The Legend of Spyro - Still Not the End

di Renegade_Outcast
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Svegliati ***
Capitolo 2: *** II - Normale ***
Capitolo 3: *** III - Colpevole ***
Capitolo 4: *** IV - Incubi ***



Capitolo 1
*** I - Svegliati ***


Non sentiva dolore, come avrebbe creduto. Non sentiva rumore, era tutto silenzioso. In effetti, non sentiva assolutamente nulla, nemmeno il proprio corpo. Non vedeva niente, né riusciva a capire se avesse gli occhi aperti. Però lo ricordava, ricordava tutto quello che avrebbe dovuto esserci al posto di quel nulla. Ricordava il dolore, il sangue caldo che gli scorreva fuori dal corpo e gli macchiava di rosso le squame. Ricordava i suoi lamenti dolorosi, mentre lottava per alzarsi in piedi e affrontare il suo nemico. Ricordava il lampo di luce viola con cui il loro avversario era svanito, trascinato dagli spiriti nel cristallo che era il cuore del mondo, e il suo grido agonizzante, per certi versi quasi pietoso. Aveva visto il pianeta intero disgregarsi attorno a lui, e aveva deciso di impedirlo. Si era concentrato, aveva iniziato a fluttuare a mezz'aria. Teneva gli occhi chiusi, e sentiva il suo potere, il VERO potere di un drago viola scorrere nelle sue vene, in ogni singola fibra del suo corpo. Aveva rilasciato un'ondata di energia impareggiabile, che nessun drago avrebbe mai eguagliato. Aveva letteralmente attirato verso di sé i vari frammenti del mondo che il Distruttore aveva cercato di annientare, e poi... l'ultima cosa che aveva visto era stato un forte lampo bianco e viola. Aveva anche sentito una voce, un sussurro dolce all'orecchio, ma non era sicuro di cosa avesse detto. O forse non ci credeva. Ma adesso non aveva più alcuna importanza, giusto? Era morto, era finita. O forse... o forse poteva ancora vivere. Sentiva qualcosa, in effetti. Una sorta di formicolio in tutto il corpo, come una leggerissima scossa elettrica. “Questa cosa non mi è nuova” si disse, mentre cercava almeno di aprire gli occhi. Anche se li avesse aperti, cosa di cui continuava a non essere sicuro, continuava a non vedere niente di niente. Però era vero, questa cosa gli era familiare, in qualche modo. Era successa una cosa molto simile circa tre anni prima, quando aveva usato il suo potere di controllo del tempo per salvare la vita a sé stesso e i suoi compagni, mentre venivano seppelliti sotto il pozzo delle anime. Aveva sentito uno strano formicolio in tutto il corpo, e poi si era ritrovato chiuso in una bolla di energia impenetrabile. Dopo qualche secondo, essa era diventata un grande cristallo ambrato. E poi si era risvegliato, tre anni dopo, e come sempre aveva dovuto combattere per salvarsi la coda. Ora era lo stesso. La stessa stranissima scossa d'energia. Eppure, stavolta sarebbe dovuto morire. Nessun drago avrebbe potuto rilasciare una così grande quantità di energia in un solo momento e sopravvivere, per quanto potente o allenato. Lo avrebbe dilaniato, o al meglio prosciugato di qualsiasi forza. O se per qualche motivo fosse riuscito a sopravvivere a quello, sarebbe dovuto morire per la perdita di sangue. Aveva subito parecchie ferite durante lo scontro, una più grave e profonda dell'altra. A quell'ora sarebbe dovuto essere praticamente privo di sangue per tutti i tagli che aveva. E se per qualche miracolo fosse sopravvissuto anche alle ferite, sarebbe dovuto morire schiacciato sotto miliardi di tonnellate di pietra, la pietra che lui aveva rimesso insieme con i suoi poteri. Sarebbe dovuto rimanere sepolto al centro del mondo per l'eternità. E se non per quello... insomma, c'erano almeno una decina di motivi diversi per cui sarebbe dovuto essere morto da un pezzo. Eppure, se era morto, come poteva sentire quella specie di scarica elettrostatica in tutto il corpo? Non aveva senso, ma in qualche modo era vivo; doveva solo riuscire a muoversi, andare via da... dovunque fosse. Cercò di allungare le sue zampe anteriori in avanti, artigliando il terreno e strisciando su di esso. O almeno, era quello che credeva di star facendo, visto che ancora non riusciva a vedere. E poi, senza alcun preavviso, sentì qualcosa sfiorargli per un istante la punta degli artigli sulla zampa destra. Il contatto fu così breve e delicato che si domandò se non lo avesse immaginato. Lentamente però, quella strana sensazione si diffuse in tutto il suo corpo, pezzo per pezzo, sfiorandolo gentilmente. Era difficile da spiegare a parole: in pratica, era come se qualcuno soffiasse delicatamente sulle sue squame, come si fa con un cucciolo che si è fatto male. Iniziò dalle zampe anteriori, muovendosi lentamente lungo le zampe e poi sul viso. Passò lungo tutto il suo muso, diventando ancora più delicato quando si avvicinò ai suoi occhi, così leggero che a malapena si accorse del contatto. Ovunque venisse toccato da quella sorta di soffio, riacquistava la sua sensibilità, poteva nuovamente sentire il suo corpo. La piacevole brezza si fermò per un secondo, come un pittore che ammira la sua opera prima di continuare a dipingere. Poi riprese, lungo le spalle e la schiena, e contemporaneamente il petto e la pancia del drago, ogni singola squama riceveva lo stesso trattamento in egual misura. Scese fino alle zampe posteriori, facendogli leggermente il solletico, e si fermò sulla punta della sua coda. Quando finalmente riuscì a percepire di nuovo tutto il suo corpo, si accorse che la brezza non era terminata. Al contrario, ora ne poteva sentire un'altra: questa era molto più forte e per certi versi aggressiva, quasi come se gli stesse sbattendo contro. In effetti, ora che ci faceva caso, sembrava più che altro che fosse LUI a sbattere contro quella specie di vento. Come se stesse precipitando... “e ti pareva” pensò, quasi comicamente, mentre sentiva i suoi occhi aprirsi dopo l'ennesimo tentativo. Aprirsi su un mondo incredibilmente bello per essere appena stato distrutto. Le colline verdi e i prati fioriti di Avalar, le montagne innevate in lontananza, il sole alto nel cielo che scaldava la terra con i suoi raggi dorati. E in tutto questo, un piccolo drago viola, che non poté fare altro che sussultare, in un misto di sorpresa e terrore, mentre precipitava senza peso nel vuoto.

 

Mise cautamente il muso fuori dalla sua tana improvvisata – un buco nel terreno scavato di fretta con gli artigli, la terra solidificata grazie al fuoco – e iniziò a sbirciare attorno a sé. Era tutto tornato normale: niente crepe nel terreno, niente fasci di energia che si levavano tutt'intorno al suo corpo e lo facevano sollevare verso l'alto, per poi tirarlo a terra e sbatterlo con la faccia nel fogliame. Scosse la testa, incredulo. Era andata bene in fondo, non si era nemmeno fatto male. Si arrampicò lentamente fuori dalla piccola fossa, ogni passo leggero e calcolato come se stesse camminando su una sottile lastra di vetro. “Bene” si disse il drago rosso, scuotendosi di dosso la polvere e le foglie che gli si erano depositate sopra. “Credo sia il caso di andare a far visita ai guardiani. Voglio proprio conoscere questo grande drago viola”

 

 

ANFOLO SGOFO (?): 'Cause we could be immortals, immortals. Just, not for long, for long... oh, salve lettori, stavo ascoltando un po' di musica, piacere di vedervi! Io sono Renegade, o Ren per amici e nemici. Come dite? Si, proprio come l'unico personaggio valido della nuova saga di Star Wars.. coff coff...

Comunque, battute a parte. So che questo capitolo è un pochino corto (molto), ma sono piuttosto stanco a quest'ora e avevo bisogno di caricarlo o impazzivo. Non temete, i prossimi capitoli saranno MOLTO più lunghi. In ogni caso, prima di salutarci (se volete saperne di più su di me leggete nella mia pagina, io sono troppo stanco per presentarmi ora ;), sono estremamente convinto di dover fare alcune piccole precisazioni, soprattutto perché non ho intenzione di doverle fare durante la storia. Lo so, metto le mani avanti, ma così è. Allora:

Primo: Io non possiedo né Spyro né i personaggi ad esso legati, in quanto sono proprietà di Krome Studios e Sierra Entrateinment (L'ho scritto bene? Mi sa di no)

Secondo: Dato che, come detto, non possiedo Spyro o il mondo ad esso legato, questa storia non è da considerarsi una continuazione ufficiale della saga (per quanto lo vorrei). Questa è – dato che siete su questo sito immagino lo sappiate – una Fanfiction. Per i meno avvezzi, piccolo corso d'aggiornamento: una Fanfiction è una storia scritta da un Fan, appunto, di una determinata opera, di qualsiasi genere, prendendo i personaggi e il contesto della stessa e muovendoli secondo le proprie preferenze. Ecco, quindi...

Terzo: Ricollegandosi al secondo punto, dato che questa è una Fanfiction, seguirà le due regole base delle suddette. Uno, essere una MIA INTERPRETAZIONE PERSONALE della storia, quindi non ufficiale. Secondo, essere quasi del tutto priva di senso, perché credetemi, ho ideato più o meno due terzi della trama solo ieri sera (da stanco e mezzo rinc*glionito, e ormai ho praticamente il 90% della trama), li ho praticamente già pronti in testa e credetemi, alcune delle cose che vedrete qui potrebbero essere davvero deliranti. ESEMPIO: due personaggi, che nella storia originale non hanno alcun legame di parentela, invece qui lo hanno. Ecco, intendo dire questo, per intenderci con interpretazione personale. Probabilmente ad alcuni daranno fastidio alcuni dei “cambiamenti” che apporterò, ma tantè, chi legge Fanfiction lo fa a proprio rischio e pericolo.

Detto questo nulla, io vi auguro buona serata (e credo per la maggior parte buonanotte) e al prossimo capitolo!

 

Cya cya!

 

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Capitolo 2
*** II - Normale ***


La valle di Avalar era uno dei posti più belli al mondo, senza alcun dubbio. Gli ampi prati verde smeraldo, punteggiati qua e là da grandi alberi, alla cui ombra riposava pacificamente qualche animale. Al centro della valle scorreva pigramente un grande fiume, sulla superficie cristallina galleggiavano alcune grandi ninfee. L'intera valle era circondata da enormi montagne, le cime bianche di neve candida. Alzò lo sguardo, e i suoi occhi incontrarono il cielo, azzurro e limpido, sgombro da ogni nuvola. E in mezzo a quell'oceano d'aria, una piccola figura stava precipitando verso terra. “Finalmente” si disse, scattando in piedi. Lo aveva aspettato per diversi minuti, dopo essersi svegliata, letteralmente sospesa in aria, nella stessa condizione del drago davanti a lei. Spalancò le ali – due grandi ali dalle membrane rosso rubino, provviste di due affilati uncini argentei sulle estremità – e con un elegante balzo, spiccò il volo. Poteva volare più velocemente di qualsiasi drago al mondo, non doveva nemmeno sbattere le ali. Infatti, in pochi secondi era praticamente sotto il drago viola. Girò su sé stessa a mezz'aria, e sfrecciò verso l'alto, come a volersi scontrare con l'altro. Sapeva di dover fare molta attenzione, se lo avesse semplicemente afferrato a mezz'aria, la forza d'arresto gli avrebbe frantumato qualche osso, probabilmente quelle del collo. Spyro, dal canto suo, stava cercando di aprire le ali e planare verso terra, ma la corrente era così forte da costringerlo a tenerle piegate contro il dorso per il dolore. Stava cadendo troppo in fretta, se non avesse rallentato... beh, chiunque avesse voluto cercarlo, avrebbe solo dovuto cercare una macchia viola nel prato di Avalar, non era difficile da trovare. Stava seriamente prendendo in considerazione di iniziare a sbattere le zampe come un pollo, tanto era disperato, ma non riuscì nemmeno a concludere il suo pensiero. L'unica cosa che vide fu una grossa sagoma nera che gli sfrecciava davanti agli occhi, e poi qualcosa si attaccò alla sua schiena. Sentì gli artigli di un drago stringersi attorno alle sue zampe anteriori, e quella che sembrava una lunga coda avvolgersi intorno alla sua vita. Era così confuso che non cercò nemmeno di scrollarsi di dosso l'altro drago, chiunque fosse. Soprattutto quando si accorse che la corrente era diminuita, e che stavano volando in linea retta sopra la valle. Sentì la presa sul suo corpo allentarsi, segno che ora doveva volare da solo. Aprì le sue ali – due grandi ali gialle, le membrane di un bel marrone dorato – e con un singolo battito si rimise in equilibrio. Girò la testa di lato, volendo ringraziare il drago che l'aveva salvato, ma quando vide chi era, gli mancò la voce. Accanto a lui volava una giovane dragonessa, aveva la sua stessa età. Le sue squame erano nere e luccicanti come l'ossidiana, il petto e le membrane delle ali rossi. Aveva sei lunghe corna bianco-argentee, e una serie di lame più piccole le correva lungo il collo e la schiena, fino all'attaccatura delle ali. La punta della coda era una lama di ferro, luccicava sotto la luce del sole. Sulle zampe anteriori indossava due piccoli braccialetti d'argento, insieme a una sorta di girocollo d'argento. Un ultimo bracciale, più piccolo, era sulla sua coda, appena prima della lama. Aveva degli strani tatuaggi bianchi sulla schiena, sulle spalle, sulla fronte e intorno agli occhi, due occhi verdi come smeraldi. “C...Cinerea...” Spyro era senza parole. Non ci aveva pensato finora, ma quando aveva rimesso insieme il pianeta, era quasi convinto di averla uccisa. Una vocina nella sua testa gli ricordò che anche lui doveva essere morto, ma la ignorò. Cinerea scoprì i denti in un sorriso: “che hai da fare quella faccia? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma” ridacchiò. Il drago viola scosse la testa, cercando di rimettere in ordine i suoi pensieri, seppur con scarso successo. “Sei... sei viva...” balbettò, così piano che fece fatica lui stesso a sentire la sua voce. Il sorriso della dragonessa nera si allargò ancora di più. “Io? Viva? Oh, davvero? Da cosa lo deduci? Dal fatto che ho salvato la tua coda viola? Ancora?” disse, mettendo particolare enfasi sull'ultima parola. “Beh, probabilmente sì, sono viva” concluse lei, senza mai smettere di sorridere. Spyro non sapeva davvero cosa dire, stavano succedendo troppe cose insieme. “Io... umh... grazie per avermi salvato...” replicò, incapace di fare nulla che non fosse volare. L'altra gli fece l'occhiolino: “è sempre un piacere” disse. Cinerea aveva l'abitudine di prenderlo in giro quando poteva, ovvero quasi sempre. E non gli dispiaceva poi tanto. “Allora” esordì lei dopo qualche minuto di ininterrotto volo silenzioso “sembra che sia tutto apposto”. Spyro si guardò attorno e annuì, constatando che aveva assolutamente ragione. Non c'era traccia del grande esercito di Malefor, né dell'anello di fuoco del Distruttore. Ora che ci faceva caso, anche il vulcano in cui avevano combattuto, il cui profilo era appena visibile in lontananza, sembrava stranamente pacifico. Era tutto tornato alla normalità. “Ce l'hai fatta” disse Cinerea, con una punta di sincera ammirazione nella voce. Sapeva quanto Spyro fosse potente, l'aveva provato sulla sua stessa pelle anni prima, ma stavolta aveva fatto qualcosa di impareggiabile. Il drago viola scosse la testa: “ce l'abbiamo fatta, abbiamo fatto questo insieme” puntualizzò. Era tipico di Spyro darle una parte del merito, anche quando, ossia quasi sempre, lei non aveva fatto praticamente nulla. Non poteva negare che una parte di lei adorasse sentirsi fare quei complimenti, ma sapeva che non era giusto. “Spyro, tutto questo è opera tua. Tu hai sconfitto Malefor, tu hai rimesso insieme il pianeta. Se siamo qui, è solo per merito tuo” ribatté lei decisa. Spyro sospirò, sconfitto: sapeva che era completamente inutile cercare in qualche modo di convincere Cinerea di qualsiasi cosa con cui lei non fosse d'accordo, quindi non replicò. Dentro però, sentiva che non era assolutamente giusto che lui si prendesse tutto il merito delle loro imprese. Lei lo aveva aiutato e salvato tantissime volte, l'ultima solo dieci minuti prima. Rimasero così ancora per un po', immersi in un silenzio quasi dall'aria religiosa, volando sopra la valle apparentemente senza limiti di Avalar, sbattendo occasionalmente le ali per tenersi in equilibrio. Non fosse stato per Cinerea, Spyro non si sarebbe nemmeno accorto dell'acqua, almeno finché una piccola goccia di pioggia gelida non gli cadde sulla testa. “Sta arrivando una tempesta, dobbiamo metterci al riparo” disse la dragonessa, quando un'altra goccia d'acqua cadde a pochi centimetri dal suo muso. Spyro guardò in alto: il sole era praticamente scomparso, nascosto da una spessa coltre di nuvole grigio-nere, da cui stavano già iniziando a cadere alcune gocce di pioggia, come quella che aveva colpito il drago viola poco prima. Era incredibile quanto velocemente il tempo fosse cambiato, non aveva nemmeno fatto in tempo ad accorgersene. “Abbiamo circa due minuti prima che inizi a diventare problematico” sentenziò Cinerea, e con un battito d'ali schizzò in avanti, seguita dal suo compagno viola. Non si chiese nemmeno come facesse a sapere quanto tempo avevano, probabilmente aveva qualcosa a che vedere con i suoi poteri di magia elementale del vento. “Dai, andiamo”

 

 

 

Si erano nascosti in una piccola cavità sul fianco di una collina. L'avevano vista di sfuggita, dato che, a causa della pioggia e del vento, dovevano tenere gli occhi socchiusi. Appena si erano accorti della caverna, ci si erano letteralmente lanciati dentro, senza pensarci due volte. La grotta in sé non era molto grande, forse appena sufficiente a contenere un drago adulto, ma per loro due bastava e avanzava. Avevano avuto molta fortuna a trovare quel riparo, appena erano entrati si era alzato il vento e aveva iniziato a piovere a dirotto. Avevano evitato la tempesta per un soffio in effetti. Per tenerli al caldo e rendere meno umida la zona, Spyro aveva acceso un piccolo falò con dei pezzi di legno che si trovavano in fondo alla grotta. O meglio, ci aveva provato per diversi minuti, senza molto successo. Il momento più comico fu quando, dopo vari e vari tentativi fallimentari, riuscì ad accendere una piccola fiamma. “Sì!” esultò, saltellando sul posto per un paio di secondi. E a furia di oscillare la coda, la fiamma già debole di suo si spense in un secondo. Per la dragonessa fu decisamente troppo, e scoppiò a ridere, mentre l'altro si faceva rosso di rabbia e vergogna in viso. “Dato che ti fa tanto ridere, fallo tu” sbottò seccato, mentre si appoggiava con la schiena alla parete di roccia umida. Cinerea fece un sorrisetto strafottente, e con un soffio accese il fuoco, e nel piccolo falò divampavano fiamme nere. Spyro sbuffò, leggermente offeso. La dragonessa gli fece l'occhiolino: “dai, non te la prenderai per così poco?” lo prese in giro. Per tutta risposta, Spyro le fece una smorfia, ma si vedeva che era divertito. Si sedettero l'uno accanto all'alta, guardando le fiamme che crepitavano nel piccolo cerchio di pietre. “Beh, direi che dovremmo iniziare a pensare a un paio di cose” iniziò Cinerea, battendo un artiglio sul pavimento di roccia grigia “tipo, dove diamine siamo e come torniamo indietro”. Spyro ci pensò per qualche secondo: ricordava più o meno da che parte si trovasse Belligera, la capitale del regno, dove i loro ami... si batté una zampa sulla fronte: per tutta la giornata, non aveva minimamente pensato ai loro amici. “Fammi indovinare, stai pensando agli altri vero?” chiese Cinerea. Il drago viola la guardò con aria interrogativa: “come lo sai?”. Lei sorrise, e gli batté delicatamente un artiglio sul muso, facendogli il solletico. “Perché ti conosco fin troppo bene, drago viola. Tu ti preoccupi sempre degli altri prima che di te stesso” rispose la dragonessa. Lo faceva sempre, con tutti. Fosse stato per lui avrebbe sacrificato la sua vita per quella dello stesso Malefor. “Chissà come stanno Sparx, Hunter e i guardiani... probabilmente staranno impazzendo, avranno mandato un sacco di gente a cercarci” rifletté Spyro, ricordando come avevano mandato il ghepardo Hunter a cercarli quando erano rimasti sepolto sotto il pozzo delle anime, tre anni prima. Al tempo era stato Ignitus a man... e si bloccò. Il rumore della pioggia e de fuoco davanti a lui, dapprima quasi sovrastante la sua stessa voce, ora divenne statico suono di sottofondo. Gli era bastato pensare quel nome: Ignitus... Le immagini si fecero strada nella sua mente senza che potesse controllarle, come un fiume che straripa: l'anello di fuoco, il Distruttore, loro due che vengono scagliati lontano, oltre le fiamme roventi... Cinerea vide l'espressione triste del suo compagno viola, non impiegò molto per capire a chi stesse pensando in quel momento. “Spyro, non è stata colpa tua” disse d'impulso, anche se ormai conosceva il drago abbastanza bene da sapere che si sarebbe dato la colpa di quello che era successo comunque. Ignitus, il guardiano del fuoco, era praticamente una figura paterna per Spyro. Era stato lui ad addestrarlo, a insegnargli tutto quello che sapeva sui draghi e su questa guerra maledetta. Quando il Distruttore aveva pressoché concluso il suo anello di fuoco attorno al mondo, Ignitus, lei e Spyro si erano diretti al vulcano in cui il mostro si era tuffato, in un disperato tentativo di sconfiggere lui e Malefor. Loro due erano riusciti ad andare avanti solo grazie al sacrificio del guardiano, che li aveva protetti dal calore delle fiamme, troppo alto persino per il guardiano del fuoco. Quando era successo, era certa che il cuore di Spyro si fosse spezzato a metà. Gli mise istintivamente una zampa sulla spalla, cercando di confortarlo come poteva. L'altro scosse la testa: “no Cinerea, avrei dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa per aiutarlo” disse. Aveva le lacrime agli occhi. “Io so che potevo fare qualcosa, sarei potuto andare lì e...” “e morire” lo interruppe Cinerea. “Ti saresti buttato lì in mezzo, e avresti fatto la stessa fine” disse lei. Spyro la guardò con un misto di rassegnazione e malcelata tristezza. “L'ho deluso, Cinerea” sussurrò con la voce spezzata. L'altra cosa a spezzarsi fu il cuore di una dragonessa, come accadeva ogni volta che Spyro si dava la colpa di qualcosa che non poteva controllare. Afferrò saldamente tra le zampe anteriori quella destra di lui, e lo fissò negli occhi. “Tu non l'hai deluso. Sarebbe fiero di te vedendo cos'hai fatto. Dannazione Spyro, hai salvato il mondo intero. Ed è stato proprio per questo che si è sacrificato, perché tu potessi andare avanti” disse. Spyro abbassò la testa: “allora perché mi sento in colpa, se non è davvero colpa mia?”. “Perché ti dai sempre la colpa di tutto. Spyro, non puoi salvare tutti” rispose lei. Il drago viola non era poi così convinto, ma annuì. Cinerea abbozzò un sorrisetto incoraggiante: “dai, cerca di dormire. Domattina cerchiamo di tornare a casa” disse. Il drago viola avrebbe voluto ribattere, avrebbe voluto far riposare prima lei, ma solo pensare alla parola “dormire” gli aveva appesantito le palpebre. Non si era nemmeno reso conto di quanto fosse stanco, dopo la caduta nel vuoto, il volo prolungato, il freddo e la pioggia. Appoggiò la testa sulle zampe anteriori, e chiuse gli occhi. Un attimo dopo, stava già dormendo.

 

 

ANFOLO SGOFO: Menomale che i capitoli successivi dovevano essere MOLTO più lunghi... vabbè, a piccoli passi, tipo il latino e il greco... coff coff... faccio schifo in materia... coff coff...

 

Ah già, mi sono ricordato che sono passati quasi due mesi da quando ho pubblicato la prima parte. Già. Purtroppo non posso usare la scusa che studiavo, perché io non stu... perché non mi impiega tutto questo tempo. Perdonatemi.

Se vi può tirar su il morale, ho già pronti i successivi due capitoli, quindi non dovrete aspettare fino ad aprile per averli. Bene, non devo preoccuparmi della folla inferocita... per ora... ;)

 

Ren saluta e chiude, devo andare a cena.

Cya cya!

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Capitolo 3
*** III - Colpevole ***


Quella notte faceva molto freddo, tirava vento e infuriava la tempesta. I rami dei pochi alberi presenti nella pianura si piegavano fin quasi a spezzarsi, sotto la forza inarrestabile delle gelide raffiche. Tutti gli animali che erano riusciti a trovare riparo se ne stavano fermi nelle loro tane a tremare dal freddo e dalla paura. Tutti gli altri... meglio non pensarci.

 

In una caverna buia sul fianco di una collina, due giovani draghi, un maschio e una femmina, se ne stavano rannicchiati davanti ai resti di un falò prossimo a spegnersi.

 

Il maschio aveva squame di un brillante color porpora, il petto dorato e ali giallo scuro. Lungo la schiena correva una lunga serie di pinne dorate, che terminavano sulla punta della coda, anch'essa d'oro. D'oro erano anche le due grandi corna che aveva ai lati della testa, e gli affilati artigli.

 

La femmina aveva squame nere come il carbone, rosse nella parte inferiore del corpo, ali dello stesso colore. Aveva artigli d'argento, sei lunghe corna e spine affilatissime dello stesso materiale. Dello stesso materiale erano i gioielli che indossava sulle zampe anteriori, sulla coda e intorno al collo. Il viso, le zampe e la schiena erano decorate da tatuaggi bianchi.

 

Lui stava dormendo, con la testa appoggiata sulle zampe anteriori, la coda viola che oscillava dolcemente al ritmo del suo respiro. Lei invece era ben sveglia, cercando con tutte le sue forze di ignorare i dolori causati dalle ferite, ritornati solo ora, quando per tutto il giorno non si erano fatti sentire.

 

E poi c'era Silenzio.

 

Ciao Silenzio, ne è passato di tempo vero? Ti sono mancata? Immagino. Tu a me non sei mancato per niente.

 

Cinerea detestava il silenzio. A dispetto del nome, per lei era più rumoroso di qualsiasi cosa, anche della tempesta che infuriava all'esterno della grotta. Gridava, le gridava le peggiori maledizioni, la faceva sentire sola. Le ricordava il suo passato. Se per riflettere bisogna avere silenzio, allora per lei sarebbe meglio non riflettere più, non portava mai niente di buono.

 

Mostro...

 

Assassina...

 

Demonio...

 

Ombra...

 

Abominio...

 

Aberrazione...

 

Macchia...

 

Malattia...

 

Bestia...

 

Ogni volta che c'era silenzio, le tornavano in mente ricordi di anni prima, di quando ancora imperversava la guerra. Quando lei era ancora il terrore dei cieli, la servitrice del male, la morte in persona, il burattino del maestro delle ombre.

 

Se chiudeva gli occhi, poteva vedere sé stessa, in una forma adulta, alla testa di uno sconfinato esercito di scimmie in armatura. Intere città ridotte in macerie e date alle fiamme. Gli abitanti catturati, torturati e uccisi. Lei aveva condotto tutto questo per anni. Grida di dolore e sangue, morte ovunque, le città date in pasto ai mostri e ogni cosa che gli abitanti possedevano tra le mani delle scimmie.

 

All'inizio, dopo che Spyro l'aveva liberata dal controllo di Malefor, aveva dimenticato la maggior parte di quello che era successo negli anni precedenti. Quando gliel'avevano raccontato, aveva fatto molta fatica a crederci. Poi, col tempo, le memorie erano tornate, un po' alla volta, come una tortura psicologica.

 

E le erano crollate addosso come una valanga.

 

 

Attraversò di corsa i corridoi del tempio, da una porta all'altra, che si aprivano da sole al suo passaggio. Il silenzio era assoluto quella notte, l'unico suono in tutta la palude era il ticchettio dei suoi artigli sulla roccia, e l'occasionale gracidio delle rane.

 

I pochi animali che si trovavano all'interno dell'edificio scappavano immediatamente quando la vedevano, facendo versi terrorizzati. Persino gli insetti non volevano stare in sua compagnia. I ragni fuggivano davanti a lei.

 

Attraversata l'ennesima porta, dovette rallentare, causa la presenza di quattro grossi draghi, addormentati attorno a un'enorme statua. Erano tutti e quattro molti anziani, grandi almeno sei o sette volte lei. Ognuno di loro rappresentava un elemento naturale: fuoco, ghiaccio, terra ed energia.

 

I quattro draghi guardiani.

 

Fino a poco meno di un anno prima, loro erano i suoi peggiori nemici. Tre di loro – Volteer, Cyril e Terrador – erano stati per anni suoi prigionieri. Ignitus, il guardiano del fuoco, era l'unico ad esserle sempre sfuggito.

 

Ad uno sguardo attento, sui loro corpi potevano essere viste decine, se non centinaia di cicatrici, segni di spade e artigli. Molte delle quali causate da lei stessa.

 

Mi dispiace” mormorò, fregandosene del fatto che rischiava di svegliarli. Come se delle scuse, un semplice e banale “mi dispiace”, potesse bastare in qualche modo a riparare a tutti i torti che aveva fatto loro. A loro e a tutti gli altri.

 

Si voltò e tirò dritto, lasciandosi alle spalle la statua del drago, che pareva seguirla con malevoli e stranamente familiari occhi gialli.

 

Dopo altre due porte, finalmente, si ritrovò fuori dal tempio, nell'oscurità della foresta. Qui gli insetti e gli animaletti nascosti tra la vegetazione facevano molto più rumore, un suono rilassante, che sapeva di natura, di vita.

 

Rimase ferma per alcuni secondi ferma a contemplare il cielo stellato sopra di lei, le due lune gemelle, una rossa e una verde, che completavano quello che sembrava una vera e propria opera d'arte.

 

Cinerea, cosa fai qui? È pericoloso stare fuori di notte” chiamò qualcuno alle sue spalle.

 

Si voltò. Spyro era lì, con Sparx, la libellula gialla e fratello adottivo, che gli svolazzava attorno. “Spyro, ti prego, non rendere le cose più difficili di quanto non siano” disse. Nella sua voce c'era così tanta tristezza...

 

Vorrei solo capire” replicò il drago viola, facendo un passo avanti verso di lei. Cinerea scosse la testa: “me ne vado Spyro, non ho diritto a rimanere qui. Dopo tutto quello che ho fatto, che ti ho fatto...” disse, venendo subito interrotta da Spyro. “Cinerea, non dire così, nessuno ti biasima per quello che è successo”.

 

Ma io sì, parla per te” intervenne la libellula gialla. “Sparx!” lo rimproverò il drago viola, incredulo che avesse detto una cosa simile. “No, Sparx ha ragione, e ogni giorno che passa ne sono più convinta”. “Spyro, il tuo destino è qui, il tuo futuro è qui. Il mio è là fuori, da qualche parte, e devo trovarlo” aggiunse. “Cinerea, non andare...” la supplicò lui, tendendole una zampa. Lei scosse la testa, cercando di nascondere le lacrime che le stavano riempiendo gli occhi.

 

Arrivederci, Spyro” disse, e corse via, lasciandosi il suo unico amico alle spalle, forse per sempre.

 

 

Sapere di aver fatto del male a tutte quelle persone le aveva strappato l'anima... ghepardi, draghi, talpe... centinaia, se non migliaia, erano caduti sotto i suoi artigli...

 

Scosse la testa. No, si disse. Quello era il passato, è finita, era libera. Spyro l'aveva liberata, l'aveva salvata da Malefor e da quella cosa che era prima. Ora lei era qui, non doveva più pensarci. Giusto?

 

Ma che sto dicendo... quella ero comunque io, la colpa è mia...”. Si voltò a guardare il drago viola, beatamente addormentato. Se avesse detto una cosa del genere davanti a lui... sicuramente avrebbe cercato di dissuaderla, dando tutta la colpa a Malefor. Qualsiasi cosa pur di non dare la colpa delle sue azioni a lei.

 

Dolce, stupido drago viola... metti sempre gli altri al primo posto”

 

La sua stessa coscienza era divisa in due: da un lato, una parte di lei le stava gridando a pieni polmoni di lasciar perdere, dimenticare tutto e andare avanti. “È finita. Hai Spyro, Sparx, Hunter, i guardiani. Smettila di preoccuparti. Non hai colpe” ripeteva incessantemente. L'altra parte diceva alla prima di stare zitta.

 

Lasciò cadere stancamente la testa sulle zampe, chiudendo gli occhi, stremata da questo conflitto che da anni la dilaniava. Riuscì finalmente a scacciare quegli orrendi pensieri, e il sonno sopraggiunse da sé. Ma se Spyro sembrava venir cullato dolcemente dalle braccia di Morfeo, a lei non venne concesso lo stesso privilegio. Tutto il contrario...

 

 

La stanza era completamente nera. Non buia, anzi, riusciva a vedere benissimo, grazie alla moltitudine di cristalli blu-viola presenti sulle pareti. Queste erano semplicemente nere, come la pece, così il pavimento e il tetto, se c'era, ma era fin troppo alto per essere visibile.

 

Il centro era occupato da un grosso simbolo tracciato con quello che sembrava un gesso viola, tendente al rosso. Tre cerchi concentrici, collegati tra di loro da due quadrati sovrapposti e da una grande X che attraversava l'intero disegno. Brillava.

 

Fece qualche passo incerto in direzione del simbolo, anche se non sapeva perché: si sentiva come... attratta. Aveva la sensazione che fosse giusto andare verso quella cosa. La stava chiamando.

 

Si sedette a poco meno di un metro dal bordo del disegno. Sollevò una zampa e la strinse, affondandosi gli artigli nel palmo. Una fitta di dolore si diffuse rapidamente nella sua zampa, mentre un rivolo di sangue – stranamente molto scuro – gocciolava a terra, raggruppandosi in una pozza rosso-nera, macchiando il simbolo.

 

Cinerea si portò la zampa alla bocca, leccandosi via il sangue dal palmo e dagli artigli. Aveva un buon sapore.

 

Il terreno iniziò a tremare, il disegno brillava sempre di più, illuminando le pareti rocciose della stanza.

 

E poi esplose in una tempesta di luce e fiamme violacee.

 

Quando la luce diminuì, e il terreno smise di tremare, davanti a lei, sospeso da terra e circondato da una sorta di aura violacea, eccolo, il maestro.

 

Era solo un'ombra violacea semitrasparente, una testa e un lungo collo squamoso, coperto di pinne e spine affilate. Cinque enormi corna ricurve, denti appuntiti che sporgevano dalla bocca, occhi gialli e luminosi.

 

Malefor, il maestro delle ombre.

 

Cinerea si inchinò rispettosamente, la fronte che quasi toccava il terreno. Non osava guardare negli occhi lo spettro che le stava davanti. Il calore delle fiamme eteree le bruciava la pelle e le faceva lacrimare gli occhi, ma rimase ferma dov'era.

 

Trascorsero pochi secondi, che per lei erano minuti, e poi ore, un'eternità passata ferma, con la testa china, davanti al suo maestro, inchinata davanti a un dio dell'oscurità. Sentiva lo sguardo del drago sulla nuca, aveva la sensazione che le stesse guardando dentro la mente. Probabilmente era così.

 

E poi qualcosa iniziò a cambiare.

 

La luce si faceva sempre più scura, quasi nera, se questo aveva un senso. Anzi, tutto quanto attorno a lei stava diventando più scuro: i cristalli perdevano colore, le pareti simili a inchiostro. Aveva quasi il terrore di sprofondarvi dentro e perdersi in un oceano nero e infinito, un pozzo di tristezza e solitudine eterna.

 

Malefor iniziò a ridere, una risata strana, distorta, divertimento dato dal male, gioia data dal dolore altrui.

 

Cinerea sentì che il suo controllo su di lei stava sfumando, si guardò intorno terrorizzata, e poi alzò lo sguardo. Guardò lui, il maestro delle ombre, il signore dell'oscurità, mostruosamente spaventoso anche in quella forma eterea. Gli occhi gialli incontrarono quelli di smeraldo, scavando dentro di essi. Se gli occhi sono la finestra dell'anima, allora lui non ne aveva una.

 

Lei dietro quegli occhi non vedeva assolutamente niente.

 

Fece qualche rapido passo indietro... ma era con le spalle al muro. La grotta era improvvisamente più stretta. Malefor si fece più vicino. La sua sagoma diventava lentamente più scura, calda e fredda al tempo stesso, scura e luminosa contemporaneamente.

 

Cinerea” chiamò, con quella voce infernale. Il tono era invitante... quasi seducente.

 

Una grossa zampa scura, artigli nerissimi e squame di roccia, emerse dalla luce, tesa verso di lei. Dapprima sembrava un gesto invitante, gentile, di un amico. Fu quasi tentata di prendere quella zampa, come un aiuto, come un gesto di affetto.

 

Si ritirò appena quella iniziò a brillare, quasi come il sole.

 

Cinerea” disse ancora lui, stavolta più forte.

 

La zampa del drago scattò nella sua direzione ad artigli sguainati, pronta a squarciarle la faccia. Cinerea si riparò dietro le ali con un grido, e fu il nero.

 

Cinerea...”

 

Cinerea...!”

 

Cinerea!”

 

 

“Cinerea..?”

 

 

 

(Cantando con voce orrenda)

What good is memory? What good are througth and preyers?”

She was taken from me! She never will be there!”

If this is what love can bring, wipe the tears from your eyes!”

Now only blackness sings, now destruction's on the rise!”

Now destruction's on the rise...!”

Now destruction's on the rise...!”

Now destruction's on the rise...!”

Rip a hole in the fabric of reality's design”

Cast aside what will never be mine!”

Never be mine!”
“No happy ending this time”

(Tenete a mente questa canzone, tornerà utile pres- SPOILER)

 

Oh, salve.

 

Avevo per caso detto che non avrei fatto passare due mesi per scrivere il nuovo capitolo? Avevo detto che avrei fatto un capitolo stra-lungo? Ehm... vabbè, linciatemi.

 

Lo so, lo so, sono stato un po' kttv, ma fidatevi: il dolore è solo all'inizio. Questa storia è targata arancione proprio per questo *risata malvagia*. Altra cosa: avete sicuramente notato come ho spezzettato la storia in piccoli paragrafi. Il muro di testo mi faceva schifo, ma questo dannato sito fa degli spazi enormi. Boh, ditemi quale preferite.

 

Cya cya!

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Capitolo 4
*** IV - Incubi ***


Sapete, io non sono uno che fa promesse molto spesso. E la ragione di questo è che purtroppo, nonostante io abbia preso un impegno – anche quando questo è estremamente importante – in un modo o nell'altro riesco a non mantenere la promessa in questione. Beh, in questo caso posso vantarmi di averlo fatto. Ebbene sì, perché avevo detto che non avreste aspettato fino ad aprile per avere un capitolo, e così è stato... infatti mentre scrivo siamo al 12 maggio...

 

Perdonatemi.

 

 

Quando aprì gli occhi, la prima cosa che notò fu il fatto che il focolare si era ormai quasi completamente spento, salvo alcune braci rossastre, che ogni tanto producevano ancora un debole scoppiettio, accompagnato da qualche scintilla. Dalla parte opposta del fuoco, una dragonessa dalle squame color carbone dormiva pacificamente, il suo petto rosso sangue si alzava e abbassava delicatamente ad ogni suo respiro.

 

Spyro si voltò sbuffando, cercando di ignorare in tutti i modi il suono scoppiettante delle braci, dando le spalle a ciò che restava del falò. Tuttavia, quando girò lo sguardo, rimase accecato dalla luce che illuminava l'ingresso. Chiuse di scatto gli occhi, imprecando silenziosamente contro la grande sfera luminosa nota come sole, per quanto fosse sciocco prendersela con una stella. Spyro sospirò e si voltò nuovamente, stavolta con la pancia in alto, e chiuse ancora una volta gli occhi.

 

Una singola goccia d'acqua, probabilmente un rimasuglio della tempesta della notte precedente, forse entrata grazie al vento, cadde dal soffitto e atterrò direttamente sul suo naso. Pochi istanti dopo ne seguì un'altra, e poi un'altra e un'altra ancora. Il drago viola iniziava a perdere la pazienza, tanto che un piccolo sbuffo di fumo grigio gli uscì dalle narici quando l'ennesima goccia gelida gli cadde sul muso. “Oh ma insomma... sembra fatto apposta per impedirmi di riposare”.

 

Ancora una volta si rigirò su sé stesso, stavolta con la pancia a terra, e provò un'ultima volta a chiudere gli occhi, sperando di poter trovare pace. Sventuratamente per lui, qualcosa gli impedì ancora una volta di tornare a dormire: un forte cinguettio, proveniente dall'esterno della caverna, lo stesso luogo da cui proveniva la forte luce che lo aveva accecato poco prima. Anche gli uccellini avevano deciso che la giornata per loro era ufficialmente cominciata. “Antenati, ma che cosa ho fatto per non meritare nemmeno di dormire cinque minuti in più? Uffa... almeno loro sono contenti” si disse il drago color porpora, mentre cercava nonostante la stanchezza di tirarsi su, una zampa alla volta. Il click dei suoi artigli sulla roccia gelata produsse un forte eco mentre, con un ultimo sforzo riuscì ad alzarsi.

 

Si girò per un momento a fissare Cinerea: lei sembrava star dormendo molto meglio di lui, a giudicare dall'espressione pacifica sul suo muso e dalle lente oscillazioni della sua coda. Che invidia. Poi si riparò gli occhi dietro un'ala e si avvicinò all'ingresso, un passo alla volta, cercando di fare meno rumore possibile per evitare di svegliare la dragonessa dietro di lui. Sapeva quanto lei odiasse venire svegliata, e che molto probabilmente avrebbe cercato di ammazzarlo se l'avesse disturbata mentre dormiva. Aveva commesso questo errore già un paio di volte in passato, e non voleva decisamente iniziare così la giornata. E poi, Cinerea si meritava un po' di riposo, specialmente dopo il volo del giorno prima, e questo senza contare tutto quello che era successo prima che lui si risvegliasse, sospeso chissà come in mezzo al cielo.

 

Quando finalmente riuscì a uscire dalla grotta, quello che vide lo lasciò senza fiato.

 

La valle era ancora più bella del giorno prima. L'erba color smeraldo luccicava, un lungo fiume poco distante rifletteva l'immagine del cielo – azzurro e senza una nuvola – e la luce del sole, che con i suoi raggi dorati illuminava l'intero paesaggio. Era come se la tempesta avesse in qualche modo “pulito” la valle, cosa probabile viste le migliaia di gocce di rugiada che impregnavano l'erba, e che la rendevano così fresca sotto le sue zampe. Il tutto era decorato da qualche albero, che con la sua ombra forniva un piacevole luogo di riposo agli animali che vivevano lì. Era davvero difficile credere che meno di due giorni prima questo intero paesaggio fosse a un passo dall'annientamento totale. L'immagine del mondo tornato a posto riempì il drago viola d'orgoglio per un momento, un lusso che si concedeva di rado, ma che sapeva, nonostante la sua modestia, di meritarsi davvero questa volta.

 

Alzò leggermente lo sguardo – senza smettere di coprirsi gli occhi con le ali – e gettò una rapida occhiata al sole. A giudicare dalla sua posizione, doveva essere quasi mezzogiorno. Facendo due conti, e vista la posizione del sole quando aveva iniziato a piovere, il tempo che avevano impiegato a trovare quella grotta e la velocità con cui si era addormentato, dovevano aver dormito più o meno diciotto ore di fila. Evidentemente, qualsiasi cosa fosse successa quando si era risvegliato, non lo aveva completamente guarito. Il suo corpo sentiva ancora la stanchezza, nonostante tutte le ferite fossero effettivamente scomparse.

 

Si voltò e tornò sui suoi passi. Ora che i suoi occhi si erano abituati alla luce, ritornare nella grotta per lui fu come un salto dentro un abisso profondo decine di metri. Vista la scarsità di luce, decise di fare da sé. Dovette solo concentrarsi e figurare nella sua mente un semplice comando, e subito il suo corpo fece il resto. Un piacevole torpore gli risalì dal petto fino alla gola, e per completare il tutto dovette solamente soffiare. Subito una piccola fiammella arancione si formò vicino alle sue labbra, troppo piccola per formare un fuoco adatto a un combattimento, ma abbastanza grande da illuminare l'area attorno a lui. Ogni volta che respirava, la fiamma tremolava leggermente, senza però mai spegnersi.

 

Si avvicinò lentamente a Cinerea – sempre con la massima cautela nel non rendere troppo rumoroso il ticchettio dei suoi artigli – e si sedette accanto a lei, leggermente più vicino di dove si trovava prima di svegliarsi. Appoggiò stancamente la schiena contro il muro, volendo lasciare la dragonessa dell'ombra riposare ancora un po', nonostante fosse abbastanza tardi. Non era esattamente un fenomeno nelle materie matematiche, ma fece un altro paio di calcoli: considerando la posizione del vulcano dove avevano affrontato Malefor, e la distanza che avevano percorso il giorno prima e in quale direzione, avrebbero impiegato più o meno tre ore ad arrivare a Belligera – la città dei draghi, casa loro e dei guardiani.

 

I suoi pensieri vennero interrotti da un lieve piagnucolio alla sua destra. Il suono inaspettato lo fece sobbalzare per un momento. Si voltò in direzione della fonte del rumore, e sul suo muso si insinuò un'espressione che tradiva appieno la sua preoccupazione.

 

La dragonessa si stava agitando parecchio nel sonno. La sua coda si muoveva a scatti, avanti e indietro, producendo occasionalmente un fastidioso stridio quando la lama metallica incontrava la pietra, sollevando scintille nell'aria. Le zampe posteriori si contraevano continuamente; a giudicare dai suoi movimenti, sembrava che stesse cercando di indietreggiare per evitare qualcosa. Dietro le palpebre nere, gli occhi guizzavano rapidissimi da una parte all'altra, analizzando l'immagine che la sua mente aveva creato per lei nel sonno. E qualunque fosse, non sembrava qualcosa di molto bello.

 

Poteva sembrare una cosa sciocca preoccuparsi di un incubo, ma Spyro si era posto un obiettivo dopo tutto il tempo che avevano passato insieme, un obiettivo molto importante: supportare la sua compagna di avvenute in qualsiasi situazione, anche quelle più banali. Anche se sapeva benissimo quanto la natura indipendente e ribelle di lei avrebbe cercato di ostacolarlo. Voleva farle sapere che lui era al suo fianco, sempre e comunque,

 

Con la massima delicatezza e attenzione, allungò una zampa verso di lei, cercando di evitare nel frattempo la punta affilata della sua coda, che con i suoi continui scatti rischiava di ferirlo. La dragonessa nera tremava, come se fosse con le spalle al muro, davanti a qualcosa di terrificante. Spyro sentì un leggero brivido percorrergli la schiena: c'erano davvero poche cose che Cinerea temeva, e tutte erano cose abbastanza spaventose. Se quello che stava sognando – qualsiasi cosa fosse – la faceva tremare così forte, doveva davvero far paura. Per un secondo ringraziò di non essere al suo posto.

 

Le sfiorò l'ala e poi il fianco, facendo scorrere la sua zampa lungo il corpo della dragonessa addormentata in una tenera carezza. Appena la toccò, Cinerea smise di tremare. Almeno, smise di tremare forte come prima. Le sue zampe si rilassarono improvvisamente, e la coda si agitava con meno vigore. Non riuscì a impedirsi di sorridere quando vide l'espressione sul suo muso mutare in una più serena. Continuava a sembrare una cosa sciocca, ma per lui si trattava comunque di una piccola vittoria.

 

Questo, almeno finché non ricominciò a borbottare nel sonno.

 

Le sue zampe presero a muoversi più velocemente, tutte e quattro stavolta, e la coda iniziò a dimenarsi con più forza di prima. Spyro dovette ritirare la zampa per evitare di venire graffiato. Sul suo muso, dapprima pacifico, ora era stampata un'espressione strana, come un misto di paura e fastidio. Mormorava frasi sconnesse, di cui il drago viola non riusciva a cogliere appieno il senso. L'unica cosa che capiva, era che non doveva essere piacevole. Grande scoperta...

 

Tanto vale svegliarla ora e partire...” si disse.

 

“Cinerea? Cinerea, svegliati dai” chiamò. Nessuna risposta purtroppo. Provò di nuovo, stavolta con un tono di voce leggermente più alto, abbastanza da generare un'eco. Ebbe solo l'effetto di farla tremolare per un secondo. Con molta cautela appoggiò nuovamente una zampa sul suo fianco, e la scosse leggermente. Quest'ultima mossa sembrò avere un qualche effetto su di lei, perché l'espressione sul suo viso si rilassò un poco.

 

Provò a scuoterla nuovamente, con più forza stavolta. “Cinerea, svegliati”.

 

Cinerea si fermò improvvisamente. Le sue zampe si congelarono, sospese a mezz'aria, la coda smise di tremare e la sua espressione mutò ancora una volta, in una strana, quasi di confusione. Come se l'avesse svegliata da uno stato di trance. E poi alzò di scatto la testa, gli occhi verdi come smeraldo aperti, e lo fissò intensamente.

 

“Cinerea?”

 

E, con un ruggito, lei gli saltò addosso.

 

Spyro venne colto così di sorpresa che, nonostante la stazza decisamente inferiore di lei, dovette solo dargli una spinta affinché il drago viola si ribaltasse, cadendo sulla schiena e sbattendo contro la fredda roccia grigia. Nello stesso istante, la dragona nera balzò indietro di diversi metri, appiattendosi più che poteva contro la parete della grotta, come se volesse sprofondarci dentro per non farsi vedere. Cosa che, in effetti, avrebbe potuto fare in teoria. Per fortuna sembrava troppo spaventata per utilizzare i suoi poteri e scappare.

 

“Cinerea, adesso guardami!” gridò, mentre lei si riparava più che poteva nella parte più buia della caverna. Da quella posizione, Spyro riusciva a intravedere appena i suoi occhi... e sembravano diversi. Erano come velati da un sottile strato di nebbia, che ne cambiava il colore in un verde spento e sbiadito.

 

“Cinerea, guardami. Sono io, Spyro!”

 

Niente, nessuna reazione anche stavolta.

 

Provò a fare un cauto passo verso di lei, assicurandosi di muoversi il più lentamente possibile per non spaventarla. Cinerea lo fissava con gli occhi sgranati, di chi sta guardando la propria fine ed è troppo spaventato sia per affrontarla che per fuggire. E in natura, quando sei davanti a un pericolo, puoi solo combattere o fuggire. Se resti paralizzato... muori di certo.

 

Lo stava guardando... ma non lo stava davvero vedendo.

 

Fece un secondo passo, e poi un terzo. “Cinerea, respira. Sono io, Spyro. Non c'è nulla da temere, era solo un brutto sogno. È passato adesso, ok? Va tutto bene...”

 

La dragonessa non smise di tremare, ma Spyro poté cogliere un piccolo cambiamento nei suoi occhi: quel verde spento e cadaverico stava cambiando, tornando progressivamente all'originale e magnifico verde smeraldo che aveva imparato a conoscere.

 

Sentendosi un po' più audace, sollevò molto lentamente una zampa e la avvicinò a quella di lei, fermandosi ogni volta che la vedeva reagire con paura. Quando fu sufficientemente vicino, posò la zampa su quella di Cinerea, e la abbassò delicatamente, tenendola al contempo stretta fra gli artigli. La stretta sembrò confortarla un minimo, perché rilassò le spalle e appoggiò la schiena contro il muro, come colta da un'improvvisa stanchezza.

 

A Spyro tornò in mente quando, tanti anni prima, aveva incontrato un serpente nella palude, quando ancora viveva con i suoi genitori adottivi, Flash e Nina. Era notte fonda allora, e nonostante gli avvertimenti dei suoi genitori, aveva deciso di uscire per fare una passeggiata. Del resto, niente in quella palude aveva mai rappresentato un vero pericolo per lui.

 

Mentre camminava in mezzo a una piccola radura, si imbatté in un lungo serpente. Le sue squame erano di un magnifico color rosso fuoco, che Spyro non riuscì ad apprezzare appieno al chiaro di luna. Gli era stato insegnato che i serpenti erano creature pericolosissime, e che se ne vedeva uno doveva stargli il più lontano possibile.

 

Lui invece, spinto dalla sua curiosità, si avvicinò quanto più possibile alla creaturina. Ci mise un po' a capire come mai non lo stesse apparentemente nemmeno considerando, anche quando lo spinse di lato con gli artigli. Poi si ricordò che i serpenti, durante la notte, non riuscivano a muoversi, vista la combinazione di bassa temperatura e sangue freddo. L'idea che qualsiasi predatore avrebbe potuto uccidere il serpente senza che questi potesse fare niente gli riempì il cuore di tristezza. In quel momento, probabilmente, il povero piccolo rettile stava pregando nella sua mente per essere risparmiato, terrorizzato dal grosso drago violaceo.

 

Così, afferrò il serpente con gli artigli, sentendo il suo minuscolo cuore battere all'impazzata quando lo raccolse, e lo depositò poco lontano, in una cavità del terreno, dove nessun animale avrebbe potuto prenderlo. “Salvare un serpente... sono proprio un eroe” si disse ironicamente, prima di fare dietro front e lasciare il rettile nella sua nuova tana.

 

Ecco, la situazione adesso era molto simile. Lui aveva tante abilità, e anche se la lettura della mente non era una di queste, aveva la sensazione che Cinerea in quel momento non vedesse esattamente lui, ma qualcos'altro, e stesse pregando per non venir uccisa, troppo spaventata per reagire davanti al pericolo.

 

Vedere Cinerea, una dragonessa così indomita e coraggiosa, terrorizzata a tal punto... gli faceva uno strano effetto.

 

Le accarezzò timidamente il collo, cercando di tranquillizzarla come meglio poteva. “Adesso è tutto finito, era solo un sogno” mormorò.

 

Fu piacevolmente sorpreso quando la sentì trarre alcuni respiri profondi e avvicinarsi a lui, mettendogli le zampe attorno al collo. Cinerea poggiò la testa contro il suo petto e iniziò a tremare; non forte come prima, sembrava più che altro sollevata. Spyro avvolse le ali attorno al suo corpo in un timido abbraccio, arrossendo leggermente al contatto così ravvicinato con la sua compagna di avventure.

 

Restarono fermi così per qualche minuto, godendosi il reciproco calore corporeo, finché la dragonessa nera non iniziò ad allontanarsi leggermente da Spyro. Lui subito si scostò, lasciandola andare.

 

“Odio queste situazioni...” borbottò lei dopo qualche altro secondo di silenzio. “Detesto fare la parte della damigella in pericolo... specie se è solo un maledetto incubo a farmi spaventare così. Detesto farmi salvare dagli altri”.

 

Spyro scosse la testa: “non devi sentirti così male. Tutti hanno un punto debole”. Poi la sua espressione si addolcì: “vuoi parlarne?” chiese. “Anche se credo di poter intuire cosa... anzi, chi tu stessi sognando”.

 

Cinerea lo fissò per qualche secondo, abbozzando un sorriso ironico. “È così scontato? Sono proprio patetica, vero?”.

 

Spyro sorrise a sua volta, e scosse nuovamente la testa. “No, non sei affatto patetica. Sai, anche a me fa ancora paura ripensarci. E tu... tu hai passato qualcosa di molto peggio di una singola battaglia. È naturale che il ricordo ti spaventi.”

 

Il sorriso di lei si allargò un po' a quelle parole: “scusa per averti attaccato, tra parentesi. Ho visto le squame viola e... beh, per un secondo ho pensato... non importa, preferisco dimenticarmene.”

 

“Però grazie di avermi aiutata” disse un secondo dopo. Si chinò più vicino, e gli diede un bacio sulla guancia.

 

Spyro arrossì quasi istantaneamente, diventando talmente rosso che, a qualcuno che non lo conosceva, sarebbe sembrato un normalissimo drago di fuoco, anziché il leggendario eroe viola. D'altra parte, anche Cinerea si sentiva le guance bruciare, e dovette distogliere lo sguardo, o era certa che l'imbarazzo l'avrebbe uccisa, nonostante stesse ancora sorridendo.

 

Da quando l'aveva salvata, quel giorno di quasi quattro anni prima, Cinerea aveva sviluppato un forte sentimento di gratitudine verso il drago viola. Spyro era l'unico – eccetto il guardiano del fuoco Ignitus – a non trattarla ancora come un mostro. Anche se, a dirla tutta, lei aveva sempre pensato di meritarselo ampiamente quel trattamento.

 

Nei mesi passati insieme al tempio del drago, allenandosi assieme per combattere la guerra con Malefor, avevano imparato a conoscersi meglio, e la semplice gratitudine si era trasformata in amicizia vera. Fu anche per questo che aveva abbandonato il tempio quella notte: non voleva essere un peso per l'unica persona che potesse considerare veramente un suo amico.

 

Col tempo però, i sentimenti che provava per Spyro si evolverono ulteriormente, complice anche il legame formato dalla catena magica – ora assente – che Malefor aveva fatto mettere su di loro. All'inizio non capiva cosa fosse quell'emozione – o magari non voleva capirlo. Quando stava vicino a lui, nonostante le continue prese in giro e il fastidio che provava nell'essere incatenata al drago, sentiva che il suo cuore iniziava a battere più forte. Sentiva il suo corpo riscaldarsi e un'infinità di farfalle agitarsi nel suo stomaco.

 

Faceva davvero fatica ad ammettere, anche con se stessa, di essersi innamorata.

 

Per un po' aveva provato a nascondere i suoi sentimenti al suo compagno di avventure, temendo la sua reazione. Non che potesse allontanarsi da lei in ogni caso, ma una convivenza forzata – più forzata di prima in questo caso – non era esattamente quello che lei avrebbe voluto. Quando si rese conto che tenersi tutti quei sentimenti dentro avrebbe finito per farla diventare matta, decise di dargli qualche piccolo indizio a riguardo. La più grande dimostrazione d'affetto nei suoi confronti fu quando Ignitus se ne andò, ma nemmeno allora ebbe il coraggio di rivelargli cosa realmente provava per lui.

 

Solo quando la battaglia era terminata, e il mondo intero era prossimo all'annientamento, aveva avuto il coraggio di confessare i suoi reali sentimenti, sapendo che non ci sarebbero state altre occasioni. Quando si era svegliata, e aveva visto Spyro precipitare dal cielo, sperava davvero in... nemmeno lei sapeva cosa. Detto sinceramente, le sarebbe andato bene anche un rifiuto, il tipico “siamo solo amici” e bla bla bla. Meglio essere rifiutata, piuttosto che vivere in una menzogna. Purtroppo, da quando si era risvegliato, Spyro non aveva ancora sollevato l'argomento, e lei aveva preferito fare altrettanto, Non aveva alcuna intenzione di mettergli fretta, specialmente per una questione simile. Almeno adesso che se ne presentava l'occasione, aveva deciso di fare un piccolo passo avanti, sperando in una reazione di qualche tipo.

 

Rimase perciò piuttosto delusa quando Spyro si schiarì la gola e disse, ancora con le guance in fiamme: “d-dovremmo andare... ora che sei sveglia”.

 

Non riuscì a trattenere un leggero sospiro, prima di annuire, cercando comunque di non incrociare lo sguardo del suo compagno viola, ancora leggermente imbarazzata.

 

Dal canto suo, Spyro si sentiva, se possibile, ancora più imbarazzato di lei. Una parte di lui si chiedeva che cosa ci fosse di così strano nel suo gesto. Insomma, era solo un bacio, non c'era niente di così assurdo, erano amici dopotutto, no? Lui l'aveva aiutata, lei lo aveva ringraziato e gli aveva dato un bacio sulla guancia. Niente di assurdo.

 

Allora perché si sentiva avvampare? Perché sentiva che la temperatura del suo corpo stava salendo oltre quella del fuoco?

 

Decise di lasciar perdere per il momento. Annuì in direzione dell'entrata della grotta e si avviò, seguito a breve distanza dalla dragonessa nera. Come prima, dovette ripararsi per un breve momento dalla luce, in attesa che i suoi occhi si adattassero al nuovo ambiente. Alle sue spalle, sentì un sibilo d'irritazione, e Cinerea borbottò qualcosa di irripetibile nei confronti del sole, un po' come aveva fatto lui quando si era svegliato quella mattina. Il pensiero lo fece sorridere.

 

Era tutto esattamente come Spyro lo aveva lasciato. Ma se per lui non fu una grande sorpresa, lo stesso non si poteva dire della sua compagna. Sul suo viso era impressa una singola espressione: meraviglia. Nella sua testa era scritta la stessa parola. Nei suoi occhi anche.

 

“Credo di avertelo già detto, ma... tutto questo, è merito tuo Spyro”

 

L'interpellato alzò gli occhi al cielo: “non ci provo più a convincerti che senza di te non avrei fatto niente di questo. Parlano i fatti” disse. Cinerea, per tutta risposta, si posò una zampa sul petto e fece scattare la testa di lato, come qualsiasi donna offesa: “oh lo so, sono solo troppo modesta per ammetterlo, ti lascio il merito per questo” disse.

 

Entrambi scoppiarono a ridere. L'imbarazzo era scomparso velocemente come era arrivato.

 

I due giovani draghi si fissarono per un momento, e poi, con un balzo e un battito d'ali quasi sincronizzati, spiccarono il volo.

 

“Da quella parte” disse immediatamente Spyro, indicando davanti a loro. Cinerea aspettò che partisse prima lui, ma il drago viola scosse la testa: “vai prima tu. So che non ti piace che sia io a prendere il comando” ridacchiò. Lei sorrise di rimando.

 

“Allora facciamo una gara. Vediamo quanto ci metti a stancarti prima di arrivare” propose lei. Prima ancora che Spyro avesse la possibilità di controbattere, lei era già schizzata via, diventando null'altro che una rapidissima macchia color carbone, che avrebbe messo in ridicolo qualsiasi altro drago, compreso l'eroe viola. Quest'ultimo non poté fare a meno di sorridere, prima di battere con forza le sue ali marroni, e lanciarsi all'inseguimento della sua amica. Destinazione: casa.

 

 

 

In una gigantesca sala di arenaria, tre enormi e anziani draghi discutevano ad alta voce, seduti attorno a un grande tavolo di legno scuro. Questo era completamente coperto di fogli e buste di carta. Dichiarazioni, domande dei cittadini, e altre cose burocratiche. I tre in questione erano abituati ad affrontare queste pratiche non poco noiose, ma sommersi com'erano dal lavoro, anche la loro pazienza stava venendo messa a dura prova.

 

E un piccolo disaccordo fra di loro – evento di per sé già molto frequente – poteva trasformarsi facilmente in una seria lite.

 

Prima che uno dei tre potesse mettere la parola fine alla discussione, la grande porta che serviva da accesso alla sala venne spalancata. Un drago abbastanza giovane, dalle squame color ghiaccio, coperto da un'armatura dorata e un mantello rosso, entrò timidamente e si esibì in un rigido inchino, pregando che i tre non lo cacciassero fuori per averli interrotti.

 

“Pensavo che avessimo chiarito una cosa ormai tanto tempo fa: non amiamo essere disturbati durante le riunioni” ringhiò quello azzurro – Cyril era il suo nome – che dei tre pareva essere decisamente quello più infastidito dall'enorme mole di lavoro che dovevano svolgere. Il giovane drago deglutì.

 

“Cyril, un approccio più educato nei confronti dei tuoi interlocutori, anche quando questi si presentano a te in circostanze poco opportune, sarebbe un ottimo punto di inizio per qualsiasi discussione” intervenne il secondo drago, dalle squame color ambra, di nome Volteer, noto per essere un gran chiacchierone. Il giovane drago di ghiaccio tirò un sospiro di sollievo quando il guardiano intervenne in suo favore.

 

Cyril aprì la bocca per controbattere, e Volteer era già pronto a elaborare una contro-argomentazione, ma il terzo e ultimo drago, di colore verde scuro, Terrador, li zittì entrambi battendo una zampa a terra. L'intera stanza sembrò tremare sotto quel colpo, come se percepisse non solo la forza, ma anche l'autorità emanata dal drago di terra.

 

“In effetti siamo piuttosto occupati in questo momento. Spero che sia urgente” sentenziò questi, facendo tremare di paura il giovane con la sua voce profonda.

 

La guardia dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non scappare con la coda tra le gambe davanti a tre draghi così potenti. “Un drago è appena arrivato in città, signore. Ha chiesto di poter parlare immediatamente con voi”

 

Cyril non poteva credere alle sue orecchie: disturbati durante una riunione, e per di più per una stupidaggine simile? “Ascoltami attentamente” disse, pronunciando ogni singola lettera lentamente, gelide come il ghiaccio che adornava il suo corpo. “Dì a questo drago di tornare in un momento più adeguato, e già che ci sei insegnagli ad avere un minimo di rispetto per i guardiani!” ruggì.

 

Il povero drago abbassò la testa in segno di scusa, tremando per la paura. “M-mi dispiace molto, signore, ma temo che sia più urgente di quanto lei crede” disse, la voce ridotta a un delicato pigolio.

 

Per essere il guardiano del ghiaccio, a Cyril fumavano le orecchie dalla rabbia. “Ma dimmi te se devo litigare anche con il capitano della guardia oggi...”. Prima che il drago di ghiaccio potesse dire qualcosa, Terrador intervenne nuovamente, costringendolo di nuovo al silenzio. “Più urgente di quanto pensiamo... d'accordo, fallo passare, sentiamo che cos'ha da dirci” ordinò con calma il guardiano della terra, un po' impietosito dalla paura che il giovane soldato nutriva per loro. “Puoi andare ora, scusa per l'accoglienza non esattamente gentile” aggiunse poi, lanciando un'occhiataccia a Cyril, che si limitò a sbuffare in risposta, una piccola nuvola di vapore azzurro gli sfuggì dalle narici.

 

Il soldato chinò ancora di più la testa e si voltò, per poi correre via e sparire dietro l'angolo, evidentemente ancora terrorizzato. Pochi istanti dopo, qualcun altro fece il suo ingresso in sala.

 

Un drago ancora più giovane di quello appena uscito, dalle squame rosso fuoco. Camminò dritto fino al centro della sala e si sedette comodamente, ignorando gli sguardi dei tre guardiani, scioccati davanti a tale mancanza di rispetto. Per tutta risposta, lui incrociò lo sguardo con ognuno di essi, tenendo la testa alta, come un militare.

 

Anche stavolta, Cyril fu il primo a parlare: “senti, io non so come fate nel posto da cui vieni ma...” e ancora una volta, venne interrotto a metà frase, ma non da Terrador.

 

Fu il rosso a sollevare una zampa, zittendo in mezzo allo stupore ancora maggiore il drago di ghiaccio. Non disse una parola né emise un suono. Anzi, si limitò semplicemente a sorridere orgoglioso, mentre ondeggiava davanti a sé la coda, mostrando a tutti l'anello dorato che era attaccato alla fine di essa, appena sotto la punta dorata.

 

In un primo momento, i tre draghi furono estremamente confusi dal gesto del più piccolo. Poi, quando notarono l'anello – o meglio, quando notarono cosa era effettivamente quell'anello – i loro occhi si spalancarono. Si lanciarono sguardi tra di loro in cerca di una risposta, senza tuttavia trovarne una. Cyril rimase semplicemente paralizzato, con la bocca ancora aperta a metà, una frase lasciata incompiuta. Persino Volteer era rimasto senza parole. Fu Terrador a rompere il silenzio, una volta recuperata la sua compostezza.

 

“Molto bene. Avrei sperato in circostanze migliori, ma meglio di niente. Benvenuto a Belligera. E, per quel che può valere... bentornato a casa”

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