A love that consumes you

di cioco_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. The sharks' arena ***
Capitolo 3: *** 2. Timing review ***
Capitolo 4: *** 3. Only for work ***
Capitolo 5: *** 4. New Start ***
Capitolo 6: *** 5. A very big llittle world ***
Capitolo 7: *** 6. A love that consumes you ***
Capitolo 8: *** 7. Not the right flowers ***
Capitolo 9: *** 8. Be over, or maybe not ***
Capitolo 10: *** 9. Up and Down ***
Capitolo 11: *** 10. The End? ***
Capitolo 12: *** 11. The Ball ***
Capitolo 13: *** 12. Home ***
Capitolo 14: *** 13. A eternal love ***
Capitolo 15: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

10 Agosto 2010, Notte di San Lorenzo, Mystic Falls

- Ancora 5 minuti Damon, c’è vento, vedrai che le nuvole andranno via – lo supplicò la ragazza cercando le sue pozze azzurro cielo.
- Elena fidati, qui sta per arrivare un bel acquazzone estivo, e tuo padre mi ucciderebbe se ti riportassi fradicia a casa, penserebbe subito che rischieresti una polmonite. Le stelle cadenti si vedranno ancora per qualche giorno – cercò di falla ragionare lui ridente, anche se credere ad Elena per lui risultava sempre così semplice, anche quando le sue verità erano ben lontano dal mondo reale.
- Si ma è oggi che si esprimono i desideri e io…– ribatté prontamente la mora, ma le prime gocce del preannunciato diluvio, fermarono il suo discorso.
- Andiamo, è ora di abbandonare la nave - la spronò il ragazzo, ma Elena era dura a desistere.
- No, no, no aspetta. Aspetta solo un secondo – lo bloccò lei divertita – ora smette – aggiunse alzando sorridente il volto al cielo. Oramai era ben consapevole, che quella pioggia non si sarebbe placata, ma lei voleva il suo desiderio.
Damon d’altro canto non poteva che guardarla quasi stregato dalla sua dolcezza fanciullesca, che gli ridava sempre il sorriso, e gli faceva scordare anche le giornate più dure.
La osservò ancora qualche istante, le prese le mani per attirare la sua attenzione, e dopo un fugace sguardo occhi negli occhi, la baciò, con tutto l’amore che aveva in corpo.
A nessuno dei due importava più della pioggia oramai.
- Prometti che sarà per sempre – affermò Elena non appena si staccò dalle morbide labbra di lui.
- Te lo prometto – rispose semplicemente il moro, totalmente perso in quei occhioni da Bambi.

Partendo dal presupposto che non ci credo ancora manco io, MA I'M BACK.!!
Sembra quasi uno scherzo, ma incredibilmente ora che sono tornata a lavorare in modo continuo, mi è tornata anche una gran voglia di scrivere e quindi eccomi qui con una nuova FF ehehhe
Ero indecisa se tornare a pubblicare, non volevo di nuovo tornare a scomparire per settimane a causa di blocchi creativi, ma essendo che sul mio computer sono già avanti con la stesura della storia e che pubblicherò una volta a settiman il venerdì, non dovrei fare danni a questo giro XD
Comunque, vi darò maggiori informazioni sulla storia ovviamente man mano, ma v'informo già dall'inizio di alcune questioni base. Sarà una FF che si svolgerà nel mondo legal (questo dato che mi sono fatta un rewatch di Suits nelle ultime settimane e m'intrigava particolamente come scenario).
Porterò casi inventati da me e altri tratti probabilmente dal mondo delle serie TV, ma chiedo già venia a chiunque avesse delle nozioni di legge se sbaglio qualche passaggio o termine. 
OVVIAMENTE è una storia Delena, ma come al solito, niente sarà una passeggiata e parlerò di altre coppie.
Ci saranno due archi temporali, quello presente che sarà lineare e vari Flash back del passato.
I primi capitoli saranno spesso molto descrittivi, ma vi renderanno pian piano il quadro generale dei vari personaggi.
Spero che vi piaccia e aspetto vostri commenti per capire se ho fatto una cavolata oppure la storia funziona ahah 
Un bacione A.

 

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Capitolo 2
*** 1. The sharks' arena ***


1. The Sharks’ Arena

Gennaio 2021, New York

New York. Una città, un sogno che si avverava.
Avevo sudato tanto per arrivarci. Quattro anni a Yale sempre con il massimo dei voti, tre alla facoltà di legge di Hardvard dove ho sempre figurato come prima della classe, due a Philadelphia per costruirmi un nome di tutto rispetto, e ora finalmente ero riuscita ad entrare nell’élite degli studi legali. Avevo finalmente ottenuto un posto nell’arena degli squali di New York, gli dove le cifre che avrei pronunciato, una volta non pensavo nemmeno potessero esistere.
Ed ero lì, nel mio nuovo appartamento tra la 29a strada e Park Avenue, con un affitto che finalmente potevo permettermi senza troppe preoccupazioni, a godermi la vista dal 20° piano, su quella che da quel momento sarebbe stata la mia città.
- Ti sei superata Gilbert – affermò sorridente Caroline affiancandosi a me vicino la vetrata.
- Decisamente niente a che vedere con il primo scrauso appartamento che abbiamo condiviso a Boston – aggiunse Bonnie mimando le mosse della bionda.
- Come se voi viveste in delle topaie – le ripresi bonariamente.
Caroline, Bonnie ed io ci conoscevamo da tutta una vita.
Tutte e tre arrivavamo da Mystic Falls, una piccola cittadina in Virginia dove siamo cresciute con il sogno di scappare da quella monotonia e vivere i nostri sogni in qualche frenetica metropolitana. Abbiamo lottato per il nostro status. Con dedizione ci siamo diplomate e siamo state accettate alla facoltà di Yale.
La mia bionda amica fu la prima a prendere la sua strada. Dopo la laurea infatti, era riuscita ad ottenere uno stage per il The Village Voice, uno dei settimanali preferiti dai newyorkesi, fino ad esser oggi una delle sue giornaliste di punta.
Per me e Bonnie invece fu diverso, decidemmo di continuare con studi più specifici, avvicinandosi sempre più alle carriere dei nostri sogni, ma fu la mora ad approdare come seconda nella grande Mela.
Presa la laurea all’Harvard Business School, per la quale ebbe un sacco di proposte da grosse compagnie da tutto lo stato, ma finì per scegliere la KPMG, colosso delle consulenze con sede a New York.
E infine c’ero io, che finiti gli studi in legge, avevo deciso di attirare l’attenzione sul mio nome di semplice associata in modo piuttosto anomalo. Entrare in un grande studio nella città delle mie amiche fin dal primo anno ti forma, senza dubbio, ma ti lascia per tempo nel dimenticatoio. Scegliere invece un ottimo studio legale fuori dalla cerchia elitaria ed esser riconosciuta già al proprio secondo anno di associata, fa si che non sei tu a cercare loro, ma loro a volere te.
E così era stato.
- Bhe, che dite se la smettiamo di fissare questo panorama, per quanto sempre meraviglioso, e non stappiamo lo champagne.? – propose d’un tratto euforica la bionda distraendomi dai miei pensieri.
- Direi che è un’ottima idea, dopo qualche bicchiere sarete sicuramente più vogliose ad aiutarmi a sistemare gli scatolini – risposi nell’immediato avviandomi ridente verso il bancone della cucina.
- Hej, tieni le tue tecniche di coercizione per il tuo lavoro, non per le tue splendide amiche – mi riprese subito Bonnie rabbuiandosi.
- Così mi ferisci, giuro che pensavo l’avreste comunque fatto in maniera spontanea – replicai fingendosi offesa da quell’insinuazione.
- Ma smettila, era il tuo piano fin dall’inizio – commentò divertita Caroline cercando evidentemente dei bicchieri nella dispensa, che non avevo ancora tirato fuori – ma i calici.? – domandò infatti a seguire spaesata.
- Solo per stasera amiche, si berrà lo champagne in vecchio stile – affermai con toni solenni stappando la bottiglia senza fare troppi danni.
- Tutte le nostre mani sulla bottiglia allora – replicò immediatamente Bonnie, afferrando il collo di quel prestigioso Bollinger.
- Direi di brindare a questa tua nuova casa, al tuo nuovo lavoro…- iniziò a proclamare Care.
-…ma soprattutto a noi tre di nuovo insieme – conclusi io, sorridendo alle mie migliori amiche.

La Saltzman Marshall era un’istituzione tra gli studi legali di New York, quindi devo ammettere che quando qualche settimana prima ricevetti la visita di Hayley Marshall in persona, non potei che esserne davvero incredula.
Mi disse di come le piaceva tenere gli occhi aperti anche fuori dagli studi di New York, perché lei voleva il meglio per il suo studio, e il meglio a volte non era ancora approdato nella grande Mela. Raccontò di come aveva letto il mio nome alla fine del mio primo anno da associata all’ HASP & S, e di come aveva deciso di tenermi d’occhio per il tempo a seguire, finché non si era convinta che avessi davvero dell’ottimo potenziale e per quello pretendeva di avermi nel suo studio.
Ovviamente non ci pensai nemmeno mezzo secondo. Una come Hayley Marshall poteva pretendere da me anche di arrivare da Philadelphia a New York in ginocchio, e probabilmente l’avrei fatto.
La Saltzman Marshall si occupava di più questioni, ma il suo campo prediletto era il diritto societario, branca per cui avevo optato più che volentieri in tutti i casi a cui avevo affiancato i soci senior del mio studio nell’ultimo anno e mezzo. Loro erano letteralmente uno dei maggiori covi di squali della città e io non vedevo l’ora di essere ufficialmente uno di loro.
Per questo motivo quel lunedì mattina di inizio gennaio mi trovavo davanti al grattacielo della Onex Falcon, al 600 di Lexington Avenue, con la bellezza di 30 minuti di anticipo.
Prendere il telefono e chiamare qualcuno mi venne più che automatico.
- Sono le 7.30 del mattino e io dovrei esser in ufficio per le 9.30. Quindi spiegami Elena, perché diamine mi hai svegliato ben mezz’ora prima della mia sveglia – mi rispose scontrosa e assonnata Caroline.
- Sono già qui, sono al secondo caffè e non so che fare – le spiegai in panico.
- Entra – rispose semplicemente lei.
- Ma sono mezz’ora d’anticipo, non è troppo.? – replicai perplessa.
- No, perché sicuramente dovrai compilare qualche modulo alla sicurezza essendo che non hai ancora nessun badge per passare i tornelli. Ora che li compili e Sali al 45° piano, sarai solo 15 minuti prima del tempo e sarà perfetto – mi spiegò lei tra uno sbadiglio e l’altro.
- Lo sai che ti adoro.? – le domandai a quel punto retorica addolcendo i miei toni.
- Io un po’ meno dato che oramai sono cosciente e non mi riaddormenterò più. Fammi sapere poi come va – commentò semplicemente lei, per poi chiudere senza indugi la chiamata.
Presi quindi un grosso respiro, e come previsto dalla mia bionda amica seguì tutta la trafila per riuscire a passare i tornelli di sicurezza dello stabilimento e alle 8 meno un quarto finalmente le porte dell’ascensore si aprirono su quello che era il mio nuovo studio legale.
Tutta l’ansia che fino a quel momento aveva attraversato il mio corpo finalmente scomparve, e varcai le porte dell’ufficio con tutta la spavalderia che mi aveva sempre contraddistinta sul lavoro.
- Buongiorno, mi chiamo Elena Gilbert, sono qui come nuova associata dello studio e ho un appuntamento alle 8 con Hayley Marshall. Vorrei sapere se è già disponibile e nel caso dove trovarla. Grazie – proclamai alla donna che sedeva davanti all’enorme reception dell’ingresso. Nessuna esitazione. Chiara. Diretta. Precisa.
- Dio Santo puoi anche respirare quando parli con me – mi rispose divertita la donna.
Avrà avuto all’incirca la mia età, forse qualche anno in più. Bionda, occhi verdi, veramente carina, ma soprattutto con un sorriso contagioso.
- Scusa, hai ragione, è che sono partita direttamente con il mood dell’attacco – replicai a quel punto sciogliendo i miei modi.
- Alta, magra, carina e con due occhioni da cerbiatti…capisco l’atteggiamento, vuoi farti prendere sul serio – commentò semplicemente la ragazza, e quasi non mi venne un colpo. Aveva detto “occhioni da cerbiatta”. Un tempo c’era una persona che me lo ripeteva spesso.
- Hai decisamente colto nel segno – affermai con un sorriso tirato cercando di tornare al mondo reale e allontanarmi da quello dei ricordi.
- Comunque piacere Elena, mi chiamo Lexi – si presentò a seguire porgendomi la mano, che prontamente mi premurai a stringere – se sarai parte dei nostri, sappi che qui sono praticamente la tutto fare dello studio. Stile Donna Paulsen, ma non appartengo a nessun Harvey, se sai cosa intendo – aggiunse poi ridendo.
- Andiamo, non sarei l’avvocato che sono senza le 9 stagioni di Suits – replicai prontamente aggiungendomi alla sua risata.
- Mia cara, per noi due prevedo un’ottima intesa – affermò quindi la bionda sorridendo – ma perché ciò accada, vai infondo al corridoio sulla tua destra, e sulla sinistra troverai l’ufficio di Hayley -concluse infine dandomi le indicazioni che volevo.
- Grazie e a presto – la salutai cordialmente e finalmente mi diressi alla mia metà.
Quando giunsi al suo ufficio ne rimasi estasiata. Si trattava solo esclusivamente di vetrate a parte il muro divisorio con quello che presumevo esser l’ufficio del suo socio, il Signor Saltzam.
Moderno ed elegante, esattamente quello che avrei desiderato io per il mio futuro.
- Oh Elena sei arrivata – esordì entrando poco dopo di me il mio nuovo capo.
- Buongiorno Signora Marshall – replicai nell’immediato cordiale porgendole la mano.
Come al solito era bellissima: aveva questo particolare vestito a tubino, che le sembrava cucito addosso, di un colore verde petrolio che semplicemente la rendeva una dea.
- Ti prego, lavoreremo insieme, chiamami Hayley – commentò semplicemente lei stringendomela con fervore – prego accomodiamoci – aggiunse poi mostrandomi il divano.
- Allora è andato bene il trasferimento.? – chiese gentile non appena ci sedemmo.
- Decisamente. Sono riuscita a traslocare prima del nuovo anno, quindi ho avuto tempo, in questa prima settimana, di svuotare quasi tutti gli scatoloni e dedicarmi un po’ a qualche fascicolo di casi che avete in sospeso al momento – risposi immediatamente.
- Ma io non ti ho inviato ancora niente – mi fece notare incuriosita la donna.
- No, ma non volevo arrivare impreparata. Sono un’associata del terzo anno, quindi si presuppone che io affianchi qualcuno per aiutarlo e non volevo rimanere indietro. Come ben sa, con il trasferimento ho perso il 50% dei clienti che seguivo, essendo che non sarò più a Philadelphia, mentre l’altro 50 si è goduto le vacanze natalizie senza aver bisogno del mio tempo, perciò ho preferito impiegarlo in modo costruttivo per il mio nuovo studio – spiegai cercando di risultare più calma e naturale possibile.
- Il tuo esser un passo avanti agli altri è esattamente uno dei motivi per cui ti ho voluto – affermò semplicemente Hayley, alche non potei rispondere che un quieto sorriso, anche se interiormente i miei organi facevano la ola dalla gioia per tale affermazione.
La nostra chiacchierata fu però interrotta dall’entrata in scena di un uomo, dall’eleganza impeccabile, che presunsi molto velocemente fosse il secondo socio titolare.
- Giorno Hayley, vedo che sei in compagnia, possiamo parlare più tardi.?- domandò con toni decisamente seri, ma sbragativi, l’uomo.
- Assolutamente, ma lascia che ti presenti la nostra nuova associata – rispose lei alzandosi – Elena Gilbert, ti presento il mio socio, Alaric Saltzman – aggiunse.
- Ho sentito molto parlare di te, spero di poter collaborare presto – replicò semplicemente Alaric – ora scusatemi devo scappare, ti aspetto appena puoi Hay – concluse andandosene come un tornado, così com’era arrivato.
- Credo che Alaric abbia decisamente bisogno di te – affermai alzandomi a mia volta.
- Si, lo credo anch’io – sospiro pesantemente la donna – fai una cosa, vai alla reception e di a Lexi che ti mando io. Lei capirà e ti farà vedere lo studio e la tua postazione – affermò infine avviandosi con me alla porta del suo ufficio.
- Perfetto e grazie ancora per l’occasione – dissi sinceramente grata uscendo dalla stanza.
- Ho fiducia nelle tue capacità Elena, ma ricorda. New York non è Philadelphia. Se lì davi il 100% di te stessa, qua ti è richiesto il doppio, se no sei fuori – proclamò algida, per poi girare i tacchi e avviarsi nell’ufficio del suo socio.
Come tagliarmi le gambe con una sola frase insomma, ma aveva ragione, e non avevo intenzione di fallire.

Maggio 2011, poco prima del Ballo di fine anno, Mystic Falls

Elena era inquieta. Tutto quel ritardo non era normale, c’era qualcosa che non andava.
Che poi, in verità, erano mesi che le cose non andavano. Sapeva anche che erano i suoi sensi di colpa a farlo agire così, ma questo non glie l’avrebbe mai fatto.
L’amava, glie l’aveva promesso.
- Ci sono novità.? – domandò Bonnie entrando in camera della ragazza accompagnata da Caroline.
- Non risponde al telefono. Ragazze non so davvero cosa dire – commentò sconsolata sull’orlo di una crisi di nervi – Stefan sa qualcosa.? – chiese a seguire minimante speranzosa che suo fratello avesse più notizie della sottoscritta.
- No, mi spiace – rispose la bionda, quando d’un tratto finalmente il suo cellulare prese vita, lampeggiando il nome di Damon sullo schermo.
- Per carità divina Damon, dove diamine sei.? Perché non rispondevi al telefono.? Pensavo avessi avuto un incidente – rispose presa dal panico.
- Elena, mi dispiace… - sussurrò semplicemente flebile lui.
- Ti dispiace.? Di cosa.? Damon, per favore dimmi dove sei…- lo supplicò al telefono oramai in lacrime.
- Non sono mai partito da qui…Sono sbagliato Elena, sono sbagliato per te…scelgo di lasciarti andare Elena – replicò con la voce più atona che gli avesse mai sentito e chiuse la chiamata.

Presente

- Ed eccoci al punto forte del nostro tour, il tuo ufficio – proclamò Lexi mostrandomi la stanza dall’altra parte della vetrata – in giornata verranno a porre il nome sulla porta, e si, niente vista sui grattacieli ma solo un’ampia finestra con vista del cortile interno, ma quella te la dovrai guadagnare – concluse infine lasciandomi senza parole.
- Scherzi.? Già solo il fatto che ho un ufficio per me è grandioso.!! Pensavo di finire in un cubicolo insieme agli altri associati – le dissi estasiata.
- Si bhè, di quel che ho capito sei già al terzo anno e hai un tuo discreto pacchetto clienti. In più so che è stata Hayley in persona a volerti qui, perciò deduco che ti voglia un po’ viziare, in modo che tu tenga alte le tue prestazioni – affermò lei con un’alzata di spalle.
- Si, ha già chiarito la cosa – replicai ricordandomi le sue ultime parole di un quarto d’ora prima.
- Fammi indovinare, ti ha riempito di complimenti durante il vostro meeting, e giusto prima di andarsene boom, frase d’effetto che ti ha messo un carico d’ansia da mille – commentò la bionda divertita.
- Bingo – risposi contagiata dalla sua risata.
- Tipico di Hayley. Sai lei è un animo veramente unico, e questo la rende speciale agli occhi di tutti, ma per arrivare dov’è oggi non si è potuta permettere di usare solo dolci parole – mi spiegò.
- No, ma ci sta, lo capisco – concordai. Infondo per esser capo di uno dei migliori studi legali di New York, in un ambiente soprattutto di uomini, non doveva esser facile – Di Alaric invece che mi puoi dire.? – domandai poi curiosa.
- Rick.? Un soggetto – affermò ridendo – è un asso della contabilità finanziaria. È sempre gentile e cordiale con tutti, ma non lo sottovalutare. Se fai un errore Hayley ti massacra, ma può perdonarti. Lui.? Ti taglia la testa senza batter ciglio – continuò nel racconto guardandomi incredibilmente seria – infatti voglio vedere quanto resisterà la collaborazione tra lui e l’ultimo arrivato – aggiunse sovrappensiero.
- Ah quindi non sono propriamente l’unica nuova arrivata – sentenziai tirando un mentale sospiro di sollievo. Voleva dire che non sarei stata l’unica sotto osservazione.
- Non proprio, ma il soggetto in questione e qui già da più di un mese, è un asso nella mediazione e soprattutto è un protetto di Rick e perfino di Hayley. Si è trasferito da Londra da poco, Rick l’ha soffiato dal nostro concorrente maggiore oltre oceano, ma so che si conoscono da anni – specificò, rendendomi chiaro che alla fine l’unica sotto la lente d’ingrandimento sarei stata io.
- Un raccomandato insomma – sospirai sconsolata.
- Magari fosse solo quello. Il problema è che è maledettamente bravo. Sarebbe al suo 5° di associato, e invece è entrato direttamente come socio Junior dello studio. È uno stronzo di prima categoria, molto sicuro di se, forse troppo e gioca quasi sempre sul limite del legale, ma alla fine vince sempre – spiegò quasi affascinata – ah è la parte più snervante.? È che pure un figo da paura – concluse con toni irritati.
- Adesso sono curiosa – dissi divertita da quella dettagliata descrizione totalmente fuorviante.
- Accomodati, è proprio lì – replicò lei indicandomi un ragazzo di spalle poco distante da noi – quello è Damon Salvatore – aggiunse mentre il moro si girava nella nostra direzione e io quasi non svenni. Non poteva esser vero.



Eccomi quindi con il primo vero capitolo della storia.
Ovviamente è solo l'inizio, e molti dei personaggi più amati come Stefan, arriveranno nel corso dei capitoli ;)
La storia parte da gennaio 2021, e si, ho balzato alla grande tutta la questione Covid, non ci penso nemmeno a parlare di pandemia pure mentre scrivo ahhaha
Spero di avervi incuriosito con questo primo capitoletto, e di ritrovarsi anche settimana prossima.
Un grosso bacio
A.

Ps. Giusto per darvi un'idea
1. Questo è l'appartamento di Elena



 

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Capitolo 3
*** 2. Timing review ***


2. Timing review

6 ottobre 2008, casa Salvatore, Mystic Falls

Se c’era una cosa che Elena odiava profondamente era la fisica. Non la capiva, non la comprendeva, e questo la portava a non riuscirla nemmeno a memorizzare, tanto da prendere D al primo compito di quel trimestre.
Era stata una vera e propria stangata e aveva velocemente capito di aver bisogno di una mano.
Non poteva rovinarsi la media solo per quella stupida materia.
Per questo quel pomeriggio aveva represso il suo orgoglio e si trovava davanti alla porta della stanza di Damon.
Era un rapporto strano il loro. Non si odiavano, ma non erano nemmeno amici, nonostante fossero praticamente cresciuti insieme a causa della stretta amicizia delle loro famiglie. Forse era il fatto che lui aveva due anni in più, che frequentava gente diversa, oppure era il semplicemente che per anni non avevano fatto che punzecchiarsi a vicende senza reale motivo e a loro andava bene così, ma il pensare di chiedergli aiuto era davvero una condizione disperata.
Nonostante però l’iniziale esitazione alla fine Elena bussò a quella porta e finalmente fece capolino nella stanza.
- Hej ragazzina – la salutò Damon confuso dalla presenza della mora.
- La smetterai primo o poi di chiamarmi così.? – replicò la ragazza nell’immediato con toni scocciati iniziando a vagare per la camera. Quel soprannome la faceva sentire così piccola rispetto a lui.
- Ne riparleremo quando avrai quanto meno superato i 18 – rispose divertito il ragazzo – piuttosto, cosa ti porta da me.? – le domandò poi curioso. Era davvero strano vederla gironzolare nel suo piccolo covo.
- Potrei aver bisogno di un favore e puoi facilmente intuire quanto per me si tratti di una cosa seria e importante se sono arrivata a chiedere aiuto a te. A quanto pare sei uno delle poche persone che conosco esperto in materia – spiegò Elena sedendosi su quell’enorme lettone dove il moro era ancora bellamente sdraiato con una qualche lettura in mano.
- Si Elena, sono disposto a darti qualche nozione principale sul sesso in modo che tu sia pronta per la tua prima volta con Donovan – la prese in giro lui senza pensarci neanche un secondo.
- Certo che sono idiota ad aver sperato che per una volta potessi fare il serio. E comunque Matt e io non stiamo insieme – rispose rabbuiata lei alzandosi velocemente, intenta ovviamente ad uscire da quella camera.
- Eddai che scherzavo – la richiamò lui scendendo con una velocità incredibile dal letto e fermandola per un polso – Ti darò ripetizioni di fisica – aggiunse poi addolcendo i toni e lasciando la ragazza decisamente basita.
- Come facevi a saperlo.? – domandò Elena curiosa.
- Andiamo, forse non saremo migliori amici ma ti ascolto quando parli, anche quando ti sfoghi in cucina con mio fratello e ti dimentichi che io sia nella vostra stessa stanza  - le spiegò semplicemente lui.
- Bhè…Grazie…- rispose spaesata lei non sapendo bene cosa dire. Non pensava che Damon “la vedesse”.
- Facciamo mercoledì dopo scuola. Così non salti nessun allenamento delle cheerleader e avrai il week end libero – le disse semplicemente lui spiazzandola di nuovo. Era incredibile come sapesse anche i suoi appuntamenti della settimana.
- Sarò qui alle 16 – affermò a quel punto sorridente la mora – ma sappi che dovrai avere pazienza, non la capisco proprio la fisica – aggiunse poi imbarazzata.
- Hai più cervello tu di molte persone del mio anno. La capirai, hai solo bisogno dell’insegnate giusto – concluse Damon con il suo solito ghigno, e dopo l’accenno di un ennesimo sorriso a modi ringraziamento, finalmente Elena uscì dalla stanza.

Presente

- Elena tutto bene.? Sembra che tu abbia visto un fantasma – mi chiese Lexi notando il mio stato di totale shock.
- Credo che sia la descrizione più azzeccata – riuscì a sbiascicare, senza mai distogliere però lo sguardo da quelle due pozze di cielo, che anche dopo 10 anni avevano ancora la capacità di perforarmi l’anima.
Mi ci volle qualche buon secondo prima di ritornare in me, e capire soprattutto che dovevo immediatamente andarmene da lì, dato che Damon aveva deciso di venire nella nostra direzione.
Che coraggio.
- Grazie Lexi per il tour e le info… direi che però adesso ho bisogno del bagno – affermai frettolosa rivolgendomi con il sorriso più ansiogeno che mi potesse riuscire alla ragazza, e senza che potessi ricevere una replica scappai, letteralmente, nel bagno delle donne.
Non poteva essere vero. NON POTEVA ESSERE VERO.
Dieci anni di completo nulla. Non un messaggio, una chiamata o che ne so, una lettera. Niente di niente…Non si era neanche degnato di venire al funerale. Sapevo unicamente che fosse vivo, o in caso contrario Stefan mi avrebbe comunque avvisato. Nonostante tutto l’avrebbe fatto, ma non era mai successo, quindi crederlo vivo e vegeto da qualche parte nel mondo era logico, ma non poteva esser lì. Non a New York, non nel mio nuovo studio.
- A che diamine di gioco sta giocando il destino con me.? – mi domandai fissando il mio volto pallido allo specchio, quando intravidi il soggetto del mio dilemma dal riflesso.
- È il bagno delle donne, direi che qui non ci puoi stare – affermai più aspra che mai.
- Bhe sei tu che sei scappata qui – commentò semplicemente lui con un’alzata di spalle, come se mi stesse facendo una delle sue solite battute, come se ci fossimo parlati 5 minuti prima, ma decisamente quella non era la realtà.
- Ti prego Damon, vattene – lo supplicai sull’orlo di una crisi isterica.
- Per adesso – rispose serio lui, per poi girarsi, uscire e lasciarmi di nuovo sola a ricompormi da quello che si era appena rivelato il peggior primo giorno di lavoro della storia.

La mattina miracolosamente continuò senza altri incontri del terzo tipo.
Come previsto, prima di pranzo arrivarono gli scatoloni che mi ero fatta spedire dal mio studio di Philadelphia, e tra una chiamata di un cliente e l’altro per cose fortunatamente sbrigative, per le 15 in punto riuscì a sistemare il mio nuovo ufficio tra documenti e oggetti personali.
Ero ancora decisamente scossa, ma non potevo permettermi che il mio lavoro fosse influenzato da Damon Salvatore, anche se le domande erano tante.
Quando aveva scelto legge.? Dove aveva studiato.? Come ci era finito a Londra.? Ma soprattutto: perché il fato mi odiava così tanto da farci ritrovare nello stesso identico studio.? Gli ultimi anni erano stati tutto tranne che facili, e non intendo solo per gli studi. Emotivamente avevo subito più traumi di quanti avessi mai immaginato di sopravvivere, ma ero ancora in piedi, ma anche questo non me lo meritavo.
- Elena disturbo.? – domandò d’un tratto Hayley entrando nella mia stanza, destandomi dai miei pensieri.
- Assolutamente no, stavo solo sistemando dei file sul computer – risposi tornando sul pianeta terra.
- Non sono solita dirlo, ma vai a casa. Oggi è pur sempre stato il tuo primo giorno, e domani ho bisogno di te al massimo della concentrazione. Meeting alle 10.00 in sala grande – m’informò cordiale.
- Perfetto, a domani allora – ribattei tranquillamente, e appena si allontanò dal mio ufficio, chiusi immediatamente il mio computer.
Dovevo assolutamente tornare a casa, chiamare le ragazze e attuare un piano di sopravvivenza a quell’assurda situazione.
Non appena fui in ascensore presi il telefono e scrissi sulla nostra chat di gruppo: “Non m’importa se avete piani per stasera. CANCELLATELI. Ho decisamente bisogno di voi appena staccate dal lavoro”.
Ovviamente le risposte preoccupate delle mie amiche non tardarono ad arrivare, confermandomi la loro presenza e chiedendomi cosa diamine fosse successo, ma non risposi immediatamente, prima dovevo fare una chiamata.
- Ti prego non mi odiare – rispose immediatamente la persona dall’altra parte del telefono.
- Cosa vuol dire non mi odiare.? Tu lo sapevi.?? – domandi incredula tre toni sopra le righe.
- Non proprio, giuro – cercò di giustificarsi il mio interlocutore – è venuto a casa per Natale, cose che non succedeva da anni, e ci ha informati che era diventato socio Junior di un’importante studio legale a Manhattan e che quindi ci saremmo visti più spesso ora che tornava a vivere negli States. Ho scoperto che fosse il tuo stesso studio solo due giorni fa, per caso, e non ho avuto il coraggio di dirtelo prima che iniziassi. Lo sai benissimo che la Saltzman Mashall è un’opportunità di lavoro incredibile, non volevo che ci rinunciassi per lui – mi spiegò a seguire.
- Stefan… io non so cosa dire. Forse hai ragione, avrei rischiato di tirarmi indietro su un’opportunità unica, però trovarmelo davanti così… è stato veramente orribile – sospirai pesantemente. Il mio migliore amico non aveva colpe, lo sapevo bene, ma quella mattinata era stata davvero devastante, e sfogarmi su di lui mi sembrava la cosa più logica inizialmente.
- Vi siete parlati.? – chiese preoccupato.
- No… o più che altro, lui mi ha inseguita e ha provato a rivolgermi parola, ma l’ho pregato di andarsene. Non ero pronta, e non credo che lo sarò per tempo – replicai sconsolata.

All’alba delle 19.00, Caroline e Bonnie erano entrambe sedute sul mio divano con un bicchiere di vino in mano ad ascoltare la mia assurda giornata ed assimilare la notizia che avrei lavorato nello stesso studio di Damon. Erano sconvolte, ed ammetto che erano anni che non sentivo Caroline insultare qualcuno così tanto senza prendere fiato per più di 15 minuti di fila. Per la precisione erano passati 10 anni da quando non vedo una scena del genere, ma incredibilmente il soggetto era sempre lo stesso.
- Bhè ma tu che intenzioni hai.? Non lascerai il lavoro vero.?? – domandò d’un tratto la bionda fermando i suoi insulti.
- Certo che no. Amo il mio lavoro, e finalmente ho l’occasione di esser stata scelta per uno dei migliori studi sulla faccia della terra, col cavolo che ci rinuncio per quello stronzo… però sarà dura vederlo tutti i giorni in ufficio – affermai sconsolata, rivolta verso la ragazza, quando notai che Bonnie non aveva ancora spiaccicato mezzo commento, cosa che destò parecchio la mia attenzione. Sapevo che anche la mia amica era rimasta ferita da Damon, era il suo migliore amico, ma c’era qualcosa che non ci stava dicendo. Me lo sentivo.
- Bonnie tutto bene.? – domandai a quel punto preoccupata.
- Io sapevo che fosse in città – ammise spiazzando me e Caroline a tale affermazione.
- Parli con lui e non ci hai mai detto niente.?? – ribatté immediatamente la bionda alzando la voce.
- Certo che no, sapevo solo che stesse venendo qui a New York, ma per carità divina, stiamo parlando di una delle più grandi metropoli del mondo, non pensavo di incrociarlo per strada, figuriamoci che lavorasse per lo studio di Elena – specificò subito la mora.
- Spiegati meglio allora – la spronai sospetta. C’era dell’altro, ne ero certa.
- Avete presente Richard Stevens.? – domandò la donna cercando il nostro assenso.
- Il tuo superiore che ti tratta come se fossi sua figlia, perché la sua abita in Europa e tu glie la ricordi tanto.? – sottolineò la bionda.
- Esattamente lui. A fine novembre mi disse che era emozionato perché sua figlia stava tornando da Londra per venire ad abitare a New York, perché il ragazzo di lei aveva ottenuto un importante lavoro qui in città – iniziò a raccontare la mia amica ed era facile intendere quale fosse il finale della storia – avevo visto tante volte le foto della ragazza, ma quel giorno mi mostrò lo scatto di lei e il ragazzo mentre tenevano il cartellone “stiamo tornando a casa” e fu impossibile non riconoscerlo – concluse abbassando lo sguardo dispiaciuta.
- Era Damon… - sussurrai sentendo una stilettata al cuore. Non che non me lo potessi aspettare. La nostra storia era finita dieci anni prima, e anche io avevo frequentato diversi ragazzi negli anni, ma questo non voleva dire che non mi facesse soffrire. Negli anni avevo imparato a evitare di pensare a Damon, ma le poche volte che lo facevo cercavo di pensarlo misero e infelice, come punizione del male che mi aveva fatto.
- Non è tutto però Elena – richiamò la mia attenzione Bonnie con toni preoccupati.
- Cosa ci può esser di più.? – replicai con toni oramai isterici.
- Lui le ha chiesto di sposarlo – rispose atona e alla prima stilettata al cuore, se ne aggiunsero altre mille.

La mattina seguente, mentre percorrevo in ascensore il tragitto tra lo 0 e il 45° piano tentai solo ed esclusivamente di controllare la mia respirazione, in modo da poter sembrare la persona più calma e serena del mondo una volta varcate le porte dello studio.
Peccato che era esattamente il contrario di come mi sentissi.
Ero furiosa e ferita, anche se in verità non ne avevo nemmeno il diritto. Avevo passato gli ultimi dieci anni a trasformare tutto il mio immenso amore per Damon in odio, e ci ero riuscita, quindi perché diamine la notizia che fosse vicino alle nozze mi aveva così sconvolto.?
- Buongiorno splendore, ti senti meglio oggi.?? – mi accolse sorridente Lexi non appena mi intravide fuori dall’ascensore.
- Perché stavo male ieri.?? – domandai spaesata dalla sua domanda.
- Bhè, durante la nostra chiacchierata a una certa sei impallidita e scappata, per non parlare della tua faccia mentre fuggivi da questo studio ieri pomeriggio. Sembrava volessi dare l’anima da un secondo all’altro – mi spiegò facendomi arrossire. Effettivamente l’aver rivisto Damon mi aveva decisamente sconvolta, ma avevo sperato di averlo mascherato meglio.
- Ieri per l’ansia del primo giorno ho bevuto troppi caffè, si vede che mi hanno fatto un brutto effetto – inventai su due piedi. Lexi mi aveva davvero dato un’ottima impressione, ma non avevo la ben che minima voglia al momento di fare un viaggio nel mio passato e raccontarle di Damon.
- Onesto – replicò la ragazza con una semplice alzata di spalle – comunque la tua riunione inizia tra 15 minuti come ben sai, ma mi sono premurata di lasciarti i fascicoli del caso che tratterete sulla tua scrivania, così saprai a cosa esser pronta – aggiunse sorridente.
- Se non fossi troppo giovane, direi che hanno preso ispirazione da te per il personaggio di Donna – le risposi ridente a modi ringraziamento e mi diressi verso il mio ufficio iniziando a sfogliare i documenti.
Si trattava di un noto filantropo, Eric Cage, cliente direttamente dello studio, che voleva indurre una  causa a una nota azienda di costruzioni, la Toris Enterprise, di cui però lui stesso era benefattore. Tutto questo era alquanto anomalo.
Posai velocemente le mie cose alla scrivania e senza esitazione mi diressi nella sala riunioni, ma tutto questo si rivelò decisamente un errore.
- Buongiorno – disse una voce che a quanto pare non avevo per niente dimenticato.
Non l’avevo notato entrando, presa dalla lettura della biografia di Cage, ma infondo alla sala, con il suo sorriso smagliante, c’era esattamente l’unica persona che non volevo incrociare: Damon.
Persi come al solito un battito, ma non mi scomposi, e dopo una prima occhiata d’indifferenza, tornai ai miei documenti.
- Come stai.? – domandò a seguire, come se non avesse capito il mio chiaro intendo di ignorarlo.
- Siamo presi dal mutismo selettivo stamane – continuò a parlare cercando di irritarmi – non vorrei dirtelo, ma lavoriamo per lo stesso studio, prima o poi mi dovrai parlare – aggiunse cercando di spronare una conversazione.
- Quel momento non è oggi – replicai severa continuando a evitare il suo sguardo, quando finalmente Rick e Hayley entrarono nella stanza.
- Oh perfetto, siete già qui – affermò la donna sorridente sedendosi con eleganza a capo dell’enorme tavolo che padroneggiava la stanza.
- Buongiorno ragazzi, accomodatevi pure – disse Rick scegliendo la sedia affianco a Hayley.
Entrambi ovviamente eseguimmo la richiesta e ci ritrovammo a sedere esattamente una di fronte all’altro.
- Partiamo dal presupposto che Cage non è solo uno dei nostri migliori clienti, ma anche un amico di questo studio, quindi voglio che il caso che ci ha sottoposto sia trattato con la massima attenzione, precisione, e soprattutto che venga vinto – iniziò a spiegare Alaric con la massima serietà.
- Perché ha deciso di far causa a un’azienda di cui è affigliato.? – chiese immediatamente Damon.
- Eric è un filantropo. Era miliardario ancora prima di nascere, e crescendo e lavorando non ha fatto altro che aumentare il proprio conto in banca, ma si è sempre reso cosciente di esser una persona fortuna – partì a spiegare Hayley – per questo motivo, oltre alla classica beneficienza, da anni aiuta a finanziare aziende in via di sviluppo, soprattutto quando ad amministrarle sono giovani imprenditori – continuò.
- La Toris Enterprise è stata fondata nel 1960, Cage la segue dal 2000, non credo fosse un’azienda in via di sviluppo – feci notare perplessa.
- Vero, ma vuole il caso che l’azienda in questione rischiò la banca rotta a fine anni 90, perché nessuno voleva mettere soldi in nuove tecnologie che riguardavano l’utilizzo dell’energie rinnovabili. Cage credeva nel progetto, per questo motivo decise di supportarli aiutandoli con cospicui fondi, a patto che negli anni avessero mantenuto l’intraprendenza nell’utilizzo di idee innovative – rispose dettagliatamente Rick.
- Cos’è cambiato.? Di quel che so la Toris Enterprise continua con questa politica ed è stata certificata più e più volte per questo – replicò perplesso il moro.
- Eric è una persona di cuore. Finanzia i giovani o chi propone idee creative e ambientaliste senza batter ciglio, ma allo stesso tempo pretende la più totale trasparenza su come vengano sfruttati i suoi soldi e che le aziende che aiuta siano corrette nei confronti dei lavoratori e dei consumatori. Negli ultimi tre anni ha notato delle irregolarità in alcuni versamenti, fatte a persone terze rispetto a chi era registrato alla Toris Enterprise – riprese parola Hayley passandoci dei documenti a Damon e me.
- Sono persone terze, vero, ma si tratta di mogli, figli, madri, ecc di persone che lavorano li – notai stranita.
- Di persone che lavoravano lì. La maggior parte di loro sono morte oppure ferite in maniera irreversibile negli ultimi 3 anni – specificò Alaric.
- Stanno decisamente insabbiando qualcosa – commentò con toni seri e taglienti Damon.
- Eric sarà qui venerdì mattina. Capite di cosa diamine si tratta e raccogliete tutte le prove e testimonianze possibili per poter tirare su un caso – proclamò Hayley.
- Qui rischiamo una Class action – le fece notare il ragazzo.
- E Class action sia. È il vostro primo vero grosso caso per lo studio. Stiamo riponendo in voi la nostra più totale fiducia. Mostrateci che non siamo stati degli idioti ad assumervi – rispose Alaric con toni di sfida alzandosi dalla sedia e uscì dalla sala, seguito immediatamente da Hayley. Fu solo in quel momento che mi giunse alla mente cosa era appena successo.
- Mi sa che dovrai rivedere le tue tempistiche per rivolgermi parola – mi beffeggiò il moro con un sorriso vittorioso.
Damon e io avremmo dovuto lavorare insieme.
Merda.


Buongiorno belle gente.!
Eccomi qui con il secondo capitolo della storia.
Finalmente Damon entra in gioco e con lui ovviamente un bel po' di scompiglio. Vi avviso che il suo personaggio, per quanto cercherò di renderlo ovviamente il più fedele possibile al nostro solito Damon, avrà dei lati più maturi (a volte) e diversi dalla classica testa calda che ben conosciamo, ma stiamo pur sempre parlando di un Damon che è un avvocato, e che la sua "storia d'amore" con Elena l'ha già vissuta dieci anni prima. Nei flash back sarà molto più il Damon che conosciamo, nel presente ovviamente sarà quello che si definisce "una persona nella fase dopo". Dio, non so se mi sono spiegata ahahha
Comunque, ho iniziato a presentarvi anche il personaggio di Stefan, che nella storia è il migliore amico di Elena, ma su di lui ci sarà un focus più avanti.
I flashback seguiranno più o meno un andamento lineare (e dico più o meno perché potrebbero esserci delle eccezioni) nelle quali a ritroso conoscerete il passato dei nostri Delena.
Detto ciò, gli animi inizieranno a scaldarsi ufficialmente dal prossimo capitolo, ore che ufficialmente Elena e Damon non solo lavorano per lo stesso studio, ma lei sarà la sua associata per questo primo grosso caso.
Spero di avervi interessata.
Grazie mille a Ciao_7_ per esser tornata subito a leggermim e commentarmi.
Spero di ricevere vostre recensioni per sapere se la storia vi piace e v'intriga, giuro che io mi sto divertendo un sacco a scriverla.
Un grosso bacio
A.

 

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Capitolo 4
*** 3. Only for work ***


3. Only for work

12 Novembre 2008, casa Salvatore, Mystic Falls

- Esistono vari tipi di forze ed alcune di esse agiscono a distanza. Il termine “FORZA” è difficile da spiegare perchè non è possibile darne una definizione diretta. Allora daremo una definizione indiretta, cioè la descriveremo non spiegando cos’è, ma bensì cosa fa, cosa produce – tentò di spiegarle Damon.
- Odio la fisica – replicò Elena per l’ennesima volta, buttandosi all’indietro sul letto con fare melodrammatico.
- Sai, se continui a ripeterlo, sarà difficile che ti entri in testa quello che ti spiego – le fece notare lui divertito.
Era oramai un mese che ogni mercoledì pomeriggio, Elena si rifugiava in camera di Damon per tentare di capire la fisica. La prima lezione inizialmente era stata imbarazzante, ma nell’arco di un’ora erano riusciti a sciogliersi e stranamente a fine pomeriggio si erano accorti che insieme funzionavano.
A poco più di un mese di distanza, Elena aveva iniziato a migliorare in quella materia tanto odiata, ma soprattutto aveva iniziato a non vedere l’ora che arrivasse il mercoledì pomeriggio. Studiavano, ridevano, si prendevano in giro. Ogni tanto si prendevano pure delle pause dove parlavano di altro oltre alla fisica. C’era sintonia, ma non era in verità niente di nuovo. Loro non erano mai stati amici, eppure avevano sempre avuto quella chimica di prendersi giro con botta e risposta, mai però con cattiveria, ma quasi con affetto.
A Elena Damon piaceva, ma lui era pur sempre… Damon. Era più grande, ogni settimana con una ragazza diversa, l’anno prossimo sarebbe andato al college. Insomma, la stava aiutando in fisica, era gentile, ma lui la considerava una ragazzina.
- Elena mi stai ascoltando.? – le domandò distogliendola dai suoi pensieri.
- Si scusa, io…- iniziò a parlare la mora, rimettendosi seduta sul letto quando fece l’errore di guardarlo negli occhi.
- Te l’hanno mai detto che hai degli occhioni da cerbiatta.?? – le chiese il ragazzo dal nulla fissandola anch’egli in quelle pozze profonde color cioccolato, e lei perse il nume della ragione.
Senza pensare si avvicinò a lui e lo baciò. Un bacio semplice, veloce.
Damon rimase impassibile, totalmente spaesato da quello che stava accadendo, tanto da non sapere dire nulla, nemmeno quando la ragazza, presa dal totale imbarazzo, corse via dalla stanza.

Presente

Chiusa nel mio ufficio fissavo lo schermo del computer senza realmente guardarlo.
Mi stavo letteralmente nascondendo, anche se in una stanza dove la parete principale era un vetro sul resto dello studio, non era un luogo sicuro dove rendersi invisibile.
- Non mi potrai ignorare per sempre – esordì Damon non appena, dopo dieci minuti, entro nel mio ufficio senza neanche bussare.
- Dobbiamo avere delle risposte entrò venerdì mattina, fidati sono molto consapevole che non potrò ignorarti a vita, per quanto è la cosa che desidero più al mondo – sospirai pesantemente continuando a fissare lo schermo.
- Quindi sei pronta a parlarmi.? – mi domandò lui sedendosi sulla sedia di fronte alla mia scrivania.
- Non manderò a puttane la mia carriera a causa tua, quindi si, sono pronta a parlarti per capire cosa sta succedendo alla Toris Enterprise. Solo esclusivamente di questo – replicai aprendo il fascicolo del caso.
- Bene, allora direi di chiarire subito le cose – affermò lui facendosi incredibilmente serio – Ho letto il tuo curriculum: sei brava, forse anche troppo per esser un’associata del terzo anno, ma rimani pur sempre quello, un’associata. Io qui dentro sono un socio Junior, quindi qualsiasi idea, pensiero o voglia di prender iniziativa riguardo a questo caso dovrà passare prima da me, perché sono un tuo superiore. Non vuoi parlare del nostro personale.? Lo posso accettare, ma non farmi scherzi o ripicche per dimostrare che vali più di me o altre stronzate – aggiunse tagliente.
- Non sono più una ragazzina Damon – lo ripresi immediatamente indispettita del suo discorso – e si, hai ragione, sono brava nel mio lavoro, per questo mi offende che tu possa credere che io possa sfruttare il caso per prendermela con te – conclusi guardandolo finalmente negli occhi.
- Bene – rispose semplicemente non sfuggendo al contatto visivo.
- Bene – ribattei io.

Due ore dopo eravamo su una macchina di servizio che ci porta dalle prime 10 famiglie che avevano ottenuto quelle cifre esagerate.
Sei di loro avevano perso uno dei loro cari, le altre quattro convivevano con una persona che non era più la stessa.
La maggior parte di loro abitava nei quartieri del bronx, e questo fu una grossa complicazione. Erano famiglie che avevano bisogno di quei soldi, quindi fu difficile ottenere qualche informazione, ma al settimo tentativo riuscimmo nel nostro intento.
Fu la signora Gomez a parlare. Era la madre di Fernando Gomez, un ragazzo di soli 26 anni morto l’anno prima. Sui documenti era semplicemente classificato come “incidente sul lavoro” ma sotto c’era molto di più. L’incidente c’era stato, ma il punto era che il ragazzo non aveva le adeguate protezioni che gli avrebbero potuto salvare la vita e questo valeva praticamente per tutti gli altri 40 casi che erano segnati sui nostri documenti.
La donna fu gentile, ci raccontò la verità per filo e per segno: della morte del figlio, di come pochi giorni dopo il funerale si presentò un signore a casa loro con un assegno da 50 mila dollari e di come, prima di uscire, affermò solo “spero che capiate che siamo apposto così”.
Disse che conosceva alcune delle altre famiglie coinvolte, e che a tutte era capitata la stessa cosa, ma che date le condizioni economiche precarie avevano tutti acconsentito al silenzio. Lei non voleva quei soldi, lei voleva giustizia, ma non se l’era sentita di andare contro chi invece ne aveva bisogno.
- Direi che abbiamo un caso – affermò Damon una volta saliti in macchina dopo l’incontro con l’ultima famiglia.
- Direi che abbiamo una class action – specificai fissando i fascicoli delle 40 famiglie che tenevo in mano.
- Se riusciremo a far parlare le altre famiglie -commentò con un sospiro sconsolato di chi sapeva che non sarebbe stata un’impresa facile.
- Ascolta, hanno offerto 50 mila dollari a famiglia e loro hanno accettato il silenzio. Se riusciamo a fare decollare il caso, potremmo chiedere un risarcimento molto più grande e non credo nessuno di loro si opporrà – ribattei io per fargli capire che non ci dovevamo scoraggiare e facendo calare un temporaneo silenzio
- Torni in studio.? – domandò d’un tratto lui cambiando il discorso.
- Abbiamo passato tutta la giornata a parlare con famiglie distrutte per la morte di qualcuno che amavano – risposi atona guardando fuori dal finestrino – pensi che quando ti occupi di diritto societario non avrai a che fare con questo, con il dolore e con la morte, e invece ti perseguita anche in questo. Quindi no, non voglio tornare in studio, voglio tornare a casa, bermi un bicchiere di vino e riprendere le forze per domani – spiegai cercando il suo sguardo.
- Sei stata brava oggi. Io non sono mai stato un sentimentale con chi non conoscevo, eri tu quella empatica. Ti sei sempre presa il dolore degli altri senza se e senza ma, anche con degli sconosciuti. Oggi sei riuscita a non cedere davanti a quelle famiglie, sai gestire meglio le tue emozioni. Sei cresciuta – commentò il moro scrutandomi intensamente.
- Te l’ho già detto Damon. Non sono più una ragazzina. L’Elena che hai mollato con una stupida chiamata 10 anni fa non esiste più da tempo – replicai tagliente.
- Pensavo non volessi parlare del personale – ribatté immediatamente lui con toni sarcastici.
- Infatti, era solo una specifica – affermai gelida – e ora ti prego Arthur, mi porti a casa – aggiunsi poi rivolgendomi all’autista.

Seduta sul mio divano, con il mio tanto agognato bicchiere di Brunello in mano, fissavo le luci della città oltre l’immensa vetrata del mio salotto.
Era stata una giornata lunga. Tutte quelle storie di morti mi avevano avvilita, ma lo stare tutto il giorno affianco a Damon era stato anche peggio. Era cresciuto, era un uomo fatto e finito, maledettamente bravo nel suo lavoro, ma era sempre lui. Era sempre il Damon a cui avevo dato il mio cuore, lo stesso che me l’avevo spezzato in mille pezzi. Mai come durante quella giornata, per quanto ci fossimo attenuti al parlare solo ed esclusivamente di lavoro, avevo capito quanto mi era tremendamente mancato. Ma tutto questo era dannatamente sbagliato.
Eravamo andati avanti e lui si stava per sposare.
Fu il bussare alla porta a distogliermi dai miei pensieri.
Non aspettavo nessuno, sia Caroline che Bonnie erano impegnate con i loro fidanzati quella sera, perciò andai ad aprire abbastanza perplessa, ma non potei che sorridere non appena aprì la porta.
- Devo farti venire più spesso i sensi di colpa se ti fanno arrivare da Mystic Falls a New York con tanto di bottiglia di vino in mano – presi in giro il ragazzo di fronte a me.
- E se non fossero i sensi di colpa, ma solo una grande voglia di abbracciare la mia migliore amica.? – replicò Stefan spalancando le braccia.
- Direi che sei un pessimo bugiardo – replicai divertita lasciandomi abbracciare e facendolo entrare nel mio appartamento.
Stefan e io eravamo come fratelli, migliori amici probabilmente da quando eravamo ancora nelle pance delle nostri madri. Avevamo frequentato le stessi classi al nido, all’asilo, elementari, medie e superiori, ma anche quando non eravamo a scuola passavamo molto del nostro tempo insieme, ovviamente in compagnia di Care e Bonnie. Però il nostro era un rapporto diverso, forse anche perché data l’immensa amicizia delle nostre famiglie, ma soprattutto delle nostre madri, non c’era stata Pasqua, Natale o Ringraziamento che non passassimo insieme a Villa Salvatore. Eravamo tipo Lee ed Elle in the Kissing Both, amici per la pelle, senza nessun risvolto romantico, anche se per anni tutti ci avrebbero scommesso una mano sul fuoco che saremmo finiti insieme, e invece io avevo stupito tutti finendo tra le braccia del fratello maggiore.
Ci siamo divisi solo nel momento del College, quando a grande sorpresa Stefan scelse la Standford, in California. Era sempre stato chiaro che avrebbe preso lui in mano le redini dell’impresa di famiglia, per questo motivo aveva deciso di trasferirsi, quanto meno per gli anni universitari, dall’altro capo del paese, perché a detta sua “passerò tutta la vita sulla costa Est, sempre vicino ai miei affetti, tanto vale godermi qualche anno di libertà”.
Questo però non ci divise, e anche dopo anni e km di distanza eravamo rimasti più uniti che mai.
C’era solo una cosa, o meglio, una persona di cui non parlavamo mai: Damon, ma le cose ovviamente erano decisamente cambiate.
- Seriamente Stef, sei qui solo per i sensi di colpa o anche per informarmi che tuo fratello si sposa.? – domandai a bruciapelo una volta che ci misimo comodi sul mio divano con entrambi un bicchiere di vino in mano.
- E tu come fai…Anzi, non mi dire che te l’ha detto lui.?? – domandò incredulo della mia conoscenza dei fatti.
- Bonnie – replicai semplicemente prendo un sorso dal mio bicchiere.
- Bonnie parla con Damon.?? – replicò ancora più spaesato.
- No no, l’ha saputo per vie traverse qualche settimana fa, ma non sapeva come dirmelo finché non è uscito fuori che io e tuo fratello lavorassimo nello stesso studio – spiegai basita di tutta quella situazione.
- E tu come l’hai presa.? – chiese preoccupato – non mentirmi – aggiunse poi guardandomi di sottecchi. Quel ragazzo mi conosceva troppo bene.
- Speravo di prenderla meglio. Sono passati dieci anni, eppure Damon è riuscito a sconvolgermi un’ennesima volta – affermai sorridendo amaramente – L’hai mai conosciuta.? – domandai a quel punto curiosa e masochista.
- Io… si, l’ho conosciuta l’anno scorso, quando sono stato a Londra a trovarlo – mi spiegò con un sorriso tirato – si chiama Rose, è un architetto e si sono conosciuti a Oxford, durante la magistrale. È molto dolce, nonostante abbia un bel caratterino, ma sinceramente non pensavo saremmo arrivati a una proposta di matrimonio – continuò a raccontare, sapendo benissimo che volevo saperne di più su di lei.
- Perché.? Cos’ha che non va.? – chiesi stranita da quel commento.
- Perché Damon non l’ha mai guardata come guardava te – rispose semplicemente.
- Andiamo, questa è una sciocchezza – replicai immediatamente quasi innervosita da tale affermazione.
- Il fatto che tu l’abbia voluto eliminare, per giuste ragioni, sia chiaro, dalla tua vita, non vuol dire che lui abbia fatto lo stesso con te Elena. Per anni mi ha chiesto come stessi, cosa facessi…- iniziò a ribattere Stefan.
- Non è nemmeno venuto al loro funerale, questo è quanto gli importava di me – affermai a quel punto furibonda.
- Pensi che non volesse.? Avrà avuto paura che ti avrebbe ferito maggiormente vederlo dopo 3 anni di totale nulla – mi fece notare subito il ragazzo facendo calare il silenzio nella stanza.
- Lo doveva a loro – sussurrai poco dopo mentre una lacrima mi rigava il volto.
Stefan non replicò, appoggiò il bicchiere di vino sul tavolino di fronte a noi e mi abbraccio con dolcezza.
- Che dici, cambiamo argomento.?? – mi propose poco dopo staccandosi cercando il mio sguardo.
- Non volevo urlarti contro  - risposi invece io.
- Ci sono abituato quando si tratta di mio fratello – cercò di scherzarci lui e finalmente passammo a chiacchierare d’altro.
Gli raccontai dello studio, del fatto che avessi perfino una macchina di servizio a mia disposizione, e di come mi avessero dato anche un ufficio.
A seguire ricordammo un po’ i vecchi tempi, ma per le 22 il ragazzo decise che era l’ora di andare.
- Cos’è hai il coprifuoco in albergo.? – lo presi in giro io. Le nostre serate erano famose solitamente per durare fino a notte fonda.
- Dormo dal tuo ex stanotte, quindi è il caso che quanto meno mi presenti a un orario decente dato che mi ospita – affermò lui divertito.
- Gli hai detto che venivi qua.? – chiesi sinceramente curiosa.
- In verità gli ho solo detto che avevo delle faccende da sbrigare, ma mi conosce troppo bene – rispose alzando gli occhi al cielo – mi ha detto “ok, non c’è problema. Salutami Elena e dille che domani deve esser alle 9 in ufficio” – aggiunse facendomi strabuzzare gli occhi. Era incredibile come quell’uomo conoscesse ancora bene le dinamiche tra me e suo fratello. Data la mia reazione sarà stato facile per Damon immaginare che io non sapessi niente che avremmo lavorato insieme, di come io me la sarei presa in primis con Stefan per non avermi detto niente, e di come quest’ultimo si sarebbe presentato alla mi porta per scusarsi. Odiavo che sapesse così tanto di me ancora dopo tutto questo tempo.
- Mandalo a fanculo da parte mia – commentai semplicemente io, con il sorrisetto più stronzo che potesse uscirmi, facendo scoppiare a ridere Stefan.

La mattina seguente alle 9.00 in punto mi trovavo già nell’ufficio di Damon.
Per quanto anch’io avessi guadagnato la mia stanza personale, la sua era molto più bella essendo lui un socio Junior, molto più spaziosa, e soprattutto era tacita usanza che fosse l’associato di turno a venire nell’ufficio della persona con cui collaborava, e volente o nolente, io ero la sua associata per quel grosso caso.
- Sei in ritardo – proclamai non appena lo vidi entrare nel proprio ufficio, mentre io mi godevo comoda il suo divano, con tanto di gambe stese su di esso, mentre rileggevo le note delle persone con cui avevamo parlato il giorno prima.
- Togli le gambe dal divano – ribatté semplicemente lui con toni scocciati. Aveva la faccia di chi stamane non aveva avuto per niente un bel risveglio, ma per quanto fossi tentata, evitai di fare domande.
- Ho già sentito la signora Gomez. Ha detto che forse è riuscita a convincere alcune delle famiglie che conosceva a deporre – lo informai sedendomi in modo più consono sul divano, lasciando che anche lui si potesse accomodare.
- Ok – rispose secco lui.
- Ho già fatto chiamare la macchina per le 10.00, oggi dovremmo passare alla sede della Toris per capire qualcosa di più su di loro – continuai a parlare.
- Va bene – replicò Damon come se nemmeno mi stesse ascoltando e la cosa mi snervò parecchio.
- Santo Dio, che ti prende Dam.? Odio quando rispondi a monosillabi, lo facevi sempre quando discutevi con Stefan – commentai nervosa. Non volevo fare un riferimento al nostro passato, non volevo intromettermi su cosa effettivamente avesse, ma lavorare così mi avrebbe fatta impazzire.
- Per la precisione quando litigavo con Stefan per te, e guarda caso è esattamente quello che è successo dopo neanche 3 giorni che ti ho rivista, dopo 10 anni di pace tra me e mio fratello– affermò lui con un ghigno sarcastico. Fu troppo e io gli sbottai addosso.
- Non ci provare Damon. Se qui c’è qualcuno che dovrebbe esser arrabbiato sono solo ed esclusivamente io. Hai litigato con tuo fratello per causa mia.? Mi spiace, ma io non ho detto niente per spronarlo ad andarti contro – iniziai a inveire – quindi, come io mi sto mordendo la lingua e mi sono stampata un sorriso in faccia per poter lavorare con te, vedi di fare lo stesso – conclusi alzandomi dal divano e puntandogli il mio dito contro.
Il moro non replicò, ma il suo sguardo fu nettamente stupito della mia sfuriata, immagino non credesse che sarei arrivata a sfogarmi così, ma quanto meno ritornò in se, e dopo dei primi secondi di silenzio, sussurrò un lieve “scusa” e finalmente ci mettemmo al lavoro.


Buongiorno lettor*,
eccomi qui 24 ore prima del previsto con un nuovo capitoletto. Sapete, domani esce la nuova stagione di Lucifer, e ho intenzione di farmi una bella maratona prima di attaccare al lavoro la sera, plus questo week end mi aspettano i doppi turni, quindi piuttosto che postare in ritardo, eccomi qui un po' in anticipo.
Detto ciò, eccoci finalmente con il primo effettivo giorno di collaborazione tra i nostri Delena. Come si poteva immaginare la situazione è decisamente tesa ed Elena sta cercando di mantenere tutto sul lato lavorativo, anche se con Damon a volte e difficile.
Hanno un passato importante alle spalle, e vedremo nei prossimi capitoli quanto non sarà facile separare il proffessionale dal privato. 
Plus, come promesso, ecco un po' di info in più sull'amicizia tra i nostri Stelena. Anche in questa storia non avranno nessun risvolto amoroso, ma saranno molto importanti l'uno per l'altra. Con il tempo parlerò anche del Brother's Bond dei nostri Defan, anche se come avete potuto intuire, sono molto legati, ma la questione "Elena" causerà non pochi problemi tra loro.
Per quanto riguarda il passato, per ora sto cercando di farvi esplorare come "è nato tutto".
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ovviamente sono sempre graditi i commenti (positivi e negativi) se ne avete voglia.
Alla prossima
Baci
A.

Ps. Probabilmente inizierò a pubblicare 2 volte a settimana, ma sono ancora indecisa tra i giorni tipo se martedì e venerdì o magari il meroledì e il sabato.

 

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Capitolo 5
*** 4. New Start ***


4. New Start

12 Novembre 2008, tarda sera, casa Gilbert, Mystic Falls

- Elena, sai che ti adoro, ma io vorrei dormire – le fece notare Jeremy sdraiato accanto a lei sul proprio letto.
La ragazza era tornata nel pomeriggio abbastanza sconvolta. Non aveva detto a nessuno del fatto che, come una scema, aveva baciato Damon Salvatore, per poi scappare in preda al totale imbarazzo, e una volta a casa si era chiusa in camera.
Era scesa solo per cena, dove non aveva spiaccicato parola; solo quando finì di mangiare si rifugiò sul letto di suo fratello, e gli raccontò quello che era successo.
Il ragazzo era incredulo, sua sorella non era una impulsiva, era la persona più razionale che conoscesse, ma era contento di quello che aveva fatto. La rendeva finalmente più umana ai suoi occhi.
Si passavano solo un anno, ma rispetto a lei si sentiva molto più piccolo a causa di quella sua coltre di perfezione, ma questo non toglieva che le voleva un mondo di bene.
- Hai dei poster appesi sul tuo soffitto. In camera mia non ci sono, il soffitto è bianco. I tuoi poster sono più interessanti da guardare – replicò lei con voce spenta.
- El non hai ucciso nessuno, hai solo baciato un ragazzo, fila in camera- la spronò lui per poi buttarla giù dal letto a tradimento.
- Hej – lo richiamò lei dolorante alzandosi dal pavimento – va bene, me ne vado – sbuffò infine e si avviò al porta del loro bagno comunicante – Notte Jeremy – aggiunse poi sorridendogli grata di averla ascoltata.
- Notte sorellona – replicò il ragazzo vedendola uscire dalla stanza.
La mora ne approfittò per sciacquarsi la faccia e cambiarsi per dormire, ma c’era una sorpresa che l’aspettava nella propria camera.
- Bel pigiama – esordì Damon seduto sul davanzale della finestra.
- Dio Damon, mi hai spaventa – esclamò la ragazza incredula della presenza del corvino nella sua stanza – cosa ci fai qui.? E come hai fatto entrare.?? – gli domandò a seguire davvero perplessa e imbarazzata.
- Sincero ero pronto a lanciarti i sassi alla finestra per attirare la tua attenzione e fartela aprire, ma l’avevi lasciata già aperta e quindi ho avuto il lavoro facilitato – rispose all’ultima domanda con un’alzata di spalle.
- Chiaro, ma rimane il quesito sul perché tu sia qui – gli fece notare. Sapeva benissimo che era lì per il bacio, era chiaro come il sole, ma sinceramente aveva sperato nel profondo che non l’avrebbe umiliata spiegandole perché la rifiutava, ma avrebbe lasciato il fatto nel dimenticatoio.
- Tu mi hai baciato – affermò lui alzandosi e avvicinandosi a lei.
- Già, tu non hai risposto e io sono scappata. Fine della storia. Possiamo dimenticarlo e andare avanti.?? – replicò lei totalmente imbarazzata abbassando il suo sguardo e fissando le sue ciabatte.
- E se io non volessi dimenticare.? – chiese Damon oramai a un soffio da lei. Elena a quelle parole non poté che alzare lo sguardo confusa, ritrovandosi a perdersi in quelle due pozze azzurro cielo, e bastò un’istante perché le labbra di Damon furono sulle sue.

Presente

Ero in ritardo. Anzi, mi correggo, ero in ritardo tremendo, ma fortunatamente avevo una scusa più che valida, ovvero che ero rimasta al lavoro più del dovuto a revisionare gli ultimi fascicoli prima di archiviare ufficialmente il caso.
Ci era voluto un mese intero, ma alla fine avevamo vinto.
La class action era andata in porto, le 40 famiglie avevano ottenuto un risarcimento di un milione di dollari a testa, la Toris Enterprise aveva dichiarato bancarotta e il Signor Eric Cage era estasiato del lavoro che avevamo svolto. Ovviamente lo furono anche Hayley e Alaric, ma giustamente il caso affidatoci era più che altro per loro una conferma dell’averci assunto, quindi erano stati piuttosto modesti nel congratularsi, ma l’importante era che ce l’avevamo fatta.
Devo esser sincera: l’inizio non era stato facile, soprattutto a causa del passato mio e di Damon, ma non so come, eravamo riusciti a trovare il nostro equilibrio, strettamente lavorativo, nel quale avevamo dato il massimo. Era dura da ammettere, ma le voci che giravano sul conto di Damon erano vere: era maledettamente bravo nel suo lavoro, ma la cosa peggiore fu capire quanto fosse incredibilmente stimolante lavorare con lui.
Detto ciò, il caso era chiuso e per festeggiare la mia prima vittoria importante, non che la mia prima class action, le mie amiche avevano deciso di organizzare una cena, con i lori rispettivi fidanzati, in uno dei migliori ristoranti di Manhattan, il The View Restaurant & Lounge ed io ero decisamente in ritardo.
- Eccolo il nostro avvocato preferito – esordì Klaus non appena mi vide arrivare al tavolo.
- Ora sappiamo ufficialmente chi chiamare quando finiremo nei guai – proclamò Enzo alzandosi dal tavolo per venirmi a salutare.
- Guarda che sono già tre anni che potrei risolvere i tuoi problemi – gli feci notare abbracciandolo.
- Si, ma domani mattina il tuo nome sarà sul New York Times, farai decisamente più paura – precisò Bonnie facendomi scoppiare a ridere.
Klaus ed Enzo erano rispettivamente i fidanzati di Caroline e Bonnie, e oramai anche tra i miei più cari amici, ma devo ammettere che l’inizio dei nostri rapporti non era stato rosa e fiori.
Klaus, per esempio, l’avevamo conosciuto a Yale, durante il nostro primo anno di college, mentre lui iniziava il suo terzo. Incredibilmente snob e arrogante, con quel fare da “io posso tutto perché sono un Mikealson” era la definizione di persona più insopportabile sulla faccia della terra. Aveva l’incredibile capacità di metterti in soggezione, di farti sentire piccola e inadeguata, ma non con Caroline Forbes. Fin dal primo momento che s’incontrarono lei non gli diede mai modo di farsi sentire inferiore a lui. Gli rispondeva, lo cacciava e incredibilmente lui prese una clamorosa sbandata per lei, totalmente non ricambiata, o quanto meno così sembrava. Ricordo ancora il giorno in cui la bionda ammise a me e Bonnie di esserci finita a letto insieme, a fine del nostro secondo anno, ma che questo non avrebbe significato nulla, perché lui stava per partire per Oxford per gli studi della magistrale. Caso volle però, che mantennero i contatti e quando lui torno dall’Inghilterra, le chiese finalmente d’uscire dato che entrambi vivevano a New York. Nessuno avrebbe mai scommesso su di loro, eppure Caroline riuscì a capire che oltre a quel muro di presunzione c’era molto di più e con il tempo lo capimmo anch’io e Bonnie diventando ufficialmente sue amiche. Klaus era uno stronzo, ma se rientravi nella sua cerchia di persone fidate, avrebbe venduto l’anima al diavolo per salvarti. Avevo conosciuto poche persone nella vita con un senso dell’onore e di famiglia come il suo.
Con Enzo fu diverso. Non era uno stronzo come Klaus, ma la sua reputazione da Don Giovanni, e inizialmente averci provato nella stessa sera con tutte e tre, sicuramente non l’aiutò ad entrare nelle nostre grazie.
Di un anno più grande, incrociò il nostro cammino in un pub universitario di Harvard dove io e Bonnie eravamo solite andare a bere, e dove quel week end ci aveva raggiunto anche Caroline. Era uno studente di Design, ma per guadagnarsi qualche soldo in più faceva alcune serate come cantante e chitarrista in alcuni locali di Boston.
Inizialmente offrì da bere a Caroline, che lo snobbo facilmente essendo che era da poco impegnata con Klaus. In un secondo momento tentò di provarci con me, ma ricevette l’ennesimo due di picche e infine cercò di ottenere attenzioni da Bonnie, che in tutta risposta gli fece notare come fosse un grandissimo maleducato a provarci con lei. solo dopo esser stato scartato dalle sue amiche.
La cosa finì là, ma caso volle che qualche settimana dopo, tornammo nello stesso locale sempre durante una serata di Enzo, che decise di offrirci da bere per scusarsi del suo comportamento di qualche week end prima. Era simpatico, alla mano, e iniziammo a seguirlo nelle sue serate, ma scoprimmo che si era fatto praticamente tutte le cameriere dei pub che frequentavamo, e quindi consigliai a Bonnie di lasciar perdere dato che avevo notato l’inizio di uno strano interesse. Non riuscivo a fidarmi e non volevo che la mia amica soffrisse.
Ovviamente non mi diede ascolto, ma fu decisamente meglio così, perché non credo di aver mai visto un uomo più innamorato di Enzo.
- Allora Gilbert, ora che finalmente ti sei ambientata nello studio posso chiedertelo, com’è lavorare con mia cognata.?? – domandò d’un tratto durante la cena Klaus.
- Tua cognata.? Ma di che parli.? – replicai perplessa della sua domanda.
- Non abbiamo voluto dirti nulla prima per non metterti in soggezione, ma in verità Haley è di famiglia – iniziò a spiegarmi a quel punto Caroline.
- Eh già, la ragazza ha deciso di mantenere il suo cognome da nubile per non ottenere favoritismi, ma è la moglie di mio fratello Elijah – specificò il biondo.
- E pensare che hai pure visto le foto del matrimonio qualche anno fa – mi fece notare Bonnie divertita, e non aveva tutti i torti. Ricordavo bene quel matrimonio. Caroline era in panico perché sarebbe stata la prima festa ufficiale dove Klaus la portava in famiglia, e tempo dopo ci fece vedere orgogliosa le foto del ricevimento dove appariva con tutti i Mikealson, compresa Hayley in abito da sposa.
- Ma scusa, tua cognata sapeva che conoscevi Elena.? – chiese a quel punto curioso Enzo.
- Glie l’abbiamo detto a una cena di famiglia qualche settimana fa, quando Elena aveva già iniziato a lavorare allo studio. Non che Hayley sia facile da influenzare, ma conoscendo la qui presente, so quanto ami guadagnarsi la fiducia delle persone da sola, o sbaglio.? – replicò prontamente Klaus.
- Non posso darti torto, ti ringrazio – ammisi sincera.
- Bene allora direi che è l’ora di brindare alla nostra piccola donna, che si sta facendo da sola – propose Bonnie alzando il calice.
- Ad Elena – affermarono tutti in coro e io non potei che sorridere e sentirmi fiera di quello che stavo costruendo.

La mattina seguente arrivai in ufficio carica di buon umore. La giornata precedente era stata gratificante, la cena meravigliosa e la mia collaborazione con Damon era finita. Tutto stava andando a meraviglia, ma ovviamente era solo la quieta prima della tempesta, e questo me lo dovevo immaginare.
- Buongiorno raggio di sole, come siamo sorridenti stamane – esordì Lexi non appena misi piede nello studio.
- Buongiorno a te cara – le risposi raggiante poggiandole davanti un doppio chocolate chip frappuccino.
- Te l’ho mai detto che sei la mia associata preferita.? – replicò la bionda con gli occhi a cuoricino prendendo immediatamente la sua bevanda.
Con Lexi avevo instaurato oramai un ottimo rapporto, fatto di chiacchiere e confidenze durante la pausa caffè. L’unica cosa di cui era all’oscuro era solo del mio passato con Damon, ma aveva ben intuito che provassi un certo astio nei suoi confronti, anche se non sapeva spiegarsi il motivo.
- No, ma ho lottato tutto il mese per questo titolo, sono contenta di aver raggiunto l’obbiettivo – ribattei ridendo alla ragazza.
- Ora però mi fai sentire in colpa – sospirò d’un tratto lei cambiando l’espressione da ridente a dispiaciuta.
- Quando cambi espressione così rapidamente, non presagisce nulla di buono, che succede.? – domandai a quel punto preoccupata.
- Sei richiesta nell’ufficio di Damon – affermò la ragazza con un sorriso tirato, facendo scomparire in men che non si dica il mio buon umore.
- Allora è meglio che vada. Prima mi presento da lui, prima uscirò da quella stanza – commentai con toni sarcastici e mi diressi sconsolata verso il mio ufficio. Posai ovviamente borsa e capotto, e dopo di che mi presentai alla scrivania del mio ex.
- Ho archiviato tutti i documenti del caso già ieri sera, arrivando molto in ritardo a una cena, quindi perché mi hai chiamato.? – domandai a bruciapelo senza troppe convenzioni.
- Buongiorno anche a te Elena – ribatté divertito lui dal mio poco elegante ingresso.
- Damon, seriamente, perché sono qui.? – insistetti cercando di mantenere la calma.
- Mi serve un’associata, stabile intendo – esordì lui cercando il mio sguardo.
- Scordatelo – replicai immediatamente incredula anche solo per il fatto che me l’avesse proposto.
- Ascolta, neanche a me sorride l’idea, a me piace lavorare da solo, ma Rick ed Hayley hanno insistito che mi facessi affiancare da qualcuno, e se proprio devo essere obbligato vorrei che quel qualcuno fosse il migliore tra gli associati, e quel qualcuno sei tu – mi spiegò lui come se non immaginassi che un socio junior avesse bisogno di un associato, ma quel qualcuno non potevo esser io, e mi stupiva come non si rendesse conto dell’assurda situazione.
- Damon, ripeto, la risposta è no – dissi nuovamente per renderlo chiaro.
- Andiamo per la class action abbiamo fatto squadra e siamo stati maledettamente bravi insieme, e questo lo sai – mi fece notare il ragazzo.
- Hai idea di quanto sia stato difficile per me.? Hai ragione a dire che siamo stati bravi, te ne do atto, ma io ho lavorato per un mese intero contado i giorni al processo per non dover più dover lavorare con te. Diventare la tua associata sarebbe esattamente il contrario – gli specificai sempre più nervosa.
- Mi odi fino a questo punto.? – domandò quindi lui a bruciapelo.
- Non parlerò di questo con te – risposi più algida che potevo.
- Scegli, o lo fai volontariamente, o voglio vedere come dirai di no a Hayley o a Rick quando verranno a chiedertelo loro – replicò a quel punto Damon spiazzandomi.
- Mi stai ricattando.? Seriamente.? Sono questi i presupposti con cui vorresti che io lavorassi per te.?? Ah già giusto, certe cose non cambiano mai…a te non importa. Non importa chi viene ferito nel processo, finché Damon ottiene ciò che Damon vuole – sbraitai oramai fuori di me alzandomi dalla sedia.
- Chi sta tirando fuori adesso il personale.? – ribatté il moro a modi sfida, quasi con tagliente cattiveria.
- Vai all’inferno Damon – sospirai pesantemente scuotendo la testa incredula del suo comportamento e uscì dal suo ufficio.

Dopo la sfuriata con Damon, passai dal mio ufficio a prendere la giacca e uscì a prendere aria.
Ero sopraffatta dall’emozioni: rabbia, dolore, confusione… Gli davo ragione che nonostante ogni pronostico possibile, eravamo stati bravi insieme, ma come poteva non capire quanto stargli vicino mi facesse male. L’avevo amato così intensamente, che quando lui se n’era andato ho tramutato tutto quel sentimento in puro odio, e tutto questo non svanisce dopo dieci anni. Forse neanche dopo una vita intera. Damon non era solo il ragazzo del liceo. Damon era stato il mio tutto. Fin da quando abbiamo iniziato a frequentarci era chiaro che non sarebbe mai stata una storiella, non con le nostre famiglie di mezzo. Ci eravamo scelti, avevamo dei piani e lui poi è semplicemente sparito.
La cosa peggiore però, fu che mentre camminavo per le vie di New York per calmarmi, l’idea di lavorare con lui mi allettava. Era un’opportunità grande, ma soprattutto masochista.
Quando tornai in studio, ero decisamente più tranquilla, ma la mia testa stava esplodendo.
Varcai il mio ufficio persa nei miei pensieri e non mi accorsi subito della presenza di Damon sul piccolo divanetto che avevo recuperato durante quelle settimane, per rendere la stanza più confortevole. Solo quando mi sedetti alla scrivania lo notai.
- Se sei qui per il secondo round, evita – commentai semplicemente con un pesante sospiro.
- Ho esagerato – affermò semplicemente lui.
- Abbiamo esagerato – ammisi io cercando il suo sguardo.
- Se non vuoi essere la mia associata va bene. Avevi ragione, ho agito in grande stile Damon, da egoista – riprese parola il ragazzo – solo che questo mese insieme a lavorare sul caso… potere di nuovo discutere con te anche se solo di lavoro, il vederti di nuovo sorridere, l’opportunità di averti di nuovo nella mia vita anche se in un modo totalmente inaspettato…Ho perso la lucidità, non ho fatto i calcoli con la vita reale, ecco quante è forte il potere che hai su di me, anche dopo dieci anni – continuò spiazzandomi.
- E io sono ancora qui, a pensare che per quanto assurdo possa esser, mi piacerebbe esser la tua associata…ecco quanto è forte il potere che tu hai su di me – risposi sincera – Tu mi hai ferita Damon, e molto… ma insieme lavoriamo bene e rifiutare di esser la tua associata sarebbe da incoscienti, tanto quanto esserlo – aggiunsi non sapendo nemmeno io dove volessi andare a parare.
- Possiamo provarci. So che non puoi dimenticare il passato, ma possiamo provare a lasciarlo li dove appartiene e ripartire da capo. Sono passati dieci anni, ci siamo entrambi rifatti delle vite. Ripartiamo da oggi – mi propose Damon e io mi sentì letteralmente divisa in due. Cuore o ragione. Sentimenti o lavoro. Scegliere di lavorare con Damon voleva dire resettare l’odio, dimenticare il dolore. Provare a viverlo come qualcuno di appena conosciuto. Lasciare perdere significava rinunciare all’opportunità di collaborare con una persona valida, che mi avrebbe potuto insegnare tanto, che mi avrebbe resa un avvocato migliore.
- Ripartiamo da oggi – acconsentì, maledicendomi da sola non appena pronunciai quelle parole


Buongiorno carissim*,
come già anticipato, ho deciso di iniziare a pubblicare due volte a settimana e precisamente le date saranno il mercoledì e il sabato.
Comunque a parte questi ecnicismi, eccomi qua con un nuovo capitoletto bello peperino per i nostri Delena, ma partiamo dal principio.
Finalmente vi ho introdotto i personaggi di Klaus ed Enzo. Non saranno sempre presenti nella storia, ma comunque avranno parecchia influenza su quello che accadrà nei prossimi capitoli e in più volevo far rivivere un po' di Klaroline e Benzo, essendo che tutto sono stati fuorché End Game nella serie.
Detto ciò, passiamo alla parte clou, nella quale Damon decide di voler Elena come sua assocciata. La cosa ovviamente sconvolge la ragazza, perché per quanto lei non l'abbia ancora ammesso a se stessa, non è solo il fatto di odiarlo il problema. Ricordiamoci che l'odio è pur sempre un sentimento, ma di questo ne parleremo più avanti. Damon, dal canto suo, non è che non si rende conto di ferirla, ma è pur sempre Damon. Lavorativamente vuole il meglio, ed Elena è il meglio come associata, in più non può negare che le piace, umanamente parlando, averla intorno. Come amica.? Come qualcosa di più.? Queste sono domande a cui risponderò con il tempo ahhaha
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e come al solito se avete voglia di commentare, sono più che contenta di leggere le vostre opinioni.
Un grosso bacio
A.

Ps. Prossimo capitolo sabato.!!!

 

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Capitolo 6
*** 5. A very big llittle world ***


5. A very big little World

27 Novembre 2008, Giorno del Ringraziamento, Casa Salvatore, Mystic Falls

Erano più di dieci minuti che Elena vagava per casa Salvatore alla ricerca di Damon.
Le loro famiglie erano sedute in salotto a chiacchierare del più e del meno, mentre lui era sparito oramai da più di tre quarti d’ora. L’aveva visto allontanarsi con Stefan, ma poi suo fratello era tornato, mentre di lui non c’era traccia.
Dopo lunghe ricerche comunque, lo trovò in giardino, seduto a fianco alle rose preferite di sua madre. Aveva lo sguardo assorto in chissà quali pensieri, e conoscendolo, questo non presagiva nulla di buono.
- Hej straniero – esordì Elena proclamando la sua presenza prima di sedersi accanto a lui.
- Ciao a te – disse lui accennando un leggero sorriso.
- I nostri padri si sono dati al Bourbon e tra poco scatta l’ora della sharada, c’è bisogno di te là dentro – l’informò lei gentile.
- Tra poco rientro, avevo bisogno di una boccata d’aria – replicò il ragazzo lasciandole un dolce bacio sulla guancia.
- Damon che succede.?? Lo vedo che c’è qualcosa che ti turba – gli fece notare la mora sinceramente preoccupata.
- Ho discusso con mio fratello – affermò il ragazzo con un pesante sospiro – ha capito che c’è qualcosa tra di noi e non ne è per niente felice – specificò a seguire cercando lo sguardo di lei.
- Innanzitutto tuo fratello non si doveva permettere. Sai che gli voglio un bene immenso, ma non vedo perché dovrebbe esser un problema il nostro stare insieme – ribatté Elena sinceramente arrabbiata dal comportamento di Stefan. Poteva vagamente capire se si fosse trattato di risentimento del fatto che non glie l’avessero detto, essendo che per ora avevano deciso di tenere la cosa tra loro per capire cosa stessero facendo prima di dirlo al mondo, ma non esser felice della loro unione le sembrava abbastanza assurdo.
- Dice che finirò per ferirti, e quello che mi fa più paura è che temo che possa avere ragione – le raccontò lui tornando a guardare le rose di fronte a se.
- Ascolta Damon, se non sei sicuro di noi…- tentò di riprende parola la ragazza, ma Damon la fermò immediatamente.
- Cosa.? Nono, fermati – disse il moro – Il mio aver paura di ferirti, è perché non me lo saprei mai perdonare. Noi non siamo un gioco. Tu…Tu sei la cosa più bella che mi sia mai potuta capitare. Tu sei l’unica cosa di cui sono certo in questo momento – le proclamò sincero prendendole le mani, ed Elena non poté che fiondarsi sulle sue morbide labbra, e fargli trasparire l’emozione che aveva provato a sentire a tali parole.
- In questa relazione siamo tu ed io. Nessun altro – gli disse lei con dolcezza poggiando la sua fronte sul quella di lui – Eh si, forse potrai farmi soffrire, ma non puoi scegliere di non soffrire a questo mondo però, puoi scegliere per chi soffrire, e a me piace la mia scelta* – concluse accarezzandogli il volto.
Damon le rubò un tenero, ma veloce bacio e finalmente decise di alzarsi.
Le porse la mano per aiutarla a rimettersi in piedi, e dopo di che si avviarono verso l’interno della casa.
Nessun fece caso che erano riapparsi insieme, ma sicuramente notaro quello che successe dopo.
Il moro infatti proclamò la loro presenza con un colpo di tosse, in modo da destare l’attenzione di tutti, per poi riprendere la mano della ragazza e proclamare – Comunque Elena ed io stiamo insieme – sotto sguardo incredulo di entrambe le loro famiglie.

Presente

A una settimana dalla mia fuorviante idea di esser ufficialmente l’associata di Damon, tutto stranamente andava a gonfie vele. Forse era dato dal fatto che non aveva avuto casi che richiedessero il mio aiuto e che quindi non avevamo avuto modo di passare nuovamente del tempo insieme, o forse perché la mia settimana era stata ricca di appuntamenti al buio tramite Tinder, che fortunatamente si erano rivelate delle ottime serate.
Ovviamente tutto questo era semplicemente dovuto dal fatto che ero una donna con una carriera impegnativa, che le lasciava poco tempo per una relazione, ma pur sempre una donna con delle esigenze da soddisfare. Questa però non era l’opinione di Caroline, che affibbiava questo mio comportamento, a una sorta di fuga dalla realtà, nella quale vedevo il mio ex fidanzato imminente alle nozze, tutti i giorni al lavoro.
Cercai di ignorare la sua opinione, ma il fatto che Bonnie e Stefan concordassero, sicuramente non fu d’aiuto.
Detto ciò, rimaneva il fatto che anche quella mattina non ebbi ragioni per non entrare con un bel sorriso stampato in faccia in studio.
- Tu non puoi capire chi c’è in ufficio oggi – mi accolse su di giri Lexi non appena uscì dall’ascensore.
- Brad Pitt.? Harry Styles.? Patrick Dempsey.? – domandai subito curiosa ed emozionata poggiandomi al desk della bionda.
- No, ok, vola più basso – mi ridimensionò lei seria – c’è uno dei cognati di Hayley nel suo ufficio – specificò riprendendo gli occhi a cuoricino – e se non sai di chi parlo, intendo uno dei fratelli Mikealson, ovvero tra le famiglie più ricche e influenti della città – aggiunse a modi spiegazione.
- Si, ho capito, ma continuo a non comprendere perché tu stia sbavando sulla tua scrivania – le feci notare divertita dal suo comportamento.
- Oh andiamo, gli hai mai visti anche solo in foto.?? Sono una famiglia di modelli, mi farei perfino la sorella – commentò incredula del mio poco interesse lei, ma non feci in tempo a controbattere, che qualcuno interruppe la nostra conversazione.
- Vedo che siamo in vena di chiacchiere stamane – disse Damon alle mie spalle. Era impossibile per me non riconoscere la sua voce.
- Ti hanno mai detto che è maleducazione interrompere due persone mentre hanno una conversazione privata.?- gli feci notare inacidita voltandomi nella sua direzione.
- Non definirei una conversazione “privata” quando l’affronti alla reception dello studio – ribatté il moro con un’alzata di spalle.
- Lo è se non è richiesta presenza di terzi – replicai indispettita.
- Dio Santo, stare in una stanza chiusa con voi due che battibeccate potrebbe esser una forma di tortura – ci richiamò dal nostro scambio di opinioni Lexi.
- C’è chi ha vissuto un’esperienza simile per anni e ne è uscito indenne, tranquilla - replicò divertito il ragazzo – Comunque tra 10 minuti in ufficio da me – aggiunse poi allontanandosi con il suo fare da sbruffone. A quanto pareva era arrivata l’ora di dover lavorare insieme, e io non ero più tanto certa della mia scelta.
- Scusami Elena, vuol dire che tu e Damon vi conoscete da anni.? – domandò riportandomi alla realtà la bionda. Non mi ero accorta che la frase del maggiore dei Salvatore potesse esser così’ velocemente intesa.
- Le nostre famiglie erano amiche dai tempi del liceo. Siamo cresciuti praticamente insieme lui ed io, ma ci siamo persi di vista per più di 10 anni – spiegai frettolosamente – ora però meglio che vada, aggiornami di che Mikealson si tratta e soprattutto se riesci a farci colpo – la presi poi in giro allontanandomi per deviare l’attenzione su di me. In verità sapevo bene che tutti i Mikealson erano fidanzati dai racconti di Caroline, ma mi sembrava un ottimo diversivo dal parlare del mio passato con Damon.
Mi sbrigai comunque a lascare tutti i miei averi alla mia scrivania, e in men che non si dica mi presentai nell’ufficio di Damon, quando, prima ancora di notare il giovane Salvatore, scorsi la figura di Klaus.
- Mi avevano avvisato che c’era un Mikealson per lo studio, ma non pensavo di avere tanta fortuna nel ritrovare te – esordì proclamando la mia presenza nell’ufficio - Non è un po’ presto per il bourbon.? – domandai poi divertita avvicinandomi al mio amico, che teneva già un bicchiere di quel prezioso liquido ambrato tra le mani.
- Non è mai presto quando si deve parlare di affari love – replicò divertito lui salutandomi con un plateale baciamano. Su alcune cose Klaus era davvero all’antica.
- Voi due vi conoscete.? – chiese a quel punto Damon, ricordandomi che fossimo nel suo ufficio.
- Tu pensa mio caro, la conosco perfino da prima di te – iniziò a spiegare il mio biondo amico – Ci siamo conosciuti a Yale e cosa più importante è una delle migliore amiche della mia stupenda fidanzata – aggiunse sorridendomi, ma qualcosa non mi quadrava.
- Aspetta, quindi la famosa Caroline di cui mi hai sempre parlato, è Caroline Forbes.?? – domandò sempre più stupito il ragazzo.
- Fermi tutti, voi due siete amici.?? – m’intromisi a quel punto confusa. Ma come diamine poteva esser.
- Dai tempi di Oxford Gilbert – mi precisò Klaus e io mi resi sempre più conto di quanto potesse esser piccolo il mondo. Com’è che nessuno si era accorto di questi assurdi legami.? Sapevo che nonostante gli anni, Damon era ancora riluttante ai social, i quali spesso aiutano a creare collegamenti tra chi conosce chi, ma tutto questo era comunque incredibile.
- Ma un attimo, com’è che tu conosci Caroline.?- domandò a quel punto stranito il mio amico rivolgendosi a Damon.
- Siamo cresciuti tutti insieme a Mystic Falls – cercai di tagliare corto io.
- Care era una delle migliori amiche di Elena e di mio fratello – specificò il moro.
- Immagino che parli di Stefan, il fratello anche dell’ex….oh – Klaus non concluse nemmeno la frase quando capì esattamente che legame avessi io con Damon. Non gli avevo mai dato un nome. Bonnie, Caroline ed io ci limitavamo a chiamarlo lo stronzo le rare volte che lo citavamo in qualche discorso, ma Klaus sapeva quello che era successo tra di noi. Una sera, verso la fine del secondo anno, quando il nostro astio si era affievolito e avevamo iniziato ad avere un rapporto casualmente stabile e perfino amichevole, ci ritrovammo in un bar ad affogare i nostri dispiaceri insieme e non so perché gli raccontai del mio cuore spezzato.
Mi aveva sempre dato man forte definendo il mio ex un grandissimo codardo, ma nessuno avrebbe mai pensato che loro potessero incontrarsi e diventare amici.
- Già…- sussurrò imbarazzato perfino Damon della situazione.
- Bene, che ne dite di cambiare argomento.? Hai detto che sei qui per affari.? – tentai di riportare la conversazione su piani lavorativi, accomodandomi sul divano.
- Si esatto, a cosa ti serviamo – mi seguì immediatamente a ruota il moro, sedendosi su una poltrona. Klaus era nettamente perplesso della situazione, ma decise momentaneamente di lasciar perdere e finalmente concentrarsi sul reale motivo della sua visita.

Il colloquio con Klaus durò circa un’ora. Ci spiegò di come temesse ci fossero dei membri del Board probabilmente ancorati a degli ideali piuttosto misogini, ma soprattutto di come sospettasse che gli stessi fossero immischiati con dei casi di molestie sessuali sul lavoro. Voleva vederci chiaro e nel caso ovviamente licenziarli, ma questo non era possibile senza delle prove tangibili in mano. Ci diede dei nomi, di alcune dipendenti che avevano lasciato il posto di lavoro senza reale motivo ed altre che guarda caso erano andate via in concomitanza con la maternità. Non era un caso semplice, ma sia Damon che io eravamo indignati dal tema e pronti a capirne di più e nel caso far saltare qualche testa. In più entrambi avevamo un legame con Klaus, e non volevamo deluderlo.
Rientrai nel mio ufficio per le 11.00, in modo da iniziare a studiare qualche fascicolo dei soggetti indagati, quando dopo una decina di minuti venni interrotta dallo stesso Klaus.
- Ora capisco i mezzi commenti di Care sul fatto che avessi perso il nume della ragione – esordì sedendosi alla mia scrivania – di preciso com’è successo che tu abbia deciso di esser l’associata del tuo ex.? – domandò a seguire guardandomi davvero perplesso.
- Sinceramente.? Me lo sto chiedendo anch’io – replicai con un mezzo sorriso – Quando me l’ha chiesto dopo la class action, ero stata immediatamente categorica che questo non sarebbe mai successo, ma un’ora dopo gli dicevo di si – raccontai dandomi della stupida da sola.
- Elena… non sarò io a giudicare le tue scelte, conoscendo la mia fidanzata ci avrà già pensato lei – iniziò facendomi sorridere – Non ti chiederò se sei sicura, perché è chiaro che non lo sei, ma stai attenta. Hai passato 10 anni a odiarlo, ma l’odio è pur sempre un sentimento e lui…- continuò nel suo discorso.
- … e lui si sta per sposare – continuai per il ragazzo – Per un mese abbiamo collaborato sul caso della class action. È stata dura, ma siamo riusciti a svolgere un ottimo lavoro, collaborando e mantenendo tutto sul professionale. Ci farò l’abitudine, andrà bene – cercai di convincerlo, ma la verità era che stavo cercando più che altro a convincere me stessa. Klaus non rispose, mi diede uno dei suoi soliti sguardi da “mi raccomando, non fare cazzate” e si alzò per avviarsi alla porta.
- Fammi sapere se ci sono novità, ci vediamo domani sera a cena – affermò prima di uscire.
- A domani – replicai con un tenue sorriso, e finalmente mi rimisi al lavoro.

Lo stesso giorno Damon ed io eravamo andati a parlare con le donne segnalateci da Klaus. Erano incredule che il direttore operativo dell’azienda si fosse accorto della questione, e senza indugi ci confermarono quello che Klaus sospettava. Dissero di non avere sporto denuncia per paura di non esser credute o di esser rovinate, essendo che i soggetti che avevano cercato di abusare di loro o che comunque avevano fatto avance esplicite in cambio di promozioni erano membri del Board. Inoltre, erano le stesse persone che avevano sciolto i contratti di 5 donne una volta che erano rimaste incinta, inventando motivi futili per un licenziamento per giusta causa.
Io ero scioccata. Com’era possibile che nel 2021 fosse ancora così difficile per una donna arrivare a posizioni di potere per pura e semplice meritocrazia.?
- Non sei tu a esser fortunata, sono loro a esser state sfortunate. È diverso – affermò d’un tratto Damon distogliendomi dai miei pensieri. Dopo gli incontri ci eravamo fermati nel suo ufficio e da qualche ora cercavamo di organizzare i colloqui per le deposizioni, le informazioni ricevute, eccetera.
- Come fai a sapere cosa penso.? – replicai immediatamente sospettosa per come avesse immediatamente colpito nel segno.
- Perché che ti piaccia o meno, ti conosco e ribadisco: quello che sei oggi te lo sei faticato, e sei arrivata fino a qua per merito, non per fortuna. Loro invece si possono considerare sfortunate ad avere incontrato sulla propria strada dei pezzi di merda – mi spiegò con un dolce sorriso.
- Hai ragione, ma…- cercai di rispondergli io, quando il suo cellulare iniziò a suonare. Fece per ignorarlo, ma li feci cenno di non preoccuparsi e risponde.
- Merda è tardissimo – commentò prima di iniziare la chiamata – Hai ragione, lo so, non ho visto l’ora – disse immediatamente a modi scusa – Voi iniziate, prometto di arrivare massimo per il secondo – continuò grattandosi la nuca nervosamente – ripeto, mi dispiace, arrivo – aggiunse in conclusione e immediatamente cercò il mio sguardo.
- Scusa Elena, non ho proprio visto l’ora e devo raggiungere delle persone a cena – iniziò a scusarsi imbarazzato.
- Vai tranquillo, posso finire io, tu raggiungi pure la tua fidanzata – replicai senza davvero pensare a cosa avessi appena detto, tanto che in men che non si dica mi ritrovai gli occhi sgranati del ragazzo addosso.
- Io te l’avrei detto, prima o poi, ma…- provò a giustificarsi, ma lo interruppi velocemente.
- Sono stata io a rendere chiara la cosa che non avremmo dovuto parlare o fare riferimenti al nostro personale. Non era dovuto che lo sapessi, non era dovuto che tu me lo dicessi – ribattei immediatamente.
- Klaus.? – domandò a quel punto scocciato.
- Mora, alta, carnagione scusa… una volta la definivi la tua migliore amica, poi l’hai abbandonata con una lettera – risposi incattivita cercando il suo sguardo. Non so perché, ma mi venne naturale.
- Bonnie…- sussurrò lui incredulo.
- Già… a quanto pare il suo mentore è il tuo futuro suocero – specificai ritornando a occuparmi dei documenti – credo che sia meglio che tu vada o non arriverai mai entro il secondo – aggiunsi cercando di calmare il nervosismo che stava pervadendo il mio corpo. Damon non rispose, semplicemente prese la sua giacca e si avviò all’uscita.
- Vai a casa, possiamo finire anche domani mattina. Buona serata – disse solo prima di andarsene e finalmente rimasi da sola. Non so cosa mi fosse successo, sapevo solo che nonostante sapessi che Damon fosse prossimo all’altare, saperlo effettivamente con lei mi fece male al cuore e l’unica cosa che volessi fare era scoppiare a piangere, e così feci.

La mattina seguente ero più simile a uno zombie che a una donna in carriera.
Alla fine avevo ascoltato il consiglio di Damon: finito di piangere come una scema, avevo raccolto tutti i documenti ed ero andata via dallo studio, ma non ero immediatamente tornata a casa. In primis mi ero fiondata nel primo bar nei dintorni, in secondo luogo avevo aperto l’app di tinder e mi ero fatta raggiungere da tale Liam. Un bel ragazzo, anche simpatico di quel potevo ricordare, ma diciamo che gli shot di tequila avevano cancellato tre quarti dell’appuntamento. L’unica cosa di cui ero certa e che non ero rientrata da sola a casa.
Insomma, non una serata da signore. Mi ero svegliata con la vocina di Caroline in testa che mi ripeteva che il mio uscire con ragazzi a caso era per evitare di pensare a Damon, e per la prima volta da giorni le diedi effettivamente ragione, anche se non glie l’avrei mai ammesso.
- Wow, sembra che ti abbia investito un camion stamane – commentò Lexi non appena mi vide arrivare.
- Ti prego, non infierire. Sono già al terzo caffè e due aspirine – replicai evitando di togliere gli occhiali da sole.
- Vai nel tuo ufficio, 5 minuti e sono da te con un rimedio di mia invenzione – affermò divertita.
- Qualsiasi cosa pur di farmi passare questo mal di testa – dissi sorridendole grata – piuttosto dimmi che Damon non è ancora arrivato – aggiunsi poi seriamente preoccupata.
- Si, ma è uscito per un caffè con Alaric, il che vuol dire che non rientreranno prima delle 10. Hai tutto il tempo per sembrare un po’ più Elena e un po’ meno morto vivente – mi rassicurò con tanto di occhiolino.
- Sei la mia salvatrice – proclamai con un sospiro di sollievo. Ci mancava solo farmi trovare così da lui, soprattutto essendo che era la causa della mia pessima serata.
- Vero, per questo mi devi ancora qualche spiegazione su te e Salvatore – mi fece notare immediatamente lei.
- Quando mi passa il mal di testa, giuro – replicai scappando nel mio ufficio.
Arrivata alla scrivania feci partire la segreteria telefonica, e quasi non sobbalzai a sentire la voce squillante di Caroline che mi ricordava la cena di quella sera, non che festa a sorpresa per il compleanno di Enzo, nel suo locale preferito, il The River Café a Brooklyn.
Scrissi un messaggio sulla nostra chat di gruppo, dove ribadivo per l’ennesima volta che non sarei mancata e che sarei stata puntuale e nel mentre apparve Lexi con il suo beverone magico.
Non scoprì mai cosa ci avesse messo, ma fatto sta che entro il ritorno di Damon in ufficio io ero una donna rinata.
L’uomo ovviamente non tardò a chiamarmi per raggiungerlo, in modo da poter finire le ultime documentazioni del giorno prima e a seguire ci mettemmo seriamente al lavoro.
Nessuno disse nulla su come ci eravamo salutati in modo strano la sera prima, e come al solito, anche se tra una battuta e l’altra, eravamo riusciti a rimanere solo e sempre sull’ambito professionale. Odiavo il fatto che mi piacesse così tanto lavorare con lui. Non fossimo stati così dannatamente bravi insieme e in sintonia, quella cavolo di situazione non sarebbe più capitata dopo la class action.
Nonostante tutto però, riuscì a scappare dallo studio per le 18, passare da casa a sistemarmi ed esser puntuale al ristorante alle 20.00.
- Wowo, Elena Gilbert puntuale, senza nessuna scusa di lavoro, questa si che è un miracolo – mi prese in giro Caroline non appena scesi dal taxi.
- Contando che sta lavorando per me, io non ne sono così entusiasta – replicò invece fingendosi preoccupato Klaus.
- Mikealson non ti preoccupare, abbiamo tutto sotto controllo, ti spiegherò domani pomeriggio, oggi godiamoci la festa – gli risposi immediatamente avviandoci all’interno del locale.
- Avete sotto controllo anche i vostri litigi.? – domandò pungente la mia bionda amica, riferendosi ovviamente a Damon e me. Era ovviamente a conoscenza della mia sfuriata di una settimana prima.
- Si, anche quello – replicai guardandola severa – ma come ho detto, oggi pensiamo a festeggiare. Chi manca oltre a Bonnie e l’uomo del giorno.? – chiesi a seguire per sviare l’argomento.
- Nessuno. Noi stavamo aspettando te, ma gli altri 3 amici di Enzo sono già al tavolo ad aspettarci – rispose prontamente il biondo, mentre ci avviavamo al desk d’entrata.
L’uomo all’ingresso fu cordiale e ci indicò il nostro tavolo, ma io quasi non ebbi un infarto, quando notai, che al tavolo affianco a quello a noi disegnato, come se il destino volessi punirmi, c’era lui: Damon, accompagnato da una donna bellissima, che fu facile da intuire avesse il nome di Rose, la sua futura sposa.

* Frase tratta da Colpa delle stelle

Buongiorno a tutti.!!
Eccomi qui con un nuovo capitoletto. Allora partiamo dal principio: è arrivato il momento per i nostri Delena di alavorare nuovamente insieme, e per quanto per ora sembrano gestire la cosa, vi asicuro che ci vorrà poco per fargli scattare entrambi e diciamo incasinare le cose.
Ma questo lo scoprirete nei capitoli a seguire. Partiamo dal fatto che il mondo è piccolo, e quindi Klaus non è a quanto pare solo il fidanzato di Care e un'amico di Elena, ma conosce bene anche il giovane Salvatore. So che sembra assurdo che nessuno si sia mai accorto di niente, ma come ho voluto sottilineare Damon non è presente sui sociale, e fidatevi, questo fa tanto. Ricorderei inoltre che fino qualche mese fa il ragazzo era a Londra, quindi lontano dalla vita sociale di New York. Ripeto, sembra strano, ma fidatevi io nelle ultime settimane ho scoperto di avere delle gigantesche amicizie in comune con il mio capo e nessuno si era mai accorto di niente (e siamo pure tutti in possesso di instagram e altri social).
Detto ciò Damon ha tirato fuori l'argomento matrimonio (più o meno) e la nostra Elena, sempre più conscia del fatto, non l'ha presa per niente bene. Vorrei sottolineare la frase di Klaus "l'odio è pur sempre un sentimento" e con il tempo Elena scoprirà quali sono le sfaccettature di questa frase. Vi avviso, non crediate che il nome di Liam sia spuntato lì per caso. Non subito, ma sarà anche lui un personaggio che a una certa avrà un senso (purtroppo ahahha) nella storia. 
Mercoledì invece daremo voce finalmente alla nostra Rose, non che futura sposa di Damon, e scopriremo dei particolari molto interessanti.
Ora vi lascio e spero che il capitoletto vi sia piaciuto.!!
Un grosso bacio
A.

 

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Capitolo 7
*** 6. A love that consumes you ***


6. A love that consumes you
 
30 Agosto 2008, casa Salvatore, Mystic Falls

- Lo so Bonnie, hai ragione. E solo che bho non lo so nemmeno io. Ci sentiamo dopo – chiuse la telefonata Elena notando l’arrivare di Damon.
- Hey ragazzina, tutto bene.? – le chiese il ragazzo entrando in cucina. Miranda l’aveva mandata a prendere il gelato che aveva preparato e messo in frigo al loro arrivo, ma dopo una decina di minuti che Elena era sparita, il moro si era offerto di andare a vedere che fine avesse fatto.
Era un sabato di fine estate e le loro famiglie avevano deciso di fare una grigliata prima del rientro di tutti, a scuola e al lavoro, dalle ferie. Era una giornata semplice, serena, ma Damon aveva notato fin dall’inizio che Elena era strana e voleva capire perché. Per questo aveva deciso di andarla a cercare.
- Si scusa, ero al telefono con Bonnie e mi sono persa nel discorso, dimenticandomi del gelato – gli rispose lei con un mezzo sorriso.
- Che succede.? Se posso chiedere – le domandò curioso, ma allo stesso tempo preoccupato il moro.
- Matt mi ha chiesto di uscire, nel senso di frequentarci…- gli spiegò la ragazza con un’alzata di spalle.
- E tu non vuoi.? – ribatté il ragazzo guardandola curioso.
- Io non so cosa voglio – affermò Elena più onesta che mai.
- Bhè non è vero, vuoi quello che voglio tutti – replicò Damon con il suo solito ghigno.
- Cosa misterioso Salvatore che ha tutte le risposte.?  - lo prese in giro la ragazza curiosa della risposta.
- Diciamo che ho qualche anno d’esperienza in più di te e ho avuto modo di imparare – disse lui divertito dallo strano luccichio d’interesse che la mora gli stava mostrando.
- Allora Damon dimmi, che cos’è che voglio – lo spronò Elena a modi sfida.
- Tu vuoi un amore che ti consumi – iniziò a dire lui avvicinandosi – tu vuoi passione, avventura, e anche un po' di pericolo – concluse guardandola dritta in quei suoi occhioni da Bambi.
La ragazza perse un battito per la profondità del suo guardo e del significato di quelle parole, ma non voleva mostrarsi la solita ragazzina, perciò decise di controbattere.
- E invece tu che cosa vuoi.?? – gli domandò stupendolo, ma purtroppo il telefono riprese a squillare.
- È Caroline -affermò lei guardando lo schermo, e Damon colse la palla al balzo per sfuggire a quella situazione quasi magnetica che non si aspettava.
- Che tu risponda alla chiamata, ma che ti ricorda di portare il gelato – disse facendo un passo indietro e decidendo che era meglio andare via.

Presente

- Merda – esordì Caroline al posto mio.
- È troppo tardi per cambiare i piani – commentò semplicemente Klaus.
- Non era questa la festa a sorpresa che intendevo – sospirai pesantemente io.
Questo era davvero un guaio. Non ero per niente felice di ritrovarmi Damon nel mio stesso ristorante, tanto meno con la sua futura sposa, ma non ero l’unica che si sarebbe seduta a quel tavolo di malumore se fossimo restati qui.
Quando Damon mi aveva lasciata era stato orribile. Aveva spezzato il mio cuore in mille pezzi e ancora oggi ne portavo i segni, ma si dice che quando si ama, questo possa accadere. Per Bonnie però fu diverso. Lei e Damon non stavano insieme. Anche nel momento in cui ci lasciammo, questo non doveva presupporre la fine della loro amicizia, e invece il maggiore dei Salvatore non aveva abbandonato solo me, ma anche quella che diceva di esser la sua migliore amica. Le coppie di possono dividere per mille motivi, ma quando decidi di cancellare una persona che non ti ha mai fatto niente, se non starti vicino, fa ancora più schifo.
- Il locale è abbastanza libero, proviamo a far spostare il tavolo.? – domandò il biondo alla ricerca di una soluzione, ma fu troppo tardi essendo che il maggiore dei Salvatore ci aveva appena notati.
Era in profondo imbarazzo, gli si leggeva in faccia, ma nonostante questo, decise di alzarsi dal tavolo, e fece cenno alla sua fidanzata di fare lo stesso, avvicinandosi a noi.
- Qualsiasi insulto ti passi per la testa morditi la lingua – bisbigliai a Care procurandomi addosso uno sguardo sbigottito – Non è il posto per scenate, lui rimane un mio superiore, e la sua fidanzata non si merita di sentirsi a disagio per causa nostra – specificai per rendere chiara la situazione.
- Ok – accettò di suo malgrado.
- Incredibile, non ci vediamo per anni e adesso due volte in due giorni – esordì Damon salutando Klaus con un abbraccio.
- Bhè eravate voi a esser rintanati a Londra e tu sai quanto odi il clima inglese – replicò divertito il fidanzato di Caroline – è un piacere rivederti Rose – aggiunse poi salutando la compagna del moro con il suo solito galante bacia mano.
- Anche per me Klaus – rispose cordiale lei. Era davvero bellissima, di un’eleganza innata, e io per la prima volta dopo anni, mi sentì di nuovo una ragazzina, come mi chiamava spesso un tempo Damon.
- Bhè ma non mi presenti le tue splendide accompagnatrici.? – domandò poi lei gentile e io mi paralizzai. Cosa dovevo dire.? Ciao, sono l’associata del tuo fidanzato, non che ex storica che è stata mollata con una chiamata.?
- Loro sono Elena e Caroline – prese parola Damon – caso vuole che Care sia la fidanzata di Klaus ed Elena la mia associata allo studio, ma in verità ci conosciamo fin da bambini – aggiunse cordiale.
- E vi siete ritrovati tutti qui a New York dopo anni.? Ma è meraviglioso – commentò estasiata la donna.
- Già, una vera fortuna – replicò la mia bionda amica con uno dei sorrisi più finti che le avessi mai visto fare, e credo che a parte Rose, ce ne accorgemmo tutti.
- Direi che ora vi lasciamo alla vostra serata. Elena mi diceva che è il compleanno del fidanzato di Bonnie. Noi abbiamo finito e non vorremmo esser di troppo – proclamò Damon e io glie ne fui veramente grata, anche se sapevo che probabilmente l’intenzione era scappare dall’incrociare Bonnie e rovinarle la serata.
- Noi tanto ci vediamo domani in studio – affermò Klaus stringendoli la mano – alla prossima Rose – continuò porgendo il suo sguardo alla mora.
- Spero che riusciremo a organizzare una cena prima del matrimonio. Mi farebbe piacere ricordare i vecchi tempi, e ovviamente voi ragazze siete invitate. Chissà quanti aneddoti avrete da raccontare su Dam – disse cordiale Rose e io quasi non mi strozzai con la mia stessa saliva.
- Vedremo di organizzare – tagliò corto il moro – buona serata – aggiunse poi scappando letteralmente dalla situazione.
Nessuno dei tre ebbe coraggio di dire o fare qualsiasi cosa per più di qualche secondo finché a una cerata non decisi di prendere la situazione in mano.
- Almeno per stasera, nessuno accenni a Bonnie dell’accaduto – affermai cercando lo sguardo d’approvazione dei miei amici.
- Lei non sa niente – commentò invece Care come se non mi avesse sentito, ma avevo intuito a cosa si riferisse e aveva ragione. Rose non sapeva niente, perché nessuna persona sana di mente proponeva una cena con la ex del proprio fidanzato per “ascoltare degli aneddoti su Dam”.
- L’ho notato, ma direi che per stasera, non ne voglio sapere niente – ribattei immediata, e senza aspettare la coppia, mi diressi al nostro tavolo.

Nonostante l’episodio iniziale, la serata fortunatamente riuscì alla perfezione. Enzo era davvero sorpreso e felice, e tutti insieme festeggiammo fino a tarda notte.
L’aria allegra però durò solo fino alla mattina seguente, perché i veri guai iniziarono verso le 10.00, quando Damon entrò nel mio ufficio, e fu niente rispetto all’incontro del giorno prima.
- Scusa per il ritardo, avevo delle commissioni stamane, mi raggiungi da me.? – domandò il ragazzo sulla soglia della porta.
- Si certo, arrivo subito – risposi concisa continuando a lavorare al computer.
- Elena tutto bene.?- mi domandò subito il moro notando il mio fare distaccato.
- Ovvio, perché non dovrebbe.? – replicai continuando a evitare il suo sguardo. Niente andava bene in tutta quella situazione, ma volevo evitare di portare l’argomento a galla.
- Ascolta mi dispiace per ieri – affermò a quel punto lui entrando del tutto nella stanza e chiudendo accuratamente la porta.
- Il The River è un locale pubblico. Poteva capitare, non ti devi scusare – dissi algida facendo finta che non m’importasse.
- Sai che non è per quello che mi sto scusando – replicò immediatamente lui sedendosi alla sedia di fronte alla mia scrivania.
- E di cosa.? – domandai retorica e con totale sarcasmo smettendo finalmente di distrarmi con il computer – Ah no aspetta, forse parli del fatto che la tua fidanzata non abbia la più pallida idea di chi io sia, perché sono stata così poco importante nella tua vita, che non ti faceva differenza specificarlo. È forse per quello che ti stai scusando.? – partì quindi arrabbiata all’attacco. Quello era l’esatto motivo per cui volevo evitare quella conversazione.
- Elena lo sai benissimo che non è così. Tu sei stata… io non posso dirglielo – cercò di giustificarsi il moro confondendomi maggiormente.
- Non puoi dirglielo.? Dio Santo Damon, la stai per sposare, ha il diritto di sapere la verità.!! – gli feci notare incredula.
- Cazzo Elena, è complicato. Non è tutto o bianco o nero, me l’hai insegnato tu – inveii il ragazzo alzandosi dalla sedia nervoso.
- Sono la tua associata Damon, sai quante altre volte mi capiterà d’incontrarla.? E cosa le dovrei dire quando mi chiederà di noi.? Che eravamo buoni amici.? Non ci crederebbe nessuno, neppure lei se glie lo dovessi dire – continuai imperterrita.
- Lei non lo può sapere – tuonò Damon facendo avanti indietro per l’ufficio.
- Perché.? – domandai a quel punto sempre più basita.
- Perché se glie lo dicessi, se le dicessi chi e cosa sei stata tu nella mia vita, mi chiederebbe semplicemente se io non ho problemi a collaborare con te, se sono sicuro che non ci sia più niente tra di noi, in modo da stare tranquilla, ma io non potrei darle la risposta che vorrebbe sentire - proclamò stremato cercando i miei occhi e io ammutolì.
Sincera, inizialmente pensai che stesse scherzando, perché tutto quello non aveva senso. Eppure, aveva appena ammesso che lavorare con me non gli era indifferente. Che io non gli ero indifferente.
- Ti rendi conto che sei stato tu a chiedermi di esser la tua associata.? Ti rendi conto che avevamo messo in chiaro che tra di noi era solo lavoro, che non c’era altro da parte tua e ora tu te ne esci con queste stronzate.?? – gli domandai incredula passandomi le mani tra i capelli – questa è stata una pessima idea, fin dal principio. Avrei dovuto dirti di no, ci saremmo dovuti attenere al dover condividere lo stesso studio, non a esser la tua associata – iniziai a parlare più che altro a me stessa.
- Elena ascolta…- provò a riprendere parola lui, ma non glie lo permisi.
- No, niente Elena – lo bloccai immediatamente – ora ci rimetteremo al lavoro, perché questo caso è importante, e soprattutto lo dobbiamo a Klaus, ma finito questo… io non posso esser la tua associata – affermai seria cercando il suo sguardo. Era tutto un gran casino.
- Allora ti aspetto nel mio ufficio, appena ti sentì pronta – replicò Damon e finalmente uscì dalla stanza, lasciandomi sola in balia di mille emozioni.

Era stata una giornata lunga e pesante, ma comunque vada alle 21.00 di quel comune venerdì sera di metà febbraio, Damon e io eravamo ancora chiusi nel suo ufficio a lavorare.
Quello era l’esempio lampante di uno dei principali motivi per cui non sarei mai dovuta esser l’associata del maggiore dei Salvatore, dato che nonostante l’assurda litigata di quella mattina, non avevamo fatto che passare tutta la giornata insieme, tra meeting e documenti, ma comunque insieme.
E fu così che nonostante tutto quello che ci eravamo detti, all’alba della sera eravamo seduti sul suo divano a mangiare cinese, mentre preparavamo le bozze per le citazione in giudizio dei membri del Board dell’azienda dei Mikealson, tra un battuta e l’altra, come se quella discussione non fosse mai avvenuta, anche se entrambi sapevamo che così non era stato.
- Ti prego basta, non più forze nel cervello per scrivere l’ennesima bozza – lo supplicai d’un tratto buttando la destra all’indietro sul divano. Ero davvero stremata.
- Mi sembra di sentirti al liceo, quando ti davo ripetizioni di fisica – commentò divertito e naturale lui, e io troppo stanca di controbattere di voler evitare l’argomento, mi lasciai prendere dai ricordi.
- Si, ma tu mi ripetevi sempre che oramai eravamo in ballo, quindi di sforzarmi ancora una minima e finire gli esercizi concentrata – replicai divertita. Potevo dire tanto cose su Damon, ma non che non fosse stato un ottimo insegnante nei miei confronti.
- Ricordo ancora la faccia di tuo padre quando gli facesti vedere la tua prima A in fisica – affermò scoppiando a ridere da solo.
- Non si congratulò nemmeno, corse subito ad abbracciare te, ringraziandoti di aver compiuto un miracolo – aggiunsi sulla scia delle risate, per poi riprendere un minimo di tono – Ti voleva bene davvero… te ne volevano tutti – sussurrai rattristendomi di colpo.
- Le nostre famiglie erano come una sola… e anch’io volevo bene a lui, come a tua madre e Jeremy – disse il ragazzo cambiando anch’egli i toni della conversazione – non è vero che non c’ero al loro funerale, solo che non mi sono fatto vedere – ammise a seguire sedendosi sul divano, facendo cadere su di lui la mia attenzione.
- Come…- provai a ribattere esterrefatta, ma il moro riprese parola.
- Non lo dissi a nessuno. Ne ai mie, ne a Stefan. Lui l’ha scoperto solo qualche tempo fa, dopo una sfuriata che abbiamo avuto a casa mia – riprese il racconto e intuì che si trattasse della volta che Stefan venne a New York per scusarsi con me. La mattina seguente Damon mi disse che avessero litigato a causa mia, ma non pensai si trattasse anche per la storia del funerale – Avevi questo abito nero in pizzo e hai passato tutto il tempo aggrappata a tua zia Jenna. Eri distrutta e io non ebbi il coraggio di avvicinarmi. Così rimasi in disparte e non appena finì la funzione, tornai in aeroporto e volai a Londra – continuò a spiegare lasciandomi totalmente incredula – Anche quando ci siamo lasciati, i tuoi non smisero di preoccuparsi per me. Di nascosto da te ci sentivamo spesso, e fu grazie a tuo padre se venni ammesso a Oxford. Sapeva che volevo allontanarmi da casa e grazie a un suo vecchio amico che lavorava al campus, mi aiutò ad entrare. Gli dovevo troppo per non venire, a tutta la tua famiglia – disse infine Damon e una lacrima scese sul mio viso. I miei e mio fratello erano morti in un incidente stradale poco prima dell’inizio del mio quarto anno a Yale. C’era un temporale pazzesco e la maggior parte dei taxi era occupato, così mio padre decise di accompagnarmi a prendere il mio volo. Non ricordo neanche l’assurdo motivo perché vennero anche mia madre e mio fratello, ma fatto sta, che mentre io approdavo all’aeroporto di Tweed New Haven, loro approdavano in ospedale senza vita.
- Non sei andato via subito, hai aspettato che andassimo via tutti e hai lasciato un mazzo di calle – sussurrai più a me stessa che a Damon – Quando le vidi il giorno dopo pensai che fosse un caso, e invece eri tu – aggiunsi cercando il suo sguardo.
- Erano i fiori che portavo a Miranda ogni volta che le volevo chiedere se ti potevo portare via per il week end – confermò lui con un dolce sorriso facendo calare uno strano silenzio nella stanza – Comunque hai ragione, credo sia meglio finire lunedì mattina, anch’io ho perso la lucidità per continuare – cambiò d’un tratto argomento alzandosi.
- Non saremo in ritardo sulla tabella di marcia.? – domandai preoccupata di sballare i nostri piani.
- Ci manca l’ultima bozza. La sbrighiamo al volo in mattinata, per mezzogiorno siamo alla Mikealson Financial a recapitare le citazioni a giudizio a chi di dovere e per le 15 siamo di ritorno per le prime deposizioni, e avremo fatto anche in tempo a pranzare – mi rassicurò lui.
- Ok, allora ti aiuto a sistemare il disastro che c’è qui e me ne vado – proclamai alzandomi e iniziando a raccogliere i vari box dei take away della nostra cena.
- No tranquilla, faccio io – tentò di convincermi il moro provando a prendermi dalle mani le scatolette.
- Oh andiamo, faremo prima – ribattei immediatamente io non lasciando la presa su di esse, ma quando involontariamente le nostre mani furono le una sopra le altre, capì che forse era davvero meglio che lo lasciassi fare da solo.
- Ci penso io – disse nuovamente il ragazzo guardandomi fisso negli occhi, ma non lasciandomi libera dalle sue mani sulle mie.
- Forse è meglio – ammisi mentre tutto il mio corpo era pervaso da scariche elettriche che non percepivo da anni, mentre continuavo a perdermi in quelle sue due pozze azzurre – ok, vado – aggiunsi finalmente staccandomi e in men che non si dica recuperai tutti i miei averi e mi affrettai all’uscire dal quell’ufficio.
- Grazie – dissi però oramai sulla porta, voltandomi verso il moro.
- Di cosa.? – domandò realmente perplesso Damon.
- Di esserci stato anche se io non lo sapevo – risposi abbozzando un sorriso, e finalmente me ne andai. Per la precisione scappai letteralmente a gambe levate, perché tutta quella giornata era stata troppo assurda, ma lo erano ancora di più quelle maledette farfalle nello stomaco che avevo provato al suo solo tocco.
Era stato tutto così semplice, così reale, e così tremendamente sbagliato.
Klaus aveva ragione: l’odio è pur sempre un sentimento, dettato spesso da chi non ha la possibilità di amare e io avevo compreso quella sera, che la verità più grande era che Damon mi era entrato dentro tanti anni prima, e non importava cosa io facessi, non riuscivo a liberarmene.
Anni prima, mi disse che quello che cercavo era un amore che mi consumasse, passione, avventura e anche un po’ di pericolo, e senza neanche rendermene conto, Damon era e continuava ad essere tutto questo.

Buongiorno mondo.!!
Eccomi qui con un nuovo capitolo bello denso di Delena moments.
Vi avevo lasciat* a un incontro al quanto imbrazzante tra Elena, Klaus e Care vs Damon e futura sposa. 
Come previsto è stato strano, ma soprattutto pieno di strane rivelazioni. Come immaginabile Klaus conosce già Rose, ma la parte scottante è capire che la ragazza purtroppo non abbia la più pallida idea di chi sia effettivamente Elena per Damon. Questo porta ha una bella litigata tra i nostri due protagonisti e porterà anche alla luce finalmente una parte dei sentimenti del maggiore dei Salvatore. I nostri Delena però lavorano comunque insieme, e per quanto cerchino di stare lontani, la cosa non è possibile e porta a galla ricordi belli, ma anche dolorosi. Finalmente rendo più chiaro il passato di Elena, e della morte della sua famiglia, e scopriamo che, anche quando Elena non lo sapeva, Damon in verità era accanto a lei.
Bon i prossimi sviluppi vi attendo sabato.!!
Spero che vi sia piaciuto il capitlo, e come sempre ringrazio chi mi segue e soprattutto _Ciao_7 che non manca mai a commentare la mia storia.!!
Baci
A.

 

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Capitolo 8
*** 7. Not the right flowers ***


7. Not the right flowers

24 Dicembre 2008, Casa Salvatore, Mystic Falls

- Ricordami perché sto facendo tutto questo.? – chiese Bonnie sistemando l’ennesima candela nella stanza.
- Perché infondo ti sto simpatico Bonbon – replicò immediatamente Damon con il suo sorriso sghembo.
- Ricordami il reale motivo – ribatté divertita dalla solita presunzione del ragazzo.
- Perché ti ho promesso anche a te ripetizioni di fisica – sospirò il moro rivolgendo il suo sguardo scocciato all’amica della sua fidanzata – e perché infondo ti sto simpatico – aggiunse nuovamente fiero.
- Fammi indovinare, la parte in cui ti sto simpatica anch’io è una farsa. Semplicemente Caroline e Stefan ti hanno detto di no, vero.? – domandò Bonnie fissandolo seria e incrociando le braccia al petto.
- In parte. Mio fratello crede ancora che sputtanerò tutto, mentre Caroline non si fida a prescindere. Ho chiesto a te, e anche se per qualcosa in cambio, hai deciso comunque di aiutarmi, quindi, la parte in cui mi sei sicuramente più simpatica degli altri due è vera – affermò il ragazzo con un’alzata di spalle, tornando poi a sistemare le ultime candele sulla cassettiera.
- Dai loro del tempo e capiranno - rispose a quel punto dolcemente lei.
- E tu perché hai deciso di aiutarmi.?  Oltre le ripetizioni di fisica intendo - chiese a quel punto il ragazzo curioso.
- Perché vedo come la guardi, e non solo da quando state insieme. Hai sempre avuto un occhio di riguardo per Elena, più che per chiunque altro, a volte anche più che per tuo fratello – iniziò a spiegargli la mora – e poi sinceramente, se Damon Salvatore ti chiede di addobbare un’intera stanza di candele, per fare una sorpresa a una ragazza, direi che un minimo di fiducia che stai prendendo la cosa seriamente te la meriti – aggiunse regalandogli un sorriso sincero, per poi tornare a prendere le ultime candele dallo scatolone.
Era la mattina della vigilia di Natale, e Damon aveva deciso di organizzare una sorpresa ad Elena. Tutta la famiglia Gilbert infatti, come tradizione, si sarebbe fermata a dormire lì quella notte, per festeggiare tutte le festività insieme, e il ragazzo aveva pensato di riuscire a far sgattaiolare la sua fidanzata dalla stanza per la notte e passarla insieme. Non voleva esser troppo smielato, ma con Elena il suo lato più dolce usciva inaspettatamente fuori. Per questo aveva chiesto a Bonnie di dargli una mano a decorare tutta la stanza di candele, così che quando Elena avrebbe varcato le porte della sua camera si fosse sentita speciale.
Tutto fortunatamente andò secondo i piani, e quando ognuno si ritirò nelle proprie stanze dopo l’abbuffata della vigilia, Damon ebbe il tempo di accendere tutte le luci prima dell’arrivo della ragazza, che quando varcò la soglia della camera non poté che esser incredula.
- Oh mio Dio Damon….– commentò estasiata la mora non appena chiuse la porta dietro di se.
- Ti piace.? – chiese in ansia lui. Si sentiva un vero cretino per quello che aveva fatto, ma gli occhi pieni di gioia di lei, lo rassicurano sul fatto che la sorpresa era quanto meno stata gradita.
- Se mi piace.? Scherzi, lo adoro – replicò Elena fiondandosi sulle sue labbra – hai fatto tutto da solo.? – domandò poi curiosa.
- Diciamo che una morettina mi ha aiutato – confessò con il suo solito sorriso sghembo e tornò a baciare la sua amata.
I baci da prima furono dolci e lenti, ma mano a mano divennero sempre più passionali, tanto da fargli ritrovare mezzi nudi avvinghiati sul letto.
- Damon, ti devo dire una cosa – si stacco d’un tratto Elena con toni imbarazzati.
- Tu puoi dirmi qualsiasi cosa – la rassicurò lui spostandole con cura una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Io… io non l’ho mai fatto…- ammise la ragazza coprendosi il volto.
- Elena, se non vuoi io mi fermo, possiamo anche solo dormire insieme, a me non importa – affermò dolcemente lui.
- No, io lo voglio. Io ti voglio – rispose immediatamente Elena – e solo che… ho paura che non sarò abbastanza per te – aggiunse sempre più presa dal panico.
- Hej guardami – la richiamò lui prendendo il suo viso tra le sue mani – tu sei tutto per me. Non c’è ragazza che mi sono portato a letto che valga un briciolo di quello che per me vali tu – proclamò guardandola fissa negli occhi – Devi solo dirmi se sei sicura e se ti fidi di me – aggiunse accarezzandole il viso.
- Io mi fido di te – rispose sicura Elena e finalmente tornarono a baciarsi, finendo per fare entrambi, l’amore per la prima volta.

Presente
Dopo quel venerdì passarono altre due settimane. Per quanto entrambi cercammo di lavorare da soli il più possibile su determinati documenti riguardanti il caso di Klaus, fu impossibile evitare mattinate o pomeriggi insieme, anche solo per prepararci al tribunale, dato che due dei quattro membri citati in giudizio avevano rifiutato le nostre proposte d’accordo e avevano voluto portare il caso davanti a una giuria. Era una situazione strana, ed era colpa di entrambi.
Perché se all’inizio quella dai sentimenti controversi nei suoi confronti ero solo io, oramai era chiaro che anche per Damon le cose erano cambiate.
Ma lui era fidanzato, lui si stava per sposare, e io non avevo assolutamente intenzione di immischiarmi in strani triangoli.
- Chi era la donna nell’ufficio di Rick stamane.? – domandai durante la pausa a Lexi, oramai mia compare di pettegolezzi. A grandi linee le avevo raccontato il mio passato con Damon, tralasciando alcuni dettagli, e in parte anche l’assurda situazione che si era creata, ma quanto meno era informata sul perché del mio iniziale odio, sui motivi della nostra strana confidenza e soprattutto del perché finito il caso di Klaus non sarei stata più la sua associata.
- Josette Laughlin, chirurgo d’urgenza al Presbiterian e sua fidanzata – rispose lei prendendo un sorso del suo caffè – pensa è pure incinta di due gemelli – specificò sorridente.
- Rick è fidanzato e sta per diventare padre.? Giuro che per quanto sta in ufficio pensavo non avesse una vita, e soprattutto che fosse gay – affermai facendo scoppiare a ridere la bionda.
- L’abbiamo pensato tutti Elena – esordì interrompendo le mie risate Hayley alle nostre spalle.
- Io…- cercai di giustificarmi in totale panico. Non volevo che il mio capo pensasse che sparlassi di uno dei soci titolari.
- Tranquilla, guarda che non stavo scherzando, l’ho pensato sul serio anch’io che lo fosse – ribadì la donna sorridente – cioè non mi considero una bomba sexy, ma Alaric non mi ha mai degnata di uno sguardo, nemmeno quando ero single. Quando avevamo entrambi iniziato a lavorare per lo studio, mettevo completi che per quanto seri, facevano tranquillamente trasparire la mia femminilità. Ogni uomo di questo studio mi guardava il sedere, non che la cosa mi lusingasse, sia chiaro, ma siamo donne, purtroppo ci siamo abituate. Rick però non l’hai ma fatto. Nemmeno per sbaglio, nemmeno per un nano secondo. Cosa può mai pensare una donna di una situazione del genere.? – chiese retorica Hayley e sia io che Lexi scoppiammo a ridere.
- Scusa, e quando hai capito che non lo era.? – domandò curiosa la bionda.
- Quando gli proposi una cena a casa mia durante il nostro terzo anno da associati. Stavamo lavorando a un caso assurdo e gli dissi che dovevamo staccare un po’ la testa, e che avrei invitato anche qualche mio amico, e lui accettò volentieri, chiedendomi però se potesse venire con la sua ragazza – raccontò la donna divertita.
- Bhè almeno non gli hai presentato nessun uomo, lì si che sarebbe stato imbarazzante – commentai con un’alzata di spalle.
- Almeno questo me lo sono risparmiata, anche se ci avevo pensato – replicò immediatamente la donna, facendoci scoppiare nuovamente a ridere, quando le nostre risate vennero interrotte dal mio personale incubo.
- Scusate se v’interrompo signore, ma avrei bisogno di Elena – esordì Damon palesandosi nella cucina.
- Ci mancherebbe è tutta tua – disse la donna sorridente, mentre io senza commentare mi avviavo verso il moro – ah comunque ragazzi, complimenti. Vi sto tenendo d’occhio e devo dire che insieme state svolgendo un ottimo lavoro. La vostra collaborazione è un punto di forza per lo studio – aggiunse e io quasi non mi strozzai con il caffè che stavo ancora sorseggiando.
- Elena è molto brava. Sarebbe un’ottima associata per chiunque nello studio – cercò di specificare il ragazzo, come a preparare pian piano il terreno per quando avremmo finito il caso di Klaus e la nostra collaborazione.
- Vero, ma direi che come coppia sul lavoro siete davvero ottimi, quindi perché lasciarla a qualcun altro? Tienitela stretta – affermò il nostro capo e io non potei solo che sorridere in modo tirato e uscire dalla cucina. Questa non ci voleva.
- Dovremmo trovare una valida motivazione per quando diremo a Rick ed Hayley che non lavoreremo più assieme – sospirai mentre con Damon mi avviavo verso il suo ufficio.
- Ci penseremo a tempo debito, ora pensiamo al caso – tagliò corto lui – è apparso un testimone a nostro favore contro Micheal Sharpe – aggiunse indicandomi la sala meeting e io per la seconda volta nell’arco di soli 5 minuti, quasi non mi strozzai con il mio diamine di caffè.
- Elena tutto bene.? – chiese subito preoccupato il moro della mia reazione.
- Sisi, scusa. Mi era andato di traverso – mentì spudoratamente e questo perché, lì, nella sala Meeting c’era Liam, l’ultimo ragazzo con cui ero finita a letto qualche settimana prima. La situazione era decisamente imbarazzante.
Cercai di entrare più disinvolta possibile e sperai sinceramente che il ragazzo non si ricordasse di me, ma ovviamente la fortuna non era mai dalla mia parte.
- Elena che piacere rivederti – esordì immediatamente il ragazzo sotto sguardo stupito di Damon.
- Il piacere è mio Liam – risposi imbarazzata – comunque ti presento Damon Salvatore, l’avvocato principale del caso – tentai di sviare immediatamente la cosa.
- Piacere Signor  Davis – disse formale il moro stringendoli ancora perplesso la mano – innanzitutto la ringrazio di essersi fatto avanti come testimone – continuò facendoli segno di sedersi.
- Lo faccio davvero con piacere. Micheal Sharpe non mi è mai piaciuto, e se posso aiutare Alice e Cornelia dopo quello che le ha fatto, ne sarei davvero onorato – proclamò il ragazzo posizionandosi difronte a noi e finalmente il nostro colloquio ebbe inizio.

L’incontro fu fortunatamente veloce e indolore. Ci raccontò quello che sapeva, quello che aveva visto, e di quell’unica mail che aveva in possesso nella quale era finito erroneamente in copia conoscenza, ma che rendeva le accuse contro Sharpe sempre più fondate anche agli occhi di una giuria.
Finito il meeting Damon si dileguò subito a causa di una chiamata e quindi rimase a me il compito di accompagnarlo agli ascensori.
- Ti ringrazio per l’aiuto. La tua testimonianza sarà importante – dissi oramai vicino all’uscita.
- Ripeto, sono contento di esser d’aiuto – replicò lui gentile – ci vediamo in aula allora – aggiunse avviandosi dentro all’ascensore.
- Ci vediamo in aula – ribattei sorridendo facendo per andarmene, ma il ragazzo richiamò nuovamente la mia attenzione.
- Ascolta, è scorretto se io ti chiedessi di uscire, anche se tu sei l’avvocato dell’accusa in un caso dove io sono il testimone.? – domandò a bruciapelo Liam.
- In teoria no, anche perché non ci sono stati movimenti illegali per i quali si possa presupporre che sia stata io a indurti a una falsa testimonianza – risposi curiosa di dove volesse andare a parare.
- Quindi è legale chiederti se ti andrebbe di prenderci un caffè uno di questi giorni.? Mi piacerebbe davvero conoscerti, senza tutta quella tequila – chiese divertito ricordando il nostro primo incontro.
- Non bevo caffè dopo le 16, ma domani finisco alle 19, ci fermeremo al primo bicchiere di vino – risposi sorridente e finalmente lo lasciai andare via.
- Wowowo, sbaglio o hai appena preso un appuntamento con l’affascinante testimone – Commentò immediatamente Lexi appena mi avvicinai alla reception.
- Come diamine hai fatto a sentire la nostra conversazione.? – chiesi incredula.
- Non l’ho sentita, ma sono molto brava a capire i linguaggi del corpo e tu me l’hai appena confermato – mi prese in giro lei, e ridente mi diressi nel mio ufficio.
Liam era davvero un bel ragazzo, di quel che ricordavo dalle ottime prestazioni, simpatico e soprattutto non era Damon. Era esattamente quello che mi serviva per ritornare alla vita reale.

- Quindi hai un appuntamento vero – proclamò elettrizzata Caroline.
- Si, possiamo dire si – replicai sorridente prendendo un sorso di vino.
Fortunatamente quella sera avevo finito presto il mio lavoro in studio e avevo invitato le ragazze per una serata tra donne. Le avevo aggiornate sugli ultimi giorni, dell’incontro con Liam e del fatto che mi avesse chiesto di uscire.
Erano entrambe felici per me, dato che reputavano la cosa un sano passo avanti per disintossicarmi dalla situazione con Damon, ma Bonnie era taciturna, come sempre quando nascondeva qualcosa.
- Bennet sei silenziosa, che succede.? – domandai quindi a brucia pelo rivolgendo un perplesso sguardo alla mia amica.
- Ho visto Damon – confessò lei prendendo un gigantesco sorso di vino.
- Quando.? – ribattei immediatamente incredula.
- Dove.? – si accodò alle domande Caroline.
- Perché.? – pronunciammo poi a coretto io e la bionda.
- Quando fate così siete inquietanti – commentò lei accennando un sorriso – comunque si è presentato nel mio ufficio circa una settimana fa – continuò a seguire giocherellando con il proprio bicchiere.
- Ma ci siamo viste domenica, perché non ci hai detto niente.? – chiese perplessa Caroline.
- Perché c’erano anche Klaus ed Enzo, e non volevo discuterne davanti a loro, soprattutto perché domenica c’era comunque poco da raccontare – riprese parola la mora – si è presentato con un mazzo di fiori e un “ciao” come se nulla fosse e io gli ho gridato che aveva perso il diritto alla mia attenzione quando se n’era andato senza dire addio, per poi sbattergli la porta in faccia – proseguì nel racconto.
- Wow, in confronto Elena è stata gentile – commentò divertita la bionda.
- Hej non prendere in giro – la rimbeccai immediatamente io – comunque credevo che quanto meno tu fossi uscita dalla fase della rabbia dopo tutti questi anni – le feci notare preoccupata.
- È così, infatti non mi sono arrabbiata perché mi sono allontana da Damon e dalla sua egoistica e narcisistica vita, ma quando qualcuno che hai cancellato dalla mente ha la faccia tosta di bussare alla tua porta con dei fiori e neanche quelli che preferisci, sapete che succede.? La rabbia ritorna. La rabbia ti inonda, e io sto affogando – si sfogò come un fiume in piena – Come diamine fai tu Elena.? Dio santo, io la vivo uno schifo ed era il mio migliore amico. Lui per te era l’amore della tua vita, come fai ad avere dimenticato il dolore e riuscire a vederlo tutti giorni e non esser così arrabbiata.?? – mi domandò poi stremata.
- Perché da quasi due mesi convivo con una scelta Bonnie – cercai di spiegarle più sincera possibile – Tutto il dolore, tutta la rabbia, non è svanita nel nulla, tanto che sai benissimo quanto sia bastato poco in queste settimane per sputargli addosso tutto il mio risentimento. Ma io con Damon ci lavoro, sono stata obbligata alla scelta di convivere con lui e fidatevi, sarebbe stato molto più facile semplicemente odiarlo come per gli ultimi dieci anni. E invece mi ritrovo a viverlo tutti i giorni e ritrovare in lui la persona che amavo ed è una lotta estenuante contro le mie stesse controverse emozioni. Ci sono giorni che vorrei rinfacciargli tutto il male che mi ha fatto e altri in cui lo vorrei pregare di non sposarsi, e ridarci una possibilità – conclusi la mia spiegazione.
- Allora ammetti di provare di nuovo qualcosa per lui.? – chiese con cautela la bionda.
- Che sia odio o che sia amore, credo che non smetterò mai di provare qualcosa per lui – ammisi finalmente alle mie amiche.
Era incredibile come una sola persona era riuscita a stravolgere dopo dieci anni così tanto gli equilibri emotivi miei e di Bonnie, ma se c’era una cosa che fin da subito era chiara di Damon e che in qualsiasi modo facesse parte della tua vita, aveva il potere di stravolgerti, nel bene e nel male.
- Io direi che è l’ora di un abbraccio di gruppo consolatorio – affermò a quel punto Bonnie poggiando il bicchiere sul tavolino difronte a noi e allargando le braccia. Care ed io non potemmo che mimare il suo gesto e avvinghiarci poi tutte e tre in quella morsa d’affetto.
- Ho solo una domanda – esordì d’un tratto Caroline staccandosi dall’abbraccio – come diamine faceva Damon a sapere dove lavorassi.?? – domandò poi perplessa a entrambe e io realizzai quanto sfortunatamente fosse colpa mia.
- Non lo so, magari glie l’ha detto Klaus – ipotizzò la mora.
- Sono stata io – confessai a quel punto imbarazzata – Non di proposito ovviamente, ma sono stata io – specificai nell’immediato.
- Che intendi dire scusa.? – ribatté perplessa la bionda.
- La sera in cui ho detto involontariamente a Damon di sapere del suo fidanzamento, lui ha subito pensato che fosse stato Klaus a dirmelo e io invece l’ho coretto confessandoli che fosse stata Bonnie, essendo che il suo mentore al lavoro non era altro che il suo futuro suocero. Avrà fatto due più due e si è presentato in ufficio da lei – spiegai riprendendo il mio vino.
- Si ma perché.? Nel senso, che motivo c’era di presentarsi alla mia porta dopo dieci anni.? – domandò a quel punto stranita Bonnie.
- Forse il vedere e stare con Elena tutti i giorni ha portato a galla vecchi ricordi – disse con un’alzata di spalle Caroline.
- I sensi di colpa arrivano quando meno te l’aspetti – aggiunsi io.
- Meglio non pensarci e beviamoci su – concluse la mora l’argomento e finalmente tornammo a chiacchiere più leggere e divertenti.

Eccomi bella gente con un nuovo capitolo :)
Non è riccho di emozioni o particolari colpi di scena, ma chiamiamolo "capitolo di passaggio". 
Si perché come già predetto, ho introdotto il personaggio di Liam, che avrà molta influenza nel corso della storia, e ho voluto mettere qualche tassello in più riguardo l'amicizia dei nostri Bamon.
Come facile da intuire, la lettera e parte dei dialoghi di Bonnie (sia nei flashback che nel presente) sono stati tratti (con qualche modifica ovviamente) dai dialoghi della serie tv, in modo da farvi capire il reale risentimento della ragazza. Questo tema verrà affrontato ancora più avanti, ma dovrete aspettare ancora un po', come dovrete aspettare ancora qualche capitolo per avere maggiori informazioni sul personaggio di Rose.
Spero che nonostante tutto il capitlo vi sia piaciuto, e vi aspetto con qualche news interessante martedì.!!
Un bacio
A.

 

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Capitolo 9
*** 8. Be over, or maybe not ***


8. Be over, or maybe not

12 gennaio 2009, Casa Salvatore, Mystic Falls

Era quasi un’ora che Elena sedeva in cucina con Stefan e per rivedere insieme il loro progetto di storia.
Avevano la consegna il giorno a seguire ed entrambi erano maniacali quando si trattava di compiti da svolgere. Per questo motivo, anche se avevano già fatto tutto qualche giorno prima, stavano ricontrollando il loro lavoro davanti a una cioccolata calda.
- Direi che per me è perfetto – commentò fiero il ragazzo.
- Ci spetta un A+ - replicò immediatamente sorridente lei alzando la mano per battere il cinque con il suo compare, quando la sua attenzione venne rapita dall’entrata in cucina di un secondo Salvatore.
- Oh guarda chi è tornato – disse immediatamente alzandosi Elena per salutare il suo ragazzo con un bacio.
- Ciao Bambi – replicò Damon staccandosi dalle sue labbra e stringendola a se – Stefan – aggiunse poi guardando di sbieco il fratello.
- Damon – ribatté scocciato al saluto il ragazzo – bhè Elena, direi che noi abbiamo finito, meglio che vada in camera mia – affermò a seguire alzandosi dal tavolo e avviandosi verso l’uscita della cucina, ma Elena lo fermò. Era stufa di quella situazione dove i due fratelli non si parlavano a causa sua, e per nulla al mondo avrebbe lasciato andare il piccolo Salvatore senza mettere in chiaro le cose.
- Basta voi due – proclamò staccandosi dal proprio fidanzato e tirando per un braccio Stefan in modo da non farlo uscire dalla stanza – vi state comportando come due bambini, cosa che non siete invece da anni – continuò severa guardandoli entrambi.
- Elena, lascia stare… - tentò di calmarla il proprio ragazzo, ma non era assolutamente nell’intenzioni della mora.
- No invece, io non lascio stare un bel niente. Voi due siete fratelli, sangue dello stesso sangue, ed è assurdo che non vi parliate a causa mia, soprattutto perché la situazione non giova a nessuno, soprattutto alla sottoscritta che deve continuare a scegliere con chi passare il suo tempo, quando potremmo stare tutti insieme a ridere e scherzare – iniziò a inveire la ragazza. Stefan a quel puntò provò a prendere parola, ma anche con lui la mora non ebbe pietà e gli fece cenno di stare zitto per continuare la sua ramanzina – Guardatemi, sono piena di brufoli e il sedere mi è diventato enorme. Ho dovuto prendere i pantaloni con l’elastico, perché a furia di abbuffarmi per lo stress che voi due mi causate sto ingrassando a dismisura – concluse finalmente guardandogli supplichevole.
- In verità io ti trovo bene con qualche kg in più – provò a scherzare Damon per alleggerire la tensione, ma ovviamente ottenne l’effetto contrario.
- Damon non sono in vena di battute se non ti fosse chiaro. Smettila di usare i tuoi scherzi e il tuo sarcasmo per far sembrare che non t’importi. Perché sappiamo benissimo entrambi, che il fatto che tuo fratello non ti parli, ti fa sentire uno schifo. Quindi ricaccia il tuo orgoglio e parlagli davvero di come questo ti fa sentire – lo riprese subito Elena, per poi volgere la sua attenzione a Stefan.
- E tu, piantala di credere che tuo fratello sia il male per me, perché non lo è, io sto bene, e so che tu ti preoccupi per me perché mi vuoi bene, ma la questione di con chi io voglia stare, riguarda solo e soltanto me. Quindi smettila di fare il bambino, perché nessuno ti ha fatto un torto – ruggì contro il suo migliore amico – e ora, con il vostro permesso, me ne vado a casa, perché mi avete entrambi rotto – affermò per finire e uscì furibonda dalla cucina, lasciando i due fratelli increduli di quel fiume di parole.
- “In verità io ti trovo bene con qualche kg in più”.? Davvero Damon, come ti è uscita.? – domandò a quel punto ridente Stefan per smorzare la tensione.
- Giuro che è la prima cosa che mi è venuta in mente – rispose imbarazzato il moro grattandosi la testa – Comunque Elena ha ragione. Faccio finta di niente, ma mi manchi Stef. La tua opinione per me ha un peso, e sapere che non ti fidi di me, fa male – ammise a seguire il ragazzo buttando giù tutto il suo muro di sarcasmo.
- Io non credo che tu sia il male per lei. Non l’ho mai pensato, solo che…non so nemmeno io perché abbia reagito così – replicò Stefan avvicinandosi al fratello e porgendoli una mano – Che ne dici se superiamo la cosa e andiamo avanti.? – chiese a quel punto.
- Direi che mi pare un’ottima idea. Partita alla play.? – propose Damon stringendoli la mano, e finalmente tornò il sereno.

Presente

Come una folata di vento durante le giornate primaverili, così il tempo passò da quanto avevo iniziato a frequentare ufficialmente Liam e in men che non si dica l’inverno fu agli sgoccioli, e in quelle giornate di metà marzo l’aria della primavera era già alle porte.
Dopo la chiusura del caso di Klaus, vinta anche in aula, Damon e io non avevamo ancora avuto il coraggio di dire a Rick ed Hayley che non avremmo più collaborato insieme, ma caso volle, che in quelle settimane fummo presi da altro. Il moro si preoccupò di alcune vendite e acquisizioni per alcuni dei suoi clienti, cose semplici che non richiedevano altro che delle sue veloci revisioni delle proposte, mentre io fui indaffarata con alcune questioni legate ai miei vecchi clienti di Philadelphia.
Insomma, tutto stava tornando alla normalità e il tempo che io e Damon passavamo insieme, si ridusse a delle semplici chiacchiere in pausa caffè in presenza di terzi, o al condividere la sala meeting durante le riunioni dello studio.
Ma come oramai ero abituata, quando sembrava che il peggio fosse passato, qualcosa bussava alla porta, e cambiava le carte in tavola.
- È permesso.? – sentì chiedere a una voce femminile alla mia porta.
- Liv.!! Ma certo, ma che bello vederti – replicai immediatamente io non appena riconobbi la ragazza, alzandomi dal divano per andarla ad abbracciare. Si trattava di Liv, una vecchia amica mia e di Bonnie dei tempi di Harvard.
- Ne è passato di tempo – commentò lei ricambiando l’abbraccio.
- Cosa ci fai qui.? Pensavo fossi oramai una donna di Venice Beach – chiesi curiosa facendole cenno di accomodarsi.
- Già, ma poi mi sono innamorata di un newyorkese, ed eccomi qui nella grande mela – replicò sorridente – città nella quale vedo sei approdata anche tu, con tanto di ufficio – aggiunse cordiale guardandosi attorno.
- Alla fine il mio piano ha funzionato – dissi con entusiasmo – ma seriamente, cosa ci fai nel mio studio.? Il mio numero ancora ce l’hai, non credo tu sia venuta qua solo per propormi un caffè - le feci notare perplessa.
- Hai ragione, per quanto mi faccia piacere vederti, ammetto che sono qui perché ho bisogno di aiuto – ammise con sguardo preoccupato la bionda.
- Raccontami tutto – la spronai e la ragazza fu un fiume in piena.
Disse che l’avevano incastrata accusandola di inside training, ma per quanto lei si dichiarasse innocente, il massimo che era riuscita ad ottenere era un accordo con gli avvocati dell’accusa di 11 mesi di carcere al posto dei 7 anni richiesti dal dipartimento di giustizia. Aveva 48 ore prima di presentarsi alle prigioni, ma prima di arrendersi voleva provare a giocare la sua ultima carta: me.
- Liv, io non so se posso aiutarti… sono solo un’associata del terzo anno, questo è un caso grosso, soprattutto se si rivelasse vero – cercai di farle capire davvero dispiaciuta.
- Elena io non so cosa ci sia dietro, ma io sono innocente. Il tuo studio è uno dei migliori della città e mi fido di te. Ti prego… mi dovrei sposare a fine agosto – mi supplicò prendendomi le mani e io non seppi più cosa rispondere.
- Dammi due ore. Vedrò cosa posso fare, ma non posso assicurarti niente – affermai a quel punto per darmi del tempo per riflettere.
Liv mi ringrazio e senza aggiungere altro uscì dal mio ufficio, lasciandomi sola in balia dei miei pensieri. Era un caso rischioso e io non potevo svolgerlo da sola, ma ne Hayley ne Rick avrebbero accettato di collaborare su una cosa del genere. Avevo solo un’opzione, anche se quest’ultima, non mi piaceva per niente.
Nonostante ciò presi coraggio, e mi diressi direttamente nella tana del lupo: l’ufficio di Damon.
La porta era già aperta, quindi feci per entrare con non chalance, quando mi accorsi che il ragazzo era al telefono, mentre fissava fuori dalla vetrata.
- Rose, lo sai è lavoro – lo sentì dire – Non è che non m’importa, ma te l’avevo detto che avrei avuto probabilmente un metting sul tardi, essendo che il cliente arriva direttamente da Toronto – aggiunse dopo qualche minuto di silenzio. Stavano decisamente discutendo, motivo per cui decisi di far notare la mia presenza bussando alla porta.
Il ragazzo si girò di scatto e non appena mi notò fu piuttosto incredulo nel vedermi nel suo ufficio, cosa che non capitava da settimane.
- Ora ti devo lasciare – affermò quindi sbrigativo e chiuse la chiamata.
- Potevi continuare, al massimo passavo dopo – dissi ancora incerta sul da farsi.
- Non ti preoccupare, meglio così – commentò lui facendo cenno di sedermi alla scrivania, mimando il mio gesto – Non varchi quella porta da quasi un mese… che succede Elena.? – mi domandò a bruciapelo il ragazzo.
- Ho un caso – proclamai cercando le giuste parole – è per un’amica, che mi ha chiesto di farlo gestire dal nostro studio essendo che siamo i migliori. Mi ha chiesto di aiutarla e di fare tutto il possibile per tirarla fuori da quella che ha detta sua è un’accusa fasulla – iniziai a spiegargli tendo il fascicolo stretto tra le mani.
- Elena, perché sei qui.? – mi chiese nuovamente serio il moro, in modo che fossi più specifica.
- È un caso rischioso, Hayley e Rick non l’accetterebbero mai, ma io la voglio aiutare, ma da sola non posso. Ho bisogno di un socio che collabori e si fidi di me – entrai maggiormente nei dettagli.
- Avevamo deciso che non possiamo lavorare insieme -mi fece notare immediatamente Damon con sguardo divertito ma luccicante. Uno sguardo che non vedevo da tempo.
- Sto guarendo, quindi non guardarmi in quel modo – replicai mentendo spudoratamente, incrociando le braccia al petto. Avevo troppo bisogno di lui per quel caso.
- Quale modo? – domandò lui come se non sapesse di cosa parlassi
- Quel modo, il nostro modo – dissi muovendo la mano per indicare il suo sguardo. Conoscevo bene quel tocco di malizia e divertimento che traspariva dai suoi occhi - Ti ho dimenticato – ribadì.
- Beh anche io – commentò a quel punto lui con alzata di spalle.
- Davvero? – chiesi facendo trasparire involontariamente la mia delusione.
- No – confessò lui ridente, come se questa assurda situazione lo divertisse.
- Oh. Io invece sì, ti ho dimenticato – ribattei facendo finta che non m’importasse.
- Va bene anche io – disse lui prendendomi chiaramente in giro.
- Se hai appena detto... sta zitto – cercai di riprendere il controllo della situazione – penso ancora che lavorare insieme non sia giusto, ma io le credo, e se voglio davvero aiutarla, ho bisogno di te Damon. Tutti sanno in questo studio che sei l’unico che è disposto a prendere anche i casi più impensabili, e soprattutto che sai come vincergli  anche al filo della legalità e io ho bisogno di questo – confessai pronta a riceve un clamoroso no come risposta, ma come al solito il maggiore dei Salvatore decise di accettare il rischio.
- Dammi il fascicolo e dimmi quello che sai – proclamò allungando la mano in attesa dei documenti.
- L’accusa è che abbia acquistato 10 milioni di dollari della Lunardi Farmaceutical, e che il giorno dopo, con l’approvazione dell’FDI, ha visto il pacchetto schizzare a 30 milioni. Lei dice che ha acquistato il pacchetto azionario per la Kimbol and Morello, sulla base di un bollettino informativo fornito da loro, ma il dipartimento ha indagato e non ha trovato niente – gli spiegai passandogli il fascicolo – Gli avvocati della Morello gli hanno proposto un accordo di 11 mesi di carcere al posto dei 7 anni proposti dal dipartimento di giustizia, in modo da insabbiare lo scandalo, a patto che ammetta che lo scambio sia stata un’idea sua – aggiunsi a seguire per dargli più informazioni possibili.
- Tu le credi.? – domandò il moro cercando il mio sguardo.
- Conosco Liv, è brava nel suo lavoro, ma è una gioca pulito, questo non l’avrebbe mai fatto – affermai sicura della mia amica.
- Allora mettiamoci all’opera, abbiamo tutt’altro che un caso facile tra le mani – proclamò Damon e io non potei che esserne più grata.

- Elena tutto bene.? – mi chiese gentile Liam destandomi dai miei pensieri.
Eravamo a casa sua, precisamente sul suo divano a guardare una qualche serie tv su Netflix, ma effettivamente io con la testa non c’ero, ma non sapevo manco io dove fossi.
- Si, si scusa, e che stavo pensando alla mia amica Liv… Ho accettato il suo caso, ma nonostante questo lei tra due giorni dovrà presentarsi in carcere. È uno schifo – inventai su due piedi. Non che non fosse vero, ma in verità il mio cervello stava pensando a più cose contemporaneamente.
- Vedrai che la tirerai fuori di lì – disse lui rubandomi un dolce bacio – E poi sbaglio o lavorerai con occhi di ghiaccio.? Lui mi sembra davvero bravo – commentò a seguire riferendosi a Damon.
- Già – sospirai pesantemente. Pur di salvare Liv avevo chiesto il suo aiuto e già me ne pentivo, per quanto fosse stata la scelta più giusta.
- Posso chiederti una cosa.? – domandò a seguire quasi con toni spaventati dalla mia reazione.
- Certo, che succede.? -replicai guardandolo curiosa.
- Tra te e l’altro avvocato, c’è stato qualcosa.? – chiese spiazzandomi totalmente.
- Noi…- inizia a cercare le parole. Non volevo mentirgli, ma era difficile esser del tutto sincera – Ci conosciamo da quando siam bambini, le nostre famiglie erano molto amiche e si… al liceo c’è stato qualcosa, ma parliamo di più di dieci anni fa – spiegai cercando di rendere la cosa più leggere possibile – Perché.? – ribattei poi a seguire perplessa di quella domanda.
- Lui ti guarda in un modo strano… non so, come se fossi sua – affermò Liam perplesso.
- Lui… è solo molto protettivo – inventai su due piedi – in più si sta per sposare – aggiunsi per rendere la cosa più credibile.
- Allora posso stare tranquillo – replicò lui sorridente strappandomi un bacio e tornò a concentrarsi sulla tv, lasciandomi abbastanza spiazzata. Liam mi piaceva, davvero, ma il fatto che lui si sentisse tranquillo dalla mia banale spiegazione, non tranquillizzava sicuramente me.

Quando la mattina seguente entrai in studio trovai un’esuberante Lexi aspettarmi alla reception.
- Quanto buon umore – le feci notare immediatamente – che succede.? – le chiesi curiosa del suo immenso sorriso a 32 denti.
- È ufficialmente arrivato l’invito – proclamò come se io sapessi di cosa stesse parlando.
- L’invito di cosa.? Per la Casabianca.? Per un Royal Wedding di cui non sono a conoscenza.? – chiesi perplessa del suo comportamento.
- Ma no Elena, l’invito per l’annuale party dello studio – affermò lei sventolandomi una busta d’orata davanti agli occhi – Una serata di ostriche e champagne, per tutti i dipendenti dello studio e soprattutto per tutti i nostri clienti – specificò a seguire notando il mio sguardo spaesato, passandomi l’oggetto del discorso.
- Wow è una cosa grossa, non ne sapevo niente – replicai guardando l’elegante invito, nel quale s’informava che il venerdì della settimana a seguire si sarebbe svolto l’evento al Equinox Hotel Hudson Yards, uno degli hotel più esclusivi di New York ovviamente.
- Il tuo invito è già sulla scrivania nel tuo ufficio – disse lei distogliendomi dalla lettura – comunque parlando di cose serie, Damon mi ha chiesto di dirti che ti aspetta – aggiunse a seguire con un’alzata di spalle.
- Nuovo caso, vecchie abitudini – replicai con un sospiro e finalmente mi diressi verso il mio personale patibolo. Ovviamente passai prima a lasciare i miei averi alla scrivania, ma in 5 minuti varcavo già la porta dell’ufficio del maggiore dei Salvatore, dove trovai però una lieta sorpresa.
- Stefan.! – urlai estasia correndo ad abbracciarlo.
- Ecco la mia migliore amica numero due – replicò lui ricambiando il gesto d’affetto.
- Come numero due.? Scusa, chi diamine sarebbe più importante di me.?? – domandai subito rabbuiata guardandolo torva.
- Nessuna, ma è sempre divertente prenderti in giro – rispose lui scoppiando a ridere.
- Sisi, siete degli amici davvero fantastici – c’interruppe Damon portandoci alla realtà.
- Buongiorno anche a te Mr simpatia – lo schernì io guardandolo male.
- Sei in ritardo – mi fece immediatamente notare lui.
- Non avevamo un orario, quindi mi sono presentate alle 9 come sempre Damon – lo rimbeccai immediatamente. Era l’incarnazione dell’insopportazione quando agiva in quel modo, ma purtroppo conoscendolo, sapevo bene anche a cos’era dovuto.
- Bene, data l’atmosfera io è meglio che vada – commentò semplicemente Stefan in evidente disagio – Ti passo a prendere alle 20.00, scrivimi solo se sei qui o a casa – aggiunse poi rivolgendosi alla sottoscritta.
- E se io avessi impegni.? – gli chiesi divertita.
- Cancellali, il tuo migliore amico è in città, non può esserci qualcosa di più importante – replicò fingendosi offeso – Damon- disse a seguire cambiando i toni rivolgendosi a suo fratello a modi saluto.
- Stefan – replicò serio lui e il piccolo Salvatore uscì dalla stanza.
- Andiamo, per cosa avete discusso questa volta.? – domandai a bruciapelo non appena fummo soli.
- Niente che abbia voglia di condividere – ribatté semplicemente il moro.
- Damon… - lo richiamai cercando di addolcire i toni. Ero fin troppo consapevole che fossi io la causa della loro ennesima situazione.
- Ti ricordi quando abbiamo deciso di non parlare del personale.? – mi fece notare tagliente il ragazzo.
- Allora dimmi perché mi hai chiamata in ufficio oppure me ne ritorno alla mia scrivania a lavorare – ribattei a quel punto acida anch’io.
- Abbiamo degli sviluppi sul tuo caso. Vai a prenderti la giaccia, io ti aspetto giù alla macchina – disse sempre più distaccato il moro, per poi prendere il suo giubbotto e passarmi davanti, uscendo dal proprio ufficio.
Qualunque fosse stato il motivo del litigio, questa volta era decisamente grave.

Buonasera mondo.!!!
Scusate il mio ritardo, ma ho letteralmente perso la percezione dei giorni in queste settimane dato che non mi sono mai fermata, e non mi ero accorta fosse mercoled XD
Comunque, escludendo il mio esser svampita, eccomi di nuovo qui qualche settimana più in là rispetto a dove avevamo lasciato i nostri Delena.
La storia di Klaus è stata vinta, i ragazzi non collaborano più insieme e stanno cercando di andare avanti con le loro vite. Damon preso dal proprio matrimonio, Elena invece dal suo nuovo ragazzo Liam. Tutto sembra tranquillo, ma ecco che Elena si ritrova danvanti a un caso a cui non può dire di no, ma ha bisogno di una mano, e chi se non il nostro Salvatore maggiore.? Ora, come avrete potuto intuire la loro è una situazione davvero strana, e anche il battibeccho (ripreso spudoratamente da Grey's Anatomy) era intenvo a farvi capire come entrambi vivano in contrasto con i propri sentimenti. So che vi starete chiedendo "ma se tutti e due provano qualcosa, perché semplicemente non mandano tutti a quel paese e stanno insieme.?". Semplice, gli Elena e Damon di questa FF, non sono dei ragazzi, sono delle persone adulte. Sono delle persone che in 10 anni si sono rifatte una vita, soprattutto Damon, e a 30 anni non mandi tutti a quel paese perché "provi qualcosa" di indefinito verso un'altra persona. Non se se mi sono spiegata. Il concetto è, non sono più degli adolescenti dove "ferire" qualcuno di terzo è facilmente passabile.
Comunque, Damon accetta il caso, nonostante il loro accordo di non lavorare più insieme, Elena cerca di tranquilizzare Liam sul loro rapporto, ed ecco che riappare Stefan, creando di nuovo tensioni tra i nostri Delena. Perché.? Lo saprete sabato ;)
Grazie come sempre a tutti quelli che mi leggono.!!
Un grosso bacio 
A.

PS: in questo capitolo ho racchiuso ben due citazioni di Grey's, precisamente nel Flashback da un episodio della 5° stagione, mentre nell'ufficio di Damon dalla 2° Stagione

 

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Capitolo 10
*** 9. Up and Down ***


9. Up & Down

12 gennaio 2009, Casa Salvatore, Mystic Falls

Era quasi un’ora che Elena sedeva in cucina con Stefan e per rivedere insieme il loro progetto di storia.
Avevano la consegna il giorno a seguire ed entrambi erano maniacali quando si trattava di compiti da svolgere. Per questo motivo, anche se avevano già fatto tutto qualche giorno prima, stavano ricontrollando il loro lavoro davanti a una cioccolata calda.
- Direi che per me è perfetto – commentò fiero il ragazzo.
- Ci spetta un A+ - replicò immediatamente sorridente lei alzando la mano per battere il cinque con il suo compare, quando la sua attenzione venne rapita dall’entrata in cucina di un secondo Salvatore.
- Oh guarda chi è tornato – disse immediatamente alzandosi Elena per salutare il suo ragazzo con un bacio.
- Ciao Bambi – replicò Damon staccandosi dalle sue labbra e stringendola a se – Stefan – aggiunse poi guardando di sbieco il fratello.
- Damon – ribatté scocciato al saluto il ragazzo – bhè Elena, direi che noi abbiamo finito, meglio che vada in camera mia – affermò a seguire alzandosi dal tavolo e avviandosi verso l’uscita della cucina, ma Elena lo fermò. Era stufa di quella situazione dove i due fratelli non si parlavano a causa sua, e per nulla al mondo avrebbe lasciato andare il piccolo Salvatore senza mettere in chiaro le cose.
- Basta voi due – proclamò staccandosi dal proprio fidanzato e tirando per un braccio Stefan in modo da non farlo uscire dalla stanza – vi state comportando come due bambini, cosa che non siete invece da anni – continuò severa guardandoli entrambi.
- Elena, lascia stare… - tentò di calmarla il proprio ragazzo, ma non era assolutamente nell’intenzioni della mora.
- No invece, io non lascio stare un bel niente. Voi due siete fratelli, sangue dello stesso sangue, ed è assurdo che non vi parliate a causa mia, soprattutto perché la situazione non giova a nessuno, soprattutto alla sottoscritta che deve continuare a scegliere con chi passare il suo tempo, quando potremmo stare tutti insieme a ridere e scherzare – iniziò a inveire la ragazza. Stefan a quel puntò provò a prendere parola, ma anche con lui la mora non ebbe pietà e gli fece cenno di stare zitto per continuare la sua ramanzina – Guardatemi, sono piena di brufoli e il sedere mi è diventato enorme. Ho dovuto prendere i pantaloni con l’elastico, perché a furia di abbuffarmi per lo stress che voi due mi causate sto ingrassando a dismisura – concluse finalmente guardandogli supplichevole.
- In verità io ti trovo bene con qualche kg in più – provò a scherzare Damon per alleggerire la tensione, ma ovviamente ottenne l’effetto contrario.
- Damon non sono in vena di battute se non ti fosse chiaro. Smettila di usare i tuoi scherzi e il tuo sarcasmo per far sembrare che non t’importi. Perché sappiamo benissimo entrambi, che il fatto che tuo fratello non ti parli, ti fa sentire uno schifo. Quindi ricaccia il tuo orgoglio e parlagli davvero di come questo ti fa sentire – lo riprese subito Elena, per poi volgere la sua attenzione a Stefan.
- E tu, piantala di credere che tuo fratello sia il male per me, perché non lo è, io sto bene, e so che tu ti preoccupi per me perché mi vuoi bene, ma la questione di con chi io voglia stare, riguarda solo e soltanto me. Quindi smettila di fare il bambino, perché nessuno ti ha fatto un torto – ruggì contro il suo migliore amico – e ora, con il vostro permesso, me ne vado a casa, perché mi avete entrambi rotto – affermò per finire e uscì furibonda dalla cucina, lasciando i due fratelli increduli di quel fiume di parole.
- “In verità io ti trovo bene con qualche kg in più”.? Davvero Damon, come ti è uscita.? – domandò a quel punto ridente Stefan per smorzare la tensione.
- Giuro che è la prima cosa che mi è venuta in mente – rispose imbarazzato il moro grattandosi la testa – Comunque Elena ha ragione. Faccio finta di niente, ma mi manchi Stef. La tua opinione per me ha un peso, e sapere che non ti fidi di me, fa male – ammise a seguire il ragazzo buttando giù tutto il suo muro di sarcasmo.
- Io non credo che tu sia il male per lei. Non l’ho mai pensato, solo che…non so nemmeno io perché abbia reagito così – replicò Stefan avvicinandosi al fratello e porgendoli una mano – Che ne dici se superiamo la cosa e andiamo avanti.? – chiese a quel punto.
- Direi che mi pare un’ottima idea. Partita alla play.? – propose Damon stringendoli la mano, e finalmente tornò il sereno.

Presente

Come una folata di vento durante le giornate primaverili, così il tempo passò da quanto avevo iniziato a frequentare ufficialmente Liam e in men che non si dica l’inverno fu agli sgoccioli, e in quelle giornate di metà marzo l’aria della primavera era già alle porte.
Dopo la chiusura del caso di Klaus, vinta anche in aula, Damon e io non avevamo ancora avuto il coraggio di dire a Rick ed Hayley che non avremmo più collaborato insieme, ma caso volle, che in quelle settimane fummo presi da altro. Il moro si preoccupò di alcune vendite e acquisizioni per alcuni dei suoi clienti, cose semplici che non richiedevano altro che delle sue veloci revisioni delle proposte, mentre io fui indaffarata con alcune questioni legate ai miei vecchi clienti di Philadelphia.
Insomma, tutto stava tornando alla normalità e il tempo che io e Damon passavamo insieme, si ridusse a delle semplici chiacchiere in pausa caffè in presenza di terzi, o al condividere la sala meeting durante le riunioni dello studio.
Ma come oramai ero abituata, quando sembrava che il peggio fosse passato, qualcosa bussava alla porta, e cambiava le carte in tavola.
- È permesso.? – sentì chiedere a una voce femminile alla mia porta.
- Liv.!! Ma certo, ma che bello vederti – replicai immediatamente io non appena riconobbi la ragazza, alzandomi dal divano per andarla ad abbracciare. Si trattava di Liv, una vecchia amica mia e di Bonnie dei tempi di Harvard.
- Ne è passato di tempo – commentò lei ricambiando l’abbraccio.
- Cosa ci fai qui.? Pensavo fossi oramai una donna di Venice Beach – chiesi curiosa facendole cenno di accomodarsi.
- Già, ma poi mi sono innamorata di un newyorkese, ed eccomi qui nella grande mela – replicò sorridente – città nella quale vedo sei approdata anche tu, con tanto di ufficio – aggiunse cordiale guardandosi attorno.
- Alla fine il mio piano ha funzionato – dissi con entusiasmo – ma seriamente, cosa ci fai nel mio studio.? Il mio numero ancora ce l’hai, non credo tu sia venuta qua solo per propormi un caffè - le feci notare perplessa.
- Hai ragione, per quanto mi faccia piacere vederti, ammetto che sono qui perché ho bisogno di aiuto – ammise con sguardo preoccupato la bionda.
- Raccontami tutto – la spronai e la ragazza fu un fiume in piena.
Disse che l’avevano incastrata accusandola di inside training, ma per quanto lei si dichiarasse innocente, il massimo che era riuscita ad ottenere era un accordo con gli avvocati dell’accusa di 11 mesi di carcere al posto dei 7 anni richiesti dal dipartimento di giustizia. Aveva 48 ore prima di presentarsi alle prigioni, ma prima di arrendersi voleva provare a giocare la sua ultima carta: me.
- Liv, io non so se posso aiutarti… sono solo un’associata del terzo anno, questo è un caso grosso, soprattutto se si rivelasse vero – cercai di farle capire davvero dispiaciuta.
- Elena io non so cosa ci sia dietro, ma io sono innocente. Il tuo studio è uno dei migliori della città e mi fido di te. Ti prego… mi dovrei sposare a fine agosto – mi supplicò prendendomi le mani e io non seppi più cosa rispondere.
- Dammi due ore. Vedrò cosa posso fare, ma non posso assicurarti niente – affermai a quel punto per darmi del tempo per riflettere.
Liv mi ringrazio e senza aggiungere altro uscì dal mio ufficio, lasciandomi sola in balia dei miei pensieri. Era un caso rischioso e io non potevo svolgerlo da sola, ma ne Hayley ne Rick avrebbero accettato di collaborare su una cosa del genere. Avevo solo un’opzione, anche se quest’ultima, non mi piaceva per niente.
Nonostante ciò presi coraggio, e mi diressi direttamente nella tana del lupo: l’ufficio di Damon.
La porta era già aperta, quindi feci per entrare con non chalance, quando mi accorsi che il ragazzo era al telefono, mentre fissava fuori dalla vetrata.
- Rose, lo sai è lavoro – lo sentì dire – Non è che non m’importa, ma te l’avevo detto che avrei avuto probabilmente un metting sul tardi, essendo che il cliente arriva direttamente da Toronto – aggiunse dopo qualche minuto di silenzio. Stavano decisamente discutendo, motivo per cui decisi di far notare la mia presenza bussando alla porta.
Il ragazzo si girò di scatto e non appena mi notò fu piuttosto incredulo nel vedermi nel suo ufficio, cosa che non capitava da settimane.
- Ora ti devo lasciare – affermò quindi sbrigativo e chiuse la chiamata.
- Potevi continuare, al massimo passavo dopo – dissi ancora incerta sul da farsi.
- Non ti preoccupare, meglio così – commentò lui facendo cenno di sedermi alla scrivania, mimando il mio gesto – Non varchi quella porta da quasi un mese… che succede Elena.? – mi domandò a bruciapelo il ragazzo.
- Ho un caso – proclamai cercando le giuste parole – è per un’amica, che mi ha chiesto di farlo gestire dal nostro studio essendo che siamo i migliori. Mi ha chiesto di aiutarla e di fare tutto il possibile per tirarla fuori da quella che ha detta sua è un’accusa fasulla – iniziai a spiegargli tendo il fascicolo stretto tra le mani.
- Elena, perché sei qui.? – mi chiese nuovamente serio il moro, in modo che fossi più specifica.
- È un caso rischioso, Hayley e Rick non l’accetterebbero mai, ma io la voglio aiutare, ma da sola non posso. Ho bisogno di un socio che collabori e si fidi di me – entrai maggiormente nei dettagli.
- Avevamo deciso che non possiamo lavorare insieme -mi fece notare immediatamente Damon con sguardo divertito ma luccicante. Uno sguardo che non vedevo da tempo.
- Sto guarendo, quindi non guardarmi in quel modo – replicai mentendo spudoratamente, incrociando le braccia al petto. Avevo troppo bisogno di lui per quel caso.
- Quale modo? – domandò lui come se non sapesse di cosa parlassi
- Quel modo, il nostro modo – dissi muovendo la mano per indicare il suo sguardo. Conoscevo bene quel tocco di malizia e divertimento che traspariva dai suoi occhi - Ti ho dimenticato – ribadì.
- Beh anche io – commentò a quel punto lui con alzata di spalle.
- Davvero? – chiesi facendo trasparire involontariamente la mia delusione.
- No – confessò lui ridente, come se questa assurda situazione lo divertisse.
- Oh. Io invece sì, ti ho dimenticato – ribattei facendo finta che non m’importasse.
- Va bene anche io – disse lui prendendomi chiaramente in giro.
- Se hai appena detto... sta zitto – cercai di riprendere il controllo della situazione – penso ancora che lavorare insieme non sia giusto, ma io le credo, e se voglio davvero aiutarla, ho bisogno di te Damon. Tutti sanno in questo studio che sei l’unico che è disposto a prendere anche i casi più impensabili, e soprattutto che sai come vincergli  anche al filo della legalità e io ho bisogno di questo – confessai pronta a riceve un clamoroso no come risposta, ma come al solito il maggiore dei Salvatore decise di accettare il rischio.
- Dammi il fascicolo e dimmi quello che sai – proclamò allungando la mano in attesa dei documenti.
- L’accusa è che abbia acquistato 10 milioni di dollari della Lunardi Farmaceutical, e che il giorno dopo, con l’approvazione dell’FDI, ha visto il pacchetto schizzare a 30 milioni. Lei dice che ha acquistato il pacchetto azionario per la Kimbol and Morello, sulla base di un bollettino informativo fornito da loro, ma il dipartimento ha indagato e non ha trovato niente – gli spiegai passandogli il fascicolo – Gli avvocati della Morello gli hanno proposto un accordo di 11 mesi di carcere al posto dei 7 anni proposti dal dipartimento di giustizia, in modo da insabbiare lo scandalo, a patto che ammetta che lo scambio sia stata un’idea sua – aggiunsi a seguire per dargli più informazioni possibili.
- Tu le credi.? – domandò il moro cercando il mio sguardo.
- Conosco Liv, è brava nel suo lavoro, ma è una gioca pulito, questo non l’avrebbe mai fatto – affermai sicura della mia amica.
- Allora mettiamoci all’opera, abbiamo tutt’altro che un caso facile tra le mani – proclamò Damon e io non potei che esserne più grata.

- Elena tutto bene.? – mi chiese gentile Liam destandomi dai miei pensieri.
Eravamo a casa sua, precisamente sul suo divano a guardare una qualche serie tv su Netflix, ma effettivamente io con la testa non c’ero, ma non sapevo manco io dove fossi.
- Si, si scusa, e che stavo pensando alla mia amica Liv… Ho accettato il suo caso, ma nonostante questo lei tra due giorni dovrà presentarsi in carcere. È uno schifo – inventai su due piedi. Non che non fosse vero, ma in verità il mio cervello stava pensando a più cose contemporaneamente.
- Vedrai che la tirerai fuori di lì – disse lui rubandomi un dolce bacio – E poi sbaglio o lavorerai con occhi di ghiaccio.? Lui mi sembra davvero bravo – commentò a seguire riferendosi a Damon.
- Già – sospirai pesantemente. Pur di salvare Liv avevo chiesto il suo aiuto e già me ne pentivo, per quanto fosse stata la scelta più giusta.
- Posso chiederti una cosa.? – domandò a seguire quasi con toni spaventati dalla mia reazione.
- Certo, che succede.? -replicai guardandolo curiosa.
- Tra te e l’altro avvocato, c’è stato qualcosa.? – chiese spiazzandomi totalmente.
- Noi…- inizia a cercare le parole. Non volevo mentirgli, ma era difficile esser del tutto sincera – Ci conosciamo da quando siam bambini, le nostre famiglie erano molto amiche e si… al liceo c’è stato qualcosa, ma parliamo di più di dieci anni fa – spiegai cercando di rendere la cosa più leggere possibile – Perché.? – ribattei poi a seguire perplessa di quella domanda.
- Lui ti guarda in un modo strano… non so, come se fossi sua – affermò Liam perplesso.
- Lui… è solo molto protettivo – inventai su due piedi – in più si sta per sposare – aggiunsi per rendere la cosa più credibile.
- Allora posso stare tranquillo – replicò lui sorridente strappandomi un bacio e tornò a concentrarsi sulla tv, lasciandomi abbastanza spiazzata. Liam mi piaceva, davvero, ma il fatto che lui si sentisse tranquillo dalla mia banale spiegazione, non tranquillizzava sicuramente me.

Quando la mattina seguente entrai in studio trovai un’esuberante Lexi aspettarmi alla reception.
- Quanto buon umore – le feci notare immediatamente – che succede.? – le chiesi curiosa del suo immenso sorriso a 32 denti.
- È ufficialmente arrivato l’invito – proclamò come se io sapessi di cosa stesse parlando.
- L’invito di cosa.? Per la Casabianca.? Per un Royal Wedding di cui non sono a conoscenza.? – chiesi perplessa del suo comportamento.
- Ma no Elena, l’invito per l’annuale party dello studio – affermò lei sventolandomi una busta d’orata davanti agli occhi – Una serata di ostriche e champagne, per tutti i dipendenti dello studio e soprattutto per tutti i nostri clienti – specificò a seguire notando il mio sguardo spaesato, passandomi l’oggetto del discorso.
- Wow è una cosa grossa, non ne sapevo niente – replicai guardando l’elegante invito, nel quale s’informava che il venerdì della settimana a seguire si sarebbe svolto l’evento al Equinox Hotel Hudson Yards, uno degli hotel più esclusivi di New York ovviamente.
- Il tuo invito è già sulla scrivania nel tuo ufficio – disse lei distogliendomi dalla lettura – comunque parlando di cose serie, Damon mi ha chiesto di dirti che ti aspetta – aggiunse a seguire con un’alzata di spalle.
- Nuovo caso, vecchie abitudini – replicai con un sospiro e finalmente mi diressi verso il mio personale patibolo. Ovviamente passai prima a lasciare i miei averi alla scrivania, ma in 5 minuti varcavo già la porta dell’ufficio del maggiore dei Salvatore, dove trovai però una lieta sorpresa.
- Stefan.! – urlai estasia correndo ad abbracciarlo.
- Ecco la mia migliore amica numero due – replicò lui ricambiando il gesto d’affetto.
- Come numero due.? Scusa, chi diamine sarebbe più importante di me.?? – domandai subito rabbuiata guardandolo torva.
- Nessuna, ma è sempre divertente prenderti in giro – rispose lui scoppiando a ridere.
- Sisi, siete degli amici davvero fantastici – c’interruppe Damon portandoci alla realtà.
- Buongiorno anche a te Mr simpatia – lo schernì io guardandolo male.
- Sei in ritardo – mi fece immediatamente notare lui.
- Non avevamo un orario, quindi mi sono presentate alle 9 come sempre Damon – lo rimbeccai immediatamente. Era l’incarnazione dell’insopportazione quando agiva in quel modo, ma purtroppo conoscendolo, sapevo bene anche a cos’era dovuto.
- Bene, data l’atmosfera io è meglio che vada – commentò semplicemente Stefan in evidente disagio – Ti passo a prendere alle 20.00, scrivimi solo se sei qui o a casa – aggiunse poi rivolgendosi alla sottoscritta.
- E se io avessi impegni.? – gli chiesi divertita.
- Cancellali, il tuo migliore amico è in città, non può esserci qualcosa di più importante – replicò fingendosi offeso – Damon- disse a seguire cambiando i toni rivolgendosi a suo fratello a modi saluto.
- Stefan – replicò serio lui e il piccolo Salvatore uscì dalla stanza.
- Andiamo, per cosa avete discusso questa volta.? – domandai a bruciapelo non appena fummo soli.
- Niente che abbia voglia di condividere – ribatté semplicemente il moro.
- Damon… - lo richiamai cercando di addolcire i toni. Ero fin troppo consapevole che fossi io la causa della loro ennesima situazione.
- Ti ricordi quando abbiamo deciso di non parlare del personale.? – mi fece notare tagliente il ragazzo.
- Allora dimmi perché mi hai chiamata in ufficio oppure me ne ritorno alla mia scrivania a lavorare – ribattei a quel punto acida anch’io.
- Abbiamo degli sviluppi sul tuo caso. Vai a prenderti la giaccia, io ti aspetto giù alla macchina – disse sempre più distaccato il moro, per poi prendere il suo giubbotto e passarmi davanti, uscendo dal proprio ufficio.
Qualunque fosse stato il motivo del litigio, questa volta era decisamente grave.

9.

14 Febbraio 2009, San Valentino, Monticello Lake

Era stata una straordinaria fortuna che il giorno di San Valentino quell’anno, cadesse proprio nel week end. Lo sapeva bene Damon, che incredibilmente era riuscito ad organizzare due giorni fuori città per festeggiarlo insieme ad Elena. Non era stato facile. In primis aveva dovuto convincere i Gilbert a lasciar che la loro bambina passasse un intero week end fuori casa con un ragazzo, per quanto conoscessero bene Damon; in secondo luogo era stato ancora più difficile convincergli di lasciargli andare alla loro casa al lago. Ma mille mila raccomandazioni e ovviamente un mazzo dei fiori preferiti di Miranda dopo, era riuscito nell’impresa.
E così, in quella mite giornata di metà febbraio aveva portato Elena a sorpresa fuori da Mystic Falls e insieme si stavano godendo un delizioso picnic sul molo di fronte alla casa vacanze dei Gilbert.
Era tutto perfetto, eppure entrambi erano tesi come delle corde di violino.
La verità, per Damon, era che erano giorni che voleva esprimere i suoi sentimenti ad Elena, e per quanto ci provasse non riusciva mai a trovare il coraggio di dirle quelle due parole tanto importanti. Infondo lui era sempre stato un Don Giovanni, non aveva mai avuto una relazione seria prima e aveva l’immensa paura di rovinare tutto. Però si sentiva pronto, voleva che lei lo sapesse.
- Ti è piaciuto tutto.? – le domandò il moro una volta finito di mangiare.
- Era tutto squisito, non pensavo fossi così bravo a cucinare – commentò lei con sorriso mentre prendeva un sorso dello champagne nel suo bicchiere.
- Si bhè, mamma è stata un’ottima insegnante. Sai, mi piaceva guardarla da piccolo mentre trafficava in cucina e con il tempo ho voluto imparare – ammise il ragazzo cercando di prendere il coraggio finalmente per parlare dei suoi sentimenti.
- Lo facevo anch’io con mamma, ma purtroppo non ha avuto la stessa influenza positiva – affermò lei imbarazzata, ma ridente.
- Vorrà dire che tra i sue sarò io il cuoco di casa – disse il moro avvicinandosi all’argomento.
- Dici un giorno, nel futuro.? Tu lo vedi insieme a me.? – chiese a quel punto Elena con un filo di speranza.
- Si vedi, ecco… Elena io… - tentò finalmente di parlare il ragazzo, ma non fece in tempo a proseguire il discorso che la mora butto giù tutto il contenuto del suo bicchiere e gli rubò la parola.
- Ti amo – proclamò lei paralizzando Damon al sentire tali parole – Oh.! Oh mio dio.! Mi è uscito di slancio, mi è uscito dalla bocca come una specie di... – iniziò a tergiversare lei incredula del suo stesso gesto - Io, io ti amo. Dio, l'ho ridetto! – continuò a ripeterlo impanicata e in totale imbarazzo ridendo nervosamente - Io, io, io ti amo. Davvero. Io… io ti amo e ho cercato di non dirlo, mi sono sforzata tanto di reprimerlo e ignorarlo perché questo porta la nostra storia a uno step successivo, al quale magari tu non sei pronto, perché magari, per quanto ti piaccia mi vedi ancora solo come una ragazzina. Forse adesso penserai che alla fine magari era il caso che io dessi una possibilità a Matt, perché ha la mia età e io gli piacevo, sai? Gli piacevo davvero. Ma non avrebbe mai funzionato perché io, io amo te. Ti amo talmente tanto e tu, tu sei dentro di me. Tu sei…tu sei come…tu sei una malattia! È come se fossi contagiata da Damon Salvatore.! E non riesco a pensare a niente e a nessun altro, non riesco a dormire, non riesco a respirare, non riesco a mangiare e ti amo. Ti amo in ogni momento, in ogni minuto di ogni giorno. Io, io, io... Io amo te – concluse cercando il suo sguardo totalmente terrorizzata dalla reazione di Damon da quel suo fiume in piena che era sta, ma quello che trovò furono solo due occhi pieni d’amore che la guardavano come la cosa più bella e importante a questo mondo.
Appena fu chiaro per Damon che Elena avesse finito di dire la sua, non poté che prenderla di peso e trascinarla sulle sue gambe, per baciarla con tutte le forze che avesse in corpo.
- E io amo te Elena Gilbert. Ti amo in ogni momento, in ogni minuto di ogni giorno – replicò finalmente lui, usando le stesse ultime parole della ragazza, per poi tornare a baciarla.

 Presente

Era stata davvero una giornata pesante.
Già era difficile collaborare con Damon in situazioni normali, ma collaborare con lui quando era intrattabile per l’intera giornata era davvero impossibile.
Ne aveva avuto un assaggio anche uno dei dipendenti della Kimbol & Morello, che non dando le informazioni che voleva al maggiore dei Salvatore con dei toni decisamente coloriti, era stato umiliato e rimesso in riga in 5 secondi dal moro. Dovetti ammette che fu una scena grandiosa, ma tale diverbio non migliorò il suo umore.
Fu solo poco prima che uscissi dal suo ufficio, per incontrarmi con suo fratello, che si degnò, per così dire, di tornare il solito Damon.
- Bene, direi che per oggi abbiamo dato – affermai raccogliendo i miei documenti e alzandomi dalla sua scrivania.
- Si, direi di si – commentò semplicemente lui con un sospiro – domani sii pronta qui per le 9. Mi è appena arrivata una mail di Bert Kimbol che conferma un colloquio per domani alle 10 – aggiunse poi con lo sguardo rivolto verso il computer.
- Perfetto, hai visto il mio cellulare.? – domandai io non trovando il mio telefono.
- Mmmm eccolo – replicò il ragazzo trovandolo sotto qualche fascicolo – con tanto di notifica di un nuovo match su Tinder - disse a seguire divertito, mentre velocemente glie lo strappavo dalle mani.
- Sei un avvocato, dovresti conoscere il concetto di privacy – dissi inacidita.
- Andiamo, io non giudico – affermò il moro alzando le mani in segno di resa – Sei single e vaccinata, puoi fare quello che vuoi – aggiunse con un’alzata di spalle.
- Punto primo, non uso l’app da un po’ mi sono dimenticata di disinstallarla, punto secondo, non mi pare che tu possa sapere se io sia single o meno – ribattei prontamente mettendomi il mio spolverino.
- Vuoi dirmi che stai frequentando qualcuno.? – chiese a quel punto lui perplesso, quasi infastidito.
- Sbaglio o stamane eri tu che ci tenevi a precisare che non dobbiamo parlare del personale.? – gli feci notare irritata prendendo la borsa – Buona serata Damon – conclusi a seguire e senza aspettare una replica uscì dal suo ufficio.
Non aveva nessun diritto di comportarsi in quel modo con me, come non gli doveva concerne cosa accadesse nel mio personale. Si stava per sposare, io non dovevo interessargli.
Ero davvero irritata e questo mio stato non aiutò quando salì finalmente nella macchina di Stefan.
- Buonasera signorina – mi accolse gentile lui.
- Cosa diamine è successo tra te e Damon.? – ribattei invece io guardandolo torva.
- Possiamo aspettare quanto meno di sederci davanti a un buon bicchiere di vino.? – domandò il ragazzo sospirando pesantemente.
- Si, ma che sia chiaro, mi devi un’intera bottiglia – risposi con un falsissimo sorriso, in modo da rendergli chiaro quanto fossi infastidita da quella situazione.

Ci misimo una buona mezz’ora per arrivare al locale dove aveva prenotato Stefan.
Si trattava di una modesta Vineria naturale e ristorante italiano nei pressi di Crown Heights, a Brooklyn, dove l’atmosfera del bel Paese si respirava non appena varcato l’ingresso, anche grazie al personale puramente italiano.
- Come diavolo hai scovato questo posto.? – domandai affascinata dal ristorante.
- È lo stesso proprietario di un locale a Williasburg in cui ero capitato con Damon non troppo tempo fa. Mi piaceva il fatto che fosse puramente italiano, ma l’altro ristorante è più piccolo ed è meno facile parlare con tranquillità. Fortunatamente ho scoperto l’esistenza di altri due ristoranti dello stesso proprietario e così ho optato per provarne uno con te – mi raccontò sorridente.
- Onorata del gesto – affermai contraccambiando il sorriso, ma in men che non si dica tornai ad argomenti più seri – ora mi puoi spiegare cos’è successo con tuo fratello.? E non dirmi che non centro, perché vi conosco troppo bene per crederci – lo spronai con toni austeri.
- Damon si sta per sposare Elena – replicò semplicemente lui come se dovessi capire l’intero discorso.
- Lo so Stefan, non conosco la data, ma ne sono bene consapevole – gli risposi perplessa.
- Ne sei davvero consapevole.? Andiamo…Entrambi siete tutto tranne che consapevoli di questo fatto – mi rimbecco immediatamente il ragazzo.
- Sei fuori strada. Ne siamo entrambi ben consapevoli, tanto che abbiamo deciso che l’insana idea di esser sua associata era stato un errore, motivo per cui questa collaborazione non esiste più – gli feci immediatamente notare innervosendomi.
- Eppure state lavorando insieme – commentò Stefan guardandomi come se non capissi il suo punto di vista.
- Solo per questo caso. È un fatto personale, si tratta di una mia amica, e Damon era l’unico di tutto lo studio che sapevo avrebbe accettato un caso così rischioso e che si fidasse della mia opinione – gli spiegai immediatamente.
- Oh andiamo, come se il lavorare insieme non vi piacesse - replicò immediatamente.
- Ascolta Stefan, ti ho chiesto per cosa aveste discusso tu e Damon, non di darmi la tua opinione su come gestire i miei casi – ribattei infastidita dei suoi commenti.
- Gli ho detto che avrebbe dovuto tagliarsene fuori – proclamò spiazzandomi – gli ho detto di cercare qualche altro avvocato che potesse darti una mano, di cui si fidasse e di stare lontano da te – aggiunse cercando il mio sguardo.
- Stefan, non siamo più dei ragazzini in balia delle proprie emozioni da liceali. Siamo adulti e sappiamo gestire la situazione, soprattutto quando si tratta di lavoro, cosa su cui tu, con tutto il rispetto, non hai nessun diritto d’immischiarti – dissi oramai furiosa.
- Io voglio bene a Damon, e voglio un gran bene anche a te, ma lui finirà per ferirti di nuovo se non state lontani. Anzi peggio, vi ferirete a vicenda – sospirò lui sconsolato abbassando lo sguardo e quasi mi sentì in colpa di avergli urlato contro.
- Stefan – lo richiamai prendendogli la mano – lo so che sei preoccupato, e so che vuoi solo proteggermi, ma da certe cose e da certi errori non mi puoi proteggere, perché purtroppo riguardano solo e soltanto me, e continuare a litigare con tuo fratello per questo, vi porterà solo ad allontanarvi e questa è l’ultima cosa che ho sempre voluto – gli dissi sincera – per non parlare che mi fanno passare giornate orribili come questa, dove Damon diventa la persona più insopportabile dal mondo quando litiga con te – conclusi con una leggera risata.
- E che vorrei proteggervi entrambi da voi stessi – ammise il ragazzo.
- Lo so, ma purtroppo non è possibile. E comunque giuro che la situazione è sotto controllo – replicai incredibilmente sicura delle mie parole e abbandonando del tutto i toni irritati di prima – stasera chiaritevi, e si, chiedili scusa – aggiunsi chiudendo l’argomento, e chiamando finalmente il cameriere per i nostri ordini.

- Credo di doverti un grazie – esordì Damon entrando nel suo ufficio alle 9 in punto.
- Prego, anche se non so di cosa parli – commentai seduta dal suo divano, dove mi trovavo all’incirca già da un quarto d’ora nel cercare di trovare una qualsiasi falla nelle accuse contro Liv.
- Mio fratello ieri è tornato a casa con una bottiglia di Bourbon, portata come offerta di pace per il nostro litigio e mi ha chiesto “scusa”. Conosco troppo bene Stefan, per sapere che non è stata tutta opera sua il suo cambio di prospettiva – replicò il ragazzo sedendosi a fianco a me.
- Sei insopportabile quando litigate, è davvero dura lavorare con te. Ho pensato fosse il caso di rimettere in riga almeno uno dei due, per il mio quieto vivere – commentai come se nulla fosse continuando a guardare i fascicoli.
- Elena – mi richiamò a quel punto Damon e io non potei che prestargli finalmente attenzione – Grazie – proclamò lui fissandomi con quei suoi occhi color ghiaccio e io venni pervasa da delle scariche elettriche. Stefan in fondo non aveva tutti i torti nel pensare che la nostra situazione fosse “pericolosa”, quanto meno per la sottoscritta.
- Di niente – risposi sincera – ora però pensiamo al caso – tagliai corto a seguire e senza indugi gli passai alcuni dei documenti che stavo revisionando.
Alle 10, come previsto, Bert Kimbol si presentò per parlarci e ci consegnò il trading della Morello Assets dell’ultimo anno. Damon però era dubbioso, perché aveva già avuto a che fare con Kimbol e tutta quella gentilezza e trasparenza lo fece immediatamente dubitare dei dati che avevamo ottenuto, cosa di cui fui incaricata d’indagare.
- Quanto posso giocare sporco.? – domandai a Damon prima di dirigermi al mio ufficio.
- Quanto è illegale quello che hai in mente.? – replicò curioso della mia richiesta.
- Niente che possa mandarmi in prigione o a puttane lo studio – affermai con un’alzata di spalle.
- Vai e ottieni quello che devi – mi spronò lui divertito e tempo zero mi ritrovai al telefono con Bonnie.
Lei trattava di consulenze, ma aveva spesso a che fare con chi lavorava in borsa, tanto da diventarci amica. Negli anni più volte sfruttai le sue conoscenze in cambio di qualche favore legale, per ottenere le informazioni che mi servivano e questo era decisamente uno di quei casi.
- Riuscita a scoprire qualcosa.? – chiese Damon comparendo nel mio ufficio nel pomeriggio.
- Domani mattina avrai il reale trading della Kimbol & Morello sulla tua scrivania – commentai vittoriosa.
- E perché non oggi.? – replicò il moro con toni di sfida sedendosi di fronte a me alla mia scrivania.
- Perché chi si sta occupando della cosa mi farà avere le informazioni che vogliamo entro stasera a mezzanotte, ma non credo che la tua fidanzata sarebbe contenta se ricevessi chiamate a quell’ora – gli feci notare incrociando le braccia al petto.
- Questo commento deriva dalla discussione che hai sentito l’altro giorno al telefono deduco – commentò lui mimando i miei gesti.
- Può darsi, ma preferisco evitarti altri diverbi, soprattutto se sarebbero per causa mia – replicai con un pesante sospiro.
- Non ti darei mai la colpa – replicò sincero lui.
- Lo so, e forse è proprio questo il problema – ammisi accennando un lieve sorriso.
Eravamo nuovamente su un argomento che poteva considerarsi un campo minato, ma fortunatamente fu Lexi a salvarmi da quella situazione, o almeno così credevo.
- Scusate se vi disturbo, Elena sei libera.? – domandò la bionda con toni imbarazzati.
- Certo, dimmi tutto – le dissi sfoggiando il mio miglior sorriso.
- C’è Liam alla reception. Ha detto che passava di qua e voleva rapirti per un caffè – mi spiegò quasi impaurita di averlo detto davanti a Damon.
- Hai altro per cui hai bisogno di me.? – domandai a quel punto disinvolta al ragazzo. Non che la cosa non m’imbarazzasse, ma lui si stava per sposare, io non potevo aver paura di rendergli noto che mi frequentavo con qualcuno, cosa che tra l’altro non era comunque affar suo.
- No, direi che oggi siamo apposto – affermò perplesso il moro, come se cercasse di recepire qualche nozione a lui poco chiara.
- Perfetto – replicai semplicemente io e velocemente mi dileguai dai suoi occhi.

Non avendo altro su cui lavorare passai tutto il resto del pomeriggio con Liam.
Mi faceva sentire bene, era gentile, la classica persona per bene che avrebbe reso la vita di qualsiasi donna facile e felice. Quindi perché sentivo, che nonostante mi piacesse così tanto, qualcosa non andasse.?
Come al solito decisi di non pensarci e di andare oltre a quelle mie paranoie che infondo sapevo portassero il nome di Damon Salvatore e la mattina seguente mi presentai in studio con tutte le nuove interessanti informazioni sul caso di Liv.
- È già arrivato.? – domandai a bruciapelo a Lexi non appena fui alla reception.
- No, quindi puoi andare nel suo ufficio e fargli pesare di come lui sia in ritardo rispetto a te – commentò divertita la bionda.
Ovviamente non persi l’occasione e in men che non si dica ero seduta alla sua scrivania ad aspettarlo.
- Ah, sei già qui – esordì quasi annoiato della mia presenza Damon entrando in ufficio.
- Si, più puntuale di te – gli feci notare con toni vittoriosi, ma stranamente non ottenni nessuna sua solita strana battutina a riguardo.
- Quindi.? – domandò invece lui sedendosi di fronte a me riferendosi alle mie informazioni.
- I trading più proficui dei colleghi di Liv – dissi perplessa del suo comportamento passandogli il fascicolo con tutti i dati.
- E perché questo dovrebbe procurarti quel sorrisetto vittorioso.? – replicò il ragazzo con toni quasi assenti. Era strano, sembrava di malumore, proprio come quando litigava con Stefan, ma ero certa che non si trattasse di questo, contando che suo fratello era partito il giorno prima.
- Ognuno di questi viene da trading che la Morello Asssets non aveva ufficialmente raccomandato – gli spiegai nel mentre che Damon sfogliava i dati.
- O è una coincidenza o a tutti questi trader sono stati dati bollettini informativi diversi – commentò lui incredulo.
- Quindi è possibile che Liv dica la verità dicendo che sul suo bollettino c’era la Lunardi Farmaceutical – replicai immediatamente vedendo finalmente la luce infondo al tunnel di quel caso.
- Si, ma lei è stata notata dal dipartimento a differenza degli altri. Come mai.? Qual è la differenza– domandò più a se stesso che a me il ragazzo.
- Nessun trading supera i 9 milioni, che è l’ammontare raccomandato da Morello, mentre lei ha comprato 10 milioni di Lunardi. Forse qualcuno ha scoperto che i trading al di sotto dei 10 milioni non attiravano il dipartimento – cercai di ragionarci su.
- Perché allora superare la somma raccomandata.? – mi chiese il ragazzo, come se potessi avere le risposte.
- Avrà azzardato e tentato il colpo grosso. Bisognerebbe chiederlo a lei – dissi con un’alzata di spalle.
- Allora vestiti, andiamo al carcere dov’è stata scortata – proclamò lui serio non degnandomi nemmeno di uno sguardo.
- Damon che diamine succede.? – gli domandai a quel punto stranita. I suoi sbalzi d’umore mi davano letteralmente alla testa, ma tanto per cambiare non ottenni risposta. 

Giorno mondo.!!!
Oggi mega di fretta, quindi niente commento, ma spero che vi sia piaciuto il capitolo.
Nellaparte flashback mega cit di grey's Anatomy, spero che sappiate a cosa mi riferisco, se no male male hhahah
A martedì
Un bacio
A.

 

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Capitolo 11
*** 10. The End? ***


10. The End?

25 Aprile 2009, casa Gilbert, Mystic Falls

Elena, sdraiata sul letto, fissava il soffitto sconsolata.
Era sabato sera e in teoria doveva esser a casa di Caroline per una serata tra ragazze insieme a Bonnie, ma le cose purtroppo non erano andate spensierate come previsto.
Mentre guardavano una commedia romantica su Netflix in camera della bionda infatti, era uscito l’argomento Damon ed ecco che Care era partita con i suoi discorsi su come il ragazzo stava per andare al college, alla Columbia, e di come sicuramente sarebbe andato avanti lasciando Elena indietro e dimenticandola. La mora non aveva preso bene le supposizioni della sua amica, tanto da scatenare una incredibile litigata ed Elena aveva deciso di tornare a casa propria.
Avrebbe voluto chiamare Damon, in modo da sentirsi rassicurata, ma era andato in campeggio con Stefan, e non voleva rovinare il loro week end tra fratelli, ma a quanto pare qualcuno non si era fatto lo stesso scrupolo.
- Posso entrare.? – domandò apparendo alla finestra il suo fidanzato.
- Damon cosa ci fai qui.? – replicò lei incredula aiutandolo ad entrare nella stanza.
- Ero nei dintorni, ho pensato di farti un salutò – mentì lui rubandole un bacio.
- Andiamo Damon, è una settimana che tu e tuo fratello parlate del vostro week end tra i boschi, tutto eri tranne che nei dintorni – gli fece notare lei incrociando le braccia al petto e guardandolo seria.
- Ok, ok… potrei aver ricevuto un messaggio di Bonnie, nel quale mi diceva che la vostra serata al femminile non fosse finita al meglio, e volevo controllare che stessi bene – confessò con un’alzata di spalle lui, per poi sedersi sul suo letto.
- E Stefan.? -gli chiese Elena preoccupata del fatto che suo fratello lo avesse abbandonato su due piedi.
- Si è sentito messo da parte come eroe delle tue vicende, ma ha detto che può accettare un po’ di ferie- commentò divertito il moro, ma notando lo sguardo torvo di Elena decise di fare il serio – ha detto che era contento di vedere finalmente questo lato mio dolce e premuroso nei confronti di qualcuno che non fosse me stesso, o nei suoi, e quindi mi ha dato due ore per venire a vedere se era tutto apposto, ma dopo devo tornare a tenergli la mano durante la notte – concluse con un’ultima battuta.
- È stato gentile a lasciarti venire – affermò la ragazza sedendosi accanto a lui.
- Vero, ma anche se avesse avuto da ridire sarei venuto lo stesso, che ti sia chiaro – riprese parola il ragazzo - Perché io sono un egoista Elena, ma non riesco e non posso esserlo con te. E se mai dovesse ricapitare, io sceglierò sempre te – aggiunse con uno sguardo capace di perforare l’anima.
- Sai, a volte ho paura che tutto questo amore che proviamo possa distruggere i rapporti che ci circondando e noi stessi – gli confessò Elena, ripensando alla sua discussione con Care e alla velocità con cui Damon l’aveva messa davanti a suo fratello.
- Non succederà, te lo prometto – la rassicurò lui accarezzandole il volto – piuttosto mi vuoi raccontare cos’è successo da Caroline.? – domandò poi preoccupato.
- Per fartela in breve, mi ha detto che non abbiamo nessuna chances ora che tu andrai al college – sospirò tristemente.
- E che cosa sa di noi.? – domandò a quel punto con un’alzata di spalle Damon.
- E che odio quando ci mettono in dubbio. È riuscita perfino a mettere in discussione l’universo e ad affermare che le storie a distanza non hanno futuro – replicò lei cercando di fargli capire il suo punto di vista – ma questo non ha niente a che vedere con i miei sentimenti per te, non permetterò nemmeno a Care che rovini tutto fra noi – ci tenne a precisare.
- E pensi che io lo permetta.? – chiese lui retorico - Nessuno può dirmi come vivere la mia vita. Nessuno può dirmi chi amare.! Specialmente non Caroline maledettamente perfetta Forbes e di sicuro non l'universo! E non lascerò che un'altra persona e il suo concetto di destino blocchino il mio amore o il costruire un futuro con te. Perché tu…tu sei la mia vita… - proclamò il maggiore dei Salvatore prendendole il viso tra le mani per farle trasparire tutto il suo sentimento ed Elena non poté che amarlo ancora di più e baciarlo con passione.

 Presente

- Elena sei tra noi.? – mi domandò Bonnie sventolandomi una mano davanti agli occhi.
- Eh.? Sisi, scusate – mi ripresi io notando che era arrivato il mio piatto.
Eravamo a pranzo insieme Caroline, Bonnie ed io, al Le Relais de Venise L'Entrecôte, un ristorantino carino proprio di fianco al mio ufficio. Solitamente cercavamo un posto più centrale e raggiungibile per tutte, ma essendo che la sottoscritta aveva davvero poco tempo quel giorno, le ragazze si erano offerte di venire nelle vicinanze dello studio.
- Non so perché, ma ho la nettata sensazione che si tratti di Damon – commentò alzando gli occhi al cielo la mia bionda amica.
- È che non capisco cos’abbia a sto giro – replicai sospirando pesantemente.
- Non dovrebbe esser un tuo problema – mi fece notare immediatamente la mora.
- Lo diventa nel momento in cui è intrattabile al lavoro e io ci devo collaborare – affermai sconsolata – Stamane è stato forse peggio delle ultime volte che aveva discusso con Stefan. Siamo andati a trovare Liv in carcere prima di pranzo, e non ha voluto nemmeno sentire la mia opinione sul fatto che c’è qualcosa che non quadra in tutta questa storia. Mi ha zittita come se fossi la prima scappata di casa con il titolo di avvocato, e questo non lo reggo – aggiunsi nervosa, quando il mio cellulare prese vita lampeggiando il nome di Damon.
- Non so perché ma mi sa che il tuo pranzo è finito – commentò Care mentre rispondevo al telefono.
- Dimmi – risposi il più distaccata possibile guardando torva la mia amica.
- Stavo pensando all’avvocato di Liv. Dopo tutto quello che ha detto lei, perché Zigan avrebbe accettato un accordo che mandava la sua cliente in prigione senza opporsi – disse il moro dall’altra parte della cornetta.
- Non capisco che importanza abbia – gli feci notare perplessa.
- Come ha trovato l’avvocato.? – replicò invece lui come se gli stesse sfuggendo qualcosa.
- Un suo amico, Bradley – dissi cercando di seguire il suo ragionamento.
- E anche lui lavora alla Morello.? – chiese come se avesse appena capito tutto.
- Si – affermai ancora lontana dal suo pensiero.
- Non credo sia un vero amico come pensa Bradly – commentò Damon con sospiro.
- Cosa vuoi che faccia.? – domandai a quel punto decisa.
- Ci penso io, ti aggiorno – proclamò invece il ragazzo e mise giù la chiamata.
- Ecco, visto.?? Tagliata fuori, di nuovo – feci notare alle ragazze poggiando il telefono sul tavolo e concentrandomi sul mio piatto, prendendo finalmente un boccone.
- Credo si tratti di Liam – esordì Bonnie procurandosi il mio sguardo su di se.
- Ma se ha saputo solo ieri dell’esistenza di Liam – dissi perplessa della sua opinione.
- E guarda caso, senza nessun apparente motivo, è da stamane che è di nuovo intrattabile e cerca di lavorare il meno possibile con te – mi fece notare Caroline.
- Il caso è quasi chiuso. Che si fotta lui, i suoi cambiamenti d’umore e pure il suo matrimonio – risposi a quel punto inacidita e chiudemmo finalmente il capitolo Damon, fino alla fine del pranzo.

Concluso con le ragazze tornai in studio, ma solo per le 17 Damon si degnò di tornare e chiamarmi nel suo ufficio.
- Quindi.? – domandai non appena varcai la porta.
- Caso chiuso – proclamò semplicemente lui – Puoi andare a far uscire la tua amica di prigione – aggiunse vittorioso.
- Come.? – chiesi a quel punto curiosa, ma anche decisamente arrabbiata per avermi messo da parte, sedendomi sul divano
- Bert Kimbol è un truffatore. Aveva dei trascorsi con Zigan, l’avvocato di Liv, e questo,  periodicamente, gli serviva delle informazioni riservate. Una volta avuta l’informazione, consegnava un bollettino diverso dagli altri, così il Trader, in questo caso la tua amica Liv, avrebbe fatto il trading senza sapere di usare un’informazione illegale – iniziò a spiegare versandosi del bourbon -in effetti, se il trading avesse suscitato sospetti, neanche l’operatore poteva accusare Bert. Liv ha commesso due errori. Il primo ha fatto un trading per più di 9 milioni di dollari, il secondo non è corsa al dipartimento di giustizia non appena le azioni sono salite alle stelle – concluse prendendo un sorso del liquido.
- Cosa succederà a Kimbol.? – domandai seria.
- È stato licenziato in tronco, e il dipartimento di giustizia si occuperà di lui – disse il moro sedendosi su una poltrona.
- Bhè immagino che ti devo ringraziare per avermi aiutata – commentai a quel punto alzandomi.
- Era un caso interessante, e ho fatto solo il mio dovere – replicò serio lui non guardandomi nemmeno.
- È per Liam.? – domandai a quel punto stralunata del suo comportamento.
- No, perché.? Sono contento di sapere di lui, dei ragazzi su Tinder, ti dai parecchio da fare – affermò il moro sarcastico alzandosi e venendo verso di me.
- Come ti permetti di parlarmi così.? – gli risposi incredula delle sue parole.
- Sei imperdonabile – commentò lui cercando severo il mio sguardo.
- Non mi pare che tra i due qui sia io a dover esser perdonata di qualsiasi cosa, bensì il contrario – gli feci notare fuori di me.
- Andiamo, il testimone del caso di Klaus.? Chi è il prossimo, il ragazzo che ci consegna la posta.? Mi hanno detto che fa sesso con chi capita, si è già passato parecchie associate del primo anno…avete molto in comune – affermò il moro con un ghigno malefico e fece per darmi le spalle, ma lo ripresi per un braccio in me che non si dica.
- Tu non puoi darmi della puttana – gli chiarì subito fissandolo dritta in quelle sue pozze di ghiaccio - Quando abbia iniziato la nostra storia, pensavo di aver trovato la persona con cui passare insieme il resto della mia vita. Tu mi hai convinta di questo, tu mi hai fatto crede che sarebbe stato così. Io ero felice, per cui gli amici, le serate al Grill e i sciocchi bisticci con Caroline non avevano importanza, perché ero felice. Sei tu che mi hai lasciata: sono passati dieci anni e ho rimesso insieme i pezzi e non devo domandare scusa per come ho deciso di riparare quello che tu hai distrutto. E non puoi darmi della puttana – gli sputai addosso furiosa, ma con le lacrime agli occhi. Mi aveva ferita.
- La nostra collaborazione, qualsiasi sintonia ci fosse tra noi… è finita, davvero – proclamò semplicemente Damon.
- Finalmente – riuscì a rispondere semplicemente io.
- Si, è finta…- ripeté il ragazzo e senza aggiungere altro uscì dal proprio ufficio lasciandomi da sola totalmente sconvolta.

Quando ripresi una minima di contegno andai a recuperare Liv.
Mi fu davvero grata di quello che avevamo fatto per lei e ci tenne a sottolineare come, anche se non aveva ancora spedito gli inviti, ero assolutamente invitata al suo matrimonio, e di informare Damon, che per quanto non facesse parte della lista iniziale, non poteva non presenziare dopo averla salvata dalla prigione.
Le sorrisi dolcemente, e le dissi che ne avremmo riparlato a tempo debito.
Ovviamente sarei andata al suo matrimonio, ma speravo sinceramente che non dovessi condividere l’aria di Damon anche in un momento così lieto.
Ero davvero furiosa e ferita. Lui si era rifatto una vita, lui si stava per sposare, e qualsiasi sentimento assurdo provasse ancora per me, non aveva nessun diritto di trattarmi come aveva fatto durante l’intera giornata, e soprattutto avrebbe dovuto avere l’intelligenza di tacere invece che darmi della poco di buono solo perché avevo una vita.
Per le 19.30 stavo per tornare a casa, quando mi accorsi di aver lasciato il mio computer in ufficio, perciò decisi di passare nuovamente dallo studio a recuperarlo.
Capì dopo, quanto fu una pessima idea.
- Elena, disturbo.? – domandò la voce di una donna che riconobbi subito come Rose, la fidanzata di Damon.
- Rose no, figurati – disse facendole cenno d’entrare in totale imbarazzo, per quanto cercassi di nasconderlo.
- Scusa, vedo che stai andando via, volevo solo chiederti se hai visto Damon.? – domandò la donna preoccupata.
- Sinceramente non lo vedo da qualche ora – commentai perplessa.
- Chiaro…e che non lo trovo e al cellulare è irraggiungibile - sospirò lei facendo per andarsene, per poi voltarsi nuovamente verso di me – C’è qualcosa che non va al lavoro.? Ha litigato con Rick o Hayley.? Lo trovi strano.? – chiese a seguire afflitta.
- Io… - tentai di risponderle, senza sapere davvero cosa dire – abbiamo lavorato su casi importanti negli ultimi mesi – tentati di improvvisare – la class action, il caso dell’azienda di Klaus e ammetto che negli ultimi giorni gli ho chiesto di occuparsi di un caso rischioso per una mia amica, forse è stato solo un periodo stressante – specificai cercando di rendermi veritiera.
- Non lo so, sai… anche a Londra era sempre immerso nei suoi casi, e soprattutto gli sono stata accanto quand’era solo un associato, il che praticamente ti rende uno schiavo del tuo stesso lavoro, credo tu lo sappia bene, ma questa volta è diverso… litiga con suo fratello, è scontroso, spesso è perso in pensieri che non riesco a leggere come facevo una volta – iniziò a raccontarmi - so che vi conoscete da anni, speravo che magari … non so nemmeno io – si sfogò la mora e io mi sentì tremendamente colpa. Perché per quanto facessi finta di niente, la sfuriata di prima, era esattamente la prova che fosse colpa mia tutta quella situazione, colpa nostra.
- Damon e io… non ci siamo parlati per anni e sinceramente al momento le nostre argomentazioni sono più che altro lavorative, ma… proverò a parlargli se può aiutarti – provai a rassicurarla in modo pessimo.
- Grazie – mi disse sinceramente grata lei facendomi sentire ancora più uno schifo.
- Non c’è di che – affermai con un sorriso tirato e la vidi lasciare il mio ufficio.
Quella situazione era davvero una merda.

Credo che da sola non riuscissi a darmi una spiegazione sul perché diamine fossi lì.
Sensi di colpa, probabilmente. Masochismo, al 100%. Fatto sta che ero lì, sulla Amsterdam Ave, tra la 81° e la 82° strada davanti al The Dead Poet, nell’Upper West Side, un piccolo pub irlandese, dove potevi ubriacarti tra ottime birre e buoni cocktail, leggendo dell’interessante letteratura.
Quando Damon partì per la Columbia, mi parlò spesso di questo posto, mi ci portò pure qualche volta quando venivo a trovarlo per il week end. Diceva che era il suo posto preferito di New York quando voleva staccare la testa e fuggire dai suoi pensieri. Veniva qui, sceglieva un libro e chiedeva il loro miglior Whiskey, per poi sedersi alla seduta più infondo del bancone, dove la ricezione del telefono era talmente pessima da poter evitare di dover rispondere al telefono.
Non appena varcai le porte del bar, lo trovai esattamente lì dove avevo immaginato.
Salutai il barista, che incredibilmente mi riconobbe dopo tutti quegli anni, e senza indugi mi sedetti accanto a Damon.
- Vattene – commentò semplicemente il ragazzo.
- Rose ti cercava in ufficio, è preoccupata, torna a casa – replicai senza neanche fissarlo, ma facendo cenno al cameriere di turno di ordinarmi la stessa cosa che stava bevendo il moro.
- Sei l’ultima persona che mi può parlare di Rose – rispose lui inacidito prendendo un sorso dal suo bicchiere.
- Vero, ma la tua futura moglie mi ha chiesto di capire cosa avevi, perché secondo lei magari con me ti saresti confidato, e io dovuto mentirle in faccia, dicendole che non sapevo del perché di tutti questi tuoi comportamenti e che avrei tentato di aiutarla, quindi il minimo che io possa fare e tirarti fuori da questo bar e spedirti a casa – proclamai autoritaria cercando il suo sguardo, ma Damon non era intenzionato a guardarmi.
- Non parlerò di Rose con te – sospirò lui come se non avesse sentito un parola di tutto il mio discorso.
- E io non ho la minima intenzione di chiederti di farlo, ma porca puttana Damon, sono giorni che passai dall’essere gentile al comportarti come se io non esistessi, per poi tornare amichevole e finirmi per insultare dandomi della puttana. Pensi di non ferirmi.? Sei troppo intelligente per crederlo, ma purtroppo comportandoti così da stronzo non ferisci solo me o te stesso, ferisci anche Rose – gli feci notare togliendogli dalle mani il bicchiere di whiskey su cui era concentrato piuttosto che ascoltarmi.
- Io sono uno stronzo, tu mi odi, la terra è tornata sul suo asse – proclamò lui degnandomi finalmente di uno sguardo e riprendendosi il suo liquido ambrato.
- Fosse così semplice, non sarei qui – gli risposi quasi con un sussurro abbassando lo sguardo.
- Che cosa vuoi da me Elena.? – domandò a quel punto lui spiazzandomi – Prima mi odi, poi no, poi si…Mi dici che non possiamo lavorare insieme, poi accetti, poi ci tiriamo entrambi indietro, poi torni, però esci con altri e mi chiedi di chiarire con la mia fidanzata. Tu, tra tutte le persone tu – mi fece notare stralunato il ragazzo e io onestamente non sapevo cosa rispondergli.
- Non lo so Damon, ok.? Non ho la più pallida idea di cosa io voglia da te o perché io sia qui. Forse per i sensi di colpa nel vedere Rose così affranta, forse perché volenti o nolenti negli ultimi mesi siamo stati una squadra o forse per il semplice fatto che, nonostante tutto, io ci tenga a te – gli urlai a quel punto contro, facendo cadere l’attenzione del barista e alcuni clienti su di me – io me ne torno a casa – aggiunsi infine abbassando i toni e mi alzai dalla sedia.
- Non ti meritavi solo una chiamata – proclamò Damon richiamandomi nel momento in cui stavo andando via – Non ti meritavi niente di quello che è successo, mi dispiace – continuò e io persi un battito. Mi stava chiedendo scusa, dopo dieci anni di silenzio e settimane a lavorare insieme, finalmente mi aveva chiesto scusa.
- Grazie – commentai io persa nei suoi occhi – torna a casa – dissi a seguire addolcendo i toni, per poi riprendere il controllo di me stessa e finalmente andarmene da li.
Ero sconvolta, ma purtroppo non era una novità quando si trattava di Damon.
La speranza era che dopo quell’ennesimo scontro finalmente avessimo chiuso, ma infondo sapevo che non era la verità.
Feci per tornare a casa, ma ero troppo consapevole che stare da sola a rimuginare su quello che era successo in quella giornata non mi avrebbe fatta stare meglio, quindi decisi semplicemente di chiamare Liam e chiedergli se potevo raggiungerlo a casa sua.
- All’aver tirato fuori dai guai la tua amica – affermò il ragazzo a modi brindisi alzando il suo calice.
- Alla chiusura del caso – replicai facendo tintinnare i nostri bicchieri.
- Bhè, dicevi che era un caso difficile, eppure ci avete messo meno del solito – mi fece notare il moro prendendo un sorso del suo vino.
- Era una situazione particolare. Liv era già stata condannata di per se, quindi abbiamo potuto lavorare più liberamente per ottenere le informazioni che ci servivano. Nessuna difesa da preparare, nessun giudice o giuria da convincere, dovevamo trovare solo le prove giuste – gli spiegai gentile.
- Eppure non hai lo sguardo di chi ha tirato fuori dai guai un’amica – commentò lui guardandomi preoccupato.
- Sono solo stanca – inventai – come hai fatto notare, ce la siamo cavata in pochi giorni, ma questo ha voluto dire una costante concentrazione – aggiunsi in modo da far sembrare la mia scusa realistica.
- Sai, dovresti prenderti una pausa – disse lui accarezzandomi dolcemente il volto.
- Probabile, ma almeno fino a giugno non se ne parla di vacanze – risposi io prendendo un sorso del mio vino.
- Capisco, sono nella tua stessa barca, ma sai esistono anche i week end – mi fece notare lui sorridente.
- È una proposta.? – replicai maliziosa.
- Venerdì prossimo, finisci di lavorare, ti passo a prendere e ce ne andiamo da qualche parte – mi propose sorridente.
-Sarebbe bello, ma venerdì direi che è impossibile. Come lo chiama Lexi, venerdì c’è l’evento dell’anno dello studio – raccontai ricordandomi l’euforia della ragazza – pensa ci sarà anche Care, sarebbe carino se venissi, così ti presento almeno una delle mie amiche – aggiunsi pensando al fatto che, essendo un party per i soci dello studio e i loro clienti, sicuramente Caroline avrebbe accompagnato Klaus all’evento.
- Andata, il prossimo venerdì ti accompagno a questa festa, ma quello dopo ancora ti rapisco per andare da qualche parte – proclamò Liam fiero del suo piano.
- Suono come un progetto – commentai dolcemente.
- Perché lo è – rispose immediatamente lui rubandomi un bacio, e finalmente, dopo quell’estuante giornata, mi sentì finalmente un po’ in pace con il mondo.

Buongiorno Mondo.!!
Si, lo so, avrei dovuto pubblicare ieri, ma quando decidi di cambiare lavoro da un giorno all'altro, tutto d'un tratto le tue giornate possono diventare davvero impegnative hehehhe comunque, sono riuscita finalmene a riprendere fiato ed eccomi qui con questo nuovo capitoletto bello denso di scontri.
Si, perché alla fine della fiera è quello che continuato a fare i nostri Delena, scontrarsi su argomentazioni senza senso che però portano a galla continuamente i sentimenti che provano l'uno verso l'altro. E sono entrambi maledettamente confusi su come gestire la situazione. Damon arriva addirittura a intrommettersi nella vita privata di Elena, cosa su cui non ha nessun diritto di parola, ma non riesce a non farlo. Elena d'altro canto è estenuata da questta situazione che non sa più come gestire, o più che altro non sa gestire il maggiore dei nostri Salvatore.
Come avevamo visto anche nel precedente episodio, il ragazzo non fa che avvicinarsi e allontanarsi. Urlare dietro e chidere scusa, e tutto questo diventa difficile.
Per non parlare che i suoi comportamente oramainon riguardano solo Elena, ma anche Rose, non che sua futura mogie, inizia a intuire che ci sia palesemente qualcosa che non va, tanto da chiedere aiuto in modo ingenuo alla stessa Elena.
In tutto ciò c'è anche Liam, che vive spensierato la sua relazione con la nostra Gilbert, non capendo una beata fava di quello che succede e facendo progetti ahahha 
Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto e sabato sarò qui a pubblicare (on time prometto).
Grazie come al solito a chi mi leggere e alla prossima
Baci
A.

PS. più scene e citazioni sono state riprese da TVD, mentre lo scontro "non puoi darmi della puttana" è liberamente tratto dalla seconda stagione di Grey's Anatomy.

 

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Capitolo 12
*** 11. The Ball ***


11. The Ball

6 maggio 2008, Casa Salvatore, camera di Damon, Mystic Falls

Se c’era una cosa, che nonostante fossero oramai una coppia consolidata, non avevano smesso di fare Damon ed Elena, erano le ripetizioni di fisica. Loro due potevano amarsi, ma l’amore della mora per la materia continuava a esser inesistente.
Così ogni mercoledì, come accadeva da mesi, Elena si rifugiava in camera di Damon solo ed esclusivamente per studiare.
- Ok, direi che è il momento dell’interrogazione – proclamò il ragazzo chiudendo il libro della fidanzata.
- Ma non abbiamo ancora finito di ripassare l’ultimo capitolo – gli fece notare in disaccordo lei.
- Meglio, ti farò domande solo sui primi tre capitoli, così non potrai usare la scusa che hai assimilato troppe nozioni in una volta per ricordartele tutte – commentò lui divertito.
Elena sbuffò, e come sua consuetudine si alzò dal letto e si posizionò in piedi al centro della stanza.
- Vai – disse lei sicura di se.
- La temperatura di ebollizione dell'acqua a 3000 metri di altitudine rispetto a quella del livello del mare è maggiore, minore o uguale.? – iniziò a interrogarla il moro.
- Minore – affermò la ragazza. Questo quesito era semplice anche per lei.
- Perfetto, andiamo avanti. L'isotopo carbonio-14 (14C) ha una semivita di 5760 anni. Dopo 17.280 anni la sua radioattività iniziale sarà ridotta a quanto.? – continuò con le domande lui.
- Dovrebbe esser un ottavo – rispose tentennante Elena.
- Giusto, stai andando bene visto.? – la rassicurò il ragazzo.
- Si bhè, vediamo le prossime domande – lo spronò la mora.
- Cosa afferma la prima legge di Newton.? -le domandò quindi il moro.
- Che un corpo non soggetto a forze esterne permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme – replicò la ragazza sicura di se, oramai totalmente immersa nella materia.
- Ottimo, passiamo alla prossimo quesito: tra poco più di due settimane ci sarà il ballo di fine anno per i Junior e i Senior della scuola. Mi faresti l’onore di essere la mia accompagnatrice.? – le chiese lui serio, come se ancora stessero parlando di fisica.
- Come scusa.? – domandò cascando giù dal pero la mora.
- Ho chiesto se mi faresti l’onore di venire al ballo con me – le ripeté Damon, divertito dalla reazione della ragazza.
- Tu odi i balli – gli fece notare subito lei, ancora fissa in piedi davanti al letto.
- Si bhè, ma questo è il mio ultimo anno, e so che per una ragazza è importante…- iniziò a spiegare lui con non chalance, quando non poté più finire la frase, essendo che Elena si era finalmente smossa dalla sua postazione, per fiondarsi su di lui e le sue labbra.
- Lo devo prendere come un si.? – domandò a quel punto il ragazzo ridente non appena la mora si stacco da lui.
- Prendilo come un gigantesco si – specificò lei con il sorriso più bello che lui le avesse mai visto.

Presente

- Comunque non è giusto, entro l’anno prossimo convinco Enzo a cambiare il suo studio Legale, così anch’io potrò venire al vostro evento – commentò Bonnie seduta sul mio letto.
- Io te l’ho detto di imbucarti lo stesso, avrei detto che sei tu il mio più uno – le feci notare divertita.
Era finalmente arrivata la serata della grande festa annuale dello studio. Liam sarebbe passato a prendermi in mezz’ora, mentre io finivo di prepararmi in compagnia di Bonnie.
Erano state giornate tranquille, fatte di lavoro e serate a cena con i miei amici o con Liam.
Damon e io avevamo smesso ufficialmente di rivolgerci parola, e caso volle che Wesley Maxfield, socio senior dello studio, aveva richiesto a Rick ed Hayley di poter sfruttarmi come associata per un caso complesso che gli era capitato tra le mani, essendo che il suo associato era a casa con una brutta bronchite, e lui voleva qualcuno di sveglio al suo fianco.
Insomma, stava andando tutto bene, per così dire.
- Lo so, lo so, ma mi sarebbe spiaciuto per Liam. Infondo vi frequentate da settimane, mi sembra giusto che sia lui ad accompagnarti – rispose con un sospiro la ragazza.
- Vero, ma non preoccuparti, rimarrai sempre la mia spalla numero uno per questi eventi – la presi in giro mentre uscivo dalla cabina armadio – che ne dici.? – domandai a seguire mostrandomi finalmente pronta.
- Dio mio sei un incanto – commentò entusiasta la mora.
- Per fortuna, con quel che mi è costato questo Versace – risposi divertita. Era un abito azzurro, con dei ricami sul corsetto che variavano dal blu all’argento. La parte superiore sembrava quasi mi fosse disegnata addosso, mentre la gonna scendeva morbida, con tanto di spacco laterale e strascico.
- Secondo me, più di una persona si sentirà male a vederti così – disse d’un tratto la ragazza destandomi dal guardarmi allo specchio.
- Smettila – la ripresi subito, sapendo a chi si stesse riferendo – ci sarà anche la sua fidanzata – aggiunsi con un pesante sospiro. Avevo intravisto Rose qualche giorno prima in ufficio. Fortunatamente ero di fretta, quindi non mi ero potuto fermare a parlare, ma quel “grazie” detto sorridente, come a farmi capire che Damon fosse tornato a esser il suo fidanzato ideale, mi aveva ucciso.
Fortunatamente il mio telefono iniziò a squillare chiudendo i discorsi, e in poco più di 5 minuti ero giù a incontrare Liam. La macchina di servizio era già pronta ad aspettarci e per le 18.30 in punto ci ritrovammo davanti all’ingresso dell’esclusivo Equinox Hotel Hudson Yards.
Seguimmo le indicazioni e in men che non si dica eravamo nella sala dell’evento. Il posto era già gremito di persone.
- Te l’ho già detto che sei bellissima.? – mi chiese gentile Liam rubandomi un bacio sulla guancia.
- Si, ma puoi ripeterlo quanto vuoi – risposi divertita io, quando, nemmeno a farlo apposta, esattamente a pochi passi da me, non potei che incrociare lo sguardo di Damon. Era di ghiaccio.
- Elena eccoti – mi destò Caroline apparendo dal nulla.
- Ciao Care – la salutai con un abbraccio.
- Tu devi essere il famoso Liam – proclamò la ragazza distaccandosi da me e porgendoli la mano.
- E tu l’inimitabile Caroline – affermò lui stringendogliela.
- Vedo che Elena ti ha addestrato bene su come far colpo sulle sue amiche – lo prese in giro lei sorridente.
- Volevo fargli fare bella figura – mi aggiunsi al suo scherzare – Il tuo splendido fidanzato dov’è invece.? – domandai poi cercando Klaus tra la folla.
- Al bancone a recuperare qualcosa di più forte dello champagne – spiegò lei alzando gli occhi al cielo.
- Credo che seguirò l’esempio del mio capo – commentò Liam – mi accompagni.? – aggiunse poi gentile rivolgendosi a me, e non potei che acconsentire, soprattutto per scappare dallo sguardo di Damon che non dava cenno di smetterla di esser rivolto sulla sottoscritta. Lo sentivo dentro.

Una volta al bancone del bar, mentre sorseggiavo dell’ottimo champagne, ebbi modo di scambiare quattro chiacchiere con Hayley e Alaric, congratulandomi per la magnifica festa che avevano organizzato e conobbi ufficialmente anche Jo, la fidanzata di Rick ed Elijah Mikealson, marito di Hayley e soprattutto fratello di Klaus.
Era una serata davvero interessante. Ebbi l’opportunità di conoscere e parlare con alcuni dei nostri maggior clienti, mi divertì con Lexi e Care, le quali finalmente riuscì a far conoscere, a commentare alcuni degli abiti che ci sfilarono davanti e soprattutto per la maggior parte del tempo mi tenni lontano dalla coppia Damon/Rose.
Non volevo fare la maleducata con la fidanzata della mio ex, soprattutto perché sembrava davvero una donna squisita, ma se volevo superare indenne la serata, era la miglior cosa che potessi fare.
I guai iniziarono a metà serata, non troppo tempo prima del discorso dei soci titolari, quando Liam mi trascinò a ballare.
- Che ne dici Miami.? – mi domandò d’un tratto Liam mentre ondeggiavamo sulla pista.
- Per cosa.? – replicai non capendo a cosa si riferisse.
- Per la nostra fuga romantica. Il nostro progetto – mi spiegò lui dolcemente.
- Il nostro progetto – ripetei sorridendo alle sue parole.
- Già… sai io non sono mai stato uno romantico o pianificatore, ma adesso guardandoti…cavoli, mi vengo in mente tanti di quei progetti – mi iniziò a raccontare sognante lui – Non ti spaventare – aggiunse a seguire preoccupato.
- No, per niente – replicai invece guardandolo amorevole io. Infondo era una cosa bella. Conoscere qualcuno, uscirci, pianificare il futuro. Io lo volevo.
- Davvero.? – mi chiese incredulo e felice lui.
- No, tu hai dei progetti – gli risposi sorridendo sincera guardandolo negli occhi.
- Ho dei progetti – ripeté lui allegro, per poi stringermi a se maggiormente e lì fu l’inizio della fine.
Alzai lo sguardo, come se mi sentissi osservata, e ovviamente ci avevo visto giusto. Qualche coppia più là, in mezzo alla pista, Damon ballava abbracciato a Rose, ma nonostante questo i suoi occhi di ghiaccio era puntati su di me, come se volessero sapere, come se volessero capire, perché io ero li in mezzo la pista, a sorridere con un ragazzo, come se nulla fosse.
Fu in quel momento che capì. Erano belle e rincuoranti le parole di Liam. Erano tutto ciò che avrei desiderato per il mio futuro, ma avevano il grande difetto di esser state pronunciate dalla persona sbagliata.
- Hej, stai bene.? – mi domandò preoccupato Liam quando d’un tratto mi distaccai da lui.
- Si, è che…è che fa caldo, mi manca l’aria – iniziai ad annaspare – Io vado a darmi una rifrescata al viso, torno subito – aggiunsi poi sinceramente in difficoltà.
- Ti accompagno – si propose gentile lui.
- Tranquillo, faccio da sola – replicai immediatamente, e in men che non si dica corsi via dalla pista da ballo e dal salone principale dell’evento.
Fui incredula quando sentì dei passi poco distanti da me che mi seguivano, ma lo fui ancora di più quando il mio inseguitore tentò perfino di fermarmi.
- Elena – mi richiamò Damon, seguendomi per i corridoi.
- Lasciami in pace – replicai immediatamente entrando nella prima porta aperta che trovai, per ritrovarmi in una stanza che aveva l’aria di sembrare una classica sala congressi d’Hotel.
- Elena…- mi richiamò nuovamente il moro seguendomi nella sala.
- Voglio stare da sola... – affermai sospirando pesantemente.
- Volevo sapere se stai bene.. – disse lui, come se fosse una cosa normale. Come se avessimo un rapporto per il quale poteva preoccuparsi me.
- No, non sto per niente bene... – iniziai a inveire a quel punto - Ok?! Sei soddisfatto? Io non sto bene, perché tu ti stai per sposare e mi hai dato della puttana! Abbiamo deciso di non lavorare più insieme e tu non fai che guardarmi... Smettila di guardarmi! – gli urlai ancora.
- Io non ti guardo... Non è vero che ti guardo... – commentò lui come se stesse cercando di autoconvincersi.
- Tu non fai che guardarmi, non fai che osservarmi – li feci notare fuori di me - e Liam ha dei progetti e a me piace Liam, è perfetto per me... Io sto provando davvero ad essere felice, ma non posso respirare, non posso respirare, se tu mi guardi in quel modo, quindi smettila... – dissi oramai quasi con toni supplichevoli, come a chiedergli di lasciarmi libera dal suo fantasma.
- Tu credi che io lo faccia apposta.? – mi domandò a quel punto retorico, ma con toni arrabbiati Damon - Credi che non preferirei guardare la mia fidanzata? Io sto per sposarmi, ho delle responsabilità, ma lei non mi fa perdere il controllo. Non mi rende impossibile tutto quello che faccio! Non mi fa venire il mal di stomaco se penso che un tipo che è stato nostro testimone l'ha sfiorata con le sue mani!!! Io farei qualsiasi cosa, per non guardarti più... – confessò estenuato a pochi centimetri dal mio viso.
- Se solo non avessimo scelto tutti e due lo stesso studio, se solo il destino… – sussurrai cercando una qualsivoglia soluzione a quella situazione facendo un passo indietro da lui e abbassando lo sguardo.
- Smettila Elena.! – mi riprese lui - Ti ho appena confessato che mi fai impazzire, che vorrei fossi solo mia, che non riesco a provare lo stesso per la donna che dovrei sposare, e tu cerchi d’incolpare il fato.! – commentò incredulo.
- Vuoi che incolpi te.? Facile, ecco. Hai sbagliato Damon, di nuovo – proclami nuovamente fuori di me.
- Grazie – rispose lui allargando le braccia.
- Mi hai messa nella posizione ti farti entrare nella mia vita, di nuovo – iniziai a urlarli contro spintonandolo - Di dover starti vicino, di nuovo. Mi hai chiesto di lavorare con te, di rinnegare e farmi passare tutto l’odio che avevo nei tuoi confronti per ritrovarmi a volerti accanto, di nuovo. Perché la verità è che ancora ti amo – confessai incredula delle mie stesse parole.
- E allora smetti di amarmi.! – sbraitò lui, come se fossi solo io il problema.
- Non ci riesco – replicai sempre più furiosa – Pensi che non lo desideri.? Pensi che tutto l’odio riversato nei tuoi confronti per 10 dannati anni non fosse per dimenticarti.? – domandai poi calmando i toni guardandolo fissa negli occhi.
Nessuno dei due inizialmente ruppe quello scambio di sguardi, ma dopo le mie parole calò incredibilmente il silenzio. Mi diede da pensare che era arrivato finalmente il momento per andarmene, ma giusto quando decisi di dargli le spalle e fuggire da quella situazione, Damon mi prese per un braccio, mi rigirò a se, e con tutta la foga del mondo mi baciò.
Non so come descrivere quel bacio.
Rabbia, amore, passione, odio, rancore, rimorso… quel bacio era tutto quello e forse anche di più, ma giusto quando ci stavamo per spingere oltre, ritornai in me.
Mi staccai bruscamente, gli tirai uno schiaffo ben piazzato e scappai via da quella maledetta sala.
Mi rifugiai inizialmente in bagno, per cercare di ridarmi un tono e sistemarmi velocemente, e dopo di che tornai all’evento come se nulla fosse alla ricerca di Liam.
Ovviamente nulla andò secondo i piani: non appena misi piede nel salone principale venni intercetta dall’ultima persona al mondo alla quale avrei voluto rivolgere parola in quel momento.
- Elena scusa, ho visto che arrivavi dai bagni, hai visto per caso Damon.? – mi domandò gentile braccandomi Rose.
- No, mi spiace – risposi frettolosamente – magari è già uscito e si sarà diretto a prendere un bourbon al bancone – ipotizzai falsamente su due piedi – ora scusa, devo raggiungere il mio fidanzato – aggiunsi indicando Liam che distava poco più avanti in compagnia di Care, Lexi e Klaus.
Mi dileguai più velocemente possibile dalla donna e raggiunsi tesa come una corda di violino i miei amici, giusto in tempo per vedere Hayley e Alaric salire sul piccolo palco allestito infondo alla sala, per fare il loro discorso.
- Eccoti, pensavo fossi stata rapita in quei bagni – esordì Liam non appena gli fui vicina.
- Si scusa, ho incontrato una cliente e ci siamo fermate a chiacchierare – mentì spudoratamente, cosa a cui lui credette facilmente, ma non Caroline ovviamente.
- Te la posso rubare un’istante.? – domandò lei gentile con il sorriso più finto che le potesse uscire, e senza aspettare risposta, mi trascinò poco più avanti.
- Dove diamine eri.? – m’interrogò immediatamente lei.
- In bagno – replicai veloce.
- Elena non prendermi in giro, sei sparita quasi venti minuti fa, e caso vuole che pure Rose vagava da sola per la sala senza il suo accompagnatore – mi fece notare immediatamente.
- Ok, è successo un casino, ma ne parliamo dopo – tagliai corto con lo sguardo totalmente in panico.
- Elena – mi riprese severa la bionda.
- Care, davvero, dopo, giuro – la supplicai.
La ragazza acconsentì suo malgrado e dopo pochi istanti eravamo di nuovo in presenza dei nostri ragazzi ad ascoltare le parole dei soci titolari.
Sorridevo, ero aggrappata al braccio di Liam come se nulla fosse, ma dentro stavo urlando.
Damon aveva confessato di volermi sua. Io gli avevo gridato di amarlo e di non essere capace di smettere. Lui mi aveva baciata.
Tutto quello era troppo.
Quando sentì gli applausi che sancivano la fine delle parole di Rick e Hayley, finsi di non sentirmi bene. Mi scusai con Liam, ma gli raccontai che avevo davvero bisogno di tornare a casa e Caroline colse la palla al balzo proponendosi di riaccompagnarmi lei.
Ovviamente il ragazzo fu stranito di tale comportamento, ma fortunatamente Klaus aveva intuito che ci fosse qualcosa che non andava, quindi decise di intromettersi nella conversazione e convincere Liam di rimanere alla festa in sua compagnia, anche per parlare di lavoro e dei suoi obbiettivi nell’azienda gestita dai Mikealson.
Non chiamai nemmeno l’auto di servizio, prendemmo direttamente il primo Taxi sotto l’hotel e in men che non si dica eravamo al mio appartamento.
Ero sconvolta e non spiaccicai parola per tutto il tragitto.
Solo quando arrivammo a casa, e togliemmo entrambe quei maledetti tacchi, iniziai a raccontare tutto quello che era successo a Care, seduta sul divano davanti a una bottiglia di vodka.
Quella sera il vino non sarebbe bastato.
- Elena cosa vuol dire tutto questo.? – mi domandò, quando finì di parlare, la bionda.
- Si sta per sposare Care. Non ha mai parlato di lasciare la sua fidanzata. Ha solo detto che mi vuole, che lo faccio uscire di testa, ma non ha mai detto di voler scegliere me – gli feci notare prendendo un sorso dalla bottiglia. Quella cosa era maledettamente forte e disgustosa, ma avevo bisogno di annebbiare i miei pensieri.
- Posso esser sincera.? – mi chiese a quel punto lei.
- Come se non lo fossi mai – replicai con sarcasmo. Si potevano dire tante cose di Caroline, ma non che non ti dicesse qualsiasi cosa le passasse per la testa.
- Io non sono mai stata fan di Damon, ok.? Credo che questo lo sappiano anche i muri di qualsiasi città dello stato in cui noi siamo passate. Non mi è mai piaciuto, ma l’ho accettato quando stavate insieme e ho iniziato a odiarlo con tutta me stessa quando ti ha spezzato il cuore e ha ferito Bonnie – iniziò a spiegarmi la ragazza.
- Care, non vorrei dire, ma non mi stai dicendo nulla di nuovo o che mi faccia sentire meglio – la interruppi, procurandomi un suo sguardo severo.
- Era un preambolo, non è questo il punto – riprese parola – Stavo dicendo, io non l’ho mai apprezzato, ma ho sempre invidiato il modo in cui lui ti guardava. Era qualcosa di indescrivibile e carico di un amore inimmaginabile. Quando lui ti ha lasciato, tu hai deciso di odiarlo, e forse a una certa il tuo odio era anche veritiero, ma non hai smesso di amarlo. Non sei più riuscita ad avere una relazione stabile dopo di lui, eppure sei uscita con ragazzi di tutti i generi, ma bastavano poche settimane perché tu ti stufassi e andassi oltre. Ora c’è Liam, e io credo davvero sia un ragazzo per bene, ma credo anche che l’unica motivazione per cui stia durando sia per avere una scappatoia da Damon e questo non è giusto. Ne per lui, ne tanto meno per te – continuò a spiegare la mia amica, ma io ero mi ero totalmente persa nel suo discorso.
- Cosa stai cercando di dirmi.? – le domandai a quel punto totalmente confusa.
- Ho rivisto Damon per la prima volta dopo dieci anni il giorno del compleanno di Enzo al The River. Era una situazione assurda e imbarazzante, ma lui aveva ancora quello stesso maledetto sguardo – affermò prendendomi la mano – e tu Elena, dopo dieci anni stai bevendo una bottiglia di vodka per colpa sua, in un vestito da migliaia di dollari. Questo vuol dire solo una cosa – continuò addolcendo i suoi toni.
- Cosa Caroline.? – le domandai oramai esasperata da quel monologo.e
- Sarà la prima ed ultima volta che te lo dico, ma che sia chiaro Elena, smettila di fingere che tutta questa situazione ti stia bene e che tu sia in grado di gestirla e accettarla: fai saltare queste maledette nozze – proclamò seria, per poi rubarmi la bottiglia dalle mani e prenderne un gigantesco sorso.

Buongiorno bella gente..!!
Eccommi qui con questo nuovo capitolo bello bomba, anche se ve lo dico già, il meglio deve ancora venire.
Allora partiamo dal principio. Il tempo passa ed eccoci all'evento annuale dello studio. Tutto molto bello e interessante, ma i nostri Delena, che hanno "finalmente" smesso di parlarsi da dopo l'ultimo caso, sono comunque ancora in balia di loro stessi e delle loro emozioni.
Quindi, nonostante Elena stia cercando di andare avanti con la sua vita e con Liam, che poverino è davvero preso dalla ragazza, tanto da fare dei progetti con lei e per lei, la nostra Gilbert non riesce a ignorare totalmente Damon, il quale sicuramente non l'aiuta fissandola per tutta la festa. Ed ecco che scoppia il putiferio.
Loro due, da soli in una stanza, a urlarsi di tutto, di quando si odiano e di quanto si vogliono. Elena confessa per la prima volta addirittura di non averlo mai smesso di amare e ...si baciano. Sarebbe potuto accadere di più.? Sicuramente, ma la mora rinsavisce e capisce che tutto questo è una situazione sbagliata.
Corre via, cerca di far finta di niente, ma ovviamente Caroline non ci casca, e decide, una volta andate via dalla festa di non solo ascoltare l'amica, ma a spronarla di prendere in mano la situazione e far saltare le nozze.?
Che dite, la nostra Gilbert deciderà di prendere questa assurda decisione.? E Damon, dopo tutto quello che ha detto, e dopo aver baciato Elena, continuerà imperterrito a organizzare il suo matrimonio.?
Ne vedremo delle belle.!!
Ora però vi lascio, sperando che il capitolo vi sia piaciuto, e vi aspetto martedì <3
Un grosso bacio 
A.

PS. la scena del ballo è stata bellamente ripresa dall'ultimo episodio della 2° stagione di Grey's... se non si fosse capito ultimamente ho fatto un po' di rewatch ahahhaha


 

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Capitolo 13
*** 12. Home ***


12. Home

4 Luglio 2009, Casa Salvatore, Mystic Falls

L’Independence Day era una delle feste preferite di Elena.
Innanzitutto era d’estate e questo faceva si che i Gilbert e i Salvatore si organizzassero come sempre per una splendida grigliata in giardino, le temperature erano meravigliose fino a tarda notte e soprattutto, la sera c’erano i fuochi d’artificio, ed Elena amava i fuochi d’artificio.
La giornata passò in fretta, tra quelle risate di famiglia, scherzi, brindisi, cibo, e come tradizione, per le 21 circa, entrambe le famiglie si spostarono alla piazza principale della città per godersi gli spettacoli pirotecnici insieme al resto degli abitanti.
- Sembri una bambina – scherzò Damon mentre stringeva da dietro Elena. La ragazza infatti, aveva il volto rivolto verso il cielo e guardava estasiata le luci che apparivano e scomparivano davanti ai suoi occhi.
- Lo so, ma tu mi ami anche per questo – affermò lei sorridente rubandogli un bacio.
- Le cose saranno terribilmente noiose senza di te a New York – sospirò a quel punto il moro, attirando l’attenzione della propria fidanzata, che prontamente si girò verso di lui legandogli le braccia dietro al collo.
- E invece no Damon… la cosa non funzionerà se ti chiuderai in te – lo riprese dolcemente lei – ho bisogno che tu viva la tua vita, che ti diverta. Voglio che tu sia felice – aggiunse accarezzandogli il volto – e poi almeno un week end al mese ho già ottenuto il permesso dai miei per venirti a trovare – continuò sorridente.
- E quando non verrai tu, cercherò di scendere io, e tornerò per ogni festa – le promise il ragazzo guardandola in quei suoi occhioni da bambi.
- Visto.? Andrà tutto bene – proclamò rubandogli l’ennesimo bacio.
- Vero, ma abbiamo ancora tempo e io ho un’idea – esordì lui prendendola per un braccio e trascinandola via dalla piazza.
- Damon, ma che fai.? – domandò a quel punto divertita lei seguendolo comunque nella sua pazzia.
- Andiamo a New York – la spiazzò lui fermandosi davanti alla sua Camaro.
- Cosa.? Adesso.? – replicò incredula lei.
- Si, così quando sarò lì senza di te, passerò nei luoghi dove siamo stati insieme e ti sentirò più vicina – le spiegò lui con il suo solito ghigno.
- I miei ci uccideranno – lo fece ragionare lei per quanto l’idea l’allettasse.
- Si, ma se sono io il rapitore, dopo un mazzo di Calle tua madre ci perdonerà facilmente – la spronò Damon. La verità era che aveva già programmato tutto da giorni, e che la famiglia Gilbert sapeva benissimo che sarebbero partiti quella sera, ma far credere ad Elena che era una fuga era decisamente più divertente.
- Ok, andiamo – affermò a quel punto la mora, e senza altre esitazioni salì finalmente in macchina

Presente

Fu un insistente bussare alla porta a farmi svegliare di soprassalto.
La testa mi stava scoppiando e ci misi qualche secondo per capire la situazione.
Care era tornata a casa per mezzanotte e mezza e io mi ero giusto messa un pigiama per poi buttarmi a letto decisamente ubriaca. Era stata una serata assurda e non sapevo più se mi avesse più sconvolto il bacio di Damon o l’idea di Caroline di far saltare le nozze, la vodka non mi faceva ragionare a meglio.
Ma il punto era, che ero sveglia, alle 3 del mattino, perché qualcuno aveva deciso di buttare giù la porta del mio appartamento a suon di pugni.
Mi alzai come uno zombie dal letto, ma ad ogni passo che facevo, la rabbia nei confronti di chi stesse facendo tutto quel casino pervadeva sempre di più. Avrei potuto uccidere chiunque mi si fosse parato davanti, ma una volta aperta la porta, dovetti ammettere che la mia reazione fu alla fine solo di grande stupore e confusione quando mi ritrovai davanti Damon.
- Ma dico ti è andato di volta il cervello.? – gli domandai tre toni sopra le righe, ma pur sempre stupita di avercelo di fronte.
- Probabile, o non sarei qua – affermò lui come se niente fosse per entrare nel mio appartamento.
- Damon, seriamente cosa sta succedendo, sono le tre del mattino e questo è l’ultimo posto in cui dovresti essere – gli fece notare perplessa chiudendo la porta dietro di me – ma soprattutto come diamine sai dove abito.? – gli chiesi a seguire sempre più confusa.
- Te le spiegherò nel tragitto, prepara la valigia – rispose semplicemente lui come se nulla fosse.
- Ma che cazzo stai dicendo.? – replicai estenuata da quel suo comportamento no sense.
- Ascolta, ci siamo baciati ok.? Io sto per sposarmi, tu a quanto pare sei fidanzata, ma ci siamo baciati – iniziò quindi a spiegarmi lui – io non ci sto capendo più niente, ho bisogno di cambiare aria e tu verrai con me – proclamò come se fosse scontato che io lo assecondassi.
- Damon non puoi piombare a casa mia in piena notte e decidere che stiamo partendo – gli feci notare incredula – e a Rose cosa hai detto.? E a Liam cosa dovrei dire.? Ma poi, dove vorresti andare.? Tutto questo non ha senso – continuai a parlare con tanto di risata isterica. Mi stava scoppiando la testa.
- Elena, niente ha più senso da quando ti ho rivisto in studio quella mattina. Niente – disse lui aprendo le braccia esasperato e facendo calare il silenzio tra di noi.
Aveva ragione. Aveva maledettamente ragione. E allora perché non rischiare, fare qualcosa di altrettanto stupido e senza scopo come prendere e partire.?
- Ok, fammi solo metter via qualcosa e prendere un’aspirina – proclamai a quel punto io, e senza aspettare risposta o vedere la sua reazione andai in camera a prendere la valigia.
Sinceramente non avevo la più pallida idea di cosa stessi facendo. Probabilmente la stanchezza e l’alcol erano la causa principale per il quale effettivamente mi stavo preparando per partire, ma zittì le voci nella mia testa e buttai in valigia giusto qualche cambio per ovunque fossimo andati. Al massimo se la nostra destinazione fosse stata più calda o fredda rispetto a quello che avevo preparato mi sarei fermata in qualche negozio.
Passai dalla cucina, davanti allo sguardo perso in chissà quali pensieri di Damon, m’imbottì di aspirina e mi parai davanti alla porta.
- Sono pronta – esordì per destare la sua attenzione.
- Sei in pigiama – mi fece notare divertito.
- Lo so, ma sono le tre del mattino, quindi anche se ho deciso di partire con te, questo non vuol dire che non abbia intenzione di dormire durante il tragitto e in pigiama sono comoda – replicai guardandolo severa.
- Ok, allora andiamo – rispose lui e finalmente uscimmo dal mio appartamento.
Non ci furono commenti nel breve tragitto in ascensore, ma non potei che riprendere parola, quando notai cosa ci fosse parcheggiato davanti all’ingresso del palazzo.
- Ma è la tua Camaro.! – esordì incredula non appena vidi la macchina.
- La sola e unica – replicò sorridente Damon notando il mio stupore.
- Non pensavo esistesse ancora – sussurrai avvicinandomi ad essa e accarezzandola quasi fosse un essere vivente. Avevo un sacco di ricordi legati a quell’auto e per la maggior parte davvero belli.
- Quando partì per Londra decisi di lasciarla a Mystic Falls nel garage dei miei… è come se fosse la mia bambina – raccontò lui dolcemente.
- Bonnie diceva sempre che volevi più bene alla macchina che a noi due – dissi persa in quel passato lontano.
- Dai, sali su – mi spronò il ragazzo.
- Damon che stiamo facendo.? – gli domandai a quel punto spaesata, rendendomi realmente conto che stavo salendo sull’auto del mio ex, in pigiama, in piena notte, senza nessuna buona motivazione.
- Avanti Elena… ci stiamo prendendo del tempo, entrambi – disse lui appoggiandosi sul tettuccio dell’auto – Time out, i nostri problemi saranno ancora qui quando torneremo a casa, ma forse potremmo trovare qualche soluzione per risolverli nel mentre. Allontanati dalla tua vita per 5 minuti – mi spronò con una lucidità incredibile. Era proprio un maledetto avvocato.
- Posso fidarmi di te.? – gli chiesi più retorica che altro. Qualsiasi cosa fosse successa negli anni, io non avevo mai perso la fiducia in lui.
- Sali in macchina, avanti – ripeté semplicemente lui e aprì la portiera sedendosi al volante.
Esitai ancora qualche istante, ma poco dopo, alla fine entrai anch’io nella sua Camaro.

Avrei voluto fare un sacco di domande a Damon una volta che salì in macchina, ma la verità fu che non appena mi misi comoda sul sedile della sua auto, mi addormentai esausta ancora prima di varcare i confini di New York.
Fu il mio telefono a risvegliarmi, e fu facile da dedurre molte ore dopo, essendo che non appena riuscì ad aprire gli occhi fui conscia di come fosse oramai giorno.
- Ciao Barbie, Elena sta dormendo non può rispondere adesso –  rispose il ragazzo al mio cellulare con non chalance – non è niente di quello che stai ipotizzando, e sicuramente le chiederò spiegazioni per le tue parole, ma sappi solo che sta bene, non l’ho drogata ed è venuta di sua spontanea volontà – continuò la conversazione mentre io iniziavo a dare segni di vita, cercando una posizione più comoda – si, ti faccio richiamare – concluse poi chiudendo la chiamata e finalmente presi parola.
- Non mi pare che ti abbia dato il permesso di rispondere al mio telefono – gli feci notare leggermente irritata.
- Vero, ma non volevo svegliarti, anche se con la suoneria così alta è impossibile continuare a dormire, in più conosco Caroline. Non le avessi risposto sarebbe corsa a controllare se fossi nel tuo appartamento viva, e non trovandoti avrebbe chiamato perfino l’esercito – commentò divertito lui, e non potei che dargli ragione – comunque buongiorno raggio di sole, ieri sei crollata tipo in 5 secondi – mi prese in giro a seguire.
- Erano le 3 del mattino passate e avevo una quantità di vodka in circolo che avrebbero fatto collassare chiunque – gli feci notare cercando l’ennesima aspirina nella mia borsa – tra l’altro c’è la possibilità di fermarci in breve tempo.? Credo di dover vomitare – aggiunsi sentendomi sempre più male.
- Riesci a resistere ancora 20 minuti.? Siamo quasi arrivati – mi domandò lui preoccupato.
- Si, credo di si – risposi prendendo un profondo respiro – ma la domanda è: arrivati dove.? – chiesi perplessa. Io non avevo ancora la più pallida idea di dove fossimo diretti.
- Ti ricordi quando avevo una brutta giornata o avevo bisogno di schiarirmi le idee.? – replicò lui invece con un’altra domanda.
- Ti venivo a cercare sempre sulla torre del municipio: dicevi che guardare la vita degli altri dall’alto ti faceva pensare meglio – risposi tornando indietro con la mente – Aspetta, stiamo tornando a Mystic Falls.? – domandi poi tre toni sopra le righe.
- Bingo baby – confermò lui sorridente – Jenna sarà contenta di rivederti, e sicuramente anche Stefan e i miei genitori – aggiunse poi con dolcezza.
- Mi hai rapito in piena notte per portarmi a casa.? – ribattei perplessa di tutto quel viaggio.
- Rimarcherei il fatto che sei venuta di tua spontanea volontà, ma comunque si, ti sto portando a casa Elena, lì dove tutto è iniziato. Forse ritornare alle origini ci aiuterà a far chiarezza a entrambi – mi spiegò con un’alzata di spalle.
- E cosa diremo ai tuoi.? E a Jenna.? E come spieghiamo la nostra comparsata a Stefan.? – iniziai a fargli notare isterica.
- Elena, smettila di pensare a cosa possano pensare o volere gli altri. Pensa a te stessa per una Santa volta, sii egoista – mi riprese subito severo lui.
- Come fai tu.? – replicai tagliente cercando il suo sguardo.
- Come fanno tutti prima o poi, per trovare il proprio equilibrio e la propria felicità – disse secco il moro, chiudendo ufficialmente la conversazione.
Forse aveva ragione, forse no, ma oramai era troppo tardi per tirarsi indietro, anche se avessi voluto.
Concludemmo il nostro viaggio in totale silenzio, ma come da sempre era con Damon non ci fu imbarazzo. Entrambi eravamo persi nei nostri pensieri e nelle nostre riflessioni, e senza neanche accorgermene mi ritrovai davanti a casa.
Fu strano trovarsi lì. Non che non ci fossi tornata dopo la morte dei miei e di mio fratello ovviamente, ma ogni volta speravo che da un momento all’altro qualcuno di loro uscisse dalla porta per venirmi ad abbracciare, ma non era mai così.
- Ci vediamo più tardi.? – domandò d’un tratto destandomi dai miei pensieri.
- Chi ti dice che voglia rivederti.? – replicai a quel punto io divertita.
- Bhè, non sapevi che saremmo tornati a casa, quindi questo implicava dovermi sopportare per tutto il week end, cosa che invece non sarà, ma non cambia il fatto che dobbiamo risolvere un po’ di questioni tu ed io – mi fece notare immediatamente lui.
- Forse – risposi semplicemente, e prendendo la mia borsa e la mia valigia finalmente uscì dalla macchina.
Non mi guardai indietro per vedere se Damon fosse partito o meno, lo conoscevo troppo bene per non sapere che avrebbe ingranato la marcia solo quando avrebbe visto aprirsi la porta, ma tutta quella situazione mi sembrava il deja vu di una vita decisamente lontana.
Fui titubante nel bussare, soprattutto perché normalmente avrei avuto le mie chiavi di casa a portata, se solo avessi saputo di tornare a Mystic Falls, ma tutti i miei pensieri si annullarono quando finalmente mia zia Jenna aprì la porta.
- Elena.! – esclamò stupita la donna vedendomi sull’uscio di casa – Cosa diamine ci fai qui.? E perché sei in pigiama.? – mi domandò decisamente perplessa.
- Sincera.? Credo di non saperti dare nessuna spiegazione logica, ma prometto di raccontarti tutto – affermai con un sorriso imbarazzato. Infondo era vero, era la prima a non sapere bene cosa diamine ci facessi a casa.
- Non so perché, ma sento che sarà una storia decisamente interessante – replicò lei divertita e finalmente mi fece entrare.

Fin da quando ero bambina, mia zia Jenna era sempre stata la sorella maggiore che non avevo mai avuto. Per assurdo si passava più anni con mia madre che con me, e questo ci aveva unite parecchio.
Era stata per me una zia, una sorella, un’amica, ma soprattutto la spalla su cui piangere e la mia più grande forza, quando il resto della famiglia morì.
Ovvio, nemmeno per lei fu facile, anche se come diceva sempre, ringraziava il cielo che non fossi più un’adolescente quando accadde l’incidente, perché pensava che non sarebbe stata in grado di gestirmi, ma la verità era che se l’era cavata alla grande in tutto quello che aveva fatto per me negli ultimi anni. La casa, per esempio, era andata ovviamente a me, ma essendo che per ora non avevo intenzione di viverci stabilmente, l’avevo affidata a lei, e non c’era volta in cui tornassi a Mystic Falls che non cercasse di riempirmi di tutto l’amore che ci era venuto a mancare a entrambe.
C’era da dire però, che nonostante la sentissi spesso al telefono e l’aggiornassi sempre su quello che mi accadeva, avevo deciso di tacere l’argomento Damon in quei mesi, ma ovviamente era arrivata l’ora di sputare il rospo.
Fu così che dopo una bella doccia calda e rigenerante, mi ritrovai in salotto a raccontarle di tutto quello che era successo da quando avevo messo piede a New York, fino al momento in cui, senza nemmeno darle un onesto motivo, mi ero presentata quel sabato mattina, alla porta, in pigiama.
- Sai, tua madre lo diceva sempre che non importava cosa sia potuto accadere tra di voi, ma che tutti noi alla fine avremmo ballato al vostro matrimonio – affermò lei con un malinconico sorriso, una volta che le raccontai tutto.
- L’hai sentita la parte in cui lui si sta per sposare.? – le domandai confusa della sua uscita.
- Eppure ti ha baciato, e rapito in piena notte per venire qui – mi fece notare lei.
- Questo non vuol dire niente…o più che altro, nessuno dei due sa cosa vuol dire, e preciserei che io non so nemmeno per mi trovi qui – le dissi esasperata.
- Ok, ok ho capito – mi cercò di calmare lei – ma sai, sono contenta che tra tutti i posti al mondo ti abbia portata a casa: mi eri mancata – aggiunse poi sorridendomi dolcemente.
- Anche tu Jenna – replicai abbracciandola, quando vennimo interrotte dallo squillare del mio telefono. Mi alzai scocciata, pensando che si trattasse già di Damon, ma la verità, poteva esser anche peggio.
- Sono viva – risposi accettando la chiamata.
- Perfetto, e dove sei.?  O dovrei dire dove siete.? – domandò immediatamente la squillante voce di Care.
- Nella cara e vecchia Mystic Falls – sospirai alzando gli occhi al cielo – e giusto per precisare, io sono a casa mia, mentre lui a villa Salvatore – specificai a seguire.
- Ok…- commentò lei perplessa – Perché siate a casa me lo spiegherai dopo, il punto è: cosa diamine è successo da quando me ne sono andata.? Non ti reggevi in piedi da quanto avevi bevuto – mi fece notare seria – Oddio, l’hai chiamato da sbronza e lui è venuto e ti ha rapito.? – chiese a seguire sbalordita.
- No Care, io non l’ho chiamato, si è presentato lui in mezzo alla notte, e non mi ha propriamente rapito, sono io che ho accettato di partire con Damon – le spiegai sospirando – ma se mi chiedi perché non otterrai risposta. Ero stanca, decisamente brilla e avevo la tua vocina che risuonava in testa che mi diceva di far saltare le nozze, e sono partita – aggiunsi confusa delle mie stesse azioni.
- Ed è quello che hai intenzione di fare.? – replicò la bionda curiosa.
- Io… non lo so. Ripeto, non so nemmeno perché gli ho detto di sì, e ora sono qui a Mystic Falls e non ho idea a cosa porterà tutto questo – le risposi sincera.
- Hai già parlato con Liam.? – domandò a quel punto lei preoccupata.
- Mi ha chiamato prima, ma non gli ho risposto – sospirai pesantemente – anche perché cosa gli dovrei dire.? Ciao scusa, so che ti ho detto che ieri stavo male, ma non era vero, ero solo confusa perché il mio ex, del quale ti ho detto non preoccuparti, ieri mi ha baciata e niente, stanotte sono partita per casa con lui.? – aggiunsi esasperata di quella situazione.
- Di che tua zia ha avuto un’urgenza e sei dovuta partire di fretta e furia. Niente di più – ribatté immediatamente lei – e comunque, se può farti sentire meglio, credo che tra i due l’abbia combinata più grossa Damon, a meno che non abbia già annullatole nozze – continuò seria.
- No, non ha annullato un bel niente. Ha solo continuato a ripete che anche lui non ci capisce niente e che è confuso. Niente di rassicurante insomma – le spiegai passandomi una mano sul volto – Care ho paura – aggiunsi a seguire avvilita. Infondo il fatto che fossimo partiti insieme per risolvere i nostri problemi, non voleva direi che lui avrebbe mollato Rose e io rischiavo seriamente di ritrovarmi con il cuore a pezzi. Di nuovo.
- Lo so, ma….vivitela Elena – mi rassicurò lei – ci sentiamo dopo – concluse.
- A dopo – replicai chiudendo la chiamata.
- Credo che sarà un week end veramente interessante – commentò Jenna ridestandomi dai miei pensieri.
- Purtroppo lo credo anch’io – replicai guardandola spaesata – vado a sdraiarmi un po’ in camera – annunciai a seguire, e senza aspettare risposta, mi diressi verso la mia vecchia stanza.
Tutto era rimasto praticamente identico a quando l’avevo vista l’ultima volta l’anno prima, anche se in verità i cambiamenti erano stati pochi fin da quando ero partita per Yale.
Le vecchie foto sullo specchio sopra la cassettiera, l’ultimo libro letto prima del college ancora sul comodino, i miei pupazzi sul letto.
Stavo per sdraiarmi e rilassarmi un po’, quando le parole di Damon mi ronzarono in testa “ti sto portando a casa Elena, lì dove tutto è iniziato. Forse ritornare alle origini ci aiuterà a far chiarezza a entrambi”.
E fu così che mi fiondai a cercare quel maledetto scatolone nell’armadio. Quello che avevo riempito di tutto quello che mi poteva ricordare di Damon, ma che non avevo mai avuto il coraggio di buttare.
Lo trovai esattamente lì dove l’avevo nascosto, dietro una pila di vecchie scatole di scarpe infondo all’armadio. Lo tirai fuori e l’appoggiai sul letto, dove mi sedetti anch’io, e dopo un profondo respiro aprì il mio personale vaso di pandora.


Salve mondo.!!
Partendo dal presupposto che se settimana prossima riesco nell'impresa di pubblicare il mercoledì mi do da sola una pacca sulla spalla, non ho ben capito per quale motivo, il capitolo di oggi che ho pubblicato a pranzo, a quanto pare non si è mai caricato e l'ho notato solo adesso.!! Chiedo venia.
Comunque, passando a tematiche più inerenti, eccoci qui trasportate nella cara vecchia Mystic Falls, o più che altro, ecco i nostri Delena in questo viaggio alla ricerca di risposte su tutto quello che provano. Ve lo aspettavate.? Sicuramente non se l'aspettava la nosttra Gilbert, che in pigiama e decisamente spaesata e in post sbronza si è ritrovata a bussare alla porta della propria casa, senza neanche capire come sia potutto capitare. Ma se c'è qualcosa che la rincuora, almeno in minima parte, è sapere che anche il maggiore dei nostri Salvatore non sia propriamente conscio di cosa diamine stia facendo.
Riusciranno a capire cosa voglio, o più che altro chi vogliono.? Forse lo scoprirete nel prossimo capitolo... forse ehehehhe
Bacio
A.

 

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Capitolo 14
*** 13. A eternal love ***


13. A eternal love

18 Novembre 2009, sera, Casa Gilbert, Mystic Falls

- Elena vedrai che ti richiamerà – tentò di rassicurarla Bonnie.
- Quanto meno però, dovrebbe chiederti scusa in aramaico per il suo comportamento – commentò invece Caroline.
- Così non la aiuti – la riprese subito la mora.
In tutto ciò Elena non le stava nemmeno troppo ascoltando. Lei e Damon avevano sempre bisticciato tra di loro, ma quella litigata, al telefono poi, era stata davvero brutta, forse addirittura la prima vera, in un anno di relazione.
Era tutto partito per una cavolata. Damon che non poteva tornare per il week end ed Elena aveva promesso a Matt di andare al suo compleanno. Il problema fu che non aveva avuto il coraggio di dire al proprio fidanzato la verità sul perché non salisse lei a New York. Sapeva della gelosia di Damon nei confronti di Donovan, soprattutto perché per mesi era rimasto convinto che lui ci provasse ancora con Elena, ma per la ragazza Matt era davvero solo un amico e si sarebbe sentita in colpa a non andare alla sua festa. Così aveva preferito inventare una scusa, dire che non si sentiva bene, ma non aveva calcolato una foto spuntata sui social della serata. Damon non era in rete, ma a quanto pare, un suo amico di corso, aveva controllato il profilo della ragazza, aveva informato il maggiore dei Salvatore ed era nata un’incredibile litigata.
Damon aveva pienamente ragione, ed Elena si sentiva tremendamente in colpa, oltre che una sciocca. Avrebbe dovuto dirgli la verità e imporsi, come sempre, sul fatto che sarebbe andata alla festa invece che tenergli le cose nascoste.
- Saresti arrabbiata anche tu Care se Tyler ti nascondesse di esser andato a una festa – le fece notare Bonnie.
- Si, ma non sarei sparita, gli avrei urlato di ogni al telefono, per por raggiungerlo e discuterne di persona – replicò immediatamente la bionda.
- Caroline, siamo in piena settimana e vive a New York, la vedo difficile chiarire di persona – riprese finalmente parola Elena.
- Ok, hai ragione, ma sparire così da quasi 24 ore non è un comportamento maturo – ribatté la bionda, quando Bonnie, che nel mentre era seduta sul davanzale della finestra, richiamò l’attenzione delle ragazze.
- Credo sia il caso tu scenda di sotto Elena – proclamò la mora sorridendo.
- Cosa.? – chiese perplessa la ragazza avvicinandosi assieme a Caroline alla finestra.
- Bhè, ogni tanto vedo che qualcosa d’intelligente lo fa – commentò Care, ma non fece in tempo a voltarsi verso Elena che la ragazza era già uscita dalla stanza.
Quando la mora però, varcò la porta di casa, tutta l’euforia che aveva provato nel vedere la Camaro di Damon dalla sua camera si affievolì e il suo passo divenne titubante nell’avvicinarsi al ragazzo che usciva dall’auto.
- Siamo a metà novembre Elena, non puoi uscire senza giacca, rischi di prenderti un malanno – la rimproverò subito il moro prendendo una felpa dalla macchina e passandogliela severo.
- Si bhè, appena ti ho visto sono corsa fuori e…mi dispiace di averti mentito – replicò lei imbarazzata infilandosi il capo addosso.
- Non me ne importa niente, davvero – replicò lui come se nulla fosse.
- Scusami, sono confusa – ribatté immediatamente lei – abbiamo litigato come mai prima e non hai più risposto a una mia chiamata. Ora sei qui, e Dio solo sa quanto ne sia felice, ma perché ti comporti così? – gli domandò la ragazza decisamente perplessa.
- Perché avevi ragione Elena – sospirò lui pesantemente – mi hai protetto per non farmi perdere la testa, perché sapevi quanto ci sarei rimasto male che avessi preferito Donovan al vedere me. Ma non ho perso la testa, o più che altro, non l’avrei fatto se l’avessi saputo, perché so quanto tu mi stia cercando di rendere libero da quando sono partito per il college, senza opprimermi o darmi restrizioni. Eh si, probabilmente mi avrebbe dato fastidio e ogni cellula del mio corpo avrebbe voluto spaccare tutto e tutti, ma non avrei perso la testa, come sto cercando di non perderla ora, nonostante tu mi abbia ferito non fidandomi di me, il tuo fidanzato, che non ha ti ha mai dato nessuno motivazione al mondo per non farti sentire libera di prendere le tue scelte e sto mantenendo la calma in tutti i modi, per te – concluse il ragazzo guardando la mora dritta negli occhi. Era ferito, lo era davvero, ma era lì per lei.
- Ma sei ancora arrabbiato con me.? – domandò a quel punto Elena, più che altro retorica.
- Certo che sono ancora arrabbiato con te – replicò lui severo - Perché mi fa impazzire starti vicino…e anche non starti vicino mi fa impazzire – aggiunse con toni esasperati.
- Va bene, ora sono davvero confusa – commentò la ragazza seriamente perplessa di quel discorso, ma dopo qualche attimo di sguardi tra quei occhi di ghiaccio di lui e quelle due pozze cioccolatose di lei, Damon finalmente prese il volto di Elena tra le mani e la baciò con tutta la forza che avesse in corpo.
- Perché mi hai baciata.? – chiese Elena nuovamente persa nei suoi occhi non appena le loro labbra si allontanarono.
- Perché questa giornata è stata di merda, e io ne avevo bisogno – affermò lui tenendo ancora il volto della mora tra le sue mani, per poi tornare a impadronirsi delle sue labbra.

Presente

Lettere, foto, peluche, cd…avevo trovato di tutto in quella scatola. Era come se avessi bevuto una pozione magica, e tutti i ricordi di quei quasi tre anni di Damon e me erano riaffiorati, investendomi come uno tsunami.
“Ma c’è stato un momento, un preciso momento, in cui tutti sono spariti e c’eravamo solo noi due”
Era la frase scritta dietro alla nostra prima foto. E per nostra prima foto, non intendo la prima di coppia, ma la prima che avessimo da soli, che non fosse stata scattata a qualche pranzo di famiglia.
Ritraeva me e Damon al ballo di inizio settembre 2009, organizzata dalle famiglie dei Fondatori. Lui che mi teneva stretta a se, occhi negli occhi, come se in quel momento esistessimo solo noi.
Era tradizione che tutte le famiglie facenti parti del consiglio partecipassero a tali eventi, e sia i Gilbert che i Salvatore ovviamente non poterono mancare. Ricordo che, avendo oramai sorpassato i 16 anni, fu mio dovere partecipare a quella festa e soprattutto ballare ad essa, ma a differenza di Caroline, non erano una mia passione. Caso volle che quella sera venni tirata in mezzo per uno dei balli iconici di quelle serate, ovvero quello utilizzato per la gara di Miss Mystic Falls, e dato che Stefan era introvabile, i miei insistettero per farmi accompagnare sulla pista da Damon. Fu imbarazzante inizialmente, ma quella fu anche la prima volta che mi permisi di osservare il maggiore dei Salvatore con un occhio diverso. Era tremendamente sexy.
Fatto sta che, mesi dopo, Damon trovò casualmente la nostra foto tra dei documenti di sua madre, e decise di regalarmela, come a prova che la chimica che c’era tra noi e che traspariva in quell’immagine, era sempre stata un dato di fatto, solo che noi non l’avevamo capito.
- E pensare che potevo esserci io in quella foto, se non avessi preferito nascondermi con Tyler Lockwood a bere di nascosto i liquori di suo padre – commentò d’un tratto una voce destandomi dal mondo dei ricordi.
- Non credo potrò mai scordare la faccia di tuo padre quando capì che eri ubriaco a fine serata – rammentai divertita, mentre Stefan si sedeva accanto a me sul letto.
- Non credo scorderò mai la sua sclerata – replicò lui con finti toni terrorizzati.
- Allora come mai da queste parti.? – domandai guardandolo di sottecchi come se non lo immaginassi.
- Sai è una storia divertente – prese immediatamente parola lui – Ero seduto in cucina stamane a bermi il mio adorato caffè, quando d’un tratto è apparso mio fratello rubandomi la tazza – iniziò a raccontare fingendosi infastidito.
- Che maleducato – replicai con toni indignati.
- Vero.? Glie l’ho detto anch’io, ma poi ho lasciato perdere, perché Damon era a casa ed è sempre bello quando lo vedo gironzolare intorno, finché non gli ho chiesto cosa diamine ci facesse qui e mi sono sentito rispondere che aveva bisogno di staccare la testa e che mi avrebbe però raccontato tutto dopo la doccia, ma giusto prima di ridarmi il mio caffè e uscire dalla cucina, ha aggiunto che non era tornato da solo, e che anche la mia migliore amica era in città – raccontò il ragazzo guardandomi stralunato.
- Sei venuto a controllare se era vero.? – gli chiesi a quel punto curiosa.
- Oh no, sapevo benissimo che mi aveva detto la verità, il punto è che vorrei sapere perché effettivamente tu sia arrivata fino a qui con lui – replicò il ragazzo guardandomi confuso.
- Se ti può consolare non sei la prima persona a pormi questa domanda oggi, ma purtroppo, come ho risposto a tutti, e perfino a me stessa, non ho la più pallida idea cosa ci faccia qui. Probabilmente nemmeno tuo fratello sa perché diamine mi ha trascinata fino a casa, e soprattutto perché mi sia fatta trascinare così facilmente – gli dissi con un’alzata di spalle.
- Elena, seriamente, cos’è successo.? – mi domandò preoccupato Stefan.
- Se te lo dico, mi devi promettere però che terrai quello che ti ho detto per te e che non userai le mie parole per innescare l’ennesima litigata con tuo fratello -l’ammonì immediatamente. Conoscevo troppo bene il piccolo Salvatore.
-Non presagisce niente di buono questa puntualizzazione, ma ok – commentò lui perplesso.
- Ieri sera lo studio ha dato un evento. Tra le varie cose che sono capitate, c’è stata anche un’ennesima grossa discussione tra me e Damon che è finita con lui che mi baciava e io che poco dopo gli tiravo un ceffono – iniziai a raccontagli sotto suo sguardo basito – Sono tornata a casa con Caroline, la quale mi ha spronato a far annullare le nozze, mentre io cercavo di dimenticare quello che era successo e le sue parole a fiumi di vodka – continuai poi imbarazzata.
- Tu e la vodka non siete mai una buona combo – prese parola Stefan.
- Lo so, ma infatti a una certa sono andata a dormire, finché non mi sono svegliata in piena notte a causa di qualcuno che cercava di tirar giù la porta del mio appartamento a suon di pugni – ripresi il discorso – Damon era sconvolto e mi ha detto di partire con lui e io ho accettato senza neanche sapere la destinazione. Mi sono svegliata stamane a 20 minuti da Mystic Falls. Vorrei dare la colpa alla stanchezza, alla vodka o perfino a Caroline, ma la verità e che io lo volevo, nonostante non ci sia nessun valido motivo per un tale rischio – conclusi guardando tutti i ricordi miei e di Damon ancora sparsi sulle mie lenzuola.
- Il valido motivo è che lo ami ancora – proclamò Stefan prendendomi una mano per stringerla con gentilezza, come a farmi capire che lui era dalla mia parte.
- Sai, glie l’ho urlato ieri sera. Gli ho urlato che lo amavo ancora e che non sono capace di smettere – confessai cercando il suo sguardo.
- Vorrei prometterti che andrà tutto bene, ma Damon è…- provò a parlare lui.
- …imprevedibile - conclusi io con un flebile sorriso, facendo calare il silenzio.
Poco dopo vidi Stefan alzarsi dal mio letto, e avviarsi all’uscita della camera, non prima di voltarsi però un’ultima volta verso la sottoscritta.
- Elena, oramai sei qui. Vedi cosa succede – disse con dolcezza – Ah, ci vediamo stasera a cena, anche mamma ha saputo che sei in città e non te lo perdonerebbe mai se non ti presentassi – aggiunse poi a seguire divertito.
- Tranquillizza Lily, alle 19.00 sarò da voi – lo rassicurai sorridente e lo vidi finalmente andare via.
Stefan aveva ragione, oramai ero lì, tanto valeva correre il rischio.

- Era fin troppo scontato trovarti qui – esordì proclamando la mia presenza, sedendomi di fianco a Damon, sul campanile della città.
- Bhè, praticamente te l’ho detto chiaro e tondo in macchina dove mi avresti trovato, ma non ero sicuro di vederti così presto – commentò lui accennando il suo solito ghigno.
- Possiamo dire che mi devi il pranzo che ho saltato – replicai divertita facendo calare un momentaneo silenzio tra di noi – allora, sta servendo esser venuti fino a qui.? – domandai poi tentennante.
- Per ora mi sembra solo di sentire l’universo che ridere di me, ma sono seduto qua solo da un’oretta, quindi chissà, magari qualche risposta arriverà – rispose lui continuando a fissare la piazza – tu hai avuto più fortuna.? – chiese a seguire cercando il mio sguardo.
- Risposte.? Forse, dovrei però capire come interpretarle. Sicuramente quello che ho fatto è stato un giro in quello che siamo stati – sospirai con un’alzata di spalle.
- Racconta – mi spronò lui.
- Ho tirato fuori la tua scatola – ammisi distogliendo lo sguardo.
- Wow, ho una scatola – commentò lui divertito.
- Già, hai una scatola, nella quale siamo stipati insieme e devo dire che non è stato semplice tirarci fuori da lì, ma è stato bello. Intenso ma bello– gli raccontai tirando fuori una cosa dalla tasca e facendo il cenno di darmi la mano.
- L’anello di mia nonna – commentò lui incredulo osservando l’oggetto che gli avevo dato.
- Già… sai ho pensato tante volte di ridarlo a tua madre, ma sentivo che se l’avessi fatto, sarebbe stato come a lasciarti andare del tutto, e la verità e che non ho mai voluto farlo – gli confessai perdendomi nei ricordi di cosa quell’anello significasse.
Me lo regalò il nostro secondo Natale insieme, quando tornò dal college per le feste. Era stato l’anello di fidanzamento di sua nonna prima e di sua madre a seguire. Essendo il fratello più grande era sua eredità, per quella che sarebbe dovuto esser la donna della sua vita. Me lo diede dicendomi che non aveva dubbi che fossi io. Il piano era semplice: avremmo aspettato che io finissi i primi anni di università e dopo di che lui mi avrebbe chiesto l’anello per potersi inginocchiare e farmi ufficialmente la proposta. Il patto era che lo tenessi a modi di collana fino a quel giorno, in modo che la sua promessa fosse sempre accanto al mio cuore, e soprattutto che avessi l’anello a portata di mano il giorno che mi avrebbe fatto la proposta.
- Quando ho chiesto a Rose di sposarmi non mi è mai passato di mente di voler quell’anello per la proposta – ammise lui rigirandosi quel cimelio tra le dita – Mia madre ci rimase male per il fatto che non glie l’ho chiesto, ma non ha mai sputo che ne fossi tu in possesso e che non fosse più nascosto nel suo porta gioie da anni – aggiunse divertito.
- Perché Damon.? – domandai a quel punto spaesata. Com’era possibile che inginocchiandosi davanti alla donna che aveva scelto per condividere la sua vita, lui non avesse voluto quell’anello e quello che significava.
- Per tutto questo tempo mi sono dato una spiegazione banale. Mi dicevo che avevo regalato quell’anello a te tanti anni prima e che non era giusto apparire dopo 10 anni di silenzio nella tua vita solo per chiedertelo indietro – iniziò a raccontare tornando a guardare davanti a se – ma credo che la verità che non ho mai voluto dire ad alta voce fosse molto più semplice. Quell’anello rappresentava un amore eterno, e anche se tu ed io potevano non incontrarci più, quel tipo di amore sarebbe sempre e solo stato tuo – continuò cercando finalmente il mio sguardo – sai benissimo che non ti ho lasciato perché non ti amassi più – concluse poi accarezzandomi dolcemente il viso.
- Lo so – affermai semplicemente io, quando d’un tratto il mio telefono iniziò a suonare: era Liam.
- Io…io devo rispondere – balbettai imbarazzata dalla situazione.
- Tranquilla, tanto avevo intenzione di prendermi una pausa dalle altitudini – commentò lui alzandosi – ci vediamo a cena – aggiunse poi come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Accennai un leggero si con la testa , e quando lo vidi allontanarsi del tutto finalmente risposi al telefono.
- Elena grazie a Dio, stai bene.? Sono passato da casa tua stamane per vedere se ti eri ripresa, ma non ho trovato nessuno e tu non rispondevi al telefono, mi sono preoccupato - iniziò a direi il ragazzo dall’altra parte del telefono.
- Hai completamente ragione Liam – presi parola dopo un profondo respiro – e che stanotte ho ricevuto una chiamata da mia zia Jenna che era finita in pronto soccorso per una brutta caduta, e senza pensarci sono venuta a Mystic Falls – inventai su due piedi – fortunatamente sta bene, ma giusto per sicurezza parto domani in serata – aggiunsi cercando di rendermi credibile.
- Sei a Mystic Falls.? – domandò incredulo Liam – Ok… cioè questo è inaspettato, ma se vuoi prendo un aereo e ti raggiungo, almeno ti faccio compagnia se hai bisogno di una mano – propose gentile.
- Ma no, tranquillo – lo bloccai immediatamente – la situazione non è così grave, è stato più che altro lo spavento, ma già che sono qui passerò un po’ di tempo con Stefan e i suoi. Si offenderebbero a morte se essendo in città non gli andassi a trovare e se facessi venire qualcuno per darmi una mano quando loro sono qui disponibili – continuai con la mia storia.
- Va bene, non voglio mettermi in mezzo – commentò semplicemente lui tranquillo – ti lascio alla tua famiglia allora, ci vediamo quando torni – continuò gentile.
- Certo, ti scrivo appena parto da qui – replicai tirando un mentale sospiro di sollievo e chiusi finalmente la chiamata.

Quando tornai a casa finalmente misi qualcosa nello stomaco, passai il pomeriggio a guardare qualcosa in tv con zia Jenna e verso le 18 inizia a prepararmi per la cena a casa Salvatore.
Lily e Giuseppe Salvatore erano come dei secondi genitori, e non mi era nuovo per me andare a cena da loro ogni qual volta venissi in città, ma quella sera ero diverso. Era la prima volta in dieci anni che mi sarei seduta di nuovo con tutta la famiglia Salvatore al completo.
Quando Jenna ed io suonammo il campanello fu ovviamente Lily ad aprirci, e ovviamente a sgridarci.
- Elena Gilbert, quando mai hai suonato il campanello di questa casa come se fossi un’ospite qualsiasi.? – domandò immediatamente abbracciandomi con affetto.
- Ascolta, stamane ha suonato perfino il campanello di casa sua – mi prese in giro la rossa salutando dopo di me la signora Salvatore.
- Hej, non avevo le chiavi di casa a portata di mano – le feci notare subito rabbuiata entrando ufficialmente nella villa.
Era bella quella sensazione di famiglia, mi era mancata.
Non appena arrivai nel salone furono le braccia di Giuseppe a stritolarmi per bene e in men che non si dica mi ritrovai seduta sul divano con un martini in mano.
Era una classica scena delle cene Salvatore. Prima l’aperitivo nell’immenso soggiorno e solo dopo la cena nella sala da pranzo.
Fu facile iniziare a chiacchierare subito del più o del meno, ma non potei non notare come mancassero due persone all’appello.
Stefan apparve per primo, chiedendo scusa del fatto che era stato trattenuto da una chiamata di lavoro e si mise a sedere accanto a me, ma di Damon non c’era traccia.
In tempi passati mi sarei assentata per cercarlo, ma ovviamente sarebbe stato troppo strano farlo adesso, soprattutto perché, di quel sapevo, i signori Salvatore erano a conoscenza del fatto che lavorassimo insieme e che fosse stato Damon a riportarmi a Mystic Falls, ma niente di più.
Fu solo quando ci alzammo per dirigerci ufficialmente nella sala da pranzo, che approfittai di esser rimasta indietro con Stefan, per poter capire cosa stesse succedendo.
- Dov’è Damon.? – domandai bisbigliando al ragazzo.
- Al telefono – tentò di tagliar corto lui.
- Andiamo Stefan, non fare il misterioso con me – lo ripresi immediatamente severa.
- Con chi pensi che sia.? – replicò a quel punto lui guardandomi perplessa – è da almeno un’ora che litiga al telefono con Rose. Sai com’è, è partito in mezzo alla notte con la sua ex, senza nessun apparente motivo, per tornare a casa, quando oggi avevano la prova dei piatti per il matrimonio, essendo che mancano meno di tre mesi – mi spiegò lasciandomi basita.
- Io non lo sapevo della prova…. Se per questo non so nemmeno quando sarebbe la data – sussurrai più a me stessa che al ragazzo.
- Cioè tu pianifichi di mandare all’aria un matrimonio, senza manco sapere quando di svolgerà.? – domandò a quel punto incredulo lui.
- Io non sto pianificando proprio niente. Io non so ancora cosa voglio – replicai nell’immediato.
- Tu sai benissimo cosa vuoi, devi solo prenderne atto, basta però che ti sbrighi – commentò invece Stefan, per poi raggiungere il resto del gruppo e sedersi a tavola.

Giorno mondo.!!
Eccomi qui con un nuovo capitoletto che spero vi sia piaciuto.
Ci eravamo lasciati nella cara Mystic Falls, e ovviamente siamo ancora qui. Tra dubbi, incertezze e un sacco di ricordi. 
Vediamo Stefan che come Caroline si sbilancia finalmente nello spronare Elena, mentre Damon è sempre più ingarbugliato nelle sue indecisioni. So che lo prendere per pazzo, che sembra che tutto quello che sta facendo non ha senso, ma tra qualche capitolo mi sono concessa qualche riga dal suo punto di vista, e vi prometto che vi sarà più chiaro quello che gli passa per la testa.
Per quanto riguarda Elena invece, dopo questa gita prenderà finalmente delle scelte, ma per scoprire quali dovrete aspettare mercoledì.
Spero di avervi incuriosito.
Un grosso bacio
A.

 

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Capitolo 15
*** AVVISO ***


Giorno mondo.!! Si lo so, sono di nuovo scomparsa, ma questa volta non si tratta dei miei soliti vuoti d’ispirazione ma letteralmente di mancanza di tempo. La storia é scritta, ma per pubblicarla devo rileggerla, correggerla e in queste settimane mi viene impossibile a causa del lavoro. Cercherò di tornare entro le prossime due settimane (quando finalmente al lavoro le acque si saranno calmate e tornerò ad avere una vita 😅). Spero di ritrovarvi quando sarà il momento. Fino ad allora baci e abbracci 😘

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