Nightfall Whisper

di Whatliesintheend
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Le gocce di pioggia schiacciate dalla velocità del treno contro il vetro del finestrino si rincorrevano sotto uno sguardo distratto del colore del mare in tempesta.
Sul volto di Draco Malfoy si riflettevano la tenue e grigiastra luce di un giorno di pioggia e quella artificiale dello scomparto del treno in cui sedeva da solo, cercando di non fare caso al tempo che lo separava dall'arrivo ad Hogwarts.

Le mani erano affusolate ed eleganti, le lunghe dita dalle unghie curate erano appoggiate sulle pagine di un libro, tenuto aperto sulle ginocchia.
Stava leggendo fino a qualche minuto prima o forse qualche secolo, non avrebbe saputo dirlo con esattezza: la linea dei paesaggi che scorrevano fuori dal finestrino si modificava così in fretta da aver attirato la sua attenzione, fornendogli una valida scusa per smettere di fingere di essere interessato alle sciocche poesie dei Babbani e abbandonarsi al piacevole corso di pensieri spontanei.

Più tardi, scendendo dal treno e incamminandosi verso il Castello si sarebbe domandato per l'ennesima volta come mai i suddetti pensieri sfociassero sempre in un mare di malinconia sovrastato da una nebbia azzurrina ed impalpabile della stessa sostanza di un sogno.
Si sarebbe chiesto come mai fosse arrivato a ritenere irrealizzabile qualcosa che per chiunque altro sarebbe stato normale... e per l'ennesima volta negli ultimi mesi si sarebbe domandato quanto essere stato assoldato nei ranghi del Signore Oscuro avrebbe fatto la differenza all'interno delle mura di Hogwarts.
Poteva ancora considerarsi un ragazzo di sedici anni a tutti gli effetti?

Forse no... e forse non lo era mai potuto essere veramente.

Ma queste domande appunto, se le sarebbe poste solo più avanti perchè il corso naturale dei suoi pensieri sul treno fu interrotto bruscamente dallo scorrere improvviso della porta dello scompartimento, che fu invaso da un fastidioso cicaleccio condito di risatine spensierate e sospiri sognanti.

Il biondo Serpeverde si rese conto di aver assunto un'espressione disgustata ed ostile nel momento in cui uno di quei ragazzini, molto probabilmente del primo anno, abbassò lo sguardo, turbato.

Beh, gli stava bene dopotutto... quei nuovi bambinetti diventavano ogni anno meno rispettosi dell'autorità dei più grandi.
Era una vergogna.
Sollevò il mento sprezzante e chiuse il libro con il gesto secco di una mano mentre si alzava in piedi così da lasciare lo scompartimento con un fare di solenne superiorità che gli si addiceva terribilmente, nonostante i profondi segni di stanchezza che gli cerchiavano lo sguardo.

Percorse il corridoio tra gli scompartimenti, facendo strisciare all'interno di questi sguardi furtivi e veloci, tanto da non doversi neanche fermare, in cerca di uno che fosse vuoto.

Però si fermò ad un certo punto.
S'inchiodò, per meglio dire, con lo sguardo perso all'interno di uno di quegli scompartimenti, quello dove Harry Potter e i suoi amichetti stavano ridendo, facendo incantesimi stupidi e condividendo dolciumi di ogni genere.
Potter pareva pervaso da un'allegria irrefrenabile e travolgente, che dimostrava chiaramente quanto avesse sofferto la lontananza dal Mondo Magico per tutta l'estate.

Sul viso pallido e controllato di Draco si dipinse una smorfia nervosa.
Lo infastidiva così tanto fare caso a come quel Grifondoro se la spassasse del tutto ignaro della sua esistenza.
Fu per questo motivo che strinse i pugni e si ritrovò catapultato all'interno dello scompartimento esattamente come finiva per fare ogni anno.
Non poteva farci niente: era più forte di lui... ed era forse un po' il suo modo di salutarlo che mascherava bene o male il suo devastante bisogno delle attenzioni di Harry Potter.

"Potter!"

Esordì con il suo sorriso mellifluo, ignorando completamente gli altri due, ma attirando su di sè l'attenzione del trio e tre paia di occhi profondamente seccati.

"Che strano vederti sul treno. Sono state piazzate delle scommesse su che tipo di entrata di scena bizzarra avresti deciso di fare quest'anno."

La provocazione lanciata dal biondo fu accolta prontamente dal Grifondoro, che ormai aveva da anni rinunciato a contenersi con Malfoy.
Per quanto si sforzasse di ignorarlo era l'unico in tutta la scuola che riusciva a fargli saltare i nervi con uno sguardo, con una parola.
Era insopportabile, solo guardarlo in faccia lo rendeva nervoso, febbricitante.

"Sono devastato all'idea di aver probabilmente intaccato le finanze della famiglia Malfoy con le mie azioni deludentemente ordinarie, Ferret... ma temo di non poter fare niente per aiutarti quindi perchè non ci lasci in pace?"

Sul volto di Draco si dipinse una curva sottile e meschina mentre la tensione nervosa cresceva gradualmente nello scompartimento dei Grifondoro, arrivando a rendere l'atmosfera circostante in totale contrasto con gli involucri di caramelle e dolciumi colorati sparsi un po' ovunque.

"È irrispettoso da parte tua tirare in ballo i soldi quando Weasley ancora non può permettersi una divisa nuova, Potter. I tuoi genitori non ti hanno insegnato l'educa... oh, fingerò che mi dispiaccia."

Ron era rosso di rabbia fino alla punta delle orecchie, Hermione lo teneva fermo, ma aveva solo due mani e non potè evitare che Harry si scagliasse contro il Serpeverde spingendolo contro la parete del corridoio fuori dallo scompartimento.

"Malfoy. Vattene o finisce male."

Ringhiò il Grifondoro stringendo la presa sul colletto del biondo che lo guardava gelido negli occhi, indifferente come la superficie di un mare in bonaccia, sotto la quale però c'è un mondo a sè stante, inarrestabile.

"Ah sì? Cosa vuoi fare Potter ... picchiarmi forse? Pensi che mio padre, venendolo a sapere, se ne infischi?"

"NON ME NE FREGA UN ACCIDENTE DI TUO PADRE MALFOY! È solo un criminale...ecco cosa. E tu sei tale quale a lui."

Il biondo incassò, con la gola secca e lo sguardo perso ed insofferente, che però tremò leggermente con la frase successiva.

"Non voglio avere a che fare con te, vederti mi dà la nausea quindi fai un favore ad entrambi e sparisci."

Allora Harry lo lasciò andare e lui appoggiò la testa contro la parete, senza smettere di guardarlo in silenzio per qualche istante.
Era fermo a leggere il volto del suo nemico che era sempre stato un libro aperto.
Harry non era capace di nascondere niente: la felicità, la rabbia, il disagio, il disprezzo... e quello che sentiva Harry, Draco lo percepiva e arrivava a provare qualcosa di vero ed affascinante che dava un nuovo significato al concetto di empatia.

E in quel momento il Grifondoro era fermo davanti a lui con i muscoli rigidi e tesi, lo sguardo acceso di una rabbia infuocata che sconvolgeva il biondo in modo radicale, portandolo a perdersi nei meandri più pericolosi della sua mente.

"Altro?"

Domandò calmo dopo qualche istante, portando l'altro ragazzo ad abbassare la guardia e a guardarlo serio come a studiarlo, cercando qualche altro macigno da togliersi di dosso.
Però non disse nulla e gli diede solo le spalle tornando dai suoi due amici nello scompartimento, chiudendo davanti agli occhi di Malfoy la porta scorrevole e lasciandolo solo nel corridoio, soggetto di qualche sguardo curioso.

Lui manteneva la calma e non si mosse per un po' dalla sua posizione.
Poi chiuse gli occhi e sospirò debolmente, mentre la consapevolezza passiva dell'essere sull'orlo del pianto lo accoglieva e lo costringeva a spostarsi di lì e a chiudersi nel bagno del treno, dove potè esplodere anche lui, lontano da occhi indiscreti, con la sola vergogna per tutto ciò che la sua persona potesse rappresentare.

La mano di Harry invece era ancora aggrappata alla maniglia della porta a cui dava le spalle, la stringeva con forza e aveva voglia di gridare.
Quel biondo non si scomponeva mai, era cinico, meschino, crudele ed irraggiungibile.

Odiava come qualsiasi cosa dicesse non fosse in grado di farlo esplodere come invece non riusciva a evitare di fare lui.
Con un gesto di stizza sferrò un pugno al muro e ringhiò di frustrazione mentre Hermione e Ron fingevano di non guardare per lasciargli il suo spazio di sfogo.
Ormai sapevano che non c'era niente da fare... se Harry non si fosse sfogato non sarebbe riuscito a togliersi Malfoy dalla testa in nessun altro modo: tutto si sarebbe ricongiunto a lui finchè non fosse riuscito ad averla definitivamente vinta su quel biondo.

Nel mentre però, Draco era già sconfitto, rannicchiato in bagno e aveva il respiro pesante.
Le mani ora gli coprivano il volto, tiravano i capelli fuori posto mentre lacrime pesanti solcavano la liscia pelle d'alabastro.

Odiava Harry Potter, perchè se lui non fosse esististo non avrebbe trovato orrenda la sua solitudine, non avrebbe rimpianto emozioni che non avrebbe potuto conoscere o immaginare.
Lo odiava e voleva gridare, ma si vergognava perchè qualcuno avrebbe potuto sentirlo, così si era costretto a urlare senza voce.
Lo odiava perchè lui gridava a voce piena e non si fermava davanti a niente, ma poi era capace di vivere senza la sua nemesi, mentre lui non riusciva a cacciare Harry dalla sua testa, aveva bisogno di lui e della sua intensa e calda luce.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Non alzare lo sguardo verso di lui era sempre più difficile ogni anno che passava.
Due tavolate di distanza erano troppe, la lontananza lo rendeva irrequieto, eppure erano allo stesso modo troppo poche, poichè non bastavano certo a troncare l'attrazione quasi gravitazionale che Harry esercitava sugli occhi cerchiati di Draco.

Quel Grifondoro invece sembrava non accorgersene, di nuovo troppo impegnato a raccogliere su di sè l'attenzione di tutti i suoi compagni di Casa, con i suoi modi schietti e carismatici.

Il Serpeverde li conosceva bene ormai: per prima cosa sembrava essere padrone dello spazio che lo circondava, non si faceva problemi a toccare cosa e chi gli stava intorno, padroneggiando l'atmosfera alla perfezione, guidando il discorso con la sua personalità trascinante e così umilmente tendente al mettere in luce gli altri, ma ottenendo l'effetto radicalmente opposto.
Il biondo era non infastidito, ma nauseato da quegli atteggiamenti di umile tracotanza: non alzarsi, non raggiungere San Potter e tirargli un bel paio di ceffoni era veramente arduo.

Lasciò che il suo sguardo indugiasse sul gruppetto di Grifoni ancora per qualche istante, uno di troppo forse.
Harry era sorpreso, probabilmente a causa di qualcosa detto dai suoi compagni di Casa e aveva lanciato verso Draco un paio di occhiate: la prima era stata involontaria, senza dubbio sconcertata, trasformatasi subito dopo in una smorfia infastidita, la seconda occhiata arrivò poco dopo e Malfoy, che aveva stretto la presa sulla tazza di tè ormai freddo che teneva tra le mani, arrossì impercettibilmente, riincontrando gli occhi di Potter, questa volta solo indagatori.

Durò poco, ma durò troppo... il biondo, nelle ore successive, non riuscì per un attimo a smettere di chiedersi a proposito di cosa stessero confabulando i Grifonidioti a colazione.

Ben prima di quanto si aspettasse, però, altro si insinuò nella sua testa.
Avvenne ad Erbologia... o poco prima a dire il vero.
Quando il professor Piton fece chiamare Draco nel suo ufficio il ragazzino era ben consapevole che la conversazione non avrebbe riguardato il suo andamento in Pozioni, per quanto sarebbe stato preferibile a quello di cui in effetti discussero.

"Lascia che lo faccia io, Draco."

Scandì viscido l'uomo seduto dietro alla scrivania, con la pelle più giallastra del solito, il naso più adunco e i capelli forse ancora più unti.

"È un compito che Lui ha assegnato a me. Con tutto il rispetto, professore, non si metta in mezzo."

Sibilava Draco irremovibile, per quanto in fondo non desiderasse altro che fuggire, o meglio, delegare, esattamente come i Malfoy avevano sempre fatto.

Quando uscì da quella stanza non potè trattenere un sospiro stanco, si chiedeva se quelle sedute di persuasione sarebbero state abitudinarie e quanto sarebbe riuscito a resistitere.
Doveva iniziare ad elaborare una strategia, magari concentrarsi sullo svolgimento effettivo l'avrebbe distratto dal fine ultimo e dal suo essere così moralmente ripugnante.

"Signor Malfoy! Anche lei fuori a spasso per i corridoi, che lezione ha adesso?"

Una voce autoritaria appartenente nientemeno che alla professoressa McGrannit lo riportò sulla Terra tutto d'un colpo, ricordandogli della lezione di Erbologia, ormai iniziata da un pezzo, alla quale lui non era evidentemente presente.
Lui e non solo lui... se i suoi occhi non lo ingannavano.
Ma tra tutti, perchè lui?

Lo sguardo a disagio di Harry Potter era molto simile a quello di un bambino pestifero colto con le dita nel barattolo di marmellata.
Il Serpeverde si corrucciò, lanciandogli un'occhiataccia di rito, che venne prontamente ricambiata.

"Erbologia, professoressa."

"Molto bene allora, scelgo di fidarmi di lei signor Malfoy e le affido il compito di assicurarsi che entrambi vi troviate a lezione nel giro di cinque minuti.
Sono più che convinta che riuscirete a trovare la strada per la serra della professoressa Sprout anche da soli."

Chiaramente il biondo non si sognò di contraddirla, nonostante restare solo con Potter non fosse la sua massima aspirazione per quella giornata che, iniziata male, sembrava poter solamente peggiorare.

Al Grifondoro non disse nulla e iniziò solamente a camminare a passo svelto, seguito a ruota da Harry, più silenzioso del solito.
Una persona normale avrebbe pensato fosse a causa della loro lite sul treno, dopotutto per poco non erano passati alle mani e di sicuro non era stato solo un battibecco, tuttavia anche quel tipo di discussioni era per loro di normale amministrazione, ciò che zittiva il moro aveva probabilmente molto più a che fare con gli sguardi di quella mattina.
Di che accidenti stavano parlando quei dannati Grifoni?

Quel pensiero, passato in secondo piano, tornò a tormentare Malfoy fin quando l'altro non mise fine a quello straziante silenzio e il biondo non potè che pensare che sarebbe potuta finire così: Harry Potter non era capace di starsene zitto.

"Non ti facevo uno che scappa dalle lezioni, Malfoy"

Debole come provocazione, Potter...che ti prende?

"Ciò che faccio non sarebbero affari tuoi in ogni caso."

Fu la sua risposta lapidaria, avrebbe troncato la discussione se non fosse stato Harry a dovergli rispondere.
Si sarebbero aggrappati a tutto pur di non lasciare all'altro l'ultima parola.

"Farmi gli affari tuoi mi sembra il minimo Malfoy, sono certo che quest'anno tu sia meno innocuo del solito. Non ho prove, non ancora, ma nascondi qualcosa e scoprirò cosa. Intendo fare in modo che nulla di ciò che fai mi sfugga."

Il Serpeverde si irrigidì visibilmente: aveva deciso di giocare a carte scoperte quindi? Di già?
Mai come in quel momento sentì il bisogno di aggrapparsi a qualcosa per non barcollare.
Sapeva che non sarebbe stato facile trovare un modo di portare a termine il suo compito senza dare nell'occhio, ma era chiaro che Potter sospettasse già e forse sapeva più di quanto non mostrasse.
Non ci poteva riuscire, non con gli occhi di quel Grifondoro addosso costantemente.

Stava per crollare, lo sentiva... ed era solo l'inizio.
Il suo passo rallentò gradualmente finchè il Serpeverde si fermò, mise le mani nelle tasche dei pantaloni del suo costoso completo nero e strinse i pugni di nascosto mentre si girava verso il ragazzo con gli occhiali, deciso a non farsi sconfiggere così in fretta e ricacciando il senso di nausea, pronto ad affrontare il sorrisetto trionfante di quell'idiota.

Ma non lo vide sorridere, vide che, dietro le lenti, gli occhi verdi di Harry Potter erano seri, bruciavano di ostinazione, determinazione.
Draco rilassò i muscoli tutti d'un colpo, vinto per un istante da quell'improvviso colpo basso.
Tolse una mano dalla tasca e si avvicinò a Harry, con movimenti misurati, tranquilli.

Piantò gli occhi in quelli del Grifondoro senza riserve.
Erano fuoco contro ghiaccio, come sempre.
Non si sarebbero dati per vinti e come sempre non si sapeva chi avrebbe prevalso.

"Non ho idea di cosa tu stia parlando, Potter."

Formulata quella breve frase, indugiò con lo sguardo su Harry, come avvertendolo di non insistere oltre, poi si girò nuovamente, ma ben presto sentì il fiato caldo del Grifondoro raggiungerlo all'altezza del collo e quasi non si accorse di quello che aveva risposto.

"Invece lo sai benissimo, Malfoy. Prendi il mio come un avvertimento:  ricordati solo di guardarti le spalle perchè sarò la tua ombra"

Si sentì uno sciocco per il modo in cui aveva impercettibilmente buttato la testa indietro e chiuso gli occhi, lasciandosi inebriare dal calore improvviso di Harry, così vicino, per come aveva ridicolmente rigirato le parole del ragazzo a suo piacimento, permettendosi di arrossire e soffocare un sospiro.

Poi avvertì il moro irrigidirsi alle sue spalle e fu scaraventato nella realtà bruscamente, facendosi male di nuovo.

"Stammi lontano, Sfregiato"

Fece un passo avanti, allontandosi da lui e, da lì, continuare a camminare fu semplice.
Meno lo fu cercare di cacciare le lacrime, spiegando loro che non era il momento, che Harry era ancora lì, che la giornata non era finita, che doveva andare a Erbologia, che era solo l'inizio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Per Draco Malfoy fu una fortuna che fino in classe Harry non parlò più, quell'insolito suo silenzio era una barriera meravigliosa dietro alla quale entrambi potevano nascondersi.
A entrambi però una domanda bruciava sulla lingua in modo insopportabile, ovviamente non era la stessa, ma mentre il Serpeverde si arrovellava ancora su cosa fosse possibile si fossero detti i Grifondoro  quella mattina a colazione, il riccio invece pensava al modo migliore per esprimere una sua certa curiosità senza essere frainteso.
Nemmeno per un attimo si chiese se ne valesse effettivamente la pena.

Tuttavia scadde il tempo a sua disposizione per parlare perchè i due ragazzi arrivarono davanti alla serra.
Entrarono, ognuno dei due a modo proprio, pentiti e insieme noncuranti.
La professoressa Sprout, dal canto suo, non doveva essere di ottimo umore: a quanto pare, entrando in ritardo, avevano interrotto il brillante monologo di Neville, ovvero ciò che la Sprout più attendeva durante ogni lezione.

Si può dire che le conseguenze non furono catastrofiche, ma ai due ragazzi, ognuno prontamente riunitosi al gruppetto della propria Casa, fu assegnato il compito di riordinare la serra dopo la lezione.
Harry decise che avrebbe chiesto in quel frangente a Malfoy quello che voleva sapere: dopotutto cosa gliene importava di quello che il biondo pensava di lui, poteva credere quello che voleva.

Ora però vi starete domandando tutti, o almeno spero sia così, che cosa Harry Potter volesse sapere di Draco Malfoy a tutti i costi.
Per scoprirlo dobbiamo ruotare un paio di volte la nostra Giratempo e tornare all'amichevole discussione di quella mattina al tavolo dei Grifondoro...

"No! Ronald ti prego n-..."

Troppo tardi, ormai era fatta e il Weasley si era lanciato sulla tavolata per afferrare al volo il vecchio gufo di famiglia, arrivato con la posta in quel momento, che rischiava col suo probabile atterraggio disastroso di mandare letteralmenre all'aria la colazione.
Così facendo, però, Ron aveva ottenuto l'effetto contrario alle sue intenzioni: il puddin di Seamus gli si era rovesciato addosso e le ciambelle di Neville erano state schiacciate dal suo peso.

Hermione gridò coprendosi gli occhi con le mani mentre Harry scoppiava in una risata irrefrenabile, come del resto buona parte di coloro che avevano assistito alla scena.
Ron ci rimase male, soprattutto quando Colin Canon si mise a scattare foto a destra e a manca e nemmeno a lui, ma "Harry Potter che ride", insomma l'evento del secolo.

"Miseriaccia Harry, sei il mio migliore amico almeno tu dovresti sostenermi... oi smettila di ridere..."

"Beh te lo meriti Ronald, te l'avevo detto di non farlo, del resto."

Intervenne Hermione e ciò che ottenne fu un'occhiata storta del rosso.
Quando finalmente Potter riuscì a smettere di ridere sentì due mani ugualmente pesanti ma appartenenti a due persone "diverse" posarglisi sulle spalle.

"Ehilà Harry"
" 'Giorno Prescelto"

Il ragazzo storse il naso e inclinò il collo, girando la testa in modo da puntare gli occhi su Fred e George in piedi alle sue spalle.

"Fred... lo sai che non mi piace che mi chiami così, mi fai sentire diverso."

"Oh poverino, sentito George? Si sente diverso"

Partì subito all'attacco quell'altro.

"Beh Harry, è perchè tu sei diverso ed è una vergogna che più gente non sia come te..."

"Già, io e George ci chiediamo spesso come sarebbe stato se anche Ron fosse stato come te..."

"Sicuramente migliore, Fred"

"Indubbiamente più pulito, George"

"Incapace di sedersi normalmente, Fred"

"Del tutto impedito in matematica, George"

"Beh, quell-"

"Fred, George, i pregiudizi derivanti dagli orientamenti sessuali sono passati di moda da decenni ormai, aggiornatevi. Inoltre Ron non è stupido...dovrebbe solo studiare di più, tutto qui."

S'intromise Hermione.
Il rosso incassò in silenzio, continuando a pulirsi il maglione imbevuto di puddin' con l'energia di un gatto che si lecca le ferite.
Harry invece si impose sulla situazione, incrociando le braccia al petto e fissando lo sguardo su un punto indefinito di fronte a sè, in modo da ottenere l'attenzione necessaria per declamare la seguente:

"Comunque io non sono gay, sono bisessuale. Vi ricordate Cho Chang, vero?"

Sul volto dei gemelli si dipinse un sorrisetto malsano.

"No, in realtà noi ci ricordiamo Cedric."

Risposero in coro facendo arrossire e insieme rabbuiare Harry Potter.
Hermione lanciò loro un'occhiataccia che parlava da sè:"andatevene".
I due si scambiarono una smorfia scherzosa e subito dopo si abbassarono simultaneamente a sussurrare alle orecchie di Harry, perchè, vedete, c'è chi ha un angelo e un demone e chi ha i gemelli Weasley appollaiati sulle spalle.

"Ma sì Harry, non disperare..."

"Già, il mare è pieno di pesci..."

"Belli, brutti..."

"Bruni, biondi..."

"Ah sì! A tal proposito Freddie caro, sono sicuro che hai sentito l'ultima..."

"No Georgie caro, di che parli?"

"Di Malfoy, Freddie mio..."

"Oh! Non mi dire che..."

"Eh sì, proprio così"

"Santi numi! Sentito Harry? Io ci farei un bel pensierino"

Lanciata questa bomba, se ne andarono visibilmente soddisfatti, lasciando che esplodesse nella testa del Grifondoro e lo portasse a cercare la chioma bionda di Malfoy al tavolo dei Serpeverde per ben due volte, come già sappiamo bene.

Quindi, in breve, il riccio moriva dalla voglia di scoprire se i gemelli avevano ragione, se Malfoy fosse effettivamente gay.
Non che gli importasse, era solo curioso... dopotutto "conosci il tuo nemico", no?

Per questo motivo attese nervosamente la fine della lezione e, appena la serra si fu svuotata, decise di stringere i denti e strappare quel cerotto una volta per tutte (inutile dire che se non l'avesse fatto il suo stupido ego da Grifondoro ci sarebbe rimasto molto male).

"Ehy Malfoy"

Richiamò la sua attenzione e il ragazzo biondo si girò verso di lui con aria seccata mentre sollevava una mano per fermarlo subito.

"No Potter, risparmiami il suono della tua voce mentre sistemiamo qua, è già abbastanza penoso così."

"Oh, sono desolato che ritrovarti della terra sotto le unghie ti abbia rovinato la giornata... sarà uno strazio pulirle suppongo"

Il biondino fece una smorfia e iniziò a impilare vasetti.

"E che ne sai tu? Non ti lavi..."

Harry intanto si era accorto quanto pericolosamente si stessero allontanando dall'argomento di cui voleva trattare, per questo incassò... e anchè perchè strillare "non è vero" sarebbe stato patetico.

"Senti, mi chiedevo... insomma ci sono delle voci..."

Draco alzò gli occhi al cielo, rassegnandosi all'insistenza del Grifondoro, ma senza dargliela vinta neanche per un secondo.

"Oh stupendo, San Potter sente pure voci adesso... e io che ero sicuro che non potesse andare peggio di così."

"Oh ma smettila Malfoy e stammi a sentire."

Protestò Harry seccato smettendo di spazzare il pavimento e picchiando la saggina della scopa per terra, ottenendo per un istante lo sguardo diabolicamente divertito di quell'altro che ora stava spostando i vasetti sopra un armadio.
Per un attimo il ragazzo con gli occhiali si perse nel gesto del Serpeverde che ora aspettava solo che il moro parlasse, ma nascondendo bene la sua curiosità.

"Non li prenderà mai nessuno se li metti così in alto..."

"Eh?"

Fece Malfoy disorientato prima di rendersi conto che Potter parlava dei vasetti.

"Seriamente? Era questo che volevi dirmi? Poi, tralasciando il fatto che la levitazione la insegnano al primo anno e gli incantesimi di richiamo al quarto... non tutti sono bassi come te, Potter."

"Non sono basso."

Si incupì subito il riccio lasciando che Malfoy sollevasse un sopracciglio con fare scettico.

"È vero! Sono perfettamente nella media"

Insistette Potter e il suo interlocutore non rispose, però riuscì a fatica a controllare una risatina che sembrava voler dire "patetico".
Di nuovo il Grifondoro si accorse di aver cambiato discorso e che, continuando così, non ce l'avrebbe mai fatta a dare pace al suo dubbio.

"Malfoy tu sei gay?"

Era chiaro che la domanda improvvisa e diretta lo avesse spiazzato, ma era Draco Malfoy... non bastava certo questo a fargli perdere il controllo.
L'unica cosa che riusciva a pensare in quel momento era "dannazione... è proprio da Potter".
Si girò verso di lui trovandolo lievemente rosso sulle gote, ma ben aggrappato al suo orgoglio.

"Tutto qui. Tutte queste moine solo per sapere se sono gay?"

Harry non disse nulla e Draco scrollò le spalle.

"Sì, lo sono. Ma resta il fatto che ho ancora buon gusto quindi, Potter, toglietelo dalla testa"

Ammetterlo non era stato così facile come avrebbe creduto o come lo era stato in altri frangenti.
Era come se Harry avesse fatto un passo in più verso il suo punto debole e questo terrorizzava Draco.

"Eh? Ma figurati, non mi piacciono i biondini."

Replicò prontamente, dopotutto si aspettava una provocazione del genere.
Non si aspettava però che Malfoy gli rivolgesse un'occhiata tanto sorpresa subito dopo.
Solo in quel momento si rese conto di avere praticamente appena dichiarato a sua volta il suo orientamento sessuale.

"Beh? Guarda Malfoy che non mi importa un fico secco di quello che p-"

Ma fu interrotto da una risata di scherno improvvisa, il biondo si copriva la bocca malignamente sconcertato.

"Per Salazar! Possibile mai che il famigerato San Potter sia gay... e ew, sei davvero la vergogna degli omosessuali in tal caso."

Stavolta fu il volto del Grifone quello a deformarsi in una smorfia ostile, che portò solo al risultato di istigare la Serpe a provocarlo ulteriormente.

"Oh non piangere ora, Potter... un giorno qualcuno forse ti apprezzerà per come sei veramente e non solo per la tua fama."

Il volto di Harry si contrasse e i suoi occhi mandavano lampi di avvertimento.
Malfoy faceva sempre centro.

"Già, e forse un giorno tu proverai delle vere emozioni, smettendola di fare il burattino. Non farmi la predica Ferret, perchè sei patetico."

Adesso anche Malfoy faticava a contenersi e stringeva i pugni lungo i fianchi perchè anche quel Potter sapeva bene dove colpire.

"Chiudi la bocca Sfregiato, non sai un cazzo di me."

"So abbastanza da essere consapevole di quello che dico."

Dal ghigno di Draco prorruppe una risata gelida e  sarcastica.

"Ma tu non sai quello che dici Potter. Per questo questa conversazione non ha più alcun senso."

Detto questo, mosse la bacchetta e sussurrò una breve formula con la quale pulì i tavoli poi si avviò verso l'uscita.
Non era prudente usare magia in una serra, ma in quel momento ne avevano entrambi abbastanza della reciproca compagnia, sapevano che se non si fossero fermati in quel momento, l'unica strada percorribile sarebbe stata quella che li avrebbe condotti ad un'espulsione immediata.

"Immagino tu ora vada a fare in culo, Malfoy"

"Con mio grande piacere, Potter"

E uscì passandogli davanti e approfittandone per guardare il suo ancora tanto ribollente quanto infantile rancore dall'alto in basso, prima di lasciarlo solo coi suoi nervi a fior di pelle e le meningi pulsanti di umiliazione.
Il moro non avrebbe mai dovuto fargli quella domanda, quella volta aveva vinto lui.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


"Non so quanto sia salutare quello che stai facendo, Ronald. Personalmente te lo sconsiglio."

Decretava una preoccupata Hermione di fianco a un Weasley più che dignitosamente brillo e intenzionato ad ingurgitare un buffo intruglio di Burrobirra e Whisky Incendiario.

"Roba babbana...è un drink Hermione, me l'ha detto mio padre... roba babbana, lo sai se lo sai."

Ripeteva quello decisamente confuso, ma non meno determinato, in tutta risposta.

"No Ron... non funzionano così i drink, davvero dammi retta."

Tentava ancora disperata la Granger e provò a levare di mano il bicchiere al rosso, ma ottenne solo che quello si spostasse bruscamente, rovesciando parte del poco raccomandabile nuovo alcolico addosso a Lavanda lì vicino che squittì e iniziò subito a fare la civetta con Ron.
Come biasimarla, non era mai stato niente male e a lei era sempre piaciuto particolarmente, il problema era Hermione poco distante che sembrava lanciare saette con gli occhi nella loro direzione.
Ma ormai il Weasley era distratto dalla scollatura di Lavanda e all'altra ragazza non restava alternativa se non cercare Harry.

Il quattrocchi non era messo molto meglio del suo migliore amico, ma perlomeno sapeva distinguere una ragazza da una sedia.
Era seduto su un divanetto davanti al fuoco stretto tra Katie Bell e Dean Thomas, altri Grifondoro concludevano il cerchio sul tappeto e mentre Seamus Finnegan si era perso con lo sguardo assente rivolto al camino, tutti quanti cantavano malissimo la canzone del Cappello Parlante di quell'anno.

"Secondo me le riutilizza ogni sette anni"

Si sovrappose la voce di Neville, che da ubriaco era molto più interessante: passava da pianti isterici a riflessioni profonde o frasi senza senso, ma in quel frangente ebbe l'attenzione generale.

"Insomma pensateci... Hogwarts esiste da secoli e secoli... non può avere un vocabolario tanto vasto, non potrà mai dire le stesse cose in infiniti modi diversi, bluffa... ve lo dico io."

"Ha ragione..."

Si inserì Padma Patìl trasognata e Cormac McLaggen annuì con assente approvazione.

"È un vero genio."

Aggiunse mentre il suo colorito cinereo rendeva chiaro che fosse quello che per fare il grande uomo aveva bevuto più di tutti e ora era lì lì per sboccare.

Hermione intanto aveva raggiunto Harry e si era aggiunta al cerchio sul tappeto, ma rifiutando ogni sorta di alcolico più alto di gradazione della Burrobirra le venisse offerto.

"Dai Granger, dobbiamo finirla così possiamo fare il gioco della bottiglia!"

Esclamò entusiasta Lavanda che aveva appena trascinato anche Ron, frastornato, nel cerchio e sventolava davanti a Hermione una bottiglia di Whisky Incendiario quasi vuota.

"Ma non ti serve Lavanda..."

Intervenne prontamente George Weasley.

"Se vuoi farti il nostro fratellino dubito si ritrarrebbe..."

Continuò Fred.

"Specialmente in queste condizioni..."

Concluse cupa Hermione e Harry alzò gli occhi al cielo intenerito, spostandosi prontamente sul tappeto di fianco a lei e circondandole le spalle con un braccio mentre Lavanda arrossiva di vergogna.

"Cosa stai dicendo Granger, che non potrei piacergli se fosse sobrio? Insomma davvero ti credi tanto meglio? Almeno io ho il coraggio di provarci."

Replicò inviperita e Harry tentò di trattenere Hermione, ma quella non disse una parola di più, semplicemente si alzò e andò a rinchiudersi nella sua stanza.
Il riccio la conosceva abbastanza bene da sapere che avrebbe pianto, ma anche che l'avrebbe cacciato se avesse provato a confortarla.
I Grifondoro hanno seri problemi con il mostrare le debolezze e in questo, forse, non sono poi tanto diversi dai Serpeverde.

"Ookay..."

Intervenne Alicia Spinnet tentando di riportare la temperatura della stanza sopra lo zero.

"Niente gioco della bottiglia, meglio obbligo o verità."

Partirono da qui proteste in massa.

"Seriamente Alicia... ma quanti anni abbiamo?"

"Nessun altro qui ha un po' più di fantasia?"

La ragazza alzò le mani in segno di resa come a dire "fatevi avanti se avete idee migliori" e chi avrebbe potuto ghignare in questo momento se non i due gemelli, figli di Satana?

"Svegliamo tutta la scuola"

Proposero in coro e diffusero il panico.

"COSA?!"

"Voi siete matti"

"FACCIAMOLO!"

Gridò Harry scolando il fondo della bottiglia e fu il primo ad alzarsi con occhi quasi spiritati, ma non ci volle molto prima che tutti i Grifondoro, nessuno escluso, lo seguissero senza ulteriori indugi fuori dal buco del ritratto.

Quella notte risatine eccitate ed irrequiete riempirono i corridoi, si sparsero per i dormitori di Tassorosso e poi di Corvonero... dal quale furono prontamente cacciate, ma l'allegra combriccola si avvalse della presenza di Cho Chang, Luna Lovegood e qualche altro Corvonero che trovava la sua saggezza in un po' di giovanile follia.

Mai in secoli di storia Hogwarts aveva vissuto una notte più travagliata... eccetto magari l'emergenza Sirius Black al terzo anno.
Emergenza dalla quale Harry distolse bruscamente i propri pensieri, quella sera non sarebbe stato triste e la sua mente avrebbe allontato ogni fantasma, e tenuto stretto a sè chi ancora era di carne e sangue, vivo e presente.

In ogni caso, la nottata non finiva lì, mancavano i Serpeverde dopotutto.
E nonostante la loro indole tendente all'appartenenza ad un'elìte, non avrebbero mai detto di no a un'occasione tanto maestosa per trasgredire il regolamento.

Infatti la loro Sala Comune divenne la tappa finale dell'allegra comitiva, dove scorse alcol a fiumi, Cormac finalmente riuscì a vomitare, Ron e Lavanda a copulare e Harry a ridere di gusto come non faceva da tanto tanto tempo.
Rise e bevve fino a crollare sereno e con la testa leggera su uno dei divanetti color smeraldo.

Quando riaprì gli occhi un forte senso di nausea e pesantezza lo accolse e costrinse a correre il più in fretta possibile alla ricerca di un bagno.
Una volta riemerso dalla tazza si sciacquò la bocca e il viso, cercando disperatamente di tornare lucido quanto bastasse per capire che diamine gli fosse preso la sera prima... peraltro era davvero un miracolo che Gazza non si fosse accorto di nulla e molto probabilmente avrebbero dovuto ringraziare tutti i gemelli per quello.

Lanciò un'occhiata all'orologio magicamente illuminato: 4.58
Avrebbe scommesso di aver dormito molto di più invece era ancora presto, poco male.
Inforcò gli occhiali ed evitò di guardarsi allo specchio, uscì dal bagno e si accorse in quel momento che era entrato nella stanza di qualcuno che, almeno fino a pochi istanti prima, dormiva e ora si era messo a sedere sul letto, ma Harry non lo vedeva perchè era nascosto dall'oscurità di quella notte ancora inoltrata.

"Blaise... che ci fai sveglio a quest'ora? Pensavo avresti dormito da Theodore..."

Mugolò una voce assonnata e a Harry balzò il cuore in gola.
Era finito nella fottutissima stanza di Malfoy.
Inutile dire che andò nel panico e pensò bene che mentire fosse il modo più pulito di venire fuori da quella situazione.

"Ehm... no, beh c'è stata una festa."

Lo sussurrò appena, in modo da mascherare al meglio la propria voce e senza spiegarsi effettivamente il motivo di quel gesto, si avvicinò al letto del Serpeverde e si sedette sul bordo.
Prima di potersi inventare una scusa per congedarsi in modo pulito, Draco lo interruppe nel modo più sorprendente che si sarebbe mai aspettato.

"Mi fa piacere che tu sia qui... mi andava di parlarti in effetti e a cena non ce n'e stato modo."

La voce di Malfoy era tranquilla, se Harry non l'avesse conosciuto bene avrebbe giurato che vi si nascondesse una nota di dolcezza gratuita e sincera.
Non si spiegò perchè, ma quel suono gli piacque particolarmente e altrettanto enormemente lo infastidì.
Poi il biondino riprese a parlare.

"Sai oggi... ho parlato, se così si può dire, con Potter nella serra dopo Erbologia."

Harry si irrigidì di colpo e fu certo che quello fosse il posto più sbagliato in cui potesse trovarsi in quel momento.

"I-io..."

Iniziò, facendo per alzarsi dal letto, ma per l'ennesima volta il biondo lo fermò e questa volta lo fece stringendo le sue spalle in un abbraccio delicato e appoggiando la testa contro la sua nuca.

"Lui... è gay, ma ci credi? Sembra così assurdo"

Un sospiro tiepido fece accapponare ad Harry la pelle e gli mozzò il fiato.
Allo stesso tempo una fitta gli pervase la cicatrice.
Pensò davvero troppe cose in quel momento, troppe e tutte in una volta e agì prima di potersene rendere conto, alzandosi di scatto.

"Scusami, non sono Blaise... ero qui per caso penso di essermi perso."

Un fruscio delle lenzuola fu il segno che nel buio di quella stanza Draco Malfoy si era irrigidito.
Forse era arrossito... e il Grifondoro si sorprese di sapere che avrebbe tanto voluto scoprirlo.

"Chi sei?"

La voce fredda di Malfoy lo raggiunse facendolo sentire tremendamente in colpa,  aveva infranto un suo momento personale e... e non avrebbe dovuto importargli.

"Preferirei che tu non lo scoprissi ... sono quasi sicuro tu stia per accendere la bacchetta e per favore, per favore non farlo."

Mormorò terrorizzato all'idea che il Serpeverde scegliesse di non dargli retta.

"Perchè?"

Il suo tono vacillò appena e il riccio prese a mordersi nervosamente un labbro prima di rispondere come al solito senza pensare.

"Perchè così... domattina non dovrai abbassare lo sguardo davanti a nessuno, non dovrai vergognarti di niente."

A questo punto il quattrocchi fu certo di essere divenuto paonazzo: come diavolo gli era uscita quella frase? Non avrebbe potuto trovarne una più stupida.

Malfoy però ridacchiò, sopreso sotto sotto da quella risposta così mirata, tanto da sembrare fatta apposta per lui da qualcuno che lo conosceva davvero bene.

Si può dire che quella storia dell'anonimato lo mettesse in qualche modo a suo agio... non era un ingenuo, ma non gli sembrava di avere a che fare con un sadico bastardo, avaro dei segreti altrui, solo con un ragazzo un po' idiota e sbadato che cercava di tirarsi fuori da una situazione scomoda senza rimetterci la faccia.
Un simpatico codardo.
Forse per questi due aggettivi l'idea che potesse trattarsi nientemeno che di Harry Potter non lo sfiorò affatto.

"Ok sconosciuto, sei bravo con le parole. Ti risparmierò, ma bada a non lasciarti sfuggire niente di questa piccola parentesi."

Harry sorrise nel buio e si avvicinò di un passo ancora al letto dove Malfoy era tornato a sdraiarsi.
Si accovacciò al bordo e con il passare dei minuti nel silenzio più assoluto iniziò a distinguere la testa di Malfoy e i suoi capelli argentati sparsi sul cuscino e a tratti illuminati dai raggi di una Luna, prossima a tramontare.

"Vattene"

Mormorò il biondo senza ostilità, solo un tono assonnato e divertito, prima di girarsi a guardare l'interlocutore improvvisato in faccia, era pure in controluce e questo nascondeva i suoi tratti alla perfezione, nemmeno a farlo apposta.

Il Grifondoro si riprese all'improvviso da quello stato di trance e stavolta fu lui a ridacchiare, in verità un po' imbarazzato.

"Come sapevi che ero rimasto."

"Non posso vederti, ma ci sento ancora benissimo... poi il tuo respiro mi spettinava."

Harry rise piano e si coprì la bocca con una mano mentre la sua testa si immaginava il solito Malfoy in quella situazione assurda.
Erano due persone completamente diverse.

"Ah, beh chiedo scusa... allora tolgo il disturbo."

"Bravissimo"

Harry non rispose, ma, alzatosi in piedi indugiò ancora qualche istante prima di allontanarsi e uscire dalla stanza.

Attraversò la Sala Comune di Serpeverde dove ragazzi e ragazze dal quinto anno in su di tutte le Case erano collassati alla bell'e meglio.
Sembrava un vero e proprio campo di battaglia e lui lo attraversò cautamente fino all'uscita che dava sui sotterranei e da lì attaversò il Castello fino alla Torre di Grifondoro senza quasi rendersene conto mentre il Sole sorgeva lentamente, illuminando le vetrate colorate che si proiettavano sui suoi passi tranquilli e distratti.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Quella notte Draco Malfoy non chiuse più occhio.
Nonostante non avrebbe comunque potuto fare molto a riguardo, non si sentiva confortato dalla consapevolezza di aver messo nelle mani di qualcuno che non fosse Blaise uno dei suoi pensieri sinceri.

Apprezzava che quel ragazzo non avesse cercato di saperne di più... dopotutto se n'era andato sapendo fondalmente solo due cose del vero Draco Malfoy: la prima era che lui e Blaise Zabini avevano davvero un bel rapporto.
Non che fosse un gran segreto, metà dei Serpeverde era convinta che presto Blaise avrebbe lasciato Theo per stare ufficialmente con Draco, l'altra metà aveva un cervello e degli occhi e sapeva fare caso al modo in cui si guardavano tutto il tempo Nott e Zabini.

La seconda informazione in possesso dello sconosciuto era che aveva parlato con Harry Potter e che aveva da dire a riguardo, ma soprattutto che il Grifondoro era gay.
Se la notizia si fosse diffusa e si fosse scoperto che era colpa sua forse Harry sarebbe arrivato ad odiarlo ancora di più.
Non che questo cambiasse qualcosa, nel modo più assoluto.

A questo punto Draco poteva solo sperare nella riservatezza del ragazzo, tuttavia non era facile per lui fidarsi... figuriamoci di uno che nemmeno conosceva.
O forse sì... dopotutto o era così oppure lo sconosciuto era stato tanto brillante da saper trovare le parole adatte a persuaderlo dal fare letteralmente luce sulla questione dell'intrusione.
Strise forte il cuscino tra le braccia mentre ormai il Sole fuori dalla finestra alle sue spalle riempiva la stanza con la luce del giorno.
Fu in quel momento che si aprì la porta e Draco fu certo di riconoscere il passo stanco di Blaise e un tonfo secco gli suggerì che il ragazzo si era appena gettato sul letto.

"Blaise... pensavo avresti dormito da Theodore stanotte."

Ripetè la domanda per la seconda volta quella notte e si girò verso il letto dell'amico, sollevato di trovarlo a pancia in giù sul suo letto col volto affondato nel cuscino.
Mugugnò qualcosa poi si girò a guardarlo.

"In realtà quei cretini dei Grifondoro ci hanno portato in Sala Comune tutta la scuola e hanno improvvisato una festa niente male... quindi no, non ho dormito con Theo, ma penso di avergli vomitato addosso a un certo punto."

Draco normalmente avrebbe riso delicatamente nell'immaginarsi quella scena, ma rimase zitto e perso nei suoi pensieri, guardando Blaise oppure l'aria che lo separava da lui.

"Tutto bene, Draco?"

Chiese il mulatto sollevando un sopracciglio e l'altro Serpeverde si riscosse: pensava che almeno per quanto ne sapesse ora, il ragazzo di poche ore prima era un tipo sincero.

"Sì, scusa... mi ero soffermato a pensare"

"Già, ho notato..."

Con una forza sovrumana che lui stesso non aveva idea di possedere, Zabini si mise a sedere sul letto.

"Mi vuoi parlare vero? Ha forse a che fare con la tua assenza alla festa di ieri?"

Il biondo scosse la testa divertito e rassicurato dal modo in cui l'amico riusciva a leggergli come nel pensiero.

"No, in realtà sono tornato abbastanza tardi in dormitorio ed ero molto stanco. Quello di cui ti volevo parlare beh, tanto per cominciare non c'entra molto e non è nemmeno poi così importante ora che ci penso..."

Sembrava che stesse giustificando la sua assenza come si fosse trattato di un delitto... Zabini comprese subito cosa stesse facendo il suo amico la sera prima.
La silenziosa ed eloquente attesa di Blaise che seguì quelle parole costrinse il biondino a non fermarsi lì e a mettersi seduto sul letto a sua volta prima di sputare il rospo.

"Ho solo... scoperto che San Potter ora è San Gay Potter. È stata una bella sorpresa in realtà, non l'avrei mai detto guardandolo anche se... effettivamente è possibile che al quarto anno lui e Diggory... beh, hai capito."

Sul serio ora Zabini non sapeva se ridere o piangere.
Nel dubbio gemette di divertita rassegnazione e raggiunse Draco, sedendosi sul suo letto e circondandogli le spalle con un braccio.

"Draco... sei un caso disperato, veramente. Non starci a pensare su troppo, alla fine questo non cambia niente e lo sai bene..."

Malfoy abbassò lo sguardo affranto come se l'amico avesse appena dato voce alla verità che avrebbe voluto sentire meno in quel momento.

"Sai come la vedo... devi andare oltre. Insomma sono più di cinque anni che riesci a pensare solo a lui in quel modo, non puoi lasciare che ti rovini l'esistenza fino al giorno in cui morirai: concentra altrove le tue attenzioni o soffrirai e basta."

Di nuovo Draco tacque, ma appoggiò la testa sulla spalla di Zabini ed ebbe un piccolo sussulto, poi un singhiozzo e un attimo dopo lasciava che lacrime pesanti e liberatorie gli solcassero le guance.
Era da quel pomeriggio che aspettava di lasciarsi andare...

Aveva concepito l'inutile rivelazione del giorno prima come se avesse potuto avvicinarlo a Harry di un passo, eppure era ovvio che la distanza non era cambiata.
Il mulatto strinse di più a sè l'amico, accarezzandogli un braccio delicatamente e sospirò sconsolato perchè sapevano bene entrambi che era come parlare a un muro: neanche volendo Draco Malfoy sarebbe riuscito a distogliere le sue attenzioni da Harry Potter.

Per questo il biondo era così irraggiungibile: chiunque conoscesse, chiunque si scopasse, non avrebbe mai raggiunto nel suo cuore quel posto preciso che Potter si teneva ben stretto con ogni suo stupidissimo respiro, gesto, sorriso.

Il celebre Grifondoro, dal canto suo, non aveva, stipati in testa come in un armadio troppo disordinato, meno pensieri del Serpeverde...

Tanto per cominciare la sua parte razionale aveva fatto tornare a galla la consapevolezza della grande scoperta che aveva involontariamente fatto poche ore prima: Draco Malfoy era un Mangiamorte, ufficialmente.
Solo in questo modo si poteva spiegare la forte fitta alla cicatrice che aveva sentito quando il biondo lo aveva abbracciato.

Harry riteneva di non stare dando alla notizia l'importanza giusta.
Per qualche assurdo motivo la sua mente continuava a virare sul fatto che effettivamente il Serpeverde l'aveva abbracciato nonostante fosse chiaro che non era stato intenzionale.
Qualcosa continuava a sfuggirgli e si rifugiava continuamente col pensiero nel ricordo di quella stretta delicata, della voce tranquilla di Draco Malfoy che, nascosto nel buio gli sussurrava i suoi pensieri.

Ora Harry era sdraiato sul letto con le mani sotto la nuca e fissava i drappeggi scarlatti del baldacchino sopra di lui.
Era sempre stato convinto che fossero davvero pacchiani, ma non aveva mai dato voce a quel pensiero.
Non aveva motivo di farlo e in egual modo intendeva comportarsi a riguardo degli accadimenti di quella notte.

Erano già facilmente insabbiabili dopotutto: ho bevuto, non ricordo nulla, dormivo, sboccavo.
Girò la testa e lanciò una veloce occhiata a Ron che sonnecchiava beatamente.
Harry era curioso di sapere che faccia avrebbe fatto quando gli avrebbe invece elencato tutte le cavolate in cui si era esibito la sera prima, dall'ardita prova di equilibrismo sul manico di scopa a, ovviamente, il fatto di essere andato a letto con Lavanda Brown.

No, forse avrebbe lasciato a Hermione il compito di fargli una ramanzina che alla fine non si meritava neanche.
Inoltre non aveva motivo di svegliarlo... non avevano intenzione di andare a lezione comunque, come più di metà degli studenti del resto.
Chiaramente, però, Hermione era parte dell'altra fazione, della minoranza in opposizione e trovò metodi spaventosamente efficaci per costringere i due scansafatiche ad alzare dal letto il loro grazioso fondoschiena e trascinarlo a colazione.

Tutti i presenti in Sala Grande non facevano che parlare della bravata della notte appena trascorsa, chi con toni entusiastici, chi di rimprovero, ma ognuno era convinto che non sarebbe stata dimenticata in fretta.
Tuttavia la testa del Prescelto era ben lontana da quell'accesissimo brusio che lo circondava.

Così per tutto il giorno non fece che pensare a Malfoy, era diventata un'ossessione e il tempo in dormitorio lo trascorreva con gli occhi incollati sul cartellino con il suo nome sulla Mappa del Malandrino.
Forse fu l'insieme di tutto questo ad agire sulla sua mente in modo violento, facendo quadrare ogni cosa in modo che "non gli sembrasse una cattiva idea" andare a trovare Malfoy anche quella notte.

Ormai aveva deciso in ogni caso e tentare di fermarsi e sopprimere la curiosità sarebbe stato solo controproducente, quindi indossò il Mantello dell'Invisibilità e scivolò per i corridoi nuovamente bui con tanta adrenalina in corpo quanta ne aveva avuta la notte precedente.
Infiltrarsi nel dormitorio non fu poi tanto difficile, aveva fatto ben di peggio negli ultimi sei anni della sua vita.
Misurò ogni passo fino alla stanza che ricordava essere quella in cui si era infiltrato la notte prima, aprì la porta di un soffio e si creò uno spiraglio attraverso il quale non passava alcuna luce.

Ottimo

Pensò mentre scivolava all'interno attento a non impigliarsi da nessuna parte e non fare rumore.
Ora poteva solo sperare che Zabini non fosse stato lì nemmeno quella notte...
Per questo motivo si sporse verso il primo letto della stanza e lo tastò delicatamente, sollevato di notare che nessuno ci si era coricato.

Un fruscio nella stanza fece girare Draco Malfoy verso la porta, che si stupì di trovare semi-aperta.
Sollevò un sopracciglio e si alzò per chiuderla, misurando cauto i movimenti, quando si girò per tornare a letto faticò a trattenere un grido perchè la sagoma di un ragazzo avvolto dal buio stava piegando una specie di coperta e dava le spalle alla luce flebile della luna fuori dalla finestra, rendendo visibili solo i movimenti del suo corpo in controluce.
Per un attimo Draco pensò che fosse famigliare quel modo di muoversi, ma fu un pensiero veloce a cui diede poco peso mentre raggiungeva il ragazzo ancora sconvolto.

"Che diamine ci fai qui? Sei quello di ieri vero? Ma che ti è saltato in mente, per Salazar se sei inquietante. Cosa diamine vuoi da me? Ricattarmi forse? Stai giocando con la persona sbagliata, ragazzino."

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Il soliloquio di Malfoy fu interrotto da una risata contenuta in modo da risultare appena sussurrata.

"Ma che brutta idea, no che non voglio ricattarti ed esattamente come ieri non ho cattive intenzioni. Anzi, ad essere sincero penso di non sapere nemmeno io come mai sono tornato qui, immagino mi andasse e basta."

Harry scrollò le spalle e il breve silenzio di Malfoy nascose nel buio un'espressione scioccata del ragazzo che venne però esplicitata dal suo tono di voce.

"Come scusa? Vorresti farmi credere che se ti va di fare qualcosa tu lo fai, così, per noia? Inizio seriamente a credere tu sia pazzo..."

"Beh, si può dire che non ci sto mai a pensare su molto. Ma è meglio così, avresti avuto una notte molto più noiosa se fossi dotato di una coscienza funzionante."

"Guarda che... non intendo fare sesso con uno che non ho nemmeno mai visto in faccia"

Fu l'imbarazzata e un po' spaventata risposta di Malfoy.

"Cosa? Nono non hai proprio capito. Non voglio questo, nel modo più assoluto..."

Stavolta il Serpeverde la prese sul personale e drizzò la schiena incrociando le braccia al petto.

"Stai dicendo che non sono alla tua altezza per caso?"

"Eh? No. Non dico questo... senti possiamo smetterla di parlare di questa eventualità? Non voglio prenderla in considerazione, mi fa sentire veramente meschino."

Quella così schietta risposta, sincera e diretta con un tono che sembrava tremendamente naturale, colpì molto il biondo. Non era abituato alla verità senza giri di parole, specialmente se si pensava che stava parlando con un pazzo infiltrato potenzialmente pericoloso.

"Va bene..."

Rispose solo il ragazzo, tornando a rilassare i muscoli tesi mentre si sedeva sul letto a gambe incrociate, rivolto verso il bordo davanti al quale Harry si inginocchiò subito dopo.

"Deduco tu abbia rinunciato a cacciarmi ora..."

"Beh, hai implicitamente promesso di non uccidermi, derubarmi o violentarmi, insomma non sembri una così brutta persona, me la sento di concederti l'onore di fare la mia conoscenza, sempre che io non ti conosca già ovviamente..."

Era davvero con Draco Malfoy che stava parlando?
Harry non osava crederci e ormai la sua razionalità aveva fatto le valigie quindi non perse neanche tempo a cercare inutili spiegazioni.

"No, non mi conosci ancora e... forse è meglio che tu non lo faccia, però puoi chiamarmi James."

Il ragazzo tese la mano davanti a sè, aspettandosi una stretta e il biondo fece una smorfia titubante: odiava quel gesto.

"Ehy, guarda che non ho nessuna malattia rara"

Sussurrò scherzoso il Grifondoro e fece capire a Malfoy che a mostrarsi ridicoli o peggio, vulnerabili, erano in due: tanto valeva finirla subito.

Allora il biondo sospirò e strinse quella mano tesa verso di lui.
Era calda, molto calda e la stretta di James aveva un che di davvero rassicurante nel buio di quella stanza nei sotterranei.

Per un attimo sembrò al biondo che fosse stato l'altro a titubare quando il contatto venne interrotto.
Infatti fu proprio in quel momento che a Harry tornò in mente un ricordo importante, a cui fino a quel momento aveva sempre dato poco spazio nella sua mente.

"Dimmi allora, James, come sei arrivato qui senza farti beccare? O sei Serpeverde oppure hai un grande attitudine con l'andare in cerca di guai in modo riprovevolmente irresponsabile."

Le guance di Harry andarono letteralmente a fuoco, non avrebbe mai immaginato che Malfoy potesse essere così perspicace e incredibilmente portato per una psicanalisi che non avrebbe potuto essere meno opportuna.

"Ehm... già ho i miei metodi in effetti. E un Mantello dell'Invisibilità preso a due galeoni ad Hogsmeade"

"Pessima mossa questa, mi potrebbe fare intendere che la visita fosse premeditata"

Così il biondo mise alla prova la credibilità di Harry che non potè far altro che imbronciarsi e inventarsi una scusa stupida.

"Figuriamoci se era premeditata... era da settimane che cercavo una scusa per usare quel mantello, l'occasione è piovuta su di me come manna dal cielo: come avrei potuto far finta di nulla?"

"Quindi sei qui solo perchè volevi una scusa per indossare un mantello dell'invisibilità da quattro soldi..."

Attaccò nuovamente il Serpeverde che ora si stava divertendo moltissimo ad immaginare le reazioni del ragazzo accovacciato davanti al suo letto e alle prese con la sua dialettica pungente.

"Certo, se no perchè altro avrei dovuto?"

Rispose sottovoce, ma prontamente il Grifondoro incrociando le braccia al petto e lanciando al biondo un'occhiataccia che non avrebbe mai visto.
Molto meglio se litigavano... i battibecchi erano molto più cosa da loro due, Harry poteva destreggiarvisi meglio.
E a questo Malfoy fece caso subito, stupendosi per l'ennesima volta e di nuovo ebbe la sensazione di conoscere quel ragazzo.
Aggrottò le sopracciglia e decise di cambiare discorso e basta.

"Senti non startene lì per terra a fare il Jack della situazione, c'è spazio per entrambi su questa porta."

Harry fece fatica a contenere la sua risata mentre assecondava la sua gentilezza e sedeva sul letto di Draco Malfoy a gambe incrociate.
Il biondo ora stava di fronte al viso di un ragazzo che avrebbe tanto voluto vedere.
C'era qualcosa di malsano nella sua curiosità, quel qualcosa la rendeva fastidiosamente ossessiva e riusciva solo a pensare che voleva sapere qualcosa di lui, anche solo per ripicca dopo gli avvenimenti della notte precedente.

"Senti... non pensi di dovermi un segreto?"

"Cosa? E perchè dovrei?"

"Perchè ieri stavi per prenderti il più grande dei miei."

Harry ora era confuso e faticava a trovare una risposta sensata.
Riusciva solo a chiedersi di cosa stesse parlando...
Draco non gli aveva rivelato alcun segreto e non ci era nemmeno andato minimamente vicino.
Forse avrebbe dovuto pensare alla relatività del concetto di segreto e ricavare da quello la risposta che cercava, ma come abbiamo già menzionato, pensare non era mai stata la sua priorità e sicuramente non lo era in quel momento.
E lo dimostrò ampiamente.

"N-non ti pare ecco, un tantinello drastico? Insomma mi hai solo detto che Harry Potter è gay e per la cronaca non è vero, è bisessuale e lo sa mezza scuola quindi non è un segreto..."

"Bisessuale..."

Ghignò Malfoy nel buio, e il suo tono metteva in luce una punta di rammarico.

"Certamente, San Potter è magnanimo... non esclude nessuno."

Harry schioccò la lingua nel buio e sperò che Malfoy non avvertisse quanto male lo stesse guardando in quel momento.
Anzi, se ne sarebbe già andato sbattendo la porta se la curiosità non lo stesse spingendo avanti alla ricerca di qualcosa che per qualche istante in quei due giorni era esistito in Malfoy e non poteva essere scomparso.

"È proprio vero che non andate d'accordo... ed è un peccato, non è così male"

"Grazie mille, ma me lo sento già dire da tutta una vita, non è più una novità"

Troncò gelido il Serpeverde, stanco di parlare di Harry Potter e del suo essere perfetto a ruota libera.
Lui comprese perfettamente e chiuse la pericolosa parentesi "me stesso".

"Al secondo anno ho preparato con degli amici la Pozione Polisucco in un bagno"

"Eh?"

"Volevi un segreto, no? Eccolo..."

"Caspita... sei un secchione quindi. Insomma non è una pozione facile, sei sicuramente Corvonero. Mh peccato, non vado d'accordo con nessuno in quella Casa e non ho Pozioni con voi quindi immagino non ti abbia veramente mai visto. O no?"

Harry alzò le mani in segno di resa e rise piano.

"Hai fatto tutto da solo Draco, io non ti ho detto niente. Pensa quello che credi dunque."

Io Corvonero, questa sì che fa ridere...

Sentì Malfoy sbuffare divertito e non insistere oltre sulla questione dell'identificazione.
Ma in quel momento l'orologio di Harry si illuminò di un led azzurrino e iniziò a suonare.
Il Grifondoro si affrettò a disattivarlo col cuore in gola, trattenendo una risatina nervosa e sperando non avesse fatto più luce del dovuto.
Ma non sembrava essere così perchè il mago dai capelli biondi era tranquillo e forse un po' incuriosito da quello che per lui era un oggetto strano.

"Scusa, a mezzanotte fa sempre così..."

"Che buffo..."

Harry alzò entrambe le sopracciglia sbigottito e avrebbe tanto voluto gridare: "Malfoy tu odi i Babbani, che diamine è quel tono interessato?!"
Ma andò diversamente e balbettò un'altra risposta in maniera un po' sconnessa ma comprensibile.

"Già, buffissimo... beh i-immagino di dovermene andare, o domattina non mi sveglierò mai."

"Sei proprio un Corvonero"

"Non s- !"

Il Grifondoro si chiuse la bocca a forza, si prese un attimo e solo dopo completò la frase.

"Non significa che tu abbia il diritto di avere pregiudizi nei miei confronti."

"Mh..."

Fece il Serpeverde in tutta risposta con una tonalità che sottolineava la sua perplessità.

"Beh, allora..."

"Allora vado..."

"Sì, ciao..."

Harry si alzò, prese il Mantello e mentre si avviava alla porta la voce di Malfoy lo bloccò sul posto.

"James!"

"Cosa c'è?"

"Puoi tornare domani, se ti va..."

Potter deglutì e la sua presa sul Mantello dell'Invisibilità si strinse automaticamente.
Si sentiva tremendamente strano perchè non si sarebbe mai aspettato quell'invito, non da Malfoy, non con una voce che sembrava quasi implorarlo sotto strati e strati di insicurezze e orgoglio simulato.

"Mh... sì, buonanotte"

Non resistette un momento di più e corse fuori dalla Sala Comune delle Serpi con in corpo una incontenibile voglia di gridare.
Riusciva solo a pensare che se solo Malfoy avesse scoperto chi era James veramente si sarebbe vendicato nel modo più orribile che mente umana potesse congeniare.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il giorno seguente trascorse per entrambi i ragazzi come la straziante attesa del calare delle tenebre.
Ognuno dei due aveva motivi diversi per desiderare la notte: Harry era sempre più curioso ad esempio, Draco invece aveva dovuto ammettere a se stesso che battibeccare con quel ragazzo nel cuore della notte, senza pensare a nient'altro come due normali ragazzi della loro età era stato piacevole.

Fu sorprendente come in un baleno un mese intero corse via.

Draco però ancora non se la sentiva di parlare con Blaise della cosa, ma sapeva che se avesse continuato a incontrare James ogni sera, ogni sera avrebbe dovuto trovare una scusa per cacciarlo dal suo letto e ben presto il ragazzo avrebbe nutrito dei sospetti.

Quella volta però fu più facile  e involontario del solito liberarsi di lui perchè era il compleanno di Pansy, ovvero la festa più esosa e fastidiosa dell'anno, quella che trovava sempre piacevolissimo saltare e forse questa volta ancora maggiormente.

Della giornata di Harry invece è importante ricordare come si prese una bella pluffa in faccia durante gli allenamenti di Quidditch perchè guardava gli uccellini volare.

"Potter! Che diamine ti prende oggi?"

Gli gridò dietro Ginny Weasley ingrossando la voce per ottenere la sua attenzione e fargli capire chiaramente quanto fosse furiosa.
E aveva anche motivo di esserlo: dopotutto  era tutto il pomeriggio che il riccio girava in tondo e ancora non aveva nemmeno provato a correre dietro al boccino.

"Scusa Ginny, scusate ragazzi... non devo essere molto in forma ma vi assicuro che è solo per oggi."

"Lascialo stare Weasley, è innamorato non lo vedi?"

Rise Katie Bell beccandosi un'occhiata di fuoco sia dalla rossa che dal moro.

Quella sera il Grifondoro si trascinò nella Sala Comune per puro automatismo, privo di ogni volontà o forza fisica, la sua negligenza agli allenamenti gli era costata cara: Ginny si era vendicata, costringendolo a dare la caccia ai bolidi per riportarli nella cassa.
E lui odiava i bolidi come odiava Rita Skeeter.
Non seppe come, ma doveva essersi addormentato su un divanetto e quando riprese coscienza del proprio corpo e della propria esistenza fu perchè delle grida lo costrinsero a farlo.

"Sei ridicolo, Ronald... prima ti porti a letto la Brown e ora vieni a dirmi questo, ma hai idea di cosa stai parlando almeno?"

"Hermione ma che diamine c'entra Lavanda adesso? Non è assolutamente il punto."

"Si che lo è invece!"

Strillava Hermione con i pugni stretti lungo i fianchi, stordendo i timpani del povero Harry.

"No che non lo è! Seriamente cosa miseriaccia può avere a che fare lei col fatto che non mi piace Aritmanzia?"

"Ha tutto a che fare con questo!"

"Tu sei matta!"

"E tu sei un porco!"

Potter battè le palpebre un paio di volte, stordito, poi si mise a sedere.

"BASTA VOI DUE, SONO LE UNDICI, PER GODRIC!"

Gridò qualcuno dai dormitori al piano di sopra.

Uhm, le undici...

Riflettè passivamente il Grifondoro tra sè e sè.
Poi comprese la gravità della cosa e sbiancò.

L-le undici!?

Scattò in piedi e sgusciò fuori dal dormitorio con la sola accortezza di prendere il Mantello dell'Invisibilità e poi correre a perdifiato fino a giù nei sotterranei.

Per fortuna nella Sala Comune delle Serpi c'era un gran casino quella sera e non dovette fare attenzione a dove metteva i piedi, entrò nella stanza di Draco, chiudendosi poi la porta alle spalle con forza.

"Scusa"

Disse, ricordandosi di parlare piano all'ultimo istante e portando su di sè l'attenzione di Malfoy.
Era sicuro che fosse così, ma non poteva vederlo, sentì solo un fruscio.
Si tolse il Mantello e lo lasciò sul bordo del letto del ragazzo prima di fermarsi in piedi a guardare dove indovinò potesse trovarsi il suo viso.

"Sembrerà una stupida scusa, ma mi sono addormentato..."

Il Serpeverde stette ancora in silenzio per un po', e in quell'attesa snervante gli occhi verdi di Potter si abituavano al buio.
Poi il biondo sospirò e con un secondo fruscio di lenzuola rotolò un po' da parte, permettendo al Grifondoro di sedersi a gambe incrociate sul letto di fianco a lui.

"Non mi avrebbe sorpreso se invece avessi cambiato idea."

"Perchè?"

Mormorò Harry pacatamente, appoggiando la schiena contro la testiera del letto e seguendo, per quanto possibile, i movimenti di Malfoy con occhi attenti.
Aveva appoggiato la testa sul braccio piegato sul cuscino e lo guardava a sua volta.

"Non lo so, solo una sensazione."

"Che tipo di sensazione?"

"Non saprei...come se tutto questo non sia destinato a durare a lungo"

Harry chiuse gli occhi e sorrise divertito, mentre iniziava lentamente a tornare a stupirsi del ragazzo che gli stava di fianco.

"Sempre così drastico, Draco..."

Il moro lasciò che il suono di quella frase si spegnesse nella stanza buia, con la consapevolezza che c'era un nome tra quelle parole che, senza farci caso aveva pronunciato, quando alla luce del giorno avrebbe giurato non sarebbe mai potuto succedere.
Ora Malfoy era libero, agli occhi di Harry, da quel nome altisonante che sottintendeva tante cose spiacevoli.
Ora Malfoy era solo un ragazzo, solo Draco.

E quel ragazzo ora aveva appoggiato la sua delicata mano bianca sui pantaloni di Harry, all'altezza della coscia, e vi disegnava distrattamente piccoli cerchi immaginari.

Probabilmente il Grifone sentì dolore alla cicatrice, ma non ci fece caso perchè quel contatto casuale ora bruciava in modo sostanzialmente diverso e imprevisto.
Qualunque cosa disse allora in risposta Draco, Harry la percepì distante, distratto dal contesto.
Non si era mai sentito così a disagio in tutta la sua vita, per il semplice fatto che le dita sottili ed eleganti di Malfoy stavano accarezzando la sua coscia come se fosse stato normale.

"Forse hai ragione"

"Mh..."

"Come mai così silenzioso? Non ti starai mica eccitando, James"

"Eh, cosa? Figuriamoci, per così poco poi..."

"Giusto, dimenticavo che grande e inarrivabile esperto tu sia, questo non è niente per te."

"Draco, non provocarmi..."

"Ah sì, altrimenti, mi salti addosso? Banale."

Stuzzicato dalle istigazioni del biondo, Harry lo sovrastò per ripicca, gli pizzicò un fianco, soddisfatto di sentirlo contorcersi e ridere genuinamente.
Avrebbe tanto voluto vederlo e assicurarsi fosse vero.

Era molto confuso... non sapeva più chi fosse il nemico che si era portato dietro fino a quel momento e il suo silenzio parlava chiaro.
Gradualmente Draco sotto di lui smise di ridere e si sistemò a pancia in su, regolarizzando il respiro prima di muovere una mano a cercare nel buio il viso del ragazzo che era così in fretta diventato ciò che, escluso Blaise, avesse di più simile ad un amico.

Prima che le sue dita potessero incontrare la pelle di James, quello si spostò da sopra di lui e gli si sdraiò accanto con un sospiro, lasciandolo, a propria insaputa, con un gesto perso a mezz'aria.
Allora la Serpe si girò verso di lui e incontrò il riflesso di una luce appena accennata.

"Porti gli occhiali..."

Harry si irrigidì e si affrettò a toglierseli e a riporli sul comodino alle sue spalle.

"Troppe ore sui libri..."

Fu il suo unico, sarcastico commento.

"Com'era la storia dei pregiudizi sui Corvonero?"

Ne approfittò Malfoy per stuzzicarlo.

"Taci."

"Uh, permaloso..."

"E da quale pulpito..."

"Ma tu che ne sai, eh?"

"Bah, tutti lo sanno..."

"Se sei uno di loro, non trattenerti oltre"

"Ma che diamine dici ora?"

Fece Harry, appoggiando il peso su un gomito in modo da sollevarsi di un po', sorpreso dal repentino e ingiustificato cambio di umore del biondo Serpeverde.

"Se sei uno dei tanti che parla e parla a vanvera e per il puro piacere tratto dal sentire il suono della propria voce allora puoi anche andartene."

"Non lo sono"

Fece bruscamente Harry, quasi dimenticandosi di tenere la voce bassa.

"Beh hai appena parlato come se lo fossi"

"Ma non lo sono, anzi, sono d'accordo"

Sarebbe stato divertente, in futuro, riascoltare come quella frase fosse stata pronunciata con tono ostile.

"Ah sì?"

"Sì, lo sono al cento per cento. Dopo la questione del quarto anno non potrei pensarla diversamente."

"Il quarto anno?"

"Sai, quando hanno estratto per sbaglio un quarto nome dal Calice di Fuoco per il Torneo Tremaghi e tutti hanno incolpato il ragazzo in più soltanto per il gusto di odiare apertamente e con la scusa del contesto?"

"Intendi Harry Potter?"

"Sì, giusto era lui..."

"Già, morirebbe se non stesse sempre al centro dell'attenzione"

"Non è stata colpa sua, ora chi parla senza sapere, eh?"

Allora Malfoy tacque per un po', accusando il colpo.

"E tu? Sai com'è andata davvero?"

Chiese poi, stavolta senza che la sua voce fosse macchiata di ostilità.

"Sì... me l'ha raccontato una mia compagna di Casa, Cho Chang"

Harry stesso si sorprese della facilità con cui era riuscito a tirarsi fuori da una situazione scomoda all'ultimo minuto.
E non era la prima volta... se la sorte non fosse stata dalla sua parte, con tutti gli errori strategici commessi, si sarebbe già fatto scoprire da tempo.

"Intendi quella asiatica dietro alla quale sbavava?"

Reagì Malfoy, nascondendo il fastidio dietro al sarcasmo.

Innanzi tutto io non "sbavavo" dietro a nessuno. E poi... com'è possibile che qui finiamo sempre a parlare di me?

"Sì... lei, ma non è andata proprio così."

Si difese Harry, ferito nell'orgoglio, riappoggiando la testa sul cuscino.
Seguì il silenzio, era come se Malfoy lì di fianco stesse titubando, cercando il coraggio di dire qualcosa.
Ed era così, dentro di lui era in corso una lotta tra i suoi due istinti predominanti: quello che lo spingeva a voler sapere tutto di Harry Potter, come per avvicinarsi un passo di più all'irraggiungibile, e quello di conservazione.

"Parlamene"

Mormorò poi, ma non ricevette alcuna risposta oltre al respiro regolare e cadenzato di James sdraiato al suo fianco.

Dorme... seriamente?

Non potè pensare altro il Serpeverde che, arrossendo nelle tenebre, fu costretto a rinunciare al soddisfare la sua curiosità.
Ma si accorse di una cosa poco prima di addormentarsi a sua volta: per la prima volta da quando era bambino stava avendo a che fare con qualcuno che sapeva di Harry Potter più di lui.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Erano mesi che Draco non dormiva così beatamente: il calore di James gli era famigliare e trasmetteva un senso di sicurezza e, così protetto, poteva finalmente riposare.

Per questo il primo a svegliarsi fu proprio Harry e se così non fosse stato probabilmente si sarebbe verificata una catastrofe.
In ogni caso, quando aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il volto dormiente e rilassato del principe delle Serpi, trasalì e balzò a sedere sul letto, consapevole pienamente della gravità della cosa e del pericolo che aveva corso addormentandosi lì.

Lasciò passare qualche istante in modo da calmarsi e pensare lucidamente: per prima cosa doveva trovare i suoi occhiali.
Era certo di averli messi sul comodino la sera prima e gli sarebbe bastato girarsi e prenderli, ma per qualche ragione i suoi occhi non volevano saperne di scollarsi dalla faccia di Malfoy.

Era la prima volta che lo guardava davvero e alla fine si mise gli occhiali ma solo per avere modo di confermare il pensiero che aveva attraversato la sua mente un attimo prima e ora lo tormentava.
Era sicuro che prima il Serpeverde non fosse mai stato così bello.
Insomma, era universalmente riconosciuto come specchio di un canone di bellezza molto particolare eppure era come se il Grifondoro se ne fosse accorto finalmente solo in quel momento, guardandolo dormire tranquillo, senza nessuna maschera che potesse nascondere chi fosse veramente.

Ma era un'assurdità... come poteva un cambiamento dell'interiorità di qualcuno influire sul suo aspetto esteriore? Harry non si raccapezzava, non prendeva nemmeno in considerazione la possibilità che il cambiamento non fosse propriamente avvenuto in Draco, bensì in lui.

Diede un'occhiata all'orologio e vide che dopotutto era ancora presto, quindi tornò a sdraiarsi, ma non chiuse gli occhi non tanto per non rischiare di riaddormentarsi, quanto per rubare al giorno un po' di tempo per i suoi pensieri.

Scorrevano veloci in quegli istanti scanditi solo dal ticchettio delle lancette, che sembrava quasi incalzarlo con il suo ritmo incessante, lo spingeva a far scivolare gli occhi sui lineamenti del biondo davanti a sè con la foga estenuante di quando non c'è tempo.
Ma ne ebbe abbastanza per realizzare che le ciglia chiare di Malfoy erano molto più lunghe di quanto avesse creduto, che quando dormiva la sua fronte era leggermente corrucciata, la bocca semiaperta e dalle labbra pallide come avorio usciva ritmicamente del fiato tiepido.

Ma quel ritmo si spezzò, il biondo fece una smorfia e si girò dall'altro lato facendo ripiombare Harry nella realtà e facendolo nuovamente scattare sulla difensiva.
Prese il Mantello dell'Invisibilità e lo indossò, scivolando fuori dal covo delle Serpi e lasciando il biondo da solo con i primi raggi di Sole che riempivano gradualmente la stanza.

Arrivò in Sala Grande quando questa ancora era vuota e la colazione non ancora servita, ma non gli andava di tornare in dormitorio.
Avrebbe significato permettere che il brusio e la confusione del risveglio di decine di Grifoni infrangessero l'idilliaco spazio che si era creato da quando aveva aperto gli occhi.
Non sapeva esattamente in che modo descriverlo, era come se la sua testa avesse usato il silenzio e la bellezza di quell'alba per creargli attorno una sorta di locus amoenus che lo raggiungeva ovunque andasse.

D'altra parte Draco si svegliò tardi e raggiunse la Sala Grande, trafelato, appena prima che finisse l'orario della colazione e iniziasse la prima ora.

Aveva fatto un bel sogno, uno dal quale avrebbe tanto voluto non svegliarsi affatto e si può dire ci fosse quasi riuscito.
Quando entrò nella Sala gli venne spontaneo lanciare un'occhiata al tavolo dei Grifondoro, dove si sorprese di notare che anche Potter aveva gli occhi incollati su di lui come se non avesse potuto farne a meno.

Dapprima arrossì, poi si ricordò che "adesso lui era la sua ombra" e per quanto potesse essere da un lato eccitante, era potenzialmente pericoloso per la missione che avrebbe dovuto portare a termine, quindi lasciò che sul suo volto si dipingesse la consueta espressione di superiorità e disprezzo che fu prontamente ricambiata ed entrambi, rassicurati da quella consuetudine, distolsero lo sguardo.

"Harry..."

Una voce richiamò l'attenzione del ragazzo che si girò verso Hermione. La ragazza aveva dipinto sul volto uno sguardo confuso e tremendamente curioso.

"Sì?"

Fece lui rilassando le spalle sapendo esattamente quale domanda avrebbe seguito quel richiamo e prese un altro po' di succo di zucca.

"Va tutto bene? Ormai è diventata un'abitudine che non stacchi gli occhi dal tavolo dei Serpeverde."

Harry tacque senza nemmeno guardarla negli occhi: era peggio di quanto avesse creduto.
La Granger continuò, con voce più bassa.

"Senti ... lo so che stai cercando delle prove, che sei sicuro che Malfoy sia un Mangiamorte, che non ti darai pace finchè non potrai dimostrarlo, ma questa ossessione non è salutare."

Il Grifondoro alzò la testa di scatto, arrossendo delicatamente sulle guance.

"Ossessione? Non sono ossessionato. Solo all'erta, tutto qui..."

"Sei sicuro? Perchè Ron mi ha detto che tutte le notti ti alzi dal letto e rientri solamente dopo mezzanotte. Ha detto che stamattina quando si è svegliato, il tuo letto era intatto."

"Cosa?! RON"

Il rosso deglutì il gigantesco pezzo di muffin che aveva in bocca, arrossendo vistosamente.

"Scusa Harry, non sapevo cosa pensare e... volevo un consiglio."

"Oppure volevi una scusa per avere una tregua vero? Da quando avete fatto pace voi due? Avete deciso di unire le vostre forze contro di me? Non è rispettoso."

Ovviamente c'era una punta di sarcasmo in quella dichiarazione, ma traspariva chiaramente una sensazione di angoscia legata a quella situazione che ai due amici era sconosciuta, ma sembrava sempre più sospetta.

"Non stiamo parlando di noi ora, Harry"

Fu la risposta brusca di Hermione e Ron fece una smorfia, come infastidito da quel tono tanto risoluto da sembrar escludere ogni prospettiva di una riconciliazione duratura.

"Già."

Si limitò quindi a commentare il Weasley, prima di addentare una ciambella al cioccolato.
Harry era zitto di nuovo, e questo non poteva far altro che accrescere l'interesse dell'amica, che ormai sembrava leggere ogni suo movimento per cercare di capire cosa gli passasse per la testa.

"Ve lo dirò, promesso, ma non parliamone qui..."

Rispose dopo un po' Potter e, senza aspettare una risposta da nessuno dei due si alzò dal tavolo e uscì dalla Sala Grande, diretto in Biblioteca per cercare un libro che il Principe Mezzosangue consigliava, riguardante la classificazione degli ingredienti nel Distillato della Morte Vivente.

Da quando aveva quelle misteriose note a consigliarlo, Harry aveva iniziato a trarre piacere dall'avere successo in Pozioni e iniziava prenderci gusto nell'essere il primo della classe.

Adorava più di tutto gli occhi di Malfoy su di lui, brucianti di sconfitta, di orgoglio ferito.
Si concesse un sorrisetto a quel pensiero mentre gironzolava tra gli scaffali della Biblioteca alla ricerca del libro in questione.

Quella che era partita come una condizione temporanea di ricerca per quale il suo cervello era certo di non doversi sforzare troppo, divenne ben presso un ossessivo e ripetitivo ricontrollare sempre gli stessi scaffali come se un libro che non c'era ad un primo sguardo, al secondo sarebbe potuto comparire.
Arrivò, dopo un po', il momento in cui si arrese, convincendosi che, per forza, Madama Pince doveva aver sbagliato a scrivere i recapiti del volume.

Attraversò di nuovo il corridoio, leggendo e rileggendo sempre le stesse parole sulla carta scritte esattamente con gli stessi eleganti svirgoli di pochi attimi prima, era tanto concentrato da capire dove potesse aver sbagliato che andò a finire addosso a quello che stava disperatamente cercando.
Solamente non se ne accorse subito, prima notò Malfoy che lo guardava indecifrabile dall'alto in basso.

"Ma guardi dove cammini, Potter? Inoltre non pensi sia ora di cambiare occhiali? Quel modello andava di moda negli anni '90, dell'800. Sei imbarazzante."

In quel momento l'ultima cosa alla quale Harry sarebbe riuscito a collegare il ghigno divertito del Serpeverde sarebbe stato il volto tranquillo di quello stesso ragazzo che aveva assurdamente visto solo poche ore prima.
Infatti quel breve incontro aveva come cancellato dalla sua testa tutto ciò che la sua mente aveva fino a quel momento fatto fatica a identificare come la realtà.

"Cosa vuoi, Malfoy? Perchè devi sempre commentare ogni cosa? Inizi veramente a stancarmi. Ti è così difficile starmi lontano?"

Il biondo incassò con una risatina nervosa e un'occhiataccia prima di ripassare all'attacco.

"Certo Sfregiato, come tutto il Mondo Magico, io senza di te non sarei nulla. Per Salazar Potter svegliati: non gira tutto intorno a te e io in particolar modo."

"Eppure sembra di sì, sei sempre in mezzo ai piedi."

"Sei tu quello che ha dichiarato di voler essere la mia ombra o sbaglio? Non venirti a lamentare se il tuo sporco lavoraccio da Prescelto non è tutto rose e fiori."

"Non chiamarmi così. Non sono il Prescelto e non avanzare ipotesi sulla mia vita, Malfoy."

La fredda e soddisfatta risata di quella Serpe fu il colpo definitivo che fece saltare i nervi di Harry a fior di pelle e lo rese una bomba ad orologeria pronta ad esplodere e distruggere tutto il Castello se questo avesse potuto comprendere anche quell'insopportabile biondino.

"Sei ridicolo, Potter. Ti scaldi per un nonnulla... si vede che non sei abituato ad altro che ai tuoi adulatori. È chiaro che nemmeno i tuoi genitori adottivi avevano tempo da perdere per dirti che non vali nulla."

"Sei solo geloso, Malfoy. Geloso da morire, lasciatelo dire, ma questo è solo la riprova del fatto che di me non sai niente."

Il ghigno di Draco si trasformò in una smorfia mista di disagio e rabbia, ora anche a lui prudevano le mani.
Con quale diritto quel quasi-Mezzosangue pretendeva di rimetterlo al suo posto?
Pensava forse di sapere abbastanza di lui da ritenersi superiore? Solita presunzione da Grifondoro ovviamente.

E in quel momento non facevano altro che guardarsi in cagnesco, in un corridoio della Biblioteca di Hogwarts desiderando soltanto che quel "non sai niente", divenisse una scusa per rendersi l'un l'altro partecipi di tutto quello che erano, che avevano vissuto, che temevano e che pensavano, ma c'era troppa luce in quella stanza...

"Fanculo, Potter..."

Seppe solo dire il biondo e girò sui tacchi del tutto intenzionato ad allontanarsi di lì il più in fretta possibile.

"Scappi ancora, Malfoy? Dov'è tutto l'orgoglio del tuo nome di merda?"

Harry non sapeva perchè l'aveva gratuitamente provocato in quel modo, ma non perse nemmeno tempo a chiederselo.
Non che ne ebbe, perchè le nocche fredde e ossute di un pugno pallido gli sfondarono la mascella con una forza che nessuno dei due avrebbe creduto possibile.

Il Grifondoro alzò lo sguardo sorpreso e furioso sul volto altrettanto scosso del pallido Serpeverde, entrambi si chiesero per un istante se sotto le dita che coprivano la guancia del moro ci fosse stampato lo stemma dei Malfoy.

Ma durò davvero solo un istante perchè subito il Grifone si lanciò addosso alla Serpe e lo spinse contro uno scaffale, facendogli sbattere la testa, sfruttando il suo momentaneo stordimento per ricambiare il pugno.
Draco tossì e una mano gli coprì la bocca sanguinante, mentre il peso del corpo di Harry gravava contro il suo.
Gli tirò un calcio nello stinco per liberarsi da quella pressione soffocante, poi il pugno nello stomaco di Malfoy fece piegare Potter in due, ma gli diede l'opportunità di caricare contro il busto del biondo e spingerlo a terra, dove iniziarono a lottare e picchiarsi senza il minimo rispetto del luogo in cui si trovavano.

"ORA BASTA!"

Gridò una voce severa al limite opposto del corridoio tra gli scaffali.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Provavano un moto irrefrenabile di una violenza incontenibile che li spingeva irrimediabilmente a toccarsi reciprocamente i corpi, graffiare la pelle, i muscoli e le membra, i visi accarezzati con troppa forza si riempivano di sangue e i vestiti si strappavano e stropicciavano per il motivo sbagliato.

L'aria era pesante attorno ai due ragazzi, pregna delle loro imprecazioni, i loro sguardi erano intensi e insieme ciechi del tutto.
Questo finchè la voce di Madama Pince, furiosa e presagio di un finale non proprio lieto di quella loro piccola lite, non li raggiunse, bloccandoli sul posto ancora ansanti.

Si girarono contemporaneamente e la bibliotecaria sussultò nel notare immediatamente il sangue scuro che usciva dal naso di Malfoy e dalla bocca di Potter, sopra di lui prossimo a sferrargli un altro colpo in pieno viso.
Era corsa tra gli scaffali andando alla ricerca della fonte di tutto quel trambusto, ma non avrebbe mai immaginato che si trattasse di una rissa, non in biblioteca!

Intanto un capannello di studenti distratti dalle loro normali occupazioni si era raggruppato attorno ai due come fossero stati una fenomeno da baraccone.
Harry fu sicuro di veder volare qualche moneta e solo in seguito, quel pomeriggio, scoprì che dall'inizio dell'anno si accettavano scommesse sulla probabilità che lui e Draco passassero alle mani oppure finissero a letto.

Inutile dire che, quando lo scoprì, arrossì pensando alla notte appena trascorsa nel dormitorio dei Serpeverde.

In quel momento però, ben altri problemi si sottoponevano forzatamente alla sua attenzione: il primo era lo sguardo furioso di Madama Pince, ma rimase il primo solo per poco perchè ben presto, Malfoy lo riportò sull'attenti.

"Che schifo Potter, mi stai sanguinando addosso, levati."

E si mosse, come per alzarsi e spostarsi di dosso Harry, ma, malauguratamente, la coscia del moro che faceva perno in mezzo alle gambe del Serpeverde sfregò contro il suo inguine, portando la tensione e l'imbarazzo a regnare incontrastati tra i due.
Il moro aveva guardato l'altro negli occhi per un attimo ed era stato sicuro che avessero entrambi provato lo stesso brivido.

Ora Malfoy era rosso in viso, boccheggiava agitato come tentando di dire qualcosa e aveva paura di muoversi di nuovo, temendo di provocare reazioni scomode per entrambi.
Potter non era da meno: era sempre stato un libro aperto e ora quel disagio glielo si leggeva a chiare lettere sul volto.

"Scusa"

Lo mormorarono nello stesso momento ed entrambi divennero paonazzi un attimo dopo.
Allora Harry non ne potè più, iniziava a fare davvero troppo caldo in quella biblioteca, in quei vestiti.
Con la grazia di un elefante si spostò da Malfoy sedendosi lì di fianco e asciugandosi il sangue con la manica della divisa, nonostante, forse, non fosse altro che una scusa per coprirsi un minimo il viso, che non era mai stato più rosso di così.

"Scusa"? Ma come accidenti mi è venuto in mente?!

Pensavano entrambi, sconcertati dal proprio comportamento così follemente incoerente.
Insomma si erano picchiati furiosamente fino a pochi istanti prima e ora, per uno stupido contatto per una volta non ostile nè tantomento intenzionale, sentivano il genuino bisogno di scusarsi?
Era chiaro a tutti tranne che a loro, ormai, che erano o troppo confusi o troppo spaventati per concepire la verità dietro le azioni.

Fu Malfoy ad alzarsi per primo da terra e farsi largo tra la piccola moltitudine affollatasi in quel corridoio, non facendo caso ai rimproveri di Madama Pince che lo seguirono nel suo tentativo di fuga.

Si trattò di un tentativo appunto perchè fallì miseramente ed entrambi i ragazzi vennero spediti in infermeria e costretti a passare lì la notte, mentre alle rispettive case venivano tolti cinquanta punti.

Abbacchiati e smunti, accettarono la sentenza e non opposero resistenza nemmeno quando Madama Chips, l'infermiera li costrinse a pratiche di controllo per ogni tipo di contusione possibile nonostante fosse chiaro che, tutto sommato, stavano bene.

Inutile dire che non si rivolsero nemmeno un sguardo, fingevano che l'altro non esistesse e per Malfoy era più difficile  di fingere di odiare Potter.
No, spieghiamolo con meno giri di parole: era letteralmente la cosa più difficile che avesse mai provato a fare in vita sua.
Insomma, Harry era lì di fianco e respirava, si muoveva, a tratti parlava, rispondendo alle domande di Madama Chips e lui... lui non poteva far altro che far finta che tutto questo non stesse accadendo.

Strinse le bianche lenzuola del suo letto d'infermeria e ad un certo punto non ce la fece più, dovette girarsi a guardarlo.

"Cosa vuoi, Malfoy?"

Rispose prontamente Potter, un secondo o un minuto dopo.

"Stai zitto, Potter"

Sentenziò e tornò a guardare dritto davanti a sè senza nemmeno prendersela particolarmente.

"È colpa tua se siamo qui, dopotutto."

Rincarò, incrociando le braccia al petto e sentì Harry irrigidirsi nel letto di fianco al suo.

"Mia? Guarda che hai iniziato tu dannato, furetto. Cerca di non rigirare le carte in tavola ora."

"Le che? Potter non lo capisco il Babbano."

"Vaffanculo Malfoy"

Proprio in quel momento, con la risposta di Harry che ancora si disperdeva nell'aria, la porta dell'Infermeria si spalancò, lasciando entrare tre Grifondoro trafelati.

"Harry! Ma che diamine hai combinato?"

Esclamò Ginny Weasley correndo al suo capezzale e sedendosi sul bordo del suo letto per allungarsi a sollevargli la mascella e constatare la gravità del danno, incurante delle proteste del moro e vagheggiando qualcosa sulle partite di Quidditch.

"Mollalo Weasley femmina, altrimenti puoi stare certa che gli si disferà la faccia sotto quelle tue ditacce da camionista e a Quidditch non ci giocherà mai più."

Seguì il gelo.
Ron non aveva fatto in tempo ad innervosirsi per le parole di Malfoy che l'occhiata sorpresa che si erano scambiate Hermione e sua sorella lo costrinse a rendersi conto che qualcosa gli sfuggiva.
E in quella stanza quella cosa era evidentemente chiara a tutti, tranne che a lui e ad Harry ovviamente.

"Come se ti importasse, Malfoy"

Commentò acido il moro lanciandogli un'occhiata di fuoco, prima di dedicare la sua attenzione a una Ginny che trovò meno ferita e più consapevole di quanto avesse creduto.

"Tranquilla Ginger, per domani sarò fuori di qui e ti prometto che i Corvonero non avranno scampo."

"Tsk, con la formazione che vi ritrovate perfino una squadra di lumache a cavallo di Stellafreccia avrebbe scampo."

"Miseriaccia Malfoy, vuoi startene zitto?"

Esclamò seccato Ron che intanto non aveva ancora assimilato l'offesa di poco prima a sua sorella.

"Pagami Weasley, ah no...scusa"

Ghignò maligno e gli altri tre presenti alzarono tutti gli occhi al cielo contemporaneamente, mentre Ron arrossiva fino alla punta delle orecchie minacciando di dare a Malfoy la seconda razione di botte della giornata.
Fu Hermione a prendere in mano la situazione.

"Malfoy, dovresti rivedere il repertorio delle tue battute, Ronald andiamo via prima che tu faccia danni."

Il rosso non oppose resistenza, ma sua sorella sì.

"Io resto qui ancora un po', se per te non è un problema, Harry..."

Sorrise la ragazza e il biondo si esibì in una smorfia disgustata.

"Oddio... Potter ti prego dimmi che non te la scopi"

"Malfoy chiudi quella bocca oppure finisce davvero male.

"Non ci posso credere... te la scopi. E io che pensavo che la tua metà gay ti conferisse un minimo di buon gusto."

"E tu che sei gay al cento per cento e non ne hai comunque di buon gusto che mi dici?"

"Potter questo proprio non sussiste, non troverai mai nessuno che ne abbia più di me."

"Povero universo allora."

Ginny in tutto questo era visibilmente a disagio, faceva passare lo sguardo da Draco a Harry confusa come non mai. Già prima si era accorta che il biondo era visibilmente geloso della sua vicinanza al riccio, tuttavia stentava a credere a quanto palese e ridicolo potesse rendersi a causa di questa sua situazione.

Quei due ragazzi stavano davvero mandando avanti una discussione basata sul nulla per il semplice gusto di mandarla avanti e le stavano portando via quel poco di tempo che aveva a disposizione per stare un po' con Harry.

"Noi non scopiamo, Malfoy... e mi dispiace che nessuno sia venuto a trovarti questo pomeriggio, ma non lo trovo un buon motivo per dare fastidio a Harry."

Il Grifondoro in questione non aveva idea di come la ragazza riuscisse a mantenere il controllo dopo tutte quelle provocazioni da parte di Malfoy, non potè fare a meno di lanciarle uno sguardo ammirato che al biondo non sfuggì, ma fu decisivo nel convincerlo a non reagire, a sdraiarsi e a voltare le spalle ai due fingendo di riposare.

Finì davver per addormentarsi, nonostante fosse solo tardo pomeriggio, cullato dalle parole spensierate di Harry, dalle sue occasionali risate.
Fu grazie a Ginny, per l'appunto che il moro venne a sapere della scommessa su lui e Malfoy.

Quando la Weasley se ne andò, il ragazzo si girò verso il biondo accorgendosi che stava effettivamente dormendo e questo gli riportò alla mente all'improvviso tutto quello che fino all'ora di colazione era stato essenziale, ma per ore aveva come dimenticato.

Si era rifugiato nella maschera di Malfoy che aveva conosciuto per anni alla luce del giorno e aveva ignorato il nuovo volto coperto dalle tenebre che la notte gli aveva regalato.
Ma ora se lo ricordava e moriva dalla voglia di vederlo di nuovo.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Era passato un bel po' da quando aveva iniziato a rimuginare evidentemente, perchè fuori il tramonto era stato sostituito  dalla buia coltre della notte stellata.
Fu più o meno in quel momento, quello in cui gli occhi di Harry insistevano sulla nuca del biondo persi nei propri pensieri, che questo si girò, facendo incatenare i loro sguardi.

Che Potter lo stesse guardando senza alcuna ragione apparente era l'ultima cosa che Malfoy si sarebbe mai aspettato e abbassò lo sguardo in fretta, limitandosi a chiedere che ore fossero.
Il Grifondoro indugiò con gli occhi su quel viso pallido ancora per un po', poi alzò il polso con l'orologio davanti al volto e rispose al biondo, a quel gesto lui non fece particolarmente caso, si limitò a mugugnare assonnato e a mettersi a sedere con i piedi giù dal bordo del letto.

"Malfoy, cosa stai facendo? Guarda che se vuoi scappare non ho alcuna intenzione di coprirti."

Il Serpeverde alzò gli occhi al cielo.

"Devo andare in bagno, Potter. Non essere pesante."

Questo fu quello che disse, ma dal bagno tornò solo mezz'ora più tardi, accompagnato, senza troppi complimenti, dal custode Gazza, che lo teneva per il colletto del pigiama.
Madama Chips accorse e rimproverò aspramente il Serpeverde prima di rispedirlo a letto sotto lo sguardo divertito e soddisfatto di Harry.

"Non c'è nulla da guardare, Potter"

Commentò non appena la piccola parentesi di trambusto si fu acquietata e i due ragazzi rimasero soli nell'infermeria buia.

"Andavi in bagno eh..."

"Non ti riguarda."

"Stai architettando davvero qualcosa allora... ne ero sicuro."

"Non è come credi, Potter."

"Ah no, com'è allora?"

"Continua a non riguardarti, ma prima che tu elabori folli teorie sul nulla come fai sempre, sappi che dovevo vedere una persona."

"Nel cuore della not-..."

La risposta di Harry rimase in sospeso mentre una nuova consapevolezza gli fece battere il cuore all'impazzata.
Poteva essere solo così: Malfoy voleva davvero andare in dormitorio per vedere James... il Grifondoro sentì l'improvviso, irrefrenabile bisogno di rassicurarlo.

"Beh, che male c'è? Ho una vita anch'io, sai..."

"Sono sicuro che sarà venuto a sapere del tuo essere in infermeria... non preoccuparti."

Quale dei due ragazzi in quel momento avesse desiderato più ardentemente sprofondare, è ancora oggi un mistero.

Harry si coprì il volto con le mani, provando lo stesso istinto di autoconservazione che l'aveva assalito quella mattina in biblioteca.
Era assurdo: aveva combinato ogni genere di follia eppure quell'istinto veniva fuori solo in quei momenti, quelli in cui non era il suo corpo ad essere in pericolo, e nemmeno il suo orgoglio, ma i suoi sentimenti più puri e spontanei.

Dal canto suo Draco potè solo limitarsi a mormorare un delicato "mh" di assenso a quelle parole così dirette e inaspettate.
James era improvvisamente passato in secondo piano adesso... e tutte le sue speranze di trovare in lui l'ancora di salvezza che l'avrebbe potuto portare lontano dal suo amore impossibile, s'infransero con un colpo solo.

Voleva correre da Blaise, piangere tra le sue braccia mentre la consapevolezza che a stringerlo non sarebbe mai stato Harry Potter lo straziava.

Fu Harry, questa volta, a girarsi dall'altra parte e a tentare di soffocare nel sonno delle nuove e spaventose consapevolezze.
A dire il vero non ci mise molto ad addormentarsi e quel respiro regolare scandiva per Malfoy il tempo in quella stanza.

Ora il biondo moriva dalla voglia di alzarsi a scoprire che espressione avesse Harry Potter mentre dormiva.
Chissà quanti effettivamente lo sapevano... forse solamente Lenticchia.

Draco decise che da quel momento sarebbero stati lui e Lenticchia, per questo si alzò e scivolò fino al lato del letto di Harry verso il quale il Grifondoro era rivolto e si accorse che quell'idiota si era dimenticato di togliersi gli occhiali.
Rimase a fissarlo attentamente, indeciso sul da farsi, poi pensò che se si fosse girato nel sonno e le lenti si fossero infrante avrebbe potuto sul serio ferirsi gravemente.
Quel pensiero lo inquietò e lo rese consapevole che non avrebbe avuto pace se quegli occhiali non fossero subito spariti dalla faccia di Potter.

Con una smorfia indecifrabile avvicinò le dita alle barrette sottili della montatura e, con una delicatezza infinita guidata da un'ingiustificata paura di essere scoperto, glieli tolse, riponendoli sul comodino e permettendosi a questo punto di spostargli dalla guancia una ciocca di capelli ricci, ordinandoli un minimo dietro al suo orecchio.
La condizione di quel ciuffo rimase invariata per meno di una manciata di secondi, poi quello tornò esattamente nella stessa posizione di prima, sotto lo sguardo di Draco attento e infantile, perchè stava scoprendo infiniti nuovi dettagli del viso di Harry in quel momento, minuzie che lo rendevano così magnetico da togliergli il fiato del tutto.

Chiuse gli occhi per un attimo e riconobbe all'improvviso un odore conosciuto, era strano che perfino quel dettaglio del moro gli fosse famigliare nonostante non avesse avuto modo di scoprirlo prima.

Era incredibile che solamente standogli di fronte non potesse fare a meno di sentire ogni cosa di Potter attrarlo più vicino, cercando di convincerlo che non sarebbe successo niente se gli avesse lasciato un piccolo bacio sulla fronte.
Non era un oltraggio dopotutto, lui poi non l'avrebbe mai saputo... sarebbe stata solo una casta soddisfazione che Draco avrebbe accolto come risarcimento per quegli anni di non richiesta e straziante devozione.

Fu una provvidenziale e improvvisa serie di "bip" che lo fece sussultare, si accorse che il quadrante illuminato dell'orologio di Harry segnava la mezzanotte.
Era strano... gli sembrava di aver già vissuto un momento simile.
Si morse il labbro inferiore con forza e fu per il proprio bene che si alzò e di diresse nuovamente verso il suo letto.
Era inutile mentire a sè stesso: un bacio sulla fronte non gli sarebbe bastato.

Se l'avesse fatto, poi non sarebbe andato avanti e basta, non era così che funzionava la sua testa.
No, la sua testa lo tormentava fino alla follia quando si trattava di Harry Potter e aggiungerne un altro all'infinita lista dei pensieri su cui torturarsi era la cosa più stupida che potesse fare.
Ma anche l'unica che gli riusciva, perchè ora sapeva che, quando dormiva, Harry sbavava, ed era una cosa così tenera...

Quella notte ce ne mise di tempo, ma alla fine passò, e la mattina dopo i due ragazzi furono svegliati e dimessi.
Raggiunsero i rispettivi gruppi di amici e sopportarono pazientemente le domande riguardanti la scazzottata in biblioteca del giorno prima.

Per tutto il tempo Draco non desiderava altro che scappare in dormitorio e raccontare a Blaise ogni cosa, sentirsi quindi dire che non si meritava di soffrire e che Potter non ne valeva la pena, che doveva andare oltre eccetera eccetera.

Era la solita cantilena ed entrambi lo sapevano, esattamente come entrambi sapevano che era ciò di cui Draco aveva bisogno per stare un po' meglio, ridere a una battutaccia di Blaise fatta solo per tirarlo su di morale e abbracciarlo fino ad addormentarsi.
Anche il mulatto se ne accorse, interpretando le occhiate del biondo nella sua direzione, per il momento si limitò a sorridergli comprensivo.

Per quanto riguardasse Harry Potter, subito dopo colazione fu trascinato dai suoi due migliori amici in Sala Comune, dove, in piedi davanti alla poltrona sulla quale avevano costretto le sue povere membra, lo costrinsero a svuotare il sacco.

"Quindi è più di un mese che tutte le notti sgattaioli fuori dal dormitorio e torni così tardi, stancandoti e compromettendo il tuo andamento scolastico perchè vai a trovare Draco Malfoy?"

Riepilogò Hermione mettendo, come suo solito, in luce gli argomenti che le stavano più a cuore.
Harry arrossì, del tutto in contrasto con il colorito malaticcio del suo migliore amico.

"Hai mai preso in considerazione l'ipotesi di poter provare qualcosa per lui, Harry?"

Suggerì Hermione, ma la sua non sembrava più una domanda di una consapevolezza.

"Ne dubito fortemente Hermione, non con tutto quello che ci sta succedendo. Insomma la guerra è alle porte e lo sappiamo benissimo tutti e tre, esattamente come anche lui lo sa, ma lui lavora per l'altra fazione."

La Granger scosse la testa, rabbuiatasi, ma ancora concentrata sul punto della questione.

"Non ti ho chiesto se è giusto che provi qualcosa per lui, ti ho chiesto se è così."

Il Grifondoro abbassò lo sguardo, prendendo le parole di Hermione in considerazione sul serio, ma non potendo fare a meno di ritenerle assurde.

"No! Assolutamente no, insomma Malfoy è sempre stato il mio nemico non riesco a vederlo sotto una luce diversa nemmeno sforzandomici, non riesco a immaginare una realtà in cui non ci sia la sua brutta faccia costantemente impegnata a farmi diventare pazzo, tuttavia Draco... Draco non è Malfoy e mi incuriosisce parecchio come persona, insomma sembra un ragazzo normale. Se ci pensi è una cosa assurda, non manda su di giri anche te Hermione? In breve...voglio capirci qualcosa, voglio sapere chi è Draco Malfoy e magari, così facendo, scoprirò anche che cosa nasconde."

Ron scosse la testa rassegnato e ne approfittò per inserirsi nella conversazione.

"Amico, io non ti seguo più. Ma so solo questo: parli come se la tua vita dipendesse da lui, secondo me è più grave di quanto credi."

"Mi dispiace Harry, ma mi trovi d'accordo con Ron. Quindi non ti dirò di fare finta di nulla, anche perchè non ci riusciresti, ma cerca solo di fare attenzione..."

La conversazione non si protrasse oltre, ma Harry continuò a rimuginarci tutto il giorno, ossessivamente al punto da lasciare quasi che Cho Chang gli soffiasse il boccino nella partita contro Corvonero che aveva tanto spavaldamente promesso a Ginny avrebbero vinto.
Comunque il disastro fu evitato grazie agli insulti della rossa che spinsero Harry a prendere il boccino per primo.
Risultato finale: 190 a 50, acclamato da entusiasti cori rossogialli sul tema di "Perchè Weasley è il nostro re".

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ron stava correndo all'impazzata verso l'uscita, ma i corridoi vuoti non alimentavano le sue speranze.
Quando andó a sbattere all'improvviso contro qualcuno barcolló all'indietro sfruttando quella pausa dalla corsa per riprendere il fiato, ma vedere che Hermione lo aveva davvero aspettato fino a quel momento glielo tolse di nuovo, lasciandolo nella confusione e nella vergogna lí davanti a lei, come in attesa di un giudizio.

Il bruciore al suo orgoglio, peró, superó quello della guancia quando la ragazza fece caso alla manata che aveva stampata sul volto.

"É stata Lavanda... "

Borbottó massaggiandosi la pelle in quel punto, arrossata e dolorante.

"Non riesco a capirla, prima mi lascia e poi se la prende.
Vorrei proprio capire che ho fatto..."

L'unica reazione che ottenne dalla ragazza, esattamente come ci si sarebbe potuti aspettare, non fu certo di compassione: dopotutto era lui ad essere in mostruoso ritardo per l'uscita ad Hogsmeade.

Prospettiva che alla ragazza ora pareva molto meno allettante di poco prima.
E lei che per una volta si era permessa di illudersi che Ron le avesse davvero chiesto di uscire...
Ma nessuno arriva in ritardo a un primo appuntamento quindi avrebbe fatto meglio a non farsi idee sbagliate.
Per questo motivo gli voltò semplicemente le spalle e lo lasciò lì.

"Ehy dove vai ora? Me l'avevi promesso... ci sono gli sconti da Mielandia...
È colpa di Seamus! Non mi ha svegliato, io... ok, é colpa mia, ma non vedo perché non possiamo recuperare. Poi Hogsmeade la sera é ancora meglio..."

La raggiunse la voce di Ron che le stava dietro a fatica nonostante la ragazza fosse notevolmente piú minuta di lui: sembrava avesse messo il turbo pur di non stargli appresso.
Stufo di quell'inseguimento, il rosso prese Hermione per le spalle e le fece fare un mezzo giro in modo da poterla guardare in faccia.

"La smetti di correre? Mi sono appena svegliato e sono a rilento...ok?"

Fece una piccola pausa in cui sbuffó delicatamente prima di lasciarla andare.

"Se vieni ti offro una Burrobirra... e poi, siamo sinceri, avresti alternative migliori? Io no, tanto per cominciare..."

Bofonchió abbassando lo sguardo prima di deviarlo verso l'uscita.
Mise le mani in tasca accorgendosi solo in quel momento che nevicava.

"Poi nevica..."

Di fronte a quei disperati tentativi di porre rimedio al danno causato, Hermione non potè fare altro che cedere, dopotutto era Ron Weasley e se glielo chiedeva così non poteva negargli nulla.

"Il fatto che ammetti sia colpa tua è indubbiamente un passo avanti... però facciamo due Burrobirre.
E infine si, avrei altro da fare. Molto anche: manca poco agli esami di metà semestre."

Sentire Hermione cedere e accettare fece brillare gli occhi del rosso di soddisfazione. Segretamente però, piangeva per il suo portafogli.

Due Burrobirre? Ma siamo sicuri che le reggerebbe?

Tenne per sé questo pensiero, anche perché non ebbe il tempo di esprimerlo, dato che a monopolizzare il discorso ora era Hermione.
Aveva iniziato a parlare a ruota, non riuscendo più a trattenere i pensieri, continuando a scusarsi perchè alla fine Lavanda aveva scaricato Ron per colpa sua.

"Beh, immagino... di doverti ringraziare allora."

Troncò il rosso, spiazzando la ragazza che gli stava di fronte, poi la prese per mano come se fosse stato il gesto piú normale e naturale del mondo.
Ma non lo era, assolutamente non per loro due.

"Rilancerei a tre burrobirre se avessi abbastanza soldi e se non temessi tu possa andare in coma etilico."

La stuzzicó mentre, incamminandosi verso l'uscita del castello, misurava le parole successive.
Era cosí difficile peró... la lana dei guanti che separavano la loro pelle prudeva insopportabilmente sulla mano di Ron, voleva solo liberarsene e sentire la pelle di Hermione sotto i polpastrelli.

Era un desiderio stupido, ma gli sembrava la cosa piú importante del mondo.
Cosí, per non pensarci, parló e basta.

"Quello che intendevo dire poco fa era che se non fosse stato per te avrei finito con lo sposarmi quell'arpia. Insomma, sa essere molto convincente, anche se ormai ho chiaro da un bel po' che non stavo con lei perché ci tenessi particolarmente..."

Hermione non rispose, resa intrattabile da quel contesto che sfuggiva al suo controllo, mandandola nel panico.
Rimase zitta fino a quando il profilo innevato della Stamberga Strillante  non si delineò all'orizzonte.

"Dimentica le Burrobirre Ronald, ho un'idea migliore..."

Indicò la vecchia casa malandata con gli occhi che le brillavano di trasporto, era un posto che l'aveva sempre affascinata e, dopo gli avvenimenti del terzo anno, ancora di più.
Ron dal canto suo, sembrava aver appena visto la morte in persona.

"L'ultima volta che ci siamo stati non me la vorrei proprio ricordare, gamba a parte... c'era un ragno che andava su e giú per il copriletto."

Borbottó il rosso, ma le sue lamentele finirono lí, perché lo sguardo di Hermione quasi estasiato davanti a quella catapecchia, catturó tutta la sua attenzione.

"Però, possiamo andarci se vuoi..."

Disse senza quasi rendersene conto e, soprattutto, ricordandosi solo dopo che in realtà non voleva assolutamente rimettere piede lí dentro.
Però, prima che potesse aggiungere altro, la ragazza l'aveva già trascinato oltre lo steccato e si avvicinava alla Stamberga, camminando nella neve fresca.

"Che strano essere qui ad Hogsmeade senza Harry, vero?"

Balbettò il rosso sempre più terrorizzato man mano che i dettagli della struttura che era la loro meta si delineavano gradualmente all'orizzonte.

"Non biasimarlo, se non è qui e tu l'hai invitato è perchè è chiaramente troppo impegnato a conquistare la sua anima gemella."

"No, non l'ho invitato, ma hey, spero tu non ti stia riferendo a Draco Malfoy. La leggerezza con cui accetti e ingigantisci la cosa sfugge del tutto alla mia comprensione."

"Tante cose sfuggono alla tua comprensione, Ronald... poi davvero non c'è niente di male."

Ironizzò la Granger spingendo la porta di legno mezza sfasciata a ruotare sui cardini arrugginiti con un cigolio sommesso.
Ron alle sue spalle si era irrigidito sensibilmente, quindi si ritrovò di nuovo a parlare per dissimulare il nervosismo.

"Harry e Malfoy? Oh per carità... personalmente preferirei che fosse interessato a Neville.
Questione Tu-Sai-Chi a parte, almeno lui è innocuo e sicuramente non tenterebbe di spezzargli l'osso del collo durante la notte."

"Tieni per te i tuoi pensieri Ronald Weasley. Se gli piace Malfoy credo tu debba dargli il beneficio del dubbio, Harry non è uno sciocco..."

"Hermione...non capisci il punto.
Qui non é solo una questione di cuore... pensi che io non vorrei approvarlo? Ma Malfoy é un Mangiamorte, il nemico naturale di Harry. È troppo pericoloso...
C'eri anche tu quest'estate quando l'abbiamo visto a Nocturne Alley, c'eri anche tu quando Harry era ancora sano e non la finiva di ripetere che pensava stesse architettando qualcosa.
Se questa cotta lo distoglie dalle sue priorità, potrebbe morire e l'unico scoglio a separare Tu-Sai-Chi dal dominio del mondo magico sarebbe Silente. E Harry... beh, di nuovo, c'eri anche tu quando ci ha raccontato di quella sua ferita alla mano. Non gli resta molto.
Questa storiella potrebbe ucciderci tutti. Ecco cosa."

Ron si era infervorato tanto da sembrare quasi arrabbiato e spaventato piú che preoccupato e aveva buttato il peso di quei suoi dubbi addosso ad Hermione.
Adesso si erano fermati davanti all'ingresso della Stamberga e Ron la guardava negli occhi, con ancora i rimasugli di quel discorso frammentati nello sguardo.

Poi lo abbassó sui propri piedi, le scarpe nere risaltavano sulla neve bianca di un candore quasi accecante.
Hermione sembrò non dare peso alle sue parole, prese solo anche l'altra mano di Ron e lo trascinò dolcemente oltre la soglia della Stamberga Strillante, camminando all'indietro per lo stretto corridoio buio di quello che una volta era l'ingresso.

"Forse è così, forse sarebbe meglio che Harry facesse finta di niente e si comportasse come una macchina di salvataggio del mondo, abnegando se stesso per un bene più grande. Ron, certo che forse così è moralmente più giusto... ma alla fine è una sua scelta e qualunque essa sia dobbiamo accettarla."

La ragazza si fermò davanti a una vecchia finestra rotta e lasciò andare le mani del rosso.
I cocci di vetro erano sparsi a terra e, per sbaglio, li aveva calpestati nell'indietreggiare, ora però guardava oltre il vetro sporco il panorama candido e la sagoma del Castello di Hogwarts in lontananza e il pensiero della più che probabile guerra imminente iniziò a tormentarla fino a mozzarle il fiato di paura e a riempirle gli occhi di lacrime.

Ron non aveva più risposto alla sua considerazione, forse era d'accordo, forse non sapeva cosa pensare o forse non gli andava di parlarne.
In ogni caso il rosso ci mise poco ad accorgersi che la loro uscita ad Hogsmeade non stava prendendo la piega che aveva desiderato e che Hermione guardava fuori dalla finestra con aria assente e visibilmente spaventata.

Sentì di poter indovinare quali fossero le paure che danzavano nella sua testa, probabilmente perchè erano le stesse che provava lui e le stesse che provavano in molti di quei tempi.
Fece per parlare, dirle qualsiasi cosa potesse tirarle su il morale, ma lei fu più veloce.

"Ron..."

Accennò e il vento freddo si portò via quel sussurro, disperdendolo in un cielo grigio, scurito dalla neve bianchissima.
Ma il candore di quella neve, si spense gradualmente negli occhi del Weasley, nascosto da un velo di malinconia dopo che la ragazza ebbe parlato nuovamente.

"Promettimi che vinceremo"

Il suono spezzato che aveva completato la frase della ragazza raggiunse il rosso come un appello disperato tanto da fargli venire i brividi.

Avrebbe voluto prometterglielo, aveva bisogno di farle sentire che andava tutto bene, nonostante tutto.
Ma non andava tutto bene e le sorti non erano mai state piú incerte.
Cosí rimase in silenzio, mentre una corrente di vento freddo scompigliava i capelli dei due ragazzi spargendoli nell'aria con movimenti leggeri e veloci. Con la stessa energia, Hermione si voltó verso di lui, cogliendolo alla sprovvista con quei suoi grandi occhi marroni, arrossati da un pianto che nascondeva le sue stesse paure.

"Lo prometto"

Sussurró senza poterci nemmeno pensare, mentre le sue braccia correvano a stringere forte Hermione, sentiva il bisogno di proteggerla all'improvviso e di proteggersi a sua volta.

Soprattutto però era il bisogno di cancellare il dolore da quel viso che superava ogni confine razionale.
Non pensó a cosa avrebbe detto Hermione nel caso in cui invece avessero perso, questo perché mentre la stringeva in quel modo Voldemort era una realtà che non poteva toccarli, seppure cosí vicina.

❄❄❄

La schiacciante vittoria contro Corvonero nella partita di quella mattina aveva risollevato il morale di Harry.
Inoltre, la conversazione avuta con Ron ed Hermione aveva dissuaso il moro da ogni tentativo di cercare di comprendere la situazione in cui si era cacciato, e l'aveva portato alla convinzione che, se avesse seguito il suo istinto, tutto sarebbe andato per il meglio per il semplice fatto che non si sarebbe potuto pentire di niente.

Fu sulle orme di quella sua convinzione che, anche quella sera come ormai tante altre, prese il Mantello dell'Invisibilità e sgusciò fuori dal buco del ritratto, raggiungendo i sotterranei e il dormitorio delle Serpi.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Harry spalancò la porta che dava sul dormitorio, immerso nella quasi completa oscurità della notte.
Non appena i suoi occhi iniziarono a distinguere qualcosa, il suo sorriso scemò gradualmente in uno stato di confusione.

La sagoma seduta sul letto di Draco era più robusta di quella che lo aspettava tutte le notti ormai da mesi a quella parte e non sembrava particolarmente entusiasta della sua esistenza.

"Sei tu James, vero?"

Una voce bassa e decisa lo raggiunse non senza che una nota di aperta ostilità lo colpisse.
Harry non rispose.

"Fa lo stesso, so che sei lì"

Blaise Zabini si alzò dal letto di Draco e raggiunse un punto non troppo distante da dove il Grifondoro, nascosto dal mantello, cercava di mantenere la calma.

"Draco mi ha parlato di te... e sono davvero sorpreso che non ti abbia cruciato già con la prima intrusione. Sono sorpreso perfino che ci abbia messo dei mesi a confessare il motivo per cui non vedeva l'ora che me ne andassi a dormire da Nott."

Harry continuava a tacere, ma Blaise era consapevole di avere la sua attenzione.

"Quello che lui ha smesso di chiedersi, James, quello a cui Draco non dà importanza non è tanto chi sei... ma cosa vuoi da lui. Non fai una bella figura sai? Intrufolandoti nascosto da un mantello da quattro soldi in un dormitorio di notte. E vorresti davvero farmi credere che vuoi solamente fare amorevoli conversazioni al chiaro di luna con il mio amico? Permettimi di dubitare..."

Il moro abbassò lo sguardo, incapace di trovare una via d'uscita da quella situazione.
Dopoutto la posizione di Zabini era più che legittima, lui stesso avrebbe fatto lo stesso per Ron.

"Come posso dimostrarti di non avere secondi fini?"

Domandò Harry in un sussurro, temendo la risposta del mulatto.

"Togliti quel mantello, fammi vedere chi sei. A Draco non dirò nulla, sono solo curioso di sapere se hai le palle, lì sotto da qualche parte."

Eccole... le parole che non voleva sentire.
Era fregato, non tanto perchè o avrebbe svelato a Blaise la sua identità o non avrebbe più potuto vedere il biondo, essendo costretto a chiudere ogni tipo di indagine e... qualsiasi cosa ci fosse in sospeso, ma più dal fatto che era seriamente intenzionato a togliere il Mantello.
Insomma il Serpeverde l'aveva deliberatamente provocato e lui era infantile... non sapeva tenere a freno l'orgoglio, rispondere inutilmente a provocazioni era il suo pane quotidiano insieme alle missioni suicide.

"Avevi detto che non ti importava chi fossi..."

"Non è il fine che mi importa, è l'intenzione. Draco non ha bisogno di un codardo in più nella sua vita."

"Non darmi del codardo, è l'ultima cosa che sono."

"Dimostrarmelo"

Allora Harry si strappò di dosso il Mantello dell'Invisibilità quasi con rabbia e fece un passo indietro, lasciando che la luce delle candele nel corridoio lo illuminasse.
Giurò di vedere un ombra sconvolgere il volto di Zabini in una smorfia di disgusto.

"Ma certo, solo tu potevi essere tanto pazzo..."

Il corpo di Harry era come congelato dalla gravità della sua azione... e se Blaise fosse venuto meno alla sua parola e ne avesse parlato a Draco? Dopotutto era un Serpeverde e non era leale a lui, ma al suo amico.

"Sparisci"

"Cosa? Ehy non erano questi i patti, Zabini!"

"Non essere stupido Potter, sai meglio di me che sei l'ultima persona sulla faccia della terra che dovrebbe mettere piede qui dentro. Ringrazia solo che Draco non ne saprà nulla"

"Non ho secondi fini, te l'ho dimostrato... non mi sarei rivelato se no, permettendoti di tenermi gli occhi addosso. Perchè non posso continuare a vederlo? Il suo parere non conta niente?"

Ribattè Harry infervorato, avanzando nella stanza buia mentre Zabini non cedeva di un passo.

"Pensi davvero che ti vorrebbe ancora vedere se sapesse chi sei, Potter? Non è forse per questo che ti nascondi? Ora chi è che non tiene conto del suo parere?"

Il moro incassò, Zabini aveva ragione di nuovo... il Grifondoro aveva sempre avuto la consapevolezza di quanto presentarsi ogni notte nella stanza di Malfoy fosse stata un'azione egoistica e meschina, ma l'aveva sempre sepolta sotto strati e strati di istintività e irruenza.

"Vattene e non azzardarti a tornare, Sfregiato."

Di nuovo il ragazzo non rispose, barcollò all'indietro, come colpito in pieno dalle parole di Zabini.
Non rimise nemmeno il Mantello e uscì dal dormitorio frastornato, perdendosi nel dedalo dei corridoi dei sotterranei, non desiderando di tornare a letto, solo di fermare i pensieri, di cancellare quel senso di nausea che lo opprimeva all'improvviso.

Mai, prima che in quel momento, si era fatto tanto ribrezzo da solo.
Come aveva potuto, per più di un mese, illudersi che sarebbe potuto esserci un finale diverso per quella insolita parentesi?

Se Draco Malfoy nascondeva un lato di sè che lui non aveva mai incontrato, cosa gli dava il diritto di conoscerlo? Quale garanzia aveva di meritarselo, dopo i loro trascorsi?
Quel ragazzo non gli doveva niente, e se entrambi si conoscevano solo in un certo modo non era certo colpa sua dopotutto...

È vero, serbargli rancore per sei anni forse era esagerato, ma nessuno dei due aveva mai fatto nemmeno un passo nella direzione dell'altro in modo da fare in modo che non solo i loro lati peggiori si conoscessero.
Nessuno dei due voleva davvero farlo probabilmente.
Litigare è così rassicurante quando si combatte su due fronti opposti...

Quando si accorse di avere il fiatone, Harry rallentò il passo fino a fermarsi. Appoggiò una mano al freddo muro di pietra dei sotterranei.
Ci mise poco ad accorgersi di un rumore di passi che si faceva sempre più vicino.
Non fece in tempo a mettersi il Mantello o a muoversi di un centimetro che, non Gazza come aveva temuto, bensì Malfoy fece capolino da dietro l'angolo e si fermò sul colpo, genuinamente sorpreso.

Il Grifondoro alzò lo sguardo, incrociò quello del Serpeverde e non disse una parola.
Draco si era fermato a guardarlo a sua volta con cauto distacco, ma nascondendo a fatica qualcosa che il moro non seppe definire.
C'era qualcosa di strano in fondo ai suoi occhi, era come se la fiamma delle fiaccole appese alla parete prendesse vita riflettendosi in quello sguardo.

Passò una manciata di secondi, forse un paio di minuti, forse di più o forse solo un istante, poi il biondo riprese a camminare, diretto con passo deciso alla Sala Comune.
Non appena fu certo di essere fuori dalla portata uditiva o visiva di Harry, si fermò di nuovo.
Si ritrovò a stringere le palpebre mentre le sue nocche pallide incontravano con violenza la pietra ruvida della parete.
Soffocò un mugolio di dolore.

Cosa ci faceva Potter nei sotterranei? Proprio in uno di quei giorni in cui rientrava in dormitorio a notte inoltrata doveva imbattersi in lui?
E se ne fosse accorto?
E se stesse indagando?
Aveva forse commesso qualche errore?
Non riusciva a darsi pace, c'erano troppe domande che gli assediavano il cervello.

Aveva paura, tanta da aver iniziato a tremare violentemente, come una foglia secca scossa dal vento.
Non voleva essere un Mangiamorte, non voleva stare dalla parte del Signore Oscuro, non voleva che Harry scoprisse quello che stava facendo...
Certo, non andavano d'accordo loro due eppure Draco agli occhi del moro per il momento era solo un ragazzino purosangue, viziato e tracotante.
Cosa avrebbe pensato quando sarebbe diventato invece l'assassino di Silente?

Il suo pugno si strinse contro il muro e il biondo si portò l'altra davanti alla bocca. Soffocò un altro gemito sommesso, stavolta però le sue guance furono rigate da lacrime pesanti come macigni.

Ci mise un po', ma il suo respiro tornò regolare, i suoi muscoli si rilassarono e si asciugò in fretta le guance.
Mise le mani in tasca e riprese a camminare.

Non guardò in faccia nessuno finchè non arrivò in stanza.
Blaise era sul suo letto e leggeva l'ultimo numero del Cavillo.
Il biondo ridacchiò spontaneamente di fronte a quell'immagine.

"Ma che diamine fai? Sovvenzioni la Lovegood?"

Il mulatto alzò lo sguardo dalla rivista e lanciò all'amico un'occhiataccia divertita.

"A dire il vero è pieno di spunti interessanti. E non criticare le mie letture, proprio tu poi... con tutti quei ritagli di giornale imbarazzanti."

Draco arrossì e si sdraiò di fianco all'amico, appoggiando la testa contro il suo petto prima di rispondere.

"Già, penso che dovrei buttarli..."

"Non è la prima volta che lo dici, ma poi non lo fai mai. Immagini cosa succederebbe se qualcuno che non sia io sbirciasse nel tuo cassetto? Potter in persona ad esempio."

Il biondo storse il naso.

"Non essere ridicolo, come se potesse mai trovarsi nella mia stanza."

Stavolta Zabini non rispose.

"L'ho visto qui nei sotterranei poco fa..."

"E hai avuto l'impressione che non si trattasse di una semplice passeggiata..."

"Pensi abbia trovato qualcosa?"

Mormorò preoccupato Malfoy.
Blaise infilò le dita tra i suoi capelli e prese ad accarezzarli distrattamente.

"Ne dubito"

Quelle parole bastarono a tranquillizzare il  biondo, che si proiettò quindi su un altro obiettivo.
Alzandosi dal letto prese l'amico per un braccio cercando di tirarlo in piedi, con scarsi risultati.

"Daiii alzati, vai da Nott. James potrebbe arrivare a momenti e penso potrebbe farsi prendere dal panico se ti vedesse qui."

"Non verrà"

Fu l'unica protesta del mulatto di fronte alla trepidazione di Malfoy, che si fermò e gli lasciò andare il braccio.

"Che intendi?"

"Cosa potrei intendere?"

"E come lo sai?"

"È già stato qui e gliel'ho detto io."

"Come? Perchè?! Insomma... che diritto avevi di- è un mio amico non tuo!"

"Non è un tuo amico Draco, non lo conosci nemmeno."

Per un po' il biondino tacque, cercando di riordinare gli impulsi.
Voleva davvero picchiare Blaise in quel momento.

"Solo perchè non so che faccia abbia? Solo perchè non conosco il suo vero nome? Non può essere che ci troviamo bene e basta?"

"No, Draco"

"Perchè, perchè no Blaise?!"

Malfoy stava rapidamente perdendo il controllo mentre la consapevolezza che non aveva modo di rintracciare James si faceva spazio nella sua testa.
Era difficile che tornasse... non ne aveva motivo e quindi non si sarebbero probabilmente mai più incontrati.

"Dormi Draco, ne parliamo domani, sei troppo stravolto per discutere."

Era chiaramente una scusa, una patetica scusa.
Malfoy strinse i pugni, ma incassò, realizzando che effettivamente non aveva per nulla voglia di sentire la voce dell'amico in quel momento.
Si chiuse in bagno senza aggiungere altro.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Esattamente come si aspettava Draco, l'argomento "James" non fu più ripreso da Blaise e nemmeno lui si azzardò a minare al suo orgoglio dimostrando un interesse tanto insistente sulla questione.
Si può dire che cercasse di sembrare più indipendente dalla cosa di quanto non lo fosse davvero.

Chiaramente a Zabini bastava guardare l'amico per capire le sue preoccupazioni: dal modo distaccato con cui ingeriva controvoglia la sua colazione, al semplice fatto che, quando credeva di non essere osservato, scandagliava attentamente la tavolata dei Corvonero.
Il mulatto non sapeva cosa pensare... era la prima volta da quando lo conosceva che gli occhi di Malfoy non si mettevano istintivamente alla ricerca di Potter, eppure... allo stesso tempo era proprio lui che stavano cercando, di nuovo, senza nemmeno saperlo.

Se James fosse davvero esistito, allora sì, sarebbe stato un buon segno.
Ma non era così, Draco dava la caccia a un vero e proprio amico immaginario, che guarda caso, aveva carne ed ossa solo nel suo grande amore e nel suo peggior nemico.
Blaise strinse la presa sul bicchiere, profondamente disturbato.

Aveva senza dubbio fatto bene ad allontanare Potter da Draco, era incredibile come quel ragazzo stesse pericolosamente ricoprendo troppi ruoli importanti nella vita del suo amico... di questo passo, senza Harry cosa sarebbe rimasto di Draco?
Ma cosa poteva capirne di questa situazione quel Grifondoro imbecille?

Corvonero...

Solo a ripensarci il mulatto trattenne una risata a fatica, suscitando l'attenzione di Malfoy.

"Cosa genera questo tuo accesso di ilarità, Blaise?"

"Guarda che ho capito che ce l'hai con me, non serve che mi parli strano."

Non ricevette risposta a quella provocazione, come per sottilineare il concetto, il biondo si alzò da tavola e lasciò la Sala Grande.
Blaise Zabini alzò gli occhi al cielo, poi li posò sul tavolo dei Grifondoro, quasi inavvertitamente.
Harry Potter teneva la forchetta sospesa a mezz'aria in un gesto interrotto e osservava con fare distaccato Malfoy che usciva dalla Sala.

Al mulatto venne spontaneo assottigliare lo sguardo e fu come se il Grifone l'avesse sentito, perchè si voltò a guardare lui, dapprima con un espressione indecifrabile, poi nei suoi occhi fu gradualmente sempre più chiara l'intenzione esplicita di lanciare una sfida all'amico del biondo.

Potter aveva trascorso l'intera nottata precedente a farsi cullare dall'umiliazione, dalla vergogna e dalla rabbia.
Quelle emozioni erano decantate fino a trasformarsi in un'intenzione molto chiara: se non aveva agito in modo da meritarsi il meglio di Malfoy, allora avrebbe fatto in modo che così fosse.
Se aveva sbagliato nascondendosi, e aveva senza dubbio sbagliato, allora si sarebbe mostrato apertamente fino a riconquistare la confidenza con Draco.

Più o meno per questo motivo aspettava trepidante e avido di rivalsa l'ora di Pozioni con i Serpeverde.

"Harry, non mi sembra il caso..."

Un Ron decisamente troppo pallido, era appena stato messo al corrente dei pensieri del suo migliore amico e tentava invano di farlo ragionare.

"No, non sono d'accordo. Se te la senti Harry, nulla ti vieta di provarci... dopotutto non è nulla di grave nè di eclatante."

Sostenne di rimando Hermione prima che effettivamente il riccio potesse dire qualsiasi cosa.

"Beh, un po' eclatante lo è"

Ghignò il moretto divertito, mettendosi i libri sottobraccio e seguendo i due amici verso l'uscita della Biblioteca, mentre si pregustava lo stupore di Malfoy atteso per di lì a poco.

"E controproducente..."

Rincarò Ron, con una connotazione di tono che non lasciava dubbi sul fatto che non vedesse la questione in ballo di buon occhio.
I tre scendevano verso i sotterranei, battibeccando animatamente sulla questione, Ron ed Hermione erano prossimi allo scannarsi, ma Harry aveva già deciso.
Nessuna guerra, dopotutto, sarebbe stata mandata all'aria per una tale cavolata.

Di fronte alla classe di Lumacorno, il gruppetto si divise, Ron ed Hermione si sedettero l'uno accanto all'altra, mentre Harry si affrettò a prendere posto di fianco a Draco Malfoy.

Nella classe calò un silenzio glaciale non appena ci si rese conto della cosa.
Sguardi sorpresi di Grifoni e Serpi passavano da un ragazzo all'altro mentre il moretto sistemava le sue cose sul banco, soddisfatto e tentatissimo di girarsi a guardare l'espressione del Serpeverde.
Infatti lui era senza dubbio il più sbalordito di tutti, con Blaise al secondo posto.
Il biondo fissava Harry Potter di fianco a lui e batteva le palpebre ripetutamente, non capacitandosi della situazione.

"Scusami, sarebbe occupato."

Riuscì a formulare, solo dopo qualche istante di smarrimento.
Il Grifondoro si costrinse a cancellarsi quel sorrisetto soddisfatto dalla faccia, prima di girarsi verso Draco.

Si accorse per la prima volta che anche le persone che sei abituato a vedere, quando le guardi, cambiano completamente.
In generale tutto il suo volto era delicato, la sua pelle liscissima, bianca come il latte, come una di quelle statue di marmo talmente perfette da sembrare prometterti che, toccandole, non troverai nulla di duro e freddo.
Harry non ci aveva mai fatto caso, a niente di tutto questo e, meno di tutto, al colore dei suoi occhi.
Certo... la distinta smorfia infastidita, quella, era sempre la stessa e dava sempre la stessa sensazione.

"Oh, ma che gentile, me l'hai tenuto? Grazie Malfoy"

Rubò quei secondi di indecisione del biondo, per spingere il proprio sguardo un po' più a fondo in quello del ragazzo, sperando di riuscire a capire cosa ci fosse in quel colore che continuava a sfuggirgli.
Erano grigi? Senza dubbio c'era del grigio eppure erano blu, ma ogni volta che ci vedeva dell'azzuro tornavano di nuovo grigi fino a snervarlo, fino a disorientarlo.

"Potter, ma che accidenti ti sei messo in testa? Innanzi tutto smettila di fissarmi, sei inquietante. Poi levati di qui e torna dai tuoi amichetti."

"No"

"Come no?"

Gemette Malfoy esasperato, faticando a raccapezzarsi.
Harry sorrise sornione, disarmandolo e lo costrinse a cercare disperatamente una boccata d'aria.
Era in momenti come quello che Draco aveva coscienza di quanto vivere potesse essere una tortura.

"Sei bravo in Pozioni, io se fin'ora sono andato bene è stato per pura fortuna. Poi sono il preferito di Lumacorno ... lavorare insieme porterà vantaggio a entrambi."

Malfoy non potè fare a meno di voltarsi a cercare Blaise e lo trovò bianco come un cencio.
Cercò di inviargli con lo sguardo un segnale di aiuto, ma dall'altro capo l'encefalogramma era piatto.

"Q-quindi..."

Nascose quell'involontario accesso di balbuzie con un colpettino di tosse, mentre tornava a guardare Potter con la coda dell'occhio.

"Hai deciso di sfruttarmi per andare meglio in Pozioni, non considerando minimamente il fatto che la mia più grande gioia sarebbe vedere il tuo cadavere circondato da uno stormo di avvoltoi."

Stavolta fu Harry a incassare e a battere le palpebre sorpreso.

"Wow, che perifrasi interessante. Comunque, sì è quello che ho deciso di fare."

"Tu sei pazzo. Vattene."

"No, arrenditi."

Il biondo strinse il pugno sul banco fino a sbiancarsi le nocche mentre sferzava un'occhiata gelida al Grifondoro.
Quello sostenne lo sguardo con altrettanta ostinazione, mentre i presenti trattenevano il respiro.

"Cos'è tutto questo silenzio? Non saprei se dirmi sorpreso o preoccupato, ragazzi miei. Su con la vita!"

La vocetta vivace e divertita di Lumacorno raggiunse la classe ancora prima del suo prominente panciotto broccato, al che seguì tutto il resto del professore.

Con un gesto plateale, il biondo Serpeverde si alzò dal suo posto, raccolse le sue cose e si mosse verso il banco tenuto libero per lui da Pansy.
L'avrebbe evitato, se non fosse stato un caso di vitale importanza.
Tuttavia la sua azione fu interrotta a metà dal suono della voce di Lumacorno.

"Signor Malfoy, dov'è che sta andando? La mia lezione è appena cominciata..."

Il ragazzo si fermò e puntò i suoi occhi di ghiaccio sulla grassoccia figura del professore, parlando senza preoccuparsi di nascondere una nota di disprezzo e fastidio nella sua voce.

"Prendo posto, professore."

L'ometto battè le palpebre sorpreso, mentre sfoderava uno dei suoi melensi sorrisi di cortesia.

"Ma come ragazzo mio, quello dov'era seduto prima non andava bene?"

"No."

Aveva risposto di getto, stringendo la presa sui libri che teneva sotto braccio.

"Io e Potter... faticheremmo a collaborare."

Harry non aveva spostato gli occhi da Draco nemmeno per un istante, cercando di indovinare cosa gli passasse per la testa.
Non era riuscito a fare a meno di sorridere rassegnato di fronte all'eufemismo di Malfoy.

Faticare a collaborare... ma guarda te.
Senza contare che stavolta è solo colpa tua che fai il prezioso.

Lumacorno non perse tempo a rispondere al Serpeverde, conscio di quanto inutile sarebbe stato in ogni caso, e lasciò che si accomodasse di fianco a una Pansy Parkinson improvvisamente di ottimo umore.

"Paciock!"

Neville, seduto tutto solo in un angolo alzò la testa, terrorizzato.

"Oh, non guardarmi così, non sono Piton."

Esordì il professore, carico di rammarico.

"Vieni a metterti qui di fianco a Harry, ti darà una mano lui con i passaggi più complicati."

Continuò l'uomo e una scia di risatine percorse le fila dei Serpeverde, a nessuno dei quali era sfuggito nè il chiaro favoritismo del professore nei riguardi di Potter, nè la frecciatina all'incapacità dell'altro Grifone, il quale, abbacchiato, prendeva posto accanto al compagno di Casa.

Furono due ore lunghissime per Harry, seppur consciamente a livello irrazionale, aveva avuto delle aspettative.
Per qualche strano motivo era convinto che, anche se solo per punzecchiarlo, Malfoy non si sarebbe mai alzato, tirandosi indietro pubblicamente in quel modo.
Continuava a non conoscere la forma del pezzo del puzzle mancante, quello scomodo tassello che rendeva Draco Malfoy così fastidiosamente illeggibile, distante.

Era talmente turbato da trovarsi a confondere persino le chiare indicazioni annotate sul libro dal Principe Mezzosangue, eppure non osò nemmeno per un istante girarsi a guardare il Serpeverde in questione, troppo scottato da quella clamorosa sconfitta.

Al contrario, i difetti di concentrazione del biondo erano dovuti sostanzialmente dal fatto che faticava a raccogliere tutta la coscienza che aveva di se stesso e a concentrarla lontano da Potter.

Le chiacchiere acute e incessanti di Pansy non erano mai state più fastidiose, nè più provvidenziali.
Voleva fermare il tempo per una manciata di minuti e concedersi di pensare e ripensare a quei pochi momenti prima della lezione, in cui Harry Potter gli si era seduto accanto.
Si sentiva un idiota ad avere il cuore in gola non appena gli capitasse di accarezzare quel pensiero anche solo un attimo.
Per questo, si aggrappò alla voce della moretta lì di fianco per allontanarsi da quell'eventualità.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


"È un pazzo! È un idiota, un sadico, un egoista, uno schifoso, fastidioso insetto che mi perseguita e ci prova gusto!"

"Draco, calmati..."

Malfoy stava strillando e scagliando oggetti per la stanza da almeno un quarto d'ora.
Aveva i capelli fuori posto, il volto stravolto e gli occhi arrossati e accecati dalle lacrime.

"NON MI CALMO."

Blaise tentava invano di avvicinarsi, cercava di fermare la sua furia distruttrice, provando a togliergli almeno la bacchetta di mano, prontamente però veniva allontanato da una scarpa o da un libro.

"Non può fare quello che vuole, prima sedersi a tutti di fianco a me, poi... q-questo! B-blaise..."

Fino a pochi istanti prima il mulatto avrebbe pagato fior di galeoni per farlo star quieto, ma quando vide il suo braccio che teneva la bacchetta cadere debolmente lungo il suo fianco e il suo amico guardarlo con occhi non più carichi di rancore, ma imploranti e spaventati... desiderò che ricominciasse a lanciare cose.

"Blaise secondo te... l'ha scoperto?"

"No."

Si affrettò a dire Zabini mentre si avvicinava all'amico, sfilandogli la bacchetta di mano e appoggiandola sul comodino.
Costrise il biondo a sedersi sul letto, gli mise le mani sulle spalle, sperando di riuscire a costringerlo a guardarlo in faccia, ma sembrava avere troppa paura perfino di quello, ormai annegato nell'ipotesi più spaventosa.

"No, Draco. Ehy guardami quando ti parlo, per favore. Ascoltami non può averlo scoperto, solo tu ed io lo sappiamo, solo tu ed io ne parliamo e anche se avesse potuto intuirlo, cosa difficile di per sè dato il soggetto, innanzi tutto non ci avrebbe mai creduto e poi... non penso nel modo più assoluto che l'avrebbe usato contro di te.
Ti odia, vero... ma non è cattivo"

Draco si aggrappò al polso di Blaise come a un ancora di salvezza, mentre, irrimediabilmente, dai suoi occhi iniziavano a sgorgare lacrime a fiumi.
Ora singhiozzava senza controllo e si fiondò ad abbracciare il suo amico con forza, sfogando la sua angoscia in quel pianto.
Continuava a chiedergli con tono sconvolto "perchè", perchè Potter avrebbe dunque dovuto mai fare una cosa del genere.

Il mulatto faceva scorrere le dita tra i capelli chiari e sottili dell'amico, cercando di infondergli un po' di sicurezza e stabilità, concentrandosi su quella domanda di cui poteva intuire la risposta.

"Non lo so proprio. Non pensarci... magari lui e i Grifonidioti hanno fatto uno dei loro stupidi giochi. Lo sai come sono, non pensarci..."

Mentre gli parlava iniziava a credere che forse aveva fatto male a cacciare "James" se, per orgoglio e ostinazione, ora Potter stava facendo questo.
Era stato solo peggio.
Quel dannato Grifondoro con tutte le sue buone intenzioni doveva stare lontano da Draco a tutti i costi.
Era troppo tardi per una riappacificazione, e lo Sfregiato avrebbe dovuto saperlo meglio di tutti.

Ora, per la seconda volta dall'inizio di questa buffa storiella ci sarà chi si sta chiedendo quale abominevole misfatto abbia osato compiere Harry Potter in modo da ferire così il piccolo Draco Malfoy.
Ve lo racconto, state tranquilli.

Harry aveva fallito quella volta, e la cosa non gli andava giù per niente.
Finchè Malfoy non avesse ceduto, lui ci avrebbe provato, per quanto la situazione lo turbasse...
Era perfettamente consapevole del fatto che, negli ultimi tempi, quella per Malfoy stava diventando un'ossessione e vacillava dalla certezza che stesse pianificando qualcosa di losco, al non riuscire a capacitarsi dell'esistenza del ragazzo che aveva conosciuto di notte.
Quel Serpeverde era la persona più complicata che avesse mai conosciuto: nemmeno trovare il suo nome sulla Mappa del Malandrino sembrava possibile.

Certe sere era come se l'indicatore di Malfoy sparisse nel nulla.
C'erano davvero troppi misteri che lo riguardassero, troppi perchè lui potesse non farci caso.

Per questa ragione aveva architettato uno scherzetto e la settimana seguente lo mise in atto certo che gli avrebbe assicurato il successo: aveva stregato la sedia del posto in cui di solito andava a sedersi la vittima in modo che questa vi rimanesse incollata quanto bastasse perchè lui potesse sederglisi di fianco e la lezione avesse inizio.

Ovviamente, nel farci caso, il biondino non la prese bene per niente.
Dapprima aveva cercato di divincolarsi con la forza, poi di sciogliere l'incanto, il tutto con la massima discrezione, ma senza successo dal momento che non era a conoscenza del trucco utilizzato.
Il moretto intanto lo guardava beatamente divertito, con il mento appoggiato sulle dita intrecciate.

"Che succede, ti sei incastrato, Malfoy?"

In tutta risposta il Serpeverde si era girato, aveva assottigliato lo sguardo sperando seriamente di trasmettere all'interlocutore tanto disprezzo da fargli venire la nausea.

"Bastardo..."

Aveva sussurrato e Harry aveva sollevato le sopracciglia impressionato, sentendosi perfino in colpa per via di quella bravata.

"Ehy... starmi vicino per un paio d'ore non ti ucciderà, Malfoy"

Il biondo aveva stretto i pugni sulle cosce, cercando di mantenere il controllo.
Aveva voglia di urlare e scattare il più lontano possibile da Harry Potter.
Era entrato Lumacorno, aveva dato aria alla bocca con i suoi infiniti preamboli e per tutto il tempo, Potter aveva sfogliato il suo libro distrattemente mentre Draco rischiava l'asfissia.

"Oi..."

"Che vuoi, Potter?"

Replicò seccato al suo richiamo.

"Guarda qui, questa radice sembra uno scarpone rovesciato."

"Cosa?!"

Sussurrò sbigittito, ma allungò lo sguardo verso l'illustrazione.
Era vero, sembrava uno scarpone eppure... a lui non sembrava un evento così eclatante.

"Potter... quanti anni hai?"

"Ah! Però eri curioso, hai visto?"

"Dammi tregua."

Il moro alzò gli occhi al cielo, profondamente offeso per l'essere stato zittito, innervosito dal comportamento di Malfoy come al solito e frustrato perchè continuavano a battibeccare come sembravano destinati a fare in eterno e senza possibilità di deviazioni dal percorso.

In ogni caso il loro discorso fu interrotto da Lumacorno che finalmente sembrava essersi ricordato di dover insegnare loro Pozioni.

"Dunque, ragazzi... oggi vi tocca la lezione che gli studenti del sesto anno attendono sempre con trepidazione. Chi sa dirmi cosa c'è in questo calderone?"

Granger, ovviamente.
Amortentia, pareva così scontato detto da lei.

Un mormorio di trepidazione scosse i presenti mentre la Grifondoro spiegava di cosa si trattasse, ma Draco era rigido come un manico di scopa, fissava dritto davanti a sè senza dare cenni di vita.
Harry se ne accorse, ma represse la curiosità e si disse che dopotutto non era la sua balia, non aveva l'obbligo morale di prendersi cura delle instabilità mentali di quella Serpe.

Da quella situazione il massimo che Malfoy riuscì ad ottenere fu il preparare la pozione nel silenzio più assoluto, tanto assoluto che pareva urlasse.
Schiacciò i semi di giglio stringendo le palpebre mentre la spada di Damocle pendeva sopra la sua testa e per ogni istante che trascorreva, avvicinandoli all'ottenere la pozione completa, la lama oscillava pericolosamente.

Harry era ignaro di tutto, troppo preso dal non seguire le indicazioni e fare invece di testa sua, o meglio, seguendo degli strani appunti sul libro.
Per il Serpeverde era indubbiamente meglio così, se avessero fallito non avrebbe dovuto sentire il coltello rigirarsi nella piaga, guardare male Harry Potter mentre il suo profumo gli inebriava le narici.

Ma nulla andò come il ragazzo sperava e, ben presto, quell'odore lo raggiunse, assuefacendolo completamente, sembrava promettergli qualcosa che non ci sarebbe mai stato.
Strinse la presa sul coltello che stava riponendo nella cassettina degli strumenti, bloccandosi a metà gesto, combattendo con tutte le sue forse per ignorare ogni cosa.

"Allora, cosa sentite? Signorina Granger?"

Hermione rispose e così fecero anche altri nella classe, ma Potter e Malfoy erano fin troppo silenziosi per essere ignorati.

"Signor Malfoy?"

Lumacorno incalzò il biondo, che si riscosse, pallido come un cencio.

"Assolutamente nulla... professore. Qualcosa deve essere andato storto durante la preparazione."

Rispose freddo, o almeno simulando compostezza, mentre l'insegnante si rivolgeva al suo compagno di banco.

"È così, Harry?"

Domandò, quasi mortificato.
Il Grifondoro si allungò verso il calderone per analizzare l'odore della pozione, istanti interminabili durante i quali, Malfoy si prese la testa fra le mani, coprendosi le orecchie in un gesto che voleva nascondere il suo intento infantile di non sentire una sola parola della risposta di Harry.

"Affatto, io sento qualcosa. Non saprei distinguere bene, ma è un profumo intenso e dolce, mi fa pensare alla neve, anzi al Natale, al legno di un manico di scopa laccato. Poi... c'è della menta. Menta e acqua di colonia."

Il volto di Lumacorno si illuminò: il suo pupillo non aveva fallito, anzi,  con la sua pozione aveva vinto la Felix Felicis in palio.
Sprizzava fierezza da tutti i pori.

"Ehy Malfoy... la vuoi tu? Non saprei che farmene sinceramente."

Chiese Harry al suo compagno di banco mentre la classe si svuotava lentamente, gli porgeva l'ambita boccetta dorata, ritenendo ingiusto averla vinta da solo.

"Anche no. Tienitela Potter, e non osare mai più giocarmi un tiro del genere, mai più."

Replicò gelido il Serpeverde, raccogliendo le sue cose in fretta, felice di potersi alzare dalla sedia.
Il moro fece caso a quanto fosse strano il suo sguardo, sembrava sconvolto... si sentì in colpa per quello scherzetto della sedia, non pensava potesse turbare il suo orgoglio a tal punto.

Lo guardò uscire e si ripromise che, se anche il suo ultimo tentativo avesse fallito, avrebbe lasciato perdere e Malfoy sarebbe rimasto il suo nemico giurato, con la coda di paglia e un temperamento disprezzabile.

Decise di strappare quel cerotto più in fretta che potè, raggiungendolo dopo pranzo nel cortile interno della scuola.
Il Serpeverde era seduto su una panchina di marmo, di fianco a lui c'era solo Blaise.

Il mulatto fu il primo ad alzare la testa e notare Harry avvicinarsi.
Scosse il capo impercettibilmente, con uno sguardo che pareva un monito, ma il Grifondoro resse orgogliosamente il confronto, non concependo una ritirata.

"Malfoy!"

Anche il biondo ora alzò gli occhi, Harry sentì freddo, un brivido lungo la spina dorsale.
Si chiese come fosse possibile avere una morsa allo stomaco per una cosa così sciocca quando era uscito a sangue freddo o quasi da situazioni ben più insostenibili.
Si disse solo "ora o mai più" prima di parlare.

"Vieni ad Hogsmeade con me oggi pomeriggio?"

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Inutile dire che nemmeno lì su due piedi Draco la prese bene.
Harry non faticava a ricordare come sulla superficie del suo viso pallido si fosse dipinta velocemente una smorfia divertita.
L'aveva guardato dall'alto in basso, aveva girato sui tacchi e se n'era andato senza degnarlo nemmeno di una risposta.

Di fronte a quello sguardo di superiorità il moro aveva deglutito, umiliato, chiedendosi se ne valesse davvero la pena.
Perchè arrivare a tanto per Malfoy?
Doveva scoprire cosa stesse architettando, certo, ma se l'aveva invitato a Hogsmeade era per una ragione del tutto diversa e lo sapeva bene anche lui.
Voleva dimostrare di meritarsi Draco, voleva vedere il suo volto sorridere alla luce del giorno ed essere certo di non aver sempre sognato.
Eppure quelle notti nei panni di "James" erano già lontane tanto da non sembrare altro che fantasie.

Harry lanciò la Mappa del Malandrino in un angolo della stanza, stizzito.
Nessuna traccia del nome di Malfoy nemmeno lì.
Quella condizione di impotenza lo faceva innervosire fino all'inimmaginabile.

Era la prima volta che si sentiva tagliato fuori dalla vita di Malfoy, non che avesse mai cercato di accedervi per i mezzi convenzionali, ma forse era proprio questo il punto: avrebbe dovuto accettare che semplicemente quel ragazzo non era come gli altri, non voleva avere a che fare con lui in nessun modo.

Si costrinse a prendere un respiro profondo, ad alzarsi e a raccogliere la Mappa.
Doveva esserci un punto in cui non aveva guardato, per forza... le persone non spariscono nel nulla.
Questa volta gli bastò un'occhiata, ma vide chiaramente il cartellino con il nome del Serpeverde che si muoveva in fretta nel corridoio del settimo piano.

Non indugiò per un secondo di più e corse fuori dalla Sala Comune senza staccare gli occhi dalla Mappa, filando per i corridoi del castello con la bacchetta incautamente accesa, lasciandosi alle spalle solo il borbottio di scontento di quadri disturbati.
Era al sesto piano quando si imbattè nella persona che cercava.
Alla vista della luce una sagoma scura era corsa a nascondersi dietro un angolo.

Harry congedò la Mappa e corse fino a riuscire a fermare il Serpeverde per una spalla, spingendolo contro la parete del corridoio.
Non ebbe modo di riprendere fiato che il ragazzo sgusciò dalla sua presa e lo costrinse a riacciuffarlo per il polso.

"Toglimi le mani di dosso Potter, si può sapere cosa vuoi da me? E spegni quella luce, sveglierai tutto il castello."

Draco cercò di liberarsi, ma Harry strinse la presa, d'altro canto spense la bacchetta.
Per qualche istante ci fu solo il respiro affannato del moro a spezzare il silenzio.

"Perchè hai rifiutato? Che c'è di male se andiamo ad Hogsmeade insieme?"

Compose a fatica il Grifondoro, alzando il capo, cercando il volto di Draco nel buio.
In realtà non voleva vederlo, il suono di quel silenzio bastavava farglielo intuire.
Infatti sul viso del biondo era tanto chiaro lo sbigottimento, quanto il divertimento più sprezzante .

"Potter... non farmi ridere."

Il ragazzo tirò indietro il polso, tentando ancora di liberarlo, ma di nuovo fu inutile.

"Rispondi."

"Stai impazzendo Sfregiato, guardati."

"Malfoy, non scappare dal discorso."

Il biondo ghignò nell'ombra a quella aperta provocazione.

"Scommetto che ti senti molto superiore per quello che hai detto. Dopotutto puoi permettertelo, non sei mai scappato in tutta la tua vita quindi nemmeno gli altri hanno questo diritto, giusto?"

"Allora lo ammetti?"

"Cosa? Che diamine dici. Questa conversazione non ha senso, lasciami andare mezzuomo."

"Non finchè non mi rispondi"

Insistette il moro, facendo un passo avanti.
L'altro ragazzo indietreggiò, cercava disperatamente una via di fuga, pensando che di Harry Potter e dei suoi problemi ne aveva avuto abbastanza per tutta la vita.

"È un ricatto?"

"Che lo sia o meno non cambia il contesto."

"Ti odio, Potter. Ecco perchè... non siamo amici, e i nemici non escono insieme."

A questo punto Harry non rispose, allentò solo la presa quanto bastasse perchè l'altro ritraesse la mano e prendesse a massaggiarsi il polso indolenzito.

"Che c'è, non parli? Non dirmi che sei sorpreso... dopotutto è conseguenza di una tua azione. Io non c'entro."

No, non era sopreso.
Anzi sapeva bene che il motivo era quello e aveva perfettamente senso.
Spiegava senza problemi perchè James fosse arrivato in pochi mesi dove Harry non poteva nemmeno immaginare si potesse accedere.
Eppure continuava a sembrargli così difficile da credere.

"Malfoy... tu mi odi solo perchè non mi conosci."

Il biondo sussultò nell'ombra.
Non voleva parlare di quello, non voleva parlare, solo andarsene eppure era come se avesse avuto i piedi incollati al pavimento.

"Ah. Ma lo vedi che sei megalomane? Non potresti solo accettare che esista qualcuno che ti disprezza, San Potter?"

Era tutta una messa in scena... era così ovvio e non se n'era mai accorto.
Ascoltandole superficialmente le parole del Serpeverde potevano sembrare fondate, tuttavia c'era qualcosa in quei ragionamenti che stonava terribilmente.
Harry fece un altro passo verso Draco e stavolta lui non indietreggiò.

"Sono sicuro che qualcuno ci sia. E, non so perchè, sono altrettanto sicuro che non sia tu."

"E sentiamo, cosa te lo farebbe pensare?"

Lo disse incrociando le braccia al petto, ma non potendo non deglutire nervosamente.

"Prima hai detto che me la sono cercata. Ti riferivi alla storia del primo anno per caso?"

Ad ammutolire questa volta fu Malfoy.
Potter invece prese a pensare a voce alta.

"Non ci avrei mai fatto caso da solo. Ti comporti così da sei anni perchè ho ferito il tuo orgoglio quindi? È solamente ripicca?"

Il biondo aveva stretto i pugni lungo i fianchi, provava l'irrefrenabile impulso di strangolarlo per il modo leggero e disinteressato con cui stava giocherellando con il suo passato, i suoi problemi cercando di mettere insieme un puzzle di cui mancavano i pezzi principali.

"Vuoi che ti chieda scusa suppongo...e finchè non lo farò questa mascherata continuerà."

Quello che seguì fu il momento in cui Draco scattò in avanti e spinse Harry per il collo con le spalle al muro, parlando incurante del fatto che la sua voce tremasse.

"Non semplificare i fatti solo perchè non li conosci, Potter."

Era il sibilo di una Serpe minacciata, un ammonimento.
Solo un folle l'avrebbe ignorato e non sarebbe fuggito a gambe levate.
Harry tossì.
Si sentiva stordito, Malfoy gli aveva dato ragione, anche se la sua voce aveva un suono rabbioso e non prometteva nulla di buono.
Era chiaro ad entrambi, a quel punto, che il Grifondoro si era avvicinato troppo a una zona proibita.

"Allora dimmelo tu, cosa non so?"

Draco battè le palpebre scosso dall'ulteriore e inaspettata mossa offensiva da parte dell'altro.

"Farti i cazzi tuoi, Potter."

Lo lasciò andare e mise le mani in tasca mentre la testa iniziava a pesargli pericolosamente sulle spalle.

Vattene.

Il Grifondoro si stava allentando la cravatta con una smorfia.

Ti prego vai via.

Non pareva importare quanto Malfoy nella sua testa lo stesse implorando di lasciar perdere, ora Harry aveva alzato lo sguardo su di lui e un attimo dopo aveva fatto un passo nella sua direzione.

"Non mi riguarda dici? Non ha forse tutto a che fare con me?"

Replicò con decisione e il Serpeverde scosse la testa come se potesse servire a cancellare quella frase.

"Pensaci Malfoy, se me lo dici risolviamo tutto quanto e ci togliamo il peso di questa commediola dalle spalle. Ma se mi lasci senza una risposta sai che non mi fermerò finchè non l'avrò trovata io stesso."

Draco chiuse gli occhi e per un momento gli venne da ridere.
Il tempismo di quel Grifondoro faceva davvero schifo, dopo sei anni si accorgeva di lui, ma solo nel momento in cui aveva maggiormente bisogno di passare inosservato.

O meglio, il Signore Oscuro voleva che fosse così... e bisognava ammettere che le loro due volontà non avessero nulla in comune.
Per quanto lo riguardasse il biondo si ritrovava di fronte a Harry Potter e non lo vedeva come una minaccia, ma come l'unico in grado di tirarlo fuori da quel disastro ammorbante che era diventanto il suo sesto anno di scuola.
Forse era proprio per questo che era tanto pericoloso, per quella luce che non poteva fare a meno di portarsi dietro, incurante di cosa andava a scoprire.

Quindi... se si fosse lasciato andare, lui l'avrebbe salvato? Certo che l'avrebbe fatto.
Allora perchè non dirgli ogni cosa?
Ovvio, per la paura di affrontarne le conseguenze.
Il Signore Oscuro era un uomo di parola, gli aveva affidato un compito con la promessa che se avesse fallito nè lui nè la sua famiglia avrebbero avuto il tempo di pentirsene.

"Potter, ora stai davvero superando il limite. Se devi fare le tue indagini continua pure, ma a distanza perchè non c'entrano niente con quello che credi di voler sapere."

Il Grifondoro sollevò un sopracciglio, confuso da quella frase piena di sottintesi.

"Da quando stiamo parlando delle mie indagini? Cioè ... credi che ti abbia invitato ad Hogsmeade e che ora sia qui fuori per indagare su ciò che fai?"

"Per cosa altrimenti?".

Domandò il biondo sbrigativo.

"Ah... beh a dire il vero non lo so. Non a livello razionale."

Borbottò in tutta risposta il Grifondoro, grattandosi la nuca nervosamente mentre cercava una risposta che non lo ricollegasse a James.

"Che accidenti stai farneticando, Potter? Tu hai sonno. Vai a dormire."

"Perchè devi fare così? Possibile che tu ti diverta davvero a provocare gratuitamente?"

"Hai mai avuto dubbi?"

Il Serpeverde sollevò un sopracciglio, squadrando la figura del suo interlocutore.

"Mh, credo di sì. Non sarei qui se no."

"Sei qui troppo tardi in ogni caso, non ignorare il contesto: non possiamo semplicemente metterci una pietra sopra."

"Non è questo che voglio."

"E cosa diamine vuoi allora, parla chiaro, per Salazar."

Esclamò tra lo stizzito e l'esasperato.

"Solo capirti immagino, capire chi sei davvero. Non chiedermi il motivo, non lo so nemmeno io."

Ma Draco non glielo avrebbe chiesto, la sua testa era troppo distratta da ciò che stava cercando Harry da lui quella notte.
Quello che voleva sapere, quello che aveva giurato sul suo onore che si sarebbe portato nella tomba se non fosse stato possibile seppellirlo mentre era in vita.

"No..."

Balbettò con la voce spezzata dall'incredulità.
Segretamente aveva sognato un momento come quello, ma quello non era un sogno, solo un disastro.

"Non puoi sapere neanche questo."

"Cos'è che ti spaventa? Cosa ti blocca?"

Insistette Harry, avanzando nella sua direzione.
Forse non avrebbe dovuto forzarlo, ma era arrivato così lontano, a un passo dal fare chiarezza, come poteva abbandonare?

"La stessa cosa che ti nasconde il motivo della tua curiosità."

"Varrebbe a dire?"

Domandò il Grifone sempre più disorientato.

"Ho paura, dannato Harry Potter."

"Di cosa, sciocco Draco Malfoy?"

Harry sorrise nel buio, Draco sentì sulla sua pelle che era un sorriso dolce, lo riconobbe dal silenzio che riconobbe e che, tuttavia, era razionalmente certo di non avere mai conosciuto prima.

"Di me?"

Incalzò il moro, ma non morbosamente affrettato, bensì con un tono morbido che cercava di indurre Draco all'abbandono.

"No, non completamente, più di... delle conseguenze."

"Non ce ne saranno."

"Non puoi saperlo"

Draco scosse la testa.
Non poteva lasciarsi ammaliare come uno stupido, da Potter meno che mai.

"Anzi non sai proprio niente, Potter. E per una volta nella tua vita accetta che sia così e vai oltre."

L'aria si mosse, fremette mentre il moro faceva un altro passo.

"E se fossi pronto a giurarlo? Giurare che non hai motivo di avere paura nè di me nè delle conseguenze?"

Il respiro di Draco era pesante, troppo vicino a quello di Harry, la sua mente era come se galleggiasse nel vuoto, il suo corpo voleva solo seguirla.

"Sulla memoria dei tuoi genitori."

La voce fredda di Draco era un soffio tremulo, spaventato che fu facilmente soffocato dall'atmosfera pesante e surreale.
Dal canto suo Harry tacque a lungo, fermandosi per la prima volta a pensare, toccato dalla grevità di quelle parole.

Era chiaro che il Serpeverde aveva bisogno di aiuto e Harry non riusciva a smettere di pensare che se gliel'avesse dato le cose sarebbero potute cambiare.
Avevano paura entrambi, ma per il Grifondoro non era una novità, inoltre la paura accendeva in lui quel qualcosa di irrazionale che gli salvava puntualmente la vita nei momenti di pericolo.

Tuttavia per Malfoy era completamente diverso, la paura lo schiacciava, lo bloccava a terra, premendo su di lui come una morsa gelida senza tregua.
Non gli sarebbe servito a nulla cercare di scappare, Draco aveva bisogno di coraggio.
E tutto quello che il moro poteva fare era prestargli tutto quello che gli rimaneva.

L'unica cosa che fece fu appoggiare delicatamente una mano sulla spalla di Malfoy, sentirlo irrigidirsi al contatto.

"Lo giuro"

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


"Lo giuro"

Aveva detto Harry, piano e come spaventato dall'idea di poter spezzare quella tensione con una parola sbagliata.

Draco si sentiva sull'orlo di un crollo, ma irrequieto, febbricitante.
Era quello il momento dunque...
Inutile dire quante notti insonni avesse passato, immaginandosi anche i più minimi dettagli al punto che la sua mente potesse vederlo come qualcosa di più consistente della nebbiolina azzurra di una fantasia.

Forse per questo motivo, più ci pensava, più sembrava di essere in uno di quei sogni e arrivava perfino a non avere paura, anzi ora era trepidante, impaziente di far uscire dalle labbra le parole giuste, quelle che aveva custodito tanto gelosamente fino a quel momento.

D'altro canto non vedere Harry era un'arma a doppio taglio: l'oscurità lo proteggeva, ma lo isolava anche.
E di sicuro anche questo apportava irrealtà alla situazione, anche se Draco riusciva a percepire benissimo il calore di Harry, troppo poco distante da lui.
Il suo odore inebriava i suoi sensi, esattamente come era stato quella mattina, a Pozioni.
Draco chiuse gli occhi.

"Harry io ..."

Quello era il suo momento, l'unico che gli sarebbe mai stato concesso.
Non l'avrebbe sprecato.
Anche se non aveva idea di cosa passasse per la testa di quel Grifondoro, lo ringraziò per il suo silenzio e trovò il coraggio di cercare il suo viso nel buio.
Le sue dita fredde raggiunsero la pelle del ragazzo e quel contatto delicato e titubante bruciò entrambi.
Harry ebbe uno scatto e la sua mano si strinse attorno a quella di Draco che sussultò.

"STUDENTI! STUDENTI FUORI DALLE CAMERATE!"

Il grido rauco e stridulo di Gazza fece a pezzi quel silenzio carico di tensione, ma questa non si dissolse semplicemente nell'aria, anzi crebbe fino a trasformarsi in vera e propria angoscia.
Passi pesanti seguirono quel verso sgraziato e Harry agì prima ancora di rendersene conto, strinse il polso di Draco e iniziò a correre all'impazzata nella direzione opposta alle grida.
All'inizio il biondo oppose resistenza, poi si lasciò trascinare fino alle scale.

No, non doveva salire, doveva tornare al dormitorio e al più presto.

Si divincolò dalla presa di Harry e lui si girò di scatto, un piede già sul primo gradino, gli lanciò un'occhiata piena di panico e confusione.
Draco, in piedi davanti a lui, contò un secondo, lo sentì rintoccare in tutte le sue membra, poi prese il viso di Harry tra le mani e baciò le sue labbra.
Il gesto che compì fu rapido e risoluto più di quanto il biondo credesse di poter mai essere capace, ma, per lo stesso motivo, durò davvero troppo poco.

L'unica cosa che aveva sentito prima di staccarsi e correre via verso i sotterranei fu Harry Potter irrigidirsi, le sue labbra soffici e calde sotto le proprie.
Le percepì schiudersi per la sorpresa mentre lui si scostava, scappando senza il coraggio di guardarlo in faccia.

Il Grifondoro non fece in tempo a battere le ciglia che già in lui si insinuava il dubbio che quanto era appena accaduto fosse stato frutto della sua immaginazione.
Tutto quello che gliene restò fu un appena percettibile, ma intenso e dolce  sentore di menta, menta e acqua di colonia.
Spese un momento di troppo arrovellandosi per capire dove avesse già sentito qualcosa del genere ed ecco che una palla di pelo miagolante gli impiantava i suoi artigli nella divisa.

Un istante dopo sopraggiunse anche Gazza, reggeva la lanterna e la sua luce dava una sfumatura inquietante al suo già sgradevole sorriso vittorioso.

"Harry Potter! Un pesce grosso abbiamo preso Mrs. Purr. Sono anni che sappiamo che gironzola di notte, ma è sempre scappato il furfante."

Harry fece una smorfia, era troppo tardi per cercare di sfuggirgli, semplicemente si lasciò spintonare nell'ufficio del custode, non lasciandosi sorprendere dal fatto che semplicemente Gazza avesse iniziato a parlargli dei suoi problemi e gli avesse offerto un tè, senza fare riferimento ad alcuna punizione.
No, Harry era stordito e assente, troppo impegnato a cercare di riafferrare un ricordo effimero e sfuggevole.

Draco invece aveva raggiunto il suo dormitorio senza ulteriori intoppi, ora camminava su e giù per la stanza, le mani nei capelli, ormai scompigliati, i nervi tesi e il respiro affannato e sommesso.

"Che ho fatto? Che diamine ho fatto?!"

Gemeva disperatamente, incapace di darsi pace.
Blaise non c'era, probabilmente era da Theodore e comunque per il biondo era decisamente meglio così.
Sapeva già che piega avrebbe preso la conversazione se avesse scelto di parlargli di quanto accaduto.
"Devi dimenticarlo", "Ti fa solo male", "Ehy davvero c'è di meglio".
Ma sinceramente era stufo di sentirselo dire ed era stufo di pensare che fosse davvero l'unica soluzione possibile.

Certo, razionalmente sapeva che doveva essere così, tuttavia quella notte si fece una concessione, si permise di sdraiarsi sul letto e pensare e ripensare a quanto accaduto fino a capacitarsene.

Non ci riuscì, in verità più rimuginava più gli pareva assurdo eppure...
Avvicinò due dita alle labbra, le sfiorò delicatamente e sorrise perchè ricordavano ancora il sapore di quelle del Grifondoro.

Per quella notte non avrebbe pensato al fatto che non fosse stato altro che un addio alla sua più grande debolezza, dopotutto avrebbe avuto una vita per rendersene conto.
No, per quella notte lui era semplicemente Draco Malfoy che aveva finalmente trovato il coraggio di baciare Harry Potter.

Il Grifondoro, dal canto suo, fissava il baldacchino scarlatto del proprio letto, colpito in pieno volto da un raggio di luna e , senza esserne nemmeno lontamente consapevole, compiva esattamente lo stesso gesto titubante.

Chiuse gli occhi e strinse le labbra tra di loro, catturando il fantasma di una sensazione più simile a un sogno che a un ricordo.
Era tanto preso dalla realizzazione di quanto accaduto che quasi si dimenticò di chiedersi come mai fosse successo.

Già... come mai Draco Malfoy avrebbe mai dovuto baciarlo?
Buffo come quella risposta non gli importasse, Harry voleva solo tornare indietro, voleva solo che durasse un po'di più, così da poterci almeno credere senza temere di essere impazzito.
Si mise a sedere di scatto e si prese la testa tra le mani agitandosi come un forsennato in preda a una crisi.
No, quella notte non avrebbe dormito affatto.

Ron russava beato con la coperta messa di traverso e abbracciato stretto al cuscino.
Era così rilassato che a Harry dispiacque davvero tanto doverlo svegliare, ma stava impazzendo stando a sentire solo le voci nella sua testa, doveva uscire di lì o lo avrebbero assordato.

"Ron!"

Sussurrò scuotendo il ragazzo con forza, dopotutto era Ronald Weasley, la delicatezza non sarebbe servita a niente.

"Dai Ron svegliati ti prego"

Insistette passando ai calci fino a riuscire a farlo cadere dal letto con un tonfo.
Il rosso si svegliò di soprassalto trasalendo rumorosamente.
Neville si rigirò nel letto e Harry coprì in fretta la bocca dell'amico prima che potesse dare voce a una protesta.
Tuttavia, anche se gli fu impedito di parlare, era più che evidente che fosse furioso.

"Miseriaccia Harry."

Fu la prima cosa che uscì dalla sua bocca non appena gli fu possibile.

"Scusa"

Fu l'unica cosa che si sentì di replicare.

"Faresti meglio ad avere una buona ragione."

Commentò Ron massaggiandosi le tempie seccato.

"Andiamo da Hermione"

Il ragazzo alzò confuso lo sguardo sull'amico quattrocchi.

"Hai di nuovo sognato Tu-Sai-Chi? Come per mio padre?"

Ora sì che Harry si sentì tremendamente in colpa e il motivo che l'aveva spinto a tirare letteralmente Ron giù dal letto glì sembrò d'improvviso sciocco e irrilevante se visto dagli occhi dell'amico.

"No, non è nulla di... nulla del genere, non c'entra Voldemort."

Il rosso mugolò imprecando coloritamente contro il riccio e si aggrappò al copriletto come se questo avesse avuto il potere di avvolgerlo, riportarlo sul letto e riconsegnarlo a Morfeo.
Ovviamente non era così, nemmeno ad Hogwarts.

"Dai vieni"

Insistette allora Harry tirandolo per il colletto del pigiama.

Ci misero un po', ma alla fine i due ragazzi riuscirono a sgattaiolare nell'ala del dormitorio con le stanze delle ragazze.
Una luce fioca, inconfondibilmente di una candela, filtrava da sotto la porta della stanza di Hermione.

I due si scambiarono un'occhiata a metà tra il consapevole e il seccato prima di aprire la porta e trovarsi di fronte alla visione di una Hermione curva sui libri di cui aveva riempito il letto con un lume oscillante di fianco alla spalla.
Sentendo lo scricchiolio della porta sussultò e la fiamma della candela tremò nel buio.

"Ah, siete voi..."

Commentò non appena riconobbe Harry e Ron.
Dallo sguardo severo sulle loro facce seppe indovinare cosa la attendeva.

"Lo so, lo so, anche se mancano solo due mesi agli esami non è il caso di fare le ore piccole studiando. Ti rovini la vista eccetera eccetera, non ti fa bene eccetera eccetera. Lo so ok? Avevo solo un piccolo dubbio da chiarire."

Harry sollevò un sopracciglio sinceramente perplesso mentre scrutava la quantità cospicua di libri sparsi sul letto della ragazza.

"Lo vediamo..."

Commentò Ron acido, beccandosi un'occhiataccia dalla ragazza, tuttavia consapevole di essere nel torto.

"Non ci credo che ora fate pure le ronde per impedirmi di studiare..."

Harry scosse la testa, ma le orecchie di Ron erano diventate rosse.

"No? E cos'è allora?"

Questa volta il Weasley scosse la testa rassegnato e si mise a sedere sul letto di Hermione, di fianco a lei, dopo aver spostato un paio di libri.

"Riguarda Voldemort?"

Insistette la ragazza, Ron si irrigidì, da quando Hermione lo chiamava così? Harry non bastava?
Il moro scosse di nuovo la testa.

"Riguarda Malfoy"

Fu la sua risposta, formulata con gli occhi bassi e le mani in tasca, come se si sentisse in colpa nel dire una cosa del genere.
Infatti Hermione era più che decisa a non fargliela passare liscia.

"Harry quante volte dobbiamo dirtelo? Questa ossessione non ti fa bene, magari non sta architettando niente, non sarebbe la prima volta che ci prendiamo un abbaglio."

"No Hermione, non è questo il punto. Ma già che lo tiri in ballo, chiunque va in giro di notte e sparisce nel nulla sta architettando qualcosa, questa volta non mi sbaglio."

Fece una pausa e, con un movimento deciso, imitò Ron, spostando i libri e sedendosi sul bordo del letto di fronte ai due amici.

"Ma non è questo il punto..."

Ripetè, assicurandosi di avere la loro attenzione.
Ron ed Hermione lo guardavano, il primo confuso e assonnato, ma incuriosito, la seconda con un lampo di consapevolezza acceso negli occhi, rigida, come in attesa.
Harry prese un respiro, stancamente, poi lo lasciò andare, permettendo che il peso della sua dichiarazione incombesse sulla stanza.

"Penso di avere una gran cotta per lui"

Ron gemette, sbattendosi una mano in faccia, massaggiandosi le palpebre con le dita, Hermione non si sconvolse.
Era buffo... come se entrambi ne fossero già consapevoli.

"E cosa intendi fare?"

La Granger aveva saltato la domanda riguardante il "come l'hai capito", era abbastanza evidente che nemmeno il moro avesse le idee tanto chiare a riguardo.

"Non lo so..."

Fu la sua risposta, incupitosi all'improvviso mentre incrociava le gambe sul materasso e si prendeva la testa tra le mani.

"Quello che è giusto, o almeno spero"

"E cosa ritieni sia giusto?"

"Non lo so..."

Ripetè il moro, affondando le dita nei capelli, tirando appena le ciocche disordinate.

"Vincere la guerra e... salvare Draco?"

"Pensi che lui voglia il tuo aiuto?"

"No, morirebbe piuttosto"

La sua mente ebbe un flash, quella sera stessa si erano baciati, o era stato solo un sogno? Ma cosa avrebbe dovuto significare? Che non lo odiava più? O era stato solo un diversivo?

"Senti Harry, io e Ron ne abbiamo già parlato..."

Il moro alzò la testa di scatto e li guardò sbigottito, in cerca di risposte.
Ron fissava con molto interesse le cordicelle dorate del baldacchino di Hermione.

"Riteniamo tu debba pensare un po' anche a te stesso. Quante cose hai sacrificato per questa guerra? Almeno finchè sei ad Hogwarts, al sicuro, cerca di essere un ragazzo di sedici anni..."

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Negli anni che seguirono Harry, ripensando ai fatti e a quella conversazione, si chiese se quanto accaduto quella notte fosse stata davvero la versione dei fatti migliore possibile.
Doveva essere così... dopotutto aveva bevuto la Felix Felicis apposta.

Eppure le parole che Hermione gli aveva detto non l'avevano esattamente aiutato, rimbombavano nella sua testa insistenti, rendevano più pesante accettare la realtà, ovvero che, finchè tutto quel casino non sarebbe finito, non avrebbe potuto permettersi di essere un ragazzo di sedici anni.

Ed evidentemente lo stesso valeva per Draco Malfoy.

Da quella notte il ragazzo fece di tutto per sparire, mimetizzarsi con le ombre e passare inosservato a un paio di occhi verdi e brillanti  che non smettevano per un attimo di dargli la caccia.
Quegli stessi occhi, Draco non potè fare a meno di evitarli solo la notte in cui, dove meno se li sarebbe aspettati, gli rivolsero uno sguardo sconcertato, confuso, colmi di lacrime e sul punto di esplodere.

La notte in cui, per un soffio, non era stato lui ad uccidere Albus Silente.
La notte in cui tutto cambiò radicalmente e solo a causa sua.
Una cosa che per tutta la vita non smise mai di chiedersi fu cosa sarebbe successo se avesse avuto il coraggio di voltare le spalle al Signore Oscuro quella notte e accettare l'aiuto che Silente gli offriva.

Nelle notti più buie non smise mai di vedere quel sorriso pacato e malinconico incorniciato dalla lunga barba bianca e quegli scaltri occhi gentili.
Dunque ogni notte per un susseguirsi di milioni di notti a partire da quella, il suo desiderio, il suo bisogno di redenzione cresceva fino a soffocarlo, strappandogli dal viso ogni istante di riposo.

Fu con quello sguardo stravolto e scoraggiato che incontrò di nuovo gli occhi verdi di Harry Potter.
Certo, non erano esattamente come li ricordava, circondati da un volto tumefatto e senza le lenti dei tipici occhiali rotondi a nasconderli, ma erano indubbiamente i suoi occhi, era pronto a scommetterci l'anello di famiglia.

Fu quasi sul punto di sorridere nel rivederlo  vivo, dimenticandosi per un attimo di quanto, in quel momento, mantenerlo in quella condizione dipendesse da lui.
Eppure, per quanto il Signore Oscuro potesse togliergli tutto e ridurlo a vivere come un essere vuoto e spaventato, non aveva potere sui suoi sentimenti per Harry, l'unica cosa di sè ancora così pura e inconcepibile per quell'anima marcia.
Avrebbe protetto quella piccola e flebile luce a costo della sua vita o lo stesso vivere non avrebbe avuto senso.

Non fu facile, ovviamente, anzi fu uno dei momenti più terrificanti della sua vita, con suo padre e Bellatrix Lestrange che, in piedi alle sue spalle facevano fremere la loro lingua biforcuta avvelenando l'aria, deviando i suoi pensieri, ma nemmeno per un istante Draco prese in considerazione l'idea di tradire Potter.

Per lui fu naturale, eppure il ragazzo ne sembrò sorpreso al punto che allora fu lui quello quasi sul punto di sorridere.
E magari l'avrebbe fatto se il Weasley numero mille e trentadue non si fosse lanciato proprio in quel momento a soccorrere la sua donzella nelle mani di Bellatrix, rovinando tutto.

Harry non avrebbe mai dimenticato quanto accaduto al Manor quel giorno, era stato insopportabile ricordare di Draco per tutto quel tempo solo lo sguardo spaventato, la voce spezzata e il braccio che reggeva la bacchetta teso e tremante contro il vecchio preside.
Si rifiutava di associare il Mangiamorte che aveva portato i ranghi di Voldemort a fare irruzione nel Castello al ragazzo sfacciato, seccante eppure così affascinante che troppe poche notti gli avevano fatto conoscere.

Cercava di pensare a lui il meno possibile in ogni caso, uno sgradevole nodo allo stomaco gli mozzava il fiato ogni volta che un leggero sentore di menta bruciava sulle sue labbra, gli stuzzicava le narici.
Allora lui finiva per perdere la cognizione del tempo, rimuginando sui bizzarri ricordi che lo legavano al tempo in cui poteva ancora permettersi di aver avuto un debole per quel ragazzo.

Si ricordò tutto a un tratto quanto gli importasse di lui e quanto irrefrenabile potesse essere il bisogno di fare di tutto per salvare qualcuno solo quando lo trovò, non più nei suoi pensieri ma davanti ai suoi occhi, aggrappato a un cumulo di cianfrusaglie con il fuoco magico dell'Ardemonio a lambirgli l'orlo dei pantaloni.

Con l'esperienza aveva imparato quanto pensare potesse essergli controproducente in certi momenti, in quello, soffermarsi a riflettere avrebbe potuto gettarlo in un incubo per il quale non sarebbe esistita un'alba.

Gli aveva fatto male la cicatrice quando aveva stretto la mano di Draco e l'aveva issato sulla scopa, ma la testa iniziò a girargli sul serio solo quando le sue braccia gli strinsero la vita e il biondo appoggiò stancamente il capo contro la sua schiena.
Ma non era quello il momento di lasciarsi travolgere da malinconici sentimentalismi.

E allora quando sarebbe stato?
Ruzzolarono giù dalla scopa e per il pavimento del corridoio davanti alla Stanza delle Necessità.
Harry si alzò in fretta e si girò a guardare Draco, pochi metri più indietro che si rimetteva in piedi a fatica e cercava ridicolmente di darsi un contegno.

Il biondo girò la testa e ricambiò il suo sguardo, non disse nulla, ma gli diede le spalle, incamminandosi per il corridoio mentre entrambi sapevano bene che il debito era saldato.
Come se quello fosse ciò che di importante li univa, che mai nient'altro avesse motivato le loro azioni.

Ma non è questo il momento di lasciarsi prendere da sciocchi sentimentalismi.

Pensarono entrambi, non aggiungendo nè un gesto nè una parola a quell'accadimento.

E allora quale sarebbe stato? Ora è troppo tardi... sono morto.

Draco nemmeno si accorgeva che quello era quanto la sua testa riuscisse a formulare mentre il guardiacaccia di Hogwarts precedeva l'armata di Mangiamorte, tenendo tra le braccia quello che era stato, fino a poco prima, la sua unica speranza di salvezza.

E ora che ne sarebbe stato di lui? Cosa gli rimaneva ancora che non fosse corrotto?

Draco restava inerme seguendo con gli occhi spenti il ritmico oscillare nel vuoto del braccio di Harry ai passi pesanti e trascinati del guardiacaccia.
Non fu certo di essere vivo fino al momento in cui quella carogna di un Grifondoro non saltò giù, per guardare in faccia la morte per la terza volta, nemmeno un ombra di paura a scurirgli il volto.
Per un istante Draco fu certo di aver incontrato i suoi occhi verdi, si convinse per quell'attimo di essere riuscito a sorridere.

Per quanto, invece, riguardasse, Harry Potter arrivò a compiere diciotto anni e ad avere un unico vero rimpianto, per quanto molto più simile, in realtà, a una curiosità da soddisfare.

Finiva sempre con il chiedersi cosa l'avesse sempre fermato dal dire a Draco che lui era il famoso James che si intrufolava tutte le notti nella sua stanza. Si domandava come avrebbe reagito di fronte alla dichiarazione dei sentimenti che aveva provato per lui in quei mesi.

Inoltre non si era mai spiegato quel bacio affrettato e assolutamente ingiustificato che Malfoy gli aveva dato quella volta.
Che in realtà avesse intuito la sua cotta prima ancora che lui stesso ne fosse consapevole?

Non sarebbe stato il primo dato che per Ron ed Hermione stessi era stato sempre abbastanza evidente.
Tuttavia a loro due non parlò mai di quanto avvenuto quella notte: temeva l'avrebbero trovato insignificante.
Lui stesso riteneva di ingigantire la cosa, eppure la nostalgia non lo lasciava andare tanto facilmente quando lo ritrovava a rimuginare.

Tutti quanti, in realtà, dopo la Guerra rimuginavano un po' troppo, invecchiati precocemente da quelle disgrazie.

Molti si può dire che avessero sonni tranquilli, ma davvero in pochi avrebbero dimenticato o riuscirono a parlarne a voce alta, soffiando fuori dalle labbra anche uno solo di quei pensieri che tormentavano la loro stabilità.

Una guerra non ha mai vincitori.
Ma la vita non si ferma, e Hogwarts non smette di essere una casa in cui si può sempre tornare.
Così Harry, Ron ed Hermione, esattamente come molti altri del loro anno, ci tornarono per finire gli studi.

Anche Draco lo fece, ma solo perchè l'alternativa erano le mura fredde e spaventose del Manor, infestate da sua madre, ridotta a poco più di uno spettro, debole e pallida.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Harry non vedeva Ron ed Hermione da quasi due mesi.

Dopo la Battaglia di Hogwarts sia lui che la Granger erano rimasti alla Tana, poi, verso fine Giugno, Harry aveva creduto di scoppiare se avesse trascorso un altro minuto lì dentro e si era trasferito in pianta stabile al numero 12 di Grimmauld Place.

Era rimasto segnato profondamente dal modo in cui alla Tana andasse tutto inesorabilmente avanti: la spugna volteggiava sul lavabo pulendo i piatti, il signor Weasley gironzolava per casa armeggiando con i più strampalati oggetti Babbani, la signora Weasley faceva a maglia con mani tremanti, esattamente come era sempre stato.

Il problema era che non c'era nulla che avesse in sè l'animosa spontaneità di quella famiglia che Harry sentiva di poter definire quasi come la sua.
Tutti e cinque i Weasley che ancora vivevano alla Tana facevano finta di niente, perfino del fatto che non sarebbero dovuti essere solo in cinque.

Solo George doveva fare del suo meglio per non accusare il colpo apertamente, ma a volte era inevitabile che scoppiasse e, quando era in crisi, era incontrollabile e scoraggiante, lui gridava e tutto il resto taceva alla Tana.
Solo qualche lacrima silenziosa solcava delle guance arrossate.

George era arrivato ad odiarsi, disconoscersi e addossarsi la colpa per le sofferenze della famiglia, infatti fu il primo ad andarsene di lì, chiudendosi come un eremita nel negozio che aveva aperto col fratello, nascondendo la sua mancanza dietro alle loro buffe invenzioni che ancora scoppiettavano in vetrina.
Ma senza Fred sentiva che nessuna di quelle risate che udiva provenire dal negozio e dai clienti gli poteva dare soddisfazione, era come una parte di lui si fosse atrofizzata, consumata del tutto e non potesse più percepirla.

Harry credeva di comprenderlo, anche se non completamente.
Ad ogni modo i lutti non sono classificabili, non ci sono perdite che fanno più male di altre, non ci si può basare su parametri definibili e il dolore è sempre dolore.
E quello accomunava un po' tutti quanti, il Grifondoro ad esempio si chiuse in sè stesso in quell'estate trascorsa nella vecchia casa del suo padrino.
Passava le giornate a fissare la bruciatura che nascondeva il suo nome sull'arazzo o a sfogliare i suoi libri, immergersi nei suoi ricordi, da vecchie foto alla sua sciarpa sgualcita di Grifondoro.

E intanto i gufi da parte di Ron ed Hermione si accumulavano, ignorati.
Ma i suoi amici non lo biasimavano, avevano tutti bisogno di un po' di tempo e Harry ancora non ne aveva avuto per piangere Sirius in pace.

Poi l'estate finì, e fu ora di tornare a scuola.
Sembrava surreale anche solo pensare che un luogo del genere potesse ancora esistere davvero dopo tutto quello che era successo.

Harry aveva avuto, fin dal primo istante in cui aveva messo piede alla stazione di King's Cross, la sensazione che quell'ottavo anno non sarebbe stato per nulla come i sei che aveva trascorso ad Hogwarts fino a quel momento.
E, per esperienza personale, di quel tipo di sensazioni iniziava a fidarsi automaticamente.

Era tutto come sempre al Binario, anzi, per la prima volta da sempre Harry ebbe la certezza che attraversare la barriera non potesse essere più facile.

Nel trovarsi dall'altra parte fu sopraffatto, tutto in una volta sola, da un'atmosfera più vivace e colorata che mai: il viavai non era mai stato più travolgente, gli schiamazzi e i saluti più allegri e rumorosi, gli sguardi su di lui e sulla sua cicatrice più insistenti e sfacciati.
I bambini di undici anni che lo indicavano apertamente ai loro genitori, quegli occhietti estasiati e i sorrisi riconoscenti di quegli sconosciuti...

Certo, a piccole dosi era gratificante, ma quella massa di maghi e streghe adoranti gli dava la nausea fino a fargli credere di poter esplodere da un momento all'altro.
Barcollava stordito lungo la piattaforma sollevando la testa e ricambiando debolmente alcuni di quei sorrisi, ogni istante più sicuro di essere sul punto di urlare a tutti i presenti di sparire, dargli pace.

Dovevano smetterla, non era positivo, non voleva essere felice, non era pronto a ripensare alla Guerra così in fretta, non era pronto a festeggiarne la fine, aveva perso tanto che il solo pensarci lo portava a credere di aver perso perfino se stesso.
Come potevano tutte quelle persone non capire? Non avevano i loro lutti da piangere?

Harry aveva sempre odiato le attenzioni eccessive, ma quell'anno anche solo raggiungere il treno era stato davvero troppo pressante.

Si sbrigò a salire sperando che potesse andare meglio, ma durante la sola ricerca di uno scompartimento vuoto fu fermato da una decina di studenti di Hogwarts che "ci tenevano a ringraziarlo personalmente", eppure da lui ottennero solo un sorriso stravolto e qualche monosillabo, mentre quel forte senso di nausea si faceva sempre più insistente e gli rivoltava lo stomaco.

Fu sufficiente quello a convincerlo che correre in bagno sarebbe stata la scelta più saggia.
Non perse tempo a rispondere ad altri sorrisi, nè a scusarsi con la ragazzina del primo anno che travolse correndo per il corridoio, nè tantomeno a dare peso al giudizio di chiunque altro.
Era stanco, debole e sul punto di vomitare, in un momento simile era stufo di pensare alle apparenze.

Arrivato in bagno si chiuse in un abitacolo e per un soffio riuscì a centrare la tazza del gabinetto, rantolando tra i conati con le guance rigate di lacrime e la voce spezzata dal pianto.
Strinse i bordi di fredda porcellana tra le dita e gridò a voce piena il suo sconforto, almeno finchè non sentì scorrere la porta dell'anticamera della toilette e si impose di mandare giù le lacrime e il groppo che gli serrava la gola.

Sentì bussare, un tocco educato, quasi titubante, ma nessuna voce a seguirlo.

"È occupato"

Aveva fatto di tutto per nascondere il tremore nella voce, ma non ottenne grandi risultati, potè sentire l'esitazione dell'individuo dal quale solo una sottile lastra di legno bianco lo divideva.

"Va tutto bene?"

Era una vocina infantile, impacciata.
Strinse gli occhi cercando di regolarizzare il respiro mentre si lasciava cadere contro la porta chiusa dell'abitacolo, prendendosi la testa tra le mani.

Ti prego vattene

Era l'unica cosa che riuscì a sperare, mentre trovava la forza di alzarsi in piedi, pulirsi la bocca con la carta igienica e tirare lo sciacquone.
Attese perchè quella persona era ancora lì fuori.

Sospirò e si asciugò le lacrime con la mano prima di aprire la porta e affrettarsi al lavandino dove si sciacquò il viso cercando di ignorare il fatto che un ragazzino sui dodici anni lo stesse fissando come un fenomeno da baraccone.

"Tu sei... Harry Potter?"

Harry si bloccò con le mani sul viso mentre la flebile vocetta del ragazzino azzardava quella supposizione.
Si raddrizzò e si girò verso di lui inforcando gli occhiali, mentre nella sua testa si susseguivano solo risposte scortesi o crisi di nervi.
Per zittirle si costrinse al silenzio, ottendendo in cambio una timida occhiata incuriosita dal suo interlocutore.

"No"

Si affrettò a dire, prima che il piccolo Tassorosso aprisse bocca, asciugandosi il viso con la manica della divisa.

"No, solo uno che ci somiglia"

Purtroppo il bambinetto non se la bevve, nel sfregare il tessuto contro il volto Harry aveva inavvertitamente messo in bella vista la dannata cicatrice.

"Sì invece!"

Esultò lui tutto eccitato.

"Sei Harry Po-"

"NON LO SONO"

Ruggì Harry ancora prima di rendersene conto, aggrappato al lavandino con una mano i muscoli tesi, sul punto di scoppiare, fuori controllo come appena un attimo prima.

"Non lo sono, quindi ora va' lì dentro e fai quello che devi fare senza venire qui a rompermi i cog-"

"Potter"

La porta si era aperta di nuovo e Harry alzò gli occhi al cielo senza nemmeno aver bisogno di voltarsi a guardare chi fosse entrato.

"Ero certo fossi tu, te la prendi con i bambini ora Sfregiato?"

"Malfoy, ti prego... non è il momento."

Implorò il moro girandosi verso di lui e cercando di fargli capire quanto la sua presenza fosse sgradita.
Ma Harry aveva dimenticato di fare i conti con l'attendibilità di quella sensazione che tanto lo aveva tormentato al Binario.
Nulla sarebbe più stato come prima.

Per questo motivo si sorprese di come, nel guardare in faccia Draco Malfoy, ebbe solo voglia di sorridergli, come a un vecchio amico con il quale se n'è combinate di tutti i colori, ma, con in più, la malinconia di una cotta adolescenziale e la curiosità di come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente.

Nell'incontrare il suo sguardo pensoso e un po' trasognato Draco si irrigidì, mettendosi troppo tardi sulla difensiva.

"Che... che c'è Potter, ho qualcosa in faccia?"

L'intenzione doveva essere quella di provocarlo, costringendolo a sbuffare e distogliere lo sguardo.
Purtroppo aveva esitato, non era stato pungente a sufficienza, ma bastò comunque a riscuotere Harry che battè le palpebre un paio di volte e si girò verso il ragazzino terrorizzato e confuso.

"Mi dispiace, non era un buon momento..."

Riuscì solo a ripetere prima di affrettarsi fuori di lì.
Non appena fu sorpassato da Harry, Draco si girò, guardandolo uscire dal bagno con, fissa su di lui, un'espressione indecifrabile.

"Lascialo perdere..."

Disse solo tornando a girarsi verso il piccolo Tassorosso.

"Lui non è cattivo, ma è fatto così, perde in fretta la pazienza e ha sempre i suoi Nargilli per la testa. Sei stato solo sfortunato a trovarlo nel momento sbagliato."

Vide il piccoletto irrigidirsi nel notare lo stemma che coronava la sua elegante divisa e annuire timoroso.
Storse appena il naso in una quasi percettibile smorfia infastidita e gli tornò a mente che quello era indubbiamente il momento peggiore per essere Serpeverde e, in modo particolare, Draco Malfoy.

Ma Draco Malfoy non era un Gorgosprizzo spaventato qualunque, aveva giurato che non lo sarebbe più stato, aveva giurato di far vedere a Potter che era meglio di quanto tutti credessero.

Ma Harry lo sapeva già, fermo con le spalle appoggiate contro la porta del bagno, certo di essere sul punto di svenire per la velocità con cui il cuore gli batteva nel petto.
Quel buffo e malfunzionante istinto di conservazione che credeva di non provare più, gli strinse qualcosa nel petto dolcemente, costringendolo a coprirsi il volto come aveva fatto anni prima, rannicchiato in biblioteca.

Aveva riconosciuto, sotto il logorato tono autoritario della frase, la voce di Draco, non quella sgarbata, ma quella che sussurrava al suo orecchio innocenti provocazioni nel cuore della notte.
In quel momento sorridere non gli sembrò poi così difficile.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Da quel momento il viaggio, così come l'umore di Harry, migliorò sensibilmente.
In gran parte ovviamente ciò fu dovuto al contributo di Ron ed Hermione.
I due ragazzi lo trassero in salvo in uno scompartimento vuoto dove rimasero solo loro tre e i dolci, tutto sembrava normale, trasformando il tragitto in una piacevole bolla di ingenuità.

Ma appunto di ingenuità si trattava, quello scudo tipico dell'infanzia dentro al quale a tutti farebbe bene rifugiarsi, di tanto in tanto.

Arrivati al Castello lo smistamento fu lo smistamento, con la consueta canzone del Cappello Parlante che quell'anno si superò veramente, sottolineando l'importanza del rispetto tra Case.

Era senza dubbio un'aggiunta opportuna quanto inaspettata, ma non potè fare a meno di suscitare delle sarcastiche risatine contenute ai Corvonero, degli sguardi rassegnati da parte dei Tassorosso e una lotta di occhiate taglienti che divise la Sala a metà tra Grifondoro e Serpeverde.
Ma, dopotutto, era sana e ordinaria competizione.

Eppure davvero quell'anno le cose erano cambiate, si potrebbe dire che molti Serpeverde avessero perso il loro smalto, umiliati dal nuovo pregiudizio che pesava sulle loro spalle.

Draco ci mise davvero poco ad accorgersene: già il semplice fatto che quasi nessuno si preoccupasse di abbassare lo sguardo se colto in flagrante con gli occhi su di lui, gli faceva intuire quanto controllo sui suoi stessi compagni di Casa potesse aver perso.

Il resto avvenne dopo la cena, quando i Caposcuola delle diverse Case si preoccupavano di guidare i ragazzini del primo anno ai dormitori e il resto degli studenti si disperdeva per i corridoi.

Draco aveva appoggiato la schiena alla colonna dell'ingresso della Sala Grande, aspettando che Pansy, poco distante, la piantasse di spettegolare con le sue amichette e lo raggiungesse.
Sì, era davvero ridotto tanto male da avere come unica compagnia quell'ochetta insostenibile.
E questo perchè quell'anno Blaise, Nott e Goyle avevano preferito non tornare ad Hogwarts: tutte le loro famiglie erano ad Azkaban, così come il padre di Draco e farsi vedere in giro era qualcosa che preferivano evitare.

Malfoy non li biasimava per quella scelta, lui stesso avrebbe fatto lo stesso se sua madre non avesse insistito affinchè completasse la sua formazione e se scappare da lei non fosse stato più facile che starle attorno.

Aveva una mela verde in mano e se la rigirava tra le dita assorto, mentre il suo sguardo vagava per la Sala alla ricerca di Harry Potter.
Se doveva aspettare, tanto valeva spiarlo un po'.

"Ah, il famoso Principe delle Serpi. Che sorpresa scoprirti fuori da Azkaban e con la faccia tosta di tornare ad Hogwarts."

Draco deviò lo sguardo, seccato.
Davanti a lui c'era un ragazzone di Grifondoro con una zazzera bionda e la tipica corporatura da atleta.

"Ah, McLaggen, ripetente vero? Che sorpresa scoprirti di nuovo qui a rifare il settimo anno, per la terza volta..."

Ghignò Malfoy non lasciandosi intimidire nemmeno per un momento da quell'ammasso di muscoli scollegati dal cervello.
Sempre ammesso che ce ne fosse davvero uno e, ogni istante che passava, Draco era sempre più convinto che non fosse così.
Infatti adesso una vena pulsava sulla fronte del ragazzo per l'umiliazione subita, ma che si era apertamente andato a cercare con quel tono saccente.

Non che al Serpeverde non importasse particolarmente, molto più preoccupato, invece, di continuare le sue ricerche.
Aveva visto Potter uscire da quel bagno stravolto durante il viaggio in treno e, per quanto cercasse di nascondersi, il moro era sempre stato un libro aperto e non avrebbe mai smesso di esserlo.

Lo trovò, Potter, ancora seduto al tavolo dei Grifondoro mentre la Sala continuava a svuotarsi.
Non fu sorpreso di scoprire il suo sguardo su di sè, ma tutto ciò che fece fu piegare il braccio lentamente, portandosi la mela alle labbra e mordendola senza scomporsi di fronte al suo sopracciglio alzato.
Intanto i denti catturarono un morso di quella mela e subito dopo sulle sue labbra si delineò un sorrisetto apertemente provocatorio.

Fu certo di vedere Harry arrossire lievemente per quel gesto, ovviamente non si fece strane idee, lo interpretò piuttosto come l'effetto universale del suo fascino.

E comunque non ebbe tempo per fermarsi a fantasticare sul significato che invece avrebbe tanto voluto dare lui all'accadimento, perchè vide i suoi occhi sbarrarsi da dietro le lenti e, un attimo dopo, sentì la testa sbattere violentemente contro la colonna di pietra alle sue spalle, la mela gli cadde di mano, rotolando per qualche mentro sul pavimento.

Non sentì Cormac insultarlo, non gliene fregava niente, se pensava di poter fare il bullo con lui per sfogare la sua rabbia repressa e ottenere una qualche soddisfazione aveva sbagliato di grosso.

Lui era Draco Malfoy, non un bambinetto spaventato dalla sua stessa ombra.
Però quel bastardo aveva interrotto il suo flirt unidirezionale con Potter, come diamine si era permesso? Per una volta che poteva prendersi la soddisfazione di provocarlo tranquillamente.

Si era portato una mano davanti al viso e con l'altra si era aggrappato alla colonna, rendendosi conto che le gambe da sole non bastavano a tenerlo in piedi.
Appena la testa smise di girargli si voltò verso Cormac con uno sguardo feroce dipinto sul volto.

"Tu mi hai spinto"

Lo sibilò a denti stretti mentre la sua mano vagava tra le pieghe della veste in cerca della bacchetta.
Certo, non aveva paura di lui, ma non era nelle condizioni di scontrarsi con quell'armadio a mani nude.

"Mi hai fatto sbattere la testa"

Continuò mentre le sue dita stringevano il legno scuro della bacchetta e la sfilavano da sotto il mantello puntandola contro al ragazzo che, tuttavia, non si era scomposto e continuava a provocarlo, gli dava dell'assassino.

"Mi hai fatto cadere la mela"

Sibilava Draco, le sue parole non lo toccavano, sapeva di non esserlo, non aveva mai ucciso nessuno, non che non ce ne fosse stata l'occasione, ovviamente.
Ma sapeva di non esserlo e non lo era, vero?

No

Si impose di pensare.
McLaggen era un idiota, seguiva la massa e faceva di tutto per far notare a tutti come la cosa gli riuscisse bene.

"Ehy basta, basta! McLaggen che problemi hai?"

Draco voltò la testa di scatto, in tempo per vedere Potter, seguito dai suoi due amici, che si frapponeva tra lui e il suo compagno di Casa, spingendolo via con forza.
La presa sulla bacchetta tremò quando quegli occhi verdi, carichi di fervore si spostarono in fretta sul suo viso.

"E tu abbassa quella bacchetta, Malfoy. Sei meglio di così."

Non era proprio un esortazione cortese, anzi era sputata quasi come un insulto, ma Draco si sentì avvampare, d'improvviso febbricitante.

Rimise a posto la bacchetta, senza muoversi di un passo, sperando ciecamente che Harry si girasse e gli parlasse di nuovo, ma, tanto preso com'era stato dalle sue emozioni, non si era accorto che ora Cormac, non avendo motivo di prendersela con l'altro Grifondoro, se n'era andato e il moro stava per fare lo stesso.

"Potter!"

Lo richiamò indietro Draco, solo perchè preso dal panico.
Se ne sarebbe vergognato in eterno, ne era certo.
Si accorse del disastro in cui si era cacciato solo guando Harry lo guardò di nuovo, incuriosito: avrebbe fatto meglio a trovare qualcosa da dirgli, in fretta pure.

"Ammettilo, eri geloso perchè non sei più l'unico con le palle di sfidarmi apertamente."

Hermione soffocò una risatina, mordendosi una mano che aveva portato davanti alla bocca e Ron la guardò malissimo.
Ma tutti e due avevano pensato la stessa cosa: Draco era così palesemente cotto.

Harry ovviamente non ne aveva idea, nemmeno di fronte alle prove lampanti sarebbe arrivato a trovarlo concepibile.
Si limitò a sollevare un sopracciglio e a scrollare le spalle, stando al gioco.

"Mi pare ovvio, tu puoi litigare solo con me, mi sentirei tradito se la tua brutta faccia arrabbiata minacciasse di morte un altro ragazzo."

Che diamine era, una battuta?
Perchè non faceva ridere.
Non era nemmeno lontanamente simpatica come avrebbe potuto essere, ma comunque il moro non avrebbe avuto l'ultima parola.

"Ah sì? Beh ti conviene metterti in fila allora, ho molti spasimanti quest'anno."

Il Serpeverde incrociò le braccia al petto e alzò il mento fieramente, non che, in realtà, l'idea di essere odiato da tutta la scuola e di non avere più il rispetto che aveva fatto di tutto per mantenere fino a quel momento fosse facile da gestire come voleva far credere a tutti e, in primo luogo, a se stesso.

"Mettermi in fila? Certo, ti piacerebbe Malfoy"

Ron alzò gli occhi al cielo, disperato, poi trascinò Harry via da lì proprio mentre faceva per mettersi le mani in tasca, gesto che Draco avrebbe in seguito scelto di interpretare come l'intenzione di continuare quella conversazione basata sul nulla tipica di loro due.

Pochi istanti dopo ecco che anche il Serpeverde fu trascinato via, da Pansy Parkinson che aveva assistito a quell'originalissimo flirt con uno sguardo sospeso tra il ribrezzo e lo stupore.

Mantenne più o meno la stessa espressione per tutto il tempo che Draco spese a insultare il Santissimo Sfregiato senza prendersi pause nemmeno per respirare.
Era sempre la solita lagna da anni, e aveva smesso di credere ad ogni parola quasi subito.
Fingeva di ascoltare tutto in silenzio, consolandosi solo col fatto che tra quei due non ci sarebbe mai stato qualcosa di reciproco.

O almeno lo aveva sempre sperato, eppure quella sera aveva avuto una strana sensazione: non la sapeva definire, ma era come se Draco e quel Potter fossero stati chiusi in un loro piccolo universo, alimentato dalla evidente tensione che li circondava.
Lei lì non poteva entrare e realizzarlo la ferì al punto da smettere di rivolgere la parola a Draco dopo quella sera, senza dargli spiegazioni.

Questo non aiutò il biondo a cavarsela meglio in quell'ambiente sempre più ostile.

Certo, Pansy Parkinson non era mai davvero stata sua amica, però almeno non aveva smesso di rispettarlo o di avere per lui una parola gentile quando serviva.
Non aveva chiaro cosa le avesse fatto per allontanarla, ma era certo che fosse stato a causa sua se, qualunque rapporto avessero, ora era stato troncato e lui era rimasto completamente, irrimediabilmente solo.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Col passare delle settimane, le giornate divenivano sempre più fredde e monotone, Draco era circondato solo da sguardi indiscreti e bisbigli velenosi alle proprie spalle.
Se glielo avessero detto prima, Draco non avrebbe mai creduto che parlare con Pansy gli sarebbe mancato così tanto.
Anzi, che parlare con qualcuno in generale gli sarebbe mancato così tanto.

Era arrivato al punto di borbottare tra sè e sè parole sconnesse o discorsi improvvisati solo per ricordarsi che suono avesse la propria voce.
Non lo avrebbe sorpreso, arrivato a quel punto, che Halloween sarebbe passato senza che lui avesse qualcuno con cui festeggiarlo.

Di questo gli dispiaceva da morire, non solo perchè la solitudine e l'odio che gli aveva procurato la reputazione di Mangiamorte che aveva cucita addosso e ancora incisa nella carne contro la propria volontà, lo stavano mettendo alla prova più del previsto, quanto perchè lui adorava Halloween.
E per una volta questo non aveva a che fare con Potter.

Eppure al Grifondoro in questione non sfuggiva il modo in cui Draco fosse isolato.
Certo, non era mai stato un tipo particolarmente socievole, eppure in qualche modo tutti i Serpeverde fino a quel momento avevano visto in lui una sorta di esempio e non era raro che cercassero di parlargli.
Invece ora era solo del tutto, nemmeno la Parkinson gli rivolgeva più la parola e questo portò Harry ad avere di lei un'opinione ancora più negativa di prima.

Comunque quella situazione non gli piaceva, starsene con le mani in mano a guardare quel ragazzo logorarsi e basta, peraltro facendo finta che non stesse davvero succedendo, lo mandava in bestia.
Insomma, di tempo ne era passato e con esso tanta acqua sotto i ponti, ma era come se Draco non avesse ancora imparato ad apprezzarsi per quello che era e a scendere da quel maledettissimo piedistallo.

Molto bene dunque.

Si disse Harry una sera, al dormitorio di Grifondoro, chiudendo di scatto la Mappa del Malandrino, che ormai si ritrovava ad aprire solo per tenere d'occhio Malfoy.

Se non intendi tirarti fuori da questo strazio, Malfoy, lo farò io per te.

Si alzò dal letto e si mise a cercare una felpa: nei sotterranei faceva sempre un freddo tremendo.
Fece per uscire dalla propria stanza, ma sulla soglia si bloccò e si girò a guardare il baule ai piedi del letto in cui teneva il Mantello dell'Invisibilità.

D'impulso fece per ignorare la propria coscienza che sottolineava come sarebbe stato più sgradevole che altro per Malfoy interagire, tra tutti, proprio con lui, Harry Potter.

Insomma aveva già sbagliato una volta nascondendosi e le sue azioni avevano ferito il suo orgoglio e i suoi sentimenti, senza contare che l'avevano fatto sentire in colpa per il modo in cui aveva mentito.
Tuttavia, sapere che il proprio piano contemplasse una percentuale, anche minima, di fallimento e che ciò avrebbe portato Draco a un isolamento forzato per ancora lunghi mesi, beh, questo lo convinse a commettere lo stesso errore per la seconda volta.

Prese il Mantello e tornò nei panni di James, uscendo dalla torre di Grifondoro e scivolando per i corridoi del castello, illuminati solo da sottili raggi di luna che filtravano dai mosaici delle vetrate, fino a raggiungere i sotterranei, dove dormivano i Serpeverde.

Si sorprese di ricordare perfettamente quale fosse la stanza di Draco perfino senza la Mappa del Malandrino.
In ogni caso quella gli era stata utile in precedenza, si era accorto come quell'anno Draco nemmeno avesse un compagno di stanza data la carenza di iscritti di Serpeverde dell'ottavo anno.

Harry capiva quelli come Zabini e Nott... dover scegliere se sottoporsi a un calvario costante o stasersene a casa in santa pace non doveva essere poi così difficile, ma allora non poteva fare a meno di chiedersi come mai Draco invece fosse tornato.

Beh, se non fosse stato cacciato su due piedi, Harry avrebbe soddisfatto tutte le sue curiosità.

Spinse la porta e uno spiraglio di luce illuminò il pulviscolo nella stanza che fu scosso dal movimento con cui Harry, ancora invisibile, entrò nella stanza e si mosse freneticamente per un attimo prima di stabilizzarsi e prima che la porta si chiudesse alle spalle del ragazzo con un suono secco, ma moderato.

"Ehy"

Mormorò Harry nel totale silenzio, titubante mentre si toglieva il Mantello e fissava il punto in cui poteva solo intuire Draco si trovasse, mentre i suoi occhi si abituavano gradualmente al buio di quella stanza.
Lo sentì irrigidirsi, suppose si fosse seduto, immaginò lo stesse guardando, ma per un po' non lo sentì parlare.

"Ma come, mi hai già dimenticato?"

Scherzò debolmente, senza trovare il coraggio di fare un passo avanti.
Non era così improbabile che Draco potesse esplodere e cacciarlo a calci.
Ma non lo fece, seppur questo non cancellò il rancore nascosto nel suo tono di voce.

"Che ci fai qui? Mi pare di ricordare che Blaise ti avesse messo una gran fifa l'ultima volta."

"Non è così che è andata"

Si affrettò a difendersi Harry, ferito nell'orgoglio.

"No, e come allora?"

Ribattè prontamente Malfoy, incrociando le braccia al petto, per quanto quasi sicuro che il gesto sarebbe passato inosservato.

"Beh lui aveva ragione. Venire qui e aspettarmi che tu ti fidassi di me senza fidarmi di te è stato meschino. Mi hai permesso di conoscerti e io non ti ho permesso di fare lo stesso. È stato sbagliato."

Tutto ciò che seguì quelle parole fu la risata sarcastica di Draco, che si alzò dal letto, scuotendo la testa nell'ombra rassegnato.

"Ma davvero... allora perchè sei di nuovo qui?"

Facile, la risposta a quella domanda era decisamente più facile da esprimere.

"Perchè sapere di poterti aiutare e non farlo sarebbe ancora più sbagliato."

Il biondo sollevò un sopracciglio, riscoprendo con piacere quanto fosse facile estorcere la verità da quel ragazzo così schietto.
Tuttavia non intendeva mollare la presa, non ancora.

"Dici? Allora immagino non sia un problema se accendo la bacchetta..."

Harry strinse la presa sul Mantello che teneva ancora piegato in mano e deglutì nervosamente, realizzando di sentirsi vulnerabile in quel momento.

"No, non lo è."

Disse, cercando di fare in modo che il suo mormorio non sembrasse spaventato.
Tuttavia qualcosa doveva essere stato abbastanza evidente nel suo tono di voce da portare Draco ad avanzare nella sua direzione senza fare nulla.

"Ma?"

Lo esortò il Serpeverde, curioso di scoprire cosa passasse per la testa di quel ragazzo.
Insomma era sparito senza dire nulla, non aveva fatto niente per contattarlo o attirare la sua attenzione e ora tornava, vomitandogli addosso il suo virtuosismo e le sue buone intenzioni.

Nascose un sorriso divertito nel momento in cui non potè fare a meno di pensare quanto quel comportamento fosse "da Potter".
Forse era proprio questo che gli era sempre piaciuto di lui... un pochino somigliava a Harry nei modi che aveva, nel suo sfidarlo apertamente.

"Ma penso che se lo facessi non vorresti più il mio aiuto. Rimarresti solo e ti convinceresti di poterlo gestire, perchè l'hai scelto tu e, probabilmente, peggioreresti e basta."

La tensione di quel botta e risposta stava sfiancando Harry.
Il moro iniziava a chiedersi quando gli sarebbe stato concesso di respirare in modo regolare di nuovo, ma più Draco si avvicinava, più quel momento sembrava lontano.

"Hai finito con la psicanalisi Corvonero dei miei calderoni? E cos'è questa, una minaccia velata? Lo sai con chi stai parlando?"

Mentre lo diceva, però, Draco aveva sorriso divertito e il moro se n'era accorto, interpretando la cosa come un buon segno, si permise di sorridere a sua volta.

"No, più una semplice constatazione."

"Ah, una constatazione... va bene, per oggi passi, ma questa volta non rinuncerò a scoprire chi sei così in fretta. Ti permetto di non svelare la tua identità, ma, se vuoi restare, dovrai promettermi che sarai sincero se mai ti facessi una domanda su di te."

Draco era serio di nuovo, ed era nel giusto per quanto in realtà nessuno dei due fosse esattamente nella posizione di avanzare pretese.
La verità era che le parole di James avevano colpito il biondo a fondo e in modo molto più preciso di tutti i mormorii che lo seguivano nei corridoi dandogli dell'assassino.

"Lo prometto"

Sospirò Harry e si grattò la nuca distrattamente mentre cercava di prevedere ogni situazione scomoda in cui avrebbe potuto trovarsi per via di questa sua decisione avventata.

Eppure, più ci pensava, più l'idea di essere smascherato non gli sembrava malvagia... avrebbe potuto parlare ad alta voce almeno, o guardare Draco dritto in faccia senza dover intuire o indovinare ogni sua espressione.

Ovviamente scacciò il pensiero di quella possibilità per il bene dello stesso ragazzo, non perdendo nemmeno tempo a darsi dello sciocco per averla considerata sul serio.

"Bene"

Draco sorrise vittorioso e diede le spalle a James, tornando a buttarsi sul letto, ma lasciandogli spazio a sufficienza perchè il ragazzo lo imitasse.

In quel momento anche il Serpeverde aveva avuto un pensiero azzardato: aveva creduto che ci fosse una piccola possibilità di non trascorrere Halloween da solo e che quell'anno scolastico avrebbe perfino potuto non essere così male.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Alla fine Harry si era seduto a gambe incrociate di fianco a Draco, che invece era rimasto sdraiato e rideva a crepapelle per quanto Harry gli aveva appena raccontato.

"Davvero? Cioè vorresti farmi credere che disinfesti il giardino in questo modo? Insomma è da barbari!"

Il moro ridacchiò a sua volta e mise una mano dietro la testa, appoggiandosi alla testiera del letto di Draco.
Com'erano arrivati a parlare di quando dai Weasley arrivava il momento di disinfestare il giardino e tutti quanti si mettevano a lanciare gnomi in aperta campagna?
Davvero non se lo ricordava...

"Beh non è così male, dovresti provare è piuttosto divertente. Si può fare anche a gara a chi lo tira più lontano."

Draco rise più forte portandosi le mani sul petto, mentre Harry si lasciava contagiare da quella sua improvvisa ilarità, ma con la mano libera lo spingeva per una spalla a girarsi, come mandandolo a quel paese.

"Oh finiscila. Tanto quando ci proverai mi darai ragione"

Tra una risata e l'altra il Serpeverde tornò a girarsi verso James e gli puntò un dito contro.

"È qui che ti sbagli, non c'è modo che io possa provarci. Ho una dignità."

"Beh, potresti farne a meno per una volta"

"Assolutamente no!"

Esordì il biondo profondamente offeso, un attimo prima di abbandonarsi a un sospiro divertito e mettersi su un fianco, appoggiando il peso su un gomito e il viso sul palmo della mano.

"E perchè? Insomma senza la tua fissazione per la dignità non ti saresti isolato in questo modo..."

Ora il tono del suo interlocutore era serio e Draco non potè fare a meno di storcere il naso: per una volta che si stava divertendo... ti pareva che non dovesse esserci il rovescio della medaglia.

"Ti sbagli, non sarebbe cambiato niente... nemmeno se facessi il primo passo qualcuno mi parlerebbe, mi credono un Mangiamorte assassino, un mostro della peggior specie e se è un mostro che vogliono, non sarò io a deluderli."

Per un po' il Grifondoro rimase in silenzio, immaginando il viso di Draco poco distante e immaginando di allungare le dita nel buio della stanza per sfiorare la sua pelle perfetta, bianca e liscia come il marmo.

"Allora perchè hai deciso di tornare a Hogwarts quest'anno? Se è davvero come dici sarebbe stato piu facile starsene a casa, non credi?"

Il biondo si morse nervosamente un labbro, esitando a dargli una risposta.
Non era ancora razionalmente sicuro al cento per cento di potersi fidare di James, eppure emotivamente sentiva solo il bisogno di confidarsi con lui, per questo alla fine parlò.

"No, non lo sarebbe stato. Da quando mio padre è ad Azkaban mia madre è... beh non l'ha presa bene"

Il moro tacque, lasciò che fosse il biondo a continuare e lui lo fece dopo aver soffocato una risatina nervosa.

"Sembra invecchiata di cent'anni e resta tutto il tempo in camera sua, non sopporta nemmeno che la vada a trovare. Figuriamoci, non riesce a guardarmi in faccia..."

La voce del biondo risuonava debole in quella stanza, delle risate di poco prima era rimasta solo un'eco lontana.

"Non ce l'ha con me, non direttamente. Ma le ricordo mio padre e... la famiglia che ha distrutto per sempre."

Harry guardava Draco, cercando il suo viso, era spaventato di poter trovare una lacrima, illuminata dai raggi della luna, brillare sulla sua guancia.

Fu sollevato quando non accadde, ma non quanto dispiaciuto di non aver nemmeno intuito fino a quel momento cosa Malfoy stesse passando.
Arrivò a chiedersi se mai quel ragazzo fosse stato completamente felice, anche solo per un breve periodo.

"Per tutta la vita ho creduto fossi un egoista viziato, ma da quando ti conosco è come se tutto ciò che di negativo avevi ai miei occhi non fosse altro che il frutto di un mio errore di valutazione."

Questa volta fu Draco a tacere, ma solo per un istante in cui i suoi occhi vagarono nel buio come smarriti, poi si lasciò andare a una risata sommessa.

"Santo cielo James, basta che non ti innamori di me."

Scelse di scherzarci sopra, per quanto non gli sarebbero dispiaciute le attenzioni di quel ragazzo.
Insomma... non erano mai stati davvero solo amici, c'era sempre una chimica particolare in quella stanza quando si scambiavano confidenze nel buio della notte.

"Perchè, sarebbe così male?"

Fu la risposta di Harry che scrollò le spalle lasciandosi cadere in grembo il braccio che teneva dietro la testa.

"Oh sì, sarebbe una catastrofe"

Il moro si morse un labbro e abbassò lo sguardo sulle proprie mani che si torcevano nervosamente.

"Ah sì? E perchè?"

"Santo cielo James! Non ti sarai davvero-"

"NO, io... non è questo è che-"

Harry si interruppe costringendosi a fermare il gesto nevrotico delle proprie mani mentre si chiedeva come continuare.

"Sono curioso, insomma perchè dovrebbe essere una catastrofe?"

In parte, quanto aveva detto era vero.
Malfoy era stato drastico e il moro era quasi certo non fosse ironico.
Ok, c'era da calcolare anche il fatto che lui non conosceva la sua identità, ma se lui fosse stato qualcun altro, e si fosse rivelato... perchè avrebbe dovuto essere addirittura una catastrofe il Grifondoro non se lo spiegava proprio.

Eppure proprio perchè Draco era certo che Harry fosse qualcun altro non avrebbe mai potuto ricambiarlo come avrebbe meritato.

La Guerra, tra le altre cose, gli aveva dimostrato come fosse indissolubilmente legato al suo primo amore.
Harry Potter custodiva tutto ciò che rimaneva della sua purezza, amandolo incodizionatamente Draco era rimasto se stesso anche sotto strati di maschere.
Nemmeno in un milione di anni avrebbe potuto superare quel sentimento, si sarebbe sentito smarrito, avrebbe perso ogni certezza.

Non era sano probabilmente, ma era la sua unica sicurezza e l'unica cosa di cui andava fiero.

"C'è... un altro"

Confessò il biondo con un filo di voce.
Era la risposta che il moro temeva, ma lo ferì ancora più profondamente di quanto avesse mai potuto credere.
Fece fatica a deglutire e dovette stringere i pugni per incanalare da qualche parte quel qualcosa di troppo che rischiava di farlo scoppiare.

"Ah"

Fu quanto riuscì a balbettare su due piedi senza che il fastidio trasparisse dal suo tono di voce in modo sconvenientemente evidente.

"Non pensavo che avessi... un ragazzo"

Draco aveva sperato che l'argomento non venisse davvero affrontato.
Non sapeva ancora se gli andava di parlare a James del suo drammatico amore non corrisposto, non avrebbe mai voluto confidarlo a nessuno in realtà, troppo spaventato dai giudizi.

Già, non gli importava se lo consideravano un assassino, ma Harry era la sua piccola pietra preziosa, il suo intimo segreto e il suo punto debole.

"Non stiamo insieme, ma... non mi va di parlarne."

Forse era stato un po' troppo brusco, il silenzio da parte del ragazzo gli diede quest'impressione.

"Magari un'altra volta"

Sentendolo parlare di nuovo Harry si riscosse e si affrettò a rendere chiaro il suo stato d'animo: non era offeso.

"Eh? No, non devi dirmi nulla. Al tuo posto io non lo farei, nemmeno sai chi sono..."

Nel buio di quella stanza, sulle labbra di Malfoy si accese per un istante un piccolo sorriso e lui arrossì, mordendosi un labbro imbarazzato mentre apprezzava davvero il modo in cui James era stato capace di comprendere il peso che per lui aveva quella questione.

"Piuttosto"

Esordì energicamente, prima che il silenzio calato in seguito si facesse pesante e sgradevole.

"Racconta, tu hai qualcuno?"

Harry ridacchiò nervosamente e l'unica risposta che seppe dargli provocò in Draco una risata e un sospiro rassegnati.

"Beh, ho i miei migliori amici"

Aveva detto, e il Serpeverde si era lasciato cadere a pancia in su con le braccia piegate dietro la testa.

"Che risposta stupida. Era chiaro non intendessi questo..."

Allora il moro sollevò un sopracciglio, amareggiato e in realtà indeciso se confidarsi o meno con il biondo, finchè la sua voce non scelse per conto proprio.

"Avevo... beh, non so come definirlo. Ho avuto una buffa storia al quarto anno con un ragazzo, una cotta per la sua ragazza e... insomma è davvero complicato."

"Oh Salazar, una storia a tre?"

Esclamò sinceramente sorpreso il Serpeverde, scattando nuovamente su un fianco mentre Harry avvampava, affrettandosi a spiegare.

"No, nono non la definirei affatto così. Lei non aveva idea che io e il suo ragazzo avessimo una specie di relazione. Nè tantomeno ne ho mai avuta una con lei."

"Ok quindi, più un patetico triangolo amoroso?"

Fu la rettifica di Draco e Harry ridacchiò amaramente.

"Già, decisamente azzeccata come definizione, sì"

Il biondo storse il naso.

"Mh, perchè intuisco che non sia finita bene?"

"Perchè sei sveglio, ecco perchè"

Nel rispondere Harry si mosse automaticamente, dando a Draco un buffetto sul naso.

O almeno quella doveva essere l'intenzione, perchè il dito gli finì in un occhio e il Grifondoro ci mise un po' a capire se il biondo stesse ridendo o piangendo mentre lo cacciava dalla sua stanza con la scusa che doveva accendere la luce per scoprire se era ancora in grado di vedere qualcosa.

Harry prese il mantello e lo indossò ancora ridendo a crepapelle.
Poi si ritenne congedato, dopotutto era tardi e la mattina dopo ci sarebbe stata lezione.
Dunque il moro tornò nella torre di Grifondoro, non aspettandosi nemmeno per un istante che la sua assenza non fosse passata inosservata.

"Dove sei stato?"

La voce di Ron lo raggiunse, assonnata, mentre lui riponeva il Mantello dell'Invisibilità nel baule.

"Ne parliamo domani"

Dal silenzio che seguì Harry intuì che quella prospettiva tentasse il rosso in modo particolare, ma allo stesso tempo Ron si rese conto che provare con tutte le sue forze e rimandare la conversazione non sarebbe servito a conciliargli il sonno.
Anzi, sarebbe stato solo un pensiero in più che lo tormentava.

"No, dimmelo ora"

Mormorò mettendosi a sedere con un fruscio di lenzuola mentre Harry si sedeva sul bordo del proprio letto, guardando nella direzione dell'amico.

Non gli andava di parlare in realtà, da quando la sua risata per l'uscita di scena dal dormitorio delle Serpi di poco prima si era spenta sulle sue labbra, i ricordi avevano assediato la sua mente e una nuova curiosità vi si era infiltrata, non dandogli pace, ossessionandolo dal pensiero di chi potesse essere quell'Altro.

"Ero da Malfoy"

Rispose a Ron, sperando davvero che la conversazione non si protraesse particolarmente a lungo.

"Mh, lo immaginavo..."

Il moro non potè fare a meno di arrossire, ma il suo amico non aggiunse altro e lui si sentì autorizzato a mettersi il pigiama e infilarsi sotto le coperte senza scendere nei dettagli.
Fu solo dopo molto tempo che Ron richiamò la sua attenzione.

"Harry"

Lui mugolò in risposta.

"Sei ancora innamorato di lui?"

Le lancette dell'orologio scattarono un paio o un milione di volte prima che Harry trovasse le parole più adatte per rispondergli e, tolto quel peso dalla coscienza, sentirsi autorizzato a dormire.

"Più di prima"

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Harry si sentiva fregato.
Si era fatto ammaliare dall'eleganza di Draco Malfoy, lasciando che con quelle sue lunghe dita affusolate, tessesse attorno a lui una sottile ragnatela e che, con ogni sguardo, la stringesse un po' di più attorno alla sua gola.

E ora scopriva che il Serpeverde era talmente innamorato di un altro ragazzo da non aver mai nemmeno preso in considerazione lui?
Non aveva tutti i torti in ogni caso, non lo conosceva, cosa poteva pretendere?
Se si fosse rivelato probabilmente, anzi sicuramente, sarebbe andata come al sesto anno e il biondo si sarebbe limitato a rifiutarlo lì su due piedi.

Per questo era fregato, perchè poteva solo restare a guardare Draco cadere tra le braccia di quest'altro imbecille.

Nonostante ciò gli aveva promesso di passare da lui anche la notte di Halloween e si era così guadagnato un gran sorriso che nemmeno aveva potuto vedere con i suoi occhi, solo intuire nel buio.

Comunque gli era sembrato che Draco ci tenesse particolarmente a quella festività, non si sarebbe mai sognato di rifiutare solo per star dietro alla solita cena in Sala Grande e al successivo e consueto disordine della torre dei Grifondoro.

Ciò che non avrebbe potuto prevedere invece era che arrivare a quella sera sarebbe stato più faticoso di quanto avesse previsto.

Non ci fu un evento in particolare che scatenò la sua crisi, ma si accorse che quella trepidazione che durante il giorno provava in attesa della notte non era positiva, lo distraeva e riusciva a renderlo vulnerabile, nevrotico e intrattabile.

Comportamenti che lentamente stava imparando a lasciarsi scivolare addosso, come il costante chiacchiericcio e gli sguardi che lo seguivano per i corridoi, l'angosciante impossibilità di avere un attimo di pace e l'infinità di sconosciuti che, troppo pigri per aprire un giornale lo riempivano di domande su fatti di dominio pubblico, fatti di cui a quanto pare nessuno sembrava averne abbastanza, fatti che voleva solo cancellare e dormire sonni tranquilli, erano tornati ad essere insostenibili.

Perfino Ron ed Hermione, sebbene non avessero più accennato all'argomento "Draco", continuavano a studiarlo come un animale di specie rara chiuso in una gabbia.
La mattina di Halloween, a colazione, Harry decise di buttare giù le sbarre.

"Che diamine volete?"

Sbottò sbattendo il coltello sporco di burro sul piatto e facendo sussultare i due di fronte a lui.

"Harry, controllati..."

Lo redarguì Hermione, facendo guizzare gli occhi tutt'intorno a disagio, come faceva sempre quando di mezzo c'era un segreto.
Ma Harry era stufo pure dei segreti, ne aveva avuti sempre fin troppi e ora ne odiava solo il sentirne parlare.
Perchè tutto non poteva essere facile come quando era con Draco?
Perchè tutto doveva dargli così  sui nervi?

"No, Hermione. Non ne ho voglia"

Incrociò le braccia al petto e sollevò entrambe le sopracciglia come se la stesse invitando apertamente a giudicarlo per quella crisi di nervi.
Lei non si azzardò, ma Ron si inserì nella conversazione.

"Sei insopportabile Harry."

"RON!"

"Qualcuno doveva dirglielo, Hermione"

Asserì lui e di nuovo lei non proferì parola, limitandosi a una smorfia e a un sorso di succo di zucca.

"Grazie Ron, sei un amico"

"Oh finiscila Harry, ora ti metti a fare il permaloso solo perchè non ti rendi conto di come sia diventato impossibile anche solo instaurare una conversazione!"

"Beh hai pensato che magari non voglia parlarvi?"

Il Weasley iniziava a scaldarsi, inclinò la testa di lato appoggiando gli avambracci sul tavolo.

"Certo che no! Parli solo con Malfoy giusto? Il tuo Dracuccio tesoruccio."

"ZITTO"

Harry, che aveva zittito il rosso per evitare che la conversazione potesse incastrarlo, era piuttosto riuscito attirare su di sè l'attenzione di buona parte della tavolata dei Grifoni, alzandosi in piedi e sbattendoci le mani sopra, procurando un rumoroso tintinnio di posate.
Ron taceva, con gli occhi che mandavano lampi, Hermione aveva il viso arrossato per la tensione e non trovava un modo per calmare quei bollenti spiriti, arrabbiata con Harry tanto quanto Ron.

Potter strinse i pugni sul tavolo passando lo sguardo dall'uno all'altro, innervosito dal loro silenzio e ancora di più perchè era stato lui a pretenderlo.
Lasciò la Sala Grande a passo di marcia con le tempie che ancora pulsavano di rabbia, ma senza riuscire a comprendere uno solo dei pensieri che gli affollavano la testa.

Aveva bisogno di darsi una rinfrescata, andò in bagno a sciacquarsi il viso, perse qualche istante appoggiato al bordo del lavandino a fissare la propria immagine riflessa nello specchio.

Forse Ron ed Hermione avevano ragione... nessuno faceva niente di male, era lui che non riusciva più a relazionarsi con nessuno.
Perchè, che gli stava succedendo?
Non gli fu concesso di rifletterci oltre, un movimento alle sue spalle lo fece voltare di scatto.

"Potter"

Draco era in piedi davanti alla porta del bagno, a testa alta, con i soliti occhi freddi e indecifrabili, una mano elegantemente infilata nella tasca e l'altra, quella con l'anello di famiglia, cadeva lungo il suo fianco.

"Ho un dejavù"

Sul viso pallido del biondo si dipinse una curvatura divertita.
Solo in quel momento Harry si rese conto di aver vissuto una scena molto simile, ma con i ruoli invertiti, si ricordava di come non fosse finita particolarmente bene.

Rimase in silenzio mentre si dimenticava di essere arrabbiato con Ron ed Hermione e si preoccupava piuttosto di cosa avrebbe fatto innervosire Malfoy.

"Io non sto piangendo"

Lo stuzzicò, dopotutto le abitudini sono dure a morire.
Di fronte all'esitazione del Serpeverde però Harry si sentì in colpa, detestandosi per come non fosse stato in grado di dire l'unica cosa che avesse veramente pensato: mi dispiace.

"E io non sto provando a dissanguarti, non ancora"

Replicò a tono il biondo, facendo un passo avanti mentre il suo interlocutore abbassava lo sguardo.

"Che c'è Potter, te ne eri dimenticato? Io no"

Insistette Draco, continuando ad avanzare, sembrando non accorgersi di come il Grifondoro tremasse e si stesse aggrappando con tutte le sue forze al bordo del lavandino alle sue spalle.

Invece lo aveva notato, ma non aveva rivangato il passato per farlo soffrire, ma per delle spiegazioni che avevano rimandato per troppo tempo.

"Ma continuo a chiedermi, Sfregiato... non sarebbe stato più facile darsela a gambe e scampare la punizione?"

Nemmeno per un momento il Serpeverde aveva creduto che quell'incantesimo fosse stato intenzionale.
Una persona normale non lancerebbe un incantesimo del genere con tanta leggerezza e comunque non Harry Potter, famoso per aver sconfitto il Signore Oscuro cercando di disarmarlo.
Inoltre ricordava come si fosse precipitato al suo capezzale, preso dal panico gli avesse fatto appoggiare la testa sulle proprie ginocchia, cercando di tranquillizzarlo, mentre affilate lame invisibili squarciavano il suo corpo e allagavano il pavimento di sangue.

L'ultima cosa che Draco ricordava di aver notato prima che la vista gli si oscurasse erano gli occhi verdi di Harry come specchio del panico e del rimorso più sinceri.
L'ultima cosa che ricordava di aver udito prima di perdere i sensi era la sua voce lanciare un grido in cerca di aiuto.

Adesso guardava quegli stessi occhi sorpresi, lo vedeva boccheggiare insicuro come non mai e abbassò lo sguardo.
Harry ricordava tutto, ma era quel tipo di ricordo che avrebbe voluto non avere: già faticava a perdonarsi per l'accaduto quando Draco era solo il suo nemico, ora come avrebbe mai potuto?

"Non mi va di parlare di queste cose prima di colazione..."

Harry vide il suo interlocutore rialzare lo sguardo, seccato e divertito, lo sentì emettere un verso a metà tra lo scioccato e il permaloso.

"Colazione? Se tu mangiassi Potter la colazione dovresti averla appena finita!"

"So- eh?!"

Il Grifondoro frenò bruscamente e adesso era lui a fissare sbigottito il biondo, in piedi lì davanti e rosso come un peperone.

"Malfoy tu... mi spii?"

"NO! Io... mi guardo intorno"

Il biondo mise in tasca anche l'altra mano e si strinse nelle spalle imbarazzato come un bambino colto in flagrante con le dita nel barattolo della marmellata.

Harry aveva sollevato un sopracciglio e si rifiutò di ammettere di essere arrossito a sua volta, ma quel "no" gli aveva ricordato tanto quello che lui stesso aveva propinato a Draco la notte in cui gli aveva chiesto se si fosse innamorato di lui.

"Hai... sentito la discussione con Ron ed Hermione?"

Il biondo rialzò lo sguardo, confuso, era questo che lo preoccupava? Di cosa stavano parlando di tanto segreto?

"Potter ma sei stupido? Siamo ai lati opposti della Sala come avre-"

"Hai ragione, non so perchè l'ho chiesto."

Lo interruppe Harry, sollevando una mano a mezzaria e scuotendola nel tentativo di accantonare la conversazione, ma il biondo non sembrava della stessa idea.

"Mi riguarda forse? Per questo non vuoi che lo sappia? Per Salazar, Sfregiato... mi lascerai in pace solo quando sarò ad Azkaban?"

Sentendo risuonare quella frase Draco si accorse di come stesse lentamente perdendo il controllo, fece di tutto per ricomporsi, ma Harry intanto gli rispose, facendolo deglutire a fatica per lo sforzo di inghiottire quelle parole così amare.

"Pensi che se lo volessi mi ci vorrebbe molto? Malfoy, se non fosse stato per me sia tu che tua madre già ci sareste ad Azkaban."

Il Grifondoro avrebbe tanto voluto picchiarsi per quella risposta da demente.
Davvero? Stava minacciando Draco? E chi si credeva di essere per fare una cosa del genere? Di sicuro non era mai stato migliore di lui e ora faceva tanto il gradasso e tutto per proteggere uno di quei segreti che odiava tanto.

La smorfia che si dipinse sul volto del biondo gli diede la riconferma di essersi comportato come un cretino.

"Non era quello che volevo dire..."

"Io credo proprio che lo fosse, San Potter"

Sibilò il ragazzo stringendo i pugni lungo i fianchi, ma Harry si affrettò a smentire.

"No Malfoy, non lo era. Io devo tutto a te e a tua madre, non meritate niente che non mi meriti anch'io."

"È quello che ti ripeti tutte le sere prima di andare a dormire? Potter smettila, non siamo amici, non lo siamo mai stati."

La sua mano bianca e affusolata tagliò l'aria che li separava con un gesto netto e Draco diede a Harry le spalle, sentendo il cuore pesargli nel petto un po' più di prima.

Stare lì avrebbe solo peggiorato le cose, sarebbe stato meglio andarsene e, ancora meglio, se non avesse mai scelto di seguire Harry.
Nemmeno ricordava perchè l'avesse fatto.

"Non serve essere amici per dirsi la verità una volta tanto"

Il moro soffiò quella frase e la sentì disperdersi nell'aria, congelando il tempo per un istante, facendo sì che Draco esitasse e si fermasse un attimo prima di compiere il primo passo verso la porta.

Harry gli si mise davanti e cercò il suo sguardo, lo trovò tormentato e privo di difese e gli sorrise dolcemente senza nemmeno accorgersene.

"E noi non ci diciamo mai la verità..."

Dove voleva arrivare quel dannato Grifondoro?
Malfoy chiuse gli occhi, concentrandosi su tutto ciò che non fosse Potter per cercare di sciogliere il groppo che gli si era annodato in gola e gli impediva di respirare.

Io ci ho provato una volta...

Ricordò allora il biondo e riaprì gli occhi, ritrovandosi Harry troppo vicino.

A dividerli era poco meno di un metro in realtà, ma era sufficiente per fargli credere per un attimo che anche lui avesse pensato alla stessa cosa, ma, con tutto quello che aveva avuto da considerare in quegli anni, era impossibile che se ne ricordasse.

Eppure Draco ci aveva visto giusto, il Grifondoro non aveva potuto fare a meno che alla mente gli tornasse quello che non gli era mai sembrato altro che il ricordo di un sogno, ma in quel frangente sembrava quasi potersi realizzare.

"La verità dunque è che, per quello che ti ho detto e per quello che ti ho fatto, mi dispiace, Draco."

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Fu difficile, una delle imprese più difficili che Draco avesse mai tentato, non dare di matto, scoppiare in lacrime o rifugiarsi tra le braccia di Harry.
Ovviamente non l'avrebbe fatto, non poteva, quell'idiota non avrebbe capito.

Eppure era la seconda volta che giocava a carte scoperte e si avvicinava al suo punto debole, inconsapevolmente.

Ma lui continuava a scappare, quando il suo cuore iniziava a battere troppo velocemente, quando iniziava a sentire il sangue scorrergli nelle vene, Draco se la dava a gambe.

Con il tempo si era abituato a quei sentimenti che provava per Potter, li aveva accettati, li aveva preservati da tutto come un tesoro prezioso eppure continuava ad avere paura di aprire lo scrigno e guardarci dentro solo perchè non aveva la chiave.
Non che Harry in quel momento gliela stesse offrendo, era più... un piede di porco forse, tanto per rimanere in metafora, ma era qualcosa, qualcosa che avrebbe potuto cambiare le carte in tavola.

I suoi occhi grigi e smarriti vagavano sul viso di Harry, troppo nervosamente per trovare un solo punto su cui concentrarsi.

Dal canto suo il moro era oltremodo entusiasta di poter riconoscere il viso di Draco sotto la maschera che ancora non si era deciso a gettare.
E quel viso, illuminato dalla fredda luce autunnale che filtrava dalle vetrate del bagno, era triste e malinconico, ma bello da togliergli il fiato, e disorientarlo fino a fargli perdere il controllo.

Adesso poteva guardarlo liberamente, senza temere che la guerra glielo portasse via, guardarlo e sperare che un giorno sarebbe riuscito a far cambiare le cose.
Non si aspettava che sarebbe stato facile, nè che Malfoy intendesse collaborare in qualche modo, ma si aspettava di riuscirci prima o poi.

Allungò una mano, facendo in modo che le sue dita accarezzassero la guancia liscia e pallida del ragazzo, scoprendo che davvero non era come il marmo, aveva un tepore e una morbidezza, ed era vivo, agitato da quel lieve tocco.
Vide il suo peggior nemico arrossire per quel gesto innocente.

Si morse un labbro divertito e abbassò gli occhi prima di pizzicargli la guancia e dargli uno schiaffetto gentile, sperando di non essergli sembrato troppo ridicolo.

"Non fare quella faccia"

Commentò mentre il biondo si ricomponeva abbastanza in fretta da celare la sua sorpresa dietro a un'occhiataccia, massaggiandosi la guancia presa di mira dalle manacce di Potter.

"Eri in trance, controllavo solo che fossi vivo."

Concluse Harry e scrollò le spalle, mettendosi le mani in tasca.

"Toccami di nuovo Potter, e ti riduco a una Puffola Pigmea"

Doveva essere una minaccia, ma tremò nell'aria come una foglia in autunno, Draco vide l'amore della sua vita sorridere divertito e un po' malinconico e odiò ogni momento di sincerità come quello che avessero mai condiviso.

Si sentiva fragile e impotente, nonostante fosse sempre stato convinto che i suoi sentimenti verso quell'idiota fossero l'unica cosa che l'avesse mai reso forte.

"Cosa ridi, dico sul serio!"

Sbottò un attimo prima che il Grifone sollevasse le sopracciglia, gli lanciasse un'occhiata maliziosa e gli piantasse un indice dritto in mezzo al petto.
Il biondo inorridì, scostandogli bruscamente la mano.

"Finiscila"

Harry lo fece di nuovo e, di nuovo, Draco lo scacciò.

"Basta"

E il moro continuò, divertito dalla sua plateale esasperazione, così dannatamente da Malfoy.

Così, senza volerlo, ma per semplice istinto, diedero inizio a un giochino che consisteva semplicemente nel vedere chi la spuntava per primo, tra Potter che gli metteva le mani addosso e Malfoy che cercava di fermarlo.

"Smettila Sfregiato, non è divertente"

"È molto divertente"

Lo contraddisse Harry ridendo, mentre lo costringeva a indietreggiare per scacciare le sue mani.

"Si certo, se hai cinque anni."

"Oppure se devi infastidire un furetto"

Replicò prontamente, un attimo prima di essere spinto via e dover supporre che quell'apoteosi dell'infantilismo fosse giunta al termine, dal momento che il Serpeverde si stava lisciando il completo con fare scocciato.

"Ora basta, a stasera Potter."

Borbottò sbrigativo prima di superarlo senza aggiugere altro, uscire dal bagno e correre a nascondersi dietro a una colonna del corridoio che gli paresse il più vuoto dei dintorni, premendosi le mani sulla bocca per soffocare un gemito, stringere gli occhi e cacciare indietro le lacrime.

Al suo posto chiunque altro sarebbe stato felice, almeno un pochino, ma lui non era chiunque altro, lui era Draco Malfoy e tendeva a vedere sempre il lato negativo delle cose.

Quindi di quella mattinata non avrebbe ricordato il fatto che Harry l'avesse chiamato per nome per la prima volta da quando si conoscevano o che si fosse scusato nemmeno lui sapeva per cosa, bensì più il fatto che non avrebbe mai potuto esserci niente tra loro e che tutto il resto non aveva significato per nessun altro all'infuori di lui.

Solo quando si costrinse a smettere di pensarci, si accorse di averlo salutato in modo strano pochi minuti prima.
Si diede del pazzo per il modo in cui aveva pensato a James mentre si congedava senza guardarlo in faccia.

Chissà cosa avrebbe pensato, avrebbe creduto si riferisse alla cena di Halloween e non ci avrebbe dato peso.

Invece Harry era rimasto pietrificato, tanto da non ricambiare nemmeno il saluto del biondo.
Solo quando il panico lasciò riemergere un minimo di raziocinio, il Grifondoro si convinse che era stato un saluto inconsapevole, di cortesia.

Allora perchè non dirgli "a dopo" dal momento che si sarebbero probabilmente visti a pranzo prima che a cena.
Perchè tirare in ballo proprio "quella sera" quando entrambi sapevano che non avrebbero presenziato alla cena di Halloween?

Se avesse capito?

Quella possibilità continuò ad assillarlo per tutto il giorno fino a dargli la nausea.
Ripensava a come era corso fuori dal bagno, cercando di raggiungere il Serpeverde per chiedergli spiegazioni, ma non l'avesse trovato.

Se quella mattina era stato intrattabile, durante il giorno peggiorò e basta, asfissiato da quella che si stava trasformando nella certezza che Malfoy avesse capito o, quantomeno, sospettasse.

Penso più volte di parlarne a Ron ed Hermione, ma loro erano distanti, troppo impegnati a tenergli il broncio e Harry dovette ammettere almeno con se stesso di essersi comportato male con loro.
I suoi due amici dopotutto si stavano solo preoccupando, ma in quel momento rimanevano l'ultimo dei suoi problemi preso com'era dalla questione Malfoy.

Nel guardarlo al Weasley sembrava quasi che il suo amico fosse regredito al sesto anno e alle manie complottistiche.

"Va su e giù per la stanza da almeno venti minuti e inizia davvero a darmi sui nervi."

Sbottò Ron gettandosi di peso sul letto di Hermione non appena la ragazza si fu spostata di lato per lasciargliene lo spazio.

Aveva provato a studiacchiare in camera sua, ma poi l'andatura di Harry aveva iniziato a dargli il mal di testa e aveva trovato più conveniente spostarsi nel dormitorio delle ragazze.
Inoltre, quando dichiarava di aver provato a studiare, Hermione era sempre di umore migliore.
E di solito questo portava i suoi vantaggi.

"Non vuole parlarci, che si tenga i suoi problemi e ci affoghi."

"Herm..."

Cercò di addolcirla Ron, girandosi su un fianco e dandole un buffetto sul naso, guadagnandosi un'occhiata disinteressata.

"È stato lui a dirlo no? Non dobbiamo sempre corrergli dietro, un giorno realizzerà di aver bisogno di noi e-"

"Lo sa già. Dopo tutto quello che abbiamo passato vuoi che non lo sappia? È solo che tutto questo lo sta esasperando e sinceramente inizia a dare fastidio anche a me che ho meno di un terzo dei suoi ammiratori, senza contare tutte le perdite che ha subito."

Hermione battè le palpebre sopresa dalla lucidità con cui Ron aveva affrontato la questione.
Di solito era lei che cercava di farlo ragionare e nell'ascoltarlo si rese conto di non essere stata obiettiva e di essersi fatta un po' prendere la mano.

"E quindi dovremmo lasciare che ci insulti?"

Ribattè, rimanendo sulla sua posizione seppur trovandosi costretta doversi rimangiare buona parte delle parole pronunciate in precedenza.
Ron scrollò le spalle e si buttò con la testa sul cuscino.

"Ovviamente no"

Borbottò in primo luogo.

"Ma Hogwarts non è più la stessa e questo lo fa impazzire. Senza contare che Malfoy non aiuta..."

Fu la Grifondoro ad appoggiarsi su un fianco questa volta, così che Ron potesse notare la curiosità evidente nei suoi occhi.

"Che intendi?"

Gli domandò mentre due dita della ragazza raggiungevano il petto del rosso e ci camminavano con fare distratto.

"Dovresti vederlo quando torna in dormitorio la notte."

Cominciò il rosso, scuotendo la testa con un'espressione rassegnata sul volto.

"È così felice solo a Natale, Hermione e... tu sai com'è felice a Natale."

Lei annuì, ponderando attentamente quella nuova informazione e dunque lasciando che Ron continuasse.

"Ovviamente se fosse solo questo non potrebbe che farmi piacere per quanto... beh, Malfoy sia Malfoy. Il problema è che questa storia lo sta ossessionando..."

Il rosso fece una pausa, distratto per un momento dal viso concentrato di Hermione e dal suo sguardo, fisso da qualche parte negli intrecci dei ricami del copriletto.

"Con questa storia dell'incognito è andato a cacciarsi in un guaio, non che sia una novità, ma quello con cui deve fare i conti non è magia oscura..."

"Romanticismo... per nulla un suo punto di forza."

Convenne Hermione, senza spostare lo sguardo dal copriletto, ma sollevando un sopracciglio con fare critico.

"Non stento a credere che tutto questo lo disorienti, la cosa migliore sarebbe che semplicemente dica a Malfoy la verità. È piuttosto chiaro che abbia più chance di quanto non creda con lui..."

"Eh? Credi che quella Serpe possa davvero...''

Ron lasciò la frase in sospeso mentre i grandi occhi marroni di Hermione si alzavano sul suo viso.

"Ne sono praticamente convinta, non che questo basti ovviamente... ma ora sono stufa di parlare di Harry, con lui sono ancora arrabbiata."

Commentò la ragazza togliendo di dosso le mani a Ron mentre lui ridacchiava rassegnato e alzava gli occhi sul soffitto.

"Va bene come vuoi, ne riparleremo quando si sarà suicidato."

Hermione non la prese bene quella frase, gli rivolse un'occhiata scioccata, poi gli tolse il cuscino da sotto la testa e si mise a cavalcioni sopra di lui, tanto per metterlo in condizione di inferiorità, prima di lanciarglielo in faccia.

"Non dirlo mai più Ronald, guai a te."

Gli intimò, non lasciandosi intenerire dalla sua ilarità.

"Per Godric, Hermione scherzavo!"

Commentò il ragazzo alzando le mani in segno di resa per poi riappoggiarle, non sul letto, ma sulle coscie della Granger, che prese ad accarezzare lentamente.
In cambio ricevette un'occhiata gelida, che comunque non bastò a farlo demordere.

"Ehy Herm, sai... prima, al dormitorio con Harry, stavo riguardando gli appunti di oggi e c'è un punto sulle Congiunzioni Astronomiche Complesse che non sono sicuro di aver capi-"

Questa volta fu Hermione a ridere e scosse la testa sconsolata almeno quanto intenerita.

"Guarda che ho capito dove vuoi arrivare"

Ron fece una smorfia e abbassò lo sguardo sulla mano che ora si preoccupava di staccare un pallino di tessuto dalle calze della Grifondoro.

"Ehy, fermo fermo fermo, così me le strappi"

Rise la ragazza, bloccando il suo gesto con entrambe le mani, poi si sporse verso di lui e ne portò una a sollevargli il mento.

"Non sarei sorpresa se fosse quello che volessi. Ho detto che ho capito dove vuoi arrivare, ma ti servirà molto meno per riuscirci."

A quel punto il Weasley potè solo diventare dello stesso colore dei suoi capelli e cercare di deviare lo sguardo della ragazza.
Poi però tornò a guardarla e sollevò un sopracciglio, fingendosi offeso prima di cattuare le labbra di Hermione in un bacio che si fece sempre più travolgente, mentre il resto è storia.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Gli eventi di quella mattina costrinsero Draco a pensare.
Si interrogò a lungo sul motivo per cui il suo cervello avesse in tal modo collegato James ad Harry Potter e l'unico modo in cuì potè spiegarsi come fosse potuto succedere aveva a che fare o con il fatto che erano gli unici due che, seppure in modi diversi, gli rivolgevano la parola o con la possibilità che fossero davvero la stessa persona, il che era altamente improbabile, anzi, a dir poco impossibile.

Insomma se così fosse stato avrebbe significato che Harry Potter si fosse spontaneamente presentato nella sua stanza al sesto anno mosso da... cosa? Per le sue indagini?

Allora perchè non aveva mai fatto domande e nemmeno menzionato una sola volta il Signore Oscuro?
E perchè tornare a farsi vivo ora che tutto era finito e ogni debito reciprocamente saldato?

No, non poteva assolutamente essere Harry, ma, il fatto che il secondo nome del mago fosse proprio James, lo aveva fatto arrossire più volte, costringendolo a rimproverarsi per la stupida speranza che aveva riposto in un proprio errore di valutazione.

Ciò che concluse, a conti fatti, fu semplicemente che non avrebbe mai voluto scoprire chi fosse davvero il ragazzo che tutte le notti gli faceva visita.

No, conoscere la sua identità avrebbe cambiato ogni cosa e a lui tutto andava bene esattamente così com'era: il momento migliore della giornata, senza impegni o preoccupazioni, solo battibecchi, aneddoti, Quidditch e, talvolta, piccole confidenze.

Quella sera, però, James gli parve decisamente più nervoso del solito nel momento in cui fece il suo ingresso nella stanza.

"Uh, non siamo di buon umore oggi, eh? Che ti prende James, ti hanno beccato a copiare e ora nessuno della tua Casa ti parla più?"

Harry alzò gli occhi al cielo e lasciò cadere il Mantello sul letto vuoto che era stato di Blaise, poi si sedette sul bordo di quello di Draco, dandogli le spalle, ma girandosi verso il punto in cui doveva essere seduto lui.

Sentì le sue braccia avvolgersi attorno alle sue spalle e si chiese il motivo di quel gesto.
Insomma lui conosceva la sua identità e gliel'aveva fatto capire, ma ora faceva finta di niente?
Il suo respiro sulla propria nuca, quel forte profumo di menta e acqua di colonia lo destabilizzavano, intontendolo e portandolo a ricordare la prima volta che Draco l'aveva abbracciato in quel modo, quando credeva che fosse Blaise Zabini.

Harry chiuse gli occhi e realizzò che in realtà Malfoy non aveva mai abbracciato il vero lui, sempre James, almeno fino a quella notte in cui, aveva capito tutto eppure lo abbracciava.

Il Grifondoro era più confuso che mai e non potè che sospirare, portandosi una mano a massaggiarsi la tempia con un gesto all'insegna della frustrazione.

"Lo sai benissimo che non sono Corvonero, perchè ti ostini a fare finta di niente, Malfoy?"

Harry sentì il Serpeverde irrigidirsi, ritrarre le braccia fino ad appoggiare le mani sulle sue spalle e allontanare il viso dalla sua nuca.

Forse aveva fatto male a parlarne, ma ormai c'era dentro.
Tutta quella messa in scena era stata opera sua, ora doveva affrontarne le conseguenze.

"Da quanto lo sai?"

La voce di James era dura nell'aria della stanza, Draco non l'aveva mai sentita così, ma quel tono, il modo in cui l'aveva chiamato... solo una persona poteva pronunciare quelle parole in quel modo.

Scacciò quel pensiero, molto più preoccupato di capire a che accidenti si stesse riferendo quel ragazzo.

"So che cosa?"

Mormorò intimorito, lasciando che anche le sue mani si spostassero dalle spalle dello sconosciuto e cadessero sulle proprie cosce, stringendo nervosamente la stoffa del pigiama.

"Per Godric, Malfoy! Non fare il finto tonto... sai chi sono, sai che sono Harry Potter, o non mi avresti salutato in quel modo stamattina in bagno!"

Il silenzio più assoluto gelò per un istante ogni centimetro della stanza, poi Harry parlò di nuovo, piegando una gamba sul letto del Serpeverde in modo da potersi protendere verso la sua figura immobile con più facilità.

"Volevi che sapessi che mi avevi scoperto, vero? Allora perchè ora fai finta di niente?"

Harry insisteva, nel farlo gli si avvicinava, Draco invece sentiva girargli la testa e non credeva a una sola parola che le sue orecchie parevano aver udito distintamente.

"I-io non lo sapevo..."

Balbettò, non sapendo nemmeno da dove avesse trovato la sicurezza sufficiente ad aprire bocca.
Stavolta fu il suo interlocutore a bloccarsi, interdetto.

"James... tu sei Harry Potter?"

Quella domanda, che aveva già ricevuto una risposta molto chiara e inconfutabilmente sostenuta dall'inconfondibile voce decisa che l'aveva formulata prima ancora che venisse richiesta, risuonò nella stanza come un gemito disperato e Harry sbarrò gli occhi colpito in pieno petto.
Cos'era quel tono debole e affranto? Perchè il biondo non era arrabbiato?

"Oh Salazar!"

Esclamò Malfoy e Potter fu certo che si stesse rivolgendo a se stesso più che a lui.

"Tutto quello che ho fatto e detto... tutto quello che tu hai fatto e detto. Salazar fra tutti proprio tu?"

Un singhiozzò spezzò la frase all'ultimo, Harry si mosse per accedere la luce, aveva fatto un disastro, ma almeno in quel momento voleva dargli un supporto sincero, smettere di nascondersi.
Fu la voce del biondo, resa roca e isterica dalle lacrime che ormai gli scorrevano incessanti lungo le guance a fermarlo.

"Non ti azzardare, Potter! Sei rimasto nell'ombra fin'ora, alle tue condizioni, sei uscito allo scoperto alle tue condizioni, ma non osare nemmeno per un istante imporle anche a me."

Il moro non si sognò nemmeno lontanamente di contraddirlo, mortificato per l'accaduto, sconvolto dal contesto.

"Draco, scusa non l'avrei mai fatto se non fossi stato sicuro che-"

"STAI ZITTO, POTTER"

Gridò Malfoy prima che lui potesse finire la frase, Harry era certo di non aver mai sentito in tutta la sua vita un suono tanto afflitto lasciare le labbra del ragazzo.
I suoi singhiozzi poteva solo sentirli, erano la sua tortura perchè lui ne era la causa.

Esattamente allo stesso modo era stato la causa di tutto ciò che di male avesse dovuto subire Draco, senza di lui, non sarebbe diventato Mangiamorte, non avrebbe vissuto in un inferno personale per anni.
Doveva già odiarlo fino all'inimmaginabile e ora, sempre lui, gli aveva tolto l'unico confidente, l'unico appoggio che avesse.

"Draco mi dispiace, mi dispiace da morire..."

Le mani di Harry si strinsero attorno alle spalle del biondo, cercando di conferirgli un po' di calma, ma fu peggio, lui rifuggì quel contatto e scese in fretta dal letto.

"Tu, Potter! Non hai nemmeno lontanamente idea di cosa hai fatto. Tutto per cosa, eh?"

Harry si alzò a sua volta e aggirò il letto per raggiungerlo, aveva compreso la gravità del momento e che non ce ne sarebbero stati altri, si giocava tutto lì, suo malgrado, a luci spente.

"Per te! Ho visto quest'anno come ti trattano, non te lo meriti io...volevo aiutarti"

"Ah, il virtuoso San Potter! Non te l'hanno insegnato che ci sono dei limiti? Dei limiti che non vanno per nessun motivo oltrepassati!"

Draco tremava, scosso da un pianto sommesso e disperato, era troppo tardi per provare a ricomporsi.
Forse, se tutto fosse stato meno inaspettato, sarebbe riuscito a reagire diversamente.

In quel momento sapeva solo una cosa: ogni istante che Potter passava in quella stanza era potenzialmente pericoloso, che il ragazzo doveva uscire di lì alla svelta, prima di finire col portarsi via anche il suo segreto.

Ad ogni passo che trascinava Malfoy ad indietreggiare, Harry avanzava, determinato come non mai a fare chiarezza su tutto, una volta per sempre.

"Sì! Forse al sesto anno ti avrei dato ragione. Ma adesso? Adesso che importa?"

Draco strinse le palpebre, singhiozzando sconfortato mentre le sue spalle si scontravano contro il muro freddo della stanza, ma non disse nulla, parlò ancora Harry.

"Penso di capire quanto tu debba odiarmi, io me lo merito e lo so bene, ma non lo accetto. Sono stufo di mentire di continuo, e stufo di vedere di te solo quello che tu mi dai il permesso di vedere."

"Potter, di nuovo non hai capito niente"

Gemette il Serpeverde mentre l'avanzare costante di Harry e la sua impossibilità di allontanarsi lo allarmava profondamente.

"Cosa dovrei capire? Vuoi che me ne vada così puoi continuare a soffrire e crogiolarti nel tuo dolore, convinto che non mi importi o che ne sia felice."

Harry si fermò troppo vicino al biondo, il ragazzo scosse la testa con forza mentre quella sua disperazione sorprendeva il moro per il suo essere così sincera, così pura e spontanea.

Draco, per continuare la sua infantile fuga dalla vicinanza con il ragazzo e dai suoi rischi, scivolò contro la parete, raggomitolandosi su se stesso.
Fu un gesto inutile perchè il Grifondoro si inghinocchiò davanti a lui, guardandolo senza poter trovare parole giuste per esprimere il proprio rammarico.

Aveva sbagliato tutto dal principio, e quella scena ne era la prova: voleva aiutare Draco perchè si era innamorato di lui, ma era solo riuscito a ferirlo come non poteva nemmeno immaginare.

E questo perchè c'era sempre quel pezzo mancate del puzzle, che il biondo custodiva troppo gelosamente.

"Vattene Harry, hai fatto abbastanza"

La voce di Malfoy lo raggiunse come da lontano, soffocata dalle ginocchia tra le quali il ragazzo aveva nascosto la testa.
Già, aveva fatto abbastanza e di nuovo pretendeva di continuare una conversazione che stava facendo del male a Draco solo per soddisfare la sua curiosità.
Per una volta avrebbe fatto bene a metterla da parte o il dolore che avrebbe causato al biondo l'avrebbe perseguitato per tutta la vita.

"Hai ragione"

Mormorò affranto e l'unica cosa che fece prima di lasciare la stanza, fu allungare una mano, accarezzare i capelli sottili di Draco, infilarvi le dita attraverso per l'ultima volta e baciargli la fronte come fosse stata porcellana.
Non gli sarebbe mai bastato per l'eternità, ma così sarebbe dovuto essere.

Ci sono tanti modi di amare, per Draco farlo lealmente e incondizionatamente, ma in silenzio era l'unico modo perchè fosse al sicuro e per sempre.

Invece per Harry era diverso, si era fatto ammaliare dal principe delle Serpi, aveva lasciato che il buio lo illudesse, creasse una felicità fittizia,  che con ogni parola, ogni gesto di quel ragazzo, lo condannasse a necessitarne un altro, o il suo amore avrebbe finito con il potersi nutrire del suo solo proprietario.
Abnegarsi e tacere l'avrebbe consumato.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Per tutti quegli anni Draco Malfoy aveva ritenuto impossibile solo una cosa: di esistere agli occhi di Harry Potter in un modo diverso da come gli sarebbe apparso il suo nemico naturale.

Non poteva di certo biasimarlo per quello, quel ragazzo aveva sofferto come nessuno per tutta la sua vita e lui era stato capace di rendergli insopportabile anche il semplice camminare per i corridoi e tutto questo solo per l'egoistica soddisfazione che ci trovava nel rubare un istante ai suoi occhi verdi.

Ecco perchè stentava a credere che quello stesso ragazzo fosse appena uscito dalla sua stanza dopo esservi entrato di nascosto e senza secondi fini apparenti.
Ma dovevano essercene, non poteva essere tanto ingenuo e genuino, non nel momento in cui si spingeva a tanto.

Draco rimase immobile un tempo indefinito esattamente dove il moro l'aveva lasciato, rannicchiato contro la parete della sua stanza, con calde lacrime che si rincorrevano sulle sue guance pallide, le labbra schiuse e gli occhi più vivi e accesi che mai mentre i punti in cui Harry Potter l'aveva toccato bruciavano sulla sua pelle.

Ma non era tutto, si sentiva come attaccato da due fronti perchè, intanto, nei suoi pensieri il volto di Harry Potter continuava a sovrapporsi con una qualsiasi delle azioni di James.
Quante volte Harry gli aveva pizzicato un fianco per dispetto, o accarezzato una guancia distrattamente?

Cercò di raccimolare ogni istante che gli era ormai sfuggito di mente, dandogli all'improvviso un'importanza diversa seppur senza muoversi dal suo stato di incredulità.

Non era sicuro di aver fatto bene a cacciarlo via e basta, soprattutto perchè si era ripromesso all'inizio di quell'anno di essere migliore di quanto non fosse mai stato.
Eppure Potter era sempre capace di tirare fuori il peggio di lui con quel suo tragico tempismo.

E da quel momento in avanti come avrebbe dovuto reagire? Come avrebbe potuto provocarlo come se niente fosse mai successo? Ma era questo che il Grifondoro voleva veramente, tornare al punto di partenza?
Forse lui no, ma Draco sì, andare avanti era troppo pericoloso, sapeva che per essergli amico era ormai troppo tardi.
Non ne sarebbe semplicemente stato in grado: in bilico tra il nero il bianco non avrebbe mai potuto sopportare il grigio.

E nemmeno Harry ne sarebbe stato capace, ma se Malfoy scendeva a patti con il nero, lui avrebbe sempre desiderato ardentemente il bianco.

Nessuno dei due ragazzi chiuse occhio quella notte, ma entrambi non smisero un istante di pensarsi, seppur inconsapevolmente, a vicenda.

Da quell'accadimento l'anno trascorse troppo in fretta, il tempo scivolò tra le dita di Harry più in fretta di una sabbia sottile, inesorabile e pieno di opportunità che andavano in fumo ogni volta che, nel vederlo in lontananza, Draco Malfoy cambiava direzione.
Così l'autunno cedette il passo all'inverno e l'inverno rifiorì gradualmente nella primavera.

Per tutto quel tempo il Grifondoro era stato ogni giorno più esasperato, perfino la lite con Ron ed Hermione era passata presto in secondo piano, i due amici avevano ricevuto le sue sentite scuse e l'avevano sorretto da quel momento in poi nella sua folle impresa autodistruttiva, come avevano sempre fatto.

Per mesi interminabili Harry aveva fatto di tutto per stabilire un contatto con Draco, ogni volta più inutilmente, finendo con il rassegnarsi all'infruttuoso e logorante continuare a tentare.

Ma lui non era come Malfoy, non sapeva nascondere niente e in breve tempo fu più che chiaro a tutti quanti che in Harry Potter qualcosa non andasse: i cerchi neri attorno ai suoi occhi scavavano il suo volto a fondo, gli occhi verdi e brillanti iniziavano a perdere gradualmente tutta la loro nota vivacità.

Sebbene il Serpeverde fosse costantemente impegnato a evitarlo, si accorgeva dello stato pietosto in cui si stava riducendo il famigerato Sfregiato.

Non è colpa mia, ne ha di amici e non gli servo anch'io. Dev'essere solo una crisi di nervi... era solo questione di tempo dopo tutto quello che gli è capitato.

Questo è quanto continuava a ripetersi Draco, attento ad evitare il suo sguardo e i sensi di colpa immeritati che questo gli buttava addosso.

Era il mese di Aprile e il biondo era rimasto incautamente allo scoperto, seduto ai piedi di un albero del giardino con un libro aperto sulle ginocchia, quando fu costretto a fare i conti con quegli occhi stravolti e orrendamente vuoti.

Il Serpeverde non vi riconobbe il ragazzo che amava, quello non era Harry, quello era un cretino travolto dal dolore, Harry non si lasciava travolgere, lui combatteva e Draco avrebbe voluto tanto gridargli di combattere, ma non lo fece.
Però chiuse il libro con un gesto cauto, lasciando un dito come segnalibro, poi alzò lo sguardo su di lui, in attesa che fosse Potter a parlare.

Quel silenzio però si protrasse a lungo, tanto che Malfoy ritenne non sarebbe cambiato nulla se semplicemente si fosse alzato e se ne fosse andato, risparmiandosi una scomoda discussione che non voleva affrontare e che non avrebbe portato da nessuna parte.
Era quasi sul punto di trasformare i pensieri in fatti quando il moro parlò.

"Ho una sola cosa da dirti, poi non ti ruberò altro tempo"

Harry strinse i pugni lungo i fianchi, abbassò lo sguardo un attimo solo, poi tornò a piantarlo dritto in faccia a Malfoy.

"Pareggiamo i conti, qualunque cosa comporti, è arrivato il momento di farlo. Non saremo mai liberi se no."

Draco era visibilmente sorpreso e altrettanto confuso, davvero non aveva idea di che diamine stesse blaterando quello sfasato, ma raddrizzò la schiena, rispondendogli prima di darsene il permesso.

"Temo tu debba arrischiarti ad essere più specifico, Potter"

Il Grifondoro serrò la mascella e nel retroscena del suo sguardo, il biondo vide brillare la sua àncora di salvezza.
Mentre il ragazzo gli rispondeva e lui si lasciava scivolare addosso il suono stanco, ma sempre determinato della sua voce, Malfoy non potè fare a meno di lasciar cadere le palpere sugli occhi, esalare un tremulo sospiro di sollievo.

"Nessuno di noi due può vincere questa battaglia, nessuno di noi due si arrenderà. Per questo possiamo solo pareggiare."

Fece un piccola pausa, non sapendo come interpretare l'espressione dipinta sul viso del suo interlocutore.
C'era del sollievo nei suoi tratti distesi, ma cos'aveva da sentirsi tanto rassicurato?

"Ti ho fatto soffrire per anni per un rifiuto, ora ti stai prendendo la tua rivincita e devo accettarla, ma voglio che tu sappia tutta la verità, che tu comprenda a fondo che l'ago della bilancia non sarà comunque in equilibrio."

Dal semplice modo in cui stava esponendo i suoi deliri, erano sempre più evidenti i problemi di sonno di Potter agli occhi di Malfoy.
Sembrava avere le idee molto chiare, ma il ragazzo continuava non capire dove volesse andare a parare.

"Per Salazar Potter, la smetti di indorare la pillola? Cos'è che mi devi dire?"

Sbottò con tono seccato, dopo aver alzato gli occhi al cielo, nascosto dietro quella sua maschera così plateale.
Tuttavia sarebbe caduta presto, lui non lo sapeva, ma le parole del Grifondoro sarebbero state più che sufficienti.

"Sono innamorato di te"

Era stata la sua voce, la voce di Harry? O solo un inganno sussurrato dal vento primaverile che si alzava in quel momento sopra le loro teste, spargendo i loro capelli nell'aria tersa?

"Come?"

Mormorò quasi spaventato dalla possibilità di essersi immaginato tutto, di stare impazzendo o di essere stato preso in giro.
Ma Harry era immobile, in piedi davanti a lui, mai più serio di così e i suoi occhi... bruciavano di vita e di quelle promesse che Draco non aveva mai nemmeno osato sognare.

"Vuoi che lo ripeta?"

Era chiaro come il sole che già solo pronunciare quella frase gli fosse costato una gran fatica, ma al Serpeverde non sarebbe dispiaciuto rispondergli di sì, e risentire le parole di poco prima, accertarsi che fossero esistite davvero.

Tuttavia non importava poi tanto che ci fossero state, per quanto realizzarlo gli dispiacesse, quello non cambiava niente: Malfoy non poteva permettersi di buttarsi a capofitto in una folle storia d'amore. Non con un mezzosangue, non con il Prescelto, nemico giurato della sua famiglia, nè tantomeno con un maschio.
Già da solo aveva faticato ad accettarsi per quello che era, la sua famiglia, suo padre in particolare, non l'avrebbe mai concepito.

E al moro sarebbe passata comunque, in un modo o nell'altro, con battito di ciglia Harry avrebbe dimenticato.

Scosse piano la testa, appoggiò il libro sull'erba tra le radici del grande albero e si alzò in piedi, avanzando verso un Grifondoro visibilmente sulla difensiva.

Semplicemente Harry non aveva idea di cosa aspettarsi, non aveva mai visto uno sguardo del genere accendere gli occhi di Malfoy, certo era malizioso, ma non spavaldo, no, si sarebbe potuto definire più malinconico.

Quei suoi pensieri furono interrotti bruscamente prima che lui potesse anche solo pensare a tutte le risposte che desiderava e che lo sguardo di Draco riusciva a nascondere, ma non a cancellare, come un mare in tempesta che affonda le navi e i loro tesori e le tiene per sempre sommerse nelle sue profondità.

Furono delle dita fredde e pallide la causa, gli presero il viso e, costringendolo ad alzare la testa, gli strapparono dalla gola un sospiro sommesso.
Draco sorrise debolmente nel notarlo, poi concesse al moro la tanto agognata risposta.

"Se questo è il momento di pareggiare i conti, allora non pensi di dovermi qualcosa indietro?"

Se quello che il ragazzo gli stava dando fosse o meno il permesso, poco gli importava, aveva già deciso che in ogni caso non avrebbe potuto trattenersi dal farlo.

Infilò le dita tra i passanti dei pantaloni di Malfoy, attirandolo per la vita e spingendolo contro di sè senza troppi complimenti.
Si crogiolò in ogni dettaglio del suo viso sorpreso, ma non gli diede tempo di protestare, catturandogli le labbra in un bacio che, a differenza dell'altro, non sarebbe stato della stessa sostanza di un sogno, non avrebbe dato a Draco il permesso di dimenticarsene.

E il biondo non ci sarebbe riuscito nemmeno volendo, perchè contro la sua bocca si muoveva vorace quella di Harry Potter, era paradossale, ma era tutto ciò che avesse mai desiderato.
Chiuse gli occhi e allacciò le braccia dietro la sua testa, ricambiando quel bacio irruento, leccando la lingua del moro che aveva fatto breccia tra le sue labbra schiuse e intrecciandovi la propria.

Tuttavia il tempo trascorreva inesorabile alle loro spalle e più il bisogno d'aria si faceva impellente, più Draco potè sentire come Harry cercasse di stringerlo a sè un po' di più.
Sembrava che il moro credesse che potesse bastare continuare a baciarlo per sopravvivere.

Quel dettaglio commosse il ragazzo, lo fece reagire allo stesso modo e, prima che entrambi potessero rendersene conto, quel bacio era finito, loro erano distanti di nuovo, ma rimasero a guardarsi per un tempo indefinibile, le guance arrossate, gli occhi sbarrati e il fiato corto.

Fu Malfoy a dare le spalle a Potter, ad andarsene per primo con tutta l'intenzione di non doversi mai più voltare.
Harry guardò Draco andare via, ma non si mosse finchè la sua figura slanciata non sparì oltre la soglia del castello.

Intanto, il pezzo mancante che aveva tanto desiderato conoscere gli bruciava sulle ancora sulle labbra, indelebile, e giurò che avrebbe fatto cambiare idea a quel ragazzo.
Come poteva darsi pace ora che tutto era così dannatamente chiaro nella sua testa?

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


L'estate arrivò in un lampo, ma gli esami durarono comunque troppo nonostante gli studenti del settimo anno li stessero affrontando con una particolare malinconia, che arrivò più volte a tentare molti ragazzi di fallire almeno un paio di M.A.G.O.
Almeno sarebbero stati rimandati e non avrebbero dovuto dire addio così in fretta a quella che era stata molto di più di una scuola.

Con gli occhi persi fuori dal finestrino del treno, Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger guardavano Hogwarts allontanarsi e rimpicciolirsi all'orizzonte e la lasciarono andare solo molto dopo che una curva delle rotaie portò un bosco a nascondere loro la vista del Castello.

Fu Hermione la prima ad abbassare gli occhi, spostandoli sulle proprie mani che teneva intrecciate in grembo, un singhiozzo la scosse e fece girare entrambi i due ragazzi nella sua direzione.
Ron si affrettò a circondarle le spalle con un braccio, Harry si spostò sul sedile di fianco a lei, le prese una mano mentre la ragazza tremava, sconvolta dal pianto col viso affondato nel petto del rosso e le dita strette attorno alla calda mano del suo migliore amico.

Ben presto anche Ron cedette, strinse a sè Hermione e si allungò per abbracciare anche Harry dietro di lei, poi scoppiò a piangere come un bambinone.
Il moro provò a resistere, ma era tanto che voleva cacciare fuori le lacrime e lasciarsi andare, trovò quel momento il più opportuno e pianse, stretto ai suoi migliori amici.

Un dolore lancinante squarciava il petto dei tre ragazzi, condividerlo, però, li rendeva uno e li confortava di fronte all'evidenza che il tempo avesse fatto il suo corso, la partenza fosse stata inevitabile.
Così i tre ragazzi dissero addio alla loro casa.

Intanto, delle dita affusolate e pallide sfiorarono il finestrino della porta di quello scompartimento, poi cadderlo lungo dei fianchi fasciati da un completo nero come la notte.
Un sorriso freddo e degli occhi malinconici rubarono qualche istante di quel quadretto, poi Draco Malfoy tornò al suo scompartimento.

Non versò nemmeno una lacrima perchè tutto andava finalmente nel modo migliore.
O almeno cercava di convincersi che fosse così, che un addio fosse l'unica scelta possibile.
Rise delle sue preoccupazioni, dei suoi dubbi e disse quell'addio a sua volta.

Non avrebbe potuto immaginare quanto inutile quel suo gesto fosse stato, quanto presto avrebbe rivisto Harry Potter.

Era una calda e umida notte di inizio Agosto, afosa e soffocante, il cielo nero era sgombro di nubi e le stelle vi brillavano alte e vivide oltre le cime degli alberi.

Draco si rigirava nel suo letto al Manor senza riuscire a prendere sonno, ottenendo, piuttosto, il solo risultato di  stropicciare il lenzuolo e sudare più del dovuto.
E lui odiava sudare, lo faceva sentire sporco e appiccicoso.
Tuttavia aveva perso il conto di tutti tentativi che aveva fatto di rimanere immobile e attendere di prendere sonno, perchè in ogni caso finiva con il tornare ad agitarsi nel letto.
La quiete prima di una tempesta lo aveva sempre reso irrequieto, il caldo debole e stanco, quella combinazione atroce stava trasformando la sua nottata in una tortura.

Verso le due del mattino capì di non poter sopportare un minuto di più e si mise a sedere sul bordo del letto, appoggiando i piedi nudi sul pavimento che odiò non trovare freddo come se lo aspettava.
Alzando il capo, indugiò sulle cime degli alberi del giardino del Manor, avvolti da un cielo nero, sommersi dalla gelida luce di una luna piena.

Il suo corpo seguì il suo sguardo, si avvicinò alla finestra e percorse il paesaggio tranquillo che si estendeva per ettari sotto la sua finestra, lo stesso di sempre dopotutto.
Guardarlo a lungo gli fece credere che, magari, fuori ci potesse essere almeno un filo di vento, optò per una passeggiata.

Non considerò, in quel primo momento, che l'insonnia potesse portarlo a decidere di Smaterializzarsi a Nocturne Alley, ma evidentemente fu così, perchè camminava, non più sull'erba curata del suo giardino, ma lontano da quella dimora infestata, per i viottoli lastricati della zona.

Camminava tenendo le mani in tasca e alzava di rado lo sguardo, intimorito dalla vivacità di quelle stradicciole intricate, sconnesse e del tutto diverse da come le aveva sempre ricordate.

La maggior parte delle case, scure e stagliate contro un cielo ancora più buio, aveva ancora le finestre illuminate da una luce arancione, molti negozi non erano chiusi e non lo sarebbero stati prima del sorgere del sole, il via vai di streghe e maghi che animava quella notte nera come la pece era più consistente di quanto Draco si sarebbe aspettato.
Certo, il luogo pullulava ancora di Magia Oscura, ma perfino questa faceva molto meno paura dopo che il Signore Oscuro era caduto.

Già, si sentiva ancora sulla pelle la magia che quel posto trasudava, volava insieme a piccoli gruppi di pipistrelli, risaliva le pareti delle botteghe scorrendo nella linfa di un edera troppo verde per quel caldo soffocante, sorrideva dietro ai denti marci e storti di un anziano venditore con una fiala dal dubbio contenuto tra le mani, toccava tutto e tutti e dava i brividi.
Nocturne Alley aveva assunto un fascino quasi caratteristico, in cui i nostalgici maghi oscuri sembravano crogiolarsi, innocui.

Un tempo lo stesso Draco Malfoy avrebbe trovato familiare l'odore di zolfo e carbone, le pietre che riflettevano sanguigne le luci delle candele tremanti, del resto era cresciuto circondato da quell'atmosfera, ma era un'allegria malsana quella che lo raggiungeva, lo rese circospetto.
E aveva ragione di esserlo: di quei tempi nemmeno a Nocturne Alley i Mangiamorte erano più visti di buon occhio.

Svoltò e uscì da uno dei vicoletti più bui, trovandosi in una delle strade principali, affollata da rumorose ciance, fervide contrattazioni, risate sinistre e illazioni urlate da roche bocche, intorbidite dal Whiskey Incendiario.

Non gli piaceva un granchè quell'atmosfera, anzi meditava di andarsene, quando, come sollevandosi al di sopra di tutto quello scompiglio, una risata famigliare gli fece balzare il cuore nel petto, alzare lo sguardo e sondare instancabilmente i dintorni, posando gli occhi su ogni scenario, anche il più sgradevole che componeva quel quadro perverso.

Nemmeno un minuto più tardi si stava dando dello stupido, non poteva essere lui, non alle tre passate del mattino, non a Nocturne Alley.
Evidentemente la stanchezza gli aveva giocato un brutto scherzo.

Fece per muovere un altro passo in avanti ed ecco che sentì di nuovo quella voce inconfondibile stonare in un altra risata.
Si voltò di scatto, seguendo il suono e, alle proprie spalle, dietro a una bancarella di erbe sormontata da una tettoia di tela sgualcita, si ritrovò a fare i conti con uno spettacolo pietosto.

Nientemeno che Harry Potter era appena crollato a sedere poco elegantemente contro un muro di mattoni e rideva sguaiatamente con una bottiglia di quello che doveva essere Whisky Incendiario stretta in una mano, mentre allungava l'altra verso una donna, in piedi davanti a lui.
Quella lo assecondava, fin troppo piacente, finse di aiutarlo ad alzarsi, ma agli occhi di Draco non sfuggì come si fosse lasciata cadere di proposito sul Prescelto, sbattendogli in faccia la mercanzia, già di per sè fin troppo in bella vista.

Il volto del Serpeverde era l'immagine perfetta dell'orrore e del disgusto; scattò in quella direzione prima ancora di rendersene conto, gli occhi che mandavano lampi.

"Signorina, permetta che le dia una mano."

Si inserì, caricando il tono di tutto l'autoritario disprezzo che possedeva mentre, senza troppi complimenti, sollevava la prostituta da addosso a Harry e  la allontanava da lui, ignorando le sue stridule proteste e frapponendosi fra i due, in modo che quella non tentasse di rigettarsi sul moro con qualche scusa del mestiere.

"Potter, ma che diamine combini?"

Non usò un tono preferenziale per rivolgersi a lui, anzi, forse lo inasprì ancora di più, tanto per far arrivare chiaramente il messaggio a destinazione, anche attraverso i litri di alcol che dovevano annacquare la coscienza del moro in quel momento.

Non parve servire a molto comunque, Harry sembrava non capire cosa fosse successo e ora si stava concentrando nel mettersi a carponi senza mollare la presa sulla bottiglia.
Il compito doveva essergli parso piuttosto difficile perchè fu risolto con un altro sorso di Whisky Incendiario.

Draco alzò gli occhi al cielo di fronte a quel siparietto pietoso, ma fece comunque per aiutarlo ad alzarsi, venendo però bloccato dalle sgradevoli spire della donna, adesso avvinghiatasi attorno al suo corpo.
Rabbrividì e se la scrollò di dosso senza nemmeno girarsi a guardarla mentre la congedava.

"Rispetto la sua occupazione signorina, ma rifiuto la generosa offerta. Quanto le deve questo disgraziato?"

Sul viso della donna si dipinse una smorfia, offesa dalla frase tanto educata quanto più tagliente di una lastra di ghiaccio che le era stata rivolta, ma si arrese.

"Trenta Falci, ma se lei non ci avesse interrotti sarei riuscita a pagarmi la cena."

Il biondo afferrò al volo il concetto, il che non gli evitò di alzare gli occhi al cielo esasperato, prima di girarsi a guardarla, mettendo mano al portafogli.
Non era una brutta donna ora che ci faceva caso, era approssimativamente sulla trentina, aveva dei lunghi capelli neri molto curati, un viso gradevole ma reso osceno da quel trucco esagerato, il ragazzo giurò di aver notato che avesse perfino un neo finto.

"Un po' tardi per la cena comunque"

Commentò con un sospiro mentre le lanciava tra le mani un Galeone.
La vide afferrarlo al volo stupita, doveva essere più di quanto si aspettasse e di fronte a quello sguardo qualcun altro avrebbe provato un moto di compassione, ma non Draco Malfoy.
No, lui nella testa in quel momento aveva solo Harry Potter e ora aspettava solo che la prostituta se ne andasse per potersi dedicare a quel Grifonidiota che, questa volta, sembrava davvero aver toccato il fondo.

Dunque, appena fu lasciato solo con lui, tornò a voltarsi nella sua direzione, rivolgendogli uno sguardo stanco prima di inginocchiarglisi davanti.

Potter aveva finito il Whisky e ora stava lì, sdraiato a pancia in giù con il peso su un gomito e l'altro braccio sollevato a tenere la bottiglia capovolta, come confuso dal fatto che non ne uscisse più niente.
Solo quando delle dita bianche, rese ancora più spettrali dalla luce argentata della luna, gliela sfilarono di mano il moro si voltò per automatismo a cercare il volto di chi aveva compiuto quell'azione. Ci fissò lo guardo con aria assente e confusa, aguzzandolo e chiedendosi come mai fosse tutto così sfocato, inconsapevole del fatto di aver perso gli occhiali.

Draco sospirò rassegnato, non preoccupandosi di quanto triste dovesse sembrare il suo viso in quel momento, tanto il moro non era nella veste di recepirlo, apoggiò a terra la bottiglia e riportò quella mano verso di lui, scompigliando affettuosamente la massa disordinata di ricci che aveva in testa, non potendo non lasciarsi scappare una debole constatazione.

"Fai proprio schifo, Potter"

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


"Ti giuro che non è un'abitudine"

Borbottò Harry, imbarazzato e abbracciato a un secchio mentre Draco, seduto sul bordo del letto su cui era sdraiato il moro, gli tamponava il viso con un fazzoletto bagnato e non un emozione trapelava dal suo sguardo.

Non sentendolo rispondere e comprendendo che Malfoy non fosse particolarmente incline al fare conversazione, Harry si arrese al silenzio.

Avrebbe dovuto essergli solamente grato per averlo raccolto dal bordo della strada in quello stato pietoso ed averlo portato a casa sua ancora mezzo rintronato.
Inutile dire che Materializzarsi in quelle condizioni non era stato un toccasana per lo stomaco già ribaltato di Potter, anzi, era stato il colpo di grazia e il biondo ricordava bene come quel disgraziato non avesse potuto trattenersi dal vomitargli addosso.
In quel momento il Serpeverde aveva dovuto fare appello ad ogni briciola del suo autocontrollo per non gridare e abbandonarlo in giardino a smaltire la sbronza.

Ma no, era stato virtuoso al punto da fargli preparare la camera degli ospiti e sistemarlo lì, con un secchio a portata di mano per ogni evenienza.
Il perchè si trovasse al suo capezzale, compiendo l'evitabile gesto di bagnargli la fronte già era tutta un'altra storia.

"Non importa, vado a farmi una doccia tu vedi di non combinare altri danni."

Il suono della sua voce era freddo e distante, costrinse il moro ad abbassare lo sguardo e a non replicare in alcun modo, sopraffatto dall'imbarazzo e dall'improvvisa stanchezza.
Perso nei pensieri più disparati, rimase a guardarlo alzarsi e andare via, poi lasciò cadere il secchio per terra, scivolando ad appoggiare la testa sul cuscino mentre i suoi occhi vagavano sul soffitto della stanza in cui si trovava.

Nel lento e frammentario susseguirsi dei suoi pensieri Harry non potè fare a meno di chiedersi come mai avesse sentito il bisogno di giustificarsi davanti a Draco.
Certo... difendere il proprio orgoglio era uno dei suoi più spontanei istinti, tuttavia che bisogno ce n'era quando aveva già toccato il fondo?

A Malfoy sarebbe bastato aprire un qualsiasi numero della Gazzetta del Profeta per rendersi conto dell'enorme bugia che il moro gli aveva appena propinato.

Non era assolutamente la prima volta che il famoso Harry Potter veniva colto in costumi dissoluti quell'estate, semmai era la prima volta che qualcuno non cercava di approfittarne per uno scoop o per spillargli dei soldi.
Ormai andava avanti da talmente tanto che il ragazzo aveva smesso di vergognarsene, perfino con Ron ed Hermione, per questo era rimasto sorpreso da quel buffo impulso che l'aveva portato a negare l'evidenza.

Una cosa di cui era fermamente convinto, tuttavia, era che in ogni caso le notizie pubblicate sulla questione la ingigantissero notevolmente.

In molti iniziavano a riesumare e a considerare come punti di riferimento vecchi articoli di Rita Skeeter che, affiancati a una foto in cui il Prescelto si scolava una bottiglia di Whisky Incendiario o Dragon Barrel Brandy a seconda dei casi, andavano a sostenere teorie come una dipendenza dall'alcool per far fronte al dolore di tutte le perdite della sua giovane vita.

E chiaramente tutto ciò, non sussisteva e, quantunque ne avesse l'occasione, Harry sminuiva il problema infastidito, preferendo etichettarlo come un "innocuo vizio sul quale aveva il pieno controllo".

Per quanto lo riguardasse, Draco Malfoy ovviamente leggeva i giornali, tuttavia, prima di quella sera, non aveva esitato a schierarsi dalla parte di Harry, ben a conoscenza della dubbia attendibilità delle informazioni pubblicate dalla Skeeter in passato e ora da quelli che altro non erano che i suoi seguaci.

Poi però era incappato in prima persona in Potter e, oltre all'evidente stato di ubriachezza, non aveva potuto fare a meno di notare le profonde occhiaie che gli segnavano gli occhi e il viso stanco e scarno.
In tutti quegli anni di aperta ostilità si può dire che avesse imparato a conoscerlo più di quanto un nemico disinteressato avrebbe fatto e, quando qualcosa non andava in lui, spesso era Malfoy a rendersene conto, prima ancora di Potter.

E che quel cretino di un Grifondoro avesse un problema era evidente almeno tanto quanto il fatto che non volesse accettarlo.

Buttò indietro la testa e sospirò debolmente, lasciando che sottili goccioline d'acqua gli cadessero sul viso e scorressero lungo il suo corpo, accarezzando la pelle chiara e immacolata.

L'unica cosa che gli riusciva di farsi passare per la testa era che quell'idiozia doveva finire e Harry doveva tornare quello di sempre, ma lui non voleva aiutarlo nè averci a che fare in nessun modo.
Sapeva bene di essere troppo debole per rifiutarlo un'altra volta, non che credesse che il moro ricordasse quella buffa cotta che si era preso, era chiaro avesse altri Gorgosprizzi per la testa, eppure quell'eventualità c'era e Draco non intendeva farci i conti.
Altrettanto vero, però, era che c'era già dentro fino al collo e non si sognava nemmeno di fare finta di niente.

Giunto a quel punto gli restava una sola possibilità contemplabile: delegare.
Lui non poteva aiutare Harry a tornare in sè, ma, per Salazar, dov'erano quei suoi due amichetti quando servivano davvero?

Uscì dalla doccia, asciugandosi e vestendosi, ancora combattuto tra l'orgoglio che avrebbe dovuto calpestare per presentarsi a parlare con Lenticchia e la Mezzosangue e la possibilità sempre più vivida nella sua testa di uno Sfregiato ricoverato al San Mungo per coma etilico.

In ogni caso, si disse, ci sarebbe andato l'indomani a parlare con quei due: aveva il diritto di prendersi del tempo per prepararsi psicologicamente a una delle discussioni più impegnative della sua vita.
E di questa preparazione decise che avrebbe fatto parte una visitina a Potter nella camera degli ospiti, tanto per assicurarsi che dormisse.
Ma non dormiva, quella canaglia se ne stava lì a fissare il soffitto con occhi assenti.

"Potter, cosa ti vieta di chiudere gli occhi e dormire?"

Il tono di voce secco e quasi infastidito di Malfoy raggiunse il moro, distogliendolo dai propri pensieri e facendogli girare la testa per incontrare la sua figura, che trovò appoggiata allo stipite della porta a braccia conserte.

"Gli incubi"

Mormorò Harry con noncuranza, mentre il suo sguardo seguiva la postura di Draco, ora più rigida probabilmente a causa di quella risposta fin troppo diretta, quando, nel momento successivo, si rilassò di colpo, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e avvicinandosi al letto, mettendosi a sedere nuovamente sul bordo.

"Ovviamente non mi interessava, era una domanda retorica."

Borbottò il biondo, i cui capelli in realtà, Harry ebbe modo di osservare, si erano schiariti ulteriormente, arrivando a sembrare più bianchi che dorati.
In quel frangente, tenuti liberi dalla piega tremenda alla quale erano costantemente sottoposti, cadevano ad incorniciare il viso dai tratti delicati e raffinati di Draco, sul quale si tradiva un'espressione lievemente turbata.

Il moro si sollevò sui gomiti e allungò una mano nella sua direzione finchè non raggiunse una ciocca dei suoi capelli argentati, se l'attorcigliò tra le dita, affascinato dal modo in cui le prime luci dell'alba vi ci si riflettessero.
Mordendosi un labbro distrattamente gliela sistemò dietro l'orecchio, allora spostò lo sguardo sul suo viso, trovandolo pietrificato sul posto.

Era così bello rivederlo, ricordava di averci pensato innumerevoli volte in quei mesi e, ognuna di esse, il suo cuore era sprofondato un po' più in basso, affogando nel suo stesso sangue, mentre la mancanza insopportabile gli toglieva il fiato, lo piegava come un sottile foglio di carta.
Adesso che gli stava dinnanzi però era come se nessuno di quei pensieri l'avesse mai messo in ginocchio dopo averlo colpito nello stomaco.
Harry fece caso al modo in cui i suoi occhi dal colore del mare in tempesta cercassero disperatamente di nascondere l'imbarazzo e gli sorrise.

"Sembri un vecchio con questi capelli"

"Ma mollami, Potter"

Esordì all'improvviso Malfoy, scacciandogli la mano in quello che, più che uno scatto di rabbia, sembrava panico imbarazzato.
Harry rise e si ributtò con la testa sul cuscino, i ricci sparsi sulla seta candida e le braccia piegate sotto la testa.

"E ora cosa c'è da ridere?"

Il biondo si affrettò a difendersi mentre cresceva in lui la consapevolezza dell'eccessivo nervosismo che aveva dimostrato per quel gesto innocente e le sue guance assunsero un colorito rosato, fin troppo evidente sulla sua pelle bianca.

"Niente niente, come sta tua madre?"

"Cosa?"

Sbottò confuso prima ancora di accorgersene.
Insomma cosa accidenti c'entrava in quel momento e, soprattutto, che razza di domanda voleva essere?

"Sì, una delle ultime volte che abbiamo parlato mi hai detto che non era proprio in forma. Quindi, sta meglio?"

"Non dirmi che ti aspetti davvero una risposta"

Draco sembrò rimproverarlo con quel tono di voce perentorio, ma lo guardò scrollare le spalle con naturalezza e si lasciò sconvolgere dalla sua sfacciataggine.

"A James l'avresti detto"

"Tu non sei James!"

Harry sollevò un sopracciglio, gli scoccò un'occhiata scettica, chiaramente divertito dal successivo ulteriore disagio del ragazzo.
Per Draco fu il colmo, aveva esclamato quelle parole di getto senza realizzare che James era probabilmente più Harry di quanto Harry stesso non fosse Harry ai suoi occhi.

"Davvero non so perchè ti parlo"

Sospirò con un tono quasi rabbioso, intanto si alzò e fece per andarsene, ma Potter bloccò subito il suo gesto trattenendolo per un polso.

"Perchè in realtà ti sono simpatico"

Il biondo si affrettò a liberarsi da quella stretta e guardò Potter da sopra la spalla con dipinta sul viso un'espressione disgustata.

"Non mi saresti simpatico nemmeno se fossi l'amore della mia vita."

"Quindi stai dicendo che potrei diventarlo?"

Insistette Harry, girandosi su un fianco sempre appoggiato a un gomito per restare in equilibrio mentre si sporgeva con un sorriso svagato a riafferrare il biondo che questa volta si girò completamente, visibilmente scioccato prima di far mollare nuovamente la presa al moro e alzare le mani in segno di resa.

"Sto dicendo che avrei fatto tanto meglio a gettarti nelle mani del Signore Oscuro quando ce n'era l'occasione"

Draco gli diede le spalle di nuovo e non vide Potter alzarsi dal letto, sentì solo due mani grandi che all'improvviso gli strinsero i fianchi facendolo sussultare, il fiato caldo del moro solleticargli la nuca e il suo consueto odore, con in aggiunta i rimasugli di un sentore d'alcool, costringerlo a deporre le armi, in balia di Harry e reso vulnerabile dalla sua vicinanza.

"Ma non l'hai fatto. Sono stato salvato innumerevoli volte nella mia vita, Draco, e di recente ho scoperto che, tutte e quante le volte, è sempre stato per lo stesso motivo. Sai qual è, non è vero?"

La voce del Grifondoro lo cullò finchè le sue parole non assunsero un significato nella testa di Malfoy.
Lui allora si scostò per istinto di conservazione.

"Non sai di cosa parli, Potter"

Sibilò con i denti stretti, ma la voce tremante solo per nascondere il fiato corto.
Era così, gli correva il cuore nel petto veloce abbastanza da togliergli il fiato e ora non importava che fosse un'estate calda come poche, sui fianchi sentiva ugualmente freddo dove le mani Harry non lo stavano stringendo più.
Uscì dalla stanza senza ulteriori indugi, sperando che quell'idiota si decidesse a dormire una volta per tutte, per quanto ormai il sole illuminasse completamente la stanza.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Solo quando fu certo che Potter si fosse arreso al sonno, Draco percorse i cupi corridoi del Manor fino a lasciarsi l'entrata dell'edificio alle spalle, ignorando il forte bisogno di imitare il moro e concedersi un minuto di tregua in seguito a quella che era stata una delle notti più lunghe della sua vita.
Ma non era ancora finita, anzi forse appena cominciata, considerando il fatto che doveva ancora fare fronte alla parte peggiore.

Arrivato in giardino alzò gli occhi verso il cielo azzurro e terso, troppo per un'estate inglese, il suo sguardo scese lungo la folta chioma verde di uno degli alberi della proprietà e il ragazzo si lasciò trascinare nel fitto boschetto di fianco al maniero, camminando fino a raggiungere uno spiazzo.

Nel centro esatto della radura, una quercia maestosa allungava le sue radici nel terreno per metri, ricavandosi più spazio degli altri alberi, distinguendosi da loro e proteggendo il suo territorio grazie ai rami massicci e contorti che lasciava cadere bassi attorno al proprio tronco.
La luce del sole filtrava attraverso le foglie verdi, irradiando il terreno sottostante solo a sprazzi, non potendo abbattere la confortevole cupola d'ombra preservata dalla fitta chioma.
Dalla prima volta che aveva visto quell'albero, un piccolo Draco Malfoy se n'era innamorato e sedersi tra le radici della pianta o sui rami bassi tanto da sfiorare il suolo era ancora di conforto al ragazzo.

Draco si avvicinò alla sua adorata quercia, ne toccò la corteccia e ne percorse le scanalature, lasciò affondare le delicate dita pallide nelle rientranze, seguendo quei movimenti con uno sguardo assente.
Si ritrovò ad appoggiare la fronte contro il tronco robusto e si concesse un respiro profondo prima di arrendersi al pensiero di dove intendeva Materializzarsi.
Ma sapeva bene che era l'unica soluzione possibile.
Chiuse gli occhi e un attimo dopo il ruvido legno di quercia lasciò le sue dita e la calma del giardino del Manor fu sostituita ben presto da grida lontane e risate divertite.

Lisciandosi la camicia allungò lo sguardo oltre gli alti campi di grano che lo circondavano, ma, nel momento in cui sporse la testa, qualcosa di tozzo entrò in fretta nel suo campo visivo, volando a tutta velocità nella sua direzione.
Prima ancora di rendersene conto Malfoy gridò a pieni polmoni e si abbassò in fretta per schivare quell'oggetto volante, trovandosi accovacciato con la testa stretta tra le mani tremanti.

"Caspita Ginny! Lancia così la Pluffa e le Holiday Harpies pagheranno fior di galeoni pur di averti in squadra."

L'esclamazione non fu raccolta, la rossa aveva alzato una mano per zittire il fratello e spingeva lo sguardo verso i campi di grano.

"Credo di aver sentito un grido"

Ronald rise e scrollò le spalle con noncuranza di fronte alla fronte corrucciata di Ginny.

"Non mi sorprenderebbe se fosse stato lo gnomo, di che ti preoccupi?"

La rossa scosse la testa e si avventurò nella direzione del lancio con passo spedito.

"No, non era un grido da gnomo"

Ribattè decisa e il fratello si limitò ad alzare gli occhi al cielo, lasciando cadere la creatura che teneva tra le mani e che si affrettò a nascondersi in un cespuglio, mentre il suo aguzzino seguiva la ragazza nei campi.

"Siete dei barbari, degli incivili traditori del loro sangue! Aggredire così i visitatori... io vi farò causa!"

I due Weasley rimasero pietrificati nel vedersi scattare davanti un Draco Malfoy rosso in viso, con i capelli scombinati e un dito accusatorio puntato nella loro direzione.
La reazione successiva di Ron fu girarsi verso Ginny con gli occhi ancora sbarrati di stupore e sollevare una mano nella sua direzione, aspettando che battesse il cinque.

"Caspita Ginny, se l'hai preso in pieno non puoi fallire la prova d'ammissione."

Lei rise e assecondò il fratello di fronte a un Malfoy schiumante di rabbia.

"Non mi ha preso in pieno, disgraziato, timorato di Merlino di una Lenticchia. Mi sono spostato."

"Peccato"

Commentò il rosso con una smorfia insoddisfatta mentre Ginny faceva caso allo sguardo fuorioso del Serpeverde e iniziava a temere seriamente per la salute di Ron.

"Peccato? Weasley tu vuoi morire."

Un attimo prima che il biondo si mettesse a cercare la bacchetta, la rossa ne fermò il polso e spinse una mano contro il petto di suo fratello spingendolo indietro, lontano dalle sue intenzioni bellicose.

"FERMI, tutti e due."

"Mollami Lenticchia femmina!"

Gridò Malfoy ancora su di giri, divincolandosi dalla sua stretta e dovendo ammettere che fosse decisamente serrata per una ragazzina così piccola.
Lei si girò verso di lui, tenendo le mani avanti per controllare un'eventuale ulteriore esplosione e porse le sue scuse, affermando si fosse trattato di un errore durante la disinfestazione del giardino.
Il biondo si massaggiava il polso, perso nel ricordarsi che Harry gli aveva in effetti parlato di quelle buffe pratiche dei poveri.

Scrollò le spalle e si affrettò a ricomporre tutti i tratti della sua dignità, superando i fratelli Pel di Carota con una spallata.

"Mi auguro che abbiate del tè. Non discuto senza una tazza fumante tra le mani."

Ci pensò Ginevra a decidere per il fratello, evidentemente non abbastanza lucido per discutere, gli tirò una ginocchiata come ammonimento prima di seguire il biondo verso la Tana.

"Diremo ad Hermione di prepararne, ma cosa sei venuto a fare qui, Malfoy?"

"In ogni caso, Weasley, non ti riguarda."

Quello fu quanto la rossa riuscì ad estorcere a Malfoy che, non solo non abbandonò per un istante quella sua compiaciuta aria di superiorità, ma pretese perfino che lei, che l'aveva probabilmente salvato da una rissa con suo fratello dalla quale sarebbe uscito col mantello spiegazzato, se ne andasse e lasciasse conferire in privato lui, Ron ed Hermione.

Ginevra strinse i pugni, ma non disse altro, per esperienza sapeva che era meglio avere quanto meno possibile a che fare con un Malfoy, perfino se allora quello in questione teneva tra le mani una tazza lilla con la scritta incantata per cambiare da "Best Mommy" a "of the year" ripetutatamente.

Chiaramente Draco ebbe da ridire sulla scelta della tazza, se la rigirò tra le dita con una smorfia disgustata mentre borbottava qualcosa su un servizio da tè per gli ospiti che pure i Babbani della peggior specie sapevano di dover possedere.
Miracolosamente, nessuno raccolse quella provocazione, forse perchè intanto il biondo aveva bevuto un sorso dalla tazza di Molly e i due ragazzi interessati furono lasciati soli con Malfoy in salotto.

"Allora, che vuoi?"

Partì brusco Ronald, incrociando le braccia al petto mentre la tensione che regnava in quella stanza cresceva, se possibile, ancora di più.
Draco sollevò un sopracciglio, infastidito e cercando di concentrare i propri pensieri sul bene di Potter, dunque accavallò le gambe e appoggiò la tazza sul tavolo di legno che gli stava di fronte, che lo separava dal divano dove sedevano gli altri due.

"Non immaginerete mai chi, dopo essere stato raccolto per strada come un mendicante della peggior specie, stia dormendo nella camera degli ospiti di casa mia in questo momento."

La Granger chinò il capo mestamente, sospirando con lo sguardo fisso sulle proprie esili dita intrecciate. Anche Weasley aveva dipinta sul volto un'aria colpevole e si mordeva un labbro nervosamente.

Al biondo bastarono quelle reazioni per capire che i suoi interlocutori avevano afferrato il concetto.
Incrociò le braccia al petto e drizzò la schiena, pronto a vomitare addosso a quei due una bella ramanzina  che non avrebbero potuto avere la faccia tosta di contestare, ma fu fermato dalla voce di Hermione, che lo precedette.

"Immagino dovrai ritenerci degli irresponsabili..."

Mormorò la ragazza e il biondo annuì composto.

"Tra le altre cose."

Asserì, risparmiandosi la serie di ulteriori insulti che non gli sarebbe affatto dispiaciuto rivolgere loro in quel momento di debolezza.

"Devi crederci se ti diciamo che ci abbiamo provato a parlargli, ma da quando è inziata l'estate è diventato intrattabile, sempre chiuso nei suoi pensieri. Rimugina senza sosta e non si dà pace, non accetta aiuti di alcun tipo, nè da noi nè da nessun altro, è come se non volesse distrazioni."

"Somiglia molto a questa qui in periodo di esami, se dobbiamo dirla tutta"

Hermione scoccò al rosso un'occhiataccia per quel suo intervento, lui scrollò le spalle con un'espressione innocente dipinta sul viso, allora lei si limitò a ricomporsi.

"Ma è indubbiamente più triste"

"O non avrebbe bisogno di rendersi ridicolo in quel modo tutte le sere"

Concluse allora Malfoy con un lieve cenno di assenso.
Si morse un labbro, non potendo evitare che un'atroce senso di rimorso si impadronisse di lui.

Come aveva potuto credere che dopo tutto quello che aveva passato, dopo tutte le sue perdite, dopo tutti i suoi sacrifici, Harry semplicemente se ne facesse una ragione e andasse oltre? Si detestò per come, proprio lui che diceva di amarlo e volere il suo bene, si era amalgamato alla massa, idolatrandolo come una macchina priva di sentimenti.
Forse i giornali edulcoravano i fatti, certo, ma escludere a priori che quel ragazzo non stesse soffrendo solo perchè nessuno l'aveva mai visto piangere era sciocco.
E ora che ci faceva caso, aveva perfettamente senso che allontanasse i suoi amici, le uniche persone di cui gli importava, se continuava a pensare che bastasse un soffio di vento e avrebbe perso anche loro.

Draco chiuse nella stretta delle sue dita scarne la stoffa dei pantaloni che gli fasciavano le cosce e dovette affondare i denti nel proprio labbro inferiore con più insistenza per non iniziare a tremare di vergogna e pentimento. 
Non seppe nemmeno lui dove trovò la forza di alzare gli occhi sui due ragazzi che gli stavano seduti dinnanzi e fronteggiarli senza che nè il suo sguardo nè la sua voce tremassero.

"Fate qualcosa allora, costringetelo se serve, ma fate in modo che torni ad essere quello di prima e... Salazar non vi vergognate che sia io a dirvelo?"

Ron ed Hermione si scambiarono una veloce occhiata sorpresa perchè a entrambi era parso per un istante che Draco Malfoy fosse sul punto di scoppiare a piangere.
Lui quell'occhiata la colse e scattò in piedi deglutendo nervosamente e tastando lo schienale della poltrona per raccogliere il mantello che vi aveva riposto, facendo scorrere nella testa tutte le forme di congedo che conosceva in cerca della più adeguata al contesto.

"Perchè invece non gli parli tu?"

Sbottò il Weasley, precedendolo. Aveva incrociato le braccia al petto e ora il suo sguardo sembrava sfidare Draco a rivelargli qualcosa di cui tutti in quella stanza sembravano già essere consapevoli.
Il biondo si gettò sulla difensiva, rivolgendo loro una risata  fredda e sprezzante.

"Ma ti senti quando parli, Weasley?"

"Perfettamente grazie, ma non mi hai risposto."

Il ghigno sulle labbra di Malfoy scemò in un attimo, lasciando che il suo volto  fosse deturpato da quella che sembrava collera.

"Sto perdendo il mio tempo, andate al diavolo. E se Potter ci rimette la pelle, tanto peggio per voi Grifonidioti"

Sibilò accanito, dando loro le spalle e affrettandosi fuori da quella topaia, raggiunse in fretta i campi di grano dove potè Smaterializzarsi.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Nè Ron nè Hermione tentarono di porre un freno alla rapida fuga di Malfoy dalla Tana, entrambi del tutto consapevoli che non avrebbero mai potuto estorcere al biondo alcunchè.
Ad ogni modo quella visita così breve ed inaspettata li lasciò turbati e scossi dai sensi di colpa: quello che aveva detto Draco era vero, avrebbero dovuto vergognarsi di farsi rimproverare da lui per essersi arresi così in fretta con il loro migliore amico.

"Penso di aver sottovalutato i sentimenti di Malfoy nei confronti di Harry"

Hermione fu la prima a spezzare quel silenzio così carico di tensione, dando voce ai suoi ragionamenti, mentre il rosso, seduto al suo fianco, si lasciava deformare il viso da una smorfia.

"Sottovalutato, nel senso che credi non sia solo una cotta?"

Lei scosse la testa corrucciando la fronte mentre la folta massa di capelli seguiva il suo movimento.

"No, è assolutamente molto di più e questo l'ho sempre sospettato. Ciò che mi sorprende è che lui sembra esserne più che consapevole, sembra che la cosa non lo disturbi affatto e conosciamo abbastanza Draco Malfoy da sapere quanto sia fossilizzato in convinzioni ...uhm, stantie direi."

Ron guardava la ragazza seduta al suo fianco, chiedendosi cosa diamine le passasse per la testa; aveva gli occhi oscurati e persi nel vuoto, dietro ad essi scorreva un fiume in piena di pensieri e lui non riusciva a coglierne metà.

"Personalmente, non ci ho capito un manico di scopa, ma perchè farsi tanti problemi su Malfoy quando è di Harry che dovremmo preoccuparci?"

"Perchè non riesco a smettere di chiedermi se questa volta tocchi effettivamente a noi occuparci di lui..."

Il rosso aggrottò le sopracciglia, più confuso di prima.

"Cioè... vorresti che sia quel furetto senza cuore ad aiutare Harry. Ma non hai visto che faccia ha fatto quando gliel'ho chiesto?"

Hermione sospirò arrendevolmente e raccolse le tazze vuote per portare in cucina dove il suo ragazzo la seguì, ancora sulle spine.

"La verità Ron è che il furetto in questione, seppur accetti di amare il nostro amico in modo così irreversibile, è terrorizzato a morte dall'idea di vivere questo amore. Il suo contesto glielo impone del resto."

"Cioè Malfoy ama Harry ma non vuole averci a che fare?"

La Granger rise per quel tono sorpreso con cui Ron riassunse e semplificò quanto lei aveva appena detto. Nel mentre con un colpo di bacchetta lasciò che le tazze si lavassero da sole così da potersi girare a guardare il ragazzo in faccia.

"Puoi metterla così se ti è più chiaro"

Il rosso drizzò la schiena e sollevò le sopracciglia, profondamente impressionato.

"Miseriaccia, sapevo che era un codardo, ma non credevo lo fosse a tal punto"

Questa volta fu sul viso di Hermione che si dipinse una smorfia, perlopiù divertita, segno evidente che stava per cambiare discorso.

"Come se tu non avessi mai avuto paura di un'emozione, Ronald"

Per parlare gli si era avvicinata e aveva stretto le sue esili braccia attorno al busto del Weasley.
Le orecchie di Ron divennero tanto rosse da confondersi con i suoi capelli dopo quella frecciatina, si morse un labbro nervosamente cercando una via d'uscita.

"Non conosco nessuna specie di ragno che si chiami Emozione."

Borbottò tali parole con un filo di voce e lo sguardo deviato verso lo spigolo di un mobile, rovinando così quella che sarebbe stata un'ottima battuta.
Hermione però rise lo stesso, alzando gli occhi al cielo prima di sollevarsi sulle punte dei piedi per baciare il ragazzo sulle labbra, lui ricambiò e la strinse a sè, tuttavia fu il primo a staccarsi.

"E se qualcosa andasse storto e Malfoy non fosse in grado di aiutare Harry?"

La Grifondoro si strinse nelle spalle.

"Li terremo comunque d'occhio, è chiaro"

Toltisi quel peso dallo stomaco, i due ragazzi si sentirono liberi di continuare a baciarsi.

❄❄❄

Solo quando aprì gli occhi dopo una rinfrancante dormita, Harry realizzò davvero dove si trovasse e, soprattutto, che odiava il luogo in cui si trovava.
Si affrettò a lasciare il letto su cui era stato coricato, in modo che ricordi sgradevoli non avessero il tempo di fare capolino tra i suoi già troppi pensieri.

Fu nel momento in cui la sua mano strinse la maniglia della porta che si era chiuso alla spalle uscendo da quella stanza, che Harry si rese conto che non avrebbe facilmente trovato l'uscita di quel maniero non sapendo nemmeno in che punto questa si trovasse.
Sfilò la bacchetta dalla tasca e dovette rassegnarsi al rievocare altri ricordi sgradevoli, compiendo un incantesimo legato indissolubilmente a una notte che avrebbe solo voluto non ci fosse mai stata.

"Guidami"

Mormorò come spaventato dalla sua stessa voce e la bacchetta si sollevò a mezz'aria, ruotando in fretta su se stessa simile alla freccia di una bussola impazzita, finchè non rallentò e si fermò ad indicare un punto alla sinistra del ragazzo.
Harry mise le mani in tasca e uscì dalla stanza, incamminandosi per i corridoi fastosamente cupi del Manor.

Il male che aveva strisciato per quegli stessi passaggi, sembrava non aver mai lasciato la casa e, immerso in quell'atmosfera che non di rado infestava i suoi sogni più orrendi, il Grifondoro faticava a non rievocare quanto successo l'unica altra volta che ci era stato.

Più volte fu costretto ad alzare lo sguardo verso la bacchetta per seguire il percorso che indicava e, esattamente come per una frazione di secondo riusciva in tal modo a discostarsi da quei ricordi, concentrandosi sulla necessità di pragmatismo e nervi saldi, subito altri, altrettanto insopportabili, tornavano a galla.
Le immagini nella sua testa si susseguivano incessanti e opprimenti, dandogli la nausea più di quanto l'alcool potesse mai fare.

C'era la federa insanguinata di Dobby, il suo fragile corpicino zuppo e tremante.
C'era il sorriso dolce e determinato di Cedric nel momento in cui le loro mani avevano toccato la Coppa Tremaghi insieme.
Subito dopo un lampo verde e i suoi occhi color nocciola, colmi di sorpresa, fissavano un cielo che non potevano più vedere.

Per quanto in fretta tentasse di cacciare l'immagine, questa lo tormentò insaziabile, finchè al suo posto, un sorriso marcio e folle gli si disegnò in testa: Bellatrix che lanciava il coltello che avrebbe ucciso Dobby, Bellatrix che torturava Hermione.
E insieme al suo sorriso malato, i suoi occhi da pazza, ecco che la sua risata iniziava rimbombare nella testa di Harry, bloccandolo sul posto a metà della scalinata centrale proprio di fronte all'uscita.
Ma al moro non sembrava più possibile pensare ad andarsene, non sembrava più possibile pensare a qualcosa che non fossero quelle parole stridule: "Ho ucciso Sirius Black"

Harry soffocò un gemito e crollò a sedere sui gradini, le dita tremanti affondavano tra i ricci scuri, tirandoli freneticamente mentre quella voce non gli dava tregua.
Cercava la pace disperatamente quanto un naufrago che cerca la terraferma, ma dubitava di non essere destinato a morire in mare.
Ben presto pesanti lacrime tornarono a solcargli le guance arrossate e i suoi lamenti angosciati risuonarono per l'atrio vuoto del Manor, amplificati, resi risonanze lontane e spettrali.

Draco era rimasto in piedi sulla soglia di casa, impietrito e incapace di reagire in alcun modo a quanto stava vedendo.

C'era Harry seduto sulla scalinata principale, accovacciato per meglio dire, con la testa tra le mani, la bacchetta che levitava sopra di lui, compiendo l'Incantesimo Quattro Punti.
Il ragazzo non era mai stato più piccolo e fragile e piangeva affannato, senza ritegno lasciando che i suoi versi spezzati fendessero l'aria come coltelli.

E andarono a segno, colpirono Draco in pieno petto uno dopo l'altro e lui sanguinò in quel momento più di quanto avesse fatto per quel Sectumsempra al sesto anno.
Dovette deglutire, cercò di regolarizzare il respiro inspiegabilmente frenetico e di pensare in fretta a come reagire, tuttavia, prima di accorgersene, aveva già perso il controllo.

I suoi passi leggeri e veloci scivolarono sul pavimento scuro e lucente dell'ingresso fino al primo gradino della scalinata, dove si fermarono di colpo.
Da lì in poi procedettero più lentamente, cauti e misurati, solo per fermarsi di nuovo un paio di gradini più in basso rispetto a dove il Grifondoro, che, avendo avvertita la presenza di qualcuno, faceva di tutto per non tremare, seppur con scarsi risultati.

Harry lasciò andare i capelli, strinse al loro posto il tessuto dei pantaloni, trovando il coraggio di alzare lo sguardo e incrociare quello di Draco.

Si irrigidirono entrambi, nello stesso momento, ora la voce nella sua testa aveva smesso di strillare e il moro aveva sgranato lievemente i grandi occhi verdi, arrossati di pianto, nello scoprire sul volto del Serpeverde uno sguardo che non avrebbe saputo definire se non come mortificato.
Il biondo invece si era bloccato, stringendo la presa sul largo corrimano d'ebano scuro, perchè incontrare il volto di Harry devastato in quel modo era stato più di quanto potesse sopportare.

In ogni caso, nessuno dei due sembrava avere la forza di parlare e quello scambio di sguardi iniziava a durare troppo, portando le guance dei due ragazzi ad accaldarsi lievemente.

Fu Draco a spezzarlo per primo, deviandolo verso il basso, intanto Harry si alzava in piedi con un gesto scomposto e imbarazzato.

"Te ne andavi senza salutare?"

Il moro spostò lo sguardo di scatto di nuovo sul volto pallido e tormentato di Malfoy, ancora non lo guardava in faccia, ma Harry colse il tremore nella sua voce e potè figurarsi il motivo.

"Per Godric. Dimmi che non stai per piangere per empatia."

Fu l'unica cosa che riuscì a borbottare, quella sbagliata probabilmente, ma sufficiente a far alzare la testa a Draco, ora aveva di nuovo i suoi occhi addosso, furenti e, sì, lucidi.
Questa volta fu Harry a distogliere lo sguardo, asciugandosi le guance con un gesto veloce prima di rimettere via la bacchetta e tornare ad infilare la mani in tasca.

"Sì, me ne andavo senza salutare"

Ammise, vergognandosene un po' in effetti, ma a Draco non sembrò importare più di tanto.

"Grazie, comunque..."

Lui annuì, ma non disse nulla, sembrava star rincorrendo pensieri imperscrutabili e combattendo contro di essi e contro i suoi istinti.
Harry chiuse gli occhi, smise di guardarlo per smettere di pensare quanto ingiusto fosse non poterlo abbracciare.

Ingiusto e stupido.

Si disse il Grifondoro mentre semplicemente lo affiancava, scendendo di qualche gradino e lo salutava solo con un leggero tocco sulla spalla.

Uno che ti odia non ti bacia in quel modo.

Continuava a pensare Harry, non senza una nota di frustrazione che colorisse quel concetto, mentre le sue dita stringevano delicatamente il tessuto che copriva la spalla di Malfoy.

Fu un tocco freddo e improvviso a impedire al ragazzo di scostare la mano e andarsene.
Draco ora aveva appoggiato la propria mano su quella di Harry, la stringeva con forza, gli occhi fissi in un punto indefinito davanti a lui.
Il Grifondoro rimase bloccato con il cuore in gola, pendendo dalle sue labbra finchè non lo vide finalmente girarsi nella sua direzione con le guance lievemente arrossate.

"Ti va se leggiamo un libro in giardino?"

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Era forse la proposta più stupida che gli sarebbe mai potuta passare anche solo nell'anticamera del cervello, ma l'aveva buttata fuori lo stesso, spaventato dall'idea di avere i secondi contati.
Però vide Harry guardarlo sorpreso e fu certo che quello che si era dipinto sulle sue labbra dovesse essere almeno un mezzo sorriso.
Ed era un notevole progresso, considerate le condizioni in cui l'aveva trovato pochi minuti prima.

"Mi va"

Rispose soltanto Harry, con un filo di voce, mentre i loro sguardi restavano incatenati tra loro ancora una volta, ma senza che l'atmosfera circostante pesasse loro addosso, carica solo di emozioni negative.
No, per una volta parve ad entrambi di avere stabilito una tregua con i meandri più oscuri della loro mente, grazie a quello sguardo.
Draco sorrise debolmente, spaventandosi della facilità con cui ci era riuscito.

È solo per una volta, andrà tutto bene anche se faccio un'eccezione

Si disse mentre sceglieva per la prima volta di arrendersi, concedere al cuore di corrergli nel petto un po' più in fretta e di sentirsi a disagio in compagnia di Potter.
Non si ritrasse nemmeno quando il moro intrecciò le dita con le sue, spostando le loro mani giunte da sopra la sua spalla.
Draco seguì quei gesti con lo sguardo, sentendosi comunque addosso quello del moro, si rese conto di stare di nuovo faticando a respirare regolarmente.
Cosa credeva di fare quel disgraziato, tenergli la mano forse?

Harry non gli staccava gli occhi di dosso, lo vedeva esageratamente teso, ma lo sentiva stringergli la mano a sua volta e non gli sembrava possibile.
Realizzò inoltre quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che si era sentito ottimista, felice senza improponibili rovesci della medaglia.

"Non è che ci stai provando con me, Potter?"

Balbettò Draco, crollando disarmato in ginocchio di fronte all'enorme sorriso che illuminò il volto di Harry subito dopo.

"Puoi giurarci, Malfoy"

Il Serpeverde non riuscì ad aggiungere altro, si lasciò semplicemente trascinare giù per le scale e verso l'uscita, limitandosi ad appellare un libro a caso dalla libreria in fondo alla sala, nonostante dubitasse fortemente ne avrebbero lette più di due parole.

E aveva ragione, infatti non meno di mezz'ora più tardi era seduto su uno dei rami bassi della sua amata quercia con il libro aperto alla prima pagina sulle ginocchia, ma lo sguardo divertito che inseguiva attorno al tronco della pianta, Potter perso in un energico soliloquio.

"Ti prego smettila, mi fai venire la nausea!"

Lo implorava ridendo, ma otteneva solo che il moro cambiasse repentinamente direzione per dispetto, continuando a parlargli ininterrottamente di quanto ammirasse i Centauri solo perchè erano stati nominati per sbaglio nelle prime due righe dell'introduzione del libro.

"Potter guarda che ho capito, ti prego cambia discorso non ne posso più di uomini-cavallo"

Il moro indossò una smorfia platealmente infastidita e incrociò le braccia al petto una volta che si fu fermato di fronte a Malfoy.

"Come sei noioso Draco, davvero vuoi farmi credere che intendi leggere quel coso? Sono bastate due righe per farmi venire sonno."

"Innanzi tutto se tu dormissi la notte invece di andare in giro a ubriacarti forse non avresti di questi problemi, in secondo luogo sappi che non mi hai dato esattamente modo di scegliere cosa leggere dal momento che sei scattato come una Firebolt verso l'uscita e, in terzo, non chiamarmi così."

Harry si avvicinò al ramo dove Draco era seduto e vi ci appoggiò la schiena contro, alzando in ogni caso la testa nella sua direzione, non potendo evitare di lanciargli un'occhiata che lui non seppe decifrare.

"Che c'è?"

Chiese, reso nervoso dal modo in cui il Grifondoro aveva lasciato cadere tutte le sue provocazioni, rifugiandosi nei suoi pensieri.

"Anche tu eri fuori ieri notte."

Malfoy alzò le spalle, non capendo il motivo di quell'affermazione buttata lì in quel modo.

"Mi sembra ovvio"

"Come mai a Nocturne Alley? Insomma è un posto pericoloso quello, soprattutto di notte e soprattutto per..."

Il modo in cui Harry lasciò la frase in sospeso diede sui nervi al biondo, ma realizzò in fretta che forse a dargli fastidio era stato il sottinteso che avevano condiviso in quell'istante di silezio imbarazzato.

Per un ex-Mangiamorte. Già e quale posto non lo sarebbe allora?

Non espresse a voce alta quel pensiero, ma sapeva che il ragazzo aveva ragione.
Era ancora troppo presto per sperare nel perdono da parte della comunità magica.

"Non ad ubriacarmi, poco ma sicuro"

Riuscì a replicare, freddamente e spostando l'attenzione nuovamente sul suo interlocutore, che venne anch'egli colpito nel segno.

"Ehy, non scherzavo quando ti ho detto che non fosse un'abitudine"

Replicò il moro con un'occhiataccia.

"No, non scherzavi, mentivi è diverso"

Si affrettò a ricambiare l'occhiataccia e l'altro abbassò lo sguardo, lasciandolo cadere sulle nodose radici dell'albero, in mezzo alle quali spuntavano numerose chiazze d'erba verdissima.

A quel punto Draco si accorse di non essere più in grado di guardare Potter in faccia, poichè i folti ricci disordinati erano calati a coprirgli gli occhi.
Non potè non chiedersi come mai si ostinasse a tenerli così lunghi, ma non sembravano dargli fastidio e al Serpeverde non ne davano di certo, anzi si era sempre domandato come sarebbe stato passarci le dita attraverso.

Non seppe dove trovò il coraggio, nè come la curiosità fu un grado di vincere sull'insicurezza, ma non resistette oltre e allungò una mano, tirandogli indietro le ciocche ribelli che gli erano cadute sul viso.
Lo sentì rilassarsi all'improvviso sotto al suo tocco e si allarmò, rendendosi conto dell'idiozia che aveva combinato nel momento in cui il viso di Harry si lasciò tirare indietro insieme ai capelli, portando il moro ad appoggiare il capo contro il ramo dell'albero e a volgere i suoi occhi verdi verso di lui.

Draco si morse un labbro, imbarazzato e ritrasse, suo malgrado, la mano, tornando ad appoggiarla sulla copertina rigida del libro che teneva in grembo, non gli sfuggì il sorrisetto che balenò sulle labbra di Potter: no, non avrebbe fatto finta di niente quell'idiota.

"Non mi stavi sgridando, Malfoy? Dov'è finita tutta la tua freddezza?"

Insinuò la canaglia, girandosi quanto bastasse per appoggiare un gomito sul ramo e invadere un po' troppo lo spazio vitale del biondo, che arrossì vagamente.

"Avevi i capelli in faccia, Potter e hai urtato il mio senso estetico."

Lo vide ridacchiare e alzare gli occhi al cielo, ma senza darsi per vinto, il moro gli si spostò di fronte, appoggiando i palmi delle mani ai lati opposti della sua figura, impedendogli di scendere dal ramo o almeno di farlo senza tirargli una ginocchiata in faccia.

"Perchè di solito non lo urto?"

"Certo che sì"

Replicò Draco, simulando compostezza quando questa era l'ultima cosa a passargli per la testa.

"Ma in quel momento in modo particolare"

A quella precisazione, Harry annuì, schioccando la lingua sul palato scelse di dargli corda e si protese pericolosamente nella sua direzione.

"Non lo so Malfoy, ho la sensazione che tu mi nasconda qualcosa."

In un primo momento il biondo drizzò la schiena, allontanandosi da lui.
Solo quando si accorse che così facendo avrebbe dichiarato il suo svantaggio, pensò di stare al gioco e, se aveva ben capito, quello a cui Potter stava giocando era uno di quelli che gli riuscivano meglio.
Allora si sporse verso di lui e gli buttò le braccia attorno al collo, sorridendo spavaldo di fronte al suo sguardo che tradì la sorpresa.

"Potter non ti ho mai nascosto veramente niente, è che sei troppo stupido per vedere a più di un palmo dal tuo naso."

Harry mugolò distrattamente, più concentrato su quanto il volto di Draco fosse vicino al suo, i suoi grandi occhi erano argentati e accesi di vitalità quel giorno, lo stordivano e lo attraevano inesorabilmente nelle spire della Serpe.
Parlò quasi senza accorgersene, per puro automatismo.

"È per questo che ti stai avvicinando?"

Draco sospirò rassegnato, contenendo una risata e i loro fiati si mescolarono, persuadendo entrambi che non sarebbe successo niente di male se avessero diminuito la distanza che li separava ancora di un pochino.

"Harry, sei tu che ti stai avvicinando"

Non fu chiaro chi dei due avesse preso l'iniziativa, o se si fossero incontrati a metà strada, ma, un attimo dopo si stavano baciando.

Iniziarono lentamente, con cautela, Draco si gustava nei minimi dettagli il sapore di quelle labbra, assaporandolo ancora ben lontano dal potersi capacitare che stesse davvero accadendo e arrivando a considerare l'eventualità in cui, forse, perdere il controllo con Potter potesse non dimostrarsi una disgrazia totale.
In effetti, più la bocca del Grifondoro premeva irruenta contro la sua, trascinandolo in un bacio vorticoso e famelico che era chiaro quel ragazzo avesse aspettato troppo a lungo, più lui si convinceva che fosse così, che fosse sicuro, che l'unica scelta giusta fosse quella che aveva sempre ritenuto la più sbagliata.

Poi le mani del moro risalirono le cosce di Malfoy e lui rispose tirandogli indietro i ricci scuri quanto bastasse per allontanarlo da sè e sfilargli gli occhiali, appoggiò il braccio che li reggeva sulla sua spalla mentre con la mano libera gli strinse il mento, sollevandolo verso di sè, fiero di incontrare due occhi verdi che pendevano palesemente dalle sue labbra.
Sorrise appena percettibilmente, poi schiuse le labbra, rendendo chiare a Potter le sue intenzioni, così lui lo imitò e Draco si sporse nuovamente, leccandogli il labbro inferiore e facendo poi scivolare la lingua nella sua bocca.

Harry strinse più a sè il ragazzo, intrecciando la propria lingua su quella del biondo, spingendosi nella sua direzione fino a costringerlo a divaricare le gambe per lasciargli spazio tra di esse.
Il ventre caldo di Harry premette contro il bacino del Serpeverde, che non potè trattenersi dal lasciarsi sfuggire un gemito affannato.
Una mano del moro risalì lungo la sua schiena fino a raggiungere la sua nuca, accarezzare l'attaccatura dei capelli, tirarli leggermente solo per poi spingersi contro il suo viso ancora più a fondo.

Solo quando a nessuno dei due fu rimasta più aria da respirare, si concessero di separarsi. 

Durò un secondo poi Draco saltò giù dall'albero e Harry lo prese in braccio, tenendolo da sotto le cosce, mentre, per la seconda volta, si lanciavano contemporaneamente in un bacio.
Il Grifondoro spinse la schiena del biondo contro la corteccia della quercia i cui lunghi e folti rami fungevano in quel momento da nascondiglio, delimitando un piccolo mondo a sè stante di cui i due ragazzi stavano esplorando i segreti, avventatamente e, per una volta, senza maschere nè rimpianti.

Draco sentiva i loro bacini sfregare l'uno contro l'altro e l'ampio petto del moro spinto contro di lui, le mani di Harry scorrere lungo il tessuto dei suoi  pantaloni, ne odiò insieme  a lui ogni centimetro.
Fu poi sorpreso dalla improvvisa deviazione dei suoi baci che ora prendevano di mira il suo collo, mozzandogli il fiato in gola.

"H-harry"

Lo chiamò vanamente, aggrappandosi alle ciocche dei suoi capelli scuri e stringendo la presa sulla barretta dei suoi occhiali.
Lo udì mugolare sulla sua pelle in tutta risposta e trasalì non appena le sue labbra e i suoi denti tornarono a lambirgli quel punto delicato: si ritrovò a inclinare la testa involontariamente, per dargli più spazio.

Chiuse gli occhi e appoggiò il capo contro il tronco alle sue spalle, cercando di riprendere fiato, cercando autocontrollo, cercando di non fare caso a come tutto di Harry fosse pervaso da un calore magnetico che sembrava promettergli che non avrebbe mai più avuto freddo.
Fu difficile formulare una frase senza che la sua voce venisse spezzata dal desiderio di tacere e limitarsi a baciarlo.

"Harry, per Salazar ti fermi un attimo?"

A malincuore il moro riuscì a dargli retta e rialzò lo sguardo verso il Serpeverde.
Lui sembrò tanto dispiaciuto quanto sollevato dall'essere riuscito ad evitare un'irreversibile tempesta di sensazioni indubbiamente gradite. Tornò letteralmente con i piedi per terra e gli tolse le mani di dosso, porgendogli piuttosto i suoi occhiali con un sopracciglio platealmente sollevato.

"Spiacente Potter, non faccio sesso prima di colazione"

Harry prese gli occhiali che gli venivano riconsegnati e li indossò, cogliendo la vaga citazione alla pessima scusa che si era inventato quasi un anno prima per sfuggire a una discussione scomoda con lo stesso interlocutore.
Non potè fare a meno di scuotere la testa divertito e non tanto sorpreso di scoprire che Draco se ne ricordasse, quanto di realizzare lo stesso di sè.

"Sono le undici passate, Malfoy, se non hai fatto colazione è solo colpa tua."

Replicò a tono e si girò per inseguirlo con lo sguardo mentre tornava verso il Manor come se niente fosse successo.
Esattamente come quella mattina lo fermò bloccandolo per la vita, ma questa volta gli riempì la nuca di baci e lo sentì buttare indietro la testa mentre le sue labbra risalivano fino al suo orecchio.

"Ma posso aspettare se prometti di metterci poco."

Malfoy si morse un labbro, combattendo contro sè stesso per non ammettere quanto allettante fosse quella prospettiva.

"Facciamo che se raccogli il libro che tu hai fatto cadere ficcandomi la lingua in gola, potrei concederti di restare per pranzo."

Il viso di Potter si illuminò di un sorriso troppo grande per essere vero.

"Ci sto, Malfoy."

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Draco Malfoy aveva passato la maggior parte della sua vita senza osare sperare nemmeno lontanamente di ricevere attenzioni diverse da insulti da Harry Potter, poi a diciotto anni, di punto in bianco, si era ritrovato una sua dichiarazione d'amore tra capo e collo.
Dire che al momento fosse stato al settimo cielo sarebbe un eufemismo, era molto più su, ma l'aveva nascosto bene e aveva fatto il suo dovere da bravo erede della famiglia Malfoy, accontentandosi di sapere dell'esistenza reciproca di quei sentimenti che tuttavia continuò a nascondere come poteva, lasciandoli puramente potenziali.

Fu solo quando aveva ormai da un paio di mesi raggiunto il diciannovesimo anno d'età che realizzò quanto poco in effetti gli importasse del nome della sua famiglia.
In fondo come avrebbe potuto essere altrimenti? Suo padre marciva ad Azkaban e a lui nemmeno dispiaceva particolarmente, sua madre era come se nemmeno esistesse e al Manor era rimasto solo lui, lui e gli elfi domestici.
Dunque, nel nome di cosa avrebbe dovuto sacrificarsi una volta che finalmente aveva gettato la sua paura alle ortiche?

Mentre guardava Harry non cessare di fare il cretino nemmeno a tavola, nessuna buona ragione per privarsi di quel nuovo, infinitamente migliore modo di mangiare gli passò per la testa, occhi e pensieri troppo pieni di lui, del suo sorriso contagioso che aveva sempre guardato solo da lontano, dei suoi gesti imprecisi, ma decisi, dei suoi brillanti occhi verdi che sembravano non nascondere alcuna delle preoccupazioni che poteva capitare li velassero.

"Mi stai ascoltando, Draco?"

La voce del ragazzo raggiunse il suo udito non senza una nota divertita a storpiarla, chiaramente conoscevano entrambi la risposta, ma Potter non sembrava essersela presa particolarmente in ogni caso.

"Ehm... i Cannoni di Chudley ai nazionali '74?"

Il moro scosse la testa, ridacchiando, e il biondo fece un altro tentativo, arrossendo.

"Lanciare... gnomi da giardino?"

"Nemmeno"

"Ok, mi arrendo"

Sbuffò Malfoy riportando gli occhi sul piatto quasi vuoto.

"Riguardava l'aggressione alla sorella di Blaise Zabini, hai letto cos'è successo la settimana scorsa, vero?"

Draco fece una smorfia, rabbuiandosi e crollando il capo.

"Un argomento leggero, adatto a un pranzo senza dubbio. Non ne avevo idea in ogni caso, sarò stato distratto da uno degli innumerevoli articoli che parlavano del Prescelto trovato sbronzo sotto un ponte."

Commentò di rimando Malfoy, iniziando a puntellare con i denti della forchetta l'ultimo pezzo di pesce rimasto nel piatto.
Harry lo guardò, non potè non sentirsi imbarazzato e centrato in pieno da quella frecciatina, ma sollevò un sopracciglio confuso, tornando in fretta sull'argomento principale.

"Mi fa piacere che tu sia stato in apprensione per me, ma parliamo di Zabini. Insomma era amico tuo, un buon amico peraltro, come mai ti comporti come se non ti importasse?"

"Abbiamo perso i contatti di recente, non parla con nessuno da quando ha scoperto che Theo lo tradiva."

"E tu non intendi fare niente? Non puoi semplicemente ignorare quanto è successo a sua sorella, è o non è il tuo migliore amico? Siete tutti in pericolo, ma se vi isolate sarà solo peggio e lo sai."

Draco lasciò cadere la forchetta nel piatto con un gesto stizzito e il clangore zittì Harry.

"Tutti chi, Potter, Tutti noi Mangiamorte dici? Sai che novità, ci perseguiteranno finchè avranno fiato nei polmoni e Salazar, fanno solo bene. E soprattutto non venirmi a dire come dovrei trattare i miei amici quando non lasci che i tuoi ti parlino nemmeno per sbaglio."

Il biondo era scattato in piedi, pronto ad un'uscita di scena con tutti i santi crismi, ma Harry gli prese la mano, fermandolo nel suo tentativo di allontanarsi.

"E tu come lo sai, mi spii per caso?"

Il pallido viso di Malfoy si arrossò appena e il ragazzo schiuse le labbra, non potendo negare l'evidenza, cosa che comunque scelse di fare.

"Mi guardo intorno, Potter."

Harry non potè non interpretare la risposta di Draco come un triste tentativo di nascondere la verità, la quale il moro interpretava come una forma del tutto originale di attenzione nei suoi confronti, il modo in cui questa lo rassicurava lo fece arrossire lievemente a sua volta. Iniziò a chiedersi da quanto tempo gli fossero riservate quelle attenzioni speciali e non riuscì a smettere di farlo finchè non rivolse al biondo quella stessa domanda.

"Ah sì? E sentiamo da quanto tempo ti guardi intorno esattamente?"

Non appena sentì quelle parole appensantire l'aria della stanza, il sottile rossore sulle guance pallide di Draco assunse toni decisamente più marcati, lui boccheggiò, non sapendo come rispondergli, indietreggiando quando il Grifondoro si alzò in piedi, invadendo spavaldamente il suo spazio personale, di nuovo.

Dal primo istante, Sfregiato imbecille.

Lo pensò soltanto, esattamente come aveva fatto innumerevoli altre volte, ma non glielo avrebbe mai detto, non avrebbe potuto gestirne le conseguenze.

"Da un po' più di quanto tu creda"

Il suo tono di voce era incredibilmente controllato, ma aveva gli occhi velati di malinconia. Harry, intanto aveva fatto un altro passo nella sua direzione ed ebbe un tuffo al cuore nel farci caso, mai nella sua vita si era sentito tanto vulnerabile per uno sguardo, in sua completa balia.

"Come sai cosa credo?"

Mormorò abbassando per un attimo gli occhi sulle labbra di Draco, lo vide mordersele e lui se le leccò, distratto dal travolgente ricordo del loro sapore.

"P-potter sei inquietante"

Balbettò in tutta risposta Malfoy, sentiva il profumo di Harry stuzzicargli le narici ed ebbe un giramento, si aggrappò alle sue spalle appena un momento prima che il moro cedesse e gli scoccasse un veloce bacio sulle labbra, lo vide alzare i suoi occhi verdi e incrociarli con i suoi.

Se con quel gesto gli stava chiedendo il permesso, probabilmente il suo sguardo doveva averglielo concesso perchè un altro bacio salato sfiorò le labbra di Draco, che si affrettò a ricambiarlo, aprendo la bocca e permettendo al Grifondoro di continuare.
Questa volta non si sognò di fermarlo nemmeno quando le sue attenzioni lambirono il suo collo con morsi e baci irruenti, portandolo a gemere delicatamente, tirando il tessuto che gli copriva le spalle.

Non era certo che quello che Harry si stava prendendo fosse esattamente il pranzo che gli aveva promesso, ma fu felice di scoprire cosa i gusti del moro potessero comportare.
Rabbrividì quanto sentì le dita del ragazzo sfilargli la camicia dai pantaloni e sfregare avidamente contro la pelle dei suoi fianchi, non si sarebbe fermato, lui stesso non voleva che si fermasse, non si era mai sentito vivo tanto quanto in quel momento, ogni fibra del suo corpo arrendevole, travolta da un unico desiderio.
Tuttavia c'era un evidente problema di fondo.

"Potter, ammiro la tua irruenza, ma non ti farò andare oltre nella mia sala da pranzo."

Pochi istanti più tardi si ritrovò a doversi confrontare con il sorriso furbesco del Grifondoro, che invece sembrava proprio dell'idea.

"Non vedo il problema, c'è fin troppo spazio su questo tavolo"

Il biondo sghignazzò e gli sfilò gli occhiali, cercando di sembrare indifferente al fatto che i pollici grandi e bollenti di Harry gli stavano bruciando la pelle delicata con il loro tocco distratto.

"E va bene, Sfregiato, fai come ti pare, ma fai in modo che ne valga la pena o ti strappo quel sorrisetto dalla faccia a morsi."

Fu come se l'avesse colpito sul personale, Harry lasciò andare la sua vita solo per togliersi la maglietta di dosso con un gesto veloce tanto da far dubitare il biondo che l'avesse compiuto, ma di fronte alla sua muscolatura definita e abbronzata, non poterono esserci dubbi.
Draco sollevò le sopracciglia, sinceramente impressionato e complimentandosi con se stesso per la inconscia scelta del suo desiderio proibito, poi alzò gli occhi su Harry.

"E chi l'avrebbe mai detto"

Sussurrò il Serpeverde con un sorrisetto sghembo, vide l'altro arrossire lievemente, ma l'imbarazzo non dissuase il Grifondoro dall'afferare i passanti dei pantaloni di Draco e spingerlo contro di sè nuovamente, tirando i loro bacini a scontrarsi.
Al biondo non sarebbe dispiaciuto guardare Harry senza maglietta ancora per un po', ma fu presto riattirato in un bacio frenetico, dal quale entrambi trassero il minimo concepibile di tregua e il massimo dell'eccitazione.

Harry armeggiava furiosamente con i bottoni della camicia di Malfoy, senza smettere di baciarlo e spingendolo contro il lungo tavolo d'ebano intagliato, nel farlo indietreggiare spinse che le loro cosce a sfregare tra di loro, facendo sentire Draco stravolto, attaccato incessantemente su troppi fronti, ci mise poco ad eccitarsi.

Quando il biondo si sedette sul tavolo il Grifondoro perse la pazienza, accecato da un desiderio che non credeva di poter contenere tutto solo dentro di sè e fece saltare i bottoni restanti della sua camicia, gliela sfilò in fretta e subito dopo le braccia sottili e delicate del Serperde tornarono ad avvinghiarsi attorno al suo collo.
Harry accarezzò quella pelle soffice e liscia come la seta, lo sentì irrigidirsi quando lo sguardo di entrambi andò a posarsi su una vecchia ferita, una macchia nera sull'avambraccio sinistro.

"Draco..."

Sorrise debolmente, Malfoy era visibilmente turbato, affogava nel mare in tempesta dei suoi stessi occhi tristi.
Le labbra di Harry lambirono il suo avambraccio, lasciando il proprio sapore come unico antidoto al veleno del serpente che gli infettava la pelle immacolata.

Percepì il respiro di Draco farsi pesante, le sue dita delicate scostargli i ricci dalla fronte e fu lì che le labbra del biondo si posarono con delicatezza.
Harry non vide mai la lacrima che corse veloce lungo la sua guancia, Draco non udì mai il debole gemito di sollievo che uscì dalle labbra del moro come un soffio liberatorio.

Per entrambi quel gesto significava solo una cosa, qualcosa che in tutto il mondo erano i soli a poter capire, perchè erano simili, non avevano mai avuto scelta, portavano il peso delle stesse cicatrici.
Quei baci significavano che quel peso, da quel momento in avanti, era un fardello che avrebbero condiviso, come due facce della stessa medaglia, equilibrate e bilanciate, fatte per essere unite.
E in barba alla guerra e alle sue fazioni, a tutto il dolore e i sacrifici, loro si erano uniti, trovando l'uno nell'altro l'unica persona che fosse in grado di conoscerli più di loro stessi.

Fu Draco a spingere Harry nuovamente contro di sè, i loro sguardi si incrociarono per un attimo e, dopo troppi anni impiegati in schermaglie e tenzoni di ogni genere, si sorrisero complici.
Le dita del Serpeverde sfiorarono i fianchi del Grifondoro, la sua pelle nuda era calda, ma il ragazzo rabbrividì a quel tocco quando questo scivolò verso il suo inguine, la mano del biondo lo coprì, i suoi occhi brillavano maliziosi mentre quelle dita lo stringevano in una morsa che fece drizzare la schiena a Harry con una smorfia.

"Non perdere di vista l'obiettivo, Potter"

Sorrise spavaldamente Draco, a testa alta mentre fronteggiava l'occhiata di fuoco da parte moro, pronto e speranzoso di subire una delle sue impavide vendette.
Harry era consapevole di essere come un burattino nelle mani di Draco, incantato da ogni suo gesto, succube del suo sguardo, ma non rassegnato ad esso.
No, quel fascino lo aizzava, lo rendeva febbricitante e irrequieto, incapace di mantere il controllo.
E questo principalmente perchè l'idea di perderlo era allettante a dir poco.

Harry slacciò i pantaloni di Draco, indietreggiò per sfilarglieli, si portò via con essi anche il suo intimo, stufo di temporeggiare, il biondo scalciò, altrettanto impaziente di liberarsi di quegli strati superflui, poi armeggiò con i pantaloni del moro così che ben presto potesse essersi tolto anche lui quanto restasse a coprirlo.
I loro corpi si divorarono a vicenda in una gara di sguardi, poi in una di baci e morsi, di tracce lasciate su di essi, scontri, carezze e graffi che producevano roche grida o flebili gemiti.

Quando Draco fu pronto, Harry lo spinse a sdraiarsi sul tavolo, sollevò le sue lunghe gambe, facendo scivolare le dita abbronzate sulla pallida pelle delle cosce.
Mentre lo penetrava lentamente lo vide mordersi un labbro e distogliere lo sguardo.
Il moro allungò una mano verso il suo viso e lo costrinse a girare il mento e tornare a guardarlo.
Si spinse in lui completamente, con un gesto deciso, nel momento in cui gli rubò un bacio umido, ma delicato, che servì a soffocargli un gemito strozzato.

In un primo momento gli occhi del biondo erano inumiditi di lacrime sottili, poi il bacio crebbe d'impeto, e così i movimenti di Harry che affondava nella carne di Draco, portando entrambi a gemere in preda a scosse del piacere più completo che avessero mai sperimentato.
Erano una cosa sola, lo erano sempre stati e, nel raggiungere l'orgasmo, stipularono un tacito accordo: lo sarebbero stati per sempre.

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Draco era seduto con la schiena appoggiata alla larga testiera di legno del letto di Harry a Grimmauld Place.
Era passata poco più di una settimana da quando aveva soccorso il ragazzo a Nocturne Alley e, non solo ora il moro era sdraiato con la testa sul suo grembo, completamente nudo e si lasciava accarezzare i ricci disordinati, ma gli aveva rivelato l'ubicazione di casa sua nonostante fosse protetta dall'Incanto Fidelius.

Il Serpeverde non sapeva come prendere la cosa, alla fine aveva più o meno lo stesso peso della buffa usanza babbana di cui Harry gli aveva parlato che consisteva nel affidare al proprio fidanzato le chiavi di casa.
Doveva quindi considerarsi il suo fidanzato? 

Harry si poneva esattamente le stesse domande, cullato dai gesti delicati di Draco e non sapeva come rispondersi. Del resto negli ultimi dieci giorni avevano fatto sesso un numero spropositato di volte, ognuna di esse perchè l'uno si presentava a casa dell'altro con una scusa stupida e finiva sempre allo stesso modo.

Ma questo bastava? Malfoy non gli dava certezze, parlare dei suoi sentimenti era ancora impossibile per quanto questi fossero chiari ad entrambi come lo erano i suoi. Eppure il moro temeva che chiedendogli cosa gli passasse per la testa avrebbe finito con lo spaventarlo e portarlo a chiudersi ancora di più.

Fu proprio quel pomeriggio il punto di svolta, Harry se ne accorse ancora prima che accadesse, aveva sentito il ragazzo fermare il suo gesto per un attimo, trattenere il respiro, allora aveva aperto gli occhi, incontrato il lieve rossore che colorava il viso di Draco, i suoi occhi intimoriti, ma che trattenevano chiaramente l'intenzione di domandargli qualcosa.

Rimase in silenzio, soffocando la sua impazienza, alimentata dalla tensione nella stanza anche quando il biondo riprese ad accarezzargli i capelli e distolse lo sguardo, facendo come se niente fosse e tentandolo di arrivare cavargli le parole di bocca.

"Harry... questa che stiamo facendo è una cosa seria vero?"

Il moro sorrise, era un sorriso apertamente intenerito, ma nascondeva una nota provocatoria che portò Draco a sentirsi uno sciocco, un ingenuo per avergli posto quella domanda.
Harry allungò una mano e fece scivolare un dito abbronzato lungo la guancia del biondo, seguendo il percorso che avrebbe fatto una lacrima.

"Mi stai chiedendo se penso che stiamo insieme?"

Malfoy non rispose, era già stato sufficientemente imbarazzante esporsi come aveva fatto nel porgergli quella domanda, inoltre, continuando a rifiutarsi di guardarlo, scostò la mano di Potter con un gesto seccato che mostrò chiaramente al ragazzo la sua fragilità in quel momento e lo persuase a smettere di giocare.

Harry recepì e fu abbastanza furbo da non tirare ulteriormente la corda.
Si limitò ad appoggiare la mano scacciata da Draco sul petto del biondo, accarezzando la sua pelle delicata per qualche istante, finchè quel gesto non fece rilassare il ragazzo.
Solo a quel punto il moro si concesse di rialzare gli occhi sul suo viso e rispondergli.

"Sì, è una cosa seria. Mortalmente seria."

Il Serpeverde finalmente abbassò lo sguardo su di lui, come per assicurarsi che non stesse ancora scherzando come suo solito, ma lo trovò risoluto.
Ciò gli bastò a persuadersi di sorridere, non c'era più traccia di vulnerabilità nel suo sguardo, ora era solo soddisfatto e ghignava, sollevando il mento di Harry e avvicinandosi al suo viso.

"Adoro quando diventi drastico per compiacermi"

Soffiò spavaldo, accendendo con quella provocazione anche lo sguardo del Grifondoro che si alzò su un gomito, sporgendosi verso di lui con un sorriso molto simile a curvargli le labbra.

"Non mi serve essere drastico per compiacerti"

Gli rispose a tono prima che Draco lo baciasse, infilandosi nella sua bocca con trasporto.
Harry portò una mano dietro la sua nuca spingendo il ragazzo verso di sè e coinvolgendo le loro lingue in una danza bagnata, la stessa di meno di mezz'ora prima e di quasi ogni momento nei giorni precedenti, ma di cui nessuno dei due sembrava avere mai abbastanza.

Non appena la mancanza di fiato troncò quel bacio, Harry si mise a sedere a cavalcioni sulle gambe del biondo, le sue mani delicate scorrevano sulle sue cosce mentre lui prendeva di mira il collo di Draco, ci aveva messo poco a capire quanto gli piacessero i suoi baci lì e non perdeva occasione per lasciargliene.
Poi scese, percorse le sue clavicole, baciò il suo petto scivolando verso il basso, dove anche Malfoy lo spingeva, tenendolo per le spalle.

Era giunto a lambire con le labbra il suo bassoventre, a raccogliere i primi segni di approvazione da Draco, quando una voce risuonò dal piano di sotto.

"Harry sappiamo che sei in casa, scendi per favore!"

Il biondo si lasciò sfuggire un'imprecazione colorita, per nulla nel suo stile, deluso da quel pessimo tempismo che aveva costretto Harry a scattare lontano dal letto alla ricerca dei suoi pantaloni e a lasciare il lavoro neanche a metà.

"Non possono aspettare cinque minuti?"

Harry rise, chiudendo il bottone dei jeans mentre Hermione, al piano inferiore, insisteva e minacciava di salire.

"Forse basteranno a te cinque minuti, ma a me no di certo"

Per quell'uscita geniale un cuscino e la voce indignata di Draco lo inseguirono fuori dalla porta.

"Era un modo di dire, cretino di uno Sfregiato!"

Raggiunto il piano di sotto ancora con un sorriso stampato sulle labbra, notò come Hermione si rilassò immediatamente nel vederlo, lasciandosi cadere lungo i fianchi le braccia prima incrociate al petto.

"Non sei ubriaco..."

Constatò, sinceramente sorpresa, ma prima che Harry potesse arrossire e offendersi, Ron pose un altro problema dinnanzi alla sua attenzione.

"C'è qualcuno, vero? Qualcuno con cui stavi facendo qualcosa che comportasse lo spogliarsi vedo."

Solo a questo punto il moro arrossì, notando come avesse allacciato il bottone dei jeans senza tirare su la zip.
Si affrettò a rimediare, perdendosi lo sguardo sorpreso che Hermione rivolse a Ron per quel suo scatto di spirito di osservazione.
Quando riportò l'attenzione sui suoi amici, però, ne intercettò un altro, a metà tra il consapevole e l'incredulo.

"Cosa c'è?" 

Chiese loro di getto, visibilmente confuso.

"Harry, non sarà mica che ci stai sostituendo con un furetto!"

"Un furetto, perchè un fur-"

Se prima era semplicemente arrossito, a quel punto avvampò vistosamente, indietreggiando di fronte agli occhi maliziosi di Hermione.

"HARRY PER SALAZAR, VUOI MANDARLI VIA IN FRETTA?"

La ragazza soffocò una risata che invece Ron non fu in grado di trattenere e lo costrinse a coprirsi la bocca con le mani.

"Beh, Harry, eravamo passati per vedere come stavi, ma sembra vada tutto molto meglio del previsto..."

"Già che ci siete potete restare per cena, ho molte cose di cui scusarmi"

"NO CHE NON POSSONO!"

Gridò Draco dal piano di sopra, seguì del trambusto e il moro intuì che il ragazzo sarebbe sceso per protestare in prima persona.
Hermione sorrise a disagio, non sapendo se fosse o meno il caso di accettare l'invito.

Prima che chiunque altro potesse proferire parola, arrivò il Principe delle Serpi in persona con addosso solamente l'intimo e una maglietta di Harry, era chiaro che c'era qualcosa che volesse dimostrare con la scelta di quell'abbigliamento.

Nel vederlo, il moro strabuzzò gli occhi e scattò a difenderlo, circondandogli la vita con le braccia, sollevandolo da terra e dando le spalle a Ron ed Hermione, nel tentativo di spostarlo di peso da una forma volontaria o meno di sguardi indiscreti.

Ma Malfoy era proprio quelli che andava cercando: se mettere a disagio lo Sfregiato era l'unico modo di mandare via ospiti indesiderati, riprendersi Potter e monopolizzarlo, allora non si sarebbe fatto scrupoli. Per questo motivo, strinse le gambe attorno alla vita del moro, ghiacciando con lo sguardo gli altri due Grifondoro da sopra la sua spalla.

"Ok, Harry forse è meglio se andiamo"

Intuì Ron, pietrificato di fronte a quello che i suoi occhi volevano fargli credere stesse succedendo.
Dovette sbattere le palpebre un paio di volte per arrendersi al fatto che quello che si stava avvinghiando al suo migliore amico, distraendolo dalla loro presenza, fosse proprio Draco Malfoy, nella sua versione più infantile e genuinamente felice che il rosso avesse mai visto, fatta eccezione per le occhiate minacciose che rivolgeva a lui e alla Granger, quelle erano sempre le stesse.

Temette di svenire nella realizzazione del contesto in cui si trovava, al punto che fu una Hermione visibilmente divertita a prendergli la mano e a distogliere la sua attenzione da Harry, che nel frattempo perdeva l'equilibrio, cadendo addosso a Malfoy sui primi gradini delle scale.

"Assolutamente sì, Weasley! Andate forza"

Esclamò il biondino aggrappato alla schiena del moro, soddisfatto di notare che i due ragazzi indietreggiavano verso la porta.

"Perdonatelo, è geloso e mi ama follemente"

Fu quanto Harry riuscì a dire in difesa sua e del comportamento di Draco, mentre si rialzava in piedi e andava ad aprire loro la porta, profondamente imbarazzato.
Promise loro che sarebbe passato alla Tana l'indomani e il Serpeverde gli saltò in spalla, negando con tutte le sue forze l'insinuazione che il moro aveva osato fare nei suoi confronti pochi istanti prima. 

Non appena il ragazzo chiuse la porta alle spalle dei suoi amici, Malfoy scivolò coi piedi per terra, si ricompose, lisciandosi la maglietta con un sopracciglio sollevato e l'aria soddisfatta.

Il Grifondoro rimase a guardarlo strabiliato, provando il fortissimo impulso di strangolarlo.

"Sei incredibile."

"Lo so, Potter"

Lo rimproverò, profondamente irritato, ma lui gli diede le spalle, risalendo le scale come se nulla di quanto aveva fatto fosse successo davvero.

"Ora sbrigati, potrebbe passarmi la voglia."

Harry alzò gli occhi al cielo, esasperato e ancora scosso dall'accaduto, ma lo seguì, il suo corpo si mosse su per le scale prima che il suo cervello glielo suggerisse.

Intanto, nella piazzola lastricata appena davanti al 12 di Grimmauld Place, un mago dai capelli rossi fissava un punto indefinito davanti a sè, lo sconvolto ritratto del turbamento.
Una strega, sorrideva intenerita, gli accarezzava la schiena, aspettando che lui si fosse ricomposto quanto bastasse a Smaterializzarsi con lei.

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Come promesso, il giorno dopo attorno all'ora di pranzo Harry si Materializzò alla Tana.
Più che sorprendente per tutti coloro che lo stavano aspettando sulla soglia di casa e che consistevano in Ron, Hermione, Ginny, Percy, Molly e Arthur, fu vederlo arrivare con al seguito un ragazzo imbronciato e petulante che potevano sostenere di conoscere piuttosto bene.

"Buon mattino, proletariato magico!"

Salutò Draco allegramente, un fervore evidentemente simulato e sprezzante agli occhi di tutti.

"Malfoy!"

Lo ammonì Potter con un ringhio di avvertimento che sembrava tanto domandare "di cosa abbiamo parlato fino a cinque minuti fa?".
Lui favorì una smorfia apertamente infastidita come sola risposta.

"Non ci credo Harry, te lo sei portato!"

Balbettò un esemplare di Ronald Weasley pallido come un ciencio una volta che ebbe preso da parte il suo amico.
Il moro non fece in tempo a rispondere, che il suo fidanzato lo precedette.

"Bada a come parli, Lenticchia, non sono l'animaletto domestico di Potter, sono qui solo perchè lui mi ha implorato in ginocchio."

Harry arrossì vistosamente e abbassò lo sguardo mentre varcava la soglia della Tana subito dietro a Malfoy, ignorando le disperate richieste di chiarimenti da parte di Ron.

"Non se ne parla, Harry. Te lo scordi, non succederà mai."

Obiettava Draco, deciso a dissuadere il moro dalla terrificante idea che aveva avuto e che consisteva in un pranzo alla Tana con quei poveracci dei Weasley.

No, era fuori questione, due visite in quella catapecchia nel giro di un solo mese era più di quanto il biondino potesse sopportare.

Purtroppo per lui però, Harry era altrettanto determinato a farlo cedere e continuava a sottolineare l'importanza di entrare in contatto con loro, dato che presto o tardi avrebbero dovuto scendere a patti con la loro relazione.

"E cosa gliene frega a loro? No, è fuori questione non voglio averci niente a che fare."

"Draco sono come una famiglia per me, è importante che si abituino a vederci insieme"

"Ma ti senti quando parli, davvero non ti sembra un po' presto per presentarmi la tua cosiddetta famiglia?"

Continuava a protestare Malfoy, girando attorno al tavolo della cucina per sfuggire al moro che invece si ostinava a seguirlo ovunque per la casa e a mettergli pressione.

"Beh, a dirla tutta sarebbe presto anche per convivere, ma mi pare che ormai tu ti sia come trasferito da me. Comunque non glielo diremmo ovviamente, ti presenterò come un amico."

"Stai dicendo che dovrei andarmene, non gradisci la mia presenza quindi."

Contestò il Serpeverde a denti stretti, mandava lampi dagli occhi e Harry deglutì a fatica, dovendo ammettere di non aver mai conosciuto nessuno tanto permaloso.

"Non ho detto questo, smettila di travisare, adoro averti qui."

Quella sua schiettezza o forse il suo ammettere di aver sbagliato sembrarono compiacere il suo interlocutore, che rimase zitto per un po' incrociando le braccia al petto e squadrando Harry da capo a piedi.

"Non possiamo essere amici, Potter, questo è poco ma sicuro e non ci crederanno mai."

"Beh, basta non litigare e... non saltarci addosso, non dovrebbe essere poi così difficile."

Borbottò il Grifondoro, era certo che il ragionamento non facesse una piega, ma l'altro ragazzo non sembrava altrettanto convinto, tanto che aveva sollevato un sopracciglio con fare scettico.

"È forse l'idea più stupida ed utopistica che ti sia uscita di bocca"

Esitò per un attimo e solo dopo si sentì in dovere di aggiungere qualcosa.

"...Oggi"

Harry gli scoccò un'occhiataccia da manuale, ma si dissuase dall'aprire una parentesi per la questione. Piuttosto sospirò arrendevolmente, passandosi una mano sul viso e, con un gesto stanco, si massaggiò le palpebre da sotto le lenti.

"Ok, che devo fare per convincerti?"

Un sorrisetto malizioso lampeggiò sulle labbra della Serpe, il moro temette che non avesse aspettato altro che quelle parole per cedere.

"Chiedimelo in ginocchio, le lusinghe mi mettono di buon umore."

"Non me lo stai chiedendo davvero..."

Il silenzio di Draco lo persuase che, invece, fosse proprio così.

"Te lo scordi! Non mi metterò in ginocchio per una cavolata del genere."

"Se è una cavolata non vedo perchè dovrei sacrificarmi e assecondarti, mio dolce Harry."

Il Grifondoro sbuffò, teneva gli occhi fissi sul biondo e sul suo volto non scorgeva alcun segno di cedimento.
Non potè che pensare a quanto fosse stupida quella condizione e stupidamente difficile da assecondare, ma dopo non molto si arrese e si mise in ginocchio davanti agli occhi soddisfatti del biondino malefico.

"Ti prego, Draco, vieni a pranzo dai Weasley con me domani"

Formulò, visibilmente seccato, come uno scolaretto che ha imparato una poesia a memoria e deve ripeterla davanti all'insegnante. Malfoy ghignò, se la tirò per un paio di minuti per godersi l'immagine di Harry a disagio e solo dopo acconsentì.

"Ah, Potter!"

Lo richiamò mentre, rialzatosi, il moro si apprestava a trovare un angolino per piangere le sue disgrazie.

"Cosa?"

"Tutto questo siparietto..."

Aveva iniziato il Serpeverde, aprendo il freezer e tirando fuori uno di quei ghiaccioli dei Babbani di Harry, che intanto lo guardava imbronciato e sulle spine contemporaneamente.

"Mi ha proprio fatto venire voglia di stare sopra"

Mentre Draco scartava il ghiacciolo con aria distratta, Harry scoppiò in una fragorosa risata.

"Non capisco cosa ci sia da ridere, l'ho già fatto e non mi pare ti sia dispiaciuto."

"Certo certo, una volta. Per il resto, ogni volta che dici così poi finisci con lo strillare <>"

Draco sbarrò gli occhi, il ritratto del disappunto dipinto sul volto, seppur un disappunto visibilmente imbarazzato e il moro trovò saggio darsela a gambe, arrivando a schivare un ghiacciolo volante per un soffio.
Per la mezzora successiva fu il biondo a inseguire Harry per tutta la casa.

La parte più facile della sua permanenza alla Tana fu presentare a parole Draco come un amico, non che di per sè lo fu molto in ogni caso, dato che dovette fare i conti con lo sguardo sbigottito di Molly, quello vagamente deluso di Arthur e quello apertamente sospettoso di Ginny.
Ma si sarebbero abituati a lui, dopotutto era la persona più straordinaria che Harry avesse mai conosciuto, lo ammirava profondamente e anche i Weasley presto o tardi si sarebbero accorti di quanto in realtà Draco differisse dall'immagine che lui stesso si era creato.

La parte un po' più impegnativa fu cercare di ammortizzare l'effetto della lingua tagliente di Draco su tutti i presenti, se stesso compreso.
Proprio in quel momento infatti erano tutti quanti seduti a tavola per il pranzo e il biondo stava passando lo sguardo su ognuno dei Weasley, gli occhi gelidi inaciditi da un sopracciglio sollevato e il viso storpiato in una smorfia di sufficienza.

"Sapete, dovreste dire al vostro elfo domestico, uso il singolare perchè dubito che ne abbiate più di uno, di non esagerare con il sale. Non è mica obbligatorio e ammazza tutti i sapori"

A quella provocazione, la signora Weasley si fece rigida come un tronco e Ron si girò di scatto verso Harry, che arrossì, si morse un labbro nervosamente e pestò un piede a Malfoy sotto il tavolo.
Lui si girò stizzito a guardarlo.

"Potter accidenti, guarda dove metti i piedi o mi sporcherai le scarpe più di quanto il fang-"

"Harry perchè l'hai fatto venire?"

Sbottò Ginevra, stringendo la presa sulla forchetta e incenerendo con lo sguardo il quattrocchi.
Tuttavia non fu lui a rispondere, bensì ancora una volta l'unico Serpeverde nella stanza, innervosito dall'interruzione.

"Stavo parlando, troglodita. Piuttosto guarda che schifo hai tutte le unghie sporche. Ti hanno mai detto che le mani si lavano prima di mettersi a tavola?"

"Malfoy, ora basta!"

Ringhiò Harry smettendo di mangiare e lasciando cadere rumorosamente le posate sul piatto.
Il biondo sollevò un sopracciglio, impressionato almeno quanto divertito dalla facilità con cui il Grifondoro riusciva a perdere le staffe.

E aveva perfettamente senso in realtà, Harry gli aveva chiaramente spiegato quanto per lui fosse importante quel pranzo.
Proprio per questo Malfoy trovava così divertente farlo pentire di quella scelta, mettendolo a disagio in ogni modo possibile.

Smise di parlare, ma non cedette nel suo intento di far impazzire il moro, tuttavia questa volta lo attaccò su un fronte completamente diverso, appoggiando con nonchalance una mano sul suo ginocchio e facendola salire lentamente lungo la sua coscia.
Sentì il moro irrigidirsi al contatto, intuì volesse girarsi a guardarlo male dalla sua fronte corrucciata, ma chiaramente non lo fece, sarebbe stato abbastanza sospetto.

Intanto la conversazione era stata monopolizzata dalla Signora Weasley, lanciata in un interminabile discorso sui meriti di Percy, che stava finalmente facendo carriera al Ministero.

"Ma lasciamo che sia lui a dirti, mio caro Harry, di che cosa si sta occupando ora..."

Cinguettò Molly con il suo consueto tono gioviale, un attimo prima di esortare quasi minacciosa suo figlio a parlare.
Draco ridacchiò nel tovagliolo di fronte a quel repentino cambio di tonalità, ma Harry non potè guardarlo male nemmeno quella volta perchè fu distratto dal modo in cui la mano del biondo si spinse nel suo interno coscia e salì verso il cavallo dei pantaloni.

All'improvviso faceva un caldo insopportabile in quella stanza e il Grifondoro stava al passo a fatica con il discorso tanto annoiato quanto borioso di Percy riguardo alla sua nuova e nobile occupazione che doveva consistere in qualcosa a che fare con il controllo delle informazioni che sarebbero potute passare dal Ministero alla Gazzetta del Profeta o meno.

Malfoy sembrava trovarlo interessante, forse faceva finta, ma in ogni caso Harry ci capiva poco, sentì più distintamente il pollice del biondo accarezzargli l'interno coscia che Draco stesso intervenire nella conversazione.

"Immagino che dunque tu sappia qualcosa di più di quanto rilasciato dai giornali riguardo l'aggressione ai danni della famiglia Zabini..."

Percy si irrigidì e assottigliò lo sguardo, domandandosi se ci fosse un qualche secondo fine dietro a quella implicita richiesta di informazioni.

"Non sono ritenuto a divulgare alcunchè in ogni caso, ma le notizie che passano per le mie mani sono molte e rilevanti. Mi sento abbastanza sicuro da poter affermare che sia stata aggredita più di una famiglia di ex-sostenitori di Voi-Sapete-Chi negli ultimi mesi. Quello degli Zabini è stato senza dubbio il caso più eclatante e la Gazzetta aveva bisogno di qualcosa su cui concentrare i suoi sforzi, tuttavi-"

"Percy, ma non erano informazioni riservate?"

Sbottò Ginny, facendo arrossire suo fratello.
Non era cambiato di una virgola, sempre logorroico e pieno di sè.

Harry era quasi certo che i due avessero da lì iniziato un'accesa discussione, di cui non sentì una parola.
Quando le dita di Draco si avvicinarono insistentemente alla sua zip e presero a trafficare per tirarla verso il basso, trasalì e scattò in piedi, usando come àncora di salvezza l'unica parola del discorso di Percy e Ginny che gli era rimasta in testa.

"Già, i gufi!"

Esordì, paonazzo di fronte agli sguardi confusi dei presenti, eccetto quello di Draco, lui ghignava perfido.

"Harry tutto okay?"

Sorrise Hermione da sopra il bordo del bicchiere da cui stava per bere.

"Sì, certo Hermione. Ma vedi, i gufi... temo di non poter rimandare la nostra conversazione a proposito ulteriormente, Malfoy."

Il Serpeverde intuì la procedura, ma fece comunque molta fatica a cancellarsi dalla faccia quel suo sorrisetto diverito per sostituirlo con una smorfia esasperata e teatrale.

"Potter sei estenuante, non mi lasci nemmeno mangiare in pace."

Commentò con un fare melodrammatico più che sospetto mentre seguiva Harry che già aveva infilato la porta d'ingresso della Tana. Degli sguardi incuriositi si affollarono sui due ragazzi finchè fu loro possibile e s'udì qualcuno domandare ingenuamente "ma che devono dirsi sui gufi?"

Draco non fece in tempo a deridere il metodo di Potter che si sentì spingere contro un muro di pietra, la sua bocca venne occupata da un bacio soffocante che ottenne esattamente l'obiettivo che si era prefigurato: zittire la Serpe.

"Mi dici che ti è saltato in mente, sei completamente impazzito?"

Gli occhi di Harry mandavano lampi, ma Draco notò come il moro faticasse a nascondere quanto la situazione l'avesse segretamente elettrizzato, incrociò le braccia al petto e appoggiò il capo contro il muro alle sue spalle mentre il suo volto esprimeva un'aria di superiorità che l'altro conosceva bene.

"Ammetto di essere piuttosto deluso. Da un Grifonidiota di fama mondiale come te mi sarei aspettato perlomeno che stessi al gioco."

Harry la prese sul personale, si sentì sfidato apertamente e questo genere di cose tra loro due potevano andare a finire solo in due modi e pare che nessuno di questi contemplasse una resa.

"Ah sì, è così che la vedi dunque."

Di nuovo il moro zittì il biondo, che piuttosto ottenne quello che aveva segretamente desiderato da quando le convenzioni avevano iniziato a catalogarlo come sconveniente: un bacio bagnato e travolgente, uno di quelli che solo Harry era capace di dargli.

La foga potè solo crescere dal momento che entrambi i ragazzi iniziarono a provocarsi a vicenda, l'uno in continua risposta ai movimenti dell'altro.
Draco spinse Harry contro di sè, Harry baciò il collo di Draco mentre prendeva a sbottonargli la camicia leggera, poi di nuovo Draco infilò le mani sotto la maglietta di Harry e Harry ne premette una delle sue contro l'intimità di Draco, massaggiandola mentre lui buttava indietro la testa e stringeva il sedere del moro.

Fu in quel momento che qualcuno, l'ultima persona che chiunque alla Tana si sarebbe mai aspettato di vedere, si Materializzò in giardino con un sonoro strappo, tipico di quella tecnica.

"FAMIGLIA, SONO A CA-oh per Godric..."

Harry si voltò di scatto e incontrò lo sguardo sconvolto di George Weasley. Divenne paonazzo sul colpo mentre Draco nascondeva il viso contro il petto del moro per la vergonga.

Nel giro di una frazione di secondo tutti gli altri Weasley ed Hermione si erano riversati fuori dalla Tana. Harry e Draco avevano tentato in fretta di ricomporsi, ma quanto stavano facendo fino a un attimo prima era palesato, se non dai loro vestiti stropicciati o dalle labbra arrossate, dai loro sguardi colpevoli.

Fu George il primo a reagire, lasciò cadere a terra la valigia e scoppiò a ridere.

Adesso l'attenzione di tutti, eccetto Draco, lui era confuso e basta, fu catalizzata su di lui, nessuno trovava la forza di dire nulla mentre quella sua risata continuava a risuonare nel cortile, emozionante come una canzone riascoltata per la prima volta dopo troppo tempo.

Fu la signora Weasley a cedere per prima, i suoi singhiozzi ruppero il silenzio agitato dei presenti, seguiti, insospettabilmente, da quelli dell'austero Percy.

"Oh George!"

Gridò Molly, correndo ad abbracciare suo figlio.
Ben presto una commossa banda di chiome rosse la imitò, travolgendo il povero George con un abbraccio soffocante dal quale tuttavia lui non cercò di liberarsi in alcun modo.

Harry si girò verso Hermione, la vide con gli occhi rigati di lacrime e solo allora si rese conto di essere nella stessa situazione.
Comprese che non fossero altro che lacrime di sollievo e le asciugò in fretta sotto lo sguardo corrucciato di Draco.

"Harry, scusa il disturbo, sembra un momento delicato e non vorrei... ma che diamine succede?"

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Londra non aveva mai visto un mese di Agosto tanto luminoso, un cielo così terso e un caldo così soffocante. 

Ma se per Harry questa non era altro che una bella notizia, per Draco era un disastro.

Odiava il caldo, odiava sudare, odiava sentirsi sfiancato dall'afa estiva e per questo amava Londra, perchè non erano problemi con cui avrebbe dovuto fare i conti normalmente.

Ma quell'estate non era normale, affatto.
Insomma, era o non era finito finalmente tra le braccia del suo peggior nemico, nonchè unico amore della sua vita da sempre?

No, non poteva essere normale, ma tolto il caldo, i lati positivi erano molti.

Tanto per cominciare Harry girava per casa in mutande costantemente e... beh anche l'occhio vuole la sua parte in una relazione.
In secondo luogo, un caldo soffocante significava temporali più forti e i temporali estivi erano affascinanti, cupi e maestosi ai suoi occhi.

Una sera, durante uno di questi, mentre era seduto sul divano del salotto del 12 di Grimmauld Place con uno di quei ghiaccioli babbani tra le mani, non potè fare a meno di esprimere il suo apprezzamento, attirando l'attenzione di Harry che lavava i piatti. 

"Come?"

Domandò il moro, facendo capolino dalla cucina.

"Ho detto che mi piacciono i temporali, sono affascinanti."

Harry storse il naso, completando l'incantesimo e raggiungendo il biondo in salotto, piazzò i gomiti sullo schienale del divano e appoggiò il mento sulla testa di Draco, prima di far scivolare le braccia attorno al suo collo e chinare il capo per affondargli un bacio tra i capelli.

"Non lo so"

Disse poi, una volta rialzato lo sguardo e averlo fissato su un punto indefinibile davanti a sè.

"A me inquietano, mi danno una brutta sensazione."

"È perchè sei troppo suscettibile"

Commentò Draco con un'alzata di spalle, leccando il suo ghiacciolo e appoggiando la testa allo schienale in modo da poter incrociare lo sguardo del moro.

Rimasero a guardarsi per un po', nessuno disse nulla, sembrava che si stessero studiando, cercando contemporaneamente di capacitarsi della perfezione assurdamente insospettabile di un momento semplice come quello, guardarsi negli occhi in silenzio era meglio del Quidditch e tutti sappiamo quanto entrambi amassero il Quidditch.

Si avvicinarono contemporaneamente, Draco allungò il collo e Harry abbassò la testa, incontrando le labbra del biondo in un bacio tranquillo, senza pretese di diventare altro, ma non meno intenso del temporale che infuriava fuori dalla porta.

"Ce lo facciamo un giro?"

Draco alzò gli occhi al cielo di fronte a quella proposta, riprese a leccare il suo ghiacciolo, braccato dallo sguardo insistente di Harry.
Dopo qualche minuto cedette divertito sotto al suo sguardo e rialzò la testa per ricambiarlo.

"Piove a dirotto, Potter"

Harry gonfiò le guance, infastidito.

"Perchè ti ostini a chiamarmi così?"

Gli domandò sfilandogli di mano il ghiacciolo e leccandolo distrattamente, soltanto per fargli dispetto.

"Perchè suona più autoritario nelle conversazioni, ora ridammi il coso babbano che mi hai rubato."

"Credevo che odiassi i Babbani, Malfoy"

Ghignò Harry, ma senza assecondare la sua richiesta, costringendo così il biondo a mettersi in ginocchio sul divano per girarsi a cercare di riprenderselo, ma ogni volta che si avvicinava al suo obiettivo, il moro allontanava il braccio.

"A volte hanno anche delle buone idee, ora ridammelo!"

Esclamò allungandosi verso di esso, ma impedito dallo schienale del divano a sporgersi ulteriormente.

"Potter se mi costringi ad alzarmi giuro che ti passerà la voglia di ridere"

Harry si rassegnò, riappoggiando la mano che teneva l'ambito ghiacciolo sullo schienale del divano, davanti allo sguardo piccato di Draco. Tuttavia il biondo non se lo riprese, o meglio, non con le mani, pensò bene di allungare la lingua e farla scorrere su tutta la lunghezza del "coso babbano", prima di succhiarlo e rivolgere a un Grifondoro esterrefatto, uno sguardo accattivante.

"E questo per che cos'era?"

Borbottò Harry, con le gote visibilmente arrossate, era certo che l'atmosfera di quel salotto non fosse mai stata più cocente di così, fatta probabilmente eccezione per tutte quelle volte in cui lui e Draco avevano fatto sesso sul divano o contro la libreria.

Il Serpeverde sospirò arrendevolmente, alzandosi dal divano solo dopo essersi ripreso il ghiacciolo.

"Mi pare avessi intenzione di farci fare una doccia fredda, quantomeno cercavo di darmi un motivo valido per assecondarti."

Il moro gli scoccò un'occhiata brusca, davanti alla quale Draco sorrise mellifluo, andando a mettersi le scarpe.

"Allora Potter, in che luogo hai deciso ci Materializzeremo per farci bagnare come Avvicini da questo diluvio?"

"Guarda Draco che se non ti va puoi anche cercare di convincermi a restare a casa... non sarà facile, ma potresti avere delle chance."

Harry lo affiancò, mettendosi a sua volta le scarpe e alzando lo sguardo verso il biondo che, nel rimettersi in piedi, gli lanciò un ghigno provocatorio.

"E perdermi un'occasione per farti superare la tua paura dei temporali? Questo mai."

Anche il Grifondoro si rialzò, apertamente indisposto e contrariato da quell'insinuazione.

"Non ho paura dei temporali, ho solo detto che mi danno una brutta sensazione, tutto qui."

"Allora mi è più che chiaro il motivo per cui hai deciso di passeggiarci sotto"

Ironizzò il biondo al quale in realtà quell'idea non dispiaceva: come già detto, adorava la pioggia, ma adorava anche la notte e, indubbiamente, adorava Harry, avrebbe persino considerato di chiudere l'ombrello se lui gliel'avesse chiesto.
Solo considerato, ovviamente, non si sarebbe fatto inzuppare dalla pioggia per le sue trovate folli.

Fuori dalla porta di casa, ad accoglierli fu il buio, un forte profumo di pioggia e un filo di vento piacevolmente fresco.
Harry precedette il biondo, ancora fermo sui gradini dell'ingresso e intento ad armeggiare con uno di quegli ombrelli babbani di Harry.

"Dannata legge sull'applicazione delle Arti Magiche"

Borbottava mentre trafficava con le asticelle di metallo cercando di drizzarle a mani nude.

"Harry, disgraziato, dammi una man- ma che fai!"

Il moro non potè non scoppiare a ridere, aprì le braccia, buttando indietro la testa e lasciando che quella pioggia torrenziale gli scorresse addosso e rimbalzasse contro le lenti dei suoi occhiali. Se chiudeva gli occhi e non pensava, si sentiva più leggero, meno in balia delle forze della natura di quanto non fosse, meno spaventato dalla sua stessa piccolezza e da quello strano senso di impotenza che le tempeste gli trasmettevano.
Aveva sempre creduto fosse a causa dei lampi, non aveva mai avuto un buon rapporto con quel genere di fenomeni: il primo che ricordava aveva ucciso i suoi genitori del resto.

"Ma sei cretino? Ti prenderai qualcosa e non osare toccarmi zuppo in quel modo, ti avverto Potter."

"Dai Draco, lasciami fare! Che senso ha uscire quando piove se poi ci si nasconde sotto un ombrello o un incantesimo Spargipioggia?"

Per quanto Harry sembrasse estasiato da quella sua miserabile condizione e reso euforico dalla forza di quell'acquazzone, il Serpeverde lo raggiunse corrucciato, dopo aver aperto l'ombrello con l'aiuto di un furtivo espediente magico. Era a dir poco infastidito da quel comportamento irresponsabile, lui che già si immaginava un bel bacio romantico sotto quella buffa cupola nera.

"Potter smettila di fare l'idiota e vieni sotto"

Gli allungò l'ombrello, come ad incoraggiarlo a dargli retta, accettando perfino di bagnarsi una spalla come conseguenza di quella decisione.
Eppure il moro non la gradì, doveva essere evidentemente troppo ordinario per i suoi gusti, quindi preferì deviare con forza il braccio di Draco, esponendo anche lui al fascino di quelle innumerevoli gocce di pioggia, del suo grido di esasperazione rimase solo un'eco in quella piazzola buia perchè i due ragazzi erano spariti.

"POTTER SEI PAZZO!"

Harry rideva a crepapelle, ma lasciò andare Draco nell'istante esatto in cui lui lo spinse via, rimase in piedi davanti al biondo in un vialetto deserto di Hyde Park, mentre il ragazzo iniziava a gridare ai quattro venti insulti di vario genere.

"Smaterializzarsi nella Londra babbana, ma cosa mai ti salta in testa? Potevi almeno trovare un vicolo, idiota."

Malfoy era nel pieno di una crisi di nervi, si tirava indietro i capelli sulla testa, nel vano tentativo di preservarli dal cadere appesantiti davanti alla sua fronte e non rinunciare a un minimo di contegno.

"E ora guardami, genio. Sono zuppo!"

Draco continuava a strillare e lamentarsi, puntandogli contro un dito accusatore, sempre più minaccioso man mano che il Grifondoro gli si avvicinava, fradicio quanto lui e maledettamente attraente in quei vestiti bagnati.

Harry pensava lo stesso del biondo, faticando a staccargli gli occhi di dosso.
Certo era chiaro che il Serpeverde fosse infuriato, ma l'altro aveva fatto caso a come il suo sguardo avesse finito con l'indugiargli addosso più volte. 

"Mi hai mentito Sfregiato dei miei calderoni. <Non mi piace la pioggia di qua, non mi piace la pioggia di là> Almeno potresti fingere di essere dispiaciuto e smettere di ridere. Per rispetto, Potter!"

Potter gli appoggiò le mani sui fianchi e, nel momento in cui un lampò squarciò il cielo, i suoi occhi verdi e vivaci erano fissi in quelli già un po' più addolciti del biondo.
Sorrise, un sorriso pieno di energia e determinazione, sul suo volto si leggeva chiaramente quanto in quel momento si sentisse invincibile.
Baciò Draco con più forza della tempesta e lui si aggrappò al suo collo, premendosi contro di lui fino a fargli girare la testa con il suo profumo.

Menta e acqua di colonia

Ricordava la prima volta che aveva avuto la certezza di sentirlo.
Veniva dal fondo di un calderone e, all'epoca, non aveva ancora realizzato che la persona che gli stava accanto avesse lo stesso identico sentore.
Già Draco gli era stato accanto per anni, dal primo momento in cui aveva messo piede nel mondo magico il suo visetto appuntito e i suoi occhi freddi l'avevano accompagnato, nel bene e... beh soprattutto nel male in realtà.

Ma ora il male era passato, come quel lampo, e a loro restava da vivere soltanto il bene.

Harry ne era convinto, separandosi dalle labbra bagnate del biondo ancora ansante, lo vide fissarlo rapito e, subito dopo, deviare sdegnoso il suo sguardo e respingere il suo abbraccio.
Restando a guardare Draco mentre si incamminava a ritroso lungo il vialetto sassoso del parco, il moro scorse distintamente un netto e improvviso bagliore bianco accendersi alle sue spalle ed esplodere in un getto opalescente.

"Non basterà certo qu-"

"DRACO GIÙ!"

Gridò a squarciagola, lanciandosi nella sua direzione, cercò di atterrare Malfoy prima che l'incantesimo lo colpisse alle spalle, ma il biondo ne fu centrato in pieno, il suo corpo tremò nella forte stretta di Harry e i due si accasciarono al suolo l'istante successivo.

Harry incespicò, si alzò in piedi e iniziò a correre verso un punto nel buio mentre la pioggia si scontrava dritta contro le lenti dei suoi occhiali, esattamente come durante una partita di Quidditch.
Ma non si stava divertendo, aveva il cuore in gola per ben altri motivi e continuava a correre a perfidiato perchè sapeva che se si fosse fermato avrebbe dovuto pensare e pensare era quanto di più terrificante riuscisse a concepire.

"STUPEFICIUM!"

Gridò al vuoto mentre un fascio di luce rossa si disgregava contro un albero in fondo al vialetto.

Andato

Per forza, era un mago doveva essersi Smaterializzato, ma chi diamine poteva essere e cosa voleva da lui e Draco?

Draco

Esattamente ciò a cui meno avrebbe voluto pensare, ma ora lui spingeva i suoi pensieri da parte, prendendosi ogni angolo della sua mente, stritolandogli in una morsa di terrore il cuore che batteva affrettato in gola al Grifondoro.

Tornò sui suoi passi più velocemente di quanto non li avesse percorsi la prima volta, al punto che faticò a fermarsi quando raggiunse il corpo esanime di Draco riverso sulla ghiaia e colpito dalla pioggia battente.
Cadde in ginocchio al suo capezzale, il fiato corto e gli occhi brucianti dietro alle lenti, accecati dalla pioggia e dalla paura.

"Draco... DRACO RISPONDIMI!''

Non era verde, non era quella la maledizione che aveva colpito il ragazzo.
No, era un incantesimo che Harry non conosceva e non aveva idea di come contrastare.

Ma non era verde.

Con questa certezza il moro trovò la sicurezza necessaria per non crollare in un pianto disperato e perdere ulteriormente tempo.
Strinse tra le braccia il corpo del biondo e si Materializzò alla Tana. 

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Perchè non avesse scelto di andare direttamente al San Mungo, Harry non se lo sapeva spiegare.
Probabilmente, si sarebbe detto in seguito, determinati trascorsi lo avevano portato a dubitare delle istituzioni magiche.
Certo, si trattava di un ospedale, ma c'era qualcosa in quel posto che l'aveva sempre inquietato, forse perchè aveva visto lì solo pazienti che non si stavano riprendendo, fatta eccezione per il Signor Weasley a suo tempo.

Dunque, nel momento in cui scelse di Materializzarsi alla Tana, fu perchè vide Draco con lo sguardo vuoto e stralunato che lo raggiungeva al centro di una corsia d'ospedale e, incapace di rivolgergli anche solo una parola, gli regalava la cartina di una caramella Mou.
Contrapposto a questa immagine, c'era il calore della Tana, Hermione e la sua scaltrezza nel riconoscere le fatture e i contatti necessari con l'Ordine, o almeno con i rimasti.

"Harry che è successo!"

Strillò Ginny, aprendo la porta di casa mentre un tuono rieccheggiava nel cielo nero alle spalle del moro che, zuppo fino alle ossa, stringeva tra le braccia il corpo privo di sensi di Draco Malfoy, rivolgendo alla ragazza uno sguardo debole e disperato.

Lei comprese al volo e corse in casa, il Grifondoro la seguì, la sentiva gridare, chiamava Hermione, Ron e i suoi genitori.
Scesero tutti quanti mentre Harry adagiava Draco sul divano, inginocchiandosi vicino al suo viso, ordinandogli le ciocche di capelli fradici dietro le orecchie.

"Di che colore era la fattura?"

La voce salda e sbrigativa di Hermione che scendeva le scale in quel momento, accompagnata da un tomo che, nonostante il suo aspetto a dir poco oneroso, le fluttuava alle spalle.

Harry taceva, pietrificato, gli occhi fissi sul viso del ragazzo, più pallido e freddo che mai.
Quella vista lo stordiva, faceva paura, una paura folle ed irrazionale, ma che questa volta non lo attizzava, nè lo costringeva a trovare in fretta una soluzione.
No, quella paura era come le gocce di pioggia: gli penetrava sotto i vestiti fin dentro alle ossa, congelandole e rendendolo impotente.

Solo in un'altra occasione Harry sapeva di poter provare una sensazione molto simile, come se non si potesse mai più essere felici.
Mentre stringeva d'istinto la mano del  biondo e un gemito strozzato sfuggiva al suo controllo, temette che il suo Molliccio potesse cambiare.

"Di che colore, Harry."

Non era nemmeno più una domanda, la voce di Hermione che aveva formulato quelle parole era perentoria, aveva dato forma a un ordine.
Aiutò, il moro si riscosse quanto bastasse per rispondere debolmente.

"Bianca, opalescente"

Come se avesse già le idee chiare sulla questione che le era stata posta, la Granger si affiancò ad Harry, spingendolo a spostarsi.

"Harry, lascialo respirare ok? Vammi a prendere la borsa delle fiale"

"No"

Il moro tremò e strinse con forza la mano di Draco, razionalmente sapeva che avrebbe fatto meglio a dare retta all'amica, che non poteva fare niente per aiutarlo, ma non se la sentiva di andarsene, aveva troppa paura e se l'avesse fatto... avrebbe mai avuto la forza di tornare?

Hermione strinse saldamente la spalla dell'amico, il suo sguardo diceva tutto quello che serviva fosse detto, fu in grado di far cedere completamente Harry.
Era scoppiato a piangere, tanto forte che la ragazza credette che quelle lacrime potessero arrivare a soffocarlo, stringeva la mano del biondo, la teneva vicino al proprio viso e cercava di dire qualcosa.

Non avevano tutto il tempo del mondo, la Granger sapeva di dover agire in fretta per far sì che le condizioni di Malfoy non si agravassero ulteriormente, ma aspettò, accarezzando dolcemente la schiena di Harry finchè lui non fu in grado di confessare cosa lo stesse tormentando.

"H-hermione io... non posso perdere anche lui"

La ragazza abbassò gli occhi, colpita da quel tono stremato, fece scivolare la mano attorno alle spalle del moro e lo strinse in un abbraccio al quale lui si aggrappò, ancora singhiozzando disperatamente.

"Non lo perderai, non perderai nessun altro. La guerra è finita, Harry. È finita."

La Grifondoro si scostò quanto bastasse per piantare un sorriso determinato negli occhi verdi del suo amico.

"Adesso vai, fidati di me, ho mai sbagliato un incantesimo?"

Funzionò, lui annuì debolmente e si alzò in piedi, decidendosi a lasciare andare la mano di Draco e a correre di sopra in cerca delle pozioni di Hermione.

Si sentiva uno stupido.
Lei era rimasta così tranquilla e concentrata sulla situazione, pronta a porvi rimedio e lui... aveva perso le staffe, era rimasto accasciato di fianco a Draco, incapace di fare qualsiasi cosa se non farsi paralizzare dal terrore.
Era uno stupido, uno stupido innamorato e, in quanto tale, iniziava a sperimentare quanto questo amore fosse incline all'autodistruzione.

Quando tornò di sotto, dalla punta della bacchetta di Hermione vide uscire delle volute di fumo azzurrino, vagamente luminescenti che si riflettevano sul viso di Draco, rendendolo ancora più pallido.
Corse a darle la borsa delle fiale, lei la aprì in fretta con un gesto preciso, sfilò la terza ampolla da sinistra e svitò il delicato tappo di cristallo mentre imbeveva un fazzoletto del liquido verde.

Harry rimase in piedi per tutto il tempo alle spalle della ragazza a guardarla mentre bagnava ripetutamente le narici e le labbra di Malfoy con quel fazzoletto, mentre le nubi sottili ma sempre più fitte arrivavano a coprirle il viso corrucciato.

Nel silenzio più totale da parte di tutti i presenti, passavano i minuti, duravano secoli e non accadeva nulla.
Fu il moro a cedere per primo, lanciò a Ron, in piedi davanti alla finestra, uno sguardo supplichevole di cui il rosso comprese il significato al volo.

Normalmente la sua risposta, dati i trascorsi del moro, sarebbe stata "scordatelo", ma i suoi occhi lo supplicavano e sembravano promettere "solo un goccio", quindi il rosso cedette e gli versò due dita di Whisky Incendiario.
Si convinse che non avrebbero fatto la differenza, ma si sbagliava. 

Dopo che si fu scolato il contenuto del bicchiere in un sorso veloce, per Harry fu anche più difficile sopportare quella situazione: aveva chiuso gli occhi e il Whisky gli aveva scaldato la gola e fatto dimenticare per un'istante tutto quanto.
Tuttavia quando li aveva riaperti, Draco era ancora steso sul divano sgualcito della tana, il volto esangue e il respiro flebile.

Con un soffio di vento caldo proveniente dalla finestra aperta, sulle spalle del moro si poggiarono delle mani impalpabili e pesanti come macigni.
Certo, era solo la sua immaginazione, ma lo raggelava anche solo sapere chi gli stesse toccando la spalla.
Erano i morti, era il suo infinito senso di colpa che nessuna parola gentile o elaborazione razionale poteva scacciare, ma più di tutto era il buio vicolo cieco di una vita stravolta dalla mancanza.

Strinse il vetro del bicchiere e sapeva che l'unico modo per non pensare era perdere la testa.
Smise di importargli di cosa pensassero tutti i presenti e si avvicinò al tavolo per prendere la bottiglia.
Fu la mano di Ron a stringergli il polso e impedirglielo.

Si guardarono in cagnesco, il rosso era serio e sembrava minacciarlo con quell'occhiata, il moro invece era solamente stravolto, quanto bastasse per far titubare la presa del suo amico un solo istante e concedergli l'agognato Whisky di cui si portò l'anello alle labbra e ne buttò giù quanto più possibile tornando verso la poltrona.

"Harry basta!"

Gridò Ron, afferrando l'amico per una spalla e scostandogli bruscamente la bottiglia da davanti la faccia, facendo rovesciare sul tappeto un po' del liquido.

"Ragazzi, per favore, cercate di fare silenzio non è una pozione facile."

Harry sollevò le sopracciglia in segno di sfida, come nel tentativo di portare Ron a trovare un modo per fermarlo che non rischiasse di distrarre Hermione.
Il rosso strinse i denti, certe volte quel riccio era proprio ingestibile. 

Gli si avvicinò e fece affidamento sulla propria stazza per trascinarlo fuori di peso, ignorando i suoi tentativi di ribellione, che iniziarono ad essere un problema solo quando, in giardino, Harry si liberò dalla presa di Ron solo per spingerlo a terra con tutte le sue forze.

"Ma si può sapere che vuoi!"

Il rosso aveva gli occhi sbarrati di stupore e la rabbia a deformargli il volto mentre si rialzava in piedi.

"Ti è andato di volta il cervello Harry! Ma ti rendi conto di cosa stai diventando?"

"E chissenefrega Ron, sono abbastanza sveglio da decidere per me stesso"

"No sei un cretino, un cretino egocentrico!"

Harry fece per scagliarsi nuovamente contro di lui a quelle parole, ma Ron l'aveva intuito e riuscì a bloccare il più basso piegandogli le braccia dietro la schiena.

"MOLLAMI!"

Strepitava Harry cercando di scrollarsi di dosso il rosso che dovette serrare la presa attorno al petto del moro per evitare che questo riuscisse ad esplodere incontrollato e devastargli la casa.
Detta così poteva suonare apocalittica, ma Ron vantava una certa esperienza in materia delle sfuriate del suo migliore amico e sapeva di non stare esagerando.

"Non finchè non ti calmi."

"Sono calmo!"

Ringhiò lui di rimando, dimenando le spalle e mettendo le forze di Ron a dura prova.

"No, Harry stai impazzendo. E per cosa poi, per una stupida bottiglia di Whisky."

Fu come se minimizzare la cosa in quel contesto si dimostrasse essere la scelta giusta, in grado di far capire al moro come tutta quella scenata fosse inutile, l'alcol non avrebbe risolto nulla e lui lo sapeva, ma troppo spesso se ne dimenticava.
Smise di divincolarsi, ma Ron non lasciò la presa.

"Sai... pensavo l'avessi superata. Stavi tanto bene di recente, sembravi di nuovo tu."

"Ma sono io Ron... è solo che a volte è troppo difficile da solo"

"Che idiozia, tu non sei solo"

Il sospiro del moro nel buio di quella notte estiva era amaro e vagamente alcolico, il Weasley intuì solo da quello la sua risposta.

"Già noi siamo amici, siamo il Golden Trio, ma in un numero dispari qualcosa resta sempre da parte. Non fraintendermi Ron, non sto affatto sminuendo tutto quello che abbiamo passato insieme, ma non posso continuare a contare solo su voi due come ad Hogwarts. Si cresce, le strade si dividono e tu ed Hermione adesso avete qualcosa di cui non posso fare parte."

Ora Ron stava in silenzio, la stretta si stava gradualmente rilassando e diventava molto più simile ad un abbraccio un po' triste.

"Beh se proprio ci tieni possiamo fare una cosa a tre..."

Ridacchiarono insieme, e la tensione si alleggerì di una tonnellata, Harry si scostò e si voltò a guardare il suo amico, il suo migliore amico.
Non era consapevole di avere un sorriso dolce dipinto sul viso, la sua espressione un po' assente sembrava gridare il nome di Draco in risposta.

Quello sguardo sorprese il rosso, che non potè fare a meno di sentirsi affascinato dal modo in cui il suo amico fosse troppo piccolo per contenere il sentimento tanto grande, che dunque straripava e lo investiva in pieno.

"Certo che proprio non capisco che ci trovi in Malfoy"

Borbottò vagamente imbarazzato, sedendosi sull'erba non esattamente curata e un po' secca del giardino. 

"Se vuoi te lo dico..."

Propose timidamente Harry, imitando Ron.

"Beh, in effetti non ne abbiamo mai davvero parlato." 

Harry aveva spostato il peso sulle mani, appoggiate sul prato e aveva alzato la testa verso il cielo stellato, l'aria calda era ancora pervasa dal profumo della pioggia, ma il vento aveva spazzato via tutte le nubi e in quella coltre nera brillavano migliaia di stelle.
Ron fissava Harry così perso a guardarle ed era un po' scettico riguardo la propria decisione: aveva paura di non capire l'amico, di non vedere Malfoy come lo vedevano i suoi occhi, ma era comunque troppo tardi per le paranoie.

"Lui è quanto di più puro esista su questa Terra."

"Malfoy?!"

Il moro sorrideva, i suoi occhi erano persi nel cielo stellato e sembravano concentrati nella ricerca impossibile di parole sufficienti, solo quanto Ron se ne accorse si costrinse a credergli, dovendo rimproverarsi quell'uscita diffidente.

"Ne sono rimasto sorpreso anch'io. Ma ti ricordi al Manor, quando ha mentito a Voldemort?"

Ron sbuffò amaramente, la risata che seguì era cupa e sarcastica.

"Come dimenticare..."

Harry gli appoggiò una mano sulla spalla e la strinse forte, cercando di allontanarlo dai pensieri sgradevoli che sapeva stessero affollando la sua testa rossa.

"Aveva lo sguardo più dolce e deciso che i miei occhi abbiano mai incontrato, da lì è diventato come un angelo custode per me, spocchioso certo, ma pur sempre il mio angelo."

"Miseriaccia Harry, ma quanto zucchero c'era in quel Whisky?"

Il moro arrossì, realizzando quanto avesse appena detto e si coprì il viso bollente, faticando a credere di essersi fatto davvero sfuggire quei pensieri così ingenui e tremendamente melensi.

"Hai ragione Ron, mi sta senza dubbio succedendo qualcosa di grave."

Il Weasley ghignò e scompigliò i capelli già disordinati dell'amico.

"Non servo di certo io per ricordarti di cosa si tratti, vecchia volpe."

Harry si tolse le mani dal viso e annuì, l'espressione seria del moro preoccupò Ron, che iniziava a notare troppi cambi d'umore improvvisi in lui.

"È vero, so bene cosa mi prende. Ed è per questo stesso motivo che non posso concepire di essere qui, vivo e vegeto come al solito, mentre lui paga le conseguenze della mia esistenza."

"Non è colpa tua..."

"Io credo proprio di sì."

"Cavolate, non è il primo ex-Mangiamorte che viene aggredito di recente e non sarà l'ultimo, poco ma sicuro."

Harry scattò in piedi e Ron di conseguenza, pronto a bloccarlo nel caso servisse.

"E dovrei stare qui con le mani in mano ad aspettare che finiscano di giocare al tiro al bersaglio con il cadavere del mio ragazzo?"

Il ragazzo iniziava a scaldarsi visibilmente e il rosso sollevò le mani davanti a sè come nel disperato tentativo di non farlo uscire di senno nuovamente.

"Non ho detto questo."

"E cosa dovrei fare allora?"

"Convincerlo ad andarsene"

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


"Harry sbrigati, vieni dentro, si sta svegliando!"

Il Grifondoro non aveva saputo cosa rispondere a Ron, era rimasto zitto e lo guardava pieno di domande, nemmeno il rosso aveva fatto in tempo a spiegarsi meglio, perchè sua sorella era corsa fuori da casa per richiamare dentro i due ragazzi.

Harry lanciò a Ron ancora uno sguardo affrettato e confuso, già con un piede lanciato in direzione della porta, lo vide solo alzare le spalle poi si fiondò come una meteora nuovamente di fianco al divano.

"Piano piano, lascialo respirare era una fattura che riduceva la capacità polmonare, è importante che possa riprendere fiato ora."

Il moro annuì alle parole di Hermione, indietreggiò come tutti gli altri lasciandogli spazio.

"Sei stata fantastica Herm, non smetterò mai di esserti grato"

La ragazza sorrise, intenerita dall'aria stralunata dell'amico, che tratteneva ancora il fiato, mentre Malfoy stringeva le palpebre e si portava debolmente una mano alla gola.
Aprì gli occhi e girò la testa, quando la prima cosa che incontrò il suo sguardo ancora appesantito fu la famiglia Weasley completa di Nata Babbana, sbuffò sonoramente, fulminando Harry con un'occhiata.

"Certe volte mi chiedo cosa ti passi per la testa, Potter"

"Malfoy, attento come parli, queste persone ti hanno salvato la vita"

Lui fece una smorfia, sul suo volto stanco era chiara l'intenzione di scendere a patti con il suo orgoglio e provare a ringraziare i Weasley, ma fallì miseramente con l'affermazione successiva.

"Beh, non ho mica chiesto io che mi salvassero."

Borbottò soltanto, cercando di mettersi a sedere e sistemandosi un cuscino sgualcito dietro la schiena. Una manciata di persone alzarono gli occhi al cielo contemporaneamente, non intendendo rivangare la questione, ma Harry se la prese a cuore e incrociò le braccia al petto con aria severa.

"Hai capito, Herm? Lascialo morire la prossima volta."

Ron ridacchiò di fronte a quella scenata che non aveva nulla di insolito.

"Sì, certo e doverti sopportare mentre piagnucoli <non posso perdere anche lui, salvate il mio angioletto o mi ammazzo!>"

Harry avvampò, Draco sbarrò gli occhi, Ron inorridì terrorizzato dallo sguardo del suo amico.

"Io non-"

"Angioletto, Potter? Tu vuoi morire."

Harry si guardò intorno spaesato, pentendosi mille volte di essersi lasciato sfuggire quei pensieri tanto ingenui.
Puntò contro Ron un inferocito dito accusatore.

"Tu, tu mi hai tradito Ronald."

Lui alzò le mani in segno di resa, ma faticava a non sbellicarsi dalle risate, cosa che invece George non riusciva a smettere di fare, rendendo un po' tutti di umore migliore.

"Senti Harry, ma litigate così anche a letto?"

"GEORGE WEASLEY!"

Una ciabatta lilla si sollevò da terra a un veloce gesto della bacchetta della Signora Weasley, il rosso continuava a ridere a crepapelle, nonostante fosse chiaro che si sentisse minacciato da quella calzatura fluttuante.

"Mamma, dai, scusa ero curioso, si fa per scherzare!"

La ciabatta si scagliò violenta contro il ragazzo, Molly aveva assunto la consueta posa da rimprovero, con i pugni stretti sui fianchi torniti.
Draco era funereo, non si sarebbe mai abituato alle modalità originali di quella famiglia.

Mentre George implorava pietà, adducendo considerazioni quali "ho ventuno anni, sono troppo grande per la ciabatta" o "non è giusto, perchè non anche a Fred?", Malfoy era riuscito ad assumere una posizione seduta composta e cercava di ignorare la scena, aveva una voglia matta di un tè e, puntando con insistenza il suo sguardo su Harry, sembrava implorarlo inutilmente di riportarlo a Grimmauld Place, ma lui era troppo impegnato a continuare a minacciare Ron di una morte lenta e dolorosa.

"Harry alla fine non ci hai più detto cos'è successo..."

Era stata la Lenticchia Femmina a parlare, la detestò profondamente perchè, a causa sua, il suo tè sarebbe stato rimandato ancora di bel po', si appoggiò allo schienale con un plateale sospiro sconsolato, che gli costò l'ennesima occhiataccia da parte di Potter.

Tuttavia il moro si mise a sedere sul divano di fianco a lui prima di rispondere alla Weasley, il che gli suggerì un paio di idee divertenti per costringerlo ad accorciare la narrazione.

"Eravamo fuori, nella Londra babbana peraltro, con tutto quello che sta succedendo di recente..."

Sentì un peso sulle gambe, si accorse Malfoy lo stava usando come poggia-piedi e lo guardava con aria infastidita e le braccia incrociate al petto.

Troppo logorroico

Fu quello che la gestualità e l'espressione di Draco sembravano volergli comunicare.

Abbi pazienza

Fu la sua risposta, espressa nel movimento che lo portò ad accarezzare le caviglie del biondo che fuoriuscivano dai pantaloni scuri.

"Non so come abbiano potuto trovarlo, eravamo in giro da meno di dieci minuti, inoltre pioveva a dirotto e siamo partiti da casa mia, che come sapete è protet- Smettila Draco!"

Il biondo non aveva mai posseduto un'elasticità esemplare o la benchè minima volontà di scendere a compromessi, per questo, non trovandosi d'accordo con il moro, si era sfilato una scarpa, facendo leva con la punta dell'altra, e aveva iniziato a minacciare Harry spingendogli il piede contro la guancia fino a snervarlo.

Hermione e Ron si scambiarono uno sguardo consapevole, non era la prima volta che si trovavano a dover fare i conti con la possessività di Malfoy nei confronti del loro amico. Harry procedeva nella narrazione a fatica, cercando di fermare il piede del biondo che invece continuava a sfuggirgli e a tornare a colpirlo in faccia.
Draco si stava divertendo come un matto, ma lo nascondeva bene dietro a quell'espressione scocciata.

"Hai fatto bene a non portarlo al San Mungo, Harry"

S'inserì Ginny, distratta quanto il moro dalla natura invasiva e molesta di Malfoy e, a dirla tutta, piuttosto disturbata: gli salvavano la vita, lui nemmeno ringraziava e ora si comportava come se Harry fosse solo suo e non avesse diritto a un po' di tempo con la sua famiglia.

"Percy ieri ci ha detto che molti Medimaghi si siano rifiutati di curare  Rosier, aggredito la settimana scorsa."

"Rosier, ma non era morto?"

"Non Evan Rosier, il figlio."

"Imus, quella specie di Troll."

Draco aveva smesso di infastidire Harry e si era inserito nella conversazione, ottenendo l'attenzione di tutti i presenti.
Scrollò le spalle cercando comunque di sviare l'attenzione dal proprio intervenento.

"Allora è morto?"

"No... alla fine l'hanno curato"

Rispose Ginny, con gli occhi assottigliati in un'espresione sospettosa.
Fu Harry a dare voce ai pensieri un po' di tutti quanti: il modo in cui Malfoy aveva sbottato sprezzante era curioso e gli aveva fatto intendere che ci fosse qualcosa sotto.

"Perchè ce l'hai tanto con lui?"

Il biondo si aspettava una domanda del genere, soprattutto da Potter.
Mai una volta che si facesse gli affari suoi.

"Non riguarda nessuno di voi Grifonidioti qui presenti in ogni caso."

Fu la sua risposta scocciata mentre incrociava le braccia al petto sulla difensiva.

Questo diede a Harry occasione di perdersi in ipotesi tra le più assurde, alle quali il biondo che ne era il fulcro potè porre fine solo molto più tardi, quando fu costretto a rivelare al moro che quel tale, Imus Rosier, era il famoso ragazzo con cui Theodore aveva tradito Blaise.
Questo per Harry fu chiaramente come togliersi un fastidiosissimo sassolino dalla scarpa, per Draco la perfetta occasione per prendere in giro il Grifondoro.

In quanto alla discussione a casa dei Weasley, non si protrasse a lungo quanto il Serpeverde aveva temuto, quel pettegolezzo provvidenziale era bastato a distrarre Harry dai complotti, fornendogli altro pane per i suoi denti e i due ragazzi erano ben presto tornati a Grimmauld Place.

Era quasi l'alba quando Harry si mise a letto, non se n'era accorto, ma quella notte che gli era parsa non avere fine, era giunta agli sgoccioli e i primi raggi di sole filtravano attraverso le tende, illuminando di una luce tenue la figura snella di Draco che gli si avvicinava, raggiungendolo con uno sguardo apertamente indagatore.

"A che pensi di tanto importante da ignorare il fatto che sono completamente nudo, Potter?"

Harry sorrise debolmente a Draco, che ora si era disteso a pancia in giù di fianco a lui.
Gli accarezzò i capelli scostandogli le ciocche, per una volta disordinate, dal viso delicato e fermando la mano dietro la sua testa solo per poterlo guardare.

Del tutto non abituato a quel genere di attenzioni così poco impetuose da parte di Potter, il biondo restò imbambolato di fronte a quel viso che amava più della sua vita e che sorrideva in quel modo per lui.

Tuttavia non potè fare a meno di preoccuparsi: nemmeno per una frazione di secondo i pensieri più disparati avevano smesso di scorrere nello sguardo del Grifondoro, ma Malfoy non era riuscito a coglierne neanche uno.
Era così assurdo! Potter era un libro aperto per definizione, da quando non riusciva ad intuire cosa gli passasse per la testa?

Probabilmente Harry doveva essersi accorto di quanto Draco fosse rimasto turbato dal suo silenzio e prese ad accarezzargli la guancia con un pollice.

"Cos'è quella faccia sconvolta adesso? Non ti si può neanche guardare"

Draco si irrigidì, abbassò lo sguardo indeciso se dare voce o meno alle sue preoccupazioni, ma non ce ne fu bisogno perchè fu Harry a riprendere la parola.

"Quello che è successo stanotte... non potrei mai perdonarmi se capitasse ancora."

Soffiò il moro e l'altro rialzò lo sguardo verso il suo viso.

"Harry, ti preoccupi troppo, non succederà di nuovo"

"Come puoi esserne certo?"

Il Grifondoro si mise seduto e lo stesso fece Draco, portandosi le ginocchia al petto e massaggiandosi il setto nasale infastidito dalla piega che stava prendendo il discorso.
Certo, sapeva che Potter non avrebbe mai semplicemente fatto finta di niente, ne avrebbero dovuto parlare per forza.

"È solo un fuoco di paglia. Il Ministero ci sta già lavorando, o sbaglio?"

Harry scosse la testa incrociando le gambe sul letto.

"Si sta dando molto da fare, sì, perlopiù per insabbiare tutto però."

"Beh e che intendi fare?"

Il suggerimento di Ron continuava a risuonare nella sua testa da quando aveva fatto tacere perfino i grilli nel giardino della Tana con la sua pesantezza.
Non osava ancora prenderlo in considerazione, gli sembrava troppo drastico e troppo incerto e, più di tutto, non voleva separarsi da Draco.
Per quanto egoistica fosse la prospettiva di farlo restare, avevano avuto così poco tempo, separarsi sarebbe stato... semplicemente ingiusto.

"Protesteremo. Se il Ministero non fa niente per risolvere la situazione lo faremo noi."

Malfoy battè le ciglia dorate, sorpreso.
Mai in tutta la sua vita si sarebbe immaginato di vedere il Bambino Sopravvissuto determinato a difendere degli ex-Mangiamorte, esattamente come non avrebbe mai creduto di trovarsi nudo nel suo letto.
Ma certe volte la vita è capace di sorprenderti.

"Vuoi protestare, chiaramente. Sia mai che tu concepisca l'idea di arrendersi..."

"Sia mai."

Convenne Harry allungandosi verso Draco, appoggiò le mani sulle sue ginocchia e le accarezzava distrattamente, sporgendo la testa verso di lui, ma il biondo si ritrasse con un sorrisetto.

"Cosa vuoi Potter, un bacio? Tecnicamente non mi hai neanche salvato la vita quindi sarebbe... solo perchè hai avuto un'idea decente?"

Il riccio non rispose, ma gli sorrise mordendosi un labbro con aria innocente.
I suoi occhi verdi brillavano così meravigliosamente illuminati dalle prime luci dell'alba, che Draco non potè resistere e gli lasciò un veloce bacio a stampo poi si infilò le mutande e si alzò dal letto, ignorando la delusione sul viso di Harry.

"Fattelo bastare, Sfregiato. Io vado a prendermi un ghiacciolo."

Annunciò e uscì dalla stanza, inseguito solo dalla voce sorpresa di Harry che sottolineava il fatto che fossero appena le cinque e mezza del mattino, fatto che Draco ignorò, continuando per la sua strada.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


La mente di Harry collezionava dettagli di Draco come pietre preziose più che semplici ricordi.

Nella sua testa c'era lui in ogni momento, in ogni angolo di Grimmauld Place in cui avevano fatto sesso Harry avrebbe trovato modo di accucciarsi e affondare la testa nelle ginocchia, piangere fino a smettere di respirare e pregare intensamente perchè il giorno in cui avrebbe potuto rivederlo arrivasse presto.

Eppure, se ripensava alle circostanze che gliel'avevano portato via, continuava a chiedersi dove avesse sbagliato, incapace di individuare la falla, lo spiraglio attraverso il quale uno schiantesimo avesse accidentalmente scagliato contro una colonna di marmo del Ministero Vilde Yaxley, la sorella del Mangiamorte, uccidendola e trasformando la manifestazione pacifica che aveva organizzato con l'aiuto dei Weasley in una tragedia.

In seguito, quella disgrazia parve dimostrarsi solo la prima di una lunga serie.

Le aggressioni ai Mangiamorte erano aumentate nei mesi successivi in modo esponenziale: era come se il tentativo di sensibilizzazione che stava portando avanti tanto disperatamente fosse servito più da incentivo, come se la resa pubblica di quelle aggressioni avesse risvegliato una mania di giustizia nella comunità magica.
Molto di quel trambusto era avvenuto a causa sua, della sua imprudenza.
Col senno di poi ritenne che sarebbe stato più saggio interpellare Hermione prima di dare per scontato che dimostrarsi tanto intimo con Draco Malfoy fosse una buona idea.
Ciò che aveva ottenuto invece era che i giornali sputassero addosso al ragazzo, accusandolo di aver sedotto il Bambino Sopravvissuto con un filtro o un incantesimo per costringerlo a perseguire i suoi scopi e riportare i maghi oscuri al potere.

Più il tempo passava, più faceva freddo fuori casa.
Draco iniziò ad abbassare il capo mentre camminava per le strade di Londra, poi a sussultare ad ogni incrocio, poi a tremare spaventato ad ogni passo finchè non si barricò a Grimmauld Place, trovando sicure solo le braccia di Harry.

Il moro era mortificato dal senso di colpa, accarezzava i capelli liscissimi e sottili del biondo con il mento appoggiato sulla sua testa mentre lui piangeva contro il suo petto e cercava inutilmente di rassicurarlo quando lui stesso iniziava a non credere più in niente.

Per quanto smentisse, per quanto lottasse, il Ministero non gli dava alcun credito, perchè era più comodo che il popolo si sfogasse contro coloro che già erano stati etichettati come i mostri.
Non cambiava mai, non era la prima volta che Harry si ritrovava in una situazione del genere, ma se prima aveva sopportato, con Sirius fuggitivo, con il ritorno di Voldemort, adesso che Draco rischiava la vita solo mettendo piede fuori di casa, il Grifondoro non intendeva smettere di combattere o lasciare che fossero altri a farlo per lui.
Ora che Draco Malfoy era tutto ciò che per lui avesse un significato, avrebbe lottato fino allo stremo delle forze per lui.
Ma non potevano farlo insieme, era troppo pericoloso.
Infatti quella che Ron aveva suggerito all'improvviso già una volta, si dimostrò essere l'idea più sensata: scappare.

Ci fu una notte di Settembre in cui il cielo era squarciato da costanti rombi di tuono, apriva sulla terra una pioggia torrenziale smossa da un vento impetuoso.
Nella cucina della Tana, illuminata da fioche candele, una ventina di persone coperte da fradici mantelli da viaggio scuri discutevano animatamente attorno al vecchio tavolo di legno scheggiato in più punti.

"Non possiamo stare nella foresta per tempo indefinito, Dolohov!"

Sosteneva bruscamente una voce, quella di Theodore Nott e Ron Weasley si accodò a sostegno.

"Vi serviranno delle provviste, Nott ha ragione."

Antonin Dolohov drizzò la schiena e puntò i suoi occhi iniettati di sangue su ognuno dei presenti.

"Non è un problema insormontabile. Organizzeremo delle scorribande nei villaggi vicini, oblivieremo i testimoni e andremo a caccia. La foresta è sicura, la scelta migliore."

Nessuno obiettò e sulla sala cadde un silenzio freddo.
La presenza di quell'uomo faceva ancora un certo effetto, Harry, in piedi in mezzo agli ex-Mangiamorte, faceva di tutto per non pensare al sangue che macchiava le mani scarne di Dolohov, al sangue di Remus Lupin.

Come avesse fatto ad evadere da Azkaban senza finire su tutti giornali del mondo magico e babbano com'era accaduto per Sirius, gli dava i brividi.
Il modo in cui il Ministero insabbiava tutto... era sconsiderato e più volte il moro era arrivato a chiedersi se in effetti Kingsley Shakebolt ne sapesse qualcosa.
Come poteva lasciare semplicemente che accadesse?

"Va bene"

Sbottò allora Harry, scostandosi un fastidioso ciuffo che gli era caduto sugli occhi.

"L'importante è che continuiate a spostarvi."

Concluse e indietreggiò di un passo, facendo per sciogliere la riunione, ma una voce sottile e spaventata glielo impedì.

"Ma ci manderai dei gufi Harry... così ci dirai quando tornare a casa, vero?"

Harry sorrise, addolcendosi di fronte alla domanda postagli da un bambino di circa otto anni che tremava nel suo mantello da viaggio fradicio.

"Certo che sì. Vi manderò gufi ogni settimana, Draco Malfoy è incaricato della corrispondenza, andrà tutto bene"

Il bambino si strinse contro il mantello di Theodore Nott annuendo con decisione, mentre la mano del fratello maggiore scendeva ad accarezzargli i capelli.

Ma Harry tutto quello non lo vide.
Per l'intera durata dell'incontro aveva avuto troppa paura per voltarsi a guardare Draco in piedi poco lontano, ma ora i loro sguardi erano incatenati e tutto il resto aveva smesso di esistere.

Fu Hermione a congedare i presenti e una ventina di mantelli fruscianti si spostò in salotto, lasciando che sulla cucina calasse di nuovo il silenzio.
Questa volta però non era freddo, percorso da venature d'intimidazione come a seguito delle parole di Dolohov.
No, era un silenzio tremendamente opprimente e soffocante, schiacciava i due ragazzi a terra mentre l'incontenibile desiderio di abbracciarsi e morire di vecchiaia in quella stretta scorreva loro nelle vene al posto del sangue.
Ma come poteva esserci sangue dentro di loro se il loro cuore aveva a malapena la forza di continuare a battere, scoraggiato com'era di fronte alla prospettiva di essere lasciato da solo in quel modo?

Draco fu il primo ad abbassare lo sguardo, appoggiando le dita fredde sul tavolo e Harry serrò la mascella con forza, ma continuò a tenere la testa alta verso il biondo, per quanto scosso da strani brividi, indice di uno stato d'animo molto diverso dalla paura eppure inclassificabile come qualcosa di diverso.

"Credi davvero che andrà tutto bene o volevi solo rassicurare Augustus?"

La voce del Serpeverde raggiunse Harry forse perfino più flebile e spaventata di quella del fratellino di Nott, ma questa volta il moro non sorrise.

"È l'unica possibilità che intendo considerare"

"Ma non è l'unica che può verificarsi!"

Sbottò Draco, alzando lo sguardo inferocito sul volto visibilmente scosso del Grifondoro.

"Non puoi indovinare il futuro... idiota"

Il modo in cui Malfoy gemette sommesso prima di riabbassare il capo e aggrapparsi al tavolo della cucina con tutte le sue forze per cacciare le lacrime, fece rivoltare a Harry il cuore nel petto.

"Ma posso riporvi la mia fiducia"

Sussurrò, sporgendosi verso di lui quando bastasse per cercare il suo sguardo.
Con il gesto delicato di due dita gli sollevò il mento per costringerlo a guardarlo a sua volta e, seppur riluttanti, gli occhi argentati e lucidi del biondo si lasciarono catturare dai suoi, più verdi e brillanti che mai.
Un milione di volte in una frazione di secondo Draco si domandò come avrebbe potuto dire loro addio, odiandosi per il modo in cui non riusciva nemmeno a pentirsi di aver lasciato che lo disarmassero completamente.

"Che c'è, Potter, vuoi un bacio? Guarda che puoi scordartelo io-"

Non riuscì a finire la frase che la sua voce fu rotta dal pianto, calde lacrime gli bagnarono le guance tutte in una volta e lui prese a cancellarle in fretta, preso dal panico.
Fu Harry a fermarlo, gli strinse i polsi tra le mani, allontanandoglieli dal viso e lasciandoglieli cadere lungo i fianchi prima di rivolgergli un sorriso malinconico più che divertito.

"Lo so, neanche io riuscirei a lasciarti andare in quel caso"

Mormorò la sua voce calda, e Draco vi ritrovò un minimo di compostezza, quella sufficiente a lasciare la cucina e, senza una parola di più, radunarsi con gli altri prima nel salotto, poi nell'ingresso, e infine nel giardino ancora stravolto da una pioggia torrenziale.
Uno ad uno tutti i Mangiamorte iniziarono a Smaterializzarsi, Malfoy era fermo pochi passi fuori dalla porta e guardava Potter avanzare nella sua direzione, uscendo gradualmente dal rettangolo di luce calda alle sue spalle.

"Uno di questi giorni ti prenderai un febbrone... e vorrei solo poter essere lì per riderti in faccia"

Commentò il Serpeverde, incrociando le braccia al petto nello sprezzante tentativo di criticare il fatto che il moro non avesse nemmeno indossato un mantello prima di uscire sotto la pioggia a salutarlo.

"Sarai di nuovo qui prima di accorgertene."

Il biondo sbuffò, senza un vero e proprio motivo, non uno diverso dall'abitudine e dal fallimentare tentativo di mantenere un contegno.

"Basta con questi sentimentalismi Potter, salutami e basta."

Il moro alzò gli occhi al cielo e allungò una mano, porgendola al biondo nell'attesa che la stringesse.

"A presto allora"

Il buio lo nascose, ma Draco era arrossito lievemente di fronte a quel gesto, poi aveva alzato lo sguardo verso Harry, gli aveva stretto la mano, mentre il pollice del moro si azzardava ad accarezzargli il dorso gelido, bruciandoglielo.

"A presto"

Mormorò di rimando, sfilò in fretta la mano da quella di Potter e gli diede le spalle, allontanandosi di qualche metro prima di Smaterializzarsi.

Harry rimase sotto quella pioggia torrenziale per un tempo indefinito, lasciando che il buio della notte lo inghiottisse, il vento gli infuriasse nel petto spingendo il cuore ad aggrapparsi alla cassa toracica e gridare con tutte le sue forze, straziato dal bisogno di uscire e scomparire a sua volta in un piccolo vortice di gocce di pioggia.

Furono la mano leggera e cauta di Hermione e quella più larga e invadente di Ron che gli si posarono sulle spalle a costringerlo a tornare in casa.
Ripensando a quella notte, Harry rimpiangeva di non essere saltato con le braccia al collo di Draco e averlo stretto a sè e baciato quando ancora poteva farlo.

Ogni giorno che passava inesorabilmente lento senza Draco, era un giorno in cui si faceva più distante il ricordo del suo viso, del suo profumo, del suo sapore.
Senza di lui era tutto troppo tranquillo, Grimmauld Place troppo vuota e piena solo di ricordi tristi.
Avere sue regolari notizie era l'unica tregua che gli fosse concessa, se la faceva bastare per il momento, scartando sempre il primo foglio delle sue lettere, quello con gli aggiornamenti della situazione dei fuggiaschi e affondando il naso nel secondo foglio, dove c'erano un paio di righe solo per lui.

Fu proprio in quel momento, mentre si trovava per l'ennesima volta perso nei suoi sogni ad occhi aperti, che il becco di un gufo diverso, per precauzione, da quello della settimana precedente, picchiettò contro il vetro della sua finestra con insistenza.

Il Grifondoro scattò in piedi e corse ad aprire la finestra, accogliendo l'animale nella stanza.
Quando il gufo si posò sullo schienale di una sedia, Harry gli si avvicinò per sfilargli la pergamena che teneva legata alla zampa.
La aprì con mani tremanti, fermato solo dalla beccata del gufo in cerca della sua ricompensa.
Appellò un biscotto e lasciò che lo sgranocchiasse mentre, scartato il primo foglio, sorrideva di fronte alla calligrafia sottile ed elegante di Draco.

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


31 Ottobre

Ci siamo spostati verso Nord Ovest, ovviamente non posso darti ulteriori dettagli, ma abbiamo trovato asilo in un paesino di Babbani che ci hanno scambiati per... dicono "pellegrini" e ci trattano bene.
Non credevo che avrei mai potuto anche solo pensare una cosa del genere, ma questi Babbani non sono così male.
Pensa, Augustus si è messo a giocare con alcuni dei bambini e ci dice che tutti vanno pazzi per i nostri tatuaggi, tatuaggi li chiamano! Sono così innocenti che obliviarli quando ce ne andiamo mi sembra quasi superfluo.

Ma ora basta parlare dei piccoli di Babbano, nella tua ultima lettera mi hai chiesto di tenere d'occhio le relazioni interpersonali nel gruppo e non mi hai spiegato il motivo, Potter.
Ti aspetti davvero che mi fidi semplicemente sulla parola?
In ogni caso, abbiamo organizzato una piccola festa per Halloween e ti sto scrivendo in seguito ad essa, così da poter soddisfare le tue curiosità.
C'è una tensione che si taglia con il coltello tra Blaise e quel Rosier, Theodore sta raccogliendo ciò che ha seminato e la cosa non potrebbe rendermi più soddisfatto.
Blaise è irriconoscibile, sai per certi versi ti somiglia, si arrabbia facilmente  e ha già minacciato di prendere a pugni sia Nott che Rosier un paio di volte.
Grazie al cielo ci sono i gemelli Carrow, sono un po' il collante, sempre a tirare su il morale a tutti.

Spero di aver soddisfatto le tue buffe curiosità sui pettegolezzi del momento, ma continuo a chiedermi se non ti comporti così solo perchè sei geloso, Sfregiato.
E credi davvero che se ti tradissi verrei mai a scrivertelo?
Sei un povero ingenuo.
A presto Potter,

D.M.

Draco era rimasto a fissare la frase di congedo da lui stesso scritta di getto solo pochi attimi prima, rendendosi conto di quante altre volte l'avesse già scritta, di quanto fosse difficile pensare potesse essere una promessa più che un'ingenua speranza.

Scelse di aver rimuginato abbastanza sulla sua triste condizione, spaventato da un improvviso senso di terrore giunto ad stringergli lo stomaco in una morsa.
Continuava a ripetersi di essere felice, che non importava che in quel momento lui ed Harry erano lontani, che non importava sapere quando avrebbe potuto rivederlo, che tutto ciò che contava era che lui stesse bene.

E quello gli doveva bastare, lo aveva sempre fatto, qual era il problema tutto a un tratto?

Chiuse la pergamena in una busta, costringendosi di nuovo ad allontanarsi dal flusso dei suoi pensieri, la legò alla zampa di un vecchio gufo dalle piume color caffè e rimase con le braccia incrociate a guardarlo sparire nel cielo di fine Ottobre macchiato di stelle argentate.

La risposta non si fece attendere molto, arrivò sorprendentemente puntuale per gli standard del mittente, planò accanto al fuoco acceso al centro del campo, legata alla zampa di un grasso gufo dai grandi occhi gialli.

"È da Potter?"

Domandò la voce cavernosa di Dolohov, seduto su un tronco trasfigurato in sedia, esattamente di fronte a Draco.
L'uomo stava arrostendo sul fuoco quello che aveva tutte le sembianze di uno scoiattolo talmente ingrassato da un incantesimo, da sembrare sul punto di spezzare il bastoncino su cui era infilzato.
Il biondo sollevò un sopracciglio mentre slegava la lettera dalla zampa del gufo e lasciava scorrere lo sguardo sul Mangiamorte.

"Chi altri vuoi che ci scriva?"

"Fammela leggere"

Draco arrossì lievemente e si strinse al petto la lettera, rispondendo di getto al rantolio cupo e così perentorio di Dolohov.

"Non sei tu il responsabile della corrispondenza, leggerò ad alta voce le informazioni che ci sono state mandate da Londra quando tutti saranno radunati per il pranzo. Aspetterai fino a quel momento."

Il biondo deglutì, gli occhi infossati di quell'uomo lo scrutavano in silenzio, minacciosi.
Lui si alzò in fretta e tornò nella sua tenda a passo affrettato, sentendosi uno sciocco per il modo in cui il cuore gli correva nel petto per la paura.
Com'era possibile che fosse passata tanta acqua sotto i ponti e quell'uomo avesse ancora tanta influenza su di lui?
Il Signore Oscuro era caduto, era tutto finito, eppure Dolohov non era cambiato di una virgola e guardarlo riusciva a fargli credere che forse, da qualche parte, Voldemort stesse vegetando, cercando un modo per tornare ancora.

Rabbrividì, appoggiandosi all'ampio armadio d'ebano alle sue spalle e si affrettò ad aprire la busta, come se dal semplice elenco delle novità potesse trarre un motivo di distrazione o un qualche senso di conforto.
Scartò il primo foglio e lesse il secondo.

7 Novembre

Caro Draco,
Ti costa davvero così tanto iniziare una lettera con dei versi formulari?
Devi per forza fare l'originale?

In ogni caso, ignorerò la tua ampia parentesi sui "piccoli di Babbano", che ci tengo comunque a chiarire siano bambini a tutti gli effetti anche se non hanno poteri magici, perchè so che quello che penso potrebbe urtare la tua sensibilità, ma immaginami sogghignare.

E Draco se lo immaginò, immaginò gli occhi verdi assottigliati e brillanti di divertimento e le labbra stortate in un sorrisetto il cui solo pensiero gli gonfiava il petto di affetto.
Stava sorridendo come un idiota e quando se ne accorse si sentì tale e continuò a leggere.

Piuttosto, mi ritrovo costretto a doverti spiegare chiaramente perchè ti ho chiesto di tenere d'occhio i presenti al campo, dato che hai chiaramente frainteso le mie intenzioni.
Tanto per cominciare non ci tengo ad essere informato del gossip, ma mi dispiace per Zabini, dovresti convincerlo a parlare con Theo o non risolveranno mai la questione.
In ogni caso il motivo per cui ti ho fatto quella richiesta in particolare mi sarei aspettato lo intuissi: Merope Yaxley, mi hai detto che ha mangiato delle bacche ed è morta avvelenata.
Ne ho parlato con Hermione e Ron e tutti e tre conveniamo che sia meglio tenere gli occhi aperti e accertarsi che si sia trattato in effetti di un incidente.
Quindi fai attenzione e dimmi tutto quello che vedi.

Ah, Ron si è dimostrato sorpreso di scoprire che la progenie di Alecto Carrow potesse dimostrarsi una compagnia tanto piacevole e io stesso devo dire di esserlo.

In ultimo, qui tutto in ordine, Hermione ha convinto Percy a far firmare una petizione a tutti gli impiegati del suo ufficio per portare il vostro caso in tribunale.
Inoltre lei stessa sta cercando lavoro al Ministero, è sempre stata brava con le manovre politiche o semplicemente a persuadere me e Ron a studiare, averla all'interno ci sarà utile.
Per quanto mi riguarda, settimana prossima inizio l'addestramento da Auror con Ron, superato quello potremo renderci utili anche noi.
Ti riporterò qui Malfoy, puoi giurarci, non dovrai più avere paura di niente, nè tu nè tutti gli altri.
Ah, tradiscimi pure, non mi importa tanto.
A presto,

H.P.

Draco se lo immaginò, si figurò la sua espressione scocciata mentre scriveva l'ultima frase e ridacchiò soddisfatto.
Quel suo Potter era così orgoglioso e veniva a dare a lui del permaloso?
Si affrettò a prendere una pergamena pulita e l'inchiostro, buttando giù subito una risposta per Harry alla quale, a tempo debito, avrebbe allegato gli aggiornamenti richiesti.

15 Novembre

Non scriverò "Caro Harry" è imbarazzante e te lo scordi, Sfregiato.

Caro Potter,
La mia mattinata stava andando benissimo, poi mi è planato addosso un gufo obeso con la tua stupida lettera.
Non potevi scegliere un gufo un po' più areodinamico?
Ma cosa pretendo, dopotutto sei cresciuto tra i Babbani, cosa vuoi saperne di gufi?

E, come dimenticare, nella tua lettera tu mi propini saggissimi consigli per come trattare problemi sentimentali che non riguardano me, nè tantomeno te. Blaise e Theodore faranno quello che vogliono, non mi importa e tu, stanne fuori, malato di pettegolezzi.

Parliamo piuttosto delle tue manie complottiste...
Quello che cerchi di dirmi è che Merope Yaxley è stata assassinata? Ma sei fuori di testa? E sentiamo, da chi? Siamo tutti sulla stessa barca e pertanto nessuno avrebbe avuto motivo di farla fuori: era educata, tranquilla, di piacevole compagnia e non aveva fatto torto a nessuno.
Stai esagerando, Potter, gli anni di sotterfugi a Hogwarts ti hanno compromesso, te lo dico io.

E, soprattutto, fai leggere di nuovo le nostre lettere a quei tuoi amici e torno personalmente a Londra per lanciarti una fattura.
A presto Potter,

D.M.

"Draco la vecchia vomita di nuovo, serve la pozione."

Malfoy non fece nemmeno in tempo a posare la piuma accanto alla lettera che la voce sbrigativa di Cassandra Zabini lo raggiunse dall'esterno.

"Arrivo subito"

Sospirò stancamente il biondo, piegando la pergamena e spostandola in un cassetto dello scrittoio, poi si alzò e raggiunse il tavolo adibito a laboratorio.
Lo spazio era ordinato per quanto ospitasse più strumenti di quanti potesse permettersene, ma erano tutti riposti con cura millimetrica e lucidati alla perfezione.

Draco andava parecchio fiero della sua ricca e ordinata collezione da pozionista, per questo motivo, quando una goccia di liquido grigiastro e semitrasparente schizzò fuori dal calderone, sopra una delle sue pinze per il polline, lui subito si irrigidì, storse il naso e si affrettò a cancellare l'imperfezione con un colpo di bacchetta.
Abbassò il fuoco con un altro gesto veloce del polso e si allungò sul calderone per prelevare una fiala del distillato in cottura, la sigillò e uscì dalla tenda, dove la sorella di Zabini lo aspettava con le braccia incrociate al petto e un'aria nervosa.

Nel momento che il biondo spese a guardarla, si rattristò di quanto in fretta gli fosse balzata agli occhi la vistosa cicatrice da ustione che le deturpava quasi metà del viso.

Conosceva Cassandra da sempre, lui e Blaise erano stati amici dall'infanzia e lei era sempre stata la sorella maggiore del suo migliore amico, quella con sempre una nuova storia inquietante da raccontare o a conoscenza di fantomatici posti proibiti in cui attirare i due bambini per giocare loro una burla.
Fin da ragazzina Draco ricordava come gli fosse sempre sembrata bella, con quei suoi lineamenti decisi e puliti e i grandi occhi scuri e penetranti.

Ma l'aggressione subita le aveva tolto tutto il suo fascino e adesso erano in pochi coloro che, guardandola, vedessero oltre lo sfregio.
Più volte Malfoy si era immaginato nei suoi panni e aveva ritenuto infattibile poter gestire le indiscrezioni egregiamente come invece faceva lei e, se in passato Draco aveva creduto di ammirarla, ora ne era convinto.

"Che fine hanno fatto Kim e Otis, perchè lasciano che sia tu ad occuparti della loro nonna?"

Domandò Malfoy, più per spezzare il silenzio che altro, Cassandra indugiò con lo sguardo sul viso del biondo, aveva notato come, magari senza accorgersene, dopo averla guardata avesse abbassato gli occhi, quasi sentendosi in colpa per l'indelicatezza compiuta.
Facevano tutti così, nessuno si prendeva mai la briga di dirle che, deturpata in quel modo, era praticamente inguardabile.
Nessuno tranne Ursula Carrow.

"Magari non la sopportano più neanche loro, sinceramente non mi sorprenderebbe."

La ragazza aveva iniziato a camminare per il campo, Draco l'aveva seguita automaticamente e raggiunsero in fretta la tenda della vecchia strega, che li accolse con il suo consueto temperamento ingestibile.

"Alla buon'ora! Aspettando voi facevo prima ad affogare nel mio vomito. Siete giovani, usatele quelle gambe.
Oh, Merlino! Zabini non ti voglio qui dentro, mi resta poco da vivere e preferirei non dover fare i conti con visioni ripugnanti. Facci qualcosa a quella sbrodolata di carne o non ti troverai mai un-"

E qui si interruppe, iniziando a tossire e tremare violentemente sulla poltrona su cui era seduta, immersa nella penombra in pieno giorno.
Cassandra aveva stretto la mascella, visibilmente irritata dai modi della donna, ma non aveva perso tempo rispondendole a tono come avrebbe fatto con chiunque altro, si era limitata ad andarsene, congendandosi da Draco con una pacca sulla spalla.

"Divertiti"

Sibilò nervosa e lasciò solo il biondo con Ursula Carrow.

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


Harry chiuse gli occhi, sentì la pelle della guancia prudergli fastidiosamente dove una lacrima, cadendo, aveva lasciato la sua scia.
Si strinse nelle spalle,staccandosi dallo schienale del divano e appoggiando i gomiti sulle ginocchia, cercò di non fare caso al peso che aveva sullo stomaco e che gli impediva di respirare, ma non servì a molto: ben presto il suo corpo fu preso da tremiti che lo lasciarono a singhiozzare sommessamente con la testa tra le mani, mentre un angolo della pergamena che stringeva tra le dita si bagnava delle sue lacrime.

Era una situazione così assurda, si sentiva ridicolo e impotente nonostante fosse ben consapevole di star facendo tutto il possibile per aiutare delle persone ingiustamente perseguitate. 
Ma non era di fronte alla situazione sociale e politica in cui era immerso che aveva le mani legate, piuttosto ciò che davvero lo faceva diventare matto era sapere troppo approssimativamente dove fosse Draco per anche solo arrischiarsi a fargli visita.

Il biondo era furbo o semplicemente lo conosceva abbastanza bene da sapere quanto fosse incapace di un ragionamento sensato quando preso dalle sue emozioni e nelle sue lettere si preoccupava di mantenere le distanze per entrambi, facendogli sapere il minimo indispensabile.
Tragicamente, applicava lo stesso metodo per ogni forma di dichiarazione d'affetto: oggettivamente inesistente.

Harry non ne avrebbe mai pretese, lui stesso era restio a rilasciarne e Draco lo sapeva, tuttavia, per quanto le insinuazioni d'inchiostro del Serpeverde facessero sorridere il moro e lo costringessero a rispondere a tono come da copione, c'era una parte di loro due che la carta non poteva contenere, che al Grifondoro mancava terribilmente e in cui iniziava a dubitare.

Era ironico pensare che, dopo il loro primo bacio, al quale entrambi avevano faticato a credere, avessero fatto di tutto perchè ognuno dei successivi non fosse altrettanto fugace e ora, di nuovo, si ritrovassero a far vagare la mente nel passato, ma con i piedi tanto a fondo piantati nel presente da dubitare che quel tempo fosse mai esistito.

E questo mandava Harry nel panico più completo, davanti ai suoi occhi tornavano a stagliarsi i contorni della sua solitudine e, sempre più nitidi e incombenti, lo portavano a fare i conti con il dato di fatto che coloro che tenevano a lui, facevano tutti la stessa fine.
Dunque, nei sette giorni che separavano la partenza di un gufo con una lettera dall'arrivo di quello con la risposta, Harry affogava nel terrore che questa volta sarebbe stato il turno di Draco.

Già una volta non lo aveva protetto, la sola idea di quello che aveva rischiato lo perseguitava costantemente, se quella luce fosse stata verde, l'attimo dopo le sue braccia avrebbero stretto solo il guscio vuoto della persona che Draco era stato solo fino all'istante prima e non ci sarebbe stato più significato in nient'altro.
Ora che era lontano da Malfoy e che sospettava fosse più in pericolo di quanto il biondo volesse ammettere, quei sette giorni erano il tempo infinito di una tortura incessante che nemmeno lo sfiancante addestramento da Auror riusciva scalzare.

Forse l'alcool avrebbe potuto, ma a Harry non era dato scoprirlo perchè Hermione e Ron non gli toglievano il fiato dal collo per un secondo, braccandolo come un animale feroce e insieme cercando di ammansirlo con discorsi motivazionali e schifosamente ottimisti sulle ottime probabilità che avevano di cavarsela in fretta in tribunale e che non facevano altro che metterlo a disagio, riempiendolo di attenzioni che detestava e di cui sicuramente non aveva bisogno.
Non aveva bisogno che si trasferissero da lui, non aveva bisogno che Ron cercasse di distrarlo con il Quidditch, non aveva bisogno che Hermione tornasse dal lavoro sorridente e piena di buone notizie per la loro causa, aveva bisogno che quel dannatissimo gufo picchiasse contro la sua finestra, aveva bisogno di quella stramaledetta lettera.

Nei mesi che seguirono quello fu il suo unico spiraglio dalla morsa soffocante che solitudine, paura e mancanza gli avevano serrato addosso, ma si chiudeva in fretta e tutto tornava insostenibile.

Era in ufficio quel giorno, fuori dalle ampie vetrate della finestra la neve cadeva pigramente da un cielo plumbeo sui rami secchi degli alberi, dando un ritmo pacato ai gesti con cui il moro sfogliava le pratiche al posto del suo superiore, a cui apparteneva l'ufficio.

Il martedì era il giorno più insopportabile, l'unico che non comprendesse anche l'addestramento fisico e si limitasse alle formalità che ogni Auror, suo malgrado, deve saper gestire.

Di fianco alle montagne di pergamene disordinate, c'era una busta aperta che sembrava quasi mettergli pressione.
Il moro smise di trascrivere i nominativi delle varie squadre del Dipartimento solo per girarsi a guardare male quella busta.

"Smettila, sto lavorando, non posso, abbi pazienza."

Lo ringhiò tanto perentorio, che quasi finì con il credere lui stesso alle proprie parole.
Chiaramente però, nel giro di cinque minuti aveva spostato l'elenco e fatto spazio per una pergamena pulita sulla quale iniziò a scrivere la risposta alla lettera di Draco, che (sempre nella testa di Harry) sorrideva soddisfatta lì a fianco.

21 Febbraio

Caro Draco,
Non capisco il tuo sgomento per la questione di Ginny.
Insomma è sempre stata una Cacciatrice formidabile, non vedo perchè debba sembrarti tanto strano che le Holiday Harpies l'abbiano presa in squadra.
È solo colpa tua che non hai mai saputo apprezzarla.

Ora, aggiornamento di servizio, mi stai distraendo dal lavoro con le tue stupide lettere, se Kemp entra e mi trova qui a risponderti sono morto.
Visto che sei un Purosangue tanto fiero di se stesso, perchè non addestri i gufi che mandi in modo che non mi rompano i coglioni mentre sono al Ministero?

Inoltre, anche se non l'hai apertamente chiesto so che muori dalla voglia di saperlo, sì, Ron ha fallito la prova di Pozioni del primo trimestre di accademia.
Ti concedo dieci secondi per gongolare prima di darti una notizia che potresti ritenere sgradevole.
Vai, sto contando.

Bene, tempo scaduto.
Hermione è entrata a far parte del Dipartimento di Applicazione delle Leggi Magiche con un solo mese sui libri.
Incredibile perfino per lei, questa sera le abbiamo organizzato una festa e...

Harry si fermò un attimo prima di scrivere una cavolata, lasciando che dalla punta affilata della piuma cadesse una goccia d'inchiostro che macchiò la pergamena.

Vorrei che ci fossi anche tu

Si morse un labbro, bloccando quel desiderio sulla punta della lingua, vietando alla penna di esprimerlo.
Ma era davvero così abominevole l'idea di dichiarare nero su bianco quanto fosse insopportabile quel senso di vuoto che Draco si era lasciato dietro e che tutto l'inchiostro del mondo non poteva riempire?

Ovviamente sì, lo era, minava troppo pericolosamente a quelle briciole di orgoglio che Grifondoro e Serpeverde, ognuno a modo suo, si trovano ad ergere a muraglia attorno a loro nei momenti di fragilità.
Quindi nessuno dei tormentati sentimenti di Harry ebbe sfogo in quella lettera, che fu invece riempita di una serie di informazioni che, tutte insieme, non sarebbero state mai preziose per Draco tanto quando quella confessione.

... subito dopo tutti a letto presto perchè ora siamo vecchi e lavoriamo.
Mica come te, aristocratico sfaticato.

Detto questo, non ci sono molte novità, Kingsley è il solito pezzo di pane e continua a sostenere la nostra causa, ma per gran parte della comunità magica restate innominabili.
È proprio un brutto vizio questo dei maghi di censurare i nomi.

Infine, Draco i tuoi capelli staranno pure crescendo un po', ma non mi sembra il caso di farne una tragedia.
Arriva un momento per i Malfoy di farsi una coda e diventare delle Barbie.
A presto Draco,

H.P.

Solo quando aveva ormai sigillato la busta e qualcuno bussò alla porta con due colpi decisi, Harry si accorse di avere un sorriso da cretino stampato in faccia.
Il moro balbettò un "avanti" spaesato e un attimo dopo Kemp fece il suo ingresso nell'ufficio, lanciando a Harry un'occhiata cupa.

"Qualcosa non va?"

Lui scosse la testa e grugnì in segno di negazione, poi fece un gesto con la mano che mise in chiaro perfettamente la sua intenzione di restare solo nel suo ufficio.
Il Grifondoro non osò contraddirlo, per quanto fosse brusco e di poche parole, Kemp non era una persona del tutto sgradevole finchè non la contrariavi, cosa che dunque il moro sperava di non dover fare a breve.

Raccolse velocemente le sue cose e lasciò l'ufficio, chiudendosi la porta alle spalle e scivolando per i corridoi del Dipartimento Auror fino agli ascensori seguendo un percorso automatico.
Intanto con la mente navigava assente tra i fiumi d'inchiostro che erano diventati il suo unico contatto con Malfoy, un'infinita conversazione sempre più insignificante per chiunque altro, ma che era tutto ciò che riuscisse a riportare alla mente del moro un ricordo vivido e preciso di Draco.
Leggendo, vedeva il suo sorrisetto scaltro o la sua smorfia disgustata nascosti tra le righe, indovinava i momenti in cui si era probabilmente fermato per aggiustarsi i capelli dietro le orecchie e i tutte le volte che doveva essersi morso le labbra pensando alle stesse cose che lui pensava.

Essendosi dunque permesso di fantasticare tanto ampiamente, per la seconda volta nel giro di dieci minuti
dovette essere un suono esterno a riportarlo coi piedi per terra.
A questo giro erano state delle voci, una discussione accesa stava avendo luogo appena dietro l'angolo del corridoio che il moro, uscito dall'ascensore, stava percorrendo.

Probabilmente fu la forza dell'abitudine che lo spinse ad appiattirsi contro il muro, assottigliare gli occhi da dietro le lenti degli occhiali e aguzzare l'udito per origliare la conversazione in atto.

"Per Merlino, Kingsley sei il Ministro della Magia adesso! Non puoi permetterti di mollare la presa, di indulgere"

La prima voce Harry non seppe identificarla, ma era apertamente ostile, il che non potè che incuriosire il moro e, allo stesso tempo, fargli intendere che non avrebbe dovuto trovarsi lì.
La seconda voce invece era famigliare, pacata e profonda, Kingsley rispose dopo un sospiro.

"Quello che appoggio è il bene della comunità magica: o lo fermiamo ora o il circolo vizioso delle vendette non avrà fine."

"E lasciare quindi quei criminali impuniti?"

"Non ho detto questo"

Rispose subito il Ministro, nel vano tentativo di ammansire il suo interlocutore.

"E invece a me sembra proprio di sì. Dici di fare il bene della comunità magica ma la esponi a un enorme pericolo lasciando degli assassini a piede libero."

"Nessun assassino è rimasto a piede libero, Lyell. Tutti i Mangiamorte che lo meritavano sono ad Akzaban e lo sai bene, tu stesso mi hai aiutato a riempire quelle carceri."

Lyell

Harry fu certo di aver già sentito quel nome, sapeva di chi si trattava, ce l'aveva sulla punta della lingua ma non si arrischiò a sporgersi per sbirciare.

"Ho una lista, una lista di assolti incautamente durante i processi del '98"

Attaccò subito l'uomo, portando il Ministro a sospirare stancamente ancora una volta.

"Non riapriremo vecchie ferite, i processi sono conclusi e tutti coloro che sono stati assolti sono liberi perchè se lo meritano."

"Perchè tu credi lo meritassero o perchè Potter lo credeva, ma non perchè fosse effettivamente così. Non possiamo pendere dalle labbra di quel ragazzino ogni volta che schiocca le dita, Kingsley il Ministero ha una dignità da difendere, noi siamo la legge, non lui."

Harry serrò la mascella dal suo nascondiglio, ma riuscì a tenere a bada ogni forma di irrequietezza che lo tentasse di passare di lì con nonchalance anche solo per vedere quel Lyell mortificato dall'imbarazzo.

"Ti assicuro che Potter non ha avuto voce in capitolo durante i processi più di un qualsiasi altro testimone. E ora basta, abbiamo entrambi del lavoro da sbrigare, io ho preso la mia decisione e sei pregato di appoggiarla. Se mai dovesse dimostrarsi un errore, allora sarò ben lieto di darti retta Lyell, ma non un attimo prima."

L'uomo non azzardò una parola di più, Kingsley iniziava a scaldarsi, Harry non potè non lasciarsi sfuggire un sorrisetto soddisfatto, ma non fece in tempo a indietreggiare per cercare una strada alternativa, che il Lyell in questione quasi gli si scontrò addosso.

Ci fu un veloce scambio di sguardi, che Harry resse orgogliosamente, mentre le guance piene del Viceministro si arrossavano d'imbarazzo e l'ometto si affrettava a scivolare via verso l'ascensore, con aria rancorosa e passo sostenuto.

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


28 Febbraio

Caro Potter,

Sei proprio ridicolo, come puoi prendertela con me per l'orario in cui ti arrivano le mie lettere quando ti basterebbe aspettare di tornare a casa per leggerle senza farti rimproverare come al solito?
È chiaro che sei tu il problema, sei di nuovo ossessionato da me, credevo che la dipendenza del sesto anno l'avessi superata ormai.
Indubbiamente mi sbagliavo.

Ora, prima che tu possa venire a saperlo da altre fonti a me ancora del tutto sconosciute, fraintendere e fare uno dei soliti casini, Ursula Carrow è morta due giorni fa.
Fermo, metti giù i tuoi attrezzi d'investigazione babbani, non c'è niente su cui indagare: era vecchia e malata, come sai, da settimane le portavo pozioni curative di continuo per aiutarla con la digestione, le ossa e chissà cos'altro non le funzionasse.
Giustamente, in mancanza di Medimaghi nessuno è stato sorpreso di trovarla annegata nel suo vomito una mattina.

Tranquillo, non spendere tempo per le condoglianze, non mancherà nemmeno ai suoi nipoti, figuriamoci a me, dopo che mi ha costretto per mesi a sgobbare come un Elfo Domestico per prepararle tutti i suoi rimedi.
E intanto tu festeggi e dai a me dell'aristocratico scansafatiche, con quale faccia tosta Potter?

E che diamine è una Barbie?
Non parlare babbano con me, Potter e sappi che se vengo a scoprire che metti in dubbio la mia mascolinità arrivo a strozzarti.
Basta sono stufo di parlarti, mi fa venire i nervi anche solo immaginare la tua brutta faccia sfregiata.
A presto Potter,

D.M.

Se da quando era dovuto partire raramente Draco si trovava ad essere di buon umore, quel giorno lo era meno del solito.
Era strano a dirsi dal momento che, per la prima volta dopo mesi, non aveva pozioni da preparare o vecchie bavose da accudire.

Eppure chiuse la busta con un gesto stizzito, lasciandola sulla scrivania senza spedirla prima di uscire dalla tenda, seguendo l'istinto che lo spingeva alla ricerca di aria fresca.
Infilò le mani in tasca e si strinse nelle spalle mentre l'aria ancora gelida di fine Febbraio gli si insinuava sotto le pieghe del mantello e fin dentro le ossa, facendolo rabbrividire sul posto.

Quel giorno si sentiva particolarmente pessimista.
Era uno di quei giorni in cui arrivava a convincersi che non avrebbe mai più visto le cime fumose del grigi palazzi della sua amata Londra, i vicoli scuri e caratteristici di Nocturne Alley e nemmeno le stradicciole rumorose di Diagon Alley.
Sarebbe stato un esule per il resto della sua vita, era anche quasi certo di meritarselo e di poterlo accettare.
Credeva di essere pronto a dire addio alla sua città e sostituirla con un susseguirsi infinito di villaggi, boschi e brughiera, se non fosse stato per Potter.

Era così fastidioso pensare a come, sapendolo a Londra a battersi per lui, non fosse capace di arrendersi e continuare a scappare per sempre, perchè troppo speranzoso di tornare tra le sue forti braccia da Cercatore.

Già, per l'ennesima volta nella sua ripetitiva vita, Harry era la scomoda clausola che lo teneva lontano dalla confortevole strada della fuga e davvero il biondo non se ne capacitava certe volte.
Insomma, aveva vissuto anni amandolo in silenzio e per la maggior parte del tempo non era stato stato un problema, credette di doversi rimproverare nel momento in cui si accorse di come non riuscisse a concepire di tornare a quella situazione ora che aveva conosciuto un'alternativa migliore, tanto migliore da non sembrare possibile.

Invece fu costretto a scendere a patti con il fatto che, se avesse scelto di arrendersi, avrebbe dovuto rinunciare a Harry.
Era così ingiusto, perchè stare con quel disgraziato doveva necessariamente significare lottare per la giustizia? Perchè quel Potter doveva fare sempre l'eroe di tutti.
E perchè, per impressionarlo forse?
Come se ce ne fosse bisogno.

Più di un miliardo di volte Draco aveva solo sperato che Harry si arrendesse e scappasse con lui, che restassero solo loro due, lontani dal mondo e dal male, a condurre una vita tranquilla senza battaglie da vincere.
Tuttavia, ognuna di queste volte, Draco era arrivato a chiedersi, per diretta conseguenza dei suoi pensieri, se in effetti Harry sarebbe mai potuto essere comunque Harry senza uno scontro a cui prendere parte.

Si costrinse a mettere da parte quei pensieri anche quella mattina come già troppe volte aveva fatto negli ultimi mesi: non voleva interpretarli, confuso dal suggerimento che sembravano volergli dare.
Piuttosto era quasi ora di pranzo e dare una mano in cucina sarebbe stato, ovviamente sgradevole, ma quantomeno utile a tenersi distratto.

Quando sollevò il tessuto pesante della tenda, facendo il suo ingresso in quella che era stata adibita a cucina, vide qualcosa di tanto stomachevole da pietrificarlo sul posto con un'espressione disgustata a stortargli la faccia.

Lì, davanti ai suoi poveri occhi, quell'energumeno di Imus Rosier stava ficcando la lingua in gola a Theodore Nott.
Ma il peggio doveva ancora venire e, accorgendosi del suono di passi familiari alle sue spalle, Draco era perfettamente intenzionato ad evitare che ciò accadesse.

Quindi pensò bene di uscire dalla cucina e lasciarsi cadere la stoffa alle spalle, si bloccò davanti all'ingresso nel momento in cui la figura di Blaise gli si stagliò davanti, chiedendogli con un'occhiata seccata di farlo passare.
Il biondo scosse la testa e Zabini sollevò un sopracciglio, seccato.

"Draco, è il mio turno in cucina, spostati o ti sposto io"

"Beh, il tuo turno di schiavitù può aspettare, dobbiamo parlare."

Sentenziò Malfoy e afferrò il polso di quello che ancora faticava a considerare qualcosa di diverso dal suo migliore amico e che quindi tendeva involontariamente a proteggere, allontanandolo dalla tenda e dai suoi orrori e trascinandolo verso il limitare del bosco.

"Siamo qui da mesi e all'improvviso hai deciso di rivolgermi la parola?"

Grugnì acido il mulatto, provocando in Draco un verso di sarcastica sorpresa.

"Ah, ma da quale pulpito! Sei tu che di punto in bianco, mentre io ero a Hogwarts per l'ottavo anno, hai smesso di inviarmi gufi. Sono venuto  a sapere da Pansy, da Pansy, Blaise, che nemmeno mi parlava all'epoca, che ce l'avevi con il mondo perchè Theo ti tradiva!"

Zabini deviò lo sguardo accanito di Draco e lo fissò sulle chiazze d'erba che macchiavano il sottobosco gelato, per un po' non disse nulla anche perchè era evidente che Malfoy non avesse ancora finito.

"Io però ho continuato a scriverti per mesi prima di arrendermi. Mai parole di conforto furono più sprecate, continuavo a sperare che fosse una fase e che comunque riuscissi a renderti conto di che livelli di umiliazione abbia toccato per te. Beh sei un ingrato Blaise e ora pretendi pure di essere la vittima. Scendi da quel maledetto piedistallo e scusati, egocentrico serpentello dei miei stivali!"

"Mi dispiace"

Il mulatto soffiò quella frase coi pugni stretti lungo i fianchi e Draco incrociò le braccia al petto, non nascondendo un'espressione soddisfatta per quella reazione così immediata.

"Non mi sono comportato correttamente, ero sconvolto... non avrei mai creduto che Theodore potesse tradire la mia fiducia così, dopo tutti quegli anni, quelle promesse... era semplicemente assurdo. Credevo avremmo passato insieme il resto della vita."

Il sorriso soddisfatto di Malfoy si trasfigurò in fretta in uno sguardo molto più permissivo, addolcito da quella confessione così aperta, che da Blaise non si sarebbe mai aspettato.
Era sinceramente felice che finalmente avesse deciso di seppellire l'ascia di guerra e sfogarsi con lui, almeno avrebbe avuto modo di ricambiare il favore dopo tutti gli anni trascorsi a lagnarsi per Potter in cui il mulatto lo aveva sempre sostenuto.

"Blaise, c'è sicuramente una spiegazione. Raramente le cose sono come sembrano."

"Ah sì? E come ti sono sembrate là in cucina?"

Colto alla sprovvista, Draco arrancò.

"Eh?"

"Guarda che l'ho capito che volevi nascondermi qualcosa e... beh dato il fatto che, una volta a settimana sono di turno in cucina con loro due, diciamo che ci ero arrivato."

Malfoy rimase in silenzio, non trovando nessuna parola di conforto per Blaise.
Si sentì un incompetente e un irriconoscente... il suo amico ne aveva sempre avute per lui, perchè non riusciva a ricambiare?

"Draco, non tormentarti. Non è te che Theo ha tradito."

"Beh, più o meno sì..."

Blaise sorrise in un debole gesto involontario, sentendosi in imbarazzo di fronte a un lato spontaneo e altruista di Draco, che a pochi era dato conoscere, ma che, in un certo senso, non era più nascosto come lo era stato un tempo.

"Stare con Potter ti sta facendo diventare un eroe, Draco."

Il biondo fu nuovamente preso alla sprovvista e le sue guance si colorarono di un rosso acceso, particolarmente evidente sulla carnagione pallida.

"Cosa diamine centra Potter, stai cambiando discorso."

"Sono felice che il tuo Sfregiato si sia dimostrato all'altezza delle aspettative."

"Blaise! Basta io non ho mai detto questo."

Zabini ridacchiò con aria maliziosa, divertendosi a costringere Draco a mettere a nudo i suoi sentimenti, anche se sempre a modo suo.

"Vuoi forse dire che non è così?"

Il biondo stava palesemente cercando una via di fuga, ma, non trovandone, fu costretto a cedere.

"No, hai ragione. Ha perfino superato le aspettative per quanto mi riguarda, ma ora smettila di darmi il tormento."

Il mulatto alzò le mani in segno di resa, del tutto intenzionato a non insistere sulla questione, poi però si ritrovò ad indugiare sul viso dell'amico e doveva essere piuttosto evidente che avesse un dubbio che intendeva soddisfare, ma aveva troppa paura per chiedere.

"Cosa vuoi ancora?"

"Te l'ha detto che era lui James, vero?"

Draco sbuffò e si strinse nelle spalle con aria seccata.

"A modo suo, sì, ma è una lunga st- aspetta e tu come lo sai?"

Blaise si morse un labbro, aggrottando la fronte e scalciando un piccolo sasso mentre faceva i conti con una domanda piuttosto scomoda.

"Anche questa è una lunga storia, ma se non te l'ho mai detto... è stato solo per proteggerti."

"Di questo non ne dubito Blaise, ma faresti comunque meglio a vuotare il sacco."

"Al sesto anno... quando ha smesso di presentarsi è stato perchè l'ho costretto a rivelare la sua identità e l'ho minacciato."

Malfoy aveva sollevato un sopracciglio e questo era un segno preciso, era impressionato, ciò che dipendeva molto di più dalla varietà dei casi era se questa sua sorpresa fosse un brutto o un buon segno.
Di solito, non portava a niente di buono.

"Draco, ti prego... non guardarmi così e dimmi solo che cosa ti passa per la testa."

"Quindi... in pratica è colpa tua se James è sparito e invece Harry è diventato ancora più molesto"

Il mulatto annuì gravemente.

"Non era mia intenzione aizzartelo contro, pensavo demordesse... non credevo fosse uscito di testa al punto da provarci spudoratamente con te per ottenere quelle informazioni"

Tutta la sicurezza di Draco crollò in un momento solo quando realizzò precisamente il quadro della questione e il biondo si ritrovò ad arrossire di nuovo, ma questa volta si coprì il viso con una mano.

"Non era per le informazioni...  quel cretino di San Potter"

Balbettò, rendendosi conto della violenza con cui gli si era stretto lo stomaco e di come stesse trattenendo il respiro.
Che cosa stupida, no Potter era stupido, infischiarsi così della guerra alle porte e provarci con lui come se non fosse stato il nemico, ma solo un ragazzo come un altro...

"Tutto bene, Draco?"

Domandò Blaise, avvicinandosi di un passo, preoccupato dal modo in cui il biondo si era chiuso nel suo silenzio.
Lui si ricompose in fretta, drizzando la schiena e scacciando i pensieri con un gesto della mano.

"Certo Blaise, ma ora andiamo, è il tuo turno in cucina."

Zabini aggrottò la fronte, ma non protestò, limitandosi a seguire Malfoy fino al campo di nuovo, dove tuttavia la cena era già servita e in molti iniziavano a chiedersi dove i due ragazzi fossero andati a cacciarsi.

Theodore, nel vedere Blaise sedersi accanto a Draco e ridere a una delle sue tagliate sarcastiche, assottigliò lo sguardo senza quasi rendersene conto, mentre un sentimento di cui si era dimenticato tornava a farlo tremare.

In seguito Blaise ebbe modo di sfogarsi con l'amico ritrovato, rivelandogli, sebbene fosse per Draco già abbastanza ovvio, che in effetti non aveva mai smesso di credere in un futuro con Theodore.
Malfoy gli aveva sorriso e quella volta aveva trovato le parole giuste per incoraggiare l'amico, promettendogli perlomeno, una spalla su cui piangere.

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 ***


Quando tutto è ripetitivo, insignificante, il tempo gioca gli scherzi peggiori.
Le giornate durano mesi e, dei mesi, guardando indietro, non ci restano alla mente abbastanza momenti per comporre una giornata sola.

Per Harry era stato così, nonostante le migliaia di impegni ai quali, dopo i primi tempi, aveva finito per abituarsi, ogni giornata si era riproposta stancante, stressante e lentissima, ma vuota e insignificante da quella notte di Settembre.
Una mattina aveva lanciato un'occhiata veloce al calendario babbano appeso in cucina e subito dopo aveva sentito il bisogno di tornare lì con lo sguardo per comprendere appieno il significato della data, un numerino che, più restava fermo a guardare, più sentiva lontano da sè e inverosimile.

4 Giugno

Erano ormai passati due anni dalla Battaglia di Hogwarts e, per la prima volta da quando aveva memoria, non era in pericolo o intrappolato in qualche profezia e destino più grande di lui.
Era solo coinvolto in una comune battaglia politica che, per i suoi standard, non doveva essere nulla di insormotabile dopotutto.
Allora perchè non si sentiva nè sollevato, nè felice, nè più vivo di quando era stato colpito dalla maledizione di Voldemort per la seconda volta?

Mortificazione e solitudine, in alcuni giorni, erano capaci di soffocarlo spaventosamente.
Bastava che, passando davanti alla porta della stanza di Ron ed Hermione, li sentisse ridere spensierati o bisticciare animatamente e subito si incupiva, svuotato tutt'a un tratto.
Pensava "voglio Draco" con lo stesso impeto di un bambino che fa i capricci per una caramella o un giocattolo, credendo ingenuamente nella più assoluta felicità che può portare la realizzazione del desiderio.
L'unica sostanziale differenza tra le sue condizioni e un capriccio era che la mancanza del biondo non veniva scalfita dal tempo, ma restava costante e logorante.

Dal calendario il suo sguardo si spostò sul tavolo della cucina, dove un foglio di pergamena riempito solo per metà era appoggiato di fianco a un bicchiere vuoto di succo di zucca.
Il moro tornò a sedersi e riprese in mano la piuma, se la rigirò tra le dita un paio di volte prima di riprendere a scrivere la risposta per Draco da dove l'aveva lasciata.

Se avessi saputo che diventare Auror fosse fisicamente più sfiancante del Quidditch e mentalmente più di Pozioni, forse ci avrei pensato su due volte prima di entrare in accademia.
Non penso ne uscirò vivo, per la gioia di Voldemort.

Fece un'altra pausa quasi subito e, quando si accorse di essersi bloccato, lasciò cadere la piuma per portarsi le mani tra i capelli e poi scendere con le dita a sfregarsi furiosamente gli occhi sotto le lenti, mugolando di nervoso.
Ad ogni parola che scriveva non riusciva a smettere di viaggiare con il pensiero attraverso i palazzi di Londra, poi per la brughiera inglese fino a raggiungere un bosco oltre un affluente del Tamigi.
In un luogo del genere pensava che Draco si trovasse e una volta raggiunto quel posto iniziava a figurarsi mille modi per sorprenderlo.

Una volta gli si era Materializzato alle spalle e gli aveva coperto gli occhi con le mani, un'altra si era fatto trovare nudo nel letto del biondo a leggere la Gazzetta del Profeta come se niente fosse e in una terza opzione, la sua preferita, stava semplicmente camminando con calma per l'accampamento, andava verso Draco con una pergamena in mano proveniente dal Ministero, un lasciapassare che assicurasse agli ex-Mangiamorte la protezione per cui avevano a lungo lottato.
In quel suo sogno ad occhi aperti Draco se ne usciva con una delle sue pessime battute e Harry alzava gli occhi al cielo, rispondeva a tono e un attimo dopo il biondo gli si buttava addosso, riempiendogli la bocca del suo sapore.

Poi la sua fantasia continuava a galoppare almeno finchè Harry non si accorgeva di essere in trance, allora si riscuoteva, sospirava, si sfregava gli occhi oppure si massaggiava le meningi, scacciava le stupidaggini dalla testa e cercava di concentrarsi su qualunque cosa stesse facendo.
In quel caso era la lettera per Draco e ciò rendeva il tutto ancora più complicato se si conta che l'obiettivo era comunicare con lui senza pensare a lui.

Eppure l'addestramento non è nemmeno la cosa peggiore, il Viceministro Lyell lo è, quell'uomo è un pazzo ingestibile e vendicativo.
Davvero, crede che stiate pianificando un attacco ad Azkaban per far evadere i vostri "accoliti", così li ha definiti, e poi rovesciare il Ministero, prendere il controllo e sterminare i Nati Babbani.
Sembra inconcepibile, un'esagerazione scritto così, vero? Eppure poche di queste sono parole mie, ti allego alla lettera un ritaglio della Gazzetta del Profeta, un'intervista di questa settimana.
E la cosa assurda è che la gente ci crede anche! Non sono pochi, e perlopiù sono maghi spaventati, quelli che credono che Lyell abbia la stoffa del Ministro e al potere farebbe meglio di Kingsley.
Non so se scoppiare a ridere per l'idiozia delle persone o preoccuparmi della velocità con cui raccoglie consensi.

"Miseriaccia Harry! Sono già le sette perchè non mi hai svegliato"

A quella frase seguì il rumore di passi pesanti sulle scale che portavano al piano di sopra e un attimo dopo Ron fece il suo ingresso in cucina con la divisa sbottonata e i capelli rosso fuoco sparati in tutte le direzioni.
Il moro alzò la testa dalla sua lettera per scrutare l'amico con fare trasognato.

"Eh? Ehi, ma hai dormito vestito?"

Domandò ancora un po' assente e preso dai suoi pensieri.
Il rosso grugnì infastidito e si versò del succo di zucca con un colpo di bacchetta mentre la mano libera veniva impiegata per appiattire bene o male i capelli disordinati quasi quanto quelli di Harry.

"No, mi sono solo vestito in fretta perchè qualcuno qui ha deciso che avvertirmi del ritardo fosse superfluo."

Harry scrollò le spalle e diede un occhio all'orologio.
Le 7.03, avrebbero dovuto essere al Ministero già da quasi cinque minuti.

"Scusa Ron, Hermione è passata a svegliarmi prima di uscire e credevo avesse svegliato anche te."

Ron si fermò un attimo con il bicchiere del succo di zucca a mezz'aria e aggrottò la fronte assumendo l'espressione di chi cerca di riportare alla mente qualcosa.

"Sì, forse l'ha fatto..."

Mormorò, seppur non del tutto convinto delle proprie parole, poi si riscosse e vuotò il bicchiere in fretta, lo lasciò sul ripiano della cucina e si avvicinò ad Harry, sporgendosi sulla pergamena che il moro si affrettò a coprire con le braccia prima di guardare male l'amico.

"Smettila, è privato."

Ron rise forzatamente e diede a Harry uno spintone.

"Ma finiscila, quale privato e privato che le uniche due parole che ho letto sono state Viceministro Nati Babbani. Davvero tu e Malfoy non avete migliori argomenti di conversazione?"

Harry rimase in silenzio, ancora proteggendo la lettera con le braccia e fissando Ron in cagnesco fino a vedere la sua espressione trasfigurarsi dal divertito allo sconvolto o quasi spaventato.

"No, Harry non mi dire che..."

Il moro sollevò un sopracciglio confuso.

"Eh? Che cosa?"

"Voi due non usate parole in codice per scambiarvi lettere sconce, vero?"

"Come Godric ti è potuta venire in mente una cosa simile, Ron?"

Domandò Harry, con un mezzo sorriso divertito sulle labbra mentre scuoteva la testa rassegnato.

"Non lo so amico, insomma... non è così improbabile dopotutto siete in astinenza da sesso entrambi da quasi un anno o almeno tu lo sei. E nemmeno bevi, quindi dovrai pur sfogarti in qual-"

"RON! Ok ora basta, sei in ritardo. Vai al Dipartimento io ti raggiungo."

"Guarda che anche tu s-"

"Vai via!"

Rise Harry alzandosi dal suo posto al tavolo per spingere Ron verso l'ingresso mentre il rosso rideva a sua volta e protestava qualcosa riguardo il fatto che ai maghi non servono le porte, possono Materializzarsi o usare la Metropolvere, tutte cose che Harry ignorò in modo da essere libero di tornare a finire la sua lettera.

Ad ogni modo, ora devo andare o farò tardi al Dipartimento.
A presto,

H.P.

Piegò la pergamena e la chiuse in una busta che, arrivato al Dipartimento, affidò a uno dei gufi del Ministero.

Tutto quanto filò liscio fino alla pausa pranzo quando, seduto al tavolo della mensa dei cadetti con Ron ed Hermione, che come al solito vi si era infiltrata, la loro conversazione fu interrotta da un fastidioso tossicchiare apertamente volto a ottenere l'attenzione dei tre.
Hermione fu la prima a voltarsi e, riconosciuto l'individuo che si era affiancato al loro tavolo assottigliò lo sguardo in un'espressione aggressiva che la rendeva molto simile a una lince.

"Viceministro, buongiorno!"

Scandì Ron amaramente e senza preoccuparsi di madare giù il boccone, cosa che fu evidentemente motivo di disgusto nell'ometto dagli occhi sporgenti, ora assottigliati in una smorfia di sufficienza.

"Buongiorno anche a lei Weasley"

Asserì con voce strascicata prima di rivolgersi a Harry, che intanto era tornato a girarsi verso il suo piatto e aveva preso a giocherellare con un wurstel nella speranza di passare inosservato.

"Signor Potter spero che lei possa concedermi cinque minuti del suo tempo a seguito della pausa pranzo, vorrei discorrere con lei di alcune questioni"

Il suono di quelle parole era forzatamente morbido al punto da raggiungere l'udito dell'interpellato e risultare rivoltante.
Fu il viso del moro questa volta, dunque, ad assumere un'espressione di disgusto e il ragazzo non si disturbò nemmeno a ricambiare lo sguardo del Viceministro, continuando a trovare il suo cibo martoriato molto più interessante.

"Sono desolato signor Viceministro, ma gli orari dell'accademia sono piuttosto rigidi e temo di avere a malapena il tempo di finire il mio pranzo."

"Comprendo pienamente l'incomodo che le potrei stare causando, ma questa mattina non si è fatto problemi, ho sentito, ad arrivare in ritardo e apparentemente senza una buona ragione. Non vedo perchè ora che ne ha una debba essere diverso."

Harry potè giurare di aver sentito Ron sbuffare rabbiosamente e strinse la presa sulla forchetta, piantandola nel wurstel prima di sollevare gli occhi verso Lyell e incontrare un sorriso sornione sul largo volto glabro.

"A maggior ragione, signor Viceministro, dato che non sono un esempio di virtù dovrei quantomeno cercare di migliorarmi"

Harry sorrise a sua volta, in modo quasi altrettanto falso.

"Sembra quasi che stiate cercando di evitarmi di proposito signor Potter. Le prometto che non ci saranno conseguenze sulla sua condotta, parlerò di persona con il suo superiore. Kemp, giusto?"

Harry annuì gravemente, ormai sul suo viso non c'era più traccia di un sorriso, mentre quello del Viceministro si allargò in modo spropositato al gesto del ragazzo.

"Mi segua dunque, e mi creda, è questione di cinque minuti"

Harry si girò a guardare Ron ed Hermione prima di alzarsi, la prima aveva uno sguardo severo stampato in faccia e l'altro sembrava solo imbronciato mentre si ingozzava come di rito.
Il moro inclinò la testa, stortò la bocca in una smorfia di remissiva sofferenza e si alzò dalla panca per seguire Lyell fuori dalla mensa.

I due percorsero i corridoi del Ministero nel più completo silenzio fino all'ufficio del Viceministro del quale Harry si chiuse la porta alle spalle una volta che vi fu entrato.
Anche di fronte alla richiesta da parte dell'uomo di accomodarsi, il moro rimase in piedi con le mani dietro la schiena eretta orgogliosamente per il semplice gusto di dimostrare ostilità.

"Oh Harry, posso chiamarti Harry, vero? Proprio non capisco come mai mi trovi così sgradevole."

Il moro non rispose, lasciando che Lyell la finisse con le sue illazioni e incitandolo dunque con il proprio silenzio e un'occhiata diretta ad arrivare al punto.
L'uomo dietro la scrivania sorrise beffardo.

"Ah, vedo che non hai intenzione di sforare nemmeno di un secondo i cinque minuti previsti. Molto bene, sarò diretto."

Fece una pausa, Harry continuava a tacere.

"Il tuo teatrino mi sta creando da troppo tempo troppi fastidi. Tu e i tuoi amichetti con le vostre folli battaglie umanitarie state inquinando la stampa e monopolizzando inutilmente la corte. Non potete vincere questa causa, viene rimandata da mesi e avete sempre meno sostenitori."

"Mi sta chiedendo di arrendermi?"

Sulle guance grassocce di Lyell si dipinse l'ennesimo sorriso viscido nel giro di troppo poco tempo perchè Harry potesse evitare di provare un senso di nausea guardandolo in faccia.

"Ti sto chiedendo di fare la cosa giusta."

"La sto facendo Hoedus, posso chiamarti Hoedus, giusto? Sto proteggendo delle persone innocenti, ragazzi, anziani e perfino bambini ingiustamente costretti alla fuga perchè minacciati di essere puniti per crimini che non hanno commesso."

"Oh per favore Harry. Questa è la storiella che racconti ai giornali da mesi ormai e personalmente sono stanco di sentirla. Non ti importa niente degli ex-Mangiamorte, credi che non sappia che lo fai solo per la fama? Di certo dev'essere stata dura avere la prima pagina per tutta la vita e doverci rinunciare da un giorno all'altro. Ragazzo io lo capisco, davvero, ma non mi sembra una buona ragione per immischiarti in cose più grandi te."

Harry rimase in silenzio, strinse i pugni lungo i fianchi e contò fino a dieci, cercò di proseguire, ma al tredici perse il conto e coprì con grandi falcate lo spazio che lo separava dalla scrivania del Viceministro e ci sbattè le mani violentemente sporgendosi verso l'uomo con irruenza, segretamente soddisfatto di vedere come quello si fosse in fretta incollato allo schienale della sedia.

"Credi di avere ragione, vero? Nel sostenere che io sia l'unico interesse di me stesso, che, proprio come per lei, i valori non valgano per nessun altro. In quanto esponente politico lei dovrebbe invece mirare a questi, cercare di fondare una società basata sul rispetto, la giustizia, l'uguaglianza.  Invece la sua unica preoccupazione è raccogliere consensi per scalare la vetta, raggiungere il proprio scopo, raggiungere il potere calpestando gli altri. Hoedus, sai chi faceva così?"

Il silenzio turbato del Viceministro portò Harry a sorridere debolmente prima di prounciare la parola successiva che lasciò le sue labbra come un gelido soffio di vento.

"Voldemort"

Il Viceministro sussultò, aggrappandosi ai braccioli della sedia e deglutendo, poi Harry si raddrizzò, ricercando compostezza.

"A differenza di quell'essere però, lei è ancora in tempo per fare la cosa giusta."

"Potter, lei è un'idealista. Gli idealisti non durano a lungo."

Il moro scrollò le spalle, impassibile di fronte alla piccola figura dell'uomo che intanto si ricomponeva, aggiustandosi sulla sedia.

"Molto bene"

Sospirò Lyell, appoggiando i gomiti sulla scrivania e incrociando gli avambracci mentre si sporgeva verso il ragazzo, questa volta senza sorridere.

"Vedo che le piacciono le maniere forti, giocare a carte scoperte. Scoprirò le mie adesso."

Detto ciò si sfilò un bigliettino dalla manica del completo e lo spinse verso il Grifondoro che lo lesse senza nemmeno sporgersi a guardarlo.

"Che cos'è?"

Domandò, tradendo un filo di nervosismo di fronte a quell'accozzaglia di numeri senza senzo.

"Coordinate"

Harry all'improvviso capì, prese in mano il bigliettino e i numeri che ora continuava a fissare gli pareva sorridessero minacciosi.

"Non sbiadiranno a furia di essere guardate signor Potter, so dove si nascondono i suoi amici e sarebbe inutile ordinare loro di spostarsi, non so se le è chiaro. Ho un uomo già sul posto in attesa dei miei ordini."

Harry spostò gli occhi dal bigliettino al Viceministro, cercava di sembrare sicuro di sè, ma i suoi occhi erano lo specchio dell'orrore e fronteggiavano di nuovo quel sorriso disgustoso.

"O si arrende, salva loro la vita e lascia che vengano rinchiusi ad Azkaban come meritano o non esiterò a farli uccidere tutti."

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Capitolo 42
*** Capitolo 42 ***


Draco iniziava ad avere paura.
Odiava ammetterlo e odiava quella sensazione, odiava la sua famigliarità.
Il tutto era dovuto a un pessimo presentimento.
Non c'era stato un evento scatenante, non era cambiato mai sostanzialmente nulla nella sua vita da Settembre a Giugno se non la sua posizione, ma anche i luoghi che si susseguivano erano ai suoi occhi tutti uguali: sempre le stesse sterpaglie, gli stessi tronchi rugosi e gli stessi rami umidicci.
Iniziava a mancargli la civiltà, ma non siamo qui per parlare dei suoi problemi di adattamento alla vita da fuggitivo, quanto più del susseguirsi dei suoi pensieri che, progredendo nei mesi, furono atrofizzati dalla paura e dall'orgoglio al punto di convincerlo che lasciare Harry sarebbe stata la cosa più giusta da fare.

Sempre ammesso che stiamo effettivamente insieme. Non si capisce niente di quello che pensa quello Sfregiato.

Pensava Draco, sdraiato sulla sua branda nella tenda con le braccia piegate dietro la testa.
Harry di solito si metteva in quella posizione e, quando il biondo lo realizzò, si affrettò a cambiarla, soltanto per togliersi l'immagine del Grifondoro dalla mente.
Si girò su un fianco e portò le ginocchia al petto mentre le mani affusolate che giocherellavano con il tessuto della coperta entravano nel suo campo visivo.
Sospirò stancamente e affondò il viso nel cuscino mordendosi un labbro con forza per soffocare un singhiozzo.

"Draco, sei qui? Ehi, va tutto bene?"

Il ragazzo alzò la testa e si mise a sedere di scatto pronto a linciare chiunque fosse entrato nella sua tenda senza avvertire e cogliendolo in un momento di dissolutezza.
Ma era solo Blaise, che con un'occhiata indagatrice tagliava il buio dell'ambiente circostante alla ricerca dell'amico.

"Lumos"

Draco accese la bacchetta e, alzatosi dal letto, raggiunse l'amico fermo sulla soglia con, alle sue spalle, una notte rischiarata da argentati raggi di luna.

"Cosa vuoi Blaise?"

Il mulatto sembrò cercare a lungo sul volto innervosito dell'amico qualcosa che aveva in realtà trovato appena vi ci aveva posato gli occhi.

"Non hai risposto alla mia domanda"

"Nè tu alla mia"

"Io l'ho fatta pri- davvero? Vogliamo metterci a litigare su questa cosa?"

Il biondo fece spallucce e Zabini alzò gli occhi al cielo, mentre entrambi pensavano a quanto fosse bello essere tornati al rapporto di sempre.
Per un momento di silenzio si guardarono complici, poi Draco si fece da parte per far entrare l'altro ragazzo nella tenda.
Quello si accomodò in fretta, prendendosi la libertà di accendere qualche candela con un colpo di bacchetta e di sedersi su una poltrona in pelle appena sgualcita e che poggiava su un vistoso tappeto persiano un po' impolverato.

"Certo che senza Elfi Domestici tu non ce la fai a sopravvivere..."

"E tu?"

Ribattè il biondo assottigliando lo sguardo mentre in tutta risposta il mulatto alzava le mani in segno di resa solo per poi appoggiarle ai braccioli della poltrona e sfregandocele contro nervosamente, un gesto che non sfuggì a Malfoy, anzi lo incuriosì.

"Allora, intendi farmi aspettare molto? Perchè sono le undici passate e vorrei dormire."

Il mulatto schioccò le labbra seccato, mentre nel suo sguardo incupito scorrevano le parole giuste per esprimere quel concetto preciso.

"Riguarda Theodore?"

Suggerì Draco, sedendosi sul bordo del letto, visibilmente sulle spine.
Era certo di avere fatto centro, ma Zabini scosse la testa.

"Riguarda più te che me"

Nel ragazzo, un forte presentimento, quello che negli ultimi giorni gli aveva irrazionalmente preso in ostaggio le facoltà mentali, tornò a farsi sentire anche se lui cercò di dissimularlo come meglio poteva.

"Sto aspettando"

"Tuo padre è evaso"

"Come lo sai?"

"È qui, al campo"

La compostezza di Draco fu tradita da un brivido che scosse il ragazzo e gli fece chinare la testa verso il basso con arrendevolezza.

"Questo non cambia niente con Potter, vero?"

"Che diamine c'entra Potter!"

Zabini sbuffò e si staccò dallo schienale, sporgendosi in avanti verso il suo interlocutore.

"Senti Draco, la riconosco ormai la tua faccia da reginetta col cuore spezzato. Voglio solo assicurarmi che non farai qualche cavolata."

Il biondo era scattato in piedi, sconvolto e profondamente offeso.
Si diresse a grandi falcate verso un punto a caso nella stanza, che era finito con l'essere il suo tavolo da pozionista, solo per non dover fronteggiare lo sguardo da predica di Blaise e strozzarlo sul posto.

"Farò finta di non aver sentito la metà delle cose che hai detto."

Il mulatto si girò, stortando la schiena e sporgendosi dalla poltrona per inseguire con gli occhi Draco per la tenda, come nel tentativo di intrappolarcelo.

"E invece faresti meglio a sentirle e a vuotare il sacco. Cosa ti ha scritto?"

"Niente, Blaise, assolutamente niente. È San Potter, è perfetto con quella sua divisa da Apprendista Auror, il suo virtuosismo assoluto e il suo far andare le cose per il verso giusto."

"Ma?"

Il biondo si fermò e, da sopra la spalla, lanciò a Blaise un'occhiata sottile, poi si girò, appoggiandosi con entrambe  le mani al tavolo alle proprie spalle.

"Ma non ho bisogno di lui, ne ho sempre fatto a meno e posso continuare a farlo. Ho sbagliato tutto negli ultimi mesi passati a Londra, ho sbagliato a cedere così in fretta a dei sentimenti stupidi, a farmi indebolire da lui in questo modo. E poi..."

Qui il biondo si fermò, tremò leggermente e abbassò il capo.
Fu Blaise ad alzarsi questa volta, a raggiungerlo e a raccogliere con fermezza lo sguardo dell'amico con il proprio mentre teneva le braccia incrociate al petto in un gesto autoritario.

"E poi?"

Incitò quasi perentorio, perchè sapeva fin troppo bene che, in momenti come quello, con quella testa dura serviva il pugno di ferro.

"E poi, se mio padre lo venisse a sapere morirei di vergogna, lui si farebbe accecare dalla delusione e... potrebbe dare di matto. Lo conosci."

Il mulatto annuì comprensivo, appoggiò una mano sulla nuca dell'altro e la spinse contro la propria spalla.
Il biondo fece una smorfia e si sottrasse da quel contatto dopo poco, tornando verso il letto dove si sedette nuovamente.

"Potter se la caverebbe comunque, lo sai no?"

"Però potrebbe anche non cavarsela. È fortunato, certo, ma non immortale, non per la terza volta di fila."

"Non importa, tuo padre non lo verrà a sapere. Basterà rispedirlo ad Azkaban"

"Ma ne sei sicuro? Insomma se fosse evaso Potter me l'avrebbe detto, mi riempie di ritagli della Gazzetta del Profeta, un articolo sull'evasione di Lucius Malfoy non gli sarebbe sfuggito."

Domandò Draco dopo qualche momento di silenzio, era chiaro che una domanda così stupida avrebbe preferito risparmiarsela, ma gli servivano prove schiaccianti per indurlo ad abbandonare ogni speranza che le informazioni di Blaise fossero false e che Lucius fosse ancora  segregato ad Azkaban.

"L'ho visto con i miei occhi, Draco. Passavo davanti alla tenda dei Nott e ho sentito distintamente due voci, quella del padre di Theodore e quella di Lucius. Non volevo crederci Draco, mi sembrava troppo assurdo, allora mi sono appostato sull'ingresso e ho sbirciato dentro. L'ho visto con i miei occhi, ma non c'erano solo loro due, c'era una terza persona, anche se non saprei dire chi fosse, stava in silenzio ed era fuori dal mio campo visivo, ma Lucius, lui l'ho visto distintamente."

Ad ogni parola di Blaise lo sguardo di Draco si spegneva di ogni speranza e veniva investito da una rassegnazione angosciata, finchè il suo respiro non iniziò a farsi pesante e il suo corpo a tremare come una foglia.
Blaise non si scompose, lo conosceva ormai, abbastanza da aspettarsi una reazione del genere.
Si limitò ad attraversare la stanza a grandi falcate mentre il biondo si passava nervosamente le mani sul viso e poi dietro il collo, cercando di controllarsi e ottenendo l'effetto contrario.

"Tranquillo, Draco, questo non cambia niente."

"Cambia tutto"

Gemette invece il biondo mentre le lunghe braccia del mulatto seduto accanto a lui lo stringevano per le spalle.
Il Serpeverde però non riusciva a lasciarsi andare a quella stretta come era stato solito fare ai tempi di Hogwarts, un'incompletezza nuova bloccava il conforto che quel gesto avrebbe dovuto dargli e lui continuava a tremare, rigido e stretto nelle proprie spalle.

Blaise se ne accorse e, malinconicamente, si accorse di dover scendere a patti con il fatto di non occupare più il primo posto nel cuore di Draco.
Potter non era più un bel sogno, Potter aveva dato a Draco, in quei pochi giorni d'estate, tutto ciò di cui il biondo aveva sempre avuto bisogno e ora, non importava quanto il ragazzo provasse a convincersi che non fosse così, non poteva più farne a meno.

Tuttavia, se anche l'abbraccio del suo migliore amico non fosse stato abbastanza, ci sarebbe stato sempre perchè anche di quello Draco aveva bisogno.

"Non cambia niente, lo scriverai a Potter e lui risolverà tutto, manderà qualcuno e..."

"Non possiamo rivelargli la nostra posizione, se qualcuno dovesse intercettare il messaggio e precedere Potter..."

"Non è mai successo prima d'ora"

"Ma potrebbe succedere, non possiamo rischiare"

Zabini rimase in silenzio mentre il ritmo della semioscurità della tenda era scandito dall'affannato respiro di Draco e dai suoi primi singhiozzi.
Lentamente il biondo si sciolse, cercando calore nella stretta di Blaise e spingendo il viso bagnato di lacrime  contro il suo petto.

"Troveremo una soluzione, te lo prometto."

Sussurrò il mulatto mentre la sua mano scivolava tra i sottili capelli biondo platino dell'altro e lui scuoteva la testa, senza accennare a calmarsi.
Nel silenzio che seguì, un improvviso suono secco fece alzare a Blaise la testa di scatto e Malfoy si bloccò, irrigidendosi e nascondendosi ulteriormente nella stretta dell'altro ragazzo.

"Ehilà!"

Gioì una voce fin troppo conosciuta nell'atmosfera pesante della tenda.

"Ehy, tu! Togli le mani di dosso al mio ragazzo subito."

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Capitolo 43
*** Capitolo 43 ***


"Ah, San Potter e il suo tempismo leggendario"

Ironizzò Blaise, per nulla scosso dal fatto che, preso dalla foga, Harry avesse sfoderato la bacchetta e ora gliela stesse puntando contro con aria a dir poco minacciosa.

"Taci e scollati da Malfoy, tu, Zabini"

Il mulatto lasciò andare il biondo, alzando le mani in segno di resa, ma senza smettere per un momento di guardare di sbieco il nuovo arrivato.

"Ti sei fatto un'idea sbagliata, io e Draco non abbiamo quel tipo di rapporto"

"Infatti. E dovresti saperlo"

La voce sottile e debole, ma dignitosamente ferma di Malfoy pose fine alle ostilità e Harry abbassò la bacchetta, imbarazzato dalla propria irruenza.
Aveva agito prima ancora di pensare, insomma si era immaginato in mille modi diversi il momento in cui avrebbe finalmente rivisto Draco, ma l'opzione che stesse tra le braccia di qualcun altro non gli era passata nemmeno per l'anticamera del cervello.
Per questo si era dimenticato della forte amicizia che legava i due e, quando li aveva visti avvinghiati in quel modo, era diventato verde di gelosia.
Era un sentimento del tutto nuovo che non gli era mai appartenuto, ma che poteva ancora sentire ribollirgli nel sangue insieme alla vergogna per se stesso e la propria stupidità.

Draco sospirò delicatamente, ma in modo abbastanza marcato da riuscire quasi a coprire le flebili scuse di Harry verso Zabini, che scrollò le spalle in tutta risposta, poi, ad un'occhiata veloce del biondo, si alzò e lasciò la tenda senza una parola.

Potè compiere solo una manciata di passi sul terriccio umido della radura prima di sentire distintamente un fruscio alla proprie spalle.
Gli balzò il cuore in gola e portò rapidamente la mano alla bacchetta, pronto a intervenire e reagire a una qualsiasi delle situazioni possibili che in una frazione di secondo si erano susseguite nella sua testa.
Se si trattava di Lucius Malfoy, se quell'uomo fosse entrato nella tenda del figlio e l'avesse trovato a tu per tu con Harry Potter, sarebbe stato un disastro.
Ma quando si voltò non incrociò lo sguardo freddo e crudele del padre di Draco, la figura nel suo quadro generale era più minuta, la testa coperta dal cappuccio non era tenuta alta e orgogliosa, ma china in modo quasi timido.

Tutti questi particolari Blaise li realizzò soltanto in un secondo momento, in primo luogo riconobbe Theodore Nott e la tensione in lui si sciolse, il ragazzo ripose la bacchetta, mentre un sentimento diverso si impossessava di lui, uno più aggressivo della paura.

"Nott"

Colpito in pieno da quella rabbia, il ragazzo non potè che incassare.

"Blaise, possiamo seppellire l'ascia di guerra per dieci minuti e parlare civilmente?"

Una breve risata sarcastica, ma forte e cristallina lasciò le labbra del mulatto, poi il suo volto fu serio e minaccioso di nuovo mentre si sporgeva verso Nott, afferrandolo per il colletto e costringendolo a piegare il collo all'indietro per allontanare il volto dal suo.

"Con quale faccia arrivi qui a pretendere la mia attenzione?"

Sibilò aggressivo, mentre gli occhi scuri e dolci di Theodore si riempivano di rimorso e le sue mani raggiungevano timidamente quelle dell'altro ragazzo, cercando di indurlo a mollare la presa, ma ottenendo soltanto che il mulatto saltasse un battito, poi un respiro, mostrandosi per un istante in tutta la sua vulnerabilità, solo per apparire in quello dopo, ancora più disumanamente infuriato.
La sua presa si strinse e arrivò quasi a sollevare il castano da terra che ora, sulle punte dei piedi e spaventato, boccheggiava.

"Blaise, ti prego, è importante"

"Non mi fido dell'ordine delle tue priorità"

Theodore ansimò debolmente, poi crollò il capo in avanti, arrivando a far scontrare la fronte con quella del più alto.

"Mi dispiace, ho fatto un errore madornale e me ne sono accorto troppo tardi, questo lo ammetto e me ne pento dall'inizio alla fine, ma non è quello di cui volevo parlarti, ti prego Blaise stammi a sentire, non c'è molto tempo."

Zabini lasciò andare bruscamente il suo interlocutore nel momento in cui sentì il proprio respiro regolare mescolarsi al suo, più affannato, come era successo innumerevoli volte in una vita felice e spensierata che, per come erano messe le cose al momento, sembrava impossibile fosse stata proprio la sua.

"Va bene, parla se devi"

Cedette, ma con la fronte ancora sospettosamente aggrottata.
I solchi su di essa non poterono che aggravarsi nel momento in cui Theo, tenendosi il collo, scosse piano la testa.

"Qui, in campo aperto, no di certo e nella tenda della mia famiglia nemmeno, andiamo nella tua"

Sentenziò prima di raddrizzarsi e, senza nemmeno aspettare il permesso dell'altro ragazzo, dirigersi verso la tenda che Blaise condivideva con la sorella Cassandra e che si trovava nella zona dell'accampamento più vicina al limitare del bosco.

Intanto nella tenda di Draco erano rimasti solo in due e, per giunta, in un'accoppiata malauguratamente ben assortita: un biondino con il viso ancora scosso da pesanti lacrime di paura e un moretto che, rendendosene conto, dimenticava l'imbarazzo o qualsiasi altro pensiero su quell'incontro si fosse mai fatto in precedenza.

"Draco, ma che succede?"

Domandò con un filo di voce, avanzando svelto fino alla branda del biondo, che intanto si era alzato in piedi e si scostava nervosamente i capelli dal viso, poi si asciugava le guance con gesti affrettati, in grado di mantenere una parvenza di compostezza anche quando le dita gli tremavano furiosamente.
Costretto a scendere a patti con il fallimento della strategia principale, Harry, dopo aver scosso piano la testa, tentò immeditamente su un fronte diverso.

"Ehy, nelle lettere mi avevi detto che i capelli lunghi ti stavano male, ma io ti trovo una principessa graziosissima!"

Finalmente Draco riuscì ad alzare lo sguardo verso il ragazzo che per troppo tempo aveva potuto vedere solo con gli occhi della sua immaginazione e della sua memoria e il modo in cui si dimenticò di suo padre lì al campo o di un probabile futuro chiuso ad Azkaban o di una morte da fuggitivo, fu pura beatitudine.
Lo fu al punto che ridacchio, tra le piccole gemme salate sulle sue guance spuntò un sorriso naturale per quanto un po' disperato, che fu prontamente ricambiato dal moro.

"Ehy"

Sussurrò lui, riempiendosi gli occhi del viso pallido e affilato di Draco, arrischiando una mano tra le morbide ciocche argentate che ora arrivavano fino alle spalle del ragazzo.
Lui chiuse gli occhi con la tranquillità di chi non ha un solo pensiero per la testa e inclinò appena il capo in direzione della mano del moro, in una del tutto spontanea ricerca del suo contatto, che arrivò a scaldargli la guancia gelata.

"Avevo giurato di strozzarti se avessi messo in dubbio la mia mascolinità"

"Me lo ricordo"

Asserì Harry, sporgendosi ancora un po' verso il viso dell'altro, riconoscendo il suo profumo di menta e acqua di colonia e tornando con la mente a quei pochi giorni in cui aveva infestato ogni angolo di Grimmauld Place, trasformando quattro vecchie pareti ammuffite in qualcosa di molto più simile a una vera casa.
Sentì le mani del ragazzo posarsi alla base del suo collo ed entrambi ridacchiarono, mentre le dita del biondo si arrampicavano fino a stringerlo in una morsa scherzosa, niente di diverso da una scusa per avvicinare un po' di più i loro volti.

Seguirono degli istanti lunghissimi e sfuggenti come un fulmine a ciel sereno in cui nessuno disse nulla, ognuno troppo impegnato a chiedersi cosa esattamente gli stesse impedendo di saltare addossò all'altro in quel preciso istante, poi il suono stridulo e provvidenziale dell'orologio di Harry costrinse i due ad allontanarsi, ricatapultandoli nella realtà, quel buffo luogo in cui avevano, per ogni capello in testa, un problema ancora irrisolto da gestire.

Per Draco quell'interruzione si dimostrò provvidenziale, senza avrebbe rischiato di cadere, come aveva già incoscientemente fatto fin troppe volte, preda dei suoi sentimenti, quando si era ripromesso di dominarli.
Non appena tornò a respirare, tornò a pensare e, nel farlo, si ricordò di cosa aveva deciso riguardo a Potter e a quel loro assurdo magnetismo reciproco.
Prima di poterci ripensare, indietreggiò di un passo, afferrando il polso del moro su cui stava l'orologio e rigirandosi il quadrante tra due dita prese a parlare a vanvera.

"Questo dannato orologio, quando ti deciderai a sbarazzartene? È un aggeggio così stupido e rumoroso, non ti serve, sei un mago, adulto per giunta!"

"Buon compleanno"

"Come prego?"

"Buon compleanno"

Ripetè Harry, vagamente divertito, disattivando in fretta la sveglia del congegno.
Dal momento che, nei secondi successivi, Draco semplicemente non fece altro che lasciare andare il suo polso e restare a guardarlo fisso negli occhi, il moro si sentì in dovere di specificare.

"Suona a mezzanotte, te lo ricordi? Significa che è il cinque di Giugno, il tuo compleanno."

Ancora per qualche istante Draco restò interdetto, poi sollevò teatralmente una mano in mezzo a loro due prima di parlare.

"Tu... idiota di un Potter, dimmi che non sei venuto qui da Londra soltanto per farmi degli stupidissimi auguri di buon compleanno."

Il sorriso del moro si tirò dolorosamente e lui scosse la testa.

"Vorrei che potesse essere così"

❄❄❄

Zabini si limitò a seguire Nott fino alla tenda con passo tranquillo e remissivo e, una volta dentro, ad accendere un paio di candele con un incantesimo veloce che servì ad illuminare in modo fioco, l'ambiente circostante e a rivelare la figura di Cassandra addormentata sulla poltrona con un libro aperto sulle ginocchia.

Theodore riconobbe la ragazza e sorrise alla sua figura per la maggior parte nascosta dalle tenebre, per lui, come per Draco, lei era stata una sorella e il ragazzo si rabbuiò quando arrivò a pensare come si dovesse essere sentita delusa di lui nel venire a sapere del modo orribile in cui si era comportato con Blaise.
Sempre che lo sapesse...

"A lei ne hai parlato?"

Domandò con fare distratto Theodore mentre, avanzando nella spaziosa tenda, raggiungeva la libreria e faceva scorrere l'indice sul dorso di quei libri eleganti, rilegati in pelle, dei quali, a causa della scarsa luminosità, non era possibile leggere il titolo.
Ma non gli serviva leggere per riconoscerli, ne conosceva l'ordine a memoria perchè lui stesso li aveva riposti in quel modo e sapeva che Blaise non si sarebbe preso la briga di metterli in disordine per ripicca.

"Non apertamente, ma pare che l'avesse capito prima di me. Mi chiedo come avrei potuto scoprirlo se Pansy, dopo averti colto in flagrante, non fosse corsa a dirmi tutto..."

Rispose gelido il ragazzo, intrecciando le mani dietro la schiena ben dritta mentre, con occhi vigili, seguiva le sottili dita di Theodore che scorrevano lentamente sulle copertine di quei volumi.
Ricordò le notti in tenda, accampati nel giardino di casa sua, trascorse a leggere, uno dopo l'altro, tutti quei libri, nonostante la gola secca e le palpebre pesanti per la stanchezza.
Ricordò la dedizione con cui Theodore aveva messo in ordine la libreria a seconda dei libri già letti, dei preferiti da lui e dei preferiti di Blaise, non l'aveva più toccata da quando avevano rotto, ma innumerevoli volte era rimasto fermo, con gli occhi fissi sul cassetto sotto al primo ripiano, quello verso il quale stavano migrando le dita del ragazzo.

"Volevo dirtelo, ma non ne ho mai trovato il coraggio... la sola idea di quanto avresti potuto soffrire scoprendolo mi paralizzava"

Mormorò debolmente il castano, mentre i suoi occhi scuri raggiungevano le dita che, alla cieca, avevano iniziato ad armeggiare con la chiave inserita nel cassetto.
Allo scattare della serratura Nott sentì distintamente il mulatto alle sue spalle irrigidirsi e compiere una manciata di passi nella sua direzione.

"Sei nervoso Blaise? Che c'è, nascondi qualcosa qui dentro?"

Quel modo di Nott di stuzzicarlo apertamente fece salire a Zabini il sangue al cervello, conoscevano bene entrambi la risposta e il mulatto non avrebbe mai creduto che l'altro avesse mai potuto avere la faccia tosta di avvicinarsi a quel cassetto e al suo contenuto dopo tutto quello che gli aveva fatto passare.
Invece eccolo lì a sbloccare, con il controincantesimo che solo loro due conoscevano, il doppiofondo del cassetto e a sollevarlo per raggiungere ciò che vi stava all'interno.
Ma Blaise fu più veloce e sfilò dal mobile quello che non era altro che un vecchio quadernino in pelle chiuso da dei lacci logori dello stesso materiale.

Ora i due ragazzi si guardavano, il più  alto, seppur di poco, riusciva a torreggiare sull'altro con la violenza del suo sguardo, ma Theo sorrideva sornione, come se fosse tutto uno scherzo.

"Avevi fretta o sbaglio. Di cosa volevi parlare?"

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Capitolo 44
*** Capitolo 44 ***


Con un sorriso tirato Theodore chiuse il cassetto mentre una particolare tensione che si poteva tagliare con un coltello ammorbava l'ambiente.

"Ero solo curioso, mi chiedevo se avessi più scritto altre di quelle tue belle poesie"

"Non ti riguarda più in ogni caso, di cosa mi volevi parlare?"

La voce di Blaise era perentoria, minacciosa, ma Theo, almeno esteriormente, non si scomponeva e continuava a muoversi nello spazio circostante perfettamente a suo agio.
Fingersi sicuro di sè era sempre stata una delle cose che gli venivano meglio fin dai tempi della scuola, ma era un trucchetto che con Blaise non aveva mai funzionato.
Il mulatto sapeva che, per qualche ragione, Nott era spaventato, non credeva di esserne la causa, ma se le circostanze fossero state diverse Zabini l'avrebbe abbracciato in silenzio, mentre ora si limitava a seguirlo con lo sguardo verso la figura di Cassandra, addormentata sulla poltrona.

"È per una cosa... l'ho sentita dire a mio padre questa sera, parlava con Dolohov e-"

"Lucius Malfoy"

Dapprima Theodore si bloccò, poi annuì lentamente, ma non riuscì a reggere lo sguardo severo di Blaise un attimo di più e dovette deviarlo sulle dita di sua sorella, immobili sulla pagina rischiarata dal lume fioco della candela.
Stava per riprendere la parola e, nel mentre, sfilava il volume dalle mani della ragazza, che ricaddero rigide sul suo grembo, tanto innaturalmente rigide che Theo si drizzò all'improvviso, scosso da un'idea spaventosa.

"Che ti prende ora? Quanto tempo intendi farmi sta-"

"Lumos Maxima!"

La voce di Nott tremò con decisione nel buio quasi completo della tenda e, subito dopo, un lampo di luce azzurra scaturì dalla sua bacchetta e rischiarò il posto in un lampo, in primo piano di fronte ai due ragazzi il volto di Cassandra Zabini era bluastro e rigido, pietrificato in una mostruosa smorfia di orrore.

Blaise balzò indietro, il suo grido squarciò l'aria nella tenda mentre non poteva staccare gli occhi da quella vista, restandovi inchiodato con le gambe molli che minacciavano di smettere, da un momento all'altro, di sostenere il suo peso.
Solo dopo si accorse che delle braccia lo stavano stringendo con forza e del viso tremante che era premuto contro il suo petto.

Riconobbe il profumo di Theo e trovò la forza di chiudere gli occhi mentre si arrendeva a quel sostegno, tradendo il rancore e l'orgoglio per un moto profonda necessità.
Portò una mano tra i capelli castani del ragazzo e sospirò arrendevolmente mentre le meningi pulsanti non gli davano tregua e la realtà e la paura gli gelavano il respiro.

"Dobbiamo avvertire gli altri"

Mormorò Theo, poi un urlò stridulo e disumano proveniente dall'esterno lo fece riscuotere completamente e si scostò dalla stretta di Blaise.
Il mulatto era ancora completamente assente, aveva riaperto gli occhi, ma erano vuoti, come se fosse entrato in trance.

"Blaise!"

Gridò Nott, afferrando il più alto per gli avambracci e scuotendolo con forza mentre fuori dalla loro tenda una serie di scoppi e altre grida si diffondevano per il campo.

"Blaise non c'è più tempo, riprenditi dobbiamo andarcene!"

Zabini sbattè le palpebre debolmente, poi si liberò dalla presa di Theodore per portarsi le mani sul viso, ancora incapace di reagire.
Di fronte alla sua debolezza, l'altro Serpeverde fu costretto ad addolcirsi, gli prese le mani e gliele scostò dal volto.

"So che non ci stai capendo niente, ma ti spiegherò tutto appena avremo avvertito Draco e saremo scappati di qui, te lo prometto."

Ma quella spiegazione non arrivò mai, non ce ne fu bisogno.
Il mulatto fu scosso da un brivido, provocato dal suono di quelle parole, si accorse che le odiava, che non si fidava di quelle promesse, ma non era importante che venissero mantenute o meno, Theodore aveva ragione, dovevano andarsene in fretta.
Annuì debolmente e indietreggiò di un passo.
Nel momento esattamente successivo entrambi i ragazzi udirono distintamente un rumore di passi che si avvicinavano all'ingresso della loro tenda e si scambiarono uno sguardo consapevole, ricolmo di paura.

"Nott Theodore, e Zabini, l'unico rimasto"

Elencò Dolohov, entrando nella tenda e squadrando i due ragazzi con un ghigno.
Dietro di lui fece il suo ingresso un uomo alto e paurosamente magro, ingobbito e con gli occhi bassi.

"Padre"

Lo salutò Theodore freddamente, mentre stringeva la presa sulla sua bacchetta magica.
L'uomo non rispose, anzi sembrò rimpicciolirsi di vergogna mentre Dolohov dominava la scena.

"Vi conviene seguirci in silenzio, si preannuncia una nottata impegnativa e vorrei tenermi in forze per il gran finale."

Grugnì cupo, mentre i suoi occhi liquidi e iniettati di sangue passavano languidamente dall'uno all'altro ragazzo.
Nello stesso istante, senza nemmeno doversi accordare, Theodore si lanciò di corsa verso la libreria mentre Blaise alzava la bacchetta e lanciava uno schiantesimo contro il Mangiamorte che venne scagliato oltre l'ingresso della tenda.
Subito dopo Blaise venne disarmato da Gerard Nott ed entrambi i ragazzi non poterono che scagliarsi verso l'uscita, Blaise per primo, mentre Theo gli copriva le spalle.

Poi Zabini si bloccò di colpo, come pietrificato e l'altro gli andò a finire contro, rendendosi conto che in effetti il mulatto era stato pietrificato e infatti cadde a peso morto al suo fianco.
Dolohov, di nuovo in piedi davanti ai due ora si avvicinava a lui con la bacchetta alta davanti al suo sorriso marcito.
Theo attaccò per primo, cercando di schiantare l'avversario, ma venne disarmato e la sua bacchetta volò via mentre il getto rosso che ne scaturiva si fletteva nel cielo nero, assottigliandosi fino ad esaurirsi.

"Stupeficium!"

Ringhiò Dolohov e Theo fu scagliato violentemente all'indietro dall'eruzione di luce rossa.

❄❄❄

Nella tenda di Draco regnava un silenzio pesante, carico delle rivelazioni reciproche che i due ragazzi avevano appena smesso di pronunciare.

"Quindi... l'uomo a cui si riferiva Lyell è tuo padre"

Ragionò cautamente Harry, mentre troppi punti di quella questione restavano ancora da chiarire.

"Ma non ha senso, lui odia i Mangiamorte, come potrebbe arrivare a scendere a patti con uno di loro? E poi... Lucius era ad Azkaban."

Draco sospirò, sedendosi sul divano mollemente mentre Harry gli dava il mal di testa, continuando ad andare avanti e indietro sul tappeto persiano.

"Potter stai fermo e cerca piuttosto di far andare i neuroni. Non tutti sono santi ed eroici come te. Lyell cercava un uomo senza scrupoli e chi meglio di mio padre? Con gli agganci di cui dispone il Viceministro non dev'essere stato difficile liberarlo e far passare il tutto sotto silenzio. E se ci pensi anche Dolohov è evaso misteriosamente, senza che facesse scalpore. Mi chiedo se non fosse una talpa di Lyell a questo punto."

"Sì!"

Esclamò Harry, indicando Draco con gli occhi brillanti di esaltazione.
Il biondo sollevò un sopracciglio, nel profondo, affascinato dall'impeto di Harry e chiedendosi se fosse quella l'espressione che assumeva ogni volta che sventava un complotto, ma mostrando esteriormente solo seccata indifferenza.

"Dev'essere così. Insomma spiegherebbe anche la morte della Yaxley e di nonna Carrow, Dolohov attaccava dall'interno senza destare sospetti! Questo è grave, dannazione abbiamo poco tempo... non abbastanza per avvertire Kingsley di certo. Dobbiamo occuparci di un problema alla volta..."

Ora il moro si era chiuso in un silenzio ostinato, immobile al centro della stanza si grattava la nuca con aria concentrata.

"Tutto questo parlare mi ha messo sete, lo sai fare il tè, Potter?"

Harry si riscosse per guardare male il biondino, che rispose con una smorfia e un'alzata di spalle prima di incrociare le braccia al petto.

"Scusa, tendo a sopravvalutarti"

Fu Malfoy allora a zittirsi all'improvviso, incupendosi a causa di una serie di pensieri sgradevoli, ma rivolti ad azioni che si facevano in ogni momento più inevitabili.
Si trattava solo di prendere il coraggio a due mani dopotutto, per il bene di entrambi.

"Potter"

Lo chiamò, timidamente, prima di potersene pentire.
Con quel richiamo ottenne la sua attenzione e, con il tono di voce, la sua curiosità.

"Che cosa c'è?"

Domandò cautamente il moro e vide Malfoy irrigidirsi appena, allora fece un passo in direzione del divano e si sedette al suo fianco.

"Cosa c'è..."

Gli fece eco Draco con aria assorta, si mordeva il labbro inferiore e non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi.

"C'è che qualunque cosa stiamo facendo è un disastro e possiamo farne a meno."

"Ma, che dici? Ci sono delle vite in ballo, quella di Blaise per giunta, il tuo migliore amico!"

Draco scosse la testa, girandosi finalmente verso Harry con aria di rimprovero.

"Non parlo di loro, scollegati un attimo dai tuoi piani e dai tuoi complotti e concentrati su di me. Ti sto lasciando, Potter, mi merito la tua attenzione."

Fu come ricevere un pugno nello stomaco, Harry ci rimase semplicemente malissimo.
Abbassò gli occhi e aggrottò la fronte, sistemandosi gli occhiali sul naso con un gesto imbarazzato, si sentiva ripugnante come un insetto messo sotto una lente d'ingrandimento.

"Io... non capisco, perchè?"

Soffiò, alzando gli occhi sul viso di Draco e trovandolo austero e lontano, riconoscendo nei suoi occhi tristi il ragazzino Purosangue e spocchioso al quale era stato insegnato che l'amore rende deboli.

"Te l'ho detto, è un'idiozia, una cosa irresponsabile, audace e molto da te, questo lo capisco, ma non è da me."

Harry si appoggió allo schienale del divano arrendevolmente mentre cercava di capire il punto di vista di Draco, ma senza successo.

"Vuoi dire che, per tutto questo tempo, ero solo io a volerlo? Perchè non mi sembra fosse così."

Ora Malfoy stava zitto, cercando per la prima volta il coraggio di mentire. Si alzò in piedi e si allontanò dal divano di un paio di passi, rimuginando tra sè e sè.
Si chiedeva come mai scappare gli sembrasse stupido e inutile, semplice masochismo, ma finì con il dare la colpa alla sua debolezza: dopotutto aveva vissuto la sua vita senza Harry e avrebbe continuato a farlo, non era cambiato niente, giusto?

"Sì Potter, la mia era solo curiosità, tutto qui."

La compostezza con cui Draco aveva prounciato quella frase fece saltare al moro i nervi a fior di pelle e lui scattò in piedi al seguito del ragazzo, piazzandoglisi di fronte e imponendogli di guardarlo negli occhi.

"Curiosità?"

Esclamò furente e, avanzando di un passo, lo fece indietreggiare.

"Non ti crederei nemmeno sotto Imperio, Malfoy. Abbiamo già superato questo scoglio, mi pare, o almeno io l'ho fatto. Quando ti deciderai a crescere e accettare i tuoi fottutissimi sentimenti per me?"

Draco era rosso in viso, profondamente sconvolto dalla diretta semplicità del modo di pensare di Harry.
Per lui era tutto possibile e amarsi era un motivo sufficiente per stare insieme.
Potter non si rendeva conto di quante cose ci fossero in gioco e solo a Draco veniva in mente che, tra le altre cose, se mai suo padre fosse venuto a conoscienza di quella storia, sarebbe stato un disastro, una catastrofe fuori dalla portata di due piccioncini innamorati.

"Lo vedi? Non ci credi nemmeno tu. Tu mi ami, ammettilo, per Godric!"

Ringhiò Harry con impeto, interrompendo il filo dei suoi pensieri, ma non ebbe il tempo di continuare perchè fuori dalla tenda era scoppiato il pandemonio tutto all'improvviso.
I due si scambiarono uno sguardo confuso, ma ancora macchiato dall'intensità della discussione che stavano affrontando fino a poco prima.

A seguito del suono secco di un incantesimo, il tessuto che copriva l'ingresso della tenda si strappò e fu scagliato all'interno come un proiettile di stoffa, rovesciò un paio di candele che, cadendo sul tappeto di fianco ai due ragazzi, vi appiccarono il fuoco.
Entrambi scattarono indietro mentre Draco, prontamente, lanciava un Aguamenti per spegnere il fuoco e Harry puntava la bacchetta verso l'ingresso dal quale fece ben presto capolino Lucius Malfoy.
Nel momento in cui riconobbe il ragazzo in compagnia di suo figlio, sul suo volto di cera, scavato dal tempo trascorso ad Azkaban, si aprì un sorriso meschino.

"Potter, quanto tempo è passato dall'ultima volta."

Il Mangiamorte avanzò nella tenda e il suo sguardo cadde sul gesto automatico e innocente con cui Draco si era aggrappato alla manica della felpa del Prescelto.

"E quante cose sono cambiate"

Sibilò, puntando i suoi occhi di ghiaccio in quelli tormentati del figlio, lui abbassò lo sguardo, remissivo e colpevole, terrorizzato fino al midollo.
Lasciò la presa, ma la mano non fece in tempo a cadergli lungo il fianco perchè il Grifondoro la strinse saldamente nella propria, calda e forte, facendolo sussultare.

Draco capì che ormai erano in gioco e non aveva modo di tornare indietro.
No affatto, quella non era nemmeno una possibilità quando si combatteva fianco a fianco con Harry Potter.
Sorrise sotto i baffi senza che il suo cervello gli avesse dato il permesso di farlo, ma era stupidamente felice contro ogni previsione perchè, senza esserne nemmeno pienamente consapevole, aveva aspettato quel momento per tutta la vita.

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Capitolo 45
*** Capitolo 45 ***


Quando Theodore Nott riprese conoscienza, la prima cosa che percepì fu un lancinante dolore a una tempia, poi delle zone della pelle del proprio viso come fossero incrostate e, infine, si accorse che i suoi polsi erano dolorosamente stretti in qualcosa di freddo e sgradevolmente viscido.
A fatica, riuscì a sollevare il capo, che tuttavia dovette far ricadere all'indietro, dove fu sorretto dalla ruvida superificie del tronco di un albero.

Ansimò leggermente, mentre iniziava a percepire l'aria che circolava nel suo corpo, era tuttavia molto diversa dall'aria fresca di una notte al campo, anzi, era secca e bollente.
Theodore aprì gli occhi e ciò che vide fu l'accampamento che era stato la sua casa negli ultimi nove mesi, messo a ferro e fuoco, le fiamme stavano divorando il tessuto delle tende e c'erano mobili e supellettili sparsi ovunque, ma il tutto si consumava nel più cupo silenzio.
Quindi dov'erano tutti?

Girò debolmente la testa verso destra per guardarsi intorno, ma gli si annebbiò immediatamente la vista e una voce apprensiva gli intimò di fare attenzione ai movimenti bruschi.
Con gli occhi ancora velati e il cervello rallentato dalla sua recente ripresa di coscienza, Nott riuscì lo stesso a sorridere nel riconoscere la voce di Blaise Zabini, proveniente da un punto molto vicino alla sua sinistra.

"Avresti dovuto arrenderti, ti saresti risparmiato quel capitombolo."

Di nuovo il ragazzo sorrise alle parole  dell'altro e lasciò che la sua testa cadesse di lato questa volta, dove arrivò ad appoggiarsi sulla spalla del mulatto.
Lo trovò un po' rigido, forse a causa del suo gesto o forse solo degli effetti residui della fattura che gli era stata lanciata in precedenza.

"Tentar non nuoce, poi poteva andarmi molto peggio."

"Parli come un Grifonidiota"

Stavolta fu Zabini a sorridere, incurante del disastro che stava avendo luogo davanti ai loro occhi, piuttosto troppo distratto dal folle ritmo con cui il cuore gli batteva nel petto.

"Non è una cosa carina da dire"

Mugolò Nott, ancora troppo debolmente, mentre sfregava la guancia contro la spalla dell'altro come cercando l'angolazione che fosse più comoda.
Il ragazzo si era irrigidito di nuovo, stavolta chiaramente non a causa del Pietrificus subito.

"Non la penso davvero"

Rispose pacatamente e a questo scambio di battute seguì un lungo silenzio da parte di entrambi, silenzio durante il quale, Theodore ebbe modo di riprendersi e notare come tutti i supersiti, loro due compresi, fossero stati raggruppati al limitare della foresta e legati con le mani dietro la schiena a degli alberi.
Il freddo e viscido impedimento era dato da lacci magici, di una sostanza traslucida e luminescente.

"Blaise, ti prego dimmi che hai un qualche piano geniale."

Il mulatto, fino a quel momento perso con gli occhi nella vista del disastro che stava loro di fronte e tingeva di rosso il cielo stellato con i bagliori delle sue fiamme magiche, si morse un labbro e le sue sopracciglia scattarono verso l'alto in un tic che non lasciava intendere nulla di buono.

"No, e Draco e Potter sono ancora là in mezzo."

"Eh, Potter?"

Blaise non rispose e Theo sospirò, riappoggiando la testa contro il tronco dell'albero che condivideva con il mulatto.

All'improvviso, con un suono secco e in un'esplosione di lapilli, i sostegni di una delle poche tende ancora in piedi si spezzarono, cadendo a terra per un effetto a catena.
Una volta che le fiamme si furono abbassate e il fumo acceso di scintille roventi si fu diradato, si aprì la scena sullo scontro agguerrito che stava avendo luogo al centro dell'accampamento.
I due ragazzi aguzzarono gli occhi per riuscire ad aggirare i lampi di luce che scaturivano da tre punti diversi, tre bacchette diverse, e distinguere coloro che le impugnavano.

Harry Potter avanzava spavaldamente, come preda di un qualche demonio che lo spingeva ad essere incauto fino al limite del verosimile e avanzare sempre di più contro il suo avversario anche quando non sarebbe stato il caso di farlo.
I gesti del suo braccio erano veloci e decisi, scomposti e decisamente frutto di un istinto momentaneo, completamente diversi dagli eleganti movimenti, perfettamente misurati con cui Lucius rispondeva ad ogni colpo.
La sua figura trasmetteva una calma tombale, perfino il suo mantello si muoveva con indifferenza quando l'uomo schivava gli attacchi.

Qualche passo indietro, un po' in disparte, a coprire le spalle di Harry, c'era anche Draco, che ancora doveva  realizzare di poter effettivamente colpire suo padre, l'aveva desiderato per tanto tempo, forse solo per infantile ripicca, forse per un odio molto più viscerale, ma comunque stessero le cose, ora non ne aveva il coraggio.
Dunque si limitava a difendersi e a difendere quell'idiota spericolato di un Grifondoro che, se non fosse stato per lui, sarebbe già stato schiantato o colpito una decina di volte.

Ma Draco non poteva difenderlo per sempre, era troppo imprevedibile e uno dei contrattacchi di Lucius sarebbe andato a segno, presto o tardi.
E infatti, avanzando incautamente, Harry finì con l'andare incontro all'Oppugno con cui Lucius gli stava scagliando addosso delle travi di legno.
Ne fu preso in pieno e scaraventato all'indietro di qualche metro, le assi gli ricaddero disordinatamente addosso con dei tonfi sordi.

Draco si voltò di scatto e, preso dal panico, abbassò la guardia.
Harry tossì, una tosse che aveva un suono spaventoso e il Serpeverde gridò il suo nome appena prima che uno Schiantesimo non lo mancasse di poco, facendolo barcollare e costringendolo a girarsi verso il padre, il suo viso era trasfigurato dall'odio mentre l'uomo restava imperturbabile.

Nulla si mosse sul volto freddo del mago nemmeno quando scagliò contro al figlio la Maledizione Cruciatus.
Dalla sua bacchetta scaturiva un odio indicibile, davanti al quale Draco non potè che soccombere, cadendo in ginocchio in preda alle convulsioni mentre ogni nervo del suo corpo sembrava sul punto di prendere fuoco.

Il moro sentiva le grida di Draco pulsargli nelle orecchie dolorosamente e, con un debole gesto del polso e mormorando a stento la formula dell'incantesimo, riuscì a liberarsi dalle travi che lo schiacciavano a terra.
Sdraiato al suolo, con la bacchetta stretta in pugno e appena la forza di tenere gli occhi aperti, arrabbiato e impotente, ordinava ai suoi muscoli di obbedirgli, ma riuscì appena a sollevare la testa.

Visto dall'esterno, ciò che si parò davanti agli occhi di Harry era ancora più insostenibile del dolore fisico che provava in quel momento.
Prese un respiro profondo prima di raccogliere le forze necessarie per mettersi a sedere, o meglio ci provò perchè finì con il tossire e schizzare sangue fuori dalla bocca, ma almeno finì seduto.
Ignorò la vista che gli si annebbiava, ignorò il dolore lancinante ad ogni osso del corpo e si costrinse a stare in piedi.
Attorno lui l'accampamento andava a fuoco e ad ogni più piccolo movimento il terreno sotto ai suoi piedi si macchiava di nuove gocce di sangue, ma tutto ciò che i suoi occhi vedevano era Draco disteso a terra che rischiava di essere cruciato fino alla follia.
L'unico dolore che contava in quel momento era il suo e doveva finire.

"Expelliarmus!"

Doveva essere un grido, ma la sua gola raschiò fastidiosamente e il suono della sua voce fu smorzato.
Tuttavia un getto di luce rossa scaturì dalla punta della sua bacchetta e colpì con forza il braccio del Mangiamorte, arrivando a stortarglielo dietro la schiena.
Intanto la bacchetta del mago volava in aria, rischiando di confondersi nel buio della notte, ma Harry non la perse di vista e usò tutta la prontezza rimastagli in corpo per scagliargli contro un altro incantesimo.

"Incendio!"

La smorfia di dolore incisa sul volto di Lucius Malfoy quando la sua bacchetta prese fuoco e la cenere che ne derivò si disperse nell'aria era gratificante per Harry quanto lo era stato afferrare il suo primo Boccino d'Oro, poi il moro sentì la voce di Draco alle proprie spalle, nulla più che un sussurro indistinto nella notte, ma fu meglio che vincere la Coppa del Quidditch.

"Sei un mago morto, Potter"

Ringhiava Lucius Malfoy, come se per lui la battaglia non fosse ancora finita.
Infatti Harry fece un errore ad ignorarlo e a voltargli le spalle per cercare di raggiungere Draco nonostante muoversi fosse una tortura: doveva avere almeno due costole rotte, forse anche un braccio e la gamba destra gli pulsava come se fosse stata trafitta da un coltello.
Ovviamente non poteva essere un coltello, verosimilmente era un chiodo, ma se ne sarebbe occupato in un secondo momento.

Ad ogni modo non arrivò a raggiungere il ragazzo, perchè anche se Lucius Malfoy era fuori gioco, l'uomo non aveva agito da solo fino a quel momento e Harry si dette dello stupido per non aver pensato a Dolohov e Nott, che in quel momento gli stavano davanti, il primo con gli occhi accesi da una furia sorpresa, il secondo turbato e tremante con la bacchetta puntata verso il viso del moro.

Prima che il Grifonoro potesse agire in qualsiasi modo, Nott lo disarmò e Dolohov lo afferrò per la collottola e lo trascinò indietro, di nuovo verso Lucius.
Lì Harry cadde in ginocchio, mentre poteva sentire il chiodo premergli a fondo nella carne della coscia al punto da fargli girare la testa, mentre le ossa rotte della sua cassa toracica premevano contro i polmoni, mozzandogli il fiato.
Un rivolo di sangue colò fuori dalle labbra bluastre del moro.

Malfoy portò la mano verso il bastone che altro non era se non la fodera della sua bacchetta, di cui ormai non rimaneva altro che cenere.
Le dita pallide dell'uomo si strinsero convulsamente attorno alla superficie scura e l'attimo successivo Harry era a terra e boccheggiava tenendosi la mascella dolorante.

"Prendete quell'altro e mettetelo con i prigionieri, io e Potter dobbiamo scambiare due parole."

Harry ringhiò, con i denti incrostati di sangue e gli occhi che mandavano lampi, ma tutto ciò che Lucius Malfoy fece di rimando fu sorridergli freddamente e inginocchiarsi davanti a lui, infierendo con quello sguardo crudele che aveva capito perfettamente quanto al moro avesse dato fastidio il modo in cui aveva chiamato Draco.

Intanto Dolohov e Nott eseguivano gli ordini di Lucius, l'uno indifferente e l'altro con la ridicola devozione di un cagnolino ammaestrato.
Sollevarono da terra Draco, quasi privo di sensi e con gli occhi spenti, come se il dolore subito ne avesse consumato la luce, lo portarono fino al limitare del bosco dove Theodore e Blaise trattenevano il respiro.

"Allora Potter, sto per metterti di fronte a una scelta, non essere nervoso, non è un'interrogazione quindi rilassati... inoltre, dovresti esserci abituato."

Harry taceva con la guancia premuta contro il terreno umido, anche solo respirare era come inghiottire aghi e di certo non intendeva dare a Lucius la soddosfazione di una qualsiasi reazione da parte sua: conosceva Draco abbastanza bene da sapere quanto i Malfoy odiassero essere ignorati.

"Arrenditi, lascia che Lyell sbatta ad Azkaban quei Mangiamorte, dopotutto dovresti odiarli quanto odi me. In cambio, loro avranno salva la vita e tu morirai con la coscienza pulita. Altrimenti, Potter, ti giuro che li guarderai morire con i tuoi occhi, dal primo all'ultimo."

Harry gemette, tradendosi, ma la rabbia, il dolore e la disperazione lo accecavano al punto che nemmeno Lucius esisteva più, esistevano solo il suo corpo martoriato e la sua anima lacerata dalla consapevolezza di essere stato inutile.
Ma piu di tutto, la mostruosità di quell'uomo lo portò a rompere il suo voto di silenzio.

"Come puoi essere così deviato, come puoi fare questo a tuo figlio?"

Ringhiò debolemente Harry e un evidentente lampo di soddisfazione solcò gli occhi grigi del mago.

"Non è più mio figlio da quanto ha scelto il suo percorso, da quando ha scelto di fare amicizia con te, tradendo l'onore della famiglia."

Ignorando completamente tutte le falle pedagogiche di quel discorso che comunque Harry si aspettava di sentire, il Grifondoro scelse di focalizzare un altro dettaglio della risposta dell'uomo, solo in funzione di una breve quanto misera rivicinta.
Ridacchiò, ma il suo viso era deformato dal dolore e un paio di gocce di sangue macchiarono il terreno, poi alzò gli occhi verso Lucius Malfoy con malizia.

"Amicizia? Oh non la chiamerei così, paparino. Io mi scopo Draco, me lo scopo così forte da fargli urlare il mio nome. Dovresti sentire che bel suo-"

La frase fu troncata lì, la scarpa lucida del mago si era piantata nella pancia di Harry e lui aveva incassato, costringendosi a inghiottire il sangue che gli aveva invaso la bocca con il suo sapore sgradevole.
No, non era stata una mossa intelligente, ma Lucius non era mai stato così furioso, ne era assolutamente valsa la pena.

"Ti lascio qui a pensarci su, Potter. Ma fai in fretta schifoso invertito, tornerò prima dell'alba."

Così, con un'andatura evidentemente affrettata dalla rabbia repressa, Lucius se ne andò, ma non verso il limitare del bosco, bensì verso la voliera del campo, lasciata intatta dalle fiamme, ma piena di gufi e civette che, all'avvicinarsi del mago, presero a sbattere le ali in preda al panico.

Starà di certo scrivendo a Lyell.

Pensò Harry d'istinto mentre la rabbia tornava ad accecarlo insieme alla consapevolezza che tutto quello che aveva fatto non aveva portato a niente se non a un finale che non poteva che essere tragico.
Come se non bastasse, di nuovo, stava a lui scegliere quale fosse il meno peggio da abbracciare.

Ad una sua parola Draco e gli altri sarebbero sopravvissuti, certo, ma a quale prezzo? Oggi era Azkaban, ma dalla semplice reclusione, già di per sè un inferno, alla condanna al Bacio dei Dissennatori quanto sarebbe passato?
Il solo pensiero, semplicemente, lo uccideva.

Dunque sì, forse la morte non era così male, forse Draco per primo l'avrebbe preferita, ma chi era lui per decidere e poi come avrebbe potuto semplicemente restare immobile mentre quel ragazzo che aveva tutto il suo cuore e la sua devozione cessava di esistere?
Almeno sarebbe morto poco dopo, era una magra consolazione, ma un solo istante con la consapevolezza di averlo perso e portarsene sulle spalle la colpa sembrava insostenibile.

Ora il terreno sotto la sua guancia era fradicio, non si era accorto di stare piangendo a dirotto, non aveva fatto caso a come ora anche il suo ventre e il suo petto fossero lacerati e sanguinati, ma questa volta per opera di una lama invisibile, piu sottile dell'aria e, per questo, mille volte più affilata.
Ma sì, dopotutto cos'era la morte se non la naturale fine della vita? Non era che una facezia al confronto di ciò che comportava il Bacio.

Harry strinse con forza le palpebre per scacciare dalla testa l'immagine di Draco, pallido e smunto, attirato come per gravità verso le gelide fauci di quella creatura che, lenta e inesorabile, gli rubava l'anima, la fiammella di vita piu pura della vita biologica stessa.
L'anima di Draco era semplicemente troppo preziosa, troppo pura e perfetta per avvicinarsi a quegli esseri disgustosi, Harry non l'avrebbe mai permesso, a costo di vivere il tempo che gli rimaneva come vittima delle più atroci sofferenze.
Era un piccolo pegno se paragonato a ciò che avrebbe dato a Draco.
E a tutti gli altri, ovviamente anche a tutti gli altri.

 

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Capitolo 46
*** Capitolo 46 ***


"Finite Incantatem"

Narcissa Malfoy sussultò, o meglio, quasi si strozzò con la sua stessa saliva nel momento in cui il vento soffiò distintamente un incantesimo appena sopra il suo orecchio.
Un attimo dopo i lacci magici che la tenevano legata ad un albero si allentarono e si sciolsero, svanendo nella notte con un flebile bagliore.
Subito la donna si voltò di scatto, ma non vide altro che il fitto della foresta.

"Chi c'è?"

Mormorò tremante, con gli occhi arrossati e cerchiati di stanchezza che scattavano terrorizzati da un punto all'altro del sottobosco in prossimità.
Non rispose nessuno, solo un fruscio e un attimo dopo Kim e Otis Carrow, i due gemelli figli di Alecto, appena a un albero di distanza dalla donna, presero a bisbigliare tra di loro, confusi.
Con evidente e timorosa sorpresa, la ragazza e il ragazzo, contemplavano i propri polsi liberi e si scambiavano sguardi carichi di tensione.

Ad un tratto, un suono secco catturò l'attenzione degli ostaggi rimasti e tutti, nessuno escluso, trattennero il fiato.
Ed ecco che, dove prima non c'era altro che bosco, la figura robusta di un ragazzo e quella più esile di una ragazza dai folti capelli in disordine fecero la loro comparsa.

"Granger, Lenticchia?"

Mormorò Blaise, emettendo involontariamente un suono strozzato nel dover far fronte al fatto di avere un debito nei loro confronti.

"Perchè invece di copiare Malfoy non ti inventi dei soprannomi originali, Zabini?"

Esordì Ron, con un sorriso tirato prima di pronunciare la formula con cui liberò i polsi del mulatto e di Theodore, mentre Hermione si occupava del fratellino di quest'ultimo, di Imus Rosier e di sua madre, Glinda.
Blaise ridacchiò amaramente, alzandosi in piedi barcollando leggermente e rifiutando l'aiuto che Theodore gli offriva, sotto i piccoli occhi porcini di Imus, resi ancora più sottili dalla gelosia evidente.

"È vero, Draco li ha inventati, per questo sono molto popolari tra i Serpeverde, vi chiamano tutti così."

"Tagliate corto voi due"

Li riprese Hermione sbrigativa, piegando il Mantello dell'Invisibilità che aveva condiviso con Ron fino a poco prima e riponendolo nella sua borsetta minuscola.

"Dobbiamo ancora trovare l'infiltrato di Lyell, Harry e Malfoy. Avete idea di dove possano essere?"

Domandò la ragazza sbrigativa e fu sempre Zabini a rispondere.

"Potter e Draco erano insieme nella tenda. Poco fa combattevano con Lucius lì al campo, sono stati visibili per un po' ma ora li abbiamo persi di vista. Immagino che lo scontro stia continuando."

"Aspetta un attimo, Lucius? Lucius Malfoy?"

Ringhiò Ron colto alla sprovvista e costretto alla calma dallo sguardo glaciale di Hermione, che gli intimava evidentemente di tenere la voce bassa.
Il rosso abbassò lo sguardo e sollevò le sopracciglia nervosamente, fece per parlare ancora ma delle voci e dei passi pesanti diretti verso di loro, costrinsero i due infiltrati a nascondersi nuovamente sotto il Mantello.

"Ci si rivolterà contro, Gerard. È sempre stato un viscido infame ed è in combutta con un altro essere simile. Non possiamo fidarci di lui"

La voce che precedette l'uomo era quella di Dolohov, ma suonava affaticata e più raschiante del solito.
Non ricevette subito risposta, il padre di Theodore però fece la sua comparsa al seguito dell'uomo che portava in spalla il corpo privo di sensi di Draco Malfoy.
Non era un bello spettacolo, non lo era per niente, respirava talmente a fatica che poteva sembrare non respirasse affatto.

Blaise inghiottì il groppo che aveva in gola, facendo di tutto per non correre ad accertarsi che in effetti il suo cuore battesse ancora.
E anche se fosse stato, cosa diamine lo aveva ridotto in quel modo? Il suo stesso padre era stato capace di una tale oscenità?
Certo, Gerard Nott per primo aveva tradito la sua famiglia ed era molto più debole di Lucius, meno orgoglioso, ma non avrebbe mai potuto far seriamente del male a Theodore o Augustus, lo si capiva anche dal modo remissivo in cui assisteva alla scena, con gli occhi costantemente in conflitto.

"Antonin... è Lucius, è di famiglia, come potrebbe tradirci?"

Dolohov grugnì e lasciò cadere senza troppi complimenti il prigioniero di fianco alla madre che, come tutti gli altri, teneva le mani dietro la schiena fingendo di essere ancora legata.
Non era un piano privo di rischi, sarebbe bastato che uno dei due uomini si chinasse appena di lato per notare come i polsi degli ostaggi non fossero stretti dai luminescenti lacci magici.

"Ha già tradito la sua famiglia più di una volta, non ci penserebbe un attimo prima di trattarci peggio di come ha trattato loro."

Rispose freddo il Mangiamorte, soffermandosi con lo sguardo pensoso sulla donna bionda con gli occhi stanchi che gli stava davanti e che sembrava del tutto insensibile ad ogni stimolo esterno, come se la sua anima fosse stata rapita e spedita su un'altra dimensione e a loro non  fosse rimasto che l'involucro vuoto di una donna.

"Antonin"

Fremette Gerard Nott passando nervosamente gli occhi su tutti gli ostaggi nel tentativo di capire cosa gli sembrasse sbagliato in quell'immagine.
Dolohov roteò gli occhi al richiamo del compagno, ma si voltò verso di lui e lo raggiunse incuriosito dal modo in cui intanto gli si era illuminato lo sguardo di consapevolezza.
I presenti si irrigidirono, facendoci caso a loro volta, trattenevano il fiato mentre Nott puntava un dito accusatore verso di loro.

"C'è qualc-"

"Pietrificus Totalus!"

Gridò Hermione, saltando fuori da sotto il Mantello dell'Invisibilità e neutralizzando con quel colpo preciso l'uomo che dei due sapeva per esperienza essere la minaccia maggiore, Dolohov.
La ragazza prese fiato, rilasciando tutta l'adrenalina accumulata e tornando lucida in fretta mentre il corpo rigido del suo avversario cadeva a terra con un tonfo.
Gerard indietreggió di qualche passo, riprendendosi in fretta dall'effetto sopresa di quell'apparizione.
Iniziò a correre a perdifiato verso il campo, o quello che ne rimaneva, con tutta l'intenzione di dare l'allarme, ma Ron gli fu subito alle calcagna, rovesciandogli addosso una pioggia di fatture d'impedimento.

Nott cadde a terra colpito da una di queste, mise mano alla sua bacchetta ancora prima di pensare di alzarsi e la puntò verso il rosso che correva ancora per raggiungerlo.

"Stupeficium!"

L'incantesimo mancò Ron di una spanna e subito dopo il ragazzo si gettò sull'uomo che cercava debolmente di mettersi seduto, brandendo la bacchetta contro di lui e minacciandolo con lo sguardo.

"Dov'è Harry?"

L'ex-Mangiamorte deglutì a fatica e prese a respirare pesantemente a partire dal momento in cui il ragazzo dai capelli rossi lo afferrò per il colletto della tunica e gli spinse la bacchetta magica contro la tempia.

"N-non lo so!"

La sua esclamazione fu molto simile a un mormorio spaventato e sconnesso, che però non bastò al Weasley come dichiarazione e allora lui strinse la presa scuotendo con violenza l'uomo molto più gracile di lui.

"Svegliati Nott! Ti aspetti che me la beva? Dov'è Harry?"

"C-con Lucius! Con Lucius, stavano combattendo ma ora ... non lo so, te lo giuro!"

Ron lasciò la presa, dovendo accontentarsi e Gerard potè prendere appena un respiro di sollievo prima di essere atterrato da un poderoso pugno in faccia.
Avere pietà era una cosa da persone rispettabili, ma lasciare un nemico libero di attaccarti alle spalle, solo da idioti.
Ron aveva avuto le sue esperienze in materia già al secondo anno con un certo professore e anche se all'epoca la fortuna l'aveva assistito, questa volta ci aveva tenuto a non ripetere l'errore.

Sollevò Nott e se lo mise in spalla, iniziò a camminare verso il limitare della foresta dove si vedeva un grande affaccendarsi attorno a Hermione che stava restituendo a ogni ostaggio le bacchette che erano state loro confiscate da Dolohov.
L'uomo era legato a un albero con gli stessi lacci magici da lui precedentemente utilizzati e ben presto anche Gerard finì combinato allo stesso modo.

"Hai trovato Harry?"

Domandò la ragazza a Ron, che, appena finito l'incatesimo con cui fissò i nodi attorno ai polsi di Nott, drizzò la schiena con un sospiro pensieroso.

"Non sarei qui da solo in questo caso."

Lei annuì comprensiva, poi si voltò verso i famigliari dei Mangiamorte radunati lì attorno, guardando nuovamente in faccia tutti coloro che aveva impiegato lunghi mesi della sua vita a difendere e sorrise incoraggiandoli con il suo ottimismo.

"Siamo alla fine della storia, ci prendiamo la vostra libertà questa notte. Troviamo Harry, stendiamo Lucius e domattina, quando sarete nei vostri letti a casa vostra, sarà come esservi svegliati da un lungo incubo. Che ve ne pare?"

In molti sospettavano che le cose stessero in quel modo, che quello fosse lo scontro finale di una guerra che avrebbe dovuto svolgersi dietro ai banchi di un tribunale e non con spargimenti di sangue.
Ma era la fine e questo rallegrava in modo diverso ognuno dei presenti per quanto, ognuno a modo proprio, fosse perso in pensieri discordanti.
Era incredibile come, nonostante tutto quello che aveva passato quella notte, Zabini riuscì a sfoderare un ghigno sarcastico.

"Ma bene Granger, un po' scarno direi, ma molto efficace. E vero quello che dicono, stupida non sei"

Prima che lei potesse avventarsi su Zabini e staccargli la testa a morsi, Ron le circondò le spalle con un braccio e sorrise al mulatto con altrettanta complicità.

"È la migliore puoi starne certo."

Hermione si rilassò e Zabini annuì, ufficializzando in quel modo la collaborazione.

"Oh mio dio, le smancerie dopo che avremo vinto, vi prego!"

Esordì Kim Carrow, regalando a tutti i presenti un momento di spensieratezza.
Quasì tutti ridacchiarono o almeno sorrisero, solo Narcissa era ancora insofferente, seduta, di fianco al piccolo Augustus Nott, contro lo stesso albero al quale era stata legata, teneva la testa di suo figlio sulle ginocchia, gli accarezzava i capelli  dai riverberi argentati con delicati gesti automatici mentre un misto di malinconia e innaturale distacco le tingeva lo sguardo.

Quando quell'accesso di ilarità generale si fu placato, Ron piegò per caso la testa verso quella scena, si incupì e portò Hermione a seguire il suo sguardo per semplice empatia.
Poi i due si guardarono tra di loro, scambiandosi un cenno che per chiunque avrebbe potuto voler dire qualsiasi cosa, ma loro sapevano di star pensando esattamente lo stesso.

"Bene"

Esordì Hermione dopo quella breve pausa di silenzio, facendo passare lo sguardo su tutti i presenti.

"Qualcuno dovrà stare qui con i Malfoy e Augustus. No Zabini, non tu, non sei in gran forma non ti vedo in grado di gestire un eventuale attacco."

"Attacco? Ma Dolohov e Nott sono entrambi inoffensivi!"

Esordì lui abbastanza aggressivo, probabilmente a causa del non essere stato giudicato idoneo alla protezione dle suo migliore amico. Insomma se non lui, chi altri?
Hermione sorrise melliflua e piegò appena la testa di lato prima di scuoterla pacatamente.

"Anche voi eravate inoffensivi prima che arrivassimo io e Ron o sbaglio? Per quanto ne sappiamo Lucius potrebbe benissimo aver chiamato i rinforzi, già lasciare solo due persone a guardia di Draco è un rischio."

Blaise drizzò la schiena, stringendo i pugni lungo i fianchi, come oltraggiato, ma non disse nulla per i cinque secondi successivi, almeno finchè Imus Rosier non si offrì volontario al suo posto.

"Se fate stare lui e non me, vi strozzo con le mie mani! E poi chi vi ha messo a capo di questo gruppo? Io per voi non ho votato e non mi pare che nessuno l'abbia fatto qui."

"Blaise, calmati... ci hanno salvato la vita e la sanno più lunga di noi su questa situazione, dico che dobbiamo fidarci, siamo alleati o no?"

A interrompere l'ennesima sfuriata del mulatto era stato Otis Carrow la cui mano, pacatamente appoggiata sulla spalla del ragazzo, fu bruscamente scostata da uno strattone di lui mentre i due Grifondoro presenti alzavano gli occhi al cielo contemporaneamente.

"Va bene, Zabini e Rosier, restate entrambi"

Esordì Ron guardandoli male.

"E noi non siamo a capo di niente, tanto per la cronaca, siamo una squadra, capito? Quindi dimenticate le vostre gerarchie aristocratiche e concentratevi sulla cooperazione."

Seguì un momento di silenzio sorpreso, poi Theodore ridacchiò.

"Accidenti Weasley, chi ti ha insegnato tutti questi paroloni?"

Le orecchie del ragazzo di colorarono di un rosso accesso, come capitava quando si trovava in imbarazzo e la risata contenuta di Hermione al suo fianco non aiutò affatto.

"Cosa? Non posso nemmeno parlare ora?"

Borbottò lui e Nott scosse la testa ancora divertito, ma disperdendo la parentesi con un gesto della mano.

"Niente, niente, dai andiamo a recuperare Potter e Lucius, voi due non scannatevi qui di guardia, da morti non ci sareste di alcuna utilità."

"Eh, perchè dovrebbero scannarsi?"

S'intromise Ron, diventando il fulcro della spirale di sguardi minacciosi che i tre Serpeverde si stavano lanciando e indietreggiò di un passo di riflesso, alzando le mani in segno di resa profondamente seccato.

"Ok, non sono affari miei. Andiamo abbiamo perso abbastanza tempo"

Detto ciò, il gruppo raggiuse il limitare del campo distrutto.
C'era silenzio, un cupo silenzio rotto solo dal crepitìo delle fiamme che consumava il legno dei sostegni e il tessuto delle tende.
Un'infinità di piccoli oggetti insignificanti, tazzine, calzini, vasi o libri erano sparsi sul terreno inaridito dalle fiamme, ma non c'erano indizi che potessero suggerire uno scontro più recente degli altri, era come cercare un ago in un pagliaio.
Più avanzavano verso il centro più la devastazione era evidente e l'aria soffocante, furono i gemelli Carrow, che al momento guidavano la fila a bloccarsi di colpo e far sussultare tutti gli altri.

"Cosa c'è?"

Domandò Hermione in un mormorio, ma nè l'uno nè l'altra rispose con qualcosa di diverso da uno sguardo che intimasse pazienza.
Hermione però ci teneva a vedere con i suoi occhi qualunque cosa fosse quella che aveva bloccato i Carrow e si sporse oltre le loro spalle appena in modo da scorgere una fila di maghi avvolti da mantelli neri di guardia all'unica tenda ancora in piedi.
Un attimo dopo, dall'ingresso uscì Lucius Malfoy, chiamò presso di sè uno dei maghi e gli mormorò qualcosa che i ragazzi non furono in grado di distinguere.

Hermione tirò indietro i gemelli Carrow e protesse tutto il gruppo con un incatesimo silenziante in modo da potersi confrontare tranquillamente.

"Dobbiamo dividerci... ma non abbiamo abbastanza persone per dividerci, qualcuno deve cercare Harry e qualcun altro liberarsi di Lucius e di quegli uomini. Qualche idea?"

"Non eri tu quella delle idee geniali?"

Domandò Nott, sollevando un sopracciglio con un sorriso provocatorio, ma nessuno raccolse la sua insinuazione.

"Non è il momento Theodore."

Commentò la stessa Kim Carrow guardandolo bieco e lui scrollò le spalle.

"Potreste chiamare il Ministro... fatevi mandare un aiuto."

Propose invece Otis, ma Hermione scosse la testa con aria rassegnata.

"L'abbiamo informato della questione prima di venire qui, ma è molto impegnato e non avevamo idea che le cose fossero degenerate a tal punto."

Fece la ragazza, con lo sguardo concentrato fisso a terra e Ron completò la frase.

"Magari verrà, ma andare a informarlo di nuovo sarebbe solo una perdita di tempo prezioso."

Kim e Otis si guardarono preoccupati, poi appoggiarono una mano sulla spalla di ognuno dei due Grifondoro, sorridendo determinati.

"Andate a cercare Potter, qui ce la caviamo noi"

Theo strabuzzò gli occhi e Ron fece lo stesso, precedendolo nel parlare.

"In quattro fuggitivi feriti contro una decina di maghi addestrati? È una follia."

"Uno scontro aperto sarebbe una follia"

Convenne Kim con un sorriso sornione.

"Ma noi Serpeverde abbiamo i nostri assi nella manica."

Concluse Otis, girandosi verso la sorella e ghignando con complicità.
Ron battè le palpebre un paio di volte, restìo ad accettare che potesse esserci davvero una valida alternativa allo scontro aperto che fosse altrettanto efficace, ma Hermione sembrava aver già preso una decisione per entrambi.

"Va bene, ma fate attenzione. Ritroviamoci qui tra mezz'ora."

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Capitolo 47
*** Capitolo 47 ***


Dunque il gruppo si divise nuovamente: Hermione e Ron tornarono sui loro passi, allontanandosi dal centro dell'accampamento e facendosi strada tra le macerie alla ricerca di Harry.
Dall'altra parte c'erano Theo, i gemelli Carrow e Glinda Rosier con il loro folle intento di sbaragliare la squadra Auror di Lyell, guidata da Lucius Malfoy.

I primi due, i Grifondoro, erano giunti al limitare del bosco e avevano intenzione di affiancarlo tutt'attorno alla radura in modo da mantenersi a distanza dal centro dell'accampamento e avvicinarvicisi solo se fosse stato l'unico posto rimasto da setacciare.
Erano dunque ben lontani dagli altri quattro, eppure sentirono distintamente i rumori della battaglia infiammarsi all'improvviso nella radura.

"Assi nella manica dei miei stivali. Si faranno ammazzare quelle Serpi... e hanno ancora il coraggio di criticare noi"

Borbottò Ron, lanciando uno sguardo cupo in direzione dell'accampamento devastato.
Hermione non disse nulla in risposta ed entrambi i ragazzi continuarono le loro ricerche, ma ad ogni grido il loro cuore aveva un lieve sussulto e la loro mente si lanciava in una spontanea supplica: che non fosse uno dei loro.
Non era la prima volta che i due Grifondoro provavano quella sensazione, né l'avevano dimenticata, semplicemente la delusione e la rabbia di doversi ritrovare ancora una volta impotenti di fronte ad essa, esattamente come in quel giorno di Maggio del '98, rendeva il contesto ancora più difficile da gestire.

Stavano camminando nel silenzio più totale, illuminando con la magia il terreno circostante e il limitare del bosco, quando all'improvviso un gemito attiró l'attenzione di Hermione, facendola bloccare sul posto.

"Cos'è stato?"

Domandò Ron d'impulso, ma Hermione lo zittì e si avvicinò alla boscaglia con cautela, tenendo la bacchetta tesa davanti a sé.

"Granger, Lenticchia, sono io"

Gemette una voce affaticata che peró entrambi riconobbero immediatamente.
Ron scattò in avanti, superando la ragazza e illuminando il volto di Zabini che distolse lo sguardo con una smorfia, infastidito dalla luce.
Il mulatto era seduto con la schiena appoggiata al tronco di un albero famigliare, la sua posizione era scomposta, la schiena storta, le braccia che ricadevano debolmente lungo i fianchi e i gomiti abbandonati sul terreno umido. 
Teneva una mano premuta con forza all'altezza della milza, lì la pelle rifletteva innaturalmente i raggi della luna, sembrava lucida a causa della sostanza densa e scura che la copriva quasi interamente.

"Cos'è successo?"

La voce di Hermione tremò appena.

"Dov'è Rosier?"

Rincarò Ron, aveva piantato lo sguardo addosso a Blaise e l'odio viscerale che seppe leggere sul suo volto valse quanto la migliore delle risposte.

"Miseriaccia"

Sibilò il rosso, assottigliando gli occhi e stringendo i pugni lungo i fianchi, era chiaro che stesse facendo di tutto per non esplodere e mandare all'aria quanto poco dell'effetto sorpresa rimanesse ancora a loro disposizione.
Il suono esattamente successivo fu quello del frusciare del mantello della strega che si accovacció silenziosamente di fianco al ferito e prese a mormorare una lenta litania di guarigione mentre la sua bacchetta mandava lievi pulsazioni azzurrine.

"Malfoy, sua madre e il fratello di Nott?"

Domandò Ron quando seppe di essersi calmato abbastanza per poter tenere bassa la voce.
Blaise fece una smorfia.

"Rosier ha liberato Dolohov e Gerard Nott, eravamo tre contro uno e... non sono riuscito a difendere i nostri, li hanno portati via"

Né Ron nè Hermione osavano immaginare quanta fermezza avesse dovuto racimolare Zabini per pronunciare quell'ammissione di colpa.
Era chiaro il conflitto che stava soffrendo, era chiaro che si sentisse incompetente e dannoso, nonostante il suddetto danno si fosse dimostrato inevitabile.
Fu Ron che riuscì a trovare le parole migliori in quel momento, rilassando le spalle, ma fissando sul mulatto il suo sguardo fermo.

"È stata una fortuna che ci fossi almeno tu, non avremmo saputo del tradimento di quel bastardo di Rosier altrimenti"

Non era molto, ma era un oggettivo lato positivo, Blaise riuscì ad annuire in risposta.
Intanto Hermione terminava il suo incantesimo curativo e la diffusa luminescenza azzurrina, che aveva fino a un attimo prima rischiarato l'espressione contratta del ferito, sbiadì fino a spegnersi.

"Meglio?"

Si accertò la Grifondoro, alzandosi nuovamente in piedi, mentre il Serpeverde cercava di imitarla.
Un paio di volte le sue gambe tremarono, sembrando sul punto di cedere, ma con un po' di aiuto da parte dell'albero alle sue spalle, Blaise riuscì a riacquistare una posizione verticale stabile.

"A posto, mica male Granger"

La strega sorrise, Ron sollevò un sopracciglio e Blaise alzò gli occhi al cielo.

"Rilassati Lenticchia, abbiamo dei prigionieri da salvare e dei criminali da stendere, rimandiamoli a dopo i tuoi problemi di cuore."

Colto in flagrante, le orecchie del Grifondoro si colorarono della stessa tonalità dei suoi capelli, nonostante al buio l'effetto fosse difficilmente percepibile.

"Io non ho problemi di alcun tipo"

Borbottò lui, dando le spalle ai due e uscendo dalla zona del sottobosco. 
Hermione e Zabini lo seguirono e, mentre i Grifoni mettevano la Serpe al corrente della situazione, percorrevano insieme l'unica direzione ancora inesplorata alla ricerca di Harry.

❄❄❄

Harry, un po' alla volta, iniziava percepire nuovamente parti del proprio corpo.
Era un bene da un lato, prima avesse ripreso del tutto conoscenza, prima avrebbe avuto modo di alzarsi contrattaccare, tuttavia, mano a mano che la mente gli si snebbiava, veniva investita da improvvise ondate di dolore che lo paralizzavano, rendendo vano ogni suo tentativo di movimento.

Quando il senso di nausea si fu parzialmente dissipato, Harry capì di essere seduto contro quella che sembrava una parete, era liscia e premeva contro la sua spina dorsale in modo uniforme, le gambe erano stese davanti a lui, immobili e pesanti, ma apparentemente libere.
Le braccia invece le aveva abbandonate mollemente sul ventre, ma i polsi erano doloranti stretti da qualcosa che al moro piacque affibbiare il nome di "Problema Risolvibile".
Come questo fosse risolvibile però ancora gli sfuggiva, dal momento che non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi o a sollevare la testa, pesantemente premuta contro il proprio petto.

Forzato com'era in quella condizione di impotenza, il tempo sembrava non passare mai, ma in qualche modo continuava a scorrere e ciò permise al moro di assuefarsi ad ognuno degli stadi del suo dolore.
Si accorse che, se restava fermo, ciò che gli faceva piú male era il chiodo che aveva conficcato nella coscia.
Pensò che se fosse riuscito a toglierlo magari sarebbe migliorato, ma soprattutto non avrebbe finito col fargli infezione.

Per sua fortuna il cretino che l'aveva legato non l'aveva fatto piegandogli le braccia dietro la schiena.
A Harry piacque vedere quel lato positivo come una dose di fortuna più che meritata.
Chiamò a raccolta le forze appena riacquistate e spostò le braccia un po' più in avanti, ignorando la pessima sensazione che si stava velocemente impossessando della sua cassa toracica.
Le sue dita raggiunsero la testa del chiodo, arrugginita e umida del suo sangue.

Iniziò a respirare pesantemente nel momento in cui dovette fare trazione per tirarlo fuori, la posizione era scomoda per via dei lacci magici, ma soprattutto il dolore alle costole aveva ormai superato quello alla coscia.
Si fece forza e, con uno strattone decisivo, rimosse il chiodo, strinse gli occhi e i denti imponendosi di non urlare e infatti dalla sua bocca uscì soltanto un rantolio strozzato.

Rimase a guardare l'oggetto insanguinato che aveva in mano, era lungo almeno quindici centimetri, non uno di quelli che si usa per appendere i quadri alle pareti insomma.
Solo pensare che quella roba era rimasta infilzata nella sua coscia fino a poco prima gli faceva salire la nausea.

Dei passi poco distanti e che suggerivano che qualcuno stesse entrando nella tenda, lo costrinsero a chiudere la mano e a drizzare le orecchie all'ascolto.

"Hai fatto un buon lavoro Lucius, prevedibilmente questa fastidiosa parentesi sarà chiusa per sempre nel giro di un'oretta. Come procede la ricerca degli infiltrati?"

Harry si bloccò sul posto, ingoiando a fatica quello che immaginò dovesse essere altro sangue e che di sicuro ne aveva il sapore.
La testa ancora gli girava ed era pressata da una forte emicrania, ma riuscì comunque a chiudere gli occhi e abbandonare il capo sul proprio petto, fingendosi ancora privo di sensi.
Intanto però la sua mente correva sotto la massa disordinata di capelli incrostati di fuliggine e sangue.

Infiltrati? Com'era possibile? Nessuno conosceva la posizione di quel posto tranne ... Ron ed Hermione

Sperò ardentemente di sbagliarsi, ma allo stesso tempo la fiducia cieca che provava per loro lo portava a sperare che forse non fosse tutto finito, che fosse presto per la arrendersi.
E poco male, perchè lui non aveva avuto intenzione di farlo neanche per un momento.

"Si muovono bene, ma sono pochi. Se anche dovessero uscire dal loro nascondiglio per tentare qualche azione offensiva non potrebbero tenerci testa."

Nel riconoscere la tonalità solenne e meschina di Lucius Malfoy, il suo corpo si mosse da solo per immediata protesta, nel tentativo vano e goffo di protendersi e liberarsi, ma il Grifondoro ottenne solo che gli si mozzasse il respiro e dovette fare di tutto per non tossire e far saltare la sua copertura.

"Per quanto riguarda Potter?"

Domandò di nuovo Lyell e Lucius gli rispose immediatamente.

"È gravemente ferito, non penso si riprenderà a breve."

Harry avrebbe voluto ridergli in faccia e sputargli in un occhio, ma rimase in silenzio, aspettando la reazione del Viceministro.

"Va bene"

Ragionò l'ometto, dopo aver riflettuto per una manciata di secondi.

"Ma lascia un Auror qui a sorvegliarlo, per precauzione."

Lucius alzò la voce, chiamò un uomo di nome "Tallius" e dei passi pesanti si avvicinarono, fermandosi poco distanti da Harry.
Null'altro fu detto, i due uomini se ne andarono, lasciando il moro con un bel problema da risolvere.

Uno scontro diretto era fuori questione, lui non aveva nemmeno la sua bacchetta.
Doveva pensare in fretta a una soluzione, ogni minuto era prezioso, eppure più si sforzava di farsi venire in mente un piano piú veniva distratto dal fatto che avesse poco tempo per farlo.
Allora fece quello che finiva sempre con il fare nelle situazioni disperate: improvvisò.

Si lasciò cadere a terra su un fianco, attirando l'attenzione dell'Auror, ma dovendo stringere i denti per il dolore alle costole.
I passi pesanti dell'uomo gli si avvicinarono esattamente come il ragazzo aveva sperato e si chinò davanti a lui, cercando di sistemarlo nuovamente seduto, credendolo privo di sensi.
Harry intanto aveva appena socchiuso un occhio, brandito il chiodo come se fosse stato un pugnale e, non appena l'Auror aveva abbassato la guardia, gliel'aveva puntato alla gola, con uno slancio doloroso degli arti.

Aveva aperto completamente gli occhi ora e, prima che la testa iniziasse a girargli di nuovo, si era goduto la sorpresa incisa sul volto del suo secondino.

"Dammi la tua bacchetta e niente mosse avventate o giuro che ti pianto questo chiodo nella giugulare"

Non l'avrebbe fatto, non ne avrebbe mai avuto il coraggio, non avrebbe mai ucciso un innocente, ma la sua disperazione doveva sembrare tale che l'Auror lo prese sul serio.
Dapprima sollevò le mani in segno di resa, poi si sfilò la bacchetta dalla fodera e la appoggiò di fianco al moro.

"Alzati ora. E allontanati"

Sussurrò Harry, non riuscendo a credere che in effetti il suo piano stesse funzionando.
La guardia lo assecondò, Harry abbassò le braccia per prendere la bacchetta e l'Auror si lanciò nuovamente verso di lui per immobilizzarlo.
Tuttavia Harry se lo aspettava e fu più veloce, ignorando il dolore lancinante brandì la bacchetta e la puntò contro l'uomo, pietrificandolo sul posto.

Aveva il fiato corto, un rivolo di sangue gli fuoriusciva dalle labbra e sentiva di star trattenendo la tosse a fatica, ma comunque riuscì a usare il corpo dell'Auror pietrificato come perno per alzarsi in piedi.
Fu faticoso e doloroso, ma una volta che le gambe riuscirono a reggerlo tutto si dimostrò molto più facile.
Certo, da quando aveva tolto il chiodo, la sua gamba aveva ripreso a sanguinare, ma perlomeno riusciva a muoverla.

Dunque si trascinò fino all'ingresso della tenda, non potendo non pensare al suo adorato Mantello dell'Invisibilità e a quanto avrebbe potuto tornargli utile in quel momento.
Si limitò a silenziare i propri passi per quanto i lacci magici, riducendogli la mobilita del polso, lo limitassero nell'escuzione di incantesimi.

"Potter?"

Sentì sussurrare alle sue spalle una volta che ebbe superato la tenda di Lyell.
Harry si voltò di scatto, in preda al panico e temendo di essere gia stato scoperto, ma solo per accorgersi che era stato Theodore Nott a parlare.
Era legato insieme ad altri fuori dalla tenda, Harry pensò bene di avvicinarsi e liberarli, ma il Serpeverde scosse la testa e allora intuì di dover stare dov'era.
Quando si guardò intorno per ricercarne la motivazione fece caso ai due Auror di guardia.

Solo due

Pensò immediatamente, dimenticandosi di essere gravemente ferito e in piedi per miracolo.
Prima di poter affrontare le considerazioni si era già lanciato, pietrificando uno dei due Auror e cercando di disarmare subito dopo l'altro.
Colto di sorpresa il primo non fece in tempo a reagire, ma il secondo schivò l'Expelliarmus di Harry  e contrattaccò con uno Schiantesimo, dal quale il moro riuscì a ripararsi per un pelo.

"POTTER È SCAPPATO!"

Gridò l'Auror, un attimo prima che Harry lo Schiantasse nel tentativo di zittirlo, ma ormai era troppo tardi.
Si scambiò uno sguardo colmo di panico con Nott.
Con grande sorpresa di Harry il Serpeverde e tutti gli altri prigionieri semplicemente si alzarono, e scapparono.
Soltanto Nott lo raggiunse, lo prese per una spalla e lo trascinò via con sè.

"Dannazione Potter, se ti dico di stare fermo stai fermo. Ci hai rovinato l'effetto sorpresa."

Nonostante il contesto ostile, Harry non potè non arrossire di vergogna nel momento in cui comprese di aver combinato un pasticcio, ma si riprese in fretta abbastanza da fermare la corsa di Nott, anche perchè si stava rivelando insopportabilmente dolorosa.

"Scappate allora, io devo trovare Lyell"

Nott scosse la testa con aria di rimprovero, ma, con un gesto veloce della bacchetta, liberò i polsi di Harry dai lacci, poi sparì insieme ai suoi compagni nel riverbero delle prime luci dell'alba.
Il Grifondoro invece si voltò dalla parte opposta, dirigendosi verso il centro dell'accampamento inquietantemente calmo.
Harry non riusciva a capire: quell'Auror aveva dato l'allarme, allora perché nessuno lo stava cercando?

Prima che potesse decidere se considerarlo un colpo di fortuna o una trappola, una mano fredda si posò sulla sua spalla e lui rabbrividì, voltandosi di colpo incontrò gli occhi di Draco.
Il volto del ragazzo era calmo in modo innaturale, la pelle piú pallida del solito e gli occhi spenti.
L'unico segno di vita sul suo viso era un sorriso appena percettibile, molto simile a quello di suo padre e che non prometteva nulla di buono.

Infatti, un attimo dopo fece la sua comparsa Lucius Malfoy, le braccia incrociate al petto e lo stesso sorriso lieve del figlio, ma tinto di una nota più vittoriosa e crudele.
Pronunciò le parole successive con un tono leggero, quasi scherzoso, come se  tutto quel contingente lo divertisse parecchio.

"Suvvia Draco, uccidilo adesso."

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Capitolo 48
*** Capitolo 48 ***


Dopo che solo poche ore prima aveva bruciato la bacchetta di Lucius, Harry aveva ingenuamente creduto che quel gesto non si sarebbe dimostrato inutile.
E invece l'uomo ne aveva trovata un'altra chissà dove o disarmando chissà chi e l'aveva usata per orchestrare la sua dolcissima vendetta nei confronti del Grifondoro.

La Maledizione Imperio, certo, perchè Lucius Malfoy non avrebbe mai concepito un "no" come risposta.

Harry, per quanto amaramente, dovette ammettere quanto quella strategia fosse impeccabile: con una sola scaltra mossa, Lucius era riuscito a colpirlo sul versante emotivo e, insieme, a impedirgli di attaccare, ben sapendo che il Grifondoro non si sarebbe mai sognato di fare del male a Draco.

Sentendosi manipolato, impotente e spaventato, Harry andò su tutte le furie in un attimo, scagliando contro Lucius una fattura che il mago, non aspettandosi niente di meno, schivò con indifferenza.
Contemporaneamente, Harry fu spinto dallo Schiantesimo di Draco contro la ruvida e dura corteccia di un albero poco distante.

Questa volta non riuscì a non tossire e l'erba seccata dall'incendio di quella notte si macchiò del suo sangue.
Nonostante ció, Harry continuava imperterrito a fare appello a tutte le forze che gli rimanevano per tornare in piedi.

Non appena ci fu riuscito, venne bloccato nuovamente contro l'albero dall'avambraccio di Draco che spingeva contro il suo collo, mozzandogli dolorosamente il fiato mentre la bacchetta del biondo era premuta contro la tempia del moro.

"Draco, ti prego"

Rantolò Harry, si aggrappò d'istinto alla manica del biondo, cercando di spostargli il braccio, ma ottenendo solo che lui lo spingesse con forza maggiore contro la sua gola.
Tossì, un rivolo di sangue scese lungo il suo mento e i suoi occhi spaventati si riempirono di lacrime mentre le forze lo abbandonavano e le braccia gli cadevano mollemente lungo i fianchi, rifiutandosi di ferire il suo avversario.

Gli guardi dei due ragazzi rimasero sospesi a mezz'aria, immobili come se il tempo avesse smesso di scorrere.
Harry sembrava sfidare Draco con gli occhi, incitandolo malinconicamente e quasi deluso a seguire gli ordini del padre, il biondo, dal canto suo, aveva il viso duro e immobile come il marmo, ma gli occhi, prima spenti e taciturni, ora sembravano tremare, scossi da un conflitto profondo.

Quel piccolo cambiamento non sfuggì al Grifondoro, che aveva ormai imparato a leggere i lunghi sguardi del biondo e una scintilla di curiosità gli accese le iridi smeraldine.

"Lo sapevo"

Mugolò debolmente Harry, cercando di ignorare le difficoltà respiratorie e la testa improvvisamente più pesante.

"Puoi liberartene quando vuoi Dray, è solo una stupida maledizione."

Gli sorrise appena percettibilmente, la vista gli si stava appannando e se Draco non avesse lasciato la presa probabilmente il moro avrebbe finito con il perdere i sensi di nuovo.
E non poteva permetterselo.

"Per Godric, pensavo di essere l'unico a poterti sottomettere"

Erano forse le parole più sbagliate e meno toccanti da rivolgere a una persona che sta lottando contro una Maledizione Senza Perdono, ma le pronunciò ridacchiando flebilmente e fu la cosa più giusta che potesse fare.
Draco adorava quando Harry rideva e nessun incantesimo avrebbe mai potuto essere più forte delle sue emozioni nei momenti come quello.
Nemmeno se ne accorse, ma lentamente riusciva a riottenere controllo del proprio corpo, ad allentare la presa sul Grifondoro.

Appena gli fu possibile, il moro respirò profondamente, aggrappandosi alla corteccia alle proprie spalle per reggersi in piedi e tenendosi il collo dolorante.
Fu un breve e fugace momento di tregua, ben presto interrotto dal violento sopraggiungere della voce di Lucius Malfoy.

"Uccidilo Draco! Ti ho detto di ucciderlo e devi farlo!"

Il biondo strinse le palpebre, visibilmente combattuto e incapace di scrollarsi completamente di dosso il potente incantesimo di suo padre.
Harry ragionò in fretta, semplicemente appoggiando un gomito sulla spalla del ragazzo di fronte a sé e una mano dietro la sua nuca, in modo da spingere le loro fronti a toccarsi.

"Dray, Dray resta con me, so che puoi farcela."

Draco aveva gli occhi stanchi e il suo respiro era debole, mentre la voce di Lucius tonava alle sue spalle, rinnovando la Maledizione.
Spezzato in due, il biondo si stava logorando e, nel rendersene conto, Harry tremò di paura quando comprese che non avrebbe resistito a lungo.

"Stupeficium!"

Gridò una voce in lontananza.
Seguí il suono secco dell'incantesimo e Lucius fu scagliato lontano dalla rabbia del mago che l'aveva colpito.

Nel momento esattamente successivo, le gambe di Draco smisero di reggerlo e il ragazzo cadde in ginocchio, sostenuto solo dai pronti riflessi di Harry, il quale però, non in migliori condizioni di lui, si accasciò a sua volta.
Il moro rimase seduto stringendo tra le braccia il Serpeverde privo di sensi e accarezzandogli con impeto una pallida guancia bagnata di sudore.
Reduce della paura provata, gli venne spontaneo aggrapparsi a lui con tutta la forza che aveva in corpo, affondando il viso nei suoi capelli argentati, respirandone il profumo e aspettando che il cuore smettesse di impazzirgli nel petto.

Intanto Blaise, che aveva lanciato l'incantesimo che aveva atterrato Lucius Malfoy, corse a legare i polsi dell'uomo con dei lacci magici per evitare che il problema della sua esistenza tornasse a riproporsi.
Nello stesso momento, il Viceministro Lyell fiancheggiato da Ron da un lato e da Hermione dall'altro veniva spinto in prossimità dell'albero dove Harry ancora stringeva Draco, non osando sperare in notizie troppo positive.

"Ehy amico, puoi anche mollare la presa, abbiamo vinto e nessuno ti porterà più via il tuo angioletto"

Le parole divertite di Ron lo raggiunsero come da lontano, ma alzò comunque lo sguardo, non sapendo che espressione indossare.
Da una parte c'era Lyell, insanguinato, legato e a capo chino, rosso di vergogna e rabbia, dall'altro Ron, che ridacchiò e si girò verso Hermione.

"Caspita, è talmente conciato che non riesce nemmeno a guardarmi male"

Commentò rivolto alla Grifondoro che intanto scosse la testa scoraggiata, guardando il moro con aria di rimprovero.

"Certo che è conciato male Ronald, guardalo, è di nuovo coperto di sangue."

"Sto bene Hermione"

Si limitò a mormorare Harry, ancora su un altro pianeta.

"Sì certo Potter, come no, dimmi un osso ancora intero ce l'hai?"

Si inserì sarcastico Blaise, che intanto aveva trascinato Lucius Malfoy privo di sensi fino a lì.

"Come avete fatto a vincere? C'era un'intera squadra di Auror insieme a Lyell"

Domandò il moro, non rispondendo alla domanda del mulatto.
I suoi dubbi furono chiariti poco dopo, Kingsley in persona, la sua squadra di Auror e i restanti ex-Mangiamorte capitanati dai gemelli Carrow raggiunsero il gruppetto di ragazzi e il Ministro si rivolse subito a Harry con aria afflitta.

"Mi dispiace che sia andata così, ho sbagliato a sottovalutare la portata della minaccia"

Harry, troppo stanco per reagire in un qualunque altro modo, annuì.

Da quel momento in poi, dei Medimaghi del San Mungo iniziarono a Materializzarsi all'accampamento, prelevarono subito i feriti più gravi e li portarono a Londra d'urgenza.
Chi invece poteva farcela, rimase ad aiutare gli Auror a ripulire la radura dalle macerie delle tende e a condurre i prigionieri ad Azkaban.

Tra questi c'erano sia Theodore Nott che Blaise Zabini e il primo tentava timidamente di avvicinarsi all'altro, che con gli occhi vuoti di tutto tranne che di rimorso, faceva del suo meglio per non essere un peso.
Dopo essersi fatto finalmente coraggio, Theo riuscì a raggiungere il mulatto e appoggiargli una mano sulla spalla, che Blaise rilassò appena percettibilmente.

"Che vuoi?"

Mormorò burbero Zabini, abbassando il braccio che puntava la bacchetta contro alcune travi di legno cadute.

"Mi dispiace per tua sorella"

Sussurrò appena udibilmente Nott e Blaise si girò verso di lui, fissandogli addosso il suo sguardo indecifrabile, che tuttavia sembrava suggerire un moto di compassione.

"Tuo fratello sta bene?"

Theo annuì, reggendo faticosamente lo sguardo del mulatto.

"Lo hanno portato al San Mungo per alcuni controlli, ma aveva soltanto ferite superficiali."

"Bene"

Sentenziò il piú alto e abbassò lo sguardo un attimo, solo finchè il castano non richiamò la sua attenzione.

"Blaise... "

Si bloccò, indeciso e imbarazzato mentre riotteneva l'attenzione dell'altro, ma poi iniziò a frugarsi sotto il mantello, solo per tirarne fuori un vecchio quadernino rilegato in pelle.
Zabini sussultò incredulo nel riconoscerlo e nello scoprire che si era salvato dall'incendio, che Theodore l'aveva salvato. Automaticamente mosse una mano in direzione dell'oggetto, per afferrarlo, ma Theo lo tirò indietro.

"Aspetta"

Sussurrò, sapendo che probabilmente quella sarebbe stata la sua ultima occasione con Blaise.

"Prima voglio che tu sappia che... ho sempre adorato le tue poesie, quelle che dedicavi a me erano le migliori, così belle da togliere il fiato. Ma vedi, quelle che hai scritto dopo che io-"

Da un lato Theo si accorse di non sapere come continuare quella frase, dall'altro Blaise lo interruppe, un moto di rabbia improvvisa aveva acceso i suoi occhi.

"Le hai lette?"

Theo annuì con decisione e si strinse al petto il quaderno, non riuscendo a credere di avere davvero gli occhi lucidi e di non poter fare nulla per evitarlo.

"Sì e sono le mie preferite, ma anche quelle che non vorrei mai saperti a scrivere. Ho già rovinato tutto una volta Blaise, non riaccadrà mai più, non ora che so quanto hai bisogno di me."

"Perchè, prima non lo sapevi? Hai dovuto tradirmi per scoprirlo?"

Ringhiò il più alto, stringendo i pugni lungo i fianchi e, contrariamenre alle sue aspettative, Theo annuì timidamente.

"Già. Ovviamente questo non giustifica niente, ma per un attimo l'ho dimenticato e ho sbagliato. Dammi un'altra chance, ti prego."

Implorò il castano, calpestando il suo orgoglio più di quanto non avesse mai fatto prima di allora.
Il mulatto sembrò rabbonirsi, poi gli strappó il quaderno dalle braccia senza troppi complimenti e lo guardò, soppesando la sua richiesta.

"Ci penserò"

Disse solo, dandogli le spalle e tornando alle sue travi.
Theo rimase dietro di lui a guardarlo lavorare con un timido sorriso speranzoso inciso sul viso.

❄❄❄

Intanto al San Mungo la situazione era drammatica per i nostri eroi.
Al Grifondoro vennero imposte due intere settimane di riposo forzato e al Serpeverde un ricovero a tempo indeterminato.

"È oltraggioso, due settimane? Non ci sto in questo letto ad appiattirmi le chiappe per due settimane. Se lo scordano."

Protestò animatamente Harry, non appena venne a conoscenza della sua sentenza per mezzo di Ron ed Hermione.
I due amici nemmeno gli risposero, scambiandosi soltanto un'occhiata scocciata perchè sì, a volte quel Grifondoro sapeva essere una palla al piede tremendamente pesante.

Accorgendosi di non aver suscitato alcuna reazione, incrociò le braccia al petto, facendo vagare annoiato e infastidito lo sguardo per la stanza come a voler dire: "Ciao stanza, ci aspetta una lunga e noiosissima convivenza, quindi cerca di non farmi innervosire troppo."

"Dov'è Malfoy?"

Chiese dopo un po', quando la curiosità si fu fatta più forte di lui.
Ron soffocò una risata e scosse la testa divertito, questa volta Harry riuscì a guardarlo male.

"Si rimetterà, Harry, stai tranquillo"

Gli rispose Hermione, sedendosi sul bordo del letto del moro.

"Sì, ok, ma dov'è?"

La strega scosse la testa, guardandolo con occhi severi.

"No Harry, non andrai a trovarlo finchè non ti sarai rimesso."

Lo sguardo smeraldino del ragazzo fiammeggiò dietro le lenti, accettando la sfida.

"Bene, se non me lo dici vuol dire che dovrò andare a cercarlo, compiendo un tragitto piú lungo del necessario."

"Oh, non lo farai."

Sibilò Hermione, assottigliando le labbra e assumendo un'espressione che somigliava molto a quelle della McGrannit quando qualcuno faceva tardi a Trasfigurazione.

"Mi assicurerò personalmente che la porta di camera tua sia sigillata da un incantesimo che tu non possa spezzare."

"Hermione! Non puoi farmi questo"

Si lagnò il moro e tentò di afferrare il braccio dell'amica, ma dovette bloccarsi a metà movimento a causa di una fitta di dolore all'altezza dei polmoni.

"Stai fermo Harry!"

Gridò lei di rimando, preoccupata.
Non appena vide che tutto sommato stava bene e che, dopo una smorfia di dolore, aveva indossato un ghigno da cretino, Hermione lo schiaffeggiò, puntandogli poi un dito contro.

"Se osi sgattaiolare da qualche parte in queste condizioni Harry, giuro che ti spezzo le gambe."

"Hermione ma-"

"Niente ma, due settimane non sono niente. Hai aspettato nove mesi, due settimane voleranno."

Harry si teneva la guancia, stringendo i denti e guardando male la strega di fronte a sè che, inclemente, firmava la condanna del moro a settimane di perpetua noia e ingestibile attesa.

"Bene"

Borbottò  soltanto, incrociando le braccia al petto e scivolando con la testa sul cuscino, nuovamente offeso.

"Sotterrami allora, già che ci siamo."

Di nuovo, Hermione alzò gli occhi al cielo, sconsolata.

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Capitolo 49
*** Capitolo 49 ***


Quando sulla Gazzetta del Profeta fu pubblicata tutta la storia di cui Harry e Draco potevano dire di essere stati i protagonisti, il mondo magico tirò fuori il meglio di sè, facendosi un dovutissimo esame di coscienza.
Ovviamente non si trattò di un fenomeno universale, c'era ancora chi, nell'ombra, sosteneva la politica disumana e aggressiva di Lyell, ma almeno dal momento della divulgazione dei drammatici eventi di cui abbiamo parlato, questi dissidenti scoprirono il vantaggio che il silenzio apportava alle loro idee.

Da quel momento in poi, quelli che erano stati vittime dell'inadatta definizione di "Mangiamorte" potevano camminare per le strade di Londra senza che sguardi d'odio li facessero sentire più colpevoli di quanto non fossero mai stati.

Draco avrebbe adorato poterlo sperimentare in prima persona. Essendo ancora il ragazzo orgoglioso che conosciamo, possiamo dire che vedere la nomea dei Malfoy riacquistare dignità fosse tutto ciò che potesse desiderare per il futuro.
Purtroppo una convalescenza faticosa lo costrinse a rimandare la sua gloriosa riammissione in società, dandogli tuttavia il tempo di pensare.
Ad ogni modo, non si può definire questo elemento come interamente positivo, poiché, quando lasciato a se stesso e ai propri pensieri, il Serpeverde finiva spesso con il sopravvalutare i problemi e vedere il lato negativo delle cose migliori.

Fu per questo motivo che riconsolidò l'idea che avere a che fare con quel pazzo di Potter non fosse la scelta migliore e, non appena potè permetterselo, chiese di essere trasferito dal San Mungo al Manor e proseguire lì il suo percorso di guarigione, così da evitare il confronto con un certo Grifondoro che aveva scelto di dimenticare.

Draco era profondamente ottimista.
A discapito di tutte le sue disavventure recenti o meno, mai nella sua vita le cose erano andate meglio: aveva l'amicizia di Blaise, sua madre stava lentamente tornando quella di un tempo ed entrambi, madre e figlio, erano liberi dal giogo del patriarca despota che aveva sempre reso il loro legame famigliare molto più simile alle catene di due prigionieri.

Ora che Lucius era nuovamente dove meritava di stare, ad Azkaban, e che il mondo magico mostrava loro compassione, Draco sapeva che quello era il suo momento per ricominciare da capo, la sua seconda occasione.
Era libero e consapevole di esserlo, ma anche consapevole che se questa libertà lo inebriava pericolosamente era suo dovere ponderare con attenzione le sue scelte per non sbagliare di nuovo.

In questo modo si susseguirono i mesi, lenti e ripetitivi, ma, per un certo verso confortevoli, nella loro tranquillità.
Trascorse l'estate, un'estate per nulla simile a quella dell'anno precedente, non più afosa e soffocante, scossa da temporali violenti e improvvisi, ma occasionalmente rinfrescata da piogge leggere e costanti, molto più londinese se così si può definire.

A Ottobre Draco si iscrisse alla facoltà di Medimagia del San Mungo e lo studio occupò completamente la sua mente e la sua attenzione, portandolo a riscoprire il suo talento nell'ambito pozionistico e la mente brillante che aveva dimenticato di possedere.

Questo andò avanti senza intoppi almeno finché il biondo non ricevette un invito che non si sarebbe mai aspettato di ricevere.

Quando, una mattina della prima metà di Novembre il gufo reale gli lasciò cadere tra le mani una busta di carta visibilmente riciclata color azzurro pastello, immediatamente Draco fu vittima di un pessimo presentimento.
Si rigirò la busta tra le mani per un po', leggendo e rileggendo l'indirizzo del mittente e quello del destinatario come per convincersi che i suoi occhi non lo stessero ingannando.

Eppure la situazione si dimostrò essere esattamente come sembrava: una lettera dalla Tana era giunta a Malfoy Manor e non si trattava di un errore.

Mille pensieri invasero la testa del biondo Serpeverde in un momento solo.
Ricordi principalmente, ricordi che aveva fatto bene attenzione a non rievocare, tenendosi con cura lontano dalla luminosa e raggiante porzione di mondo abitata dalle creature del Sole, dalla porzione di mondo abitata da Harry Potter e i suoi amici.

E se ora quella luce voleva fare breccia nella sua confortevole coltre di nubi, doveva essere sicuramente con l'intenzione di scottarlo.
Per quanto fingesse che non fosse così, Draco non aveva smesso un solo giorno di sentirsi in colpa per aver abbandonato Harry senza una spiegazione.
Di certo se i Weasley gli scrivevano doveva essere per rimproverarlo della sua codardia e rinfacciargli la possibile ricaduta di Potter nell'alcolismo.

Quell'ipotesi si prese del tempo per fare da padrona nella sua testa, riempiendolo di sensi di colpa e di preoccupazioni che Draco fece di tutto per sopprimere, almeno finché, in preda al panico, non chiamò a rapporto il suo migliore amico in cerca di consiglio.

Quando, dunque, Blaise venne a conoscenza  di cosa angustiasse il Principe delle Serpi, scoppiò immediatamente in una risata contenuta ed elegante, ma apertamente divertita.

"Sii realista Draco, se Potter fosse nei guai tutto il mondo magico lo saprebbe"

Malfoy dovette convenire che il mulatto avesse ragione, ma comunque in tutta risposta scrollò le spalle e simulò indifferenza.

"Non che mi importi"

Chiarì freddamente, Zabini si rabbuiò e scosse debolmente la testa, ma non osò rimproverarlo.
Ci aveva già provato in più occasioni, ma i suoi sforzi non avevano sortito alcun effetto.

A quel punto Blaise spostò lo sguardo sulla busta chiusa e solennemente appoggiata al centro del lungo tavolo d'ebano levigato dello studio di Draco.

"Beh Draco, perchè non la apri?"

Gli domandò, rompendo il silenzio che si era creato e tradendo un minimo di curiosità con il suo tono di voce.
Il biondo non rispose, prese semplicemente in mano la busta azzurra e, forse solo per dimostrarsi sicuro di sè agli occhi del mulatto, la aprì con un gesto secco, sfilando quello che si dimostrò essere un cartoncino beige bordato d'azzurro.

Draco lesse in fretta e più volte quanto c'era scritto e la sua perplessità non si fece che più evidente nel moto involontario con cui il suo sopracciglio sinistro si era sollevato.

"Beh?"

Incalzò Blaise, adesso apertamente interessato.

"Conosci una certa Angelina Johnson?"

Zabini fece una smorfia nell'udire l'evasiva non-risposta dell'amico, ma lo assecondò comunque.

"Giocava come Cacciatrice nella squadra di Quidditch di Grifondoro, perché?"

"George Weasley si sposa con questa Angelina Johnson e per qualche misterioso motivo i Weasley hanno ritenuto che la cosa mi riguardasse e mi hanno invitato al loro matrimonio."

❄❄❄


Ovviamente non ci sarebbe andato.

Di questo Draco fu irremovibilmente certo fin dal primo momento.
Tuttavia, con il passare dei giorni e l'accavallarsi dei pensieri e di sensazioni contrastanti, finì con il convincersi di avere un debito non saldato nei confronti dei Weasley, della Granger e, scomodo da ammettere, anche di Potter.

Dunque, in corrispondenza della data prestabilita, il Serpeverde si ritrovò a indossare uno dei suoi abiti migliori, a legarsi i capelli, ormai lunghi fin sotto alle spalle, in una coda ordinata e a Materializzarsi sul sentierino sterrato e insolitamente assolato che tagliava a metà i campi di grano attorno alla Tana.

Per essere un pomeriggio di metà Novembre era stranamente tiepido, il cielo terso e il Sole, seppur bianco e invernale, luminoso sopra la sua testa.
Tracce del buonumore generale erano udibili già dalla distanza a cui Draco si trovava, si sentivano risate dalle più alle meno contenute e un costante e allegro cicaleccio di fondo.

Quando però il ragazzo fece la sua apparizione nel giardino dei Weasley, questo brusio si affievolì sostanzialmente e molte teste, principalmente rosse, si girarono nella sua direzione.
In quel momento il biondo desiderò ardentemente di tornare sui suoi passi e sparire nel fitto di un campo di grano.

Tuttavia, contrariamente alle sue aspettative, non fu accolto da un'atmosfera macchiata del risentimento che Malfoy sapeva di meritarsi, ma soltanto dai sorrisi e dai convenevoli che si dedicano ai vecchi amici.
Lenticchia si azzardò perfino ad avvicinarsi e dargli un'imbarazzante e sgradevole pacca sulla spalla mentre la Granger sorrideva soddisfatta.

"Weasley, cosa stai facendo?"

Domandò Draco, a denti stretti e teso come una corda di violino, ma il rosso ridacchiò.

"Dai Malfoy, togliti quel manico di scopa da- Ahia Hermione! Insomma Malfoy lasciati un po' andare, sei tra amici!"

Il buonumore di Ron era contagioso, ma non abbastanza da fare breccia nella fitta coltre di preoccupazioni che ancora di affollavano nella testa di Draco.

"No Weasley, non lo sono. Sono qui soltanto per fare gli auguri a George e Adelina"

"Angelina"

Corresse Hermione sorridendo sotto i baffi.

"Sì certo, Angelina"

Annuì Malfoy e tentò a quel punto di dileguarsi e attendere pazientemente seduto da qualche parte l'inizio della celebrazione.
Tuttavia, a causa del largo anticipo con il quale si era presentato, fu incastrato dalla Granger e da Lenticchia Femmina nei preparativi e, anche se non l'avrebbe mai ammesso a voce alta, fu divertente tirare su il gazebo e decorare il giardino con i Weasley.

Il nervosismo del biondo si era ormai quasi del tutto dissipato, quando una voce che conosceva bene riscaldò ulteriormente quel tardo pomeriggio d'autunno, facendolo sussultare.

"Allora, dove sono questi gnomi?"

"Harry!"

Lo salutò con un largo sorriso Ginny Weasley, correndo ad abbracciarlo.
Lui rise e la sollevò da terra, Draco si sentì avvampare.

"Arrivi giusto in tempo"

Commentò Hermione una volta che il moro li ebbe raggiunti.

"Aspettavamo solo te per questo, Harry"

"Oh lo so Ron, te ne sono molto grato"

Ghignò il Grifondoro, togliendosi la giacca, abbadonandola su una sedia e arrotolando fino ai gomiti le maniche della semplice camicia bianca.

Harry era bellissimo, tanto bello che Draco nemmeno si era reso conto di essere rimasto fermo a fissarlo.
Ma come poteva farne a meno? Il suo sorriso non era mai stato più bianco di così, né i suoi occhi verdi, smeraldi più brillanti o la sua risata più contagiosa.

Tuttavia c'era qualcosa di diverso in lui e non si limitava a quell'accenno di barba che si era lasciato crescere.
Qualcosa nei modi di Harry era cambiato, il Bambino Sopravvissuto era diventato un uomo ormai, l'uomo più magnetico e affascinante sui cui gli occhi di Draco si fossero mai posati.

Nel profondo dell'animo del biondo qualcosa lo mosse verso il rimorso, una sorta di famgiliare nostalgia lo spingeva verso il desiderio di scoprire come e quando Harry fosse cresciuto tanto.

Ma soprattutto, perché lui, che conservava ancora gli imbarazzanti ritagli di giornale sul Prescelto, non fosse stato lì per vederlo cambiare.

"Ehilà Malfoy"

Lo salutò il Grifondoro con un sorriso tranquillo.
Nuovamente al Serpeverde si mozzò il fiato in gola, ma annuì in tutta risposta.

"Potter"

Sussurrò delicatamente, desiderando di darsi uno schiaffo per l'evidente tensione che aveva lasciato trapelare con il suo tono di voce.

"Che fai, ci dai una mano?"

Propose Harry e a Draco parve che l'attenzione dei presenti fosse tutta concentrata su di lui.
Contrariamente al suo solito, la cosa non risultò altro che sgradevole.

"Immagino di non avere scelta, il mio orgoglio mi impone di tamponare come posso il ritardo astronomico del gene Weasley"

Harry sorrise e scosse appena la testa, sconsolato e Draco, prima di potersi fermare a pensarci, ricambiò quel sorriso.

Lanciarono gli gnomi e Ginny quasi tirò giù il gazebo nell'accesa competizione che aveva ingaggiato con Harry e Ron.
Draco faceva del suo meglio e trovò supporto nell'incompetenza di Hermione e Percy Weasley, integrandosi bene con loro, molto più moderati e tranquilli di quegli energumeni che invece si divertivano nello stordire delle povere creaturine infestanti e distruggere il giardino.

Innumerevoli volte, da quel momento in avanti, Draco vagò con lo sguardo alla ricerca di Harry senza nemmeno rendersene conto, ma il moro non lo calcolava minimamente, preferendo la compagnia di quella Lenticchia Femmina.
Innumerevoli volte, durante la cerimonia, il Serpeverde arrossì di vergogna e di gelosia nel vedere Potter che sussurrava qualcosa all'orecchio della rossa e lei che rideva di conseguenza o che sgranava gli occhi sbalordita.

Per diretta conseguenza di queste tendenze irrazionali e fuori controllo, altrettante innumerevoli volte quel giorno Draco fu preso dal nervosismo per la consapevolezza di non essere autosufficiente e libero come credeva di essere diventato.
E, nuovamente, era tutta colpa di Potter, l'unica catena con il passato che non riusciva a spezzare, non importava quanto ci provasse.

In generale la cerimonia si svolse pacificamente, per quanto potessero essere considerati pacifici i colpi di scena in perfetto stile "Tiri Vispi Weasley" che non cessarono nemmeno per un momento.
Ad esempio, durante il discorso del testimone, che era il compagno di scuola di George, Lee Jordan, nonchè il migliore commentatore in diretta delle partite di Quidditch di Grifondoro, un vecchio zio con ancora qualche capello color "rosso Weasley", iniziò a vomitare piume rosate.

Si scoprì in seguito che George aveva sabotato il buffet, inserendo tra le portate più di un dolcetto di sua invenzione.
Furono dunque in pochi coloro che osarono forzare la loro sorte e mangiarono qualcosa che non venisse direttamente dal forno di Molly.

Chiaramente Angelina non prese benissimo le bravate del neo-marito e, mentre ormai il Sole era calato e della torta nuziale non restavano che le briciole, la sposa si esaurì insieme alla suocera in una violenta ramanzina ai danni dello sposo.
Uno spettacolo a cui valse completamente la pensa di assistere e che portò molti degli invitati a una crisi di ilarità, nonchè diede il via alle scommesse su quanti anni, o mesi nell'ottica dei più pessimisti, sarebbe durato quel matrimonio.

Era forse appena passata la mezzanotte quando maghi, streghe e pure qualche Babbano iniziarono ad accusare il colpo della stanchezza.
Sempre più persone lasciavano la pista da ballo sotto il gazebo e prendevano posto agli eleganti, anche se un po' arrugginiti tavolini rotondi, sparsi un po' ovunque sul vasto e omogeneo tappeto di foglie autunnali che copriva il terreno.

Draco era seduto a uno di questi con in mano un bicchiere di champagne e gli occhi persi in un punto sospeso nell'aria davanti a sè dove, al centro del tavolo, un piccolo fuoco fatuo pulsava di luce blu e rischiarava la notte ormai inoltrata.

Iniziava a fare piuttosto freddo da quando il Sole era calato e, respirando, il biondo vedeva nuvole di condensa lasciare ritmicamente le sue labbra.

Dal nulla, nel suo piccolo e tranquillo spazio vitale fecero all'improvviso irruzione i due che erano stati l'oggetto della sua intermittente attenzione per tutto l'evento.
Ridendo allegramente, Ginny Weasley si lasciò cadere sulla sedia dall'altro lato del tavolo e il suo sguardo sveglio color cioccolato fu illuminato dalla lieve luce del fuoco fatuo.

Draco si soffermò a guardarla come non aveva mai fatto prima e per quanto gli costasse ammetterlo, concluse che Lenticchia Femmina era una bella ragazza, nonchè forte, divertente e brava a Quidditch, dunque era inevitabile che a Harry piacesse tanto.

"Allora Malfoy, te lo fai un ballo con me? La mia dama è stanca"

Ginny rise e tentò di tirare un calcio allo stinco di Harry, in piedi davanti al tavolino, ma lui si spostò, guardandola altrettanto divertito, prima di appoggiare una mano sulla tovaglia azzurrina e porgere l'altra al Serpeverde che, scettico e forzatamente distaccato, restava a guardarlo.

"Ti ringrazio per l'offerta Potter, ma sto bene così"

Comunque Harry non lo stette a sentire, anzi, per un momento a Draco sembrò, per come si era incupito all'improvviso, di averlo fatto arrabbiare.
Non ebbe comunque modo di dirlo con certezza perchè il moro gli prese un polso e lo trascinò di forza fino alla pista da ballo improvvisata.

Solo a quel punto si fermò e sì, Draco ebbe la sicurezza che il Grifondoro non fosse più così tanto di buonumore.

"Almeno questo me lo devi, non credi?"

Formulò in un tono di voce sospeso tra un ringhio e un sussurro.
Draco abbassò lo sguardo, costretto a fare fronte a una discussione che aveva fatto di tutto per evitare.

"A tal proposito..."

Harry non lo fece finire, forse nemmeno a lui andava particolarmente di parlarne, fatto sta che attirò a sè Draco per la vita e il biondo, per riflesso involontario, circondò il collo del moro con le braccia.

Per un po' nessuno dei due disse nulla, ma entrambi potevano ben percepire la tensione reciproca, poi Harry parlò, cercando automaticamente lo sguardo dell'altro, che tuttavia si ostinava a sfuggirgli.

"Mi dovrai una spiegazione Draco, lo sai vero?"

Il biondo si irrigidì sensibilmente e fece appello a tutta la sua compostezza nel momento in cui scelse di guardare il moro negli occhi.

"Io non ti devo niente, Potter"

Nuovamente il Grifondoro non prese bene quella risposta e Draco si sentì incenerire dallo sguardo che ne conseguì, ma lo resse con aristocratica ostinazione.

"Ti ho cercato in lungo e in largo per settimane e tu non hai fatto che nasconderti, poi ho scoperto che eri tornato al Manor per evitarmi. Evitarmi! Ho rispettato la tua scelta, non è stato facile, ma l'ho fatto e da parte tua neanche una visita, una lettera, una frecciatina, un biglietto di complemorte per i miei genitori, niente, il nulla più assoluto. E adesso ti presenti qui, al matrimonio dei miei amici di punto in bianco e non vuoi nemmeno dirmi che ti è preso?"

Il moro aveva finito con l'alzare pericolosamente la voce in questa sua ramanzina e Draco iniziava a sentirsi un po' troppo osservato allora  lasciò andare Harry e questa volta fu lui a trascinare via il moro, fermandosi in una zona tranquilla del giardino, lontano da festeggiamenti.

"Senti Potter, sono qui solo perchè qualcuno ha avuto la malsana idea di invitarmi e di sicuro non perchè volessi cercare te e fare ammenda dei miei peccati. I tuoi problemi nel gestire la consapevolezza di non essere essenziale per tutti, mio eroe, non mi interessano."

Sibilò il Serpeverde, protendendosi in avanti e assottigliando lo sguardo, ma ottenendo solo un'altra reazione violenta dal moro, che lo afferrò per il colletto della camicia, avvicinando pericolosamente i loro volti.

"Ti senti quando parli Malfoy? Siamo davvero di nuovo a questo punto? Possibile che nonostante tutto quello che ti succede tu non sia in grado di crescere un po'?"

Ringhiò il moro e Draco si divincolò con forza dalla sua stretta, lisciandosi subito dopo la camicia e aggiustandosi il colletto.

"Potter senti, sto bene adesso, non ho bisogno di te e delle tue lezioni di vita, non ne ho mai avuto bisogno a dire il vero. Ora sono finalmente libero e intendo continuare ad esserlo, quindi stammi lontano, vai a farti leccare le ferite da Lenticchia Femmina se devi, ma non contare su di me."

"Ah é questo quindi? Sei geloso di lei?"

"Non hai capito niente, ti ho detto che non mi importa e che qualunque cosa sia successa tra noi fino a questo momento non ha valore, sto ricominciando da capo la mia vita e non puoi impedirmelo."

Nel sentire quelle parole Harry, contrariamente alle aspettative di Draco, rilassò le spalle e si fermò un attimo.
I suoi occhi brillavano come se avesse appena capito qualcosa e il biondo moriva dalla voglia di sapere cosa fosse.

"Draco... tu non stai ricominciando, stai scappando."

Il Serpeverde deglutì, sentendo gli occhi bruciargli fastidiosamente e farsi lucidi.
Perchè poi? Perchè era stato colpito nel punto giusto probabilmente.

"Come puoi giudicarmi? Sei sempre stato libero tu, per me è del tutto nuovo e se io... se noi..."

Si bloccò, incapace di proseguire, ormai andato completamente nel panico.
Ma Harry aveva capito, aveva finalmente trovato la chiave della soluzione a tutti i misteri di quel ragazzo.
In verità l'aveva sempre avuta in mano, ma era stato incapace di accorgersene.

"Il tuo problema Dray è che non hai mai visto di buon occhio le emozioni. Credi che ti rendano schiavo, che ti rendano debole, ma la verità è che sono l'unico mezzo per essere veramente liberi, veramente forti."

"STAI ZITTO POTTER, NON SAI NIENTE!"

Esplose Draco, sentendosi minacciato dalla scomoda schiettezza del moro e spingendolo via.
Harry però non si arrendese, avanzò di nuovo nella sua direzione e gli prese cautamente una mano nella propria.

La mano del moro era calda, ma il Serpeverde provava solo un profondo moto di terrore, vedeva tutti i suoi sforzi per la libertà vanificati da una resa ai sentimenti, non capiva, non concepiva proprio il punto di vista di Harry.

"Dray, ascol-"

"VATTENE DI QUI!"

Di nuovo Draco lo spinse via, con molta più forza questa volta e il moro finì a terra.
Poi il Serpeverde si mise a correre, desiderando solo di sparire e forse, in fondo in fondo, anche un po' che il Grifondoro lo seguisse.

Questa volta però Harry era stanco, troppo stanco per ritentare l'impossibile.
Draco sarebbe sempre scappato e che senso aveva continuare a inseguirlo se ne ricavava soltanto sofferenza?

Forse, per una volta, avrebbe anche potuto arrendersi.
Dopotutto era quello che anche Draco voleva, giusto?

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Capitolo 50
*** Capitolo 50 ***


Non é scontato che due persone che si amano siano destinate a stare insieme.

Per quanto tutto possa sembrare misurato alla perfezione affinchè due anime si completino, non è detto che abbiano il diritto di farlo.

Fin dai tempi più antichi si è sempre pensato che l'equilibrio perfetto non riguardi l'uomo, ma il divino.
L'uomo può soltanto continuare a cercare, se crede di essere abbastanza forte per non arrendersi di fronte alle difficoltà che lo dividono dalla meta, ma questa resterà irraggiungibile, perchè non la si può comprendere.

L'uomo, infatti, è un essere megalomane e fondamentalmente ottuso, che ripete da secoli gli stessi pensieri e gli stessi errori, lasciando, di tanto in tanto, spazio a un vago margine di miglioramento.
Nonostante ciò, però, non potrà mai accorgersi di stare cadendo finchè non avrà perso l'equilibrio, allora potrà provare a riprenderlo, ma non lo farà usando la razionalità di cui va tanto fiero, non ne avrebbe il tempo.
Piuttosto, annasperà come un disperato, e, forse, se è abbastanza fortunato da avere qualcosa di abbastanza stabile a cui aggrapparsi, riuscirà a tornare in piedi, altrimenti cadrà.

Questo è uguale per tutti, dai più saggi ai più sprovveduti, dai più ricchi ai più poveri, dai più buoni ai più cattivi.
Il motivo è semplice: non possiamo prevedere il futuro, possiamo intuirlo, ma intuirlo non ci preclude il margine di errore, quindi resta fondamentalmente inutile.

Tornando sul piano sentimentale, al quale siamo qui per cercare inutilmente di dare un ordine e un senso, questa digressione ci torna utile per capire l'importanza dell'esatto momento in cui qualcun altro entra a far parte della nostra vita.
Ogni momento é unico e irripetibile e quello esattamente successivo sfugge alla nostra predizione quindi non ci è dato sapere quando inciamperemo nel cambiamento radicale, non lo sappiamo neanche una volta che ci siamo andati a sbattere contro.

Infatti ce ne accorgeremo solo quando avremo perso l'equilibrio, staremo cadendo, ma ci aggrapperemo a una mensola solida perchè avremo sposato un falegname.
Non fraintendete, non sto dicendo che per non cadere, o per avere mensole solide, dobbiate sposare dei falegnami, ma che, se quella mensola non ci fosse stata, non avreste saputo come ci si sarebbe sentiti a stare meglio di come state adesso con le chiappe per terra.

Ora, mettiamo che Harry Potter non avesse mai conosciuto Draco Malfoy, fingiamo che il ragazzo spocchioso dai capelli biondi non avesse ricoperto fin dal primo istante un ruolo nella vita del moro che, con il passare degli anni, avrebbe finito con il rivelarsi essenziale.

Se così fosse stato, Harry probabilmente sarebbe tornato a casa dal matrimonio di George e Angelina solo, ma senza preoccuparsi poi tanto di esserlo, perchè non avrebbe potuto nemmeno lontanamente immaginare che, da qualche parte nel multiverso, potesse esistere un biondino di cui avrebbe potuto incrociare lo sguardo argentato e innamorarsi perdutamente.

Ma il nostro Harry invece, nel lasciare la festa quella notte, lo fece con in gola la consapevolezza di aver perduto qualcosa di importante, di essenziale, reso tale da ogni scelta che, da quando il moro aveva rifiutato la sua mano sul treno al primo anno, aveva intrecciato il cammino di Draco Malfoy al suo, indissolubilmente.

Forse Harry, così come Draco, poteva pensare di aver avuto un qualche peso sui fatti che avevano seguito il loro primo incontro, ma la vita non è un quiz di Pozioni, non abbiamo il controllo che crediamo di avere sulla sua consequenzialità.
Per questo Harry, una volta perso l'equilibrio senza nemmeno rendersene conto, aveva iniziato a cadere, inevitabilmente verso l'unico finale possibile.
Tuttavia quale questo finale sarebbe stato nessuno avrebbe potuto predirlo, solo il tempo.

Dunque, quando Harry rimise piede alla festa con l'aria cupa e tesa di chi sta pianificando un omicidio, nessuno tra coloro che lo conosceva abbastanza ebbe dubbi sulla causa del suo malumore.
Infatti, più o meno tutti si aspettavano che quella sera Harry e Draco avrebbero fatto fuoco e fiamme, la sola incognita rimaneva "in che senso".

"Mi sa che questa volta è definitivo"

Mormorò Ginny Weasley, mordendosi il labbro inferiore mentre rivolgeva ad Hermione uno sguardo preoccupato che l'altra strega ricambiò con distacco.

Nell'attimo esattamente successivo a quello in cui Harry superò a passo svelto l'ingresso della Tana, sia Hermione che Ron si affrettarono ai due lati del loro migliore amico seguendolo su per le scale, attaccati a lui in modo volontariamente invasivo.

Lo conoscevano abbastanza da sapere che quando c'era di mezzo Draco Malfoy, Harry Potter avrebbe sempre avuto bisogno di sfogarsi, o sarebbe impazzito.

Infatti, come da copione, Harry, appena la porta della stanza di Ron fu chiusa violentemente alle loro spalle da un suo incantesimo, buttò fuori tutto.

"LO ODIO!"

Hermione si sedette sul letto di Ron, ascoltando a braccia incrociate.

"Cosa crede? Che avrà altre occasioni? Di cosa ha ancora paura? Io sono qui, lo imploro di stare con me e lui scappa! Scappa da me, di continuo e io continuo ad andargli dietro come un cretino. Forse è vero, forse non gliene è mai importato un cazzo."

"Harry!"

Lo redarguì Hermione lanciandogli un'occhiataccia. Non le piaceva quando le persone diventavano volgari.

In tutta risposta lui sollevò le sopracciglia, come a sfidarla a contraddire la legittimità dell'imprecazione se considerata nel contesto.
Lei non disse nulla, guardò Ron, appoggiato con la schiena allo stipite della finestra con le mani in tasca e l'aria di chi ha la testa fra le nuvole.

Tuttavia quest'impressione non si dimostrò corrispondente al vero, perchè il rosso non esitò ad esprimere il suo punto di vista nel momento in cui l'altro Grifondoro si prese una pausa per riprendere fiato.

"Harry sei stato tu a dire che non avevi dubbi sui suoi sentimenti e, per quanto ancora mi faccia strano concepirlo, anche a me è sempre sembrato sincero. Hermione ti ricordi quella volta che è venuto qui perchè era preoccupato per l'alcolismo di Harry?"

"Non ero un'alcolista"

Si difese prontamente il moro, impegnato tuttavia a cercare di incastrare quell'avvenimento in un qualche constesto, ma senza successo.
Draco non gliene aveva mai parlato.

"Me lo ricordo"

Convenne invece Hermione, sulla quale si posò lo sguardo sorpreso di Harry.

Tuttavia quell'espressione quasi rilassata durò ben poco, perchè subito dopo il moro aggrottò nuovamente la fronte e incrociò le braccia al petto.

"Beh poco importa cosa abbia fatto. Io mi sono rotto di rincorrerlo. Non avrei mai dovuto farlo già dal principio, non so a che stessi pensando"

"Non stavi pensando"

Suggerì Hermione con un sorrisetto beffardo rivolto verso il suo amico che, nel comprendere le implicazioni dell'affermazione arrossì leggermente, ma solo per arrabbiarsi ancora di più con se stesso nel momento in cui dovette ammettere che la strega avesse ragione.

"LO ODIO!"

Ringhiò ancora Harry, tirando un calcio alla scrivania di Ron, che scricchiolò pericolosamente mentre il suo proprietario impallidiva.

Il moro lanciò un ringhio esasperato e si buttò sul letto di fianco ad Hermione con poca grazia, stringendosi ciocche di capelli tra le dita e massaggiandosi la fronte nervosamente.

"Giuro che se lo rivedo lo strangolo. Dice che stare con me contraddirrebbe la sua meritata libertà. È un pazzo! Un pazzo masochista e se vuole farsi del male ben venga, non me ne frega niente, ma perché deve farne agli altri?"

"Con altri intendi tu?"

Domandò Ron, che intanto aveva trovato delle caramelle Tuttigusti + 1 nel cassetto del comodino e ne stava scartando una con riverente cautela.
Harry lo guardò malissimo.

"Certo che intendo me. Ron mi hai visto in questi mesi? Quella Serpe mi sta logorando, i suoi controsensi mi faranno esplodere il cervello."

"E allora vai oltre"

Suggerì Ron con innocenza, mangiando la caramella e rilassandosi nello scoprire che sapeva di limone.

Harry non rispose come i suoi due amici si aspettavano che facesse, con un "No" deciso e determinato, ma appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si prese il viso tra le mani, massaggiandoselo in silenzio per un po'.

"Non ci riesco, io-"

La sua voce flebile si spezzò all'improvviso e il moro fece caso al fatto di aver iniziato a piangere solo quando sentì i palmi delle mani inumidirsi.

Solo dopo realizzò quanto male effettivamente si sentisse, quanto arrivare fino a quel momento mantenendo il respiro regolare fosse stato faticoso.
Tirò su col naso e, l'attimo dopo, aveva lasciato la presa e stava singhiozzando violentemente aggrappato al vestito color pervinca di Hermione, mentre la ragazza, visibilmente scossa, gli accarezzava i capelli e spostava lo sguardo da lui a Ron.

Il rosso si morse il labbro e prese posto di fianco a Harry a sua volta, appoggiandogli una mano sulla spalla, fece per parlare ma il moro, tra un singhiozzo e l'altro, lo precedette.

"Ho paura... n-non voglio stare così per sempre"

Ron inorridì in quel momento, gli tornò alla mente il giorno in cui Cedric era morto, come Harry era uscito di testa, quando era impazzito completamente dopo aver perso anche Sirius o quando si era fissato con lo scavare una tomba per Dobby senza usare la magia.

Ne aveva passate già talmente tante e ora gli toccava essersi pure innamorato di Draco Malfoy, tra tutti proprio dell'unico codardo che, se anche lo avesse ricambiato non avrebbe avuto il coraggio di accettarlo e non si sarebbe fatto problemi a lasciarlo solo.

Harry era stufo della solitudine, anzi era molto di più, ne era talmente oppresso che un altro giorno di ricordi strazianti e sensi di colpa da sopportare da solo, chiuso in quella casa vuota e infestata di fantasmi, l'avrebbe ucciso.

Ron se ne accorgeva dal modo infantile e spaventato in cui il suo amico si stringeva ad Hermione e, in quel momento, il rosso capì che fosse il caso di fare una visitina a Malfoy Manor.

Cosa avvenne in questo frangente non è questo il momento di specificarlo.

Concentriamoci su Harry, che riuscì a ricomporsi e a godersi i festeggiamenti, indossando un sorriso di circostanza, ancora per qualche ora.
Ron era sparito, il moro pensò fosse andato a dormire, in effetti da un po' non aveva un'aria esattamente riposata.
Con quella stessa scusa Harry riuscì a congedarsi dalla Tana, promettendo ad Hermione che sarebbe stato meglio, che Draco Malfoy dopotutto non era l'unico essere vivente sulla Terra, che l'avrebbe dimenticato, dopotutto il biondo ci era riuscito, no?

No, Harry dubitava fortemente di poter fare lo stesso, dubitava fortemente che qualcun altro potesse mai essere Draco.

Insomma, era sempre stato lui, dal primo istante, dal primo giorno in cui aveva messo piede nel mondo magico, Draco Malfoy ne era stato la costante, l'immagine di quello che ne era il lato più misterioso, cupo e affascinante, immagine di quello in cui Harry finiva sempre invischiato, anche contro la sua volontà.

Ed eccolo di nuovo a compiere il solito errore e non riuscire comunque a pentirsene, ad essere destinato a soffrirne ancora di più e continuare insistentemente a sperare che- sperare e basta, come uno scemo.

Si Materializzò a casa, dove si sentì davvero libero di stare male.
Si era gettato sul letto e piangeva ancora come un bambino, piangeva fino a fare fatica a respirare, affondando il viso nel cuscino e rischiando di soffocarvici, gli faceva male la gola, la testa sembrava sul punto esplodere e non gli dava tregua, assicurandogli che avrebbe fatto meglio a rassegnarsi e abituarcisi

A tratti una voce infida e famigliare, odiosamente famigliare gli si insinuava in testa, ricordandogli che, tolte tutte le immeritate onoreficenze da Prescelto, lui rimaneva un miserabile Sfregiato.

Si sentiva un idiota anche per quello: per aver creduto che Malfoy potesse davvero amare lui come persona e non per i suoi meriti verso la patria dei quali, al momento, a Harry non poteva fregare di meno.

Chiuse gli occhi, sopraffatto all'improvviso dalla stanchezza e il pensiero che sopraggiunse a cullarlo negli istanti prima di addormentarsi fu quello di Draco.
Era strano, percepiva distintamente il suo odore, lo stordiva e gli conciliava i sensi come se non provenisse solo da qualche anfratto della sua mente, ma come se fosse reale.

"Harry"

Il moro sussultò, scattando a sedere tra le lenzuola stropicciate del suo letto.

"Chi c'è?"

Ringhiò aggressivamente, la sua mano era corsa alla ricerca a tentoni della bacchetta sul comodino.
Harry non capiva come qualcuno avesse potuto fare irruzione in casa sua.
Il 12 di Grimmauld Place era protetto dall'Incanto Fidelius, non c'era modo che qualcuno che non ci fosse già stato vi entrasse.

"Che avevi da frignare così, Sfregiato? Non dirmi che ti ho spezzato il cuore..."

Harry rinunciò all'intento di cercare la bacchetta e strinse i pugni, desiderando in quel momento la solitudine che odiava tanto.

"Malfoy? Sparisci."

Sibilò, lo scopo era quello di risultare aggressivo, ma la voce gli tremò nel buio.

"Oh dai, Potter... è così che accogli l'amore della tua vita? Nemmeno mi offri da bere?"

"Taglia corto, Malfoy. Cosa vuoi ancora?"

Il letto scricchiolò e Harry avvertì il peso di Draco poco lontano da sè, non disse nulla, improvvisamente nervoso e imbarazzato a morte al pensiero che Draco l'avesse sentito piangere come un idiota.

Il biondo non rispose subito, ma Harry lo sentiva respirare e avvicinarsi, il suo profumo era sempre più invadente e agiva sul moro come un incantesimo, portandolo a dubitare della sua stessa rabbia e determinazione.

Rabbrivì quando le dita fredde del biondo percorsero la pelle della sua spalla e raggiunsero la nuca, scostando i ricci scuri che la coprivano.
Gli parve di percepire che la mano di Draco stesse tremando lievemente, come se il proprietario fosse insicuro e spaventato.

"Allora Potter..."

Mormorò il Serpeverde in tono cauto e insieme provocatorio.

"La barba eh?"

Harry rimase immobile con il respiro che si faceva più pesante, reso difficoltoso dalla tensione crescente mentre sentiva il biondo respirare vicino al suo collo.

"Sexy"

Sussurrò il biondo, appoggiandogli l'altra mano su una coscia e facendola scivolare verso l'interno.

Harry credeva di stare impazzendo, temeva di non riuscire a ribellarsi, ma, al contatto improvviso e sensuale della lingua del biondo contro il proprio collo, trasalì, riavendosi, e lo spinse via con forza.

Seguì un tonfo sordo, Draco che cadeva sul pavimento di legno della stanza.

"Sei pazzo Malfoy?"

"Calmati, Potter"

"No! Sul serio. Cosa non funziona nel tuo cervello?"

Ringhiò Harry, inforcando gli occhiali, alzandosi dal letto e fermandosi davanti al Serperverde, che intanto si stava rimettendo in piedi.

"Te ne sei andato di nuovo, mi hai- non ti sei comportato correttamente e-"

Harry fu interrotto dall'improvvisa risata sarcastica di Draco davanti a sè, ancora seminascosto dall'oscurità.

"Ma come parli Potter? Non ti sei comportato correttamente? Non me la dai a bere... so che volevi dire altro"

"Malfoy, onestamente, non me ne frega un cazzo di cosa sai."

Ringhiò il Grifondoro, incrociando le braccia al petto.
Seguirono attimi di silenzio in cui la tensione circostante crebbe di nuovo esponenzialmente ed entrambi, senza saperlo, non poterono far altro che ripensare a quante notti avevano trascorso semplicemente a parlare, protetti da quel buio che ora si era fatto soffocante.

"Ti ricordi quando..."

Era stato il Serpeverde a soffiare quelle parole che però non ebbero un seguito e si esaurirono, restando in sospeso.
Harry però rilassò le spalle involontariamente, capendo senza bisogno che il biondo aggiungesse altro.

"Quando mi hai baciato al sesto anno?"

Suggerì il moro con un mormorio quasi impacciato.
Se ci fosse stata luce avrebbe potuto assistere al guizzo angosciato e sorpreso degli occhi argentati di Draco che precedette la sua flebile risposta.

"Già..."

"Beh?"

Lo incitò Harry, recuperando il suo tono impaziente, ma pendendo palesemente dalle labbra del suo interlocutore.

"Prima di quello..."

"Mi avevi fatto giurare sui miei genitori che-"

"Fammi finire Potter!"

Sbottò Draco seccato e Harry alzò le mani in segno di resa anche se il biondo non poteva vederlo.
O forse sì, c'era un po' più di luce all'improvviso.

"Scusa scusa, cerco solo di aiutarti. Insomma è chiaro che non riuscirai mai ad arrivare al punto di questo discorso da solo. L'hai detto anche tu stesso, hai troppa paura delle conseguenze..."

Era un'aperta provocazione e, se Draco non si fosse lasciato accecare da questa, perdendo il controllo come non aveva mai fatto prima, probabilmente si sarebbe anche accorto di come il moro avesse volontariamente optato per una strategia che fino a quel momento non aveva mai fallito.
Infatti Malfoy andò fuori di testa, sentendo il suo nervo scoperto bruciare dolorosamente e questa volta fu lui a spingere via Harry con forza.

"Vaffanculo Potter!"

Gridò il biondo, raggiungendo l'altro solo per spingerlo nuovamente.
Il moro non si difese, ma fece di peggio, rise di lui e Draco si sentì avvampare di rabbia, prese quindi ad aggredirlo con pugni e sberle che l'altro tentò di intercettare, ma indietreggiando, finchè entrambi non persero l'equilibrio finendo stesi sul letto di Harry.

Fu a seguito di quello che il Grifondoro percepì una goccia fredda cadergli sulla guancia.
Era una lacrima, ma non era sua, era di Draco che, sopra di lui, adesso ansimava in modo sconnesso e si era aggrappato alla sua camicia stringendone con violenza il tessuto tra le dita.

"Ti odio Potter, ti odio con tutto me stesso"

Sibilò il biondo, con la voce rotta dai singhiozzi e Harry si sentì mancare, odiandosi per aver tirato troppo la corda.
Il Grifondoro chiuse gli occhi, lasciò cadere la testa sul materasso e una lacrima silenziosa gli solcò il viso.

"Oh beh, grazie mille"

Mormorò soltanto, poi allungò le braccia verso Draco e le strinse attorno al suo corpo tremante, spingendolo senza troppi complimenti in un abbraccio serrato.

"Uno rischia la vita per te, ti corre dietro come un cretino, amandoti ciecamente e cosa ottiene?"

Continuò, amareggiato e sarcastico, affondando il viso nei capelli chiari e disordinati del Serpeverde, che, gradualmente, tornava a respirare con un ritmo più regolare.
Il moro sorrise lievemente quando sentì il battito del biondo prendere la rincorsa a seguito delle sue parole.

Con un fruscio cauto, Draco sollevò la testa e il suo viso fu investito dalle prime luci fredde di un'alba autunnale.
Lo sguardo sorpreso e argentato di Draco incrociò gli occhi verdi, determinati e un po' tristi di Harry e vi rimase incatenato.
Fu il Grifondoro ad aprire per primo la bocca per parlare ma l'altro lo bloccò, appoggiandogli le punte delle dita sulle labbra.

"Stai zitto Potter"

Mormorò, ancora cercando tornare a respirare normalmente.

"Non rovinare tutto"

Harry sollevò un sopracciglio, ritenendosi personalmente offeso, poi però Draco appoggiò la testa sul suo petto e il moro sorrise, prendendo ad accarezzargli la nuca e l'attaccatura dei capelli.
Era così tanto innamorato di Draco Malfoy che in quel momento gli veniva da piangere per la felicità nonostante quella tregua fosse più che precaria.

Draco chiuse gli occhi, lasciandosi pervadere dal calore del moro e distrarre dalle sue quiete carezze.
Stava così bene, così in pace, che la stanchezza lo vinse, facendolo crollare addormenato tra le braccia di Harry.

Le luci dell'alba si fecero più intense, le ombre dei mobili e degli oggetti nella stanza si accorciarono gradualmente e tutto era immobile, cristallizzato nella sua perfezione.

❄❄❄

Quando Draco si svegliò fu scosso da un brivido che lo percorse da capo a piedi.

Aprì gli occhi ansimando e gemette di sorpresa quando si accorse di cosa stesse succedendo.
Adesso Harry era sopra di lui, gli aveva aperto la camicia e gli stava leccando un capezzolo con avidità.

"Potter, ma che diamine fai?"

Mugolò Draco, appoggiando il peso sui gomiti e sollevandosi, paonazzo in viso.
Harry alzò i suoi vivaci occhi verdi su di lui e il biondo arrrossì ancora di più.

"Cerco di convincerti che stai meglio con me che senza di me"

Potter gli sorrise con aria noncurante e Draco gli tirò uno schiaffo leggero, poi si morse un labbro, mettendosi a sedere e affrettandosi a chiudersi la camicia.

"Non preoccuparti, ci ha già pensato quel barbaro del tuo amico."

Borbottò il Serpeverde distogliendo lo sguardo.

"Ron? Ah! Mi chiedevo dove ti fossi procurato quell'occhio nero"

Subito il biondo si voltò di nuovo verso il Grifondoro solo per incenerirlo con lo sguardo.

"Attento Potter, potrei decidere di lanciare una moda e rendertene partecipe"

Il moro sollevò le sopracciglia divertito e sorpreso, poi si mise meglio a cavalcioni su Malfoy.

"Ok"

Rispose soltanto, sbottonando nuovamente la camicia di Draco, che continuava a guardarlo male.

"Ora possiamo continuare da dove ci eravamo interrotti?"

"Da dove tu ti eri interrotto Potter, mi stavi molestando nel sonno"

Ribattè il biondo a tono, venendo spinto da Harry di nuovo a sdraiarsi.

"Mh ok. Quindi posso continuare?"

Draco alzò gli occhi al cielo mentre Harry si toglieva la camicia.

"Fai come ti pare"

Borbottò, facendo fatica a staccare gli occhi di dosso al Grifondoro, lui afferrò i polsi del biondo, bloccandoglieli all'altezza delle spalle e prese d'assalto il suo collo, godendosi ogni fremito del corpo di Draco sotto di lui.

Il Serpeverde piegò d'istinto una gamba sul letto, premendo il bacino contro quello del moro, che gli lasciò un polso per accarezzargli un fianco e scendere ad infilare una mano nei suoi pantaloni, stringendogli il sedere e spingendolo più a fondo contro di sè.

Gemettero contemporaneamente e, nell'accorgersene si guardarono, scoppiando a ridere nello stesso momento.
Draco allacciò il braccio libero attorno al collo di Harry e appoggiò la fronte sulla sua mentre condividevano quella risata.
Era tutto perfetto e forse avrebbe potuto rimanere così per sempre.

Non è scontato che due persone che si amano siano destinate a stare insieme.
Tuttavia, quando accade, può capitare di credere che, per un attimo fugace in cui uno sguardo rimane incastrato a mezz'aria, un respiro si esaurisce in sincrono, tutto quanto abbia senso.

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