, oltre a riempirle le narici di un odore denso e sgradevole. Avrebbe detto quasi di decomposizione.

E quando il fumo si diradò la ragazza si rese conto di non trovarsi più a New York.

La prima sensazione che avvertì pizzicarle la pelle fu di gelo, un gelo molto diverso dal semplice freddo, che pareva venirle da dentro più che da fuori. Il fumo si era disperso ma adesso era la nebbia di una landa desolata ad avvolgerla. L’orizzonte sembrava non aver mai fine, il cielo grigio e nana una luce fioca e decisamente cupa. La cosa più stupefacente era che in quel silenzio di tomba Cali sembrava trovarsi perfettamente a suo agio.

Il terreno scuro su cui poggiavano i piedi le due ragazze sembrava crepitare ad ogni loro passo. Ellie si rese presto conto che doveva esserci qualcosa sotto...qualcosa che si frantumava sotto la terra smossa.

-Dove...dove siamo?

Il sorriso decisamente ambiguo di Cali brillò tra le ombre.

-In un luogo dove le Norne non penserebbero mai di cercarti. Si, ammetto che non è il massimo in quanto a vitalità...ma è divertente a modo suo. Ci vive la mia sorellastra Hel. Voi due andreste proprio d'accordo...avete lo stesso noioso senso del dovere, stesso rigore, stessa aria da morte in piedi- rise come se avesse appena detto qualcosa di estremamente divertente.

-Tu ci sei già stata?- domandò Ellie guardandosi intorno con circospezione, senza incontrare con lo sguardo nulla che non fossero sparuti alberi dai quali sembrava penzolassero dei corpi, o meglio, quello che ne restava.

-Solo una volta- rispose Cali, evasiva- dai... non è tanto male! Ecco, guarda!- esclamò all’improvviso raccogliendo qualcosa di sferico da terra e gettandolo subito a Ellie.

-Ehi...ma che modi!- la raggiunse una voce stridula, tutta denti.

Fu così che ragazza si rese conto di tenere in mano un teschio umano.
Un teschio che le stava parlando, muovendo con stridore le due mandibole, in maniera piuttosto indignata. Stava dicendo qualcosa circa i giovani senza rispetto che Ellie non capì perchè troppo occupata ad gridare a sua volta, mollando di colpo la presa e lasciando rotolare il teschio parlante più in là tra mille recriminazioni.

-Cosa ti avevo detto? Divertente- commentò Cali al settimo cielo di fronte all’amica sconvolta.

-Non è affatto divertente Cali...Mi vuoi dire per favore dove siamo?- domandò ancora Ellie.

-Siete nella mia dimora- intervenne una terza voce, bassa ed estremamente autorevole.

Apparteneva ad una ragazzina dall'aspetto gracile, con lunghissimi capelli neri scarmigliati, avvolta in un logoro sudario.
Aveva le sembianze lugubri di uno spettro eppure incombeva su di loro con la dignità di una regina. E a conti fatti si trovavano proprio nel suo dominio, il regno dei morti di infermità, di malattia o di vecchiaia. I morti senza onore che non avevano conquistato il Valhalla.

Ellie tremò trovandosi al cospetto niente meno che della stessa Hel, la dea norrena degli Inferi figlia di Loki.

-Ciao sorellina- la salutò Cali in tutta tranquillità- Ho pensato di fare un salto a trovarti, dobbiamo parlare...


 

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Capitolo 9
*** Andata e Ritorno ***


La regina degli Inferi fissava le due ragazze umane con inflessione severa.

Anche se esteticamente aveva le sembianze di una ragazzina esile e acerba, parecchio più giovane di loro, dal suo atteggiamento traspariva quanto fosse in realtà antica e autorevole. Soprattutto, come aveva detto Cali, Hel era molto ligia ai suoi doveri e ospitare i vivi nel suo regno era decisamente contrario alle regole che rigorosamente osservava.

-Non potete stare qui- decretò infatti come prima cosa, rivolta in particolare alla sorellastra- Cali Erikssen, hai già ricevuto un avvertimento in passato.

La ragazza fece spallucce, come se la cosa non la riguardasse.

-Non ricordo...

-Ti avevo detto molto chiaramente di non tornare.

-Mi hai dato la fiala che ci ha portate qui: valeva come un invito a tornare.

-Hai rubato la fiala! L’estratto di ombra non dovrebbe essere usato con leggerezza, ma solo in caso di estrema necessità. Ci sono leggi che...

-Dettagli...- la interruppe la sorella- tanto lo so che ti sono mancata! Non sei contenta di rivedermi?

Cali ammiccò con spavalderia e Hel la guardò malissimo.

-Se non avessi il mio stesso sangue ti avrei già fatto passare la voglia di scherzare, ragazzina- concluse la divinità, incrociando le braccia al petto, oltraggiata.

Faceva un po’ strano dal punto di vista di Ellie vederla fare la predica come avrebbe fatto una compassata sorella maggiore dal momento che aveva sembianze lei stessa di una ragazzina.

-Si, come no, andiamo sorella vivi un po’...ops, volevo dire, devi imparare a prendere questa storia delle leggi divine con più leggerezza... è che così mi sembri troppo il tipo da ‘la via è chiusa e i morti la custodiscono’- commentò allegramente Cali citando il Signore degli Anelli.

Naturalmente sua sorella non colse la citazione, apprezzando tuttavia quella frase che si segnò mentalmente di riutilizzare con i prossimi seccatori che fossero venuti a importunarla...

Per la verità in quel luogo remoto non arrivava mai nessuno oltre alle anime dei dannati, ma a lei piaceva esattamente così. Prima del suo arrivo il mondo sotterraneo era un vero caos. Erano sempre esistite leggi divine che imponevano ai vivi di stare al di fuori delle terre dei morti, solo che in assenza di qualcuno che fungesse da guardiano non tutti le rispettavano.... tanto che i vivi osavano talvolta avventurarsi là sotto in cerca di gloria o di conoscenza. Molti eroi antichi avevano infatti ignorato le regole, che esistevano per un validissimo motivo, e si erano avventurati là sotto a compiere le loro bravate camuffate da ‘gesta eroiche’.

Da quando Hel era diventata regina aveva posto fine a quella promiscuità e faceva rigare tutti dritto tenendo le due categorie dei vivi e dei morti ben separate.

-Almeno nostro padre lo sa che sei qui? - domandò la dea, rassegnata al carattere impossibile della sorellastra con cui era del tutto inutile cercare di averla vinta a parole- e che ti accompagni a un’umana che al pari di te non dovrebbe stare qui?

Cali buffò, spazientita.

‘Ci risiamo’ pensò ‘ora attacca col discorso del torna in camera tua e fai la brava bambina...’

Contrariamente ai suoi fratelli e sorelle, Hel era una bacchettona della peggior specie.

Era anche stata sempre una figlia più che devota, animata da quel genere di devozione filiale che poteva trovare una giustificazione solo nei tempi antichi, dove la società era di stampo patriarcale e il capofamiglia dettava legge su tutti.

In special modo sui figli, che rappresentavano di fatto una sua proprietà... per non parlare delle figlie femmine, equiparate a merce di scambio al pari del bestiame nella scala sociale.

Hel, nonostante fosse una dea lei stessa e fosse una sovrana potente nei suoi domini, si era comunque conformata docilmente alla tradizione. Mai un capriccio, mai una parola fuori posto, mai nemmeno una domanda rivolta a suo padre, a cui obbediva ciecamente come ogni brava figlia dovrebbe fare.

-Si chiama Ellie- le rispose Cali, glissando volutamente sulla prima domanda, dal momento che di devozione filiale lei non ne voleva proprio sapere.

-Ehm...piacere- Ellie provò ad abbozzare un mezzo inchino.

Nessuno le aveva mai spiegato come ci si presenta a una dea degli inferi e quindi non conosceva il protocollo...ammesso che ce ne fosse uno.

Hel però non sembrava prestarle particolare attenzione, piuttosto concentrata sulla sorellastra e sul suo carattere anticonformista e troppo ‘moderno’ per i suoi standard.

Ad ogni modo Ellie valutò che anche gli dei avevano poche probabilità di averla vinta con il modo di essere di Cali, che secondo la sua esperienza si poteva solo apprezzare per com’era. Forzarla in qualsivoglia direzione avrebbe solo prodotto il risultato opposto di allontanarla.

Cali non aveva nemmeno mai raccontato a nessuno di loro, eccezion fatta probabilmente per Sarah, di conoscere una divinità, men che meno esserci imparentata. Aveva detto di non aver mai incontrato Loki con tutta l’aria di chi vuole chiudere in fretta il discorso e ad Ellie, che pure moriva di curiosità, era sembrato indiscreto insistere.

A ben pensarci non si sapeva un gran che del passato di Cali prima di New York. Un giorno era semplicemente arrivata in casa dei Rogers con la scusa di uno scambio culturale dalla Norvegia e lì era rimasta. Nemmeno Sebastian sapeva e certamente era stato troppo discreto per chiedere direttamente. Il che non escludeva che si fosse comunque fatto un’ idea, costruita su una delle sue indagini metodiche, un’idea che ben si guardava dal condividere con il resto del gruppo.

Certo i ragazzi erano molto uniti, ma erano anche particolarmente propensi a custodire gelosamente i propri segreti. Già il solo fatto che Ellie fosse stata resa partecipe di qualcuno di essi dimostrava una grande fiducia nei suoi confronti. Fiducia che ora la ragazza non sentiva più di meritare appieno, dopo che li aveva quasi abbandonati e Cali era certo stata una maestra nel farla sentire in colpa.

-Ellie ha bisogno di restare qui per un po’ perchè, a quanto pare, ha fatto incazzare parecchia gente importante del piano di sopra- stava appunto dicendo con naturalezza- Non farti ingannare dalla sua aria insignificante... è una vera calamita per i guai.

-Cali, per favore...

Ellie era già abbastanza mortificata per l’accaduto e per nulla a suo agio in quel luogo cupo, ma l’amica non accennava a fermarsi, sfogando tutta la sua frustrazione sul gesto avventato che aveva intrapreso poco prima seguendo volontariamente Philip.

-Ellie è molto egoista. Si ritiene abbastanza importante da credere che uccidersi risolverebbe qualcosa...o forse non ritiene la sua vita abbastanza importante- insistette Cali- Non ha pensato nemmeno per un istante al resto di noi e a come ci avrebbe fatto sentire.

-Oh. Come hai fatto tu- osservò Hel con la sua voce atona, facendo calare su di loro un gelo peggiore di quello del regno dei morti.

Ellie non era sicura di aver capito bene, eppure la reazione di Cali che a quelle parole aveva sobbalzato come un animale in trappola non lasciava adito a molti dubbi. In più, il fatto che non avesse negato implicava per forza che fosse vero.

-Cali...

-Non. Una. Parola- ribattè lei a denti stretti.

- Capisco perchè la vuoi aiutare...è sempre triste quando una fanciulla così giovane soccombe alla disperazione- la dea parve per un istante combattuta e la sua espressione austera si ammorbidì un poco- In effetti ho anche sentito qualcosa dagli altri dei circa quanto sta avvenendo... il risveglio delle Tre Signore sta causando parecchio scompiglio ed è meglio che voi due ne stiate lontane. Va bene. La mortale può rimanere sotto la mia tutela e protezione- dichiarò con la solennità di un monarca che fa un’importante concessione.

Per loro fortuna, oltre che essere devota al padre, Hel era anche molto leale alla famiglia e in generale una divinità benevola verso chi le chiedeva aiuto. Peccato che tutti avessero troppa paura di lei per la maniera in cui si presentava. Inoltre, il che non guastava, non temeva particolarmente le Norne. Certamente le rispettava, ma al pari delle divinità più giovani di cui faceva parte non aveva nemmeno tutta questa soggezione che gli antichi avevano inculcata dall’alba dei tempi. Le avrebbe comunque aiutate.

Hel battè le mani e immediatamente attorno a loro si crearono cupe mura di marmo nero con venature dorate, facendo si che si ritrovassero in una specie di camera di palazzo. I tendaggi, i paramenti e perfino il poco mobilio presente erano rigorosamente scuri, ma tutto sommato non era un ambiente particolarmente sgradevole. Probabilmente era il massimo che si potesse concepire in quanto ad ospitalità secondo gli standard degli inferi.

-Sarai mia ospite e nessuna delle creature del mio regno oserà nuocerti Amelia Spencer - decretò infatti la dea- Resta pure quanto vuoi nel mio palazzo.

-Veramente mi chiamo Ellie...Ellie Smith.

Hel la guardò perplessa.

-Non è questo il nome che ti ha dato tua madre, ma se lo preferisci allora...

-Aspetta...tu intendi la mia vera madre...parli di Emily?- la interruppe subito la ragazza, il petto gonfio di emozione anche solo nel pronunciare quel nome appena ritrovato e nel realizzare a cosa si stesse riferendo la dea- per caso consoci come mi avrebbe chiamata se...

-Io conosco tutto quello che conoscono i morti- confermò dolcemente la signora degli Inferi.

Amelia.
Amelia Spencer?

Aveva un suono così strano...eppure così perfetto.

Pure il suo diminutivo si adattava bene ed Ellie era emozionantissima all’idea che fosse stato scelto da sua madre in persona, anche se solo nella sua testa, era forse stato il suo ultimo pensiero per lei prima che le fosse strappata.

-Si, fantastico Ellie resta, ma io devo andare- si intromise Cali- devo assolutamente raggiungere la fonte Urðarbrunnr, se non ti dispiace. Devo andare a salvare la mia amica Sarah!

Hel però non sembrava così bendisposta a quella richiesta. Un conto era dare asilo alla sorella e all’umana contro le Norne, ma se l’avesse condotta alla fonte l’avrebbe solo messa in pericolo e non lo voleva di certo. Anche se Cali sapeva il fatto suo e conosceva qualche trucco restava pur sempre per metà umana e non aveva certo i poteri degli dei.

Non sarebbe stata in grado di affrontare nemmeno i servitori delle divinità che vivevano presso la fonte di Urðarbrunnr.

-E io non mi opporrò di certo...se nostro padre ti darà il permesso- decretò infine Hel, che nonostante sembrasse all’apparenza giovane e sprovveduta era pur sempre una degna figlia di Loki, intelligente e perspicace . E soprattutto da avveduta sorella maggiore non avrebbe permesso a chi aveva il suo stesso sangue di correre rischi se non era strettamente necessario.

-Cosa? Ma se non lo conosco nemmeno!

-Questo è il mio responso: solo nostro padre ha l’autorità necessaria per prendere questa decisione e il nostro dovere di figlie è quella di rispettarla.

-Sorella, non ci siamo, non ho bisogno del permesso di nessuno per andare a salvare la mia migliore amica, tanto meno di quel...- Cali non ebbe modo di continuare perchè la dea degli inferi all’improvviso, stanca della sua mancanza di rispetto verso la gerarchia familiare, incombeva su di lei con tutto il suo notevole potere, incollandola a terra con il suo sguardo come se nulla fosse.

-Porta rispetto a chi ti ha generata ragazzina- soffiò Hel arrivandole a un millimetro dalla faccia- Questa idea moderna che tutto vi sia dovuto è intollerabile...se mai ti sarà dato l’onore di trovarti al cospetto di nostro padre ti consiglio di genufletterti e implorare la sua misericordia. Avrà il suo bel da fare a trovarti un buon marito con la lingua che ti ritrovi.

Evidentemente questo era il solo valore che la società antica attribuiva alle donne, seppur divinità.

-Ma Cali non voleva mancare di rispetto, figuriamoci- intervenne subito Ellie per quietare gli animi- ti siamo entrambe molto grate della tua ospitalità... in questo bel palazzo. Tuo padre dev’essere una divinità molto saggia e potente per averti dato un regno così vasto e imponente.

-Lo è- confermò Hel, che a quelle parole si era subito ricomposta- quanto a te, dovresti prendere esempio dalla tua amica...lei almeno sa come ci si comporta quando si viene in casa d’altri a chiedere favori.

Riservò un’occhiata benevola tutta per Ellie, che ricambiò, ancora colma di emozione.
Aveva appena scoperto grazie alla dea Hel quale fosse il suo vero nome, un tassello in più che la avvicinava al suo passato perduto, con quello che non era mai stato ma che le mancava come una parte di sè stessa. In effetti aveva scoperto di più nelle ultime ventiquattro ore che in un anno di ricerche: non si poteva lamentare.

E la dea degli Inferi, che in fondo era davvero sensibile e guardava sempre con favore alle emozioni umane era pronta a farle un ultimo regalo. Battè di nuovo le mani e a quel comando comparve al suo cospetto un’ancella, una donna dai capelli scuri e dal volto familiare.
Ellie trattenne il fiato non appena la vide. Anche la donna la guardò con stupore, poi qualcosa nei suoi occhi si illuminò e sua figlia seppe che nonostante non l’avesse mai vista prima l’aveva riconosciuta.

-Emily Spencer vieni avanti- ordinò Hel allo spettro che aveva le sembianze della madre di Ellie- L’ho chiamata per voi...per intrattenervi, dal momento che potrebbe far piacere alla mortale...

La ragazza si girò verso la dea mormorando un ‘grazie’ che le veniva dall’anima.

Hel non si scompose perchè le divinità non possono permettersi di essere troppo emotive, ma dentro di sè stava a sua volta sorridendo. In fondo le faceva piacere ricevere visite che la distraessero un poco dal suo duro compito di governare il sottosuolo e tenere in ordine le numerosissime  anime dei trapassati minori... non era certo come nel Valhalla, dove la vita ultraterrena dei pochi prescelti di Odino scorreva spensierata tra pranzi e banchetti. I morti in battaglia ricevevano un trattamento speciale e così era stato per il padre di Ellie, morto in combattimento con onore,  che appunto si trovava là e che Hel non aveva potuto richiamare non trattandosi di un suo suddito.

La divinità degli Inferi una volta compiuto quel piccolo miracolo si apprestò a congedarsi.

-Potete restare quanto volete a conversare qui... Non è contro le regole finché non abbandonate il mio palazzo. Purtroppo non abbiamo divertimenti o banchetti in questo regno e io non posso fermarmi con voi più a lungo, ho altri doveri che mi reclamano...inoltre c’è un altro ospite in arrivo- annunciò loro la dea.

-Un altro? Sta diventando un po’ troppo affollato qui sotto- commentò Cali.

La stessa Hel sembrava in difficoltà come se fosse appena successo qualcosa che non si aspettava. Cali invece non capiva il motivo di tanta agitazione.

-Si tratta di un altro vivente. Devo andare a riceverlo! - esclamò sua sorella e detto ciò la dea Hel scomparì come era apparsa, lasciandole sole.

Ellie non si accorse praticamente delle sue ultime parole, dato che era tutta concentrata sullo spettro di sua madre.

Madre e figlia erano ancora intente a fissarsi, preda della reciproca commozione, senza che nessuna delle due avesse il coraggio di fare il primo passo. Si somigliavano come due gocce d’acqua e ogni istante che passava queste somiglianze saltavano all’occhio.

Poi, lentamente, lo spettro di Emily aprì le braccia in una muta richiesta ed Ellie vi si fiondò senza aspettare un secondo di più. Il corpo ultraterreno di sua madre era freddo contro il suo, eppure le provocò un calore che non aveva mai provato e che pareva irradiarsi direttamente dal centro del suo corpo.

-Sei tu- disse la ragazza ancora incredula - sei proprio tu...

Emily la strinse fortissimo, quasi dimenticando, dopo tanti anni passati nell’oltretomba, che i vivi avessero bisogno di respirare. E fu in quell’abbraccio semplice e assoluto che Ellie ritrovò quella parte di sè stessa che credeva perduta per sempre.

-La mia piccola Amelia... come sei cresciuta - osservò Emily teneramente- tuo padre sarebbe così fiero.

-Mamma...ci sono così tante cose che devo chiederti e altrettante che devo raccontarti...io non so da dove cominciare!

-Dimmi solo questo cara...sei felice? Hai avuto chi si prendesse cura di te?

-Si- rispose Ellie con sincerità.

Era vero: nonostante le menzogne gli Smith non le avevano fatto mancare nulla, in particolare Samantha si era davvero impegnata a farle da madre. E anche se questo non giustificava le sue idee o le sue azioni aveva pur sempre avuto il merito di salvare almeno la neonata da una fine certa, seppur per fini totalmente egoistici.

-Ho tanti buoni amici adesso...e anche un ragazzo- rivelò Ellie tra lacrime di felicità- Si chiama Michael. Lo adoreresti...è la persona migliore che conosca!

Mentre Ellie piangeva Emily rise di pura gioia.

-Prego...fate pure- commentò Cali, che però in fondo era più toccata da quella scena di quanto volesse lasciar trasparire, dal momento che un rapporto del genere con sua madre era per lei impensabile- tanto alla fine tocca sempre a me trovare una via d’uscita...

Non aveva ancora finito di lamentarsi che il misterioso ospite di Hel si materializzò di fronte a loro, aggiungendo l’ennesimo colpo di scena a quella giornata dai risvolti imprevedibili.

-Blake?! Cosa ci fai qui?

-Ragazze!- le salutò lui che sembrava  a sua volta sconvolto- Cosa ci fate voi qui?

-Ma stai bene? Eri praticamente scomparso!

Il ragazzo sembrava decisamente stare bene, anche se parecchio affannato. Anzi era proprio elettrico da quanto sembrava su di giri, ma tutto sommato furono liete di constatare era ancora tutto intero.

-Ero ad Asgard...Ho visto mio padre!- annunciò Blake come prima cosa- Ha combattuto ed è stato...wow...e poi la regina mi ha spedito qui dicendo di cercare Hel e che sarei stato al sicuro...Aspetta, questo è il regno dei morti non è vero? Ad ogni modo dobbiamo raggiungere Sarah al più presto...non avete idea di cosa ho scoperto, è un disegno molto più grande di quanto potessimo immaginare...si tratta delle Norne!

-Questo lo avevamo capito da noi- disse Cali tristemente- Blake...hanno già preso Sarah purtroppo. E hanno preso mia madre.

-E anche tua madre, temo- aggiunse Ellie, mortificata nel dover dare una notizia tanto brutta proprio in un momento in cui si sentiva tanto felice.

Capiva bene cosa doveva aver provato Blake nel vedere per la prima volta suo padre, dal momento che lo stava provando lei stessa in quel preciso istante grazie alla presenza di Emily.

Lo spirito li osservava partecipe, pronta ad aiutare come poteva.

-Sebastian?- domandò Cali immediatamente.

-Sta bene a quanto ne so, è con i suoi in una specie di dimensione parallela...Kaya ha detto che voleva tenerci al sicuro e che una  battaglia incombeva sul nostro mondo. Una battaglia che lo avrebbe spazzato via e che secondo lei non possiamo vincere.

-Confortante- commentò Cali, che però era anche rasserenata dal sapere almeno il suo ragazzo al sicuro.

-Devi raccontarci tutto quello che sai Blake- chiese Ellie sempre più in apprensione.

-D’accordo- annuì lui.

Il ragazzo cominciò il suo racconto degli eventi, lottando contro le proprie stesse emozioni che lo incitavano in quel momento all’azione più che a un lungo panegirico. Ancora col cuore in gola raccontò loro brevemente di come era rimasto intrappolato nel Sanctum, della Iris che lo aveva portato ad Asgard e infine dell’incontro con suo padre.

Era il momento che più aveva atteso nella vita e si era svolto in una manciata di minuti.

-Papà...- aveva ripetuto Blake avvicinandosi istintivamente al trono ove il dio del tuono era incatenato da uno sconosciuto incanto. Thor si era proteso a sua volta verso il figlio ritrovato facendo sibilare la magia che lo teneva avvinto. L’avanzata di Blake era stata fermata da Odino in persona, che si era frapposto tra loro con tutta la sua alta autorità di sovrano di Asgard.

-Non devi rammaricati, figlio di Midgard- il sovrano si era rivolto direttamente a Blake sottolineando subito la sua origine di figlio illegittimo, pertanto non gli attribuiva alcun titolo nella sua corte, meritando da Frigga un’occhiata di malcelata disapprovazione- Tuo padre si trova imprigionato come conseguenza delle sue stesse azioni avventate, che ci hanno messi tutti in pericolo... e non mi riferisco alla sua relazione con l’umana, per quanto non si certo un motivo di vanto per un suo pari. Tuttavia, quando la tua nascita tuttavia ci fu annunciata dalle Potenti Signore fu una grande gioia per la mia casa. Un onore inaspettato che il Fato ci aveva riservato.

-La nascita di un figlio?- aveva chiesto Blake, che nonostante quelle parole fredde e offensive, soprattutto nei confronti di sua madre era stato speranzoso in un ravvedimento anche tardivo...come sempre era motivato a voler credere solo il meglio delle persone.

L’unico occhio di Odino aveva però brillato di una luce sinistra.

-La venuta di un sacrificio- aveva specificato il re, poggiando pesantemente un mano sulla spalla di Blake come voler ribadire che solo quella poteva essere la sua utilità- Vedi ragazzo, solo un figlio degli dei, per quanto sia un figlio illegittimo, è ritenuto degno di un tale onore. Dovresti esserne grato, così come tuo padre...Essere sacrificati in onore delle Norne, Signore del Destino, è una grande responsabilità ma anche un segno della loro benevolenza...dimostra la fedeltà di Asgard al volere del Fato. E così sarà.

-Non osare toccarlo!!- aveva ringhiato Thor, ancora trattenuto dalle catene magiche.

-Evidentemente non tutti hanno la lungimiranza di pensarla così...- aveva sottolineato Odino freddamente-...tuo padre ad esempio ha dichiarato che non lo avrebbe mai permesso. Ha creato uno scompiglio notevole, cospirando con Loki per nasconderti con la magia, arrivando perfino a distruggere il Bifrost per impedirci di venire a cercarti... tutto pur di evitare che il tuo destino si compiesse come predetto...ma il potere del Fato è grande. Ero certo che avrebbe trovato il modo di condurti qui al tuo dovere, alla vigilia della loro ascesa, affinché il grande sacrificio si compia e la nostra fedeltà al Fato sia provata.

-Dimentichi di dire, mio sposo, che il sacrificio deve essere volontario- aveva però aggiunto Frigga, impassibile- è la nostra legge. Il ragazzo deve scegliere volontariamente se salire sulla pira...e nessuno può costringerlo.

-Naturalmente, non siamo certo dei barbari Jotun- aveva insistito Odino, tra le risate della corte- Il sacrificio deve essere volontario perchè il rito si compia correttamente. Ma ugualmente non possiamo nascondergli che ci saranno delle conseguenze...sono certo che Blake Foster non obbietterà a compiere il suo dovere.  Non se vuole risparmiare l’ignominia alla sua stirpe...e a suo padre la fine degna di un traditore- aveva concluso il re in quella che era una minaccia per niente velata.

Sul volto di Blake si era dipinta la stessa terribile consapevolezza che vedeva rispecchiata sul volto di suo padre. Il ragazzo pur comprendendo benissimo cosa gli si chiedeva non potè che sentirsi sollevato: non era stato abbandonato. Suo padre non aveva scelto di non conoscerlo, bensì aveva sottoposto sè stesso a quella forzata lontananza nel tentativo di risparmiargli una sorte peggiore. Una sorte che il ragazzo non temeva

-Non farlo...-lo aveva supplicato Thor, anticipando la sua decisione dallo stesso sguardo determinato e sprezzante che era stato di Jane.

Ma Blake non aveva avuto scelta, se non quella di annuire.

-Se io accetto...libererete mio padre?

-Lo concedo- aveva dichiarato il re a gran voce, alzando le braccia nel giubilo della corte- rallegrati Blake Foster perchè in questo modo porterai un grande onore a questa dimora...nonostante le tue dubbie origini. Quanto a mio figlio, una volta che si sarà calmato e avrà riconosciuto la giustezza di quanto è stato compiuto oggi, gli auguro solo una lunga vita tra tutti gli onori. E di darmi presto dei nipoti degni da qualcuno del suo stesso rango.

-Abbiamo già dei nipoti, mio caro- aveva ricordato Frigga, serafica, mentre si avvicinava a Blake, spingendogli in mano di nascosto da tutti una specie di boccetta di vetro- Hel ad esempio è una fanciulla davvero giudiziosa...e una dea potente nel suo dominio. Noi Aesir non abbiamo alcuna autorità sul regno di Hel. Peccato tu non l'abbia conosciuta, Blake Foster...non volterebbe mai le spalle a qualcuno di famiglia se le chiedesse aiuto... e farebbe certo in modo di tenerlo al sicuro.

Odino, che fortunatamente non aveva capito il vero significato dietro a quelle parole, non era stato per nulla d’accordo.

-Hel è un’abominio, esattamente come gli altri suoi fratelli...-aveva dichiarato seccamente per poi far cenno  alle sue guardie perchè prendessero in consegna il ragazzo- ...non perdiamo tempo, si proceda...

Era stato proprio allora che il dio del tuono, in un impeto di disperazione, aveva spezzato le catene magiche che da diciotto anni terrestri lo avevano tenuto imprigionato.
Il dio si era battuto come una furia, a mani nude contro l’intera guardia reale di suo padre. I muscoli atrofizzati urlavano di dolore, la testa gli scoppiava, ancora avvinta dagli incantesimi di suo padre. Ma non si era permesso di cedere, richiamando a sè tutte le sue forze pur di garantire a suo figlio una via d’uscita.

Nel frattempo Blake, aiutato giusto da qualche incanto di Frigga, era stato tratto da parte da parte dallo scontro in atto. La dea non vista da altri poichè protetta dal voluminoso mantello dorato gli aveva fatto segno di rompere la boccetta che gli aveva appena consegnato, ma il ragazzo aveva esitato. Se avesse seguito le sue istruzioni ...cosa ne sarebbe stato di suo padre?

-Papà...non voglio lasciarti...non proprio adesso!

-Non preoccuparti per me, vai ora!!- aveva urlato Thor, nell’impeto della lotta, per poi sorridere pieno di gloria e di furia- Ci vedremo di nuovo, figlio mio...Se non in questa vita allora che sia nel Valhalla...

Il dio del tuono nonostante fosse ferito e si stesse battendo da solo era inarrestabile.

Se avesse retto giusto un altro po’ , continuava a ripetersi mentre sempre nuove ferite lo colpivano, Blake Foster sarebbe stato certo tratto in salvo da sua madre... solo questo contava. Conoscere il volto di suo figlio, vederlo per la prima volta, seppure in un breve e disperato istante,  gli aveva infuso la forza di centomila guerrieri.

Alla fine Blake aveva ubbidito alla regina gettando a terra la fiala che lo aveva trasportato negli Inferi, di cui Hel era sovrana. Proprio come Frigga aveva previsto la dea, pur colta di sorpresa da quella improvvisa affluenza di parenti in difficoltà, aveva compreso la sua situazione e accettato di ospitarlo dove gli eserciti di Asgard non avrebbero osato metter piede.

Così Blake aveva terminato il suo racconto lasciando le ragazze a bocca aperta.
Ignaro del fatto che pochi istanti dopo la sua fuga un’altra scena ancor più tremenda aveva avuto luogo proprio nella sala del trono.

 

...

 

Sarah Rogers si trovava come risucchiata in un sogno.

Quando riacquistò parzialmente coscienza realizzò che non si trovava più a New York, ma in una sala sontuosa, sfavillante di oro e broccato, circondata dall’intera corte asgardiana. Di fronte a sè un trono riccamente decorato, da cui Odino la fissava dal suo unico occhio, con espressione costernata. In effetti tutti la stavano fissando come in attesa di un suo cenno.

L’oro e l’argento dell’arredo era talmente lucido che Sarah potè scorgere il suo riflesso e rendersi conto che persino i suoi vestiti erano cambiati. Invece dei soliti jeans e della felpa ora indossava un lungo peplo scarlatto trattenuto in vita da una cinta dorata. I capelli erano acconciati in un groviglio di trecce bionde alla base della nuca, raccolte da una sottile rete d’oro e di rubini.
Sarah percepiva tutto ciò passivamente, come dal punto di vista di qualcun altro, senza riuscire a muovere un muscolo di suo, non aveva neanche la forza di alzare un mano di fronte a sè.

Tutto era talmente diverso da prima...ma prima di cosa? Lei stessa si sentiva profondamente diversa, come se tutto ciò che la circondava la lasciasse indifferente...le sembrava di vedere  come attraverso una lente di vetro, tanto che si doveva sforzare più del normale per mantenersi lucida e concentrata.

Davanti a lei Odino, il Padre degli dei, era visibilmente in apprensione come attendendo che parlasse.

Da quanto tempo era lì? si chiese Sarah faticando sempre di più mentalmente per ricostruire cosa fosse successo. Ricordava solo la lotta, poi non molto altro che non fosse quella sgradevole sensazione che la faceva sentire fiacca e disorientata, come se la sua stessa mente non le appartenesse più...

-Mia signora- disse infine il re, prostrandosi in una profonda reverenza- Benvenuta ad Asgard. Di qualsiasi cosa abbiate bisogno...

-Dov’è il mio sacrificio?- lo interruppe Sarah con una voce non sua.

La ragazza si rese contro con orrore che era Skuld che stava parlando con la sua voce e che aveva preso di nuovo possesso del suo corpo, lasciando la sua coscienza in un angolo ad assistere impotente.

-Eppure dovrebbe essere già arrivato. L’ho visto arrivare...io posseggo il Futuro e so che sarebbe giunto proprio qui.

A quelle parole l’intera corte tremò, meno che due persone.

-Mia signora, siamo talmente mortificati che il vostro dono non vi serva più come un tempo...- esordì Frigga che ben eretta dalla sua posizione si dimostrava ben lontana dalla mortificazione professata. Era soddisfatta casomai, quasi sollevata.

Suo figlio Thor, nuovamente prigioniero delle guardie e con il volto pesto e insanguinato, non trattenne una sonora risata che risuonò nell’immenso salone tra l'orrore e lo sconcerto generale.

-Mia signora, domando la vostra pietà...- il  re sembrava in estrema difficoltà a comunicarle le ultime notizie, soprattutto non aveva modo di giustificare come il suo stesso figlio la stesse sfidando apertamente -Il ragazzo è effettivamente giunto, esattamente come avevate predetto...ma poi...ci sono state delle complicazioni...

Ai piedi del trono regale Thor, lottando contro le guardie reali che cercavano di allontanarlo senza farsi notare, rise ancora più forte, sprezzante della propria condizione di prigionia . Mentre Odino tergiversava per non dover raccontare alla dea quegli avvenimenti incresciosi, avvenuti pochi momenti prima nella sua stessa corte, il volto di Sarah Rogers si deformò di sdegno.

-Che genere di ...complicazioni?

-Non vedevi forse il futuro, fattucchiera?- la apostrofò direttamente Thor, spuntando con indifferenza il suo stesso sangue sul pavimento immacolato- Diccelo tu.

Skuld la Vergine emise un basso ringhio di disapprovazione.
La divinità non era mai stata così oltraggiata in tutta la sua vita, che corrispondeva esattamente con la vita del mondo stesso.

-Sono stata generosa con voi- sibilò rivolta a Odino- Ho ricostruito la tua città dalla cenere, ti ho ridato il tuo popolo e la tua sposa...ho persino tollerato che quel traditore di tuo figlio, che tanto ha fatto per contrastarci, fosse risparmiato...tutto quello che ho chiesto in cambio è stata lealtà.

-E l’avete, l’avete mia signora...l’avete! Vi prego di non considerare le sue parole come un oltraggio a voi...è sconvolto, non sa quello che dice...

-Trovate il sacrificio e portatelo subito da me e dalle mie sorelle- ordinò la Norna- il Fato ha stabilito che Blake Foster sia il sacrificio è così sarà.

Sentir nominare Blake dalla sua stessa bocca fu come ricevere una scarica di adrenalina per Sarah Rogers.
Doveva ad ogni costo trovare il modo di riprendere il controllo e di aiutare i suoi amici.
Aggrappandosi a questa convinzione riprese mentalmente la lotta.


 

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Capitolo 10
*** Ricucire ***


Quando Sebastian Strange si svegliò il sole splendeva ormai alto sul profilo familiare dei palazzi di New York e il rumore del traffico di sottofondo si faceva sentire.

Stropicciandosi gli occhi il ragazzo assorbì quel repentino cambio di scenario come una potenziale buona notizia. Poteva significare che, nonostante tutto, sua madre fosse tornata indietro sulla sua scelta di isolarli completamente dal mondo oppure che suo padre aveva in qualche modo risolto il problema, due ipotesi che che non escludeva si completassero a vicenda.

Ad ogni modo doveva approfittatene per recuperare Blake e raggiungere gli altri, ma subito scoprì che il suo amico non si trovava da nessuna parte nel Sanctum. Sembrava sparito nel nulla.

Trovò invece i suoi genitori entrambi al piano di sotto, che parlavano tranquillamente tra di loro come se nulla fosse successo. O piuttosto era chiaro che qualcosa tra di loro fosse successo, dal momento che per una volta non stavano litigando. Al contrario sembravano in qualche modo entrambi più distesi e insolitamente....vicini.

Trattandosi pur sempre dei suoi genitori, Sebastian preferì astenersi dal formulare ipotesi troppo approfondite in merito...

-Sicura che non possa fare niente per persuaderti a rimanere qui con Sebastian?- stava dicendo Stephen Strange alla moglie, sfiorandole appena il profilo del polso.

Kaya non potè fare a meno di sorridere tra sè: nonostante adesso sapesse di avere a che fare con una divinità estremamente antica e potente lui non poteva a meno di trattarla ancora come qualcuno da proteggere. Non gli interessava che la fragile mortale che aveva creduto di sposare in realtà fosse più che capace di badare a sè stessa, tanto più che tra loro era l’unica ad avere una vaga idea di cosa si apprestavano a combattere.

-Non preoccuparti caro- sorrise lei, passandogli senza il minimo pudore l’altra mano sul collo ancora segnato dalle sue stesse unghie- stanotte hai fatto abbastanza per lasciarmi decisamente persuasa.

Stephen alzò gli occhi al cielo.

-Kaya, ti prego, dico sul serio.

-Anche io. Avrai bisogno di me contro di loro, fidati. Inoltre tu non mi hai mai vista veramente combattere.

Gli occhi gialli di Kaya brillarono sinistramente, segno che la divinità del caos era pronta a scatenare il peggio di sè in battaglia e che non vedeva l’ora di cominciare. Quando l'aveva confinata anni fa sapeva che lei avrebbe potuto fare molto di peggio per fargli male, se solo avesse voluto. Il punto è proprio che non aveva voluto e non si era quasi difesa a dispetto di tutto il suo potere, segno inequivocabile che era veramente cambiata.

Stephen che solitamente riusciva a stento a tenerla a freno capiva che la sua era una richiesta impossibile da accontentare, ma voleva comunque fare un tentativo di convincerla a restare al Sanctum.

Lui stesso, pur non avendo completamente chiaro contro quali forze cosmiche si stava mettendo, avrebbe in ogni caso combattuto meglio sapendola al riparo.

-Credevo fosse evidente, io ho sempre bisogno di te- le disse guardandola negli occhi- ma ne avrà anche nostro figlio.

Ma quando Kaya era così infervorata era impossibile da smuovere. Si sentiva più potente adesso di quanto non lo fosse mai stata perchè grazie al suo compagno aveva cominciato a superare la sua paura del Fato, inculcata da millenni di sottomissione degli dei alle sue leggi.

-Non ti lascerò andare senza di me, mio caro...e inoltre ho più di due parole da dire di persona a queste stronze che pretendono di interferire con la mia vita- affermò la dea del caos.

-Credevo da quanto mi hai raccontato che fosse un po’ il loro lavoro interferire con le vite altrui.

-E il mio è quello di combattere per la mia famiglia e il mio mondo- affermò la dea.

-Davvero? Credevo fosse di rendermi la vita impossibile- disse lui col solo intento di provocarla e magari di riuscire a baciarla un'altra volta prima di ritornare seri e preoccuparsi dei problemi dell'universo.

Kaya ancora una volta si ritrovò a fissarlo al di sotto delle lunghe ciglia scure, l’aria un po’ divertita e un po’ maliziosa.

-Anche. Non è questo il punto, Stephen- soffiò vicinissima al suo orecchio- Il punto è che non mi separerò mia più da te.

Era una minaccia e insieme una promessa.
Si sarebbero decisamente baciati di nuovo se proprio in quel momento non si fosse fatto avanti loro figlio, gli occhi letteralmente incollati al pavimento per evitare di vedere qualcosa di troppo imbarazzante. Colti sul fatto, i due coniugi si staccarono immediatamente mettendo tra di loro una distanza più che accettabile per non traumatizzare il ragazzo più di quanto non lo fosse già.

-Amore mio, hai dormito bene?- cinguettò Kaya come se nulla fosse- Ti preparo subito una buona colazione prima di uscire, devi sforzarti di mangiare qualcosa in più caro... mi sembri ancora un po’ sciupato. Ma è normale, passare da una dimensione all'altra a volte scombussola un po'... A proposito, come ti senti?

-Mi sentirei meglio se sapessi cosa sta succedendo. Siamo di nuovo a New York - constatò Sebastian seccamente.

Sua madre fece spallucce come se la cosa non la riguardasse più di tanto.

-Bè...tuo padre ha tanto insistito- ammise, sorvolando sulle circostanze in cui tale richiesta era stata finalmente esaudita.

-Blake?

-Oh, non ne sono certa, ma credo che in qualche modo sia tornato... a casa. Starà sicuramente bene, non preoccuparti. Allora, colazione in arrivo!- esclamò la dea con entusiasmo.

Sebastian non era così certo. A dirla tutta fremeva di impazienza mentre non facevano che concederli risposte vaghe. Era chiaro che si suoi stessero facendo di tutto per rimandare l’inevitabile ovvero metterlo a parte delle loro decisioni.

-Fantastico... e cosa stiamo aspettando a raggiungerlo?

I suoi genitori si guardarono reciprocamente e Sebastian intuì che per la prima volta si trovavano d’accordo su qualcosa. Nello specifico si trovavano d’accordo su di lui e sul fatto di volerlo tener fuori dalla battaglia che inevitabilmente sarebbe avvenuta di lì a breve.
Solo che non sapevano come l’avrebbe presa e la colazione in famiglia non era che l'ennesimo patetico modo di indorare la pillola... era incredibile quanto andassero d'amore e d'accordo solo quando si trattava di metterlo da parte.

Infine fu suo padre a prendere per primo la parola.

-Tu resti qui- stabilì perentorio e senza giri di parole- almeno questa parte del piano non è cambiata. Di proteggere questo mondo ce ne occupiamo noi.

Questo era esattamente il genere di sciocchezza che Sebastian non era più disposto a tollerare per nessuna ragione... col cavolo che si sarebbe lasciato mettere di nuovo in punizione in camera sua come un bambino incapace di reagire.

-Perchè fin ora avete fatto un così buon lavoro...- commentò sprezzante- ...se non fosse stato per noi non sapresti neanche che le Norne hanno un qualche piano! Non te lo hanno detto questo le tue visioni? Credevo che nulla sfuggisse allo Stregone Supremo...a parte l'essere sposato da anni con una divinità, ma tanto hai subito trovato una soluzione molto conveniente anche a questo.

-Sebastian, per favore...tuo padre sta cercando di parlare con te e vorrei che lo ascoltassi- lo supplicò Kaya con dolcezza- almeno provaci tesoro...puoi farlo per me?

Ma il ragazzo non sembrava per nulla propenso.

-Adesso vuole parlare?! - esplose invece in una stizzita protesta- E quando gli chiedevo tutti i giorni che fine avessi fatto? Credevo fossi morta! L'ho creduto per anni e lui non mi ha mai detto niente, non una parola... né per smentire né per confermare... ho creduto di impazzire e credevo di essere io il problema...quando stavo male lui non c'era! I miei amici c'erano. Steve Rogers c'era! ...in fondo ha fatto più lui di te come figura paterna...

Suo padre si impose di rimanere molto tranquillo, nonostante suo figlio si stesse riferendo a una storia che conosceva fin troppo bene. Si ricordava perfettamente di quel periodo in cui Sebastian piuttosto che rimanere con lui aveva preferito andare a vivere a casa dei Rogers.

Ricordava molto vividamente le lunghissime telefonate di Steve, che si era fatto un punto d'onore di chiamarlo quasi ogni sera per fargli un rapporto scrupoloso di come stava suo figlio. Stephen non aveva mai dubitato che si sarebbero presi cura di lui al meglio e in cuor suo sperava che forse, in compagnia dei suoi coetanei, in un contesto protetto e con i poteri del caos sigillati, sarebbe riuscito a vivere in maniera più serena... certamente meglio di come avrebbe fatto con lui che comunque cercava di tenersi sempre molto impegnato per non dover pensare a cosa era successo.

Inoltre i Maestri non avevano cessato un attimo di dargli il tormento sulla questione, sostenendo che se anche una divinità era stata neutralizzata con successo, lasciarne una mezza a piede libero sarebbe stato comunque pericoloso. Troppo pericoloso perchè non si agisse subito. Lo assillavano con lamentele e commenti continuamente, quasi si stupissero che non avesse provveduto all'istante a disporre di suo figlio come di una pericolosa creatura assassina.
Non avevano smesso nemmeno di fronte a un secco 'no, a prescindere dal legame di parentela, mi rifiuto di  fare alcun che a un ragazzino di dieci anni che a quanto mi risulta non ha mai fatto del male ad anima viva'. Se la metà delle cose che avevano detto fosse mai arrivata disgraziatamente alle orecchie di Kaya era abbastanza sicuro che sarebbe stata lei ad eliminarli all'istante senza problemi... e lui stesso non avrebbe potuto darle torto dato che anche a lui era venuto quell'istinto pur di farli smettere.

Ricordava infine, sempre fin troppo bene, come Steve avesse insistito ogni volta con molto garbo ma anche con fermezza per favorire un loro dialogo tra di loro.

'Si, Sebastian sta meglio... Lui e Philip vanno molto d'accordo, pensa che lo ha anche convinto ad allenarsi con lui qualche volta... ma magari vuoi che te lo passi?'

'I ragazzi vanno d'accordo, anche troppo d'accordo... tipo un'associazione a delinquere in pratica...ma no, niente di grave, in verità hanno fatto un piccolo casino con lo scudo...si lo stavano di nuovo usando come uno slittino, ma che ci vuoi fare, se non si divertono alla loro età... ti passo Sebastian così te lo racconta meglio?'

'Il compleanno è andato benissimo. Il libri che gli hai mandato gli sono piaciuti molto...anche se cerca di non darlo a vedere. Gli ho detto di chiamarti per ringraziare, ma se non lo ha ancora fatto perchè non lo chiami direttamente tu?'

E lui aveva sempre declinato l'offerta, preferendo attendere che fosse suo figlio a farsi vivo, cosa che ovviamente non era mai successa.
Stephen avrebbe dovuto aspettarselo dato che aveva preso il peggio dal suo carattere, compreso l'orgoglio. Ma nonostante le sue mancanze enormi, nonostante tutto il loro trascorso, aveva deciso che non avrebbe permesso alla storia di ripetersi.

Non avrebbe lasciato che si creasse tra di loro la stessa distanza che aveva sempre avuto con suo padre, da cui non aveva mai ricevuto altro che rimproveri e la netta sensazione di non essere mai abbastanza.
Stephen sapeva che non era troppo tardi, proprio perchè suo figlio era troppo arrabbiato perchè non gli importasse. Sarebbe stato oltre ogni rimedio se si fosse dimostrato indifferente, ma per sua fortuna così non era.

Per questo stavolta non avrebbe raccolto alcuna provocazione da parte di Sebastian, ma nemmeno si sarebbe trincerato dietro ad una calma ascetica e innaturale che non avrebbe fatto altro che creare ulteriore distanza.

Al contrario, incoraggiato da Kaya, che lo aveva convinto a un approccio il più naturale possibile, avrebbe cercato di lasciare da parte il suo ruolo, il suo senso del dovere e ogni condizionamento per essere semplicemente Stephen Strange, il padre di Sebastian.
Tutta la notte, oltre a fare altro, i due avevano parlato a lungo e si erano confrontati insieme su come comportarsi con il loro unico figlio, conosci del fatto di essere loro per primi una grossa parte del problema. Non era stata certo una mossa geniale dopo il ritorno di Kaya continuare a litigare anche davanti a lui, mettendo davanti i loro problemi di coppia.

E alla fine ci era comunque voluta la dannata Apocalisse per costringerli a venire a patti con le rispettive responsabilità.

-Sebastian, riguardo a tutto quello che hai detto... non lo posso smentire ... posso solo affermare che credevo di fare la cosa migliore per tutti- esordì Stephen, non senza una certa fatica.

'Coraggio tesoro! Ce la puoi fare... Piccoli passi' gli ricordò Kaya a mezza voce, esortando il marito a continuare.

-Il fatto è che tu... tu sei ancora un ragazzo...- provò quindi a dire, cercando di metterla nel modo migliore per non offenderlo, ma Sebastian era ancora abbastanza guardingo e prevenuto nei suoi confronti.

-Ma anche io posso combattere! Posso essere d’aiuto- sottolineò infatti con fervore.

Fu allora che l’atteggiamento di suo padre lo stupì, prendendolo totalmente in contropiede con una placida ammissione.

-Non lo nego- affermò infatti il dottore- so che sei maturato tantissimo in questi anni e anche la tua magia ora è ... diversa. Se dovessi provare a imporre un sigillo come feci anni fa dubito che ci riuscirei senza aiuto di una congrega. E in ogni caso non durerebbe. Tutto quello che in questo momento contiene il caos sei tu e hai imparato a farlo molto bene anche da solo. Certamente non grazie a me.

Sebastian non riusciva a credere a quello che sentiva uscire dalla bocca di suo padre e per la prima volta non riuscì a replicare niente di sarcastico.

-Mi stai...dando ragione per caso? - domandò dopo qualche secondo, ancora un po' incredulo.

-In parte- concesse Stephen- Sicuramente avrei dovuto insistere di più nel cercare di parlartene prima...ma non l'ho fatto perchè avrebbe significato essere del tutto onesto con te. Non voglio giustificarmi in alcun modo, ma non è affatto facile per me... capire dove sta il limite. E se ti dò l'impressione di non trattarti da pari è solo perchè ...bè principalmente perchè mi sento più a mio agio in veste di mentore... e del tutto inadeguato a quell'altro ruolo.

Ma detto questo si era di nuovo interrotto, non sapendo bene come continuare.

-In poche parole- intervenne Kaya-  tuo padre è purtroppo l'essere umano più impedito nelle relazioni ed emotivamente bloccato che abbia mai visto nella mia millenaria esistenza...ma ciò non toglie che ti ami profondamente... Quando sei nato ho visto letteralmente il terrore nei suoi occhi al solo pensiero di fare qualcosa di sbagliato, ha letto un sacco di libri e di quell'altra robaccia inutile su come si fa il genitore...pensa che una volta l'ho beccato su un blog particolarmente disperato che...

-Grazie tesoro- la bloccò lui lottando per mantenere un certo contegno, data anche la situazione che stavano affrontando- credo che possa bastare...ti ringrazio.

-Figurati!- cinguettò lei, ovviamente convinta di aver fatto un grande intervento a favore del suo amato Stephen.

Sebastian se prima era stupito ora era semplicemente confuso.
Stava processando rapidamente un sacco di nuove informazioni, che si aggiungevano a una situazione non facile in cui temeva ogni istante di più per i suoi amici.
Inoltre non era facile mettere in discussione delle credenze che aveva maturato ormai da anni di rapporti incostanti e freddi col genitore.

-Quello che sto cercando di dirti - proseguì suo padre- è che non voglio assolutamente escluderti dall'azione... solo che  il tuo compito sarà un altro rispetto al nostro e non meno gravoso.

-Intendi nelle retrovie? Non ci pensare neanche!

-Ascolta tuo padre- intervenne ancora Kaya, che raramente era concorde col marito e lo era appunto solo su questioni di vitale importanza come tenere loro figlio al sicuro- Sebastian tu hai un potenziale straordinario...in te convivono i precetti dell’ordine e del caos. Quando avrai imparato a controllare la tua magia, con il tempo e gli studi, diventerai anche più potente di quanto sia mai stata io... ma per il momento devi renderti conto che non sei all’altezza di questo avversario. Nè tu, nè tanto meno i tuoi amici, quale che sia la vostra abilità.

-Devi imparare a valutare la tua forza e quella di chi hai davanti e scegliere di conseguenza le tue battaglie- rincarò suo padre- e in questo caso lasciare che se ne occupi chi ne ha il dovere oltre che la responsabilità.

-Sono la mia famiglia- obbiettò Sebastian lasciando cadere pesantemente quella parola tra di loro come un macigno- sono una mia responsabilità.

-E tu sei la nostra - insistette suo padre, d’impeto- lo sei sempre stato e anche più di questo... io non permetterò che ne dubiti mai più a causa mia.

Era la verità, detta in maniera pura e semplice.

Kaya sorrise orgogliosa.
La dea era finalmente serena accanto all’uomo che amava e alla famiglia che si era costruita. Alla fine dell’eternità era la sola cosa che contava per lei e per cui era disposta a tutto, anche a quello che riteneva impensabile, a mettersi contro il Fato che aveva venerato come una legge incrollabile. Ma Stephen l’aveva convinta che era necessario lasciar da parte le sue credenze più antiche e radicate e combattere per questo modo in cui aveva vissuto i suoi anni più importanti, in cui aveva scoperto cosa voleva dire amare e sentirsi talmente completi da perdere interesse in qualsiasi altra conquista.

Era stata felice con lui e con la famiglia che avevano costruito, solo questo contava, e qualunque cosa il destino avesse in serbo l’avrebbero affrontata insieme.

Fu allora che il custode del Sanctum di New York, prontamente ricalatosi nel ruolo che più gli si adattava, fece qualcosa che Sebastian non si sarebbe mai aspettato neanche tra un milione di anni, sfilandosi l’amuleto che portava al collo contenete la gemma dell’infinito che controlla il tempo e porgendolo proprio a lui.

L’occhio di Agamotto, una reliquia che fin da piccolo non gli era mai stato consentito di toccare neanche per sbaglio, era ora nella sua mano, più leggero di quanto avesse immaginato e ancora chiuso a celare il suo prezioso contenuto.

-Proteggilo a costo della vita- gli disse solennemente lo stregone supremo.

-Perchè io? Tu non puoi...non puoi uscirtene con una cosa del genere come se nulla fosse, io... non sono pronto!- protestò suo figlio.

Sebastian era sconvolto e Stephen sbuffò spazientito.

Anche lui avrebbe voluto avere più tempo per spiegargli un’infinità di cose importanti ma data la situazione di emergenza in cui si trovavano dovette limitarsi all’essenziale.

-Chiaramente non sei pronto...ma in fondo non lo ero neanche io. Inoltre, tua madre ritiene che ti dovrei accordare maggior fiducia- aggiunse il dottore accennando un leggero sorriso che per Sebastian fu più devastante dell’intero discorso- Dopotutto sei mio figlio.

Suo padre si stava comportando in maniera...stranamente spontanea e le motivazioni dietro a questo non potevano che essere molto gravi. Inoltre si stava volontariamente separando dall’unico oggetto che aveva giurato di difendere a qualsiasi costo, come se non volesse che a seguito dello scontro che si apprestava ad affrontare finisse in mano al nemico.

Stava consegnando a Sebastian le chiavi del Sanctum come se in ogni caso non si aspettasse di tornare.

E la cosa più allucinante era che di fronte a quella prospettiva stava comunque sorridendo.

Sebastian si rese conto di essere l’unica persona a conoscere profondamente suo padre, forse più di quanto gli fosse piaciuto ammettere. Per questo poteva leggere ogni sua espressione come se fosse stata la propria e quello che stava vedendo non lo lasciava per niente tranquillo.

-Papà...

Quella parola che non aveva detto per anni gli riaffiorò alle labbra con una naturalezza disarmante, come se non avessero mia passato neanche un giorno distanti.

Il dottor Strange, sorpreso a sua volta da quell’importante risultato, cercò lo sguardo della moglie, che gli sorrise incoraggiante esortandolo a continuare.
Kaya aveva avuto ragione da vendere pregandolo di parlare finalmente a suo figlio invece che nascondersi dietro le complicate pieghe di quello che era diventato il loro rapporto.
Doveva assolutamente fare qualcosa per sistemare tutto, dato che avrebbe potuto non avere un’altra occasione. Si stavano apprestando entrambi a scendere in battaglia contro qualcuno che non poteva essere sconfitto, a detta delle stesse divinità.

-Probabilmente non sono sempre stato... chiaro con te.

Sebastian alzò gli occhi al cielo: quello era decisamente un eufemismo che sminuiva di molto il comportamento di suo padre negli ultimi cinque anni!

Non solo non era stato trasparente nello spiegare le sue motivazioni circa il suo rapporto con Kaya, ma lo aveva lasciato nel dubbio circa la sorte di sua madre autorizzandolo a credere all’ipotesi peggiore... rinchiuso nel suo stesso dolore, aveva completamente stravolto il loro rapporto smettendo di essere suo padre e comportandosi da maestro a cui si doveva solamente ubbidienza.

-Avrei dovuto essere più aperto fin dall’inizio e provare a spiegarti il mio punto di vista anzichè pretendere che lo accettassi - disse il dottore- ma questo non vuol dire che non abbia fiducia in te o nelle tue capacità, che come ha giustamente detto tua madre sono straordinarie...per la verità io non ho mai visto niente di simile... e ho sempre sperato che un giorno saresti stato tu a prendere il mio posto.

Sebastian ebbe un fremito nel sentire il genitore parlargli a quel modo.
Il ragazzo era  seriamente combattuto.  Da un lato si trovava davanti alle ammissioni che in fondo aveva sempre anelato a sentire e il suo unico desiderio era di lasciarle entrare per sanare in parte quella rabbia incredibile che si portava dentro da troppo tempo. Dall’altro la sua mente iper razionale stava lavorando velocemente, domandandosi il perchè suo padre avesse scelto proprio quel momento per parlargli a quel modo e dandosi una rapida risposta.

Gli stava parlando come se si trattasse di un addio.

-Cosa significa?- domandò Sebastian, per la prima volta incerto.

Non è che non avesse capito, è che si rifiutava di accettarlo. La sua voce rimbombò sull’ampio soffitto a cupola del Sanctum in un silenzio insopportabile.

-Significa che faremo il possibile per vincere- affermò Kaya, in una maniera altrettanto sibillina che non le era mai appartenuta- tuo padre contatterà i suoi amici ...e io contatterò i miei. Ci sarà un battaglia il cui esito non possiamo prevedere. Tu dovrai essere pronto in ogni caso a fare quanto sarà necessario per proteggere questa realtà dalle inevitabili conseguenze.

-Wong sa cosa fare, fatti aiutare da lui- concluse suo padre, che non voleva lasciare che l’emotività lo coinvolgesse troppo in un momento dove occorreva più che mai che restasse lucido, ma era difficile enumerare tutte le cose che voleva suo figlio sapesse da lui di fronte a un caso incerto- Non lasciare il santuario a meno che non sia strettamente indispensabile...non avvicinarti agli altri stregoni e cerca di non fare niente di avventato che io, o soprattutto tua madre, farebbe. Cercherò di riportare i tuoi amici qui non appena mi sarà possibile rintracciarli. Restate tutti nel Sanctum e restate insieme. Sii prudente e sii...gentile. Credimi, a nessuno piacciono i ‘so tutto io’.

-Ma non mi dire...- non potè fare a meno di commentare suo figlio.

Sebastian era visibilmente in difficoltà, ma nonostante tutto almeno gli stava parlando senza la minima traccia di ostilità.

Il dottore gli sorrise un’ultima volta e gli fece quasi male realizzare da quanto tempo non succedeva.
Solo Kaya era riuscita a fargli aprire gli occhi su quanti errori aveva commesso credendo di essere nel giusto. E credendo di fare il suo bene aveva messo suo figlio in una situazione semplicemente impossibile.
Purtroppo era anche consapevole che non potevano perdere troppo tempo in convenevoli con quello che c’era in gioco, quindi sperò con tutto sè stesso che bastasse prima di apprestarsi al congedo definitivo.

-Per favore, comportati bene Sebastian- non potè fare a meno a sua volta di aggiungere come se avesse ancora davanti un bambino di cinque anni.

Lo stesso bambino che una volta lo guardava con grandi occhi pieni di fiducia come se fosse il suo idolo.

Suo figlio.

E per non cedere all'emozione non aggiunse altro.

-Ricorda che ti amiamo tantissimo, tesoro- disse Kaya a nome di entrambi.

La divinità del caos gli mandò un ultimo bacio prima di scomparire insieme al marito, alla volta di una battaglia contro il Destino.

 

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Capitolo 11
*** Il figlio perfetto ***


Michael Coulson si era sempre considerato un buon combattente.

Era risultato il migliore del suo corso durante l’addestramento allo SHIELD, in particolare nella lotta corpo a corpo in cui aveva  sempre ottenuto ottimi risultati. Sua madre era sempre stata molto severa con lui a proposito, incaricandosi personalmente dei suoi allenamenti extra sin dalla più giovane età per prepararlo a onorare la memoria di suo padre. Tanto che Michael aveva trascorso l’adolescenza in simulazioni di combattimento piuttosto che a fare sport o a coltivare altri interessi… eppure lo scontro con Philip Rogers lo stava mettendo in evidente difficoltà.

Dopo un’iniziale effetto sorpresa che gli aveva fatto guadagnare terreno, ma che soprattutto aveva permesso a Cali di allontanare Ellie, Michael stava avendo decisamente la peggio.

Tutto l’allenamento del mondo non poteva certo portarlo al livello di un avversario potenziato, che per di più era stato infuso dei poteri di una divinità tramite chissà quale rito arcano.

-Lasciami passare- si impose il maggiore dei Rogers col tono di chi non è abituato a dover contrattare- va fatto per il bene di tutti.

-Scordatelo amico, è della mia ragazza che stai parlando…

Philip bloccò il pugno di Michael a mezz’aria, abbassandosi lievemente per ritornargli una gomitata sullo sterno che gli mozzò il respiro.
Michael sentì le sue stesse costole incrinarsi pericolosamente, ma subito strinse i denti e cercò di contrattaccare con un calcio sul lato opposto in cui mise tutta la sua energia.

Un attacco che che tuttavia Philip Rogers parò quasi senza sforzo, buttandolo a terra sfruttando proprio il contraccolpo del suo stesso attacco. Il corpo del povero Michael impattò violentemente contro il freddo pavimento e Philip lo scavalcò con noncuranza, senza nemmeno provare a infierire sull’avversario.

Era chiaro che non voleva attaccarlo seriamente, semplicemente stava cercando di levarselo di dosso per andare ad inseguire Ellie. Era lei il suo vero obbiettivo ed era esattamente la ragione per cui Michael non lo avrebbe lasciato andare a costo della vita. Con la forza della disperazione gli artigliò le caviglie, cercando senza successo di farlo cadere all’indietro e beccandosi pure un calcio in piena faccia.

-Perchè non lasci perdere?- gli domandò quindi Philip Rogers con freddezza- Mi pare evidente che non sei all’altezza di sostenere uno scontro con me. Non lo saresti nemmeno se io fossi rimasto un semplice essere umano.

Dopo quelle parole Michael si ritrasse all’indietro, ma non per scappare. Al contrario aveva bisogno di spazio per eseguire una lieve rotazione e rimettersi in piedi. Avrebbe voluto piangere per quanto dolore gli provocò quello sforzo, ma cercò di controllarsi, avrebbe avuto bisogno di ogni grammo di lucidità che riusciva a trattenere per durare il più possibile e dare a Ellie il tempo di scappare.

-Io non sono mica stanco..- gli rispose  quasi con un mezzo sorriso insanguinato, prima di venire ributtato a terra dall’ennesimo pugno che non era quasi più in grado di parare.

Oh no, questo ultimo commento aveva fatto decisamente incazzare Rogers.

-Smettila di scimmiottare lui!- inveì, assestando questa volta  al suo avversario di due colpi rabbiosi ai fianchi che gli fecero cedere le ginocchia tanto che Michael rimase in piedi solo perchè lo stesso Philip lo reggeva per le spalle.

-E tu smettila di fare il cretino! Non sei in te- ribattè Coulson, ma Philip ormai era così adirato che non lo ascoltava nemmeno.

-Lo credete tutti così perfetto… Capitan America! Il salvatore della patria! Un modello per tutti voi…bè non avete idea di cosa significhi averlo come padre! Che ne dici Coulson? Dopo avermi conosciuto, dopo aver conosciuto Sarah sei ancora convinto che Steve Rogers sia il padre modello che il mondo ama e venera?

Il ragazzo si ricordò in quel momento della conversazione avuta con Sarah nel suo appartamento. Anche lei gli aveva detto più o meno le stesse cose. Ricordò tutto l’astio e la rabbia che nascondeva quel suo comportamento distaccato, un po’ come quello di suo fratello. Eppure neanche per un momento Michael aveva dubitato che Sarah nutrisse un profondo attaccamento per la sua famiglia e che, nonostante le loro recenti incomprensioni, amasse davvero  i suoi genitori.

-So che…so che mi sarebbe piaciuto conoscere il mio- ammise Michael con sincerità-Avrei dato qualsiasi cosa per poterci parlare anche solo una volta…qualsiasi. Anche solo per scoprire che siamo molto diversi. So che mi sarebbe andato bene in ogni caso perchè non sta scritto da nessuna parte che dobbiamo essere le repliche dei nostri genitori. E so anche che se tuo padre potesse vederti adesso si vergognerebbe di te…non perchè non sei uguale a lui, ma perchè stavi per fare qualcosa di sbagliato… a qualcuno che non lo merita- terminò ricordando il bel sorriso di Ellie come se l’avesse davanti.

L’avrebbe tenuta al sicuro, solo questo contava.

A questo punto Michael si staccò dalla presa di Philip Rogers e con  estrema fatica riuscì a trovare appoggio questa volta alla parete del corridoio. Anche così sentiva qualcosa di appiccicoso che gli colava dal volto sul braccio, rendendo la sua presa scivolosa e il peso del corpo insostenibile.

Eppure nemmeno allora si permise di cedere.

Philip lo fissava come ipnotizzato, incapace di rispondere.

-Non sono …io…quello contro cui vuoi davvero combattere Philip…non è per me questo rancore- rantolò Michael, lottando contro il dolore sordo che sentiva al petto e su tutto il corpo.

Il suo avversario non si scompose.
Incombeva su di lui, altero, così innegabilmente superiore che solo un pazzo avrebbe insistito ad opporsi. E Michael Coulson era abbastanza pazzo da provarci.

-Resta a terra ragazzino- disse infine Philip col volto teso, determinato a non cedere nonostante le parole dell’agente Coulson lo avessero smosso più di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere- Non sai nemmeno che cosa c’è in gioco.

-So che questo non sei tu, che non è quello che vuoi veramente… prova a pensarci un momento: Ellie è un’amica di Sarah e tua sorella non ti perdonerà mai se le farai del male!

-Ma è l’unico modo per vincere- ribattè lui ostinatamente - e Sarah questo non lo capisce.

-Sarah crede ancora in te!- ripetè l’agente Michael Coulson con le ultime forze, ormai era solo la parete che gli sosteneva le spalle a tenerlo in piedi oltre che il ricordo di quel sorriso pieno di speranza di Elisabeth Smith che forse non avrebbe più rivisto.

-Sta zitto!

-E i tuoi amici credono in te…

Questa volta Philip lo prese per il risvolto della giacca, quasi schiacciandolo contro quella parete e mettendo una pressione insostenibile sulle sue ferite.

-Ultimo avvertimento, adesso smettila- sibilò quasi, vicinissimo al suo volto.

Ma Michael era talmente messo male che quasi non sentiva più dolore e gli restituì uno sguardo sincero, quasi luminoso.

-Daisy...e Steve...i tuoi genitori credono in te Philip- concluse placidamente.

Per un brevissimo istante quelle parole parvero aver fatto breccia nelle sempre salde difese del ragazzo divenuto pari a una divinità. Nei suoi occhi qualcosa affiorò, ma venne subito ricacciato indietro da un ringhio carico di disperazione.

-Allora …si sono tutti sbagliati- concluse Philip Rogers, alzando il pugno un’ultima volta per finirlo.

Per metterlo finalmente a tacere.

Michael era serenamente rassegnato. Aveva resistito finché aveva potuto, e anche di più,  contro un avversario di molto superiore alla sua portata. Almeno Ellie era in salvo, a quel punto Cali l’aveva sicuramente già nascosta dove nè Philip nè le Norne l’avrebbero trovata… il suo ruolo ormai poteva dirsi concluso. Ma il colpo di grazia non arrivò perchè il braccio di Philip venne trattenuto da qualcuno della medesima forza all’altezza dell’avambraccio .

Qualcuno  che era appena uscito da un portale magico apertosi sul corridoio dove Michael e Philip avevano lottato. Era arrivato
lì giusto in tempo per assistere alla conclusione dello scontro impari insieme al dottor Strange, a sua moglie Kaya, a Wanda Maximoff e a Visone.

Suo padre, Steve Rogers, lo fissava incredulo mentre gli teneva ancora saldamente fermo il braccio.

Il suo sguardo azzurro al di sotto del caschetto della divisa  era sopraffatto dall’emozione, ma anche combattuto nel realizzare a cosa aveva appena assistito, una scena che mai avrebbe immaginato avrebbe potuto coinvolgere proprio suo figlio, ovvero il ragazzo più buono e altruista che conosceva.

-Philip…

Questi si divincolò prontamente facendo un rapido scatto all’indietro.
Era come se il braccio dove l’aveva toccato suo padre ora scottasse.

-Philip…sei stato tu?- domandò ancora il Capitano e la confusione era palese sul suo volto mentre supplicava per una spiegazione- Come è possibile… come hai potuto?

Ma quella supplica disperata fu male interpretata. Il ragazzo mantenne un’espressione dura, resa forse ancor più rigida propio dalla presenza del genitore verso cui ormai era chiaro nutriva un profondo rancore. Un rancore insospettato che meravigliò tutti, oltre che ferire Steve.

-Tu…non cominciare a farmi la predica su cosa avrei o non avrei dovuto fare, non hai idea della giornata che ho avuto, nè degli ultimi due anni!

Quelle parole sferzarono suo padre come se l'avesse colpito in volto.
Erano parole che non riconosceva in bocca suo figlio, parole che non meritava.

Philip di suo era sempre stato un ragazzo molto dolce e altruista, più estroverso di Blake, più sicuro di Sebastian, ma purtroppo proprio questo suo essere troppo perfetto aveva fatto si che tutti - adulti compresi- facessero un po' troppo affidamento su di lui che c'era sempre per tutti...

Philip si occupava di tutto, non sbagliava mai, non si lamentava, non pretendeva nemmeno di avere una vita sua. Anche sua sorella e i suoi amici avevano la loro parte di colpa nell'aver vissuto troppo convenientemente nella sua ombra, tanto pensava a tutto lui. Lui reggeva a tutto all'apparenza, ma dentro di sé si era creata una macchiolina nera che ogni giorno cresceva...e che ogni giorno gli ricordava che non era giusto.
Poi l'incidente devastante che lo aveva quasi ucciso. L'Hydra ne aveva subito approfittato per rapirlo e completare il lavoro, facendolo a pezzi...letteralmente.
Eseguendo gli ordini delle divinità, lo avevano poi ricucito usando sangue e ossa dei figli degli dei per far si che potesse assorbire i poteri delle divinità e fungere al loro piano.
Quando si era risvegliato in quello stato non si era sentito più sé stesso e in effetti...ormai non lo era più.
Non era più nemmeno un essere umano. Conservava certo i ricordi, persino le abitudini, ma quello che 'sentiva' erano solo vaghi echi delle sensazioni che provava prima....tra tutte un rancore sordo per essersi dovuto sacrificare un'altra volta.

Perchè suo padre, che di mestiere salvava sempre tutti, non aveva salvato lui.

Come non aveva salvato Sarah.

-Tu non c'eri mai!- disse ancora Philip rivolto a suo padre- Ci hai praticamente abbandonati a noi stessi...sono stato io a badare agli altri, solamente io, hai capito?! E dato che niente è cambiato...salverò Sarah da solo anche questa volta.

La macchia nera era sempre lì, diventata ormai una voragine dentro il suo corpo vuoto, finalmente pronta a privarlo di freni morali pur di raggiungere i suoi obbiettivi...anche a rivalersi su quella famiglia che ormai da tempo, ai suoi occhi, aveva rinunciato a lui.

-Ti credevamo morto- disse suo padre come se la consapevolezza tanto di quelle parole come di quelle che aveva appena udito uscire dalla bocca di suo figlio lo stessero schiacciando in quel preciso momento- Cosa ti è successo? Fatti guardare…cosa ti hanno fatto? Perchè non sei tornato da noi? Sarah lo sapeva? Per questo si comportava in modo strano…sai dove si trova adesso?

-Stammi lontano- insistette Philip, con i pugni serrati che quasi tremavano e da cui caddero gocce di sangue di Michael.

-Visto? E credevamo di essere gli unici ad avere problemi…- commentò Kaya a bassa voce all’orecchio di suo marito, che annuì gravemente, mentre assistevano a quella scena tremenda.

-Philip...aspetta!

-No. Ci penserò da solo come ho sempre dovuto fare!

Il ragazzo aveva preso a correre nella direzione opposta, rifiutando qualsiasi ulteriore contatto con suo padre.
Poi un secondo portale si aprì di fronte a loro e questa volta a sbarrare la strada al ragazzo fu il Sergente Barnes, l’ex soldato d’Inverno che subito incrociò lo sguardo allibito del nipote.

-Adesso basta Phil- gli disse semplicemente Bucky, aggiungendo poi in un tono più scherzoso, in netto contrasto con la scena di prima - basta così. Ci hai fatto già prendere uno spavento bello grosso non trovi?- ma lo aveva detto senza rancore, anzi sembrava solo felice di averlo di nuovo davanti a sé.

Nessuno dei due era minimamente intenzionato allo scontro dato il rapporto di complicità che c’era stato e c'era tuttora tra loro, ma le sorprese non erano finite. Dal portale insieme a Bucky era emersa anche una donna dal sorriso smagliante che Philip subito riconobbe.

-Zia Lexie?- domandò il ragazzo incredulo, combattendo l’istinto di andare ad abbracciarla.

Philip aveva sempre avuto un rapporto speciale con Alexis Moore coniugata Barnes, un' agente dello SHIELD, ma anche una potente maestra di arti mistiche, oltre che sua zia dopo che aveva sposato lo zio Bucky. Forse le era tanto legato proprio perchè era l’unica persona della famiglia a non mettergli mai pressione ed era invece sempre pronta ad ascoltarlo, per alleggerire un po’ quel fardello enorme che si portava dietro.
I suoi genitori li teneva ormai a distanza da anni, troppo perfetti e irraggiungibili per poterci instaurare un vero dialogo, mentre a casa dei Barnes, per quei pochi giorni in cui si trovavano da loro in visita, Philip sentiva di poter tirare finalmente un sospiro di sollievo…

Ma quei tempi erano finiti.

E adesso, dopo la sua trasformazione ad opera degli Smith, dopo che aveva quasi ucciso senza nemmeno pensarci due volte una ragazza dell’età di sua sorella, sentiva di non essere più degno di quell’affetto incondizionato. Quella parte umana che ancora era rimasta in lui tornò a farsi sentire prepotentemente sotto forma di rimorso.

E gli fece provare tanta paura di quello che era diventato.

Philip Rogers si immobilizzò, lo sguardo a terra. Riuscì a rialzarlo solo quando sentì un rumore di corsa proprio nella sua direzione e poi le braccia di lei avvolgerlo senza la minima esitazione.

Come se  quel terribile anno non fosse mai esistito e si fosse trovata d’avanti il Philip di sempre, il tenero bambino che aveva visto crescere.

-Mi dispiace…io…

-Non mi interessa- dichiarò la donna, che lo stringeva energicamente- Non mi interessa hai capito? Non voglio neanche sapere che cosa hai fatto o cosa sia appena successo…la risolviamo insieme, ok? L’importante è che adesso sei qui! Non sei morto! Sei insieme alla tua famiglia e alle persone che ti amano: una soluzione la si trova. Tranquillo.

Alexis non aveva preteso mai nulla da lui, non lo aveva mai giudicato... e non lo stava facendo nemmeno ora, quando le sue mani erano ancora sporche di sangue e Michael Coulson giaceva ancora a terra in condizioni pietose.

Philip annuì appena, abbandonandosi a quell'abbraccio colmo di amore e di ...semplice umanità.

Alexis si mise a ridere contenta, era di un’allegria contagiosa che per un istante fece dimenticare a tutti il guaio di proporzioni cosmiche in cui si trovavano.

-Hai fatto bene a chiamarla, amore- commentò Kaya con un ampio sorriso, rivolta a suo marito.

La dea del caos era commossa di fronte al trionfo di quei sentimenti umani che tanto l’avevano affascinata e non faceva niente per nasconderlo. Gli esseri umani erano creature davvero straordinarie capaci di azioni terribili come dei più nobili sentimenti. E spesso le due cose viaggiavano di pari passo.

-Avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile contro questo nemico- osservò il dottore- e io non potevo fare a meno della mia migliore allieva.

Nonostante la distensione generale che aveva provocato quel momento altamente emotivo, Strange era l’unico a restare ugualmente impassibile.
Era molto preoccupato al pensiero di cosa stavano per affrontare…ma principalmente al pensiero di aver lasciato Sebastian da solo. Nonostante le sue mille raccomandazioni, conosceva suo figlio e sapeva molto bene che aveva preso da Kaya una buona dose di imprevedibilità. Sperava di riuscire a risolvere tutto e di tronare al Sanctum il prima possibile.

-E io ti prometto che lascerò correre il fatto che tieni il numero di un’altra donna tra le chiamate rapide, solo perchè si tratta di una cara amica- gli disse scherzosamente Kaya, in parte anche per distoglierlo dalle sue preoccupazioni.

Non era una concessione da poco da parte di una donna che gli aveva fatto indicibili scenate di gelosia per molto meno, che al minimo accenno di discussione gli aveva tirato addosso mezza biblioteca, compresi testi molto antichi che si sgretolavano solo a guardarli, che aveva messo il povero Wong in croce per fargli testimoniare per filo e per segno cosa facessero tutto il giorno di così importante al Sanctum e che in generale tormentava chiunque gli si avvicinasse troppo…  e questo da ben prima che si scoprisse cosa era e cosa sarebbe stata in grado di fare.

-Lo dici solo perché generalmente Alexis sta sempre e solo dalla tua parte…- sospirò Stephen.

Già, come quasi tutti i suoi stretti collaboratori che Kaya irretiva facendo l’amica e distribuendo dolcetti deliziosi e mille complimenti. E quei traditori, Alexis per prima, nel loro quasi divorzio si erano tutti naturalmente schierati con lei…

-Ma è naturale, mio caro, le ragazze devono sostenersi a vicenda!- cinguettò la dea del caos, mentre anche Wanda Maximoff annuiva solennemente.

Poi entrambe andarono a salutare Alexis Barnes come normali amiche che non si vedono da tanto, iniziando da subito a complimentarsi dei rispettivi figli.
Bucky approfittò di quel momento per avvicinarsi a Steve Rogers, ancora sconvolto dallo scontro appena avuto, e lasciargli cadere silenziosamente una mano sulla spalla.

Quello trasalì al contatto, come stordito.
Era stato un duro colpo ritrovarsi davanti il figlio che aveva creduto scomparso… e che gli aveva detto per prima cosa quelle parole orribili.

-Non volevo crederci Buck…- gli confidò il capitano con voce spezzata-…non riesco neanche a pensarci. Come lo dirò a Daisy? Come le dirò quello che voleva fare…

-Non fa niente Steve, non fa niente… come ha detto Alexis l’importante è che Philip sia vivo e sia con la sua famiglia- insistette lui con fermezza- Non sappiamo ancora cosa gli sia successo…Non sarebbe la prima volta che quei bastardi cercano di condizionare qualcuno per farlo agire sotto coercizione per i loro scopi- aggiunse con un chiaro riferimento a quella che era stata la sua esperienza personale nelle mani dell’Hydra.

Erano passati molti anni e il sergente Barnes ormai era una persona diversa, era un eroe, era un  padre, un marito, il migliore amico di Capitan America e l’orgoglioso zio dei suoi ragazzi, Philip e Sarah. Ma non avrebbe mai dimenticato quanto dolore aveva provato, quanti sforzi gli era costato ricacciare tutto quel sudiciume nel profondo della sua anima, perdonarsi per le vite che aveva tolto senza avere il controllo di sè stesso…se non fosse stato per sua moglie e per la sua famiglia non era sicuro che ce l’avrebbe fatta.

Il punto era proprio questo: secondo la sua esperienza, nessuno ce la fa da solo, nemmeno il figlio di Capitan America.

Nessuno di loro sapeva cosa avessero fatto a Philip in quell’anno di prigionia, mentre tutti loro lo credevano morto, nessuno poteva anche solo immaginare a cosa lo avessero sottoposto per infine  piegarlo e spazzare via al sua umanità, ma di una cosa era certo: avrebbero o combattuto per riprenderselo perchè faceva parte della famiglia.

Steve però era ancora troppo sconvolto, aveva il morale a terra e continuava a ripetere un mucchio di sciocchezze.

-Ma io l’ho deluso…tu non lo hai visto, ma era così arrabbiato. Come lo è anche Sarah. Ho fallito Bucky, ho fallito miseramente con entrambi i miei figli…ho fallito come padre e come esempio per loro…io, forse  non ho saputo trasmettergli…

Ma l’amico lo interruppe bruscamente; gli avrebbe permesso tutto tranne che di commiserarsi a quel modo. Non quando sarebbe stato molto più urgente fare qualcosa per Philip.

-Si, il grande Capitan America ha fallito e ce ne faremo tutti una ragione! - esclamò Bucky Barnes ormai con esasperazione- Ma Steve Rogers non ci ha mai neanche provato…dovresti ricordarti di Steve, un tipetto un po’ sfigato, ma almeno sapeva per cosa combatteva e non si sarebbe mai arreso di fronte a un rifiuto. Non quando c’è in gioco tutto quello a cui tiene maggiormente.

Quelle parole ebbero l’effetto di toccarlo nel profondo.

Cosa gli era successo, si domandò Steve Rogers, per allontanarlo tanto dalla sua stessa famiglia? Le responsabilità, il lavoro, i ragazzi …certamente tutte queste cose pesavano tutte insieme sulle sue spalle ogni giorno di più e poi, tutto d’un tratto, così non era stato.

Il capitano si era sentito sollevato perchè Philip si era offerto di aiutare. E lui, inconsapevole dei rischi, glielo aveva permesso volentieri senza protestare, anzi, lo aveva fatto quasi con gratitudine ritrovando nel suo primogenito una piccola copia di sè stesso. In verità farsi aiutare da Philip nella gestione della famiglia era stato veramente semplice…quasi naturale.

Lui e Daisy erano spesso via per lavoro, che nel loro caso consisteva nel proteggere innocenti e sventare crisi a livello globale.
Era un compito rischioso che però entrambi erano liberi di svolgere con sicurezza ora che avevano un punto di appoggio in casa, che li poteva sostituire.
Era stato come non chiedere aiuto affatto, perchè suo figlio seppur giovanissimo era capace di gestire ogni situazione esattamente come avrebbe fatto lui. Solo che Philip era un ragazzino ed evidentemente la cosa gli era pesata più di quanto volesse dare a vedere. Adorava suo padre: avrebbe fatto di tutto per la famiglia, compreso sacrificarsi fingendo che andasse sempre tutto bene anche quando così non era.

Steve avrebbe dovuto accorgersene prima…perchè era esattamente quello che avrebbe fatto lui al suo posto!

Fin da ragazzino Philip si era assunto un carico di responsabilità non suo che doveva averlo messo a dura prova. Ma tutto sembrava sempre riuscirgli così bene da farlo sembrare facile e nessuno ci aveva dato peso. Così era rimasto solo. Lo avevano lasciato solo…e poi l’incidente che aveva distrutto le loro vite li aveva fatti risvegliare come da un sogno.

Bucky aveva ragione su tutto e Steve si sentì un idiota. I suoi figli meritavano di più, meritavano un padre che li mettesse al primo posto.

-Non un soldato perfetto…- mugugnò quindi Steve Rogers, quasi sollevato.

-Ma un brav’uomo- terminò Bucky finalmente con un sorriso disteso da condividere con l’amico a cui doveva tutto -E tu sei quell’uomo, Stevie, è ora che te ne ricordi. Non ti sei arreso con me- gli ricordò con fermezza- non lo farai nemmeno con i ragazzi. Hanno bisogno di loro padre adesso, non di Capitan America.

Steve Rogers annuì, questa volta risoluto.

Nel suo sguardo brillava una nuova folle determinazione, che avrebbe reso impossibile fallire in qualunque impresa.

-E cerca di non farti mai sentire da Alexis a parlare così…- gli consigliò infine Bucky- contrariamente all’immaginario comune non è ragionevole quanto me, anzi probabilmente ti prenderebbe a calci fino in Alaska o almeno finché non sarai tornato in te. Inoltre non sono sicuro che ti abbia perdonato per la storia di RedDoor. Si è particolarmente offesa con entrambi quando non l’abbiamo coinvolta l’ultima volta…- gli confidò sottovoce mentre Steve annuì serio.

-Già...ricordo.

Tra i due amici viaggiò uno sguardo pieno di comprensione.

Il capitano sapeva fin troppo bene dalla sua stessa esperienza cosa volesse dire fare un torto ad una moglie dotata di enormi poteri e la scusa del ‘ volevo che restassi al sicuro, ti volevo solo proteggere’ ormai da anni non aveva altro effetto se non farle arrabbiare maggiormente. Non osava immaginare che brutto quarto d’ora avesse passato Bucky al rientro dall’ultimo scontro al laboratorio degli Smith.

-Ma che scena toccante...scalda il cuore sapere che si può ancora contare sugli antichi valori della famiglia- commentò Enid Keller, l'anziana segretaria di Ingvild, che nonostante l'ora trada si trovava ancora nell'edificio e che, a quanto pareva, aveva assistito a tutto senza che loro se ne accorgessero.

La donna avanzò verso di loro con andatura claudicante, fissandoli tutti da sotto le spesse lenti dei suoi occhiali.

-Signora...le possiamo spiegare- fece per dire Steve, ma fu interrotto dalla successiva esclamazione di Kaya Strange, che aveva riconosciuto subito chi avevano in realtà davanti.

-Ciao Loki!- salutò la divinità del caos allegramente- Quanto tempo!!

Il dio dell'inganno le sorrise mentre riprendeva la sua forma originaria in uno sfavillio di verde regale.

 

Buongiorno a tutti voi! Eccoci qui con una sorpresa speciale per qualcuno....
Rack, mia cara, ci siamo!!!!! Si, perchè dovete sapere che il personaggio di Alexis Moore  è uscito dalla sua testolina geniale e se come me non potete fare a meno di saperne di più su di lei benissimo, sappiate che fa parte della sua bellissima serie 'New Avengers' che vi super consiglio!!!!!
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto e apprezzato questa storia, naturalmente per prima la mia sola e unica InsurgentMusketeer, che presto si vedrà recapitare una sorpresina simile....io non vedo l'ora, sarà pazzesco!!
Vi adoro alla follia ragazze!!!!
^^
Un saluto di cuore a tutti.

Mary

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Capitolo 12
*** Passaggio ***



-Kaya, affascinante come sempre- il dio dell’inganno si esibì in una riverenza esagerata-Mi hanno detto che sei sul punto di divorziare...se posso permettermi, una scelta saggia e comprensibile. Baldur ne sarà oltremodo lieto- disse facendo riferimento alla loro comune conoscenza.

Lei invece non si scompose minimamente.

-E' sempre così pieno di sé da ignorare il fatto che un no resta un no, anche alla fine del mondo?

-Sempre follemente innamorato di te e ad un uomo innamorato si perdona tutto.

-Folle e basta - commentò lei, che della corte del dio asgardiano non aveva mai saputo che farsene.

-Sei stato male informato- precisò il dottor Strange a scanso di equivoci- ma visto che ami tanto parlare a sproposito, per favore, illuminaci pure sulla tua improbabile presenza qui.

Loki sorrise amabilmente al suo piccolo pubblico, che non sembrava particolarmente felice di vederlo in giro a piede libero dopo tanto tempo.
I suoi trascorsi con gli Avengers non erano stati dei migliori, questo andava detto. Si, avevano anche  collaborato per qualche tempo, ma alla fine si era sempre trattato di alleanze momentanee e circostanziate. E tutte si erano inevitabilmente concluse con Loki che li pugnalava alle spalle e fuggiva chissà dove.

Ora la situazione non era molto diversa, ma stavolta erano stati coinvolti anche i ragazzi, tra cui c'era sua figlia. Una figlia di cui di fatto si era occupato ancora una volta più Steve Rogers che Loki, che non l'aveva mai neanche voluta conoscere a quanto ne sapevano. Forse sarebbe stato un incentivo a farlo ravvedere...o forse no. Per il momento sembrava decisamente predisposto al dialogo, il che non era una novità.

Il dio trasse un lungo respiro prima di fare il suo esordio trionfale.

-Miei cari amici, stavolta si può dire che sia davvero stato il destino a farci incontrare.

-Non siamo amici tuoi- mise in chiaro duramente Steve Rogers- dì, è per caso opera tua questa storia del risveglio delle divinità del destino e della fine del mondo?

Loki di rimando gli sorrise in maniera ambigua.

-Steve, capisco che ti piaccia vivere nel passato…ma sono passati vent’anni e sei ancora attaccato ai soliti pregiudizi. Che gran peccato.

-Rispondi alla sua domanda- si intromise Philip Rogers con un atteggiamento diffidente che rispecchiava esattamente quello del genitore.

-Non ti fai vedere da vent’anni- precisò Bucky- Cominciavamo a coltivare effettivamente la speranza che avessi preso atto della sconfitta e che non saresti tornato.

-Ragazzi, ragazzi …calma- intervenne Alexis- sentiamo almeno prima cosa ha da dire…se si trattasse di un suo piano non credo sarebbe qui a parlarcene amabilmente…almeno lo spero! Abbiamo già collaborato in passato e dovete ammettere che ci è stato di grande aiuto.

Insomma che di Loki non ci fosse da fidarsi a occhi chiusi era abbastanza noto, ma era anche vero che se lui aveva un piano che poteva fermare la fine del mondo dovevano almeno dargli un'opportunità di spiegarsi.

-Grazie, mia cara.

Loki le fece un rapido occhiolino, godendosi appieno l’espressione indignata del sergente Barnes.
Nonostante tanti anni di un felice matrimonio con Alexis non aveva mai del tutto superato la loro antica antipatia e tutt’ora maltollerava certe confidenze tra di loro.

-Abbiamo collaborato, certo, ma mai senza che questo individuo si aspettasse un preciso tornaconto…- riconobbe Strange, assottigliando lo sguardo come per scandagliare quello criptico della divinità- …che in questo caso fatico a vedere. Se queste dee sono così potenti da ricostruire una civiltà distrutta avresti potuto negoziare direttamente con loro qualsiasi ricompensa, anziché osteggiarle in campo aperto.

Kaya, che invece aveva capito tutto alla luce vecchi tempi passati a compiere insieme ogni genere di disastro in giro per l’universo, rise appena di fronte al fatto che nessuno avesse preso in considerazione che la seconda delle norne si trovava attualmente ad occupare il corpo di Ingvild Erikssen. Quella Ingvild per cui lo aveva visto andare in crisi nera quasi vent’anni prima, quando quello che doveva essere un flirt da un paio di settimane con la bellissima Ingvild si era trasformato in una casa in cui ritornare a intervalli regolari... tanto che alla fine, tra una visita e l'altra, ci aveva pure fatto una figlia. E se c’era qualcosa che caratterizzava il dio dell’inganno era che non facesse mai niente per caso, senza una quasi spasmodica conta dei pro e dei contro.

Come sempre la spiegazione più ovvia al suo coinvolgimento era quella che nessuno si dava mai per prima. Non era un mistero, almeno per lei, che fossero più i sentimenti che altro a muovere il mondo intero, ma spesso gli esseri umani erano così indaffarati a ricercare spiegazioni logiche che si ritrovavano prigionieri delle loro stesse costruzioni mentali e si affannavano a guardare dappertutto meno che in loro stessi.

-Quante storie... - affermò candidamente la dea del caos - mi pare evidente che sei in…

-Interessato a una rapida risoluzione del conflitto- la interruppe Loki prima che Kaya con la sua solita caotica franchezza spiattellasse tranquillamente i fatti suoi.

Lei sbuffò, proprio non lo capiva: essere innamorati era un’emozione bellissima, forse quella più bella che l’umanità poteva sperimentare, di cosa si vergognava?!

-Commetti un grave errore se ci credi talmente ingenui da fidarci di te- insistette però Steve Rogers, ancora poco convinto della sua buona fede e a ragione visti i loro trascorsi.

-Già, chi ci dice che alla fine non sia tutta opera tua in combutta con queste Norne che hanno preso di mira i ragazzi?- gli diede corda anche Bucky.

-Felice di poter affermare il contrario, per vostra fortuna- precisò Loki- Quasi mi rincresce…ma non posso pretendere alcun merito se non quello…bè, in pratica di aver ritardato l’inevitabile fine di questo mondo, nascondendo alla loro vista quello che mancava al completamento del loro disegno: i vostri figli. Non ci sarà bisogno che mi ringraziate tutti insieme.

Nessuno ne aveva l’intenzione, meravigliati com’erano dall’assurdità di tutto questo.
Quanto al dio dell’inganno si stava veramente divertendo un mondo.
Ora come ora era l’unico tra loro ad avere chiara la situazione e i suoi antichi avversari pendevano letteralmente dalle sue labbra.

-Sette bambini con capacità particolari nati lo stesso anno. Coincidenza insolita, ne converrete. Naturalmente mi ha da subito insospettito la gravidanza di Jane Foster in concomitanza perfetta con quella di…un’altra persona a me legata. Dovevo sapere di più. Così mi sono messo alla ricerca del mio caro fratello per verificare la mia teoria e l’ho trovato… in un posto che non avrebbe più dovuto esistere, a processo per tradimento. L’ironia si spreca naturalmente .

Il dio fece una pausa ad effetto a beneficio del suo pubblico.

Nonostante la palese diffidenza nessuno di loro aveva osato trarre un fiato, esattamente come si aspettava lui... Era ormai una necessità troppo impellente raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sul nemico contro cui si apprestavano a combattere e pareva che Loki avesse un’idea molto precisa di cosa andasse fatto per fermare le tre dee.

O almeno se si prendeva la briga di venire a spiegarlo proprio a loro poteva significare solo una cosa: aveva già un piano, ma aveva bisogno di aiuto per realizzarlo.

-Pare non avesse preso bene il fatto che Padre Tutto smaniasse di sacrificare il suo prezioso figlio alle Norne, per ripagare il suo debito. Asgard gli è stata restituita dalle Signore del Destino, insieme alla sua gente…e alla sua sposa. Tutto questo a prezzo della lealtà di Odino nella battaglia finale. Nel momento preciso in cui i mondi sono destinati a finire, secondo quanto il Fato ha stabilito.

-Intendi...tipo una resa dei conti mistica?- domandò Alexis.

-Precisamente. Alcuni lo chiamano il crepuscolo degli dei. La fine dei mondi. Una nuova gestione cosmica, se preferite...questa volta con quelle tre megere a capo di tutto. E questo avverrà a momenti, se non ci diamo una mossa.

Il Fato così aveva deciso e le divinità che ne custodivano i voleri intendevano approfittare di quella precisa ricorrenza per sostituirsi ad esso.

-Se è stato il Fato a stabilirlo non c’è molto da fare- obbiettò Kaya, riportando quello che sempre le era stato inculcato come una fede inesorabile- Non vi è modo di opporsi al Fato, nemmeno per gli dei.

-Oh, ne convengo- rispose Loki, mentre i suoi occhi sfavillavano nella penombra del corridoio-Ma forse ci potrebbe essere un modo per ingannarlo…se deciderete di collaborare.

Tra tutti si scambiarono rapide occhiate colme di indecisione.

Certamente non avevano tempo da perdere, però era dura fidarsi proprio di Loki che, per quanto effettivamente avesse degli interessi in prima persona nella faccenda, avevano imparato a non sottovalutare mai. Se ci fosse stato un modo per trarne vantaggio a loro spese potevano star certi che lo avrebbe trovato e loro ne sapevano troppo poco di dei e destino per potersi adeguatamente preparare.

-Cosa dovremmo fare?- domandò infine Philip, con una certa impazienza di venirne a capo.

-Seguire il maestro...- rispose prontamente Loki, quasi innocentemente, riferendosi niente meno che a s stesso- L’ascensione delle Norne non è completa finché non sia celebrato un sacrificio ad opera di una consacrata… e l’unica della sua generazione in possesso di questa capacità si trova negli Inferi, sotto la custodia di mia figlia Hel. Illesa. Non la troveranno mai.

A quelle parole Philip trasse un impercettibile sospiro di sollievo.
Dunque erano riusciti veramente a trovare una soluzione per impedire che si impossessassero della chiave per completare il rito e non c'era stato bisogno di eliminarla. E se nemmeno Loki, che in genere non si faceva troppi problemi a passare alle vie di fatto, era arrivato alla conclusione di tagliare la gola voleva dire che era decisamente il momento di rivedere le sue conclusioni su sé stesso e su cosa fosse diventato.

-Il che significa che sono vulnerabili- commentò il ragazzo- finché Ellie Smith non le vincola al corpo prescelto possiamo ancora scacciarle e impedire che si impadroniscano del destino.

-Parlano di Ellie- sospirò Wanda con la sua consueta aria trasognata- Ellie è una ragazzina deliziosa. Proprio a modo. Piace anche a Daisy. Sarà per questo che l'ha designata come suo successore alla carica di direttrice dello SHIELD...o forse ancora non lo ha fatto? Tesoro, mi ricordi gentilmente in che anno siamo?- concluse rivolta a Visione, che con molta dolcezza e infinita pazienza ragguagliò la moglie su dove si trovassero e cosa stessero facendo.

Non era infrequente che Wanda si smarrisse, incominciando a parlare come se si trovasse nel futuro o nel passato, a seconda dei momenti. Era sicuramente un rischio portarla con loro, ma viste le circostanze sarebbe stato un rischio maggiore non avere dalla loro parte il suo potere.

-Precisamente- annuì Loki- e, sempre secondo la mia teoria che non è priva di una certa affidabilità, se impediamo alle Norne in qualsiasi modo di ascendere tutto il Fato dovrebbe resettarsi in automatico...e ricominciare da capo. Non ci saranno conseguenze sul piano fisico. I mondi finiscono  e ricominciano nello stesso istate, non risentiranno minimamente del cambiamento. Tutto tonerà a scorrere esattamente come prima... allora affare fatto?

-Mi sembra oltremodo una semplificazione- obbiettò Strange, per nulla convinto, cercando conferma anche in Alexis, che proprio a causa della sua profonda conoscenza degli equilibri tra diverse realtà condivideva le sue stesse riserve sull'argomento- e nelle semplificazioni ci si può nascondere di tutto- concluse in quella che sembrava quasi un'accusa palese.

Durante tutta l'esposizione di Loki Alexis Moore non aveva fatto altro che tormentarsi il labbro inferiore nervosamente. La donna parva assorta, stava riflettendo a sua volta su cosa fosse meglio fare, valutando il tutto alla luce delle esperienze passate in campo mistico ma anche del loro effettivo stato di bisogno.

-Hai ragione Stephen... ma che altra opzione concreta abbiamo? - si pronunciò infine- Possiamo riempirci un manuale, anzi dieci,  con tutti i nostri dubbi ma ciò non cambia che Sarah è in pericolo adesso e ogni istante perso ci allontana dall'obbiettivo di riportarla a casa. Perchè non cominciamo ad andare e poi da lì si vede il da farsi...facciamo come abbiamo sempre fatto, no? Un'apocalisse alla volta.

Bucky non pareva particolarmente entusiasta all'idea di seguire Loki in un piano da questi ideato, ma ancora una volta scelse di fidarsi dell'istinto di sua moglie, che non lo aveva mai deluso, e finì quindi con l'annuire tramite un impercettibile cenno del capo che non sfuggì a Steve Rogers.

Steve al solo sentire nominare sua figlia aveva già deciso in cuor suo.

-Va bene. Ti seguiamo...per ora- stabilì alla fine il capitano- ma sappi che non ti perderemo di vista un'istante.

Loki alzò le mani in un gesto teatrale.

-Come sempre la vostra fiducia incondizionata mi commuove.

Alle sue spalle comparve un vortice magico di un verde saettante, che presumibilmente li avrebbe condotti tutti direttamente al luogo prescelto per dare battaglia.

-Bene. Cosa stiamo aspettando?- Philip Rogers si fece avanti per primo, ma suo padre lo fermò mettendogli una mano sulla spalla, gentilmente ma con fermezza.

Di nuovo il ragazzo trasalì a quel contatto, ma stavolta non si ritrasse.

Per la verità, sfogata la rabbia repressa dopo anni e anni, non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia suo padre.
Certo adesso doveva considerarlo un mostro e ne avrebbe avuto tutte le ragioni.

-Philip, non devi venire con noi...se non ti senti pronto- provò a dire Steve con il tono più calmo e misurato che gli riuscì di tirar fuori- davvero, hai già fatto abbastanza per proteggere tua sorella e tutti noi.

-Cosa? No! Io voglio venire...posso farcela!

Steve scosse la testa perchè quella frase l'aveva sentita troppe volte e non le aveva mai dato il giusto peso. Philip era ovviamente contrario a quella prospettiva, ci mancherebbe, dopo aver passato la vita a risolvere i problemi di tutti ormai si dava per scontato, ma suo padre questa volta fu irremovibile.

Troppe volete aveva dato per scontato di poter contare su di lui come su un adulto, un suo pari, quasi un compagno d'armi e lo aveva fatto a discapito del suo diritto ad essere invece un ragazzo normale. Ad essere semplicemente suo figlio.

-Lo so che puoi, ma in questo caso non devi.

-Ma papà...

-Non questa volta Phil. Devi restare con i tuoi amici, anche loro hanno bisogno di te...come ne ha tua madre. Se anche non ci uccidono le Norne lo farà lei appena scoprirà dove siamo andati senza avvisarla, ma non c'è stato tempo di coinvolgerla. Tu chiamala e spiegale l'accaduto... e dille pure di star tranquilla: io e Sarah vi raggiungiamo per cena- aggiunse alla fine come si trattasse di una serata qualsiasi in cui gli capitava di far tardi al lavoro.

Bucky Barnes sorrise appena di fronte allo smaccato ottimismo che era tornato a caratterizzare il suo migliore amico. Anche Alexis annuì incoraggiante.

-Ascoltalo tesoro. E' la soluzione migliore in questo momento.

Alla fine Philip dovette per forza cedere.

-Papà, mi dispiace...se ti ho deluso- cominciò a dire, ma suo padre soffocò quelle scuse in uno sguardo colmo di comprensione e amore che non necessitava di parole.

Aveva creduto di averlo perso già una volta, non avrebbe rischiato di nuovo.

-Se c'è qualcuno che deve scusarsi sono io. Tu sei stato bravissimo, hai fatto tutto quello che potevi per aiutare- disse suo padre, regalandogli uno sguardo in cui non lesse lamina traccia di rancore o rimprovero- ma da qui in poi ci pensiamo noi. Per favore.

Philip strinse i pugni fino a sbiancare completamente le nocche.

-E se Sarah...- si interruppe come se non riuscisse a dar voce a quel pensiero troppo orribile.

-La riporterò a casa- rispose Steve con fermezza- te lo prometto.

-Io però vengo- dichiarò a sorpresa Michael Coulson, con una voce che pareva venire direttamente dall'oltretomba, tanto da far voltare tutti verso di lui, preoccupati.

Anche Michael infatti aveva ascoltato le spiegazioni di Loki e aveva esultato dentro quando aveva sentito che Ellie ormai era fuori pericolo, ma la battaglia più importante non era ancora stata vinta e se c'era da combattere non si sarebbe tirato certo indietro.

-Michael, forse è meglio se ti riprendi un attimo...

-Non mi sono mai sentito meglio- ribattè lui, che faticava persino a stare in piedi.

Infatti prima che rovinasse a terra nella fretta di avanzare venne  prontamente sorretto da un mortificato Philip Rogers.

-Immagino di doverti delle scuse- ammise questi.

-Nessun rancore amico, capita tutti una giornata storta, non parliamone più- offrì Michael, che era probabilmente l'unica persona al mondo capace di stringere amicizia con colui che pochi istanti prima lo aveva appena pestato a sangue.

Erano una strana coppia Philip Rogers e Michael Coulson.

-Sentite, è tutto molto toccante, ma non abbiamo tempo per le opere di carità...magari un'altra volta, ok?

-Sta zitto Loki!- si levò un coro unanime di protesta.

-Michael Coulson, che bello che ci sia anche tu!- lo salutò Wanda dal profondo della sua trance- ci tenevo a dirtelo, è stata una cerimonia molto toccante...- si bloccò quasi di scatto come se stesse vedendo un'altra immagine sovrapporsi al viso pesto del ragazzo, per poi voltarsi un po' confusa verso il suo compagno con grandi occhi persi- Michael è il marito di Ellie, no?

-Non ancora tesoro...ma probabilmente succederà presto, viste le tue parole- le rispose Visione, mentre la accompagnava al portale.

Tutti gli altri si apprestarono a seguirli, passarono nell'ordine Visione e Wanda, Steve Rogers, Bucky Barnes, infine Alexis Moore. Stephen e Kaya invece rimasero indietro ancora un momento, rivolgendosi ai ragazzi.

-Voi due- ordinò il dottore a Philip e Michael-  raggiungerete i figli di Wanda che ho mandato al santuario...ammesso che Sebastian non abbia già provveduto a demolirlo pietra per pietra. Lì resterete finché non vi manderemo notizie.

-Sicuramente Sebastian sa quello che fa- disse Philip, che aveva scelto proprio quel momento per riprendere la vecchia abitudine di difendere gli amici a priori.

'E' esattamente questo che mi preoccupa' pensò suo padre, ma non aggiunse altro limitandosi ad aprir loro la via direttamene al Sanctum.
Kaya invece si avvicinò a Michael Coulson.

-Permetti caro?- chiese la dea prima di passargli delicatamente una mano sulla fronte- Ecco fatto!

Quando la ritrasse non solo il taglio in corrispondenza della tempia ma tutte le sue ferite erano sparite e il ragazzo si sentiva più in forze che mai, senza più necessità che fosse Philip a sorreggerlo ad ogni passo.

-Wow...grazie!

Certo che a saperlo prima, si disse Stephen, ben guardandosi dal condividere ad alta voce quel pensiero, si sarebbe risparmiato anni di torture malcelate da cure da parte della moglie. Infatti, se gli capitava di tornare a casa un po' malconcio dopo uno scontro, Kaya aveva sempre insistito per assisterlo amorevolmente di persona, rivelandosi purtroppo la peggiore infermiera della storia, incapace di seguire anche la più semplice istruzione perchè troppo agitata dal vederlo sofferente.

Kaya, che comunque aveva intuito cosa stesse pensando, gli regalò un enorme sorriso.

-Vai pure avanti amore, ti raggiungo subito.

Stephen, a sua volta conscio delle sue intenzioni annuì, precedendola.

-Non metterci troppo- disse per poi passare a sua volta dall'altra parte.

Kaya annuì di rimando, prima di spostare la sua attenzione sul dio dell'inganno, che si era defilato quasi in un angolo in attesa che tutti fossero passati dal portale che aveva cerato con la sua magia. Ora che erano soli poteva parlare con franchezza.

-Senti Loki, io ti adoro, ci frequentiamo ormai da secoli...ti conosco abbastanza bene da sapere che non ci hai detto proprio tutto, ma mi va bene anche così, non voglio interferire nei tuoi affari- gli disse senza troppi giri di parole con un tono estremamente amabile, che mal si accordava con le scintille gialle dei suoi occhi, tipico di quando minacciava qualcuno - mi permetto solo di ricordarti che la nostra priorità in questo momento è di tenere al sicuro i ragazzi... quindi ti avverto che se mai dovesse succedere qualcosa a mio figlio o agli altri a causa dei tuoi giochetti, te lo assicuro, non ci sarà un angolo abbastanza remoto dell'universo in cui non ti verrò a cercare per farti a pezzi. Ci siamo capiti?

-Te lo hanno mai detto che quando entri in modalità assassina sei ancora più incantevole?- rispose lui per niente intimorito e convinto di cavarsela coi soliti complimenti.

Ma Kaya, che coerentemente con il caos che rappresentava passava in una frazione di secondo dall'essere  per niente rigorosa alla totale intransigenza, era diventata estremamente seria.

-Molte volte in verità e non è mai finita bene. Ma seriamente, che cosa vuoi questa volta che non sei già riuscito ad ottenere con i tuoi imbrogli?

Non dovette nemmeno pensarci: la risposta era ovvia, lo era sempre stata.

-Voglio tutto- ammise Loki con una scintilla di bramosia nella voce che ben gli si addiceva.

La dea del caos valutò quella risposta e in un certo senso si ritene quasi soddisfatta.
Non si aspettava certo che confessasse su due piedi, ma era comunque evidente che oltre a fermare le Norne e salvare Ingvild c'era dell'altro in gioco.

-Bene, spero che in quel tutto rientri anche tua figlia- disse alla fine- A un uomo innamorato si perdona tutto, dicevamo, mentre ad un genitore no.

Loki alzò gli occhi, scocciato.
Non c'era certo bisogno che gli ricordasse lei che certi rapporti avevano una data di scadenza e se non si era ancora mai fatto vivo con Cali aveva le sue ragioni. Ragioni molto valide a suo dire, tra la fine del mondo e i suoi impegni privati, che però, stranamente, avrebbe avuto più di qualche difficoltà ad argomentare.
La verità di fondo era che, tra tutti i figli che aveva generato, quella di Ingvild gli dava più pensieri di tutti gli altri messi insieme, perchè esattamente come sua madre era imprevedibile e purtroppo era sempre stato così.

-Eri più divertente quando distruggevi mondi per passare il tempo, lo sapevi?- commentò acido, mentre Kaya senza neanche voltarsi gli alzò il dito medio prima di scomparire nel portale.

Loki si rassegnò a seguire quelle che ormai considerava le sue truppe, mettendo da parte le sue questioni private, almeno per il momento, e convinto che sarebbe stato l'ultimo a passare dall'altra parte prima che il portale si richiudesse.
Ancora una volta si sbagliava.

Infatti qualcun altro era nascosto dietro al corridoio a osservarli: Morgan Stark che era rimasta in disparte, aspettando solo l'occasione giusta. Non si sarebbe lasciata mettere da parte un'altra volta. A dispetto di qualsiasi prudenza o di piano, che comunque non aveva, preferiva di gran lunga trovarsi nel vivo dell'azione che confinata nel Sanctum con gli altri bambini.

Sarebbe riuscita dove gli altri, perfino Philip, avevano fallito, si disse prima di saltare.

 

...

 

Intanto nel regno di Hel, Blake, Cali ed Ellie si stavano ancora dando da fare per trovare una via di fuga. Perfino lo spettro di Emily era inquieto e vorticava nervosamente attorno a loro in rapidi cerchi, ansiosa di poter fare qualsiasi cosa per aiutare la figlia che aveva appena ritrovato. Il problema era in sostanza che nelle terre dei morti c'era un gran afflusso di anime in entrata per le più svariate ragioni, ma l'uscita da quel luogo non era proprio contemplata.

Pertanto non c'erano porte nel palazzo sotterraneo, non vi erano cancelli o serrature che potessero essere forzate oppure mura da scavalcare.
Tutto ciò che li circondava era cieco e opprimente, come le loro attuali prospettive.

-Tutte le vie di accesso degli antichi sono state eliminate da Hel stessa- spiegò Cali- e lei è l'unica che si può muovere in entrambe le direzioni- concluse come se si trattasse di una partita di scacchi.

In effetti era un'immagine pittoresca, una partita contro la morte,  ma ora come ora non li aiutava nemmeno un po'.

-Credi che ci lascerebbe andare se glielo chiedessi tu?- domandò Blake- In fondo siete sorelle.

Ma Cali scosse la testa, senza lasciargli alcuna speranza.

-Solo se glielo chiedesse nostro padre: Hel è un'ingenua e fa tutto quello che le dice lui senza fiatare. Se le ha ordinato di tenerci qui arriverebbe ad ammazzarci sul serio pur di non farci uscire.

-Magari un'altra divinità ci poterebbe venire in soccorso...- propose il ragazzo, passando al vaglio minuziosamente ogni ipotesi praticabile.

-Ne conosci molte? Qualche divinità in particolare disposta a da aiutarci?- sbottò Cali, esternando con chiarezza quanto la cosa scocciasse anche lei- Io no...Blake, ammettiamolo, siamo bloccati qui sotto fino nuovo ordine.

Il ragazzo non rispose subito, piuttosto parve concentrarsi a trattenere un'idea che gli era appena venuta.

-Bè...non è poi così male qui- si ritrovò invece ad ammettere Ellie, quasi timidamente- tanto presto o tardi ci saremmo finiti comunque.

Certo, anche lei voleva andare a salvare la sua amica, pur tuttavia non voleva lasciare lo spettro sua madre così presto. Non se quella era l'unica occasione che avrebbe mai avuto per stare un po' con lei. Emily era come un sogno che si realizzava. Ci sarebbero state ancora tante cose che voleva chiederle e altrettante gliele voleva raccontare...non le sarebbe bastato tutto il tempo del modo per recuperare tutto quello che voleva con lei.

-Ma guarda cosa mi tocca sentire! Ci mancava questa che adesso si è fissata con le idee di morte...

-Dicevo così per dire, Cali, scusa- si giustificò subito Ellie, vergognandosi un pochino del suo momento di egoismo.

-Comunque tu resti qui in ogni caso, ti sei dimenticata che le Norne non aspettano che te per completare l'opera? Se metti il naso fuori da qui ti obbligheranno a qualche rito strano per rendere il loro legame definitivo.

-Già...oppure per spezzarlo- osservò Blake giusto in quel momento- provate a pensarci ragazze: se funziona in un senso può funzionare anche in quello opposto.

Il ragazzo aveva ereditato dalla madre la sua stessa mente brillante e la stava mettendo a buon uso per elaborare una strategia, qualsiasi cosa lo potesse aiutare a salvare Sarah e anche suo padre. Blake si tormentava al pensiero di cosa stesse passando e si era ripromesso che sarebbe tornato per liberarlo o perito nel tentativo. Ormai nessuno di loro era più disposto a lasciarsi trascinare da eventi fuori dal loro controllo: era arrivato il momento di passare all'attacco.

Ellie però scosse il capo sconsolata.

-Ragazzi, sinceramente non avrei idea di come fare.

-Lo hai già fatto- osservò Cali -Al compleanno dei gemelli ...quando hai fermato Sarah.

-Io non ho la minima idea di che cosa ho fatto al compleanno dei gemelli! E non ho spezzato alcun legame visto come è andata.

-Però lo hai allentato- insistette Blake- forse ci potrebbe bastare...dobbiamo pur fare un tentativo!

-Blake, ti dico che non sono capace!

-Provaci almeno- insistette a sua volta anche Cali- magari abbiamo fortuna...

-O magari rischio di peggiorare la situazione- Ellie si era ormai trincerata dietro l'assoluta certezza che sarebbe stata un disastro e l'ultima cosa che voleva era rendersi responsabile della fine del mondo -Ragazzi davvero...non saprei da dove iniziare.

-Posso insegnartelo io- propose del tutto a sorpresa Emily, lasciando i ragazzi a bocca aperta.

Lo spettro aveva parlato da sopra di loro costringendo i tre ad alzare il collo verso di lei.
Aveva il volto pallido tirato dalla rassegnazione. Si capiva benissimo che anche a lei sarebbe piaciuto trascorrere più tempo con la figlia, ma non poteva tergiversare quando aveva capito che c'erano della altre vite i gioco. Emily Spencer aveva sempre anteposto il bene degli altri al proprio interesse quando era ancora in vita e la morte non l'aveva cambiata.

-Saresti in grado di farlo?- domandò Blake, la cui voce era ormai colorata da un'inconfondibile nota di speranza.

-Lo sarei stata da viva- confermò lo spettro- il mio potere era esattamente identico a quello che percepisco adesso in Amelia...cioè in Ellie, scusate... Controllare i flussi di energia vitale è una dote molto rara, propria della nostra famiglia da generazioni, oh se solo avessi il tempo di raccontarti...ma purtroppo non abbiamo tempo per la teoria, dovremo passare alla pratica pura. Certo è passato del tempo e per me non è facile ricordare con esattezza cosa si provi ad essere in un corpo vivo. Ma posso farcela!- concluse con quell'ottimismo così tipico di Ellie e di cui la ragazza sembrava al momento sprovvista.

Per la verità era arrivata ad un punto dove tutto le sembrava decisamente...troppo.
Si sentiva uno straccio, totalmente inutile. Almeno se fosse morta come voleva Philip avrebbe posto un ostacolo concreto all'avanzata delle dee del destino e, inoltre, sarebbe potuta rimanere in quel dolce limbo con sua madre...per sempre.

-Mamma...mi dispiace, ma io non posso.

-Devi tesoro mio- le disse dolcemente Emily tendendole le mani fredde- non dipende mai da noi alla fine...ma da quello che siamo disposti a rischiare per quelli che amiamo. Credi che mi importi di essere finita qui se adesso, dopo averti incontrata, so che entrambi i miei figli sono in salvo?

Sulle spalle della ragazza quanto dei suoi amici calò un gelo che non aveva nulla a che vedere con il regno infero.

-Scusa...hai detto entrambi?

-Tu e tuo fratello- confermò Emily con sicurezza.

-Mamma...

'Io l'ho visto morire' avrebbe voluto dire Ellie a questo punto, ma si bloccò.
Non sarebbe stato esatto perchè lei in fondo, quando quella scena terribile le era stata esibita davanti come un incubo vivente,  si era sempre rifiutata di guardare... tutto ciò che aveva sentito erano spari e sapeva che suo fratello fosse morto solo dalle parole di una dea malvagia e inaffidabile.
E le se avesse mentito deliberatamente solo per condizionarla? Se davvero il figlio di Emily si fosse in qualche modo salvato da quell'imboscata?!

-Quando sono arrivata qui la prima cosa che ho fatto è stata cercarlo- aggiunse Emily Spencer e dalla sua voce traspariva tutto il sollievo di una madre che nelle sue condizioni si trova confortata da quella scoperta- ma lui non c'era...da nessuna parte. Lui non c'era, capite?! Sapete cosa vuol dire?

I ragazzi annuirono con un leggero sorriso.

-Che mio fratello... è ancora vivo- affermò Ellie con sempre maggior sicurezza, come se dirlo ad alta voce lo rendete più reale.

Si sentiva come liberata da quella rivelazione, mentre dentro di lei la depressione lasciava il posto a una rabbia cocente per il tentativo di manipolazione che aveva subito dalle Norne che la fece smuovere e reagire.

-Per questo tu devi andare, tesoro. Io ti aiuterò con il tuo potere...ti guiderò come posso, ma devi essere tu ad aiutare i tuoi amici. E quando tutto sarà risolto, a trovare tuo fratello- disse sua madre.

Alla fine Ellie annuì, come se si fosse rotrovata nuovamente in sè.

-Grandioso- commentò Cali, che non voleva in alcun modo abbandonarsi alla commozione che a sua volta sentiva per l'amica e per la sua importante scoperta- abbiamo appurato che Ellie sa fare magie con l'energia vitale della gente e che può imparare a controllare questo potere in tempi ragionevoli...resta il fatto che noi siamo qui sotto mentre le Norne sono là fuori. E a meno che la signora Spencer non sappia insegnarci come si fa un esorcismo a distanza siamo al punto di partenza.

-Non proprio- disse Blake, giunto ormai il momento per rivelare le sue intenzioni- forse ho capito come possiamo uscire e raggiungere le Norne. O almeno so a chi possiamo chiedere...

Gli era venuto in mente nel momento stesso in cui Cali gli aveva chiesto se conoscesse altre divinità, bè si trattava in effetti di divinità minori, considerate inferiori e invisibili ...e perciò generalmente dimenticate da tutti. Ma avevano esattamente il genere di capacità che gli serviva in quel momento: viaggiare tra le dimensioni, portare messaggi... o in questo caso trasportare persone da un luogo all'altro dell'universo infrangendo qualsiasi tipo di incantesimo.

-Iris!- chiamò Blake a gran voce- Ti spiacerebbe scendere un momento? Ti prego...ci servirebbe un favore!

 

 

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Capitolo 13
*** La fine dei giorni ***


Appena attraversato il portale creato da Loki, seppero immediatamente di trovarsi in un luogo mistico che prescindeva dallo spazio e dal tempo, il crocevia di tutti gli universi possibili, che sarebbe stato di lì a poco epicentro della fine dei mondi.

Era per la verità un posto che doveva essere stato incantevole al momento della sua creazione, un’oasi verde di pura bellezza, una groviglio di piante verdi e specchi d’acqua ricolmi di pura luce di stelle, luce in cui si rifrangevano visioni degli universi. Tuttavia un tale paesaggio era contaminato da una sorta di cupezza di fondo che ne spegneva i colori e dava l’impressione di camminare in un’illusione che si sarebbe sgretolata da un istante all’altro se solo avessero indugiato.

Non fu difficile individuare una direzione in cui muoversi perchè Yggdrasil, l'albero del mondo, che stavano cercando era il più grande e lucente di tutti, talmente imponente da lasciare senza parole. Non avevano mai visto niente del genere. Era enorme, circondato da una fauna più rigogliosa che aveva conservato parte del colore che invece sembrava essersi appiattito intorno a loro.

Graziosi corsi d’acqua si sovrapponevano e intersecavano fino a condurre al grande tronco centrale, che dominava indiscusso l’intera radura. I suoi rami si estendevano a perdita d’occhio fino ad abbracciare il cielo plumbeo. Come colonne argentate erano talmente imponenti da dare l’impressione di formare una specie di cupola a sostegno dell’universo stesso. Le foglie d’oro e d’argento riflettevano la luce iridescente che filtrava appena dalle fitte fronde creando sull’acqua tutto attorno a loro riverberi di luce scintillante.

Steve Rogers si guardò attorno meravigliato che proprio in un luogo così bello si trovasse il nemico che erano venuti a combattere. In un certo senso gli sembrava troppo sbagliato violare la pace di quei luoghi. Quando il capitano mosse un passo gli sembrò quasi di aver violato una regola segreta. Gli unici rumori anch’essi ottavati che fin dall’inizio dei tempi avevano avuto luogo in quel luogo sacro erano i gorgoglii dei ruscelli e il quieto mormorio delle foglie e anche un respiro umano sembrava sacrilego.

-Dove ci hai portati Loki?- domandò stringendo maggiormente a sè lo scudo.

-All’inizio del mondo…e anche alla sua fine presumo- rispose il dio, che nonostante fosse a guida del gruppo si stava guardando intorno meravigliato esattamente come gli altri, a sua volta impressionato da cotanta vista.Se c’era un luogo dove nemmeno agli dei era permesso metter piede impunemente era proprio quello. Kaya sbuffò, scontenta.

-Tutto bene?- le chiese Stephen.

-Per niente. Non dovremmo trovarci qui- decretò la dea del caos, che stava combattendo contro l’istinto che le diceva prepotentemente di allontanarsi il più possibile.

-Questo posto mi mette i brividi- confessò a sua volta Alexis a suo marito, che non potè che darle ragione- voglio andarmene il prima possibile.

-Non è niente che non abbia già visto- affermò invece Wanda Maximoff con sicurezza e un gran sorriso stampato in faccia, mettendosi lei stessa come se nulla fosse a capo della comitiva e procedendo sicura in direzione dell’albero- vogliamo andare? Secondo me ci stanno aspettando!

Non era una prospettiva incoraggiante.

Wanda sembrava l’unica totalmente a suo agio, o forse semplicemente inconsapevole da troppo tempo del mondo che la circondava, saltellava da una pietra all’altra del sentiero su un piede solo contando distrattamente i ciottoli, come una bambina finalmente in libera uscita.

Man mano che il gruppo si avvicinava all’albero cominciarono a notare anche che grosse pietre adornavano i lati del sentiero principale, alcuni sembravano massi informi, altre delle statue antropomorfe rifinite in ogni dettaglio…avanzarono compatti, finché Kaya si arrestò di colpo con un’esclamazione addolorata di fronte alla statua di una donna con un lungo peplo riprodotto in ogni dettaglio e un braccio proteso verso l’alto come a volersi schermare da qualcosa.

I suoi occhi sbarrati nel vuoto erano appena rigati da un velo di tristezza e ineluttabilità.

Da Kaya appresero che si trattava della dea Hestia, che era stata una sua carissima amica e che anche Stephen riconobbe come una dei bizzarri invitati al suo matrimonio, lontani parenti della sposa si era detto, che gli avevano consegnato strani doni e rivolto congratulazioni incomprensibili.

-Dobbiamo andare avanti- si impose Steve, riprendendo a condurli dove il sentiero si faceva più impervio. Ormai erano arrivati in prossimità delle gigantesche radici dell’albero, dove si trovava la sorgente, in quel punto le statue delle divinità cadute erano in numero ancora maggiore.

Un monito a chi osasse proseguire oltre.

Fu un attimo, poi un’oscuro presentimento calò anche su Loki che fino ad allora aveva creduto di avere la situazione in pugno. Il suo sorriso saccente gli sparì letteralmente dalla faccia non appena lo vide. Aveva formulato molto piani nella sua testa, molte variabili eran state da lui prese in considerazione prima di recarsi presso le radici di Yggdrasil, ma nessuna era tanto terribile.

-Aspetta!- esclamarono gli altri, ma, abbandonata ogni prudenza, il dio dell’inganno era corso in avanti verso la possente statua di un guerriero, che fieramente ancora brandiva la sua arma come nel mezzo di una lotta.

-Fratello- mormorò sfiorando con la punta delle dita il profilo di Mjolnir, intrappolato nella roccia insieme al suo proprietario, che coraggiosamente lo aveva brandito un’ultima volta contro le divinità del Fato.

Dunque a tanto si era spinto Padre Tutto, che aveva permesso alle Norne di prendere anche il suo figlio prediletto, si disse, mentre ricacciava faticosamente indietro lacrime di sdegno.

-Loki…- lo riportò in sè solo la mano di Alexis che delicatamente si era posata sulla sua spalla-…dovresti proprio  sentire cosa sta dicendo Wanda.

-Non sono morti- dichiarò quest’ultima con aria trasognata- riposano e attendono.

-Attendono cosa?

-Che li salvino naturalmente…parlo dei ragazzi. Dovreste vedere come sono cresciuti! Noi dobbiamo solo dargli il tempo di arrivare e loro metteranno tutto a posto. 

-Amore- tentò di dire Visione sempre con la massima cautela- i ragazzi sono al sicuro. Dovremmo essere noi a salvarli, non viceversa…

-No, ne sono sicura, è esattamente il contrario- insistette Wanda, sbattendo un piede a terra come per rafforzare il concetto che nessun altro voleva afferrare, dato che non avevano visto quello che aveva visto lei- faremo del nostro meglio, non lo nego… ma perderemo.

-La ragazza demoniaca ha ragione.

A parlare era stata Urðr, la Saggia, nel corpo di Jane Foster.
La prima delle tre dee, la più spietata e letale li accolse con un cenno del capo nel suo dominio, un gesto regale di perfetta cortesia, segno che non li temeva affatto. Al contrario era bizzarro che dopo la strenua opposizione di tante divinità, tutte cadute nel vano tentativo di opporsi al loro potere, un misto gruppetto di terrestri si presentasse fino alle radici di Yggdrasil la loro dimora sacra. Urðr venne subito affiancata dalle sue sorelle.

-Siete venuti a portarci un sacrificio?- si informò Verðandi la Madre- Magari uno di quei ragazzini tanto fastidiosi...

-Capitano Rogers- lo salutò Skuld, la Vergine, con la voce cristallina di Sarah- in ogni futuro che ho visto non puoi proprio fare a meno di interferire.

-Lasciala andare!- ordinò Steve.

-E perchè? Almeno Sarah ci è servita a qualcosa…a differenza degli altri. Nessuno di loro dovrebbe esistere, sapete. Dei molti universi possibili questo è l’unico dove i vostri figli esistono. Sono solo frutto della vostra testardaggine a deviare dal percorso prestabilito…e adesso tocca a noi rimettere a posto le cose.

-Tu dovresti essere morta  insieme ai tuoi genitori- sputò Verðandi senza troppe cerimonie in direzione di Alexis e Bucky- e tu in guerra, quasi cento anni prima! Il fatto che siate qui  insieme è di per sè una circostanza spiacevole.

-Comincia pure ad abituarti all’idea- affermò Bucky- perchè non mi separerò mai da questa donna.

-Lo credo bene…- annuì Alexis- …non troveresti più niente in casa senza di me.

-Già, sarei completamente perso.

I due si scambiarono uno sguardo complice.

-Direi che passiamo, grazie!- concluse Alexis con un enorme sorriso.

-Tu non saresti mai dovuta uscire dalla tua prigione, mentre lui non dovrebbe neanche essere vivo, ma distrutto insieme alla gemma della mente tanti anni fa- la dea passò dunque a rimproverare Wanda e Visione.

-Io non so nemmeno chi lui sia, per la verità…ma è una forza!- ammise Wanda, che era improvvisamente entrata in uno di quei momenti in cui viveva ancora nel suo passato, prima di conoscere gli Avengers, si rivolse quindi direttamente a Visione con un un sorriso luminoso-Anzi, ti va di prenderci un caffè insieme qualche volta?

Lui sorrise alla creatura unica, instabile e meravigliosa che era sua moglie da trent’anni e da venti la madre dei suoi due splendidi figli.

-Sarà per me un onore, signorina.

-Quanto a voi due- la Norna sempre più irritata si rivolse quindi a Kaya e Stephen Strange- dovevate combattevi, non sposarvi!

-Esattamente com’è che una delle due escluderebbe l’altra?- commentò lui, che effettivamente non faceva che combattere con la moglie dalla mattina alla sera per una ragione o per l’altra.

La dea guardò le coppie che aveva davanti: si stavano prendendo gioco di lei?! Nessuno mai aveva osato tanto.

-Molto bene…Allora morirete insieme- concluse Skuld dolcemente.

La lotta per il destino ebbe così inizio.

...
 

Intanto, in Hel ,la figura evanescente della divinità invocata si era materializzata prontamente di fronte a i ragazzi, che fremevano tutti di impazienza.

-Iris, sei stata gentile ad aver risposto subito- disse Blake, illuminato da un caldo sorriso- è veramente una questione di vita o di morte per noi.

-Non so nemmeno perchè sono qui- stava ancora protestando quest’ultima, guardandosi intorno con fare circospetto- E’ completamente inaudito…contrario ad ogni regola...o buona norma.

-Lo so che per te non dev’essere facile…e ti ringrazio dell’aiuto che potrai darci- le rispose Blake, sinceramente grato alla creatura per aver risposto al suo appello nel momento del bisogno.

Iris a quelle parole arrossì vistosamente, borbottando qualche altra recriminazione.

-Non è mia abitudine… e non sarebbe regolare! Ecco…passerò dei guai per questo!

Ma nonostante le sue accuse, il sorriso di Blake Foster l’aveva già ripagata di tutto: lui era stato l’unico che l’aveva mai trattata come una persona, anche se non lo era, e dopo che aveva saputo cosa gli era successo ad Asgard si era sentita tremendamente in colpa di averlo condotto in una trappola. Adesso avrebbe fatto qualsiasi cosa per rimediare, anche rischiare di mettersi contro agli dei, che per una Iris era come rinnegare la sua stessa natura di ausiliatrice divina.

-Secondo me è piuttosto chiaro perchè è venuta- commentò Cali con un mezzo sorriso che si allargava progressivamente all’ aumentare dell’imbarazzo della povera Iris - e anche cosa la poverina spera di guadagnarci…- aggiunse rivolta al cugino, che naturalmente non colse l’allusione piuttosto evidente al fatto che la divinità minore avesse una seria cotta per lui.

-Iris è un’amica- spiegò Blake alle ragazze- mi ha già aiutato a ritrovare mio padre, adesso ci può accompagnare a recuperare gli altri e infine da Sarah.

-Sarebbe davvero fantastico- annuì Ellie entusiasta, mentre Cali a questo punto scoppiò a ridere senza ritegno.

-Ti avevo sottovalutato Blake Foster, con quel visetto pulito e l'aria da bravo ragazzo… prima un giretto sulle nuvole con la tua nuova amica e poi di corsa a casa dalla fidanzata…dì, non è che poi vuoi tenerle entrambe a tua disposizione?

Se Iris colse l’allusione al fatto che da qualche parte ci fosse una fidanzata non ne diede segno alcuno.

-Farò quanto mi chiedete…per questa volta -precisò.

-Fantastico…cosa stiamo aspettando?

Per la verità i ragazzi erano tutti pronti, tranne Ellie, che ancora esitava incerta sul profilo sempre più evanescente di Emily. Avevano avuto così poco tempo a disposizione e lo avevano impiegato quasi tutto a parlare di come utilizzare efficacemente i loro poteri, tralasciando tutte quelle confidenze che avrebbero voluto scambiarsi reciprocamente.

-Mamma…mi dispiace.

-Lo so tesoro. Devi proprio andare adesso- Emily le fece un’ultima fredda carezza sul volto che però servì a scaldarla più di quanto avrebbe mai fatto qualsiasi altra cosa- Ricorda quello che ti ho spiegato e aiuta i tuoi amici. E saluta Michael da parte mia, sono sicura che lo avremmo adorato…anche se forse tuo padre avrebbe comunque avuto qualcosa da brontolare a riguardo-terminò, trattenendo la palese emozione che anche da morta temeva di travolgerla.

In men che non si dica Ellie si ritrovò risucchiata insieme agli altri in un vortice di luce, atterrando malferma nel Sanctum e poi direttamente tra le braccia del suo ragazzo.

-Ehi ciao- sorrise Michael come uno che non aveva più nient’altro da chiedere alla vita.

-Ciao a te- lo ricambiò Ellie, facendo aderire perfettamente i loro profili.

Al contrario, Sebastian e Cali nel rivedersi non si sarebbero mai dati la reciproca soddisfazione di ammettere che erano stati preoccupati l’uno per l’altra durante il periodo, seppur breve, che avevano passato separati.

-Certo che ci avete messo una vita a farvi vivi…ormai non ci speravamo più.

-Tiratela di meno Strange, ho già avuto una giornata del cazzo...

Si scambiarono un’occhiata vagamente irritata che valse subito a tranquillizzare loro due e a far ridere gli altri, allentando la tensione che si era creata.

-Iris questi sono i miei amici, ragazzi questa è Iris- si preoccupò di fare le presentazioni un Blake completamente su di giri, pronto a passare all’azione nel minor tempo possibile.

Tommy Maximoff fu da subito particolarmente colpito dalla bellezza luminosa di quella creatura singolare e si fece avanti senza perder tempo con la rapidità che lo contraddistingueva.

-Ciao Iris, lui è mio fratello Will e io sono…

-…irrilevante- lo interruppe lei secca, senza lasciargli la minima apertura per iniziare una qualsiasi conversazione- Chiariamo subito una cosa: io sono qui esclusivamente per Blake Foster. Non mi interessa chi siete o che problemi avete voi altri…casi umani.

-Simpatica la tua amica Blake- commentò Philip Rogers, mentre Will assestava una sonora pacca consolatoria sulla spalla di suo fratello, ancora interdetto dall’essere stato liquidato a quel modo, lui che a dispetto della discrezione felpata con cui si muoveva poteva vantare il più altro numero di conquiste tra tutti loro messi insieme.

Dopo un breve giro di aggiornamenti reciproci sugli ultimi accadimenti fu il momento delle scuse, o meglio il momento in cui Philip si fece avanti con Ellie, che fortunatamente non aveva eliminato.

-Scusami per prima- ammise con un po’ di imbarazzo, assolutamente condiviso anche da lei.

-Figurati- Ellie gli tese la mano, in segno di tregua- ci siamo lasciati un po’ tutti prendere la mano…

-Già…avete per caso visto Morgan?

Ellie alzò le spalle e anche gli altri scossero la testa.

-Credevo fosse rimasta con voi.

-Chissenefrega di Morgan, sarà da qualche parte, è di Sarah che dovremmo preoccuparci- intervenne Cali- Blake puoi chiedere alla tua groupie di darsi una mossa a portarci tutti là.

-E una volta là cosa vorresti fare… consegnare Ellie alle Norne in modo che non le fermi più nessuno?- si informò Philip.

-Si dà il caso, mio caro, che abbiamo già un piano e si tratta anche di un’ottimo piano- sostenne Cali- però Ellie ci serve, è l’unica che può fare qualcosa. Giusto Ellie?

-Ellie sei sicura?- le fece eco Michael.

-Ehm..si? Forse- la ragazza, tirata in causa e finita inconsapevolmente al centro dell’attenzione di tutti, si ritrovò ad annuire con l’espressione meno sicura del mondo- Abbiamo detto che posso fare un tentativo e lo farò. Potrei farcela…più o meno…insomma, credo di si. Quanto meno me lo auguro.

Aveva appena avuto una generale infarinatura su cosa potesse fare utilizzando le sue peculiari capacità, e sicuramente con quella nuova consapevolezza si sarebbe messa in gioco… ma da lì a garantire che sarebbe stata in grado di esorcizzare non una ma ben tre divinità ancestrali in un colpo solo, preservando al contempo corpi e coscienze delle ospiti era un’altra storia.

Cali la guardò con un misto di pietà e rassegnazione.

-Così però non sei d’aiuto, sappilo…

-Te lo scordi di trascinarla là, così fai esattamente il loro gioco.

-Hai alternative da proporre Philip? E’ di Sarah che stiamo parlando…tua sorella!

-Ragazzi, per andare andiamo sicuramente, solo cerchiamo di chiarirci prima e non durante lo scontro…possibilmente in tempi brevi- concluse Blake, dando inizio a quella che al contrario prometteva di essere una interminabile discussione in merito.

-Sono pazzi…-commentò Iris, che stava cominciando ad avere i primi legittimi ripensamenti sullo schieramento che aveva scelto- …completamente pazzi.

-Non lo nego- sorrise Will serafico- ma sono sicuro che alla fine ne verremo a capo, tranquilla.

-E comunque portare là Ellie senza alcuna garanzia di successo non è un piano, è un suicidio!- stava dicendo Philip ancora contrariato dall’avventatezza dei suoi amici, che con ogni probabilità si sarebbero tranquillamente lanciati senza freni in battaglia senza una vera e propria strategia.

-Veramente…io un piano alternativo ce l’avrei - propose Sebastian, che  per tutta la durata della precedente discussione sul da farsi non era mai intervenuto, anzi se ne era stato tranquillo in disparte a riflettere.

-E aspettavi un invito scritto per informarci?- domandò Cali.

-Innanzi tutto - proseguì lui senza scomporsi minimamente- Blake ha ragione: dobbiamo intervenire in qualche modo. Allo stesso tempo ritengo che al nostro attuale livello non c’è molto che possiamo fare …purtroppo Steve e mio padre hanno ragione a non ritenerci pronti- ammise infine, pur controvoglia, perchè non era proprio quello il momento di attaccarsi all’orgoglio- ora come ora gli saremmo solo d’intralcio.

-Quindi …non facciamo niente?- domandò Blake, che aveva i pugni chiusi che cominciavano a sprigionare saette, minacciando di ricominciare da capo il dibattito.

-Ho detto ‘al nostro attuale livello’- precisò Sebastian, tranquillamente.

In particolare stava meditando da qualche tempo su una frase che aveva detto sua madre prima di partire alla volta della battaglia ‘un giorno diventerai anche più potente di me’…Solo che il potere gli serviva subito e non fra un numero imprecisato di anni per poter aiutare i suoi amici.

-Scusa, ma non abbiamo tempo per diventare più bravi. Dobbiamo provarci così come siamo.

-Al contrario Ellie- disse il ragazzo mentre quello strano amuleto che portava al collo e che la ragazza, a farci caso, non gli aveva mai visto prima cominciava a pulsare di luce verdastra- il tempo è esattamente l’unica cosa che non ci manca.
 

...


Dopo l'ennesimo attacco andato male il dio rovinò a terra pesantemente.

La cosa divertente era che per un momento aveva davvero creduto di farcela! Aveva fatto bene i suoi conti, con l'aiuto degli Avengers avrebbe distratto le Norne il tempo sufficiente per impadronirsi di Yggdrasil, l'albero del mondo, facendo si che alla sua rinascita sarebbe stato lui ad incarnare tutto il potere del destino anziché quelle tre megere indottrinate.

Loki, padrone del Fato... suonava dannatamente bene!

Poi però era accaduto qualcosa che non aveva previsto: aveva scoperto tra le molte spoglie delle divinità cadute che si erano opposte al Fato il suo stesso fratello, mai pensando che Odino avrebbe osato tanto come consegnare il suo stesso figlio legittimo...e a quel punto al diavolo la strategia.
Non ci aveva visto più,  ingaggiando per primo una lotta disperata e senza quartiere contro il comune nemico.

-Loki…non dovevi essere tu il fratello intelligente? Potevamo trovare un accordo tra di noi- sussurrò Verðandi, accarezzandogli appena con le unghie una guancia insanguinata- perchè ti ostini a fare il difficile?

Il dio dell’inganno giaceva a terra, reduce come i suoi compagni dallo scontro impari che avevano sostenuto fino a quel momento, avendo inevitabilmente la peggio.

-Osi veramente parlarmi in questo modo… mentre indossi la sua faccia?- rantolò a fatica.

Verðandi rise di gusto.

-La faccia di chi? Di una ‘insignificante donna di Midgard’… non era così che l’hai chiamata prima di abbandonarla?- cantilenò, consapevole di toccare un nervo scoperto- Non era una critica…in fondo hai perfettamente ragione… lei non era niente. Io al contrario sono una dea potente…posso darti tutto quello che hai sempre desiderato e anche di più, se sei in grado di dirmi quello che voglio sentire da te.

Loki non dovette rifletterci troppo per trarre le sue conclusioni da quella proposta.

-In effetti…c’è qualcosa che desidero piuttosto ardentemente che tu faccia per me…- incominciò avendo cura di usare il suo tono più suadente.

Il volto altrimenti inespressivo e marmoreo della dea vibrò di impazienza a quella premessa.

-Ti ascolto...

-Smetterla di tediarmi con il tuo vano delirio- scandì distintamente Loki, godendosi al contempo ogni sfumatura dell’indignazione divina di lei.

-Ad occhio e croce, direi che era un no- commentò Kaya, prima di colpirla con tutto il potere oscuro di cui disponeva.  Quello che avrebbe dovuto annientare la Norna ebbe a malapena la capacità di stordirla per pochi istanti e subito dopo di farla decisamente arrabbiare.

Con un urlo tremendo che fece tremare il fogliame tutto intorno Verðandi si abbatte su di loro.

Poco più in là, Wanda, Visione, e Stephen Strange stavano cercando di contenere come meglio potevano la dirompente energia sprigionata dalla maggiore delle tre, Urðr, tramite una rete sottile ma resistente formata dai loro poteri combinati. Proprio quando pensarono di essere sul punto di farcela, l’incantesimo, che non era concepito per durare a lungo, si ruppe in mille pezzi sbalzandoli violentemente all’indietro.

-Tutto qui?- domandò innocentemente Urðr, come se stesse parlando a dei bambini particolarmente dispettosi-  Quindi adesso tocca a me?

Senza attendere risposta li sollevò senza sforzo, decisa  a divertirsi un po' prima di finirli.

Steve, Bucky ed Alexis erano intanto occupati da Skuld, la sorella minore, la Norna che aveva assunto le fattezze di Sarah Rogers e che proprio per questo faticavano a contrastare. Stavano oltretutto combattendo pericolosamente vicini ad una delle pozze d’acqua più estese, un’acqua lucente di magia che rimandava immagini di un diverso destino se ci si soffermava a guardare…ma di cogliere questi dettagli nessuno ebbe tempo.

-Lascia perdere Capitano- stava dicendo Skuld, parando con una sola mano sia l’affondo di Bucky che l’incantesimo di Alexis, come se non fossero niente che una mera folata di vento, rispondendo invece scatenando dal nulla un piccolo tornado di aria fredda e pungente che li gettò indietro entrambi- lei non si aspetta neanche che tu la salvi… ormai da troppo tempo non si aspetta più niente da te.

-Menti- disse Steve avanzando verso di lei nonostante il vento gelido prodotto dalla dea che lo sferzava come delle lame, proteggendosi con lo scudo e la forza della disperazione- tesoro, se puoi sentirmi stai tranquilla...va tutto bene.

Skuld amplificò l'attacco per quanto le fu possibile dovendo fronteggiare i tre avversari contemporaneamente.

-Non può sentirti, non vuole sentirti- disse, ma mentiva spudoratamente, in realtà la dea era molto più in difficoltà a mantenere il controllo di quanto non volesse dare a vedere. Se solo avessero potuto rendere definitivo il legame tramite la chiave...Doveva sbrigarsi ad eliminarli prima che la ragazzina le desse altri problemi.

-Va tutto bene Sarah- ripetè ancora Steve Rogers.

Aveva le mani divenute praticamente tutt'uno coi guanti, congelati nella tormenta, la tuta blu da combattimento ridotta quasi a brandelli sulle braccia e sulle gambe dai molti tagli che le sferzate di vento sempre più violente avevano provocato, ma si costrinse a non arretrare di un passo.

-Non hai una bella cera, Capitano. Lascia perdere.

-Sono stato...sono stato in ghiacciaie peggiori- si costrinse a sorridere e avanzare ancora.

E ancora un passo fino a trovarsi di fronte al volto di sua figlia, della sua bambina che era cresciuta senza che nemmeno se ne accorgesse, era arrivato così vicino da poterla finalmente toccare.

-Sarah...

-Non può sentirti, te l'ho detto!- ma mentre lo diceva Skuld cominciò ad avvertire le braccia, divenute rigide e pesanti, che non le rispondevano più. Poi i suoi occhi involontariamente si abbassarono a fissare lo specchio d'acqua che scorreva sotto di loro.

-Fammi cadere giù- disse Sarah, riguadagnando per un brevissimo istante la sua voce compiendo però uno sforzo immane- è l'unico modo.

-No, Sarah... no.

Suo padre la abbracciò disperato.

-Non posso trattenerla a lungo...è l'unico modo- ripetè Sarah, sempre a fatica ,con un filo di voce, il corpo rigido e totalmente immobile- mi dispiace.

-Non posso -ammise Steve.

Non avrebbe ucciso sua figlia nemmeno per salvare il mondo, era semplicemente troppo da chiedere a chiunque. Lei comprese e annuì. Lasciandosi dietro giusto lo spettro di una lacrima, come era affiorata la mente di Sarah si spense e la Norna sorrise soddisfatta.

-Peccato- sorrise Skuld tornata pienamente in controllo-hai avuto la tua occasione e l'hai sprecata.

Le Norne si apprestarono contemporaneamente a sferrare l'attacco finale, quello per eliminarli tutti. Di fronte alla fine certa Alexis e Bucky si fecero più vicini arrivando a sfiorarsi.

-Sai che ti dico, visto che è una circostanza eccezionale e stiamo per morire, saltiamolo quel caffè...- propose Wanda, attirando il marito in un'ultimo bacio appassionato.

Visione se possibile diventò ancora più rosso della sua abituale cromatura.

-Pentita di qualcosa, amore mio?- domandò Stephen a Kaya, prendendole la mano esattamente come aveva fatto la sera del loro primo appuntamento.

-In effetti...non mi hanno mai convinto del tutto le tende del nostro salotto. Un po' banali, non credi?

-Decisamente banali - sorrise lui- Le più banali che abbia mai visto.

-Bene, sono contenta che una volta tanto siamo d'accordo... anche se ci è voluta la fine del mondo. Tende a parte, non riesco ad immaginare una vita più perfetta di quella che abbiamo avuto insieme- affermò la divinità del caos guardando negli occhi l'uomo che amava.

Poi, dal nulla, un portale si aprì su di loro.
Il dottor Strange scambiò un rapido sguardo con il resto dei suoi compagni.

-Non sono stato io...- mormorò, poi comprese e perse un battito nel vedere avanzare verso di loro quattro figure che riconobbe a stento.

Eppure non vi era dubbio alcuno sulle loro identità.

Il Sebastian Strange del futuro non aveva conservato quasi nulla di umano se non l’aspetto esteriore, eccezion fatta per gli occhi ormai definitivamente di un colore giallo vorticante. Erano occhi costantemente vigili ma anche privi di empatia verso gli esservi viventi, ormai tutt’uno con la magia del caos che lo aveva trasformato in qualcos’altro, qualcosa che i suoi amici non riconoscevano più da tempo.

Cali Erikssen, nella sua versione adulta, era diventata una regina bellissima e dallo sguardo severo, che ricordava un po' Hel. Gelida come l’inverno eterno di Jhotunheim, dove ormai risiedeva da tempo, completamente sola in un palazzo di ghiaccio eretto sulle ceneri di ogni impero che aveva conquistato e sottomesso, portando i giganti a dettar legge nuovamente. Era diventata potente e rispettata, era finalmente tutto quello che aveva sempre desiderato, ma a che prezzo non era dato saperlo.

Blake Foster era forse il meno riconducibile al ragazzo impacciato e un po' timido che era stato. Adesso evocava solo maestà regale nella sua armatura dorata, forgiata su Nidavellir ,direttamente nel cuore dell'ultima stella morente che aveva solcato i cieli dei nove regni che adesso governava.

Infine Ellie Smith Coulson fu l'ultima ad attraversare il portale.

Era ora una donna dai lunghi capelli castani e uno sguardo che era sempre rimasto gentile, seppur fermo e volitivo. Da molti anni direttrice dello SHIELD, da quando era subentrata alla sua mentore Daisy Jhonson, aveva avuto anni e anni di pratica a disposizione per imparare ad utilizzare appieno i suoi poteri e li padroneggiava ormai al massimo delle sue potenzialità.

Da tempo aveva smesso di essere una ragazzina insicura che le dee avrebbero potuto manipolare.

-Tenetele- ordinò quindi ai suoi compagni col tono tipico di chi è abituato sul campo a comandare e non vuole perdere tempo.

Le proiezioni del futuro di Sebastian, Cali e Blake, senza nemmeno sforzarsi troppo, riuscirono facilmente a imprigionare una Norna ciascuno mentre Ellie, alzando le mani, provvedeva a separare la loro essenza vitale a quella del corpo che ospitavano indebitamente.

Jane, Ingvild e Sarah ricaddero a terra, prive di sensi ma vive e di nuovo padrone di loro stesse.
Ellie rimase inespressiva e concentrata al massimo mentre manipolava le essenze delle tre divinità fino a renderle tre innocue sfere nere.

Non lasciò loro quasi il tempo di gridare mentre le proiettava direttamente nel vuoto cosmico.

 

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Capitolo 14
*** Multiverse of Madness ***



Elisabeth Smith Coulson abbassò le braccia stancamente, ammirando il suo stesso lavoro.

In pochi istanti la battaglia per cui si preparava da tutta la vita aveva avuto termine con un clamoroso successo.  La donna si concesse un ampio e profondo respiro per distendere i nervi. Poi sorrise, soddisfatta di sé stessa, si asciugò giusto qualche goccia di sudore dalla fronte imperlata e ne approfittò per tirarsi indietro i capelli in una tattica coda alta. Il tutto tra le espressioni ancora sbigottite degli astanti.

-Non è stato troppo difficile- spiegò la leader dello SHIELD in tono pratico-sapevamo di potercela fare perchè, in un certo senso, siamo cresciuti sapendo che questo momento stava per arrivare ed eravamo preparati.

-Ellie?

La donna si dovette imporre di contenere la fortissima emozione che provava nel sentirsi chiamare così, era ormai da tantissimo tempo che non si sentiva più chiamare a quel modo da nessuno. Adesso per tutti lei era la signora Coulson, o la signora Direttrice, o 'il grade capo' o ancora Elisabeth per pochissimi intimi collaboratori.

-Ciao Steve- lo salutò lei- che bello rivederti...è davvero fantastico rivedere tutti voi- aggiunse con rinnovato calore, come se li avesse ritrovati dopo molto tempo passato da sola.

Dovevano essere trascorsi anni per lei mentre loro non la vedevano che da pochi giorni ed erano intenti ad assorbire ogni cambiamento, non solo nel suo aspetto ma anche in quello dei suoi compagni. Era successo tutto talmente in fretta che la sorpresa li aveva lasciati annichiliti.
Soprattutto erano tutti meravigliati di quanto i ragazzi, o meglio alcuni di loro, fossero diventati potenti, al punto da sconfiggere senza problemi nemici che stavano per annientare i loro genitori.

Eppure, a parte quella strana Ellie cresciuta, gli altri non sembravano particolarmente soddisfatti dell'opera compiuta. Blake Foster aveva un cipiglio severo e quasi contrariato, Cali pareva annoiata, come se una volta fatta la sua parte non vedesse l'ora di tornarsene da dove era venuta, mentre Sebastian era semplicemente rimasto del tutto inespressivo.

-Come è possibile?- domandò il Capitano, che teneva ancora in braccio sua figlia svenuta esattamente come Loki stava sorreggendo Ingvild e Alexis Jane Foster.

Ellie mantenne il suo sorriso rassicurante, ma c'era qualcosa di molto diverso dal sorriso naturalmente disteso che conoscevano, forse una sorta di compostezza tipica dei ruoli di responsabilità e probabilmente dovuta ad anni di esperienza che l'avevano resa meno ingenua e più impostata. Era una professionista, che di mestiere si occupava di gestire le crisi ed era  appunto quello che stava facendo anche il quel momento, si rese conto Steve: li stava gestendo tutti.

-Sebastian Strange ha usato la gemma del tempo per aprire un varco sul futuro...in un momento in cui saremmo stati pronti a combattere.

La controparte futura di Sebastian non ebbe la minima reazione all'essere stato tirato in causa. Anzi era come se stessero parlando di qualcun altro, di un perfetto estraneo. Suo padre, al contrario, ne fu devastato... non poteva certo dire di non esserselo aspettato ma trovarselo davanti in carne ed ossa era diverso.
Era la conferma dei suoi peggiori incubi.
Anche Kaya ne fu sorpresa ma in maniera diversa: guardandolo capì subito che non era stata solo la magia del caos a compiere quel cambiamento in suo figlio, doveva essergli accaduto qualcos'altro...qualcosa di tremendo, che cominciava a immaginare.

-Cosa ti è successo?- domandò Stephen Strange, fissando dritto suo figlio negli occhi vuoti e inumani.

-Lo sai- rispose Sebastian tranquillamente- lo hai visto.

Il dottore lo aveva fatto più e più volte sondando quell'eventualità in miliardi di futuri possibili, anche se non lo aveva mai condiviso con nessuno... la possibilità che suo figlio diventasse una minaccia per la Terra non era così remota.

-Mi sono domandato spesso perchè non l'hai impedito- proseguì quella persona che di Sebastian aveva solo l'aspetto esteriore- se è stato più per speranza o per debolezza. In ogni caso, hai avuto anni a disposizione per eliminarmi, so che in molti ti hanno supplicato di farlo. Hai avuto anni prima che diventassi abbastanza potente da annientare il tuo ordine e tutta la vostra ridicola magia... Perchè non l'hai fatto?

-Perchè sei mio figlio- rispose Stephen.

Ed era davvero la spiegazione più autentica e sincera che seppe dare.

-Ah- commentò Sebastian con la freddezza inespressiva di chi sta raccogliendo un semplice dato scientifico- debolezza, dunque.

-Basta così- intervenne Cali, o meglio la regina, che si era ripromessa non avrebbe perso un istante di più su quei discorsi che orami appartenevano solo a un triste passato- abbiamo fatto quello che ci hai chiesto signora Direttrice, adesso, se non ti dispiace ho questioni più urgenti che richiedono la mia attenzione nel nostro tempo.

-Non ancora. Abbiamo del lavoro da finire.

-Quanto riguarda la Terra e i terrestri resta di tua esclusiva competenza- disse Blake, come se quella fosse l'ultima parola di un sovrano- così è stato convenuto. Il resto non ci interessa.

-Vi prego di pazientare- Ellie Smith tentò dapprima la via diplomatica- Non ci vorrà molto. So molto bene che cosa si era convenuto, non dubitatene... come voi sapete cosa dobbiamo ancora fare prima che la missione possa considerarsi conclusa- aggiunse infine, rivolgendosi ai suoi tre compagni usando un tono che non ammetteva repliche, esattamente come se fosse in capo a lei la responsabilità di fungere da cardine di quella strana alleanza- Altezze reali, da questa parte per favore...Signor Strange, vallo a prendere, per favore.

Era molto strano il modo formale in cui si rivolgeva a loro, come se non fossero nemmeno amici, ma semplici alleati o collaboratori occasionali. Senza dire una parola di più Cali e Blake avanzarono verso le divinità ancora intrappolate nella roccia, procedendo a risvegliarle una ad una, mentre Sebastian scomparì.

Tutto attorno a loro la terra cominciò a tremare increspando le superfici d'acqua alle radici dell'albero del mondo. Erano scosse brevi ma cadenziate, come di preparazione a qualcosa di peggio che stava per avvenire...

-Non vi preoccupate...è solo il mondo che si sta sgretolando. L'assenza di divinità che prendano custodia del Destino ha creato qualche scombussolamento cosmico... Ma tranquilli, rimediamo subito- sorrise Ellie dello stesso strano sorriso di circostanza che celava un mondo di preoccupazioni- Ma prima vorrei parlare un momento con Sarah, se Steve lo permette. E anche con Morgan naturalmente- aggiunse riferendosi alla ragazzina nascosta poco più in là, che li stava ascoltando dal suo nascondiglio e sussultò nel sentirsi tirata in causa.

-Adesso?- protestò lui.

Avrebbe certamente preferito che la figlia si riposasse ancora un po', tanto più che era ancora priva di sensi. Doveva aver sostenuto uno sforzo immane per opporsi alla divinità che la stava controllando... chissà da quanto tempo soffriva così senza che lui nemmeno sapesse niente.

Il rimorso ruggiva forte dentro di lui per essere ancora una volta intervenuto solo tardivamente.

-Non abbiamo molto tempo- spiegò Ellie, con quanta più delicatezza possibile- non è opportuno che ci tratteniamo a lungo in questo tempo. E' importante che restiamo a contatto con voi il meno possibile...altrimenti si verrebbe a creare un paradosso difficile da gestire.

-Si, ma sarà prudente...svegliarla subito così?

-Posso aiutarla a riperdersi più in fretta. Ne ha passate tante, è vero, ma Sarah ha sempre avuto uno spirito forte... vedrai che starà benissimo. Fidati di me.

A quelle parole Steve Rogers ci pensò brevemente: poteva davvero fidarsi della donna che aveva davanti? Si trattava della stessa ragazza determinata e coraggiosa, piena di ottime intenzioni, che era diventata amica di sua figlia Sarah e che aveva scelto di combattere con lei...oppure qualcosa era cambiato? La Ellie Smith del futuro rappresentava un enigma, tuttavia quel che era certo è che non sembrava avere cattive intenzioni. In più li aveva appena letteralmente salvati, coordinando l'intervento dei suoi compagni per neutralizzare le Norne.

Alla fine Steve annuì assecondando il suo istinto e permettendo quindi che Ellie si avvicinasse fino ad appoggiare delicatamente una mano sul capo della ragazza. Sarah spalancò gli occhi quasi subito, irrorata dall'energia della medium, e tutti tirarono un sospiro di sollievo nel rivedere i suoi occhi azzurri come il cielo amiche le iridi nere della Norna.

-Ciao Sarah. Come ti senti?

-Come se mi avessero iniettato del caffè direttamente in vena- ammise la ragazza, per poi fissare la sua interlocutrice con aria incerta- Tu chi saresti?

Il sorriso di Ellie si allargò appena in una inflessione più genuina: le erano mancate le vivide metafore di Sarah Rogers. La loro era sempre stata un'amicizia strana, costruitasi sui presupposti più improbabili. Ma era cresciuta e si era rinsaldata nel tempo, rendendole di fatto una famiglia.

A ben pensarci le due ragazze non avevano quasi niente in comune dal punto di vista caratteriale, se la profonda devozione alla loro famiglia, composta principalmente dai loro amici. Quella famiglia che nel futuro da cui proveniva Ellie Smith non esisteva più.

'Se ci fosse stata Sarah le cose sarebbero andate diversamente' stava pensando Ellie in quel momento.

I gemelli sarebbero ancora con loro, Blake non si sarebbe mai isolato nel suo dolore, Cali non si sarebbe lanciata nella sua folle campagna di conquista e probabilmente non avrebbero perso neanche Sebastian. La stessa Ellie sentiva di aver perso con lei un punto di riferimento importantissimo.
Il trovarsela davanti ancora una volta la emozionava non poco, ma ce la stava mettendo tutta per non darlo troppo a vedere. Poteva solo immaginare quanto fosse difficile anche per gli altri. Specialmente per Blake Foster, che dalla morte di Sarah, avvenuta in circostanze devastanti nel futuro da cui provenivano, era quasi diventato un'altra persona.

-Non mi riconosci?

-Sei...Ellie?-domandò Sarah, riconoscendo subito la somiglianza di quella donna adulta con la sua amica.

-Proprio io. Ho il piacere di comunicarti innanzi tutto che sei salva e le Norne sono state sconfitte.

-Cazzo...ma quanto ho dormito?! - commentò Sarah riferendosi al fatto che la Ellie che aveva davanti aveva almeno quarant'anni.

Suo padre era talmente contento di vederla di nuovo in sé e a quanto pare di nuovo  in forze che non la riprese nemmeno per la parolaccia appena detta.

-Meno di quanto ti sarebbe piaciuto- commentò Ellie, riferendosi all'abitudine di Sarah di dormire fino a tardi- ma adesso che sai chi sono ti chiedo di fidarti di me. Come ho appena spiegato anche a tuo padre, io vengo dal futuro, un futuro non facile per noi... e so che non dovrei interferire con il passato, ma questo cambiamento è veramente infinitesimale. Non oso presumere che muterà in alcun modo il futuro...anche se lo spero sinceramente,  ma ad ogni modo per te potrebbe essere importante. Devi essere cosciente in questo momento... per poter cogliere un'opportunità.

-Quale cambiamento? Quale opportunità?

Non era per niente facile quello che le stava per dire, ma di decisioni non facili la direttrice dello SHIELD Ellie Smith Coulson ne prendeva tutti i giorni prima ancora di prendere il caffè.

Come a sottolineare quel concetto la terra sotto di loro riprese a tremare, con maggior violenza, segno che erano davvero a corto di tempo.

-Voglio che tu gli dica almeno addio... e che capisca che era necessario- ammise Ellie e proprio in quel momento Sebastian Strange tornò da loro con un'altra persona.

Philip Rogers abbandonò per un istante la sua compostezza solenne, dovuta a quanto gli era appena stato spiegato, per sorridere a sua sorella un'ultima volta.

-Ciao punk... Bensvegliata.

Qualcosa nello stomaco di Sarah si accartocciò su sé stesso non appena si rese conto di quanto strana fosse la situazione...perchè avevano portato Philip fin lì? Perchè la stava guardando con quello sguardo così rassegnato e...triste? Anche suo padre sembrava agitato, questo perchè anche il Capitano Rogers iniziava a comprendere.

-Deve andare così- ribadì Ellie con fermezza- E' così che è andata nel nostro passato...così abbiamo messo a posto le cose e ricucito lo strappo che la dipartita delle Norne avevano provocato nei mondi. Al loro posto ci deve essere qualcun altro per evitare che tutto crolli su sé stesso. Deve essere una divinità che presidi questo luogo e che custodisca il Fato meglio di come hanno fatto loro, senza mai cercare di manipolarlo a suo piacimento. Un custode degno del destino dei mondi.

-Resto io- si offrì Kaya senza pensarci due volte, stringendo la mano di suo marito come per chiedergli di perdonarla- Philip ha quasi l'età di mio figlio ed è troppo giovane per compiere un sacrificio simile...deve ancora avere una vita prima che qualcuno gli chieda di sacrificarla.

Ma Ellie scosse la testa.

-Per quanto apprezziamo il gesto, purtroppo tu non saresti adatta a ricoprire questo ruolo...- Kaya stava per protestare ma Ellie proseguì con fermezza e lucidità, anche se le notizie che doveva dare non erano delle migliori- Prova a pensarci: sei fatta di caos. Se mettessimo il caos al centro dell'universo scoppierebbe presto il finimondo e il destino diventerebbe troppo instabile. Collasserebbe tutto in brevissimo tempo.

-Io allora...-avanzò Loki, mascherando al meglio quello che provava sotto la sua consueta aria noncurante- ...in fondo era la mia intenzione fin dall'inizio, approfittare di voialtri babbei per sostituirmi alle Norne al controllo del destino. Ammettiamolo: non vi mancherò affatto!

-Si che ci mancherai!- protestò Alexis con le lacrime agli occhi e questa volta Bucky non osò contraddirla. Per quanto a Loki piacesse dissimulare si stava in realtà proponendo per un nobile sacrificio.

-Resto anche io- disse Thor che, appena risvegliatosi dall'incantesimo delle Norne, aveva appena la forza di parlare e solo a fatica si reggeva in piedi con l'aiuto di Mjolnir- lasciate andare il ragazzo...

-Siete entrambi troppo deboli allo stato attuale...non reggereste allo sforzo e gli universi di conseguenza collasserebbero con voi- spiegò pazientemente Ellie- mi dispiace ma è così che dev'essere.

-E così sarà- decise Philip, che mai si sarebbe tirato indietro di fronte alla salvezza non solo del loro mondo ma di tutti quanti- In fondo il college può aspettare...- provò a scherzare per alleggerire la tensione, ma sua sorella lo stava fissando serissima.

-Tu non puoi farmi questo...non di nuovo!

-Sarah, per favore...vieni qui e salutami almeno come si deve.

Ma Sarah senza nemmeno ascoltarlo si voltò verso suo padre.

-Papà, fermalo! Digli qualcosa, digli di non farlo, ti prego! Aiutami!

Ma per quanto Steve Rogers avrebbe dato qualsiasi cosa per evitarlo sapeva anche che non c'era altra soluzione. Non era giusto. Non era giusto che fosse ancora una volta Philip a sacrificarsi. Nondimeno strinse la mano di suo figlio con una presa d'acciaio.
In quella stretta c'era tutto quello che le parole non avrebbero mai potuto esprimere.

-Non dirlo alla mamma- pregò Philip, esattamente come faceva quando da piccolo non riusciva ancora a dosare bene la sua forza e rompeva inavvertitamente qualcosa.

-Abbi cura di te...e di tutti noi- disse suo padre, lottando per lasciarlo andare come sarebbe stato giusto.

-Lo farò- annuì il giovane dio- avanti gente, cosa sono quelle facce? Non vado mica a morire! Semplicemente resterò qui a tempo indeterminato...io saprò sempre quello che state facendo e voi potreste sempre venirmi a trovare di tanto in tanto.

-Ma così non vivrai mai la tua vita.

A parlare era stata Morgan Stark, della cui presenza nessuno si era accorto prima se non Ellie Smith.
Purtroppo la donna si aspettava anche quella reazione da parte della giovane Stark, che la pensava esattamente come Sarah.

Morgan aveva assistito con orrore ad ogni istante della battaglia, rendendosi finalmente conto di quanto orrore si celasse dietro al loro piatto e monotono mondo. Divinità impazzite, mostri, alieni, stregoni ed entità di ogni tipo avrebbero potuto spazzare via qualsiasi cosa con un battito di ciglia, in qualsiasi momento. Praticamente in base a come si alzavano la mattina. E lei fino ad allora si era preoccupata per anni di questioni da niente come il surriscaldamento globale, il traffico transnazionale delle armi o i troppi zuccheri nella dieta americana.

Bazzecole in confronto al vero potere che muoveva le fila dell'universo.

La ragazza, pallida come una morta, fissava Philip come se stesse dicendo un'assurdità, un discorso senza senso. Come avrebbe potuto prestarsi a tal punto a quel ridicolo ingranaggio, tanto da farsi schiacciare? C'era un limite allo spirito di sacrificio, si disse.

Perchè proprio lui doveva pagare il prezzo più grande di un'apocalisse che non aveva provocato?
Perchè non potevano lasciarlo semplicemente in pace una volta per tutte?

-In compenso tu ne vivrai una meravigliosa- le stava dicendo Philip con un sorriso triste, rassegnato- credimi, me ne assicurerò personalmente.

Nemmeno l'ultima scossa che sentirono violentissima né le foglie dell'albero che cominciavano ad avvizzire e cadere la convinsero che sarebbe stata una buona idea. Perfino evitare la fine dei mondi le era indifferente se a sacrificare doveva essere il ragazzo che amava.

-Non voglio vivere nessuna vita senza di te- ribattè Morgan- non potrei.

-Morgan...

-No. Sarah è forte, ce la farà ad andare avanti, ma io...quando ti credevo morto non ho fatto che desiderare di essere morta anch'io...sono tornata a vivere da un anno solo nella speranza di ritrovarti. Senza di te io mi ammazzo...

-Questo non lo devi dire!- Philip la prese per la spalle con un scatto in avanti che avrebbe atterrito chiunque, ma non la ragazza, ormai completamente insensibile a qualsiasi cosa che non fossero gli occhi di lui.

Occhi che di umano non avevano ormai più nulla, ma ancora la guardavano con rimpianto per un futuro che per loro non si sarebbe mai avverato.

-Non dirmi che la persona che più di tutti volevo salvare si è arresa...tu più di tutti devi continuare a vivere anche per me... per la persona che ero e che avrei voluto diventare per te.

Lei lo fissò incredula, incapace di capire.

-Ma io ti amo...anche così.

Philip Rogers le sorrise amaramente.
Le lasciò le spalle come se quel contatto gli avesse rischiato di impedirgli di andare fino in fondo a quanto ormai aveva già stabilito di fare.

-Non era destino, Morgan.

-Stronzate! Resteresti qui in eterno...senza poter prendere parte a quel destino che devi custodire per gli altri: è crudele!- gridò Sarah, per poi rivolgersi a suo padre, che ancora era immobile con lo sguardo fisso sulla devastazione che cominciava a prodursi intorno a loro- Se glielo lasci fare davvero io non te lo perdonerò mai!

La gravità di quell'affermazione pesava come un macigno non solo per Steve Rogers, ma anche per Ellie. Era esattamente nella speranza di evitare tutto ciò che aveva risvegliato Sarah.

Se avesse avuto almeno l'opportunità di assistere a quella che era stata una libera scelta di suo fratello forse le cose sarebbero andate diversamente tra lei e suo padre...forse la famiglia si sarebbe stretta intorno a quel sacrificio anziché lacerarsi, regalando a tutti un futuro diverso. Se solo Morgan avesse accettato quel  destino avrebbe avuto l'opportunità di una vita diversa.

-Sarah, Morgan, desidero che comprendiate...-cominciò a dire la donna.

-No- la interruppe Morgan, categorica, riversandole addosso parte della sua grande rabbia- non sappiamo nemmeno chi sei veramente!

-La Ellie che conosco non parlerebbe mai così- affermò Sarah, dandole manforte.

'La Ellie che consoci tu non ti ha salvata' avrebbe voluto risponderle, ma si trattenne ' la Ellie che tutti amate alla fine non ha salvato nessuno, anche se ci ha provato'. Anche quel suo estremo tentativo di correggere il futuro era stato inutile: nessuna delle due ragazze sembrava disposta a cedere o mutare opinione.

Intanto, tutto  attorno a loro, le foglie dorate si essiccavano e cadevano a un ritmo incalzante mentre le scosse di terremoto diventavano sempre più forti. Non c'era più tempo eppure era impensabile che dovesse succedere proprio ora, che non ci fosse modo di trovare una soluzione diversa.

Philip Rogers avanzò tranquillamente verso l'albero del mondo come se stesse andando ad incontrare un vecchio amico.

Non ebbe alcuna paura o esitazione a toccarne la corteccia solida e lucente, che cominciò a vibrare a quel contatto, come se riconoscesse il suo nuovo custode. Il grande albero smise di tremare e con lui l'intero sottosuolo si quietò, preparandosi invece ad accogliere un nuovo signore del destino...la corteccia nel punto dove Philip aveva appoggiato le mani divenne luce liquida, inglobandolo poco a poco, tra le proteste ancora vive di Sarah e i singhiozzi di Morgan.

-Possiamo procedere? I sentimenti sono sopravvalutati ... per di più non hanno mai aiutato a salvare nessuno- commentò distrattamente la versione futura di Sebastian.

-Concordo- osservò Cali in maniera ironica- non mi hanno aiutata a salvare te.

-Se non si fosse capito il nostro futuro fa schifo- aggiunse Blake Foster con uno sguardo truce rivolto a tutti loro- non posso entrare nei dettagli, come comprenderete, ma esorto i presenti a fare scelte migliori e a cambiarlo per quanto possibile. Siete ancora in tempo.

-Allora aiutateci!- supplicò Sarah, che avrebbe supplicato chiunque pur di uscirne.

Non era che non volessero, in fondo come aveva detto Blake il loro non era un futuro verso cui erano impazienti di tornare... ma non avrebbero potuto dire nulla di troppo esplicito di quanto non avessero già fatto, non senza demolire tutta la linea temporale.

-Andiamo- li esortò impassibile Sebastian Strange, che per aprire un portale sul futuro non aveva ormai più bisogno di una misera gemma dell'infinito. Cali e Blake lo seguirono senza emettere un fiato. Ellie si trattenne un solo istante in più  prima di riprendere il portale per il suo tempo, esitò il tempo necessario per dar loro l'ultimo disperato consiglio.

-Non cercate di riportarlo indietro: non funzionerebbe. E dite alla me del vostro tempo...ditele solo di 'non cercarlo'. Lei capirà. Di più non posso proprio dire...

Detto ciò anche la direttrice dello SHIELD li lasciò, con un peso sul cuore e una sola domanda nella mente: aveva fatto bene ad agire in quel modo? Non sapeva cosa rispondersi.

Sarah e Morgan si guardarono a vicenda, comprendendosi con un solo sguardo. Poi agirono all'unisono, senza alcuna esitazione, ovviamente facendo esattamente ciò che la donna proveniente dal futuro aveva appena detto loro di non fare.

Incuranti delle ripercussioni e prima che qualcuno riuscisse a fermarle, si gettarono insieme nella luce proiettata da Yggdrasil, all'inseguimento di Philip.
Superata la barriera di luce, tuttavia, fu solo l'oscurità ad avvolgerle.

Poi cominciarono inevitabilmente a cadere.


 

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Capitolo 15
*** Codice Venom ***


Buongiorno a tutti, carissimi e carissime!
Oggi in via del tutto eccezionale una nota a inizio capitolo, perchè metterla alla fine non avrebbe avuto senso, in più non toglie niente alla sorpresa dato che già il titolo del capitolo è uno spoiler grande come una casa ahhhhhhhhhhhhhh
Come ormai tutti avrete capito mi piacerebbe tributare questo capitolo in particolare alla fantastica InsurgentMusketeer e a Ellie Renner, il personaggio originale da lei creato e indiscussa protagonista dell'originale Codice Venom ;)
Non c'è bisognoche sottolinei che senza Insurgent o senza Rack io sono perduta... oltre alla stima personale come autrici voglio un bene enorme a queste ragazze strepitose!!!!! Se non avete già provveduto vi consiglio sempre spassionatamente le loro storie, in cui troverete veramente tutto quello che potreste apprezzare in un film MCU e anche molto di più... dunque, vi lascio a quella che mi auguro sarà una piacevole lettura^^
Un saluto di cuore.

Mary

...

La discesa fu arrestata di colpo da qualcosa che le sospinse in alto, come se avessero all’improvviso intercettato un’onda che, dopo l’iniziale decollo, avesse deviato la loro traiettoria. Quando riprese coscienza del proprio corpo Sarah Rogers si ritrovò schiacciata contro l’asfalto di un parco pubblico, che riconobbe come quello sulla cinquantottesima strada, in pieno centro, nell’assolato pomeriggio estivo di New York. Sentiva le punte delle dita ancora formicolanti e un intenso bruciore sula guancia destra che poggiava direttamente a terra. Alzò faticosamente la testa e fu come se le fosse cresciuta di due taglie. Stringendo i denti, con le tempie che pulsavano e il nervoso a llivelli cosmici, la ragazza si costrinse a gettare un rapido sguardo intorno a sè: di quell’idiota di suo fratello nessuna traccia, ma se pensava di cavarsela così si sbagliava di grosso…Aveva ancora in testa il suo sguardo sereno e rassegnato, specchio perfetto di quello di suo padre, che lo aveva pure lasciato andare. Era per lei un atteggiamento inconcepibile!

Constatò che almeno non era finita lì da sola, infatti Morgan giaceva riversa a pochi metri da lei, dolorante ma cosciente, come testimoniavano le colorite imprecazioni del caso.

Fortunatamente la giovane Stark era atterrata su uno spiazzo erboso che aveva di poco attutito la caduta dall’alto, anche se lo sbalzo era stato più violento di quanto potesse sopportare.

-Ehi…tutto bene?

-Una favola- rispose Morgan ironica, sputando un ciuffo d’erba che chissà come le era finito in bocca e cercando di sentire quante costole le restavano dopo l’impatto- ricordiamoci di rifarlo più spesso…

-Siamo…tornate a casa - constatò Sarah, visibilmente delusa- Siamo al punto di partenza.

-Già- confermò Morgan che condivideva tutta la sua frustrazione a riguardo per essersi ritrovata a New York senza la minima pista su dove invece fosse finito Philip- A quanto pare quel dannato albero non ha capito un cazzo di quello che gli ho chiesto.

Sarah si voltò verso l’amica, incuriosita dalla sua ultima affermazione.

-Perchè… ti ha parlato?

-A te no?

-No…non proprio. Io ho solo sentito la testa girare e mi sono ritrovata qui…ma in un certo senso era come se ci volessi andare io.

-Oh…è esattamente quello che l’albero mi ha chiesto- confermò Morgan, che pareva ancora leggermente stordita, fece per dire qualcosa in più, ma poi cambiò subito idea e riformulò il concetto con altre parole più prudenti- Mi ha chiesto dove volessi andare…solo non ha proprio parlato. Erano più immagini, come se fosse direttamente…

-…nella mia testa- conclusero all’unisono le due ragazze, scambiandosi uno sguardo preoccupato.

Nessuna di loro due aveva avuto il tempo di pensare a quello che stavano facendo, si erano semplicemente buttate in un gesto coraggioso e disperato. Quella stupida copia cresciuta di Ellie le aveva esortate entrambe ad accettare la situazione e ad andare avanti, aveva anche accennato al fatto che solo così avrebbero potuto prevenire un futuro ben peggiore per tutti. Eppure, si domandava Sarah, come avrebbe potuto pretendere che se ne restasse lì senza fare niente mentre perdeva suo fratello una seconda volta? Era chiaro che Morgan la pensasse allo stesso modo, seppure al momento le sembrasse molto strana…non era preoccupata solo di ritrovare Philip, ma sembrava alla spasmodica ricerca di qualcos’altro, scandagliando nervosamente con lo sguardo l’orizzonte come se sperasse di vedere comparire qualcosa in particolare.

Sarah si guardò bene intorno a sua volta .

Avrebbe potuto andare avanti a lungo con quelle speculazioni, ma si rese conto ben presto che, a una certa distanza prudenziale dal punto in cui erano atterrate, si stava radunando una piccola folla. Una folla che sembrava più sconvolta di loro per l’accaduto.

-Avete visto anche voi? Sono cadute dal cielo…- stava commentando qualcuno con palese orrore.

Un paio di ragazzini curiosi provarono ad avvicinarsi a loro, ma furono subito tirati indietro dalle rispettive madri con esclamazioni atterrite. Un anziano signore strinse a sè il guinzaglio del cane e due giovani ciclisti fecero inversione, cambiando strada pur di non passar loro accanto.

-Voi due non muovetevi!- urlò isterico un passante mentre una signora con la carrozzina fuggiva nella direzione opposta -State dove siete! Chiamiamo qualcuno!!

-La polizia…ci vuole la polizia -gridava nel mentre qualcun altro.

Tutti sembravano estremamente sconvolti, in maniera abbastanza ingiustificata dal momento che entrambe le ragazze erano coscienti e senza traumi evidenti.

Certo, non capitava tutti i giorni di uscire di casa a fare jogging e di vedersi due persone precipitare dal cielo, glielo concedeva…ma, ammettiamolo, dopo gli Avengers, dopo le invasioni aliene, dopo i diversi attentati che fortunatamente uno dopo l’altro erano sempre stati da loro sventati, in quegli anni a New York era capitato ben di peggio. Tanto che ormai un tratto caratteristico dei newyorkesi era diventato quello di aspettarsi veramente di tutto e mantenere anche un certo contegno di fronte all’inspiegabile. Invece la gente attorno a loro sembrava in estrema difficoltà, allarmata per quell’evento come un alveare di api impazzite.

Facendo leva sui palmi doloranti Sarah cercò di tirarsi in piedi per valutare meglio la situazione.

-Non c’è bisogno…stiamo bene- provò a dire la ragazza, che grazie al suo potenziamento connaturato aveva retto miracolosamente bene l’impatto tanto che si era rialzata come se nulla fosse. Mosse anche qualche passo per rassicurarli sulle proprie condizioni ma quel movimento parve renderli solo più frenetici… come se si sentissero minacciati.

-State lontano- ribadì il passante di prima- abbiamo chiamato la polizia… sarà qui a momenti! Quindi non tentate di fare niente di strano…

Alchè Sarah e Morgan si scambiarono un’ulteriore sguardo, questa volta allarmato. Ci volle giusto qualche istante perchè le ragazze si rendessero conto che la gente lì attorno non aveva paura per loro…aveva proprio paura di loro. In effetti era la polizia ad essere stata nominata, non i soccorsi.

-Questi sono fuori di testa…- commentò Morgan- …inutile provare a parlarci.

-Riesci a camminare?- le domandò Sarah.

L’amica annuì tirandosi in piedi a sua volta, mascherando un notevole sforzo.

-Bene, allora leviamoci di torno prima che a questi altri prenda un colpo.

La gente intorno a loro non osò tentare di fermarle, la folla si aprì al loro passaggio pur di restare il più lontano possibile.

-Da non credersi…è come se ci considerassero infette- commentò Sarah irritata, estrasse quindi il cellulare per mettersi in contatto con gli altri e aggiornarli sull’accaduto.

Compose subito il numero di Blake, rendendosi conto mentre lo faceva che non poteva aspettare un istante di più per sentire la sua voce. L’ultimo anno passato lontani per una sua stupida scelta le pesava come non mai. Anche se aveva fallito, anche se Philip si trovava disperso chissà dove, sperava di trovare almeno in lui in salvo e al sicuro. Tuttavia la aspettava l’ennesima amara sorpresa.

-Che strano…il numero risulta inesistente. Stessa cosa per gli altri.

-Forse non c’è campo…- rispose Morgan distrattamente.

Stava faticando non poco a tenere dietro al passo deciso di Sarah, considerando che non era uscita del tutto indenne dalla caduta. Il dolore sordo alle costole si faceva sentire sempre di più, spezzandole di tanto in tanto il respiro. Ovviamente Morgan non voleva darlo a vedere per non essere da meno dell’amica, che era caduta esattamente come lei, eppure non si era fatta niente...ma per Sarah fin da piccola era stato così, cadeva e si rialzava come se nulla fosse, guarendo a un ritmo impressionante e decisamente non umano. Morgan aveva perso il conto delle volte in cui Sarah l’aveva lasciata indietro, correndo come una forsennata verso la prossima avventura. Era stato difficile essere amica di Sarah perchè significava reggere il suo ritmo impossibile, ma nell’ultimo anno Morgan si era resa conto ancora di più del divario che le separava. E nonostante questo la ragazza si era ripromessa che non si sarebbe più fatta lasciare indietro, quale che fosse il costo.

-In pieno centro?- Sarah, che ancora combatteva con il cellulare, si fermò un momento solo quando si rese conto che l’altra non la seguiva più- Morgan? Sicura di stare bene?

Morgan si era fermata un attimo, appoggiandosi a una ringhiera giusto il tempo necessario per ricominciare a respirare correttamente. Non aveva una bella cera.

-Si… scusa. Purtroppo a quanto pare non sono resistente quanto te- ammise soffiando tra i denti per farsi forza-  Sai l’erba cattiva…

-Ma certo…andiamo a farti dare un’occhiata - si risolse Sarah, mettendo via il telefono.

-Non c’è bisogno Sarah…

-Non farti pregare. Non mi sei per niente d’aiuto in queste condizioni- sottolineò, con una spontaneità quasi crudele dal momento che aveva detto una cosa ovvia.

Morgan represse un commento seccato e si sforzò di proseguire...tanto se Sarah si era messa in testa qualcosa non sarebbe stata certo lei a farle cambiare idea.

Per una fortunata coincidenza il pronto soccorso più vicino era sullo stesso isolato, raggiungibile direttamente a piedi, eppure era leggermente diverso da come le ragazze lo ricordavano. Era pur vero che mancavano da New York da un anno, ma si sarebbero ricordate dell’ enorme obelisco di marmo che capeggiava di fonte all’ospedale, incombendo minaccioso sulle loro teste.
Non era il genere di cosa che si costruisce così in poco tempo, tanto più che alla base era applicata una targa bronzea dall’aspetto usurato, che riportava la scritta a caratteri cubitali ‘V-20 in memoriam’.

-Deve trattarsi di una commemorazione o qualcosa del genere- minimizzò Sarah, proseguendo senza farci troppo caso.

Invece Morgan restò a fissare impressionata l’enorme lugubre colonna.

Per tutta la sua lunghezza erano stati incisi migliaia di nomi e appoggiato alla base di bronzo si trovava una sorta di macabro tappeto formato di bigliettini, candele, fiori e qualche consumato peluche…oltre a centinai a di scritte che riportavano ossessivamente la parole ‘mai più’.

Tutto sembrava alludere a qualcosa di terribile che era successo qualche tempo prima e che la popolazione doveva aver percepito come un vero flagello. Possibile che loro, per quanto fossero state all’estero, non ne sapessero niente?

-Ti muovi?- la riprese Sarah.

Morgan fu costretta a lasciar perdere quelle considerazioni e a seguirla, lo fece  poco prima di arrivare a leggere il nome riportato centralmente all’obelisco,  in una elegante filigrana dorata, quello di fronte al quale vi erano sempre fiori freschi consegnati quotidianamente.
Il nome era quello di sua madre, Virginia Potts Stark.

All’accettazione non trovarono la coda che si aspettavano di trovare, per la verità a Morgan non chiesero neanche un documento, ma soprattutto non ne vollero saperne di carte di credito.

-La sanità è completamente gratuita dallo Stark Act- commentò distrattamente il receptionist- devi essere l’unica in America a non saperlo, signorina…piuttosto ho bisogno di vedere il tuo certificato vaccinale V-20 prima di farti accedere al pronto soccorso.

-Il certificato vaccinale…-ripetè Morgan lentamente, qualcosa nel tono dell’impiegato le diceva che sarebbe stato meglio reggere il gioco piuttosto che ammettere di non esserne in possesso-…ma certo, io… devo averlo lasciato a casa.

Questo la squadrò come se avesse appena detto di aver dimenticato a casa la testa.

-Lo sai almeno che è illegale circolare senza?

-Ehm…mi dispiace?!- Morgan si sentiva ogni istante peggio e le stavano facendo un mucchio di storie per quello che fondo non era che un pezzo di carta.

Eppure quell’uomo ne stava facendo una vera questione di stato.

-C’è qualche problema?- intervenne Sarah alle sue spalle.

-Signorine, siete pregate entrambe di esibire immediatamente il vostro certificato …o sarò costretto a chiamare la sicurezza- disse l’uomo, questa volta in tono minaccioso.

Parecchie persone si voltarono a guardarle, mormorando commenti come se si trattasse di una situazione particolarmente indecorosa. Prima che Sarah potesse ribattere qualcosa di scortese, per loro fortuna, videro camminare per il corridoio il padre di Sebastian, che quasi passò loro davanti senza riconoscerle.

-Ehi! - esclamarono le due richiamando la sua attenzione.

Il dottor Stephen Strange, che a dirla tutta aveva già avuto una giornata massacrante, dovette fermarsi per le due sconosciute, meditando sul fatto che non riusciva mai a finire un turno e a tornarsene a casa in santa pace a senza che un nuovo problema si presentasse all’ultimo minuto…  

-Che fortuna che sei qui, stiamo cercando Philip, quindi non è che potresti…- Sarah abbassò la voce per non farsi sentire dal receptionist, fece un gesto vago con la mano-…fare quella cosa da stregone, hai capito, e mandarci direttamente da lui?

-Prego?

-Si, insomma potresti usare la magia…così risparmiamo tempo- aggiunse Morgan, speranzosa.

Il dottore le fissò entrambe sconcertato, era quasi troppo stanco per arrabbiarsi sul serio per quello che non poteva che essere uno stupidissimo scherzo.                                                                           
-Avete bevuto?- domandò infine.

-Non hanno il certificato vaccinale! - le accusò immediatamente l’impiegato dell’accettazione, come se si trattasse di un crimine capitale- Nessuna delle due…Potrebbero essere delle terroriste, io chiamo la polizia- concluse allarmato.

Questo dettaglio fece istantaneamente impallidire il dottore che rapidamente abbandonò l'ipotesi 'scherzo'.
Nessuno avrebbe mai scherzato su un certificato di quel tipo sapendo cosa comportava...le due in effetti sembravano non rendersi minimamente conto della loro precaria situazione. Di qualsiasi cosa si trattasse intuivano solo avesse a che fare con questo benedetto vaccino V-20 da cui tutti parevano ossessionati.
E non possederne uno a quanto pare  implicava qualcosa di molto, molto brutto.

-Grazie, non è necessario Greg. Ci penso io.

-Ma dottore...

-Ci penso io, ho detto. Voi due con me... Immediatamente- ordinò, praticamente sospingendole verso un corridoio vuoto.        

Le ragazze si guardarono disorientate prima di decidersi a seguirlo: ormai parecchie cose non tornavano, tanto che erano giunte alla conclusione che il posto dove si trovavano poteva non essere quello che credevano. Prima la strana reazione della gente al parco, poi quell’obelisco inquietante, infine lo stesso Stephen Strange che si comportava come se non si fossero mai incontrati prima di allora…e che stava cercando di attirare il meno possibile l’attenzione su di loro mentre le conduceva al riparo da sguardi indiscreti.

Sfortunatamente, avevano mosso appena pochi passi prima che Morgan fosse costretta di nuovo a fermarsi: era evidente che stesse soffrendo, tanto che il primo pensiero del medico fu di sincerarsi delle sue condizioni…Niente di rotto, valutò approssimativamente, dal momento che non poteva farle alcuna lastra senza che risultasse, ma la ragazza doveva stare a riposo e possibilmente prendere subito un antidolorifico.

-Come siete arrivate qui?- volle sapere mentre soccorreva la povera Morgan con una fasciatura di fortuna.

-Lunga storia. Abbiamo sconfitto le Norne- insistette Sarah in un ultimo disperato tentativo di contestualizzare la situazione- le divinità del destino, hai presente? Poi siamo finite qui passando dall’albero di luce…è possibile che qualcosa sia andato storto e che non siamo ‘esattamente’ dove dovremmo essere.

-Su questo almeno non ci sono dubbi- confermò il dottor Strange, digitando rapidamente l’interno del reparto psichiatria per sincerarsi al volo se gli fossero per caso scappati un paio di pazienti e solo a loro risposta negativa si costrinse a prendere in mano la situazione- Chiunque voi siate non potete restare qui senza un piano vaccinale V-20 valido e aggiornato. Come vi è saltato in mente di entrare in una struttura pubblica essendone sprovviste?

-Ecco…noi non lo sapevamo…non abbiamo mai avuto bisogno di un vaccino- ammise Sarah, che aveva ormai chiaro che qualcosa non andava -E poi che vuol dire che dobbiamo averlo per forza?

Sembravano vissute fuori dal mondo negli ultimi sei anni per porre certe domande, valuto Stephen, sempre più allarmato.
Erano anche dannatamente fortunate ad essere arrivate fin lì più o meno indenni.

-Vuol dire che la sicurezza può sparare a vista se non ne avete uno. Adesso è sufficientemente chiaro?- ma constatando che per le due ragazze non lo era affatto il dottore si risolse per un approccio più pratico- Seguitemi, passerete dall’uscita del personale. Non devono trovarvi qui.

In tutta risposta Sarah guardò Morgan, preoccupata per le sue condizioni.

-Pensi di farcela?

-Si- confermò la ragazza, alzandosi a fatica- Meglio andare...diciamo che oggi non è proprio giornata.

Di nuovo non riuscirono ad allontanarsi di molto senza venire interrotte.

-Stephen?- domandò alle loro spalle una voce femminile e melliflua, che purtroppo le ragazze riconobbero subito come quella di Samantha Smith- Il tuo turno mi risulta finito da un pezzo…che strano trovarti qui.

La finta madre della loro amica Ellie, la pazza che li aveva sequestrati tutti per fare esperimenti su Sarah, una donna che nel mondo che conoscevano era morta da un anno nell’esplosione del suo stesso laboratorio, si trovava in carne ed ossa di fronte a loro, affiancata gloriosamente da due uomini della sicurezza, e sorrideva ai presenti in maniera per nulla rassicurante.

-Posso aiutarti in qualche modo Samanta?- domandò lui, senza curarsi di nascondere in alcun modo la poca simpatia che doveva correre tra loro.

-Come mai non sei a casa?- insistette Samantha Smith, battendo ritmicamente il tacco a terra in una maniera che avrebbe innervosito chiunque.

-Forse per il tuo stesso motivo- azzardò lui- siamo talmente sotto organico che oso sperare tu sia scesa qui tra noi comuni mortali per dare una mano...no?

-Sai, poco fa mi hanno raccontato una storia interessante…- proseguì la donna-…a quanto pare ci sono due ragazze sprovviste di documenti sanitari che girano per il reparto…sbaglio a presumere che si tratti di queste due incantevoli creature?

Lo disse in una maniera tale che a Sarah e Morgan fece letteralmente accapponare la pelle.

Per loro fortuna il dottor Strange reggeva benissimo la parte e non pareva intenzionato a consegnarle.
Sarah e Morgan non sapevano a questo punto se lo facesse più per aiutare loro, che in fin dei conti dovevano essere per lui delle perfette sconosciute, o per quanto non potesse sopportare quella donna arrogante che doveva sempre mettere il becco su tutto.

-Se dovessi correre a informarti tutte le volte che sbagli…temo non mi resterebbe tempo di fare altro, compreso il mio lavoro- la informò e, comprensibilmente, la dottoressa Smith non la prese bene.

-Il tuo lavoro, che dopo i sospetti che già ho sul tuo conto, mantieni unicamente a causa della carenza di organico che hai menzionato poco fa, è principalmente fare quello che dico io: ti ricordo che in quanto direttrice devo essere informata di qualsiasi caso particolare venga trattato -insistette la dottoressa Smith, fulminandolo con lo sguardo- quindi, ti prego, considera questo e rispondi alla mia domanda.

-Sono due pazienti che stavo dimettendo- sostenne lui impassibile -ora che lo sai, sono sicuro che in quanto direttrice hai modi migliori di impiegare il tuo tempo, grazie Samantha.

-Verificate questa storia- ordinò seccamente Samantha Smith alle due guardie armate che sempre si portava appresso- e se qualcosa non torna avete il mio permesso di sparargli. Con discrezione, naturalmente. Io devo proprio andare… ho una call che mi aspetta con il signor Stark, che desidera lo aggiorni personalmente sullo stato del progetto RedDoor- si vantò, prima di allontanarsi con aria soddisfatta.

I suoi tacchi alti martellavano sinistramente per il corridoio, divenendo tutt’uno con i loro battiti  mentre le ragazze pensavano rapidamente a farsi venire in mente qualcosa.

-Avete sentito la direttrice? Fuori i certificati- incalzò la guardia, mentre  portava direttamente la mano alla pistola d’ordinanza, subito imitato dal collega.

Proprio quando la situazione stava per volgere per il peggio furono interrotti dalla copia identica di Kaya Strange, versione umana, che avanzava verso di loro, tutta sorridente, con un fiammeggiante completo del turchese più acceso che avessero mai visto, colore che stava d'incanto solo a lei a quanto sembrava. 
Aveva la solita aria affabile, un po’ trasognata, che le ragazze ricordavano.

-Ma siete ancora qui con il dottore? Vi ho già aspettate per una vita…- disse rivolgendosi con sicurezza a Morgan e Sarah, come se le conoscesse da una vita- Non vi posso portare proprio da nessuna parte… dobbiamo andare su, presto! Ho già perso abbastanza tempo a cercarvi in lungo e in largo per questo dannato labirinto…

-Signora, cosa crede di fare?-domandò la guardia, sconcertata almeno quanto il resto dei presenti.

-Prima di tutto ‘signorina’ prego…-specificò Kaya puntandogli contro il dito indignata-…non sono ancora così vecchia, le pare?

-Ma …siamo nel bel mezzo di un controllo sui certificati vaccinali!

-I certificati delle mie stagiste, certo, certo…sono sicura di averli da qualche parte…ecco, sia gentile, regga questa un momento- rispose lei, padrona della scena, consegnandogli una borsetta di Hermes dalla quale cominciò metodicamente ad estrarre tutto il caos dell’universo meno quello che stava fingendo di cercare- accidenti, ero sicura di averli proprio qui…senta, visto che è già stato così paziente, fa lo stesso se glieli invio via mail? Abbiamo una certa fretta in questo momento...

-Conosce la legge…dobbiamo verificare adesso.

-Si- li interruppe lei, improvvisamente seria come non mai- e conosco benissimo anche il sindaco. Gli ho appena venduto casa sua, sa? Quindi ce l’ho giusto tra le chiamate rapide e sono sicura che non sarà un problema per lui confermare che queste ragazze lavorano per me! E che certamente non sono delle terroriste... Spiacevole, senza dubbio, detesta essere disturbato per cose futili, ma se non mi lasciate altra scelta... Vogliamo chiamarlo insieme e verificare?

Lo aveva detto con una tale sicurezza, brandendo il cellulare come un’arma vera e propria, molto più minacciosa delle loro misere pistole, che non osarono dubitare dalle sue parole... Le due guardie si scambiarono un breve sguardo preoccupato: qualunque fosse il problema con quelle ragazzine non valeva certo la loro carriera. Alla Smith potevano sempre dire di aver verificato che non vi era nulla di sospetto. Lentamente abbassarono quindi le armi.

-No signorina, non si disturbi… anzi ci scusi tanto per l’equivoco, buona giornata- si arresero.

Si ritirarono quindi senza risparmiare al gruppetto uno sguardo ancora carico di incertezza.

Intuendo che non era il caso di trattenersi Morgan e Sarah dedicarono giusto un veloce ringraziamento generale prima di guadagnare l’uscita. Ormai avevano pochi dubbi rispetto al fatto di trovarsi in una sottospecie di universo parallelo, dal quale non avevano la minima idea di come uscire.

Al dottor Strange rimase l’onore di fare i conti con l’affascinante sconosciuta che li aveva appena tratti da una situazione impossibile.

-La ringrazio per il suo intervento…e per aver mentito.

-Si figuri. Sono un’agente immobiliare…mentire all’occorrenza è un po’ il mio lavoro-disse la donna, che quel giorno si trovava in ospedale per una visita di controllo per puro caso e che era intervenuta senza pensarci un momento, una volta inquadrata la loro situazione di emergenza.

-Quindi la storia del sindaco…

-Inventata anche quella- confermò lei tranquillamente - ma chi erano quelle due poverine? Sembravano in grande difficoltà…per questo ho voluto aiutarle.

A quel punto Stephen pensò a come giocarsela senza sembrale un perfetto idiota.

-Mi crede se le confesso che non ne ho idea?- ammise infine.

Fu allora che la donna, ben lontana dal considerarlo un idiota per aver voluto impedire un’esecuzione pubblica, gli dedicò il sorriso più bello che avesse mai visto.

-Dovrei credere che si sarebbe davvero fatto sparare per salvare due sconosciute?

-In genere cerco di impedire che sparino alla gente nel mio reparto, si. Ma dal V-20 in poi sono tutti impazziti…- disse riferendosi a quella folle situazione post pandemica che stavano vivendo.

Tutto era cominciato sei anni fa con uno stupido colpo di tosse, un sintomo talmente banale che tutti avevano preso sotto gamba, per quanto fastidioso e persistente. Poi le stesse persone avevano cominciato a non reggersi più in piedi e a sputare sangue. Era venuto fuori che si trattava di un virus particolarmente pericoloso, modificato artificialmente e dotato di una tale velocità di diffusione che in pochi giorni l’intero stato era finito il quarantena. Questo non aveva comunque arrestato l’epidemia, ma aveva tagliato New York fuori dal mondo per tre mesi pieni.

Mesi in cui Stephen Strange aveva visto succedere di tutto.

Era seguita una frenetica campagna vaccinale a cui il governo li aveva costretti tutti, incurante delle morti ulteriori verificatesi dopo la somministrazione su alcuni soggetti. Erano entrati in campo provvedimenti governativi che imponevano la legge marziale e che anche a pandemia rientrata non erano ancora stati revocati, lasciandoli di fatto a vivere in dittatura.

Erano cominciate le epurazioni contro i mutanti o potenziati che dir si volesse.

Pareva opinione comune che ci fossero loro dietro la diffusione del virus, nonostante, circostanze ancora più curiosa, il famoso vaccino che era diventato obbligatorio  creasse complicazioni solo e soprattutto a loro. In verità sembrava che li uccidere proprio, dunque era comprensibile che  chi sapeva di avere dei poteri si rifiutasse di farsi vaccinare. Chi non lo sapeva invece si trovava a correre un rischio notevole accettando il vaccino. Per un certo periodo era stato ancora possibile protestare, poi il governo aveva preso una decisione drastica: la quarantena obbligata  li aveva lasciati in una pesante recessione economica durante la quale non c’era spazio per la libertà, tanto meno per i diritti delle minoranze. Arrivati a quel punto essere un mutante era diventato quasi di per sè un crimine, dunque la vaccinazione restava obbligatoria…e pazienza per le vittime del caso. Non si poteva fare una frittata senza rompere qualche uovo, si era detto.

Le persone, molte delle quali colleghi, che rifiutavano di somministrare o farsi somministrare il vaccino erano  parimenti state giustiziate come dei criminali comuni, senza processo e senza troppe domande, anche semplicemente per strada quando qualcuno non riusciva a produrre un certificato valido per un controllo.

Sarebbe toccato lo stesso a quelle ragazze, se non si fosse intromesso.

E ancora oggi persone come Samantha Smith sostenevano che era l’unica cosa sensata da fare, esecuzioni arbitrarie e sommarie quale unica opzione per ripulire il mondo dall’infezione e dalle potenziali minacce.

-E’ stato terribile- annuì Kaya, che ben ricordava che aspetto avessero le strade di New York quando sei anni prima era scoppiata in città l’epidemia mortale che ne aveva più che dimezzato la popolazione. Non si esagerava dicendo che a quei tempi le vie erano ingombre di cadaveri.

-Già- anche Stephen aveva ricordi fin troppo vividi delle corsie ricolme di persone di ogni età in fin di vita, senza la possibilità per tutti di ricevere cure adeguate- Ad ogni modo, mi scusi ancora per averla coinvolta…Intervenire per parte mia è stato impulsivo e molto stupido, lo riconosco.

-Veramente io l’ho trovato soprattutto molto coraggioso.

Questa volta Stephen Strange fu certo che il sorriso luminoso della donna era dedicato a lui e solo questa circostanza particolare gli fornì la sfacciataggine necessaria per invitarla a uscire. In fondo, rifletté, valeva quasi la pena di essersi per poco fatto sparare per avere quel privilegio e se c’era qualcosa che la pandemia aveva lasciato a tutti loro era la voglia di approfittare di ogni istante di vita come se fosse l’ultimo.

Morgan e Sarah, uscite dall’ospedale, si trovavano invece in una posizione ben più complicata.
Nello specifico, si trovavano in un universo sconosciuto in cui una qualche entità cosmica le aveva inviate entrambe per ragioni rimaste loro ignote.
Di Philip Rogers per ora non avevano notizie, nè indizi su dove cercarlo.

Morgan era dubbiosa, continuava a pensare che dovevano trovare il modo di saperne di più su questa misteriosa epidemia che tutti parevano conoscere e temere…avevano bisogno di più informazioni per potersi muovere in sicurezza in quel mondo capovolto dove gli Avengers non esistevano. Sarah invece, che di pazienza non ne aveva mai avuta molta, si era già convinta ad un approccio molto più diretto per la loro ricerca.

-Sarah…dove stai andando?

-A Brooklyn- ribattè lei, inforcando con decisione il primo sottopassaggio della metro che trovò e trascinandosi dietro anche l’amica, che nonostante la fasciatura che la stava molto aiutando, non poteva certo dirsi del tutto rimessa - a casa mia.

-Cosa speri di trovare a casa tua in un’altra dimensione?

-Risposte? Aiuto forse- Sarah alzò le spalle noncurante- per quanto ne sappiamo Philip potrebbe essere proprio lì… tu hai forse un’idea migliore?

Morgan non ce l’aveva, quindi fu costretta controvoglia a tacere e, per l’ennesima volta, ad affidarsi all’incoscienza della sua amica. Tanto, ora come ora, Sarah non avrebbe voluto sentir ragioni contrarie e in fin dei conti… ormai un posto valeva l’altro per la loro ricerca, prive com’erano di una pista concreta.

Scoprirono che per prendere i mezzi pubblici non era necessario un abbonamento: tutto era a disposizione gratuitamente per i cittadini. I sopravvissuti al grande disastro, si intende.

Durante tutto il percorso le ragazze si sedettero su lati opposti della metro, evitando di parlare troppo anche se in realtà di cose lasciate in sospeso da dirsi ne avevano eccome, solo che nessuna delle due aveva particolare voglia di aprire polemiche mentre si trovavano ancora disperse. Morgan si limitò distrattamente a guardare fuori dal finestrino, osservando il vagone dirigersi verso la periferia…tutte le stazioni erano uguali, ma nettamente più pulite e ben tenute. Non vi era traccia di murales o di altri tipi di scritte… solo enormi cartelloni bianchi che mostravano scene di ricostruzione e futuro a una New York che era stata scossa e devastata dalle fondamenta. Le stesse persone che vedevano scendere e salire dal mezzo parevano dimesse, incolori, parlavano tutti a voce bassa e sempre educatamente.

-E’ davvero…inquietante- commentò Sarah- non sembra nemmeno casa nostra.

-Forse lo è…forse è solo una versione diversa.

Morgan non disse la parola migliore, anche se lo pensava.

Non era sicura di come l’avrebbe presa Sarah, che sicuramente non avrebbe capito cosa intendeva dire…raramente la sua amica andava oltre i suoi stessi giudizi e, nonostante gli attimi di tensione che avevano appena vissuto, il mondo che si apprestavano ad esplorare era a suo giudizio colmo di potenziale.

La casa di Sarah incredibilmente si trovava esattamente lì, dove l’avevano lasciata. Sulla cassetta della posta della villetta a tre piani era persino riportato a lettere bianche il cognome Rogers, segno che almeno quello non era cambiato. Visto da fuori tutto sembrava generalmente al suo posto, tranne forse il piccolo giardino, più rigoglioso di quanto ricordassero.

Sarah era troppo tesa, quindi toccò a Morgan bussare, sperando che stessero facendo una scelta saggia.

Ad aprire loro la porta qualche istante più tardi fu una donna che non conoscevano con una corta frangia bionda e occhi azzurrissimi messi in evidenza dall’eyliner sottile, che indossava un pullover bianco sui jeans stretti del medesimo colore. La caratteristica che più colpì maggiormente le ragazze era che stava mordicchiando una stilografica e doveva essere così assorta nei suoi pensieri che non aveva smesso nemmeno mentre veniva ad aprire loro la porta.

-Posso aiutarvi?- domandò distrattamente.

-Buongiorno…- esordì Sarah, prudentemente- …per caso…mi sa dire se vive qui Steve Rogers?

-Steveeeeeee!- chiamò la donna a gran voce, evidentemente senza alcuna intenzione di farsi due rampe di scale solo per recuperare il marito, che come al solito doveva trovarsi nel suo studio sommerso dalle carte- Vogliono teeeeeee!

-Arrivo Ellie…solo un momento- si sentì qualcuno rispondere in lontananza.

-Prego, entrate pure…- aggiunse la donna, disinvolta, spostandosi di lato rispetto alla porta per far accomodare le ragazze in casa sua.

Queste si scambiarono uno sguardo perplesso prima di accettare...va bene che non avevano un aspetto particolarmente sospetto, ma dopo quello che avevano passato al parco e poi all’ospedale erano un po’ prevenute e si aspettavano un po’ di tutto meno che essere ricevute con cortesia.

-Non vogliamo disturbare- disse subito Sarah, guardandosi intorno con circospezione senza riconoscere molto dell’arredo di casa sua.

-Ma quale disturbo…siete delle studentesse di mio marito, giusto?- domandò loro Ellie Renner.

-Una specie- affermò Morgan, stando sul vago.

Ellie comunque si accontentò di quella risposta, era abbastanza abituata a visite di quel tipo da quando Steve aveva accettato la cattedra di arti figurative all’università statale.

Certo, ne era passato di tempo da quando Steve Rogers aveva cominciato la sua carriera di vignettista presso la Vox Populi, dove aveva conosciuto sua moglie. Era una persona talmente timida e introversa che Ellie dubitava avrebbe mai trovato il coraggio di invitare a uscirne proprio lei, la firma principale della casa editrice, conosciuta a livello internazionale per la pubblicazione di numerosi romanzi di successo. Così, dato che era interessata, aveva dovuto pensarci da sola a creare le circostanze favorevoli, senza che lui se ne accorgesse ovviamente.

Se c’era un lato di Steve che adorava era quello di essere un po' un cavaliere d’altri tempi, un uomo quasi fuori dal tempo. Inoltre era dotato di un coraggio fuori dal comune che non mancava di emergere in caso di necessità.

Ad esempio, nonostante fosse lui per primo parecchio cagionevole di salute a dispetto del metro e novanta di statura e i muscoli ben piazzati, durante la pandemia non aveva permesso ad Ellie di mettere un piede fuori casa, incurante delle vive proteste di quest’ultima. Si era preoccupato personalmente di provvedere alle spese alimentari, anche per i loro vicini più anziani e fragili. Era stato allora che Ellie si era resa conto che Steve Rogers, quel ragazzo timido e super imbranato, era davvero quello giusto. Da allora in poi le cose erano lentamente migliorate.

Avevano deciso di sposarsi e di trasferire si lontano dal delirio del centro nella casa che era stata dei nonni di lui e che avevano rimesso a nuovo per adattarla alle loro esigenze.

Quando Steve Rogers scese le scale in tenuta da lavoro, jeans sbiaditi e maglietta sporca di colore, esattamente come le mani che si stava pulendo con uno straccio, a Sarah quasi mancò il respiro.
Lui le rivolse un cenno educato di cordiale benvenuto, senza minimamente riconoscerla…quella consapevolezza la colpì in una maniera che la ragazza non si sarebbe mai aspettata visti i loro rapporti difficili degli ultimi tempi.
Era solo colpa sua, si disse Sarah, se erano bloccate lì. Perchè quando l’albero del destino le aveva chiesto dove volesse andare lei aveva istintivamente desiderato un mondo dove gli Avengers non erano mai esistiti e dove suo padre non era Capitan America, ma semplicemente Steve Rogers.

E adesso aveva davanti solo suo padre, proprio come voleva, senza uniforme o gradi…suo padre che però non aveva la minima idea di chi lei fosse e la fissava inconsapevole di cosa volesse da lui.

 

 

Nel frattempo, su un diverso piano di realtà, Sarah Strange osservava dalle finestre del palazzo una spessa coltre color cremisi calare sul paesaggio altrimenti immacolato di Jotunheim, luogo in cui era nata e risiedeva.
Poteva sembrare solo una strana tempesta, ma la principessa percepiva che era qualcosa di più, qualcosa di terribilmente diverso da tutto ciò che aveva mai visto o studiato nei suoi diciassette anni di vita, qualcosa che probabilmente non aveva precedente alcuno...e che inesorabilmente stava inglobando tutto quanto.

Senza perdere tempo volò fino alla sala del trono dove contava di trovare i suoi genitori, ovviamente occupati a ignorarsi.

-Madre…qualcosa fuori sta cambiando- avvisò Sarah allarmata -Viene da Midgard.

Non poteva certo essere un caso che la tempesta rossa provenisse da lì, riflettè Sarah, ovvero dall'unico luogo nell'universo che i suoi evitavano religiosamente, almeno quanto le risultava facesse anche Blake di Asgard. Midgard doveva essere un posto veramente particolare per godere del privilegio della loro assenza.

La regina stava sorridendo lievemente, mentre osservava le stesse nubi rosse e minacciose  addensarsi sopra di loro, fin quasi ad oscurare l’enorme cupola del palazzo.

-Domanda a tuo padre- rispose distrattamente Cali, che pure aveva percepito quel cambiamento farsi avanti, crepitando tra le stelle fino a raggiungere i confini del suo regno- è giusto il genere di stramberia che lo appassiona tanto...

A differenza di sua figlia però, Cali non temeva affatto quello sconvolgimento…anzi stava giusto valutando che, di qualsiasi cosa si trattasse, in realtà poteva avere solo risvolti molto positivi per loro. Poteva significare ad esempio che il disperato piano di Ellie Smith per mutare il corso degli eventi aveva dopotutto avuto successo. Poteva significare che tutti loro avrebbero avuto una possibilità di cambiare le cose…e forse sua figlia avrebbe finalmente avuto l’occasione di conoscere la persona da cui aveva preso il nome e che era morta prima che lei nascesse.

-Stanno solo riscrivendo questo futuro- confermò Sebastian, senza neanche guardar di fuori, come se la cosa non lo sorprendesse, nè tantomeno lo riguardasse -niente di cui preoccuparsi.

Nello stesso momento, su Asgard, Blake Foster stava osservando lo stesso cielo cremisi incombere sulle alte torri dorate che lo circondavano.
Un’ombra rossa quasi impalpabile calò dolcemente su qualsiasi cosa fino a coprire del tutta la superficie della città, compresa la statua che aveva voluto erigere in memoria di lei, scomparsa ormai da molti anni ma mai dimenticata.

-Ellie deve avercela fatta, infine- commentò il principe, levando un calice in segno di vittoria.

Alle sue spalle, Iris, che in tutti quegli anni non aveva mai smesso di servirlo fedelmente, annuì in silenzio.
Blake vuotò il contenuto del calice gettandolo poi a terra come ormai era abituato a fare alla maniera asgardiana. Quel singolare turbamento atmosferico era un ottimo auspicio, si disse, mentre sperava con tutto sé stesso che l’indomani mattina non si sarebbe svegliato nel solito silenzio lugubre delle sue stanze.
Si augurava davvero che il loro domani sarebbe stato diverso, in ogni senso.

La stessa Ellie Smith Coulson, dal suo ufficio, osservava quasi con indifferenza il calare di nubi rosse sui grattacieli di New York. Era forse l'unica persona sulla Terra a non aver ancora ceduto al panico di fronte a quell'ignota minaccia, bensì a provare uno strano senso di profonda quiete.

-Direttrice Coulson…tutti i nostri strumenti sono andati in avaria. Stanno arrivando rapporti da tutto il mondo, ma niente che spieghi il fenomeno in sé. Il comparto dei tecnici ci sta lavorando e abbiamo in linea il presidente per lei… Non riusciamo a determinare di cosa si tratta, ma è come se stesse…

-Riscrivendo la nostra realtà- terminò Ellie tranquillamente- si, ipotizzerei qualcosa del genere.

-Direttrice…ma…ma dove sta andando?

-A trovare un’amica- rispose lei enigmatica, abbandonando la sua scrivania con noncuranza- per cortesia, dica alla casa bianca di richiamare più tardi…e cancelli pure i miei successivi appuntamenti.

La segretaria che in vent’anni di lavoro presso lo SHIELD non aveva mai visto al direttrice assentarsi per più di un quarto d’ora e comunque mai durante una situazione di emergenza globale, non venne comunque meno al suo dovere, riacquistando tutta la sua compostezza professionale in meno di un minuto, anche di fronte a quel comportamento senza precedenti.

-Molto bene. Fino a quando?

-Se avremo fortuna, fino alla fine di questi tempi incerti- sorrise Ellie, prendendo l’ascensore e passando sul cursore centrale il suo badge, quello che aveva tutte le autorizzazioni necessarie per accedere anche ai livelli inferiori della base.

A quel livello i criminali più pericolosi che avessero catturato erano detenuti a tempo indeterminato, in un’area di massima sicurezza, controllati a vista. Ellie si diresse con sicurezza verso la cella, dove ogni tanto si recava per tenerle compagnia e accertarsi delle sue condizioni.

Dopotutto, anche se una super criminale pericolosa e folle, restava prima di tutto una sua cara amica.

-Ma non mi dire…- commentò la detenuta, non appena la vide arrivare-…Ellie Smith Coulson in persona! Immagino che tu sia venuta a vantarti del casino che hai causato. Ce ne hai messo di tempo, direttrice, ma finalmente lo hai trovato un modo per distruggere il mondo...

-Distruggerlo? Cielo, spero di no- commentò Ellie con un ampio sorriso- ma cambiarlo sicuramente.

-Spiegati.

-Domani molto probabilmente sia io che te ci risveglieremo in un altro mondo… letteralmente.

-Se hai fatto tuto questo unicamente per salvare Sarah Rogers, mi auguro fallirai clamorosamente.

Ellie la fissò attraverso il vetro infrangibile che le separava, riservandole uno sguardo carico di compassione.
In fondo se si trovava in quella prigione era prima di tutto per la sua stessa sicurezza...e anche in quel caso c'era voluta tutta la diplomazia di Ellie ma soprattutto di Michael per convincere gli altri a lasciarla in vita dopo il disastro che aveva causato. Ellie era praticamente certa in cuor suo che senza l'appoggio di Blake, che aveva concordato direttamente con lei la soluzione della prigione a vita, nulla nei nove regni avrebbe impedito agli altri di venire a ucciderla per vendicare quanto era capitato a Sarah.

-Non solo Sarah...- mormorò infatti la direttrice- ...l'ho fatto soprattutto per aiutare te Morgan, come non ho saputo fare a suo tempo.

Morgan Stark, piccata, lanciò un urlo che riecheggiò cupo sulle spoglie pareti della cella che oramai da anni era casa sua.

 

 

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Capitolo 16
*** Questioni di famiglia ***


-Io sono Morgan e questa è Sarah…immagino non vi dica niente.

La giovane Stark li guardò entrambi  speranzosa in qualsiasi appiglio ma non ne trovò alcuno: era come trovarsi di fronte due estranei che ne sapevano quanto loro circa portali e mondi paralleli.

-Sarah è un nome delizioso. La madre di Steve si chiama così…- disse Ellie riservando loro un sorriso fiducioso che mise subito a suo agio Morgan, mentre Sarah rimaneva ancora piuttosto diffidente.

-Sarah è un nome molto comune- commentò infatti la ragazza, abbassando lo sguardo come se avesse paura che un contatto visivo prolungato l’avrebbe tradita.

-Io invece sono Ellie, Ellie Renner - si presentò la donna e le ragazze avrebbero potuto giurare di rivedere in quella persona qualche tratto della loro amica.

L’ironia di quel mondo parallelo anche in quel caso si sprecava.Proprio in quel frangente un rumore stridente e metallico proveniente dallo scantinato, da cui un gatto bianco e visibilmente terrorizzato schizzò fuori a tutta velocità, li fece sobbalzare tutti.

-Oh, no, non di nuovo…Ellie non avevi detto che dopo l’incidente con Martha quel coso si era spento?

-Ho detto che ‘pensavo si fosse spento’ ma non ne sono sicura, in fatto di tecnologia strana ne so quanto te…per questo avevo chiesto a Tony di passere a dargli un’occhiata…

Ma non terminò la frase perchè dal seminterrato brillarono due occhi rossi robotici, seguiti da un agglomerato di lucido e compatto metallo che lentamente emerse dalle ombre…le ragazze trasalirono riconoscendo la copia in scala ridotta di una Sentinella, una delle guardie robotiche che per un intero anno le avevano tenute prigioniere di quello che si era rivelato il progetto Reddoor di Perry e Samantha Smith. Le sentinelle che conoscevano erano alte come palazzi, costruire per contrastare qualsiasi potere particolare e contenere efficacemente gli inumani nel perimetro, senza in teoria ferire nessuno.  Invece dopo una rapidissima scansione delle nuove arrivate la piccola sentinella, esattamente come un cane da guardia ben addestrato, si scagliò su Sarah puntando alla gola, attorno alla quel avvinse le lunghe braccia meccaniche.

Un impatto del genere avrebbe probabilmente spezzato il collo a un essere umano.

Invece Sarah resistette nel vano tentativo di artigliare con le braccia il corpo della macchina che incombeva su di lei, mentre anche Steve ed Ellie, impotenti ma determinati, cercavano di tirarglielo via di dosso col solo risultato di ferirsi le mani sul metallo. Alla fine Morgan, che fortunatamente aveva studiato bene il modello di sentinella della loro dimensione e si muoveva con una certa sicurezza, riuscì da dietro ad accedere al pannello della sua CPU centrale e a disattivarlo prima che soffocasse la sua amica. Sarah ricadde all’indietro, tossendo furiosamente e tenendosi la gola, sorretta da uno Steve Rogers preoccupatissimo.

-Siamo veramente mortificati…- stava dicendo, ancora allarmato- …vorrei poter dire che non era mai successo, ma…

-Adesso basta…ma mi sentirà, oh se mi sentirà!- tuonò Ellie Renner, che era passata in pochissimi  secondo da un adorabile scricciolo a una potenziale omicida, mentre digitava furiosamente il numero di Tony  sul cellulare- …prima quel coso infernale attacca senza motivo la mia migliore amica… adesso due ragazze… me ne frego del coprifuoco o della tua segreteria da due soldi Stark: porta il tuo culo paranoico qui!! IMMEDIATAMENTE! Non intendo restare un altro giorno con quella ferraglia in casa mia!!!Mi hai capita?!

-Ancora mille scuse…è un prototipo che il fratello di Ellie ha insistito per installarci nella casa nuova, ma evidentemente ha più di qualche problema. In teoria dovrebbe intervenire solo per proteggerci dagli inumani, anche se fino ad ora non si è dimostrato particolarmente affidabile….Comunque io come posso aiutarvi ragazze?- domandò intanto Steve Rogers.

Non era strano per il professore che alcuni dei suoi studenti venissero a trovarlo casa, dal momento che lui per primo li aveva sempre incoraggiati a fare così in caso di necessità. O più in genarle per quelle questioni che non riuscivano a risolvere già a lezione. Steve Rogers si era sempre dimostrato disponibile in tal senso, ma non era mai successo che qualcuno gli si presentasse a casa ad un’ora così tarda del pomeriggio, quando in teoria tutti i cittadini di New York si affrettavano a sbrigare le ultime commissioni, prima di trincerarsi in casa come prescritto dalla legge. Doveva trattarsi di una questione molto seria se erano venute a cercare proprio lui ad una manciata di minuti dal coprifuoco. Effettivamente le due non avevano un’aria molto tranquilla, anche se qualsiasi stranezza nel loro comportamento venne attribuita dai Rogers all’attacco appena subito.

In particolar modo la ragazza bionda più che preoccuparsi del robot che l’aveva quasi strangolata fissava il pavimento senza emettere un fiato, mordicchiandosi il labbro come se fosse combattuta su cosa dire o meno…quella ragazza aveva un qualcosa di vagamente familiare che non sfuggì alla sua attenzione, ma che Steve non avrebbe saputo definire con precisione.

-Ecco…veramente stavamo cercando una persona- disse Morgan rapidamente, un po’ perchè sperava davvero di riuscire a ottenere qualche indizio, ma soprattutto per trarre l’amica dall’imbarazzo di un colloquio con la copia identica e dolorosamente inconsapevole di suo padre.

-Il nostro… coinquilino- le andò dietro Sarah che solitamente mentiva molto meglio, ma doveva essere ancora provata dalla situazione.

- Già, il coinquilino che ha con sè le uniche chiavi dell’appartamento e ci ha chiuse fuori …quindi dobbiamo trovarlo per poter ritornare a casa. Si, abbiamo pensato che essendo un suo studente…magari lei ne sapeva qualcosa o poteva aiutarci a rintracciarlo.

-Capisco- annuì Steve con un’aria certamente più seria di quanto quella storiella ridicola sulle chiavi di casa  meritasse- avete fatto bene a venire, capisco perfettamente il vostro problema. Come si chiama?

-Philip. Il nostro coinquilino si chiama Philip. Ragazzo alto, biondo, occhi azzurri, lineamenti…wow… faccia conto che un po’ le somiglia, potreste quasi essere parenti- azzardò Morgan, beccandosi immediatamente un’occhiataccia da parte di Sarah.

Lui ci pensò attentamente, ma alla fine scosse la testa con aria contrita.

-Mai sentito, mi dispiace- e Steve Rogers sembrava veramente mortificato di non conoscere il ragazzo che gli avevano appena descritto, sembrava dolente per qualche motivo che le ragazze non riuscivano ad afferrare- Ma tranquille…voi dovete restare assolutamente finché questa storia non verrà chiarita…vedrete che riusciremo a rintracciarlo- propose infatti lui subito dopo.

Chiunque fossero quelle due non le avrebbe mai lasciate nei guai fino al collo, come in effetti erano dal suo punto di vista.

-Oh ma no…non è necessario, davvero- pigolò Morgan, cercando di mascherare la sua palese delusione. Steve Rogers invece sembrava ancora oltremodo allarmato dalla banale storia delle chiavi smarrite.

-Ma …come farete a tornare a casa per tempo?- volle sapere infatti, come se si trattasse di una questione di vita o di morte. Morgan e Sarah lo fissarono senza capire.

-Insistiamo ragazze- aggiunse Ellie con un’espressione altrettanto preoccupata, che era lo specchio perfetto di quella del marito- Sono già le quattro e mezza di pomeriggio. Se non riuscite a reperire questo vostro amico molto in fretta e a rientrare subito in casa rischiate seriamente di violare il coprifuoco delle cinque- lo disse come se tale eventualità implicasse conseguenze disastrose- per favore, restate qui per il momento come ha proposto Steve e domani mattina vediamo di risolvere.

-Pure il coprifuoco, stiamo a posto…- sbuffò Sarah che mal tollerava per natura ogni genere di restrizione.

-Purtroppo è la legge Sarah- disse lui, pur lasciando intendere che per primo la disapprovava ma che stando così le cose non ci si poteva fare molto.

-Una legge stupida …al massimo possono farci una multa, no?

-Non dovresti scherzare su queste cose- la rimproverò uno Steve Rogers mortalmente serio- molte brave persone purtroppo sono finite nei guai per molto meno. E  hanno pagato ben più di una multa.

Steve Rogers quasi non riconosceva più l’università che aveva frequentato e dove ora insegnava… le facce dei suoi studenti erano ogni giorno più grigie e impaurite, tirate in un sorriso di circostanza di fronte ai nuovi provvedimenti governativi che fioccavano ogni giorno…censura e imposizioni erano all’ordine del giorno. Certo lo Stark Act aveva portato tantissimi benefici alla popolazione rendendo anche l’istruzione oltre alla sanità americana completamente gratuita, in più erano stati o creati fondi e sussidi per aiutare un po’ tutti a ripartire…ma a quale prezzo! La libertà di pensiero era stata messa al bando e ormai gli unici programmi che si potevano svolgere erano quelli precedentemente approvati dal governo.

Dei colleghi che avevano protestato contro questa imposizione, colleghi che Steve conosceva e stimava come Wanda Maximoff, si erano perse le tracce. Erano svaniti da un giorno all’altro, nel nome di una civiltà unita verso un fulgido progresso che ormai non si riusciva ormai più a vedere….

Anche il lavoro di sua moglie aveva risentito in maniera significativa di questa retorica del mondo migliore. Ellie Renner era forse una delle ultime voci libere rimaste in America per denunciare questo tipo di soprusi da parte delle autorità, ma lo faceva mettendo sè stessa a rischio ogni giorno... Steve più che il sospetto aveva ormai la certezza che se non l’avevano ancora messa a tacere era solo in virtù della sua nota connessione con Tony Stark, primo fautore di quelle riforme e accanito sostenitore del governo di Washington.

-Se non è troppo disturbo…restiamo volentieri- intervenne Morgan, più conciliante, prima che a Sarah venisse in mente di ribattere per partito preso. Questa infatti la guardò malissimo.

-Che cosa?! Sei impazzita?

-Finché non ne sapremo di più…- le sussurrò Morgan.

Steve ad ogni modo ne sembrò immediatamente rasserenato.

-Resterete, è deciso, mi pare il minimo dopo l’incidente co quell'affare....- affermò quindi con sicurezza scambiandosi un cenno d’intesa con Ellie, la quale stava ancora fissando con sospetto il robot disattivato.

-Assolutamente, scoprirete che quando mio marito si fissa qualcosa è molto difficile dirgli di no…almeno io non ci riesco mai-la donna accennò un sorriso al consorte, mentre l’incazzatura con Tony lasciava momentaneamente posto al suo lato pratico. Fece quindi cenno alle ragazze di accomodarsi come una perfetta padrona di casa, determinata a passare comunque una bella serata in loro compagnia.

Sarah in effetti sapeva riconoscere molto bene l’espressione di suo padre quando prendeva una decisione definitiva, le era capitato spesso di litigarci a morte proprio a causa della sua rigidità…ma in questo caso non le restò che adattarsi. Venne fuori da una rapidissima ricerca che Morgan fece al volo su Google che la punizione per chi veniva trovato in giro dopo lo scoccare del coprifuoco, fissato ancora  ai tempi della pandemia alle cinque esatte del pomeriggio e mai revocato, era la fucilazione sul posto, al pari dei criminali colti sul fatto. Questo a meno che non si fosse in possesso di autorizzazioni particolari, che però venivano rilasciate in pochissimi casi.

Si trovavano di fatto in una dittatura che non tollerava strappi a quelle regole che scandivano la vita dei comuni cittadini.

-Vi preparo la stanza degli ospiti- propose Ellie Renner, che anche se non riusciva razionalmente a spiegarselo, percepiva sempre di più una specie di tensione tra quella ragazza e Steve- si trova al…

-Secondo piano, seconda stanza a destra- completò Sarah di malavoglia- lo so.

Ovviamente la donna si riferiva a la donna stava facendo riferimento propio alla stanza che lei stessa aveva condiviso con Cali in altri tempi ben più lieti.

Morgan trasse un profondo sospiro, fin troppo avvezza a quell’atteggiamento tipicamente  scontroso che Sarah riservava in generale un po’ a tutti, ma in particolare modo agli adulti…era certamente uno dei suoi maggiori difetti in quanto finiva regolarmente per farle maltrattare i suoi stessi amici o le persone che cercavano di aiutarla, suo padre per primo.

Eppure il suo sgraziato commento parve rimbalzare letteralmente sull’aperta franchezza della donna che aveva davanti.

Ellie Renner, che in anni di carriera aveva accumulato un notevole bagaglio di esperienza con persone di ogni tipo, sapeva perfettamente come prendere un adolescente recalcitrante. E sicuramente il modo migliore non era quello di affrontalo di petto come, sbagliando, avrebbe certamente fatto il suo Steve.

-Wow- commentò infatti, facendo un rapido cenno al marito che significava di non preoccuparsi e invece lasciar fare a lei- conosci davvero bene la casa, quasi meglio di me…suppongo che sia perchè queste vecchie case si assomigliano tutte. Devi assolutamente darmi un parere su come posizionare lo studio…ti va? Dal lato est fa sempre troppo caldo, ma da nessun’altra parte c’è abbastanza luce…

-A casa nostra abbiamo fatto un soppalco- disse Sarah, talmente sorpresa della domanda da ritrovarsi a rispondere con estrema sincerità- guadagnereste anche una terza camera. E un piccolo studio perennemente in disordine.

Ellie le sorrise incoraggiante.

-Famiglia numerosa?

-Già…è proprio così.

Di soluzioni architettoniche creative casa Rogers era sempre stata generosamente provvista, specialmente dopo il progressivo stratificarsi dei ragazzi che lì si erano fermati a vivere. Ben presto era stato evidente che due modeste camere da letto non sarebbero bastate per sette ragazzi nell’età della crescita, ciascuno bisognoso dei suoi spazi, così il capitano aveva dovuto ingegnarsi alla meglio nel suo poco tempo libero.

Aiutato da Sam e da Bucky avevano trascorso lunghe giornate per tentativi ed errori, tirando su pareti divisorie e buttando giù muri per adattare la casa a ogni nuova esigenza. La famiglia si era ritrovata a vivere in un complicato labirinto un po’ svergolo, dal momento che nessuno di loro era un architetto di professione, ma di cui in fondo nessuno si era mai lamentato.

Solo allora la ragazza si rese conto di quanto prepotentemente le mancasse casa sua, la sua vera casa, e di quanto poco l’avesse apprezzata prima…Come non aveva mai apprezzato fino in fondo tutti gli sforzi di suo padre per non far loro mancare un posto in cui tornare.

-E tu?- aggiunse Sarah lottando per scrollarsi di dosso quelle immagini che la facevano tremare.

-Un fratello scemo che si crede un genio e che sto per uccidere- rispose Ellie, dando un nervoso sguardo all’orologio.

Certo Tony non si sarebbe problemi a violare  il coprifuoco, lo aveva concordato lui con quei capoccioni del governo durante la crisi pandemica, come aveva negoziato di ricevere un pass speciale che gli consentiva comunque di spostarsi come più gli conveniva in qualsiasi orario.
Proprio a causa di quelle posizioni filogovernative aveva avuto più di qualche attrito con i Rogers. Era una situazione estremamente delicata la loro, in quanto Ellie era davvero una sorella per lui, l’unica famiglia che gli fosse rimasta dopo la scomparsa dei suoi genitori e poi di Pepper.

La morte della moglie era stata un durissimo colpo per Tony Stark, che lo aveva cambiato profondamente, soprattutto a causa delle tragiche circostanze in cui era avvenuta sei anni prima. Il V-20, quella maledetta piaga che da un giorno all’altro si era abbattuta su di loro come una fottuta apocalisse.Tony non si trovava nemmeno a New York quando era scoppiato tutto, ma all’estero per affari. Pepper aveva appena scoperto di essere incinta ed era al settimo cielo. L’ultima videochiamata che gli aveva fatto era stata appunto dallo studio del medico che lo aveva confermato

‘Torna presto a casa papà, abbiamo una ranocchietta in arrivo’

Poi più nulla.
Tony aveva appreso entro pochi giorni dai suoi contatti governativi della situazione disperata in cui versava la città, ma quegli stessi militari gli avevano proibito di fare ritorno in patria, perchè la città era caduta in quarantena obbligatoria e chiunque violasse il perimetro veniva abbattuto. Gli aveva risposto di andare a quel paese, si era messo personalmente alla guida del suo jet e aveva invitato cordialmente l’aeronautica militare ad abbatterlo, perchè solo quello avrebbe potuto fermarlo dal correre seduta stante dalla sua famiglia.

Quando era riuscito ad atterrare Pepper versava già in condizioni critiche, era intubata e nè per lei nè per la bambina c’era molto da fare. L’unità medica specializzata della dottoressa Samantha Smith gli spiegò che la signora Stark si era ammalata di un ceppo di V-20 particolarmente pervicace e all’epoca ancora sconosciuto, una variante impazzita che aveva immediatamente tolto loro ogni speranza. Non erano ancora stati sintetizzati vaccini adatti a contrastare gli effetti della malattia, ma Tony aveva comunque tentato il possibile e anche l’impossibile per trovare una cura sperimentale in tempo utile. Fallendo miseramente.

Era seguito un lutto devastante, che Tony aveva passato investendo ogni sua energia e mezzo nel combattere l’epidemia e coloro che ne erano stati la causa. La dottoressa Smith sosteneva che erano stati i mutanti, le persone con poteri, a concepire il virus e poi a diffonderlo. Dovevano essere fermati…quell’idea aveva man mano preso piede nella società grazie alla costante insistenza dei media che martellavano incessantemente su questo concetto: la situazione era talmente disperata che doveva per forza essere colpa di qualcuno.

Il governo strinse sempre di più per far approvare un pacchetto di leggi che rispondessero allo stato di emergenza nazionale, i così detti Accordi di New York, approvati in tempo record e di cui Stark era stato il maggior sostenitore, nonostante le proteste della sua stessa famiglia.

‘Stai facendo un grosso errore’ gli aveva ripetuto a più riprese Ellie Renner ‘Quella donna ti sta manipolando…Tony, devi ascoltarmi, so quanto stai soffrendo…diamine, sto soffrendo anch’io e lo sai…ma nulla può giustificare la demolizione dello stato civile e dei diritti delle persone’

Ellie sapeva molto bene di cosa parlava.
Anche i suoi genitori, entrambi medici, erano stati tra le prime vittime dal momento che si erano messi da subito in prima linea nella lotta contro la pandemia. Purtroppo non ce l’avevano fatta e questo non era stato che un ulteriore motivo per Tony Stark di accanirsi nella sua crociata contro il V-20, arrivando a finanziare il progetto RedDoor, che prometteva di individuare e terminare per sempre tutti i ceppi mutanti.

Se non poteva salvare le persone che amava certamente avrebbe fatto quanto in suo potere per vendicarle.

-Sai com’è fatto- osservò pacatamente Steve, che nel corso degli anni aveva prudentemente imparato a tenersi ai margini di quella complessa dinamica familiare, soprattutto perchè sapeva quanto fossero legati quei due nonostante le loro visioni politiche non avrebbero potuto essere più distanti.

Steve Rogers riservò alla moglie uno sguardo carico di apprensione.
Sapeva perfettamente quanto Ellie avesse sofferto dopo la morte dei genitori, con Tony che, invece che sostenerla nella sua strenua lotta per mantenere l’informazione della Vox Populi libera da influenze governative, si comportava come un despota impazzito e iper protettivo. Le aveva perfino rifilato quel prototipo di robot assassino che aveva il compito di ‘proteggerli’ neutralizzando qualsiasi cosa non fosse al cento per cento dna umano… e che aveva finito solo col lo spaventare a morte la loro più cara  amica Martha Dennings, attaccata senza motivo qualche settimana prima, e ad aggredire due ignare studentesse.
E proprio adesso che per loro era un periodo così delicato...

-Già…in compenso abbiamo due ospiti d’eccezione. Avete preferenze per quanto riguarda il cibo ragazze? E per preferenze intendo dire parecchio spirito di adattamento… vi servirà per sopravvivere alla cucina di Steve- commentò Ellie, cercando di ricomporsi in fretta e riguadagnare tutto il suo ottimismo.

-Ehi! Nessuno si è mai lamentato fino ad ora…

Anche su quello Sarah avrebbe avuto parecchie storie da raccontare, ma in quel momento non riusciva a fare a meno di sentirsi felice di poter assaggiare ancora una volta il pane bruciacchiato di suo padre.

-Va bene tutto- disse quindi avviandosi con Ellie in cucina- ti dò una mano...

Questa si che era nuova, pensò Morgan sorridendo, Sarah che solitamente non alzava un dito in cucina se non per la sopravvivenza di base che si metteva volontariamente a disposizione: doveva piacerle davvero quella donna.

Quando poco dopo suonò il campanello fu Morgan ad aprire, quasi senza pensarci, tanto era abituata a comportarsi a casa di Sarah come se fosse casa sua.

La ragazza rimase paralizzata di fronte al nuovo ospite, almeno quanto lo fu lui nel trovarsi davanti inaspettatamente quel viso, quegli occhi…

Per una frazione di secondo Tony Stark credette di rivedere Pepper nei suoi lineamenti delicati, ma doveva essere senza dubbio un brutto scherzo della sua immaginazione, sempre sovraccarica…la ragazzina che gli aveva terribilmente ricordato Pepper non poteva essere che uno dei tanti studenti, casi umani, che Steve ed Ellie solevano ospitare per le più svariate ragioni. Quei due incoscienti che la sicurezza non sapevano nemmeno dove stesse di casa avrebbero spalancato le porte a chiunque… La somiglianza con Pepper c’era a ben vedere, ma era folle ipotizzare una qualche connessione con la sua defunta moglie, la cui scomparsa era una ferita bruciava ancora incessante.

-Stark…-lo salutò Steve con molta meno cordialità di quanto ci si sarebbe aspettata, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo accigliato.

-Sono ancora il signor Stark per te, scribacchino. Allora, avete strofinato la lampada e io sono qui… Monday vi dà ancora problemi?

-Non da quando Morgan lo ha rimesso al suo posto, ovvero tra la spazzatura da rottamare- rivelò Ellie emergendo dalla cucina armata di straccio- riprenditi quella dannata ferraglia Tony, non te lo ripeterò una seconda volta.

-Morgan chi è e che cosa avrebbe fatto al mio meraviglioso prototipo…?

-Non è stato difficile- precisò la diretta interessata, che quando andava nel pallone come in quel momento parlava sempre a ruota libera-  Insomma, ma dai, non era un modello complesso…chiunque lo abbia programmato si crede un genio ma in verità è un po’ un’idiota, perchè volendo strafare con gli accessori  ha finito per lasciare esposte le unità di base.

-Touchè! Questa me la devo proprio segnare…

Tony soffocò una risata di fronte all’espressione devastata che si dipinse sul volto della ragazza nell’apprendere di averlo appena involontariamente insultato.

-Mi piace questa qui- dichiarò allegramente- se non sono indiscreto, quando può cominciare?

-Non ci provare nemmeno a cambiare discorso- lo redarguì subito Ellie Renner che gli sbattè davanti con poca grazia un caffè come a dirgli che non avrebbe avuto altro da lei quel giorno- Comunque  ti ho già detto e ripetuto che non sono la tua agenzia di risorse umane…non paghi già abbastanza babbuini incamiciati per selezionare giovani talenti dalle migliori università?

-E’ questo il punto: quelli selezionano solo altrettanti primati titolati e adoranti, che non fanno altro che leccare la terra dove cammino e alla fine non sono in grado di avvitare una lampadina…o di pilotare un normalissimo shuttle. Poi non è colpa mia se sei tu a conoscere tutta la gente interessante.

La donna non parve minimamente lusingata da quell’affermazione, come se potessero funzionare con lei le sue sciocche moine.

-Tony, no. L’ultimo stagista che ti ho mandato l’hai perso a carte in una bisca e alla fine è toccato a me e Steve andare a recuperarlo dallo scantinato in cui si era nascosto per sfuggire ai russi…

-Ecco dov’era finito il ragazzo…Comunque riconosco che quella volta il gioco non valeva la candela e ho imparato la lezione. Mai raddoppiare su una mano di picche. Brutta, bruttissima mossa.

-Non lo so, Tony. Peter ci è rimasto per due giorni in quello scantinato- ricordò Steve in tono grave- di notte si sogna ancora i ragni che gli camminano addosso… il ragazzo è rimasto seriamente traumatizzato.

-Scusa, per caso qualcuno ha chiesto il tuo parere, marito di Ellie?- domandò Tony, che non usava mai il nome di Steve per principio.

-A me i ragni piacciono molto- dichiarò a quel punto Morgan con un sorriso a trentadue denti- e gli shuttle li posso smontare e rimontare a occhi chiusi. Quando comincio?

-Per me anche subito…anzi sai cosa ti dico, lascia pure indietro tutto cara, ti troviamo un alloggio nuovo al compound così sarà più pratico per tutti…

-E per tutti intendi per te, come sempre. Anche la sua coinquilina verrà lasciata indietro come noi comuni mortali?- si informò pacatamente Steve Rogers- Cristo Tony, non puoi sempre comportarti così…ci sono persone che vivono nel mondo reale e che stanno pagando a caro prezzo le conseguenze del tuo delirio di onnipotenza…

Ellie trattenne il fiato, augurandosi ancora una volta che non fosse quello il giorno in cui anni di reciproca antipatia dovessero venire fuori…quella era forse l’unica cosa che non sarebbe stata in grado di sopportare, non dopo tutto quello che aveva perso.

Fortunatamente Tony non sembrava intenzionato a dare la minima importanza ai commenti di Steve, preferendo ignorarlo ad ogni occasione.

-Hai sentito qualcosa per caso?- domandò a Ellie con un’alzata di spalle molto teatrale.

-Tony, per favore…siamo tutti molto stanchi e nervosi…se potessi prendere in consegna quella cosa - disse lei indicando la carcassa robotica di Monday, prima di aggiungere- e poi magari fermarti a cena. Come una volta…non vorresti?

La sua voce vibrava di speranza, i suoi occhi azzurri cercavano i suoi in un disperato contatto…Ellie aveva bisogno di lui, tanto che Tony fu tentato di accettare l’invito.

Lui stesso non avrebbe chiesto di meglio che le cose ritornassero come una volta, anche se sapeva che non era possibile.

-Sei licenziata- disse così di punto in bianco.

-Cosa?!

Nè Ellie nè Steve potevano crederci eppure il lavoro di Ellie era qualcosa su cui nemmeno Tony avrebbe scherzato.

-Sarei passato da voi comunque, anche prima che mi chiamassi, per dirtelo di persona.

-Non puoi licenziarmi Tony, non lavoro per te- protestò Ellie indignata.

-Non io, ma il tuo capo lo farà. Riceverai la comunicazione ufficiale domani. Hanno chiamato oggi dalla Vox Populi per dirmelo…e vuoi sapere cosa gli ho risposto? Che francamente è la cosa migliore, Ellie. Poteva accaderti di peggio e lo sai.

-Il mio contratto…

-Revocato dall’ultimo emendamento che è stato approvato in Campidoglio. Tutti i contratti stipulati a nome di persone ‘non gradite all’autorità costituita’ sono da considerarsi nulli…il che naturalmente include anche il professorino, se non si darà una calmata nelle sue lezioni sovversive…

-Sei un bastardo Stark- affermò Steve molto semplicemente.

Tony per tutta risposta gli sorrise amabilmente.

-Bè questo bastardo è l’unico motivo per cui non siete ancora finiti entrambi al fresco- sottolineò- ma non potrò proteggervi per sempre. Dovete cominciare a ragionare da persone adulte e non da idealisti come Mr. America qui, che curiosamente sembra avere molto chiara la situazione, senza dubbio grazie al suo superiore intelletto…allora illuminaci prof. tu cosa hai fatto per questa città? Mentre New York e mezzo mondo  andavano a puttane tu dov’eri?

-Ero dove c’era bisogno di me- rispose con sicurezza Steve Rogers -Accanto a mia moglie. Tu invece?

-Steve!- Ellie quasi gridò, logorata da quel peso insostenibile- Tony, ti prego, è la mia famiglia…

Tony Stark si voltò verso sua sorella, la creatura più forte e fiera che conosceva, ridotta in lacrime solo dalla sua cocciutaggine. Ne sarebbe valsa la pena comunque, si domandò, di continuare a fare del suo peggio per proteggerla, di  mantenerla in vita con tutte le sue forze seppur col cuore spezzato. Tony non lo sapeva ma sapeva che non sarebbe potuta andare diversamente.

-Lo ero anch’io - mormorò e mentre lo diceva si azzardò a farle un’ultima rigida e impacciatissima carezza sui capelli biondi-Mi dispiace di non poter accettare il tuo cortese invito a cena- aggiunse poi nel tono più fintamente formale che riuscì a proferire- per il resto che ne so, pensateci un po’ voi…non posso avere sempre la soluzione per tutto come non posso alloggiare tutti gli scapati di casa di cui vi occupate voi altri…tu  invece che fai, vieni con me?- domandò alla ragazzina che non aveva smesso un attimo di fissarlo e che istintivamente annuì- Bene allora...

-Morgan no- Sarah le fece un cenno disperato con la testa -Noi non possiamo restare o interferire…lo sai vero?

-Ovviamente- rispose l’amica ma la sua espressione stava piuttosto dicendo ‘Perchè no?’.

-Dobbiamo trovare Philip. E poi possibilmente tornare a casa nostra - proseguì Sarah, pazientemente, proprio come se si stesse rivolgendo a una bambina di cinque anni piuttosto recalcitrante- era questo il piano…ricordi?

A questo punto Morgan abbandonò il sorriso inebetito, giusto il tempo di riservarle un’espressione  contrariata. Era l’unica occasione che avrebbe mai avuto nella vita di passare del tempo con suo padre…possibile che Sarah fosse così egoista da non capirlo?

Era esattamente a questo che aveva pensato quando l’albero di luce le aveva parlato, chiedendo dove volesse andare. Non c’era stato bisogno di parole per comunicare che quello era l’unico posto in tutti gli universi in cui sentiva di voler restare.

-Innanzi tutto non avevamo un piano, casomai tu avevi un piano- rispose Morgan duramente- E i piani possono cambiare.

Sarah fu costretta ad abbassare la voce perchè non le sentissero discutere.

-Ma hai capito o no che questo non è il nostro mondo?

-Ho capito che sei stata abituata male. Sai, mi sono sempre chiesta perchè ti aspetti che tutti facciano sempre quello che dici tu, senza se e senza ma- lamentò l’altra, questa volta con un’aperta ostilità che  era rimasta sopita per molto tempo- e mi sono risposta che probabilmente è perchè così è sempre stato. E vuoi lasciare questo posto fantastico…

-Fantastico? Pronto?! Il nostro primo giorno qui ci hanno quasi sparato perchè in questo dannato posto a quanto pare ammazzano le persone per un niente, lo hai visto…

Ma nemmeno di fronte allo scampato pericolo Morgan Stark volle sentir ragioni.

-Quella è stata colpa nostra. Non conoscevamo le regole, ma adesso…tutto potrebbe essere diverso. Ci basterà adattarci….

-Il certificato vaccinale…

-Lo falsificherò quel cazzo di certificato, tu dammi un iPhone e cinque minuti- insistette Morgan, ormai sorda ad ogni protesta.

-Almeno dillo chiaramente che vuoi restare per lui- soffiò Sarah con la consueta poca delicatezza.

Aveva cercato di essere più gentile, ma il suo carattere veniva sempre fuori nei momenti peggiori…

-Anche se fosse?- Morgan alzò le spalle con noncuranza- …io almeno apprezzerei il tempo che posso passare con mio padre…mentre tu non lo hai mai fatto, basta vedere come tratti Steve.

-Lo Steve di questa dimensione non è mio padre…e il Tony Stark da cui vorresti correre come un cagnolino non è il tuo!

-Lo so. Non sono stupida Sarah. Perchè non puoi semplicemente lasciarmi fare?

-Perchè l’ultima volta che ti ho lasciata fare ci è andato di mezzo mio fratello, che tra parentesi saremmo qui per salvare!

Avevano raggiunto un punto di stallo, un punto da cui sapevano bene dopo anni di travagliata amicizia nessuna delle due si sarebbe smossa.

-Ciao Sarah.

Morgan senza aggiungere altro si alzò e seguì Tony senza più domandarsi se stesse facendo la cosa giusta. Sarah, fuori di sé, rimase a una cena che tutti avrebbero più volentieri saltato, dove tra lunghissimi silenzi e sguardi torvi si respirava ben poco del calore umano di appena un attimo fa.
Mangiarono in un silenzio di tomba, non interrotto nemmeno dai rumori provenienti dall'esterno dal momento che su New York era calato il coprifuoco e in giro non c'era un'anima.

-Ci sono altri editori- affermò Steve Rogers a un certo punto, pragmatico come sempre.

-Nessuno interessato a quello che ho da dire- lamentò Ellie, che più che triste era arrabbiata, il che era un bene, giudicò suo marito, significava che aveva ancora voglia di reagire- se solo riuscissi a dimostrargli una volta per tutte che quella donna, quella dottoressa Smith, è una bugiarda...se gli potessi sbattere in faccia le prove sono sicura che Tony mi ascolterebbe! Non è rimbecillito fino a questo punto...

Steve preferì non commentare mentre Sarah a quel punto drizzò le orecchie. Le era venuta un'idea decisamente folle, ma d'altra parte...che cosa aveva ormai da perdere?

-Samantha Smith?- domandò pacatamente- La conosco. Anzi si potrebbe dire che ho passato l'ultimo anno a passare al setaccio la sua vita e il suo lavoro per ...non importa. Non posso spiegarvi perchè. Inoltre qui, ovviamente sarà in parte diverso, ma se solo la metà delle cose che so su di lei e sul marito corrispondono, ce n'è comunque abbastanza per incastrarli entrambi...ma dovrete fidarvi di me.

-Perchè hai deciso di aiutarci?- domandò invece Steve- non fraintendermi, ritengo che chiunque debba combattere come può contro questo sistema...ma sei così giovane. Se fossi tuo padre non so se ti permetterei di venire coinvolta in tutto questo.

-Infatti, non me lo permetteresti- rispose Sarah con un sorriso triste- ma è un po' tardi ormai perciò...

-Sarah, voglio che tu capisca che se dovessero prendersela poi con te non potremmo proteggerti...-insistette lui- ... e questo non me lo perdonerei mai.

La ragazza sbuffò insofferente.

-No, ti prego...non anche qui, ma si può sapere che fine ha fatto lo Steve Rogers del 'Io non sto cercando il perdono e sono lontano dal chiedere il permesso'?- domandò esasperata, riferendosi alla iconica citazione di suo padre dei tempi d'oro, che lo zio Samuel non smetteva mai di tirare fuori a ogni occasione buona.

-Chiunque abbia detto una spacconata del genere sono abbastanza sicuro non avesse figli- rispose seccamente Steve, scambiando un'occhiata lunga e significativa con Ellie- è un'esperienza che ti cambia la vita ed è...francamente terrificante.

La donna si portò istintivamente  una mano sulla pancia sorridendo appena. Era una novità anche per loro, una bellissima novità che arrivava proprio in uno dei loro periodi più bui...ma che certamente non avrebbe mancato di portare con sé la luce.

-Quello che Steve sta cercando molto maldestramente di dire- tradusse Ellie- è che tuo padre, al netto delle preoccupazioni che ogni genitore ha e che spesso lo portano a dare un po' fuori di matto, deve essere davvero molto orgoglioso di te. Come lo siamo anche noi per tutto l'aiuto che potrai darci.

Sarah, che  non si era mai veramente fermata a riflettere su quel semplice concetto, aveva già molto da trarre da quella semplice conversazione, che mai avrebbe sperato di poter avere. Era vero quello che le aveva rinfacciato Morgan poco fa, in effetti non si era mai soffermata ad apprezzare a sufficienza i momenti positivi con suo pare, impuntandosi piuttosto sulle loro incomprensioni. Anche recentemente, dopo il ritorno di Philip.
La ragazza, riscuotendosi un poco da quel pensiero, riuscì a malapena ad abbozzare un sorriso che incontrò subito quello luminoso di Ellie Renner.

-Lo spero- mormorò, mentre la scrittrice tirava fuori da un angolo gli immancabili taccuino e penna per gli appunti.

-Ci siamo- affermò Ellie con rinnovata grinta- Raccontaci tutto.

 

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Capitolo 17
*** Il bene più grande ***



Una intensa sensazione di eternità pervase Philip Rogers mentre attraversava uno dopo l'altro tutti gli strati di Yggdrasil, l'albero del mondo. Proprio come una qualsiasi pianta scoprì che si componeva al suo interno di innumerevoli cerchi concentrici, tra i quali scorreva acqua, la stessa che arrivava dalla fonte sacra e che irrorava rigogliosa ogni diramazione dell'albero... Non era semplice acqua, poiché in essa erano riflesse immagini che rimandano all'esistenza i svariati mondi. Philip ne colse appena qualche frammento prima di proseguire verso il nucleo centrale, luminoso e invitante...era quella la sua meta finale percepì.
Secondo un meccanismo semplice quanto misterioso il destino segue il corso dell’acqua della fonte, realizzò il ragazzo, attraversando Yggdrasil per poi tornare alle sue origini e condensarsi in una sottile rugiada che permette alla foresta di crescere rigogliosa. Il destino scorre dalle sue radici al pozzo di Urd e viceversa, alimentando l'albero dei mondi, facendo sì che il passato eserciti una certa influenza sul presente. A sua volta questo comporta che il passato stesso sia soggetto a variazioni, creando così un potenziale nuovo presente come Ellie Smith e la sua squadra avevano appena dimostrato.

Questa fu la consapevolezza che investì Philip non appena entrò in contatto con il nucleo primario di Yggdrasil e sentì il suo stesso corpo mutare, come se stesse diventando un tutt'uno con esso.

Il giovane dio stava assorbendo ad ogni passo nel ventre dell'albero una conoscenza antica quanto l'esistenza stessa.
Non si voltò mai indietro, onde evitare che la stessa fermezza che gli aveva permesso di lasciarsi alle spalle la sua famiglia vacillasse. Nemmeno di fronte alle grida di sua sorella e di Morgan aveva desistito e alla fine era entrato nella luce, senza nemmeno sapere cosa aspettarsi,  ritrovandosi infine nell'ultimo posto in cui si sarebbe mai aspettato di finire.
Una volta entrato nel nucleo di luce il suo sguardo si perse al di là di un pontile sommerso dalla soffusa luce dell’alba, in un posto che Philip conosceva molto bene. Seppure a chiunque non sarebbe sembrato nulla di speciale, tra i suoi ricordi quel pontile al limitare del lago, doveva avevano trascorso una sola meravigliosa estate con la sua famiglia, era rimasto impresso come uno dei posti migliori del pianeta.
La luce soffusa contornava i profili dell'acqua e una brezza leggere smuoveva le grandi fronde del perimetro boscoso che circondava il lago. Philip ricordava chiaramente il profumo dell'erba e di corteccia e la casa pochi metri più in là dal sentiero dove avevano alloggiato loro quattro... Aveva circa cinque anni e quella era stata l’unica volta che ricordava in cui la sua famiglia si era concessa un periodo di vacanza.

Ma soprattutto, seduta sul pontile, esattamente dove la ricordava, c’era la donna più bella che Philip avesse mai visto, la pelle leggermente abbronzata e i capelli arruffati. Vestita al posto che con l'austera divisa nera solo con i pantaloncini da campeggio e una maglia di tela leggera sua madre lo accolse con un gran sorriso.

-Philip- Daisy Johnson sventolò in aria la mano per fargli segno di raggiungerla- ti stavo aspettando!

Si trattava per la precisione di una versione più giovane di sua madre, proprio quella che lo aveva portato su quella  stessa riva tempo fa e gli aveva insegnato a nuotare proprio lì... Quella che nei suoi ricordi abitava ancora su quel lago.

-Sarah?- domandò lui, incrociando il suo sguardo sereno alla ricerca di indizi.

Daisy non si scompose, la posa delle spalle rilassata come se non avesse un solo problema al mondo.

-Lei e tuo padre sono ancora a dormire naturalmente. Non ho voluto svegliarli in fondo siamo pur sempre in vacanza. Ma sapevo che tu ti saresti alzato presto per venire qui. Sei proto per la prima lezione?

Di fronte al suo stupore Daisy piegò la testa di lato facendo ondeggiare armoniosamente i lunghi capelli castani. Philip ebbe un fremito. Chiunque lei fosse non si poteva dire che non recitasse la parte alla perfezione, ripetendo le esatte parole di sua madre quelle che aveva pronunciato precisamente in quella circostanza... Ma Philip era ormai immune a qualsiasi tipo di condizionamento, per quanto si rese conto una parte di lui desiderasse selvaggiamente credere di trovarsi davvero lì con lei.
Yggdrasil dentro di lui lo raggiunse come una presenza confortante, quasi per rammentargli di non avere paura: non c'era niente lì che potesse fargli del male.

-Guarda che non me ne sono dimenticata…abbiamo detto niente lavoro questa settimana: la mia unica missione sarà rendere te il miglior nuotatore dello stato, vedrai!- la donna ripetè quindi quella che nella memoria di Philip era stata la prima promessa mai mantenuta di sua madre. Solo che allora non lo sapeva.
Il Philip bambino di quel ricordo si era tuffato nelle sue braccia e quindi nel lago con entusiasmo. Insieme avevano passato la più bella giornata della sua vita, raggiunti qualche ora dopo da uno Steve Rogers con ancora il segno del cuscino sulla faccia, che portava in braccio una altrettanto assonnata Sarah.

Oh quanto si erano divertiti, prima che il cellulare di sua madre prendesse  squillare furiosamente, richiamandola in servizio per l'ennesima emergenza che non contemplava loro...

Il ragazzo del presente si sedette al fianco di Daisy, lasciando che le gambe a penzoloni arrivassero a sfiorare leggermente le onde increspate dalla corrente mentre la osservava, bevendone ogni dettaglio, ma allo stesso tempo costringendosi a prenderne le distanze da quella illusione perfetta e accattivante.

-So già nuotare da tempo, quindi… lo so che non sei lei, non devi sforzarti di sembrarlo.

-E' qui che ti sbagli...io sono anche lei- rispose tranquillamente la donna con il volto di Daisy.

Era chiaro che non si trattasse di un essere umano, ma di qualcosa di eterno quanto il luogo che abitava, eppure Philip non percepiva ostilità da parte sua né l'intenzione di ingannarlo, piuttosto gli pareva che quella creatura lo stesse solo sondando...come se volesse approfittare di quella circostanza per entrare in risonanza con lui, esattamente come aveva appena fatto Yggdrasil.

-Ho già dato la mia parola a Yggdrasil che sarei rimasto e lo farò, se è questo che ti preoccupa- precisò subito Philip.

-Lo so Philip. So tutto. Quello che mi interessa è quello che vorresti sapere tu...che cosa vuoi veramente? Avanti, chiedi...posso rispondere a qualsiasi tua domanda e farti avere qualsiasi cosa.

Philip dal canto suo non ebbe nemmeno bisogno di pensarci troppo.

-In questo momento vorrei solo sapere di mia sorella, se è possibile- ammise- Sta bene?

-Ti sta cercando- ammise la donna con la leggera cadenza di Daisy che lo mise subito a suo agio - ma non potrebbe mai trovarti qui. Non è stata invitata a entrare come invece è successo con te. Si sta tenendo impegnata comunque insieme all'altra ragazza...

-A fare cosa?

La copia di Daisy alzò le spalle, senza dubbio ritenendolo in qualche modo divertente.

-Salvare il mondo.

-E' proprio da Sarah- confermò Philip con un tenue sorriso, un sorriso che non sfuggì a lei che non mancò di annotarlo mentalmente con una certa preoccupazione- Morgan è con lei vero?

-Tieni veramente molto a quelle ragazze- constatò lei osservandolo con circospezione al di sotto delle folte ciglia di Daisy- è incredibile: dopo tutto quello che ti hanno fatto le Norne non dovresti essere più in grado di sentire così tanto. Le divinità non dovrebbero sviluppare un tale grado di attaccamento al piano materiale...in verità, ci sono delle eccezioni piuttosto rilevanti- ammise come se questo un po' la turbasse.

Ma in fondo era per quello che si trovava lì a parlare col ragazzo: per capire.
In effetti, nell'economia dell'universo le divinità erano state poste a giocare un ruolo molto diverso dagli esseri mortali, una sorta di arbitrato super partes che in teoria doveva restare disgiunto dalla quotidianità umana....tuttavia alcuni dei e dee avevano deciso di vivere definitivamente sul piano fisico, come fossero a loro volta mortali...per quanto inspiegabile faceva parte del libero arbitrio e fino a allora si era lasciato correre. Ma la guerra tra gli dei scatenata dalle Norne, che aveva rischiato di avere pesantissima conseguenze non fosse stato per l'intervento di un manipolo di individui, aveva spinto le stesse forze cosmiche a interrogarsi se non fosse il caso di mettere un freno a tutto ciò.

- Incredibile- ripetè lei - forse l'unica cosa che non sono mai spiegata...Ad ogni modo, avevo ragione a temere che la tua umanità latente si sarebbe rivelata un problema. Non prenderla sul personale Philip Rogers, ma... questa valutazione sta prendendo una piega impropria.

-Valutazione...E' questo che stai facendo adesso?

-Yggdrasil non sceglie i suoi custodi con leggerezza. Tuttavia non significa sia infallibile- ribattè la donna, mortalmente seria- Credo sia evidente che non possiamo permetterci di affidare la custodia del Destino dei mondi a una divinità qualunque.

Specialmente, ma questo lei non lo disse, dopo che le tre custodi precedenti, dee potenti e rispettate che avrebbero avuto tutte le carte in regola per ambire a quel ruolo, si erano rivelate inadatte sotto molteplici aspetti.... ed era lì proprio per fare in modo che ciò non si ripetesse.

-Perchè dovreste mettere il Destino nelle mani di una divinità...Non sarebbe meglio che ciascuno potesse determinare il proprio?

-Così è sempre stato- lei lo guardò perplessa ma anche colpita, come se non si aspettasse di doversi giustificare ma allo stesso tempo ci stesse pensando seriamente- Solo le divinità sono incorruttibili.

-Non quelle che ho conosciuto io- ribattè Philip Rogers prontamente.

Bè, in fondo il ragazzo non aveva torto...tanto più che quello sembrava essere lo stesso pensiero di Yggdrasil, che immediatamente era entrato in sintonia con lui in una maniera che non aveva mai visto.

-E se alla fine di questa conversazione non mi ritenessi all'altezza...cosa succederebbe?- volle sapere ancora Philip.

Ancora una volta lei alzò le spalle di Daisy Johnson con estrema noncuranza.

-Questo universo verrà distrutto e cercheremo un Custode del Fato che ne sia degno nel prossimo. Per la verità non cambia poi molto per me, solo più scartoffie da sbrigare...

Lui quasi si mise a ridere anche se la situazione avrebbe richiesto il contrario. Rise ricordando le parole che sua madre ripeteva sempre con quella esatta voce rassegnata quando le venivano recapitati a casa plichi e plichi di rapporti sulle missioni dello Shield...
'La dannatissima burocrazia finirà per mangiarsi ogni cosa fino alla fine dei tempi'
E a quanto pare all'origine dell'universo c'era chi la pensava esattamente come lei.

-Bene allora- Philip la guardò dritta negli occhi con determinazione- sono pronto.

-Adesso non aver fretta...Possiamo prenderci tutto il tempo necessario. Il tempo non significa nulla qui. A proposito, già che ci siamo ti va una nuotata?- Daisy gli indicò la superficie del lago che pareva davvero invitante, mossa da una leggerissima brezza

-Dopo di te...

Comprendendo che più che un'invito si trattava dell'ennesimo test Philip non esitò a tuffarsi, ansioso di dimostrare che poteva farcela. Lei invece si trattenne giusto un istante prima di seguirlo nelle profondità del lago, che naturalmente non era solo un lago, ma la fonte stessa del Fato.

-Difficile a dirsi quando si tratta di esseri umani, anche se hanno acquisito i poteri degli dei retano creature decisamente troppo complesse- sospirò rivolta a Yggdrasil, che tuttavia le rispose solo con un sussurro placido.

L'albero del mondo restava convinto della sua scelta, certo di aver accolto dentro di sé il candidato perfetto. Gli esseri umani potevano anche essere imperfetti ma a suo giudizio quel ragazzo aveva più a cuore proteggere l'universo che conquistarne il potere: sarebbe stato un ottimo custode con il tempo...ma di quello, come si era detto, ne avevano in abbondanza.
Fino alla fine dei tempi.

...
 

Sarah Rogers tamburellava nervosamente le dita sul cofano dell'auto, mentre Ellie Renner la posteggiava al lato della strada, proprio davanti all'uscita della facoltà di sociologia. Grazie a un contatto di Steve all'università erano riusciti a rintracciare il corso seguito da quella persona, l'unica che a detta di Sarah poteva aiutarle a unire i pezzi del puzzle che con pazienza stavano ricostruendo da settimane...
La ragazza aveva riportato come meglio poteva i traffici dei coniugi Smith del suo mondo e tutti i loro crimini, non trascurando certo il peggiore: aveva rivelato che la figlia degli Smith probabilmente non era veramente figlia loro, ma una bambina che avevano rubato alla legittima famiglia... Steve ed Ellie erano rimasti particolarmente orripilanti da questo dettaglio.
In quanto si apprestavano a loro volta a diventare genitori entrambi non riuscivano neanche a immaginare cosa si provasse a perdere un figlio così.

-Quella donna è il male- aveva sussurrato Ellie, portandosi istintivamente una mano al ventre, dove un leggerissimo rigonfiamento cominciava appena a vedersi- dobbiamo assolutamente fare qualcosa per fermarla Steve.

Lui aveva sentito il cuore perdere un battito alla sola prospettiva che il piano malefico di Samantha Smith potesse minacciare la sua famiglia e si era ritrovato ad annuire con fermezza.

-Non temere, non permetterò che faccia del male a te o a Evelyn.

-Evelyn?!- sua moglie aveva storto il naso nella sua direzione, totalmente indifferente alla bellissima dichiarazione d'amore che le aveva appena fatto lui.

-Bhe, è un nome classico...pensavo ti sarebbe piaciuto!- si era difeso Steve alzando le mani.

-No, infatti il suono mi piace, però...è anche così pretenzioso! Non lo so, non mi convince...e poi di secondo nome cosa mettiamo?! Evelyn è già abbastanza.

-Potremmo chiamarla...

-Non Sarah, vi prego- era intervenuta la ragazza, dalla sua postazione di sicurezza in un angolo dello spazioso divano- scusate, ma sarebbe troppo strano. Spezzate il nome, no? Evelyn diventa Eva Lynn e siamo tutti contenti. Adesso se vogliamo tornare al piano...

Ellie Renner non si era certo risparmiata nel verificare ogni dettaglio del suddetto piano, trovando parecchie corrispondenze tra le informazioni di Sarah e quello che già aveva scoperto per conto suo nel corso degli anni. Non appena si era prospettata l'occasione di far finalmente luce sull'affare V-20, questione per la quale portava un rilevante interesse personale dal momento che i suoi stessi genitori ne erano stati entrambi vittime, aveva utilizzato ogni contatto che ancora le restava alla Vox Populi per verificare le informazioni di Sarah.

Steve aiutava come poteva, ma allo stesso tempo era molto preoccupato per lo stato febbrile di sua moglie nel corso delle ricerche e soprattutto per le conseguenze che avrebbe potuto avere sulla gravidanza fino ad arrivare ad esasperarla. Ellie preferiva di gran lunga condividere i frutti dei suoi sforzi con Sarah, che come lei sembrava disposta a tutto per arrivare in fondo alla cosa. Per questo avevano deciso di andare da sole a incontrare il loro obbiettivo.

La ragazza in questione che avrebbe potuto essere coetanea di Sarah stava giusto uscendo dall'edificio proprio in quel momento. Vestita come la tipica studentessa modello, aveva i capelli castani raccolti in una modesta coda bassa e occhiali spessi. Camminava guardando a terra, stretta nella maglia di cashmere, come se temesse di entrare in contatto con le altre persone. Lo sguardo timido, quasi mortificato, si aprì in una smorfia a metà tra lo stupore e il panico quando, per quella che interpretò come una coincidenza pazzesca dettata dal destino, si ritrovò davanti il suo idolo di una vita.

-Ciao. Mi chiamo Ellie Renner- si presentò la donna con fare amichevole e spontaneo.

-Oh, lo so chi sei ...-squittì la ragazzina arrossendo istantaneamente per l'emozione di trovarsi davanti alla sua autrice preferita - Elisabeth Smith comunque... ah, ma tutti mi chiamano Ellie. Puoi farlo anche tu, voglio dire...se ti va...e se non ti sembra troppo strano.

-Piacere mio, Ellie- sorrise la scrittrice.

-Io invece sono Sarah...solo Sarah- completò le presentazioni quest'ultima, che dovette trattenersi dal ridere di fronte alla versione 'topo da biblioteca' della sua amica- Scusa se ti rompiamo, ma ci servirebbe il cellulare di tua madre.

-Però...dritta come un caterpillar- sospirò Ellie Renner, che aveva immaginato una introduzione ben diversa per la loro richiesta.

Comunque c'era da dire, in sua difesa,  che non aveva fatto altro che anticipare il tema di quella visita non precisamente di cortesia. Dal momento che, come Ellie aveva imparato durante il periodo passato a casa sua, Sarah era estremamente diretta ai limiti della convivenza civile la donna valutò che doveva aver avuto un'educazione talmente rigida da farla proprio esplodere in senso opposto.

-Io non so cosa vogliate da mia madre ...- stava balbettando Elisabeth, spaventata.

-Finta madre comunque- tossì Sarah prima che Ellie riuscisse definitivamente a intercettarla per evitare che facesse altri danni.

-... ma comunque non posso...mi dispiace. Devo andare prima che scatti il coprifuoco.

Frettolosamente Elisabeth Smith cercò di dileguarsi camminando il più velocemente possibile verso la fermata della metro più vicina, confondendosi tra la folla.

-Aspetta, per favore...-la bloccò Ellie correndole dietro sui tacchi alti e schivando occasionali passanti con notevole destrezza-...dieci minuti del tuo tempo e un caffè! Offro io naturalmente. Ti prego sarebbe veramente importante per me.

A quelle parole la ragazzina si bloccò, squadrando le due con aria incerta...Sarah poteva quasi vedere le rotelle del suo cervello che giravano vorticosamente mentre si tormentava il labbro inferiore.

-Dieci minuti, un caffè e un selfie con te- rilanciò infine Elisabeth, con aria estremamente seria.

In fin dei conti non capitava tutti i giorni di avere l'occasione di incontrare proprio Ellie Renner, che era stata così importante per lei specialmente dalla sua adolescenza in poi...

Elisabeth non era infatti originaria di New York, ma vi si era trasferita a quindici anni con i suoi genitori quando entrambi avevano iniziato a lavorare per le industrie Stark. Gli Smith erano sempre estremamente impegnati, la lasciavano sola tutto il giorno nel loro grande appartamento e in quella città non conosceva nessuno, né si poteva dire avesse il talento per farsi facilmente nuove amicizie. La scuola nuova era stata dura d'affrontare, soprattutto perchè i suoi ne avevano scelta per lei una molto prestigiosa ma popolata altrettanti ragazzini snob che amavano riferirsi a lei come alla 'campagnola'.

Poi c'era stata la pandemia V-20, quel disastro di proporzioni bibliche che aveva cinto d'assedio New York e li aveva colpiti più duramente che altrove. Era stato come se fosse improvvisamente scoppiata una guerra civile. Durante quei terribili anni di ostracismo l'unico conforto della giovane Elisabeth erano stati i libri di Ellie Renner, fedelmente impilati accanto al suo comodino, l'unico luogo sicuro dove rifugiarsi dal delirio che stavano vivendo, l'unico specchio dove sapeva avrebbe sempre trovato una parte di sé stessa anche quando era lei per prima a non riconoscersi nel suo riflesso. All'università era andata meglio, ma la ragazza non avrebbe mai dimenticato quanto doveva a quella donna in termini di sanità mentale...dieci minuti e un caffè non erano poi una richiesta tanto esosa.

Le tre si infilarono in tutta fretta in un bar poco distante, avendo cura di scegliere un posto che garantisse loro la maggior privacy possibile. Naturalmente girare a New York in compagnia di Ellie Renner e sperare di passare inosservate era impresa ardua, ma il silenzio di Jerry il cameriere fu efficacemente comprato con un sorriso riconoscente e un autografo scribacchiato su un tovagliolo e fatto scivolare quasi di nascosto nel suo taschino. Inutile dire che il servizio quel giorno fu impeccabile e che fu loro assegnato il tavolo migliore e più appartato del locale.

Ordinarono due caffè, amaro per Sarah e zuccheratissimo per Elisabeth, e un the per Ellie, che lo accompagnò generosamente a tutto quanto il posto aveva di meglio da offrire.

-Vorrei due cookie, anzi tre, e una fetta di torta alla vaniglia...oh, l'avete anche al limone? Ok... Facciamo un assaggio di tutte e due allora. Più i cookie, si intende... quattro avevamo detto?! E due scatole di cioccolatini da portare via, per favore. Poi prendo anche delle brioche vuote per Steve, se ne avete. Oh, guarda Sarah, hanno anche la pasta candita, non è che si potrebbe...

Ma Sarah la stava fissando con un cipiglio talmente severo da ricordarle in maniera impressionante quello di suo marito e la richiamò immediatamente a concentrarsi sul motivo di quell'incontro.

-Che c'è? Sono incinta- si giustificò la donna mentre aggrediva con enfasi il primo biscotto.

-Oh. Congratulazioni!- esclamò prontamente Elisabeth Smith.

-Grazie!

-Il motivo per cui siamo qui, a parte riempirci di dolci- sottolineò Sarah, che ne aveva decisamente abbastanza di tergiversare- è di chiedere a Ellie, cioè a Elisabeth se no non ne usciamo più, il suo aiuto per risalire al ruolo della dottoressa Smith nell'epidemia V-20.

-Io non capisco...mia madre ha aiutato a combattere quel virus, lei e papà hanno lavorato incessantemente per riportare la pace a New York... -sciorinò Elisabeth come un pappagallo ben addestrato e la cosa peggiore era che lo credeva davvero.

Per tutta la città, anzi per tutta la nazione i suoi genitori erano acclamati come eroi e, nonostante le sue personali riserve su alcuni episodi, lei non aveva mai avuto davvero motivo di pensare che fossero in mala fede.

-Già. Facendo arrestare o uccidere chiunque gli fosse scomodo- commentò Sarah, guadagnandosi da parte della ragazza un'occhiata indignata.

-Elisabeth, non voglio nasconderti che abbiamo i nostri dubbi a riguardo...- intervenne Ellie Renner- credimi l'ultima cosa al mondo che vorrei fare è dire a una ragazza che i genitori che ama non sono chi dicono di essere. Ma  prova a vederla da un'altra prospettiva: se non hanno fatto niente di male...non ci sarà nulla di strano da scoprire, giusto?!

-Ma i miei genitori non sono criminali, sono medici.

-Anche i miei lo erano- rispose la donna amaramente, cercando di controllare il tremito che minacciava di impadronirsi della sua voce al solo pensiero- e forse è proprio per questo che non ci sono più. Mi piacerebbe davvero arrivare a sapere cosa c'è dietro. Anzi, ho bisogno di saperlo! Per favore, se come ritiene Sarah tu sai qualcosa che potrebbe esserci utile...

-Non puoi nascondere la testa sotto la sabbia, devi aiutarci!- la esortò anche Sarah, ma la ragazza di fronte a loro pareva farsi ogni istante più piccola e impaurita.

-Vi ho già detto che io non ne so niente. Quindi se non avete altro da aggiungere...- Elisabeth si sfilò graziosamente dalla sedia aggiustandosi metodica la piega della gonna, pronta per infilare l'uscita e scappare da quella situazione imbarazzante.

-Io ho qualcosa da aggiungere- intervenne Sarah, decidendo di giocarsi l'asso nella manica senza avere la minima idea se avrebbe funzionato o meno- Michael Coulson.

Nel sentire pronunciare quel nome Ellie Smith sbiancò letteralmente e Sarah seppe ancora una volta di aver avuto fortuna.

-Cosa sai di Michael? Sta bene? Gli hanno fatto del male?- disse d'impeto, tradendo una forte emozione.

Michael era un compagno di college di Ellie, due anni avanti a lei, la persona più gentile che lei avesse mai incontrato. I due si erano conosciuti proprio in aula quando Michael l'aveva aiutata a trovare la sede del suo corso. Avevano entrambi un carattere similmente pacato e riservato, ma Michael era decisamente più estroverso e, al contrario di Elisabeth, una volta rotto il ghiaccio non aveva problemi a fare amicizia con tutti. Per questo la ragazza riteneva che il fatto che la salutasse sempre fosse solo una questione di cortesia dettata dal suo buon carattere, nulla di più. E, d'altra parte, come avrebbe potuto un ragazzo così meraviglioso sotto ogni aspetto vedere qualcosa di diverso in una nullità come lei?

Poi un giorno era successa la catastrofe. La polizia si era presentata al college per arrestare una loro insegnante, Wanda Maximoff, senza apparentemente avere alcun mandato o rivelarne la causa. Di fronte a una classe raggelata, Michael era stato l'unico ad intervenire per difendere l'insegnante e insieme a lei a venire arrestato. Elisabeth aveva assistito alla scena pietrificata, senza avere il coraggio di intervenire e sentendosi una vigliacca per questo. Ma la sera stessa, non appena i suoi erano rientrati a casa, la ragazza aveva tentato il tutto per tutto pregando in ginocchio gli Smith di intervenire muovendo i loro contatti nelle alte sfere per farlo rilasciare.

-Che sciocchezza è mai questa Elisabeth?!- aveva replicato sua madre seccamente- Se quel ragazzo è stato arrestato ci sarà sicuramente una buona ragione...dovresti fare più attenzione alle compagnie che frequenti. E smettila di leggere quei libri ridicoli che ti mettono in testa certe idee sovversive...

Intanto di Wanda Maximoff o di Michael Coulson nemmeno la famiglia aveva saputo più niente.

-Vi prego, se voi sapete qualcosa di quanto gli è successo...

-Solo che a quanto pare è destino che voi due stiate insieme- disse Sarah con inaspettata dolcezza, una dolcezza  non proprio da lei che non si considerava per niente una persona romantica- quanto a cosa gli sia successo soltanto tu puoi aiutarci a scoprirlo...

-Elisabeth...Ellie...non te lo chiederemmo se non fosse veramente importante- aggiunse Ellie Renner- molte persone come Michael si trovano in una situazione disperata e solo grazie al tuo aiuto potremo forse fare qualcosa anche per loro.

-Ma io...cosa posso fare io?!

-Aiutarci a indagare sui progetti di tua madre- spiegò Ellie- ti chiediamo solo di farci avere quello che puoi, nomi, indirizzi, qualsiasi informazione che magari a te non sembra rilevante potrebbe esserci utile. Pensi di poterlo fare?

Il terrore si leggeva chiarissimo negli occhi castani della ragazza, che, a parte quel moto di ribellione all'arresto di Michael, non aveva mai contemplato nemmeno col pensiero l'ipotesi di mettersi contro i suoi genitori, figuriamoci di spiarli per conto terzi.

-Ellie, ascoltami- intervenne Sarah sporgendosi verso di lei al di là del tavolo- la Elisabeth Smith che conosco io, quella che da un anno sta con Michael Coulson, è timida e imbranata, è vero, ma certamente non è una codarda. L'ho vista rischiare tutto pur di fare la cosa giusta e so che tu non sarai da meno.

Elisabeth, che di tutto quel discorso aveva capito poco se non il nome di Michael Coulson, che curiosamente era una potente leva motivazionale per lei trasse un lungo sospiro.

-Si. Posso farlo- decise infine la ragazza rivolta a Ellie Renner e a Sarah con una nuova luce nello sguardo.

Sperava solo in cuor suo di non farsi scoprire, non era certo abituata ad agire come una spia...
Colei che in un universo parallelo era diventata Direttrice dello SHIELD, ovvero della maggiore organizzazione spionistica e antiterroristica a livello globale, si apprestava a sua insaputa a portare a termine il suo primo incarico ufficiale.

 

...


Morgan Stark stava vivendo un sogno ad occhi aperti nel nuovo mondo che aveva ribattezzato Terra2. Erano trascorse ormai delle settimane e la ragazza si era ambientata a meraviglia. Per la verità, non si era mai sentita così a casa come in quel luogo e in quel momento. Al diavolo Sarah e i suoi patemi morali...lei non poteva capirla, non poteva sapere cosa significava vivere senza un padre, soprattutto dal momento che aveva anche la pretesa di redarguire il suo. Invece lei sentiva che stava finalmente creando un certo rapporto con Tony...e questo la faceva camminare a due metri da terra ogni singolo giorno. All'inizio si era detto che le sarebbero toccati i semplici compiti di una stagista, ma in pochissimi giorni la ragazza si era imposta quale unica assistente di Tony Stark, dimostrandosi competente e motivata più di tutti gli altri dipendenti.

Sfortunatamente per il suo capo, tuttavia, l'ingegneria meccanica non era la sola passione di Morgan.

-Quello... si può sapere che cos'è?- volle sapere Tony riservando al misterioso pacchetto che Morgan gli aveva appena posizionato al centro della scrivania senza troppe cerimonie uno sguardo inquisitorio e vagamente schifato.

-Il suo pranzo signor Stark- cinguettò la ragazza con un sorriso a trentadue denti.

-Ma è...verde.

-Biologico- lo corresse lei, tirando anche fuori da chissà dove un enorme bicchiere contenente una sostanza fumante, densa e marrone, affrettandosi quindi ad aggiungere- e poi c'è questo naturalmente.

-Come mai ho paura di chiedere di che intruglio si tratta questa volta?

-Un the indiano con proprietà depuranti e diuretiche. Un vero toccasana per lo stomaco e l'intestino. Inoltre il sapore è ottimo- Morgan ne assaggiò un sorso davanti a lui come per dimostrare che non si trattava di veleno. Ma Tony Stark non sembrava per nulla persuaso, casomai vagamente disgustato.

-Adesso me lo cambi il bicchiere...vero?

-Che cos'ha, cinque anni?!- ribattè lei mettendogli anche il the sulla scrivania, accanto al cibo biologico -Abbiamo già affrontato questo discorso Tony...Non può certo continuare a nutrirsi solo di caffè e schifezze varie. I suoi livelli di colesterolo sono francamente preoccupanti...continui così e avremo un serio problema.

-Ma io ce l'ho già un serio problema: un'assistente sadica e dispotica- lamentò scoccando uno sguardo tetro ai giganteschi distributori d'acqua su cui capeggiava la scritta cubitale 'stay hydrated!drink water' e che Morgan aveva fatto installare ovunque negli uffici, naturalmente a sua insaputa.

La particolarità di questi distributori era che scattava un'allarme assordante se non si prendeva almeno un bicchiere d'acqua ogni ora...Tony era abbastanza sicuro che un espediente del genere lo avesse già visto in 'Saw- L'enigmista' e cominciava ad essere in parte colpito, in parte terrorizzato dal potenziale della sua nuova protetta.

-Vegana- corresse nuovamente lei.

-Chiedo scusa, non erano sinonimi?

-Mangi il panino Tony- decretò Morgan senza arretrare di un millimetro, anzi puntellando entrambe le mani sulla scrivania- oppure dica addio ai backup dell'ultima settimana...- aggiunse la ragazza, inclinando la testa in un dolce sorriso che preannunciava tempesta.

-Ah! Qui ti volevo!- esclamò Stark, pronto alla contromossa- Dopo l'ultimo ignobile ricatto ho ben pensato di salvarli in frame ogni quarto d'ora con firewall criptato, guarda un po'...

-Guarda un po'- ripetè Morgan, senza battere ciglio- li ho decriptati non appena ho avuto dieci minuti liberi al posto della solita settimana enigmistica, opzione che sarebbe stata decisamente più impegnativa e stimolante a giudicare dal pigro, e se mi permette scazzatissimo codice utilizzato... A proposito, già che c'ero ho anche assegnato una nuova password di accesso.

La bocca di Tony formò una diligentissima O di sorpresa, in verità mista a rassegnazione, dato che ormai non riusciva più nemmeno a fingere autorità nei confronti della nuova arrivata. La ragazzina in poche settimane si era imposta su tutto e tutti, muovendosi esattamente come se si trovasse a casa sua, per di più  aveva fatto la sua bandiera del rivoluzionargli l'azienda in maniera che tutto fosse riciclabile e rispettoso dell'ambiente. Contemporaneamente era arrivata a costringerlo ad una vita più sana mediante il ricatto e il sabotaggio.

-Quale password?- ringhiò lui tra i denti.

-Quella che troverà scritta sul fondo della carta del panino, quando avrà finito di mangiarlo. Sono sicura che è ottimo. Vedrà che diventerà il suo preferito...e alla fine mi ringrazierà. O almeno lo farà il suo fegato.

Tony più che di ringraziarla avrebbe avuto voglia di licenziarla e tornare ad abbuffarsi di roba decente...però doveva ammettere che gli piaceva troppo avere attorno quella ragazzina. C'era qualcosa in lei che non aveva ancora inquadrato ma che lo faceva stare bene come non succedeva datato tempo. Come in famiglia.

Aveva provato qualcosa di simile solo in compagnia di Ellie, ma dalla loro ultima conversazione a casa sua, dacché lo aveva guardato con quello sguardo profondamente ferito che gli aveva lacerato il cuore, tra loro era calato il silenzio stampa. Senza dubbio quel bellimbusto del maritino sarebbe stato contento, si disse in maniera stizzita, ma subito una vocina interiore salì su a ricordargli che non era stato Steve Rogers a farla licenziare...non era stato lui a tradire la fiducia di sua sorella. Quella era una prerogativa del tutto 'made in Stark' e ogni volta che Tony si ripeteva di averlo fatto per il suo bene quella scusa gli suonava sempre più patetica...

Come se non bastasse, la fotografia di Donovan che teneva in ufficio, non a caso al posto dove in teoria sarebbe dovuta stare quella di suo padre con cui Tony purtroppo non aveva mai avuto un facile rapporto, incombeva su di lui, quasi a ricordargli le sue molte promesse mancate.

Donovan Renner lo aveva cercato prima di morire a causa del V-20, almeno così gli avevano detto. Probabilmente era per parlargli con franchezza di quanto le cose gli fossero sfuggite di mano dalla scomparsa di Pepper in poi...ma allora Tony non aveva  avuto il coraggio di affrontarlo, aveva posticipato l'appuntamento con mille pretesti, non voleva essere costretto a difendere con nessuno le sue scelte, men che meno con l'unica persona che sarebbe stata in grado di metterle efficacemente in discussione. E così alla fine non aveva avuto nemmeno occasione di salutarlo degnamente...un'altra delle sue molte colpe per omissione che ormai Tony si trascinava dietro come un'armatura soffocante.

-Va bene...mangerò quell'orribile coso biologico e berrò il fango del Gange- cedette alla fine sotto il sempre più pressante sguardo della sua infida assistente- ma poi pretendo almeno un altro caffè per sciacquare via il sapore di erba e decomposizione.

-Molto bene. Un decaffeinato- concesse Morgan prendendo diligentemente nota sull'iPad.

-Con due zollette di zucchero, prego!

-Nah. Massimo una...secondo le mie stime, i suoi valori non sono poi così buoni da poter rischiare... Non vogliamo affrontare un collasso glicemico prima del tempo, giusto?!

-Ma per favore...se ho la cartella clinica di un chierichetto.

A questo punto la ragazza si era innervosita sul serio: non si scherza su certe cose! Morgan stava giusto facendo l'impossibile per assicurarsi che il padre fosse in salute e prevenirgli qualsiasi tipo di fastidio. Certo, lo stava anche facendo nella sua maniera un pochino da psicopatica...ma in fondo aveva ottime intenzioni. Inoltre, in qualità di ex drogata conosceva benissimo tutte le scuse possibili e come prevenirle: insomma non c'era proprio modo di fargliela sotto il naso.

-Un chierichetto al massimo si concede un po' di vino dopo la funzione, non si sfonda di super alcolici ogni due ore come se avesse un fegato di riserva, cosa che mi duole annunciarle non ha...

-Vorrà dire che ne costruirò uno...e sarà indistruttibile -bofonchiò Tony, indispettito dalla ramanzina che gli veniva da una tipetta a malapena ventenne, evidentemente ossessionata dai suoi organi interni.

-Dunque un caffè veloce e poi possiamo riprendere a lavorare al progetto sui reattori a energia rinnovabile...- ricapitolò Morgan, senza nemmeno dar segno di averlo sentito.

Tony Stark tuttavia aveva altri programmi, ritenendosi ingenuamente ancora padrone del suo tempo a dispetto della tabella di marcia della sua tirannica assistente.

-Più tardi, anzi facciamo domani; ho in programma una chiamata 'informale' alla casa bianca e quando il bifolco repubblicano -intendeva il presidente degli Stati Uniti naturalmente - avrà finito di sviolinarmi i soliti complimenti per il mio lavoro e le solite leccate, fortunatamente non a sfondo sessuale, te lo immagini? sarebbe rivoltante, il tuo orario di lavoro sarà già finito da un pezzo...

-Non fa niente. Posso restare un po' di più oggi. Non ho altri impegni- affermò la ragazza come se onestamente non desiderasse altro dalla vita.

Per la verità era qualcosa che Tony aveva già notato da un pezzo ed aspettava solo l'occasione propizia per parlarne alla diretta interessata.... Si era ripromesso di farlo in qualità di figura datoriale lavorativamente parlano e semi paterna, o almeno tale gli piaceva considerarsi quando si parlava di Morgan. Il fatto era che la ragazzina arrivava sempre per prima al lavoro e se ne andava per ultima, weekend compresi, sette giorni su sette. Sembrava veramente vivere per lavorare, nello specifico lavorare per lui, senza concedersi altro svago se non il tempo che riuscivano a passare insieme a fare cazzate indegne di qualsiasi ufficio rispettabile... Insomma, era stato super divertente all'inizio avere qualcuno accanto sulla stessa lunghezza d'onda, ma col passare del tempo il risultato di quello strano atteggiamento da parte di entrambi stava sfociando in una situazione piuttosto ambigua. Tony si era ripromesso decine di volte di mettervi fine, ma una parte di lui ancora si rifiutava di collaborare.

-Contrariamente alla comune opinione non sono uno schiavista...- tentò di dire osservando i grandi occhi castani di lei spalancarsi come quelli di un cerbiatto braccato- ...finito il lavoro devi tornare a casa Morgan. Funziona così. Senti... ma una sveglia come te non ce l'ha una vita al di fuori di qui, che ne so... amici, un ragazzo, un cane?

-Ce l'avevo...forse. Intendo il ragazzo. Ma... probabilmente era meglio avere il cane- considerò la ragazza ad alta voce, tormentandosi istintivamente un ricciolo ribelle.

-Decisamente meglio...-Tony la fissò al di sopra delle lenti colorate e le fece un rapido cenno con la mano come per esortarla a proseguire- ...avanti Miss.Morgan sono tutto orecchi!

Lei sorrise nervosamente.

Non si sentiva del tutto a suo agio a confessare a suo padre le sue disavventure amorose...ma, diamine, era l'intera situazione ad essere paradossale già da tempo! Una distorsione in più si sarebbe confusa con il resto, inoltre Morgan coglieva qualsiasi opportunità di parlare con Tony degli argomenti più disparati. Le faceva immensamente piacere che si interessasse a lei e alla sua vita.

-Ecco...non aveva in programma una call piuttosto urgente con la casa bianca?

-Il cogl...voglio dire, il presidente attenderà... prima voglio sapere tutto! Mi sembri troppo intelligente per farti prendere in giro dal primo soldatino di leva che passa...

-Bè, in realtà lui è un po' più...un Mr. PerfectlyFine- soggiunse Morgan rendendosi conto giusto in quel momento di come quella definizione calzasse come un guanto a Philip Rogers- Educazione cattolica, acuto senso del dovere, bello da far schifo ovviamente...ma anche leale, coraggioso, intelligente, affidabile...

-Prevedibile, irritante, inarrivabile, con quell'aria da profeta in patria che a momenti spunta l'aureola...si. Ho presente il tipo- mormorò Tony osservano con risentimento l'angolino di una fotografia che teneva appesa al muro in cui ancora si intravedeva il profilo perfetto di Steve Rogers sotto i buchi delle freccette che avevano lasciato lui e Clint l'ultima volta che ci avevano giocato.

-Camicia inamidata...anche se in realtà gli sta bene tutto.

-Noooooooo...

-Capelli perfetti.

-Oh! Quei dannati capelli...

-Sorriso da boyscout...

-Già. Quelli mia cara sono i peggiori- convenne lui, serissimo.

Sapeva molto bene di cosa si parlava...di tipi esattamente come il maledetto Rogers, che si insinuano silenziosamente nella tua vita con un 'ma va Tony è solo un collega' e poi te li ritrovi ogni dannato sabato sera col braccio palestrato- dove diamine lo troverà poi il tempo di fare tutta quella palestra col lavoro da sfigato che fa?!- attorno alla vita di tua sorella a ricordarti di 'bere responsabilmente' dall'alto di una superiore morale e un radicato perbenismo che neanche negli anni '40 del secolo scorso...

-E' morto per ben due volte senza nemmeno la decenza di avvisare...mi ha detto di amarmi, ma poi mi ha lasciata come se non gli importasse...'non era destino' ha detto- concluse infine la ragazza e, questa volta, del tutto involontariamente gli occhi le si velarono subito di lacrime.

-Se ti farà piangere di nuovo la terza sarà quella buona, perchè giuro che lo uccido con le mie mani- proclamò Tony istintivamente. Non sapeva nemmeno perchè aveva avuto quello slancio di protezione nei confronti di una ragazza che avrebbe potuto essere...come sarebbe stato bello se fosse stato possibile avere una figlia come Morgan, si ritrovò a pensare, con un tale sentimentalismo che quasi non si riconosceva.

Allo stesso tempo vide lo sguardo di lei illuminarsi a quelle parole, uno sguardo gentile esattamente come quello di Pepper e questo gli fece male più di tutto il resto.

-Dai, andiamo...Voglio mostrarti una cosa!- le disse Tony battendo le manie per smorzare la tensione e allo stesso tempo per scacciare dalla sua mente quella dolorosa somiglianza.

Alzandosi di scatto si scapicollò verso un corridoio che stranamente Morgan non conosceva, poco lontano dal suo ufficio. Strano, pensò la ragazza, mentre si affrettava seguirlo, non c'erano molti posti dell'azienda che non conoscesse come le sue tasche ma questo principalmente perchè ci era cresciuta. Invece, quel piccolo e discreto laboratorio dove si erano diretti le giungeva nuovo. Forse un'aggiunta recente, legata con ogni probabilità a quella specifica linea temporale.

-Sarai la prima fortunata a posare lo sguardo su questa meraviglia!- esclamò Tony con entusiasmo, indicando orgoglioso una finestra che dava sul livello inferiore del comparto- è di questo che il presidente vuole parlare...avanguardia pura... finalmente, dopo anni di ricerca, grazie al progetto RedDoor non avranno più scampo.
Morgan si ritrovò a fissare dal parapetto, con gli occhi colmi di orrore, quella che sembrava una grottesca distorsione dell'armatura di Ironman e che in realtà altro non era se non un prototipo gigante di una Sentinella, completamente cromata di rosso e oro.

-Non può essere...tutto questo è...

-Geniale, lo so...

-Criminale!- esclamò invece la ragazza, sconvolta e disorientata- Non puoi veramente insistere a portare avanti questa follia!

Non era la prima a parlargli così. Ellie Renner si era espressa esattamente nello stesso modo quando le aveva solamente accennato ai suoi progetti su RedDoor...Tony non gliene aveva parlato mai più proprio per questo motivo: curiosamente tutte le persone che stimava si ostinavano a non voler comprendere.

-Si chiama futuro, mia cara, un futuro che finalmente non comprenderà più quei dannati metamostri- affermò tagliente.

Morgan represse un conato di profondo disgusto.

Sarah aveva ragione: la situazione era molto più grave di quanto credesse, o meglio, di quanto aveva voluto credere mentre giocava alla famiglia perfetta...si diede mentalmente dell'idiota, mentre contemplava la devastazione che un centinaio di sentinelle armate di tutto punto promettevano di scatenare sull'intero suolo americano.

-Davvero?! Contribuiresti davvero allo sterminio di persone che non hanno colpe se non di avere dei poteri o delle mutazioni congenite...allo sterminio sistematico di innocenti?

-Contribuirò come posso alla caccia ai mostri che hanno distrutto il nostro mondo- replicò Tony duramente, guardandola come non l'aveva mai guardata prima e fu come se avesse d'un tratto alzato tra loro un muro di acciaio impenetrabile- credevo che tu fra tutti, proprio tu che le somigli tanto, lo avresti capito...credevo che fosse chiaro che non avrei permesso di vivere agli assassini di Pepper- aggiunse, facendo pesare come macigni quelle parole.

Ma Morgan scosse la testa, desolata.

-Io non so che genere di benedizione ti aspettassi da me, ma so che lei odierebbe tutto questo... almeno quanto odierebbe il fatto che sia fatto in suo nome.

-Non parlarmi di lei - un Tony Stark nuovamente sprofondato nella sua disperazione strinse i pugni nervosamente- Non l'hai nemmeno conosciuta.

-Si invece- replicò Morgan, altrettanto disperata- la conosco benissimo perchè Pepper è mia...ti sembrerà assurdo quello che sto per dire, quello che vorrei dirti in realtà da settimane è che io sono...

-Una bugiarda e probabilmente una spia- intervenne la dottoressa Smith, comparendo all'improvviso e impedendo di fatto a Morgan di parlare- Ben ritrovata signorina Morgan, l'ultima volta che ci siamo incrociate lavoravi nel settore immobiliare, quella storia non mi è stata chiara fin dall'inizio...mentre adesso ti ritrovo a ficcare il naso nella tecnologia d'avanguardia. Bel salto di carriera.

-Che posso dire? Stipendi migliori e un fondo pensione più che generoso- ribattè Morgan, infastidita anche dalla sola vista di quella donna orribile.

-Prendetela e portatela via- ordinò freddamente la dottoressa- Signor Stark, sono desolata da quanto è accaduto...la ragazza ci aveva ingannati tutti.

Morgan si protese in avanti, come a dare un contraccolpo alle braccia degli uomini della sicurezza che piombarono su di lei. Rivolse quindi lo sguardo disperato a suo padre.

-Non è vero! Devi credermi...lasciatemi stare, non ho mentito!

-Una terrorista senza dubbio...- stava ancora dicendo Samantha mentre Morgan si dibatteva vigorosamente tra la stretta dei suoi uomini.

Se avesse avuto la forza di Sarah oppure della tecnologia a disposizione sarebbe riuscita ad opporsi, invece messa alle corde era totalmente impotente. Se pianse fu proprio perchè odiava sentirsi debole ancora una volta.

-Ti prego, Tony...papà... Aiutami! - urlò in un disperato appello prima che la accompagnassero fuori quasi di peso.

Tony sembrava totalmente perso di fronte a quella scena indecorosa e assurda.

-Io non capisco...perchè mi ha appena chiamato papà?!- domandò senza saper bene che risposta aspettarsi e soprattutto da chi.

-Sta delirando, senza dubbio- Samantha Smith liquidò la questione con un gesto impaziente e stizzito- da gentaglia del genere c'è da aspettarsi di tutto.

-Può darsi...ma non fatele del male- si preoccupò Tony- ha chiaramente bisogno di aiuto. Datele tutto quello di cui potrebbe avere bisogno, se occorre coprirò io ogni spesa.

-Come desidera. Adesso però dobbiamo andare, la call col presidente ci aspetta...sono sicura che rimarrà impressionato dal nostro lavoro.

Ma Tony non la stava più neanche ascoltando.

Quanto accaduto lo aveva scosso profondamente, tanto che rimase assente e sottotono durante tutto l'incontro con la casa bianca lasciando che fosse Samantha Smith a parlare per tutto il tempo. Una volta calata la sera, nel silenzio assordante del suo ufficio in cui era voluto rimanere completamente da solo, non riusciva a liberarsi di quella sgradevolissima sensazione che gli si era appiccicata addosso da quando la ragazzina aveva pronunciato quella parola...

Papà...aiutami!

Il suo sguardo febbrile arrivò a posarsi sul bicchiere di the indiano ormai freddo abbandonato sulla scrivania, quello da cui Morgan aveva bevuto quel pomeriggio stesso. Quell'oggetto sicuramente riportava ancora tracce della sua saliva, si disse, saliva e con un po' di fortuna forse del DNA...

No, si disse, era da pazzi anche solo considerare quell'opzione.
Eppure per quanto si rendesse conto che si trattava di un'azione folle e disperata si ritrovò a stringere tra le mani quel bicchiere.

Al diavolo... si disse.

Sotto lo sguardo ora incoraggiante di Donovan Renner, Tony prese una repentina decisione attivando l'interfaccia dell'elaboratore.

-Scansione completa del DNA- ordinò nervosamente alla macchina.

I risultati non tardarono ad arrivare, immediati e sconvolgenti.

Una corrispondenza perfetta e inequivocabile con il suo. Non solo. Il database eseguì subito un confronto da archivio anche con il DNA di Pepper Potts, anche quello rivelatosi perfettamente compatibile.

Quella ragazza è...nostra figlia?!

Non poteva essere vero.
Forse la macchina si sbagliava, anzi, sicuramente era così...doveva essere così.

Ma una voce dentro di sé, più potente della ragione, gli stava dicendo l'esatto contrario.

Prese in mano il telefono digitando febbrilmente il numero dell'unica persona che sentiva potesse aiutarlo a capirci qualcosa...dopotutto era a casa sua che l'aveva incontrata la prima volta.

Dall'altro capo del telefono Ellie Renner trasse un profondo respiro prima di accettare la chiamata che lei stessa avrebbe fatto di lì a poco.
D'altro canto, lei e suo fratello avevano sempre agito in perfetta sintonia e le pareva assurdo esserserselo scordata.
Inutile dire che i convenevoli di qualsivoglia genere furono saltati.

-Dobbiamo parlare- si dissero i due all'unisono con la medesima cupa urgenza.

 

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Capitolo 18
*** Resa dei conti ***


Tony Stark raggiunse la casa dei Rogers mandando il suo fuoriserie a tutta velocità per le strade deserte della città. Per tutto il tragitto continuò a ronzargli in testa l'immagine di Morgan, di sua figlia, che gli chiedeva aiuto mentre veniva portata via dagli uomini della sicurezza che lui stesso aveva lasciato a briglia sciolta...come aveva potuto permettere che ciò accadesse, si chiese.
Quale era stato l'esatto momento in cui aveva deciso di soffocare la sua umanità dietro un'armatura al punto da permettere che la figlia di qualcuno fosse arrestata senza aver fatto niente di male?!
Purtroppo certe cose si capiscono solo sperimentandole sulla propria pelle e quell'evento lo aveva sconvolto nel profondo, costringendolo a rivedere tutte le sue scelte passate.

Trovò l'unica persona che lo aveva sempre messo in guardia specialmente da sé stesso in piedi nella sua cucina, insieme al marito e alla ragazza bionda che gli fu presentata come Sarah. Ellie Renner aveva raccolto i capelli biondi in una coda sbrigativa, indossava una maglia larga celeste con profili viola, jeans neri e scarpe da ginnastica . Era dimagrita spaventosamente dall'ultima volta che l'aveva vista, eppure il contorno del suo viso sembrava quasi essere diventato più tondo. Tony si ritrovò distrattamente a pensare che nonostante l'assenza di trucco restava sempre una donna bellissima, era come se qualcosa che prima non c'era la illuminasse da dentro.
Non è che per caso quel maledetto Rogers...

-Non dirmi che sei incinta, ti prego. Posso affrontare un solo disastro di proporzioni cosmiche  alla volta- esordì Tony, non riuscendo tuttavia a metterci nemmeno la metà del sarcasmo che intendeva.

-Si chiamerà Eva Lynn e nascerà a maggio- confermò Ellie placidamente- diventerai zio Tony, uno zio che sono certa vorrà provvedere almeno alle spese del college, visto che grazie alle sue geniali intese con il governo io e Steve siamo rimasti senza lavoro e non ce lo possiamo più permettere.

-Si capisce. Tutto quello che vorrà. Maggio...accidenti, questo vuol dire che lo sai almeno da...

-Avremmo voluto metterti al corrente l'ultima volta che sei stato qui- le venne in aiuto Steve, non senza una certa rigidità-  ma sai, le circostanze non erano delle migliori.

-Già...capisco- non c'era bisogno davvero che aggiungesse altro sul loro ultimo disastroso incontro -Cosa sono quelli?- chiese quindi Tony osservando il plico di carta che Ellie gli aveva prontamente sbattuto sotto al naso ancor prima che si fosse accomodato.

La donna tradiva un'espressione tesa, come se non sapesse cosa aspettarsi da lui. In effetti veniva da una lunga e impegnativa discussione con suo marito Steve su come fosse meglio procedere.

-Le prove che Samantha Smith non è chi dice di essere- affermò quindi Ellie- Tony, ti sembrerà assurdo, ma adesso so per certo che c'è lei dietro al V-20. Ha scatenato l'epidemia per poi arrivare miracolosamente col vaccino, stringere accordi con il governo per la sua distribuzione e così giungere al potere. E purtroppo per farlo...

-...mi ha manipolato- concluse lui.

Ellie gli riservò uno sguardo nervoso, notando che Tony il plico non lo aveva nemmeno degnato di uno sguardo. Che fosse davvero troppo tardi per convincerlo, come aveva prospettato cautamente anche Steve... Eppure lei era stata così sicura, aveva lavorato duramente durante quelle settimane senza mai perdere la speranza di arrivare alla fine a  mostrare a Tony la verità e a farlo rendere dalle sue ultime posizioni allineate con il regime di terrore degli Smith.

-Non lo apri neanche?- domandò speranzosa.

Tony a sua volta la fissò con un'espressione molto seria, una che poche volte gli aveva visto, prima di farle segno di no scuotendo la testa.

-Non ce n'è bisogno- affermò e adesso si percepiva chiaramente tutta la desolazione che gli costatava quell'ammissione- So che non mi mentiresti mai, a prescindere da quanto mi sia comportato da coglione arrogante...so di averti delusa e di aver fatto del male proprio alle persone che avrei dovuto proteggere.

-Come io so che non avresti fatto niente del genere se non avessi creduto dal profondo del cuore, che fingi di non avere, di fare la cosa giusta- disse lei con veemenza  e infine l'accenno di un sorriso aperto, senza alcuna recriminazione- Che tu sia un coglione arrogante poi non è certo una novità per nessuno. Non credere di aver fatto chissà quale scoop...

-Io non faccio che ripeterlo da anni- confermò Steve che a sua volta sorrideva senza la minima traccia di rancore - e ti posso assicurare che ogni singola volta sono stato spedito a dormire sul divano. Pare che dire la verità in questa famiglia sia un privilegio riservato solo ad Ellie.

-Senti tesoro, lascia fare il mestiere del reporter a chi sa di cosa si tratta e piuttosto sta attento a come parli di mio fratello- lo redarguì infatti la moglie- Solo io posso confermare quanto si tratti di un irresponsabile, bastardo, egocentrico, infantile e decisamente...

-Bene, ok, può bastare grazie...anche io ti voglio bene- si schermò Tony prima che l'elenco dei suoi molti difetti gli impegnasse l'intera serata- Adesso l'unica cosa che francamente mi importa è Morgan.

-Cosa le è successo?- volle sapere Sarah, allarmata più di tutti.

Ancora non si capacitava di non essere riuscita a fermare Morgan dalla sua folle idea di diventare l'ombra di suo padre in quella dimensione disgraziata...se da un lato poteva anche comprendere le motivazioni che l'avevano portata ad agire a quel modo, dall'altro non avrebbe personalmente mai permesso a motivazioni puramente personali di farle perdere di vista il suo obbiettivo.
Erano finite lì cercando di arrivare a Philip e non per sanare vecchie ferite personali. 
Il fatto poi che si fosse fatta scoprire quale figlia di Tony la diceva lunga sulla sua abilità sotto copertura. Per quanto fosse ogni giorno più dura Sarah non si era mai lasciata sfuggire neanche una volta dettagli sulla sua vera identità. 
O almeno così credeva fermamente. 

L'espressione desolata di Tony Stark non la lasciò per niente tranquilla. Inoltre sapeva meglio di chiunque altro quanto proprio lui fosse il principale punto debole di Morgan, non si sarebbe stupita se la sua amica si fosse cacciata in una brutta situazione pur di restargli accanto.

-L'hanno presa- ammise infine dolorosamente - e io non l'ho impedito. Ma ancora non sapevo, non potevo immaginare che lei fosse...ma come è possibile?

-Si- confermò Sarah, stanca di quel teatrino- Morgan è tua figlia...in un'altra dimensione. Quella da cui provengo anch'io. Non potevamo dirvelo, ci avreste peso come minimo per pazze e, considerando come trattate i malati qui, non potevamo rischiare.

Incredibilmente indifferente alla rivelazione che esistesse un'altra dimensione, fatto che in circostanze normali gli avrebbe tolto il sonno, Tony non seppe darle torto sull'ultima parte.

Annuì gravemente mentre il senso di colpa gli toglieva il respiro.

Era stata solo colpa sua se quella pazza aveva preso Morgan, era stato l'unico responsabile dell'ascesa politica degli Smith, che per anni si erano serviti di lui e delle sua tecnologia per attuare il loro piano su scala nazionale. Tutto ciò su cui Ellie lo aveva sempre messo in guardia era reale e ci era voluta la cattura di colei che ormai considerava a tutti gli effetti sua figlia per fargli finalmente aprire gli occhi.

-Cristo, che cosa ho fatto...

E fu così che nel culmine della disperazione Tony sentì la mano forte dell'ultima persona al mondo che si sarebbe aspettato potesse muovere un muscolo in suo aiuto posarsi sicura sulla sua spalla.
Proprio suo cognato, il perfettino, il dannato Steve Rogers, quello che non gli aveva mai risparmiato le critiche e con cui comunque non aveva mai avuto un buon rapporto, gli sorrideva mentre la sua presa d'acciaio era diretta a trasmettergli tutto il suo sostegno incondizionato.

-La andremo a riprendere Stark- disse Steve- Se la ragazzina ti somiglia almeno un po' allora non ho dubbi che se la sappia cavare in ogni situazione. Insomma, guardati, sei un maledetto scarafaggio che sopravvivrebbe in qualche modo anche a un rapimento da parte dei terroristi in Afghanistan...

-Ehm...per quanto in linea puramente teorica potrei anche essere d'accordo non sono sicuro di apprezzare questo paragone.

-La riporteremo a casa senza un graffio Tony- concluse Steve con decisione- te lo assicuro.

-Rogers...grazie.

Tony ricambiò la stretta del cognato con rinnovato spirito di collaborazione, mentre Ellie, che non riteneva fino ad allora possibile il verificarsi di un simile miracolo sotto il suo tetto, li fissava con le lacrime agli occhi che minacciavano pericolosamente di fuoriuscire.

-Oh, non fate caso a me- disse in fretta facendosi aria con la mano, conscia del fatto che se avesse cominciato a piangere poi non avrebbe più smesso -sono sicuramente gli ormoni!

-Tesoro...è tutto ok. Vieni qui- provò a tranquillizzarla Steve e Tony sorrise prendendo atto del fatto che non se la cavasse affatto male vicino alla sorella...forse dopotutto non era stata un'unione così avventata, le sarebbe decisamente potuta andare peggio.

-Tutto ok un cazzo, dobbiamo andare a prendere Morgan- ricordò Sarah, che si apprestava a fare irruzione ovunque tenessero l'amica per correre in suo soccorso.

-Ho già attivato un protocollo di ricerca- li aggiornò Tony- ma purtroppo al momento l'unico dato certo è che non si trova più negli uffici Stark...la verità è che non ho idea di dove possa averla portata quella donna.

-Noi si - lo informò Ellie-  Grazie a un'amica siamo riusciti ad individuare il laboratorio segreto degli Smith... ecco, dovrebbe trovarsi all'incirca qui, vicino alla vecchia area industriale- indicò un punto sulla cartina che si trovava nel pesante fascicolo contenente tutte le prove che aveva faticosamente repertato e che incastravano Samantha.

-Probabilmente è lì che fanno i loro esperimenti sulle persone...su  persone che non verranno reclamate da nessuno,  che ufficialmente risultano morte o scomparse oppure nel caso di Morgan addirittura inesistenti- spiegò Steve.

-E' così che si sono nascosti fino ad ora- rincarò Ellie con la voce che le tremava di indignazione- prendendosela con chi non si poteva difendere.

-Cosa stiamo aspettando?!

Senza porre tempo in mezzo erano già tutti in macchina in direzione del laboratorio.
Nonostante le vive proteste, questa volta di Steve quanto di Tony,  Ellie Renner insistette per mettersi alla guida del veicolo. Poteva anche essere incinta ma non era mica una malata terminale... in più anche lei aveva un grosso interesse personale in questa faccenda, almeno quanto Tony. Fu solo una volta raggiunta la destinazione che però iniziò la vera discussione.

-Va bene che ci hai accompagnati- si impose alla fine suo marito-  Però mentre siamo all'interno dell'edificio tu resti qui e magari chiuditi dentro, per maggior sicurezza.

-Senti Steve, guarda che non è serata...

-Ma Steve ha perfettamente ragione- gli diede inaspettatamente manforte Tony, che prima di allora mai avrebbe immaginato di pronunciare un giorno quelle parole.

Ellie si abbandonò ad una lieve risata sarcastica quanto incredula: da quando quei due si erano alleati contro di lei?
E comunque non esisteva che le persone che amava rischiassero il collo per fermare quella vipera e lei fosse costretta ad aspettarli da qualche parte.

-Ancora ancora posso capire Steve, ma Tony...sul serio? Devo ricordarti che quando hai insistito a sfidarmi a taekwondo solo perchè ti eri appena sparato la serie completa di Karate Kid ed eri sicuro di averne 'appreso i segreti' poi ti hanno dovuto raccogliere col cucchiaino?!

-Non ce n'è bisogno, credimi è stata una delle serate più umilianti della mia vita...anche se la serie resta una delle migliori della storia- confermò lui, impuntandosi con tutta la sua cocciutaggine- ma per rispondere alla tua domanda, si sul serio: sei una madre adesso, non faccio io le regole del gioco ma così è. Tu e la ragazzina restate qui ad aspettarci in macchina, potrebbe essere pericoloso.

Nel mentre Sarah era naturalmente già scesa dalla macchina e aveva buttato giù la porta d'entrata di acciaio rinforzato con una sola spallata ben assestata.

-Ripensandoci... -commentò Tony, con un fischio impressionato- La ragazzina super forte uscita direttamente da un episodio di Star Trek viene con noi. E' decisamente l'elemento di fuoco migliore che abbiamo.

-Guarda che non è un'arma da usare: è una persona- lo riprese Steve scandalizzato.

-Accidenti prof, proprio quando cominciavi a guadagnare punti...

Si ritrovarono in un lungo corridoio composto da compartimenti metallici, che si diramavano in tanti cubicoli molto simili a gabbie. In effetti era proprio quello di cui si trattava, una serie di celle disposte in maniera simile a un pollaio, dove al posto che tenere animali c'erano imprigionate delle persone di ogni età. Erano quasi tutte legate a dei lettini da campo e attaccate a macchinari che emettevano suoni strani, alcuni  erano palesemente feriti, altri addirittura in stato comatoso...

Tutti quelli rimasti vagamente coscienti li fissavano con il terrore negli occhi spenti, come se si aspettassero con incrollabile certezza che fossero venuti per far loro del male.

-Vi prego, vi prego...- presero a supplicare all'unisono un coro di voci flebili e spezzate.

Sia Tony che Steve, che non si errano mai trovati in vita loro in una situazione del genere, riuscivano a capacitarsi di quello spettacolo raccapricciante... Senza perdere altro tempo a commentare l'evidente orrore, entrarono tutti in azione simultaneamente.
Tony si mise ad armeggiare con il congegno di controllo delle celle facendo si che si aprissero tutte nello stesso momento.

Steve Rogers aveva già preso in braccio una donna svenuta e la stava portando fuori insieme ai primi prigionieri liberati.
Sarah, che aveva già visto macchinari del genere nel laboratorio degli Smith della sua dimensione cercò di aiutare come poteva a liberarli dalle sonde, facendo particolare attenzione a non far loro del male. Arrivata alla cella di Michael Coulson potè constatare che almeno lui , pur malconcio, sembrava ancora in condizioni di muoversi da solo e se ne rallegrò immensamente.

-Michael!- esclamò la ragazza correndo subito a liberare l'amico dalle manette che lo costringevano alla sua branda. Anche se lui non la poteva riconoscere, vedere un volto amico in quell'inferno servì ad infonderle tanta fermezza.

-Scusa...ci conosciamo?- chiese lui, ancora stordito dai tranquillanti.

Sarah notò che aveva il corpo coperto di lividi in parecchi punti, segno evidente che aveva opposto resistenza più di una volta. Se conosceva bene Michael, era anche più che sicura che si fosse trattato sempre di difendere qualcuno più debole di lui.

-Non ha importanza. Devi andare con gli altri adesso, ma prima senti, hai per caso visto portare qui una ragazza poco fa? Una mora, capelli arruffati, non sta mai zitta...

-Si- disse lui con sicurezza il che fece ben sperare Sarah- una in gamba, ha dato del filo dal torcere a quai bastardi...

-E' proprio lei. Sai dove si trova ora?

-Devono averla portata al laboratorio diagnostico...si trova in fondo all'edificio. Aspetta, ti ci posso portare...

-Michael, a stento ti reggi in piedi... -cercò di fargli notare lei e le sembrava di parlare proprio al suo Michael Coulson.

-Ma io posso aiutare...- rantolò il ragazzo debolmente.

Sarah scosse la testa, commossa dalla scoperta che pur se in un altro mondo si trattava pur sempre del Michael Coulson che conosceva e che si sarebbe comportato esattamente così.

-Se vuoi essere utile conduci tutti quelli che non ce la fanno da soli al riparo, fuori c'è una nostra amica che vi aiuterà a raggiungere le industrie Stark con un pass speciale...E' un luogo sicuro per adesso.

-Come posso ringraziarti per quello che hai fatto?- le chiese il ragazzo non appena si rese conto che si trattava di un'operazione di salvataggio in piena regola, quella che dopo mesi di reclusione aveva ormai disperato arrivasse.

-Invita Ellie Smith ad uscire la prossima volta che la vedi: è grazie a lei che vi abbiamo liberati- gli urlò dietro Sarah, che nel frattempo puntava dritta nella direzione che le avare indicato lui per raggiungere Morgan - So anche che lei ti piace, ma che sei troppo imbranato per farti avanti...vedrai che non ti dirà di no, in questo siete perfettamente uguali.

Il ragazzo si ritrovò ad annuire perplesso chiedendosi cosa diamine centrasse Ellie con quella storia e soprattutto come facesse a conoscerli la misteriosa ragazza che li stava liberando.

Vista l'ora tarda erano presenti poche le guardie, quasi tutte neutralizzate rapidamente da Sarah, che trattandosi di semplici umani anche relativamente poco addestrati non ebbe il minimo problema.
Neutralizzò tutti tranne un uomo, che mentre lei combatteva i suoi compagni le arrivò da dietro. L'avrebbe attaccata alle spalle e forse tramortita, se non fosse stato prima intercettato dal gancio destro di un insospettabile Steve Rogers, che lo centrò in piena faccia mandandolo al tappeto.

-Grazie papà...

La ragazza ebbe appena il tempo di girarsi verso di loro e mormorare distrattamente quelle due parole, prima di rendersi conto dell'errore commesso. Un errore enorme che adesso la inchiodava agli occhi meravigliati si Steve, che l'aveva sentita bene.

Steve, che ancora si reggeva la mano dolorante, quando strabuzzò gli occhi realizzando solo ora quello che avrebbe dovuto essere un ovvio collegamento. Se quella che erano venuti a salvare era la figlia di Stark da un'altra dimensione, allora anche Sarah...

-Accipicchia professore, ecco a cosa serviva tutta quella palestra!- commentò Tony- non eri tu comunque quello contrario alla violenza?

-Lo sono- confermò questi, tra le altre cose stupito anche da sé stesso e dalla sua reazione in una situazione di pericolo- ma quando proprio non si può fare diversamente...Sarah perdonami, come mi hai appena chiamato?

Fu il momento di Tony di mettergli una fraterna mano sulla spalla, allo scopo di attutire il colpo emotivo.

-Si, perdonalo cara- disse rivolto a Sarah- il ragazzo ha capacità ma non si applica troppo: era davvero l'unico a non averlo ancora capito. Eppure la somiglianza è evidente. A proposito, sappi che hai tutta la mia stima per aver superato l'adolescenza con questo bacchettone senza diventare a tua volta una suora di clausura. Anzi, mi sembra che non le mandi a dire tu...

-Grazie signor Stark- sorrise Sarah, sinceramente commossa dalla sua solidarietà- effettivamente, abbiamo avuto i nostri momenti- aggiunse con un'alzata di spalle, mentre mandava al tappeto l'ultimo avversario.

-Io non capisco...- stava ancora dicendo uno Steve Rogers preso in contropiede, ma di capire non c'era tempo.

Dovevano correre a salvare Morgan a ogni costo.

La ragazza era proprio lì dove aveva indicato loro Michael Coulson, al centro del laboratorio, legata a un lettino traballante mentre la dottoressa Smith incombeva su di lei. Erano arrivati in tempo, fortunatamente. Il trambusto provocato dalla loro irruzione aveva distolto la dottoressa dal competere l'iniezione che aveva preparato per Morgan e adesso la donna li guardava tutti con nervosa ferocia, conscia di essere stata colta sul fatto.

-Samantha lasciala andare, è finita, sappiamo tutto!- urlò Tony uscendo per primo allo scoperto.

-Signor Stark, quale sorpresa inaspettata- rispose la dottoressa, che per quanto non potesse credere che qualcuno come Tony Stark, un burattino che fino a quel pomeriggio pendeva dalle sue labbra,  avesse osato attaccare la sua base privata,  lottava ancora per non scomporsi- Sarò subito da lei non appena avrò finito con questa qui...

-Papà...- sussurrò ancora Morgan, incredula,  con il cuore che batteva a mille.

Rivederlo di nuovo quando aveva temuto che non l'avrebbe rivisto mai più le fece quasi dimenticare la situazione di pericolo in cui si trovava. La consapevolezza poi che Tony Stark fosse giunto fin lì per lei le fece provare una gioia tale che superava di gran lunga tutto il resto.

-Ti prego, lasciala- disse Tony- ti darò tutto quello che vuoi...

-Quello che voglio ce l'ho già - replicò lei seccamente - un mondo privo di imperfezioni. Privo di metaumani. Il progetto Reddoor è ormai pronto a partire e nessuno die presenti ha il potere di fermarlo...

-Anche tua figlia  Elisabeth è una metaumana, anche se scommetto che non glielo avete mai detto...dimmi questo allora, alla fine eliminerai anche lei?- chiese Sarah freddamente.

Quella semplice constatazione ebbe il potere di far vacillare i nervi della dottoressa, così come il suo fragile equilibrio mentale...come poteva quella ragazzina conoscere il suo più grande segreto? La bambina che aveva nascosto da anni, sottraendola alla sua vera famiglia, una bambina che aveva curato e amato come una vera figlia, che aveva reso 'normale', che a suo dire aveva 'salvato' da un'esistenza contaminata...

-Chi te lo ha detto? Come osi mentire così spudoratamente...

-Sappiamo tutto signora Smith, basta menzogne- ripetè anche Steve.

-Elisabeth sarà protetta, sempre- affermò quindi la donna muovendo un passo verso di loro e, con massimo sollievo di Tony, lontano da Morgan- quanto a ciò che credete di sapere non potete provare un bel niente.

-Ti sbagli- affermò a quel punto Ellie Renner, che aveva fatto il giro sul retro per unirsi agli altri e che quindi era ora  la persona più vicina a Samantha e Morgan.

Nel ritrovarsi davanti anche lei, quella che per anni era stata la sua spina nel fianco, quella patetica scrittrice da quattro soldi che le aveva impedito di realizzare prima il suo piano insinuando una marea di dubbi nella mente fragile di Stark, che l'aveva combattuta strenuamente continuando a fare uscire sui giornali pezzi di critica nei suoi confronti, che le aveva messo contro perfino la figlia a forza di pubblicare sciocchezze, Samantha Smith fremette di rabbia, lasciando perdere l'iniezione che stava preparando e affondando invece entrambe le mani nel camice bianco che portava con uno scatto nervoso.

-Qualunque assurdità ti sia sognata, non riusciresti mai a provarla- ripetè rivolta a Ellie.

-Davvero, lo credi veramente...- Ellie le riservò un sorriso disgustato- Hai almeno idea di quanto sia stato facile per una Renner reperire i dati medici del Metro General sull'evoluzione del contagio che tu hai cercato piuttosto maldestramente di occultare? Grazie agli amici dei miei genitori, che sono molti, e ai nemici tuoi e di tuo marito, che sono in numero ancora maggiore, ho raccolto un bel malloppo di dati che ti collegano sistematicamente a tutti i primi casi di contagio, compreso quello di Pepper Potts...sei stata tu a diffondere il V-20 e a fare in modo che lei fosse tra le prime vittime- concluse puntandole il dito contro.

Steve non aveva mai visto sua moglie talmente fuori di sé dalla rabbia, tanto da temere ancora di più per il suo stato interessante.  A quelle parole anche Tony trasalì , ma dall'orrore, realizzando che l'assassina di sua moglie e della loro figlia mai nata era sempre stata lì, più vicina a lui di quanto immaginasse. Era rimasta a lavorare nella sua azienda per servirsi di lui e delle sue risorse per portare avanti il suo folle piano...

-E' tutta una tua teoria...nessuno ci crederà- Samantha Smith fissava con puro odio nello sguardo annebbiato.

-Al contrario: domani mattina sarà la tua nuova realtà, stronza- aggiunse Ellie, che confermando i sospetti di Steve era decisamente fuori di sé, troppo a lungo aveva covato il sospetto sulla morte dei suoi amati genitori e adesso ne aveva davanti l'unica responsabile- Quando ho portato tutto il materiale che ho raccolto e collegato a Stephen Strange...Dio, è stato come fargli un regalo di Natale in anticipo! Sapevi, tra l'altro, che sta uscendo con una ragazza deliziosa che si intende parecchio di social e che conosce praticamente tutti i pezzi grossi della città? Abbiamo appena fatto una lunga chiacchierata e mi ha dato qualche idea interessante per diffondere la verità. E, come puoi immaginare, con i miei contatti con la stampa....bhè, ti garantisco che entro ventiquattr'ore non ci sarà una sola persona a New York che non sappia esattamente che cosa hai fatto.

-Maledetta, dovevo ucciderti come ho ucciso loro...- sputò la dottoressa, estraendo dal camice una pistola che puntò dritta contro Ellie- ...sono ancora in tempo a rimediare però.

Di fronte a quel gesto e a quelle parole, sia Tony che Sarah, troppo lontani per fermare una eventuale pallottola in tempo utile, trasalirono, mentre Steve Rogers si portava istintivamente davanti alla moglie.
Ellie invece non si mosse di un millimetro, lo sguardo di ghiaccio.

-Non lo farà Steve, tranquillo, non le conviene- affermò lei con una tale sicurezza da lasciarli tutti a bocca aperta.

-E perchè, di grazia?- chiese la Smith, ormai stremata.

-Perchè, per quanto tu sia un essere orribile Samantha, sono disposta a riconoscerti che ami almeno tua figlia- spiegò Ellie semplicemente- Se tu adesso mi uccidi sai benissimo che non uscirai viva da qui. E tua figlia Elisabeth, che è una ragazza meravigliosa, che non si merita tutto questo, verrà a sapere di questa storia dai giornali di domani mattina, anziché da sua madre. Invece, se decidi di consegnarti ,avrai almeno la possibilità di parlarle prima del processo. Avrai l'opportunità di spiegarle le tue ragioni ...dopodiché starà a lei decidere se perdonarti. Io non le porterò via questa possibilità e non dovresti farlo neanche tu. Almeno questo però glielo devi.

Non appena Samantha abbassò l'arma, tutti si resero istantaneamente conto di essere tornati a respirare.
 

Ed erano giunti così al fatidico momento, quello delle spiegazioni. Tony era corso immantinente a liberare Morgan e adesso si specchiavano uno negli occhi dell'altro come se avessero entrambi appena fatto la scoperta più preziosa.

-Ehi...ciao- le disse premurosamente.

-Ciao- rispose la ragazzina, altrettanto intontita dalla felicità di sentirlo vicino. Invece Sarah fissava ancora una volta il pavimento solo per non essere costretta a confrontarsi con Steve.

-Posso spiegarvi tutto...-incominciò a dire, esattamente come era abituata a fare a casa, dopo averne combinata una delle sue.

-Non ce n'è bisogno- si ritrovò a dire Steve, preferendo correre da lei esattamente come aveva fatto Tony, sotto lo sguardo dolce di Ellie.

-Non poteva che essere così- commentò quest'ultima.

E Morgan non avrebbe potuto essere più d'accordo.
Finalmente era felice, era completa. Sentiva come se la sua vita fosse appena iniziata. Aveva tante e tali cose da dire finalmente a suo padre, che la guardava come la cosa più cara che avesse mondo, come lei era sempre stata certa l'avrebbe guardata per tutta la vita, che non sapeva da dove cominciare. Finalmente si trovava a casa.
Questo fu il suo ultimo pensiero cosciente prima che la testa le cominciasse a girare vorticosamente. La stessa cosa poco più in là stava succedendo anche a Sarah, che cominciò ad avvertire il suo corpo sempre più leggero, fino quasi a sentirsi scomparire.

- Papà - ripeterono entrambe quasi all'unisono, disorientate da quanto stava loro succedendo, prima di sentirsi definitivamente risucchiare via...era come se una calamita potentissima le stesse rimuovendo dal posto sbagliato per ricondurle a quello giusto, nell'universo da cui provenivano.

No, no, no, no, no... non poteva essere vero.

Quando Morgan si rese conto di trovarsi insieme a Sarah nel Sancta Santorum, quello della loro dimensione, circondata dai loro amici e dai genitori, tutti che le fissavano con occhi colmi di apprensione, non volle crederci. Quando si rese conto che glielo avevano portato via di nuovo per ricondurla in un posto dove non voleva stare, che comunque non sentiva come suo da tempo e soprattutto dove lui non esisteva più, dentro si mise a urlare.


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Capitolo 19
*** Il gioco del destino ***


Sarah e Morgan ancora con la testa che girava vorticosamente si guardarono attorno smarrite. Ritrovarsi improvvisamente a casa loro, circondate da volti familiari seppur preoccupati, fu uno shock potentissimo per entrambe le ragazze. Ormai si aspettavano di tutto tranne la normalità che prepotentemente si abbatte su di loro.

Quello che in particolare per Morgan avrebbe dovuto essere solo naturale, rivedere i suoi amici, riabbracciare sua madre, tornare al suo mondo, ora le sembrava così vuoto e insensato...

-Mamma...papà, io...l'ho perso ancora- riuscì a singhiozzare con un filo di voce.

Pepper non poteva sapere a cosa si riferisse la figlia, eppure un lampo di comprensione le attraversò immediatamente i bei lineamenti e subito intuì cosa fosse successo.

-Pensavamo di aver perso anche te, ma sei qui- la strinse forte a sè, cercando di trasmetterle quella fede più che con le parole con il suo calore- e quello che amiamo trova sempre il modo di tornare da noi.

Mentre Morgan si dibatteva ancora nell’abbraccio di sua madre, Sarah si era a sua volta ritrovata stretta tra Cali e Blake, entrambi immediatamente accorsi ad accertarsi che fosse davvero lei.

-Accidenti ragazzi...che brutto aspetto avete!- ironizzò Sarah ostentando tranquillità di fronte alle loro facce tese- Dico davvero, vi siete visti? Sembrate appena tornati dagli Inferi...

-Ci siamo stati in effetti, posto strano- ribattè Blake in un goffissimo tentativo di ritrovare fiato di fronte alla realizzazione di tutte le sue speranze- ma tu sei viva, sei qui!- constatò mentre la fissava in preda all'adorazione, stringendole le spalle  come a rinforzare quel concetto.

-Certo che sono qui...con te e intendo restarci- sussurrò lei dolcemente, per poi mordersi involontariamente il labbro aggiungendo un flebile- se anche a te va bene...

Lo sguardo luminoso di Blake Foster non lasciava certo dubbi su cosa gli sarebbe stato bene in quel preciso momento ma, forse per pudore, non si azzardò ad aggiungere altro limitandosi a condividere con lei lo stesso pensiero.

Oh, c'erano molte cose che Sarah e Blake avrebbero voluto dire e ancora di più che avrebbero voluto fare... ma non certo in presenza di altri! Quello era un discorso tra loro due che meritava una certa delicatezza.

In particolare modo Sarah doveva ammettere che con Blake, ultima persona al mondo capace di rinfacciarle qualcosa, aveva parecchio di cui farsi perdonare e si ripromise di dargli per prima cosa ogni spiegazione necessaria.

-Tu, stronza, non hai il diritto di farmi preoccupare così...- ringhiò a sua volta Cali e quella fu forse la sua unica missione pubblica di essersi mai preoccupata di qualcuno-...si può sapere dove cazzo eri?

-Alla fiera dell'assurdo, insieme alla versione Romeo e Giulietta di questi due- disse Sarah accennando a Ellie Smith e Michael Coulson poco distanti da loro.

-Orribile- commentò Cali con decisione -fanno già abbastanza impressione nella versione base, sempre appiccicati e così dannatamente...felici.

-Felici da far schifo, puoi dirlo- confermò Michael, passando tranquillamente il braccio attorno alle spalle della sua ragazza.

-Felici da impazzire...o da far impazzire voi, poco importa- lo assecondò Ellie, a un soffio dal baciarlo- Michael mi ha appena promesso che mi aiuterà a cercare mio fratello!- aggiunse elettrizzata.

La ragazza era stata combattuta a lungo nel decidere se dirlo agli altri, non fosse altro che per delicatezza nei confronti di Sarah, ma alla fine era giunta alla conclusione che erano stati i troppi pesanti segreti a tenerli divisi nel corso dell'ultimo anno. Non avrebbe più contribuito consapevolmente a tutto ciò.

-Bè...qualcuno dovrà pur farmi da testimone- mormorò Michael quasi timidamente, sperando che lei capisse.

-Testimone per cosa, non è che devi...oh! Oh!!

-Già.

Ellie non capì subito, ma quando lo fece diventò all'istante più rossa di un peperone.
Immediatamente allacciò lo sguardo nel suo leggendoci tutto quello che avrebbe mai desiderato trovare: considerando che fino a pochi giorni prima era stata quasi pronta a dirgli addio per sempre contemplare ora una vita insieme le sembrava un grado di felicità quasi impensabile.

Ellie avvertì la voce che le tremava.

-Intendi...?

-Solo se lo vuoi anche tu ovviamente - disse Michael, anche lui in evidente imbarazzo.
Non sapeva nemmeno perchè lo avesse detto proprio in quel momento, ma gli era venuto spontaneo...dopo aver rischiato di perderla si era ripromesso che ogni momento di attesa era semplicemente assurdo. Non c'era ragione di rimandare quello che in fondo sapeva essere stato da sempre il suo destino.

-Certo che lo voglio!- affermò lei- E' che siamo così...

-...giovani, lo so. Ma io ormai ne sono sicuro, penso che ormai non potrei più...

-...immaginare una vita senza di te. Si, anche io!

-Vedi? Si finiscono pure le frasi adesso...sono patologici!- sbottò Cali esasperata, ignorando completamente il fatto di aver appena assistito a una proposta di matrimonio in piena regola.

Risero un po' tutti e gli sembrò che fosse passato un secolo dall'ultima volta che lo avevano fatto.

Concedendosi giusto quella breve boccata d'aria Sarah tornò ben presto ad analizzare la nuova situazione in maniera razionale: lei e Morgan erano tornate a casa, le Norne erano state sconfitte, il mondo protetto, finalmente potevano dirsi tutti in salvo...bè, quasi tutti. Rimaneva ancora la questione legata a suo fratello sulla quale la ragazza era ben lontana dall'arrendersi. Non le importava se la loro ricerca aveva subito una temporanea battuta d'arresto, comunque non era ancora detta l'ultima parola...

Certo non si aspettava sarebbe stato semplice, quando mai per loro lo era stato?! Erano ancora molte le sfide che avrebbero dovuto affrontare prima di poter conquistare un agognato lieto fine o anche solo una parvenza di normalità. Accidenti, forse non avrebbero mai avuto una vita propriamente normale!

Fu giusto a quel punto che William Maximoff che fino ad allora aveva resistito con uno sforzo immane crollò esausto tra le braccia di suo fratello Thomas.

Morgan e Sarah vennero a sapere dagli altri che il suo contributo era stato essenziale per il loro salvataggio e che a loro era stato possibile intervenire in loro soccorso solo grazie al fatto che Will avesse dispiegato il suo potere fino allo stremo. E non senza pagare un prezzo.

Dal momento che Wanda era ancora persa nel suo passato, era infatti toccato proprio a loro figlio trovarle, esaminando in rapida sequenza ogni mondo parallelo possibile. Per fare ciò, prevedibilmente, il ragazzo aveva dato fondo a tutte le sue energie proprio sotto lo sguardo sconvolto del suo gemello, che ancora non sapeva di quella sua particolare capacità, sviluppata a sua dotale insaputa durante l’ultimo anno...

-Si riprenderà…tornerà come prima, vero?- domandò Tommy, totalmente disorientato.

Il ragazzo oscillava tra l’incazzatura con suo fratello per avergli tenuto nascosto un segreto di tale portata e la viscerale preoccupazione che abusare di quel potere , come senza pensarci due volte aveva appena fatto per aiutare le loro amiche, lo conducesse inevitabilmente alla stessa condizione di loro madre, che viveva da anni totalmente scollegata dalla realtà.

-Lasciamolo riposare per ora- decretò Visione prudentemente- più tardi ne parleremo con calma...quando anche tua madre sarà nelle condizioni di vederlo.
Pur non desiderando altro che rincuorare suo figlio in un momento del genere, Visione non poteva ignorare quanto era appena successo a Will, che dalla madre aveva ereditato un potere incredibile, forse troppo potere perchè potesse gestirlo senza conseguenze...

Le statistiche parlavano chiaro.

Era pressoché impossibile che tutto tornasse come prima dopo che il ragazzo si era sottoposto a uno stress psichico di tale portata e lui che era suo padre non poteva mentire fingendo che non ci sarebbero state conseguenze. Tuttavia si ripromise che le avrebbero affrontate insieme come avevano fatto quando la stessa cosa era successa a sua moglie anni prima.
Perchè Will non gliene aveva mai parlato? Aveva deciso di affrontare tutto da solo?!

-Da quanto tempo?- volle sapere Visione, che con tutta evidenza si aspettava che fosse suo figlio a rispondere.

Invece, inaspettatamente, a scattare avanti fu Blake Foster.

-Un anno circa- ammise costernato- ma i sogni premonitori sono cominciati soltanto recentemente. Settimane con ogni probabilità. Abbiamo pensato che fosse collegato alle Norne, a quello che ci stavano facendo passare, ma forse...

-Tu- lo sguardo grigio, quasi metallico di Tommy Maximoff si fissò su di lui- Tu lo sapevi!

Lo disse come se si trattasse di un'accusa gravissima e in effetti era proprio così che l'aveva intesa. Una colpa da cui in effetti Blake non sapeva come schermarsi, se non giurando che a sua volta ne era venuto a conoscenza solo di recente, poco prima del suo ritorno dalla California.
Eppure l'espressione ferita del suo amico non lo lasciò per nulla tranquillo.

Blake era stato al settimo cielo fino a poco fa nel rivedere Sarah e nel ricongiungersi finalmente alla sua famiglia. Durante le settimane di ricerca non aveva mai perso la speranza e Jane gli era stata sempre accanto, senza lasciarlo un minuto.
Non sembrava vero essere di nuovo insieme, di nuovo una famiglia. In più, a completare quel quadro, stavolta vi era anche il padre di Blake.

Il dio del tuono traboccava d'orgoglio alla prospettiva di poter finalmente abbracciare quel figlio coraggioso e dallo sguardo limpido che per anni aveva creduto perduto. Quello che il principe aveva patito per anni durante la prigionia ad Asgard non significava d'un tratto più nulla di fronte a una gioia tale. E poi c'era Jane naturalmente, che il dio approcciò non senza un certo imbarazzo dopo tanto tempo passato lontano da Midgard...potevano ancora considerarsi una coppia? Dopotutto anche lei ne aveva passate di ogni: aveva cresciuto un figlio da sola, poi era stata creduta morta dalla sua famiglia e dai suoi amici, infine era stata posseduta per anni niente meno che da una Norna...Solo una persona forte come lei avrebbe potuto sopportare tutto ciò senza impazzire ma Jane Foster aveva coraggio da vendere e in questo non era dissimile da suo figlio, che per altro aveva ereditato tutta la sua prontezza e intelligenza.

'Mio figlio' anche solo pronunciare quelle parole ad alta voce lo riempiva di soddisfazione.

E dunque era deciso. Thor si sarebbe fermato su Midgard per tutto il tempo necessario a costruire un rapporto con il suo erede e a riconquistare il cuore della donna che aveva sempre amato.

Loki, al contrario, al termine della battaglia si era dileguato come suo solito. La mente del dio degli inganni era ben fissa su un altro genere ben più ambizioso di riconquista: quella di Asgard su cui ancora Odino regnava e prosperava, indifferente al destino dei suoi figli ripudiati.

Nessuno si era stupito troppo della sua scomparsa, se non forse Cali, che ancora una volta era riuscita a non incrociarlo nemmeno per sbaglio.

Per quanto la ragazza giurasse e spergiurasse a tutti che non le importava minimamente, ancora una volta era ben lungi dal dire la verità. A che scopo ammettere di voler conoscere qualcuno a cui evidentemente non importa niente di te e che aveva letteralmente fatto di tutto per dimostrarlo?! Sarebbe suonata solo patetica...così non le era restato che fare un gran sorriso a tutti e riaccompagnare a casa quella stordita di madre che si ritrovava e che, come da miglior tradizione, non aveva nemmeno capito cosa fosse successo né da quale fato era appena stata salvata.

-Sono contenta che sei venuta a trovarmi- aveva detto allegramente Ingvild- vuol dire che alla fine mi hai perdonata.

-Perdonarti...a cosa servirebbe?- Cali l'aveva fissata con uno sguardo di ghiaccio in cui era difficile scorgere qualcosa che non fosse rancore- Non ti renderebbe comunque una madre o una persona migliore.

Ma Ingvild non l'aveva neanche ascoltata. Era ripiombata prepotentemente nel suo modo immaginario, un mondo dove un lieto fine era ancora possibile, un mondo dove non aveva tradito sua figlia. Cali aveva l'umore talmente a terra che aveva valutato seriamente di recarsi a trovare la sua sorellastra Hel, il cui regno le sembrava improvvisamente più allettante della sua insulsa quotidianità con Ingvild.

Loki per la verità non era mai uscito da New York.
Il suo piano di conquista prevedeva innanzi tutto di reclutare alleati potenti, perciò una tappa piuttosto significativa era dovuta presso l'unica divinità del caos di sua conoscenza.

-Aiutarti ad assediare Asgard e a spodestare Odino? Non lo so. Sembra divertente...- aveva soppesato Kaya- ma a dire il vero non so dove troverò il tempo: ho un sacco di lavoro arretrato, un marito che è perso senza di me, un figlio da accudire...e il club del libro! Ti piacerebbe il nostro club del libro Loki.

Nel così detto 'club del libro', nome scelto esclusivamente per tranquillizzare i rispettivi mariti con una parvenza di rispettabilità, lei e le sue amiche non avevano mai sfogliato mezza pagina, bensì il club veniva utilizzato come ritrovo fisso per bere e spettegolare.

-E anche tu a ben vedere hai le tue questioni da risolvere qui- aveva aggiunto, determinata a metterlo di fronte alle sue responsabilità di genitore e a convincerlo a contattare Cali.

-Oh, sono davvero immensamente tentato Kaya...- aveva replicato lui tranquillamente, ignorando l'ultima parte- ...ma il trono mi attende. Davvero, non fa niente se non puoi venire- Loki aveva sospirato in maniera esagerata- In fondo Hestia aveva ragione...

Kaya aveva sollevato un sopracciglio, indispettita alla menzione della dea, sua amica da tempo immemore.

-Hestia? Cosa centra Hestia?!

-Niente...lascia perdere.

-No! Voglio saperlo!

-Parole sue, non mie- precisò Loki alzando le mani con fare innocente, come a sottolineare che lui non centrava veramente niente con quelle considerazioni, poi aveva  preso tempo con un lungo sospiro- Detesto essere latore di questo genere di notizie, sai quanto aborra i pettegolezzi di palazzo...ad ogni modo, se proprio vuoi saperlo, Hestia ritiene che tu sia stata molto saggia a seguire il suo esempio di famiglia tradizionale. Una casetta, una famigliola felice, cibo fatto in casa...tutto delizioso, ma questo ti ha resa... com'è che aveva detto?! ...una 'casalinga del tutto inoffensiva'.... Una che non muove un passo senza il benestare del marito, figurarsi andare in guerra. In altre parole una sottona.

Il dio dell'inganno, fatto il suo lavoro, si era goduto l'espressione livida della divinità del caos.

-Casalinga inoffensiva a chi?!?!!!!!!! Io non ho bisogno del permesso di nessuno per scatenare  una guerra!!

-Ci conto, mia cara- aveva sorriso Loki, amabilmente- ci conto...il tuo contributo alla causa sarà prezioso.

-Allora cosa stiamo aspettando?

-Prima dobbiamo organizzare un piano di invasione...ci vorrà del tempo, temo.

-Benissimo. Intanto perchè non vieni a stare da noi?- aveva infine proposto lei allegramente- Ci farebbe davvero piacere- aggiunse, scoccando al marito un'occhiata di fuoco a significare che si sentiva comunque in diritto di parlare a nome di entrambi e che in nessun caso sarebbe diventata una sottona come pensava quell'impertinente ficcanaso di Hestia.

Stephen Strange dal canto suo non era per niente entusiasta all'idea di ospitare il dio dell'inganno in casa sua, ma era anche troppo esausto dal lavoro che aveva svolto per controbattere.

Una volta che William aveva setacciato gli universi paralleli in cerca di Morgan e Sarah, erano stati proprio lui ed Alexis Moore a recuperarle e a riportarle nella dimensione giusta, non senza una certa fatica... in più lo preoccupava tantissimo lo stato di suo figlio, che da quando era tornato non aveva fatto che ubbidirgli docilmente senza la minima protesta, in una maniera quanto mai allarmante. Il motivo di quel cambiamento improvviso non era difficile da indovinare: Sebastian doveva aver incontrato la sua controparte futura ed esserne rimasto comprensibilmente terrorizzato.
Il dottore non aveva mai visto suo figlio tanto mortificato in vita sua.

-Non avrei dovuto usarlo- aveva detto Sebastian, per parte sua ormai deciso a starsene ben lontano da qualsiasi oggetto potente o vagamente magico potesse indurlo in tentazione, restituendogli l'amuleto contenente la gemma del tempo come se scottasse e non potesse sopportare di tenerla un minuto di più- è stato stupido.

-E' stato anche brillante e ci ha salvati tutti- gli aveva risposto suo padre, offrendogli in concreto tutto il suo sostegno, ma il ragazzo era stato inamovibile volgendo una durezza peggiore di quella che rivolgeva agli altri contro sé stesso.

-E' stato stupido- aveva ripetuto atono, quasi non lo avesse sentito- Non ricapiterà.

Il dottore non disse nulla ma aveva capito fin troppo bene a cosa si riferisse suo figlio, il quale si era in realtà appena impegnato a non usare la magia. Mai più, quale che fosse la minaccia incombente, quale che fosse il pericolo da evitare: nulla sarebbe stato più disastroso agli occhi di Sebastian Strange che ritrovarsi a diventare 'quella cosa venuta dal futuro'.

Lui e suo padre non avevano avuto occasione di parlarne perchè con Sarah e Morgan ancora disperse tra i mondi da andare a salvare non ce n'era stato il tempo materiale. Il fattore tempo in quel caso era stato davvero determinante a decretare la loro vittoria.

-Ancora poche ore dall’altra parte e il nuovo universo vi avrebbe inglobato del tutto, facendoci totalmente perdere le vostre tracce- aveva spiegato Lexie, sbuffando per lo sforzo- a quel punto sarebbe stato impossibile per noi recuperarvi.

Mentre Sarah ringraziava di cuore la zia per aver sventato tale funesta ipotesi, Morgan, che non chiedeva di meglio che continuare a far parte della stessa realtà di suo padre, la squadrò al di sopra della spalla della madre con tracce di palese risentimento nello sguardo.

Eppure la ragazza non immaginava che ore terribili fossero state per i loro genitori, ore trascorse nella totale incertezza, aggrappati solo a un flebile speranza che con il passare dei giorni si affievoliva sempre più, ora in cui avevano temuto sul serio di averle perse per sempre…

Steve Rogers non aveva quasi respirato finché non aveva visto sua figlia ricomparire di fronte a lui del tutto illesa. Non stette nemmeno a domandarsi troppo in quale diavoleria mistica si fosse andata a cacciare. Solo riaverla con loro era importante, anche se si aspettava sarebbe stata dura. Lo stesso entusiasmo di essere di nuovo insieme non si aspettava fosse condiviso da Sarah, che se ben conosceva sarebbe stata ancora arrabbiata con lui.

Probabilmente ancora lo incolpava di non aver fatto abbastanza per impedire il sacrificio di Philip…e come darle torto? Lui stesso si tormentava per non aver potuto proteggere suo figlio, che ancora una volta si era sacrificato per loro in una sorta di gioco crudele in cui le parti erano invertite. Invece, ancora una volta, il Capitano rimase sorpreso nel constatare come la recente avventura di Sarah in un mondo parallelo avesse provocato un suo radicale cambio di atteggiamento nei suoi confronti. Non poteva conoscere e nemmeno ringraziare la persona responsabile di ciò.

Per la verità di quell'ambivalenza di Sarah nei confronti di Steve, Ellie Renner si era accorta subito, ancor prima di apprenderne con sicurezza il motivo. Da un lato la ragazzina lo puntava come se s'aspettasse qualcosa da lui, salvo poi intervenire per zittirlo ogni volta che apriva bocca, dall'altro aveva un atteggiamento scostante e quasi deluso da qualsiasi cosa dicesse. Forse perché non aveva ancora detto la cosa giusta, aveva ipotizzato la donna, quella cosa che si aspettava di sentire.
Aveva dunque atteso l'occasione più propizia per rivolgere a Sarah una domanda diretta e molto semplice.

-Sarah...tu per caso hai un problema con Steve?- aveva chiesto molto direttamente.

-Certo che no- aveva negato immediatamente la ragazza, salvo aggiungere un secondo dopo con una chiara vena ironica- E come potrei? Steve Rogers è perfetto e tutti lo adorano.

-No, non lo è- le aveva risposto Ellie molto francamente - Fa del suo meglio, come il resto di noi credo. Forse un po' meglio del resto di noi- aveva ammesso-ma non è facile per lui.

Ricordando quelle parole, che per la prima volta assumevano senso per lei, fu proprio Sarah a farsi avanti per prima affrontando suo padre, questa volta quello vero. Il tempo per far pratica con una sua copia di un altro universo lo aveva avuto, ma non fu comunque meno strano.

-Sarah…riguardo tuo fratello…

-Non lo abbiamo perso- dichiarò la ragazza serenamente- anche se non siamo ancora riuscite a trovarlo…sono sicura che Philip è vivo da qualche parte e che troverà il modo di tornare da noi.

Lo disse con gli occhi lievemente lucidi prima di fiondarsi tra le braccia di suo padre, che per poterla meglio stringere lasciò cadere lo scudo a terra, quasi come fosse un oggetto senza valore. E lo era, se paragonato alla figlia che aspettava da anni e che finalmente era tornata da lui.

Mentre la famiglia si ricostituiva attorno a quella nuova certezza, da qualche parte, perso tra le pieghe del Destino che ormai gli scorreva tra le mani come un flusso chiaro e sereno, Philip Rogers li osservava placidamente.

Il ragazzo che custodiva il futuro il dei mondi era forse  l'unico a sapere con precisione cosa li attendeva ma non sembrava preoccupato. Sapeva bene che a dispetto del destino o delle forze cosmiche, la sua famiglia era semplicemente troppo tosta: avrebbero superato qualunque cosa insieme e se mai ci fosse stato un modo per riportarlo sulla Terra sicuramente lo avrebbero scovato a costo di ribaltare l'universo.

Il Guardiano del Fato sorrise.

...

...


Scena post credits

...

 

Sebastian Strange era rimasto particolarmente sconvolto dopo aver incrociato seppur per poco la sua controparte adulta arrivata dal futuro.
Qualcosa che aveva percepito fin dal primo istante completamente scollegata da sé stesso, tanto che lo spinse a dubitare che il suo piano avesse funzionato. Quella cosa che di umano non aveva veramente nulla non poteva essere veramente lui, rifiutava di crederlo.
Forse era solo una variante oscura da chissà quale universo parallelo, forse la sua magia non aveva funzionato, producendo invece una distorsione aberrante.

Quel dubbio gli era morto sulle labbra non appena aveva visto il suo volto gemello puntare su di lui gli occhi gialli e vibranti di caos e fissarlo di traverso, come quando si incontra per strada un vecchio compagno di classe che a stento si riconosce dopo vent'anni. Un orrido senso di familiare gli aveva aggredito la gola mentre lo coglieva la matematica certezza che qualcosa nel suo futuro doveva esser andato tremendamente storto per produrre quel risultato...

Il Sebastian del futuro, ammantato di un potere distruttivo annichilente, era comparso davanti ai ragazzi con una sola richiesta precisa, anzi un ordine.

-Philip Rogers- erano state le uniche parole da lui pronunciate con estrema calma di fronte al gruppo sbalordito.

Prima ancora che qualcuno di loro osasse protestare, Philip aveva fatto un passo avanti e si era consegnato senza pensarci due volte, certo che qualsiasi resistenza sarebbe stata vana.

Anche Michael era scattato al suo fianco pronto comunque fosse a battersi con lui, ma Philip gli aveva fatto cenno di restare al suo posto; sentiva che quel fardello spettava lui e nessun altro.

Senza batter ciglio Sebastian Strange, o meglio quello che ne restava, lo aveva prelevato e portato presso l'albero del mondo a compiere il suo destino. Gli era toccato assolvere quel compito non senza un vago fastidio, che non avrebbe saputo qualificare, cosa che non faceva che irritarlo in misura maggiore.

Avrebbe forse dovuto mostrarsi sorpreso nel rivedere il sé stesso di vent'anni più giovane che lo fissava con evidente preoccupazione, ma col passare degli anni aveva perso interesse a simulare emozioni di qualunque tipo. Sentimenti che non provava veramente, ma che almeno i primi tempi aveva finto di aver conservato, se non altro per tranquillizzare i suoi compagni oltre che restare attaccato ad una parvenza di normalità.

I ragazzini che aveva ora davanti erano visibilmente spaventati al suo cospetto, compreso il sé stesso di un tempo, forse il più sconvolto. Gli erano tutti sembrati fragili ampolle, che un solo soffio del suo potere avrebbe potuto mandare in frantumi. Era una situazione ambivalente, non priva di un certo fascino accademico: sebbene Sebastian Strange ricordasse perfettamente di essere stato lì quel giorno insieme agli altri, a fissare uno sconosciuto con la sua stessa faccia che portava via il suo migliore amico, non riusciva più ad afferrare il contesto di un’interazione emotiva.

In compenso ricordava perfettamente che cosa fosse successo dopo, dopo che Philip Rogers li aveva salvati diventando il custode del Fato. Già, avevano tutti creduto che il mondo fosse così salvo e che il peggio fosse passato...ma quello non era stato che il principio.
Il Sebastian del futuro ricordava la guerra che di lì a poco era scaturita dalla follia di Morgan Stark.

Ricovrava il corpo di Sarah riverso sul tavolo dell’obitorio e che la mano gli tremava stupidamente quando aveva dovuto aprirla.

Ricordava che che Cali si era rifiutata di guardare mentre lo faceva e che era stato in quel momento che lui aveva preso una decisione che molti avrebbero definito drastica. Aveva fatto quanto doveva fare per acquisire il potere necessario a vincere e, infatti, alla fine avevano vinto anche quella battaglia. Naturalmente c’era stato per tutti un prezzo da pagare e il suo prezzo era stato che da allora cosa provasse un essere umano Sebastian lo aveva semplicemente scordato. Per quanto lo irritasse vagamente perdersi dei collegamenti, lo aveva giudicato tutto sommato poco rilevante rispetto al grande potere acquisito.

Il Sebastian del presente era invece rimasto lì, paralizzato, la gemma del tempo ancora serrata tra le sue mani tremanti... continuava a domandarsi se anche suo padre lo sapesse. E come poteva essere altrimenti? Certo che lo sapeva!! Occhi gialli privi di umanità che avrebbero anche ucciso senza provare il minimo rimorso, senza provare nulla: era questo futuro che vedeva suo padre Stephen tutte le volte che guardava lui?

Non c'era da stupirsi che lo avesse allontanato... francamente era abbastanza singolare che non lo avesse ancora imprigionato da qualche parte buttando la chiave. Se solo Sebastian lo avesse immaginato avrebbe provveduto di persona e si sarebbe autoisolato ancor più di quanto facesse già per sua indole, si sarebbe ritirato dal mondo, seppellito da qualche parte, avrebbe rinunciato alla magia, qualunque cosa piuttosto che diventare un giorno quella cosa terrificante.

Oh, gli era sembrata un’idea così geniale ricorrere allo stratagemma di aprire uno squarcio sul futuro, di richiamare una versione di loro potenziata per venirgli in soccorso…mai avrebbe immaginato che il potere che tanto cercava avesse lo stesso volto dell’orrore più profondo.

-Smettila di pensare così tanto - mugugnò Cali contro la sua spalla- mi stai facendo venire il mal di testa...

Il ragazzo che nonostante la grande stanchezza non era riuscito minimamente a prendere sonno le fu quasi grato di essere sveglia a sua volta.
Si erano coricati tutti esausti dopo le ultime fatiche, ma Sebastian sospettava che nessuno di loro sarebbe riuscito veramente a riposare quella notte. Erano tutti ancora troppo scossi, troppo in pensiero per William Maximoff, che dopo averli aiutati a recuperare Sarah e Morgan era letteralmente crollato in una violenta crisi nervosa e non aveva ancora ripreso conoscenza.

-Come faccio a non pensarci? - mormorò nella semioscurità che li avvolgeva senza nemmeno la necessità di specificare l'oggetto delle sue riflessioni- lo hai visto anche tu.

-Oh si - sghignazzò lei emergendo dal nido di coperte per arrivare a guardarlo negli occhi con aria maliziosa- e se proprio lo vuoi sapere non sei mai stato così sexy...

-Cali...

-Dico solo che dovrò ricordarmi di fare un giretto nel futuro prima o poi...potrebbe rivelarsi interessante!

Sebastian storse il naso infastidito scoccandole uno sguardo colmo di rimprovero. Come poteva anche solo provare a scherzare su un fatto tanto grave?! Fosse dipeso da lui si sarebbe davvero ritirato in una cella buttando la chiave piuttosto che fare quella fine...

-Non è divertente.

-Si che lo è!

La verità era che Cali non era il genere di persona che tendeva a deprimersi e se qualcosa la spaventava piuttosto ci scherzava su per esorcizzarne la portata. Aveva sviluppato la capacità di chiudere con un lucchetto da qualche parte nella sua testa tutto quello che poteva ferirla e non pensarci un minuto in più. Soprattutto aveva imparato a farlo dopo il trauma peggiore e da allora tutto era stato più facile. Restava solo da temere il giorno, forse neanche troppo lontano, in cui quel lucchetto fosse saltato.

-Ma riesci ad essere seria per cinque minuti?

Per tutta risposta vide nei suoi occhi una scintilla provocatoria.
Una mano smaltata di nero gli risalì tranquillamente la clavicola sinistra, con tutta la familiarità del mondo, arrivando infine a stringergli leggermente la gola. Le labbra di Cali fredde ed esigenti furono sulle sue poco dopo soffocando sul nascere ogni moto di banale protesta...

-Questo non significa che il discorso si chiude qui- volle comunque precisare Sebastian prima della resa e Cali non fece altro che ridere di nuovo.

-Sei insopportabile, lo sai vero?! Per oggi abbiamo vinto... cerchiamo almeno di festeggiare degnamente- la ragazza avvertì il fremito nel corpo di lui e la tensione spezzarsi non appena iniziò a risponderle, con mani tremanti che le sfioravano la schiena con assoluta reverenza.

Ottenuto il suo obbiettivo sorrise tra sé: se proprio quel cretino non la smetteva da solo di arrovellarsi il cervello tanto valeva dargli qualcosa di meglio su cui focalizzare l'attenzione, pensò, approfittando della situazione per portarsi lentamente sopra di lui.

-Nemmeno adesso sembro seria abbastanza per sua signoria?!- chiese con un sorriso innocente in totale contrasto con le sue reali intenzioni, lo baciò di nuovo cercando di trasmettergli questa volta tutta la sua decisione a compiere quel passo -Allora?

-Non lo so- azzardò Sebastian, non appena fu in grado di ricordarsi come si faceva a respirare di fronte a tanta grazia- Difficile da stabilire...dovresti farlo di nuovo per consentirmi una valutazione più accurata.

Gli occhi verdi di Cali brillarono nuovamente nella semioscurità della stanza.

Se non altro adesso poteva essere certa che l'attenzione del suo ragazzo era tutta decisamente focalizzata sul loro presente piuttosto che su spaventose ipotesi sul futuro...
Qualunque cosa sarebbe successa era più che certa che insieme l'avrebbero gestita. Che lei non gli avrebbe mai permesso di fare qualcosa di tanto stupido come annullare i suoi stessi sentimenti. Quel futuro non si sarebbe mai realizzato, decise.
Pregò solo di non sbagliarsi.

 

 

TO BE CONTINUED...MAYBE




Salve miei cari! Eccoci giunti nuovamente alla conclusione di questa seconda parte della storia degli Young Avengers e subito sento una lacrimuccia che cade...negli ultimi mesi ho veramente investito molto personalmente ed emotivamente nella realizzazione di questi personaggi e delle loro vicende, sostenuta da amiche speciali che hanno creduto da subito nel progetto e che mi hanno accompagnata ad ogni passo.
Soprattutto non è mai mancato il sostegno costante di InsurgentMusketeer e di Rack12345, due splendide persone e autrici che addirittura mi hanno prestato i loro personaggi originali per arricchire la mia narrazione, dandomi così la possibilità di sperimentare un multiverso variopinto che mi ha letteralmente stregata XD La mia fortuna è stata di esserci incontrate!!!!!!!!
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno ricordato, letto o apprezzato questo secondo tentativo, che ha dichiaratamente il solo intento di intrattenere, divertire o anche solo strappare un sorriso. Ora si prospetta un periodo di vacanza, di riposo e raccoglimento, ma sono fiduciosa che ci rivedremo molto presto! Presumibilmente a Settembre, con chi potrà e vorrà esserci...rinnovo intanto un generale ringraziamento e mando un saluto speciale a tutti augurandovi di trascorrere ovunque siate una splendida estate^^
Un grande abbraccio

Mary

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