Avventere a Konoha di RinRin89 (/viewuser.php?uid=62587)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I missione ***
Capitolo 2: *** Konoha no Arashi ***
Capitolo 3: *** Festa a casa Uchiha ***
Capitolo 1 *** I missione ***
avventure a Konoha
Avventure a Konoha!
I
Missione
Era una bella mattina di primavera nel
villaggio di Konoha. Il Sole faticava ancora un po’ ad alzarsi, ma qualcuno era
già sveglio e pimpante, qualcuno per cui quella era una mattina davvero
speciale…
"Mamma, io esco!" gridò un’allegra
ragazzina con lo zaino sulle spalle, in direzione delle scale.
"Aspetta un attimo Reika-chan" La sua mamma
scese velocemente le scale con un bel sorriso sul volto. La ragazzina saltellava
sul posto, mentre la mamma cercava di cancellarle dal viso i resti di una
colazione fatta al volo. "Dai mamma, lascia stare, faccio tardi!". La mamma le
scompigliò i biondi capelli ribelli con un sorriso "Buona giornata Reika-chan"
le disse dandole un affettuoso bacio sulla guancia rosea. "Grazie! Uhm…e papà?"
le chiese la figlia guardando alle sue spalle. La madre tossicchiò un: "E’
partito stamattina presto per una < missione >". La ragazzina borbottò un
"capito…" mogia mogia. "Oh no! Non dirmi che è partito per quella < missione
>" esclamò una voce di donna dal piano di sopra, "Perché credevi davvero che
ci avrebbe rinunciato?" le rispose una voce maschile. "Voi due scendete giù a
salutare vostra sorella, invece di stare lì a borbottare come due vecchietti!"
li esortò la madre. Reika rise,alzando lo sguardo sulle scale vide scendere i
due fratelli, che si scambiavano i primi dispetti della giornata. La più grande
dei due era sua sorella Ayame, una bella ragazza di diciassette anni dai capelli
corvini tenuti insieme in una morbida treccia, che le scendeva fino alla vita.
Quella mattina al posto della solita divisa della sua squadra, indossava, sopra
la maglia ninja, un bel vestito sbracciato blu oltremare lungo fino alle
ginocchia, e come cintura il coprifonte della foglia. Il fratello, benché più
piccolo di lei di quasi due anni, la superava in altezza per buona parte della
bionda testa. Gli occhi neri come l’ossidiana bagnata erano ancora mezzi
addormentati, mentre scendeva l’ultimo gradino con un grande sbadiglio. Reika
corse loro incontro e i due l’abbracciarono augurandole buona fortuna per
quell’importante giornata.
"quando torni facciamo una bella festa con
tanto di carne alla brace!" Le promise il fratello con un gran sorriso. "Sì, sì!
Però il fuoco lo accendo io!" gridò contenta Reika. "Guardate che questa sera
siamo invitati dagli Uchiha" gli fece notare Ayame sbadigliando, sia lei che il
fratello erano tornati la sera prima dopo due lunghe missioni e lei almeno non
riusciva ancora a svegliarsi del tutto. "Beh, che importa ci portiamo la brace
appresso, la zia non si offenderà di certo!" Le rispose il fratello, mentre
fingeva di combattere con Reika. "Ma ce l’avrà! Tu che dici…" gli fece notare la
sorella. "Dico che la mattina presto sei intrattabile Aya" Le rispose Minato.
Per prevenire una lite mattutina la mamma s’intromise tra i due, assicurando a
Minato e a Reika che gli zii avevano la brace e concordando con Ayame, che
quella mattina sarebbero passate dagli Uchiha , per informare la zia sul fuori
programma. Così, dopo gli ultimi saluti, Reika si trovò in ritardo e fu
costretta ad una corsa contro il tempo fino al luogo dell’appuntamento.
La ragazzina arrivò tutta trafelata al
piccolo spiazzo fuori dal villaggio, dove i suoi due compagni la stava
aspettando. La prima a correrle incontro fu una graziosa ragazzina dai lunghi e
ribelli capelli corvini. "Chiho-chan! Buon giorno, ho fatto in tempo?!" le
chiese Reika riprendendo fiato. "Sì, appena in tempo Reika-chan, come al solito"
le disse salutandola con un bel sorriso negli occhi verde chiaro. "Chi invece
non si vede,è Kakashi-sensei"fece notare una voce maschile alle spalle di Chiho.
Reika si sporse oltre l’amica, un ragazzino dello sguardo sveglio la
guardava.
" ’Giorno Reika"la salutò flemmatico
sollevando la mano. "Ryotaro!" gridò Reika buttandogli le braccia al collo "Buon
giorno! Buongiorno " Buon giorno anche a te!" gli canticchiò scotendolo come un
sacco. "Reika moll…"un rumore tra i cespugli gli smorzò la frase a metà. Un
attimo dopo tre shuriker si erano conficcati nel tronco retrostante al
cespuglio. "Buon giorno ragazzi, scusate il ritardo,ma …?" il saluto di Kakashi
ebbe come risposta un nuovo rumore tra i cespugli. L’uomo si avvicinò e infilata
la mano tra le foglie ne tirò fuori… "Una rana?!"La domanda dei tra fu lasciata
senza risposta da parte del maestro, che dopo aver osservato la rana, la lasciò
con disinvoltura sull’albero. "Ma maestro! Le rane non vivono sugli alberi!"
Protestò Reika. Correndogli incontro. "Ah, ma quella era una rana particolare
Reika-chan! Una di quelle che vivono su gli alberi come gli uccelli" Le spiegò
con un sorriso divertito il maestro. La ragazzina lo guardò dubbiosa. "Davvero…?
Non è,che mi sta prendendo in giro maestro?" "Ti sta prendendo in giro" le
assicurò Ryotaro allontanandola da quell’adulto svitato. Kakashi si sentì
studiare da uno sguardo stranamente famigliare. Si voltò in direzione dello
sguardo e vide Chiho fissare con attenzione l’albero dove aveva lanciato la
rana, lui e una larga quercia al limitare del bosco. "Maestro…c’è qualcosa lì"
gli fece notare la ragazzina indicando la quercia. Kakashi sghignazzò sottola
maschera. "Sarà uno scoiattolo curioso…" "O perché non un pesce volante,
maestro?" gli chiese Ryotaro.
- Ragazzino saccente – pensò il Jonin, ma
tutto sommato, quei tre ragazzini gli piacevano.
Osservò di nuovo i due alberi che i bambini
guardavano ancora diffidenti e sorrise, sarebbe stata una giornata
interessante.
"allora Team 7, ecco la vostra prima
missione: Dovrete trovare il rotolo che il signor Mibu ha perso nella foresta
due giorni fa. Tutto chiaro?" "Sì!" le risposero i tre genin, Kakashi li squadrò
per un attimo poi proclamò "Bene, muoviamoci!".
Il team 7 era in marcia già da un’ora
buona, quando l’ennesimo sbuffo di Reika convinse Chiho a chiederle cosa avesse.
"Mio padre…" Rispose la ragazzina infilando le mani nelle larghe tasche della
felpa "Oggi se n’è andato senza salutarmi, eppure lo sapeva che ci
tenevo!".Chiho fece cenno di aver capito "Anche mio padre è sparito subito dopo
colazione, e mi ha salutato a mezza bocca solo perché l’ho anticipato alla
porta" "Davvero?" "Mh…" Le due si guardarono, che il padre di Reika facesse cose
strane era normale, ma quello di Chiho non era il tipo... "Lo scopriremo
stasera" Propose Reika buttando le braccia dietro la testa bionda, Chiho
ridacchiò notando lo sguardo dell’amica "Puoi giurarci" convenne e insieme
allungarono il passo per raggiungere gli altri due membri della squadra.
Passi rapidi.
Rumore di foglie.
Le ultime fronde si spostarono
e…
"E TU CHE CI FAI QUI!"
Alla domanda unisona, seguì l’istintivo
gesto dei due sconosciuti di tapparsi la bocca a vicenda.
"Reika hai sentito?!" le chiese Chiho
afferrandola per la maglia. Le due ragazzine restarono immobili per qualche
secondo cercando di capire cosa fosse stato quello strano rumore. Ma la foresta
intorno a loro era tranquilla e silenziosa (per quanto può esserlo una foresta).
"Che state combinando voi due?" Le richiamò Kakashi. "Abbiamo sentito un rumore
davvero strano Maestro!"
Lo informò Reika. Kakashi sospirò guardando
le frode degli alberi. –Che seccatura- pensò.
"Voi due dovreste stare un po’ più
tranquille, infondo la nostra è una missione di livello D, niente di pericoloso!
Chiaro?" Reika e Chiho fecero cenno di sì con la testa, ma erano entrambi poco
convinte. Ripresero a camminare, ma dopo un po’ Reika rallentò un po’ il passo
per avvicinarsi a Ryotaro e Chiho l’imitò tenendosi a portata di orecchio, ma a
mezza distanza da Kakashi per non farlo insospettire. "tu che dici Ryotaro?" gli
domandò Reika, il ragazzo col codino la guardò. "Dico che in genere l’istinto di
Chiho è affidabile e che, nonostante ciò che dice Kakashi-sensei, sarà meglio
tenere gli occhi aperti".Gli occhi azzurri di Reika scambiarono un muto
avvertimento con quelli verdi e attenti dell’amica, per poi tornare su quelli
neri e intelligenti del moretto. Ryotaro era generalmente un ragazzino
flemmatico e monosillabico, ma quando qualcosa catturava la sua attenzione
sapeva far funzionare l’ingegno. Dopo averci pensato un po’ Prese Reika per il
braccio e velocemente gli bisbigliò qualcosa all’orecchio, la ragazza fece cenno
di sì con la testa e corse ad informare l’amica, che le restituì un sorrisetto
complice. "Forza ragazzi, usate quelle gambe, ci siamo quasi" li richiamò
Kakashi accelerando il passo.
Le due ragazzine gli furono subito accanto,
mentre Ryotaro continuava con passo flemmatico. "Reika, recuperalo…" l’esortò
Kakashi indicando dietro le sue spalle. La ragazzina lanciò un’occhiata dietro.
"Ca…pito!" sentenziò e sparita dal fianco dell’amica, ricomparve alle spalle del
moretto, che venne acchiappato per la vita dalla ragazzina e con quattro balzi
portato a destinazione.
Le proteste di Ryotaro nei confronti di
Reika si affievolirono, insieme alla risata allegra di Chiho, ma solo quando
anche le ultime chiacchiere tacquero i due sconosciuti trassero un respiro di
sollievo.
I due Jonin si squadrarono, in realtà
sconosciuti proprio non erano, anzi…
"Kakashi ci ha beccato,sicuro" disse l’uomo
dai capelli corvini scostando con la mano i corti ciuffi ribelli dalla fronte.
"Mi sa proprio di sì" ridacchiò divertito il jonin davanti a lui.
"Non c’è niente da ridere baka! Abbiamo
fatto la figura degli idioti, stupida rana!"
"Guarda che sei stato tu a venirmi addosso
teme! " ribatté l’uomo riscaldandosi.
Gli occhi azzurri squadrarono quelli neri e
accusatori dell’amico.
Sasuke Uchiha, quel suo caratteraccio non
era cambiato neanche dopo il matrimonio.
"Ancora non capisco come faccia Sakura-chan
a sopportarti…" buttò lì Naruto, sporgendosi un po’ dall’albero per vedere se il
gruppo di Kakashi si era allontanato abbastanza.
"Lascia perdere Sakura!" sbottò l’uomo
punto sul vivo.
Naruto si voltò per rispondergli male, ma
l’espressione di rabbia e imbarazzo dipinti sul volto dell’amico gli fecero
notare una cosa….
"Ehm…ma tu come mai sei qui Sas…" "Non sono
affari tuoi Usurantokachi!" lo precedette il moro, diventando più rosso di un
pomodoro. Sul viso di Naruto si aprì un ghigno, l’aveva preso in
fallo!
Per lui, pedinare i suoi figli il primo
giorno di missione era divenuto una missione personale, nonostante i tentativi
della moglie di fermarlo. Ci aveva provato per la prima volta cinque anni prima
con Ayame, la sua primogenita, che però l’aveva scoperto subito e rimandato a
casa. Due anni dopo era stato il turno di Minato, il secondogenito, era riuscito
nel pedinamento, anche perché il ragazzino era troppo preso a darsi da fare per
svolgere al meglio la missione per badare a lui. Tuttavia quando la sera la
madre glielo aveva detto, Minato liquidò il padre con un "Usurantokachi" alla
Sasuke, così perfetto, che per poco Naruto non ci rimase. Dopo altri tre anni
era ora la vota della sua adorata Reika-chan. Naruto stravedeva per lei e la
bambina era sempre stata orgogliosa del suo papà, dal quale, oltre ai biondi
capelli ribelli, aveva preso anche il carattere esplosivo.
Questo però riguardava lui, Sasuke,
infatti, pur avendo altri due figli più grandi, non li aveva mai pedinati, anzi
gli dava dello stupido ogni volta che veniva fuori l’argomento.
…ma ora…..
Sasuke notò il ghigno sul viso del biondo.
Dannato Baka! Non lo avrebbe mollato fintanto che non gli avesse spiegato il
motivo della sua presenza…E questo Sasuke non l’avrebbe ammesso neanche sotto
tortura!
Flash back
La sera prima a casa Uchiha
Sasuke era appena rientrato, dopo aver
lasciato all’Hokage il suo rapporto sull’ultima missione, che venne
letteralmente travolto e calpestato da due fratelli in fuga.
"Fermali papà!" urlò dall’altro lato del
corridoio la piccola Chiho, che correva a rotta di collo con le guance arrossate
dalle grida e i capelli arruffati e bruciacchiati.
Sasuke acchiappò per la collottola i due
fuggiaschi, che si dimenavano come forsennati.
"Che cosa avete combinato questa
volta?"
"Noi?! Niente!" esclamarono in coro i due
offesissimi.
"Non è vero! Bugiardi!" gli urlò contro la
ragazzina brandendo la spazzola a mo’ di spada, e solo grazie al provvidenziale
intervento della madre, i due evitarono di provarne la consistenza.
"Chiho, tesoro calmati" provò a
tranquillizzarla Sakura, cercando di disarmare la figlia, che non ne voleva
sapere e continuava ad inveire contro i fratelli.
"Papà! Papà! Picchiali!
Picchiali!"
"Ma si può sapere cos’è accaduto?" tornò a
chiedere Sasuke, che cominciava a perdere la pazienza.
"Akira ha cercato di darmi fuoco ai
capelli!"
Sasuke lanciò un’occhiataccia al figlio,
che protestò tirando in ballo il fratello maggiore.
"Non è vero papà, Arashi mi stava mostrando
la tecnica della palla di fuoco suprema e lei si è messa in mezzo!"
"Stai zitto Baka!" sbottò il ragazzo, dando
un cazzotto al fratello.
L’occhiataccia assassina toccò ad
Arashi.
"Quante volte ti ho detto che non devi
usare tecniche pericolose con i tuoi fratelli vicino, per di più in casa!" lo
rimproverò il padre, mentre Sakura teneva per mano la figlia per impedirle di
assaltare il fratello più grande che si era avvicinato troppo. Arashi, ignaro
del pericolo, sbuffò guardando dall’altra parte, così appena la madre allentò la
presa Chiho riuscì a colpire in testa il fratello.
"Chiho!" la sgridò la madre scandalizzata,
mentre i due si riempivano d’improperi, mentre Akira, ancora tenuto saldamente
dal padre, canzonava il fratello con uno "Scemo, scemo!".
"Cosa hai detto!? Ripetilo moccioso!" gli
rinviò contro il fratello.
A quel punto, vista la malaparata Akira
utilizzò la tecnica della sostituzione e, lasciando Chiho al suo posto (perché
perdere l’occasione di farle un dispetto!), si diede alla fuga.
"Akira, se ti prendo, sei morto!" gridò
Arashi correndogli dietro.
Sasuke, immobile, restava in attesa che la
figlia decidesse la sua prossima mossa, ma sentendola tremare la guardò. Aveva i
grandi occhi verdi pronti per le lacrime, ma si mordeva il labbro per non farsi
sfuggire un solo singhiozzo.
Quella piccola orgogliosa.
Sasuke lasciò la presa e le diede un
buffetto sulla testa.
La ragazzina lo guardò.
"Penso che i tuoi fratelli oggi mangeranno
solo riso freddo. Il soggiorno ha decisamente bisogno di una sistemata" affermò,
guardando il casino in cui si trovava la stanza. Chiho fece cenno di sì con la
testa e lasciò che il padre la prendesse in braccio.
"Papà…m’insegnerai una tecnica come
quella!?" domandò seria seria, guardandolo negli occhi. Sasuke sghignazzò
mentalmente.
"Per dare fuoco al resto della casa o ai
tuoi fratelli?" riuscì a chiederle altrettanto seriamente, guardando il visino
arrossato dai primi lacrimoni di orgoglio ferito.
"Tanto tu non lo può fare!" la prese in
giro Akira passando di corsa davanti al padre, inseguito dal
fratello.
"Akira fermati se hai coraggio!" gli urlò
il fratello.
"Te lo fermo io" sentenziò la sorella, che
saltata giù dalle braccia del padre, sparì il perfetto stile ninja.
"Akira sei fregato!" esclamò soddisfatto
Arashi sentendo il rumore sordo di un corpo atterrato.
"Chiho, lasciane un pezzo anche a me!"
gridò allegro il ragazzo, correndo dai fratelli.
"Ma hanno fatto così tutta la settimana?"
chiese allibito, e in cuor suo divertito, Sasuke.
"Oh no! Sono stati dei veri angioletti,
come lo eravate tu e Naruto d’altronde – lo stuzzicò – posso dire di essere
allenata!" sentenziò la donna con un bel sorriso.
"Senza dubbio" le rispose divertito Sasuke
baciandola con affetto. Sakura si accoccolò tra le sue braccia, cercando di
farsi una ragione per il salotto distrutto.
"Ah, stavo per dimenticarmene, Takeru è
stato trattenuto in ospedale, ha detto che tornerà tardi, se gli lasci qualcosa
da scaldare per cena"
"Certo, non è un problema…spero solo che me
lo rimandino indietro prima di domani" borbottò tra sé e sé Sakura.
"Perché? Che cosa succede domani?" Le
domandò Sasuke.
"Domani mattina c’è la prima missione di
Chiho col nuovo team 7 di Kakashi…"
"Ah" Fu la monosillabica risposta di
Sasuke, era stato fuori tutta la settimana e aveva perso il senso del tempo.
Mentre cercava di far quadrare i conti, vide Sakura che si era messa a
rassettare.
"Lascia stare, rimettono a posto i tre
teppisti"
Sakura lo guardò significativa.
"Non è che non mi fidi di te, tesoro, solo
che domani sera verrà parecchia gente e ci terrei ad avere ancora un salotto
dove farli accomodare"gli fece notare la moglie, ma Sasuke fu
irremovibile.
Così quella sera il salotto era in
condizioni peggiori di quelle in cui versava nel pomeriggio.
Sasuke si buttò sul letto distrutto da
quell’unico pomeriggio, più che da un’intera settimana di allenamento
serrato.
"Domani starai meglio" gli bisbigliò Sakura
baciandolo dolcemente. Lui ricambiò il bacio, intenzionato a continuare quel
discorso a modo suo, in fondo non la vedeva da una settimana!
Già teneva Sakura tra le braccia, quando il
rumore di una mano sulla porta lo costrinse a rimandarlo.
"Vieni Chiho" la chiamò Sasuke e la
ragazzina fu subito da lui. Sakura si fece un po’ più in là permettendole di
sedersi tra loro. "Va meglio?" le domandò poi, cercando di sistemarle in una
treccia i capelli ribelli. Chiho fece cenno di sì con la testa, guardò il padre
tutta contenta e speranzosa. Sasuke ricambiò lo sguardo perplesso, poi capito
cosa stava aspettando la figlia le disse.
"Allora…Sei pronta per domani? La mamma mi
ha detto che sei nel gruppo di Kakashi".
Alla ragazzina si illuminarono gli occhi
"Sì!" disse tutta orgogliosa.
"Vedrai papà, sarai orgoglioso di me
domani!"
"Vedremo piccola peste… e chi sono i tuoi
compagni?"
"Sono nel gruppo con Reika-chan e
Ryotaro-kun!"
"Il figlio di Shikamaru? Ma i gruppi non
dovrebbero essere due ragazzi e una ragazza?"
"Sì, ma i gruppi sono scelti per favorire
il lavoro di squadra, e in fondo noi lo siamo sempre stati! È stato proprio il
maestro Iruka a proporci come gruppo "
"E a quanto pare non si è sbagliato, vero
Chiho-chan, perché non dici a papà com’è andato il test di Kakashi?"
"Quale quello coi due
campanellini?"
"Sì, sai papà, Ryotaro è davvero in gamba!
In pochi minuti ha studiato un piano semplice, ma efficace. Grazie al suo piano
e al lavoro di squadra con Reika, sono riuscita a prendere i campanellini al
maestro Kakashi" spiegò tutta orgogliosa.
"TU COSA?" esclamò Sasuke
esterrefatto.
Da quanto ne sapeva gli unici che Kakashi
aveva promosso erano stati Lui, Naruto e Sakura, tanti anni prima, ma anche loro
i campanellini non erano mai riusciti nemmeno a toccarli!
Guardò ancora incredulo il visetto contento
della bimba tra le braccia di Sakura, mentre le due donne se la ridevano
complici per la sua sorpresa.
"Allora papà?" Lo stuzzicò la figlia buttandoglisi sulle spalle, in attesa di
rubargli qualche altro complimento. Sasuke fece finta di essere molto offeso, ma
prima che potesse rispondere, sentì il leggerissimo passo felpato dei suoi figli sul
pavimento ligneo. Così, con Chiho sulle spalle, aprì la porta e il figlio più
piccolo gli finì addossò.
"Ehm…ciao papà! Ancora sveglio?" Abbozzò Arashi riacchiappando
il fratellino.
"Sai com’è, avendo in casa una mandria
d’elefanti…" Sasuke lo guardò esasperato, che doveva fare con quel figlio? E per
di più sgridarlo gli dava la strana sensazione di riprendere se
stesso!
"Papà, è tornato Takeru!" Lo informò il
piccolo Akira, difatti alle spalla dei due, Sasuke notò la figura alta e stanca
del figlio maggiore, che addossato alla parete aspettava pazientemente di poter
raggiungere la sua stanza. Il ragazzo sentendosi osservato alzò lo sguardo sul
padre.
" ’Sera" disse sopraffatto da uno
sbadiglio.
"Bentornato, tua madre era preoccupata che
ti trattenessero fino all’alba."
"C’è mancato poco, fortunatamente
Ayame-chan è rimasta ad aiutarmi con gli ultimi arrivati"
Dalla camera si udì la voce di Sakura e
poco dopo, la faglia Uchiha si ritrovò di nuovo il cucina.
Sakura riscaldò la cena a Takeru che
avrebbe preferito andarsene subito a dormire, ma mangiò da bravo figlio, per non
dover protestare. Intanto Chiho, con più premura del necessario, teneva d’occhio
Akira per impedirgli di mangiare biscotti fuori orario.
Arashi intanto, ne approfittò per farsi
raccontare dal padre le imprese più interessanti della lunga missione,
aggiornandolo a sua volta degli avvenimenti della settimana.
"…ah, poi senti questa, L’altro giorno e
venuto un tizio a cercare il maestro Iruka, hanno parlato per un po’…da quello
che ho capito l’uomo aveva perso una pergamena molto importante…il maestro gli
detto consigliato di rivolgersi all’Hokage , e indovina un po’ a chi è stata
affidata la missione" concluse guardando la sorella che giocava con Akira.
Sasuke guardò la figlia e sorrise, Kakashi
avrebbe avuto da fare l’indomani.
Ma Sakura non rideva, comunque non disse
niente, aspettò che Takeru finisse di mangiare e poi spedì tutti al letto e
senza storie!
Il sonno ormai stava avendo la meglio su
Sasuke, quando satura lo scosse un poco per attirare la sua
attenzione.
"…uhm…?" riuscì ad articolare a mezza
bocca, con un piede già nel mondo dei sogni.
"Ecco…Sasuke-kun…non ti
arrabbiare…"
"Non ce la farei, anche volendo…" le fece
notare dormendo.
"…Sì, ma…ecco mi chiedevo…"
"Cosa?"
"Non è che domani ti andrebbe di seguire
Chiho?".
"Cosa!?" Ecco ora era sveglio!
"Per favore Sasuke sono preoccupata! Se
Arashi ha ragione, allora il proprietario è un’importante impresario del paese
del fuoco! La missione potrebbe non essere così semplice, e se quel rotolo è più
importante di quello che sembra potrebbe diventare addirittura
pericolosa!"
Sasuke non l’ascoltava, era
sconvolto.
Pedinare la figlia! No! Mai! Non era mica
quel baka di Naruto!
Sakura non lo avrebbe costretto a fare una
cosa del genere!
….
……….
Fine Flash back.
Mentre Sasuke ripercorreva velocemente quei
ricordi, Naruto aspettava la sua risposta.
"Allora Sas’ke, cosa ti ha fatto cambiare
idea?" Lo stuzzicò, vedendolo in difficoltà.
Sasuke lo guardò storto, ma prima di
mandarlo al diavolo gli rispose.
"Sakura sa essere maledettamente
convincente, e ora muoviamoci o li perdiamo"
"Dovrò chiedergli come ha fatto, quando
torniamo a casa"
"Se mai ci arriverai" avvicinando
minacciosamente la mano alla katana.
Naruto deglutì…Sarebbe davvero
sopravvissuto?
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Capitolo 2 *** Konoha no Arashi ***
Konoha no Arashi
Avventure a Konoha!
Konoha no Arashi / La
tempesta di Konoha
"Piacere il mio nome è Sasuke, Uchiha
Sasuke"
Questo è il nome che, mia madre ha scelto,
alla mia nascita.
Il motivo?
Quando glielo chiedevano
rispondeva:
"Quando è nato era talmente uguale al padre,
che non avrei potuto chiamarlo diversamente"
In genere finiva la frase con un abbraccio
stritola costole al sottoscritto.
Non fraintendete ora, mia madre è una donna
molto tranquilla in genere, ed è anche molto bella ed intelligente, ma quando
parla di papà ha dei comportamenti un po’ strani…
Questo lo pensavo, quando ero un marmocchio
di sette anni, con un’insofferenza acuta per le cose sdolcinate. Ora ne ho
sedici e l’unica variazione, che mi sento di dover aggiungere è che tutte le
donne, quando s’innamorano, sono strambe.
Ma su questo torneremo dopo.
Per il momento forse, qualcuno di voi si
starà chiedendo come facciano le persone a chiamare il giusto,
soprattutto in famiglia. Bèh, il problema lo risolse proprio il mio imbronciato
fratello maggiore. Accadde una delle prime volte che rimasi da solo a casa con
lui e papà, io non me lo ricordo, ma mia madre dice che al suo ritorno, la casa
sotto sopra e mio padre distrutto.
Quando provò a chiedere cos’era successo,
mio fratello mi guardò in braccio a papà e se ne uscì con una sola parola:
"Arashi".
Aveva due anni e mezzo, io appena uno, fatto
sta che da quel giorno io sono Arashi.
Konoha no Arashi, come si divertiva a
chiamarmi lo zio Naruto.
A questo punto avrete capito che, a dispetto
delle apparenze, il mio carattere è agli antipodi rispetto a quello di mio
padre. La stessa cosa non si può dire per mio fratello Takeru che, quando gli
gira male, è la sua copia sputata….eccettuato un
piccolissssssssssssssssssssssssssssssssssssssssimo particolare…Ma siccome ci
tengo alla pellaccia, lascerò che sia lui a rivelarvelo, se mai ne avrà
voglia.
Bene, avendo finito con le presentazione,
tornerei all’argomento principale.
Quello di cui vi voglio parlare oggi, e vorrei un aiuto soprattutto dalla
categoria femminile, è lei.
La ragazza di cui sono innamorato da più di due anni: Ayame Uzumaki.
"Nii-san, la mamma ti vuole di sotto! Sono
arrivate la zia e Ayame-chan"
Questo è il mio adorato fratellino Akira. Ha
sette anni, un dente in meno e un cerotto permanente sulla faccetta paffuta. È
la disperazione della mamma, non riesce a tornare a casa senza essersi
assicurato un bel livido violaceo, o almeno una sbucciatura sul ginocchio.
Ha i capelli neri di famiglia e due occhi
verdi, che vedono e ottengono tutto ciò che vogliono… compresa la mela
caramellata con cui mi sta impiastricciando la manica della
maglietta.
"A-chan, ora scendo, ma intanto faresti una
cosa per me?" gli chiedo innocente.
Lui già sghignazza.
Non è un fratellino fantastico?
"Daresti un abbraccio ad Ayame-chan da parte
mia? – la sua faccia è disgustata – Ovviamente senza prima lavarti le mani, mi
raccomando!"
"Vado!" mi dice correndo dalla mia vittima
preferita.
Sì, bèh, lei mi piace, ma mi piace ancora di
più quando, quell’impassibile ragazza, torna ad avere i capelli corvini
scompigliati intorno al viso, le gote arrossate e gli occhi azzurri accesi di
rabbia. Come quando era una piccola tiranna ribelle ed io il suo acerrimo
rivale.
Scendo le scale lentamente, e raggiunto il
corridoio le sue grida mi assicurano la perfetta riuscita del mio piccolo
dispetto. Un attimo dopo, eccola davanti a me, bella da mozzare in fiato, con i
grandi occhi azzurri pronti a subissarmi d’improperi, alle sue spalle Akira, che
assicura a mamma.
"Me l’ha chiesto Nii-san"
"Tu! Quando crescerai?!" Mi urla in faccia,
vicina… Troppo vicina Aya-chan.
Non puoi mica protestare se ti rubo un bacio
a fior di labbra.
"Buon giorno Aya…" uno schiaffo da capogiro
mi tramortisce.
"Provaci un’altra volta e sei morto, Teme!"
detto questo scappa via.
Ora…Questo me lo ha detto anche l’ultima
volta…E quella prima…A pensarci me lo dice tutte le volte che le rubo un
bacio…
Eppure sono ancora vivo e nonostante quello
che dice, lei continua farsi prendere da me ogni volta che ci
vediamo.
Quindi la mia domanda al gentil sesso è: Come faccio
a farle capire che è cotta di me?
Assolutamente no!
Lei Ayame Uzumaki non era neanche
lontanamente innamorata di quel usurantokachi di Sasuke Uchiha!
Figuriamoci! Era solo un maledetto moccioso
presuntuoso!
Un ragazzino che non era mai
cresciuto!
La ragazza sbattè con rabbia il pugno contro
la parete lignea del corridoio vuoto.
Sasuke Uchiha, per lei, era un vigliacco,
solo un maledetto stupido vigliacco.
"Che ti è successo, piccola
Ayame?"
La voce calda e rilassata del maggiore dei
fratelli Uchiha, la fece sussultare.
"Ni…Niente, niente di nuovo
almeno"
Borbottò la ragazza cercando di ricomporsi,
ma Takeru con risoluta gentilezza l’aveva già fatta voltare e, dopo averla
esaminata con un veloce sguardo professionale, ne riconobbe il
malanno.
"Arashi…" Decretò con un sospiro.
Ayame guardò gli occhi neri del ragazzo,
mordendosi il labbro.
"Aya-chan…" cominciò lui mortificato, ma la
ragazza non lo fece finire e nascondendo il volto nel petto del ragazzo,
cominciò a piangere e a inveire contro il fratello di quest’ultimo.
"L’ha fatto di nuovo Takeru! Non doveva! Non
ne ha il diritto!
Mi sta rendendo la vita un inferno, non ce
la faccio più!
Lo fa ogni volta che mi avvicino a lui, e io
maledizione non riesco a impedirglielo!
Lo odio! Lo odio da morire!"
Takeru la lasciò sfogare tenendola
stretta.
Non erano molte le persone a cui teneva o di
cui gli importava veramente, ma ad Ayame era affezionato sin da piccolo.
Conosceva tutto di lei, ed era sicuro che la stessa cosa poteva dirla lei di
lui. Proprio per questo, sapeva quanto pesasse alla ragazza quello sfogo di
rabbia. Aya non era mai stata una persona espansiva, tanto meno disposta a
mostrare apertamente i suoi sentimenti, forse neanche a se stessa…In questo era
una kunoichi perfetta.
Tutto ciò che aveva, se l’era guadagnato con
le unghie e con i denti, era riuscita a fronteggiare i migliori combattenti del
paese del fuoco e l’assenza di doni particolari l’aveva compensata con l’impegno
e la determinazione.
Era una ragazza forte su molti fronti, ma su
uno in particolare era orribilmente facile ferirla, e suo fratello era un
esperto in quel campo.
Non che lui non capisse le motivazioni, che
avevano portato il fratello a fare quello che aveva fatto, e d’altra parte non
era affar suo, ma non sopportava di vedere in che modo quell’idiota del fratello
riuscisse a ridurre la sua dolce Ayame.
Fino ad ora aveva lasciato correre, ma a
quel punto, Takeru si convinse, era diventato necessario parlare con Arashi e
chiarirgli un paio di concetti fondamentali.
Mentre Takeru rimuginava su questi pensieri,
Ayame aveva smesso di piangere e cercava di mascherare gli evidenti segni di
quello sfogo improvviso. Il medico che era in Takeru si accigliò.
"Così finirai per congestionarti gli occhi
ancora di più… Se me lo permetti, cercherò di aiutarti in modo più efficace" le
propose allontanandole le mani dal viso. Ayame cercò di tirare fuori un timido
sorriso.
"Grazie, Takeru"
"Di niente Aya, adesso vai a sederti sotto
il vecchio albero del cortile interno, lì starai meglio e non ti disturberà
nessuno. Intanto io recupero un impacco fresco per i tuoi occhi
arrossati."
La ragazza fece cenno di sì e dopo averlo
ringraziato di nuovo, s’incamminò verso la meta indicatale. Takeru la guardò
allontanarsi, poi si diresse nella direzione opposta. Aveva appena svoltato
l’angolo, quando un piede calciato contro la parete del corridoio lo bloccò. Non
ebbe bisogno di voltarsi per sapere a chi appartenesse quel piede.
"Arashi"
"Takeru"
"Che vuoi?"
"Ho visto la vostra commovente scenetta di
poco fa."
"Geloso?" Takeru in genere non era il tipo
da attaccare briga,ma il fratello riusciva a tirare fuori il lato peggiore del
suo carattere.
Il piede di Arashi sbatté nuovamente contro
la parete.
"Sì maledizione! Lo sai che lei mi piace,
perché non la smetti una buona volta di fare la parte del nobile protettore e
non sei onesto con te stesso e con me!"
"E cioè?"
"Lei ti piace, ammettilo
fratello!"
"Se lo dici tu…-gli rispose come se la cosa
non gli interessasse minimamente. -…Tuttavia non sono io che la faccio star male
ogni volta che l’incontro."
"Questi non sono affari tuoi!" si difese
Arashi punto sul vivo.
"Sarà...lei però non mi sembra del tuo
stesso parere"
"Stalle lontano Takeru"
"Potrei, ma le devo portare l’impacco, per
rimediare al pianto che tu le hai provocato"
Arashi si morse il labbro per la rabbia, era
vero maledizione, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui!
Takeru rimase a guardarlo, che fratello
scemo che aveva…
"Invece di rimanere qui a roderti il fegato,
perché non ti rendi utile?" Gli disse Arashi lo guardò senza capire e Takeru
scosse la testa.
"L’impacco è nel kit medico, basta che ci
aggiungi un po’ d’acqua, lo sai fare, no?"
"Certo!" esclamò Arashi preso alla
sprovvista, e capito il suggerimento si allontanò di corsa.
Takeru lo guardò correre via, poi tornare
indietro.
"Ehm… grazie" gli disse impacciato prima di
scomparire di nuovo. Takeru ghignò divertito
-il solito Baka.…-
Ayame intanto, se ne stava seduta all’ombra,
tenendo gli occhi chiusi. I sentimenti che le avevano procurato quel pianto
fuori programma si stavano acquietando velocemente. Takeru sapeva
tranquillizzarla come nessun altro. A volte la ragazza si chiedeva se Sasuke e
Takeru non fossero i poli opposti del suo umore. La loro presenza la portava a
provare l’intero ventaglio di sentimenti dalla rabbia all’a… A qualcosa che non
voleva provare.
In ogni caso la sua dipendenza dai due era
eccessiva e pericolosa. L’Hokage l’aveva avvertita, se voleva continuare ad
essere ciò che era, doveva prendere provvedimenti a riguardo.
Ayame aprì gli occhi, infastidita da quei
pensieri, tuttavia neanche quei problemi potevano mettersi tra lei e la pace
profonda del giardino. Quel piccolo angolo di pace si trovava nel cortile
interno dell’antica casa Uchiha, lì i rumori della casa erano inesistenti e solo
il ritmico scambio di battute tra l’acqua della bella fontana e quella del
laghetto, immerso nel profondo silenzio della vecchia ombra di un ciliegio,
segnava il placido scorrere del tempo in quel luogo fuori dal mondo.
Ayame si mise ad osservare il pigro flusso
dell’acqua senza pensieri, sapeva che quando la madre avesse avuto bisogno di
lei, l’avrebbe cercata lì. Era entrata in quella casa da piccolissima e quel
posto aveva sempre avuto un particolare ascendente su di lei.
Era lì che da piccola aveva passato i lunghi
pomeriggi estivi insieme a Takeru prima e con Sasuke e Minato poi.
Il tiepido Sole primaverile la rivendicava
al sonno e ben presto Ayame chiuse gli occhi perdendosi tra ricordi e sogni di
giorni passati.
Ricordava la prima volta che Sasuke e Minato
erano stati lasciati a giocare con loro senza il controllo dei genitori, avevano
tre anni, Takeru cinque e lei appena quattro, il gioco tuttavia era presto
degenerato in pianto e lei e Takeru si erano presi una bella strigliata dalle
rispettive mamme. Ayame sorrise mentre un altro ricordo le tornava alla mente,
era estate, e loro quattro si stavano divertendo a schizzarsi con la fresca
acqua del laghetto, ma era bastato che la zia Sakura si allontanasse un attimo
perché finissero <> tutti e quattro nel laghetto.
Per farli uscire e portali a fare un bel bagno caldo, suo padre e lo zio Sasuke
li avevano dovuti tirare su di peso.
In quella rapida catena di ricordi, i
giorni, i giochi e gli anni passati insieme, si susseguivano nella mente della
giovane, portandola a notare ciò, che sapeva da sempre, ma che da tempo non
voleva ricordare.. Il volto di Sasuke cresceva nei suoi ricordi, com’era
cresciuta la sua presenza nella sua vita. Voleva bene al fratellino e anche a
Takeru, ma con Sasuke c’era qualcosa di più. All’accademia il bambino l’aveva
eletta suo rivale, mentre Minato aveva scelto Takeru da eguagliare. All’inizio
questo le aveva dato fastidio, se lo trovava sempre appresso, e in più
nonostante fosse più piccolo di lei, riusciva sempre a raggiungerla,
nell’altezza, nell’abilità fisica e nella velocità d’apprendimento. Lei era
sempre stata orgogliosa e la rivalità come la competizione erano dunque nate
spontaneamente in lei nei confronti di Sasuke. Così poco alla volta il desiderio
del bambino di stare al suo passo era diventato una sfida, qualcosa tra loro due
soltanto. Non voleva essere superata da lui, per questo lei si era impegnata al
massimo, per rimanere il suo traguardo e anche per non deluderlo. Erano rivali,
ma anche amici, quante volte si erano spalleggiati a vicenda e quante se n’erano
dette subito dopo anche per stupidaggini da niente. Col tempo Sasuke era
cresciuto e nonostante la rivalità , come l’aveva definita
una volta Takeru, Ayame aveva scoperto di non essere tanto vicina a nessun
altro. Migliorarsi, divertirsi, stuzzicarsi, litigare e fare pace l’attimo dopo,
diventare sempre più forti, cresce insieme, questo era stato per lei
Sasuke.
O almeno lo era stato, fino al giorno in cui
lui l’aveva abbandonata.
Aprì gli occhi irritata e la sua faccia gli
si presentò davanti.
"Ehm…Aspetta, non ti arrabbiare…"
"Sono già arrabbiata" gli fece notare Ayame,
un attimo prima di tirargli un pugno, che il ragazzo bloccò senza problemi, ma
con una faccia talmente ferita, che stupì la ragazza.
"Se fossi stato Takeru non avresti reagito
così"
"Takeru non cerca di approfittare di me
appena abbasso la guardia!"
"Se tu la smettessi di evitarmi, non ne
avrei bisogno!"
"Se tu…" cominciò ad urlagli in faccia la
ragazza, ma si zittì.
"Se io…? Avanti, continua Ayame. Se io
cosa?"
"Se tu non fossi diventato un vigliacco, non
sarebbe finita così!"
La faccia di Sasuke divenne una
maschera.
"Ho capito" disse gelido, più a se stesso
che alla ragazza, tirandosi su.
Ayame rabbrividì, non l’aveva mai visto
così.
"Comunque, ero venuto solo a portarti
questo" le disse lanciandole una pezza umida in grembo.
"Nii-chan, Aya-chan! Stiamo per andare, venite?"
La voce spensierata di Akira fece voltare i
due.
"Io passo per oggi, piccoletto! Ho un paio
di cose da fare" gli rispose Sasuke scompigliandogli i capelli ribelli. La voce
era allegra, ma Ayame la sentiva dura e tagliente. Cercò di scorgere il viso del
giovane, ma lui se ne accorse e sparì senza rumore.
"Nii-san…" mormorò Akira, guardando il punto
in cui era sparito il fratello.
"Akira andiamo" lo spronò Ayame, Akira la
guardò malissimo, le fece una linguaccia e corse via.
Le donne e il piccolo Akira erano usciti e
ora Sasuke si trovava da solo, chiuso nella camera buia, sdraiato sul
letto.
Un altro guaio.
Un’altra litigata.
Un nuovo paletto tra loro.
Un vigliacco.
Era questo che ora lei pensava di lui,
questa volta era stata chiara come il Sole.
-Maledetta stupida! Non hai capito niente!
–
Avrebbe voluto… che cosa
importava…
Lei non lo voleva ascoltare, era passato un
anno da quando, dopo aver accettato l’incarico di maestro all’accademia dei
chunin, le aveva confessato di amarla.
Non avrebbe potuto scegliere un momento
peggiore, si era detto in seguito, si era aspettato di tutto in risposta da lei,
tranne lo sguardo di puro disprezzo che gli aveva rivolto. Non una parola, non
una spiegazione, e quando, dopo una settimana di silenzio, aveva provato a
parlarle, la risposta fu lapidaria.
"Sono un anbu…" gli aveva detto e dopo
essersi infilata la maschere aveva aggiunto "…e tu no"
E da allora la situazione era solo
peggiorata….
Non era un anbu, né lo voleva
diventare.
Non avrebbe rinnegato la sua scelta, e se
lei non lo accettava per quello che era, bèh…
A tirarlo fuori da quel groviglio di
pensieri, furono due secchi colpi alla porta.
Sasuke rimase un attimo interdetto, aveva
pensato che fossero usciti tutti. Poi si diede dell’idiota… Si era dimenticato
del fratello.
"Vattene" borbottò, guardando il soffitto,
ma Takeru entrò, senza filarselo minimamente.
Arashi saltò a sedere sul letto
infastidito.
"Ehi! Ti ho detto, vattene!"
"Ho sentito" gli rispose l’altro guardandosi
intorno.
"E allora perché sei entrato?! Che senso ha
bussare, se poi te ne freghi di quello che dico!"
Takeru lo guardò come se fosse un po’ tardo,
poi senza badargli, si diresse alla finestra aprendo le tende scure.
"Oi! Chi ti ha dato il permesso di aprirle!"
protestò Arashi tirandogli il cuscino.
"Ti sei depresso abbastanza – gli fece
notare Takeru, sbattendogli in faccia il cuscino – Ora dobbiamo
parlare"
-Parlare, sì come no! – pensò arrabbiato
Arashi
"Per oggi ho chiuso le comunicazioni" gli
rispose voltandosi dall’altra parte del letto.
Takeru se lo guardò esasperato…Quel fratello
assurdo lo sorprendeva sempre, a volte sembrava molto più grande dei suoi sedici
anni, altre si comportava come un bambino di cinque. Sospirò, stuzzicarlo
sarebbe stato facilissimo in quel momento. Tuttavia una parola di troppo lo
avrebbe fatto infuriare, e se già non voleva ascoltarlo, farlo arrabbiare era da
stupidi. Era andato da lui per farlo ragionare, non per dargli un motivo in più,
per chiudersi nel suo stupido orgoglio ferito.
Il silenzio si protraeva. Arashi aspettava
la sgridata di Takeru, mentre quest’ultimo non sapeva che pesci pigliare… Il
silenzio ostinato del fratello (o così pareva a Takeru), lo aveva preso in
contro piede. I secondi continuavano a passare, finché Takeru sentendosi sempre
più stupido non si alzò.
"Dove vai?"
La domanda del fratello lo fermò.
"C’è un salotto, che aspetta di essere
sistemato, tavoli e sedie da tirare fuori e pulire, e una griglia da far
funzionare."
"Mi sembrava, che volessi parlarmi" brontolò
Arashi.
Takeru ci pensò un po’ su, poi decise di
dirgli chiaro e tondo ciò che pensava.
"Volevo solo farti notare, che Ayame non ce
l’ha con te perché non sei diventato un anbu…"
"Ah no…?"
"No! Quello che non ti perdona è che invece
di spiegarle la tua scelta, l’hai messa davanti al fatto compiuto il giorno
della selezione non presentandoti…Lo sai no, che ti ha aspettato fino alla
fine."
" Ma io ho deciso di non presentarmi solo la
sera prima, dopo aver parlato col maestro Iruka"
"Questo non toglie che fino al giorno prima,
le avevi ripetuto che saresti diventato un anbu più forte di lei"
"Che le dovevo dire, Takeru? Scusa tanto
Aya-chan, ma non mi va di essere un sicario scelto dell’Hokage e un assassino
senza volto in vece sua!"
"Pensi che non ti avrebbe
capito?"
"A quanto pare no! A quanto pare ormai non
sono più alla sua altezza! Tu, nostro padre… voi sì.
Io sono solo un ragazzino, che a detta sua,
cerca di approfittarsi di lei quando è distratta.
Beh, sai che ti dico Takeru, se si distrae
così facilmente non è poi un granché come anbu!
E se non riesce ad ammettere con se stessa
che è innamorata di me, allora la vera vigliacca è lei, non io!" sbottò
Arashi.
"Penso che tu esageri. D’altronde questi non
sono affari miei, né posso risponderti io al suo posto. – gli disse dirigendosi
verso la porta, poi prima di uscire aggiunse – Comunque, mentre elabori, vieni
giù e dammi una mano. Anche perché papà non si trova, e mamma non ha voluto
dirmi dov’è andato a finire"
Arashi guardò il fratello allibito… Ma che
conclusione era?
Scoppiò a ridere divertito, era stata una
conversazione breve e assurda, ma ora stava meglio. Così ritrovato il suo buon
umore, scese al piano di sotto ad aiutare il fratello.
Intanto…da qualche parte nella foresta di
Konoha, qualcuno starnutì.
"Ehi, non ti sarai mica preso il
raffreddore?"
"Sta’ zitto, Usurantokachi"
Naruto guardò l’amico, era sempre più nero e
irritato. Aveva smesso di prenderlo in giro da un bel po’…da quando, per
l’esattezza, un kunai volante gli aveva quasi fatto lo scalpo.
Se quella missione fosse durata ancora a
lungo, avrebbe dovuto cominciare a temere per la propria vita!
Stava per proporgli di tornare a casa,
quando ai piedi dell’albero su cui si erano fermati, notò un rotolo
abbandonato,
- I ragazzi sono passati senza vederlo! –
pensò.
"Lo prendo e glielo faccio
trovare"
"Cosa?" gli chiese snervato Sasuke, ma
l’altro si era già lasciato cadere. Sasuke guardò in basso e…
"Baka fermo!" gli urlò, ma l’uomo aveva già
toccato il rotolo, che esplose in una cortina di fumo e polvere, poi il rumore
secco e ripetuto degli shuriker contro il tronco dell’albero.
"Baka" sentenziò Sasuke, vedendo l’amico
inchiodato all’albero con un’espressione assurda.
"Ehm… Sas’ke, una mano?"
L’uomo era tentato di mollarlo lì, ma sentì
il rumore dei ragazzini che si avvicinavano, non aveva voglia di dare
spiegazioni, così con un veloce taglio di spada liberò Naruto.
"Lo abbiamo preso!" esclamò Reika uscendo
dall’ultimo cespuglio.
"A quanto pare no. Però gli abbiamo fatto
passare la voglia di pedinarci" le fece notare Ryotaro esaminando ciò che
restava dei vestiti del loro <>.
"Non pensavo che sarebbe caduto in una
trappola così semplice" borbottò Chiho, raccogliendo gli shuriker.
"Allora… se siete soddisfatti possiamo
concludere la missione?" chiese Kakashi esasperato.
"Oh, il rotolo lo abbiamo trovato mezz’ora
fa" gli fece notare Chiho, tirandolo fuori dallo zaino.
"Non te lo abbiamo detto, perché volevamo
prendere il nostro inseguitore e dimostrarti che c’era" gli disse Reika
angelica.
- Che pesti! – pensò Kakashi, ma in fondo
gli avevano offerto qualcosa di veramente divertente.
"Bene allora, visto che siete così bravi, e
avete ancora energie da vendere, che ne dite di un piccolo allenamento fuori
programma?"
"Noooooooooooooooooooooooooo" fu l’unanime
risposta, che fece ghignare Kakashi, l’avevano fatto camminare per mezz’ora di
troppo!
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Capitolo 3 *** Festa a casa Uchiha ***
Festa a casa Uchiha
Avventure a
Konoha
3.Festa a casa Uchiha
Il pomeriggio era passato in fretta a casa Uchiha. Dopo
gli screzi della mattina, i tre ragazzi lavorarono sodo tutto il giorno e quando
Minato li raggiunse, gli trovarono subito da fare. Arashi e Minato si
diedero un gran da fare per pulire la griglia e tagliare la legna, mentre Ayame
e Takeru con un po’ di olio di gomito tirarono a nuovo salone e giardino. Le due
mamme invece si erano barricate in cucina per preparare dolci e manicaretti per
la serata, con il piccolo Akira che, avendo stabilito lì la sua base operativa,
s’impegnava a sgraffignare la pasta cruda dei dolci, onigiri lasciati
incustoditi o biscotti appena sfornati. La lotta era dura, la mamma di Ayame e
Minato lo sorvegliava a vista, ma Akira a fine pomeriggio era riuscito ad
assaggiare quasi tutto. Finché Sakura, non chiamò Arashi per portarlo fuori.
Nell’attesa Arashi e minato organizzarono diversi giochi di abilità, ai quali
riuscirono a far partecipare perfino i due fratelli più grandi. Così li
trovarono Sasuke e Naruto al loro forzato ritorno. Le mogli li accolsero con
baci zuccherini e farinosi, chiedendo loro come era andata la giornata.
L’occhiataccia omicida di Sasuke pose fine alle risatine divertite delle due,
alla vista dei vestiti tagliuzzati di Naruto. “Vai a cambiarti tesoro.
Sakura, Naruto può prendere uno dei kimoni di Sas’ke-chan ?” “Ma sì, certo!
Vai pure Naruto conosci la strada” “Grazie Sakura-chan” la ringraziò l’uomo
con un bel bacio sulla guancia rosea, andando a cambiarsi, prima che Sasuke
l’uccidesse. Per quel giorno ne aveva davvero sopportate troppe! Tuttavia
nonostante le proteste sul fatto che i vestiti erano i sui e il permesso doveva
darlo lui, Sasuke e Naruto si ritrovarono vestiti a festa con Kimoni
tradizionali. Takeru medicò gli ultimi graffi dello zio sotto la supervisione
della moglie, mentre Ayame rinunciando a sgridarlo gli offriva una tazza di tè,
l’unica cosa su cui Akira non aveva messo le mani. Sasuke intanto aveva
bloccato Sakura in cucina. “Allora ti sei divertito?” gli chiese la donna con
un sorriso colpevole. “Da morire. Fammi un favore però, la prossima volta che
vorrai farmi fare cose assurde avvisami prima!” “Per prepararti?” scherzò
lei, cercando le labbra del marito. “No, per assicurarmi di avere da fare
altrove” le rispose giocando con le sue labbra. Sakura rise. Dio, quanto
amava quella risata, accidenti a lei! Le parole si fermarono lì e più dolci
contatti si misero tra loro. Le sue labbra stavano appena cominciando ad
esplorare il collo di lei, quando una mandria irruppe in cucina. “Sas’ke,
Sakura-chan. Sono arrivati!” li chiamò Naruto per poi scappare di nuovo verso
l’ingresso. Le cose erano due, pensò disperatamente Sasuke interrotto per
l’ennesima volta. o faceva mettere le serrature alle porte o ammazzava
Naruto. Trascinato da Sakura arrivò all’ingresso giusto in tempo per vedere
Naruto abbracciare la figlia. La festa non era ancora cominciata e già il
caos imperava. Oltre ai tre ragazzi infatti erano arrivati anche Shikamaru e
Temari con i due gemelli, che non avevano perso tempo, e già stavano facendo il
diavolo a quattro con Akira, più scatenato che mai. Sasuke scosse la testa,
ma da dove l’aveva pescato quel figlio! Era dinamite pura. Una manina gli
tirò la manica del kimono. “Ciao papà” Lo salutò la figlia con un dolce
sorriso. Sasuke rimase un attimo a guardarla, are proprio una piccola donna,
pensò sentendosi ancora vagamente in colpa per averla pedinata… anche se la
colpa era di Sakura! “Ciao tesoro” le disse con un veloce bacio sulla
fronte. “Papà!” protestò lei imbarazzata, ma lui fece finta di
niente “Allora com’è andata la missione?” le chiese. “Oh, è stata
abbastanza tranquilla…a parte un piccolo imprevisto” gli buttò lì, poi
guardandosi un attimo intorno, tirò giù il padre e gli bisbigliò
all’orecchio: “…Papà non è stato carino da parte tua fare a fettine lo zio
Naruto!” gli fece notare, mentre Sasuke si sentì preso in fallo. “…Però sono
contenta che tu sia venuto!” gli disse con un veloce bacio tra orecchio e
guancia, prima di scappare dai compagni, per prendersi la sua razione di
gloria. “Chiho è davvero un tesoro, vero Sas’ke-chan?!” Sasuke si voltò,
trovando i profondi occhi neri della moglie di Naruto fissarlo
divertiti. Sbuffò, tirandosi su. “Questo lo so da me, Sunako- poi
aggiunse- e tu dovresti finirla di chiamarmi a quel modo” “Sas’ke-chan è
Sas’ke-chan” gli rispose lei, guardando l’espressione scocciata
dell’uomo. Sasuke decise di lasciar perdere l’argomento, e sorrise guardando
la figlia tra le braccia di Sakura. “Mamma! Mamma! Zio! A-chan e Mi-chan
hanno preparato il fuoco!” li informò Reika, gridando a gran voce, e una volta
raggiunti, tirandoli verso la mischia. “Ehi ranocchietta, se non ti sbrighi
il fuoco lo accendiamo noi!” la chiamò il fratello. “No! Aspettatemi!”
esclamò Reika, ripartendo di corsa. La mamma sghignazzò andandosi a sedere
vicino al marito. “Reika-chan mi ha chiesto di darti questi poco quando è
tornata” disse Sunako, lasciando cadere tra le mano di Naruto i resti di quella
che fino a poche ore prima era stata la sua maglietta preferita. “Quel teme
mi deve una maglietta nuova!” sentenziò Naruto serio, poi ripensandoci le chiese
speranzoso: “A meno che tu non sia disposta a ricucirla… mi piaceva” aggiunse
come spiegazione all’occhiata perplessa della donna, che dopo un attimo ghignò
in perfetto stile Sasuke e ripresi i ritagli di stoffa sentenziò:“Penserò
al suo caso!” Naruto la baciò dolcemente, mormorandole un “Grazie”
sincero.
Ben presto si entrò nel pieno della festa. Sakura aveva
fatto le cose in grande, l’odore della carne sella brace riempiva il giardino,
mentre i bambini continuavano a cercare rametti per ravvivare la fiamma.
Tovaglioli, bacchette incustodite e qualunque cosa potesse bruciare, veniva
reclutata come combustibile dalle tre pesti, finché Akira e i gemelli non
riuscirono ad impossessarsi di un rotolo di pergamena, che Iruka aveva
incoscientemente lasciato in giro e che Sakura riuscì a salvare solo in
estremis. “Ma mamma, noi l’abbiamo trovato in giro, non lo sapevamo che era
del maestro Iruka!” protestò Akira con la faccia più santissimamente colpevole
del mondo. “Non è questo il punto Akira! Dovete smetterla, e tanto per
cominciare chiedete scusa al maestro!” La strigliata di Sakura ottenne uno
sbuffo unanime, poi i tre borbottarono un veloce: “Scusa zio, ci dispiace
tanto” per poi scappare via a combinare altri danni. “Che pesti- sospirò
Temari avvicinandosi con un nuovo pacco di tovaglioli, che dovevano sostituire
quelli bruciati – Perdonali Iruna-sama” “Oh, non importa. E’ solo un po’ mal
ridotto – le disse togliendo la fuliggine dal rotolo – piuttosto, mi chiedo come
fa uno come il nostro Shikamaru con dei tiretti così vivaci” “Oh! Si lascia
fare qualsiasi cosa! – commentò Temari – Comunque a un modo tutto suo per
tenerli a bada quando esagerano” Aggiunse con una risatina in direzione del
marito, impegnato in una partita a shoji con il figlio più grande, verso il
quale si stavano dirigendo le tre pesti. Iruka seguì il suo sguardo e un
attimo dopo comprese il piano dei tre, che approfittando di un momento di
distrazione dell’ignaro Shikamaru, gli rubarono alcuni pezzi della
scacchiera. Temari non fece neanche in tempo a sgridarli, che due già
piangevano, mentre Akira cercava di muoversi senza successo. “Ed ecco,
signore e signori, la famosa tecnica dell’ombra dello zio Shikamaru - cominciò
la telecronaca Arashi con lo spiedo per le salsicce al posto del microfono- Che
cosa ne pensa signor Minato?” domandò all’amico porgendogli lo spiedo. “Sono
sconcertato signor Arashi. Non avrei mai pensato, che una simile tecnica potesse
essere usata per il recupero delle tessere da shoji!” “Oh, ecco, che mentre
parliamo, la zia Temari si fa restituire le tessere!” lo interruppe Arashi
riprendendosi il microfono, ma Minato se ne riappropria. “Signore e signori,
notate l’assoluta tranquillità del giocatore, che risistema le tessere
e…” “Nii-chan, la carne!” Lo interrompe la sorella, cercando di salvare le
bistecche bruciacchiate con le mani. “Reika ferma!” urlò Minato, ma il padre
l’aveva già presa in braccio e allontanata. “Papà la carne!” protestò la
ragazzina. “Non me ne frega niente della carne! Stavi per ustionarti le
mani!” la sgridò “Ma!” “Papà ha ragione Reika! E adesso forza, torna a
tavola e stai lontana dalla brace” le disse Sunako portandola via. “Quanto a
voi…- esordì Naruto, rivolto ai due ragazzi – Non ho niente in contrario se
volete divertirvi, ma non lasciate avvicinare i bambini” “Va bene zio” “Sì
papà” Naruto sorrise, poi aggiunse indicando la carne che ormai
fumava: “Bene, adesso vediamo di salvare il salvabile”.
La cena era ormai alla frutta. I bambini era stati
vinti dal sonno, mentre i tre festeggiati stavano crollando pieni e soddisfatti
della giornata trascorsa. Gli adulti stavano ancora chiacchierando e così anche
Ayame e Takeru, che dopo aver sparecchiato insieme ai fratelli, si erano seduti
in disparte. Arashi sospirò, dopo il casino della mattina, non era riuscito a
trovare un solo momento per stare da solo con lei. Era inutile rimuginarci
sopra, decise, finendo di pulire la griglia unta d’olio, era stata una bella
giornata non valeva la pena rovinarla, solo perché suo fratello era sempre
appiccicato ad Ayame e lui distante anni luce, non valeva proprio la
pena… Minato guardò l’amico risistemare i resti del fuoco con aria infelice e
deciso a tirarlo su di morale, gli assestò una poderosa pacca sulla
spalla. “Ahia! Ma che vuoi?!” protestò Arashi tutt’altro che
risollevato. “Darti una svegliata, insomma è mezzora che sospiri come
una ragazzina in pena” “Non è vero!” “Ah no?” I due si squadrarono per
un attimo, poi prima di rendersene conto Arashi sopirò di nuovo, facendo
sogghignare l’amico. “Sei proprio cotto eh?!” “Anche se fosse…” borbottò
lasciando in sospeso la frase, che venne completata con un’occhiata
significativa alla coppietta che chiacchierava in disparte. Dall’altra parte
del giardino Ayame sbuffava. “Come faccio a parlargli se Minato non lo molla
un secondo?” Takeru sghignazzò spostandole i capelli dagli occhi. “Basta
volerlo Ayame… Basta andare da lui” Le spiegò senza troppi giri di parole, lei
arrossì. “Non…Questo proprio non posso farlo! Non voglio farlo! Sembrerebbe
che voglia dichiararmi” Takeru la guardò: “Perché, non è
così?” “Assolutamente no! Mi pareva di aver chiarito questo punto, devo solo
chiarirgli il fatto, che la deve smettere di provarci con me!” “Non era
questo che intendeva Tsunade, quando ha parlato di chiarimenti” “E a quali
altri chiarimenti poteva riferirsi, scusa? Io sono un Anbu, non mi posso
permettere distrazioni di sorta, ne va della vita dei miei compagni e della
buona riuscita delle missioni!” “Questo non vuol dire che non puoi
innamorarti Aya-chan, semplicemente non puoi permetterti di essere svampita come
tutte le altre ragazze per questioni amorose.” “ In conclusione?” “In
conclusione, approfitta della calma dopo la tempesta e parla con Sasuke” “La
fai facile tu…” Sospirò Ayame alzando lo sguardo verso i ragazzo in questione,
che a sua volta la stava guardando. I due si fissarono per un attimo, poi
Arashi distolto rapidamente lo sguardo dalla ragazza, prese congedo dall’amico,
dirigendosi in casa. Minato lo guardò entrare in casa senza neanche accendere
le luci, scosse la testa esasperato e si rimise a sistemare le ultime
braci. Anche Takeru aveva assistito alla scena e non poté fare a meno di
ridere, quando l’amica se ne uscì con: “Scusami un attimo Takeru, vado in bagno
e torno” Quando anche la sorella fu entrata in casa, Minato si avvicinò a
Takeru. “Che sia la volta buona?” domandò osservando con un ghigno le
finestre buie della casa. “Speriamo di sì”
Arashi si chiuse con violenza la porta alle spalle,
rimando un attimo immobile a respirare l’oscurità della stanza. Doveva darsi una
calmata, non aveva senso mettersi a far scenate davanti agli ospiti. Tuttavia la
sua mente, come un giradischi rotto, continuava a fargli vedere e rivedere il
volto di Ayame arrossato per il tocco di Takeru. No! Doveva controllarsi. Se
lei preferiva Takeru… No anche questo era un pensiero che lo mandava ai pazzi.
Certo lui era più grande…ma perché si ostinava in pensieri simili? Basta, non
pensare a niente, si ordinò. Tra non molto se ne sarebbero andati tutti,
compresa lei, e allora, forse, avrebbe trovato la lucidità per pensarci. Ora no,
doveva semplicemente ignorarla. Con questa decisione nella testa, trasse un
respiro profondo e aprì la porta. “…Ah…Ecco…” Per poco il ragazzo non le
richiuse la porta in faccia per la sorpresa. Davanti a lui c’era proprio lei,
con le gote tanto rosse, che riuscì a notarle nonostante l’oscurità.
“Ecco…io” balbettò di nuovo lei, non riuscendo a far uscire dalla bocca
quelle parole, che aveva provato e riprovato davanti a quella porta chiusa. Lui
la guardava, illuminato appena dal chiarore lunare, la fissava con un’intensità
tale, che senza sapere come, Ayame si accorse di tremare. Lo vide
avvicinarsi a lei impercettibilmente, e senti una scossa più violenta scuoterla
da capo a piedi. Il tempo, lo spazio, tutte le ragioni che si era data…Bastò il
semplice contatto delle sue dita fresche sulla sua pelle ardente per farle
dimenticare ogni cosa. E mentre una calda lingua di fuoco le inondava il petto,
sciogliendo gli ultimi nodi della ragione, lei si ritrovò tra le sue
braccia. Avvenne tutto così, semplicemente. Prima il calore del suo
respiro suo collo, poi il dolce sapore delle sue labbra lo inebriarono. La
strinse a sé come desiderava fare da mesi, e approfondendo sempre di più quel
contatto tanto a lungo bramato, la condusse all’interno della camera. Mentre
il battito sempre più accelerato del cuore di lui le inondava il petto, Ayame
sentì il suo corpo sciogliere gli ultimi stralci di timidezza, abbandonandosi,
sotto il tocco prima incerto poi sempre più sicuro di lui, alla forza di un
desiderio mai prima di allora conosciuto. La testa gli girava, desiderava
raggiungerla, stringerla a sé più di quanto le sue mani gli permettevano,
sentiva per la prima volta che lei lo voleva almeno quanto lui bramava
lei. Un ultimo passo più deciso, la fece arretrare ancora, mentre con una
leggera pressione da parte di lui, le gambe le cedettero facendola finire sul
letto, sotto di lui. Ebbe paura, per un attimo infinito, ebbe paura. Poi
scordò ogni cosa mentre la sua mano, risalito il collo nudo, le liberava i
lunghi capelli corvini, lasciandoli ricadere liberi sui morbidi cuscini. Ora
Arashi poteva sentire il corpo di lei ardere sotto le sue labbra, le sue mani
cercarlo, come non avevano mai osato fare, e la sua bocca schiudersi in sua
attesa. La voleva, ora come non mai, la voleva, così ben presto la stoffa
leggera dell’abito estivo di lei, gli divenne insopportabile. La senti ridere
appena, mentre le sue mani più trepidanti che esperte, tentavano di scioglie i
lacci del suo vestito. Dio come poteva trasformasi così? Due colpi secchi
alla porta, fermarono i suoi tentativi con i lacci, e quando quella si aprì
senza attendere risposta, ai ragazzi si gelò il sangue. “Arashi hai
visto…?” La voce di Naruto s’interruppe di colpo alla vista dei due. Ayame
saltò su di colpo, spingendo Arashi giù dal letto senza troppi riguardi per il
poveretto, che centrò il comodino. “Asp…Aspetta papà, posso spiegare!”
Balbettò la ragazza con le guance che le andavano a fuoco per la vergogna, ma
Naruto sembrò non sentirla. Arashi si tirò su massaggiandosi la testa, e
notando, che l’uomo era evidentemente sotto shock, bisbigliò all’orecchio della
ragazza: “Prima che si riprenda, ci conviene filare” Ayame tentò di
ricomporsi, davanti alla faccia stralunata del padre, poi prendendo la mano che
il ragazzo le offriva, decise per la soluzione più semplice: “Andiamo!” Ma
non fecero in tempo a muoversi che si affacciarono alla porta Sasuke e Sakura,
preoccupati per il ritardo dei tre. “Ehi si può sapere che…” Sasuke non
poté continuare la frase, che il suo sguardo cadde sulla schiena di
Naruto. “Ehi, baka, stai bene?” Sasuke gli girò intorno, per guardarlo in
faccia, passando dall’incredulo al soddisfatto. “Oh…” Il ghigno di
Sasuke si allargò ancora di più, notando poi a quelle rossissime dei due
ragazzi, che stavano soppesando una fuga dalla finestra. “Guarda un po’ qua!
Sta facendo la stessa faccia di quella volta, né Sakura?!” Le fece notare il
marito alludendo alla faccia dell’amico. Il viso della donna si fece
rossissimo, ma poi sciolse l’imbarazzo avvicinandosi ai due ragazzi in attesa di
giudizio. “Vi conviene scappare, prima che si riprenda” gli suggerì Sakura
con un occhiolino. Le sue parole non furono inascoltate, così i quattro,
molto silenziosamente, si lasciarono il povero Naruto alle spalle.
10 minuti dopo. “Ehi, tu togli le man… ma dove siete
finiti tutti?!” Quando Naruto scese al piano di sotto, la famiglia Nara era
già andata via. “Alla buon’ora baka” lo accolse Sasuke con uno dei suoi
ghigni più perfidi, ma Naruto non gli badò. “Dove sono?!” “Si stanno
salutando…immagino” buttò lì l’altro, lasciandogli amabilmente sottintendere in
che modo. Naruto partì in quarta, ma incespicò sul piede teso di Sasuke,
rovinando sul pavimento. “Teme” Che accidenti fai!?” “Non hai ancora
imparato la lezione , baka?” gli chiese, mentre l’altro si sedeva sul
pavimento. “Che questa sia la volta buona, che impari ad attendere una
risposta, dopo aver bussato, prima di entrare, né Naruto?” Alla domanda
dell’amico, Naruto diventò bordeaux, ricordando un incidente simile accaduto
diciannove anni prima. “E comunque, non ti sembra ora di togliere le tende,
sai anche tu hai una casa…” In risposta Naruto ringhiò, nella sua direzione,
e alzandosi, si diresse lentamente verso la porta di casa Uchiha. “E
ricordati di salutare Arashi, prima di andare!” Naruto mancò di poco la
porta, finendo contro il muro, ma non disse niente e maledicendo mentalmente
Sasuke raggiunse la sua truppa.
Era stata una lunga giornata, ma anche quella era
finita, pensò Sasuke, chiudendosi la porta alle spalle. Sakura l’aspettava
seduta sul letto e con un irritante, almeno a detta del moro, sorriso di trionfo
stampato sul viso. “Beh, che hai da sorridere tanto?” “Niente” cominciò
lei, alzandosi per raggiungerlo. “Solo che, sai, i ragazzi i saranno
stancati molto…” gli disse, mentre allacciava le mani dietro il suo collo.
Sasuke, che non aspettava altro da quando un certo baka li aveva interrotti in
cucina, l’attirò a sé. “Afferrato” gli sussurrò sulle labbra per poi
baciargliele. La prese in braccio e la portò sul letto, mentre era ancora
intento a baciarle il collo, le mani di lei lo invitavano con carezze molto
convincenti. Ancora baci e carezze soffuse e delicate, ma ormai per Sasuke la
vestaglia di Sakura era diventata ingombrante, così, proprio mentre la stava
slacciando… Si aprì la porta. “Papà posso dormire con voi?” domandò
innocentemente il piccolo Akira sulla porta, causando forse il crollo definitivo
del diretto interessato, che sdraiato accanto alla moglie, stinse convulsamente
il cuscino. “Non posso uccidere mio figlio vero?!”
.Fine.
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