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di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perché mi fai questo, camion-senpai? ***
Capitolo 2: *** Se ti volessi avvelenare sarei più subdolo al riguardo ***
Capitolo 3: *** Questo capitolo è tutto uno spiegone ***
Capitolo 4: *** Dovrei essere felice di convivere con tre uomini possenti... non lo sono ***
Capitolo 5: *** A cena con i suoceri... cioè, nel caso il principe sia il main lead ***
Capitolo 6: *** Era meglio farmi i cavoli miei e chiedere l'elemosina per strada ***
Capitolo 7: *** Interessante cliché da scoprire, Alex ***
Capitolo 8: *** Sono traumatizzato a vita!! ***
Capitolo 9: *** Cosa? Come? Perché? Che vuole Jahlee da me?! ***
Capitolo 10: *** Non posso prendermi una cotta per il principe in questo mondo eteronormativo!! ***
Capitolo 11: *** Incontro la mia nemica giurata ***
Capitolo 12: *** Faccio amicizia con la mia nemia giurata, che simpatica! ***
Capitolo 13: *** E tu che ci fai qui?! ***
Capitolo 14: *** La censura anti-spoiler è potente nella prima parte del ballo ***
Capitolo 15: *** Se fingi di venire da Lumai, un falso matrimonio porta guai ***
Capitolo 16: *** Testa bassa, fingi amnesia, prega che non usino la culla di Giuda a palazzo ***
Capitolo 17: *** Incontro la persona più irritante dei sette regni (sì, più di Lionel) ***
Capitolo 18: *** Dato che sono morto vediamo altri punti di vista, prendo i popcorn! ***
Capitolo 19: *** Gli amici degli amici sono anche un po' amici tuoi... in estreme circostanze ***
Capitolo 20: *** I viaggi in carrozza possono anche essere piacevoli, con la giusta compagnia ***
Capitolo 21: *** Il mio istinto da fratello maggiore pizzica... qualcuno pensi ai bambini! ***
Capitolo 22: *** Con la forza di Elsa salverò la mia migliore amica. Let it go! ***
Capitolo 23: *** Tutto bene ciò che finisce bene... ***
Capitolo 24: *** ...oppure no ***



Capitolo 1
*** Perché mi fai questo, camion-senpai? ***


Perché mi fai questo, camion-senpai?!

Leonardo non sapeva se fosse il sangue alla testa, il dolore alla gamba, o la stanchezza che provava nel cercare di mantenersi in un certo equilibrio senza che il suo corpo andasse da una parte all’altra facendogli venire il mal di mare, ma iniziava davvero a pensare che sarebbe morto di lì a poco.

Beh, teoricamente non poteva troppo lamentarsi, visto lo stato delle cose, ma se avesse potuto scegliere il modo di morire sarebbe stato decisamente diverso da una morte lenta e dolorosa appeso per il piede come un pignatta pronta ad essere massacrata da un momento all’altro da qualche vagabondo armato di bastone, o dai cani famelici.

Bisognava dire che non era stato molto furbo da parte sua finire in una trappola, ma che ne poteva sapere lui, che in quella foresta in cui non era mai stato, in quel luogo particolare tra un albero e un altro, in quel periodo storico, ci sarebbero state delle trappole del genere!

Forse poteva chiedere aiuto?

Dubitava che chiunque avesse teso una trappola del genere fosse una persona amichevole.

Ma forse gli avrebbe dato una morte più rapida.

Il sangue alla testa iniziava a dargli davvero fastidio.

-Heilà! C’è nessuno? Gradirei morire in fretta, grazie!- urlò al nulla, forse non abbastanza forte da attirare l’attenzione a grandi distanze, ma era in una scomoda posizione.

Sfido voi ad usare il diaframma appesi a testa in giù per una gamba sola.

E Leonardo lo sapeva usare bene il diaframma! 

Tre anni di coro, gente!

Dato che al suo grido di aiuto avevano risposto soltanto alcuni uccelli che si erano librati in volo, Leonardo provò ad optare per qualcosa di meglio.

Cercò di ricapitolare come era finito in quella situazione.

In realtà la giornata era partita come ogni altra.

Si era svegliato tardi dopo aver rimandato la sveglia tre volte, si era lavato e vestito in tutta fretta, aveva cucinato dei pancakes per sua madre e sua sorella con l’impasto preparato la sera prima, e ne aveva preso uno fumante riempito di nutella per prepararsi alla giornata in università.

Da lì le cose iniziavano ad essere un po’ confuse, dato che quando prendeva i mezzi, con le cuffie nelle orecchie, tendeva ad andare molto in automatico.

Allora, aveva preso la metro, poi un autobus, si era alzato a metà percorso per far sedere un’anziana signora che si era incavolata a morte perché non era anziana manco per niente quando, lasciatelo dire signora, più di sessant’anni li dimostra, e Leo stava cercando solo di essere gentile.

Poi… poi niente, era uscito dall’autobus insultando mentalmente tra sé l’anziana signora, e…

Oh… giusto!

Probabilmente gli insulti mentali gli avevano portato un karma negativo, perché dopo aver guardato a destra e sinistra prima di attraversare… okay, dopo non aver guardato a destra e sinistra prima di attraversare, dato che era distratto, e aveva appena notato la sua migliore amica dall’altra parte della strada… insomma, aveva attraversato senza controllare un tubo, ed era stato investito da un camion.

…forse.

In realtà Leonardo non ne era certo.

Ricordava lo shock nel vedere il camion arrivargli davanti, le ginocchia di gelatina, e il suono del clacson. Forse anche l’urlo di qualcuno.

Poi si era sentito mancare la terra sotto i piedi, letteralmente.

Ed era caduto su un prato verde, in mezzo agli alberi e alle foglie.

E neanche il tempo di capire esattamente cosa diavolo fosse successo, che ecco che era finito in una trappola mentre si guardava intorno cercando di capire dove fosse.

…a questo punto meglio morire con una veloce botta e in un incidente.

Certo, era cliché, ma almeno era veloce.

Un colpo netto, morte, e fine della storia.

Così era una sofferenza inutile.

Appeso come un salame e troppo debole di addominali per provare a liberarsi con la forza del proprio debole corpo.

Se fosse riuscito a sopravvivere sarebbe dovuto andare dal suo vecchio insegnante di ginnastica delle superiori e ammettere nella vergogna che sì, okay, aveva ragione, gli addominali servono. 

Purtroppo non credeva che sarebbe riuscito a uscire da quella situazione, quindi l’umiliazione poteva aspettare.

…insieme a lui, perché al momento stava aspettando.

E certo, era un piacere che la morte si faceva attendere tanto, come il film di James Bond, ma Leo odiava aspettare qualsiasi cosa.

-Ohhh! Tizi che hanno messo qui la trappola! Venite a finire il lavoro? L’attesa mi snerva!- provò di nuovo ad urlare, sperando che qualcun altro lo notasse. Probabilmente nel giro di poco sarebbe svenuto, quindi era meglio provarci ancora una volta.

Cavolo, meglio investiti da un camion tutta la vita!

A meno che… forse era stato effettivamente investito da un camion, ed era finito in un universo parallelo? Tipo nei manhwa isekai che leggeva sempre Giada? Quelli dove la giovane donna coreana presa dal lavoro, di solito orfana, e con abilità intellettive pazzesche veniva investita da truck-kun o cadeva in fiume-sama e finiva in un universo alternativo, spesso di un libro fantasy romantico e medievaleggiante, e finiva irrimediabilmente per attirare l’attenzione di metà della popolazione maschile di suddetto universo ma sposava il principe?

…nah! Il sangue alla testa lo stava facendo impazzire.

Perché era impossibile che camion-senpai l’avesse graziato di tale potere.

Punto primo: Leonardo era un uomo, e di solito queste fortune capitavano alle donne;

Punto secondo: Leonardo era molto omosessuale, quindi se anche fosse finito in quegli universi dove al contrario è l’uomo a isekaizzarsi e le donne sono mezze svestite e pronte a cadere ai suoi piedi, non gli avrebbe fatto alcun effetto.

Punto terzo: Era italiano, era super ordinario, e aveva una famiglia che amava, quindi col cavolo che voleva finire in un altro universo! Soprattutto un universo medievale o rinascimentale dove se scoprivano che era omosessuale l’avrebbero bruciato sul rogo o condannato a torture da inquisizione spagnola tipo la sega, o la culla di Giuda, o la tortura del topo o…

-Ripensandoci, meglio morire qui che venire torturati, quindi lasciatemi appeso e se non vi crea troppo disturbo, chiamereste un animale che mi sbrani immediatamente?- ormai Leo parlava a vanvera, consapevole che nessuno tanto era abbastanza vicino da ascoltarlo, ma, per fortuna, o sfortuna, proprio in quel momento sentì il rumore di foglie calpestate, e alberi che si spostavano.

-Ah, non fa niente, un animale selvaggio sta venendo da me- ridacchiò tra sé, ormai rosso come un pomodoro per il sangue alla testa e incurante di qualsiasi cosa sarebbe successa da lì a pochi minuti.

Si rese presto conto che però non era un animale selvaggio ad averlo raggiunto.

E lo capì grazie a straordinarie doti deduttive degne di una eroina isekaizzata.

Ovvero notò con la coda dell’occhio una serie di figure in quelle che sembravano pesanti armature, e sentì parecchie voci confabulare tra loro a distanza.

Considerando che le eroine isekaizzate di solito erano idiote quando si trattava di capire i sentimenti della popolazione maschile nei loro riguardi, la metafora era effettivamente azzeccata.

-Oi! Voi! Mi aiutate per favore?- Leonardo cercò di spostarsi abbastanza da guardare le figure faccia a faccia, dato che gli stavano momentaneamente dando le spalle, ma ottenne solo di iniziare a girare su sé stesso, e finì nuovamente di spalle.

-Tu, identificati!- uno dei figuri, il più alto e imponente, prese una spada e gliela puntò alla schiena.

-Wo! Che modi. Ho interrotto un gioco di ruolo particolarmente intenso? Scusate, ma potreste liberarmi prima? Sto qui da un secolo e non mi sento più nulla- Leonardo avrebbe voluto girarsi per guardare il tipo negli occhi… o nella fessura dell’elmo che portava, ma era meglio non fare movimenti inconsulti con una spada che, sebbene probabilmente finta, poteva comunque fargli del male.

-Prima identificati! Non possiamo fidarci di un forestiero, potresti essere una spia!- insistette l’uomo, deciso.

Quelli rimasti alle sue spalle iniziarono a confabulare tra di loro, esprimendo assenso.

Okay, sicuramente era un gioco di ruolo particolarmente intenso. Forse l’avevano preso per un giocatore messo lì apposta da una qualche squadra avversaria.

Meglio chiarire il malinteso prima di finire in prima pagina per un tragico incidente durante un roleplay che avrebbe sicuramente infiammato tutti quelli che erano contrari alla misera espressione di una passione particolare.

-Senti, hai frainteso, io…- iniziò a spiegarsi, provando a girarsi.

Ma sentì chiaramente qualcosa sulla schiena rompersi, e il poco che ancora rispondeva del suo corpo gli faceva parecchio male, quindi si interruppe, e impallidì.

Oh no! 

…non poteva essere vero, vero?

O quei tipi erano così fanatici da utilizzare spade vere, oppure era davvero…

Che situazione problematica.

-Cosa sta succedendo qui? Chi è stato a urlare?- prima che lo spadaccino pazzo potesse continuare a martoriarlo, e prima che Leo potesse cercare di inventarsi qualsiasi cosa per tirarsi fuori di lì, una nuova voce, autoritaria e fredda, raggiunse la scena del probabile futuro crimine.

Sembrava un tantino ragionevole, quindi, prima che lo spadaccino pazzo potesse dare la sua versione, ci pensò Leo a parlare per primo.

Col senno di poi, forse non era il caso di dare aria alla bocca senza sapere neanche dove fosse, ma era disperato, stanco, dolorante, sicuramente ferito, e troppo vicino alla morte per i suoi gusti.

-Sono stato io! Sono rimasto intrappolato, mi potresti liberare per favore?- chiese educatamente. Non poteva vedere chi avesse parlato, dato che era ancora di spalle, e non riusciva proprio a girare la testa, ma sperava fosse una persona a modo, gentile e a cui non bisognava dare del lei perché nella foga Leonardo se n’era proprio scordato.

-COME OSI PARLARE IN MANIERA COSÌ INFORMALE A SUA MAESTÀ IL PRINCIPE?!- tuonò lo spadaccino pazzo, premendo con più forza la spada sulla sua schiena, facendolo ritirare leggermente, per quanto glielo permettesse l’essere appeso a testa in giù da almeno dieci minuti.

…sì okay ma questa era sfiga!

Sfiga totale!

E onestamente la prima reazione di Leo a quello sclero sarebbe stato: 

“Non me ne frega un ciufolo se quello è il principe, l’imperatore o un dio magico, tanto sto per morire, quindi se volete che sia più educato liberatemi prima!”

Ma sapeva che questo atto di insubordinazione avrebbe firmato la sua condanna a morte, e sebbene stesse per morire in ogni caso, e una spadata avrebbe fatto finire tutto molto più in fretta, iniziava a sperare di poter uscire da quella situazione, quindi richiamò tutto il suo scarso autocontrollo e la sua eleganza.

-Perdonate i miei modi scortesi, ma sono altresì appeso a codesta trappola per creature pericolose da poco meno di dieci minuti orsono. Sarebbe così gentile da liberarmi di tali impedimenti fisici ottenendo così la mia sempiterna riconoscenza?- chiese, forse un po’ sbeffeggiando l’autorità, ma dai, ce la stava mettendo tutta per sembrare elegante nei confronti di un principe. Non aveva mai conosciuto un principe.

E poi, si dava del voi o del lei? Boh, l’importante era liberarsi da lì.

-COME OSI PRENDERE IN GIRO…- lo spadaccino pazzo evidentemente notò il tono poco serio, e ricominciò a sproloquiare e a pressarlo con la spada.

E prima che Leo potesse sbottare con un sonoro “Vabbè, ammazzatemi e basta, tanto ho capito l’andazzo”, il principe, o presunto tale, parlò.

-Effettivamente è poco galante da parte mia lasciare appeso un uomo finito nella mia trappola. Ma per curiosità, cosa ci facevate in questa foresta a quest’ora del mattino? Proprio nel territorio confinante con il regno vicino?- il suo tono era più gentile, a tratti sembrava quasi divertito, ma non cambiava la situazione di Leonardo, che restava appeso, e non era molto in grado di raccontare la storia della sua vita, soprattutto se non sapeva se codesta storia l’avrebbe condannato al rogo o a torture terribili.

-Non posso rispondere se muoio prima- disse quindi, cercando di guadagnare un po’ di tempo… o una coltellata finale.

-Impertinente piccolo…- cominciò ad insultarlo lo spadaccino. 

Sentì una risatina, che forse veniva dal principe, o da qualcun altro, ma che comunque lo zittì.

-Molto bene. Dubito che tu possa scappare in ogni caso. Chevel, liberalo- ordinò il principe, e prima che Leo potesse ringraziare, esultare, o chiedersi come sarebbe stato liberato e se sarebbe caduto sul morbido, sentì la pressione sulla sua gamba farsi meno forte, per un secondo non capì quale fosse il sotto e quale fosse il sopra.

E alla fine, dal fortissimo dolore al coccige, trovò risposta alla domanda.

-Ahi… sarebbe da denuncia un comportamento del genere- borbottò, molto tra sé, sperando che nessuno lo sentisse, ma bisognoso di esternare il proprio fastidio.

-Ed ora che sei libero, parla! Sei una spia?- lo spadaccino pazzo, o Chevel, come il principe l’aveva chiamato, gli puntò la spada alla gola, e Leo alzò le mani in segno di resa, fissandola preoccupato.

-Se lo fossi non credo che lo direi, non vi pare?- si lasciò sfuggire, incapace di pensare lucidamente.

Colpa del sangue alla testa, decisamente.

…ammetteva di essere anche lui un po’ idiota di suo in certe situazioni, ma in quel caso era soprattutto il sangue alla testa.

-È una domanda piuttosto semplice, in realtà. Se sei una spia ti rimandiamo da dove sei venuto a mani vuote, se non lo sei, sarai comunque libero di tornare a casa, quindi la tua risposta determina solo la tua destinazione- la voce del principe era calma e rassicurante, ma Leo conosceva quei trucchetti psicologici, e non ci sarebbe mai cascato.

Alzò la testa per sostenere lo sguardo del principe e… eh.

Wow, era un figo!

Insomma, rappresentava esattamente l’immagine standard di principe. 

Fisico possente, alto, pelle perfetta, occhi grigi come nuvole temporalesche e capelli biondi elegantemente pettinati.

Era l’unico a non portare l’elmo, e indossava abiti molto eleganti da ricami pregiati.

Dopo un paio di secondi di osservazione e un mentale apprezzamento, Leo si convinse di essere in un qualche libro fantasy, perché era impossibile che sulla terra, soprattutto dalle sue parti, esistesse qualcuno di così bello fisicamente.

E che qualcuno di così bello fisicamente partecipasse ai giochi di ruolo.

Ora, questa è una idea di Leo, che è sbagliata, quindi tutti voi che fanno giochi di ruolo, non siete brutti!

È solo per far capire che il principe al momento senza nome è un gran figo!

-Beh… se dicessi che non ho la più pallida idea di dove sono, quale sarebbe la mia destinazione?- siccome il tempo di risposta di Leo, necessario ad elaborare una strategia, era stato utilizzato malamente per l’osservazione del principe, alla fine il ragazzo optò per la verità, e la prima cosa che gli venne in mente.

Si disse poi che se fosse sopravvissuto avrebbe dovuto dare una priorità diversa al suo cervello che mettersi a catalogare ragazzi carini in una situazione di vita o di morte.

Il principe però non sembrava molto preoccupato di lui.

Gli si avvicinò, e si piegò per osservarlo meglio.

-Vostra maestà, stia attento! Non sappiamo cosa potrebbe nascondere sotto a quegli strani e rozzi abiti- lo mise in guardia Chevel, guardando storto Leo, che non lo degnò di un’occhiata, se non per assicurarsi che la sua spada fosse abbastanza lontana da non tagliargli inavvertitamente la giugulare, dato che si ostinava a puntargliela al collo.

Ma lo sapeva che il collo era il punto più pericoloso da colpire?!

…probabilmente lo sapeva, ecco perché lo minacciava proprio lì.

Uffa!

-Perché non cominci con il riferire da dove sei venuto, straniero?- chiese il principe, osservando i suoi vestiti, e la ferita sulla schiena.

In effetti la felpa, i jeans e le converse stonavano non poco con l’epoca in cui probabilmente era finito.

E per la prima volta era felice di non avere lo smartphone con sé, dato che gli era caduto nell’impatto… nel non impatto… insomma per colpa di quel cavolo di camion!

A proposito di camion… non poteva dire di venire da un altro universo, era la prima regola di ogni isekai che si rispettasse.

…forse.

Non che Leo fosse poi così esperto, dato che era la sua migliore amica quella davvero fanatica. Lui si limitava ad ascoltarla sclerare di tutti i libri che leggeva, e i webtoon, e i videogiochi.

Beh, sui videogiochi la seguiva anche lui, ma le storie etero tutte uguali non lo prendevano poi così tanto, doveva ammetterlo.

Almeno però aveva ottenuto conoscenze base da capire cosa gli fosse successo.

Sempre che fosse vero che era finito in un altra dimensione, ma era probabile.

E quindi, da dove veniva? Cosa poteva essere plausibile?

-Devo essere confuso dal sangue alla testa e dalla botta, perché non ricordo assolutamente nulla di me- asserì con convinzione, cercando di risultare convincente con lamenti e prendendosi la testa dolorante.

Alla fine non stava mentendo.

Era tutto un dolore.

Gli occhi del principe, che fino a quel momento erano stati comprensivi e gentili, si fecero improvvisamente burrascosi.

-Bene, se è così. Chevel, immobilizzalo. Al castello troveremo un modo di farti tornare la memoria- sebbene il suo tono fosse gentile, l’aspetto divenne improvvisamente molto intimidatorio, e Leo si pentì amaramente di aver richiesto aiuto.

A quest’ora poteva essere morto, e invece lo avrebbero torturato!

Tutto tranne la sega! E anche la culla di giuda! Quella era terrificante!

Ma perché era andato al museo dell’inquisizione durante la gita scolastica in Spagna dell’ultimo anno di liceo?! Aveva ancora gli incubi.

-Ti pentirai di non aver parlato subito- gli sussurrò Chevel all’orecchio, con malevolo divertimento.

-Mi sono già pentito, fidati- borbottò Leo, senza opporre resistenza perché sapeva già di non avere speranza di ribellarsi.

-Dary! Dary! Dove sei?! È successo qualcosa?!- una voce femminile poco distante attirò l’attenzione del gruppo di cavalieri, e proprio mentre Chevel finiva di immobilizzarlo, una ragazzina fece la sua comparsa da dietro un cespuglio.

-Dary! Eccoti! Wo! Chi è quel tipo?- chiese la nuova venuta, correndo incontro al principe.

Era vestita molto elegante, e aveva a sua volta lunghi capelli biondi e un fisico curvy che però pareva sano.

Il suo sorriso era brillante, e ad eccezione degli occhi, di un caldo nocciola, era la copia sputata, in piccolo e al femminile, del principe.

Sua sorella, evidentemente.

…un momento… sorella bionda e un po’ in carne di un principe biondo?

Forse aveva sentito una storia del genere da Giada.

…nah, non poteva essere quella, c’erano almeno sette o otto storie con principi biondi che avevano sorelle altrettanto bionde.

-Opal, ti ho detto di aspettarmi alla carrozza!- la riprese il fratello, allarmato, lanciando un’occhiata a Leo per assicurarsi che fosse legato e non potesse farle alcun male.

Non c’era pericolo, dato che Leo, nel suo metro e cinquantasei, era giusto un paio di centimetri più alto della principessina, ed era decisamente meno in carne.

Non che ci fosse niente di male, era solo un dato di fatto.

Leo era mingherlino di natura.

Sua nonna lo odiava per questo.

No, seriamente. Non aveva battuto ciglio al coming out, ma ancora gli rinfacciava con marcato fastidio l’unica volta in cui Leo aveva rifiutato il tris di polpettone perché stava per scoppiare.

Ah, le nonne. Che meraviglia!

Ma un secondo, non doveva pensare a sua nonna, ma alla situazione corrente.

Aveva già sentito il nome Opal, da qualche parte.

E anche quel Dary gli era leggermente familiare.

…forse.

Ma non ne era ancora sicuro.

-Ma ero preoccupata. Chi è quello?- insistette la principessa, nascondendosi dietro al fratello e guardando Leo come se fosse una bestia feroce.

Effettivamente dal modo in cui lo stavano trattando si sarebbe detto un animale, più che una persona, ma dubitava che la paura nello sguardo della principessina fosse a causa delle pessime condizioni in cui lo stavano trattando.

-Non è nessuno di preoccupante, Opal. Solo una spia finita in una delle nostre trappole. Ma lo abbiamo neutralizzato. Ci penserà Chevel- il principe rassicurò la sorella con qualche pacca sulla testa.

Il suo dualismo faceva venire a Leo più mal di testa di quanto già non avesse, ed era lì lì per lamentarsi e dire che non poteva essere una spia dato che non aveva davvero la più pallida idea di cosa avrebbe dovuto spiare, che la principessina gli diede finalmente l’informazione cruciale per avere un quadro parziale della situazione.

-Una spia di Valkrest? Stanno davvero mandando delle spie?-

Valkrest?

-Principe Daryan, abbiamo controllato i dintorni con attenzione, ma nessun’altra trappola è scattata. Il ragazzo è venuto da solo- una guardia appena sopraggiunta concluse l’informazione.

E finalmente Leo si ricordò doveva aveva già sentito quei nomi.

Principe Daryan e principessa Opal, del regno di Jediah, rivale del regno vicino di Valkrest.

Era finito dentro uno dei libri preferiti di Giada! Quello dove il principe si innamorava di una cameriera appena arrivata, che poi si scopriva essere una nobile sotto mentite spoglie! Leo non aveva prestato particolare attenzione ai dettagli della storia d’amore, ma ricordava una cosa, un particolare che avrebbe potuto salvarlo.

Il motivo per cui quella cameriera si distingueva da tutte le altre, oltre al fatto che era una protagonista, era il suo incredibile talento culinario. 

Talento che l’aveva dapprima avvicinata alla principessa, grande fan dei dolci, e poi al principe.

E se c’era una cosa che Leo sapeva fare bene, oltre a scavarsi la fossa da solo, era cucinare.

-Vostra maestà!- chiamò, entusiasta, nella speranza di salvarsi dalla tortura della sega.

-Opal, torna in carrozza- il principe incoraggiò la principessa a seguire una guardia, prima di rivolgersi a Leo

-Sentiamo un po’, ti è tornata la memoria?- lo incoraggiò a parlare, con sguardo di ghiaccio.

-Sono di Lumai, non di Valkrest! Credo che siamo a Jediah, giusto? E sono venuto qui per un motivo!- fece il punto della situazione per assicurarsi di non essersi sbagliato.

Il principe sollevò un sopracciglio, molto confuso dall’improvvisa vitalità del prigioniero, e dalla sua parlantina che non aveva alcun motivo di essere così sicura vista la posizione in cui era.

-Quale motivo?- chiese, curioso di quale cavolata si sarebbe inventato per risparmiarsi la tortura.

-Voglio diventare un cuoco nel vostro castello!- esclamò Leo con assoluta sicurezza.

Tutte le guardie si girarono di scatto a fissarlo, incredule.

Il principe lo guardò parecchio stranito, poi scoppiò a ridere.

-Questa è buona, Chevel, portalo nella carrozza dei prigionieri- incoraggiò lo spadaccino pazzo, che, anche lui ridacchiando, lo prese di peso come un sacco di patate e se lo caricò in spalla diretto chissà dove.

-Ehi, cos’è questa reazione? Sono un ottimo cuoco! Soprattutto i dolci! Dovreste provarli! Ridete perché sono un uomo? Cos’è sto sessismo?! Ehi, egregio signor principe, non stavo mentendo!- purtroppo le sue lamentele non vennero ascoltate da nessuno, e fu sbattuto dentro una carovana con spesse sbarre di ferro, legato come un salame, e molto lontano dall’essere salvo.

…aveva detto che uno dei suoi massimi talenti era scavarsi la fossa?

-Beh, ci rimettono loro, io cucino benissimo! Soprattutto i dolci!- si lamentò ad alta voce, pur consapevole che nessuno, lì intorno lo avrebbe ascoltato.

O almeno così credeva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Allora… devo studiare perché questo semestre ho parecchi esami e sono indietro con lo studio;

…ho tipo cinque storie in corso tra cui due che cerco di aggiornare frequentemente;

…ho un record di storie cominciate e mai finite che sarà difficile per qualche altro scrittore di fanfiction battere; 

…mi sembra il momento perfetto per cominciare l’ennesima storia!

Ma che dire, questa idea mi ha colpito come un Leo ha colpito il terreno quando è stato liberato dalla trappola.

So persino come andrà avanti, e come andrà a finire, e alcuni colpi di scena.

Non che ce ne saranno tanti.

Non so quanti di voi sino familiari con il termine isekai, o con i webtoon che si trovano in giro dai titoli tipo “Sono stata reincarnata nella cattiva di un libro” o “Sono la cameriera del duca” o “Devo sedurre il padre del cattivo” eccetera. Insomma, sono super ossessionata da questo tipo di storie, ultimamente, ma noto una forte assenza di coppie omosessuali, e al massimo c’è la donna che si finge uomo e il male lead che si strugge perché è attratto da codesto uomo ma non è gay e bla bla bla.

Non che non apprezzi queste storie Mulan-style, eh, le adoro (e a proposito, consiglio il manhwa “I choose the emperor ending” perché è un po’ l’ispirazione per questa storia) ma voglio un po’ di vero struggimento omosessuale.

E una storia fantasy su cui non debba fare troppe ricerche.

Insomma, una cosa leggera, divertente, e non necessariamente verosimile.

Quindi se metà cast (femminile e maschile) si innamora di Leo, sarà una cosa normale.

Diciamo che tutti i cliché e i tropes di questo genere troveranno modo di finire in questa storia.

E sono anche felice che per una volta sto scrivendo un protagonista solo, dato che nelle ultime storie ho dai sei ai dodici protagonisti tra cui devo destreggiarmi ed è complesso alle volte.

Ci saranno sicuramente altri punti di vista, qui e lì, ma il fulcro sarà Leo, e per il momento adoro scrivere il suo punto di vista, spero piacerà anche a voi.

Insomma, è un’altra delle mie storielle scritte soprattutto per me ma che spero possano piacere anche ad altri. Sentitevi liberi di darmi un parere, o di ignorarla.

Sicuramente scriverò molto presto il secondo capitolo perché sono estremamente ispirata.

 

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Capitolo 2
*** Se ti volessi avvelenare sarei più subdolo al riguardo ***


Se ti volessi avvelenare sarei più subdolo al riguardo

Leonardo era abituato a prendere mezzi pubblici, soprattutto la metro e l’autobus, ma aveva avuto qualche viaggio in treno, alcuni momenti sul retro di un furgone dopo aver preso un passaggio non autorizzato (ragazzate, non giudicate) ed era stato su un paio di aerei turbolenti.

Ma nulla era comparabile al fastidio che stava provando in quel momento nell’essere su una carrozza con le sbarre che si muoveva in fretta e sembrava sul punto di ribaltarsi da un momento all’altro.

Era per caso la prima forma di tortura che avrebbe dovuto sorbirsi?

Perché era davvero in procinto di vomitare, e si tratteneva solo per non sorbirsi la seconda forma di tortura, ovvero un odore non proprio gradevole per il resto del viaggio.

Che non aveva idea di quanto sarebbe stato lungo, quindi meglio conservare l’ambiente il più pulito possibile.

Alla fine, dopo quelle che probabilmente erano ore interminabili, finalmente il carro si fermò, e Leo si abbandonò sdraiato con un sospiro di sollievo molto rumoroso.

Sentì voci in lontananza e gente che scendeva dalle carrozze vicine, ma finché non si avvicinavano a lui, sarebbe rimasto a fingersi morto e a recuperare le forze.

Di solito negli isekai le persone non finivano reincarnate nel corpo di persone già esistenti? Perché Leonardo aveva avuto la sfiga di arrivare dal nulla e non avere né una storia né conoscenze di quel mondo da poter utilizzare per salvarsi la pelle?!

Allora, doveva ricordare ciò che gli aveva raccontato Giada.

Ricordava che i due regni più importanti erano Jediah e Valkrest, in perenne lotta tra di loro per motivi stupidi. Poi c’era Lumai, ovvero il territorio da cui veniva la protagonista femminile, e di cui non si sapeva molto perché era in realtà parecchio lontana e isolata e pacifica.

C’era un tempio, tipo?

Delle divinità?

Erano una o molte?

Questo Leo non lo sapeva proprio.

Forse l’avrebbero interrogato sugli usi e costumi di Lumai? Perché non aveva semplicemente continuato a fingere l’amnesia?! Era sempre un’ottima idea in un isekai, dovevano usarla più spesso per giustificare i cambi repentini delle personalità dei personaggi.

Basta tergiversare, doveva concentrarsi.

Allora… un’altra cosa che sapeva del libro era che il castello era il posto più sicuro del regno, e che erano sempre richieste cuoche per accontentare i gusti della principessa.

Onestamente, dopo il modo in cui l’avevano trattato, Leo aveva qualche remora nell’insistere per diventare il cuoco reale, dato che non si meritavano la sua super cucina.

Stava studiando da anni per provare a partecipare a Masterchef! Era un cuoco di tutto rispetto! Sua madre lavorava e sua sorella era troppo piccola, quindi era lui il cuoco di casa, ed era una delle poche cose di cui poteva vantarsi! 

Chissà quanto erano preoccupate sua madre e sua sorella. Chissà se a quell’ora avevano scoperto cosa fosse successo. Chissà che ore erano. Chissà se il tempo scorreva allo stesso modo.

E la sua migliore amica? Uff, certo che Leo era finito davvero in un bel guaio. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare a casa.

Si mise una mano sul volto per asciugare le lacrime che avevano avuto l’ardire di passare la membrana impenetrabile dei suoi occhi, e sospirò, già troppo stanco della situazione.

-Hey…- un sussurro proveniente da fuori le sbarre di ferro attirò la sua attenzione, e in un primo momento Leo valutò l’idea di fingersi morto per davvero. 

-Sei ancora vivo, stai male?- chiese la voce, prima che il ragazzo avesse il tempo di decidere una strategia.

Poi al suo cervello arrivò l’informazione che oh, la voce era femminile, quindi probabilmente la proprietaria di tale voce era colei che Leo avrebbe dovuto conquistare in ogni modo per ottenere la salvezza e magari un lavoro.

Si mise a sedere, e confermò le sue ipotesi.

Davanti a lui, dietro le sbarre, ad osservarlo con espressione curiosa, c’era la principessa.

-Sì, sono vivo. Sì, sto male- rispose alle domande. Era scortese non rispondere, giusto. No, probabilmente era più scortese non inchinarsi. Provò a farlo, ma sebbene fosse basso, neanche lui riusciva a stare in piedi in quella gabbia, e finì per sbattere la testa e cadere di nuovo sdraiato a terra.

-Mi inchinerei ma mi è difficile, principessa- si scusò, massaggiandosi la testa dolorante.

La ragazzina ridacchiò, e si sporse maggiormente verso di lui, incuriosita.

-Sei una spia di Valkrest?- chiese, innocentemente.

-No, non sono una spia, non ho nessuna relazione con Valkrest, e mi piace molto cucinare. Sono bravissimo a cucinare. Soprattutto i dolci. A voi piacciono i dolci, principessina?- Leo provò nuovamente a farsi pubblicità, avvicinandosi e sorridendole incoraggiante.

Si rese conto troppo tardi che quello che aveva detto poteva risultare ambiguo.

Ambiguo ai livelli di un camion sospettissimo con la scritta “free candy” sul fianco.

O un camioncino del gelato che va in giro alle tre del mattino con la musichetta creepy.

Quel tipo di ambiguo.

E troppo tardi nel senso che si rese conto di essere stato ambiguo quando alle spalle della principessa comparvero due figure estremamente minacciose che fissarono Leo con due occhi che se gli sguardi potessero uccidere Leo sarebbe stato felice perché la morte lo avrebbe tolto da quella situazione che si faceva sempre peggiore.

-Non avevo nessuna brutta intenzione!- si affrettò a rassicurare, alzando le mani e allontanandosi fino ad essere al limite della gabbia.

-Opal, perché non vai a sederti sul prato per il pranzo?- uno dei due figuri, il principe, accarezzò dolcemente la testa della sorella e la incoraggiò con un sorriso ad allontanarsi dalla spia pericolosa.

La principessa fece passare un attimo lo sguardo tra i due, poi annuì e fece come le era stato chiesto.

E tanti cari saluti all’unica possibilità di non venire torturato e ucciso.

Non appena Opal sparì dalla vista, il principe tornò a fissare Leo con occhi temporaleschi.

E prima che Leo potesse scavarsi maggiormente la fossa con qualche giustificazione molto poco progettata, la seconda figura accorsa parlò per prima, lanciandogli un’occhiataccia.

-Se vuoi vivere ti conviene stare in silenzio- gli consigliò, e nel momento in cui aprì bocca, Leo si rese conto che il tipo, ora senza elmo, era lo spadaccino pazzo Chevel.

A vederlo da vicino (troppo vicino, levati e allontana la spada) neanche lui era male di aspetto. Molto alto, fisico possente, pelle scura e capelli corvini. Dava una sensazione di sicurezza.

-Oh, no, Chevel. Non ho intenzione di ucciderlo…- il principe sorrise nuovamente, ma non c’era alcun calore sul suo volto.

-Se provi a fare del male a mia sorella, o le rivolgi nuovamente la parola, pregherai che su di te sopraggiunga la morte, dopo quello che ti farò- lo minacciò.

E, onestamente, mood.

Se qualcuno fosse andato da sua sorella con parole del genere, Leo probabilmente non avrebbe neanche fatto alcun avvertimento, sarebbe passato direttamente alle mani.

E ne avrebbe prese parecchie vista la sua pochissima presenza fisica, ma dettagli.

Era abituato a prenderle.

Ma non aveva comunque voglia di subire vere e proprie torture.

-Non ho alcuna intenzione riprovevole nei confronti della principessa. Ho una sorella minore anche io- per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare con il principe, sul volto di Leo c’era totale e assoluta sincerità.

Probabilmente iniziava a stancarsi di quella situazione, forse pensare a sua sorella gli aveva messo malinconia, ma l’astio negli occhi del principe sembrò affievolirsi appena.

-Chevel, dagli un pezzo di pane. Mi sembra parecchio denutrito- il principe si rivolse alla guardia, che prese una pagnotta da una bisaccia che portava appresso e gliela lanciò dentro la gabbia con noncuranza.

Leo si rese conto solo in quel momento di quanto avesse fame.

Non era malnutrito di per sé, ma era felicissimo per una volta di essere mingherlino, perché altrimenti chissà quando avrebbero potuto nutrirlo.

E lui era abituato a quattro pasti al giorno.

-Grazie- disse distrattamente, per forza dell’abitudine, mentre raccoglieva il pane sicuramente poco salutare da terra e cercava di pulirlo al meglio in modo da non prendersi un qualche malanno allo stomaco.

Aveva già lo stomaco in subbuglio per il giro in carrozza, non voleva anche aggiungersi una qualche intossicazione alimentare.

Diede un morso al pane, che era forse il più duro e insapore che avesse mai mangiato.

E iniziò a chiedersi se forse non era meglio restare digiuno.

-Ew, avete disperato bisogno di cuochi migliori- non riuscì a trattenersi dal dire.

Il principe, che per tutto il tempo era rimasto a fissarlo con sguardo impassibile, piegò la testa.

-Insisti con questa faccenda? Perché mai dovrei assumere un uomo come cuoco?- chiese, esasperato.

-Lo sanno tutti che sono le donne le cuoche migliori- gli diede man forte il cavaliere, annuendo con vigore.

Leo li guardò parecchio infastidito.

“Ha chiamato il medioevo, rivuole indietro la sua opinione” avrebbe voluto ribattere.

Ma quello era effettivamente il medioevo, circa.

Voleva sempre di più tornare nel ventunesimo secolo.

Prese un altro pezzo di pane, riflettendo su come obiettare a quella cavolata immensa.

-Chevel, controlla che non faccia nulla di male. Stasera saremo al palazzo e vedremo cosa fare con lui- il principe rinunciò ad ottenere nuove informazioni, e lasciò lo spadaccino pazzo di guardia.

Mentre si girava per andare via, a Leo venne un’illuminazione.

Alla fine capì cosa avrebbe dovuto fare per salvarsi.

Basta con l’essere il più onesto possibile! Basta evitare le domande scomode fingendo amnesie o cercando di dare un senso a cosa diceva!

No, doveva bluffare.

Dire una quantità così abissale di cavolate immense con sicurezza massima che nessuno sarebbe riuscito ad obiettare.

Doveva crearsi una backstory così struggente che i giudici di Masterchef non avrebbero potuto fare altro che prenderlo in cucina per aumentare l’audience!

No aspetta, non era a Masterchef.

Ma il concetto era lo stesso.

-Quando sei orfano e non hai alcuna figura femminile nella tua vita oltre alla tua sorella più piccola, diventa praticamente impossibile non mettersi a cucinare- borbottò, quasi tra sé, ma con il chiaro intento di farsi sentire da entrambi uomini.

Non li guardò, ma fissò un punto all’orizzonte come se fosse immerso in pensieri profondi.

-Orfano?- chiese Chevel, squadrandolo con sospetto.

-I miei genitori sono morti quando ero piccolo… quando mia sorella era piccola. E ho sei fratelli in generale, in realtà. Non tutti da entrambi i genitori… mio padre andava per locali. Comunque ero il maggiore, ho dovuto badare a loro, e ho imparato a cucinare con il niente per sostentarli. So fare un ottimo pane, e rielaborare il pane raffermo in ottime ricette- Leo continuò ad inventare, sperando di non dimenticare la finta storia struggente.

Il principe si girò verso di lui, e lo guardò incuriosito.

-Questo pane non è delle nostre parti. L’abbiamo acquistato in viaggio a Valkrest. I nostri cuochi ci soddisfano, e dubito fortemente che un autodidatta possa essere all’altezza della cucina reale- obiettò, e dal suo sguardo era chiaro che non credeva ad una parola di quello che Leo stava dicendo.

-Dovresti tornare dalla tua famiglia, se ha così bisogno di te come dici- osservò Chevel, che sembrava più propenso a credere alla finta backstory, ma continuava a squadrarlo con sospetto.

Sollevavano due ottimi punti al riguardo.

-Sì, potrei… no, non posso, perché mi avete catturato. E poi lo stipendio di un cuoco reale sicuramente potrebbe aiutare molto di più la mia famiglia rispetto a un qualsiasi altro lavoro. Dubito che mi permetterebbero di lavorare o aprire una panetteria dato che sono un uomo- okay, non era del tutto certo che il sessismo fosse così grande da impedire ad un uomo di trovare lavoro, ma nel caso non fosse stato così poteva fingere che a Lumai gli era successo di essere discriminato?

Oh, lui le sparava tutte, poi tanto peggio di così non sarebbe potuto finire.

Dopotutto non era una spia ed era bravo a cucinare.

Uno dei suoi lavori part-time l’aveva portato dentro una cucina stellata… per una settimana… come cameriere.

Ma aveva osservato tutto, preso appunti, e aveva anche dato un leggero aiuto per l’impiattamento del dolce.

Non era così sprovveduto quando si trattava di cucina.

-La mia domanda sorge spontanea, che ci facevi nella foresta confinante con Valkrest se sei originario di Lumai, in tutt’altra zona? Credi che potrei mai fidarmi di una persona tanto sospetta?- capendo che Leo aveva voglia di chiacchierare, il principe dimenticò gli impegni con sua sorella per concentrarsi sul prigioniero.

E se si fosse trovato in una situazione diversa, a Leo non sarebbe dispiaciuta tutta quell’attenzione.

Peccato che fosse un tipo di attenzione sbagliato.

Leo aveva pochi secondi per riflettere sulla legittima domanda senza risultare sospetto.

E non aveva più la possibilità di tornare sui suoi passi e affermare “Avete ragione, ho mentito su tutto quello che ho detto perché in realtà soffro di amnesia e sono nel panico” perché dopo tutte le informazioni date non risultava più credibile.

Quindi sparò la più grande stupidata nella storia della sua vita.

-Volete sapere la verità? È vero, vengo da Valkrest, ma sono di Lumai, e il motivo per cui mi trovavo lì era che mi avevano preso come schiavo, e sono fuggito!- 

Il principe e il cavaliere sgranarono gli occhi, e fissarono Leo a bocca aperta.

Il ragazzo aveva tentato di risultare il più sofferente possibile al ricordo delle finte torture subite, e sperò con tutto il cuore che Valkrest avesse davvero qualche tratta di schiavi da qualche parte.

…no, cioè, non è che lo sperasse davvero, povera gente, ma almeno la sua storia sarebbe risultata credibile, quindi qualche rumors di eventuali tratte di schiavi nel regno vicino sarebbero stati una buona cosa.

Dai, ci sono sicuramente degli schiavi in un universo fantasy medievaleggante come questo, giusto?

Un mondo dove un uomo non può cucinare si sarà abbassato anche a privare di libertà povere persone indifese.

-Valkrest ha una tratta di schiavi?!- chiese il principe, finalmente pendente dalle sue labbra, avvicinandosi alle sbarre per controllare meglio le sue espressioni.

Era troppo tardi per ritirare l’accusa?

Sì, sicuramente sì.

Leo sperava di non provocare inavvertitamente una guerra.

-Non so esattamente chi fossero i mandanti, o chi ci fosse con me, o chi avesse organizzato tutto, ma mi hanno catturato. La mia famiglia è povera, volevano prendere uno dei miei fratelli, ma mi sono offerto al suo posto. Non potevo permettere che finisse nelle grinfie di quella gente- dai, buttarla sul sacrificio era un’ottima idea, giusto?

Sarebbe sembrato più apprezzabile, avrebbe suscitato empatia da parte dei suoi carcerieri.

Il principe sembrò effettivamente turbato da quella storia.

-Se è vero che c’è una tratta di schiavi illegale dovrei mandare tempestivamente una lettera al re di Valkrest perché indaghi sulla cosa. Non voglio credere che la famiglia reale sia invischiata, ma alcuni nobili potrebbero aver ripreso le vecchie abitudini. Chevel, credi che riusciremmo ad affrettare il passo?- il principe iniziò ad elaborare un piano d’azione, dando prova di essere effettivamente un buon monarca.

Leo cercò di restare impassibile e non mostrare il senso di colpa che lo aveva appena assalito per la stupidissima storia inventata di sana pianta. 

E soprattutto… affrettare il passo significava che i sussulti su quella carrozza sarebbero solo aumentati. 

Probabilmente però Leo meritava la nausea.

-Credi davvero che qualche uomo affamato di potere andrebbe contro ai comandamenti del concilio degli dei? Io trovo più plausibile che questo ragazzo stia mentendo- osservò Chevel, guardando storto Leo, che si concentrò sul pane rimasto per non dar a vedere che i sospetti de cavaliere erano più che fondati.

Ugh, c’era un po’ di muffa sull’estremità, che schifo!

-Chi mentirebbe su una faccenda così importante?- chiese il principe, osservando Leo a sua volta, che cercava di togliere i pezzi rovinati.

-Un uomo senza valori e senza morale, disposto a tutto pur di finire nelle grazie di vostra maestà con chissà quale intento riprovevole- rispose Chevel, con chiaro disgusto nei confronti di Leo, che si sentì toccato nel profondo.

Senza poter controllare le proprie azioni, lanciò la crosta di pane ammuffita dritta contro Chevel, colpendolo in pieno volto.

Ci fu qualche istante di immobilità generale.

E probabilmente l’unico motivo per cui Leo non era diventato un kebab infilzato dalla spada del cavaliere era che i due uomini erano rimasti troppo sorpresi dal suo gesto inconsulto per reagire immediatamente.

E Leo, che in cuor suo sapeva che dopo aver colpito con una crosta ammuffita un cavaliere ormai era con un piede nella fossa, decise che se doveva morire, sarebbe morto col botto.

-Non sono un santo, non sono un genio e non sono la persona migliore che catturerete, ma non osate dire che non ho valori. Io ho valori! E tengo alla mia famiglia, ai miei diritti e alla mia libertà, tutte cose che mi sono state strappate di dosso. Sono ferito, sono stato rinchiuso, mi avete nutrito con del pane ammuffito e sono qui da meno di un giorno. Io capisco anche la vostra posizione, eh, ma voi non vi sforzate neanche un secondo di capire la mia. Non sono una spia, non sono un infiltrato, e non sono pericoloso. E farmi insultare sui valori da un tipo che crede che un uomo non può cucinare è la cosa più ingiusta e ironica che mi sia mai successa oggi. E TU MI HAI FERITO CON UNA SPADA!- Leo sfogò tutta la rabbia repressa da quando era finito in quel mondo.

Era stanco, disorientato, trattato malissimo senza nessuna ragione, e anche discriminato ingiustamente.

Non ne poteva più.

E probabilmente la sua frustrazione e sincerità venne recepita quantomeno dal principe, perché dopo averlo fissato per qualche secondo, fece un cenno a Chevel, che aveva già messo la mano alla spada, in modo da fermarlo.

-Dovremmo ripartire. Richiama le guardie- incoraggiò il cavaliere, che fece un piccolo inchino e lo anticipò via dal prigioniero.

-Non capisco se tua sia coraggioso o solo molto stupido, ma sei su ghiaccio molto sottile- furono le ultime parole che il principe gli disse prima di seguire l’uomo.

Leo rimase solo, e finalmente fu libero di lasciare le lacrime fluire liberamente.

Non era un debole o un piagnone, ma il peso di quello che gli stava succedendo, e la consapevolezza che il pericolo era sempre più reale iniziavano a farsi molto forti in lui.

Si aspettava che la prigione su ruote ripartisse da un momento all’altro, ma prima che questo avvenisse, un’altra persona, l’ultima che lui si aspettava di rivedere così presto, fece comparire la testa bionda attraverso le sbarre della prigione.

-Stai piangendo? Pensavo che gli uomini non piangessero mai- chiese la principessina, con vispi occhi curiosi e sorpresi.

-Notizia flash, gli uomini possono fare tutto quello che fanno anche le donne- la informò Leo, a cui onestamente non gli fregava più niente di status o educazione. Il suo tono di voce però si calmò appena, e divenne più gentile.

La principessa non sembrava spaventata, e si sporse di più verso di lui.

-È vero che sai cucinare?- chiese timidamente.

Leo sollevò la testa, e la guardò negli occhi, annuendo appena.

Ora che la vedeva più da vicino, senza pensare al suo fratello maggiore e allo spadaccino pazzo, si rese conto di quanto gli ricordasse sua sorella.

O forse semplicemente sua sorella iniziava a mancargli tanto.

Fisicamente non si somigliavano affatto, ma avevano la stessa energia, curiosa, gentile, innocente.

-Sì, mi piace molto cucinare. Cucinavo per mia sorella, prima di finire qui. Lei adora i miei pancakes e le mie crepes- spiegò, addolcendo il tono.

-Cosa sono?- chiese la principessa, piegando la testa confusa.

La principessa non conosceva pancakes e crepes?! Leo doveva rimediare.

-Sono un tipo di dolce molto buono da mangiare a colazione. Servono pochi ingredienti. Per le crepes solo farina latte e uova. Sono ottime con cioccolata e marmellata- spiegò, provando a mimare il dolce con le mani.

La principessa pendeva dalle sue labbra.

-Principessa! Dove sei?!- si sentì la voce di Chevel da lontano, e la principessa sobbalzò.

-Spero che un giorno me le cucinerai- gli sorrise, prima di fare dietro front e tornare alla propria carrozza sicuramente meno malmessa.

Leo aveva la stessa speranza, anche se la sua era più che altro “Spero che non morirò prima di averne occasione”.

Stava pensando troppo alla propria morte, ultimamente.

 

Quando finalmente la carrozza-gabbia si fermò nuovamente era ormai il tramonto, e Leo era più morto che vivo con lo stomaco in subbuglio e felicissimo di essere finalmente in procinto di essere sbattuto in cella o nella sala torture. Almeno sarebbe rimasto fermo.

Subito Chevel lo raggiunse, aprì la porta e lo legò nuovamente come un salame per poi caricarselo in spalla.

-Mi chiedo, ma i nemici più alti e massicci li porti comunque così?- chiese il ragazzo, con la poca voce che ancora riusciva a tirare fuori. Quella posizione non aiutava la sua nausea.

-Stai zitto- lo ammonì il cavaliere.

-Okay… piccola domanda finale: le torture vengono effettuate già la sera o posso dormire un po’ prima?- Leo sapeva di dover collaborare, ma non riusciva a non parlare. Era una sua grande debolezza.

E parlare lo aiutava a combattere la nausea.

-Sei la persona più insopportabile con cui abbia mai avuto la sfortuna di interagire- borbottò Chevel, irritato, senza però rispondergli.

-Beh, il disprezzo è reciproco- sussurrò Leo, cercando di non farsi sentire.

Chevel probabilmente lo sentì, perché quando lo posò a terra, fu molto più brusco del necessario.

-Ahi, il mio coccige!- si lamentò, mordendosi il labbro per soffocare il dolore.

Scommetteva tutto quello che aveva (che al momento non era molto a dire il vero) che gli sarebbe presto venuto un gran bel livido.

Dato che per un secondo aveva visto proprio le stelle, ci mise un po’ a rendersi conto di dove fosse stato buttato.

Non era una prigione polverosa, come si sarebbe aspettato, ma sembrava una piccola… cucina?

Si guardò intorno qualche secondo, per quanto gli fosse permesso dalle corde che gli tenevano ferme le mani e i piedi, poi tornò a guardare il cavaliere, che lo fissava a braccia incrociate e sguardo molto seccato.

-Ci sono meno topi di quanti pensassi in questa prigione- commentò, tentando di fare le finger guns, ma impossibilitato.

-Oh, Jahlee, dammi la forza di non ammazzarlo- commentò Chevel, alzando gli occhi al cielo.

Jahlee… probabilmente una divinità.

Bene, un’informazione in più.

Leo pregò che desse davvero a Chevel la forza di non ammazzarlo, ma evitò di esternare la speranza ad alta voce.

Pochi minuti dopo, la porta si aprì, e un paio di donne fecero la loro comparsa, vestite da cameriere esattamente come si vedeva nei manga e manhwa. Wow, che strano.

Portavano sulle spalle pesanti sacchi dal contenuto ignoto.

-Buonasera messer Chevel. Sono venuta a portare gli ingredienti richiesti, come ordinato da vostra maestà il principe Daryan- la più anziana di tutti, una signora dallo sguardo forte che denotava grande abilità di comando ed esperienza, si inchinò appena al cavaliere e annunciò ciò che era venuta a fare.

-È un piacere rivederti, Mildred. Che Jahlee ti protegga- Chevel ricambiò il saluto con eleganza.

Quindi quando voleva sapeva anche essere gentile. Wow, Leo non se l’aspettava.

-A lei, cavaliere- Mildred sorrise.

Poi, mentre le altre donne posavano gli ingredienti in cucina, si guardò intorno.

-Allora, dov’è la nuova recluta?- chiese, curiosa.

Il suo sorriso si spense quando notò Leo.

-Quella?- chiese, indicandolo.

-Quello- rispose Chevel, freddo, marcando il maschile.

La cameriera storse il naso, le altre si sporsero per vederlo, incuriosite e sorprese.

Ma sul serio nessun uomo aveva mai iniziato a cucinare in quel posto?! E se Leo avesse parlato di donne nell’esercito e uomini casalinghi che avrebbero fatto, si sarebbero suicidati per lo shock?! Che mentalità ristretta!

Che poi, ironico pensare che nel mondo reale il mondo culinario di alto rango era comandato dagli uomini… un po’ come tutti i mondi a dire il vero, ma dettagli.

-È uno scherzo?- chiese Mildred, sottovoce ma abbastanza forte da farsi sentire da tutti.

-Io seguo solo gli ordini di sua maestà il principe Daryan- Chevel alzò le spalle. Si vedeva lontano un miglio che non approvava quegli ordini.

Leo più che altro si chiedeva da dove fosse venuto in mente al principe di dargli una chance, soprattutto dopo lo sclero.

Forse voleva metterlo alla prova? Beh, Leo era sicuro di poter superare qualsiasi prova con le sue abilità culinarie.

Anche se…

-Non so se è perché sono uomo e quindi inferiore, ma se devo cucinare, e a quanto ho capito devo cucinare, mi duole informarvi che mi è alquanto difficile con mani e piedi legati- fece notare ai presenti, sollevando le mani per rendere ancora più chiaro il suo impedimento.

Chevel sospirò, e tagliò con un colpo netto della spada le corde che tenevano Leo legato, sia mani che piedi.

Massaggiandosi i polsi, Leo si alzò, e osservò gli ingredienti portati dalle cameriere.

Uova, latte e farina… un momento.

Ohhhh, aveva un angelo custode travestito da principessa!

Anche se… avevano detto che era stato il principe a ordinare quella roba.

-Quindi… fatemi capire bene, dovrei cucinare?- chiese per sicurezza, misurando gli ingredienti, controllando padelle e utensili e cercando qualcos’altro da poter usare per inventare un po’.

Vista la qualità di ciò che poteva usare, il livello di difficoltà era pressure test uno contro uno.

In effetti un po’ di tensione iniziava a salire.

-O questo, o ammetti di aver mentito- lo provocò Chevel, con la mano sulla spada.

Probabilmente c’era davvero una qualche divinità che lo stava fermando dal fare una strage, perché i suoi occhi mostravano un chiaro intento omicida.

Leo aveva effettivamente mentito, ma non su quello, quindi si rimboccò le maniche, e iniziò a preparare gli ingredienti.

Le crepes erano forse la ricetta più facile dell’intero universo, persino io scrittrice le so fare, quindi avrebbe vinto facile.

Ma forse troppo facilmente? Se avesse avuto del cacao o della frutta avrebbe potuto realizzare una torta di crepes, o comunque qualche bella composizione.

Dopotutto l’impiattamento è importante quasi quanto il gusto.

E non stava cucinando per i compagni di liceo, ma per la famiglia reale.

Sebbene il principe non meritasse niente, voleva fare bella figura con la principessa.

Iniziò prendendo in rassegna gli ingredienti e posizionandoli davanti a una ciotola di legno.

Poi controllò meglio le buste, ed esultò appena nel trovare del cacao, vaniglia e zucchero.

Forse con il latte riusciva anche a preparare della panna montata da mettere sulle crepes.

-C’è della frutta?- chiese, per curiosità.

Tutti i presenti nella stanza lo stavano fissando controllando ogni singolo movimento.

Nessuno rispose.

-Okay, era per dire- Leo alzò le mani in segno di resa, e cominciò a mischiare gli ingredienti, con tranquillità e cercando di ignorare la gente che lo stava fissando.

Per concentrarsi meglio cominciò a fischiettare, e a ballare appena tra sé, come se stesse nella propria cucina, a preparare delle crepes per sua sorella e sua madre.

-È un rituale magico?- chiese Mildred, scandalizzata, a Chevel.

-Quasi sicuramente, state indietro- rispose il cavaliere, pronto ad intervenire se fossero scoccate scintille.

Dopo aver finito l’impasto, e averlo mischiato il più possibile per evitare che si formassero grumi, Leo lo coprì con uno storfinaccio che sembrava il più pulito tra quelli disponibili, e mise il tutto il più vicino possibile alla finestra in assenza di un frigo.

Poi approfittò del tempo di attesa per preparare cioccolata, panna montata, e altre piccole guarnizioni per realizzare la sua visione.

Dopo circa venti minuti, riprese l’impasto, e dopo aver messo la padella sul fuoco, iniziò a cucinare le crepes.

Nell’impasto aveva messo anche il cacao per renderle direttamente al cioccolato, una sua specialità molto personale.

In tutto questo, alcune cameriere molto coraggiose si erano avvicinate per osservare meglio i suoi movimenti, e sembravano incantate ad ammirarlo.

Mildred e Chevel erano ancora sull’attenti, pronti a scattare da un momento all’altro per fermare qualsiasi cosa lui stesse facendo.

Ma Leo non badava a loro, non badava a nessuno.

Quando cucinava era nel suo elemento, e non esisteva il mondo intorno a lui.

Per lui la cucina non era solo una passione o un hobby, era una valvola di sfogo, una forma d’arte, la cosa più vicina alla magia che esistesse. 

…no, beh, considerando che era finito in un universo alternativo, probabilmente c’erano magie più magiche di un piatto ben cucinato, ma insomma, il punto era che creare qualcosa di buono da ingredienti grezzi era una forma di magia, per certi versi.

Leo diede sfogo a tutti i suoi trucchi per quelle crepes. Forme strane, dalle più semplici come un cuore o una stella, a veri e propri piccoli quadri che rappresentavano personaggi di cartoni animati o videogiochi.

Tanto lì che ne capivano, giusto?

Alla fine uscirono molte più crepes di quanto si aspettasse, e considerando che non aveva avuto niente per misurare le dosi ed era andato a occhio, non era tanto inaspettato.

Preparò un piatto con le più belle, e lasciò le altre su un piatto.

Si era fatta sera inoltrata quando ebbe finalmente finito, quindi, dato che il suo stomaco brontolava parecchio, prese le peggio riuscite e le mangiò con una leggera guarnizione.

Wow, erano uscite le più buone che avesse mai fatto.

O forse era solo iper affamato dato che in tutto il giorno aveva mangiato solo un pancake e un po’ di pane raffermo.

-Allora… volete favorire?- chiese rivolto agli spettatori rimasti a fissarlo per tutto il tempo senza assentarsi o distrarsi neanche un secondo.

Leo non sapeva se fosse dedizione o solo sospetto immenso, ma provò ad esserne orgoglioso.

Magari li aveva tenuti attaccati allo schermo con il suo carisma culinario.

Le cameriere più interessate si avvicinarono con occhi pieni di desiderio, ma Mildred si affrettò a fermarle, prendendole per i fiocchi sul retro del vestito.

-È vietato assaggiare cibo destinato alla famiglia reale. Ogni buon cuoco lo sa- ricordò alle subordinate, lanciando poi un’occhiataccia a Leo, che aveva ancora la bocca piena e una macchia di cioccolato in un angolo.

-Se non lo assaggiate come fate a sapere che è uscito bene?- chiese Leo, ovvio.

Mildred sobbalzò, presa in contropiede.

Chevel interruppe ogni possibile discussione.

-Tu, prendi il piatto e seguimi!- incoraggiò Leo, che fece quanto ordinato e iniziò già ad immaginare quale reazione avrebbe potuto avere il principe.

Nella peggiore delle ipotesi avrebbe sputato tutto dicendo “E tu questo lo chiami cucinare?! Ti darò venti frustrate per vendetta!” e poi lo avrebbe ucciso.

…ma le crepes erano ottime, nessuna persona sana di mente avrebbe potuto pensare che non lo fossero.

Quindi la migliore delle ipotesi, ovvero il principe che si inchinava ai suoi piedi, gli prendeva la mano e gli chiedeva con occhi brillanti se potesse diventare il suo cuoco ufficiale era molto più plausibile, giusto?

Chevel lo fece aspettare davanti a una porta, entrò per annunciarlo, e poi lo incoraggiò ad entrare a sua volta.

Leo entrò soddisfatto e pieno di aspettativa.

Il principe era seduto su una scrivania bellissima. L’intera stanza, probabilmente un ufficio vista la quantità di librerie e l’assenza di un letto, era bellissima, davvero elegante. Si vedeva che era uscita da un libro, a Leo ricordava la regga di Caserta, dove era stato una volta in vacanza.

Mentre l’aspirante cuoco si guardava intorno, il principe stava finendo di scrivere una lettera.

Sembrava molto concentrato e affamato. Non degnò Leo di uno sguardo.

-Buonasera, principe Daryan- dopo qualche secondo di silenzio, Leo lo ruppe.

Forse doveva aspettare ulteriormente, ma quel piatto era pesante, e Leo odiava aspettare.

-Che Jahlee vi protegga…- aggiunse poi, sperando di essersi ricordato bene il nome del dio.

Il principe sollevò la testa dalla lettera, e lo guardò con sospetto.

-Saluto inaspettato da parte di un abitante di Lumai- lo accusò, incrociando le dita e fissandolo con sguardo freddo e calcolatore.

Sembrava un cattivo di un anime, gli mancavano solo gli occhiali con il riflesso malvagio e l’ombra sotto gli occhi.

-Pensavo fosse più appropriato per il principe di Jediah. Purtroppo il mio passato da uomo comune mi ha reso poco pratico dell’etichetta di corte- cercò di giustificarsi Leo, posando il piatto di crepes davanti al principe, che spostò lo sguardo su di esso, e inarcò le sopracciglia.

-Sembra bruciato, anche piuttosto malamente- commentò, storcendo il naso.

-È un impasto al cacao, vostra maestà- spiegò Leo, cercando di non mostrare la sua delusione alla reazione.

-Bene, ora mangia- il principe gli spostò il piatto davanti.

Leo rimase di sasso.

-Come, prego?- chiese, sorpreso.

Sarebbe stato pure gentile se non l’avesse fatto con quel tono e quello sguardo.

-Qualche problema con il tuo piatto, spia?- lo provocò il principe, alzandosi e facendo un sorrisino di chi aveva capito tutto quanto.

Leo non stava capendo niente invece.

-No, solo non capisco perché…- poi gli venne un’illuminazione, che lo lasciò completamente di stucco.

E lo fece scoppiare a ridere, senza che si potesse trattenere.

Questo sembrò sorprendere il principe, che fece un passo indietro, confuso.

Leo prese una delle crepes, e la mangiò senza il minimo problema.

-Sa, vostra maestà, se avessi voluto avvelenarla penso che sarei stato molto più subdolo- gli fece presente. Ammetteva di essere sospetto, ma non gli era passato per l’anticamera del cervello neanche per un secondo che la sua richiesta potesse portare tali sospetti.

E poi chi diavolo cucinava un piatto avvelenato ad un principe come prima cosa appena arrivato a palazzo?! Solo un idiota con tendenze suicide.

-Considerando la tua imprevedibilità e impulsività è più che legittimo supporre che tu abbia cattive intenzioni. Prendi anche quel pezzo- il principe non si fece convincere, e gli indicò la crepe più bella, a forma di rosa, che Leo fu ben felice di mangiare.

-Questa aveva sia cioccolato che panna montata all’interno- gli rivelò, per farlo pentire di non averla mangiata lui.

Il principe lo fissò qualche secondo, aspettando che si sentisse male.

-Se vuole posso anche mangiare tutto il piatto. Non è avvelenato, è buonissimo, e ho parecchia fame- si offrì, facendo per prendere un’altra crepe.

Il principe gli spostò il piatto, e si mise davanti a lui, per squadrarlo con più attenzione.

Era chiaro che non capisse assolutamente le sue intenzioni.

Probabilmente farlo cucinare era stata solo una prova per vedere come avrebbe reagito, se mentiva, o se avrebbe provato un attacco immediatamente.

Ancor più probabilmente non aveva intenzione di assumerlo a tempo indeterminato come cuoco, dato che non poteva fidarsi.

Leo poteva in parte capirli, perché visto da fuori era la persona più sospetta dell’universo, nella loro ottica, ma iniziava a dargli fastidio come stessero giocando con lui.

Ma mantenne lo sguardo del principe, pronto a partecipare (e probabilmente a perdere dato che lui, i giochetti del muori, non li sapeva proprio fare).

-Chevel, portalo nel sotterraneo. Domani lo interrogherò meglio- incoraggiò la guardia, che nel frattempo era rimasta alla porta, a prenderlo e portarlo via.

Leo sospirò.

-Tutta questa fatica per nulla. A questo punto usavo meno impasto- borbottò Leo, rassegnato, offrendo le mani per farsele nuovamente legare, ma prima che chiunque nella stanza potesse fare qualsiasi cosa, la porta si spalancò, accompagnata da un sonoro -DARY!- gridato da una ragazzina esagitata che Leo ci mise qualche istante a riconoscere come la principessa, perché era in camicia da notte, con i capelli molto scompigliati, e il volto sporco di cioccolata.

I tre uomini nella stanza si girarono di scatto verso di lei.

-DARY DEVI ASSUMERE IL CUOCO!!!- gridò nuovamente la principessa. In mano aveva una crepe di quelle lasciate in cucina, ripiena di panna e con qualche fragola che non era stato Leo a mettere dentro.

-Opal, cosa… DOVE HAI PRESO QUELLE…?!- dopo un iniziale shock, il principe si preoccupò davvero, e lanciò a Leo la peggiore occhiataccia fino a quel momento.

-Io ho solo lasciato le crepes in cucina, non c’entro niente!- provò a giustificarsi Leo, ma dalla spada sguainata del principe, questa volta capì che non c’era scampo alla morte imminente.

Vabbè, dai, era sopravvissuto un giorno in più del previsto. 

Aveva vissuto malissimo quell’ultimo giorno, ma almeno il suo ultimo pasto erano state le crepes più buone che avesse mai preparato.

Era una piccola soddisfazione.

-No! Dary, non ammazzarlo! Deve cucinare per me!- la principessa, con riflessi insospettabili, si mise tra il fratello e l’aspirante cuoco, fermando l’esecuzione.

-Ti ha messo in pericolo, non posso perdonarglielo- obiettò il principe Daryan, in tono troppo tranquillo per qualcuno che stava per ammazzare un’altra persona.

E il peggio era che Leo non poteva biasimarlo, dato che capiva il sentimento protettivo nei confronti di una sorella.

-Per essere precisi, io ho solo lasciato delle crepes completamente innocue in una cucina con altre sei cameriere, non è colpa mia se erano a portata della principessa- provò comunque ad obiettare.

-Quindi dovrei uccidere tutte le altre cuoche?- chiese il principe, esasperato.

-No, ma…- 

-Basta! Anna, Mary e Jane stavano mangiando gli avanzi di nascosto, e me ne hanno offerta una. Sono più che sicure. Ti prego, assumilo, è il cibo più buono che io abbia mai mangiato!- la principessa interruppe la discussione e spiegò cosa era successo, per poi stringere il braccio di Leo con forza.

Lui la lasciò fare felice di avere uno scudo umano e una fortuna sfacciata.

Chevel guardava il principe aspettando ordini, ma non osando intervenire contro la principessa.

E Daryan sospirò, mise la spada nel fodero, e prese il volto tra le mani, esasperato.

-Opal, capisco il tuo entusiasmo…- come poteva capirlo, se non aveva ancora assaggiato il cibo?! -…ma non posso assumere una persona tanto sospetta. La sua storia fa acqua da tutte le parti, e il suo comportamento lascia a desiderare.

-Ti prego, fratello, almeno dagli un’occasione. Non sembra intelligente abbastanza da poterci avvelenare- Opal lasciò andare Leo per affrontare il fratello.

Sebbene un po’ offeso, Leo annuì con forza.

-Sono una persona molto stupida!- affermò con sicurezza e senza vergogna alcuna.

Il principe gli lanciò un’occhiataccia, e Leo abbassò il capo, e lasciò che della questione discutessero i membri della famiglia reale.

-Opal, troveremo una cuoca migliore e più affidabile. Domani mando lettere in giro o faccio un proclama reale per trovare qualcuno, che ne dici?- il principe non voleva cedere, e cercò di trovare un terreno comune con la sorella, che però era testarda quanto lui.

-No, non esiste nei sette regni qualcuno come lui!- insistette.

Ah, quindi i regni erano sette, buono a sapersi. Leo segnava tutte le informazioni che poteva.

-Opal…- ma la successiva obiezione del principe venne interrotta quando la sorella gli mise a tradimento un pezzo di crepe in bocca.

Daryan sembrava in procinto di sputarla, ma Opal gliela tappò, obbligandolo a mangiarla.

Una volta deglutito, ci furono alcuni secondi di pura immobilità.

Chevel era congelato sul posto, sconvolto dalla scena appena assistita.

Leo stava usando tutte le sue energie per restare impassibile e non scoppiare nuovamente a ridere.

Opal era determinata e sicura di sé e di ciò che aveva fatto.

Mentre il principe aveva un’espressione completamente vuota, con occhi sgranati, e a tratti quasi comica.

Si alzò, prese di peso la sorella e la scansò senza dire una parola.

-È o non è il dolce più buono che tu abbia mai mangiato?!- provò ad insistere la ragazza, ma il fratello non la degnò di attenzione.

Si avvicinò a Leo, fino a metterlo spalle al muro.

Wo, erano già arrivati al punto del libro in cui Leo era intrappolato in un kabedon? Il secondo capitolo non è troppo presto?

Sfrontato il principe. Aveva gusti particolari.

Leo accennò un sorriso, che uscì terrorizzato, ma cercava di risultare il più affascinante possibile, nella speranza di non ricevere una coltellata a tradimento.

-Da domani sarai il cuoco responsabile dei dolci- annunciò infine il principe.

-Cosa?!- chiese Chevel, sconvolto.

-SÌ!!! Sono la principessa più felice della terra!- 

-Oh… davvero?- Leo non se l’aspettava proprio. Fissò il principe a bocca aperta.

Nonostante la bella notizia, gli occhi dell’uomo erano ancora pieni di sospetto.

-Non cantare vittoria troppo presto. Da domani sarai anche l’assaggiatore ufficiale di corte. Quindi non pensare di fare qualche scherzo- lo minacciò.

Leo annuì.

-Mi sembra giusto- evvai, cibo reale gratis.

-E stai lontano da mia sorella- gli sussurrò poi il principe all’orecchio.

Su questo non aveva niente da temere.

Se anche Leo non fosse stato gay, ed era molto gay, non si sarebbe mai messo a flirtare con una minorenne.

Non era mica in un controverso anime giapponese!

-Chevel, portalo negli alloggi delle cuoche, ma tienilo d’occhio- Daryan si allontanò dal ragazzo e incoraggiò il cavaliere a prenderlo e portarlo via.

Nonostante ancora poco convinto, il cavaliere eseguì, prendendolo malamente per un braccio e trascinandolo via.

-Non vedo l’ora di assaggiare tutto ciò che potrai cucinarmi!- lo salutò la principessa, con gioia.

-Sarà un piacere- sorrise Leo, grato di essere scampato sia alla morte che alla prigione.

Un grande ringraziamento a Jahlee, se esisteva.

-A proposito, qual è il tuo nome?- chiese infine il principe.

Oh, giusto! Leo non si era presentato.

-Leonardo- rispose, senza avere niente da nascondere. Magari non era proprio un nome classico di Lumai, ma chissene, poteva dire che sua madre aveva una grande fantasia. E non gli andava di inventarsi un altro nome.

-Ti teniamo d’occhio, Leonardo- fu il congedo del principe, impassibile e senza guardarlo negli occhi.

Chevel ricominciò a trascinarlo via.

Leo avrebbe voluto fare un commento sarcastico, ma con la coda dell’occhio notò che il principe aveva preso una delle crepe avanzate di quelle che aveva fatto assaggiare a Leo, e la sua espressione era talmente dolce e innocente, mentre la divideva con l’entusiasta sorella, che alla fine il ragazzo decise di lasciar stare e seguire gli ordini senza lamentarsi più di tanto.

Alla fine, considerando che lui non aveva intenzione di avvelenare nessuno, ed era affidabile, e davvero un ottimo cuoco, quella si poteva considerare una vittoria assoluta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wow, sono partita on fire con questa storia! 

Purtroppo non posso promettervi che continuerò con un capitolo al giorno, anche perché adesso devo necessariamente scrivere il prossimo capitolo di Laboratorio di Filmmaking e di Corona Crew, ma spero davvero di pubblicare presto il seguito.

Che poi io sono stupida, perché non so cucinare assolutamente niente, e il mio protagonista è un cuoco… beh, dai, spero che le mie visioni di Masterchef e altri programmi di cucina possano aiutare. Sappiate che questa storia è tutto fuorché seria.

Se ci sono incongruenze o cose un po’ irrealistiche… sono volute.

Comunque questo capitolo forse è stato meno divertente dell’altro, ma doveva introdurre un po’ meglio la situazione e dal prossimo inizieranno le vere avventure, con Leo come cuoco nel palazzo reale.

Chissà se il suoi piatti conquisteranno anche Chevel prima o poi.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima.

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Questo capitolo è tutto uno spiegone ***


Questo capitolo è tutto uno spiegone

-Come hai fatto l’impasto? Gli ingredienti erano così semplici, eppure li hai valorizzati al meglio!- 

-Avevi ragione a chiedere della frutta. Le fragole ci stavano davvero benissimo!-

-Chi ti ha insegnato a fare la panna in quel modo? Io ho dovuto prendere lezioni da Mildred per un mese prima di riuscire a farmela venir bene!- 

Nel momento stesso in cui era stato buttato a forza in una camera in comune con tre ragazze, Leonardo era stato praticamente aggredito da tre cuoche esagitate ed entusiaste, che non si erano neanche presentate e avevano iniziato a riempirlo di domande.

Ed erano così energiche, vitali ed enfatiche, che Leonardo fu quasi in procinto di richiamare Chevel e chiedergli di dormire in cella.

Ma alla fine fu contagiato dal loro entusiasmo, e iniziò a rispondere alle domande e a dare piccoli consigli.

Scoprì anche i loro nomi: Anna, Jane e Mary.

Dei nomi talmente classici per delle cameriere che Leo giurava fossero in qualsiasi opera fantasy, non solo isekai.

C’era almeno una Mary, una Anna o una Jane come cameriera personale di un principe o una principessa.

Inoltre, a Leo non era sfuggito che erano le tre cameriere che avevano dato una crepes alla principessa, quindi le indirette responsabili della sua sopravvivenza.

Sperava di poter costruire con loro un buon rapporto.

-Oh, ma che scortese, non ti abbiamo neanche chiesto come ti chiami!- si rese conto infine Anna, desolata.

-Oh, mi chiamo Leonardo- erano state comunque più veloci del principe a fargli quella domanda.

-Che nome singolare! Posso chiamarti Leo?- chiese Mary, battendo le mani entusiasta.

-Da che regno vieni?- indagò Jane, curiosa.

-Lumai- rispose Leo, con sicurezza, sperando che non facessero altre domande sul suo presunto luogo d’origine.

-Oh! Che Laasya ti protegga, allora!- commentò Anna, con un piccolo inchino.

Oh! Una nuova informazione! Laasya, un’altra divinità, magari responsabile di Lumai?

Chevel aveva parlato di un concilio di dei, probabilmente ogni dio era patrono di una città.

-Che Jahlee protegga te- Leo ricambiò, con un sorriso, pregando che stesse facendo le cose giuste.

Ma era un tipo adattabile, e sebbene non fosse esageratamente intelligente, le informazioni importanti le afferrava al volo.

Aveva solo difficoltà a tenere a freno la lingua e a classificare le priorità.

Anna sorrise caldamente, quindi era salvo per il momento.

-Oh, la dea della luce, la adoro! Se non avessi tutto qui a Jediah credo che mi trasferirei proprio a Lumai! L’energia divina di quel posto è meravigliosa. Perché sei venuto qui?- chiese Mary, continuando ad indagare.

Eh, ottima domanda! 

Poteva giocarsi la storia dello schiavo? Ma forse era meglio non divulgare tali informazioni, e tutti sapevano che le cameriere erano la massima fonte di gossip.

Ma forse far partire un gossip poteva essere un buon modo per rendere la storia più credibile?

Prima che Leo potesse rispondere, venne salvato dall’arrivo di Mildred, che fece comparire la testa dal corridoio e lanciò ai quattro un’occhiataccia.

-Dovreste dormire da ore! Non fatevi influenzare da quel ciarlatano- lanciò a Leo un’occhiata estremamente truce, e ammonì le sue sottoposte.

-Scusi Madame Mildred!- esclamarono le tre in coro come dei robot.

-E tu! Vedrò di farti cambiare dormitorio domani. Prova a toccare le mie ragazze anche solo con il pensiero e te la farò pagare cara!- Mildred si avvicinò a Leo e mostrò il muscolo del braccio, che praticamente era grande quanto lui.

Leo fece un passo indietro.

-Non c’è alcun pericolo, Madame Mildred, sono…- si interruppe appena in tempo. Non era proprio il caso di dire “sono gay” alla cuoca di un palazzo reale molto molto all’antica.

Era la volta buona che lo condannavano al rogo per davvero.

-…un gentiluomo- concluse quindi, con un piccolo inchino.

Mildred grugnì.

-Ragazze, stategli lontano!- ordinò alle ragazze, prima di uscire nuovamente dal dormitorio.

-Sarà meglio andare a dormire. Mancano poche ore all’alba, ormai- notò Jane, osservando il cielo oltre la finestra.

-L’alba?- chiese Leo, in un sussurro.

-Sì! Domani si ritorna a lavoro! E tu cominci! Buona fortuna- Anna si mise sotto le coperte e fece un grande sorriso a Leo, per incoraggiarlo.

-L’alba…- sussurrò nuovamente Leo, buttandosi sul letto a sua volta.

Era stata una giornata piena zeppa di roba, e Leo era più che stanco morto.

Non riusciva neanche a concepire l’idea di svegliarsi all’alba.

Sospirò, diede una veloce buonanotte alle sue compagne di stanza, e cercò di addormentarsi il più in fretta possibile, per assicurarsi almeno quattro ore di sonno.

Ma mentre ripensava agli eventi delle ultime ore, al camion, al principe, alla principessa, e in generale al libro, gli venne un’illuminazione.

Un’illuminazione che gli fece sgranare gli occhi, e cancellò ogni traccia di sonno rimasta in lui.

L’avvelenamento.

Nel libro c’era un momento, il momento più catartico della storia, dove il principe subiva un tentativo di avvelenamento, e la protagonista era accusata del fattaccio.

Leo non aveva la più pallida idea di chi fosse responsabile, e non sapeva nemmeno in quale punto del libro fosse finito, ma una cosa era certa.

Prima o poi qualcuno avrebbe cercato di avvelenare il principe.

Forse sarebbe successo più prima che poi, dato che la sicurezza estrema del palazzo e le abilità di combattimento del principe lo rendevano un difficile bersaglio di attacchi frontali.

E Leo era l’assaggiatore ufficiale.

Quindi Leo sarebbe morto avvelenato, prima o poi, perché il principe era un po’ immune, e aveva degli antidoti, ma lui no, era sacrificabile, era di costituzione debole.

E si era, ancora una volta, e non l’ultima sicuramente, scavato la fossa.

Così profonda che ormai era impossibile uscirne.

C’era una sola cosa da fare…

Doveva diventare l’unico cuoco del principe! Essere così bravo che il principe avrebbe per sempre chiesto solo ed esclusivamente di mangiare cibo cucinato da lui.

L’unico cibo che Leo sicuramente non avrebbe mai avvelenato.

Era un piano perfetto!

Ma per guadagnare la fiducia del principe abbastanza da riuscire nell’impresa, doveva superare i suoi interrogatori.

Ergo, doveva recuperare più informazioni possibili su Lumai.

Ugh, più pensava a cosa doveva fare, più risultava sospetto visto da fuori.

Ma che poteva fare, era nel panico, ed era in pericolo.

Doveva giocarsela bene.

E continuare a bluffare il più possibile!

 

-Suppongo che tu non abbia preparato la colazione, stamani- fu la fredda frase con la quale il principe Daryan accolse Leo nel suo ufficio, il giorno seguente, scortato come sempre da Chevel, che era praticamente l’ombra del ragazzo.

Ombra non solo perché era scuro di carnagione, e lo seguiva sempre, ma perché era di cattivissimo umore, e non spiccicava mai parola.

Non che a Leo importasse, dato che stava praticamente dormendo in piedi, e a malapena si rendeva conto di dove fosse e cosa stesse facendo.

-No, Mildy mi ha detto di stare fermo, muto e in un angolo. E ho eseguito- spiegò Leo, posando il piatto sulla scrivania e cercando di restare in equilibrio.

-…e dormito- aggiunse Chevel, facendo la spia.

-Ho preservato le forze poiché non avevo niente da fare- si giustificò Leo, che aveva provato a schiacciare un pisolino, ma era sempre stato svegliato da Chevel.

-Dì a Mildred di concedere a Leo il pieno controllo della cucina per i dessert programmati per la principessa. Ovviamente tienilo comunque d’occhio e assicurati che assaggi sempre tutto quello che poi ha intenzione di dare a mia sorella- il principe ignorò la parte sul sonno, e pensò solamente al lavoro.

-Quali sono i suoi piatti preferiti?- chiese Leo, distratto, per fare conversazione -Mia sorella ha sempre amato le meringhe… l’unica cosa che non ho ancora imparato a fare a memoria. Però sono un grande con la frutta e la cioccolata. Potrei fare una torta o dei biscotti. Mi manca mia sorella- borbottò Leo, parlando a vanvera e punzecchiandosi il volto per restare sveglio.

Il principe inarcò le sopracciglia a sentire i suoi commenti, poi spinse il piatto verso di lui.

-Invece di parlare perché non assaggi?- lo incoraggiò ad adempiere al suo ruolo.

Leo esitò appena prima di prendere un boccone, ma cercò di convincersi che nessuno avrebbe osato attaccare così presto. O se avessero voluto farlo avrebbero aspettato un momento in cui dare la colpa a lui. Ma lui non si era avvicinato ai fornelli, e Chevel era stato di guardia tutto il tempo.

Alla fine prese un boccone, lo assaggiò con circospezione, e si aspettò di sentire qualche sapore strano, o morire sul posto direttamente.

Dopo qualche secondo di silenzio, contemplazione e degustazione, Leo deglutì, e annuì appena.

-Le uova sono un po’ secche. Io ci avrei aggiunto della mozzarella, uova e mozzarella sono un ottimo accostamento- osservò, pensieroso.

Il principe sospirò, e prese un boccone a sua volta, senza il minimo commento.

-Chevel, mi aspetti qui fuori?- chiese al cavaliere, indicando la porta.

Le possibilità che avesse congedato il suo braccio destro erano due: o Daryan aveva appena deciso di ucciderlo e non voleva testimoni; 

O il principe si era innamorato follemente di lui e voleva confessarglielo senza rischiare uno scandalo.

Leo pregò nella seconda ipotesi.

Il principe era odioso, ma almeno poteva offrirgli prospettive e soldi.

Marito ricco mi ci ficco!

Non che Leo si aspettasse che i matrimoni omosessuali fossero accettati, lì, ma dettagli.

In realtà l’intenzione di Daryan era solo di interrogarlo con un po’ di privacy, ma Leo era stanco morto, aveva pur il diritto di sognare.

-Sembri stanco, cuoco. Perché sei tanto stanco?- cominciò il principe, guardandolo con occhi di ghiaccio.

-Ho dormito poco e niente, stanotte. Non mi aspettavo di svegliarmi all’alba- rispose Leo, trattenendo appena uno sbadiglio.

-Quando ti ho congedato era piuttosto presto, come hai passato la notte?- continuò ad indagare Daryan, sospettoso.

Leo non aveva assolutamente nulla da temere, aveva un alibi di ferro, dato che aveva passato tutto il tempo con le sue compagne di stanza.

-Lo spadaccino pazzo mi ha portato nella camerata, e ho fatto amicizia con Anna, Mary e Jane. Sto dormendo da loro…- cominciò Leo, ripercorrendo i suoi passi.

-…giusto, dovrei spostarti da qualche altra parte, non è conveniente farti dormire con delle giovani donne- osservò il principe, tra sé.

-A me non importa, sono simpatiche. Mary mi ha fasciato la ferita sulla schiena, e mi hanno chiesto consigli di cucina. Che carine. Poi è venuta Mildred a dirci di spegnere le luci, e prima abbiamo parlato di quanto è bella Lumai, e poi sono rimasto sveglio per qualche altra ora perché sono in ansia costante da quando sono finito qui- concluse il discorso Leo, senza problemi.

-Se sei di Lumai, qual è la divinità protettrice della tua città?- chiese il principe, osservandolo con più attenzione.

Era una domanda che chiunque in quel mondo avrebbe dovuto sapere, persino chi non era di Lumai.

Grazie al cielo Anna si era lasciata sfuggire l’informazione, altrimenti Leo sarebbe rimasto proprio fregato.

-Laasya, ovviamente- rispose con convinzione.

Grazie al cielo aveva un’ottima memoria per i nomi!

Il principe sembrò deluso.

-E per cosa è famoso il regno di Lumai?- chiese ancora.

Perché faceva le domande così ovvie?!

-La città della luce, con grande potere divino!- rispose Leo in tono sacrale.

Il principe sembrava ancora più deluso.

-Andiamo più sullo specifico, allora. In che quartiere vivevi?- si sporse leggermente verso di lui, come se cercasse di scrutare all’interno della sua anima.

-Il quartiere?- chiese Leo, cercando di prendere tempo per inventarsi una risposta o giocarsela bene.

Poteva dare delle coordinate, o forse era una domanda a trabocchetto? No, sicuramente c’erano quartieri, ma lui non aveva la più pallida idea di quali fossero i quartieri.

Per sua enorme, immensa e seriamente assurda fortuna, proprio in quel momento la porta si spalancò, e un tipetto esagitato, con due enormi occhiali tondi sul viso e i lunghi capelli castani legati in una coda, si affrettò verso la scrivania del principe con parecchi fogli in mano e l’aria urgente.

-Mio principe, che Jahlee vi protegga! Non ha idea di quante segnalazioni ci sono su una tratta di schiavi nel confine di Valkrest, è un campo minato! Ho subito programmato un perimetro di osservazione e dovremmo informare prontamente l’unità di recupero informazioni e il re! Se li dovessimo perdere un sacco di innocenti potrebbero venire venduti per lavorare nelle miniere! È terribile!- spiegò, mostrando varie mappe, e ignorando ogni tentativo del principe di fermare il suo sproloquio.

Leo fece finta di nulla, ma ascoltò e metabolizzò ogni singola parola. Cercando di non farsi vedere dal principe, diede anche un’occhiata alla mappa, che però mostrava solo i due regni di Jediah e Valkrest.

Che sfiga! Se solo avesse avuto accesso ad una mappa di Lumai. 

O a qualche informazione su Lumai.

O a una persona proveniente da Lumai…

-Che Laasya protegga te, Persian. Capisco la tua urgenza, ma non è il caso di parlare di queste informazioni con degli estranei- il principe interruppe finalmente il tipo occhialuto, e si affrettò a coprire la mappa, lanciando un’occhiataccia a Leo, che distolse lo sguardo e si fissò le scarpe. Gli avevano dato una divisa da maggiordomo, ed era mille volte più elegante di qualsiasi cosa lui avesse mai indossato.

Ma non gli era sfuggito il modo in cui il principe aveva salutato il nuovo venuto.

Laasya… la dea della luce, la dea di Lumai.

Quindi Persian era di Lumai!

E il suo biglietto per ottenere più informazioni sulla città. 

-Estranei…?- chiese Persian, sorpreso, guardandosi intorno.

Leo gli fece un sorrisino e un cenno di saluto, e l’uomo sobbalzò.

-Oh cielo! Non l’avevo proprio visto! Mi scusi, principe Daryan!- l’occhialuto si portò le mani sulla bocca, mortificato, e arrossì appena. Guardò Leo come se venisse dallo spazio.

-Cuoco, sei congedato, e porta il piatto con te- il principe fece scivolare il piatto ancora quasi completamente pieno verso Leo, che lo prese con una smorfia infastidita.

-Non ha mangiato praticamente niente- osservò, dispiaciuto. Era un gran peccato sprecare il cibo, che comunque era molto buono nonostante fosse leggermente secco. E poi per restare in salute non conveniva saltare i pasti.

-Se ci tieni tanto che venga consumato puoi finirlo tu- sbuffò il principe, incoraggiandolo ad andare via il prima possibile.

Leo era lì lì per osservare che il punto era che il principe doveva nutrirsi bene, ma si trattenne, perché un pasto gratis è un pasto gratis, e Leo aveva mangiato solo un po’ di farina d’avena per colazione, insieme alle altre cuoche.

-Con piacere, maestà!- esclamò quindi con gioia, divorando le uova mentre usciva dalla porta.

Riuscì ad afferrare un ultimo estratto di conversazione tra Persian e il principe.

-Quindi è lui lo schiavo di Lumai?-

-Non intrattenere nessun tipo di relazione con lui, Percy!- 

Che il principe avesse intuito il suo piano di utilizzare Persian per ottenere informazioni su Lumai? …probabilmente, dato che il principe sembrava intelligente e Leo era stato molto sospetto.

Ma non significava che si sarebbe arreso, anzi! 

In un modo o nell’altro avrebbe scoperto qualcosa sulla sua presunta città! E avrebbe risposto a tutte le domande del principe.

-Finalmente sei uscito! Ehi! Come osi mangiare gli avanzi del principe!- lo accolse Chevel, di umore più cattivo del solito, rimbrottandolo per la sua presunta poca etichetta.

-Il principe mi ha dato l’okay! Ne vuoi un po’ anche tu?- Leo alzò le spalle e offrì una forchettata verso il cavaliere, che si allontanò come se Leo gli stesse puntando contro una spada.

-Non si mangia il cibo del principe! È la base!- si lamentò, irritato.

Leo lo ignorò e finì il piatto.

-Sono l’assaggiatore, quindi sono scusato, giusto?- provò a giustificarsi, con un ghigno soddisfatto.

Chevel gli lanciò un’occhiataccia.

-Ti accompagno in cucina. La principessa si aspetta una ricca dose di dolci per l’ora del tè. Ti conviene iniziare a preparare già da ora- decise poi di lasciar perdere, probabilmente ben consapevole che non avrebbe potuto vincere, e precedette Leo lungo il corridoio.

-Farò una torta, dei biscotti e qualche muffin magari… il tipo che è entrato prima… chi è?- Leo avrebbe tanto voluto essere discreto nel chiedere informazioni, ma era troppo stanco per elaborare una qualche strategia. 

Anche se la ricca colazione gli aveva restituito un po’ di energie.

Chevel sbuffò.

-Gli avevo detto di non entrare!- borbottò tra sé. 

Leo intuì che tra i due non corresse buon sangue.

…intuizione palese visto che a Chevel sembrava stesse per uscire del fumo dalle orecchie.

-Ho notato che era molto esagitato- commentò, pensando alla sua agitazione nell’entrare.

-È Persian Lavoie, il bibliotecario e insegnante privato della principessa… perché tanto interessato?- dopo aver finalmente risposto alla domanda di Leo, Chevel ritornò sui suoi passi, e lanciò al ragazzo un’occhiata di profondo sospetto.

-Solo per dare un nome al volto! Se lavora con la principessa lo incontrerò spesso- Leo fece il finto tonto e iniziò a fischiettare, superando Chevel e cercando di arrivare in cucina prima che il cavaliere gli facesse altre domande.

L’informazione ricevuta, dopotutto, gli bastava per il momento.

Ed ora doveva concentrarsi sul preparare un banchetto per la principessa, nella speranza che lei lo incoraggiasse a restare o che prendesse il tè come pausa dalle lezioni.

Perché prima che il principe lo richiamasse nel suo studio, Leo doveva necessariamente parlare con Persian di Lumai! 

 

Quando quel pomeriggio Leo si diresse dalla principessa per portarle il tè e i dolci che aveva cucinato per ore, era più stanco di prima, ma anche determinato.

Perché non vedeva l’ora di far assaggiare alla principessa, la sua unica alleata lì dentro, i suoi manicaretti preparati con cura.

Parecchi biscotti di varie forme e disegni, due tipi diversi di muffin che avevano usato lo stesso impasto, di base, e una gigantesca torta alle fragole piena di panna e super morbida.

Dubitava che la principessa avrebbe mangiato tutto quanto da sola, ma voleva davvero offrirle il più possibile, anche se si era davvero sfinito per quanto aveva cucinato.

Così sfinito che non ci pensò neanche a bussare prima di entrare in biblioteca, dove gli era stato detto la principessa era solita prendere il tè.

-È arrivato Willy Wonka!- annunciò la sua presenza senza badare neanche per un istante a quello che diceva, ed entrando tranquillamente con il vassoio stracolmo di roba.

-Come scusi?- lo accolse una voce maschile estremamente offesa.

Una voce che chiaramente non apparteneva alla principessa.

Ed infatti Leo aveva interrotto quella che sembrava chiaramente una lezione tra la principessa e Persian di Lumai.

CHE FORTUNA!

-Oh, perdonate. Sono venuto a portare il tè pomeridiano- ritornò sui suoi passi sperando di fare una buona impressione.

-Sì! Finalmente! Quei dolci hanno un aspetto straordinario!- Opal si alzò di scatto, con occhi brillanti, e si avviò immediatamente verso Leo pronta a mangiare.

-Aspetti un momento, principessa! Dobbiamo finire la lezione, e l’assaggiatore deve assaggiare prima di offrire i suoi dolci- il tutore però la richiamò all’ordine in tono autoritario, squadrando Leo con sospetto.

Leo evitò di obiettare, perché doveva necessariamente portare Persian dalla sua parte, quindi si limitò a fare un sorrisino di scuse verso la principessa e trattenersi per restare zitto.

-Ma Percy! Io ho fame! Non possiamo riprendere dopo l’ora del tè?- la principessina si risedette, ma mise il broncio, e Leo valutò da che parte stare. Persian poteva dargli informazioni, ma la principessa era l’unica cosa che lo teneva lì, quindi era molto meglio tenersela molto buona.

-I biscotti sono ancora caldi. Meglio non farli raffreddare- provò a suggerire, indicando i dolci.

Solo dopo aver parlato si rese conto che la scelta migliore sarebbe stata rimanere in silenzio. Ma Leo non era fisicamente in grado di restare zitto a lungo.

Il sorriso della principessa si allargò.

-Appunto, Percy! Meglio non farli raffreddare!- si alzò nuovamente, pronta a mangiare.

-No, dobbiamo finire la lezione sulle divinità. E tu, esci e non ti immischiare- sebbene le parole di Persian erano autoritarie, le sue labbra tremavano appena. Era chiaro che non fosse molto avvezzo ad essere rigido e freddo. 

-Beh… potresti fare un flash quiz- provò a suggerire Leo, distrattamente, osservando discretamente la biblioteca e notando parecchi libri interessanti: “Mappe del mondo”, “La lunga e precisa storia dei sette regni” (c’erano sette volumi enormi), “Usi e costumi di… *inserire città*” (c’era un volume per ogni regno). Sembravano libri messi lì solo per farli leggere a lui e dargli una mano.

Certo, se fosse riuscito a leggerli senza farsi scoprire.

-Un… che?!- chiese Persian, osservandolo con estrema confusione, e sistemandosi gli occhiali sul volto.

-Cos’è un flash quiz?- si unì la principessa, piegando la testa ma apparendo interessata.

-Intendo tipo, non so, fare alcune domande di risposta rapida e se la principessa ne azzecca più della metà l’ora del tè è subito, sennò continua la lezione… tipo. È anche un ripasso, no?- forse Leo era troppo stanco per pensare con lucidità, ma gli sembrava una buona idea. E poi i biscotti si stavano davvero raffreddando, e la panna sulla torta si stava sciogliendo.

-Oh… beh…- Persian sembrava piacevolmente stupito, ma anche in difficoltà.

-Sì! Ottima idea! Ma sei anche un genio oltre che un gran cuoco! Sono pronta, Percy!- la principessa batté le mani, entusiasta.

-Okay, va bene. Sembra… sensato. Ma tu esci fuori!- Persian cedette alle richieste della principessa, ma ordinò a Leo di allontanarsi, per tenere fede alla promessa fatta al principe.

Leo però voleva ascoltare il flash quiz, nella speranza di ottenere nuove informazioni, quindi adocchiò il tavolo nel balcone fuori dalla biblioteca.

-Non è il caso che inizi ad apparecchiare per la principessa?- propose, indicandolo.

-Mi sembra più che giusto- Opal gli diede il via, e Persian non aveva abbastanza potere per obiettare.

Dopotutto usciva dalla stanza, ed era improbabile che riuscisse a sentire da lì fuori, giusto?

Aveva decisamente sottovalutato l’udito di Leo.

-Perfetto, allora io vado- il ragazzo iniziò a spingere il carretto, ma andò a sbattere contro uno scaffale, e fece cadere parecchi libri.

-Stai attento!- lo riprese Persian, avvicinandosi per constatare i danni.

-Perdonatemi, sono ancora nuovo qui e ho dormito poco, ma metto tutto a posto!- Leo, mortificato, iniziò a raccogliere i libri.

-Intanto iniziamo, Percy, non perdiamo tempo!- lo incoraggiò la principessa.

Persian esitò qualche istante, ma alla fine cedette, e cominciò il quiz.

-Okay, quali sono i sette dei? Nomi e caratteristiche principali- cominciò con una domanda semplice.

Leo finì di mettere in ordine, e cominciò ad avviarsi sul balcone, fingendo disinteresse per la situazione, ma in realtà con orecchie dritte pronte ad assimilare anche la più piccola informazione.

-Jahlee, il dio delle pietre preziose, del sottosuolo e il più figo di tutti! Poi c’è Veer, il dio del fuoco e del metallo. Laasya, la dea della luce e della preveggenza. Kalea, la dea dell’acqua, della natura subacquea. Uff, vorrei un sacco andare a Katrang…- la principessa iniziò a rispondere con estrema sicurezza. Era una miniera d’oro di informazioni.

-…poi c’è Flora, la dea dei fiori e della terra, Omish, il dio della morte e della notte, e infine Noella, la dea del ghiaccio, della neve, e protettrice del nord- concluse la risposta nel momento in cui Leo arrivò sul balcone.

Riusciva ancora a sentire tutto, anche se con meno chiarezza. Una cosa era certa, sembrava il trono di spade.

C’era anche la protettrice del nord. 

Anche se, onestamente, con il dio della morte e la dea della preveggenza, Leo non capiva come Jahlee potesse essere considerato il più figo di tutti.

Senza offesa per la divinità in questione.

-Diciamo che i punti principali li hai afferrati. Qual è la gerarchia del tempio?- continuò Persian, con una domanda un po’ più difficile nella convinzione che Leo fosse ormai fuori orecchio.

Per sembrare ancora più distratto, Leo iniziò a fischiettare un po’ tra sé.

Ma ascoltò ogni parola.

-Allora… divinità, eventuali semidei, poi gli alti sacerdoti, i praticanti anziani e i novellini- 

-Ah, hai dimenticato un ruolo- le fece notare Persian.

-Giusto! Ma i santi non ci sono praticamente mai, non valgono. Comunque sarebbero tra le divinità e i semideii- rispose prontamente la principessa.

-Terza domanda… cos’è una benedizione divina?- Persian continuò l’interrogatorio.

-È una benedizione che una divinità può assegnare ad un essere umano in caso si distingua per qualche motivo. Ma non può darle a chicchessia. Ci sono regole-

-Esattamente. Che tipo di benedizioni, come si riconoscono e quali regole?- continuò Persian, dimenticandosi completamente che Leo fosse poco fuori dalla portata di vista ma non di udito.

E onestamente Leo non poteva farci molto con quelle informazioni. Avrebbe preferito sapere qualcosa di più sul mondo, non sulle divinità.

E dubitava fortemente che una qualsiasi divinità potesse volergli dare una benedizione, visto quanto fosse un disastro ambulante.

Oltre ad essere un outsider in quel mondo, non dimentichiamocelo.

-Sono tantissimi tipi! Ci sono benedizioni di protezione, benedizioni che conferiscono abilità particolari, le più lievi possono durare in eterno, quelle più importanti, che salvano la vita o conferiscono poteri magici, hanno una durata limitata o un numero massimo di usi, che di solito è il magico numero sette. La benedizione si può riconoscere su qualcuno solo quando è in uso, perché emette un’aura del colore della divinità. E… nel caso di un’abilità, i suoi occhi diventano del colore della divinità che ha dato la benedizione!- spiegò la principessa, con sicurezza.

-Vedo che siete davvero preparata. Okay, l’ultima domanda: come si può contattare una divinità?- Persian si arrese all’evidenza che la principessa avrebbe interrotto la lezione in anticipo, e fece una domanda piuttosto semplice.

-Si possono contattare solo al tempio, tramite gli alti sacerdoti o i semidei. Possono palesarsi corporalmente solo durante la luna piena, ma non lo fanno praticamente mai, e non possono agire direttamente negli affari degli umani, ma ci offrono la loro saggezza con decreti e suggerimenti, sporadicamente- rispose Opal, un po’ incerta.

-Questo capitolo richiede una revisione, ma fondamentalmente hai risposto bene. Puoi uscire in terrazza per l’ora del tè- Persian sospirò e chiuse rumorosamente il libro, prima di congedare la principessa.

Leo sentì la sedia spostarsi, e si affrettò a mettersi sull’attenti, pronto ad accoglierla.

Era tutto perfettamente preparato.

-Percy, vieni anche tu!- la principessa incoraggiò il tutor a seguirla, ma lui sembrava reticente.

-No, principessa, non voglio disturbarla, devo riorganizzare alcuni documenti- provò a dissuaderla, ma Opal otteneva sempre quello che voleva.

-Mi lasci da sola con il cuoco che potrebbe essere una spia?- chiese, innocentemente.

Leo sentì un lungo silenzio, poi Opal uscì sul balcone trascinando un riluttante ma ormai convinto Persian, che lanciò a Leo un’occhiataccia, giusto per fargli capire, nel caso non avesse già afferrato il concetto, che non si fidava di lui.

Leo aveva completamente afferrato il concetto, ma gli sorrise amichevolmente.

-Oh, avete finito? Com’è andata?- chiese, fingendo di non aver sentito niente, e spostando la sedia alla principessa per farla accomodare, come un vero gentiluomo.

Lei si sedette soddisfatta, e fece cenno a Persian di prendere posto davanti a lei.

Sospirando, il bibliotecario eseguì, e osservò i dolci elegantemente posizionati come se fossero piccole bombe pronte ad esplodere.

-Mettiamo da parte i convenevoli e iniziamo il pasto! È tutto troppo invitante!- la principessa sollevò una mano per prendere un biscotto, ma Persian la interruppe.

-Un momento, prima il cuoco dovrebbe assaggiare- incoraggiò Leo ad essere il primo a favorire.

Leo aveva assaggiato mentre cucinava, ma non disdegnava un bis.

-Certo! Principessa, decida lei cosa vuole farmi assaggiare- indicò i vari dolci, per dimostrare che chiaramente non aveva niente da temere.

Opal osservò attentamente, poi selezionò il biscotto più grande, il muffin più invitante, e il pezzo di torta più ricco di panna e fragole.

-I pezzi migliori per il miglior cuoco. Sperando che resti a lungo qui a corte!- la principessa gli porse i dolci con un sorriso brillante, come una gemma.

E il primissimo pensiero di Leo fu che era davvero gentile, amabile, e altruista.

Il suo secondo pensiero, forse più cinico ma anche più realista in quella situazione, fu che era anche estremamente furba.

Perché cedendo i pezzi migliori non solo se lo stava ingraziando (e aveva successo nel farlo), ma era anche più probabile che se Leo avesse avvelenato qualcosa, avrebbe avvelenato proprio i pezzi migliori, nella convinzione che la ragazza li avrebbe tenuti per sé.

…o forse si stava solo facendo delle paranoie, cosa molto probabile.

Leo comunque non aveva assolutamente nulla da temere, e li mangiò con attenzione e gusto, dopo aver ringraziato mille volte la principessa.

-Non ho mai visto questo tipo di tortino… sembra davvero morbido- commentò Persian, osservando i muffin, con curiosità.

-Assaggia pure! È un peccato non condividere cibo così buono! Mmmmm, questi biscotti sono deliziosi!- la principessa, appurato di non essere in pericolo, iniziò a mangiare con gusto, e a ogni boccone sembrava illuminarsi.

-Non lo so, è scortese mangiare lo stesso cibo vostro, principessa- provò ad obiettare Persian, parecchio a disagio.

Chissà perché in quel mondo erano tutti così fissati col non mangiare il cibo reale. Era cibo, ce n’era tanto, non è che fosse così particolare, o benedetto, o altro.

Anzi, condividere un pasto era un bel modo per godersi la compagnia reciproca, e parlare. E comunque Persian e Opal sembravano in buoni rapporti, e il primo non era un servo qualunque. Si notava dal modo in cui provava ad obiettare. Quindi perché fare tanto i conservatori?!

Mah, Leo avrebbe sempre e per sempre mangiato tutto quello che gli avrebbero offerto.

Il cibo gratis non si rifiuta mai!

-Sciocchezze! Te lo sto offrendo io! Anzi! Devo troppo chiamare anche Dary! Scommetto che adorerebbe questi biscotti! Aspettatemi qui, torno subito- prima che chiunque potesse obiettare (e Persian e Leo volevano entrambi obiettare parecchio), la principessa si alzò in piedi, e sollevando appena il lungo vestito viola, corse fuori dal balcone e poi via dalla biblioteca, per andare a chiamare il fratello.

-Principessa!- provò a richiamarla Persian, ma era già troppo tardi.

Sospirò, e si risedette, sconsolato.

Prese distrattamente un muffin.

E poi lo lasciò immediatamente andare ricordandosi che Leo era ancora lì, e lo stava osservando in mancanza di altro da fare.

I loro sguardi si incrociarono, Leo sorrise amichevole, e Persian arrossì di botto, e si alzò immediatamente, imbarazzato.

-Dovrei andare a sistemare alcune carte!- esclamò in tono acuto, provando a fuggire dalla situazione.

-La principessa però le ha chiesto di aspettare. Sarebbe scortese non farsi trovare qui una volta ritornata- gli fece notare Leo, che stava cercando un modo di introdurre l’argomento Lumai senza risultare sospetto, ora che finalmente erano soli.

-Uh… beh… sì, ma… uff…- senza molte obiezioni, Persian si risedette, ma fece di tutto per evitare lo sguardo di Leo, che alla fine, non reggendo il silenzio imbarazzante, ovviamente parlò a sproposito.

-Allora… anche lei di Lumai?- chiese, per fare conversazione e introducendo l’argomento nella maniera meno discreta del mondo.

Persian sobbalzò, e lo guardò insospettito.

-E tu come lo sai?- chiese, preoccupato.

Effettivamente non era mai stato detto esplicitamente.

Leo poteva dire di averlo scoperto dai saluti che si era scambiato col principe, e non ci sarebbe stato niente di male, ma doveva apparire innocuo, e innocuo, in quel mondo di complotti e sospetti tipo il trono di spade, significava stupido e per niente percettivo.

-Oh, beh, me lo ha detto Chevel- mentì, un po’ imbarazzato.

-Tsk, Chevel, dovevo immaginarlo… fa tanto il silenzioso ma quando si tratta di dire i fatti miei è in prima linea! Che altro ha detto di me?!- triggerato dalla menzione del cavaliere, Persian iniziò a parlare senza nessun filtro.

Leo si segnò mentalmente di passare sottobanco qualcosa da mangiare a Chevel per ringraziarlo dell’aiuto inconscio. La rivalità tra i due poteva davvero aiutarlo.

-Niente di che, non si preoccupi. Solo che è di Lumai, e che voleva fermarla stamattina. Oh, e che è il bibliotecario- spiegò Leo, questa volta dicendo la pura e semplice verità.

Beh, tranne che Persian era di Lumai, perché Chevel non l’aveva detto, ma dettagli.

-Lui è sempre protettivo verso il principe Daryan, che ne potevo sapere che c’era un estraneo sospetto in colloquio con lui. È normale che abbia ignorato i suoi tentativi di fermarmi, era una questione urgente!- Persian cercò di giustificarsi, irritato. Poi si rese conto di aver appena dato al suo interlocutore dell’estraneo sospetto, e arrossì.

-Senza offesa! Non che io la consideri sospetto, intendevo solo…- provò a giustificarsi, ma Leo scosse la testa.

-Oh, no, capisco di essere estraneo e sospetto, ma la verità è che voglio solo cucinare bei piatti, rendermi utile, e tirare su un po’ di soldi per la mia famiglia. Sa, sono del quartiere di Estovani, la siccità ha davvero reso dure le nostre vite- affermò, melodrammatico, in tono confidenziale.

Persian si portò una mano alla bocca, scioccato.

-Oh cieli! Mi dispiace tanto! La siccità di Estovani è stata un duro colpo per il regno. Non vi siete trasferiti più a ovest?- chiese, preoccupato.

-Ci abbiamo provato, ma i soldi erano pochi, e tutti provavano a trasferirsi, così abbiamo pensato che fosse più sicuro continuare a stare lì. Ma è stata dura. Per questo spero davvero di riuscire a stabilirmi qui, e magari portare qui il resto della mia famiglia, quando la situazione si sarà sistemata per il meglio- spiegò, speranzoso, come se stesse parlando a un vecchio amico.

Tutti voi probabilmente vi starete chiedendo come mai all’improvviso Leo sia così sicuro e ferrato sulla lore di Lumai, e per darvi una risposta soddisfacente credo sia opportuno fare un passo indietro.

Perché quando Leo si stava dirigendo sul balcone per preparare la tavola, non era stato affatto un errore andare a sbattere contro uno scaffale e far cadere tutti i libri.

Oh, no, affatto!

Ne aveva approfittato per prendere il volume più recente e interessante della storia di Lumai, e mentre Persian interrogava la principessa, Leo aveva approfittato di essere fuori dalla portata di vista per leggere un po’ e farsi una cultura. 

Aveva scoperto il nome dei quartieri, e della siccità, ed erano libri estremamente aggiornati, perché a quanto pareva molte delle informazioni venivano dalla dea della preveggenza in persona.

-Che Laasya lo renda possibile- gli augurò Persian, in tono di partecipazione.

-Lo spero. Purtroppo non ho ben afferrato le enunciazioni del tempio, e non saper leggere non aiuta- Leo sospirò, e si costruì un altro po’ di storia intorno.

Dopotutto un poveretto non avrebbe saputo leggere, realisticamente. E poteva farla franca per un sacco di cose dicendo fin da subito di non possedere questa abilità.

Cavolo, se un giorno le sue bugie fossero venute fuori, sarebbe rimasto davvero fregato, perché obiettivamente, visto da fuori, sembrava davvero una spia venuta da un regno ostile per avvelenare la famiglia reale o ottenere informazioni.

Ma ehi, si sopravvive come si riesce, e Leo non riesce, è inesperto! 

Non è OP come quasi tutti i protagonisti degli isekai.

Però è abile con la lingua… nel senso che è bravo a parlare.

-Beh, la siccità dovrebbe durare ancora alcuni anni, dovrebbe essere scritto il tempo preciso nella guida aggiornata di Lumai. Se aspetti un secondo lo vado a cercare- si propose Persian, che nella chiacchierata aveva abbandonato del tutto i modi ostili, e aveva iniziato a giocherellare con il muffin che ancora temeva di mangiare.

Leo cercò di non sembrare allarmato, dato che se Persian avesse cercato quel libro ci avrebbe messo poco a rendersi conto che era nascosto nel carrello del cibo, e avrebbe senz’altro fatto due più due dato che sembrava un po’ ingenuo ma intelligente.

Finse invece di essere onorato dall’interessamento, ma intanto cercò una scusa per impedirgli di cercare proprio in quel momento.

-Wow, sarebbe fantastico sentire le previsioni della dea…- ammise, piegando il capo in segno di rispetto -…ma non vorrei mai scomodarla per me. Perché non si gode prima l’ora del tè. Di muffin ne ho fatti parecchi- lo incoraggiò ad assaggiare il tortino che stava adocchiando fin da prima.

-Beh, suppongo che se la principessa ha insistito io possa permettermi…- ora che il loro rapporto era arrivato al livello successivo (o almeno sarebbe stato così se Leo fosse finito in un videogioco, ma è finito in un libro quindi resta una metafora), Persian sembrava meno restio ad assaggiare, e si convinse a dare il primo morso.

E i suoi occhi si illuminarono, come se avesse avuto una benedizione divina.

Che Leo avesse dei poteri magici?

Nah, era solo talento, modestamente.

-È di suo gradimento?- chiese, speranzoso ma già sotto sotto consapevole che la risposta sarebbe stata positiva, eh eh.

-È… ammirevole. Dove ha imparato a cucinare così? Ha un gusto estremamente raffinato. Non credo di aver mai mangiato niente di simile!- si complimentò Persian, guardando Leo con altri occhi.

Solo che aveva sollevato una domanda un po’ difficile.

Perché in effetti, se era un poveraccio che non sapeva leggere, come aveva imparato tutte quelle ricette elaborate?

-Beh…- Leo cominciò a rispondere con la solita storia dell’orfano che aveva imparato a cucinare per sfamare i sei fratelli, nella speranza che facendogli pena non avrebbe insistito su eventuali dettagli, ma venne tratto in salvo dal ritorno della principessa che trascinava un molto riluttante principe Daryan.

-Devi troppo assaggiare i biscotti! Sono i migliori del mondo!- stava dicendo la principessa.

Sia Leo che Persian si misero sull’attenti, allarmati dall’arrivo del principe per motivi molto simili.

E probabilmente lo sguardo colpevole era evidente nei loro occhi, perché l’uomo li guardò con sopracciglia inarcate.

-Cosa ci fate voi due insieme? Persian, ti avevo detto di…- non concluse la frase, ma il sottinteso era ovvio “Non dovevi interagire con il cuoco”.

Leo finse ignoranza, e guardò il principe confuso.

Persian divenne rosso come un peperone.

-Non ho detto nulla! Non ho rivelato alcuna informazione- si giustificò, in tono acuto.

-Confesso, vostra maestà, che sono stato io ad incominciare la conversazione. Sono venuto a conoscenza che il messere era un compaesano, e non mi sono trattenuto dal condividere sciocchi dettagli sulla mia vecchia vita. Mi scuso se mi era impedito- Leo tirò fuori il suo vocabolario più forbito.

Daryan non sembrava affatto convinto.

-Lasciamo stare. Hai assaggiato tutto prima di darlo a mia sorella?- chiese, cambiando argomento e osservando i vari dolci.

-Sì! Ho scelto personalmente cosa fargli assaggiare! Ora siediti e assaggia un biscotto! Forse potrebbero diventare il tuo cibo preferito!- lo incoraggiò Opal, sedendosi e cominciando a mangiare la torta, per lasciare più biscotti al fratello.

Daryan osservò le varie forme con poca convinzione, poi prese quella meno appetitosa, e la portò alla bocca.

Per qualche motivo, Leo era davvero ansioso di sapere la sua opinione, ma il principe non gli diede alcuna soddisfazione.

Per un attimo sembrò senza parole, quasi ammirato, ma durò pochi istanti, perché tornò presto impassibile, e alzò le spalle.

-Non mi sembra niente di speciale- alzò le spalle.

Leo strinse i denti, cercando di non obiettare, e accettando la critica.

-Sei un gran bugiardo, ma vabbè. Assaggia anche il resto!- lo incoraggiò sua sorella, non credendogli neanche un istante.

-Se permette, vostra maestà, questi tortini sono davvero deliziosi- gli consigliò Persian, che senza esitazioni aveva già preso un altro muffin, del secondo tipo.

Daryan alzò gli occhi al cielo, ma non commentò, e assaggiò.

Leo rimase in un angolo mentre i tre mangiavano tranquillamente, e compì egregiamente il suo ruolo di maggiordomo, cercando di essere il più invisibile e corretto possibile.

Ma non gli sfuggì che, a scapito delle sue parole, il principe aveva preso ben cinque biscotti, e aveva quasi sorriso, mangiando l’ultimo.

Mano a mano iniziava a fare breccia nelle mura del castello… e dei suoi abitanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci ho messo un po’ di più perché dovevo scrivere altre storie, ma eccolo qui!

E con questo capitolo si conclude l’introduzione. Infatti questo è stato un po’ uno spiegone, e il primo giorno di lavoro di Leo.

Dal prossimo iniziano le disavventure vere e proprie, anche se bisogna ancora assestare un po’ la situazione.

Diciamo che dopo il prossimo capitolo l’introduzione sarà completa al 100%, perché c’è ancora una cosa che voglio dire, e non potevo farlo in questo capitolo.

Ma spoiler a parte, spero che per ora il worldbuilding e i personaggi vi stiano piacendo. Devo ammettere che per i regni, e gli dei e i poteri ho preso una vecchia storia che stavo scrivendo e che forse un giorno scriverò davvero, quindi non li ho inventati in pochi giorni, ma ci lavoravo già da un po’. 

Però il resto della trama, e alcuni punti, tipo benedizioni e altro, sono solo per questa storia.

Tenete a mente le informazioni ;)

Grazie a chi legge la storia, spero ti piaccia e continuerà a piacerti :D

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 4
*** Dovrei essere felice di convivere con tre uomini possenti... non lo sono ***


Dovrei essere felice di convivere con tre uomini possenti… non lo sono

-Nomi dei tuoi fratelli ed età-

-Brian 16 anni, Corey 14 anni, Darren 12 anni, Joey e Jeff 10 anni, Robert 8 anni e Isabella 7- 

-Qual è la capitale di Lumai?-

-Brigthenton-

-Come hai imparato a cucinare?- 

-Dovevo sfamare la mia famiglia e ho talento-

-Mai letto qualche libro di cucina?-

-Non so leggere-

-Come si chiama il dio di Valkrest?-

-Veer, dio del fuoco-

-Qual è la principale merce di importazione di Lumai?-

-Uhhh, non lo so, suppongo libri? Visto che la Laasya si occupa di profezie?-

-No, e non ti dirò la risposta giusta-

-Okay, non è che mi interessi più di tanto, onestamente-

-In quali circostanze ti hanno preso come schiavo?-

-La mia famiglia era sommersa dai debiti, sono andato al mercato di Otter town per cercare di vendere del pane e… oggetti che ho trovato in giro, quando hanno cercato di prendere mio fratello Brian. Ho quindi preso il suo posto, in quanto più forte e per proteggerlo-

-Giusto, quanti anni hai?-

-22-

Il principe, che fino a quel momento aveva fatto una domanda dietro l’altra senza dargli il tempo di esitare o pensare, si zittì, e piegò la testa, confuso.

-Puoi ripetere?- chiese, non avendo afferrato il concetto.

Leo era abituato a gente che gli dava meno anni di quanti ne avesse, ma non significava che gli facesse tanto piacere, dato che più di una volta aveva dovuto mostrare la patente a buttafuori intransigenti e in un caso avevano addirittura chiamato la polizia perché convinti che avesse falsificato il documento.

-22 anni, vado per i 23 in realtà, tra qualche mese- ripetè, forte e chiaro.

-Oh… te ne avrei dati massimo diciassette- ammise il principe, sorpreso -O diciotto, dato che tua madre sembra che sfornasse un bambino ogni due anni- 

Cavolo, se n’era accorto.

Leo sapeva che era un azzardo, ma dubitava che sarebbe riuscito a ricordare tutte le età altrimenti.

Per i nomi era facile, dato che aveva utilizzato i nomi dei suoi attori preferiti del Team Starkid, e li aveva messi in ordine alfabetico.

Per sua sorella aveva usato il nome della sua vera sorella, quindi non c’erano problemi.

Ma con le età, Leo era pessimo.

-Oh, non ci avevo fatto caso- mentì, spudoratamente -Sarà che non sono bravo a fare calcoli- aggiunse poi, per dare maggiormente l’impressione di un povero illetterato senza alcuna conoscenza di base.

Il principe alzò gli occhi al cielo, non sembrava per niente convinto.

Prese però uno dei biscotti avanzati il giorno prima che Leo gli aveva portato per colazione sotto esplicita richiesta della principessa, e lo mangiò trattenendo a stento un’espressione sognante.

Era proprio vero che la via più veloce per il cuore di un uomo era il suo stomaco.

Anche se nel caso di Leo era più una strada verso la non decapitazione, ma gli andava bene lo stesso.

Dopotutto non era in quel mondo per rimorchiare.

…in realtà non era lì per nessun motivo preciso, solo per evitare di morire, praticamente.

Quindi era meglio evitare di morire, obiettivo trovato!

Riusciva quasi a vedere sul lato dello schermo la notifica dove il giocatore che sicuramente stava giocando con lui veniva informato dell’achievement.

“Congratulazioni, hai finito il tutorial, ora la missione principale è non morire!”

Dai, almeno era una quest semplice.

-Stamattina una squadra con le mie migliori guardie e buona parte dell’esercito dei Vasilev ha assalito una roccaforte di fortuna nella foresta, dove hanno trovato un traffico di schiavi illegale diretto alle miniere della zona nord-ovest. Quasi tutti gli schiavi liberati erano povera gente di Ombron o Lumai, e hanno rivelato che ci sono state alcune fughe lungo la strada, anche se quasi tutti quelli che hanno tentato sono stati uccisi- rivelò il principe, pensieroso.

Leo cercò di restare impassibile, ma dentro di sé stava esultando, ballando la samba, e ringraziando sia il proprio Dio che i sette dei di quel mondo perché aveva avuto una fortuna abissale con la storia di copertura.

Mamma mia! Davvero un deus ex machina!

-Quindi, dato che la tua storia regge, hai risposto bene a tutte le mie domande tranne quelle che obiettivamente non avevi modo di sapere, trovo che sia improbabile che se fossi coinvolto nel commercio di schiavi avresti denunciato la cosa, e mia sorella garantisce per te… per il momento sei libero di restare. Continuerai a cucinare per Opal, ti daremo lo stipendio di cuoco novellino, e ti trasferirò immediatamente di camera, in modo che tu stia con persone più appropriate- Daryan spiegò la situazione, e Leo si trattenne a stento dal tirare un sospiro di sollievo.

Aveva ufficialmente finito il tutorial, o il prologo.

-Non ti adagiare sugli allori, la prossima settimana i miei genitori torneranno a palazzo dopo la loro missione diplomatica a Ombron, e decideranno se tenerti qui o no- il principe lo mise in guardia, e Leo annuì.

In realtà era parecchio sorpreso. Si aspettava che il principe fosse orfano, per qualche motivo. Probabilmente essere cresciuto con i cartoni Disney gli aveva messo parecchi preconcetti.

-Capisco- 

Un momento, questo significava che aveva una nuova quest oltre a sopravvivere, ovvero stupire il re e la regina. Neanche un attimo di respiro, uffi.

-Oh, e ovviamente continuerai a fare anche l’assaggiatore, quindi ti pagheremo anche un extra. È tutto- il principe lo congedò con un cenno della mano, prendendo poi un altro biscotto.

Per poco Leo non fu in procinto di chiedere se fosse il caso di firmare un contratto, ma si trattenne appena in tempo, dato che teoricamente non sapeva leggere né scrivere.

Fingere l’ignoranza era più difficile di quanto pensasse.

Era assurdo quanto radicata in lui fosse la conoscenza della lettura e scrittura. Proprio abilità di uso super quotidiano. Impensabile vivere senza.

Ma era in universo fantasy medievaleggiante, quindi doveva abituarsi.

-Grazie mille, vostra maestà- Leo provò a fare un inchino, ma non era abituato, e rischiò di perdere l’equilibrio e cadere, recuperandosi per un soffio.

Il principe fece una smorfia strana, ma non perse lo sguardo di ghiaccio.

-Vedrò di chiedere a Persian di istruirti meglio sull’etichetta nei momenti di pausa- sospirò, scuotendo appena la testa.

-Con piacere, maestà, sarebbe un onore- Leo azzardò nuovamente un inchino, un po’ meno marcato, e indietreggiò fino alla porta per evitare di dargli le spalle.

Andò a sbattere contro un mobile e si lasciò sfuggire una parolaccia morsicata.

-Più che un onore è una faccenda parecchio urgente. Appena esci chiedi a Chevel di andarlo a chiamare- ordinò il principe a Leo, ormai finalmente alla porta, ritornando su alcuni documenti.

-Certamente- acconsentì il ragazzo, uscendo finalmente dalla stanza, tirando un profondo sospiro di sollievo, e ritrovandosi poi faccia a faccia con un minaccioso Chevel, che lo squadrò dalla testa ai piedi.

-Uffa, qualcosa mi dice che il principe Daryan crede alla tua storia- osservò, esternando molto chiaramente il suo fastidio per la faccenda.

Leo però sorrise, ignorando la delusione palese.

-Sì, perché è la verità- mentì -mi ha chiesto di dirti di chiamare Persian nel suo studio, appena puoi- 

Chevel non trattenne uno sbuffo seccato.

-Spero sia per licenziarlo, quel rumoroso sapientone irrispettoso- osservò, incrociando le braccia e precedendo Leo nel corridoio.

-Se vuoi posso andare a chiamarlo io. Tanto devo essere in cucina solo tra una mezzora per preparare il dolce per il pranzo- si offrì Leo, nella speranza di poter mettere a posto il libro che aveva “preso in prestito” il giorno prima per prepararsi all’interrogatorio su Lumai.

-Magari, sarebbe…-inizialmente Chevel sembrò sollevato, poi squadrò Leo con sospetto, dalla testa ai piedi -…a quale scopo vuoi approcciare Persian?- chiese, minaccioso.

Leo alzò le mani.

-A nessuno scopo! Volevo solo farti un favore perché è chiaro che non ti piace. Mamma mia! Quando capirete che non nascondo nessun piano malvagio?!- …solo tante, tantissime bugie.

Forse Leo avrebbe dovuto semplicemente dire tutta la verità e farsi ricoverare da qualche parte.

Avrebbe dovuto schivare molti meno problemi.

-Temo per te che non mi convincerai mai della tua buona fede. Puoi provarci con chiunque altro, ma non con me!- Chevel rimase duro e freddo, perfetta guardia del re.

-Okay… allora vado in cucina- Leo roteò gli occhi e lasciò perdere. Avrebbe rimesso il libro a posto in un secondo momento.

-Ma…!- Chevel si affrettò a seguirlo, ammorbidendo leggermente il tono -…se ci tieni tanto ad andare a chiamare Persian… chi sono io per negartelo- gli diede l’okay, dando prova che quel povero ragazzo gli stava più antipatico di Leo.

Wow, che gli aveva fatto?! Gli aveva spoilerato il libro preferito?

Ridacchiando per quanto improbabile fosse la sua ipotesi, Leo iniziò ad avviarsi tranquillo e sereno verso la libreria, e sbagliò strada un paio di volte perché ancora non riusciva ad orientarsi in quel palazzo gigantesco.

Avrebbe dovuto chiedere una mappa… poi si ricordò che non sapeva leggere, teoricamente, e si diede dell’idiota per non pensarci abbastanza.

Non sapeva leggere, non sapeva leggere, non sapeva leggere!

Doveva necessariamente farselo entrare in testa!

Alla fine, grazie alle indicazioni di Anna, riuscì a trovare la biblioteca, ed entrò senza neanche bussare, temendo di arrivare altrimenti in ritardo al suo primo turno di lavoro ufficiale nelle cucine.

-Buongiorno!- si annunciò, entusiasta, e venne accolto da uno sguardo terrorizzato da parte di Persian, che alzò le mani davanti a sé per proteggersi da un eventuale attacco.

-Si bussa prima di entrare da qualche parte! Che ci fai qui?- chiese il bibliotecario, dopo essersi reso conto di chi fosse lo sgradito ospite, se possibile ancora più preoccupato di prima.

-Mi scusi- Leo accennò un inchino.

In effetti, se vedeva la situazione da fuori, gli serviva davvero un insegnante di etichetta.

-Che ci fai qui?- ripeté Persian, cercando di darsi un contegno.

-Vengo per conto del principe, che la richiede nel suo studio. Spoiler alert, vuole che mi insegni l’etichetta- spiegò, senza pensare troppo alle parole.

…esisteva la parola spoiler in quel mondo? Forse era rischioso usarla.

Per sua fortuna Persian non sembrò badare molto al lessico, perché era troppo impegnato ad impallidire.

-Etichetta… a lei? È impossibile! …senza offesa!- Persian si mise le mani nei capelli, preoccupato.

-Ordini dall’alto. Comunque il principe le voleva parlare. Oh! E sono ufficialmente un cuoco, quindi se vuoi altri muffin non esitare a chiedere… sir- Leo voleva davvero tanto entrare nelle grazie di quel ragazzo. Non solo sembrava un tipo simpatico, ma dal rapporto che aveva con il principe era chiaro che fosse anche abbastanza importante, quindi averlo dalla sua parte avrebbe aiutato Leo a vivere un po’ più a lungo.

E poi, se doveva prendere una parte nella faida tra Chevel e Persian… era molto meglio il bibliotecario.

-Capisco, non è il caso di fare aspettare sua maestà- con l’aria di un condannato al patibolo, Persian si girò un secondo per prendere dei documenti, e, senza perderlo di vista neanche un secondo, Leo prese discretamente il libro che aveva rubato il giorno prima, lo posò a terra, e lo fece silenziosamente scivolare lungo il pavimento, fin sotto una poltrona poco distante.

Fece appena in tempo prima che Persian si girasse, e Leo gli sorrise, le mani dietro la schiena, pronto a scortarlo fuori.

-Hai altre cose da fare qui?- chiese Persian, confuso dal suo restare nella stanza.

Leo si guardò intorno, poi scosse la testa.

-No, ma… non dovrei scortarla fuori?- chiese, confuso.

-Vai in cucina- lo incoraggiò Persian, con un cenno della mano.

-Oki doki- Leo eseguì, e scappò via dalla biblioteca il più in fretta possibile.

Ora… dov’è che era la cucina?

 

-Signora Mildred, è proprio necessario?- era tutto il giorno che Leo, ad eccezione dei momenti in cui doveva preparare i dolci per la principessa, veniva relegato nell’angolino della cucina come un bambino in castigo, senza poter guardare l’operato delle altre cuoche.

-Girati! Non mi fido di te, e almeno così ti tengo d’occhio ed evito che metti cose strane nei piatti del principe e della principessa- lo rimproverò Mildred, burbera, colpendolo con il mestolo sulla testa per evitare che osservasse le cuoche al lavoro.

-Ho solo suggerito di mettere un po’ di curry nel pollo! Non è un veleno! E poi le spezie sono fantastiche se ben dosate- si lamentò Leo, che si annoiava facilmente, e avrebbe tanto voluto dare una mano anche per le ricette salate.

-Credi di venire qui da un giorno all’altro e dare lezioni a noi che cuciniamo per la famiglia reale da tutta la vita?!- si indignò Mildred, irritata.

-No! Anzi, mi piacerebbe imparare. Il consommé del pranzo di oggi era il più buono che io avessi mai mangiato!- Leo provò un approccio diverso, e non menzognero, perché effettivamente il cibo era buonissimo.

Quelle cuoche ci sapevano fare, il loro unico problema era che mancavano di sperimentazione. Probabilmente in un mondo dove i tempi di lavoro erano lunghi, internet non esisteva, e le ricette si tramandavano da generazioni così com’erano, non c’era molto spazio per l’arte.

-Oh, grazie Leo! L’ho cucinato io!- si esaltò Mary, molto felice del complimento.

-Wow, grande, Mary! Mi è piaciuto un sacco!- Leo continuò a complimentarsi, e si girò per dirle le cose in faccia, ma venne di nuovo colpito dal mestolo.

-Non distrarre le mie cuoche! Manca poco alla cena- lo riprese Mildred.

Leo rimase qualche minuto in silenzio, cercando di non annoiarsi.

Poi Jane si avvicinò a lui per cucinare qualcosa.

-Che ne hai pensato del pane?- chiese, sottovoce, cercando di non farsi beccare da Mildred.

-Forse un po’ duro, ma il sapore era molto buono- rispose Leo, sinceramente.

-Oh…- Jane sembrava un po’ delusa -Consigli per renderlo più morbido?- chiese poi, sempre a bassa voce.

-Beh, la lievitazione…-

-Non distrarre le cuoche!- Mildred interruppe la conversazione, e Jane si allontanò, imbarazzata dall’essere stata colta in flagrante.

Qualche minuto dopo, Anna raggiunse la postazione più vicina, pur mantenendosi lontana abbastanza da non destare sospetti.

Leo notò con la coda dell’occhio che stava cucinando una bistecca molto succulenta, che però sembrava essere un po’ secca.

-Leo… hai un trucco per ammorbidire la carne a metà cottura?- chiese, molto preoccupata per come stava uscendo il prodotto.

-Il sale lo hai già aggiunto?- indagò il ragazzo, discretamente.

-Sì- 

-Allora prova con un cucchiaino di bicarbonato. È un trucchetto che funziona sempre- suggerì lui il più piano ma chiaro possibile.

-Oh, giusto!- Anna si esaltò, e Mildred la sgridò per essere troppo vicina a Leo, che venne nuovamente lasciato solo.

-Non c’è un qualche biscotto da preparare?- chiese, desideroso di fare qualcosa, qualsiasi cosa!

-No, alla principessa è vietato assumere zuccheri la sera. Ha difficoltà a dormire la notte- Mildred scosse la testa. A Leo dispiacque sentirlo. Anche sua sorella aveva difficoltà a dormire la notte da quando aveva iniziato il liceo. Troppi compiti e troppa ansia.

Di solito il metodo migliore era una bella camomilla alla melatonina, ma Leo non sapeva se lì c’erano cose del genere. 

Pensò a cosa aiutava per l’insonnia… il latte, sicuramente, poi la frutta secca… ohhhh!

-Mildred…- chiamò la responsabile in tono civettuolo. Tono che la donna aveva già imparato ad associare a guai.

-Stai fermo, zitto e non continuare il tuo pensiero!- gli impose, minacciosa.

Leo le sorrise raggiante, senza ascoltarla.

-Conosco tantissime ricette di dolci senza zuccheri!- rivelò, con sguardo innocente.

Infatti sua nonna era diabetica, quindi Leo aveva imparato un sacco di ricette senza zuccheri in modo da non nuocerle. Ricette anche parecchio gustose.

Era servito a riconquistare il suo favore dopo quella volta in cui si era rifiutato di prendere il tris di polpettone, che comunque ancora gli rinfacciava.

Mildred non replicò subito, e sembrò effettivamente valutare ciò che Leo aveva appena detto.

-Non ti concederò di fare nulla, ma se ti dessi la possibilità, cosa faresti?- chiese, con voce leggermente meno burbera.

-Allora, il latte è ottimo per conciliare il sonno, così come la frutta secca. Ero combattuto tra dei biscotti leggeri di avena da mettere in una crema di latte senza zucchero, e una panna cotta con crema di nocciole o con la menta che è un digestivo naturale. Dato che è un po’ tardi per fare i biscotti propendevo più per la panna cotta- spiegò Leo, pensieroso.

Mildred non gli rispose per parecchio tempo.

Dopo qualche minuto, Leo si girò, e notò che non era più nella stanza.

Scivolò lentamente verso l’amica più vicina, ovvero Mary, intenta a lavorare sulle salse.

-Dov’è Mildy?- chiese sottovoce.

-Penso sia andata a chiedere al principe se va bene aggiungere il tuo dessert alla cena. Leo, mi dici se va bene di sale?- Mary approfittò del ragazzo per fargli provare una punta di salsa.

Leo la assaporò parecchio, poi annuì.

-Più che il sale, io aggiungerei un pizzico di pepe- le suggerì. Mary si affrettò a correggere.

In quel momento la porta si aprì, e Leo si affrettò a ritornare nel suo angolo angusto.

-Puoi fare la panna cotta. Fanne due, una per la principessa e una per il principe. Ovviamente le assaggerai entrambe, e non ti è concesso avvicinarti allo zucchero- Mildred lo raggiunse e gli diede l’okay per cucinare.

Finalmente poteva alzarsi!

E iniziava a far breccia anche nel cuore burbero della cuoca più terrificante del castello.

Per essere il suo terzo giorno lì, le cose non stavano andando poi così male, dai.

 

-Non hai messo zucchero qui?- chiese il principe, molto sospettoso, dopo aver assaggiato il primo boccone di panna cotta.

La principessa aveva già finito il proprio piatto e adocchiava con occhi adoranti quello del fratello.

-No, ho usato dolcificanti naturali e per niente eccitanti in modo da risaltare il sapore del piatto- spiegò Leo, molto soddisfatto di sé.

-Come mai sai cucinare senza zuccheri? Sembra che tu abbia avuto un insegnante di qualche tipo- il principe non sembrava convinto, e diede il secondo morso fissando Leo con sospetto.

-Beh, Corey ha problemi con lo zucchero. Ogni volta che lo assume sta male, quindi ho imparato a cucinare cibo a parte solo per lui, e mi sembrava ingiusto privarlo del dessert- Leo sorrise, e mentì, sostituendo il suo finto fratello Corey a sua nonna. Non era difficile da ricordare, dato che sua nonna si chiamava Clara.

-Capisco…- il principe sospirò, prese il terzo boccone, e poi scansò la panna cotta, verso la sorella, che la prese immediatamente e la finì prima che Leo si rendesse conto del passaggio di testimone.

-Se domani scopro che mia sorella non ha dormito bene ci saranno delle conseguenze- lo minacciò, prima di alzarsi elegantemente e fare un cenno ale guardie.

-Sono pronto ad assumermele- Leo si inchinò, sempre molto male, e tornò in cucina, dopo aver lanciato un discreto saluto verso la principessa, che gli mandò un bacio e mimò un -Amo la tua cucina!- che non sfuggì agli occhi del principe, ma che quest’ultimo decise per fortuna di ignorare.

Una volta in cucina, c’era Chevel ad aspettarlo, e non gli diede il tempo neanche di pensare di mettere in ordine.

-Ehi, che succede?- chiese, mentre veniva preso per la collottola e trascinato via.

-Il principe Daryan mi ha incaricato di accompagnarti al tuo nuovo dormitorio. Starai in stanza con tre delle mie guardie più promettenti. Ti terranno d’occhio al posto mio d’ora in poi- spiegò Chevel, e sembrava davvero felice di liberarsi finalmente del suo ruolo di babysitter.

Mai quanto Leo, che improvvisò un ballo della vittoria approfittando che Chevel lo precedeva.

Venne beccato nel mezzo di un saltino, e Chevel gli lanciò un’occhiataccia. 

Non poteva lamentarsi di essere odiato, non aveva dato a Leo nessun motivo per apprezzarlo.

…e probabilmente Leo non aveva dato a lui alcun motivo di fidarsi, ma dettagli. Leo era il protagonista, quindi aveva sempre ragione!

Gli appartamenti delle guardie erano vicini alle uscite principali del castello, in modo che fossero sempre in prima linea pronti a proteggerlo da eventuali attacchi. E questo significava anche che era la zona più fredda, in quanto piena di spifferi e correnti.

Va bene, Leo poteva sopravvivere. Peggio del campeggio non poteva essere, giusto?

Leo odiava il campeggio.

Chevel lo precedette dentro una stanzetta troppo piccola per quattro persone, e lo annunciò ai suoi nuovi compagni di stanza, tre uomini non troppo lontani dalla sua età, possenti e sicuramente molto attraenti. Yee! Leo aveva fatto jackpot.

-Sull’attenti!- il capitano delle guardie chiese ai tre sottoposti di mettersi in posizione, poi trascinò Leonardo dentro la stanza e chiuse la porta.

-Salve! Io sono Leonardo- si presentò lui, cercando di apparire amichevole.

-Quest’uomo è il cuoco e assaggiatore scelto personalmente dal principe. Condividerà la stanza con voi ed esigo che lo teniate d’occhio ad ogni ora del giorno e della notte, dandovi dei turni per seguirlo ovunque vada. È sospetto, e potenzialmente pericoloso. Non interferite con il suo lavoro a meno che non sia sospetto e riferite a me o al principe. Sono stato chiaro?- Chevel spiegò la situazione, apparendo molto più minaccioso di quanto già non fosse di per sé.

Possibile che fino a quel momento a Leo aveva mostrato una facciata gentile? Perché era davvero spaventoso nelle vesti di capitano. Leo non avrebbe mai voluto essere sotto le sue direttive.

-Signorsì capitano!- risposero i tre uomini, decisi e all’unisono.

Cavolo… era un ambiente davvero serio.

Beh, considerando la minaccia di Valkrest era più che comprensibile che ci fosse molta cura nella scelta dei cavalieri.

Fortuna che Leo era un cuoco.

-Bene, presentatevi e dategli una veste notturna. Alex, più tardi vieni a riferirmi ciò che ti ho chiesto prima- Chevel si rivolse ad una delle guardie in particolare, un uomo dalla pelle scura, capelli molto corti, e tratti più delicati rispetto agli altri.

Sgranò leggermente gli occhi alla richiesta, ma fece un inchino con il capo per confermare la sua partecipazione.

Leo iniziava a preoccuparsi.

-Per tutti gli altri luci spente tra dieci minuti!- ordinò infine Chevel, prima di uscire dalla stanza, e chiudersi la porta alle spalle.

Ci furono alcuni secondi di silenzio in cui si squadrarono a vicenda, poi Leo accennò un sorriso.

-Salve, spero che potremo andare d’accordo!- li salutò, cercando di apparire sicuro di sé.

-Ne dubito fortemente, ragazzino. Io sono Lionel Vinterberg, e che un plebeo come te, un uomo che decide di mettersi a cucinare come una cameriera qualunque, abbia un nome simile al mio, è un affronto!- esclamò uno dei tre, un biondino con la puzza sotto al naso che somigliava spaventosamente al principe Azzurro di Shrek… o a Jaime Lannister… che erano praticamente la stessa persona, non prendiamoci in giro. 

-Beh, è Leonardo, non Lionel… condividiamo solo la…- Leo si interruppe appena in tempo, prima di rivelare grandi conoscenze di alfabeto, e cercò di fingere ignoranza -…qualche lettera, credo? Una, o due? Il suono è molto, molto diverso- provò a tirarsi fuori dall’ostilità, ma come risposta si ritrovò solo una spada puntata al collo.

-Stai in silenzio e non provare ad uscire da questa ostilità con parole prive di significato. Condividiamo tutte le lettere che stanno nel mio nome di sette lettere! Che affronto!- si lamentò, irritato.

In realtà, a dirla tutta, condividevano cinque lettere, perché la L si ripeteva solo in Lionel e non in Leonardo, e la i mancava in Leonardo. Inoltre il nome Lionel era composto da sei lettere e non sette, ma dettagli. Meglio non farglielo notare.

-Davvero? Non lo sapevo. Non so leggere, o scrivere, o contare…- rimarcò il proprio alibi -Ma so che il principe non gradirebbe molto che io venga ucciso, dato che i miei dolci sono i preferiti della principessa- cercò poi di togliere la spada del principe azzurro dal suo collo.

-Ha ragione, Lionel. Non vogliamo finire nei guai- lo riprese Alex, e Leo fu quasi in procinto di ringraziarlo, poi vide che lo fissava come se fosse un brutto scarafaggio, quindi decise di essere solo indifferente nei suoi confronti.

Si rivolse all’ultimo tipo, che non si era ancora presentato e osservava la situazione con un certo divertimento.

-E lei chi è?- chiese. Era un ragazzo che sembrava più giovane degli altri due, di etnia asiatica, e capelli neri sparati da tutte le parti.

-Prankit. Siamo sicuri che tu sia un uomo? Cioè, sei bassissimo, e cucini. Che razza di uomo cucina?- chiese, squadrandolo con malevolo divertimento.

Leo non aveva molto da dimostrare, ma ci mancava solo che iniziassero a girare rumors che era una donna sotto copertura. Sapeva che non lo avrebbe aiutato a sopravvivere.

Meglio mettere le cose in chiaro.

-Perché dovrei fingermi uomo e mettermi a cucinare? Non ha alcun senso- provò ad usare la Logica™, ma evidentemente in quel mondo la logica non funzionava molto bene, visto che tutti dubitavano di lui senza la minima motivazione.

-Per attirare l’attenzione, ovviamente!- Lionel lo guardò storto.

Leo iniziava già a sentire la mancanza delle sue tre amiche e vecchie coinquiline.

-A questo punto inizio a pentirmi di non essermi finto una donna, ma se devo dimostrare a tutti i costi il mio sesso eccovi serviti!- ormai irritato, e senza avere nulla da nascondere, Leo si tolse la camicia, e rimase a petto nudo.

-Ti basta come prova?- chiese, indifferente, facendo qualche gesto sensuale per mostrare la sua assoluta mascolinità.

-Sei la persona con meno addominali che ho mai visto in vita mia!- lo prese in giro Prankit, indicando la sua pancia piatta.

-Sì vabbè ma non vi va bene niente!- borbottò Leo tra sé, sbuffando sonoramente.

-Tieni, un pigiama- Alex, il suo preferito finora che comunque non era granché, gli lanciò contro un pigiama che lo colpì in piena faccia, e si sedette sul proprio letto, prendendo la spada e iniziando ad affilarla.

Leo si cambiò, e cercò il proprio.

Alla fine notò che uno era privo di coperte e cuscino… e materasso.

-Scommetto che questo è il mio, eh?- chiese, indicandolo.

-Ovvio, pensi che uno di noi potrebbe privarsi del materasso?- chiese Lionel, parlandogli come se fosse un idiota.

-No, infatti, i cavalieri devono dormire bene… solo che io devo stare in piedi tutto il giorno a cucinare, domani, quindi mi chiedevo se fosse possibile darne uno anche a me?- provò a suggerire, con il massimo garbo possibile.

-No, io ho bisogno di due materassi. Guadagnatelo!- Lionel andò sul suo letto, più alto di quello degli altri, e si sdraiò con fare melodrammatico.

-Almeno il cuscino?- provò a chiedere Leo, verso Prankit, che ne aveva palesemente due.

-Ho problemi al collo, guadagnatelo- si mise a sua volta sul letto, ridacchiando e mettendosi comodo.

-Le coperte?- capendo ormai l’andazzo, Leo si girò verso Alex, che effettivamente aveva il doppio delle coperte.

Per un attimo sembrò in procinto di prenderle e dargliele, poi incrociò lo sguardo di Prankit e Lionel, che lo guardarono con grande aspettativa.

Così sospirò, e alzò le spalle.

-Fa freddo di notte- tenne le coperte per sé, senza guardare Leo negli occhi.

Bene, bulletti e peer pressure. Leo era stato bullizzato parecchio, al liceo, e iniziava davvero a stancarsi di queste situazioni. Soprattutto perché non aveva ancora trovato un buon modo di affrontarle, dato che affrontare i bulli di petto gli aveva sempre provocato qualche contusione, e ignorarli non li aveva fatti smettere.

Di solito era buona norma denunciare il loro comportamento a chi aveva più potere, ma Leo dubitava che chiunque avrebbe preso le sue parti, in quel frangente.

Alla fine optò per l’opzione che, almeno per il momento, l’avrebbe fatto sopravvivere più a lungo.

-Ottimo, godetevi il mio letto- ovvero ignorare i bulli e fingere che non gli desse fastidio.

Solo che lì faceva effettivamente freddo, e Leo era stanco perché aveva passato le ultime due notti praticamente in bianco, la prima per l’ansia, la seconda a studiare Lumai di nascosto.

Quindi prese la sua divisa e si avviò alla porta.

Prima che potesse uscire, però, Alex gli si parò davanti, con la spada sguainata.

-Dove pensi di andare?- chiese, minaccioso.

-Torno nella mia vecchia camera con le mie vecchie amiche, così voi avete il mio letto, e io ho un letto a  mia volta. Vinciamo tutti!- spiegò, sorridendo in modo amaro.

-Tu non ti muovi da qui!- Alex lo spinse lontano dalla porta, e rischiò quasi di farlo cadere a terra.

-Va bene, va bene, ho capito. Ma sentite le mie parole. Nessuno di voi assaggerà mai la mia cucina! Ve lo garantisco- li minacciò, facendo il muso, e avviandosi verso il proprio letto… se così lo si poteva definire. Diciamo il proprio sostegno di legno.

Dai, peggio del campeggio non poteva essere, lì dormiva per terra.

E il giorno successivo aveva tutta l’idea di lamentarsi con la principessa in maniera discreta per farsi dare almeno un materasso e una coperta.

Almeno la sua alleata principale era potente.

-Tsk, sai che perdita. Scommetto che il cibo preparato da un uomo è la cosa più disgustosa dell’universo- Lionel non sembrò per niente turbato dalla minaccia.

-Già, per me non durerai una settimana, soprattutto ora che la regina sta per tornare- gli diede man forte Prankit.

Leo era quasi tentato di sperare di andarsene il prima possibile. Poteva fare una visita al tempio e farsi ospitare lì, chissà. Meglio di cavalieri bulli e principi impassibili erano sicuramente.

-Basta parlare, luci spente!- Alex interruppe la conversazione, rinfoderò la spada, e uscì dalla stanza, per fare rapporto a Chevel.

Leo cercò di ignorare i pessimi compagni di stanza, e cercò di dormire.

Gli serviva da lezione per essere stato felice all’idea di vivere con tre ragazzi possenti e probabilmente attraenti.

Cercò di concentrarsi sui lati positivi di quella esperienza.

Intanto la principessa era felice della sua cucina. Stava facendo amicizia con le cuoche, e il principe credeva alla sua storia.

Un inizio decente, dai…

 

Il principe non credeva ad una sola parola uscita dalle labbra di quel forestiero misterioso e sospetto.

Ma non aveva modo di dimostrare che stesse mentendo, perché effettivamente la sua storia aveva senso.

Quindi era molto irritato, e sfogliava velocemente una pila di libri che sperava potessero dargli qualche risposta.

Un bussare alla porta interruppe l’importante studio.

-Entrate- disse distrattamente, chiudendo i libri e impilandoli da un lato.

Chevel e Persian, i suoi due consiglieri più fidati, fecero il loro ingresso nella stanza, un po’ incerti.

-Allora, avete scoperto qualcosa?- chiese il principe, pieno di aspettative.

-Io non mi fido!- esordì immediatamente Chevel. Non aveva nascosto il suo astio nei confronti del cuoco, quindi Daryan non fu stupito dalla sua veemenza.

-Neanche io, ma hai qualche motivo per dubitare della sua storia?- chiese, premendo per ulteriori informazioni.

-Io ho fatto ricerche molto approfondite, e non sembra esserci niente di strano in ciò che ha detto. Effettivamente può essere un po’ sospetto, ma le informazioni combaciano- obiettò Persian, mordendosi il labbro un po’ incerto, e guadagnandosi un’occhiata irritata del cavaliere.

Erano come un diavoletto e un angelo sulla sua spalla, sempre uno contro l’altro.

-Va bene, rispondete alle mie domande… è un uomo, siamo sicuri di questo?- chiese, principalmente rivolto a Chevel, che annuì.

-Confermato da Alex pochi minuti fa- 

Daryan cancellò un appunto che si era segnato, e tolse due libri dalla pila.

-Ha dato segno di conoscere fatti e informazioni che non avrebbe potuto sapere se fosse un semplice cittadino di Lumai?- chiese nuovamente, rivolto ad entrambi.

-Non mi è sembrato. Anzi, è parecchio ignorante, se devo dire la mia. Forse troppo- osservò Chevel, sbuffando.

-Non mi è sembrato proprio, anzi, ha un lessico molto scarno, e modi alquanto popolani- per la prima volta, Persian concordava con Chevel.

Daryan cancellò un’altra informazione, e tolse parecchi libri dalla pila.

-Va bene, allora… ha dato segno di sapere qualcosa di più, tipo possibili fatti futuri? Magari con qualche espressione del viso, o uno scivolone…- prima ancora che Daryan potesse finire la domanda, i due consiglieri risposero all’unisono: 

-No, assolutamente no- scuotendo la testa.

Daryan sbuffò, e riguardò i suoi appunti.

-Qualche luce divina?- chiese, iniziando a perdere le speranze.

-No- risposero nuovamente insieme i due uomini.

Daryan rimase in silenzio qualche secondo.

-Odia qualcuno? Da segno di odiare qualcuno della corte?- 

-Sì, credo mi odi. È molto sgradevole- Chevel si affrettò a rispondere, ma non era la risposta che Daryan cercava.

-Chiunque ti conosca ti odia- osservò Persian, molto tra sé.

-Che intendi dire con questo?!- si indignò Chevel, stringendo i pugni.

-Non siete qui per litigare… intendo un odio celato, che si nota appena- si spiegò meglio.

-Ah, allora no. Sembra davvero adorare la principessa, come tutti, e ha già stretto amicizia con alcune cuoche- spiegò Persian.

-Per quanto lo odi, non sembra uno capace di nascondere le sue emozioni- ammise Chevel.

Daryan appallottolò il foglio di carta con gli appunti e lo lanciò con grande precisione nel cestino.

Poi sbuffò, seccato, e si alzò, per guardare fuori dalla finestra e cercare di schiarirsi le idee.

Più ci pensava, più la sua teoria iniziale sembrava rivelarsi poco plausibile.

Osservò i titoli dei libri che aveva letto per prepararsi a quell’interrogatorio: 

“Aiuto, sono finito in un universo parallelo e non so come uscirne”

“Il dio di un altro mondo ha una cotta per me”

“Una donna in mezzo alle guardie reali”

“Sono tornato indietro nel tempo per vendicarmi di mia zia Carlina”

“Questa volta saranno loro ad inchinarsi”

“La mia ragazza non è di questo mondo… letteralmente”

E altri libri di simile calibro.

Probabilmente era stato un pensiero stupido sperare che lo straniero dagli abiti bizzarri comparso a caso e finito in una trappola super visibile fosse un ragazzo isekaizzato proveniente da un altro mondo.

…ma cavolo se Daryan ci aveva sperato!

Solo che non poteva mica dirlo in giro o renderlo palese. Poteva sempre essere una spia a conoscenza dei suoi interessi letterari.

E poi la prima regola degli isekai era che il tipo isekaizzato difficilmente avrebbe ammesso di essere di un altro mondo.

Uff, che situazione difficile.

Daryan non sapeva più cosa pensare, ora che la sua teoria più gettonata era quasi del tutto smontata.

Dopotutto Leo aveva risposto troppo bene alle sue domande per essere di un altro mondo. Sapeva delle divinità, dei distretti. Forse aveva letto tutto in un libro, ma quale libro narrativo era così…

-Persian, per caso manca qualche libro in biblioteca?- chiese, colto da un dubbio improvviso.

-No. Cioè, stamattina mi sembrava mancasse un libro su Lumai, ma l’ho trovato un minuto dopo sotto una poltrona- ammise Persian.

Beh, il cuoco non aveva avuto accesso alla biblioteca, quella mattina, sicuramente non aveva letto niente preso da lì.

Sempre se sapesse effettivamente leggere.

Più la teoria dell’isekai diventava lontana, più Daryan iniziava a sospettare che fosse davvero una spia nemica. Anche se non aveva senso mandare una spia così palese.

-Va bene, grazie delle informazioni. Ora me la vedo io- congedò i consiglieri con un gesto della mano, e tornò pensieroso.

-Lo caccerai via?- chiese Chevel, molto speranzoso.

-No, sei matto? Se lo cacciassi adesso Opal mi odierebbe a vita! Aspetto che tornino i miei genitori e spero che saranno loro a cacciarlo. Per il momento teniamolo d’occhio. Oh, e conoscete un modo per assicurarsi che una persona non sia immune ai veleni senza avvelenarlo a morte?- chiese infine, colto da un’illuminazione.

-Uhm…- Persian non sapeva come rispondere.

-Io ho l’idea perfetta!- a Chevel però si illuminarono gli occhi di malevolo intento.

-Bene, allora ti do campo libero. Ma cerca di controllare la cosa entro domattina- ordinò alla sua più fedele guardia.

-Con piacere, maestà- Chevel si inchinò, e si avviò fuori dalla stanza molto entusiasta del compito.

-Vostra maestà, con il massimo rispetto, ma quel ragazzo non mi sembra una persona cattiva- osservò Persian, a bassa voce.

Daryan ripensò a quei brillanti occhi azzurri e al suo sorriso sincero mentre parlava con la principessa, come un fratello maggiore.

Ripensò alle sue gaffe e al suo entusiasmo all’idea di cucinare. All’aspettativa nel suo sguardo ogni volta che qualcuno assaggiava un suo piatto. Non come un criminale che sperava che la sua vittima morisse, ma come un giovane ragazzo in cerca di un minimo di apprezzamento. Era così… adorabile.

-Lo so, neanche a me- ammise, in un sussurro.

Ma doveva fare il meglio per il palazzo e per il suo popolo.

Quindi doveva restare il più lontano possibile dall’affascinante straniero che ancora, in cuor suo, sperava venisse da un altro mondo.

Sarebbe stato così figo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Io amo giocare con i cliché, okay?!

Di solito negli isekai nessuno si chiede neanche per un secondo se il protagonista isekaizzato viene da un altro universo. Ci sono alcune eccezioni, ma solitamente in quelli che ho letto non ci pensa mai nessuno.

Quindi mi sono sbizzarrita a creare un principe che ci spera ma ha paura di sparare stupidate. E Leo lo manda fuori strada dalla realtà e niente, mi sono divertita troppo con il punto di vista del principe.

Se ne vedranno delle belle.

Questo capitolo mi convince di più dei precedenti, ed è anche più lungo. Forse perché si inizia a vivere la vita a palazzo. 

Il prossimo capitolo arriveranno il re e la regina. Chissà se accetteranno Leo o no.

E chissà qual è il piano di Chevel per controllare che Leo non sia immune ai veleni.

Vi assicuro, comunque, che il periodo sospetto massimo è già finito.

Da qui in poi è solo la classica commedia slice of life dove, uno dopo l’altro, tutti si innamorano di Leo.

Perché sì, in questa fanfiction gli uomini sono gay o bisessuali, e le donne etero o bisessuali. Perché tutti devono avere l’occasione di innamorarsi di Leo ^^’

Non prendete questa storia troppo sul serio.

Ma spero che vi diverta, almeno.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 5
*** A cena con i suoceri... cioè, nel caso il principe sia il main lead ***


A cena con i suoceri… cioè, nel caso il principe sia il main lead

Leo non vedeva l’ora di mettersi a cucinare anche altro oltre che i dolci, ma sapeva di non poter essere troppo precipitoso con le sue ambizioni.

E dopotutto doveva ammettere che le cuoche del castello sapevano il fatto loro, erano davvero professionali in ciò che facevano, da ciò che aveva potuto osservare in quei primi giorni di lavoro.

Solo che quella volta Anna aveva toppato di brutto.

Non lo stava dicendo con cattiveria, affatto. Anna era la cuoca più simpatica con la quale aveva stretto più amicizia, ma aveva davvero davvero toppato di brutto.

-Principe Daryan, non le conviene mangiare questo piatto, affatto!- consigliò al principe dopo aver assaggiato la colazione.

Quest’ultimo, che stava lavorando su dei documenti, sollevò la testa sul cuoco, e lo guardò confuso.

-Per quale motivo?- chiese, sospettoso, osservando il piatto con una leggera nota di preoccupazione.

-Non credo sia avvelenato… spero… spero tanto che non sia avvelenato! In ogni caso ha un sapore terribile- Leo iniziò a temere che l’avvelenamento della storia fosse avvenuto con anticipo, e guardò il piatto preoccupato.

Ma no! Era stata Anna a prepararlo, e gli unici che si erano avvicinati erano stati lei, Leo, Mildred e un secondo Chevel che aveva chiesto quale fosse il piatto del principe e poi se n’era andato immediatamente dopo averlo controllato con un sogghigno sotto i baffi… un momento.

Oh no! Che Chevel fosse un traditore?! E aveva inavvertitamente avvelenato Leo?! O magari aveva avvelenato il piatto proprio per avvelenare Leo!?! 

Il ragazzo iniziò a farsi numerose pippe mentali, e annusò il piatto alla ricerca di qualcosa che non sapeva neanche lui che sapore o odore potesse avere (che odore ha un veleno? Soprattutto un veleno di un’altra dimensione?!).

Il principe, con tutta la calma del mondo, prese il piatto, assaggiò leggermente la salsa con la punta della lingua, e sospirò, scuotendo la testa.

-Che modo terribile…- borbottò tra sé, seccato e… quasi divertito?

La sua faccia era troppo una maschera di ferro perché Leo riuscisse a comprendere appieno le sue emozioni.

Però se il pasto fosse stato avvelenato non sarebbe stato così tranquillo, giusto?

-Riporta questo piatto in cucina e non farlo mangiare a nessuno- il principe gli porse il piatto ancora quasi del tutto pieno, e Leo lo prese con mani tremanti.

-Non è avvelenato, vero?- chiese, preoccupato -Se lo è giuro che non sono stato io! Non l’ho neanche toccato se non per assaggiarlo! E poi non mi sarei mai avvelenato! Non è avvelenato, vero?- indagò, cercando di essere formale ma fallendo completamente a causa del panico crescente.

Il principe fece una strana smorfia.

-No, non è avvelenato. Ma temo che la carne sia leggermente avariata, e non ho intenzione di mangiarla. Inoltre… a causa di questo incidente ti concedo la giornata libera- lo informò, indicandogli la porta per congedarlo.

-Posso cucinare- Leo provò a mostrare la sua disponibilità. Certo, aveva un sacco di sonno da recuperare, ma non voleva dare una cattiva impressione mettendosi a riposare il secondo giorno di lavoro. Era decisamente poco professionale.

-Fidati, ti servirà del riposo… o almeno spero che ti serva- la frase enigmatica del principe rivoltò lo stomaco di Leo… no, non era la frase enigmatica che lo stava rivoltando, ma la carne avariata.

Cavolo se lo stava rivoltando.

Ugh!

-Le porto un altro piatto?- chiese, avviandosi verso la porta camminando all’indietro per non dare le spalle al principe.

-No, non ho molta fame comunque- Daryan scosse la testa.

-Va bene, arrivederla- Leo accennò un inchino ancora molto molto impacciato e mal fatto, e fece per uscire, ma il principe lo interruppe.

-Un’ultima cosa...- lo richiamò, Leo si fermò e lo guardò temendo il peggio.

Quel principe era imprevedibile.

-È stato ammirevole il tuo tentativo di impedirmi di mangiare il pasto. Non me lo aspettavo- ammise, sembrava che stesse parlando più tra sé che rivolto a Leo, che lo guardò come se fosse pazzo.

-Ma è ovvio, è il mio lavoro! Non permetterei mai che qualcuno mangiasse un pessimo piatto!- si infervorò. La cucina era un argomento che gli stava a cuore. Il cibo doveva essere unione, doveva essere ottimo, non avrebbe servito un pessimo piatto neanche al suo peggior nemico! 

Il principe inarcò un sopracciglio, sorpreso dalla sua irruenza.

Leo cercò di tornare sui suoi passi.

-Ehm.. vostra maestà- aggiunse, per sembrare più elegante e formale, con un altro inchino molto poco riuscito che rischiò di fargli cadere il cibo dal piatto.

Il principe fece un’altra smorfia e distolse in fretta lo sguardo da Leo, tornando ai suoi documenti. Il ragazzo lo prese come un invito ad uscire definitivamente dalla stanza.

Una volta fuori, si ritrovò faccia a faccia con uno Chevel dal sorriso furbetto e pieno di aspettativa.

-Tutto bene, cuoco?- chiese, controllandolo dalla testa ai piedi.

Ormai era confermato che avesse fatto qualcosa al cibo.

Ma se il principe diceva che non era un veleno poteva stare tranquillo, giusto?

Sapeva di non piacergli, ma se l’aveva accettato come cuoco lì non avrebbe permesso che venisse ucciso così, giusto?

O quantomeno lo avrebbe avvertito della propria fine.

Anche se il disturbo allo stomaco non faceva che aumentare. Ma era più simile ad un’indigestione che ad un avvelenamento… forse… Leo non era mai stato avvelenato, e non aveva idea di cosa succedesse.

Ma se il Trono di Spade gli aveva insegnato qualcosa era che una persona avvelenata aveva delle conseguenze più grafiche rispetto ad un semplice mal di stomaco.

-La carne non era appropriata quindi la sto riportando in cucina, e il principe Daryan mi ha dato l’intera giornata libera- spiegò Leo, controllandosi bocca, naso e occhi per assicurarsi che non stesse perdendo sangue senza accorgersene.

-Ma tu stai bene? Qualche effetto strano?- chiese Chevel, sempre più curioso e con un sorriso sempre meno rassicurante.

Leo controllò anche le orecchie, ma sembrava a posto. Iniziò ad avviarsi verso la cucina, cercando di farsi un’auto analisi.

Ma aveva solo un fastidioso mal di stomaco.

E sonno.

Ma quello ormai era la base.

-Sì? Perché? Che veleno hai usato?- chiese, preoccupato, squadrandolo dalla testa ai piedi.

Chevel smise di guardarlo e fece finta di niente, il più sospetto possibile.

-Che? Io? Nulla!- finse ignoranza.

Leo si bloccò di scatto quando una fitta enorme allo stomaco lo colpì improvvisamente.

E non sembrava opera di un qualche veleno.

-Suppongo che sia presto per gli effetti- borbottò Chevel tra sé. Leo non lo sentì nemmeno, troppo concentrato a guardarsi intorno.

-C’è un bagno qui vicino?- chiese, urgente, iniziando a saltellare sul posto per cercare di placare il mal di stomaco che aveva ormai raggiunto il punto di non ritorno.

-Uh? Sì, qualche metro più in là, vicino alla cucin…- Chevel, sorpreso, gli indicò un punto vago.

-Perfetto!- Leo gli passò violentemente il piatto e corse nella direzione da lui indicata, lasciandolo sconvolto.

Certo che l’effetto del lassativo era arrivato prima del previsto.

A meno che Leo non stesse fingendo, ed era improbabile che stesse fingendo, era chiaramente non immune ai veleni, anzi, particolarmente sensibile.

Ottimo, una preoccupazione in meno per il principe Daryan.

Certo, però, che aveva proprio bisogno di lezioni di etichetta urgenti, se osava porgere un piatto da scartare al primo cavaliere del principe come se fosse una cameriera qualsiasi.

Era un caso perso.

 

-Sei un caso perso- si lamentò Persian, scuotendo la testa con un sospiro rassegnato.

Leo, che avrebbe potuto passare il suo giorno libero nel letto scomodo privo di materasso e coperte e invece aveva deciso di approfittarne per la prima lezione di etichetta, si sentì molto offeso.

-Non è colpa mia se ho un’intossicazione alimentare e non riesco a concentrarmi- cercò di giustificarsi.

Aveva ancora un fortissimo mal di stomaco, e andava in bagno fin troppo per ciò che aveva mangiato… ovvero praticamente nulla.

Si pentiva di non essere rimasto in camera!

…no, non proprio, dato che in camera avrebbe dovuto subire bullismo o noia totale tutto il giorno. Non aveva neanche qualcosa da leggere, sigh. Certo che negli universi fantasy medievaleggianti la vita era noiosa. Senza televisione, o videogiochi, o Youtube.

Chissà perché le persone isekaizzate non volevano mai tornare a casa.

Ah… giusto! Il principe figo.

In effetti Daryan sarebbe stato un bel bocconcino se solo Leo fosse stato una protagonista donna meno sospetta.

E non avesse considerato la sua personalità ma solo l’aspetto e i soldi.

Anche se a livello di personalità era molto meglio rispetto a Chevel, Lionel e Prankit, quindi si salvava.

Anche se il migliore al momento era Persian.

Che a sua volta non era affatto male di aspetto.

Erano tutti molto carini come ragazzi, molto più di quelli del mondo di Leo. Classica bellezza da universo fantasy medievaleggiante.

Anche se forse era più rinascimentale che medievaleggiante…

-Mi stai ascoltando?- Persian attirò la sua attenzione colpendogli la testa con un libro, e Leo tornò alla realtà.

-No- ammise con onestà -Mi sono distratto- 

Persian si colpì da solo con il libro, ripetutamente, cercando di procurarsi un trauma cranico pur di non continuare ad insegnare etichetta a Leo l’irrecuperabile.

-Scusa, continua… anzi, aspetta… mi scusi, continui…- Leo cercò di assumere la formalità tipica del periodo, dato che Persian era un nobile.

-Voglio morire!- si autocommiserò il nobile in questione, depresso e demoralizzato.

-Che succede?- chiese una voce femminile entrando con entusiasmo in biblioteca.

-Principessa Opal! Che Jahlee la protegga!- Persian si affrettò a ricomporsi e fece un elegante inchino.

Leo guardò Persian con attenzione, e si alzò cercando di imitarlo.

-Che Jahlee la protegga- ripeté, abbassando la testa un po’ di più dato che essendo un popolano sicuramente avrebbe dovuto fare un inchino un po’ più sentito.

-E che Laasya protegga entrambi voi! Che state facendo? Perché Leonardo non cucina per il pranzo?- chiese la ragazza, poggiando dei libri in un angolo e guardando Leo con curiosità e leggera preoccupazione.

Leo aprì la bocca per rispondere, ma si ritrovò agonizzante sul pavimento a causa di un’ulteriore fitta allo stomaco.

-Il principe Daryan gli ha concesso un giorno libero a causa di un’intossicazione alimentare, e ne approfitto per… insegnargli… l’etichetta- Persian aveva lo sguardo di un condannato al patibolo, ma a dirla tutta Leo era senz’altro messo peggio di lui, dato che non solo doveva imparare, ma era anche ridotto un cencio.

-Oh, santi sette! Stai tanto male? Posso fare qualcosa per aiutarti?- la principessa si piegò verso di lui, e gli diede qualche pacca sulla testa, cercando di rassicurarlo.

Leo le sorrise cortese.

-La vostra preoccupazione è la migliore medicina, vostra altezza- la adulò, con la massima formalità possibile.

Per qualche strano motivo era molto più facile comportarsi bene con la principessa, nonostante fosse più piccola di lui e fosse anche l’unica a trattarlo come se fosse un suo pari.

Forse il motivo era anche che era l’unica che lo trattava bene, lì dentro, quindi meritava la sua cortesia.

O forse inconsciamente cercava di mettere distanza tra di loro perché l’ultima cosa che voleva rischiare era che la principessa minorenne che gli ricordava sua sorella si prendesse una piccola cottarella per il misterioso cuoco straniero che le cucinava i suoi piatti preferiti.

Sarebbe stata la strada più diretta per la decapitazione.

E la quest principale di Leo era sempre sopravvivere.

-Non è niente di grave, non si preoccupi, principessa. In cosa posso assisterla?- Persian cercò di distogliere l’attenzione di Opal da Leo, che fu davvero felice di togliersi da sotto il riflettore, e si rimise a fatica in piedi, osservando la situazione e prendendo appunti mentali su come rivolgersi ad un membro della famiglia reale.

-Volevo solo restituire un libro. Voglio essere preparata su Ombron per quando mamma e papà ritorneranno!- Opal indicò il libro che aveva appena riportato.

-Se ha bisogno di aiuto sono a sua completa disposizione- Persian si offrì, elegante.

-Credo di saperne abbastanza adesso. Piuttosto sono curiosa di vedere come procede la vostra lezione, posso assistere?- chiese la principessa, sedendosi su una poltrona e guardando la scena con trepidazione.

Bene, ora si aggiungeva anche l’ansia da prestazione a già una pessima situazione.

-Certo, principessa. Ma la avverto, il cuoco è un caso disperato- Persian mise subito le mani avanti.

Leo sospirò, seccato, ma non ribatté.

-Devi renderlo perfetto entro cinque giorni, lo sai, vero?- Opal sorrise radiosa, ma i suoi occhi mandavano scintille.

Persian impallidì.

-Io farò del mio meglio, vostra altezza- promise, in un tono che sembrava più che altro un pigolio.

-Cinque giorni? Perché cinque giorni?- chiese Leo, iniziando a preoccuparsi.

-I miei genitori tornano tra cinque giorni! E Dary mi ha detto che tu sarai incaricato di preparare il pranzo del ritorno. Avrai il controllo totale della cucina e ogni tuo piatto verrà giudicato dai miei genitori. Verrai giudicato anche tu, e devi fare una bella figura dato che da questa prova dipende il tuo lavoro!- spiegò la principessa, con entusiasmo, come se gli stesse dando una bella notizia, e non comunicando la sua imminente fine.

Sì, Daryan gli aveva detto che avrebbe dovuto convincere anche il re e la regina, ma non aveva capito che sarebbe stata una prova degna della finale di Masterchef! 

Santo cielo, in cinque giorni era impossibile!

-Ah… capisco- borbottò, ora il mal di pancia non più segno di semplice intossicazione alimentare, ma anche sede di una nausea che l’ansia da prestazione di prima levati proprio, sei una pivella al confronto.

-…Dary non te lo aveva detto?- chiese la principessa, confusa dalla sua reazione.

-Temo che non fosse sceso in dettagli… ora, se potete perdonarmi un istante, devo necessariamente andare in bagno- senza aspettare il consenso e con lo stomaco più in subbuglio di prima, Leo corse nel bagno più vicino, quello della biblioteca, che aveva ormai battezzato fin troppe volte quel giorno, e sfogò la propria ansia per la sfida ormai prossima.

Ricapitolando… aveva cinque giorni per elaborare un menu all’altezza di un’intera famiglia reale, imparare la base di etichetta per servire tale famiglia reale, e superare quel mal di pancia. Il tutto con la consapevolezza che non avrebbe dormito bene con i suoi nuovi coinquilini e in assenza di materasso, cuscino e coperte.

…beh, dai, tanto non voleva stare lì a tutti i costi. 

Quando l’avrebbero cacciato dal castello avrebbe fatto un salto al tempio e avrebbe richiesto una grazia divina o di diventare sacerdote.

Non che credesse che quelle divinità esistevano davvero, ma sperò davvero in un miracolo da parte di Jahlee, o Laasya, o qualcun altro.

Perché solo un miracolo l’avrebbe aiutato in quella situazione.

 

Ora, questa è una storia scritta, quindi non posso fare un montaggio di quelli con la musica pop che si vedono nei film, nelle serie o negli anime quando si illustra il passaggio temporale e il personaggio che si prepara per qualcosa, si ambienta in un luogo, o semplicemente decide cosa indossare.

Nel caso di Leo di cose da indossare ne aveva ben poche, ovvero due, ovvero l’abito da cuoco e il pigiama, quindi ciò che verrebbe illustrato in questo ipotetico montaggio musicale con passaggio temporale sarebbe semplicemente un susseguirsi di sonno negato, freddo, cucina, lezione con Persian, cucina, programmazione del menu (a mente o con disegni perché teoricamente non sapeva scrivere), cucina, tè con la principessa, cucina e infine bullismo da parte delle guardie reali.

Di solito in un prodotto scritto il passaggio temporale viene illustrato passando direttamente al capitolo successivo, ma non potevo certo pubblicare un capitolo così breve, e mi andava di togliere la parte della cena con il re e la regina il prima possibile per andare alla ciccia.

Ma premessa a parte, immaginatevi che quanto illustrato finora sia un montaggio sonoro con una canzone molto orecchiabile di sottofondo, qualcosa del tipo “Trouble” degli Imagine Dragons (Non voglio problemi, non voglio problemi, NON VOGLIO PROBLEMI!!) o Run Boy Run (Questo mondo non è fatto per te, scappa, ragazzo, SCAPPA!!)… 

Ehi, non ho mai detto che la musica sarebbe stata incoraggiante o piena di speranza.

Perché Leo era tutto meno che incoraggiato e pieno di speranza.

E il pomeriggio della fatidica cena, primo in cucina senza aver dormito (ma tanto ormai era la norma, si stava abituando) e ansioso per tutto il giorno, venne a sapere che tutta la sua ansia era stata completamente inutile.

-Aspetta, aspetta, aspetta… in che senso “dacci indicazioni su cosa cucinare”?! Non devo cucinare da solo?- chiese a bocca aperta, sconvolto, dopo l’affermazione burbera di Mildred.

-Innanzitutto dammi del lei, novellino. E poi che credevi? Che ti avremmo permesso di preparare un banchetto completamente da solo?! Chi ti credi di essere?!- si indignò la cuoca, e Leo non riuscì a trattenersi dall’abbracciarla al massimo del sollievo.

-Oh, che fortuna immensa! Ero spacciato! Grazie a Jahlee ci siete anche voi ad aiutarmi!- esclamò, entusiasta.

Mildred si irrigidì, ma non si scansò, almeno non immediatamente. Sicuramente era troppo sconvolta per avere una reazione preparata.

Ma non si poteva biasimare troppo Leo. Aveva appena scoperto, dopo cinque giorni di ansia totale, che non doveva affrontare una finale di Masterchef, ma una semplice prova in esterna in brigata.

Era mille volte più semplice gestire tutte le preparazioni che aveva in mente con un team molto più esperto di lui ad aiutarlo.

-Lasciami immediatamente andare, marrano- Mildred finalmente si sbloccò, e allontanò Leo con violenza e una mestolata in testa.

Leo era troppo felice per lamentarsi.

-Mi scusi, Mildred, ero troppo felice! Sono troppo felice! Quindi praticamente devo solo dirvi quello che penso di cucinare e girare per la cucina?- chiese, speranzoso.

-Troppo facile così. Uno dei piatti proposti sarà tua completa e totale responsabilità- spiegò Mildred, fulminandolo con lo sguardo.

-Scelgo il dolce!- si prenotò immediatamente, prima che gli potesse essere suggerito altrimenti.

-Ovvio che lo scegli- Mildred sospirò. Nonostante il suo atteggiamento burbero iniziava ad abituarsi e ad affezionarsi al ragazzo.

E sotto sotto sperava che restasse a palazzo.

-Leo! Pronto a cucinare?! Oggi sarà una giornata importante! Sono pronta a fare qualsiasi cosa!- Anna fu la seconda cuoca ad entrare dopo Leo (Mildred praticamente viveva lì non contava) e si mise immediatamente a disposizione, seguita a ruota da Mary e Jane.

Leo, che aveva previsto di fare tutto da solo, si trovava adesso con un compito estremamente facile. Perché pensare solo al dolce significava avere il tempo di realizzare il dolce più importante e gustoso della sua vita!

Sapeva di non potersi permettere di mettersi comodo, perché era comunque una prova difficile, ma affrontò la preparazione culinaria con molto più ottimismo e determinazione.

Quindi l’inevitabile montaggio sonoro in cucina, stavolta, ha più canzoni del tipo “What baking can do” del musical Waitress (Cucinerò una porta per farmi andare avanti) o “Stia con noi” della Bella e la bestia (non serve dire le parole la conosciamo tutti questa canzone). 

Insomma, motivetti più incoraggianti e dalla melodia più allegra.

E alla fine della preparazione, Leo era soddisfatto.

Le altre cuoche erano straordinarie, e il suo dolce super elaborato era uscito esattamente come lo voleva lui.

Un misto di un sacco di preparazioni, tra base della torta, creme varie, crepes e guarnizioni di zucchero e cioccolata.

Sperava solo di non aver esagerato, ma il risultato non gli sembrava un mappazzone.

Alla fine giunse il momento degli assaggi.

E di conoscere finalmente il re e la regina.

Quando Leo entrò nella elegantissima sala da pranzo uscita direttamente dalla reggia di Versailles, la famiglia reale al completo era già seduta a tavola.

Il re denotava un’aura di potere, e subito puntò gli occhi castani e profondi verso Leo nel momento stesso in cui lo vide entrare, interrompendo una discussione che stava avendo con il figlio. Era molto simile alla figlia minore, sia per i tratti del viso che per la corporatura robusta, ma a differenza della prole, aveva i capelli castano scuro.

Mendel si sarebbe rivoltato nella tomba nel vedere che due figli su due avevano ereditato geni recessivi.

Sua moglie, la regina, era la copia spiccicata al femminile del figlio. Gli stessi capelli biondi, gli stessi occhi grigio tempesta, e lo stesso atteggiamento glaciale.

Dei due si capiva chi portava i pantaloni in casa (metaforicamente parlando, dato che l’abito della regina era uno stupendo vestito regale).

-La cena è servita!- Leo si inchinò e porse i primi piatti, cercando di ricordare quanto più possibile degli insegnamenti di Persian.

Aveva un vuoto mentale.

Colpa dell’ansia e del sonno che santo cielo… non dormiva affatto quei giorni, come faceva ad essere ancora vivo in un luogo dove il caffè scarseggiava ed era riservato solo ai nobili?!

-Così tu saresti il cuoco?- il re squadrò Leo dalla testa ai piedi, mettendolo parecchio in soggezione. Leo si affrettò ad inchinarsi maggiormente, consapevole di essere ancora pessimo nel farlo.

-Sì, vostra maestà. È un onore per me aver avuto l’opportunità di cucinare per voi- cercò di essere il più formale, elegante e lecchino possibile.

Ogni cosa per restare lì.

Perché volesse restare lì con tale convinzione Leo non se lo spiegava dato che essere cacciato da palazzo poteva essere un’opportunità migliore, ma dettagli, motivi di trama. E meglio una situazione difficile in un castello che una situazione difficile per strada, no?

-Assaggiatore, assaggia- il principe lo incoraggiò a fare il suo secondo lavoro, e Leo prese il boccone che gli porse con tranquillità e riverenza.

E sorrise sollevato dopo averlo assaporato bene.

Era davvero ottimo. Jane aveva fatto un lavoro straordinario nel taglio degli ingredienti, si erano cotti in maniera uniforme e la sensazione sul palato era ottima.

Rimase in attesa che anche gli altri commensali chiedessero i suoi servigi, ma dopo averlo osservato qualche secondo, decisero di mangiare direttamente, senza far passare i propri piatti dal via.

-Daryan ci ha parlato molto di te. Sembri una persona estremamente sospetta che non avremmo nessun motivo di assumere. Cosa hai da dire al riguardo?- chiese il re, continuando l’interrogatorio e assaggiando con attenzione il piatto. Il suo volto non si scompose.

Era una domanda difficile, ma Leo si aspettava un commento del genere.

-Comprendo perfettamente la posizione del principe Daryan sulla mia permanenza qui, ma confido che la mia cucina parli per me e illustri le mie nobili intenzioni. Che sia il mio motivo per farmi assumere- spiegò, impappinandosi un po’ nella parlata formale perché gli venivano in mente troppe parole moderne.

-In questo piatto sento l’abilità manuale di Jane, l’equilibrio di Irma, e niente di nuovo- dopo solo un paio di bocconi, la regina mise il piatto da parte.

-A me piace molto!- Opal cercò di risollevare l’atmosfera. Era l’unica che sembrava mangiare con vero gusto. 

Anche Daryan aveva lasciato perdere dopo pochi bocconi, mentre il re mangiava lentamente, con una maschera di ferro.

Rimasero in silenzio per il resto dell’antipasto, e poi fu il turno del primo piatto.

Leo non aveva grandi aspettative per il riso allo zafferano da lui preparato con l’aiuto di Mary. Era una delle più abili lì dentro, soprattutto con i primi, e quando Leo aveva scoperto lo zafferano girovagando in cucina, qualche giorno prima, era stato in procinto di piangere. Non era quello abruzzese, ma era comunque una piccola traccia di casa.

Poi aveva fatto una scoperta terrificante… lì a Jediah… e forse anche nel resto dei sette regni… NON ESISTEVA LA PASTA!! Almeno non quella italiana che lui aveva imparato a cucinare con sua nonna.

C’era un tipo di pasta, molto più simile a quella asiatica che a quella italiana, e Leo aveva programmato di fare la pasta fresca come primo piatto.

Purtroppo non aveva avuto il tempo di addestrare bene Mary, e quindi avevano ripiegato verso il riso allo zafferano. Non la sua prima idea, quindi, ma sperava comunque andasse bene.

-Assaggiatore, assaggia- Daryan di nuovo gli porse una porzione del proprio piatto, e Leo lo mangiò con attenzione.

Beh… era eccezionale! Gli sembrava di essere tornato per un attimo a casa.

-Che cosa ci hai messo dentro? Ha un sapore super particolare!- chiese Opal prima ancora che Leo deglutisse.

-Opal! Aspetta il controllo dell’assaggiatore prima di mangiare!- la riprese suo padre, osservandola preoccupato.

-Tanto Leo non mi avvelenerebbe mai! Mi adora! Vero Leo?- la principessa gli fece un sorriso civettuolo.

Leo si ritrovò gli sguardi dei tre reali puntati su di lui, in attesa della sua risposta e con occhi assassini.

Se Leo avesse negato l’avrebbero odiato in quattro, se Leo avesse confermato l’avrebbero odiato in tre, quindi era chiaro quale fosse l’opzione migliore. 

Ma non voleva diventare il classico ragazzo che i genitori della protagonista del manhwa odiavano perché attirava l’attenzione o era attirato dalla principessa.

Soprattutto perché se c’era qualcuno a cui poteva essere attratto, ipoteticamente, non perché Leo ne fosse effettivamente attratto, era il principe. Maschio. Di età più decente.

Ma Leo non era attratto da lui, lo trovava solo un bel ragazzo! Fisicamente! Di personalità era meh… giusto?

Ugh! Non era il momento di avere un gay panic! Doveva rispondere alla domanda della principessa.

-Chi mai potrebbe non adorare la gemma del regno, principessa- cercò di mantenerla sul vago e farle i complimenti senza scendere sul personale.

-Awww, sei così gentile! Attento a non lusingarmi troppo o finirò per sposarti- Opal lo guardò con fare ammiccante, e Leo impallidì.

Gli sguardi minacciosi si fecero così assassini che Leo si sorprese di non essere morto a causa di una qualche maledizione regale. I personaggi di questo tipo di storie dopotutto avevano poteri molto particolari.

Distolse lo sguardo dalla tavola, senza sapere cosa diavolo rispondere, e venne tratto in salvo dall’ultima persona si sarebbe aspettato venisse in suo aiuto.

-Quindi, che spezia hai usato per il risotto?- chiese Daryan, riprendendo la domanda fatta precedentemente.

Era lui quello da sposare, altroché!

…Leo, mantieniti etero!

O quantomeno asessuale! 

Sei sul filo del rasoio, perdiana! Non metterti a crushare sui principi con destino romantico già (letteralmente) scritto!

-Zafferano- rispose, con la gola secca.

-Curiosa combinazione, anche se nella mantecatura sento la mano esperta di Mary. Sembra più un piatto suo piuttosto che tuo- la regina questa volta prese tre bocconi prima di lasciare il piatto, ma lo lasciò in ogni caso.

Era ovvio che si sentisse la mano di chi aveva effettivamente cucinato il piatto! Ormai poteva sperare solo nel dolce.

Ed infatti i piatti seguenti mostrarono commenti molto simili da parte della regina (-La carne è stata cucinata chiaramente da Anna- -Sara ha rovinato parecchio la salsa-), mentre il re si limitava a mangiare e a volte a fare qualche domanda personale a Leo per assicurarsi che non fosse una spia in incognito.

Tale padre, tale figlio.

E a proposito del figlio… Daryan mangiò davvero molto poco, quella sera.

Probabilmente, con tutto ciò che aveva assaggiato Leo, aveva mangiato più lui rispetto al principe, che di solito prendeva uno, massimo due bocconi, e lasciava perdere, e non sembrava godersi neanche una briciola di ciò che mangiava, come se si dovesse sforzare in maniera immensa per mandare giù.

Considerando che i piatti erano tutti davvero buoni, Leo non riusciva proprio a capire il suo comportamento.

E avrebbe anche potuto fingere che fosse solo magari una cosa passeggera. Un piccolo disturbo allo stomaco, o magari aveva mangiato troppo durante l’ora del tè.

Ma Leo era sempre al fianco del principe durante ogni pasto, e aveva notato già da un po’ che non sembrava mai godersi il cibo.

Ne prendeva sempre abbastanza per sostentarsi, ma era come se avesse un limite minimo e si attenesse sempre a quello, obbligato dai suoi bisogni umani a mettere carburante nel corpo.

Era… triste.

-Bene, spero che il dolce possa risollevare questa performance fondamentalmente mediocre- le parole fredde della regina distolsero Leo dalla sua osservazione, e il ragazzo abbassò la testa con rispetto, prima di andare a prendere il suo capolavoro da ristorante stellato.

…forse.

…magari.

Leo lo sperava con tutto il cuore.

-WOOO!- fu il primo commento della principessa, osservando la portata principale con occhi ridotti a due stelle. Sembrava davvero brillare di luce propria.

La regina sbarrò a malapena gli occhi.

Il re si lasciò sfuggire un leggero -Oh…- sorpreso.

Perché il piatto non era solo sicuramente super buono, ma Leo aveva fatto del suo meglio per renderlo anche il più bello da vedere possibile. Aveva passato gli ultimi sette giorni a sperimentare con le sculture di cioccolata solo ed esclusivamente per quel momento.

Beh, non esclusivamente, dato che sarebbero di certo tornate utili in futuro, ma comunque era importante che quel giorno la scultura uscisse bene, ed era uscita alla grande.

Fortuna che non si era sciolta nell’attesa tra una portata all’altra.

-Un drago?- osservò Daryan, anche lui stupito, osservando la scultura di cioccolato che adornava la torta.

-L’animale simbolo della famiglia reale di Jediah. Il mio omaggio nei confronti di coloro che mi hanno dato questa importante e generosa opportunità- spiegò Leo, lisciandoseli il più possibile.

-La presentazione non fa un piatto. Ho assaggiato centinaia di torte in vita mia, è stato rischioso da parte tua presentarti con un dolce del genere- la regina cercò di mantenere la sua compostezza.

-Voglio mangiarla seduta stante!- la principessa era molto meno composta.

-Non è una semplice torta, permettetemi di mostrarvelo- Leo prese un coltello (facendo scattare sull’attenti Daryan che ancora non si fidava del tutto di lui) e tagliò la torta al centro, mostrando un interno di gusti particolari e selezionati, e servendo i piatti con eleganza e cura.

-Assaggiatore, ass… che lo dico a fare, Opal si è già fiondata- Daryan era in procinto di fargli assaggiare la torta (ed era il primo piatto che Leo voleva davvero assaggiare) ma si interruppe quando notò che il resto della sua famiglia aveva già cominciato a mangiare.

Leo tentò di non sembrare troppo deluso, ma Daryan sembrò accorgersene, perché gli porse il proprio piatto.

-Per sicurezza preferisco farti assaggiare il mio piatto- cambiò idea, in tono freddo.

Leo sorrise con gioia, e assaggiò la sua opera più ambiziosa.

…era esattamente come sperava.

Non riuscì a trattenere il suo sorriso più soddisfatto.

E se fosse stato leggermente più attento, avrebbe notato che anche Daryan, sebbene molto tra sé, aveva accennato un sorrisino leggerissimo, nel vederlo così entusiasta.

Ma l’attenzione di Leo fu bruscamente attirata da un pugno sbattuto sul tavolo, appartenente alla regina.

Per un secondo, un terribile istante, temette di aver fatto un casino.

Aveva forse usato ingredienti a cui la regina era allergica senza saperlo? Aveva sbagliato proprio quella parte di torta? C’era finito qualcosa? Un pezzo di guscio, un capello?

Poi vide il volto della regina. Il suo temperamento glaciale aveva appena lasciato spazio a due occhi lucidi e un’espressione beata.

-Questo è il dolce più buono che io abbia mai assaggiato in vita mia!- tuonò, con entusiasmo, alzandosi di scatto in piedi.

-Oh, mi fa davvero piacere, maes…- Leo non fece in tempo a finire, perché la regina lo aveva raggiunto e gli aveva preso le mani.

-Diventa il nostro pasticcere personale! Sarai a capo del banchetto per la festa di compleanno di Opal, ti pagheremo il doppio se prometti di restare qui! Non andare da nessun’altra parte!- gli fece un’offerta che non poteva rifiutare… non in senso mafioso, solo nel senso che era davvero un’ottimo offerta.

-Oh, io… wow… è… è un grande onore- Leo arrossì di botto. Nessuno si era mai rivolto a lui con tale entusiasmo… tranne Opal… ma Opal era una ragazzina più piccola, non un’adulta, regina, che fino a quel momento era stata più fredda della dea della neve Noelle.

-L’onore è nostro! Opal, ti piace l’idea che si occupi del tuo banchetto di compleanno?- chiese la regina a sua figlia, dopo aver scompigliato i capelli di Leo in maniera affettuosa.

-Assolutamente! Questa torta è la quintessenza della bontà assoluta! Dary, papà, che ne dite?- chiese Opal, rivolta ai maschi della famiglia.

-Non sono un esperto in gusto come voi due, ma ammetto che il piatto ha conquistato anche me… poi devo dire che ho amato questa cena, è stata per me ottima dalla prima all’ultima portata- ammise il re, abbandonando la facciata dura per mostrare un’atteggiamento più mite e bonario.

Daryan non commentò, e si limitò ad assaggiare la torta con sopracciglia aggrottate, come se non riuscisse proprio a capire perché fossero tutti così entusiasti.

Per qualche strano motivo, Leo non riuscì a distogliere lo sguardo da lui, pieno di aspettativa.

Gli piaceva la torta? Leo sperava davvero di sì. Nonostante fossero i due reggenti l’ago della bilancia della sua permanenza, per qualche strano motivo Leo aspettava l’esito del principe con maggiore trepidazione.

Ma lui rimase un blocco di ghiaccio durante tutta la degustazione, senza dare segno di essere rimasto colpito dai sapori.

Ma a Leo non sfuggì che quello fu l’unico piatto che finì.

E non trattenne un sorriso davvero soddisfatto.

Ora che aveva ottenuto un lavoro a tempo indeterminato e un ingaggio per un evento particolare, poteva finalmente rilassarsi, giusto?

…Giusto?

Spoiler: …no!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Innanzitutto volevo dirvi che ho aggiunto qui su EFP i profili dei personaggi all’inizio di ogni capitolo, come già facevo su Wattpad.

Poi che ho progettato tutta la storia… o meglio, tutta la prima stagione della storia, che sto praticamente dividendo come se fosse davvero un manhwa coreano con archi narrativi e stagioni. Saranno 22 capitoli. 

E spero che vi piacerà quello che ho in programma. Ci saranno più colpi di scena di quanti vi potreste aspettare ;)

E tre stagioni, teoricamente.

…praticamente io non riesco mai a scrivere cose brevi, mannaggia a me.

Ma parlando di ciò che si è visto finora… Leo ha conquistato anche il re e la regina, da qui teoricamente dovrebbe essere una passeggiata, giusto?

…giusto?!

Ehhhh, vedremo.

Sarei molto curiosa di sapere che ne pensate, soprattutto dei personaggi, quindi per non costringere nessuno a recensire o a scrivere un messaggio o altro, aggrego qui sotto un sondaggio sulla storia, che potete completare in pochi secondi, è anonimo, ed è completamente sicuro. L’ho fatto anche per altre mie storie.

Giusto per capire un po’ che ne pensate :)

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

SONDAGGIO!!!!

 

 

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Capitolo 6
*** Era meglio farmi i cavoli miei e chiedere l'elemosina per strada ***


Era meglio farmi i cavoli miei e chiedere l’elemosina per strada

 

Leo era abituato ai bulli. Era un ragazzo, maschio, basso, e gay, quindi aveva avuto la sua buona dose di bullismo per tutti gli anni di scuola, e ogni giorno era stato felice di non essere in un liceo americano perché altrimenti sarebbe stato ancora più bullizzato come nei film pieni di cliché.

E bisognava dire che non era un gran maestro nell’affrontare i bulli, dato che il suo talento principale era scavarsi la fossa, ergo faceva sempre in modo, nel tentativo di salvarsi, di finire maggiormente bullizzato.

Certo, quando aveva conosciuto la sua migliore amica, Giada, al liceo, le cose avevano iniziato ad andare meglio, dato che quella ragazza era una forza della natura.

Al momento Giada non era con lui in quel mondo, anzi, probabilmente lo credeva morto investito da un camion.

…forse era davvero morto investito da un camion.

Le dinamiche di come Leo fosse arrivato in quel mondo erano ancor misteriose, ma il punto era che era bullizzato, e dopo aver ottenuto il favore del re e soprattutto della regina, il bullismo era aumentato esponenzialmente.

Non solo adesso non aveva un materasso, né un cuscino, né le coperte, ma si era trovato un serpente, vivo, nel letto, i suoi vestiti erano stati lanciati in cima a numerosi alberi, e durante la notte veniva sempre, costantemente, svegliato da tonfi, o sibili (quel serpente l’aveva traumatizzato) e altre cose fastidiose.

Quindi, quando quella mattina, tre giorni dopo aver confermato il suo impiego a tempo indeterminato, i biscotti si erano vagamente, appena appena, bruciacchiatini… Leo era estremamente giustificato, diciamolo! 

Erano comunque buoni, solo che era troppo stanco, si era appisolato un minuto di troppo, e non li aveva tolti in tempo dal forno.

Mildred l’aveva guardato malissimo.

Ma non aveva tempo di rifarli, quindi aveva preso i migliori e li aveva portati nella sala da pranzo, dove la regina e la principessa si erano concesse una colazione madre-figlia per parlare del viaggio della regina e iniziare ad organizzare la festa di compleanno della principessa.

Leo ricordava vagamente quell’evento, nel libro, perché prima del ballo, circa due settimane prima, iniziava il libro, con la protagonista che partecipava alle selezioni per scegliere delle nuove cuoche qualificate che aiutassero nei preparativi.

Chissà se sarebbe successo anche lì, ora che c’era Leo. Il ragazzo sperava di non mettersi in mezzo tra il principe e il suo vero amore.

…o forse chissà, lo sperava.

Nah, non era uno sfasciafamiglie, anche se la famiglia non si era ancora formata.

Geez, Leo, resta etero per cinque secondi! Il principe non è neanche così gentile con te. Anche se è figo.

E, almeno tra gli uomini, era uno dei pochi che lo trattava con un minimo di rispetto.

Leo era troppo stanco per pensare.

-Cuoco- venne chiamato dalla regina, svegliandosi dal torpore nel quale era sprofondato mentre aspettava che le due donne finivano di mangiare.

-Sì, mia regina, posso aiutarla?- Leo fece un inchino molto impacciato e si avvicinò. Non aveva ancora imparato a inchinarsi come si deve, era davvero pessimo.

-Riporti i biscotti in cucina- la regina gli fece un cenno verso il piatto di biscotti che non erano stati praticamente toccati, tranne uno che la principessa stava mangiando con gusto.

-Perché mamma?- chiese infatti Opal, confusa, avvicinando il biscotto a metà al petto.

-Perché mi aspettavo di meglio. Non sono un piatto all’altezza- la voce della regina era impassibile, ma il suo sguardo era freddo e Leo capì chiaramente che fosse estremamente delusa dall’operato di Leo.

-A me piacciono- obiettò la principessa, sorridendo incoraggiante a Leo, che però non stava guardando lei, ma la madre, che non ricambiava il suo sguardo, come se non fosse degno di attenzione.

Leo conosceva l’ambiente culinario, e i critici intransigenti.

E sapeva perfettamente che quei biscotti non erano la sua opera migliore.

Ma era troppo stanco per essere comprensivo e accettare le critiche, quindi non nascose la sua irritazione quando fece un secondo inchino, prese il piatto, e tornò in cucina con un poco sentito: 

-Sono spiacente non siano stati di vostro gradimento, farò meglio la prossima volta-

-È il caso- rispose la regina, prima che Leo si chiudesse la porta alle spalle.

-Immaginavo sarebbe andata così- lo accolse una voce in cucina, in tono severo.

Era Mildred, e sembrava aspettarlo. Scosse la testa e gli prese il piatto dalle mani -spero tu abbia un’idea per un dolce epico a pranzo per rimediare… Leonardo?- interruppe la sua sgridata notando lo stato in cui Leo versava in quel momento.

Stanco morto, spaventato dai continui scherzi che diventavano sempre più pericolosi, rimproverato sia dalla regina che dal capo della cucina. Con nessun alleato o amico con cui confidarsi, e con il carico di lavoro di uno schiavo unito a lezioni di etichetta con un insegnante che non faceva che ripetergli quanto facesse schifo… Leo era sul punto di crollare.

E la critica alla sua cucina era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Perché diavolo era rimasto lì?! Forse sarebbe stato meglio farsi buttare per strada e farsi assumere in una locanda… tipo. Leo non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare fuori dalle mura del palazzo, e il timore che fosse ancora più pericoloso che all’interno era stata l’unica cosa che lo avesse trattenuto dallo scappare via da lì.

Ma adesso iniziava davvero a valutare l’idea di licenziarsi, andarsene e non mettere più piede lì dentro.

Dopotutto, oltre a Mary, Jane, Anna e la principessa, praticamente nessuno gli aveva offerto incoraggiamento e affetto sincero, e sebbene quelle quattro gli sarebbero sicuramente mancate, non era comunque ancora abbastanza affezionato da preferire stare lì con loro e venire costantemente bullizzato, abbattuto e trattato con sospetto e giudizio costante.

I suoi pensieri depressi, e le lacrime che avevano iniziato a scorrergli sulle guance nel bel mezzo del suo crollo emotivo, vennero interrotti da due forti braccia che lo avvolsero, e Leo, che non ricordava più cosa fosse un abbraccio, rimase completamente interdetto.

-Su, su… stai ancora imparando. Nessuno si aspetta che tu sia sempre perfetto- la voce di Mildred era così dolce e incoraggiante che Leo non la riconobbe subito, troppo abituato a commenti sgarbati e sospettosi.

Lo stringeva con affetto e gli stava dando qualche pacca sulla schiena per calmarlo, come una madre nei confronti del proprio figlio.

Improvvisamente, Leo sentì la mancanza di casa molto più di prima, e ricambiò l’abbraccio con forza, singhiozzando copiosamente e seppellendo il volto sulla sua spalla.

Era consapevole che le altre cuoche, intente a pulire dopo aver preparato la colazione, lo stavano fissando a bocca aperta, ma non riusciva a permettere alla vergogna di continuare a sfogarsi. Era troppo stanco. E non solo fisicamente, ma anche e soprattutto emotivamente.

E quell’abbraccio era la cosa migliore che gli fosse successa dall’inizio di quella pazza avventura.

Mildred lanciò loro un’occhiata penetrante, e tornarono tutte ai rispettivi compiti ignorando il crollo emotivo della nuova recluta.

-Mi dispiace- borbottò Leo dopo un po’, separandosi e asciugando al meglio le lacrime che ancora si ostinavano ad uscire -Torno a lavoro- cercò di recuperare la compostezza e rimettersi a lavorare. Doveva rimediare ai biscotti con un dolce straordinario… non gli veniva in mente niente. Voleva un caffè.

Mildred lo bloccò sul posto, tenendolo fermo per le spalle e cercando di incrociare il suo sguardo.

-Qualcosa mi dice che non stai così a causa di qualche biscotto bruciacchiato. Cosa è successo?- chiese, sinceramente preoccupata, e squadrandolo dalla testa ai piedi.

Leo avrebbe potuto lamentarsi, ma dubitava fortemente che aprire il suo cuore a una cuoca l’avrebbe aiutato molto contro alcune delle guardie scelte del regno. Soprattutto perché Lionel era un nobile, mentre sia Leo che Mildred erano semplici popolani. 

Scosse la testa.

-Nulla. Sono solo stanco. E un pessimo cuoco, e mi chiedo sinceramente perché diamine mi hanno preso a lavorare qui se poi devono tutti trattarmi…- nonostante si fosse imposto di non lamentarsi, iniziò a lamentarsi, e si interruppe appena in tempo, mordendosi il labbro.

Mildred sospirò.

-Senti, ragazzo. So di essere burbera, e a volte troppo severa, ma se mi accanisco un po’ contro di te è perché vedo davvero del potenziale, e il motivo per cui ti hanno preso a lavorare qui è perché te lo meriti…- Mildred fraintese la lamentela di Leo, credendo che fosse lei il motivo per il quale Leo fosse così abbattuto.

Il ragazzo iniziò a scuotere la testa.

-No, Mildred, non è…- provò a chiarire il malinteso, ma la donna lo zittì con un dito sulla bocca.

-Non mi interrompere!- lo rimproverò -Vuoi sapere perché sei stato valutato dal re e dalla regina in persona?- chiese poi.

Leo ci mise qualche secondo a rispondere, perché non voleva interromperla nuovamente.

-Ehm… perché sono molto sospetto? E sono un uomo? E quindi c’è bisogno dell’approvazione del re?- provò a supporre, ripensando all’interrogatorio svolto durante la cena di qualche giorno prima.

-Sei più percettivo di quanto ti dessi credito- Mildred sembrava stupita e forse anche un po’ orgogliosa.

Leo accennò un sorrisino.

-Ma non è l’unico motivo. In realtà il principe poteva benissimo decidere da solo, ma... senti…- Mildred lo prese per un braccio e lo avvicinò per parlargli più in confidenza, lontano dalle orecchie delle altre cuoche che comunque stavano sentendo l’intero discorso e probabilmente l’avrebbero raccontato in giro dato che i gossip, tra la servitù, galoppavano rampanti.

-…quando il principe chiede ai genitori di valutare un caso, soprattutto quando si tratta di cucina, il suo vero intento è di cacciare via la persona- ammise, sottovoce.

Leo pensò di aver capito male.

-il principe Daryan voleva cacciarmi da palazzo?- chiese, sentendosi un po’ ferito.

Certo, sapeva benissimo di non essere molto apprezzato dal principe e dai suoi collaboratori più stretti, ma credeva che in quei giorni si fosse convinto che Leo non aveva intenzione di avvelenare nessuno.

Dopotutto si vedevano ogni giorno durante i pasti, Leo assaggiava ogni suo cibo, e ogni tanto condividevano anche qualche parola sulla qualità delle pietanze.

Okay, non è che fossero amici, ma Leo non credeva che volesse cacciarlo, ma dargli un’occasione.

Aveva completamente frainteso, probabilmente.

-Oh, sì. La muta richiesta verso i suoi genitori è “non voglio cacciarlo io perché mia sorella mi odierebbe, quindi fatelo voi, per piacere”. Il test aveva il risultato già deciso. Eravamo tutte convinte che te ne saresti andato- si intromise Jane, dando prova che tutte stavano ascoltando, e che tutti fossero a conoscenza del metodo usato dal principe.

Quindi Leo si era impegnato tanto per niente?! No, un momento. Ma se volevano cacciarlo, perché allora adesso stava lavorando lì soffrendo così tanto?! Leo non riusciva a capire cosa diavolo volesse la famiglia reale da lui.

Sospirò abbattuto, Mildred lanciò un’occhiataccia a Jane, che tornò a lavoro, e prese il ragazzo per portarlo in un’altra stanza.

-Il punto è, figliolo, che se ti hanno assunto e messo alla guida del banchetto per la principessa, significa che il tuo talento è così straordinario che vogliono a tutti i costi tenerti nonostante tu sia sospetto. Ma devi comunque lavorare con noi, e fidarti di noi, e venire da noi se hai qualche problema. Non sei solo. Siamo una squadra, okay?- la capo cuoca concluse l’incoraggiamento e diede la propria disponibilità -E se a volte sono troppo dura, sappi che lo faccio per spronarti, perché ho notato anche io quanto sei bravo in cucina- poi mise le mani avanti circa i propri metodi, scompigliando i capelli ricci di Leo con affetto.

Leo pensava di esserle decisamente antipatico, ma era davvero commosso alla nuova consapevolezza di essersi sbagliato, e che al contrario la signora Mildred lo valutava così tanto, perché anche lui stimava moltissimo lei. A differenza dei cavalieri, lei era burbera, sì, ma ai livelli che si sarebbe aspettato dai giudici di Masterchef. Severa ma per incoraggiarlo. L’aveva capito, inconsciamente.

I suoi coinquilini… Leo sperava di non vedere nuovamente un serpente tanto presto.

L’unico che si salvava appena era Alex, ma nel senso che non faceva nulla né contro di lui, né per lui.

-Grazie Mildred… so che siete tutte fantastiche- Leo sorrise alla cuoca, comunque molto toccato dall’interessamento nelle sue condizioni mentali. Mildred gli sorrise rasserenata.

-E cerca di dormire un po’ di più, di notte. Hai due occhiaie tremende- lo incoraggiò poi, osservandogli bene il viso.

Leo si rabbuiò, pensando al suo dormitorio.

-Ci proverò- promise, con sguardo basso. Mildred sembrò capire qualcosa, ma decise di non indagare oltre.

-Bene, ora che abbiamo chiarito, cosa pensavi di fare a pranzo?- chiese, incuriosita dal suo piano.

Leo cercò di riflettere. Allora, doveva fare un dolce che ripagasse i biscotti bruciacchiati, quindi qualcosa che non aveva mai fatto, che riuscisse a fare senza addormentarsi, magari che non c’era neanche bisogno di cucinare… ufff, a Leo non veniva in mente proprio nulla. Se solo avesse potuto bere un caffè…

Caffè…

Dolce…

Che non bisognava cucinare…

EUREKA!!

Leo si illuminò completamente, entusiasta all’idea che gli era appena venuta in mente.

-Ho il dolce perfetto! Ma ho bisogno di caffè, e devo fare la crema al mascarpone, e i savoiardi… se è per un dessert posso prendere i chicchi di caffè, vero?- chiese Leo, speranzoso, e pronto a creare il piatto boomerang più piatto boomerang della storia dei piatti boomerang.

E con piatto boomerang si intende un dolce pensato per la famiglia reale che però avrebbe in realtà giovato a Leo.

Perché per cucinare il tiramisù serviva il caffè, e tutto quello avanzato sarebbe finito dritto dritto nello stomaco di Leo.

-Se è fondamentale per la ricetta suppongo tu lo possa usare, ma cosa sono i savoiardi?- chiese Mildred, confusa.

-Dei biscotti particolari. Li ho già fatti una volta, spero di ricordare bene la ricetta- Leo era grato di avere una buona memoria selettiva, perché questo lo rendeva esperto nel ricordare le ricette, sebbene facesse alquanto schifo quando si trattava di ricordare cose più importanti.

-Ma la prima cosa da fare è il caffè. Posso prendere i chicchi?- Leo guardò Mildred con stanchi occhi adoranti, e Mildred accennò un sorrisetto divertito.

-D’accordo, prendi tutti i chicchi che vuoi. Tanto dovrebbe arrivare un carico di cibi esotici da Fring, in settimana. E i chicchi di caffè e di cacao saranno rimpinguati- gli diede il via libera, intuendo che quello fosse un piatto boomerang, ma concedendogli il beneficio del dubbio a fronte del momento appena condiviso.

-Sei la migliore, Mildy! Grazie mille!- Leo era più sveglio solo al pensiero di bere un po’ di caffè. Mildred storse il naso al soprannome, ma non lo riprese troppo aspramente.

-Mettiti a lavorare adesso! Che hai perso già troppo tempo- lo rimproverò solo, incoraggiandolo a tornare in cucina.

Dopo aver bevuto una tazza di caffè con la scusa di controllare che fosse fatta bene, Leo si sentì per la prima volta da qualche giorno di nuovo sveglio.

Preparò il miglior tiramisù della sua vita!

 

Il pranzo andò parecchio bene, soprattutto grazie al suo tiramisù, che fece sorridere e annuire la regina, che sembrava essersi dimenticata dei biscotti bruciacchiati della colazione.

Leo era anche abbastanza sveglio, grazie al caffè, anche se doveva comunque cercare una soluzione perché dubitava fortemente che sarebbe riuscito a preparare ogni giorno dolci che necessitavano caffè senza rischiare di risultare sospetto o di non far dormire di notte tutti i membri della famiglia reale.

Peccato che non gli venissero idee per affrontare i bulli.

Dato che di solito la sua soluzione era trovarsi un’amica che lo proteggesse.

Ma Giada non c’era…

Al momento aveva circa un’ora di riposo prima di dover preparare i dolci per l’ora del tè, ed era diretto verso il dormitorio con la remota speranza di riuscire a dormire qualche minuto approfittando che i cavalieri fossero in una sezione di allentamento, ma evidentemente anche loro avevano la pausa pranzo, perché nel momento stesso in cui entrò in camera, Lionel, l’unico presente, sguainò la spada.

Leo sospirò e fece dietro front, ma il cavaliere nobile era decisamente ben allenato, perché gli era già arrivato vicino, e aveva chiuso con violenza la porta prima che Leo potesse attraversarla, mettendogli poi la spada al collo.

-Ehi, capisco che mi odi, ma mi sembra che tu stia esagerando- si lamentò Leo, cercando di mantenersi tranquillo.

-Ti sei lamentato con qualcuno?- chiese Lionel, in tono furioso.

Quel tono colpì Leo profondamente, e lo fece impallidire.

Non stava scherzando. Non lo stava minacciando con scherzi che considerava insignificanti (che poi Leo temesse i serpenti era un’altra faccenda, Lionel chiaramente voleva solo intimidirlo normalmente), lo stava seriamente minacciando, con una spada puntata alla sua gola.

Era la seconda volta che Leo aveva una spada puntata addosso, ma era la prima volta che era così intimidito.

-No!- si affrettò a dire la verità -Non ho detto nulla a nessuno! E soprattutto non ho fatto il tuo nome- giurò, alzando le mani e spalmandosi contro la porta.

-Se è vero allora perché il bibliotecario è venuto a chiedermi se c’era qualche problema al dormitorio?- chiese Lionel, ancora più minaccioso.

Leo cadde dalle nuvole.

-Persian?- chiese, sorpreso. Non si aspettava proprio che si mettesse ad indagare, e non gli aveva davvero detto nulla. Solo che era stanco come giustificazione al fatto che non riusciva ancora a fare un inchino decente.

-È Signor Lavoie, per te. E io sono Sir Lionel Vinterberg, non dimenticarlo! Siamo nobili, e tu sei una nullità che verrà gettata via nel momento in cui perderai la tua utilità. Solo perché la regina ha apprezzato un tuo piatto, non significa che ora vali qualcosa. Nessuno sentirà la tua mancanza se sparirai, anzi, probabilmente non se ne accorgerebbero per parecchio tempo o penserebbero che sei semplicemente tornato a fare la spia, quindi se una sola parola prova ad uscire nuovamente dalla tua bocca, sarà l’ultima cosa che dirai mai- lo minacciò Lionel, prendendogli la testa per i capelli e sbattandogliela contro la porta, per far capire il concetto.

-Non ho detto niente a nessuno! So di non valere nulla! Non voglio problemi- insistette Leo, massaggiandosi appena la testa e cercando di non far risalire le lacrime.

Stava vedendo le stelle, e sicuramente gli sarebbe uscito un enorme bernoccolo. Lionel era una persona orribile, ma non era una delle guardie più promettenti a caso. Era forte.

E pericoloso.

-Ecco, tieni la bocca cucita. Da domani ci penserò io ad assicurarmi che tu non vada in giro a sparlare- lo minacciò, dandogli una gomitata sullo stomaco che lo fece crollare a terra, e poi superandolo per uscire dalla stanza.

Leo aveva il respiro affannato, la testa che girava, ed era una vera fortuna che non avesse iniziato a sputare sangue.

Si alzò con una certa difficoltà, con gambe tremanti, e il suo primo pensiero fu di uscire dalla camera prima che Lionel tornasse per finire il lavoro approfittando che fosse solo.

Si appoggiò al muro e si allontanò il più in fretta possibile, cercando un luogo qualsiasi dove ritirarsi per riflettere.

Al momento la biblioteca era il suo ritrovo preferito, ma non voleva assolutamente imbattersi in Persian e rischiare che gli facesse il quarto grado.

Forse il giardino? Non l’aveva visitato molto, ma era grande e pieno di nascondigli, lo aveva osservato attentamente dalla finestra della camera del principe, ogni volta che andava a portargli da mangiare.

Sì, il giardino, doveva raggiungere il giardino, sedersi, respirare, e pensare a cosa fare.

-Che stai facendo?- una voce dura lo fece sobbalzare e irrigidire, e si girò verso la direzione dalla quale proveniva con terrore malcelato. Era Chevel, e si avvicinava minaccioso. Leo non aveva la forza di affrontare anche lui, così si girò nuovamente e provò a scappare, ma il cavaliere fu più veloce, e lo prese per un braccio, fermando la sua disperata fuga.

-Stai per caso facendo qualcosa che non dovresti?- lo aggredì, avvicinandolo a sé, ma sgranando gli occhi e perdendo lo sguardo duro non appena vide le condizioni in cui era, con le lacrime che avevano iniziato a solcargli le guance -Cosa è successo?- chiese, indebolendo la presa ma non lasciandolo andare completamente.

Sembrava sinceramente preoccupato, ma Leo dubitava fortemente che l’avrebbe potuto aiutare. E si odiava per apparire così debole davanti a lui.

-Niente! E se fosse successo qualcosa non lo direi a te!- esclamò, provando a liberarsi il braccio con uno strattone senza successo. 

-Bada al linguaggio!- Chevel indurì lo sguardo e lo tenne ancorato sul posto.

La presa del cavaliere era di ferro anche quando non era stretta al massimo. Se avesse voluto, probabilmente avrebbe potuto spezzare il braccio di Leo senza troppo sforzo.

Leo teoricamente non avrebbe dovuto dargli motivo di farlo, ma come ben sapete, era bravo a scavarsi la fossa e parlare e agire a sproposito.

-E pensare che stavo cercando di essere cortese, invece di mandarti direttamente all’inferno!- esclamò con foga, provando nuovamente a liberarsi senza alcun successo.

Il polso iniziava a fargli male.

Anche se non quanto la testa e lo stomaco.

Chevel sembrava più confuso che offeso.

In effetti lì non avevano l’inferno, o il diavolo, o altri concetti cristiani. Avevano i sette dei.

Che sicuramente odiavano Leo con tutto il loro cuore.

Dopo l’istante di confusione, Chevel scosse la testa, e decise di ignorare la faccenda.

-Ti stavo cercando, ho delle notizie da darti- spiegò, lasciandogli il braccio ma pronto a riprenderlo nel caso avesse tentato di scappare.

Leo decise di ascoltare cosa aveva da dire, anche se voleva ancora scappare il prima possibile ed elaborare un modo per sfuggire a Lionel senza venire ucciso.

Si massaggiò il polso e aspettò qualsiasi cosa Chevel avesse da dirgli, probabilmente qualche ulteriore minaccia perché non erano mai abbastanza da parte dei cavalieri.

Per qualche strano motivo, in presenza di Chevel, iniziò a calmarsi. Era minaccioso, e a Leo non stava simpatico, ma l’aveva inquadrato meglio, e sembrava un cane che abbaia ma non morde.

Non come Lionel.

Brrr, chissà cosa intendeva dicendo che da domani si sarebbe assicurato che Leo non andasse in giro a sparlare.

-Da domani e almeno fino al compleanno della principessa, Lionel sarà la tua guardia personale, ti seguirà ovunque e ti terrà d’occhio- annunciò Chevel, con nonchalance.

Leo si immobilizzò, e lo guardò sperando di aver capito male.

-Cosa?- chiese, in tono acuto.

Chevel fu preso in contropiede dalla sua reazione.

-Lionel sarà la tua guardia del corpo personale per circa tre settimane. Perché, hai qualche problema con lui?- chiese, senza traccia di astio, ma solo con una certa curiosità.

Leo maledisse il suo essere completamente trasparente, perché non riuscì a non impallidire e iniziare a sudare freddo.

-No- mentì, con un sussurro, iniziando ad indietreggiare.

-Leonardo…- Chevel si avvicinò, tentando di indagare.

Ma Leo non voleva la sua preoccupazione. Non voleva la preoccupazione di nessuno. Avrebbero creato solo maggiori problemi.

-Non ho nessun problema. Voglio solo farmi una passeggiata. Mi è concesso fare una passeggiata o ho bisogno di un babysitter?- Leo iniziò ad agitarsi, e indietreggiò più facilmente.

-Un cosa?- Chavel si bloccò, nuovamente confuso dal lessico moderno di Leo.

-Ho solo quaranta minuti di pausa ormai. Posso andare o hai altre notizie da comunicarmi?- tipo che domani mi brucerete sul rogo tanto ormai siamo lì.

-No, nulla…- Chevel lo osservò con una certa preoccupazione, ma non indagò oltre, e fece come se non fosse affatto interessato al dramma di Leo.

A Leo andava alla grande.

-Allora, con permesso, Sir Podbart- Leo cercò di fruttare le lezioni di Persian, e fece un breve inchino in direzione di Chevel, che sembrò parecchio sorpreso dal rispetto mostrato dopo tutta quella strana e agitata conversazione.

-Sì… eh… vai- lo congedò, con un piccolo cenno del capo.

Leo era troppo impegnato a scappare per rendersi conto che, secondo le lezioni di Persian, Chevel gli aveva appena mostrato un rispetto solitamente riservato a persone di ceto sociale simile o vagamente superiore.

Leo era molto sotto rispetto a Chevel, non si sarebbe meritato un cenno di rispetto neanche da un topo di fogna, dato che era al loro stesso livello.

Ma non se ne accorse, e comunque non gli interessava più di tanto quello che pensava Chevel di lui. Voleva solo stare il più lontano possibile da lui e dai suoi cavalieri.

Raggiunse il giardino e si sedette sull’erba nel luogo più isolato che riuscì a trovare, dietro un cespuglio scolpito a forma di drago.

Era davvero molto bel realizzato, anche se Leo non riuscì a goderselo, con tutti i pensieri pieni di panico che gli attraversavano la mente.

Si prese la testa tra le mani, e cercò di riflettere.

Forse se manteneva un profilo basso, non avrebbe attirato l’attenzione e non avrebbe infastidito Lionel con il favoritismo nei suoi confronti.

Magari poteva semplicemente farsi cacciare da lì e dormire.

Ma Leo non amava arrendersi e basta senza lottare.

Anche se in quella situazione non si trattava di affrontare un paio di bulletti, ma dei cavalieri molto più potenti di lui armati di spade taglienti. Era come se nel suo mondo si fosse messo contro la mafia, e non era un protagonista di qualche fiction. Lui se si metteva contro la mafia, finiva con le scarpe di cemento.

Forse lì le scarpe di cemento non c’erano.

Ma era possibile che ci fosse la culla di giuda, e Leo temeva più le torture medievali rispetto a una morte che sì era lenta, ma almeno era definitiva.

Ma non doveva pensare già a quello.

Doveva trovare un modo per conquistare il favore di Lionel.

Forse con un biscotto, o qualche altra prelibatezza. La via per il cuore di un uomo è sempre il suo stomaco.

Ma aveva giurato che nessuno di quei tre avrebbe mai assaggiato un suo cibo, e non voleva andare contro quella promessa.

Ma meglio perdere la dignità che la vita.

Mentre Leo rifletteva, si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro cercando di riflettere meglio.

Si bloccò di scatto quando notò che poco distante, il principe Daryan stava camminando nella sua direzione, parlando distrattamente con Persian. Sembrava molto concentrato.

Voltò la testa nella sua direzione, e per un istante i loro sguardi si incrociarono.

Poi Leo si abbassò di scatto, coprendosi con il cespuglio drago, e iniziò a strisciare il più lontano possibile per evitare che anche il principe lo raggiungesse per chiedergli se andasse tutto bene.

Dubitava che l’avrebbe fatto, onestamente, ma meglio non rischiare.

Ci mancava solo che Lionel lo vedesse che parlava con il principe fuori dall’orario di lavoro.

L’avrebbe davvero ammazzato.

No, no, meglio scappare.

Leo riuscì ad uscire dal giardino e ad allontanarsi il più possibile dal castello, iniziando a perdersi tra gli alberi.

Era ancora nel territorio dentro le mura, quindi non stava facendo nulla di sbagliato, giusto?

Anche se mano a mano che si allontanava sempre di più, iniziò a chiedersi se sarebbe riuscito a tornare in tempo per preparare i muffin al cioccolato che aveva in mente per l’ora del tè.

Forse avrebbe dovuto ripiegare su dei veloci pancakes, anche se ci metteva un po’ a cuocerli. Ma se faceva meno impasto, e li faceva più grandi…

Arrivato nei pressi di un laghetto dall’acqua limpida, Leo decise che era meglio fermarsi, sedersi, e respirare.

Ritornò a riflettere su come risolvere la situazione con Lionel.

Avrebbe avuto bisogno di aiuto, onestamente. Qualcuno di forte ma non troppo che potesse prendere le sue parti con Lionel e che lui ascoltasse.

Ma non qualcuno con cui lamentarsi, ma una persona che potesse proteggerlo costantemente.

Quindi non la famiglia reale, né Persian, né le cuoche.

E sicuramente non Chevel, perché Leo dubitava fortemente che Chevel avrebbe preso le sue parti, anche se avrebbe senza problemi fermato Lionel, essendo il suo diretto superiore.

Ma Leo preferiva morire che chiedere al capo delle guardie un favore, quindi avrebbe dovuto ripiegare su altro.

Magari qualche cavaliere a sua volta.

Non Prankit di certo.

Qualcuno come…

-Tu cosa diavolo ci fai qui?!- chiese una voce molto allarmata, una voce che Leo non riconobbe immediatamente.

Sobbalzò preoccupato, e si girò verso la fonte dalla quale proveniva, ritrovandosi faccia a faccia con un imbarazzato e intento a fare il bagno…

-Alex?- chiese, sorpreso.

L’uomo, con le guance color porpora, cercava di coprirsi al meglio.

Leo ci mise qualche secondo a fare due più due.

Poi si girò di scatto.

Oh… questo poteva aiutarlo.

O condannarlo definitivamente.

 

-Allora, hai scoperto qualcosa?- stava chiedendo Daryan a Persian, passeggiando in giardino, nei pressi del cespuglio a forma di drago.

-Ho trovato solo Sir Lionel, e mi ha detto che Leo si trova bene lì con loro, ma che disturba parecchio la notte- rispose Persian, un po’ incerto -Perché mi ha chiesto di indagare al riguardo, principe Daryan? Crede che le guardie possano averlo preso di mira?- osservò poi, più sottovoce.

Daryan non sapeva bene come rispondere, ed era stato salvato dal farlo dall’inconfondibile testa rossa di Leonardo, spuntata fuori all’improvviso da dietro il cespuglio, che aveva iniziato a fare avanti e indietro chiaramente teso da qualcosa.

Per un secondo incrociò il suo sguardo, poi il cuoco sparì come era comparso.

Daryan non credeva di avergli dato il permesso di uscire in giardino non supervisionato, ma suppose che essendo ormai membro ufficiale dello staff del castello, avesse anche quel privilegio.

Si avvicinò comunque al suo nascondiglio per provare a parlargli e indagare.

-Persian, mi vai a chiamare Chevel? Devo chiedergli una cosa- incoraggiò l’istruttore, che si lamentò un po’ sottovoce circa il “fastidioso cavaliere puzzone” ma eseguì senza obiettare.

Non appena Daryan raggiunse il cespuglio, notò che Leo si stava goffamente trascinando verso la foresta, e il suo tentativo era così poco discreto che non c’era neanche il bisogno di fermarlo dall’andare troppo lontano.

Era oltremodo improbabile che volesse dare informazioni sul palazzo a qualche inviato di Valkrest, o qualche membro del gruppo anti-monarchico.

Probabilmente, vista la sua ignoranza sul mondo, non sapeva neanche cosa fosse il gruppo anti-monarchico.

Lo osservò per un po’ mentre spariva in mezzo agli alberi, valutando se seguirlo e nascondendosi perfettamente quando lui si guardò goffamente intorno per assicurarsi di non essere seguito.

Sembrava davvero voler stare semplicemente solo.

E Daryan aveva notato che da quando i suoi genitori erano tornati, sembrava stare sempre peggio. 

Non che prima stesse bene, dato che ogni giorno era più stanco del precedente, e iniziava anche a sbagliare qualche ricetta.

Daryan non riusciva a capire se fosse solo poco abituato ai ritmi di un palazzo, o se ci fosse qualcosa sotto, ma iniziava ad essere leggermente preoccupato.

…per Opal, ovviamente.

Il cuoco sarebbe stato responsabile del banchetto del suo compleanno, non poteva permettersi di sbagliare e rovinare il buffet.

-Mi cercava, vostra altezza?- Chevel raggiunse il principe e fece un inchino -Che Jahlee la protegga-

-Che Jahlee protegga anche te- rispose distrattamente Daryan, continuando a fissare la direzione dove il cuoco era ormai sparito -Hai notato qualcosa di insolito nel cuoco?- chiese poi a Chevel, senza neanche guardarlo.

E non notando quindi l’espressione preoccupata che aveva raggiunto i suoi occhi.

-Non saprei, a dire il vero. L’ho incontrato poco fa per avvisarlo della sua nuova guardia fissa, e mi sembrava agitato. Forse nasconde qualcosa- provò a supporre Chevel, alzando le spalle senza sapere bene cosa pensare.

A Daryan la faccenda puzzava non poco.

-Chi sarà la sua guardia personale?- chiese, socchiudendo gli occhi.

-Sir Lionel Vinterberg, si è offerto personalmente- rispose Chevel, ricordando con una certa confusione la reazione terrorizzata di Leo a sentire il suo nome, ma senza parlarne a Daryan.

Non gli era neanche sfuggito che camminava con una certa difficoltà, dopo essere uscito dalla camera. Ma non sapeva davvero come interpretare la situazione.

-Tienilo d’occhio senza che lui ti scopra, e non affrontarlo in alcun modo. Poi anticipa il controllo mensile delle camerate, di tutto il palazzo. Evita accuratamente che sembri come se ci fosse stata una soffiata. Controlla semplicemente le stanze come fai sempre- gli ordinò Daryan, pratico.

-Per quale motivo?- chiese Persian, confuso.

-Ci sono due possibilità riguardo al comportamento di Leo: o è davvero una spia nemica, ed è stanco perché passa le notti ad indagare; oppure qualcuno dei cavalieri gli sta facendo passare le pene dell’inferno- spiegò Daryan.

Se avesse dimostrato che il cuoco era semplicemente bullizzato, le possibilità che fosse una spia sarebbero esponenzialmente diminuite.

Altrimenti… beh, poteva anche esserci la terza opzione che fosse solo stanco perché non abituato ai ritmi del palazzo, anche se sembrava un ragazzo pieno di risorse.

-Mi perdoni, principe Daryan, ma… cos’è l’inferno?- chiese Chevel, confuso dal suo modo di esprimersi.

-Nel mondo alternativo dell’ultimo libro che ho letto, è il luogo dove vanno le persone cattive dopo la morte- spiegò Daryan, distrattamente -Lo usano i personaggi con termini colloquiali anche per parlare di torture, o per augurare a qualcuno qualcosa di male- 

Gli isekai erano il suo genere preferito, e il mondo con un solo Dio, il paradiso e l’inferno, che quasi sempre veniva raggiunto dai protagonisti, era davvero affascinante per lui. Aveva imparato molto bene quel gergo così esotico.

Chevel sembrava particolarmente offeso da qualcosa, e iniziò a borbottare insulti tra sé rivolti verso qualcuno che Daryan non capì.

Intuì che fosse probabilmente Persian, dato che era uno dei pochi ad avere conoscenze di quel tipo di libri, anche se non erano i suoi preferiti da leggere.

-Mi occuperò delle camere. Persian… insegna un po’ meglio gli inchini al cuoco, è davvero pessimo- Chevel lanciò una frecciatina contro Persian, salutò con rispetto il principe, e se ne andò.

Daryan riesumò la camminata con un offeso bibliotecario, e cercò di togliersi dalla testa il volto sempre più stanco e distratto di Leo.

Non sembrava neanche lui, senza i soliti splendidi occhi brillanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Capitolo un po’ di passaggio, il prossimo preparerà il terreno per vari colpi di scena che si susseguiranno uno dietro l’altro.

Per il momento l’ostacolo principale sono i bulli.

E Alex… chissà cosa ha scoperto Leo. Qualche teoria?

(Dovrebbe essere ovvio ma vabbè dai).

Prometto che il prossimo capitolo darà più soddisfazioni di questo.

 

 

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Capitolo 7
*** Interessante cliché da scoprire, Alex ***


Interessante cliché da scoprire, Alex

 

Leo si girò immediatamente per offrire al cavaliere un po’ di privacy. Nel frattempo la sua mente stava valutando il più velocemente possibile la situazione.

-Cosa ci fai tu qui?!- ripeté Alex, allontanandosi il più possibile e cercando i propri vestiti abbandonati sulla riva.

Per sua sfortuna, erano proprio accanto a Leo. Il ragazzo sentiva lo sguardo del cavaliere che gli scavava il cranio, ma resistette all’istinto di controllare se fosse vero.

-Stavo solo cercando un luogo dove pensare prima di andare a cucinare per il pranzo!- spiegò, prendendo i vestiti e porgendoglieli sempre senza lanciare neanche un’occhiata.

-Così lontano da palazzo?!- chiese Alex, con tono pieno di giudizio, strappandoglieli dalle mani e uscendo dall’altro lato del lago -Stavi andando al confine per rivelare informazioni ai tuoi superiori spie?!- lo accusò. Leo sospirò.

-Onestamente stavo piuttosto valutando l’idea di scappare da Lionel, che mi ha minacciato con una spada, sbattuto la testa contro la porta e mi ha tirato un pugno nello stomaco- Leo si difese, raccontando i fatti. Probabilmente non avrebbe dovuto farlo per non rischiare che Alex ne parlasse poi con Lionel e lui lo uccidesse, ma dubitava fortemente che il cavaliere volesse raccontare del loro incontro al lago.

Perché chiaramente neanche lui doveva stare al lago.

… o forse sarebbe più corretto dire “neanche lei”.

Perché sì, Alex era una ragazza. Uno dei più antichi cliché in storie fantasy. Leo non ricordava che Giada gli avesse mai detto di una guardia donna che si fingeva uomo, ma forse perché era un personaggio secondario di poca importanza. O forse glielo aveva detto e lui l’aveva scordato. Gli parlava di così tanti libri che faceva fatica a tenere il segno. La sua memoria selettiva non funzionava molto bene su trame che non aveva neanche letto di persona.

-E cosa pensi che io possa fare al riguardo?- chiese la ragazza, ormai rivestita, ma che Leo aveva chiaramente visto qualche istante per come fosse realmente.

-Non sono certo venuto qui per te. Non sapevo che fossi qui. Come ho detto stavo andando alla cieca, e ti ho incontratA per sbaglio- Leo sapeva che la sua vita si sarebbe allungata se avesse finto di non aver capito la verità. Ma la sua vita era talmente di breve durata che forse poteva tentare quel lancio di dadi e sperare che sapere una cosa su Alex gli avrebbe permesso di averla dalla sua parte. Si girò verso di lei e la guardò in tono di sfida.

Poteva minacciarla, o manipolarla…

-Mi stai minacciando, cuoco? Sappi che solo perché sai il mio segreto non tradirò mai la mia lealtà verso la corona- Alex strinse i pugni, pronta a combattere.

Leo alzò le mani e indietreggiò, pentendosi immediatamente del piano.

Perché oltre che chiaramente combattiva, e capace di aprirlo in due solo guardandolo, Alex era anche decisamente spaventata, e le sue mani tremavano appena. 

-Calma, calma! Non ho nessun intento da traditore. Guarda che sono davvero solo un povero cuoco che cerca di sopravvivere, non sono una spia- si difese, abbandonando ogni idea di minaccia o manipolazione.

Non era adatto a quelle cose, era troppo onesto e trasparente per quel tipo di piani.

-Certo, come no. Non crederò neanche per un secondo che tu non voglia usare questa cosa contro di me, ma sappi che…- Alex iniziò un profondo discorso molto sentito sulla sua integrità a lealtà, ma Leo la stoppò subito.

-Guarda, non nego di averci pensato un attimo, ma obiettivamente, se anche provassi a dire il tuo segreto in giro, nessuno crederebbe mai a me, e poi non sono qui per rovinare la vita alle persone. Solo… non so, forse è un po’ ipocrita da parte tua fare tante storie a me perché sono un cuoco uomo quando tu sei un cavaliere donna?- le fece notare, obiettivamente, sedendosi alle radici dell’albero.

-Ipocrita?- chiese Alex, piegando la testa. Sembrava davvero molto confusa, e sospettosa. Non riusciva a credere di non dover più lottare per difendersi. 

E Leo non la biasimava, dato che ogni cliché al riguardo vedeva minacce, shock totale, o momenti di profondità emotiva tra i due personaggi che spesso culminavano in una storia d’amore.

Leo non era interessato alle storie d’amore. Si poteva dire che lui fosse un po’ un anti-cliché in questa situazione.

-Sì, insomma… siamo in una situazione simile, e potremmo aiutarci a vicenda, invece tu preferisci stare dalla parte dei più forti che se conoscessero la verità se la prenderebbero un sacco con te invece di empatizzare con la mia situazione e offrirmi un minimo supporto emotivo- spiegò Leo, rendendosi poi conto di come Alex avesse avuto un’ottima idea per sopravvivere.

Avrebbe dovuto fingersi una donna fin dall’inizio e basta. Una parrucca, delle fine tette, e passava ogni discriminazione.

Peccato.

-Non ti biasimo, eh… effettivamente è comprensibile, ma insomma…- aggiunse, sedendosi abbattuto contro il tronco dell’albero che aveva vicino -…essere preso di mira da Lionel sta iniziando a diventare insopportabile- si lamentò, seppellendo il volto tra le braccia e ricominciando a pensare ad un modo per salvarsi ora che il suo biglietto di salvezza che sembrava essere stato offerto da Jahlee in persona era andato a farsi benedire.

Alex lo fissava completamente impietrita sul posto, sconvolta dalla natura arrendevole e dai paroloni strani utilizzati da quello che fino a pochi secondi prima credeva sarebbe diventato il suo nemico giurato numero uno.

E che invece sembrava solo un ragazzo stanco morto preda di persone che non avevano alcun motivo o diritto di prendersela con lui.

Si avvicinò lentamente.

-Non lo dirai a nessuno?- chiese, per essere sicura.

-Nah, questo segreto morirà con me… e penso che morirò molto presto, con Lionel come guardia del corpo personale- solo l’idea lo fece rabbrividire. Era terrificante pensare di essere accompagnato da lui ovunque andasse.

Già gli bastava doverci dormire insieme.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, nei quali Alex non smise un secondo di fissarlo, come se lo vedesse per la prima volta.

Poi Leo sollevò la testa verso di lei.

-Posso chiederti un piccolo favore, però?- chiese, un po’ incerto.

Lo sguardo del cavaliere si indurì. Eccolo lì l’intoppo. Le avrebbe chiesto di difenderlo da Lionel, pena la rivelazione del segreto. Una piccola voce avrebbe potuto fare davvero molto. E la sua vita sarebbe stata rovinata, quindi doveva necessariamente aiutarlo e…

-Mi diresti da che parte è il castello? Perché sono in mega ritardo per l’ora del tè e mi sono completamente perso- la richiesta di Leo però si rivelò la più semplice e innocente del mondo.

Con quegli occhi sinceri e stanchi. Il fisico mingherlino, probabilmente non era neanche maggiorenne (lo era eccome, ma mezzo castello pensa abbia sedici o diciassette anni)…

-Stamattina ho bruciato dei biscotti e non voglio fallire un altro dolce. La principessa non se lo merita, e la regina è davvero tanto selettiva- continuò Leo, preoccupato all’idea di deludere le aspettative.

…sembrava leale ai reggenti, era chiaramente cotto della principessa (di nuovo, è quello che pensa Alex, poverina, ha frainteso molto)…

-Secondo te Lionel mi lascerà vivo abbastanza da cucinare per il compleanno della principessa? Perché vorrei davvero fare del mio meglio- continuò Leo, cambiando discorso, e con sguardo timoroso.

…aveva un’ottima etica professionale e sembrava solo voler cucinare.

Alex sbuffò.

-D’accordo!- acconsentì, irritata.

-Wo, non ti ho chiesto di accompagnarmi, basta solo che mi dai indicazioni…- Leo alzò le mani, sorpreso dalla veemenza del cavaliere.

-Parlerò con Lionel in modo che scambi di posto con me per essere la tua guardia personale, e fingerò di prendermela con te in modo che lui smetta. Poi elaboreremo una strategia migliore. Ora seguimi, prima che si accorgano tutti della tua assenza!- Alex lo rimise in piedi di peso, e lo precedette nella foresta, dritto verso il castello.

Sembrava davvero arrabbiata, come se Leo l’avesse costretta a prendere le sue parti.

Ma Leo non aveva fatto assolutamente nulla.

-Non devi se non vuoi, guarda che non lo dirò a nessuno che sei una ragazza, lo giuro- invece di accettare il salvagente, Leo provò a rispedirlo al mittente, per mettere in chiaro che fosse una brava persona.

E appurato che sì, quel cuoco era una brava persona, Alex prese il salvagente e glielo mise addosso senza dargli più possibilità di scampare alla sopravvivenza.

-Lo so, è questa la parte peggiore! Non vivrei con me stessa se ti succedesse qualcos’altro. Ora seguimi!- lo prese per il polso, e iniziò a trascinarlo verso il castello.

Leo non capì da dove le venisse questo cambio di idee, ma alla fine decise di accettarlo.

-Figo, grazie. Ti devo un favore- le sorrise, e la seguì come un cagnolino fedele.

-Beh… potresti rimangiarti la promessa e farmi assaggiare uno dei tuoi dolci?- propose Alex, a bassa voce, ricordando la minaccia che Leo aveva fatto ai compagni di stanza il primo giorno.

-Oh, ma certo! Se stanotte riesco a dormire, ho intenzione domani di cucinare i più particolari biscotti mai fatti nella mia vita, e prometto che uno di quelli sarà tutto per te- le assicurò Leo, incoraggiante.

Alex non trattenne un sorrisino estremamente soddisfatto, mentre lo guidava nel labirinto di alberi, cespugli e massi che percorreva costantemente per lavarsi senza che nessuno scoprisse il suo segreto.

Probabilmente sarebbe stata presto felice che Leo l’avesse scoperto.

 

Il giorno successivo, Leo aveva dormito per la prima volta da quando era finito in quel mondo. Non era pieno di energie come avrebbe voluto, ma lo era abbastanza da riuscire a tenere gli occhi aperti per più di un minuto di fila, quindi lo considerava una vittoria assoluta.

Lionel si era bevuto il fatto che Alex lo avrebbe sostituito non solo come guardia ma anche come bullo, ed era stato così soddisfatto da non tentare niente quella notte. Leo non aveva ancora un materasso, ma Alex gli aveva restituito le coperte di nascosto, ed erano state un aiuto non indifferente.

Era sorpreso di aver trovato un alleato nella cavaliera, ma non se ne lamentava affatto, ed era intenzionato a sdebitarsi con i dolci migliori che avesse mai fatto.

-Allora, signora Mildred, che ne pensa?- Leo mostrò con estremo orgoglio l’impasto per i biscotti che aveva intenzione di cucinare per la colazione. L’intera famiglia reale si sarebbe messa a tavola, quindi Leo doveva fare un buon lavoro.

-Sembra un veleno pericoloso, è orrendo, brutto da vedere, e non ho la minima intenzione di permetterti di cucinare questi biscotti- rispose Mildred, fulminandolo con lo sguardo.

-Ma come?!- Leo fece i suoi più riusciti occhi da cucciolo che comunque non erano granché riusciti, e osservò l’impasto chiedendosi cosa ci fosse di orribile in esso.

Beh… sembrava un mappazzone, in effetti. Ma non lo era! Era un impasto dei colori dell’arcobaleno, ma aveva usato tutti ingredienti naturali, dai colori brillanti, e dal sapore si sperava ottimo e deciso.

Leo aveva sperimentato parecchio nel suo mondo quel tipo completamente originale di biscotti, cercando di non usare coloranti strani. In quel mondo i coloranti neanche c’erano, e per la prima volta l’impasto gli piaceva davvero un sacco.

-Sembra un’accozzaglia di ingredienti presi a caso solo per ottenere una colorazione particolare. Non credo proprio che il sapore sarà all’altezza- obiettò Mildred, poco aperta di mente.

-Fammi almeno provare. Se poi non funziona faccio le crepes. Il re e la regina non le hanno mai assaggiate, e ci metto poco a cucinarle. Sarebbe un peccato buttare l’impasto ormai pronto- cercò di convincerla, continuando con i suoi occhi da cucciolo.

-Oggi sei particolarmente combattivo- osservò Mildred, che ormai era abituata a vederlo più morto che vivo.

Sospirò, e alla fine cedette.

-Tanto sei l’assaggiatore reale- borbottò, dandogli il via libera.

Leo improvvisò un balletto della vittoria, e si affrettò a preparare le teglie da infornare.

Anna gli si avvicinò curiosa.

-Cosa sono esattamente?- chiese, osservando lo strano colore dell’impasto.

-Rainbow cookies- rispose Leo, pronto, e orgoglioso.

Erano il suo piatto forte. Era convinto che con questi biscotti avrebbe conquistato definitivamente tutti quanti.

…o almeno ci sperava.

E poi l’arcobaleno lo rappresentava completamente.

-Figo!- esclamò Anna, con occhi brillanti -Hai sempre un sacco di idee- si complimentò, dandogli una pacca affettuosa sulla spalla.

-Il tempo passa, Leonardo. Dovresti sbrigarti- una voce interruppe il flirt che Leo non aveva neanche notato. Alex gli era attaccata come un’ombra, e sembrava studiare ogni sua interazione e reazione da quando era stata ufficialmente assegnata come sua guardia personale.

-Giusto! Oh, Anna, mi puoi accendere il forno?- chiese Leo all’amica, che si affrettò ad eseguire, lanciando un’occhiata un po’ irritata in direzione di Alex, che sorrise tra sé, soddisfatto dall’averli interrotti.

O biscotti non ci misero molto a prepararsi, e con grande gioia di Leo, una volta fuori dal forno avevano mantenuto i loro colori brillanti. Non erano esattamente arcobaleni, ma per darvi un’idea di come erano distribuiti i colori, immaginatevi una bolla di sapone. Il colore era distribuito più o meno in quel modo lì.

Ed era oggettivamente molto artistico da guardare.

Il tempo di fare raffreddare i primi, e Leo si affrettò ad assaggiarne uno, sperando fosse esattamente come se lo immaginava.

E il sapore era indescrivibile… e perfetto. 

-Evvai! È esattamente come speravo!- esclamò Leo, improvvisando un altro ballo della vittoria molto più sentito, e prendendone un altro che offrì ad Alex, con un grande sorriso.

Il cavaliere lo prese con estrema esitazione.

-Forse non è il caso di mangiare cibo destinato alla famiglia reale- osservò, cercando una scusa per non mangiare i biscotti strani, e pentendosi di avergli chiesto di fargli assaggiare qualcosa.

Lei voleva un pezzo di torta, o una crepes, non un biscotto arcobaleno.

-Non lo diremo a nessuno! Sarà il nostro piccolo segreto- la incoraggiò Leo, con un occhiolino e uno sguardo così puro che Alex non riuscì a rifiutarsi ulteriormente, e prese il biscotto, senza sapere che sapore aspettarsi.

Leo attendeva in ansia il feedback, e subito dopo aver preso il primo morso, il volto del cavaliere mutò completamente, diventando una maschera di pura adorazione.

Finì il resto del biscotto in pochi istanti, e guardò Leo con occhi da cucciolo, sperando gliene desse altri.

Leo era già pronto a offrirgliene un altro, super soddisfatto per la reazione, ma proprio in quel momento sopraggiunse Mildred, per controllarli prima di servirli alla famiglia reale.

-Fammi assaggiare. Non posso permettere che del cibo incongruo venga servito a…- mentre faceva la sfuriata, la cuoca assaggiò il biscotto, e si ammutolì immediatamente.

-Allora?- chiese Leo, agitando metaforicamente la coda in attesa del responso. 

-Vai a servire. In fretta perché stanno aspettando- disse solo, senza degnarlo di una risposta.

Ma il lasciapassare era un segno evidente che apprezzasse i biscotti, così Leo sogghignò soddisfatto tra sé e preparò il vassoio più elegante possibile, per poi uscire con la massima professionalità, anche se non riusciva ancora ad imparare quel maledetto inchino da fare ai regnanti.

-Cosa ci hai portato quest’oggi?- lo accolse la regina, curiosa, sporgendosi verso di lui e aggrottando le sopracciglia alla vista del colore innaturale dei biscotti (ottenuto con ingredienti naturali, Leo ci tiene a sottolinearlo).

-Wow, sono bellissimi!- esclamò la principessa, quasi alzandosi sulla sedia per seguirli meglio con gli occhi.

-Vi offro i Rainbow Cookies, il titolo della fanfiction, e mia ricetta completamente originale- Leo porse il vassoio sul tavolo e accennò l’inchino più profondo che riuscì a fare senza cadere di faccia.

Perse l’equilibrio e rischiò di cadere di faccia, ma venne prontamente afferrato da Alex, che lo aveva seguito e lo rimise in piedi.

Il principe fu il primo a prendere un biscotto, scansando la mano della sorella, e lo offrì a Leo, come sempre, per controllare che non fosse avvelenato.

Con un ulteriore inchino, Leo lo prese, e lo mangiò di gusto. 

Sì, quello era il suo capolavoro culinario, senza ombra di dubbio!

Strano che il suo piatto più buono sia realizzato solo al settimo capitolo, ma vabbè, questa non è una storia incentrata sui successi culinari di Leo.

…beh, in realtà dovrebbe esserlo, ma dettagli.

Una volta appurato che i biscotti non erano avvelenati, Daryan diede l’okay a sua sorella di prendere un biscotto, e uno alla volta tutti i membri della famiglia reale assaggiarono il capolavoro di Leo, che non vedeva l’ora di vedere i loro volti e sapere cosa ne pensassero.

-Wow, che sapore deciso!- commentò per primo il re, annuendo con la testa e prendendo un altro paio di biscotti.

-Decisamente una spanna sopra ogni biscotto che io abbia mai mangiato. Hai recuperato il disastro di ieri- lo seguì a ruota la regina, con un sorriso nella sua direzione.

-Leo! Ti sei superato! Questi sono i biscotti migliori dell’universo! Dary!!! Hai assaggiato?! Devi assaggiare bene! Sono meravigliosi!- la reazione più entusiasta arrivò come sempre dalla principessa, che iniziò a saltellare sulla sedia e prese quanti più biscotti possibili.

Leo era estremamente soddisfatto del proprio operato, e non gli serviva ulteriore feedback, anche se non riuscì a trattenersi dal lanciare un’occhiata speranzosa nei confronti del principe, che poco convinto aveva assaggiato a sua volta, e poi si era completamente irrigidito, e fissava il biscotto come se gli avesse fatto un torto personale.

Forse era un gusto che non apprezzava? Era particolare, dopotutto.

Leo si aspettava che commentasse negativamente, nella peggiore delle ipotesi che sputasse tutto, anche se era un comportamento poco regale, ma mai nella vita si sarebbe aspettato che il principe si alzasse dal tavolo con veemenza, prendesse l’intero vassoio di biscotti, impedendo alla sorella di prenderne altri, e si avviasse fuori dalla stanza senza dire nulla.

Ed evidentemente non se lo aspettavano neanche i membri della sua famiglia, perché rimasero sconvolti quanto Leo, e ci misero qualche secondo a riprendersi.

-Dary?- la principessa si portò le mani al volto, sorpresa.

-Daryan!- suo padre provò a richiamarlo, confuso.

La regina sospirò e lo seguì, per cercare di capire il motivo del suo gesto inconsulto.

Leo rimase immobile in attesa di indicazioni, passarono parecchi minuti di silenzio di tomba.

Poi la regina tornò, esasperata, e si risedette al tavolo.

-Daryan ha intenzione di andare al tempio. E non vuole restituire i biscotti, teme siano stregati- spiegò, trattenendo a stento un sorrisino.

Leo non ci vedeva niente da ridere.

-Cosa?!- chiese, impallidendo, e iniziando a temere che lo torturassero per davvero, o lo condannassero al rogo per stregoneria.

La morte al rogo era una di quelle che lo spaventavano di più. Sembrava estremamente dolorosa.

Beh, aveva sempre il tempo di andare in camera, provocare Lionel, e sperare che lo finisse con un semplice colpo di spada.

Oh, poteva chiedere il favore ad Alex, ora che ci pensava.

-Non temere, non crediamo ci sia nulla di male nei tuoi biscotti. Piuttosto, hai un’alternativa da proporci, ora che il piatto forte della nostra colazione è letteralmente scappato via?- lo rassicurò la regina, per poi chiedergli un altro dolce da fare in quattro e quattr’otto.

Leo annuì in fretta, e fece un altro inchino perché meglio abbondare che deficere.

-Certamente, mia regina. Vado subito a preparare delle crepes. Dovrebbero essere pronte tra una decina di minuti- promise, avviandosi poi in cucina.

-Sììì, adoro le crepes! Sono le mie preferite!- esclamò la principessa, ormai non più turbata, battendo le mani con gioia.

Aww, era così adorabile.

Leo cercò di preparare le crepes migliori della sua vita, anche se, a differenza della principessa, lui era rimasto piuttosto turbato. Chissà che problemi aveva avuto il principe con i suoi biscotti.

 

-Com’è possibile che tu sia ancora così pessimo negli inchini?!- si lamentò Persian nel momento stesso in cui Leo entrò in biblioteca per la sua lezione quotidiana di etichetta, con un inchino rivolto verso il bibliotecario per salutarlo.

-È un piacere per me vederla, che Laasya la protegga- rispose Leo con la massima eleganza.

-Facciamo una cosa, oggi la lezione sarà completamente basata sugli inchini, sia in maniera teorica che pratica. Non te ne andrai da qui finché non saprai alla perfezione ogni singolo tipo di inchino…- Persian era davvero determinato a rendere il pomeriggio di Leo, libero in quanto quella sera non era richiesto alcun dolce, il più tedioso possibile, ma Leo dopo qualche giorno aveva imparato come conquistarsi il suo favore.

-Le ho portato dei muffin avanzati dall’ora del tè- annunciò, tirando fuori da non si sapeva dove due muffin estremamente abbelliti, che porse al bibliotecario con un gran sorriso. Quest’ultimo si addolcì immediatamente.

-…che necessiti tu di imparare. Non ogni singolo tipo di inchino in generale, graze per i dolci- fece dietro front sulla sua dichiarazione, e prese con occhi brillanti i suoi dolci preferiti, che iniziò immediatamente a mangiare.

-Prima di cominciare, posso farti una domanda, Persian?- Leo si sedette su un divano, e aspettò che il bibliotecario finisse di mangiare prima di importunarlo con la sua curiosità.

-Va bene, purché non sia troppo lunga da spiegare, o riguardi fatti interni a palazzo- Persian diede la propria disponibilità, ma lanciò un’occhiata sospettosa in direzione del cuoco.

Leo iniziava ormai abituarsi al sospetto, quindi quasi non ci fece caso.

-No, è una cosa molto generale. Come fanno al tempio a capire se un oggetto è stregato?- chiese, preoccupato per i propri dolci. Magari potevano indovinare che a farli era qualcuno di proveniente da un altro mondo, e potevano accusarlo di stregoneria anche se Leo non aveva niente a che fare con qualsiasi cosa l’avesse trasportato lì.

Magari arrivando lì era diventato magico e aveva stregato i suoi dolci senza accorgersene. Non sapeva neanche che la magia esistesse, in quel mondo. Pensava ci fossero solo le divinità.

-Uh? Perché una domanda del genere?- chiese Persian, molto allarmato.

-Il principe vuole far analizzare al tempio i miei biscotti- spiegò Leo, intimorito.

-Oh, davvero? Strano. Comunque l’alta sacerdotessa più percepire ogni sorta dai magia all’interno di qualsiasi cosa. Non so come faccia, ma la magia è rara, e di solito è conferita da artefatti o benedizioni divine. Se non hai usato alcuna magia volontariamente non hai nulla da temere- lo rassicurò in tono però pieno di minaccia.

Leo tirò un sospiro di sollievo.

-Allora non ho niente da temere. Sono pronto ad inchinarmi, maestro!- Leo si alzò pieno di energie e molto più rassicurato, e fece un inchino molto profondo a Persian, che scosse la testa e tornò in veste di insegnante.

-No, no, no, è tutto sbagliato! Ti inchini troppo profondamente, sono solo un nobile! Ricominciamo dalla base… Innanzitutto non devi inchinarti ogni volta che ti rivolgi a qualcuno, ma solo, come posso dirlo in termini semplici? Entri in una stanza, devi salutare qualcuno, quindi ti inchini. Magari non interagisci per un po’ con questa persona, ma restare nella stessa stanza, non devi inchinarti ogni volta che ti rivolgi a quella persona. Poi devi uscire dalla stanza, allora ti inchini nuovamente, ed esci, perché non vi rivedrete più- spiegò Persian, come se stesse parlando ad un bambino molto piccolo.

-Oh, quindi è un buongiorno e un arrivederci. Capito- annuì Leo, comprendendo perfettamente.

Persiano piegò la testa, dando prova che questa volta era lui a non aver capito, ma decidendo di dare a Leo il beneficio del dubbio, e continuando.

-Ci sono tre tipi di inchini che devi assolutamente imparare, che sono un obbligo per le persone del tuo ceto sociale e con il tuo incarico. Allora… aspetta, ti faccio vedere- Persian lo prese per le spalle e lo fece nuovamente sedere, in modo che potesse vedere bene ciò che faceva lui.

-L’inchino profondo…- il bibliotecario mise una mano sul petto all’altezza del cuore e l’altra dietro la schiena, un piede più avanti e l’altro indietro, e si inchinò quasi a novanta gradi, abbassando lo sguardo senza guardare il soggetto immaginario negli occhi. Era l’inchino che Leo faceva più o meno sempre con tutti… molto male però. Cercò di imitare la posizione delle mani, anche se era un po’ complicato per lui.

-Questo inchino va effettuato solo ed esclusivamente con i membri della famiglia reale, e con i santi, ma non ci sono santi in questo momento nei sette regni. Bada bene, ogni famiglia reale, non solo quella che servi tu. Quindi al ballo in onore della principessa, ricorda di inchinarti profondamente anche con i reggenti degli altri regni, nel caso dovessero rivolgerti la parola. Spero per il buon nome dei Lindberg che non lo facciano.

-Okay… ho capito. L’inchino profondo è per le famiglie reali… anche cugini o parenti lontani?- chiese Leo, per essere sicuro.

-Solo cugini prossimi, non di secondo grado- rispose Persian, pratico.

-Okay… capito- Leo se lo segnò mentalmente, pentendosi di aver detto di non saper scrivere perché gli avrebbe fatto comodo prendere appunti alle lezioni di Persian.

-Ora imita l’inchino, finché non lo impari- l’istruttore lo incoraggiò ad alzarsi, e Leo passò almeno un’ora a provare e riprovare l’inchino cercando di imparare completamente i movimenti.

Alla fine Persian, non completamente soddisfatto, decise comunque di passare a quello successivo.

-Poi c’è l’inchino medio- riprese la posizione di prima, solo che invece di avere la mano davanti al cuore, aveva il braccio intero davanti al petto, parallelo al braccio dietro. Questa volta si inchinò di appena 45 gradi.

-Capisco. Questo quando lo devo usare?- chiese Leo, segnandosi bene la posizione delle braccia.

-Con tutti i nobili, ovvero chiunque abbia un cognome. E ovviamente con i semidei. Potresti imbatterti in qualcuno di essi al ballo della principessa. Li riconoscerai immediatamente. E si usano anche con gli alti sacerdoti, ma dubito ne incontrerai mai qualcuno. In questo castello l’inchino medio lo devi utilizzare con me, Sir Lionel, Sir… Chevel… hai capito il tipo?- spiegò Persian, roteando gli occhi nel nominare Chevel.

-Sì, ho capito. Ma non tutti i cavalieri sono nobili, giusto? Con gli altri devo inchinarmi?- chiese Leo, dando prova di essere molto attento quel giorno.

Merito del sonno recuperato.

-Non un inchino medio, a meno che non siano nobili. Alcuni cavalieri fanno parte della terza tipologia di inchino, ma ne parleremo dopo. Voglio che tu ti eserciti con l’inchino medio. Non puoi rischiare di sbagliare. È un segno profondamente irrispettoso nei confronti di un sovrano inchinarsi profondamente ad un semplice nobile. Quindi devi avere ben chiara la differenza pratica-

Leo non era un grande atleta, ma circa mezzora dopo, aveva perlomeno capito le differenze di base.

-Bene, bene. Ora passiamo alla terza tipologia di inchino, la “testa bassa”. Non è un vero e proprio inchino, perché non richiede un movimento del corpo, ma solo un cenno della testa, e un leggero inarcamento delle spalle. Questo inchino ha diversa funzione a seconda del tuo ceto sociale, ma dato che tu sei un popolano, tutto ciò che devi sapere è che nessuno dovrà mai inchinarsi così a te, ma tu dovrai utilizzarlo verso persone del tuo stesso ceto sociale, che però sono sopra di te nella gerarchia lavorativa. Per esempio, devi sempre inchinarti a Mildred in questo modo. Perché lei è del tuo stesso ceto sociale, ma è gerarchicamente superiore a te in quanto cuoca principale. E devi inchinarti in questo modo a tutti i cavalieri tranne le reclute. Le reclute sono del tuo stesso ceto sociale, dato che sei un apprendista. Ti dovrai inchinare anche a sacerdoti e membri della chiesa. Ti è chiaro il concetto?- chiese Persian, stanco, e sperando di non doverlo ripetere.

-Sì, chiarissimo. D’ora in poi mi ricorderò sempre di inchinarmi a Mildred, e smetterò di inchinarmi a Prankit perché è solo una recluta. Buono a sapersi- e pensare che lo trattava sempre come se fosse molto superiore a lui, quando invece erano allo stesso livello. Che spreco di pessimi inchini.

-Ti chiedeva di inchinarti?- chiese Persian, preoccupato.

Leo si affrettò a negare.

-No, sono io che mi inchinavo con tutti perché pensavo di essere la persona più in basso nella scala sociale e gerarchica in questo castello- rispose, con un depresso sorriso tutto denti, che fece preoccupare ulteriormente Persian.

-Beh, è vero, ma non sei l’unico. Anzi, quando inizierai a lavorare come coordinatore del buffet per il ballo in onore della principessa, tutte le persone ai tuoi comandi dovranno inchinarsi a te con la “testa bassa”- spiegò Persian.

Leo rabbrividì al pensiero. Non si immaginava nessuno inchinarsi a lui. Era solo un cuoco, dopotutto.

Si appuntò mentalmente di dire almeno ad Anna, Mary e Jane di non farlo mai, e iniziò a provare la terza tipologia di inchino, molto più facile, per sua fortuna.

Per la prima volta da quando aveva iniziato le lezioni con Persian, gli sembrarono davvero interessanti.

Probabilmente perché per la prima volta era abbastanza sveglio mentre le seguiva.

Lentamente iniziava a prenderci la mano con tutta quella faccenda.

 

-Allora, sono stregati, vero?- dopo l’intera giornata passata tra il viaggio verso il tempio, e l’attesa che l’alta sacerdotessa lo ricevesse e analizzasse i suoi biscotti, il principe Daryan era finalmente pronto a ricevere la ovvia risposta alle sue indagini. Alla fine aveva finalmente capito cosa ci fosse di strano in quel cuoco, perché si era completamente tradito con quegli strani biscotti.

Per un istante stava quasi per cadere in trappola, ma Daryan non era uno sprovveduto, e aveva promesso a sé stesso che mai più si sarebbe fatto traviare dal cibo, quindi era riuscito a resistere all’incantesimo, ed ora era pronto a ricevere conferma dei suoi dubbi.

Era molto soddisfatto da sé stesso.

L’alta sacerdotessa gli si avvicinò in con aria sacrale, pronta a condividere la sua estrema saggezza.

E sicuramente a confermare i dubbi di Daryan.

Insomma, non c’erano altre spiegazioni, dopotutto.

-No, affatto. Sono i dolci meno stregati che io abbia mai mangiato in vita mia! Ma sono un’ottima offerta per Jahlee, quindi se in futuro ne vorrà portare altri, il tempio accetterà di buon grado l’offerta- l’alta sacerdotessa lo stupì non poco con la sua diagnosi.

-È sicura?! Non è possibile che siano dolci normali! Sono troppo buoni. Hanno sicuramente un incantesimo di controllo mentale- obiettò Daryan, osservando i biscotti avanzati con odio. Ne voleva mangiare un altro, ma non poteva rischiare.

-Si fidi, principe Daryan, non c’è niente che non vada in questi biscotti. Ma chiunque li abbia fatti, è un genio della cucina. Ho chiesto a Jahlee in persona, e mi ha confermato che non c’è nessun incantesimo al loro interno… e che li apprezza moltissimo come offerta- spiegò l’alta sacerdotessa, adocchiando i biscotti a sua volta.

Daryan ci mise qualche secondo a convincersi, poi gli porse tutti quelli avanzati (tranne uno che prese per sé) come offerta verso Jahlee.

-Posso fare un’altra domanda?- voleva approfittare, ora che era lì, per chiedere ciò che lo premeva da quando quell’affascinante cuoco era entrato di prepotenza nella sua vita, rovesciando ogni sua sicurezza con la forza di un tornado.

-Certamente, chieda pure tutto ciò che vuole, principe Daryan, e interrogherò Jahlee al riguardo- si offrì l’alta sacerdotessa, mangiando nel frattempo uno dei biscotti con occhi che brillavano… letteralmente… evidentemente era già in contatto diretto con il dio delle pietre preziose.

-Leonardo… il cuoco… è pericoloso, per il regno?- chiese il principe, preoccupato.

Gli dei raramente replicavano ai quesiti degli uomini con risposte chiare e concise, quindi il principe si aspettava un enigma che ci avrebbe messo giorni, se non settimane, o addirittura mesi a risolvere.

Qualche frase misteriosa, piena di sensi sconosciuti, e mistici suggerimenti. Dopotutto gli dei conoscono ogni cosa, ma non cambiano ciò che è già scritto nel destino.

Daryan si aspettava di ricevere, comunque, una qualche perla di saggezza da preservare nel proprio cuore e nella propria mente.

Non si sarebbe mai immaginato la risposta che invece ottenne, da una voce profonda e divertita che parlò attraverso l’alta sacerdotessa che stava possedendo in quel momento.

-Guarda, io mi sto divertendo un mondo a vedere come va questa storia, quindi mi dispiace ma non ti darò risposte. Però, ti prego, mandami altri biscotti. Questo tipo è proprio bravo!- 

Daryan lasciò il tempio profondamente turbato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Siamo arrivati al titolo della fanfiction! E come si poteva immaginare, i Rainbow cookies sono il piatto preferito di Daryan, la cui corazza si sta lentamente sfasciando dolce dopo dolce.

E poi si è scoperto che Alex è in realtà una donna sotto copertura, lo avevate capito?

Devo dire che la scena dove Leo è normalissimo e Alex si convince completamente da sola ad aiutarlo mi ha fatto morire dal ridere scriverla.

Anche se mai quanto la scena finale con Daryan, l’altra sacerdotessa, e Jahlee, che a quanto pare esiste davvero.

Mmmmm, chissà quanto sarà importante.

Il prossimo capitolo sarà una bomba, non vi dico altro, e spero che la storia continua a piacervi. Non sto ricevendo molto feedback, quindi non lo so. Forse in un prossimo capitolo metterò un altro sondaggio per capire che punti posso rafforzare.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 8
*** Sono traumatizzato a vita!! ***


Sono traumatizzato a vita!!

Erano passati alcuni giorni da quando Leo aveva cucinato i Rainbow Cookies, e il principe era scappato al tempio.

Grazie al cielo quando era tornato non l’aveva fatto uccidere o imprigionare, quindi, anche se Leo non aveva la più pallida idea di cosa fosse successo, lo considerava un buon risultato, e la sua vita a palazzo era continuata immutata.

…beh, non proprio immutata.

Perché le cose iniziavano ad andare decisamente meglio. Con le cuoche i rapporti andavano sempre più alla grande, e stava imparando un sacco. Lionel aveva iniziato a lasciarlo in pace da quando Alex era la sua guardia personale, e le lezioni di Persian cominciavano a dare i loro frutti, rendendo Leo anche più apprezzato dalla famiglia reale.

Apprezzato era anche stato quando aveva colto l’occasione per cucinare la pasta fresca italiana, e la regina l’aveva davvero apprezzata e aveva ordinato di tenere lezioni private con tutte le cuoche così che potessero replicarla e renderla un’abitudine.

Leo non vedeva l’ora di perfezionare la ricetta degli gnocchi per introdurre il giovedì gnocchi a palazzo reale.

Sarebbe stato esilarante!

Insomma, la vita a palazzo, dopo le iniziali difficoltà, iniziava ad andare piuttosto bene, nonostante la mancanza di sua madre e sua sorella iniziasse a farsi sentire. Ma non poteva cambiare la sua situazione, quindi era meglio abituarsi e accettare i miglioramenti che giungevano nella sua direzione.

E un enorme, incredibile miglioramento giunse quella mattina, appena svegliato nel suo giaciglio fatto con una sola coperta al quale iniziava ad abituarsi.

Perché neanche il tempo di finire di vestirsi, che la porta del dormitorio si aprì, facendo entrare Chevel.

Non lo vedeva da un po’, dato che ora era Alex a scortarlo sempre in giro, e francamente avrebbe preferito non vederlo ancora a lungo.

-Ispezione delle camerate a sorpresa!- annunciò il capo dei cavalieri. Lionel, Alex e Prankit si misero immediatamente sull’attenti, davanti ai letti, come in un campo militare.

Leo fu molto più lento. Dopotutto non era un cavaliere, ma un cuoco. Probabilmente quell’ispezione aveva poco a che fare con lui.

Chevel cominciò da Alex, e Leo le fece un discreto cenno di incoraggiamento, che lei colse e a cui rispose con un leggerissimo sorriso quasi impercettibile.

Il rapporto tra i due era migliorato parecchio da quando avevano iniziato a passare ogni momento insieme.

-Letto impeccabile, comodino ordinato, vestiti a posto… fai vedere la spada- Chevel incoraggiò la ragazza a mostrare l’arma in dotazione, e Alex eseguì con movimenti molto precisi.

-Bene, perfettamente affilata. Ottimo punteggio- Chevel le fece un cenno di approvazione, e lei rispose con un inchino medio.

Poi Chevel passò a Lionel, che stava lanciando a Leo occhiate affilate, come se quella visita a sorpresa potesse essere colpa sua.

Ma Leo non si era lamentato con nessuno. E poi Alex gli aveva detto che già altre camerate erano state visitate, negli ultimi giorni. Non erano certo un caso isolato.

-Armatura e spada sono a posto, il letto è fatto malissimo! Rifallo immediatamente- Chevel indicò l’ammasso di coperte sopra i due materassi, ma non disse molte parole, prima di passare a Prankit.

-Non ci siamo! Sembra che ti sia appena svegliato! Corri immediatamente a prepararti meglio, rifai il letto, e leva tutta quella roba in giro!- Chevel iniziò a rimproverare Prankit, con tono autoritario e una certa veemenza.

Leo era sempre più convinto che con lui fosse quasi gentile, perché era davvero minaccioso quando riprendeva i suoi sottoposti.

Ma dato che Prankit se lo meritava, Leo sogghignò sotto i baffi, soddisfatto dalla strigliata.

Ma aveva riso troppo presto.

-Passando al cuoco…- infatti Chevel aveva deciso di includerlo nell’ispezione nonostante non fosse un cavaliere, e francamente Leo non credeva che sarebbe passato, dato che gli mancava la materia prima per fare un letto.

Era vestito bene, almeno.

-Il vestiario di un cuoco non è di mia competenza ma spero che…- Chevel si interruppe non appena notò il letto alle spalle di Leo.

-È uno scherzo, per caso?- chiese irritato al ragazzo davanti a lui, come se gli stesse facendo perdere tempo di proposito.

-Cosa?- Leo piegò la testa, confuso -Ho rifatto il letto al meglio che potevo- provò a giustificarsi, dubitando fortemente che Chevel avrebbe commentato l’assenza di materia prima.

Sicuramente avrebbe gongolato non poco a vederlo così in difficoltà.

Rimase stupito quando Chevel si girò verso i suoi cavalieri.

-Qualcuno vorrebbe gentilmente spiegarmi…- iniziò a chiedere, con voce fredda e minacciosa -…perché, in nome di Jahlee, il cuoco non ha né un materasso né un cuscino?!- concluse poi, indicando il letto, e notando il doppio materasso in quello di Lionel.

Lionel sobbalzò parecchio in difficoltà… per un momento.

Si fece subito rilassato, e alzò le mani come se non lo sapesse neanche lui.

-Il primo giorno il mio caro amico Leo ha sentito che avevo problemi alla schiena e mi ha offerto il materasso. Ho provato ad insistere per lasciarglielo, ma era così deciso. Non mi sono potuto rifiutare- mentì, così spudoratamente che Leo dovette far fronte a tutti il suo scarsissimo autocontrollo per non mettersi a ridere. Era la storia più assurda che potesse inventarsi, e vedendolo così piccolo e a disagio davanti al possente Chevel, Leo si chiese come fosse possibile trovare Lionel così spaventoso.

…certo, togliendo Chevel dall’equazione, e mettendo Lionel in relazione con Leo, Leo era praticamente una formica davanti a un leone, ma dettagli!

-Mi meraviglio di te, sir Vinterberg, un cavaliere della guardia reale, appartenente alla tua famiglia, che accetta un materasso in più da un cuoco di Lumai perché ha dolori alla schiena? Dove credi di essere, recluta?! Nel tuo castello, servito e riverito dai domestici?! Qui al palazzo reale non c’è spazio per i mal di schiena. E se devi togliere un materasso ad una persona per dormire, allora non sei abbastanza per questa guardia reale! Quando ero recluta io dall’alba al tramonto facevo esercizi per tonificare i muscoli, senza fermarmi un secondo. E tu prendi il materasso di un cuoco perché hai mal di schiena?! E tu, Prankit? Prendi il cuscino perché soffri di cervicale? Ma che siete, voi? Come pensate di affrontare gli antimonarchici o gli eserciti dei regni vicini?! Eh?- Chevel fece la sfuriata più sfuriata della storia delle sfuriate, e mai, neanche per un istante, a Leo e al resto della stanza sembrò che prendesse le parti del cuoco.

Il problema non era il bullismo, ma la loro condotta come cavalieri.

Se Leo non avesse avuto la totale certezza che Chevel chiaramente se ne fregava altamente di lui, sarebbe quasi rimasto ammirato da come il capo delle guardie reali aveva agito, difendendolo senza far capire che lo stesse difendendo e quindi non rischiando di renderlo maggiormente bersaglio dei bulli.

Ma comunque, suo malgrado, era ammirato. Perché Leo non aveva mai visto Lionel abbozzare così, e godeva sadicamente nel vederlo a testa bassa senza che potesse obiettare o lamentarsi.

…probabilmente ci sarebbero state comunque conseguenze contro di lui che l’avrebbero reso maggiormente bersaglio dei bulli, ma era il caso di goderselo finché poteva. E poi dalla sua parte aveva Alex, che era rimasta impassibile ma tradiva un sorrisino appena accennato.

-Se siete dei veri cavalieri adesso prendete il materasso, il cuscino, e rifate immediatamente il letto al cuoco!- ordinò Chevel in tono che non ammetteva repliche.

Prankit e Lionel iniziarono ad eseguire senza obiettare, ma a Leo non sfuggì che Lionel gli lanciò per un attimo un’occhiata che annunciava la morte certa.

Si segnò mentalmente di restare appiccicato ad Alex per un po’.

-E riguardo a te!- quando Chevel si rivolse a Leo, il ragazzo sobbalzò vistosamente, e mise immediatamente le mani in alto, manco il cavaliere gli stesse tenendo una spada puntata contro.

-Non provare mai più a dare pezzi del tuo letto ai miei cavalieri! A meno che non fosse tutto un piano della spia per rammollirli!- Chevel lo accusò, e lo guardò dall’alto in basso.

…cioè, aveva davvero creduto alla storia di Lionel? Ma quale persona sana di mente di priva del materasso e del cuscino?!

-Lo prometto!- finse però di stare al gioco perché prendersi una sfuriata l’avrebbe tenuto meno vicino al mirino di Lionel.

Anche se probabilmente Chevel non lo stava facendo per questo… giusto?

-Prometto che non darò più pezzi del mio letto… anche se è chiaramente colpa mia. Adoro dare materassi, e cuscini… ho anche provato a dare la coperta ad Alex, ma l…ui non si è fatto comprare. Si stringe amicizia donando il proprio letto… e non serve di certo per dormire. Dormire? È per i deboli! Si lavora meglio quando non si…- Leo iniziò a parlare a caso, intimidito da Chevel e Lionel entrambi troppo vicini a lui e troppo minacciosi per i suoi gusti. Sperò di non essere risultato troppo sarcastico, e si interruppe in tempo quando vide che Alex, alle spalle di Chevel, gli stava facendo cenno di smettere di parlare.

-Non lo farò più…- concluse, abbassando la testa in segno di rispetto e facendo un inchino medio, per mostrare ancora più partecipazione.

Iniziava ad essere piuttosto bravo negli inchini.

Anche se continuava a farlo a Prankit nonostante egli non fosse nobile.

-Bene! Alex, accompagna Lionel e Prankit al campo di allenamento e premurati che facciano dieci chilometri di corsa e cinquecento addominali e flessioni- Chevel smise di scrivere, dopo aver segnato un ultimo appunto, e diede nuovi ordini.

-Capitano, dovrei accompagnare il cuoco in cucina- gli fece notare Alex, con un cenno rispettoso del capo.

-Lo accompagno io oggi il cuoco in cucina, lo raggiungerai poi a pranzo. Non vorrei farlo, ma devo comunque andare in cucina per altre faccende, quindi…- Chevel surclassò la questione, e fece cenno a Leo di seguirlo fuori dalla stanza.

“Non è che mi piaci, baka”

Per qualche motivo, il comportamento del cavaliere gli fece venire in mente a Leo quella frase, ma scosse la testa per abbandonare il pensiero.

Era oltremodo impossibile che Chevel avesse fatto tutto quel teatrino solo per aiutarlo.

Chevel non lo sopportava!

E Leo non sopportava Chevel.

…oh, no! Che cliché!

-Arrivo!- Leo comunque lo seguì fuori dalla stanza tenendo la testa bassa per evitare di notare qualsiasi espressione di morte di Lionel, o di pena di Alex, e seguì il cavaliere fuori dalla stanza.

Come volevasi dimostrare, Chevel non lo degnò neanche di un’occhiata, e i due camminarono in silenzio per parecchi metri.

-Se ti tolgono nuovamente materasso e cuscino fallo presente a me. Non voglio dei cavalieri che si approfittano del prossimo. Non è per te!-

“Non lo faccio mica per te, baka!” 

A Leo tornò in mente quel pensiero.

Ma soprattutto…

-Non pensi sia stato io ad aver dato il mio materasso e il cuscino?- Leo era sorpreso. Era convinto che Chevel avesse abboccato. Non aveva l’aria di un super genio, dopotutto. E si sa, chi ha tanti muscoli spesso ha poco cervello.

Ma era anche vero che quelli tutti muscoli e niente cervello di solito si rivelavano degli himbo dolcissimi e Chevel tutto era fuorché gentile, quindi ci stava fosse anche più sveglio di quanto apparisse.

-Ci sono due possibilità: o pensi che sia un idiota che crede a delle scuse palesemente finte; o l’idiota sei tu per aver dato il tuo letto ad altre persone quando è chiaro che non dormi bene la notte- Chevel scosse la testa, e allungò il passo.

…si era accorto che Leo non dormiva la notte?! O qualcun altro se n’era accorto e gliel’aveva detto. Mildred? O la principessa? Oppure Persian? No, Persian no, avevano un pessimo rapporto. E il principe Daryan non poteva essere dato che difficilmente si sarebbe accorto che Leo aveva passato giorni difficili.

In ogni caso… quella visita era stata probabilmente apposta per lui, quindi Chevel aveva indagato per capire cosa stesse succedendo. Magari l’aveva fatto per conto di qualcuno, ma l’aveva fatto.

E aveva agito in modo perfetto per evitare che gli dessero la colpa per i provvedimenti, prendendosela anche con lui.

-Wow, sei sveglio…- commentò Leo, stupito.

Chevel si girò verso di lui, e gli lanciò un’occhiataccia.

-Perché questo tono sorpreso?!- chiese, offeso.

-Non ero sorpreso!- mentì Leo, che era rimasto molto molto sorpreso -…solo… grazie!- cercò di ingraziarselo, cambiando argomento e facendogli un grande sorriso.

Chevel distolse immediatamente lo sguardo, continuando a camminare verso le cucine.

-Non l’ho fatto per te!- “Baka!” -L’ho fatto perché il principe Daryan mi ha chiesto di controllare che sia tutto in ordine. E il cuoco responsabile del banchetto della principessa deve dormire bene, non voglio che fai ulteriori danni!- insistette.

…oh per tutti i sette dei!

Chevel era uno tsundere!

Awwwww!

Palesissimo tsundere!

Quindi ci teneva un po’ a Leo, in fondo in fondo.

-Beh… grazie, tsunderello- si lasciò sfuggire Leo, sottovoce.

-Come, scusa?- Chevel lo guardò storto, confuso.

-Ho detto “Grazie, è molto bello!”- si corresse Leo, alzando la voce.

-Bello?- Chevel era ancora più confuso.

-Bello che tu tenga tanto al banchetto per il compleanno della principessa. Giuro che farò un ottimo lavoro!- Leo continuò a cercare di salvare il suo scivolone di lingua, con un sorrisetto che non prevedeva nulla di buono.

-Mmmmm, lasciamo stare- Chevel lasciò perdere, era troppo esasperato per poter pensare ad ogni parola del cuoco sospetto, anche se probabilmente avrebbe dovuto.

Solo che era davvero difficile stargli appresso con tutte le strane parole che utilizzava, e i ragionamenti senza logica.

-Comunque non verrò mai da te a dire i miei problemi- aggiunse Leo, dopo qualche metro di silenzio, facendo fermare Chevel di scatto.

Leo ci finì addosso, ma il cavaliere non ci fece caso.

-Cosa hai detto?- chiese, girandosi verso il cuoco e guardandolo dall’alto in basso.

Leo tenne il suo sguardo senza troppi problemi. Voleva mettere le cose in chiaro. Perché sì, Chevel aveva risolto bene la situazione, quella volta, ma Leo non voleva rischiare che Lionel se la prendesse comunque con lui dandogli la colpa per ciò che era accaduto, e considerando quanto illogici fossero i bulli, era ovvio che qualche conseguenza ci sarebbe stata. Conseguenza che Leo non aveva intenzione di ripetere.

-Apprezzo l’aiuto, non lo voglio in futuro. Me la cavo da solo, Sir Podbart- Leo si inchinò, e usò il tono più rispettoso del suo repertorio.

Chevel, però, stava fumando di rabbia.

-Certo, perché funzioni davvero bene da solo- lo insultò, sarcastico.

-Sì… ho riottenuto la coperta tutto da solo! E io e Alex siamo migliori amici- Leo superò Chevel e si avviò tranquillamente verso la cucina, mostrando una sicurezza che non gli apparteneva.

Ma di certo non poteva dire a Chevel che, sebbene apprezzasse gli tsundere, non si fidava di lui, perché li considerava anche un po’ tossici.

E poi se la stava davvero cavando da solo, anche se più lentamente.

E non voleva avere debiti nei confronti di nessuno, in quel mondo.

-Continuo a non capire se sei coraggioso o solo molto, molto stupido- Chevel scosse la testa, e procedette dietro di lui.

Poco prima di raggiungere le cucine, Leo si voltò a guardarlo.

-Forse entrambe le cose- ammise, alzando le spalle -Stupidità e coraggio spesso vanno a braccetto- disse come ultima cosa, prima di entrare in cucina, lasciando lì Chevel, convinto di avergli fatto un’impressione ad effetto.

-Propendo molto di più sulla stupidità- borbottò Chevel, per niente impressionato, almeno esteriormente, prima di andarsene.

Nonostante avesse detto di avere affari da svolgere in cucina, in realtà non ne aveva alcuno. Aveva deciso di accompagnare Leo solo ed esclusivamente per assicurarsi che stesse bene.

…non per lui, sia chiaro! Era solo un favore che stava facendo a Daryan!

Baka!

 

Leo sapeva che fosse una pessima idea.

Non era mai stato un tipo particolarmente attento, e il suo talento principale, anche più della cucina, era scavarsi la fossa da solo. 

Quindi, se persino lui aveva capito che quella era una pessima idea, significava che era proprio tanto una pessima idea.

Ma qual era questa fantomatica idea pessima? 

Semplice. 

Quel pomeriggio, la principessa Opal l’aveva convinto, approfittando di una distrazione di Persian, a scappare durante l’ora del tè e farsi una passeggiata in giardino.

E poteva anche essere un’avventura simpatica. Classiche fughe giovanili. Leo ne aveva compiute a bizzeffe, di avventure giovanili, quando aveva avuto l’età della principessa. 

E onestamente le aveva compiute fino a poco prima di finire in quel mondo.

Il problema era che a compierle insieme a lui, al momento, era una principessa! Una vera principessa! E Leo era ancora sospetto, quindi sparire con lei lasciando Persian e Alex da soli senza neanche avvertire lo avrebbe messo in guai molto più grossi di un semplice coprifuoco mancato, o lo scrocco di un passaggio sul retro di un furgone, o una settimana ad Amsterdam fingendo di stare da suo padre (sua madre si era imbestialita non poco per quella ragazzata).

Ma Opal aveva insistito un sacco, gli aveva giurato che non sarebbe stato pericoloso, e che si sarebbe presa ogni responsabilità.

Così Leo aveva ceduto, dato che comunque era la principessa e non le si poteva dire di no troppe volte.

E al momento erano nel giardino sul retro del palazzo, sopra una casa sull’albero che Opal aveva giurato fosse segretissima ma che aveva volentieri mostrato al sospetto Leo, che si sentiva sempre più a disagio ogni momento che passava, dato che non riusciva proprio a capire da dove le venisse tutta quella fiducia.

-Su, prendi un biscotto e rilassati! Tra un po’ ritorniamo in biblioteca, ma dobbiamo goderci un po’ di tempo per noi, non pensi?- Opal gli porse un biscotto fatto da Leo, che lo prese molto titubante, ma non lo mangiò.

-Crede davvero che sia stata una buona idea venire qui con me e mostrarmi il suo luogo segreto? Sono ancora sospettato di essere una spia nemica- le fece notare. Se era così aperta con Leo, avrebbe potuto aprirsi anche con vere spie nemiche, e Leo ormai si stava affezionando molto a quella ragazzina. Era completamente diversa, di aspetto e anche personalità, a sua sorella, ma avevano la stessa energia gioiosa e aperta alla vita.

E a Leo, sua sorella Isabella, mancava davvero davvero tantissimo.

Era stato lontano da lei per periodi anche più lunghi, in realtà, ma almeno in quei periodi si erano sentiti per telefono. Adesso erano lontani, e Leo non sapeva neanche se l’avrebbe mai rivista.

…no, non era il momento di pensare a sua sorella, o alla sua famiglia, o ai suoi amici!

Doveva pensare a non morire.

Ed essere beccato da solo con la principessa sembrava una condanna certa alla morte.

Ma chi gliel’aveva fatto fare di accettare?!

Chevel aveva ragione, era proprio molto stupido!

-Tranquillo! Non ti faranno niente! E poi non è che sei l’unico che ho portato qui. Anche Anna, Mary e Jane sanno di questo posto, e Sara. Mildred no, però. Mildred lo direbbe subito a mio fratello, e non mi va di farglielo sapere. Tu non lo dirai a mio fratello, vero?- Opal lo guardò con occhi da cucciolo.

-No, certo che no, principessa- promise.

Ovvio che non l’avrebbe detto al principe Daryan. Se avesse sollevato l’argomento sarebbe potuta andare a finire solo in un modo: 

“We, bella, principino! Sai che tua sorella ha una casa sull’albero segreta in giardino? Lo so perché mi ci ha portato, eravamo soli”

“TU COSA?! A MORTE DOPO MESI DI TORTURA CON LA CULLA DI GIUDA!!”

Leo preferiva evitarlo.

-Lo sapevo di potermi fidare di te- Opal gli fece pat pat sulla testa, e riprese il biscotto dalle sue mani, che mangiò con gusto.

Meglio che sprecarlo, dopotutto. E sembrava che Leo non l’avrebbe mangiato.

-Posso chiederle per quale motivo si fida di me a tal punto?- chiese Leo, guardandosi intorno. C’erano tanti oggetti di tutti i tipi. Vestiti eleganti, qualche gioiello, parecchie briciole e anche oggetti comuni che forse aveva ricevuto dalle cameriere o trovato in giro.

Sembrava una piccola sala del tesoro, come quella di Ariel della Sirenetta. O la casa di Wall-e. Oggetti di tutti i tipi a formare una collezione di ciarpame. Affascinante.

Ed erano molto affascinanti anche le pietre preziose che si trovavano in giro come se fossero biglie.

Essere la famiglia reale del regno patrocinato dal dio delle pietre preziose sicuramente dava parecchia ricchezza.

-Beh, intanto non hai ancora cercato di rubare nulla. E da come osservi le pietre, sembra più che tu ne sia affascinato per la loro bellezza, che attratto per il loro valore- Opal cominciò a rispondere alla sua domanda, guardandolo con attenzione.

Leo sobbalzò. Non si era neanche accorto di averle fissate più del necessario, né che la principessa sembrava studiarlo. E poi non aveva riflettuto neanche per un istante sul rubarne qualcuna. Non era un ladro!

Poteva essere un cialtrone, un bugiardo, un idiota, un deboluccio, un ladro, ma non era una pornostar… no, aspetta, si stava confondendo con i meme.

Il punto era che non era un ladro. Preferiva guadagnarsele le cose.

O al massimo prenderle in prestito, come nel caso del libro su Lumai.

-Non mi sognerei mai di rubare alla principessa di Jediah- borbottò, imbarazzato dalla situazione.

-Nah, non ruberesti neanche a mio fratello, o a chiunque altro. Poi sei davvero troppo bravo a cucinare. Quindi non puoi essere stato mandato come spia, il talento ce l’hai, non è una copertura- Opal continuò ad illustrare i motivi per cui si fidava di lui.

-Non è detto. Potrebbero aver scelto me perché sono bravo a cucinare. E quindi sapevano di potermi infiltrare- Leo obiettò, cercando di scavarsi la fossa come era suo solito fare.

-Nah, un cuoco così bravo non se lo sarebbero mai fatti scappare. Anzi, speriamo che il principe Victor non venga al mio compleanno, perché altrimenti cercherà sicuramente di rapirti per portarti a Valkrest- Opal era molto sicura di sé.

-Speriamo di no!- Leo si stava ambientando, ormai, non voleva essere sballottato da qualche altra parte.

-E comunque, mi fido di te perché piaci a Dary. E mi fido molto del giudizio di mio fratello. Sè né lui né mamma ti hanno cacciato da palazzo, sei sicuramente una brava persona- Opal gli accarezzò il braccio, affettuosa.

Leo voleva ritirarsi, ma apprezzò il gesto di conforto.

E allo stesso tempo rimase profondamente sorpreso dal commento della principessa.

-Il principe Daryan… piaccio al principe Daryan?- chiese, incredulo. Il suo cuore lo tradì iniziando a battere più velocemente nel petto, anche se non era proprio il caso di farlo muovere troppo.

Soprattutto perché era palese che Daryan non lo sopportava. Lo guardava sempre storto ogni volta che lo vedeva.

-Certo! Non vuole ammetterlo, ma gli piaci. Gli sei simpatico! E comunque, anche se non gli piacessi, io mi fido di te, perché so che non mi faresti mai del male. E sei troppo onesto per essere una buona spia. Devo essere io a convincerti di essere affidabile, e non il contrario- la principessa ridacchiò, e non aveva tutti i torti.

-Beh, potrebbe essere tutta una tecnica per abbassare la guardia, e convincenti ad autoconvincerti a fidarti di me, così penseresti che è una tua idea quando in realtà ti ho manipolata dall’inizio- obiettò Leo, dandosi dell’idiota per essere così kamikaze.

La principessa però rise molto più forte.

-Ecco, appunto- lo indicò, estremamente divertita.

Sì, Leo era molto stupido, Chevel aveva proprio ragione.

Ma era felice di star facendo ridere la principessa.

Quella ristata era contagiosa.

In men che non si dica, iniziò a sghignazzare anche lui. L’atmosfera si distese.

E ovviamente, pochi secondi dopo, suonò un allarme.

Leo non l’aveva ancora mai sentito, ma Alex gli aveva spiegato il significato degli allarmi.

Di solito significava che il palazzo era sotto attacco.

Il cuore di Leo perse un battito. Perché proprio adesso che era solo con la principessa, nascosti a tutti?! CHE SFIGA!

-Oh… antimonarchici!- commentò la principessa, impallidendo.

…oh dei!

Il protocollo prevedeva di andare nei bunker sotterranei e lasciare che i cavalieri se ne occupassero.

Ma Leo non aveva idea di dove fossero i bunker sotterranei, né dove fossero.

Ed era… era l’unica persona a sapere dove fosse la principessa e a poterla proteggere.

Se fosse uscito vivo da quella situazione, il principe lo avrebbe senz’altro ammazzato.

Ma perché proprio adesso?!

Leo sapeva che scappare era una pessima idea, ma non credeva fino a quel punto!

-Leo, che facciamo?!- la voce spaventata della principessa, che si aggrappò al suo braccio come fosse un’ancora vitale, lo fece tornare in sé.

Doveva proteggere Isabella… no, Opal! Doveva proteggere Opal, a tutti i costi.

-Okay, c’è un bunker sotterraneo qui vicino?- chiese alla ragazza.

-Il bunker della famiglia reale è dall’altra parte del castello, ma c’è un’entrata ai sotterranei da quella parte- spiegò la ragazza, tremante.

-Okay… okay… controllo l’esterno e vediamo se…- Leo diede un’occhiata fuori dalla finestra della casa sull’albero, ma ritirò immediatamente la testa quando notò un gruppo di uomini con abiti che gridavano “siamo ribelli rivoluzionari antimonarchici!” da ogni lembo di tessuto.

E a notare bene, c’era proprio scritto “ribelli antimonarchici” sul retro del mantello.

-Okay… okay…- Leo abbassò la voce così tanto che non si sentiva neanche lui, mentre rifletteva su cosa fare. Si avvicinò alla principessa stando basso e cercando di fare meno rumore possibile. Per fortuna essere piccolo, basso e leggero questa volta sembrava aiutare.

-Leo… che facciamo?- la principessa aveva le lacrime agli occhi, e il modo in cui guardava Leo, come se fosse l’unico a poterla salvare, gli spezzò il cuore. Perché lui non aveva la più pallida idea di cosa fare. Lui non era un guerriero, né un esperto in sopravvivenza. Non aveva mai vissuto una situazione del genere ed era terrorizzato.

Ma doveva salvare Opal, doveva proteggerla a tutti i costi.

-Nessuno sa di questo posto, giusto? È molto ben nascosto. Restiamo qui, senza fare alcun rumore, e non ci troveranno- provò a proporre, prendendole le spalle e guardandola negli occhi in un goffo tentativo di calmarla e di farle presente che era lì per lei.

Nonostante l’ansia, lei sembrò leggermente più sicura, e annuì, senza fare un rumore.

Purtroppo quello non era il giorno fortunato di Leo.

-Principessa, scenda immediatamente, sappiamo che è lì!- arrivò infatti una voce bassa e possente, che sembrò venire proprio da sotto l’albero.

Alla faccia del luogo segreto!

-Come hanno…?!- la principessa iniziò a dire, in tono acuto, ma Leo le mise una mano sulla bocca per interromperla e non dare a vedere che erano effettivamente lì. Potevano anche bluffare, dopotutto, come quando pensi nella tua testa “So che stai sentendo il mio pensiero” pur sapendo nella tua mente che non è vero che qualcuno sta ascoltando tutto.

O quando sei solo in casa e per sfizio dici con sicurezza e ad alta voce “so che mi stai spiando” solo per far prendere un colpo al tuo agente dell’FBI, che però ti conosce abbastanza bene da sapere che stai bluffando, quindi di colpi non se ne prende più molti.

Ma basta tergiversare. 

Leo cercò di calmare Opal e iniziò a guardarsi intorno in cerca di un buon nascondiglio, ma nonostante tutti gli oggetti, non c’era molto spazio per celarsi alla vista in modo non palese.

-Le daremo il tempo fino al tre, poi saliremo noi- annunciò la voce sotto l’albero, mostrando che forse no, non stava bluffando.

Leo prese la principessa per mano e la trascinò al limite della stanza.

-Leo, cosa…?- chiese lei sottovoce, lui le fece cenno di stare in silenzio.

-Nasconditi, ci penso io a loro- le promise, facendola sedere a terra in un angolo dietro una toeletta.

-Uno…-

Prese dei vestiti a caso e glieli mise addosso, per nasconderla.

-Due…-

Prese poi uno specchio e lo posò nell’angolo come se fosse buttato lì nel disordine.

-Tre…- 

Infine si mise una parrucca bionda in testa e prese dei biscotti, sedendosi a terra come se stesse mangiando di nascosto.

Sentì i passi pesanti sulle scalette della casa sull’albero, e neanche il tempo di pentirsi del suo piano, che tre uomini entrarono nella casetta, facendolo sobbalzare.

Erano grossi e possenti, e con delle maschere da banditi.

Palesemente dei cattivi.

Anche se la casetta era troppo bassa per loro, quindi dovevano stare gobbi per evitare di sbattere la testa, cosa che contribuiva ad eliminare parecchio l’atmosfera inquietante che li circondava.

-Salve… wow! Non credevo che foste davvero dei banditi. Pensavo fosse uno scherzo! Non ho sentito l’allarme!- mentì Leo, fingendosi molto sorpreso.

Il capo dei ribelli antimonarchici lo guardò inarcando le sopracciglia, ma non si fece fregare.

-Non ho tempo per i giochetti, dimmi dov’è la principessa, e forse avrai salva la vita- gli puntò un pugnale contro, e Leo alzò le mani in segno di resa.

-Aspetta, non è che è lei la principessa?- chiese il tipo alla sua sinistra, l’unico abbastanza basso da non doversi piegare del tutto.

-Lei? Ma perché è vestita da maggiordomo?- obiettò il terzo brutto ceffo, che invece era piuttosto massiccio.

-Per imbrogliarci. Ma ci sta che sia lei, hai visto i capelli biondi?- ribatté il basso.

Il massiccio osservò Leo iniziando a convincersi.

-È un uomo, cretini! Quella è una parrucca!- il capo li zittì, togliendo la parrucca dalla testa di Leo, che sobbalzò, e alzò le mani con più convinzione.

-Sì, beccato. Sono un cuoco. Ma non so dov’è la principessa. Sono qui da solo!- Leo mentì, ormai era diventato piuttosto bravo a farlo, e non diede segno neanche per un istante che la vera principessa potesse essere dietro di lui, nascosta da abiti e specchi.

-Dimmi dov’è la principessa!- insistette il capo, puntandogli l’arma al collo e rischiando di ferirlo.

-Okay, okay, ve lo dico!- Leo cedette immediatamente, affatto desideroso di morire -È in biblioteca! A quest’ora è sempre in biblioteca, prende il tè sul balcone, e poi torna a studiare!- rivelò, come se gli costasse tanto ammetterlo, mostrando chiaramente la sua paura all’idea di essere fatto a fettine e fingendo di tradire la fiducia della famiglia reale.

L’interpretazione fu davvero magistrale, ma il capo era ancora dubbioso. Forse era paranoico, forse era imparentato con Chevel in qualche modo.

-Abbiamo già cercato la biblioteca e il balcone. Fonti certe affermano che questo sia il luogo segreto della principessa, l’unico dove può essere. Tu cosa ci fai qui?- indagò, senza ritirare il coltello.

-Okay… lo confesso…- Leo alla fine cedette del tutto.

…e offrì i biscotti che teneva nel piatto.

-Mi sono nascosto per mangiare i biscotti della principessa. So che non dovrei mangiare il cibo destinato ai reali, ma sono così buoni! E non lo dico perché li ho fatti io. Tenete, assaggiate. Prendeteli tutti ma vi prego, lasciatemi vivere! Non voglio guai per questo atto di insubordinazione!- provò a corromperli, consapevole che, principessa o no, rischiava comunque la vita stando lì con un coltello alla gola.

-Ah, beh, un biscotto non ha mai fatto male a nessuno…- commentò il basso, prendendone uno.

-Davvero ti lasci corrompere così?- chiese il massiccio, prendendone un altro -Io li prendo solo per controllare che siano a posto per il capo- ci tenne a sottolineare, senza che nessuno gli credesse.

Entrambi, dopo aver assaggiato, per poco non si sciolsero per il gusto.

-Sono… buonissimi!- esclamò il basso.

-Ti prego, dacci la ricetta!- gli diede man forte il massiccio.

-Macché ricetta! Rapiamolo e portiamolo con noi! Abbiamo bisogno di un cuoco!- obiettò il basso.

-Sono circondato da un branco di idioti!- si lamentò il capo, facendo facepalm.

-Ah, il re leone!- Leo colse la citazione, ma nessuno gli diede peso.

-No, capo, devi assaggiare, sono davvero ottimi!- insistette il massiccio.

-Sì! Ti prego, rapiamolo e portiamolo all’accampamento! Ti troverai bene con noi, ti permetteremo di mangiare un po’ del cibo che cucinerai!- il basso cercò di comprarselo.

Con la coda dell’occhio, Leo vide il cumulo di vestiti fremere.

Sperò che nessuno l’avesse notato.

-BASTA!- il capo interruppe la missione diplomatica per acquisire un cuoco, e lanciò ai sottoposti un’occhiataccia.

-Prendete questi biscotti e scendete da qui, prima che uccida anche voi- ordinò, dando prova di essere effettivamente interessato ai dolci.

Senza farselo ripetere due volte, i due si litigarono il piatto e scesero in tutta fretta.

-Siamo a posto?- chiese Leo, sperando di essere riuscito a comprarseli.

-Come ti chiami, cuoco?- chiese il tipo, per niente comprato.

-Leonardo- rispose lui, senza mentire. Era facile far credere alle proprie bugie se abbellite da un pizzico di verità. E poi non era granché a inventarsi alias. Già doveva ricordare la backstory tragica che aveva propinato al principe, non se ne poteva inventare un’altra.

-Leonardo il cuoco. Non sei presente nella Storia, almeno non in quello che ho letto io…- borbottò il tipo tra sé.

Leo sentì un groppo formarsi nello stomaco.

-La… storia?- chiese. Che quel tipo fosse un esterno come lui? Magari veniva dal suo mondo. Sembrava molto ambientato lì, ma…

-E dimmi, caro Leo il cuoco, se sei solo qui… non ti da fastidio che dia un’occhiata in giro, vero?- ogni singolo pensiero che avrebbe reso il capo un possibile alleato venne messo da parte quando iniziò a guardarsi intorno nella casa, avvicinandosi pericolosamente al nascondiglio della principessa.

Leo non lo guardò neanche per sbaglio, e annuì con sicurezza.

-Non vedo dove sia il problema. Ho notato qualche pietra preziosa in giro, se vuoi ti aiuto a cercarne. Dubito che la principessa ne noterebbe la mancanza in mezzo a tutta questa spazzatura- cercò di fare l’indifferente, e gli uscì particolarmente bene. Sperò che la principessa non ci credesse e non si arrabbiasse. Non considerava affatto quegli oggetti spazzatura. Ma doveva adattarsi.

-Non ho interesse a miseri beni terreni, il mio intento è molto più nobile. Cambiare la Storia, eludere gli dei, e rovesciare la società!- esclamò lui, ignorando le pietre preziose, e tirando fuori il coltello.

-We live in a society- citò Leo, pensando al meme di Joker.

Il capo lo guardò strano.

-Capisco alla grande. Sono qui da poche settimane e mi stanno trattando a pesci in faccia! Mi hanno catturato, ferito, trattato come spia e schiavo, e bullizzato ai limiti della follia. Se potessi vendicarmi lo farei. E se sapessi dov’è la principessa te lo direi- Leo mentì con estrema convinzione, cercando di sedurlo… platonicamente, e convincerlo della sua buona fede.

Il capo smise di guardarsi intorno e andò verso di lui, guardandolo interamente.

-Sei un tipo interessante, Leonardo il cuoco…- ammise, con un sorrisino -…peccato che tu sia un gran bugiardo, o saremmo potuti diventare alleati- disse poi, lanciando il coltello dritto verso il cumulo di vestiti.

-No!- Leo esclamò, alzandosi spaventato e tradendo la presenza di qualcuno al suo interno.

Purtroppo era appena caduto nel tranello del capo, che infatti non aveva colpito i vestiti, ma il muro pochi centimetri sopra di essi, e aveva semplicemente cercato di captare la reazione di Leo.

-Cosa c’è in mezzo a quei vestiti?- chiese, in tono da presa in giro, tirando fuori un altro coltello, e mirando, questa volta dritto contro il nascondiglio della principessa.

-È un peccato rovinare dei vestiti così belli, sono un appassionato, mi avete visto con quella parrucca, sì, sono un mezzo deviato, è per i vestiti che…- il tentativo di salvarsi di Leo venne sventato quando notò che il capo era in procinto di tirare il coltello -…OKAY! Okay… c’è qualcuno nascosto lì!- ammise, prendendogli il polso per evitare che lanciasse prima che Leo potesse finire di parlare.

-Bene, vieni fuori, principessa, alla fine nonostante i suoi sforzi, il tuo fedele suddito ti ha tradito!- commentò il capo, ad alta voce, incoraggiando la principessa ad uscire ma continuando a fissare Leo.

-Ti darò tempo fino a tre, poi lancerò il coltello, e non mi assumo la responsabilità di eventuali tagli, ferite profonde, o mortali. Uno…- il capo si liberò il polso.

Questa volta Leo non voleva rischiare il countdown.

-Vieni fuori…- incoraggiò la principessa ad uscire.

Lentamente, i vestiti si mossero, e la faccia preoccupata e in lacrime della principessa uscì, guardando Leo come se fosse la sua ultima speranza.

Il capo sorrise, maleficamente.

-Finalmente, la principessa è…- cominciò un monologo da cattivo, ma Leo lo interruppe.

-Tranquilla, Isa… ci penso io!- si avvicinò alla ragazza, e le si mise davanti per proteggerla

-Isa…?- commentò il capo, confuso.

-Senta… so che suona male, ma lei non è la principessa!- Leo provò un’ultima manovra di salvataggio, anche se era completamente nel panico.

Ma da quando era lì seguiva una regola: bluffare, bluffare fino alla morte.

Ed era quello che avrebbe fatto anche in quella situazione.

-E perché dovrei crederti adesso, cuoco bugiardo?!- il capo scosse la testa. Sollevò la mano, e il coltello lanciato sul muro gli ritornò indietro, sfiorando la principessa, che sobbalzò e si nascose dietro Leo.

-Lo so, lo so, sono inaffidabile, ma sto dicendo la verità. Ho mentito perché sapevo che avreste creduto che fosse la principessa! Ma è mia sorella, Isabella. È cameriera qui, siamo venuti insieme a mangiare i biscotti, e da quando abbiamo scoperto questo posto, veniamo sempre quando sappiamo che la principessa è impegnata. Isa le somiglia un po’, anche se è più bella di lei, diciamolo, e le piace travestirsi. Fingiamo di essere il principe e la principessa. Per questo indossavo una parrucca, prima- in effetti, Leo l’aveva indossata proprio per poter fingere di stare giocando, o travestendosi, nell’eventualità che scoprissero la principessa in un modo o nell’altro.

Il capo lo guardò con un sopracciglio inarcato.

-La prego, la prego… ci lasci andare, non vogliamo guai- Leo lo supplicò con le lacrime agli occhi, cercando di canalizzare il terrore che provava per dare l’interpretazione più realistica della sua non carriera di attore.

-Sai… sei il bugiardo più convincente che io abbia mai incontrato. E credo seriamente che quello che hai raccontato possa essere reale- ammise il capo. C’era un ma, Leo lo percepiva nell’aria, quel pericolosissimo “ma”.

-Ma…- ecco, appunto, che sfiga! Perché le cose non potevano essere semplici?!

-… mi sono seriamente stancato di questa farsa. Magari è davvero una cameriera, ma credo che la rapirò comunque per sicurezza- infatti alzò le spalle, e si mosse per afferrarla.

-No!- Leo si mise in mezzo.

-Levati, se vuoi vivere!- lo incoraggiò il capo, scansandolo via e facendolo cadere a terra.

Se Leo avesse voluto salvarsi la vita, doveva restare a terra.

Aveva fatto tutto il possibile per salvare la principessa, e non era granché a sopportare il dolore.

Poteva fingere di essere svenuto a terra per quando Chevel o Alex lo avessero trovato. Era bravo a mentire e bluffare, e in ogni caso ce l’aveva messa davvero tutta, e non era un cavaliere.

Oppure poteva semplicemente scappare via, lontano dal palazzo, mandare a monte tutto e integrarsi alle persone normali. Dopotutto restare in un palazzo che rischiava di essere attaccato da antimonarchici e spie non era l’ideale in ogni caso.

-Leo!- la richiesta disperata della principessa, afferrata con ben poca eleganza, e che ancora si aggrappava a lui come una sorella, come la sua Isabella, tolse dalla mente di Leo qualsiasi dubbio.

-Sopravvaluti il mio istinto di sopravvivenza!- Leo si alzò di scatto, prese una sedia (non c’era altro da usare) e la lanciò dritta contro il capo, che la scansò in fretta ma si distrasse abbastanza da permettere alla principessa di liberarsi e rimettersi dietro Leo, che cercò altre armi, ma trovò solo qualche forchetta e coltello da pranzo.

-Sai che ti dico?! Mi hai davvero, davvero, rotto!- alla fine il capo perse completamente la pazienza, e prima che Leo potesse anche solo pensare di usare le forchette come arma, il capo prese il coltello con il quale aveva minacciato la principessa, e glielo infilò dritto sull’addome.

Leo non era mai stato accoltellato prima, grazie al cielo, e sentì distintamente la lama trapassargli la carne, in un acuto dolore indescrivibile.

Fu questione di un secondo.

La principessa urlò, Leo non ebbe il tempo neanche di dire una qualche battuta intelligente, o lamentarsi, o urlare a sua volta, che, con un lampo di luce viola, il capo venne sbalzato furiosamente via, coltello e tutto, fuori dalla casetta sull’albero tramite la porta e dritto per terra.

Se Leo non fosse stato troppo occupato a sentire dolore e avere paura, avrebbe quasi trovato la scena comica. Ma era stato appena accoltellato.

Si accasciò a terra, dritto tra le braccia di una piangente Opal.

-Leo, Leo!! Stai bene? Mi dispiace tantissimo! È tutta colpa mia!- stava dicendo tra i singhiozzi.

-Mi ha accoltellato! Morirò! Non voglio morire!- Leo sentiva ancora il dolore. Si prese lo stomaco per cercare di fermare l’emorragia che… non c’era?

Ma sia lui che Opal erano troppo nel panico per riflettere sul fatto che l’assenza di sangue era strana.

-Cuoco! Principessa! Siete qui?!- l’inconfondibile voce di Chevel fece voltare i due verso la porta della casetta.

Sotto si sentiva il suono di spade e qualche imprecazione.

-Leo! Principessa! State bene?- chiese Alex. La sua voce maschile tradiva parecchia ansia.

-Chevel! Leo è stato ferito!- urlò la principessa, in una richiesta d’aiuto.

Leo sentì qualcuno imprecare, ma non seppe dire se fosse stato Alex o Chevel. Suppose Alex, dato che dei due era lei con cui aveva stretto un maggiore rapporto.

-Mi hanno accoltellato!- si lamentò, ancora sconvolto dalla cosa, e sollevato di non essere ancora morto. 

…per quanto sollevato potesse essere qualcuno destinato a morire presto per una ferita all’addome.

Sentì i passi di qualcuno che saliva, e si ritrovò faccia a faccia con Alex, sudato e in armatura, che si precipitò a vedere le sue condizioni.

-Cosa è successo?- chiese, sedendosi a terra e prendendo delle garze.

-Mi volevano rapire, Leo mi ha difeso, e lo hanno accoltellato, è tutta colpa mia! Se avessimo aspettato qualche altro minuto mi avreste… come mi avete trovato?- il panico della principessa venne distratto dalla consapevolezza che il suo rifugio segreto non era poi così segreto.

-Il principe Daryan ci ha indicato la casa sull’albero- spiegò Alex.

-Dary lo sa?- la principessa era quasi offesa, anche se la maggiore preoccupazione era ancora per Leo, non è che è così superficiale. È più una battuta la mia.

-Dove ti hanno colpito?- Alex si concentrò sul ragazzo morente, che si teneva lo stomaco e si lamentava a gran voce.

-Mi ha colpito qui! Ho sentito un dolore fortissimo! Non ero mai stato accoltellato prima, è orribile!- spiegò il cuoco, sollevando la camicia ma non osando guardare.

Seguì qualche secondo di totale silenzio da parte delle due ragazze.

-Che c’è? È tanto grave? Morirò?- chiese Leo, sempre più nel panico, lanciando un’occhiata brevissima al suo stomaco… e poi guardandolo meglio.

Perché non c’era ferita alcuna, non usciva sangue, sembrava non essere mai stato colpito.

-Sicuro di essere stato colpito?- chiese Alex, confusa.

-Sì! Ho sentito il dolore, e poi una luce viola ha sbalzato via il tipo… grazie dell’aiuto, comunque, principessa- ora che non sembrava in procinto di morire, Leo si rivolse alla sicura fonte della luce viola. Era una principessa, dopotutto, e la luce viole era capitata quando aveva urlato. Sicuramente era stata lei a sbalzare via il tipo. Sicuramente aveva un qualche potere magico divino.

-Io non… io non ho fatto niente- commentò Opal, pallida e confusa.

-Una luce… viola?- chiese Alex, portandosi una mano alla bocca, sorpresa.

-Sì? Perché?- Leo guardò entrambe le ragazze, confuso. Controllò meglio la zona colpita, ma il dolore iniziava a sparire, e non c’era nessuna ferita, neanche superficiale, sul suo stomaco.

Calò un silenzio carico di domande, e prima che Leo potesse chiedere ulteriori chiarimenti, Chevel salì nella casa sull’albero, e si rivolse immediatamente alla principessa.

-Dobbiamo portarvi immediatamente al sicuro. Abbiamo neutralizzato quasi tutti gli intrusi ma è meglio controllare meglio il castello. Il cuoco come sta?- fece cenno ad Opal di avvicinarsi a lui, e poi si rivolse a Leo, e lo osservò interamente.

-Lo sapevo che stava esagerando con la faccenda dell’accoltellamento- osservò, tirando suo malgrado un sospiro di sollievo.

-Mi hanno accoltellato, solo che per qualche motivo non ha funzionato!- si irritò Leo.

…perché non aveva funzionato? Cosa significava quella luce viola? C’era una possibilità, un’informazione che aveva origliato il primo giorno di lavoro, ma era impossibile che fosse quella la risposta.

-Principessa Opal, può confermare la versione di Leonardo?- Alex si sbloccò, e si rivolse alla principessa, che annuì.

-L’ho visto anche io… il coltello è entrato, e c’è stato un lampo di luce, ma non ho fatto due più due. Quel coltello era sicuramente un artefatto divino, ma non era di Jahlee, era di Noella. Brillava di arancione. Il lampo di Leo… è di Leo e basta- spiegò, con voce tremante.

-Lampo di luce? Un momento, non starete mica parlando di…- Chevel scosse la testa, incredulo.

-Sì, capitano. Il nostro cuoco… ha ricevuto una benedizione divina, da Jahlee- rispose Alex, guardando Leo come se fosse un dio sceso in terra.

Mentre la consapevolezza finale di non essere ferito, non in procinto di morte, e probabilmente neanche di poter morire in generale, si faceva strada nella mente di Leo, fu un pensiero ad avere la precedenza su tutti gli altri.

“Wow, forse posso evitarmi il bullismo di Lionel stasera”

Sì, forse non era la priorità che avrebbe dovuto avere una persona che aveva appena rischiato di morire, aveva salvato una principessa, e ricevuto una benedizione da una divinità in cui neanche credeva, ma ormai conoscete Leo.

Aveva le priorità decisamente sballate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wooo, PLOT! Nel sondaggio che ho fatto qualche capitolo fa è stato votato come futuro personaggio da far apparire qualche nemico serio, ed eccoti accontentata, amante dell’angst ^^’

Comunque nonostante il nemico sia piuttosto letale, e un po’ inquietante, non sono riuscita a renderlo completamente angst, perché Leo rende demenziale qualsiasi situazione con il suo carattere espansivo, un po’ idiota, e anche piuttosto leale.

La scena dove cerca di cappottare il capo, il basso e il massiccio mi è piaciuta tantissimo da scrivere, spero sia piaciuta anche a voi.

Nel prossimo capitolo si affronteranno le conseguenza di una benedizione divina sul cuoco. 

E poi c’è anche un accenno alla macrotrama. Chissà cos’è questa Storia citata dal capo, e come mai lui sembra conoscerla. Che sia anche lui un isekaizzato come Leo? 

Perché sì, sebbene la trama principale sia solo Leo che prova a sopravvivere e fa innamorare mezzo mondo di lui, c’è anche una macrotrama di fondo sul mondo dei sette regni, e spero che vi piacerà.

Grazie di essere arrivati fin qui, un bacione e alla prossima, che non so quando sarà ma spero il prima possibile :-*

 

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Capitolo 9
*** Cosa? Come? Perché? Che vuole Jahlee da me?! ***


Cosa? Come? Perché? Che vuole Jahlee da me?!

 

Leo non aveva neanche avuto il tempo di riprendersi dall’attacco, che ecco che si ritrovava in una carrozza, in compagnia del principe e del primo cavaliere (al momento alla guida della carrozza) diretto verso il tempio del dio Jahlee, per assicurarsi che quello che fosse successo non fosse una semplice allucinazione di massa causata magari proprio dai suoi biscotti.

Leo doveva ammettere di essere quasi colpito da quanto facilmente riuscisse il principe a trovare dei modi per colpevolizzarlo anche quando di colpa non ne aveva alcuna, ma era troppo intimorito per fare un commento a riguardo.

In realtà… non riusciva ancora a capacitarsi di cosa fosse successo, né a comprenderlo, o affrontarlo.

Una volta sventato completamente l’attacco, e con la principessa al sicuro nella sua camera, Leo era stato affrontato da una miriade di cavalieri capitanati dal principe per spiegare cosa fosse successo, e una volta arrivato al momento della luce viola che gli aveva, pareva, salvato la vita, c’era stato un momento di profonda confusione ed estrema incredulità.

Leo stesso non riusciva a concepire che fosse stato benedetto da Jahlee, quindi era piuttosto certo che una volta giunto al tempio sarebbe stata solo questione di tempo prima che gli alti sacerdoti dimostrassero che era tutta un’illusione, e poi Daryan sarebbe tornato a concentrarsi sul fatto che durante l’attacco Leo e rimasto solo con Opal, e probabilmente quella sarebbe stata la volta buona che Daryan lo condannava a morte.

Il più grande rimpianto di Leo sarebbe stato non riuscire a preparare la pizza per il compleanno di Anna, come aveva programmato.

…sì, Leo continuava ad avere delle priorità un po’ sballate.

L’interno della carrozza era silenzioso. Leo era solo in compagnia del principe, che però era intento a leggere un libro il cui titolo era coperto dalle sue mani, ma Leo intuì fosse un manuale di economia, o politica, o altre cose principesche (in realtà era un romanzo dal titolo “Mia zia Carlina è tornata indietro nel tempo per vendicarsi di quando sono tornato indietro nel tempo per vendicarmi di lei e onestamente inizio ad essere confuso!” ma shhh, non roviniamo la fantasia a Leo).

Il cuoco avrebbe voluto intortare una conversazione, o leggere un libro a sua volta, o quantomeno ascoltare un po’ di musica, ma non voleva disturbare il principe… e poi non sapeva teoricamente leggere… per non parlare del fatto che gli ipod non erano ancora stati inventati.

Sigh, che noia mortale in quella carrozza!

Anche se era sempre meglio di quando aveva dovuto prenderla da prigioniero. Questa carrozza era molto più confortevole, e sobbalzava molto meno.

Senza molto da fare, Leo iniziò a guardare fuori dal finestrino, e si pentì subito di non averlo fatto prima perché la vista da lì dentro era splendida.

-Woo- si lasciò sfuggire, osservando un lago dai riflessi viola. Che figata! Non aveva mai visto niente del genere! Quello sì che era un luogo magico!

-È uno dei sette laghi arcobaleno. Il loro colore deriva dalle pietre preziose poste sul fondo. È un luogo sacro al dio Jahlee- spiegò Daryan, impassibile, senza sollevare lo sguardo dal suo libro.

-Sono tutti sacri al dio Jahlee o ogni lago è dedicato ad un dio?- chiese Leo, curioso.

Dopotutto c’erano sette dei, e sette laghi, e sette colori dell’arcobaleno… quel luogo era praticamente una bandiera del pride fatta a mondo fantasy.

-Sono stati realizzati da Jahlee, e sono sacri a lui, ma effettivamente ogni lago è condiviso con un’altra divinità, tranne quello viola- spiegò Daryan. Non sembrava seccato dalla domanda, o forse era troppo concentrato sul proprio libro per rendersi conto della sospetta curiosità del ragazzo davanti a lui.

-Capisco, forte!- Leo commentò, esaltato -È davvero magico- aggiunse poi, osservando con più attenzione il lago viola. Così concentrato da non rendersi conto che il principe aveva lasciato perdere il libro e si era messo ad osservarlo. Badate bene, osservare Leo, non il lago.

-Ci siamo passati nel viaggio verso il castello, quando ti abbiamo trovato nella foresta- gli ricordò, pensieroso.

-Beh, ero troppo occupato a temere per la mia vita per fare il turista. Ero stato malmenato, ferito, imprigionato e le torture medievali sono…- Leo rispose sarcasticamente, voltandosi verso di lui, e incrociando il suo sguardo. Si ritrovò ad arrossire senza potersi trattenere -…ehm… dicevo… non ho guardato molto fuori durante quel viaggio, vostra maestà- provò a tornare rispettoso, e distolse immediatamente gli occhi.

Il principe fece altrettanto.

-Ti chiedo di perdonare i nostri metodi poco ortodossi, ma le relazioni sono piuttosto agitate ultimamente con i Vasilev, e non potevi chiedere qualcosa di più sospetto- il principe borbottò più tra sé che rivolto a Leo, che però, essendo l’unico soggetto nella carrozza insieme a lui, non si trattenne dall’indagare ulteriormente sulle sue strane parole.

-Perché chiedere di cucinare dovrebbe essere così sospetto?- chiese, rendendosi conto troppo tardi di quanto ingenua potesse sembrare la sua domanda. Proprio degna di uno che non aveva la più pallida idea di come funzionava quel mondo nei dettagli.

Sì, certo, era lì da qualche settimana, ma non era mai uscito dal palazzo, e le uniche cose che sapeva del mondo esterno era ciò che sentiva dalle cuoche, il poco che aveva letto sul libro di Lumai, e due o tre informazioni che ricordava che Giada gli aveva dato.

…e tali informazioni erano che Daryan avrebbe sposato una cuoca di nome Dotty… forse… e che Valkrest e Jediah avevano faccende in sospeso, ma non aveva idea del perché.

Daryan lo guardò con un sopracciglio inarcato.

-Diciamo solo che la cucina è un argomento delicato a Jediah e a Valkrest- disse infine, senza scendere nei dettagli.

Leo non indagò, e rimasero in silenzio qualche secondo.

-I laghi sono protetti in quanto luoghi sacri o ci si può avvicinare?- chiese poi il cuoco, dando un’ultima occhiata al lago viola che presto sparì alla vista, dietro una fitta coltre di alberi.

-Normalmente ci sarebbero delle restrizioni, ma non temere, dopo il compleanno di Opal, quando la situazione con Valkrest si sarà calmata un po’, sicuramente la principessa vorrà fare un giro per i laghi, e suppongo che potrai accompagnarla come suo cuoco e assaggiatore ufficiale- Daryan rispose in tono indifferente, ma Leo fu comunque entusiasta all’idea di una bella gita al lago, a prescindere che fosse per lavoro o no.

Sorrise caldamente, e cercò di guardare quel poco che si poteva scorgere tra gli alberi. 

Si perse il sorrisetto appena accennato di Daryan nel vedere il suo entusiasmo.

-Sarebbe bellissimo! Potrei fare dei dolci a tema, magari colorati!- rifletté, pensando già a quando sarebbe riuscito ad andare lì con la principessa.

Poi però, con il lago che spariva completamente alla vista, si rabbuiò ricordando il motivo per il quale era uscito dal castello in quel momento.

-Certo… se riuscirò ad essere presente per allora- borbottò, tra sé.

Dopotutto continuava a dubitare di essere stato effettivamente benedetto dalla divinità, e in ogni caso la sua presenza a palazzo era sempre appesa sul filo di un rasoio, e ogni errore poteva condannarlo in ogni momento.

Fare piani non era proprio il caso.

-Spero proprio di sì, hai un contratto a tempo indeterminato con la nostra famiglia. Hai in programma di andare da qualche altra parte?- Daryan inarcò un sopracciglio, irritato dalla frase di Leo, che alzò le mani in segno di difesa.

-No! Assolutamente no! Solo… magari dopo il compleanno della principessa sarete voi a mandarmi via… o anche prima del compleanno. Magari proprio oggi, dopo aver scoperto cosa è successo esattamente ieri- Leo si rabbuiò, cercando di non pensare alle torture dell’inquisizione spagnola che potevano aspettarlo nel suo futuro. 

Dai, non c’era stata l’inquisizione spagnola in quel mondo! Poteva ancora sperare che non avessero inventato quel tipo di torture.

-Mia sorella mi ha spiegato nel dettaglio ciò che è accaduto ieri, e dopo il grande atto di coraggio che hai mostrato nel proteggerla, dubito fortemente che chiunque a palazzo vorrà mandarti via… me compreso- Daryan provò a rassicurarlo, e nonostante il suo tono rimase impassibile, Leo avvertì un certo calore nel petto.

-Lei compreso?- ripeté, temendo di aver sentito male.

Daryan sospirò appena, poi posò definitivamente il libro da un lato, e dedicò tutta la propria attenzione verso Leo.

In casi normali, Leo si sarebbe sentito a disagio e in pericolo ad avere l’intera attenzione dello spaventoso principe su di sé, ma in quel momento non irradiava alcuna aria di minaccia, anzi, accennò quasi un sorriso.

E la bellezza che già Leo aveva notato al loro primo incontro (e che aveva rischiato di costargli la vita dato che lo aveva distratto non poco), si rivelò ancora di più.

Sua nonna diceva sempre che un sorriso donava al viso il doppio della bellezza normale.

Aveva torto.

Perché solo con un sorriso appena accennato e gli occhi privi di spirito battagliero, Daryan era il triplo più bello.

Leo sperò di non vederlo mai ridere davvero, o ci sarebbe rimasto secco, e neanche una benedizione divina l’avrebbe potuto salvare.

Ma si stava nuovamente distraendo.

-Leonardo…- il principe lo chiamò per nome. Erano rarissimi i momenti in cui lo chiamava per nome, o forse non l’aveva mai fatto prima. In ogni caso il cuore del cuoco perse un battito -…voglio chiedere formalmente scusa per il modo in cui sei stato trattato questi giorni, a causa della paranoia mia e dei miei collaboratori. Non sei ancora esente dai dubbi, ma se anche fossi stato d’accordo con gli antimonarchici per fare buona figura con mia sorella, cosa in cui non credo, ma che potrebbe essere, hai comunque rischiato la vita per salvarla, e su questo nutro pochi dubbi. Se anche dovessi scoprire che non sei stato benedetto, questo non cambierà la realtà dei fatti che hai salvato mia sorella…- iniziò a ringraziarlo, e Leo avrebbe potuto restare zitto, accettare finalmente le parole gentili, e sentirsi rasserenato per la prima volta da quando era finito lì.

Ma Leo non sarebbe stato Leo se non avesse obiettato in un kamikaze tentativo di scavarsi la fossa.

-Era il minimo che potessi fare! È colpa mia se è finita in pericolo in primo luogo! È normale provare a proteggerla, ho fatto solo il mio…- interruppe la replica notando lo sguardo seccato di Daryan. Si rese conto di aver appena interrotto un principe che era tipo venti spanne sopra a lui nella scala sociale, e abbassò il capo, imbarazzato -…mi perdoni per averla interrotta, continui pure, principe Daryan- si zittì, arrossendo e dandosi dello stupido per i suoi costanti tentativi di suicidio involontari.

Dovevano dargli un premio per persona con meno istinto di autoconservazione sulla faccia del pianeta. E come essere più impulsivo!

Per sua fortuna non vide il volto del principe, e si perse il suo tentativo di non scoppiare a ridere. Fortuna perché sicuramente il suo cuore non avrebbe retto a vederlo così divertito.

-Dicevo…- dopo aver placato le risate imminenti, il principe continuò il discorso -…hai salvato Opal, e ti sono grato per questo. E non ti accuso per essere stato con lei nella casetta sull’albero teoricamente segreta. Ci porta sempre le cuoche e i servitori che le stanno più simpatici. Non è che tu potessi dire di no alla sua richiesta, e se non ci fossi stato tu con lei l’avrebbero trovata comunque, quindi ti assicuro che non riceverai una qualche punizione per essere stato solo con lei, a prescindere se la benedizione si rivelerà vera o no- concluse il discorso, rassicurando Leo, che tirò un sospiro di sollievo.

-Davvero molto comprensivo da parte sua. Se io sapessi che qualche ragazzo che non mi convince molto passasse del tempo solo con mia sorella, e avessi il potere di torturarlo… beh… potrei approfittarne- Leo pensò ad Isabella.

-Ne dubito, finiresti per torturarti da solo- borbottò il principe.

Leo lo guardò offeso, ma doveva ammettere che aveva ragione.

Decise di cambiare argomento, per non scavarsi maggiormente la fossa.

-Comunque non credo che Jahlee mi abbia benedetto davvero- mise in chiaro, per preparare Daryan alla sicura futura scoperta.

-Perché lo credi?- chiese il principe, squadrandolo con curiosità.

-Non avrebbe alcun motivo di farlo. Dopotutto sono di… Lumai, e sono solo un cuoco, non ho alcuna relazione con Jahlee…- e fino a poche settimane prima… macché, fino a poche ore prima, non credeva neanche del tutto alla sua esistenza. Perché mai un dio avrebbe voluto benedire proprio lui?!

-Gli dei operano in modi incomprensibili. Sono gli unici a conoscere l’interezza della Storia, e ogni loro scelta è perfettamente calcolata. Anche se… devo ammettere che sono secoli che qualcuno non viene benedetto- Daryan era pensieroso.

Osservò qualche secondo fuori dalla carrozza, in silenzio, e Leo decise di fare altrettanto.

Iniziavano ad approcciare un enorme edificio fatto interamente di pietre preziose.

WOW!!! 

E Leo pensava che il palazzo fosse sfarzoso!

Quel posto era una letterale miniera d’oro!!

Prima che potesse commentare, fu Daryan a rompere il silenzio.

-Posso farti una domanda, Leonardo?- chiese, molto tra sé.

-Certo- Leo tornò ad osservarlo. Lui continuava a guardare il paesaggio.

-Cosa sai tu dei semidei?- indagò.

Non sembrava una domanda piena di sospetto, ma di sincera curiosità, come se testasse le sue conoscenze basilari per capire quanto doveva spiegare.

Leo non aveva nulla da nascondere al riguardo.

-Persian mi sta preparando per il banchetto della principessa. So che ce n’è uno a Valkrest, uno a Katrang, due a Ombron e a Nivern, per un totale di sei semidei, giusto?- chiese, cercando di ricordare i dettagli.

Persian non aveva detto molto, solo che li avrebbe riconosciuti una volta visti.

Leo non aveva la più pallida idea di cosa intendesse.

-Sono sette, in realtà. Jahlee ha un figlio, Yu. Solo che è scomparso nel nulla diciassette anni fa. Nessuno l’ha mai visto. Non si sa neanche se è maschio o femmina- spiegò Daryan -…anche se è piuttosto ovvio che sia…- 

-No! Non sono io!- Leo lo interruppe di nuovo, intuendo dove il discorso sarebbe andato a parare -So esattamente chi è mio padre, abbiamo, ehm, avevamo un pessimo rapporto, e non era decisamente una divinità, quindi non è possibile… che… l’ho interrotta di nuovo, scusi, continui- Leo tornò rosso quanto i suoi capelli quando Daryan si girò a guardarlo seccato dall’interruzione.

Non tanto per l’interruzione in sé, ma perché uffi, ce la stava mettendo tutta a fare il misterioso e drammatico, e Leo continuava a interromperlo e supporre male.

Sì, perché aveva supposto proprio male.

-È ovvio che tu non sia figlio di Jahlee, era scontato. Mi chiedevo solo se magari tu non fossi… come dire… magari conosci qualcuno che…- la carrozza che si fermava interruppe la sua difficile richiesta, e pochi secondi dopo Chevel batté sulla porta della carrozza, per confermare che fossero arrivati.

-…vabbè, lascia stare- Daryan scosse la testa, e si preparò ad uscire.

Leo deglutì rumorosamente, preoccupato dall’incontro con gli alti sacerdoti.

Il momento della verità era arrivato.

Dai, almeno Daryan non lo avrebbe ammazzato presto.

 

Leo era un tipo piuttosto fantasioso, soprattutto nell’aspettarsi il peggio. Quindi si era immaginato un centinaio di scenari diversi sull’incontrare l’alta sacerdotessa di Jahlee, e sulle operazioni magiche che gli avrebbero fatto per confermare che NON avesse una benedizione da parte di una divinità.

Se l’era immaginata una persona amichevole, o sacrale, o fredda. Anziana, o giovane. Aveva messo in conto tante diverse possibili personalità, ma mai nella vita si sarebbe aspettato di vederla come una ragazza poco più grande di lui estremamente entusiasta di vederlo lì.

-Noooo, il cuoco?! Che bello conoscerti! Adoro i tuoi biscotti arcobaleno! Sono la migliore offerta che sia mai stata lasciata a Jahlee!- lo accolse nel salone principale, prendendolo per le mani e guardandolo dritto negli occhi con entusiasmo.

In quel mondo andavano pazzi per i dolci.

Leo accennò un sorrisino nervoso.

Si era preparato psicologicamente a fare un inchino medio curato e a presentarsi con estremo rispetto.

Non aveva la più pallida idea di come rispondere a tale accoglienza, e si era completamente dimenticato ogni lezione di etichetta.

-La… la ringrazio molto- sussurrò, arrossendo parecchio, dato che non si aspettava proprio quel complimento.

-Siete venuti qui per farlo venire a cucinare al tempio?! Vuoi entrare tra i novelli praticanti? Ogni tanto dobbiamo digiunare ma i cuochi ci fanno comodo!- l’alta sacerdotessa provò a reclutarlo, guardandolo con sguardo che oserei dire famelico.

-Ehhh…- Leo non sapeva come negare in modo rispettoso, e per fortuna ci pensarono Chevel e Daryan a salvarlo, il primo prendendolo per un braccio e staccandolo dalla presa della donna, con fare protettivo.

Il secondo rispondendo per lui.

-Niente del genere, alta sacerdotessa. Siamo venuti qui perché pare che quest’uomo abbia ricevuto una benedizione divina da Jahlee, e volevamo conferire con il dio in persona per confermare la nostra ipotesi- spiegò il principe, pratico.

Leo annuì, ancora piuttosto in imbarazzo. Chevel continuava a tenerlo per il braccio come se temesse che sarebbe scappato. Con fermezza, ma senza fargli male. Leo si sentì quasi un ospite VIP protetto da due guardie del corpo.

Forse era effettivamente gradito a palazzo, con tutti i manicaretti che preparava.

L’alta sacerdotessa fece il muso, delusa.

-Capisco…- chiamò uno degli accoliti che erano nella stanza, in un angolo, a sbrigare altre faccende (ma che comunque non si erano persi una parola, e sembravano delusi a loro volta) -Francamente dubito che dopo secoli Jahlee abbia concesso una nuova benedizione, ma potrete conferire con lui a breve. Avete delle offerte per il nostro dio patrono?- tornò pratica e sacrale, più come Leo se la sarebbe aspettata.

-Abbiamo portato una torta al cioccolato e caramello- rispose Daryan, facendo un cenno a Chevel, che lasciò andare Leo e aprì un baule che si era portato dalla carrozza, dal quale tirò fuori una torta che Leo aveva fatto il giorno prima, come proposta per il compleanno della principessa. Era solo una prima prova, in realtà, ma ci aveva messo il massimo.

-Oh… una torta…- l’alta sacerdotessa sembrava delusa -…suppongo non ci fosse tempo per preparare altri biscotti- borbottò tra sé.

Leo si irritò appena. Era una torta di tutto rispetto, quella! L’avevano tolta dalla bocca della principessa per offrirla in dono, non era giusto che la giudicasse senza averla assaggiata!

-Bene, aspettate nel giardino di ametiste. E quando Jahlee sarà pronto a ricevervi vi chiameremo- continuò la sacerdotessa, un po’ annoiata. Dei praticanti in toghe viola portarono la torta al suo cospetto, e si accinsero a tagliarla per fargliela assaggiare.

Daryan fece un inchino del terzo tipo, e incoraggiò Leo ad inchinarsi a sua volta e seguirlo fuori dal salone principale.

Leo non lo notò nemmeno, troppo occupato ad osservare la reazione della donna di fronte alla torta. La osservava con sospetto, come se fosse avvelenata, e la annusò con attenzione e una faccia che sembrava disgustata.

Ecco, voi lettori ora dovete sapere che l’alta sacerdotessa era da contratto obbligata a controllare con la sua magia divina ogni cibo che le veniva offerto, e quelli erano gli step principali per un controllo generale.

Servivano inoltre a renderli un sacrificio e non un semplice cibo che la sacerdotessa mangiava. Quindi per evocare Jahlee, processo lungo e tedioso, doveva mangiare quella torta in quel modo, con attenzione e faccia seria e concentrata.

Questo ora voi lo sapete… Leo no.

E come ben sapete, Leo è molto orgoglioso della sua cucina, non sa stare zitto, e ama fare cose che potrebbero ucciderlo. È proprio diventata una sua passione nelle ultime settimane.

-Comunque la torta è parecchio elaborata e gustosa, sa? Ho fatto il caramello io stesso, e anche le statue di cioccolata. Avessi saputo fossero per Jahlee avrei fatto dei mini draghi ma comunque la composizione della torta è…- iniziò a difendere il proprio prodotto dolciario, ma venne fortunatamente interrotto da Chevel, che lo placcò rischiando di buttarlo a terra, e gli tappò la bocca.

-Chiediamo profondamente scusa per la sua bocca larga, vostra eccellenza!- si affrettò a scusarsi per Leo, sempre tenendolo fermo e zitto.

Daryan aveva il volto coperto da un facepalm, e borbottò qualcosa che nessuno nella stanza riuscì a capire ma che suonava come un “Ripensandoci, potete tenervelo pure”.

Ci furono alcuni secondi di puro silenzio.

Gli accoliti guardavano Leo con enorme offesa, l’alta sacerdotessa era nel mezzo del primo boccone, e fissava il cuoco sorpresa e piuttosto assente.

Poi chiuse gli occhi, deglutì, e prima che il trio del palazzo potesse scusarsi maggiormente, o i sacerdoti potessero cacciarli definitivamente con una scomunica o delle maledizioni, l’alta sacerdotessa scoppiò a ridere, facendo sobbalzare tutti.

-Nessuno si era mai rivolto così all’alta sacerdotessa. Scommetto che quando tornerà in sé vorrà diventare la tua migliore amica. Forse sarà meglio che scappi, ragazzo, a meno che tu non voglia restare qui a tempo indeterminato. Beh, prima dovremmo fare un colloquio privato, però- disse poi, cambiando completamente personalità, e asciugandosi le lacrime.

-Effettivamente questa torta è davvero ottima. Anche se preferisco i biscotti, ma è un gusto personale- disse poi, mentre le menti di tutti i presenti si riavviavano.

-Grande e potente dio Jahlee, siamo onorati di essere in tua presenza!- disse uno dei praticanti anziani, inchinandosi, o meglio, prostrandosi completamente ai piedi della ragazza.

Non era un inchino profondo, non era un inchino che Leo aveva studiato. Era proprio completamente a terra, con il capo chinato, e le mani davanti a sé, in direzione del dio.

Pochi istanti dopo, tutti quanti imitarono quella posa, Daryan e Chevel compresi.

Leo, che era già praticamente a terra perché buttato dal cavaliere, provò ad imitarli, anche se era certo che gli fosse uscito malissimo.

E completamente irrispettoso.

E aveva mancato di rispetto all’alta sacerdotessa e il dio Jahlee l’aveva visto.

A meno che non fosse tutta una specie di truffa ed era solo l’alta sacerdotessa che scammava tutti fingendosi il dio.

Leo lanciò un’occhiata in direzione del trono dove la donna si era appena seduta, e notò che lo stava fissando divertita… e i suoi occhi erano brillanti, e violetti.

No… non era uno scam, quello era palesemente un dio.

E se Leo sopravviveva a quell’affronto, era immortale.

-Riposo, riposo. E non serve che vi scusiate per la lingua lunga del mio benedetto, è completamente scusato, e ordino di non parlarne più e di non rinfacciarglielo. Non mentiva riguardo alla torta, dopotutto- Jahlee li fece alzare con un cenno delle mani.

Leo decise che se un giorno l’avessero cacciato da palazzo, sarebbe diventato un adepto di Jahlee, grato per il suo ordine divino.

Ma un momento… il suo benedetto?

ASPETTA, CHE?!

-Co_conferma che ha ricevuto la vostra benedizione divina, sommo Jahlee?- chiese Daryan, sempre con sguardo basso, ma lanciando a Leo occhiate sorprese e preoccupate.

-Confermo, davanti a tutti voi, che questo ragazzo ha la mia benedizione divina, e non voglio che gli venga fatto alcun male, anche se ammetto che a volte uno scappellotto se lo meriterebbe, visto le sue uscite. Ma niente di mortale, sono stato chiaro?!- il tono di Jahlee, gioviale fino a quel momento, si fece terribilmente serio, e guardò storto soprattutto Daryan e Chevel.

Leo si ritirò su sé stesso, la sua mente in un totale buffering nel tentativo di assimilare le informazioni, senza riuscire nell’impresa.

Non aveva senso che Jahlee, il grande Jahlee, divinità di quel mondo in cui Leo era caduto solo da qualche settimana, fosse così interessato a lui da averlo benedetto, e che lo trattasse con questo istinto di protezione.

Leo era solo un cuoco ex studente italiano, non voleva tutta quella attenzione!

Daryan sembrava estremamente confuso, e calcolatore.

Il silenzio accolse la dichiarazione del dio.

Un silenzio raggelante.

Leo voleva solo andarsene da lì e dimenticare che tutto questo fosse accaduto.

-Ora che ho messo in chiaro la faccenda… Leonardo il cuoco… vieni con me nella camera dell’evocazione, devo darti delle direttive sulla mia benedizione, e risponderò alle tue domande- Jahlee si alzò, e sollevò una mano in direzione di Leo, per incoraggiarlo ad avvicinarsi a lui.

Leo però era congelato sul posto.

Chevel gli diede una piccola spinta, per sbloccarlo e fargli raggiungere il dio.

Leo per poco non cadde, ma si avvicinò, tremante e spaventato.

-Prendo anche la torta, grazie mille- prima di dirigersi verso l’uscita, Jahlee prese il resto della torta. Era enorme, Leo si dispiacque per la povera ragazza che si sarebbe ritrovata con quel peso sui fianchi.

-Tranquillo, il cibo che mangio quando sono nel corpo dell’alta sacerdotessa lo assimilo io- come se gli avesse letto nel pensiero, e chissà, magari leggeva davvero nel pensiero (in realtà no, ma Leo è molto leggibile), Jahlee rispose al dubbio di Leo, e lo incoraggiò ad andare prima di lui nella sala accanto.

Camminarono in silenzio per alcuni corridoi, fino ad arrivare ad una sala mistica con incensi e decorazioni brillanti.

Leo era affascinato da quell’architettura incredibile, ma non osò parlare.

Aver incontrato un dio sembrava avergli finalmente tolto l’uso della parola, e l’abitudine di parlare a sproposito.

-Perfetto, ora che siamo qui, e siamo soli…- iniziò Jahlee, sacrale.

-La ringrazio tantissimo, sommo Jahlee, per la benedizione, e per avermi aiutato, ma non sono degno di tale enormità. Sono solo un cuoco, insignificante, piccino, niente di speciale…- okay, gli aveva tolto l’uso della parola e l’abitudine a parlare a sproposito per dieci minuti. Ma Leo non cambiava mai.

Fu fermato da uno scappellotto.

-Lasciami parlare, giovanotto! Tanto non posso togliere la benedizione che ti ho dato. O meglio, potrei, ma questo mi farebbe passare per uno stupido che ha sbagliato, e noi dei non commettiamo errori!- lo fulminò con lo sguardo, e Leo annuì, per dargli ragione, e si mise le mani sulla bocca per evitare di parlare nuovamente a sproposito.

-Bene… la prima cosa da dirti è che la benedizione che ti ho assegnato è una benedizione protettiva contro le morti violente. Qualsiasi ferita mortale rimbalzerà sul tuo corpo, ma questa benedizione si attiverà solo sette volte, quindi non provocare. O meglio… è attiva per sette persone, perché se qualcuno prova ad ucciderti e la benedizione si attiva, la prossima volta che prova ad ucciderti verrà punito, perché ha osato attaccare una persona protetta da una divinità. La benedizione non funziona per veleni, malattie o ferite non mortali, come tagli o botte, per questo non si è attivata mai prima dell’attacco- spiegò Jahlee, pratico.

Leo afferrò abbastanza quello che intendeva dire.

Era come se avesse una barra della vita, e quando lo colpivano la barra della vita si abbassava. Se invece riceveva un colpo mortale, si attivava la benedizione, ed usava una vita. Al momento ne aveva ancora sei.

Semplice… era praticamente Super Mario.

-Capisco… la ringrazio tanto per la benedizione- disse in un sussurro, senza guardare la divinità negli occhi.

Notò però che aveva già mangiato metà torta.

Wow, era un pozzo senza fondo!

-Figurati. Ora, ti concedo tre domande alle quali risponderò con la massima sincerità, ti conviene pensarci con attenzione e…- nel momento stesso in cui Jahlee gli diede il permesso di parlare, Leo partì in quarta.

-Da quanto tempo mi ha benedetto? Se posso chiedere… Giusto per capire…- domandò, a disagio.

-Dal momento in cui sei arrivato nel mio territorio. Non potevo permettere che morissi- rispose il dio, senza esitazione.

-Perché non posso… morire? Cioè, non me ne lamento, sia mai, anzi, che gioia vivere! Mi fa piacerissimo essere benedetto, solo… non capisco il motivo per cui un dio onnipotente abbia deciso… giustamente, eh, sicuramente avete fatto bene, ma perché benedire proprio me?- chiese Leo come seconda domanda, cercando di non offendere la divinità che gli voleva salva la vita.

-Mi sei simpatico, ragazzo… no, non è questa la risposta alla domanda, era solo un pensiero. La risposta è che non puoi morire perché questo infastidirebbe molto una persona che mi sta molto a cuore, e che non vuole assolutamente che a te venga fatto del male- Jahlee, come tutte le divinità che si rispettano, parla per enigmi anche quando promette di dare risposte. È un po’ come Silente. 

E adesso a Leo mancava solo una domanda.

La logica suggeriva di chiedere chi fosse la persona che lo voleva in vita, e credo che tutti quanti voi vogliate che faccia questa utilissima domanda. L’identità di questo soggetto è fondamentale per capire meglio il mondo, la trama, la Storia, e risponderebbe a tante domande di Leo.

Che fosse la principessa, cara a Jahlee e che aveva a cuore Leo? Il principe? Una persona che Leo avrebbe conosciuto solo in futuro? O qualcuno del suo passato?

Il dio conosce ogni cosa, quindi è possibile che abbia agito in vista di un incontro futuro tra Leo e la persona misteriosa, quindi tale persona potrebbe essere proprio chiunque.

…ma Leo non chiese la sua identità.

Perché mentre la sua mente prendeva completa consapevolezza dei dettagli della benedizione, e degli attentati presunti alla sua vita che pensava di aver riscontrato dal suo arrivo in quel mondo fino a quel momento, che non l’avevano attivata, si rese conto finalmente di quanto fosse stato effettivamente in pericolo durante quell’attacco.

E c’era una sola domanda che gli uscì in testa quando aprì la bocca.

-Se non fossi stato benedetto… sarei morto?- chiese, in un sussurro, finalmente guardando Jahlee negli occhi brillanti, per captare ogni dettaglio.

Il dio esitò qualche secondo, poi sospirò, e fu il primo a distogliere lo sguardo.

-Sì… temo di sì. La ferita all’addome sarebbe stata mortale. Forse saresti sopravvissuto per miracolo, ma ne dubito fortemente- rispose, senza cercare di indorare troppo la pillola.

Leo si portò inconsciamente la mano nel punto in cui aveva sentito il coltello trapassargli la pelle, e per la prima volta rimuginò seriamente sulla propria morte.

-Grazie di avermi salvato la vita- disse dopo qualche secondo, facendo un profondo inchino.

Jahlee gli scompigliò i capelli, affettuosamente.

-Non rimuginare troppo, ragazzo. Quel che è stato è stato, e sei sopravvissuto- provò a rassicurarlo, ma Leo non la vedeva allo stesso modo.

Se non fosse stato per Jahlee, o meglio, per la persona misteriosa, Leo sarebbe morto così! Non aveva mai rischiato di morire prima! Era un trauma!

-Grazie, sommo Jahlee- disse, senza particolare calore.

Era grato, era enormemente grato a Jahlee per quello che gli aveva fatto, ma al momento voleva solo restare solo, riflettere bene sulla cosa, piangere disperato per la paura e riconsiderare tutte le sue scelte di vita.

Era quello che si doveva fare in quei casi, giusto?

-Se vuoi sei congedato. Sentiti libero di usufruire del giardino sul retro. È un ottimo luogo di riflessione- Jahlee capì il suo stato d’animo, e gli indicò la porta con un cenno della mano, finendo nel frattempo la torta.

 

E Leo rifletté, eccome se rifletté, per almeno un’ora, prima di essere trovato da qualcuno.

Cosa sorprendente, dato che solo per raggiungere il giardino aveva incrociato un sacco di gente, tra cui Chevel contro il quale si era scontrato proprio mentre era in lacrime, e che aveva provato a fermarlo senza successo.

Leo era convinto che l’avrebbe seguito, ma per fortuna aveva deciso di lasciar perdere.

Forse perché Jahlee aveva garantito per lui, quindi temeva di fare un torto alla divinità contrariandolo? Nah, Leo dubitava che Chevel si sarebbe fatto fermare da un dio nel bullizzarlo. Comunque non si era fatto vedere, e Leo era rimasto in pace, esattamente come voleva.

Anche se dopo un’ora di pianto ininterrotto, iniziava a sentire, oltre ad una gran sete, anche il bisogno di parlare con qualcuno.

Solo che le uniche persone con le quali avrebbe voluto parlare erano in un altro mondo.

Sua madre, sua sorella, la sua migliore amica, sua nonna… tutte irreperibili.

Aveva un surplus di figure femminili incredibili nella sua vita, c’era da dirlo.

Ma fu una figura maschile ad approcciarlo per prima.

-Vuoi un bicchiere d’acqua?- chiese una voce che Leo si stupì di riconoscere immediatamente.

-Principe Daryan!- accolse il principe, che teneva in mano un calice e si stava avvicinando lentamente.

Cavolo! Era l’ultima persona dalla quale Leo voleva farsi vedere così debole!

Soprattutto perché non era pronto a dare spiegazioni riguardo ai motivi per i quali era così debole, e dubitava che Daryan avrebbe empatizzato con la sua situazione.

Inoltre ammettere di essersi un po’ pentito di aver salvato la principessa non avrebbe fatto tanta buona figura davanti a suo fratello, che considerava il salvataggio probabilmente l’unica cosa buona che Leo avesse fatto a palazzo.

-Non ti chiederò di dirmi ciò di cui avete parlato tu e Jahlee in confidenza, a me basta sapere che sei stato benedetto da lui- anche Daryan praticamente gli lesse nel pensiero, e si avvicinò di qualche altro passo, porgendo il calice come una bandiera bianca di tregua.

Leo sollevò il braccio per prenderlo, dandogli il permesso di entrare nel suo dolore.

Purtroppo la sete era più alta della sua dignità. E tanto il principe l’aveva ormai visto piangere quindi non ci rimetteva poi molto.

Mentre iniziava a sorseggiare, in silenzio, Daryan si sedette accanto a lui. Sempre abbastanza distante, ma mettendosi comunque sul suo stesso piano, fisico ed emotivo. Non parlò, aspettando che fosse Leo a rompere il silenzio.

-Se fossi morto… cosa avreste fatto?- chiese infatti il cuoco, dopo aver bevuto metà bicchiere, in un sussurro.

Daryan si girò verso di lui, lanciandogli un’occhiata allarmata.

Ci mise qualche secondo a rispondere.

-Non l’avremmo permesso. Ti avremmo soccorso in tempo- affermò con sicurezza.

Il cuore di Leo iniziò a battere più forte, colpito da questa presa di posizione.

Si sarebbe aspettato qualcosa del tipo “ti avremmo ricordato con affetto” o un meno probabile ma ugualmente realistico “vabbè, morto un servo se ne assume un altro, non sei nessuno”, o un gentile ma irrealistico “ti avremmo eretto una statua per celebrarti come il più grande salvatore del regno” detto solo per fargli piacere, ma non immaginava che il principe si sarebbe proprio rifiutato di considerare una realtà dove Leo sarebbe morto.

-Ma se fossi morto per la ferita, nonostante i soccorsi… cosa avresti fatto?- Leo non si rese neanche conto di aver smesso di usare il plurale. Non stava più chiedendo cosa avrebbero fatto in generale a palazzo, ma cosa avrebbe fatto Daryan, nel dettaglio.

Non avevano un grande rapporto, Leo si limitava a portargli sempre i pasti, assaggiare, e poi esasperarlo con le sue chiacchiere inopportune. Leo dubitava lo considerasse oltre al sospetto che provava per lui.

Eppure… sperava che il principe mentisse. Che gli desse una qualche rassicurazione. 

Si guardarono negli occhi qualche secondo, poi Daryan distolse lo sguardo, incapace di sostenere quello di Leo.

Il ragazzo suppose non avesse assolutamente nulla da dirgli, e tornò a disperarsi interiormente, prendendo un altro sorso dal bicchiere.

-Non me lo sarei mai perdonato- ammise a sorpresa il principe. Per poco Leo non si strozzò.

-Cosa?- chiese, sorpreso, guardandolo incredulo.

Daryan non ricambiò lo sguardo, e si fissò le mani incrociate posate sulle ginocchia.

-Sei uno dei miei sottoposti, Leonardo. È ovvio che io sarei profondamente rammaricato se ti accadesse qualcosa dentro le mura del castello. Senza contare che…- si interruppe, sembrava davvero in difficoltà -…sono stato profondamente ingiusto nei tuoi riguardi, Leonardo- ammise poi, stringendo i denti, ed evitando accuratamente lo sguardo del cuoco, che al contrario era a bocca aperta e occhi sgranati e sembrava il personaggio di un cartone animato per quanto buffa fosse la sua espressione incredula.

Per la seconda volta quel giorno (e forse nella sua intera vita) era completamente senza parole.

-Sei stato trattato con profondo sospetto da quando sei finito nella nostra trappola, eppure non sei stato altro che buono con la mia famiglia, e con il regno. Se fossi morto per salvare Opal, io…- Daryan scosse la testa -Non voglio neanche immaginarlo- cercò di chiudere l’argomento.

-Opal è speciale, vale molto più di un semplice cuoco come me- borbottò Leo, che non riusciva a pensare ad altro che alla sua possibile morte, in quel momento.

Daryan accennò un’occhiata verso di lui, ma era arrivato il turno di Leo di guardarsi le mani, che tenevano ancora il bicchiere mezzo vuoto.

Strano, di solito Leo lo vedeva mezzo pieno anche quando mancava solo un sorso.

Prima che il principe potesse obiettare, il cuoco continuò.

-Non che mi voglia comparare alla principessa, dico solo che se non fossi stato benedetto da Jahlee, la mia morte non avrebbe avuto alcun effetto, tranne forse sul banchetto, o per Anna, ma le cuoche sanno la ricetta di molti miei dolci, quindi si sarebbero risolti i problemi maggiori- Leo continuò a pensare ad un mondo senza di lui.

-Leonardo, il tuo valore non sta solo nella benedizione, o nei dolci che prepari. Vali anche come persona!- obiettò il principe, con una certa veemenza.

Si schiarì la voce, rendendosi conto di averla alzata un po’ troppo, e continuò prima che Leo potesse obiettare ancora.

-E comunque sei vivo, quindi non abbiamo nulla da risolvere. Anche se… se vuoi tornare a Lumai, dalla tua famiglia, posso preparare un passaggio, e parlare con gli Eronielle per concederti un lavoro nel loro palazzo, così staresti vicino alla tua famiglia- propose, con tono di profondo rimpianto.

Leo lo guardò, sconvolto.

Chi era quel tizio?! Cosa era successo al vero principe Daryan Lindberg?! 

-La principessa Opal non me lo perdonerebbe mai- provò a ricordargli che, pronto, Leo era praticamente tenuto in ostaggio dalla famiglia reale per i suoi dolci.

-Capirebbe, soprattutto dopo che le hai salvato la vita… allora, vuoi tornare a casa?- Daryan chiese, pratico.

Se Leo avesse effettivamente avuto la possibilità di scegliere, sarebbe tornato a casa, senza alcuna esitazione (beh, forse qualcuna, dato che comunque gli dispiaceva non poter preparare il banchetto per il compleanno della principessa), ma casa sua non era a Lumai.

Casa sua era irraggiungibile.

-No, preferirei restare qui- disse, guardando Daryan dritto negli occhi.

Lo vide piuttosto sorpreso, e forse anche sollevato.

-D’accordo… ma permettimi di darti comunque un dono per il grande favore che hai fatto alla mia famiglia, e per farmi perdonare dei miei modi scortesi. Puoi chiedere qualsiasi cosa, e nei limiti del ragionevole e del possibile farò di tutto per esaudire il tuo desiderio- Daryan fece una controproposta, in tono pratico.

Ora, ci sono tantissime cose che una persona può chiedere ad un principe ricco, avvenente e potente.

Daryan, facendo quella proposta, si aspettava di ricevere una richiesta del tipo: un titolo nobiliare, terre, ricchezze, oggetti magici, o altre cose inimmaginabili. Magari un’educazione, sarebbe stato un bel regalo, insegnargli a leggere, ma Leo, come sempre, lo stupì andando oltre ogni sua previsione.

E chiedendo qualcosa di estremamente semplice.

-Posso prendere tutti gli ingredienti che voglio, tra tre giorni?- chiese infatti, illuminandosi di speranza.

Daryan lo guardò confuso.

-Ehm… hai già il totale accesso alla cucina e a tutti gli ingredienti che vuoi, tranne lo zucchero a cena per Opal- gli ricordò.

Leo scosse la testa.

-No, non per la famiglia reale, ma… ecco… tra tre giorni è il compleanno di Anna, e le volevo fare la pizza. È un piatto popolare, piuttosto semplice, non all’altezza della famiglia reale, ma ci tenevo molto a farlo per Anna e le altre cuoche, e pensavo di usare la mia paga per comprare gli ingredienti. Ma se posso chiedere di usare gli ingredienti che sono già in cucina, sarebbe davvero un grande favore- Leo si spiegò meglio.

Daryan lo guardò incredulo.

Sul serio usava il suo desiderio potentissimo per… la pizza?!

Ma chi era, Soos?

No, è Leo, e ormai lo conoscete, non dovreste più stupirvi.

-Puoi usare… tutti gli ingredienti che vuoi, e… chiedere altro, se vuoi- Daryan decise di concedergli quel favore senza che fosse considerato il grande mega iper dono da parte del principe.

-Altro? …beh… in effetti c’è una richiesta più ambiziosa che vorrei porle, vostra maestà- Leo sembrò più calmo ora che era tornato a concentrarsi sulla cucina invece che sulla morte, ma quando accennò al secondo favore, tornò piuttosto nervoso.

Daryan si preparò psicologicamente ad una richiesta difficile da realizzare.

-Chiedi pure- incoraggiò il cuoco.

-Beh… so che è chiedere molto, ma… non è che potrebbe concedermi di assaggiare la pizza che farò per il compleanno di Anna? Io… ci terrei molto a sapere la sua opinione. Non che sia un piatto pregiato, ma…- Leo iniziò a torturarsi le mani.

Daryan era incredulo. E si sentiva anche tremendamente in colpa per il modo in cui l’aveva trattato fino a quel momento.

Leo stava usando il suo desiderio per gli altri, senza pensare minimamente a sé stesso.

Era… troppo buono per sembrare autentico. Daryan sapeva di non dover più dubitare di lui, ma non riusciva a farne a meno. Non concepiva che qualcuno potesse essere così altruista.

-Giuro che non è un modo per avvelenarla! La assaggerei comunque prima io! E non deve mangiarla per forza, è solo… solo…- Leo non sapeva come dire che temeva che il principe non mangiasse abbastanza, e che desiderava fargli assaggiare i cibi che considerava più buoni nella speranza che si aprisse con il cibo. Da quando era il suo assaggiatore, Daryan mangiava solo il minimo sindacale, e lasciava sempre cibo nel piatto… tranne i biscotti di Leo.

Magari la pizza poteva aggiungersi tra i cibi che apprezzava.

-Va bene… è una richiesta fattibile. Mi troverai nel mio studio- Daryan annuì.

Leo non trattenne il suo sorriso più luminoso, felicissimo che il principe avesse accettato.

-Grazie maestà, è un onore- si sentiva molto, molto meglio.

-Beh, quando sei pronto a tornare a palazzo, raggiungici all’ingresso!- Daryan si alzò di scatto, distogliendo lo sguardo. Sembrava parecchio a disagio, all’improvviso.

Leo aveva forse esagerato con l’entusiasmo.

-Certo, arrivo tra qualche minuto- il cuoco cercò di tornare serio e gli fece un inchino profondo.

-Sì, prenditi il tempo che ti serve!- Daryan si lasciò sfuggire un cenno del capo e scappò in fretta via da lì.

Leo finì il bicchiere d’acqua, che però, sebbene ormai vuoto, vide mezzo pieno per tutto il tempo che lo tenne in mano, prima di riconsegnarlo ad un accolito di Jahlee, che lo guardò come se fosse una celebrità.

Le cose, finalmente, sembravano andare per il verso giusto.

Da lì tutto sarebbe stato in salita, giusto?

Beh…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Allora… lore!!!

Ma cos’è questa, trama?!

E momenti con quello che, palesemente, è l’ML?!

Stranamente sì, wow!

Che dire, non mi sono trattenuta nei momenti Leoryan.

Hanno anche un bel ship name.

E poi Jahlee esiste e ha effettivamente benedetto Leo. Chissà chi è la persona misteriosa che ha citato. Un personaggio conosciuto? O qualcuno che dobbiamo ancora vedere?

La risposta… prima o poi l’avrete, ma chissà quando.

Intanto nel prossimo capitolo Anna festeggia il compleanno.

E chissà se a Daryan piacerà la pizza.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e di aggiornare presto.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 10
*** Non posso prendermi una cotta per il principe in questo mondo eteronormativo!! ***


Non posso prendermi una cotta per il principe in questo mondo eteronormativo!!

 

La prima cosa che Leo aveva fatto quando era tornato nella camerata, dopo il suo viaggio al tempio, era stata provocare Lionel al massimo delle sue possibilità, perché se provava ad ucciderlo, Leo sarebbe stato per sempre immune a lui, e quindi non avrebbe più potuto bullizzarlo.

Purtroppo la notizia che Leo fosse stato benedetto da Jahlee in persona si era già diffusa nel palazzo, quindi Lionel lo evitava come la peste.

Leo era irritato dal non poterlo provocare più di tanto, ma poi Alex gli aveva fatto notare che se Lionel lo evitava non poteva bullizzarlo, e Leo si era dato dello stupido, e aveva accolto questo cambiamento con una certa soddisfazione.

La seconda cosa che aveva fatto dopo essere tornato, era stato organizzarsi con Mildred per il compleanno di Anna, e la cuoca era stata un po’ restia ad accettare il favore del principe di usare tutti gli ingredienti, ma alla fine aveva acconsentito.

Pertanto la terza cosa che Leo aveva fatto, era stata prepararsi per la festa di una delle più care amiche che si era fatto lì dentro, i giorni successivi alla visita al tempio.

Beh, a due feste di due carissime amiche, perché dopo quella di Anna, che sarebbe stata quella sera, si avvicinava anche il compleanno della principessa, e in quel momento, a ora di pranzo, Leo stava sottoponendo alla famiglia reale le sue idee per il banchetto.

Era un banchetto reale, per il compleanno di una principessa, al quale sarebbero state presenti (quasi) tutte le famiglie reali dei sette regni, e probabilmente anche alcuni semidei… insomma, era la prova culinaria più ambiziosa alla quale Leo avesse partecipato da quando era lì. Masterchef, levati, che non sei nessuno!

Se Leo un giorno fosse riuscito a tornare a casa e a partecipare a Masterchef (sogno della vita, ricordiamolo), era convinto che avrebbe vinto a mani basse, con tutta la gavetta che stava facendo a palazzo.

Certo, sarebbe stata una vittoria immeritata, dato che legalmente gli aspiranti cuochi del programma non potevano avere esperienza sul campo, ma shhhhh, ufficialmente Leo non era uno chef, non lavorava mica in un ristorante!

E nessuno avrebbe potuto scoprire il suo passato.

Il crimine perfetto.

Ma Masterchef a parte, Leo aveva preparato dei cibi da buffet, pregiati ma allo stesso tempo semplici da mangiare, e con l’aiuto delle altre cuoche, credeva di aver fatto degli ottimi piatti.

-Voglio tutto!- Opal esclamò dopo aver assaggiato le proposte.

Erano porzioni piccole, quindi Leo non poteva adempiere al suo ruolo di assaggiatore reale, anche se ormai nessuno glielo stava più chiedendo, ad eccezione di Daryan, e quest’ultimo gli faceva assaggiare il proprio cibo più per abitudine che per sospetto, persino Leo aveva iniziato a capirlo.

-La proposta numero 2 ha un ché di speziato piuttosto interessante. Credo che aggradi molto il palato della famiglia reale di Fring. Caro, hai avuto notizie dai Balewa?- la regina fece un commento molto più pratico.

Leo sapeva che il cibo della festa doveva essere studiato per accontentare tutti i palati, per questo aveva proposto gusti diversi.

E si stava dando da fare con le spezie, ultimamente. Sperimentare era la parte più divertente del lavoro.

-Mi hanno mandato una missiva stamani, pare che non potranno presenziare di persona, ma manderanno un emissario al loro posto- rispose il re, assaggiando la proposta offerta, e annuendo con la testa in segno di approvazione.

La regina sospirò.

-Sospettavo si sarebbero tirati indietro. Hanno sempre favorito Valkrest- scosse la testa, irritata, andando alla proposta 3, e addolcendo lo sguardo nell’assaggiare l’astice.

-Ti prego, dimmi che i Kaya ci saranno- pregò subito dopo il marito.

Il pesce era molto apprezzato a Katrang. Essendo una città sotto il mare, ne avevano in abbondanza, ed era il cibo più consumato.

-I Kaya hanno confermato ieri, e verrà anche il figlio di Kalea. Credo che oltre ai Vasilev e ai Balewa, tutte le famiglie reali ci faranno onore della loro presenza allo speciale compleanno della nostra gemma- il re sorrise alla figlia, che aveva già preso bis e tris di tutto, e batté le mani, entusiasta.

-Astice confermato- la regina si rivolse a Leo, che annuì e segnò mentalmente l’informazione.

-Il semidio Payas ha accettato? Sono sorpreso. Non è un grande amante degli eventi ufficiali- commentò Daryan, che contrariamente alla sorella, aveva assaggiato ben poco, e lo faceva con molta attenzione.

-Sono anch’io rimasto molto sorpreso dalla sua lettera. Ha scritto, cito a memoria, “mancare a questo evento è il peggior errore che io abbia mai fatto, verrò con gioia a festeggiare il compleanno della principessa e incontrare il mio migliore amico”. Con il semidio Payas non si capisce mai cosa voglia dire- spiegò il re, scuotendo la testa.

-Il suo migliore amico? Il semidio Nox presenzierà?- chiese Daryan, piuttosto sorpreso.

-No, quando siamo stati ad Ombron abbiamo offerto un invito ufficiale anche a lui, ovviamente, ma sebbene sua sorella Clarisa abbia accettato, lui è troppo impegnato purtroppo- spiegò la regina, scuotendo la testa. A differenza che con la famiglia reale di Fring, non sembrava seccata dall’assenza del semidio. 

Dal poco che Leo aveva capito dei rapporti tra le famiglie e dei semidei di quel mondo, era normale che il figlio primogenito di Omish fosse impegnato, dato che aiutava il padre al tempio.

Comunque era piuttosto sorpreso che parlassero di faccende ufficiali davanti a lui senza alcuna remora. Significava che finalmente iniziavano davvero a fidarsi. Essere benedetto dal loro dio patrono aveva un qualche effetto, evidentemente. Yay!

-Strana scelta di parole, bisogna dirlo. Ma concentriamoci sul fatto che sarà presente. È un grande onore che ben due semidei abbiano accettato di presenziare- la regina chiuse l’argomento, assaggiando la pietanza successiva.

-Il numero 5 andrà assolutamente nel menù- disse poi senza esitazione, ottenendo approvazione da tutta la famiglia.

-Ci saranno tante persone? Ce la faranno le cuoche a prendersi carico di tutte le pietanze del menù? Non voglio che si stanchino troppo- commentò Opal, lanciando un’occhiata preoccupata verso Leo.

-Non preoccuparti, tesoro, abbiamo già distribuito annunci che cerchiamo cuoche per il banchetto. Serve tutto l’aiuto possibile in cucina. Le audizioni saranno tra due giorni. Leonardo selezionerà personalmente le cuoche migliori che guiderà nella preparazione dei piatti- spiegò la regina, incoraggiante.

Leo cadde dalle nuvole.

-Io? Cosa?! Come?! Quando?!- si ritrovò ad esclamare, sconvolto.

La regina rimase piuttosto sorpresa alla reazione.

-Daryan, non glielo hai detto?- chiese al figlio, con le sopracciglia aggrottate.

-No, beh… a proposito della selezione, non credo sia saggio affidare al cuoco la scelta delle aiutanti. È un compito delicato, e dopo l’attacco di qualche giorno fa è meglio stare attenti- obiettò il principe, non guardando Leo negli occhi.

Sebbene non lo biasimasse, il cuoco fu piuttosto deluso che il principe non lo considerasse ancora abbastanza degno di fiducia da giudicare delle cuoche. Non che Leo si sentisse in grado di farlo, in ogni caso, ma comunque rimase deluso.

-Ma deve comunque avere voce in capitolo sulla scelta delle cuoche, in quanto responsabile di tutto il banchetto- obiettò la regina, prendendo le sue difese.

-Non lo nego, ma… francamente, conoscendo Leonardo, accetterebbe chiunque perché gli dispiacerebbe troppo dire di no, e si troverebbe bene a lavorare con qualunque ragazza. Non è forse così?- il principe sollevò un punto molto vero. Leo per poco non scoppiò a ridere nervosamente.

-Mi duole ammettere che è proprio così- annuì, abbassando lo sguardo.

-Il mio Leo è troppo amichevole!- ridacchiò la principessa, facendogli un occhiolino.

La regina sospirò.

-Leonardo, acconsenti a rendere Mildred responsabile in tua vece della selezione delle cuoche?- chiese il consenso, per essere sicura.

Leonardo ci rifletté un attimo. In effetti il principe aveva sollevato molti punti degni di condivisione, e lui non aveva mai coordinato nulla, né scelto collaboratori. Si adattava in fretta ai ritmi lavorativi, e Mildred era chiaramente più esperta di lui, poteva fidarsi del giudizio della donna molto più del suo.

Annuì.

-Certamente, Mildy… ehm… Mildred è molto più affidabile di me per un compito così delicato- ammise. 

Non era sua intenzione lanciare una qualche frecciatina, ma stava solo dicendo le cose come stavano. Mildred era più affidabile e preparata di lui.

Per qualche motivo, però, il principe ribatté.

-Non è questione di fiducia, è anche una precauzione per proteggerti- si mise sulla difensiva.

Calò il silenzio.

Beh, no, non calò proprio il silenzio, perché oltre a Leo e al principe gli altri membri della tavola non sembrarono minimamente sorpresi da quelle parole e si limitarono ad annuire e a continuare a mangiare.

Ma tra Leo e il principe calò un silenzio sbigottito.

Leo era rimasto completamente a bocca aperta.

Daryan aveva immediatamente distolto lo sguardo e aveva mangiato di fretta più cose di quante ne avesse mangiate prima di allora, solo per evitare di continuare la conversazione, probabilmente.

Leo non intuì il suo desiderio, perché dopo qualche istante di elaborazione di ciò che il principe aveva detto, insistette.

-Proteggermi?- chiese, convinto di aver capito male.

Il principe non si spiegò.

Ci pensò il re a far chiarezza sulle parole del figlio.

-In effetti mettere in esposizione il primo benedetto di Jahlee da secoli davanti ad un gruppo di donne sconosciute e potenzialmente sospette è rischioso. È meglio non attirare attenzione su Leonardo finché non riceviamo risposta dagli inviati al tempio di Lumai. Ottima riflessione, figliolo- annuì in segno di approvazione.

-Inviati al tempio di Lumai?- si ritrovò a chiedere Leo, ancora più sorpreso.

-Il numero 1 lo toglierei dal menù. Mi sembra poco adatto al banchetto e al resto delle pietanze, pur se è davvero buono in sé- la regina cambiò bruscamente argomento, tornando sul cibo.

Leo non insistette, dato che non aveva neanche il potere per farlo, e rimase al suo posto, lanciando occhiate a membri della tavolata, in particolare il principe, che però non disse una parola verso di lui il resto del pranzo, né lo guardò nuovamente.

Quando finalmente il pranzo finì e Leo fu congedato, esitò un po’ prima di tornare in cucina, e si avvicinò titubante al principe.

-Allora… vostra maestà…- cercò le parole migliori. Il principe gli lanciò una brevissima occhiata prima di tornare ad ignorarlo, ma non diede segno di non volerlo ascoltare, quindi Leo continuò -…riguardo a stasera… sa… per la pizza, che aveva acconsentito ad assaggiare…- Leo ancora si chiedeva come fosse possibile che il principe l’avesse assecondato, e temeva fosse stato solo perché aveva visto Leo chiaramente sconvolto. Non voleva costringerlo, e non voleva neanche fare una figuraccia nel consegnargli la pizza e rendersi conto che lui non ricordava la promessa o aveva cambiato idea.

Meglio essere sicuri.

-Sì, giusto, era oggi. Mi troverai nel mio studio a qualsiasi orario- il principe sembrò intuire dove il discorso sarebbe andato a parare, e interruppe Leo confermando il loro appuntamento, in tono indifferente.

Il cuoco non riuscì a trattenersi dal sorridere entusiasta.

-Perfetto, allora la raggiungerò stasera, durante la festa- Leo gli fece sapere, con un piccolo inchino, prima di zompettare via allegramente, deciso a fare la pizza più buona della sua vita.

Una volta giunto in cucina, Mildred lo prese in un angolo.

-Allora, quali pietanze sono piaciute del tuo menù?- chiese, curiosa, già pronta a segnare tutto.

-Uh? Che menù?- chiese Leo, cadendo dalle nuvole dove era finito al pensiero di cucinare la pizza per Daryan.

-Il menù per il banchetto della principessa. Leonardo svegliati!- lo rimbrottò Mildred, dandogli una pacca sul capo.

-Sì, sì, scusa… pietanze 3 e 5 sono confermate, 1 e 2 escluse, e la 4 è in esame- rispose Leo, tornando presente e concentrato.

-Perfetto… calcolerò le spese per le vare pietanze allora. Per fortuna assumeremo delle cuoche temporanee, non riusciremmo altrimenti- borbottò calcolando a mente.

-Temporanee? Alcune di loro, magari una di loro, magari una cuoca di Lumai molto brava, non verrà assunta a tempo indeterminato?- chiese Leo, pensando alla futura sposa del principe Daryan, che teoricamente, dal poco che ricordava, sarebbe dovuta arrivare a palazzo proprio in quell’occasione… forse.

-Nah, abbiamo abbastanza personale per le mansioni quotidiane. Tu sei già un extra, non possiamo permetterci di assumere un’altra cuoca a tempo indeterminato- spiegò Mildred, sbrigativa.

-Ah…- Leo era senza parole. Aveva rubato il posto della protagonista? Forse non era l’ideale, ma oh, tale protagonista era una nobile in fuga dalla routine, Leo era un profugo di un altro mondo, aveva più bisogno di un lavoro rispetto a lei, quindi non si sentì particolarmente in colpa per averle fregato l’occasione.

Piuttosto… la storia d’amore poteva essere messa alla prova, se Dotty non andava a lavorare lì.

…oh, ma che peccato. Già, che gran peccato! Proprio un peccato tremendo. Ma eh, non ci poteva fare niente Leo. Se fosse stato destino si sarebbero trovati in altro modo, no?

…non che Leo si aspettasse di prendere il posto di Dotty anche in quell’ambito. Aveva già deciso da tempo che la sua situazione sentimentale sarebbe rimasta quella di scapolo eterno, dato che non aveva alcun interesse per le donne e al tempo stesso non aveva la minima intenzione di tentare la sorte in una relazione segreta e illegale, dato che le torture medievali erano il suo terrore maggiore. Ma al tempo stesso il suo cuore faceva sempre quattromila capriole quando era in presenza del principe.

Era solo attrazione fisica, che non avrebbe mai avuto futuro.

…ma comunque l’idea che rimanesse single non dispiaceva troppo a Leo, bisogna ammetterlo.

-Ma che ti prende oggi? Sei più distratto e fastidiosamente allegro del solito- Mildred lo distrasse dai suoi pensieri squadrandolo sospettosa.

-Sono solo emozionato per il compleanno di Anna e per il cibo speciale segreto che preparerò per tutte voi!- spiegò Leo, mettendo da parte i pensieri poco etero e precedendola saltellando in cucina.

-Per Anna… eh?- fraintese la cuoca anziana, pensierosa, seguendolo.

 

La pizza per Anna uscì la migliore che avesse mai preparato. E le prime uscite furono divorate dalle cuoche in pochi minuti. Non avevano mai mangiato niente di simile.

…in realtà c’era una cosa simile alla pizza nei sette regni, ma dettagli, quella di Leo era la vera pizza napoletana sottile con bordo spesso, ed era la Regina Margherita, con mozzarella e basilico freschi. Dopo tutte le mazzate che si era preso dalla sua nonna napoletana per imparare a farla bene, era soddisfatto nel dire di aver ottenuto il risultato perfetto.

E quando finalmente l’ultima pizza della giornata uscì, era la migliore di tutte. Perfetta e pronta per essere portata dal principe.

-Leo, ce n’è altra? Ti prego dimmi che ce n’è altra!- provò a rubarla Anna, avvicinandosi con la bava alla bocca.

-Anna, so che è il tuo compleanno, ma una brava persona divide!- si infilò Jane, adocchiando la pizza perfetta con occhi brillanti.

-Esatto! Siamo come sorelle, ciò che è tuo è anche mio!- aggiunse Mary, mettendosi tra le due.

-Mi dispiace, ragazze, ma questa pizza è per il principe Daryan- Leo non si trattenne dal sorridere al pensiero del principe.

Quello sarebbe stato il pasto che l’avrebbe fatto mangiare fino a scoppiare!

Se non mangi fino a scoppiare con la pizza, è davvero triste (non che io autrice abbia niente contro chi non mangia la pizza… anche se è un po’ triste).

-Il principe Daryan? Perché il principe Daryan? Non ne porti un pezzo alla principessa? E poi a quest’ora?- chiese Mildred, sorpresa e poco convinta.

-Beh, è stato il principe a chiedermi di portargliene un po’… per motivi di… eh… compleanno. Sì, per il compleanno della principessa, voleva assaggiarla per vedere se era una buona idea farla al banchetto e fare una sorpresa alla principessa Opal- Leo iniziò ad arrampicarsi sugli specchi con una scusa presa al volo.

Non aveva la minima idea di cosa avesse detto, ma Mildred annuì convinta, quindi suppose fosse stata una scusa decente.

-Bene, allora sbrigati, prima che si raffreddi- la cuoca anziana incoraggiò Leo, che tagliò in fretta l’ultima pizza, la mise in un bel piatto, salutò velocemente le cuoche chiedendo loro di aspettarlo per la torta, e si avviò con attenzione ma velocità verso lo studio del principe, luogo che visitava assiduamente, dato che la maggior parte dei pasti del futuro sovrano venivano consumati… o meglio, ignorati, proprio in quel luogo.

Una volta giunto nello studio, trovò Chevel di guardia, che lo guardò storto, tanto per cambiare.

-Buonasera, Sir Podbart. Che Jahlee la protegga- lo salutò Leo con un gran sorriso e un inchino medio, che gli fece perdere il leggero rossore che aveva tinto le guance di Chevel al saluto rispettoso.

-Vedo che finalmente hai imparato ad inchinarti. Era ora… che ci fai qui? Il principe Daryan ha già cenato- gli fece notare, osservando la pizza tra le mani di Leo con sospetto.

-Il principe mi aspetta per assaggiare la pizza- spiegò Leo, con un grande sorriso.

-Aspetta qui- Chevel entrò, e dopo meno di tre secondo uscì, con espressione imperscrutabile -D’accordo, puoi entrare- tenendogli aperta la porta per farlo introdurre all’interno.

Leo entrò con sicurezza.

-Buonasera principe Daryan. Che Jahlee la protegga- salutò il principe, con un inchino profondo meno preciso del solito, dato che non voleva rischiare di far cadere la pizza.

-Che Laasya protegga te… allora, lascia il cibo e torna pure alla festa- Daryan gli indicò un punto sulla scrivania, senza sollevare lo sguardo dai documenti.

Il sorriso di Leo si congelò appena.

-Non vuole… assaggiarla? O farmela assaggiare prima? La pizza è buona calda, se si raffredda è meno buona- Leo provò a convincerlo a non congedarlo immediatamente. Voleva assistere alla reazione del principe.

-Non ho  molta fame al momento, e sono impegnato- Daryan però indicò con un gesto della mano la porta. Era molto più freddo del solito. Leo non ne capì il motivo.

Lanciò un’occhiata verso la pizza che aveva posato sul tavolo, e notò il piatto con la cena… quasi del tutto pieno.

Si morse il labbro inferiore, cercando di trattenersi dal dire qualcosa, e provò a convincersi ad uscire, ma non riusciva a muoversi. Era molto più forte di lui, doveva per forza superare i confini del buonsenso e del rispetto.

-Me lo aveva promesso- alla fine si fece sfuggire, più deluso di quanto volesse risultare.

-Non ho detto che non l’assaggerò, ma al momento sono satollo, e…- Daryan provò a difendersi, Leo lo interruppe.

-Se era una promessa troppo grande per lei bastava dirmelo, e avrei chiesto qualcos’altro. Una miniera d’oro, magari, o un titolo nobiliare. È più semplice di mangiare un pezzo di pizza, a quanto pare- iniziò a lamentarsi, incrociando le braccia e dandogli le spalle.

Probabilmente aveva preso da sua nonna anche l’essere permaloso verso chi si rifiutava di mangiare. Eh, l’orgoglio italiano!

-Se vuoi un titolo nobiliare sarò lieto di concedertelo. Preferisci essere un conte o un marchese?- Daryan sembrò prendere al volo l’occasione di cambiare favore, e Leo gli lanciò un’occhiata sconvolta.

Stava scherzando, perdiana! Non voleva essere un conte o un marchese pieno di responsabilità! Voleva solo cucinare e che la sua cucina venisse assaggiata. Era così difficile da capire?!

-Non voglio un titolo nobiliare, voglio che tu assaggi la mia pizza!- disse chiaro e tondo, come un bambino lamentoso, facendo il muso e guardando storto il principe.

-Perché questa insistenza? Non riesco a capire perché sia così importante per te- il principe, di rimando, lo guardava con estrema confusione.

E francamente neanche Leo si spiegava del tutto perché fosse così importante per lui che Daryan apprezzasse il suo cibo. 

Forse era orgoglio? Forse il suo istinto da chef che voleva nutrire il prossimo anche e soprattutto se il prossimo non apprezzava il cibo? Forse aveva una gigantesca cotta per il principe e voleva che recepisse il suo linguaggio d’amore che era la cucina?

…no, non l’ultima! Era attratto da Daryan, okay, ma non poteva prendersi una cotta per il principe di un regno super eteronormativo di un universo medievaleggiante. No, signore! Nah ah! 

Era l’orgoglio! E l’istinto da chef! Tutto qui!

-Perché ci ho messo tutto me stesso! Ce l’ho messa davvero tutta per farti la pizza migliore del mondo!- Leo continuò su quel binario.

-Beh, hai sprecato le energie! Se ci tieni tanto che venga apprezzata posso sempre mandarla a Opal o a mia…- Daryan provò a scaricare il barile sul resto della sua famiglia.

E sì, Opal e la regina avrebbero senz’altro apprezzato quella prelibatezza.

Ma Leo si impuntò.

-Voglio che sia tu a mangiarla- insistette.

-Perché?- il principe ormai era esasperato.

-Perché non mangi niente!- alla fine Leo buttò fuori il vero motivo (forse) per cui voleva che fosse Daryan ad assaggiare la pizza.

Non avrebbe voluto farlo. Sapeva di non avere il diritto di parlare delle abitudini alimentari del principe, ma non riusciva a non preoccuparsi, okay?

Sperò che a Daryan passasse la sua sincerità. 

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

-Non ho idea da dove sia venuta questa opinione, ma mangio abbastanza, cuoco. Non è compito tuo tenere d’occhio la mia dieta- purtroppo il principe si mise sulla difensiva.

-Ma non posso farne a meno, principe Daryan, ogni volta che ti porto da mangiare dai pochi morsi e lasci quasi tutto sul piatto. Forse mangi abbastanza per il tuo corpo, ma non ti godi il cibo- Leo spiegò meglio il suo punto, avvicinandosi preoccupato e cercando lo sguardo dell’uomo davanti a lui, che lo evitò con decisione.

-Usa le formalità quando ti rivolgi a me!- gli ordinò, freddo.

-Mi scusi! Io volevo solo… non può assecondarmi, solo per questa volta? Non chiederò più nient’altro, né un titolo, né gioielli. Solo… mangi almeno una fetta, la prego- Leo cercò di trasmettere al principe tutta la propria buona volontà, e alla fine riuscì a guardarlo dritto negli occhi. Daryan distolse quasi immediatamente lo sguardo.

Sembrò riflettere per parecchio su qualcosa. Leo sperò con tutto il cuore che gli fosse arrivata la sua sincerità e preoccupazione.

Poi Daryan sospirò.

-D’accordo. Assaggia prima tu una fetta, come assaggiatore reale- lo incoraggiò, indicando un pezzo particolare, che Leo prese con un grande sorriso.

-Grazie, vostra maestà- iniziò a mangiarlo, godendosi ogni morso. Era ancora calda per fortuna, ed era davvero deliziosa. Leo era stato così impegnato a cucinarle che non si era dato briga di mangiare abbastanza, ma aveva solo assaggiato per assicurarsi che la pizza fosse buona. 

Beh… era davvero davvero buona!

-Mai sentito parlare di forchetta e coltello?- Daryan lo guardò con un sopracciglio inarcato.

-La pizza si mangia con le mani, è tradizione- spiegò Leo, che aveva recuperato il suo entusiasmo grazie anche ad un’ottimo pasto. Finì la sua fetta e si pulì le dita nel fazzoletto che teneva nel taschino.

-Non ho la minima intenzione di sporcarmi le mani- obiettò il principe, scuotendo la testa e cercando forchetta e coltello.

-Non ce n’è bisogno, dica “aaaahhh”- Leo prese un’altra fetta e la porse verso il principe, che si ritirò, scioccato.

-Stai scherzando, vero?- chiese, offeso.

-Anzi, chiuda anche gli occhi e si concentri solo sulle sue sensazioni. Deve godersi ogni morso- Leo insistette, molto sicuro di sé.

-…non stai scherzando?- Daryan sembrava in procinto di ordinare che gli venisse tagliata la testa. Fissava Leo come se fosse pazzo.

Rendendosi conto della sua morte imminente, il cuoco decise di ricordare al principe un dettaglio fondamentale, che lui per primo si era quasi scordato.

-Le ricordo che sono benedetto da Jahlee, non può uccidermi- continuò ad agitargli la pizza davanti al viso con sguardo poco sano di mente.

Stava tirando un po’ troppo la corda, e una parte di lui lo sapeva. Ma ormai conoscete Leo, sapete che è impulsivo.

-Questo non mi convince ad accettare di chiudere gli occhi davanti ad un semi sconosciuto che vuole imboccarmi con la sua pietanza strana- gli fece notare Daryan, che era arrossito come un pomodoro.

Effettivamente la situazione suonava strana detta così.

Però Leo non aveva nessuna intenzione losca, né maliziosa (forse). Voleva solo che Daryan si godesse quella fetta di pizza buonissima!

-Allora le ricordo anche che mi deve un favore, e poi pensa che Jahlee avrebbe benedetto un possibile traditore deciso ad avvelenarla, principe Daryan?- cercò di usare la logica, e per una volta ci riuscì anche.

Quella giornata era da ricordare. Nuova festività: “Leo usa bene la logica” day. 

Il principe sospirò, e dopo qualche secondo di riflessione profonda, chiuse gli occhi, e aprì la bocca, molto malavoglia.

Leo non riusciva a credere di essere riuscito a convincerlo. Era certo che di lì a pochi secondi Daryan avrebbe chiamato Chevel per farlo arrestare. E invece aveva deciso davvero di assecondare la follia di Leo.

Forse sotto sotto… non voleva dargli un titolo nobiliare quindi si sacrificava per il bene comune?

Era così sorpreso che ci mise qualche secondo di troppo a nutrire il principe, che aprì un occhio e lo guardò confuso.

-Quindi stavi davvero scherzando?- iniziò a chiedere, offeso, ma Leo si affrettò a negare, arrossendo.

-No, no, mi scusi, chiuda gli occhi- Leo si avvicinò, e Daryan ritornò in posizione.

E finalmente assaggiò la pizza.

Leo lo fissò attentamente per non perdersi neanche una microespressione, sperando con tutto il cuore che dopo l’enorme fatica per fargliela assaggiare, Daryan non si rivelasse una di quelle due o tre persone in tutto il mondo che non apprezzavano la pizza (niente contro di te se sei una di quelle tre persone… ma è comunque un po’ triste, diciamolo). 

Ma Daryan non faceva parte di quella minoranza.

Perché sebbene il primo morso fosse stato sbrigativo e indifferente, lentamente iniziò a rilassarsi, a godersi davvero il cibo, e mangiare più lentamente e allo stesso tempo più famelico, protraendosi in avanti per fare morsi più ampi e gustosi.

Leo lo fissava rapito. Si rese conto solo in quel momento di quanto intima fosse la situazione.

Era notte, erano soli, Daryan era completamente vulnerabile, alla sua mercé, ed erano sempre più vicini.

Prima che Leo se ne rendesse del tutto conto, erano arrivati alla crosta, soffice e sostanziosa, che fece uscire un sorrisino da Daryan, e un piccolo verso di curiosità, che per qualche secondo confuse completamente il cervello di Leo.

Cervello che ritornò in sé solo quando la pizza finì, e le labbra di Daryan si posarono sulle dita di Leo, cercando un continuo a quella miriade di sensazioni che aveva provato mangiando per la prima volta da anni qualcosa con vero e proprio gusto, e non per semplice dovere fisico.

Quando entrambi si resero conto che la magia era finita, e la bolla di intimità si era espansa fin troppo, essa scoppiò, Daryan aprì gli occhi, ed entrambi, sobbalzando come appena svegliati da un sogno, si allontanarono in fretta l’uno dall’altro.

-Eh… uh… prendo un’altra fetta!- Leo fu il primo a provare a recuperare quell’atmosfera, ma Daryan lo fermò, avvicinando la pizza a sé.

-Non c’è bisogno, posso continuare anche da solo- obiettò, senza guardare Leo negli occhi -Torna pure alla festa, sei rimasto qui fin troppo- congedò poi il cuoco, indicando la porta con urgenza.

-Sì… certo… posso farle solo una domanda- Leo iniziò ad avviarsi, ma si girò a metà strada.

-Certo… d’accordo… sii breve però- Daryan acconsentì, sempre con sguardo basso.

-Le… le è piaciuta?- chiese Leo, innocentemente, accennando un sorrisino speranzoso. Credeva di conoscere la risposta, ma voleva davvero tanto sentirla uscire dalla bocca del principe. Non sapeva neanche lui perché ci tenesse così tanto, ma per Leo la cucina era il suo modo di trasmettere amore, impegno. E ricevere un sorriso, un complimento, o anche solo una reazione come quella di Daryan era il miglior pagamento del mondo.

Il principe esitò parecchio prima di rispondere, poi annuì appena.

-Credo che a Opal piacerebbe molto. Pensi di poter rielaborare la ricetta in modo da presentarla al banchetto in veste più nobile? Potrebbe essere una bella sorpresa per lei- cercò di mantenere le distanze, ma Leo insistette, facendo un passo avanti.

-Posso farlo e lo farò con estremo piacere, ma… a lei… è piaciuta?- ripeté la domanda, cercando lo sguardo del principe con trepidazione.

Dopo altri interminabili attimi di esitazione, Daryan annuì con più convinzione.

-Sì… molto- ammise, come se stesse confessando una tremenda debolezza -Grazie mille, Leonardo- aggiunse poi, guardandolo finalmente negli occhi, e facendogli un cenno di approvazione con il capo.

Il cuore di Leo iniziò a battere così forte che era convinto si sarebbe staccato dal suo petto come nel cortometraggio “In a heartbeat” e sarebbe andato a sbaciucchiare il principe.

Per sua fortuna non era dentro un cartone animato, ma solo un mondo fantasy medievaleggiante.

Ed fu una fortuna anche per Daryan che non fossero in un cartone animato, perché a seguito del suo commento, Leo sorrise così brillantemente ed entusiasticamente che se fossero stati in un cartone, Daryan sarebbe rimasto acciecato da tale luce abbagliante, manco Leo fosse stato Edward Cullen sotto al sole.

Ma citazioni a parte, Leo rimase davvero felice del commento.

Fece un inchino profondo molto sentito.

-Ne sono davvero davvero felice, principe Daryan! Si goda il resto della pizza. E stia attento a non farla raffreddare troppo. Buon lavoro!- saltellando allegro, Leo camminò all’indietro verso la porta, e urtò un tavolino, finendo a terra.

-Leonardo!- il principe si alzò in piedi, preoccupato, ma Leo non si era fatto niente, e si rimise in equilibrio ridacchiando.

-Sto bene, sto bene! Eh eh. Buon lavoro!- e ridendo imbarazzato uscì dallo studio, lasciando Daryan da solo con una pizza deliziosa, sperando con tutto il cuore che la finisse.

Quando uscì, Chevel gli lanciò un’occhiataccia.

-Che hai combinato lì dentro?- chiese, minaccioso.

-Ho solo offerto una pizza, Sir Podbart. Ed è piaciuta molto!- rispose Leo, entusiasta, salutandolo con un inchino per poi dargli le spalle e tornare in cucina per la torta.

Sperava di non avere fatto troppo tardi.

Per quanto riguardava Chevel, il cavaliere rimase piuttosto sorpreso dall’entusiasmo del cuoco, pertanto decise di entrare nello studio per assicurarsi che il principe stesse bene.

E lo spettacolo che vide lo lasciò esterrefatto.

Daryan stava mangiando la pizza con le mani, gli occhi chiusi, e un sorriso estasiato sul volto.

Chevel lo conosceva da quando erano piccoli, e non credeva di averlo mai visto così.

Provò a ritirarsi senza farsi notare, ma Daryan aprì gli occhi per un secondo, lo notò, e si ricompose immediatamente, arrossendo appena e lasciando andare la pizza che stava mangiando.

-Chevel!- lo richiamò, in tono acuto -Uhm… Chevel… che ci fai qui?- ripeté, dopo aver sistemato la voce ed essere tornato completamente serio.

-Eh… volevo solo assicurarmi che il cuoco… eh… non avesse fatto niente di sbagliato- spiegò il cavaliere, cercando di risultare tranquillo, ma troppo sorpreso per apparire indifferente.

-Non ha fatto niente di sbagliato. Vuoi favorire?- Daryan gli offrì un pezzo di pizza.

-Non oso, maestà- provò a declinare Chevel, adocchiando la pizza come se avesse proprietà ingannantrici… o droga.

-Non fare complimenti, non riuscirei mai a mangiarla tutta, in ogni caso- Daryan insistette.

-Non ho forchetta e coltello- Chevel fece un passo indietro.

-A quanto pare è una pietanza che si degusta con le mani… prendine un pezzo- Daryan usò un tono autoritario, e Chevel non aveva altre obiezioni. Prese il pezzo di pizza e gli diede un morso con molto sospetto.

E rinacque.

-Wow…- si lasciò sfuggire, sorpreso.

Non aveva assaggiato molti piatti di Leo, quindi non si era proprio reso conto di quanto fosse straordinario in cucina.

-Esatto- Daryan incrociò le braccia, come a dire a Chevel che era tutta colpa di Leo e della pizza se il cavaliere l’aveva trovato in quello stato pietoso di estasi.

-Wow!- ripeté Chevel, finendo il pezzo.

-Esatto!!- Daryan sbuffò, e seppellì il volto tra le mani.

-Wow…- concluse Chevel, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-…esatto- Daryan sospirò, demoralizzato.

I due avevano appena avuto una lunga conversazione intensa… ma neanche i narratori onniscienti come me hanno la capacità di discernere le sfumature di un linguaggio tra migliori amici.

…nah, in realtà io ne sono in grado, ma vi lascerò indovinare.

Quando Chevel uscì dalla porta e tornò di guardia, si abbandonò contro il muro, lo sguardo fisso verso l’orizzonte.

-Wow…- sussurrò, con voce colma di panico, seppellendo il volto tra le mani per evitare che chiunque fosse di passaggio lo vedesse in quello stato vergognoso, o leggesse sul suo volto le emozioni che provava in quel momento.

Leo, completamente ignaro riguardo quello che era successo tra i due amici d’infanzia a causa sua, passò una serata memorabile.

E di certo non si addormentò con il cuore a mille pensando al principe e alla faccia che aveva fatto durante la degustazione, no no!

Leo NON era cotto del principe!

ASSOLUTAMENTE NO!

 

Il giorno successivo Leo non assistette alla colazione dei reggenti, anche se la preparò, ovviamente. Ma non c’erano pietanze da assaggiare né da proporre per il banchetto, quindi dopo aver servito con un inchino e un gran sorriso, Leonardo il cuoco era tornato in cucina.

Non che a Daryan importasse qualcosa di dove fosse o cosa facesse Leonardo il cuoco.

No, non aveva alcun interesse.

Vederlo o non vederlo non provocava alcun cambiamento nel suo umore.

Il motivo per cui al momento mangiava distrattamente osservando spesso la direzione della cucina era completamente scorrelato.

…non vi avrebbe saputo dire quale fosse, tale motivo, ma era scorrelato!

-Mamma, posso farti una domanda?- chiese all’improvviso Opal, mentre mangiava con gioia una crepe con la nutella.

Erano il suo dolce di Leo preferito.

Daryan personalmente preferiva i rainbow cookies, ma i gusti sono gusti.

-Certo tesoro, riguarda il tuo compleanno?- chiese la regina, sorridendo amorevolmente alla figlia.

-No, no, è una domanda a sé stante- Opal lanciò un’occhiata verso Daryan, che però fissava la strada per la cucina, e non la notò.

-Chiedi pure- il re la incoraggiò a parlare, pulendosi la bocca con eleganza.

-Teoricamente, un nobile… un principe, o una principessa… può sposare un cittadino normale, del popolo… teoricamente?- la domanda di Opal fu posta con nonchalance, ma l’intera tavolata si girò verso di lei, ad occhi sgranati, e facendo calare il silenzio.

Beh, tranne Daryan, continuava a guardare in direzione della cucina, ma tralasciamo.

-Perché questa domanda, tesoro?- chiese la regina, parecchio preoccupata.

-Così… curiosità. Sai, solo per sapere se un nobile… un principe o una principessa… può eventualmente, se si innamora, sposare una persona comune… tipo un cuoco, o una cuoca… magari che lavora per lui, o lei… magari benedetto da una divinità- divenne presto chiaro che non stesse facendo ipotesi e basta.

-Opal, è completamente inopportuno! Sei troppo giovane per…- finalmente Daryan si girò a guardare la sorella, che però lo stava fissando insistentemente, facendo andare su e giù le sopracciglia con aria maliziosa.

E si rese conto che anche i suoi genitori non stavano fissando Opal, ma lui.

Le sue guance si imporporarono immediatamente.

-…Sei troppo giovane per pensare già al matrimonio, sorellina- si riprese, cercando di non dar a vedere la sua agitazione al pensiero che Opal potesse essersi presa una cotta per il cuoco.

Era perché era protettivo, non perché gli venisse mal di stomaco all’idea di Leo… del cuoco, con chicchessia.

No, no, era solo protettivo nei confronti di sua sorella.

-Beh… per rispondere alla domanda di Opal… credo che un benedetto da Jahlee sia una persona rispettabile. È poco ortodosso, ma si può sempre…- la regina provò a rispondere, ma venne interrotta dall’entrata nella stanza dell’oggetto del discorso, sorridente e con una ciotola di biscotti appena sfornati.

Il cuore di Daryan iniziò a battere furiosamente, lo stomaco gli si contorse, e il principe accennò un sorrisino alla vista… dei biscotti! Sì, solo dei biscotti!

E si riprese subito, evitando lo sguardo del cuoco, che posò i biscotti proprio davanti a lui.

-I vostri preferiti, maestà- annunciò con un inchino, rivolgendosi a tutti ma in particolar modo a Daryan.

O forse era Daryan a pensarlo perché gli stava vicino.

Ugh! No! No! Daryan non aveva alcun interesse per il cuoco!

-Assaggiatore, assaggia- disse con freddezza, porgendogli un biscotto.

-Uh, grazie!- Leo mangiò allegramente. Non sembrava riuscire a smettere di sorridere.

-E comunque no. La legge impone che i nobili possono solo sposare altri nobili. È una questione di preparazione al lavoro!- Daryan rispose poi alla domanda di Opal, rigido e austero.

-Beh… ma che senso ha avere potere se non si possono piegare un po’ le regole e sposare chi si ama- la principessa provò a recuperare il discorso, guardando fisso Leonardo, che però era alle spalle di Daryan che quindi non poteva vederlo.

-Avere potere significa proprio seguire le regole e dare il buon esempio. L’amore non è contemplato- obiettò il principe, indifferente.

-Spero che vi godiate il resto della colazione. Torno in cucina- Leo, finito di mangiare il biscotto, fece un inchino, ma a Daryan non sfuggì come la sua voce si era fatta improvvisamente molto meno allegra.

Si girò un attimo a guardarlo mentre andava via, e il suo stomaco si contorse nuovamente per ben altri motivi.

Il sorriso era sparito sul suo volto.

Daryan si sentì in colpa, ma non aveva senso sentirsi così. Aveva detto solo cose giuste, dopotutto.

-Complimenti, Dary… sei pessimo- Opal lo guardò dall’alto in basso, scuotendo la testa.

-Senti chi parla- Daryan alzò gli occhi al cielo.

-Ah, Jahlee dacci la forza- borbottò la regina, prendendo un biscotto arcobaleno e risollevandosi il morale.

Il resto della colazione non ebbe altri imprevisti.

E Daryan cercò, senza alcun successo, di non pensare ancora a Leonardo il cuoco.

Daryan NON era cotto del cuoco!

ASSOLUTAMENTE NO!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Questo capitolo è un po’ tenero e tranquillo, giusto momenti romantici, pizza, piccoli foreshadowing e preparazione al prossimo capitolo, dove “finalmente” arriverà Dotty… ohhhh. I cliché insegnano che di solito le vere protagoniste del libro dove la gente finisce sono sempre insopportabili, o cattive, o inutili. Sarà così anche per Dotty? Lo scoprirete nella prossima puntata!

Spero che questo capitolo, sebbene breve, vi sia piaciuto :3

Un bacione e alla prossima :-*

 

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Capitolo 11
*** Incontro la mia nemica giurata ***


Incontro la mia nemica giurata

 

Leonardo era ormai così abituato a svegliarsi presto, che quando arrivò il suo primo e forse unico giorno libero, rimase piuttosto infastidito nel rendersi conto di non riuscire a riprendere sonno dopo essersi svegliato naturalmente alle cinque del mattino.

Ma forse uno dei motivi dell’insonnia era che quello sarebbe stato IL giorno, quello dell’arrivo (forse) di Dotty a palazzo. E Dotty la cuoca era per antonomasia la sua nemica giurata in quel mondo. Dopotutto Leo le aveva rubato il posto fisso (e Checco Zalone insegna che il posto fisso è sacro), si era preso una cotta per il suo futuro marito (CIOÈ, NON È CHE SI ERA PRESO UNA COTTA!!) e in generale si era distinto in cucina quando era lei quella che avrebbe dovuto farlo.

Quindi, sebbene non dovesse incontrarla proprio quel giorno, non riusciva a non essere preoccupato. Perché sarebbe stata sicuramente presa tra le cuoche temporanee, quindi prima o poi si sarebbero incontrati, e Leo dubitava che aver preso il suo posto nella storia (circa, storia d’amore a parte… purtroppo) sarebbe stato accolto senza conseguenze.

Quindi, insomma, era un po’ in ansia.

Dopo essersi girato nel letto per venti minuti buoni, alla fine Leo decise di alzarsi e farsi una passeggiata in giardino.

Se si sbrigava poteva anche vedere l’alba, magari arrampicandosi da qualche parte per avere una visuale migliore.

Fu il primo ad uscire dalla camera da letto, e la luce fuori dalla finestra era appena sufficiente per rendersi conto di dove stesse andando. Vedere l’alba non sarebbe stato male. Chissà com’era l’alba in quel mondo. Magari era arcobaleno, l’arcobaleno era il simbolo dei sette regni, dopotutto, ci poteva stare.

Uscì in giardino stiracchiandosi e sbadigliando, e si guardò intorno cercando un punto alto da cui poter vedere chiaramente il cielo.

La casa sull’albero della principessa era da escludere: aveva una bella visuale, ma oltre al fatto che Leo dubitava di poterci salire senza il previo consenso di Opal, era luogo di brutti ricordi, e non voleva pensare a quando era quasi morto.

Alla fine optò per un cespuglio piuttosto alto scolpito a forma di drago, e riuscì a salirci sopra senza troppi problemi, sperando che nessuno lo notasse. Era piccoletto ed era praticamente buio, erano poche le probabilità di essere beccato sull’enormità di quella scultura verde.

-Che ci fai qui?- arrivò una voce dall’estremità, mezzo secondo dopo che Leo ebbe avuto quel pensiero, così dal nulla che il cuoco per poco non cadde dal cespuglio andando incontro ad una non evitabile morte. 

Per fortuna riuscì a tenersi in equilibrio, e porse tutta la sua attenzione al proprietario della voce, che si rivelò essere Persian, intento a sgranocchiare un muffin avanzato dal giorno prima e a scrivere qualcosa su un libro.

Come facesse al buio, Leo non lo sapeva, ma iniziò a capire perché avesse bisogno degli occhiali.

-Che ci fai TU qui?- rigirò la domanda, evitando di rispondere, e guardandosi intorno per cercare un nuovo luogo di osservazione dell’alba, anche se quello era perfetto.

E dubitava che Persian l’avrebbe denunciato al principe Daryan, se era illegale arrampicarsi lì, perché si era arrampicato pure lui. Ah, beccato!

-Vedo l’alba, come tutti i giorni! Non è illegale osservare l’alba!- si difese Persian, in tono acuto.

-Beh, anche io sono qui per vedere l’alba!- affermò Leo, rasserenato dal fatto che non fosse illegale, e mettendosi più comodo sulla testa della bestia. Non c’era molto spazio, ma per fortuna lui era abbastanza minuto da starci e non dare troppo fastidio a Persian, anche se dovette comunque avvicinarsi abbastanza a lui.

-C_ci sono altri cespugli da dove osservarla!- provò ad obiettare Persian, ritirandosi e chiudendo di scatto il diario su cui stava scrivendo.

Da qualche giorno Persian si comportava in maniera molto strana con Leo, e persino lui, che come sapete è un idiota, iniziava ad accorgersene. Fino a prima dell’attacco, erano ormai diventati amici, tra le lezioni e le merende della principessa alle quali partecipavano quasi sempre entrambi. Eppure dopo l’attacco al castello e la benedizione di Jahlee, Persian aveva iniziato quasi ad evitarlo. Ed infatti è da qualche capitolo che non compare. 

E a Leo, che si era sempre trovato a suo agio con il bibliotecario fin dagli inizi, cominciava a mancare la sua compagnia.

-Ti ricordo che non so leggere, non ti disturbo, giuro. Voglio solo una buona visione. Non ho mai visto l’alba da quando sono qui- Leo gli fece dei poco riusciti occhi da cucciolo, cercando di convincerlo a concedergli un po’ della sua compagnia. Persian continuò a tenere nascosto il diario, le guance rosse, come se avesse il sospetto che Leo in realtà sapesse leggere, o quantomeno non volesse rischiare che ne fosse in grado.

-Posso assicurarti che l’alba a Jediah è la stessa di Lumai- si scansò ulteriormente, arrivando al limite del capo del drago d’erba.

-Forse, ma solo perché è la stessa, non significa che sia meno bella- Leo smise di guardare Persian, e si voltò verso l’orizzonte, che iniziava a schiarirsi con i primi colori dell’alba.

In effetti, era la stessa del suo mondo, almeno per quanto riguardava i colori e l’effetto. Evidentemente le leggi della fisica funzionavano circa allo stesso modo. 

Per qualche motivo, però, a Leo sembrò più bella. 

Forse perché, comunque, la osservava con occhi diversi.

Forse perché lo stava distraendo dal nodo allo stomaco che non l’aveva fatto dormire.

-Come mai sveglio a quest’ora? Non è il tuo giorno libero oggi?- chiese Persian, dopo qualche minuto, posando il diario da un lato e finendo il muffin in fretta, come se temesse che Leo potesse fare la spia su di lui per averlo mangiato.

Ma Leo aveva altri pensieri per la testa.

Esitò a rispondere alla domanda. Non era certo di voler confidare a Persian i suoi timori. Si fidava di lui, e sapeva che non l’avrebbe giudicato, ma sapeva anche che era un enorme pettegolo e che qualsiasi cosa dicesse a Persian sarebbe inevitabilmente arrivato alle orecchie del principe, e Leo non voleva che la sua cotta fosse informata delle sue ansie.

Cioè… non che avesse una cotta per il principe!

…ma chi voleva prendere il giro, ovvio che Leo avesse una cotta per il principe! 

E a palazzo stava per arrivare la futura sposa del principe!

Non che il futuro sposalizio fosse il maggiore problema, dato che a prescindere Daryan non avrebbe sicuramente ricambiato i sentimenti di Leo, quindi non era colpa della rivale in amore, ma sarebbe comunque stato strano assistere alla nascita e crescita del rapporto di amore tra la cotta di Leo e una sconosciuta che oltretutto sarebbe stata la sua rivale anche in campo culinario.

Leo non conosceva ancora Dotty, e già sapeva che sarebbe stata la sua nemesi, nemica giurata, lo yang al suo yin, la Moriarty al suo Sherlock, la Voldemort al suo Harry… o forse era lui il cattivo della situazione, dato che lei era la protagonista?

Ugh, era così strano!

-Leo… stai bene?- dopo parecchi minuti che il cuoco non rispondeva, troppo immerso nei suoi pensieri, Persian ruppe il silenzio, dando una piccola pacca sulla spalla del ragazzo, che sobbalzò, uscendo dalla sua trance.

-Uh? Sì, sì, scusa. Solo… non riesco a dormire- ammise, sospirando, e stringendo le ginocchia al petto. Faceva anche piuttosto freddo lì fuori a quell’ora, e Leo era ancora in pigiama, perché non aveva voluto rischiare di svegliare Alex mentre si preparava (Lionel e Prankit chissene, ma Alex aveva bisogno del suo meritato riposo).

-Posso chiedere il motivo?- indagò Persian, mite, e senza guardarlo negli occhi.

Leo sospirò di nuovo, e seppellì il volto tra le ginocchia.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, interrotti solo dal dolce suono del vento e dal frinire dei grilli del giardino.

-Credi che si libereranno di me quando arriverà una cuoca migliore?- chiese infine il ragazzo, in un sussurro così basso che a malapena si sentì lui stesso, e che dubitò Persian fu in grado di udire.

Ma evidentemente essere mezzo cieco aiutava l’udito (che poi può essere effettivamente vero, perché io porto gli occhiali ma ho un udito pazzesco, soprattutto quando si tratta di sentire i lavori nel mio palazzo alle sei del mattino che mi svegliano), perché Persian lo guardò a bocca aperta, inarcando le sopracciglia.

-Ma certo che no- rispose, molto sicuro -Anche perché dubito esista nei sette regni un cuoco migliore di te- aggiunse poi, più tra sé.

Leo apprezzò il complimento, ma la protagonista non era tipa da sottovalutare.

-Ma se esistesse, e arrivasse oggi, e facesse un lavoro straordinario, soprattutto nei dolci… credi che io verrei licenziato? Cioè, io sono un errore, sono ancora sospetto, e sono un disastro in tutto ciò che non è la cucina, quindi, insomma, se qualcuno mi sostituisse in cucina… sarei facilmente rimpiazzabile- si spiegò, sempre più abbattuto mano a mano che esprimeva i dubbi che gli erano risaliti alla mente.

Fino a pochi giorni prima, essere licenziato sembrava quasi una liberazione, tra Lionel, Prankit e la quasi morte. Sarebbe potuto andare al tempio, diventare il migliore amico della sacerdotessa e cucinare per tutti. La protezione non gli sarebbe mancata, dal suo nuovo compare Jahlee il dio delle pietre preziose.

Ma ora, soprattutto dopo la serata pizza per Anna… Leo voleva davvero restare lì.

Si era affezionato profondamente alle cuoche, soprattutto Anna, Mary e Jane, ma anche Mildred e le altre. E si era affezionato ad Alex, ai reggenti e alla principessa, a Persian, persino a Chevel… e a Daryan.

Per la prima volta, si rendeva conto che voleva restare lì. Il palazzo, la vita che si era costruito, era la seconda prospettiva migliore dopo il tornare a casa propria, e se anche fosse arrivato qualcuno dal suo mondo con la chiave per tornarci, avrebbe avuto qualche esitazione a lasciare quell’ambiente ormai familiare e pieno di insegnamenti e di lavoro.

Si sentiva parte di una famiglia culinaria, apprezzato per quello che faceva, e realizzato ogni volta che imparava qualcosa di nuovo o riceveva qualche complimento per una sua invenzione o piatto tipico italiano.

Non voleva andarsene.

Gli andava bene diventare il secondo più bravo, avrebbe sopportato la visione di Daryan tra le braccia della sua nuova fiamma. Accettava l’inevitabile confronto e di perderlo di fronte alla sindrome della protagonista.

…ma non voleva andarsene!

-Non è una gara dove vince solo il migliore, Leonardo- la voce incerta di Persian lo distolse dai suoi pensieri.

Leo si girò a guardarlo, facendolo arrossire più di quanto già non fosse. Anche se, visti i colori già scarlatti dell’alba, era facile scambiare il volto arrossato del bibliotecario e insegnante come solo risultato del riflesso della luce all’orizzonte.

Pertanto Leo non fece caso al suo aspetto, bensì solo alle sue parole.

-I_insomma… tu non sei stato assunto solo per la tua cucina… beh, sì, in realtà- Persian si corresse prima che Leo potesse assumere un’espressione scettica -…il punto è che, se anche adesso dovesse arrivare una cuoca migliore di te, cosa di cui tutti noi dubitiamo fortemente, saresti comunque il secondo migliore cuoco in questa cucina, e non c’è alcun motivo per congedarti. E poi… la famiglia reale è molto affezionata a te, e sei il responsabile del banchetto per il compleanno della principessa. Sei ormai un membro molto importante dello staff di questo castello e della famiglia reale. A prescindere dalla tua benedizione- lo rassicurò, prendendo sicurezza mano a mano che andava avanti e sorridendo incoraggiante verso Leo, che si sentì leggermente meglio, anche se il cuore continuava a battere furioso per l’ansia… e forse anche per la situazione in quel momento.

Era comunque uno scenario piuttosto romantico, quello, insieme in uno spazio stretto ad osservare l’alba. Anche se Leo avrebbe preferito essere in compagnia di Daryan… e in un mondo meno omofobo dove pensare che una situazione può essere romantica non ti condanna alla culla di Giuda.

Distolse lo sguardo, tornando all’orizzonte.

-Lo credi davvero?- chiese comunque, apprezzando parecchio le rassicurazioni, ma non del tutto convinto che fossero autentiche.

Ma anche solo riuscire a parlare a cuore aperto con Persian, senza che lui lo evitasse, gli bastava per sentirsi meglio. Era davvero un buon amico e una brava persona.

Sentì una mano posarsi sulla propria, il suo cuore perse un battito, e si girò di scatto a guardare Persian, sorpreso dal gesto inaspettato.

-Certo, Leonardo! Sei estremamente apprezzato dalla famiglia reale, e dalle cuoche, e da…- Persian si interruppe, arrossendo ulteriormente, quando si rese conto del suo gesto inconsulto.

Il bibliotecario si affrettò a ritirare la mano, e a ritirarsi a sua volta, mettendo fisica distanza tra lui e l’interlocutore, ma continuando a parlare.

-Quello che intendo, è che tu sei insostituibile, a prescindere da…- ma non riuscì a finire il nuovo discorso, perché non si era reso conto di essere arrivato al limite della testa del drago, e scivolò, rischiando di cadere.

Leo non perse tempo, e lo afferrò per il braccio, rimettendolo in equilibrio con forza insospettabile.

Ehi, cucinare tutto il giorno dolci richiede una grande forza delle braccia. Pensate a tutti gli impasti da stendere e le creme da girare. Non è roba da poco.

Ma lo fece così forte che sì, riuscì a rimettere Persian sul drago, ma rischiò lui stesso di cadere all’indietro.

E questa volta fu Persian a riafferrarlo all’ultimo, spingendolo verso di sé, ma stando ben attento a non cadere a sua volta.

Risultato: erano finiti praticamente uno addosso all’altro, abbracciati forte per evitare i confini di quella testa decisamente più piccola di quanto pensassero. Leo inconsciamente aveva cinto il collo del bibliotecario con le braccia, e Persian, sopra di lui, lo aveva preso per i fianchi.

E francamente, Leo non era molto favorevole all’idea di spostarsi subito.

Perché Persian era estremamente caldo, e piacevole in quella fredda brezza mattutina.

Probabilmente quel calore estremo derivava dal cuore di Persian che aveva il battito medio di un colibrì e gli stava arrossando l’intero corpo per l’imbarazzo, ma Leo è troppo concentrato sul riscaldarsi per rendersi conto del gay panic altrui, quindi si limitò a stringerlo più forte, e godersi il calore corporeo dell’amico (gah, friendzone mentale per Persian!).

Il bibliotecario era completamente congelato (strano, dato che era bollente, mah) e cercava di dire qualcosa, facendo uscire solo strani suoni.

Dopo qualche secondo, Leo si rese conto della sua evidente difficoltà, e decise di rompere il silenzio, l’imbarazzo e anche il caloroso “abbraccio”.

-Forse avevi ragione a volermi cacciare via, prima. È molto più stretto e pericoloso di quanto pensassi- notò, ritirando le proprie mani, e facendosi sfuggire un risolino nervoso.

Persian lo lasciò andare a sua volta, e si allontanò il più possibile, stando attento a non cadere dalla scultura.

-Eh… già… uhm… meglio… meglio che io vada, allora… ho tanto da fare, e ormai l’alba è passata- borbottò, senza riuscire a guardare Leo negli occhi, e alzandosi in piedi, pronto a scalare il cespuglio per scendere.

-Sì… buon lavoro- Leo stava venendo contagiato dall’imbarazzo, e iniziò a torturarsi le mani, a disagio.

-Buon giorno libero… eh… prova a riposare un po’, oggi, te lo meriti- ormai quasi a terra, Persian sembrava più sicuro di sé.

E rassicurò anche Leo, che si girò verso di lui e gli sorrise.

-Grazie… anche per le parole incoraggianti. Mi hanno davvero aiutato- affermò, grato per il supporto.

Con un cenno del capo che sembrò un inchino del terzo tipo, Persian si eclissò immediatamente, e Leo tornò a guardare l’orizzonte.

Ormai il sole aveva fatto capolino, e i residui della notte restanti stavano in fretta venendo spazzati via, come l’incertezza di Leo.

Sì, Dotty poteva essere più brava di lui, avrebbe sposato la sua cotta in futuro, ed era praticamente la maggiore nemica di Leo in quel mondo, ma ciò non significava che Leo fosse spacciato.

Era solo un’altra concorrente del Masterchef di quel mondo, e Leo aveva comunque le competenze per arrivare alla finale.

Sperava che comunque nessuno sarebbe stato licenziato a causa sua, ma almeno era piuttosto certo che lui sarebbe sopravvissuto alle prime eventuali eliminazioni.

E poi era vero che Leo era un membro piuttosto apprezzato dello staff.

Non era passato neanche un mese, ma tutti erano estremamente gentili con lui, incoraggianti e amichevoli, soprattutto in cucina.

E se persino Lionel e Prankit avevano smesso di bullizzarlo, Leo non aveva davvero più nulla da temere.

Sospirò, godendosi la pace di quella mattinata, e decise che si sarebbe goduto il suo giorno libero senza alcun problema.

Senonché, mentre si alzava per cimentarsi nella scalata, si rese conto, aiutato dalla luce che iniziava a schiarire i dintorni, che Persian aveva lasciato un oggetto personale lì sopra. Più precisamente, un libro. Più precisamente, il diario su cui stava scrivendo prima che Leo lo interrompesse.

Leo non era un tipo curioso, e di certo non avrebbe letto il diario segreto di una pers… no, vabbè, non riesco neanche a concludere la frase, è ovvio che Leo lo aprì per vedere cosa ci avesse scritto.

Non perché fosse un tipo indiscreto, ed era contrario alla lettura dei diari segreti, ma perché era troppo curioso di sapere cosa Persian pensasse di lui, soprattutto dopo gli ultimi giorni in cui si comportava in maniera strana.

Solo un paio di righe, nulla di più! Non avrebbe letto niente che non lo riguardasse, e non lo avrebbe usato contro Persian. Era giusto per regolarsi e capire l’opinione dell’illeggibile bibliotecario.

Leo… illeggibile col cavolo! Era palesemente in gay panic con te. Dai! 

Ma Leo è stupido, quindi non riusciva a captare i chiari segnali.

È pur sempre il protagonista di un isekai, e si sa che i protagonisti degli isekai romantici non capiscono mai nulla quando si tratta di sentimenti indirizzati verso di loro.

Leo sfogliò il diario velocemente, con il cuore a mille. Si sentiva come un vegano al McDonald, pronto ad un assalto da un momento all’altro. 

Cercava solo il proprio nome, ma delle interessanti piccole frasi comunque vennero immagazzinate dal suo cervello:

“…cavaliere è insopportabile, non riesco a credere che se la sia presa per…”

“…vorrei poter leggere la Storia e capire se…”

“Laasya, dimmi che non resterò single a vi…”

“…quel puzzone, irritante, rancoroso pezzo di…” —> palesemente Chevel.

“…benedizione di Jahlee…” Ah, ecco!

Sicuramente si riferiva a lui.

Magari Leo poteva capire più cose sulla benedizione di Jahlee e sul perché fosse così speciale riceverla.

…cioè, era chiaro fosse speciale ricevere una benedizione, ma dicevano tutti che era un evento più unico che raro, ma non spiegavano a Leo il motivo.

Iniziò a leggere, velocemente.

“È confermato che Leonardo abbia ricevuto la benedizione di Jahlee, non riesco ancora a crederci. Un mio concittadino benedetto da un dio di un altro regno, è davvero possibile? Soprattutto dopo così tanti secoli dall’ultima benedizione. Iniziavo anche a pensare che le benedizioni fossero solo miti, dato che non ne viene concessa una da tempo immemore. È davvero un evento storico! E… Leonardo l’ha ricevuta.

Wow! È davvero incredibile! 

E… per fortuna! Dei, non avrei saputo cosa fare se fosse rimasto ferito durante l’attacco. Mi sentivo così in colpa, la scorsa notte ho pianto come un bambino. Ho lasciato andare lui e la principessa sperando passassero un buon pomeriggio insieme, e invece… ugh, non voglio pensarci di nuovo! Non so neanche io cosa mi stia capitando, con quel ragazzo, ma credo di considerarlo ormai un amico, sebbene sia la persona più strana che io abbia mai incontrato.

A dire il vero, non riesco a smettere di pensare a…”

La lettura venne interrotta (e per poco non venne interrotto anche il cuore di Leo) da una voce piuttosto allarmata:

-Leonardo!- che fece chiudere il libro di scatto al cuoco, e lo fece guardare intorno, preoccupato dall’essere stato beccato intento a leggere.

Non era alla portata di vista di nessuno, per fortuna, o almeno non sembrava.

-Leonardo, sei ancora là?- chiese nuovamente la voce, che Leo individuò a terra.

Si sporse, e vide la fonte di tale voce: un cadaverico e tremante Persian con gli occhi sgranati e l’aria di un daino in autostrada quando arriva una macchina con le luci a mille.

-Hey… tornato presto- commentò Leo, accennando un sorriso e pregando non risultasse troppo colpevole.

Sicuramente fallì, ma quantomeno da quella distanza Persian non se ne accorse. O forse era troppo nel panico per accorgersene. O forse era così nel panico che aveva deciso di fingere di non accorgersene per non fomentare tale panico con la consapevolezza che Leo aveva palesemente letto il suo diario.

-Ehm… non è che ho lasciato un libro, là sopra?- chiese, con nonchalance, cercando di fingere che non avesse nulla di compromettente al suo interno.

-Un libro? Oh, sì! Questo?- Leo glielo mostrò, trattandolo allo stesso modo, come un oggetto da nulla che non aveva alcun significato per lui, Persian sobbalzò come colpito da un proiettile alla sua vista -Sembra un manuale di qualche strana materia- aggiunse poi Leo, per cementare la sua bugia di non saper leggere.

Persian annuì vigorosamente.

-Sì! E ne ho urgente bisogno! Puoi lanciarmelo?- chiese, tendendo le mani con urgenza, senza staccare neanche un attimo gli occhi dall’oggetto del desiderio.

-Certo- con parecchi rimpianti, ma consapevole che fosse la cosa migliore, Leo lanciò il libro a Persian, che lo prese al volo e lo strinse al petto con fare protettivo.

-G_grazie! Allora io… vado… buona giornata! Di nuovo!- senza neanche aspettare una replica, Persian corse via, lasciando Leo con la bocca aperta pronto a rispondergli.

Il cuoco la richiuse, e tornò a fissare il cielo, ormai illuminato a giorno, chiedendosi come finisse quella criptica frase.

Nei minuti che rimase lì sopra prima di tornare nella camerata per prepararsi, Leo rifletté su come quella frase si sarebbe potuta concludere: 

“A dire il vero, non riesco a smettere di pensare a…”

“… come sia sospetto, forse non dovrei fidarmi così tanto”

“… come sia strano, è assurdo considerarlo mio amico”

“… quanto imbranato sia nell’imparare l’etichetta, ma è così difficile inchinarsi? Mah, la plebe!”

“… perché mai Jahlee ha deciso di benedire una nullità come lui”

Sì, Leo aveva pensieri piuttosto pessimisti, ma insomma, Persian lo aveva trattato in maniera strana, aveva tutto il diritto di credere di essere poco gradito, anche se obiettivamente quello che aveva scritto prima era stato piuttosto carino nei suoi confronti.

Ma Leo era comunque parecchio insicuro quel giorno, quindi suppose in negativo.

La frase, però, non si avvicinava neanche lontanamente a quelle ipotesi: 

“A dire il vero, non riesco a smettere di pensare a lui. È ormai un chiodo fisso, soprattutto da quando ha rischiato di farsi male. Non capisco cosa mi sta succedendo e sto per impazzire! Forse lo sto evitando, è vero, ma che ci posso fare?! Ogni volta che lo vedo mi parte il cuore a mille, è più forte di me! E non voglio spaventarlo con i miei sentimenti assurdi, quindi è meglio evitarlo!”

Ma Leo non era un narratore onnisciente come me, quindi non gli era dato saperlo.

E forse è meglio che non abbia letto la frase intera.

Perché avrebbe capito che forse quel mondo era meno eteronormativo di quanto pensasse, e poi la storia, per voi, sarebbe stata molto meno divertente, fidatevi.

 

Quando Leo era sceso dal drago ed era tornato in camera, si era ormai tranquillizzato abbastanza. E, determinato ed energizzato dalla splendida alba (sebbene un po’ strana a causa di Persian), aveva deciso di approfittare di essersi svegliato presto per godersi la giornata al massimo, quindi aveva pianificato di farsi una bella passeggiata, chiedere ad Alex di andare nel paese più vicino per esplorare i dintorni e comprare qualcosa con il suo sudato stipendio settimanale, e insomma godersi il giorno libero come una persona normale.

…purtroppo quando era tornato in camerata era crollato addormentato sul letto, e aveva dormito come un sasso fino a mezzogiorno, ovvero un’ora prima della prova delle nuove cuoche, e troppo tardi per andare in città e tornare entro sera.

Ma aveva comunque tutta l’intenzione di farsi una bella passeggiata, quindi, dopo essersi vestito, aver mangiato un frugale pranzo da lui cucinato composto da un panino, essere stato imbottito dalle altre cuoche di cibo perché un panino era troppo poco, ed essersi guadagnato una strigliata infinita da parte di Mildred perché era il suo giorno libero e le cuoche erano troppo impegnate per pensare a lui, Leo era finalmente riuscito ad uscire da palazzo, veramente riposato per la prima volta da quasi un mese, e sperando di non incrociare Dotty per non rompere il suo buon umore.

Il capitolo si chiama “INCONTRO la mia nemica giurata”, quindi potete immaginare come andrà a finire la situazione.

Ma Leo non è un lettore che sa i titoli dei capitoli, anche se sono in prima persona tempo presente per qualche motivo, quindi uscì da palazzo con la certezza che non avrebbe incontrato tale nemica giurata, perché ormai, tra preparazione e pranzo e strigliata di Mildred, era giunta l’ora, per le cuoche, di entrare e farsi esaminare da Mildred. E Leo era uscito proprio mentre le cuoche iniziavano ad entrare, ovviamente da un’altra porta.

Quindi non c’era alcun modo di incontrare la sua futura nemesi.

Ahh, bene! Un giorno di relax! Tranquillo, sereno, da solo, forse dopo avrebbe raggiunto Opal in biblioteca, chissà, ma di certo sarebbe rimasto lontano dalla cucina, quindi non avrebbe mai incontrato… un momento, chi era la tizia arrampicata sull’albero vicino alla foresta?

E perché all’improvviso nell’aria è partita la boss music?

Nah, la boss music non è partita, ma se fossimo in un videogioco sicuramente sarebbe cambiata, probabilmente con un motivetto romantico, o con una theme song specifica per un personaggio.

Ma siccome non siamo in un videogioco, Leo era ancora ignaro del pericolo.

-Hey, tutto bene?- chiese alla figura, che sembrava piuttosto in bilico, anche se se la cavava.

Purtroppo, quando sentì Leo, sobbalzò, perse l’equilibrio, e rimase appesa per un braccio solo, emettendo uno squittio sorpreso, e allarmando il cuoco.

-Aspetta, aspetta! Tranquilla, ti afferro io!- sentendosi in colpa, Leo si affrettò a correre in direzione della ragazza a rischio, pronto a prenderla al volo nel caso fosse caduta.

-Chiedo scusa, chiedo profondamente scusa!- borbottò lei, con voce gentile ma terrorizzata, cercando di rimettersi in equilibrio ma incontrando estrema difficoltà. Sicuramente il suo stato di agitazione non aiutava.

-Tranquilla, ti prendo!- affermò Leo con sicurezza, in tono rassicurante.

Pochi istanti dopo, la ragazza perse l’equilibrio, venne afferrata da Leo, ed entrambi caddero rovinosamente a terra, Leo completamente sopraffatto dal peso della ragazza, che lo schiacciò come una noce, aprendolo quasi letteralmente in due. Nella fretta di soccorrere la povera ragazza inerme si era dimenticato di essere molto più mingherlino, basso e fisicamente impreparato di lei. 

-Oh dei! Scusami, scusami tanto!- esclamò la ragazza, facendosi da parte e tastandolo per controllare le sue condizioni. 

-Leonardo!- sentì esclamare una voce familiare poco distante, appartenente ad un uomo che arrivò piuttosto trafelato, e scansò con ben poca galanteria la ragazza da un lato, portando tutta la sua attenzione su Leo ancora a terra più morto che vivo.

-Sono ufficialmente morto? perché vedo un angelo davanti a me- borbottò il morto, molto tra sé, mettendo a fuoco l’immagine dell’uomo, che si rivelò essere un preoccupato e bellissimo principe Daryan, che si affrettò a prenderlo in braccio e rimetterlo in piedi. Probabilmente la benedizione di Jahlee aveva considerato quel gesto un suicidio e non si era attivata, condannando definitivamente il cuoco. Ma, oh, se in paradiso c’era Daryan, tanto meglio. 

-Stai bene?- chiese il paradisiaco Daryan, controllando le sue condizioni con attenzione e premura.

Leo ritornò in sé, rendendosi conto, mentre riacquistava l’uso del suo corpo, che non era una visione celestiale, ma la vita reale, e si massaggiò il braccio, annuendo appena.

-Sì, sì, ho sopravvalutato la mia prestanza fisica- ammise, accennando un sorrisino imbarazzato e sperando che il principe non avesse sentito il suo commento di prima.

-Non ridere, e non farlo mai più! Solo perché sei praticamente immortale non significa che puoi buttarti nel pericolo come ti pare e piace!- lo riprese il principe, sbuffando seccato, e controllandolo meglio.

Awww, che carino che era a preoccuparsi per lui.

Il cuore di Leo perse numerosi battiti, e arrossì parecchio.

-Mi dispiace tantissimo, non volevo… speravo di rimettermi in equilibrio ma mi tremavano le mani… mi dispiace infinitamente!- la ragazza che lo aveva quasi ucciso ma per fortuna non letteralmente e quindi non gli aveva fatto sprecare la benedizione di Jahlee entrò timidamente nella conversazione, con le lacrime agli occhi, e facendo ricordare ai due innamorati della sua presenza.

Finalmente, Leo la vide in faccia.

Era molto carina, sebbene fosse piuttosto ordinaria. Colorito di un caldo color nocciola, occhi ambrati che spiccavano parecchio e ricci capelli castani scuri che le arrivavano appena alle spalle.

Tremava vistosamente, e aveva le lacrime agli occhi. A Leo salì l’istinto protettivo da fratello maggiore, anche se la ragazza era più alta di lui e probabilmente della sua stessa età.

-No, tranquilla! Sono stato io a spaventarti. E sono stato io ad offrirmi di aiutarti- provò a rassicurarla, sorridendole caldamente.

Daryan si irrigidì, e lanciò alla ragazza un’occhiata penetrante.

-Non ti ho mai vista prima d’ora. Chi sei, e cosa ci fai nel mio palazzo?- chiese, nel suo tono più minaccioso. A Leo ricordò i primi tempi in cui era a palazzo, quando il principe lo trattava come se volesse tirare fuori un coltello e fare una strage da un momento all’altro. Non era più abituato a sentirlo così ostile. Certo che aveva fatto più progressi di quanto si sarebbe aspettato.

-Il suo… oh cielo!- la ragazza impallidì, poi fece un inchino profondo, dimostrando di essersi resa conto di chi fosse il nobile davanti a lei. -Chiedo profondamente perdono! Sono una delle cuoche venute a fare il provino per il banchetto della principessa Opal- spiegò lei, senza alzare la testa, piuttosto tremante.

A Leo fece parecchia pena.

Era stato dall’altro lato dello sguardo penetrante di Daryan… e non era molto piacevole. Le era vicino con lo spirito.

…ma non era ancora abbastanza sicuro di sé da prendere le sue difese con Daryan così irritato.

Non voleva rischiare di tornare dall’altra parte di quello sguardo.

Il suo cuore non avrebbe sicuramente retto.

-Da ciò che mi risulta, tutte le cuoche sopraggiunte per candidarsi sono già all’interno intente ad essere analizzate, quindi tu che ci fai qui fuori intenta ad arrampicarti su un albero?- indagò Daryan, sempre più sospettoso.

La ragazza sgranò gli occhi, e si guardò intorno come in cerca di un orologio.

-Sono già entrate? È l’ora?- chiese, rivolta a nessuno in particolare -Io pensavo di avere più tempo! Sono arrivata qui prima, e nell’attesa ho fatto una piccola passeggiata per scaricare i nervi, e poi ho visto quel nido a terra, e quindi mi sono arrampicata per rimetterlo a posto. Non volevo lasciarlo in balia dei predatori. Ci sono alcune uova non ancora schiuse- spiegò il motivo dell’arrampicata sull’albero.

Leo ebbe una profonda sensazione di deja-vu, e sorrise tra sé. Tsk, la trama della protagonista che sale su un albero per soccorrere un nido e viene soccorsa quando sta per cadere dal male lead è la più vecchia e abusata del mondo, la situazione meno originale che si possa architettare come primo incontro tra due futuri sposi. Persino Leo, che non leggeva molte storie romantiche, la conosceva.

…un momento.

-E chi le ha dato il permesso di passeggiare in giardino, tanto per cominciare?- insistette Daryan, avvicinandosi a lei e dimenticando Leo, che si concentrò tra i due con una nuova consapevolezza, scuotendo appena la testa, come a cancellare la teoria piuttosto probabile che gli si era formata nella mente.

-Una guardia mi ha detto che potevo camminare nel giardino, entro cento metri dall’entrata. Era biondo, molto galante. Non pensavo di fare niente di male, lo giuro. Mi dispiace tanto essere caduta, ma quando ho sentito il ragazzo che mi chiamava mi sono spaventata e ho perso l’equilibrio- si giustificò, lanciando un’occhiata a Leo, e poi soffermandocisi perché lui la fissava a bocca aperta e occhi sgranati. La ragazza impallidì, temendo di essere stata riconosciuta.

Daryan, resosi conto dello scambio di sguardi tra i due, tornò a concentrarsi su Leo, addolcendo vistosamente il tono.

-Leonardo, va tutto bene?- chiese, preoccupato, mettendosi tra lui e la ragazza.

In circostanze normali, Leo avrebbe preferito di gran lunga bearsi della sua immagine piuttosto che di quella di una qualsiasi ragazza, ma questa volta sporse la testa per tornare a guardarla, e una domanda gli uscì dalle labbra prima che potesse trattenerla.

-Come ti chiami?- chiese infatti, in un sussurro.

-Come?- chiese lei, confusa, non capendo cosa stesse chiedendo a causa del basso volume.

-Chi sei, esattamente?- parafrasò Daryan, girandosi di nuovo verso di lei, cambiando tono, e facendo da scudo a Leo con il suo corpo come a proteggerlo.

La situazione sarebbe dovuta andare diversamente dato che Leo era un semplice cuoco e Daryan il principe futuro re, ma dettagli.

-Il mio nome è Dotty, vengo da Lumai. Sono qui solo da qualche settimana, e lavoro in una locanda giù in paese: “Il Boccale di Ametista”- spiegò lei, molto dettagliata.

Il principe assottigliò lo sguardo.

-Di Lumai, eh. Questa l’ho già sentita. Che quartiere?- indagò, con un piccolo sorrisino.

Oh, ti prego, non dire Estovani, tutto ma non Estovani! 

-Eh… Estovani! Ho dovuto trasferirmi a causa della siccità- rispose lei, un po’ esitante. Probabilmente non si aspettava subito un interrogatorio, ma si era comunque preparata le risposte.

E aveva scelto le stesse di Leo.

Capperi! Non poteva scegliersi un altro quartiere povero da dove venire?! Perché proprio quello scelto anche da Leo.

Il principe sorrise vittorioso.

-Interessante- commentò, scuotendo la testa -Venite dallo stesso piccolo quartiere e non vi conoscete!- fece presente alla nobile in incognito, che impallidì.

-Uh…- provò a trovare una scusa, ma Leo fu più veloce di lei.

Perché l’empatia nei suoi confronti aveva ormai raggiunto il livello massimo, ed era quasi dolorosa.

E poi perché sapeva ormai chi fosse, e si sentiva sempre più in colpa per averla messa accidentalmente nel mirino del suo futuro marito.

-Ecco perché eri così familiare! Sei di Estovani! Sì, ti ho vista! Non ci siamo mai presentati, perché io ero troppo preoccupato a badare ai miei fratelli, ma ti ho vista un sacco di volte per strada!- la coprì, con sicurezza, sorprendendo non poco Daryan, che tornò a fissarlo con le sopracciglia inarcate.

-La conosci?- chiese, poco convinto.

-Solo di vista. È inconfondibile, con quei capelli, e gli occhi. Sì, sì, è proprio di Estovani! Dotty, l’ho anche sentita nominare!- continuò a coprirla, annuendo vistosamente, e avvicinandosi a lei per fingere di volerla osservare meglio.

Dopo qualche istante di estrema sorpresa, Dotty iniziò ad annuire a sua volta.

-Sì, ora ricordo anche io! Ti ho visto spesso per le vie della città- gli resse il gioco. 

Daryan sembrava piuttosto seccato dalla complicità che si era appena creata tra i due.

-Beh, sarai anche innocua, ma non sei stata presa. Puoi tornare alla tua locanda- decise di licenziarla senza neanche farla provare.

Leo era completamente congelato sul posto.

Sul serio il principe stava mandando via la sua futura moglie? Perché mai?! Non l’aveva neanche fatta cucinare! Era colpa di Leo?

Sicuramente sì. Aveva preso il posto del principe nel salvataggio e i due non avevano avuto l’incontro stile anime super cliché per essere immediatamente attratti l’uno dall’altra.

Per ogni persona normale che ha una cotta per il principe, questo dovrebbe essere motivo di salti di gioia e “Ah ah” alla Nelson Muntz rivolti alla rivale, ma Leo, ormai lo sapete, non è normale, e si sentì davvero un sacco in colpa.

-Aspetti, principe Daryan, la faccia almeno provare!- la difese, prendendo il principe per il braccio e voltandolo verso di lui. Daryan si irrigidì, ma non si scansò. Probabilmente dopo averlo imboccato con della pizza, avevano abbastanza confidenza da toccarsi casualmente le braccia.

-Perché mai dovrei farla provare? Non riesce ad arrivare puntuale, e non ha neanche la capacità di restare in equilibrio su un albero. Non mi sembra in generale adatta al lavoro- Daryan incrociò le braccia, e le lanciò un’occhiata scettica.

Dotty abbassò lo sguardo, imbarazzata.

-Ma potresti pentirtene. Magari è la cuoca migliore del regno, vale la pena quantomeno farla provare- insistette Leo, che ama darsi la zappa sui piedi.

La ragazza gli lanciò una breve occhiata, colma di sorpresa e gratitudine, ma non osò soffermarsi troppo su di lui e rimase a sguardo basso.

-Ne dubito fortemente. Troveremo le cuoche giuste tra quelle che si sono presentare in orario- Daryan scosse la testa, in tono di congedo.

-Ma non è colpa sua se voleva aiutare degli uccellini. E poi sono sicuro che sia un’ottima cuoca… si vede dalle mani!- Leo non era in grado di capire dalle mani di una persona se fosse una brava cuoca, ma finse di sì. Doveva pur inventare una scusa che giustificasse il suo sapere che la ragazza fosse una cuoca eccellente, e prese la mano di Dotty per mostrarla a Daryan.

Lei sobbalzò sorpresa, e arrossì appena fissando Leo con occhi brillanti.

Daryan lanciò un’occhiata estremamente seccata prima all’espressione sul volto di Dotty, poi alle mani di lei e Leo unite, e sembrava in procinto di ordinare un’esecuzione.

Leo capì a cosa fosse dovuto quello sguardo: sicuramente il principe era attratto dalla sua futura moglie ed era geloso che Leo potesse suscitare il suo interesse e rubargli la ragazza!

Riformulo… Leo fraintese a cosa fosse dovuto quello sguardo.

Perché il principe era geloso di un’altra persona.

Ma in ogni caso fu una fortuna che Leo lasciasse subito andare la mano della ragazza.

-Insomma… lo dico per lei, principe Daryan, e per la principessa Opal, e per rendere il suo banchetto perfetto- provò ad assumere un tono indifferente nei confronti di Dotty, che fissava la scena da totale spettatrice, alla mercé dei due uomini.

-Mmmm- mugugnò il principe, a denti stretti, continuando a guardare Dotty con sguardo assassino (ma è sicuramente innamorato di lei e geloso di te, sì sì, Leo, vai convinto).

-Se le dai un’occasione ti rifaccio una pizza- provò a comprarlo Leo, sottovoce, con sguardo ammiccante.

-D’accordo, avrai un’occasione di entrare a far parte dello staff provvisorio per il banchetto di compleanno di Opal, ma sbrigati ad entrare, e sappi che parti svantaggiata rispetto a tutti gli altri!- Daryan cedette a tempo zero, e fece cenno alla cuoca di andare prima che cambiasse idea.

La ragazza sembrò illuminarsi (non a caso viene da Lumai), e si affrettò ad inchinarsi.

-Grazie infinite, principe Daryan, farò tesoro di questa occasione e darò il massimo per essere all’altezza!- esclamò con sincerità. Poi si rivolse a Leo.

-Ringrazio anche lei, sir…- cominciò a chiedere, prendendolo per un nobile. Cioè, ormai sapeva fosse di Estovani, e quindi non nobile, ma suppose che fosse stato nominato nobile visto il suo rapporto stretto con il principe.

-Oh, no, non sono un…- Leo si affrettò a chiarire il malinteso, non volendo attirare troppa attenzione su di sé, ma venne interrotto dal principe, che gli mise una mano sulla spalla con fare protettivo.

-Leonardo, il responsabile del banchetto e tuo diretto superiore nel caso improbabile che venissi assunta tra le cuoche temporanee. E ti conviene sbrigarti se vuoi sperare di essere selezionata- la incoraggiò a tornare in cucina senza perdere tempo, e Dotty capì l’antifona.

-Certamente, grazie principe Daryan. Grazie sir Leonardo!- dopo un ultimo affrettato inchino che però fu molto più elegante di quelli di Leo, Dotty corse velocemente all’ingresso, sperando di recuperare il tempo perso.

Nel giardino rimasero solo Leo e Daryan, quest’ultimo ancora con la mano fermamente ancorata sulla spalla del cuoco, che non aveva intenzione di farglielo notare.

-Oggi è il tuo giorno libero. Pensavo che saresti andato in città, che ci fai qui?- chiese Daryan, in tono casuale, per fare conversazione.

-Volevo andare in città, ma ho dormito fino a mezzogiorno e dubito che farei in tempo ad andare e tornare. Aspetterò un giorno di rifornimento. Penso che invece farò una passeggiata nella foresta- spiegò Leo, mordendosi il labbro appena in tempo prima di lasciarsi sfuggire un “vuole venire anche lei?” che sarebbe stato non poco sconveniente.

-È una bella giornata, spero che tu ti goda la tua libertà. Molto, moooolto lontano dalla cucina!- l’augurio sembrò più una minaccia. Leo si affrettò ad annuire.

-Non ho intenzione di tornare in cucina prima di stasera, stia tranquillo. Allora io vado a fare la mia passeggiata. E la lascio ai suoi doveri- Leo si liberò dalla presa del principe e fece un inchino profondo, abbastanza riuscito.

-Sì… devo in effetti scambiare due parole con Mildred… sicuro di stare bene? Non hai problemi al braccio?- si accertò per l’ultima volta delle condizioni di Leo, che si affrettò ad annuire.

-Niente che un pomeriggio di riposo non possa guarire del tutto, non si preoccupi. E poi è colpa mia che l’ho chiamata senza preavviso- insistette nel difendere la sua rivale. Daryan strinse i denti, ma non disse nulla.

-Allora ti auguro un buon riposo. Vado a parlare con Mildred… e con la guardia che ha permesso ad una sconosciuta di farsi un giro in giardino- si congedò, con un cenno a Leo, che si inchinò nuovamente e procedette per la sua strada, cercando di calmare il battito forsennato del suo cuore, e cercando di non pensare al fatto che aveva appena dato alla sua rivale in cucina e in amore una possibilità per restare a palazzo.

Ma perché Leo era sempre pronto a suicidarsi, socialmente e letteralmente?!

Ma non doveva darsi per vinto. Aveva fatto bene ad aiutare quella ragazza, a prescindere che fosse o no la sua nemesi. Anzi, aiutarla forse l’avrebbe resa più un’alleata che una nemesi. In ogni caso, doveva pensare a sé stesso, alla sua cucina, e a fare un buon lavoro.

E se Dotty fosse stata accettata come cuoca, cosa che sicuramente sarebbe avvenuta, l’avrebbe trattata come tutti, ed evitata parecchio per non rischiare di mettersi nuovamente tra lei e Daryan.

Voleva che la sua cotta fosse felice, e voleva restare suo amico, anche se significava spingerlo tra le braccia della duchessa di Lumai.

…ma a debita distanza da lei, sia chiaro.

Leo le sarebbe stato più lontano possibile, era deciso!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È arrivata! Dotty è arrivata!! Ed è... awww, adorabile, vero?

Magari finge, magari è crudele come nei cliché degli isekai.

…oppure è solo una ragazza adorabile che vuole scappare dalla vita di palazzo e cucinare tranquilla.

Per il momento, comunque, non sembra aver fatto una buona impressione al principe Daryan.

E Leo ha intercettato il primo incontro che ci sarebbe dovuto essere tra i due… ops.

Parlando del resto del capitolo: era da un po’ che Persian e Leo non interagivano, ed è stato carino scrivere la scena dell’alba. Forse un po’ troppo romantico per le Leoryan shippers, ma dai, concedetemi gli accenni all’harem.

Vi ho avvertito che tutti i personaggi di questa storia o quasi ad un certo punto si prendono una cotta per Leo.

E quel “o quasi” è rappresentato principalmente da personaggi con età improbabili e da un personaggio in particolare che sarà l’unico completamente immune al fascino di Leo che arriverà nel prossimo capitolo.

Ma non faccio spoiler.

Spero che il capitolo pieno di trama vi sia piaciuto. Siamo ufficialmente a metà storia (almeno della prima stagione su tre), anche se potrei dividere un paio di capitoli di un arco narrativo che arriverà verso fine storia, quindi non è ancora detto.

Fatemi sapere che ne pensate della storia fino a qui. Volevo allegare un sondaggio ma penso che lo farò tra un paio di capitoli, nel prossimo o in quello dopo, per un motivo che poi capirete nel prossimo capitolo. 

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 12
*** Faccio amicizia con la mia nemia giurata, che simpatica! ***


Faccio amicizia con la mia nemica giurata, che simpatica!

Era prima mattina, e una figura incappucciata camminava cautamente nella fitta foresta, facendo particolare attenzione a non essere notata. Era arrivata a Jediah da poco, ma neanche il tempo di fare due passi nel regno delle pietre preziose, che rischiò di finire dritta in una trappola, che evitò per un pelo, facendo un salto di lato.

-Vedo che i Lindberg hanno aumentato la sicurezza… non troppo però. Interessante- osservando la trappola e i propri dintorni, la figura prese un blocco per appunti che teneva in tasca e segnò delle informazioni, con attenzione e parecchi scarabocchi.

Le sue mani tremavano leggermente per la tensione di quel momento, ma aveva una missione da compiere, e delle risposte da trovare.

E soprattutto, una persona in particolare da evitare a tutti i costi, anche se temeva si fosse già accorta del suo arrivo.

Sospirò, intascò nuovamente il blocco per appunti, e sistemò il cappuccio sul volto, per essere il meno riconoscibile possibile.

Non vedeva niente di strano nei dintorni, era meglio raggiungere la città più vicina il prima possibile e cominciare le sue ricerche da lì.

Pregò cinque dei che tutto sarebbe andato per il meglio. Era meglio non attirare l’attenzione degli altri due.

Nè di eventuali guardie della famiglia reale. Essere così vicini al confine di Valkrest non era un buon biglietto da visita in quei tempi pieni di incertezza e minacce di una guerra imminente tra le due casate.

Manco fossimo in Game of Thrones!

Ma, se i suoi calcoli erano giusti, quel regno era altrettanto pericoloso, o lo sarebbe stato presto. Era il caso di sbrigarsi.

 

Leo aveva un proposito molto importante, come forse ricorderete dallo scorso capitolo: ignorare con tutte le sue forze Dotty la nuova cuoca che aveva scioccamente spinto dritta tra le braccia del principe nonostante egli avesse cercato in tutti i modi di cacciarla via da palazzo.

E Leo riuscì a rispettare quell’importante se non fondamentale proposito per… diciamo sedici ore… quasi tutte passate nella sua giornata libera lontana dalla cucina o a dormire, quindi senza la minima possibilità di vedere neanche da lontano Dotty, e senza sapere se fosse stata presa n squadra.

Ma andiamo con ordine…

Quando entrò in cucina il giorno seguente, sbadigliando ma estremamente riposato, non ebbe il tempo di controllare che venne praticamente aggredito dalle sue più strette colleghe di lavoro: Anna, Mary e Jane, che intonarono insieme alle altre cuoche una canzone che Leo aveva imparato essere il “Tanti auguri a te” di quel mondo, e con in mano una piccola torta glassata al cioccolato con una piccola perla sopra, ovvero l’alternativa alla candelina di compleanno.

Leo era molto, molto confuso.

-Grazie, ragazze, apprezzo davvero… e buongiorno, a proposito, ma oggi non è il mio compleanno- spiegò, prendendo comunque il tortino e sorridendo alle tre amiche e al resto dello staff, che dopo un grande sorriso tornò al proprio lavoro.

Non credeva di aver mai detto la data del suo compleanno, né di essersene inventata una. Aveva già troppe informazioni finte da ricordare, una finta data di nascita non ci voleva proprio.

…ma non è che l’aveva detto comunque a qualcuno per sbaglio? No, okay, se insistevano sulla storia del compleanno poteva fingere di essersi dimenticato che giorno fosse.

In effetti tra tutto quello che stava succedendo non ricordava affatto che giorno fosse.

-Lo sappiamo che non è il tuo compleanno- la frase di Mary, accompagnata da un risolino di Anna, lo tolse dallo stato di ansia, ma non soddisfò la sua confusione.

-Ho preso l’augurio di compleanno di qualcun altro?- chiese Leo, guardandosi intorno. Erano ancora in pochi in cucina, e non c’erano visi nuovi. Neanche Mildred era presente, forse stava proprio occupandosi delle nuove reclute.

-Ma no! È il tuo mesiversario!- spiegò Anna, saltellando da una parte all’altra.

-Mesiversario?- chiese Leo sempre più confuso.

-Sei un cuoco nel palazzo da un mese preciso. Beh, sarà un mese preciso stasera, ma non riuscivamo ad aspettare, quindi abbiamo deciso di farti una sorpresa già adesso!- spiegò Jane, pratica.

Era la più pratica delle tre.

Leo si sentì toccato al cuore. Davvero avevano fatto tutto quel lavoro solo per festeggiare l’anniversario di un mese da quando aveva iniziato a lavorare lì? Ma che carine!

-Awwww, ragazze! Siete dei tesori!- Leo posò la torta in un angolo e le cinse tutte e tre in un grande abbraccio.

-Ci siamo svegliate due ore fa per preparare tutto- spiegò poi Anna, godendosi l’abbraccio e restando qualche secondo in più rispetto alle colleghe.

-Oh, e non devi ringraziare solo noi, ma anche una delle nuove arrivate. È la nostra nuova coinquilina, e quando abbiamo spiegato il nostro piano, ha insistito per darci una mano- aggiunse poi Jane, solenne.

Leo riprese il suo tortino, e lo osservò, cercando di captare ogni dettaglio prima di mangiarlo. Il lato decorativo era straordinario, soprattutto l’uso del cioccolato.

-È un portento! Credo sia la migliore recluta che abbiamo, anche se tu sei molto più bravo. È stata lei a decorare il tortino- spiegò Mary, indicando le rifiniture.

Leo non era un tipo invidioso o competitivo. Infatti probabilmente se fosse mai andato a Masterchef sarebbe stato il concorrente più leale e giusto della competizione, e avrebbe rischiato di essere il primo eliminato perché avrebbe giocato troppo pulito rispetto agli altri. Per lui una persona più brava era un’occasione per migliorarsi ulteriormente, e uno dei motivi per cui tutte le cuoche lo adoravano, era che sebbene fosse più bravo a cucinare di loro in linea generale, era anche estremamente desideroso di imparare tecniche, trucchi del mestiere, e insegnare ciò che sapeva lui.

Insomma, ammirò la torta con estremo interesse.

-Chiunque sia, è davvero bravissima! Sono desideroso di conoscerla!- esclamò, senza pensare, sinceramente colpito.

Prima che potesse divorare la colazione, o ascoltare il nome di tale persona, il quartetto venne distratto dall’arrivo nella stanza di Mildred, che stava accompagnando le nuove reclute.

Lo sguardo di Leo venne immediatamente attirato da Dotty, che sembrava spiccare in mezzo a tutte le altre… classico fascino da protagonista.

Ordinaria nell’aspetto, ma la prima che viene notata appena entra in una stanza.

-E qui si conclude l’orientamento. Ora, appena arriva… oh, eccolo il nostro Leonardo- Mildred notò immediatamente l’arrivo dell’unico cuoco maschio nella stanza, e si avvicinò accennando un sorrisino.

Anna, Mary e Jane, invece, impallidirono e si affrettarono a disperdersi, con aria colpevole.

-Leonardo, ti presento..- senza in un primo momento rendersi conto dello strano comportamento delle sue sottoposte, Mildred iniziò a rivolgersi tranquillamente a Leo, per poi bloccarsi di scatto, e fissare il dolcetto tra le sue mani.

Si irrigidì, e si girò verso le cuoche che tentavano invano di nascondersi.

-Avete già festeggiato il mesiversario di Leonardo?! Vi avevo detto di aspettare la sera, o quantomeno aspettare il mio arrivo!- si indignò, fulminando le tre ragazze responsabili con lo sguardo.

-Non riuscivamo ad aspettare!- si giustificò Mary, in tono lamentoso.

-È stata un’idea di Anna!- Jane si affrettò ad indicare la collega.

-Ehi! Non è vero! Eravamo tutte decise a farlo subito! Così non perdiamo tempo con il lavoro dopo!- Anna mise le mani avanti, e lanciò un po’ di farina contro Jane, che starnutì e provò a ricambiare, ma venne fermata da Mildred, che sbatté il mestolo sul tavolo.

-Basta! Abbiate almeno la decenza di tenere un comportamento adeguato ad una cucina reale, soprattutto davanti a nuove reclute!- le riprese. Le ragazze tornarono sull’attenti.

-Chiediamo scusa, Madame Mildred- dissero in coro, con un inchino del terzo tipo.

Mildred alzò gli occhi al cielo e fece un cenno di congedo, facendole tornare a lavoro.

Poi si rivolse a Leo, che nel frattempo, mentre osservava la situazione, aveva mangiato il dolce che gli era stato offerto. Era stranissimo vedere Mildred prendersela con qualcuno che non fosse lui.

-Visto che non sono riuscita a dirtelo di persona, beh… buon primo mese in cucina, ragazzo. Ma non adagiarti ancora sugli allori! Devi continuare a lavorare sodo se vuoi restare qui- la capocuoca fece un augurio dal retrogusto di minaccia, e Leo le sorrise, riconoscendo la situazione a cui era più abituato.

-Non batto mai la fiacca, lo sai, Mildy- si concesse però il lusso di usare il soprannome che aveva coniato per lei. La donna alzò gli occhi al cielo, ma non lo corresse.

-Basta perdere tempo! Oggi la principessa Opal vuole mangiare le crepes, dobbiamo sbrigarci se vogliamo farle in tempo. Poi passerai l’intera mattinata a conoscere e addestrare le nuove reclute. Dobbiamo già cominciare a lavorare sul banchetto. Abbiamo poco più di una settimana, ormai è alle porte!- Mildred tornò concentrata, e incoraggiò Leo e il resto della cucina a fare altrettanto.

-Mi metto subito a lavoro- Leo non se lo fece ripetere due volte, e si fiondò verso la farina, solo per essere bloccato sul posto dalla possente mano di Mildred.

-Aspetta, dato che le crepes sono il dolce preferito della principessa e uno dei piatti forti del banchetto, spiegale alle nuove reclute. Fatti aiutare da Anna- lo incoraggiò, indicando le nuove reclute, che fissavano Leo con curiosità e interesse. Dotty sembrava impaziente di mettersi a lavoro, le fremevano proprio le mani.

-Sì! Arrivo subito!- Anna si precipitò verso Leo con entusiasmo, ma inciampò sul bordo di un tavolo e per poco non fece cadere una ciotola piena di cacao, che venne prontamente afferrata da Jane, che era lì vicino.

-Ripensandoci… fatti aiutare da Mary- riconsiderò Mildred, indicando l’altra ragazza, che fece un cenno di vittoria e una linguaccia verso Anna, che, sconfitta, tornò al suo posto, ricevendo qualche pacca sulla spalla da parte di Jane.

Leo fu felice di avere una delle cuoche più brave della cucina con lui, probabilmente l’avrebbe aiutato a non fare la figura dell’incompetente di fronte a ragazze a cui non aveva idea di come insegnare la semplicissima ricetta delle crepes.

-Okay… innanzitutto mi presento, sono Leonardo, il responsabile del banchetto della principessa, ma non per questo sono il vostro superiore o altro. Dobbiamo lavorare insieme e in armonia per preparare ottimi piatti!- improvvisò un discorso di incoraggiamento.

-Meno chiacchiere e più cucina! Scattare, hop, hop, hop!- Mildred però mise da parte ogni convenevole, e Leo iniziò a preparare le crepes.

Fu molto meno tragico di quanto pensasse. Le cuoche erano tutte molto tranquille, attente ai procedimenti, e pronte a ripeterli. Dotty non era diversa da loro, anzi, forse per certi versi era anche più impacciata in alcune preparazioni.

E non sembrava riuscire a farle venire rotonde.

-Chiedo scusa…- disse rammaricata, dopo la terza crepes uscita storta.

-Ma questa come mai è stata selezionata?- sentì Leo borbottare da una delle altre reclute.

Si irritò non poco.

Non era loro compito valutare la bravura d’altri.

Ma non era neanche compito suo riprendere un comportamento poco gentile.

…okay, forse era compito suo dato che era responsabile di quelle ragazze, ma aveva detto che avrebbe ignorato Dotty, quindi non avrebbe nuovamente preso le sue difese tanto presto! 

Lui era la Svizzera!

-La forma tonda è la base, ma con le crepes si possono anche creare una serie di figure artistiche, ad esempio cuori, stelle, qualche animale. Io partirei da un cuore, la forma più semplice. Basta essere molto rapidi e molto precisi. Ora, ognuna di voi, provi a fare una forma, a scelta- Leo continuò la lezione, spiegando il suo metodo di fare le crepes più particolari.

Poi girò tra le cuoche per controllare i lavori.

E rimase piuttosto sorpreso da quello di Dotty.

E non in positivo.

-È un polipo?- chiese, concedendole il beneficio del dubbio.

-Doveva essere un cuore, ma sono negata… mi dispiace tanto!- si rammaricò lei, provando ad aggiustare il tiro ma molto più impacciata di quanto Leo si sarebbe mai aspettato dalla protagonista.

Sapeva di doverla ignorare, ma insomma, era una sua “sottoposta” e il compleanno di Opal doveva essere perfetto! Aiutarla era un dovere morale imprescindibile!

-Aspetta, prova a piegare il polso così- le suggerì, prendendole la mano con la sua e mostrandole il movimento.

La sentì irrigidirsi appena, ma non disse nulla, e cercò di replicare il movimento.

-No, non così. Guarda, deve essere un movimento continuo e meccanico. Ci riuscirai con più pratica- spiegò Leo, mostrandoglielo di nuovo, e poi incoraggiandola a girarla prima che si bruciasse da un lato.

-Grazie, maestro- Dotty gli sorrise, con occhi brillanti.

Leo si irrigidì.

-Eh? No! Chiamami Leo!- obiettò. Non era mica in un anime giapponese. Non era il maestro di nessuno! Al massimo boss, ma neanche, visto che l’unica vera boss lì dentro era Mildred… e la famiglia reale ma erano un’altra tipologia di boss. Lui era sono un fortunello che sapeva cucinare più o meno bene.

-Oh… no, non potrei mai…- borbottò Dotty, arrossendo appena, prima di provare una nuova crepe. Le uscì molto meglio.

-Ottimo, hai capito il movimento!- si complimentò Leo, orgoglioso del progresso.

-Posso… posso chiedere una cosa circa le crepes?- Dotty approfittò che lui fosse lì vicino per fare due chiacchiere.

Leo controllò un attimo le persone vicine, ma Mary stava facendo quasi tutto il lavoro, quindi poté concentrarsi quasi interamente sulla nuova recluta che avrebbe dovuto ignorare completamente.

-Certo, chiedi pure- le concesse, accomodante, ma guardandola poco negli occhi.

-Ha mai provato a farle con aggiunta di cacao, o caffè? O anche con il cocco. Credo che il gusto potrebbe essere arricchito. Dico in generale per altri tipi da aggiungere a quelle basilari- chiese la ragazza, sinceramente curiosa di conoscere l’opinione di Leo alla sua idea.

-Il cacao lo uso spesso, a dire il vero… e il cocco lo aggiungo sopra, non ho mai provato a metterlo nell’impasto, penso possa uscire troppo forte. Ma il caffè… è davvero un’idea interessante! Dobbiamo provarla più tardi!- Leo, che fino a quel momento era stato il maestro (no, non maestro, lui non era il maestro di nessuno) più impassibile e indifferente del mondo soprattutto nei confronti di Dotty, si illuminò subito, interessato alla sua proposta.

La ragazza sobbalzò, e per poco non fece cadere la bacinella con il resto dell’impasto delle crepes.

Jane, che passava di lì per altre preparazioni, lo prese al volo.

-Dotty attenta- la riprese, senza particolare irritazione.

-Uh… oh! Scusa! Ero un attimo… davvero le piace la mia idea, maestro?- chiese Dotty, illuminandosi.

-Non chiamarmi maestro, e ti prego dammi del tu, avremo la stessa età- provò ad obiettare Leo.

-Oh no, credo di essere più grande. Io ho già 22 anni- ammise Dotty, un po’ a disagio.

-Confermo, abbiamo la stessa età. Ho anche io 22 anni- spiegò Leo, con nonchalance.

Tutta la cucina, sia vecchie cuoche che nuove reclute, si fermarono di scatto, e si girarono in contemporanea verso di lui, sconvolte.

-S_scusa… quanti anni?- chiese una delle persone con cui Leo aveva interagito di meno in quel mese, una tale Sara.

-22, perché?- chiese lui mettendosi sulla difensiva.

-Te ne avrei dati massimo 18- borbottò lei, sorpresa.

-Generosa, a me sembrava 12- disse una delle nuove reclute, quella che prima aveva commentato contro Dotty.

-Tu non mi sei simpatica!- le fece presente Leo, seccato -Mildred, non dovremmo lavorare? Perché non obietti?- Leo provò ad ottenere l’aiuto dell’austera capitana di brigata, ma Mildred era a bocca aperta come le altre, senza parole.

-Credevo che di anni ne avessi sedici- ammise, sorpresa, quasi tra sé.

-Uffa, sono mingherlino, lo so. Possiamo tornare a fare le crepes, per favore?!- Leo provò a cambiare argomento, arrossendo.

-Se ti può consolare, Leo, io pensavo che avessi vent’anni- Anna gli si avvicinò incoraggiante e gli diede qualche pacca sulla spalla.

-Stavamo parlando di caffè nelle crepes, giusto?- Leo tornò a concentrarsi su Dotty, chiedendole aiuto con lo sguardo.

La ragazza, rimasta sorpresa come gli altri, si riscosse subito.

-Sì, e inoltre stavo pensando che ci sono tantissimi modi interessanti di decorarle. Le decorazioni sono la mia parte preferita. Adoro soprattutto usare il cioccolato- lei lo aiutò ad uscire dalla situazione imbarazzante, e Leo le fece un sorriso grato.

-Anche io adoro lavorare il cioccolato. È difficile ma Mildred è un’insegnante con i fiocchi! Mi piacciono le tue idee, sei molto creativa- si complimentò, dandole particolare attenzione e iniziando inconsapevolmente ad ignorare le altre ragazze. 

-Grazie! Mi manca la pratica, ma adoro sperimentare!- Dotty sembrava molto più sicura di sé parlando della sua vera passione, e Leo iniziò ad intuire cosa l’avesse resa protagonista del libro, e cosa Daryan avrebbe potuto trovare in lei. Sembravano i due opposti che si attraevano. Lui rigido e tradizionalista, lei creativa e spirito libero. Sarebbero stati un’ottima coppia.

…Leo doveva allontanarsi da lei.

-Bene, continua così, io devo andare da altri- provò un ultimo disperato tentativo di realizzare il proprio proposito.

-Maestro!- lo richiamò lei, un po’ incerta.

-Non chiamarmi maestro- obiettò Leo per l’ennesima volta, girandosi però per vedere cosa stesse chiedendo.

-Scusi se lo chiedo, ma… le è piaciuta la decorazione sul tortino? Quando le mie compagne di stanza mi hanno detto cosa avevano intenzione di fare ho insistito tanto per aiutarle. Volevo ringraziarla per avermi concesso questa straordinaria opportunità, senza il suo aiuto non avrei mai avuto l’occasione di provare. So di non essere eccezionale, ma… spero davvero che abbia apprezzato, e di poter lavorare con lei ancora a lungo, e di imparare tanto, maestro- si esibì in un monologo che sembrava uscito da un dating simulator, o un manhwa, o, giustamente, un libro fantasy romantico.

Ovvio che fosse stata lei la decoratrice di torte.

Leo aprì la bocca per far uscire fuori un commento generico di ringraziamento e poi tornare ad ignorarla, ma non ci riuscì.

Dotty l’aveva aiutato nell’imbarazzo, fatto una torta non conoscendolo, e avevano un sacco di cose in comune. Averla come amica sarebbe stato fantastico, anche per brainstormare nuove ricette insieme.

-Spero tanto anche io di poter lavorare con te ancora a lungo- alla fine Leo rinunciò al suo proposito, e le sorrise con entusiasmo -Però ti prego non chiamarmi maestro. Stiamo allo stesso livello- aggiunse poi, mettendo le cose in chiaro.

-Ci proverò, maest… eh… Sir Leonardo- si corresse Dotty, tornando a lavoro entusiasta.

-…a questo punto è meglio maestro- borbottò Leo tra sé, ma non abbastanza forte da farsi sentire -Non sono un nobile!- alzò poi la voce, mettendo in chiaro le cose.

-Ah no? Pensavo che…- Dotty inarcò le sopracciglia, pensando alla conversazione avuta il giorno prima con il principe, ma decise di non sollevare la questione -Ho frainteso, scusa maestro- sorrise, e tornò a lavoro.

Leonardo decise di non obiettare, e fece altrettanto.

Quando la colazione fu del tutto servita, arrivò il momento di spiegare il menu per il banchetto e iniziare a lavorarci, ma prima che Leo potesse radunare tutte le cuoche, venne distratto dall’arrivo di un’ospite ormai abituale in cucina.

-Leo! Che c’è per colazione, oggi?- arrivò infatti Alex, stiracchiandosi, di ritorno dal suo allenamento mattutino. Non era più obbligata a controllare ogni passo di Leo, ma continuava a farlo nel tempo libero, per scroccare del cibo extra, e una chiacchierata.

Aveva stretto un buon rapporto con tutte le cuoche.

-Oggi crepes, muffin e dei biscotti al cioccolato- l’accolse Mary, indicando gli avanzi.

Con tutte le prove che stavano facendo per migliorare le ricette per il banchetto, tutti iniziavano ad assaggiare il cibo indirizzato alla famiglia reale. Soprattutto da quando, grazie a Leo che mangiava sempre ciò che cucinava, si erano tutti resi conto che la famiglia reale non aveva alcuna obiezione al riguardo.

-Prenderò i biscotti! Sono sempre i migliori- fremendo di fame, Alex prese un biscotto, ma inarcò le sopracciglia dopo il primo morso -Non l’ha fatto Leo!- si rese conto, un po’ delusa.

-Oggi io mi sono occupato principalmente delle crepes. Sto… aiutando… le nuove reclute- evitando accuratamente di usare la parola “insegnare”, Leo si avvicinò all’amica, e le offrì una crepe a forma di rosa. Dotty, che fino a quel momento era stata accanto a lui a sperimentare forme diverse di crepes, lo seguì con lo sguardo, osservando curiosa Alex.

Al sentir nominare le nuove reclute, la cavaliera si irrigidì, e iniziò a guardarsi intorno, fermandosi poi sull’immagine di Dotty e indurendo lo sguardo.

Prese Leo per un braccio, e lo trascinò più vicino, per sussurrargli all’orecchio.

-Stai attento alla cuoca con gli occhiali tondi e i capelli ricci. È completamente inaffidabile!- disse a bassa voce, ma comunque facendosi sentire da buona parte dello staff, probabilmente anche da Dotty, che distolse lo sguardo un po’ turbata dall’accusa.

Leo era piuttosto sorpreso.

-Perché mai? È una ragazza molto creativa e gentile. Non ha fatto nulla di male per ora- provò a difenderla, dispiaciuto per lei e parecchio confuso che Alex, che non l’aveva mai vista prima, l’avesse subito catalogata come inaffidabile.

-Oh no! Ti ha già infettato con la sua aura malefica! È pericolosa! Ha messo Lionel nei guai e si aggirava furtiva nel giardino!- spiegò Alex.

Leo decise che adorava Dotty.

-Ottimo se ha messo Lionel nei guai- commentò, sorridendo a Dotty, che lo guardò confusa ma arrossì appena.

-Leo, devi stare attento. Il capitano ha messo tutti i cavalieri in guardia contro di lei, bisogna tenerla d’occhio! E tu devi stare al sicuro!- insistette Alex, preoccupata.

Leo rifletté sulle sue parole. Come mai Chevel doveva voler tener d’occhio Dotty. Non l’aveva neanche conosciuta. A meno che…

Improvvisamente, Leo capì tutto: Chevel era il secondo interesse amoroso per Dotty, sicuramente! Quindi siccome era tsundere, fingeva di non fidarsi di lei ma in realtà era interessato, e quindi la teneva d’occhio per assicurarsi che stesse bene! Sicuramente!

Riformulo, Leo fraintese tutto, di  nuovo.

Ma non poteva certo immaginare che Daryan avesse raccontato a Chevel del suo incontro con Dotty e Leo in giardino e stesse cercando ogni scusa per cacciarla via da palazzo, mettendo quindi anche Chevel e la guardia reale in allerta.

O meglio, poteva immaginarlo, ma non ne avrebbe capito il motivo. 

-Sono piuttosto certo sia una ragazza gentile e affidabile. È anche molto creativa!- la difese Leo, cercando di convincere Alex a darle un’occasione.

La sua performance da avvocato difensore non convinse affatto Alex, anzi, la fece irritare maggiormente, e lanciò a Dotty un’occhiata piena di sdegno, borbottando qualcosa che somigliava stranamente a “seduttrice, come osi provare ad ammaliare Leo?!” ma che ovviamente non poteva essere niente del genere.

-Non posso perdere tempo, comunque, goditi la colazione mentre io inizio ad illustrare il menu per il banchetto- Leo decise di cambiare argomento, e dopo aver dato una pacca sulla spalla di Alex, tornò in direzione delle cuoche. Venne però fermato da Jane, entrata in cucina in quel momento dopo una commissione.

-Leo, il principe Daryan vuole parlarti nel suo studio, e chiede di farsi portare qualche crepe, perché non è riuscito a fare colazione, stamattina- gli spiegò, indicando l’ingresso della cucina.

Leo si illuminò.

-Vado immediatamente!- esclamò, sorridendo e prendendo le migliori crepes che gli fossero uscite.

Cambiò idea a metà operazione, e mise alcune crepes di Dotty. Era un buon modo per renderlo più aperto nei suoi confronti, e, sebbene Leo fosse triste all’idea che un giorno la sua cotta e la sua nuova super amica si sarebbero sposati, era convinto che fargli mangiare il cibo della sua futura moglie, che sicuramente avrebbe apprezzato più di quello di Leo, sarebbe stato un buon modo per farlo mangiare abbastanza.

Dopo aver preparato il vassoio, Leo si diresse nell’ufficio di Daryan, uno dei luoghi che raggiungeva più spesso, lasciando Alex intenta a fissare storto Dotty mentre mangiava, e quest’ultima che cercava di ignorarla mentre si esercitava in cucina.

 

Quando raggiunse la porta, Chevel non era all’ingresso.

Strano, di solito c’era sempre un cavaliere di guardia davanti alla porta dell’ufficio di Daryan. 

Cercando di ignorare la cosa, Leo bussò alla porta, e subito arrivò la risposta inconfondibile e anche un po’ seccata di Daryan, che lo invitò ad entrare.

Leo eseguì, e capì perché non c’era nessuno fuori dalla porta.

Perché Chevel era all’interno.

-Sono d’accordo con te, anche io non perderei tempo, ma non possiamo andare contro gli ordini del re e della regina- stava infatti dicendo al principe, che appariva piuttosto seccato. Anzi, il termine più corretto forse è imbronciato. Sembrava un bambino viziato che si stava a stento trattenendo dal fare una scenata solo perché si considerava troppo grande per perdere le staffe in pubblico.

Avete presente il tipo, no? Quei bambini che fanno il muso quando non ottengono il gioco che vogliono e poi non ti parlano per una settimana.

…okay, io non sono una mamma, quindi non so se il paragone è corretto, ma spero di aver reso comunque l’idea.

-Buongiorno, principe Daryan e sir Chevel. Che il grande e mitico Jahlee vi protegga entrambi!- Leo fece notare il suo arrivo, attirando l’attenzione dei due uomini nella stanza e facendo un inchino.

Una volta notato l’arrivo di Leo, l’espressione del principe si distese, diventando completamente impassibile.

Fece cenno al cuoco di accomodarsi.

-Che Laasya protegga te. Ne parliamo dopo, Chevel, devo conferire con il cuoco- chiuse l’argomento senza replicare, e il cavaliere si rese finalmente conto dell’arrivo del ragazzo nella stanza. Al contrario del principe, lui passò da una specie di indifferenza a un’espressione corrucciata.

-Leonardo- lo salutò guardandolo storto, prima di dirigersi fuori dalla porta. Leo ignorò la tsunderaggine.

-Ho portato la colazione! Le crepes più belle tra quelle avanzate!- Leo posò il vassoio, con grandi cerimonie -Allora, quale devo assaggiare?- chiese poi, preparandosi alla frase standard del principe, anche se non aveva affatto fame al momento.

-Nessuna, suppongo siano state assaggiate abbastanza oggi- Daryan sembrò capire la sua pienezza di stomaco, perché decise di non fargli adempiere il suo ruolo da assaggiatore, e prese la prima crepe che trovò, distrattamente.

Era una di quelle di Dotty.

Leo si preparò ad una reazione più entusiasta del solito, e ad ammettere che non era lui l’artefice del pasto magico, ma il principe lo stupì, perché dopo aver dato il primo morso, inarcò le sopracciglia e guardò storto ciò che restava.

Poi si girò offeso verso Leo.

-Non l’hai cucinata tu!- lo accusò con estrema sicurezza.

Leo, che aveva già aperto la bocca per dire un consono “Devo confessare che quella crepe non è mia” si interruppe di scatto, estremamente confuso dalla reazione del principe.

-Non le piace?- chiese quindi, sorpreso.

-È accettabile, ma… non l’hai cucinata tu, vero?- insistette il principe, sporgendosi appena verso Leo per controllare la sua reazione.

-No, quella in particolare no. Penso sia di una delle reclute. Ma è molto in gamba, mi sembrava comunque ottima… posso assaggiarla?- Leo giustificò la sua selezione e decise di non fare il nome di Dotty per non metterla particolarmente nei guai. Prese la crepe dalla mano del principe senza neanche chiedere e ne prese un altro morso, del tutto indifferente al fatto che fosse stata già sbocconcellata da Daryan, che perse ogni espressione conflittuale e arrossì appena osservando la nonchalance di Leo. Era pur sempre un bacio indiretto, quello. 

-Mi sembra buona- disse poi il cuoco, dopo un’attenta degustazione -Forse ha dosato male lo zucchero, ma quasi non si nota. E… ah, sì, l’ha tenuta un po’ poco sul fuoco. Ma la decorazione è eccellente- Leo provò a trovare i lati positivi nonostante l’analisi preliminare poco gentile, e sorrise al principe, che recuperò a tempo zero l’espressione ostile.

-Ci sono crepes fatte da te in questo mucchio?- chiese, indicando il piatto portato da Leo.

-Sì, certo, quasi tutte… questa, questa, e questa qui- Leo le prese e le mise da parte, stando attento a non rovinarle -Vuole che gliele imbocchi?- si offrì poi, porgendogliene una e non trattenendo un occhiolino complice.

Il principe si irrigidì, arrossì di botto, e per poco non si strozzò con la saliva.

-Sto scherzando- Leo si affrettò a tornare sui suoi passi, posando la crepe e allontanandosi di un passo prima che Daryan potesse chiamare Chevel e ordinare di tagliargli la testa.

-Mmmmm- mugugnò il principe, che al contrario era stato in procinto di piegarsi verso di lui e farsi imboccare, e ora si sentiva un idiota per averci sperato. Per giustificare il suo essersi sporto, prese una crepe e iniziò a mangiarla con le mani, evitando accuratamente di guardare Leo negli occhi.

Sorrise tra sé quando finalmente riconobbe il sapore della cucina del cuoco.

-Okay, ottimo- approvò.

-Gliene porto altre, sua maestà?- chiese Leo, indicando la porta per uscire da lì.

-No, non serve. Piuttosto, volevo parlarti di una faccenda riguardo il banchetto per il compleanno di Opal- il principe tornò professionale, e anche Leo si raddrizzò.

-Dica pure, sono a completa disposizione- 

-Dato che sei ormai un importante membro di questa cucina, volevamo iniziare a darti più responsabilità, e dato che sei a capo del banchetto di Opal, volevo mandarti a fare rifornimento, tra due giorni, di tutti gli ingredienti che serviranno per la grande cena. Ti accompagneranno Alex, Prankit, ovviamente una delle cuoche con più anzianità che sanno leggere per avere una lista a portata di mano e per insegnarti i trucchi del mestiere, e puoi scegliere anche una recluta, per non togliere troppa forza lavoro principale dalla cucina- spiegò il nuovo compito di Leo, che si illuminò.

-Wow, che responsabilità! Farò del mio meglio!- accettò entusiasta l’incarico -Posso quindi andare in città, giusto?- chiese poi, per assicurarsi di aver capito bene.

-Per fare rifornimento, ma sì, una volta concluso il tuo lavoro potrai fare una passeggiata, purché tu torni in tempo per l’ora del tè e per cucinare per Opal- specificò il principe, impassibile, ma evitando lo sguardo di Leo, che aveva imparato a conoscere il principe.

Non bene come vorremmo noi lettrici, ma abbastanza.

Abbastanza da capire che il principe lo mandava in città anche perché Leo, il giorno prima, gli aveva confessato di volerci andare.

-Grazie per l’occasione, non la deluderò- promise Leo, con un inchino profondo.

-È normale! Devi iniziare ad imparare anche il lato organizzativo del lavoro. Starai con noi ancora a lungo, dopotutto- il principe surclassò la questione, dando però a vedere a Leo che c’era un secondo motivo che l’aveva spinto a mandare Leo a fare rifornimento.

-Ha parlato con Persian?- chiese il cuoco, parecchio imbarazzato all’idea che il principe ora fosse a conoscenza dei suoi dubbi.

Certo che il bibliotecario non li sapeva proprio tenere i segreti!

-Non capisco a cosa tu ti riferisca. Torna in cucina, hai del lavoro da fare!- Daryan surclassò la questione, e congedò il cuoco, che sorridendo decise di ritirarsi. 

Era però estremamente soddisfatto, e quasi commosso. Daryan era davvero gentile ad avergli affidato una missione per farlo sentire importante. Stava anche riuscendo nell’impresa, perché Leo si sentiva importante e considerato.

Una volta sulla porta, il principe lo fermò un’ultima volta.

-Ricordati la pizza che mi hai promesso- gli fece presente, un po’ tra sé ma sicuro di quello che diceva.

Leo ridacchiò, e annuì.

-Certamente, sua maestà, gliela porto stasera- gli fece un inchino profondo, un occhiolino, e uscì dalla porta, diretto in cucina e facendo un calcolo mentale di ciò che gli serviva per il banchetto, e cosa avrebbe fatto con il tempo libero.

Di certo avrebbe portato Jane con lui. Sicuramente era esperta. E tra le reclute voleva portarsi dietro Dotty, poteva suggerirgli qualcosa da aggiungere alle ricette. Era in gamba su quel frangente.

Anche se, vista l’ostilità di Alex, poteva essere rischioso mettere le due ragazze insieme.

 

Alex e Dotty erano diventate migliori amiche, quindi la gita di rifornimento partì sotto i migliori auspici.

Leo non sapeva come fosse successo, ma non se ne lamentava. Era felice che due ragazze che gli stavano tanto a cuore avessero trovato un terreno comune.

Si sentiva un po’ escluso durante quella gita fuori dal palazzo, ma non poteva lamentarsi troppo. Dopotutto era troppo preso dal tenere in mente le cose da comprare per il rifornimento per perdersi in chiacchiere.

Almeno c’era Jane con lui. Aveva fatto benissimo a scegliere lei per accompagnarlo, così poteva tirare un sospiro di sollievo e guardarsi anche un po’ intorno.

Aveva delle monete d’oro da spendere, e voleva tornare al castello con un souvenir. O con un regalo per la principessa Opal.

Dopotutto tra pochi giorni sarebbe stato il suo compleanno, e sì, Leo le avrebbe cucinato un intero banchetto, ma un regalino era d’obbligo, dai. Magari un oggetto comune da aggiungere alla sua collezione nella casa sull’albero.

-Leo, qui abbiamo quasi finito. Se vuoi puoi guardarti un po’ intorno mentre concludo gli ultimi acquisti e finalizzo l’inventario- gli sussurrò Jane all’orecchio, in tono incoraggiante, facendolo tornare alla realtà.

Leo non si era accorto di essersi distratto.

-No, non preoccuparti, ti aiuto! Sono il responsabile, dopotutto!- provò a concentrarsi, anche se era davvero rapito dalle bancarelle tutte intorno. Gli sembrava di essere tornato a casa sua, al mercato mattutino per le vie della città vecchia dove spesso passeggiava con Giada o sua madre o altri amici. Con sua sorella mai: se non era a scuola, col cavolo che si svegliava abbastanza presto da andare al mercato mattutino!

-Tranquillo, Leo. Sono tutte operazioni che richiedono il saper leggere e scrivere, e nel caso debba sollevare qualcosa di pesante, posso chiedere a Prankit. Vai pure con Dotty e Alex- Jane insistette nel lasciarlo libero, e sebbene Leo sapesse di dover restare a fare il suo dovere… era la prima volta che usciva dal castello senza che fosse una questione di vita o di morte, quindi cedette a tempo zero.

-Grazie Jane sei troppo forte!- le diede un bacio sulla guancia per esprimere tutto l’apprezzamento che provava nei suoi confronti, e prese sia Alex che Dotty per i polsi per trascinarle nelle bancarelle più interessanti.

Non era mai stato così felice di essersi finto analfabeta!

-Leo, tutto okay?- chiese Dotty, sorpresa dalla sua veemenza.

Alex era rimasta completamente ammutolita, e si faceva trascinare senza obiettare. Forse ormai conosceva Leo abbastanza bene e non era sorpresa, forse era troppo sorpresa per parlare.

-Sì, tutto benissimo! Abbiamo ufficialmente tutto il pomeriggio libero!- esclamò lui, esaltato.

-Ehm… sono le tre e mezza e dobbiamo essere a palazzo per le quattro e mezza- gli fece notare Alex.

-Abbiamo ufficialmente un’ora libera!- si corresse Leo.

-A dire il vero… dobbiamo partire da qui alle quattro se vogliamo arrivare in tempo- gli ricordò Dotty, un po’ a disagio.

-Abbiamo ufficialmente mezz’ora libera!- Leo provò a non perdere l’ottimismo.

-Dobbiamo anche partire prima a causa del ramo sulla strada che abbiamo trovato all’andata- rifletté Alex, ricordando il viaggio per arrivare fino a lì che aveva fatto perdere loro un sacco di tempo.

-Siete delle guastafeste!- si lamentò Leo, sgonfiandosi come un palloncino.

-Su, su, abbiamo comunque un quarto d’ora per esplorare il mercato e comprare qualcosa!- provò a rassicurarlo Dotty, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Esatto! E non possiamo perdere tempo! Andiamo, miei prodi!- Leo le prese nuovamente per i polsi e iniziò a trascinarle in giro.

C’erano davvero molte persone al mercato, e tanti oggetti davvero interessanti da comprare.

Leo iniziò a riflettere su cosa gli poteva essere utile, in quel mondo. Di beni materiali non ne servivano molti, e quelli necessari gli erano offerti gratis nel palazzo dove lavorava. Non aveva bisogno di cibo, e non aveva tempo per fare attività ludiche di qualche tipo.

Forse poteva acquistare qualche vestito. Ne aveva davvero pochi, e quasi tutti legati al suo lavoro. Persino in quel momento stava indossando la camicia da maggiordomo con una giacca che gli era stata prestata da Alex per confondersi meglio tra la folla e non dare a vedere che lavorasse a palazzo.

Si avvicinò ad una bancarella di vestiti, e iniziò a vedere la moda di quel mondo. Pantaloni resistenti e camicie erano i capi che andavano per la maggiore, anche se c’era qualche bell’abito elegante da uomo. Mai quanti gli abiti da donna, ma Leo vi era abituato.

Iniziò ad osservare il tessuto di un vestito da cerimonia in stile vittoriano di un blu notte davvero carino. 

-Cerchi un vestito per il ballo della principessa?- chiese Dotty, arrivandogli alle spalle e facendolo sobbalzare.

-No, certo che no! Devo lavorare quel giorno. Sarò in vesti professionali- Leo si allontanò fisicamente dall’abito che non avrebbe mai comprato e che non aveva neanche soldi per comprare, e spiegò la situazione a Dotty.

-Beh, sì, lavoreremo per metà serata, ma la parte finale, con niente da cucinare, saremo liberi. E pensavo che tu fossi stato invitato a questa seconda metà del ballo- spiegò Dotty, pensierosa.

-No, no, non sono stato invitato- Leo scosse la testa -Sono solo un cuoco, non ho alcun motivo di essere invitato, e nessuno mi ha detto di…- iniziò a negare con tutte le forze, ma Alex lo interruppe.

-Certo che sei stato invitato, la principessa non fa che parlarne- obiettò.

-No, no, ci deve essere un’incomprensione. La principessa dice che non vede l’ora della seconda metà del ballo perché arriverà il suo salvatore e vuole ballare con lui e… oh…- la consapevolezza lo colpì come un pugno nello stomaco -oh… che carina. Ma non sono il suo salvatore- si intenerì, per poi impallidire -Oh, no! Non so ballare!- ricordò.

Cioè, sapeva più o meno ballare, ma non i balli da ballo di un universo fantasy medievaleggiante.

-Tranquillo, non ballerete davanti a tutti. Il suo primo ballo sarà con il principe Daryan. Vuole solo ballare con te ad un certo punto della serata. E ti ha invitato come suo salvatore- lo rassicurò Alex, tranquillizzante.

-Salvatore in che senso?- provò a chiedere Dotty, che è arrivata solo nello scorso capitolo e non ha letto i precedenti.

-Oh, guardate lì, quella giacca non è affatto male!- Leo cambiò bruscamente argomento, trascinandole da un’altra parte e cercando una giacca decente da poter mettere sopra il suo abito da maggiordomo per il ballo al quale, evidentemente, doveva anche presenziare personalmente.

Alla fine ne trovò una all’altezza dei propri risparmi, e approfittò degli ultimi minuti disponibili per cercare un oggettino carino e particolare da regalare alla principessa.

Si allontanò appena da Dotty e Alex, intente a guardare dei pupazzi, e arrivò in una zona del mercato leggermente più povera, ma più particolare.

Anche se… iniziava a notare persone abbastanza malmesse.

-Signore, ha qualche spicciolo?- gli si avvicinò una bambina parecchio mingherlina, con sguardo basso e mani protese.

Leo notò subito un altro bambino arrivare alle sue spalle, e scansò la borsa con i soldi rimasti dalla sua portata, lasciandolo a mani asciutte.

Era un ragazzo moderno che aveva preso tantissime volte la metro. Li sapeva riconoscere i borseggiatori, a prescindere dal mondo in cui erano.

-Leo, tutto bene?- Alex si mise subito sull’attenti, protettiva nei suoi confronti, avvicinandosi minacciosa e lanciando un’occhiata penetrante verso i giovani ladri, che provarono a scappar via, ma vennero trattenuti dalla guardia e da Dotty, accorsa a sua volta.

-Sì, sì, tranquilla- Leo si affrettò a calmare gli animi, senza sapere però bene cosa fare in quella situazione.

-Vado a chiamare le guardie cittadine, voi teneteli d’occhio- si offrì Alex, con voce un po’ esitante, guardandosi intorno in cerca di alcuni suoi colleghi.

-No, no vi prego… non vogliamo fare nulla di male!- provò a supplicare la bambina, tremante e spaventata.

-Alex, dai, sono dei bambini…- provò a difenderli Dotty, molto dispiaciuta.

-Hanno comunque provato a rubare, e non è un bel comportamento- il cavaliere rimproverò i bambini, che si ritirarono dispiaciuti, con le lacrime agli occhi.

-Ci dispiace, abbiamo fame!- provò a giustificarsi il ragazzino, stringendo forte quella che, chiaramente, era sua sorella. Erano praticamente identici, anche se ui era appena più grande.

Forse sua sorella gli mancava troppo, forse Leo era buono di cuore, ma osservò i bambini con tenerezza. Sicuramente avevano bisogno di aiuto, ma dare loro dei soldi non li avrebbe aiutati. In quel tipo di affari di solito erano adulti senza scrupoli ad ottenere i benefici del lavoro sporco dei loro piccoli aiutanti.

Allo stesso tempo, Leo non aveva alcun potere per cambiare la loro situazione.

Anche se…

-Diamo loro qualche moneta. Ne abbiamo tante- provò a suggerire Dotty.

Alex sembrò sul punto di cedere, ma provava a restare ferma sulla sua morale.

-Leo, tu sei il soggetto preso di mira, cosa pensi sia più giusto fare?- chiese la sua opinione, rendendolo l’ago della bilancia.

Leo però non disse una parola.

Perché era troppo occupato ad armeggiare nella propria borsa, dove sperava ci fossero ancora gli avanzi del pranzo che si era portato da casa.

Ah ah! Erano rimasti dei biscotti arcobaleno! 

Ne avevano a bizzeffe a palazzo, dato che Leo non riusciva ad insegnarli a nessuno, e uscivano sempre malissimo quando altre persone provavano a ricrearli, quindi aveva dovuto ripetere il procedimento un sacco di volte, e alla fine avevano deciso che Leo si sarebbe occupato dei biscotti da solo.

Ciò aveva comunque lasciato molti avanzi, che Leo si era portato a quella gita per offrirli alle sue amiche.

Fortuna che aveva preso da sua nonna anche l’abitudine di preparare troppe cose per le gite che avanzavano sempre.

-Ecco, prendete- si piegò verso i bimbi e offrì loro la busta con i biscotti avanzati.

I due bambini rimasero immobili. Fissavano Leo confusi, senza sapere se fidarsi o no.

-Leo, che stai facendo?- chiese Alex, sorpresa.

-Sono solo dei bambini, Alex. Chiudiamo un occhio questa volta, e magari parliamone poi a…- Leo si interruppe prima di dire il nome del principe, non voleva farsi riconoscere -…Dary...- sperò che non lo linciassero per l’uso del soprannome -…e cerchiamo di risolvere il problema alla radice- spiegò il suo piano, incoraggiando i bambini a prendere la busta.

-Non sarebbe meglio offrire delle monete per permettere loro di comprare qualcosa?- suggerì Dotty, mettendo mano alla borsa con i soldi.

Leo la fermò con un gesto della mano.

-Non è il caso. Non sappiamo nelle mani di chi potrebbero finire dei soldi, ma sono piuttosto certo non siano le loro mani.. sbaglio, forse, ragazzi?- Leo decise di rivolgersi direttamente a loro. Non era buona abitudine estraniare dei bambini dalle conversazioni adulte che li riguardavano in prima persona.

-Noi… lui…- iniziò a borbottare la bambina.

-Zitta! Non possiamo parlarne!- la interruppe il fratellino, guardandosi intorno preoccupato -Vi prego, lasciateci andare, non vogliamo niente in cambio- disse poi a Leo, ignorando completamente la busta con i biscotti.

Il cuoco si rese conto che da lì non si vedeva il contenuto. Che idiota!

-Hai detto che avete fame, giusto? Vi avrei offerto i panini, ma li ho terminati, e mi sono rimasti solo questi. Ma vi assicuro che sono comunque biscotti molto sani e gustosi. Ecco, guardate- Leo tirò fuori un biscotto, e lo porse verso di loro per farlo vedere meglio.

I bambini sembrarono illuminarsi.

La ragazzina azzardò un passo nella direzione di Leo, ma venne fermata dal fratello, che la tenne dietro di lui con fare protettivo.

-Sono colorati- sussurrò lei, sorpresa.

-Sembrano rovinati- borbottò il fratello, ugualmente sorpreso ma più pessimista.

-Sono ottimi biscotti!- Alex prese le difese di Leo, più incoraggiante che altro. Era sempre all’erta, ma si era rilassata parecchio ora che il capo della spedizione le aveva dato una scusa per non fare il suo dovere da cavaliere e arrestare dei poveri bambini.

-I migliori che io abbia mai assaggiato- le diede man forte Dotty, guardando il biscotto con sguardo adorante.

-Vi assicuro che sono buoni- Leo ne spezzò uno e ne mangiò un pezzo, per confermare che non fossero pericolosi. Erano davvero ottimi. Offrì l’altra metà al fratellino, che dopo essersi assicurato che Leo avesse effettivamente mangiato, azzardò a prenderla, e dare un minuscolo morso.

Leo ebbe il tempo di battere una volta gli occhi, e il bambino aveva finito la metà biscotto, con la voracità di chi non ha mai assaggiato un dolce in vita sua.

Sobbalzò dopo essersi reso conto di non aver lasciato nulla per la sorella, e si voltò verso Leo con occhi supplicanti, facendo passare lo sguardo da lui alla busta ancora tra le sue mani.

La tenerezza che Leo provava nei confronti dei due bambini aumentò esponenzialmente. Porse la busta intera verso di loro.

-Sono tutti vostri- assicurò, con un sorriso incoraggiante.

-E… ci lascerete liberi?- chiese il ragazzino, preoccupato, la mano pronta ad afferrare la busta ma esitante, con il timore che poi sarebbe finito in gabbia.

Leo lanciò un’occhiata ad Alex, che annuì.

-Questa volta chiuderemo un occhio, ma la prossima volta non saremo così clementi- disse la ragazza, ancora minacciosa, ma accennando un occhiolino complice.

Finalmente, il bambino prese la busta, e si affrettò a dare un biscotto alla sorella, che lo divorò in pochi morsi, cominciando a piangere subito dopo, probabilmente per la loro bontà, o forse perché non mangiava da parecchio, o magari perché non sarebbe finita in prigione. Diciamo per tutte e tre le cose.

-Grazie, signore, grazie tantissimo!- esclamò, con voce spezzata.

-Grazie, non faremo più niente di male- promise il bambino, con un inchino profondo, trascinando poi la sorella via da lì prima che il trio cambiasse idea.

-Alex…- Leo si rivolse al cavaliere, continuando a seguire i due con lo sguardo.

-…sì, li tengo d’occhio- Alex capì subito cosa Leo le avrebbe chiesto, e iniziò a seguirli a distanza, con discrezione.

-Speriamo si possa fare qualcosa- sospirò il cuoco, scaricando la tensione e sedendosi a terra in mezzo alla piazza, provato dalla situazione.

-Sei stato… davvero molto carino- commentò Dotty, ammirata.

-È normale. Sono solo dei bambini. Poveracci! Se non fossi solo un cuoco al castello li avrei adottati, o chiamato qualcuno. Avrei voluto fare di più- si lamentò Leo, rivivendo la scena nella sua testa mille volte chiedendosi cosa avrebbe potuto fare diversamente e meglio.

-Credo che tu sia stato impeccabile- lo rassicurò Dotty -Speriamo che… Dary… faccia qualcosa- lo provocò poi, con un occhiolino, cercando di sdrammatizzare.

Riuscì solo a farlo irrigidire e arrossire.

-Dovevo trovare un soprannome in fretta, non potevo dare via l’identità di tu-sai-chi!- si giustificò, mettendo le mani avanti.

-Beh, suppongo che se c’è qualcuno che ha la confidenza con “tu-sai-chi” di usare il soprannome Dary, quello sei tu- ridacchiò Dotty, che aveva frainteso completamente la situazione: era convinta che il principe Daryan e Leo fossero cotti l’uno dell’altro, che avessero una relazione segreta, o che fossero quantomeno amici.

Riformulo, Dotty aveva capito completamente la situazione.

Okay, non completamente perché Daryan e Leo non erano ancora in una relazione, ma ci era andata vicino.

Molto più vicina di Leo quando suppone le cose, almeno.

-No! No! Non ho la minima confidenza! Eh… abbiamo poco tempo, e devo comprare il regalo per la principessa Opal! Andiamo!- Leo si alzò in piedi con un balzo e cercò di cambiare argomento e tornare alla ricerca del dono perfetto. Non avevano tempo da perdere, dopotutto, e non voleva tornare al castello a mani vuote.

Alla terza bancarella, vicino ad una locanda, Leo finalmente trovò un oggetto piuttosto carino che sarebbe stato buono per la collezione di cianfrusaglie di Opal.

Iniziò a rigirarselo distrattamente tra le mani, sempre più convinto di prenderlo, quando una voce conosciuta alle sue spalle lo fece sobbalzare.

-Leo!- chiamò infatti una persona, con foga.

Il ragazzo si girò di scatto, sconvolto.

Era l’ultima voce che si sarebbe aspettato di sentire in quel momento!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Sono troppo in presa bene con questa storia, è la mia comfort story per quando sono giù o stressata.

E poi non vedevo l’ora di arrivare a questo punto. I prossimi due capitoli saranno due quasi letterali bombe.

Non posso promettere che il prossimo capitolo arriverà così in fretta, ma cercherò di non farlo tardare, anche perché questo è finito con un bel cliffhanger.

Chi sarà mai la voce che ha chiamato Leo al mercato?

Ricordiamo che è la primissima volta da quando è lì che Leo esce da palazzo, tranne quando è andato al tempio completamente nascosto.

Se volete condividere le vostre teorie mi fa piacere una recensione, oppure rispondete al secondo sondaggio su Rainbow cookies che ho preparato appositamente per sentire le vostre opinioni.

Poi magari vi sto solo trollando per ottenere attenzione, ma non lo potete sapere :P

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che Dotty vi stia simpatica, e che la Leoryan sia la vostra ship preferita. 

Un grande bacione e alla prossima.

SONDAGGIO

 

 

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Capitolo 13
*** E tu che ci fai qui?! ***


E tu che ci fai qui?!

 

Leo si ritrovò davanti una figura incappucciata molto ben coperta e pertanto irriconoscibile, ma non poteva sbagliarsi.

Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.

Solo che non aveva senso che si trovasse lì.

E lì inteso come quel mondo.

Prima che potesse elaborare ciò che aveva appena sentito, la figura incappucciata corse verso di lui, e lo abbracciò stretto.

-Grazie al cielo sei vivo! Ormai non ci speravo più! Sono due giorni che ti cerco!- esclamò lei, facendolo volteggiare in aria senza troppa difficoltà, come aveva fatto numerose volte nel corso degli anni.

Per poco Leo non lasciò andare il regalo per la principessa, ma riuscì a tenerlo stretto, e ricambiò cautamente l’abbraccio.

-G_Giada?- chiese, ancora incredulo, ma ormai sicuro.

Quella era chiaramente la sua migliore amica del mondo reale.

Ma cosa diamine ci faceva lì?!

Oh cielo! Era morta anche lei, come Leo?! Un altro truck-kun, o un macchina-sama, o camion-senpai?! Forse bisognava riformare gli esami di guida. Non era possibile che tutte queste persone morivano e venivano isekaizzate in incidenti stradali!

La ragazza che era chiaramente Giada si abbassò appena il cappuccio, rendendosi ancora più riconoscibile, con i suoi capelli rosa confetto e gli scuri occhi a mandorla. Era proprio lei. Era la sua migliore amica. Gli occhi di Leo si fecero lucidi, ma la ragazza non sembrava commossa nel rivedere l’amico dopo un mese, perché era troppo occupata ad essere agitata e di fretta. Prese il volto di Leo tra le mani e lo osservò con attenzione.

-Sei messo molto meglio di quanto potessi sperare! Hai trovato un lavoro in una locanda? Beh, non preoccuparti, ora ci penso io a te. Ho un contatto a Valkrest. Andiamo da Remi, evitiamo mio padre, e tra ventotto giorni torniamo a casa tranquilli e sereni- dopo essersi accertata delle sue condizioni, Giada lo prese per un polso e iniziò a trascinarlo via.

-Scusi, quell’oggetto lo deve pagare- provò a lamentarsi il venditore della bancarella.

-Sì, sì, ecco..- Leo gli lanciò una moneta d’argento, poi si rese conto di cosa stesse dicendo la sua amica, e la fermò.

-Aspetta, aspetta. Dove mi stai trascinando?- chiese, confuso, guardandosi intorno.

-Ti spiego tutto quando saremo al sicuro. Mi stanno cercando! Anche se ce l’ho messa tutta per non attirare la sua attenzione!- spiegò Giada senza spiegare un tubo.

Era sua abitudine parlare per enigmi, e Leo le voleva bene anche per questo. Ma di solito riusciva a capire cosa intendesse. In quel momento non aveva alcuna idea di cosa stesse succedendo, né aveva il tempo di fare un punto della situazione mentale per la fretta che l’amica sembrava avere.

-Chi ti sta cercando? Non puoi spiegarmi subito? Devo tornare al castello tra cinque minuti- le fece presente, cercando di non farsi trattenere.

Giada, che fino a quel momento lo stava trascinando senza guardarsi indietro, si fermò di scatto, rischiando di farlo cadere, e si girò verso di lui, sconvolta.

-Castello?- ripeté, a bocca aperta.

-Maestro! Stai bene?! Chi sei tu? Cosa vuoi?- Dotty li raggiunse di corsa, e prese Leo per l’altro braccio.

Giada era completamente ammutolita. Fissò Dotty dalla testa ai piedi.

-Dorothera Eronielle?- sussurrò. Dotty impallidì.

-Cosa?! No! Hai sbagliato persona!- si difese, mettendosi dietro Leo come a proteggersi, e con il tono acuto di chi è stato completamente sgamato.

-Manteniamo la calma…- Leo provò a raffreddare gli animi, anche se era il più agitato di tutti.

-Da quanto tempo sei stata assunta a tempo indeterminato a palazzo?- Giada lo ignorò e iniziò ad interrogare la cuoca, prendendo un blocco per appunti da una tasca del mantello e una penna glitter, e preparandosi a segnare l’informazione.

-Che? Non sono assunta a tempo indeterminato. Sono solo una recluta- rispose lei, guardando Leo come a chiedergli aiuto.

Il cuoco si sbloccò, e si rivolse all’amica.

-Giada, perché non ci sediamo da qualche parte a parlare? Dotty, puoi avvertire Jane che torno tra poco? Nella peggiore delle ipotesi affitto una carrozza e torno insieme ad Alex- si staccò dalla presa della cuoca temporanea e prese Giada per un braccio, iniziando a trascinarla verso la locanda vicina.

-Aspetta, ma chi è lei?- provò a chiedere Dotty, molto intimorita dalla situazione e decisamente preoccupata per lui.

-È… un’amica di Lumai. Mi deve dire un sacco di cose sulla mia famiglia. Tranquilla, è a posto. Un po’ strana, ma a posto!- Leo surclassò la questione, e trascinò Giada via, lasciando Dotty lì, preoccupata ma anche felice di essersi allontanata dalle domande strane della sconosciuta dai capelli colorati.

-Come è possibile che non sia stata assunta a tempo indeterminato?! Era la recluta migliore! Devo essermi persa qualcosa. Aspetta, Leo! Devo chiederle quando sarà il banchetto per l’ultimo compleanno della principessa o se c’è già stato- mentre veniva trascinata via, Giada oppose un’estrema resistenza, ma alla fine Leo ebbe la meglio, e riuscì a sedersi ad un tavolo all’interno della locanda.

Per fortuna in quel mondo non serviva il super-iper-extra green pass per sedersi ad un tavolo.

I vantaggi di non avere il coronavirus.

Anche se vista l’epoca potevano rischiare la peste.

Beh, lasciamo stare.

-Il compleanno della principessa è tra quattro giorni. Da domani inizieranno ad arrivare i primi nobili in città per questo abbiamo fatto oggi rifornimento. Ma non è importante il compleanno della principessa. Come sei arrivata qui? Da quanto tempo ci sei? Cosa è successo a me quando sono morto sulla terra? Non sei morta anche tu, vero?- dopo aver risposto alla domanda dell’amica, Leo si rese conto che c’erano domande ben più importanti che lui doveva porre a lei.

-Non sei morto, Leo. Sei solo stato trasportato qui. Quel camion ti stava per mettere sotto e non mi è venuta nessun’altra idea! Sei veramente un idiota suicida ad attraversare la strada guardando il telefono! Fortuna che l’hai lasciato andare così ho potuto fingere che avessi fatto un’altra scappata ad Amsterdam e comunicare con tua madre tramite il tuo telefono. È comunque preoccupatissima, e quando torneremo a casa sarai in punizione a vita, ma almeno sei stato coperto questo mese. E mia madre coprirà entrambi il prossimo mese. I trenta giorni di ricarica sono uno svantaggio davvero fastidioso!- Giada spiegò nuovamente senza spiegare nulla, sbuffando e rigirandosi la sua collana portafortuna tra le mani: un ciondolo di giada con un drago scolpito sulla superficie, che le era stata regalata da suo padre.

Leo cercò di fare ordine nella testa e decifrare il suo linguaggio criptico.

-Allora… aspetta… mi hai salvato la vita facendomi venire qui e mi hai coperto con mia madre per un mese grazie al mio telefono?!- riassunse, a bocca aperta.

Giada annuì.

-Sì, e tra ventotto giorni ti riporterò a casa, e non metterai mai più piede nei sette regni! Sono sicura che non ci saranno conseguenze a lungo termine se passiamo questo mese insieme con un profilo basso. Se andiamo a Valkrest da Remi possiamo diventare invisibili. Mi deve ancora un favore. Spero non se lo sia dimenticato dopo diciassette anni- Giada continuò a stringere forte la collana.

Leo era senza parole.

-Volete ordinare qualcosa?- chiese la locandiera, arrivando per prendere l’ordine.

-La cosa più alcolica che avete- chiese Leo, in un sussurro.

-Meglio di no. Prendiamo solo del latte fresco, grazie. Sai che non reggi affatto l’alcol- lo riprese Giada, dandogli un buffetto sul braccio.

-Proprio perché non reggo l’alcol ho bisogno di bere fino a perdere cognizione di me e smettere di pensare. Inizia già a farmi male la testa. Non ci sto capendo davvero nulla!- si lamentò Leo, prendendosi il volto tra le mani e cercando di mettere ordine nei suoi pensieri.

-Ma non possiamo viaggiare fino a Valkrest ubriachi marci, quindi…- iniziò ad obiettare Giada. Leo la interruppe subito.

-Io non vengo a Valkrest con te- mise le cose in chiaro.

Giada rimase di sasso.

-Cosa? Ma è la scelta migliore. Cos’hai di meglio da fare?- provò ad insistere, enfatica.

-Sono il responsabile del banchetto per il compleanno della principessa Opal. Abbiamo solo quattro giorni per finire di organizzare e cucinare tutto. E Dotty non ha ancora imparato a scolpire il cioccolato come si deve, devo insegnarle… eh… aiutarla- si spiegò Leo.

Era il turno di Giada di essere estremamente confusa dalle sue parole.

Perché, a differenza di Dotty nello scorso capitolo che semplicemente non aveva letto la storia fino al momento del suo arrivo a palazzo, Giada l’aveva letto, il libro, ma era un altro libro, che non comprendeva Leo, e non riusciva a immaginarsi come lui fosse entrato nella storia e l’avesse cambiata.

-Scusa un momento… cosa hai fatto in questi trenta giorni in cui io non potevo raggiungerti?- chiese spiegazioni, ma Leo fu bloccato dal fornirgliele quando due figuri in tuniche violette, appena entrati nella locanda, si avviarono nella loro direzione.

-Yu!- esclamarono, con voce tonante.

-Perché all’improvviso si parla inglese?- chiese Leo, confuso.

Giada si premette il cappuccio sulla testa, prese Leo per il braccio, e scappò dalla finestra prima di poter commentare la sua stupida battuta o assaggiare il latte appena arrivato.

-Capisco che è solo il mondo di un libro, ma non è buona abitudine continuare a scappare senza pagare- borbottò Leo, questa volta facendosi trascinare, e sperando che non chiamassero le guardie su di loro.

-Non è il mondo di un libro!- obiettò Giada, in difficoltà, continuando a scappare e rifugiandosi in un vicolo ben poco raccomandabile.

-Come non è il mondo di un libro?! Non era quella storia che adoravi sul principe, la cuoca e la principessina adorabile?- chiese Leo, cadendo dalle nuvole. Non poteva essere solo una coincidenza. Doveva per forza essere il mondo di un libro!

-Beh, sì… ma in realtà no!- di nuovo Giada parlò per enigmi, e questa volta anche per meme.

-Giada, ti prego fammi capire!- Leo la fermò e la girò per guardarla negli occhi. Si stava sempre più perdendo in quella fitta rete di spiegazioni raffazzonate e mai chiare, e la gioia di aver rivisto dopo un mese la sua migliore amica, quando credeva non sarebbe mai più riuscito ad incontrarla, stava scemando e lasciando posto all’irritazione di non capire niente di quello che stesse succedendo.

-Il “libro” era la Storia… o almeno una parte della Storia, e la Storia non può essere cambiata. È il flusso degli eventi di questo mondo, predetti da… insomma, è firmata dai sette dei, e tu sei l’anomalia nella Storia, e più cambiamenti effettui, più attiri l’attenzione di qualcuno che è meglio non scomodare. Quindi, ti prego, seguimi, sparisci nel nulla, e torna a casa con me tra ventotto giorni, se non vuoi finire in pericolo- questa volta, Giada fu più chiara, ma le parole che disse non erano quelle che Leo voleva sentire.

Sparire nel nulla? A quattro giorni da un banchetto che programmava da settimane? Senza più rivedere i suoi amici e senza neanche avvertirli o salutarli?!

Non poteva farlo!

-No, Giada! Non posso! Voglio tornare a casa, e non voglio finire in pericolo, ma non posso andarmene così! Fammi almeno organizzare il banchetto. La principessa Opal lo merita- provò a venirle incontro, fermo però sulle sue idee.

-Leo…- provò a lamentarsi Giada.

-Eccola!- le figure in toga li raggiunsero.

-Non c’è tempo per discutere!- Giada provò a riprenderlo per il polso e trascinarlo via, ma Leo rimase fermo.

-No! Non ti seguirò a Valkrest. Non posso andarmene così!- si impuntò.

Giada sbuffò.

-D’accordo! Torna al castello per oggi! Ma domattina aspettati una visita da me!- lo minacciò e rassicurò insieme, prima di sparire nel nulla.

Gli strani figuri in tunica provarono a seguirla, ignorando completamente Leo, che rimase lì, senza ancora essersi reso del tutto conto di cosa fosse successo.

Prima di sbloccarsi del tutto, venne raggiunto da una figura che gli mise una mano sulla spalla.

-Leonardo…- disse, in tono grave.

-AHHHHH!- Leo, preso alla sprovvista, sobbalzò vistosamente, urlò in modo ben poco mascolino e cadde in avanti, rischiando di dare una craniata potente sul suolo.

Venne preso al volo dalla figura, rivelatasi essere Alex, che lo rimise in piedi con prontezza di riflessi.

-Tutto bene? È successo qualcosa? Perché sei qui?- chiese, controllando le sue condizioni piuttosto preoccupata.

-Dei, mi hai fatto prendere un infarto! È una storia lunga… a te come è andata la missione con quei bambini?- chiese Leo, ricordando il motivo per cui la cavaliera si fosse staccata dal gruppo.

Alex sospirò, e assunse nuovamente il tono grave di prima.

-Sono molto bravi a sfuggire alle attenzioni indesiderate. Ho provato a tenerli d’occhio ma non sono riuscita a raggiungerli. Ma hanno davvero apprezzato i tuoi biscotti. Anche se ne hanno lasciati circa la metà- spiegò Alex.

-Forse ci sono altri bambini come loro in cerca di cibo- suppose Leo, pensieroso.

-Dovrò fare rapporto al principe Daryan, anche se mi sento davvero pessima per non essere riuscita a capire con chi fossero in affari- Alex sospirò, e iniziò a camminare verso il centro, seguita prontamente da Leo.

-Non è colpa tua, saranno abituati a sfuggire alle guardie reali… poveri bambini- commentò, dispiaciuto per la loro condizione.

Quando arrivarono al centro, il gruppo principale non era ancora partito, e sebbene fossero un po’ in ritardo, sarebbero arrivati in tempo a palazzo per l’ora del tè. 

Durante il viaggio, Leo non riuscì a non pensare costantemente all’incontro avuto con la sua migliore amica, e iniziò a chiedersi se non fosse stata tutta un’allucinazione o un imbroglio. 

Magari una qualche divinità o semidio si era appena presa gioco di lui con l’immagine della sua migliore amica.

Forse era il caso di indagare al riguardo, magari con qualcuno che sicuramente non avrebbe sospettato di lui per la sua improvvisa curiosità.

 

-Principessa Opal, le piace la torta di oggi?- chiese Leo affabile, durante l’ora del tè.

Per sua fortuna le altre cuoche avevano già iniziato a cucinare quando lui, Dotty e Jane erano tornati in cucina, quindi non era arrivato troppo in ritardo.

-È come sempre ottima! Vorrei solo poterne mangiare di più- rispose la principessa, che mangiava la sua fetta di torta facendo il muso.

Erano solo lei e Leo, al momento, dato che Persian, notando il cattivo umore della ragazzina, aveva trovato una scusa per svignarsela.

All’inizio Leo non aveva capito la sua preoccupazione, ma ora che si trovava da solo con lei si rendeva conto di quanto fosse spaventosa quando era di cattivo umore.

Daryan era un agnellino in confronto.

-Se dipendesse da me le farei mangiare tutti i dolci che vuole, principessa- Leo si affrettò a mettere le mani avanti, per non essere affettato sul posto.

-Allora puoi passarmi qualche biscotto sotto banco? Daaaai, Leo, ho un calo di zuccheri, sto per svenire!- Opal si portò drammaticamente una mano al petto e finse di avere un mancamento.

Da fratello maggiore abituato alle scenette di sua sorella, Leo non se la bevve neanche per un secondo.

Era anche un tipo piuttosto arrendevole, però…

-Purtroppo non mi hanno permesso di prendere più di quanto dovevo portarle, altrimenti le avrei portato tutti i biscotti avanzati!- …cosa che tutti ormai sapevano.

Il motivo di questa sceneggiata, è che in preparazione al suo compleanno, Opal era stata messa a dieta.

..non propriamente a dieta, in realtà. Semplicemente il re e la regina avevano stabilito di limitare gli zuccheri perché negli ultimi tempi la principessa ne stava consumando fin troppi. E dato che al banchetto sapevano tutti che avrebbe mangiato fino a scoppiare, volevano prevenire dei futuri danni alla sua salute.

Leo capiva perfettamente la preoccupazione.

Ma Opal sembrava davvero giù di morale.

-Devo solo resistere un paio di giorni, e poi prenderò tutto il cibo che vorrò e nessuno potrà farmi niente! Oh, non vedo l’ora che arrivi il giorno del mio compleanno! Sarà stupendo!- nonostante le sue parole entusiaste, lo sguardo della principessa era malefico.

Leo era sempre più felice di essere nelle sue grazie, perché essere suo nemico sembrava spaventoso.

-Oh, e a proposito del mio compleanno: ho un regalo per te!- Opal cambiò completamente atteggiamento, tornando allegra, e alzandosi per dirigersi verso l’interno.

Leo la seguì, confuso.

-Un… regalo per me? Credevo che i compleanni funzionassero nel modo opposto: lei festeggia, io le faccio un regalo- la prese un po’ in giro, senza sapere cosa aspettarsi.

-Infatti è un regalo boomerang. È per te ma ne usufruirò io!- Opal gli fece un occhiolino. Leo ridacchiò.

-Fammi indovinare, un qualche ingrediente per dei dolci, o attrezzi da cucina- suppose, alzando gli occhi al cielo.

-Nope, un invito ufficiale per partecipare al banchetto! Cioè, già lo sapevi! Dobbiamo ballare insieme, dopotutto, ma pensavo… uffa, dove l’ho messo… di regalarti… non qui… un invito ufficiale e professionale per la seconda metà della sera… AH, ECCOLO!- mentre parlava, la principessa faceva avanti e indietro per la stanza, e alla fine riuscì a trovare un grosso pacchetto accuratamente sistemato, che gli porse con entusiasmo.

Leo esitò un po’ prima di prenderlo.

-Mi sembra grande per essere un invito, e le ricordo che non so leggere- lo osservò con attenzione, chiedendosi cosa potesse esserci dentro.

-L’invito infatti è orale, questo lo accompagna solo. Forza, aprilo!- lo incoraggiò la principessa, in tono autoritario.

Leo non poteva disobbedire.

E quando aprì il pacchetto, rimase a bocca aperta.

-Non ci credo- borbottò, tirando fuori un bellissimo abito da cerimonia nello stile vittoriano che non si avvicinava neanche lontanamente a quelli che aveva visto al mercato.

Leo aveva posseduto costumi in vita sua: aveva fatto teatro, partecipato a tutte le feste di halloween e carnevale alle quali lo avessero invitato, e fatto anche alcuni cosplay alle fiere. Ma quello non era un costume, ma un vero e proprio abito di stupenda fattura e qualità eccelsa che probabilmente costava più del suo stipendio annuale a palazzo.

-Ti piace?! Ho scelto il colore verde acqua perché si abbina ai tuoi occhi! L’ho fatto fare appositamente per fartelo indossare al ballo! Così puoi amalgamarti facilmente! Allora? Che dici? Eh?- Opal saltellava sul posto, super entusiasta, aspettando una sua opinione.

-Come può essere un regalo boomerang? Questo è un regalo lancia, che centra solo me in testa!- le fece notare lui, ancora non ripresosi dallo shock.

Opal ridacchiò.

-È un regalo boomerang perché così nessuno si accorge che sei il cuoco e non cercano di portarti via!- lo prese in giro, con un occhiolino -Ma quindi ti piace o te ne faccio un altro? Non c’è molto tempo!- insistette poi nello scoprire la sua opinione.

-No no no! È perfetto! Cioè, il no era inteso per il farne un altro, perché mi piace un sacco! Lo adoro! Ma posso davvero accettare un vestito da nobile? Non so se posso mettere una cosa del genere- cercò di tirarsi indietro.

-Ma certo che puoi! Ne ho già parlato anche con mamma e papà. Sei un invitato di tutto rispetto, e meriti un abito di tutto rispetto. Sei il mio salvatore, Leo, e il mio cuoco preferito! È il minimo che possa fare per ripagarti di tutto quello che stai facendo per me- la principessa gli prese le mani e lo guardò negli occhi per trasmettergli tutta la sua sincerità.

Leo non si era mai sentito tanto apprezzato in tutta la sua vita.

Per fortuna non aveva seguito Giada. Andarsene da palazzo senza avvertire in questo momento avrebbe ferito davvero tanto la principessa. E Leo non lo poteva permettere.

-Grazie. Lo tratterò con cura- promise, inscatolandolo nuovamente per evitare che fosse troppo esposto.

Opal allargò il sorriso. 

-Perfetto! Spero che ti divertirai al ballo. Ma ricordati sempre che sei assunto da noi! Se qualche nobile o semidio prova a reclutarti digli che sei già impegnato!- si fece promettere la principessa.

Leo annuì.

-Promesso! Non vorrei andare da nessun’altra parte- le assicurò, anche se non era tutta la verità.

Lui voleva andare da un’altra parte, ovvero a casa sua.

La sua vera casa, con sua madre, sua sorella, i suoi amici.

Gli tornarono in mente le parole di Giada.

Ancora non sapeva se l’incontro che aveva avuto fosse vero o no.

Decise di tirare fuori l’argomento con la principessa.

-Posso fare una domanda, a proposito dei semidei?- chiese, con nonchalance, come se non fosse niente di ché.

-Sì, certo!- Opal si mise a disposizione, iniziando a guardarsi intorno, e tirando poi fuori dei biscotti da un buco nel muro.

Oh… era una tipa previdente.

Evitando di ridacchiare tra sé, Leo cercò di essere serio.

-I semidei hanno dei poteri particolari?- chiese, cercando di non risultare troppo ovvio.

Opal era troppo occupata a controllare i biscotti per accorgersi della sua esitazione.

-Mmm- annuì -…beh, dipende. Cioè, non ereditano tutto il potere dei genitori, ma tipo una piccola parte, credo? Tipo, non so, si mormora che il figlio di Kalea sappia viaggiare nel tempo, ma che non sappia assolutamente governare l’acqua- spiegò poi più approfonditamente.

-Payas?- chiese Leo, ricordando il nome del semidio del regno sottomarino.

-Sì, non è un potere fortissimo, per questo i santi sono più potenti dei semidei. Ma è pur sempre un potere- iniziando a mangiare i biscotti, Opal tornò con l’attenzione verso Leo, guardandolo un po’ confusa, ma non con sospetto.

-E… che tu sappia… c’è un semidio che può, non so, creare illusioni, o cambiare aspetto, o leggere nei ricordi delle persone?- provò a chiedere Leo, sempre con nonchalance, ma chiaramente molto agitato.

L’espressione della principessa si velò di leggera preoccupazione.

-Beh… non credo che nessuno sappia cambiare aspetto, ma da quello che so Remington legge nel pensiero… ma deve averti già incontrato prima. E forse può anche creare illusioni, non so. Non l’ho mai incontrato- spiegò la principessa, pensierosa.

-Remington, il figlio di Veer?- chiese, ricordando il nome che Persian gli aveva detto quando parlavano dei semidei.

Si era soffermato solo su quelli che Leo aveva più probabilità di incontrare, ovvero gli invitati al ballo. Remington non sarebbe stato presente, ma Persian gliel’aveva nominato comunque per un motivo specifico: per metterlo in guardia.

Infatti era il semidio di Valkrest.

-Non dovresti mai incontrarlo, ma se mai dovesse accadere, non guardarlo mai negli occhi!- gli consigliò Opal.

Dei pezzi del puzzle iniziarono a mettersi in moto nella mente di Leo. Giada aveva cercato di portarlo a Valkrest, e aveva fatto il nome di “Remi”. Che “Remi” stesse per Remington? Forse era davvero solo un’illusione, o un trucco. Forse aveva cambiato aspetto, o aveva incrociato il suo sguardo al mercato, e stava cercando di portarlo via da Jediah.

Ma perché mai un semidio di un altro regno avrebbe sollevato tutto quel teatrino, con tanto di spiegazioni sul suo mondo, solo per portarlo a Valkrest? Per portare un semplice cuoco insignificante via da palazzo.

Leo ci capiva sempre meno.

-Sai… una volta Dary mi ha raccontato che quando era piccolo Remington andava sempre al tempio di Jahlee. C’era un rumor secondo cui lui e Yu fossero migliori amici, e che sia il responsabile della scomparsa del figlio di Jahlee- in tono da gossip, la principessa sussurrò un’ultima curiosità all’orecchio di Leo, e improvvisamente tutti i pezzi del puzzle tornarono finalmente al loro posto.

Yu… il nome del figlio di Jahlee, scomparso quindici anni prima.

Nessuno sapeva se fosse maschio o femmina.

Le guardie che inseguivano Giada non avevano iniziato a parlare inglese a caso.

Yu in cinese vuol dire Giada.

-Un’ultima domanda, Opal… sai per caso quali sono i poteri principali di Jahlee?- chiese, in un sussurro, aspettando l’ultimo pezzo del puzzle.

-Pietre preziose, ovviamente, e poi una cosa super complessa che non ricordo mai, molto complicata e figa però. Penso qualcosa su diversi piani di realtà. Nei tempi antichi i criminali venivano esiliati proprio da Jahlee in posti lontani dai cinque regni e da cui era impossibile tornare- spiegò Opal, dando una risposta abbastanza esaustiva.

Giada era la figlia di Jahlee.

Wow! 

E Leo pensava di essere lui quello ad avere una famiglia complicata!

 

Il giorno successivo, Leo era piuttosto stanco.

Aveva passato l’intera notte a pensare a Giada, a Jahlee, e ai viaggi dimensionali. Fino a quel momento si era interrogato poco sul motivo per il quale era finito lì, ma ora, dopo aver incontrato la sua migliore amica e aver investigato con Opal, era sempre più convinto che c’era effettivamente un modo per tornare a casa.

E sperava che Giada mantenesse la sua parola e decidesse di venire a fargli visita.

Aveva urgente bisogno di spiegazioni. Possibilmente non mentre scappavano da qualcuno.

Nonostante la stanchezza e distrazione, stava comunque riuscendo a preparare la crema per farcire i bignè per il profiterole del pranzo, anche se non stava minimamente prestando attenzione alla conversazione tra le cuoche.

-E poi zia Carlina dice al nipote che ha fatto tutto questo solo per onorare la sorella, e si scopre che in realtà, udite udite, è lei la madre di Gustavo!- stava raccontando Dotty, mentre lavorava il cioccolato per le decorazioni sul profiterole.

-NOOOOO! esclamarono insieme Anna, Mary, Jane e Alex. Le prime tre intente a cucinare cose diverse, l’ultima in cucina durante la sua pausa.

-Lo soooo! È tipo il momento più cruciale del secondo libro. Anche se niente batte il finale del terzo libro, quando si scopre… no, non posso spoilerarvi- Dotty si interruppe appena in tempo, coprendosi la bocca imbarazzata.

-No, ti prego, diccelo!- chiese Anna, che pendeva dalle sue labbra.

-Sì sì, non ci danno fastidio gli spoiler!- le diede man forte Mary.

-Io non potrei leggerlo neanche volendo- insistette Alex.

Dotty ridacchiò.

-Okay, okay. Tenetevi forte. Dopo che Zia Carlina e Gustavo si alleano contro il pericoloso cantante mascherato, si scopre che in realtà…- Dotty provò a fare un ulteriore spoiler, ma venne interrotta dalla porta che sbatté furiosamente nell’aprirsi di scatto, e che fece sobbalzare tutti, soprattutto le cuoche nuove.

Leo fu l’unico completamente tranquillo, troppo preso dai suoi pensieri per accorgersi del rumore.

-Leonardo, sei richiesto da un rappresentante del tempio, immediatamente- si riscosse solo quando sentì la potente voce di Chevel chiamarlo a pochi centimetri di distanza, e solo a quel punto sobbalzò, e si girò verso di lui, sorpreso.

-Io?- chiese, indicandosi a guardandosi intorno.

Si rese anche conto che Chevel sembrava molto più irritato del solito.

-Vedi altri Leonardo in cucina?! Sbrigati!- lo incoraggiò con un cenno a seguirlo, e lanciò a Dotty un’occhiata carica d’odio.

…un po’ troppo odio per essere il secondo male lead, persino Leo doveva ammetterlo. Ma era troppo distratto per pensare alla vita romantica dei suoi amici.

-Arrivo… Sara, ci pensi tu a finire la crema?- chiese rivolta ad una cuoca che non sembrava avesse nulla da fare.

-Ci penso io, Leo! La crema è in buone mani con me!- Anna intercettò la ciotola, e gli fece un larghissimo sorriso, arrossendo appena.

Ripeto, Leo era troppo distratto per pensare alla vita romantica dei suoi amici… e alla propria.

-Grazie amica!- rispose ricambiando il sorriso e accoltellandola metaforicamente al petto.

Si affrettò poi a seguire Chevel, che era uscito dalla stanza e lo stava aspettando borbottando qualcosa tra sé che somigliava a -…spoilerare il terzo libro di una saga, bah, che assoluta mancanza di rispetto-.

Si interruppe quando vide che Leo l’aveva raggiunto.

-Seguimi, non possiamo far aspettare troppo i membri del tempio- iniziò ad avviarsi. Leo lo tallonò il più in fretta possibile.

E iniziò a preoccuparsi.

-Un membro del tempio? L’alta sacerdotessa?- chiese, preoccupato. Se Giada era davvero Yu, ovvero la figlia perduta di Jahlee, forse volevano interrogarlo al riguardo. Magari Jahlee, il grande mitico Jahlee, li aveva visti parlare, e ora voleva chiede a Leo dove fosse. Il ragazzo non avrebbe saputo cosa dirgli, e non aveva intenzione di tradire la sua amica.

…non che avesse molte informazioni da poter condividere, in ogni caso.

-No, è una nuova praticante. Probabilmente vogliono darti nuove informazioni sulla tua benedizione, o offrirti di andare al tempio. Ricorda che hai un contratto a tempo indeterminato qui a palazzo- Chevel gli lanciò un’occhiata carica di sospetto, ma molto ammorbidita rispetto a quella che aveva mostrato verso Dotty.

-Non mi sognerei mai di andarmene da qui prima del compleanno della principessa- gli assicurò Leo.

-E dopo, voglio sperare- aggiunse Chevel, raggiungendo una sala che Leo non aveva ancora mai visitato.

-Eh…- Leo non sapeva come rispondere a quella domanda, a dire il vero, dato che se Giada gli avesse offerto la possibilità di tornare a casa, era piuttosto certo che l’avrebbe colta al volo, ma era ancora tutto nel reame nell’incertezza e non voleva darsi speranze.

Non voleva neanche mentire, però.

Per fortuna fu salvato dal rispondere dall’apertura della porta, e il loro ingresso nella stanza.

Leo scorse due figure. La prima, che attirò immediatamente la sua attenzione, era quella di Daryan, che osservava la novellina con enorme sospetto e sembrava anche piuttosto teso.

E la seconda apparteneva ad una ragazza in abiti del tempio con dei lunghi capelli neri che sembravano finti.

Leo ci mise due secondi a rendersi conto che erano finti, e che quella era Giada.

Si illuminò.

-Gia…- iniziò a dire, ma venne interrotto dall’inchino di Chevel.

-Ho portato Leonardo il cuoco. Che Jah…- iniziò a fare il solito saluto, ma Giada lo interruppe senza la minima esitazione.

-No, non dica quel nome! Non… non vuole essere disturbato, al momento- affermò, con la sicurezza che la distingueva.

-Grazie Chevel, puoi andare. Resta davanti alla porta. Leonardo, entra pure- Daryan congedò il cavaliere e invitò Leo ad avvicinarsi.

-Sì, eh… buongiorno, principe Daryan. Non l’avevo ancora vista oggi. Ha fatto colazione?- chiese Leo, facendo un inchino profondo mentre si avvicinava, e cercando di attirare l’attenzione del principe in modo che non continuasse a fissare così male Giada.

Riuscì nell’impresa, e lo sguardo corrucciato di Daryan si spostò su di lui, e si ammorbidì appena.

Sembrò quasi accennare un sorriso, anche se durò solo un attimo.

-Ho mangiato il necessario nel mio ufficio. I muffin erano accettabili- rispose. Leo ormai parlava abbastanza la sua lingua per rendersi conto che era un enorme complimento.

Allargò il sorriso.

-E aspetti di mangiare il profiterole. I bignè sono usciti perfetti!- si vantò, sedendosi di fronte a Giada, e notando la sua espressione sconvolta.

Cambiò immediatamente argomento, arrossendo appena.

-Ehm… salve. Per quale motivo voleva vedermi?- decise di rivolgersi a lei, fingendo di non conoscerla.

-Già, che affari ha il tempio con Leonardo? Pensavo che la nostra ultima visita avesse risolto ogni dubbio- Daryan si incupì nuovamente e si rivolse a Giada, che non lo guardò, continuando a fissare Leo come se non lo riconoscesse.

-Come ho già spiegato, non posso divulgare i contenuti del mio messaggio se non a Leonardo in persona. Ordini dall’alto- spiegò, in tono professionale -Quindi gradirei che ci lasciaste soli, vostra altezza. Con tutto il rispetto- aggiunse poi, girandosi finalmente verso di lui e piegando la testa in segno di rispetto.

Daryan inarcò maggiormente le sopracciglia. La sua mente sembrava impegnata a valutare un sacco di possibilità. Ma dopo qualche secondo, si alzò.

-D’accordo. Ma non ha molto tempo. Non manca molto al pranzo, dopotutto- borbottò una scusa per limitare comunque il tempo che avrebbero passato da soli.

-Non si preoccupi, principe Daryan. La mia parte del pranzo l’ho quasi completata- lo rassicurò Leo, facendolo irritare maggiormente.

Daryan li lasciò da soli, chiudendo la porta alle sue spalle con un tonfo. Ci furono alcuni secondi di silenzio, prima che Giada si togliesse la parrucca.

-Leo, ma in che situazione ti sei cacciato?!- chiese poi, urlando sussurrando.

Sì, è un modo di urlare molto comodo e molto efficace.

-Che intendi dire?! Sono solo un cuoco a palazzo!- si lamentò Leo, sentendosi attaccato, e sussurrando a sua volta.

-Un mese… sei in questo mondo da un mese, e ti ritrovo con il posto fisso a flirtare con il principe?! Ha già una futura fidanzata, Leo!- si lamentò Giada, portandosi una mano tra i capelli.

Leo arrossì completamente.

-Io non… non sto f_flirtando…- la parola uscì un sussurro ancora più flebile, quasi impossibile da ascoltare -…con il principe. Ma che ti salta in mente?! Non voglio mica morire per culla di Giuda dichiarando la mia omosessualità!- si lamentò.

-Perché mai dovresti…?- iniziò a chiedere Giada, ma si interruppe di scatto, pensierosa -Aspetta… quante cose sai di questo mondo?- chiese poi, sinceramente curiosa, come se stesse valutando quante cose dirgli.

-Boh? Quando sono arrivato sapevo solo che il principe biondo avrebbe sposato una cuoca e la principessa adora i dolci. E poi tipo i nomi dei posti: Valkrest, Jediah e Lumai…- iniziò ad elencare Leo, riflettendo sulle cose che effettivamente sapeva. Aveva imparato parecchio da quando era lì, rispetto a prima.

-L_Lumai?- Giada impallidì.

-Sì, ho finto di venire da lì perché mi sembrava il posto più sicuro. Ho imparato parecchie cose su quel posto, e sugli dei, e sui membri del palazzo- spiegò Leo.

-Okay… okay… okay… sei ancora vivo, quindi magari non si è accorta… ugh… non dire il nome degli dei a meno che non sia strettamente necessario d’ora in poi, e cerca di non immischiarti troppo nella Storia… a proposito… che ruolo hai esattamente a palazzo? Sei solo un cuoco, giusto? Non hai stretto troppe amicizie, vero? Non è successo niente di degno di nota, giusto?- Giada iniziò ad indagare.

-Beh, c’è stato un attacco di antimonarchici, ma penso lo avrebbero sventato comunque in qualche modo, anche senza il mio aiuto… soprattutto senza il mio aiuto. Poi sono il responsabile del banchetto della principessa. E sono più o meno amico di tutti a palazzo… okay, non tutti, solo le cuoche, e Alex, ovviamente. E la principessa, che è super adorabile! E Persian, sì. Il re e la regina non mi odiano. E poi… beh… non ho un brutto rapporto con il principe Daryan. Gli ho anche fatto una pizza, e gli è piaciuta molto- Leo ricordò quel momento e sospirò sognante.

-Leo, no! Non puoi prenderti una cotta per il principe!- lo riprese Giada, schioccandogli le dita davanti per attirare la sua attenzione.

-…in questo mondo eteronormativo. Lo so, era il titolo del capitolo 10- il cuoco alzò le mani in segno di resa.

Giada sbuffò, e rifletté sulle informazioni che Leo le aveva dato.

-Suppongo non sia niente di irreparabile… almeno non sei morto. Ero terrorizzata, conoscendoti, che avresti trovato un modo di morire anche qui in un mese- ammise, e per la prima volta guardò Leo con affetto, felice di averlo ritrovato.

L’atmosfera diventata finalmente tenera non poteva essere interrotta dall’ammissione che Leo avesse effettivamente rischiato di morire, quindi il ragazzo decise di omettere il dettaglio della sua benedizione, per il momento.

-Sono felice anche io di vederti- le sorrise a sua volta -E a proposito di questo… puoi dirmi nei dettagli il tuo rapporto con questo mondo? Sei Yu, per caso?- interruppe comunque il momento di tenerezza per fare a sua volta delle domande all’amica, che impallidì.

-Come sai di Yu? È sparita da diciassette anni, nessuno ne dovrebbe parlare più!- esclamò, sorpresa.

-Me ne ha parlato Dar… eh… il principe Daryan, durante il nostro viaggio al tempio- spiegò Leo, cercando di risultare neutrale nel parlare del principe.

-Quindi anche tu… il principe mi ha parlato di una visita al tempio, ma non credevo che ci fossi andato di persona. Perché sei andato al tempio? Hai incontrato… delle figure particolari?- chiese Giada, iniziando a torturarsi le dita e stringendosi su sé stessa, come cercando di farsi più piccola. La sua voce era un sussurro.

-Beh, ehm… sono andato per un motivo preciso, e ho portato una torta. Ho incontrato l’alta sacerdotessa, che però preferisce i biscotti alla torta, e mi sono un po’ irritato perché sembrava non apprezzare la torta ma ci avevo lavorato…- Leo iniziò a tergiversare, un po’ in ansia su cosa dire.

-Vai al punto, Leonardo!- lo incalzò Giada, iniziando a preoccuparsi a sua volta.

Leo sospirò.

-Okay, ho parlato con Jah…- iniziò ad ammettere.

-Non dire quel nome!- esclamò Giada, allertata.

-Perché?- chiese Leo, sobbalzando.

-Non voglio attirare la sua attenzione! È da quando sono tornata qui che i praticanti del tempio mi inseguono. Probabilmente giungeranno presto anche qui- spiegò Giada, guardandosi intorno e fuori dalla finestra per assicurarsi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze.

-Quindi immagino che la sua attenzione è stata attirata- osservò Leo, sorridendo nervosamente.

-Beh, è comunque un dio, dopotutto. Suppongo che aver usato il suo potere l’abbia avvertito di default. Mi sorprende che non ti abbia mandato direttamente a casa dopo essersi accorto della sua presenza- rifletté Giada.

-Poteva farlo?!- chiese Leo, a bocca aperta.

-Beh, sì. Con la luna piena può materializzarsi nel regno mortale e usare la sua magia. O più velocemente poteva semplicemente benedirti… no, una benedizione avrebbe attirato troppo la sua attenzione e cambiato la Storia, non è proprio il caso di benedirti. Sarebbe un disastro!- Giada nuovamente iniziò a spiegare cose senza dire proprio tutto, ma questa volta Leo capì il sunto del discorso, dato che aveva le basi sulle divinità. Arrossì appena pensando alla benedizione che effettivamente gli era stata concessa.

-Ehm, ma comunque, perché non posso dire il suo nome, se tanto la sua attenzione c’è già?- provò a distrarre Giada dal parlare di benedizioni.

-Perché è meglio non dirlo, fidati- Giada non voleva spiegare.

-Okay, ma spiegami perché? È solo un nome, tipo Voldemort- Leo non sapeva perché stesse insistendo tanto sul nome. Era come se una forza invisibile lo stesse portando a parlarne. Come se volesse a tutti i costi che Giada nominasse il dio innominabile.

Giada iniziò a agitarsi ulteriormente, decisa a provare il suo punto senza sapere però come spiegarlo, e iniziando a non controllare troppo le parole.

-Non è solo un nome, e non è neanche negativo, solo che dire Jahlee…- si portò di scatto la mano alla bocca quando si rese conto di essersi lasciata sfuggire il nome incriminato -Leo maledizione! È tutta colpa tua!- esclamò poi, furiosa, indicando Leo, che alzò le mani in segno di resa, ritornando in sé come uscendo da una trance.

-Yu! Tesoro mio! Quanto tempo che non ci vediamo! Ti sei fatta grande! Come stai? Sono giorni che cerco di portarti al tempio per parlare!- una voce entusiasta e familiare parlò all’improvviso al lato di Leo, che sobbalzò vistosamente e rischiò di cadere dal divano.

Si girò verso la direzione dalla quale proveniva e notò l’immagine di un uomo di mezza età dai lunghi capelli violetti, i tratti asiatici, e un grande sorriso, che indossava una toga ed era evanescente, come un fantasma. Era seduto sulla poltroncina dove poco prima stava Daryan, e sembrava entusiasta di essere lì.

Giada evitò il suo sguardo, e lanciò a Leo un’occhiata di fuoco.

-Non abbiamo nulla da dirci, papà- sussurrò a denti stretti.

-Jahlee?- chiese Leo, sorpreso, indicandolo.

Dopotutto l’aveva visto solo nel corpo dell’alta sacerdotessa, e mai dal vivo… non che in quel momento fosse proprio dal vivo, ma ci si avvicinava.

-Buongiorno, Leo! È tanto che non ci vediamo. Sono felice che la benedizione non ti è più servita da allora- Jahlee lo salutò con un cenno della mano e un sorriso.

Giada sgranò gli occhi, e fissò Leo incredula.

-Una benedizione?!- gli chiese, preoccupata.

-Eh…- Leo evitò il suo sguardo, imbarazzato.

-Nel momento stesso in cui è arrivato a Jediah gli ho concesso una benedizione di protezione in modo che non potesse essere ucciso. Non sono un padre considerato? L’ho fatto per te! Ho supposto che non volessi che gli venisse fatto del male e l’ho protetto. Ed è servito. Diglielo Leo!- Jahlee cercò di usarlo per riavvicinarsi alla figlia, facendo chiaramente intendere di aver accennato alla benedizione solo per farsi bello con lei.

Se Leo avesse saputo a cosa avrebbe portato dire quel nome, si sarebbe sforzato di più per stare zitto. Ma non poteva non aiutare la persona che gli aveva letteralmente salvato la vita.

-Beh… ehm… sì. In effetti durante l’attacco degli antimonarchici sono stato accoltellato, a la benedizione di Jahlee mi ha permesso di sopravvivere- raccontò.

-Oh dei, Leo, stai bene?- chiese Giada, preoccupandosi per la sua salute.

-Sta benissimo, neanche un graffio- spiegò Jahlee, orgoglioso.

-Perché non l’hai semplicemente rimandato a casa?! Benedirlo è ancora più rischioso! Rischia di cambiare radicalmente la Storia!- Giada però non lo ringraziò, e si rivolse a lui solo per guardarlo storto.

Jahlee sembrò ferito.

-Tesoro, se l’avessi rimandato a casa non saresti tornata a prenderlo. Sono nove anni che non mi fai visita… mi sei mancata- provò ad avvicinarsi per metterle una mano sulla spalla, ma era immateriale, e la trapassò.

Sospirò, abbattuto.

-E inoltre pensavo non ti interessasse troppo seguire la Storia- aggiunse poi, lanciando a Leo un’occhiata indecifrabile.

-Non è della Storia che mi preoccupo!- anche Giada guardò Leo, chiaramente preoccupata -Non posso aspettare un altro mese!- si portò le mani tra i capelli.

Jahlee sospirò.

-Posso riportarvi a casa tra due giorni, è l’unico momento in cui posso farlo. Ma in cambio, ti prego, prenderesti un tè con biscotti con me? Come sta tua madre? Cosa fai nella vita? Sono tante le cose di cui vorrei parlare- la sua sincerità era evidente.

Giada sembrava in difficoltà.

-Mamma sta bene…- sospirò -D’accordo, accetterò quel tè e dei biscotti, soprattutto se li fa Leo, ma tra due giorni ci riporti a casa!- alla fine cedette.

Jahlee sorrise con enorme affetto.

-Ehm…- Leo non voleva interrompere il momento padre-figlia, ma aveva necessario bisogno di spiegazioni -Tra due giorni torneremmo a casa? Nel senso… mondo reale? Per sempre?- chiese, consapevole di aver capito bene, ma volendo stare sicuro.

-Sì, è una grande fortuna che il giorno di luna piena sia così presto- Giada era molto più tranquilla.

-Beh, io non… non posso tra due giorni… per forza tra due giorni? Non possiamo fare tra quattro giorni?- chiese Leo, in un sussurro.

Jahlee e Giada lo guardarono increduli.

-Leo, stai scherzando?! Questa è l’opportunità della vita!- si lamentò Giada.

-Leo, non fare l’ingrato! Voglio prendere quel tè con biscotti- si lamentò anche Jahlee, con lo stesso tono. Si vedeva fossero padre e figlia.

Ma Leo aveva impegni che non poteva perdere.

-Non voglio fare l’ingrato, ma non sto scherzando. Tra tre giorni c’è il banchetto della principessa che devo coordinare, non posso deluderla. Le ho anche promesso di ballare con lei, e le ho fatto un regalo- spiegò Leo, sperando che non lo costringessero ad andare via prima di finire il suo lavoro. Voleva tornare a casa, lo voleva davvero, ma non poteva andarsene subito.

Non… non si sentiva ancora pronto a lasciare tutti. Soprattutto senza neanche avvertirli.

Era rimasto lì solo un mese, ma era stato un mese importantissimo, uno dei più intensi e allucinanti della sua vita.

In senso buono e in senso cattivo insieme.

-Leo, penso che capirà. E se anche non capisse, non rivedrai mai più né la principessa né nessun altro. Probabilmente si dimenticheranno tutti presto della tua esistenza- Giada cercò di farlo ragionare, e lanciò al padre un’occhiata interrogativa che Leo non capì.

Il padre annuì.

-Probabilmente- sussurrò.

Quelle parole ferirono Leo più di quanto si sarebbe aspettato.

-Non è vero! Non si dimenticheranno di me in fretta. E non posso deludere la principessa Opal! Se non fosse per lei avrei passato questo mese chiuso in cella o in mezzo ad una strada. Probabilmente sarei morto nonostante la benedizione di Jahlee. Non posso rovinarle il compleanno!- Leo si impuntò.

Giada sbuffò.

-Bene, d’accordo! Neanche io voglio che si rovini il compleanno, non questo, almeno- cedette, anche se era piuttosto seccata.

-Allora facciamo una cosa: finisci il compleanno, resti qualche giorno per dare le tue dimissioni, e poi mi raggiungi al tempio di Jahlee- Giada organizzò un piano.

Jahlee si illuminò.

-Vieni al tempio?!- chiese, quasi commosso.

-Solo un paio di giorni, finché Leo non si licenzia! Poi andiamo entrambi da Remi a Valkrest e restiamo lì finché non mi si ricarica la collana. Poi la usiamo per tornare a casa, e non torneremo qui mai più- Giada finì di spiegare il piano, indicando la sua collana portafortuna di giada, che evidentemente era l’oggetto che le permetteva di passare da un mondo all’altro.

-Perché Remington sì e io no?! Pensavo ce l’avessi anche con lui. Non lo vedi da molto più tempo!- Jahlee fece il muso.

Giada lo ignorò, ma le sue guance si fecero leggermente rosse.

-Allora… ti va bene, Leo?- chiese conferma all’amico, che annuì.

-Okay… ma non posso licenziarmi subito dopo il ballo. Devo dare almeno qualche giorno di preavviso- spiegò Leo, che non voleva minimamente pensare al momento del suo licenziamento. Sarebbe stato devastante per tutti, lui per primo.

-Bene. Cercherò di raggiungerti al ballo e starti il più vicina possibile questi giorni. Non sono tranquilla a farti fraternizzare troppo in giro- Giada si alzò, e si sistemò gli abiti.

Leo fece altrettanto. Jahlee rimase seduto.

-Papà, arriverò al tempio domani. Stanotte dormo in una locanda, dato che il tempio è lontano- Giada non guardò il padre negli occhi mentre gli faceva presente il suo piano d’azione. Leo cercò di non immischiarsi.

-Oh, tranquilla, tesoro. Ho già mandato dei praticanti a prenderti. Tra pochi secondi saranno qui. Oh, Leo, già che ci sei non è che potresti offrirmi i tuoi biscotti arcobaleno deliziosi? Mi piacerebbe condividerei con mia figlia per quel tè- Jahlee si alzò, e si avvicinò a Leo con aria amichevole.

Poi gli sussurrò all’orecchio: 

-Licenziati il più tardi possibile, mi raccomando- prima di staccarsi, salutare la figlia, e sparire in una nuvola di fumo.

-Che ti ha detto?- chiese Giada, sospettosa.

-Ehm…- Leo esitò, e venne salvato dal rispondere dall’entrata improvvisa nella stanza di tre uomini in toga e del principe Daryan, che sembrava sia arrabbiato che soddisfatto di sé.

-Lo sapevo io che non potevo fidar…- iniziò a dire, ma si interruppe quando notò i capelli di Giada, che non era stata abbastanza rapida da rimettersi la parrucca. Sgranò gli occhi, sconvolto.

-Semidea Yu, siamo venuti qui per scortarla al tempio. La prego di non opporre resistenza- disse uno degli uomini in toga, dopo aver fatto un inchino profondo.

Giada sospirò, e abbandonò l’idea di rimettere la parrucca.

-Non opporrò resistenza. Principe Daryan, posso chiedere un’offerta di biscotti arcobaleno per mio padre? Ho sentito che sono i suoi preferiti- assunse un tono e un comportamento che la fecero sembrare completamente un’altra persona.

Daryan annuì, senza parole.

-Sì… certamente- riuscì a borbottare.

-Ne ho fatti un vassoio proprio ieri pomeriggio, dovrebbero essere ancora freschi- si introdusse Leo.

-Chevel, vai in cucina a riferire alle cuoche di incartare ogni biscotto arcobaleno rimasto da mandare al tempio come offerta per Jahlee- ordinò al cavaliere, sulla porta, che fece un inchino e si allontanò per eseguire.

Giada si avvicinò a Leo.

-Non fare sciocchezze, okay? Stai attento- gli sussurrò all’orecchio mentre gli passava accanto per unirsi ai tre emissari del tempio.

Dopo un formale saluto, si avviarono tutti e quattro fuori dalla stanza.

Leo rimase solo con il principe Daryan.

-Ehm… allora io tornerei in cucina- provò a svignarsela, ma Daryan lo fermò, prendendolo delicatamente ma con fermezza per un braccio.

-Che rapporto hai con la semidea Yu?- chiese senza mezzi termini, con sguardo indecifrabile. Leo non riusciva a leggere bene la sua espressione, ma sembrava aver capito tutto ed essere soddisfatto da se e allo stesso tempo non felice del risultato ottenuto.

-Voleva dei biscotti da dare a suo padre… e ho fatto da consulente per la loro relazione padre-figlia. Niente di ché- mentì Leo, senza guardare Daryan negli occhi, ma cercando di apparire rilassato.

-Non la conoscevi prima di venire qui?- indagò Daryan.

Leo esitò un attimo, prima di rispondere.

Quella poteva essere l’occasione di dire tutto a Daryan: del suo passato, della sua vera origine, delle sue bugie.

Ma non poteva essere sicuro che lui gli avrebbe creduto.

E non voleva ammettere di aver mentito sulla sua identità, non ora che finalmente tra loro due c’era fiducia.

-Come potrebbe un semplice ragazzino di Estovani conoscere la semidea Yu?- alzò le spalle, evitando la domanda.

Daryan inarcò le sopracciglia, deluso dalla risposta, e lo lasciò andare.

-Spero che il banchetto per il compleanno di Opal non avrà alcun intoppo- disse solo, con un gesto di congedo.

-Sarà perfetto!- promise Leo, sicuro di sé e deciso ad impegnarsi al massimo.

-Oh, a proposito… è arrivata una lettera da Valkrest… il semidio Remington ci farà onore della sua presenza, quindi c’è un ospite in più… probabilmente due, se la semidea Yu deciderà di presenziare a sua volta, ora che è tornata a Jediah- gli diede un’ultima informazione.

Leo annuì, prima di congedarsi.

Beh, aveva ottenuto risposte, e una data di scadenza per la sua permanenza lì.

Aveva anche scoperto perché Jahlee lo aveva benedetto, chi fosse davvero la sua migliore amica, ed era stato spinto a forza nella faida tra lei e suo padre, senza sapere quali parti prendere.

Dopotutto Jahlee gli aveva salvato la vita… così come Giada, che era la sua migliore amica, quindi doveva prendere le sue parti, da contratto. D’altro canto Jahlee era comunque una divinità, ben più potente di una semidea.

Però era la semidea che avrebbe visto per sempre una volta tornato a casa. Jahlee non lo avrebbe visto più.

Però… più tempo restava lì, più avrebbe potuto rimandare il momento di dire ad Opal che se ne sarebbe andato per sempre.

Sì… avrebbe fatto un favore a Jahlee e sarebbe rimasto a palazzo il più possibile. Sperava che Giada non lo avrebbe odiato per sempre.

E che Remington non sarebbe stato un problema, al ballo.

Le parole di Opal, dopotutto, gli risuonavano ancora in testa.

“Non dovresti mai incontrarlo, ma se mai dovesse accadere, non guardarlo mai negli occhi!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wow… ho costruito bene la falsa pista. Nel sondaggio due persone su tre hanno pensato alla principessa :D

E invece!!!

Boom! Colpi di scena! Spiegazioni! Nuovi personaggi! 

È tornato Jahlee, che è stato parecchio votato al sondaggio insieme alla sacerdotessa. Ed è il padre della migliore amica di Leo.

Wooo, DRAMA!

Siamo entrati nel cuore della storia. Da qui in poi succederanno un sacco di cose.

E non vedo l’ora di scriverle!

Spero anche voi di leggerle.

Nel prossimo capitolo ci sarà la prima parte del ballo della principessa. Sarà molto pieno di eventi.

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Capitolo 14
*** La censura anti-spoiler è potente nella prima parte del ballo ***


La censura anti-spoiler è potete nella prima parte del ballo

 

Negli ultimi due giorni che precedettero il compleanno della principessa Opal, Leo aveva avuto ben poco tempo per pensare a semidei, dei, partenze o conflitti con la Storia, perché tutte le sue energie si erano concentrate solo ed esclusivamente per la preparazione del buffet e l’istruzione delle cuoche.

E la cosa gli andava benissimo, perché aveva la scusa per dire a sé stesso: “Tranquillo, Leo, penserai a tutti i problemi appena finisci il ballo. Poi capirai cosa fare, per ora lavora!”.

Che è più o meno quello che mi sono detta io per tutta la sessione: “Tranquilla Chris, penserai dopo alle venti storie che non aggiorni da mesi, ora pensa a studiare”.

…posso confermare che è un metodo molto fallibile, se non proprio fallimentare.

Non che sia male concentrarsi su un problema alla volta, bisogna fare ordine nelle priorità.

Ma non pensate neanche per un secondo che i problemi spariscono, perché poi quando finisci la sessione le venti storie che non aggiorni da mesi sono ancora lì ad aspettarti.

Ma sto tergiversando, scusate.

Leo aveva ancora due capitoli per concentrarsi sul ballo prima di dover pensare ai suoi problemi, e aveva tutta l’intenzione di goderseli.

E di lavorare al meglio per rendere il compleanno della principessa perfetto.

-A che punto sono le portate iniziali? Dobbiamo uscire tra venti minuti e devono essere calde!- Leo stava girando in mezzo ella cuoche sommerse di lavoro controllando ogni cosa insieme a Mildred, la sua ancora di salvezza in un lavoro molto più grande di lui.

-L’ultimo vassoio è in cottura- rispose Jane, pratica.

-Iniziate già a prepararvi per il servizio. Il gruppo F si occuperà di servire le portate e girare per la sala, ricordate di comportarvi sempre in maniera ottimale- Mildred aveva davvero le redini in mano. Nella sua vita aveva organizzato centinaia di banchetti, era una fuoriclasse.

Okay forse centinaia no, ma parecchi.

Più di chiunque altro in quella stanza.

Il lavoro di Leo era ormai praticamente nullo, dato che non gli permettevano di cucinare, né di controllare tutti.

Per fortuna non doveva neanche servire in mezzo alla sala, quindi non rischiava di fare enormi figuracce con i nobili.

-Leo, il re e la regina vogliono che tu ti occupi del servizio nella sala- lo informò Mildred, mezzo secondo dopo che Leo ebbe elaborato quel pensiero.

-Non dovrei restare nell’ombra per via del fatto che sono un ragazzo, benedetto, e invitato alla seconda parte del banchetto?- chiese Leo, usando la logica.

Su Mildred non funzionava granché bene.

-È una richiesta del re e della regina. Non dare nell’occhio, fai giusti inchini e non parlare con nessuno a meno che tu non venga interpellato. Tranquillo, i servitori, alle feste, non attirano alcuna attenzione e vengono in fretta dimenticati- Mildred gli diede una pacca sulla spalla, gli affidò un vassoio, e lo spinse insieme ad alcune cuoche e alcuni maggiordomi nella sala.

Leo non capiva perché il re e la regina volessero che andasse in giro prima del tempo. Logicamente non aveva alcun senso.

Io ho due risposte da darvi a questa domanda: 

La prima, quella ufficiale, è che il re e la regina volevano testare le capacità di Leo anche in mezzo ai nobili, o congratularsi di persona con lui per il banchetto, o spingerlo ad incontrare Daryan… insomma, avevano dei motivi logici e inattaccabili;

La seconda, quella reale, ma non ditelo a nessuno, si chiama “motivi di trama”.

Non posso mica passare l’intero primo capitolo del ballo lasciando Leo in cucina!

Ci sono troppe cose interessanti che possono accadere ad un ballo reale!

All’inizio, però, tutto fu piuttosto tranquillo.

Leo iniziò a servire, facendo avanti e indietro dalla cucina, e l’atmosfera non era molto diversa da quella al ristorante stellato dove aveva lavorato una volta come cameriere. Era abituato al servizio e alla finta cortesia davanti a clienti ben più ricchi e importanti di lui, quindi, aggiungendoci giusto un inchino ogni tanto, era piuttosto facile mantenere il contegno e la professionalità.

Il primo vero incontro degno di nota avvenne quando Leo portò personalmente al tavolo del buffet la rivisitazione della pizza fatta in modo più elegante e nobile. Non era la pizza vera, ma Leo non era di certo il primo ad aver reso la pizza un piatto stellato. Sto guardando te, Chef Cracco.

Venne subito presa da nobili curiosi, e fatta passare in giro per l’elegante sala che sembrava davvero uscita da un libro. 

Pochi minuti dopo, Leo fu avvicinato dalla festeggiata.

-Leo!- che lo chiamò gioiosa attirando l’attenzione di un paio di persone, che osservarono il ragazzo con sorpresa e curiosità.

-Buonasera principessa Opal, e buon compleanno. Che Jahlee la protegga- Leo si affrettò a fare il professionale e il distaccato, per non attirare l’attenzione su di sé, e riuscì ad eseguire un inchino profondo perfetto.

-Opal, contegno- le sussurrò la regina, in tono gentile ma fermo, arrivata insieme al marito nell’accorgersi dell’attenzione che la figlia aveva appena attirato.

-Giusto, giusto, scusate- Opal sorrise imbarazzata, e cercò di essere distaccata e professionale a sua volta. Indicò a Leo le pizze rivisitate che aveva assaggiato poc’anzi e che lui teneva ancora sul vassoio.

-Volevo soltanto complimentarmi con le cuoche per questi COSI PAZZESCHI!! Cosa sono, Leo?! Perché non me li hai mai fatti assaggiare prima?!- il contegno venne mantenuto per cinque secondi, facendo fare facepalm ai suoi genitori.

-Meglio spostare la conversazione in un luogo più appartato, tesoro- la incoraggiò suo padre. Raggiunsero un angolo della sala poco frequentato, e Opal riuscì ad esprimere tutto il suo amore verso la pizza rivisitata.

-È tipo la terza cosa più buona che tu abbia mai fatto! Dopo le crepes e i biscotti arcobaleno! …no, aspetta, la quarta, dato che anche le tue torte sono degne di nota, e anche i muffin, e la panna cotta… okay, diciamo che è la cosa salata più buona che tu abbia mai fatto!- iniziò a parlare ad oltranza, saltellando da una parte all’altra.

-Concordo che è davvero una pietanza degna di nota, ma non era nel menù, quando l’hai preparata?- si intromise la regina, più professionale.

-Oh, era una sorpresa per la principessa. Mi è stata richiesta dal principe Daryan- spiegò Leo, giustificando il suo essere andato fuori menù.

Sperò di non essere arrossito al pensiero della serata pizza con il principe dove lui gli aveva fatto quella richiesta.

-Daryan ti ha espressamente richiesto un piatto?- il re sembrava incredulo.

-Ehm… l’avevo cucinato per il compleanno di Anna. Originariamente è un piatto popolare, ma l’ho rivisitato per renderlo più appetibile anche per la nobiltà- spiegò Leo, senza andare nel dettaglio di come Daryan fosse stato coinvolto.

-Daryan ha assaggiato un piatto popolare fatto per il compleanno di Anna, quando?- insistette la regina, incredula quanto il marito.

-Ehm… gli ho portato una pizza nel suo ufficio, per fargliela assaggiare. Era avanzata…- spiegò Leo, sempre senza aggiungere troppi dettagli, tipo che l’aveva praticamente obbligato, e imboccato, ed era stato romantico e… no, nope, nah ha, era stata una cosa normalissima che non c’era motivo di raccontare!

-L’hai portata a Dary e non a me? Pensavo di essere comunque io la tua Lindberg preferita!- la principessa Opal fece il muso, offesa.

-Ehm… sì, no, cioè… io…- Leo non sapeva che dire, perché era davanti a tre Lindberg e non voleva mettersi a fare preferenze.

Per fortuna venne tratto in salvo da forse l’ultima persona che avrebbe voluto entrasse nel discorso, ma anche l’unica che potesse salvarlo, ovvero il quarto Lindberg.

-Voleva farmela assaggiare così che io potessi dare l’approvazione per farti una sorpresa al tuo compleanno. È ovvio che sei tu la Lindberg preferita, Opal- Daryan lo raggiunse alle spalle e sorrise alla sorella. Poi prese una pizza rivisitata dal vassoio di Leo e l’assaggiò.

-Ho fatto bene ad approvare- disse, annuendo, prima di allontanarsi di nuovo, senza dare il tempo a Leo di ringraziarlo, salutarlo o anche solo guardarlo con amore… amore che NON provava nei suoi confronti, sia chiaro!

-Oh… capisco! È il tuo regalo di compleanno per me?!- chiese Opal, tornando a sorridere a Leo.

-Credo sia più che altro un regalo congiunto da parte mia e di suo fratello, principessa- Leo provò a togliere metà della responsabilità che Daryan gli aveva appena addossato. Alla fine era stata un’idea di Daryan di rivisitare la pizza e presentarla al banchetto. Leo voleva soltanto farla assaggiare a lui, dopotutto. E poi aveva comprato un regalo vero, per la principessa.

-Awwwww- 

-Ohhhh-

-Interessante- 

Furono i commenti, quasi contemporanei, di Opal, della regina e del re, in ordine.

Leo iniziò a guardarsi intorno cercando una scappatoia, ormai del tutto certo di essere diventato più rosso dei suoi capelli, ma non trovò nessuna scusa per allontanarsi.

Per fortuna la regina sembrò intuire il suo disagio.

-Non ti tratteniamo oltre, devi lavorare dopotutto. Parleremo nuovamente nella seconda parte della serata- lo congedò, dandogli una pacca incoraggiante sulla spalla.

-Questo lo prendo io, grazie!- Opal accettò di congedare Leo, ma gli prese il vassoio dalle mani.

-Non puoi mangiarli tutti, Opal- suo padre provò a fermarla, ma lei era già corsa via, decisa a mangiare tutte le pizze rivisitate che le fossero capitate sottomano.

-Ricorda che ci sono altre pietanze in arrivo!- le fece presente il re, inseguendola.

La regina ridacchiò.

-Sei veramente un tesoro per questa famiglia, Leonardo. Ottimo lavoro con il buffet!- gli sorrise, prima di lasciarlo al suo incarico… e a parecchi sensi di colpa.

Leo cercò di ignorare i propri problemi e pensare solo a servire, cucinare, coordinare e dimenticare che di lì a un mese avrebbe detto addio a tutti per sempre.

Ripeto, non è il modo giusto, ma voleva godersi il banchetto e concentrarsi su un problema alla volta.

Purtroppo per lui, alla fine del compleanno i problemi sarebbero solo aumentati.

Ma non faccio spoiler.

 

Dopo circa un’ora dall’incontro con la famiglia reale, Leo stava giusto iniziando ad abituarsi alla situazione e a prendere il ritmo, quando si sentì cingere le spalle, e per poco non lanciò il vassoio con gli stuzzichini di pesce addosso alla persona che lo stava attaccando.

-Ti ho cercato tutta la sera, amico!- esclamò l’attaccante, in tono giocoso, prendendo uno stuzzichino e stabilizzando il vassoio di Leo.

Il cuoco non aveva mai sentito quella voce, e quando si girò a guardare la persona che lo teneva ancora stretto si rese conto che non l’aveva mai vista in tutta la sua breve e intensa vita. Perché se ne sarebbe sicuramente ricordato, dato che era parecchio particolare.

Era un ragazzo di circa la sua età, con pelle color caramello, brillanti occhi azzurri, e capelli blu come l’oceano.

A differenza dei nobili intorno a loro, non era vestito in modo particolarmente elegante. O meglio, lo era sicuramente stato, ma adesso la cravatta era sfatta, la camicia leggermente sbottonata, e la giacca era poggiata su una spalla, spiegazzata.

-Credo abbia sbagliato persona- Leo si affrettò a ritirarsi, in imbarazzo, accennando un inchino medio.

Il ragazzo tolse la mano, per rispettare i suoi spazi, ma non perse il sorriso smagliante.

-Sbagliato? Non potrei mai sbagliarmi, Leo. Wow! Hai i capelli più corti di come che mi ricordassi, e… nah, l’altezza è lì, non sei cresciuto nel frattempo, piccoletto- iniziò a ridacchiare e a prenderlo in giro scherzosamente, come se fossero vecchi amici.

Leo non sapeva come reagire.

Non sapeva neanche chi fosse quella strana persona.

Cercò di fare mente locale sui nobili di cui Persian gli aveva parlato, ma non li aveva mai descritti. L’unica cosa che gli aveva detto era che avrebbe riconosciuto i semidei, nel caso… un momento.

Leo ripensò a Giada, dai capelli rosa.

Quel tizio aveva i capelli blu.

Non esistevano tinture per capelli in quel mondo.

-Semidio…?- iniziò a supporre, in un sussurro.

-Payas! Teoricamente questo è il nostro primo incontro, in effetti. Scusa, ero così ansioso di vederti che mi stavo quasi dimenticando questo piccolo particolare- si presentò, sistemandosi i capelli all’indietro.

Okay, quindi era il semidio figlio di Kalea, quello che viaggiava nel tempo… questa cosa confondeva Leo ancora di più.

-Ci siamo conosciuti… nel futuro?- provò a supporre. Aveva sempre odiato i viaggi nel tempo. Creavano troppi casini nei media ed erano pochi autori a saperli gestire bene.

-Sei perspicace, piccolo…- mentre diceva la successiva parola, la sua voce non uscì, come se fosse stato messo in muto. Sgranò gli occhi, sorpreso -Ops, stavo per fare spoiler. Grazie al cielo non posso cambiare le cose, altrimenti il mio impatto nel passato potrebbe essere devastante- borbottò tra sé, poco preoccupato però.

-Okay… è stato un piacere, devo tornare a lavoro- Leo cercò di scrollarsi il semidio di dosso prima di avere un mind blown.

-Ti accompagno in giro, sono curioso di vedere come te la cavi all’inizio della tua…- di nuovo venne silenziato da una forza misteriosa -Eddai, non era uno spoiler tanto grave, non ho mica detto che…- di nuovo silenzio. Ridacchiò tra sé -Meglio parlare d’altro… allora, sei cuoco reale in questo momento, giusto? Come procede la vita a palazzo?- Payas iniziò a seguirlo, come una cozza attaccata allo scoglio (e considerando che viene dal regno marino, è una metafora stupenda).

-Eh… meravigliosamente. I regnanti si prendono cura di me al meglio- Leo diede una risposta standard perché non si sarebbe messo a raccontare i fatti suoi a quel tizio sconosciuto. Per tutta risposta il semidio assunse un’espressione maliziosa.

-Beh, so che…- silenzio -…si prende molta cura di… oh, non ancora? Strano, pensavo che…- silenzio-… fin dall’inizio… okay, mi sono perso dei pezzi. Perché queste cose ovvie sono spoilers?- si chiese da solo, molto confuso.

Leo iniziava ad interessarsi.

-Cosa è spoiler?- chiese, poi scosse la testa -Non fa niente… devo lavorare, se non vuole mangiare qualcosa, la prego di lasciarmi servire altre persone- provò nuovamente a congedarlo con professionalità.

-Oh, allora fammi assaggiare un’altra delle tue prelibatezze. Scommetto che la tua cucina era la migliore dei sette regni già allora… adesso… insomma, c’è qualcosa di fatto da te personalmente? Con il...- silenzio -…oh, non hai ancora ricevuto…- silenzio -…peccato-.

-Ho perso il conto di cosa è stato fatto da me e cosa no, tranne i biscotti arcobaleno che può trovare al tavolo del buffet. Ora, se vuole scusarmi- Leo tentò un’ultima volta a scrollarselo di dosso, con un inchino medio, ma Paytas lo fermò a metà movimento.

-Oh no, ti prego, non darmi del tu e non inchinarti, mi fa troppo strano. Dovrei essere io a…- silenzio -…capito, capito, non parlo di questa cosa. Mia madre mi ha sempre detto di stare attento alle mie parole, ma… ehi, dove stai andando?!- mentre parlava molto tra sé, Leo provò ad approfittarne per scappare, ma Payas aveva le gambe più lunghe delle sue, e lo raggiunse in fretta.

-Scusa, siamo partiti con il piede sbagliato, devi essere confuso- cercò di recuperare la situazione, e Leo decise di assecondarlo.

Capire qualcosa del futuro poteva essere una buona idea.

-Estremamente confuso, non sono fan dei viaggi nel tempo- ammise, a disagio.

-Sì, beh, ricominciamo dall’inizio, okay? Ci tenevo un sacco a conoscerti prima dell’altra volta e a fare amicizia, non voglio mandare tutto a monte per aver scelto un momento sbagliato- per la prima volta dall’inizio di quella strana conversazione, il semidio sembrava davvero preoccupato, come se perdere l’amicizia di Leo potesse essere una delle cose peggiori al mondo.

Questo confuse Leo ancora di più. Cosa era successo nel futuro per giustificare tale reazione?! Leo era, in fin dei conti, solo un cuoco di un altro mondo che sarebbe andato via entro un mese.

-Okay, okay… mi chiamo Leonardo, sono cuoco qui, e sto lavorando, comunque, quindi davvero non posso troppo stare a parlare, e vengo da Lumai- si presentò velocemente, posando il vassoio nel tavolo del buffet e controllando la situazione. Servivano altre pizze e altre crepes.

La principessa Opal era passata di lì.

-Ceeeeeerto, Lumai- Payas gli fece un occhiolino complice.

Leo perse un battito. 

Un’altra persona era a conoscenza delle sue vere origini? Quindi non erano solo Giada e Jahlee.

Che gli dei fossero tutti a conoscenza della cosa, e pertanto anche i semidei?

Era plausibile, solo che… Leo non sapeva più come comportarsi.

-Per curiosità, quando ci siamo conosciuti nei giorni di un futuro passato?- chiese, dando al semidio la sua più totale attenzione.

Doveva essere entro un mese, dopotutto.

Perché in un mese sarebbe tornato a casa e non avrebbe più messo piede nei sette regni.

…in teoria.

Degli spoiler, a Leo, in quel momento avrebbero fatto molto comodo.

-Troppo tardi per i miei gusti, per questo sono tornato indietro. Ma se avessi saputo che un…- silenzio -…fosse a Jediah sarei corso qui anche nel passato presente! A mia discolpa, sono davvero in pochi ad essersi accorti del tuo arrivo - silenzio, per un bel po’ -Devo davvero piantarla! Scusa. Comunque ti trovo bene, mi fa piacere. Crisi esistenziali a parte- Payas prese il volto di Leo e lo fissò con le sopracciglia aggrottate.

In effetti Leo era ormai al punto di rottura.

Cercava di fare ordine nella sua testa alle informazioni, ma gli mancavano troppi pezzi, e non faceva che confondersi sempre di più.

Alla fine sospirò, e si scansò.

-Lasciamo perdere gli spoiler. Tieni, un biscotto arcobaleno. Ne sono rimasti pochi- prese uno dei suoi famosi biscotti e lo porse a Payas, anche per farlo smettere di parlare.

Il semidio si illuminò.

-Oh, grazie!- lo assaggiò, e sospirò sognante -Sono proprio come li ricordavo! Che meraviglia!- 

Leo non trattenne un sorrisino soddisfatto.

-Ti ringrazio, e… mi fa piacere che tu abbia fatto tutto questo casino per conoscermi, ma… non ti aspettare troppo. Sono solo un cuoco- gli fece presente, in un sussurro.

Payas gli scompigliò i capelli.

-Non mi aspetto nulla, Leo. Io so già tutto… o quasi. E non vedo l’ora che arrivi il nostro incontro ufficiale! Quando non avrò paura di cambiare qualcosa di un futuro che, spero di poterlo dire, mi piace parecchio- gli fece un occhiolino, poi guardò un punto alle spalle di Leo, e sgranò gli occhi, spaventato.

-Meglio che io vada, non voglio proprio incontrarli!- disse in modo enigmatico, prima di prendere un altro biscotto e scappare via.

Leo non sapeva che pensare dell’incontro appena avuto, e decise di tornare alla sua strategia di concentrarsi solo sul lavoro.

Ebbe circa ventitrè secondi di pausa, prima di sentire una voce chiamarlo alle sue spalle.

-Leonardo!- si girò di scatto, e il suo sguardo si incrociò ad un ragazzo dall’altra parte della stanza, dagli abiti eleganti e i capelli rosso fiamma che sembravano davvero delle fiamme anche per il modo in cui erano sistemati.

Fu tutto quello che Leo riuscì a notare prima di sentire una voce nella testa.

“Fregato! Ah! Ora non puoi più scappare!” e questa volta fece davvero cadere il vassoio, per fortuna vuoto, che aveva appena preso in mano.

Si portò una mano alla testa, confuso.

“Sei un imbranato! Che ci trova Yu in te non lo capisco proprio. Bah! Vieni qui!” continuò la voce in testa.

-Chi parla?- Leo si guardò intorno, troppo agitato per fare due più due, e incrociò nuovamente lo sguardo del tizio dai capelli di fuoco, che gli fece cenno di avvicinarsi.

Non aprì bocca, ma Leo sentì nuovamente delle parole in testa.

“Non fare una scenata e vieni qui, voglio guardarti storto mentre ti minaccio!” disse in tono tutt’altro che rassicurante, con parole anche tutt’altro che rassicuranti.

Ovviamente Leo, che era una persona intelligente che non si buttava dritto nel pericolo… fece dietro front e cercò di scappare in cucina.

…wow, è una decisione quasi intelligente, per una volta.

Inutile, ma sempre meglio che andare verso un tizio che ti ha appena minacciato di minacciarti.

“Ehi, non ci provare! Ora che il collegamento è formato non si può recidere, idiota!” la voce nella testa, che Leo finalmente intuì fosse il semidio Remington, figlio del dio di Valkrest, non gli lasciò tregua.

Leo non si voltò per vedere se tale semidio lo stesse inseguendo, e si limitò a cercare di mettere abbastanza distanza tra loro con la speranza che il collegamento si sarebbe reciso in qualche modo.

Speranza destinata ad infrangersi.

Si sentiva un idiota!

Lo sapeva che sarebbe dovuto stare attento a non incrociare lo sguardo delle persone.

Ma si era distratto tra il lavoro e gli strani incontri, e non ci aveva più pensato.

Prima di raggiungere la cucina, Leo andò a sbattere contro una giovane donna super elegante con delle pietre preziose tra i capelli, e sentiva già in bocca il sapore di un’esecuzione per avere avuto l’ardire di scontrarsi con una nobile, quando, sollevando la testa, si rese conto che la persona super elegante che aveva colpito era Giada.

…PEGGIO!

No, anzi…

-Il tuo ragazzo mi sta seguendo!- esclamò senza logica, nascondendosi dietro di lei in cerca di protezione.

-Buonasera anche a te, Leo. E poi… CHE?! CHE RAGAZZO?!- lo salutò lei, guardandolo storto e poi guardandosi intorno.

-Oh dei, Remi!- seppellì poi il volto tra le mani, capendo in fretta la situazione.

-Resta qui! Ci parlo io!- lo incoraggiò a stare fermo, e scomparve tra la folla prima che lui potesse chiederle qualsiasi cosa.

Leo rimase ad aspettarla circa diciotto secondi, poi tornò in cucina perché, ricordiamolo, stava ancora lavorando.

Mentalmente maledì i motivi di trama che l’avevano costretto a presenziare al ballo anche durante la prima parte, e tornò a servire i nobili.

“Wow, che ribelli che sono i tuoi pensieri” gli sussurrò sarcastico Remington in testa, dimostrando di potergli leggere il pensiero anche a quella distanza.

Era peggio di Edward Cullen.

“NON OSARE!”

E invece osa, tiè!

 

Ormai la metà serata di avvicinava, e Leo avrebbe voluto ritirarsi nelle sue stanze e fingere di stare male per evitare di continuare ad andare in quella sala.

Purtroppo aveva fatto una promessa alla principessa, quindi doveva necessariamente tornare come ospite quantomeno il tempo di ballare con lei.

E per il momento aveva ancora mezzora di lavoro andando avanti e indietro.

-Ti prego, Mildred, non farmi tornare lì, cucinerò altre crepes! Farò dei biscotti! Fammi fare qualcosa in cucina!- stava pregando il suo capo, con i suoi migliori occhi da cucciolo.

-Posso prendere io il suo posto- Anna provò ad aiutarlo.

Leo afferrò al volto l’occasione:

-Sì! Anna è in gamba e amichevole! Sicuramente fa inchini migliori dei miei!- e non aveva rapporti complessi con quasi tutti i semidei invitati.

-Non ho dubbi al riguardo, ma mi è giunta voce che due ospiti importanti hanno espressamente richiesto di parlare con te, e non posso farci nulla- Mildred alzò le spalle, dispiaciuta ma con le mani legate.

Uffa, ma quello era il compleanno della principessa, o la serata “Tutti contro Leo”?!

Chi lo voleva disturbare, adesso?!

“Noi, brutto screanzato! Yu ti aveva detto di restare fermo!” gli arrivò una voce in testa.

Era davvero fastidiosa.

-D’accordo, d’accordo, vado- Leo cedette, prese uno degli ultimi vassoi della serata, e si avviò per l’ennesima volta al patibolo… cioè… nella sala da ballo.

Erano più o meno la stessa cosa.

Incontrò Giada e Remington subito fuori dalla cucina, a braccia incrociate e con la stessa espressione irritata.

-Giada, ti ha posseduto per caso?- fu il primo commento del cuoco, preoccupato che la sua migliore amica fosse stata traviata da un potere di cui Leo non conosceva i dettagli.

-Come ti permetti?!- si irritò Remington, infiammandosi, per fortuna non letteralmente.

-Remi, sta zitto!- Giada lo fermò con un gesto della mano.

Lui fece il muso, e alzò gli occhi al cielo.

Ci furono alcuni secondi di silenzio in cui si lanciarono occhiate con vari livelli di fastidio reciproco.

Leo faceva passare lo sguardo da uno all’altro come se fosse una partita di tennis… dove i due tennisti erano immobili o la pallina era invisibile.

-…bene, io andrei a lavorare- provò a tirarsi fuori dopo qualche secondo, Giada lo prese per un braccio.

-Fermo lì, prima Remington deve fare una cosa importante!- lo posizionò davanti al semidio, che lanciò a Leo un’occhiataccia.

-No, non lo farò- borbottò.

-Sì che lo farai! Spezza la connessione immediatamente- gli ordinò Giada, decisa.

-Oh, sì! Mi piacerebbe molto che tu spezzassi la connessione!- esclamò Leo, a cui non piaceva affatto sentire quella voce nella testa.

-Mi ha paragonato a Edward Cullen!- si lamentò Remington -È una mente da tenere sotto controllo!- 

-L’hai paragonato ad Edward Cullen?- chiese Giada, voltandosi verso Leo e guardandolo sorpresa.

-È la prima persona che legge i pensieri che mi è venuta in mente! E non avevo idea che sapesse chi fosse Edward Cullen!- provò a giustificarsi Leo.

Giada scoppiò a ridere.

-Visto?! Te l’ho sempre detto che sei peggio di Edward Cullen!- iniziò a prendere in giro l’amico -Ha sentito tutti i miei pensieri mentre leggevo Twilight, alle medie- spiegò poi a Leo, che inarcò le sopracciglia.

Remington fece il muso, ma alzò gli occhi al cielo come se quella discussione l’avessero avuta centinaia di volte e ne fosse davvero stanco.

Un momento… quei due erano rimasti in contatto anche quando Giada era nel mondo reale? Quindi i poteri funzionavano anche lì?!

Beh, certo, dopotutto il portale funzionava.

Quindi teoricamente Leo aveva una benedizione anche nel mondo reale. Figo!

Anche se non era il momento di ponderare queste cose.

Doveva stare attento a quello che pensava.

Tipo, non doveva pensare che Remington era mille volte peggio di Edward, che il suo collegamento con Giada era più inquietante che romantico, anche se un po’ romantico lo poteva essere. 

In ogni caso, Remington non gli piaceva particolarmente, al momento.

“Il disprezzo è reciproco! E sta lontano da Yu se non vuoi che ti faccia pentire di aver messo piede in questa dimensione!” sentì Leo nella testa.

Ahhhh! Era uno yandere!

“Non sono uno…”

-Giada, il tuo ragazzo mi bullizza!- Leo fece immediatamente la spia, nascondendosi dietro di lei.

-Non è vero, sta mentendo!- si difese Remington.

“Ti ammazzo se ci riprovi, piccoletto!” continuò le minacce.

-Sembrate dei bambini! E Leo, Remington non è il mio ragazzo, smettila!- Giada alzò gli occhi al cielo, e poi sussurrò a Leo arrossendo appena.

Remington la sentì, e grugnì infastidito, arrossendo appena anche lui.

“Mmmm, per ora…” fu un pensiero troppo silenzioso perché Leo lo capisse del tutto, quindi lo ignorò.

-Okay… il tuo ex-ragazzo mi bullizza!- Leo si corresse.

“Piantala, idiota!” sentì l’avvertimento. 

-Basta parlare di questo!- li interruppe Giada, categorica.

-Remi, spezza il collegamento! Leo, non provocare Remi! Dovete andare d’accordo se volete passare il prossimo mese insieme- cercò di fare da mediatrice.

-Non voglio passare il prossimo mese insieme a lui!- dissero insieme Leo e Remington, indicandosi come il meme di spidermen.

-Bene, Remington, allora non verremo a Valkrest dopo il banchetto- lo minacciò Giada, prendendo le parti di Leo.

-Non riesco a credere che dopo diciassette anni in cui non ci siamo visti e abbiamo solo parlato mentalmente, tu sei qui solo per questo idiota!- Remington la prese sul personale, incrociando le braccia e lanciando a Giada un’occhiata piuttosto ferita, oltre che arrabbiata.

-Sono fatti vostri, io mi tiro fuori…- Leo, che già aveva sofferto di imbarazzo totale a stare in mezzo alla dinamica padre-figlia della sua migliore amica, cerco di ritirarsi almeno da quella conversazione tra ex.

Ex-migliori amici, ex-ragazzi, ex-qualsiasi cosa fossero, Leo non voleva averci niente a che fare.

“Bravo, vattene così evito di recidere il collegamento, muahahahah” lo incoraggiò Remington nella sua testa.

-Ripensandoci… prima il tuo amico e compagno semidivino deve rompere qualcosa, giusto?- Leo accolse il suggerimento, provocando il figlio di Veer, che lo guardò storto.

“Tu non sopravvivi un altro mese qui, stanne certo!” lo minacciò.

-Giusto! Remi, spezza il collegamento, e poi parliamo del prossimo mese- Giada colse al volo l’occasione.

Remington sospirò, si avvicinò a Leo, e gli diede uno schiaffo sulla testa.

-Ahi! C’era bisogno?- chiese il cuoco, offeso, massaggiandosi il punto d’impatto.

-No, ma è stato divertente. Collegamento spezzato, ma cerca di non guardarmi negli occhi o potrei ricrearlo, se volessi- lo prese in giro Remington, con un sorrisino vittorioso.

Due secondi dopo sgranò gli occhi, e si girò disgustato verso Giada.

-Non ci pensare neanche! Che schifo!- mise almeno un metro di distanza tra lui e Leo.

Giada ridacchiò appena.

-Non ho idea di cosa tu stia parlando- fece la finta tonta.

Per voi lettori interessati, Giada aveva appena pensato una cosa del tipo: 

“Remington/Leo, Enemies to lovers, 40K, slow burn” che notoriamente sono tag di fanfiction.

Giada ne scriveva, e soprattutto ne leggeva, a bizzeffe, su vari siti, soprattutto Ao3.

-Grazie di aver interrotto il collegamento. Ora che è tutto risolto, godetevi la serata, vado a lavorare- Leo provò nuovamente a togliersi dalla situazione, ma quello non era il suo giorno fortunato, perché Giada lo interruppe.

-Aspetta, Leo, volevo… sentite, siete partiti con il piede sbagliato, ma vorrei davvero che riusciste ad andare d’accordo. Siete i miei due amici più importanti, e, Remi… lo sai che…- si interruppe, e fissò Remi negli occhi, probabilmente comunicando mentalmente.

-Che ci trovi in questo tizio?- chiese Remington, incredulo, scuotendo la testa -Non riesco a capirlo e non lo capirò mai!- sembrò rifiutarsi di aprirsi.

Leo non avrebbe avuto problemi a fare una tregua, dato che non gli piaceva avere nemici, soprattutto in un mondo fantasy magico dove lui valeva come un chicco di riso, ma Remington non sembrava dello stesso avviso.

-Va bene, ho capito- Giada sospirò, e si girò verso Leo.

Sembrava stesse per dirgli qualcosa di intenso e pessimista del tipo “Siamo fregati, Leo. Senza l’aiuto di Remington morirai entro pochi giorni per qualche motivo che non ho intenzione di spiegarti”.

Invece si limitò a prendere una pizza rivisitata che Leo aveva rifatto e che stava sul vassoio in mezzo ad altre, e si fiondò contro Remington, costringendolo a mangiarla.

Dopo circa un minuto di lotta libera, Remington perse, e fu costretto a mangiare la pizza.

Leo non riuscì a non pensare che almeno con il principe lui era stato più gentile quando lo aveva costretto.

Ma sapeva che Giada era fatta così, quindi non ne rimase molto sorpreso.

Remington deglutì, con espressione impassibile, poi si girò verso Leo, che lo guardò in attesa.

“Sei davvero un idiota! Ti avevo detto di non guardarmi più negli occhi!” sentì la voce nella sua mente.

Leo si coprì la faccia con la mano libera. Se n’era completamente dimenticato.

Remington ridacchiò appena, poi sospirò, e si voltò verso Giada, con sguardo addolcito.

-Siccome è completamente spacciato senza il nostro aiuto, accetto di ospitarvi a Valkrest prima della vostra partenza. Mi fa piacere che hai deciso di stare da me questi giorni- sorrise a Giada, che ricambiò con un abbraccio.

-Grazie, Remi!- 

Ohhhhh! Non era yandere!

Erano due tsundere!

Awwwww!

“Sta zitto idiota!! Posso sempre cambiare idea” Remington si staccò dall’abbraccio e gli tirò un’altro schiaffo sulla fronte, meno violento stavolta, per recidere di nuovo il collegamento mentale.

Leo abbassò immediatamente lo sguardo, cercando di non rifare lo stesso errore di prima, soprattutto per evitare altri schiaffi.

-Non ho detto nulla- provò a giustificarsi -Sarà meglio che torni a lavoro, devo ancora sistemare alcune cose prima di ritirarmi- provò poi a congedarsi, con un inchino medio.

-Okay. Raggiungici appena sei libero. Non puoi andare troppo in giro- si fece promettere Giada.

Remington si avvicinò a lui per prendere un’altra pizza.

Leo fece di nuovo l’errore di guardarlo negli occhi.

Era più forte di lui! Non era abituato ad evitare lo sguardo delle persone!

“Non raggiungerci. Fammi godere la mia migliore amica per una sera” gli ordinò Remington, anche se sembrava quasi una preghiera.

Leo annuì.

Alla fine capiva cosa significasse stare lontano da qualcuno per troppo tempo e voler stare con quella persona più tempo possibile una volta riabbracciata.

“…mmm, bene” Remington gli tirò una schicchera sulla fronte, spezzando per la terza volta il collegamento, e poi si allontanò con Giada.

-È davvero un idiota- Leo lo sentì sussurrare.

-Sì, ma è il mio idiota, okay?- ribatté Giada.

-Pensavo di essere io il tuo idiota- si lamentò lui.

-Posso avere due idioti di mia proprietà- ridacchiò lei.

Poi furono troppo lontani dal campo uditivo di Leo perché lui potesse sentirli.

Ma una cosa era certa: vedeva il potenziale di ship, nonostante Remington fosse partito con il piede sbagliato!

Se solo anche Leo avesse avuto la fortuna di poter stare con il ragazzo che gli piaceva.

NON CHE CE NE FOSSE UNO AL MOMENTO!!

Cercò di non pensarci più, e tornò a lavoro.

 

Un lavoro che durò poco più di altri dieci minuti, prima che Leo fu congedato e costretto a partecipare come ospite.

Se come cameriere aveva attirato così tanto l’attenzione di ospiti super importanti e potenti, non voleva neanche immaginare come sarebbe andata come ospite ufficiale, vestito bene.

E si stava giusto finendo di vestire, in uno stanzino vicino alla cucina perché non voleva perdere troppo tempo tornando in camera, che sentì bussare alla porta.

-Chi è?- chiese, confuso.

-Sono Anna, posso entrare? Volevo aiutarti con i capelli. Ho il gel che mi avevi chiesto- si annunciò la cuoca.

Leo si era quasi dimenticato, ma qualche giorno prima aveva chiesto, più per curiosità che per vero interesse, se ci fosse del gel per capelli in quel mondo. Era stato discreto con la formulazione della domanda per non destare sospetti, ma la risposta era stata positiva, e Anna si era offerta di aiutarlo con i capelli per il ballo.

-Certo, entra, sono praticamente pronto- Leo la incoraggiò ad entrare, finendo di abbottonarsi la giacca.

Lo stanzino era piuttosto piccolo, ma erano piuttosto minuti anche loro, quindi non sarebbe stato un problema.

-Oh, peccato…- borbottò lei, molto tra sé.

-Peccato? Perché?- chiese Leo, voltandosi nella sua direzione e sorridendole confuso.

-No, niente. Mi dispiace di non poterti aiutare anche in questo- si spiegò lei, arrossendo appena.

Ultimamente Anna era molto ansiosa di aiutarlo, molto più del solito.

Era sempre stata molto carina con Leo, come anche Mary e Jane, ma ultimamente si metteva sempre in prima linea qualsiasi cosa gli servisse.

Gli faceva piacere, ma lo metteva anche un po’ a disagio. Dopotutto non era un bambino bisognoso di attenzioni.

…beh, sì, era bisognoso di attenzioni perché rischiava di morire ad ogni passo, ma aveva già Alex, Giada e Mildred che lo proteggevano, aiutavano e rimproveravano per la sua idiozia, quindi non gli serviva anche Anna che facesse le prime due cose.

Però era comunque felice di ricevere il suo aiuto, se le faceva piacere aiutarlo.

-So ancora vestirmi per fortuna, anche se ammetto che sono terrorizzato di rovinare questo bellissimo vestito. E non credo mi stia così bene- commentò Leo, guardandosi nello specchio scheggiato che aveva sistemato su un mobile pericolante.

-Stai benissimo, Leo… ti aiuto con i capelli. Siediti lì- Anna lo incoraggiò ad accomodarsi, e Leo eseguì.

La luce era fioca, lo spazio era stretto, e Anna stava minuziosamente sistemando i capelli del ragazzo con delicatezza e movimenti ben calcolati, ma Leo era troppo omosessuale per capire il potenziale romantico di quel setting, quindi rimase sorridente e ignaro di quello che stava succedendo nel cuore della ragazza davanti a lui, rossa come un pomodoro e con le mani leggermente tremanti che però cercava di tenere ferme per non rovinare il suo lavoro.

-Leo… c’è una cosa che vorrei dirti- verso la fine dell’operazione, la ragazza ruppe il silenzio, con voce incerta.

-Certo, Anna, dimmi tutto- Leo la incoraggiò a parlare, avvicinandosi appena per mostrarle la sua totale attenzione, e facendole battere il cuore ancora più forte.

A sua discolpa, bisogna dire che la sua omosessualità era così palese nel proprio mondo che non aveva mai avuto a che fare con ragazze cotte di lui che lo confondevano per un etero.

-È… è una cosa difficile da dire, ma… sento che se non lo dico oggi, potrei perdere per sempre l’occasione di farlo- continuò lei, torturandosi le mani sporche di gel, e non riuscendo a guardare Leo negli occhi.

Leo temette che avesse capito tutto circa il suo licenziamento imminente.

-Hai ancora qualche giorno, ma… non avere paura, Anna. Sai che puoi dirmi qualsiasi cosa- le mise le mani sulle spalle, preparandosi ad una batosta, ma sperando che non fosse niente di troppo negativo.

-Lo so, Leo, proprio per questo, io… sai, non ho mai conosciuto nessuno come te… sei così gentile, e divertente, e incoraggiante, e i tuoi piatti sono i più buoni del castello. Non che il tuo talento abbia a che fare con quello che provo per te, non è questo, solo… oh, devo dirlo e basta…- il pensiero di Leo, durante quel discorso, cambiò dal “sta cercando di convincermi a restare, che carina” al “oh no, oh no, non si starà confessando, vero?” in pochi secondi.

Finalmente anche lui si rese conto del potenziale etero romantico di quella situazione.

Ma prima che potesse fermare Anna in qualche modo, trovare una scusa, o chiedere aiuto a Remington con i suoi poteri telepatici, anche se il collegamento era ormai interrotto, Anna concluse la sua confessione.

-Leo, tu mi piaci!- alla fine Anna non lasciò spazio a dubbi.

Leo cercò comunque di inventarsi dei dubbi.

-Come amico?- chiese, con un sorriso terrorizzato.

-N_no, cioè, sì, anche, ma… come più che semplice amico. Io… ho una enorme cotta per te. Ricambi i miei sentimenti?- Anna si spiegò prima che Leo potesse trovare una scappatoia, o interromperla, o farsi venire un mente un discorso di senso compiuto.

-Io… Anna…- Leo non friendzonava una ragazza da anni. L’ultima volta era stata tipo alle medie, o forse addirittura alle elementari. Non era mai stato popolare in generale, e poi era seriamente troppo gay. Le ragazze non ci provavano proprio.

-Prima che tu risponda, prenditi un po’ di tempo per pensarci. Possiamo prenderla con calma, uscire dopo il lavoro, andare al mercato, stare un po’ insieme e…- Anna intuì dove quel “Anna…” sarebbe andato a parare, e cercò di salvarsi in calcio d’angolo.

Leo però non poteva darle false speranze.

Non le dispiaceva l’idea di uscire dopo il lavoro, andare al mercato e stare un po’ insieme all’amica, ma era solo un’amica, e sarebbe sempre rimasta solo un’amica, per lui. Non poteva fingere che non fosse così.

Doveva essere diretto e conciso.

-Anna, mi dispiace tantissimo. Tu sei una ragazza meravigliosa, e ti voglio un sacco bene, ma non posso accettare i tuoi sentimenti romantici- mise le cose in chiaro, nel tono più gentile che riuscisse a tirare fuori.

Anna abbassò la testa, con le lacrime agli occhi.

-Ti piace qualcun altro, vero?- chiese, il suo tono tradiva dei singhiozzi.

Quella non era proprio la serata di Leo, maledizione!

-Sì, no, aspetta, non è questo, il fatto è che io sono… sono…- Leo sapeva di non avere nulla da temere con Anna.

Era una brava ragazza, era gentile, non lo aveva mai giudicato per il fatto che fosse un uomo e stesse in cucina.

Eppure, quando si ritrovò a pochi secondi dall’ammettere la propria sessualità in quel mondo che Leo era ancora convinto fosse intrinsecamente omofobo, non riuscì assolutamente a far uscire le parole.

Non poteva rischiare.

Non voleva rischiare.

E non perché pensasse che avrebbero trovato un modo per ucciderlo o torturarlo. Dopotutto aveva la protezione sia di Giada che di Jahlee.

No, Leo non voleva avere la certezza che le persone a cui si era avvicinato di più durante quel mese, non l’avrebbero più accettato una volta scoperta la sua sessualità.

Sarebbe dovuto andare via presto, e voleva andare via con un bel ricordo di quelle persone.

Un ricordo doloroso, forse, perché non le avrebbe viste più, ma un buon ricordo comunque.

-Ho capito… non preoccuparti- Anna si alzò, interpretando il silenzio di Leo come un invito ad andarsene perché non aveva una vera scusa da rifilarle.

Leo la fermò.

Meritava una giustificazione.

-Anna, non sei tu, davvero. Tu sei meravigliosa, il problema è mio, perché sono…- no, Leo non riusciva a dirlo. Era come se la voce gli fosse sparita in gola.

Poi gli venne un colpo di genio.

Un modo semplice ed efficace per liberarsi di tutti i suoi problemi in una volta sola: 

-…Sono già sposato!-  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

LEO WTF?!

Allora, questo capitolo è la parte uno del ballo, la prossima parte arriverà molto presto perché non voglio far passare troppo tempo tra le due parti. E poi perché, eh, ci sarà una cosa molto importante nel prossimo capitolo :3

Parlando di questo…

Intanto scusate se è così breve, ma avendo diviso il ballo in due le cose che dovevo scrivere in questa prima parte sono diminuite. Mi rifarò nel prossimo capitolo, giuro.

Intanto le pizze hanno avuto successo con la famiglia reale, ma Daryan non si è visto granché in questo capitolo. Che stia evitando Leo?

Poi… Leo ha incontrato un po’ di persone importanti.

Payas sembra conoscerlo, essere un suo grande amico, e sa un sacco di spoiler sul futuro, che sia tra una settimana, un mese o un futuro molto lontano, questo non lo sa, ma è certo che in futuro riuscirete, spero, a concludere le frasi che ha silenziato.

Remington, d’altro canto, lo odia a pelle e si sente minacciato da lui.

Onestamente hanno più alchimia Leo e Remington di Leo e Payas, ma shhhh, non ditelo al semidio dell’acqua, che potrebbe rimanerci male, dato che è un simp di Leo, lol.

Giada è la mom friend, ma questo si era già capito quando è stata introdotta nello scorso capitolo, e sembra avere con Remington un rapporto piuttosto complicato, ma comunque amichevole e pieno di flirt.

E sembra anche tenere nascoste molte cose a Leo, mmmmm.

Infine… Anna… Anna… Anna… che mi combini?! Ma non la senti l’omosessualità di questo simpatico protagonista?

E Leo avrebbe potuto dire un tranquillo “Mi dispiace, ma sono gay” e chiuderla lì, e invece… a quanto pare ora è sposato.

La rete di imbrogli e bugie si fa sempre più fitta.

Chissà come reagirà Anna.

E se la voe si spargerà.

Se dovesse raggiungere le orecchie di Daryan le cose potrebbero farsi complesse.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 15
*** Se fingi di venire da Lumai, un falso matrimonio porta guai ***


Se fingi di venire da Lumai, un falso matrimonio porta guai 

 

Giada stava bevendo un bicchiere di champagne e conversando amabilmente con Remington, il quale le stava narrando di un libro che aveva letto qualche giorno prima, quando le venne un brivido lungo la spina dorsale.

Sgranò gli occhi e si irrigidì completamente.

-Tutto bene?- chiese Remington, interrompendo il racconto e guardandola preoccupato.

-Perché ho il sentore che Leo abbia appena fatto un errore terribile?- borbottò lei, con una pessima sensazione.

-Gli invaderei la mente e ti farei sapere, ma purtroppo mi hai fatto recidere il collegamento- Remington alzò le spalle, prendendo un sorso di champagne, e rabbuiandosi pensando al migliore amico della ragazza.

-Non volevo che ti facessi i fatti suoi indiscriminatamente! Un collegamento mentale deve essere consenziente, come qualsiasi cosa!- si infiammò lei.

Sapeva che Remington non avrebbe mai usato i suoi poteri per fare qualcosa di male, ma aveva notato subito una certa animosità nei confronti di Leo che non le piaceva per niente.

Non voleva che il suo migliore amico attirasse l’attenzione delle persone sbagliate, e sapeva molto bene che c’erano solo due modi di reagire a Leo: odio totale, o amore estremo.

E di solito la prima impressione sul suo migliore amico era sempre negativa.

E andava bene, in Italia, dove il peggio che gli potesse capitare era di essere insultato su internet o preso di mira da un professore universitario.

Ma lì, nei sette regni, se una divinità decideva che dovevi sparire… c’erano molte probabilità che trovasse il modo di farti sparire.

E Giada voleva solo che Leo fosse sano e salvo.

Era stato il suo primo vero amico da quando aveva lasciato i sette regni, e il suo raggio di sole in momenti bui.

…la faceva anche impazzire il più delle volte, ma l’amicizia è fatta così.

E al momento la cosa più importante era proteggerlo.

-Beh, mi ha guardato negli occhi tre volte. Sapeva cosa significava- provò ad obiettare Remington.

-Non l’ha fatto di proposito. È solo stupido! Non usare la narrativa del “se l’è cercata” perché giuro che divento una belva feroce!- Giada si infiammò immediatamente.

-Non era mia intenzione, scusa. Sai… non sono abituato a persone che mi guardano negli occhi senza paura. È stato per stupidità, ma è stato… interessante- commentò Remington.

Si era molto rilassato da quando avevano abbandonato Leo a lavoro.

A quest’ora avrebbe dovuto smettere di lavorare.

Giada sperava non avesse appena fatto qualcosa di irrimediabilmente stupido.

Tipo confessare i suoi sentimenti al principe, nominare qualche divinità che era meglio non nominasse, o… boh, dire in giro che fosse sposato.

Giada rabbrividì al solo pensiero.

Forse avrebbe dovuto fare una lista di tutte le cose che Leo non poteva assolutamente fare o anche solo pensare di fare.

Sarebbe stata molto più tranquilla.

-Credi che la nostra presenza qui attirerà l’attenzione?- chiese sottovoce a Remington, guardandosi intorno.

-Nah, la Storia non indugia particolarmente sul ballo per il compleanno della principessa. Basta tenere un profilo basso e non creare eventi degni di nota- la rassicurò lui.

Aveva ragione. La Storia, per i semidei, era più flessibile.

Anche se c’erano comunque delle informazioni che difficilmente venivano cambiate.

Come il fatto che l’unica semidea presente a quell’evento dovesse essere la piccola Clarisa.

Quindi che ci faceva Payas lì, intento a ballare divertito con la bambina?!

Il cuore di Giada perse un battito.

Porse il proprio bicchiere a Remington.

-Tieni, devo andare a cuocere del pesce!- affermò a denti stretti, avvicinandosi di soppiatto al ragazzo.

“Buona fortuna, pietra preziosa” la incoraggiò Remington mentalmente, per non attirare l’attenzione di Payas, che Giada raggiunse senza farsi notare.

-Non sei nella Storia! Che ci fai qui!- lo salutò… circa… senza perdere tempo con i convenevoli.

Payas sobbalzò così vistosamente che per poco non fece cadere la semidea che teneva in braccio.

-Giada, che sorpresa vederti nuovamente nei sette regni!- la salutò lui, con un enorme sorriso, e fingendo ignoranza.

Giada impallidì.

Il suo cuore iniziò a battere furiosamente.

-Oh no… cosa è successo nel futuro?! Come hai conosciuto Leo?!- iniziò a chiedere, agitandosi.

Clarisa si strinse forte al ragazzo, spaventata dalla veemenza dell’interlocutrice.

-Fratellone, che succede?- chiese, in un sussurro.

Non erano fratelli, in realtà, ma Payas era il migliore amico di Nox, fratello maggiore di Clarisa, quindi la bambina era cresciuta vedendolo costantemente.

-Ti porto dagli Ilie, okay? Devo parlare un po’ con Giada- le spiegò lui, con un sorriso rassicurante, portandola verso la famiglia reale di Ombron che l’aveva presa in custodia.

Giada attese il suo ritorno, non perdendolo di vista neanche per un secondo.

Poi lo trascinò in un angolo della sala.

-Allora, come dei hai conosciuto Leo?!- ripetè, molto più combattiva.

-Prima di tutto non ti permettere mai più di fare l’aggressiva con Clarisa! È una bambina sensibile!- Payas aveva perso ogni traccia di affabilità ora che loro due erano soli.

Giada lo conosceva appena, ma aveva letto nella Storia della sua personalità imprevedibile come il mare.

Un secondo prima era la persona più calma del mondo, il secondo dopo una furia selvaggia.

Uguale a sua madre.

E sapeva che da sua madre aveva preso il potere di tornare indietro nel tempo.

E lì si fermavano le sue conoscenze sul semidio di Katrang.

Purtroppo le personalità collegate al divino erano poco presenti nella Storia, l’unica vera fonte di informazione di Giada sui sette regni.

-Non era con Clarisa che stavo facendo l’aggressiva! Cosa è successo a Leo nel futuro?! E perché sei tornato indietro?! Come lo conosci?!- Giada insistette sul suo punto.

Lei voleva tenerlo lontano da quel mondo.

Lontano dalle divinità.

E Payas… era palese che Payas lo conoscesse e fosse lì solo per lui.

Non poteva esserci altra spiegazione.

-Non so di chi tu stia parlando. Ora, se vuoi scusarmi, ho una bambina da tranquillizzare- lui provò comunque a fare il finto tonto, e a superare Giada, che lo prese per il polso, fermandolo e costringendolo a guardarla.

-C’è una sola persona che mi chiama Giada in tutti i sette regni, e quella persona è Leo… parla!- gli fece notare il suo errore.

Payas rimase in silenzio qualche secondo, valutando cosa dirle.

Poi si liberò il braccio con un violento scossone.

-Non devo rendere conto a te per quello che faccio. E se anche volessi parlarti di come ho conosciuto Leo e come siamo diventati amici del cuore, molto più di te e lui, non potrei farlo. Ho il filtro anti-spoiler!- spiegò, facendosi aggressivo, e indicando la sua bocca.

-Non me la bevo- Giada scosse la testa, e lo torchiò, decisa a spillargli ogni informazione utile.

-Leo è un…- silenzio -…visto. Non sto mentendo!- lui dimostrò le sue parole.

-Posso sempre leggerti il labiale- Giada cercò un modo di superare il filtro anti-spoiler.

Non aveva capito cosa fosse Leo, ma se si impegnava era certa di poterlo capire.

-Peccato che non ho intenzione di dirti nulla. Non do informazioni a…- silenzio, ma scandì bene la parola, che Giada capì.

Sgranò gli occhi.

-Mi stai prendendo in giro!- lo accusò, non credendo neanche per un secondo a quello che le aveva appena rivelato.

-Credi a ciò che vuoi. Io non ti dirò una parola. Non posso rischiare che cambi il futuro! Ci tengo troppo!- le lanciò un’occhiata di fuoco, prima di darle le spalle e tornare da Clarisa.

Giada rimase ferma qualche altro secondo, turbata da quel breve ma significativo incontro.

Cercò di non pensarci troppo, però.

Doveva solo aspettare un mese.

Un mese, anzi, meno, e sarebbe andato tutto bene.

Leo sarebbe tornato a casa, la Storia sarebbe filata come doveva, e sarebbe stato come se non fosse successo nulla.

Doveva proteggere Leo.

Era quello il suo ruolo da amica.

E doveva evitare che facesse qualche errore madornale che lo portasse vicino alla morte.

 

-Sono sposato!- le parole uscirono dalla bocca di Leo più acute e incerte del dovuto, ma Leo aveva parlato nel panico.

E so che lo state insultando pesantemente per l’errore madornale che ha appena fatto, ma fermatevi un attimo a riflettere sul suo ragionamento, e capirete che ha senso… circa.

Intanto fingere di essere sposato lo escludeva da future ragazze che potevano avere una cotta per lui. Non avrebbe mai ricambiato i sentimenti di nessuna, quindi non si perdeva niente, ed eliminava il problema di dover friendzonare le persone e rischiare di rivelare la sua omosessualità.

Questo ovviamente escludeva anche eventuali uomini che potevano provare sentimenti per lui e che si sarebbero tenuti alla larga, e in teoria era abbastanza triste.

In pratica, Leo era convinto che quel mondo fosse omofobo ed eteronormativo e che quindi nessun ragazzo avrebbe mai provato nulla per lui e soprattutto non si sarebbe mai dichiarato, quindi non c’erano problemi.

Infine, doveva restare lì un altro mese al massimo, quindi fingere di avere una moglie dalla quale tornare a casa poteva essere una buona scusa per andarsene.

Quindi tutti i suoi problemi erano risolti!

Certo, era un dettaglio importante che si era dimenticato di dire quando l’avevano interrogato sulla sua famiglia, ma dettagli. Era solo un matrimonio.

Non era di certo l’unione più sacra e inviolabile di Lumai, che se la rompevi o mentivi al riguardo diventavi praticamente un bersaglio su gambe per le divinità.

…vero?

No, perché… nel momento stesso in cui quelle parole lasciarono la bocca di Leo, Anna fece un verso di orrore, e si allontanò al limite dello stanzino, manco Leo le avesse confessato di essere di un altro mondo, o un semidio, o gay.

Non è che aveva detto di essere gay e non sposato?

No, no, aveva detto sposato, ne era certo.

-Anna…- provò ad avvicinarsi. Lei lo tenne a distanza.

-Oh. Miei. Dei!- esclamò, sconvolta -Perché non me lo hai detto subito?! Non riesco a credere di averci provato con un uomo sposato di Lumai! Non voglio che Laasya mi incenerisca. Oh, ti prego! Dea Laasya, la prego, non lo sapevo, non lo sapevo, o non avrei mai…- iniziò a pregare e implorare il perdono, terrorizzata per la propria vita.

Leo iniziò a preoccuparsi.

-Anna, calma. Non è colpa tua, sono io che non l’ho detto. Non pensavo…- cercò di giustificarsi e rassicurarla, ma Anna non lo fece finire.

-Non stai mentendo, vero? No, non mentiresti mai su una cosa del genere se sei di Lumai… ma non riesco a credere che tu non ce l’abbia detto. Un matrimonio celebrato dalla dea della preveggenza, destinato a durare in eterno! Mi dispiace così tanto di essermi messa in mezzo! È una donna davvero fortunata. Vi auguro ogni bene- cercò di recuperarsi, fece a Leo un cenno del capo, e scappò via dalla stanza senza dare il tempo al ragazzo di dire qualsiasi altra cosa.

Ma capì che forse la sua idea per salvarsi la vita era stata molto più che semplicemente stupida, ma quasi suicida.

Non aveva messo in conto che a Lumai c’era la dea della preveggenza, e che il matrimonio fosse sacro e sicuramente celebrato dalle divinità, e che che quindi fingere di essere sposato quando non lo si era per davvero poteva essere un insulto a Laasya.

Poteva diventare molto problematico.

Oh, se solo avesse avuto il potere di tornare indietro nel tempo e cancellare una decisione presa tipo Max in Life is Strange.

…un momento!

Lui magari questo potere non lo aveva, ma aveva appena conosciuto qualcuno che lo possedeva.

Forse poteva chiedere a Payas di dimostrare la loro tanto esaltata amicizia facendogli il favore di portarlo indietro nel tempo di qualche minuto.

Non doveva essere poi così complicato per un semidio, giusto?

Uscì dallo sgabuzzino con l’intento di ritrovare il sedicente migliore amico del futuro.

 

Ma purtroppo venne intercettato quasi immediatamente dalla festeggiata della giornata, che lo aspettava vicino alle porte che davano alla cucina, conscia che presto Leo sarebbe finalmente giunto come suo ospite.

Il cuoco si era quasi dimenticato della promessa che le aveva fatto di ballare con lei.

-Leo!- lo accolse lei, con un grande sorriso.

-Un secondo!- Leo sparì nuovamente in direzione delle cucine, e riemerse dallo sgabuzzino di prima con un piccolo pacchetto fatto alla meno peggio, che però non offrì ancora alla principessa. 

C’erano troppe persone presenti, e Leo non era abbastanza sicuro del regalo per darlo di fronte a testimoni.

Sentimento che da fuori poteva risultare sospetto, ma Opal non commentò niente.

-Il vestito ti sta benissimo! Ho scelto proprio bene. Ti stavo aspettando con ansia!- gli girò intorno, controllandolo bene le sue condizioni e annuendo tra sé.

-Anche io ho ansia- borbottò Leo, sentendosi fin troppo osservato -Cioè volevo dire, ho aspettato anche io con ansia, e le auguro nuovamente i migliori auguri, principessa Opal- cercò di recuperarsi e fece un inchino profondo.

-La ringrazio, mio gradito ospite e salvatore- la principessa gli rivolse un inchino medio che Leo non credeva proprio di meritare, e gli fece un occhiolino complice.

Probabilmente voleva rassicurare Leo, ma aveva solo aumentato l’attenzione di tutti su di lui.

-Non voglio prendere troppo del suo tempo, principessa, vado a nascondermi in un luogo molto isolato- Leo provò ad azzardare un altro inchino per congedarsi, ma Opal non glielo permise. Lo prese per il polso e iniziò a trascinarlo verso il balcone.

-Ottima idea, andiamo in un luogo isolato a discutere di faccende importanti- cercò di dare un tono professionale alla situazione, e Leo decise di assecondarla e cercare di ignorare i sussurri delle persone intorno a lui.

-Chi è quel tipo?- 

-L’ha chiamato salvatore-

-Ho sentito che c’è stato un attacco qualche settimana fa-

-L’invito deve essere un favore reale-

-Sembrano intimi, e sembrano avere la stessa età-

-Una principessa non può sposare un popolano-

-Forse è un nobile-

-Forse è un cavaliere- 

-…amico, ti sembra un cavaliere? È basso e minuto- 

-Okay, ho detto una cavolata-

-Questi biscotti sono proprio buoni caspiterina-

-E quindi Gustavo si avvicina molto ad Eugenia, okay, ma a zia Carlina questo non piace perché vuole tenere la corona, e quindi…- 

La gente sussurrava davvero tanto a quella festa.

Leo non era tipo che si vergognava quando era al centro dell’attenzione, quindi i commenti riguardo a lui non lo scalfivano affatto.

Però non voleva far fare brutta figura alla principessa, quindi era un po’ preoccupato riguardo l’impressione che poteva lasciare a quel manipolo di gossippari e spoileratori di libri.

Per fortuna Opal riuscì a portarlo in un balcone dove nessuno poteva guardarli e disturbarli, almeno non che Leo sapesse.

E l’ignoranza era molto utile in quella circostanza.

…solo in quella circostanza.

Per il resto delle cose di quel mondo, sarebbe stato meglio per Leo sapere il più possibile della lore dei sette regni.

Soprattutto per evitare errori tipo fingere di essere sposato a Lumai.

In ogni caso, finalmente potè respirare.

-È davvero così difficile capire che ho 22 anni?- borbottò, ricordando i commenti di prima.

-Prima o poi lo sapranno tutti- lo rassicurò Opal, con un tono leggermente malizioso che Leo non capì affatto.

Dubitava che quelle persone avrebbero mai scoperto il suo nome, figuriamoci la sua età.

Soprattutto se sarebbe andato via da quel mondo entro un mese.

Ugh, non voleva pensarci.

Doveva pensare alla principessa e a rendere quella serata perfetta.

-L’avverto subito, non so ballare per niente- posò discretamente il regalo in un angolo, e si avvicinò alla principessa mettendo le mani avanti, letteralmente, dato che supponeva che bisognava prendersi per mano per un ballo reale.

L’unica esperienza di Leo veniva dai film.

-Tranquillo, mi basta il pensiero e la tua partecipazione. Poi non ci vedrà nessuno, non deve essere un ballo perfetto- lei lo rassicurò, e gli sistemò le mani nei posti giusti, mostrandogli poi il movimento.

La musica della sala, suonata da un’orchestra dal vivo, arrivava fino al balcone, e Leo cercò di seguirla mentre iniziava tentennante a copiare i movimenti della principessa.

Fu un ballo piuttosto disastroso.

Ed estremamente divertente.

Per fortuna Leo non calpestò i piedi di Opal (già era costretta ad indossare i tacchi da ore, sarebbe rimasta devastata), ma la sfiorò più volte, le tirò qualche schiaffo involontario sul braccio mentre perdeva l’equilibrio, e rischiò di cadere almeno sei volte.

Alla fine cadde proprio.

E Opal scoppiò a ridere.

-Non avevo mai dovuto ballare in modo elegante!- si giustificò Leo, scoppiando a ridere a sua volta.

Era dall’inizio della serata che non rideva.

-E come balli di solito?- chiese Opal, curiosa, porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi. 

Leo accettò l’aiuto, e ripensò ai balli del suo mondo.

Era stato spesso in discoteca, e aveva fatto balli coreografati su just dance e per un musical. O meglio, Giada l’aveva costretto ad imparare dei balli di un musical, ma non avevano mai partecipato ad un musical davanti a tante persone.

Avevano caricato il video del ballo su tik tok e instagram, ma finiva lì.

Di certo non aveva mai ballato con la musica classica.

-Non sono balli da fare con questa musica- rispose solo, non potendo offrire troppi dettagli.

-Non puoi farmi vedere comunque? Sono molto curiosa!- Opal insistette, facendogli degli occhi da cucciolo impossibili da contrastare.

-Okay, okay…- Leo si aggiustò il vestito, e cercò di prendere in qualche modo il ritmo della musica per ballare come in discoteca.

Era molto, molto strano.

Ma dopo un po’ iniziò a seguire il flow, e Opal lo imitò, confusa ma sempre più interessata.

Le mosse si fecero sempre più strane e scoordinate.

Finché entrambi non scoppiarono a ridere senza ritegno alcuno, divertiti dall’assurdità della situazione.

In quel momento non erano più una principessa e un cuoco, ma due semplici amici su un balcone che si divertivano com’era giusto che fosse per dei ragazzi della loro età.

-Balli piuttosto particolari a Lumai- osservò la principessa, senza fiato per le troppe risate e con le lacrime agli occhi.

-Balli molto personali, lo ammetto- Leo cercò di non rovinare la reputazione dell’intera Lumai, prendendo fiato a sua volta.

-Vorrei restare qui tutta la notte, ma non voglio toglierti troppo tempo. Scommetto che hai tante persone… una persona… un ragazzo… un principe… mio fratello… da vedere stasera- mano a mano che Opal continuava a parlare abbassava sempre di più la voce, e Leo non afferrò del tutto quello che voleva dire, solo che si stava congedando.

Si affrettò a fermarla.

-Aspetti, principessa…- tornò formale, rendendosi conto che la bolla di complicità era esplosa, e che erano tornati ad essere una principessa e un cuoco.

La ragazza si fermò, sorpresa.

Leo prese il regalo che aveva tenuto nascosto tutto quel tempo, e glielo porse.

-Un regalo da parte mia… non è niente di troppo sfarzoso, e sicuramente non compete con tutto quello che ha ricevuto stanotte, ma quando l’ho visto al mercato ho pensato a lei, e spero le piaccia- 

-Ma pensavo che il banchetto e le pizze fossero il tuo regalo per me- Opal portò le mani alla bocca, sorpresa.

-Quello è il mio lavoro, questo è un vero regalo… un pensierino… non si aspetti nulla di che- Leo insistette nel porgerle il pacchetto fatto male, e la principessa si convinse a prenderlo tra le mani.

Lo osservò impacchettato qualche secondo, come a cercare di capire cosa fosse, e lo agitò appena.

Leo ridacchiò tra sé.

Poi Opal lo aprì, e lanciò un urletto emozionato.

-È il regalo più bello che io abbia mai ricevuto!- esclamò, esaltata.

-Ne dubito fortemente. Ho visto alcuni regali che hai ricevuto oggi e il mio non si avvicina minimamente a quelle cose- osservò Leo, portandosi indietro i capelli gellati nervosamente, ma comunque felice della reazione della ragazza.

-Ma questo è meraviglioso! È perfetto! Lo adoro! Lo devo mettere immediatamente in mezzo alla mia… come sai della mia collezione?!- Opal strinse il regalo al petto, agitandolo parecchio, e guardò Leo a bocca aperta.

Le aveva regalato una palla di vetro con la neve, al cui interno c’erano dolci e caramelle varie. Sembrava il set del video di California Girls di Katy Perry.

E appena l’aveva visto, Leo aveva capito che era il regalo perfetto.

-Ho visto che ne avevi parecchie, nella casa sull’albero- spiegò Leo, felice di aver fatto la scelta giusta.

-Sei un tesoro, Leo!- Opal gli si gettò addosso e lo abbracciò forte, facendogli quasi perdere l’equilibrio.

-Sei tu il vero tesoro, principessa- Leo riuscì a tenersi in piedi, e ricambiò immediatamente, con affetto.

-Sei il miglior fratellone del mondo… insieme a Dary- ridacchiò la principessa, staccandosi e guardandolo con un sorriso sfavillante.

Leo sentì come se lo avessero appena colpito al petto con una freccia.

Da un lato era commosso che la principessa gli volesse così bene. Gliene voleva anche lui, e la considerava a sua volta come una sorellina minore.

Dall’altro… sapeva di doversene andare presto.

E sarebbe stato davvero davvero difficile, se la principessa continuava a essergli così vicina.

-Principessa…- Leo doveva avvertirla, farle sapere che presto se ne sarebbe andato.

-Sì?- ma lei lo guardò con occhi pieni di gioia e speranza, e Leo non poteva proprio rovinarle il compleanno con quella brutta notizia.

-Sono molto felice che il regalo le sia piaciuto. Ci ho messo il cuore- disse quindi, ricambiando il sorriso, che però non gli raggiunse gli occhi.

-Lo so. Come in tutto quello che fai- Opal gli diede un altro abbraccio, poi lanciò un’occhiata verso le porte che conducevano nuovamente alla sala -Sarà il caso che ti lasci. Ho tanti ospiti a cui dedicare la mia attenzione- sbuffò, come se l’idea non le piacesse per niente, e iniziò ad avviarsi nella stanza.

Si fermò, e si voltò un’ultima volta verso Leo.

-Grazie di aver ballato con me. È stato il momento più bello della serata. Ora goditi la festa! Puoi fare tutto quello che vuoi! Mangia e bevi fino a scoppiare- gli mandò un bacio, prima di rientrare.

Un bacio che si trasformò in un’altra freccia dritta nel cuore. E non una freccia di Cupido, ma una freccia vera e dolorosa.

Leo stava affondando in quel mondo.

E nella rete di segreti e bugie che si era costruito intorno.

Ricordò d’improvviso l’errore madornale che aveva fatto poco prima.

Cavolo, se tornava indietro adesso avrebbe cancellato il bel momento con la principessa!

…doveva comunque provare.

Fingere di essere sposato poteva portargli molti guai.

Rientrò nella sala, deciso a trovare Payas e chiedergli aiuto.

 

Non fu un’impresa così difficile. I capelli blu del giovane erano piuttosto riconoscibili, e attirava facilmente l’attenzione.

Purtroppo, proprio perché attirava facilmente l’attenzione, era circondato da un sacco di persone.

Leo lo osservò per parecchio tempo da lontano, cercando un momento dove fosse da solo, ma gli giravano tutti intorno, ed era soprattutto circondato da ragazze flirtanti, che però sembrava rifiutare con il sorriso. Uff, se solo Leo avesse avuto quella sicurezza con Anna, si sarebbe risparmiato una scusa stupida.

Nel suo mondo, probabilmente Payas sarebbe stato un influencer, aveva proprio lo stile e l’energia.

Mentre lo fissava, Leo si godeva il cibo e i rinfreschi, facendo attenzione a non dare troppo nell’occhio.

Per fortuna, ad eccezione di qualche sguardo pieno di giudizio, nessuno osò avvicinarsi a lui.

Tranne una bambina di cinque anni dai capelli neri e un adorabile vestito indaco pieno di fiocchetti, che lo tirò per il lembo dei pantaloni, attirando la sua attenzione e facendolo sobbalzare appena.

-Signore…- lo chiamò, e Leo si piegò verso di lei, sorpreso.

-Salve signorina… ha bisogno di qualcosa?- chiese gentilmente, mettendosi al suo stesso livello.

-Vorrei un biscotto- chiese lei, indicando il tavolo con il buffet, che non poteva raggiungere.

-Certamente. Quale preferisci?- Leo prese un vassoio con diversi tipi di biscotti e glielo porse, amichevole.

La bambina li guardò qualche secondo, poi ne prese uno con gocce di cioccolato, e iniziò a mangiare.

-Dove sono i tuoi genitori?- chiese Leo, guardandosi intorno e tenendo il vassoio alla sua portata nel caso avesse voluto altri biscotti. Prese in mano un biscotto arcobaleno, per sentirsi più vicino alla bambina, ma non iniziò a mangiarlo.

-A Ombron- spiegò la bambina, tranquilla, e restandogli vicino.

-Oh…- un po’ lontani -…e con chi sei venuta a questa festa?- indagò Leo, un po’ preoccupato che una bambina così piccola stesse girando da sola in quella immensa sala.

Certo, era un posto sicuro, ma magari i suoi accompagnatori erano preoccupati per lei.

-La famiglia Ilie, ma adesso sto con il fratellone… cosa vuoi dal mio fratellone?- dopo aver risposto educatamente, il tono della bambina si fece più sospettoso, e guardò Leo dritto negli occhi come se potesse scrutargli l’anima.

Leo sapeva chi fossero gli Ilie, e iniziava ad avere delle teorie su chi potesse essere anche quella bambina.

Ma da quel che sapeva, la semidea Clarisa non era venuta con suo fratello.

-Il tuo fratellone?- chiese quindi, senza capire a chi si riferisse.

-Lo guardi da tanto tempo- la bambina indicò Payas, che stava bevendo dello champagne e ridendo con una ragazza.

-Oh! Ehm… sto aspettando che stia solo così da parlargli- spiegò Leo, un po’ imbarazzato di essere così ovvio nel suo stalking che persino una bambina l’aveva beccato. Si sentiva un sacco stupido ancora con il biscotto in mano che non aveva neanche iniziato a mangiare, così lo mise in un tovagliolo e se lo mise in tasca, tenendolo per dopo, e per avere qualcosa da fare.

-Perché?- chiese la bambina, confusa.

-Volevo chiedergli una cosa. Siamo amici- spiegò Leo, poi porse la propria mano, ora libera -Mi chiamo Leonardo, e sono un cuoco qui a palazzo- si presentò poi, rendendosi conto di non averlo ancora fatto.

Clarisa fissò la sua mano come se venisse dallo spazio.

-Posso toccarla?- chiese, sorpresa.

-Puoi anche non farlo se non vuoi, pensavo solo di presentarci- Leo sorrise incoraggiante, mantenendo l’offerta valida.

La bambina accennò un sorrisino, e gli strinse un dito.

-Sono Clarisa- si presentò, e poi i suoi occhi divennero completamente neri.

Leo fece del suo meglio per non apparire sorpreso.

Non era la cosa più strana che gli succedeva lì, e neanche la cosa più strana che gli era successa quel giorno.

La bambina lo lasciò andare dopo qualche secondo, i suoi occhi tornarono normali, e lo guardò a bocca aperta.

-Hai un’aura bellissima!- esclamò, riprendendolo poi per il lembo dei pantaloni, e provando a trascinarlo.

Leo posò in fretta il vassoio sul tavolo, e la seguì, sorpreso dal suo commento, e senza avere la minima idea di cosa volesse fare.

Non sapeva quale fosse il suo potere. Persian non gliel’aveva mai detto, probabilmente perché nessuno immaginava che Leo avrebbe parlato con la semidea di Ombron.

Forse non avrebbe dovuto offrirle la mano?

Leo sperava di non aver fatto un nuovo tremendo errore.

Clarisa lo portò dritta da Payas, che si girò verso di loro e si aprì immediatamente in un sorriso così brillante che se Leo non avesse saputo che fosse il figlio della dea dell’acqua, avrebbe detto che fosse quello della dea della luce, perché rischiò di rimanere accecato.

-Leo! Clary! Che bello vedervi insieme!- li accolse, ignorando completamente la persona con la quale stava parlando, che storse il naso e guardò storto Leo, prima di allontanarsi.

-Fratellone! Leo ha un’aura bellissima!- Clarisa sembrava entusiasta.

Payas le diede qualche pacca sulla testa.

-Oh, lo so… per curiosità, cosa hai visto?- indagò, curioso, facendo un occhiolino complice a Leo, che voleva obiettare, ma come spesso era successo quel giorno, era in balia degli eventi… e dei semidei.

Ce n’erano solo quattro a quella festa ma lo avevano completamente circondato.

-Era brillante! E di tutti i colori! Un enorme arcobaleno che ha coperto tutta la stanza!- spiegò Clarisa, gesticolando per spiegare meglio quello che aveva visto e farlo immaginare ai ragazzi.

Leo era senza parole. Non sapeva se essere onorato, imbarazzato, o spaventato perché la sua aura mostrava fin troppo chiaramente la propria omosessualità.

-Wow… fighissimo- commentò Payas, incoraggiando la bambina -Hai chiesto il permesso per vedere l’aura, però? Sai che è sempre meglio chiedere il permesso- la rimbrottò poi, assumendo un tono da educatore, e notando il disagio di Leo.

L’entusiasmo della bambina si smorzò appena, ma si difese a spada tratta.

-È stato lui a darmi la mano- lo indicò.

Leo annuì, difendendola a sua volta.

-Sì, non è stato un problema. E poi non è stata una cosa invasiva- agitò la mano come se fosse una faccenda di poco conto, anche se l’aveva lasciato un po’ turbato.

-Sei venuta qui solo per dirmi della sua aura?- Payas non insistette su quell’argomento, e indagò sui motivi che avevano spinto il duo a raggiungerlo.

-No, voleva anche parlarti. Ti ha fissato per tanto tempo- spiegò Clarisa senza peli sulla lingua.

Payas si illuminò.

Leo arrossì appena.

-Volevi parlarmi?!- chiese il semidio, in tono da fanboy.

-Sì… avevo… delle domande…- Leo era un po’ a disagio -…ma non volevo disturbare-

-Puoi disturbarmi quando vuoi! Hai bisogno di parlare in un posto più appartato? Di che devi parlarmi? Non posso fare spoiler ma farò del mio meglio per aiutarti- Payas si mise immediatamente a disposizione, espansivo.

Leo iniziò a pentirsi di aver pensato di chiedere a lui, ma doveva provare.

E di rivolgersi a Giada non se ne parlava proprio. L’avrebbe rimproverato a non finire.

-Sì, in effetti è un argomento delicato. Sarebbe meglio parlarne lontani da orecchie indiscrete- ammise, sottovoce.

Clarisa li fissava confusa.

-Posso sentire?- chiese, curiosa.

-Eh…- Leo non sapeva come rifiutarla, soprattutto visto tutto l’aiuto che gli aveva dato.

Ci pensò Payas.

-Mi dispiace, Clary, ma sono faccende da grandi- le spiegò, piegandosi verso di lei.

Clarisa fece il muso.

-Ma l’ho portato io da te- obiettò, stringendo i pugnetti pronta a fare i capricci.

-È vero e te ne sono grato… ti racconto dopo, okay? Quello che posso. Ma devo aiutare Leo da solo. Vuoi che io aiuti Leo, giusto?- Payas cercò di farla ragionare.

Clarisa lanciò un’occhiata a Leo, poi abbassò la testa.

-Okay… vado a giocare con altri bambini- cedette, ma prima di allontanarsi si avvicinò un’ultima volta a Leo, e gli porse la mano.

-Non devi prenderla se non vuoi- gli fece presente Payas.

Leo si era reso ormai conto che un contatto fisico con Clarisa era come guardare Remington negli occhi: un invito al semidio di usare il suo potere su di lui.

Ma Clarisa non aveva mica l’intenzione di creare un legame eterno con la sua mente, non c’era alcun male nell’offrirle la mano.

-È stato un enorme piacere, semidea Clarisa- le sorrise, stringendole la mano.

Gli occhi di Clarisa tornarono neri, e si guardò intorno, con un sorriso estasiato.

-Un’aura bellissima- ripetè, quasi tra sé.

-Ti ringrazio molto- 

Si separarono, e Clarisa fece un piccolo inchino prima di allontanarsi.

-È troppo tenera- commentò Leo, osservandola andare via.

-Ti sono sempre piaciuti i bambini, eh?- osservò Payas, con un sorrisino.

Leo ridacchiò nervosamente.

-Ho un istinto fraterno molto forte, si può dire. Ho sette fratelli minori- tenne in piedi la sua backstory tragica.

-Ceeeeerto, non hai solo una sorella di…- silenzio -…ann… oh, giusto, in questo momento ne ha 17, giusto?- Payas si dimostrò ancora una volta molto più esperto di Leo di quanto il cuoco si sarebbe aspettato, e fece uno scivolone non indifferente.

Leo lo guardò sorpreso.

-Un momento… mia sorella compie gli anni tra tre mesi… ci siamo conosciuti ufficialmente dopo quella data? Ma io tra un mese torno a casa per sempre!- iniziò a fare i conti a mente.

Payas rimase di sasso.

-Avevi una domanda da farmi?- cambiò bruscamente argomento, prendendo Leo per il braccio e iniziando a trascinarlo via.

-Non puoi gettare queste bombe e poi aspettarti che io lasci perdere- Leo provò a lamentarsi.

-Senti, Leo, il futuro è complicato e volubile, e non posso dirti nulla. Il mio consiglio al momento è concentrarsi sul presente. E chiedermi quello che volevi chiedermi- Payas lo portò nel balcone dove prima Leo aveva ballato con la principessa, e cercò di archiviare le teorie sul futuro.

Il suo tono era categorico, e Leo aveva l’impressione che non fosse tipo da usare spesso quel tono, quindi decise di assecondarlo.

Soprattutto perché aveva bisogno di averlo dalla sua parte per la richiesta che voleva fargli.

-Ecco… sì… hai ragione… la mia richiesta…- esitò, e si guardò intorno per assicurarsi che fossero soli.

-Aspetta, ho una cosa molto utile per evitare di essere ascoltati- Payas armeggiò in tasca e tirò fuori una spilla, che indossò sopra la camicia.

-L’ho rubata a Nox, è il suo potere semidivino. Crea delle bolle di vuoto dove stare quando vuole studiare. Neanche gli dei possono osservarci e sentirci quando siamo qui dentro- spiegò, attivandola in qualche modo strano e creando una bolla nera intorno a loro.

Leo sobbalzò e si strinse a lui, sorpreso.

Quella notte era davvero piena di cose strane.

-Allora… mettiamoci comodi, abbiamo tutto il tempo e la privacy del mondo- Payas lo lasciò andare, si mise a terra e lo incoraggiò a fare altrettanto.

Leo si sedette a sua volta, sempre guardandosi intorno.

Sembrava tutto normale, ma si recepiva una strana energia intorno a loro.

-Figo- borbottò.

-Sì, Nox è un figo…- Payas sospirò, sognante. Leo non colse il sottotesto di quell’affermazione, troppo distratto dai suoi dintorni -Allora… la tua richiesta?- Payas spronò Leo a parlare.

-Beh… ipoteticamente… se un tuo amico, parole tue, facesse un errore molto brutto… tipo… ipoteticamente… fingere di essere sposato… potresti aiutarlo… non so… facendolo tornare indietro nel tempo per evitare che faccia tale errore? Ipoteticamente?- Leo cercò di spiegarsi senza esporsi troppo, ma era un libro aperto.

Payas lo fissò impassibile per qualche secondo.

-Ipoteticamente?- chiese poi, sottovoce, come se temesse di poter essere sentito anche quando era lì.

-Ipoteticamente- annuì Leo.

-Quindi, ipoteticamente, tu, che già stai mentendo sul fatto che vieni da Lumai, hai mentito anche sul fatto di esserti sposato, a Lumai. Lumai, dove la dea patrona è la dea della preveggenza, che prende il matrimonio con una serietà disarmante e non offre la propria benedizione a coppie che sa che non staranno insieme per sempre. Lumai, dove il matrimonio è l’unione più sacra e importante di tutti i sette regni, e mentire al riguardo è considerato sacrilegio e un’offesa alla divinità- Payas fece un riassunto, confermando i dubbi e le paure di Leo e facendolo impallidire.

-…ipoteticamente- ripetè il cuoco, in un sussurro.

-Ah… beh… che dire… o ti sei vergognato così tanto di questa cosa da non avermela mai detta e sei la persona più fortunata di ogni dimensione conosciuta, o il futuro è cambiato completamente in qualche modo e tu morirai entro pochi giorni- Payas rifletté sulla cosa, e non aiutò a calmare le ansie di Leo.

-E tu ti consideri il mio migliore amico?!- si irritò Leo, iniziando ad impanicarsi.

-Calma, calma, stavo scherzando… circa… francamente sono parecchio sorpreso. È la prima volta che sento di un finto matrimonio che ti sei inventato, è una cosa…- si interruppe, riflettendo attentamente sulla questione.

-…mortale?- indovinò Leo, nel panico.

-No, è una cosa…- Payas sembrava stesse raggiungendo una consapevolezza importante.

-…estremamente stupida?- Leo concluse per lui.

-Sì, ma è anche una cosa…- 

-…che mi porterà delle conseguenze…- Leo provò ad interromperlo di nuovo, ma Payas gli mise una mano sulla bocca, zittendolo.

-…è una cosa estremamente divertente!- concluse finalmente, scoppiando a ridere e bloccando Leo, che iniziava a pentirsi di essersi rivolto a lui.

Tolse le mani di Payas dalla sua bocca.

-La mia morte non è divertente!- obiettò, in modo molto ipocrita dato che era il primo a tentare sempre il suicidio involontariamente.

-Fidati, nel futuro riderai tantissimo per l’ironia di questa situazione. Ed io che pensavo che…- silenzio -…solo per…- altro silenzio -…e invece…- silenzio, seguito da grasse risate.

-Non mi stai aiutando!- si lamentò Leo, con tono sempre più acuto.

-Scusa, hai ragione. Contegno, ragazzo…- Payas prese un profondo respiro -Comincia dall’inizio… come ti è venuto in mente di fingere di essere sposato?- Payas iniziò ad indagare, cercando di trattenere le risate ma visibilmente divertito dalla situazione.

Leo cercò di non offendersi e prenderlo come un buon segno, ma era terrorizzato.

-A mia discolpa non so nulla dei matrimonio a Lumai, e stavo solo cercando di evitare di ferire una mia amica che aveva appena confessato dei sentimenti per me che non potevo ricambiare!- provò a difendersi -Mi sembrava un’ottima idea al momento…- sospirò, prendendosi drammaticamente il volto tra le mani.

-E non potevi semplicemente dire che…- silenzio, Payas rimase a bocca aperta -No, aspetta, come può essere uno spoiler?! Non sei…?- silenzio.

Payas rimase in silenzio qualche secondo. Nel senso che  chiuse proprio la bocca e rifletté.

-C’è qualcosa che mi sfugge- ammise poi, confuso.

-Benvenuto nel mio mondo- Leo sospirò, sempre più rassegnato.

-Beh… non posso portarti indietro nel tempo. Posso portare solo me stesso. E in generale non posso tornare indietro quando sono già tornato indietro. È un limite del mio potere. Però posso darti dei consigli per sopravvivere, sperando non siano spoiler- Payas abbandonò il divertimento e si mise a disposizione per dei veri consigli, dimostrando di essere capace di essere un buon amico e di voler aiutare per davvero Leo.

-Sono tutto orecchi- Leo gli si avvicinò, pronto finalmente ad ottenere dei buoni consigli.

-Non parlare mai più di matrimonio. Non ammettere di aver mentito al riguardo perché questo attira l’attenzione, ma se qualcuno ti chiede chiarimenti evita il discorso in ogni modo. Cambia argomento, scappa dalla stanza. Se sei proprio costretto a parlare della tua presunta moglie non chiamarla mai moglie ma dolce metà o altre cose del genere. Non nominare mai il nome di Laasya…- Payas iniziò ad elencare.

-L’hai appena nominata- gli fece notare Leo.

-Non può sentirci qui dentro, tranquillo. Cerca di fare come se non fosse successo nulla, ma… segui anche il tuo cuore, okay? Se ti viene l’istinto di essere te stesso, anche se può essere pericoloso… seguilo- l’ultima parte non sembrava molto furba.

Era praticamente il contrario di quello che Giada gli aveva detto da quando era lì.

-Non è un buon consiglio. Ogni volta che seguo il mio cuore rischio la vita e faccio casini… tipo adesso- gli fece notare Leo.

Payas ridacchiò, e gli mise le mani sulle spalle, con affetto.

-Da quello che so di te, ed è molto più di quanto tu possa immaginare, le scelte pessime le fai quando segui una logica molto strana. Le scelte che fai con il cuore sono quelle che alla fine ti salvano la vita, e ti fanno amare da tutti. Clarisa ha detto che hai una bella aura… sfruttala- gli fece un sorriso incoraggiante.

-Okay… capisco perché siamo amici nel futuro- Leo si sentì davvero onorato dalle sue parole, e ricambiò il sorriso.

-Awwww, quindi siamo amici?! Siamo diventati amici?! Che bello!- Payas si illuminò estasiato.

Che simp!

-Qualche altro consiglio?- Leo cercò di cambiare argomento, imbarazzato dall’entusiasmo del giovane semidio.

-Mmmm… ti direi di pregare per la tua vita ma rischieresti di farti uccidere ancora di più, quindi… boh… goditi la festa, perché da domani i tuoi problemi saranno raddoppiati- gli ultimi consigli di Payas furono tutt’altro che ottimisti, ma Leo li accettò.

Ormai era abituato a scavarsi la fossa da solo, e sapeva che prima o poi avrebbe scavato così tanto da non essere più in grado di uscire.

-Li accetto… grazie dell’aiuto. Vado ad affogare i miei problemi nell’alcol- Leo si alzò, e si guardò intorno per cercare un’uscita da quella bolla.

-Ti accompagno se vuoi, è sempre più divertente quando si ha un compagno di bevute- Payas si alzò a sua volta, toccando la spilla e facendo sparire la bolla di vuoto.

Si ritrovò faccia a faccia con un giovane uomo furioso, che avrà avuto circa l’età del principe Daryan. Pallido e con i capelli neri come la notte elegantemente tirati indietro e che gli arrivavano quasi fino alle spalle.

-Nox!- esclamò Payas, sorpreso.

-Da quanto avevi la mia spilla?! L’ho cercata dappertutto le ultime settimane!- il giovane uomo iniziò ad aggredirlo verbalmente, strappandogli la spilla dalla camicia.

-Scusa, scusa scusa… ma ne avevo bisogno, dovevo parlare con… eh… nessuno- Payas lanciò un’occhiata preoccupata a Leo, e poi fece finta che non esistesse.

Nox lo guardò a sua volta, ma non sembrò trovarlo degno di nota, e tornò immediatamente al suo amico d’infanzia.

-Non ho idea di cosa tu stia tramando, ma non rubarmi più la spilla! Lo sai che ne ho bisogno per lavorare!- continuò a rimproverarlo.

-Scuuuusa! Ma te l’avrei restituita presto! Contavo di tornare con Clary e ridartela subito dopo la festa e… a proposito, come sei arrivato qui?- Payas iniziò a trascinarlo via, come se volesse tenerlo lontano da Leo.

Il cuoco non ne capì il motivo, ma decise di approfittarne per scappare, prendere una bottiglia intera di un alcolico molto forte, e passare il resto della serata a ubriacarsi da solo e triste.

-Ho chiesto un artefatto magico a mio padre in prestito, volevo recuperare la spilla il prima possibile- fu l’ultima cosa che Leo sentì dire da Nox prima che i due furono fuori dalla portata d’orecchio.

Certo che i semidei, in quel mondo, erano davvero strani.

…ed estremamente ordinari al tempo stesso.

Oh beh… Leo aveva altri problemi a cui pensare.

Allora, c’era della vodka in quel mondo?

 

Leo non reggeva bene l’alcol.

Considerando la sua altezza, però, era già tanto che non fosse in coma etilico dopo essersi scolato una bottiglia di… non sapeva cosa.

Era assurdo!

Quasi tutto il cibo che Leo aveva maneggiato in quel mondo era identico a quello del proprio.

E anche gli alcolici usati per il cibo erano gli stessi, come il vino.

Ma per qualche strano motivo i drink della festa, una delle poche cose di cui non si era occupato personalmente, erano a lui completamente sconosciuti.

E quindi Leo non aveva idea della quantità di alcol nel suo corpo in quel momento.

Ma sapeva che una quantità ci fosse, ed era abbastanza da avergli fatto mettere da parte i problemi e i suoi errori.

Aveva seguito l’ultimo consiglio di Payas e deciso di godersi il resto della festa e ignorare i suoi problemi ancora per qualche ora.

Cosa che, ripeto, non è il modo migliore di affrontare le cose, ma oh, non sono nessuno per giudicare.

Al momento Leo era su un balcone diverso da quello che aveva visitato con Opal e Payas, e molto più isolato.

Respirava a pieni polmoni l’aria della notte, che gli scompigliava i capelli, che ormai non erano più tenuti indietro dal gel che Anna gli aveva messo.

Leo neanche ci pensava più, ad Anna.

Provò a prendere un altro sorso dalla bottiglia che aveva in mano, ma era ormai vuota.

Emise un verso infastidito, e la posò a terra in un angolo, valutando l’idea di rientrare per prenderne un’altra.

Forse non era il caso. Avrebbe seriamente rischiato di fare una figuraccia immane davanti a tutti i nobili e alla famiglia reale che si fidava di lui.

Ma, ehi, non doveva ascoltare la ragione, era ubriaco!

Però al tempo stesso l’aria notturna era così bella… soprattutto in quell’angolino nascosto, dove nessuno, neanche qualcuno che usciva velocemente sul balcone, poteva vederlo. A meno che non lo cercasse.

La persona che uscì sul balcone in quel momento, sospirando stancamente, non sembrava cercarlo.

Leo si ritirò un po’ meglio e si girò a vedere di chi si trattasse.

Rimase piuttosto sorpreso di vedere il principe Daryan posarsi sulla balaustra e abbandonare la sua espressione perfetta, credendo di essere solo.

Aveva un bicchiere in mano, ma non sembrava ubriaco quanto Leo.

Il cuoco avrebbe potuto osservarlo per ore.

I capelli biondi leggermente mossi dal vento e illuminati dalla luce della luna.

Il bellissimo abito su misura che gli calzava a pennello, perfetto nonostante avesse passato l’intera serata, ore e ore, in giro per la sala. Le mani delicate e curate che tenevano il bicchiere con eleganza. La sua postura, perfetta nonostante fosse affaticata e rilassata, appoggiato sulla balaustra com’era appoggiato Leo, invisibile ai suoi occhi, a pochi metri di distanza.

Leo avrebbe tanto voluto guardarlo dritto nei suoi bellissimi occhi chiari, ma era troppo distante.

Provò ad avvicinarsi discretamente, ma la sua coordinazione da ubriaco era peggio di quella da sobrio (che già non era granché), quindi inciampò sulla bottiglia che aveva poggiato per terra, e per poco non perse l’equilibrio cadendo dal balcone. Si tenne a stento alla balaustra per un pelo.

E ovviamente attirò l’attenzione del principe, che sobbalzò e lo guardò sorpreso.

-Leonardo!- lo salutò, circa, riconoscendolo immediatamente, forse dai riccioli rossi, forse per l’imbranataggine.

-Buonasera, principe Daryan- Leo azzardò un inchino profondo, ma perse l’equilibrio e finì dritto addosso al principe, che lo afferrò al volo riuscendo nel frattempo anche a non far cadere il bicchiere e dimostrando di avere ancora molte più capacità mentali del cuoco davanti a lui.

-Mi scusi- Leo ridacchiò per la figuraccia che aveva appena fatto, per niente imbarazzato di averla fatta.

Ahhh, le gioie dell’alcol, che ti fanno dimenticare che esistono conseguenze per le tue azioni.

-Vedo che hai approfittato della tua serata libera- osservò il principe, senza traccia di giudizio ma un accenno di divertimento.

-Beh, la principessa ha detto di approfittare di cibo e bevande, e quando mi ricapita di fingere di essere un ricco nobile?- Leo si rimise in piedi, prese la bottiglia, e la tenne con il mignolo sollevato, fingendo di essere un ricco nobiluomo inglese o qualcosa del genere.

-Da quello che vedo hai approfittato molto più delle bevande che del cibo… per fortuna ne hai presa una non troppo forte- Daryan gli prese la bottiglia dalle mani e la analizzò, con un sorrisino mascherato ad espressione indifferente poco riuscita.

-La notte è ancora giovane, messere, ho tutto il tempo di rientrare e bere altre due o tre bottiglie di…- Leo provò a recuperare la bottiglia, ma perse di nuovo l’equilibrio e finì addosso a Daryan, che lo mantenne in equilibrio e lo tenne per le spalle. Aveva posato il proprio bicchiere sulla balaustra per avere le mani libere e stare attento a Leo.

Awww, che carino.

No, sul serio, era proprio carino.

Macché carino, era bellissimo!

Davvero, davvero bellissimo.

Si fissarono qualche secondo, mentre Leo recuperava l’equilibrio.

Le guance di Daryan si imporporarono appena, mentre per la prima volta da quando si erano ritrovati lì sembrava finalmente vedere bene il ragazzo davanti a lui, nel suo elegante abito e con i capelli, beh… disordinati, ma non così tanto.

Fu il primo a distogliere lo sguardo, e lo lasciò andare, fidandosi del fatto che potesse tenersi in piedi anche da solo.

Era una fiducia malriposta.

-Non credo sia il caso di lasciarti ancora bere alcolici. Almeno hai mangiato qualcosa?- chiese il principe, senza però guardarlo negli occhi.

-Ho mangiato… qualcosa… che non ricordo. Era tutto ottimo cibo, però. E ne so qualcosa, dato che l’ho fatto io- Leo si vantò, posando nuovamente la bottiglia a terra, e attirando la sua attenzione con qualche posa simbolo della sua forza e avvenenza.

Daryan non trattenne un risolino, anche se ci provò parecchio a trattenerlo.

-Forse avremmo dovuto assumerti anche come giullare, oltre che come cuoco e assaggiatore- osservò, tornando a guardarlo divertito.

-Accetto la proposta. Sono in grado di occuparmi di tre lavori- Leo fece al principe un occhiolino, che lo portò nuovamente a distogliere lo sguardo, poi si rabbuiò leggermente -Beh… almeno per il prossimo mese- sussurrò, ricordando la sua scadenza.

Aveva provato in tutti i modi a dimenticarsene, ma nonostante tutto quell’alcol, non riusciva a smettere di pensarci del tutto.

-Perché un mese?- chiese il principe, allarmato.

Leo scosse la testa

-Lasciamo stare, non è nulla. Una sciocchezza. Non ci voglio pensare. Allora, che ci fa un principe, la star della serata dopo la principessa e padrone del castello dove tutti sono ospiti, qui fuori con un umile cuoco ubriaco?- Leo provò a cambiare argomento, e a concentrarsi sul principe, che lo guardò preoccupato qualche secondo, prima di assecondarlo.

-Volevo solo stare un po’ solo- ammise, sospirando stancamente -Il caos, le conversazioni sempre uguali, la musica… dopo ore senza interruzioni inizia a diventare davvero opprimente- si aprì, giocherellando con il bicchiere che nel frattempo aveva ripreso in mano.

-Oh… posso andare via se vuole?-si offrì Leo, che non voleva importunare il principe nel suo desiderato momento di solitudine. A volte c’era bisogno di stare lontani da tutto e tutti per riordinare le idee.

Fece per andarsene, ma Daryan lo fermò, prendendolo per il polso.

-No… resta. È… piacevole parlare con te- ammise, in un sussurro.

Leo si appoggiò alla balaustra accanto a lui, sorridendo rasserenato.

-Per via del mio ruolo da giullare?- provò a scherzare, per distendere l’atmosfera e magari strappare un sorriso al principe. Sembrava averne davvero bisogno.

-Anche- riuscì nell’impresa, perché Daryan lo guardò con affetto e un sorrisino appena accennato.

-Vuole che le racconti una barzelletta?- propose il cuoco, assumendo il ruolo di giullare, e cercando di ricordare qualche barzelletta che gli avevano raccontato.

-Una barzelletta?- il principe inarcò un sopracciglio.

-Sì, ne conosco alcune molto divertenti. Allora… c’erano un fra…- Leo si interruppe subito. Non poteva raccontare barzellette con francesi, tedeschi e italiani in quel mondo dove francesi, tedeschi e italiani non esistevano. E non poteva modificare la nazionalità per adattarla ai sette regni se non voleva rischiare incidenti diplomatici.

Daryan lo guardava in attesa.

-Ehm… ho cambiato idea. Una volta un cell…- e non poteva raccontare la barzelletta del cellulare perché non esistevano neanche cellulari.

-Un cavaliere era stato incaricato di uccidere un dra…- oh no, non poteva usare i draghi in modo negativo, dato che erano l’animale simbolo di Jediah.

Leo non aveva molte barzellette decenti, e le poche che potevano funzionare per quel periodo storico erano troppo sconce o omosessuali da proporre al principe.

Dopo un po’ di balbettamento, cedette, e sospirò sconfitto.

-Mi arrendo, sono troppo ubriaco per raccontare barzellette oggi- si sgonfiò come un palloncino, demoralizzato e drammatico.

Daryan emise uno strano verso, attirando la sua attenzione.

Poi scoppiò a ridere senza ritegno.

Dopo un attimo iniziale di sbigottimento ed estremo fascino per quella risata angelica e adorabile, Leo venne contagiato dalle risa e rise a sua volta.

-Suppongo che la proposta di lavoro come giullare sia stata appena ritirata?- scherzò, rimettendosi in piedi con una certa difficoltà e guardando intensamente Daryan.

Non l’aveva mai visto così divertito, sincero e vulnerabile.

Era veramente meraviglioso.

Così umano… così vero.

Era seriamente la persona più bella che Leo avesse mai visto, e non solo fisicamente.

C’era un’energia, in quella risata, in Daryan, nel suo modo di fare, e di comportarsi, che attirava Leo come un magnete. Gli imponeva di conoscerlo, di scalfire la superficie e scoprire cosa ci fosse sotto, perché sembrava stupendo.

Perché era sicuramente stupendo, se quella risata era un indicatore.

-Non lo so, sei la persona più strana che io abbia mai incontrato, Leonardo il cuoco- commentò il principe, cercando di calmare le risa e ritornare ad avere un certo contegno.

-Spero sia più positivo che negativo- osò sperare Leo, con un sorrisetto buffo che tentava di convincere il principe a mentire per farlo sentire simpatico.

Daryan alzò gli occhi al cielo, intuendo quello che volesse ottenere.

-Purtroppo sì- e lo assecondò, abbassando appena la voce, e perdendo un po’ il sorriso.

-Purtroppo?- Leo si avvicinò, chiedendosi come fosse possibile che fosse un peccato avere accanto una persona che ti aveva colpito in modo positivo.

-Il mio compito è tenere a distanza le persone strane, per quanto interessanti possano essere. Il mio ruolo da principe è restare distaccato, imparziale e giudicare ogni cosa con razionalità e logica, senza mai nessun coinvolgimento emotivo- spiegò Daryan, sollevando dei muri per mettere metaforica distanza tra lui e Leo.

Fisicamente, però, non fece sforzi per allontanarsi.

E Leo si avvicinò un altro po’, cercando di superare quei muri.

-Sembra uno stile di vita molto solitario- ammise, pensando alla prima impressione che aveva avuto del principe. Bello (era la prima cosa che aveva notato, se ricordate), ma ancora molto freddo, sospettoso, protettivo nei confronti di sua sorella e del resto della sua gente. Sembrava impossibile da avvicinare.

Eppure più gli era stato vicino, più Leo si era accorto di quanto fosse solo, sempre sull’attenti, e bisognoso di lasciarsi un po’ andare.

Meritevole di lasciarsi un po’ andare, almeno una volta.

E godersi la vita senza temere un attacco da ogni angolo.

-Ho la mia famiglia, e alcune persone molto fidate. È abbastanza per non soffrire la solitudine- Daryan provò a non dare peso alle preoccupazioni di Leo, e finse di stare bene.

-Troppo poche, se teme così tanto anche di mangiare- osservò il cuoco, pensando ai problemi del principe con il cibo, e come ogni volta che mangiasse qualcosa, salvo alcuni casi particolari, fosse sempre teso, e cercasse sempre di non strafare.

Era l’unico, a palazzo, che facesse ancora assaggiare a Leo tutto il cibo che poi avrebbe consumato.

Anche se sapeva benissimo che non fosse avvelenato, perché era Leo a prepararlo, la maggior parte delle volte.

Forse Leo non avrebbe dovuto sollevare quell’evidente trauma del principe. Non era di certo un argomento che lo avrebbe distratto dalla festa che aveva provato a lasciare, ma Leo era troppo ubriaco per misurare accuratamente le parole, e iniziava anche ad avere un certo mal di testa, che abbassava ulteriormente le sue capacitò di giudizio.

Il principe non rispose, e si limitò ad osservare l’orizzonte.

Sembrava combattuto, ma non si era ritirato su sé stesso come se non volesse parlare. Contemplava le parole appena dette da Leo, che prese la sua espressione e il suo linguaggio del corpo come un invito a continuare.

-Quanto ha mangiato oggi? Il buffet era immenso, è stato mangiato da centinaia di persone e stanno tutti bene. Ho supervisionato personalmente ogni preparazione, e non ha assolutamente nulla da temere. Ha mangiato abbastanza, oggi?- chiese, preoccupato.

-Probabilmente più di te- Daryan si mise sulla difensiva, e non guardò Leo negli occhi.

Leo sospirò, e non insistette per non turbarlo ulteriormente.

Non era nessuno per dirgli cosa fare o non fare, ma si preoccupava per lui.

Era vero che mangiava abbastanza per non avere problemi legati al fisico, ma i pasti dovevano essere un momento disteso, dove godersi ogni boccone in compagnia, o anche da soli, ma facendo caso ad ogni sensazione e apprezzando la bontà del cibo che si aveva davanti.

Leo controllò le tasche dell’abito, cercando qualcosa da fare o da dire, e trovò un tovagliolo dove aveva infilato il biscotto che aveva preso prima, quando aveva incontrato Clarisa.

Lo tolse dal tovagliolo. Era un po’ sbriciolato, ma era ancora intero. Lo porse verso il principe.

-Vuole un biscotto?- propose, incoraggiante, portandolo quasi alla bocca del principe.

Lo vide irrigidirsi, come spesso faceva prima di mangiare qualcosa.

Leo si affrettò a spostare la mano, non volendo imporsi su di lui.

-Non si fiderà mai del tutto di me come degli altri, vero?- chiese, mostrando chiaramente la propria delusione.

Poi si rese conto di quello che aveva detto, e scosse la testa.

-Mi scusi, è ovvio che non potrei mai essere una delle poche persone di cui si fida! Sono solo uno stupido cuoco di…- Leo si interruppe prima di dire Lumai, era meglio non nominare il luogo incriminato, per non attirare attenzione indesiderata -…insomma… non ho alcun diritto di mettermi sullo stesso livello di Chevel, o Persian, o la principess…- Leo si interruppe quando Daryan prese il braccio di Leo che teneva in mano il biscotto e lo portò davanti a lui.

Chiuse gli occhi, e si fece imboccare da Leo, prendendo un morso del biscotto con decisione e senza ripensamenti.

Leo rimase immobile. Il suo cuore batteva a mille, e trattenne il respiro. Temeva che se avesse fatto un qualsiasi impercettibile movimento, anche un battito di ciglia, quel momento sarebbe finito, o si sarebbe svegliato da quell’intenso sogno ad occhi aperti.

Un sogno dove il principe si fidava di lui a tal punto da mostrargli la sua vulnerabilità, da mangiare il suo cibo senza paura, perché era cibo offerto e preparato da Leo, e non c’era pericolo che gli succedesse qualcosa di male. E poteva goderselo dimenticando il resto del mondo, perché nel frattempo Leo l’avrebbe protetto.

Finì il biscotto in pochi morsi, e poi leccò alcune briciole rimaste sulle dita di Leo, con semplicità, come se non fosse la cosa più intima che fosse mai successa tra di loro.

Leo non smise un secondo di fissare la sua bocca, e se fosse stato giusto un tantino più ubriaco, era certo che non sarebbe stata solo la sua mano a sfiorare quella bocca.

Ma riuscì a trattenersi, a stento, e Daryan presto lo lasciò andare, allontanandosi appena da lui.

Fisicamente, ma questa volta non emotivamente.

-Lo stai diventando- Daryan sussurrò, guardandolo dritto negli occhi.

Leo lo guardò sorpreso.

-Uh?-

-Era questo il motivo del mio “purtroppo”. Non so perché, ma non riesco a non fidarmi di te. Forse è il tuo cibo delizioso, forse sei solo tu, con la personalità più strana e incomprensibile del mondo. Non capisco cosa pensi, cosa vuoi, quanto c’è di vero nella tua storia e quanto c’è di falso, e non ho nessun motivo di fidarmi di te- iniziò a spiegare, in tono struggente. 

Leo continuava a fissarlo, rapito e senza sapere cosa fare.

Aveva ancora la mano leggermente sollevata. Era praticamente rimasto congelato sul posto.

-Eppure… non posso farne a meno. Potresti avvelenarmi in ogni momento, con una facilità disarmante, e so che se volessi farlo lo faresti perché non temi alcuna conseguenza. E dovrei stare attento, valutare questa eventualità, perché sono un principe ed è il mio compito restare sempre in guardia. Ma non riesco a restare in guardia con te. Ti conosco da un mese eppure ho messo la mia vita nelle tue mani, due volte, e lo rifarei, lo rifarò, senza esitazioni, perché… perché sono stati tra i momenti più belli della mia vita- Daryan sospirò, e si prese il volto tra le mani, come se avesse appena ammesso la sua più grande debolezza al suo nemico principale.

Come se avesse appena ammesso che la sua più grande debolezza era il suo nemico principale.

…come un interesse romantico che ha appena confessato i propri sentimenti al suo nemico principale.

Leo non replicò, non sapeva cosa dire.

La sua mente, il suo cuore, lui stesso era andato completamente in corto circuito.

-Lascia stare, non so neanche cosa sto dicendo. Probabilmente sono più inebriato dall’alcol di quanto pensassi- Daryan cercò di giustificare il suo vomito di parole, probabilmente non avvertendo alcuna reazione da parte di Leo, e iniziando a sentirsi troppo vulnerabile.

Leo continuò a non rispondere.

E dopo parecchi secondi di silenzio, Daryan osò sollevare lo sguardo verso il cuoco, per controllare che non fosse morto, svenuto o scappato nel frattempo.

Si trovò davanti uno spettacolo che non si aspettava minimamente, e sgranò gli occhi, sorpreso.

-Stai piangendo?!- notò, sollevando la mano verso il suo volto come se volesse asciugargli le lacrime, ma cambiando idea a metà strada, e ritirandola al petto.

Leo non se n’era neanche accorto, ma piangeva copiosamente.

Si sentiva commosso, e amato, e apprezzato. Mai nessuno, nella sua vita, si era mai fidato così tanto di lui, ad eccezione, forse, della sua famiglia.

Neanche Giada, se il suo comportamento da quando Leo era lì significava qualcosa.

Leo era sempre stato il ragazzo che combinava casini, e non poteva negarlo, lo sapeva benissimo.

E anche il principe lo sapeva, ma si fidava comunque di lui, e del fatto che non l’avrebbe mai messo in pericolo con i suoi piatti.

Nessuno, nel suo mondo, aveva mai guardato Leo come lo aveva appena guardato Daryan.

-Spero non siano lacrime di coccodrillo del tipo “volevo ucciderti e ora mi sento in colpa”- Daryan provò a risollevare l’atmosfera, anche se non era affatto il suo campo, e non sembrava avere idea di come comportarsi con un Leo piangente che sembrava tanto disperato.

-No, certo che no! Non ho mai voluto ucciderla, mai! Sono troppo stupido anche per provarci. Sono un bravo bugiardo, ma non un manipolatore o un imbroglione. Le mie emozioni sono sempre in bella vista- Leo si affrettò a difendersi, sbloccandosi e cercando di asciugare le lacrime che però scorrevano sempre più copiose.

-Sì… lo vedo- borbottò il principe, intenerito e anche forse un po’ preoccupato per alcune delle sue parole.

-È che sono ubriaco, e quindi sensibile, e queste sono le parole più belle che mi abbiano mai detto in vita mia e non so come reagire a questa responsabilità. Ma giuro che non ti tradirò mai! Farò tutto per meritare la fiducia che hai riposto nei miei confronti- Leo gli prese le mani, e abbandonò ogni formalità. Era troppo emozionato per pensare che quello davanti a lui era un principe ed era il suo superiore.

In quel momento era solo un ragazzo, che gli piaceva veramente tanto, e che gli aveva appena dato il più grande incoraggiamento della sua vita.

-Vorrei poter cucinare per sempre per te. Vorrei vederti rilassato più spesso mentre mangi. Perché meriti di mangiare con gusto, senza paura, sapendo di avere accanto qualcuno che mai ti farebbe del male. E io non ti farei mai del male. Non potrei mai, perché tu e la tua famiglia mi avete regalato le esperienze più straordinarie della mia vita. Giuro che potrai sempre, e per sempre fidarti di me e della mia buona fede, almeno sul cibo. Lo giuro sulle mie sette… sei vite- Leo sapeva di essere ipocrita.

Era un bugiardo.

Metà delle informazioni che Daryan sapeva su di lui, sul suo passato e sulle sue origini, erano false.

Ma allo stesso tempo, non credeva fossero le informazioni importanti.

Perché era il presente ad essere importante.

E nel presente Leo non avrebbe mai fatto nulla per ferire la famiglia reale di Jediah… per ferire Daryan.

Il pensiero che di lì ad un mese sarebbe dovuto andare via venne completamente seppellito, perché Leo voleva, a tutti i costi, restare lì.

Fare del suo meglio per meritare davvero la fiducia che, sotto sotto, sapeva di non meritare del tutto, al momento.

-È così semplice crederti, quando mi guardi con quegli occhi pieni di onestà- sussurrò Daryan, guardandolo fisso negli occhi, e stringendo forte le sue mani.

-I tuoi occhi sono molto più belli…- ribatté Leo -… come tutto il resto- aggiunse poi.

Erano così vicini che Leo sentiva il suo respiro, e riusciva a scorgere ogni particolare del suo viso.

Ed era, seriamente, la persona più bella che Leo avesse ma conosciuto in tutta la sua vita.

Sembrava uscito da un libro.

Era uscito da un libro.

Un libro fantasy medievaleggiante dove aveva il suo futuro scritto, il suo vero amore deciso, e dove tutti erano sicuramente omofobi.

Leo riuscì a rinsavire, con grandissima difficoltà, e cercò di tornare sui suoi passi, per rimediare alla frase troppo intima, troppo romantica, che aveva appena pronunciato. 

-…oh dei! Mi scusi, sto seriamente superando il limite, mi dispiace, mi fa male la testa e sono…- Leo provò ad allontanarsi, fisicamente ed emotivamente, ma inciampò di nuovo nella bottiglia a terra, e rischiò di cadere all’indietro.

Il principe lo afferrò, spingendolo verso di sé, forse con troppa forza, perché rischiò di perdere l’equilibrio anche lui.

E cercando di restare in piedi, si spinse a sua volta troppo avanti.

Così come Leo.

E come nei migliori anime romantici, le loro labbra si sfiorarono qualche secondo.

Si staccarono quasi subito, sorpresi dal contatto improvviso e inaspettato.

E prima di poterlo registrare completamente nella loro mente, l’istinto di entrambi si attivò, e le loro labbra si trovarono ancora, stavolta non per errore.

Tutto l’autocontrollo di Leo andò a farsi benedire, perché dopo aver avuto il primo assaggio, non poteva più fermarsi.

Era completamente schiavo dei propri sentimenti, e la poca ragione rimasta in lui era stata zittita e rinchiusa in un angolo della sua mente.

Esisteva solo il suo cuore.

E i sentimenti sempre più forti che provava per il principe.

Sentì le mani del principe prendergli il volto e avvicinarlo, si ritrovò a stringergli la camicia, cercando un contatto sempre più profondo. Non voleva mai più staccarsi. 

Le farfalle nel suo stomaco glielo stavano mandando completamente in subbuglio, non aveva mai provato nulla di simile in vita sua, per nessuno. E ne aveva avuti di ragazzi e di avventure. Ma mai così, mai dopo un momento del genere, in una situazione del genere, e con una persona così… perfetta.

Purtroppo però niente dura in eterno, soprattutto i baci.

Leo fu costretto a staccarsi per riprendere fiato, e si sentì seriamente male a staccarsi.

No, seriamente.

Malissimo.

Le farfalle del suo stomaco non sembravano voler restare nel suo stomaco, e la testa, che già gli faceva male dall’inizio della conversazione, sembrava sul punto di esplodere.

-Leo…- il principe iniziò a dire qualcosa, in tono dolce, un tono davvero tanto tanto dolce, ma Leo non lo fece finire, anche se avrebbe voluto.

Perché gli vomitò il poco che aveva mangiato dritto sulle scarpe.

Ci furono alcuni secondi in cui il tempo sembrò fermarsi.

Daryan si irrigidì e sollevò le mani, il volto completamente impassibile.

Leo si raddrizzò con difficoltà, e si appoggiò a lui cercando di scusarsi.

Ma non riuscì a dire che un paio di mugugni incomprensibili, prima che il mal di testa ebbe la meglio, facendolo svenire a corpo morto addosso al principe che aveva appena baciato.

Daryan lo prese con prontezza di riflessi, completamente senza parole.

Non era neanche del tutto sorpreso che la situazione fosse andata a finire così, perché era Leonardo, e aveva ormai imparato che con Leonardo niente andava mai liscio.

Ma comunque…

-Sul serio, Leonardo?!- sbottò, dopo qualche secondo in cui si rese conto che era davvero svenuto e non sembrava volersi svegliare presto.

-Mi seduci e mi abbandoni così…- grugnì, infastidito, prima di prenderlo in braccio a mo’ di principessa, senza troppe difficoltà.

Iniziò a fare mente locale di come portarlo via da lì senza farsi notare e senza sporcare troppo i corridoi del castello. Doveva esserci un passaggio segreto in quel balcone, che andava molto vicino al suo ufficio. Poteva portarlo lì.

-Dopo questa ci rimetterai un sacco a riconquistarmi- gli fece presente, scuotendo la testa, e imboccando il corridoio.

Forse inconsciamente sentendo la sua minaccia, forse solo perché aveva un tempismo assurdo, Leo, profondamente addormentato, decise proprio in quel momento di stringersi a Daryan, seppellendo il volto sul suo collo.

-Devi mettere solo un cucchiaio di caramello nei biscotti…- sussurrò, in modo molto poco comprensibile.

Poi iniziò a russare.

Daryan si bloccò sul posto, con il cuore che batteva a mille.

Un po’ troppo nei confronti di una persona che gli aveva appena vomitato sulle scarpe e gli era svenuto addosso subito dopo averlo baciato.

Daryan pensava di avere una piccola cotta per Leo che avrebbe negato fino alla morte.

Ma in quel momento si rese conto che non aveva affatto una cotta per Leonardo il cuoco.

Si stava seriamente innamorando di lui.

…ed era un sentimento molto più difficile da negare fino alla morte.

Almeno non era una persona sposata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Non vedevo l’ora di scrivere l’ultima parte.

Finalmente!

Best capitolo ever!

…fino al vomito e lo svenimento, ma, ehi, non si può avere tutto dalla vita.

È anche il capitolo più lungo scritto finora…e ci ho messo solo tre giorni. Wow! 

Spero sia uscito all’altezza delle aspettative.

Il bacio al chiaro di luna al ballo l’ho progettato proprio a inizio fanfiction, non vedevo l’ora di arrivarci.

Leo e Daryan sono troppo carini.

Peccato che Leo sia sposato (lol).

Per fortuna Daryan non lo sa… ancora.

Sarà ancora più dura mantenere la farsa… e andarsene entro un mese.

Ma partiamo con ordine.

Giada ha il sensore per le cascate di Leo, e sembra che tra lei e Payas non scorra buon sangue nel futuro. Chissà cosa le ha detto il semidio.

E a proposito di Payas, non sembrava sapere di questa storia del finto matrimonio. Che il futuro sia già cambiato senza che lui lo sappia? Forse Leo è davvero in pericolo.

Speriamo che i consigli siano utili.

Parlando di cose più leggere, il rapporto tra Leo e Opal è troppo carino. Sono proprio come fratelli acquisiti. La principessa fa le prove per quando Leo sposerà Daryan, ahahah.

E anche la piccola Clarisa è adorabile, e ha visto un’aura brillante e arcobaleno per Leo, chissà cosa significa. Probabilmente la sua lampante omosessualità che solo Anna non ha notato.

E infine la Leoryan… awwww, i miei adorati!!

È stato veramente bello da scrivere, davvero intenso. Spero sia arrivato quello che ho provato io scrivendo la scena.

E spero che il capitolo vi sia piaciuto. Da qui in poi la trama si fa sempre più fitta.

Mancano solo otto o nove capitoli alla fine del primo libro, dopotutto.

Ma sarà una trilogia, non disperate.

Nel prossimo capitolo poi farò un sondaggio perché tra il capitolo con Giada e il ballo ci sono state davvero tante novità.

Un bacione e alla prossima! :-*

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Capitolo 16
*** Testa bassa, fingi amnesia, prega che non usino la culla di Giuda a palazzo ***


Testa bassa, fingi amnesia, prega che non usino la culla di Giuda a palazzo!

 

Daryan non riusciva a capire cosa ci trovasse nel tizio che dormiva della grossa sul divano del suo ufficio con i capelli scompigliati, la bava che gli colava sulla guancia, e i vestiti completamente spiegazzati.

Tizio che, ricordiamolo, lo aveva baciato, gli aveva vomitato sulle scarpe, e poi era svenuto a corpo morto addosso a lui borbottando segreti di cucina.

A rigor di logica, al momento Daryan sarebbe dovuto essere quantomeno irritato dalla sua presenza, offeso dall’essere stato lasciato in bianco, se non addirittura disgustato pensando al vomito sulle sue scarpe.

Eppure non riusciva a smettere di fissarlo, e il lavoro che doveva fare era praticamente dimenticato.

…anche perché, visto il russare del cuoco, concentrarsi era davvero difficile.

Era la persona più peculiare che Daryan avesse mai conosciuto. Pieno di segreti, ma estremamente aperto sui propri sentimenti. Aveva un sorriso contagioso, entusiasmo da vendere, ed era chiaramente una brava persona che ci sapeva molto fare con gli altri. Forse un po’ troppo informale, ma non appariva irrispettoso, solo amichevole.

La sua cucina era ottima, ma non era la parte migliore di lui, anche se era quella che più spiccava.

No, a Daryan, di Leo, piaceva il suo carattere, la sua personalità, il suo entusiasmo e quanto sembrasse tenere agli altri, anche a chi aveva appena conosciuto.

Era una persona davvero buona, e autentica, di quelle che raramente si trovano in giro, soprattutto nell’ambiente nobile.

Daryan aveva cercato in tutti i modi di trattenere i propri sentimenti, negandoli anche a sé stesso, per evitare di trascinare una persona tanto speciale nel marasma della vita di corte. Non voleva renderlo soggetto di gossip, né tra i nobili, né tra la servitù. Pensava che gli sarebbe bastato averlo come cuoco per sempre, e farsi imboccare di pizza ogni tanto in modo molto platonico… circa. 

Ma ora che aveva avuto un assaggio… non poteva proprio più mentire, né a se stesso, né a Leo.

Quindi aspettava che si svegliasse per parlargli, a cuore aperto, circa quello che era accaduto il giorno prima.

Sempre che Leo se lo ricordasse.

…se lo ricordava, vero?

Beh, anche se non ricordava, Daryan aveva intenzione di parlargli.

Pensate, sarebbe stato così semplice.

Daryan parlava a Leo, chiarivano un sacco di punti, tutti vissero felici e contenti.

Purtroppo, prima che Leo potesse svegliarsi, Chevel bussò alla porta dell’ufficio del principe, che uscì per parlare con lui, lasciando un addormentato Leo sul divano, e con lui tutte le nostre speranze che i problemi si risolvessero in questo capitolo.

Ehhh, volevi!

 

L’alcol funzionava con Leo in maniera piuttosto peculiare.

Si sbronzava con una facilità disarmante, diventando completamente senza filtri.

Vomitava, sveniva, e aveva effetti piuttosto devastanti mentre era ubriaco, e al risveglio.

Ma una volta sveglio, lo smaltiva con una facilità inaspettata. E ricordava sempre tutto quello che gli succedeva, anche se ci metteva un attimo a mettere ordine nella sua testa.

Quella mattina, la luce che filtrava dalla finestra lo svegliò con suo sommo fastidio, e iniziò a mugugnare infastidito e agitare la mano davanti al viso per combattere fisicamente il sole.

Che Laasya avesse già deciso di puntarlo e ucciderlo?

Perché Laasya avrebbe voluto ucciderlo?

Leo iniziò a ricapitolare gli eventi della sera precedente, cercando di capire dove fosse, cosa stesse succedendo, e cosa fosse successo.

-Alla buon ora, cuoco. Il tuo russare stava iniziando a diventare piuttosto fastidioso- una voce inaspettata fece spalancare gli occhi di Leo, che si alzò di scatto per fissare l’inconfondibile figura del principe Daryan, che impassibile stava revisionando alcuni documenti.

Si pentì immediatamente di essersi alzato così in fretta, e tornò sdraiato lamentandosi e prendendosi la testa tra le mani.

Ma che ci faceva il principe Daryan in camera sua?!

…quella non era camera sua!

Si alzò nuovamente di scatto, ignorando il mal di testa.

-Principe Daryan, buongiorno!- lo salutò, provando a fare un inchino e rischiando di cadere di faccia.

Per rimettersi in equilibrio cadde di fondoschiena. Per fortuna sul divano.

-Alla prossima festa eviteremo di mettere troppi alcolici alla tua portata. Dovrò parlarne con Opal- borbottò Daryan, in tono freddo, molto freddo.

Più freddo del solito.

Leo pensava si fossero aperti un po’ la scorsa…

In un lampo, gli tornò alla mente il suo ultimo ricordo.

Oh no!

OHHHHH! NOOOOOOOOOOO!

Aveva fatto il più grande casino della storia dei casini!

-Eh… uhm… come sono finito qui?- chiese in un sussurro, cercando di andare oltre nella sua memoria.

Ma dopo il bacio e il vomito, aveva il nero totale.

Si guardò il corpo. Indossava ancora i vestiti, quindi forse non aveva rimosso un momento troppo importante.

…stupido, Leo, ti pare che il principe Daryan di un mondo omofobo potrebbe mai condividere un “momento importante” con te?!

Forse era solo svenuto dopo aver vomitato, ogni tanto gli era capitato.

Ma ciò non spiegava perché fosse nell’ufficio del principe Daryan.

Il principe in questione sollevò lo sguardo dai documenti, e lo guardò con espressione che a Leo ricordò i primi tempi di quando aveva iniziato a lavorare lì.

Che Payas l’avesse portato indietro nel tempo a quel periodo.

No perché sembrava davvero aver resettato tutti i progressi.

-Quali sono i tuoi ricordi di ieri sera?- chiese Daryan, fissandolo con uno sguardo che sembrava stare passando ai raggi x la sua anima.

…okay, non era tornato indietro nel tempo, e l’altra sera era successa.

Probabilmente baciare un principe resetta comunque tutti i progressi con suddetto principe.

Ma cosa gli era venuto in mente?!

Non si baciano i principi etero che hanno il futuro letteralmente scritto e l’anima gemella a poche stanze di distanza che cucina!

Leo era anche amico di Dotty!

Si sentiva davvero uno sfasciafamiglie.

-Ehhhh… beh… ricordo… la prima parte della serata. Poi ho parlato con…- si interruppe, ricordando la conversazione avuta con Anna. Oh dei, aveva anche detto di essere sposato! E poche ore dopo baciava un altro tizio!

Doveva bluffare, non c’era altro modo.

-Hai parlato con…?- lo pressò Daryan, squadrandolo attentamente.

-…la principessa. Abbiamo ballato, le ho fatto un regalo di compleanno, che credo le sia piaciuto abbastanza, spero… e poi… credo di aver conosciuto… offerto un biscotto… alla semidea Clarisa… ma ho i ricordi confusi. Non ricordo altro- mentì, fingendo di non ricordare niente a causa dell’alcol. 

-Non… ricordi… altro?- il principe era indecifrabile.

Leo guardò ovunque tranne che lui. Aveva la nausea, ma non poteva vomitare di nuovo su qualcosa del principe. Non lo avrebbe ucciso, ma chissà che torture avrebbe inflitto su di lui. 

Leo già si vedeva, accusato di sodomia e oltraggio alla famiglia reale. Sperò vivamente che la culla di Giuda non fosse stata inventata in quel mondo, ma chissà quali altri metodi di tortura utilizzavano contro traditori e pervertiti.

-Se… se ho fatto qualcosa di sconveniente, chiedo umilmente scusa. Non sono me stesso quando bevo. Tutto quello che ho fatto… non ero io, almeno non proprio. Non l’avrei mai fatto da sobrio!- Leo cercò di salvarsi con tutte le sue forze, spaventato da quello sguardo freddo e duro.

Il suo cuore era pesante nel petto, e le sue mani tremavano.

Iniziava ad avere paura.

…no, non era paura.

Era tristezza, delusione… cuore spezzato.

Quello che era successo la scorsa sera, era stato un sogno.

E ora Leo si era svegliato, e reso conto che non sarebbe stato altro che quello.

Agli occhi di Daryan, però, Leo era solo spaventato.

Distolse lo sguardo, e lo portò nuovamente sui propri documenti.

-Eri stato invitato, avevo tutto il diritto di bere, e non ci saranno conseguenze per quello che hai detto o fatto quando eri in quello stato- lo rassicurò, sempre con tono privo di emozioni identificabili. Poi guardò l’orologio -…mancano un paio d’ore al pranzo, ma sei scusato per la mattina, se vuoi. Dall’ora del tè però pretendo che tu torni a lavoro con i soliti orari. Oh, e stasera le cuoche temporanee saranno congedate, quindi se vuoi salutarle ti consiglio di farlo oggi- gli fece il punto della situazione.

-Le cuoche… anche Dotty?- chiese Leo, sorpreso.

Si rese conto solo in quel momento che il ballo era ufficialmente finito.

E tutti i problemi che aveva rimandato alla fine del ballo si presentarono nella sua mente, uno dietro l’altro.

Doveva dare le dimissioni, trovare un modo per far restare Dotty a palazzo, parlare con Giada, salutare Opal e sperare che non lo odiasse, tante cose doveva fare…

E nel frattempo si era creato anche nuovi problemi: aveva baciato il principe, detto di essere sposato, interloquito con praticamente tutti i semidei dei sette regni, tra cui un tizio che veniva dal futuro, eppure non aveva scoperto niente di tale futuro. Avrebbe tanto voluto avere risposte.

-È lei?- chiese Daryan, in un sussurro.

Leo era troppo concentrato sui suoi problemi per afferrare le sue parole.

-Uh? Cosa?- chiese, confuso, cercando di capire cosa intendesse.

-Niente! Sì, certo che verrà congedata anche lei. È una cuoca temporanea come le altre e non ci sono posti vacanti- Daryan rispose alla domanda di prima, tornando professionale e principesco.

Leo si sentì davvero uno sfasciafamiglie. Aveva baciato il suo futuro marito, le aveva fregato il lavoro, e stava anche per andarsene. Alla faccia dell’amicizia. Che razza di amico faceva una cosa del genere?!

Forse se se ne andava subito, quel giorno, sarebbero spariti tutti i suoi problemi, e avrebbe risolto i guai alla storia che aveva causato.

Avrebbero assunto Dotty al posto suo, e tutti l’avrebbero odiato, ma tanto sarebbe presto tornato per sempre a casa, cosa importava l’opinione che i suoi amici di Jediah avevano di lui?

-Principe Daryan, io…- iniziò, deciso a dimettersi.

La logica imponeva di farlo presto, staccare di netto il cerotto, e ricevere le conseguenze delle azioni sconsiderate che aveva fatto fino a quel momento.

Daryan lo guardò, leggermente allarmato dal suo tono serio.

E quando i loro occhi si incrociarono, il cuore di Leo ebbe la meglio.

Abbassò lo sguardo.

-Io… mi scuso ancora per il mio comportamento sconveniente… intendo il bere… e qualsiasi altra cosa io abbia fatto, e la ringrazio per avermi portato qui… mi dirigo immediatamente in cucina per aiutare, e per salutare le mie amiche- fece un profondo inchino, più profondo e lungo dei soliti, al punto che quando si rimise in equilibrio, gli girava un po’ la testa.

O forse il giramento di testa era dovuto ai postumi della sbornia, alla tensione del momento, e alla consapevolezza di essere un codardo sfasciafamiglie a rischio tortura.

-Non preoccuparti. Hai fatto passare a Opal una serata indimenticabile. E io…- Daryan esitò appena -…io e i miei genitori ti siamo grati per l’aiuto. Il tuo lavoro in questo castello è insostituibile- lo congedò Daryan, con un cenno della mano, e un sorriso appena accennato che però non gli raggiunse gli occhi ancora di ghiaccio.

Leo gli diede in fretta le spalle, anche se sapeva fosse poco consono, per non fargli vedere di avere le lacrime agli occhi.

-La ringrazio, principe Daryan- fece un ultimo profondo inchino, prima di uscire da quell’ufficio dall’aria pesante.

Tirò un profondo respiro una volta fuori, e si ritrovò faccia a faccia con Chevel, che se possibile lo guardava con espressione più ostile del principe Daryan.

Okay, va bene, baciare un principe era una cosa brutta! Ma c’era bisogno di essere così ostili?! Era ubriaco, perdinci!

Non che Chevel fosse arrabbiato per la questione del bacio, in realtà. Nessuno sapeva del bacio, perché il principe Daryan non l’aveva detto a nessuno, ma Leo era convinto del contrario, e non poteva immaginare che la voce del suo matrimonio fosse già giunta anche alle guardie, e che Chevel fosse arrabbiato per quello.

-Buongiorno, sir Podbart- lo salutò Leo, con un inchino medio.

-Hmpf- grugnì Chevel, degnandolo appena di un cenno, e distogliendo immediatamente lo sguardo.

-Buona giornata anche a lei- Leo lo salutò, sospirando rassegnato.

Forse andarsene da palazzo sarebbe stato meno difficile del previsto, se lo trattavano tutti in quel modo.

Iniziava davvero a temere l’arrivo in cucina.

Perché in cucina c’era Anna, che pensava che lui fosse sposato.

E Leo non dubitava che ora lo sapessero anche tutte le cuoche del castello, visto quanto in fretta giravano le notizie in cucina.

 

La situazione in cucina era andata molto, molto meglio di quanto si sarebbe aspettato.

Certo, tutte le cuoche, anche quelle temporanee, sembravano sapere che lui fosse sposato, ma a parte qualche domanda curiosa, nessuno aveva indagato più di tanto.

Probabilmente perché dopo le prime domande curiose di ragazze che avevano praticamente aggredito Leo appena era entrato in cucina, Mildred aveva richiamato tutti all’ordine con tono categorico che non ammetteva repliche, e quindi Leo era stato lasciato in pace.

Anche se qualche domanda curiosa continuava a riceverla tra una preparazione e l’altra.

-Ma quindi come hai fatto a ricevere l’approvazione da Laasya? So che è praticamente impossibile sposarsi di questi tempi!- gli sussurrò Jane ad un certo punto, sporgendosi verso di lui.

-C’è qualcosa sul fuoco che sta bruciando?- Leo provò a cambiare argomento dirigendosi verso il forno, che era rigorosamente spento perché stavano facendo tutte le preparazioni preliminari per il pranzo e non avevano ancora cotto niente.

-Leo, come si chiama tua moglie? Che tipo è? Sono sicura che sia adorabile se è la tua anima gemella- Anna placcò Leo con ulteriori domande e un imbarazzato sorriso rassicurante.

Appena Leo era arrivata in cucina gli si era fiondata addosso e aveva iniziato a scusarsi per la reazione, per la domanda e per tutto e aveva chiesto di restare grandi amici come prima.

Questo comportamento era molto più di quanto Leo potesse sperare, quindi aveva accolto la richiesta con un certo ottimismo, sperando che significasse che non sarebbe in fondo cambiato niente, almeno in cucina.

Ma le domande iniziavano a farsi invadenti.

-Eh… sì, ovvio. Ci sono abbastanza scorte in dispensa?- Leo provò a scappare fisicamente dalla cucina, e si ritrovò faccia a faccia con Mildred, nella dispensa.

-Che ci fai qui? Non dovresti preparare la pasta?- gli chiese, squadrandolo severa dall’alto in basso.

-Sì, beh… mi chiedevo se erano avanzati degli ingredienti dal banchetto di ieri- Leo inventò una scusa al volo per la sua presenza lì.

Mildred piegò la testa e lo squadrò sospettosa.

-Non è tua competenza controllare le scorte… stai provando a rubarmi il posto?- lo accusò, con sguardo assassino.

Leo si affrettò ad alzare le mani.

-Assolutamente no! Non potrei mai…- iniziò a difendersi, ma Mildred lo interruppe con una risata e una pacca sulla spalla.

-Se vuoi un po’ più di responsabilità devi solo chiedere. Potrei allenarti come mio successore. Il banchetto di ieri è stato un grande successo, dopotutto- gli disse le parole più incoraggianti che gli avesse mai rivolto da quando era lì.

E se possibile fu peggio delle domande sulla sua presunta sposa.

-No, no, Mildy, Mildred, capo, non posso…- iniziò a borbottare scuse per liberarsi, ma la capocuoca non aveva finito.

-Tua moglie è brava in cucina? Potremmo assumerla qui. Non abbiamo posti vacanti ma posso tirare qualche filo. O possiamo sempre licenziare Sara- Mildred abbassò la voce lanciando un’occhiata colma di giudizio verso la cuoca, che si stava specchiando su un cucchiaio.

-No, non c’è bisogno, lei non…- Leo si interruppe prima di parlare della sua presunta moglie. Era meglio non attirare attenzioni indesiderate -Meglio che torni alla pasta!- scelse invece la via della fuga, come aveva fatto fino a quel momento.

Era poco utile in realtà, ma aiutava un sacco con il cardio. Stava facendo parecchio sport.

Per fortuna non aveva i postumi della sbornia, altrimenti gli sarebbe risultato molto più difficile.

Tornò alla sua postazione e iniziò ad impastare con foga, sperando di metterci il meno possibile per poi scappare nuovamente via.

-Per il resto come è andato il banchetto da ospite? Ho sentito che ti sei incontrato con alcuni semidei!- Mary lo intercettò immediatamente, incuriosita circa il banchetto.

Leo fu felice che non gli avesse chiesto informazioni sulla sua presunta moglie.

Ma non sapeva neanche da dove cominciare con i semidei.

Non poteva certo dire di essere il migliore amico della figlia di Jahlee, che il figlio di Veer lo odiava proprio per questo motivo, e che al contrario il figlio di Kalea lo considerava il suo migliore amico perché era tornato da un futuro dove erano tali. Forse avrebbe potuto parlare della figlia di Omish, però.

-La semidea Clarisa mi ha chiesto un biscotto, e gliel’ho dato- rispose, felice di poter dire qualcosa a qualcuno.

-Ohhh, sì, la piccola figlia del dio Omish. Ho sentito che è andata in giro tutta la notte a dire che aveva toccato qualcuno e aveva visto un’aura bellissima. Ne hai sentito parlare?- Mary continuò ad indagare, entusiasta.

Leo si trattenne a stento dal mettercisi lui, nel forno. La benedizione di Jahlee gli permetteva di uccidersi da solo, ed era meglio finire al cotto a puntino che continuare quell’interrogatorio disperato.

Perché mai nella vita avrebbe rivelato a Mary o a chiunque altro che la famosa aura bellissima tanto decantata dalla piccola Clarisa fosse la sua.

Era troppo imbarazzante!

Non fraintendete, Leo era onorato.

Ma anche tanto tanto imbarazzato.

-Puoi finire di stendere tu la pasta? Volevo un attimo andare a controllare le cuoche temporanee. Mi sono appena reso conto che non le ho ancora salutate- Leo trovò una scusa (veritiera) al volo, e abbandonò la propria pasta a Mary, conscio che l’avrebbe fatta alla perfezione.

Ora che ci pensava, non aveva ancora visto Dotty.

Alcune cuoche temporanee stavano ancora dando una mano prima di andarsene da palazzo, ma Dotty non si era fatta vedere. O quantomeno non aveva accolto Leo come tutte le altre.

Si guardò intorno per controllare che non fosse in cucina e semplicemente era lui che non l’aveva vista.

Ed infatti era proprio così, la beccò subito in mezzo alla folla di cuoche.

Il fascino da protagonista spiccava sempre.

Anche se in quel momento Dotty sembrava distratta, e puliva il pesce meccanicamente.

Leo era abituato a vederla molto più energica quando cucinava. Ogni singola preparazione era per lei entusiasmante.

Al momento sembrava priva di vita.

Forse perché stava per andare via?

Leo si sentì ancora più in colpa di quanto già non fosse.

-Ciao Dotty. Tutto bene? Come sta uscendo la spigola?- chiese, cominciando una conversazione.

La ragazza sobbalzò appena, come uscita da una trance.

-Oh, maestro! Buongiorno! La spigola sta vendendo sfilettata alla perfezione! Non ci sarà alcuna spina residua!- si mise sull’attenti, come un militare. Forse passava troppo tempo con Alex, ultimamente.

Leo ridacchiò, e controllò il pesce, anche se non dubitava che fosse perfetto.

Era partita un po’ incerta in quella cucina, ma aveva fatto enormi progressi.

Era davvero una cuoca di prim’ordine che meritava di restare lì. Molto più di Leo.

Si intristì appena al pensiero, ma cercò di non darlo a vedere.

-Ottimo lavoro. Sei davvero in gamba- si complimentò con lei, constatando che effettivamente stava sfilettando il pesce alla perfezione.

-Grazie maestro- Dotty sorrise radiosa per un secondo scarso, soddisfatta, per poi abbandonare il sorriso e tornare al pesce, sgonfiandosi come un palloncino.

-Tutto bene?- chiese Leo, preoccupato che fosse successo qualcosa.

Sapeva che cose erano successe e stavano per succedere (pronto, stava per essere congedata!) ma una parte di lui gli suggeriva che fosse peggio di quanto pensasse.

-Io mi fido ti te, maestro! Niente potrà mai ledere la mia lealtà nei tuoi confronti!- esclamò Dotty con ardore, per tutta risposta.

Leo rimase di sasso.

Era onoratissimo, sia chiaro, ma… che c’entrava?

-Okay… grazie- sorrise, confuso, dandole una pacca affettuosa sulla spalla.

Dotty non aveva finito.

-Però…- cominciò, guardandosi intorno, molto incerta, e abbassando poi la voce per non farsi troppo sentire dalle altre cuoche, che però potevano ascoltare tutto comunque e avrebbero origliato con assoluta certezza -…non so proprio cosa pensare del tuo matrimonio. Mi sembra… strano- ammise i suoi pensieri.

-Strano? Perché strano? Non c’è niente di strano- Leo provò a chiudere l’argomento, guardandosi intorno in cerca di nuove vie di fuga.

-Penso solo… insomma, un matrimonio, a Estovani… che nessuno sapeva. Non capisco cosa… non capisco perché non lo hai detto a nessuno prima. È una cosa importante per un cittadino di Lumai- la voce di Dotty era un sussurro quasi impercettibile (che tutte le cuoche della cucina avevano recepito) e Leo intuì che il sottotoesto di quella frase fosse che Dotty non si fidasse del tutto di lui. Dotty era sveglia, e a differenza di Leo lei veniva davvero da Lumai, e probabilmente aveva già intuito da parecchio che Leo non fosse davvero di Estovani come fingeva di essere. Si erano coperti a vicenda, dopotutto.

Ma al momento Leo non poteva permettersi di far venire fuori la sua bugia.

Avrebbe attirato maggiormente l’attenzione.

Forse era il caso di ampliare il suo bluff aggiungendo nuovi dettagli.

-Sono solo molto timido, e nessuno mi ha mai chiesto nulla circa il mio status sentimentale- si mise sulla difensiva, assumendo un tono serio.

-S_sì, capisco…- Dotty lasciò subito perdere, anche se non sembrava convinta, e Leo si preparò a fare un bel monologo e rispondere a tutte le domande che gli avevano fatto, una volta per tutte per togliersele dai piedi.

-La mia anima gemella si chiama Lauren, è piuttosto bassina, come me, l’ho conosciuta tre anni fa e l’ho adorata da subito. Ha i capelli lunghi e lisci, castani, e occhi scuri. È una bravissima ballerina, cantante e attrice, ed è anche discretamente brava a cucinare, soprattutto le torte. I miei fratelli l’adorano, soprattutto Joey. Anche se Isabella preferisce Mariah, ma hey, i gusti sono gusti!- si dilettò in un’accurata e dettagliata descrizione di Lauren Lopez, un’attrice di musical del suo gruppo preferito Starkid. Aveva già preso in prestito i nomi per i suoi finti fratelli, era più facile da ricordare.

E poi adorava Lauren Lopez! Era il suo membro preferito del team, dopo Joe Walker. Ma Joe Walker era la sua cotta da celebrità, non valeva.

Sua sorella preferiva Mariah Rose Faith, ma appunto i gusti sono gusti.

La sua spiegazione però aveva soddisfatto la curiosità delle cuoche, che ascoltarono tutto con attenzione, e iniziarono a sparlare tra loro mentre cucinavano.

-Capisco… non volevo in alcun modo essere invadente o darti contro- Dotty fece un passo indietro sulle sue velate accuse, ma rimase a testa bassa, poco convinta della spiegazione.

Era davvero difficile continuare in quel modo.

-Il pesce sta uscendo bene, stai attenta alla cottura- le suggerì Leo, decidendo di eclissarsi e sperando di non aver attirato l’attenzione di Laasya.

Non aveva usato il termine moglie, e neanche aveva esplicitamente ammesso che l’amava. Era stato del tutto sincero. Lauren Lopez era la sua anima gemella… perché aveva fatto un test su quale membro del team Starkid fosse il suo gemello ed era uscita lei.

Quindi per una volta non aveva proprio mentito.

Non del tutto almeno.

-Starò attentissima, maestro. Voglio che il mio ultimo piatto qui esca in maniera perfetta- Dotty accennò un sorriso poco sentito, e tornò a lavoro.

Leo deglutì il groppo che gli era risalito alla gola.

Forse era davvero il caso di licenziarsi prima che Dotty venisse cacciata. Avrebbe rimesso la storia sul giusto binario e non avrebbe protratto inutilmente la tortura di quel senso di colpa e consapevolezza che sarebbe presto andato via da tutto e tutti.

Almeno le domande si erano acquietate, e Leo preparò il pranzo senza ulteriori problemi.

 

L’ora del tè riservò una situazione decisamente inaspettata.

Leo si era aspettato di essere guardato storto dalle cuoche, perché era sposato, e dal principe, perché l’aveva baciato.

Ma non si aspettava che Opal sarebbe stata così silenziosa.

E soprattutto… perché Persian sembrava sul punto di scoppiare a piangere ogni volta che Leo incrociava il suo sguardo?!

-Va tutto bene, principessa?- provò a chiedere alla ragazza, che stava facendo il muso e non sembrava volergli rivolgere la parola.

-No! Mi hai affondato la nave!- borbottò lei, facendo il muso. Leo non capì minimamente a cosa si stesse riferendo, e fu convinto di aver capito male.

Pertanto lasciò perdere, e rimase in silenzio a servirla.

-Scusa, Leo, non ce l’ho con te. È solo che sono davvero delusa perché pensavo di aver finalmente accoppiato mio fratello con una persona davvero perfetta per lui!- Opal sospirò, tristemente, spiegando meglio cosa intendesse. E Leo cadde ancora di più dalle nuvole.

Da quando la principessa stava cercando di accoppiare Daryan con qualcuno?! Chi era questo qualcuno?! Perché lo stava dicendo a Leo provocandogli un enorme tonfo al cuore?! E perché l’obiettivo era fallito?!

Un momento… massì, era ovvio! 

Come aveva fatto a non pensarci?!

Era ovvio che la principessa stesse parlando di Dotty!

Era triste perché Dotty stava andando via dalla cucina in quanto cuoca temporanea.

Perché ovviamente Dotty e Daryan erano fatti per stare insieme!

Avevano anche entrambi il nome che iniziava per D.

Ed era tutta colpa di Leo se la coppia era affondata, perché era stato assunto al posto di Dotty!

…Sì, Leo era un idiota patentato che non capiva l’ovvio.

Ma ormai non dovremmo più stupirci, no?

-Mi dispiace molto principessa, in effetti è un vero peccato- le diede ragione, sospirando.

Opal lo guardò storto.

Ma prima che potesse replicare, probabilmente insultando Leo perché non solo era sposato, ma sembrava anche infedele, Persian, che aveva ascoltato la conversazione con estrema confusione, la anticipò.

-Mi scusi, principessa Opal, ma a chi si riferisce?- chiese, cadendo dalle nuvole tanto quanto Leo.

Opal scosse la testa, prendendo un sorso di tè.

-Niente, Percy, lascia stare. Non è più disponibile. Non lo era dall’inizio- borbottò, irritata.

-Oh…- Persian sembrò capire, e lanciò un’occhiata ferita verso Leo -…sì, capisco- sospirò, e sembrò di nuovo sul punto di scoppiare a piangere.

Se erano così devastati dall’allontanamento di Dotty, perché non la facevano restare e basta?

Leo avrebbe voluto chiedere chiarimenti, ma decise di non immischiarsi. Anche se iniziava a convincersi sempre di più che era il caso di licenziarsi entro quella sera.

La conversazione venne interrotta dall’arrivo di Chevel nella stanza.

-Sir Lavoie, il principe Daryan ti ha convocato nel suo ufficio per una faccenda urgente- disse in fretta, professionale, con volto ancora seccato, come era sempre quando parlava con Persian, pertanto Leo non ci fece troppo caso.

-Certo, arrivo immediatamente!- Persian non perse tempo e si alzò in fretta, fuggendo dalla stanza.

Chevel provò a seguirlo, ma venne fermato dalla principessa.

-Cosa è successo?- chiese Opal, leggermente preoccupata.

-La spedizione mandata a Lumai è appena ritornata a palazzo- spiegò Chevel, con un inchino profondo rivolto alla principessa.

Leo si mise sull’attenti.

La spedizione era stata mandata a Lumai per indagare sulla sua benedizione. A Lumai c’era Laasya, e Leo non voleva attirare la sua attenzione.

-Riguarda la mia benedizione? Dovrei andare anche io?- provò a chiedere, incerto.

Chevel gli lanciò un’occhiataccia.

-No! Il principe Daryan non ha richiesto la tua presenza. Pare che ogni via verso Lumai sia stata bloccata mentre è in corso una ricerca per trovare la duchessa Dorothera Eronielle, scomparsa circa un mese fa- 

-Oh, ho sentito parlare di lei, è la quarta in linea di successione per il trono, giusto? Ma non partecipa mai ad eventi reali- osservò la principessa, pensierosa.

Leo strinse i denti, cercando di restare impassibile.

Era palese che si stessero riferendo a Dotty.

Cavolo, addirittura una caccia all’uomo?!

Era una persona più importante di quanto Leo sospettasse.

E le stava fregando il lavoro.

E il ragazzo.

Ugh, Leo doveva proprio licenziarsi.

-Ma se non ci sono novità da Lumai, perché Persian è stato chiamato con tale urgenza?- chiese la principessa, confusa.

-Pare che il principe Victor Vasilev abbia mandato una lettera per richiedere un pranzo tra qualche giorno, di ritorno da un viaggio a Fring- spiegò Chevel, un po’ titubante, come se temesse a far trapelare l’informazione. Ma non poteva tenere la principessa all’oscuro.

Opal sgranò gli occhi, sorpresa.

-Il principe Victor?!- ripeté, convinta di aver capito male.

-Non sono ancora stati finalizzati i dettagli, ma il principe Daryan spera di riuscire a rafforzare il rapporto tra i due regni- spiegò Chevel, ben poco convinto di quel che diceva.

La principessa assunse un’espressione molto preoccupata.

-Capisco…- non aggiunse altro.

Leo avrebbe voluto chiedere chi fosse il principe Victor Vasilev, ma temeva che fosse un’informazione che tutti conoscevano e non voleva fare la figura dell’ignorante, per mantenere la propria storia in piedi.

Però conosceva il cognome Vasilev, appartenente alla famiglia reale di Valkrest, quindi suppose fosse un principe di quel regno.

Leo era molto sveglio, come sapete.

…non proprio.

Ma abbastanza da pensare che potesse essere rischioso far entrare a palazzo un principe del regno rivale. Poteva impiantare spie, o spiare lui stesso, o poteva provare ad avvelenar… 

Oh dei! C’era ancora un avvelenamento che Leo non sapeva quando sarebbe accaduto ma che sarebbe dovuto accadere, prima o poi.

Era una delle poche cose che ricordava che Giada gli avesse detto: ci sarebbe stato un tentativo di avvelenamento ai danni del principe, e Dotty sarebbe stata accusata.

Dotty ora era a palazzo, circa, quindi poteva essere presto.

Avrebbe dovuto chiedere a Giada, quando l’avesse vista.

…e doveva assolutamente licenziarsi presto, in generale.

-Sir Podbart, per caso sa quando il principe sarà libero?- chiese Leo, attirando l’attenzione del cavaliere, che gli lanciò un’occhiataccia se possibile più minacciosa di prima.

-Cosa mai avresti da dirgli?- chiese, in tono accusatorio.

Calmo, Chevel, Leo non aveva mica intenzione di baciarlo di nuovo!

Aveva imparato la lezione!

-Volevo parlare della mia…- Leo esitò, lanciando un’occhiata dispiaciuta alla principessa, che si girò a guardarlo incuriosita e ancora un po’ preoccupata. Non ce la faceva a dirlo a voce alta.

-…di una cosa del mio lavoro. È una faccenda molto urgente- si mantenne sul vago, torturandosi le mani nervosamente.

-Se troverà il tempo, ti manderà a chiamare. Ma non aspettarti niente di veloce. Il suo mondo non ruota intorno a te!- la rispose di Chevel fu fredda e tagliente come una lama. Leo pensò quasi che si sarebbe attivata la sua benedizione perché sembrava che le sue parole potessero ferirlo fisicamente.

-Auch, mi pare esagerato, Chevel- lo riprese Opal, guardandolo storto.

-Chiedo scusa di averla turbata, principessa. Ora mi perdoni, ma devo dirigermi dal principe Daryan- Chevel le fece un altro inchino profondo, lanciò un’ultima penetrante occhiataccia verso Leo, e se ne andò dal balcone della biblioteca, lasciando Opal e Leo da soli.

-Di cosa devi parlargli?- chiese Opal a Leo, abbandonando ogni formalità.

-Eh… le piacciono le pepite di cioccolata? Dotty mi ha dato una mano a prepararle- Leo cambiò immediatamente argomento, indicando un dolce tra i tanti.

-Sì… ma…- Opal provò ad insistere, ma, forse notando lo sguardo terrorizzato di Leo, decise di non farlo -…sì, sono buone- disse solo, abbassando lo sguardo e continuando a mangiare in silenzio.

Silenzio che non venne rotto prima della fine dell’ora del tè.

 

Nel tempo libero, Leo aveva l’abitudine di sperimentare.

Non poteva farlo troppo, perché gli ingredienti erano quelli che erano e servivano per cucinare i piatti veri, ma di solito prendeva avanzi e sperimentava nuove possibili ricette.

Era un ottimo modo per smaltire lo stress.

Anche se al momento non era granché ispirato, mentre lavorava sui resti di pesce del pranzo.

Non era avanzato molto del banchetto, quindi gli ingredienti rimasti non erano tanti.

E quindi sperimentava varie salse e abbinamenti mentre provava mentalmente il discorso che avrebbe fatto al principe per licenziarsi e far assumere Dotty.

Non aveva neanche un’idea, e sperava vivamente che Daryan non l’avrebbe chiamato nel suo ufficio per almeno una settimana.

Tanto l’avrebbe comunque visto durante i pasti, quando faceva da assaggiatore, quindi poteva guardarlo sognante da lontano fingendo che non fosse successo niente di strano tra di loro.

Ugh, perché l’aveva baciato?!

Aveva rovinato tutto!

I suoi pensieri depressi, così come la sua sperimentazione fallimentare, vennero interrotti dall’arrivo di una cuoca, venuta a chiamarlo.

-Leonardo, sei richiesto…- iniziò a dire, professionale.

-Nell’ufficio del principe, di già?!- la interruppe Leo, iniziando a farsi prendere dal panico.

-No, un’inviata del tempio vuole parlare con te. Ti attende in giardino. Sembra voglia parlare della tua benedizione- spiegò lei, guardando Leo dall’alto in basso ma cercando di non dare a vedere quello che pensava di lui.

Di tutte le cuoche, Sara era quella con la quale Leo aveva legato di meno. Era molto sulle sue, riservata e poco lavoratrice. Faceva il suo senza metterci niente di più.

Non che Leo la giudicasse, per questo. Anche lui non aveva voglia di fare le cose, di solito. La cucina era un caso a parte.

-Oh, grazie, Sara- le sorrise, sollevato che non fosse ancora giunta l’ora X, e intuendo chi potesse essere l’inviata del tempio.

Sperava proprio di poter parlare un po’ con Giada.

Magari poteva chiederle qualche consiglio su come approcciare il principe.

Ovviamente senza dirle quello che aveva fatto nel dettaglio.

Non era abituato ad avere segreti, con lei, ma da quando era lì si sentiva in dovere di non rivelare tutto quello che faceva. Era troppo agitata e pronta al giudizio per i suoi gusti.

E non voleva agitarla ulteriormente ammettendo di aver baciato il principe di Jediah.

Si avviò in giardino felice di poter parlare con lei, e la beccò intenta ad osservare il grande cespuglio a forma di drago, con la parrucca dell’altra volta e il cappuccio ben premuto sulla testa.

-Perché il travestimento?- chiese, a mo’ di saluto, sentendosi al sicuro al solo vederla.

-Non vuoi far sapere troppo in giro che sei il migliore amico della semidea di Jediah- rispose lei, girandosi verso di lui e sorridendogli.

-Pensavo fosse Remington il tuo migliore amico. Anzi, no, lui è qualcosa di più, o sbaglio?- Leo le diede qualche gomitata maliziosa.

Giada ricambiò con una gomitata vera.

-Piantala, Leo!- si irritò.

-Ma non c’è nessun vaso nei dintorni- rispose lui, allontanandosi di un passo per non rischiare un’altra gomitata.

Giada lo fissò qualche istante, poi gli diede le spalle e decise di andarsene.

-Aspetta, scherzavo! Non andare- Leo la seguì, ridacchiando per la stupidità della sua battuta.

-Vedo che sei allegro. Un po’ troppo allegro per i miei gusti- Giada scosse la testa, ma stava ridendo anche lei.

-Vederti mi mette sempre allegria- Leo le fece un occhiolino, a non se la stava lisciando per ottenere qualcosa, era del tutto sincero.

Giada era l’unico stralcio della sua vecchia vita che aveva in quel mondo, quando c’era lei al suo fianco si sentiva bene, normale, come se i problemi non ci fossero o quantomeno non fossero insormontabili.

-Idem. Mi aspettavo di vederti alla festa, cos’hai fatto quando sei stato congedato da lavoro?- chiese Giada, facendogli tornare in mente tutti i problemi che aveva.

Leo fu in procinto di rivelarglieli tutti: il finto matrimonio, l’ubriacatura, il bacio e l’ansia per il licenziamento.

Ma non poteva farlo.

Per una volta non avrebbe fatto risolvere tutto a Giada per conto suo. Avrebbe pensato da solo alle conseguenze dei suoi scivoloni.

-Il tuo ragazzo mi ha minacciato chiedendomi di lasciarvi in pace per la serata- Leo alzò le spalle.

Giada si irritò nuovamente, arrossendo appena.

-Non è il mio ragazzo! Sul serio, Leo, smettila!- insistette.

-Perché no? Ti piace, e a lui tu piaci, palese! Ti direi di provarci- le consigliò Leo, incoraggiante. Lui non poteva stare con l’uomo che amava, ma sarebbe stato felice se al contrario la sua migliore amica potesse starci.

Non aveva mai legato molto con le altre persone, Leo escluso, e i pochi ragazzi e ragazze che aveva avuto non erano durati più di un paio di appuntamenti.

…Leo iniziava finalmente a capirne il motivo.

Era un po’ difficile creare legami duraturi con tutti i segreti che aveva… e con la voce del ragazzo che amava che ogni tanto le arrivava in testa.

-Leo… non è possibile- Giada sospirò, più triste che arrabbiata.

Leo abbandonò il tono scherzoso.

-Perché no? Solo perché è di un altro mondo? Il modo di tenervi in contatto lo avete, e magari…- iniziò ad offrire soluzioni.

Giada scosse la testa, interrompendolo.

-Non possiamo e basta. Ci sono troppe cose che ci tengono rigorosamente a distanza. Intanto i nostri due regni sono rivali…- cominciò ad elencare.

-Romeo e Giulietta…- Leo sospirò, sognante.

-…poi abbiamo degli ideali di vita molto diversi…- continuò Giada.

-Si possono raggiungere compromessi o non parlare di politica a tavola la sera- suggerì Leo, pragmatico.

-…tu non gli piaci e lui non piace a te, quindi non ha superato il test del migliore amico…- Giada sembrava già a corto di ragioni.

-Lo accetto per il tuo bene! È tsundere, ma il giusto tipo- Leo si immolò per l’amore.

Giada restò in silenzio qualche secondo.

Poi sospirò.

-Leo… Remington non lascerà mai Valkrest, e io non posso restare nei sette regni- alla fine disse il vero motivo che rendeva la loro relazione impossibile.

-Perché? Potresti sempre venire in visita, ogni tanto, e magari…- iniziò a suggerire un possibile piano d’azione.

Giada scosse la testa violentemente.

-Leo, io non posso stare nei sette regni, punto! So tutta la Storia!- spiegò, come se questa ammissione chiudesse del tutto la questione.

Leo non ne capì il motivo.

-E quindi? Sei come una classica eroina isekaizzata che sa la storia e la cambia per il meglio- gli sembrava una figata.

Giada sgranò gli occhi e si guardò intorno come se temesse che potesse essere incenerita da un momento all’altro.

-Leo, nessuno cambia la Storia! Punto! E chi ne conosce più del dovuto deve stare lontano dai sette regni. È una regola fondamentale. Posso venire in visita al tempio, ogni tanto, ma mai troppo a lungo, e mai nel resto dei sette regni- spiegò, con più chiarezza.

-Mi sembra una regola limitante- osservò Leo, poco convinto da tale spiegazione. 

-Non metterti a fare l’eroe o il rivoluzionario, capito?! Sono felice di averlo visto dal vivo dopo tutto questo tempo e ammetto che… beh… si è fatto parecchio attraente, ma finisce qui!- Giada però era categorica, sebbene risultasse un po’ triste alla prospettiva di non poter provare a stare con il ragazzo che chiaramente le piaceva.

-Avete fatto almeno, sai…- Leo iniziò a supporre, malizioso. Se lui avesse avuto la possibilità di stare con Daryan almeno una notte, prima di tornare per sempre a casa, l’avrebbe colta al volo.

Ahh, se solo quel mondo fosse stato meno eteronormativo.

-LEO!- si lamentò Giada, arrossendo vistosamente.

Considerando che non avevano mai avuto problemi a parlare delle proprie conquiste reciproche, Leo suppose che fosse un argomento sensibile, e decise di non insistere.

-Scusa, scusa, okay, cambio argomento! A proposito di Storia, ti volevo chiedere una cosa- passò alle domande che aveva intenzione di farle.

Giada si mise in ascolto, rilassandosi appena.

-Cosa?-

-Era questa la storia dove il principe subiva un tentativo di avvelenamento e accusavano la cuoca appena arrivata?- chiese Leo, a bassa voce, per stare sicuro.

-Sì, perché?- rispose lei, tranquillamente, senza neanche moderare il tono.

A Leo saltò un battito, e iniziò a venire una certa ansia.

-Sono ancora l’assaggiatore ufficiale, e non vorrei rischiare di essere avvelenato per sbaglio- le spiegò, teso, grattandosi nervosamente il collo.

-Oh, no, tranquillo, manca ancora un mese e mezzo al tentativo di avvelenamento ai danni del principe, saremo già andati via da parecchio quando accadrà- lo rassicurò la sua migliore amica, pratica -Gli eventi più degni di nota di questo mese sono il ratto dei semidei e la scomparsa della duchessa Dorothera- aggiunse poi, pensierosa.

-Il ratto dei semidei?- chiese Leo, confuso.

-Sì, i ribelli antimonarchici stanno cercando di ribaltare la Storia, come sempre, e questa volta hanno deciso di rapire più semidei possibili. L’attacco al palazzo dei Lindberg che ti ha quasi ucciso era finalizzato a quello. Hanno cercato di rapire la principessa perché alcuni di loro erano convinti che fosse me travestita. Ma hanno capito che non era così e hanno rinunciato. Quindi puoi stare tranquillo- spiegò la ragazza, con più dettagli -Non ci sarà nessun evento degno di nota qui a Jediah, almeno fino, appunto, al tentativo di avvelenamento ai danni del principe, ma sarà tra parecchio- 

-Oh, okay…- Leo fu parecchio sorpreso dal tono distaccato di Giada. Stavano parlando di rapimenti, scomparse e di un tentativo di avvelenamento ai danni della persona per la quale Leo era profondamente cotto, e lei ne parlava come l’evento di un libro -…staranno tutti bene? Non sarà una cosa grave, giusto?- chiese, per essere sicuro ed eventualmente evitare che tale avvelenamento avvenisse in generale. Giada non voleva che cambiasse la Storia, ma non poteva permettere che a Daryan accadesse qualcosa di male.

-Beh… ti posso assicurare che il principe non si farà nulla. È immune a molti tipi di veleni, e ha sempre antidoti con sé. Sai, dopo quello che gli è successo da piccolo- Giada gli assicurò, un po’ incerta, ma cercando di apparire convinta.

Leo era troppo sorpreso dalle sue parole per badare troppo al tono.

-Cosa? Cosa gli è successo da piccolo?!- chiese, sconvolto e preoccupato.

-Beh, è stato…- cominciò a spiegare Giada, sempre con tono distaccato e casuale, come se stesse elencando la lista della spesa.

-No, aspetta, non me lo dire! Non voglio farmi i fatti suoi!- Leo la interruppe di scatto.

A dire il vero voleva eccome farsi i fatti del principe Daryan, ma non voleva che gli venissero elencati così. Non voleva leggerli in un libro, voleva che fosse il principe Daryan ad aprirsi a lui e a rivelargli il suo passato tormentato.

…cosa che non sarebbe mai successa, ma Leo aveva ancora il diritto di sognare un momento romantico del genere con il ragazzo che gli piaceva, uscito direttamente da un anime, un film o un libro. 

-…okay. Hai altre domande per me?- Giada passò oltre, senza capire il suo ragionamento ma non facendo domande.

-Sì, come diamine faccio a licenziarmi senza farmi odiare?- Leo passò alla sua seconda domanda, quella che gli premeva maggiormente.

Non voleva che Giada gli rivelasse le conoscenze acquisite leggendo la Storia, ma aveva tutta l’intenzione di approfittarsene per quell’impresa in particolare.

Dimettersi sembrava il problema più insormontabile del mondo, al momento.

-Licenziati e fatti odiare, tanto poi torniamo a casa per sempre- rispose Giada, alzando le spalle.

-Non sei d’aiuto!- si lamentò Leo, seppellendo il volto tra le mani.

-Dì che ti è arrivata notizia che i tuoi fratelli stanno male e preferisci tornare a casa- Giada provò a trovargli una scusa decente. Era sempre stava brava ad inventarsi quel tipo di storie. Facevano a gara a chi fregava meglio i professori con le loro scuse, al liceo.

Ma in quel momento quella scusa non avrebbe retto.

-Hanno chiuso i confini di Lumai in questo periodo, non potrei teoricamente tornare a casa- le spiegò Leo, ricordando la conversazione avuta con Chevel all’ora del tè.

-Oh… beh, licenziati comunque e falla finita. Non abbiamo molto tempo da perdere- Giada alzò gli occhi al cielo, senza offrirgli ulteriore sostegno.

-Sei davvero poco d’aiuto- Leo sbuffò, e si appoggiò al cespuglio, rischiando di finirci dentro.

Si riprese appena in tempo.

-L’importante è che tu lo faccia presto. Tra una settimana verrà a pranzo il principe Victor, e non credo che sia il caso che tu stia ancora qui quando arriverà- insistette Giada, che aveva davvero fretta.

Leo ripensò all’altra parte della conversazione con Chevel, e al fastidio della principessa Opal a sentir nominare quel tale Victor.

-Perché? Che farà il principe Victor?- chiese, in tono casuale, ma sinceramente curioso.

-Niente di ché in realtà, ma è una persona tremenda! Non posso parlarne troppo male perché è come un cugino per Remington, ma ugh, è davvero insopportabile. E fa di tutto per ottenere quello che vuole, a scapito degli altri- Giada si scaldò, e strinse i denti infastidita parlando del principe.

-Come un… cosa?!- Leo rimase piuttosto sorpreso dalla presunta parentela tra lui e Remington. A quanto ne sapeva, era l’unico semidio di Valkrest in circolazione. E poi… cugino? 

Forse dal lato materno, di Remington. In effetti i semidei avevano un lato mortale, che probabilmente aveva una famiglia.

Ma se era un effettivo cugino di Remington, questo non spiegava l’uso della parola “come”.

-La famiglia Vasilev è discendente di un figlio di Veer, quindi sono parenti alla lontana. Teoricamente Remington sarebbe il bis-bis-bis-bis-bis-bis-bis-bis-bis-aggiungiunaltrocentinaiodibis-prozio di Victor… ma questo lo fa sentire vecchio- spiegò Giada, agitando la mano davanti al viso come a surclassare la questione, e confondendo ulteriormente Leo.

-Strano- commentò dopo qualche secondo di riflessione, decidendo di non impazzirsi troppo con quelle cose.

-Non parlargliene mai quando vi vedete o non riuscirò a proteggerti neanche io- si fece assicurare Giada, leggermente divertita alla prospettiva.

-Non ne ho intenzione- promise Leo, che meno ci pensava, più sarebbe stato felice. 

Aveva già abbastanza problemi a cui pensare senza metterci anche un semidio arrabbiato con lui (più di quanto già non fosse) e strane parentele divine.

-In ogni caso… cerca di licenziarti in fretta- Giada tornò all’argomento cardine. Leo annuì.

-Prometto che lo farò appena il principe Daryan mi chiamerà nel suo studio- giurò, mettendo una mano sul cuore, conscio che tanto il principe Daryan non l’avrebbe sicuramente chiamato nel suo ufficio prima di qualche giorno, se si teneva in conto ciò che aveva detto Chevel. 

 

Il principe Daryan chiamò Leo nel suo ufficio quella sera, dopo cena.

Leo era fregato!

Non aveva la minima idea di come introdurre l’argomento.

Giada non era stata d’aiuto.

E rivedere il principe dopo quello che era successo meno di ventiquattro ore prima era più strano di quanto Leo si aspettasse.

Quella mattina l’agitazione e il dopo sbornia non gli avevano permesso di concentrarsi troppo sui suoi sentimenti.

Durante i pasti, si era concentrato sul resto della famiglia reale, e sul suo lavoro, quindi non aveva prestato troppa attenzione al principe, e il principe non l’aveva prestata a lui.

In quel momento, soli nella stanza, con il principe che lo fissava con una certa curiosità da dietro la scrivania, illuminato dalle candele e con sguardo leggermente meno arcigno… Leo aveva un enorme blocco sullo stomaco, la gola secca, e gli veniva da piangere.

La cotta che aveva per il principe era molto più forte di quanto pensasse.

-Allora… Chevel mi ha detto che volevi parlarmi di una faccenda riguardante il tuo lavoro. Cosa volevi dirmi?- Daryan ruppe il silenzio, incoraggiando Leo a parlare.

-Eh… io…- ma le parole non sembravano voler uscire dalla bocca di Leo, che stava utilizzando tutte le sue energie per non apparire completamente devastato.

-Senti, cuoco, non ho tutto il giorno. Se hai un qualche tipo di problema in cucina ti suggerisco di parlarne con la signora Mildred- lo pressò Daryan, esasperato, e freddo.

Leo non era più abituato a sentirlo così distante.

Aveva rovinato tutto.

Quel bacio aveva distrutto completamente il loro rapporto.

Leo doveva andarsene da quel castello. Restare gli avrebbe distrutto il cuore.

Almeno era riuscito a trovare un motivo personale per andarsene.

-Sono qui per presentare le mie dimissioni!- esclamò, in un fiato, forse in tono un po’ acuto, ma che sortì comunque un certo effetto.

Daryan rimase in silenzio per qualche secondo, sconvolto.

Ecco, l’aveva detto.

Era riuscito a dirlo.

Una piccola vittoria.

Il peggio era passato!

…giusto?

-C_cosa?!- arrivò il sussurro strozzato del principe, quando finalmente riuscì a parlare dopo il momento di shock.

…ovviamente il momento peggiore sarebbe stato vivere le conseguenze della sua decisione.

Stupido Leo ad aver sperato per un momento che tutto si sarebbe risolto immediatamente.

-S_so che ho un contratto a tempo indeterminato, e non posso andarmene, ma devo andarmene. E… e non me ne andrò senza lasciare un rimpiazzo, Dotty è un’ottima cuoca e suggerisco di assumerla a tempo indeterminato, perché è in gamba e…- Leo iniziò a parlare a caso, dicendo tutto quello che si era circa preparato da dire in vari momenti di quella conversazione.

-Possiamo assumere Dotty senza che tu te ne vada! Non puoi andartene! Cosa… cosa è successo?! Se c’è stato qualche problema a palazzo lo possiamo risolvere. Se qualcuno… se qualcuno si è comporto in maniera inappropriata si può trovare una soluzione. Non devi andartene così- la voce del principe, che fino a quel momento era stata fredda e professionale, tradì una nota di evidente panico. Il blocco nello stomaco di Leo aumentò a dismisura, ma per fortuna riuscì a mantenere una certa calma.

Evitò accuratamente di guardare Daryan, e si mantenne fermo sulla sua decisione.

Dopotutto non poteva restare lì, fine della storia.

Doveva tornare a casa.

Voleva tornare a casa, da sua madre, e sua sorella.

Certo, gli dispiaceva dire addio a tutte quelle persone, e se avesse potuto decidere senza limiti cosa fare della sua vita, avrebbe scelto di fare avanti e indietro a piacimento tra i due mondi, e trasferirsi principalmente a Jediah.

Ma non poteva farlo.

E lui non era gradito nei sette regni.

Meglio andarsene adesso senza soffrire ancora.

-Sono giorni che ho intenzione di andarmene, ma ho preferito aspettare fino alla fine del banchetto per la principessa Opal prima di parlargliene. Mi… mi dispiace, davvero, ma non posso fare altrimenti. La prego, principe Daryan, mi conceda di abbandonare il palazzo- Leo abbassò la testa fino ad abbozzare quasi un inchino, e si strinse le mani con forza una con l’altra.

Era difficile, molto più difficile di quanto pensasse, e già pensava che fosse un’impresa praticamente impossibile.

Forse avrebbe dovuto chiedere al re o alla regina, ma la parte logica di lui gli aveva suggerito che Daryan sarebbe sicuramente stato più propenso a buttarlo fuori dopo quello che era accaduto.

Una parte logica che gli distruggeva il cuore, ma che era giusto seguire, comunque.

Il principe rimase qualche altro secondo in silenzio.

Poi sospirò.

-Quando hai intenzione di andartene?- chiese, tornando professionale, e più freddo di prima.

-Il prima possibile- ammise Leo, iniziando a trovare sempre maggiore difficoltà nel far uscire le parole.

-Puoi restare quantomeno un’altra settimana, fino al pranzo con il principe Victor Vasilev? Vorremmo offrirgli il pranzo migliore possibile- gli chiese Daryan, professionale.

-D’accordo- Leo annuì, anche se probabilmente avrebbe dovuto rifiutare.

Ma gli doveva almeno un ultimo favore.

-Opal sarà devastata dalla tua partenza- osservò Daryan, sospirando e tornando ai fogli.

-Le cuoche conoscono alla perfezione tutte le mie ricette migliori, e Dotty sarà una degna sostituta quando me ne sarò andato- Leo cercò di rendere la sua partenza meno disastrosa di come la dipingesse il principe.

Daryan non replicò.

Leo lo prese come un invito a congedarsi.

-Grazie mille per il suo tempo e per la sua concessione, principe Daryan. Le auguro una buona serata, e terrò fede ai miei compiti fino alla fine del mio servizio al meglio delle mie possibilità- professionale e formale, come Persian gli aveva insegnato durante le loro lezioni private, Leo fece un inchino profondo e iniziò ad indietreggiare verso la porta.

-Leonardo…- il principe lo richiamò, con molta incertezza, facendolo fermare sul posto.

Leo osò lanciargli un’occhiata, ma non era capace di sostenere il suo sguardo troppo a lungo.

-Mi dispiace…- continuò il principe, la voce ridotta in un sussurro, sembrava stesse per aggiungere qualcosa di molto importante.

Probabilmente voleva dire qualcosa del tipo “Mi dispiace per averti baciato quando sei sposato e sicuramente è stato un gesto terribile da parte mia. Spero che non sia per questo che hai deciso di andartene, perché giuro che non farò mai più niente del genere!”.

Ma cambiò idea quasi subito, perché la sua voce si stabilizzò, tornò fredda, e professionale: 

-…che questo rapporto lavorativo non sia andato a buon frutto. Ti auguro che fuori dal palazzo troverai opportunità migliori- disse da bravo datore di lavoro, tornando poi ai suoi documenti.

Leo non credeva che nel suo mondo avrebbe mai trovato opportunità ugualmente redditizie e appaganti, ma cercò di non pensarci.

Magari avrebbe partecipato a Masterchef.

Era l’unica cosa positiva che gli veniva in mente del suo mondo, oltre a rivedere la sua famiglia.

Oh, sì, Masterchef e l’assenza di omofobia e possibili morte e torture.

Beh, non voleva fare confronti.

-Grazie, principe Daryan- rispose solo, congedandosi definitivamente e uscendo fuori dalla porta.

Una volta all’esterno, sospirò profondamente.

E come spesso accadeva, si ritrovò faccia a faccia con Chevel, che controllava costantemente la porta.

Leo si aspettò di vederlo ostile come quella mattina, o al massimo neutrale come al solito, sempre accigliato.

In quel momento sembrava sconvolto.

-Vai via da palazzo?- chiese, in un sussurro, dimostrando di aver origliato la conversazione.

-Dopo il pranzo con il principe Victor, sì- confermò Leo, che onestamente avrebbe preferito non parlarne, ma non poteva neanche mentire o chiudere in fretta l’argomento.

-Perché?!- indagò Chevel, che sembrava iniziare ad agitarsi.

-Sono affari miei il perché!- sbottò Leo, dandogli le spalle e dirigendosi verso la propria camera.

Chevel non aveva il diritto di chiedere spiegazioni dopo il modo in cui l’aveva trattato quel giorno per il solo crimine di aver baciato un principe. (Ricordiamo sempre che Chevel ce l’aveva con Leo per il fatto che fosse sposato, e non sapeva che avesse baciato Daryan).

Leo voleva solo dormire.

Una volta in camera, venne accolto da Alex, che stava sistemando la camerata.

Lionel e Prankit probabilmente erano a bere qualcosa in qualche locanda, come accadeva spesso la sera sul tardi.

-Tutto bene, Leo?- chiese la ragazza in incognito, preoccupata nel vederlo così.

-Sono molto stanco- lui chiuse la questione, si cambiò in fretta mettendosi il pigiama, e finì sotto le coperte.

-Ti auguro la buonanotte, allora. Cercherò di non fare troppo rumore- Alex rispettò i suoi spazi, e lo lasciò dormire tranquillo.

Anche se Leo non riuscì a prendere sonno.

Era molto agitato, e il suo stomaco era in totale subbuglio.

La sua testa continuava ad assicurargli che aveva fatto la scelta giusta, e andarsene subito fosse la cosa migliore da fare.

Il suo cuore, però, stava piangendo, e gli gridava di aver sbagliato, e che doveva lottare per ciò che voleva e che amava.

Ma era meglio seguire la testa, in quel frangente.

La testa, e Giada.

La sua migliore amica voleva solo il meglio, per lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Lo so, lo so, capitolo di passaggio, ma è i prossimi saranno un susseguirsi di trama, colpi di scena e robe.

Scusate poi se questo capitolo è giunto così tardi, ma questi ultimi tempi sono stata davvero impegnata con un’altra storia, 45 Giorni, che mi ha tenuto bloccata per parecchio e mi terrà un po’ bloccata ancora per un po’.

Ma spero comunque di riuscire ad aggiornare presto.

Parlando del capitolo.

Le conseguenze sono meno gravi di quanto ci si aspetterebbe, anche se la popolazione maschile del palazzo (+ Dotty) pare devastata.

E Leo si è “finalmente” licenziato.

Daryan non sembra averla presa molto bene.

E ci sono enormi fraintendimenti da ambo le parti.

Ahhh, i malintesi, classico cliché in tutte le commedie romantiche (brutte) che si rispettano.

Io di solito li odio, ma in questo caso mi diverte scriverli.

Volevo lasciarvi un sondaggio, ma preferisco tenermelo per il prossimo capitolo, quando accadrà una certa cosa e si conoscerà un nuovo importante personaggio: Victor Vasilev.

Finalmente la famiglia reale di Valkrest farà una comparsa, dopo tanto parlare di loro e del rapporto conflittuale che ha con i Lindberg.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e spero di riuscire a pubblicare presto (circa) il prossimo, che non vedo l’ora di scrivere.

Fatemi sapere che ne pensate della storia se vi va, io intanto vi auguro un bacione e alla prossima! :-

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Capitolo 17
*** Incontro la persona più irritante dei sette regni (sì, più di Lionel) ***


Incontro la persona più irritante dei sette regni (sì, più di Lionel)

 

Non scenderò nei dettagli di come la settimana passò, per Leo, dopo che la notizia delle sue dimissioni si era sparsa nel castello.

Dirò solo che praticamente tutti i suoi abitanti affrontarono le cinque fasi di elaborazione del lutto.

1) Negazione:

-Ahahah, Leo, non sai che rumor assurdo ho sentito ieri! Pensa che si dice in giro che stai per andartene da palazzo. Non riesco a credere che si inventino delle cose così impossibili! Ah, mi sono spaventata per un secondo, ma è troppo assurdo perché persino io possa crederci- aveva esordito Anna, il giorno successivo al fattaccio, mentre preparavano la colazione.

-Eh…- Leo non aveva saputo che rispondere.

-Già, deve esserci chiaramente un malinteso dietro questa dichiarazione. Non stai andando via, vero, ragazzo?- le aveva dato man forte Mildred, girando tra le postazioni.

-Beh…-

-Ma certo che non sta andando via. Non serve neanche chiedere, la risposta è no!- anche Alex si era unita al gruppo, dopo essere passata per fare colazione e dare il buongiorno a tutti.

-Uh…-

-Dotty deve aver capito male!- aveva annuito Jane.

-Ecco…-

-Io ho solo riferito ciò che mi ha detto il principe Daryan!- si era difesa Dotty, che era stata finalmente assunta come cuoca permanente a palazzo.

-Ha ragione, me ne andrò tra una settimana!- aveva ammesso infine Leo, a voce alta, tutto d’un fiato per togliere il metaforico cerotto.

Erano seguiti alcuni secondi di silenzio, poi le cuoche avevano ricominciato a parlare come se niente fosse.

-Jane ha ragione… è impossibile che Leo se ne vada. Devi per forza aver capito male, Dotty- aveva continuato Mary, decisa.

-Uh?- Leo era rimasto davvero confuso.

2) Rabbia: 

-Ah, lo sapevo che avresti fatto così! Arrivi a passo di danza al castello, fai in modo che tutti si fidino di te, e poi ci abbandoni tutti senza dare neanche un decente preavviso. Quanto odio le persone come te che arrivano e fanno tutto quello che vogliono senza pensare agli altri e alle conseguenze e…- gli aveva urlato Chevel quando Leo era andato a portare la cena al principe, che l’aveva saltata per lavorare in ufficio, due giorni dopo l’annuncio.

-Posso entrare? La cena si sta raffreddando- Leo aveva provato ad ignorare lo scatto di rabbia.

-Perché, te ne importa qualcosa, della cena?! Se hai deciso di andartene perché non andartene subito, eh?! Arrivi qui, ti dimetti, e resti anche una settimana in più!- aveva continuato a borbottare Chevel, irritato.

-Ma non hai appena detto che dovevo dare maggiore preavviso?!- aveva provato a lamentarsi Leo, esasperato.

-Sta zitto, traditore!- Chevel l’aveva spinto nello studio di Daryan e gli aveva sbattuto la porta in faccia.

3) Negoziazione:  

-Aumentiamo le ferie, triplichiamo lo stipendio, e se vuoi ti diamo anche un periodo di vacanza pagato che puoi passare in famiglia- aveva provato a suggerire il re, durante un pranzo romantico che lui e la regina avevano richiesto espressamente a Leo per il loro anniversario di qualcosa, forse la prima volta che avevano mangiato insieme una torta, da ciò che Leo aveva potuto intuire.

O forse era stata solo una scusa per prendere Leo da parte.

-Mi dispiace, ma non posso…- Leo aveva cercato di rifiutare con gentilezza, ma la regina era intervenuta prima che potesse finire la frase.

-Anzi, macché vacanze in famiglia! Permetteremo a tutta la tua famiglia di vivere qui in pianta stabile! Gratis!- aveva suggerito, gasata.

-Non credo sia…- Leo era stato piuttosto sorpreso dalla proposta. Gli sembrava molto poco pratica per loro.

Anche se avesse potuto restare, mai avrebbe accettato niente di simile, era troppo corretto, lui.

-Vuoi diventare un conte? Un duca? Vuoi un castello?- aveva aggiunto il re.

-Vuoi essere adottato nella nostra famiglia e diventare principe?- la regina aveva alzato l’asticella.

-Sono onorato, ma…-

-Dicci solo un prezzo…- cominciò il re.

-…e noi ti daremo tutto per farti restare!- concluse la regina.

Leo era quasi scoppiato a piangere, commosso da quanto sembrassero tenere a lui, ma purtroppo aveva dovuto rifiutare.

4) Depressione: 

-Toglimi quei bignè da davanti al volto, mi fanno pensare troppo al mio dolore!- si era lamentata Opal, quando ormai era diventato chiaro che Leo non aveva intenzione di cambiare idea.

-Ci sto provando, ma lei continua a tenerli stretti. E… rischia di sporcarsi tutti i vestiti se continua ad abbracciare quella torta…- le aveva fatto notare Leo, a disagio ma anche leggermente divertito da come la principessa era letteralmente attaccata ai suoi dolci.

-Almeno ho una torta da abbracciare. Tre tre giorni non avrò più niente. Niente e nessuno. Sarò completamente sola!- si abbatté la ragazzina, melodrammatica.

-È circondata da persone che le vogliono bene, e da cuoche bravissime a fare tutti i tipi di dolci- aveva provato a rassicurarla Leo.

-No! Io voglio te! Tu sei il migliore!- si era lamentata Opal, lasciando la torta (con delicatezza perché aveva tutta intenzione di mangiarla dopo) e abbracciando Leo, con forza, come se non volesse più lasciarlo andare, sporcando anche lui di torta.

-Principessa… la verrò a trovare. E le porterò parecchio da mangiare- aveva provato a suggerire il cuoco, perché soffriva troppo a vederla così abbattuta.

-Non è la stessa cosa!- Opal l’aveva stretto più forte, poi aveva sospirato -Mi mancherai tanto, Leo!- aveva ammesso, in un sussurro.

-Anche tu, principessa- Leo aveva ricambiato l’abbraccio tortoso.

Ma non aveva ceduto.

Non poteva

5) Accettazione:

-Questa zona è in costante crescita, ultimamente. Puoi trasferirti senza problemi e con i guadagni ricevuti dal tuo lavoro puoi trovare una casa senza problemi- il giorno prima del pranzo con Victor Vasilev, Persian l’aveva preso da parte e aveva iniziato ad illustrargli delle buone prospettive a Lumai, da bravo studioso proveniente da Lumai qual era.

Leo non aveva avuto cuore di informarlo che non sarebbe mai andato a Lumai in vita sua, soprattutto a viverci, e lo aveva ascoltato interessato.

-E poi, magari, chissà, potrei venire a trovarti, un giorno. Ho dei parenti che abitano poco distante… cioè, diciamo in quelle terre- aveva poi suggerito, imbarazzato.

-Certo, perché no?- Leo aveva sorriso e annuito, sentendosi un mostro perché c’erano tante promesse impossibili da mantenere che aveva fatto solo per evitare che le fasi del lutto durassero più a lungo di così.

E ora tutto il palazzo era convinto che Leo sarebbe tornato a trovarli, o che loro sarebbero potuti andare da lui in visita.

Cosa impossibile, come Giada gli aveva ribadito più volte senza che Leo le avesse chiesto nulla, solo intuendolo dal suo sguardo.

C’era poi un’ultima fase del lutto che non era segnata sui libri, che aveva colpito una sola persona, e che più che una fase era uno stato costante: l’apatia.

Il principe Daryan non aveva espresso neanche un commento sulla ormai prossima partenza di Leo, e si era limitato a trattarlo come sempre, in maniera giusto un po’ più fredda, e a lavorare come un matto per prepararsi all’arrivo al castello del principe Victor.

Ormai mancavano poche ore all’importante pranzo, e Leo si ritrovò a portare, come spesso era accaduto in quei giorni, la cena al principe Daryan, nel suo ufficio.

-Buonasera, principe Daryan, che Jahlee la protegga- Leo fece un inchino, professionale. Era ormai diventato un vero esperto.

Non che Daryan lo stesse guardando per confermarlo.

-Buonasera…- infatti il principe era concentrato su alcuni fogli, e non sollevò affatto lo sguardo, né ricambiò il saluto di Leo, che ormai abituato a questo trattamento, si limitò ad avvicinarsi e a posare il vassoio con la cena sulla scrivania.

-Qual è il menù di oggi?- chiese Daryan senza scomodarsi ad alzare un secondo la testa per vederlo da solo.

-Fettuccine al tartufo bianco. Filetto di manzo in crosta di pistacchi con contorno di verdure leggere. E per dessert una panna cotta alle mandorle- spiegò Leo, indicando i vari piatti. La pasta andava davvero forte da quando Leo l’aveva introdotta.

-Assaggiatore, assaggia- lo incoraggiò Daryan, senza dare segno di aver sentito una parola, spingendo appena il vassoio verso Leo, sempre senza guardarlo.

Leo eseguì, prendendo la propria forchetta personale.

-Le fettuccine sono divine! Il filetto è forse leggermente avanti di cottura. La panna cotta… beh, non posso dare giudizi dato che l’ho fatta completamente da solo- Leo valutò i piatti, e spinse nuovamente il vassoio verso Daryan, che annuì appena, soddisfatto dalla recensione.

Era diventata una loro abitudine. Che presto Leo avrebbe dovuto abbandonare, come tutte le altre. Durante i pasti in famiglia Leo assaggiava più sporadicamente. Nell’ufficio del principe Daryan, invece, era un assaggiatore molto professionale.

E al momento Daryan passava tre quarti del suo tempo nel suo ufficio.

E l’altro quarto a dormire in camera sua.

Quindi praticamente lui e Leo condividevano i pasti ogni giorno.

Ed era la cosa più vicina ad un rapporto che avevano.

Pertanto Leo era sempre felice quando si ritrovava a condividere tale momento.

Lo fissò qualche secondo, cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio.

Ma non poteva farlo notare troppo.

-Le auguro una buona cena- accennò un inchino di congedo, e si preparò ad andare via, per dirigersi in cucina.

-Aspetta un momento…- Daryan lo fermò, andando fuori copione.

Leo si girò verso di lui sorpreso, e leggermente speranzoso.

Forse la fase apatica era passata e Leo sarebbe potuto andare via da palazzo vedendo almeno una volta il principe un minimo energico.

-Ho delle indicazioni di fondamentale importanza da riferirti circa il pranzo di domani- purtroppo no, il principe lo incoraggiò ad avvicinarsi e approfittò della pausa cena per dargli informazioni professionali.

Leo si mise in ascolto, attento. Non voleva creare casini con Valkrest. I due regni erano già abbastanza in rapporti freddi senza che Leo si mettesse a rovinare i pranzi diplomatici con comportamenti inappropriati o cibo offensivo.

-Ufficialmente tu sarai solo ed esclusivamente l’assaggiatore reale. Ovviamente dovrai cucinare, ma nel momento in cui il principe raggiungerà le mura di questo castello, tu non sarai il cuoco di corte. Nessuno deve scoprirlo, soprattutto il principe Victor- Daryan disse le ultime parole che Leo si aspettava di sentire.

-Posso chiedere il motivo?- provò ad indagare il cuoco, estremamente confuso.

-Diciamo che il principe Victor ha una certa fama, nei sette regni, di prendere con sé, anche con la forza, personalità interessanti. Soprattutto nell’ambito della cucina. Ovviamente noi ti proteggeremmo se volesse portarti via, ma preferirei evitare un incidente diplomatico. E se venisse a scoprire che hai intenzione di andare via domani… non escludo la possibilità che potrebbe arrivare a rapirti, se dovesse considerarti interessante- spiegò Daryan, senza omettere dettagli, sorprendentemente.

Considerando che in questa storia nessuno dice mai le cose a Leo, o parlano tutti sempre per enigmi, il ragazzo trovò preoccupante questa chiara ammissione. Doveva essere una minaccia piuttosto grave.

Anche se dubitava fortemente che Giada avrebbe permesso al bis-bis-bis-inseriremillebis-nipote del suo non-ragazzo di rapirlo.

Ma meglio essere prudenti.

-D’accordo, principe Daryan. Farò come richiesto- decise di seguire i consigli del principe, che accennò il primo sorriso da una intera settimana.

Più una smorfia di pochi istanti quasi impercettibile, ma era qualcosa.

Iniziò anche a mangiare.

Wow! 

-Bene… e cerca di stare in cucina il meno possibile e ultimare la maggior parte delle preparazioni prima dell’arrivo del principe. La sua delegazione sicuramente ha qualche spia che controllerà il palazzo per quanto a lui possibile- gli suggerì prima di congedarlo.

Leo annuì.

Non si dissero altro prima che il cuoco lasciasse la stanza, un po’ confuso e alquanto preoccupato da come il principe Victor si sarebbe rivelato.

Ma finché lui restava nell’ombra, sarebbe andato tutto bene.

E poi era improbabile che una figura d’alto spicco come un principe potesse interessarsi a lui.

…Leo non si era ancora reso conto di essere il protagonista di questa storia, né che tutti i personaggi sono in qualche modo ossessionati da lui.

 

Il giorno successivo, Leo fu congedato presto dalla cucina, e buttato praticamente fuori dal castello nel momento stesso in cui il principe Victor aveva messo piede al suo interno.

Il senso di chiedergli di rimanere fino a quel giorno e poi cercare di evitare che fosse in giro, Leo non lo capiva, ma non aveva fatto domande, e si era limitato ad arrampicarsi sul solito cespuglio enorme a forma di drago per godersi gli ultimi momenti a palazzo.

Sarebbe rimasto fino alla mattina successiva, avrebbe preparato la colazione, e poi prima di pranzo Giada sarebbe venuta a prenderlo per portarlo prima al tempio, e poi a Valkrest da Remington dove avrebbero passato gli ultimi giorni in isolamento prima di partire.

Già che c’era avrebbe potuto chiedere al principe di dargli un passaggio al regno, ma meglio di no. Se Daryan non voleva neanche che interagissero di sfuggita, sarebbe stato considerato alto tradimento fraternizzare con lui e dirigersi a Valkrest. Ahhh, che situazione complicata!

Anche Leo, come gli altri, aveva affrontato alcune fasi del lutto, ma era rimasto fermo alla depressione. Non voleva andarsene, e si sentiva schiacciato dall’obbligo di doverlo fare.

Perché, a pensarci bene, non avrebbe mai ritrovato un ambiente così accogliente e affettuoso, nel suo mondo. Sì, c’era la sua famiglia, che gli mancava dolorosamente, ma non aveva mai avuto molti amici, né troppe prospettive sul futuro.

Ma d’altro canto, dopo il bacio e il finto matrimonio era diventato difficile interagire come prima, quindi tagliare la corda poteva solo andargli bene.

Non sapeva quale fosse la scelta migliore, sapeva solo che non aveva scelto lui, e questo iniziava a pesargli.

I suoi pensieri vennero interrotti quando sentì qualcuno salire sul cespuglio, alle sue spalle.

Non si girò a guardare.

-Persian, mi sa che l’alba è passata da un pezzo- borbottò, convinto che a raggiungerlo fosse stato il bibliotecario, unica altra persona che frequentava i quartieri alti di testa di drago verde.

-Eh, suppongo di sì, Perdonami, non volevo disturbare, stavo solo cercando un luogo isolato dove riposarmi- gli arrivò alle orecchie una voce incerta e a disagio che non aveva mai sentito prima.

Leo si girò di scatto, sorpreso.

-Chi è lei? Come è entrato nel giardino del palazzo?!- chiese immediatamente, mettendosi sulla difensiva e rischiando di cadere dal cespuglio nella fretta di ritirarsi il più possibile.

L’uomo che aveva parlato, un aitante giovane sui venticinque con lisci capelli rossi e abiti piuttosto umili, sgranò gli occhi e alzò le mani in segno di resa.

-Mi scusi! Stavo solo… non serve darmi del lei, sono solo un umile cuoco, della corte del principe Victor- si spiegò, finendo di arrampicarsi ma mantenendosi sul limite.

Leo non se la bevve neanche un secondo.

-Un cuoco maschio? Mi sembra improbabile- commentò squadrandolo con sospetto, e guardandolo dritto negli occhi con aria di sfida.

Visto il suo atteggiamento e i suoi abiti, si vedeva che cercasse di dare nell’occhio il meno possibile. Impresa difficile quando si era così prestante e ben curato in generale. La cosa che spiccava maggiormente era un orecchino con una pietra preziosa rossa sull’orecchio destro.

Forse a Valkrest andavano di moda gli orecchini anche per uomini? Interessante.

-Sono un po’ un caso particolare. Sono un autodidatta per quanto riguarda la cucina, ma il piccolo principe Nikolai apprezza parecchio i miei piatti- sorrise il presunto cuoco, che sembrava parecchio amichevole e affabile.

Leo non conosceva il piccolo principe Nikolai, ma suppose fosse il fratello di Victor, o magari il figlio.

-Il principe Victor mi ha assunto proprio per far felice suo fratello, e mi ha portato con sé per farmi conoscere pietanze e piatti di Fring, per farmeli replicare- continuò ad aprirsi il cuoco, rispondendo alla sua domanda non formulata e spiegando il motivo per il quale era con la delegazione del principe Victor.

Non che Leo gliel’avesse chiesto o ne fosse interessato.

C’era qualcosa che non lo convinceva in quel tizio, a cominciare dalla sua professione. Sembrava il Leo di Valkrest, ed era una coincidenza troppo conveniente.

Che fosse lui la sua vera nemesi in quel mondo, e non Dotty? Devo cambiare il titolo del capitolo 11?

Oppure era solo una spia che stava cercando di ottenere informazioni su Leo per conto del principe Victor?

-Se sei un cuoco, saprai di certo come sfilettare una quaglia- lo provocò Leo, con una domanda a trabocchetto.

-Ehm… sì, la so disossare. La quaglia non è un pesce- rispose il presunto cuoco, confuso.

Beh, almeno era più competente di Marco Giordano, celebre meme di Masterchef.

-E sai fare un chutney alla vaniglia?- altra domanda a trabocchetto.

-Il chutney è una salsa agrodolce fatta con verdure o frutta, quindi no. Ma so usare la vaniglia in altri modi- rispose l’uomo, squadrandolo con curiosità

-Purché tu non la usi nel riso perché i risultati potrebbero essere drammatici- Leo annuì, iniziando a convincersi che davanti a lui ci fosse davvero un cuoco, o quantomeno una persona che capiva le basi di cucina.

-Sembri davvero esperto, sei un cuoco anche tu?- chiese poi l’uomo, interessato.

Cavolo, Leo aveva dato troppe informazioni.

-No, sono solo l’assaggiatore reale, e passo un po’ di tempo in cucina a causa del mio lavoro- mentì Leo, attenendosi alla storia che gli avevano detto di riferire nell’eventualità che qualcuno si fosse interessato a lui.

-Sembra un lavoro pericoloso. Il principe Victor non può assumere assaggiatori, quindi si affida direttamente alle mie papille gustative- il cuoco era in vena di chiacchiere.

Leo non tanto -Beh, pagano bene- disse solo, alzando le spalle.

-Certo, i mercanti di pietre preziose possono permettersi tutto- borbottò il cuoco, con una punta di malizia nella voce.

Leo lo guardò con sospetto, inarcando le sopracciglia.

-Non hai ancora risposto alla mia domanda: come sei giunto nel giardino reale? Questa zona è chiusa alle persone esterne al castello- lo infornò, ritirandosi ulteriormente.

-Oh, beh… sono in pausa e volevo trovare un bel posto dove riflettere e stare un po’ solo, sai..- iniziò a dire il cuoco, un po’ a disagio.

Leo si ritrovò ad annuire. Era un sentimento che capiva bene.

Peccato che al momento nessuno dei due fosse solo come avrebbe voluto.

-… e comunque il cavaliere di guardia mi ha detto che potevo entrare, purché rimanevo nei dintorni- si spiegò meglio l’uomo, indicando a grandi linee l’ingresso principale del giardino.

-Che guardia?- chiese Leo, che ne conosceva parecchie e sapeva quanto fossero professionali.

-Era un uomo biondo, molto cavalleresco- lo descrisse il cuoco.

Nonostante le poche informazioni, Leo capì immediatamente a chi si stesse riferendo.

-Dovrebbero licenziarlo, Lionel, fa entrare tutti- borbottò Leo, sbuffando.

-Ma che maleducato, non mi sono ancora presentato. Sono Toric- il cuoco non commentò la lamentela di Leo e gli porse la mano, che Leo prese dopo una leggera esitazione.

-Leonardo- decise di essere onesto, tanto al principe sarebbe stato detto, forse, il suo nome, quando avrebbe fatto da assaggiatore.

-E da dove vieni, Leonardo? Non sei di Jediah, giusto?- suppose, iniziando con domande fin troppo personali.

-È importante la mia provenienza? Sono solo un umile cuo… assaggiatore- Leo per poco non si tradì a causa dell’irritazione crescente, e sperò di essersi recuperato in fretta.

Gli occhi brillanti di Toric ruppero le sue speranze.

-Cucini anche tu?- chiese, entusiasta, come se non avesse cominciato una conversazione solo per far rivelare a Leo questo fatto. Chissà, forse davvero non aveva cattive intenzioni.

-Capita ogni tanto che passi degli ingredienti a qualche cuoca- sminuì Leo, iniziando a valutare di scendere e chiudere la conversazione.

-Capisco. Vorresti cucinare ma te lo impediscono. Se vuoi posso mettere una buona parola con te al principe Victor. Lui non è schizzinoso sul sesso del suo staff- Toric provò a reclutarlo in tono casuale, ma che non convinse Leo, che era stato messo in guardia circa il brutto carattere egocentrico del principe Victor, che rubava senza ritegno la forza lavoro altrui. E poi non era certo il sessismo il suo problema.

-Qui a Jediah il talento è molto ben considerato. Il principe è cauto, ma giusto!- obiettò, con sicurezza, girandosi verso Toric per far passare meglio il concetto e beccandolo nel mezzo di un’espressione estremamente infastidita, che però riuscì a mascherare a tempo record con un sorriso imbarazzato.

-Non volevo supporre niente, sono felice che ti vengano riconosciuti i giusti meriti. So che la corte dei Lindberg è la migliore in quanto a cibo, e temevo fosse un ambiente pesante- fece un passo indietro, mostrando le migliori intenzioni.

-La cucina è un luogo fantastico. Tutte le cuoche sono gentili e delle grandi lavoratrici- spiegò Leo, scaldandosi -non c’è competizione, solo grande spirito di collaborazione, come dovrebbe sempre essere in cucina- 

Era vero che all’inizio c’era stata incredulità verso un uomo che amava cucinare, ma era durata poco, ed era scaturita più dal fatto che Leo fosse sospetto che per il fatto che fosse uomo.

Onestamente, osservando Toric, si poteva capire perché Daryan avesse creduto fosse una spia di Valkrest: cuoco, uomo, con i capelli rossi. Chissà se era comune a Valkrest che le persone avessero i capelli rossi. Prima Remington, ora Toric, probabilmente anche il principe Victor, se era discendente di Veer. Oltre a loro, l’unica altra persona con i capelli rossi che Leo aveva visto in quel mondo era Mary, che però li aveva più che altro ramati e tendenti al castano.

Toric ridacchiò.

-Che c’è?- chiese Leo, mettendosi sulla difensiva. Erano passati alcuni secondi dal suo ultimo commento, che non era stato divertente.

-Niente, vedo che ti trattano bene. Mi fa piacere. Posso chiederti una cosa?- cambiò argomento, avvicinandosi appena.

-Dipende- Leo si allontanò in egual misura, deciso a non dare confidenza a quella chiara spia.

-Per caso hai un consiglio su come cucinare dei dolci senza zucchero?- chiese, in tono casuale.

Leo lottò con tutte le sue forze per non dargli il consiglio di cucina.

-Non sono esperto- provò a tirarsi fuori, anche se fremeva per sbandierare la sua conoscenza.

-No, perché, sai, il piccolo principe Nikolai adora i dolci, ma gli zuccheri gli fanno male, ha la glicemia alta e sto cercando ovunque un modo per cucinare dolci che vadano bene anche per lui- spiegò Toric, abbattendo ogni muro di Leo, che non poteva chiudere un occhio di fronte ad un ragazzino in difficoltà dolciarie.

-Beh, ci sono vari possibili modi. Intanto consiglio una panna cotta con...- Leo iniziò un monologo sui dolci senza zuccheri, e Toric lo fissò senza fermarlo con occhi brillanti e un sorrisino soddisfatto.

Purtroppo era facile abbassare le difese di Leo.

E una volta che aveva cominciato a parlare, non c’era modo di fermarlo.

Parlò ininterrottamente di cibi senza zuccheri per qualcosa come venti minuti, dimenticandosi completamente degli avvertimenti di Daryan e di Giada sul principe Victor e sui suoi collaboratori.

A sua discolpa, almeno ci aveva provato ad essere sospettoso.

Ma era davvero più forte di lui, era troppo aperto per il suo bene.

Pertanto Leo si riconferma un idiota patentato.

-Ma stai attento… stai moooolto attento al dosaggio, perché rischi veramente di creare un sapore orripilante! È incredibile quanto facilmente si possono rovinare certi piatti- Leo era molto sicuro di sé mentre spiegava, e avrebbe continuato ancora a lungo.

Per fortuna venne interrotto da una voce ai piedi del cespuglio, che lo fece sobbalzare.

-Leo, sei lì? Ti chiamano in cucina- era la voce di Persian, e sembrava di fretta.

A Leo venne spontaneo prendere Toric per la camicia e abbassarlo il più possibile per evitare che Persian lo vedesse. Non tanto per non farlo finire nei guai, quanto per non finirci lui.

Non era ancora esente da sospetto, e aveva promesso al principe che non avrebbe fraternizzato con il gruppo di Valkrest. Certo, quello era solo un cuoco, ma comunque Leo non voleva deludere Daryan.

E farsi trovare in un luogo isolato in compagnia di una persona di Valkrest che non si sarebbe dovuta trovare lì non avrebbe fatto una buona impressione.

-Sì! Sì, arrivo subito! Tu vai pure!- Leo si sporse dal cespuglio e fece un sorriso molto falso in direzione di Persian, che lo guardò un po’ confuso, sistemandosi gli occhiali sul viso.

-Sembri turbato, tutto bene?- osservò, avvicinandosi per vederlo meglio nonostante la distanza.

-Sì!- Leo rispose troppo in fretta e troppo veementemente per sembrare sincero.

Cercò di calmarsi.

-Sì… non preoccuparti. Sono solo leggermente preoccupato per il pranzo di oggi, ma tutto tranquillo. Scendo tra un minuto, tu va pure- trovò una scusa al volo, che non era troppo lontana dalla verità.

Quel pranzo era importante, e Leo voleva farlo bene.

Anche se dopo un intero banchetto di compleanno da lui organizzato, non c’era più molto che potesse spaventarlo.

-Tranquillo, Leo, andrà tutto bene- lo rassicurò Persian, incoraggiante.

-Grazie, amico… ehm… sir Lavoie- mano a mano che Leo si avvicinava ai membri del castello, e si avvicinava al momento in cui doveva salutarli, la formalità iniziava a venire dimenticata.

-Ecco… magari cerca di essere corretto nel modo in cui ti rivolgi al principe Victor, è un tipo puntiglioso- lo riprese Persian, più preoccupato per lui che seccato dall’abbandono delle formalità da parte di Leo.

Leo si preoccupò appena per il cuoco a terra accanto a lui, che però non sembrava stesse ascoltando molto quello che Persian stava dicendo.

Fissava Leo con curiosità e una punta di divertimento.

Leo iniziò a pentirsi di non essersene semplicemente andato nel momento in cui Toric l’aveva raggiunto sul cespuglio.

-Sì, ovviamente. Ho avuto il maestro migliore del mondo. Sarò impeccabile- Leo rispose a Persian, mantenendo un tono casuale e cercando di ignorare la presenza accanto a lui.

-Oh, eh… beh… ah ah- Persian arrossì appena, anche se Leo non poteva esserne sicuro da quella distanza, e si sistemò i capelli in imbarazzo -…io vado. Raggiungi presto la cucina, è quasi ora di pranzo- ripetè poi, prima di allontanarsi per tornare al suo lavoro.

Leo tirò un sospiro di sollievo.

-Sarà meglio che ti lasci, sembri parecchio impegnato- Toric si rimise in equilibrio e si tolse qualche foglia dai capelli e dai vestiti.

-Eh, sì. Devo assaggiare il cibo che le cuoche hanno cucinato- nonostante ormai la sua bugia fosse stata bella che scoperta, Leo provò comunque a mantenerla fino all’ultimo.

Toric finse di crederci.

-Suppongo che ci vedremo in sala da pranzo, allora- lo guardò con espressione indecifrabile, restando sulla cima mentre Leo approcciava il bordo per scendere con attenzione.

-Forse… posso chiederti un favore?- Leo sapeva che non aveva molte speranze di essere ascoltato, ma doveva tentare.

-Certo, vuoi essere citato quando cucinerò le pietanze che mi hai consigliato?- gli chiese Toric, innocentemente.

-Oh, no, per favore! Cioè… ecco, appunto, potresti fingere di non avermi mai incontrato? Tipo… non dirlo a nessuno, soprattutto a pranzo se dovessimo vederci. Non… non posso stare qui durante le mie pause- mentì, perché gli sembrava brutto dire “non posso fraternizzare con il nemico”.

Toric accennò un sorrisino.

-Prometto che non dirò ad anima viva del nostro incontro. Lo giuro sui sette dei- mise una mano al petto con fare solenne.

Probabilmente era un giuramento di grande valore.

-Spero che tu faccia altrettanto. Dubito che anche io possa stare qui, e non vorrei finire nei guai o essere preso per una spia- Toric gli chiese di ricambiare.

Leo era arrampicato, quindi non aveva molto spazio di manovra, ma si mise una mano sul petto.

-Croce sul cuore, non dirò niente. Non mi converrebbe affatto- promise a sua volta, tenendo fuori i sette dei per non attirare la loro attenzione, come Giada e Payas gli avevano suggerito.

Toric sembrò sollevato.

-Fantastico, allora. Ci vedremo al pranzo per la primissima volta- gli fece un occhiolino, prima che Leo sparisse dalla portata di vista.

Francamente, sperava di non rivederlo mai più, per non rischiare di tradirsi.

E perché questo incontro l’aveva lasciato un po’ in ansia.

Toric sembrava una persona normale, ma Leo non riusciva a smettere di pensare che fosse più di quanto apparisse, e non in senso positivo.

Perché il loro incontro era stato troppo conveniente.

E Leo si era aperto decisamente troppo, maledizione.

Ma dai, era solo sul cibo.

E se anche Toric fosse andato a dire al principe Victor che aveva conosciuto un grande cuoco, che ne sapeva che fosse Leo, e che aspetto avesse.

Avevano parlato solo di cucina, non della famiglia reale o dei segreti del regno, che Leo comunque non conosceva.

Incontrare una spia non era così grave, dai.

Non era mica come incontrare il principe Victor.

 

Leo era stato incaricato di portare il cibo in tavola e restare lì come assaggiatore nel caso il principe Victor o la famiglia reale avessero voluto usufruire di lui.

Daryan non era contento della cosa, ma era buon costume, nel caso il regnante avesse un assaggiatore, di farlo stare al tavolo con l’ospite.

Leo non è che avesse tanti problemi. Il cibo era ottimo, e sapeva con assoluta certezza che non fosse avvelenato, dato che l’aveva cucinato lui.

Certo, gli metteva un po’ d’ansia l’idea di incontrare il principe Victor, ma sarebbe rimasto in un angolo fingendo di non esistere, e sicuramente il principe non si sarebbe accorto di una nullità come lui, che sfigurava in mezzo alla famiglia reale e alle altre cameriere.

Ad accompagnarlo nella presentazione dei piatti c’era anche Dotty, quindi, insomma, se c’era una persona della servitù che spiccava, quella era lei. Gli faceva da scudo.

-Gli antipasti sono serviti, vostre maestà- Dotty diresse la presentazione, con eleganza e un inchino perfetto rivolto a tutti i membri della stanza.

Leo la seguì con le portate, e si inchinò a sua volta senza controllare chi ci fosse seduto al tavolo.

Sempre con testa bassa si diresse a posare il vassoio, perché non era educato guardare l’ospite negli occhi, e posò davanti a lui i piatti che aveva portato come antipasti.

Poi sollevò lo sguardo verso il famoso principe Victor.

Il grande principe Victor.

Il grande e irreprensibile principe Victor.

Mamma, mia, non sapevo che facesse anche il cuoco.

Sì, questa citazione ad Aldo, Giovanni e Giacomo è perfetta per rappresentare la realizzazione di Leo, quando si ritrovò davanti il volto divertito del principe Victor, che era indubbiamente Toric.

Tirato a lucido, vestito con abiti estremamente eleganti e con i capelli rossi pettinati all’indietro, ma era Toric. Stesso sguardo, stesso sorriso, e stesso orecchino rosso all’orecchio destro.

Leo era completamente fregato!

Non aveva parlato di cucina ad un semplice cuoco come lui, ma con il principe in persona.

Il principe che avrebbe dovuto evitare a tutti i costi.

Trattenne a stento un’imprecazione, e la sua mente andò in corto circuito.

Per fortuna Dotty andò immediatamente in suo soccorso, prendendo gli altri piatti e incoraggiando Leo a servire anche la famiglia reale di Jediah.

Leo eseguì con una sorprendente faccia da poker, anche se dentro di se si stava esibendo in un internal screaming prolungato.

-Quindi avete un assaggiatore reale, qui a Jediah. Era da tanto che non me ne offrivano uno- Victor ruppe il silenzio, adocchiando Leo con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.

-Sono tempi pericolosi, con i ribelli anti-monarchici che proliferano sul territorio. C’è stato un attacco circa un mese fa, qui a palazzo- spiegò Daryan, a denti stretti, offrendo a Leo il proprio piatto per farglielo assaggiare.

Leo eseguì, anche se il suo stomaco si era ristretto.

-Ho sentito. Ci sono voci che dicono che la principessa è stata salvata da un misterioso cavaliere benedetto da un dio. Suppongo siano solo rumors- osservò Victor, in tono casuale.

Come sapeva una cosa del genere?! Era super sospetto!

-Le tue fonti sono piuttosto in errore, temo. È stato un normale attacco, eravamo più che preparati all’evenienza. Non c’è stato alcun intervento straordinario o forza divina all’opera, per fortuna. Ma è sempre meglio essere prudenti- Daryan rispose con calma, recuperando il piatto e cominciando a mangiare.

-Prego, principe Victor, non faccia complimenti- la regina incoraggiò l’ospite a fare altrettanto.

-Sì… tu, come ti chiami?- Victor si rivolse a Leonardo, che sobbalzò, stranito dall’essere appena stato chiamato in causa.

-Eh…- non sapeva se poteva rispondere.

-Leonardo- rispose la principessa per lui, molto incerta, e guardando storto Victor come se temesse che stesse per portare via Leo.

-Bene… Leonardo, puoi assaggiare anche il mio piatto? Non che non mi fidi, ovviamente, ma visto che è a disposizione, mi diverte approfittarne. Fingere di essere anche io un riccone che può permettersi un assaggiatore reale ma non di sfamare i propri sudditi- Victor chiamò Leo verso di lui, e poi lanciò una frecciatina verso la condotta dei regnanti.

Che irrispettoso!

Ma come si permetteva!

I Lindberg erano brave persone!

-Noi teniamo molto conto di…- iniziò a lamentarsi Opal.

-Calmati, Opal. Chiedo scusa, principe, la principessa Opal è molto invischiata nella salvaguardia del popolo- la interruppe il re, per non cedere alla provocazione.

-Ancora giovane e adorabilmente ingenua- Victor le lanciò un’occhiata intenerita e allo stesso tempo di sufficienza. Leo era a pochi istanti dal saltargli addosso.

Eh, no! Opal non si toccava!

-…diciassette anni, giusto? Mi dispiace non essere venuto al banchetto, ma sapete ero occupato a Fring. Ho sentito che è stato molto sfarzoso- continuò Victor, cambiando argomento e passando al compleanno con facilità.

Aveva un certo carisma, Leo doveva ammetterlo, ma non il giusto tipo.

Era una di quelle persone che avrebbero potuto parlare per ore intere mantenendo completamente salde le redini della conversazione senza che l’interlocutore se ne accorgesse. E ottenere parecchie informazioni nel frattempo.

-Sembra molto informato sugli affari di Jediah, principe Victor- Daryan però non si fece abbindolare, e lo provocò a sua volta.

E bravo il suo Daryan!

Tiè, principe Victor!

-Mi piace tenermi informato sugli affari di tutti. L’informazione è uno dei vanti del mio regno- Victor non si scompose di una virgola, e rispose con sicurezza alla provocazione.

Il suo atteggiamento era completamente diverso da quello che aveva mostrato come Toric.

E questo era davvero infuriante.

-Strano che non sapesse che ci fosse una tratta di schiavi in corso, nel suo informatissimo regno- Daryan sparò un’altra carica, riferendosi a ciò che Leo gli aveva fatto scoprire per pura botta di fortuna.

Per un secondo, Victor sembrò leggermente in difficoltà.

Ma si riprese immediatamente.

-Alcune informazioni sfuggono anche ai migliori, principe Daryan. Ma non mi sfugge che avete una nuova abilissima cuoca. Non credo di aver mai assaggiato le animelle fatte in questo modo- il principe cambiò bruscamente argomento, e fissò Leo dritto negli occhi mentre elogiava il suo cibo.

Francamente, per la ricetta, Leo si era ispirato a Ratatouille, ma dettagli.

Era comunque una sua invenzione.

Evitò lo sguardo del principe, cercando di non fargli capire che apprezzava il complimento.

Non era da lui che voleva riceverne.

Daryan sembrò rendersi conto dello sguardo del principe, perché si girò a sua volta verso Leonardo.

-Sì, abbiamo assunto di recente una nuova cuoca molto promettente, Dotty. La ragazza che ha presentato il pranzo- rispose, dando a Dotty i meriti della qualità del cibo.

Leo trovò strano che desse via così facilmente il nome di Dotty. Se era innamorato di lei, avrebbe voluto proteggerla più di Leo dalla presa di Victor, no? Forse era troppo orgoglioso della sua futura moglie e non riusciva a trattenersi dal vantarsi di lei?

Il principe Victor si strozzò con l’acqua che stava bevendo, attirando l’attenzione di Leo e del resto della tavolata.

-Tutto bene, principe Victor?- chiese la regina, un po’ preoccupata ma non del tutto dispiaciuta dall’evento.

Il principe alzò la mano per tranquillizzare, e si asciugò la bocca con il tovagliolo.

-Sì, sì, scusate. Ho pensato ad una cosa che mi ha fatto molto ridere e non mi sono trattenuto- spiegò, trattenendo a stento le risate.

Era una persona strana.

Il resto del pranzo procedette in questo modo:

Leo in un angolo, il principe che alternava discorsi passivo-aggressivi contro Jediah a complimenti sulla qualità del cibo, e il principe Daryan sempre più seccato, anche se cercava di non darlo a vedere.

Quando il pranzo finalmente si concluse, e Leo fu congedato, fu una vera e propria liberazione.

 

Leo aveva un piano!

So che ogni volta che dico una frase del genere finisce in tragedia, ma questa volta era un piano più o meno decente: nascondersi dal principe Victor finché non se ne fosse andato via.

E dato che sarebbe rimasto solo a pranzo, teoricamente, non era un piano di difficile realizzazione.

C’erano molti posti che non erano accessibili agli ospiti, neanche a quelli più facoltosi.

Certo, il giardino sarebbe dovuto essere tra quelli, in teoria, ma ehi, era un luogo aperto, era facile intrufolarsi.

Difficile sarebbe stato introdursi nei quartieri privati della guardia reale.

Oltre ad essere un luogo di riposo e allenamento, pertanto poco ospitale e poco elegante, chi mai avrebbe cercato un cuoco tra le guardie reali?

Quindi Leo si era messo sotto il proprio letto, convinto che mai sarebbe stato beccato.

Tiè, principe Victor!

Uno a zero per Leo.

Purtroppo per Leo, anche quando elaborava strategie vincenti, i sette regni avevano un modo per rompergli le uova nel paniere, perché pochi minuti dopo, qualcuno bussò alla porta della sua camera.

Leo non rispose. Di solito nei dormitori nessuno bussava. Si entrava e basta.

-Lo prendo come invito per entrare… Uh uh, c’è qualcuno?- come se avesse sentito i pensieri di Leo (mmmm, strano), la persona che aveva bussato decise di entrare e basta, e iniziò a guardarsi intorno.

Leo si sporse molto poco per controllare, e si ritirò immediatamente quando vide i riconoscibili capelli rossi del principe Victor/Toric, vestito ancora elegante.

Cercò di non dare a vedere dove fosse.

Sarebbe stato ancora imbarazzante farsi trovare così, dopotutto, palesemente nascosto.

-Uh, vedo un letto muoversi- purtroppo non fu abbastanza fermo, evidentemente.

Leo avrebbe voluto urlare, ma si impose di restare calmo e professionale.

Fece spuntare fuori la testa dal suo nascondiglio.

-Oh, buon pomeriggio, principe Victor. Temo abbia sbagliato luogo- enunciò professionale. Per quanto professionale potesse risultare un ragazzo sotto un letto con solo la testa fuoriuscente e probabilmente qualche quintale di polvere tra i capelli.

-Dov’è finita la tua completa mancanza di formalità? Francamente ti adoravo più al naturale, Leonardo il non-cuoco- lo provocò Victor, sedendosi sul letto di Prankit e osservando Leo con curiosità.

Si sentiva in una posizione di inferiorità rispetto a Victor, quindi Leo si affrettò ad alzarsi in piedi.

Anche se non sapeva ancora come rispondere.

Non voleva parlare con lui!

-Questi sono i dormitori delle guardie reali, non dovrebbe stare qui- Leo gli indicò la porta.

-Stai cacciando via un principe in visita? Non è molto carino da parte tua- Victor lo ignorò e si mise più comodo, come pronto ad una lunga chiacchierata.

Il suo atteggiamento di superiorità e disdegno verso gli altri fece irritare Leo più di quanto non fosse. 

E già Leo era irritato, perché il principe in visita non gli piaceva proprio.

Victor Vasilev l’aveva ingannato, aveva velatamente (neanche tanto) insultato la famiglia reale, soprattutto la principessa Opal dandole della ingenua viziata, e ora faceva come se quel castello fosse casa sua, e potesse invadere la dimora privata delle guardie solo perché non erano principi.

-Devi avere una davvero bassa opinione di me- osservò Victor, probabilmente intuendo dallo sguardo di Leo quanto fosse irritato.

-Non mi è concesso avere opinioni. Sono solo un umile assaggiatore. La lascio libero di riposarsi, se è quello che vuole. La camera è tutta sua- Leo decise che stare lì a discutere non avrebbe giovato a nessuno, e tagliare la corda era la scelta migliore.

Se ribatteva, dopotutto, Victor avrebbe potuto lamentarsi di essere stato offeso e richiederlo come dono per risanare i rapporti tra i due regni.

Dubitava che Opal o Daryan l’avrebbero permesso, ma Leo se ne sarebbe andato da palazzo il giorno successivo, comunque, quindi non è che a loro sarebbe cambiato molto.

-Bella idea…- borbottò il principe, seguendo Leo fuori dalla stanza come un cagnolino.

La sua frase non aveva molto senso come risposta a quello che Leo aveva appena detto, ma il cuoco non ci fece troppo caso.

-Ha bisogno di qualcosa, principe Victor, sta cercando qualcosa in particolare?- chiese Leo, allontanandosi il più possibile attraverso i corridoi in cerca di qualcuno che lo potesse proteggere.

-Dai, Leo, sai perfettamente cosa sto cercando, non prendiamoci in giro- il principe rispose in modo criptico, avvicinandosi a Leo il più possibile.

In realtà Leo non aveva idea di cosa intendesse.

Poteva voler dire il probabile: “Voglio che vieni a lavorare per me come cuoco”.

Ma poteva anche essere un: “Voglio prenderti ostaggio per rovesciare la famiglia reale di Jediah”.

Passando per un più semplice ma ugualmente inquietante: “Voglio usarti come spia interna al palazzo e rubarti tutte le tue ricette di cucina”.

Insomma, Leo non si fidava.

E non gli piaceva che si fosse preso la confidenza di chiamarlo con un soprannome. Leo non gli aveva dato il permesso.

-Non ne ho idea, principe Victor. Chieda a qualcuno di più competente- rispose semplicemente, provando a scollarsi il principe di dosso.

-Su, Leoncino, non serve che fai il finto tonto. Non c’è nessuno qui a…- Victor provò a fermarlo, ma Leo fu più rapido a sfuggirgli, ed ebbe la fortuna estrema di andare a sbattere contro Alex, non appena girato l’angolo.

-Leo, cosa ci fai qui?!- chiese la sua compagna di stanza e amica, mettendosi subito a protezione.

In un riflesso incondizionato, Leo le si nascose dietro, felice di averla come scudo umano contro il nemico più forte di tutti: l’interazione sociale indesiderata.

-Principe Victor! Cosa posso fare per lei?- Alex si rilassò immediatamente, all’apparenza, e fece un inchino profondo, pur restando salda davanti a Leo.

Che cara, aveva capito tutto!

O forse era stata messa in guardia circa il far restare Leo da solo con il principe.

Qualsiasi fosse il motivo, Leo ne era grato.

Tiè, principe Victor!

Il principe alzò le mani in segno di resa, molto tranquillo.

-Chiedo perdono. Stavo cercando l’ufficio del principe Daryan per parlargli prima di andare via, e mi sono perso. Quindi stavo chiedendo all’assaggiatore ufficiale se poteva accompagnarmi. Suppongo conosca perfettamente la strada- si inventò, lanciando a Leo un’occhiatina maliziosa.

Che voleva dire con questo?! Stava forse insinuando che Leo passasse più tempo del normale nell’ufficio di Daryan?! Che ci fosse un qualche tipo di favoritismo?! Ah, semmai il contrario! 

-…perché ho sentito che il principe mangia spesso nel suo studio e dubito non faccia assaggiare tali pasti- concluse Victor, dopo un istante di silenzio.

Leo tirò un sospiro di sollievo mentale.

Almeno non era stato sgamato.

Aspetta, sgamato per cosa?!

Era quello il vero motivo per il quale andava sempre lì.

Che un giorno ci avesse dormito dopo eventi da dimenticare era un altro discorso.

-Sembra che girino molte voci nella corte di Valkrest- lo sfidò Alex, squadrandolo con sospetto.

-Oh, beh… di certo conosce il castello meglio di me. Posso…?- Victor provò a prendere Leo. Alex lo tenne dietro di lei.

-Posso accompagnarla io, principe Victor, l’ufficio del principe Daryan è di strada verso il luogo dove sono diretto- si propose, sacrificandosi per Leo, che si segnò di prepararle il suo piatto preferito prima di tornare a casa.

Ad Alex era piaciuta molto la torta al cioccolato e peperoncino.

-D’accordo… sarà divertente. Potremo fare una lunga chiacchierata. Parlare un po’ del castello, del giardino…- Victor prese apparentemente bene l’intrusione di Alex, ma dalle sue parole Leo capì che stava minacciando Leo di rivelare del loro incontro ad Alex, nel caso fosse stata lei ad accompagnarlo.

Gah, non voleva che Alex lo scoprisse.

Ma… magari il principe stava solo bluffando. Dopotutto aveva promesso sui sette dei, e se anche l’avesse detto in giro, Leo dubitava che sarebbe andato a suo favore. Ci rimettevano entrambi, in qualche modo.

Però… Victor era un principe, Leo solo un cuoco.

E non voleva mettere Alex in quella storia.

Victor era davvero, davvero irritante!

-Non preoccuparti, Alex, ho del tempo libero, posso accompagnarlo io- alla fine cedette alla richiesta del principe, deciso a portarlo da Daryan il più velocemente possibile e ignorare qualsiasi cosa.

-Grazie, che gentile- Victor sorrise, affabile.

-Sei sicuro, Leo?- chiese Alex, un po’ preoccupata.

-Sì, certo. Mi segua, principe Victor, da questa parte- Leo abbandonò il confortante spazio alle spalle di Alex, dove si sentiva al sicuro, e fece cenno al principe di seguirlo in direzione dell’ufficio di Daryan.

Alex li osservò finché non furono fuori dalla portata di vista.

Leo si pentì amaramente di non aver lasciato che andasse lei al suo posto.

Tanto era affidabile, e non avrebbe mai rivelato i segreti di Leo.

Ugh, quella giornata era interminabile.

-Comunque era un bluff- una volta di nuovo soli, Victor ruppe il silenzio con un risolino divertito.

Leo sgranò gli occhi.

-Cosa?!- chiese, offeso.

-Non mi conviene affatto che si sappia in giro che sono andato a zonzo vestito da popolano solo per incontrarti. Ne va della mia reputazione, Leone- si spiegò Victor, facendogli un occhiolino poco consono.

Leo avrebbe voluto ribattere, ma decise di restare in silenzio, e ignorarlo.

Gli avrebbe mostrato la strada e lo avrebbe ignorato senza dargli soddisfazioni.

Tiè, principe Victor.

-Comunque quello che ti ho detto non era del tutto falso. Mi piace davvero cucinare, mio fratello apprezza molto la mia cucina, e ha problemi con gli zuccheri- continuò Victor, riferendosi alla conversazione che avevano avuto quando si fingeva Toric.

Leo lo ignorò, anche se gli dispiaceva che il fratello del principe avesse problemi del genere. 

Chissà quanti anni aveva, forse Leo avrebbe potuto chiederlo a Giada. Sicuramente sapeva quel tipo di cose, avendo letto il libro.

-Lo conoscerai presto. È davvero un ragazzo adorabile- continuò Victor, tranquillamente, ignorando il fatto che Leo lo stesse ignorando.

Certo, perché Leo aveva intenzione di fidarsi del giudizio del fratello antipatico di tale principe. Ma per favore!

Continuò a non parlare, e a camminare.

-Sai, pensavo fossimo partiti con il piede giusto, quand’è che c’è stata la storta?- chiese Victor, cercando una risposta da parte di Leo, che non aveva intenzione di dargliela.

…la risposta.

Ma neanche altro, eh.

Comunque… 

Leo si limitò ad aumentare il passo e fare l’offeso.

-Sei una persona davvero interessante, Leonida- commentò Victor, divertito dal suo atteggiamento.

Leo era molto meno divertito dai soprannomi che Victor gli stava affibbiando.

-Non sono granché interessante, principe Victor, dovrebbe indirizzare le sue attenzioni su qualcun altro- Leo ruppe il voto di silenzio per cercare di smorzare l’entusiasmo del principe nei suoi confronti.

Era seriamente convinto che avesse visto più di quanto ci fosse da vedere, e non voleva attirare attenzione immeritata.

Non voleva attirare attenzione, punto.

Tanto presto sarebbe andato via, e non voleva andarsene causando una guerra tra i due regni.

Non era un buon biglietto di addio.

-Sai, lo pensavo anche io. Pensavo che fossi tante chiacchiere e poca sostanza, ma mi incuriosivi comunque per la cucina, e… beh… la tua cucina è… di un altro mondo…- si complimentò.

Beh, letteralmente, in effetti.

-…ma tu, Leonetto… tu sei persino più interessante come persona della tua cucina strabiliante- Victor continuò il discorso, e Leo sarebbe stato un bugiardo se avesse detto che quella frase non era stata di grande impatto.

Era ormai abituato a persona che lo valutavano solo in base alla cucina, e non per come fosse lui, personalmente.

Quindi lo colpiva che qualcuno che lo conosceva da poche ore, fosse rimasto più colpito da lui che dalla sua cucina.

Ma Leo non era così stupido da fidarsi di parole così palesemente dette solo per abbassargli la guardia.

E poi… Victor era stato battuto sul tempo da Daryan, che gli aveva fatto un discorso per certi versi simile, ma molto più intenso, solo una settimana prima.

-La ringrazio, principe Victor… siamo quasi arrivati- quindi Leo restò del tutto impassibile, e procedette per la sua strada, deciso.

Non si fidava del principe Victor.

Non conosceva minimamente Leo, sicuramente stava solo provando a manipolarlo per farlo andare a lavorare per lui, e sarebbe finito in un contratto di lavoro tossico e senza assistenza sanitaria.

-Lavorare per me sarà una buona esperienza, te lo assicuro- Victor rese ancora più chiare le sue intenzioni.

Leo scosse la testa.

-Sono onorato, ma non ho intenzione di lavorare per lei- e Leo rese ancora più chiare le proprie.

Sentì Victor ridacchiare dietro di lui, e si girò appena per controllare cosa stesse facendo.

Prima che potesse rendersi conto cosa stesse succedendo, si sentì afferrare per un braccio, e spingere contro il muro.

Non con estrema violenza, ma abbastanza da farlo sobbalzare.

Victor lo intrappolò appoggiando entrambe le mani sul muro ai suoi lati, e piegandosi fino ad avere il volto alla stessa altezza di quello di Leo.

Il ragazzo si appiccicò al muro, sentendosi un animale in gabbia.

Il kabedon sembra sempre tenero e romantico negli anime, ma nella vita reale (per quanto fosse reale il mondo di un libro), era molto più inquietante di quanto Leo si aspettasse. Soprattutto se a spingerti al muro era una persona che conoscevi da poche ore, di cui non ti fidavi, e parecchio inquietante.

Almeno quello era un mondo eteronormativo, quindi Leo dubitava che Victor ci avrebbe provato con lui in quel senso… vero?

-Non era una domanda, o una richiesta, o una proposta, Leonarduccio. Era un dato di fatto. Tu lavorerai per me, un giorno. Tu sarai mio, un giorno- Victor rese estremamente più chiare le sue intenzioni, senza lasciare spazio a dubbio alcuno.

-Oh, quindi prevedi il futuro. Interessante. Non sapevo fosse un potere di Valkrest- lo provocò Leo, sarcastico, troppo irritato per starsi zitto, e con le solite manie suicide.

Non provochi una persona chiaramente pazza che ti tiene ancorato al muro e che è due volte te.

Per sua fortuna, Victor rise al commento.

-No, non prevedo il futuro, ma ottengo sempre quello che voglio. Dopotutto sono, parole tue, un egocentrico dal brutto carattere che ama rubare la forza lavoro altrui, no? Preferirei essere considerato perseverante, ma non nego di essere un po’ prepotente quando voglio qualcosa che mi piace davvero, davvero tanto- spiegò, fissando Leo dritto negli occhi con lo sguardo di un predatore che squadra con attenzione la sua preda prima di mangiarla, cercando la parte più gustosa del manicaretto.

Non è che era cannibale?

Magari voleva Leo non per cucinare, ma per cucinarlo.

Probabilmente no, ma Leo era nel panico quindi non pensava lucidamente.

Victor rise di nuovo a caso. Rideva troppo a caso, quell’uomo.

-E tu, Leon, mi piaci davvero, davvero, davvero tanto- a ogni parola, Victor si avvicinava sempre di più, finché non finì per sussurrargli l’ultima parola dritta nell’orecchio.

Leo era senza parole.

Che razza di manovra di seduzione stile anime stava accadendo in quel momento?!

Leo iniziò ad avere i primi dubbi che quel mondo fosse meno eteronormativo di quanto pensasse.

Certo però che era omofobo che ad essere gay fosse il principe cattivo, eh.

Anche se quello non era proprio un libro, da come Giada gli aveva detto.

Il suo shock aumentò esponenzialmente quando Victor gli diede un veloce bacio sulla guancia, di quelli che si danno per salutare qualcuno, e una ancora più veloce schicchera sulla fronte, prima di allontanarsi di scatto da lui come se non l’avesse mai intrappolato lì.

Leo rimase ancora più di ghiaccio. 

Come si reagisce ad un bacio sulla guancia e una schicchera da parte di un principe?!

-Da qui posso ritrovare da solo la strada. Non voglio rischiare che il principe ci veda insieme. Ti saluto ora, ma ci rivedremo molto presto, quando arriverai a Valkrest, Lenin- Victor gli diede le spalle e procedette da solo verso l’ufficio del principe, salutando Leo con la mano.

Il ragazzo non rispose proprio, limitandosi a tenere la propria mano sulla fronte, più turbato dalla schicchera che dal bacetto innocente.

Non che un bacio sulla guancia senza il consenso del baciato fosse una cosa positiva, anzi, ma in quel caso specifico era stato così veloce e poco invasivo che Leo l’aveva associato ad un normale saluto che si scambiava sempre, con amici e anche semplici conoscenti.

Vi ricordate, no, i tempi pre-covid, quando si salutavano le persone dando due baci sulle guance.

Ecco, era stata una cosa del genere.

La schicchera, d’altro canto, era molto strana.

Così come era stato stranissimo il comportamento del principe.

Divertito a caso, arrabbiato a caso, seducente a caso.

Ma che era, un interesse amoroso di una fanfiction wattpad da quattro soldi che promuove mascolinità tossica, bipolarismo scritto male e sbalzi d’umore senza motivo?!

E poi… aveva detto delle cose, durante quella conversazione, che non aveva senso dicesse.

Aveva risposto a cose che Leo non aveva chiesto, ma aveva solo pensa…

Un momento!

Leo non aveva mai detto che Victor fosse un egocentrico di pessimo carattere che rubava la forza lavoro altrui, neanche a Toric.

L’aveva solo pensato.

Aveva pensato un sacco di cose.

E Veer era il dio della mente, oltre che del fuoco.

E Remington leggeva il pensiero.

Remington e Victor erano imparentati.

E poi… la schicchera.

Quando Remington aveva rotto il legame con Leo, la terza volta, gli aveva dato una schicchera molto simile.

Che Victor gli avesse letto nella mente per tutto il tempo senza che Leo lo sapesse, e solo alla fine aveva interrotto il legame?!

Che figlio di… una madre sicuramente molto brava che non meritava di avere una carogna del genere come figlio!

Chissà quante cose aveva scoperto dai pensieri intricati di Leo!

Ecco perché lo trovava così divertente.

Rideva alla faccia sua!

Argh! Che imbarazzo totale!

E che carogna, veramente!

Era decisamente la persona più irritante che Leo avesse mai incontrato in vita sua!

E non aveva la minima intenzione di cucinare mai più per lui, neanche un panino al prosciutto! 

Lui non avrebbe mai cucinato per Victor Vasilev! 

…forse per il fratello sì, chissà, in futuro non si può mai dire, ma per Victor Vasilev, no!

Eh no!

Per fortuna, Leo non lo vide per il resto della giornata.

E così si conclude la breve ma pregna di eventi visita del principe Victor Vasilev di Valkrest.

 

La visita del principe era passata, e questo significava che Leo era a poche ore dal lasciare la corte per sempre.

Concentrandosi sul pranzo per la carogna, Leo era riuscito a dimenticarsi che subito dopo sarebbe dovuto andare via per sempre, e la fase depressiva del lutto era tornata molto più di prima.

Forse per tutto il tempo era rimasto nella fase di negazione, e non se n’era accorto neanche lui?

Fatto stava che al momento era andato a portare la colazione al principe Daryan, che ancora faceva come al solito, e non aveva degnato Leo neanche di un’occhiata.

-Oggi c’è una colazione salata con uova, salsicce, eccetera. E poi dei biscotti arcobaleno. Essendo l’unica cosa che le cuoche non sanno fare, ho pensato di cucinarli un’ultima volta- Leo annunciò il menù, con ben poca energia.

Quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto il principe Daryan.

Probabilmente per il resto della sua vita.

I suoi due mesi a palazzo sarebbero stati solo una parentesi che si stava lasciando alle spalle.

Come un campo estivo più lungo del solito.

E il principe Daryan non aveva alcuna reazione alla partenza imminente di Leo.

In cucina, quella mattina, gli avevano organizzato un festino, e alcune cuoche si erano messe a piangere, soprattutto Anna.

Persino Mildred era sembrava parecchio emozionata dalla partenza di Leo.

A colazione l’intera famiglia reale (Daryan escluso perché non presente) gli aveva augurato ogni bene. Opal, in lacrime, si era fatta promettere che prima di andarsene Leo sarebbe andato a salutarla personalmente.

Chevel, alla porta, gli aveva augurato buon viaggio in tono meno cattivo del solito.

Alex lo aveva abbracciato stretto e lo aveva aiutato a sistemare le poche cose che aveva intenzione di portarsi. Aveva gli occhi lucidi anche lei.

Persino Lionel e Prankit avevano fatto un commento sulla sua partenza, sebbene alquanto sgradevole.

Persian purtroppo non l’aveva ancora visto, ma sicuramente avrebbe dato a Leo un saluto molto emotivo.

Invece Daryan…

-Oh, bene. Assaggiatore, assaggia- gli porse il vassoio, come se non l’avesse neanche sentito.

Come se non stesse per succedere niente.

Lo sguardo fisso sui suoi documenti, la calma di ghiaccio. Apatico come sempre.

Come se Leo non fosse già più lì.

Che da un lato era anche positivo.

Poteva fare finta di nulla e ignorare la consapevolezza che quello era il loro ultimo incontro. Farlo passare tranquillamente, senza struggersi.

Ma dall’altro lato… Leo voleva una buona chiusura, con Daryan.

Dopo quello che era successo tra loro, soprattutto al ballo, ne aveva davvero bisogno.

Mentre rifletteva su cosa dire e se dire effettivamente qualcosa, Leo prese la colazione, e assaggiò un po’ tutto.

Salsiccia ottima, salsa perfetta, pane tostato alla perfezione, era la solita colazione classica.

Dotty aveva fatto un ottimo lavoro, come sempre.

Se la sarebbero cavata egregiamente senza di lui.

Le uova erano un po’ strane, ma niente che un po’ di sale in più non avrebbe potuto risolvere. O un po’ di sale in meno.

…era il sale il problema?

O il pepe?

O una qualche altra spezia?

Forse Leo cercava di distrarsi dall’aria tesa analizzando fin troppo il cibo che stava mangiando.

Non assaggiò il biscotto, troppo concentrato sulle uova, e il principe prese la sua immobilità come segno che aveva finito l’assaggio, e prese il vassoio.

-Allora… quando andrai via?- chiese Daryan, mettendo da pare i documenti e controllando la propria colazione, sempre senza guardare Leo.

-Molto presto, principe Daryan. Sistemo la cucina, saluto la principessa Opal, e poi andrò via- spiegò Leo, distrattamente.

Forse avevano aggiunto una spezia nuova? Ma nessuno ne aveva parlato con Leo. Di solito veniva informato.

Purtroppo non aveva assaggiato la colazione degli altri, quindi non poteva comparare le due.

L’avevano tenuto lì per compagnia, principalmente.

-E ti attende una delegazione dal tempio che ti darà un passaggio, è corretto?- chiese il principe, cominciando dalle salsicce, e prendendone un morso lentamente. Come sempre.

-Sì… ho già preparato l’offerta di biscotti arcobaleno che darò al dio Jahlee per ringraziarlo dell’aiuto- confermò Leo, appoggiandosi alla scrivania, sentendosi un po’ affaticato.

…forse l’ansia della partenza iniziava ad avere la meglio?

Non sembrava, ma che altre opzioni c’erano?

Perché improvvisamente iniziava a girargli la testa?

-D’accordo…- il principe sembrava esitante, come se volesse dire qualcosa, ma non riuscisse a trovare le parole. Prese un morso di toast, occupando la bocca per evitare di continuare.

Leo tossì appena sul dorso della mano.

Cavolo, qualsiasi spezia avessero usato sulle uova, era davvero pessima! Forse aveva qualcosa di piccante?! Che ci fosse finito il peperoncino avanzato dalla torta al cioccolato e peperoncino del giorno prima?

-…beh, se hai bisogno di qualcosa…- continuò il principe, dopo aver deglutito, prendendo una forchettata di uova.

Leo controllò il dorso della mano.

Era coperto di sangue.

Oh dei…!

- …non esitare a…- Daryan portò le uova alla bocca.

E Leo non esitò, oh se non esitò!

Neanche un istante.

Salì poco elegantemente sulla scrivania, e con la poca forza che gli rimaneva, schiaffò la forchetta via dalle mani del principe, impedendogli di mangiare le uova.

-Leonardo, cos…?!- finalmente Daryan lo guardò in faccia, per la prima volta dal suo arrivo nell’ufficio.

E sgranò gli occhi, sconvolto.

Leo non poteva vedersi in faccia, ma intuì che il suo aspetto non fosse dei migliori.

Le gambe gli cedettero, e si abbandonò addosso al principe, con le forze che iniziavano ad abbandonarlo sempre più velocemente.

-L_Leo… Leo!- il principe lo afferrò con prontezza, incredulo, e lo strinse forte.

-Non… mangi…- Leo si aggrappò a lui, cercando di evitare che il principe venisse avvelenato.

Voleva poter dare un indizio su chi fosse stato, fare un’ultima frase ad effetto, ma la sua mente non sembrava in grado di connettersi più, e non riusciva neanche a parlare.

-Chevel!- il principe urlò verso la porta.

O almeno sembrava avesse urlato, ma Leo lo sentì da lontano, come un sussurro.

Lo vedeva sempre più sfocato.

Provò ad avvicinarsi, ma il suo corpo non rispondeva più.

-Leo, resisti, andrà tutto bene, te lo prometto!- sentì Daryan rassicurarlo mentre lo stringeva con forza, facendolo sentire protetto anche quando non c’era più niente da fare.

C’erano così tante cose che voleva dirgli.

Che lo amava.

Che gli dispiaceva.

Che non voleva andarsene.

Non voleva andarsene.

C’era un gran trambusto intorno a lui.

Ma Leo perse i sensi prima di capire cosa stesse succedendo, prima di poter provare a parlare.

Dai, almeno sarebbe morto tra le braccia dell’uomo che amava. Era un bel modo di andarsene.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Eh eh eh… eh, lo so.

Lo so che questo è un cliffhanger pazzesco.

Ve l’aspettavate?

Perché volevo farlo arrivare come una grande sorpresa ma forse ho messo troppi indizi nello scorso capitolo e in questo.

La Storia sta cambiando, in modi che nessuno poteva immaginare.

E Leo ne fa le spese.

Beh, ne è anche la causa quindi mi sembra giusto, circa ^^’

Passando al resto del capitolo…

Victor appare come un manipolatore narcisista e viziato che sembra disposto a tutto per avere Leo nelle sue schiere… ma ha anche dei difetti.

Scherzi a parte, è praticamente un enorme red flag vivente che in una storia normale sarebbe il main lead, nella vita reale sarebbe in prigione.

Questa è un po’ una via di mezzo. Non è un bel personaggio, ma è un principe quindi non può andare ancora in prigione, per il momento.

E di certo non aspettatevelo come main lead.

Comunque, qualcuno ha tentato di avvelenare il principe Daryan prima del tempo.

O forse l’attacco era verso di Leo?

Leo sopravvivrà?

Chi è stato ad avvelenarlo?

Tante domande, e poche risposte.

Ma delle risposte potere procurarmele in questo sondaggio: Sondaggio 3

Fatemi sapere che pensate della storia rispondendo a poche domande sugli ultimi intensi capitoli :D

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

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Capitolo 18
*** Dato che sono morto vediamo altri punti di vista, prendo i popcorn! ***


Dato che sono morto, vediamo altri punti di vista, prendo i popcorn

 

-Leonardo è sposato?- aveva chiesto Daryan a Chevel, dopo che il cavaliere l’aveva informato degli ultimi gossip, il giorno dopo il suo fatidico bacio con Leonardo il cuoco.

-Confermato dalle cuoche. Pare che Anna gli abbia confessato i suoi sentimenti, e lui l’abbia rifiutata dando questa notizia. Non ce l’aveva rivelato! È estremamente sospetto! Come osa?!- Chevel si era scaldato parecchio nel confermare quello che era stato per Daryan un vero e proprio colpo al cuore.

Aveva baciato un uomo sposato. Un uomo sposato di Lumai. I suoi sentimenti per Leonardo erano diventati non solo sconsigliabili e pericolosi, ma del tutto illegali e un insulto alla dea più potente dei sette regni.

Cosa aveva fatto?!

E soprattutto… perché Leonardo aveva ricambiato il bacio se era sposato?! 

Forse si era… sentito obbligato?

Perché Daryan era un principe.

E poi era ubriaco…

Oh dei! Daryan l’aveva forse inavvertitamente costretto?!

Daryan non aveva mai voluto fare niente del genere nei confronti di Leonardo. Era un sovrano giusto, o almeno cercava di essere tale in ogni circostanza. Prendeva il suo ruolo da principe come una responsabilità verso il suo popolo, che comportava sacrifici.

Daryan non approfittava del suo privilegio per baciare uomini (o donne) sposati!

Quando era ritornato nel suo ufficio, si era ripromesso che si sarebbe allontanato da Leonardo, per non farlo sentire a disagio, e per non imporsi ulteriormente su di lui come temeva di aver fatto.

E quando, quella sera, Leonardo gli aveva espresso il desiderio di andarsene da palazzo, Daryan aveva solo ricevuto conferma di quanto poco professionale e riprovevole fosse stato il suo comportamento sul terrazzo.

Ed era stato in procinto di preparargli una carrozza e farlo partire seduta stante, per provare a rimediare in parte al terribile danno che aveva causato.

Ma il suo cuore si era messo in mezzo, un lato estremamente egoista del suo cuore l’aveva convinto a rimandare, e Daryan aveva chiesto una settimana.

Una singola settimana per prepararsi psicologicamente all’idea di lasciarlo andare via, di toglierlo definitivamente dalla sua vita.

Era stato il suo gesto più egoista, l’unica volta nella sua vita che aveva effettivamente approfittato del suo privilegio volontariamente, ma l’idea di lasciare andare Leonardo così in fretta era stata troppo dolorosa da accettare.

E per l’intera settimana, aveva cercato di non superare i confini, di non metterlo a disagio, di trattarlo come avrebbe dovuto trattare i suoi sottoposti, con professionalità e senza metterli a disagio con comportamenti troppo espansivi.

Aveva cercato, con tutto sé stesso, di estirpare i sentimenti che provava per lui. Sentimenti che offendevano la carica più alta dell’universo, e che temeva gli avrebbero un giorno portato delle conseguenze terribili.

Ed era stata una delle esperienze più difficili e sfiancanti della sua vita.

Per quanto ci avesse provato, non ere affatto riuscito a liberarsi di Leonardo come avrebbe voluto.

E nonostante il suo comportamento freddo e professionale, non era riuscito a non godere internamente della presenza di Leonardo ogni volta che gli aveva portato il cibo.

E il motivo principale per il quale gli aveva fatto assaggiare i pasti prima di mangiarli lui stesso, era per avere l’impressione, senz’altro sciocca, di mangiare con lui.

Di condividere qualcosa con l’uomo che, purtroppo, continuava ad amare.

E adesso, in quello che sarebbe dovuto essere l’ultimo giorno di lavoro di Leonardo, un giorno come tanti a palazzo, senza niente di sospetto all’orizzonte, Daryan aveva pagato le conseguenze del suo egoismo.

O meglio, era stato Leonardo a pagare le conseguenze dell’egoismo e dell’amore non corrisposto e inappropriato di Daryan.

Perché Leonardo?! Lui non aveva fatto nulla di male!

Era Daryan a meritare la vendetta di Laasya, e delle circostanze!

Non avrebbe mai dovuto fargli assaggiare nulla!

Doveva farlo andare via quando poteva!

E ora… 

Ora…

-Principe Daryan…- il medico che aveva visitato Leonardo uscì dalla stanza dove lo avevano portato in tutta fretta, e distolse il principe dai suoi pensieri.

Il suo nome era Rayce, ed era un uomo davvero in gamba, il migliore medico del regno. Sua figlia Fenja era rimasta dentro, e non era affatto un buon segno.

-Come sta?! Si riprenderà, vero?! Gli hai dato l’antidoto?!- Opal rispose e iniziò a torchiare il medico prima che Daryan si rendesse conto di dove fosse.

Era completamente disorientato. Per la seconda volta nella sua vita si sentiva del tutto impotente.

Era una fortuna che Opal fosse lì con lui, a prendere in mano le redini della situazione. Era agitata, sì, ma almeno era sul pezzo, a differenza di Daryan, che non riusciva neanche a parlare.

Il re stava discutendo della faccenda con i cavalieri.

La regina stava interrogando le cuoce, assistita da Chevel.

Daryan avrebbe tanto voluto essere d’aiuto quanto loro.

-La situazione è piuttosto complessa, ma non è in imminente pericolo- il medico si affrettò a dare subito la buona notizia, ma non servì a calmare il cuore del principe, che avvertiva il chiaro “Ma” che avrebbe seguito le sue parole.

Opal non lo avvertì, e tirò un sospiro di sollievo.

-È sveglio? Sta bene? Possiamo parlargli?- chiese, speranzosa, già pronta ad entrare nella stanza.

-Purtroppo no, principessa. Il veleno che ha assunto è sconosciuto, e non ho una cura. Ma non è un veleno mortale, di questo sono certo. Il suo scopo è addormentare la persona che lo assume finché non viene somministrato l’antidoto- spiegò il medico, in tono grave.

La speranza di Opal sembrò infrangersi, ma cercò di restare ottimista.

-Quindi è solo addormentato. Tu riuscirai a trovare presto un antidoto e andrà tutto bene, giusto?- chiese, cercando di convincere soprattutto sé stessa.

Daryan non la pensava con lo stesso ottimismo.

Aveva ancora i vestiti e le mani sporche del sangue che era uscito dalla bocca e dal naso di Leonardo, quando si era accasciato su di lui.

Un veleno che addormenta e basta non provoca una reazione del genere. E Daryan ne sapeva qualcosa, era più esperto di veleni di quanto volesse.

-Principessa…- il medico non sembrava sapere che parole usare. 

Daryan non aveva bisogno di sentire nulla, aveva già capito.

Sollevò lo sguardo verso Rayce.

-Ci sono state delle complicazioni, non è così? Il veleno non ha agito come avrebbe dovuto- suppose, cercando di mantenere la voce ferma e impassibile.

Il medico sospirò.

-In parole povere… l’organismo di Leonardo è molto più debole della norma, ed è particolarmente sensibile ai veleni. Se l’avesse assunto chiunque altro, si sarebbe solo addormentato senza complicanze, ma Leonardo ha assimilato molto più del dovuto il veleno, e potrebbe…- esitò, e lanciò ad Opal un’occhiata preoccupata.

La principessa aveva infatti le mani alla bocca e le lacrime agli occhi. Era devastata dalla notizia, e sembrava finalmente aver capito la gravità dalle situazione.

-Stai già lavorando ad un antidoto?- chiese Daryan, cercando di non scomporsi.

-Mia figlia sta raccogliendo gli ultimi dati, e poi lavoreremo insieme per crearne uno il prima possibile. Riunirò il miglior team di studiosi del regno- rispose il medico, rassicurante.

-Quanto tempo…?- la voce di Daryan si spezzò. Probabilmente non lo voleva sapere neanche lui.

-Non saprei dirlo. Uno, o due giorni. Forse di più. È meglio agire in fretta- rispose Rayce, con massima franchezza.

-Bene, fai del tuo meglio. Cercheremo di risalire all’origine dell’attacco. Vado a confrontarmi con Chevel per scoprire se ci sono novità riguardo le cuoche. Potremmo ottenere l’antidoto direttamente dalla fonte- Daryan si alzò in piedi, e congedò il medico, decidendo di dirigersi in cucina.

-Dary…- Opal lo chiamò, un po’ incerta, azzardando qualche passo verso di lui.

-Resta con Leonardo. Manderò delle guardie a proteggervi. C’è stato un tentativo di avvelenamento, e finché non verremo a capo di tutta la faccenda non voglio rischiare che tu finisca in pericolo- le ordinò Daryan, senza neanche guardarla.

Doveva distanziarsi.

Doveva agire con calma, prudenza, da bravo sovrano.

In realtà, in quel momento avrebbe solo voluto urlare, prendere a pugni qualcosa, o vomitare.

Aveva una miriade di emozioni negative e incatalogabili che gli vorticavano nella mente e nel cuore, e non riusciva ad esprimerle.

Non poteva esprimerle.

Doveva restare concentrato.

Opal sembrò rendersi conto del suo stato d’animo, perché non obiettò, ed entrò nella stanza di Leo insieme al medico.

Daryan iniziò a dirigersi nelle cucine.

Meccanicamente, come un robot.

Cercando di ignorare le notizie appena ricevute.

Leo stava per morire.

No! No, l’avrebbero salvato! 

In qualche modo avrebbero ottenuto un antidoto, e tutto sarebbe andato bene! Daryan non avrebbe mai permesso che gli facessero del male.

Ma l’aveva già permesso.

Non era stata colpa sua! Non l’aveva avvelenato lui.

Ma l’aveva reso assaggiatore reale.

Era stata una pura formalità! Erano attenti ai veleni che entravano a palazzo! 

Non abbastanza, evidentemente.

…non abbastanza, è vero.

Non avrebbe mai dovuto renderlo assaggiatore reale.

Non avrebbe mai dovuto fargli assaggiare i suoi piatti.

Se fosse stato Daryan, ad assumere il veleno, nessuno sarebbe stato a rischio.

Se Daryan avesse lasciato andare Leonardo, a quest’ora sarebbe stato al sicuro.

Era tutta colpa sua!

Era tutta colpa sua!

La consapevolezza che Daryan aveva tentato in tutti i modi di seppellire in un angolo del suo cervello lo colpì come una pugnalata al petto, e il principe si ritrovò senza respiro, con il cuore che batteva all’impazzata, e le gambe molli.

Si appoggiò al muro, incapace di restare in piedi, e iniziò a respirare a fatica, provando in tutti i modi a mantenere una certa calma, ma fallendo miseramente.

Non poteva restare lì a piangersi addosso. Doveva rimediare!

Doveva rimediare!

Doveva trovare un antidoto!

Era tutta colpa sua!

Ma non riusciva a muoversi.

Era completamente congelato.

-Dov’è Leo?!- sentì una voce alterata dal fondo del corridoio, che riuscì a sbloccarlo abbastanza da rimettersi in piedi.

Daryan si girò verso la fonte dalla quale proveniva, e si ritrovò faccia a faccia con la semidea perduta.

-Dove accidenti è Leo?!- ripetè lei, prendendolo per le spalle e avvicinandolo con forza a lei, senza la minima considerazione verso la loro differenza di rango sociale.

Non che a Daryan importasse.

Era più preoccupato dal fatto che una figura esterna era entrata a palazzo senza alcun problema.

Aveva dato ordine di sorvegliare i confini con una certa attenzione, come era entrata Yu?!

 

Giada si aspettava che Leo sarebbe stato in ritardo, anche se iniziava davvero ad esagerare.

Ma accettava di buon grado che ci mettesse tutto il tempo che voleva, se poi significava che finalmente se ne sarebbe andato per sempre dal regno, e avrebbe permesso alla Storia di fluire nel modo giusto.

“Leo ancora non arriva?” le chiese Remington in mente, esasperato.

“Non ancora… sarà intento a salutare la principessa Opal, o le cuoche, per l’ennesima volta” Giada roteò gli occhi, e sbuffò, mentre gli rispondeva.

“Se vuoi controllo la mente di una delle cuoche e ti faccio sapere” le propose Remington, mettendosi a disposizione.

“Hai un collegamento con le cuoche?!” indagò Giada, in tono accusatorio.

“Gelosa?” la provocò Remington.

“Ma quando mai!” sbuffò Giada, che era solo leggermente gelosa, e sapeva perfettamente che Remington lo sapeva benissimo.

Ma nonostante il potere invasivo, Remington non aveva mai approfittato delle conoscenze su di lei che acquisiva involontariamente.

Per essere un tipo che leggeva la mente, era estremamente rispettoso.

“Ho solo delle spie involontarie a palazzo, ascolto alcuni pensieri e cerco di capire qualcosa di quello che accade… normale amministrazione di Valkrest” Remington spiegò il motivo per il quale era collegato a qualche cuoca, con una certa incertezza.

“Estremamente ingiusta!” borbottò Giada. Effettivamente c’erano dei momenti che non le piacevano del potere dell’amico d’infanzia, ma sapeva che nessuno ci poteva fare nulla.

“Ehi, non è colpa mia se ho un ruolo attivo nella Storia” si giustificò Remington.

Giada scosse la testa.

“Lasciamo stare, riesci a dirmi perché Leo ci sta mettendo tanto?” cambiò argomento, e tornò al problema presente.

“All’opera, Yu!” Remington si mise immediatamente sull’attenti.

Giada si appoggiò al muro del castello, e aspettò una risposta, o l’arrivo di Leo.

Supponeva che la risposta sarebbe giunta prima, perché Remington era molto veloce ad ottenere informazioni.

Aspettò.

…e aspettò.

…e aspettò ancora.

“Remi, che succede?” chiese poi, attirando la sua attenzione, e iniziando a preoccuparsi.

“Eh… potremmo avere un problema” rispose Remington, esitante.

“Oh dei, che è successo?! Ti prego dimmi che Leo non ha cambiato idea!” Giada si mise in posizione di attacco, pronta a correre nel castello e prendere Leo per le orecchie, se necessario.

“Non credo l’abbia fatto, è stato, diciamo… costretto a non andarsene subito da circostanze fuori dal suo controllo” rispose Remington, molto criptico.

Giada era brava a decriptare questo tipo di messaggi, essendo enigmatica lei stessa, ma onestamente non capiva a cosa Remington avrebbe potuto riferirsi.

“Lo stanno tenendo imprigionato lì?! Ed io che pensavo che fosse Victor lo yandere pazzo!” suppose, anche se non era coerente con la personalità di Daryan, almeno non del Daryan di quel momento della Storia.

“Ehi, non insultare mio cugino, lui… è incompreso” Remington si buttò in difesa di Victor, anche se non sembrava convinto neanche lui di ciò che diceva.

Il loro rapporto era piuttosto complesso.

E Giada non aveva voglia di parlarne al momento. Aveva cose più importanti a cui pensare.

“Opinabile! Ma seriamente, cosa è successo?! Quanto devo comportarmi da Karen da 1 a 10?!” Giada pressò l’amico per ottenere risposte.

“Ehm… non saprei… non è che lo stiano tenendo contro la sua volontà, è che… c’è stato, diciamo… un incidente, e… ehm… ecco… non so come dirtelo, Giada, ma…” Remington esitò parecchio. La sua voce mentale si fece sempre più bassa.

“Remi, inizi a spaventarmi! Cosa è successo? Non può essere morto perché grazie a mio padre è benedetto, ma cosa…” Giada lo incalzò, iniziando seriamente a preoccuparsi. Remington non era mai così esitante, anzi, adorava darle informazioni, qualsiasi tipo di informazioni.

“Non è morto… per ora” la rassicurò il semidio.

“Che significa per ora?!” …senza rassicurarla per niente.

A Giada iniziò a prendere il panico.

“…è stato avvelenato” alla fine Remington sputò il rospo, molto in difficoltà nel rivelare la cosa.

Giada rimase di sasso.

“No… non è possibile! L’avvelenamento succederà tra un mese e mezzo! Leo non può essere stato avvelenato!” obiettò, sicura di sé.

“Sono sorpreso quanto te, non me lo aspettavo affatto!” ammise Remington, e la sua voce interiore denotava il suo chiaro allarme per la questione.

“Com’è la situazione, esattamente?!” Giada non aveva tempo da perdere, e si avviò verso l’ingresso del castello, decisa a vedere Leo e capire come aiutarlo.

Non poteva permettere che morisse così!

E la benedizione di suo padre lo difendeva solo da attacchi diretti, ricordiamolo.

Quindi era decisamente preoccupata per lui.

“Dubito riuscirai ad entrare, hanno sigillato il castello da ogni fronte. E per quanto riguarda il cuoco… lo hanno avvelenato con un composto, non letale, che lo ha addormentato, ma lui è una tale mammoletta, fisicamente, che il veleno ha agito troppo forte e rischia di morire comunque” Remington spiegò i dettagli.

Giada era furiosa.

Era tutta colpa di quel principe!

Le piaceva come personaggio della Storia, circa, ma in quel momento lo odiava profondamente!

“Lasciami libera la mente, ho troppe parolacce che voglio urlare nel vuoto!” Giada diede l’ultimo messaggio mentale a Remington, che decise di assecondarla, perché era rispettoso, la maggior parte delle volte.

“Se hai bisogno chiama il mio nome” le disse solo, prima di sparire.

Giada arrivò finalmente all’ingresso, sorvegliato da una guardia molto tirata a lucido, che sorrideva con un’allegria decisamente fuori luogo.

-Hey, damerino! Fammi entrare!- esclamò, attirando la sua attenzione.

-Nessuno può entrare o uscire da palazzo fino a nuovo ordine, mi dispiace- replicò lui, in tono annoiato, pur mantenendo una luce di gioia negli occhi.

-Sono la semidea Yu, figlia di Jahlee, e ti ordino di farmi entrare- insistette Giada, indicando i suoi capelli.

-Mi dispiace, gli ordini della famiglia reale al completo sono prioritari rispetto a quelli di una semidea- la guardia, che, lo dico a voi lettori anche se Giada non lo sa, era Lionel, era irremovibile.

-Devo entrare! Forse posso aiutare Leonardo il cuoco! Non potete non farmi entrare!- cercò di bluffare, con tono urgente.

Non sapeva come aiutarlo, al momento, ma avrebbe trovato un modo, questo era certo.

La guardia sorrise di più.

-Peccato, non puoi entrare comunque. Anzi, mi va molto meglio se non entri e non aiuti quel tizio- confessò, ridacchiando, felice alla prospettiva che Leo potesse morire.

Giada non aveva più tempo da perdere.

E decise di utilizzare il suo asso nella manica.

O meglio, un sasso nella manica.

Perché il suo potere da semidea non era di viaggiare tra i mondi, quello era il potere della collana, un semplice artefatto divino.

No, il suo potere era di poter indurire ogni parte del corpo, facendola diventare di una qualsiasi pietra preziosa a sua scelta.

E i diamanti sono piuttosto duri e potenti.

Non le piaceva usarlo, e preferiva non dire in giro che quello fosse il suo potere, perché era decisamente imbarazzante, e fingere di poter viaggiare tra i mondi era molto meglio, ma mali estremi richiedono estremi rimedi.

Trasformò quindi la sua mano in diamante, e tirò un pugno a Lionel, mandandolo al tappeto.

-Se non avessi ridacchiato, avrei usato un topazio- gli fece presente, prima di superarlo ed entrare nel palazzo.

Era livida, determinata, e pronta a prendersela con chiunque avesse incontrato tra lei e il suo migliore amico.

Purtroppo… non aveva idea di dove fosse, tale migliore amico, quindi girò a vuoto per parecchio tempo, prima di imbattersi in una figura rannicchiata a terra.

Giada era troppo nervosa di suo per notare l’attacco di panico, e gli si rivolse immediatamente, con astio.

-Dov’è Leo?- chiese, avvicinandosi.

La figura si rimise in piedi, e si girò verso di lei.

Giada neanche realizzò si trattasse del principe, in un primo momento, e lo prese per le spalle, avvicinandolo a lei, per far passare meglio il concetto.

-Dove accidenti è Leo?- ripetè, rendendosi conto dopo qualche secondo che si trattasse del principe.

Non che le importasse chi fosse.

Anzi, era tutta colpa del principe! Doveva trattarlo anche peggio.

-Io… Leonardo…- il principe non sembrava in grado di darle rispose.

-Dimmi dov’è! E chi è stato a fargli questo! È tutta colpa tua! Se non lo avessi resto il tuo assaggiatore ufficiale a quest’ora saremmo già in viaggio verso Valkrest!- Giada iniziò a scuoterlo, non riuscendo a trattenere la sua furia.

-…mi dispiace. Mi dispiace tanto…- sussurrò il principe, lasciandosi scuotere senza provare in alcun modo a liberarsi.

La furia di Giada si calmò appena, venendo sostituita dalla confusione.

Perché non credeva che il principe Daryan, il grande principe Daryan, il protagonista dell’arco narrativo più importante e rivoluzionario di Jediah, fosse capace di tale disperazione.

O meglio… lo sapeva, ma… per Leo?!

Leo era solo un cuoco che il principe conosceva da un mese e mezzo. 

Non poteva essere…

Oh dei!

Oh no!

Aveva notato che Leo aveva flirtato non velatamente con il principe, ed era palesemente cotto di lui, ma era convinta che fosse una cotta a senso unico.

Dopotutto il principe Daryan si sarebbe presto innamorato di Dotty, e avrebbero avuto un bambino, e sarebbero stati insieme per sempre benedetti da Laasya.

Eppure, al momento, Daryan sembrava… 

Sembrava quasi più innamorato lui, di Leo.

Oh no! Una volta salvato Leo, Giada l’avrebbe dovuto portare il più lontano possibile da lì!

La semidea si calmò appena, e lasciò andare il principe, decidendo di non pensare a dare colpe, ma cercare di risolvere la situazione.

-Okay… dov’è Leo in questo momento?- chiese, ancora determinata, ma meno veemente.

-È con Opal, e i migliori medici stanno… oh, dei! Devo andare a chiamare delle guardie per tenerli sotto controllo- Daryan sembrò svegliarsi da un sogno, e tornò professionale e attento come era descritto nei libri.

Forse il suo momento di debolezza era stato un abbaglio. 

Iniziò a dirigersi verso una direzione sconosciuta, e Giada lo seguì, sperando potesse condurla da Leo.

-Che cosa è successo esattamente? Avete scoperto chi sia stato?- continuò ad indagare nel frattempo. Giada aveva una mezza idea di chi potesse essere stato, ma non poteva esserne certa, perché nella Storia questo personaggio avrebbe avvelenato il principe Daryan molto più in là. Quindi forse era stato qualcun altro.

E Leo ci era finito in mezzo.

-Sono informazioni riservate. Lei come è entrata a palazzo, semidea Yu?- Daryan si chiuse a riccio, e lanciò a Giada un’occhiata penetrante e sospettosa.

-La guardia all’ingresso mi ha fatto passare- mentì Giada, alzando le spalle.

-Quando tutto questo sarà finito devo ricordarmi di licenziare Lionel, o metterlo di turno alle stalle- borbottò Daryan, stringendo i pugni, e aumentando il passo.

-Stiamo andando da Leo?- chiese Giada, guardandosi intorno e non riconoscendo nessun luogo.

Non era mai stata a palazzo, e la Storia non descriveva molto i posti.

In realtà la Storia non era particolarmente buona nelle descrizioni, e soprattutto non nell’introspezione.

I volumi restaurati con la storia antica avevano aggiunto questo dato, grazie alla revisione del dio Omish, ma i libri con la storia futura e prossima erano narrati come semplice susseguirsi di eventi.

Scritti bene, ma privi di descrizione delle emozioni dei personaggi.

Era strano vedere Daryan così emotivo, davanti a lei, dopo che Giada l’aveva letto solo come marionetta che faceva quello che doveva fare per un bene superiore.

-No, mi sto dirigendo in cucina, dove Chevel sta interrogando le cuoche responsabili del pasto avvelenato- rispose tale marionetta.

Prima che Giada potesse obiettare, raggiunsero il luogo designato, e una volta spalancate le porte, si trovarono davanti una scena a dir poco inquietante.

Il primo cavaliere del principe aveva la spada puntata sul collo di una cuoca, che terrorizzata era appiccicata al muro.

Le altre cuoche erano strette tra di loro. Dotty a terra, poco distante, si massaggiava il braccio, dolorante.

E la regina, in tutto questo, osservava la scena con un certo distacco.

-Io non… io non capisco…- stava borbottando la cuoca, terrorizzata e in una valle di lacrime.

-Che sta succedendo qui?- chiese Daryan, attirando l’attenzione della sala.

-È lei! È per lei che l’ho fatto! Mi hanno detto di farlo per lei!- esclamò la cuoca messa alle strette, notando il loro arrivo, e indicando Giada con decisione.

La semidea rimase del tutto interdetta, mentre gli sguardi della stanza si puntavano su di lei.

 

Chevel era un uomo deciso che viveva nel presente, ed era sempre all’erta per ogni possibile minaccia rivolta verso la famiglia reale.

La famiglia reale, e soprattutto il suo migliore amico Daryan, erano la sua priorità assoluta in ogni circostanza, e se qualcuno finiva in mezzo al posto loro, era un danno collaterale necessario che doveva essere orgoglioso del suo sacrificio.

…ma non il cuoco.

Non Leonardo il cuoco!

Chevel sapeva di non potersi permettere tali sentimenti, ma erano più forti di lui.

Quando era riuscito a razionalizzare quello che era successo, dopo il panico iniziale, non aveva fatto a meno di pensare che sarebbe stato meglio se Leonardo non avesse assaggiato per il principe Daryan.

E si era sentito un traditore e un pessimo amico per averlo pensato anche solo per un istante.

Ma vedere Leo in quelle condizioni era stato un colpo al cuore inaspettato e devastante.

Per fortuna, Chevel era addestrato a riprendersi in fretta da questi colpi devastanti, e al momento era intento ad assistere la regina nell’interrogatorio alle cuoche riguardo quanto accaduto, con più determinazione e sete di sangue del solito.

-Vi conviene dire esattamente quello che avete visto, se non volete rischiare di finire in guai peggiori di quanto potreste mai immaginare- ordinò la regina, in tono minaccioso e inquietante.

Era bravissima nell’intimidazione, anche se non si sarebbe mai detto vista la sua personalità gentile e incoraggiante.

Ma al momento, tra lei e Chevel, non si sarebbe potuto dire chi fosse più furioso.

-So con certezza che a lavorare al pasto del principe Daryan sono state Anna e Dotty, ma il cibo è rimasto non supervisionato per qualche minuto prima di essere portato dal principe- Mildred si fece avanti, illustrando i fatti, e lanciando una triste occhiata in direzione delle due cuoche chiamate in causa.

Anna era in lacrime, e appariva una delle più disperate lì dentro.

Dotty sembrava pensierosa, e affatto turbata dalle accuse.

-Di quali parti del pasto vi siete occupate, personalmente?- chiese la regina, squadrando le due sospette dall’altro in basso.

-Della carne, e delle guarnizioni- rispose Dotty, molto sicura.

-Eh… pane… e… uova… e… di solito mi occupo delle salse ma questa volta ci ha pensato… eh… Leo...- Anna rispose con più incertezza, interrompendosi per tirare su col naso o provare ad asciugarsi le lacrime.

Purtroppo per lei, nonostante la recita, aveva appena confessato di aver maneggiato l’arma del delitto, ovvero le uova, quindi era salita più in alto di Dotty nella lista dei sospetti.

-Pane, uova, ma non le salse…- la regina le si avvicinò, Anna sobbalzò.

-S_sì… perché?- chiese, sembrando sinceramente sorpresa -…eh, vostra maestà- e ricordandosi solo all’ultimo le formalità.

A sua discolpa, era agitata.

-Con tutto il rispetto, vostra maestà, Anna non avrebbe mai tentato di avvelenare il principe Daryan. È una cuoca fedele che lavora qui da quando è nata!- si intromise Jane, pratica, prendendo le difese dell’amica.

Sospetta anche lei.

Chevel le lanciò un’occhiata penetrante, ma Jane non lo degnò di attenzione, troppo occupata a fissare la regina per farle passare la sua sicurezza.

-E poi… non ha senso che abbia avvelenato il piatto adesso- borbottò Dotty, tra sé e sé.

-Spiegati- la incoraggiò la regina, tornando con l’attenzione su di lei.

-Stavo riflettendo… il maes… Leonardo parla spesso dei momenti nei quali porta il cibo al principe Daryan, e tutti in cucina sanno che assaggia sempre i suoi piatti. Leonardo stava per andare via, non ha senso che qualcuno abbia cercato di colpire il principe Daryan adesso che sapeva perfettamente che sarebbe stato Leonardo a venire avvelenato- spiegò il suo ragionamento.

E l’intera sala si ammutolì completamente.

Chevel si sentì un idiota.

Come aveva fatto a non pensarci?!

Tutta la situazione l’aveva sorpreso così tanto che non si era fermato neanche un secondo a riflettere sul fatto che quello sarebbe stato l’ultimo giorno di Leo.

Quindi, in effetti, perché avvelenare un principe l’ultimo giorno di lavoro del suo assaggiatore?!

-C’era qualcuno non a conoscenza di questa informazione?- chiese la regina a Mildred, l’unica fuori dalla lista dei sospetti perché dopo mezzo secolo di onorato servizio si era guadagnata la fiducia di tutti, a palazzo.

-Sicuramente Anna, Mary, Jane e Dotty ne erano a conoscenza. Passano quasi tutto il tempo in cucina con Leonardo, un’informazione del genere non può essere loro sfuggita- spiegò Mildred, pensierosa.

-Confermo! Ha ripetuto l’informazione anche stamattina, mentre preparava i biscotti arcobaleno- Mary si unì alla conversazione, avvicinandosi ad Anna e a Jane.

-Qualcuno di voi aveva qualche… problema con Leonardo?- chiese la regina, in tono freddo.

-No!- risposero in contemporanea le tre cuoche.

-Gli abbiamo anche organizzato una festa d’addio prima che partisse- aggiunse Dotty, abbassando lo sguardo.

-Capisco… quindi i sospetti ricadono maggiormente sulle cuoche che non avevano un forte rapporto con Leonardo…- la regina iniziò ad osservare le altre ragazze, che si ritirarono.

-Mi perdoni, regina, ma Anna ha avuto di recente un alterco con Leonardo- si intromise una nuova cuoca, che francamente Chevel non conosceva molto bene, perché molto silenziosa e sulle sue.

-Che tipo di alterco, Sara?- chiese la regina, incalzandola, ma con uno sguardo che Chevel subito individuò come vittorioso.

Aveva intuito qualcosa.

Chevel brancolava ancora nel buio, e osservò Sara con curiosità, chiedendosi cosa mai potesse aver notato la regina in lei.

-Beh… gli ha confessato i suoi sentimenti, e lui l’ha respinta perché è sposato. Ha dei motivi per avercela con lui. Insomma, già provarci con un uomo sposato è piuttosto… beh…- Sara provò a buttare Anna sotto il carro, e Chevel intuì cosa la regina aveva notato.

Sara era stata un po’ troppo veloce nella sua accusa, come se se la fosse preparata.

Forse era solo veloce a riflettere, come Dotty.

Ma a differenza di Dotty non era stata veloce a riflettere e basta, ma ad accusare.

E c’era differenza.

-Non sapevo fosse sposato! Lo giuro! E non ho niente contro di lui! Anzi… è uno dei miei più cari amici! È gentile, disponibile, divertente, e…- Anna cominciò a difendersi, e poi scoppiò a piangere, ripensando all’avvelenamento che Leonardo aveva subito.

O era un’ottima attrice, o teneva davvero al cuoco come aveva detto.

A Chevel non piaceva nessuna delle due opzioni.

Dotty iniziò a darle qualche pacca sulla spalla.

-Non credo che sia stata Anna, se avesse voluto colpire il maes… Leonardo, avrebbe potuto farlo con le meringhe che gli ha preparato per il viaggio- si erse in sua difesa, usando la logica.

-Forse voleva colpire entrambi, o le è stato ordinato di colpire il principe e ha pensato di approfittare per colpire Leonardo- Sara continuò ad obiettare.

-Sembri molto sicura della tua teoria, Sara- la regina le lanciò un’occhiata poco rassicurante.

E la cuoca sembrò rendersi conto di essersi fatta un po’ troppo notare.

-Io… voglio solo che il responsabile di questo riprovevole atto sia portato alla giustizia!- si difese, alzando le mani.

-Mildred, Sara dov’era questa mattina?- la regina si rivolse alla capocuoca, che lanciò a Sara un’occhiata poco convinta.

-In cucina per tutto il tempo- rispose, pratica.

-No, aspetta un momento, io non ho niente a che fare con… non avevo nulla contro Leonardo, non avevo motivo di…- Sara provò a difendersi, agitandosi parecchio in fretta.

La regina la guardò qualche secondo, poi si rivolse nuovamente a Mildred.

-Chi non era in cucina durante la preparazione della colazione?- chiese, cambiando argomento.

Mildred indicò tre cuoche, che furono messe in un angolo, fuori dai sospetti.

-Chi aveva sentito Leonardo parlare del suo ruolo di assaggiatore per il principe?- chiese poi la regina.

Dotty, Anna, Mary e Jane furono le prime ad alzare la mano, con sicurezza. Non sembravano avere niente da nascondere.

Altre cuoche le seguirono, più incerte.

Alla fine, erano solo in quattro a non sapere di Leo, e si guardavano un po’ preoccupate, chiedendosi se questo le rendesse sospettate.

Vennero messe vicine, ma non separate dalle altre.

La regina fece altre domande.

Una dietro l’altra, che non sembravano neanche avere una certa attinenza tra loro.

Parlò dei ruoli in cucina, chiese delle preparazioni, chiese sul rapporto con Leonardo, e chiese anche delle famiglie delle cuoche.

Alcune domande, Chevel lo intuì, non avevano alcuna attinenza con l’avvelenamento, ma la regina le stava ponendo solo ed esclusivamente per controllare la reazione delle cuoche, che mano a mano iniziarono ad essere più reattive nelle loro risposte.

Tutte tranne Sara, che rispondeva sempre tra gli ultimi, e seguendo la maggioranza.

Anche alle domande semplici.

-Dotty, posso farti un’ultima domanda?- alla fine la regina si rivolse alla nuova cuoca, che aveva offerto grandi osservazioni durante quell’interrogatorio.

-Certamente, vostra maestà- Dotty si mise a disposizione, decisa.

-Sara ha mostrato particolare interesse verso Leonardo o il principe Daryan, questo periodo? Non solo oggi, ma anche nei giorni passati?- chiese la regina, osservando la reazione di Sara a quella domanda.

La cuoca sobbalzò, e si ritirò appena su sé stessa.

-Cosa?! Io non…- provò a difendersi, ma fu bloccata immediatamente da Dotty.

-Sì, negli ultimi giorni ha lavorato a stretto contatto con noi, e ieri, ad ora di pranzo, ha chiesto al maest…Leonardo quando sarebbe andato via. Leonardo ha risposto affermando che una delegazione del tempio l’avrebbe scortato e sarebbe giunta a palazzo dopo colazione- raccontò Dotty, guardando Sara con sospetto.

-Essere curiosa riguardo un collega che sta per andare via non mi rende colpevole. E comunque sapevano tutti che Leonardo sarebbe andato via dopo colazione!- si lamentò Sara.

-Quanti erano a conoscenza che Leonardo sarebbe andato via subito dopo colazione?- chiese la regina, rivolta a tutte le cuoche.

Nessuna alzò la mano.

Sara guardò le colleghe con incredulità.

-E quando pensavate che Leonardo sarebbe andato via?- chiese la regina, incuriosita.

-Prima di pranzo. Dopo colazione aveva intenzione di salutare la principessa Opal e le guardie reali- rispose Mildred. Anna, Mary, Jane e Dotty annuirono, insieme a qualche altra cuoca.

-Ce l’ha detto ieri sera, mentre pulivamo gli utensili della cena- spiegò Anna.

-Sara si era già ritirata nelle sue stanze a quell’ora- aggiunse Dotty, dando prova della sua memoria.

-Io non sapevo esattamente quando sarebbe andato via. Supponevo per ora di pranzo- rispose un’altra cuoca.

-Io pensavo la sera, dopo essersi preso il giorno libero- affermò un’altra.

-Sì, anche io!- 

Le donne avevano opinioni diversi, ma nessuna era dello stesso avviso di Sara.

E non perché Sara fosse meno informata di loro, ma perché era stata l’unica ad indagare al riguardo.

Ergo, era diventato ormai chiaro chi fosse la colpevole.

-Strano che la persona che meno conosceva ed era legata a Leonardo fosse così interessata ai suoi spostamenti- osservò la regina, con calma, avvicinandosi a tale sospettata chiaramente colpevole.

-Ho servito il palazzo per tre anni! Non potete fidarvi di una cuoca arrivata poche settimane fa e non di me!- provò a difendersi Sara, questa volta cercando di gettare Dotty sotto il metaforico carro.

Chi si difende accusando altri non è mai degno di fiducia, almeno non nel parere di Chevel, che la guardò storto, irritato dal suo atteggiamento.

-Qualcun altro può confermare le parole di Dotty?- chiese la regina, accogliendo l’obiezione.

Anna alzò la mano, così come due altre cuoche.

Un numero giusto, ed era chiaro che non stessero mentendo perché avevano dato risposte diverse durante l’interrogatorio precedente della regina.

-Ma comunque non prova niente! Io non mi sono avvicinata neanche lontanamente alle uova!- insistette Sara.

Alla regina brillarono gli occhi.

Dotty si girò verso Sara inarcando le sopracciglia.

E persino Chevel si rese conto dello scivolone della cuoca.

-Davvero? Perché proprio le uova? Io non ho mai detto che le uova fossero il cibo avvelenato- osservò la regina, con un sorrisino sornione e spaventoso.

Il poco colore rimasto sul volto di Sara sparì completamente.

-C_Cosa? No, lo ha… quando parlava con Anna… Anna ha preparato le…- Sara indicò la cuoca, che la fissava sconvolta.

-Le uova…oh, dei!- sussurrò, incredula, portandosi la mano alla bocca.

E con lo sguardo di tutti puntato contro, gli occhi di Sara iniziarono a saettare da una parte all’altra, come cercando un’uscita.

La regina fece un cenno a Chevel, che sull’attenti si avvicinò alla ragazza per trattenerla.

-In qualità di regina di Jediah, ordino che tu venga immediatamente portata in cella, dove risponderai per il tentato assassinio di…- iniziò ad enunciare, con una calma glaciale.

-No! No! Non sono stata io! Non potete farlo!- Sara provò a fare uno scatto verso la porta più vicina, ma venne trattenuta da Dotty, abbastanza da permettere a Chevel di afferrarle un braccio.

Nell’impatto, Dotty cadde a terra, ma non sembrò farsi troppo male.

-…dicevo… Per il tentato assassinio del principe Daryan, tu e chiunque abbia lavorato per te affronterà il massimo della pena prevista dalla costituzione di Jediah, sotto lo sguardo dei sette dei- continuò la regina, imperturbata.

Sara era terrorizzata.

Provò a liberarsi, ma la presa di Chevel era ferrea.

-Ma non volevo colpire il principe Daryan! Il veleno era indirizzato a Leonardo! Solo a Leonardo! Non era alto tradimento, lo giuro! Ho avvelenato solo un cuoco!- provò a difendersi, rivolta alla regina in tono supplicante.

La poca calma e professionalità di Chevel che era rimasta intatta si spezzò del tutto.

Sguainò la spada, e la puntò dritta al collo di Sara, irato dalle sue parole.

Come osava?! 

Come si permetteva?!

Parlava di Leo come se non significasse nulla, come se fosse una pedina sacrificabile. Come se… come se aver voluto avvelenare lui, invece del principe, in qualche modo redimesse il suo gesto.

Leonardo non era un oggetto.

Non era sacrificabile.

Era una persona, per tutti gli dei!

Una persona gentile, onesta, aperta e divertente, che tutto meritava fuorché finire nel melodramma della nobiltà.

E nessuno doveva permettersi di avvelenarlo! E soprattutto di parlare di lui in quel modo.

-Perché l’hai fatto?! Parla immediatamente, se non vuoi che la tua esecuzione venga anticipata e sia anche piuttosto dolorosa!- ordinò verso la cuoca, spingendo la lama del coltello più vicino alla sua gola, ma non abbastanza da ferirla, per ora.

Era un bluff, perché le esecuzioni erano bandite, ma questo Sara non doveva saperlo, giusto?

E francamente, Chevel era troppo furioso per misurare troppo le parole.

Sara impallidì, e iniziò a tremare.

-Io non… io non capisco…- iniziò a borbottare, le lacrime che scorrevano copiose sulle sue guance.

In quel momento la porta si aprì, ma Chevel non si distrasse, e continuò a fissare la cuoca.

Era tutto ciò che aveva nel suo campo visivo, quindi non sapeva chi fosse appena entrato, ma riconobbe immediatamente la voce del nuovo venuto.

-Che sta succedendo qui?- chiese infatti Daryan, allarmato.

Chevel non abbassò la spada, e notò Sara sgranare gli occhi, e puntarli verso la direzione di Daryan.

-È lei! È per lei che l’ho fatto! Mi hanno detto di farlo per lei!- esclamò, con urgenza, indicando tale punto.

E Chevel, nonostante il suo addestramento gli imponesse di concentrarsi sempre verso dove puntava la spada, non riuscì a fare a meno di lanciare un’occhiata alle sue spalle, non capendo a chi potesse riferirsi.

-Ma di che stai parlando?! Come osi?!- esclamò offesa una voce femminile, e Chevel riconobbe i capelli rosa confetto della semidea Yu.

-Chevel, lasciala andare- gli ordinò la regina, con una certa riluttanza.

Chevel abbassò la spada, ma rimase vicino, per intimidirla, e pronto ad afferrarla di nuovo se avesse tentato di scappare.

Dotty si era rialzata, e sembrava pronta a fare altrettanto.

-Parla, in che senso l’hai fatto per lei?- chiese Daryan, avvicinandosi a sua volta, ma poi ripensandoci e restando vicino a Yu, come preparandosi ad afferrarla nel caso avesse deciso di correre a sua volta.

La semidea gli lanciò un’occhiata assassina.

-Io… li ho sentiti… loro… la Storia… non so nulla!- Sara iniziò a borbottare, tremante e terrorizzare -Giuro che non so niente! Stavo solo eseguendo gli ordini!- esclamò, come se potesse in qualche modo salvarla dalla colpa.

-Ordini di chi?- chiese la regina, sbrigativa.

-Io…-

-I ribelli antimonarchici, suppongo- la incalzò Yu, avvicinandosi alla cuoca, tallonata dal principe Daryan.

Sara si guardò intorno, come se cercasse una via d’uscita, poi sospirò, e guardò Yu dritta negli occhi.

-Vogliono ottenere la tua attenzione, semidea. Per questo mi hanno chiesto di addormentare Leo- alla fine spiegò il suo intento.

Yu si irrigidì, e strinse i pugni.

-Addormentare Leo?- chiese la regina, che non era al corrente degli ultimi sviluppi.

Neanche Chevel lo era, e lanciò alla colpevole un’occhiata incuriosita.

-La pozione…- cominciò a spiegare Sara, ma venne interrotta da Daryan.

-Il veleno addormenta colui che lo ingerisce, ma su Leo…- la sua voce si spezzò -…dobbiamo sbrigarci a trovare un antidoto- disse solo, provando a recuperarsi.

Chevel lo conosceva molto bene, e capì immediatamente sia quello che intendeva dire, che il suo stato emotivo in quel momento.

La rabbia che provava nei confronti di Sara, e anche della semidea, responsabile indiretta del fatto, aumentò.

-Dov’è l’antidoto?!- incalzò la cuoca, facendosi più minaccioso possibile.

-Non ce l’ho!- rispose immediatamente Sara.

-Essere condannata per tentato assassinio è molto meno spiacevole di essere condannata per assassinio. Dov’è l’antidoto?!- insistette la regina.

Daryan sobbalzò sentendo nominare l’assassinio, ma cercò di non farlo vedere.

-Non ce l’ho! E non lo daranno a me! Non ho modo di recuperarlo!- urlò Sara, la voce spezzata dai singhiozzi.

-Ma sai come recuperarlo! Parla!- la pressò Yu, avvicinandosi determinata.

-Solo una persona può recuperarlo, semidea Yu- borbottò Sara, a denti stretti, guardandola dritta negli occhi.

-Basta, mi sono stancata di questo atteggiamento! Chevel, portala nelle segrete. Vediamo se dopo qualche ora in isolamento avrà più voglia di collaborare- la regina chiuse il discorso, e incoraggiò il cavaliere a portarla via.

Chevel la prese per un braccio.

-Vi ho detto tutto quello che so!- si lamentò Sara, continuando a fissare Yu anche mentre veniva trascinata via.

-Allora non sei affatto utile. Semidea Yu, come è coinvolta lei con i ribelli antimonarchici? E qual è il suo rapporto con Leonardo?- la regina surclassò Sara, e si rivolse a Yu, che non la stava degnando di attenzione, e continuava a fissare la colpevole con sguardo indecifrabile.

-Sai come ottenere l’antidoto?- chiese Daryan, cercando il suo sguardo.

Chevel uscì dalla stanza prima di poter sentire la risposta.

E francamente, non voleva sentirla.

Non voleva sapere nulla di quella storia.

Faceva troppo male.

Chevel odiava sentirsi impotente.

E più informazioni otteneva su quella situazione, più impotente si sentiva.

-Cosa mi faranno?- chiese Sara, in un sussurro, una volta raggiunte le segrete del castello.

Chevel non le rispose, e si limitò a continuare a trascinarla.

-Io non volevo ucciderlo. Volevo solo addormentarlo!- continuò a difendersi Sara.

Chevel non rispose.

Le sue scuse non gli interessavano.

Cercò la cella più lurida e scomoda delle segrete.

-E comunque è solo un cuoco… non possono darmi il massimo della pena. Non sarebbe giusto! Leonardo non è nessuno di importante!- continuò la ragazza, ormai più borbottando tra sé e cercando di autoconvincersi che conversando con Chevel, che però sentì tutto, e si irritò maggiormente.

-Colpire una persona innocente, inerme e generosa non abbassa le tue colpe, anzi, dovresti vergognarti!- sbottò infine, aprendo la prima cella che trovò, e sbattendoci dentro la ragazza, che cadde a terra per la forza d’impatto.

-Ma si può sapere perché siete tutti così innamorati di un cuoco pasticcione arrivato un mese fa?!- esclamò Sara, incredula, stringendosi su sé stessa.

Chevel non rispose.

La sua gola si era stretta completamente al sentire la parola con la I.

Innamorato? Lui?

Lui non tollerava Leonardo il cuoco.

Leonardo era insopportabile.

E rumoroso.

E irruento.

E… sposato.

E se anche non fosse stato sposato, Chevel non poteva essere innamorato di lui, perché era chiaro che il principe Daryan nutrisse dei sentimenti nei suoi confronti.

E il principe Daryan veniva sempre al primo posto.

Sempre.

Eppure, in quel momento…

Appoggiato alla porta chiusa della cella, cercando delle obiezioni da fare, la riflessione interiore di Chevel venne interrotta da una voce in lontananza.

-Sta zitto! E parla solo per rispondere alle mie domande!- aveva appena urlato una voce conosciuta ma irriconoscibile, con tono irritato.

Chevel dimenticò completamente Sara, ormai chiusa in cella, e si avvicinò verso la fonte di tale voce.

A poche celle di distanza, vagamente illuminato da una torcia, c’era infatti Persian, e stava parlando con un prigioniero.

-Ti sfugge una piccola cosa, criminale da strapazzo…- rispose ad un commento del prigioniero che Chevel non aveva sentito da lontano -…io sono di Lumai, e la dea Laasya è molto più morbida in fatto di torture. Quindi ti conviene dire tutto quello che sai- lo minacciò.

Chevel lo fissò a bocca aperta.

Non aveva mai visto Persian perdere la calma in quel modo.

Era sempre stato solo il sorridente e goffo bibliotecario che non sembrava possedere una spina dorsale.

Ma Chevel doveva ammettere che vederlo così era… interessante.

 

Persian era piuttosto turbato da quella situazione.

Ma sapeva di non potersi permettere di perdere tempo.

Perché trovare un antidoto era la cosa più importante al momento, ed era estremamente urgente.

Però… non sembravano esserci novità, e le conoscenze chimiche di Persian lo portavano solo fino ad un certo punto, così come e sue ricerche tra i libri.

-Novità?- chiese Fenja, promettente giovane apprendista e figlia del medico più esperto e affidabile dei sette regni, avvicinandosi con una provetta e sbirciando il libro che Persian stava consultando.

-Niente di utile. Aiuterebbe sapere chi ci sia dietro l’attacco, potremmo ottenere informazioni in modo più efficiente- rispose Persian, senza guardarla, e continuando a sfogliare pagine.

-Potrebbe anche aiutare a trovare un antidoto già pronto… gli unici che io e mio padre stiamo riuscendo a creare ci mettono troppi giorni a fermentare completamente e amalgamarsi- spiegò Fenja, agitando la fiala che aveva in mano e osservandone il colore con sopracciglia aggrottate.

Persian si sistemò gli occhiali sul viso, pensieroso.

-Forse dovrei andare dalla regina e chiedere se ci sono novità sul colpevole- borbottò, dopo qualche secondo di riflessione.

-Ci è stato riferito che una volta trovate nuove informazioni, ci verranno comunicate seduta stante per aiutarci nel nostro compito, è meglio non allontanarsi da qui per il momento- gli suggerì Rayce, dal tavolo accanto, facendo cenno alla figlia di raggiungerlo.

Fenja eseguì, e Persian tornò ai suoi libri.

Ma la sua mente continuò a muoversi.

Chi poteva aver attaccato il principe Daryan?

La persona più indicata era senz’altro il principe Victor, che proprio il giorno prima era stato ospite a palazzo e si era comportato in maniera a dir poco indecente.

Ma per quanto indecente, il principe Victor non era stupido, e sapeva perfettamente che avvelenare il principe Daryan subito dopo una visita avrebbe soltanto inasprito i rapporti tra i due regni e causato una guerra.

E lui era un tipo che le guerre le dichiarava, non le faceva dichiarare.

Inoltre, sapeva perfettamente che il principe Daryan aveva un assaggiatore reale.

Forse voleva colpire l’assaggiatore per lanciare un messaggio.

No, non aveva senso! Se avesse voluto lanciare un messaggio del genere non avrebbe usato un veleno così complesso e non letale (per chiunque tranne Leonardo, evidentemente).

No, non poteva essere stato il principe Victor.

Ma allora chi altro?

La famiglia reale aveva parecchi nemici.

Alcune famiglie nobili, gli antimonarchici, i…

Un momento.

Il veleno.

Era un veleno per addormentare, non per uccidere.

Quindi l’avvelenamento non era a fine assassino, ma era palesemente stato fatto per lanciare un messaggio.

Un messaggio a qualcun altro.

Magari per attirare l’attenzione di qualcuno.

Ma chi?

Da parte di chi?

Quale messaggio?

E perché colpire il principe Daryan, se era la persona che più poteva rispondere ad eventuali messaggi indirizzati alla famiglia reale?

Se gli avvelenatori volevano lanciare un messaggio alla famiglia reale avrebbero senz’altro provato ad avvelenare la principessa Opal, non il principe Daryan.

A meno che…

Forse non era il principe Daryan la persona che volevano avvelenare.

Forse era… Leonardo.

Dopotutto le cuoche sapevano che Leonardo fosse l’assaggiatore del principe Daryan.

Forse volevano lanciare un messaggio a qualcuno di vicino a Leonardo, che potesse rispondere.

E distrarre l’attenzione di tutti gli altri fingendo si trattasse di un attentato al principe.

Leonardo era una persona misteriosa, dopotutto.

E Persian l’aveva visto spesso fraternizzare con semidei.

Ma chi poteva essere il mandante della non esecuzione?

…semidei.

La Storia…

-BINGO!- Persian raggiunse l’illuminazione, e tirò un pugno sul tavolo, in segno di vittoria.

Rayce e Fenja sobbalzarono e si voltarono a guardarlo, speranzosi.

-Hai trovato un antidoto?- chiesero insieme.

-No, ma forse so a chi chiedere!- esclamò Persian, alzandosi in piedi, e uscendo dalla biblioteca senza dare il tempo ai due medici di obiettare in alcun modo.

Direzione: segrete del palazzo.

E non ci mise molto a trovare la persona che cercava, dato che al momento gli unici prigionieri erano cinque uomini catturati dopo l’ultimo attacco al castello da parte dei ribelli antimonarchici.

E di questi cinque, una persona aveva mostrato un certo interesse per Leo, in passato.

Persian raggiunse in fretta la cella di quello che voi lettori conoscete come il capo, ma che Persian conosce come Antonio, dato che si era già trovato ad interrogarlo, in passato, dopo il tentativo di rapimento della principessa e la pugnalata a Leonardo.

-Non ho niente da dire! Quindi, se non sei qui per liberarmi, puoi anche andartene- lo accolse Antonio, senza neanche guardarlo.

Era sdraiato sulla sua branda, e fissava il soffitto con sguardo corrucciato, come se gli avesse fatto un torto personale.

-Ho una domanda sulla vostra missione- Persian non si fece intimidire, e si avvicinò alla porta delle cella, sperando di ottenere un minimo di collaborazione.

-Ho già detto tutto quello che ero disposto a dire- Antonio non sembrava disposto a collaborare.

-Ma non hai detto niente- borbottò Persian, ricordando quanto poco utile fosse stato.

Antonio sorrise tra sé, e si girò finalmente verso il bibliotecario, con espressione strafottente.

-Appunto. Gira al largo, quattrocchi! Non mi interessa quello che vorrete farmi, ma io non ho intenzione di tradire la mia gente. Il nostro scopo è nobile, e il nostro intento è puro! Non possiamo fallire e non falliremo. E di certo non darò informazioni- enunciò, con enfasi.

Persian roteò gli occhi, per niente impressionato dal monologo.

-Pensi che non sappia qual è il vostro intento? State tentando di cambiare la Storia, e il nome di antimonarchici è una copertura quando in realtà vi ribellate alle divinità. Non pensare che i tuoi piani mi siano estranei. Sono qui per chiederti di Leonardo- Persian andò dritto al punto, per niente intenzionato a perdere tempo e girare troppo intorno alla questione.

-Chi?- Antonio inarcò le sopracciglia.

-Leonardo, il cuoco che hai pugnalato- spiegò meglio Persian.

Antonio sgranò gli occhi, e si alzò di scatto.

-Il cuoco! Perché, cosa vuole?!- chiese, guardandosi intorno allarmato.

Persian non fu molto felice della sua reazione. Non sembrava a conoscenza dell’avvelenamento, né della sua stessa esistenza.

Normale, dopotutto era in cella da parecchio tempo, ormai.

Persian decise di cambiare domanda.

-Stavate cercando la semidea Yu, non è così? Per questo avete tentato di rapire la principessa Opal. Uno dei tuoi compari ci ha informato. Perché siete così interessati ai semidei?- chiese, optando per prenderla larga e ottenere informazioni più generali.

C’erano cose che gli sfuggivano, ma era certo che gli antimonarchici c’entrassero qualcosa in quella situazione.

-Non sono tenuto a risponderti- Antonio, purtroppo, non voleva collaborare.

-Se non mi rispondi chiamo Leonardo il cuoco- Persian tentò un bluff, pensando a come aveva reagito poco prima.

Antonio esitò parecchio, guardandosi intorno preoccupato.

-I semidei sanno quasi tutta la Storia. E conoscere la Storia ci permetterà di cambiarla! Per questo cerchiamo di catturarne il più possibile. E se anche non la dovessero conoscere, tenere in ostaggio i semidei attirerà sicuramente l’attenzione dei loro genitori- spiegò dopo qualche secondo di incertezza, quasi tra sé, e sicuramente non intenzionato a ripetersi.

Ma Persian aveva sentito tutto, ed era proprio come aveva supposto: cercavano di catturare i semidei.

E Leo probabilmente era finito nel mirino perché aveva interagito con loro durante il ballo.

-E che tu sappia, avete accesso a veleni e antidoti per addormentare e risvegliare una persona a piacere?- Persian si permise il lusso di essere più diretto con le domande.

Antonio fece un sorrisetto che non prometteva nulla di nuovo.

Non rispose.

-Ti ho fatto una domanda- insistette Persian, più determinato. Non gli piaceva usare la voce grossa, ma non significava che non lo sapesse fare.

-Oh, l’ho sentita. Ma non capisco cosa speri di ottenere da me- la voce e l’atteggiamento di Antonio mostrarono chiaramente che si sentiva all’improvviso in vantaggio.

Era tornato strafottente e poco collaborativo.

-Se non rispondi…- Persian provò a minacciarlo, ma Antonio lo interruppe, scuotendo la testa.

-Dubito che il cuoco verrà in tuo soccorso, e spero davvero che non si svegli più. Dopo quello che mi ha fatto se lo merita- gongolò, rimettendosi seduto sulla sua branda come se fosse un letto di lusso.

Persian perse la poca pazienza che gli era rimasta.

-Sta zitto! E parla solo per rispondere alle mie domande!- urlò, sbattendo la mano contro la porta della cella per attirare la sua attenzione.

-Non serve a niente scaldarsi, quattrocchi. So perfettamente le leggi di Jediah contro la tortura, quindi non hai più alcun modo di spaventarmi- Antonio scosse la testa.

La rabbia di Persian aumentò.

E la sua ragionevolezza venne sepolta completamente.

-Ti sfugge una piccola cosa, criminale da strapazzo: io sono di Lumai, e la dea Laasya è molto più morbida in fatto di torture. Quindi ti conviene dire tutto quello che sai- lo minacciò, con molta più sicurezza.

-Stai senz’altro bluffando. Figuriamoci se un tipo come te sarebbe mai capace di torturare qualcuno. Non sapresti neanche da dove iniziare- Antonio cercò di non farsi intimorire, ma si raddrizzò sulla branda, sull’attenti.

Persian fece un sorrisino poco rassicurante, e i suoi occhi vennero coperti dagli occhiali, che si fecero d’improvviso riflettenti, trasformandolo in un anime villain.

Era il momento di sfoggiare tutte le sue conoscenze in fatto di storia e libri fantasy.

-Non ti fidi, eh? Io partirei da una bella corda. Può sembrare poco spaventosa, ma fidati che legata nei posti giusti può essere capace di meraviglie. Meraviglie per me che la lego, non per te…- Persian cominciò un lungo sproloquio sulle armi di tortura, scendendo in dettagli via via sempre più macabri che per motivi di rating non posso trascrivere.

-…per non parlare della culla di Giuda. Ohh, una delle torture non letali migliori, devo dirlo. Praticamente c’è questa base appuntita, corde, pesi, e… insomma, puoi capire dove si dovrebbe infilare il…- Persian si stava davvero scaldando.

-Basta, basta! Per tutti gli dei, ma che schifo!- Antonio provò a fermarlo, coprendosi le orecchie.

Era diventato via via sempre più disgustato e spaventato mano a mano che Persian continuava a parlare, ritirandosi maggiormente il più lontano possibile dall’uomo, al limite della cella.

E alla fine aveva davvero ceduto.

-Spaventato? Eppure ho solo iniziato. Allora, vuoi parlare o no?- Persian lo incoraggiò, avvicinandosi il più possibile alla cella, fino a rischiare in incastrarsi la testa tra le sbarre.

-Io… non…- Antonio aveva ancora qualche remora.

Probabilmente non credeva che un tipo come Persian avrebbe avuto la forza fisica di mettere in atto le torture che aveva raccontato.

Anche se solo descrivere tali torture era una tortura di per sé.

-Allora, vuoi parlare?- una voce nell’ombra fece sobbalzare entrambi.

Persian si girò verso la direzione dalla quale era venuta, e sobbalzò maggiormente quando dall’ombra arrivò la figura possente e corrucciata di Chevel.

Oh no! 

Perché proprio Chevel?!

A qualunque altra guarda avrebbe potuto assicurare che stava solo bluffando per ottenere informazioni, ma Chevel era rigido, uno spione, e odiava Persian, quindi sicuramente sarebbe saltato sull’occasione di parlare male di lui al principe Daryan.

Non che Persian temesse di essere licenziato, o temesse il giudizio del principe Daryan, ma non voleva che Chevel gli facesse una paternale o parlasse male di lui in giro.

Prima che potesse accoglierlo con una frase seccata, Chevel si rivolse al prigioniero.

-Allora, vuoi parlare, o vuoi affrontare la culla di Giuda? A te la scelta, perché ho parecchie corde che possono servire al processo- lo minacciò, facendo un gesto eloquente con la mano.

Persian era senza parole.

Chevel lo stava spalleggiando?!

La situazione era più grave di quanto pensasse.

Antonio rabbrividì, e si strinse al muro, chiudendo inconsciamente le gambe.

-Dei, basta! Okay, okay… non è che io abbia molto da dire! So che abbiamo parecchie armi uniche nel nostro arsenale, tra cui numerosi veleni di cui solo noi abbiamo l’antidoto, ma non ho idea di dove trovare un antidoto, al momento, perché le basi dei ribelli cambiano ogni mese, quindi hanno cambiato base dopo la mia cattura- iniziò a cantare come un uccellino.

Purtroppo non diede informazioni utili.

-Se questo è tutto ciò che sai, potrei prendere le corde solo perché ci hai fatto perdere tempo- Chevel scosse la testa, e continuò a minacciarlo.

Persian era estremamente ammirato e sorpreso da quanto in fretta si fosse adattato alla strategia di Persian.

Wow…

Cercò di non dare troppo a vedere il suo stupore, e annuì, spalleggiando le parole di Chevel.

-No, no, aspettate… ho un’informazione. Non so quanto sarà utile contro il veleno, ma… Leonardo, il cuoco, lui… lui non è nella Storia!- Antonio esclamò, frettolosamente.

Sia Persian che Chevel si ammutolirono.

Chevel fu più veloce a riprendersi.

-Non dire sciocchezze. Tutti sono nella Storia, in un modo o nell’altro! E poi che ne sai tu della Storia?!- scosse la testa, non credendo ad una parola.

-Ne ho letta una parte, riguardo all’attacco alla principessa. Purtroppo c’era scritto solo che io e il mio gruppo l’avremmo trovata, e non sono riuscito a leggere l’esito, ma… non c’era nessun cuoco con lei. Per questo all’inizio pensavo di aver sbagliato posto. E poi… non c’è nessun benedetto nella Storia. Di questo sono certo. E quel tizio… quel tizio è un’incognita, forse persino agli dei- insistette Antonio, rabbrividendo appena.

Certo, per essere una persona che odiava la Storia con tutto sé stesso, sembrava parecchio spaventato all’idea di qualcuno che non compariva al suo interno.

E non aveva motivo di mentire.

Probabilmente non sarebbe neanche mai riuscito ad elaborare una bugia del genere, perché la sola idea di una persona che non compariva nella storia era del tutto inaudita.

Persian lanciò un’occhiata a Chevel, che lo guardò interrogativo.

Il bibliotecario decise di non pensarci, per il momento.

-Dov’era la vecchia base dei ribelli?- chiese, tornando ai fatti.

-Siamo ai confini con Valkrest, in una grotta. O almeno lo eravamo prima. Ma abbiamo delle piccole sedi anche a Jediah, nei quartieri poveri, e nel resto dei sette regni- spiegò Antonio, abbassando la testa.

Era abbastanza.

-Grazie della tua collaborazione- Persian gli sorrise, allontanandosi dalla cella e iniziando ad avviarsi all’esterno.

-Terremo le corde in caldo, sta attento!- Chevel fece un’ultima minaccia verso Antonio, che si ritirò spaventato, e poi tallonò Persian, diretto verso l’uscita.

L’atmosfera si fece imbarazzante in pochi passi.

-Ehm… gra…- Persian provò a rompere il silenzio, ma Chevel lo interruppe con foga.

-Davvero a Lumai usano questi metodi orripilanti?! Ma che razza di regno è?!- si infiammò, mostrando tutto il suo disgusto.

Persian si ritrovò ad arrossire appena per aver mostrato conoscenze così rivoltanti.

-Beh, no… molte torture vengono dai libri, in realtà. E comunque non avrei mai messo in pratica nulla, ovviamente- mise immediatamente le mani avanti.

-Vorrei ben vedere. È illegale qui a Jediah, e poi… non mi piaci, e lo sai…- Chevel iniziò un discorso.

-Grazie, eh…- borbottò Persian, irritandosi. Il non affetto era reciproco, uff.

-…ma non sei tipo da torturare la gente. Non sei così crudele- concluse Chevel, più o meno facendogli un complimento.

Più meno che più.

-Non sono crudele, punto!- si difese Persian.

Era una brava persona che cercava di fare del suo meglio.

Le sue conoscenze in fatto di torture non lo rendevano un mostro.

Dopotutto aveva lasciato Lumai proprio per allontanarsi da quell’ambiente.

La dea Laasya non si esprimeva mai riguardo le ingiustizie che capitavano in quel regno.

E le ingiustizie capitavano fin troppo frequentemente.

-Beh…- Chevel sembrò sul punto di obiettare che un lato di Persian era davvero crudele.

E il bibliotecario sapeva già cosa avrebbe ricacciato.

Persian gli diede una leggera spinta per fermarlo.

Tsk, certo che se le legava al dito, le piccole cose!

Chevel sembrò trattenere un sorrisino.

Ma forse era solo Persian che stava vedendo quello che voleva vedere.

-Cambiando argomento… tu gli credi, su… su Leonardo?- Chevel si fece più incerto e serio.

Persian non sapeva come rispondere.

Fecero qualche metro in totale silenzio.

-Non… non è importante- disse infine, scuotendo la testa, e decidendo di non pensare a cosa sarebbe successo se quelle accuse fossero state vere.

-Come può non essere importante?! Se Leo non fa parte della Storia dobbiamo…- Chevel iniziò a scaldarsi.

Persian lo interruppe subito.

-Non dobbiamo dirlo a nessuno!- esclamò, deciso, prendendo il cavaliere per le braccia e guardandolo dritto negli occhi.

Chevel sembrò preso in contropiede da tale presa di posizione, ma si scansò subito.

-Dobbiamo dirlo al principe Daryan!- esclamò, deciso.

-Leo potrebbe finire nei guai, e non sto parlando di guai con la famiglia reale…- Persian anticipò l’obiezione che Chevel sembrava stesse per fare -…dico guai con gli dei. Cerchiamo di ignorare la cosa. Se Leo non è nella Storia… sono affari suoi. L’importante è sapere che è degno di fiducia, ed entrambi sappiamo, dopo averlo conosciuto, che è degno di fiducia, e non farebbe mai del male alla famiglia reale- Persian spiegò le sue ragioni, tenendo la voce più bassa possibile per non attirare attenzione indesiderata.

Chevel rimase qualche secondo in silenzio, poi sospirò.

-D’accordo, sarà il nostro segreto. Ma quando Leo si sveglierà, perché Leo si sveglierà… cerchiamo di tenerlo d’occhio- Chevel trovò un compromesso, Persian annuì, sorridendo all’ottimismo del cavaliere.

-Andiamo a cercare l’antidoto! Non abbiamo molto tempo- Persian si rimboccò le maniche, e aumentò il passo, deciso a controllare ogni vicoletto di Jediah per trovare una base dei ribelli antimonarchici e recuperare l’antidoto.

Per poco non andò a sbattere contro Fenja, che era corsa fuori dalla biblioteca con foga.

-Oh, scusa, Persian- la ragazza si rimise in equilibrio a fatica.

Persian era stato per fortuna afferrato al volto da Chevel, che l’aveva rimesso in piedi senza sforzo.

-Cosa succede, Miss Wallin?- chiese il cavaliere, sorpreso da quella veemenza.

-È arrivata una lettera davvero importante. E… devo correre immediatamente dal cuoco!- Fenja iniziò a spiegare, ma poi si ricordò il motivo della sua fretta e corse via prima che i due uomini potessero indagare.

Persian e Chevel si lanciarono un’occhiata preoccupata.

 

Opal era piuttosto turbata, al momento.

Era al capezzale di Leo da poco, in realtà, ma era come se fossero passati giorni interi, e non sapeva cosa pensare di tutta quella situazione.

Non riusciva a credere che qualcuno avesse tentato di avvelenare suo fratello.

E non riusciva ad accettare che proprio Leo ci fosse finito in mezzo.

Nonostante sapesse di non avere colpe, si sentiva in colpa.

Perché aveva sperato con tutte le sue forze che in qualche modo Leo restasse a palazzo. Aveva pregato, aveva concentrato ogni singola energia verso quel desiderio.

E alla fine si era avverato, nel modo peggiore di tutti.

Opal non voleva che Leo stesse male.

Teneva a lui come se fosse suo fratello.

E l’idea di lasciarlo andare e non vederlo mai più era praticamente impossibile da accettare, per lei.

Perché sì, lei era convinta, dal profondo del suo cuore, che nel momento in cui Leo sarebbe uscito da palazzo, lei non l’avrebbe visto mai più.

Perché era certa che Leo non sarebbe tornato a casa a Lumai, ad una distanza accettabile.

No, Leo sarebbe tornato a casa, in un altro mondo, da dove proveniva, e dove la semidea Yu, con il supporto del dio Jahlee, probabilmente, l’avrebbero rimandato senza farlo mai più tornare nei sette regni.

Opal non era stupida.

Era giovane, sempre allegra, e molto ottimista. Fingere di essere inerme era il modo migliore per non far capire ai suoi avversari la sua vera forza.

Ma non era stupida.

Anzi, era molto percettiva, e aveva notato i segnali.

I vestiti strani con i quali era comparso, dal nulla, nella trappola.

La sua completa confusione riguardo quel mondo.

Le sue conoscenze culinarie fuori dal mondo.

E poi… beh… Opal non era neanche cieca.

Il primo giorno di lavoro, Leo aveva fatto cadere dei libri, e ne aveva rubato uno su Lumai.

Nessuna spia nemica sarebbe stata così sciocca da andare sotto copertura e fingere di essere di Lumai… senza conoscere nulla di Lumai.

Quindi Leo poteva solo venire da un altro mondo.

Cosa che era stata confermata quando Jahlee l’aveva benedetto, e la semidea aveva mostrato un interesse particolare nei suoi confronti.

La semidea perduta che non si vedeva da anni, e il dio che esiliava i criminali negli altri mondi poiché patrono dei viaggi dimensionali.

Leo veniva sicuramente da un altro mondo.

E sicuramente stava per ritornarci.

Probabilmente da sua moglie.

Sempre che avesse davvero una moglie, nel suo mondo.

Ma magari lì i matrimoni non avevano la stessa importanza che nei sette regni, una parte di Opal voleva ancora sperare che Leo e suo fratello potessero un giorno stare insieme.

Ma non era un desiderio fondamentale.

Non le importava se Leo diventasse suo cognato.

E non le importava se Leo restava.

Ora come ora, voleva solo che Leo si svegliasse il prima possibile, e che stesse bene.

Se c’era una persona che si meritava ogni bene, quello era Leo.

Meritava una vita tranquilla, felice, e piena di cibo ben cucinato e non avvelenato.

Era meglio se restava lontano dai drammi, reali e non, dei sette regni.

-Ti prego, ti prego, Leo… svegliati presto- gli sussurrò, tenendogli stretta la mano tra le sue, anche se non credeva che le sue parole piene di speranza potessero effettivamente servire a qualcosa.

Era ottimista, ma non ingenua.

Per sua fortuna, qualcuno sembrava averla a cuore, perché pochi secondi dopo aver detto quella frase e aver chiesto quel miracolo, la porta della stanza si aprì di scatto.

Alex, la guarda affidata a controllare la situazione, si mise immediatamente in protezione, ma ad entrare era stata Fenja, la dottoressa, che senza fiato stringeva un mano una fiala e una lettera.

-È… è arrivata una lettera… è… l’antidoto… l’antidoto è arrivato- spiegò, senza fiato, agitando la fiala.

Opal si alzò di scatto.

-È sicuro? È l’antidoto? Ne sei certa?- chiese, sperando di non darsi troppe speranze.

-Mio padre l’ha controllato, ed è sicuro. Dobbiamo somministrarglielo subito- spiegò Fenja, recuperando le forze, e avvicinandosi al letto.

Alex la fermò.

-Principessa, la lascio procedere?- chiese, rivolta ad Opal, che annuì.

-Possiamo fidarci di loro, se Sir Wallin dice che è sicuro, è sicuro- fece cenno al cavaliere di spostarsi, e Alex eseguì, lanciando un’occhiata preoccupata e speranzosa verso Leo.

Fenja ci mise poco a somministrare l’antidoto.

-Quanto ci vorrà per ottenere risultati?- chiese, avvicinandosi appena ma non osando farlo troppo per non rischiare di creare problemi all’operazione della dottoressa.

-Dipende. Solitamente qualche minuto, ma viste le condizioni di Leonardo, il suo corpo potrebbe essere troppo provato per stare sveglio a lungo- spiegò Fenja, in tono pratico, osservando il cuoco per controllare l’effetto che l’antidoto stava sortendo su di lui.

-Bene, speriamo che…- Opal fece altrettanto, e cercò di tirare fuori una frase ottimista.

Venne interrotta quando Leo si alzò di scatto, spaventando le tre persone nella stanza, che si ritirarono appena, sorprese dalla velocità.

-Le mandorle vanno triturate di più prima di metterle nell’impasto!- borbottò in modo poco coerente, prima di crollare di nuovo sul letto.

Dopo qualche secondo di totale sbigottimento, Opal fu la prima a riprendersi, scoppiando a ridere.

-Leo è tornato!- affermò, con gioia, prima di mettersi a piangere in contemporanea.

Quella tremenda ordalia, durata poche ore, era finalmente giunta a termine.

Leo si sarebbe ripreso in fretta.

Era salvo.

Era al sicuro.

Quello che sarebbe successo da quel momento in poi era irrilevante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Questo capitolo non sembra un capitolo di Rainbow Cookies.

Cos’è questa serietà? Perché così tanta introspezione? Intrighi, inganni, tradimenti… ma che è, Game of thrones?!

Eh… senza Leo, Rainbow Cookies non è veramente Rainbow Cookies, e infatti è stato difficile questo capitolo da scrivere.

Ma almeno alla fine si è svegliato.

Allora… un sacco di punti di vista, e finalmente sappiamo esattamente cosa pensano di Leo i personaggi principali.

Avevamo avuto un’infarinatura su Daryan e Giada, ma non dopo il ballo.

Pare che Daryan non abbia evitato Leo perché arrabbiato con lui, ma era per rispetto nei suoi confronti.

Altro che Victor!

Poli opposti.

E si sente anche il colpa, poverino, perché pensa di aver attirato l’ira di Laasya e che ciò che è successo a Leo sia il suo karma negativo.

Povero Daryan che non sta capendo nulla!

Giada, al contrario, inizia a capire sempre di più la situazione, e non le piace per niente. Chissà cosa ha fatto dopo aver scoperto che Leo è stato avvelenato a causa sua?

Vi aspettavate questo colpo di scena?

Passando a Chevel… tsunderissimo!! 

E Persian è capace di grande forza (e grande bluff).

E loro due insieme mi fanno salire la ship, eheh (e penso anche a due di voi perché due persone li hanno votati tra le ship preferite).

E Opal… OPAL MA CHE CAVOLO?! HAI CAPITO TUTTO E NON DICI NULLA?! TUO FRATELLO È IN CRISI!!

Lo fa per rispettare Leo, ma forse avrebbe dovuto parlare.

Praticamente tutti sanno che Leo è un outsider tranne Daryan.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto più di quanto sia piaciuto a me scriverlo (non mi andava per niente) e non vedo l’ora di andare al prossimo, onestamente.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Gli amici degli amici sono anche un po' amici tuoi... in estreme circostanze ***


Gli amici degli amici sono anche un po’ amici tuoi… in estreme circostanze

 

Quando Leo si svegliò, si sentiva uno schifo.

Tipico, essendo morto in quel mondo sicuramente era finito nell’aldilà di quel mondo, e col cavolo che le divinità l’avrebbero fatto finire in quella versione del paradiso.

Chissà com’era diviso l’aldilà, in quel mondo.

Forse Leo avrebbe dovuto chiedere.

Oh, Payas era migliore amico del figlio del dio della morte, forse poteva ottenere un trattamento di favore?

Prima che Leo potesse iniziare a fare piani sulla sua morte, si rese conto che il luogo dove si era risvegliato era troppo elegante e luminoso per essere negativo.

E sembrava una camera da letto.

Una bella camera da letto.

E… il principe Daryan era addormentato su una sedia accanto a lui.

Oh no! Era morto anche lui?!

Prima che Leo potesse farsi ulteriori paranoie sulla propria morte e quella del ragazzo che amava, la porta di quella stanza da letto mortuaria si aprì, ed entrò la principessa Opal.

OH NO! 

Non poteva essere morta anche lei!

Ma c’era stata una strage a palazzo?!

Prima che Leo potesse fraintendere ulteriormente la situazione, Opal si rese conto che era sveglio, e si affrettò a corrergli incontro.

-LEO! SEI SVEGLIO! COME STAI?!- gli urlò, saltando sul letto accanto a lui e iniziando a controllare le sue condizioni. La sua esclamazione allertò il principe Daryan, che si svegliò di soprassalto.

Leo iniziò a pensare che forse non era morto.

Ma non aveva senso!

Era completamente collassato dopo che del sangue gli era uscito dalla bocca. Era per forza morto!

Perché poi Leo era un tipo molto debole di costituzione, quindi era improbabile che gli avessero somministrato un antidoto in tempo.

Leo si fece analizzare come una bambola, confuso e sentendosi parecchio debole, e poi si girò verso il principe Daryan, che sbatteva gli occhi velocemente e si stava sistemando i vestiti.

I loro occhi si incrociarono, e distolsero lo sguardo nello stesso momento, imbarazzati.

-Cosa è successo?- chiese Leo, con voce molto roca.

Aveva una gran sete, e si sentiva completamente intontito.

Probabilmente aveva dormito per settimane, forse per mesi.

Chissà quante cose erano cambiate, nel frattempo.

-Mi dispiace tanto, Leo! È stato un fulmine a ciel sereno. Non ce lo aspettavamo affatto, e ti giuro che non permetteremo mai più che ti succeda niente del genere- Opal lo abbracciò con forza, non dando alcuna informazione.

Leo si voltò verso Daryan.

-Cosa è successo?- ripetè, sperando di ottenere una risposta più esaustiva.

Ricambiò con affetto l’abbraccio della principessa, comunque.

Era davvero confortante.

-Sei stato avvelenato con una sostanza che ti ha fatto dormire. Non era un veleno potente, non preoccuparti, e abbiamo risolto tutto molto in fretta. Abbiamo già scoperto chi sia stato e verrà punito aspramente. Non devi temere- la voce del principe era ferma e professionale, ma anche rassicurante. 

Leo tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che non era mai stato in pericolo di vita.

Ma c’era comunque qualcosa che non gli stavano dicendo, era chiaro da come Daryan lo stesse guardando.

O meglio, da come NON lo stesse guardando, dato che sembrava osservare tutto tranne Leo.

Nonostante stesse cercando di apparire impassibile, il labbro tremava appena, e aveva due profonde occhiaie.

Sembrava troppo preoccupato nei confronti di qualcuno che conosceva da poco e che sicuramente non apprezzava più di tanto.

E poi la reazione disperata di Opal…

-Quanto tempo sono rimasto svenuto?- chiese Leo, cercando di notare delle differenze nel principe e nella principessa davanti a lui. 

Sembravano normalissimi.

Ma erano senz’altro passati giorni interi.

-Circa un giorno- rispose Opal, lasciandolo andare e guardando fuori dalla finestra come se stesse cercando di calcolare l’ora tramite la luce solare.

Leo era sconvolto.

-Un giorno? Ci avete messo un giorno a trovare un antidoto?- chiese, sorpreso. Wow, che rapidità!

-No, no, per somministrarti l’antidoto ci abbiamo messo… tre ore?- Opal cercò l’aiuto di Daryan.

-Due ore e quarantatré minuti- annuì lui, abbassando la testa come se si vergognasse del risultato.

-Ti sei svegliato praticamente subito, ma poi sei crollato di nuovo addormentato. Probabilmente era rimasto qualche residuo- la principessa tornò a controllarlo per assicurarsi che stesse bene.

-In realtà…- il principe Daryan si sgranchì la voce un po’ a disagio, attirando di nuovo l’attenzione dei due -…il medico ha detto che hai assimilato l’antidoto perfettamente in pochi minuti… ti sei solo addormentato perché eri stanco e hai recuperato il sonno perso- spiegò Daryan, correggendo la sorella.

Leo si sentì in imbarazzo.

-Beh… grazie. Wow, che efficienza- borbottò, davvero stupito che si fossero impegnati tanto per lui.

-È naturale! Anzi, avremmo dovuto fare di più- Opal abbracciò nuovamente Leo, sentendosi in colpa.

-No, no, tranquilla, principessa. Avete fatto tantissimo, io…- Leo le diede qualche pacca confortante sulla spalla.

-Abbiamo fatto il minimo indispensabile, Leonardo. Te l’ho detto. Non permetterò mai che ti accada qualcosa di male- il tono del principe Daryan, ovvio e impassibile, sembrava quasi minaccioso, ma le parole bastarono a far battere il cuore di Leo molto più velocemente.

Gli ritornò l’eco di ciò che il principe gli aveva detto il giorno in cui erano andati al tempio, quando Leo si era reso conto di aver rischiato seriamente la vita.

“Se fossi morto… cosa avreste fatto?”

“Non l’avremmo permesso. Ti avremmo soccorso in tempo”

Non aveva mentito.

Si staccò dalla principessa e guardò Daryan con affetto, accennando un sorrisino.

-Non avevo dubbi. Siete stati tutti davvero incredibili-  Leo si rimise più comodo sul letto, e iniziò finalmente ad elaborare quello che era successo.

L’avevano avvelenato, e si era salvato in un giorno.

Non si era perso praticamente nulla.

Non aveva neanche rischiato sul serio di morire (vero?) e si sentiva piuttosto bene.

E Daryan…

Improvvisamente, Leo si ricordò il motivo per il quale era stato avvelenato in primo luogo, e si rimise all’erta.

-Principe Daryan! Sta bene?!- chiese, provando ad alzarsi e fiondandosi in direzione del principe, che lo prese al volo prima che potesse cadere a faccia in avanti.

-Fermo, Leo! Devi stare a riposo!- Opal lo afferrò per le spalle e lo rimise seduto a letto.

-Ma Daryan! Principe… stai bene? Non hai mangiato le uova, vero? Non mi perdonerei mai se fossi stato troppo lento a fermarti dal mangiarle!- Leo la ignorò, e si concentrò completamente sul principe, che lo guardava sconvolto.

-Stai scherzando?- chiese, in un sussurro, come se Leo l’avesse appena offeso, alzandosi in piedi.

Leo ignorò l’irritazione palese sul suo volto, troppo preoccupato per lui.

-Oh, certo, mi scusi, devo usare il lei. Come sta? Non ha mangiato le uova, vero? Sono stato abbastanza veloce ad avvertirla? Erano le uova, giusto? Avevano un sapore strano. Avrei dovuto capirlo prima ed evitare che…- Leo si avvicinò il più possibile al principe per controllare come stesse, anche se Opal stava provando in tutti i modi a tenerlo ancorato al letto.

Ma la forza del desiderio di salute del principe Daryan era più forte di qualsiasi principessina.

-Sei stato avvelenato, Leonardo! Che ti importa di me?!- esclamò il principe, perdendo la calma, e facendo sobbalzare Leo, che non si aspettava tale veemenza.

-Che c’entra? È il mio lavoro! E il mio lavoro è anche assicurarmi che tu non…- Leo fu veloce ad obiettare.

-Non è il tuo lavoro!- sbottò il principe, rendendo sempre più chiara la sua irritazione.

-Certo che è il mio lavoro! Io sono l’assaggiatore reale e se c’è un veleno nel piatto è giusto che io…- Leo però non demorse, deciso a difendere il suo voler dare la priorità al principe a tutti i costi.

-Allora sei licenziato!- tuonò il principe, zittendolo. Leo si ritirò appena, sorpreso, e osservò meglio Daryan, notando che sembrava in estrema difficoltà. Aveva i pugni serrati, e sembrava tremare appena.

Leo fraintese completamente la situazione.

Forse complice il suo essere ancora intontito dal sonno e dall’avvelenamento, ma si convinse che il principe fosse arrabbiato con lui, probabilmente a causa del suo pessimo lavoro come assaggiatore.

-Oh… beh, scusi se non sono riuscito a compiere i miei doveri fino in fondo- Leo abbassò la testa, e sospirò, sconfitto, ritirandosi sul posto.

-Leo…- Opal, che aveva fissato il botta e risposta con una certa preoccupazione, gli mise una mano sulla spalla, confortante.

Il principe la interruppe prima che potesse continuare a parlare.

Non lo fece con malizia, era chiaro. 

Semplicemente sentì l’esigenza di obiettare immediatamente.

-Ma da dove ti vengono queste… ? Tu sei impossibile! Sei… sei…- la voce del principe Daryan si spezzò. La sua espressione appariva sofferente, come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.

Leo capiva sempre meno.

Non riusciva a decifrare l’espressione e le emozioni del principe.

-Dary…- con la stessa voce confortante che aveva usato pochi secondi prima per Leo, Opal si rivolse al fratello, avvicinandosi a lui e mettendo anche a lui una mano sulla spalla.

Daryan sospirò, scosse la testa, e cercò di ricomporsi.

Quando si rivolse nuovamente a Leo, era tornato una lastra di marmo.

-Resterai a palazzo finché non ti sarai ripreso del tutto, poi potrai andare dovunque tu voglia. Non svolgerai compiti che potrebbero gravare sulla tua salute, quindi niente cucina e assolutamente nessun assaggio! Vado ad avvertire i miei genitori che ti sei svegliato- con voce fredda e impassibile, recuperata a stento, il principe illustrò ciò che sarebbe successo da quel momento, e si scansò dalla presa della sorella per dirigersi quasi correndo verso la porta della stanza, cercando comunque di apparire distinto.

Leo si voltò verso Opal, temendo di aver fatto una qualche gaffe.

-Sta bene, vero? Non ha mangiato le uova avvelenate- cercò di assicurarsi, ancora più interessato alla salute del principe piuttosto che alla propria.

Opal lo guardava con una profonda tristezza.

-Gli rendi le cose davvero difficili, Leo- sussurrò tra sé, così piano che il cuoco fu convinto di aver capito male.

-Cosa?- chiese infatti, confuso.

-Non ha mangiato le uova, grazie a te. Sei un vero eroe, Leo- gli sorrise la principessa, cercando di essere incoraggiante.

-Oh, grazie agli dei! Avrei dovuto accorgermi prima che le uova erano strane, ma non credevo fossero avvelenate. Posso chiedere chi è stato?- Leo cercò di indagare su quanto successo in quella giornata che aveva passato addormentato. Sentiva come se mancasse un pezzo importante nella sua vita, e senza quel pezzo non avrebbe saputo come comportarsi in futuro.

Il sorriso della principessa si congelò appena.

-Oh, beh… non è importante. Tu devi pensare a riprenderti, adesso, non crucciarti con faccende stressanti- Opal cercò di surclassare la questione, come se fosse di poco conto, ma Leo aveva bisogno di sapere chi fosse il responsabile, sia per stare più tranquillo, sia perché era sicuramente una persona che conosceva, e il pensiero che una delle sue amiche cuoche potesse essere la colpevole lo rendeva davvero triste e ansioso.

E poi… magari si erano sbagliati.

Non che Leo non si fidasse delle capacità investigative della famiglia reale e dei cavalieri, ma da ciò che ricordava, nel libro era successo che avessero accusato la persona sbagliata.

-Ma vorrei davvero saperlo… non è stata accusata Dotty, vero? Perché non è stata lei, lo posso assicurare, lei non farebbe mai…- Leo cercò di difendere la sua amica e futura ragazza di Daryan.

Opal lo interruppe subito, scuotendo la testa.

-No, no, tranquillo, non è stata Dotty, anzi, Dotty ha dato un contributo fondamentale, da ciò che mi ha detto mia madre. No, è stata…- Opal sospirò, e distolse lo sguardo da Leo -…è stata Sara- ammise dopo qualche secondo, a bassa voce.

-Sara?- Leo era incredulo.

La cuoca Sara? La svogliata ma fondamentalmente brava Sara? Era la cuoca con la quale Leo aveva legato di meno, ma non la credeva una traditrice. Leo sperò che gli permettessero di parlarle, perché non riusciva davvero a concepire che Sara avesse fatto una cosa del genere.

Anche se, probabilmente, non si erano sbagliati.

-Sara ha avvelenato il principe Daryan?! Ma perché? A che scopo?!- iniziò a chiedersi ad alta voce, e si perse l’espressione di Opal, in difficoltà, preoccupata, e triste. 

-Era parte dei ribelli antimonarchici, ma era l’unica spia a palazzo, non preoccuparti. È tutto finito. Non indagare- cercò di rassicurarlo e di chiudere il discorso.

Ma Leo aveva numerose domande da porle, e non aveva intenzione di smettere d’indagare.

Qualcuno aveva cercato di avvelenare il principe, dopotutto, e voleva assicurarsi che non capitasse mai più. Soprattutto ora che Leo non sarebbe più stato l’assaggiatore reale.

-Ma perché colpire…?- iniziò a chiedere, cercando di riflettere sulla cosa nonostante fosse ancora molto stanco, ma venne fermato dal rispondere da un bussare frenetico alla porta.

-Avanti!- Opal afferrò al volo l’occasione per smettere con le domande, e diede il permesso a chiunque fosse dall’altra parte, di entrare.

-Chiedo scusa, principessa, ma… Leo! Sei sveglio!- ad entrare fu Persian, che dopo un inchino profondo rivolto alla principessa, si voltò verso il cuoco, e il suo volto sembrò illuminarsi.

-Buongiorno, Persian!- Leo gli sorrise, cercando di mostrarsi energico per non farlo preoccupare.

-Ti senti bene? Il principe Daryan è stato informato? Era estremamente preoccupato, ieri. Provi qualche sensazione strana o…- Persian, così come aveva fatto la principessa, gli si avvicinò in fretta e iniziò a controllare ogni centimetro di Leo, per assicurarsi che stesse bene.

Fu un po’ strano proveniente da lui, ma era uno studioso, probabilmente stava controllando anche per motivi scientifici.

Chissà.

-Sto bene, sto bene… un po’ intontito, ma mi sto riprendendo in fretta. Non sento niente fuori posto- Leo si affrettò a rassicurarlo.

Persian tirò un sospiro si sollievo.

-È un’ottima notizia, temevamo che…- iniziò a dire, poi sembrò catturare lo sguardo della principessa, e si fermò di scatto -…cioè, non temevo niente, dato che era solo una pozione per addormentare, ma comunque sempre meglio essere prudenti, giusto?- si corresse, un po’ a disagio.

Leo aggrottò le sopracciglia, e si girò verso Opal, che guardava in un angolo facendo la vaga.

Okay… c’era qualcosa che non gli stavano dicendo.

-Comunque Dary lo sa. Piuttosto, Percy, cosa volevi dirmi?- Opal cercò di cambiare argomento, e incoraggiò il bibliotecario a dire ciò per il quale era venuto.

-Oh, sì, riguarda la spedizione che…- Persian si interruppe, e lanciò un’occhiata a Leo -…sarebbe meglio parlarne in privato. Sa, la lettera…- borbottò, a bassa voce, indicando la porta che portava fuori dalla camera.

Opal annuì.

-Capisco, ehm… Leo, chiamo Alex e ti faccio tenere compagnia. Sarà felice di sapere che ti sei svegliato- Opal sorrise a Leo, senza la sua solita sincerità, e incoraggiò Persian ad avviarsi alla porta.

-Okay, ma posso prima chiedere se…?- Leo provò nuovamente ad indagare su cosa fosse successo, ma questa volta venne interrotto dalla porta che si apriva, dritta sulla faccia di Persian, che venne sbattuto in un angolo.

-Principessa, ci sono nuove informazioni su…- ad entrare, piuttosto trafelato, fu Chevel. Leo non l’aveva mai visto così agitato, e rimase piuttosto stranito.

-Bussare non si usa più?!- si lamentò Persian, riemergendo da dietro la porta e massaggiandosi il naso.

-Non che tu sia esperto al riguardo, dato che entri sempre senza bussare- ribatté Chevel, facendo il muso, ma avvicinandosi per controllare le sue condizioni, preoccupato.

-Ma non nelle stanze di persone addormentate!- insistette Persian, difendendo il suo onore.

-Certe cose non cambiano mai- borbottò Leo, divertito nel vederli battibeccare come al solito.

Chevel sobbalzò nel sentirlo, lasciò Persian a sé stesso, e si voltò verso Leo, illuminandosi appena.

Non tanto quanto Persian, ma abbastanza da renderlo chiaro anche a Leo, che si sorprese non poco di questo comportamento così poco da Chevel.

Era il tipo più schivo e impassibile del palazzo, dopotutto.

-Leonardo! Sei sveglio! Stai bene?- chiese, avvicinandosi e iniziando ad osservarlo con attenzione.

Non lo prese e non iniziò a scuoterlo, per fortuna, me Lei iniziava ad imbarazzarsi di tutta quell’attenzione rivolta a lui.

Aveva solo dormito per un giorno, dopotutto. Non era stato neanche così grave.

E poi, a palazzo, avrebbero dovuto preoccuparsi del principe Daryan, non di lui. Era il principe il vero obiettivo, dopotutto.

-Sto bene, tutto bene, Sir Podbart, non si preoccupi- Leo cercò di essere professionale, dato che con Chevel era sempre meglio essere formali.

Chevel sembrò rabbuiarsi appena.

-Bene… perfetto- annuì, tornando improvvisamente freddo e distogliendo lo sguardo da Leo, per rivolgerlo alla principessa, che aveva la mano sulla bocca come se stesse cercando di trattenere le risate -Principessa, come le stavo dicendo, ci sono nuove informazioni su…- Chevel iniziò ad informarla, ma poi si interruppe di scatto, lanciò un’occhiata allarmata verso Leo, ed esitò appena -…forse sarebbe meglio parlarne in privato- indicò la porta dove Persian si era appoggiato, ancora massaggiandosi il naso.

La principessa annuì, lanciando a Leo un’occhiata preoccupata.

-Sì, andiamo. Anche Percy aveva delle cose da dirmi- si avviò verso la porta, facendo cenno ai due uomini di seguirla.

-Un secondo, principessa, posso chiederle solo un’ultima cosa?- Leo la interruppe, mettendosi a sedere più dritto, deciso a farle almeno una domanda delle centinaia che gli vorticavano in testa.

Opal si irrigidì appena, ma si girò comunque verso di lui con un sorriso.

-Certo, Leo. Che vuoi chiedere?- gli diede il permesso di parlare.

Leo rifletté qualche secondo a quale fosse la cosa più importante a cui pensare al momento, ma non ci mise molto a decidere quale sarebbe stata la sua domanda.

-La semidea Yu, che mi attendeva per scortarmi al tempio… dov’è? Ha chiesto di me? È stata informata di quanto è successo?- chiese, preoccupato per Giada.

O meglio, preoccupato per quello che Giada avrebbe potuto fare a lui e a tutto il palazzo se avesse saputo cosa era successo.

Okay, le sue furono tre domande, e non una, ma avevano lo stesso argomento principale, quindi gliela facciamo passare.

Sia Opal, che Persian, che Chevel si irrigidirono vistosamente a sentire nominare la semidea, e si guardarono tra loro, preoccupati.

Alla fine fu Opal a parlare, cercando di mantenersi leggera e tranquilla.

-Sì, è stata informata. Tornerà a prenderti quando ti sarai rimesso- rispose -Non credo prima di una o due settimane… ma non preoccuparti, va tutto bene- cercò di essere incoraggiante e rassicurante.

Leo però non era per niente rassicurato.

Perché Giada non l’avrebbe mai lasciato solo per una o due settimane a palazzo.

Soprattutto non dopo che era stato avvelenato.

Non si fidava abbastanza di lui per lasciarlo solo.

Forse l’aveva detto solo per non destare sospetti.

Ma la reazione dei tre non faceva presagire niente di buono.

Leo accennò un sorrisino.

-Okay, ottimo… vi lascio andare, allora- decise di non insistere, anche se era più confuso e preoccupato di prima.

-Chiamo Alex!- Opal gli diede nuovamente le spalle, e uscì in fretta dalla porta, dandosi il cambio con Alex, che sembrava davvero felice di vederlo sveglio.

-Stai bene? Niente di strano, vero?- chiese, avvicinandosi e iniziando a controllarlo come avevano fatto praticamente tutti quanti da quando si era svegliato.

Ma da parte di Alex andava bene.

Leo la fece fare, riflettendo su quello che aveva sentito da quando si era svegliato.

C’era qualcosa che non andava…

 

Leo era poco sveglio, lo ammetteva.

Ma anche lui si era reso conto che c’erano delle informazioni che non gli venivano dette.

Anche perché le persone che avevano interagito con lui erano discrete come un pugno sui denti.

Intanto aveva un mezzo sospetto che il veleno che aveva assunto non fosse poi così innocuo.

Sospetto che gli era salito quando Anna, in preda a forti lacrime, l’aveva abbracciato commentando qualcosa del tipo “temevo tantissimo che non ti saresti mai più risvegliato!”

Ed era stata poi zittita dalle altre cuoche che si erano affrettate a rassicurarlo ventisette volte che il veleno che aveva assunto non era risultato mortale neanche per un secondo. 

Leo non ci credeva particolarmente.

Soprattutto considerando che aveva sentito Mildred dire ad Anna testuali parole: “Ricorda, Leo non deve sapere che su di lui l’effetto del veleno era risultato mortale, deve restare tranquillo e non preoccuparsi”.

Insomma… qualche sospetto era venuto.

Inoltre iniziava a pensare che l’avvelenamento fosse stato ai suoi danni, e non indirizzato verso il principe Daryan, anche se non aveva molto senso.

Questo sospetto gli aveva solleticato la mente quando Lionel lo aveva accolto in dormitorio con un sonoro “Guarda un po’ chi si vede! L’avvelenato! Sei diventato popolare, eh? Una cuoca decide di avvelenarti per non si sa quale motivo e ottieni una stanza nuova e tutte le attenzioni!”.

Leo si era effettivamente arrabbiato e aveva esclamato “Hanno tentato di avvelenare il principe! Abbi un minimo di rispetto!”.

E Lionel aveva risposto con un convinto “Ma che dici? Lo sanno tutti che la cuoca voleva avvelenare te! Non so il motivo, ma eri tu la vittima!”.

E Leo non si sarebbe neanche convinto delle sue parole se subito dopo Alex non avesse tirato una scarpa in faccia a Lionel esordendo con un vivace “Leo non deve saperlo!”, che aveva solo confermato le parole del giovane.

Quindi Leo iniziava a pensare che volessero avvelenare lui, non il principe.

Che da un lato… wow, che fortuna. Grazie agli dei! Daryan non era in pericolo!

Dall’altro… chi diamine lo voleva morto?! Sara? Gli antimonarchici? Non aveva mai fatto niente per farli arrabbiare, o almeno non che lui sapesse…

E l’ultima confusione di Leo derivava dall’assenza ingiustificata di Giada.

Ecco, quella non se la spiegava.

Aveva sentito nominare la semidea Yu di sfuggita, e Opal gli aveva assicurato che era stata lì e che sarebbe presto tornata a prenderlo con altri membri del tempio per scortarlo a Lumai, ma Leo non riusciva a capire perché non fosse ancora venuta a trovarlo.

Era impossibile che non fosse andata a trovarlo neanche una volta. L’aveva torchiato per tutto il tempo in cui era stata lì, dopotutto. Dopo un avvelenamento… la sua migliore amica non lo avrebbe mai lasciato solo.

Pertanto Leo iniziava a temere seriamente che le fosse successo qualcosa.

Purtroppo non aveva modo di indagare per conto suo, né di uscire dal palazzo, perché Alex gli stava appiccicata come una cozza allo scoglio dovunque andasse, allertata per ogni possibile pericolo.

Leo si sentiva un vip sotto scorta, e non gli piaceva affatto.

-Posso almeno salire la testa del drago da solo? In due si sta un po’ strettini e vorrei avere qualche minuto da solo per pensare- al momento, Leo era in giardino, controllato attentamente dalla sua guardia del corpo, e ai piedi del suo cespuglio preferito, quello a forma di drago, che non scalava dal brutto incidente con il principe Victor.

Erano passati tre giorni dall’avvelenamento, ma sembravano passati mesi, vista l’atmosfera cupa che si respirava a palazzo e i tempi di recupero di Leo.

Inoltre Leo non aveva visto il principe Daryan neanche una volta da quando si era svegliato.

E di certo non contribuiva al suo umore già sotto i tacchi.

-D’accordo, ma sta attento. Effettivamente stare sotto mi da un vantaggio nel caso tu finisca per cadere. Comunque resta sempre a portata di vista- Alex gli diede l’okay, dispiaciuta nel vederlo così giù.

In casi normali Leo avrebbe sorriso per cortesia e finto di stare bene, ma non ci riusciva al momento, perché era troppo pensieroso, e soprattutto in astinenza.

Astinenza da cucina.

Non lo facevano avvicinare ai fornelli!

Leo aveva bisogno di cucinare per essere felice!

E con la scusa che doveva riprendersi e riposarsi, lo tenevano lontano dall’amore della sua vita.

Qualche taglio e bruciatura non erano niente, niente!

Ma lasciamo stare…

Leo si arrampicò senza troppe difficoltà sul suo cespuglio preferito, sotto lo sguardo attento e preoccupato di Alex, e raggiunse la cima riflettendo sul da farsi.

Era così sepolto nei suoi pensieri, che ci mise qualche secondo a rendersi conto di non essere solo.

Quando se ne accorse, sollevò una mano per salutare il compare che aveva avuto la sua stessa idea, e iniziò a fissare l’orizzonte, pensieroso.

Poi si rese conto che il compare seduto accanto a lui, che si era fatto piccolo piccolo cercando di non essere notato, non era Persian, né nessuno del palazzo.

Leo si voltò verso la figura, pronto a gridare per la sorpresa, ma essa gli coprì la bocca velocemente, e lo fissò dritto negli occhi.

“Non urlare! Se mi beccano il mio stato da semidio non mi aiuterà a sfuggire alle spaventose torture di Persian!” arrivò a Leo una voce nella testa.

Per un singolo istante, nel vedere i capelli rossi e nel sentire la voce nella mente, Leo temette che Victor fosse tornato per vendicarsi o rapirlo.

Vendicarsi di cosa, Leo non lo sapeva, ma si diceva sempre così quando dei cattivi tornavano per i buoni.

Però si rese presto conto che i capelli rossi della persona davanti a lui erano più brillanti, e sembravano fatti di fiamme.

“Remington?” pensò, sorpreso che fosse lì, nascosto come un ladro.

“Non so se essere più offeso dal paragone con Victor, o dal fatto che hai pensato prima a lui che a me” borbottò la voce nella sua testa, con una certa irritazione.

Sì, era palesemente Remington.

Ma che ci faceva lì?!

“Sono qui perché per colpa tua la mia migliore amica è in pericolo! Dovevi proprio farti avvelenare l’ultimo giorno di lavoro, come i poliziotti dei film d’azione che vede Yu che muoiono sempre prima della pensione?!” Remington rispose alla domanda non formulata.

Leo si era dimenticato di quanto invadente fosse quel potere.

Ma le parole erano più importanti del fastidio.

“Giada?! Le è successo qualcosa?!” chiese mentalmente, preoccupato.

L’avrebbe anche detto a voce alta, ma Remington continuava a tenergli la mano fermamente ancorata sulla bocca, per evitare che emettesse un suono.

-Leo, tutto bene lassù?- chiese Alex, che non lo stava più vedendo.

“Dille di sì e non mi vendere se vuoi aiutare Giada!” gli ordinò Remington, fulminandolo con lo sguardo e togliendo lentamente la mano.

-Certo, Alex, tutto okay- Leo decise di stare al gioco, perché sentiva davvero l’esigenza di ottenere risposte.

Soprattutto ora che aveva scoperto che la sua migliore amica era coinvolta.

-Renditi visibile, per favore- chiese la cavaliera, e Leo, alzando gli occhi al cielo, fece spuntare la testa.

-Visto, tutto a posto- Leo sorrise ad Alex, che annuì.

-Scusa, voglio solo essere sicura- giustificò la sua invadenza. 

Leo annuì, dimostrando di capire la sua preoccupazione, e le diede le spalle, pur restando visibile per non farla preoccupare.

Remington rimase il più invisibile possibile.

“Bene, non emettere un fiato e comunica con me solo tramite pensiero” gli ordinò, pratico.

Leo annuì.

“Sei un idiota” sospirò Remington.

“Non ho parlato! Mi sono solo mosso!” si lamentò Leo, rischiando di parlare a voce alta.

A sua discolpa, non era abituato a quel tipo di conversazioni.

“Allora, cosa è successo a Giada?” chiese Leo, andando dritto al sodo, preoccupato.

“Con la versione lunga potremmo occupare un capitolo di una fanfiction scritta male. La versione breve è che siamo nel mezzo del ratto dei semidei, i ribelli antimonarchici volevano rapire Yu, e allora hanno avvelenato te per fare in modo che lei acconsentisse ad andare con loro alla sede centrale, a Valkrest” spiegò Remington, in soldoni.

Leo non capì affatto.

“Aspetta, perché lei avrebbe dovuto acconsentire a…?” iniziò a chiedere.

Remington sbuffò.

“Sei una persona davvero stupida, ma va bene, spiegherò meglio. Innanzitutto i ribelli antimonarchici non sono contro la monarchia, ma contro la Storia, e…” Remington si interruppe di scatto, e rimase in silenzio per quasi un minuto.

“Tutto bene? Filtro anti-spoiler, come Payas?” chiese Leo, ricordando il semidio di Katrang al ballo.

Sembrava passata una vita.

“Filtro anti-spoiler? No, certo che no? Aspetta, hai interagito con Payas, pensavo che… lasciamo stare. No, Yu mi stava parlando e se scopre che al momento ti sto rivelando informazioni penso che potrebbe ammazzarmi anche a questa distanza” rabbrividì al pensiero.

“Oh, sei ancora collegato con lei?” chiese Leo, che ancora non riusciva del tutto a capire i poteri dei semidei di quel mondo.

“Siamo sempre connessi!” rispose Remington, ovvio.

Awww, che frase romantica!

Sicuramente avevano un rapporto di grande fiducia e affetto, se erano ancora così uniti dopo anni di distanza fisica.

“Tieni a bada i tuoi pensieri e resta concentrato” lo rimbrottò Remington, arrossendo appena.

“Che informazioni non vuole che mi riveli?” chiese Leo, tornando al discorso principale.

“Lei non vuole che tu sappia cosa è successo. Ha dato delle chiare istruzioni nella lettera, ma…” iniziò a raccontare Remington, ma Leo lo interruppe.

“Che lettera?” chiese infatti, confuso.

“La lettera che ha inviato insieme all’antidoto” spiegò Remington, come se fosse una cosa ovvia.

“Che antidoto?” Leo però era sempre più confuso.

Remington gli lanciò un’occhiata perplessa.

“Wow, non ti hanno detto assolutamente nulla” borbottò. Nonostante fosse nella sua mente, Leo lo avvertì appena.

“Sì, sono ignorante, non è una novità. Dimmi tu!” Leo sbuffò, sperando di non farsi vedere da Alex, e incoraggiò Remington a parlare di più e giudicare di meno.

Non era colpa sua se da quando si era svegliato lo trattavano come una bambola di porcellana e cercavano in tutti i modi di tenerlo all’oscuro delle cose.

“Ti ho appena detto che Giada non vuole che tu sappia nulla” rifletté Remington, combattuto.

“Allora che ci fai qui, se non vuoi dirmi nulla?” lo provocò Leo, iniziando a stancarsi di questo atteggiamento nei suoi confronti.

Si sentiva come se nessuno si fidasse più di lui, solo perché era stato avvelenato. Poteva capitare a tutti.

Remington e Leo si fissarono qualche secondo, con sguardo di sfida.

Alla fine, fu Remington a cedere.

“Okay, va bene! Cercherò di dirti il minimo indispensabile. Dopotutto devi sapere qualche cosa se vuoi sperare di aiutarla… tu vuoi aiutarla, vero?” Remington osservò Leo con sospetto.

Il cielo era blu? 

L’erba era verde?

Leo voleva aiutare Giada?

Tutte domande dalla risposta ovvia!

Andiamo, Remington, Leo è la persona più altruista e suicida del mondo! È ovvio che voglia aiutare Giada.

“Va bene, mi hai convinto” Remington sospirò.

“Ma non ho detto niente” Leo continuava a non controllare bene i pensieri, e a non capire troppo bene il potere di Remington.

Ma era comunque l’opzione migliore che Giada si ritrovava.

“Cercherò di essere breve. Innanzitutto Sara ha tentato di avvelenare te, non il principe. Il principe era solo un depistaggio per non far rendere conto alla famiglia reale che fossi tu il vero obiettivo. Volevano però attirare l’attenzione di Yu, e costringerla ad andare da loro per ricevere l’antidoto” finalmente Remington diede delle vere risposte.

Risposte che noi conosciamo, ma Leo ancora non sapeva.

“Quindi Daryan non è in pericolo! Che sollievo!” Leo aveva già dei sospetti al riguardo, ma gli faceva piacere confermare che nessuno avesse cercato di avvelenare Daryan. Si concentrò solo su quella parte del racconto.

Remington lo guardò con un sopracciglio inarcato.

“Non sei turbato dal fatto che qualcuno vuole avvelenare te?” chiese, sorpreso.

“Certo, ma sono felice che altre persone non siano in pericolo…” rispose Leo, ovvio, con la sua solita masochistica innocenza “…continua, che ha fatto Giada?” incoraggiò poi il semidio a continuare.

“Beh, lei è in pericolo, perché è andata a parlamentare con i ribelli, che le hanno offerto l’antidoto in cambio della sua cattura, e lei ha accettato. La tengono incatenata con un artefatto divino che annulla i suoi poteri, quindi non può proprio scappare” Remington ritornò al discorso principale.

“Quindi è stata lei a trovare l’antidoto?” lo interruppe Leo, davvero riconoscente nei suoi confronti.

“Sì, e l’ha inviato a palazzo tramite un piccione viaggiatore e una lettera indirizzata alla famiglia reale. Una lettera dove chiedeva espressamente di non farti sapere della cosa, perché non vuole che tu venga coinvolto nella missione di salvataggio” Remington diede ulteriori dettagli, anche se sembrava piuttosto incerto.

“C’è una missione si salvataggio?! Ecco di cosa parlano tutti alle mie spalle! Sentivo che c’era qualcosa di grande che bolliva in pentola! Quando parte?! Devo andare! Non posso lasciare la mia migliore amica in balia di alcuni ribelli quando mi ha salvato la vita!” Leo per poco non aprì la bocca, ma si impose di restare in silenzio e far parlare solo la sua mente, con la massima determinazione possibile.

“È esattamente per questo motivo che ti ho raggiunto qui! Tu…” Remington accennò un sorrisino, soddisfatto dalla veemenza di Leo, che però lo interruppe subito.

“A proposito, scusa se ti interrompo, ma come hai superato la sicurezza per venire qui?” chiese, notando solo in quel momento quanto fosse strano che il semidio fosse riuscito a raggiungere quel luogo teoricamente vietato alle persone esterne.

“La guardia bionda si è addormentata sul lavoro” Remington alzò le spalle.

“Ma perché continuano a lasciarlo di guardia all’ingresso?!” si chiese Leo, incredulo di fronte all’incompetenza di Lionel.

“Tornando a noi… Leo, devi aiutare Yu! Non è che non mi fidi delle persone che verranno inviate per il salvataggio, ma… non è parte della Storia, e questa cosa mi preoccupa. Tu sei piuttosto incompetente su queste cose, ma hai più possibilità di raggiungere il luogo dove Yu è imprigionata e salvarla, se…” Remington sembrava piuttosto convinto, ma Leo non riuscì a non interromperlo di nuovo.

“Davvero ti fideresti di me a tal punto? Non è che io sia molto affidabile” gli fece notare, onesto. 

“Lo so… andrei io, ma…” Remington si interruppe, e abbassò lo sguardo.

“Ma?” lo incoraggiò Leo, sinceramente curioso di sapere perché non andasse lui, che di certo aveva più possibilità di riuscita rispetto a Leo, che, lo conoscete, non è una cima in questo tipo di cose.

“Ma… anche io so buona parte della Storia, e potrebbero usarmi contro Yu. Tu…” Remington giustificò la sua reticenza ad andare a rischiare la vita.

Probabilmente aveva più ragioni, ma non sembrava poterle dire a Leo.

In realtà, quella sembrava quasi una scusa inventata per compiacere Leo.

“Potrebbero usare anche me contro Giada. L’hanno già fatto!” gli fece notare il cuoco, poco convinto.

“Ma tu non sai assolutamente niente! E nessuno tra i ribelli sa che tu sei il famoso Leo!” spiegò Remington, cercando di convincerlo.

“Cosa? Come è possibile che non lo sappiano? Mi hanno appena avvelenato!” ma Leo non era facile da convincere.

Anche lui sapeva ragionare, ogni tanto.

Anche se Remington avrebbe preferito che annuisse e basta.

“È Sara ad averti avvelenato. Solo lei e i ribelli catturati dopo l’attacco al palazzo ti hanno visto in faccia, e nessuno di loro ti ha descritto al resto del gruppo” Remington surclassò la questione come se fosse di poco conto.

“Come fai ad esserne così sicuro?” chiese Leo, dubbioso, come se non stesse parlando al semidio che leggeva nella mente.

Remington non lo degnò di risposta, e tornò alla missione di salvataggio.

“Senti, ho un piano, e ho bisogno di te per portarlo a compimento. Ci terremo in contatto telepaticamente, e tu potrai… aspetta…” armeggiò nella tasca, e poi tirò fuori un orecchino, un orecchino molto familiare a Leo, che lo fissò con odio.

Era l’orecchino rosso che aveva visto sull’orecchio di Victor, quando era venuto a palazzo, pochi giorni prima.

“Sì, è un artefatto divino. Permette di creare dei collegamenti mentali momentanei che durano fintanto che l’orecchino è indossato dalla persona. Tranquillo, riuscirai a capire come funziona, è istintivo” Remington gli porse l’orecchino, che Leo prese con una certa titubanza.

Non gli piaceva quel potere. Gli sembrava invadente.

E rabbrividiva al solo pensiero di tutto ciò che Victor aveva ascoltato alle sue spalle.

“E a cosa dovrebbe servirmi?” chiese, tenendo l’accessorio come se fosse una piccola bomba pronta ad esplodere.

“Ti fingerai me per farti catturare, e dall’interno libererai Yu” spiegò Remington, ovvio.

Ma che razza di piano era?!

Leo e Remington non si assomigliavano per niente, tranne per i capelli rossi.

“Infatti, non sei alla mia altezza, ma con l’artefatto dovresti essere a posto e riuscire a convincerli. E i capelli rossi sono abbastanza” Remington rispose ai suoi dubbi prima che Leo trovasse un modo più carino di formularli.

“E perché non puoi andare tu? Ricordamelo” il cuoco però non era ancora per niente sicuro del piano.

“Perché io so la storia e potrebbero estorcermela. Tu non sai niente, quindi non minacci la Storia… beh, la minacci, ma non in questo contesto specifico” ripeté Remington, stancamente. Lanciò a Leo un’occhiataccia.

Il ragazzo alzò le mani in segno di resa.

Alla fine il genio era lui. Leo sarebbe stato una fedele marionetta. E l’importante era salvare Giada, cosa che sicuramente Remington voleva fare a tutti i costi. Quindi Leo poteva fidarsi della sua buona fede.

Nella peggiore delle ipotesi, dopotutto, Giada sarebbe stata salva, e Leo sarebbe stato catturato e venduto a Victor… non una prospettiva piacevole, ma Giada avrebbe trovato un modo di salvarlo di nuovo, quindi poteva andare bene.

“Okay… capito… ci sto. Ma come dovrei fare a liberarmi quando mi catturano?” Leo chiese dettagli maggiori sul piano, ormai deciso a partecipare.

“Beh…” Remington iniziò a spiegare, con un sorrisino soddisfatto, ma questa volta venne interrotto da una voce vera, proveniente da sotto il cespuglio.

-Leo, va tutto bene? Sei lì da un po’. Non senti freddo?- Alex fermò la discussione telepatica.

Fu strano per Leo sentire suoni veri dopo tanto tempo passato solo parlando nella sua mente.

Lanciò un’occhiata a Remington per farsi dire come rispondere.

Remington sospirò, sembrava parecchio seccato, ma anche rassegnato.

“Meglio che tu vada. Ti continuerò a dare dettagli telepatici. L’importante è che hai accettato di aiutare Yu” Remington gli fece cenno di scendere dal drago, e Leo annuì.

-Scendo subito, Alex. Scusa, ero immerso nei miei pensieri- rispose ad alta voce alla sua amica, mettendo l’orecchino in tasca, e iniziando a scendere dal cespuglio.

Alex sembrava rasserenata.

“Ovviamente! È colpa mia se è stata catturata, e non voglio restare qui con le mani in mano” rispose nel frattempo a Remington, in maniera telepatica.

Non era particolarmente istintivo. Sperò che l’orecchino sarebbe stato più facile da gestire.

“In tutta franchezza… è anche colpa sua se sei stato avvelenato in primo luogo” commentò Remington nella sua testa, a voce più bassa rispetto a prima, ma che Leo sentì chiaramente.

Per fortuna Leo era troppo occupato a scendere dal drago verde, perché altrimenti avrebbe senz’altro alzato le spalle, e Alex l’avrebbe sicuramente trovato strano.

“Vabbè, dettagli. È la mia migliore amica, è ovvio che vorrei salvarla a prescindere!” disse ovvio, rassicurando Remington sulla sua buona fede.

Finalmente Leo fu a terra, e si riunì ad Alex cercando di non mostrare troppo la sua neonata determinazione.

Avrebbe salvato la sua migliore amica, ad ogni costo.

“…sai, forse ti avevo giudicato male. Non sei proprio un disastro” commentò Remington, facendo sorridere appena Leo.

“Neanche tu sei completamente da buttare” rispose lui, felice di essergli ormai lontano così da non ricevere uno schiaffetto sulla testa.

Si sentiva più sicuro, e più consapevole. Finalmente sapeva qualcosa, e aveva tutta l’intenzione di fare del suo meglio per salvare Giada.

E con la voce di Remington nella testa, pronto a suggerirgli una strategia vincente, era certo che questa volta non avrebbe neanche rischiato di morire.

…e in ogni caso, aveva la benedizione di Jahlee, pronta a salvargli la vita.

 

Leo era riuscito, con un piano di grandissima intelligenza, a sfuggire al controllo di Alex.

Era stato un piano pensato con accuratezza, ponderato nei minimi dettagli, e vissuto nella mente più e più volte prima di metterlo in pratica.

-Alex, devo andare in bagno-

-Certo, Leo, ti aspetto fuori-

E il resto era storia.

“Ridicolo”

Zitto, Remington, era un piano perfetto!

Non tutti i piani perfetti devono essere complicati. A volte una cosa semplice può essere ugualmente efficace.

“Sì, sì, ma stai attento a non farti beccare mentre ti intrufoli nella carrozza con le armi” lo avvertì Remington nella testa.

Era il giorno successivo, la spedizione per salvare la semidea Yu era pronta a partire da palazzo, Leo aveva ottenuto un sacco di informazioni da Remington al riguardo, e avevano (insieme, ovviamente) trovato il modo di raggiungere la base dei ribelli approfittando della spedizione in partenza.

Leo era giusto un po’ triste per il colpo che avrebbe fatto prendere a tutti nel castello, soprattutto ad Alex, ma provare a salvare la sua migliore amica era più importante.

Anche se sperava sinceramente che prima di andare a casa definitivamente sarebbe riuscito a tornare un’ultima volta a palazzo, per salutare tutti.

“Non conviene di più lasciarli adesso e toglierti il cerotto? Gli addii non sono molto piacevoli” gli suggerì Remington, in tono cauto.

Leo scosse la testa.

Non poteva non salutare le persone che erano diventate la sua famiglia, in quel mese e mezzo.

Era stato poco, forse, ma era stato importante. E gli avevano anche salvato letteralmente la vita.

E poi… Leo non vedeva Daryan da quando si era risvegliato.

Era chiuso nel suo ufficio, intento a organizzare quella spedizione, e a malapena mangiava. Leo voleva davvero vederlo un’ultima volta, imprimere nella sua mente ogni dettaglio, prima di tornare a casa e lasciarlo per sempre.

“Wow…” borbottò Remington.

“Che c’è?” chiese Leo, confuso.

Non credeva di aver pensato niente di strano.

I suoi pensieri non erano semplici da controllare.

“Niente, niente… hai raggiunto la carrozza?” Remington lo fece tornare al presente. 

Leo si guardò intorno dal nascondiglio dove si era messo in attesa che il traffico di cavalieri si arrestasse.

Era vestito con abiti comodi, aveva una bisaccia con dei viveri, e aveva indossato l’orecchino per non rischiare di perderlo, anche se non aveva ancora capito come funzionasse.

Doveva entrare nell’ultima carrozza, quella adibita ad armeria, senza farsi notare da nessuno, e poi si sarebbe nascosto e sarebbe rimasto lì per il tempo necessario a raggiungere la base dei ribelli, a Valkrest.

Sarebbe stato un viaggio abbastanza lungo, forse di un giorno, ma Leo aveva abbastanza cibo, ed era pronto a stare scomodo.

Era felice di essere piccoletto, perché sarebbe stato più semplice nascondersi e non farsi beccare.

“Sto aspettando che la via si liber…” rispose mentalmente a Remington, ma si interruppe quando notò che la via si era appena liberata, e i cavalieri iniziavano tutti a montare a cavallo, pronti per partire.

“O la va o la spacca!” pensò Leo, preparandosi, facendo un bel respiro, e poi correndo con tutta la forza verso la carrozza.

Aprì la porta, entrò, e la richiuse nel giro di pochi istanti. Poi si avviò il più lontano possibile dalla porta, cercando di non urtare nulla.

Era buia, poiché le uniche finestre erano coperte da delle tende per evitare che si potesse vedere il contenuto da fuori, ma filtrava comunque abbastanza luce da poter vedere quantomeno dove mettesse i piedi.

Alla fine trovò una cuccetta tra due espositori di spade, e si sedette lì, tirando un sospiro di sollievo per non essere stato beccato.

Mezzo istante dopo, sentì la porta aprirsi e chiudersi, e si diede mentalmente dell’imbecille per aver tirato un sospiro di sollievo prima di essere partito.

“Confermo, sei un imbecille” commentò Remington, che era abbonato al suo cervello e lo seguiva in live dal giorno prima.

Quantomeno, a differenza di Victor, Leo aveva dato il suo consenso, anche se continuava a dargli un certo fastidio.

Leo si fece piccolo piccolo sul posto, cercando di essere anche il più silenzioso possibile, e felice che il luogo fosse così poco illuminato.

Probabilmente era solo un cavaliere che stava mettendo qualche arma in più, o ne stava prendendo una.

Non aveva niente da temere, non stavano cercando lui.

Non lo avevano beccato, ne era certo.

-Leonardo! So che sei qui dentro, ti ho visto!- arrivò la voce della persona che era entrata, una voce che Leo conosceva benissimo, anche se non la sentiva da quattro giorni.

-Daryan!- esclamò, molto stupidamente, tappandosi la bocca un istante dopo, anche se ormai era troppo tardi.

“Va bene, mi arrendo. Sei troppo stupido!” Remington lo insultò, irritato, e abbandonò la sua mente, dando a Leo e Daryan un po’ di privacy per la prossima parte.

Leo sentì dei passi avvicinarsi a lui, e in men che non si dica, la figura di Daryan gli arrivò davanti, in tutta la sua bellezza, e anche abbastanza furia.

Era sempre irritato quegli ultimi tempi.

Giustamente, dato che l’ultima volta che Leo l’aveva visto allegro, lo aveva anche baciato da ubriaco, in quel mondo eteronormativo.

Ci stava che Daryan era arrabbiato e freddo con lui.

Ma in quel momento, a Leo fece quasi paura.

Durò solo un attimo.

-Che ci fai qui?!- chiese il principe, piegandosi verso di lui, e mettendosi sulla sua stessa altezza.

Il suo tono sembrava più preoccupato che arrabbiato, cosa che Leo poteva vedere anche nei suoi occhi.

Il problema è che Leo, in ogni caso, non sapeva come rispondere.

-Niente… controllo le armi per la spedizione- borbottò, dando qualche pacca su un contenitore di spade e facendole cadere tutte a terra.

Allertato, Daryan lo prese per un braccio e lo scansò, lontano dal pericolo.

-Scusa, scusa, scusa…- Leo subito cercò di recuperarsi, stringendosi a Daryan in cerca di protezione.

Il principe gli lanciò un’occhiataccia. Leo lo lasciò immediatamente andare.

Daryan, però, continuò a tenerli il braccio.

Non con forza, ma con fermezza, per evitare che scappasse, probabilmente, e avere una conversazione seria con lui.

-Leonardo, che ci fai qui?! Che ne sai della spedizione?- indagò, sospettoso nei suoi confronti.

Leo cercò di farsi venire in mente una qualche scusa.

L’aveva sentito dalle cuoche? Non voleva metterle nei guai.

Da Lionel? Non era comunque giusto, e poi dubitava che Lionel sapesse l’informazione, in generale.

Aveva deciso di scappare perché si sentiva soffocato e si era infilato nella prima carrozza in partenza che aveva trovato? No, non voleva rischiare di ferire Daryan, o Opal, o il resto del palazzo.

Cavolo, avrebbe voluto sapere cosa pensava, per poter rispondere di conseguenza.

-Io volevo…- Leo cercò una scusa, una scusa qualunque, e incrociò per un attimo gli occhi di Daryan.

“Che cosa devo fare con te, Leonardo? Dimmelo! Ti prego! Non ce la faccio più con te! Voglio solo tenerti al sicuro. Perché me lo rendi così difficile?!” sentì nella sua testa, in tono disperato.

Le parole di Leo gli morirono in bocca.

-Allora? Ti ascolto. Anzi, facciamo una cosa, me lo dici con calma fuori di qui, prima che la carrozza parta!- Daryan scosse la testa, e iniziò a trascinarlo verso la porta della carrozza.

No, Leo non poteva permetterlo.

Lui doveva far parte di quella spedizione.

-No! Parliamone qui, c’è una bella atmosfera…- Leo provò ad aggrapparsi da qualche parte e fece cadere un altro gruppo di spade, rischiando di ferirsi.

Il principe smise di trascinarlo, e si affrettò a controllare che stesse bene.

“Perché continua a farsi male in questo modo?! Perché non pensa mai a sé stesso? Non capisce quanto sia importante?!” sentì nuovamente Leo nella sua testa, con la voce del principe.

All’improvviso, si ricordò che aveva indossato l’orecchino.

Gli stava… oh, dei! Leo stava leggendo nella mente del principe senza consenso!

Poteri istintivi un corno!

Leo non aveva avuto intenzione di creare un collegamento.

Il cuoco si tappò le orecchie, come se potesse in qualche modo bloccare il flusso di pensieri che gli raggiungeva la mente.

“Che sta facendo? Che sta succedendo? Fammi capire, Leonardo. Ti prego, fammi capire! Questa confusione mi sta facendo impazzire!” ma purtroppo non servì a niente.

Aspetta, cosa gli aveva detto, Remington? Per togliere un legame poteva togliere l’orecchino, o tirare una schicchera sulla fronte della persona collegata.

Leo era nel panico totale, quindi, nonostante avesse opzioni migliori, si avvicinò al principe e gli diede una manata sulla fronte, facendolo indietreggiare, sorpreso.

Seguirono alcuni secondi di silenzio.

E Leo tirò un sospiro di sollievo, nel rendersi conto che aveva interrotto il collegamento.

Poi si rese conto anche che aveva tirato una manata contro un principe, un principe che già lo odiava per averlo baciato, figuriamoci adesso.

Infatti Daryan lo fissava sconvolto, e non sembrava essere in grado di parlare.

I suoi occhi lasciavano intuire che la sua confusione aveva raggiunto il livello massimo.

-Mi scusi! Aveva un insetto sulla fronte!- mentì Leo, cercando di giustificare il suo gesto senza parlare dei suoi nuovi poteri temporanei, che sperava di tenere il meno possibile.

-Leonardo, cosa ci fai qui?- il principe decise di ignorare l’attentato alla sua vita, e prese entrambe le mani di Leo tra le sue, per tenerlo fermo e guardarlo negli occhi.

Leo sperò con tutto il cuore di non creare inavvertitamente un altro collegamento, ma per fortuna la sua mente restò vuota.

Ad eccezione delle proprie ansie.

Non sapeva che rispondere.

Non aveva scuse in mente.

Non aveva mai messo in conto che sarebbe stato beccato, soprattutto dal principe.

-Ho scoperto per caso che andrete a salvare Yu, e voglio partecipare anche io- alla fine, decise di ammettere le sue intenzioni.

Daryan si irrigidì, e lanciò un’occhiata verso la porta, come se stesse valutando l’idea di trascinare Leo fuori a forza, e magari rinchiuderlo da qualche parte.

-Perché?- chiese, ritornando a guardare Leo, e abbandonando per il momento l’idea.

-Perché so che è stata lei a trovare l’antidoto, e voglio ricambiare il favore- spiegò Leo, tralasciando l’informazione che la semidea fosse anche la sua migliore amica.

Daryan sembrò ferito dall’affermazione.

Leo si affrettò a continuare.

-Non che io non sia grato anche a tutti voi! Lo sono! So che mi avete salvato la vita, ma anche Gia…- cercò di rassicurarlo. Daryan lo interruppe, scuotendo la testa.

-E dovresti sapere anche che era te che volevano avvelenare, per arrivare a lei. E vuoi comunque andare ad aiutarla? Rischiando di finire ucciso, o di essere usato nuovamente contro di lei?! Perché, Leonardo?! Perché rischiare tanto?!- non sembrava riuscire a capirlo.

E Leo non sapeva come spiegarglielo, perché il motivo era sepolto dalla rete di bugie che il cuoco aveva costruito intorno a lui per proteggersi, e che ora iniziava seriamente a soffocarlo.

-Principe Daryan… non sono un cittadino di Jediah, non sono più neanche un membro della sua corte. Le mie decisioni non sono sua responsabilità- Leo non era abituato ad essere freddo, ma non aveva altre opzioni.

E poi la preoccupazione del principe era completamente malriposta.

-Non mi interessa se non sei più un membro della mia corte, o se vieni da Lumai. Sei comunque sotto la mia responsabilità, e se anche non lo fossi, intendo comunque assicurarmi che non ti accada niente di male!- le parole di Daryan, così sincere e decise, accompagnate dalle sue mani che strinsero maggiormente quelle di Leo, non con forza, ma con calore, fecero sprofondare lo stomaco del ragazzo, che iniziò a sentirsi sempre più in colpa.

Il principe sembrava davvero tenere a lui. Nonostante la freddezza degli ultimi giorni, in quel momento Daryan sembrava lo stesso che Leo aveva visto sul tetto, il giorno del compleanno della principessa. Lo stesso Daryan vulnerabile e gentile che Leo aveva baciato.

Era il Daryan sotto la superficie, quello di cui Leo iniziava a innamorarsi seriamente.

Leo non rispose.

Non sapeva come rispondere.

Si sentiva nauseato.

E in colpa.

Sempre più in colpa.

Lui era solo un bugiardo e un imbroglione.

Non meritava l’attenzione di Daryan.

Resosi conto, dall’espressione di Leo, di essere stato forse troppo informale, il principe ritornò sui suoi passi:

-…perché… perché sono un principe, e un principe è sempre attento alla salvaguardia dei suoi sudditi, che siano di Jediah, di Lumai, o di qualsiasi altro luogo- si corresse, distogliendo lo sguardo da Leo.

-E se non fossero di nessun luogo? Se io non fossi di nessuno di questi luoghi? Avresti comunque interesse a proteggermi?- chiese Leo, in tono stanco, senza guardarlo a sua volta. Non si sentiva in grado.

-Che stai dicendo, Leonardo?- chiese Daryan, il suo tono tradiva un’estrema confusione.

Leo sapeva di dover mentire.

Bluffare fino allo sfinimento.

Era quella la sua regola da quando era lì.

Ma era stanco.

Era quasi morto.

La sua migliore amica era stata catturata da dei ribelli a causa sua.

E Daryan… Daryan gli stava chiedendo a gran voce la verità, dopotutto.

Meritava la verità.

Anche se la verità avrebbe potuto uccidere Leo.

Non ce la faceva più a mentire, fingere e imbrogliare le persone che per quasi due mesi erano state la sua famiglia.

A cominciare dall’uomo per il quale provava dei forti sentimenti, che cercava di proteggerlo, senza sapere che razza di imbroglione stava proteggendo.

Così buttò fuori tutto, senza più trattenersi:

-Io ti ho mentito, principe Daryan! Ti ho mentito fin dall’inizio! Non sono di Lumai, non sono stato preso come schiavo. Non ho sei fratelli minori, so leggere e scrivere. La semidea Giada è la mia migliore amica da anni, ed è stata lei a portarmi qui, salvandomi la vita, perché io…- Leo esitò solo un secondo, e sollevò lo sguardo verso Daryan, guardandolo negli occhi mentre gli rivelava la parte più importante.

-…Io vengo da un altro mondo!- 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

BOOOOOM!!!! PLOT TWIST!!!

Questi capitoli sono tutti molto AAAAAAHHHHHHHH!!!!

Ma andiamo con ordine…

Intanto Leo è tornato, e mi era mancato.

Infatti mentre scrivevo lo scorso capitolo ho anche scritto pezzetti qui e lì di questo capitolo e del prossimo, perché non vedevo l’ora di arrivare a questa parte.

Tutti sono molto protettivi nei confronti del nostro cuoco preferito, ma lui ha il masochismo nell’anima, e vuole buttarsi nel pericolo per salvare Giada.

Sono pronta a scommettere che lei si arrabbierà molto con lui e Remington per questo suicidio, ma shhhh.

Remington comunque è un bravo amico, dai.

…per Giada.

E almeno ha tolto quell’orecchino dalle mani di Victor.

Infine… Daryan si preoccupa per Leo (giustamente), che non riesce più a tenersi dentro tutti i segreti, e BOOOM!! Confessione!!

..okay, non proprio confessione, ma ha appena ammesso di essere di un altro mondo!!! WHAAAAT?!

Capitolo più breve del solito, soprattutto rispetto ai precedenti, e meno bello, ma il prossimo arriverà molto in fretta, promesso.

Ho già scritto buona parte, dopotutto.

Spero che il capitolo vi piaccia, anche se non ne sono completamente soddisfatta. Ma la parte finale vale tutto, no?

Un bacione e alla prossima :-*

 

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Capitolo 20
*** I viaggi in carrozza possono anche essere piacevoli, con la giusta compagnia ***


I viaggi in carrozza possono anche essere piacevoli, con la giusta compagnia

 

Uno dei passatempi preferiti della dea Laasya era farsi dei bagni di luce. Si metteva davanti al sole che lei stessa faceva sorgere, e si godeva la luce e la calma dall’alto del luogo dove gli dei vivevano, una specie di monte Olimpo misto ad Asgard situato in un luogo non reale.

Sentite, è complicato spiegare dove gli dei vivevano, perché erano ovunque e da nessuna parte al tempo stesso.

In quel momento preciso, Laasya non era da nessuna parte, e avrebbe preferito restare così per il resto della sua pigra giornata, fino al tramonto.

Purtroppo l’universo aveva altri piani.

O meglio, era Noella ad avere altri piani.

-Senti, Las, io inizio a preoccuparmi!- la dea interruppe la calma della collega e amica fiondandosi senza ritegno nel suo spazio.

Laasya si permise il lusso di roteare gli occhi, ma si calmò immediatamente, mostrando una serena espressione quando si girò verso Noella.

Per essere la dea della neve e del ghiaccio, era fin troppo emotiva.

Ma Laasya era la regina degli dei, era suo compito ascoltare e rassicurare gli altri sei, senza fargli pesare le loro mancanze e i loro problemi comportamentali.

-Cosa ti preoccupa, Noella? Se riguarda le tue figlie, è tutto sotto controllo. La spedizione di Nivern le raggiungerà tra tre giorni, e ne usciranno completamente illese, non preoccuparti. Il ratto dei semidei non è che un minuscolo contrattempo nella Storia- Laasya intuì la preoccupazione di Noella, che si era espressa al riguardo parecchie volte.

-Lo so, ma non posso fare a meno di preoccuparmi, ora che l’oustider si sta dirigendo lì. Non è che mi fidi tanto di quel tipo!- obiettò Noella, scaldandosi, per quanto potesse scaldarsi la dea della neve.

Laasya non capì le sue parole.

Ma non poteva dare a vedere di non capire qualcosa, quindi sorrise, incoraggiante.

-Non hai niente di cui preoccuparti. Andrà tutto come programmato dalla Storia- la rassicurò, ancora, cercando di ricordare chi mai potesse essere un personaggio definito outsider.

…non aveva idee.

Forse Antonio? Ma al momento doveva essere a Jediah, catturato dopo l’attacco alla principessa Opal.

C’erano molte persone che potevano autodefinirsi outsiders, in quel gruppo di gente esaltata che sperava di cancellare la Storia e mai ci sarebbe riuscita.

Nessuno di loro era una minaccia, questo era certo.

-Certo, come era programmato che il principe Daryan facesse partire una spedizione, che la piccola Yu venisse rapita, e che l’outsider fosse avvelenato e benedetto?! Perdonami se inizio a preoccuparmi di Leonardo il cuoco!- Noella non si calmò per niente, e iniziò a iperventilare, gesticolando vistosamente.

Laasya rimase di sasso.

Sbatté gli occhi un paio di volte.

-…Perdonami, Noella, ma… di cosa stai parlando?- chiese infine, mantenendo con estrema difficoltà il sorriso, ma stringendo i denti al fatto che si era vista costretta a fare una domanda del genere.

Noella sgranò gli occhi.

-Leonardo… il cuoco…- spiegò, ovvia.

Laasya scosse appena la testa, dando a vedere che non aveva la minima idea di cosa stesse parlando.

-…di Jediah… ha conquistato il principe. Banchetto della principessa… non ne sai niente? Pensavo lo sapessi? Dice di essere di Lumai. Non sento le preghiere degli altri dei, ma so che ti ha nominato parecchio- Noella spiegò, dimostrandosi come sempre una vera amante del gossip.

Laasya era completamente senza parole.

-Davvero non lo sapevi?- notando la sua immobilità, Noella accennò un sorrisino di scherno, sorpresa e compiaciuta all’idea di essere a conoscenza di un segreto che la grande e potente Laasya non sapeva.

Laasya avrebbe potuto ribattere, controllare, cacciarla via o altro, ma dopo aver preso un profondo respiro per calmarsi, si avviò verso la sfera di vetro al centro della stanza.

Ne toccò la superficie.

-Wow… devi essere davvero disperata…- commentò Noella, sorpresa, intuendo cosa volesse fare.

-Tutti gli dei sono convocati nella sala del trono, immediatamente!- esclamò Laasya, ignorando la dea della neve, e teletrasportandosi nella sala riunioni delle divinità subito dopo aver trasmesso il messaggio.

Il suo trono era al centro. Il più grande e imponente.

Alla sua destra, Omish era già arrivato, e la guardava a braccia incrociate.

-Cosa succede, Laasya? Non tieni mai riunioni di emergenza. E io devo lavorare!- si lamentò, pacato e calmo ma con una chiara irritazione nella voce.

-Per qualche motivo mi aspettavo questa chiamata. Come butta, Lasy? Oi, Ommy- Kalea comparve subito dopo, interrompendo la risposta di Laasya, salutando tutti, e sedendosi scomposta sul proprio trono, alla sinistra di Laasya.

-Oh, mi stavo divertendo a creare un nuovo tipo di fiore. È successo qualcosa?- Flora comparve subito, nella sedia accanto a Kalea, e guardò Laasya preoccupata.

-Beh…- prima che Laasya potesse spiegare, Noella si fece viva, nell’ultima sedia del lato sinistro.

-Spero davvero che discuteremo della salute delle mie figlie, in questa riunione! Non mi hai dato una risposta, alla fine!- si lamentò, irritata.

-Ogni cosa a suo tempo- Laasya si costrinse a sorridere calma, ma dentro di sé stava fumando, e fissava con insistenza la seconda sedia alla sua destra, ancora vuota.

-Ho detto riunione immediata!- borbottò.

-Oh, oh… qualcuno è nei guai!- esordì Veer, apparendo all’ultima sedia a destra, e iniziando a fissare la stessa direzione di Laasya, divertito.

-Se Jahlee non viene entro cinque secondi, giuro che…- Laasya iniziò a perdere la calma, proprio mentre Jahlee compariva sul suo trono, evitando accuratamente lo sguardo della regina degli dei.

-Ehm… sarei nel mezzo di una situazione, nel mio regno… non è che potremmo… non so… rimandare la riunione?- provò a suggerire.

-Oi, Jaji, che mangi?- chiese Kalea, indicando delle briciole che aveva ancora vicino alla bocca.

-Eh… niente? Offerte. Sì… tante offerte, ultimamente, eh eh- Jahlee provò a surclassare la questione.

-Sono i rainbow cookies di Leo? Sarei davvero curiosa di assaggiarli! Non è che puoi condividerne uno?- suppose Flora, guardando Jahlee con occhi da cucciola.

-Laasya, perché ci hai convocato? Non posso lasciare il lavoro troppo scoperto- Omish provò a tornare all’argomento principale.

-Voglio assaggiare anche io i biscotti di Leo!- Kalea lo ricambiò.

-Vogliamo parlare delle mie figlie, per favore?! Leo è quasi giunto alla base dei ribelli, e sono preoccupata!- insistette Noella.

-Già è quasi giunto alla base, sono pronto a scommettere che farà un casino!- commentò Veer, pregustando il drama e guardando Jahlee con superiorità.

-STATE TUTTI ZITTI!- Laasya perse le staffe, e zittì gli altri dei.

Erano proprio dei bambini, alle volte, ed essere gentile non ripagava affatto.

Tutti si girarono a guardarla, sorpresi dalla sua veemenza.

Tranne Jahlee, che continuava a fissare ovunque tranne lei.

-Si può sapere chi è questo Leo?!- chiese infine Laasya, esasperata.

-È colpa di Jahlee!- esclamarono quasi tutti gli dei, Omish escluso, che sembrava confuso quanto lei.

-Non è colpa mia! È mia figlia ad averlo portato qui!- si difese immediatamente Jahlee, agitando le mani davanti al viso.

-Un momento, fammi capire… hai portato un outsider, un outsider vero, qui nei sette regni?!- chiese Laasya, senza credere alle sue orecchie.

Sperava che quella riunione avrebbe chiarito in fretta che era tutto un malinteso, e che stessero parlando di un libro, magari una quinta, o sesta installazione della saga di Zia Carlina. Laasya non si ricordava quanti libri fossero usciti al momento, sapeva solo che a fine saga ne sarebbero stati quattordici.

Ma stiamo tergiversando.

Jahlee aveva portato un outsider nei sette regni?! Era vietatissimo! La prima regola degli dei era di non interferire e soprattutto non isekaizzare persone esterne!

-Come ho detto, è stata mia figlia a portarlo! E appena la salveranno dai ribelli antimonarchici lo riporterà a casa. Mancano giusto un paio di settimane, che si ricarichi la collana, e poi se ne andrà per sempre!- spiegò Jahlee, pratico, cercando di essere propositivo.

Laasya fece un veloce calcolo mentale.

La collana si ricaricava ogni mese. Un mese notoriamente dura quattro settimane.

Ergo…

-…è stato qui due settimane, e nessuno mi ha informata?!- esclamò, furiosa, guardandosi intorno e fulminando con lo sguardo gli altri dei. Questa volta evitarono tutti il suo sguardo, non solo Jahlee.

-Ehm… beh…- il suddetto esitò su una risposta, e venne interrotto prima che potesse formularla.

-In realtà sono quasi due mesi che è qui- annunciò infatti Veer, con nonchalance, divertito all’idea di mettere Jahlee maggiormente nei guai.

Jahlee gli lanciò un rubino in faccia, facilmente schivato.

-DUE MESI?!- esclamò Laasya, illuminando completamente la stanza e quasi accecando gli dei, che si ritirarono sui troni.

Rendendosi conto di quanto poco professionale fosse il suo sfogo, Laasya si calmò.

-Due mesi… e nessuno mi ha informata? Omish?- Laasya si girò verso il suo braccio destro, delusa.

Tra tutti gli dei, era quello con il quale aveva un rapporto migliore, e si fidava ciecamente di lui. Non riusciva a credere che le avesse tenuto nascosto un fatto così importante e pericoloso per il futuro dei sette regni e l’integrità della Storia.

-Io ne sapevo quanto te, Laasya. Non mi sono accorto della sua presenza, o te l’avrei detto. Chiaramente non ha né causato morti inaspettate, né evitato morti programmate- Omish si tirò fuori dalla conversazione, pensieroso.

Beh, almeno non l’aveva tradita.

-Kalea!- Laasya si voltò verso il suo braccio sinistro. Era più imprevedibile, ma ugualmente affidabile. Controllava il presente con grande attenzione, ed era colei che aggiustava la linea temporale per quel tipo di situazioni impreviste.

-Eh… volevo dirtelo, ma era spoiler, e mio figlio mi ha pregato di mettere il filtro anti-spoiler anche nella mia mente, quindi volevo dirtelo, ma non lo sapevo realmente… insomma… eh… sai…- era anche la dea più incomprensibile con la quale sostenere una conversazione, soprattutto se faceva avanti e indietro nel tempo senza riserve.

-No, non so! Poi parleremo di tuo figlio in privato. Flora?- infastidita dalla risposta assurda della dea, Laasya si rivolse alla sua compagna, che le sorrise innocentemente.

-Mi sta simpatico! Vorrei assaggiare i suoi piatti- disse senza essere molto d’aiuto.

Laasya scosse la testa.

-Lasciamo stare Noella che è stata l’unica ad informarmi…- decise di non prendersela con la dea della neve, anche se avrebbe decisamente potuto dirglielo prima, e non essere così acida al riguardo.

-Ringraziami parlando delle mie figlie, per piacere!- Noella tornò all’unico argomento che le interessava, anche se chiaramente c’erano problemi maggiori ai quali pensare.

-Sì, sì, tra poco… Jahlee, perché non me l’hai detto subito?!- Laasya tornò a rivolgersi verso il responsabile di tutto quel casino in primo luogo, che si portò indietro i capelli, a disagio.

-Non volevo scomodarti, tanto se ne andrà presto, e dubito riuscirà a combinare ulteriori casini- provò ad abbassare la gravità della situazione.

-Infatti, ci pensa tua figlia a combinare casini- lo provocò Veer.

-Pensa a tuo figlio che gli ha dato l’artefatto mentale!- ribatté Jahlee.

-Mio figlio sta cercando di risolvere i casini!- lo difese Veer, deciso.

-Veer, non sogghignare, tu lo sapevi e non mi hai detto nulla?!- Laasya chiuse la discussione rivolgendosi con astio verso il dio del fuoco, che però non sembrò in difficoltà.

-Eh… pensavo lo sapessi, Laasya. Non fa che nominarti! Che Laasya la protegga, che Laasya mi protegga, Laasya mi ha sposato. Ero convinto che lo sapessi- alzò le spalle, con nonchalance.

…sposato?

L’OUTSIDER AVEVA DETTO DI ESSERE SPOSATO!!

Era un totale affronto contro di lei!

Non solo aveva mentito dicendo di venire dal suo meraviglioso e puro regno, ma aveva addirittura offeso la sua autorità mentendo sul suo stato civile?!

Laasya prese un profondo respiro, cercando di non farsi offuscare dalla rabbia.

Era un outsider, sicuramente non conosceva le loro tradizioni.

-Lo sai che filtro questo tipo di chiacchiere! Ugh, quante cose ha cambiato?- cercò di fare un punto della situazione, rivolgendosi a Jahlee, sicuramente il più informato sulla faccenda.

Noella gli aveva detto qualcosa, ma non le aveva prestato troppa attenzione, occupata com’era ad avere una crisi.

-Ehh… niente di irreparabile. Ha organizzato il banchetto della principessa… l’ho accidentalmente benedetto… ha stretto un po’ amicizia, ma niente di…- Jahlee parlò molto in fretta, ma Laasya riuscì comunque a sentire cosa stava dicendo.

-L’hai benedetto?!- ripeté, sconvolta.

Quella era la seconda regola!

Ovvero un upgrade della prima.

Mai benedire gli esseri umani!

GLI DEI NON DOVEVANO INTERFERIRE!

-Stava per farsi uccidere! Mia figlia non era ancora arrivata, non potevo lasciarlo morire. Contavo che non avrebbe mai attivato la benedizione!- provò a giustificarsi Jahlee.

-Oh noi! E lo sa qualcuno?- Laasya non aveva mai imprecato in vita sua, ma le uscì una leggera imprecazione. La situazione stava andando davvero fuori controllo.

-Tutta la corte di Jediah- rispose Veer, con un ghigno, anticipando Jahlee, che gli lanciò un altro rubino addosso.

-Smettila di vendermi, Veer! Lo sa anche la tua corte, per colpa di quel gradasso di Victor- rigirò la frittata, dando un po’ di responsabilità anche a lui.

-Ma è colpa tua se Leo è in giro in primo luogo- ribatté Veer.

-E i ribelli stanno nel tuo regno- continuò Jahlee.

-Smettete di litigare, voi due!- li riprese Omish, irritato.

Anche se il litigio era servito a calmare Laasya, che aveva recuperato la compostezza, e una volta giunto il silenzio si rivolse alla sua sinistra.

-Okay, urgono misure drastiche. Kalea, dobbiamo riavvolgere il tempo ed evitare che questi guai intervengano con la Storia!- le ordinò, categorica.

Kalea sembrò parecchio in difficoltà.

-Ma è contro le regole- provò ad obiettare.

Sul serio?! Usava la scusa delle regole dopo tutte quelle che Jahlee aveva infranto?!

-E lo è anche portare un outsider- spiegò Laasya, ovvia, indicando Jahlee.

-Non sono stato io, è stata mia figlia!- insistette Jahlee.

Poco maturo da parte sua buttare la figlia sotto un metaforico carro, ma un’altra loro regola era che i semidei erano intoccabili, quindi Jahlee sapeva che non ci sarebbero state conseguenze contro di lei.

-E tu in quasi due mesi non lo hai riportato indietro!- Laasya cercò comunque una scusa per scaricare la responsabilità su Jahlee.

Dopotutto ad ogni luna piena poteva apparire nel mondo fisico e usare i suoi poteri liberamente. Avrebbe potuto approfittare allora per riportare Leo a casa sua.

-Ma poi mia figlia non sarebbe venuta a prenderlo, e dovevo vedere mia figlia almeno una volta! Tu non hai mai avuto figli, non puoi capire!- si irritò Jahlee.

Gli altri dei gli lanciarono un’occhiataccia.

-È una frase un po’ generalista, non credi?- Omish prese le difese di Laasya.

-Neanche io ho mai avuto figli- così come Flora -Ma se succedesse qualcosa a Payas sarei devastata!- aggiunse poi, pensando al semidio figlio di Kalea.

-Awww, tesoro- che per tutta risposta, le diede un bacio sulla guancia.

Laasya non aveva tempo per queste sdolcinatezze.

Non aveva mai capito l’appeal di avere figli che rischiavano di disturbare la Storia e rendere imperfetto il suo amato mondo.

-Allora, Kalea! Riavvolgi il tempo- ordinò alla dea alla sua sinistra, interrompendo il flirt e tornando al nocciolo della questione.

Kalea esitò appena, lanciando un’occhiata prima a Jahlee, poi a Flora, ed infine tornando a Laasya.

-Non mi sembra la scelta migliore. Non cambierebbe il fatto che Leo è finito qui, dopotutto. E Jahlee non potrebbe comunque cambiare quello che farà prima della luna piena. Riavvolgere il tempo è inutile- alla fine scosse la testa.

Laasya dovette fare fronte a tutto il suo poco autocontrollo rimasto per non sbottarle contro.

-Quindi che volete fare?- chiese, diplomatica, ma con irritazione crescente.

-La vecchia manovra d’emergenza- propose Veer -Sarà lungo e complesso, ma se io e Omish ci alleiamo dovremmo riuscire a portarla a termine in fretta e senza conseguenze- fece un occhiolino ad Omish, che sospirò.

-Sarà sfiancante…- borbottò -…ma suppongo sia la scelta migliore. Che sta facendo questo Leo, al momento?- chiese poi, rivolto a Laasya.

-Perché non vediamo?- propose Veer, divertito. Sembrava sapere già tutto e voler solo scoprire la reazioni dei colleghi al riguardo.

-Ma le mie figlie- si introdusse Noella, lagnosa.

-E basta, Noli!- sbuffò Kalea.

Laasya aprì il terzo occhio, e cercò l’outsider, mostrando poi a tutta la stanza i frutti della sua ricerca.

E quello che vide la lasciò sconvolta.

-Ohh… forse è meglio dare loro un po’ di privacy- commentò Flora, prima di tutti.

-E bravo Leo!- la seguì Kalea, divertita.

-Dovrebbe voler salvare mia figlia!- si lamentò Jahlee, privo però di astio.

-Victor non ne sarebbe molto felice- borbottò Veer, senza troppa tristezza, ma anzi con un ghigno.

-Spero che lo distragga abbastanza da non mettere in pericolo le mie figlie!- borbottò ovviamente Noella, infastidita.

-Ma quello… non è il principe Daryan?- osservò Omish, sorpreso.

Laasya era livida.

Che ci faceva quell’outsider intento a sedurre il SUO protagonista! 

Chiuse la visione furiosa, e decise che finché fosse rimasto nei sette regni, gli avrebbe reso la vita un inferno.

Per sua fortuna, quel lasso di tempo sarebbe stato molto poco.

 

Ma cosa stava facendo Leo, con Daryan?

Facciamo un passo indietro, che sono certa che dopo l’ultima uscita di Leo siete tutti curiosi di sapere cosa è successo.

-…Io vengo da un altro mondo!- aveva infatti detto, guardando Daryan dritto negli occhi mentre gli rivelava il suo più grande segreto da quando era finito lì.

Un segreto che pensava che avrebbe portato con sé ritornando a casa.

Un segreto che rischiava di fargli perdere Daryan per sempre, o di spedirlo in prigione.

Quando le parole gli lasciarono la bocca, Leo si era già pentito di averle pronunciate, terrorizzato che potessero portarlo definitivamente alla rovina.

Si coprì immediatamente il viso, spaventato della possibile reazione del principe di fronte a quella ammissione.

E i secondi passarono.

Cinque… dieci… venti… un minuto.

Di puro e totale silenzio.

Si era forse fermato il tempo?

Leo aveva detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire e tutto si era bloccato, tipo la censura anti-spoiler di Payas?

Probabilmente Leo avrebbe dovuto aprire gli occhi e controllare, ma aveva troppa paura dell’espressione che avrebbe potuto trovare sul volto di Daryan.

Il silenzio, che iniziava a farsi davvero imbarazzante, fu interrotto quando la carrozza iniziò a muoversi, con un sussulto, e finalmente Leo si tolse le mani da davanti al viso, rendendosi conto che il tempo non si era affatto fermato, e notando l’espressione di Daryan.

Il principe, che lo fissava a bocca leggermente aperta, sobbalzò appena, e si guardò intorno, come svegliato da un sogno.

Poi sospirò, seccato.

-Se era un modo per distrarmi abbastanza da impedirmi di trascinarti a forza fuori dalla carrozza e impedirti di partecipare a questa spedizione, sappi che posso fermarla in ogni momento…- si avviò verso la finestra, e guardò fuori.

Leo lo seguì, senza sapere cosa dire.

Da un lato, il principe gli aveva appena dato la scusa perfetta per ritirare la sua precedente affermazione.

“Mi scusi principe Daryan. Ha ragione, era solo un tentativo disperato…”

Sembrava che Daryan stesso volesse che Leo prendesse quella strada.

Mantenere tutto sul binario giusto.

Quello che voleva anche Giada.

Forse Leo avrebbe dovuto abbandonare tutta la missione e lasciare che facessero tutto gli altri. Alla fine, sebbene il piano di Remington fosse davvero interessante, probabilmente il principe e i cavalieri avrebbero risolto la cosa molto più facilmente.

Tornare a mentire sembrava la scelta giusta, la scelta più facile, la via sicura.

Eppure…

Leo era così stanco…

E Payas non gli aveva forse detto di seguire il suo cuore?

Quale occasione migliore di quella…

-È vero, principe Daryan, vengo da un altro mondo, e le ho mentito su tutta la mia backstory… mi dispiace. E devo assolutamente provare a salvare Giada… cioè, la semidea Yu, perché non posso starmene con le mani in mano quando la mia migliore amica, che mi ha salvato la vita già due volte, è in pericolo…- Leo si scavò maggiormente la fossa, seguendo il suo cuore e aprendosi all’uomo davanti a lui, che rimase fermo sul posto qualche secondo, e poi si voltò nella sua direzione, sorpreso.

Sembrava senza parole.

-Vieni da un altro mondo?- chiese, in un sussurro, il tono impassibile, freddo, impossibile da decifrare per Leo, che si limitò ad annuire, cercando di non dare a vedere troppo la sua agitazione.

Perlomeno Daryan non gli era scoppiato a ridere in faccia, né aveva chiamato qualcuno per scortarlo nelle segrete per via della sua pazzia.

Anche se forse una risata sarebbe stata meglio di quel silenzio soffocante.

-Okay… capisco…- silenzio che venne rotto, questa volta, da Daryan, che si avvicinò a Leo, e si sedette ad un lato della carrozza.

Leo, ancora in piedi, lo fissò trattenendo il respiro, e sperando che continuasse lui a parlare.

Non sapeva davvero cosa fare, né cosa aspettarsi.

Il principe sospirò, e si voltò verso di lui.

-Suppongo che ci aspetti un lungo viaggio verso Valkrest. Spero che sia abbastanza per spiegarmi tutto con dovizia di dettagli- disse poi, facendo cenno a Leo si sedersi accanto a lui. Non sembrava particolarmente arrabbiato, solo leggermente freddo, cosa alla quale Leo era abituato.

Il cuoco sembrava più sorpreso di lui, a dire il vero.

-Mi lascia andare a salvare Giada…?- chiese, incredulo, accennando qualche passo nella sua direzione, ma non osando sedersi, non ancora.

-E ti accompagno, ovviamente. Sembri deciso, e non posso fermarti né rischiare che tu finisca in pericolo- rispose Daryan, ovvio, incrociando le braccia per mostrare la sua irritazione alla prospettiva.

-Anche se… non sono un suo suddito?- gli fece notare Leo, decidendo finalmente si inginocchiarsi accanto al principe, anche se era sempre pronto a scattare in piedi. 

-Sei un mio ospite, Leonardo. Che tu venga da Lumai, o da un altro mondo, non cambia che sei ospite a palazzo, e mia responsabilità- mise in chiaro Daryan, deciso -E comunque… ho svariate domande, e ore di viaggio senza possibilità di fuga mi sembrano ottime per ottenere risposte- si avvicinò appena.

Leo evitò il suo sguardo.

-Mi sembra giusto… cosa vuole sapere? Non sono bravo nei lunghi discorsi, e so che sicuramente se iniziassi a spiegare dimenticherei qualcosa- ammise, torturandosi una ciocca di capelli a disagio.

Purtroppo per lui, si perse il sorrisino intenerito di Daryan, che gli avrebbe senz’altro dato una qualche rassicurazione.

-Cominciamo da qualcosa di semplice… il tuo nome è davvero Leonardo?- il principe partì dalla base.

-Mi chiamo Leonardo Rinaldi… nel mio mondo hanno tutti un cognome, non solo i nobili- rispose lui, col cuore che batteva fortissimo. Non credeva che le altre domande sarebbero state così semplici.

Ma Daryan si mantenne sul semplice, almeno all’inizio.

Leo gli raccontò di quando era stato trasportato lì, della sua famiglia, di sua madre, sua sorella, il suo pessimo rapporto con suo padre, e che sua nonna aveva problemi con gli zuccheri.

Gli spiegò che aveva studiato parecchio la cucina, nel suo mondo, con mezzi più evoluti di quelli del palazzo, e che molte ricette le aveva prese da lì, anche se non tutte.

Gli raccontò della scuola, del suo rapporto con Giada, del suo mondo, in generale.

Daryan faceva domande e ascoltava, completamente impassibile. A volte pensieroso, a volte annuiva, e a volte piegava la testa confuso e chiedeva spiegazioni, quando Leo parlava di qualcosa che non conosceva.

Era estremamente calmo e tranquillo.

E sebbene la conversazione stesse andando molto meglio di quanto Leo avrebbe mai potuto sperare, il suo battito era molto più veloce del normale.

Non riusciva a capire come sarebbe andata a finire, e non aveva la minima idea di cosa stesse pensando Daryan, in quel momento, quindi non sapeva ancora quanto ancora a lungo potesse sperare nella sua clemenza.

Inoltre… Leo gli stava raccontando tutta la storia della sua vita, praticamente, ma non aveva ancora accennato, neanche di sfuggita, al suo orientamento sessuale.

Continuava ad essere terrorizzato all’idea di essere discriminato per quello, anche se Daryan sicuramente sapeva che Leo aveva quelle tendenze, dopo il bacio al compleanno della principessa.

Ma comunque… non voleva vedere il disgusto nello sguardo del principe.

Principe che al momento si limitava ad annuire e continuare con le sue domande.

-E come hai scoperto della spedizione per andare a recuperare la semidea?- dopo molte domande sul mondo di Leo, il principe tornò con i piedi al presente, indicando vagamente i loro dintorni.

Ecco, questa domanda era molto complessa, dato che coinvolgeva altre persone.

Leo aveva parlato di sé stesso, fino a quel momento, ma non aveva accennato a nessun semidio al di fuori di Giada, né al suo incontro con Victor.

Decise di mantenersi sul vago.

-Mi è stato detto da una persona- ammise, senza fare nomi.

-Chi?- indagò Daryan, sospettoso.

-Mi dispiace, principe Daryan, ma non penso di poterglielo dire- Leo fu più diretto, e si rifiutò di rispondere, senza guardare il principe negli occhi.

-Leonardo, capirai la mia insistenza. Mi sono offerto di aiutarti, ma non posso lasciarti andare in un luogo pericoloso senza sapere quale sia il tuo piano, sempre che tu ne abbia uno. Potresti anche finire in una trappola- Daryan provò a farlo ragionare.

E conoscendo i precedenti di Leo, aveva ragione a preoccuparsi.

Rimasero qualche secondo in silenzio.

Leo iniziò a riflettere su cosa dirgli, e nel frattempo tirò fuori un po’ del cibo che aveva confezionato per il viaggio. Aveva preparato dei panini e preso dei biscotti, che potevano sempre servire. Prese un panino per sé, e ne porse uno verso il principe, che lo osservò per qualche secondo prima di prenderlo in mano.

-Posso assicurarla che ho un piano, su questo non si deve preoccupare- Leo rassicurò Daryan della sua competenza, prima di prendere il primo morso.

-E questo piano sarebbe…- Daryan lo incoraggiò a parlare.

Leo rimase in silenzio, e mangiò il panino il più lentamente possibile.

-Le ricordo che ho comunque la benedizione di Jahlee, non posso essere ucciso- Leo cercò di chiudere l’argomento.

-Leonardo…- si lamentò il principe, avvicinandosi a lui e squadrandolo con preoccupazione.

-Senta… è un piano, e non l’ho elaborato io, quindi sicuramente funzionerà, non deve…- Leo iniziò a torturarsi l’orecchino che Remington gli aveva prestato, e questo attirò l’attenzione di Daryan su tale orecchino.

Essendo buio, prima il principe non l’aveva proprio notato.

Interruppe Leo, sollevando la mano verso il gioiello e avvicinandolo a sé per vederlo meglio.

-E questo da dove è uscito? Non te l’ho mai visto addosso prima d’ora- osservò, non nascondendo un certo sospetto nella voce.

-Eh… è parte del piano- disse Leo, arrossendo vistosamente nel vedere Daryan così vicino a lui.

-Un momento… questo è l’orecchino di Victor! L’artefatto della mente che permette di leggere i pensieri. Chi te l’ha dato? Il piano è del principe Victor?! In tal caso non ti permetterò di andare. È palesemente una trappola! Tu non lo conosci, ma il principe Victor è…- riconoscendo il gioiello, Daryan si agitò parecchio, e afferrò il braccio di Leo con fare protettivo, come se temesse che il cuoco sarebbe corso fuori dalla carrozza in quel momento finendo in pericolo.

Il cuore di Leo saltò nel petto.

Possibile che il principe non si rendesse conto di quanto gli stesse mandando dei messaggi sbagliati, comportandosi in modo così accorato e preoccupato?!

Ah, non era colpa sua.

Era un mondo eteronormativo, sicuramente non poteva capire che il suo comportamento era troppo affettuoso e attento per un semplice amico… sottoposto… cuoco. Non amico. 

Cos’erano, loro due?

Non era importante.

Leo doveva rassicurare Daryan, prima che andasse in iperventilazione.

-Lo so, lo so. Il principe Victor è una persona tremenda che spero di non dover mai più incontrare. Non è stato lui a darmi questo artefatto, ma…- Leo esitò un momento, ma alla fine decise di essere onesto -…il semidio, Remington. Lui e Gia… Yu sono migliori amici, e…- Leo iniziò a spiegare, pronto ad illustrare il piano nei minimi dettagli.

Ma venne interrotto da due voci che gli parlarono nello stesso momento.

“Mi hai chiamato? Sei riuscito a liberarti del principe?”

-Il semidio Remington?! Quando è successo? Non lo vedo a palazzo dal compleanno di Opal!- osservò Daryan, ancora più preoccupato.

-Calma, calma, uno alla volta…- si lamentò Leo, tenendosi la testa.

Sia Daryan che Remington si zittirono.

Daryan lo fissava confuso.

Si guardò appena intorno, come a chiedersi se ci fosse qualcun altro, con loro.

Poi, mentre Leo tirava un sospiro di sollievo, mentale e fisico, entrambi ricominciarono a parlare, o meglio, urlare, nello stesso momento.

“HAI PARLATO AL PRINCIPINO DI ME?!”

-SEI COLLEGATO MENTALMENTE AL SEMIDIO?!- 

Erano molto scioccati.

Leo si prese la testa, infastidito.

Certo che era davvero fastidioso quel collegamento mentale.

-Non mi urlare in testa, per favore- borbottò Leo a mezza voce, rivolgendosi a Remington.

-Mi scusi, principe Daryan, può aspettare solo un istante?- sollevò poi un dito in direzione del principe, in tono più gentile, chiedendogli un po’ di tempo per risolvere la disputa con Remington prima di tornare al loro discorso.

“IO TI URLO IN TESTA QUANTO MI PARE! COME HAI OSATO?! ERA UN SEGRETO!” continuò Remington, facendogli venire mal di testa.

-Pensava avessi rapporti con Victor! Non volevo che fraintendesse- si giustificò Leo, rabbrividendo al solo pensiero di essere associato a quella carogna di Victor.

-Leonardo…- Daryan provò ad attirare la sua attenzione, preoccupato.

Senza pensarci, Leo gli prese il panino, ancora non toccato, dalle mani, e glielo mise in bocca per farlo stare zitto e farlo mangiare, continuando a concentrarsi completamente su Remington, e perdendosi il rossore sul volto di Daryan quando si ritrovò ad essere imboccato così.

“Fraintendere?! E quindi gli hai rivelato tutto il nostro piano?! Perché non volevi che il tuo ragazzo pensasse che hai rapporti con un altro?! ANDIAMO, LEONARDO!!” si lamentò Remington, sentendosi tradito.

-NON È IL MIO…- Leo si interruppe, e arrossì vistosamente nel notare lo sguardo confuso e sorpreso di Daryan, che mangiava lentamente il panino, ma continuava a fissare Leo senza perdersi neanche una sillaba.

Grazie agli dei non ascoltava anche la parte di Remington, perché altrimenti Leo si sarebbe seppellito.

-Senti, Remington… non gli ho detto tutto il piano, solo che tu mi hai dato l’orecchino, e comunque possiamo fidarci di Dar… del principe Daryan. Lui…- Leo cercò di mettere una buona parola sul principe, che si imbronciò appena quando sentì il cuoco parlare a Remington con tutta questa confidenza.

“L’amore ti annebbia la mente” sbuffò Remington.

-Oh, sta zitto!- la voce di Leo si fece molto più acuta, e il suo volto divenne molto più rosso dei suoi capelli. Sembrava un pomodoro.

-Leonardo, ti sta…?- il principe, che aveva finito di mangiare e sembrava essersi calmato appena, si avvicinò a Leo preoccupato.

Leo gli mise una mano sulla bocca per zittirlo e per allontanarlo, perché altrimenti sarebbe esploso.

Fortuna che non era finito in un anime, altrimenti, tra le supposizioni e la vicinanza, gli sarebbe sicuramente uscito un quintale di sangue dal naso al momento.

E ci mancava poco comunque.

“Se non vuoi che si preoccupi, parlami mentalmente, idiota!” lo riprese Remington.

Effettivamente aveva ragione. Ma continuava ad essere difficile per Leo parlare solo mentalmente, soprattutto quando c’era una persona così vicina a lui con la quale avrebbe preferito parlare in quel momento.

“Guarda che mi offendo se continui a pensare così”

Meglio non distrarsi.

“Già, meglio! Allora, che avevi intenzione di fare con Daryan? Perché sta ancora lì? Dove sei? Il piano è ancora in corso? Non ti ho sentito per quattro ore pensavo fosse andato tutto in malora!”

Quattro ore? Erano rimasti a parlare così a lungo?! Il tempo era davvero volato parlando con Daryan.

“Meno sdolcinatezze e più risposte!”

“Sì, sì. Il principe Daryan ha deciso di accompagnarmi, e lo so che non è contemplato nel piano e devo stare da solo, ma almeno non mi ha costretto ad uscire e mi ha dato fiducia. Ho finito per rivelargli di essere di un altro mondo ma pare che l’abbia presa bene, e… pensavo che potrei chiedergli aiuto per la missione di salvataggio” spiegò Leo, molto velocemente.

Remington rimase in silenzio qualche secondo, e per un attimo Leo pensò che il collegamento si fosse interrotto.

“…Yu mi ammazza” commentò poi in un sussurro che Leo non era certo di aver capito bene.

“Allora… può aiutarci?” Leo finse di non sentire, e sorrise appena, speranzoso, e lanciando un’occhiata di scuse verso Daryan che… oh dei! Leo gli stava ancora tenendo la mano sulla bocca.

E il principe non sembrava fare nessun tentativo per liberarsi, anche se fissava Leo ad occhi sgranati.

Leo tolse la mano immediatamente, facendogli numerosi segni di scuse ma non parlando ad alta voce.

“Aiutarci può aiutarci, in effetti… puoi fare da tramite?” dopo alcuni secondi di contemplazione, Remington rispose alla domanda di Leo.

“Certo” il ragazzo si mise a disposizione, felice alla prospettiva di non essere più solo nella missione.

-Il semidio Remington vuole parlarti. Farò da tramite- Leo sorrise al principe Daryan, e finalmente riuscì a parlare.

-Suppongo sia lui il responsabile della tua fuga da palazzo. Avrei anche io qualche domanda da fargli- Daryan incrociò le braccia, e lanciò un’occhiataccia verso la testa di Leo, come se sperasse di raggiungere Remington in quel modo.

“Anche il principe ha delle domande da farti” gli riferì Leo, mentalmente.

“Domanda per domanda, e parto io” borbottò Remington, irritato.

-Domanda per domanda, e parte lui- ripetè Leo, imitando il tono.

“Ehi, non imitare il mio tono!” si lamentò Remington.

-Non devo imitare il suo tono- ripeté Leo, che aveva preso il compito molto seriamente.

“E non devi neanche ripetere tutto quello che dico!” esclamò Remington, imbarazzato.

-E non devo ripetere tutto quello che dice- si segnò Leo.

“Mi stai prendendo in giro?!” Remington era esasperato.

-Non ti sto prendendo in giro!- si difese Leo.

Daryan si portò una mano alla bocca, e distolse lo sguardo per un attimo.

Se Leo non l’avesse conosciuto bene, avrebbe detto che si stava sforzando al massimo per non riedere, ma Leo lo conosceva bene, e Daryan aveva spesso quel tic, soprattutto quando Leo faceva una qualche stupida gaffe. Sicuramente, come Remington, era solo esasperato per il suo comportamento da idiota assoluto.

“Lasciamo stare…” Remington sospirò.

-Lasciamo stare…- ripetè Leo agitando una mano per chiudere il discorso.

-Già, andiamo al punto… cosa vuole chiedermi il semidio Remington?- Daryan calmò le non-risa e mise su il suo migliore tono di affari.

“Che vuoi chiedere a Daryan?” chiese Leo, mentalmente.

“Una richiesta molto molto semplice…”

-Una richiesta molto molto semplice…-

“…bloccare completamente la missione di salvataggio da lui organizzata”

-…bloccare completamente la missione di salvataggio da lei organizza… aspetta, cosa?!- Leo era estremamente sorpreso della richiesta.

“Mi hai sentito!” Remington era sicuro di sé.

-Per quale motivo dovrei fare una cosa del genere?- chiese il principe Daryan, inarcando le sopracciglia.

“Già! Perché dovrebbe fare una cosa del genere?!” ripeté Leo, sconvolto.

“Per lo stesso motivo che mi ha spinto a chiedere aiuto a te, e non osare ripetere questa parte! Daryan non deve sapere qual è questo motivo, solo che è la scelta migliore per il benessere del suo regno, e del mio” Remington non diede risposte.

Leo iniziava a dubitare che seguire il suo piano fosse la scelta giusta.

Rimase in silenzio, senza sapere bene cosa dire a Daryan.

-Non ho la minima intenzione di cancellare dei piani organizzati nei minimi dettagli, specialmente se non vengo informato dell’alternativa, e se tale alternativa mette in pericolo Leonardo- Daryan parlò prima che Leo riuscisse a trovare qualcosa da dire.

Ripeté le parole del principe al semidio.

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

Poi Leo sentì Remington sospirare nella sua testa.

“Leo, ho deciso di essere onesto con te, ma non osare aprire bocca e rivelare quello che sto per dirti, o l’intero destino dei sette regni potrebbe essere in pericolo” il suo tono era mortalmente serio, a Leo vennero i brividi.

Annuì appena.

Poi si ricordò che Remington non lo poteva vedere.

“Sì, dimmi tutto” 

“Sai come nella Storia è tutto segnato, eventi passati, presenti e futuri?” cominciò Remington, dando un po’ di contesto.

“Sì, Giada mi ha accennato qualcosa. Ne parlava come se fosse un libro” Leo annuì, pensando alle poche informazioni che ricordava, ovvero che Daryan avrebbe sposato Dotty, l’avvelenamento, e l’importanza della cucina a corte.

Lanciò al principe un’occhiata triste.

Daryan piegò la testa, confuso.

“Ecco… nella Storia… Yu non viene catturata. Nella Storia tu non ci sei, quindi tu stai cambiando la Storia” continuò a spiegare Remington, facendo fatica a trovare le parole.

“Sì, beh, il destino degli isekaizzati. Ma non è un problema, giusto? Cambiare il libro non deve essere poi così grave” Leo non capiva il perché di tutta quella serietà.

“Okay, mettiamo che hai ragione, questo non cambia che stiamo operando su terreni sconosciuti, e… teoricamente, il ratto dei semidei finisce quando la spedizione di Nivern arriva e recupera tutti i semidei rapiti. Miracolosamente non c’è nessun danno collaterale, ma molti ribelli vengono catturati. Questo è come dovrebbe andare, ma ora c’è una spedizione che è arrivata in anticipo, e due semidei catturati in più. Siamo su un binario sconosciuto, e facendo scatenare una lotta, non sappiamo come le cose possono evolversi. Con il nostro piano l’unico che rischia qualcosa sei tu, ma se permettiamo alla spedizione del palazzo di attaccare… non sappiamo quante persone potrebbero restare ferite, o rimetterci la vita” Remington parlò senza che Leo lo fermasse, e dal canto suo, il cuoco era sempre più pallido mano a mano che il racconto proseguiva.

Non aveva messo in conto la possibilità che qualcuno si facesse male, ma era più che probabile, conoscendo i ribelli antimonarchici.

Lo avevano attaccato, dopotutto. Lo avevano attaccato e se non fosse stato per la benedizione di Jahlee, Leo sarebbe morto. E in quella spedizione c’erano Chevel, adesso il principe Daryan, e… grazie al cielo Alex non era stata arruolata, ma non significava che gli altri cavalieri fossero pedine sacrificabili.

E quella missione era stata organizzata solo ed esclusivamente per colpa sua.

Perché lui era stato avvelenato, rischiando di morire per la seconda volta, e la sua migliore amica era stata rapita per salvarlo.

Era vero che se qualcuno doveva rischiare la morte, in quel momento, quel qualcuno doveva essere Leo.

-Leonardo… stai bene? Che ti ha detto?- la voce di Daryan lo riportò alla realtà, e si rese conto che il principe gli aveva messo le mani sulle spalle, e lo guardava con preoccupazione sempre maggiore.

-La prego, principe Daryan, mi lasci provare a salvare da solo la semidea, e non mandi la sua spedizione a recuperarla- Leo gli supplicò, prendendogli le mani tra le sue.

-Cosa? Ma perché?! Dimmelo, Leonardo!- Daryan indagò, avvicinandosi.

Leo scosse la testa.

-Non posso dirglielo, e non voglio mentirle. La prego, si fidi di me- Leo gli strinse le mani, e lo guardò con i suoi più riusciti occhi da cucciolo.

Daryan esitò appena, e poi scosse la testa.

-Non posso, Leonardo. La semidea Yu ha chiesto espressamente il nostro intervento, e che tu non venissi coinvolto- si allontanò.

Leo sentì un nodo allo stomaco.

Capiva i sentimenti di Giada, e a parti invertite anche Leo avrebbe probabilmente cercato di non coinvolgerla.

Ma sapeva anche che lei se ne sarebbe infischiata dei suoi desideri, come Leo stava facendo in quel momento.

-Vuole solo proteggermi, ma il mio piano è molto meno rischioso!- insistette Leo -La prego, cerchiamo di risolverla con il minor numero di danni collaterali- 

-La Storia seguirà il suo corso, e se prevede dei danni collaterali…- Daryan abbassò lo sguardo, in estrema difficoltà -…non c’è molto che possiamo fare-

Leo si rese conto che Daryan era convinto che tutto quello che stessero facendo in quel momento fosse previsto dalla Storia. Non aveva idea che Leo non ne faceva parte.

Il cuoco fu tentato di dirlo, di ammettere di essere una falla nel sistema perfetto degli dei…

“NON CI PROVARE NEMMENO! IL PRINCIPE DARYAN NON PUÒ SAPERLO PER NESSUNA RAGIONE!” gli arrivò un urlo nella testa, che lo fece irrigidire.

Calmo, Remington, Leo non ne aveva la minima intenzione.

Non voleva turbare il principe, né voleva essere guardato con altri occhi.

“Ecco, bravo, stai zitto!”

-E se la Storia prevedesse che io vada da solo? Non sarebbe il caso di seguirla?- cercò di rigirare le parole di Daryan contro di lui.

Nonostante l’oscurità della carrozza, a Leo sembrò che Daryan impallidisse.

Non rispose, e guardò un punto lontano, riflettendo sulla questione.

-Si fidi di me, principe Daryan. Mi dia un giorno, e se non torno, mandi pure la spedizione che aveva…- Leo provò a offrire una soluzione, ma Daryan sobbalzò, e gli afferrò di scatto il polso, bloccando la sua affermazione.

Aveva detto qualcosa di male?

“Diamine! L’avevi quasi cappottato!” si lamentò Remington.

-No! No! Assolutamente no! Non posso mandarti lì dentro da solo e rischiare che… rischiare di…- il principe sembrava in difficoltà tremenda.

Leo non lo capiva.

-Perché?- chiese, confuso.

Non aveva la minima idea di cosa Daryan pensasse di lui.

A volte sembrava tenere a Leo come se fosse più di un semplice cuoco che lavorava per lui.

A volte sembrava detestarlo, e lo trattava peggio degli altri.

A volte… a volte a Leo sembrava che potesse ricambiare i suoi sentimenti.

Quando lo vedeva così preoccupato, e protettivo, e quasi geloso dell’attenzione che Leo attirava.

Leo gli aveva rivelato quasi tutto ciò che c’era da sapere su di lui, e allo stesso tempo gli sembrava che fossero ancora due completi sconosciuti.

Voleva sapere cosa passasse per la mente del principe. Lo voleva con tutto il cuore.

Ma non poteva creare un legame senza il consenso del principe.

Un momento…

-Perché? …Leonardo, io…- Daryan iniziò quella che sembrava una confessione, ma Leo lo interruppe, esternando la consapevolezza che gli era appena venuta in mente.

-Un legame mentale!- esclamò, entusiasta.

Daryan lo guardò come se fosse impazzito.

-Un… cosa?- chiese, con voce incerta. Sembrava essere stato interrotto nel mezzo di una frase che gli costava davvero tanto ammettere, quindi la voce usciva con difficoltà.

-L’orecchino, può creare legami mentali. Possiamo crearne uno, posso entrare da solo, e se ho difficoltà ti avverto… la avverto, ed entrate a fare un bordello e a salvarci tutti! È un’ottima strategia!- Leo si sentiva determinato. 

“Sorprendentemente… è davvero una buona idea” osservò Remington, stupito.

Daryan guardò Leo qualche secondo.

Poi sospirò, e lo lasciò andare.

-Suppongo… suppongo che sia effettivamente un buon piano. Ed eviterebbe di rischiare uomini… ma… potremmo sempre mandare qualcun altro. Mi dici il piano e lo facciamo eseguire da un altro mio uomo, magari Chevel, o…- Daryan iniziò a mostrare segni di cedimento, ma continuava a cercare in tutti i modi di proteggere Leo.

-No, devo essere necessariamente io. Deve essere una persona con i capelli rossi, e sono l’unico- il cuoco scosse la testa, pensando al piano.

“Esatto” gli diede man forte Remington.

Daryan sospirò ancora, più profondamente, rassegnandosi definitivamente.

-D’accordo… d’accordo… hai il mio permesso per creare un collegamento mentale per tenermi aggiornato su come procede la tua missione, ma se smetto di sentire informazioni la spedizione andrà come previsto. Decido di affidarmi a te, anche per evitare possibili feriti- Daryan cedette, a denti stretti.

Non sembrava affatto felice della decisione.

Leo però non era più in sé dalla gioia, e lo abbracciò di scatto, sollevato da essere riuscito a convincerlo, alla fine.

Daryan si irrigidì completamente al contatto.

-Lo crei così il legame?- chiese, a bassa voce.

-Oh, no. Devo guardarla negli occhi… cercherò di non essere invadente, ma devo ammettere di non essere molto esperto. Prima ho creato un legame per sbaglio… ma l’ho rotto subito, glielo giuro- Leo lo lasciò andare, e iniziò a balbettare, imbarazzato per l’incidente di quattro ore prima.

“Ha accettato?” chiese Remington, che non aveva capito molto bene gli ultimi sviluppi.

“Sì, ha accettato” rispose Leo, molto soddisfatto.

-Devo avvertirti, Leo, non credo che i miei pensieri saranno di tuo gradimento, ma preferisco sottopormi al tuo biasimo e tenerti comunque al sicuro, pertanto puoi creare questo collegamento quando vuoi- Daryan gli diede il permesso.

Leo smise di pensare a Remington, e si concentrò completamente sul principe, confuso dalla sua affermazione.

Perché mai i suoi pensieri avrebbero dovuto essere soggetti a biasimo da parte di Leo? Leo li aveva sentiti, prima, e gli erano sembrati non solo innocui, ma anche molto dolci.

“Oh no… mi sembra di capire dove questa conversazione andrà a parare, meglio che me la svigno. Chiamami quando arrivi” Remington, più intelligente e percettivo di Leo, decise di lasciargli libera la mente e permettergli di avere un po’ di privacy.

Leo a malapena lo sentì.

Si avvicinò a Daryan, aggrottando le sopracciglia.

-Dubito fortemente che potrei mai trovare qualcosa di male in quello che pensa, e comunque non cambierebbe l’opinione che ho di lei, principe Daryan- lo rassicurò Leo, che non capiva sempre cosa pensasse Daryan, ma sapeva con assoluta certezza che fosse una brava persona.

Gentile, intelligente, empatica.

Anche divertente, a volte.

-Leonardo…- Daryan esordì, ma poi non continuò, e si limitò a sospirare, abbandonando la testa contro la carrozza. Sembrava davvero stanco di essere lì.

E dopo tutte quelle ore, Leo non poteva biasimarlo.

Avevano parlato a lungo, e Daryan era stato davvero gentile, e attento, e… così comprensivo.

Leo ancora non riusciva a credere di avergli rivelato tutto di lui, e che fosse stato davvero così facile, dopo tutte le paranoie che si era fatto.

-Principe Daryan, posso farle una domanda?- chiese Leo, appoggiando la testa accanto alla sua.

Daryan rimase ad occhi chiusi, e annuì.

Leo lo vide solo perché erano davvero vicini.

-Non è arrabbiato?- chiese Leo, in un sussurro, che Daryan sentì solo perché, anche in questo caso, erano davvero vicini.

-Arrabbiato? Perché dovrei essere arrabbiato?- sembrò non capire la domanda di Leo, che per il ragazzo era davvero semplice e ovvia.

-Le ho mentito per tutto questo tempo. Non sono chi dicevo di essere, e le ho tenute nascoste un sacco di informazioni. Non è una bella cosa- spiegò Leo, imbarazzato, e davvero felice che Remington se ne fosse andato dalla sua testa.

-No, non è una bella cosa…- ammise Daryan.

Si girò poi verso Leo, e lo guardò dritto negli occhi.

Leo cercò di non creare un contatto. Non voleva sentire i suoi pensieri, al momento, anche se Daryan gli aveva dato il permesso.

Ma voleva sentire le sensazioni che Daryan provava uscire direttamente dalla sua bocca.

-…ma non mi interessa, perché sei tu, Leonardo- accennò un piccolo sorriso.

-Io?- Leonardo non sapeva che pensare.

-Sono un po’ deluso, lo ammetto, e mi sento un po’ preso in giro, non lo nego, ma più penso a tutta questa storia, più mi viene da ridere, perché una parte di me lo sapeva fin dall’inizio che non potevi assolutamente essere di questo mondo, ma mi sembrava troppo bello per essere vero, e avevi risposto bene a tutte le mie domande, e… credo di averti sottovalutato. Quindi è soprattutto colpa mia- Daryan si lasciò sfuggire una risatina amara.

-Sono stato molto fortunato, soprattutto con la tratta di schiavi, e Lumai, e altre cose- Leo sminuì la sua abilità.

-Sei così imprevedibile, Leonardo…- commentò Daryan, sollevando una mano, e accarezzando dolcemente la guancia di Leo, che subito si piegò verso di lui, incoraggiando quel tocco affettuoso.

Daryan però la ritirò subito, e lo stomaco di Leo sprofondò.

Che gli era saltato in mente?! Non poteva fare così con il principe.

I loro rapporti dovevano restare professionali e solo platonici.

Ed ecco che Leo subito si buttava al primo accenno di gentilezza e affetto.

-Chiedo perdo…- iniziò a scusarsi, ma il principe lo interruppe.

-Leonardo, posso farti un’ultima domanda?- chiese, in tono mortalmente serio.

Leo annuì, senza sapere cosa aspettarsi.

Il principe restò in silenzio qualche secondo che sembrò un’ora, pesando le parole che voleva utilizzare.

-Sei… sei davvero sposato?- chiese poi, con voce leggermente tremante.

Leo era senza parole.

Era l’ultima domanda che si sarebbe aspettato.

Perché non credeva che la voce del suo matrimonio fosse arrivata anche al principe Daryan.

Era convinto che fosse girata solo tra le cuoche, e che al massimo la sapesse qualche cavaliere, tipo Alex.

Ma il principe…

Il principe credeva che Leo fosse sposato?!

Leo valutò l’idea di mentire e dire di esserlo.

Dopotutto aveva coltivato la bugia per evitare di ammettere la propria omosessualità, che comunque non aveva intenzione di rivelare, e dire di essere sposato al momento poteva tirarlo fuori da ogni possibile sospetto del principe che Leo volesse provarci con lui.

Ma allo stesso tempo… si era detto che sarebbe stato onesto, e non voleva mentire su quella cosa.

Era un’argomento davvero troppo importante.

E non voleva che il principe pensasse di aver baciato un uomo sposato.

Anche se probabilmente la parte peggiore era che Leo fosse un uomo, prima di tutto, ma comunque…

Prima che Leo potesse decidere cosa rispondere, il principe Daryan continuò.

-Non che io voglia indagare troppo sulla sua vita. Non avevo neanche intenzione di farla, questa domanda, ma ho pensato che… insomma, non avevi detto di essere sposato, prima, e magari… non so… volevo solo… lascia perdere, non devi rispondere. Non so neanche se lo voglio davvero sape…- iniziò a balbettare, chiaramente in difficoltà.

Leo non l’aveva mai visto in difficoltà.

-No- pertanto alla fine vuotò il sacco. Gli si stringeva troppo il cuore a sentire Daryan così abbattuto a causa di quella bugia.

Il principe si ammutolì.

-Non sei sposato?- ripeté, per essere sicuro.

Leo scosse violentemente la testa.

-No, non sono sposato. Non sapevo che fosse così importante il matrimonio nei sette regni, per questo ho mentito, ma se l’avessi saputo, non avrei mai finto di essere sposato- spiegò, molto imbarazzato dalla sua bugia.

-Quindi Lauren… è la tua fidanzata, o… una persona che ti piace?- chiese Daryan, in tono mite, senza guardare Leo negli occhi.

-Lauren?- Leo si era dimenticato di aver usato quel nome per la sua finta ragazza. Diamine, Daryan sapeva anche quello?! Ma quanto chiacchieravano le cuoche di quel castello?!

-Lauren è un’attrice di un gruppo che seguo, ho preso i nomi di quelle persone anche per i miei finti fratelli. Non ho… non ho nessuna ragazza che mi aspetta a casa. Non sono impegnato- Leo si trovò a sottolineare, sperando di non essere arrossito troppo, anche se probabilmente non gli era più fisicamente possibile.

Aveva già tutto il sangue del corpo concentrato sulle sue guance.

Fortuna che era molto buio.

Anche se sia Leo che Daryan si erano ormai abituati e vedevano abbastanza bene, dopo tutte quelle ore.

-Non sei impegnato…- ripeté Daryan, come se non ci potesse credere.

Restarono in silenzio alcuni secondi.

-E… se posso chiedere… perché hai mentito?- lo incalzò poi il principe, questa volta più sicuro di quello che diceva.

Ecco, questa era una domanda più difficile.

Leo cercò di mantenersi sul vago.

-Perché una cuoca aveva confessato i suoi sentimenti, e… non sapevo come rifiutarla. Non volevo ferirla, ma non mi piaceva in quel senso- spiegò Leo, torturandosi una ciocca di capelli, a disagio.

-E la prima scusa che ti è venuta in mente è di dire che eri sposato? Perché non le hai detto la verità?- chiese Daryan, confuso.

-Beh, perché… cioè, ci ho provato, a rifiutarla gentilmente, ma lei insisteva, mi aveva chiesto almeno un appuntamento, e io… non potevo dirle il motivo vero, quindi…- Leo si coprì la bocca, pentendosi di come aveva formulato quella frase.

-Perché, qual era il motivo vero?- incalzò Daryan, avvicinandosi appena, e tornando a guardarlo.

Il cuore di Leo stava per lasciare il suo corpo.

Era pronto ad uscire e andarsene a Nivern, per raffreddarsi un po’ dato che con tutto quel battere forsennato iniziava a surriscaldarsi come la batteria di un vecchio computer dopo ore di attività.

Leo non sapeva che rispondere.

Aveva davvero paura della possibile reazione di Daryan al “vero motivo” che l’aveva spinto a rifiutare con decisione Anna.

Ma alla fine… aveva fatto trenta, tanto valeva fare trentuno.

-Premetto che nel mio mondo questa cosa è normale. Cioè, ci sono un sacco di persone come me, e non è strano o illegale…- mise immediatamente le mani avanti, anche se stava dicendo una bugia, dato che per molti era strano e in alcuni paesi era illegale, ma erano problemi loro, non di Leo, che non faceva niente di male per il solo fatto di essere sé stesso.

Daryan si allontanò appena, preoccupato.

-D’accordo?- lo incoraggiò a continuare, anche se non sembrava convintissimo.

Ma Leo ormai aveva deciso.

-Quindi, insomma… il punto è che non potevo ricambiare i sentimenti di Anna, perché io… e probabilmente lei già lo sospetta e la disgusta, ma giuro che è normale nel mio mondo… insomma, io sono gay!- alla fine lo ammise, e si coprì il volto con le mani, imbarazzato, e temendo le ripercussioni.

Daryan non commentò.

Era rimasto probabilmente troppo sconvolto e disgustato per commentare.

Gah, perché Leo gliel’aveva detto?!

Che imbarazzo!

Forse poteva cavarsela dicendo che fosse uno scherzo?!

-Scusa, Leonardo, ma… che significa?- la domanda di Daryan lo colse del tutto alla sprovvista.

Wow, era un mondo così eteronormativo che non sapevano neanche che i gay esistevano?!

Forse era un problema di lingua.

-Sono omosessuale- spiegò meglio Leo.

Daryan scosse la testa, comunque confuso.

-Sodomita? E così che venivano chiamati nel medioevo, giusto?- rifletté Leo, ricordando ciò che aveva studiato e letto al museo dell’inquisizione.

-Sodomita?- Daryan sembrava ancora più confuso.

-Insomma, mi piacciono gli uomini! Sono attratto solo dagli uomini. E nel mio mondo questo è normale! Non mi torturi!- Leo si spiegò meglio, e probabilmente il cuore era davvero fuggito dal petto per andarsene a Nivern, perché aveva smesso di pompare sangue, che era rimasto tutto nella zona della sua faccia.

Daryan sembrò capire.

-Ah…- commentò, e non guardò Leo -E hai pensato di dire che sei sposato, piuttosto?- chiese poi, comunque confuso.

-…beh, era meglio che sembrare un deviato!- si giustificò Leo, che non capiva come interpretare la reazione del principe.

Si sentiva… strano.

Non sapeva dove la conversazione sarebbe andata a parare.

Ma Daryan non sembrava né sorpreso, né disgustato o inorridito.

Sembrava… confuso.

Ma non un confuso negativo, un confuso… confuso.

-Okay…è inusuale, lo ammetto, ma da qui a considerarti deviato… insomma, credo che la cuoca avrebbe capito. Sono in molti a preferire solo la compagnia maschile, o femminile. Perché pensavi di essere considerato un deviato? E perché nel tuo mondo le preferenze sessuali hanno un’etichetta?- Daryan lo fissava come se Leo avesse iniziato a parlare in arabo.

E le parole che uscirono dalla sua bocca furono arabo per Leo, che diventò improvvisamente la rappresentazione umana del meme di Pikachu.

-…scusa, questo mondo non è eteronormativo?- chiese Leo, che iniziava a non capirci più nulla.

-Eterocosa?- chiese Daryan, piegando la testa.

-Tipo che… tutti sono attratti solo dal sesso opposto. Per procreare eccetera- spiegò Leo, che ormai non aveva più sangue per deambulare, dato che era tutto concentrato sulle sue gote, quindi rimase completamente immobile.

-No… la maggior parte della popolazione è attratta da entrambi i sessi… beh, da ogni sesso, diciamo. Anche se ovviamente ci sono eccezioni, tutte le persone sono ben accette. La dea Flora e la dea Kalea sono in una relazione aperta da millenni, e la dea Flora non ha mai avuto compagnia di uomini, da quanto io sappia- spiegò Daryan, che continuava a non capire quanto Leo fosse sconvolto da quella notizia.

Quindi anche gli dei erano queer?!

…Leo, il simbolo di questo mondo è una bandiera arcobaleno, potevi fare due più due.

E per tutto quel tempo Leo si era nascosto come un imbecille?!

Pensando di essere l’unico di quel mondo attratto dal suo stesso sesso.

Pensando che avrebbero potuto torturarlo se avessero scoperto la sua sessualità!

Oh dei! Leo avrebbe potuto flirtare con il principe fin dall’inizio! E il principe forse… 

Leo ripensò a tutti i momenti in cui gli era sembrato che il principe tenesse a lui, e visti sotto la luce della suo nuova consapevolezza, gli sembrarono molto più romantici di quanto avesse pensato prima.

Santo piripillo!

Si erano baciati!

E Daryan poi aveva scoperto che Leo aveva detto di essere sposato!

Forse era per quello che poi era stato freddo?!

Forse non era disgustato da Leo, ma…

Leo azzardò un’occhiata verso Daryan, che lo stava guardando intenerito.

-Tutto bene?- gli chiese, accennando un sorrisino, notando che Leo si era girato a guardarlo.

-Sì? No? Non lo so? Sono confuso. Lei… anche lei è attratto da… tutti i sessi?- si ritrovò a chiedere Leo, la voce ridotta a un pigolio, senza riuscire a credere che fosse davvero possibile.

Un mese e mezzo sprecato così!

Il sorrisino di Daryan si allargò.

-Beh… sì, direi di sì. Al momento sono attratto da un uomo, in particolare- ammise, e Leo sentì distintamente il cuore lasciargli il corpo.

Traditore! Torna immediatamente qui!

-Ah… eh… ahah… bene…- Leo non sapeva più cosa dire.

La sua mente era totalmente nel pallone.

-Allora… ricapitolando…- Daryan tornò piuttosto serio -…vieni da un altro mondo?- chiese.

Leo annuì.

-E non sei sposato-

Leo annuì.

-Nè hai nessun compagno che ti aspetta nell’altro mondo-

Leo annuì.

-E ti piacciono gli uomini- 

Leo annuì.

-Un uomo in particolare, al momento?- chiese Daryan, in tono leggermente più incerto.

Leo annuì, anche lui leggermente più incerto.

-Un uomo… in questa carrozza, magari?- la voce di Daryan era un sussurro, ma Leo non poteva non sentirla, perché, domanda dopo domanda, si erano avvicinati sempre di più, e al momento i loro volti erano a pochi millimetri di distanza.

I loro respiri si mischiavano.

Leo annuì.

E, proprio mentre iniziava già ad arricciare le labbra e a chiudere gli occhi, Daryan scoppiò a ridere, congelandogli il sangue nelle vene.

Che?!

L’aveva preso in giro?!

Leo non se lo aspettava così crudele!

Provò a ritirarsi di scatto, probabilmente sull’orlo di un infarto, ma venne fermato sul posto quando il principe lo strinse in un forte abbraccio, continuando a ridere.

Leo non l’aveva mai sentito ridere così, e se non fosse stato a sue spese, l’avrebbe anche trovato decisamente adorabile.

Ma era a sue spese, quindi si lasciò abbracciare giusto perché era troppo scioccato per scansarsi.

Si sentiva preso in giro.

-Non c’è bisogno di ridermi in faccia…- borbottò, palesando la sua offesa.

-Fidati, o rido, o spacco tutta la carrozza per la frustrazione- commentò Daryan, stringendolo più forte e continuando a ridacchiare tra sé.

-La offende così tanto essere apprezzato da me?- pigolò Leo, depresso.

-Offendere? Leo, non sono mai stato così felice e frustrato in tutta la mia vita!- esclamò il principe Daryan, separandosi da Leo, ma mantenendo le mani sulle sue spalle.

Leo era sempre più confuso.

Quella conversazione era una montagna russa emozionale, e sebbene Leo apprezzasse le montagne russe, di solito, quella non gli piaceva per niente.

-La prego mi spieghi, perché non sto capendo!- pretese Leo, cercando di fare l’offeso, ma troppo disorientato per riuscirci del tutto.

-Ho creduto per giorni di essermi innamorato di un uomo sposato di Lumai, e ora, nel giro di quattro ore, non solo scopro che tale uomo non è di Lumai, ed è single, ma ricambia anche il mio affetto… non sono mai stato così felice, e frustrato, in tutta la mia vita. Da un lato… tu sei praticamente un sogno che diventa realtà, dall’altro… dei, tutti questi giorni sprecati, quando bastava parlare e chiarire queste piccole incomprensioni- Daryan si spiegò.

Il cuore di Leo tornò al suo posto per battere più forte di prima.

-Lei… è… in_inna…-Leo non riusciva neanche a parlare.

Probabilmente il cuore era stato davvero a Nivern nel frattempo, perché l’aveva congelato sul posto.

Daryan gli prese le mani tra le proprie.

-Sì, Leonardo. Effettivamente è poco consono dichiarare i miei sentimenti in tale modo. Avrei preferito invitarti per un tè e offrirti un regalo per richiedere formalmente di poterti corteggiare. E avrei di gran lunga preferito guardarti bene negli occhi mentre pronunciavo parole scelte con cura, ma mi ha colto l’entusiasmo del momento, io… non riesco a crederci, mi sembra di stare sognando- il volto di Daryan era disteso, e i suoi occhi sembravano brillare in quella oscurità.

Anche Leo pensava di stare sognando.

Era troppo bello per essere vero.

Liberò una mano da quella di Daryan, e si tirò un pizzicotto per controllare.

Faceva male, quindi era sveglio.

-Possiamo sempre farlo, appena finiamo qui! Organizziamo un tè, faccio un dolce, e passiamo del tempo insieme, come primo appuntamento- propose. La voce, che fino a pochi secondi prima era tremante e piena d’ansia, era interrotta da piccole risate che non riusciva a trattenere.

Il ragazzo che gli piaceva provava lo stesso.

Daryan ricambiava i suoi sentimenti.

Il Natale era arrivato in anticipo, quell’anno.

-Certo! Ordinerò la migliore marca di tè, e poi possiamo andare a fare una gita ai laghi arcobaleno. Volevi andarci, vero? Li osservavi dalla carrozza, durante la nostra gita al tempio- propose Daryan, entusiasta quanto lui.

-Te lo ricordi?- Leo era sorpreso.

-Ricordo tutto quello che mi dici- affermò Daryan, con sicurezza.

Awwwww!!

-Oh, sarebbe stupendo!- Leo non riusciva a smettere di sorridere e ridacchiare tra sé, troppo felice per contenere la sua gioia.

Approfittò della mano libera per prendere il volto di Daryan, e questa volta fu lui ad incoraggiare il suo tocco, e ad appoggiarsi alla sua mano, facendosi accarezzare.

-Principe Daryan, posso baciarla?- chiese Leo, avvicinandosi speranzoso.

-Solo se smetti di carmi del lei, e se mi chiami Daryan, Leonardo- acconsentì Daryan, avvicinandosi a sua volta.

Leo eliminò le distanze tra loro, e si scambiarono il loro primo, vero bacio.

Senza che nessuno dei due fosse ubriaco, senza che nessuno dei due vomitasse dopo, e senza nessuna paranoia o ansia che fosse qualcosa di sbagliato.

Erano due giovani innamorati rinchiusi nel loro piccolo angolo di solitudine, che nessuno poteva invadere.

Non esistevano conseguenze.

Non esisteva il futuro.

Non esistevano gli dei, che proprio in quel momento si erano collegati e avevano osservato la scena, alcuni divertiti, altri confusi, una di loro furibonda.

No, non esisteva niente, oltre a loro.

E neanche la consapevolezza sopita che suggeriva a Leo che presto sarebbe tornato a casa, per sempre, abbandonando quell’amore appena sbocciato, sarebbe riuscita a rovinare quel momento.

Quelli sarebbero stati problemi del futuro.

Adesso bisognava solo pensare al presente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Questo capitolo!!

OHHHH QUESTO CAPITOLO!!!

Non vedevo l’ora di arrivarci!! E spero davvero, davvero tantissimo, di essere riuscita a renderlo come speravo, perché veramente sono troppo felice di essere arrivata qui. Lo attendevo dall’inizio della storia.

Scommetto che nessuno si aspettava che tutti i segreti venissero alla luce così presto, ma, che dire, alla fine non manca molto alla fine.

E nei prossimi libri ci saranno altre trame.

Ovviamente non tutto è stato risolto.

Giada è ancora rapita, Laasya non sembra affatto felice che ci sia un outsider che seduce il suo “protagonista” e Leo si è dimenticato di dire che teoricamente ha ancora intenzione di tornare a casa entro due settimane.

Insomma, non è tutto rose e fiori.

Ma chissene, si stanno baciando!!

So che lo scorso sondaggio è stato solo tre capitoli fa, ma stanno succedendo un sacco di cose, quindi ecco un nuovo sondaggio: SONDAGGIO

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 21
*** Il mio istinto da fratello maggiore pizzica... qualcuno pensi ai bambini! ***


Il mio istinto da fratello maggiore pizzica… qualcuno pensi ai bambini!!

 

Leo non si era accorto di essersi addormentato, almeno finché non fu il momento di svegliarsi.

E il suo desiderio sarebbe stato di svegliarsi con un bacio di Daryan sulla fronte che gli annunciava che erano arrivati a destinazione. Sarebbe stato un bel modo di cominciare la giornata, prima dell’avventura pericolosa che lo attendeva.

Purtroppo fu altro a svegliarlo.

“LEONARDO RINALDI! APRI IMMEDIATAMENTE GLI OCCHI! SEI ARRIVATO E SE NON TI SBRIGHI RISCHIAMO CHE IL PRINCIPE AGISCA DI TESTA SUA!” gli arrivò in testa la voce tonante di Remington, che lo fece alzare di scatto, già con il mal di testa e super confuso.

-Che? Cosa? Come? Perché?- iniziò a chiedere, guardandosi intorno disorientato.

“Yu è spacciata… vabbè, almeno non potrà uccidermi” borbottò Remington.

Leo lo ignorò, e si massaggiò la testa dolorante.

Aveva dormito sorprendentemente bene per essere stato a terra, ma aveva comunque parecchi dolori in tutto il corpo.

Mentre la sua mente si ancorava alla realtà, si rese conto di parecchie cose, una dietro l’altra.

Innanzitutto la carrozza si era fermata, e la luce aveva iniziato a filtrare attraverso la tenda alla finestrella e la porta semiaperta. Aveva dormito tutta la notte.

Poi che era rimasto solo, e Daryan non si vedeva da nessuna parte.

Aveva anche urgente bisogno di andare in bagno.

E infine… la giacca del principe era poggiata su di lui come una coperta.

Awwww, che carino!

In un flash, Leo ricordò tutti gli eventi del giorno prima, e un rossore iniziò a tingergli le guance al pensiero che fosse reale.

Che lui e Daryan si fossero davvero…

“Tu e Daryan cosa?! Cosa è successo ieri?!” la voce sconvolta di Remington riscosse Leo dai suoi pensieri.

-Non sono affari tuoi- disse ad alta voce, alzandosi in piedi, indossando la giacca per non spiegazzarla, e prendendo la borsa con tutte le sue cose, un po’ più leggera ora che buona parte del cibo era stato consumato.

Erano ancora rimasti due sacchetti al suo interno: uno pieno di biscotti arcobaleno, e uno con gli oggetti che gli sarebbero serviti per la missione.

Missione che… era il caso di cominciare.

Mettendo la borsa a tracolla, si avviò velocemente fuori dalla carrozza, e per poco non venne accecato dal sole brillante che lo accolse all’esterno.

Non era più abituato alla luce, dopo un’intera giornata passata tra le ombre.

Iniziò a guardarsi intorno, cercando qualcuno, e notò parecchi cavalieri che lo fissavano.

Li salutò, un po’ imbarazzato da tutta quella attenzione, e cercò la familiare chioma bionda del principe.

Venne però distratto dallo scenario intorno a lui.

Una catena montuosa spoglia di alberi, che sembrava coperta di neve.

Ma come era possibile? Non erano andati così a nord, ed era piena estate nei sette regni.

E il monte più alto raggiungeva le nuvole, e non sembrava avere fine.

“Non è neve, è cenere. E quella montagna non è una montagna, è il più grande vulcano di Valkrest e luogo dove risiede il tempio di mio padre” spiegò Remington, sentendo i suoi pensieri affascinati.

-Cenere? Wow…- borbottò Leo, perdendosi nel paesaggio e dimenticando il motivo per il quale era lì.

Certo che i sette regni erano davvero variegati. Un giorno di viaggio ed era cambiato tutto completamente.

“E dovresti vedere il regno sottomarino di Katrang, o le gole oscure di Ombron. Quelli sì che sono luoghi magici” ridacchiò Remington, in tono complice, divertito dal suo stupore.

-Leonardo, sei sveglio- una voce conosciuta attirò immediatamente l’attenzione di Leo, che si girò verso il principe con un sorriso tutto denti.

Ancora non riusciva a credere che quanto successo il giorno prima fosse stato reale.

Chissà, magari era stato solo un sogno.

“Io ci riprovo… cosa è successo ieri?” la domanda di Remington venne completamente ignorata, mentre Leo si affrettava verso il principe, per controllare come stesse.

-Buongiorno pri… Daryan- Leo osò abbandonare le formalità, sperando che la complicità che avevano raggiunto nella carrozza fosse rimasta.

-Buongiorno Leona…- iniziò a salutarlo il principe, aprendosi in un dolce sorriso e dimostrando al ragazzo che no, non era stato un sogno.

Purtroppo il momento venne interrotto da Chevel, che si avvicinò a Leonardo con aria minacciosa.

-Cosa ti è saltato in mente, cuoco?!- tuonò, facendolo sobbalzare. Non si aspettava tutta questa veemenza.

-Buongiorno, sir Podbart- Leo lo salutò con un breve inchino, e un sorrisetto innocente che nascondeva quanto effettivamente si sentisse colpevole.

-Chevel…- provò a fermarlo Daryan, ma il cavaliere non lo sentì, o lo ignorò.

Doveva essere proprio arrabbiato, se ignorava il suo principe per rimproverare Leo.

-Infilarti nella carrozza di nascosto! Trascinare il principe Daryan con te, coinvolgerlo in un piano di cui non sappiamo nulla…- Chevel iniziò a fare una lista di tutti i crimini di Leo… beh, non crimini, piuttosto marachelle.

-Beh…- Leo provò a giustificarsi.

-Chevel…- lo richiamò Daryan, con voce più forte.

-E poi… aspetta, perché indossi questa giacca?! Non dovresti indossare la giacca del principe! È un’assoluta mancanza di rispetto- Chevel notò le condizioni di Leo, e guardò la giacca come se gli avesse fatto un torto personale.

Wow, era un grande osservatore. Come aveva fatto a capire che la giacca che indossava fosse del principe Daryan?!

…Probabilmente il fatto che era enorme e sembrava più un mantello che una giacca aveva contribuito.

-A proposito della giacca…- Leo provò a giustificarsi dicendo che era stato il principe a mettergliela addosso.

-Chevel!- Daryan lo anticipò, richiamando all’ordine il capo delle guardie con tono autoritario.

Chevel si zittì, e si voltò verso il principe sorpreso.

-Maestà! Ma il cuoco…- provò ad obiettare.

-Come ti stavo dicendo, ha un piano, ne abbiamo parlato, e ho deciso di…- Daryan esitò un attimo, come se gli costasse molto dire la successiva affermazione -…farlo andare, per il momento, da solo. E fidarmi del suo piano- spiegò.

Chevel scosse la testa, non credendo alle sue parole.

-Ma principe Daryan, il cuoco è completamente inaffidabile! Senza offesa. Si farà uccidere immediatamente!- si lamentò Chevel, e Leo non avrebbe saputo dire se fosse preoccupato di lui o per lui.

Si affrettò ad intervenire.

-Le assicuro che il piano è molto valido… non sono stato io ad elaborarlo, quindi ha una certa probabilità di funzionare, e sarò il collegamento costante con… oh, Daryan, dobbiamo creare il legame- Leo si ricordò che doveva ancora legarsi mentalmente al principe, e si rivolse a lui, indicandosi l’orecchino.

Daryan annuì.

-Davvero stai acconsentendo a questa follia?! Principe Daryan, è pericoloso!- Chevel era incredulo, e cercò di scoraggiarli dal continuare.

-Non preoccuparti, Chevel, ho avuto un’intera giornata per riflettere sulla cosa, e vi terrete pronti ad intervenire in ogni momento se le cose dovessero iniziare ad andare storte- Daryan non sembrava convinto, ma accennò un sorriso verso Leo, per dimostrarli che si affidava a lui.

Leo ricambiò, rassicurato.

Si guardarono dritti negli occhi.

“Spero davvero di non pentirmene. Ti prego, Leo, fa che non me ne penta. Se ti accadesse qualcosa non me lo perdonerei mai” gli arrivò la sua voce in testa, preoccupata e agitata.

Oh, Leo aveva di nuovo creato un legame senza rendersene conto.

Era davvero poco intuitivo, quel potere.

“Non si preoccupi, principe Daryan. Le prometto che andrà tutto bene” gli comunicò, rassicurante.

Daryan sobbalzò, sorpreso.

-Oh…- commentò, a voce alta -Suppongo che tu abbia creato il legame- arrossì appena, e distolse lo sguardo da Leo.

-Devo ancora diventare più esperto- Leo si massaggiò il collo, un po’ a disagio all’idea di avere il suo ragazzo in testa.

“IL TUO COSA?! DA QUANDO?!” gli urlò Remington, sconvolto.

“Non parlavo di te, ma di Daryan” Leo interpretò male il motivo del suo shock.

“Ci mancherebbe altro! No, ma sul serio. Da quando tu e il principino state insieme?!” Remington abbassò leggermente la voce, ma restava del tutto sconvolto.

Beh… non stavano effettivamente insieme. 

Cioè, si erano baciati, e confessati i rispettivi sentimenti, ma…

“OH PER TUTTI GLI DEI!”

…ma non è che si fossero dati un’etichetta.

“YU CI AMMAZZA APPENA LA SALVIAMO!!”

-Puoi piantarla?!- borbottò Leo, infastidito dai pensieri intrusivi di Remington.

-Tutto bene?- gli chiese Daryan, avvicinandosi.

-Uh? Sì, scusa. Sono pronto per la missione!- Leo cercò di apparire rilassato e determinato.

-Continuo a non essere per niente convinto della cosa- Chevel scosse la testa.

-Ti capisco, Chevel, ma è la possibilità migliore- Daryan prese le parti di Leo, e gli accarezzò dolcemente i capelli.

Leo gli sorrise, incoraggiando il suo tocco, ma il suo cuore perse un battito quando notò l’espressione di Chevel, che si era ammutolito nel notare la scena, e li stava fissando ad occhi sgranati.

La rabbia era sparita dal suo volto.

Sembrava… ferito, confuso.

Leo si ritrovò a scansarsi, senza sapere bene il motivo.

-Meglio che vada a prepararmi, devo anche andare un attimo in bagno. Scusate, torno presto- indicò gli alberi più vicini, anche se erano pochi e spogli, e si avviò in fretta in quella direzione, per liberarsi.

Mentre andava, gli arrivarono alcuni strani pensieri, in testa, con la voce di Daryan.

“Qual è il problema di Chevel? Ne vuole parlare adesso? Oh, non so che dire… No, no, meglio parlarne prima con Leonardo”

Leo scosse la testa, cercando di zittire la conversazione e chiudere momentaneamente il collegamento.

Non voleva farsi tutti i fatti di Daryan. Non gli sembrava giusto.

E poi doveva concentrarsi sulla missione, non sui suoi problemi di cuore.

“Ben detto! Ricorda di prendere la busta con i materiali, e segui tutte le mie indicazioni!” Remington tornò sul pezzo, mettendo da parte la faccenda con Daryan per concentrarsi a sua volta sulla missione di salvataggio.

Leo era pronto.

Avrebbe seguito le istruzioni come un bravo soldatino, e tutto sarebbe andato bene.

Doveva andare bene.

 

Leo si era preparato con attenzione, nascondendo il sacchetto con gli oggetti per la missione tra i vestiti, e al momento stava seguendo le indicazioni di Remington all’interno del labirinto di corridoi, sperando di non sbagliare strada perché, chissà, non si può mai dire, con le istruzioni da remoto. Remington non poteva neanche vedere dove Leo stesse andando, dopotutto.

Effettivamente… come sapeva così bene la piantina dell’edificio, se non c’era mai stato e non poteva vedere dove Leo fosse?

“Non farti queste domande! Ho i miei mezzi. Allora, gira un’ultima volta a destra, e ti ritroverai nel punto esatto… sei hai fatto tutto bene” gli riferì Remington, senza perdere occasione di bullizzarlo.

Leo dubitava di aver fatto tutto bene, ma sperava di sì, per non subirsi l’astio di Remington.

Iniziava ad essere davvero sgradevole nei modi, da quando aveva scoperto cosa fosse accaduto tra Leo e Daryan il giorno prima.

Ahhh, Daryan… 

Ogni volta che pensava a lui, Leo non riusciva a non sorridere.

Le cose erano andate così bene…

Spero che non sia in pericolo… dovrei chiamarlo? No, potrei distrarlo. Mi manca. Per tutti gli dei, non avrei dovuto lasciarlo andare da solo…” gli arrivò un flusso di pensieri in testa, che lo fece sobbalzare un attimo.

Oh, probabilmente aveva attivato il collegamento con Daryan inavvertitamente.

“Daryan” lo chiamò, deciso a rassicurarlo.

“Oh, Leonardo! Va tutto bene? È successo qualcosa?” gli arrivò la voce di Daryan in testa, molto più forte del flusso precedente.

Era come se quello di prima fosse un semplice sussurro, e adesso Daryan gli stesse parlando consapevolmente.

Era davvero particolare, e confondeva Leo parecchio.

“Sono il pensiero profondo e il pensiero consapevole” spiegò Remington, distrattamente.

“Puoi spiegarti meglio?” indagò Leo, interessato.

“Il pensiero consapevole è quello che dici nella tua testa consapevolmente, come se parlassi. Il pensiero profondo viene più dall’inconscio, è un flusso di pensieri a volte neanche del tutto coerente, che ti arriva dalle persone con le quali sei collegato senza che loro se ne accorgano. Di solito ti arriva elaborato in modo che tu capisca meglio, ma comunque è meno chiaro rispetto al pensiero consapevole” Remington continuò a spiegare.

“Oh… interessante. Quindi tu senti tutti i pensieri profondi che faccio? Anche quelli che neanche io mi rendo del tutto conto di fare?” Leo cercò di capire meglio.

“Sì, ma i pensieri profondi sono a senso unico. Io sento i tuoi, tu non senti i miei. Stessa cosa con il principe: tu senti i suoi, lui non sente i tuoi. Dipende da chi ha creato il legame e detiene il potere” il tono di Remington era molto più amichevole mentre spiegava i dettagli dei poteri che al momento lui e Leo condividevano.

Per il cuoco era una miniera di informazioni e una buona distrazione.

“Interessante” ammise, anche se gli sembrava ingiusto che ci fosse una tale differenza di potere tra lui e Daryan, al quale era collegato.

Ma era meglio così, in effetti. Sicuramente i pensieri profondi di Leo avrebbero allontanato Daryan di chilometri e chilometri.

“Concordo. Ma ora concentrarti! Hai girato a destra?!” Remington cercò di farlo tornare al presente.

“Leonardo, sei ancora lì?” chiese il principe Daryan, dando a vedere che non avesse sentito la loro conversazione.

Leo annuì.

“Sto girando l’angolo in questo momen…” iniziò a riferire, sia a Remington che a Daryan, probabilmente, ma venne interrotto quando andò a sbattere contro qualcuno, che era di spalle.

“Cosa è successo?” chiesero entrambe le voci nella sua testa, notando l’interruzione.

Leo si affrettò ad indietreggiare, rendendosi conto che probabilmente aveva sbagliato.

“Maledizione, Leo! Le miei indicazioni erano… oh, aspetta…” Remington iniziò ad insultarlo, poi si interruppe, rendendosi conto di qualcosa.

La persona contro la quale Leo si era scontrato si girò verso di lui, rivelandosi un omone alto probabilmente due metri, e super pompato.

“Che fusto!” si lasciò sfuggire Leo, dimenticandosi per un attimo che aveva il collegamento aperto con Daryan.

“Cosa?! Chi?! Leonardo, che succede?!” chiese quest’ultimo, preoccupato e forse anche un po’ geloso, a giudicare dal tono di voce.

-Chi sei tu?- chiese il fusto, squadrando Leo dalla testa ai piedi.

“Perfetto, procede tutto secondo i piani, ricorda cosa ti ho detto” lo incoraggiò Remington, soddisfatto.

In effetti, Leo non aveva sbagliato.

Era finito esattamente dove voleva: davanti ad un ribelle di guardia.

-Salve, il mio nome è Remington, e sono un semidio… il figlio di Veer- si presentò Leo, cercando di imitare i modi pomposi di Remington, ma fallendo miseramente e risultando piuttosto ridicolo.

“La mia reputazione…” sospirò Remington, ma non lo fermò.

“Leonardo, dimmi che non ho capito il tuo piano…”  Daryan invece sembrava decisamente preoccupato.

-Lascia fare- si fece sfuggire Leo, rassicurante, anche se non era per niente sicuro.

Il fusto lo guardò stranito.

-Che ci fai qui?- chiese, tranquillo.

Non sembrava molto sveglio.

“Per questo l’ho scelto” si vantò Remington.

Solo che Leo adesso non sapeva come reagire.

Si aspettava che una volta scoperta la sua finta identità venisse interrogato, o direttamente catturato.

Non si aspettava di dover sostenere una conversazione civile.

Non era abituato in quel mondo, almeno non con persone appena incontrate.

-Eh… niente, passavo di qua…- iniziò a svagare, cominciando a chiacchierare.

Ma si può sapere che sta succedendo? Chi è quel tipo? Perché Leo pensa sia un fusto? Gli piacciono i pompati?” sentì il pensiero sussurrato di Daryan, che lo distrasse appena.

Leo cercò di concentrarsi.

-…come ti chiami?- chiese alla guardia.

“Leo, si può sapere che cavolo stai facendo?!” si lamentò Remington.

Non lo sapeva neanche Leo, stava andando nel panico.

Quel tizio era alto il doppio di lui, praticamente! Ed era largo il triplo.

Leo si sentiva piuttosto intimorito, giustamente!

-Mi chiamo Faust- rispose il fusto.

Un momento…

-Fausto il fusto!- esclamò Leo, senza potersi trattenere, ricordando un adesivo attaccato al frigo di sua nonna da quando lui era piccolo.

-Cosa?- chiese Fausto il fusto, confuso.

“Cosa?!” chiese Daryan, geloso.

“COSA!!!” si esasperò Remington, che non ne poteva più dell’incompetenza di Leo.

-Aspetta un momento! Tu sei un semidio?- Fausto il fusto finalmente si rese conto di cosa fosse esattamente Leo.

-Eh… sì! So che state cercando semidei, e sono venuto qui, completamente disarmato, e solo, per chiedere, gentilmente, di liberare Gia… Yu, per cortesia. Vi prego, non rapite anche me- Leo tornò al piano.

Farsi rapire poteva sembrare un piano stupido, ma era la via più veloce verso le prigioni dove tenevano Giada, e da lì fuggire sarebbe stato più semplice grazie alle cose che Leo aveva preparato.

Daryan però non era dello stesso avviso.

“…Devo immediatamente andare da Chevel, dirgli di procedere con la missione, e salvare Leo il prima possibile. Lo sapevo che non dovevo lasciarlo entrare” Leo lo sentì borbottare tra sé.

“Non andare da Chevel, e non venire a salvarmi, è tutto sotto controllo” lo fermò in fretta, sicuro di sé.

-Mi dispiace, ma non posso lasciarti andare. Ho ordine di catturare tutti quelli che passano di qua, soprattutto i semidei- si scusò Fausto il fusto, prendendogli il braccio per impedirgli di fuggire. Non che Leo ne avesse la minima intenzione.

-Oh, no… vabbè, lo capisco, è il tuo lavoro. Catturami- Leo non oppose alcuna resistenza.

E poi, obiettivamente, anche se ci avesse provato… non avrebbe avuto speranze contro quel bestione.

“Leonardo, ti stai facendo catturare! Non posso ignorare la cosa!” si lamentò Daryan, agitato.

“Fa parte del piano” lo rassicurò Leo.

-Niente di personale- Faust si caricò Leo in spalla come un sacco di patate, e iniziò a dirigersi più all’interno dell’edificio, ai piani inferiori della rocca scavata nel terreno.

“Non è un piano, è una trappola” continuò ad obiettare Daryan. 

“Si farà ammazzare! Perché ho accettato?! Perché quei suoi occhi da cerbiatto mi fregano sempre?! È diventato la mia più grande debolezza, maledizione!” diceva nel frattempo il suo pensiero profondo, piuttosto nel panico.

“Smettila di battibeccare con il tuo ragazzo!” si lamentò Remington, ma Leo lo ignorò completamente.

“Senti, Dary, fidati di me, ho davvero tutto sotto controllo, è una cattura temporanea, ti giuro” cercò di rassicurarlo, stando attento che la sacca con i materiali fosse ben nascosta tra i suoi vestiti, e sperando che Fausto il fusto fosse troppo stupido per pensare di perquisirlo.

“Mi fido di te. È di Fausto il fusto che non mi fido!” borbottò Daryan.

“Sgrunt, fusto. Anche i miei addominali non scherzano però” arrivò poi il pensiero profondo del principe, mostrandosi più irritato.

Uhhh, Leo li avrebbe voluti vedere.

“Lo sai che sei l’unico per me, Daryan” lo rassicurò il cuoco, cercando di non farlo essere geloso.

Mmmm… addominali… Leo non vedeva l’ora di finire la missione per passare un po’ più di tempo con Daryan ora che stavano praticamente insieme.

“SMETTILA DI FLIRTARE CON IL TUO RAGAZZO E CONCENTRATI” Remington interruppe il flusso poco etero e poco PG-13 dei suoi pensieri, più disgustato che arrabbiato, ma Leo pensava di essere concentrato abbastanza.

Gli rispose per le rime:

“Tanto mi sta solo portando verso la cella. Non è che devo fare conversazione con lui. Non mi ha neanche chiesto di fornirgli qualche prova che sono davvero Remington…” in effetti era strana questa cosa.

-Hey, non hai bisogno di qualche prova che io sia davvero Remington?- chiese ad alta voce, rivolto a Fausto il fusto.

Leo sentì nella testa il suono che avrebbe potuto fare un facepalm.

Un mentalpalm.

Insomma, avete capito.

“Ritiro, continua pure a flirtare con il principe. È meglio per tutti” si lamentò Remington, sospirando stancamente.

“Leonardo, se non la smetti di scavarti la fossa, entro davvero lì a salvarti” lo minacciò Daryan, facendogli battere il cuore furiosamente.

Awwww, che carino!

Ma Leo non poteva permettere che entrasse e finisse in pericolo.

Dopotutto lui era benedetto, quindi rischiava decisamente meno degli altri.

“No, no, va tutto bene, giuro!” continuò a rassicurarlo.

-No… ma perché dovresti mentire e farti rapire?- Faust rispose alla domanda che Leo aveva fatto ad alta voce, ed effettivamente aveva una certa logica.

“Fortuna che lui è più stupido di te” non per Remington, che grugnì appena, ma sembrava felice che la guardia fosse troppo stupida per farsi domande, perquisire Leo, e capire la macchinazione in atto.

Un momento… come aveva fatto a sentire la frase di Fausto il fusto?

“Non farti queste domande complesse, e rispondigli prima di sembrare strano!” Remington lo incoraggiò a non pensarci.

-Mi sembra giusto- Leo rispose una frase generica, e continuò a farsi trasportare come un sacco di patate.

Durante il tragitto non incontrarono nessun’altra guardia. Probabilmente bastava la massa di Fausto il fusto a tenere lontani gli intrusi in quella parte della base.

Forse erano anche a corto di personale.

Nel raggiungere le celle, Leo si accorse presto che non sarebbe stato solo, perché iniziò ad udire delle voci.

-Ti direi tutto, ma è spoiler! E non posso fare spoiler, è proprio un blocco- la prima voce era familiare, e le parole che disse fecero subito rendere conto a Leo di chi fosse.

Oh, sarebbe stato quello il loro primo incontro ufficiale?

“Incontro ufficiale? Con chi?” indagò Remington.

Leo lo ignorò.

-Se volessi dirmi qualcosa troveresti il modo, Pay. E non mi piace questa faccenda. Sembra completamente irregolare!- la seconda voce, invece, sembrava sconosciuta, ed irritata.

-Dammi un anno e sono sicuro che mi darai… oh, LEO!- appena voltato l’angolo, la prima voce sembrò accorgersi immediatamente del cuoco, prima ancora che Leo riuscisse a vederlo, dato che gli dava le spalle.

-Chi?- chiese la seconda voce.

-Leo?- chiese Fausto il fusto, confuso.

-Ehm… cioè… eh…- la prima voce, che apparteneva palesemente a Payas, sembrò in difficoltà.

-È il mio soprannome! Remington anche detto Leo, sì. Mi chiamano tutti così, i miei amici- si inventò in fretta Leo, per salvarsi da quella situazione.

-Oh, capisco… in effetti è più breve- Fausto il fusto non fece altre domande, e dopo aver aperto una cella, ci buttò Leo dentro con ben poca grazia.

“Spero vivamente che nessuno inizierà a chiamarmi Leo d’ora in poi. Sarebbe troppo umiliante” borbottò Remington, irritato.

Leo, indovinate, lo ignorò.

Iniziava ad essere bravo a ignorare Remington.

“Te la farò pagare”

-Bene, ora vado ad avvertire i capi, e tra poco verrai interrogato. Non provare a scappare, mi raccomando- si fece assicurare Fausto il fusto, chiudendo la cella e assicurandosi che fosse bloccata.

Leo si guardò intorno.

Era in una cella singola, e ce n’erano altre intorno a lui.

Una era occupata da Payas, che sembrava parecchio imbarazzato, e Nox, che Leo riconobbe nonostante l’avesse visto di sfuggita alla festa, e che guardava Leo con sospetto, braccia incrociate, e testa piegata da un lato.

Inoltre, nella cella proprio accanto a quella di Leo, c’erano due bambine, gemelle, che dovevano avere nove o dieci anni, e che sembravano albine, a giudicare dalla pelle lattea e dai capelli bianchi come la neve.

Che ci facevano due bambine così piccole in una cella così orrenda?!

-Guardia? Avresti qualcosa da mangiare? Stiamo morendo di fame- una delle due, che aveva i capelli raccolti in due code e abiti più leggeri, si rivolse a Faust, in tono lamentoso.

-Mi dispiace, ma non è ora di pranzo. Più tardi vi porto qualcosa- rispose lui, dispiaciuto, prima di uscire dalle celle.

-Uffa, però! Noi abbiamo fame!- si irritò la bambina, che non sembrava affatto spaventata, sedendosi accano alla sorella sul letto della cella.

La sorella, che al contrario aveva i capelli sciolti, una mantellina, e pesanti stivali, sembrava più preoccupata per la situazione, e si teneva la pancia, chiaramente affamata.

Non commentò.

Leo si pentì di non aver portato i biscotti arcobaleno avanzati, ma non c’era spazio per entrambi i sacchetti, e il materiale per la fuga per la missione era molto più importante.

Si avvicinò comunque alle due bambine, per controllare che stessero bene.

Prima che potesse però fare la domanda, tre voci gli parlarono nello stesso istante.

“Sei solo?” chiese Remington, pronto a continuare il piano.

“Leonardo, tutto bene? Stai bene? Devo mandare i miei uomini a soccorrerti?” si preoccupò Daryan, apprensivo.

-Tu chi sei? Perché mi sembra chiaro che non sei Remington- chiese invece Nox, sporgendosi verso di lui e osservandolo dalla testa ai piedi.

-Vi prego, uno alla volta!- chiese Leo, che non era riuscito a distinguere tutte le parole.

Nox inarcò un sopracciglio, confuso.

Anche le due bambine si voltarono verso di lui, sorprese.

Leo decise di rivolgersi per prima cosa alle persone nella sua testa.

“Daryan, va tutto bene, sto per scappare e dirigermi al salvataggio di Yu” si affrettò come prima cosa a rassicurare Daryan, che era la sua priorità.

Poi bloccò il collegamento con lui per avere la mente un po’ più libera.

“Dovresti rivedere le tue priorità… allora, sei solo?” chiese Remington, impaziente.

“Fausto il fusto se n’è andato, ma ci sono altri quattro prigionieri vicino a me” gli riferì Leo, assicurandosi che Faust non tornasse indietro. 

“Sì, Nox, le gemelle e Yu. La vedi? Sta dormendo? È per questo che non mi ha ancora insultato perché sei lì?” Remington rispose, ovvio.

Leo sobbalzò.

Vero!

Si era fatto catturare per farsi rinchiudere nella cella dove stava Giada.

Ma lì intorno Giada non c’era.

Leo si guardò intorno controllando più attentamente.

“No, Giada non c’è. Il quarto è Payas” informò Remington, che rimase zitto qualche secondo.

“Payas, ma che ci fa lì?!” commentò lui, sorpreso.

Leo lanciò un’occhiata al figlio di Kalea, che stava parlando sottovoce con Nox.

“Ne deduco che non dovrebbe essere qui?” suppose, chiedendosi perché si fosse fatto rapire.

Forse, come al ballo, voleva incontrare Leo prima del loro incontro ufficiale?

“Allora, che faccio? Scappo?” Leo tornò al piano, iniziando ad armeggiare con la sacca che teneva nascosta tra i vestiti.

“Aspetta qualche minuto, mi informo meglio sulla tua posizione e su quella di Giada. Tieniti pronto!” Remington sparì dalla sua mente, e Leo tirò un sospiro di sollievo, felice di avere qualche minuto di pausa per riordinare le idee, a mente sgombra.

Forse poteva attivare il collegamento con Daryan e flirtare un po’? 

Prima che potesse provarci, la sua attenzione venne attirata.

-Scusa… hai del cibo, Remington Leo?- chiese la bambina con le codine, tirandogli la camicia attraverso le sbarre che separavano le loro due celle.

Leo si piegò appena verso di lei.

-Mi dispiace, non ho cibo con me. Come ti chiami?- chiese, gentilmente.

La bambina sembrò un po’ offesa dalla domanda.

-Sono Snow, figlia di Noella. E tu sei il figlio di Veer, giusto?- suppose, osservandolo con attenzione, soprattutto i capelli.

-Veramente…- Leo iniziò a negare.

-No, non è Remington. Remington è più alto, e ha i capelli e gli occhi rosso fiamma- Nox lo interruppe, con uno sbuffo.

-Perché hai detto di essere Remington, allora?- chiese nuovamente la bambina, senza capire.

-Per venire catturato, e poi evadere e andare a salvare Giada, la mia migliore amica, che è stata rapita a sua volta. L’avete vista?- Leo decise di confidarsi, e si rivolse soprattutto a Nox, che ancora lo fissava con un certo sospetto.

-Chi è Giada?- chiese Snow, sporgendosi verso di lui.

-No, non si è vista la tua “migliore amica”, mi dispiace- rispose Payas, in tono freddo, mimando le virgolette con le dita. Evidentemente non gli stava simpatica, per qualche motivo.

-Capisco… oh, mi sto riferendo a Yu, la semidea. Qui la chiamate Yu…- Leo provò ad insistere, ricordando il nome dei sette regni dell’amica.

-Sì, sì, lo so. E confermo che non si è vista- insistette Payas, scuotendo la testa.

-Yu? Perché Yu dovrebbe… un momento, è tornata nei sette regni?! Questo è problematico- Nox iniziò a camminare avanti e indietro nella cella.

-Pensavo che saremmo stati solo in tre nel ratto dei semidei- osservò Snow, molto confusa.

-Shhh, Snow, non puoi parlare della Storia che sappiamo. Sennò la mamma si arrabbia- la riprese la sorella, a bassa voce, parlando per la prima volta e alzandosi dal letto.

-E tu come ti chiami?- le chiese Leo, rivolgendosi a lei.

La bambina non lo guardò, e rimase a testa bassa, imbarazzata.

-White- rispose, in un sussurro.

-Come fai a non saperlo?! Siamo semidee!- si irritò Snow, mettendosi a protezione.

-Chiedo scusa. Non sono molto esperto di semidei e famiglie nobili, purtroppo. Ho ancora molto da imparare- si giustificò Leo, un po’ imbarazzato.

-Tu come ti chiami? Per ora sappiamo solo che non sei Remington- Snow lo squadrò, sospettosa.

-Mi chiamo Leonardo, potete chiamarmi Leo- si presentò lui, sollevando una mano.

-Leonardo? Mai sentito questo nome- rifletté Nox, pensieroso.

-Ohhhh, sei l’outsider! Mamma mi ha parlato di te!- esclamò Snow, indicandolo eccitata, come se fosse un animale esotico piuttosto raro.

-Uh… outsider?- chiese Leo, confuso.

-Sì! Vieni da un altro mondo e stai facendo un casino con la Storia a Jediah, giusto?- insistette Snow. 

La sorella le tappò la bocca.

-Non puoi dire queste informazioni tra i ribelli. È pericoloso- la fermò.

-Oh… ehm…- Leo non sapeva che dire.

C’era un termine per quelli come lui? 

E soprattutto… la dea Noella sapeva della sua esistenza? Leo si sentì un po’ intimorito. Non pensava di aver dato troppo nell’occhio, tranne magari a Jediah, a Valkrest, e forse a Lumai.

Ma addirittura a Nivern sapevano chi fosse?!

Wow… preoccupante.

-Probabilmente ho capito male… un outsider? Un outsider vero, da un altro mondo?- chiese Nox, che aveva iniziato a fissare Leo come se fosse un’arma di distruzione di massa.

-Shhh, White ha ragione, è pericoloso parlarne nella base dei ribelli- lo fermò Payas, guardandosi intorno.

-Un momento, un momento, un momento… tu lo sapevi?! È per questo che ti sei fatto rapire anche se non avresti dovuto far parte del ratto dei semidei?!- Nox si rivolse a lui e lo fulminò con lo sguardo.

-Beh… che dire… mi dispiaceva non vederlo per…- silenzio -…quindi… ops, ho quasi dato via un’informazione fondamentale. Fortuna che ho il filtro anti-spoiler- commentò poi, ridacchiando appena tra sé.

-E scommetto che è anche il motivo per il quale eri a Jediah, al compleanno della principessa Opal. Come ho fatto a non pensarci! Eri davvero strano quel giorno!- Nox continuò a guardarlo storto.

-Senti, tesoro, io te l’avrei anche detto, ma poi tu l’avresti detto a tuo padre, che l’avrebbe detto alla dea della luce, e le cose si sarebbero potute complicare. Era uno spoiler!- si giustificò Payas, a disagio.

-Non chiamarmi…- iniziò a lamentarsi Nox, allontanandosi appena da lui, ma venne interrotto da White.

-Smettetela di parlare degli dei! Non dobbiamo farlo!- urlò a pieni polmoni, facendo sobbalzare tutti tranne Snow, che annuì appena, dandole ragione.

-Ne parleremo quando ci salveranno, tra due giorni- Nox accettò il cambio di argomento, ma lanciò a Payas un’occhiata assassina.

Payas sembrava ferito.

Sospirò.

-Allora, Leo, qual è il piano?- chiese a Leo, cercando di tornare allegro.

-Non ho il permesso di dirlo, mi dispiace- Leo evitò la domanda, e Payas, concentrandosi invece sulle bambine.

Un’idea iniziò a formarsi nella sua mente.

-Verrete salvati tra due giorni?- chiese, rivolgendosi a tutti e quattro.

-Non possiamo parlarne- rispose White, chiudendosi a riccio.

-Una spedizione da Nivern ci recupererà tutti e tre… quattro, e ci riporterò a casa- diede invece l’informazione Snow, con un certo orgoglio.

-Tra così tanto tempo? Non preferireste tornare a casa prima?- chiese Leo, pensieroso.

Certo, non era nei piani, e la priorità doveva essere Giada, ma non poteva mica lasciare due bambine intrappolate per due giorni? Al freddo, scomode e senza cibo decente.

-Beh, certo. Ma non possiamo- Snow alzò le spalle, un po’ delusa, ma rassegnata.

-Che stai proponendo, esattamente?- Nox lo squadrò con sospetto.

Leo tirò fuori la sacca con i materiali, e iniziò a spiegare il suo piano.

-Beh, ho un congegno per aprire le serrature che dovrebbe funzionare anche per queste celle. Posso liberare anche voi, vi unite a me, e prima di salvare Giada vi porto in superficie. C’è un gruppo di cavalieri da Jediah che possono tenervi al sicuro dai ribelli, e potreste tornare tutti a casa prima- spiegò Leo, iniziando ad armeggiare nel sacco, distrattamente.

-Un congegno?- chiese Snow, interessata.

-Non possiamo cambiare la Storia!- Nox scosse la testa.

-Che nobile che sei, Leo- Payas lo guardò con un sorrisino.

-Non è pericoloso?- White sembrava atterrita.

-No, non è pericoloso, e il congegno è questo- Leo tirò fuori qualcosa che dalla forma gli era sembrato l’aggeggio giusto.

I quattro semidei lo guardarono con espressioni piuttosto confuse.

Payas per poco non scoppiò a ridere.

-Cosa?- Leo si girò a guardare cosa avesse in mano, e impallidì.

-A me sembra un biscotto- osservò Snow, squadrandolo con attenzione e avvicinandosi.

-No, non è un biscotto. Non vedi che è colorato?- la contraddisse White.

Leo si affrettò a controllare la sacca, ma i suoi incubi si rivelarono realtà.

Aveva confuso le due buste, e aveva preso quella con i biscotti arcobaleno.

“Uhm… Remington?” chiese, attirando l’attenzione del semidio.

“Sì, sì, ci sono. Allora, esci dalla gabbia e poi vai verso il corridoio da dove non sei arrivato, e da lì…” Remington, che non aveva sentito la conversazione precedente, si sintonizzò e iniziò a dargli istruzioni.

“Ehm… c’è un piccolo problema” Leo lo interruppe, girandosi un biscotto tra le mani.

“Problema?” chiese Remington, in un sussurro.

Leo non sapeva come dirglielo.

“Spero per te che sia un problema stupido tipo che ti sei rotto un’unghia, e non un problema serio tipo che non hai portato i materiali con te” Remington iniziò ad agitarsi, con tono minaccioso.

Wow, come aveva fatto ad indovinare?!

“LEONARDO! STAI SCHERZANDO?!” Remington gli urlò contro, incredulo, facendogli venire il mal di testa.

-Mi sono sbagliato, okay? Ho portato i biscotti al posto dell’aggeggio! Può capitare a tutti!- provò a giustificarsi, a voce alta, per equilibrare l’urlo di Remington.

-Biscotti!- esclamò Snow, avvicinandosi con occhi brillanti.

-Biscotti?- White sembrava meno convinta, e fissava il biscotto arcobaleno nella mano di Leo con le sopracciglia aggrottate.

-Sì, sono i miei famosi biscotti arcobaleno… ne volete?- Leo porse il sacchetto verso le bambine, distrattamente, e tornò alla conversazione mentale con Remington.

“NON RIESCO A CREDERE CHE HAI FALLITO UNA COSA COSÌ SEMPLICE! AVEVI UN SOLO COMPITO!” si stava lamentando Remington, irritato.

“Facile per te parlare dalla tua cameretta al sicuro! Troviamo una soluzione alternativa!” Leo ribatté, e cercò di farsi venire qualche idea.

“Potresti far rapire anche il tuo fidanzato, così porta l’aggeggio. Sicuramente è più affidabile di te!” propose Remington, abbassando solo leggermente i toni, ma restando palesemente furioso.

Era sicuramente una buona idea, ma Leo scosse la testa.

“No, non metto Daryan in pericolo. Facciamoci venire un’altro piano!” rischiare la vita lui, okay. Aveva la benedizione divina. Ma Daryan, assolutamente no!

Se le cose fossero andate storte, Leo non se lo sarebbe mai perdonato.

Intanto, alle sue spalle, le due gemelle stavano facendo una lotta all’ultimo sangue per appropriarsi del sacchetto con i biscotti.

Snow stava provando a prenderlo per assaggiarne qualcuno, mentre White glielo stava tenendo lontano.

E stava avendo parecchio successo, dato che lei e i biscotti erano diventati invisibili, quindi Snow non sapeva dove potesse essere.

Per cercare di individuare la sorella, iniziò a far cadere una leggera neve all’interno della cella, che evidenziò la forma della sorella, dando via la sua posizione.

Poi le saltò addosso per bloccarla, ma lei fu abbastanza rapida da scansarsi, tornando visibile.

Payas faceva il tifo dall’altra cella, Nox scuoteva la testa.

Leo non si accorse di nulla.

“E allora cosa proponi, sentiamo?! Tu che hai sempre un piano per ogni cosa! Sappi che hai poco tempo, dato che Faust potrebbe tornare da un momento all’altro!” Remington continuò a prendersela con Leo, che in effetti non aveva altre idee.

Cercò di farsi venire in mente qualcosa.

Il sacchetto di biscotti, che lo colpì con precisione sul retro del capo, distrasse i suoi pensieri.

-Wo, cosa…?- si girò verso le gemelle, e recuperò il sacchetto. Per fortuna i biscotti non si erano rovesciati, anche se iniziavano ad essere fin troppo sbriciolati.

-Non accettiamo il tuo cibo avvelenato!- lo accusò White.

Che assoluta mancanza di fiducia.

-Non sono avvelenati! Anche se forse sono un po’ sbriciolati, ma ancora buoni!- ne prese uno, e lo mangiò con gusto.

“LEONARDO, NON È IL MOMENTO DI DIFENDERE LA TUA CUCINA!” lo riprese Remington, irritato.

-Zitto, non sto difendendo la mia cucina, voglio solo assicurarmi che le bambine mangino qualcosa!- si lamentò Leo, ad alta voce. Il suo scopo primario della vita era, dopotutto, nutrire il prossimo.

Era un cuoco, non un salvatore!

-Visto, White?! È buono! Non è avvelenato!- Snow sembrava convinta, e guardava il biscotto con occhi brillanti.

Che tenera!

-Non lo so! Magari ha preso l’unico biscotto non avvelenato- White, però, non lo era affatto.

Che tristezza…

Essere così prese di mira a causa dei propri natali che persino a otto anni si temeva un avvelenamento.

Che razza di mondo!

Leo si mise in ginocchio davanti alle bambine, e offrì a White il sacchetto, in modo che lei potesse prendere qualsiasi biscotto volesse.

-Prendine uno a caso, e lo mangerò. Non sono avvelenati, lo giuro- cercò di rassicurarla, con più calma.

White lo squadrò con sospetto, ma alla fine si convinse, prese un biscotto, e lo imboccò a Leo, che la fece fare, tranquillo.

Erano rimasti davvero ottimi, nonostante fossero stati sballottati da una parte all’altra.

Se lo gustò, lasciandosi sfuggire qualche verso di apprezzamento.

-Sono vivo- disse una volta ingoiato tutto, facendo alla bambina un occhiolino complice.

Snow lo prese come un lasciapassare per prendere un biscotto a sua volta, e anche White, dopo qualche tentennamento, si lasciò convincere, facendo vincere la fame.

Entrambe, dopo il primo morso, si illuminarono.

-È buonissimo!- dissero insieme, la prima con più entusiasmo, la seconda lasciando completamente perdere l’ostilità, e iniziando a fare scorta di biscotti.

-Woah, woah, piano, tigre. Se ne mangi troppi rischi di fare indigestione. Sono pur sempre dolci- Leo cercò di fermarla, ma non trattenne un sorriso soddisfatto, e non le tolse i biscotti dalla portata.

-Grazie di averli condivisi anche con noi, eh- si lamentò Nox, dall’altra cella, borbottando.

-La tua debolezza: i dolci- lo prese in giro Payas, dandogli una pacca sulla spalla.

-Ho solo fame, Payas! E comunque dubito che saranno all’altezza di quelli al compleanno della principessa Opal- Nox scosse la testa, ostentando un’aria di superiorità.

Payas sghignazzò.

Leo non trattenne un sorrisino.

-Mi fa piacere le siano piaciuti i miei dolci. Qual è stato il suo dessert preferito?- indagò Leo, curioso.

Nox rimase in silenzio qualche secondo, rendendosi conto ancora meglio di chi fosse Leo.

-Beh, la torta alle fragole era…- iniziò a confessare poi, con tono meno duro.

“LEONARDO! PIANTALA DI TERGIVERSARE CHE POI IL CAPITOLO DURA QUARANTA PAGINE! HAI UNA MISSIONE DA COMPIERE!” l’ennesimo urlo in testa a Leo lo fece sbottare, interrompendo le chiacchiere sui dolci.

-Piantala di starmi addosso! Non mi aiuti così!- si lamentò, e fece sobbalzare i quattro semidei, che non si aspettavano che si mettesse ad urlare, così dal nulla.

-Non parlavi con me, vero?- chiese Nox, per sicurezza.

-Remington- Leo si indicò la testa.

-Ah, capisco…- Nox gli lasciò i suoi spazi.

Sembrava essersi riscaldato nei confronti di Leo, forse perché aveva apprezzato il modo in cui si era comportato con le figlie di Noella. Forse perché sperava di riuscire a mangiare altri suoi dolci.

“SEI TU CHE NON TI STAI AIUTANDO! STAI PERDENDO TEMPO E NON HAI IDEE! CHIAMA DARYAN!” Remington continuò ad urlare in testa a Leo, che decise di concentrarsi su come uscire da lì, soprattutto se doveva salvare anche gli altri semidei.

“Salvare gli altri semidei?! Ma non ci pensare nemmeno!” subito si oppose Remington, in tono offeso.

-Tu non sei il mio capo! E io non ho la minima intenzione di coinvolgere Daryan!- Leo iniziò ad irritarsi.

Non gli piaceva essere comandato a bacchetta in questo modo.

Un conto era affidarsi a Remington perché lui aveva più esperienza ed era più intelligente, ma non significava che Leo avrebbe rinunciato alla sua moralità e ai suoi ideali per seguire quegli ordini.

Non avrebbe messo in pericolo Daryan.

E di certo non avrebbe lasciato lì due bambine piccole alla mercé dei loro rapitori! Non era un mostro! 

“Ma tanto vengono salvate comunque! Che te ne importa?!” obiettò Remington, esasperato.

-Ma tra due giorni! E se poi qualcosa dovesse andare storto?! Non posso andarmene e non aiutarli- insistette Leo, fermo sui suoi ideali.

“Beh, non salverai neanche te stesso se non ti farai venire un’idea per scappare da lì! E Faust sta per tornare!” insistette Remington, tornando all’argomento principale.

Proprio in quel momento, purtroppo per Leo, Daryan aprì il collegamento mentale, chiamando il ragazzo.

“Leonardo, tutto bene? Scusa se ti chiamo, ma non ti sento da un po’ e inizio a preoccuparmi, sei…?”

Proprio mentre Leo sbottava, irritato: 

-E vorrà dire che sedurrò Fausto il Fusto per farmi liberare. Sempre meglio che…- 

Si interruppe nel momento stesso in cui si rese conto che Daryan poteva sentire tutto quello che diceva, e si coprì di scatto la bocca, imbarazzato.

Ma ormai il dado era tratto.

Sentì Snow ridacchiare.

E vide Nox scuotere la testa.

Ma tutta la concentrazione di Leo si spostò su Daryan, che aveva sentito l’ultima frase di Leo, e si era zittito.

“NON È COME PENSI! NON STAVO PARLANDO SUL SERIO!” si affrettò a giustificarsi Leo, tornando in chat privata perché non voleva coinvolgere ulteriormente i semidei dei suoi casini romantici.

Certo che Leo non ne azzeccava una, quel giorno!

Non vedeva l’ora di togliere l’orecchino e smettere con tutti quei contatti mentali. Erano un disastro!

“Sedurre… Fausto il fusto?” arrivò la voce, molto bassa, di Daryan.

“Gli piace?! Cos’ha lui che io non ho?! Sono stato solo un’avventura?! Forse è poligamo?! Dovremmo parlarne. Ma non adesso. Adesso deve uscire da lì. Magari non seducendo Fausto il fusto, possibilmente” arrivò il pensiero profondo, che per la prima volta fu più rumoroso di quello consapevole.

Leo voleva seppellirsi.

-No! No! No! Non ho intenzione di sedurre nessuno! Ero solo irritato con Remington! Non farei mai una cosa del genere!- Leo tornò a parlare a voce alta per far passare il suo punto.

“Io penso che ti abbandono a te stesso perché mi sono davvero rotto di starti in testa” borbottò Remington, abbandonando il piano. 

Leo doveva sentirsi perso, ma fu sinceramente felice che Remington se ne andasse.

Così poteva concentrarsi su Daryan, che si dimostrò davvero maturo e abbandonò in fretta l’argomento ‘Fausto il fusto’.

“Perché sei irritato con Remington? Che succede? Era una trappola?! Hai bisogno di aiuto?” chiese, preoccupato.

Awwww, che carino!

“Perché una persona irritata con qualcuno dovrebbe minacciarlo di sedurre qualcun altro? Non è che gli piace anche Remington? Quante persone devo temere? Uff” il suo pensiero profondo rimase ancora sulla seduzione, ma Leo decise di concentrarsi e rispondere solo al pensiero consapevole.

“No, va tutto bene, è tutto sotto controllo, giuro. Io…” la bugia di Leo venne interrotta dalla porta che si apriva.

Leo si aspettò Fausto il fusto, dato che Remington gli aveva anticipato che sarebbe arrivato presto, ma rimase sorpreso quando notò un bambino di dieci o undici anni, al massimo, che portava un vassoio con del pane raffermo.

Era a testa bassa, vestiti sporchi e rovinati, e aveva un vistoso livido sulla guancia.

E Leo… lo conosceva.

Rimase congelato sul posto, sconvolto.

-Ancora pane? Uffi! Non avete almeno un po’ di carne da aggiungere?- si lamentò Snow, vedendo approcciare il tanto agognato cibo, e rivolgendosi al bambino come se lo conoscesse bene.

-Ci passano solo questo, non ti lamentare, principessa- rispose il bambino, a denti stretti, lo sguardo fisso sul pane con sofferenza, come se volesse mangiarlo lui e si stesse trattenendo a stento.

-Sono una semidea!- lo corresse Snow, con superiorità.

-Snow, non provocarlo- le suggerì la sorella, afferrandole il braccio in segno di protezione.

-Non mi interessa. Lo vuoi il pane, o no?- il bambino porse il vassoio verso le due, rischiando di far cadere il contenuto.

Snow afferrò due pagnotte, e il bambino si rivolse a Payas e Nox, dando del pane anche a loro.

-Grazie- gli sorrise Payas. Nox si limitò a borbottare qualcosa che Leo non riuscì ad afferrare.

E alla fine, il bambino andò verso di lui, sempre con sguardo basso.

“Leonardo, tutto bene? È successo qualcosa? Perché ti sei interrotto?” chiese Daryan, preoccupato.

Per la prima volta, Leo lo ignorò.

Ma si sbloccò abbastanza da parlare finalmente al ragazzino.

-Cosa ci fai qui?- gli chiese, preoccupato, abbassandosi e cercando il suo sguardo.

-Cosa?- il bambino sollevò la testa, guardando finalmente Leo, e sembrò riconoscerlo anche lui, perché sgranò gli occhi, e lasciò cadere il vassoio con l’ultima pagnotta ammuffita.

Fece qualche passo indietro.

-Il signore dei biscotti…- sussurrò, sorpreso.

Infatti era il bambino che Leo aveva incontrato l’unica volta in cui era uscito da palazzo per andare in città e fare rifornimento.

Il bambino che, insieme a sua sorella, aveva tentato di derubarlo, e a cui Leo aveva dato alcuni biscotti arcobaleno.

Era molto più malmesso, ed erano passate poche settimane.

-Stai bene? Cosa è successo? Cosa fai qui?- indagò Leo, avvicinandosi il più possibile.

-Cosa… sei un semidio? No, non puoi essere un semidio! Eri a Jediah, come…- il bambino sembrava molto più sconvolto di lui.

Si guardava intorno in cerca di una qualche risposta, che nessuno però sembrava potergli dare.

Tutti i semidei osservavano la scena con interesse, mangiando il loro pane, come se fosse un qualche spettacolo.

Leo valutò come comportarsi.

La sua missione era passata completamente in secondo piano, di fronte ad un bambino denutrito e maltrattato.

Lo stavano costringendo a lavorare per loro? Che razza di persone erano?! E dov’era sua sorella? Stava bene?

Leo non sapeva come comportarsi, non aveva il potere di cambiare le cose, era solo un cuoco.

“Leonardo, mi sto preoccupando. Chi c’è con te?” la voce di Daryan, sempre più tesa, gli diede un’idea.

Aveva un principe, dalla sua parte.

Un principe poteva senz’altro fare qualcosa.

“Daryan, c’è un bambino, massimo undici anni, ferito e denutrito” gli spiegò, con urgenza, avvicinandosi alle due semidee figlie di Noella.

-Potreste per favore restituirmi i biscotti avanzati?- chiese, con gentilezza.

-Perché?- White li strinse a sé.

-Biscotti?- il bambino osservò il sacchetto, confuso.

-Non li vorrai dare a lui, vero?- indovinò Snow, lanciando al bambino un’occhiataccia.

“Un bambino? Hanno rapito un bambino?!” chiese Daryan, sconvolto.

“Credo lavori per i ribelli. Potrebbero essercene altri, dubito abbia molta scelta. Tu puoi fare qualcosa, vero?” Leo spiegò meglio, cercando di concentrarsi nel frattempo anche sulla conversazione reale.

-Dammi i biscotti, per favore. Ce ne sono abbastanza per tutti- insistette, in tono gentile ma fermo, rivolto a White, che alla fine cedette, e gli porse il sacchetto.

-Non li voglio! Non hai risposto alla mia domanda! Sei un semidio?- il bambino indietreggiò fino a ritrovarsi dalla parte opposta della stanza, ma non fece cenno di volersene andare, non prima di aver ottenuto risposte.

Leo tirò fuori un biscotto, e lo porse verso il bambino.

-Come ti chiami?- chiese, proprio mentre Daryan gli rispondeva mentalmente.

“Non riesco a crederci… pensi che riusciresti a portarli fuori da lì? Potremmo offrire a lui e agli altri bambini cibo, cure e un posto dove stare” propose Daryan, in tono concitato.

Leo accennò un sorrisino. Sperava che gli avrebbe offerto supporto, e non era rimasto deluso.

Daryan era un bravo principe, sempre attento al suo popolo.

-Non la riguarda, signore… devo tornare a lavoro- il bambino scosse la testa, abbassò nuovamente lo sguardo, e fece per riprendere il vassoio e andarsene.

Leo non poteva lasciarlo andare così.

Doveva scoprire qualcosa in più.

-Aspetta, prendi almeno un biscotto. Per tua sorella!- provò ad insistere, porgendo con più forza il biscotto arcobaleno.

Il bambino esitò un attimo, poi si girò, e alla fine decise di afferrare il biscotto che Leo gli stava porgendo.

I loro occhi si incrociarono per un secondo.

…Leo non avrebbe mai imparato ad utilizzare quel potere in modo intuitivo.

Ma per una volta la sua incompetenza fu davvero importante.

“Spero che Daisy stia bene. Oh dei vi prego fate che stia bene. Ho paura. Era di turno a prendere l’acqua al pozzo. Spero sia tornata. Ho paura. Cosa ci fa lui qui?! Non voglio che gli facciano male. Ho così tanto paura! Sembra gentile… è un bugiardo. Devo andarmene! È un semidio? Ho paura! Se ritardo Lui mi colpirà. Non posso ritardare. Ho paura! Spero non trovi il biscotto. A Daisy era piaciuto tanto. Posso rischiare? Sì, purché non colpisca lei. Ho tantissima paura! Anche a Yara erano piaciuti… no, non posso prenderne altri. Non posso. Verremo puniti. Non posso permettere che vengano tutti puniti! Devo andare, devo andare. Ho paura!!”

A Leo arrivò un’ondata di pensieri terrificanti detti in estrema velocità, con tono velato di panico.

Il bambino davanti a lui, che lo fissava ostile mentre prendeva il biscotto, era in realtà terrorizzato.

A Leo venne quasi da piangere.

Doveva aiutarlo.

Questa volta non poteva lasciarlo andare e sperare per il meglio, con solo qualche biscotto.

No, questa volta doveva impuntarsi e aiutarlo, al massimo delle sue forze.

Giada avrebbe aspettato.

-Aspetta!- lo richiamò, notando che era in procinto di andarsene.

“Che vuole ancora? Cosa vuole?! Gli sono grato per i biscotti, ma non gli devo niente! Non gli devo niente, giusto? Meglio ridargli il biscotto. Non voglio avere debiti!” gli arrivò la voce del bambino in testa, che osservò il biscotto che aveva in mano, e fece per ridarlo a Leo, che però scosse la testa, e decise di rispondergli mentalmente, per non rendere tutti partecipi di quello che aveva sentito.

“Tienilo pure, non hai nessun debito nei miei confronti, e non mi devi niente” gli riferì Leo, con estrema calma, sperando non si spaventasse.

Il bambino sobbalzò, e si guardò intorno, molto sorpreso.

“Cos’era? Era il signore dei biscotti? Ma come? Non ha aperto la bocca? È davvero un semidio? Se è qui deve esserlo, giusto? Ma allora è in pericolo. Ed è così gentile. No, non mi deve interessare. Devo pensare al gruppo” Leo sentì tutta la sua confusione.

E sentiva anche una costante litania di sottofondo che sembrava ripetere a oltranza “Ho paura, ho paura, ho paura…”

“Puoi chiamarmi Leo. E posso comunicare con la tua mente. Non l’ho fatto di proposito, ma voglio aiutarti ad andartene da qui” Leo cercò di mostrargli tutte le sue buone intenzioni.

-Perché dovrei fidarmi di te?- chiese il bambino, schivo.

“L’ultima volta che mi sono fidato di un uomo amichevole sono finito qui. Non commetterò di nuovo lo stesso errore per uno stupido biscotto!” sembrava pieno di rabbia, e fissava il biscotto con odio, come se fosse il responsabile di ogni suo guaio.

“Non ti sto chiedendo di fare nulla per noi, non ti sto chiedendo di metterti in pericolo, non lo farei mai. Ma se vuoi andartene, possiamo portarti con noi quando scapperemo” gli rivelò Leo, incoraggiante.

-Avete intenzione di scappare?- chiese il bambino, sgranando appena gli occhi.

-Leonardo, non sarai così stupido da rivelare i tuoi piani ad un membro dei ribelli, vero?- chiese Nox, capendo ciò che stava succedendo nonostante potesse sentire solo una parte della conversazione.

Leo gli lanciò un’occhiata sdegnata.

-È un bambino, Nox. Merita di essere aiutato!- disse con sicurezza, facendo ritirare appena il semidio, che non si aspettava una presa di posizione così salda e un tono così serio.

Ma Leo aveva un fortissimo istinto di protezione verso i bambini, soprattutto se vedeva qualcuno patire la fame o venire picchiato.

Preferiva pentirsi, piuttosto che ignorare la sofferenza che quel bambino e i suoi amici stavano subendo.

“È serio? Vuole scappare? Se mi dice il piano e lo rivelo a Lui, forse ci daranno qualcosa da mangiare. No, legge i miei pensieri, sa che voglio tradirlo, non me lo dirà mai, adesso, e non mi aiuterà. Io ho bisogno di aiuto! Walt ha solo quattro anni! Non può stare ancora qui!” Leo sentì il pensiero veloce e confuso del bambino, ma si concentrò solo sull’ultima informazione.

“Quattro anni?! E cosa gli fanno fare?!” chiese, preoccupato.

“Daryan, com’è la politica di questo mondo sul lavoro minorile?” chiese poi al principe, che era rimasto in stand-by aspettando sue notizie.

“I ragazzi possono lavorare dai quindici anni, ma solo un determinato numero di ore, e solo previo consenso di un tutore, fino ai diciotto anni. Le leggi della dea Noella stabiliscono completa tutela dei bambini. Al di sotto dei quindici anni il lavoro minorile è completamente illegale!” rispose immediatamente, in tono offeso “Quanti anni ha il bambino?” chiese poi, mentre egli rispondeva alla domanda precedente.

-Di tutto. Ci fanno fare i compiti che loro non vogliono fare. Pulizia, cucina, raccolta di ingredienti, e… altre cose- rispose, in un sussurro.

-Aspetta, ma come è possibile?! Il lavoro minorile è bandito!- si infiammò Snow, iniziando a capire un po’ la situazione.

-Già… quanti anni hai? E quanti bambini siete?- chiese Leo, a voce alta così che anche gli altri fossero partecipi, e potessero aiutarlo a convincere il bambino a fidarsi di loro.

-Undici… credo… e siamo in sette. Io sono il più grande- rispose lui, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno lo stesse controllando.

“Se mi trovano qui sarò sicuramente punito. Lui mi ha detto di non interagire mai con nessuno dei prigionieri. Perché sto ancora parlando?! Ma se posso andarmene… se posso andarmene…” iniziava a convincersi, anche se era ancora terrorizzato.

“Undici anni. Ed è il più grande. Sono sette bambini. Abbiamo spazio per sette bambini, due semidee anche loro piccole, e due semidei adulti, non contando Giada?” Leo nel frattempo informò Daryan.

“Forse no, ma posso mandare due cavalieri nella città più vicina e noleggiare un’altra carrozza. Non ci vorrà molto. Tu esci presto?” chiese Daryan, mettendosi subito all’opera.

“Non lo so, in realtà… ti tengo aggiornato. Ma pensavo di liberare prima semidei e bambini e poi rientrare per Giada. Non è con tutti gli altri” spiegò Leo, il più trasparente possibile, senza ammettere di non avere la minima idea di come uscire da lì.

“Forse è una buona idea” ammise Daryan, anche se era chiaramente preoccupato.

-Appena torno a casa mi madre mi sente! Non possiamo permettere che dei bambini lavorino! È contro le leggi!- Snow era furibonda.

Il bambino sembrava piuttosto sorpreso da questa veemenza.

“Mi vogliono aiutare tutti? Perché? Cosa vogliono da me?”

-Non vogliamo niente, solo portarvi al sicuro- si affrettò a rassicurarlo Leo -…non so ancora come usciremo, e quando, ma usciremo presto, e se a te va bene, terrò il collegamento aperto con la tua mente, e quando saremo pronti a scappare, tu e gli altri sei bambini potete raggiungerci all’uscita, e vi porteremo fuori da qui. Vi daremo cibo, vestiti, un tetto e delle cure mediche- gli promise, incoraggiante.

“Possiamo davvero uscire? Mangiare?” il bambino sembrava davvero speranzoso.

Per un attimo, Leo fu certo che si fosse finalmente convinto.

Ma poi il suo sguardo tornò duro, e scosse la testa.

-No! È una trappola! Volete solo catturarci e torturarci per ottenere informazioni sui ribelli! E poi ci ucciderete quando non vi saremo più utili!- esclamò, gettando il biscotto a terra.

Leo si ritirò appena, sconvolto che un bambino di undici anni avesse questi pensieri per la testa.

Il peggio che era capitato a lui, a undici anni, era venire chiuso in camera la sera senza cena perché sbagliava un compito in classe o veniva sorpreso nelle risse.

Sempre traumatizzante, ma Leo non aveva mai pensato di rischiare la vita, o che le persone intorno a lui volessero torturarlo. Non a undici anni!

-Non è così. Voglio davvero il meglio per te e per gli altri. Non mi sognerei mai di fare del male a dei bambini!- insistette Leo, cercando di essere il più sincero e rassicurante possibile.

Aveva le lacrime agli occhi, che minacciavano di uscire da un momento all’altro.

Il bambino aveva iniziato a piangere, e scuoteva violentemente la testa.

“Non posso rischiare. Non posso rischiare che ci becchino intenti ad aiutarvi. Soprattutto se non so se posso fidarmi dopo. Potreste essere peggio di Lui!” i suoi pensieri erano un vortice che fece venire la nausea a Leo.

Però il cuoco non demorse.

-Non ti sto chiedendo di darci una mano per uscire, non ti sto chiedendo di tradire i ribelli e rischiare la vita per liberarci. Ti sto solo chiedendo di stare pronto per quando usciremo. Vi recupereremo, senza che i ribelli si accorgano di nulla, e vi porteremo via di qui. Non rischierete nulla, te lo prometto. E una volta fuori di qui, non permetterò a nessuno di fare del male a te e ai tuoi amici, io…- Leo sapeva che ci voleva qualcosa di serio per convincere il bambino che le sue intenzioni erano buone.

Sperò che l’idea che gli venne in mente fu abbastanza seria.

-…io lo giuro sui sette dei!- promise, in tono sacrale.

Tutti sobbalzarono, e si portarono una mano alla bocca, sconvolti, bambino compreso.

…sì, probabilmente era una promessa abbastanza seria.

-Sui sette dei?- chiese il ragazzino, incredulo.

-Giuro sui sette dei che non permetterò a nessuno di farvi del male, né qui, né fuori di qui, per faccende legate al vostro lavoro con i ribelli, ma anche in generale. Farò di tutto per tenervi al sicuro, e perché stiate bene, e in salute, e soprattutto ben nutriti- Leo insistette, non facendosi frenare dalle reazioni, e porse tutto il sacchetto con i biscotti arcobaleno per rendere ancora più chiara la sua decisione.

Il bambino lo prese in mano, senza credere che Leo avesse effettivamente promesso sui sette dei.

-È una promessa impegnativa- gli fece notare Nox, parecchio scioccato.

-Già… tipo, per ipotesi… se dovessi rompere questa promessa le conseguenze sarebbero dieci volte più gravi che se, per ipotesi, mentissi dicendo di essere sposato e di Lumai- gli diede manforte Payas, che però non sembrava molto sorpreso dalla scelta di Leo, anzi, aveva gli occhi brillanti.

Nonostante l’avvertimento, Leo non aveva alcun rimpianto.

Quella era una decisione che aveva preso con il cuore.

E aveva tutta l’intenzione di mantenere la parola data, con tutte le sue sei vite.

-Okay…- alla fine il bambino annuì -…raduno i miei amici… e poi vi vengo a liberare- strinse i biscotti al petto, e guardò Leo dritto negli occhi, con determinazione.

Leo cadde dalle nuvole.

-Cosa? No! No! È troppo pericoloso! Non devi librarci! Troveremo un altro modo! Io volevo solo aiutarvi, non devi ricambiare o altro!- provò a scoraggiarlo, anche se gli serviva davvero che qualcuno lo liberasse, dato che non aveva altri piani.

Ma era meglio chiamare Daryan piuttosto che mettere in pericolo dei bambini che aveva appena promesso di proteggere.

“Devo farlo, devo ricambiare! Non posso lasciarlo lì dopo che ha promesso di proteggermi. E se lo uccidono prima che si salvi? Lui ha promesso sui sette dei. Nessuno aveva mai promesso sui sette dei per me. Devo rendermi utile” diceva il pensiero profondo del bambino.

-Ehi, tu non mi devi niente, capito? Non devi renderti utile! Devi essere felice! È quello il tuo compito- lo riprese Leo, quasi rimproverandolo.

Il bambino gli lanciò uno sguardo quasi divertito.

-Quando sono pronto come mi metto in contatto?- chiese, con la mano già sulla porta, pronto ad uscire.

-Basta pensare il mio nome, Leonardo, o Leo, e il collegamento si apre da solo- rispose Leo, distrattamente -…ma non devi fare niente, capito?!- insistette poi nel fermare il bambino da quella missione che non approvava.

Ma lui sparì prima che Leo potesse riuscire a convincerlo.

-Maledizione!- borbottò, molto tra sé.

“Leonardo, tutto bene?” chiese Daryan, preoccupato.

“Sì, manda a prendere la carrozza, tra non molto dovrei liberarmi e venire all’uscita con tutta la banda” gli diede l’ordine, cercando di non mostrare quanto fosse nervoso per il modo in cui sarebbe uscito.

“Ottimo, saremo pronti!” gli promise Daryan, incoraggiante.

Leo interruppe il collegamento, ma uno nuovo si aprì immediatamente dopo.

“Leo…” era la voce del bambino.

“Sì, sono io, non devi minimamente liberarci se è troppo pericolo…” Leo provò immediatamente a convincerlo, ma il bambino lo interruppe.

“Volevo solo assicurarmi che funzionasse… mi chiamo Gideon, comunque” gli rivelò il nome, segno che aveva deciso di fidarsi interamente di Leo.

“Gideon… okay, bel nome, Poi mi presenterai anche tutti gli altri” si fece promettere Leo, incoraggiante “Però, sul serio, non devi…”

“Puoi lasciarmi libera la mente? Devo concentrarmi” gli chiese il bambino, tagliando la sua obiezione.

Leo scosse la testa, e sospirò, sconfitto.

“Okay, ma stai al sicuro!” si fece promettere, prima di chiudere il collegamento.

Si sedette sul letto, agitato.

-…psicologia inversa?- chiese Nox, sinceramente sorpreso dalle doti oratorie di Leo, che però scosse la testa.

-Assolutamente no! Non volevo che ci liberasse! Volevo solo aiutarlo- si difese, iniziando a sentirsi in colpa per aver coinvolto lui e il resto dei bambini.

-Devo ammettere che… è molto eroico- Nox decise di concedergli il beneficio del dubbio.

-Quindi… verremo liberati tra poco?- Payas fece il punto della situazione.

-Leonardo verrà liberato. E magari tu, dato che non dovevi essere qui, ma noi dobbiamo attenerci alla Storia e restare in cella finché non viene il gruppo di Nivern- Nox rimase fermo sui suoi ideali.

-Sì, è tutto previsto e saremo al sicuro- gli diede man forte White, annuendo.

-Cosa?! Ma perché?! Io voglio tornare a casa, da mia mamma, e mio padre, e i miei amici! Mi sono stancata di stare qui! Non possiamo unirci a Leo?!- Snow era di tutt’altro avviso, e iniziò a lamentarsi, buttandosi melodrammaticamente sul letto, e iniziando a far nevicare intorno a lei, per dare più enfasi.

-Se venite con me starete al sicuro, ve lo prometto! E tornerete tutti a casa molto prima!- promise Leo, cercando di convincere White e Nox.

-Prometti sugli dei anche per noi?- Nox scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.

-No, ma farò da scudo umano. Sono benedetto da Jahlee, ho ancora sei vite- spiegò, sicuro di sé.

Nox rimase immobile.

-Benedetto da Jahlee?- ripeté, convinto di aver capito male.

-Figo! Qual è il simbolo?- chiese Snow, avvicinandosi.

-Il… cosa?- Leo sapeva minimamente a cosa si stesse riferendo.

-Il simbolo! Della benedizione! Quando gli dei vogliono mostrare il supporto alla persona che hanno benedetto, lo fanno tramite un simbolo del colore del dio! Se ti ha benedetto Jahlee, dovresti avere un simbolo viola- spiegò Snow, eccitata, e iniziando a squadrare Leo alla ricerca di tale simbolo.

Il cuoco scosse la testa.

-Non ho nessun simbolo- ammise -Ma ho la benedizione. Me l’ha detto Jahlee in persona, al tempio, e mi ha salvato una volta. Mi rimangono sei vite, ancora- spiegò Leo, che non aveva mai sentito parlare di simboli.

Ma nessuno era stato benedetto da secoli, forse questa informazione era sfuggita agli storici. 

I semidei, però, erano sicuramente più esperti.

-Allora Jahlee non ti supporta pienamente. Ovvio, dato che sei un outsider. Comunque, io non verrò con te, preferisco attenermi alla storia- Nox si tirò fuori dall’operazione.

-Nox, se le semidee vengono con me, ci sarà una spedizione di Nivern pronta a salvarti?- gli chiese Leo, sinceramente curioso.

Nox lo guardò qualche secondo.

 

-Io non volevo venire, però!- si stava lamentando il semidio figlio del dio dell’oscurità, mentre insieme ad altri due ragazzi e a nove bambini stava correndo velocemente ma silenziosamente attraverso i corridoi bui dell’edificio.

-Forse avremmo dovuto seguire la Storia- pigolò una voce che non aveva corpo, dato che White si era resa invisibile ed era attaccata alla sorella, che al contrario era emozionata.

-Non vedo l’ora di tornare a casa!- esclamò, felice, saltellando.

-Shhhh, non dobbiamo attirare l’attenzione- li riprese una bambina.

Leo era molto bravo con i nomi, e li aveva già imparati tutti. Lei era la più grande dopo Gideon, e si chiamava Riley. Così come gli altri, aveva i vestiti rovinati e sembrava malnutrita.

Ma sembrava molto più aperta di Gideon, e quando aveva visto Leo, gli aveva sorriso e si era messa a disposizione.

Gli altri bambini erano Clay, di otto anni, che era stato il più reticente a seguirli, Daisy, la sorella di Gideon, che quando aveva riconosciuto Leo l’aveva abbracciato forte, Yara, che come Daisy aveva sette anni, che era molto minuta ed era andata in ricognizione perché si mimetizzava facilmente tra le ombre dei corridoi, Jack, cinque anni, che non smetteva di fare domande, ed era stato preso in braccio da Payas, ed infine Walt, il più piccolo di tutti, che si era appiccicato a Nox e non lo lasciava andare.

Leo non vedeva l’ora di portarli tutti al sicuro.

-Io non volevo venire, però- borbottò di nuovo Nox, che però teneva Walt con attenzione, ed era molto attento ai dintorni.

-Vedi il lato positivo, Noxy, almeno il ratto dei semidei è un evento senza conseguenze. Non è mica come il…- silenzio -…oh, giusto! Leo non sa ancora questa cosa- Payas si tappò la bocca con la mano libera.

-Di cosa stai parlando?- chiese Jack, curioso.

-Niente, niente...- Payas cercò di tralasciare l’argomento.

-Silenzio! Non dobbiamo farci beccare- insistette Riley, supportata da Gideon.

Quei bambini erano molto più competenti di tutti loro prigionieri messi insieme, soprattutto di Leo.

Stavano facendo tutto loro.

E Remington non si era più fatto sentire.

Non che Leo se ne lamentasse.

Aveva solo paura che non sarebbe stato così facile portare quel grande gruppo fuori dalla base dei ribelli senza dare nell’occhio.

Leo non aveva mai avuto fortuna per quelle cose, dopotutto.

Ma chissà, magari per una volta gli dei sarebbero stati dalla sua parte, ora che quattro loro figli erano con lui.

Laasya, dal suo trono, stava pregando sé stessa che Leo ci rimanesse secco.

Ma divinità a parte, il discorso tra Payas e Nox stava continuando, e attirò l’attenzione di Leo.

Gli piacevano gli spoiler che Payas si lasciava sfuggire. Ci capiva poco, ma gli davano comunque un’idea generale.

C’era un evento della Storia pieno di conseguenze che lui non conosceva ancora? Chissà cos’era.

-Stai parlando della caduta di…?- iniziò a chiedere Nox, facendosi quasi sfuggire lo spoiler che Payas era riuscito a trattenere.

Per sfortuna di Leo, Payas si accorse subito, e mise una mano sulla bocca di Nox, bloccando l’informazione.

-Questo Leo non lo può ancora sapere, sarebbe un disastro!- affermò, categorico.

-Che cosa non devo sapere?- provò a chiedere Leo, iniziando a preoccuparsi.

Venne interrotto dall’arrivo di Yara, che era andata in ricognizione.

-La via è libera fino all’uscita- affermò, con sicurezza, rimettendosi in fila insieme a loro.

Sembrava una ragazza piena di energia.

-Ottimo, Yara, sei stata fantastica. Ma per sicurezza continuo a stare io davanti, nel caso ci sia qualche imprevisto- Leo si complimentò con la bambina, che sorrise radiosa, felice per l’elogio, e poi continuò a camminare, sempre con circospezione.

Erano un gruppo abbastanza compatto, ma Leo si era messo come aprifila, seguito immediatamente da Gideon che teneva la sorella Daisy per mano, e dalle gemelle, anche loro per mano.

Poi c’erano Riley, Clay e Yara.

E infine i due semidei più grandi, con i bambini più piccoli in braccio.

Procedettero senza intoppi per buona parte del percorso, e in men che non si dica, Leo vide le prime luci dell’uscita.

Ce l’avevano fatta?

Era stato davvero così facile?

Certo, con delle informazioni interne di Gideon e gli orfani, e il sopralluogo di Yara, ma era stato davvero semplice.

Forse troppo semplice?

No, no, Leo doveva essere ottimista.

Sarebbero usciti sani e sal…

Neanche il tempo di finire il pensiero, che gli arrivò un urlo in testa, che lo fece fermare immediatamente sui suoi passi.

“LEONARDO ATTENTO! È UNA TRAPPOLA!” sentì la voce preoccupata di Remington.

-Tutti dietro di me!- urlò immediatamente Leo, ed ebbe a malapena il tempo di spingere Gideon dietro di lui, prima che un enorme muro di fuoco, proveniente da chissà quale arma, si avventò su di loro.

-Pensavate di scappare, eh?- sentì una voce schernirlo, che apparteneva a qualcuno che non riusciva a vedere, e sollevò la mano, un goffo tentativo di proteggersi, pronto ad essere arrostito a puntino e sperando che la benedizione lo proteggesse anche dal diventare un arrosto.

Anche se morire diventando cibo non era la peggiore delle opzioni.

Attese qualche secondo, spaventato.

Ma non accadde nulla.

Anzi, sentiva freddo.

Non aveva molto senso.

Forse si era ustionato così tanto che ora sentiva l’effetto opposto, ovvero il freddo?

Poteva avere senso.

Sentì un urlo, che lo fece sobbalzare, e gli fece aprire gli occhi di scatto.

-Snow, stai bene?!- chiese, riconoscendo la bambina che aveva urlato, e notando davanti a sé un grande blocco di ghiaccio, incredibilmente spesso, che aveva chiuso completamente il corridoio, e bloccato le fiamme.

-Wo!- esclamò, sconvolto, e si girò verso la semidea.

-Sei stata tu? Sei stata incredibile! Ti ha fatto male? Per questo hai urlato. Hai bisogno di…- iniziò a mettersi a disposizione, controllando nel frattempo gli altri membri del gruppo.

Erano tutti illesi, ma sconvolti, e alternavano lo sguardo tra il blocco di ghiaccio, e Leo.

-Non sono stata io!- Snow interruppe lo sproloquio di Leo, che si voltò quindi verso White.

Strano, pensava che la bambina diventasse solo invisibile.

Magari aveva due poteri? O un artefatto divino, come lui?

-White, sei stata tu? Ti ringra…- ma venne nuovamente interrotto quando la bambina scosse la testa, fissandolo a bocca aperta.

Era così sconvolta da essere tornata visibile.

-E allora chi…?- Leo si rivolse agli altri semidei.

Nox era impallidito.

Payas lo fissava con le lacrime agli occhi, sembrava commosso.

-Leo… sei stati tu- gli fece notare, indicando la sua mano.

Leo la guardò, senza capire, e sobbalzò nel notare che sul dorso della mano sinistra, quella che aveva sollevato per proteggersi, era comparso un simbolo, tracciato con inchiostro arancione, e aveva la forma arzigogolata di un fiocco di neve molto artistico.

Sembrava brillare appena, e poi divenne bianco, e al centro comparve una specie di orario, o timer: 6:59.

Lo fissò a bocca aperta, sconvolto.

-Ti ha benedetto! La mamma ti ha benedetto!- esclamò Snow, che aveva urlato non per paura, ma per gioia. Sembrava estasiata.

-Non è possibile… due benedizioni…- Nox sembrava spaventato.

Leo, però, era completamente senza parole.

Era appena diventato Elsa di Frozen?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Da una parte ero molto felice di scrivere questo capitolo, dall’altra è stato davvero difficile gestire tutti quei collegamenti mentali, e tutti questi personaggi.

Davvero troppi personaggi tutti insieme, aaaaahhhh.

Ma è stato anche divertente, soprattutto Fausto il fusto e i battibecchi tra Remington e Leo.

La parte di Gideon è stata davvero difficile, e spero che sia uscita bene.

E non vedevo l’ora di scrivere della seconda benedizione di Leo. In quanti se lo sarebbero aspettato?! Soprattutto dopo la reazione di Noella nel capitolo precedente, ahahahah.

Che dire, alla fine Leo conquista tutti, soprattutto se tratta bene i bambini degli altri.

E con questo avete anche conosciuto tutti i semidei.

Ma c’è ancora una semidea da salvare, e sette orfani da portare al sicuro. Non c’è tempo da perdere!

Leo mi è piaciuto molto in questo capitolo. Fermo sulle sue idee, flirtante con Daryan, sempre il solito idiota che sbaglia ma che ha un grande cuore, insomma, è sempre piacevole scrivere di lui.

Vi do appuntamento al prossimo capitolo che spero arriverà il prima possibile! Non dovrei metterci molto, perché vorrei concludere la storia entro il 18 Agosto, e mancano solo tre capitoli.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un grande bacione e alla prossima! 

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Capitolo 22
*** Con la forza di Elsa salverò la mia migliore amica. Let it go! ***


Con la forza di Elsa salverò la mia migliore amica. Let it go!

 

Al concilio degli dei, dove tutti stavano osservando il ratto dei semidei con una certa apprensione, visto l’intervento del cuoco, i presenti si girarono sconvolti verso Noella, che dal suo trono si stava osservando disinteressata le unghie.

Resosi conto dell’attenzione, alzò le spalle.

-Che c’è?- chiese, come se non sapesse quanto grave fosse ciò che aveva appena fatto.

-Lo hai benedetto?!- chiese Laasya, sforzandosi al massimo delle sue forze per non strozzarla.

Erano immortali, dopotutto, non sarebbe servito a niente.

-Hai visto come si è comportato bene, con le mie figlie? E con tutti quei bambini… non potevo non offrirgli il mio supporto- rispose Noella, ovvia.

Era la più giovane di tutti gli dei, e non aveva mai amato seguire le regole. Aveva anche una carattere molto impulsivo, e cambiava idea facilmente. Ci voleva poco sia per ottenere il suo favore, che per perderlo.

Ma salvare dei bambini era una delle poche azioni che le avrebbero dato una buona opinione di una persona, e tale opinione non sarebbe mai cambiata.

Soprattutto se utilizzava il più importante giuramento dei sette regni per assicurare a tali bambini che sarebbero sempre stati al sicuro. Leonardo stava praticamente flirtando con lei! Andiamo!

-Non puoi benedire gli esseri umani, Noella! Ritira subito la benedizione- la riprese Omish, paziente ma anche esasperato.

-Non mi metto in ridicolo ritirando una benedizione appena data! È contro le regole benedire le persone di questo mondo, ma non c’è nessuna legge che ci vieti di benedire gli outsiders!- si difese la dea della neve, con un ghigno soddisfatto per aver trovato una scappatoia al regolamento. 

-E se tornassimo indietro a prima che la benedizione fosse lanciata?- chiese Laasya, decidendo di ignorarla, e rivolgendosi a Kalea, che osservava la situazione con estremo interesse.

-Metteresti le bambine in pericolo- borbottò tra sé.

-Non ci pensare nemmeno! Lo benedirei comunque! Non potete fermarmi!- si scaldò Noella.

-Veer, Omish, per la manovra di emergenza?- Laasya si rivolse ai due dei incaricati di contenere il disastro Leo.

Omish stava lavorando a delle carte, mentre Veer osservava la scena del ratto dei semidei con un sorrisino furbetto.

-Sarà pronta presto, Laasya, non temere- la rassicurò Omish, l’unico sul quale Laasya poteva contare.

-Mi ritiro. Ho già visto abbastanza di questo Leo per una vita intera- sbuffò la dea, alzandosi dal trono.

-Ma siamo immortali- le fece notare Flora, confusa.

-Appunto- con un ultimo sbuffo, Laasya scomparve in una pioggia di luce.

-Ora ho l’esclusiva su Leonardo l’outsider!- gongolò Noella, ritornando ad osservare la scena, molto soddisfatta del suo operato.

-Ehi, io l’ho benedetto per primo- si lamentò Jahlee, che era più distratto degli altri, preoccupato per sua figlia.

-Ma io sono stata la prima a marchiarlo- Noella sollevò la mano, per indicare il simbolo che aveva impresso su Leo.

Jahlee le fece il muso.

Avrebbe rimediato!

 

Leo non riusciva a credere di aver ricevuto un’altra benedizione divina. Osservava la mano come se venisse dallo spazio, e tracciava il contorno del segno impresso in arancione su di essa senza sapere come prendere la cosa.

Ma non aveva tempo di rimirare il tatuaggio.

Aveva dei bambini da trarre in salvo, dei semidei da liberare, e un’amica da salvare che al momento stava venendo probabilmente torturata.

Non aveva tempo da perdere!

“Tutto bene, Leo?” chiese la voce di Remington, che gli aveva praticamente salvato la vita, avvertendolo in tempo del pericolo.

“Sì, sì… no… non lo so” Leo iniziò a guardarsi intorno, cercando una vita d’uscita.

Il suo sguardo si posò su Gideon, che teneva stretta sua sorella, e sembrava terrorizzato.

L’attenzione di Leo si spostò immediatamente dalla presunta benedizione per concentrarsi completamente sui bambini.

Aprì in fretta il collegamento mentale che aveva con Gideon, per controllare cosa lo stesse spaventando così tanto.

“Lui è qui! Ci ha scoperto! Ci ucciderà! Devo proteggere Daisy! Devo proteggere tutti! Non avrei mai dovuto disobbedire! Ci ucciderà!” la sua mente aveva un tono acuto e nel panico.

Leo non aveva tempo da perdere a rimirare la benedizione.

“Gideon, va tutto bene, è dall’altra parte del ghiaccio e possiamo seminarlo. C’è un’altra uscita nelle vicinanze?” provò ad attirare l’attenzione del bambino e a rassicurarlo, guardandosi intorno e notando altre vie.

Gideon si riscosse, e indicò una strada.

-Perfetto. Ragazzi, seguitemi- Leo fece un cenno all’intero gruppo di seguirlo, e si diresse per primo nella nuova strada, facendo ancora da scudo umano, felice di non aver perso una vita con l’attacco di fuoco ma deciso a rischiare ancora le sei che gli rimanevano per proteggere i bambini e i semidei.

“Molto nobile… esci il prima possibile da lì” gli suggerì Remington, con tono preoccupato.

“Grazie del suggerimento” Leo si riferiva all’avvertimento di prima. Era stato provvidenziale per mettersi in posizione ed evitare che gli altri venissero feriti.

“Scusa il ritardo… porta tutti fuori e poi troviamo un nuovo piano” Remington aveva ragione, la priorità era portare tutti fuori.

E se il semidio glielo stava suggerendo, dopo che aveva espresso sentitamente di non volere che Leo portasse fuori nessuno, significava che la faccenda era seria.

E “Lui” era pericoloso.

“Avverti anche il principe di prepararsi ad andarsene, perché potrebbero attaccare da un momento all’altro. Per fortuna non sanno ancora dove sono e chi sono, ma si stanno organizzando” avvertì poi Remington, e Leo si fermò per un secondo sui suoi passi, spaventato.

Daryan era in pericolo?!

Non solo lui, ma anche il resto dei cavalieri in missione?!

Era tutta colpa sua!

Avrebbe dovuto farsi i fatti suoi, attenersi al piano, e non mettere la vita di così tante persone nelle sue mani.

-Leo, c’è un pericolo?- una voce timida e preoccupata lo riscosse dal suo pensiero, e Leo si girò verso Daisy, che lo guardava, insieme agli altri bambini, e ai semidei.

Il cuore di Leo si calmò appena.

Non aveva tempo di tergiversare.

-No, tutto bene. Vi porto fuori di qui- sussurrò, ricominciando a camminare con attenzione ma anche il più svelto possibile.

Aveva fatto bene a portare quei bambini al sicuro. Non avrebbe mai potuto vivere con sé stesso se non ci avesse provato, e sebbene ora la strada fosse più difficile, era pronto a percorrerla e a fare del suo meglio per salvare tutti quanti, anche a costo delle sue sei vite!

“Daryan…” aprì il collegamento con il principe.

“Leonardo! Per tutti gli dei! Stai bene?!” chiese lui, immensamente preoccupato.

“Sì, circa… è un mezzo casino, credo che ci abbiano mezzo beccato, ma stiamo uscendo, penso in zona…” dov’erano? Leo non ne aveva la minima idea.

“Siete nella zona est” gli suggerì Remington.

“…est. Zona est. Preparati a prendere i bambini, i semidei e ad andare via il prima possibile” concluse Leo, non nascondendo la fretta che avevano, e aumentando il passo nel sentire che poco distante qualcuno aveva iniziato a seguirli.

-Ragazzi, meglio correre- incoraggiò i suoi compagni ad alta voce, prendendo in braccio Daisy, che era la più piccola e l’unica dei bambini rimasti a terra che potesse prendere in braccio considerando la sua stazza.

“Ci dirigiamo immediatamente a est a prendervi!” Daryan fu molto ricettivo.

Leo si sentiva sollevato a poter contare su di lui.

E presto riuscì a vedere la luce in fondo al tunnel.

“Daryan, siamo quasi fuori” informò il suo principe.

“Vi stiamo aspettando, non c’è nessuno qui fuori” lo informò Daryan, incoraggiante.

-Un ultimo sforzo- incoraggiò i suoi compagni di avventura a fare uno sprint finale.

Yara fu la prima ad uscire, seguita da Riley, Clay, e le gemelle.

I due semidei, con i piccoli orfani in braccio, superarono Leo, che mise Daisy a terra e la incoraggiò a seguirli, restando indietro per assicurarsi che tutti uscissero senza problemi.

Gideon fece altrettanto, incoraggiando la sorella a precederlo, e poi si girò verso Leo, che iniziava a sentire passi sempre più vicini.

Sarebbero davvero riusciti a scappare senza essere raggiunti?

-Signore, andiamo!- lo incoraggiò Gideon, prendendogli il braccio e iniziando a trascinarlo fuori.

Leo, però, non era convinto.

Se anche fossero usciti, poi Leo sarebbe dovuto rientrare a salvare Giada, e non era certo che Daryan gli avrebbe permesso di andare da solo.

Se però veniva accompagnato, rischiava di mettere in pericolo la persona che sarebbe venuta con lui.

Se restava all’interno, poteva distrarre le guardie, farsi catturare, e ora aveva dei poteri di ghiaccio che poteva usare per scappare, non aveva più bisogno degli oggetti esterni per tirarsi fuori dai guai.

Certo, era un potere che non sapeva controllare, e non era neanche del tutto certo di poterlo fare, ma comunque sarebbe stato l’unico in pericolo.

“Leonardo, dove sei? Abbiamo recuperato i bambini, e stiamo preparandoci ad andare” lo informò Daryan, urgente.

Leo lanciò un’occhiata a Gideon, che continuava a trascinarlo e tremava vistosamente.

I passi dietro di loro si avvicinavano.

-Gideon, lasciami e vai all’uscita- Leo incoraggiò il bambino a smettere di trascinarlo, in tono fermo.

-Cosa?- chiese lui, girandosi sorpreso verso Leo, ma non smettendo di trarlo con sé.

Leo iniziò a fare resistenza.

-Gideon, lasciami e vai all’uscita- ripetè, più deciso, controllando la mano sinistra, dove il simbolo della dea Noella brillava con forza. Il numero era sparito. Forse era un timer.

Leo sentiva i polpastrelli più freddi. 

Sapeva con assoluta certezza di poter usare di nuovo il potere.

E sapeva con altrettanta certezza, che se avesse varcato la soglia che l’avrebbe portato all’esterno, Daryan, Chevel o altri non gli avrebbero permesso di rientrare da solo per salvare Giada.

Ergo, doveva restare all’interno, e pensarci da solo.

“Leo, esci!” lo incoraggiò Daryan.

“Daryan, prenditi cura dei bambini e portali al sicuro!” gli chiese Leo, bloccando poi il collegamento prima di sentire una risposta.

-Signore…- Gideon era confuso, si fermò, come se volesse seguire Leo fino alla fine.

“Perché si ferma? Dobbiamo andare! Devo aiutarlo! Ha salvato tutti, devo aiutarlo!” dicevano i suoi pensieri, alternati ad esternazioni di paura e preoccupazione.

Leo si piegò verso di lui.

-Devo procedere da solo. Chiuderò l’uscita così che non possano seguirti, e continuerò la mia missione- gli spiegò, mettendogli le mani sulle spalle e guardandolo dritto negli occhi.

-Ma… ti faranno del male- Gideon era preoccupato.

La sua mente esprimeva meglio delle sue parole il suo terrore.

E il suo desiderio di restare al fianco di Leo.

-Sei stato bravissimo e coraggiosissimo, ma adesso devi seguire tua sorella e tutti gli altri, e prenderti cura di loro al posto mio, almeno per un po’. Un uomo gentile di nome Daryan vi porterà al sicuro- Leo gli indicò l’uscita, e poi gli diede una carezza sulla testa, spezzando in questo modo il collegamento mentale.

Alla fine Remington aveva ragione, era abbastanza naturale se Leo ci metteva un minimo di impegno.

“LEONARDO!” Daryan nel frattempo lo chiamava cercando di aprire il legame, ma Leo continuava a richiuderlo.

-Vai!- incoraggiò Gideon ad andare.

Il bambino si girò, e fece i pochi metri che lo separavano dall’uscita con la massima fretta, lasciando indietro Leo, che nel frattempo era stato quasi raggiunto dai ribelli che li stavano inseguendo.

Leo tirò un profondo respiro, sperando di non sbagliarsi.

Per un attimo gli sembrò di vedere la figura del principe all’ingresso.

Poi sollevò la mano sinistra, concentrandosi su ciò che voleva ottenere, e un muro di ghiaccio, incredibilmente spesso, si formò tra lui e l’uscita, chiudendolo dentro, e tenendo fuori i cavalieri di Jediah.

“Non mi aspettavo questa tua presa di posizione” commentò Remington, in tono indecifrabile.

“Se fossi uscito non sarei mai riuscito a rientrare da solo, e devo salvare Giada senza mettere nessun altro in pericolo!” Leo spiegò il suo ragionamento, che per la prima volta dall’inizio della storia aveva effettivamente una logica giusta.

Iniziava finalmente a rendersi conto dei pericoli di quel mondo, ora che era uscito dalle mura del palazzo e aveva visto com’erano ridotte le persone più bisognose.

Inoltre le parole di Remington sulle conseguenze che stava portando alla Storia con la sua sola presenza erano un piccolo tarlo nella sua mente.

Non voleva che qualcuno si ferisse a causa sua, non poteva permetterlo.

“Non riesco a capire se sei coraggioso o solo molto molto stupido…” borbottò Remington, mostrando una certa incredulità.

Leo alzò le spalle.

“Forse entrambe le cose. Stupidità e coraggio spesso vanno a braccetto” Leo citò ciò che aveva detto a Chevel quando anch’egli gli aveva fatto la stessa identica osservazione.

“Forse il termine giusto è altruista… che strano, sono nella tua testa da due giorni e ancora non riesco a comprenderti, Leonardo” la voce che Remington stava usando nella sua testa era sorpresa, e quasi amichevole. Era la prima volta che gli parlava in quel modo, quasi con… rispetto.

O forse era solo completamente certo che Leo sarebbe morto di lì a poco, e quindi aveva deciso di trattarlo bene i suoi ultimi secondi.

Infatti pochi istanti dopo i passi alle spalle di Leo si fecero fin troppo vicini, e neanche il tempo di girarsi, che Leo si trovò faccia a faccia con tre guardie armate e inquietanti.

Una era palesemente Fausto il fusto, Leo lo riconosceva dalla massa invidiabile.

Un’altra era una giovane donna che Leo non aveva mai visto, che lo guardò dall’alto in basso.

Ma l’attenzione del cuoco venne attirata maggiormente dalla guardia al centro, l’unica con il volto coperto, che era vestita da cavaliere, e che Leo riconobbe come “Lui”.

L’uomo che l’aveva quasi ucciso con un’ondata di fuoco.

Leo si guardò la mano.

I numeri erano ricomparsi sul tatuaggio improvvisato.

6:14

E scendevano in fretta.

Era un conto alla rovescia con minuti e secondi.

Comodo.

-Dove sono i tuoi compagni di avventura?- chiese Lui, avvicinandosi a Leo e puntandogli una spada contro.

-Chi?- Leo fece il finto tonto. Gli riusciva facile e aveva esperienza con i ribelli antimonarchici.

-Gli altri semidei e i bambini che ci hai ingiustamente sottratto!- rispose la donna, aggressiva.

-Ohhhh… sono andati altrove, zona ovest penso, dovreste controllare lì- Leo indicò la direzione opposta.

-Grazie Remington- l’unico a crederci fu Fausto il fusto, che sorrise e iniziò ad avviarsi.

Venne fermato da Lui, che lo afferrò per il braccio e lo tenne sul posto.

Se riusciva a bloccare un tizio di quella stazza, era una persona davvero temibile.

-Remington? Da quando il dio del fuoco ha un figlio con il potere di creare ghiaccio? Faust, ogni volta la tua stupidità mi sorprende- Lui ridacchiò a spese del collega, che lanciò un’occhiata di estrema confusione verso Leo.

-Beh, non c’è bisogno di essere così offensivi- Leo prese le difese del fusto che si sentiva un po’ in colpa per aver imbrogliato.

Venne ignorato.

-E comunque io ho conosciuto Remington, ed è molto più alto, e prestante, e intelligente rispetto a… questo- Lui indicò Leo con un certo disgusto.

Leo non era neanche offeso. Finché gli faceva perdere tempo, gli andava bene. E ormai si era abituato a persone che lo giudicavano e lo odiavano appena posavano gli occhi su di lui.

“Ah, almeno Brandon ha un po’ di gusto” borbottò soddisfatto Remington nella sua testa.

Un momento…

-Brandon?- chiese Leo ad alta voce, confuso.

“Tu conosci Lui?!” si ritrovò ad esclamare nella sua testa, sconvolto.

“Ehhh… no?” Remington non sembrava convinto di ciò che diceva.

Lui, o meglio, Brandon, ridacchiò, ignaro della conversazione mentale.

-Vedo che la mia fama mi precede… suppongo che prima o poi avremmo fatto le presentazioni ufficiali, ma mi aspettavo di incontrarti in circostanze diverse- Brandon si tolse l’elmo che gli copriva il viso, mostrando una zazzera di capelli neri, e occhi azzurri e taglienti come il ghiaccio.

Aveva anche una barba piuttosto rustica, e sembrava andare sui trenta.

-Circostanze diverse?- chiese Leo, senza riuscire ad interpretare cosa intendesse.

-Lascia stare, Leonardo- agitò la mano davanti al viso come a surclassare l’argomento.

Leo sobbalzò.

-Come sai il mio nome?- chiese, sorpreso.

-Leonardo? Il cuoco? Quel Leonardo il cuoco?- chiese la donna, sorpresa.

-Aspettate, chi?- Faust sembrava confuso. E venne ignorato.

-Girano tante indiscrezioni circa Leonardo il cuoco benedetto da Jahlee. Pensavi davvero che fosse possibile tenere il segreto del primo benedetto da secoli?- Brandon scosse la testa, e rispose con tono ovvio.

“Remington? Hai fatto la spia?!” lo accusò Leo, offeso.

“NO!” si difese Remington, più offeso di lui.

“E allora come lo spieghi il fatto che il tuo migliore amico Brandon sa tutto di me?!” insistette Leo, sentendosi minacciato.

“Non sono l’unico a far girare informazioni nei sette regni! E comunque Brandon non è mio amico! L’ho visto solo un paio di volte!” l’offesa di Remington raggiunse i massimi livelli, come se essere associato a Brandon fosse il peggio di cui lo potessero accusare.

Il Brandon in questione si avvicinò a Leo, e gli prese la mano sinistra. Leo avrebbe voluto ritirarsi, ma l’uomo era decisamente forte.

-Ehi, spazio personale!- provò a lamentarsi, ma non riusciva ad essere troppo incauto davanti a quel tizio.

Gli incuteva parecchio timore, molto più di quanto gliene avesse mai fatto provare Chevel, o Lionel, o persino Victor.

Forse perché aveva sentito e provato i pensieri di Gideon, e quindi sapeva di cosa fosse capace.

“Leonardo, di che stai parlando?” chiese Remington, confuso.

Leo fu sul punto di rispondergli riguardo ciò che aveva scoperto dei sette orfani, ma Brandon ricominciò a parlare, attirando la sua massima attenzione.

-Ma a quanto vedo hai un’altra benedizione, da parte di Noella oltretutto... davvero interessante. Dovremo stare attenti a non farti scappare- Brandon osservò con attenzione il nuovo tatuaggio sulla mano di Leo.

-Angela sarà felice di parlargli- commentò la donna, osservando Leo come se fosse un pezzo di carne prelibato.

-Non sto capendo, non è Remington?- chiese Faust, che continuava a fissare Leo con estrema confusione.

-Vi illudete se pensate che verrò con voi senza combattere- in realtà Leo voleva farsi catturare, ma fece finta di essere completamente inerme, cosa che in parte era, e si preparò a difendersi.

Brandon non sembrava affatto impressionato.

-Se non volevi essere catturato, saresti scappato con i tuoi amichetti. Suppongo che tu voglia salvare la semidea Yu, e che pensi di farcela da solo. Pensiero onorevole, ma davvero stupido. Meglio per me, dato che eri tu il vero obiettivo, non il resto del gruppo- Brandon iniziò a rigirarsi la spada tra le mani, soppesandola appena, e avvicinandosi a Leo in modo parecchio minaccioso.

-Cosa?- Leo non fece in tempo a chiedere ulteriori chiarimenti, che Brandon sollevò l’elsa della spada, e lo colpì in testa, facendolo svenire sul colpo.

 

Nei film d’azione di solito le botte in testa erano dei modi veloci per passare da una scena all’altra, e il protagonista si riprendeva piuttosto in fretta dal dolore, nonostante comunque si trovasse sempre in una posizione di svantaggio, una volta svegliato.

Di solito, si destava in una cella buia e umida, o legato ad una sedia.

Leo non era legato ad una sedia, ma si trovava in una cella buia e umida.

E aveva un mal di testa pressante e pulsante che gli metteva quasi la nausea per quanto fosse forte e doloroso.

Era un miracolo che si fosse svegliato, francamente. Forse aveva attivato la benedizione di Jahlee?

Una cosa era certa, era in svantaggio.

E non aveva idea di quanto tempo fosse passato.

Doveva contattare Daryan, assicurarsi che i bambini e i semidei stessero bene, e mentirgli dicendo che lui era al sicuro e tutto era sotto controllo.

Con la testa che ancora gli pulsava, e senza neanche mettersi a sedere Leo chiuse gli occhi e si concentrò sul principe.

“Daryan…” provò ad aprire il collegamento, ma non sentì niente.

Silenzio totale.

“Daryan!” lo chiamò ancora, iniziando a preoccuparsi.

Non cambiò assolutamente nulla nella sua condizione, e nessuno gli rispose.

Leo si mise a sedere di scatto, provocandosi ancora maggiore mal di testa.

-Daryan!- disse ad alta voce, sperando di ottenere risultati migliori.

-Oh, eri connesso con il principe Daryan? Ovvio considerando che sei alla corte di Jediah, interessante. Peccato che i legami si spezzino quando l’orecchino viene tolto, o avrei potuto trascinarlo in una trappola- una voce che veniva da fuori la cella, appartenente ad una persona nascosta nel buio, lo fece sobbalzare.

Leo si girò di scatto, e poi si portò la mano all’orecchio dove indossava l’artefatto magico di Valkrest, che gli aveva dato Remington.

L’orecchino per leggere nella mente era sparito.

Non poteva più contattare Daryan.

Un nodo iniziò a formarsi nello stomaco di Leo, all’idea di non ottenere notizie dai suoi amici.

Soprattutto perché temeva che Daryan avrebbe potuto prendere d’assalto la roccaforte se non sentiva notizie da Leo, e il cuoco continuava ad essere fortemente deciso a non permettere a nessuno di farsi male.

“Io ammiro molto il tuo desiderio di salvare tutti, ma non so se ti rendi conto di quanto sei spacciato” una voce nella testa lo distolse dai suoi pensieri, e aumentò leggermente il dolore.

Ma Leo era troppo felice di sentirla per lamentarsi.

“Remington! Sei ancora qui!” esclamò, con gioia. Non era mai stato così felice di sentire la sua voce.

“Non so se essere offeso o soddisfatto. In ogni caso, Leo, sei spacciato!” Remington ribadì la futura morte di Leo, che si guardò intorno, e notò la figura di Brandon, ancora vestito con la pesante armatura, ma senza elmo, che si era avvicinato alla cella rendendosi visibile, e lo fissava con attenzione rigirandosi l’orecchino tra le mani.

Leo lanciò un’occhiata alla sua mano, e notò che il timer si era nuovamente esaurito, ed era pronto a fare fuoco con i suoi mitici poteri di ghiaccio.

Poteva provare a bloccare Brandon in un muro di ghiaccio super spesso, e poi aspettare di nuovo il timer e usare altro ghiaccio per uscire dalla cella.

Ma poteva bloccare qualcuno in un muro di ghiaccio senza che il freddo lo uccidesse?

“Dubito, penso che uccideresti Brandon” gli rispose Remington, senza particolare rimpianto all’idea.

Leo però non voleva uccidere nessuno.

Anche se, se Brandon era “Lui”, forse meritava una lezione.

Magari poteva semplicemente bloccarlo dalla vita in giù, ma comunque avrebbe dovuto aspettare un altro attacco di ghiaccio e nel frattempo Brandon poteva chiamare rinforzi o liberarsi con la sua superforza.

Ugh, pensare era difficile!

Il mal di testa per la botta era davvero atroce.

-Perché mi hai colpito?! Sono basso e mingherlino, potevi prendermi come un sacco di patate e non avrei opposto la minima resistenza! Eravate tre contro uno!- si lamentò, portandosi una mano sulla testa e notando un enorme bernoccolo.

Che dolore!

-Hai la fama di un gran chiacchierone e non volevo perdere tempo- rispose Brandon, ovvio, e per niente impressionato dalla retorica del ragazzo.

-Sei molto informato su di me considerando che non ti ho mai visto in vita mia- lo provocò Leo, continuando a massaggiarsi la testa e lanciargli occhiatacce.

-Sono un po’ offeso che non ti ricordi di me. Ci siamo visti… una settimana fa? Capisco che era di sfuggita, ma comunque ti facevo più attento ai tuoi dintorni. Suppongo che il principe Victor abbia attirato completamente la tua attenzione- Brandon ridacchiò.

Leo sobbalzò.

Il principe Victor?

-Eri con la scorta del principe Victor?!- indovinò, ricordando i cavalieri che lo avevano accompagnato.

Avevano sempre tenuto l’elmo, quindi era normale che Leo non li avesse notati.

-Bingo! Ma vedi che quando t’impegni riesci anche tu a trovare le soluzioni? Sì, ero lì, e ne ho approfittato per dare a Sara il veleno, ovviamente senza che Victor se ne accorgesse. Era troppo occupato a sbavarti dietro per accorgersi del mio doppio gioco- la voce di Brandon era piena di amarezza e odio. 

Probabilmente odiava Victor, e in quel caso mood totale.

Forse odiava però Leo, non Victor, e in quel caso AAAAAHHHHH.

Possibilmente odiava entrambi, e in quel caso meh.

In qualsiasi caso, aveva avvelenato Leo, quindi il cuoco non era un suo fan.

Soprattutto perché al momento teneva Giada prigioniera.

-Quindi fai il doppio gioco! Fingi di lavorare per Victor, e in realtà sei dalla parte dei ribelli!- lo accusò -Certo che a Valkrest avete l’abitudine di fingere di essere chi non siete- borbottò poi, pensando a quando Victor si era finto Toric.

-Allora sei un valkrestiano onorario, “Remington”- lo prese in giro Brandon.

In effetti… 

Leo decise di cambiare argomento, dato che il mal di testa non gli permetteva di pensare ad una sagace battuta di risposta.

-Quindi stai dalla parte dei ribelli, e sei anche membro dell’esercito di Valkrest? Quindi oltre che avvelenatore sei anche un traditore?- lo provocò, cercando di prendere tempo e nel frattempo farsi venire un’idea di come usare il ghiaccio.

Forse poteva liberarsi e ferire Brandon con lo stesso colpo? Era abbastanza vicino alla cella, dopotutto.

-Oh beh… in questi tempi difficili un uomo ha il diritto di avere due lavori, soprattutto quando ha sette bambini da sfamare- il traditore ridacchiò.

A sentire nominare i sette bambini, a Leo si strinse lo stomaco.

-Non li sfami granché bene, quei ragazzi- borbottò, a denti stretti.

Brandon si avvicinò, stringendo l’orecchino tra le mani, e sorridendo in modo poco confortante.

-Li educo, e torneranno da me molto presto- rispose, con una certa sicurezza.

Leo scosse la testa.

-Non è educazione, è abuso- affermò, fissando Brandon dritto negli occhi con tono di sfida, sempre più felice di aver tolto quelle anime innocenti dalla presa di un mostro che si nascondeva dietro la disciplina per giustificarsi.

-Non sei di questo mondo, non capisci queste cose- Brandon scosse la testa e gli diede le spalle, guardandosi intorno e controllando qualcosa che Leo non riusciva a vedere a causa dell’illuminazione carente nella stanza.

-Riconosco la differenza tra abuso e disciplina, e vale in tutti i mondi- Leo insistette, deciso a far passare il suo punto.

Aveva vissuto sulla sua pelle la differenza, anche se l’abuso psicologico di suo padre non aveva raggiunto i livelli di quello di Brandon nei confronti di Gideon e gli altri.

-Quel bernoccolo in testa sembra fare male. Dovresti metterci un po’ di ghiaccio- Brandon cambiò bruscamente argomento, girandosi di nuovo verso Leo e indicando la sua testa, che il cuoco continuava a tenersi dolorante.

Beh, era una buona idea in effetti, anche se arrivava da un mostro simile.

Inconsciamente, la mano sinistra che teneva sulla testa si fece fredda, e una sottile lastra di ghiaccio si formò sul bernoccolo.

…un momento!

-Sei più influenzabile di quanto pensassi…- ridacchiò Brandon, afferrandogli il braccio e portandoselo davanti al viso, tra le sbarre della cella.

-Ho sette minuti per portarti da Angela e farvi fare una bella chiacchierata- commentò, osservando il timer.

Aveva fatto in modo che Leo usasse il potere in modo stupido per avere campo libero con lui.

Furbo.

Ma sette minuti passavano in fretta, e Leo era bravo a tergiversare.

“Sei ancora più spacciato di quanto pensassi” Remington non la vedeva allo stesso modo.

“E tu non sei incoraggiante” si lamentò il cuoco, cercando un modo di scappare dalla cella mentre Brandon ne apriva la porta, pronto ad afferrarlo.

-Prima che tu scappi… ti sto portando anche dalla tua amica Yu- lo informò, leggendogli nella mente.

Che avesse creato un legame mentale con Leo senza che il ragazzo se ne accorgesse?

“Indossa l’orecchino?” chiese Remington, interessato.

“No”

“Allora no, non l’ha creato. Sei solo tu ad essere un libro aperto”

Remington era tornato spiacevole.

Bene, forse significava che Leo non era così tanto in pericolo di vita.

Decise di fidarsi di quello che Brandon diceva e farsi portare da Giada.

Anche perché difficilmente sarebbe riuscito a opporsi alla sua presa ferrea.

Brandon, infatti, subito dopo essere entrato nella cella, lo prese con ben poca grazia, caricandoselo in spalla come un sacco di patate.

Leo iniziava ad abituarsi ad essere afferrato in quel modo.

Ma tra Chevel, Fausto il fusto, e Brandon, la presa di quest’ultimo era senza ombra di dubbio la meno piacevole.

Chevel era stato più gentile, Fausto il fusto, beh… il suo fisico non era stato affatto male.

Brandon era aggressivo e poco pompato, quindi a Leo infastidiva non poco essere portato da lui, complice anche il fatto che nonostante il ghiaccio, la testa continuava a pulsargli.

-Francamente non capisco proprio cosa ci trovino- borbottò Brandon, dopo qualche metro, molto tra sé.

-Di chi parli?- gli chiese Leo, sperando di ottenere qualche informazione, e controllando la sua mano, dove il timer era ancora lungi dall’essere finito.

-Tutti quanti: Angela, Victor, gli dei, e la corte di Jediah… sei solo un cuoco stupido. Bah… sii fortunato per questo interesse, perché quando scemerà, perché sono certo che scemerà, farai la fine che avresti dovuto fare fin dall’inizio- lo minacciò, stringendolo abbastanza forte da fargli male.

-Investito da un camion? Almeno sarà una morte veloce, e avrò vissuto comunque più di quanto avrei dovuto, non me la sento di considerarlo un finale negativo- borbottò Leo, con tono abbastanza tranquillo.

Dopo i due mesi passati a Jediah, e dopo gli ultimi giorni, in particolare, credeva di non avere più in sé la capacità di avere paura.

La sua risposta sembrò zittire per un po’ Brandon, che lo portò in una sala ancora più in profondità, e non parlò per il resto del tragitto.

Quando aprì la porta, mancavano ancora più di quattro minuti all’esaurimento del timer.

-Angela, ho portato l’outsider benedetto- annunciò, entrando nella stanza.

Era parecchio calda, e dal poco che Leo poteva vedere, di spalle al centro della sala, era più attrezzate di tutti gli altri posti dove Leo era stato lì dentro.

Attrezzata soprattutto con strumenti di tortura.

…okay, Leo non aveva messo in conto la tortura.

Ma forse ci avrebbe dovuto pensare.

Il suo incubo da quando era finito lì poteva diventare realtà.

Oh no! 

Leo era pronto alla morte, ma non alla tortura.

-Oh, si è già svegliato? Portalo dentro, facciamolo riunire alla sua amica- disse una voce femminile che Leo non credeva di aver mai sentito prima, ma che trovò stranamente familiare.

-Non credo al vostro bluff. È impossibile che voi abbiate Leonardo!- obiettò una voce che al contrario Leo conosceva bene.

-Giada!- esclamò, estremamente felice di vederla, provando a girarsi per osservarla ma venendo tenuto sul posto da Brandon.

-L...Leo? No! Non è possibile!- esclamò Giada, colta alla sprovvista.

Pochi istanti dopo, il cuoco fu sbattuto in una cella circondata da fuoco e fiamme.

-Sei veramente maleducato!- si lamentò, massaggiandosi il fondoschiena provato dalla botta.

Forse avrebbe dovuto usare la sua successiva scarica di ghiaccio per rinfrescare anche quella zona.

Tanto non sarebbe riuscito ad uscire da lì usando i suoi poteri, era piuttosto ovvio.

Forse… forse non era stata una buona idea andare lì senza un piano.

“Il piano l’avevi, solo che non l’hai rispettato, idiota!” gli fece notare Remington, a denti stretti.

Leo lo ignorò.

Perché finalmente riusciva a vedere perfettamente la stanza.

Anche se, sebbene i congegni al suo interno fossero interessanti, e preoccupanti, tutta la sua attenzione fu attirata dalla sua migliore amica, che lo fissava a bocca aperta, e sembrava abbastanza provata, con i capelli disordinati, ferite ovunque e occhiaie profonde. Anche lei era chiusa in cella, e le sue mani erano legate da delle manette che sembravano brillare con una luce indaco.

Leo non l’aveva mai vista così.

Giada era simbolo di forza e sicurezza.

Era lei quella che aveva sempre salvato Leo, non il contrario.

-Giada, stai bene?- chiese, avvicinandosi il più possibile a lei evitando però il fuoco intorno alla gabbia.

-Leo… no… non può essere… cosa ci fai qui?!- l’amica era sconvolta, e lo fissava cercando la prova che fosse solo una sua illusione.

-Sono venuto a salvarti! …credo di aver fallito. Ma l’intento era positivo- Leo iniziò a valutare le possibilità, ma erano poche e di bassa probabilità di riuscita.

Alla fine il piano di Remington funzionava per via dell’effetto sorpresa e del depistaggio.

Ora l’effetto sorpresa era sparito completamente, tutti erano allertati della sua presenza, e Leo era privo di vantaggi.

Beh, almeno non aveva messo altre persone in pericolo.

…ma Giada non sarebbe stata salvata di certo.

E ora che aveva salvato i semidei, probabilmente non sarebbe arrivata neanche la spedizione da Nivern.

-Tu… devi essere rinchiuso in una bolla d’aria nel punto più profondo del mare! Come ti è venuto in mente di venire a salvarmi?! Lo sai di essere completamente incapace per questo tipo di cose!- Giada iniziò ad insultarlo, riprendendosi abbastanza in fretta dallo shock di averlo visto lì.

Leo annuì.

-Sì… lo so… ma avevo un buon piano. L’ho solo eseguito male- Leo provò a difendersi, facendo un pessimo lavoro.

“Remington, qualche idea?” chiese alla testa.

Remington non rispose.

-Vedo che l’amicizia è forte… è confermato che sia stato benedetto da ben due divinità?- l’altra donna nella stanza, che Leo non aveva osservato granché bene, troppo occupato a guardare Giada e controllare le sue condizioni, si rivolse a Brandon, in tono pratico e solo leggermente divertito dal battibecco.

Leo si voltò verso di lei, per ribattere, ma si ammutolì quando la vide per bene.

-La benedizione di Noella è più che confermata. Non ha altri marchi, però, quindi non sono certo della benedizione di Jahlee, se vuole controllare però non mi offro volontario. Vorrei ucciderlo quando sarò certo che morirà- rispose Brandon, con un sorrisino che non prometteva nulla di buono.

-Benedizione di Noella?! Di che sta parlando?!- Giada si rivolse a Leo, sconvolta, e sobbalzò vistosamente quando notò la mano di Leo, a cui mancavano pochi minuti per la fine del timer.

Leo le avrebbe risposto, ma continuava a fissare la donna a bocca aperta.

-Una benedizione basta. Meglio non sprecare le sue possibili vite. Tieni d’occhio la zona, potrebbero provare a salvarli- tale donna ignorò a sua volta Giada, e congedò Brandon con un gesto della mano.

Lui lanciò un’ultima occhiata a Leo prima di uscire dalla stanza, e fu a quel punto che il cuoco si riscosse.

-Silvia?- chiese, a bassa voce, ma abbastanza rumoroso da farsi sentire da lei.

I dintorni erano bui, ma Leo conosceva benissimo la madre di Giada, e la donna davanti a loro aveva i suoi stessi tratti, la sua stessa voce, e quasi la stessa corporatura, sembrava giusto più atletica e magra.

Era Silvia! Era chiaramente Silvia!

Leo iniziò a sperare di poter uscire da lì tutto intero e con Giada a seguito. Forse anche Silvia era una doppiogiochista che si stava fingendo un’altra persona e aspettava solo il momento giusto per salvare sua figlia.

Ma la sua domanda non ottenne l’effetto sperato.

Giada sobbalzò vistosamente, e la donna si girò a guardarlo, sgranando gli occhi, sconvolta.

-Come sai quel nome?!- chiese, sconvolta.

…okay, forse non era Silvia.

Ma se non era lei era la sua gemella! Erano identiche!

-È la…- iniziò a dire, indicando la sua migliore amica, che però lo interruppe.

-Leo, sta zitto!- esclamò, al massimo della voce.

“Leo, non parlare mai e poi mai di Silvia! Non davanti ad Angela! Non deve sapere!” esclamò anche Remington nella sua testa.

“Bentornato” lo accolse Leo, che temeva di essere stato abbandonato.

“Giada mi stava urlando contro, stavo rispondendo a lei” Remington giustificò la sua assenza.

“Capisco… ma perché non posso parlare di Silvia? Che è successo?” Leo tornò all’argomento principale, confuso da quella veemenza da parte di entrambi.

“Non parlare di Silvia!” Remington non gli diede risposte, ovviamente.

-Come conosci quel nome?! Dimmelo immediatamente!- la donna si avvicino a Leo fino ad essere a poca distanza dalle fiamme e dalla gabbia.

Leo si ritirò.

Sembrava fuori di sé.

Eppure, più era vicina, più gli sembrava Silvia.

Forse non gemella, ma sorella sicuro.

Erano davvero troppo simili.

E non perché fossero entrambe asiatiche, erano proprio simili di tratti.

-Eh…- non sapeva come rispondere.

Lanciò un’occhiata a Giada, che scuoteva la testa con forza.

Avrebbe dovuto chiedere chiarimenti, una volta usciti da lì.

-Niente, mi sono confuso- provò a tirarsi fuori dalla situazione, alzando le mani in segno di resa.

Angela lo squadrò con attenzione, poi lanciò un’occhiata carica d’odio a Giada, come se fosse colpa sua se Leo non aveva parlato.

Sospirò, e decise di lasciar perdere, dando le spalle a Leo e iniziando ad allontanarsi.

-D’accordo… Leonardo, tu sai qual è lo scopo dei ribelli antimonarchici?- chiese, avvicinandosi ad un tavolo dove erano presenti parecchi strumenti poco rassicuranti.

-Cambiare la Storia?- rispose immediatamente Leo, sperando che rispondendo bene all’interrogazione avrebbe evitato le torture.

-E sai il motivo?- continuò Angela, lanciandogli un’occhiata penetrante e rigirandosi un oggetto che a Leo ricordava troppo uno schiacciapollici per i suoi gusti.

-Eh… perché…- cavolo, non lo sapeva perché volessero cambiare la storia, ma non voleva essere torturato per questo -…perché non vi piace… la Storia?- chiese, improvvisando e sperando di indovinare per logica.

Sicuramente non era la risposta giusta, ma Angela ridacchiò comunque.

-Probabilmente se la conoscessimo non ci piacerebbe. Le poche informazioni che riusciamo a scoprire non sono mai state di nostro gradimento- rispose lei, passando ad un altro congegno molto più inquietante.

Leo avrebbe dovuto stare zitto, ma iniziava a confondersi.

E quando era confuso, diventava più stupido e masochista del solito.

-Ma, scusate, se non conoscete la storia, perché volete cambiarla? Cioè… qual è il senso?- chiese.

Un conto era cambiare qualcosa che si conosceva, ma se non sapevano neanche quale fosse il loro futuro era come se la Storia non ci fosse proprio, praticamente. Non aveva senso provare a cambiarla, no?

-Il senso, mio caro outsider, è la libertà. Noi desideriamo la libertà, e siamo pronti a lottare per averla, invece di essere semplicemente dei burattini in mano agli sporchi capricci degli dei- Angela strinse i denti.

-Quindi la Storia è controllata dagli dei? Un momento, ma se siete contro gli dei, perché vi chiamate antimonarchici? Che c’entra la monarchia?- Leo era sempre più confuso, e parlava a sproposito.

Si rese però conto che nel frattempo il timer era finito, e aveva del ghiaccio utilizzabile.

Anche se… per cosa mai avrebbe potuto utilizzarlo?! 

Leo si guardò intorno, cercando un modo per uscire da lì utilizzando un solo colpo.

Sarebbe stato più semplice se avesse avuto il supporto di Giada, ma non potevano né accordarsi senza farsi scoprire da Angela/Silvia, né Giada era nelle condizioni di fare alcunché, con le mani legate, quindi era più un’altra persona da salvare che un’alleata che potesse aiutarlo.

A meno che…

-È una denominazione impropria, per confondere le acque. Ma in realtà non abbiamo niente contro i re e le regine. Beh, relativamente. È comunque un sistema corrotto ed elitario, ma abbiamo un obiettivo più nobile- Angela rispose melodrammatica, molto presa dal suo scopo, senza rendersi conto che nel frattempo Leo stava pensando a tutt’altro.

“Remington, puoi aiutarmi a comunicare con Giada?” chiese, molto soddisfatto da sé per aver pensato di usare il loro amico comune.

“Innanzitutto chiariamo una cosa: noi due non siamo amici. Secondo, nel tempo in cui tu chiacchieravi, io e Giada abbiamo elaborato un piano. Le ho detto i dettagli dei tuoi poteri e con due colpi dovreste riuscire a liberarvi e uscire” spiegò Remington, che aveva portato avanti la trama off-screen.

Leo avrebbe dovuto immaginarlo. Dei due la più competente era senza ombra di dubbio Giada, lo era sempre stata.

Era grato di essere con lei in una situazione di vita o di morte, anche se gli dispiaceva un po’ non essere all’altezza e non poter contribuire con qualche piano brillante.

“Contribuisci abbastanza se segui gli ordini!” gli fece presente Remington.

“Okay, qual è il piano?” Leo ignorò i pensieri negativi per concentrarsi sul presente.

Nel frattempo, Angela stava continuando il suo monologo da cattiva.

Che fortuna che anche quel mondo aveva i classici cliché.

-La Storia è stata scritta prima ancora che tutti noi nascessimo, dalla volontà delle divinità di controllare gli esseri umani per i millenni a venire, fino alla fine di questo mondo. E il nostro nobile compito è distruggere questi volumi, spezzare le catene che ci negano il libero arbitrio, decidere noi della nostra vita e non farci imprigionare dalle scelte di…- stava dicendo cose anche piuttosto importanti, ma Leo l’ascoltava distrattamente, concentrato soprattutto sulle parole del semidio nella sua testa.

“Con un discreto attacco di ghiaccio devi riuscire a colpire il bracciale che blocca i poteri di Giada. È un artefatto di Omish, ed è molto potente, devi essere molto preciso e molto discreto, o Angela potrebbe accorgersene” iniziò a spiegare Remington.

“Poca pressione” commentò Leo, avvicinandosi il più possibile alla cella di Giada, e osservando nel frattempo Angela, che teneva in mano una collana e la stringeva al petto.

-...abbiamo perso numerosi uomini per ottenere quante più informazioni possibili dalla Storia, ma tutti i nostri sforzi sembrano vari, e ogni volta, nonostante i nostri piani, torniamo al punto di partenza, e facciamo esattamente ciò che la Storia prevede, non c’è modo di sfuggirle, la dea Laasya è sempre un passo avanti…- continuava a dire, con voce piena di rabbia.

Leo la ascoltava molto poco, onestamente. Sollevò discretamente la mano, lentamente, e la portò il più vicino possibile a Giada, che allo stesso tempo avvicinò i suoi polsi.

Leo osservò per bene le manette.

Erano di ferro molto spesso, e al centro, tre i due polsi, c’era una pietra indaco. 

“Devi colpire la pietra e staccarla dalle manette” spiegò Remington, offrendo più dettagli.

Leo prese un profondo respiro, sollevò le dita, e pregò con tutto il cuore che gli attacchi di ghiaccio funzionassero anche a distanza e non dovessero essere necessariamente collegati alla sua mano.

Si concentrò sul suo obiettivo, si assicurò che Angela stesse ancora facendo il suo monologo…

-…e poi quel cagnolino è arrivato scodinzolando, era così carino, ma nostra madre non voleva animali in casa, e ovviamente anche questo era scritto nella Storia. Nostra madre, così manipolabile…- sì, ne avrebbe avuto per un po’.

E poi Leo lanciò il getto di ghiaccio, che colpì il punto esatto che Leo voleva, staccando di netto la pietra magica, che cadde a terra con un leggero suono.

Angela si allertò. Sia Leo che Giada si affrettarono a tornare il più lontano possibile l’uno dall’altra, e Leo si concentrò di nuovo sulla donna.

-Cosa è stato?- chiese lei, interrompendo il monologo e guardandosi intorno.

Giada continuava ad avere le mani dietro la schiena, e aveva in fretta nascosto la pietra sotto il suo piede.

Ma era meglio che Angela non si concentrasse troppo su di lei.

“Ora devi prendere tempo per sette minuti, finché il tuo potere non si ricarica. Poi dovrai usare il ghiaccio per spegnere il fuoco fuori dalla tua cella, mentre Giada si libera e mette fuori gioco Angela” Remington spiegò la seconda parte del piano.

Leo era bravo a tergiversare e parlare a sproposito.

Ed era anche bravo ad attirare l’attenzione su di sé.

Si assicurò che il timer non fosse visibile, e si affrettò ad attirare l’attenzione della donna.

-Dev’essere davvero terribile vivere così!- commentò, con partecipazione, anche se non aveva la minima idea di cosa la donna avesse detto fino a quel momento.

Angela si concentrò su di lui.

-Già… ma niente è comparabile al dolore che ho provato quando ho perso Silvia- la donna strinse con forza la collana che teneva in mano, e abbassò la testa, con espressione piena di rimpianto.

Silvia…

No, non poteva essere una coincidenza.

Lanciò un’occhiata a Giada, che scosse appena la testa.

“Non parlare di Silvia!” si fece raccomandare Remington.

-Silvia… com’è che l’hai persa?- Leo però non poteva trattenersi.

Non avrebbe parlato della Silvia che conosceva, ovvero la madre di Giada, ovvero colei che aveva evidentemente conquistato il cuore di un dio generando una semidea, e che quindi probabilmente veniva dai sette regni.

Ma, insomma… Leo credeva poco alle coincidenze, e voleva saperne un po’ di più, quindi voleva sapere un po’ di più di quest’altra Silvia imparentata con il capo dei ribelli antimonarchici.

“Leonardo, non fare cavolate!” Remington era allarmato.

“Almeno la distraggo, no? Dovrò pur parlare di qualcosa!” Leo difese le sue scelte.

Ed infatti l’argomento di conversazione sembrò interessare Angela, i cui occhi divennero lucidi.

-Era scritto nella Storia, ovviamente. Una delle poche informazioni importanti di cui siamo venuti a conoscenza. Eravamo giovani, io avevo appena compiuto diciannove anni, lei ne aveva ventitré…- cominciò il racconto Angela.

-Oh, non siete gemelle?- chiese Leo, che la trovava così simile a Silvia da averlo dato per scontato.

-…no, ma effettivamente passavamo per gemelle. Ce lo dicevano spesso- Angela accennò un sorrisino.

-Capita spesso… non a me, perché io e Isa siamo molto diversi, ma alle medie c’erano due tizi che…- Leo iniziò a raccontare, ma all’espressione di Angela, che lo guardava piegando la testa, si zittì -…lasciamo stare, continua pure il racconto- Leo la incoraggiò a parlare, controllando discretamente il timer.

Ancora sei minuti.

Certo che il tempo passava lentamente.

Sette minuti sembrano pochissimi quando cucini, e diventano infiniti se aspetti qualcosa di importante in una situazione di vita o di tortura.

-Beh… Silvia era la sorella perfetta. Gentile, incoraggiante, e aveva uno splendido futuro tra i ribelli, quindi abbiamo cercato in tutti i modi di impedire che andasse alla missione di recupero, per evitare la sua morte. Ma lei non ha voluto ascoltare il capo. La Storia che avevamo letto non era chiara, e lei era convinta ci fosse un’altra interpretazione. Alla fine è voluta venire lo stesso, e…- Angela esitò appena, sopraffatta dall’emozione.

Anche Leo era molto colpito da quella storia, e si era sporto il più possibile nella cella, sempre stando attento alle fiamme.

-…mi ha spinto di lato pochi istanti prima che una trave si abbattesse su di me, ed è rimasta incastrata. Ho provato a liberarla, ma l’edificio stava per bruciare, e il capitano mi ha trascinato via, lasciando mia sorella in mezzo alle fiamme- spiegò, la voce rotta dall’emozione.

Leo era a bocca aperta.

Era una storia terribile. Non riusciva neanche ad immaginare il senso di colpa che avrebbe provato ad essere al posto di Angela, e capiva perfettamente la scelta di Silvia, l’avrebbe fatto anche lui.

Iniziò a riflettere con attenzione sulle parole della donna.

-Lei aveva creduto che sarei stata io a morire, quel giorno, ma il suo sacrificio era stato predetto dalla Storia. Tutto era predetto dalla Storia. E non abbiamo potuto fare niente per evitarlo- Angela continuò, e strinse i pugni, con rabbia.

Un momento… ma se la Silvia che conosceva Leo era la stessa del racconto, significava che in qualche modo doveva essere sopravvissuta.

-Molto tragico- espresse le sue condoglianze, dispiaciuto dal racconto -…l’avete ritrovato il corpo?- chiese poi, cercando di capirci qualcosa in più e ottenere tutte le informazioni.

Angela, che si era discretamente asciugata una lacrima, sollevò di scatto la testa verso di lui, offesa.

-Come scusa?- gli lanciò un’occhiataccia.

-Insomma… magari è riuscita a scappare… in qualche modo- Leo cercò di essere ottimista, e vederla in modo positivo.

“Leo, sta zitto!” lo mise in guardia Remington, ma Leo lo ignorò.

-Era sotto una trave enorme- obiettò Angela, iniziando ad irritarsi.

-Sì, ma… l’avete ritrovata?- insistette Leo, cercando di farle riflettere sulla cosa e magari darle un po’ di speranza.

Chissà, forse se riusciva a convincere Angela che sua sorella fosse viva e che aveva torturato sua nipote, li avrebbe lasciati andare, si sarebbe scusata, e avrebbe anche smesso con la ribellione.

Poteva essere un lieto fine per tutti, e avrebbe anche riunito due sorelle!

“Leonardo, no! Non puoi assolutamente dirle una cosa del genere!” continuò a metterlo in guardia Remington, sempre più agitato.

-Sì! Era completamente bruciata e irriconoscibile, ma aveva ancora al collo la catenella che le avevo regalato, pulita e brillante tra le macerie…- Angela mostrò la collana che aveva stretto tutto quel tempo. 

Leo non era convinto.

-Pulita e brillante? Cioè… lei si è bruciata completamente, e la catenella è rimasta pulita e brillante?- fece notare alla donna l’assurdità della cosa.

E se se ne accorgeva Leo, significava che era stato fatto davvero un pessimo lavoro con le prove. O forse le serie crime che vedeva con sua madre gli avevano insegnato una cosa o due.

-…era molto calda!- si giustificò Angela, punta sul vivo -…che stai cercando di dire?! Ti burli del mio dolore?!- accusò poi Leo, avvicinandosi a lui con fare minaccioso.

Leo decise di lasciar perdere. Probabilmente Angela si era aggrappata così tanto a quella perdita, per mandare avanti i suoi obiettivi, che ora non riusciva neanche a contemplare la possibilità che la perdita non ci fosse stata. Darsi false speranza, dopotutto, poteva finire per ferirla ancora di più.

-No! Assolutamente no, solo… niente. È super tragico, mi dispiace- Leo abbassò la testa, empatizzando con la massima serietà, e lasciando perdere l’idea di riferirle che sua sorella poteva essere viva.

-Capisci quanto è pericolosa la Storia, adesso?- Angela tornò al discorso principale, restandogli abbastanza vicina.

Leo si sentì improvvisamente in soggezione.

-Decisamente, è veramente, veramente pericolosa. Concordo in pieno- annuì, lisciandosela.

Era la scelta migliore per continuare a distrarla.

Annuire, non farsi torturare, e lasciarla parlare.

Non aveva il coraggio di controllare quanto mancasse al timer per non attirare l’attenzione di Angela sulla benedizione, ma dovevano mancare ancora quattro minuti.

Angela accennò un sorrisino.

-Accetterai la mia proposta, quindi?- chiese, speranzosa.

…che proposta?

Oh no! Leo si era perso un pezzo del discorso, troppo occupato a parlare con Remington e progettare il piano di fuga.

Non poteva far vedere che non la stava ascoltando.

Oltre ad essere estremamente sospetto, era anche molto maleducato. Leo non voleva essere torturato perché era stato disattento.

Esitò qualche secondo, sperando che Remington gli desse qualche suggerimento.

“Non guardare me, non sono neanche lì! Non ho sentito nulla”

Allora Leo lanciò un’occhiata a Giada, che però scosse appena la testa. Neanche lei stava ascoltando.

-A che serve esitare. Sei d’accordo con me, no?- insistette Angela, cercando una risposta.

-Beh… è una proposta molto allettante, e giusta… e ragionevole. Molto ragionevole- Leo decise di improvvisare, e prolungare la sua risposta.

-Sapevo che l’avresti considerata tale. Con il tuo supporto e le tue conoscenze, cambieremo la Storia una volta per sempre- Angela sembrava davvero esaltata.

Ohhhhhh, era questo che voleva.

Un momento… ma Leo non aveva conoscenze.

-Certo… perché io?- osò chiedere, confuso che Angela volesse il suo aiuto.

Nessuno voleva il suo aiuto. Leo faceva casini.

“Confermo, e conferma anche Giada”

Appunto!

Se anche i suoi amici…

“Non sono tuo amico”

…lo schifavano e rifiutavano il suo aiuto, perché lo voleva quella donna?

Angela inarcò le sopracciglia, confusa.

-…come ho detto, ci serve un outsider che… ma mi stavi ascoltando?- capì che Leo si era distratto, e incrociò le braccia, irritata.

-Hai parlato di un cane…- Leo provò a recuperarsi.

Angela sembrò in procinto di urlargli contro, ma si trattenne, e fece un profondo respiro per calmarsi.

-D’accordo, farò un riassunto: lavora per noi, e noi libereremo la tua amica e lasceremo stare la corte di Jediah. Sei un outsider, e le nostre fonti ci dicono che hai già cambiato la Storia. Cambiala secondo il nostro gusto, e creiamo insieme un mondo migliore- propose di nuovo Angela, incoraggiante.

Beh, era una proposta allettante, effettivamente.

Ma Leo non era tipo che cambiava la Storia, era stato un incidente.

-Senti, io aiuterei, ma non credo che…-

-Non può essere un caso che sei stato benedetto dagli dei preferiti di Siliva: Jahlee e Noella. È un segno che la mia sorellona ha mandato dai giardini di Omish. Ho visto il tuo temperamento coraggioso e portato al salvataggio. I nostri obiettivi coincidono- Angela continuò a lisciarselo.

-Non mi sorprende che il suo dio preferito fosse Jahlee- borbottò Leo, lanciando un’occhiatina maliziosa verso Giada, che lo fulminò con gli occhi.

Se gli sguardi potessero uccidere, a quest’ora Leo avrebbe avuto una vita in meno, o sarebbe andato lui nei giardini di Omish.

-Io… ecco… concordo… e approvo…- Leo cercò di prendere tempo, e approfittò della scusa di torturarsi le mani a disagio per controllare velocemente il timer.

Due minuti e quindici secondi… ancora?!

Leo cercò di riflettere bene sulla situazione.

Okay, volevano il suo aiuto, ma Leo non poteva comunque aiutarli. Non aveva controllo dei cambiamenti che faceva, e non conosceva la Storia. Non che volesse aiutare le persone che avevano catturato e torturato la sua migliore amica, e che avevano maltrattato dei bambini e rapito semidei solo per andare contro ai loro genitori.

Anche se… provava un po’ di pena per Angela. Aveva perso sua sorella, e aveva catturato Giada senza sapere che fosse sua nipote. Sembrava una donna molto ferita che avrebbe avuto bisogno di un bravo psicologo e stava cercando di superare il lutto dando colpe ad una forza superiore e impossibile da sconfiggere.

C’erano parecchi blocchi psicologici e traumi in atto.

Povera donna.

Povere persone.

Quel mondo aveva un lato oscuro che Leo non aveva mai notato, mentre era dentro le mura del palazzo.

Anche se… forse avrebbe dovuto capirlo dalla prima volta in cui aveva notato che il principe Daryan non mangiava.

E che alla corte c’erano degli allarmi nel caso venisse attaccata.

E che il principe Victor non era in prigione ma era un principe.

Sì, quel mondo aveva davvero un lato oscuro.

E forse bisognava cambiarlo.

Ma non attaccando quella fantomatica Storia.

Non era quello il problema.

-Forse non è tanto il caso di cambiare la Storia…- provò a suggerire Leo, iniziando a riflettere sulla questione.

Angela si ritirò.

“Non farla arrabbiare, sorridi e annuisce. Tanto mancano solo due minuti!” lo consigliò Remington, capendo immediatamente che Leo stava per fare qualche stupidaggine.

-Che intendi dire con questo?- Angela era decisamente pronta a torturarlo se Leo avesse detto qualcosa di sbagliato, ma Leo aveva un concetto che voleva esprimere, e due minuti per cercare di esprimerlo al meglio.

-Intendo dire che… non so se hai mai sentito parlare delle profezie che si autodeterminano, ma spesso, per citare il grande Maestro Oogway, ci imbattiamo nel nostro destino sulla strada che prendiamo per evitarlo. Come Edipo, che era profetizzato che uccidesse suo padre e sposasse sua madre, e poi è successo proprio perché al padre era stato profetizzato. Se avesse vissuto la sua vita fregandosene, probabilmente sarebbe stato vivo, e suo figlio sarebbe cresciuto con molti meno traumi- Leo cercò di spiegare il suo intento.

Angela lo fissava ad occhi sgranati.

Non si riusciva a capire se fosse furiosa o sinceramente interessata alle parole di Leo, perché la sua espressione era indecifrabile.

“Leonardo, ti prego, sta zitto!” Remington era molto allarmato.

Ma Leonardo lo ignorò.

-Quello che intendo dire è che… il modo migliore per sconfiggere la Storia è lasciar andare la Storia. Smettere di cercare informazioni, e vivere semplicemente la vita come se la Storia non esistesse. Nel mio mondo non esiste una Storia, semplicemente viviamo, e facciamo del nostro meglio, e quando arriva l’ora… cerchiamo di apprezzare la vita che abbiamo avuto, e le persone che ci sono state intorno. Forse gli dei possono prevedere le nostre scelte, ma siamo sempre noi gli artefici della nostra vita- insistette Leo, sperando che il suo filosofeggiare avesse senso, e sinceramente convinto di ciò che diceva.

“Leonardo, sul serio, smettila!” Remington iniziò ad urlargli nella testa che ancora gli faceva parecchio male, ma Leo era un fiume in piena.

E poi non vedeva niente di male nel dare consigli di vita a quella donna. Non le stava parlando di sua sorella, dopotutto, non avevano nulla di cui lamentarsi Remington e Giada!

-Quindi dovreste fare come Elsa e… let it go! Lasciamo andare tutto!- concluse, facendo un enfatico gesto con la mano dove aveva ricevuto la benedizione di Noella.

-Io… non…- Angela sembrava molto colpita dalle parole di Leo.

-Forse dovresti…- Leo pensò di insistere, ma questa volta fu fermato da una forza esterna.

-Leo! Sta zitto! Non dire più una parola!- gli urlò contro Giada, facendolo sobbalzare.

Leo non se l’aspettava proprio, e non aveva idea di cosa stesse facendo di male.

-Io…- provò a giustificarsi, ma non ebbe tempo di fare niente.

Perché Angela si era girata verso Giada, sorpresa dalle sue parole, e aveva notato la pietra per terra.

Prese quindi il braccio di Leo, che era ancora fermo a mezz’aria dopo il suo movimento enfatico, e se lo portò davanti al viso, notando che mancava ancora un minuto.

-Stavi solo prendendo tempo…- lo accusò Angela, stringendogli il polso e portandolo vicino alle fiamme che circondavano Leo, bruciando le mani di entrambi.

-Ahi, no, non ho mai…- Leo provò a giustificarsi.

Era vero che stava prendendo tempo, ma intendeva davvero ciò che stava dicendo.

-BRAND…- Angela iniziò a richiamare il cavaliere, ma venne zittita da una botta alla testa proveniente dalle sue spalle.

Giada, infatti, si era liberata in tempo record, e aveva la mano color ocra e rifrangente, con la quale aveva colpito sua zia, mandandola al tappeto.

Leo ritirò il braccio al petto, soffiando sulle parti che si erano ustionate.

-Da quando lo sai fare?- chiese, indicando l’arto di Giada… non di giada pietra, ma Giada la persona, anche se avrebbe potuto rendere il suo braccio di giada, se avesse voluto. Al momento però era un topazio.

-Da sempre, ma è un po’ imbarazzante- sospirò Giada, trascinando sua zia lontano dal fuoco -Remi, Brandon è stato allertato? Sta arrivando?- chiese poi rivolta alla sua testa, ad alta voce così che anche Leo fosse informato del loro discorso.

“Controllo subito” Remington rispose a entrambi, e poi lasciò libera la loro testa.

Leo si guardò il timer. Mancavano pochi secondi. Si preparò a fare fuoco, o meglio, ghiaccio.

“Ho una buona notizia e una cattiva notizia” Remington tornò quasi subito, con tono neutro.

-Ne deduco che Brandon non sta arrivando, o ci avresti avvertiti- Giada alzò gli occhi al cielo, e si guardò intorno in cerca di oggetti utili alla loro fuga. Quella stanza era un miniera d’oro e diamanti… no, i diamanti li metteva Giada.

“Questa è la buona notizia. La cattiva è che tutte le guardie sono allertate da un intruso davvero letale che sta… ora che ci penso, questa è una buona notizia. Penso che stia venendo a prendervi. Quindi sì, due buone notizie” Remington rispose in modo molto strano. Sembrava distratto.

Forse era concentrato su troppi collegamenti e non si rendeva del tutto conto di cosa stesse succedendo in ognuno di essi.

Forse sentendo le cose dal punto di vista dei soldati che stavano venendo sconfitti, gli veniva spontaneo catalogare l’intrusione come una cattiva notizia, anche se era ottima per Leo e Giada.

-Jediah?- chiese Giada, con un sorrisino.

“L’uomo che ne vale per venti” rispose Remington con voce divertita.

Sembrava una battuta interna tra loro. Leo non aveva idea di chi stessero parlando.

“Lo vedrai presto” gli rispose Remington, e dal tono sgarbato Leo capì immediatamente che si stava rivolgendo solo a lui, e non a Giada.

Nel frattempo il timer era scaduto, e Leo fece il più in fretta possibile ad aprirsi una strada con del ghiaccio, aprendo la cella e spegnendo le fiamme con un bel ponte ghiacciato di cui Elsa sarebbe stata molto fiera.

-Oh bene, sei uscito. Dobbiamo andare- Giada gli si avvicinò, e gli mise un casco e qualche altro pezzo di armatura che gli stava enorme.

-Uhm… che?- Leo si sentì improvvisamente venti chili più pesante.

-Per proteggerti, ovviamente- rispose Giada, ovvia, avviandosi alla porta e aprendola con attenzione. Il suo intero corpo era fatto di diamante.

Molto elegante, anche se strana.

-Okay…- Leo le si avvicinò, con una certa lentezza, e passò di fianco ad Angela, addormentata a terra.

Cambiò idea a metà strada, e tornò al ponte di ghiaccio, dove staccò un paio di pezzi, per metterne uno sulla sua mano bruciata, e uno in quella bruciata di Angela.

-Che stai facendo?! Vieni!- Giada lo incoraggiò a seguirlo fuori dalla porta.

-Sì, sì, arrivo… solo…- Leo finì l’operazione, e le lanciò un’occhiata dispiaciuta -…è tua zia, vero? La sua Silvia è la nostra Silvia- esternò i la sua teoria.

Giada sospirò.

-Non dirlo ad alta voce. In questo mondo lei è morta!- disse con fermezza, prima di precederlo nei corridoi, guardandosi intorno con attenzione, pronta ad un possibile combattimento.

-Perché mi hai fermato dal parlarle?- chiese Leo, molto confuso.

-Temevo che la potessi convincere a lasciar perdere- rispose Giada, ovvia.

-Appunto… perché mi hai fermato? Poteva ricominciare, lasciar andare il dolore, stare meglio… magari i ribelli avrebbero anche smesso di ribellarsi- gli occhi di Leo brillarono alla prospettiva. Gli sembrava un lieto fine sia per i ribelli, che per le persone contro cui lottavano.

E probabilmente anche gli dei avrebbero apprezzato, giusto?

-Appunto! Avrebbe cambiato la Storia in modo terribile! Sarebbe stato davvero rischioso- Giada rabbrividì al pensiero.

Leo era senza parole.

Non era una cosa bella.

Sembrava quasi che la Storia fosse messa proprio per controllare gli uomini, e non fosse solo un modo per raccontare ciò che sarebbe accaduto loro.

Non gli sembrava… giusto.

Forse i ribelli non avevano tutti i torti, in effetti.

Forse la Storia era davvero una catena, o…

I pensieri di Leo vennero interrotti da dei passi che si avvicinavano, che lo misero sull’attenti.

-Dietro di me!- Giada si mise a protezione, sollevando i pugni diamantati.

Leo si fece piccolo piccolo dietro di lei, pronto a farsi proteggere come era sua abitudine, anche se al momento era lui quello con le sei vite.

Ma con Giada era diverso che con tutti gli altri.

Con Giada Leo era abituato a farsi proteggere, era abituato a restare indietro, e permettere a lei di sistemare i suoi casini.

Era la sua roccia.

Si resero presto conto che non c’era bisogno di combattere.

-Oh dei! Cosa…?!- esclamò la voce della persona che era appena arrivata, e Leo la riconobbe in fretta.

-Chevel!- esclamò, facendo spuntare la testa da dietro Giada prima che lei e Chevel potessero colpirsi a vicenda.

-Cuoco!- Chevel lo guardò sorpreso, alzandosi appena l’elmo per vederlo meglio e farsi vedere.

-Oh, l’uomo che vale per venti. Ci hai trovato in fretta- commentò Giada, con un sorrisino, tornando quasi del tutto normale, braccia escluse.

-Sì, non è stato granché difficile- Chevel sollevò le spalle, e guardò storto Leo, che però era troppo sollevato di vedere una faccia amica per accorgersi del suo sguardo omicida.

-Non sono mai stato così felice di vederti!- esclamò, correndo ad abbracciarlo e sorprendendolo non poco.

-Oh… beh…- Chevel sembrò piacevolmente colpito dall’entusiasmo di Leo.

-…non ero mai stato felice di vederti, prima, in realtà, ma ora lo sono davvero- aggiunse il cuoco, riflettendo sulle sue sensazioni.

Chevel sospirò, lo prese come un sacco di patate, e se lo caricò in spalla come tutti ultimamente facevano con Leo.

Ma fu molto più piacevole rispetto a quando era stato Brandon a farlo.

Più delicato, più gentile, e faceva sentire Leo al sicuro.

Poi si rivolse a Giada.

-Che tu sappia, è stato ucciso una volta?- indagò.

Giada aprì la bocca per rispondere, ma Leo fu più veloce.

-No! Ho ancora sei vite!- si vantò, soddisfatto dalle sue capacità di sopravvivenza.

-Peccato- borbottò Chevel, dandogli una pacca sulla schiena, e facendolo ridacchiare.

-Guarda che ho anche ricevuto una seconda benedizione divina, quindi stai attento a te- lo informò, fingendo di agitarsi, ma in realtà mettendosi comodo sulla spalla del cavaliere alleato.

-Non so se ve ne siete accorti, ma non siamo al raduno degli alpini! Stiamo scappando dai ribelli. Quindi se avete finito di flirtare… possiamo andare?!- li riprese Giada, ricordando a Leo la situazione.

-Non sto flirtando! Non stavo flirtando! Non dite a Daryan che stavo flirtando! Non stavo flirtando!- Leo si difese immediatamente, sollevando le mani e rischiando di cadere.

Per fortuna Chevel lo tenne ancorato sul posto.

-Già…- borbottò, tornando più freddo, e tenendolo con meno delicatezza -…seguimi, semidea, ti porto fuori da qui- fece cenno a Giada di seguirlo, e iniziò a camminare per i corridoi della fortezza sotterranea.

-Grazie. La prossima volta però evitate di mandare Leonardo- Giada lo rimproverò. Chevel si irrigidì.

-Fidati, non è stata una mia idea- borbottò, a denti stretti.

-I bambini stanno bene?- Leo iniziò a pensare a ciò che aveva lasciato fuori.

-Sì, loro e gli altri semidei sono stati portati al sicuro, dove anche io porterò voi. Il principe Daryan è con loro- rispose Chevel.

-Il principe Daryan…?- Leo iniziò a chiedere, un po’ incerto.

-È preoccupato per te, quindi è meglio andare lì più in fretta possibile- Chevel rispose prima che Leo potesse concludere la domanda.

Il cuoco sospirò.

-Non volevo preoccuparlo, volevo solo evitare che altre persone si facessero male- cercò di giustificarsi.

Chevel sospirò.

-Sei molto stupido, Leonardo- borbottò.

Ogni possibile ulteriore discussione si concluse quando il trio iniziò a venire attaccato.

Riuscirono a difendersi con una certa prontezza, Chevel portò in tutta sicurezza sia Leo che Giada fuori.

Era davvero un combattente formidabile, molto più di quanto Leo si aspettasse.

Era vero che valeva quanto venti uomini.

Una volta fuori dalla fortezza, Leo chiuse l’uscita con un blocco di ghiaccio, i tre salirono su dei cavalli, e si avviarono verso una zona sicura.

Leo non si rese neanche del tutto conto di essere uscito da quel luogo.

Aveva numerosi pensieri in testa, domande, e confusione.

Ma la sua priorità era solo una: ricongiungersi a Daryan, e sperare di non aver rovinato la sua neonata relazione con la sua impulsività e imprudenza.

 

Leo non era grande fan dei cavalli, lo doveva tristemente ammettere. 

Quando arrivò alla locanda nella città più vicina, e smontò con l’aiuto di Chevel dal cavallo sul quale erano montati insieme, non si sentiva più il fondoschiena.

Che, ricordiamolo, era già abbastanza provato da quando Brandon l’aveva sbattuto in cella.

Chissà che fine aveva fatto Brandon? Che Chevel l’avesse malmenato?

“Sì, Chevel l’ha malmenato. Non si è ancora ripreso” lo informò Remington, con voce divertita.

Ah, vendetta!

-Sei il mio eroe!- disse a Chevel, con un sorriso malefico.

Chevel sollevò uno sopracciglio, senza capire l’improvviso entusiasmo di Leo.

Ma fu estremamente delicato nel tirarlo giù dal cavallo.

Anche Giada era smontata, da sola e con la solita agilità.

-Leo, dobbiamo parlare di quello che è successo…- gli prese il braccio, e fece per trascinarlo all’interno della locanda, ma fu interrotta quando la porta si aprì, e la completa attenzione di Leo fu attratta dalla persona che uscì.

-Daryan!- lo chiamò, liberandosi dalla presa di Giada e avvicinandosi al principe, con il cuore che batteva a mille e le ginocchia molli che era un miracolo lo stessero reggendo ancora.

Daryan rimase fermo sulla soglia per un attimo, con occhi sgranati.

-Leonardo…- sussurrò, incredulo.

-Mi dispiace di essere andato da solo! Non volevo che altre persone si facessero male, e ho sottovalutato la situazione. Mi… mi dispiace tanto! Ma non ho perso nessuna vita, e sto bene, e…- Leo iniziò subito a giustificarsi, le lacrime agli occhi che minacciavano di uscire ed erano difficili da trattenere.

Si fermò a qualche metro da Daryan, temendo che Daryan non avrebbe apprezzato una vicinanza maggiore.

Temendo di aver rovinato il suo rapporto con Daryan dopo la sua bravata.

Certo, assolutamente certo, che Daryan non avrebbe perso tempo per rimproverarlo.

Ma rimase sorpreso quando sentì due forti braccia circondarlo e stringerlo forte.

-Stai bene?- gli chiese Daryan, preoccupato ma senza alzare la voce.

Leo non sapeva che rispondere.

Non si aspettava che Daryan l’avrebbe abbracciato.

-Sto bene- si ritrovò a sussurrare, anche se non era del tutto vero.

Aveva mal di testa, una bruciatura sulla mano, dolore alla schiena ed era… era davvero stanco morto.

-Sicuro?- Daryan sembrò capire la menzogna, e staccò l’abbraccio per controllare accuratamente le condizioni di Leo, che rimase a testa bassa, pronto alla sfuriata che prima o poi, ne era certo, sarebbe arrivata.

Perché Leo sapeva di aver sbagliato ad andare da solo senza un piano e senza parlarne con Daryan.

Sapeva di averlo fatto preoccupare.

E se ne dispiaceva.

Ma era stato più forte di lui. Il suo cuore gli aveva suggerito di sacrificarsi in favore di tutti gli altri, e non aveva saputo combatterlo. 

-Vieni dentro. Controlliamo le ferite, e ti do qualcosa da mangiare. Sarai stanco morto- Daryan lo prese per mano, e iniziò ad accompagnarlo dentro.

Leo si fece trascinare.

In effetti iniziava ad albeggiare.

E Leo non si faceva un sonno decente da quando tutta l’avventura era iniziata.

-Leo!- sentì Giada richiamarlo alle sue spalle.

Leo si girò a guardarla.

Sembrava scandalizzata, e fissava le mani intrecciate dei due con estremo terrore.

-Semidea Yu, sono felice di vederla sana e salva. C’è una camera anche per lei nella locanda, e la scorteremo al tempio per prima cosa domattina- la informò Daryan, professionale e calmo, ma con chiaro tono di congedo.

Il testo nascosto di quella frase era evidente: “Lascia riposare Leonardo!”.

E forse Leonardo avrebbe dovuto ribattere, e andare dall’amica.

Ma non ce la faceva.

Non era mentalmente pronto per una lunga discussione riguardo quello che era successo, con strigliata annessa.

Non era neanche pronto alla strigliata di Daryan, a dire il vero, ma almeno per quella si era preparato psicologicamente, o quantomeno ci aveva provato.

Giada sembrò in procinto di obiettare, ma si fermò di scatto, roteò gli occhi, e alla fine cedette.

-Leo, parliamo domani- gli diede i suoi spazi, e li precedette all’interno della locanda.

Daryan aspettò qualche secondo per assicurarsi di non incontrarla, poi trascinò Leo all’interno.

Raggiunsero presto una camera, e Daryan fece accomodare il cuoco su una poltrona un po’ rustica, ma comodissima per Leo, che si era ormai abituato con il cavallo e la pietra.

Leo si massaggiò la testa, facendo ordine, e cercando di darsi delle priorità da seguire.

Daryan tornò pochi secondi dopo con una bacinella con dell’acqua, degli antidolorifici, e qualcosa da mangiare.

-Purtroppo i biscotti sono finiti. Dovevi vedere la lotta per accaparrarsi l’ultimo. Alla fine ha vinto Daisy, che però ha deciso di dividerlo tra tutti… ne hanno mangiate poche briciole a testa- Daryan gli offrì il pasto: del pane con un po’ di formaggio. Leo lo mangiò come fosse il più prelibato dei banchetti.

-Daisy sembra una bambina davvero…- Leo iniziò a commentare l’aneddoto, intenerito.

Poi sgranò gli occhi, e si alzò di scatto, provocandosi un giramento di testa, ma ignorandolo.

-I bambini! Come stanno?! Stanno bene?! I semidei sono al sicuro?! Stanno tutti bene?!- chiese, preoccupato, e già pronto ad andare a controllare.

Daryan lo spinse delicatamente di nuovo seduto, e Leo praticamente cadde, perché le gambe non lo reggevano più.

-Stanno tutti bene, e stanno dormendo profondamente. Ho delle guardie a controllarli ed aiutarli se servisse supporto. Ora devi riposare e lasciare riposare anche loro, ne hanno passate tante- Daryan lo mise al corrente, e controllò il bernoccolo sulla testa.

-Sono felice che siano al sicuro, sapevo che ti saresti preso cura di loro- Leo sospirò, rassicurato.

-Ovviamente… appena torneremo a Jediah mi assicurerò che vengano mandati in un posto sicuro e accuditi, magari vicino al palazzo, così potrai andarli a trovare quando vuoi- gli propose Daryan, accennando un sorriso.

Leo ricambiò, commosso che Daryan stesse pensando anche a lui.

-Vorrei assicurarmi che staranno bene. Dopo tutto quello che hanno passato, meritano un po’ di pace- si rilassò sulla poltrona, rassicurato che la sua maggiore preoccupazione fosse risolta.

Daryan continuò a curargli le ferite, in silenzio, e Leo finì il suo pasto.

Ma il silenzio iniziò a farsi presto pesante.

Leo continuava ad essere preparato ad una sfuriata, ma Daryan era tranquillo, o almeno appariva tale.

-Non sei arrabbiato?- alla fine Leo esplose, e fece sobbalzare il principe, che non si aspettava che Leo gli parlasse.

Lanciò a Leo un’occhiata allarmata, ed esitò qualche secondo prima di rispondere.

-…perché pensi sempre che io sia arrabbiato con te?- chiese poi, in tono mite.

-Perché avresti tutto il diritto di esserlo. Sono un disastro ambulante e nonostante questo cerco comunque di fare le cose. Non faccio che tirarmi la zappa sui piedi, e mettermi in pericolo, e preoccupare le persone. Dovrei stare fermo e zitto, e lasciar fare alle persone competenti- Leo si autocommiserò, seppellendo il volto tra le mani per impedirsi di guardare verso Daryan.

-Leonardo… guardami- il principe però non lo fece commiserare, e gli prese le mani, togliendole da davanti al viso di Leo.

Leo lo fece fare, aspettandosi il peggio.

-Non sono arrabbiato- Daryan però lo stupì con l’ultima cosa che Leo si sarebbe aspettato.

Leo rimase in silenzio, incoraggiandolo a continuare.

C’era chiaramente dell’altro.

-…ero preoccupato, questo lo ammetto. E spaventato, e avrei voluto correre dentro, afferrarti, e rinchiuderti da qualche parte per impedirti di rischiare la vita di nuovo in questo modo…- infatti Daryan continuò, e iniziò a sfogarsi.

Leo sospirò.

Ecco, quella era una reazione che si aspettava.

-Ma… è stata una tua scelta, e la rispetto. Magari la prossima volta parliamone prima così da avere un piano migliore, ma… mi fido di te, Leonardo- Daryan gli strinse la mano destra, incoraggiante.

-Ti fidi di me? Ma Daryan… io sono un disastro. Ho fatto un casino dietro l’altro da quando sono qui- gli fece notare Leo, senza capire da dove venisse questa fiducia nei suoi confronti. Soprattutto dopo che Leo aveva mentito al principe per la maggior parte del tempo che avevano passato insieme.

Daryan lo guardò intenerito.

-Non posso negare che sei una persona… particolare- 

-Si dice particolare adesso?- Leo sospirò.

-Ma è il lato più interessante di te- continuò Daryan, senza farsi abbattere -Sei… la persona più bella che io abbia mai incontrato-

Leo era senza parole. Il cuore gli batteva così forte nel petto che temeva sarebbe potuto uscire fuori.

-Non ho mai apprezzato particolarmente ciò che era fuori dall’ordinario, e soprattutto ciò che non riesco a capire, ma con te… tutto di te mi affascina, fin dal primo giorno. Sei impulsivo, vivi alla giornata, e sei completamente imprevedibile. E questo rende lo stare insieme a te una vera e propria avventura, sia in positivo che in negativo. Non nego che rinuncerei volentieri al terrore che ho provato quando non sei uscito dalla fortezza, e hai bloccato la porta con un muro di ghiaccio, ma il resto… il resto ne vale la pena, Leonardo- Daryan gli prese il volto tra le mani, confortante.

Leo non sapeva cosa dire. 

Nessuno gli aveva mai detto cose del genere, tranne lo stesso Daryan, quella serata sul balcone, quando entrambi avevano bevuto un po’ troppo.

Leo non aveva mai conosciuto una persona come lui, così gentile e paziente, che rispettava le sue scelte e non cercava di cambiarlo.

-So che hai un buon cuore, e che cadi sempre in piedi. Hai salvato dodici persone, e non dimenticherò mai quello che hai fatto per mia sorella, quando era in pericolo. Vorrei solo che mi rendessi più partecipe, e ti fidassi di me, perché io voglio sostenerti, anche nelle follie più assurde- Daryan si avvicinò, fino a stare a pochi centimetri di distanza dal volto di Leo, che avrebbe voluto rispondere a quella dichiarazione d’amore, ma non riusciva a trovare le parole.

Così si limitò ad eliminare le distanze tra loro, e a dare a Daryan un dolce bacio sulle labbra, stringendolo forte, e sentendosi finalmente completamente al sicuro, e privo del senso di colpa per quello che aveva fatto.

Alla fine era andato tutto bene.

Aveva salvato Giada, aiutato dei bambini, e ottenuto anche una nuova stupenda benedizione.

E aveva anche uno splendido ragazzo.

Quando si separarono, Leo si sentiva molto più tranquillo.

-Prometto che la prossima volta ti terrò più informato… grazie di aver mandato Chevel, è stato provvidenziale- Leo riuscì a rispondere, e diede a Daryan una carezza sulla guancia.

-Era il piano, dopotutto. Se non ti sentivo per un po’, avrei mandato i miei uomini. Purtroppo quasi tutti gli uomini erano occupati a sistemare la situazione con i bambini, quindi ho mandato il migliore. Sarei andato io stesso, ma volevo assicurarmi che fossi nelle mani migliori- spiegò Daryan, sospirando, come de il ricordo di quello che era accaduto poche ore prima fosse insostenibile.

-Fortuna che non sei venuto, mi sarei preoccupato davvero troppo- Leo rabbrividì al solo pensiero.

Non che non fosse preoccupato anche per Chevel, ma Chevel era un cavaliere, non un principe. Era il suo lavoro combattere, quindi Leo era più portato ad accettare che combattesse.

-Ora capisci come mi sento io?- lo provocò Daryan, ritornando ad osservare le ferite.

Leo borbottò qualche scusa poco sentita.

-Servirebbe del ghiaccio per questo bernoccolo- commentò poi il principe, prestando particolare attenzione alla testa.

-Aspetta, faccio io- il timer era esaurito da tempo, e Leo ne approfittò per creare del ghiaccio da applicare sulla zona colpita.

Ahhh, che sollievo… e che dolore… ma anche che sollievo.

-Giusto… le gemelle non hanno smesso un istante di parlare della benedizione che la loro madre ha imposto su di te- Daryan osservò la mano marchiata, con un certo interesse.

-Già… non me l’aspettavo, ma è stata davvero utile. Non sono morto neanche una volta grazie a questa- Leo lasciò un attimo andare il ghiaccio sulla testa per osservarsi il tatuaggio.

Era davvero particolare.

-Grazie agli dei…- commentò Daryan, dandogli il cambio nel tenere il ghiaccio.

-Chissà perché la dea della neve mi ha marchiato, e Jahlee no- osservò poi Leo, confuso.

-Perché così non davi nell’occhio. L’ho fatto per proteggerti- una voce si sferzò l’aria all’improvviso, e fece sobbalzare i due uomini, che si girarono di scatto verso il luogo da cui era provenuta, ovvero il grande letto, dove la figura di Jahlee, leggermente evanescente, era sdraiata rilassata.

-Dio Jahlee!- Daryan fu il primo a riprendersi, e si inchinò profondamente.

Anche Leo lo seguì, ma Jahlee fece un cenno con la mano per farli rialzare.

-Riposo, riposo, sarà una visita breve. Principe Daryan, potresti lasciarci un attimo soli? Devo conferire con Leonardo in privato- Jahlee congedò il principe, che lanciò un’occhiata allarmata verso Leo, ma alla fine eseguì, salutandolo con un -Torno tra poco-.

Nella stanza rimasero solo Leo e il fantasma di Jahlee.

-Prima che tu lo chieda, puoi evocare tutti gli dei che ti hanno benedetto dicendo il loro nome. Ti conviene non evocare Noella o potrebbe tenerti sveglio fino a domani con la sua parlantina- Jahlee scese dal letto e si avvicinò a Leo, osservando con un certo fastidio il simbolo sulla sua mano.

-Una bella benedizione, lo devo ammettere. Ma anche la mia è molto utile!- affermò, impettito.

-Assolutamente, grande e potente Jahlee- Leo gli diede ragione. Non si insulta colui che ti ha salvato la vita una volta e te la salverà altre sei.

-Bravo ragazzo. Comunque… non ti avevo marchiato perché non volevo che tutti scoprissero la tua benedizione, ma non accetto che la gente pensi che solo Noella ti ha benedetto. Quindi, ora che tutti sanno di te, rimedierò. Sono stato io il primo a credere in te! E voglio che tu te lo ricordi- Leo non capì se dovesse sentirsi onorato o minacciato, e si limitò ad annuire e sorridere, un po’ confuso.

Jahlee gli indicò lo stomaco, concentrato, e poi annuì, soddisfatto.

-Perfetto, ci siamo detti tutto…- gli diede le spalle, e fece per sparire, ma poi cambiò idea, e si girò verso Leo.

-Un’ultima cosa… io ti offro il mio sostegno, così come Noella. È questo che significa il marchio, ma sappi che mia figlia verrà sempre al primo posto, per me. Ti sono grato per averla salvata, ma se un giorno le dovessi andare contro, io prenderò le sue parti- lo avvertì, in tono sacrale.

Leo annuì.

-Non credo che io e Giada potremmo mai essere uno contro l’altra- lo assicurò, convinto.

-Lo spero, ragazzo, lo spero davvero- Jahlee gli fece un sorriso tirato, e lo salutò con un cenno della mano, prima di sparire.

Leo si ricordò all’ultimo che avrebbe voluto chiedergli chiarimenti su Silvia, la madre di Giada, ma era ormai troppo tardi, e poi era troppo stanco per pensarci.

Si trascinò sul letto per stare più comodo, e alzò la camicia per controllare lo stomaco, che Jahlee aveva indicato.

Non troppo sorprendentemente, era comparso un simbolo, dai contorni viola: una specie di diamante intorno all’ombelico, dai cui angoli uscivano fuori delle linee ondulate, e al cui interno c’era il numero sei.

Probabilmente il numero di vite che gli rimanevano.

Era felice di avere conferma di non essere morto in quella missione, neanche per la botta alla testa.

Si mise comodo sul letto, aspettando il ritorno di Daryan, ma si addormentò senza potersi controllare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Il peggio della storia è finito… wow. Non ci credo che mancano solo due capitoli.

WOW!

Intanto volevo dire che la scena del timer l’ho calcolata in tempo reale. Ho recitato il dialogo di Leo e Angela, togliendo i pensieri di Leo, e arrivava proprio a sei minuti finché Angela non ha capito l’inghippo.

Comunque… wow, che capitolo lungo!

Ed è stato davvero un parto!

Spero di pubblicare presto il prossimo, dove rivedremo personaggi che non becchiamo da un po’, e inizieremo a prepararci per chiudere questa storia.

Anche se è solo il primo libro, non disperate.

Comunque… la missione di salvataggio alla fine è riuscita, ma Leo ha ricevuto informazioni particolari sulla Storia, sugli dei, e sui ribelli. Chissà perché Giada e Remington sono così decisi a non cambiare nulla.

Lo scoprirete presto, spero.

E spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 23
*** Tutto bene ciò che finisce bene... ***


Tutto bene ciò che finisce bene...

 

Leo si svegliò a palazzo, nel familiare letto che gli avevano dato quando era stato avvelenato, e il suo primo istinto fu di controllare alla sua destra, sperando di trovare il principe Daryan, addormentato al suo fianco.

Questa volta, però, era solo.

Era comprensibile, non era stato in pericolo di vita.

O meglio, lo era stato, ma non lo era più da parecchie ore.

Si ricordava vagamente di essersi svegliato per salire nella carrozza che l’avrebbe portato a casa, e di essersi riunito ai bambini, che sembravano mille volte più sereni rispetto a prima. Aveva salutato i semidei che erano andati tutti nelle rispettive strade, gli orfani portati in un orfanotrofio certificato dove sarebbero stati accuditi con affetto, e… niente, per il resto aveva dormito per tutto il tragitto, recuperando le energie.

Ed eccolo lì, in quella che era praticamente diventata camera sua dall’avvelenamento, più riposato di quanto fosse stato forse dall’inizio di quella strana avventura, e anche più sereno.

Tutto era andato bene, alla fine.

Aveva salvato Giada, protetto dei bambini, ottenuto una nuova benedizione, e aveva solo qualche dolore che comunque andava già meglio.

Si stiracchiò, si alzò, si vestì con calma e tranquillità, e poi uscì dalla stanza, deciso a dirigersi in cucina e preparare qualcosa per la colazione del principe.

Era ancora molto presto, sicuramente avrebbe fatto in tempo.

Una volta fuori dalla stanza, per poco non andò a sbattere contro un cavaliere, che era appostato lì davanti con fare protettivo.

-Alex?- Leo la riconobbe subito.

-Leo! Sei già sveglio?- lo accolse lei, sorpresa.

-Ho dormito fin troppo. Come stai?- Leo era felicissimo di vederla. Gli ultimi giorni gli erano sembrati secoli, e gli era mancata molto l’amica. Gli erano mancati tutti.

Non vedeva l’ora di rivedere le cuoche, la famiglia reale, Persian e tutti gli altri.

Non Lionel.

Avrebbe preferito non vedere Lionel per un bel po’.

-Vuoi dire dopo che ho passato tre giorni d’inferno perché sei scappato dal castello e tu e il principe eravate dispersi?- Alex si fece gelida, e il sorriso di Leo si incrinò.

Giusto, si era dimenticato le circostanze in cui era andato via.

-Mi dispiace, Alex, non volevo preoccuparti, ma dovevo…- iniziò a giustificarsi, preparandosi mentalmente a farlo per tutti gli altri nell’immediato futuro.

-Ora che sei tornato, sto decisamente meglio. Non fare mai più una cosa del genere, però!- Alex lo interruppe afferrandolo e stringendolo in un forte abbraccio.

Leo ricambiò immediatamente.

-La prossima volta troverò un modo di informarti- le promise, dandole qualche pacca sulla spalla.

-La prossima volta saremo legati insieme così che tu non possa più neanche provare a scappare, dì addio alle tue pause bagno!- lo minacciò Alex, guardandolo storto.

-Mi sembra giusto- Leo alzò le mani in segno di resa.

Dopo qualche secondo, entrambi scoppiarono a ridere.

-Ti accompagno in cucina?- chiese Alex, indicando la direzione e preparandosi a scortarlo.

-Non sono più bandito?- Leo era sorpreso.

Gli ultimi giorni post-avvelenamento gli era stato impedito di cucinare qualsiasi cosa.

-Il principe Daryan temeva che le cuoche potessero rivelare delle informazioni compromettenti, ma ora che il pericolo è passato, sei di nuovo ammesso in ogni parte del castello, anche se per il tuo lavoro dovrai discutere con il principe in persona. Dubito ti farà tornare assaggiatore, ma penso che vorrebbero tutti riaverti in cucina- gli spiegò Alex.

Leo lo sperava.

Aveva trovato un bell’equilibrio a Jediah, e l’idea di tornare a lavoro era davvero entusiasmante.

Anche se… ora che era di nuovo lì, Leo ricordò che in pochi giorni teoricamente sarebbe dovuto tornare a casa per sempre.

…per sempre.

Gli si strinse lo stomaco all’idea di lasciare la corte, e soprattutto il principe Daryan. Dopo tutto quello che avevano passato, e ora che Leo aveva la certezza che essere sé stesso non l’avrebbe candidato alla tortura e alla morte, il ragazzo non riusciva a immaginarsi di andare subito via.

E non poteva accettare di non tornare più nei sette regni.

Forse avrebbe potuto convincere Giada a trovare una strada alternativa.

Non si erano parlati dopo il salvataggio perché Leo aveva dormito tutto il tempo e poi lei era andata al tempio, ma il cuoco era certo che una soluzione fosse fattibile.

E che Giada sarebbe stata dalla sua parte.

Era la sua migliore amica, dopotutto.

Leo arrivò in cucina molto pensieroso, e quasi cadde a terra quando venne accolto da un abbraccio di gruppo da parte di Anna, Mary e Jane.

-Leo!! Eravamo così preoccupate!- esclamarono in coro.

-Ragazze, un po’ di contegno!- le riprese Mildred, richiamandole subito all’ordine.

-Scusa Madame Mildred- risposero di nuovo in coro le tre, tornando ognuna al proprio compito.

-Allora, che si cucina di buono oggi?- Leo si guardò intorno, sentendosi invadere dal calore alla vista delle preparazioni e dei fornelli ai quali si era immensamente affezionato nel tempo che aveva passato a lavorare lì. Gli sembrava di essere finalmente ritornato alla normalità.

-La principessa ha richiesto delle crepes, stiamo facendo ancora l’impasto, vuoi metterti a lavoro?- gli spiegò Mildred, porgendogli poi un mestolo.

Lo lo prese con occhi brillanti.

-Con immenso piacere!- esclamò, dirigendosi poi verso una ciotola piena di impasto e iniziando a controllare le dosi.

Riuscì a lavorare per circa in minuto, prima che le cuoche iniziassero a torchiarlo per ottenere informazioni circa ciò che era successo nella base dei ribelli.

E, tra una preparazione e l’altra, Leo rispose ad ogni singola domanda, senza troppi problemi.

Finché non arrivò un rumor piuttosto particolare.

-Oh, ma sai cosa si dice, in giro? Ho sentito, e sicuramente ho capito davvero male, che tu vieni da un altro mondo, e non sei sposato- Anna scoppiò a ridere all’assurdità della sua affermazione.

Leo si irrigidì.

La voce era girata molto più in fretta di quanto avrebbe pensato.

Certo che in quel castello non c’erano segreti, si scopriva tutto subito!

Leo aveva vagamente parlato con Daryan dandogli l’okay per dire tutto ai suoi genitori e a Opal, ma non pensava l’avesse già fatto. 

Beh… prima o poi alla fine aveva intenzione di ammettere la verità.

-Dove hai sentito queste voci?- chiese Dotty, molto sorpresa, lanciando a Leo un’occhiata interessata.

-Ieri sera stavo portando una camomilla alla principessa e l’ho sentita parlare con il principe… probabilmente ho sentito male. Sappiamo tutti che Leo è di Lumai, è sposato con Lauren, e ha sei fratelli e una sorella…- iniziò a ricordare Anna.

Wow, era esperta. Ricordava le bugie di Leo meglio di lui.

-Ehm… a dire il vero…- Leo iniziò ad ammettere le sue menzogne.

Tutte le cuoche smisero di fare quello che stavano facendo, e si girarono a fissarlo, ad occhi sgranati.

-A dire il vero…?- lo incoraggiò Jane, avvicinandosi a lui.

-Ehhh… Mildred, non dovremmo prima pensare al cibo e poi ai gossip?- Leo provò a togliersi un po’ di quell’attenzione di dosso.

-A dire il vero…?- Mildred però era curiosa quanto le altre.

Leo sospirò, e alla fine ammise la verità.

-A dire il vero… vengo da un altro mondo, non sono sposato, ho solo una sorella… e… beh… sì, diciamo che qualche bugia l’ho detta…- la voce divenne sempre più bassa mano a mano che le cuoche iniziavano ad avvicinarsi, con occhi spiritati.

E poi esplose una bomba.

 

Quando Leo arrivò con la colazione in sala da pranzo, scusandosi per il ritardo nel servizio, era devastato.

Era stato sballottato da una parte all’altra della cucina, preso a parole e a domande per tutto il tempo, e Anna gli aveva fatto il muso e si era offesa tantissimo per essere stata imbrogliata così. Leo aveva provato a spiegarle che era stato un problema culturale tra i due mondi, ma Anna era comunque offesa.

Aveva scatenato un’ilarità enorme in Jane e Mary quando aveva detto che pensava che essere attratto da soli uomini l’avrebbe fatto imprigionare, perché, a quanto pare, Mary e Jane stavano insieme da anni, ed erano convinte che Leo lo sapesse.

Leo era caduto dalle nuvole. Non se l’aspettava proprio, anche se forse avrebbe dovuto accorgersene.

Dotty l’aveva sorpreso perché si era esaltata tantissimo alla scoperta, e aveva affermato che lei lo aveva sospettato più volte, ma si era sempre sentita stupida. 

Mildred era rimasta sorpresa circa due minuti, poi aveva continuato ad incoraggiare tutti a lavorare e non perdere tempo.

Insomma, alla fine non era andata male.

Leo si sentiva un idiota per aver tenuto il segreto così a lungo.

Probabilmente se l’avesse detto fin dall’inizio, si sarebbe risparmiato un sacco di problemi.

Anche se, alla fine, era stato divertente.

Per fortuna il re e la regina lo sapevano già.

Opal infatti lo accolse con un sentito: -Leonardo Rinaldi è un bel nome! Suona davvero bene!- che divertì parecchio Leo.

-Grazie principessa. E buongiorno- il cuoco fece un inchino profondo alla famiglia reale, porgendo i piatti.

-Buongiorno, Leonardo. Non mi aspettavo saresti stato in cucina. Hai dormito bene?- gli chiese Daryan, approfittando che Leonardo si piegasse verso di lui per fargli una carezza sulla guancia.

Leo per poco non si sciolse, ma si impose di restare professionale.

-Ho dormito molto bene, ti ringrazio. Non vedevo l’ora di tornare ai fornelli, però- disse rivolto a tutta la tavolata.

-E noi non vedevamo l’ora che tornassi ai fornelli!- Opal si fiondò sulle crepes e iniziò a mangiarle con gusto.

Leo non trattenne una risatina.

-Quindi nel tuo mondo hanno tutti dei cognomi. È molto comodo per quando inevitabilmente dovremo conferirti una carica nobiliare- osservò la regina, lanciando un’occhiata maliziosa tra Leo e il figlio, che continuavano a guardarsi e sorridersi.

Rendendosi conto della frecciatina, Daryan tornò serio, e guardò storto la regina.

-Madre…- si lamentò, sperando di non arrossire.

Leo era più rosso della marmellata di fragole che serviva per le crepes.

-Non stavo facendo allusioni! Dopotutto Leonardo è comunque un benedetto da ben due divinità. Non possiamo ignorare una faccenda così importante- si giustificò la regina, indicando il tatuaggio sulla mano di Leo.

Il cuoco doveva ancora abituarsi, era davvero strano.

Anche se lo apprezzava parecchio.

-Sei in lista per diventare il prossimo santo, Leonardo?- chiese il re, interessato.

-Un santo?- chiese Leo, che non sapeva esattamente neanche come diventare un santo, in quel mondo.

-Se ogni singola divinità benedice lo stesso essere umano, diventa un santo- spiegò Daryan, iniziando a mangiare le crepes, e sorridendo soddisfatto.

Leo non trattenne un enorme sorriso nel vederlo così a suo agio nel mangiare. Iniziava davvero a godersi il cibo.

Ma anche la faccenda dei santi era interessante.

-Sette benedizioni?- chiese, sorpreso. Non riusciva neanche ad immaginarsi di ricevere così tante benedizioni. Già due sembravano troppe, e completamente immeritate.

-Non ce n’è uno da secoli- Opal sembrava estasiata all’idea.

-Millenni. Forse non è neanche possibile, a dire il vero. Ci sono solo storie- la corresse la regina, per niente convinta che Leo potesse diventare un santo dei sette regni.

Neanche Leo lo pensava.

-Però non serve che diventi un santo per avere un titolo nobiliare, vero, Daryan?- Opal cambiò argomento, e ammiccò al fratello, che arrossì appena.

-Opal…- si lamentò Daryan, alzando gli occhi al cielo.

-Dico solo che ora che Leo non è più sposato è…ahi- la frase maliziosa di Opal venne interrotta da un pezzo di crepe che le arrivò dritto in faccia, al quale la ragazza replicò lanciando al fratello un fazzoletto di stoffa.

-Contegno, ragazzi- li riprese il re, mentre la moglie ridacchiava.

Leo si sentiva più rosso dei suoi capelli, anche se non poteva obiettare alla prospettiva proposta dalla principessa.

Solo che… era imbarazzante, soprattutto il pensiero di diventare un nobile per sposare un giorno Daryan.

Non erano mai stati neanche ad un primo appuntamento, dopotutto, e aveva già conosciuto i genitori della sua cotta.

Non che a Leo dispiacesse bruciare un po’ le tappe.

-Se non serve altro, io tornerei in cucina- decise di tagliare la corda per evitare di assistere ad ulteriori frecciatine, anche se gli faceva piacere vedere Daryan in atteggiamenti più rilassati, soprattutto che riguardavano il cibo.

-Non serve scappare, Leo! Noi approviamo!- gli assicurò Opal, con un sorrisino.

-Mia figlia ha ragione, Leonardo. Saresti un’ottima aggiunta in famiglia- le diede man forte sua madre, divertita dall’imbarazzo dei due ragazzi.

Daryan sospirò, Leo arrossì ancora di più, per quanto possibile, dato che era già parecchio rosso, ma non riuscì a non sorridere.

-Mi onora la vostra approvazione- ammise, formale. 

-Lasciali perdere, Leonardo, vai pure in cucina- Daryan lo congedò, per liberarlo dal supplizio, e Leo fece un inchino profondo a tutti e quattro, prima di dare loro le spalle per uscire.

-Aspetta, Leonardo…- il principe però lo richiamò, e Leo si girò, in attesa.

-Ti andrebbe, all’ora del tè, di passare del tempo insieme?- gli chiese il principe, cercando di ignorare il resto della sua famiglia.

Leo annuì vigorosamente, entusiasta alla proposta.

-Certamente! Con grandissima gioia!- esclamò, senza riuscire a trattenere l’esaltazione, e facendo sorridere Daryan.

Poi recuperò la compostezza, e fece un nuovo inchino.

-Cioè… ne sono onorato, principe Daryan- tornò formale, suscitando una risatina dal principe, e dal resto della famiglia reale.

Tornò in cucina con il cuore più leggero, saltellando per mostrare tutta la sua gioia.

Un appuntamento! Un appuntamento con Daryan! Stavano insieme, si piacevano a vicenda, e anche la famiglia approvava! 

Tutto stava andando perfettamente, era il lieto fine perfetto da favola Disney!

Il lieto fine dove le storie di solito si interrompono, quando c’è il massimo della felicità, prima dell’inevitabile discesa.

 

Il tè era andato bene, anche se non era stato esattamente l’appuntamento che Leo si era aspettato, dato che Opal si era autoinvitata dicendo che era da troppo che non passava del tempo con lui, tra l’avvelenamento e la missione.

Sia Leo che Daryan avevano accolto l’intrusione della ragazza senza alcun problema, e alla fine erano anche riusciti a fare una passeggiata da soli, parlando di tutto e di niente.

Ora che non aveva più segreti, Leo si sentiva leggero come una piuma, e parlava a tutto spiano, senza più misurare le parole che uscivano dalle sue labbra.

E una persona normale probabilmente a quest’ora sarebbe scappata, sentendolo così logorroico e a volte quasi inappropriato. Daryan era comunque un principe.

Ma era un principe dai gusti strani, perché sembrava ascoltare ogni singola parola di Leo senza traccia di giudizio o fastidio, ma sempre con il sorriso, e a volte facendo qualche domanda sulle faccende del mondo di Leo.

Anche Leo gliene faceva alcune sui sette regni, ma nelle settimane passate lì aveva imparato parecchio, quindi ne faceva molte meno.

Avevano anche iniziato a parlare dei progetti per il futuro, sebbene senza scendere troppo nei dettagli.

Insomma, era stata una bella giornata, e tutto stava procedendo davvero bene.

Eh… troppo bene.

Quando Leo rientrò nella camera che ormai era diventata sua, dove l’avevano messo dopo l’avvelenamento, e dove si era svegliato quella mattina, per poco non si prese un infarto quando trovò Giada seduta sul letto, a braccia incrociate, e con sguardo che mandava scintille.

-Hey! Non sapevo che fossi a palazzo. Come sei entrata?- l’accolse, con entusiasmo, ignorando lo sguardo assassino.

-Il cavaliere biondo all’ingresso era addormentato con una bottiglia di vino tra le mani- la semidea alzò le spalle, spiegando la situazione.

-Dovrei dire a Daryan di licenziare Lionel, fa entrare tutti!- borbottò Leo, alzando gli occhi al cielo.

-Non sono qui per parlare di guardie negligenti. Leonardo, abbiamo cose importanti di cui discutere!- Giada si alzò dal letto, e gli si avvicinò battagliera.

Non lo chiamava mai con il nome completo. Era chiaramente arrabbiata con lui.

E Leo sapeva già di cosa avrebbero parlato.

-Okay… scusa se mi sono buttato a salvarti. So che era pericoloso, ma a mia discolpa posso dire che è stato Remington a proporre il piano in primo luogo!- mise immediatamente le mani avanti, dando al semidio la colpa di tutto.

Non era solo pavido, ma era effettivamente colpa di Remington se Leo aveva scoperto che Giada era stata catturata, ed era stato lui a proporre il piano e a dare a Leo l’orecchino.

“Brutto traditore infame! Come ti permetti di buttarmi sotto la carrozza!” si lamentò Remington nella mente di Leo, sentendosi chiamato in causa.

Era spaventoso anche lui, ma era a Valkrest, quindi non era una minaccia imminente per Leo, che preferiva attirare le sue ire piuttosto che quelle di Giada.

Ma lei scosse la testa.

-Con Remington ci ho già parlato e l’ho strigliato. Non volevo parlare della missione- Giada surclassò l’argomento come se fosse di poco conto.

Leo era confuso.

Era convinto che fosse quello l’argomento principale.

Di che altro avrebbe potuto parlare, che la faceva arrabbiare così?!

-È per via di tua zia? In effetti ho svariate domande al riguardo, ma sono affari tuoi, e comunque non ho detto niente di compromettente su tua madre!- Leo si difese, pensando ad un altro argomento che poteva farla arrabbiare.

-Sì, lì poteva andare molto meglio, ma non voglio parlarti neanche di quello…- Giada si prese il volto tra le mani, in difficoltà.

-Se è per la benedizione, io non controllo minimamente quello che fanno gli altri dei! Non puoi prendertela con me! Anche se io ammiro molto e apprezzo tantissimo che la grande e potente Noella mi abbia voluto offrire una benedizione- Leo si lisciò un po’ la sua seconda dea preferita dopo Jahlee, non che avesse preferenze particolari, in realtà.

-Awww, mi lusinghi. Ma sei stato tu davvero delizioso a salvare le mie bambine e proteggere tutti quei giovani. Era da tanto che un umano non mi colpiva così tanto- l’arrivo improvviso della figura evanescente di una giovane donna con un abito che sembrava fatto di ghiaccio, capelli e carnagione bianche come la neve, e vivaci occhi di un tenue arancione, fecero sobbalzare Leo, che non si aspettava una visita da parte della dea Noella.

-Non è il momento, Noella!- si indignò Giada, prima che Leo potesse replicare e ringraziare meglio per la benedizione.

-Come ti permetti? Guarda che senza la mia benedizione non saresti stata salvata con questa facilità! Dovresti ringraziarmi!- la dea della neve si infiammò subito, e lanciò a Giada un’occhiata offesa e irritata.

Prima che Giada potesse sbottare e attirare a sé le ire funeste di Noella, Leo si affrettò ad intervenire.

-La ringrazio davvero sentitamente per la benedizione, è stata davvero fondamentale, non so come avrei fatto senza. Come stanno Snow e White? Sono già arrivate a Nivern? Si sono riprese?- si mise tra l’amica e Noella, facendo conversazione con quest’ultima, che si sciolse subito.

-Sono a casa, le mie adorate. Non fanno che parlare di te. Sarebbe bello se un giorno potessi venire a trovarle… e magari portare anche un’offerta, tipo.. una torta gelato, o… qualcosa del genere? Piccolo suggerimento… amo tutto ciò che è freddo- la dea gli fece un giocoso occhiolino.

Leo era un po’ in soggezione, ma sorrise caldamente.

-Lo terrò in considerazione, spero di poter venire, prima o poi, e senz’altro porterò parecchie offerte per la mia salvatrice e le sue dolcissime figlie- rispose, incoraggiante.

-Oh, che adulatore! Ho scelto proprio bene…- Noella era soddisfatta, poi osservò qualcosa alle spalle di Leo, e il suo sorriso crollò -Capito… capito… vi lascio parlare. Usa bene il mio dono, mi raccomando- Noella indicò la mano di Leo, e fece per sparire.

-Leo, non volevo parlare di questo, ma…- Giada cercò di mantenere la calma, e provò immediatamente ad attirare nuovamente l’attenzione del cuoco, ma Noella non era sparita del tutto.

-Oh, quasi dimenticavo. Sai già che il potere ha una ricarica ogni sette minuti, puoi usarlo anche per raffreddare o ghiacciare qualcosa. Potrebbe aiutarti anche in cucina, e… va bene, va bene, me ne vado… santi noi!- diede qualche dettaglio in più sulla propria benedizione, e poi li lasciò soli.

-Figo! Non ci avevo pensato- Leo si guardò la mano con entusiasmo.

-Leo, concentrati!- alla fine Giada sbottò, e attirò completamente la sua attenzione, mettendolo sull’attenti.

-Certo, certo… ma non so di cosa vuoi parlare… per caso riguarda Remington o…?- Leo provò nuovamente ad indovinare il motivo per il quale era arrabbiata, ma Giada non voleva perdere altro tempo.

-Non riguarda la missione. Lasciamo stare la missione, riguarda te! E il principe Daryan! Si può sapere che diamine stai facendo?!- finalmente riuscì a dire quello che voleva, e Leo non si aspettava che se la prendesse con lui per il principe Daryan.

E non si trattenne dall’arrossire, e accennare un sorrisino, pensando al ragazzo che gli piaceva.

-Beh… non c’è un’etichetta…- iniziò a dire, imbarazzato.

-Oh dei! Leo, stai insieme al principe Daryan?! Sul serio?!- Giada era incredula, come se Leo le avesse appena detto che aveva ucciso qualcuno.

-Beh, più o meno… insomma, mi voleva fermare dall’andare a salvarti, e gli ho più o meno raccontato tutto: che vengo da un altro mondo, che sei la mia migliore amica, che sono… gay… non mi avevi detto che in questo mondo sono così aperti di mente! Non ci sono nemmeno etichette per quanto è normalizzato ogni tipo di sessualità. È incredibile!- Leo iniziò a raccontare.

Giada era più pallida mano a mano che il ragazzo continuava il racconto.

-C’è un motivo per cui non te l’ho detto- borbottò tra sé.

Leo non l’ascoltò, troppo occupato a parlare.

-E poi abbiamo parlato, di varie cose, e lui ha accettato di aiutarmi, e io ho creato un collegamento con lui, e… no, aspetta prima ci siamo baciati, e poi ho creato l collegamento. Cioè, ci siamo confessati che ci piacciamo a vicenda e… wow, mi sembra ancora impossibile a pensarci. Ahhh, gli piaccio! Che bello!- Leo era rosso come un pomodoro, e con occhi brillanti.

-Oh… no…- Giada si abbandonò sul letto, devastata.

Leo era troppo entusiasta per accorgersene.

-E… a proposito di questo, in effetti volevo parlarti di una cosa. Stavo riflettendo, e ho pensato che… insomma… qui ho un buon lavoro, un bel ragazzo… e tanti amici, molti più che sulla terra…- Leo iniziò a fare una proposta a cui stava pensando da quella mattina.

Giada si alzò di scatto dal letto dove si era buttata devastata.

-Che stai dicendo, Leo?!- chiese, allarmata.

-Senti, non sto dicendo di trasferirmi qui per sempre, e completamente, verrei comunque in visita per vedere mamma, e Isa, e tutti gli altri, ma… cioè, insomma… potremmo organizzarci, no? E potrei dire tutto a mamma e a Isa, sicuramente con le prove mi crederebbero, anche se sarebbero un po’ confuse, all’inizio. Ma alla fine non è tanto diverso da lavorare all’estero… comunicazione esclusa….- Leo non aveva le idee chiarissime, ma già il fatto che avesse qualche idea era un buon punto di partenza, e con il sostegno di Giada, era certo che sarebbe riuscito a far funzionare il suo scambio culturale con i sette regni.

Aveva due divinità dalla sua parte, un sacco di amici, e… qualche nemico, ma se restava a Jediah sicuramente sarebbe stato al sicuro dai ribelli antimonarchici e da Victor. Ci si poteva lavorare.

Lanciò a Giada un’occhiata piena di speranza e ottimismo, ma il suo sorriso scomparve quando finalmente notò la sua espressione.

-Cosa c’è?- chiese infatti, preoccupato.

Giada era pallida come un lenzuolo, e Leo non avrebbe saputo dire se fosse preoccupata, spaventata, o furiosa.

Forse un misto di tutte e tre le cose.

-Leo, non ci pensare neanche…- sussurrò, più tra sé che rivolta al migliore amico.

-Perché no? Insomma… è scomodo, ma… ne vale la pena. Io sto davvero bene qui. Quando dovevo andarmene, dopo la visita di Victor, io… io non volevo. Non è solo per Daryan, anche se è un po’ anche per Daryan, ma il fatto che non devo più mentire, e che posso essere me stesso completamente, e cucinare, ed essere apprezzato, io… Giada, ti prego, aiutami- Leo le si avvicinò, aprendo al massimo il suo cuore e cercando il sostegno della sua migliore amica, che però si allontanò, scuotendo la testa.

-Leo, tu non puoi restare qui. Non puoi… non sei nella Storia, e l’hai già cambiata troppo, non… dei, il principe Daryan sposerà Dotty, ne sei consapevole, vero?- gli ricordò, e il cuore di Leo ebbe un sussulto.

Se lo ricordava, ma non voleva pensarci.

-Sì, lo so, e allora? Ora sta con me, è un problema? Perché sei così fissata con la Storia? Sto agendo secondo il mio libero arbitrio e se non sono contemplato nella Storia… beh… la Storia cambierà. Non è quello che fanno sempre le persone negli isekai? Perché non… non puoi essere felice per me e basta? Pensavo che saresti stata felice per me. Sei la mia migliore amica!- Leo scattò sulla difensiva, confuso dal comportamento così scoraggiante di Giada. Pensava che lei tra tutti sarebbe stata dalla sua parte. Era una grande fan degli isekai, in generale, ed era sempre stata incoraggiante riguardo le cotte di Leo.

Giada esitò un po’ prima di rispondere, sembrava aver capito che rischiava di ferire parecchio Leo cercando di separarlo dal suo nuovo amore.

-Leo… io sono dalla tua parte. E proprio perché sono dalla tua parte che ti chiedo di rivalutare questa cosa- si avvicinò Leo, in tono incoraggiante anche se fermo. Sembrava davvero in difficoltà -… senti, non è mai il caso di conoscere la Storia…- 

-Sì guarda l’ho capito- Leo sbuffò, seccato. Negli ultimi giorni aveva sentito nominare la Storia fin troppo, iniziava a stancarsi. Non gli sembrava neanche così importante, a dire il vero.

-Il fatto è che…- Giada esitò parecchio, cercando le parole migliori -Tristan!- esclamò poi, senza molta logica.

Leo era confuso.

-Chi?- chiese. Non aveva mai sentito quel nome nei sette regni.

-Tristan, questo è il fatto- Giada però era convinta di ciò che aveva detto.

O stava dando i numeri, o Leo si era perso qualcosa.

-Chi è Tristan?- provò a chiedere, sperando non fosse una lacuna troppo grande, come non sapere quali fossero i nomi dei sette dei.

Giada esitò solo un istante prima di rispondere.

-Il figlio di Dotty e Daryan- spiegò poi, in tono grave.

Un nodo iniziò a formarsi nello stomaco di Leo.

-…okay?- non voleva minimamente che Giada continuasse, ma la incoraggiò a farlo comunque, in un sussurro, sperando che non lo convincesse a lasciar perdere il nuovo amore.

-Tristan crescerà, e porterà la pace tra due regni, e poi avrà una figlia, Obsidian. O meglio, avrà numerosi figli, ma Obsidian sarà colei che istituirà un’educazione pubblica rivolta a tutti- iniziò a spiegare Giada, in tono concitato, ricordando pezzi della Storia che lei conosceva perfettamente, avendola letta come fosse un libro.

Il cuore di Leo batteva sempre più forte, e gli era andato in gola.

Iniziava a provare una certa nausea.

-Così tardi?- provò ad obiettare, cercando di trovare il lato negativo in quello che Giada gli stava dicendo.

Se lui fosse diventato re, magari poteva essere lui a provare ad instituire una scuola.

Non era un pensiero molto conscio, perché Leo non credeva di poter essere un bravo re, in generale, ed era troppo presto per pensarci.

Ma non voleva neanche che gli venisse precluso a prescindere.

Non voleva… non voleva rovinare qualcosa.

Giada surclassò immediatamente la sua critica.

-Il progetto partirà da Tristan, e poi Obsidian lo porterà a termine. Il punto è che… dalla scuola pubblica usciranno tante persone incredibili, che faranno delle grandi cose, e numerose conseguenze che porteranno a tantissimi nuovi sviluppi, e a una pace eterna nei sette regni. Ogni cosa, nella Storia, è per un futuro e un mondo migliore- continuò a spiegare, e illustrare il suo pensiero.

Leo rimase in silenzio.

Non avrebbe saputo come obiettare, dopotutto.

Lui non conosceva la Storia, non aveva idea di cosa riservasse il futuro, e non voleva saperlo. Lui non voleva casini. Voleva solo vivere la sua vita in pace. Essere libero di innamorarsi, di scegliere, di vivere e fare quello che voleva, ai limiti della legalità, ovviamente. Ma non voleva avere il futuro dei sette regni sulle sue spalle.

-E tu credi davvero di riuscire a rendere i sette regni migliori… vuoi davvero rischiare che persone come Gideon, e altri bambini del futuro, siano senza una scuola, senza vantaggi?- Giada iniziò a scaldarsi, l’argomento sembrava starle molto a cuore. E stava molto a cuore anche a Leo, ma non capiva… non voleva credere che con la sua sola esistenza potesse impedirlo.

Iniziò a scuotere la testa tra sé, sempre in silenzio, e riflettendo sulle parole della sua migliore amica, alle quali non voleva credere.

E questo atteggiamento iniziò ad irritare Giada, che alzò appena la voce.

-Vuoi davvero rischiare… vuoi davvero impedire a dei bambini di nascere, crescere e vivere solo per seguire una persona che conosci da due mesi?- cercò di farlo ragionare, il più calma possibile, e il peso delle sue parole iniziò a cementarsi sullo stomaco di Leo.

-Magari… non durerà. Magari Tristan arriverà comunque, anche con il mio intervento, insomma… io…- iniziò a giustificarsi, e cercò di togliersi un po’ di responsabilità di dosso. Ma le mani gli tremavano, il cuore iniziava a battergli sempre più forte nel petto, e a malapena riuscì a spiccicare parola.

Giada non apprezzò la sua difesa.

-E se invece durasse? Metti che starete per sempre insieme felici e contenti come un principe e una principessa in un film Disney. Dopo? Eh? Che fine farà Dotty? Tristan non nascerà mai, Obsidian e i suoi fratelli non nasceranno mai. Tu cambieresti una Storia destinata ad andare benissimo per un tuo stupido capriccio romantico!- alla fine sbottò, facendo sobbalzare Leo, che sollevò la testa su di lei, e sentì tutta la responsabilità depositarsi sulle sue spalle.

Non solo riguardo il futuro, ma anche riguardo al passato.

Tutto quello che aveva cambiato.

Tutte le persone che aveva messo in pericolo.

Chi aveva salvato sembrava passare completamente in secondo piano.

Per un attimo gli mancò il respiro.

Era un peso troppo grande per le sue spalle mingherline. Era il peso di centinaia di anni futuri che rischiavano di collassare a causa sua.

-Io… io non…- gli tremava la voce, sentiva i sudori freddi. Fece tutto il possibile per non mostrare il panico che lo stava avvolgendo, ma fu costretto ad appoggiarsi al bordo del letto, a causa delle ginocchia molli.

Giada non sembrò accorgersene, e continuò il suo sproloquio.

-Puoi anche scegliere di perseguire questo capriccio, ma sarai tu che poi dovrai vivere con le conseguenze. Io lo sto dicendo per te, Leo. Ti sto consigliando la scelta migliore per tutti. So che ami Daryan e ti piace, ma… anche nel nostro mondo ci sono tante persone meravigliose. Perché entrare in un mondo che non ti appartiene e a cui non appartieni, per stare con un principe che… magari non è neanche così grandioso come pensi?! Fidati, io lo so- cercò di incoraggiarlo, ma Leo non si sentiva affatto incoraggiato.

Si sentiva come se la sorte dell’intero universo fosse nelle sue mani.

Era una responsabilità enorme.

La sua felicità, in cambio di quella del resto del mondo.

Sembrava una scelta ovvia, no?

-Lui e Dotty si amano, nella Storia?- si ritrovò a chiedere, in un sussurro. Non voleva sapere la risposta, non la voleva sapere affatto. La conosceva già, dopotutto, o poteva intuirla. Se Giada gliene aveva parlato prima ancora che Leo finisse lì, significava che erano una coppia che gli piaceva, dopotutto.

Il suo Daryan…

-Saranno sposati per tutta la vita, e sarà una vita piuttosto lunga, questo te lo posso assicurare- rispose Giada, leggermente incerta, probabilmente perché, comunque, in quanto sua amica, non voleva ferirlo troppo.

Ovviamente sarebbero stati felici.

Dotty aveva un migliaio di qualità: era intelligente, divertente, creativa, una gran lavoratrice, e una bellissima ragazza. Era anche di sangue nobile e conosceva il mondo, gli usi e i costumi. Era la candidata perfetta come regina di Jediah e madre di uno splendido figlio. 

Leo li riusciva già a vedere, mano nella mano, Daryan che le rivolgeva i sorrisi che al momento riservava solo a lui e a Opal. Quei rari sorrisi affettuosi che tanto Leo ci aveva messo a conquistare.

Leo non era una persona egoista, non lo era, ma Daryan…

-Io… devo pensarci- cercò di rimandare la decisione. Non si sentiva in grado di pensare lucidamente, al momento.

L’appuntamento di meno di un’ora prima era un ricordo lontano, ma ancora così importante, per lui.

-Leo, non abbiamo tanto tempo. Tra qualche giorno la collana si ricaricherà, e noi dobbiamo tornare a casa. Pensa a tua madre, a tua sorella, saranno terrorizzate, e molto arrabbiate. Vuoi davvero aspettare ancora prima di riabbracciarle?- Giada gli si avvicinò, e gli mise una mano sulla spalla.

Sua madre… Isabella… mai come in quel momento, Leo aveva sentito quel pressante bisogno di abbracciarle con forza.

Doveva tornare a casa.

In un mondo dove le sue scelte non rischiavano di rovinare un equilibrio perfetto.

Ma allo stesso tempo…

-Se torniamo… e io lascio Daryan…- cominciò, con un’idea che gli si formava nella mente.

Un’idea egoista, ma che era l’unico modo per sopravvivere.

-Sì…?- Giada lo incoraggiò a parlare. Sembrava soddisfatta di aver ottenuto un qualche risultato, ed era pronta a soddisfare qualsiasi richiesta di Leo.

-Poi… possiamo ritornare qui?- chiese lui, incerto, speranzoso, guardandola dritta negli occhi.

Accettava di stare con le mani in mano, di non perseguire il suo amore impossibile, e farsi i fatti suoi senza cambiare più niente, ma non riusciva a non provare a restare amico delle persone che aveva conosciuto in quella straordinaria avventura.

Le cuoche, Opal e i genitori, Alex, Persian… persino Chevel, erano delle persone che voleva continuare a vedere.

Giada sembrò parecchio sorpresa della richiesta.

-Perché?- chiese, senza capire il motivo che avrebbe potuto spingere Leo a tornare nei sette regni se non stava più con Daryan.

Ma Leo non si era innamorato solo del principe… Leo amava Jediah, e voleva visitare ogni luogo dei sette regni. Sembrava un mondo estremamente affascinante. 

-Non dico che voglio trasferirmi comunque, ma… possiamo tornare? Durante le vacanze, magari, tra qualche mese, ogni tanto, per un mesetto, io… io non credo di riuscire a lasciare tutto per sempre. Era… era più semplice quando pensavo che… che una singola parola sbagliata avrebbe potuto farmi torturare. Ma… io tengo troppo a queste persone, non posso semplicemente andarmene per sempre. Lascerò che la Storia faccia il suo corso, ma… posso tornare a trovarli?- provò a spiegarsi, supplicante, con voce tremante.

Era tutto nelle mani di Giada, dopotutto. Era lei che aveva il potere.

Ed era la sua migliore amica.

Gli doveva quel favore.

Glielo doveva.

Giada sembrava in difficoltà, e provò a distogliere lo sguardo, ma Leo continuava a cercare i suoi occhi, per trasmetterle meglio la sua disperazione.

-Certo- alla fine lei cedette, e annuì, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Promesso?- Leo sentì il petto farsi vagamente più leggero. Era ancora dolorosamente pressante, ma almeno non avrebbe dovuto dire subito addio a quel mondo.

Era già qualcosa.

-Promesso- lei accennò un sorriso incoraggiante, e Leo l’abbracciò.

Sapeva che Giada avrebbe capito, e l’avrebbe assecondato in quella follia.

Giada voleva solo il suo bene… vero?

-Ci dormo su, e domani… parlerò con Daryan e… probabilmente ti raggiungo presto al tempio- le promise, cercando di trattenere i singhiozzi, e apparire forte.

Ci avrebbe dormito su.

Ci avrebbe dormito su, e avrebbe razionalizzato le informazioni, e magari anche trovato una soluzione migliore.

-Ti aspetterò allora, se hai bisogno di qualcosa ci sono- gli assicurò Giada, sollevata, sciogliendo l’abbraccio e accarezzandogli il braccio.

Leo annuì.

-Oh, un’ultima cosa… Leo, non puoi dire al principe Daryan che sai il suo futuro. Nessuno deve conoscere la propria Storia- si fece raccomandare, come ultima cosa, prima di dargli le spalle, e uscire, lasciando Leo al limite di un attacco di panico.

Mentre usciva dalla stanza, Giada si sentiva il cuore davvero pesante.

“È stato davvero crudele” il commento sussurrato di Remington nella sua testa la fece sentire ancora peggio.

Si mise subito sulla difensiva.

Aveva fatto bene a parlare così chiaramente a Leo!

“Dovevo svegliarlo in qualche modo, per il suo bene. Perché così interessato? Ti sei affezionato, alla fine?” lo provocò, puntando sul suo lato orgoglioso.

“Assolutamente no!” ed infatti Remington sembrò piuttosto offeso dalla supposizione “Ma… avresti dovuto sentire i suoi pensieri, lui… è veramente distrutto” la mise poi al corrente, facendole stringere lo stomaco.

“Se la caverà. Sempre meglio che se resta qui, non pensi?” continuò a difendere le sue scelte.

“Sì, suppongo sia meglio, ma… wow, gli ci vorrà un po’ a superarlo” Remington continuò a commentare lo stato mentale di Leo.

“Spero che alla fine faccia la scelta giusta” Giada sospirò. Nonostante Leo sembrasse pronto a lasciar andare tutto, non si poteva mai sapere, con lui. Era responsabile, ma anche troppo impulsivo. E il principe Daryan era una variabile non poco pericolosa.

“…e la tua promessa?” la domanda di Remington la distolse dai suoi pensieri pessimisti.

Giada si fermò sui suoi passi. Il suo stomaco si strinse ulteriormente.

-Vedremo a tempo debito- sussurrò, a denti stretti, riprendendo poi a camminare.

“Sai… ci conta molto” insistette Remington, cauto.

Giada strinse maggiormente i denti, ma questa volta non si fermò, anzi, affrettò il passo, per uscire il prima possibile dal castello.

“Vedremo a tempo debito” ripetè “L’importante è tenerlo al sicuro. E qui… qui non sarebbe affatto al sicuro” affermò, con sicurezza, giustificando per l’ennesima volta a sé stessa quello che aveva appena fatto.

La salute fisica di Leo era la priorità. Lei l’aveva cacciato in quel casino, per salvargli la vita ed evitare che finisse investito da un camion, e si sarebbe assicurata che sarebbe rimasto vivo.

Per la salute mentale… ci avrebbe lavorato con più calma, lentamente. Non c’era nessun cuore spezzato che il tempo non potesse curare.

“Mi auguro che tu abbia ragione, e che non ti pentirai di quello che hai fatto” le arrivò il severo monito di Remington.

“Da dove viene tutto questo giudizio?” sbottò Giada, irritata dai commenti passivo-aggressivi di quello che teoricamente sarebbe dovuto essere il suo amico.

“Io… non lo so. Non sto giudicando. Comunque, ti vengo a trovare al tempio?” Remington sembrò in difficoltà, e decise di cambiare argomento.

Il tempio?

“Perché?” chiese, confusa.

“Devo spezzare il legame prima che partite, e non posso farlo da remoto” spiegò il semidio.

“Giusto, sì. Sì, ci vediamo al tempio” Giada uscì da palazzo passando davanti la guardia ancora addormentata, e sperando di non essere stata vista.

Se il principe Daryan avesse saputo che aveva parlato con Leo… probabilmente l’avrebbe colpevolizzata per l’inevitabile futura rottura.

E il principe Daryan non era un nemico che Giada voleva avere, anche se dubitava che l’avrebbe più incontrato in vita sua.

Ma meglio non farsi nemico la più grande calamità nella Storia di Jediah fino a quel momento, e uno dei maggiori “protagonisti” dei sette regni negli ultimi secoli.

Sarebbe potuto essere pericoloso.

 

Il giorno successivo Leo aveva messo ordine ai pensieri.

Aveva preparato la colazione, aveva ignorato le espressioni preoccupate delle sue amiche e colleghe, e preparato tantissimi biscotti arcobaleno.

E poi era stato mandato, come al solito, a portare la colazione per il principe direttamente nel suo ufficio.

All’esterno c’erano Chevel e Persian che discutevano animatamente.

-Non ho bisogno dei tuoi stupidi antidolorifici, sto bene, è solo un graffio- si stava lamentando Chevel, irritato.

Persian sembrava preoccupato.

-Quello che ho visto io ieri non era solo un graffio! Dovresti essere a riposo, o quantomeno prendere le medicine- insistette.

Il sangue di Leo gli si gelò nelle vene.

-Sei ferito?!- chiese, sconvolto, guardando il cavaliere dall’alto in basso.

-Oh, hey Leo!- lo salutò Persian, in tono acuto, arrossendo appena.

Leo lo salutò con un cenno e un piccolo inchino, prima di ritornare su Chevel, che sospirò, irritato.

-Sto bene. È solo un graffio- insistette, alzando gli occhi al cielo.

-È solo un graffio?- Leo si rivolse a Persian, chiedendogli dettagli che Chevel non sembrava voler dare.

-Non era un graffio! Lo hanno ferito nello scontro, alla base dei ribelli- spiegò Persian, agitato.

-Oh dei! Non lo sapevo… mi dispiace tanto, non volevo che…- Leo subito di agitò a sua volta.

-Piantala, Leonardo! Sono i rischi del mestiere. E non accetto piagnistei e morale dal cuoco che si è buttato in mezzo ai ribelli per salvare dei bambini, hai capito?!- Chevel interruppe ogni possibile autocommiserazione di Leo, che alzò le mani… metaforicamente, dato che teneva in mano il vassoio con la colazione, e rimase in silenzio.

Poi il cavaliere di rivolse al bibliotecario, con occhi che mandavano scintille.

-E tu… i fatti tuoi non sai farteli?!- si indignò verso Persian, che a differenza di Leo non si fece intimidire.

Lo conosceva da più tempo, dopotutto.

-Mi sto solo preoccupando per te! Era una brutta ferita, e la tratti come se non fosse niente di ché. Prendi almeno le medicine!- gli porse nuovamente le fiale con antidolorifici.

-Da quando ti preoccupi per me, quattrocchi?- lo provocò Chevel con tono di scherno.

-Da quando hai uno squarcio sul fianco!- rispose Persian, irritato dalla testardaggine.

Iniziò un concitato botta e risposta, che Leo osservò come una partita di tennis, facendo passare lo sguardo da uno all’altro.

-Pensavo mi odiassi, non dovresti essere felice se rischio la vita?-

-Guarda che sei tu ad aver cominciato con la rivalità, io non avevo niente contro di te, all’inizio-

-Sei tu che parli ad alta voce di cose di cui non dovresti parlare quando ci sono persone nei paraggi. Dovresti stare più attento!-

-Guarda che non è colpa mia se non avevi ancora letto il libro! Era uscito un anno prima!-

-Sono un uomo impegnato, non posso stare sempre a leggere, e me lo stavo gustando!-

-Ma non puoi comunque lamentarti solo perché ho spoilerato il finale del secondo libro della saga di Zia Carlina! Stava già per uscire il terzo!- 

-Gli spoiler sono spoiler, anche dopo anni! Dovevi stare più attento!- 

-Un momento, un momento, un momento… voi vi odiate perché Persian ti ha spoilerato un libro?- chiese Leo, sconvolto, interrompendo il battibecco.

Non si aspettava che la profonda rivalità tra i due avesse una radice così ridicola.

Non si aspettava neanche che Chevel sapesse leggere, in realtà.

-Converrai con me che è stato scorretto?!- si lamentò Chevel, cercando la sua complicità.

-Converrai con me che lui è esagerato?!- Persian provò invece a metterlo dalla sua parte.

Leo si limitò a scoppiare a ridere, senza potersi trattenere.

-È esilarante!- commentò, rischiando di far cadere il vassoio.

Sia Persian che Chevel lo guardarono storto.

-Oh, stai zitto!- si offesero, insieme, incrociando le braccia.

-Scusate, scusate… io… vado a portare la colazione al principe- Leo decise di tirarsi fuori dalla discussione, e di recuperare la compostezza, anche se era stato davvero divertente scoprire quell’informazione.

Leo dovette sforzarsi per trattenere le risate mente entrava, ma quando finalmente fu nell’ufficio del principe, con il vassoio di pancakes in mano, tutta la ilarità sparì, sostituita da un enorme buco nello stomaco, quando si ricordò quello che doveva fare.

Buco nello stomaco che si allargò quando il principe sollevò la testa su di lui, e gli si illuminarono gli occhi a vederlo.

-Buongiorno, Leonardo- lo accolse, con un grande sorriso -Ho sentito grandi risate qua fuori- 

-B_buongiorno, principe Daryan. Sì… sì… Chevel e Persian sono buffi- Leo fece un mezzo inchino, che gli uscì molto più impacciato del solito, e si avvicinò con una certa esitazione.

Daryan capì immediatamente che qualcosa non andava.

-Va tutto bene?- chiese, squadrandolo leggermente preoccupato.

-Sì! Sì, tutto bene! Ho portato la colazione. Pancakes ancora caldi. E ho fatto anche dei biscotti… che però sono per l’ora del tè… ne ho fatti moltissimi, comunque, eh… ecco la colazione- Leo porse il vassoio, che posò davanti al principe.

Il principe lo guardò un solo secondo, e tornò subito ad osservare Leo.

-Sicuro che va tutto bene? È successo qualcosa? Sembri… preoccupato- non gli sfuggiva niente.

-No! No! Va tutto bene, giuro, sì…- Leo iniziò a torturarsi le mani, a disagio.

Daryan continuò a fissarlo, aspettando che fosse più esaustivo.

-Ti devo parlare!- alla fine Leo cedette.

-Okay… e di cosa?- Daryan lo incoraggiò a sedersi davanti a lui, in tono calmo e rassicurante, ma Leo rimase in piedi.

-Ecco, io… tu sai che sono di un altro mondo…- iniziò, senza sapere bene come introdurre l’argomento, e quali scuse inventarsi. 

Giada si era fatta raccomandare di non dire niente sul futuro, quindi Leo doveva parlare di altro per lasciare Daryan.

-Sì…- il principe lo incoraggiò a continuare, anche se sembrava un po’ agitato, come se avesse già capito dove il discorso sarebbe andato a parare e non gli piacesse particolarmente.

-Sono quasi due mesi che manco da casa, e… sai quando me ne dovevo andare, e mi ero licenziato, e avevo detto che sarei tornato a Lumai, ma in realtà non dovevo tornare a Lumai…- Leo iniziò a straparlare, cercando di posticipare il più possibile il momento della rivelazione.

-Sì…- Daryan lo incoraggiò ad arrivarci più in fretta, con un cenno della mano.

-Ecco, io… credo di dover tornare dalla mia famiglia. Da mia madre, mia sorella, e… insomma, dovrei tornare lì, sono sicuramente molto preoccupate per me- alla fine Leo arrivò al punto, sospirando e abbassando la testa, temendo la possibile reazione del principe.

Qualcosa del tipo “Non puoi andartene! Stiamo insieme da troppo poco! Sei appena tornato! Sei stato avvelenato e devo proteggerti”.

Invece, dopo qualche secondo di esitazione, Daryan annuì.

-Mi sembra giusto. Non oso immaginare due mesi lontano da Opal e dai miei genitori senza avere loro notizie. Quando pensavi di partire?- chiese, estremamente accomodante.

Leo non sapeva se sentirsi abbattuto o sollevato.

-Lo accetti così?- chiese, sorpreso che fosse così arrendevole. 

-Beh, ora che si è scoperto tutto, suppongo che torneresti comunque presto qui a corte, giusto? Ne avevamo parlato ieri, mi sembra- Daryan accennò un sorriso incoraggiante.

In effetti ne avevano discusso, anche se non erano andati troppo in profondità sull’argomento.

Il cuore di Leo sprofondò. Daryan sembrava così tranquillo, così speranzoso…

-Giusto… io… sì, cioè, insomma… è Giada che controlla il portale, con la sua collana, e… diciamo che io non ho molta voce in capitolo, ma… sì, mi sono fatto promettere che tornerò a trovarvi- non riuscì a rompere quella speranza. Non riuscì a dire subito che la sua partenza sarebbe stata praticamente definitiva, anche se contava di fare qualche visita, ogni tanto. Una meta per le vacanze, una fuga dalla realtà dove non gli andava affatto di tornare.

-Quindi… quanto partiresti?- ripeté Daryan, sporgendosi verso di lui, in tono pratico.

-Tra qualche giorno. Penso una settimana, forse- rispose Leo, che non ricordava quanto tempo mancasse alla fine del mese, ma non credeva fosse molto.

-Beh, organizzeremo il tutto e troveremo il modo di avere ogni cosa sotto controllo. Quanto pensi che saresti via? Un mese? Due?- Daryan sembrava più incerto nel fargli la seconda domanda, come se non volesse pensare a quanto a lungo si sarebbe dovuto separare da Leo.

Neanche Leo voleva pensarci, anche se era inevitabile che sarebbe stato presto e per tanto, troppo tempo.

-Non lo so…- scosse la testa, cercando di mantenere un tono neutrale.

-Dovremmo organizzarci bene e parlarne anche con la semidea Yu. Non l’hai ancora vista dopo il salvataggio, giusto? Vuoi organizzare una visita al tempio? Posso preparare una carrozza per questo pomeriggio- propose Daryan, già preparandosi a sistemare i dettagli. Era molto pratico e organizzato, tutto il contrario di Leo, che invece era impulsivo e portato all’improvvisazione.

Si completavano come due pezzi di un puzzle.

Ma non era un puzzle dal disegno giusto, era chiaro.

-L’ho vista ieri, in realtà- ammise, ripensando alla loro conversazione. 

Poi si ricordò di una cosa molto importante: 

-A proposito, dovresti seriamente pensare di licenziare Lionel! Non è che io abbia qualcosa contro di lui, ma… è pessimo, fa entrare tutti- fece presente al principe, che sospirò, e annuì.

-…già, lo so. Abbiamo problemi di sicurezza costanti quando lui è responsabile dell’ingresso. Sicuramente lo ricollocherò il prima possibile, magari alle stalle- gli diede spago.

Leo sorrise, soddisfatto alla prospettiva, e malevolmente divertito al pensiero che quel montato di Lionel venisse messo in mezzo a fango e insetti.

-Ah, buona idea- approvò, e il suo atteggiamento fece ridacchiare Daryan, che avvicinò il piatto con i pancakes, pronto a mangiare.

L’atmosfera si era distesa.

-Se è tutto… vuoi fare colazione con me?- propose a Leo, incoraggiante, indicando il piatto di pancakes e incoraggiandolo nuovamente a sedersi, ma questa volta accanto a lui.

Leo avrebbe voluto con tutto il cuore accettare la proposta, mangiare la colazione e fingere di poter stare con lui per un altro giorno.

Ma più rimandava l’inevitabile, più rischiava di farsi male quando, alla fine, tutto sarebbe crollato.

Scosse la testa, tornando serio.

-No, ho già fatto colazione, e non è tutto…- si forzò a continuare la discussione, e tirare fuori il vero argomento che l’aveva spinto fino a lì.

-Di che altro vuoi parlare?- Daryan sembrava sorpreso.

Probabilmente si aspettava che Leo volesse presto tornare a casa, ma non sapeva cos’altro avessero da dirsi.

-Beh… io… non so come dirlo, in realtà- la determinazione di Leo era vacillante, e temeva che sarebbe potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro se continuava a parlarne, ma doveva farsi forza, ed essere serio e calmo, e ragionevole.

Era per il bene di entrambi.

…soprattutto per il bene di Daryan.

-Leonardo, mi devo preoccupare? Va tutto bene?- Daryan si rese conto che qualcosa proprio non andava, e si alzò in piedi, allarmato.

-Sì! No! Io… è più difficile di quanto pensassi- la voce di Leo si spezzò, e il cuoco iniziò a respirare per farsi coraggio e farsi venire le parole.

-Cosa? Che succede, Leonardo?- Daryan ormai era davvero preoccupato. Si avvicinò a Leo e gli mise le mani sulle spalle, confortante, per dargli tutta la sua partecipazione e per rassicurarlo.

Fu come ricevere una scossa.

Leo si scansò immediatamente.

-Noi ci dobbiamo lasciare- sbottò, così in fretta che a malapena riuscì a scandire le parole.

-Cosa?- Daryan ritirò di scatto le mani, e fece un passo indietro, come scottato. Fissava Leo ad occhi sgranati.

-Cioè, non che noi stiamo insieme, non abbiamo nessuna etichetta, e sono passati tipo tre giorni, ma proprio per questo è meglio fermare quello che sta succedendo adesso, prima di ferirci… ancora di più- Leo cercò di aggiungere dettagli, e iniziò a parlare a raffica con tono via via sempre più scosso dai singhiozzi, e sempre più basso, fino a diventare un sussurro. Non riusciva a guardare in direzione di Daryan. Sapeva che se avesse posato lo sguardo su di lui, avrebbe perso tutta la poca sicurezza racimolata, e non voleva scoppiare a piangere.

-Perché? Insomma, cosa… cosa ti da fastidio di questa… è per mancanza di etichette? Io, insomma… di solito si aspettano due settimane di frequentazione minimo prima di procedere ad un corteggiamento ufficiale, tra nobili, ma se preferisci che io lo faccia immediatamente… se vuoi ufficializzare posso…- sebbene Leo non lo potesse guardare in faccia, il tono di Daryan dimostrava chiaramente che fossero praticamente nello stesso stato. La voce tremava appena, anche se provava ad essere forte e ostentare una certa calma. 

Ma era agitato, parecchio.

-No! No! È proprio questo che voglio evitare, io…io non… io sto per andarmene, e… insomma, le relazioni a distanza sono un po’ strane e difficili, quindi…- Leo lo interruppe prima di lasciarsi convincere, e scosse violentemente la testa, mettendo le mani avanti, e iniziando a trovare una scusa decente per convincerlo che lasciarsi era la cosa migliore per entrambi.

Dopotutto era vero, la distanza è deleteria per una relazione, soprattutto quando non sono contemplate neanche videochiamate, messaggi o lettere.

-Possiamo farla funzionare, Leonardo. Io… ho tanto lavoro. Mi mancheresti, ma possiamo, io posso… io ti posso aspettare- Daryan però non si fece scoraggiare, e azzardò un passo in direzione di Leo, cercando il suo sguardo, che però era fisso ai suoi piedi.

-Non devi aspettarmi- scosse la testa. Voleva essere più deciso, ma la voce uscì un sussurro.

Daryan fece un altro passo, e provò a mettergli nuovamente le mani sulle spalle.

Questa volta Leo non riuscì a scansarsi.

-Ma potrei… vorrei… vorrei tanto poterlo fare. Leonardo, non c’è problema che non possiamo risolvere. Dobbiamo solo organizzarci bene, dobbiamo fare un piano, e… Leonardo?- 

Leo aveva iniziato a piangere copiosamente, non era più riuscito a trattenersi.

Il principe azzurro, la prima persona che aveva davvero creduto in lui, che l’aveva fatto sentire importante e apprezzato nonostante le sue enormi mancanze, era lì, a due passi da lui, ma allo stesso tempo era lontano, troppo lontano. Un universo di distanza.

Vedere quanto Daryan ci tenesse, quanto stesse cercando di tenere Leo nella sua vita, gli spezzava il cuore.

-Non possiamo, Daryan, io… non posso dirti perché, ma non possiamo stare insieme- decise di essere più chiaro, e categorico, senza inventarsi ulteriori scuse.

E Daryan capì che Leo gli stava chiaramente nascondendo qualcosa.

-C’è qualcosa di più sotto, vero?- intuì, inarcando le sopracciglia, sospettoso.

-Sì- ammise Leo, in un sussurro.

-È qualcosa che ti ha detto… la semidea Yu?- indovinò Daryan, indurendo ulteriormente lo sguardo.

-Sì… no! Ugh…- Leo prese il volto tra le mani, dandosi dello stupido per aver messo Giada in mezzo, e aver ammesso che c’era qualcosa di più sotto.

Aveva promesso che non avrebbe parlato della Storia. Avrebbe dovuto continuare a mentire e trovare scuse.

Bluffare, bluffare, e sempre bluffare, era quello il suo motto.

Ma era così dannatamente difficile, con Daryan. Dopo tutto quello che avevano passato, come poteva continuare a mentirgli e a imbrogliarlo?!

-Cosa ti ha detto?- indagò il principe, spostandogli le braccia e costringendolo a guardarlo negli occhi.

-Non posso dirtelo, Daryan- Leo scosse la testa chiudendo gli occhi per non doverli specchiare in quelli grigi del suo amato. Un amato che doveva lasciare.

-Cosa ti ha detto?! Se mi riguarda ho il diritto di sapere che cosa. O stai forse cercando di scegliere al mio posto?- Daryan lo accusò. Non sembrava arrabbiato, ma ferito. Come se non riuscisse a credere che Leo volesse davvero decidere per lui. Dopo che Daryan aveva rispettato ogni sua decisione.

-Daryan, lo sto facendo per te, per il tuo bene- provò a giustificarsi Leo, che però si sentiva profondamente in colpa a tenergli delle cose così importanti nascoste. 

Non gli sembrava giusto avere quella differenza di conoscenze.

Dei, Leo non aveva mai voluto avere le conoscenze dell’universo e della Storia! Voleva solo poter scegliere chi amare, e dove restare!

Giada gli aveva messo sulle spalle un peso molto più grande di lui.

-Posso decidere io quale sia il mio bene? Pensavo avessimo chiarito, pensavo…- Daryan iniziò ad alzare appena la voce, esasperato dal comportamento di Leo, ma, notando lo stato in cui verteva il ragazzo, prese un profondo respiro, e provò a calmarsi -…senti, se me ne parli, forse insieme possiamo trovare una soluzione- cercò di essere incoraggiante.

Qualcosa, nello stomaco di Leo, si mosse.

Un piccolo nodo di speranza, che Daryan potesse davvero trovare la risposta ad ogni domanda.

Era un principe, era intelligente, molto più di Leo, forse davvero avrebbe avuto una buona idea.

Leo scosse la testa, cercando di ricacciare indietro l’opzione.

Non poteva, non poteva proprio.

-Se me ne parli, forse ti posso dimostrare che la mia scelta non sarebbe quella che tu stai facendo per me. Ti prego. Non ti ho dato abbastanza prove che puoi fidarti di me?- insistette Daryan, prendendogli il viso e avvicinandolo al suo, per costringerlo a guardarlo negli occhi.

E per un istante, un singolo istante, Leo valutò l’idea di dimenticare la Storia, di ignorarla, di perdersi in quelle nuvole grigie e tenere il principe azzurro tutto per se. Scappare con lui da qualche parte, fregandosene delle conseguenze.

Ma sarebbe stato troppo egoista, da parte sua.

E poi, dopotutto, non era anche quello come scegliere per Daryan?

Leo non voleva scegliere per Daryan, non voleva privarlo di decidere del suo futuro.

Alla fine decise che c’era una cosa che poteva ignorare.

Sperò solo che Daryan avrebbe accettato gli spoiler meglio di Chevel.

-Va bene, vuoi sapere le tue scelte? Ne hai due…- iniziò, allontanandosi da Daryan, e dandogli le spalle, perché non riusciva proprio a guardarlo in quel momento.

-…da una parte c’è un futuro, già scritto, perfetto, predetto dalla Storia, dove ti sposi con una ragazza straordinaria, hai un figlio che sarà un mito, dei nipoti ancora più grandiosi, e vivrai felice e contento per molti, moltissimi anni, felicemente accanto alla donna della tua vita- cominciò, parafrasando un po’ ciò che Giada gli aveva detto, e cercando di non immaginare Daryan e Dotty mano nella mano, perché il pensiero era insopportabile.

-Cosa?- la voce di Daryan era estremamente sorpresa, e incredula.

Leo non gli diede tempo di obiettare ulteriormente.

-Dall’altra… c’è un futuro completamente incerto che potrebbe finire davvero male. Potrebbe rovinare tutto quanto: potrebbe rovinare il regno, potrebbe rovinare la tua famiglia, il mondo intero, e distruggere completamente la tua vita… ed è un futuro con me. Potrebbe anche finire bene, ma non lo sai, non ne hai la certezza. Tutto ciò che sai, è che non è il futuro previsto per te dagli dei e dalla Storia. Allora, qual è la tua scelta?- concluse, girandosi verso Daryan, e sollevando le spalle. 

Era una scelta semplice, giusto? 

Daryan lo fissava ad occhi sgranati, immobile.

-Leonardo, di che stai parlando?- chiese, in un sussurro.

-Quale sarebbe la tua scelta?- ripeté Leo, facendo un passo verso di lui.

Daryan si ritirò appena. Non fece un passo indietro, ma la sua schiena si allontanò leggermente da Leo.

-Io… io non… non capisco. Perché mi stai facendo una domanda così assurda? Perché sembri così certo di questo strano futuro iconico con… moglie e un figlio e… tutto il resto?- non sembrava voler credere alle parole di Leo. Sembrava più confuso che spaventato, o irritato. 

-Perché io ho la certezza del tuo futuro, Daryan- Leo mise le cose in chiaro.

Daryan scosse la testa.

-No, nessuno ha la certezza del futuro, nessuno può leggere la Storia- affermò con la massima sicurezza, in tono quasi rassicurante. Accennò un sorrisino. Si stava convincendo che Leo avesse preso un abbaglio. Magari aveva letto un libro su quel mondo, nel proprio universo, e l’aveva confuso per la Storia. Ma non poteva essere la Storia, di questo Daryan era completamente certo.

-Qualcuno può, qualcuno l’ha letta, qualcuno è stato rapito perché sa tutto della Storia. E quel qualcuno l’ha raccontata a me. Beh, mi ha raccontato un pezzo- anche Leo, però, era completamente certo di ciò che diceva. Giada non gli avrebbe mentito al riguardo, e aveva detto numerose volte di essere a conoscenza di ciò che accadeva nella Storia. Era una fonte inattaccabile.

Daryan sembrò rifletterci un po’, iniziava ad essere spaventato.

-…la Storia può sembrare un po’ strana, magari non…- provò ad obiettare, continuando ad insistere su presunte notizie sbagliate o inesatte. Non voleva credere che il suo futuro non comprendesse Leo.

Ma Leo lo sapeva, lo sapeva fin dall’inizio.

Una delle poche cose che sapeva dal momento stesso in cui era finito in quel mondo, era che il principe biondo, il fratello della principessa che amava i dolci, del regno di Jediah, nemico di Valkrest, si sarebbe sposato con una cuoca di Lumai, una duchessa in fuga: Dotty!

E Leo era stato così sciocco da credere che cambiare quella parte fondamentale della trama non avrebbe avuto conseguenze.  

-No! No, Daryan! Questa è la Storia! Questa è la tua Storia!- lo fermò, prima che potesse continuare ad instillare il dubbio anche nella mente di Leo.

-No, non è la Storia, non può essere la Storia, perché tu sei qui, e ora come ora non riesco minimamente a contemplare la mia vita con qualcuno che non sei tu. Forse la Storia è solo un po’ confusa. Forse la semidea si è sbagliata- Daryan, però, continuò ad aggrapparsi a qualcosa, a qualsiasi cosa, per trovare un modo di stare con Leo. Gli si avvicinò, e gli prese il volto tra le mani.

E Leo… Leo avrebbe dato di tutto per credere a quella versione.

-No, Daryan, fidati, la tua storia, il tuo futuro, non è con me- mano a mano che continuava a ripeterlo, iniziava a farci i conti anche lui, iniziava a convincersi di quello che stava facendo, e che lasciare Daryan fosse la scelta giusta.

Iniziava a rendersi conto di quanto danno potesse arrecare con la sua sola presenza.

Negli isekai, le giovani donne coreane prese dal lavoro che finivano nel mondo fantasy e conquistavano il principe avevano solo un libro con cui confrontarsi. Uno stupido libro che di solito finiva con lo sposalizio tra il principe e la vera protagonista.

Leo… Leo era finito in una maledetta saga, con sequel e sequel e sequel infiniti! 

-Forse il motivo per cui il mio futuro non è con te nella Storia è perché tu adesso non mi stai dando la possibilità di sceglierti, ci hai pensato?- Daryan cambiò tattica.

E fu in quel momento che Leo si rese conto che non gli aveva detto una cosa fondamentale.

Sollevò lo sguardo su Daryan, sorpreso, quasi divertito.

Ovvio che si stesse aggrappando a quelle scuse.

Credeva che Leo fosse…

-No, Daryan, il motivo è che io… non sono parte della Storia- gli spiegò infine Leo, in tono ovvio.

Daryan rimase di sasso.

-Che stai dicendo? Certo che sei parte della Storia! Tutti sono parte della Storia. È impossibile cambiarla o… a meno che…- mentre il principe iniziava seriamente a riflettere sulla questione, senza più trovare scuse o giustificazioni, inconsciamente, si allontanò da Leo, stavolta facendo proprio un passo indietro, e lasciandolo andare.

-Io non sono parte della Storia! Perché io non sono parte di questo mondo, e non era previsto che io venisse qui! E l’ho già cambiata a sufficienza- Leo diede conferma di ciò a cui probabilmente stava già arrivando da solo.

-Cosa?- Daryan si portò una mano alla bocca, sconvolto.

-Ho cambiato tante di quelle cose… non dovevo essere benedetto, non dovevo essere io a capo del banchetto per la principessa, e non dovevo andare a salvare Giada, perché Giada non sarebbe mai dovuta essere catturata, è tutta colpa mia! E non doveva esserci nessun avvelenamento, anche quello è colpa mia. E non avrei dovuto salvare i semidei, che dovevano essere salvati da qualcun altro…- iniziò a raccontare tutte le modifiche che aveva fatto e di cui era a conoscenza, e iniziò una volta per tutte a rendersi conto del potere che aveva nelle sue mani, il potere che Angela voleva usare per la sua missione.

Non erano le benedizioni, a rendere Leo speciale, ma la sua capacità di cambiare il destino del mondo.

Un potere che non aveva mai chiesto, e molto più devastante di quanto si fosse reso conto all’inizio di quell’avventura.

-Hai salvato Opal…- provò ad obiettare il principe, ma non credeva a quello che diceva.

Alla luce di questa nuova consapevolezza, sembrava non voler più avvicinarsi a Leo. Sembrava terrorizzato, come se il ragazzo davanti a lui fosse un’arma di distruzione di massa.

…forse lo era davvero.

-Opal sarebbe stata salvata comunque. Tutti sarebbero stati salvati comunque. Io ho solo causato danni e rovinato relazioni, e ferito Chevel. È colpa mia se si è ferito Chevel! Io non ho fatto altro che rovinare tutto da quando sono qui! Non posso…- oh dei! Cosa aveva fatto?!

Chevel, alcuni ribelli, Giada… un sacco di gente si era ferita a causa sua, a causa del suo intervento.

E Daryan… dove mai avrebbe potuto portare Daryan, se fossero rimasti insieme?! Il suo futuro era il futuro che ogni persona avrebbe voluto! Leo non poteva toglierglielo. Non poteva rischiare di cambiarlo!

-…non posso continuare a rovinare tutto, quando so che il tuo futuro senza di me sarebbe perfetto. Non posso rovinarti la vita. Non voglio. Non voglio rischiare il vostro futuro, il tuo futuro, e quello di Opal, delle cuoche, e del resto della corte io…- Leo era entrato lì sperando di lasciarsi convincere a trovare una soluzione alternativa.

Aveva obiettato ed era rimasto fermo sulla strada che Giada aveva tracciato per lui, ma dentro di sé aveva davvero sperato in una soluzione da parte di Daryan.

Daryan era intelligente, l’avrebbe trovata.

Avrebbe trovato un’obiezione capace di convincere Leo.

Ma al momento Daryan lo fissava ad occhi sgranati, dall’altro lato della stanza.

E Leo riusciva a vedersi, in quello sguardo: una mina vagante, che rischiava di far esplodere tutto.

-Io devo andarmene!- arrivò infine alla conclusione. L’unica scelta possibile, che avrebbe riportato tutto sul binario programmato… forse.

-Addio, Daryan- sussurrò, come ultima cosa, prima di correre fuori dall’ufficio, diretto dal re e dalla regina per richiedere una carrozza al più presto e andare al tempio, dove si sarebbe nascosto al mondo per una settimana o poco più, e alla fine sarebbe tornato nel suo mondo.

Aveva ancora intenzione di tornare in visita, forse, ma non avrebbe più cambiato nulla.

Non poteva cambiare nulla.

Leo non poteva rovinare tutto come era solito fare.

Non poteva scommettere il futuro dei sette regni in quel modo!

 

Leo partì nel pomeriggio.

Alla fine era meglio così.

Strappare il cerotto il prima possibile, senza rischiare ripensamenti o ulteriore sofferenza. La carrozza per portarlo al tempio fu preparata in tutta fretta, e Leo salutò tutti con calore e affetto, promettendo che sarebbe tornato presto.

Le cuoche, Mildred compresa, lo circondarono in un abbraccio di gruppo. Persino Anna, che era rimasta piuttosto offesa quando aveva scoperto del finto matrimonio di Leo, lo abbracciò strettissimo prima di lasciarlo andare.

Salutare Dotty fu abbastanza difficile, in un primo momento.

-Mi mancherai, maestro. La cucina non sarà la stessa senza di te- lo aveva abbracciato, commossa.

E Leo aveva cercato in tutti i modi di ricambiare con altrettanto calore.

Alla fine non era colpa sua se sarebbe stata una compagna molto più adatta per Daryan.

Anzi, Leo doveva essere felice per loro. Se c’era qualcuno che meritava Daryan, a cui il cuoco avrebbe voluto affidarlo, quel qualcuno era Dotty.

Poi fu il turno di Persian, che gli aveva stretto la mano, e a cui Leo aveva risposto con un perfetto inchino medio.

-Spero che i miei insegnamenti ti saranno utili nel tuo mondo- gli aveva detto il bibliotecario, soddisfatto dall’etichetta di Leo.

-Mia madre apprezzerà di certo- aveva ridacchiato Leo, facendogli un grande sorriso, e poi passando a Chevel, che aveva salutato con un cenno.

-Se continui a fissarmi la fasciatura te ne creo una gemella. Non darti colpe che non hai. E poi sto bene- si era offeso, per poi scompigliargli leggermente i capelli, e tornare in servizio.

Già il fatto che fosse venuto a salutarlo era per Leo motivo di grande onore.

Aveva poi salutato il re e la regina, che sembravano davvero dispiaciuti all’idea di farlo partire, ma si consolavano sapendo che Leo sarebbe tornato presto a trovarli.

Alex l’aveva abbracciato con forza, e Leo aveva notato che aveva gli occhi lucidi.

-La camera sarà vuota senza di te- gli aveva sussurrato all’orecchio.

-Almeno adesso avrai due coperte… e se riesci a rubare anche il cuscino e il materasso a Prankit e a Lionel, sarai la mia eroina in eterno- gli aveva sussurrato Leo di rimando.

-Non posso fare promesse- aveva ridacchiato la cavaliera, prima di lasciarlo andare, per salutare l’ultima persona del gruppo.

La principessa Opal aveva pianto quasi ininterrottamente dal momento in cui aveva scoperto che Leo sarebbe partito quel pomeriggio.

Ma al momento i suoi occhi erano asciutti, anche se rossi e incredibilmente tristi.

Abbracciò Leo più forte e più a lungo di tutti gli altri, e Leo ricambiò mettendoci tutto l’affetto che provava per lei.

-Sappi che… Storia o non Storia… Lumai o un altro mondo… sposato o non sposato, per me non cambia niente. Tu sei il mio cuoco, e il mio salvatore, e mio fratello- gli sussurrò all’orecchio, con voce ferma, decisa, e impossibile da controbattere.

-Grazie di aver creduto in me fin dall’inizio- Leo le sorrise calorosamente, separandosi e guardandola dritta negli occhi.

-Torna presto, okay?- si fece promettere lei, porgendogli un piccolo pacchetto regalo.

Leo lo prese confuso.

-Un regalo per la partenza, così non mi dimenticherai- gli sorrise lei, incoraggiandolo ad aprirlo.

-Non potrei mai dimenticarla, principessa. Soprattutto perché tornerò spesso a trovarla- le assicurò Leo, aprendo comunque il pacchetto, e trovando all’interno una catenella d’oro con un ciondolo con una pietra rossa dai riflessi arcobaleno.

-Un opale di fuoco. L’opale sono io, e il fuoco sono i tuoi capelli rossi. Ogni riferimento a Valkrest è puramente casuale, perché lì usano solo i rubini e l’ossidiana- spiegò la principessa, entusiasta.

Leo era riuscito a trattenersi dal piangere durante quei saluti.

La collana rischiò seriamente di farlo cedere.

-È stupenda, principessa, la indosserò ogni singolo giorno- promise, mettendola immediatamente al collo, e stringendo la pietra tra le mani.

-All’inizio avevo pensato ad un anello, ma sia anelli che bracciali non vanno bene per persone che cucinano, si mettono in mezzo. Una collanina è perfetta. È difficile perderla, e non ti crea fastidi in cucina. Perfetta!- Opal osservò come gli stava, e sorrise soddisfatta.

-Grazie principessa, grazie davvero- Leo l’abbracciò stretta, una seconda volta.

E salutò tutti quanti con calore, prima di salire in carrozza, e lanciare un’ultima occhiata verso il castello che per mesi non avrebbe rivisto.

Gli sarebbe mancato tutto, di quei luoghi: il cespuglio a forma di drago, la cucina, la sala da pranzo, la biblioteca, persino camera sua, coinquilini esclusi. E… l’ufficio di Daryan.

Leo lanciò un’occhiata a quella finestra, e per un secondo i suoi occhi incrociarono quelli di Daryan.

Non era sceso a salutarlo. Non si erano visti da quella mattina, quando gli aveva confessato tutto.

Leo non biasimava la sua reazione nello scoprire che Leo era un difetto nel meccanismo perfetto del mondo, anche se una parte di lui avrebbe apprezzato se Daryan non l’avesse considerato un mostro, e non l’avesse guardato in quel modo.

Beh, era giustificabile.

Anzi, era un’ottima cosa.

Leo adesso poteva tranquillamente andare avanti, dimenticare meglio quell’amore impossibile, e tornare a casa con meno rimpianti di quanti pensasse.

Un cuore più spezzato, ma meno rimpianti.

Alla fine era andato tutto bene… giusto?

Quantomeno bene per i sette regni, e la corte di Jediah.

Un po’ meno bene per Leo.

Ma era abituato a sacrificarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È stata dura, non mi aspettavo uscisse così drammatico.

Mamma mia che tristezza.

Leo è uscito devastato da questo capitolo.

E… sì, Leo sta andando via, questa volta per davvero.

È il penultimo capitolo, dopotutto.

E il prossimo dovrebbe arrivare molto presto, giuro! Stay tuned!

E Stay Strong! Vi servirà forza per il finale.

Che ne pensate del discorso di Giada, e della Storia? È un argomento molto complesso.

E prima che iniziate a odiare Daryan per la sua reazione, aspettare il prossimo capitolo, avrà il punto di vista del nostro principe preferito (circa).

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima :-*

 

 

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Capitolo 24
*** ...oppure no ***


…oppure no

 

Daryan non dormiva da giorni.

Non solo, praticamente non stava facendo niente, tranne restare a letto o nel suo ufficio e leggere libri fantasy.

Non riusciva a spegnere il cervello, per quanto ci provasse, e continuava  a sentire la voce di Leo nella testa, che gli ripeteva di non essere parte della Storia, di aver cambiato tutto, e che il futuro di Daryan era idilliaco, ma senza di lui.

Daryan non sapeva proprio cosa pensare.

Si sentiva dilaniato in due.

Da un lato la logica e la mente, che gli suggerivano di lasciar andare il disturbatore e procedere per la via che gli dei avevano stabilito per lui. La Storia serviva a mantenere la pace e a costruire il futuro migliore possibile, era sicuramente il futuro giusto da seguire.

Inoltre Daryan era sempre stato un uomo molto attento, organizzato, che progettava ogni minima cosa, quindi era confortante sapere che il suo futuro era positivo.

Poteva tirare un sospiro di sollievo, dimenticare Leo, e vivere la sua intera vita sul binario programmato. Sarebbe stato felice comunque, dopotutto, con una “moglie straordinaria, un figlio che sarà un mito e nipoti ancora più grandiosi”.

Sembrava una scelta così ovvia.

Eppure, dall’altro lato, c’era il cuore…

Il cuore che gli stava gridando nelle orecchie che non poteva lasciar andare Leonardo così, Storia o non Storia. Non aveva mai provato per nessuno quello che aveva provato per Leonardo, e che continuava a provare nonostante stesse cercando da giorni di convincersi a lasciar perdere.

Ma i momenti passati in sua compagnia, i suoi piatti, il suo fare impulsivo e divertente, e il suo grande, enorme cuore, continuavano a tornargli in testa nei momenti più sporadici.

Così come i suoi baci, le sue carezze, il suo aperto e meraviglioso sorriso, che sembrava rischiarare la notte. E i suoi brillanti occhi color del mare, così espressivi, e così aperti.

Daryan non si lasciava guidare dalle emozioni, era contro la sua natura e pericoloso per il regno. La sua massima priorità era la salvaguardia del suo popolo, dopotutto, e se Leonardo era un possibile pericolo, era giusto allontanarlo.

Era necessario allontanarlo.

Persino Opal, dopo che Daryan le aveva spiegato tutto, aveva ammesso che fosse per il meglio.

Ma allora perché Daryan si sentiva così vuoto?!

La Storia non si cambiava! Erano i ribelli ad opporsi, e finivano sempre male.

Daryan chiuse di scatto il quinto libro della saga di zia Carlina, che non riusciva a leggere per quanto ci provasse, e si alzò dal letto, iniziando a fare avanti e indietro per la stanza, per calmare i nervi.

Sapeva che inconsciamente stava cercando una soluzione, o un modo di convincersi definitivamente che stare lontano da Leo fosse la scelta giusta e l’unica possibile.

Alla fine era stato anche Leo ad allontanarsi.

Tutti convenivano che fosse la soluzione: dei, semidei, umani… tutti!

Ma non Daryan.

No, Daryan non riusciva ancora a convincersi del tutto che lasciarlo andare fosse la scelta giusta.

Perché la mente suggeriva, ma il cuore urlava, urlava a squarciagola, e gli confondeva sempre di più i pensieri.

-Maledizione!- esclamò, lanciando il libro da un lato, e cercando di controllare il respiro.

Chissà se Leonardo era già tornato a casa.

Forse mancavano ancora alcuni giorni.

Daryan non ne aveva la minima idea, e non aveva modo di scoprirlo, a meno che non mandasse qualcuno al tempio, o non ci andasse da solo.

Ma alla fine, se anche l’avesse saputo, non sarebbe cambiato nulla.

Un bussare alla porta lo distolse dai suoi pensieri.

-Avanti- disse distrattamente, controllando l’orologio e notando che era passata da un pezzo l’ora di pranzo. Era rimasto in camera tutta la mattina. 

Ed infatti ad entrare fu una delle cuoche, quella nuova, con un vassoio di pasta, carne e un contorno molto abbondante.

-Che Jahlee la protegga, principe Daryan- si inchinò, posando poi il vassoio sul tavolino 

Daryan non aveva fame.

-Grazie, puoi andare- congedò la ragazza senza neanche guardarla, e riprese il libro gettato in un angolo, che poi posizionò sulla libreria, in mezzo a centinaia di altri titoli isekai.

Era un genere molto popolare nei sette regni, ma non aveva offerto a Daryan nessuna soluzione concreta al suo dilemma.

-Non ha fatto colazione, vedo- osservò la cuoca, prendendo il vassoio con la torta e i biscotti che una sua collega aveva portato quella mattina.

-Non avevo fame- si giustificò Daryan, distrattamente, controllando altri libri che non leggeva da più tempo.

Non c’era niente di utile.

-Spero che troverà il pranzo più soddisfacente- gli augurò la cuoca, in tono mite.

Daryan non aveva intenzione di toccare cibo, in realtà. Non aveva fame, per niente.

-Certamente, puoi andare. Che Jahlee la protegga- Daryan surclassò la questione, e congedò la cuoca, che non obiettò oltre e uscì, portando con se la colazione ancora tutta intera.

Daryan lanciò un’occhiata al pranzo.

Forse avrebbe solo preso un po’ di contorno, o un boccone di pasta, giusto per far vedere che stava mangiando almeno un po’, ma non credeva che sarebbe riuscito a buttare giù molto altro.

“Ma deve mangiare, principe Daryan! Deve godersi il cibo, e stare in forze!” gli sembrò di sentire l’eco della voce di Leonardo che lo incoraggiava a nutrirsi, e si irrigidii.

Se Leo fosse stato lì, in quel momento, Daryan era certo che avrebbe insistito per fargli mangiare qualcosa, non si sarebbe allontanato finché non l’avesse visto con un boccone in bocca, o avrebbe assaggiato lui per primo commentando il sapore e la qualità del cibo per fargli venire voglia.

E poi il cibo di Leonardo aveva un sapore diverso rispetto a tutto il resto.

E Daryan era sempre più convinto che non fosse il cibo in sé, ma l’espressione di Leonardo prima di ogni assaggio, l’energia e l’amore che metteva dentro ogni piatto.

Santi dei onnipotenti, Daryan! Smetti di pensare a Leonardo! L’hai conosciuto per due mesi, non vale il tuo regno!

Ma se non ci fosse stata la Storia di mezzo, Daryan era certo che sarebbe stato già sulla prima carrozza diretta al tempio di Jahlee per parlargli.

Perché il periodo che aveva passato con Leo a palazzo, per quanto breve, per quanto folle, per quanto imprevedibile e a volte persino frustrante, era stato il periodo più bello della sua vita.

Lui era innamorato di Leo, innamorato perso di quel folle cuoco di un altro mondo. Una moglie straordinaria, un figlio che sarebbe stato un mito e nipoti ancora più grandiosi non reggevano il paragone con una vita piena di avventura, confusione e incertezza con Leonardo.

Il suo Leonardo…

Se solo fosse stato nella Storia, se solo gli dei… un momento… gli dei…

Gli dei non avevano obiettato all’arrivo di Leonardo in quel mondo.

Se non era parte della Storia, avrebbero dovuto farlo tornare a casa molto prima, con la forza, impedendogli di cambiare qualcosa.

E invece ben due divinità avevano benedetto l’outsider, offrendogli il loro supporto.

Forse la Storia non era poi così imperativa, non era così necessario seguirla.

Magari era soprattutto un’indicazione.

Dopotutto la Storia non c’era sempre stata. Centinaia di anni prima la Storia non era stata trascritta, e gli uomini vivevano senza paletti, spesso sostenuti dalle divinità, e costruivano il loro futuro giorno dopo giorno seguendo i propri istinti.

Era un periodo di caos, ma anche di libertà.

La libertà eccessiva poteva portare all’anarchia, ma il controllo totale portava alla dittatura.

E poi…

Una delle regole fondamentali imposte all’umanità era di non cercare di conoscere la propria storia.

Daryan ora la conosceva, e stava agendo cercando di rispettarla.

Limitando la propria libertà, e quella di Leonardo.

Se non avesse saputo nulla della propria Storia, come gli dei avevano comandato, come avrebbe agito in quel momento?

Di certo non sarebbe rimasto lì a riflettere con le mani in mano, piangendo un futuro che non avrebbe mai potuto vivere, e cercando soluzioni alla sua consapevolezza.

Il suo sguardo venne attirato dal titolo di un libro che non leggeva da anni: “Questa volta vivrò la vita come voglio io”.

La storia di una ragazza che dopo aver vissuto l’intera vita secondo i comandamenti e gli ordini di suo padre e poi di suo marito, tornava indietro nel tempo e decideva di scegliere da sola come vivere, e rifiutava il futuro scritto per lei.

Nelle storie che leggeva, era sempre facile cambiare il futuro.

Nei sette regni, era vietato andare contro la Storia.

Ma Daryan non poteva andare contro la Storia se non la conosceva.

Daryan non avrebbe dovuto conoscere la Storia, quindi era giustificato nell’infischiarsene completamente, e andare a ritrovare Leonardo.

Vivere la vita come voleva lui.

Era egoista, da parte sua, e rischioso, davvero troppo rischioso.

Ma era abituato ai rischi e a fare piani per evitare il peggio. La vita per lui, come per tutti, era sempre stata un salto nel buio, e almeno con Leonardo sarebbe stato nel buio in compagnia.

Prima che Daryan potesse effettivamente controllare cosa stesse facendo, era già vestito, aveva preso una bisaccia con qualcosa che poteva rivelarsi utile per un viaggio, ed era fuori dalla porta di camera sua, pronto a prendere il primo cavallo e galoppare verso il tempio.

Senza un piano, senza essere del tutto convinto di ciò che stava facendo, ma con il bisogno di parlare con Leonardo, almeno un’ultima volta prima che partisse.

E dirgli che una volta tornato nei sette regni, Daryan ci sarebbe stato.

L’avrebbe aspettato.

Perché Daryan lo amava.

E forse, chissà, non sarebbe durata, alla fine avrebbe seguito la Storia e avrebbe davvero sposato una donna straordinaria, avuto un figlio che sarebbe stato un mito, e dei nipoti ancora più grandiosi, ma sarebbe stata una sua scelta, non un’imposizione della Storia.

Perché Daryan non voleva precludersi dallo scegliere Leo.

-Principe Daryan, dove sta andando?- chiese Chevel, sorpreso dalla sua impulsività, iniziando a seguirlo nei corridoi del castello.

-Vado al tempio!- affermò il principe, deciso.

Chevel sgranò gli occhi.

-E a fare cosa?- indagò, allarmato.

-Sai benissimo cosa- Daryan non aveva tempo per spiegare, soprattutto perché Chevel lo conosceva alla perfezione, e sapeva di non dovergli spiegare nulla.

-Credo di saperlo, ma non è da lei essere così impulsivo- Chevel continuò ad inseguirlo, preoccupato.

-Lo so, ma non posso fare altrimenti, io… devo parlargli, Chevel. Devo almeno provare a parlargli- Daryan sapeva che stava facendo una follia, ma era più forte di lui.

Da quando aveva discusso con Leo aveva un enorme peso nel petto, e la razionalità e la logica non erano abbastanza per toglierglielo.

-Aspetti, principe Daryan, cerchi di riflettere un attimo, non può andare al tempio da solo, soprattutto dopo che c’è stato un attacco recente da parte dei ribelli!- Chevel provò a fermarlo, prendendolo per un braccio e girandolo verso di lui.

Daryan sospirò.

Sapeva quanto potesse essere rischioso.

Fuori dal castello, i conflitti aumentavano più velocemente di quanto Daryan fosse pronto ad affrontare.

Ma probabilmente il suo sguardo parlava per lui, e dimostrava una determinazione inaffondabile, perché il cavaliere sospirò.

-Per questo la accompagno. Mi faccia mettere l’armatura e prendere la spada. Ci vediamo all’ingresso tra cinque minuti- lo lasciò andare, e gli diede una pacca sul braccio, incoraggiante.

Daryan gli sorrise, grato, il suo primo sorriso da parecchi giorni, e si affrettò a preparare due cavalli per andare il più in fretta possibile al tempio.

Cinque minuti dopo, erano già diretti verso il tempio, che raggiunsero in poche ore.

Mano a mano che la distanza si accorciava, Daryan provava numerose sensazioni discordanti.

Sollievo, trepidazione, impazienza e speranza, al pensiero di poter riabbracciare Leonardo e rimediare al pessimo modo in cui si era comportato prima che lui partisse.

Senso di colpa, timore, tensione all’idea di stare trasgredendo alle regole divine e alla Storia per provare a stare con lui.

E non sapeva cosa aspettarsi.

C’erano tante cose che potevano andare storte.

Leonardo poteva non convincersi a dare a loro due una seconda occasione, la semidea Yu poteva mettersi in mezzo, Jahlee poteva obiettare.

Ma poteva anche andare bene, potevano risolvere, ricominciare, fare insieme un piano.

Una cosa era certa: Daryan doveva parlare con Leonardo.

Doveva parlargli assolutamente, e lasciarlo tornare a casa con un saluto degno di questo nome.

Lasciò Chevel all’ingresso a sistemare i cavalli, ed entrò nel tempio affannato, con il fiato corto, iniziando immediatamente a guardarsi intorno per scovare la familiare chioma rossa del suo amato.

Un novizio lo avvicinò prima che potesse guardarsi bene intorno, e si inchinò profondamente.

-Principe Daryan, che Jahlee la protegga, a cosa dobbiamo la sua visita?- chiese, accomodante.

-Che Jahlee protegga anche lei. Leonardo, il cuoco, benedetto da Jahlee! Io… dov’è? Vorrei parlargli, se possibile- a Daryan mancava il fiato, ma cercò di essere professionale e pratico.

Il novizio sollevò la testa, e lo guardò con un certo timore.

-Leonardo il cuoco… temo sia partito un paio d’ore fa, insieme alla semidea Yu- lo informò, a disagio.

Daryan sentì il cuore sprofondargli nello stomaco.

-Partito… è sicuro?- chiese, con voce leggermente tremante.

Avrebbe dovuto metterlo in conto, sapeva che fosse una possibilità, ma non voleva crederci. Non voleva credere di essere arrivato troppo tardi.

-Posso chiedere, ma… ecco…- il novizio sembrava ancora più in difficoltà. Dare una brutta notizia al principe del regno non era in cima alla lista dei suoi desideri.

Venne tratto in salvo da un praticante anziano che si era reso conto della discussione.

-Posso aiutarla, principe Daryan? Che Jahlee la protegga- si intromise nella conversazione con un inchino profondo.

-Che Jahlee protegga anche lei… Leonardo, il cuoco… è partito?- Daryan si rivolse a lui, sperando gli desse notizie migliori.

-Sì, ero presente nella sala. Lui e la semidea sono partiti un paio d’ore fa. Per quale motivo? Se ha bisogno di conferire con il dio Jahlee possiamo organizzare un incontro con l’alta sacerdotessa- rispose con sicurezza, e si mise immediatamente a disposizione.

Fu come se tirassero a Daryan un pugno nello stomaco.

Scosse appena la testa, indurendo la voce e lo sguardo per non dare a vedere quanto la notizia l’avesse colpito.

-No, non c’è bisogno. Grazie comunque per la disponibilità- fece un inchino del terzo tipo ai due uomini, e tornò all’ingresso, per uscire dal tempio, e tornare a casa.

Chevel lo aspettava fuori, fu molto sorpreso di vederlo già di ritorno.

-Principe Daryan, cosa è successo?- chiese, preoccupato.

Daryan abbassò lo sguardo.

-È partito- riferì, in tono freddo e impassibile.

-Oh… è sicuro?- indagò il cavaliere, per confermare.

Daryan annuì.

Chevel sospirò.

-Mi dispiace, principe Daryan- gli si avvicinò, per offrirgli conforto.

Daryan alzò le spalle.

-Avrei dovuto immaginarlo, probabilmente sarei dovuto venire prima. È colpa mia…- provò a vederla con logica, ma la voce gli si spezzò, e un singhiozzo uscì dalle sue labbra, senza che lo potesse controllare.

Si portò una mano alla bocca, cercando di soffocarlo.

Chevel sgranò appena gli occhi. Non l’aveva mai visto in quelle condizioni.

-Forse potremmo parlare con il dio e cercare di rintracciarlo- consigliò, incoraggiante, provando ad aiutarlo.

Daryan scosse la testa, e si avviò al cavallo.

Voleva tornare al castello il prima possibile e seppellire la testa in un libro.

Distrarsi e smettere di pensare a Leonardo.

-Dubito fortemente che possa fare qualcosa, a questo punto, è andato via da più di due ore…- di nuovo la voce gli si spezzò alla fine.

Daryan voleva salire sul cavallo, ma non ci riusciva.

Gli tremavano troppo le mani.

-Principe Daryan…- Chevel gli si avvicinò, probabilmente notando la sua difficoltà.

Daryan avrebbe voluto rassicurarlo che stava bene, ma non riusciva a parlare. Aveva un enorme groppo in gola, e numerosi pensieri intrusivi e negativi che gli vorticavano in testa.

E il più pressante era che Leonardo se n’era andato.

Era andato via.

Fine della storia.

Daryan non aveva la minima idea di quando sarebbe tornato, se sarebbe tornato, e temeva che anche nella migliore delle ipotesi, ovvero un Leo che tornava dopo un mese, tutto sarebbe cambiato, e sarebbe stato ormai troppo tardi per recuperare.

Ed era tutta colpa sua.

Colpa sua che non era riuscito a decidersi abbastanza in fretta.

Che non era riuscito a ribellarsi abbastanza in fretta.

E ora rischiava di non vederlo mai più.

E il loro ultimo ricordo insieme sarebbe stato di Leonardo che usciva in lacrime dal suo ufficio e Daryan che non faceva assolutamente niente per fermarlo.

Forse era meglio così.

Meglio per Leonardo.

Meritava molto di più di un pavido principe che non riusciva a prendere delle decisioni in fretta, ma che rimuginava, e rimuginava, fino a lasciarsi sfuggire ogni occasione.

Tipo quella.

Per due ore.

Aveva mancato Leonardo di due ore.

Sentì due potenti braccia circondarlo, e fu in quel momento che Daryan si rese conto che aveva iniziato a singhiozzare, piangendo copiosamente, senza riuscire a trattenersi.

Ricambiò la stretta di Chevel e seppellì il volto nel suo petto, sfogandosi come non faceva da quando era piccolo.

Non credeva di aver mai pianto così pubblicamente, e forse neanche privatamente.

Ma in quel momento era disperato, devastato, e stanco morto.

-Andrà tutto bene, principe Daryan. Il cuoco tornerà- gli promise Chevel, provando a rassicurarlo.

-Non l’ho neanche salutato- si commiserò Daryan, il senso di colpa sempre più forte nel suo stomaco.

-Posso assicurarti che presto il tuo dolore sparirà. Così come l’incertezza, il senso di colpa, e il cuore spezzato- una voce alle sue spalle interruppe il suo pianto liberatorio, e Daryan si irrigidì, e si allontanò immediatamente da Chevel, cercando di darsi un contegno regale prima di girarsi verso la figura che aveva parlato.

Anche il cavaliere si mise sull’attenti, con la mano già sull’elsa della spada.

La prima cosa che attirò l’attenzione di Daryan furono i capelli rossi, e per un singolo istante pensò a Leonardo.

Ma si rese conto immediatamente che non erano i capelli del suo amato. Erano più rossi, ed erano pettinati in modo da sembrare delle fiamme.

Ma cosa ci faceva il semidio Remington al tempio di Jahlee?!

-Di che stai parlando?- chiese, concentrandosi su quelle strane parole.

-Dovresti essere davvero grato, altri non avranno questa grande fortuna. Essere esclusi dalla manovra di emergenza pone un enorme fardello sulle nostre spalle- Remington non diede risposte, e si limitò a sospirare, e a rigirarsi una giada tra le mani, con espressione nostalgica.

-Manovra di emergenza?- indagò Daryan, iniziando a sentirsi angosciato.

C’era qualcosa che proprio non lo convinceva di quello che il semidio stava dicendo, e temeva potesse in qualche modo colpire la sua corte, lui stesso, e Leonardo.

-Lascia stare… se ti può consolare, non che ti serva saperlo, ma anche Leonardo era piuttosto abbattuto, prima di partire. Ho sentito i suoi ultimi pensieri, prima di spezzare il legame, ed erano tutti indirizzati a te. Spera che sarai felice, gli mancherai, e ti ama. Spero ti faccia piacere saperlo, non che conti molto, a questo punto- Remington intascò la pietra preziosa, e iniziò ad avviarsi verso una carrozza poco distante. Aveva un tono freddo, stanco, sembrava anche lui parecchio abbattuto, e pensieroso.

Le sue parole avrebbero dovuto riscaldare il cuore di Daryan, ma lo fecero sentire ancora peggio.

Avrebbe voluto indagare maggiormente, ma non riusciva a trovare le parole. Ed era troppo turbato dal pensiero di Leo, per cercare quelle giuste.

Ma una cosa era certa.

Lui l’avrebbe aspettato.

Non gli importava quanto ci sarebbe voluto, se qualche mese, o anni interi. Ma se anche Leonardo non fosse mai più tornato nei sette regni, Daryan l’avrebbe aspettato, era una promessa.

L’avrebbe aspettato per sempre.

 

Leo riconobbe immediatamente il letto di Giada, e poi gli scaffali pieni di libri e manga.

Gli sembrava passata una vita, e invece era tutto esattamente come lo aveva lasciato, prima di iniziare quella folle avventura.

Non gli sembrava neanche reale.

Gli ultimi giorni erano stati un vero e proprio incubo. Leo aveva passato praticamente tutto il tempo chiuso in una camera del tempio ad autocommiserarsi, tranne un giorno in cui era andato all’orfanotrofio dove avevano portato i sette bambini che aveva salvato alla base dei ribelli, per controllare le loro condizioni e salutarli.

Li aveva trovati molto allegri, ben nutriti, ben vestiti, e aveva portato loro una torta, che avevano condiviso con gli altri ragazzi in orfanotrofio.

Purtroppo, quando aveva poi spiegato che sarebbe partito per qualche mese, ci erano rimasti parecchio male, e Gideon lo aveva accusato di abbandonarli, prima di correre fuori dalla stanza, arrabbiato e quasi in lacrime.

Leo era ancora tormentato dalla sua espressione ferita.

E poi, poco prima di partire, Remington era passato al tempio per salutare la sua migliore amica, e spezzare il legame mentale con Leo. Non si era più fatto sentire, quindi il cuoco si era quasi dimenticato che fossero ancora collegati, ma era stato davvero felice di toglierselo ufficialmente dalla testa.

La lettura del pensiero restava il potere più invasivo e fastidioso di quel mondo.

Cosa a cui aveva pensato poco prima della rottura del legame, e che gli aveva fatto guadagnare uno schiaffo in testa, quando inevitabilmente tale legame era stato spezzato.

Non se ne era lamentato troppo, e aveva evitato lo sguardo di Remington per il resto degli addii.

Ma non gli era sfuggito comunque che il semidio sembrava abbattuto quanto lui all’idea che il cuoco e soprattutto Giada lasciassero i sette regni per un periodo imprecisato.

E poi erano partiti.

Giada aveva aperto un portale prendendo con una mano la collana, e con l’altra tracciando un cerchio davanti a lei.

I suoi occhi si erano illuminati di viola per un secondo, e poi entrambi avevano attraversato il portale, ritrovandosi in camera della ragazza.

Ed eccoli lì, in quel momento, in mezzo agli scaffali pieni di libri e manga, vestiti in disordine, poster di cantanti, cd impilati per autore… 

Leo rimase interdetto per parecchi minuti, il tempo che ci volle a Giada per chiamare sua madre e informarla del loro ritorno.

Non riusciva proprio a capacitarsi di essere effettivamente tornato a casa, nel suo mondo, dopo due mesi interi.

Sfiorò con attenzione la scrivania, come se temesse che potesse sparire una volta toccata, e si girò per controllare il portale che l’aveva portato lì, ora sparito nel nulla.

Era a casa, era ufficiale, non poteva più tornare indietro.

-Leo!- una voce che non sentiva da parecchio ma decisamente familiare lo distolse dai suoi pensieri, e si voltò verso la porta, dove era comparso il volto preoccupato di Angela.

Per un secondo, Leo sobbalzò, pensando al capo dei ribelli, e portò inconsciamente la mano ancora leggermente bruciata al petto.

Ma si rese presto conto che a parlargli era stata Silvia.

La somiglianza tra le due sorelle era incredibile.

-Silvia?- chiese, non del tutto convinto, accennando qualche passo verso di lei.

-Sono così felice che siate tornati sani e salvi! Come stai? Ti hanno trattato bene? Ho scritto a tua madre che stai tornando in treno da Amsterdam, ma se vuoi prima riposarti e cambiarti d’abito puoi farlo, in tutta calma- lo informò a grandi linee del suo alibi, e gli porse il telefono e una borsa con i suoi effetti personali.

Strano, Leo non credeva di averli addosso e li avesse lasciati cadere il giorno in cui era stato trasportato nei sette regni.

-Li ho rubati da casa tua il giorno in cui ti ho mandato lì, per rendere più credibile il tuo alibi. Non potevo rischiare che tua madre chiamasse la polizia, sarebbe stato pericoloso- spiegò Giada, comparendo dietro la madre. Non aveva perso tempo e si era già cambiata con vestiti moderni.

La realtà colpì Leo con la forza di un macigno.

E si rese finalmente conto che non era un sogno, o un’illusione.

Lui era a casa!

E sua madre lo stava aspettando.

-Che giorno è?- chiese, prendendo la borsa, che mise a tracolla, e il telefono, che accese subito per controllare data e ora.

-Mercoledì- rispose Silvia, non sorpresa dalla sua improvvisa veemenza. Lo conosceva piuttosto bene.

-Mia madre e a casa, e Isabella… sono le cinque, deve aver finito anche lei- borbottò Leo ripensando agli orari della sua famiglia.

Uscì dalla stanza superando le due donne, e scese in fretta le scale per andare all’ingresso e uscire di casa. 

-Aspetta, forse è il caso che ti cambi!- provò a trattenerlo Giada, iniziando a seguirlo, ma venendo fermata da sua madre.

-Lascialo andare- le suggerì, osservando Leo intenerita.

In effetti il ragazzo non aveva intenzione di perdere altro tempo cambiandosi o aspettando un autobus o altro.

Aveva bisogno, necessità, di arrivare a casa il prima possibile e riabbracciare sua madre e sue sorella.

Gli erano mancate più di quanto potesse esprimere a parole, e gli faceva male quasi fisico dover aspettare ancora prima di stringerle tra le braccia.

Così corse i pochi chilometri che lo separavano da casa sua come se ne andasse della sua vita, e mano a mano che si guardava intorno, osservando le strade che conosceva da tutta la vita, i vicini che aveva visto crescendo, e le modernità che nei sette regni non esistevano, era sempre più ancorato alla realtà che gli si parava davanti agli occhi.

E raggiunse la consapevolezza finale quando arrivò davanti a casa sua, e notò sua madre intenta ad innaffiare le piante, fissando nel frattempo il telefono con l’altra mano, in chiara apprensione.

Nello stesso momento, gli arrivò un messaggio sul proprio telefono.

“Avvertimi quando sei alla stazione”

Beh, era un po’ in ritardo per questo.

Leo azzardò qualche passo in direzione della donna, assimilando ogni dettaglio della sua figura: gli abiti da casa rovinati dal tempo, i ricci capelli castani raccolti in una coda disordinata, il dettagli della pelle, gli occhi, le mani… era sua madre.

-Mamma…- sussurrò, senza fiato per la corsa, e senza parole per l’emozione.

Ma la donna sembrò sentirlo, perché si girò di scatto verso di lui, sorpresa.

E Leo le si gettò praticamente addosso, rischiando di farla cadere.

-Leonardo!- il tono di sua madre era sorpreso, quasi di rimprovero, ma lo afferrò al volo e lo strinse a sé con forza, come se non volesse più permettergli di andarsene.

E dopo aver assimilato ogni dettaglio visivo, Leo ritrovò anche altre sensazioni: l’effetto del suo abbraccio, forte e rassicurante, il suo profumo, sempre lo stesso, accompagnato anche a un po’ di sudore per l’attività all’aria aperta, e il suono nella sua voce, che Leo aveva quasi dimenticato.

L’emozione di rivedere finalmente sua madre dopo due mesi interi dove aveva temuto che non l’avrebbe riabbracciata mai più finalmente si assestò nel suo cuore, e Leo scoppiò a piangere, senza potersi trattenere.

-Leonardo, cosa…?- tutta la traccia di rimprovero sparì, e sua madre iniziò ad accarezzargli la schiena, affettuosamente, per rassicurarlo.

-Leo! Sei tornato!- un’altra voce raggiunse i due, e Leo si staccò di scatto da sua madre e si voltò verso la figura che aveva parlato, che era in piedi davanti alla porta appena aperta di casa, e lo fissava ad occhi sgranati.

Isabella aveva i capelli sciolti, ed era in pigiama. In mano aveva ancora la penna, segno che probabilmente stava studiando quando l’avevano interrotta, come dimostravano anche gli occhiali da lettura.

-Isa! Oh dei! Isa!- Leo corse da lei e l’abbracciò strettissima, senza darle il tempo di dire nient’altro.

-Sei ubriaco?- chiese la ragazza, sorpresa, ricambiando l’abbraccio ma lanciando un’occhiata confusa a sua madre.

Leo, infatti, stava singhiozzando copiosamente. Non si era mai comportato così di ritorno da un viaggio.

Le due donne si erano aspettate un’espressione colpevole e un sorrisino imbarazzato.

Erano anche pronte a fargli una grande strigliata.

Ma Leo era completamente distrutto.

-Meglio rientrare e parlare con calma- propose la madre, avvicinandosi a Leo e dandogli qualche pacca confortante sulla spalla.

-Mi siete mancate tantissimo! Mi dispiace così tanto!- Leo però approfittò della sua vicinanza per bloccarla nuovamente in un abbraccio, questa volta a tre.

Era a casa! 

Era finalmente a casa!

Non era mai stato così felice in vita sua.

E allo stesso tempo così triste.

Perché ora che era a casa, si era finalmente reso conto che il sogno era finito, lui si era svegliato, e non era riuscito a trovare nessuna vera soluzione per i sette regni.

Tutta la tensione accumulata, il cuore spezzato, le emozioni provate in quei mesi si liberarono in quel pianto e quell’abbraccio.

Non doveva più fingere di essere forte, lottare per sopravvivere.

Era con la sua famiglia!

E poteva permettersi finalmente di crollare.

 

Nel frattempo Giada era rimasta a casa, e aveva scritto un messaggio a Leo per assicurarsi che stesse bene. Lui non aveva ancora risposto, ma la semidea non era preoccupata. Probabilmente era intento a farsi sgridare dalla madre e dalla sorella per essere sparito in quel modo. Sperava non ci andassero giù troppo pesante, però. Leo doveva essere felice di essere tornato alla vera civiltà. Di essere tornato a casa.

Era quello lo scopo.

Al momento osservava con attenzione i volumi nella sua immensa libreria, concentrata e attenta.

Così tanto che non si accorse dell’arrivo di una figura alle sue spalle, almeno finché tale figura non parlò.

-Allora, com’è andata nei sette regni? Leo si è ambientato?- chiese sua madre, indagando un po’ sui mesi passati lontani.

-Fin troppo. Ha combinato parecchi casini- borbottò Giada, prendendo in mano un volume: “La Storia, versione ridotta: Dalla missione diplomatica a Fring, all’avvelenamento del principe Daryan”.

Se i suoi ricordi erano corretti, Leo era arrivato all’inizio di quel libro.

Iniziò a sfogliarlo per essere sicura.

-Davvero?- chiese sua madre, con tono compiaciuto.

Giada finse di non rendersene conto.

-Per fortuna gli dei hanno già un piano per risolvere le incongruenze della Storia- aggiunse, lanciandole un’occhiata e notando che il suo sorriso era sparito.

-Sì, immagino… cosa ha cambiato?- chiese Silvia, incuriosita, e lanciando un’occhiata alla Storia che la figlia stava sfogliando.

-Ha cambiato completamente il ratto dei semidei, qualche casino alla corte di Jediah, e ha organizzato il banchetto per la principessa Opal. Lo avevano assunto come cuoco a palazzo, pensa tu- Giada alzò gli occhi al cielo. Gli sembrava davvero assurdo, eppure l’aveva visto con i suoi occhi.

Insomma, sapeva che Leo fosse bravissimo a cucinare, credeva in lui, ma non riusciva a capacitarsi che il paranoico principe Daryan lo avesse accettato a palazzo. E ancor meno che si fosse innamorato di lui.

Era davvero assurdo!

-Oh, spero che la principessa Opal si sia goduta il compleanno. L’hai conosciuta? Com’è?- chiese Silvia, intenerita, e un po’ triste.

Giada esitò appena prima di rispondere, in difficoltà.

-È molto dolce…- ammise, chiudendo il volume della Storia e rimettendolo a posto -Ha passato un ottimo compleanno. Era davvero felice- 

-Bene… mi fa piacere- il tono di sua madre non sembrava felice. Giada si sentì giudicata.

-Mamma… sai che non c’è niente che io possa fare…- iniziò a giustificarsi, irritata.

-Non sto dicendo nulla. So che gli dei non ti permetterebbero mai d’interferire. Dico solo che mi fa piacere che la principessa si sia goduta il suo ultimo compleanno, tutto qui- Silvia sollevò le mani, in segno di resa, ma lanciò alla Storia un’occhiata piena di odio, come se fosse la responsabile dei mali del mondo.

-Non è colpa della Storia se succederà quello che succederà. La Storia illustra i fatti- li difese Giada, prendendo i tre volumi successivi, e controllando velocemente alcune informazioni.

-Fatti che ci è impedito cambiare…- borbottò irritata sua madre.

Giada non rispose nemmeno. Era impossibile discutere con lei

-Leo lo sa?- la successiva domanda della donna, proferita in modo innocente, interruppe l’operazione della ragazza.

Giada scosse la testa.

-Non sarebbe tornato se l’avesse scoperto- sussurrò, quasi tra sé.

-Magari avrebbe potuto cambiare qualcosa- suggerì sua madre.

Nonostante gli anni passati in quel mondo, le era rimasto lo spirito ribelle da antimonarchica della sua adolescenza.

-Si sarebbe fatto uccidere! Non posso permetterlo! Per questo non ho la minima intenzione di riportarlo mai più nei sette regni! Ha già rischiato abbastanza!- Giada era categorica e decisa, prese i tre volumi, e si diresse alla scrivania, aprendo un cassetto con chiave, e infilandoli dentro, uno ad uno.

“La guerra tra Jediah e Valkrest”

“Dalla vendetta del principe Daryan fino alla caduta di Valkrest”

“L’annientamento totale dei ribelli antimonarchici”

I successivi anni della Storia, uno dei punti di svolta più importanti degli ultimi secoli, erano eventi connessi tra loro in maniera indissolubile, capitanati da uno dei grandi protagonisti da molto tempo a quella parte: Daryan Jasper Lindberg II.

-Forse è meglio che Leo non sappia cosa il futuro riserva alla corte di Jediah, e alla principessa Opal… ma sei sicura che riuscirai a tenerglielo nascosto per sempre?- la provocò sua madre, alquanto preoccupata.

Giada chiuse il cassetto, e nascose la chiave in un luogo impossibile da trovare, persino per Leo.

-Non sottovalutarmi!- esclamò, decisa e determinata.

Lei non avrebbe mai permesso a Leo di leggere la Storia e scoprire il destino riservato a buona parte delle persone che aveva conosciuto e amato come una seconda famiglia.

Era per il suo bene.

Suo e della Storia.

Perché nessuno cambiava la Storia.

Non senza ricevere terribili e inevitabili conseguenze!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È finito!!!

Non ci credo!!

Quindi le so anche finire, le storie, ogni tanto :D

Allora, piaciuto l’epilogo? *le arriva un pomodoro nell’occhio*

…okay, okay, scusate, so che non è l’epilogo migliore e più incoraggiante del mondo… è un epilogo un po’ del cavolo, ma ci sarà un seguito! Lo giuro!

Anche se prima voglio progettare bene i capitoli, quindi potrebbe volerci un pochino.

Ma non troppo.

Quindi tenete d’occhio il mio profilo ;)

Nell’attesa, c’è un sondaggio finale: Sondaggio

Spero che il capitolo e la storia in generale vi siano piaciuti, mi farebbe piacere ricevere un commento con qualche opinione.

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