+REVERSE di _Lakshmi_ (/viewuser.php?uid=69307)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Luciel ***
Capitolo 2: *** Deîpnon ***
Capitolo 3: *** Tic-Tac ***
Capitolo 4: *** Kóre ***
Capitolo 5: *** Semiramis I ***
Capitolo 6: *** Semiramis II ***
Capitolo 1 *** Luciel ***
+Reverse
+REVERSE
Prologo:
Luciel
L'allarme
rimbombò per tutta l'aeronave.
L'Ēlýsion
era il più esteso e il più rigoglioso dei tre continenti che
componevano il mondo di Gea: chiamato comunemente Isola di
Smeraldo per il suo ecosistema e
per la sua posizione nel cielo tra le bianche nubi, era
abitato un tempo solamente dagli Angeloi, gli unici, veri portatori
del Verbo dell'unico, vero Dio del Sole.
Un
Dio benevolo, che aveva plasmato numerosissimi animali, pianeti,
persino universi, ma che amava solo e unicamente la sua creazione più
perfetta: gli Angeloi, per l'appunto. Li amava talmente tanto da
desiderare che mantenessero in eterno quella perfezione e quella
purezza, arrivando persino ad ammonirli di non permettere
mai a nessun'altra creatura di stabilirsi sull'Ēlýsion.
E,
con quell'avviso che gravava sulle loro teste, il tempo continuò a scorrere inesorabile.
Il feroce ruggito di un drago.
Il
Dio del Sole, però, un giorno si svegliò annoiato: dopo essersi
seduto sul suo trono infuocato, guardò e riguardò le proprie
preziose creazioni, fin quando non volle provare la loro lealtà.
Erano
trascorsi secoli, forse addirittura millenni, ma il divieto doveva
ancora essere chiaro nelle loro menti.
Si
alzò, si affacciò alla finestra del mondo, osservò quel pianeta
perfetto un'ultima volta con un sorriso colmo di rammarico.
Infine
scatenò la più pura, infuocata distruzione.
Gli
uomini e le altre infime creature cercarono ovunque riparo, giungendo
infine sull'isola perfetta degli Angeloi, i quali però rifiutarono
ogni forma di contatto per rispettare il loro Dio.
Perché
questo era il suo volere.
Perché
loro erano i suoi servitori più devoti.
Il
benevolo Dio del Sole, tuttavia, non parve soddisfatto.
Il
cigolio disperato delle macchine.
Rifletté
e rifletté per giorni e giorni, finché non notò un Angelos tanto
particolare: Luciel, il più devoto tra i servitori devoti, il più
bello e il più rispettato.
A
lui, il magnanimo Dio del Sole, infiammò il cuore con il sentimento
dell'Amore: un nobile dono da parte della divinità, che permise
all'Angelos di vedere con occhi diversi una giovane umana -la
razza più infima, priva di qualsivoglia potere o utilità-
gravemente ferita, in punto di morte. La soccorse, la medicò e le
restò accanto fino a trasformare l'Amore indotto in un
sentimento sincero, vero, simile all'Amore Puro che un tempo lo legava alla Divinità.
Anche altri Angeloi, notando il muto consenso del Dio
magnanimo, seguirono l'esempio del loro capo e iniziarono ad aiutare
quel popolo misto. E così, ben presto persero la loro immacolata
purezza e la terra, un tempo tanto rigogliosa, mutò a tal punto da
divenire l'ombra di se stessa, un centro tanto corrotto quanto
fiorente per il commercio e per l'industria.
Industria,
che silenziosamente iniziò a spodestare dal trono del mondo l'unico,
vero Dio del Sole.
Il
crepitio infernale delle fiamme.
Solo
a quel punto, il Dio del Sole si dichiarò oltraggiato e condannò
tutte le creature a una vita misera, priva del suo Amore e della sua
Luce. Il mondo sprofondò quindi per giorni e giorni nelle tenebre
più totali e soffocanti, accrescendo il terrore nel creato e la
soddisfazione nella Divinità, finché Luciel non compì un atto estremo: sostituì il Sole divino con
tre Soli artificiali, permettendo alla vita di scorrere nuovamente
come un tempo.
Sconvolto,
il magnanimo Dio del Sole fu divorato dalla sua stessa follia, che lo
consumò fino al totale esaurimento della sua Luce.
Un
roco sospiro.
Tuttavia,
non tutti gli Angeloi accettarono quell'empio parricidio e così, per
preservare la loro devozione, si distaccarono dai confratelli e si
spinsero lontano, sulle impervie montagne solitarie del glaciale
continente Averno. Lì, nel cuore delle catene montuose, fondarono le loro città, la loro
capitale.
Ricostruirono
templi, palazzi, case.
Innalzarono
barriere, muraglie, fortezze.
E
così, recidendo ogni contatto con il mondo esterno, vissero in pace
per oltre duecento anni.
Un
ampio sbadiglio assonnato.
Ma
erano solo vecchie storie.
Fiabe
raccontate per giustificare una terribile, precaria situazione,
incolpando un nemico comune delle proprie disgrazie.
Dabi
si mise seduto sulla branda disfatta ed inspirò l'aria satura di
carbone e legna bruciata.
Persino
nella sua cabina riusciva a sentire il rombante cigolio degli
ingranaggi della sala macchine, spinti al massimo della loro potenza.
Quel rumore costante e disperato gli ricordò il pianto angosciato di
una madre, i lunghi bracci meccanici volti a proteggere il pargolo
con tutte le loro forze.
Un
eco terribilmente reale.
Assordante.
“Andrà
tutto bene,
te
lo prometto.”
Senza
aspettare il crollo della propria psiche, particolarmente vulnerabile
in quei momenti di estrema sonnolenza, cercò di concentrarsi su
qualcosa d'altro: così, mentre la spettrale, eterea energia
vitale azzurra riprendeva una forma definita alle sue spalle, simile a delle magnifiche falci di luna infuocate, strinse con movimenti
divenuti ormai meccanici le numerose cinghie dei suoi stivali lunghi
fino a metà coscia.
Pensò
a Magne.
Già,
Magne. Per quanto potesse impegnarsi a buttare combustibile nella
fornace, non sarebbero mai riusciti a seminare con quel catorcio
volante una squadra di Drakoning dell'Impero.
Dannazione.
Non
avevano avuto un attimo di tregua.
“Andrà
tutto bene,
piccolo
mio.”
La
nave virò bruscamente e il giovane, ancora intento a chiudere le
ultime fibbie, si ritrovò a scivolare verso la testata del letto.
All'inizio
lentamente, solo una lieve pendenza.
Poi
la pendenza aumentò al punto da ritrovarsi schiacciato contro la
parete, con tutte le cianfrusaglie che gli cadevano addosso.
Ciarpame che finì inevitabilmente per smarrire il cammino nell'unta, aguzza
selva oscura, tra l'altro.
Sospirò,
battendo la testa contro il metallo un paio di volte.
E
caddero matite.
Cartine
lunghe.
Un
bussolotto di farmaci per prevenire la chinetosi.
Con
una nota nostalgica, si ritrovò tra le mani persino il pacchetto di
sigarette che aveva condiviso anni or sono con Hawks.
Quando
anche i vecchi cardini che reggevano la pesante scrivania
minacciarono di staccarsi, pensò bene che forse era meglio
abbandonare quel dannato sgabuzzino ed uscì, indossando nel
frattempo in fretta e furia il cappotto consunto in pelle nera.
Con ampie falcate percorse la piattaforma sospesa sulla sala macchine,
resa viscida -più viscida del solito- da una colatura malsana
di sangue. Il generoso donatore, il brillante Overhaul, capo
della Shie Hassaikai, stava lottando per rimanere cosciente,
seppur le gravi ferite alla testa e alle braccia medicate alla bell'e
meglio compromettessero la sua lucidità, già, probabilmente,
compromessa in principio.
Pallido,
stremato, privo di poteri... non avrebbe visto la luce di una nuova alba.
Però
si ostinava comunque a indossare quell'assurda, eccessiva,
tamarra... maschera fosforescente, simile al becco di un
uccellaccio del malaugurio, visto che, anche ad un passo dalla
morte, doveva mantenere una sorta di parvenza pericolosa,
autorevole.
A
quell'attenta riflessione, Dabi sorrise divertito.
«
Gli serve un medico.» Chronostasis,
fidato braccio destro di Overhaul, si avvicinò -per quanto gli
fosse possibile, date le continue scosse all'aeronave- con fare
minaccioso.
«
Uhm... forse sarebbe meglio un sacerdote. Non è vero,
Birdie-Boss?» mantenendo la sua flemma iconica, l'Angelos
dalle fiammeggianti ali azzurre rivolse un ghigno feroce al cadavere
ambulante, che comunque -contro ogni sua più rosea aspettativa-
a quella provocazione cercò di avanzare, passo dopo passo.
Il
sottoposto si voltò subito a soccorrerlo, ma Overhaul lo allontanò
con un fiacco movimento del braccio, anche se ciò gli costò il già
precario equilibrio.
Cadde
di schiena contro il muro.
«
Nessuno... mi ha ancora... ucciso.» con un tono di voce
rauco, più rauco del solito, estrasse dal taschino interno della
giacca -color verde militare con l'aggiunta di una sobria
pelliccia fucsia, perché lo stile prima di tutto-
una busta sigillata di pasticche.
Vinto
da violenti tremori, cercò comunque di ingoiare quelle pastiglie,
tutto pur di spingersi oltre i limiti, pur di esagerare, pur di
dimostrare di essere superiore al resto degli scarti umani.
Una
sorta di Ikaros moderno, il protagonista di un'altra
drammatica storia per bambini. E Dabi rimase visibilmente affascinato
dinnanzi a quell'oscuro baratro di pura, semplice follia umana che
accomunava i due eroi sventurati.
A
interrompere la tragedia nella sua scena clou fu però una violenta
scossa, la più violenta fino a quel momento: Overhaul, scivolando
nel suo stesso sangue nel vano tentativo di rimanere stabile, batté
la testa contro la balaustra e perse inevitabilmente coscienza.
Finalmente.
«
Al piano di sotto c'è la cucina. Sbarazzati dei piatti -se sono
ancora interi- e stendilo sul tavolo da pranzo.
Sistemato il casino là fuori, vedremo come operare.» l'Angelos,
dopo quelle indicazioni, iniziò ad arrampicarsi con estrema agilità
sulla scaletta a pioli.
Chronostasis
sfiorò la pistola appesa alla cintura, nascosta sotto l'ampio,
lungo cappotto bianco che indossava.
Non
disse alcuna parola.
Poi,
malvolentieri, eseguì gli ordini.
«
Ehi! EEEEHI! Stai mancando di rispetto al nostro capo?! EHHH!»
Dabi
evitò appena in tempo il feroce attacco dall'alto di un gallo
meccanico, un ammasso di leve, bulloni e ingranaggi dai colori fluo,
in netto contrasto col resto dell'intelaiatura completamente nera. Lui era Mimic, il... contabile.
Percepiva
la presenza di un Daemon all'interno di quel bizzarro giocattolo,
eppure era davvero insolito che una creatura
discendente da una stirpe antica, estremamente orgogliosa, nonché
venerata al pari di dèi, si affezionasse ad una macchina.
O
peggio: ad un semplice essere umano.
Dalla
botola improvvisamente aperta, spuntò anche la faccia mascherata di
Twice.
«
Ehi, Dabi, il capo ti stava cercando! Ha un compito per te: ha detto
che sarà qualcosa di estremamente eccitante!»
«
Non vedo l'ora.» pronunciata quella frase con un tono estremamente
tagliente, Dabi risalì anche gli ultimi gradini con uno scatto
felino, ignorando il continuo starnazzare del pollo sotto di lui.
Prima
di uscire, guardò un'ultima volta Overhaul, incosciente con il capo
a ciondoloni contro al petto.
Pur
sapendo tutte le motivazioni del caso per cui Shigaraki si era
interessato a quella banda tanto da accettare di reclutarli, ancora
non riusciva ad andare oltre, a vedere qualcosa di buono in loro:
l'organizzazione “Shie Hassaikai” non era poi così
famosa, sembrava un semplice accrocco mal assortito di gentaglia
vestita in maniera stravagante, comandata -tra l'altro- da un
folle visionario.
Sorrise.
Oh, beh, in
effetti, forse avevano diversi punti in comune.
Il
rumore assordante delle eliche.
E
si ritrovò nel mezzo di una tormenta, aggrappato ad una cavo,
sospeso nel vuoto.
Lui
e Shigaraki avevano due concezioni diverse di “eccitante”.
O
forse no.
Sta
di fatto che doveva sghiacciare le eliche dell'aeronave, perché
l'ammasso di ferraglia stava perdendo velocità e soprattutto
quota, quindi rischiavano non solo di venir braccati dai dragoni
dell'Impero, ma anche di schiantarsi contro le montagne impervie
dell'Averno. E l'idea di poter riabbracciare dopo tanto tempo la sua
amata famiglia, quella folle setta religiosa priva di
scrupoli, lo motivò a tal punto che si impegnò al massimo nel
suo lavoro.
Le
sue ali iniziarono ad inglobare sempre più energia vitale, che fu
immediatamente convertita in fiamme azzurre dopo un vorticoso moto
serpentiforme nei palmi delle mani.
Doveva
sbrigarsi.
Per
la sua gabbia toracica vibrò il ruggito di un drago.
Mancava
un'ultima fila di eliche, ma era esausto: la testa girava come una
trottola, il respiro era affannoso, sudava e tremava visibilmente per
il gelo che gli stava ghiacciando persino le ossa.
Si
sedette sull'ala, con la schiena premuta contro il ventre dell'aeronave.
Socchiuse
gli occhi.
Un
altro drago fu abbattuto.
Ascoltò
il ringhio straziante della bestia morente, sentì il lontano
schianto sulle montagne dimenticate da Dio.
Riaprì
gli occhi cadenti, osservò le piccole fiamme azzurre che danzavano
silenziose impedendo al ghiaccio di riformarsi.
Azzurro.
E
rosso.
Sollevò
il capo e si ritrovò a fissare le iridi cremisi di un Drako, a
pochi metri di distanza sotto al velivolo. A quel punto, mentre la gola
del dragone rosso s'illuminava accumulando fiamme ardenti, il
fisico di Dabi iniziò a muoversi in maniera autonoma, ignorando
sia
la mente, sia il dolore straziante dei muscoli ridotti allo stremo.
Le
sue ali s'espansero al punto da inglobare il resto del corpo in
un'unica, arcana, infuocata magia angelica: l'ultimo atto, per
lui. Come il dio del Sole, sarebbe morto divorato dal suo stesso
potere, ma in fondo questo era il suo destino fin dal principio.
Così,
nel momento esatto in cui il drago rigettò fiamme incandescenti,
l'energia azzurra impattò violentemente contro la colonna di fuoco.
E
anche quel continente, che mai aveva visto la luce, conobbe per un istante il bagliore del giorno.
“Tōya!”
Una
voce gli tuonò nella testa.
Inizialmente
credette che fosse ancora un ennesimo ricordo d'infanzia, di sua
madre, dei suoi fratelli, che ogni tanto tornavano tutti insieme ad
assillarlo negli incubi più vividi.
E
sorrise, ripensando alla terribile ironia di morire divorato da
fiamme cremisi.
Poi
però, quando un arpione avvolto da una candida brina trapassò il
cuore del dragone, riuscì quasi a riconoscere il suo benefattore:
quel potere... era
solo un frammento di vecchie memorie, però gli ricordò una
gentile brezza.
Il
drago precipitò.
La
luce spettrale si spense.
Natsuo.
Fine
Prologo!
+REVERSE:
canzone che ho riscoperto dopo anni frugando nelle cartelle del
computer. Visto che riassume bene il senso di questa fanfiction, ho
deciso di usare questo titolo. In ogni caso, consiglio vivamente la
versione con Lily e Ritsu Namine.
Angeloi/Angelos:
per le ali, mi sono ispirata al gioco di Diablo della Blizzard. Più
nello specifico, le ali di Dabi sono simili alle ali di Auriel.
Cavolo, adoro troppo il suo design.
Stivali
di Dabi: mi sono innamorata degli stivali di Undertaker
(Kuroshitsuji) alle medie. La cotta non è ancora passata.
Maschera
di Overhaul: non giudicarmi, stavo ascoltando in loop la
canzone “POP/STARS” delle “K/DA”.
Cucina/sala
operatoria: qualcuno ha detto... “Master and Commander”?
Mimic:
anche se ho adattato il suo aspetto all'ambientazione generale della
storia, mentirei spudoratamente se dicessi che non l'ho fatto per
avere un pollo meccanico nel roster dei personaggi.
Dabihaul:
grazie ad AO3 ho scoperto questa coppia. Grazie ad AO3 ho iniziato ad
apprezzare questa coppia. Per colpa di AO3 sono arrivata a scrivere
questa storia.
Drakoning/Drako:
sì, anche io ho qualche perplessità sul nome. Prima era ancora
peggio: “Drakoking” o “Drakoknight”. Poi ho
scoperto che, cambiando una lettera, il risultato suonava bene.
Todobaku:
arriverà nel prossimo capitolo.
Angolo
dell'Autrice + ringraziamento speciale:
Buonasera,
oppure buongiorno. Da me sono l'una passata di notte... quindi...
buonanotte?
In
ogni caso, sono contenta che siate arrivati a leggere fin qui: al di
là delle visualizzazioni che ci saranno, fa sempre piacere quando un
lettore riesce a resistere fino alle note dell'autore.
Ecco... beh, grazie.
Ho
passato un lungo periodo non particolarmente facile: tra la
situazione a casa pesante da gestire emotivamente, le
mie mancate ambizioni per il futuro e la mia snervante insicurezza, mi
sono particolarmente chiusa in me stessa. Anche tornare a scrivere
e a pubblicare qualcosa dopo tutto questo tempo non è stato
facile, però in qualche modo volevo dire un “grazie” a quelle persone che mi stanno vicino, sia nei miei piccchi di gioia, sia nei miei baratri di tristezza.
Probabilmente, senza questo supporto, sarei annegata da tempo nella mia apatia.
Quindi grazie, davvero.
E
a tal proposito, parlando di persone speciali... beh, mi dispiace.
Giuro,
lo giuro, mi sono davvero impegnata: ho iniziato a scrivere
qualcosa su Saint Seiya, su One Piece persino con mesi d'anticipo
per rispettare la “data” prefissata per me tanto
importante. Il risultato? Ti ho trascinato accidentalmente in un nuovo anime
per colpa del mio troppo entusiasmo.
Qualcosa
dev'essere andato storto.
Per
il tuo compleanno volevo dedicarti qualcosa su Albafica, Minos, Ace o... beh,
qualsiasi altro personaggio. Su Crocus, ecco. Sì, una bella
fanfiction su Crocus.
Dannazione.
Dopo le teorie di Bike&Raft, non riuscirò più a vedere il
personaggio in un'ottica positiva.
Comunque,
mi sono impegnata. E ho scartato tanti fogli word. Se vedevi il mio
cestino sempre pieno, non è perché mi dimenticavo di svuotarlo
(perché tendenzialmente sono una casinista sempre e comunque).
No, cioè sì, ma anche no. È perché non riuscivo ad andare
oltre la mezza pagina.
E
la mezza pagina è come lo scoglio del terzo capitolo: annientano
completamente i miei buoni propositi.
Comunque,
mi sono impegnata e alla fine mi sono detta: “Ehi, sai cosa
sarebbe figo? Sarebbe figa una fanfiction con elementi steampunk,
uniti alla mitologia greca, con l'aggiunta di un po' di Cristianesimo
e... insomma, magari un pizzico di Giappone. Il tutto condito da
tamaraggine. Tanta tamaraggine.”
Il
mio cervello, dopo un iniziale “che succede?”, ha risposto con un sonoro “che cazzo stai dicendo?”,
ma appena ho inserito tra gli elementi anche un pollo meccanico...
bon, si è risolto tutto il conflitto. E ho iniziato a scrivere.
Già,
qualcosa è andato decisamente storto.
Spero
di aver alleggerito un po' i toni di questo eterno sproloquio: in
ogni caso, mi dispiace per il fatto che alla fine il risultato non
sia la storia che avevo pensato in principio. Mi dispiace di averti
trascinato in un nuovo fandom. Mi dispiace per il mio entusiasmo
molesto.
Ma
spero che accetterai i miei ringraziamenti: grazie per essermi amica,
la mia migliore amica... praticamente, la mia sorella adottiva.
Grazie per questi anni di amicizia (quanti? Nove? COSA? Non puoi
dirmi che sono già nove anni. Probabilmente ho sbagliato i calcoli.
Sono le due di notte, dopotutto. E no, non lo rileggerò, fanculo agli
errori, ma sono sul punto di piangere come una fontana
già adesso). Grazie per il tuo supporto, per la tua sincerità,
per le risate, per le piccole follie quotidiane.
Grazie
per tutto.
Un
giorno finiremo la saga di Kingdom Hearts. Un giorno riusciremo a
vincere a Quidditc-... no... quello no, ho i ancora traumi. Beh, un
giorno, almeno, ti consegnerò il regalo.
Prima
o poi.
Ma
per ora, in ogni caso, voglio augurarti un buon compleanno e spero
che sia un giorno felice perché, davvero, te lo meriti.
Tanti
auguri!
E
un gigantesco panda-abbraccio!
Per
te, un Dabi pusher, un favoloso Er Tucano, la grattugia di Shigaraki
e un molesto Pollo-Hawks. Poi, vabbeh, se vogliamo estendere la lore,
anche un Kuzanick, un caldo abbraccio di Akainu, Kizaru the Pooh e
una trota di mare (in questa categoria rientra anche Ace, non
preoccuparti).
E,
ovviamente lui, il bellissimo nonno Sion. E zio Cheng di Mo Dao Zu
Shi. E quel personaggio di quella serie cinese che stai seguendo,
che per me sarà sempre Shang.
Ma
quindi è morto per davvero?
Nel
dubbio,
è
ancora in circolazione.
Con
affetto, un'amica davvero disastrata.
|
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Capitolo 2 *** Deîpnon ***
Primo Capitolo
Primo
Capitolo:
Deìpnon
«
Χιονοβλεφάρου
πάτερ Ἀοῦς,
ῥοδόεσσαν
ὃς ἄντυγα πώλων
πτανοῖς
ὑπ' ἴχνεσσι διώκεις,
χρυσέαισιν
ἀγαλλόμενος κόμαις,
περὶ
νῶτον ἀπείριτον οὐρανοῦ
ἀκτῖνα
πολύστροφον ἀμπλέκων,
αἴγλας
πολυδερκέα πάναν
περὶ
γαῖαν ἅπασαν ἑλίσσων.
ποταμοὶ
δὲ σέθεν πυρὸς ἀμβρότου
τίκτουσιν
ἐπήρατον ἁμέραν.»
Prima
ancora che Bakugō riuscisse a riemergere completamente dal nero
baratro dell'incoscienza, si soffermò ad ascoltare per un tempo
indeterminato -minuti, ore... forse giorni interi-
il melodioso canto di un ragazzo, reso ancor più celestiale
dall'accompagnamento di uno strumento a corda, forse una cetra. Non
conosceva la lingua, né a chi fosse rivolto quell'inno che percepì
come sacro, però rimase ugualmente incantato da quel puro e semplice
virtuosismo.
Certo,
di quando in quando il giovane si fermava, rifletteva, correggeva
l'intonazione e rifletteva di nuovo, finendo per sospirare e
ricominciare daccapo; tuttavia per il Drako era ugualmente perfetto,
la dimostrazione che l'arte era davvero un linguaggio universale.
Poi,
d'un tratto, sopraggiunse il flusso di coscienza.
Uno
ad uno, i ricordi della sua morte riaffiorarono sempre più chiari,
sempre più nitidi.
Senza
riflettere, scattò in piedi.
Ma
prima che le sue gambe potessero rispondere al comando, il suo fisico
lo paralizzò in uno spasmo straziante, che gli tolse il respiro.
«
Merda!» in un lamento, ricadde su un fianco e iniziò a contorcersi
su se stesso, finendo inevitabilmente in un circolo vizioso di puro
tormento « Fanculo! Fan-cu-lo!»
Era
un drago, per la miseria.
I
suoi antenati avevano combattuto battaglie.
Guerre.
Lui
invece si lamentava come una ragazzina in preda ai dolori mestruali.
Fanculo.
Quando
le fitte iniziarono ad attenuarsi, s'accorse del profondo, tombale
silenzio: il ragazzo canterino probabilmente era fuggito
terrorizzato.
E...
sì, provò in fondo un po' di dispiacere.
Aprì
gli occhi e per poco non sobbalzò di nuovo: davanti a lui, una
ciotola.
«
Si può sapere dove cazzo mi trovo?»
Nessuna
risposta.
Quella
ciotola ancora lì, colma di latte e... oppio? Anche se al suo
olfatto di Drako aveva una fragranza decisamente più zuccherina.
La scansò in ogni caso con un gesto sbrigativo della mano, ma fu nuovamente
assalito dai demoni del tormento.
«
Πίνεις,» il giovane però insistette e avvicinò ancora la
coppa, dimostrando una pazienza proveniente da un altro mondo.
«
Non mi drogo.»
«
Πίνεις,»
«
L'oppio è fottutamente illegale, capisci?»
«
Πίνεις,»
No,
non era paziente: era solo dannatamente testardo.
Ma
anche Bakugō non scherzava in fatto di cocciutaggine e decise di
dimostrare a quel maledetto usignolo il suo sguardo più truce, per
allontanarlo una volta per tutte.
Era
la storia della sua vita, in fondo: aveva un aspetto e degli
atteggiamenti talmente minacciosi che alla fine poteva contare sulle
dita di una mano la gente che riusciva a stargli attorno.
Amici.
Essendo però fortemente restio a sentimenti tanto melensi,
tendeva a liquidare la questione con un semplice “gentaglia”.
«
Πίν-...» il ragazzo canterino interruppe l'emissione
d'aria a metà del verbo, quando il giovane Drako gli puntò addosso
quello sguardo cremisi, inizialmente feroce.
Poi,
mutò in stupore.
Paura.
Risentimento.
Ed
infine odio.
La
coppa volò e si rovesciò a terra, andando in frantumi.
Bakugō
ritrasse la mano colpevole e fissò con puro risentimento il ragazzo
ormai lontano, intento a sistemare la sella di un bianco cavallo
alato.
Fottuto
Angelos.
Il
lento crepitio delle fiamme.
Non
poteva restare lì.
Calata
la notte -che poi “notte” era un eufemismo, visto che l'unica
differenza con il giorno era l'intensità delle ombre-, decise di
partire armandosi alla bell'e meglio con tutto ciò che riuscì a
reperire in quella grotta.
I
suoi movimenti erano dannatamente impacciati, non solo per colpa dei
muscoli sofferenti, ma anche per quell'assurdo vestiario che si era
ritrovato addosso: morbide pellicce, guanti spessi, stivali in cuoio
imbottiti, una sorta di poncho in lana e, soprattutto, una
terribile tunica, un tipo di vestiario tipicamente femminile.
Era
goffo, pesante, limitato nei movimenti e assolutamente ridicolo.
Però
non sarebbe rimasto in quella trappola un solo minuto in più: gli
Angeloi erano un branco di assassini spietati.
Chissà
cosa succedeva nel cuore di quelle fottute montagne.
E
poi... era proprio colpa degli Angeloi se si trovava in quello stato.
Fece
un profondo respiro, sfiorò la pietra draconica sottopelle,
incastonata nel mezzo della gabbia toracica.
Doveva
calmarsi.
In
quelle condizioni, la sua trasformazione non sarebbe durata per più
di qualche minuto, per cui avrebbe dovuto raggiungere il confine
nella più totale segretezza.
Non
sarebbe stato difficile, nel buio pesto.
Così,
ignorando la stanchezza del proprio fisico, pensò di mettersi in
marcia facendo affidamento su quelle noiosissime lezioni di
geografia.
Era
tutto sotto controllo.
Non
era un continente enorme, pieno di catene montuose tutte uguali.
Non
era talmente perso da non riuscire nemmeno più a distinguere il nord
dal sud.
Non
era...
Sì,
in effetti era un vero e proprio Inferno.
Leggeri
passi sulla neve.
Come
previsto, non trascorse troppo tempo dal ritorno dell'usignolo
diabolico
L'Angelos
dalla lunghissima chioma mezza rossa e mezza bianca entrò nella
grotta, stringendo tra le braccia un sacchetto misterioso. Le sue ali
di pura energia eterea -l'una cremisi, fiammeggiante, mentre
l'altra bianca, la cui luce si rifrangeva in un modo particolare,
tanto da sembrare una costellazione di cristalli di ghiaccio- si
muovevano ad un ritmo armonioso, simili a onde che s'infrangevano
sulla spiaggia.
Avanzò
lentamente fino a fermarsi davanti ai cocci della ciotola
finemente decorata.
Si
chinò e iniziò a raccoglierli.
Sempre
lentamente.
Con
tutta la calma del mondo.
«
Fermo.» Bakugō, alle sue spalle, gli puntò un frammento acuminato
alla gola « Fermo. Ho detto.»
L'Angelos
sospirò, ma non si oppose.
«
Ora sei mio prigioniero, hai capito?!» il Drako gli legò i polsi
con la corda del vecchio strumento che il ragazzo aveva dimenticato lì.
Un
errore fatale.
Dopo avergli stretto anche le caviglie, si allontanò di qualche
passo, senza distogliere mai lo sguardo.
«
Posso trasformarmi in drago quando voglio, per cui non fare scherzi.»
mentre parlava, si avvicinò lentamente all'involucro misterioso «
Cos'è? Eh?»
«
Δεῖπνον.»
«
Deípnon?» Bakugō estrasse dal sacchetto di cotone una scatola e il
solo odore lo lasciò perplesso, oltre che con l'acquolina in bocca «
La cena?»
Il
giovane ostaggio annuì.
Il drago scoperchiò
il contenitore e vide carne, tanta carne.
Qualche
verdura un tempo pallida, ora nera come il carbone.
E
persino un paio di dolcetti.
«
Stai scherzando, vero?»
Silenzio.
Era
ovviamente una trappola: quel sicario voleva avvelenarlo, puntando al
suo stomaco ormai completamente vuoto.
Con
un coltello spuntato, a fatica, riuscì a ritagliare una
piccola porzione di una bistecca e l'avvicinò alle labbra sottili
dell'assassino prigioniero.
«
Mangia. Poi mangerò io.»
L'Angelos,
dopo un ennesimo sospiro, accettò di essere imboccato.
E
masticò.
Masticò.
Masticò.
Si
preparò a deglutire.
Ma
prima masticò un altro paio di volte, cercando di mantenere
quell'innata compostezza.
Poi,
sforzando la gola, inghiottì la porzione.
Bakugō
attese qualche attimo, picchiettando il coltello sul legno della
scatola. Quando fu certo della totale assenza di qualsivoglia tossina, iniziò a
mangiare il resto della bistecca.
In
effetti, sotto ai denti era tenace quanto la suola di una scarpa.
Ma
aveva fame, troppa fame, quindi per quella volta non si lamentò
troppo, limitandosi solo a qualche insulto indirizzato al misterioso
cuoco incapace.
E
così continuò la cena:
prima
l'Angelos assaggiava i piatti,
poi
Bakugō finiva il resto.
Quando
anche l'alcol iniziò a scorrere in egual misura nei corpi dei due
giovani, Bakugō approfittò della distrazione momentanea
dell'Angelos, fermo a fissare il crepitio delle fiamme, per osservare
le ombre che danzavano su quel viso perfettamente diviso -ancora una
volta- a metà: un lato chiaro, privo di imperfezioni,
dannatamente puro, un lato invece lasciato nelle tenebre, sfregiato,
in cui spiccava l'inquietante bagliore di un occhio azzurro.
Perché?
Perché lo stava aiutando?
C'era
sofferenza nel suo sguardo. Una leggera sfumatura di tristezza.
La
sua mente -forse, anzi sicuramente per colpa dell'idromele-
gli proiettò immediatamente l'immagine di un animale braccato,
rabbioso ma al contempo consapevole di essere ormai vicino al
trapasso.
Ogni
tanto muoveva impercettibilmente le dita, richiudendole per qualche
frazione di secondo in un pugno, prima di distenderle ed ancorarle di
nuovo alle braccia.
«
Katsuki Bakugō.»
L'Angelos
alzò il capo, confuso.
Bakugō
non avrebbe sprecato altro fiato per ripetersi: con molta
probabilità, infatti, quel sicario prigioniero non aveva capito,
dopotutto si trattava di un'altra lingua, quel nome poteva essere
anche una frase qualunque, un'imprecazione, un...
«
Shōto Todoroki.»
Il
Drako sbuffò roco, un respiro che parve profondo quanto un soffio di
fuoco.
Quell'Angelos
era dannatamente testardo, sì.
Ma
anche sveglio.
In
fondo.
Fine
Primo Capitolo!
Lingua
italiana: partiamo con lo
spiegone (yeeeeeah). Tendenzialmente i capitoli di questa storia
avranno sempre un POV incentrato su un singolo personaggio (questa
frase si sminchierà già nel prossimo capitolo, non preoccupatevi,
ma quello è un caso moooolto
particolare). Questo personaggio penserà, agirà e parlerà in
italiano. Quindi, se qualcuno si aspetta ancora un capitolo con
Todoroki come protagonista scritto interamente in greco antico... mi
dispiace, ma voglio vivere.
Lingua
greca fantasy: niente da
aggiungere. Solo che sarà un utilizzo molto fantasy della lingua
greca antica, quindi tu, dico a te col forcone, sì... ecco...
risparmiami.
POV:
sempre parlando di Point of View, non sempre quello che
vedono/pensano i personaggi è la verità assoluta. Questa cosa è
un'arma a doppio taglio. Per me. Perché so che mi sto incasinando la
vita.
[…]
una ragazzina in preda ai dolori mestruali:
mi dissocio, ovviamente. Io, senza un antidolorifico, non arrivo viva
al secondo giorno.
Χιονοβλεφάρου
πάτερ Ἀοῦς...: antico
inno al Sole attribuito a Mesomede di Creta.
Πίνεις:
bevi.
Pietra
draconica: alloooooora... sono un'amante della saga di Fire
Emblem, per cui... niente, visto che ho ripreso a giocare Awakening
dopo tanto tempo, ho aggiunto questo particolare. Con la differenza
che la pietra si trova all'interno del corpo del Drako.
Angolo
dell'Autrice:
*accende
un fiammifero* chi è ancora vivo dopo l'inizio traumatico di questo capitolo, batta un colpo (semi-cit.)
Allora,
ben ritrovati in questo piccolo angolo di mondo. Sono contenta che abbiate
aggiunto questa storia alle preferite/seguite! Per me vuol dire
tanto!
E
sono contenta che anche il regalo di compleanno alla fine sia stato
apprezzato. È una tradizione di questo account, ormai, e ci tenevo a
rispettarla!
Anche
se nulla di quel che scriverò riuscirà a eguagliare la bellezza del
famosissimo quadro “Nascita di Shigaraki” di Botticelli (o
forse sarebbe meglio della Botticella). Davvero, grazie mille!
L'ho messa immediatamente come copertina di Facebook.
Stupido,
sexy Shigaraki.
Parlando
invece della storia, beeeeeh... io scrivo principalmente per
divertirmi e infatti in generale questa fanfic avrà dei toni molto sopra
le righe. Ovviamente, a volte interviene la mia lettrice silenziosa
che, leggendo alcune parti del capitolo, mi da il suo parere ed io,
dopo aver sentito il suo punto di vista, tengo o modifico l'idea.
Perché
a volte sono idee mooooolto estreme.
Talmente
estreme che mi piange il cuore toglierle.
Però
è per il bene della coerenza.
Io
sto ancora soffrendo per la scena del bagno pulito, con Chisaki che
esce tutto soddisfatto e si ritrova tutti quelli della League of
Villains ad aspettare il turno. Lo so, è talmente OOC che fa il
giro e diventa IC, però, ecco, io ho un debole per queste cose.
Tutto
questo per prepararvi a ciò che accadrà nei prossimi capitoli.
Ci
sentiamo presto!
|
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Capitolo 3 *** Tic-Tac ***
Secondo Capitolo
Secondo
Capitolo:
Tic-Tac
Tic.
Tac.
Tic.
Tac.
Un
ticchettio gli rimbombava in testa.
Tic-Tac.
Tic-Tac.
Le
ultime ore della sua vita. I suoi ultimi minuti. I suoi ultimi
secondi.
Era
tutto dannatamente chiaro.
Tic.
Tac.
Tic.
Tac.
Le
palpebre erano pesanti, la testa estremamente leggera.
Aprì
stancamente gli occhi dorati e vide solo la Luce.
Inizialmente
credette che fosse un Dio:
non era credente, però qualcuno doveva pur prendersi la
colpa delle
sue disgrazie.
Poi,
quando la vista divenne un poco più nitida, comprese che si
trattava
di un semplice, malmesso lampadario coperto di sporcizia.
Socchiuse
gli occhi.
Un
grave respiro.
Tic.
Tac.
Tic.
Tac.
«
Le braccia...»
«
Infezione...»
«
Colpa...»
Chisaki
Kai riaprì gli occhi.
Di
nuovo quella Luce, di nuovo quel lampadario.
Poi,
una mannaia.
Il
sorriso squilibrato di Shigaraki.
La
lama affondò nella carne. Una. Due. Tre volte.
Niente
anestesia.
Desiderò
urlare, dar voce al suo dolore, ma una striscia di cuoio gli
stringeva la bocca per impedirgli di mordersi la lingua fino a
staccarla.
Voleva
vomitare.
Il
dolore era troppo intenso da sopportare.
Strinse
la fascia con i denti fino a sanguinare.
Poi,
la luce divenne fioca.
Si
spense.
Il
mondo diventò oscuro.
Tic.
Tac.
Tic.
Tac.
«
Sangue...»
«
Sangue...?»
«
Angelos.»
Tic.
Tac.
Tic.
Tac.
Si
risvegliò ore, giorni... non seppe esattamente il tempo.
Seppe solo
che era dopo.
Dopo
l'intervento.
Dopo
quel folle ghigno.
Fissò
il lampadario: un lampadario diverso da quello della sala operatoria,
ma ugualmente malmesso, tanto che la luce a tratti sfarfallava fino
a ridiventare stabile.
Gli
pulsava la testa.
Si
sentiva incredibilmente debole.
Girò
il capo sul cuscino pregno di sudore.
Fissò
un ghigno: un ghigno diverso da quello di Shigaraki, ma ugualmente
squilibrato.
«
Ne-neh~... tu non mi piaci.»
una ragazza... come si chiamava? Ah, sì... Himiko
Toga.
Lei lo stava guardando, giudicando con quel sorriso folle.
E
un coltello in mano.
Forse
non era nemmeno reale, forse era frutto di qualche tremenda
allucinazione: l'atmosfera era fin troppo irrazionale, distorta, per
poterlo affermare con assoluta certezza.
«
Sei nostro prigioniero. È grazie a noi se sei ancora in
vita.»
Chisaki
tornò a guardare il lampadario.
Quel
ragno aggrappato ad un sottilissimo filo.
Oscillava
lentamente.
Destra,
sinistra.
«
È grazie a Dabi. Il suo
sangue scorre nelle tue
vene.»
Continuava
ad oscillare a destra e a sinistra.
Gli
occhi dorati di Chisaki si concentrarono su quel ragno.
Su
quel filo.
Il
sottile filo della vita.
«
Sei nostro prigioniero. È grazie a Shigaraki se sei in vita.
Potrebbe ucciderti quando vuole, sai?» la ragazza continuava
a
cinguettare, puntandogli un coltello alla gola.
Era
lo stesso coltello?
Probabilmente
sì.
O
forse no.
La
luce divenne fioca.
Si
spense.
Il
mondo diventò oscuro.
Tic.
Tac.
Tic.
Tac.
«
Un regalo di Madama Butterfly: sono protesi di
altissimo
livello per il suo Giovane Signore. Una volta
raggiunta
Semiramis, vorrebbe parlarti in privato. Da solo... per via dei suoi
problemi di salute.» Chronostasis strinse un ultimo bullone,
poi si
allontanò di qualche passo, permettendo a Chisaki di
rimirarsi allo
specchio « Comunque ha svolto alla perfezione il suo
incarico: ha
fatto ricadere la colpa su un altro gruppo di criminali ed è
riuscita a cancellare completamente le nostre tracce. Per nostra
fortuna, i Drakoning sono caduti nell'Averno e-...»
«
Come sta il Boss?»
«
Stabile.»
«
Bene.» Chisaki annuì. Anche il cadavere riflesso
nello specchio
compì il medesimo gesto.
Era
troppo magro.
Era
troppo pallido.
I
suoi occhi erano privi di qualsiasi luce, tanto da apparire grigi.
Quel
morto non era lui.
«
Ora vattene.»
Chronostasis,
a quel comando, rimase in silenzio per qualche istante.
Annuì.
Kai
sentì la porta richiudersi alle sue spalle.
Desiderò
serrare la mano in un pugno.
La
protesi meccanica rispose immediatamente al suo impulso.
E
con un singolo colpo frantumò il vetro.
Tic.
Tac.
Tic.
Tac.
Alle
sue spalle, la porta della cucina cigolò.
Un
cigolio sofferente, fastidioso, che durò per tutto l'arco
della sua
apertura.
Poi
un respiro.
Ed
infine un altro, lungo sofferente, fastidioso cigolio, che
durò per
tutto l'arco della sua chiusura.
«
Ohi... Birdie-Boss? Quindi sei ancora vivo. Impressionante.»
Dabi strascicò i piedi fino al frigorifero, ma non appena lo
aprì,
fu abbagliato dalla lucentezza.
Strizzò
gli occhi, fino a riuscire ancora a vedere i ripiani perfettamente
puliti, su cui era riposto del cibo -stranamente-
non avariato
in contenitori altrettanto sterili e sigillati.
Diede
allora un'occhiata a Overhaul, chino sul lavello.
Poi
tornò a osservare quel raro miracolo della natura.
«
Impressionante.» ripeté e dopo
una scelta ponderata, decise
di mangiare un trancio di pizza avanzato dall'ultima sosta su
un'isola dell'Elláda, la famosa Aquileia,
nota per il buon
cibo, oltre che per un raro, mitologico strumento musicale chiamato
“mandolino”.
Uno
strumento che tutti nominavano, ma che nessuno aveva mai realmente
visto.
Prima
di sedersi al tavolo, si avvicinò a Overhaul per prendere
dallo
scolapiatti un bicchiere. Si soffermò qualche attimo per
vedere cosa
c'era rimasto nel lavello.
E
in mezzo alla schiuma, notò solamente una mannaia.
Overhaul
non si mosse, era come se non riuscisse neppure a percepire la
presenza del ragazzo accanto a lui: la sua mente e i suoi occhi erano
infatti fissi sul coltello.
E
così continuò la cena: in religioso silenzio, con
Dabi impegnato a
mangiare, sorseggiando di quando in quando un bicchiere di buon vino,
mentre Overhaul era totalmente assente, piegato sul lavabo.
Tic.
Tac.
Tic.
TAC.
«
Perché sono ancora vivo?»
La
voce di Overhaul vibrò nella stanza, lieve quanto un
sussurro.
Dabi,
impegnato a godersi il pacato silenzio, si destò
improvvisamente
colto di sorpresa. Schiuse le labbra, pronto con qualche risposta
sarcastica, tagliente, ma solo allora si soffermò a
osservare
davvero, per la prima volta, quella schiena ricurva su se stessa.
Terribilmente
fragile.
Sul
punto di spezzarsi.
«
Cosa?»
A
quella domanda, inaspettatamente,
il boss rizzò la postura, si massaggiò il collo
indolenzito e
infine si voltò. I suoi occhi dorati, nuovamente brillanti,
fissarono prima il tavolo, poi il ragazzo comodamente seduto sulla
seggiola.
Con
la mano guantata si grattò il viso.
«
Hai sporcato il tavolo.»
Non
importava quanti crimini, omicidi efferati Dabi avesse commesso in
tutta la sua vita: dall'agghiacciante tono di voce del suo collega
assassino, scoprì infatti che il suo reato peggiore fu
proprio
quell'insignificante macchia di pomodoro sulla superficie lignea,
consunta.
«
Spostati.»
Dopo
che il ragazzo moro era scivolato sulla sedia accanto, trascinando
con sé sia il piatto colmo di croste di pizza accatastate,
sia il
bicchiere mezzo pieno di vino, Overhaul iniziò a sfregare
con forza
la tavola.
Quell'umano
era dannatamente folle, sì.
Ma
anche interessante.
In
fondo.
Fine
Secondo Capitolo!
[...]
Seppe solo che era dopo:
ho la tremenda sensazione che sia una citazione involontaria ad
After. Non ho letto i libri e ho visto il film solo una volta,
però
in ogni caso alzo le mani.
Madama
Butterfly:
qualcuno ha
detto OC? No? Beh, comunque sì, è un mio
personaggio originale.
Semiramis:
personaggio di Fate/Apocrypha...
ah, no, aspetta. In ogni caso sì, il nome della
città non è
casuale e fa riferimento alla leggendaria regina, presente anche
nella Divina Commedia di Dante. Per la sua moralità,
ovviamente.
Parte
finale con Dabi:
è il
frutto di due menti. E a tal proposito, mi sono davvero divertita a
scrivere questa scena.
Aquileia:
fa riferimento ad un'antica colonia di diritto latino. Oddio... ho
un'improvvisa ansia da prestazione. Spero di aver azzeccato,
altrimenti sarò freddata non solo dal docente di Storia
Romana, ma
anche da mio padre. Beh, dai... forse c'è la remota
possibilità che
non leggano fanfic proprio sulla coppia Dabihaul o Todobaku. Sono
salva, forse.
Pizza
e mandolino:
ah... sì,
sono cresciuta a pane e Hetalia. Non giudicarmi. Davvero. Non serve.
Mi giudico da sola.
Angolo
dell'Autrice:
Praticamente
Chisaki sono io quando prendo una Tachipirina da 1000. Mi ricordo
ancora quando una mia amica me l'aveva passata perché ero
stata male
a scuola e... cavolo, trip mentale assurdo.
E
l'ora successiva c'era un compito di matematica.
Brevi
storie tristi.
Comunque
eccoci qui! Bentornati!
Ci
ho messo un po' a pubblicare, ma più che altro
perché oltre
all'allergia, al mio compleanno, l'allergia,
la
possibilità di rivedere parenti e amici, l'allergia...
sì...
ho ripetuto la parola “allergia”
tante volte, ma provate
voi a vivere in una casa simile ad una serra con vostro padre che
come lavoro fa il giardiniere. E dovendo convivere col naso tappato e
occhi terribilmente irritati, mi scoppiava spesso un mal di testa
fotonico, per cui la mia voglia di stare al computer era pari a zero.
Adesso
sto un po' meglio. Non lo dico troppo ad alta voce,
però.
E
poi... vediamo, su un'idea di una mia amica, ho iniziato un nuovo
progetto. E insomma, ci tengo abbastanza anche perché le
piaceva
l'idea dei figli di Hawks, per cui ho cercato di dare sfogo a tutto
il mio lato puccioso e sentimentale per scrivere qualcosa di carino.
Ed
è venuto fuori qualcosa di demenziale.
Ma...
MA. Insomma... spero tanto che venga valutato l'impegno: come a
scuola, quando la versione è totalmente cannata,
però al posto di 2
il professore concede un 3 per l'impegno.
Ecco.
Stessa
cosa.
Detto
questo, ci vediamo al prossimo capitolo!
Un
bacio da _Lakshmi_!
|
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Capitolo 4 *** Kóre ***
Terzo Capitolo: Kóre
« Puntuale come sempre, Principe Todoroki.
Vostra madre vi sta aspettando.»
Todoroki Shōto annuì e salì le ampie, maestose gradinate in marmo bianco dell'ospedale psichiatrico. Monumentale come qualsiasi altro edificio presente nella capitale angelica, Kóre, glorioso inno al benevolo Dio del Sole.
Dal Palazzo di Giustizia, che sorgeva in cima alla gigantesca cascata del fiume Lethe, fino ai manicomi e alle prigioni stipati nelle periferie, tutto doveva apparire bello, uniformato da un comune colore bianco del marmo. L'unica, altra tonalità ammessa era l'azzurro trasparente dell'acqua dei canali su cui la città si diramava, con ponti e vie sotterranee dalle volte in vetro per poter rimirare sempre, dal basso, la bellezza dell'opera degli Angeloi devoti. Passeggiando per quelle strade, il dettaglio di trovarsi nel cuore di impervie, brulle montagne passava sicuramente in secondo piano, tanto che persino soffitto roccioso, grazie alla magia angelica, appariva etereo quanto la notturna volta celeste, un magnifico dipinto di costellazioni.
Ma agli occhi di Shōto, quella non era altro che una crudele illusione: non era la reale notte, non erano le vere stelle.
Avrebbe tanto voluto vederle, almeno una volta nella vita.
Un'infermiera lo accompagnò -come sempre- all'interno della camera spaziosa in cui riposava sua madre, poi lo lasciò, menzionandogli -come sempre- a grandi linee la tabella degli orari di visita.
Si sedette composto su una comoda poltroncina e fissò quella donna candida, con lo sguardo perso al di là della finestra, nel mondo esterno.
Come sempre, le disse qualcosa di circostanza, le parlò dei progressi nel canto e nella lira, menzionò qualche dettaglio sulla famiglia, soprattutto sui suoi fratelli.
Poi, il silenzio.
Shōto adorava il silenzio, si sentiva a suo agio. E proprio ascoltando la quiete, trascorse l'ultima mezz'ora di visita.
Come sempre.
A pochi minuti dal termine, si alzò e iniziò a prepararsi per uscire, indossando il morbido, caldo himation che sua sorella gli aveva amorevolmente cucito. Salutò educatamente sua madre, rassicurandola -come sempre- che suo fratello sarebbe passato prima o poi a trovarla, e si preparò ad uscire.
« Shōto.» improvvisamente, però, un singhiozzo spezzò non solo la calma, ma anche quei gesti e quelle cortesie divenute col tempo meccaniche « Shōto...» calde lacrime rigarono il volto della donna, le sue bianche ali di pura luce tremarono così come tremarono le esili spalle.
Un'infermiera entrò nella stanza e dopo di lei, numerosi altri medici.
E la sedarono.
Shōto fu scortato fin fuori dall'edificio. Attorno a lui, rimbalzavano le scuse da parte del personale dell'ospedale, ma nella sua mente erano semplici echi.
Le lacrime di sua madre, invece, rimasero impresse a fuoco nella sua mente per tutto il tragitto fino al Tempio.
« Puntuale come sempre, Principe.
È un onore accogliervi nel Nostro Tempio.
Per di qua,
il Sommo Sacerdote vi sta aspettando.»
Una leggiadra sacerdotessa dalle ali piumate d'un immacolato candore, che segnavano la sua appartenenza ai Cherubim, antichissima stirpe di fedeli servitori degli Angeloi, lo accolse con un sorriso serafico. Non era diversa da qualsiasi altra sacerdotessa -veste etera, piedi scalzi e leggero trucco sui toni dell'oro-, se non per un tatuaggio appena visibile sulla spalla, ma che probabilmente ricopriva tutta la schiena: un albero in piena fioritura, chiaro richiamo alla bellezza di una primavera che mai, laggiù nelle profondità della Terra, sarebbe riuscito a vedere.
Un dettaglio insignificante che passò in secondo piano, davanti alla magnificenza del principale tempio della Capitale, il glorioso Pantheon.
Shōto, seguendo la fanciulla, camminò tra le colossali, magnifiche statue delle divinità, piegate a sorreggere l'imponente soffitto a cassettoni mentre con lo sguardo privo di pupille osservavano il lungo, estenuante viaggio del fedele.
Le due gemelle, le libertine dee 'Astéres, personificazioni delle stelle, custodi del destino degli uomini.
Nyx contrapposta a Eos, rispettivamente la notte e l'alba, allucinazioni e premonizioni, morte e rinascita.
Gea e Uranus, Terra e Cielo, moglie e marito, fedeltà assoluta.
E infine, seduto su un imponente trono di fiamme, il benevolo Dio del Sole, che più di ogni altra divinità aveva amato e protetto le sue creature più perfette, gli Angeloi. Alla sua destra, la prima moglie, nonché sorella Seléne, le cui infinite lacrime scorrevano incessanti quanto l'acqua di un fiume dagli occhi senza pupille.
Shōto pulì e purificò le mani nella bacinella in cui era raccolto il pianto costante della dea, mentre la sacerdotessa si allontanava per lasciarlo solo, permettendogli così un colloquio più intimo con l'alta carica religiosa, Endeavor, nonché Sacro Monarca del Paese.
Le pesanti porte del Pantheon si chiusero.
« Padre. Volevate vedermi.» dopo essersi asciugato con un panno di seta, spezzò il sacro silenzio con voce piatta, priva d'ogni emozione.
« Noto che finalmente hai accettato il tuo ruolo. Sono certo che onorerai il nostro magnanimo Dio del Sole.» seppur profonda e solenne, la voce del Sommo Sacerdote tradì una leggera nota di rammarico, che però passò del tutto inosservata alle orecchie e al cuore di Shōto.
Silenzio.
Il ragazzo continuava a fissare la statua del Dio del Sole, il cui capo era poggiato contro la mano destra, chiusa in un pugno: interi tomi di Storia dell'Arte avevano descritto quella posa come “la posa del Re Benevolo”, il cui pugno rappresentava chiaramente la mano della Giustizia, serrata per sorreggere il capo, ovvero l'Intelligenza, fedele sposa della Giustizia; ma per il giovane, quella postura era semplicemente dettata dalla noia.
C'è da dire che, col suo carattere assolutamente riservato, era sempre riuscito a cogliere qualche dettaglio al di là del velo.
Leggere il cuore delle persone.
Anche se dalla lettura all'effettiva comprensione il passaggio non era affatto immediato.
« Ma da qui alle Hekatombaión, ci sono ancora diversi mesi. E tutto potrebbe cambiare.» dopo un attimo di assoluta quiete, Endeavor riprese a parlare « L'attacco dei dragoni ha profondamente scosso l'intero Paese, tanto che il Consiglio del Sacerdoti vuole dichiarare guerra all'Impero.»
« L'Impero non ci attaccherebbe mai senza una ragione.» Shōto si sorprese della propria voce, che alle sue orecchie risuonò fin troppo irrequieta.
Ciò, in verità, turbò più il ragazzo che il padre, convinto che fosse solamente un ennesimo scatto d'ira nei suoi confronti.
Era trascorso un mese da quando aveva salvato la vita a quel drago, possibile che la visione complessiva della realtà fosse già così tanto influenzata da quel contatto? Dopotutto si stava parlando di un drako su chissà quanti guerrieri simili, magari con meno principi morali.
Forse era semplicemente stato fortunato a salvare il meno crudele.
Forse avevano realmente ragione i vecchi Angeloi, con i loro racconti terrificanti.
Forse...
Forse stava semplicemente pensando troppo.
« Shōto.» Endeavor lo richiamò, riportandolo alla realtà « Vorrei che tu mi rappresentassi.»
E per la prima volta, dall'inizio dell'incontro, si guardarono: gli occhi turchesi del figlio incontrarono quelli del padre, gli uni dubbiosi e diffidenti, gli altri più che seri.
« Come ben sai, non posso muovermi dalla Capitale: ora più che mai serve una figura di potere, che rassicuri i civili. Ma quando verrà il momento, vorrei che tu, con i miei uomini più fidati, assumessi il ruolo di ambasciatore per trovare un accordo con l'Impero d'Ēlýsion.»
“E magari,
se tutto andrà a buon fine,
il consiglio del Sacerdoti non potrà più avere voce in capitolo sul sacrificio.”
Un pensiero di Enji, che però rimase tale.
Lo stupore e la gioia iniziale di Shōto alla realizzazione di poter finalmente vedere il mondo esterno si scontrarono con il ricordo, il conflitto e il puro odio per il padre.
Le lacrime di sua madre.
Tutto il dolore provato nell'infanzia.
Suo fratello maggiore...
Shōto arretrò di un passo, seguito da un altro.
« Eseguirò gli ordini.» quando la distanza divenne incolmabile e il ragazzo si sentì di nuovo a suo agio, rispose come avrebbe risposto un qualsiasi altro soldato.
E, dopo un muto congedo, si allontanò nel silenzio.
« Shōto!
Ti ho portato la cena!»
Shōto con il viso sprofondato nel cuscino, alzò il capo e stancamente si mise seduto, sfregandosi con forza l'occhio destro.
Già, la cena.
Fuyumi non aspettò nemmeno una risposta: con un grande, gentile sorriso in volto entrò nella stanza trasportando un vassoio sui cui c'erano porzioni di cibo sufficienti per sfamare un esercito.
Il ragazzo sospirò.
Non era tenuta a farlo, soprattutto non dopo essere tornata da poco dall'ospedale: doveva badare a ben due bambini, un neonato e uno di quattro anni, per di più più da sola; certo Burnin, l'attendente di loro padre, di quando in quando cercava di aiutarla, ma era un sostegno occasionale e Fuyumi non voleva assumere nessun Cherub come governante.
« Nostro padre è impegnato, come ben sai, però nessuno di noi si è dimenticato la giornata di oggi.>> dopo aver sistemato i piatti su un tavolino al centro della stanza, la sorella si avvicinò al suo amato fratellino e lo abbracciò calorosamente « Buon compleanno!»
Shōto batté le palpebre con assoluta sorpresa.
Già, era il suo compleanno.
Con la questione dell'attacco dei dragoni, ogni altra festività era passata in secondo piano, anche se, in effetti, nessuno aveva ancora dichiarato guerra a nessuno: il monarca, sotto a quel punto di vista, sembrava intenzionato ad osteggiare i membri del Consiglio che chiedevano di riorganizzare l'esercito, produrre armi, reclutare nuovi soldati.
« Uhm.» Shōto condensò in quel mugugno un intero vocabolario di ringraziamenti.
Fuyumi, conoscendo bene il particolare modo di esprimere i sentimenti in quella famiglia, rise divertita ed invitò un altro, misterioso -ma neppure tanto- figuro ad entrare nel territorio appena conquistato.
« E guarda: c'è persino Natsuo! Incredibile, eh? È tornato dal fronte per te.»
« Piantala! Mi fai passare per un grande eroe. Invece sono solo una sentinella.» Natsuo, in fondo anche lui a disagio, diede una pacca amichevole al fratellino.
Per il bene sia suo, sia del festeggiato, evitò epiteti come “Campione!” o “Piccolo uomo!”, limitandosi invece ad un significativo, solenne cenno col capo, che in quel caso valse anche come discorso tra uomini adulti, responsabili.
Non fumare.
Non drogarti.
Bevi con moderazione.
Non frequentare strane compagnie.
Usa sempre il preservativo.
Tutto in un lieve movimento della testa.
A interrompere quell'intenso dialogo, fu però l'arrivo delle cameriere accompagnate dai nipoti di Shōto: il suo sguardo eterocromo si posò prima su Sora, il neonato più tranquillo del mondo, tanto che in quel momento stava dormendo saporitamente incurante di ciò che lo circondava; poi la sua attenzione fu totalmente catturata dalla piccola Yuki, che da quando aveva imparato a fare brevi voli battendo ripetutamente le sue alette piumate, ora si ostinava a svolazzare per tutto il palazzo, generando panico e terrore attorno a lei.
Normalmente i matrimoni misti non erano propriamente ben visti, ma quello era un caso speciale, voluto dal Sacro Monarca in persona sia per reintegrare nella società il suo Cavaliere più leale, sia per dare in sposa sua figlia a una persona fidata.
Non era un matrimonio felice, ma d'altro canto le unioni per amore erano una semplice utopia.
« Zio! Tanti auguri!» la bambina planò malamente tra le braccia di Shōto, finendo per dargli una colossale testata in pieno petto « Zio Shōto, guarda!» prima ancora che sua madre potesse intervenire, la piccola spalancò orgogliosa le sue ali rosse « Mi sono cresciute altre piume! Presto avrò delle ali belle come il mio papà.»
Il viso di Shōto ebbe un improvviso spasmo.
Un sorriso.
Certo, mal sopportava il cognato soprattutto per come gravitava attorno a Endeavor, però quei due bambini erano davvero piccoli raggi di Sole in un mondo fin troppo oscuro.
« Sono davvero belle.»
« Vero?» rise tutta contenta la nipotina « A zio Natsuo invece non piacciono. Mi ha detto che sembro un pulcino spennacchiato.»
« Dico solo che, se la smettessi di perderle in giro per casa, probabilmente a quest'ora avresti il doppio delle penne di tuo padre.» Natsuo agitò una penna incriminante davanti al viso della bimba, i cui occhi dorati brillarono improvvisamente a quell'improvvisa consapevolezza.
« Hai ragione.»
Yukiko strappò la piuma dalle mani dello zio e provò in tutti i modi a riattaccarla alle ali.
Inutilmente.
« Ehi, voi tre: basta parlare che la cena si raffredda.» Fuyumi si sedette composta su un morbido cuscino e, dopo aver ringraziato la dea Gea per quel pasto, iniziò a mangiare.
Cibo commestibile.
Non come quel disastroso tentativo di cucina di Shōto.
I due fratelli e la nipotina seguirono immediatamente il suo esempio, scoprendosi tutti e tre parecchio affamati.
E il silenzio,
tanto caro a Shōto,
fu presto dimenticato.
Fine Terzo Capitolo!
Kóre: Persefone, nell'antica Grecia, era chiamata anche Kóre. Perché ho scelto proprio una dea degli Inferi per il nome della città? Beh, diciamo per mantenere una certa continuità con il continente “Averno” e, soprattutto, perché in qualche modo rispecchia la situazione del piccolo Todoroki. Vedi, caro lettore che è arrivato fin qui, devi sapere che il mio sogno nel cassetto era assegnare un dio a ogni personaggio presente (possibilmente principale). Ci sono riuscita? Mhm, vedremo.
Lethe: chiara citazione all'acqua Lete con la sua fantastica particella di... no? Ah, sì, è vero, è anche un fiume degli Inferi.
[...] bellezza: l'ho messo in corsivo perché è importante. L'ho ripetuto qui perché è davvero importante. Forse non a livello di trama, ma più una questione culturale.
[...] quella non era altro che una crudele illusione: qualcuno ha detto “Mito della caverna”? No? Bene, meglio così.
Cherub/Cherubim: in questa storia sono gli angeli classici... quelli con le ali piumate, per intenderci.
Pantheon: eeeeeh... sì, anche se c'è un “Dio del Sole” innominabile, assieme a lui coesistono anche altre divinità. Non potevo davvero rinunciare al politeismo.
Nyx e Eos: sì, sì... è Final Fantasy XV. Cioè, davvero, tu vorresti creare una religione senza metterci dentro dei riferimenti a un videogioco? Eresia.
Sora: l'ho scelto insieme alla mia amica perché significa “cielo” e mi sembrava carino per il figlio di Hawks.
Yukiko: riferimento a una mia OS in cui la figlia del protagonista si chiamava Yuki. Poi sì, l'ho scelto anche per il significato, ovviamente.
Molti riferimenti alla cultura greca: festività, capi d'abbigliamento, nomi di divinità... tutto è preso dalla mitologia greca. I ruoli cambiano, ma la sostanza rimane.
Angolo dell'autrice:
It's has been 84 years...
Ok, qualche anno in meno, ma più o meno come tempi di attesa siamo lì e... ci tengo a scusarmi con i lettori.
Posso dire che avevo davvero bisogno di una pausa.
Pausa dopo 3 capitoli?
Beh... potrò pure sembrare un'autrice sicura di sé, che lancia citazioni colte come se fossero coriandoli e che fa la cogliona nelle note finali, ma in realtà quel che scrivo non mi soddisfa mai al 100%. E quando questi dubbi diventano troppo opprimenti non riesco più a prendere a cuor leggero una fanfiction.
Avevo anche provato a cercare l'opinione di qualcuno, ma mi ha ghostato e da quel momento in poi... beh... solo il gelo. Ed è stato un evento che effettivamente mi ha segnata, al punto che non ho più scritto questa storia proprio perché... non so... in qualche modo mi sentivo colpevole.
In realtà mi sento ancora così.
Davvero ho sempre il terrore di diventare troppo pesante e di rovinare tutto.
Ad ogni modo, mi sono fatta trascinare dalle good vibes della mia migliore amica e ho ritrovato l'ispirazione anche per continuare questa fanfic. Quindi... sì, in sostanza è grazie a lei se ho finalmente mosso il mio culo estremamente pesante. Non so davvero se alla fine il risultato sia effettivamente decente, anche perché amo studiare la psicologia di un personaggio quanto odio le descrizioni troppo prolisse. E queste di questo capitolo sono in un certo senso descrizioni prolisse, però volevo rendere in qualche modo viva l'ambientazione.
Funzionale, ecco.
Per far capire in che ambiente è cresciuto Todoroki-kun.
Eeeeeee... dopo quest'angolo di depressione, comunque, vi saluto e ci vediamo al prossimo aggiornamento!
Un bacio da _Lakshmi_!
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Capitolo 5 *** Semiramis I ***
Titolo: +REVERSE
Quarto Capitolo: Semiramis I
« Sei in ritardo.»
Dabi, a quell'accusa assolutamente veritiera, allargò un sorriso sornione degno di un felino soddisfatto. Lasciò che i suoi fianchi ondeggiassero lentamente e s'insinuò nel vicolo stretto e buio, fino a chinarsi sul viso di Overhaul.
Prima di rispondere, l'Angelos agganciò l'indice alla propria maschera e l'abbassò quel tanto che bastava per scoprire le labbra.
« Siamo a Semiramis. Passeggiare per le strade principali senza fermarsi a guardare la mercanzia è un po' sospetto, non trovi?»
Overhaul, con riluttanza, gli poggiò una mano guantata sul petto e lo allontanò, inchiodandolo con quegli occhi dorati assolutamente glaciali.
E magnifici.
Probabilmente neppure si rendeva conto di quanto fossero preziosi.
« Smettila di pensare col cazzo. Siamo qui per affari, non per soddisfare le tue disgustose voglie.»
« “Disgustose voglie”? Non sarai mica una vestale verginella?» Dabi riuscì a stento a trattenere una risata.
Inizialmente aveva provato non poche perplessità alla decisione di Shigaraki: insomma, uno scambio di ruoli? Prendere il posto di Chronostasis come fedele braccio destro?
Oh... già.
In effetti a Overhaul servivano delle braccia.
E a questa battuta -che mai sarebbe passata di moda-, la risata trattenuta tanto stoicamente gli rimbalzò per la gola crepata e rugosa, riversandosi all'esterno simile a delle fusa di un placido gattone.
« Stai zitto. E a questo proposito, quando incontreremo il mio informatore, cerca anche lì di parlare il meno possibile: la tua presenza mi è utile solo per intimidirlo, ma non mi serve a nulla fargli troppa pressione psicologica. Questi sono gli ordini e vedi di eseguirli, se non vuoi ritrovarti con la testa sfracellata contro qualche muro.»
Però era dannatamente divertente.
Insomma, quasi certamente era una decisione necessaria presa da entrambi i capi per tenersi d'occhio a vicenda pure a distanza, ma questa volta Shigaraki era riuscito a vedere ben più lontano di Overhaul: il primo infatti era sull'aeronave seguito da Chronostasis, un uomo meticoloso e per di più riflessivo, un eccellente aiutante; il secondo, invece...
« Uhm? E sarai tu con quel tuo corpo rachitico a sfidarmi? Avrai perso almeno una decina di chili.»
« Prendi questa missione seriamente, Dabi. È il mio ultimo avvertimento.» Overhaul si sporse leggermente, quel tanto che bastava per permettere alla luce delle ali d'infrangersi sulla canna di ben due pistole « Altrimenti ti arriverà una pallottola in mezzo alla fronte.»
Quale fuoco sarebbe stato più veloce? Le fiamme angeliche o la tecnologia umana?
Pur essendo estremamente curioso, Dabi decise di accantonare quel pensiero per assecondare le richieste del Birdie-Boss.
« Non preoccuparti, sono bravo a eseguire gli ordini: guarda, mi sono vestito come uno della tua banda, come mi hai detto.»
Tra l'altro, superati i dubbi iniziali, doveva ammettere che quella mascherina aveva un certo fascino, tanto che poteva addirittura definirla elegante: nera, dalle linee semplici, pulite, comoda, con un disegno bianco, stilizzato, simile a fauci di un feroce mastino.
Scelta da Overhaul in persona.
Ciò dimostrò che, sotto a quel piumaggio da uccellaccio del malaugurio, aveva anche un certo senso dell'umorismo.
Impressionante.
« Ti sei messo solo una mascherina.» dopo quell'aspra critica, il boss, senza nemmeno rifletterci, ritrasse il braccio prostetico per una grave fitta.
Ovviamente non si scompose, anche se gli occhi azzurri di Dabi riuscirono a cogliere ugualmente alcune micro-espressioni sul suo volto.
Al di là della perdita di peso, era davvero sorprendente la rapidità con cui si era ripreso: per essere un comune umano, era sopravvissuto a ben due amputazioni senza anestesia, a una perdita di sangue considerevole e a un lieve problema di infezione, probabilmente dovuto al fatto che il tavolo da pranzo non era decisamente asettico.
Però era sopravvissuto.
Il dio che aveva deciso di salvargli la vita era un dio estremamente benevolo. O estremamente stronzo, dipende dai punti di vista.
« Muoviti.»
Dabi, a quel comando, batté un paio di volte le palpebre: non si era accorto di essersi soffermato a guardarlo più del dovuto, lasciando cadere tra di loro un imbarazzante silenzio.
« Agli ordini, Birdie-Boss.»
« Come mi hai chiamato?»
« Birdie-Boss. Non conosci lo slang Elysiano?»
Silenzio.
Overhaul, a quella scomoda verità, smise totalmente di replicare, mentre un lieve rossore gli tingeva le gote sotto la mascherina. Così, per non lasciare alcuna soddisfazione a Dabi -assolutamente colto impreparato a quella curiosa, bellissima reazione spontanea-, con un abile movimento delle anche lo superò senza neppure toccarlo.
« Cammina, siamo in ritardo.»
Semiramis era una delle più grandi metropoli dell'intera Elláda, nonché la più sporca: il gas di scarico delle aeronavi, vascelli e mezzi di trasporto pubblici -come tram e carrozze a motore- componeva ormai la totalità dell'aria respirabile, mentre la volta celeste era solo un lontano ricordo, fagocitata dalla cappa di smog e dai luminosi neon dei cartelloni pubblicitari dalle immagini in costante movimento. Per non parlare dell'inquinamento acustico, aggravato non solo dall'enorme afflusso umano, ma anche dai cigolii, sbuffi, acuti fischi continui degli enormi macchinari a vapore che azionavano titanici ponti levatoi, ascensori e mastodontici treni merci o passeggeri.
Una volta, quella città brillava come l'oro più puro, il vero gioiello del mondo.
Ora solo lercia. Magnificamente lurida.
E poi sì, era una metropoli famosa anche e soprattutto per i numerosissimi bordelli, presenti lungo le vie più alla moda. Le vetrine di quei locali erano decisamente uniche, con magnifici ballerini professionisti che danzavano perlopiù nudi, con solo qualche pezzo di biancheria addosso.
Delle vere e proprie attrazioni per turisti.
Dabi era rimasto particolarmente sorpreso dall'incredibile varietà che presentava quella città: c'erano infatti case chiuse tematiche, dedicate esclusivamente a una particolare fetta d'utenza con gusti altrettanto particolari.
Davvero particolari.
Neppure s'accorse di aver rallentato il passo per osservare le insegne con interesse.
« No.» Overhaul, divenuto improvvisamente la voce della sua coscienza, si fermò poco più avanti, con uno sguardo torvo.
« Uhm?» con le mani in tasca e un'espressione spavalda, Dabi tornò a guardare il suo caro Birdie-Boss.
« Muoviti, siamo in ritardo.»
Ma l'Angelos non lo ascoltò e si fermò, sorridendo diabolicamente divertito.
Ciò fece infuriare parecchio Overhaul, già in preda a una crisi di nervi per chissà quale motivo: da quando avevano abbandonato il vicolo, era diventato particolarmente scontroso e taciturno; un dettaglio che inizialmente Dabi aveva trascurato, visto che si stava parlando di un personaggio decisamente scontroso e taciturno, eppure quel degrado repentino stava ora assumendo molti altri significati.
I metri diventarono centimetri.
I centimetri, millimetri.
Se non avessero avuto le maschere indosso, probabilmente avrebbe potuto assaporare persino l'umidità delle labbra dell'umano.
« Obbedisci, carogna che non sei altro.» la minaccia, detta con un tono di voce basso e estremamente adirato, procurò un brivido gelido lungo tutta la schiena dell'Angelos.
Cazzo.
Voleva davvero saltargli alla gola come un cane rabbioso.
E il sentimento era assolutamente reciproco.
« Ohi... sei davvero un pessimo turista.»
« Io non sono un “turista”. Sono nato in questo buco di posto.»
Quella risposta schietta sorprese Dabi: Overhaul era una persona estremamente riservata e soprattutto attenta, non dava informazioni personali a qualcuno col rischio che un giorno potessero ritorcersi contro nel peggiore dei modi.
Ma d'altronde era talmente esasperato, furioso, schifato da quella totale insubordinazione, che la sua meticolosa attenzione era venuta a mancare.
E se ne sarebbe pentito.
Molto presto.
Accorgendosi di aver attirato fin troppi sguardi indiscreti, Overhaul riprese a camminare, non preoccupandosi più di essere ancora seguito.
Dabi, prima di raggiungerlo, si soffermò a guardare un'ultima insegna proprio davanti ai suoi occhi: un'elegante, arzigogolata scritta che riportava un nome straniero, ovvero “Les Fleurs du mal”.
« Solo per oggi,
per le coppie,
uno sconto sulle consumazioni alcoliche!»
Una ragazza carina in abiti succinti si avvicinò a loro per consegnare un biglietto, un comunissimo buono sconto valido nel bar che sponsorizzava con tanto ardore esponendo le sue morbide forme.
Come molti altri ragazzi carini appostati fuori dai locali, dopotutto.
Ed era una strategia di marketing terribilmente efficace, a giudicare dall'afflusso costante di persone che entrava col sorriso stampato in volto.
Overhaul, dopo un ringhio cupo -il suo umore non era affatto migliorato dal litigio- diede una veloce occhiata al foglio e lo ripiegò, facendolo sparire nella tasca del giubbotto.
« Che carino che sei! Sei nuovo della città? Per te un ulteriore sconto.» la fanciulla si sporse un poco per rivolgere a Dabi un radioso sorriso.
Una manica dell'abito, a quel movimento fluido, scivolò distrattamente, scoprendo non solo la spalla, ma anche parte di un magnifico tatuaggio che ricopriva tutta la schiena, un albero in piena fioritura, chiaro richiamo alla bellezza della stagione primaverile.
Un dettaglio insignificante che passò in secondo piano, davanti all'abbondante prosperosità del seno.
« No, non è nuovo.» Overhaul si mise però in mezzo, assottigliando pericolosamente il glaciale sguardo dorato « Muoviamoci, la nostra prenotazione sta per scadere.»
« Che peccato.» la ragazza arretrò di un passo con un tenero broncio triste, prima di muovere impercettibilmente le labbra.
“Lei ha riso.”
Il giovane, a quell'osservazione, diventò incredibilmente inquieto, ma anche furioso: un nuovo sentimento che si tradusse sul viso in una fronte aggrottata e degli occhi sgranati.
Poi l'autocontrollo ebbe immediatamente il sopravvento e ritornò il classico cruccio cupo.
Dabi, osservando da semplice spettatore quella discussione, ebbe la tremenda sensazione che l'offerta di cui parlava fosse in verità un'allegoria.
Anzi, l'intero, breve dialogo, probabilmente, lo era.
« Giovane Signore,
Misterioso Estraneo.
Gradite una tazza di tè?»
Avevano superato -a malincuore per Dabi, che iniziava ad avere la gola secca- il bar, si erano addentrati nel retro del locale, nel seminterrato, sottoterra, ancora più in basso, per lunghi, tortuosi corridoi in cui era davvero impossibile orientarsi.
E poi, d'un tratto, l'atmosfera era cambiata completamente: si erano ritrovati in un'ampia stanza caratterizzata da elementi classici, come pareti dai colori neutri, mobili antichi in legno e quadri di alberi in fiore, ma anche da dettagli più moderni, come il pavimento in vetro, che ricopriva una vasca di murene, e le numerose bambole meccaniche ammassate qua e là, completamente nude.
Ma tutto risultò insignificante, confrontato all'unica, radiosa bellezza della sposa che stava attendendo pazientemente al centro della camera: la bianca purezza del kimono -privo però del copricapo tradizionale- era contrapposta non solo al nero della chioma lunghissima e liscissima, lasciata libera di sfiorare il terreno, ma anche al trucco brillante, tanto simile ai colori accesi della coda di un pavone, che le esaltava i magnifici tratti gentili, senza età.
E poi... quegli occhi.
Due occhi dorati da togliere il fiato, profondi e enigmatici, assolutamente stupendi.
Sembrava una dea.
« È avvelenato?»
Alla domanda di Overhaul, la donna rise.
« Non siete del vostro solito, splendido umore, Giovane Signore. Ciò mi rattrista.» cercando di mantenere la mano ferma, seppur fosse in preda a lievi tremori, versò il tè in tre tazze, poi si inchinò e attese, trattenendo quasi il respiro, mentre manteneva i sensi costantemente vigili.
Come se si sentisse minacciata.
L'umano si tolse le scarpe e si accomodò specchiato alla sposa.
L'Angelos, dopo un attimo di esitazione nel vano tentativo di comprendere quel che stava accadendo, iniziò a slacciare una ad una le numerose fibbie dei suoi lunghi stivali.
« Se il Giovane Signore è d'accordo, potete pure restare così come siete, Misterioso Estraneo.» ma prima che il Giovane Signore potesse anche solo pensare di schiudere le labbra, la donna continuò a parlare « Avete una fragranza incredibilmente pungente... insolita, direi. Siete nuovo da queste parti?»
« No, Madama Butterfly. E lo sapete benissimo.» Overhaul rispose per Dabi. Una risposta incredibilmente atona, arida, colma di rancore.
La donna rise nuovamente, nervosa.
« La mia, Giovane Signore, era una vana speranza. Fino ad ora ho sempre visto scarti di galera, uomini nerboruti, bestie meccaniche... solo il giovane Chronostasis è un raggio di luce alla fine di questo infinito corridoio di ombre terrificanti. A tal proposito... sta bene? Sono in pensiero per lui.»
« Lui sta bene, Madama Butterfly. E lo sapete benissimo.»
Sempre più atono.
Sempre più arido.
Sempre più colmo di rancore.
« Uhm... la storia del buono sconto e del “se sono di qui”... era una richiesta di qualche tipo?>> Dabi, sedendosi un po' meno composto accanto a Overhaul, iniziò a sorseggiare la tazza di tè.
Era assolutamente tremendo.
« Oh... è molto sveglio. Visto, Giovane Signore? Dovreste tenerlo da conto.» Madama Butterfly finse di non vedere il terribile sguardo dorato che le fu rivolto « Avete un nome, Misterioso Estraneo?»
« Mi puoi chiamare Dabi.»
« Dabi? Mhm... interessante. Per ora mi accontenterò.»
L'Angelos fissò gli occhi di quella bellissima donna ed ebbe la tremenda sensazione che lei sapesse di più, molto di più di quel che voleva dimostrare con le semplici parole.
Era inquietante.
« Madama Butterfly. Il messaggio diceva due informazioni e una richiesta.» Overhaul estrasse dalla tasca il buono sconto e lo piazzò al centro del tavolo.
Un normalissimo buono sconto, se non fosse per una leggera sbavatura di colore presente sul numero uno.
Un semplice errore di stampa.
O forse no.
« Una banda di spacciatori ha invaso il territorio, Giovane Signore, ma ho già organizzato un incontro amichevole per risolvere la questione. Se volete partecipare, sarete il benvenuto, visto che nessuno ha le vostre incredibili doti persuasive.» prima di riprendere a parlare, Madama Butterfly si alzò e nascose le mani sotto alle ampie maniche della veste, chinando il capo « Inoltre i miei piccoli boccioli sono fioriti anche nell'Averno. Come previsto.»
Dabi corrucciò la fronte.
Averno.
Davvero la Shie Hassaikai era riuscita a insinuarsi in quel territorio totalmente chiuso al mondo esterno? Era semplicemente impossibile.
Non per un'organizzazione criminale così poco conosciuta.
Quanto era realmente estesa la loro influenza?
« E la richiesta?»
« Prima, però, allontanate Dabi, Giovane Signore. Le mie ancelle si prenderanno cura di lui, non temete.»
Lo sguardo aureo del Giovane Signore si spostò qualche attimo sull'Angelos, poi sulle bambole dimenticate a terra ed infine tornò fisso sulla donna.
« No, lui sta bene qui, al mio fianco.»
Silenzio.
Madama Butterfly liberò un respiro rassegnato, avanzò lentamente verso una parete e poi... si bloccò.
Strinse le delicate mani in pugni serrati.
Sospirò.
Lasciò correre le dita a vuoto, un ultimo ripensamento.
Poi spostò un pannello, scoprendo un'infinita riserva di alcolici e superalcolici, ne prese uno dalla collezione, lo stappò e iniziò a trangugiarlo senza alcuna grazia.
Dabi spostò lo sguardo su Overhaul -pregustandosi già un terribile cruccio in viso-, invece rivide gli stessi, identici occhi di quando, chino sul lavandino, era rimasto fermo, immobile a fissare la mannaia.
« Lui sta morendo. Il cancro lo sta consumando più velocemente del previsto. Non c'è più nulla da fare, ha anche deciso di sua spontanea volontà di interrompere ogni terapia.» con assoluta schiettezza, la donna parlò senza più un sorriso, senza più quel falso, ricercato buonismo « Il suo ultimo ordine... vuole vederti prendere il suo posto. Vuole vederti marchiato d'inchiostro, una firma indelebile che ti vincolerà per sempre a questa vita. Diventa Overhaul. Ecco la sua ultima richiesta.»
Overhaul strinse la tazza di tè.
La crepò.
La distrusse.
« Io sono Overhaul.»
Madama Butterfly rise ancora una volta.
« No, non lo sei. Se lo fossi, avresti evitato quell'assurdo litigio di coppia in mezzo alla strada. Non avresti raccolto sotto la tua protezione un branco di randagi, chiamandoli “scarti umani”, ma trattandoli ugualmente come tutti gli altri membri della Shie Hassaikai. Non avresti fatto un'alleanza tanto sconsiderata con gente squilibrata priva di morale.»
Per l'orgoglio di Overhaul fu troppo da sopportare.
Scattò, al suo passaggio le tazze colme di tè si rovesciarono sul pavimento, ma si fermò appena qualche istante prima di afferrare la donna per il collo.
Click.
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Click.
Click.
Al singolo, preciso movimento delle dita di Madama Butterfly, i sensori attivarono le adorabili, dodici bambole che imbracciarono immediatamente le armi da fuoco.
« Ho preso in prestito un po' dei tuoi proiettili speciali: decisamente efficaci contro gli Angeloi, ma uccidono anche gli umani, non temere.»
« Stai minacciando il tuo capo?!»
« Oh, non è una minaccia. È una certezza. Inoltre tu non sei il mio capo, ma mio figlio in compagnia di un... estraneo.» Madama Butterfly dopo un ghigno assolutamente feroce sul suo bel viso, rivolse uno sguardo ostile a Dabi, schiudendo le labbra per dire qualcosa.
Già.
Lei sapeva decisamente qualcosa.
Ma prima che potesse formulare la prima sillaba, un ragazzo biondo spalancò la porta e fece irruzione nella stanza, strepitando.
« Stanno fuggendo! Sono qui per dirvi che... stanno...» riprendendosi dall'asma, si soffermò un momento per osservare la situazione e sgranò « Ma... cosa...?»
Overhaul, sforzando l'autocontrollo, si sistemò la cravatta e si voltò. Appariva calmo, un freddo calcolatore con solo un cipiglio in viso, la sua classica espressione.
Nulla tradiva le sue reali emozioni.
Il suo reale, abissale rancore.
« Madama Butterfly mi stava mostrando il funzionamento dei nuovi burattini. Che prenderanno il tuo posto, se non ti sbrighi a parlare.»
« AH! Beh... sì... la banda estranea presente sul nostro territorio... ecco, è riuscita a rubare una macchina e-...»
« Zitto. Renditi utile e prepara la mia moto.» il Giovane Signore fece un cenno a Dabi, che nel frattempo stava fissando con un'occhiata truce la donna che aveva ripreso a bere, adagiata sul pavimento con le murene che si agitavano sotto di lei « Muoviti. Non abbiamo tempo da perdere.»
I passi del ragazzo biondo rimbombavano nel silenzio più tombale.
Un veloce scambio di sguardi.
Oro.
Oro.
Azzurri.
« Giovane Signore... scegliete bene il vostro destino. Potete ancora salvare Kai Chisaki.>>
« Kai Chisaki è morto da tempo.» dopo quella sentenza, Overhaul si allontanò con le mani in tasca e un'espressione decisamente terrificante in viso « E morirai anche tu, un giorno, quando non mi servirai più.»
Per l'ultima volta,
lei rise.
Fine Quarto Capitolo!
Immagine di inizio capitolo: illustrazione di Flaviobolla https://www.deviantart.com/flaviobolla
Geisha: Madama Butterfly non è una Geisha, pur sembrandolo. Prima di tutto, è una prostituta, poi i suoi capelli sono sciolti, non eccelle nella preparazione del tè, il suo trucco più che orientale si rifà alla cultura occidentale e poi soffre di una grave forma di ansia sociale.
Col suo personaggio, ho voluto ricalcare il contrasto tipico presente negli Otto Precetti.
Pavone: era l'animale sacro della dea Hera, la dea delle unioni (qui rappresentato anche con l'abito da sposa di Madama Butterfly). Una dea ricordata per la sua benevolenz-... ah, no.
Vasca di murene: in alcune antiche ville romane, è presente anche una vasca di murene. I servi non all'altezza del loro compito, finivano per sguazzarci dentro e... beh, non dev'essere un'esperienza piacevole.
Tatuaggio: qui, così come in Giappone, ha un forte valore simbolico.
Steampunk: ok... siate clementi. Ho cercato di descrivere al meglio la parte bassa della città, anche se è venuto fuori un bizzarro mesciotto di diverse realtà.
Angolo dell'Autrice:
Sono viiiiiiva *Mushu che risorge dalla tomba*
Insomma, a parte i piccoli problemi a casa (ogni volta che c'è da fare un lavoro importante come pitturare/assemblare i mobili, chissà perché i figli diventano un'ottima risorsa a basso, bassissimo costo), anche questo capitolo ha avuto un paio di problemi strutturali: inizialmente contava più di dodici pagine di world (in media, io scrivo dalle 6 fino a un massimo di 8 pagine per capitolo), quindi ho cercato di “smezzarlo” per rendere la vicenda più... scorrevole?
Dopotutto ci sono molti cambi di scena, passaggi da un posto ad un altro, numerose situazioni con addirittura un piccolo combattimento... non volevo tediare troppo.
Quindi sì, per due capitoli di fila vedrete le magiche avventure di Dabi e Overhaul. Questo duo mi sta piacendo davvero molto e non solo perché li shippo (ormai mi sono votata al Crack Pairing), ma soprattutto per il fatto che sono completamente agli antipodi.
Molti odiano Overhaul per quello che ha fatto a Eri (a proposito, dov'è Eri in questa storia? Mhm...) e insomma, sì, è una valida motivazione, ma ciò non toglie che è davvero divertente da scrivere.
E con questo non lo sto difendendo. Così come non giustificherei mai le azioni di Dabi, anche se è uno dei miei personaggi preferiti.
È sempre meglio specificare, visto che ho letto certe discussioni su Twitter prive di senso logico: cioè, davvero se apprezzi un personaggio automaticamente diventi marcio quanto lui? *s'annusa* No... non puzzo di carogna come Dabi, per fortuna.
Non ancora, almeno.
Comunque, al di là del disagio, ho avuto problemi anche con la presentazione di Madama Butterfly.
Nel buddismo, gli Otto Precetti rappresentato le linee guida morali da seguire. Nel manga, questi concetti sono stati distorti e modellati. E anche io, col suo personaggio, ho voluto fare qualcosa di simile: pur non facendo parte dei sottoposti di Overhaul, ho cercato di mantenere questa dualità, ma non è stato affatto facile.
Volevo che dalle sue parole trasparisse una sorta di “importanza” o “solennità”, conforme all'idea che avevo in mente, ma alla fine risultava sempre sbagliata.
Poi ho voluto anche rappresentare al meglio delle mie possibilità la sua ansia sociale. Attraverso le parole, la gestualità... sono affascinata dalle fobie, per cui cerco di descriverle al meglio cercando di rispettarle.
Insomma, mi ha dato non pochi grattacapi, ma spero di aver fatto un buon lavoro.
E alla fine eccoci qui!
Ringrazio come sempre chi continua a leggere questa fanfiction, a recensirla e anche a metterla tra i preferiti/ricordate ecc. Gli aggiornamenti pian piano arriveranno.
Un bacio da _Lakshmi_!
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Capitolo 6 *** Semiramis II ***
Titolo: +REVERSE
Quinto Capitolo: Semiramis II
« No.»
Appena lo vide, il suo cuore perse un battito: un chopper enorme, nero, lucido, con un motore dalla potenza di un velivolo, con gli ingranaggi fosforescenti in vista, con un gigantesco, tamarro, eccessivo, tribale... disegno fluo, che avrebbe dovuto rappresentare lo scheletro di un'elegante falco, anche se secondo l'Angelos era chiaramente un avvoltoio, gambe lunghe escluse.
Gli piacevano gli avvoltoi.
Aveva persino i cerchioni al neon d'un fucsia assolutamente sbagliato.
Per non parlare del comodo sellino in pelle.
O dell'elegante scritta in argento che riportava il nome dell'opera: Aphrodítē.
Insomma, fu amore a prima vista.
Tuttavia, la famiglia della moto Montecchi s'oppose a quella relazione, squadrando con una terribile occhiata dorata la giovane Capuleti innamorata.
« Tu salirai in macchina con gli altri.»
[…] “L'amore che deve separarsi dall'amore
ha il volto triste degli scolaretti quando tornano a scuola.”
Era incredibile che oltre all'ossessione per il pulito e all'odio atavico per il genere umano, nel cuore di Overhaul ci fosse anche lo spazio per la passione per le moto.
Impressionante.
« Shigaraki ha detto chiaramente di non perderti di vista, quindi devo per forza eseguire i suoi ordini: lui è pur sempre il mio boss.»
« Adesso diventi improvvisamente diligente.» con un sospiro esasperato, Chisaki Kai -in fondo gli piaceva il suono di quel nome, per cui avrebbe iniziato a chiamarlo così- finì di sistemarsi la tuta da motociclista, preparandosi ad indossare il casco.
Non avevano tempo in generale, ma per quell'improvviso cambio d'abito... per quello sì, la missione poteva pure aspettare.
Dabi si appoggiò col bacino alla moto, sfoggiando il suo miglior sorriso sornione.
« Già. Io sono un impiegato modello e tu un biker trasgressivo. L'apparenza, a volte, inganna.»
« Leva il tuo culo piatto dalla mia creazione.»
Culo piatto.
Certo, a differenza di Chisaki, l'Angelos non indossava un indumento in pelle che lasciava ben poco spazio all'immaginazione, però gli era sembrato un commento eccessivamente crudele, nonché per nulla attinente alla realtà.
Pura e semplice diffamazione.
E poi... creazione? Davvero quel bellissimo bolide era stato partorito da quella mente tanto quadrata?
L'improvviso rumore della terribile sgommata di un'automobile, però, sospese le ostilità.
Rimasero in silenzio, ad ascoltare il lento cigolio del cancello del garage apparentemente abbandonato. Un sorriso folle si dipinse sul volto di Dabi, mentre Kai -già di malumore per l'infelice incontro di famiglia- s'adombrò al punto da diventare pura oscurità.
« Tu resti qui.»
« Avanti, Birdie-Boss: non costringermi a tornare da Shigaraki con solo brutte notizie.»
Si guardarono.
Il diabolico azzurro nell'oro puro.
Un intenso scambio di sguardi.
Poi qualcosa scattò in Chisaki, tanto che si ritrovò costretto a indossare in fretta il casco e a sospirare esasperato, racchiudendo in quell'emissione di fiato non poche imprecazioni.
« Muoviti. Mi stai facendo perdere tempo.» Kai salì per primo, preparandosi a partire.
Dabi, accomodandosi dietro di lui, gli strinse la magra vita tra le braccia. Sotto le dita, riuscì a sentire l'improvvisa contrazione muscolare del Giovane Signore, decisamente a disagio in quella situazione.
Odiava il contatto fisico.
Anzi, odiava il contatto in generale.
« In altre circostanze, saresti già morto.» con una voce roca, minacciosa, Overhaul gli lanciò un'ultima, truce occhiata, prima di abbassare la visiera.
« Quali “altre circostanze”?» Dabi sfidò la sorte e appoggiò il capo sulla spalla del giovane, sussurrandogli quelle parole con un tono caldo, quasi lascivo.
Chisaki non rispose.
La moto, dopo un cupo rombo, partì.
120 km/h
Sfrecciarono per il centro abitato, zigzagando con assoluto controllo e precisione tra le carrozze meccaniche, tram, passanti sul marciapiede.
Per loro, solo per loro, non esisteva la segnaletica.
Nessuna regola.
Sensi unici, divieti... ad un tratto si ritrovarono persino sotto le volte in vetro di un magnifico centro commerciale. E, mentre erano impegnati a travolgere un numero indefinito tavoli, sedie, manichini, fu in quel momento che il vero abitante, quello col sangue ormai composto da puro lerciume cittadino, emerse in tutto il suo splendore e si distinse dal turista occasionale: la seconda tipologia, infatti, si lasciò cogliere impreparata e iniziò a urlare in preda al panico, chiamando addirittura la polizia; il vero Semiramisiano, invece, dopo aver accompagnato i pargoli al sicuro nei negozi, si godette la corsa, fumando del costoso tabacco, oppure facendo semplicemente commenti d'apprezzamento sulla moto.
Applaudirono pure, alla fine dell'esibizione.
Dabi si sporse appena in tempo per raccogliere un cappello a tesa larga, bianco, da ricca donna ereditiera e senza non poche fatiche, riuscì infine nell'eroica impresa di indossarlo, tenendolo ben calcato sul capo con una mano, mentre con l'altra si reggeva ancora alla vita del conducente.
« Idiota.» fu il solo, gelido, ma divertito commento di Chisaki.
Divertito.
Si stava davvero divertendo.
Poteva persino immaginare un sorriso folle su quelle labbra perennemente austere.
Il copricapo, dopo non meno di cinque secondi, fu strappato dalla forza del vento e mulinò in aria, prima di finire contro al parabrezza di un auto della polizia.
Un'unica auto, la cui sirena appariva disperata quanto il pigolio di un uccellino abbandonato solo nel nido.
Non avevano nemmeno mobilitato le aeronavi, le sentinelle... nulla.
Così, accompagnati dalla sola forza dell'ordine che di quando in quando rallentava per non rischiare di raggiungerli, uscirono dalla megalopoli.
150 km/h
Lunghe scie azzurre di pura, eterea luce finirono per mischiarsi al fucsia dei neon e al nero del gas di scarico che fuoriusciva da una decina di tubi di scappamento assieme a delle fiamme d'un rosso intenso, assolutamente innaturale.
Ascoltava i suoni ovattati dalla pressione, fissava le luci confuse, si godeva semplicemente l'adrenalina pompata dal cuore, che batteva ad un ritmo sempre più serrato.
E un pensiero gli balenò in testa.
Un pensiero terribilmente pericoloso.
In poche ore...
anzi no,
già da qualche tempo si stava riscoprendo simile a lui.
Molte assonanze.
Altrettante dissonanze.
Una storia decisamente problematica.
200 km/h
Il loro obiettivo era visibile.
Non appena lo superarono di qualche metro, Dabi, mutando il proprio corpo in fiamme si portò sulla carrozza dei fuggitivi, inglobandola in un vortice azzurro di puro tormento.
Il veicolo finì fuoristrada, percorrendo un tratto incerto fino ad andare a schiantarsi contro delle rocce franate da tempo.
Spari.
Numerosi spari trapassarono il suo corpo di puro fuoco.
Ricomparì alle spalle di uno dei fuggitivi e, premendogli il palmo contro la bocca, lo carbonizzò dall'interno. Un altro nel frattempo prese la mira, ma finì divorato da una spirale di fuoco, proveniente dal palmo sinistro dell'Angelos.
La vettura, già in fiamme, esplose, sparpagliando pezzi di ferraglia ovunque sulla sabbia cremisi, decretando la morte definitiva dei due scagnozzi rimasti bloccati al suo interno.
« Maledetto!»
In un tentativo disperato, l'ultimo sopravvissuto armato di coltellaccio s'avventò alle spalle di Dabi, ma un proiettile gli perforò la fronte, nel centro esatto.
Precisione chirurgica.
Nessuna esitazione.
La testa dell'Angelos riprese forma corporea, guardando il criminale piombato al suolo in una pozza di sangue.
« Avresti potuto colpirmi.» dopo quella frase detta in un tono neutro, diede un'occhiata a Chisaki, intento ad accendersi una sigaretta.
« E saresti morto come un idiota. Una morte che, effettivamente, sarebbe stata coerente col personaggio.»
Dabi si stiracchiò, poi trascinò le sue stanche membra fino ad appoggiarsi alla moto, accanto a Overhaul, senza dire più nulla.
Osservarono il falò in silenzio, ascoltando il lento crepitio delle fiamme.
« Posso?»
Chisaki gli gettò un occhiata accigliata, prima di sospirare ed estrarre un pacchetto dalla tasca interna. Glielo porse, permettendogli una vasta scelta di sigarette assolutamente perfette, ma Dabi preferì quella che stringeva tra le labbra, per cui gliela rubò per un tiro.
« Sei una fogna.»
« Twice mi ha detto che tra i giovani va molto di moda il bacio indiretto.»
« Disgustoso.»
« La rivuoi indietro?»
« Tieniti i tuoi germi.»
Una sporca risata, assieme a una nube grigiastra, abbandonò la gola di Dabi.
Chisaki si scrollò le spalle e, seppur avesse socchiuso gli occhi in un'espressione accigliata, inspirò ugualmente il fumo passivo.
Dopo un tempo indefinito, che per l'Angelos furono solo pochi secondi, anche se più realisticamente erano passati all'incirca una decina di minuti, arrivarono i sottoposti di Overhaul.
E la quiete terminò.
0 km/h
« Poi? Hai scoperto qualcosa di nuovo?»
Dabi, tutto concentrato a osservare dalla finestra Mimic, che dall'alto della sua posizione -ovvero appollaiato sulla spalla di Chronostasis- stava rimproverando quel povero fattorino disgraziato che aveva fatto cadere la valigia del boss, tornò a guardare Shigaraki, comodamente seduto alla sua nuova scrivania.
La stanza era davvero spaziosa, una delle più ampie -insieme a quella di Kai, perché sì, l'Angelos aveva già fatto un giro d'ispezione- dell'albergo a cinque stelle riservato alla Shie Hassaikai: oltre ad avere una magnifica vista sull'intera città, aveva anche un particolare stile elegante, dai colori tenui, caldi, caratterizzato da magnifici pavimenti in parquet e arredamento minimale, ma di eccellente fattura, con gli ambienti perlopiù suddivisi da pannelli in carta di riso decorati con disegni di pesci -carpe forse-, gru o altri animali stilizzati.
Rasserenava l'anima.
Visto che dovevano rimanere in città per diversi giorni, il tempo necessario per riparare i guasti all'aeronave, fare scorte e incontrare dei contatti di Shigaraki intenzionati a supportare il piano dell'Alliance, si sarebbe decisamente goduto quel lusso totalmente gratuito.
A partire dalle terme. O forse dalla cucina. Oppure...
« Dopo l'incontro con Madama Butterfly... uhm... no, c'è stato solo un inseguimento di un gruppo di spacciatori, nulla di particolare.»
« Madama Butterfly. Quella troia è dannatamente fastidiosa.» Tomura respirò rauco, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia « Sta giocando col fuoco. Ha agito di sua volontà, a briglia sciolta, cancellando le nostre tracce senza alcun ordine dall'alto. Ci ha fatto un favore? No, voleva semplicemente imporci un debito nei suoi confronti o nei confronti dell'Hassaikai in generale. Per proteggere Overhaul. Ma Overhaul resta e resterà sempre e solo una pedina.» aggiunse con un tono sempre più rauco, sempre più risentito, sempre più ostile, mentre le sue unghie -divenute simili ad affilati artigli di un animale- iniziarono a grattare insistentemente il collo cadaverico.
« Siamo riusciti a fuggire proprio grazie al suo intervento tempestivo. Il disastro alla fabbrica avrebbe attirato molto di più l'attenzione, se non avesse tirato in mezzo e sacrificato dei comuni scarti di galera, facendo ricadere su di loro ogni colpa. Alla fine, siamo riusciti a fuggire praticamente indenni, sul percorso ci siamo imbattuti solo in una pattuglia di Drakoning. E anche in questo caso, le notizie sono state manipolate e rigirate a nostro favore.» Kurogiri, impegnato a compilare una lista di rifornimenti, intervenne nel discorso nel vano tentativo di far ragionare il suo superiore « Senza di lei, non saremmo qui. Per adesso, dobbiamo accettare la situazione così com'è.»
« E perché l'intervento è stato così tempestivo? Aveva già previsto il nostro fallimento?»
Dabi schiuse le labbra per parlare, ma poi si zittì.
Era ovvio: non riponeva alcuna fiducia nel figlio e aveva agito di conseguenza, preparando in anticipo almeno una decina di mosse per riuscire a porre rimedio al possibile, effettivo disastro. Anche la sua “sfuriata” davanti agli occhi di un potenziale nemico, probabilmente era solo un tassello studiato per un qualche piano.
O forse no.
In ogni caso, il loro rapporto era tragicamente complicato e questa era una certezza che aveva colpito l'Angelos: il terrore e l'odio negli occhi di Chisaki... già, quei sentimenti erano fin troppo familiari.
« Non mi rispetta.» Shigaraki smise di tormentarsi il collo e si soffermò a riflettere su qualcosa, qualche dettaglio che sfuggì agli occhi dell'Angelos « Voglio incontrarla.» aggiunse dopo l'improvvisa, pacata apertura della porta.
« Non penso sia possibile.» Overhaul avanzò passo dopo passo nella stanza, prendendo posto accanto a Dabi, con la sua classica posa a gambe divaricate, schiena piegata in avanti e mani intrecciate « Madama Butterfly è afflitta da un grave disturbo di ansia sociale, non si farà mai vedere in pubblico. O anche solo in compagnia di un estraneo.» continuò poi, assottigliando lo sguardo dorato.
Il lieve tremore.
L'agitazione.
Misterioso Estraneo.
Quei comportamenti, quel bizzarro titolo, alla rivelazione di Chisaki assunsero un significato diverso, anche se ciò non cambiò minimamente la sua opinione su quella donna.
« Una puttana asociale?» Shigaraki parve perplesso o forse semplicemente divertito all'idea di quell'assurdo conflitto interiore.
« Ha lasciato il suo lavoro per dedicarsi totalmente all'Hassaikai.» Overhaul mantenne però un'impeccabile professionalità, dimostrandosi una persona completamente diversa da quel ragazzo stanco della vita di appena poche ore prima « Ma non penso di essere qui per discutere di questo.»
Il Boss dell'Alliance sospirò rauco, annoiato da quell'osservazione.
« Dabi, puoi andare.» alla fine congedò l'Angelos, non distogliendo mai lo sguardo terribilmente ostile da Chisaki.
« Va bene. Boss, Kurogiri.» Dabi riemerse a fatica dalla poltrona, che lentamente lo stava inglobando nella sua pelle nera « Birdie-Boss.» aggiunse, dando un'occhiata a Chisaki.
Notò perfettamente il brivido di fastidio che percorse tutta la schiena del suo amato Birdie-Boss, anche se quest'ultimo cercò di rimanere impassibile dietro a quella maschera da uccellaccio del malaugurio.
Ed infine uscì.
Anche se, tempo di arrivare davanti all'ascensore, si fermò a riflettere.
Solo, nel corridoio.
Cazzo.
Si era bruciato con le sue stesse mani.
Ancora una volta.
La stessa storia.
Fine Quinto Capitolo!
Chopper: con la premessa che ne so davvero poco di motori, inizialmente mi ero basata su un veicolo presente in World of Warcraft, poi ho modificato diversi, numerosi dettagli. Però... ecco, in un mondo steampunk, mi piacciono quelle moto che fanno tanto casino e inquinano da maledette (in un mondo steampunk, ripeto).
Falco: animale sacro di Efesto, nonché personaggio noto presente in una famosa serie animata. Ah-ah, Dabi, non ti libererai mai di Hawks.
Avvoltoio: l'avvoltoio è l'animale sacro di Ares. Ehi, potevo non mettere un riferimento al mio dio preferito? Eh? EEEEEH? Sì, effettivamente. Ma io adoro Ares e lo metterò comunque. Insomma, mi dispiace che venga bistrattato da tutti solo perché è un po'... Ares.
Aphrodítē: Dabi e Overhaul si contendono la moto, così come Ares e Efesto si contendono Afrodite. Ammetto che mi diverto parecchio quando devo rivisitare i miti.
[…] “L'amore che deve separarsi dall'amore...”: citazione a Shakespeare. In realtà non è messa totalmente a caso, visto che quando Dabi si era fermato ad Aquileia, aveva visto anche ad una rappresentazione teatrale.
Semiramisiano: non riesco ancora a pronunciarlo, lo ammetto.
Angolo dell'autrice:
Ed eccoci qui! Sono viiiiiiiiiva!
Ci ho messo un po' a sistemare questo capitolo, ma alla fine sono riuscita a finirlo come volevo: ebbene sì, non ricapiterà più nella storia dell'umanità, ma per una volta sono fiera di quello che ho scritto.
Forse sarà che è un capitolo molto leggero, scritto tenendo in cuffia i Sum 41 e i Blink 182, però ecco... era molto di più nelle mie corde, rispetto a quello precedente che era un wall of text di descrizioni. Poi, come ho già detto, adoro la ship Dabihaul, ha una dinamica che mi fa impazzire.
Certo, probabilmente se cercate su Ao3, troverete delle storie su di loro cento volte più violente, ma io amo anche il loro lato “soft”. Ciò non toglie che ci sarà effettivamente un risvolto più crudo, ma per quello dovrete pazientare ancora un po'.
E dal prossimo capitolo si torna con Shoto!
Yeeeeeeeee!
...
...
Borca Buttana.
La mia ardua battaglia contro il greco antico. Avevo in mente un capitolo molto più complesso, poi ho dovuto troncarlo perché la mia sanità mentale stava scendendo drasticamente. Ma spero di aver fatto lo stesso un buon lavoro.
Poi... beh, cos'altro dire? Sono sopravvissuta a una settimana effettivamente stressante e ancora adesso devo riprendermi, quindi non sono effettivamente al top. Però... però... cercherò di risollevarmi il morale! E parto già da subito ringraziando tutti quelli che hanno aggiunto questa storia alle preferite, l'hanno letta e/o l'hanno recensita!
Grazie mille!
Io non sono puntuale, né costante, ma cercherò di pubblicare i prossimi capitoli in tempi più decenti!
Un bacio da _Lakshmi_!
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