Non è come sembra

di EleWar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova cliente ***
Capitolo 2: *** Porte, bagni e tè ***
Capitolo 3: *** Una visita notturna o un rapimento? ***
Capitolo 4: *** C'è un uomo fra di noi ***
Capitolo 5: *** Facciamo finta che... ***
Capitolo 6: *** Ci scommetto! ***
Capitolo 7: *** Un bagno da… togliere il fiato ***
Capitolo 8: *** Fughe ***
Capitolo 9: *** Non è come sembra ***



Capitolo 1
*** Una nuova cliente ***


Eccomi tornata con una storiellina leggera, per ridere e sorridere, ma anche per sognare con i nostri amati Ryo e Kaori. Come ripeto sempre, la fic è senza pretese e anche stavolta mi sono divertita un sacco a scriverla, e mentre lo facevo ridacchiavo.
Spero che diverta anche voi.
Buona lettura
Eleonora





Cap. 1 Una nuova cliente
 
 
Quartiere di Shinjuku.
Esterno giorno.
Una voce femminile fuori campo:
 
“Eccoli lì, quei due idioti! Si vede lontano un miglio che sono innamorati, ma io voglio Ryo Saeba, e sarà mio ad ogni costo!”
 
 
***
 
 
“Allora? Allora? Dov’è? Dov’è?” chiedeva Ryo tutto agitato ed eccitato, saltellando intorno alla socia che lievemente scocciata e sull’orlo di una crisi di nervi, sedeva appollaiata sul solito sgabello del Cat’s Eye.
 
“Ti vuoi calmare? Le ho dato appuntamento qui alle 17 in punto, e tu sei in questo stato pietoso da più di mezz’ora… Mi sto innervosendo” minacciò infine Kaori esasperata.
 
“Ma dai, come faccio a calmarmi quando so che presto, da quella stessa porta, entrerà la più bella donna che io abbia mai visto… me lo sento, me lo sento. Con quel nome poi, chissà magari è una straniera, dal fascino esotico… sì sì sì, sarà sicuramente bellissima! Ed io sarò felice di farle vedere il bello del Giappone, che per inciso sarei io, e a farle provare i piaceri del…”
 
Ma non poté finire la frase che un mega martello, di proporzioni gigantesche, si abbatté sulla sua testa, sprofondandolo nel pavimento di legno del locale.
 
“Oh, che pace finalmente!” sospirò soddisfatta Kaori, sfregandosi le mani come a togliersi un’ipotetica polvere; si risistemò una ciocca di capelli, che nello sforzo della martellata le era finito davanti agli occhi, e mentre si riassettava i vestiti si diresse nuovamente al suo sgabello, lasciandocisi cadere con rassegnazione.
 
E mentre Ryo giaceva ancora sotto quell’ammasso di legno, e sgambettava a scatti come fosse uno scarafaggio capottato, fu presto raggiunto da Falcon, che strofinava lo stesso piatto da ore, facendolo diventare lucido e brillare in maniera abbagliante; gli si accovacciò accanto e gli grugnì un:“Pivello” per poi pestargli una mano coi suoi sempiterni anfibi, fino a farlo urlare di dolore.
A quel punto, il gigante soddisfatto, se ne andò via sghignazzando sotto i baffi, lasciando il suo ex-nemico ancora conficcato nel pavimento del suo locale, e valutando l’ammontare esatto del danno ricevuto, per poi richiedergliene conto.
 
Quella che si era appena svolta davanti agli occhi dei pochissimi avventori presenti nel Cat’s Eye, era la tipica scenetta che si ripeteva più o meno ogni qualvolta i City Hunter si davano appuntamento al locale dei loro amici Falcon e Miki, sia per passare il tempo libero, sia quando avevano bisogno di incontrare il cliente di turno.
O meglio, la cliente di turno, poiché assolutamente Ryo voleva lavorare solo per le donne, possibilmente bellissime e affascinanti, e a cui invariabilmente proponeva un pagamento in notti d’amore.
E anche stavolta non sarebbe andata diversamente, visto che, giusto quella stessa mattina, Kaori aveva trovato l’inequivocabile messaggio XYZ alla lavagna della stazione di Shinjuku, vergato da una mano femminile.
 
Sarebbe stata la solita prassi, quindi.
 
Kaori aveva telefonato al recapito lasciato in calce.
Solo che stavolta aveva risposto una donna dalla voce così tanto calda e sensuale, che la sweeper si era sentita turbare e un brivido le era corso a fior di pelle.
E a quel punto non le era occorso molto altro per immaginarsi che la tipa fosse una bomba sexy trasudante erotismo da tutti i pori, che avrebbe mandato in tilt il cervello di quel mandrillo che si ritrovava come socio, fino al punto che si sarebbe fatto rigirare come un calzino.
Tanto più che lui avrebbe comunque rischiato la sua vita per lei, ma per Ryo non avrebbe fatto alcuna differenza, se avesse avuto anche solo la speranza di poter passare con lei una notte infuocata.
Questo in generale.
 
Perfino quella mattina, a Kaori era bastato pensare a come per l’ennesima volta si sarebbero svolte le cose, per sentirsi di nuovo sminuita e rifiutata, visto che quel cretino di cui era perdutamente innamorata, trovava invariabilmente ogni altra donna di età adulta, e non racchia, migliore e più appetibile di lei.
Non contava che ogni tanto lui si lasciasse andare, e le facesse capire che provava qualcosa per lei, che non la considerava solo una collega di lavoro, un’amica, o la sua coinquilina, perché poi Ryo, in ogni caso, finiva per smentire spudoratamente tutto o tornava sui suoi passi.
E per Kaori era comunque troppo poco, e anzi, quel continuo valzer di rimandi la stava logorando già da un po’.
 
Anche se non fosse stata così presa, non riusciva comunque a capacitarsi di come un uomo intelligente come lui, un professionista, uno sweeper dei più in gamba, se non l’unico, di tutto il Giappone, il cinico e freddo killer, cedesse in quel modo davanti ad una bellona ancheggiante, e si trasformasse in un macaco in calore ogni qualvolta all’orizzonte si profilava una rappresentante di sesso femminile, vittima dei suoi più bassi istinti.
Ma la socia non poteva nemmeno protestare più di tanto, perché aveva accettato tutto questo anni e anni addietro, quando aveva preso il posto di suo fratello Hideyuki accanto a questo uomo fantastico, che sapeva anche essere buono, giusto, leale, e che aiutava i bisognosi arrivando dove la polizia si fermava.
E lei aveva acconsentito a fare questo lavoro pericoloso, ma eccitante al tempo stesso, perché le permetteva di concretizzare il suo sconfinato senso di giustizia, l’abnegazione, e l’umanità che facevano di lei la meravigliosa Kaori Makimura.
 
Questo era il loro mestiere, suo e di Ryo Saeba, con cui pagavano tutte le bollette e che gli dava il cibo da mettere in tavola, e la ragazza era costretta a farselo andar bene, anche quando, appunto, la cliente era una donna, Ryo ci provava spudoratamente con lei, e lei finiva per innamorarsi del socio.
… Che poi non concludessero, perché Kaori riusciva a tener a bada quel babbuino infoiato, sventando tutti i suoi approcci, o che, nonostante l’innamoramento romantico della cliente indifesa, poi Ryo non prendesse la cosa sul serio perché odiava i legami e le relazioni esclusive, quello era un altro paio di maniche.
 
Mentre tornava a sedersi sullo sgabello, e appoggiava i gomiti sul bancone con aria di sconfitta, le sfuggì l’ennesimo sbuffo.
 
“Kaori, cara, ma come fai a sopportare un essere come quello?” chiese retoricamente la sua amica barista, Miki, passandole una tazza di cioccolata fumante e ammiccando in direzione dell’uomo incastrato nelle assi – nuove – del pavimento.
 
“Ah, guarda, non lo so… ci ho pensato così tante volte, eppure non ne sono mai venuta a capo. Forse dovrei prendere seriamente in esame l’idea di fare qualche cambiamento…” finì per ammettere la sweeper.
 
A quelle parole tutti gli astanti drizzarono le orecchie, compresa la bella Kasumi, che in quel momento stava asciugando il bancone.
Era da sempre innamorata di Ryo, o così credeva, ed aveva giurato che sarebbe riuscita a rubare il suo cuore; questa era la condizione per poter ritornare in seno alla famiglia di ladri professionisti a cui apparteneva.
Ma finché ci fosse stata Kaori nella vita di quel bellissimo debosciato, non ci provava nemmeno.
Ora, sentirla parlare in quel modo, accendeva nell’affascinante ladra un pizzico di speranza… ma cosa intendeva veramente Kaori con quelle parole?
 
Diversa la reazione del suddetto scarafaggio, che all’improvviso smise di agitare le zampacce e, leggermente preoccupato, si disincagliò ben presto dal pavimento e dal martello; sapeva che non avrebbe potuto continuare a fare l’idiota all’infinito, lui l’amava; ma ancora, per tutta una serie di scuse assurde e ormai stantie, non si decideva a farsi avanti, a ricambiare i sentimenti della dolce socia.
La pazienza di quella santa era stata messa a dura prova per troppo tempo, e se si fosse stancata, un bel giorno, e lo avesse piantato in asso, gli sarebbe crollato il mondo addosso.
Non poteva perderla.
 
Anche Miki e Falcon si erano fatti attenti a ciò che aveva appena detto la loro amica disgraziata, ed entrambi pensarono che forse era veramente arrivata al punto di rottura, e che magari avrebbe preso il largo lasciando definitivamente il socio.
 
Ma nessuno di loro poté approfondire la questione, perché tutti furono distratti dal campanellino della porta, calamitando gli sguardi e l’attenzione verso il nuovo arrivato.
 
La visione che si presentò ai loro occhi li lasciò tutti senza fiato, e se ci fosse stata una colonna sonora di un certo qual tipo ad accompagnare la scena, si sarebbe sentito un giro di note, magari un saxofono, a rimarcare la sensualità della creatura che, incedendo come una modella sulla passerella, e ondeggiando su tacchi altissimi, si dirigeva verso il bancone.
 
Illuminata da uno strano gioco di luci che irrompevano dai vetri del locale, si fece quindi avanti una donna, la cui sola statura s’imponeva sui presenti, sprigionando una tale potenza di sensualità e fascino che tutti, uomini e donne, proruppero in un unico“oh” strabiliato.
 
Nel giro di pochissimo il suo profumo aveva raggiunto le narici di ognuno, con le sue note esotiche di sandalo, mirra, incenso, oppio, dal forte potere afrodisiaco, sollecitando fantasie ed emozioni, mentre si disegnava la sagoma della sua persona slanciata e formosa insieme, a riempire gli occhi di ammirazione.
Una cascata di morbidi e vaporosi capelli castani ricadevano sulle spalle di questa donna eccezionale, incorniciando con piccoli riccioli e tirabaci un ovale perfetto, dalla bocca carnosa e rossa di rossetto, con un neo birichino a lato a stuzzicare la malizia.
Lo sguardo di Venere, che gettò sulle persone all’interno del locale, fece innamorati tutti; e mentre gli ormoni maschili si mettevano in moto, quelli femminili, altrettanto stimolati, si agitavano in un misto di invidia e apprezzamento.
 
Nel bel mezzo di questa tempesta emozionale, che come uno tsunami aveva travolto tutti quanti alla sola apparizione della signorina misteriosa, l’Uomo, l’Ormone-fatto-persona, il più eccitato e libidinoso rappresentante della stirpe di Adamo, in preda ad un’iper-eccitazione, si era già gettato sulla creatura fantastica appena entrata.
Peccato che non raggiunse mai il suo scopo, perché un attacco congiunto di almeno tre martelloni, rispettivamente di Kaori, Miki e Kasumi, e una mega manata del gigantesco Falcon, lo scaraventò sulla parete, spedendolo direttamente fuori dal locale, attraverso la voragine che si era creata con l’impatto.
 
In tutto questo la fatalona, per niente impressionata dalla strana accoglienza riservatagli da quel buffo uomo volante, si diresse con passo deciso verso Kaori; continuava a guardarla in modo ambiguo, con uno strano luccicore negli occhi, cosa che la metteva a disagio non poco.
Ignorando tutti gli altri, le chiese:
 
“Tu per caso sei la famosa Kaori Makimura?”
 
La Kaori Makimura in oggetto, che si era sentita apostrofare in quel modo, stentava a riprendersi, abbagliata da cotanto splendore e sconvolta da quel tu detto con così tanta sensualità e decisione, e da quel famosa, di cui non sapeva spiegarsi il perché.
Ancora a bocca aperta riuscì solo ad annuire, e si paralizzò di colpo quando la bella sconosciuta, accarezzandole la guancia con fare suadente e facendo scorrere le dita lunghe e ben curate fino al mento, le sussurrò:
 
“Sei davvero bellissima…”
 
E ci mancò poco che la sweeper svenisse.
 
Miki, allibita al pari dell’amica dalla presenza di quella femme fatale, ma con un briciolo in più di lucidità, si riscosse all’improvviso ed ebbe la prontezza di spirito di chiederle:
 
“Desidera qualcosa?” intendendo una qualsiasi consumazione, ma la cliente rispose, in maniera sibillina e sospirando:
 
“Oh, cara, se sapessi… ma ciò che puoi offrirmi tu non è quello che più desidero io”, per poi aggiungere: “Ad ogni modo credo che per il momento possa andarmi bene un caffè, nero e bollente” e calcò sulla parola bollente.
 
Umibozu, che aveva assistito alla scena, anziché grugnire fu preso da un insolito singhiozzo, e se ne andò a sbollire l’imbarazzo nel retro bottega.
 
Infine la cliente si decise a sedersi, e si tirò su appena la gonna, con uno spacco laterale davvero mozzafiato, per accomodarsi meglio; così facendo scoprì delle lunghissime gambe affusolate, che terminavano in un paio di piedini aggraziati, racchiusi in scarpette elegantissime e costosissime, almeno così sembrava, naturalmente tacco dodici.
Nell’atto di mettersi a sedere, con una mano si scostò i capelli dalle spalle, gettandoli all’indietro sospirando, leggermente infastidita dalla sua chioma leonina; pareva essere uscita or ora dal parrucchiere e quel movimento fece spandere un dolce profumo di lozioni, shampoo, lacche per capelli, a saturare l’aria.
 
Indossava un tailleur violetto, con i revers della giacca, schiantatissima, lucidi, mentre una camicia bianca di seta, negligentemente sbottonata, conteneva a stento un seno prosperoso e sfacciato.
 
Quella donna era sicura del suo fascino, sapeva di essere attraente e conosceva molto bene l’effetto che faceva alle persone; in confronto a lei l’affascinante Saeko sembrava un’educanda, e per un attimo anche Kasumi dubitò della propria avvenenza: si guardò il seno e si controllò il famoso sederino che tanto piaceva a Ryo, e scosse la testa sconsolata.
Miki, meno avvezza a queste velleità estetiche, non fece l’errore di paragonarsi a lei, ma Kaori, costantemente sminuita dall’unico uomo a cui importasse piacere, si sentì come una donna di carta velina, insignificante e senza forme, e non tenne minimamente conto del complimento che le aveva appena rivolto la stessa persona che, con la sua sola venuta, aveva gettato tale scompiglio su tutti.
 
I pochi altri clienti del locale, tutti ragazzotti e studenti, erano già svenuti sui divanetti, fra zampilli di sangue dal naso.
 
La sconosciuta, quindi, in attesa del suo caffè, si guardò furtivamente in giro, come a cercare qualcuno, per poi rivolgersi nuovamente a Kaori che, nel frattempo, si era ingobbita tentando di nascondere il seno che, seppur pieno e comunque di tutto rispetto, ci perdeva un po’ di fronte a quel po’po’di roba che strabordava dal decolleté della tipa lì accanto.
Nuovamente questa la fissò, con quello sguardo leggermente obliquo da strabismo di Venere che faceva risaltare il nero delle iridi, e dopo una breve pausa le disse:
 
“Mi perdonerai se ancora non mi sono presentata… io sono Kelly Maryu, la vostra cliente”.
 
Kaori trasalì, e si diede mentalmente della stupida per non averci pensato prima.
A quel punto si riscosse e, recuperando la solita professionalità da sweeper, porgendole la mano, gliela strinse dicendo:
 
“Finalmente ci conosciamo!” e  saltando i convenevoli le domandò, infine: “Cosa possiamo fare per lei?”
 
“Ma non dovremmo aspettare il tuo socio?” chiese di rimando quella, con aria fintamente innocente, come non sapesse che quel proiettile umano scagliato fuori dal locale non era altri che Ryo Saeba.
 
“Ah, Ryo intende? Non si preoccupi, normalmente spetta a me prendere accordi con le clienti e…”
 
“Accettiamo!” l’interruppe il socio che, palesatosi all’improvviso, aveva recuperato tutto il suo solito fascino malandrino, e già aveva preso il braccio della donna facendole il baciamano.
 
“Ma-ma…Ryo! Non ci ha ancora detto di cosa si tratta l’incarico!” protestò la socia.
 
“Una donna così incantevole merita di essere servita, qualunque sia il suo problema…” soffiò l’uomo, con sguardo da consumato seduttore, in direzione della cliente “Signorina Maryu, sono al suo completo servizio” precisò lo sweeper.
 
“Oh, ma diamoci del tu, vuoi? Per te…” e poi rivolgendosi a Kaori con lo stesso sguardo ammaliatore “e per te, sono semplicemente Kelly” e la rossa provò un brivido lungo la schiena.
 
Ma chi diavolo è questa?”si chiese la sweeper.
Okay sprizzare sensualità e fascino da tutti i pori, okay fare la gatta morta con Ryo, ma anche con LEI??? Che gusti aveva?
Questa Kelly le aveva pure detto che era bellissima, e fatto quella mezza carezza imbarazzante!
Non è che… no no, nemmeno a pensarci… però pareva che… che volesse provarci con entrambi!
Si augurò che Ryo non se ne accorgesse e non si mettesse a fare il cretino con la solita storia del travestito e del mezzo uomo, che stavolta lo avrebbe polverizzato seduta stante.
 
Purtroppo o per fortuna, però, l’uomo era totalmente perso nella contemplazione della donna e non si accorse di questo doppio, ambiguo, atteggiamento della signorina Maryu.
Kaori sospirò dentro di sé: quel caso si presentava già difficile ancor prima di sapere in cosa consistesse il loro lavoro.
 
La cliente, d'altronde, che non disdegnava quella corte leggermente asfissiante del bel Ryo, però volle comunque mettere in chiaro le cose, e spiegò:
 
“Il mio problema è, come dire, una faccenda delicata…” e fece una breve pausa, lasciando intendere che non poteva parlarne liberamente; Kaori capì al volo i sottintesi, infatti le disse:
 
“Oh, ma non si preocc… non ti preoccupare” si riprese in tempo ricordandosi di darsi del tu “questo è un posto fidato, e loro sono nostri amici” ammiccando in direzione di Miki che già aveva portato il caffè e si era ritirata discretamente, di Kasumi che riassettava le stoviglie, e financo di Umi, che era scomparso sul retro e non accennava a tornare a farsi vivo.
 
“Bene, allora” e Kelly si avvicinò di più alla ragazza, seguita da Ryo che aveva accostato anche lui la testa per meglio sentire; proseguì dicendo:
 
“Vedete… il problema è… il mio fidanzato!”
 
Ecco, ci risiamo!” sbottò mentalmente Kaori, mentre il socio si dispiaceva un po’ che la signorina Maryu fosse impegnata, perché solitamente non insidiava le donne altrui.
Ma non fece comunque una piega: magari era solo un ex di cui voleva liberarsi.
 
“…io lo amo molto, ma lui mi trascura… o meglio… è tutto preso dai suo affari, dal lavoro, e mi lascia sempre sola e… insoddisfatta” e così dicendo puntò gli occhi in quelli antracite di Ryo, che inghiottì a vuoto; la donna riprese: “Quando si degna di tornare da me, io non ho occhi che per lui, mi annullo fra le sue braccia, non vivo che per Akikazu, mi do totalmente a lui… Sono disposta a fare qualsiasi cosa per il mio uomo e padrone…” e girò lo sguardo su entrambi gli sweeper, che furono inondati da una potente ventata di erotismo mentre strane immagini iniziarono a frullare nelle loro menti, turbandoli non poco.
E comunque, in quel momento, Kelly sembrava più una cacciatrice che una preda, e i soci si trattennero da fare congetture su cosa consistesse il vero problema della Maryu; e stranamente evitarono pure di guardarsi, per stabilire un qualsiasi contatto tacito come di consueto, in preda ad una strana inquietudine.
Soddisfatta dalle impressioni suscitate nei due, la cliente sorrise furbescamente, e passandosi una mano fra i capelli riprese:
 
“Le ho provate tutte per legarlo a me, e a parte certi incontri infuocati sotto le lenzuola, lui sembra sempre distante, chiuso in un mondo tutto suo dove io non riesco mai a raggiungerlo…”
 
E Ryo pensò:
 
 “Che idiota quel Akika-qualcosa! Se io avessi una sventola come questa, non uscirei più di casa, altro che il lavoro e gli affari!
 
Mentre Kaori, più solidale con lei, ammise fra sé:
 
Povera Kelly, nemmeno tanto fascino la mette al riparo dalle delusioni. Gli uomini sono tutti uguali, quei bastardi!
 
Kelly riattaccò:
 
“Ho provato a lasciarlo un paio di volte, ma poi sono sempre tornata da lui, perché non posso vivere senza. Quando sono distante da Akikazu sento un dolore proprio qui” e si pose una mano sul cuore, mettendo in mostra, a beneficio di Ryo, il seno guizzante; questo gesto fece aumentare la salivazione al macaco, che iniziò a perdere il suo aplomb da seduttore, a vantaggio di quello da porcello maniaco.
Kaori invece pensò che la tipa fosse davvero focosa in tutto, una donna passionale e carnale, e che fosse esattamente il tipo di cliente che proprio non ci voleva per loro, per lei.
Fosche previsioni iniziarono a prendere forma nella sua mente, ma non ebbe molto tempo per dispiacersi, perché la curiosità di sapere il seguito premeva, e la Maryu non aveva ancora terminato il suo racconto.
 
“Questa volta però l’ho lasciato sul serio, e facendo un enorme sforzo; non ho avuto ripensamenti, solo che… lui non è abituato a perdere, né che altri decidano per lui. Anche se non mi considera, mi ritiene una sua proprietà, e finché non sarà lui a lasciarmi libera, io dovrò sottostare alle sue regole. Insomma ha sguinzagliato i suo scagnozzi per riacciuffarmi e riportarmi dal mio fidanzato, ma io non voglio. No, non voglio e non posso tornare da Akikazu, se non mi dice che mi ama, che tiene a me! Dovrà venire di persona a prendermi, solo allora lo perdonerò e ritornerò con lui. Il problema però è che i suoi sgherri sono dei veri tipacci che non si fanno scrupoli di far del male a chi gli sbarra la strada! Capite che non posso andare alla polizia e denunciarlo, lui e i suoi metodi da signorotto della mala…”
 
“E noi, ehemm noi…” iniziò quasi balbettando Kaori “cosa dovremmo fare, esattamente?”
 
“Dovrete proteggermi fino a quando non avrò lasciato il paese. Vorrei il vostro aiuto per scappare all’estero e far perdere le mie tracce, nel frattempo dovrete tenermi nascosta da qualche parte…”
 
“Ah, ma per quello non c’è problema!” saltò su Ryo, rincuorato dal fatto che la bella cliente tecnicamente avesse lasciato il fidanzato e fosse potenzialmente libera.
Che gli avesse appena confessato che fosse ancora innamorata del suo uomo non faceva alcuna differenza per lui: per un’avventura o una notte mokkori andava benissimo; e pertanto lo sweeper si affrettò ad aggiungere: “Verrà a stare a casa nostra fino al giorno della partenza… a tutto il resto penseremo noi” concluse fregandosi le mani, con un sottilissimo filino di bava alla bocca.
 
“Oh, ci speravo!” sfuggì detto alla tipa, ma subito si corresse dicendo “… cioè, sapevo che avrei potuto contare su di voi” e strinse le mani di entrambi, mentre Ryo ridacchiava come uno scemo.
 
Solo che Kaori si chiese come avrebbe fatto Akikazu a ritrovarla, magari di persona e non ricorrendo ai suoi sgherri, e dirle che l’amava e farsi perdonare, se lei voleva scomparire e non farsi trovare?
Le sembrava una cosa strana, ma per il momento non fece domande; ai City Hunter aveva chiesto solo di essere protetta e di trovarle un modo per fuggire all’estero, e quello loro avrebbero fatto.

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Capitolo 2
*** Porte, bagni e tè ***


… E col capitolo 2 entriamo nel vivo della storia. Intanto vi ringrazio per la festosa accoglienza che mi avete fatto, con le vostre numerose visite e soprattutto bellissime recensioni. GRAZIE. Buona lettura e buon divertimento ^_^


Cap. 2 Porte, bagni e tè

 
 
Poco dopo erano tutti e tre in macchina alla volta di un grazioso pied-à-terre, nella parte residenziale del quartiere, con Ryo che stentava a tenere gli occhi sulla strada, attirato come una calamita dalle gambe accavallate della cliente che gli sedeva accanto, e con Kaori che sbuffava esasperata rigirandosi fra le mani un martello di svariate tonnellate, pronta a scagliarlo sulla capoccia del socio, non appena le sue mani fossero finite dove stavano incollati i suoi occhi.
 
Dovevano recuperare i bagagli della signorina Maryu, prima di sistemarsi nell’appartamento Saeba-Makimura.
Per fortuna le operazioni di trasbordo si svolsero senza intoppi e senza problemi, e nonostante Ryo svolazzasse come un moscone noioso attorno alla cliente, ridacchiando e saltellando come un satiro che aspetti il momento propizio per saltarle addosso, e Kaori sempre dietro a tenerlo a freno, minacciandolo in ogni modo, non si videro i tanto paventati bravacci, e nessuno venne ad impedire la partenza della bella Kelly.
Nemmeno a dirlo che l’appartamentino era di proprietà del suo ex-fidanzato, e che il palazzo in cui era situato, fosse nella zona controllata dal famigerato Akikazu.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Giunsero a casa dei due City Hunter nel tardo pomeriggio e, dopo aver fatto accomodare la donna nella stanza degli ospiti, Kaori si mise subito ai fornelli per preparare la cena, mentre il socio, temporaneamente sganciatosi dalla scia inebriante dell’affascinante Kelly, era uscito nuovamente a fare uno dei suoi soliti giri per i bassifondi della città, a raccogliere informazioni su di lei e sul suo fantomatico e dispotico fidanzato.
 
Kaori era in cucina a spadellare canticchiando, quando la Maryu, indossando una comoda vestaglia da camera di seta, si sedette al tavolo attirando l’attenzione della sweeper, che voltandosi le sorrise.
La donna non smetteva di osservarla e, appoggiando il mento ad una mano, col gomito sul tavolino, esordì così:
 
“Vedo che sei molto a tuo agio in cucina, scommetto che sei anche una brava cuoca”.
 
“Oh, sì, mi piace molto cucinare, ma per quanto riguarda la bravura non chiederlo al mio socio, che ti dirà invariabilmente che sono pessima” e nonostante quest’ultima affermazione, sfoggiò un sorriso radioso e felice.
 
“Da quanto tempo state insieme?” chiese allora Kelly.
 
“Mah… direi da una decina d’anni, da quando ho preso il posto di mio fratello accanto a Ryo… era lui il suo socio all’epoca, ma poi è morto e allora…” e il sorriso di prima svanì in un attimo.
 
Non era quella la risposta che si aspettava Kelly, e seriamente dispiaciuta disse:
 
“Scusami, non volevo rattristarti con le mie domande. In realtà volevo sapere da quanto tempo tu e Ryo state insieme, cioè siete una coppia… in quel senso” e i suoi occhi da gatta si fecero sottili e maliziosi.
 
Compreso all’improvviso il significato di quella domanda, Kaori arrossì fino alle orecchie, prima di iniziare a balbettare:
 
“Ma-ma-ma no… non-non è come credi… in realtà io e Ryo siamo solo…”
 
“Ti va di fare un bagno con me?” l’interruppe subito la cliente.
 
Kaori, che stava ancora annaspando in cerca d’aria, cercando di spiegare la sua situazione con Ryo, si bloccò di colpo, col mestolo in mano, a fissare la donna seduta al tavolo della sua cucina, come se la vedesse per la prima volta.
Non fu affatto sicura di aver capito bene.
E di fronte al suo sguardo interrogativo, Kelly reiterò:
 
“Ho detto se ti va di fare un bagno con me! Tanto sei a buon punto con la cucina, ed è ancora presto per cena, quindi potremmo rilassarci insieme facendo un bel bagno caldo, che ne dici?” spiegò con aria innocente e maliziosa insieme.
 
Kaori fu lì lì per svenire.
E se prima era diventata rossa, ora sfiorava un viola purpureo accesso e pulsante.
Si dovette appoggiare al piano di lavoro, visto che aveva la spiacevole sensazione che le forze venissero meno; improvvisamente con la salivazione azzerata, tentò di schiarirsi la voce e riuscì a dire:
 
“Gra-grazie, ma no, no non posso… ho ancora molte cose da fare…” e dopo un inizio tentennante diede la stura alle sue argomentazioni, elencando: “Ho una lavatrice da fare, stendere i panni e poi aspettare che si asciughino per poi poterli stirare, sì sì sì, e poi devo lavare i pavimenti, tutti, e passare la cera e lucidarli; andare su nel solaio e togliere la polvere, giù in cantina a togliere le ragnatele, spazzare il marciapiede, innaffiare le aiuole e poi lavare le macchine giù in garage, scrostare la caldaia, sostituire i filtri dell’aria, lavare i vetri di tutta la palazzina, e sì quest’anno tocca a me, e proprio oggi poi! Riparare il tetto, raddrizzare l’antenna, scacciare i piccioni che hanno nidificato nel sottotetto… ah, sì, ri-bituminare la terrazza, ecco cosa dimenticavo… come vedi non posso, sono troppo impegnata” concluse con aria fintamente rammaricata.
 
“Ri-bitumin… cosa?” domandò Kelly allibita.
 
“Ma sì! Ri-bituminare la terrazza! Ovvio, no?” spiegò la sweeper come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, e che ogni massaia del Giappone e del mondo intero facesse almeno una volta nella vita, o alla settimana.
La donna si limitò ad emettere un “Ah” deluso e scettico allo stesso tempo, ma non rinunciò ad alzarsi da lì con fare sensuale, accentuando i suoi movimenti sinuosi e poi, sfoderando uno sguardo da pantera, disse, infine, alla sua ospite:
 
“Allora vado da sola… ma se mi vuoi raggiungere… sai dove trovarmi”.
 
E Kaori pensò che le mancasse solo di ruggire e accennare una zampata, e poi sarebbe stata perfetta.
Quando scomparve dalla sua visuale tirò un sospiro di sollievo, e ridacchiando scosse la testa:
 
Che razza di donna è questa? Passi che vuole fare la fatalona con Ryo, ma anche con me poi? Non sarà che anche lei mi vede come un uomo??? No no no. Non posso nemmeno pensarci” finì per rattristarsi e sospirare pesantemente.
 
 
 
***
 
 
 
Non molto tempo dopo rincasò Ryo che, stranamente di buon umore, si annunciò così appena entrato:
 
“Kaori? Sono a casa!”
 
“Va bene!” gli rispose di rimando lei dalla cucina, a voce alta “Giusto in tempo per la cena! Ah, visto che ci sei, andresti a chiamare Kelly? Dovrebbe aver finito, si stava giusto facendo un bagno…”
 
Sapeva che con quest’ultima informazione avrebbe stuzzicato il testosterone sempre in subbuglio del socio, ma la cena era veramente quasi pronta, e poi tanto c’erano le solite trappole innescate a garantire l’incolumità delle clienti.
 
E infatti a quell’ormone palpitante del socio, il cui cervello si era ridotto ad un organismo unicellulare nel momento stesso in cui aveva messo piede in casa, realizzando che lì c’era quella sventola della cliente che lo aspettava, erano bastate due sole parole per farlo fiondare di sopra, e cioè Kelly e bagno.
 
Dimentico di tutto il resto, era già di fronte alla porta della stanza da bagno, e tanta fu la veemenza della fregola che la spalancò all’istante, prima di bloccarsi a metà del salto che aveva giustappunto iniziato.
 
La scena che gli si presentò davanti lo colpì come lo sparo di un cacciatore su un piccione: di fronte ai suoi occhi c’era… c’era… c’era Kelly completamente nuda che, dando le spalle alla porta, era in piedi davanti al water, gambe leggermente divaricate, le mani all’altezza del pube.
La posizione era inequivocabile, e fu come spegnere l’interruttore del suo mokkori-power, perché tutto si afflosciò in lui.
 
Ryo, i capelli bianchi e ritti in testa, emise un “Hiiiiii” carico di terrore, che sembrava lo squittio di un topo che sta per essere mangiato dal gatto.
Era invecchiato di vent’anni in una botta sola.
 
Kelly, invece, sentendo la porta aprirsi, aveva esclamato, prima di accorgersi che fosse Ryo:
 
“Ah, Kaori, allora ci hai ripensato?” e già stava per compiere una torsione e girarsi, quando la voce in falsetto dello sweeper proruppe in un:
 
“No-no, non voltarti!”
 
Troppo tardi!
 
Uno spaventoso grido femmineo rimbombò per tutta la casa, e immediatamente Kaori immaginò che quel dannato seguace di Priapo avesse provato a saltare addosso alla loro cliente.
Fece così materializzare un martello di svariate tonnellate con la scritta Maledetto bastardo traditore, e si precipitò su per le scale correndo.
Arrivò ansante al bagno e spalancò la porta, convinta di trovare quell’invertebrato del socio avvinghiato al corpo divino della bella Maryu… e invece la trovò da sola, rivestita di un morbido accappatoio, che la guardava stupita.
Kaori girò rabbiosamente lo sguardo intorno a sé, ma di Ryo non c’era nessuna traccia; Kelly sbuffò con:
 
“Ma in questa casa non usa bussare?”
 
A quel punto Kaori, rendendosi conto della figuraccia, fece scomparire magicamente il martello e prese a scusarsi meglio che poté, grattandosi la testa a disagio, fra inchini e reiterati perdono, e riguadagnò l’uscita in retromarcia, fino a richiudersi la porta alle spalle.
Vi si appoggiò esausta e sospirò.
 
Ma cosa stava succedendo?
 
Kelly era all’apparenza così tranquilla, eppure quello che aveva appena sentito non era forse un grido terrorizzato di una qualunque donna insidiata da un maniaco sessuale?
Lei ormai sapeva riconoscerli bene: tutte le intonazioni, le sfumature, i gorgheggi impanicati… e tutti erano invariabilmente provocati dagli atteggiamenti sconsiderati di quel porcello voglioso che si ritrovava come socio.
E a proposito… dove si era cacciato?
Non era il caso di chiederlo alla signorina Maryu, dopo la figura appena fatta; e allora?
Pensò di controllare se non si fosse, per caso, rifugiato in camera sua.
Magari la cliente aveva trovato il modo di difendersi e lui, colpito nell’orgoglio – “Sì, ora chiamiamolo orgoglio”ridacchiò mentalmente la sweeper – si era nascosto nella sua tana a leccarsi le ferite.
 
Raggiunse così la stanza di Ryo, e quando provò ad entrare la trovò insolitamente chiusa a chiave.
Stranita, Kaori bussò.
 
“Ryo? Ryo ci sei?”
 
Nessuna risposta.
 
“Insomma Ryo! Dai, rispondimi!”
 
Silenzio assoluto.
 
“Avanti Ryo, lo so che sei lì!” si stava spazientendo.
 
“Lasciami stare… Kaori, ti prego, lasciami stare” rispose l’uomo tradendo un profondo sconforto.
 
La ragazza s’impensierì, e leggermente delusa rispose:
 
“E va bene… però è pronta la cena…”
 
“Non ho più fame”.
 
Nonostante il tutto fosse così insolito, decise di rispettare la sua richiesta e non insistette oltre; non era da lui quel comportamento e non riusciva ad immaginare cosa fosse successo in quel bagno, tanto da farlo scappare, e soprattutto togliergli l’appetito.
 
Sospirò e fece per andarsene, poi ci ripensò e gli disse:
 
“Se hai bisogno, io ci sono, lo sai…”
 
Ryo, che aveva percepito nel tono della socia tutto il suo affetto, come sempre ne rimase colpito.
Il cuore gli si addolcì, e malgrado tutto cercò di risponderle con gentilezza; non era colpa sua e non si meritava il suo comportamento sgarbato, quindi rispose semplicemente:
 
“Lo so, grazie…”
 
E la ragazza, sospirando nuovamente, ridiscese le scale.
 
 
 
Giunta al piano di sotto, trovò l’affascinante cliente già seduta a tavola che, voltandosi a squadrare Kaori con il suo solito sguardo da gatta, le chiese:
 
“Ryo non scende per cena?”
 
“Emmm no… ha del lavoro da sbrigare. Si scusa tanto però” mentì spudoratamente Kaori, sperando di essere creduta.
 
“Che peccato!” si lasciò sfuggire Kelly.
 
“Già” si accodò mestamente la sua ospite.
 
Poi però Kaori, in quanto padrona di casa, si diede un tono e cercò di riprendere un minimo di brio: non voleva essere scortese con la donna, né farle capire quanto quella strana situazione la turbasse nel profondo.
 
Servì la cena, e avviò una conversazione leggera che mise a proprio agio entrambe, permettendogli di passare una serata tutto sommato allegra e spensierata; e anche quando si trasferirono in soggiorno a guardare un po’ di tv, Kaori fu sollevata che quella tipa così ambigua non sfoderasse ancora il suo fascino da consumata seduttrice anche con lei, e non accennasse a proposte strane.
 
In fondo le scocciava un po’ di trovarsi a disagio a casa propria, e poi era così insolito essere lì, da sola, con una bellissima cliente, senza Ryo che l’insidiasse, e anzi chiuso in camera sua.
Tutto sommato, quando Kelly non si atteggiava a femme fatale, era anche simpatica, e Kaori poté in più occasioni saggiare la sua intelligenza; sembrava avere tutte le qualità per essere una donna di successo.
 
Quando Kaori propose una tazza di tè prima di coricarsi, l’ospite volle farle provare una nuova miscela, che portava sempre con sé, arricchita di rare spezie indiane, e la ragazza, colpita dalla sua gentilezza, l’accettò volentieri.
Dovette ammettere che quel tè dal sapore esotico era davvero squisito; le chiese pure ove poterlo trovare, e Kelly le indicò un’erboristeria nel centro di Tokyo.
Insomma, le due sembrava andassero d’amore e d’accordo, tanto che alla fine Kaori ebbe perfino il dubbio di esserselo sognato che la bella cliente ci avesse, in un certo senso, provato anche con lei: ora pareva così innocua, così normale!
E quando la stanchezza la colse all’improvviso, quasi quasi le dispiacque di dover andare a dormire; faceva degli sbadigli enormi e si scusò con la donna, che la rassicurò dicendo che effettivamente si era fatto tardi anche per lei, ed entrambe si ritirarono per la notte.
Kaori si addormentò serena e, con Ryo fuori vista, dimenticò perfino di attivare le trappole anti-visita notturna.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Tutto era silenzio in casa Saeba-Makimura, quando Ryo decise di uscire dalla sua stanza e, con passo felpato, al buio, e camminando rasente al muro, si diresse in cucina.
 
Già sapeva che la sua amorevole socia gli avrebbe lasciato qualcosa da mangiare, anzi ci sperava, pertanto aprì il frigorifero con fare deciso, già pregustando ciò che vi avrebbe trovato.
Non si era sbagliato, infatti: c’era una porzione di ogni pietanza cucinata, messa da parte appositamente per lui, e questo pensiero lo commosse profondamente.
Prima di tuffarcisi con la testa e tutto, riconoscente verso la sua insostituibile partner, congiunse le mani davanti a sé e ad occhi chiusi espresse questa preghiera: “Grazie Kaori-chan”.
 
 
Aveva già afferrato il primo piatto succulento, quando d’un tratto si accese la luce nella stanza e Ryo sobbalzò come colto in flagrante.
Stava già per fare le sue rimostranze, pensando che fosse giunta proprio colei che aveva cucinato quel cibo prelibato quando, al contrario, vide Kelly appoggiata allo stipite della porta, che lo guardava con aria divertita.
Ryo inghiottì a vuoto.
 
Con le braccia conserte sopra il seno prosperoso, che a stento era celato dalla vestaglia di seta, gli si rivolse così:
 
“Allora alla fine sei… venuto”.
 
Ryo, in difficoltà, prese a ridacchiare: si sentiva preso in trappola.
Non poteva uscire se non passando accanto alla donna che, di fatto, gli ostruiva il passaggio, e comunque, anche se avesse avuto via libera, aveva troppa fame per rinunciare a tutto quel ben di dio messo da parte per lui dall’amata socia, però allo stesso tempo, non voleva stare lì con la signorina Maryu.
 
Cercò di darsi un contegno.
 
E poi, si disse, non era mica obbligato a provarci per forza con lei; prima di tutto lui era un professionista, e non era di certo la prima volta che si trovava a dover gestire certi… certi… personaggi.
Il suo mondo ne era pieno!
Gli scocciava solo che il suo mokkori-power lo avesse tratto in inganno, e che all’inizio si fosse lasciato andare troppo con lei.
 
Si schiarì la voce, e assumendo un’aria seria e distaccata si sedette al tavolino; tolta la pellicola protettiva, prese a servirsi della sua cena tardiva.
Solo che era terribilmente imbarazzante per lui mangiare mentre qualcuno lo stava guardando, e con quello sguardo poi…
E quando la donna si mosse, venendogli incontro, inghiottì un boccone non ancora masticato del tutto.
Si sedette anche Kelly, dall’altro lato del tavolo, sempre senza smettere di fissarlo.
Ryo fu costretto a chiedere:
 
“Allora? Che c’è? Qualcosa non va?”
 
“Oh, niente, assolutamente niente…”
 
“Però mi stai fissando…”
 
“… È perché… sei così bello e così maschio, Ryo…” rispose la donna con tono appassionato.
 
Al che lo sweeper, afferrata la lattina di birra, ne ingollò un’abbondante sorsata, per spegnere l’improvvisa arsura.
 
“Gra-grazie… anche tu, anche tu sei molto carina” balbettò infine.
 
“Carina? Che caspita sto dicendo, carina non lo dico mai, nemmeno a Kaori!” si disse l’uomo “Ma se è fuori discussione provarci con la smorfiosa, meno che meno deve avere l’impressione che mi piaccia anche un po’… anche se… Dio che seno, che fianchi, che culetto invitante! Ha un corpo da favola… dannazione che spreco…” e poi, mentalmente rivolto al suo amichetto che, richiamato da quei poco casti pensieri, voleva dire la sua: “Tu piuttosto, vedi di stare a cuccia, che non è cosa per noi, intesi?
 
Sperò che il discorso finisse lì, o che Kaori li sorprendesse facendo una delle sue epiche scenate, ma stranamente la ragazza non si vedeva ancora, e Kelly non sembrava intenzionata a mollare la presa.
Ryo mantenne il suo contegno e continuò a mangiare, anche se la presenza della cliente gli stava rovinando il gusto di quel buonissimo cibo.
Ma la Maryu non era per andarsene e anzi, preso un pezzo di pellicola, l’arrotolò fra le dita e iniziò a giocherellarci.
 
“Senti Ryo, posso farti una domanda?” chiese infine la donna.
 
Lui annuì, continuando a masticare rumorosamente: non gli importava più di fare bella figura con lei, ma quando questa gli chiese: “Da quanto tempo stai con Kaori?” per poco non si strozzò.
 
“Co-co-come… cosa?” riuscì a dire fra un colpo di tosse e l’altro.
 
“Ma sì, da quanto tempo tu e Kaori state insieme! Santo cielo, possibile che la cosa vi metta così tanto a disagio? Anche lei alla stessa domanda è andata nel pallone!” sbottò la signorina Maryu esasperata.
 
A quelle parole Ryo si fece improvvisamente più attento, e chiese a sua volta:
 
“Ah, sì? E cosa ti ha risposto lei?”
 
“Ohhh, ma che ne so!” sbottò infastidita Kelly.
 
La situazione le stava sfuggendo di mano, forse quella domanda non doveva farla; tanto che i due fossero innamorati era talmente evidente che anche un cieco se ne sarebbe accorto, e quindi, o continuavano a fare la parte dei finti tonti, cercando – senza successo, tra l’altro – di nasconderlo a tutti, o veramente fra loro non era ancora successo niente, pur amandosi in segreto.
Poco importava per lei, che era decisa ad avere il bel Saeba, quindi, facendosi più languida e allentandosi i lembi della vestaglia, per permettere al bello in questione di adocchiare meglio il seno di cui andava tanto orgogliosa, gli disse, con voce melliflua e volutamente calda:
 
“Non ti dispiace se resto ancora un altro po’ qui con te, vero?”
 
E nonostante Ryo si fosse sentito scorrere sulla schiena un lungo brivido gelido, e rizzarsi i peli delle braccia, cercò di mascherare il malessere che sfiorava il terrore, e si limitò ad un accenno col capo, che poteva voler dire tutto e niente, per poi rituffarsi nel cibo.
 
Dannazione ci mancava anche quel, quel… non riusciva nemmeno a dirlo con sé stesso, ci mancava anche quel, quella cliente a rovinargli la cena – oltre a tutto il resto – pensò; se non poteva fare mokkori, almeno sbafarsi in santa pace quelle leccornie che la sua dolce Kaori gli aveva lasciato!
A quel pensiero guardò l’orologio della parete, e nuovamente si chiese come mai non fosse venuta in cerca della cliente o di lui; o di loro, se era per questo.
Quasi gli dispiaceva non trovarsela lì, la sua furia preferita, anche perché veramente, ora più che mai, aveva bisogno che lei mandasse a monte i suoi piani, piani che, per inciso, si guardava bene dall’avere.
Ma non solo: improvvisamente, e bizzarramente, pensò che proprio lì, nel cuore della notte, avrebbe voluto avere lei accanto, nella loro cucina, anche a parlare di niente, piuttosto che quella maliarda insonne che lo tediava col suo teatrino.
 
Così, stanco di quella situazione imbarazzante e fastidiosa, passatogli l’appetito, rimise a posto tutto e fece per uscire dalla stanza.
Ma quando le passò accanto, lei gli afferrò una mano e, guardandolo intensamente negli occhi, gli domandò:
 
“Ma come, già te ne vai?”
 
“Sì, ormai è tardi ed è ora che me ne torni a letto” rispose quasi duramente, ma Kelly non gli badò perché rincarò dicendo:
 
“Allora… potrei farti compagnia… anche lì” e fece una piccolissima pausa, prima di chiedergli: “Che ne dici?”
 
Ryo si bloccò all’istante, impossibilitato a fare un ulteriore passo, sembrava fosse diventato una statua di sale.
Di colpo raggiungere la sua camera era diventato pericolosissimo per la sua virtù, ma anche restarsene lì con quella mangiatrice di uomini non era auspicabile per nessun motivo al mondo; cosa fare allora?
 
Vedendo che Ryo non reagiva, Kelly proseguì dicendo:
 
“Allora ti raggiungerò più tardi, vedrai non te ne pentirai” e gli strizzò l’occhio.
 
Ryo si sentì morire.
Cercò di recuperare un po’ del suo sangue freddo.
 
Diamine!
Era un cinico sweeper, non una mammoletta da oratorio!
Aveva affrontato e superato ben altre situazioni più pericolose ed incresciose di questa, non poteva farsi travolgere dagli eventi.
Doveva trovare una soluzione per disinnescare quella specie di visita notturna annunciata, ma aveva bisogno di tempo per farlo.
Ebbe un lampo di genio, e cercando di sciogliersi dalla presa della donna, senza per altro darle l’impressione di voler scappare, propose:
 
“Piuttosto, ti va un buon bicchiere di whiskey prima… prima della buona notte?”
 
La donna si rianimò all’istante; le piaceva flirtare e l’alcool è da sempre un buon alleato per creare la giusta atmosfera, quindi annuì.
A quel punto Ryo, soddisfatto dell’effetto prodotto dalla sua contro-proposta, continuò dicendo:
 
“Bene, allora prendi pure dal mobile bar la bottiglia nuova e accomodati sul divano, io devo sbrigare un attimo una faccenda, ma poi sarò subito da te”.
 
Detto ciò, Ryo si diresse verso la televisione nel salottino avvolto nella semi-oscurità, e rischiarato appena dalla fioca luce proveniente dall’altra stanza.
Kelly, che non gli toglieva gli occhi di dosso, era affascinata da quell’uomo che si muoveva sicuro nel buio, e già pregustava come si sarebbero svolte certe cose, i presupposti c’erano tutti; Ryo non aveva smesso di guardarla nemmeno per un istante, e lei si disse che con un po’ di fortuna l’affascinante sweeper sarebbe capitolato prima del previsto.
 
Lui era già all’apparecchio quando suggerì:
 
“Magari potremmo anche guardarci un po’ di tv in tranquillità…” e le ammiccò maliziosamente, e manco a farlo apposta non appena l’accese, si materializzarono scene inequivocabili di un filmato hard core, con tanto di sospiri e gemiti, che irruppero nel silenzio della stanza a volume altissimo; lui si affrettò ad abbassarlo, pigiando maldestramente tutti i tasti del telecomando, ridacchiando e con un grosso gocciolone sulla tempia; ci mancava solo che quegli ansiti a tutto volume svegliassero Kaori.
 
La cliente, ridendo deliziata, non stava più nella pelle: se fossero andati avanti di quel passo, il clima si sarebbe surriscaldato in un attimo, e Kelly sentì crescere dentro di sé l’eccitazione e l’aspettativa.
Senza quell’impicciona di Kaori tra i piedi, finalmente lei avrebbe avuto Ryo tutto per sé, e se, nonostante tutto, si fosse fatta vedere lo stesso, chissà… magari avrebbe potuto prendere parte ai giochi anche lei.
Questo pensiero la elettrizzò: perché accontentarsi di uno solo quando poteva averli tutti e due… anche se…
Sempre se!
 
Kelly avanzò silenziosamente e sinuosamente attraverso la stanza semibuia, con le pantofoline che affondavano nel tappeto morbido della stanza, rigorosamente tacco nove e impreziosite da un pompon di piume di struzzo; svolazzando si accomodò sul divano, sospirando.
Ma Ryo non aspettò che lei gli si avvicinasse, e malgrado avesse un gran desiderio di scappare a gambe levate, si trattenne, ed ostentò indifferenza quando riconquistò la porta.
E anzi, prima di sparire da lì le disse, con aria da seduttore:
 
“Nel frattempo… mettiti comoda…”
 
“Oh, tesoro! Non metterci tanto però!”
 

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Capitolo 3
*** Una visita notturna o un rapimento? ***



Ecco a voi un capitoletto cortino, che spero vi possa piacere lo stesso heehehhehe
GRAZIE infinite per le belle rec e perché ancora leggete le mie storielline senza pretese.
Vi lovvo
Eleonora



Cap. 3 Una visita notturna o un rapimento?
 
 
Anche in un’altra parte della casa, in un’altra stanza buia, un’altra donna si era messa comoda, talmente tanto comoda che dormiva della grossa ma, al contrario di Kelly, non aspettava il ritorno di nessuno.
 
Ryo però si precipitò a raggiungerla, aprì la porta quasi in malo modo, facendo un baccano infernale, e nonostante questo la ragazza non si mosse.
Salì addirittura sul letto, e a carponi vi arrancò sopra fino ad arrivare ad un passo dal viso della socia.
 
“Kaori? Kaori, svegliati!”
 
E prendendola per le spalle la scosse leggermente.
 
“Kaori? E dai, Kaori! Svegliati!”
 
“Sì? Che c’è?” rispose infine la ragazza con la voce impastata di sonno e tenendo gli occhi ancora chiusi “È già ora della visita notturna?”
 
“Kaori, ma che stai farneticando? Ho bisogno di parlarti!” rincarò il socio.
 
“Ah, ecco… a me lui fa le visite notturne per parlare.. lui…” biascicò la sweeper prima di risprofondare nel sonno.
 
A quel punto Ryo la scosse di nuovo:
 
“Ma che stai dicendo?? Kaori eh, dai!! Ti prego, svegliati!!!”
 
“Ryo? Perché con me non ci provi mai?” chiese la socia, sempre sonnecchiando, per poi rigirarsi su un fianco raggomitolandosi e riprendendo a dormire.
 
L’uomo fu colpito da quelle parole, semplici ma dal significato tagliente; già, perché con lei non ci provava mai?
Le solite scuse gli salirono alla mente, però non era quello il momento di farsi prendere dai sensi di colpa; aveva bisogno di lei, della sua partner, ed i loro problemi sentimentali sarebbero dovuti passare, come sempre ormai, in secondo piano.
Ritornò alla carica:
 
“Avanti, Kaori! Svegliati! Ho bisogno di te! Ti sembra questo il momento di dormire?”
 
A quei leggeri scossoni, la socia parve ridestarsi e bofonchiò in risposta:
 
“Certo che mi sembra questo il momento di dormire: è notte! Che ti prende? Parleremo domani. Lasciami stare!”
 
Così Ryo, vedendo che non riusciva ad avere completamente l’attenzione della ragazza, che più che dormire sembrava essere in catalessi – e già a Ryo faceva strano che non si fosse rimessa la sveglia per impedirgli la solita visita notturna e che, nonostante il suo sonno leggero, non ci fosse modo di svegliarla completamente – fece una cosa che non avrebbe mai creduto di poter fare, se non nei suoi sogni più proibiti.
E comunque non in quella maniera.
 
Prese il lembo superiore del lenzuolo con cui lei si ostinava a coprirsi e, con uno strappo deciso, la scoprì tutta.
 
Per poco non cadde all’indietro, e di certo non perché si fosse sbilanciato nel farlo, ma davanti allo spettacolo che improvvisamente gli si era presentato davanti.
 
La tenue luce del corridoio, che proveniva dalla porta aperta, era infatti sufficiente ad illuminare quella creatura meravigliosa che giaceva sotto di lui.
Preso dall’urgenza di svegliarla, non solo si era dimenticato in che posizione pericolosa si fosse messo, ma anche che la sua socia fosse la donna più bella che avesse mai visto, e che il suo corpo da favola, già bellissimo da vestito, seminudo come lo era in quel momento era proprio da infarto!
Perché Kaori indossava solo un’ampia e sformata t-shirt, che lo sweeper sospettava fosse stata la sua un tempo, e delle mutandine così piccole e striminzite che, già lo sapeva, lo avrebbero perseguitato nei suoi sogni V.M. 18.
 
Ryo era ancora senza fiato quando la partner, sentendosi mancare addosso il leggero lenzuolo, unica copertura per quella notte estiva, si mosse spostando le gambe, con movimenti inconsapevolmente sensuali, a cui aggiunse un leggero mormorio gutturale che poteva sembrare…
A quel punto il cervello dell’uomo andò in pappa, e l’amico del sole, della luna e delle stelle, si annunciò festoso.
E lo sweeper, doppiamente allibito e stranito, fece violenza su sé stesso per non cedere al desiderio antico di quella donna, e anzi si affrettò a ritornare con i piedi per terra.
 
Più stava lì, e più la situazione si sarebbe potuta complicare ulteriormente, perché aveva una cliente vogliosa che lo aspettava in salotto, e che, se non si fosse sbrigato, lo sarebbe andato a cercare direttamente in camera sua; inoltre se Kaori, svegliandosi di soprassalto dopo tanto sollecitarla, lo avesse trovato armato di tutto punto e a cavalcioni sul suo letto, sarebbe successo il finimondo.
 
“Ka-Kaori sve-svegliati” reiterò con meno convinzione ed estremamente a disagio.
 
“Mmm…”
 
Oddio, ci manca solo che mugugni in quel modo e davvero finisco al manicomio!
 
“Ryo…” mormorò infine la socia, e non si capiva se fosse cosciente di averlo lì sopra di lei quasi, o lo stesse solamente sognando.
Il Ryo in questione, comunque, inghiottì a vuoto un paio di volte: se Kaori avesse continuato a chiamarloin quel modo e con quel tono di voce, avrebbe perso definitivamente anche l’ultimo barlume di lucidità e non avrebbe risposto di sé stesso.
 
Ma non c’era più tempo da perdere!
Kelly, non vedendolo tornare, avrebbe potuto anche decidere di riandare in camera da Kaori, e non solo lo avrebbe trovato lì, ma ci avrebbe trovato anche Kaori così!
Che poi va be’, probabilmente l’aveva vista così anche prima, ma insomma…
Nessuno dei due soci doveva e poteva rimanere in quella stanza.
 
Quindi Ryo fece un’altra cosa che non si sarebbe mai sognato di fare, e nemmeno a quelle condizioni: prese Kaori fra le braccia, e ancora addormentata la portò di corsa nella sua stanza da letto.
 
Con quattro falcate era già davanti alla sua camera; con una mano aprì la porta, entrò, mise giù Kaori e si rigirò verso la maniglia per chiudere a chiave, ma quando si voltò nuovamente, per un attimo si stupì di non ritrovare la socia ritta accanto a lui dove l’aveva lasciata.
Si guardò subito attorno, frustrato e leggermente in apprensione, fino a quando non pensò bene di abbassare gli occhi, così da vederla accasciata ai suoi piedi come una bambola di pezza.
A quel punto pensò che fosse veramente innaturale tutto quel sonno, che quella non era la Kaori che conosceva: c’era sotto qualcosa.
 
Che stesse male?
 
Fece per ritirarla su, prendendola sotto braccio, ed ebbe la spiacevole sensazione che la ragazza fosse un fantoccio inanimato.
Impensierito avvicinò il naso alla sua bocca, per sentire se il suo alito avesse un odore strano: ed effettivamente percepì una labile traccia di qualcosa d’insolito, qualcosa che non avevano in casa, e che gli ricordava i suoi trascorsi nella giungla, quando a volte si servivano di veleni più o meno potenti per stordire i nemici.
 
Ma chi mai avrebbe avuto motivo di avvelenare o sedare la sua dolce socia?
Era da quella mattina che stavano sempre insieme, si erano separati solo quando lei era passata alla stazione, e prima di cena quando lui aveva fatto il solito giro e l’aveva lasciata da sola con… Kelly Maryu!
 
Ecco perché Kaori non lo era andato a cercare per casa in piena notte, e non si era vista nemmeno quando in teoria avrebbe dovuto sentirli parlare giù di sotto!
Perché Kelly l’aveva drogata!
 
Ora era tutto più chiaro!
 
Temendo che la socia avrebbe rovinato i suoi piani di conquista, la signorina Maryu l’aveva messa temporaneamente k.o.…
Che poi… chi voleva conquistare chi?
 
Perché all’inizio Ryo si era dimostrato del tutto infatuato per la cliente, e a lei non sarebbe occorso fare praticamente nulla per sedurlo, poiché lui sarebbe venuto spontaneamente a lei; poi però c’era stato l’incidente del bagno, e a quel punto Kelly aveva pensato che il fascinoso Saeba si sarebbe potuto tirar indietro, e allora era passata lei all’attacco, sfoderando le sue doti da maliarda.
In ogni caso Kaori avrebbe tentato di impedire l’affaire e andava fermata.
 
Una rabbia sorda crebbe allora nel petto dello sweeper, perché Kelly, non solo lo aveva preso in giro spacciandosi per qualcun altro, ma aveva osato far del male alla sua Kaori!
Anche perché un conto era essere preso a martellate dall’adorata socia per impedirgli di provarci con le clienti, un conto era che queste facessero di testa propria e alterassero il loro menage.
 
Tutto doveva sempre ed invariabilmente svolgersi allo stesso modo: approcci galanti alle clienti, martellate; approcci animaleschi, martellate; visite notturne, martellate.
E poi ancora: spiegazione del caso, pericolo, azione, salvataggio, la cliente che s’innamora di Ryo, lui che trova il modo di non concludere perché è innamorato della sua socia e a ha nel cuore solo lei.
Stop.
Fine.
Tutto il resto non era contemplato.
Nemmeno provarci con la suddetta socia, né farle capire che quella era tutta scena, e che non l’avrebbe tradita mai.
Ma Kelly… Kelly era andata troppo oltre, aveva osato fare ciò che nessuna si era mai permessa di fare: fermare Kaori e la sua gelosia, per arrivare a lui.
 
Animato da un bieco sentimento che andava via via impadronendosi di lui, con molta più cura del previsto rimise in piedi Kaori, che continuava a cadere da tutte le parti, e nel farlo la ex t-shirt che stava indossando, cedendo, stirandosi, e appallottolandosi sotto le sue mani, improvvisamente gli mostrò qualcosa di insperato: lo scollo slabbrato della maglietta, infatti, gli offrì una fugace visione del seno morbido e sodo della sua compagna, ovviamente nudo, e Ryo fu preso immediatamente dall’arsura e dal batticuore.
Ci mancava solo che vedesse il superbo seno della donna che più desiderava al mondo, così l’immagine di Kaori, vestita in quel modo, sapendo come fosse sopra e sotto il tessuto, avrebbe tappezzato le pareti della sua capoccia fino alla fine dei suoi giorni.
 
Delicatamente Ryo la condusse al suo letto, spingendola a sedersi, ma non appena la lasciò andare, questa cadde all’indietro sulla schiena, con le braccia sopra la testa, atterrando sul soffice cuscino.
Quel movimento le alzò la t-shirt scoprendo nuovamente le sue lunghissime gambe, e soprattutto quel capo di biancheria intima che ormai era scolpito col fuoco nella mente dello sweeper; inghiottì la saliva e scrollò la testa.
Si accomodò sul letto a sua volta e la rimise a sedere sospirando; poi sbuffò:
 
“Ma tu guarda che razza di partner che mi è capitata, che si fa fregare così e non si accorge di essere stata drogata!” e prese a darle leggeri schiaffetti sul viso per farla rinvenire.
 
“Kaori… dai… su… su… e dai! Svegliati!” però ancora non riusciva a ridestarla “Dai, vuoi svegliarti???” alzando leggermente il tono della voce, sempre con scarsi risultati.
 
Pensò allora di far ricorso alla psicologia e con un ghigno malizioso prese a dire:
 
“Uuuuhhh, guarda che sventola! Adesso corro da lei, tanto Kaori non può fermarmi!” e fece una piccolissima pausa, e poi come se gridasse verso un punto ben preciso, lontano da lì: “Signorina??? Signorina??? Vorrebbe uscire con me??? Sì sì??” e di scatto si voltò a guardare verso la socia che non reagiva nemmeno allo stimolo della gelosia, e che anzi, sospirando, emise un “Ryooo” strascicato che, al contrario, fece scorrere un brivido elettrizzante lungo la schiena dell’uomo.
 
Leggermente contrariato e scoraggiato di non riuscire a svegliarla, pensò nuovamente di provare a verificare dall’alito della socia se gli riusciva di stabilire quale sostanza avesse ingerito, così da trovare un qualcosa per neutralizzarla; avvicinò il viso al suo, e passandole un braccio intorno alle spalle, si dispose ad annusarne le labbra.
Un pensiero bizzarro gli attraversò la mente:
 
Se provassi a baciarla ora, al risveglio non si ricorderebbe nulla” ed un secondo dopo, attirato inesorabilmente da quelle labbra tentatrici, era già lì che la baciava, prima ancora di aver provato anche solo una volta a resisterle.
E non appena si accorse di aver commesso l’irreparabile, e di star praticamente approfittando dello stato confusionale di Kaori, fu assalito immediatamente dai sensi di colpa.
Stava già per ritrarsi quando sentì che la ragazza incominciava a rispondere al suo bacio, con altrettanta passione.
 
E Ryo perse il lume della ragione.
 
Chiudendo gli occhi si lasciò andare al desiderio; era così bello baciarsi, erano così morbide e soavi le labbra della donna che faceva battere il suo cuore.
Era un sogno che si stava avverando.
E fu naturale per entrambi approfondire quel contatto intimo ed eccitante, ma quando le lingue presero a lambirsi, l’uomo spalancò gli occhi di scatto e si allontanò con veemenza, come se il corpo di Kaori potesse scottarlo; ritrasse anche le braccia tanto che Kaori ricadde sul letto, ancora mezza addormentata, come un sacco di patate.
 
La ragazza protestò nel sonno, biascicando qualcosa, e Ryo si sentì doppiamente in colpa, primo per aver approfittato di lei, e secondo per averla lasciata andare in malo modo.
Sbuffando la ritirò su e, trascinandola di peso, le fece appoggiare le spalle sul mobile dietro il suo letto, quello che fungeva da testiera, almeno così non sarebbe più caduta.
 
Che situazione!
Che situazione imbarazzante!
Pericolosa piuttosto!
Avere lì Kaori, sul suo letto, mezza discinta, così invitante, così indifesa, col desiderio a mille… era stato veramente troppo per lui.
 
Prese a girare nervosamente per la stanza, sbuffando.
Gli sembrava di essere in un vicolo cieco.
Ogni tanto si fermava a fissarla, e pensare:
 
Guardala! Ma come cavolo si è vestita per andare a dormire?  Non lo sa che così è una bomba sexy??? Come faccio a resisterle?” per poi aggiungere “Però certo, siamo in piena estate, non poteva mettersi un pigiama di flanella… e poi mica lo sapeva che IO l’avrei vista in quel modo, e che IO sarei andato fuori di testa per questo!” e a quel punto iniziava a prendersi a pugni la testa, per poi ricominciare a girare a vuoto.
 
Ad un certo punto, sentendosi soffocare, pensò bene di spalancare la finestra, così la frescura della notte gli avrebbe schiarito le idee, raffreddato gli ormoni, almeno così sperava, e magari svegliato Kaori; dannazione, averci pensato prima.
Infatti nel momento in cui Kaori fu raggiunta da una leggera corrente d’aria, istintivamente rabbrividì e mugugnò nel sonno, stava quasi per rannicchiarsi nuovamente quando Ryo la raggiunse e, messi da parte tutti i desideri, le fantasie e i sensi di colpa, si sforzò di tornare ad atteggiamenti più camerateschi e neutri.
Riprese a scuoterla debolmente e a schiaffeggiarla leggermente, intimandole in tutti i modi di svegliarsi.
 
Alla fine, improvvisamente, Kaori spalancò gli occhi e, guardandolo con cipiglio, gli rifilò una sonora sberla.
 
Ryo trasalì, più per la sorpresa che per la botta, e la guardò allibito con la bocca spalancata.
E la prima cosa che pensò fu:
 
Ecco, mi punisce per aver osato baciarla. Ben mi sta!” ma quando lei si decise a parlare, lo stupore raddoppiò perché gli disse:
 
“Hai finito di schiaffeggiarmi???”
 
Uno stuolo di corvi neri sfilò berciando sopra la testa dello sweeper, prima di uscire dalla finestra, mentre il nostro morazzone si grattava il capo in difficoltà, emettendo una serie infinita di “eheheheheh”.
 
Poi Kaori, sbattendo più volte le palpebre e guardandosi intorno, chiese:
 
“Cosa ci faccio in camera tua, e in piena notte?” e interrogandolo con sguardo torvo: “Mi hai fatto qualcosa? Di’ la verità!”
 
“Chi-chi, io?” prese a farfugliare Ryo “No-no, non saltare subito alle conclusioni” cercò di giustificarsi, e per dare più enfasi alle scuse, si mise a muovere le mani davanti a sé, ruotandole avanti e indietro e indietreggiando.
 
Poi si bloccò all’istante, e assunse nuovamente l’aria seria dello sweeper.
Voltò la testa in direzione della porta e si mise come in ascolto; fece segno di tacere alla sua socia, e quando questa esclamò un “Allora, Ryo?” spazientito, lui la raggiunse e le mise una mano sulla bocca, sussurrandole all’orecchio:
 
“Ssshhh, non dire una parola”.
 
La ragazza impressionata si azzittì all’istante, turbata anche da quell’ordine che le aveva fatto provare un colpevole brivido di piacere.
 
Però entrambi finirono per fissare il pomello della porta e, nella penombra della stanza, lo videro fare un mezzo giro e poi arrestarsi.
La porta era stata chiusa a chiave, e l’unica altra persona presente in casa non sarebbe potuta entrare.
 
Kelly, dall’altra parte, trovandosi l’accesso sbarrato e prima ancora avendo sentito bisbigliare i due, nonché Kaori chiamare per nome il suo socio, aveva ghignato, leggermente scocciata:
 
Sono arrivata tardi… quella ragazzina mi ha preceduta” per poi aggiungere, sempre fra sé e sé: “Ma non è ancora finita, e non me ne andrò di qui senza aver avuto, almeno una volta,Ryo Saeba tutto per me!
 

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Capitolo 4
*** C'è un uomo fra di noi ***



E così vediamo cosa succede fra i due sweeper dopo essersi chiusi in camera…
Grazie infinite per l’accoglienza che avete riservato a questa storiellina, che sembra piacervi un po’. Le vostre rec mi riempiono di gioia ^___________^
Buona lettura!
Eleonora



Cap. 4 C’è un uomo fra di noi
 
 
I due sweeper erano rimasti immobili e come in ascolto per attimi che parvero eterni, ma quando non percepirono più quella strana presenza leggermente inquietante, entrambi si rilassarono, sciogliendo così la tensione accumulata.
 
Ryo a quel punto si voltò a guardare la socia che, ad occhi spalancati nel buio, si chiedeva come mai ancora il socio non si decidesse di toglierle la mano dalla bocca.
Ebbe così un pensiero folle e fulminante insieme, e cioè quello di baciargli l’interno della mano; mosse quindi leggermente le labbra e le dischiuse, in un gesto deliberato: voleva che lui capisse che quello era un vero e proprio bacio, e non una casualità.
 
Lui sentendo il dolce tepore delle sue labbra, fu preso da un turbamento stordente, ed in preda ad una profonda emozione ritrasse lentamente la mano, sempre senza smettere di guardarla.
Anche lei lo fissava intensamente, ma restarono in silenzio, anche quando la bocca di Kaori era ormai libera e avrebbe potuto parlare.
Ryo, dal canto suo, impossibilitato a dire alcunché, continuava ancora a sentire il calore di quelle labbra proibite impresso nel palmo, e per un attimo pensò che non aveva mai provato contatto più intimo e sublime con nessuna delle donne avute.
 
Poco dopo la ragazza ruppe gli indugi, ma stavolta bisbigliando, e gli chiese:
 
“Vuoi spiegarmi cosa succede?”
 
Ryo si riscosse, finalmente, e sedendosi sul letto accanto a lei si passò una mano fra i capelli, tradendo una profonda frustrazione.
Kaori si impensierì: se il partner era così agitato, la cosa era seria per forza.
Attese paziente che lui parlasse.
Infine, traendo un gran sospiro, il socio parlò:
 
“Da dove cominciare?” ma era una domanda retorica; cercò di raccogliere le idee e poi buttò lì di getto:
 
“Kaori, Kelly è un uomo!”
 
Silenzio.
 
Poi Kaori scoppiò a ridere come un’ossessa, e ricadde indietro sul letto, torcendosi dalle risate.
Lui dapprima la guardò stranito, poi prese ad intimarle di tacere, e anzi si buttò su di lei con l’intenzione di ritapparle la bocca, perché non aveva nessunissima intenzione di farsi sentire dalla cliente.
 
“Zitta, stai zitta!” ordinava.
 
Ma lei si divincolava e a stento riusciva ad infilare due parole in croce, soffocata dal gran ridere:
 
“Hahahaha, ma che stai dicendo? Ahahahaha, sei forse impazzito? Ahahhaha, Ryo, ahhahaha, Ryo!”
 
“Smettila! Non c’è niente da ridere!” e poi: “Vuoi smetterla? È una cosa seria questa! Vuoi starmi a sentire?” e nel mentre cercava di bloccarla nel suo contorcersi, ma lei gli sgusciava da sotto le mani come un’anguilla ridanciana, e lui non riusciva né a farla smettere di ridere, né a farla tacere.
 
Quasi rimpianse quando, fino a poco prima, la partner era mezza in catalessi; a giudicare dall’energia ritrovata, qualunque cosa avesse ingerito in precedenza, aveva già terminato il suo effetto.
 
Tutto quell’agitarsi dei due, però, distesi sul letto, ben presto fece nascere strani pensieri nella mente di ognuno, e piano piano si acquietarono, spaventati da ciò che avrebbero potuto finire per fare, e che poco o nulla c’entrava con le risate.
 
Tornarono seri quasi all’improvviso e, con aria colpevole, si separarono.
Si misero a sedere a gambe incrociate, uno davanti all’altra, e Ryo evitò di abbassare lo sguardo su quelle nude della compagna.
 
Questa volta fu Kaori a riprendere il discorso, lei che, colpita dall’assurdità dell’affermazione del socio, si era fatta prendere la mano ed era scoppiata in quel modo:
 
“Scusa… ho capito bene?”
 
“Sì… ho detto che Kelly è un uomo!” rispose compito Ryo, e per un attimo Kaori pensò che era buffo ed estremamente adorabile quando faceva quella faccia da bambino saputello.
Le venne da sorridere.
 
“Ricominci?” intimò lui.
 
“Ma no, no! Ridevo per la tua faccia buffa!” precisò.
 
“Ah” sbottò, imbronciandosi, l’uomo.
 
“Su dai, non fare l’offeso. Vuoi spiegarmi cos’è questa storia?” l’incoraggiò Kaori “E comunque dovrai convenire con me che ha dell’incredibile quello che mi hai appena detto. Immagino che l’avrai vista bene, Kelly, e mi sembra tutto tranne che un uomo. Perfino tu le morivi dietro sbavando!”
 
“Quello era prima” rispose laconicamente lo sweeper.
 
“Prima di cosa?” stava quasi per spazientirsi la collega.
 
“Prima che lo vedessi!” borbottò a disagio.
 
“Insomma Ryo, vuoi essere più preciso? Ti devo cavar fuori le parole con le pinze! Riesci a fare una frase un po’ più lunga???” finì per dire Kaori esasperata, sull’orlo di una crisi di nervi.
 
“E va bene. Ti racconto tutto dall’inizio, ma promettimi che non mi aggredirai né prenderai a martellate!” e nel dirlo la guardò con aria minacciosa.
 
La socia alzò le mani in segno di resa e annuì.
 
“Bene” disse Ryo più tranquillo “Dunque il fatto è che … è che… quando prima di cena mi hai chiesto di andare a chiamare Kelly che si stava facendo un bagno, io non ho capito più niente …” e verificò la reazione della socia che, imperscrutabile, lo stava ascoltando “ … e sono entrato di filato nella stanza, deciso a saltarle addosso. Figurati che era pure nuda!” e per un attimo parve perdere il filo del discorso, però poi un leggero colpetto di tosse della ragazza, lo richiamò immediatamente all’ordine “Dicevo che era completamente nuda ma… ma…” inaspettatamente cominciò a balbettare.
 
Kaori, che iniziava già a deconcentrarsi perché troppo annoiata da quella lunga tiritera, trattenne a stento uno sbadiglio, allora Ryo, piccato dal disinteresse dimostratogli dalla compagna – che, appunto, sapeva molto bene come lui si comportasse con le clienti e quindi non c’era niente per cui stupirsi – per richiamare la sua attenzione quasi urlò:
 
“Era in piedi davanti al water e faceva la pipì!!!”
 
Finalmente, con quest’ultima frase, riuscì a riaccendere l’interesse della donna che gli sedeva di fronte; la vide sgranare tanto di occhi e spalancare la bocca attonita.
Questo diede la stura alla parlantina di Ryo, perché prese a dire:
 
“Ma non capisci che grave errore ho fatto? Non mi sono accorto che era un uomo! Il mio mokkori power ha fatto cilecca, mi ha tratto in inganno. Io credevo che fosse la sventola più sventola che avessi mai visto, e sembrava anche ben disposta, sembrava… sembrava che alla fine ci sarebbe stata. Il suo temperamento, la sua sensualità...! L’avresti detto che era un uomo? No? L’avresti detto? No, perché anche tu hai creduto che fosse una donna bellissima, vero? E invece no! Sotto, sotto Kaori, è come me! Ci pensi?”
 
“Guarda che ci ha provato anche con me…” buttò lì la socia.
 
“… quel seno, quel sedere a cui manca il dono della parola, quelle labbra…” continuavano i vaneggiamenti dell’uomo.
 
“Ho detto che ci ha provato anche con me…” reiterò la ragazza, alzando il tono della voce e leggermente infastidita che lui non la stesse ascoltando.
 
“Cos-cosa hai detto?” esclamò il socio all’improvviso.
 
“Che Kelly ci ha provato in un paio di occasioni anche con me, e la prima volta te ne saresti anche accorto, se non fossi stato così tanto preso ad irrorare di bava il pavimento del Cat’s Eye. E non provare a dire che è perché sono un mezzo uomo o un travestito, che ti uccido seduta stante. Tra l’altro direi che se qui c’è un travestito, quello non sono io!”
 
“E quindi? Non ti sconvolge che la cliente in realtà sia un uomo?” chiese stupitissimo Ryo, non dando peso alle rivelazioni che gli aveva appena fatto la partner.
 
“E perché mai? Piuttosto non capisco perché la cosa ti sconvolga tanto, visto che sei abituato a frequentare certa gente nei tuoi locali!” sbottò esasperata, alzandosi dal letto “Forse perché il tuo amichetto ti ha tratto in inganno?” chiese sarcasticamente, ormai in piedi; e poi: “Non spetta a noi giudicare. Lei, lui, o chiunque sia, ci ha assoldato per scomparire dalla circolazione, e noi abbiamo dato la nostra parola che l’avremmo aiutata; non possiamo tirarci indietro. E poi sono soldi, quelli, quindi…”
 
“Aspetta, aspetta un momento” le chiese lui allarmato “Ma dove staresti andando, adesso?”
 
“Mi sembra ovvio, a dormire!”
 
“Ma sei impazzita? Quella è un uomo, e l’hai detto tu che ci ha provato con te… e poi vorresti andare a dormire così conciata?” e la indicò con dito tremante.
 
Kaori si guardò addosso e poi fissò i suoi occhi increduli su di lui:
 
“Così come? Cosa vuoi che mi metta, uno scafandro? Saranno quaranta gradi anche stanotte!”
 
“Tra l’altro, quella non era una mia maglietta?” chiese lo sweeper.
 
Era, perché tu non la mettevi mai e allora l’ho presa per me, ma se vuoi te la ridò” e inaspettatamente fece il gesto di sfilarsela, afferrandola dai lembi inferiori; ma Ryo saltò su a bloccarla: forse lei si era completamente dimenticata di non avere niente sotto, e ci mancava solo che si denudasse davanti a lui.
 
“No, no, tienila pure!” l’assicurò, con la fronte imperlata di sudore.
 
“Eh?” Kaori non si capacitava dello strano comportamento del socio, ma nuovamente le salì uno sbadiglio e passandosi una mano fra i corti capelli, arruffandoseli, fece per avvicinarsi alla porta, con l’intenzione di uscire.
 
“Dove vai?”
 
“Te l’ho detto! A. Dormire” scandì.
 
“Non puoi”.
 
“Come non posso? E cosa vorresti che facessi, che vegliassi fino a domani?” domandò con irritazione.
 
“Non puoi andartene a dormire, con Kelly in camera, con te!”
 
“Ti ho già detto che è innocua! È vero, ci ha provato un paio di volte, ma non erano avances esplicite, e poi magari scherzava… figurati se vuole me sul serio” e prese a ridacchiare in preda alla vergogna.
 
“Infatti vuole me!” concluse Ryo, mettendo fine alle risatine della collega.
 
“Cioè?”
 
“Ti ha drogato, Kaori! Ti ha dato un sonnifero perché tu te ne restassi buona buona mentre lei ci provava con me. Ho lasciato di sotto Kelly con una scusa ad aspettarmi, e mi sono precipitato da te per poterti parlare, ma non ti svegliavi e allora ti ho preso di forza e portato fin qui, chiudendo poi la porta a chiave. Però eri ancora sotto l’effetto della droga, e ci ho messo un sacco a ridestarti. Mi dispiace se ti ho fatto male schiaffeggiandoti…” concluse.
 
Kaori si fece improvvisamente seria e triste insieme.
Veramente si era fatta fregare come una stupida; di sicuro Kelly le aveva sciolto del sonnifero nel famoso tè dal sapore speziato, e lei c’era caduta come una pera cotta.
Che razza di sweeper era, se non si accorgeva che qualcuno la stava drogando?
Certo non poteva aspettarsi che proprio la cliente di turno, che chiedeva il loro aiuto, provasse a fregarla in quel modo.
Ed era andata bene per quella volta, perché, apparentemente, la tipa voleva solo spassarsela con Ryo, almeno così si augurava.
Ma se al contrario la signorina Maryu fosse stata animata da intenzioni malvagie, Kaori sarebbe stata inservibile come alleata di Ryo, non avrebbe potuto guardargli le spalle, e la nemica avrebbe avuto la via spianata.
Abbassò lo sguardo, sconfitta:
 
“Mi dispiace Ryo, sono una buona a nulla!”
 
Ryo a quelle parole sentì il cuore contrarsi e poi espandersi in un moto di affetto.
Kaori sembrava così indifesa, così vulnerabile, in quel momento, che avrebbe tanto voluto correre da lei e stringerla fra le braccia, assicurandole che non era successo niente d’irreparabile, che non si dispiacesse per nulla.
 
Si avvicinò, invece, lentamente, e allungando una mano a toccarle una spalla, le disse dolcemente:
 
“Avanti socia, non prendertela, capita a tutti di venir fregati. Guarda me!” concluse sorridendo, e a quel punto la ragazza rialzò gli occhi, carichi di passione e speranza: veramente lui non ce l’aveva con lei, non la considerava una schiappa, per essersi fatta giocare in quel modo stupido dal nemico?
 
“Un sonnifero…” mormorò la ragazza.
 
“Già” confermò l’uomo allegramente.
 
“Eppure… eppure…” e portandosi una mano alle labbra a sfiorarsele “ho fatto un sogno strano…” e arrossì.
 
Ryo dal canto suo riprese a sudare freddo; quella lunga notte estiva sembrava non dovesse finire mai.
 
Ma poi Kaori si riscosse e, in piedi davanti alla porta, guardò nuovamente il suo socio:
 
“Ascolta, sento che mi sta tornando il sonno e domani abbiamo una giornatina impegnativa, io devo dormire. Ti saluto”.
 
E fece per afferrare il pomello della porta.
 
“Aspetta!” Ryo le bloccò il braccio “Non andare!”
 
“Oh, avanti Ryo! Sii serio! Cosa vuoi che mi faccia Kelly mentre dormo? Una visita notturna?” e lo guardò con l’aria da presa in giro.
 
“Be’… no… cioè… sì…” si confuse.
 
“Visto? Okay, allora vado…”
 
“E se dovesse tornare? L’hai sentita anche tu, prima,quando ha provato ad entrare. Quello vuole me!” finì per dire Ryo terrorizzato.
 
“E tu la respingerai! Sei così bravo in questo!” gli rifilò lei.
 
Ryo trasalì, come fosse stato realmente colpito da una stilettata.
Provò un improvviso dolore in mezzo al cuore, perché quelle parole erano più vere del vero.
Sì, lui era bravo a respingere, ma una donna soltanto, cioè solo colei che al contrario più desiderava al mondo.
E lei che non sapeva quanto il socio l’amasse, conosceva invece benissimo quanto male facesse essere rifiutata da lui.
 
Kaori si accorse subito di averlo ferito enormemente, e si stupì perché non si aspettava che lui se la prendesse così tanto, in fondo non aveva detto niente di così campato per aria, ed era sicura che lui avrebbe ribattuto con un’altra rispostaccia delle sue, che li avrebbe fatti bisticciare come al solito, e nulla più.
Quindi si addolcì, e gli ripeté:
 
“Dai Ryo, fammi andare a dormire… ne ho bisogno!”
 
Il cambio di voce parve sciogliere l’uomo, a cui sfuggì detto:
 
“Resta, resta qui con me!” e appena se ne accorse s’imbarazzò per essersi lasciato andare in quel modo.
 
Kaori tacque, imbarazzata al par suo, ma si affrettò a scacciare dalla mente i mille piacevoli pensieri romantici che già le stavano facendo perdere la ragione.
 
Ryo le aveva fatto quella proposta solamente perché temeva che Kelly si sarebbe approfittato della partner, se avessero dormito insieme nella stanza degli ospiti, e soprattutto perché non voleva che lei lo andasse a trovare in camera sua, tentando un approccio come aveva intenzione di fare.
Nulla di più.
Kaori era, e sarebbe sempre stata, la sua collega, il suo scudo e, in quel caso, anche la scusa per non rimanere da solo con quella creatura ambigua; allo stesso tempo Ryo voleva preservarla da situazioni potenzialmente pericolose, o imbarazzanti, da buon fratello maggiore, e non perché fosse geloso di lei.
Punto.
Questa era la verità, e inghiottendo l’improvviso groppo che le era salito alla gola, la ragazza annuì, e fece per ritornare verso il letto, in preda alla rassegnazione e ad un leggero senso di disagio.
 
In realtà non era neanche la prima volta che finivano per dormire insieme, ma quando era successo, era sempre stato al termine di litigi e strepiti vari su chi dovesse o meno usare il letto, su a chi toccasse una coperta piuttosto che l’altra, e via discorrendo.
Forse era per scacciare l’imbarazzo di dividere un giaciglio come due semplici colleghi di lavoro, mentre, al contrario, sentivano di essere qualcosa di più, e cioè un uomo ed una donna che si piacevano parecchio e che provavano attrazione uno per l’altra.
 
Ma stavolta era diverso; vedere Ryo che si dimostrava accogliente ed ospitale, lasciandole facoltà di scegliere da che lato dormire ad esempio, o premurandosi che stesse comoda, anziché fare tante storie come al solito, non la faceva stare tranquilla per niente.
Non era da lui, e il fatto che tardasse a raggiungerla, non solo la metteva ulteriormente in difficoltà, ma le faceva capire che anche il partner, evidentemente, era in difficoltà e parecchio.
 
Si infilarono così sotto l’unico lenzuolo presente, ognuno sul lato esterno del letto, dandosi la schiena.
Ad occhi aperti entrambi trattenevano il respiro, attenti ai micro movimenti dell’altro; si sarebbero mai addormentati, agitati da tanta tensione?
 
Ad un certo punto Kaori squarciò quel silenzio pesante sussurrando, ma abbastanza chiaramente da essere capita senza ombra di dubbio:
 
“Cosa mi hai fatto prima?”
 
“Niente, perché?”
 
“Bugiardo!” commentò lei, ma non si mosse né aggiunse altro.
 
Ryo accusò il colpo e non disse altro.
 
Molto dopo, finalmente si addormentarono, vinti dalla stanchezza.
 
 

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Capitolo 5
*** Facciamo finta che... ***


Bene, siamo più o meno alla metà della storia… almeno a livello di capitoli…
Spero che vi piaccia anche questo, così come i capitoli precendenti.
Da parte mia non posso che ringraziarvi di tutto cuore per le bellissime rec che mi avete lasciato, e per la vostra stima e simpatia. GRAZIE ma ora….. via! Leggete leggete leggete ^_^
Eleonora




Cap. 5 Facciamo finta che…
 
 
La mattina seguente Ryo scese di sotto fischiettando, apparentemente di buon umore.
La notte era trascorsa tranquilla, nonostante il desiderio di approcciarsi all’adorata socia, che giaceva accanto a lui, l’avesse tormentato non poco; ma l’imbarazzo, e soprattutto le vecchie remore, lo avevano continuamente frenato, quindi, di fatto, non era successo niente.
L’aveva sognata tutto il tempo, ed era stato ben felice di dormire con lei, anche così.
Quando Ryo si era svegliato Kaori era già andata via e, constatandolo, non gli era rimasto che sospirare leggermente deluso.
C’era da aspettarselo però, perché non solo lei era molto più mattiniera di lui, ma di sicuro aveva voluto evitare di ritrovarsi a tu per tu con il socio, e dover affrontare nuovamente una situazione potenzialmente imbarazzante che li avrebbe messi nuovamente in difficoltà.
 
In realtà quando Kaori si era ridestata per prima, entrambi erano stesi supini sul letto e si tenevano per mano; un gesto innocente che li aveva traditi nella voglia di sentirsi, di stare insieme.
E poiché la ragazza non poteva sapere chi dei due avesse cercato l’altro per primo, o se addirittura non fosse stata proprio lei a farlo, aveva semplicemente accettato la cosa arrossendo di piacere; e quando l’aveva sciolta lentamente, aveva udito l’amato socio mormorare il suo nome con così tanta dolcezza, che avrebbe tanto voluto saltargli addosso e ricoprirgli il viso di baci.
Ma poi si era ricordata che la sera prima si erano realmente baciati, che era stato lui a prendere l’iniziativa, mentre lei era ancora sotto l’effetto del sedativo, e che quindi, come di consueto, lui aveva negato.
Kaori non voleva ripetere l’esperienza, e la prossima volta, si disse, sarebbe stata con loro due entrambi coscienti e senza possibilità di fraintendimenti o marce indietro.
Sospirando si era alzata dal letto, e dopo averlo guardato lungamente per l’ultima volta, era uscita dalla stanza, preparandosi a vivere una nuova giornata tutta da scoprire.
 
Nel momento in cui lo sweeper entrò in cucina, vide subito che le due donne erano già lì; Kelly languidamente seduta al tavolino, e Kaori dietro ai fornelli a finire di cuocere le ultime cose.
Un buon profumo di caffè aleggiava nell’aria e l’uomo esordì così:
 
“Oh, che bello iniziare bene la giornata con un ottimo caffè… come me lo fa la mia cara socia, poi…” e sorrise deliziato, attirando l’attenzione della suddetta socia, che lo guardò di sottecchi: non era da lui farle complimenti di sorta, e già si aspettava che presto sarebbe arrivata la solita battutaccia.
 
Kelly invece esclamò, rianimandosi alla sua vista:
 
“Ryo! Vedo che stamattina sei in forma e di ottimo umore. Meglio così! Ieri sera eri così… così strano!”
 
“Merito della mia dolce Kaori” rispose lui, raggiungendola e mettendole un braccio intorno alle spalle, in atteggiamento protettivo e affettuoso insieme.
La ragazza, impensierita e stupita da quel gesto, con la coda dell’occhio fissò la mano del socio, appoggiata sulla sua spalla, come a voler controllare che non sfuggisse chissà dove, mentre la cliente incuriosita chiedeva:
 
“Ah, sì?”
 
La signorina Maryu sapeva molto bene che quei due avevano passato la notte insieme, ed era estremamente interessata a conoscere i dettagli.
 
“Certo! La mia fidanzata qui presente, ha il potere di rallegrarmi la vita: è come un raggio di sole nella notte oscura”.
 
Al che, la fidanzata in questione, cercando di reggergli momentaneamente il gioco, non sapendo cosa avesse in mente il partner e dove volesse andare a parare, gli disse tra i denti, sfruttando le sue innate doti da ventriloqua:
 
Cosa stai dicendo, idiota?
 
E di fronte ad un’interessatissima Kelly, Ryo proseguì, sprizzando gioia da tutti i pori:
 
“Sì, la mia fidanzata, nonché promessa sposa, è l’unica donna che fa per me!”
 
E già Kaori era sull’orlo dello svenimento, frastornata da un misto di rabbia, vergogna, dolore, speranza…
Cosa si era messo in testa quella sotto specie di bertuccia ghignante?
Gli sibilò, scandendolo:
 
Non. Dire. Cose. Che. Non. Pensi”.
 
Ma il peggio doveva ancora arrivare, perché Ryo, sordo alle velate minacce della donna, terminò con aria soddisfatta:
 
“È anche l’amante perfetta… non so se rendo” e finì per ammiccare a beneficio della cliente, che emise un: “Ooohhh” strabiliato, un secondo prima che l’uomo venisse scaraventato contro la parete da un kompeito gigante di lucido metallo, con la scritta Sei uno spudorato, crepa!
 
Subito dopo quell’inevitabile scoppio d’ira, Kaori fuggì via correndo, rossa in viso, ma Ryo riuscì a disincagliarsi rapidamente e si gettò al suo inseguimento.
 
In un batter d’occhio la raggiunse in terrazza; si era rifugiata in un angolo appartato, con le mani sul viso a coprirselo.
Gli stava dando le spalle, e singhiozzando in preda ad un forte turbamento, non voleva farsi vedere da lui.
 
“Vattene via!” gli gridò fra le lacrime.
 
Ma lui impietrito la guardava, incapace di avanzare o tornare sui suoi passi.
 
“Vattene via, ho detto!” ripeté la ragazza.
 
Era troppo sconvolta per parlare con lui, per ragionare, o anche solo per prestarsi a quello scherzo idiota a cui lui l’aveva costretta.
Ryo non avrebbe dovuto giocare in quel modo con i suoi sentimenti, e solo perché non era in grado di respingere delle ipotetiche avances da quella che credeva fosse un travestito; lui che si era fatto fregare dal suo organo periferico preferito, spingendolo verso una donna bellissima che forse non era tale.
Inconcepibile, per l’orgoglio maschile di un uomo che ragionava solo con le parti basse.
E lei?
Cosa c’entrava in tutto questo?
Cosa aveva da spartire con quello stupidissimo sentimento di affronto che stava provando il suo socio?
E poi, passasse che l’aveva fatta apparire come la sua fidanzata, anche se questo le dava un dolore non indifferente; poteva anche accettare che la spacciasse come promessa sposa, pur stracciandosi il cuore al solo pensiero che le sarebbe tanto piaciuto che ciò fosse realtà e non finzione.
Ma dipingerla come un’amante, anzi l’Amante Perfetta di un gaudente come Ryo Saeba, lo Stallone di Shinjuku, di uno che da sempre metteva il sesso al primo posto nella vita, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Lei, che da lui aveva avuto solo un tenero bacio sulla fronte mille anni prima, e un bacio struggente attraverso un vetro quando entrambi credevano che sarebbero morti e non si sarebbero rivisti mai più; lei, che aveva finalmente provato cosa fosse un bacio appassionato e vero giusto la sera prima, ma ricevuto solo perché mezza drogata e subito dopo sconfessato da quell’essere… Be’, quello no, non lo poteva accettare.
 
Come non poteva accettare che lui vedesse tutto il suo tormento; quella era una faccenda privata, che se ne stesse alla larga!
 
Ma Ryo, che non capiva la portata dell’esagerata reazione della socia — lui che da sempre ricorreva a lei per ogni problema, la sua spalla, la sua àncora di salvezza — non riusciva a capacitarsi in cosa avesse sbagliato.
Solo di una cosa però era consapevole, e cioè di averla ferita; e di questo voleva fare ammenda.
Si decise a chiamarla:
 
“Kaori… io…”
 
“Stai lontano da me!” gli intimò nuovamente la ragazza.
 
Ma lui non si scoraggiò e, prima ancora di rendersene conto, era ad un passo da lei alle sue spalle.
 
“Kaori…” sussurrò ancora.
 
Lei non rispose.
 
“Scusami” disse l’uomo, non sapendo ancora bene per cosa “Ti prego, perdonami…”
 
Kaori tirò su col naso e fece ricorso a tutto il suo orgoglio, e asciugandosi malamente le lacrime finì per dire:
 
“Ora mi passa. Non preoccuparti”.
 
E quando infine si decise a voltarsi, se lo trovò di fronte con aria contrita, sinceramente dispiaciuto.
Lei fece per dire qualcosa, ma lui la precedette domandando:
 
“Ma-ma… non vuoi più sposarmi?”
 
Quelle parole fendettero l’aria come lame affilate; Kaori spalancò gli occhi e la bocca incredula; non era sicura di aver capito bene.
E di fronte allo sgomento della ragazza, lui ripeté:
 
“Non vuoi più sposarmi?”
 
“Ry-Ryo, ma che stai dicendo?” e vedendo che lui era serio e si aspettava realmente una risposta, la ragazza rispose stravolta: “Sì, sì… cioè, no. Ma che vuol dire?” sbuffò infine esasperata.
Non voleva esporsi.
 
“Pensavo che tu volessi vivere per sempre accanto a me, essere la mia famiglia, che aspettassi che io mi prendessi le mie responsabilità… Non è più così?” domandò con un filo di disperazione nella voce.
 
“Certo che sì, ma… non in questo modo… voglio dire… Eri serio, o l’hai detto solo per dissuadere Kelly dal saltarti addosso?”
 
Ryo, a quel punto rimase senza parole: di fronte all’evidenza non sapeva più cosa rispondere.
Lui, che non sapeva mai infilare una frase giusta quando si trattava di parlare chiaramente dei suoi sentimenti con la donna che amava, si arenò per l’ennesima volta, e anziché dare voce al suo cuore, come avrebbe dovuto fare, tacque.
 
Kaori, che non si aspettava nulla più di questo, ingoiò il magone e si fece forza: c’era passata così tante volte che si sarebbe stupita del contrario; probabilmente Ryo l’amava a modo suo, ma ancora non sapeva fino a che punto, né come dimostrarglielo.
Come tutte le donne innamorate, avrebbe tanto voluto che lui ricambiasse apertamente i suoi sentimenti, che fosse più deciso e meno tentennante, ma anche questo era Ryo Saeba.
Oltre ad essere il cinico sweeper, il freddo professionista, il maniaco sessuale, il pervertito, era anche l’idiota più imbranato del mondo in fatto di relazioni serie, soprattutto quando c’era di mezzo la sua adorata socia, che – nonostante, o proprio a causa di tutti i loro trascorsi e degli anni vissuti insieme – rappresentava una donna irraggiungibile, la purezza fatta persona, l’ideale incontaminato e perfetto a cui lui non riusciva ad approcciarsi per paura di non esserne all’altezza.
 
A quel punto la ragazza gli si fece più vicino, tanto che Ryo poté sentire il suo profumo e distinguere le ultime lacrime brillare fra le lunghe ciglia.
Avrebbe voluto allungare una mano e detergerle, ma era come pietrificato, impalato, di fronte a colei che in quel momento sprigionava così tanta forza e determinazione, proprio come quella volta nella radura, dopo la sparatoria con il generale Kreutz.
Kaori lo stava fissando intensamente e, sicura di averlo in pugno, disse:
 
“E va bene, faremo finta di essere fidanzati… Di più: promessi sposi, come hai detto tu, e anche amanti…” e qui, nonostante tutto, arrossì leggermente, ma non abbassò lo sguardo “Faremo finta. Ma intanto iniziamo da qui” e alzandosi leggermente sulle punte, gli circondò il collo con le braccia e, tirandolo a sé, lo baciò appassionatamente.
 
Ryo fu immediatamente travolto da uno tsunami di emozioni, e chiudendo gli occhi si abbandonò totalmente a lei.
Se possibile, il bacio fu ancora più magico di quello che si erano scambiati la notte precedente, quando lui gliene aveva voluto rubare uno, ed erano finiti per baciarsi così intensamente che aveva quasi perso la testa.
Qui invece sentiva tutta la potenza dell’amore di Kaori che, con naturalezza e semplicità, stava dando sfogo ai suoi sentimenti, senza più remore, senza più nascondersi, affermando ormai l’ovvio per entrambi.
Ryo ne fu piacevolmente sopraffatto e si lasciò guidare dai gesti della ragazza, felice di poter subire il suo slancio, tuttavia quando fu sul punto di prendere in mano la situazione, e di iniziare a fare la sua parte, la donna si staccò da lui, lasciandolo interdetto e leggermente deluso.
Lo sweeper, confusamente, si chiese perché fosse già tutto finito; ma quando riaprì gli occhi, lei non c’era già più.
 
Ormai solo sulla terrazza, col sole a picco, rimase così impalato per un tempo eterno, insensibile a tutto, e sotto i raggi impietosi di mezzogiorno si rosolò per benino: fumava per l’emozione e per il caldo, e con una faccia da ebete continuava ad emettere un solo ed unico monosillabo: “eh eh eh”.
Era proprio il caso di dire che Ryo era cotto!
 
Perché, in quella specie di bolla in cui l’aveva imprigionato Kaori, non poteva smettere di pensare che fosse oramai irrimediabilmente e felicemente perduto; che non avrebbe potuto né voluto più tornare indietro; che Kaori aveva vinto, e lui era ormai definitivamente in suo potere.
 
E mentre lo sweeper si arrostiva sotto il sole del Giappone, la sua socia ridiscendeva di corsa nell’appartamento, col cuore che le martellava in gola; fu pure costretta a fermarsi un paio di volte, cercando di darsi un tono, e poter dissimulare con Kelly l’enorme sconvolgimento che le aveva provocato baciarsi con Ryo.
 
Non era ancora pienamente sicura di come fossero andate le cose, con lei che un secondo prima piangeva in preda alla rabbia e alla vergogna, e un secondo dopo era lì che prendeva l’iniziativa e, in un certo senso, si rifaceva sul socio della sua inettitudine.
 
Ma non si pentiva di niente!
 
Avrebbero anche potuto fingere di essere altro, tanto lo facevano sempre!
Avrebbero potuto farlo per tutto il tempo e davanti a Kelly, ma che lei lo amasse e lo desiderasse era una realtà, un qualcosa che lei non poteva più negare; e,assurdo per assurdo, perché non sfruttare la situazione?
La loro relazione non stava andando da nessuna parte, intrappolati in quel limbo insensato ormai da tempo, tanto valeva prendersi qualcosa ogni volta che capitava, come un bacio lì sulla terrazza, o qualcos’altro, chissà.
Anche lui lo aveva fatto, con l’aggravante, però, che credeva, o peggio sperava, che lei non avrebbe ricordato più nulla, visto che era sotto l’effetto di quella specie di droga.
 
 
 
Quando Kaori varcò la porta del salotto, dove ci trovò la bella Kelly seduta sensualmente sul divano, questa la squadrò ben bene, in cerca di indizi rivelatori; la scena surreale di poco prima l’aveva incuriosita ed intrigata enormemente; quei due erano un caso irrecuperabile, due stupidi che giocavano a rincorrersi, per certi versi erano uno spasso e alla luce di questi ultimi eventi, la sfida si faceva ancora più stuzzicante.
Aveva giurato a sé stessa che avrebbe avuto Ryo Saeba, e avrebbe brigato per farlo fino alla fine.
 
Doveva vincere la scommessa.
 
La presenza di Kaori dava più pepe alla situazione, e Kelly si stava divertendo un mondo.
Pertanto chiese alla sua ospite, vedendola rossa in viso e con gli occhi gonfi:
 
“Kaori, mia cara, tutto bene?”
 
“S-sì, tutto bene, grazie. Anzi scusami se siamo scappati via in quel modo. Non è stato da educati fare una cosa del genere”.
 
“Oh, ma figurati. Mi dispiace più per voi…” disse in tono mellifluo con un velo di ambiguità.
 
“Tutto nella norma. Noi siamo… noi siamo… come dire… noi siamo abituati a discutere così, un po’ sopra le righe, ecco” e la ragazza prese a ridacchiare in imbarazzo.
 
Poco dopo fece la sua ricomparsa Ryo, ancora fumante, e Kelly, sempre mezza scosciata e distesa negligentemente sul divano, saltò su rimettendosi a sedere.
Esclamò:
 
“Ma Ryo! Che ti è successo? Sembri scampato ad un incendio!”
 
“Eh? Come? Cosa?” farfugliò.
 
“Non mi dire che ti sei preso un’insolazione” e poi, andandogli incontro con l’intenzione di sentirgli la fronte, “Fammi sentire se hai la febbre” ma lui fece un balzo all’indietro, allarmato:
 
“No-no, non importa grazie, sto bene, sto bene” si affrettò a dire; e poi corse di filato a farsi una doccia fredda, che spegnesse tutto quel calore che gli aveva acceso Kaori, dentro e fuori, con quel bacio incendiario.
 
 
 
Tornò dalle due donne fresco come una rosa rorida di rugiada; aveva ancora i capelli bagnati, e lucidi di acqua che metteva in risalto il nero corvino della capigliatura.
Indossava una maglietta blu aderente e i pantaloni della tuta, leggermente scesi ad evidenziare il ventre piatto e gli addominali scolpiti.
Era scalzo come al suo solito.
 
Kaori gli gettò un’occhiata fugace e arrossì di piacere e desiderio; ancora sconvolta da quello che era stata capace di fare di sopra in terrazza e dall’enorme emozione provata nel baciarlo, sarebbe stata in imbarazzo comunque a guardarlo negli occhi, ma conciato in quel modo era un attentato ai suoi estrogeni in subbuglio.
Inghiottì a vuoto, con la gola riarsa.
 
Lo stesso effetto lo ebbe la loro ospite, che si passò sensualmente la lingua sul labbro superiore, con occhi da predatrice; e Ryo, che li fuggiva, sentì comunque su di sé quello sguardo prensile, e provò un lungo brivido freddo lungo la schiena che gli fece venire la pelle d’oca.
 
Lui non voleva piacere a Kelly!
Questo era il succo della storia, ma sembrava che ogni cosa lui facesse, attirasse inesorabilmente la sua attenzione!
Ah, se fosse stata una vera donna!!!
Non poteva crederci!
 
Quante volte aveva fatto i numeri per sedurre ogni sorta di bella donna gli fosse capitata a tiro e, fra Kaori che gli rovinava la piazza, e i suoi modi da maniaco che rispuntavano fuori quando sembrava fatta, andava praticamente sempre in bianco?
Però ecco, con Kelly non avrebbe dovuto fare nessunissimo sforzo!
Si era dimostrata subito sufficientemente ben disposta, e poi era un vero schianto!
Che disdetta, si disse l’uomo, mai una gioia… la vita era davvero ingiusta!
 
Ma nel bel mezzo di questi ragionamenti, il suo sguardo cadde sulla socia, che stava riponendo le ultime cose armeggiando in cucina, e a testa bassa, leggermente assorta, si portò dietro l’orecchio un ciuffetto ribelle di capelli.
Quel gesto semplice e inconsapevole, tipico della ragazza, scatenò nell’uomo una vera e propria tempesta emotiva; Ryo sentì allora un non so che in fondo allo stomaco, uno scuotimento che lo faceva vacillare, ma che gli procurava una felicità indicibile; si ritrovò a sorridere, incantato da quella visione sublime, desideroso di lei soltanto.
In un attimo dimenticò Kelly e la sua bellezza conturbante, il suo fascino magnetico, artefatto; dimenticò la disdetta di non potersi approcciare alla donna che donna non era; dimenticò la sua smania di avere tutte le donne del mondo, quando quella che più amava era lì ad un passo da lui, così come la vedeva, senza finzioni, senza bisogno di dimostrare nulla.
La sua aura lo avvolgeva, lo coinvolgeva, gli scendeva nel cuore e si mescolava alla sua; con Kaori lui poteva essere sé stesso, ed amato ugualmente, anzi, molto di più.
 
E Kaori, sentendosi osservata, alzò finalmente lo sguardo verso di lui: istintivamente gli sorrise, con gli occhi e con le labbra, quelle stesse labbra che prima lo avevano stregato, assoggettato, annientato.
Ryo sentì il suo cuore accelerare, riempirsi di gioia solo per il fatto di essere stato accarezzato da quegli occhi di ambra liquida.
Improvvisamente sentì forte il bisogno di stringerla fra le sue braccia e baciarla, ancora e ancora, e prepotenti ritornarono i ricordi di quei baci che si erano già scambiati, la notte precedente, e quello di poco prima lì sulla terrazza, a turbare il suo intelletto.
Si chiese se anche per lei non fosse la stessa cosa, o come facesse a restarsene apparentemente così calma, quando lui avrebbe al contrario fatto… fatto… cosa?
 
Questo scambio di sguardi, questo cambiamento nell’atmosfera nella stanza, non sfuggirono alla sempre attenta Kelly, che sogghignò amaramente sotto i baffi: la relazione fra i due soci si stava rapidamente evolvendo, se possibile si stavano avvicinando sempre di più.
Non capiva cosa fosse successo fra loro nelle ultime ventiquattro ore, forse qualcosa di grosso, mentre lei vedeva allontanarsi sempre più la possibilità di avere Ryo.
La situazione le stava sfuggendo di mano, e se non avesse agito al più presto avrebbe perso tutto, anche la scommessa.
 
Si schiarì la gola, attirando l’attenzione dei due che, perduti nella reciproca contemplazione, si erano completamente scordati di lei, e quasi sobbalzarono, prima di arrossire come due adolescenti.
 
Ecco, questa non ci voleva, si disse Kelly, perché un conto era combattere contro un amore inespresso, come quello che c’era all’inizio quando li aveva conosciuti, un altro conto era dover intromettersi in mezzo a due innamorati della prima ora!
Perché al principio dell’innamoramento, il sentimento, l’attrazione, sono così potenti e totalizzanti, che non c’è spazio per altro al mondo.
Anche far leva sugli istinti animali di Ryo sarebbe stato più difficile, se aveva il cuore occupato a battere solo per la sua socia.
 
Caspita, questa non ci voleva proprio!
 
Da non crederci che l’essere venuta in casa loro li avesse in qualche modo spinti ad avvicinarsi!
Sarebbe stato il colmo dei colmi!
Lei che era andata lì per dividerli, o comunque per spassarsela con il famoso stallone di Shinjuku, li stava spingendo uno nelle braccia dell’altra.
 
In ogni caso, appena Ryo tornò in sé, leggermente infastidito dall’interruzione, si ricordò che stavano lavorando e che dovevano portare a termine il caso.
Anzi, immediatamente realizzò che ne aveva già abbastanza di tutta quella situazione, e prima avesse spedito Kelly lontano da lui – da loro – prima sarebbero tornati alla loro vita di sempre, o forse anche meglio: era così stanco di schivare la felicità, che sentiva di voler andare oltre, e poi non avrebbe più potuto far a meno dei baci di Kaori; ed ecco che, se ci ripensava, si straniva ancora.
Si riscosse mentalmente.
Come era mai possibile che anche solo pensarci gli facesse quell’effetto?
Basta, doveva ritornare il freddo professionista che era.
Pertanto raddrizzò le spalle e si decise a parlare:
 
“Oggi vedrò di organizzare la tua fuga all’estero” disse in direzione di Kelly.
 
“Ah, è vero!” ammise lei, leggermente delusa e dimentica del vero motivo per cui era lì.
 
A quelle parole, anche Kaori parve rientrare in modalità sweeper, perché chiese:
 
“Cosa hai intenzione di fare,Ryo?”
 
“Credo che andrò da certa gente che mi deve dei favori: dovrei riuscire a trovare un volo privato che ti possa portare fuori dal paese senza bisogno di documenti vari. Vi chiederei volentieri di venire con me, ma…” e guardò la sua socia con un’espressione strana.
A lei parve realmente dispiaciuto di non poterlo fare, e una folle speranza guizzò nel suo cuore: allora lui veramente la voleva vicina, sentiva il bisogno di stare con lei!
Ma qual era, allora, il motivo per cui non poteva?
E poi Ryo era convinto che Kelly fosse un uomo… forse temeva ancora che la loro cliente ci provasse anche con lei?
Subito dopo Ryo spostò lo sguardo sulla cliente in questione e spiegò:
 
“… non posso, perché sarebbe troppo pericoloso esporre Kelly alla vista degli scagnozzi del suo ex. Se è vero che la stanno cercando, setacceranno il quartiere da cima a fondo, e ne converrai che sei… come dire… troppo appariscente per non dare nell’occhio. L’unico posto sicuro, fino alla partenza, resta casa nostra. Quindi resterete qui, e Kaori ti sorveglierà”.
 
Nuovamente il socio guardò la sua partner, che venne colpita dall’espressione di Ryo, il quale sembrava chiederle scusa; incredibile!
Ryo non aveva bisogno dei consigli degli altri, e quando prendeva una decisione sul lavoro nemmeno lei poteva protestare, doveva accettarla e basta.
Quindi Kaori non sapeva spiegarsi perché, per due volte, avesse avuto la sensazione che a lui dispiacesse non averla accanto e se ne scusasse per questo.
Ma lei annuì in risposta: ci avrebbe pensato lei a sorvegliare la cliente, che stesse tranquillo.
 
“Bene, allora” concluse l’uomo “Vedrò di tornare il prima possibile… non aspettatemi per pranzo” e già stava per infilare la porta d’uscita, quando Kaori aveva già fatto un passo verso di lui:
 
“Ryo?” lo chiamò.
 
“Sì?” rispose lui voltandosi.
 
“… stai attento” quasi gli sussurrò la ragazza “… e torna presto” concluse.
 
E allo sweeper venne una voglia matta di tornare sui suoi passi e correre da lei, e stringerla forte a sé, ma si trattenne, e anzi se possibile sentì crescere l’urgenza di liberarsi di quell’impiccio, anche se non sapeva bene ancora cosa avrebbe fatto poi con la sua socia.
Intanto la faccenda Kelly andava sistemata!
 
Si limitò a risponderle:“Promesso, socia!” e le fece l’occhiolino.
 
Kaori sorrise soddisfatta: Ryo aveva tanti difetti, ma manteneva sempre le sue promesse.
 
Kelly guardò attentamente la sua ospite e mentalmente sbuffò:
 
Guardala! Ci manca solo che le vengano gli occhi a cuoricino!!! Quanto miele,‘sti due!” concluse, quasi schifata e anche un po’ invidiosa.
Si chiese da quanto tempo non si sentisse così innamorata come loro; tanto, troppo tempo, si rispose.
Sospirò.
 

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Capitolo 6
*** Ci scommetto! ***


… e siamo al 6, e anche se non sembra, ci stiamo avvicinando alla fine della storiella.
Ancora GRAZIE infinite per la vostra simpatia, grazie a chi legge e recensisce, a chi legge e va, e a chi rilegge più volte *.*
Buona lettura
Eleonora





Cap. 6 Ci scommetto!
 
 
E così Ryo, dopo essersi cambiato, uscì senza ripassare dal soggiorno, lasciando le due donne da sole.
 
Avevano così poco in comune, che Kaori non sapeva cosa avrebbero potuto fare in un lungo pomeriggio estivo, chiuse in casa.
Be’, lei di cose ne aveva, come occuparsi delle pulizie e dell’appartamento, ma non poteva di certo chiedere alla sua ospite di darle una mano, era fuori discussione, e sinceramente non sarebbe stato professionale.
Inoltre Kelly non dava l’idea che sapesse, anche solo lontanamente, come si teneva in mano una scopa; con quelle unghie lunghe, laccate, perfette, non ce la vedeva proprio a pulire, sfregare, lucidare.
Se era vero che era la fidanzata di un boss della mala, fosse stato anche di minor importanza, aveva sicuramente qualcuno che sbrigava quelle incombenze per lei, e poi bastava vedere dove abitava!
Ma a parte questi ragionamenti oziosi, Kaori in realtà non voleva restare troppo nell’orbita di quella donna particolare e ambigua, col rischio di ricevere da lei proposte strane e imbarazzanti; e poi, se la sera prima l’aveva drogata col tè, non poteva di certo fidarsi più di tanto di lei: doveva stare bene attenta.
 
Okay, in casa loro c’erano poche distrazioni, se non libri e tv, ma se Kelly aveva a cuore la sua vita, doveva pazientare e restarsene buona ad aspettare il ritorno di Ryo, volente o nolente; che si annoiasse pure, ma lei, Kaori, non aveva nessunissima voglia di farle compagnia.
Non voleva però apparire sgarbata, pertanto le disse, una volta rimaste sole:
 
“E quindi non ci resta che aspettare il ritorno di Ryo. Tu mettiti pure comoda, fai finta di essere a casa tua, magari non ci saranno tutti i comfort a cui sei abituata però…” e lo disse in tono di scusa, “…insomma puoi guardare un po’ di tv, o prendere un libro dalla nostra biblioteca … l’importante è che non esci dall’appartamento. Abbiamo un ottimo sistema di allarme anti-intrusione, e trappole per i nemici che ci terranno al sicuro, ma se ti fai vedere anche solo dalla finestra, tenteranno di entrare e potrebbe essere… come dire, spiacevole” e i suoi occhi s’illuminarono furbescamente.
 
Kelly ne rimase impressionata: allora veramente questa giovane donna non era solo colei che mandava avanti la casa, l’assistente impacciata del bel Ryo… evidentemente era all’altezza del suo ben più noto collega, sapeva il fatto suo.
Questo non fece che aumentare il suo interesse per Kaori, ma pensò bene di non metterla a disagio con approcci troppo diretti, come aveva fatto il giorno prima; la ragazza era molto timida e avrebbe rischiato di rovinare tutto un’altra volta.
Certo, era venuta lì per Ryo, ma anche Kaori aveva il suo perché, quindi per quale motivo limitarsi?
Uno o entrambi… non mica era obbligata a scegliere?
Quindi Kelly optò per un profilo basso e si fece accomodante: rispose alla sua ospite di stare pur tranquilla che si sarebbe adattata; e, risprofondando sul divano, accese la tv, decretando così conclusi, temporaneamente, gli obblighi di ospitalità.
 
Con animo più leggero, Kaori poté dedicarsi ai suoi impegni di donna di casa.
 
E mentre era lì che armeggiava con la lavatrice, canticchiando felice della piega inaspettata che stavano prendendo le cose fra lei e il suo amato socio, si ritrovò a ridere del fatto che Ryo era convinto che Kelly fosse un uomo, e solo perché… solo perché l’aveva vista in piedi davanti al water a fare, apparentemente, pipì.
Ma era mai possibile?
Magari era stato un caso, e comunque ben gli stava a fare irruzione nel bagno in quella maniera!
Che poi l’aveva vista veramente?
Cioè, era vero che era nuda, e la posa era inequivocabile, però, però…
Come faceva ad essere così sicuro che Kelly non fosse ciò che sembrava essere?
A guardarla dava l’impressione che fosse una donna fatta e finita, bella da togliere il fiato, così tanto femminile che pareva l’eterno femminino personificato, colei che poteva incarnare l’essenza stessa della donna.
Il suo corpo proporzionato e slanciato, tutte le sue forme al punto giusto… dai, non era possibile che fosse un uomo!
Non c’era nemmeno traccia del pomo di Adamo!
E se Ryo si fosse sbagliato, ma nell’altro senso?
Kaori scosse la testa ridacchiando.
A pensarci quella situazione era uno spasso, e non era nemmeno la prima volta che capitava una cosa del genere, perché in almeno altre due occasioni Ryo si era ritrovato perso di donne bellissime e fatali che… invece donne non erano.
E anche lì, che delusione!
Che strepiti, che pianti!
 
Una volta Ryo c’era rimasto talmente scioccato che aveva rischiato di mandare a monte tutta la missione.
Era andata così: Saeko, che stava seguendo già da un po’ un’organizzazione che si occupava del traffico di donne, aveva chiesto aiuto al suo fidato amico sweeper per smantellare la tratta.
E, nemmeno a farlo apposta, anche Kaori era stata rapita, per sbaglio, proprio dalla stessa organizzazione, e quindi Ryo era dovuto correre in soccorso della socia, oltre che portare a termine l’incarico.
Ma quando si era trovato di fronte il capo supremo della banda, un’affascinante donna dallo spiccato carisma, Ryo aveva subito perso la testa per lei e, visto che l’attrazione era reciproca, erano arrivati ad un passo dal consumare…
Peccato che la creatura in questione fosse un bellissimo travestito, e che Ryo, non appena scoperto, fosse caduto in una profonda crisi paralizzante, che lo aveva annichilito e annientato.
In quell’occasione, se non fosse intervenuta la stessa Saeko a rimetterlo in riga e a farlo ritornare in sé, avrebbero potuto dire addio alla soluzione del caso, oltre che fare una brutta fine tutti e tre.
 
Erano ormai passati parecchi anni, eppure a lei sembrava successo appena l’altro ieri.
 
In ogni caso, Ryo era abituato a frequentare personaggi, come dire, sopra le righe; e allora perché faceva tante storie con Kelly?
Va bene, non avrebbe potuto portarsela a letto, però non stava esagerando?
Da dopo che l’aveva sorpresa in bagno, ne aveva un terrore assurdo; cosa ci voleva a rimetterla al suo posto, farle capire che non era interessato?
Con la sua socia lo aveva fatto praticamente sempre, da che si conoscevano.
Eppure, eppure… qualcosa era cambiato anche in lui, perché proprio il terrore per Kelly l’aveva spinto a scoprirsi un po’ di più con Kaori; d’accordo che portarla in camera sua mentre era ancora sedata non era stato voluto fin dall’inizio, forse, ma che lui fosse finito per baciarla, approfittando del suo torpore, quello era un fatto: lì, Kelly, non c’entrava per niente.
Anche se, al solito, aveva rinnegato la cosa.
Okay, era tipico di Ryo, però quando stavolta era stata lei a baciarlo, lui aveva risposto senza esitazione.
No, no, quell’idiota non poteva più continuare a fingere che non fosse in qualche modo attratto da lei, magari anche un po’ innamorato; la sua mezza confessione nella radura, inoltre, era un fatto, e lei se la ricordava bene.
 
Sospirò, chiudendo l’oblò con un colpo secco, e dopo aver fatto partire il programma si appoggiò alla lavatrice, con le braccia conserte ed aria meditabonda; si fece leggermente più seria.
Ryo era così tanto convinto che Kelly fosse un uomo, che temeva che ci provasse pure con lei.
E allora, quello cos’era?
L’ennesima prova del volerla proteggere ad oltranza?
Doveva esserne lusingata?
Ma soprattutto, c’era un reale pericolo?
Tanto, nel peggiore dei casi, al massimo massimo, Kelly sarebbe finita per farle magari delle avances pesanti, ma nulla di più; e che ci avesse già provato, a Ryo glielo aveva detto proprio lei, però poteva anche essersi sbagliata… o no?
Che poi, poteva benissimo essere un uomo travestito da donna a cui piacciono entrambi i sessi, o anche una donna con gli stessi gusti…
 
Oh, insomma” si disse Kaori appena il cestello prese a girare vorticosamente,“che razza di pensieri, che razza di situazione!
 
Come caso non era nemmeno dei più strani e pericolosi, ma anche lei finì per pensare che si sarebbe sentita decisamente molto più a suo agio quando lo avrebbero risolto, in un modo o nell’altro.
 
Guardò l’orologio da polso: Ryo era via già da un paio d’ore e sperò che al ritorno avesse buone nuove; magari un po’ d’azione l’avrebbe distolta da quei pensieri bislacchi.
E avviandosi verso il piano di sotto, Kaori si convinse che no, Kelly non era un uomo, e no, non aveva mire anche su di lei.
 
 
 
 
Giunta in soggiorno, notando che la televisione era in modalità muto e le immagini si succedevano senza alcun senso, Kaori immaginò che Kelly, infine, si fosse addormentata; ma quando si avvicinò al divano si stupì di non trovarla affatto.
Ma un secondo dopo, la sua attenzione fu attirata dalla voce della cliente che proveniva dal salottino lì accanto, e dalle frasi smozzicate che captò.
A quel punto capì che Kelly stava parlando al telefono con qualcuno.
Il suo istinto di sweeper la mise subito in guardia e, anziché lasciar perdere, pensò bene di mettersi ad origliare, in barba alla discrezione; non era più una questione di educazione o privacy: il suo sesto senso le stava suggerendo di scoprire la natura di quella comunicazione, perché qualcosa non quadrava.
Infatti nessuno doveva sapere dove si nascondeva la fuggitiva, e lei non avrebbe dovuto assolutamente telefonare a chicchessia senza il loro permesso!
Era altresì fuori discussione che lei prendesse una telefonata destinata ai padroni di casa senza avvertirli!
Pertanto, guardingamente, la suddetta padrona di casa si avvicinò all’ospite il più possibile senza farsi vedere, e si mise in ascolto.
La cliente aveva cambiato tono di voce, non era più studiato e mellifluo come quanto parlava con loro, ma più duro e sprezzante, con una leggera nota di irrisione; il modo di parlare era più sboccato, diretto, e mal si accostava all’immagine di donna di gran classe che aveva sfoggiato fino a poco prima.
Stava giusto dicendo:
 
“Sì, lo so che non mi rimane troppo tempo, ma il termine non è ancora scaduto… Ma sì, certo! ... Saeba me lo faccio, è garantito, vedrai se non ci riesco! … Ahhh, è un mammalucco, te lo dico io! ... Ti dirò, secondo me è anche troppo sopravvalutato nella sua fama di stallone… Non sarà che è tutta scena? Figurati che vive con una ragazza, un vero schianto, e credo che non ci abbia fatto ancora niente!”
 
A quelle parole Kaori trasalì; fu presa da una strana agitazione, e non sapeva se essere contenta del complimento, o dispiacersi per il fatto che si stesse criticando il suo Ryo.
Era anche incredula: ma chi era Kelly veramente?
Chi era Kelly?
E questo interrogativo andava ben oltre il sesso di attribuzione.
E ciò che Kelly disse dopo, fece sobbalzare la rossa.
 
“Se non si sbriga a farsi avanti lui, ci provo io!” sbottò, infatti, la donna, per aggiungere subito dopo “Questa coppia è ben assortita e quasi quasi uno vale l’altra!…” poi però Kaori ebbe l’impressione che la persona dall’altro capo del filo dissentisse, perché Kelly fu costretta a precisare “Ma sì, ma sì, la scommessa era che io mi facessi Ryo Saeba… Cazzo, ero sicura che avrei avuto gioco facile, è un vero porcello quel tipo, e perde la testa per ogni gonna che gli passi accanto, e invece la faccenda si sta rivelando più incasinata del previsto…” e tacque un attimo, evidentemente rimanendo in ascolto, per poi rispondere “uhmmm… non so cosa gli sia preso … Sì, prima sbavava da tutte le parti quando mi vedeva, adesso fugge a gambe levate! … Immaginati che l’altra notte, per paura che gli saltassi addosso, ed ero convinta di essere arrivata a buon punto, s’è portato la socia in camera!”
 
E qui Kelly scoppiò a ridere, una risata sguaiata che fece rabbrividire la ragazza nascosta dietro l’angolo.
Quando si fu calmata un po’, riprese così:
 
“Ho capito, ho capito, uno non vale l’altra … eh, però se riesco a mettere le mani su quella bella rossina, peggio per te: sarei comunque in vantaggio io! … Sì, sì… ora devo salutarti, non vorrei che la pollastrella in questione mi beccasse a telefonare, in teoria me ne dovrei star qui buona buona ad aspettare che ritorni il Saeba… sì sì… ci sentiamo presto… baci baci!”
 
E Kelly riattaccò.
 
Kaori si defilò silenziosamente e si nascose in un angolo in ombra, nell’incavo di una porta.
Kelly le passò accanto ma non si accorse di niente; d'altronde la ragazza era diventata molto brava nel suo mestiere, ed era la degna compagna di Ryo.
 
Quella telefonata cambiava le carte in tavola.
Kelly non era chi diceva di essere, era entrata nella loro vita per un motivo molto più terra terra di quello di fuggire da un fidanzato distratto e possessivo…
Probabilmente non c’erano brutti ceffi sulle sue tracce, e a questo punto era indubbio anche l’esistenza del fidanzato stesso.
Li aveva presi bellamente in giro, e nel modo più semplice e stupido insieme!
E il fatto che si riducesse tutto ad una stupida e degradante scommessa, non migliorava di certo la situazione, anzi!
Kaori sentì nascere dentro di sé un senso di ribellione, di rabbia, e lo stomaco si contrasse in un conato di vomito: era nauseata da ciò che aveva appena sentito e da quello che rappresentava.
E così era solo una squallidissima questione di sesso?
Che poi perché stupirsi tanto, quando era innamorata di un essere che ne faceva il suo vanto e la sua bandiera?
C’era da aspettarselo che prima o poi venissero coinvolti in una situazione del genere: per una volta, Ryo era diventato la preda e non il cacciatore.
Evidentemente c’era qualcun altro che viveva inseguendo avventure che di galante avevano ben poco.
 
Fu presa da una tristezza infinita.
Quasi le venne da piangere.
Ma poi si riscosse: in qualche modo gliela dovevano far pagare!
Come lei condannava questi atteggiamenti licenziosi in Ryo, altrettanto li aborriva negli altri, e Kelly si meritava una lezione.
Tutto stava a trovare quale; e poi come avrebbe fatto a mettersi in contatto con Ryo?
Anche ammesso che fosse riuscita a parlarci senza farsi sentire da lei, dove l’avrebbe rintracciato, se era in giro per la città?
Non poteva nemmeno andarlo a cercare.
 
Niente, doveva dissimulare con lei e pazientare, e magari sperare che Ryo trovasse veramente il modo di spedirla più lontano possibile da loro!
 
 
Non appena fu sicura che Kelly non l’avrebbe vista, Kaori sgattaiolò via e pensò bene di andare giù al poligono a scaricare la rabbia e la tensione.
Da quando Ryo le aveva restituito la pistola di Hideyuki, rimessa a nuovo, la sweeper aveva avuto modo di migliorare parecchio, anche e soprattutto grazie agli insegnamenti di Miki e Mick, e, proprio come il suo socio, a volte ricorreva ad estenuanti sessioni di tiro per distendere i nervi e poter schiarirsi le idee.
Dover stare concentrata sul bersaglio, sulla posizione migliore per ammortizzare l’eventuale rinculo e non perdere l’equilibrio e il controllo, allenare la braccia a sorreggere il peso, tenere la mira, erano tutti esercizi che la costringevano a pensare a quello, e a quello soltanto.
Alla fine ci guadagnava in allenamento e precisione, e i problemi, a volte, perdevano importanza, se non addirittura si risolvevano magicamente.
Urgeva quindi una buona dose di quella terapia: aver scoperto quelle cose sul conto di Kelly l’aveva letteralmente sconvolta, e ancora una volta si diede della stupida per essere stata troppo ingenua e averle creduto, quando aveva raccontato tutta la sua storia.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
Era di sotto a sparare già da un po’, quando si ritenne sufficientemente più tranquilla per fare una pausa.
Si tolse le cuffie di protezione e le appoggiò sul piano metallico davanti alla sua postazione, e proprio in quel momento si accorse di essere osservata.
Non aveva bisogno di indovinare, né di girarsi, perché era diventata brava anche nel riconoscere le persone dalla loro aura.
Ovviamente era Kelly che, appoggiata mollemente sull’arco della porta, con le braccia conserte sul seno prominente, la stava guardando con attenzione, e se la sweeper non si era allarmata sentendola arrivare, era solo perché, nonostante tutto, sapeva che non rappresentava un pericolo.
Almeno un certo tipo di pericolo.
Quando finalmente Kaori si decise a voltarsi nella sua direzione, riuscì perfino ad abbozzare un mezzo sorriso, giusto quel tanto per non darle ad intendere che ormai sapeva tutto di lei e avrebbe voluto strozzarla.
Incoraggiata dal suo sorriso, Kelly gliene fece uno di rimando, molto più studiato e al solito molto più sensuale del dovuto, e con quell’espressione si dispose ad avanzare all’interno della stanza.
 
“Complimenti! Direi che sei molto brava” esordì la Maryu.
 
“Grazie, ma è tutto merito del duro lavoro e dei miei due ottimi insegnanti” si schernì la sweeper.
 
Ora Kelly era ad un passo da lei, e sempre con quello strano sguardo di Venere aggiunse, con voce flautata:
 
“Trovo che le donne con la pistola siano dannatamente sexy…”
 
Kaori inghiottì a fatica, e per dissimulare l’imbarazzo si voltò nuovamente verso il corridoio di tiro, dove erano infilate diverse sagome bucherellate; per darsi più sicurezza impugnò la pistola e la puntò verso il bersaglio.
Non era sua intenzione avvalorare il suo complimento, né vantarsi della sua bravura dandole un ulteriore saggio, ma non sapeva cos’altro fare.
Kelly però non si fece scappare l’occasione, e in un attimo le fu vicinissima: le si mise dietro, il corpo quasi ad aderire al suo.
Allungò una mano a toccare il freddo metallo della pistola, per poi farla scivolare sulle dita che stringevano spasmodicamente l’impugnatura e, con una lunga carezza sensuale, la fece scorrere lungo il braccio nudo della ragazza.
 
Kaori, impietrita, tratteneva il respiro, e quando Kelly le si avvicinò all’orecchio a sussurrarle: “Mi piace quando impugni la pistola…” credette di morire.
 
Poi però Kelly si strinse ancora di più a lei, posandole la mano sinistra sul fianco, mentre la destra era ancora mollemente appoggiata al braccio teso di Kaori.
La ragazza era sul punto di svenire, le sue narici erano invase dall’inebriante profumo della donna, poteva sentirne l’alito solleticarle il collo, l’odore fruttato del suo rossetto, i capelli vaporosi che esalavano fragranze esotiche.
Tutto in quella donna sprigionava cura di sé, sensualità, fascino magnetico; per una frazione di secondo Kaori si chiese se non si facesse il bagno negli ormoni, sia maschili che femminili, tanto da averne in abbondanza per attirare chiunque.
Perché, anche se appariva come una bellissima donna, e forse sotto sotto era pure un uomo, Kaori si sentiva in qualche modo attratta da lei, ma la sua testa e il suo cuore dicevano NO, che era sbagliato, che non la voleva, che non voleva cedere alla tentazione.
E tutto questo non faceva che aumentare il suo disagio.
Nonostante tutto l’imbarazzo però, quando Kelly si appiccicò di più a lei, Kaori le domandò a bruciapelo:
 
“Anche tu vai in giro armata?”
 
E la donna, per niente stupita, prontamente rispose, senza scomporsi:
 
“A volte…”
 
Boooom!
 
Una forte detonazione esplose, a rimbombare fra le pareti blindate di cemento armato, e improvvisamente quella strana tensione sessuale che intercorreva fra le due donne venne frantumata, spazzata via.
Era stata Kaori che aveva premuto il grilletto, e il rinculo in qualche modo aveva allontanato Kelly che, spaventata dallo sparo, aveva fatto un salto indietro.
A quel punto Kaori, con aria trionfante, si girò nuovamente verso la cliente e beffardamente sentenziò:
 
“Ho sempre un ultimo colpo in canna”.
 
Kelly, stupita dalla prontezza della ragazza, ed essendo stata in qualche modo disinnescata, non disse altro.
E mentre la sweeper riponeva la pistola sotto chiave nell’armeria, le disse, senza neanche guardarla:
 
“Bene, adesso salgo di sopra a farmi un bagno, che sono stanca e accaldata…” e poi, voltandosi di scatto verso l’altra, puntualizzò: “…e vado da sola, intesi?” e la guardò intensamente, con occhi minacciosi.
Che pensasse ciò che voleva, era stufa di essere educata e carina con lei… lui… o chi cavolo fosse in realtà!
 
Già doveva combattere con i più bassi istinti di Ryo e tenerlo a bada, figurarsi se doveva anche occuparsi di questa… questa creatura, che evidentemente ragionava con la stessa parte del corpo del suo socio, o di quell’altra che però risiedeva sempre .
Pertanto, girata sui tacchi, Kaori sparì dalla vista.
 
A Kelly, ormai ripresasi dalla sorpresa, non restò che sospirare, delusa.
Altra occasione persa, e fece schioccare le dita in un moto di stizza.
 

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Capitolo 7
*** Un bagno da… togliere il fiato ***


E’ sabato e riesco ad aggiornare! Contente??? Io sì, sicuramente, e soprattutto GRATA a voi per le bellissime rec che mi avete fin qui lasciato, per la simpatia e la stima che nutrite nei miei confronti. GRAZIE *_*
Ma non perdete tempo con questa mia introduzione, correte a leggere!
Buon fine settimana,
vostra
Eleonora






Cap. 7 Un bagno da… togliere il fiato.
 
Era ormai pomeriggio inoltrato quando Ryo, sfranto e sudato, era rientrato in casa.
Temeva di incontrare Kelly – anche se questo, ovviamente, sarebbe stato inevitabile – ma più che altro aveva urgenza, e anche voglia, di vedere Kaori, perché non solo doveva aggiornarla sul caso, ma anche… insomma voleva stare con lei, in qualche modo.
 
La casa era avvolta dalla penombra, perché era stata una giornata caldissima, e Kaori, per far entrare meno luce e calore possibile, aveva schermato le finestre con le tapparelle.
Quell’atmosfera di pace e vaga frescura rinfrancarono l’animo dello sweeper, che istintivamente sorrise: era bello essere nuovamente a casa, essere qui da lei.
Ma i suoi dolci pensieri furono interrotti dall’arrivo di Kelly, sbucata chissà da dove; sembrava essere stata in agguato per tutto il tempo, come se lo avesse aspettato, perché lo accolse così:
 
“Oh, Ryo, finalmente sei arrivato!” e gli si gettò con le braccia al collo.
 
Al primissimo istinto di fuggire, Ryo cercò di opporsi con tutte le sue forze, e s’impose di aspettare che almeno la cliente gli spiegasse il motivo della sua ansietà, prima di mollarla lì dove si trovava.
Aver sentito Kelly parlare in quel modo, infatti, gli avevano fatto subito temere che le due donne, in sua assenza, avessero avuto problemi con i bravacci dell’ex-fidanzato, pertanto le chiese allarmato:
 
“Dov’è Kaori?”
 
La sua mente viaggiava velocissima e, negli infiniti scenari che aveva preso ad immaginarsi, vedeva la sua socia in pericolo, e poiché non era lì con Kelly, già si stava agitando.
 
“Oh, è di sopra, credo!” rispose quasi scocciata quella.
 
Ryo, a quel punto, tirò un impercettibile sospiro di sollievo e appoggiò le mani alle braccia della donna, con l’intenzione di toglierle dal suo collo; ma quella resisteva e, anzi, proseguì dicendo:
 
“Sapessi che noia, restare qui, chiuse in casa, tutte sole… fra donne…” e dal piagnucolio passò in modalità felina sorniona.
 
Ryo s’irrigidì, e di nuovo quel bisogno impellente di scappare fece capolino; iniziò a sentirsi estremamente turbato, ed era anche la prima volta che Kelly gli saltava addosso in quel modo.
Sapeva che Kelly era un uomo, ma appariva così tanto donna!
Con quei capelli fluenti e odorosi, quel viso da gatta ammaliatrice, e quegli occhi, santi numi, quegli occhi magnetici!
E poi come era vestita, o meglio svestita!
Indossava un baby-doll di raso rosa, a gonnellino, con delle finissime bretelline che lasciavano scoperte le bianche spalle e mettevano in risalto un decolleté da perderci la testa.
Tutto quel ben di dio in mostra, così a portata di mano, quel seno prorompente e ballonzolante che a mala pena resisteva rinchiuso nelle coppe finemente traforate, che nulla lasciavano all’immaginazione; le braccia vellutate, le gambe scoperte…
Già, le gambe!
Meglio non dimenticare cosa c’era , fra quelle morbide cosce di pesca, la stessa presenza che c’era anche in mezzo alle sue, di gambe, e che, in preda alla confusione più totale, si stava già agitando.
Combattuto fra questi due opposti desideri, e cioè di fuggire via come il vento, e di affondare il viso nello scollo della donna, lasciando libere le mani di vagare per ogni dove, si riscosse all’improvviso e con un lieve strattone, allontanò Kelly da lui.
Ma lei non era intenzionata a cedere, e non si fece sorprendere: gli si gettò nuovamente al collo, e mentre lui cercava di divincolarsi, ormai preda del terrore, lei prese a dire:
 
“Ma dai, Ryo, perché mi respingi? Io ti voglio, ti desidero, non posso stare senza di te. È tutto il giorno che ti aspetto!” e più lei gli rivolgeva queste accorate preghiere, più lui si sentiva in trappola ed emetteva frasi smozzicate come:
 
“No, non posso …” oppure “Non insistere…” “Non fare così, ti prego, lasciami andare…”
Arrivò perfino a dire: “Non posso, sto con Kaori!”
Ma Kelly non si faceva dissuadere con niente e non la fermava nulla, e quando, con una forza inaspettata, riuscì ad imprigionare la testa dello sweeper fra le mani con l’intenzione di baciarlo, Ryo fu sul punto di svenire; iniziò a voltare il capo a destra e a sinistra, mentre quelle labbra tentatrici cercavano di posarsi sulla sua bocca.
 
L’uomo avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi per non vedere quel mostro che voleva approfittarsi di lui, ma così facendo non sarebbe riuscito a schivare i suoi assalti; e più faceva resistenza, più Kelly ci metteva forza e potenza, e a quel punto Ryo non ebbe più dubbi: la cliente era un uomo, perché solo un uomo avrebbe potuto, letteralmente, tenergli testa in quel modo!
Solo una volta Kelly riuscì a baciarlo, ma in quel caso, per fortuna, Ryo, con uno strappo deciso, era riuscito a girare il viso all’ultimo, e la bocca della Maryu era finita sulla guancia e non sulle sue labbra.
 
Con un ultimo sforzo Ryo poté finalmente liberarsi, e diede un tale spintone a Kelly che cadde riversa all’indietro sul divano; ma prima che finisse a gambe all’aria, svelando il suo segreto, Ryo era già schizzato via, verso il piano di sopra, in cerca di Kaori e della sua salvezza.
 
Fece gli scalini a due a due e irruppe nel bagno come una furia.
Kaori era ancora dentro la vasca, sprofondata in un mare di schiuma e immersa nei suoi pensieri, quando se lo vide entrare dentro la stanza, correndo e senza bussare.
Fece giusto in tempo ad urlare un “Ryoooooo!!!” che lui, appena chiusasi la porta alle spalle, le disse, implorandola:
 
“Ti prego, nascondimi!”
 
Kaori, che stentava a riprendersi dalla doppia sorpresa di trovarselo lì mentre lei era praticamente nuda, e dal terrore che leggeva nei suoi occhi, appena realizzò il senso della sua richiesta, si chiese come avrebbe potuto nasconderlo, lei che non osava nemmeno muovere un muscolo paralizzata dalla vergogna.
Ma Ryo non le diede il tempo di ragionare oltre che, con un balzo, entrò nella vasca anche lui e, un secondo prima che si spalancasse nuovamente la porta, scomparve sotto lo spesso strato di schiuma, spargendola tutto intorno.
 
Di nuovo Kaori si ritrovò a sobbalzare, stavolta vedendo Kelly, che entrava di filato:
 
“Kellyyyyyyyyy!!!” le urlò.
 
Proprio non c’era verso di farsi un bagno in santa pace, e nessuno che bussasse per giunta, pensò la padrona di casa.
 
“Oh, Kaori, sei ancora qui?” domandò leggermente stupita la sua ospite.
 
“E certo! Mi stavo giusto godendo un bagno rilassante e poi… e poi… e poi sei arrivata tu!” stava per tradirsi dicendo che anche Ryo aveva appena fatto irruzione lì dentro, ma evidentemente stava scappando proprio da lei e non aveva trovato di meglio che chiedere aiuto alla sua socia.
E se era arrivato così trafelato, significava che Kelly era tornata prepotentemente all’attacco.
Del resto, quando aveva parlato al telefono col suo misterioso interlocutore, aveva detto che era disposta a tutto, e che un certo tempo stabilito stava per scadere.
Ecco che di nuovo le saliva la rabbia.
 
In tutto questo, Ryo, immerso nell’acqua, era praticamente a ridosso del corpo, nudo, di Kaori, e passata l’urgenza e il terrore per Kelly, si ritrovò a pensare a dove e a come fosse messo.
 
Valutò la sua posizione.
 
A parte che era in apnea – e tutto sommato aveva una buona resistenza fisica – non stava nemmeno comodissimo, perché praticamente era raggomitolato fra le gambe della ragazza e aveva la testa a pochi centimetri dalla sua pancia, ma pancia voleva dire…
Ebbe una specie di vertigine, e improvvisamente iniziò a sudare freddo nonostante il caldo tepore dell’acqua profumata; un sommovimento ben noto iniziò a verificarsi dentro i suoi pantaloni, e subito pensò che se Kaori se ne fosse accorta lo avrebbe ucciso, prima di svenire dall’imbarazzo e dalla vergogna visto che ancora, evidentemente, non si era resa conto della posizione compromettente in cui erano.
 
Non poteva rimanere a lungo lì dentro, perché non era sicuro di come sarebbe andata a finire.
La tentazione di allungare una mano, o anche di poter vedere quel corpo che rappresentava il suo sogno proibito, era fortissima, ma se lo avesse fatto avrebbe decretato la sua condanna a morte; viceversa, uscire allo scoperto significava mettere in imbarazzo Kaori davanti alla cliente… cliente che lo stava cercando per sedurlo.
Non si era mai trovato in una situazione del genere, e più rimaneva in quella posizione, più il disagio aumentava…
Avere Kaori lì a portata di mano…
Ohhhh, quante volte aveva sognato di poter fare il bagno con lei, lavarsi a vicenda, accarezzare il suo morbido corpo.
 
Stop!
 
Non doveva farsi venire in testa certi pensieri, no no no, ora più che mai doveva pensare ad altro… ma era così difficile estraniarsi, quando era immerso in una calda vasca vaporosa di bagnoschiuma con la donna che più desiderava al mondo, e per giunta nuda!!!
 
Si augurò che Kelly se ne andasse al più presto e che Kaori riuscisse a scacciarla, almeno a parole, visto che dubitava che lei sarebbe uscita dalla vasca, esponendosi agli occhi cupidi di quell’essere.
Giusto!
E se Kelly avesse approfittato della situazione e ci avesse provato con la sua amata socia?
Sarebbe emerso dalle acque come Poseidone armato di tridente, e lo avrebbe infilzato nel mobile degli asciugamani!
 
Però… quanto ci metteva Kelly ad andarsene?
 
I minuti stavano inesorabilmente passando e Kaori, che non riusciva a mandar via la cliente, era preoccupata per Ryo che era immerso nell’acqua e presto avrebbe avuto bisogno di aria per respirare.
Ma Kelly, al solito suo, si era appoggiata sull’arco della porta e, con sguardo furbo, le stava giusto chiedendo:
 
“Hai per caso visto Ryo?”
 
“No-no, e da stamattina che non lo vedo”
 
“Sicura? Perché è rientrato poco fa, e aveva tanta fretta di raggiungerti… Quando gli ho detto che ti stavi facendo un bagno si è precipitato da te” e la guardò con gli occhi a fessura, ad accentuare il suo leggero strabismo di Venere.
 
Kaori deglutì a fatica; anche se sotto sotto avrebbe tanto voluto che le parole della Maryu fossero la pura verità – perché avrebbe voluto dire che Ryo era smanioso di vederla… nuda, anche se al solo pensiero si sentì avvampare violentemente – cercò in tutti i modi di convincersi che quelle non fossero altro che mere bugie, inventate da quell’intrigante.
In fondo, era da quando l’avevano incontrata che non faceva altro che dire bugie e prenderli in giro.
Questo le diede la giusta spinta per risponderle con più decisione, e mascherare il fatto che a sua volta stava per mentirle:
 
“Certo che sono sicura. Tu vedi Ryo qui per caso? No, infatti, perché non c’è!” e alzò le mani con i palmi rivolti verso l’alto in segno di rassegnazione.
 
Questo gesto inaspettato non passò inosservato a Ryo, che era quasi giunto al limite per mancanza d’aria e, soprattutto, preda di una potente eccitazione che rischiava di farlo scoprire.
Si agitò a disagio, e per un attimo spuntò il suo sedere fra le bolle della schiuma.
Non appena Kaori se ne accorse, con un rapido scatto portò le gambe a cingere i fianchi e il fondoschiena del socio per ricacciarlo giù, sott’acqua.
L’uomo, così sballottato, si ritrovò con il naso schiacciato sul ventre della donna… e fu la fine!
Già la mancanza di ossigeno, il sangue tutto concentrato in un sol punto, e prigioniero di quel corpo nudo e sublime… fu troppo per lui!
Sfiatando tutta l’aria rimastagli nei polmoni collassò, ricadendo addosso alla ragazza.
 
Kaori, già impensierita dalla pericolosa permanenza di Ryo sott’acqua e innervosita dal solito atteggiamento di Kelly, che in aggiunta si era fatta anche sospettosa, sentendo il socio gravarle addosso si agitò a sua volta, in preda alla preoccupazione e alla vergogna.
Pertanto, innervosita, si rivolse a Kelly in tono spazientito:
 
“Allora, ti ho detto che Ryo non c’è! E io vorrei finire di lavarmi, se non ti dispiace! Quindi ti pregherei di uscire!”
 
Ma Kelly, che a quel punto non voleva perdersi lo spettacolo di vederla insaponarsi e detergersi come una novella Venere nascente dalla spuma del mare, era già pronta ad avanzare all’interno della stanza da bagno.
E Kaori, che non aveva più voglia di discorrere con lei e, soprattutto, di giocare alla seduzione respinta con quella creatura vogliosa, le gridò:
 
“Ho detto di andarteneeeeeeee!!!” e le tirò dietro una saponetta, che si schiantò sulla porta repentinamente chiusa dalla cliente giusto un secondo prima.
 
Ansante e furiosa, finalmente soddisfatta di essersi liberata di quella piattola, si affrettò ad occuparsi di Ryo: l’afferrò per le braccia per tirarlo fuori dall’acqua, ma la sua innaturale resistenza le fece subito immaginare il peggio.
A prezzo di non pochi sforzi riuscì a far emergere il socio, fradicio e svenuto.
Kaori cominciò a scuoterlo leggermente:
 
“Ryo? Ryo? Ti prego rispondimi” e poi, dandogli leggeri schiaffetti, cercando al contempo di tenergli su la testa che ricadeva giù ciondoloni: “Avanti Ryo, non fare scherzi… dai rispondimi”
 
Ma l’uomo, incosciente, non rispondeva alle sollecitazioni sempre più energiche della ragazza; Kaori era sull’orlo del panico, non voleva nemmeno pensare che fosse annegato – in quella assurda circostanza, per giunta! – ma effettivamente non dava segni di vita.
 
Continuava a scuoterlo sempre con maggior forza, in preda alla disperazione; lo chiamava, invocava il suo nome: “Ryo, Ryo, ti prego… torna da me… non lasciarmi…” fino a quando non pensò di praticargli la respirazione bocca a bocca.
 
Tirarlo fuori della vasca era praticamente impossibile, e comunque non c’era più tempo, così lo adagiò seduto nella vasca e lei, in piedi sopra di lui, dimentica di essere completamente nuda, gli prese il viso fra le mani e appoggiando le labbra sulle sue, soffiò.
Soffiò, soffiò, lo chiamò ancora, lo scosse, lo schiaffeggiò, e poi soffiò nuovamente, con le lacrime agli occhi, mentre la speranza cedeva il passo alla disperazione.
Soffiò nuovamente, attardandosi il più possibile su quella bocca che aveva conosciuto così poco, ad insufflargli più aria possibile, fino a quando si sentì imprigionare da due forti braccia che la tenevano stretta, impedendole di staccarsi da lui per riprendere fiato.
 
E il bacio della salvezza si trasformò nel bacio della riconoscenza e della passione, perché non solo Ryo si era risvegliato ma, finalmente libero e vitale, rispondeva con ardore ai baci della sua socia.
Kaori allora approfondì quel contatto intimo, felice che lui fosse sano e salvo, grata al destino di averglielo ridato indietro!
Ma quando realizzò di essere nuda, praticamente sopra di lui, dentro una vasca da bagno piena d’acqua, si staccò all’improvviso e, con il viso in fiamme, fece un balzo indietro.
 
“Perché…????” mugolò lui contrariato.
 
“Ry-Ryo… non è il momento…”
 
E poi, con l’agilità di una gazzella, uscì velocemente dalla vasca e si andò a paludare nell’accappatoio, in preda alla vergogna, all’eccitazione che quel bacio favoloso le aveva messo in corpo, e alle emozioni contrastanti che aveva provato in pochi minuti, quando era passata dal terrore di star perdendo l’amore della sua vita, alla gioia più vera, al desiderio e all’amore, forse, finalmente corrisposto.
Profondamente turbata, non riusciva a guardare il suo socio negli occhi, non aveva nemmeno la forza di scagliargli un qualsiasi martello di sorta; si stringeva l’accappatoio addosso nel più completo imbarazzo.
 
Ryo, invece, se ne stava lì, con aria beata e sguardo da ebete, bellamente spaparanzato nella tinozza, con le braccia penzoloni fuori dal bordo come se si trovasse in una qualche vasca termale, anziché a casa sua, nel suo bagno, vestito di tutto punto e fradicio per giunta, dopo aver vissuto la più bella e bizzarra esperienza della sua vita, che lo aveva portato ad un soffio dalla morte, ma che gli aveva regalato quel bacio meraviglioso.
Vedendo però la ragazza in quelle condizioni, pensò bene di riscuotersi e cercare di metterla a suo agio.
 
Con un tono dolcissimo le disse:
 
“Sugar, non preoccuparti, non ti guarderò mentre ti rivesti” e si portò le mani a coprirsi gli occhi.
 
In realtà sarebbe stato lì per sempre a guardarla, perché era la donna più bella del mondo, ma di certo non a costo di farla sentire così a disagio e spaurita.
Non voleva che si vergognasse di lui: lei era una ragazza pudica e timida, e lui aveva passato anni e anni a sminuirla, a frustrare la sua femminilità.
 
Kaori, colpita dal suo tono di voce, più che dalle parole, che non era irridente o sarcastico, si voltò a guardarlo e si stupì della sua premura.
L’aveva chiamata anche Sugar, nomignolo che usava solo in quelle rare occasioni in cui si lasciava andare un po’ di più con lei.
A quel punto, profondamente commossa, gli sussurrò un grazie, prima di affrettarsi a rivestirsi, sempre con la segreta paura che lui la sbirciasse ugualmente; cosa che al contrario non fece, e lei non seppe dire se ne fosse più delusa o più contenta.
 
Appena Kaori gli disse “Fatto!” Ryo si tirò su, con l’acqua che ruscellava da tutte le parti, e stava per mettere un piede fuori dalla vasca quando lei lo bloccò dicendo:
 
“Fermo lì! Così bagnerai tutto il pavimento!” ed ecco che la pragmatica padrona di casa prendeva il sopravvento sulla timida innamorata.
 
“Ma-ma sono tutto bagnato!”
 
“Aspettami qui, che vado a prenderti dei vestiti asciutti da mettere”
 
“Va bene, ma fai presto che ho un sacco di cose da dirti!”.
 

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Capitolo 8
*** Fughe ***


Pensavo di non riuscire ad aggiornare stasera, perché ero molto indietro fra ultime correzioni e risposte alle vostre bellissime rec, ma poi sono riuscita e… eccovi qua il penultimo capitolo.
Fate un po’ voi ^_^
Buona lettura e ancora GRAZIE per la vostra pazienza e presenza!




Cap. 8 Fughe
 
“Presto Kelly, fai in fretta, dobbiamo andare!” ripeté perentorio Ryo all’indirizzo della cliente che, stupita da tutta quella premura, non sapeva ancora spiegarsi perché dovessero andarsene dall’appartamento.
 
“Hai preso tutto?” rincarò Kaori, mettendole ulteriormente fretta.
 
Kelly si chiese, e non per la prima volta, cosa avessero quei due, e dove la stessero portando.
Non c’era nessun fidanzato possessivo e distratto; non c’erano i suoi scagnozzi sulle sue tracce, con l’ordine di riportarla indietro; c’era solo lei, che aveva fatto una scommessa con il suo uomo che sarebbe riuscita ad avere un’avventura col mitico Ryo Saeba.
Cos’era quella storia?
La donna poi non credeva nemmeno che quella fosse tutta una strategia per liberarsi di lei, avendo loro scoperto i suoi intenti.
Certo, con entrambi si era fatta prendere la mano, era stata a volte decisamente esplicita con le sue avances non troppo velate, ma non poteva pensare che quello fosse il vero motivo!
Non le restava che assecondarli e vedere che piega avrebbe preso la situazione.
 
“Kelly, tirati su i capelli, avanti, devi nasconderli bene sotto il berretto da baseball. Mi dispiace per te, ma stavolta devi nascondere la tua… la tua femminilità” e nel dirlo la sweeper tentava di domare quella massa di capelli, ondeggiante e morbida al tatto.
 
“E poi devi mettere questi” disse Ryo porgendole certi suoi vecchi vestiti, e cioè un’ampia camicia che nascondesse il seno abbondante e un paio di pantaloni della tuta, sufficientemente grandi e lunghi per celare le sue gambe da modella.
 
“Ma così conciata sarò irriconoscibile!” protestò la donna.
 
“Ed è quello che vogliamo!” rispose Kaori “Nel posto in cui ti porteremo non ti deve riconoscere nessuno, non devono capire che sei una donna… nemmeno i tirapiedi del tuo fidanzato devono vederti”.
 
A quel punto Kelly pensò bene di tacere, non poteva lamentarsi ancora.
Loro, nel bene e nel male, stavano facendo il lavoro per cui li aveva assoldati; la situazione però le stava sfuggendo di mano e prendeva pure una brutta piega: così avrebbe perso la scommessa, perso Ryo e anche quel bel bocconcino di Kaori.
Mentalmente sospirò, ma non si diede per vinta; magari avrebbe potuto trovare un modo per averlo all’ultimo minuto: avrebbe improvvisato, d'altronde lei era molto brava in questo.
Si impose la pazienza e la prudenza.
 
Quando fu camuffata di tutto punto, si avviarono verso il garage sotterraneo, mentre Ryo riepilogava così:
 
“Allora, mi raccomando, usciti di qui e soprattutto quando saremo a destinazione, non dare nell’occhio, non sculettare né ancheggiare, mantieni un atteggiamento neutro e, se proprio non puoi farne a meno, cammina come un uomo, anzi imitami” e la guardò intensamente.
 
Kelly annuì lievemente esasperata.
Tutta quella specie di messa in scena, che stavano organizzando per lei i due sweeper, le sembrava assurda, oltre che esagerata, ma non poteva tradirsi proprio all’ultimo.
Quindi li assecondò.
 
In men che non si dica erano a bordo della Mini: stavolta la relegarono nel sedile posteriore e le fecero indossare per giunta anche degli spessi occhiali scuri, dietro i quali non vide i due soci scambiarsi cenni di assenso e sorrisini furbi.
 
Usciti con facilità dal caos del traffico cittadino, presero una strada secondaria che li stava portando lontani dal centro città, verso la periferia industriale.
Tutti gli occupanti tacevano: i City Hunter perché si erano già detti tutto prima e gli bastava uno sguardo per capirsi; Kelly troppo sconvolta e meravigliata da quello che le stava succedendo.
Aveva provato più volte a fare domande sul perché e sul per come, ma i due avevano sempre eluso le sue domande e, anzi, le avevano risposto che non era importante e che al momento giusto avrebbe capito.
 
Doveva stare anche molto attenta a quello che diceva per non essere fraintesa; in fondo, evidentemente, loro due erano convinti di starla portando in salvo.
Per un attimo ebbe paura che veramente le avessero trovato un biglietto di sola andata per l’estero, proprio come aveva chiesto all’inizio.
Non ebbe più dubbi quando riconobbe in lontananza una pista d’atterraggio, con tanto di torre di controllo, recinzioni e mezzi in movimento.
Più si avvicinavano e più i profili di diversi aerei si materializzavano nello spazio visivo: piccoli aerei, monoposto, velivoli leggeri, perlopiù ad elica.
C’erano anche jet privati, anonimi, o per il turismo.
Allora veramente Ryo diceva sul serio, e le aveva trovato un volo dalle persone che diceva!
D’altronde non era solo un famoso amante, ma anche un professionista nel suo genere, quindi perché stupirsi?
 
Prima d’imboccare il cancello d’ingresso si fermarono sul viale di accesso, e Ryo, voltandosi verso la donna, le disse:
 
“Ti chiedo un ultimo sacrificio” e nel dirlo le rivolse un sorriso da seduttore che rianimò la donna: quando la guardava in quel modo era irresistibile! Lui proseguì: “Dovrai farti bendare, però” e prevenendo le sue rimostranze la zittì dicendole: “Non fare domande, è importante!”
 
Il tono di Ryo non ammetteva ulteriori proteste e Kaori si sporse verso la cliente che, toltasi gli occhiali, si lasciò bendare dalla ragazza; sbuffò.
Ma che razza di commedia era quella?
 
Poco dopo si fermarono di nuovo e Kaori, con gentilezza, l’aiutò a scendere dall’auto e tenendola per le braccia la guidò su per una scaletta; evidentemente la stava facendo salire su uno di quei jet che aveva visto da lontano.
Percepiva anche la presenza di Ryo accanto a lei, e davvero non sapeva più cosa pensare.
 
Una volta a bordo, catturata dal tepore dell’abitacolo e percependo sotto i piedi finissima moquette, Kelly immaginò che quello non fosse il solito Piper spartano, ma un elegante velivolo, magari di qualcuno facoltoso che poteva permettersene uno.
La fecero avanzare lungo il corridoio e, più per curiosità che per reale timore di urtare qualcosa, la Maryu cercò di toccare gli oggetti intorno a sé, e le morbide poltrone che accarezzò quasi con voluttà, le confermarono le sue primissime impressioni.
 
Erano giunti ormai ad un passo dalla cabina di pilotaggio, quando Ryo diede ordine di fermarsi e chiese a Kaori di sbendarla.
Finalmente libera da quella costrizione, Kelly sbatté più volte le lunghe ciglia per riabituarsi all’improvvisa luce dell’abitacolo e, mano a mano che metteva a fuoco, si convinceva che era a bordo di un lussuoso piccolo aereo e già ne valutava l’entità: con un sorrisino compiaciuto ne apprezzava lo stile e il design moderno e funzionale.
L’esteta che era in lei era soddisfatta di ciò che stava vedendo, e per un attimo dimenticò che probabilmente, proprio a bordo di quell’aereo, avrebbe fatto un viaggetto verso l’ignoto.
 
Ryo e Kaori l’osservavano compiaciuti e ogni tanto si scambiavano occhiate significative.
 
Infine Ryo si decise parlare e a spiegare cosa stesse succedendo:
 
“Bene, cara Kelly, come promesso ho trovato il modo per farti uscire indisturbata, e discretamente, dal paese. A bordo di questo aereo non ti serviranno documenti di sorta, e nessuno ti farà domande. Direi che il caso è chiuso”.
 
La cliente, trovando conferma ai suoi sospetti, era troppo sconvolta per ribattere; se avesse protestato, o se avesse gettato la maschera, non era sicura di come l’avrebbe presa il bel Ryo: aveva anche fama di essere intransigente e severo coi malfattori, e seppure lei tecnicamente non lo fosse, si era comunque presa gioco di lui… di loro.
Allo stesso tempo non poteva accettare di partire senza nemmeno sapere per dove, ed essere spedita lontano da Tokyo, dal Giappone, dai suoi affetti.
Non era pronta a lasciare tutto a causa di una scommessa, che aveva per giunta perso.
Non riusciva a dire una sola parola.
Sembrava aver smarrito tutta la sua boria, il suo fare da gatta vogliosa, e non era a causa dei vestiti di Ryo che le stavano comunque bene e poco camuffavano il suo corpo statuario.
In segno di sconfitta si tolse anche il capellino da baseball e si sciolse i capelli, e scuotendo la testa gli fece riprendere volume.
Sospirò afflitta.
 
A quel punto si fece avanti Kaori che con sorrisino le domandò:
 
“Ma non vuoi conoscere il tuo pilota personale?”
 
Kelly la guardò senza capire, e comunque a quel punto non le interessava minimamente chi fosse colui che l’avrebbe portata chissà dove; anzi, pensava già a come fare per uscire da lì e scendere a terra.
Kaori la riscosse dai suoi pensieri, perché rincarò:
 
“Allora? Non lo vuoi sapere?”
 
E quando la cliente annuì, più per farla contenta che per altro, la sweeper la condusse alla cabina di pilotaggio, e le bastò farla affacciare all’entrata perché Kelly esclamasse:
 
“Akikazu Sei!”
 
“Buona sera, mia cara!” si presentò il fantomatico pilota, che fece per uscire, passandole accanto.
 
Era davvero un bell’uomo, sembrava sicuro di sé e perfettamente a suo agio in quel lussuoso aereo; lo sguardo sornione e irridente, continuò così in direzione di Kelly:
 
“Benvenuta a bordo della Sei Airline” e le fece un mezzo inchino a cui lei sbuffò infastidita.
Lui, apparentemente soddisfatto della reazione della donna, proseguì:
 
“Vedo che hai cambiato stile, ma anche questa mise ti si addice!”
 
“Ma smettila!” rispose lei interrompendolo, e poi: “Vuoi spiegarmi cosa ci fai qui?”
 
L’uomo per tutta risposta scoppiò in una fragorosa risata, e quando si fu calmato Ryo prese la parola e spiegò:
 
“Te lo dico io, cosa ci fa qui il tuo legittimo sposo” e poi rivolgendosi a Kaori, di modo che la spiegazione fosse anche e soprattutto a suo beneficio: “Il pilota qui presente, è niente meno che Akikazu Sei, ovvero un facoltoso uomo d’affari, con le mani in pasta in diversi settori; non è il fidanzato della bella Kelly, ma suo marito, e non è un signorotto della mala, né si circonda di scagnozzi senza scrupoli… dico bene, Kelly?”
 
“Sì” rispose con rabbia l’interpellata “Hai detto giusto”.
 
“Allora, vorresti parlarci della scommessa? Perché ci sei venuta a cercare?” le chiese a quel punto Kaori.
 
“Semplice” rispose invece suo marito “io e mia moglie avevamo scommesso che lei sarebbe riuscita a sedurre il famigerato stallone di Shinjuku, niente meno che Ryo Saeba. Kelly sosteneva che non ci avrebbe messo niente a farlo perché, e scusami se te lo dico,” rivolgendosi allo sweeper “tu hai una vera e propria predilezione per le belle donne, e se sono per giunta compiacenti perdi letteralmente la testa. Lo sanno tutti. Io, invece, sostenevo che avresti scoperto subito che quella era solo una messa in scena, che saresti stato più accorto, in fondo sei anche un grande sweeper, e sapevo per certo che sei innamorato della tua socia”.
 
A quelle parole i due sweeper sobbalzarono e presero a balbettare frasi sconnesse rispettivamente:
 
“Ma chi, io? Ma-ma-no-no non è possibile… figurarsi”
“È stato informato male, noi, noi… siamo solo colleghi di lavoro… e poi io, con quel…porco…”
“E poi io, con quella virago...”
 
Ma Akikazu tagliò corto dicendo:
 
“Però effettivamente, caro il mio Ryo, non hai tutti i torti” e rivolgendo uno sguardo da predatore in direzione di Kaori, proseguì: “La tua socia non è niente male davvero”.
 
“Ehi!” saltò su Ryo colto da un impeto di gelosia.
Si mosse, a disagio; non era di loro due che stavano parlando, ma di quell’assurda scommessa fatta fra marito e moglie, e del loro menage ambiguo.
“Non divaghiamo, ci dovete dei chiarimenti!”
 
E mentre Kaori era arrossita fino alle orecchie, pensando che Akikazu fosse il degno consorte di quella fatalona della Kelly, si chiese che razza di rapporto avessero.
Per come si comportava Kelly con Ryo, e conoscendo la reputazione del suo socio, non credeva che lei si sarebbe limitata ad un bacio; sarebbe andata fino in fondo con lui?
Ryo, ad un certo punto, avrebbe preteso molto di più; e lei?
Si sarebbe poi tirata indietro all’ultimo?
Quelle considerazioni la rattristarono profondamente; se anche tutta quella situazione non fosse stata leggermente squallida, era comunque poco edificante per tutti e tre, perché si riduceva ad un gioco erotico in cui il marito compiacente accettava che sua moglie, per puro sfizio, si gettasse fra le braccia di un altro.
Moglie talmente disinibita che ci avrebbe provato anche con un’altra donna; donna che, per contro, non dispiaceva al suo stesso marito.
Ohhhh, che razza di intreccio!
C’era da impazzire.
 
E Ryo, che era il campione degli spudorati, il capo branco dei mandrilli perennemente in calore, guardò in tralice la sua partner.
Sapeva quali pensieri albergassero nella sua rossa testolina, e se ne dispiacque.
Quei maneggi non facevano per lei, e nemmeno lui li approvava, in realtà; le avventure galanti erano una cosa seria, e anche lui aveva un codice morale, anche se tutto suo.
Lui amava fare lo stupido sempre e comunque, voleva impressionare Kaori con le sue boiate, a volte si aveva l’impressione che lo facesse apposta per farla disamorare di lui, ma sotto sotto teneva tantissimo alla sua considerazione, alla sua stima.
Essere accostato a quei due, che facevano delle avventure amorose un passatempo, e che, in definitiva, riducevano il sesso all’unico scopo nella vita, gli aprì gli occhi all’improvviso: anche lui era come i coniugi Sei?
No!
O sì?
Non voleva che Kaori pensasse male di lui.
 
“Stavamo parlando della nostra scommessa!” s’intromise Kelly “Perché sei qui? Mi hai sabotato? L’hai fatto apposta? Non dirmi che lo hai chiamato tu, al Saeba!” sbottò inviperita la donna.
 
“Oh, no, niente affatto! Lo sai che sto alle regole, sempre” rispose Akikazu.
 
E Kaori pensò che, evidentemente, non era la prima volta che si producevano in simili giochetti.
 
“E allora spiegami perché io sono a bordo del nostro aereo!” strepitò la Maryu.
 
“Semplice” s’intromise lo sweeper “Quando tu mi hai parlato del tuo fantomatico fidanzato, mi sono messo subito sulle sue tracce, sia per trovare conferma ai tuoi racconti, sia per capire che razza di persona fosse e come muovermi. Non potevi non sapere che avrei scoperto la verità” le disse guardandola con aria furba; proseguì: “Comunque sia, tu volevi fuggire e far perdere le tue tracce, e allora sapendo che lui, voi, avete un aereo privato, ho pensato di fare in modo che fosse tuo marito a portarti lontano da qui”.
 
E poi, rivolgendosi ad entrambi:
 
“Avete coinvolto le persone sbagliate, nei vostri stupidi passatempi” e dicendolo cinse le spalle di Kaori con un braccio, a rassicurarla e a voler indirettamente il suo appoggio; lei apprezzò enormemente il suo gesto e gliene fu grata.
 
Conoscere i retroscena di quella storia non le era piaciuto affatto, soprattutto per le implicazioni sottintese di quell’assurda scommessa.
 
Ryo proseguì:
 
“Per questo dovrete sparire dal paese, entrambi, e non fare ritorno tanto presto; non è un ordine, ma un consiglio. Ne ho abbastanza di voi due, e non sono sicuro di come mi comporterei se dovessi incontrarvi di nuovo sulla mia strada. Saprete già che non perdono gli affronti subiti, e questa vostra scommessa insulsa lo è!”
 
Il tono di Ryo si era fatto via via più duro, e non ammetteva repliche; i coniugi Sei si strinsero in un abbraccio per dissimulare il terrore che stavano provando.
 
Ryo ne fu soddisfatto.
Pensò che quei due fossero una strana coppia: un potente uomo d’affari sposato con un bellissimo travestito, che passavano il tempo libero a tentare di sedurre più persone possibili; per quanto fosse abituato a certi ambienti sordidi e di dubbia moralità, quel menage lo faceva rabbrividire, lo disgustava.
Improvvisamente desiderò essere lontano da lì, da loro, e il disagio non era dato solo dal fatto che era pur sempre a bordo di un aereo, perché in maniera contorta e inspiegabile, se aveva Kaori al suo fianco, non ne aveva paura; voleva soltanto darci un taglio con quegli sciagurati.
Pertanto, prima di prendere commiato, gli si rivolse così:
 
“A questo punto tutto è deciso. Non credo che sarà un problema, per voi, trovare il modo di versare sul nostro conto la cifra pattuita per l’ingaggio, anche se sarete all’estero. Detto questo, vi saluto e spero di non rivedervi mai più”.
 
“Ryo, aspetta, solo una cosa!”
 
Era stata Kelly a parlare.
Non era più la panterona in preda all’estro venereo: aveva una voce strana che non le avevano mai sentito, il tono era più serio e decisamente carico di apprensione.
E i due sweeper s’incuriosirono.
Lei proseguì:
 
“Se è vero che dobbiamo lasciare per un po’ il paese, permettici di portare via con noi i nostri bambini, ti prego!”
 
“Bambini?” chiese incredulo Ryo.
 
“Sì, Midori e il piccolo Sanshiro” puntualizzò Akikazu.
 
“Bambini?” rincarò Kaori.
 
Le pareva incredibile che una donna del genere – ammesso che fosse veramente una donna – fosse pure madre!
Ma in fondo, perché no?
 
“Ma-ma…. Come fate ad avere dei figli?” scappò detto allo sweeper, sempre più stranito, immaginando che magari gli avrebbero risposto che erano stati adottati.
 
“Come facciamo ad avere dei figli?” gli fece eco Kelly, per poi aggiungere: “Come la gran parte dei genitori della Terra, mi pare ovvio!”
 
“Vorresti dire che tu…che tu…” iniziò a balbettare Ryo.
 
“Io cosa??? Sì, sono madre, perché? Ti sembrerà strano, ma sì, sono anche madre, li ho partoriti, allattati, cresciuti, perché? Cosa credi, che me li abbia portati la cicogna?”
 
“Quindi tu sei… tu sei…” e già l’uomo aveva la fronte imperlata di sudore freddo.
 
“Sono cosa? Insomma cosa vuoi dire?”
 
“Allora sei una donna?”
 
“Ma certo!!! E cos’altro, se no???”
 

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Capitolo 9
*** Non è come sembra ***


Ed eccoci al sospiratissimo finale! Anche se dai, non l’ho tirata troppo per le lunghe, sono solo 9 capitoli e ho aggiornato abbastanza spesso.
Va be’ spero che vi piaccia la conclusione della mia storiella.
Ci siamo tenute compagnia con qualche risatina e un po’di romanticismo.
Sono in debito con voi per la vostra stima e simpatia, e non finirò mai di RINGRAZIARVI.
Vi lovvo
A presto
Eleonora






Cap. 9 Non è come sembra
 
“Sei una donnaaaaaaaa!!!” urlò Ryo improvvisamente stravolto, pareva impazzito.
Poi prese a ripetere, tirandosi pugni in testa:
“È una donna, era una donna, è una donna, era una donna…”
 
Kaori sembrava aver preso la notizia con molta più filosofia, ma si stava facendo sempre più imbarazzata di fronte al comportamento del socio, che era passato in un battibaleno dal freddo sweeper al debosciato più idiota del mondo.
La ragazza s’impensierì.
Di fronte ai coniugi Sei, che lo guardavano attoniti, Kaori quasi si ripiegò su sé stessa, vergognandosi per la reazione spropositata del partner, e un grosso gocciolone di sudore le scese lungo la tempia.
Estremamente a disagio, iniziò pure a balbettare una serie infinita di “eh eh eh eh eh” e, prima che Ryo si giocasse l’ultimo briciolo di dignità, lo afferrò per un braccio e lo scosse energicamente, sibilandogli fra i denti:
 
“Smettila! Ryo, smettila!”
 
Ma lui interruppe quella lunga sequela, ripetuta come un mantra, solo per dirle:
 
“Kaori, ma non capisci? È una donna!!!” per poi riprendere quella scenetta da invasato, con gli occhi girati all’indietro, il ritratto della follia.
 
Kaori, da imbarazzata che era, cadde in un profondo stato di sconforto.
Non era più una scenetta da scemo del villaggio, quella che il socio aveva messo su a beneficio degli astanti: lui stava letteralmente impazzendo, al solo pensiero che una bellissima donna compiacente – seppur animata dalla voglia di vincere una stupida scommessa, per spassarsela con un uomo affascinante e aitante come Ryo – avesse fatto di tutto per sedurlo, e lui… lui l’aveva fermamente respinta!
 
Allora era vero, anche Ryo era fatto della stessa pasta di questa coppia libertina; aveva perso una buona occasione servita su un piatto d’argento, e il fatto che si fosse sbagliato, che avesse creduto che quella creatura fosse un uomo come lui, aggravava la disdetta.
In quei giorni però, lui si era avvicinato tantissimo a Kaori, si erano baciati più volte, l’ultima anche poche ore prima… ma allora quello non voleva dir niente, per lui?
Kaori era stata un ripiego?
Una donna – perché almeno, di quello, lui era sicuro che lo fosse – facile da sedurre perché a portata di mano?
O magari il banco di prova per controllare se ancora tutto funzionasse bene in lui, per sentirsi ancora uomo?
 
Mortificata per l’ignobile figura che stava facendo l’altra metà di City Hunter, e ferita per la constatazione che Ryo non era cambiato e non sarebbe cambiato mai, Kaori gli diede l’ennesimo strattone e, un po’ scusandosi con i Sei, un po’ salutandoli alla meglio, bofonchiando parole senza senso, riuscì a trascinarlo fuori, giù per la scaletta, e poi all’aperto sulla pista di atterraggio.
 
Ryo si era apparentemente calmato, ma ora emetteva un singolo monocorde lamento, e pareva non più presente a sé stesso.
Ancora trascinandolo, animata da una rabbia sorda e da una sorta di ribellione, quando Kaori fu a pochi passi dalla Mini si arrestò di botto e, voltandosi, lo fronteggiò; e visto che ancora Ryo non reagiva a niente, perso in un mondo tutto suo, con quanta più forza aveva in corpo, gli assestò un potente manrovescio, che gli fece voltare il viso dall’altra parte.
 
Quello schiaffo ebbe il potere di spezzare lo stato catatonico in cui era caduto lo sweeper, di riportarlo indietro, di scuoterlo.
Fu come se si risvegliasse in quel momento e sbattendo le palpebre più volte, ritornò il Ryo di sempre.
Leggermente sbalordito, si guardò intorno ma quando si accorse dell’espressione adirata e disperata insieme della socia, capì di aver esagerato, di essere andato troppo oltre, e di averla ferita come mai prima d’ora.
Lei lo guardava con occhi pieni di lacrime inespresse, e la sua aura emetteva così tanto dolore che Ryo ne fu sopraffatto.
L’uomo si fece improvvisamente serio, in preda al rimorso.
 
Sapeva benissimo cosa stesse pensando la ragazza in quel momento: si sentiva tradita, umiliata, ancora e ancora, proprio da lui, che si era lasciato andare con lei, che l’aveva baciata, che le aveva fatto capire che sì, anche lui finalmente corrispondeva i suoi sentimenti.
Perché Ryo aveva fatto nuovamente la scena, aveva vanificato il significato di quei baci, di quei bellissimi momenti che avevano condiviso insieme negli ultimi giorni; e gli sfilarono nella mente i ricordi di quando avevano dormito insieme e si era sentito irrimediabilmente attratto da lei, di quel bagno al limite dell’asfissia, a stretto contatto col suo meraviglioso corpo nudo, e quel bacio che lo aveva fatto resuscitare…
Non era forse lui che, fino a pochi minuti prima, non vedeva l’ora di liberarsi di Kelly e del suo degno consorte, per correre a casa e riprendere da dove erano stati interrotti?
O meglio, iniziare una nuova, dolcissima esistenza, con l’amore della sua vita?
E invece…
Aveva rovinato tutto, come sempre.
 
Il mutismo assordante della socia, ritta di fronte a lui, gli stava lacerando le orecchie.
Abbassò la testa e le sussurrò uno: “Scusa” che già sapeva non sarebbe stato sufficiente.
Lei, per tutta risposta, gli voltò le spalle e salì in macchina senza dire una parola.
Anche lui salì a sua volta, mise in moto e fecero ritorno a casa, in un silenzio greve di parole non dette e di pensieri angoscianti: da una parte rabbia, dolore, delusione… dall’altra profondo rammarico e il timore di non riuscire a farsi perdonare, recuperare la stima e l’affetto dell’altra.
 
 
 
 
Era già scesa la notte su Shinjuku, e la casa buia sembrava ancora più triste e tetra.
Kaori salì a passo sostenuto le scale dell’appartamento, cercando di seminare il socio che la tallonava dappresso e sperando di dimenticare al più presto quell’ennesima, spiacevole, brutta esperienza, per poter ricominciare, come se niente fosse, il giorno dopo.
Non andava sempre così, del resto?
Stava già per imboccare le scale che l’avrebbero portata in camera da letto quando, inaspettatamente, Ryo l’afferrò per un braccio a trattenerla.
 
“Kaori! Aspetta!”
 
Lei si voltò con gli occhi fiammeggianti: non era propriamente odio, ma un sentimento che gli era molto simile; di sicuro Ryo vi lesse anche dolore e profondo sconforto.
E l’uomo pensò che lì, in quel preciso momento, avrebbe dovuto prendersi a cazzotti la testa, e non per essersi lasciato scappare quella maliarda, ma per aver ferito, e non per la prima volta, la cara socia.
Che poi, avrebbe concluso veramente?
Sarebbe arrivato fino in fondo?
Da quanto tempo non succedeva più?
E sempre perché, da quando si era scoperto irrimediabilmente innamorato di Kaori, non riusciva più ad andare oltre a qualche bacio, qualche strusciatina o palpatina, avendo sempre come l’impressione di star a tradirla.
E soprattutto, ne sarebbe valsa la pena?
Dentro di sé la trovava già una cosa strana, che una donna di tal fatta si approcciasse così a lui… di solito le altre scappavano a gambe levate quando si faceva avanti, o non appena capivano che le avrebbe portate in un love hotel al primo .
Al massimo si innamoravano di lui, e avrebbero voluto un rapporto serio, solo quando le salvava dal pericolo, le proteggeva dai cattivi, e vedevano in lui il giustiziere senza macchia e senza paura.
 
Ryo” si disse “Sii sincero con te stesso, una volta per tutte. Tu, con Kelly, non ci saresti andato comunque!
 
Ma non solo!
Si meravigliò non poco, quando realizzò che il suo subconscio aveva voluto trovare una scusa per non tentare la sorte con la cliente.
 
Quel giorno, dentro il bagno, lui non aveva visto chiaramente proprio nulla, e invece di soffermarsi sulla nudità invitante di quel corpo, si era auto-convinto, per uno strano scherzo del cervello, che quella fosse un uomo solo perché l’aveva trovata in quella posizione.
La storia del mokkori power che si era sbagliato, la convinzione che quella creatura fosse un travestito, era solo una contorta e bizzarra reazione del suo io più intimo, al fatto che non voleva provarci con Kelly come d’abitudine, come da routine.
Questa consapevolezza gli era arrivata contro come un treno in corsa, nell’attimo esatto in cui aveva fissato gli occhi duri di Kaori, e l’uomo ne era rimasto come folgorato.
 
Doveva dirglielo, doveva spiegarle le cose come stavano.
Le doveva altresì un chiarimento.
 
Non è come sembra” le disse all’improvviso Ryo, spezzando quel silenzio schiacciante, e rompendo gli indugi.
 
Kaori lo guardò, e i suoi occhi di ambra si offuscarono leggermente per effetto dell’incomprensione.
 
“Kaori, ascolta, non è come sembra” reiterò l’uomo.
 
A quel punto la socia, sfoderando un sorriso sardonico e irridente, ribatté:
 
“È vero, non è mai come sembra, perché è sempre tutta una finzione, una  bugia, con te!”
 
Stavolta fu il turno di Ryo di non capire; lei proseguì:
 
“È una bugia quando dici che mi trovi indifferente, perché invece so che, sotto sotto, mi desideri, però sei talmente codardo da negarlo perfino con te stesso; è una finzione ogni volta che ti lasci andare, come quel giorno nella radura, e mi fai capire che sono importante per te, che probabilmente mi vuoi bene, salvo poi tornare sui tuoi passi e fare finta che non sia successo nulla… Era una finzione quando, per sfuggire alla corte asfissiante e imbarazzante di Kelly, ti sei gettato fra le mie braccia e mi hai baciata come se lo volessi davvero… perché poi sei andato fuori di testa nell’attimo stesso in cui hai capito che no, non era un travestito, e che ti eri fatto scappare l’occasione della tua vita”
 
Ryo, attonito, l’ascoltava senza riuscire a connettere.
 
Kaori sorrise con amarezza e continuò, a bassa voce:
 
“Era una finzione quando, davanti a Kelly, hai detto che ero la tua fidanzata… la tua promessa sposa… e sì, anche la tua amante, perché tu queste cose non le pensi davvero e non t’importa nulla di me”.
 
“Kaori… io…” provò a dire l’uomo.
 
“Non dire altro, tanto domani farai e dirai l’esatto contrario… Sono stanca di credere alle tue parole, non mi merito tutto questo…” e abbassando lo sguardo sul suo braccio, ancora prigioniero della forte mano del socio, gli disse:
 
“Lasciami… è tardi, voglio andare a dormire” ben consapevole che dormire sarebbe stato impossibile.
 
Ma lui, inaspettatamente, le rispose solo un “No” che significava tutto e niente; non voleva lasciarla, voleva tenerla lì con lui, aveva bisogno di lei, della sua presenza… non era così che le cose dovevano andare; e poi voleva, e doveva, trovare il modo di farsi perdonare.
Ma, al solito, non sapeva da dove cominciare, pertanto iniziò dicendole ciò che gli passava per la testa in quel momento:
 
“Kaori, perdonami…” che era già tanto per lui.
 
E lei, non abituata a sentirgli chiedere scusa, ne rimase stupita.
Capiva che il socio stava combattendo una dura battaglia con sé stesso, dilaniato fra il volersi aprire con lei e continuare a tenersi le cose dentro; gli diede tempo, ma non l’avrebbe imboccato, né gli sarebbe andata incontro.
Però gli occhi le si addolcirono, e persero un po’ di quella luce funesta che tanto spaventava il più grande sweeper del Giappone; Ryo, incoraggiato, raccolse le idee e provò a spiegarsi:
 
“Hai ragione, ti ho fatto capire sempre cose diverse dalla realtà, ho dissimulato, cercato di nascondere il più possibile quello che provavo veramente per te, ti ho confuso volutamente le idee, Kaori, perché… perché avevo paura di te…” e qui sembrò perdersi; la socia, meravigliata, lo guardava senza capire e lui proseguì così:
 
“Nella vita non mi sono mai potuto permettere il lusso di essere sincero: ho sempre dovuto stare all’erta e non mostrare mai i miei veri pensieri, per non fornire appigli o pretesti al nemico, svelare il mio eventuale punto debole. Nel momento in cui ti apri agli altri diventi vulnerabile, facile preda di attacchi”
 
“Ma io… non sono un tuo nemico…” l’interruppe Kaori impulsivamente, con una leggera nota di protesta nella voce; questo ammorbidì lo sguardo dell’uomo che le rispose:
 
“No, Sugar, è vero, tu non lo sei, non lo sei mai stata. Solo con te e con Hideyuki mi sono sempre sentito al sicuro…”
 
“… e allora… perché…?” nuovamente l’interruppe.
 
“Perché? Perché tu sei l’unica che riesce a guardarmi dentro, che vedi al di là della corazza con cui ho cercato di proteggermi dal mondo, dagli altri… e anche se non mi hai mai giudicato, restando comunque al mio fianco anche dopo aver conosciuto il mio tremendo passato, di fronte a te io mi sento indifeso e fragile,e questa cosa… mi spaventa!” finì in tono disarmante, e facendo spallucce.
 
Non era stato facile per lui spiegarle che effetto gli facesse averla accanto, ma sapeva che giunti a quel punto doveva essere sincero una volta per tutte; e per timore che lei fraintendesse si affrettò a proseguire, non prima di aver allentato la presa sul suo braccio e averle rivolto un caldo sguardo rassicurante:
 
“Non so come spiegarlo, ma… non mi era mai capitato di incontrare una persona come te, di dipendere così tanto da un altro: tu hai la mia vita nelle tue mani e potresti distruggermi in qualsiasi momento, eppure hai scelto di proteggermi, come fossi la cosa più preziosa al mondo…”
 
“Ry-Ryo ma che stai dicendo? Io non potrei, mai e poi mai, farti del male, lo sai!”
 
“Sì, lo so. Però, proprio perché sono in tua balia, l’unico modo che ho trovato per proteggermi da te, è stato quello di nasconderti i miei pensieri e i miei veri sentimenti!”
 
Kaori scosse la testa; lei era totalmente aliena da questi raggiri mentali, per lei la vita non era così contorta: sentiva di amarlo da tantissimo tempo, e cercava di nasconderlo solo perché credeva che lui non la volesse, non ricambiasse i suoi stessi sentimenti, ma finiva lì.
Da che si erano conosciuti e lei era andata a vivere con lui, gli aveva affidato la sua vita: prima perché era rimasta sola al mondo e lui rappresentava il suo unico appoggio, e poi perché, ben più prosaicamente, col lavoro che facevano veramente Ryo non faceva altro che salvarla.
Ma lei era felicissima per questo, anzi, a volte le sembrava che fosse il solo modo per credere che Ryo tenesse un po’ a lei, salvo poi pentirsene un secondo dopo perché, per trarla dal pericolo, troppo spesso metteva a repentaglio la sua stessa vita.
Lei ogni giorno si affidava completamente a lui, e lo faceva con gioia; dipendeva da Ryo, anche emotivamente, ma questo non la spaventava affatto: per lei non era concepibile il contrario.
Però, se si soffermava su ciò che le aveva appena detto il suo socio, conoscendolo, poteva capirlo.
 
Lui, abituato a contare solo su sé stesso, aveva paura di dipendere da un altro essere umano.
Questa constatazione la sconvolse.
 
“Per-perdonami Ryo, non credevo di essere così importante per te …” disse Kaori, sentendosi inspiegabilmente triste e sciocca.
 
Avrebbe dovuto essere felice sapendo che lui la teneva in così tanta considerazione, ma Ryo aveva parlato di paura, e in nome di questa si era sempre trincerato dietro una cortina di fumo.
Non era consolante scoprire questa contorta verità, perché quando si ama veramente ci si dovrebbe abbandonare totalmente all’altro, non celarsi dietro scuse o paranoie.
 
Ryo notò subito che le sue parole, in qualche modo, l’avevano ferita di nuovo, e si preoccupò; ecco, non ne faceva mai una giusta, eppure le aveva appena detto che lei era importantissima per lui.
Nuovamente si buttò, sperando di non peggiorare la situazione:
 
“Sugar… è vero ho detto che questa cosa mi spaventa, ma io sono anche contento che sia così… voglio dire, io sento che ho bisogno di te, voglio stare con te, e ho così tanta fiducia che non affiderei la mia vita a nessun’altra donna sulla faccia della terra!”
 
Mai come in quel momento Ryo sperò che un suo colpo facesse centro, perché quando aveva a che fare con l’adorata socia – e affrontavano seriamente la loro relazione non dal lato lavorativo – diventava sempre maldestro, troppo duro, o sempre troppo criptico, e invece stavolta voleva a tutti i costi che lei capisse fino in fondo cosa intendesse; non sarebbe stato in grado di spiegarsi diversamente.
 
Ma Kaori in qualche modo capì; capì che Ryo era semplicemente e finalmente innamorato di lei, e che quello era lo stato d’animo di chi ha perso la testa per qualcuno; e se lui si faceva così tanti problemi a vivere queste emozioni, era solo perché non le aveva mai provate per nessun’altra.
 
Il cuore di Kaori si riempì di gioia, tanto che temette che le sarebbe scoppiato nel petto.
D’improvviso pensò che quelle frasi sibilline che lui le aveva rivolto, là nella radura, erano veritiere, che allora non aveva frainteso!
Però aveva ancora bisogno di una conferma, e questa non sarebbe arrivata dalle parole, lo sapeva; pertanto si alzò sulle punte dei piedi, e lo baciò.
 
Dapprima lo fece dolcemente, poi sempre più appassionatamente, e Ryo, superato il primissimo stupore, rispose con entusiasmo all’invito, e chiudendo gli occhi si lasciò andare.
 
Quel bacio era la somma di tutti i baci che si erano negati negli anni, la conferma del sentimento che così tanto tenacemente avevano osteggiato, e fu travolgente perché, a dispetto di quei primi che si erano scambiati quando ancora Kelly era lì in casa loro, questo era consapevole, fortemente voluto da entrambi. Non era più solo scoperta, ma accettazione, bisogno e consolazione.
Quando per mancanza d’aria si separarono, con gli occhi ricolmi d’amore, ancora ebbri della sferzata di emozioni provata, Kaori gli sussurrò sulle labbra:
 
“Allora era vero, quando mi hai baciato anche le altre volte non stavi fingendo. Avevo bisogno di verificare…”
 
“Direi di no, amore mio, quelli sono stati gli unici momenti in cui ero veramente me stesso…”
 
“Bene, allora, direi che sono soddisfatta, mi sono presa la parte migliore!”
 
“Che vuoi dire?” fece lui perplesso.
 
“Voglio dire che anche se hai finto per tutto questo tempo di non essere attratto da me, di non considerarmi una donna ma un travestito e via discorrendo, alla fine, al momento giusto, sei stato sincero, quindi al diavolo tutto il resto!”
 
“Già” fece lui ridacchiando come uno scemo.
 
“Mi chiedo come avresti reagito se mi fossi fatta avanti in certe situazioni” borbottò lei quasi fra sé.
 
“Ah, cara socia, probabilmente ti sarei caduto ai piedi come una pera cotta. Non sai le volte che ho sperato che lo facessi!”
 
“Idiota!” sbottò la ragazza, sferrandogli un cazzotto sul petto, leggermente contrariata.
 
Ma lui, incassato il colpo, tornò a stringerla più forte; l’attirò a sé ed affondò il viso nei suoi capelli:
 
“Hai ragione, tu non potevi saperlo… e poi mi sono comportato sempre così male con te, che se non l’hai mai fatto immagino fosse perché temevi di essere respinta…”
 
“Esatto…” sussurrò in risposta la ragazza.
 
Tacquero, ognuno assorto nei propri pensieri, ma accoccolati in quell’abbraccio consolante.
Avevano sbagliato moltissimo entrambi, durante quegli anni passati insieme, ma forse tutto quel tempo era stato necessario per capirsi e accettarsi fino in fondo, per amarsi consapevolmente e non solo sull’onda di una folle attrazione.
Perché a pensarci bene, all’inizio Ryo non nascondeva di essere attratto anche da lei: se Kaori avesse ceduto o fosse stata più compiacente, avrebbero avuto magari un’avventura, ma poi Ryo si sarebbe stancato e lei ne sarebbe rimasta irrimediabilmente delusa; la loro partnership avrebbe avuto vita breve, e City Hunter, così com’era adesso, non sarebbe mai esistito.
 
Ancora una cosa, però, Kaori si sentiva di chiedergli, e con il viso sprofondato nel suo ampio petto gli domandò:
 
“Dimmi la verità, se fossi stato sicuro che Kelly non era un uomo, tu… tu… avresti ceduto alle sue avances?”
 
“Sapevo che me lo avresti chiesto…” e lo sentì sorridere dal tono della voce “ma ti capisco… In realtà non so bene cosa avrei fatto. Da principio ero molto preso, e con tutta la sua carica sessuale era difficile ragionare lucidamente, l’hai vista anche tu com’era e come si comportava, avevo gli ormoni in subbuglio. Però stavo tranquillo, perché sapevo che tu me lo avresti impedito e quindi, fondamentalmente, non correvo il rischio di finirci a letto. Te l’ho detto che la mia vita è nelle tue mani!” concluse ridacchiando.
 
Kaori a quel punto si staccò di colpo da lui e lo guardò fisso negli occhi; era serissima:
 
“Ma se non ci fossi stata io… tu cosa avresti fatto?”
 
Ryo la guardò altrettanto intensamente: quegli occhi caldi che riuscivano a penetrarlo fin nel profondo, e che quando lo guardavano in un certo modo lo turbavano enormemente, chiedevano la verità; e lui lì, fra le braccia della donna che amava, non voleva più fingere, voleva essere semplicemente sé stesso.
Non più lo stallone di Shinjuku, il cinico sweeper o il re delle folli notti del Kabukicho, ma solo un uomo che ama ed è riamato dalla creatura più fantastica dell’universo.
Voleva essere sincero.
Ci pensò un attimo poi le rispose così:
 
“Non lo so Sugar… non mi ci sono mai trovato a dover scegliere”.
 
Kaori spalancò i suoi occhi di ambra, incredula.
 
“Sì, è così” riprese lui “Sono anni che non concludo con una donna, o che non arrivo fino in fondo; qualche volta sono andato in bianco perché ho rovinato tutto sul più bello facendo il porcello, ma più spesso mi sono auto-sabotato, perché in fondo non era quello che volevo. Quando ho capito che eri tu la donna che amavo, tutte le altre hanno perso importanza, e andare con loro era un po’ come tradirti, anche se non stavamo insieme… Cioè, sapevo che tu ci saresti stata male, ti avrei fatto soffrire ulteriormente, anche se non lo avresti mai saputo. Dalle clienti mi proteggevi tu, dicevo, ma dalle altre donne… mi proteggevo io. Kelly aveva un bel appeal su di me, non lo nego, ma quando l’ho vista nuda in bagno, in piedi in quella posa, mi sono voluto convincere che fosse un uomo, così sarei stato al sicuro. Avevo la scusa per non provarci e non cedere alle sue moine. Perché con lei, molto di più che con chiunque altra, sarebbe stato facilissimo cadere in tentazione… almeno credo!” E si grattò la testa, con aria perplessa: andare a fondo a certe questioni era davvero troppo per lui.
 
Kaori però era comunque soddisfatta della sua risposta, in fondo non si può fare il processo alle intenzioni, ai se e ai ma; era giunto il momento di andare avanti e lasciarsi alle spalle le vecchie abitudini.
Tuttavia, come a ripensarci, gli chiese ancora:
 
“Ma… continuerai a fare lo stupido come hai sempre fatto?” E stavolta lo sguardo fu un pochino più intimidatorio.
 
“Eh eh eh eh eh, Kaori… ma che domande…”
 
“Allora?” incalzò lei.
 
“Lo sai che mi diverto tanto in quel modo… e poi… eh eh eh eh eh… ho una reputazione da mantenere…”
 
“Sì, quella dell’idiota!” l’interruppe Kaori.
 
“Esatto! Cioè no, ma che dici? La reputazione dello stallone!” concluse socchiudendo gli occhi e dandosi delle arie.
 
“Allora di’ al tuo stallone che, qualora volesse trottare nel mio recinto, troverà il cancello chiuso. Sbarrato!” minacciò.
 
Ryo inghiottì a fatica, mentre un’unica goccia di sudore gli scivolava lungo la tempia.
 
“Vuoi dire che… che non sarai la mia puledrina?” cercò di buttarla sul ridere.
 
“No!” rispose tagliente Kaori.
 
“Okay, okay, ho capito. D’ora in poi sarò solo un cavallo da soma!” Sentenziò.
 
“Ma smettila!” finì per ridacchiare la socia.
 
Poi, prendendosi per mano, si avviarono verso il piano di sopra, felici di essersi trovati, e consapevoli che da lì in poi si apriva per loro una nuova dimensione, che la loro relazione avrebbe fatto un incredibile balzo in avanti.
 
Stavano quasi per scomparire dietro l’angolo quando si sentì Kaori chiedere:
 
“Ti andrebbe un tè caldo?”
 
“Sì, ma non quello che ti ha offerto Kelly l’altra sera, che io… non voglio dormire!”
 
Poi si udirono risate gioiose farsi sempre più fievoli, mano a mano che i due scomparivano all’interno della casa, la loro casa, e nel posto più intimo e dolce che ci sia.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
In quota, sopra i cieli asiatici.
A bordo di un velivolo Sei Airline.
 
“Ah, ora posso togliermi finalmente questa magnifica parrucca, che tra l’altro mi è costata una fortuna”
 
“Già, però con quella eri davvero uno schianto!”
 
“Hai ragione, ero davvero bellissima. Ci sono caduti tutti. Però anche tu hai avuto una trovata fantastica, ma come ti è venuta?” (risatina)
 
“Non lo so, l’ho sparata così, ho preso la palla al balzo dopo la tua imbeccata: quando hai detto che volevi portare con noi i bambini” (risata) “Avere due figli con quei nomi stra-usati! Figurati che l’ho presi in prestito da un cartone della mia infanzia, c’erano di mezzo dei robottoni… ora mi sfugge come si chiamava…” (tono pensieroso)
 
“Comunque è stata azzeccatissima! Dei figli, un maschio e una femmina, un classico proprio. Hai visto che faccia ha fatto quel mammalucco? Da morir dal ridere!”
 
“Sì, ma… a proposito di morire, veramente dovremo stare lontani per un po’ dal Giappone e da Ryo Saeba, perché direi che gliel’abbiamo fatta grossa” (voce leggermente preoccupata)
 
“Hai ragione… Va be’ che non è come sembra, ma la sua Python non mente mai!”

 
FINE

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