This Must Be The Right Place

di MilaEdwards
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 15 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


                                                                                                                            CAPITOLO 1
 



 
Il 7 maggio del 1919 Candy aveva compiuto 20 anni.
Stava diventando una donna. Era più alta, il viso tondo, con le lentiggini e grandi occhi verdi, le ciglia lunghe e i capelli biondi e mossi, lunghi oltre le spalle. Amava portarli sciolti e ribelli, ma anche legati in una coda o tenuti a bada da un nastro.
 
Nel 1919 il mondo era ormai fuori dal periodo buio della Prima guerra mondiale, ma occorreva del tempo per ritornare alla normalità. Pian piano tutto si apprestava a riprendere il suo ordinario fluire di cose, persone, eventi, attività. A ritornare alla vita.

Dopo aver dolorosamente deciso di lasciare Terry, a New York, nell'inverno del 1916, perché lui potesse stare accanto a Susanna in seguito all'incidente che le era capitato, Candy era ritornata a Chicago, dove viveva, e aveva continuato a lavorare nella Clinica Felice del Dr.Martin. 

Ma dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti, nel 1917, la partenza per il fronte di Stair e la notizia della sua morte, due eventi che avevano addolorato tutti coloro che lo avevano conosciuto, Candy aveva deciso di prendersi una piccola pausa da tutto. Troppi eventi tristi erano accaduti, quasi uno dopo l'altro, e avevano appesantito il suo cuore. Aveva pensato di ritornare per un periodo alla sua amata Casa di Pony, nei suoi luoghi preferiti nella campagna dell'Indiana, per ricaricare le energie e godere dell'affetto incondizionato delle sue due "mamme", Miss Pony e Suor Lane, e del prezioso tempo insieme a loro.
Tutto ciò sarebbe stato un balsamo per la sua anima, ci aveva pensato a lungo e un giorno, dopo aver già avvisato il Dr.Martin delle sue intenzioni, aveva preparato la valigia e preso un treno che l'avrebbe ricondotta a casa.

Capitava che si ritrovasse a pensare alla sua condizione di orfana. Al fatto di non avere una famiglia, nel senso canonico del termine. Una mamma e un papà, da poter chiamare con questo nome. Ma ogni volta che pensava a questo non poteva fare a meno di sentirsi allo stesso tempo fortunata, per essere stata abbandonata proprio alla Casa di Pony. Il posto migliore del mondo secondo il suo giudizio, essendo laggiù cresciuta felicemente da bambina e conservando dei bellissimi ricordi. Lì era stata accolta amorevolmente, aveva ricevuto tanto di quell'affetto e di quella cura che non le era mancato mai nulla in particolare. La sua infanzia era stata serena, aveva stretto una delle sue amicizie più importanti con Annie, abbandonata alla Casa di Pony come lei, e nello stesso giorno, ed erano ancora talmente amiche da considerarsi come sorelle, pur avendo due caratteri diversi.

Era stata di fondo una bambina con un carattere allegro e non arrendevole, e questo l'aveva aiutata tanto nel suo percorso di vita. Aveva subìto dei torti e delle cattiverie, ne aveva certamente sofferto, ma il suo carattere la aiutava ad andare avanti sempre con positività, nonostante le difficoltà della vita. E sapeva di poter considerare come la sua famiglia le persone a lei più care che abitavano la Casa di Pony e di poter sempre contare su di loro. Era felice per questo.
 
Arrivata a destinazione, Miss Pony e Suor Lane non furono sorprese di rivederla. Candy aveva accennato loro tramite lettera la sua volontà di passare a trovarle un giorno, ma non aveva specificato quando e per quanto tempo. Le due donne avevano intuito che doveva essere accaduto certamente qualcosa alla loro cara ragazza, perciò la accolsero con gioia, senza fare troppe domande.

Sedute vicino al fuoco scoppiettante nel camino, Candy raccontò loro della morte in guerra del suo caro amico Stair, e le ultime vicende riguardanti la famiglia Ardlay. Di come aveva scoperto che il misterioso zio William altri non era che Albert. Albert... un ragazzo più grande di lei di 11 anni, che aveva conosciuto a Lakewood nel periodo in cui era alla tenuta dei Lagan. L'aveva aiutata in diverse occasioni ed era diventato un amico importante. L'aveva rivisto a Londra, e poi a Chicago, quando lavorava in ospedale e Albert arrivò incosciente e senza memoria tra i feriti di guerra, coinvolto in un bombardamento su un treno in Italia. Aveva condiviso con lui un appartamento a Chicago, per aiutarlo a recuperare la memoria e per prendersi cura di lui al di fuori dell'ospedale. Le sembrava quello anche un modo per ricambiare quanto Albert avesse fatto per lei in passato.

Ma poi un giorno Albert era sparito. Candy l'aveva cercato ovunque, senza riuscire a trovarlo, e quando Neil, il perfido fratello di Eliza, le dichiarò il suo amore e le disse che il loro matrimonio era già stato organizzato, per volere dello zio William, Candy decise che era giunto il momento di incontrare, per la prima volta, il suo benefattore e chiedergli spiegazioni.
Così riuscì a scoprire che lo zio William era in realtà Albert. Il suo più caro amico apparteneva alla famiglia Ardlay che l'aveva adottata, e ne era diventato il capostipite per raggiunta età.

Candy descrisse alle sue mamme lo stupore di quel momento, e anche loro dovettero convenire sul fatto che doveva essere stato un evento destabilizzante per Candy. Perciò espressero il loro consenso anche quando Candy annunciò che aveva deciso di rinunciare al cognome degli Ardlay. Che era molto grata ad Albert per quanto aveva fatto per lei quando era solo una ragazzina... averle permesso di studiare a Londra era stata una grande opportunità, ma ora sentiva di voler vivere la sua vita come desiderava. Anche se Albert naturalmente non l'avrebbe mai ostacolata nelle sue scelte, Candy non voleva avere vincoli di parentela e obblighi familiari con il clan dei Lagan, strettamente legato agli Ardlay. Non era solita portare rancore alla gente, anzi, era sempre ben disposta a perdonare. Ma, crescendo, aveva capito quanto fosse giusto concentrarsi a volte anche sul proprio benessere e prendere le distanze da tutto ciò che potesse essere causa di sofferenza. Dunque aveva maturato questa decisione e l'aveva comunicata ad Albert. Voleva andare avanti per la sua strada. Albert non si era opposto. Sapeva benissimo che nulla avrebbe interrotto il loro meraviglioso rapporto d'amicizia. Avrebbero senza dubbio continuato a tenersi in contatto e ad aiutarsi nei momenti di difficoltà, come due grandi amici che si volevano un bene immenso.

Lui era ora ufficialmente a capo degli Ardlay, e con un ruolo tale era sempre impegnato in questioni d'affari che lo portavano ad essere spesso in viaggio, in giro per il mondo. Non che non ci fosse abituato, in fondo anche prima Albert conduceva questo tipo di vita. Ma mentre prima erano viaggi dettati dalla sua voglia di libertà e sete di conoscenza, adesso quei viaggi avevano tutto un altro tenore. Le attività finanziarie avevano subìto però un rallentamento a causa della guerra, così, con più tempo libero a disposizione, Albert aveva promesso a Candy che sarebbe passato a trovarla un giorno alla Casa di Pony. 
 
La sera, ritrovarsi davanti al camino era diventato un rituale per le tre donne. Candy aveva così tanti aneddoti da raccontare, tante piccole notizie ricevute dai suoi amici tramite le lettere che si scrivevano, che quel momento in cui si riunivano era diventato un momento prezioso, un momento per cui Candy si sentiva molto grata. La scusa era quella di mangiare marshmallows abbrustoliti sul fuoco. E la stanza si riempiva di risate e profumo di vaniglia. 

Proseguendo a parlare del suo trascorso, Candy riferì alle due donne anche di Annie, la sua amica d'infanzia alla Casa di Pony, ritrovata per caso alla St.Paul school di Londra, dove la loro amicizia ebbe modo di approfondirsi, dopo un inizio un po' particolare dovuto alle insicurezze di Annie. 

Miss Pony e Suor Lane ricevevano ogni tanto delle lettere anche da Annie. Ormai la ragazza aveva ripreso i contatti con loro due, dopo un periodo in cui, per volere dei suoi genitori adottivi, le era stato imposto di dare un taglio alle sue origini. Annie non si rendeva conto fino in fondo del significato di quella richiesta. Aveva ubbidito perché credeva fosse giusto così, che fosse necessario per essere accettata nel nuovo ambiente borghese in cui stava crescendo. Ma dopo aver incontrato Candy alla St.Paul school, e dopo aver avuto anche lì un atteggiamento simile, facendo credere a tutti di non conoscerla, riuscì in seguito a capire che non poteva portare avanti quella recita ancora per molto tempo. Voleva troppo bene a Candy, lei era stata ed era ancora la sua migliore amica, in passato l'aveva considerata come una sorella. Pertanto si liberò finalmente di quel segreto, che stava diventando un peso per lei, e insieme recuperarono il tempo perso trascorrendo a Londra uno dei periodi più belli e spensierati della loro giovane vita. 
Miss Pony intuì che Candy poteva aver sofferto all'inizio per l'atteggiamento di Annie, ma che grazie al suo carattere generoso e altruista era riuscita a capire le sue ragioni, senza giudicarla. Le cose erano andate per il meglio, Annie era ancora un'amica importante per Candy, questo era per lei segno che qualcosa di buono doveva esserci nella loro amicizia, e che quel qualcosa era così forte da superare il tempo e le circostanze. Ora pensava soltanto che le sue due bambine si erano ritrovate, ed erano adesso diventate delle donne.

Candy raccontò di aver conosciuto anche un'altra ragazza alla St.Paul school, la sua vicina di stanza, Patricia, detta Patty. Lei era una ragazza timida all'inizio, molto rispettosa delle regole della scuola. Dopo poco tempo diventò una cara amica per lei e, insieme ad Annie, condivisero diverse esperienze che Candy avrebbe portato per sempre nel suo cuore.
 
Candy non menzionò invece mai Terry, nei suoi discorsi.

Benché le due donne avessero avuto in passato l'occasione di conoscerlo, quando lui si recò in visita alla Casa di Pony, e benché avessero intuito che tra i due ragazzi potesse essere nato un sentimento, decisero di non essere invadenti e di aspettare che fosse lei a parlargliene, se mai avesse voluto farlo.
 
 
Dopo la notizia del coinvolgimento dell'Inghilterra nella Prima guerra mondiale, Annie, Archie e Stair avevano lasciato Londra per tornare in America, a Chicago. Patty li aveva raggiunti in un secondo momento.
Stair aveva deciso di partire volontario per il fronte, arruolandosi nell'Aviazione, prima ancora che l'America entrasse ufficialmente nel conflitto. Non lo aveva comunicato alla sua famiglia e ai suoi amici, per non essere ostacolato nella sua scelta. L'ultimo ricordo che Candy aveva di lui era il suo dolce saluto alla stazione di Chicago, all'alba di una mattina in cui lei era in partenza per New York, per andare da Terry. Le era sembrato strano il suo amico quel giorno... ma in quel momento non sapeva spiegarsi quella sensazione.                                                                                                                                              
Stair era morto durante un combattimento a fuoco nei cieli francesi, e la notizia che in seguito era giunta ai familiari aveva naturalmente gettato nello sconforto e nella tristezza tutte le persone che gli avevano voluto bene. Patty era stata la ragazza di Stair a Londra. La notizia della sua morte le aveva strappato il cuore, così, per cercare di dimenticare gli ultimi eventi, aveva deciso di partire per la Florida e andare a stare per un po'di tempo da sua nonna Martha.

Con la fine della guerra però, ognuno dovette riprendere in mano la propria vita e cominciare a pensare ai propri progetti personali. Annie aveva deciso di studiare Musica in un Conservatorio a Boston. Si era fidanzata ufficialmente con Archie, che pure era a Boston per studiare Economia all'Università. Patty si trovava ancora in Florida. Dopo la guerra si era iscritta all'Università per studiare Pedagogia e diventare un'insegnante.
 
 
 
I primi giorni trascorsi alla Casa di Pony Candy si era dedicata ad aiutare Miss Pony e Suor Lane con i bambini, che al momento erano 18, e dunque c'era sempre un gran da fare! Un aiuto in più era sempre gradito.
Ma dopo qualche settimana decise di ritornare al suo lavoro di infermiera. Sentiva di voler trascorrere ancora del tempo nella sua Indiana, e fu per questo motivo che pensò di candidarsi per un annuncio che aveva letto un giorno in centro città a La Porte. Un piccolo ambulatorio medico locale cercava un'infermiera qualificata. Era stata assunta quasi subito, dopo un colloquio di presentazione.
Il Dr.Gilmor, il medico referente con cui Candy avrebbe dovuto lavorare, un uomo di circa 60 anni, molto cordiale e un vero professionista, aveva deciso di darle un'opportunità, dopo averla ascoltata parlare delle sue precedenti esperienze negli ospedali del vicino Stato dell'Illinois, dove aveva anche conseguito il diploma. Nel tempo, il medico era rimasto soddisfatto del suo intuito e della sua scelta. Candy si era dimostrata efficiente e preparata, e in più aveva un carattere gentile e un sorriso sempre pronto che contribuivano a rendere quell'ambiente e l'approccio con esso un'esperienza più serena e meno nervosa, specialmente per i pazienti più piccoli.
 
Candy aveva scelto il suo lavoro quando era ancora una ragazzina, studentessa alla Royal St.Paul school. Dopo aver ricevuto una lettera di Albert dall'Africa, in cui le raccontava la sua vita laggiù, il motivo della sua partenza e il fatto che lì avesse incontrato un'infermiera americana che le assomigliava, lei aveva cominciato a pensare seriamente che questa professione così nobile e gratificante potesse essere adatta a lei. Così aveva deciso di studiare per diventare una brava infermiera.
 
E brava lo era diventata davvero. Inoltre riusciva a calmare i bambini e loro la prendevano subito in simpatia. Aveva sempre un marshmallow o un biscotto per ognuno di loro, era il suo pensiero prima di recarsi al lavoro ogni mattina... portare con sé dei dolcetti per addolcire l'umore dei piccoli che avrebbe potuto incontrare in ambulatorio.
Il lavoro era molto impegnativo e le occupava quasi tutta la giornata, era contenta di poter mettere a frutto le sue conoscenze e tutto quello che aveva studiato, di dare un valore alla sua esperienza, ma a sera era felice di poter tornare nel tepore di casa sua. 

D'inverno, al suo rientro, il caminetto acceso e una buona cioccolata calda preparata da Miss Pony riuscivano a ritemprarla dal freddo e dalla stanchezza; d'estate, invece, al pomeriggio inoltrato la strada di periferia che conduceva a casa era incorniciata da lunghe file di fiori selvatici coloratissimi in piena sbocciatura e di arbusti a perdita d'occhio. Il cielo era spesso acceso di colori vivaci tra l'arancione e il viola, nell'esplosione dei tramonti che la natura concede a tutti, come spettacolo per gli occhi, e anche Candy ne rimaneva affascinata, ogni singola volta come fosse la prima. Il frinire delle cicale, il vento caldo che soffiava laggiù e che le inondava il viso e i capelli, riuscivano a darle sensazioni di calma e serenità.
E a farle sentire di essere nel posto giusto.

D'estate trovava Miss Pony e Suor Lane sedute fuori casa, sulle loro sedie a dondolo preferite, intente a sorseggiare un tè freddo alla pesca e a rammendare abiti leggermente usurati dal tempo, mentre i bambini giocavano sfrenatamente sul prato. Questo quadretto che appariva davanti ai suoi occhi era ciò che lei chiamava "casa" e aveva un profumo ineguagliabile.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


Il 28 gennaio del 1919 Terry aveva compiuto 21 anni.

Era diventato più alto, spalle larghe, aveva tagliato i capelli, ora li portava lunghi fino al collo. I suoi occhi, di un blu intenso, avevano una luce malinconica e il suo portamento, insieme al suo stile, aveva ancora una innata eleganza.

Terry viveva a New York, in un appartamento nel quartiere del Village, ed era ancora il primo attore della compagnia Stratford.
 
Una sera di quasi tre anni prima Candy aveva deciso che non si sarebbero più rivisti. Gli aveva detto di aiutare Susanna a riprendersi, dopo che la ragazza aveva tentato di lasciarsi andare, giù da quella terrazza, per qualcosa che Candy aveva percepito come grande amore nei confronti di Terry, ma che in realtà era solo un'ossessione. E lui di fatto non si era opposto. Non aveva lottato per il suo amore e per il suo sogno di felicità, che in quel momento era ad un passo da lui. La sua Candy, tanto pensata e desiderata, era finalmente arrivata a New York per assistere alla prima di Romeo e Giulietta, invitata da lui con un biglietto del treno di sola andata. Terry aveva in mente un progetto importante. Avrebbe voluto chiederle se aveva voglia di restare accanto a lui per sempre, perché lui aveva questo desiderio, e sperava potesse essere reciproco. Ma poi l'incidente capitato a Susanna aveva sconvolto l'ordine delle cose, fatto scivolare tutto nel baratro degli imprevisti e tolto colore ai suoi sogni.                                     

Quando Candy era andata via, sparita tra la folla della gente che passeggiava per le strade di New York, lui era rimasto da solo con i suoi pensieri. Era tornato quasi subito nel suo appartamento, a mezzanotte inoltrata, la casa era fredda, così aveva acceso il fuoco nel caminetto. Aveva bisogno di un bagno caldo per togliersi di dosso il gelo di quella serata appena trascorsa. Si era versato della Vodka in un bicchiere e si era immerso nella vasca da bagno piena di acqua calda e schiuma. Aveva acceso una sigaretta, ed era rimasto lì in contemplazione.                                                    

Lui che di solito era un tipo impulsivo, ma che era anche capace di riflettere sulle questioni, si era ritrovato in una situazione di difficoltà che non aveva saputo affrontare... e che gli era sfuggita di mano.                                                                                                                                

Sapeva di aver bisogno di calmare il suo tumulto interiore.                                                                  

Era rimasto per un tempo lungo con la testa adagiata all'indietro, sul bordo della vasca, cercando sollievo nel fumo, mentre con gli occhi chiusi aveva provato a riordinare i pensieri. Quando aveva spento la sigaretta, ormai ridotta ad un mozzicone, aveva mandato giù la Vodka tutta in una volta. Aveva gli occhi arrossati e lucidi. 

Era uscito dal bagno dopo un'ora, con indosso il suo accappatoio e si era diretto alla finestra come in cerca di qualcosa. Era rimasto lì, ad osservare da dietro i vetri i piccoli fiocchi di neve che lentamente stavano cadendo sulla città, ammantandola di bianco, per finire poi a fissare un punto in lontananza, fino a quando il vetro si era completamente appannato e lui era ritornato alla realtà.              

Sentendo freddo, era andato a ravvivare il fuoco nel camino... i suoi occhi si erano poi posati sulla bottiglia di Vodka lasciata sul tavolo. Avvicinandosi, si era soffermato sul fatto che la bottiglia fosse ancora quasi piena, e aveva avuto la tentazione di portarla alle labbra. Ma stringendola tra le mani era andato a svuotarla nel lavandino in cucina ed era tornato davanti al camino, sedendosi sul divano.                                                                                              

Nonostante il tormento che stava provando, aveva voluto evitare di esagerare con l'alcool, anche se la tentazione era stata forte. Gli occhi gli erano tornati lucidi... in quell'istante si era sentito solo al mondo, con i gomiti sulle ginocchia e con le mani tra i capelli aveva sentito nuovamente salire una sensazione di inquietudine. Si era acceso un'altra sigaretta... non aveva ancora pienamente compreso la decisione di Candy. Aveva ripensato alle sue parole di quella maledetta sera appena trascorsa:

- "Stavo pensando di tornare a casa stasera stessa.
- Stasera?
- Beh, ci dovevamo vedere e ci siamo visti. Non posso mancare troppo tempo dal mio lavoro. E poi sono anche preoccupata per Albert. Prenditi cura di Susanna. Addio.
- Ma...

Lui le era corso incontro da dietro, sulle scale, abbracciandola e tenendola stretta a sé, cingendola dalla vita.
Era stato capace di dire che avrebbe voluto fermare il tempo in quel preciso momento... per sempre. 
Forse anche per il silenzio di Candy, dopo qualche minuto aveva sciolto il suo abbraccio, senza riuscire a dirle che l'amava, che lei era la persona più importante della sua vita.

- Sii felice Candy.

- Anche tu Terry."
 
Come era stato possibile che lui non fosse riuscito a parlare con lei di quanto successo? Come era stato possibile che lui avesse accettato la decisione di Candy senza nemmeno provare a farle capire che teneva tanto a lei? Si era torturato con questi pensieri, quando ad un tratto gli era balenata in mente, come proveniente da un angolo lontano in fondo al suo cuore, l'intuizione che quanto avvenuto, la sua incapacità di reagire, era stata dettata in larga parte dalla sua paura di esprimere a Candy i suoi sentimenti. A pensarci bene, lui non le aveva mai parlato apertamente di ciò che provava. E nemmeno Candy lo aveva fatto con lui. Si erano scambiati delle lettere in tutto quel periodo, e lui ricordava che in sostanza parlavano delle loro vite, del lavoro, dei loro obiettivi. Che le loro parole potevano lasciar intuire un interesse romantico reciproco. Ma niente di rivelato. 

Sapeva bene che l'aveva invitata a New York per chiederle di passare più tempo insieme, di vedersi più spesso, in attesa di poter decidere del loro futuro, compatibilmente con i loro progetti professionali. Ma ancora non sapeva se avrebbe trovato le parole giuste, durante quel momento si sarebbe sentito sicuramente nervoso. Aveva considerato che, pur avendo organizzato tutto, aveva una gran paura di parlare a Candy dei suoi sentimenti. Avrebbe dovuto dirle che si era innamorato di lei, che non l'aveva mai dimenticata dalla St.Paul school. Ci sarebbe riuscito a guardarla dritto negli occhi e ad aprire il suo cuore? E Candy come avrebbe reagito? Lo avrebbe ricambiato nei sentimenti o gli avrebbe riso in faccia?

L'idea della seconda opzione gli aveva fatto ribollire il sangue e gli aveva riempito l'anima di delusione. Ma l'aveva considerata un'ipotesi possibile. A scuola, durante la Festa di Maggio, si era beccato un sonoro schiaffo dopo aver preso l'iniziativa di baciarla, perciò non era tanto sicuro della reazione di Candy, che per lui era ancora una ragazza misteriosa da quel punto di vista.

Dunque aveva accolto la decisione di Candy di andar via perché inconsciamente lo sgravava dall'impegno che si era prefissato? Quello di dichiararle i suoi sentimenti e le sue intenzioni? La certezza che il motivo principale della sua inerzia fosse stato proprio quello si era insinuata dentro di lui. Ma allo stesso tempo aveva ricordato di aver avuto l'impressione che Candy avesse iniziato quel discorso per andar via subito da lì. 

Forse doveva essere rimasta turbata dal gesto estremo di Susanna, forse lo ricollegava a qualche sentimento tra loro due... amore, gelosia. E dopo averlo visto prendere Susanna tra le braccia, sulla terrazza dell'ospedale, poteva aver avuto conferma dei suoi dubbi... che tra lui e la bionda attrice ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia. In fondo era il personale medico che avrebbe dovuto prelevarla, con una lettiga, date le sue condizioni, e riportarla in camera. Non spettava certo a lui, a meno che non si trattasse di una persona molto vicina alla ragazza. Ma Terry ricordava sfocatamente che era stata la madre di Susanna ad implorarlo di prendere sua figlia, e lui l'aveva fatto senza pensarci.

I giornali di gossip del momento avevano chiacchierato su loro due, senza però un fondo di verità. Lui non era sicuro che Candy non li avesse letti, ma ad ogni modo quella scena poteva esserle risultata troppo intima per essere Terry e Susanna solo due amici. 

- Accidenti! - aveva detto a voce alta tra sé e stringendo la mano in un pugno.

E inoltre Candy aveva nominato Albert. Loro due coabitavano a Chicago. Che si fossero avvicinati sentimentalmente negli ultimi tempi? E magari Candy aveva accettato di venire a New York per vederlo recitare a teatro, ma con l'intento di ritornare presto a casa? Albert era un ragazzo eccezionale, Terry lo aveva conosciuto a Londra e aveva saputo riconoscere le sue qualità umane. 

- Albert è una persona migliore di me - aveva pensato.

Pur nutrendo della stima per Albert, l'idea che Candy potesse aver cominciato a vedere il loro amico comune con occhi diversi aveva acceso la sua gelosia, tanto da fargli ricacciare idealmente l'immagine dai suoi pensieri.

Era stato preso da forti dubbi a tal proposito. Era tornato poi a considerare la situazione con Susanna. Lui non aveva avuto l'intenzione di restarle accanto per tutta la vita, come atto di gratitudine nei suoi confronti. Questa idea non gli aveva minimamente sfiorato la mente. Si era sentito grato per il suo gesto... ma era stato tutto solo un incidente e Susanna era stata certamente sfortunata. Che colpa poteva avere lui? Anche se la madre di Susanna era apparsa molto arrabbiata e lo aveva accusato di aver rovinato la vita di sua figlia, Terry, pur essendo un ragazzo sensibile che dopo lo sfogo della Sig.ra Marlowe si era sentito in colpa e affranto, aveva realizzato che in fondo quella donna stava sragionando. Anche Robert Hathaway, direttore artistico della compagnia Stratford e mentore di Terry, aveva cercato di far capire alla madre di Susanna che il ragazzo non aveva colpe, e che si era trattato solo di un incidente. 

Terry si era mostrato deciso. Il giorno dopo avrebbe messo le cose in chiaro con Susanna.

Susanna... un giorno quella ragazza dai lunghi capelli biondi, raffinata ed elegante, sua collega nella compagnia di recitazione, gli aveva dichiarato il suo amore. Dopo le audizioni era corsa da lui, per dargli la notizia che il ruolo di Romeo e di Giulietta era stato assegnato a loro due. 

- "Sono molto felice Terry! Non mi sarebbe importato di ottenere il ruolo di Giulietta se Romeo non fossi stato tu!"

Romeo e Giulietta... una storia d'amore recitata per finzione, che nei suoi disegni, conditi con la fantasia che popolava la sua mente, si sovrapponeva alla realtà, tanto da pensare di vivere per davvero una storia d'amore con Terry.

- "Terry, io ti amo... fin dal primo momento che ti ho visto. 
- Susanna!... - aveva risposto lui, colpito da quell'affermazione. 
- Vorrei sapere cosa ne pensi?
- ...Da molto tempo io...
- ...
- ...
- Non dire niente! No Terry, io ti amo!"
 
- Lei scappò via in lacrime... e io riuscii a dire, soltanto a me stesso, che nella mia mente c'era solo Candy... fin dal primo momento che l'avevo incontrata, su quella nave. Sì, forse sono innamorato di lei da allora... e lo sarò per sempre. Susanna... sei una bella ragazza, ma io non ti amo - aveva pensato, seduto sul divano.

Anche se era una ragazza emotivamente instabile, lui non se l'era sentita di assecondare i suoi desideri... non se l'era sentita di autocondannarsi all'infelicità. Le avrebbe parlato dolcemente, dicendole che lui l'avrebbe sostenuta moralmente e non l'avrebbe abbandonata nel difficile percorso di riabilitazione. Che avrebbe potuto contare su di lui... ma come amico e collega, e niente di più. 

Aveva sentito la testa scoppiare, si erano fatte quasi le 4 am, così si era messo a letto, sprofondando sotto le coperte, senza tuttavia riuscire ad addormentarsi. Quella mattina sarebbe stata la sua giornata libera, senza impegni. Il giorno si era affacciato sulla città, l'alba aveva cominciato a tinteggiare le pareti degli edifici con i suoi caldi colori, una fioca luce aveva cominciato a filtrare attraverso le finestre, e Terry, avvolto nel tepore delle calde coperte si era addormentato.
 
Aveva dormito profondamente. Erano le 2 pm quando si era risvegliato, con un gran mal di testa. Aveva indugiato nel letto quel tanto che era bastato per rendersi conto che era giorno ormai da un pezzo, a giudicare dalla luce nella stanza attraverso le tende. Uno sguardo distratto al suo orologio... i pensieri avevano cominciato a riaffollare la sua mente, così aveva deciso di lasciare immediatamente il letto e di filare dritto in bagno. Una bella doccia calda lo avrebbe aiutato a sciogliere la tensione che stava già sentendo in agguato. Si era lasciato scivolare l'acqua sulla testa e sul corpo. Quel massaggio naturale lo aveva fatto sentire talmente bene, che aveva pensato che sarebbe potuto rimanere lì per ore. Ma doveva sbrigarsi. Doveva andare da Susanna in ospedale.

Susanna che pensava di essersi liberata di Candy... Susanna che pensava che Terry fosse il suo fidanzato. E no... le cose non stavano proprio così. Dunque occorreva un bel discorso chiarificatore. Avrebbe avuto bisogno di tanta forza interiore per fronteggiare la ragazza, perché lei si trovava sicuramente in una condizione fragile, e non voleva risultare troppo duro e cinico. Ma allo stesso tempo doveva apparire sicuro di sé.
Si era asciugato i capelli e si era vestito, sempre con la cura che lo contraddistingueva. Per lo stomaco chiuso per la tensione non aveva mangiato niente, perciò aveva preso le chiavi della sua auto ed era uscito.

Quando era arrivato in ospedale, pur non essendo orario di visita, le infermiere lo avevano riconosciuto come l'attore della compagnia Stratford, e gli avevano permesso di entrare nella stanza di Susanna.

- Forse anche loro credono che io sia il fidanzato di Susanna - aveva pensato.

L'aveva trovata seduta nel letto, con la schiena appoggiata ai cuscini adagiati sulla testata. Gli era sembrata serena. Un sorriso radioso lo aveva accolto.

- Ciao Terry! È da stamattina che ti aspetto! Sono felice di rivederti. 

- Ciao Susanna. 

- Hai visto che bei fiori mi ha portato Jack? Illuminano questa stanza... quando potrò ritornare a casa, voglio averne di freschi tutti i giorni, il loro profumo è inebriante! Ovviamente... è solo un dettaglio... perché quello che per me conta è che potremo vivere insieme Terry. Che potrò averti vicino tutti i giorni, amore mio! 

- ...

- ...So che Candy è ripartita ieri sera. Mi ha detto che tu mi starai vicino per sempre. È una ragazza straordinaria... non vedo l'ora che quel giorno abbia inizio - aveva detto con gli occhi pieni di gioia. 

- Vedi Susanna... ero passato anche per parlarti di questo. 

- Come?!...Cosa vuoi dire?...Hai pensato già a qualcosa per noi? - aveva risposto, stringendo le mani al petto, contenta di immaginare che Terry avesse potuto pensare a lei, a loro due insieme, e avesse pensato ad organizzare il loro prossimo futuro.

- Beh... non esattamente... vedi Susanna... è vero che Candy è ripartita ieri sera. Non so cosa vi siate dette, come ben sai io non ero con voi in questa stanza, né lei mi ha riferito qualcosa al riguardo. È ripartita perché aveva degli impegni con il suo lavoro...
...E io sono qui oggi per parlarti con chiarezza... vedi Susanna... 

- Cosa vuoi dirmi Terry?! Mi stai facendo preoccupare... 

- Non voglio farti preoccupare... ma non voglio nemmeno illuderti, amica mia... 

- Cosa?! Amica?! Ma Terry... credevo di averti confessato i miei sentimenti... e credevo che anche tu li ricambiassi, altrimenti... 

- Altrimenti?! - l'aveva interrotta Terry, che aveva cominciato a sentire la rabbia montare.

Era arrabbiato anche con Candy... come aveva potuto permettersi di parlare a Susanna di come lui si sarebbe comportato? La decisione era soltanto sua!

- Beh, altrimenti... Candy non mi avrebbe detto quelle cose ieri sera! Lei ti conosce bene e mi è sembrata sincera! 

- Ti ripeto che non so che cosa vi siate dette ieri sera. Se mi lasci parlare, forse riuscirò a spiegarti come stanno le cose... 

- Va bene... parla - aveva detto allora nervosamente. Presagiva che il discorso di Terry non sarebbe stato piacevole da ascoltare, almeno non completamente, ma non immaginava di certo tutto quello che Terry stava per dirle, perché sperava ancora di riuscire ad ottenere ciò che voleva a tutti i costi.

- Io e Candy non stiamo insieme... 

Un'espressione di gaudio aveva attraversato il viso di Susanna, che aveva la testa china, ma dopo queste parole aveva alzato il viso per contemplare quello di Terry.

- Lei è ritornata alla sua vita a Chicago, non so cosa ti abbia detto a proposito di me, ma io, che sono il diretto interessato, ci tengo a chiarire alcuni aspetti di questa situazione.
Tu sei una bella e brava ragazza Susanna, ma quello che purtroppo è capitato è soltanto un incidente.

Il viso della ragazza era diventato livido, lo sguardo cupo e le labbra avevano cominciato a tremarle leggermente per la rabbia.
Terry se n'era accorto, ma aveva deciso di non lasciarsi intimorire, ed era stato fermo nel proseguire il suo discorso.

- Io ti sarò sempre grato per aver evitato che quel riflettore mi cadesse addosso... sei stata davvero coraggiosa... 

- Io l'ho fatto perché ti amo Terry! Il coraggio non c'entra niente! 

Terry ne aveva approfittato per passare subito alla questione più spinosa.

- Ma io non amo te, Susanna! 

Ecco, l'aveva detto. Ci era riuscito. 

Susanna era rabbrividita. Di questa ipotesi si era sbarazzata dopo l'incidente. Credeva di sapere con certezza che Terry le sarebbe rimasto accanto... credeva di piacergli, che Candy fosse solo una ragazza conosciuta a scuola tempo prima, ma il passato era passato ormai. Credeva che lui fosse semplicemente un ragazzo che faceva fatica a lasciarsi andare, e dunque con il tempo, pian piano, sarebbe riuscito a ricambiare il suo amore.

- So che per te è difficile lasciarti andare Terry, ma vedrai... io sarò paziente. Con il tempo mi amerai anche tu... io lo vedevo come mi guardavi quando recitavamo insieme... non sono pazza, sono una donna, e certe cose le capisco... anche io ti piaccio, questo lo so! 

- Ma Susanna... cosa stai dicendo? - aveva risposto lui, infastidito dall'analisi della ragazza riguardo la sua personalità e da ciò che aveva appena detto.
- Io non ho difficoltà a lasciarmi andare... se amo una donna lo sento... voglio dire... sono cose che si sentono dentro, qui - e si era toccato il petto dal lato del cuore.
- E io lo sento di non amarti. Tu hai confuso la recitazione delle scene d'amore con la realtà! Quella è solo finzione Susanna... siamo attori e il nostro lavoro consiste proprio in questo... nel rendere credibili certe scene sul palco. Se ci riusciamo vuol dire che siamo degli attori talentuosi. Ma sempre attori che recitano una parte. 

Susanna lo guardava. - Siamo solo attori - aveva ripetuto nella sua mente. 
 
- Io però ho intenzione di aiutarti durante il tuo percorso di riabilitazione. Verrò a trovarti dopo le prove, e potrai sempre contare su di me, per qualsiasi cosa - aveva continuato Terry.

Susanna stringeva le lenzuola tra le dita.

- Non ho bisogno della tua pietá Terry! Io voglio il tuo amore! - aveva detto, mentre una lacrima aveva cominciato a solcarle il viso.

- Capisco Susanna... ma ti ho appena spiegato come stanno le cose. 
Io non sento per te gli stessi sentimenti che tu dici di provare per me. Magari anche tu non sei davvero innamorata di me... pensaci bene. Forse la tua è solo un'infatuazione? Alla nostra giovane età è possibile scambiare una cotta per un grande amore travolgente, e forse invece questo amore è solo nei nostri sogni ideali, ma non è reale, ci hai mai pensato? 

Lei però era diventata nera di rabbia... gli aveva ordinato di lasciare subito la stanza, ché non voleva il suo finto supporto morale, di andare via e di non tornare mai più. A quel punto era rimasto ben poco da fare o da dire, così Terry le aveva lanciato un'ultima occhiata, mentre lei era scoppiata in un pianto liberatorio tenendosi il viso tra le mani, e si era allontanato uscendo dalla stanza.
 
Dopo quel giorno era andato in ospedale un'altra volta per sondare il terreno, vedere se Susanna aveva capito il suo discorso ed era riuscita a rinsavire. Capire se voleva accettare la sua amicizia e il suo aiuto. Ma gli era stato impedito di entrare nella sua stanza, per un'indicazione precisa della Sig.ra Marlowe. Così Terry non era andato più a trovarla... ormai era chiaro che Susanna non volesse il suo aiuto come amico, lei non sapeva cosa farsene, e lui non avrebbe potuto far niente di fronte a questo atteggiamento. 

- Non si può aiutare chi non vuol essere aiutato, e non si possono nemmeno forzare le situazioni, con il rischio di risultare invadenti - aveva pensato.

In teatro tutto era ritornato alla solita routine, Hathaway aveva visto Terry turbato e aveva continuato a ripetergli di stare tranquillo. Che quello che era successo era stato solo un incidente, che Susanna era in buone mani. Un'equipe di professionisti sarebbe riuscita a restituirle la possibilità di camminare e tutto si sarebbe sistemato. Inoltre Susanna avrebbe percepito un sussidio per il fatto che l'incidente era avvenuto sul luogo di lavoro, e dunque tutte le spese mediche sarebbero state coperte. Terry si era sentito in qualche modo sollevato dalle parole di Hathaway. In fondo, nutriva dei dubbi sul fatto che continuare a vedere Susanna da amico sarebbe stata una buona idea. Sapeva che lei, almeno in quel momento, non riusciva a vederlo come tale, pertanto si era convinto che allontanarsi fosse la soluzione migliore.

Una sua collega, Karen Kreiss, che aveva sostituito Susanna nel ruolo di Giulietta, gli aveva detto che Susanna si era soltanto presa una grossa cotta per lui, e che il fatto di recitare insieme scene d'amore, e specialmente Romeo e Giulietta, l'aveva fatta illudere. Che non aveva ancora la maturità giusta per capire cosa fosse l'amore. Gli aveva detto di non preoccuparsi, che alle attrici capitavano questo tipo di bizzarrìe e che avevano la tendenza ad essere melodrammatiche anche fuori dal palco. E che a Susanna sarebbe passata presto.
 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


La vita nell'Indiana scorreva piacevolmente, mentre tutt'intorno la natura sprigionava la sua luce, dovuta al riflesso dei caldi raggi del sole dell'estate sulle enormi distese dei campi di grano e sulle piantagioni di mais, e i narcisi gialli, che crescevano in moltitudine ai bordi dei recinti delle fattorie, restituivano alla vista un colore dorato intenso.

Candy era molto impegnata tra il suo lavoro e la Casa di Pony, e le giornate si susseguivano una dopo l'altra riempiendola di soddisfazione ma anche di stanchezza. La sera crollava nel suo letto, ma si sentiva in pace con se stessa.

Nei pochi momenti in cui era sola e libera da impegni, faceva delle lunghe passeggiate nei dintorni, spingendosi fino al Lago Michigan. Questo la rilassava molto, il contatto con la natura la rigenerava e la vista di tutti quei colori aveva un potere calmante su di lei. Adorava sdraiarsi sul prato, e guardare da quella prospettiva il cielo terso e le nuvole grandi, bianchissime, che si muovevano tutte nella stessa direzione, sospinte dal vento e che sembravano zucchero filato. Si perdeva ad osservarle, le percepiva vicinissime al suolo perché riusciva a vederne bene la struttura. Annusò una margheritina gialla e la mise tra i capelli, poi si alzò per avvicinarsi alla riva del lago. La superficie era così brillante che sembrava uno specchio, mentre in lontananza la linea di confine tra cielo e acqua si confondeva nei colori, tanto da farli sembrare un unico elemento.

- Quante meraviglie ci concede la natura - disse a voce alta, voltandosi poi ad osservare il grande faro che sovrastava il molo. 

In completa solitudine, capitava che si ritrovasse a pensare a Terry.

- ...Cosa starà facendo adesso? - si chiese nella mente, con un intenso sentore di nostalgia.

Ogni tanto si ritrovava ancora a considerare se avesse fatto la scelta giusta, quella fredda sera di quasi tre anni prima. Con la lucidità dovuta allo scorrere del tempo, e al distacco emotivo che naturalmente procura, si era resa conto che era stata lei a decidere anche per Terry. Ma che Terry non si era opposto. Questo lo ricordava nitidamente, perché fu uno degli atteggiamenti del ragazzo che la ferirono maggiormente. Un altro era stato vederlo sulla terrazza dell'ospedale sollevare Susanna tra le sue braccia. In quel momento avrebbe voluto sparire! Si era sentita gelare il sangue, aveva brividi di freddo ed era rimasta pietrificata. Ricordava di aver letto sui giornali di gossip dell'epoca che tra Terry e Susanna era nato un sentimento, c'erano foto di loro due insieme, sorridenti, e nei trafiletti si leggeva che erano "fidanzati". A confermare il tutto, ricordava di averlo anche sentito dire in teatro, da alcune persone che stavano chiacchierando tra di loro, facendo pettegolezzi sugli attori di Broadway. Lei non voleva crederci, ma aver scoperto che Terry le aveva tenuto nascosto l'incidente di Susanna, unito all'atteggiamento del ragazzo e a quanto successo in ospedale, la portò impulsivamente a realizzare che forse tutto quello che aveva letto e che si diceva in giro era vero.

Che Susanna amasse Terry le era stato chiaramente detto da Susanna stessa, quella sera. Che Terry ricambiasse quel sentimento non poteva dire di averne la certezza, ma di sicuro quei due passavano molto tempo insieme, molto più di quanto avessero fatto loro da quando si erano ritrovati a Chicago. In fondo, a pensarci bene, dopo Chicago non si erano più rivisti. Erano entrambi molto impegnati con il lavoro e si erano scambiati solo delle lettere... e nemmeno tante. Lettere in cui non parlavano mai apertamente dei loro sentimenti.

- Due attori... che recitano anche scene d'amore insieme. Non è difficile ritrovarsi un bel giorno innamorati - pensava, mentre il cielo ancora terso si preparava a cambiare colore, lasciando l'azzurro intenso per diventare rosato. 

La brezza estiva del vespro sul viso cullava i suoi capelli e tutti i fiori intorno. Decise di incamminarsi lungo il sentiero per ritornare a casa.

Ripensò a quando era andata a New York piena di speranze, era molto innamorata di quel ragazzo e maledettamente felice. Rivedersi sarebbe stata l'occasione per parlare finalmente con tranquillità, guardarsi negli occhi, stare da soli, fare delle romantiche passeggiate a Central Park. Ma tutto questo non accadde... e quello che lei vide negli occhi di Terry era qualcosa che non capiva fino in fondo, ma che di certo non aveva niente a che fare con l'amore e con la felicità.

- D'altronde lui non mi ha mai detto o scritto di essersi innamorato di me. È anche possibile che io abbia frainteso tutto - continuò a pensare sulla strada del ritorno.

- Però... nemmeno io gli ho mai confessato di amarlo. Se entrambi non abbiamo mai affrontato l'argomento un motivo doveva esserci. Io credo di aver avuto paura all'epoca di quello che stavo cominciando a provare per Terry. Sì... forse è per questo motivo che non gliel'ho mai detto. Però a New York può darsi che mi sarei fatta forza, se le cose fossero andate diversamente.

E lui? Che motivo avrà avuto?... - si interrogò assorta, mentre guardava il profilo del paesaggio circostante. 

- Il motivo è semplice Candy - si disse da sola. - Evidentemente il suo sentimento non era abbastanza forte. E poi... la vita ci aveva già portato in due direzioni diverse e... succedono altre cose e... alcune perdono importanza mentre altre la acquistano. È il fluire della vita - concluse.
 
Ripensare a Terry le lasciava sempre una sensazione di malinconia. Aveva sofferto per lui, dopo aver lasciato New York ed essere rientrata a Chicago. Era una ragazza che non si lasciava andare allo sconforto, cercava sempre di reagire, ma c'erano momenti, quando era da sola nel suo appartamento di Chicago, in cui le lacrime all'improvviso scendevano giù senza volerlo. Lei le lasciava sgorgare, perché piangere la aiutava a liberarsi di tutta la tristezza che serbava nel cuore, e dopo si sentiva meglio. Per un attimo pensava che avrebbe voluto non averlo mai incontrato. Ma sapeva che non era vero. Da allora evitava volutamente la sezione spettacoli delle riviste. Anzi, evitava proprio le riviste. Non voleva leggere di Terry, né di Terry e Susanna insieme. Così da allora non sapeva più nulla di loro, di lui, e aveva pregato anche Annie di non riferirle niente, nel caso avesse letto qualcosa.

Nella conseguente maturazione di quanto vissuto nella sua adolescenza con quel ragazzo, pensò che le cose erano andate come dovevano andare. Al di là di atteggiamenti e scelte personali, il destino aveva avuto il suo ruolo. E lei lo aveva accettato. 
 

Uno scoiattolo le attraversò la strada. A distanza si fermò a guardarla, per poi scomparire tra la vegetazione. Questo intermezzo le diede l'occasione di interrompere il fluire dei suoi pensieri. Si accorse di essere quasi arrivata a casa e in lontananza riusciva a scorgere un'auto. 

- Ma sì, è Albert! - disse ad alta voce, raggiante.

Si mise a correre e raggiunse subito il vialetto.
Albert si era già presentato a Miss Pony e Suor Lane, che non lo conoscevano ancora. Lo avevano fatto accomodare, così quando Candy entrò in casa lo trovò seduto sulla poltrona che parlava con le due donne.

- Albert! Che sorpresa! Sono proprio felice di rivederti! - esclamò, correndo ad abbracciarlo.

Albert aveva portato dei regali per tutti, delle stufe da camera da utilizzare in inverno quando il freddo era intenso, poiché il caminetto, posto in una sola stanza, non poteva riscaldare l'intera casa. Occorrente di cancelleria, dei nuovi calamai con penna, carte da lettera, e per i bambini vestiario, giocattoli e libri di favole. A Candy invece porse una busta.

- Ma... è forse Natale e non ce ne siamo accorte? - disse dopo che tutti ebbero scartato i regali. - Grazie Albert, ma non dovevi disturbarti - aggiunse Candy.

- No, non è ancora Natale - rispose Albert in una risata, e Candy non poté fare a meno di considerarsi molto fortunata ad averlo nella sua vita. E non per i regali. Ma perché quell'uomo sapeva di buono, e di dolce e di meravigliosamente confortevole.

Eh già, Albert era un uomo ormai. Aveva 31 anni, anche se non li dimostrava, e la sua saggezza, la sua bontà, la sua gentilezza le erano stati sempre d'aiuto in passato. E sarebbe stato così per sempre.

- Cosa mi hai regalato Albert? - disse Candy mentre apriva la busta tra le sue mani.

- Aprila e vedrai - rispose lui, intento ad aiutare Miss Pony e Suor Lane a capire il funzionamento della stufa.

Candy estrasse un foglio. Cominciò a leggere attentamente il contenuto. Era una proposta di iscrizione ad un corso di specializzazione per infermiere. Avrebbe ottenuto una qualifica maggiore partecipandovi e avrebbe appreso tutta la metodologia necessaria per assistere medici specialisti di reparto. Il corso si svolgeva a New York e aveva una durata di sei mesi. Era un regalo di Albert, perciò non avrebbe dovuto preoccuparsi del costo.
Rimase in silenzio per qualche minuto, gli occhi fissi sul foglio che rileggevano in continuazione quelle righe, ma che soprattutto si fermavano sempre sulla parola NEW YORK. Quando si ridestò dallo stato di iniziale sorpresa e confusione, riuscì a far uscire la voce.

- Ma... Albert... - non riusciva a dire altro.

- Che c'è piccola, non sei contenta? - rispose lui, che nel frattempo le si era avvicinato e le aveva messo le mani sulle spalle, guardandola in viso.

- Tu sei molto brava nel tuo lavoro, secondo me è giusto che ti perfezioni, così potresti avere diverse possibilità di scelta nel tuo ambito professionale.

- Ma io ce l'ho già un lavoro, e mi trovo molto bene - rispose lei guardandolo negli occhi.

Albert vi lesse un certo timore. 

- Lo so che hai già un lavoro Candy. Ma non puoi pensare che le cose debbano restare sempre uguali nel tempo. Potresti avere altre opportunità e valutarle. E più sei qualificata e meglio sarà, non trovi? - la guardò facendole un occhiolino.

Candy lo ascoltava attentamente. Si fidava di Albert e sapeva che aveva sempre ragione. Le sue parole erano giuste, lei a volte dimenticava che le cose possono cambiare da un momento all'altro, e farsi trovare pronti poteva rendere tutto più agevole.

- Ok, hai ragione come sempre Albert. Ma il corso si terrà a New York! E per sei mesi! 

- Beh? C'è qualche impedimento? - le rispose l'amico dalla poltrona sulla quale si era accomodato nel frattempo.

- No... non si tratta di un impedimento... è che... dovrò partire un'altra volta... 

- Vedi Candy, questo tipo di corsi professionali si svolgono soltanto in grandi città e nemmeno in tutte. New York è la sede per eccellenza di tutte le novità. 

- Sì, immagino... - disse lei con voce bassa, guardando ancora una volta il foglio tra le sue mani.

- Puoi rifletterci su, se vuoi - aggiunse Albert. - I corsi partono a settembre, ma serve prenotarsi, perciò non hai proprio moltissimo tempo. Il vitto e l'alloggio sono compresi. Alloggerai nella residenza degli studenti, non è molto distante dall'ospedale in cui farai tirocinio - continuò, mentre sgranocchiava della frutta secca che era sulla tavola, precedentemente lasciata da Suor Lane insieme a del tè e dei biscotti.

- Capisco... va bene, ci penserò - disse Candy, cercando di dimostrare più maturità riguardo a quella proposta interessante per il suo percorso professionale, in quanto era probabile che Albert avesse intuito i suoi timori riguardo la città di New York. E lei non voleva darlo a credere. Si era confidata anni prima con lui, sulla decisione presa di non vedere più Terry. Perciò Albert sapeva tutto di lei e, da persona intelligente qual era, sarebbe stato capace di intuire l'origine della sua esitazione e indecisione.

- Sai Albert... - continuò Candy, cambiando discorso - volevo parlarti della questione del mio nuovo cognome. Dopo aver rinunciato al cognome degli Ardlay ho dovuto farmene dare uno nuovo! - esclamò sorridendo.

- Per gli orfani la procedura è questa: all'ufficio anagrafe di La Porte ne hanno scelto uno a caso, che verrà registrato come Lowell. Candice Lowell. Come ti suona? A me piace molto! - disse con la solita allegria che la accompagnava, e che sapeva tirare fuori anche all'improvviso.

- Candice Lowell - ripeté Albert. - Suona bene! - disse ricambiando il sorriso.

- E poi... - aggiunse Candy - volevo parlarti anche di un' idea che avevo in mente. Volevo parlartene di persona e aspettavo che tu venissi a trovarmi per farlo. 

- Dimmi piccola - rispose lui, mentre si sistemava meglio il cuscino dietro la schiena.

- Nelle sue lettere Patty mi scrive che sta facendo tirocinio presso alcune scuole in Florida. E mi ha parlato anche di scuole create all'interno di case famiglia, frequentate dai bambini ospiti. Questo mi ha fatto pensare che anche i nostri bambini potrebbero frequentare una scuola più vicina, senza recarsi in centro città ogni mattina, con tutte le difficoltà in inverno, e i costi per gli spostamenti. Solo che per il momento la scuola più vicina è proprio quella di La Porte. 

Albert la guardava interessato... idealmente ripercorreva il filo del discorso per capire dove Candy volesse arrivare, ma non voleva interromperla.

- Pensi che potremmo riuscire ad accedere ai fondi per la costruzione di una piccola scuola qui in campagna? Non dovrà essere necessariamente molto grande, dovrebbe accogliere soltanto i bambini della Casa di Pony, e al massimo tutti quelli residenti quaggiù. 

- Penso che sia un'ottima idea Candy. Dovrebbe esserci un programma per i fondi da destinare alle aree periferiche. Posso informarmi e ti faccio sapere non appena raccolgo delle notizie al riguardo. 

- Oh grazie Albert! Sapevo di poter contare su di te. Nel frattempo anche io cercherò delle informazioni più dettagliate. Ma tu sei sicuramente più esperto nelle questioni burocratiche. Speriamo di ricevere buone notizie allora - concluse lei, incrociando le dita in segno scaramantico.
 

Quando Albert andò via, dopo la cena, era ormai sera inoltrata. Candy era rimasta in cucina a rimettere in ordine le ultime stoviglie, mentre tutti in casa erano già andati a dormire.

Si sentiva euforica, tante cose erano successe quel giorno... ripensò alla proposta di Albert. New York. Il solo pronunciare il nome di quella città la faceva sentire strana, le dava sensazioni indefinite. Però, a pensarci bene, New York era una grande città. Di cosa aveva paura? Di incontrare Terry?? Certo era una possibilità, ma alquanto remota. E poi... non sapeva più niente di lui... poteva anche essere che non vivesse più lì. Si mise a pensare che ormai era diventata una donna. Che non doveva fare più delle scelte in base agli altri, ma doveva impegnarsi per fare tutto ciò che serviva a se stessa per crescere ed andare avanti.

- Non devo aver paura di niente - disse nella sua mente. - Se sarà a New York che devo andare... che New York sia! - pensò, mentre un guizzo di eccitazione per l'idea di una nuova esperienza le attraversava gli occhi.

Per quanto amasse profondamente l'Indiana, era sempre felice di poter fare nuovi percorsi e conoscere nuovi amici. Inoltre, dopo essersi ricaricata abbastanza nel suo posto felice, nel periodo a ridosso della guerra, era ora giunto il momento di sfruttare le attuali possibilità che il mondo offriva, nel suo tentativo di ripartire. E anche per lei quella partenza sarebbe stata un nuovo inizio. 

Se si guardava indietro, vedeva una ragazzina che era riuscita sempre a cavarsela, grazie ad un pizzico di fortuna, ma anche grazie alla sua audacia e tenacia. Era orgogliosa di sé, questo era il più bel regalo che potesse fare a se stessa. Ed ora era una donna. Avrebbe continuato così, senza lasciarsi influenzare dalle incertezze, ma concentrandosi sui suoi desideri e sui suoi sogni.
 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


Terry era stato impegnato tutto il giorno in teatro. Una lunga riunione con il direttore Hathaway, per il punto della situazione a proposito di recensioni e accoglimento degli spettacoli della compagnia nelle varie città americane, da cui erano ripartiti nel dopoguerra, e per stabilire una nuova organizzazione interna per la scelta del cast, le audizioni e le prove. Infine un incontro con tutto lo staff per annunciare il nuovo programma annuale, che sarebbe partito dopo l'estate con le prove della prima opera in scena, "Antonio e Cleopatra" di Shakespeare. 

Terry era un perfezionista sul lavoro. Dava il massimo nella recitazione... aveva un talento innato, che non doveva sforzare, ma proprio per questo la sua prestazione gli richiedeva di attingere intensamente a tutte le emozioni che aveva dentro di sé, gioia, dolore, rabbia, amore... emozioni che lui riusciva a tirare fuori, e ad interpretare con passione. Era questo un esercizio utile per lui, per conoscersi meglio. Per imparare a conoscere ciò che aveva dentro e che era capace di provare. Per imparare a dominare le sue emozioni o a lasciarle fluire.

Quando uscì dal teatro, il Princess Theatre, nei pressi della Sixth Avenue, erano circa le 6 pm, era una bellissima giornata mite e gradevole, così decise di godere un po' del tempo all'aria aperta. Si spinse fino a Central Park, dove tutto quel verde gli faceva dimenticare all'improvviso di essere a New York, in una grande metropoli. Benché non amasse i luoghi affollati, e Central Park lo era, specialmente d'estate, passeggiare lì lo preferiva di gran lunga alla Fifth Avenue. C'erano famiglie con bambini, ragazzi, artisti di strada, venditori di palloncini e quel microcosmo gli faceva ricordare di vivere in una delle città più vivaci ed elettrizzanti del mondo. Era da qualche anno che quella era la sua città, e ci viveva bene. Immaginò che forse, oltre a New York, gli sarebbe piaciuto vivere in Europa.

- Chissà... un giorno forse - pensò distrattamente.

Si sedette sotto un albero, su uno dei grandi prati del parco, in un punto più isolato, e mentre guardava in lontananza il laghetto, estrasse dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette e se ne accese una. Mentre stava per tirare l'ultima boccata, con la coda dell'occhio percepì una figura avvicinarsi. Si girò e vide una ragazza molto carina che gli andava proprio incontro.

- Ciao... - gli disse con un sorriso. - Ti ho visto altre volte venire qui a leggere. Amo molto farlo anche io, questo parco mi rilassa. Io mi siedo sempre laggiù, così ti ho notato - aggiunse lei, guardandolo fisso in viso.

Lui rimase un momento in silenzio. Certo, era un attore, ma non tutta la gente comune lo riconosceva. Le opere teatrali in cartellone erano appannaggio di gente aristocratica o alto borghese, e le riviste certamente venivano sfogliate, ma non tutti prestavano attenzione ai volti o al gossip. Quella ragazza sembrava non averlo riconosciuto, dunque non voleva un autografo. Il suo era un approccio per fare conoscenza.

- Cosa leggi di interessante? - rispose lui, spegnendo la sigaretta.

- In questo periodo sto leggendo "Jane Eyre", di Charlotte Bronte, una scrittrice inglese. Mi sta piacendo, sono rimasta affascinata dalla protagonista, Jane. Una donna forte e indipendente, passionale e di sicuro all'avanguardia per la sua epoca, pensa che il romanzo è stato pubblicato nella metà dell'ottocento. Settantadue anni fa! Pazzesco! - disse la ragazza, con un'espressione di stupore.

- Io comunque mi chiamo Amber. Tu come ti chiami? 

Terry, che solitamente era un misantropo, aveva deciso di dare un'opportunità alla sua interlocutrice. Non gli sembrava noiosa, a primo impatto, così decise di continuare la conversazione, senza trovare una scusa per andare via.

- Terry. E dunque ti piacciono i tipi all'avanguardia? - continuò lui, facendo uno dei suoi sorrisetti sornioni.

- Beh... sì - rispose lei, ricambiando il sorriso. - Questi personaggi sono davvero ispiratori!

- Vorresti essere all'avanguardia e non ci riesci o cos'altro? 

- Sì, vorrei esserlo. Vorrei liberarmi di tanti cliché e vivere i miei sogni. 

Terry non voleva rivelarle per il momento di essere un attore di Broadway. Quindi non le avrebbe raccontato che anche lui era un tipo all'avanguardia e anticonvenzionale per la sua epoca. A soli 15 anni aveva lasciato Londra e la scuola per venire in America a cercare di realizzare il suo sogno. Recitare! E ci era riuscito. 

- Dipende da quanta forza hanno i tuoi sogni. Se credi in qualcosa dovresti perlomeno tentare di conquistarla. I fallimenti faranno sempre parte del gioco. Ma si può sempre ripartire - rispose lui, guardando davanti a sé in un punto indefinito, e terminando la frase guardandola in viso. - È davvero carina... - pensò.

La ragazza aveva dei lineamenti delicati, lunghi capelli castani e due grandi occhi azzurri. Indossava una gonna ampia e lunga fino alla caviglia e una t-shirt bianca.

- Wow, che discorso serio - rispose lei, che non sembrava imbarazzata dallo sguardo di Terry. - Hai mai realizzato qualche tuo sogno? Da come parli sembra di sì.

Lui era rimasto a fissarla. La sua mente era volata ai suoi sogni, a quelli realizzati ma anche a quelli non realizzati. Stava cominciando a veder scorrere davanti a sé la sua vita, quando fermò il fluire dei pensieri che altrimenti lo avrebbero reso molto nervoso.

- Allora? - disse lei. - Se non vuoi parlarne non fa niente - aggiunse, tirandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e abbassando lo sguardo sulla copertina del libro che continuava a tenere tra le mani.

Terry si ridestò dalla sua evasione e non rispose. Amber notò il suo silenzio e cambiò argomento.

- Sei americano? Io sì, del Minnesota. Sono al primo anno di Università, studio Lingue alla NYU, al Village.

- Sì e no... - rispose lui, giù di tono. - Ho madre americana e padre inglese. Ho vissuto a Londra e ora vivo qui a New York, da sei anni ormai. 

Ripensare a quel periodo in Europa gli procurava una sensazione indefinita di amarezza. Erano stati anni che avevano accentuato il suo spirito di ribellione, anni in cui non andava d'accordo con i suoi genitori e in più aveva lasciato la scuola... e Candy.

- Hai vissuto a Londra?! Che bello deve essere stato! Desidero andarci un giorno...

- Sì... - rispose Terry, sempre con lo stesso tono di prima. Un tono privo di entusiasmo.
- Londra è molto bella. Te la consiglio - concluse lui.

Un silenzio scese tra i due, mentre il vento della sera smuoveva i fili d'erba intorno a loro.
 
- Ti va di vederci ancora? - chiese Amber. - ...Possiamo andare a prendere un gelato... se ti va - disse abbozzando un sorriso e guardandolo negli occhi.

Lui pensò che non c'era un motivo per rifiutare, così rispose: - Sì... mi va - ricambiando il suo sguardo.

La ragazza sorrise ancora. Così scrisse su un pezzo di carta con una matita l'indirizzo del campus universitario dove alloggiava, per fare in modo che Terry potesse passare a prenderla. Si erano accordati per vedersi la domenica successiva, intorno alle 4 pm.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


La domenica Terry aveva la giornata libera. La sera precedente, come accadeva spesso da un po' di tempo, aveva fatto fatica ad addormentarsi, rimanendo sveglio quasi tutta la notte. Erano circa le 2 pm quando la luce naturale nella stanza lo fece destare, ma non aveva voglia di alzarsi. Restò nel letto, pigramente, con l'avambraccio sugli occhi. Decise poi di prepararsi un tè, e fu costretto a cominciare la "giornata". 

Mentre aspettava che il tè si raffreddasse, giacché d'estate preferiva berlo quasi freddo, distrattamente notò sul tavolo un foglietto di carta. Lo aprì per controllarlo e vide che si trattava di una specie di mappa della zona che la ragazza del parco gli aveva disegnato qualche giorno prima, per il loro appuntamento. Terry aveva aggiunto in alto il nome della ragazza e il giorno e ora dell'appuntamento, per ricordarsene. Ma poi di fatto se n'era già dimenticato. Si chiese se fosse quella domenica... guardò l'orologio alla parete, mancava ancora un'ora e mezza e l'alloggio non era molto distante da casa sua.
 
Per un attimo gli venne in mente Candy.

- Chissà come sta... spero bene. Potrebbe essersi già sposata - pensò, con lo sguardo perso nel vuoto.

- Che sia Albert... o chiunque altro... sicuramente sarà capace di renderla felice. Lei lo merita... e avrà saputo capire ciò di cui aveva veramente bisogno. Forse qualcosa che io non sono riuscito a darle... o a dimostrarle - continuò, gettando il foglietto sul tavolo e cominciando a bere il suo tè.
 
Ricordò quanto era stato male dopo il loro addio.
Dopo aver messo le cose in chiaro con Susanna, il lavoro fu la sua ancora di salvezza fino a quando, con l'entrata in guerra dell'America, anche le produzioni teatrali dovettero fermarsi. Quello stop delle attività gli permise di avere molto tempo libero. E tutto ciò era pericoloso per le persone che vivevano condizioni di fragilità, come era lui in quel periodo. Aveva avuto molte volte l'impulso di darsi all'alcool, come gli era capitato da adolescente, per anestetizzare i pensieri e la sofferenza emotiva, ma da adulto, nella difficoltà, aveva tirato fuori una forza di volontà che non credeva di poter avere in un periodo tormentato della vita, e che lo teneva lontano da tentativi di autodistruzione. Accortosi di questo, ne approfittò per incanalare questa sua forza in qualcos'altro che potesse interessarlo e che riuscisse a tenerlo occupato. 

Riprese a cavalcare per diletto. Amava cavalcare e tre volte alla settimana andava in un maneggio alla periferia di Brooklyn dove, in un contesto in cui la natura tutt'attorno esplodeva vivacemente, cavalcava per circa un'ora Aron, un bellissimo cavallo dal pelo marrone con tantissime macchioline chiare simili a delle stelle. Quel momento della giornata che riusciva a ritagliarsi per sé, fuori dalla città, lo calmava e gli dava un senso di pace.

Si ritrovò inoltre, per caso, a frequentare una biblioteca in centro, dove cominciò a selezionare dei testi di vario genere da leggere. Trattati di psicologia, romanzi di formazione e anche testi sulle tecniche di recitazione. Attraverso quelle letture trovava alcune risposte alle sue domande. Notava come i mali del genere umano fossero sempre esistiti e condivisi attraverso quei racconti scritti molti anni prima. Quel tempo dedicato alla lettura sortiva in lui un effetto terapeutico.

L'unica abitudine poco salutare che mantenne fu il fumo. Nei momenti di maggior nervosismo fumava parecchio, ma gli sembrava che la nicotina contribuisse, insieme alle altre sue attività, a fargli scaricare le tensioni accumulate.

Uscire con donne diverse, invece, gli dava un surrogato d'amore che lui riconosceva come tale, ma proprio per questo lo trovava adatto a lui, per il momento, in quanto gli assicurava di non essere sopraffatto dalle emozioni, dalla delusione, dalle aspettative.

Con il blocco delle produzioni teatrali aveva pensato di mantenersi con un altro lavoro. Aveva letto un annuncio in cui una scuola privata per ragazzi cercava un insegnante di Recitazione, per le attività laboratoriali. Così, grazie al suo talento e ai suoi studi approfonditi sulle tecniche, si ritrovò ad insegnare, a contatto con adolescenti che gli facevano ricordare come era lui alla loro età. Prese tutto il buono da quell'esperienza, che fu oltremisura positiva. Quel periodo lo condusse a pensare di considerare quella professione come opzione in un futuro più o meno prossimo.

Di questa esperienza ne parlò con Robert Hathaway, con cui ogni tanto si incontrava per aggiornamenti sulla situazione teatrale. Il direttore fu contento che Terry fosse riuscito a trovare un altro modo temporaneo per diffondere l'arte e la passione per il teatro, e anche per mantenersi economicamente. Erano tempi difficili per tutti e vederlo tenace, non arrendersi, aumentò la stima che già aveva di lui. 

- Vieni con me Terry, sto andando in un posto. 

Si avvicinava il Natale, e Hathaway solitamente faceva un giro nei quartieri poveri per consegnare generi alimentari e beni di prima necessità a qualche famiglia più disagiata. Terry non era mai stato nei quartieri poveri della città, e l'impatto con ciò che vide toccò delle corde emotive in lui. Famiglie poverissime che vivevano con poco, in case molto piccole, ma che nonostante ciò avevano un sorriso sul viso, mantenevano la loro dignità e non si piangevano addosso, pur ringraziando Hathaway per la sua generosità.

Ad ogni angolo c'era qualche ragazzo giovane o più adulto in seria difficoltà con l'alcool. Li vedeva arrancare o seduti per terra con la testa bassa e la bottiglia in mano. Poteva immaginare che fosse gente disperata, e debole per poter reagire. Vide ciò che lui non sarebbe mai voluto diventare.

Terry era certamente un ragazzo intelligente, sensibile e profondo, e tutti quegli incontri lo indussero a considerare quanto lui fosse invece fortunato. Nonostante il duro periodo, dovuto alla guerra e ai suoi personali tormenti emotivi, aveva un lavoro, non aveva particolari difficoltà, era in salute, e dunque possedeva tutto per riuscire a non farsi prendere dallo sconforto. Certo, poteva contare solo su se stesso, pur avendo attorno persone fidate come sua madre e Robert. Ma era proprio quel fare affidamento solo su se stesso che lui riteneva utile, in quel momento difficile della sua vita, per crescere interiormente. Quella condizione di solitudine, che in parte lui amava, per una propria predisposizione caratteriale, gli aveva insegnato ad ascoltarsi e a prendersi emotivamente cura di sé.

Hathaway si era fermato sull'uscio di una casa a parlare con la donna che vi abitava, e l'attenzione di Terry fu attirata dal bambino della donna, seduto per strada, da solo, imbronciato e con le braccia incrociate al petto. Lui allora gli si avvicinò e il bambino gli regalò istintivamente un bellissimo sorriso. Terry gli porse una caramella, era tutto quello che aveva in tasca, e gli chiese perché fosse triste. Nacque un dialogo interessante tra i due, il bambino era molto propenso a spiegare che aveva litigato con un amichetto e Terry era molto attento nell'ascoltarlo.
 
- Ora te ne vai? Vieni a trovarmi ancora, Terry - gli disse Akim.

- Certo, te lo prometto - rispose Terry. 

Andando via con Hathaway si voltò e vide che Akim stava barattando la sua caramella con il suo amichetto di prima, per avere un giochino di cartone creato a mano. Terry non poté fare a meno di sorridere, Akim era proprio furbetto e intraprendente, e aveva già capito molte cose, pensò. Tornò a trovarlo per Natale, portandogli in regalo un trenino e dei dolci per la sua famiglia. Akim lo abbracciò forte, felicissimo, e sciolse il cuore di Terry.
 
Lentamente, con il tempo, riuscì a riprendere la lucidità per guardare agli eventi con distacco. Capì che con Candy le cose erano andate come dovevano andare... lui non l'aveva trattenuta, ma lei probabilmente voleva andare via. Non era colpa di nessuno. Così, con nuove consapevolezze maturate, e con la fine della guerra, Terry aveva ripreso in mano la sua vita.
 
 
Alle 4 pm Terry era davanti al campus della NYU.

Indossava una camicia blu e dei jeans, in America andavano sempre molto di moda e quando non voleva essere troppo elegante, erano il suo capo casual preferito. Amber arrivò puntuale, indossava un vestito giallo pastello lungo fino al ginocchio, senza maniche, stretto in vita da una cintura sottile, e al collo una lunga collana di perle. Si diresse verso Terry, che era appoggiato alla portiera della sua auto, e gli si avvicinò per salutarlo con un bacio sulla guancia. Lui sentì il suo profumo attraverso i suoi capelli e ne restò inebriato, fermandosi a guardarla. 

- Che buon profumo.

- Ti piace? È Acqua di Colonia - disse Amber. - L'ho comprata con i miei primi risparmi. Anche tu hai un buon profumo - aggiunse la ragazza, che pure nell'avvicinarsi a Terry aveva percepito delle piacevoli note olfattive.

Terry non rispose. Entrarono in macchina e si diressero a Coney Island. Un'ora d'auto, traffico permettendo, ma sarebbero stati fuori dal centro di New York.
Coney Island brulicava di gente. Le attrazioni del Luna Park, i negozietti e i food trucks la facevano da padrone, ma un ruolo di spicco apparteneva anche alla Promenade con vista sull'oceano. Essendo domenica si espandeva tutt'intorno un clima di festa, tra gli artisti di strada che suonavano l'organetto e l'odore nell'aria di zucchero filato e pop-corn. Presero pizza e Coca Cola e decisero di mangiare sulla spiaggia.

- Di cosa ti occupi Terry a New York? - chiese Amber, per conoscerlo meglio.

Pensando che la ragazza avrebbe potuto scoprire che lui era un attore, decise di dirglielo.

- Sono un attore teatrale - rispose, senza andare troppo nei dettagli.

- Wow! Allora devo venire a vederti a teatro qualche volta - disse lei sorridendo.

Terry fece un sorrisetto, senza aggiungere altro.

- Quindi giri il mondo per i tuoi spettacoli? 

- Di solito sì. Viaggio tra America ed Europa. 

- Non ti senti mai stanco? 

- All'inizio non mi sentivo mai stanco. Ero felice di poter svolgere la professione che desideravo. Ora invece un pochino di stanchezza la accuso. Ma è tutto nella norma. Con il tempo ci si abitua a tutto - disse Terry, passandosi una mano tra i capelli per tirarli indietro.

Amber si rese conto di quanto lui fosse bellissimo. Quel tipo la affascinava molto, anche mentalmente, e avrebbe voluto approfondire la sua conoscenza, sicuramente frequentarlo più spesso.

- Purché non ci si abitui a cose che non ci fanno bene, tutto è concesso - rispose lei, notando negli occhi di Terry una luce malinconica. A dire il vero l'aveva notata fin dal primo momento che lo aveva incontrato al parco. Pensò che fosse dovuta ad un suo aspetto caratteriale, ma a volte le sue parole le sembravano parole di delusione nei confronti di qualcosa.

- Abituarsi a situazioni spiacevoli ci porta a rimanerne assuefatti, e con il tempo non riusciamo più a renderci conto di cosa stiamo vivendo, non riusciamo più a distinguere le situazioni, perché la consuetudine ci fa apparire tutto normale. Credo che a volte sia utile tirare fuori il coraggio di ribellarsi - continuò la ragazza.

- Senti senti - rispose Terry. - E questo dove lo hai letto, nei trattati di psicologia di Wundt? - disse lui con una risata per stuzzicarla, un modo per smorzare il fatto che ci si stava addentrando in argomenti particolari che lui non voleva affrontare. 

- Mi prendi in giro? - rispose Amber, sorridendo anch'essa. - Ho letto Wundt, ma no, non deriva dal suo pensiero ciò che ho appena detto - disse con un tono di sfida, per fare intendere che era tutto frutto del suo ragionamento.

- Scherzavo - rispose lui, facendosi subito serio.

Notando che Terry aveva cambiato espressione, e avendo finito di mangiare la pizza, la ragazza propose di fare una passeggiata. Terry acconsentì. Si diressero verso la Promenade, e passeggiarono in silenzio per qualche metro. Si fermarono poi in un punto ad osservare l'oceano e le sue onde che si infrangevano a riva, le mille luci dei lampioni e le lampadine sceniche rendevano quel posto suggestivo e romantico.

Ci fu un momento in cui i loro occhi si incrociarono a lungo. La ragazza si sentì persa nello sguardo di Terry, e non riuscì a pensare a nient'altro se non che quello fosse il tempo giusto, così gli prese la mano... lui esitò un momento, poi le mise l'altra mano dietro la nuca, tra i capelli e si avvicinò lentamente per baciarla. Anche lei aveva avvicinato le sue labbra a quelle di Terry, riducendo la distanza tra i loro corpi. Si scambiarono un bacio intenso.                                                                                                        
Terry si staccò per primo e lentamente si voltò a guardare il panorama. La ragazza lo abbracciò da dietro, e lui istintivamente le prese le braccia per allontanarla, ma per non risultare troppo brusco, disse che si era fatto tardi e le propose di incamminarsi verso l'auto per ritornare alla City. Amber, che avrebbe voluto restare per un po' abbracciata a lui, ci restò male, ma non lo diede a vedere, e si incamminò con lui prendendogli la mano.

Terry era ora leggermente infastidito dall'esuberanza della ragazza, ma non voleva sembrare sgarbato ancora una volta, così restarono mano nella mano fino all'auto.

Rimase in silenzio per quasi tutto il tragitto di ritorno. Amber gli chiese se c'era qualcosa che non andava.

- No, niente - rispose lui, con gli occhi fissi sulla strada.

Lei non ne era molto sicura, ma diede per sincera la sua risposta.

Arrivati al campus, prima di scendere dall'auto Amber si avvicinò a Terry per baciarlo un'altra volta. Vide che anche lui si stava avvicinando a lei, così gli mise una mano sulla guancia e le loro labbra si unirono in un altro bacio passionale. Quando si staccarono, lei disse a Terry che aveva voglia di vederlo ancora. Lui la guardò e rimase in silenzio... Amber cominciò ad assumere un'aria interrogativa.

- Ci rivedremo. Domenica prossima - rispose.

La ragazza fece un sorriso di felicità, scese dall'auto e si inoltrò nei vialetti del campus.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


Candy aveva ricevuto una lettera di Annie. L'amica le raccontava della sua vita a Boston, e per l'estate la invitava a trascorrere del tempo con lei, Archie e altri loro amici a Cleveland, in Ohio, ospiti di un amico di Università di Archie.

La stanchezza accumulata cominciava a farsi sentire, dopo tanto tempo che lavorava senza aver mai preso delle vere vacanze, senza aver mai staccato la spina dalla routine quotidiana. Aveva proprio bisogno di passare del tempo spensierato con i suoi amici, tanto più che a settembre sarebbe dovuta partire per New York, per frequentare il corso di specializzazione che le aveva regalato Albert. Sarebbe cominciato per lei un nuovo percorso e sarebbe stata molto impegnata, tra studio intenso e tirocinio. Così fu contenta di quella proposta e accettò di unirsi a loro.

Annie non aveva trovato sui giornali notizie precise di Terry e Susanna in quegli anni trascorsi. Non era pertanto a conoscenza di dettagli particolari da nascondere a Candy, e si sentiva sollevata per questo.
 
Archie ed Annie arrivarono puntuali alla stazione di Cleveland per l'arrivo di Candy.

- Candy, siamo qui! - gesticolò Archie alla vista di una ragazza bionda che doveva essere proprio lei. Benché con le lettere si scambiavano qualche fotografia ogni tanto, era da tempo che i tre amici non si rivedevano, così la sorpresa nel ritrovarsi più cresciuti fu unanime.

- Oh Candy, sei bellissima! - disse Annie quando l'amica riuscì a raggiungerli, dopo essersi fatta spazio tra la folla di gente che gremiva la stazione.

- Ragazzi, sono felicissima di rivedervi! Anche tu sei stupenda Annie!

Annie portava sempre i suoi capelli lunghi e lisci, e vestiva alla moda, con abiti e cappellini raffinati, sia perché viveva a Boston, dove arrivavano le nuove tendenze provenienti da New York, sia perché, appartenendo ad una famiglia agiata, poteva permettersi molte cose. E lei adorava quel tipo di cose.  

Archie aveva tagliato un po' i capelli, era diventato più alto e anche lui subiva il fascino della moda del momento, indossando abiti ricercati. Lui ed Annie erano simili, da quel punto di vista.

Si diressero in auto a casa dell'amico di Archie che li avrebbe ospitati. Nei giorni seguenti, in città, avrebbero incontrato anche altri amici dei ragazzi, con cui avrebbero trascorso quel periodo di vacanza. Candy percepiva il profumo dell'estate sul suo viso, il dolce vento le scompigliava i capelli, lei ed Annie si erano adagiate con le spalle e la testa sullo schienale del sedile posteriore dell'auto, in modo da sentirsi più comode e cominciarono a cantare una delle loro canzoni preferite, intervallando pause e risate.

Ryan, l'amico di Archie che li ospitava, un ragazzo moro con gli occhi celesti, molto cortese e simpatico, li accolse nel suo grande giardino antistante la casa, facendo sentire tutti subito a loro agio.

- Archie, amico mio... finalmente l'estate può cominciare! E addio libri per un po'! - gli disse con una pacca sulla spalla. - Ciao Annie - aggiunse, salutando anche la sua fidanzata.

- Hai ragione Ryan. Ero tentato di bruciarli, ma non ero tanto sicuro che mi convenisse farlo - rispose Archie fingendo disappunto.

- Un falò letterario - aggiunse Ryan - Non male come idea - ed entrambi risero all'idea di un vero falò con tutti i loro testi di studio.

- Lei è Candy, una mia carissima amica.

- Ciao Candy, piacere di conoscerti. Hai degli occhi bellissimi. Spero che ti divertirai qui con noi.

- Grazie Ryan per l'accoglienza - si limitò a dire lei, ma con uno dei suoi sorrisi contagiosi.

Entrando in casa, il ragazzo indicò loro le stanze da letto, che erano al piano superiore. Annie e Candy dividevano la camera e vi entrarono per disfare le valigie e rinfrescarsi. Nel mentre si raccontavano percezioni e propositi per quel loro periodo di vacanza, e le loro risate riecheggiavano in tutta la stanza.

Sedute sul letto, Candy raccontò alla sua migliore amica dei suoi nuovi progetti. La scuola per i bambini dell'orfanotrofio e il corso di specializzazione a New York. Quando nominò la destinazione, Annie la guardò pensierosa, e Candy, che aveva intuito cosa volesse intendere la sua amica, disse che andava tutto bene. Che i corsi migliori si svolgevano in quella città e che quella era un'opportunità a cui non voleva rinunciare, per dar credito a fantasmi del passato. Inoltre il corso era stato un regalo di Albert, e accettarlo con gratitudine avrebbe significato apprezzare quanto Albert facesse per lei, anche se lei non gli chiedeva mai di fare qualcosa in particolare.

- Certo - disse Annie, colpita dalla matura risposta della sua amica. - Ti ha fatto proprio bene tornare per un po' nella nostra amata Indiana - aggiunse, mostrandosi felice per lei e per i suoi obiettivi.

- Sì, mi ha fatto molto bene quel periodo nella mia campagna. Ne avevo bisogno... ho maturato alcune consapevolezze... e credo di essere maturata anche io, nel frattempo.

- Ormai siamo delle donne - aggiunse Annie sorridendo e stringendo la mano della sua amica.

Candy si sentiva totalmente d'accordo con lei. Si sentiva cambiata, più capace di non farsi travolgere emotivamente dagli eventi. Il contatto con la natura, laggiù nella sua terra, le aveva restituito la sua dimensione, si sentiva una parte infinitesimale di quel mondo. La potenza pittoresca di ciò che la circondava, la forza nascosta nelle cose semplici, eppure così cariche di energia, suggestione e meraviglia, le avevano fatto comprendere che le cose non vanno forzate. Le cose accadono se devono accadere. Che non ne si può avere il controllo. Questa consapevolezza l'aveva aiutata a vivere più serenamente.
 
Le giornate di vacanza in Ohio trascorsero in un clima di allegria e spensieratezza. Ognuno di loro si era lasciato alle spalle un periodo intenso di studio o lavoro, così avevano proprio tutti voglia di divertirsi. Organizzarono delle escursioni nei dintorni e pic nic sul Lago Erie, tra grigliate, bagni, giochi e risate.

Durante una giornata al lago, uno dei ragazzi del gruppo, Julian, un ragazzo alto, biondo, con gli occhi marroni e i capelli non troppo corti, si era fatto male al viso, nel mezzo di uno dei loro giochi di squadra.

- Ah ma qui abbiamo un'infermiera... sei fortunato Julian - disse Archie, indicando Candy.

- Fammi vedere - rispose lei, andandogli incontro. - È una brutta escoriazione sul sopracciglio. Fortunatamente, per deformazione professionale, porto sempre con me l'occorrente di primo soccorso. Ti medico subito.

- Grazie Candy - disse il ragazzo, dolorante.

Nella distanza ravvicinata tra lui e Candy il ragazzo poté accorgersi meglio della sua bellezza autentica e naturale. A causa del sole le sue lentiggini si erano scurite leggermente e, insieme alla pelle più abbronzata, mettevano maggiormente in risalto i suoi limpidi occhi verdi.
Candy, impegnata a medicare la ferita, non si accorse di nulla.

- Ecco fatto. Dovrai cambiare la medicazione domani - gli disse, e nel guardarlo in viso si accorse ora che lui la stava fissando.

Leggermente imbarazzata si allontanò da lui per riporre la sua scorta medicale nella borsa.

Tutti proseguirono a divertirsi, nelle ore più calde Annie e Candy avevano posizionato i loro teli all'ombra di un grande albero e vi si distesero a chiacchierare.

- Hai visto come ti guardava Julian? È il fascino delle infermiere - le disse per stuzzicarla.

- Sinceramente non me ne sono accorta - rispose Candy, mostrando disinteresse.

- Lui è un amico di Archie. È molto carino... vive a New York, sai? Ha 25 anni, è un avvocato.

- Non capisco perché tu mi stia dicendo queste cose, Annie - rispose Candy fingendo scherzosamente perplessità. - Mi vuoi vedere fidanzata a tutti i costi??

- Ti voglio bene... e voglio vederti felice.

- Ma... non sono triste! - rispose lei con uno dei suoi meravigliosi sorrisi. - Non credo che io debba cercare l'amore, perché arriverà quando deciderà di arrivare - aggiunse, appoggiando il viso sul telo per rilassarsi.

- Sì, ma se non diamo una mano al destino... diventiamo vecchie! Non c'è niente di male nel conoscere nuova gente.

- No, certo che no - rispose Candy, sempre più rilassata in quella posizione che aveva assunto.
 
Il giorno della partenza era ormai prossimo, e Julian volle un momento avvicinare Candy per sapere qualcosa in più di lei. Era rimasto colpito, oltre che dalla sua bellezza, dalla cura e dalla dedizione con cui lo aveva medicato qualche giorno prima. Durante una passeggiata serale che stavano facendo tutti insieme, le chiese dove vivesse, cosa facesse.

- Sono un'infermiera, come hai potuto constatare - disse con un sorriso. - A proposito, mi sembra guarita la tua ferita - aggiunse, dando uno sguardo al sopracciglio del ragazzo. - Adesso vivo nell'Indiana, casa mia si trova lì. Ma a settembre partirò per un corso di specializzazione a New York. Starò via sei mesi. Tu?

- Io ci vivo a New York! Sono originario di Cleveland, ma dopo la laurea in Legge mi sono trasferito a New York, dove lavoro, da due anni ormai.

- Ti trovi bene lì? Sarà la prima volta per me, per un periodo così lungo - disse lei, tenendo lo sguardo basso.

- Oh sì, è una città poliedrica! Il lavoro va bene, e la vita sociale, dopo la guerra, ha ripreso a scorrere, forse anche più di prima.  

Candy lo guardò e annuì.

- Quando sarai a New York... mi piacerebbe rivederti. Cosa ne dici? - tentò lui.

- ...Non so... non ho ancora idea di quali saranno i miei ritmi in quella città... - rispose lei, dicendo la prima cosa che le era venuta in mente, per prendere tempo. - ...Ma... sì, perché no? - aggiunse poi, guardandolo per un attimo negli occhi e volgendo subito dopo lo sguardo altrove.

- Se mi dici dove alloggerai... potrei passare a trovarti un giorno. Oppure ti lascio l'indirizzo della mia abitazione... così... per tenerci in contatto... - disse Julian, cogliendo la risposta positiva di Candy.

- L'indirizzo non lo conosco a memoria. Non saprei dirtelo adesso. Lasciami il tuo - rispose lei, non pienamente convinta della modalità con cui si stavano accordando.

- Va bene. Te lo darò prima che tu parta. Spero di rivederti.

Candy gli sorrise e poi, restando in silenzio, si riunirono al gruppo che era rimasto a distanza a chiacchierare.
 
Giunse il giorno della partenza, Candy e il ragazzo non si rividero, ma Archie aveva per lei l'indirizzo che Julian aveva annotato e che gli aveva chiesto di recapitare a Candy.

- Julian mi ha chiesto di darti questo, Candy, non è potuto venire qui per salutarti di persona. Comunque... è un bravo ragazzo.

- Non lo metto in dubbio, Archie. Sì... - rispose lei, prendendo la nota che Archie le stava porgendo - ...Vorrebbe che ci incontrassimo a New York. Sinceramente non so se succederà, sarò travolta da una nuova realtà laggiù - aggiunse, abbozzando un sorriso.

- Certo Candy. Fai ciò che senti, non preoccuparti di nulla. Ti auguro buon viaggio - rispose lui abbracciandola.

- Candy... promettimi che ci vedremo un giorno, mentre sarai a New York. Boston non è troppo lontana dalla Big Apple. Ho sentito che qualcuno chiama la City con questo buffo nome. Chissà perché! Comunque... ci conto! - disse Annie quando fu la volta di salutare la sua amica.

- Big Apple?! Non saprei... - rispose Candy, interrogandosi brevemente sul significato di quel nome. - Certo Annie, troverò un po' di tempo per la mia migliore amica - aggiunse, mentre entrambe si stavano abbracciando.

- Non vedo l'ora! - rispose Annie, ancora stretta nell'abbraccio con sua "sorella".
 
Nella calda estate americana le settimane scorrevano velocemente anche a New York. Nemmeno di sera l'afa lasciava spazio al fresco, ma restava pur sempre l'unico momento più piacevole per fare una passeggiata, rispetto al giorno.

Ad agosto la compagnia Stratford aveva concesso a tutti i suoi membri il meritato riposo, così Terry aveva pensato di volerne approfittare per fare un viaggio. Per lavoro aveva viaggiato di frequente, ma non era mai riuscito a godersi i luoghi in cui avevano soggiornato, perché spesso ripartivano quasi subito. Aveva deciso di andare in Florida, dove avrebbe trovato mare e relax.

La domenica pomeriggio frequentava ancora Amber, la ragazza incontrata a Central Park. Da allora si erano visti solo due volte, di domenica, perché durante la settimana erano entrambi molto impegnati, lei doveva studiare per un paio di esami, e inoltre doveva rispettare l'orario imposto dal campus per il rientro serale. Terry la trovava una ragazza interessante, intelligente e simpatica. Una compagnia piacevole. Inoltre gli era parso che lei non fosse molto interessata al fatto che lui fosse un attore, nel senso prestigioso e mondano del termine, e questo era un dettaglio che lui considerava apprezzabile. Per tutti questi motivi si era detto che avrebbe proseguito a vederla, l'avrebbe frequentata ancora per un po' di tempo, prima di decidere se andare avanti o smettere di vedersi. E lei era la prima ragazza, dopo tanto tempo, su cui faceva questo tipo di pensieri, mirati ad una vera conoscenza.

Una domenica pomeriggio, dopo essere stati nel New Jersey a prendere un gelato, di ritorno alla City Terry le propose di andare nel suo appartamento. La ragazza, che era scaltra nonostante i suoi 20 anni, aveva capito che Terry voleva finalmente stare un po' da solo con lei, così accettò subito. Anche lei non desiderava altro, ma non voleva apparire precipitosa.

Giunti in casa, Terry si versò un bicchiere di Prosecco, fresco di frigo. Chiese se ne voleva anche lei.

- Sì grazie. Mi piace molto il Prosecco. 

Si sedettero sul divano, Terry le parlò della sua idea di andare in Florida per le vacanze.

- Che bello! - esclamò Amber. - Ci sarebbe un posticino anche per me? - aggiunse.

Terry la guardò, sorrise distogliendo lo sguardo e disse che se non aveva di meglio da fare poteva unirsi a lui, se lo desiderava.

- Di meglio dici? - rispose lei, guardando in aria e facendo finta di pensarci su. 
- Cosa potrei avere di meglio da fare che stare con te? - disse guardandolo negli occhi e avvicinandosi di più a lui.

Terry rimase in silenzio.                                                                                                                            

Lei lasciò il suo bicchiere quasi vuoto di Prosecco sul tavolino al lato del divano. Gli tolse il bicchiere vuoto dalla mano e poggiò anche quello. Si avvicinò ancora di più, gli prese la mano e se la portò sulla vita. Poi cercò le sue labbra. Terry non si mosse. Restò per un momento in balìa di ciò che stava succedendo, poi lentamente dischiuse le labbra e si scambiarono un bacio profondo, intenso, lei gli mise le mani tra i capelli mentre lui portò istintivamente la sua mano dalla vita sulle sue gambe, sollevandole il vestito. Amber si adagiò all'indietro, distendendosi sul divano e Terry le fu sopra, baciandola sul collo. Tirando su le braccia per stringerlo a sé, la ragazza fece cadere uno dei bicchieri poggiati sul tavolino. Lui sollevò la testa per il rumore improvviso e in questo ridestarsi dall'estasi in cui stava scivolando gli cadde l'occhio sull'orologio alla parete. Mancava mezz'ora al termine delle ore libere fuori dal campus, e Terry si rese conto che non avrebbe fatto in tempo a riaccompagnarla. Così si discostò da lei e si alzò dal divano. Si piegò sulle gambe per raccogliere i cocci di vetro caduti sul pavimento.

- Potresti farti male... se ci metti un piede sopra - disse Terry, chino sul bicchiere frantumato.

- Grazie per la tua premura - disse la ragazza con un tono basso di voce, guardandolo un attimo e abbassando poi la testa per abbottonarsi la camicetta. 

- È tardi - disse Terry - se non ti riaccompagno adesso non riuscirai a rientrare e resterai fuori.

- ...Potrei restare a dormire qui - disse lei, leggermente imbarazzata dalla sua audacia e dalla sua iniziativa - ...E tornare al campus domattina. Tanto siamo in estate, e non abbiamo nemmeno lezioni da seguire.

- Ma... potete farlo? Non avete l'obbligo di rientrare? - chiese Terry, fermandosi e voltandosi verso di lei mentre stava andando in cucina per buttare i cocci di vetro nella spazzatura.

- Non se ne accorgeranno - disse Amber, facendogli l'occhiolino. - Una mia compagna di studi lo fa qualche volta. 

Terry abbassò lo sguardo, poi si diresse in cucina. Lei lo raggiunse, si ritrovarono l'una di fronte all'altro, ma lui restò immobile a guardarla a distanza, mentre lei sperava in cuor suo di ricevere l'accoglienza di Terry per quella notte. Dopo qualche secondo lui si diresse nell'atrio per prendere le chiavi dell'auto, passandole accanto.

- È meglio andare, non vorrei causarti delle grane - disse.
 
Davanti al campus, ancora in auto, Amber chiese a Terry se c'era qualche problema.

- No. Perché? - rispose un po' seccato.

- Così... mi era sembrato.

- Va tutto bene - rispose lui con la sua voce profonda, girando adesso il viso verso di lei.

- Allora la settimana prossima vieni con me in Florida? - chiese alla ragazza.

- Se ti fa piacere... sì - rispose lei, un po' giù di tono.

- Pensi che te lo avrei chiesto se non avessi voluto? 

- Ok - rispose lei. - Buonanotte - disse, guardando un istante il suo viso serioso e aprendo la portiera per scendere dall'auto.

- Buonanotte - rispose Terry.

La vide entrare nel cancello dell'Università e sparire nel buio della sera. Accese i fari, mise in moto e ripartì verso casa. 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


A Miami Beach la vacanza all'insegna del relax stava volgendo al termine.
Terry e Amber erano stati un po' in disaccordo sullo svolgimento delle giornate, in quanto Amber voleva fare tante attività e vedere troppe cose, mentre Terry aveva bioritmi diversi e voleva anche trascorrere dei momenti in cui rilassarsi pigramente dopo un anno di lavoro. Perciò capitava che lei andasse in giro da sola e poi loro due si davano appuntamento in un punto della città per ritrovarsi.

Una sera erano in fila davanti ad un carrettino dei gelati per prenderne uno, quando Terry si sentì chiamare.

- Terry! 

Si voltò sorpreso e davanti a sé vide una ragazza, che a primo impatto ebbe la sensazione di aver già visto da qualche parte, ma non ricordava esattamente dove.

- Ciao, sono Patty, ti ricordi di me? Ero l'amica di Candy alla St.Paul school. Certo che ne è passato di tempo! - disse con un timido sorriso.

- ...Patty!...Certo, ora mi ricordo di te. Beh, sì, ne è passato di tempo... infatti non ti avevo riconosciuta - disse lui guardandola dalla testa ai piedi e notando che era diventata una donna. Più alta, con gli occhiali, capelli un po' più lunghi e mossi. 

Era con un ragazzo, Terry non sapeva se parlare o meno di Stair. Aveva letto la notizia della sua morte sui giornali, ma poi pensò che non voleva parlarne, per non metterla a disagio, così non disse niente. Patty, dal canto suo, passava lo sguardo da Terry alla ragazza che era accanto a lui e viceversa. Amber si avvicinò di più a Terry e lo prese sottobraccio. Lui non si ritrasse e Patty fissò lo sguardo su quella posizione della ragazza, mentre Terry sembrò non farci caso. Poi Patty sorrise, facendo finta di niente.

Ci fu qualche secondo di silenzio, ma subito dopo gli chiese come stava, cosa faceva.

- Vivo a New York, da quasi sei anni ormai. E sono un attore di teatro - disse con un'espressione serena. - Tu invece? 

- Dopo la morte di Stair... non so se hai saputo... 

- Sì, l'ho letto sui giornali. Mi è dispiaciuto moltissimo, era davvero un bravo ragazzo. 

- Sì... beh vedi... dopo la sua morte sono venuta a stare qui in Florida da mia nonna, per cambiare aria e riprendermi. E poi sono rimasta qui perché ho cominciato l'Università, studio Pedagogia, vorrei diventare un'insegnante un giorno. Lui è il mio fidanzato, Eric. Ci sposeremo l'anno prossimo - disse sorridendo.

- Piacere, Eric - disse il ragazzo, tendendo una mano a Terry.

- Terry - disse lui, rispondendo alla stretta di mano. - Chissà se la St.Paul school è ancora in piedi dopo i bombardamenti della guerra - continuò, guardando Patty, con un pizzico di ironia nella voce.

- Sai che non lo so? - rispose lei incuriosita, cogliendo l'ironia. - Suor Gray è sopravvissuta di sicuro, lei era una roccia! "Vecchia strega" osò chiamarla Candy. Che coraggio! - aggiunse, mettendosi una mano davanti alla bocca e soffocando un sorriso. Era un aneddoto che le era venuto fuori spontaneamente e quasi si pentì di averlo detto.

- Già - disse Terry, facendosi serio in viso.

Il nome di Candy era venuto fuori due volte, e siccome lui non voleva che si arrivasse a parlarne, cercò di tergiversare. Era arrivato il loro turno per comprare il gelato e allora fece finta di essere impegnato a scegliere il gusto del cono. Ma Patty gli propose di fare un pezzo di strada insieme, anche loro stavano comprando il gelato, così Terry non ebbe via di scampo e, sempre per non risultare scortese, giacché nel tempo aveva imparato a smussare questo suo lato in certe situazioni di disagio, accettò.

- La guerra è stata un periodo buio per tutti - proseguì Patty, mentre passeggiavano tutti insieme - ma adesso ognuno di noi ha finalmente ripreso in mano la propria vita. Annie ed Archie ad esempio, li ricordi? Vivono a Boston e si sono fidanzati ufficialmente. 

- Certo che li ricordo - rispose Terry. - Siete rimasti in contatto tutti quanti, eh? - chiese, rendendosi conto subito che quella era una domanda insidiosa, ma ormai l'aveva pronunciata e non poteva rimangiarsela. - Accidenti! - pensò tra sé.

- Sì! - rispose Patty euforica. - Candy ed Annie sono ancora le mie migliori amiche, quel periodo vissuto a Londra ci ha fatto conoscere e ci ha portato a stringere una bellissima amicizia che non finirà mai! Sono grata per questo, ci scriviamo delle lettere, così ci raccontiamo delle nostre vite e quando possibile cerchiamo anche di vederci. Dopo che... - Patty si interruppe. 

Stava dicendo "Dopo che vi siete lasciati", ma riuscì in tempo a cambiare i termini.

- ...Dopo che anche l'America entrò in guerra... Candy decise di tornare alla Casa di Pony, e dalle lettere che ho ricevuto finora è ancora lì. Fa l'infermiera in un ambulatorio medico. 

- S - ì... lo sapevo che si era diplomata da infermiera - disse Terry con voce bassa e con un'espressione assorta.

Amber, che fino a quel momento era stata ad ascoltare in silenzio la loro conversazione e non era stata nemmeno presentata, decise di intromettersi nel discorso. Non voleva presentarsi come la fidanzata di Terry. In fondo, si frequentavano ancora da poco tempo per potersi definire fidanzati, anche se credeva che stesse nascendo qualcosa tra di loro. In Florida avevano fatto l'amore per la prima volta e lei vedeva nella passionalità di Terry un reale coinvolgimento. Volle partecipare al discorso e chiese: - Chi è Candy? 

Aveva intuito qualcosa perché Patty si era presentata come "l'amica di Candy" e aveva anche notato le espressioni malinconiche e tese sul viso di Terry quando si parlava di lei. Era un'acuta osservatrice. Perciò con una curiosità tutta femminile ora aveva fatto quella domanda. Il silenzio si impadronì di quel quartetto. Patty la guardava, pensando che Terry non l'aveva nemmeno presentata e che non era stato un gesto educato. Poteva intuire che i due stessero insieme, ma se fossero sposati Terry l'avrebbe certamente presentata come sua moglie. Lui però non lo aveva fatto, perciò doveva essere una sua amica o qualcosa di più. Inoltre Terry non portava la fede, aveva notato Patty con arguzia.

Poi cercò di rispondere a quella domanda inaspettata.

- Beh... ecco... - non sapeva come proseguire e guardò in basso.

Terry deglutì di colpo il gelato che aveva appena assaggiato. Attingendo a tutte le sue capacità istrioniche e cercando di apparire imperturbabile, disse la prima cosa semplice che gli venne in mente.

- Una nostra amica in comune, ai tempi della scuola a Londra.

- Già... - si affrettò a dire Patty.

Amber li guardò stranita, ma diede l'impressione di farsi bastare quella risposta.

- E comunque io sono Amber... Terry si è dimenticato di presentarmi, lo farò io - disse con un sorriso forzato e un tono sarcastico.

Terry la guardò indispettito, ma si rese conto che effettivamente non l'aveva presentata, e l'aveva tenuta fuori dai discorsi. In realtà l'aver incontrato Patty l'aveva riportato indietro ad una vita fa, e si era dimenticato davvero della sua presenza in quel momento. Si era alienato da lei. Ed era stato da maleducati non presentarla, ma non ci vedeva una colpa grave.

- Sì, hai ragione, scusami - disse. - Lei è Amber... una mia amica - aggiunse.

Amber e Terry si guardarono per qualche secondo. Poi lui voltò lo sguardo dritto davanti a sé.

Patty sapeva che Candy aveva detto ad Annie di non voler essere informata di eventuali notizie lette sui giornali che lo riguardavano, così lei non avrebbe raccontato niente a Candy di quell'incontro avvenuto per caso.

- Ora dobbiamo andare - disse Terry a Patty e ad Eric.

- È stato un piacere rivederti... buona fortuna per i tuoi studi e auguri per il matrimonio! - aggiunse, stringendo la mano ad entrambi.

- Grazie Terry! Buona fortuna per tutto anche a te - disse Patty. Poi guardò Amber e la salutò con un "Ciao" e un cenno della testa.
 
Rientrando in hotel, per strada Terry camminava con le mani in tasca e non parlò di niente per tutto il tragitto. Amber, pur non avendo apprezzato il suo comportamento di poco prima, assecondò il suo silenzio.

Quando furono in stanza lui le prese le mani e la tirò a sé. Amber era arrendevole, non si oppose... era già innamorata di Terry, ma non gliel'aveva ancora detto. La baciò con passione, ricambiato, mentre cercavano di spogliarsi, poi la sospinse contro il muro. Lei lo abbracciava mettendogli le mani tra i capelli, fecero l'amore così, spostandosi poi nel letto, dove proseguì la loro notte insieme.

Il mattino dopo, quando Amber si svegliò, Terry non era accanto a lei.
La tenda svolazzante, sulla porta che conduceva all'esterno sul piccolo balcone, le fece intuire che lui fosse lì fuori. Si mise qualcosa addosso e si affacciò timidamente sulla porta, mentre con una mano si copriva leggermente gli occhi a causa del bagliore del sole. Terry era lì, di spalle, affacciato al balcone che dava su una stradina secondaria che conduceva alla spiaggia. Era scalzo, indossava jeans e una t-shirt e stava fumando. Sveglio dalle 5 am, aveva fatto una doccia e si era seduto fuori ad ammirare l'alba spuntare dalla linea di confine con l'oceano, con i suoi pittoreschi colori pastello che dipingevano il cielo di mille sfumature, mentre l'aria fresca sulla pelle gli dava una sensazione piacevole dopo l'afa che aveva avvolto la sera precedente.

Aveva ripensato all'incontro con Patty. Al fatto che non voleva arrivare a sapere di Candy ma che alla fine quel nome era venuto inevitabilmente fuori, e in qualche modo si era arrivati a parlare della sua vita. 

- È tornata alla Casa di Pony - pensò con un'espressione interrogativa. 

- Se vive lì - proseguì - allora non è sposata con Albert. E con nessun altro uomo.
Non vivi alla Casa di Pony se sei sposata... al massimo vivi nell'Indiana... e Patty ha nominato proprio la Casa di Pony. 

Potrebbe però essere fidanzata, questo è possibile - aggiunse, nei suoi pensieri.

"Finalmente ognuno di noi ha ripreso in mano la propria vita", ricordò che Patty disse queste parole.

Ebbe per un attimo la coscienza di capire che si stava torturando di nuovo con quelle considerazioni, su una donna che era uscita dalla sua vita quasi tre anni prima. E non lo trovava giusto, torturarsi. Tirò una forte boccata alla sigaretta, respirò intensamente il fumo e chiuse gli occhi. Non voleva più pensarla.

Fece un percorso a ritroso con la sua mente, si concentrò su quanto era riuscito a conquistare da solo, in termini di forza interiore, coraggio, volontà e tenacia. Non era stato tutto facile, anzi. Pur avendo avuto una sorta di tentazione, era stato capace di non perdersi, di non autodistruggersi, di concentrarsi su ciò che invece poteva fare per stare meglio. La sua autostima ne aveva guadagnato e ora sentiva anche di essere capace di lasciar fluire le emozioni, senza ingabbiarle. Ora sentiva il suo animo predisposto a dare e a ricevere. Aveva capito che il dolore era parte della vita, e che senza di esso non sarebbe riuscito a mettersi alla prova e ad evolvere come essere umano. Senza la sofferenza emotiva non sarebbe riuscito a vedere nitidamente intorno a sé e ad apprezzare tutto il resto. 

In questo ordine di pensieri, giunse a chiedersi cosa gli mancasse per essere felice.

- L'amore? - si domandò, in quella conversazione interiore che stava sostenendo con se stesso.

- Forse. Ma è un elemento sopravvalutato. Arriverà, se deve arrivare. Sono sicuro che saprò riconoscerlo - continuò interiormente. Non voleva forzare le situazioni. Voleva vivere alla giornata, senza progetti e ansie particolari.
 
Sul tavolino c'era un romanzo di Dickens, "Hard Times", aperto ma poggiato al rovescio, per tenerne il segno. Amber notò che nel posacenere c'erano quattro mozziconi spenti. Doveva averle fumate tutte quella mattina, perché il giorno prima erano stati fuori insieme fino a tarda sera e il posacenere era stato sicuramente svuotato dalla donna delle pulizie.

- Buongiorno - disse la ragazza avvicinandosi. Gli cinse la vita e gli diede un bacio sulla schiena, annusando il suo buon profumo.

Terry si voltò. - Buongiorno a te - disse con un'espressione seria.

Si divincolò dolcemente e andò a spegnere la sigaretta nel posacenere.

- Sei nervoso? - disse Amber, preoccupata.

- No, perché me lo chiedi? - rispose infastidito.

- Beh... hai fumato... cinque sigarette in... quanto tempo? Due ore? - disse indicando il posacenere con i mozziconi spenti.

- Chi sei, mia madre? - disse lui alterato dalla sua predica.

- Oh calmati! Non sono tua madre, ma se percepisco qualcosa non posso parlartene? - rispose Amber alzando leggermente il tono della voce.

- E cosa percepisci, sentiamo... oltre al fatto che sarei nervoso - rispose seccato. 

- Non sono nervoso, non c'è niente che non va, va tutto bene e non so quante altre volte devo ripetertelo. Ma tanto tu sembri non ascoltare - disse prendendo il libro dal tavolino e voltandosi per rientrare dentro.

Lei lo seguì e rientrò. - A me non sembra che vada tutto bene! Sei scostante... ma se tu ti ostini a dire che è tutto ok... ok! - disse, alzando le mani in segno di resa.

- Ecco brava. Finalmente lo hai capito. Finalmente - ripeté.

- ...Per fortuna che questa vacanza è terminata! - disse la ragazza - Non vedo l'ora di tornare a New York. Certe volte sei così insopportabile! 

Terry, che stava preparando la sua valigia, sollevò lo sguardo verso di lei, poi riprese a prendere la sua roba dall'armadio per preparare i bagagli.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 ***


Rientrati a New York, Terry aveva ancora due giorni liberi prima di ritornare al lavoro. Decise che sarebbe passato a trovare sua madre e avrebbero pranzato insieme, lei viveva a Long Island, e il loro era un buon rapporto, da quando si erano riappacificati in Scozia.

Ricordò che era successo tutto grazie a Candy, ma ancora una volta il fatto di pensarla lo innervosiva. Certo le cose erano andate proprio così, ma non voleva soffermarsi troppo su quell'aneddoto, così ricacciò dalla mente le immagini che stavano ricominciando ad apparire come un sogno davanti ai suoi occhi, di quella serata trascorsa insieme nella sua villa, vicino al camino, mentre fuori era scoppiato un acquazzone improvviso... e di quanto erano vicini, senza tuttavia riuscire a liberare le loro emozioni. Era immerso in questi pensieri mentre guidava sul Queensboro Bridge, sull'East River, per raggiungere Long Island. Guidare per miglia lo rilassava, così si concentrò sulla sensazione del vento sulla faccia e tra i capelli, nel tentativo di calmare il suo animo azzerando la mente.

Eleonor si era ritirata dalle scene, ma collaborava con una Accademia di Recitazione nella rivisitazione di alcune pièces teatrali, riscrivendone i testi e riadattandoli.

Fu contenta di rivedere suo figlio, era da un po' che non si incontravano.

- Terry! Fatti abbracciare! - disse in un moto d'affetto materno.

Uscirono nello spazio aperto sul retro della casa, che affacciava su una strada non principale, ma con vista sull'oceano.

- Allora, com'era Miami, ti sei divertito? - gli chiese Eleonor, mentre entrambi si accomodavano sulle poltroncine da esterno con cui la donna aveva arredato quella zona della sua nuova casa, adornata da piante e fiori in vaso che conferivano un aspetto esotico. 

- È solitamente mondana - rispose Terry. - Posti che sostanzialmente non amo, ma volevo trascorrere un po' di tempo al mare e rilassarmi... e se ti impegni puoi rilassarti anche a Miami, senza farti trascinare nel vortice della socialità - aggiunse, chiedendo se poteva fumare.

- Sì... ma... tesoro mio... perché non provi a smettere? Il fumo non fa bene, lo sai - gli rispose Eleonor, con un'espressione di non apprezzamento per quella abitudine di suo figlio.

- Ma dai, non fumo tantissimo - disse Terry con la sigaretta tra le labbra, ancora da accendere. 

- E poi... mi aiuta a scaricare le tensioni. Smetterò quando non ne sentirò più il bisogno - continuò, abbassando lo sguardo per non incrociare quello di sua madre.

- Sarà... - rispose Eleonor. - Di quali tensioni parli? C'è qualche problema, ti riferisci al lavoro, ti stanca molto? - chiese premurosamente.

- Ultimamente sì. Nei periodi intensi proviamo fino a tarda sera, e a volte sono sfinito. Ma va bene così. È la professione che ho scelto, mi piace da morire, e continuerò finché avrò voglia. Se un giorno non dovesse più appassionarmi, potrei anche cambiare mestiere - disse con un tono ironico, non trovando da accendere e mettendo a posto la sigaretta.

Eleonor non fu completamente soddisfatta della risposta, aveva intuito che suo figlio non le avesse detto proprio tutta la verità, ma decise di non insistere, così annuì semplicemente. La donna era a conoscenza di tutta la storia di Susanna. E di Candy. Era riuscita a far in modo che Terry si confidasse con lei all'epoca e gli aveva offerto tutto il suo supporto. Non lo aveva consigliato in un modo o in un altro, perché la decisione spettava a suo figlio e ciò che provava e che aveva nel cuore poteva saperlo soltanto lui. Ed era anche a conoscenza di come si erano concluse poi le cose con Susanna. Lei e Terry cercavano di vedersi spesso, e benché lui fosse un tipo riservato, si era accorta che a volte aveva proprio bisogno di parlare, quando viveva certe situazioni pesanti, senza però andare troppo nei dettagli. La donna era contenta di questo, perché significava non solo che suo figlio si fidava di lei e la riteneva capace di ascoltarlo, ma anche che lui stava imparando a non tenersi tutto dentro, con il rischio poi di scoppiare o di distruggersi con la sofferenza.

- Sai che cosa sono venuta a sapere? - disse Eleonor, con l'aria di chi sta per rivelare un pettegolezzo. - Che l'operazione per cercare di recuperare la funzionalità della gamba di Susanna è riuscita perfettamente. Ora l'attende un lungo periodo di riabilitazione, ma i medici sono ottimisti. Pare che riprenderà a camminare. Inoltre... si è fidanzata con Jack, un attore della compagnia Stratford che interpreta spesso ruoli secondari, dovresti conoscerlo. 

Terry la guardò esterefatto. Non poteva credere alle sue orecchie. Era sinceramente contento per Susanna, sia per la riabilitazione che per il fatto che si fosse fidanzata, ma soprattutto era contento che lei fosse riuscita a liberarsi della sua ossessione nei suoi confronti e a provare a vivere la sua vita. Sperava davvero per lei che ci riuscisse sul serio.

- Sono contento per lei - disse a sua madre. - Finalmente. Per i pronostici medici dobbiamo dire grazie alla scienza. Per il resto... devo dire che in verità ero scettico riguardo al fatto che avrebbe provato a capire il mio discorso, ossessionata com'era. Ma quello che ho appena sentito mi fa ricredere. In teatro nessuno parlava più di lei, o forse ero io che non mi prestavo alle chiacchiere durante le pause. Perciò non ne sapevo niente. 

- E tu come stai?...C'è qualcuno di importante adesso nella tua vita? - azzardò la donna. 

- È passato qualche anno ormai da... - fece una pausa - ...Sei ancora innamorato di Candy? Sai che non voglio essere invadente... ma vorrei che mio figlio fosse felice. Lo sei Terry? 

- Non vuoi essere invadente ma poi alla fine è quello che fai - rispose Terry con un leggero sorriso sulle labbra, per non risultare troppo severo con sua madre, ma usando quella risposta come reazione di difesa. Si sentì infatti interiormente turbato da quella domanda, a cui cercò di non rispondere e che lo portò a voltare il viso verso l'oceano, istintivamente, per impedire a sua madre di leggere nei suoi occhi.

- Scusami, non era mia intenzione... - si affrettò a dire la donna, certa di aver colto nel figlio una sorta di inquietudine nel sentir nominare quella ragazza bionda con le lentiggini. 

- Sto bene mamma. Non devi preoccuparti. Ormai ho superato quella fase. Mi sto impegnando per vivere la mia vita al di fuori del lavoro come realmente desidero. Non è facile ma sono sulla buona strada - disse alzandosi.
- Tu invece? Come stai? - chiese avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalla.

- Sto bene tesoro, grazie. Si vive bene qui a Long Island, e penso che questa sarà la mia dimora per la vecchiaia.

- Ma se sei ancora giovane?! Pensi già alla vecchiaia? - disse con un sorriso.

- Certo figlio mio - sorrise di rimando Eleonor. - Quello che facciamo adesso avrà un impatto nei tempi a venire. Perciò devo pensare a tutto in anticipo - disse allegramente. 

Poi si alzò e strinse Terry in un forte abbraccio. Lui, dopo un attimo, ricambiò l'abbraccio di sua madre e uscirono insieme per andare a pranzo fuori.
 

Era pomeriggio inoltrato quando Terry arrivò a casa, aveva parcheggiato e si stava dirigendo verso il suo appartamento quando vide in lontananza una figura esile seduta sulle scale esterne del portone. Quando arrivò proprio davanti vide Amber, che si spaventò perché era assorta nella lettura, ma che non appena realizzò che si trattava di Terry, chiuse il libro e si alzò, salutandolo con un sorriso. - Ciao! 

- Ciao... che ci fai qui? - chiese Terry sorpreso, giacché non avevano un appuntamento.

- Non posso passare a trovarti di tanto in tanto? - chiese Amber, un po' delusa per l'accoglienza del giovane.

Terry la guardò per qualche secondo.

- Preferirei di no. Potresti fare dei viaggi a vuoto, non trovandomi in casa - disse salendo le scale e dirigendosi verso il portone per aprirlo.

Amber, che era rimasta ora indietro, lo guardava mentre le dava le spalle.

- E dunque, ora che invece vedo che ci sei, cosa dovrei fare? - chiese ironicamente.

Terry si voltò. Aveva colto la sua vena ironica, ma non aveva voglia di polemizzare, così le disse di salire.

Una volta in casa lui andò in cucina per bere dell'acqua fresca, mentre Amber si accomodava sul divano. Terry la raggiunse, e si sedette accanto a lei.

- Mi sei mancato - disse lei, appoggiando la testa sulla sua spalla. Terry le accarezzò delicatamente i capelli, erano setosi e profumati.

- Non ci vediamo da appena due giorni - rispose lui con un tono distaccato.

La ragazza girò il viso verso il suo, guardandolo negli occhi. Lui aveva un'espressione spenta, negli occhi sempre quella luce malinconica. Si fissarono per qualche istante, poi Amber disse: - Hai due occhi blu bellissimi Terry... ma è da quando ti ho incontrato che mi sembrano tristi. Qualunque cosa ti sia successa, non devi permettere che tolga luce alla tua anima. 

Terry rimase in silenzio. Non sapeva di portare addosso segni di tristezza, riconoscibili da chiunque. Anche se lei era una ragazza attenta e acuta, era pur sempre un'estranea per lui, e il fatto che avesse detto ora quelle cose gli faceva pensare che lui lasciasse trasparire i suoi stati d'animo e che non fosse così bravo a nasconderli come pensava.

- Cosa... io non sono triste - disse adagiandosi sullo schienale. - Non metterti a fare la psicologa con me - aggiunse, sulla difensiva.

- Guarda che non c'è niente di male... 

- Lo so. Ma il punto è che non è vero che sono triste. Non sarò sicuramente l'uomo più felice del mondo, ma non mi lamento della mia vita.

- ...Sai, ti dico questo perché so cosa vuol dire provare un dolore. Ognuno di noi ne prova di diversi, più o meno simili. E quasi tutti ci trinceriamo dietro una forza apparente, per mostrare che siamo indistruttibili. Ma non è assolutamente vero. Siamo tutti fragili. Siamo umani. Sicuramente acquistiamo forza, dopo certi eventi. Ma credo che in fondo, dentro di noi, ci sarà sempre posto per la nostalgia e la malinconia. Che non sono emozioni negative... solo che non dobbiamo permettere che offuschino la nostra vita. 

Terry la ascoltava attentamente. Anche lui si sentiva fragile e umano, dietro la corazza che si era costruito. Capitava che si sentisse malinconico e nostalgico, più spesso di quanto pensasse. Ma non lo disse alla ragazza. 

- Sono solo stanco. E poi ho un carattere tendenzialmente introverso - rispose, anche per giustificare qualche atteggiamento brusco nei suoi confronti.

Lei si fece coraggio, ci aveva pensato su e voleva confessargli i suoi sentimenti, così disse: - Terry... io... mi sono innamorata di te...

Terry che aveva lo sguardo basso mentre Amber parlava, si voltò verso di lei, serio. Appariva imperturbato dopo quella dichiarazione, così la ragazza si sentì in imbarazzo e in una situazione d'impasse. Poi lui abbassò di nuovo lo sguardo e dopo qualche secondo di esitazione si alzò e si diresse nel punto opposto della stanza, vicino alla finestra. Amber non capiva esattamente, ma aveva il sentore che lui non avesse avuto piacere a sentir dire che lo amava. Provava in quel momento una sensazione di delusione scottante, poi Terry si voltò e finalmente disse qualcosa.

- Ci conosciamo da così poco tempo... 

- E cosa c'entra? - disse Amber con un tono leggermente alterato. - Per innamorarsi non c'è un tempo preciso!

Terry lo sapeva molto bene. Ma non voleva addentrarsi in discorsi empirici. Aspettò un attimo prima di rispondere.

- ...Vorrei conoscerti meglio, mi piaci... sei molto bella, e intelligente... ma io non sono innamorato di te, se è questo che ci tenevi a sapere. Almeno non per il momento - aggiunse, mantenendo un atteggiamento composto e pacato.

Dopo aver sentito quelle parole Amber si alzò dal divano, fece qualche passo e rimase in piedi davanti a lui.

- Dunque hai finto con me, quando eravamo insieme? - chiese con il tono di chi vorrebbe delle spiegazioni. - E certo, tu sei un attore! 

- Cosa significa? Cosa avrei dovuto fingere? - rispose Terry. 

- Andiamo, devo spiegarti proprio tutto? - disse stizzita.

- Non ho finto un bel niente. Semplicemente non è ancora scattato quel qualcosa in più... da parte mia. Tutto qui - rispose lui, mostrandosi sempre calmo e disponibile al dialogo.

- Capisco - disse la ragazza. - E credi che possa essere una cosa che arriva con il tempo? Perché se davvero credi che tu con il tempo possa innamorarti di me, io potrei anche aspettare. Ma se invece già sai come stanno le cose, per te... ti pregherei di essere sincero con me Terry. 

- Io credo che una ragazza come te non dovrebbe stare ad aspettare. Potrei innamorarmi di te ma potrebbe anche non succedere mai... voglio dire... non sono cose che si calcolano... vanno al di fuori di ogni logica...
...E io non voglio illuderti - disse Terry avvicinandosi.

Amber, nel pieno della sua delusione, ebbe l'istinto di andarsene via. Ma quell'attrazione che provava per quel ragazzo, che era lì ora, davanti a lei, con uno sguardo in cui lei si perdeva, la spinse ad avvicinarsi di scatto a lui e a dirgli: - Decido di aspettare. 

Terry restò in silenzio. Poi disse soltanto "Ok".

La ragazza ridusse ancora la distanza, e appoggiò le sue labbra dolcemente su quelle di Terry. Entrambi dischiusero le labbra e continuarono a baciarsi lentamente, lei lo abbracciava in vita mentre lui era rimasto immobile nella sua posizione. Si staccarono e lui le portò i capelli indietro, sulle spalle. Amber lo guardava inebriata... cominciò a sbottonargli la camicia e lui la lasciò fare. Ma un momento dopo le fermò il polso.

- È meglio se vai, adesso. Sono molto stanco, e poi... vorrei stare da solo, scusami - disse allontanandosi.

Lei si voltò a guardarlo e si morse le labbra in una sensazione di disagio... poi si diresse verso la porta.

- Ci vediamo domenica pomeriggio? Stessa ora? - chiese prima di uscire.

- ...Sì... a domenica - disse Terry.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 9 ***


Candy arrivò alla stazione Grand Central di New York alle 6 am. Nonostante fosse primo mattino, la stazione era di già un viavai di gente, Grand Central era un crocevia anche per tutti coloro che si servivano di quello snodo per raggiungere varie cittadine nei dintorni, e la confusione e la folla erano un evento ordinario a qualsiasi ora del giorno. Prese un taxi, che la condusse alla residenza degli studenti a Manhattan.

Dopo aver sbrigato le pratiche per l'assegnazione della camera, Candy si diresse nella sua stanza, che avrebbe diviso con un'altra ragazza. Lei al momento non c'era, così ne approfittó per rinfrescarsi e sistemare la sua roba. Scese nel grande salone dove gli studenti si incontravano per fare colazione e chiacchierare prima di mettersi a studiare o di andare in ospedale per il tirocinio, ma in quel momento c'era poca gente. Era domenica, il corso sarebbe cominciato il giorno dopo e molti studenti erano ritornati a casa per il weekend. Così decise di uscire per godersi quella bella giornata. Con una cartina in mano si diresse a Central Park. 
 
 
 
Quella domenica pomeriggio Terry aveva il suo consueto appuntamento con Amber. Nei giorni precedenti aveva riflettuto sulla loro relazione. Per quanto lei fosse una ragazza splendida, dentro e fuori, Terry sentiva che andando avanti avrebbe potuto farla soffrire, forse illudendola involontariamente. E lui non voleva. Amber lo sapeva che lui non provava i suoi stessi sentimenti, Terry era stato sincero... ma lei aveva deciso di continuare a frequentarlo, per provare a far passare ancora del tempo e lui aveva acconsentito.
Decisee di andare all'appuntamento per parlare di questo. Ora lui voleva chiudere quella relazione. Non era molto bravo con le parole, però questa esperienza con la ragazza lo stava aiutando ad esprimere in un certo senso i suoi pensieri e i suoi stati interiori, in un contesto relazionale al quale lui non era molto abituato, poiché questo con Amber era il primo rapporto un po' più profondo e incline alla conversazione che stava vivendo.

Davanti al campus Amber fu puntuale. Entrò in macchina sorridente e diede un bacio sulla guancia a Terry. 

- Ciao! 

- Ciao... - rispose Terry, sovrappensiero.

- Dove andiamo? - chiese Amber.

Terry rimase in silenzio, fissando il volante. Poi disse: - Da nessuna parte. Sono venuto per parlarti. 

Rimasero fermi nel piazzale esterno dell'Università. Amber sembrava aver già compreso il senso di quella situazione. Così abbandonò la posizione che aveva assunto, di tre quarti verso il ragazzo e con un'espressione rassegnata si sistemó correttamente sul suo sedile.

- Terry... ne avevamo già parlato. 

- Lo so. Proprio perché ne avevamo già parlato... ho riflettuto... e non mi sembra giusto continuare a vederci. Credimi... ti illuderei soltanto. E non voglio - disse Terry voltandosi a guardarla. 
- Meriti di più... e io non posso darti quello che tutti noi dovremmo trovare... e provare. 

- L'amore? - disse la ragazza ironicamente, per aiutarlo ad uscire da frasi enigmatiche.

Terry continuava a guardarla.

- Sì... in un certo senso... era quello che intendevo. 

- Sei mai stato innamorato Terry?

- E ora cosa c'entra?? - rispose lui, sulla difensiva. - Stiamo parlando di noi due, del presente! 

Amber notò il suo irrigidimento e aggiunse: - Calmati! Volevo solo dire che se non sei mai stato innamorato, non puoi sapere cosa sia l'amore. E magari sei incerto proprio per questo motivo. 

Lui cominciò ad infastidirsi. Non parlava volentieri delle sue cose private, così assunse un tono pungente.

- Uno come me, mai stato innamorato? - disse con un sorriso beffardo, guardandola per un attimo.

Terry sapeva di essere considerato un tipo affascinante dalle donne, e ogni tanto ci scherzava su, proprio per non prendersi troppo sul serio, ma non tutti capivano il suo fare ironico, scambiandolo per arroganza.

La ragazza spalancò gli occhi e la bocca in un'espressione giocosa di stupore, di fronte a ciò che interpretava a primo impatto come boria e presunzione.

- Andiamo Amber... non sei mica la prima ragazza che frequento in vita mia.
Certo che sono stato innamorato... ma se non ti dispiace non sono qui per parlare di questo. 

Lei rimase in silenzio. Lo aveva trovato spesso scostante e cinico, e le risultava difficile credere che fosse un tipo che avesse amato nella sua giovane vita.

- Ok - disse. - Solo non credevo che... - fece una pausa.
- ...Allora i tuoi atteggiamenti scontrosi derivavano da questo... dall'aver sofferto? Ti avevo già detto che notavo una luce malinconica nei tuoi occhi. All'inizio credevo che fosse per via del tuo carattere. 

- Non ho un bel carattere. Ma non sono triste... anche io te lo avevo già detto - disse guardandola ora con un sorriso appena accennato, per alleggerire la conversazione. 

Lei lo fissò per un attimo. E sorrise anch'essa.

- Sei proprio un bugiardo - disse con tono scanzonato.

Terry non rispose. Scese dall'auto e si appoggiò alla portiera chiusa. Prese dalla tasca una sigaretta e la accese. Amber rimase qualche minuto al suo posto. Poi scese anche lei e si appoggiò al cofano anteriore. Il sole stava tramontando. Il cielo era ora acceso di un arancione intenso e i due ragazzi restarono lì, in quel silenzio surreale di una domenica d'estate. 

Terry spense il mozzicone. - Devo andare - disse guardandola e aprendo la portiera dell'auto a metà.

- Allora... ciao - rispose Amber, ricambiando il suo sguardo. Poi si voltò e a testa bassa si diresse verso il cancello.

- Ciao - disse Terry, mentre lei continuava a camminare.

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 10 ***


Era già un mese che Candy si trovava a New York, ma non aveva mai incontrato Terry, per caso in città. Non era sicura che lui vivesse ancora lì. I primi tempi, quando si concedeva delle passeggiate in centro o nei posti più conosciuti della città, camminava sempre un po' guardinga, perché aveva un certo timore recondito di un qualcosa che nemmeno lei riusciva a definire. Forse erano i ricordi spiacevoli che la legavano a quella città, forse si trattava di altro. Ma poi di fatto non accadeva nulla di particolarmente destabilizzante in giro, così pian piano si era tranquillizzata... ci aveva fatto l'abitudine a vivere lì, ed era diventata anche esperta con le strade e i mezzi di trasporto. Tolta a New York quell'aura grigia che lei conservava nei suoi ricordi del passato, si accorse che la città era proprio bella. Lei che amava la campagna, non disdegnava ora di essere in quel posto nel mondo.

Fece amicizia con la sua compagna di stanza, Melania, una ragazza simpatica e socievole, originaria della California. Lei però frequentava un ragazzo, così non avevano molto tempo da condividere al di fuori dell'ospedale come amiche.

Tra i suoi compagni di studi c'era un certo Carlos, europeo della Spagna. Il ragazzo, più grande di lei di quattro anni, moro con gli occhi scuri, l'aveva invitata ad uscire insieme una sera, dopo aver condiviso il banco per un esercizio didattico di laboratorio diviso in gruppi. Candy, che non pensava ormai da tempo alle uscite romantiche, accettò volentieri, il fatto di essere in un ambiente nuovo, sola e lontana dalle persone care, la spinse a cercare di fare nuove amicizie e conoscenze, senza preconcetti di alcun tipo.

Uscirono insieme un pomeriggio, perdendosi spensieratamente tra le strade e i negozietti di dischi di Brooklyn, per concludere la serata prendendo un hot dog da uno dei tanti carrettini ambulanti.

- È proprio buono! - esclamò Candy - Non l'avevo mai assaggiato.

- Hai ragione... io lo avevo già assaggiato in Spagna - disse Carlos, mentre lentamente si incamminavano sul ponte che da Brooklyn conduceva a Manhattan.

- Allora Candy - continuò lui - Come ti trovi a New York... ci eri mai stata? 

- Sì... ci ero già stata. In un'altra occasione e per pochissimo tempo. 

Aveva imparato a dare alle cose il giusto distacco, per non farsi attaccare da sentimenti melanconici. Lei poi, che era così solare, non faceva fatica ad evitare di rimuginare.

- Finora mi piace molto come città... non credevo che mi sarei ambientata così bene. Tu invece? 

- Per me è la prima volta qui. E dopo la specializzazione penso di restarci a lavorare. Potresti pensarci anche tu, New York offre molte opportunità - continuò, guardandola ora negli occhi.

Candy rimase in silenzio e poi aggiunse: - Potrei pensarci - sorridendo e bevendo un sorso della sua bibita.

Chiacchierarono per tutta la passeggiata, raccontandosi un po' delle loro vite, Carlos era europeo e dunque aveva una cultura diversa dagli americani, e lei era affascinata da quelle differenze di tradizioni e stili di vita. La temperatura gradevolmente fresca li indusse a non rientrare subito alla residenza, c'era ancora un po' di tempo, così si fermarono in un punto del ponte, con vista su Manhattan.

- Che bello qui - disse Candy affacciandosi dal ponte. La città era piena di luci scintillanti, e anche i suoi occhi verde smeraldo brillavano di riflesso.

Carlos le era vicino, poi Candy si voltò, appoggiandosi di schiena alla ringhiera e guardando la gente passeggiare. Lui le si mise davanti e la guardò intensamente per un momento. Anche Candy lo guardava, senza dire niente. Fu un attimo incerta su quello che intuiva stesse per accadere, era da tanto tempo che non pensava a vivere la vita come le sue coetanee. Lui provò ad avvicinarsi per baciarla, e lei non si sottrasse. Decise di fermare il fluire dei pensieri e di concedersi quel momento.

Lui appoggiò le mani alla ringhiera dietro Candy, mentre lei non si mosse dalla sua posizione. Fu un bacio lento, che diventò intenso, Carlos incarnava la tipica anima latina, mediterranea, emotiva e passionale, e Candy dovette constatare quanto fosse attratta da quel genere. 

- Sei molto bella - disse Carlos, quando si staccò, guardandola in viso.

Candy rimase seria, poi voltò la testa di lato, perdendo i suoi occhi nel panorama in lontananza.

- Ho detto qualcosa che non va? - chiese lui, vedendola pensierosa.

- No, assolutamente... - rispose Candy. - Sono stata bene stasera... con te - aggiunse, leggermente imbarazzata.

Lui restò in silenzio.

- ...Questo ponte mi ricorda vagamente il Tower Bridge di Londra.

- Sei stata a Londra? E com'è?

- Sì, sono stata a Londra... ma chiusa in un collegio! - disse lei sorridendo. - Avevamo poche occasioni per visitare la città o andare in giro, e anche se sono stata una ragazzina ribelle, ho violato le regole solo poche volte - aggiunse con un'aria assorta, come a ricordare quei tempi.

- Caspita... violare le regole. Non voglio sapere cosa puoi mai aver fatto - rispose lui con una risata.

Lei pure rise - Niente di particolare - si limitò a dire.

- Sei mai stata fidanzata, Candy? - chiese lui.

- ...Fidanzata nel vero senso del termine, no. Tu?

- ...Sì. Dovevo sposarmi con una ragazza, in Spagna, tre anni fa. Eravamo fidanzati già da due anni, poi, qualche tempo prima del matrimonio, la sua famiglia decise di trasferirsi in Argentina, per lavoro. Lei andò con loro, chiedendomi di raggiungerla dopo che mi fossi diplomato. Forse l'avrei fatto... se non fosse che con il tempo ci scrivevamo delle lettere, in cui traspariva tutto il nostro amore... ma poi le lettere da parte sua cominciavano a diventare sempre meno frequenti. Fino a quando mi scrisse l'ultima lettera, in cui mi diceva che lì aveva incontrato un altro ragazzo e che mi lasciava. Che la distanza era difficile da gestire e sopportare e che non voleva impormi di trascorrere la vita in Argentina.

- Immagino quanto tu possa esserci rimasto male - disse lei, che pensò per un attimo a quanto tutti avessero delle storie più o meno amare nel proprio vissuto.

- Sì, all'inizio certamente. Ma poi, sai... la distanza aveva effettivamente affievolito il nostro sentimento. Probabilmente non era destino tra di noi. Dopo sono uscito con altre ragazze, ma non mi sono fidanzato ufficialmente con nessuna. E qualche mese fa ho deciso di cogliere questa opportunità di venire qui a New York. Sono contento, mi sento fortunato.

- Mi fa piacere per te... si capisce che sei fiero del tuo percorso.

- Sì, molto Candy. 

- Anche io, in un certo senso, sono fiera del mio percorso. Cosa saremmo senza le nostre esperienze? Sia quelle belle che quelle brutte ci hanno portato qui.

- Hai ragione ragazza. Sento che andiamo d' accordo - disse lui, facendole l'occhiolino, mentre lei gli sorrideva.

Rientrati successivamente alla residenza, si salutarono, Carlos le diede un bacio sulla fronte e ognuno si diresse nella propria stanza. Candy rimase sveglia per un po'... era stata bene quella sera, il ragazzo le aveva chiesto di rivedersi ancora, così decise di darsi l'opportunità di conoscerlo meglio.
 
 
 
Un tranquillo sabato pomeriggio, libera finalmente dagli impegni, Candy decise di andare in centro alla Public Library. Doveva consultare dei testi, prendere alcuni appunti e accertarsi della disponibilità di materiale scientifico di studio integrativo che le sarebbe potuto servire.

La biblioteca era enorme. Grandi lampadari adornavano il soffitto e lunghi tavoli disposti in colonna, uno dietro l'altro, ciascuno con diverse lampade, permettevano agli studenti o a chiunque altro ne avesse avuto bisogno, di servirsi di quello spazio per le proprie letture. Ai lati tantissime librerie a mensola, piene di volumi, divisi per genere. Aveva deciso di fare prima un giro, scorrendo davanti a quella moltitudine di autori e di copertine da cui era rimasta incantata, con gli occhi che raggiungevano lentamente tutti i punti, in alto e in basso, per cercare di leggerne i titoli. Assorta, prese un volume che sembrava aver attirato la sua attenzione, "Pride and prejudice" di Jane Austen, e nell'afferrarlo, sollevandosi in punta di piedi, giacché il volume si trovava un po' in alto, ne fece cadere un altro, che fece un gran tonfo. Si voltò istintivamente per accertarsi che nessuno la stesse guardando, e mentre si affrettava a raccogliere il libro caduto si accorse che qualcuno lo stava già raccogliendo al posto suo. Lei fu subito pronta a ringraziarlo. 

- Grazie... non l'ho fatto apposta, è scivolato - disse un po' a disagio, perché trovava quel luogo così silenzioso che non voleva disturbare.

- Non è niente - rispose il ragazzo.

Si guardarono negli occhi e rimasero immobili e attoniti per qualche secondo di esitazione.

- Terry... - disse Candy per prima. 

Non riusciva a credere ai suoi occhi. Quel ragazzo davanti a lei, che aveva ancora il libro nella mano, e la guardava in silenzio, era diverso dal Terry che lei ricordava. Era più maturo fisicamente, più alto, con i capelli più corti. Portava una camicia celeste chiaro e pantaloni neri in stile classico. I suoi occhi blu sempre intensi. E lui sempre affascinante.

- ...Candy!...Sei proprio tu? - disse Terry, con un'espressione sorpresa. 

- Sei cambiata. Non so se ti avrei riconosciuta se ora... 

Lei era più alta, portava un vestito rosa confetto, più aderente in vita e lungo fino al ginocchio. Capelli sciolti e mossi, più chiari e più lunghi del solito. Solo le lentiggini e i suoi grandi occhi verdi erano identici ai dettagli che ricordava di lei. Per il resto anche lui la ricordava diversa.

Quando si videro per l'ultima volta erano poco più che adolescenti. Erano tuttora dei ragazzi, ma evidentemente le vicissitudini della vita e il fatto di aver raggiunto i vent'anni avevano dato loro un aspetto fisico diverso, più adulto. La trovava bellissima.

- Siamo cresciuti - disse lei guardandolo ancora negli occhi e stringendo il libro tra le mani, mentre se lo portava al petto.

- Già... - rispose Terry, che non riusciva più a sostenere il suo sguardo e allora sì voltò un attimo per posizionare il volume raccolto da terra in un posto qualsiasi della libreria.

- Come stai? - proseguì Candy, incerta.

- ...Bene... grazie. Tu? Come mai a New York? - chiese con curiosità.

- Mi trovo qui per frequentare un corso di specializzazione infermieristica al Mount Sinai Hospital, a Manhattan... ho scelto Infermieristica Ostetrica. Il corso dura sei mesi, ma sono qui da più di un mese ormai, come scorre il tempo! - disse sorridendo.

- ...New York offre moltissimo come città... anche io ho trovato qui la possibilità di realizzare il mio sogno di recitare. Spero che ti troverai bene.

Continuavano a fissarsi, mentre altra gente passava accanto.

Terry si guardò attorno e chiese: - Ti va di fare una passeggiata?...Se non hai impegni. 
Non sapeva bene perché glielo aveva chiesto. - "Ma cosa stai facendo?!" - disse a se stesso nella mente.

- Ehm... impegni?...No... non ho impegni... - rispose Candy un po' titubante. Poi, guardandosi anche lei attorno, aggiunse: - Sì dai... usciamo di qui - sorridendogli, per smorzare la tensione.

Insieme si incamminarono verso l'uscita, dove Candy dapprima dovette registrare all'accettazione il libro che stava prendendo in prestito e stabilire il giorno per la riconsegna.

All'uscita dalla biblioteca la Fifth Avenue era diventata ancora più affollata. Terry propose di allontanarsi dal centro, troppo caotico il sabato pomeriggio. Passeggiavano in linea l'uno accanto all'altra, ma tenendosi a distanza, il che confermava un certo grado di tensione palpabile. Si fermarono a prendere una Coca Cola da un carrettino ambulante per strada. Passando per una strada più interna, ad un certo punto Candy fu attratta dalla facciata graziosa di un gruppo di case.

- Che belle queste case! 

Si avvicinò per guardarle meglio, e d'istinto si sedette sulle scale esterne di una di esse.

- Tu dove abiti? - chiese a Terry, che era rimasto in piedi, sempre a distanza.

- Ho un appartamento nel Village - rispose, indicando con il braccio la direzione in linea d'aria.

Si guardarono ancora per un istante. Poi Candy abbassò lo sguardo per bere la sua bibita. Allora Terry si avvicinò e si sedette accanto a lei. Candy sentì il suo cuore battere più forte e salire una certa agitazione, Terry aveva ridotto la distanza tra di loro e lei era incerta sulla sua capacità di poter sostenere un dialogo o un confronto, avendolo così vicino. Lui poté sentire il suo profumo dolce.

- Allora... cosa fai nell'Indiana? Ti sei fidanzata... sposata? - disse Terry, con lo sguardo basso e serio.

- ...Come fai a sapere che vivo nell'Indiana? - chiese Candy con un'espressione leggermente stupita e con un tono dolce.

Lui si rese subito conto di essersi involontariamente lasciato sfuggire quel dettaglio, saputo da Patty in Florida, mentre avrebbe preferito far finta di essere ignaro riguardo la sua vita.

- Quest'estate sono stato in Florida... e ho incontrato per caso la tua amica Patty. Me lo ha detto lei. 

- Patty... il mondo è veramente piccolo - rispose Candy.

Patty non le aveva scritto niente di tutto ciò, ma lei pensò che era stato meglio così. Lei in fondo non avrebbe voluto sapere di Terry, e Patty aveva semplicemente rispettato la sua scelta.

- ...Nel periodo della guerra avevo deciso di ritornare un po' a casa. Lì poi ho trovato lavoro come infermiera in un ambulatorio medico in città. Così ho potuto continuare a svolgere la mia professione, in qualche modo. Doveva essere qualcosa di temporaneo, il mio ritorno. Però credo che si sarebbe protratto ancora per un altro po' di tempo, se Albert non mi avesse regalato questo corso. Lui è sempre molto gentile e buono con me. È il mio migliore amico e gli voglio molto bene. Ora si trova in Venezuela, ci teniamo spesso in contatto, anche se abbiamo poche occasioni per rivederci.

Comunque... non sono né fidanzata né sposata. Ma qui a New York sto uscendo da circa un mese con un ragazzo, è un mio compagno di studi - concluse, sentendosi leggermente in imbarazzo a parlare della sua vita sentimentale con lui, ma volendo essere sincera.

Terry non rimase sorpreso, in fondo, nei suoi pensieri l'aveva immaginata accanto a qualcuno, e lo dava per certo. Continuava a tenere lo sguardo basso, fingendo distacco. Poi, per distogliere l'attenzione dall'argomento, poiché non voleva risultare troppo invadente nelle domande, e probabilmente non voleva nemmeno sentire le risposte, scelse d'istinto di concentrarsi su Albert.

- Albert... come sta? Lo so che è una brava persona. Quando l'ho conosciuto a Londra ebbi la stessa impressione.
...Si trova in Venezuela... il viaggio appartiene un po' alla sua indole... anche quando eravamo alla St.Paul school un bel giorno era partito per l'Africa, ricordi, freckled girl... quando mi facesti leggere la sua lettera... - rispose Terry, accennando un sorriso per aver ricordato di quando la chiamava con quel nomignolo.

La St.Paul school... all'improvviso gli scorsero davanti immagini di quella giovinezza spensierata trascorsa in Europa.

- Sì... è vero. Tu, sempre simpatico! - rispose Candy con un tono giocoso, rievocando il suo disappunto all'epoca per quel nome che lui le aveva affibbiato, e ritrovandosi anch'essa immersa improvvisamente per un attimo in quei dolci ricordi.

Sorrisero entrambi, guardandosi in viso e poi voltando lo sguardo in altre direzioni. Restarono in silenzio per qualche secondo. Poi lei riprese il dialogo.

- ...Tu invece? Susanna... come sta? - disse. Non avrebbe voluto domandarglielo, ma lui le aveva chiesto se fosse fidanzata o sposata, così anche a lei venne spontaneo chiedergli della sua vita sentimentale, immaginando che lui e Susanna potessero stare ancora insieme da allora.

- Susanna?? - rispose lui stupito e leggermente infastidito. - Non so molto di lei, non la frequento... e non l'ho mai frequentata al di fuori del lavoro. Ma aspetta un attimo, fammi indovinare... tu pensavi che dopo l'incidente io mi ci sarei fidanzato? E dopo l'avrei sposata? 

Sentiva la rabbia crescere dentro di sé.

- ...Susanna quella sera... mi raccontò del tuo discorso... "Terry ti resterà accanto per sempre" o qualcosa del genere - disse infine guardandola in viso, risentito.

- ...Io... beh... avevo immaginato che... 

Candy, che si era voltata a guardarlo e aveva notato il suo risentimento, non sapeva come proseguire. Poi si fece coraggio e continuò. 

- Avevo capito che tra e te e Susanna ci fosse qualcosa, quando... quando ci siamo visti l'ultima volta - disse affrontando ora il suo sguardo, senza timore.

Terry rimase in silenzio. Aveva bisogno di un momento per calmarsi. Per ritrovare il giusto tono per risponderle.

Erano ora arrivati a parlare di una questione su cui si era ritrovato a rimuginare nel tempo, che gli aveva procurato rabbia, dolore e delusione. Non voleva accusarla... ormai erano faccia a faccia, a rielaborare quella sera, e voleva usare un tono diverso, per un confronto e un dialogo più maturo.

In quello stesso frangente, anche Candy stava realizzando che lei e Terry si ritrovavano ora su quelle scale a parlare di quanto successo quasi 3 anni prima... e non lo avrebbe mai immaginato o creduto possibile. Ma che se stava succedendo per davvero, lei doveva portare a termine quel discorso, senza aver paura di niente. Non era forse maturata, non aveva forse fatto un percorso di crescita interiore in tutto il periodo in cui era tornata a casa? Era il momento di dimostrare a se stessa che non erano solo belle parole o pure convinzioni senza fondamento. Quello, con Terry davanti, era il momento giusto per provarlo. Anche se il loro confronto non avrebbe portato a nulla, pensò che fosse un modo per buttare fuori qualcosa che evidentemente entrambi avevano tenuto dentro per tutto quel tempo.

- Io e Susanna non stavamo insieme a quel tempo... e nemmeno dopo - disse Terry con un tono più calmo.

Candy lo ascoltava senza guardarlo, fissando la sua bibita e muovendo nervosamente la cannuccia.

- Io non so cosa te lo abbia fatto credere, quando sei arrivata a New York quel giorno.
Ci ho pensato dopo, nel tempo... che tu potessi aver frainteso il tipo di rapporto che c'era tra me e lei. Ma in tutta onestà, a parte qualche piccolo dettaglio insignificante, non ho saputo darmi delle risposte. 

Candy ora sentiva di voler dare la sua versione delle cose.

- Me lo hanno fatto credere diverse cose. Tu eri strano. Quello che avevo letto sui giornali e sentito dire in giro. Mie sensazioni. Un insieme di cose mi hanno portato a pensarlo - disse, continuando a riversare la sua tensione sulla cannuccia.

Terry la guardò un attimo e poi abbassò il viso. 

- E invece ti sbagliavi. Quanto ti sbagliavi - disse guardando un punto di fronte a sé, dall'altra parte della strada. - Io credo che la verità fosse che in fondo non avevi forti sentimenti nei miei confronti. Sono giunto a questa conclusione perché altri motivi non ce n'erano Candy. O almeno io non li vedevo. 

Lei fu colpita dalle parole di Terry... lui era sempre stato schivo nel parlare di sentimenti, e ora invece le stava parlando in modo quasi chiaro e aperto. Ma stava parlando dei suoi sentimenti, di quelli di Candy. E lei doveva intervenire.

- Non ti è mai venuto in mente che anche io avrei potuto pensare la stessa cosa di te?? - chiese alzando leggermente il tono di voce. - Andiamo Terry, non mi avevi mai parlato dei tuoi sentimenti! 
Quella sera, in ospedale, io mi sono sentita morire nel cuore! Possibile che tu non lo avessi capito?! - disse ora guardandolo con gli occhi quasi lucidi.

Terry, colpito dal tono di voce e dalla sua risposta, si voltò a guardarla e vide i suoi occhi carichi di delusione.

Lei si alzò dalle scale e scese in strada, facendo rovesciare la Coca Cola.

Lui rimase fermo nella sua posizione. Stringeva la bibita tra le mani, poi la poggiò sul gradino. Si portò i capelli indietro con una mano, e dopo un momento di esitazione si alzò e la raggiunse in strada. Candy non stava piangendo. Era riuscita a trattenere le lacrime, ma era ancora alterata.

Rimasero in silenzio... poi lei, dandogli le spalle dalla posizione in cui si trovava, disse: - Forse è proprio questo che ci è sempre mancato Terry. Parlare dei nostri sentimenti. Non è sempre necessario... ma è importante. 

Terry non rispose. I suoi pensieri erano in uno stato di confusione.

- Ora devo andare - continuò lei.

Si voltò, e guardandolo per un istante negli occhi, accennando un sorriso disse: - Ti auguro buona fortuna. 

Affrettò il passo lungo la strada che conduceva in centro. Terry seguiva il suo profilo di spalle, fino a quando lei voltò l'angolo.
Sentiva tanta rabbia dentro, così tanta che aveva paura di cosa avrebbe potuto farne. Prese una sigaretta dalla tasca, l'accese e si incamminò nella direzione opposta.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 11 ***


Terry era ritornato ai suoi soliti impegni in teatro. Erano cominciate le prove per il nuovo spettacolo della stagione. Si trattava di "Antonio e Cleopatra" di Shakespeare, secondo programma. Le prove lo sfinivano fisicamente e mentalmente, come capitava ai tipi perfezionisti e pignoli come lui.

Un giorno, durante una pausa, si sentì l'eco di un vociare. In lontananza vide i suoi colleghi radunati in un angolo, che parlavano con qualcuno che lui non vedeva. Non era solitamente curioso e ficcanaso, ma poiché si stava già dirigendo in quella direzione, per andare in camerino, si avvicinò per vedere di cosa si trattasse, quando all'improvviso riuscì a scorgere al centro di quel nugolo di persone Susanna. Era in piedi, servendosi dell'appoggio di un bastone. E accanto a lei c'era Jack, l'attore secondario di cui gli aveva parlato sua madre, come nuovo compagno di Susanna. Anche la ragazza, alzando lo sguardo, si accorse di Terry, mentre lo vedeva avvicinarsi.

- Susanna... - disse Terry avvicinandosi al gruppo. - Mi fa piacere vedere che stai bene. 

- Grazie. Mi sto riprendendo, pian piano. Ma ce la farò a tornare a camminare senza questo - disse indicando il bastone.

- Sono sicuro che ce la farai - rispose Terry.

Jack, dietro di lei, le poggiò le mani sulle spalle e la strinse in un abbraccio e lei gli sorrise. 

L'aveva trovata bene. Non era più pallida e smunta. Aveva ripreso colorito ed era radiosa come ai vecchi tempi.
La pausa era terminata, così tutti ritornarono ai loro posti e Susanna, che era passata solo per un saluto, andò via con Jack.

- Susanna - pensò Terry. - Anche lei ha ripreso in mano la sua vita. Non credo stia fingendo con Jack... forse si vogliono bene sul serio. Aveva ragione Karen... Susanna stava soltanto attraversando una fase adolescenziale... e con il tempo ha superato i suoi capricci.
 
 
 
 
Era trascorso circa un mese dall'incontro tra Candy e Terry.

Lei era stata a trovare Annie a Boston per un weekend. Non era mai stata a Boston, così si concesse dei giri in città con la sua migliore amica.

- Annie... devo parlarti di una cosa - disse pensierosa.

- Cosa succede Candy? - rispose l'amica incuriosita.

- Non indovinerai mai... a New York... ho rivisto Terry... 

- Cosa?? Oh mio Dio... e New York è una città enorme! 

- Già... lo credevo anche io. 

Le raccontò dell'incontro in biblioteca, e dei convenevoli iniziali.

- Ma... quest'estate non mi avevi detto che non eri preoccupata della possibilità di incontrarlo per caso? - le disse l'amica, per spronarla a reagire.

- Sì sì... ma è che... oltre al fatto che non mi aspettavo di incontrarlo per davvero... c'è che... ci siamo ritrovati a parlare di quando ci siamo lasciati 3 anni fa. Sono emerse incomprensioni, su quanto io pensavo di lui all'epoca. E cioè che avesse una storia con Susanna e che lui non me lo aveva detto. 

- Davvero?? Oh Candy! Ma allora come stavano le cose? 

- Mi ha detto che lui e Susanna non stavano insieme... né allora né dopo. Ha lasciato intendere che è rimasto deluso dal mio comportamento... che forse non avevo sentimenti abbastanza forti nei suoi confronti, tali da restare accanto a lui. Oh Annie! Mi sono sentita così ferita! 

- Candy! Posso immaginare... ma... dimmi una cosa... sinceramente... tu lo ami ancora? - chiese Annie per cercare di aiutare la sua amica a rielaborare quanto successo e capire come comportarsi.

Candy la guardò senza rispondere.

- Sai Annie... dopo che ho sofferto molto per la decisione di non vederlo più... ho cercato di reagire... di concentrarmi su me stessa... ho cercato di dimenticarlo, e...
...A New York sto uscendo da due mesi con un ragazzo del corso. Mi piace... e vorrei provare a conoscerlo meglio... - disse, per confidare alla sua amica che lei stava andando avanti con la sua vita, e non evitava più gli incontri romantici come lei e Patty potevano pensare. Loro che erano fidanzata ufficialmente l'una e prossima al matrimonio l'altra.

Ripensò a quando aveva fatto l'amore per la prima volta con Carlos. Era stato prima di incontrare Terry in biblioteca. Si era sentita bene, emotivamente, lui era anche un tipo dolce e divertente e lei apprezzava la sua compagnia. Da quando era arrivata a New York stava cominciando a vedere la sua vita da una prospettiva diversa e sentiva di volersi concedere delle nuove possibilità di crescita, nuove esperienze, e di voler evitare di appesantire i suoi pensieri senza un valido motivo.

Dopo aver incontrato Terry lei aveva proseguito a frequentare Carlos. Non voleva lasciarsi influenzare da quell'evento, non voleva illudersi e basare le sue scelte su proiezioni della mente che non avevano niente di reale. Con Terry si erano ritrovati a parlare del passato, ma non del presente, lei non sapeva niente del ragazzo con cui conversava su quelle scale, dopo tre anni che non si vedevano... e inoltre lei era stata sincera e gli aveva detto che stava frequentando un ragazzo.
Carlos l'aveva vista un po' strana ultimamente, le aveva chiesto se ci fosse qualche problema, qualche preoccupazione, ma lei lo aveva tranquillizzato.

- Ah... capisco. A questo punto... non saprei... - le rispose Annie.

Candy aveva ora lo sguardo basso davanti alla sua fetta di torta ancora intera, in un pasticceria del centro in cui le due ragazze si erano fermate per riposarsi e per parlare tranquillamente.

- Quello che provi puoi saperlo soltanto tu Candy - aggiunse, vedendola così pensierosa e comprendendo la sua difficoltà. - Devi chiarirti le idee. Tanto più che il tempo scorre velocemente, e non resterai per sempre a New York.

- Lo so... - rispose Candy con un'aria incerta.

- Non è che hai paura di soffrire di nuovo? Con Terry, intendo... 

Candy la guardò in viso. La sua amica la conosceva benissimo e aveva fatto centro... ma lei si prese qualche secondo prima di ammettere che era proprio così. Nella vita poteva sempre soffrire, ma soffrire ancora una volta per Terry non lo avrebbe sopportato.

- Sì Annie... è probabile - si limitò a rispondere.

- ...Pensaci bene Candy. La paura di soffrire non è un buon motivo per rinunciare a lui. Certo dovrete parlarne. Ma senza occasioni... la vedo dura - rispose Annie con sincerità.

- Andiamo via da qui, si sta facendo tardi - disse Candy e insieme si diressero verso l'uscita.
 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 12 ***


New York era nel pieno del periodo autunnale. Era novembre ma il clima era ancora mite e insolitamente caldo. Il foliage persisteva copiosamente, uno spettacolo per gli amanti degli aspetti cromatici della natura, specialmente nelle aree dei parchi.

Erano giornate intense a teatro, Terry era impegnato al massimo nelle prove, tanto che ultimamente non riusciva più nemmeno a ritagliarsi quei momenti al di fuori del lavoro da dedicare a se stesso. 

Un giorno, sul palco, sentì montare una certa inquietudine, era distratto e non si sentiva adeguatamente concentrato. Hathaway se ne accorse e gli chiese se ci fosse qualche problema.

- No, è tutto ok - rispose Terry, cercando di fare tabula rasa dei suoi turbamenti personali per qualche ora.

Quel giorno le prove sarebbero terminate prima.

Uscito dal teatro si diresse subito a casa, non si sentiva particolarmente bene. Fece una doccia, indugiando più del solito, indossò abiti più comodi e si distese sul divano, con gli occhi socchiusi. I riflessi ambrati del sole pomeridiano filtravano attraverso la finestra, illuminando la stanza buia con fasci di luce naturale. 

I pensieri cominciarono nuovamente a fluire liberi nella sua mente. Non riusciva più a fermarli. 

In quegli anni si era impegnato molto per andare avanti nella sua vita, per non pensare più a lei. Inoltre, aveva nel tempo maturato le sue convinzioni su come fossero andate le cose quella sera di molti anni prima.

E invece aver rivisto Candy e parlato con lei stava stravolgendo tutto. Dal loro incontro in biblioteca era passato più di un mese, ma lui continuava a pensarla. Sapere che lei era in città lo rendeva inquieto. Si chiese se l'amava ancora. Aveva sempre volutamente evitato di domandarselo e di fermarsi a riflettere.

Dalle parole di lei e dalla sua reazione aveva intuito che avesse sofferto dopo il loro addio. Che lui non era stato il solo a vivere dei momenti difficili.
Ripensò alle sue parole... "Ci è mancato parlare dei nostri sentimenti. Non è sempre necessario, ma è importante"...

- All'epoca eravamo entrambi solo dei ragazzini, senza esperienza. E i nostri caratteri chiusi nell'orgoglio e nelle insicurezze - pensò.

Ora però le cose potevano essere diverse tra lui e Candy. Erano più adulti. Erano cresciuti.  
Ma lei gli aveva detto che stava frequentando un ragazzo a New York. Lei stava andando avanti con la sua vita, come d'altronde aveva fatto anche lui.

Si chiese se aveva ancora paura di lei... e dell'amore. 

Interrogava la sua anima, il suo profondo io interiore... in una introspezione dolorosa che lo fece stare male. Soppesava i rischi e i benefici a cui il suo cuore stava andando incontro, non voleva soffrire ancora, ma era un discorso che riguardava dall'altro lato anche Candy, perché lui non avrebbe voluto farla soffrire un'altra volta. Doveva scegliere.

Se alla fine di questa introspezione avesse compreso che la paura era più forte del suo sentimento, avrebbe dovuto lasciarla andare per sempre. Se invece avesse compreso che, nonostante la paura, sentiva di non volerla perdere, avrebbe dovuto tirare fuori il coraggio, che sapeva di avere da qualche parte, e cercarla. 

Candy però avrebbe dovuto essere disponibile ad un confronto del genere. Non voleva risultare invadente, dopo tutti quegli anni in cui non si erano più visti, e oltretutto lei stava frequentando un'altra persona. Si alzò dal divano e stava per accendersi una sigaretta. La mise tra le labbra, poi, con lo sguardo perso nel vuoto, la rimise a posto, prese le chiavi dell'auto e uscì di casa.

Andò al maneggio, dove il suo cavallo Aron lo aspettava e lo salutava sempre con un forte nitrito e con uno scalpitìo degli zoccoli. Terry lo accarezzava a lungo e il cavallo si calmava al tocco delle sue mani. Salì in sella per una lunga cavalcata.

Al ritorno, dopo aver lasciato il cavallo allo stalliere, sostò nella sua auto all'esterno del maneggio per qualche minuto. Si sentiva decisamente meglio. Era riuscito a chiarirsi le idee, voleva cercarla, ma doveva trovare un modo per vederla senza risultare troppo indiscreto.

Si era fatta sera, così tornò a casa e mentre, sentendosi più rilassato, si dedicava a prepararsi la cena, cominciò a pensare a come fare per incontrarla e parlare con lei.

Gli venne in mente un aneddoto. Ricordava che quando Candy registrò il libro che scelse alla Public Library, l'impiegato le disse che avrebbe dovuto riconsegnarlo il giorno 11 dicembre, esattamente dopo due mesi. Candy spiegò che poteva riconsegnarlo soltanto di sabato e chiese di poter spostare la data al 13, "sarò qui intorno a quest'ora" ricordò che disse lei, per dimostrare la sua correttezza e puntualità.

Lui avrebbe dunque fatto un salto in biblioteca per quel giorno, intorno a quell'ora, che ricordava perfettamente, con la speranza di incontrarla. Non era sicuro che l'avrebbe vista, ma era un tentativo.

Mancavano ancora una ventina di giorni, ma per il momento era l'unico tentativo che si sentiva di fare. 

Il 13 dicembre intorno alle 5 pm Terry era già alla Public Library, da circa un'ora. Era quello un posto che lui frequentava spesso, così ne approfittò per dare un'occhiata in giro tra qualche testo che potesse interessarlo. Non si tenne molto lontano dall'ingresso, così ne scelse uno di suo gradimento e si sedette per leggerlo.

Le 5 pm erano passate, e dopo circa un quarto d'ora vide entrare Candy. Era da sola... tirò un sospiro di sollievo e aspettò di vedere se lei avrebbe fatto un giro in biblioteca dopo la consegna del libro o se sarebbe andata via subito. Vide che stava uscendo, così dovette uscire anche lui.

La scorse di spalle incamminarsi lungo la Fifth Avenue e fermarsi davanti ad una vetrina. Per non perderla nella folla di gente che il sabato riempiva il centro, cominciò ad andarle incontro, quando si accorse che ora lei si stava dirigendo nella sua direzione. 

- Candy! ...Ciao - le disse lui, quando gli era arrivata vicino e gli stava passando accanto.

- Terry... - rispose lei, sorpresa di vederlo. 

Si fermarono a guardarsi, mentre la gente scorreva intorno, in una New York tutta decorata per il periodo natalizio.

- Ti va di bere qualcosa? - chiese lui, per spostarsi da lì.

Lei apparve incerta, poi disse: - Sì, va bene.

Entrarono nella caffetteria di Macy's, nella 34th Street, e si sedettero sui divanetti ad un tavolino per due, uno di fronte all'altra, davanti alla vetrina che dava sulla strada.

- È da un po' che non ci vediamo - disse lei, togliendosi la sciarpa e i guanti.

- Sì... due mesi - rispose lui sbottonandosi il cappotto, dando l'idea di aver portato il conto per tutto quel tempo, ma non gli parve un demerito.

Lei d'istinto si soffermò su quel particolare. Anche lei aveva portato il conto, e immaginare che lo avesse fatto anche lui le sembrò un aspetto rilevante.

Si guardarono negli occhi per un momento che sembrò lungo, poi Terry disse: - Come stai?...Ti vedi ancora con... quel tuo compagno di studi? - continuando a guardarla negli occhi. 

Candy sembrò stupita da quella domanda diretta. Esitò nel rispondere, giacché non ne capiva il senso, poi disse: - No... non ci vediamo più, da circa un mese. Abbiamo avuto delle incomprensioni, così l'abbiamo deciso di comune accordo. ...Come mai ti interessa tanto la mia vita sentimentale? - chiese lei un po' nervosamente, giacché di fatto lei e Terry non erano proprio come due amici, e si sentiva in imbarazzo a parlarne con lui.

Nel frattempo la cameriera arrivò con le ordinazioni, cioccolata calda per lei e tè per lui, lasciando al centro un piattino con dei biscotti. 

Terry approfittò di questo intermezzo per calmarsi, e prepararsi ad affrontare con lei il discorso che avrebbe voluto farle.

- Grazie - dissero entrambi alla donna.

- ...Scusami, la mia non è pura curiosità - iniziò lui. - Volevo saperlo perché... ho deciso di essere sincero con te...

Lei lo guardava, con le mani che circondavano la tazza di cioccolata, per riscaldarle.

Anche lui la guardava, si sentiva capace di sostenere il suo sguardo e andò avanti.

- Da quando ci siamo rivisti in biblioteca quel giorno... io non ho fatto altro che pensarti, Candy.

Lei lo ascoltava attentamente, senza interromperlo.

- Sono maledettamente orgoglioso... e introverso... ma mi sono fatto delle domande, riguardo a te... riguardo a me... e... ho capito... di amarti ancora - disse finalmente lui, senza smettere di guardarla.

Candy aveva ora un'espressione seria che Terry non seppe decifrare. 

Poi lei abbassò lo sguardo.

- Terry... - disse dopo qualche secondo di silenzio.

Lui non presagiva qualcosa di buono, ma doveva ascoltarla.

- Perché mi dici queste cose adesso? ...Sai quanto ho sperato in passato che tu me le dicessi? Moltissimo! ...Tanto da rimanerne delusa, per la mancanza... - disse lei provando a sostenere il suo sguardo. - Sai quanto ho sofferto per te? Non te l'ho detto, ma sono stata davvero male quando tre anni fa ci siamo detti addio, proprio in questa città - aggiunse guardando tristemente fuori dalla vetrina. La gente che passeggiava e sorrideva, la gente che andava di fretta, la vetrina catturava uno scorcio di ciò che stava accadendo fuori in quel momento, in quella città così vivace, mentre lei all'interno era impegnata in una conversazione importante con Terry, in bilico tra ragione e sentimento.
 
- L'ho intuìto - rispose Terry - ... che dovevi aver sofferto, dalle tue parole, quando abbiamo parlato su quelle scale, dopo esserci incontrati in biblioteca. Ma io non potevo saperlo. Io avevo sempre pensato che all'epoca ci eravamo sentiti entrambi insicuri riguardo ai nostri sentimenti. In fondo... eravamo ancora due ragazzini, inesperti e incapaci di parlare di certe cose. Di sicuro c'è... e questo nemmeno tu lo sai... che anche io ho sofferto moltissimo dopo che sei andata via quella maledetta sera, Candy.
Ho avuto la tentazione di perdermi, in vari modi. Ma poi non l'ho fatto. Sono fiero di come sono riuscito ad andare avanti... contando solo su me stesso. Ma questo non esclude che tu mi sia mancata... e per provare a dimenticarti ho dovuto negare di amarti perfino a me stesso - concluse Terry, il fatto di essere in un locale pubblico lo stava aiutando a restare pacato, e questa calma gli permetteva di esprimersi meglio.

Lei restò in silenzio, abbassando lo sguardo, aveva bisogno di qualche minuto per riprendersi.

Terry le stava confessando di amarla, e lei era in uno stato di confusione, perché non se lo sarebbe mai aspettata.

- Ho bisogno di pensarci, Terry... - disse lei, guardandolo in viso.

- ...Va bene - rispose lui. - Ad ogni modo... non volevo turbarti. Mi dispiace se l'ho fatto, involontariamente. Volevo soltanto essere sincero con me... e con te - disse lui con gli occhi tristi, che lei sapeva leggere benissimo. - Dopo tre anni... non ho il diritto di sconvolgerti la vita, lo so. 

Lei poggiò la sua mano su quella di lui e Terry, dopo un momento di esitazione, gliela prese tra la sua.

- Ho solo bisogno di riflettere Terry... non mi aspettavo tutto questo quando sono arrivata a New York. Ma che poteri avrà questa città?

Lui abbassò lo sguardo sul suo tè, poi guardò fuori dalla vetrina. Quella città poteva anche averli portati a vivere dei momenti particolarmente difficili, ma lui la trovava magica.

- Lasciami il tuo indirizzo. Così saprò dove trovarti, per parlarne ancora - disse lei.

Lui le scrisse l'indirizzo su un tovagliolo con la sua penna stilografica, poi pagò il conto lasciando i soldi sul tavolo e uscirono dal locale. Faceva molto freddo.

- Ora è meglio che vada, altrimenti resterò fuori dalla residenza - disse lei.

- Ti accompagno? 

- No, grazie, non preoccuparti. Prenderò la metro, arriverò in 5 minuti.

- Stai attenta - le disse lui, prendendole la mano.

- Sì... - rispose Candy, sorridendogli e stringendogli la mano. - A presto - aggiunse, scambiando un ultimo sguardo con Terry e allontanandosi infilando le mani nel cappotto.

Lui la seguì con gli occhi fino a quando scese le scale della metro, poi si voltò e si diresse verso casa sua.

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 13 ***


Era trascorsa una settimana da quando Terry e Candy avevano parlato, e lui non aveva ricevuto sue notizie. Valutava anche la possibilità che lei potesse decidere di non voler stare con lui, ma riteneva di aver fatto un grande passo, parlandole, e lo riteneva l'unico modo per non vivere di rimpianti.

Era impegnato con le prove a teatro, "Antonio e Cleopatra" di Shakespeare era già in scena a Broadway dall'inizio di dicembre. A gennaio sarebbe partito con la compagnia in una tournée mondiale. Si sarebbe allontanato da Candy, ma in verità lui non sapeva ancora cosa lei avesse deciso.

La domenica mattina, verso le 11 am, decise di andare a fare colazione in un bar all'angolo di casa sua, non aveva fatto la spesa e non aveva nemmeno il suo tè. Mentre scendeva le scale esterne del suo palazzo notò dall'altra parte della strada una ragazza bionda che di spalle gli sembrava proprio Candy. Si fermò ad osservarla, poi la ragazza si voltò ed entrambi si riconobbero.

- Terry! - disse lei salutandolo con la mano e attraversando la strada per andargli incontro.

- Candy... 

- Stavo cercando casa tua... 

- È qui - disse lui, indicando il palazzo. - Sto andando a fare colazione, vieni con me?

- Va bene.

Si incamminarono insieme verso il bar, era una giornata soleggiata ma faceva molto freddo. Lui la guardò in viso e lei gli sorrise.

Dopo aver fatto colazione al volo, poiché il bar era pieno di gente, Terry chiese a Candy se voleva andare da lui, a casa sua, giacché aveva immaginato che lei volesse parlargli.

- Sì, sarebbe meglio - disse lei guardandosi intorno.

Restarono in silenzio durante il tragitto, Terry non sapeva cosa Candy avesse deciso e stesse per comunicargli, così non riuscì a dire niente, percepiva soltanto una leggera tensione. Lei pure era tesa, si guardava intorno in quelle vie residenziali in cui di domenica mattina regnava un'atmosfera di quiete.
 
- Benvenuta a casa mia - le disse Terry con un sorriso, quando entrarono, per farla sentire a suo agio.

- Grazie Terry - rispose, anche lei con un sorriso, sentendosi effettivamente più a suo agio dopo quella gentile accoglienza.

Entrambi si tolsero i cappotti, poi Candy si accomodò sul divano. Terry la raggiunse.

- È bello qui - disse lei. 

- Ti piace? È stato un appartamento che mi è piaciuto subito quando cercavo casa qui a New York. È spazioso... e aveva lo stesso costo d'affitto di altri più piccoli ma più vicini al centro. Poi l'ho arredato secondo i miei gusti. Per le grandi pulizie c'è una signora che mi aiuta, viene una volta alla settimana. Per il resto faccio tutto io.

- Bravo Terry... complimenti per quello che sei riuscito a realizzare... con coraggio e determinazione... senza perdere di vista i tuoi sogni, le tue ambizioni - rispose lei guardandolo negli occhi, con un tono di sincera ammirazione.

Era contento di sentire dalla sua voce quanto lei lo stimasse.

- Grazie Candy... non è stato tutto facile. Per di più avevo solo 15 anni, quasi 16, quando la mia avventura è cominciata. A maggior ragione sono soddisfatto di ciò che ho conquistato.
Ma anche tu hai realizzato le tue ambizioni, no? - chiese lui.

- Sì, certo - rispose Candy. - Nel lavoro anche io sono soddisfatta del mio percorso, nonostante molte volte non abbia trovato un ambiente accogliente. Ma sapere di mantenere alta la mia professionalità ed essere sempre me stessa, nonostante tutto, mi ripaga abbastanza.

Anche Terry in cuor suo la ammirava per la sua forza e tenacia. 

- Sei doppiamente lodevole allora. Essere riuscita a proseguire in un ambiente ostile, restando integra e fedele ai tuoi propositi è segno di grande valore. 
Hai gran carattere, e spesso chi ha carattere è difficile da dominare in certi ambienti - rispose lui, con un'aria fiera di lei.

- Hai ragione Terry. Infatti ho proseguito proprio perché volevo realizzare la mia aspirazione. E ci sono riuscita, sono contenta di non aver mollato. 

Candy esitò, poi proseguì, tenendo lo sguardo basso: - ...Tu... senti di aver realizzato tutti i tuoi sogni? 

Lo guardò poi negli occhi per un momento, con un'intensità tale che Terry intuì che stesse parlando della loro relazione, ma lui non voleva sbilanciarsi.  

Non rispose, abbassò lo sguardo mentre provava una sorta di brivido nel suo cuore, un momento di vulnerabilità che lo indusse ad aspettare e a cercare di riprendere il controllo.

Restarono in silenzio. Poi Candy riprese a parlare.

- Terry... sono venuta a cercarti... per riprendere quel discorso che avevamo iniziato...

Lui la guardava e la ascoltava silenziosamente.

- In questa settimana ho riflettuto abbastanza... ho ripensato a tutto quello che ci siamo detti da quando ci siamo rivisti. ...Credo anche io che tre anni fa... eravamo soltanto dei ragazzini impauriti. Personalmente credo di aver dato peso a degli equivoci, all'epoca, riguardo a Susanna... perché alimentati dalla mia paura di te... e dei miei sentimenti. 

Terry comprese in quel momento che quella che era stata la sua paura negli anni, era stata la stessa di Candy. Paura di amare.

- Ho cercato di dimenticarti, in tutti i modi possibili... convincendomi che il destino ci aveva portato su due strade diverse. E rivederti non è stato facile neanche per me. Ma non volevo illudermi. E non volevo soffrire ancora... per te.

Lui non disse niente. Si limitava ad ascoltarla, gli occhi luminosi e intensi.

- Ti amo Terry... - disse finalmente lei. Sentiva di essere arrossita un pochino in viso.

Terry notò la sua emozione. Se anche Candy era emozionata, come lo era lui in quel momento, quel dettaglio servì a dargli la consapevolezza di essere nel posto giusto.

Si guardarono intensamente... poi Terry le mise una mano sulla guancia e da lì passò dietro la nuca.

- ...Amore mio... - disse lui, un attimo prima di cercare le sue labbra.

Un bacio lento, che diventò intenso e appassionato, e che fece perdere ad entrambi il contatto con la realtà.

Quando si staccarono, Terry le prese le mani.

- Oggi sono impegnato a teatro con le prove e fino a stasera con lo spettacolo. Ma vorrei rivederti presto - disse con la felicità sul volto.

Lei gli sorrise, dandogli un altro bacio delicato sulle labbra.

- Possiamo vederci domani... e dopodomani? Sono le mie uniche giornate libere - continuò lui.

- In settimana ho solo tre ore libere. La sera. Possiamo vederci domani sera... verso le 8 pm?

- Va benissimo - disse lui. Lei lo abbracciò e lui sprofondò le sue mani nei suoi morbidi capelli, baciandola sulla tempia. Sentiva di stare provando una nuova condizione... di felicità mista alla sensazione positiva che qualcosa di meraviglioso potesse accadere.
 

Il giorno dopo Terry passò a prendere Candy alla residenza, alle 8 pm.

Lei fu puntuale, il freddo era intenso ma quell'aria natalizia e sfavillante del periodo, unita alla loro felicità, faceva quasi dimenticare la temperatura esterna. Lui le prese il viso tra le mani e si scambiarono un bacio profondo. Candy lo cingeva in vita, era ancora incredula su quanto stesse accadendo. Le sembrava un sogno dal quale non avrebbe voluto essere svegliata, ma si sentiva leggera e sapeva soltanto di voler vivere intensamente quei momenti con Terry. 

- Non vedevo l'ora di rivederti - disse lui quando si staccò da lei, mettendole il braccio intorno alla vita e camminando insieme.

Lei lo guardò con i suoi occhi luminosi e uno dei suoi splendidi sorrisi.

- Se è un sogno non svegliarmi, Terry.

- Non è un sogno... è la realtà. Se vuoi ti dò un pizzico - e le pizzicò il fianco, ma lei si piegò leggermente fingendo dolore ed entrambi scoppiarono a ridere.

Quanto tempo era che non rideva - pensò lui di se stesso.

In pochi minuti raggiunsero la baia di New York, sulle rive del fiume Hudson, da cui si poteva ammirare in lontananza la trionfante Statua della Libertà, mangiando caldarroste prese da un venditore ambulante, e mescolandosi alla gente che passeggiava.

- Hai ancora contatti con tua madre? - chiese Candy.

- Sì... e grazie a te. 

Candy sorrise. Sorrideva spesso... e lui adorava il suo viso sorridente.

- Lei ora si è trasferita a Long Island. Lavora sempre in campo teatrale, ma non più come attrice. Un giorno andiamo insieme a trovarla, sarà molto felice di rivederti. 

- Certo! Farebbe piacere anche a me rivederla. E con... tuo padre? Come vanno le cose? Spero bene anche con lui. 

Terry abbassò lo sguardo.

- No... con lui no. Non lo vedo dai tempi di Londra. 

- Non hai mai pensato di provare a cercarlo? - azzardò a dire Candy, che non voleva essere troppo invadente, sapendo quali erano stati i rapporti tra Terry e suo padre.

- No. Non porterebbe a niente. Lui vive nel suo mondo aristocratico, con tutti i suoi pregiudizi e i suoi valori... diversi dai miei. Non potremmo mai andare d'accordo. 

Candy non insistette. Lasciò cadere l'argomento.

- Sai, tempo fa, ho rinunciato al cognome degli Ardlay. Albert ha rispettato la mia scelta... su mia richiesta ha revocato l'adozione. 
Ah ma... un momento! Forse non ti ho raccontato che Albert era in realtà il misterioso zio William che mi aveva adottata!? - disse Candy con un'espressione sconcertata, giacché quella scoperta era stata anche per lei motivo di turbamento.

- Coosaa?? - rispose Terry. - Ma... no, non ne sapevo niente... e mai avrei potuto immaginarlo.
Albert... ma perché lui ti teneva nascosta questa verità??

- È un discorso un po' lungo da spiegare. In un certo senso c'erano fattori legati alla sua giovane età... la sua vera identità doveva restare nascosta a molte persone. Però sai... il fatto di conoscerlo come Albert... il mio amico Albert... mi ha destabilizzata poi... quando ho scoperto che lui e lo zio William erano la stessa persona!

- Certo, lo credo bene - rispose Terry, ancora stupito per quella rivelazione.

- Comunque... - riprese Candy - ...Gli ho chiesto di revocare l'adozione.
Il motivo é che non volevo più sentirmi impegnata con la famiglia dei Lagan, che sono imparentati con gli Ardlay. Essere un membro di quella famiglia avrebbe comportato rivederli di tanto in tanto nelle occasioni ufficiali. Sai, crescendo ho imparato a prendere le giuste distanze dalle cose negative.
Eliza e Neal sono stati i peggiori esempi di esseri umani che abbia mai incontrato. Per quanto io cerchi di vedere sempre il buono nelle persone... o tenda a credere che tutti abbiamo una parte buona, anche molto piccola... beh, loro due di buono non hanno proprio nulla. E non cambieranno mai. Non vedo perché io debba sentirmi costretta a frequentarli.
Io e Albert saremo ugualmente sempre legati da una meravigliosa amicizia, questo lo sappiamo bene entrambi. 

- Capisco... Eliza e Neil li ricordo molto bene... subdoli e meschini. Condivido la tua scelta di allontanarti da loro. E quale cognome hai adesso? 

- Lowell. Candice Lowell - rispose Candy. - Mi piace! Me lo hanno assegnato a caso all'ufficio anagrafe di La Porte. 

- Candice Lowell... - ripeté Terry mentre la guardava, pensando a quanto lei fosse diventata una donna, dai tempi della St.Paul school. Una donna bellissima.
 
- A La Porte ho fatto richiesta per un progetto di scolarizzazione dei bambini della Casa di Pony. Ricevo degli aggiornamenti da Miss Pony sull'andamento dei lavori, stanno ristrutturando un vecchio capannone in disuso, vicino alla Casa, che potrà ospitare la classe. Se sarà possibile, diventerà una succursale per tutti i bambini della zona periferica. Così non dovranno spostarsi in città ogni giorno.
Sono davvero contenta per i miei bambini. 

- Certo, la scuola è importante, specialmente a quell'età - rispose Terry. - Io l'ho lasciata a 15 anni per diventare un attore. Ci sono riuscito, ho realizzato il mio sogno, però ti confesso che nel tempo libero ho cercato di recuperare leggendo molto, e testi di diverso genere. Ecco perché ci siamo incontrati in biblioteca, quel giorno... 

- ...Mi hai trovata lì per lo stesso motivo - disse Candy, sorpresa da quell'analogia tra i loro intenti. - Ora sto studiando per specializzarmi, ma mi piace leggere quando posso, così vado sempre alla ricerca di libri interessanti. 

Terry ripensò per un attimo a quel periodo... entrambi lasciarono la scuola, in tempi diversi... e si affacciarono giovanissimi nel mondo del lavoro.

- A proposito di scuola, durante la guerra qui le cose non andavano bene, le produzioni teatrali furono interrotte, così mi sono ritrovato anche senza lavoro, per un periodo. Ma grazie ad alcune coincidenze sono riuscito a trovare lavoro come insegnante di Recitazione in una scuola privata.
È stata un'esperienza che mi è piaciuta abbastanza. Tanto da poterla riconsiderare in futuro, nel caso decidessi di abbandonare le scene. 

- Wow, deve essere stata una bella esperienza certamente! Ma perché pensi che potresti abbandonare le scene? 

- Dicevo per dire... ma ultimamente sono più stanco, i ritmi sono diventati più frenetici, e poi solitamente viaggiamo molto, tra America ed Europa. A gennaio partiamo in tournée con "Antonio e Cleopatra".

- Capisco - disse lei, realizzando che avevano pochissimo tempo per stare insieme, fino alla partenza di Terry. - Comunque è una valida alternativa... insegnante di Recitazione... ti ci vedo - rispose con un sorriso.
 
Entrarono in un ristorante per cenare, continuando a parlare di vari aneddoti, poi, a metà della cena, mentre Terry versava il vino nei bicchieri, Candy chiese con un pizzico di curiosità: - Hai avuto delle fidanzate... in questi anni? 

Lui sollevò il viso per guardarla. Esitò un momento, poi disse: - Fidanzate è una parola grossa... ho frequentato alcune donne, questo sì. 

Vide che Candy spostò un attimo lo sguardo sullo skyline, attraverso la vetrina panoramica del locale.

- Ma nessuna di importante. Non è un vanto dirlo... ma non ho mai amato quelle donne. 

Candy si voltò ora a guardarlo.

- La verità è che ho provato ad andare avanti con la mia vita... ma non è colpa mia se non è scattato nulla in me. 
Non riuscivo ad amare nessun'altra. Lo avrei voluto fortemente... per dimenticarti. Ma non ci sono riuscito. 

Lei abbassò gli occhi. Le parole di Terry erano ora una sua confessione del periodo buio che aveva vissuto, traspariva tutta la sua sofferenza passata. Si sentiva in parte responsabile. Ma, come aveva considerato anni prima, le cose erano andate come dovevano andare, e lei lo aveva accettato.

- Mi dispiace... - disse guardandolo.

Lui pure la guardava. - ...Non è colpa di nessuno - rispose.

Ci fu un lungo silenzio.
 
- Tu invece? Hai frequentato qualcuno, nel tempo? - riprese Terry.

- A La Porte sono uscita per circa un mese con un ragazzo conosciuto in ambulatorio.
Un tecnico di laboratorio... un giorno mi chiese di uscire. 
Anche io volevo dimenticarti, e chiudere quel capitolo doloroso della mia vita. Le mie amiche si fidanzavano ufficialmente. Così anche io non volevo essere da meno. Volevo vivere la mia vita da ventenne. 

Terry si incupì, ripensando che non erano stati capaci di viversi nella loro adolescenza. E forse poi le cose sarebbero andate diversamente tra di loro. Ma ora sembravano essersi ritrovati. E non voleva perdere questa seconda possibilità per nulla al mondo.

- Lui era un bravo ragazzo - continuò Candy. - Ma poi ho deciso io di non vederlo più... perché non provavo niente per lui. Lo vedevo solo come un amico. Ci rimase male. Ma cos'altro potevo dirgli? 

Terry la ascoltava in silenzio.

- Quest'estate poi sono stata qualche settimana in Ohio in vacanza, con Annie, Archie e alcuni loro amici. Uno di loro vive a New York, fa l'avvocato. Mi aveva chiesto se potevamo rivederci quando io mi sarei stabilita qui... mi aveva dato il suo indirizzo, ma dopo, per vari motivi, non l'ho mai cercato. Non so se avremmo potuto avere dei punti in comune... e non lo saprò mai - disse sorridendo.

- Puoi sempre provare a cercarlo - disse lui, per ironizzare. - Ti sei pentita di non averlo fatto? - chiese prima di sorseggiare il suo vino.

- No... se avessi voluto farlo, credo che lo avrei cercato. Volevo solo dire che le cose non sono sempre lineari, nella vita.

Qui a New York sono invece uscita un po' di tempo con il mio compagno di studi di cui ti avevo già accennato.

E ora... eccoci qua. Quanto è imprevedibile la vita? Io non lo avrei mai immaginato... di incontrarti di nuovo qui a New York - disse rivolgendosi a Terry, con un'espressione intensa e quasi prudente nelle parole, mentre prendeva il bicchiere per bere un sorso di vino.

Terry annuì. - Non lo avrei mai immaginato nemmeno io, Candy. È questo ciò che chiamano "destino"? Io davvero non lo so... - rispose lui, guardandola negli occhi, mentre entrambi restavano in silenzio.
 
Si stava facendo tardi, per il rientro alla residenza, così, finito di cenare, cominciarono ad incamminarsi sulla via del ritorno.

- Candy... - disse Terry titubante - ... tra tre giorni sarà Natale. Se avete il permesso di poter stare fuori... ti va di venire a stare da me e passare quei giorni a casa mia? Vorrei trascorrere più tempo con te... - disse serio, guardandola direttamente in viso.

Candy sentì l'emozione invaderla.

- Sì... mi va - rispose, con un'espressione felice e sognante. - Molti studenti tornano a casa per il weekend o durante le festività. 

Terry si avvicinò per baciarla.

- Ti amo... - le disse in un momento in cui sentiva il cuore scoppiare per l'emozione - ...Non perdiamoci mai più... 

Si baciarono intensamente, la baia di New York con le mille luci di orientamento, tipiche dei porti, a fare da sfondo ad un amore che a New York si era interrotto bruscamente, e che da New York ripartiva... da dove avevano lasciato, ma in verità adesso erano due persone diverse. Più mature e consapevoli, più determinate e libere.

Davanti alla residenza si scambiarono un ultimo bacio, abbracciati stretti.

- Ci vediamo domani sera, stessa ora? - disse Terry. - E prepara la valigia.

- Sì... - rispose lei con un grande sorriso. - Buonanotte...

- Buonanotte... - disse lui, dandole dolcemente un altro bacio sulle labbra e tenendole ancora la mano fino a quando Candy non si allontanò e dovettero staccarsi. Lei si voltò a guardarlo, poi entrò nel cancello e lui si diresse verso il centro città.

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 14 ***


Era il 23 dicembre. L'ultimo giorno di lezioni e tirocinio, e poi gli studenti che ne avevano la possibilità sarebbero stati liberi di tornare a casa per le feste.

Candy era felicissima. Non riusciva tanto a concentrarsi durante quell'ultima lezione, ma un po' tutti i suoi compagni erano stanchi ed euforici allo stesso tempo.

Quando cominciò a preparare la sua valigia, in stanza con lei c'era Melania, la ragazza con cui divideva la camera e con cui aveva instaurato un rapporto di amicizia e rispetto.

- Allora torni a casa, Candy? - le disse mentre anche lei stava riordinando le sue cose in una piccola valigia.

- No... vado a stare da... è un po' difficile da spiegare, ma a New York ho rivisto per caso un ragazzo della mia adolescenza e... abbiamo deciso di darci un'altra possibilità. Lui vive qui, così... vado a stare da lui.

- Capisco. Beh, l'unico modo per scoprire se tra di voi può funzionare è proprio frequentarlo. Anche io vado a stare dal mio fidanzato. La mia famiglia vive in California ed è un viaggio troppo lungo per una settimana soltanto. Allora buon Natale Candy - disse Melania, sorridendo e abbracciando la sua compagna.

- Buon Natale a te - rispose Candy ricambiando il suo abbraccio.

Anche Melania andava a trascorrere le feste dal suo fidanzato, poiché lontana dalla sua famiglia. Candy poté vedere una somiglianza con la sua storia, e constatare quanto la cultura newyorkese fosse diversa da quella di altre città americane, in cui la morale era più dominante.

Si sentì felice di poter assecondare i suoi desideri senza essere giudicata. Non che le importasse molto del giudizio altrui fine a se stesso, ma sapere di essere in una città liberale che le permetteva di fare tante nuove e diverse esperienze, utili per la sua crescita, la faceva sentire autonoma e più aperta mentalmente ai cambiamenti.
 

Un'altra sera era calata sulla città, e Terry si stava preparando per andare a prendere Candy.

Lei avrebbe trascorso le festività a casa sua, una settimana intera, e ancora non gli sembrava vero di poterla avere tutta per sé. Anche se sarebbero state giornate intense di lavoro in teatro, sapere di trovarla a casa al suo rientro lo rendeva felice.

Si guardò velocemente nello specchio e si mise a pensare che la vita gli aveva regalato una seconda opportunità con Candy. E che lui aveva finalmente deciso di coglierla.

Si chiese se la meritava... se lui meritava l'amore.

Non aveva avuto un'infanzia felice, perciò questi dubbi lo attanagliavano ogni tanto.

- Tutti meritiamo amore - disse nella sua mente, pensando di esserne certo e concludendo i suoi tormenti.

Quando ritornò a casa con Candy, ebbe la sensazione di aver chiuso il mondo fuori, e che tutto ciò che desiderava era lì, davanti a lui.

- Sentiti libera di fare come se fossi a casa tua, Candy - le disse lui, per non farla sentire un'ospite.

- Grazie Terry - rispose lei sorridendogli, apprezzando ancora una volta la sua gentilezza nell'accoglierla a casa sua, mentre entrambi si toglievano i cappotti.

- Che profumino! Hai cucinato tu? - disse lei per stuzzicarlo.

- Certo... e chi altri se no? Io sono un self made man... - disse lui ironizzando, ma dicendo qualcosa di assolutamente vero.

- Sono orgogliosa di te - disse, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio sulla schiena.

Lui si voltò dolcemente e la strinse a sé, baciandola lentamente sulle labbra e rendendo quel dolce bacio sempre più audace.

Dopo, restarono a guardarsi un momento negli occhi, poi Candy, ancora stordita per tutta quella felicità e quell'amore che provava, si guardò intorno e per provare ad alleggerire quel momento in cui sentiva il suo cuore troppo carico di emozioni disse a Terry, sorridendo: - Non hai fatto l'albero di Natale? 

- No, non ho avuto tempo... e forse nemmeno voglia - rispose lui, che pure si sentiva travolto da emozioni intense.

- Domani ne compro uno e lo decoro... se ti fa piacere - disse lei, immaginando come potesse sembrare un finto abete natalizio in un angolo dell'appartamento di Terry, dove aveva già immaginato di posizionarlo.

Lui sorrise. - Sì... ma fai in modo di farti consegnare la merce a casa, non puoi portarlo qui da sola. Vai all'Emporio che si trova all'angolo in Bedford Street, loro mi conoscono, domani passo di lì per dire di mettere la spesa sul mio conto.

- Va bene, come vuoi - disse lei, accomodandosi sul divano. 

- Miss Pony e Suor Lane staranno preparando i loro dolcetti per Natale. Posso sentire il profumo, nei miei ricordi - disse lei, appoggiando la testa sullo schienale del divano.

- Ti mancano? - chiese lui.

- Sì, un po'. Ma sto bene qui a New York... devo essere sincera, ho rivalutato questa città.

- ...Ti piacerebbe restare a New York dopo il corso? Potresti trovare lavoro qui... e stare insieme a me - disse lui, che si teneva a distanza, abbassando un attimo lo sguardo.

- Sì... mi piacerebbe - rispose Candy. - Troverò delle opportunità dopo la specializzazione. Vorrei continuare a vederti... tutti i giorni. Ma hai detto che a gennaio partirete in tournée... quindi non sarà possibile vedersi ancora - disse lei, guardandolo negli occhi, con un'espressione seria e intensa del viso.

- No... - disse Terry. - Non sarà possibile. E mi dispiace moltissimo. Ma spero che questo non cambi le cose... tra di noi - aggiunse lui, ricambiando il suo sguardo nella stessa intensità.

- Non credo che cambierà le cose... tu lo pensi? - disse lei, con un tono basso e pacato.

- ...Io posso parlare per me... e la mia partenza non cambierà i miei sentimenti - rispose, avvicinandosi lentamente a lei e sedendosi accanto, sul divano, mentre il fuoco nel camino ardeva e riscaldava confortevolmente la stanza e l'atmosfera.

- Anche io posso parlare soltanto per me... e ti aspetterò, Terry - disse lei, guardandolo in viso e poi abbassando lo sguardo.

La guardava anche lui, quell'atmosfera diventata confortevole non gli evitò di sentire la pelle d'oca.

Restarono un attimo in silenzio. 

Poi Candy riprese a guardarlo, si avvicinò lentamente e gli diede un bacio sulle labbra, staccandosi subito dopo e restandogli abbastanza vicina per poterlo guardare negli occhi... quegli occhi blu che sapeva leggere molto bene, e in cui anche lei si perdeva.

​Pieno di passione, Terry cominciò a baciarla sul collo. Aveva un profumo delicato, si sentiva inebriato. Si sentiva così coinvolto che stava perdendo il controllo della situazione.

Candy cominciava a sentire brividi nel ventre. Gli mise le mani tra i capelli... poi lui la baciò sulle labbra.

- Ti amo tanto - disse Candy.

- Voglio fare l'amore con te - disse lui, totalmente perso nel suo viso.

Candy lo guardò, visibilmente emozionata.

La prese per mano e andarono nella sua stanza da letto.
 
 
 
La luce rosa dell'aurora cominciava a filtrare attraverso la finestra.

Candy era appoggiata sul petto di Terry, lui aveva la mano tra i suoi capelli soffici e le accarezzava la testa.

- Vuoi restare con me per sempre? - chiese Terry, senza guardarla, per un certo timore della sua risposta.

- Per sempre? Per sempre è un bell'impegno Terry Granchester... ne sei proprio sicuro? - rispose lei, pacatamente e seriamente.

- Sono sicuro di amarti... e vorrei stare con te per sempre. E di sicuro c'è anche che non è qualcosa che ho cominciato a desiderare un'ora fa. Era dentro di me da tempo - rispose lui deciso, avendo intuìto i timori di Candy.

Lei restò in silenzio. Terry continuava ad accarezzarle i capelli.

Poi sollevò il viso per guardarlo. 

- Però... se non ci fossimo incontrati... per caso... adesso non saremmo qui.

Ora la guardava anche lui. - Cosa intendi? - disse, per farle esprimere il suo pensiero, che lui aveva già in parte compreso ma voleva che fosse lei a parlargliene.

Candy esitò un momento, staccandosi da Terry e distendendosi al suo posto nel letto.

- Se hai dei dubbi, qualsiasi cosa... vorrei che me ne parlassi Candy. Solo così potremo conoscere meglio i nostri bisogni... non ti pare? 

- Sì. Intendo che... hai detto che era qualcosa che desideravi da tempo. Ma se non ci fossimo incontrati per caso, io non lo avrei mai saputo.

- È vero. Prima di rivederti qui in città, ammetto che volevo dimenticarti. All'inizio ero proprio arrabbiato con te. Poi lentamente ho maturato delle considerazioni... su come erano andate le cose tra di noi, e ho deciso di andare avanti con la mia vita. Speravo che tu potessi essere felice... ma non volevo pensarti, non volevo parlare di te, sapere qualcosa di te... e non sarei mai venuto a cercarti, se ti riferivi a questo.

Candy lo ascoltava, senza guardarlo.

- È per questo che... dico che... il caso ha deciso per noi? Possono due persone che si amano lasciar decidere al caso? - disse lei.

- ...Hai detto bene... due persone. Anche tu mi pare che sia andata avanti con la tua vita...

Lei ora si voltò a guardarlo. Ci fu un momento di silenzio. 

- Se il caso ha deciso per noi... che ruolo hanno avuto i nostri sentimenti? - aggiunse poi lei, con un tono disilluso. 

Terry non rispose subito. Lei continuava a guardarlo, mentre lui aveva abbassato lo sguardo.

Poi sentì di volerle dire che in realtà lui dopo l'aveva cercata, e riprese a parlare: - ...Una cosa che non sai... è che quando ci siamo incontrati la seconda volta è stato perché... io ho fatto in modo di incontrarci.

- Cosa? - rispose lei con un'aria stupita e incuriosita allo stesso tempo.

- Volevo parlarti... e nonostante tu mi avessi detto che stavi frequentando un ragazzo! Non volevo essere invadente... ma dovevo vederti e parlarti. Per un introverso e orgoglioso come me, non è un atto di coraggio?

Lei sorrise, mentre lo guardava con un'espressione compiaciuta. 

- Aveva tutta l'aria di un incontro casuale, e invece... era programmato... e ti è anche riuscito, perché io non mi sono accorta di nulla... e non so nemmeno come tu abbia fatto... ma poi dovrai dirmelo - aggiunse lei con un tono suadente.

- No, questo no! - disse lui con un'espressione scherzosa di rifiuto per quella richiesta. - ...Acconténtati di sapere che ti ho cercata.

Lei gli rispose con uno dei suoi meravigliosi sorrisi, che lo affascinavano moltissimo.

Lui le si fece più vicino.

Le parlò con un tono basso e serio: - Il caso ci avrà anche dato una mano... ma io ti ho aperto il mio cuore quel giorno... e credimi che per me solitamente è molto difficile.

- Lo so - disse lei, accarezzandogli il viso. - È per questo che lo apprezzo il doppio.

Lui la guardò per qualche secondo negli occhi, poi si spostò su di lei e cominciò a baciarla lentamente dappertutto.

- Terry... mi farai impazzire... - disse Candy con un tono languido.

- Saremo in due... - rispose lui, estasiato dal contatto con la sua pelle.
 
 
 

Dopo qualche ora uscirono insieme per andare all'Emporio in Bedford Street, a concordare la consegna dell'albero di Natale e delle decorazioni. Si ritrovarono dopo a fare una passeggiata a Washington Square Park, Terry prese in una pasticceria delle Madeleine, tipici biscotti al burro francesi che Candy non aveva mai assaggiato.

- Wow Terry, sono deliziosi!

- Visto? - disse lui sorridendole.

Si erano seduti su una panchina, a godere di quella bella giornata non molto fredda che dicembre stava regalando in prossimità del Natale, e mettendo le mani nel cappotto Terry vi trovò un pezzo di carta. Lo estrasse per leggerlo e poi istintivamente, con un'espressione infastidita, lo accartocciò nella mano. 

- Cos'è? - chiese lei, mentre mangiava i suoi biscotti.

- Niente... - rispose lui, restando vago, e guardando in un punto davanti a sé.

- È un segreto? - disse Candy, acuendo leggermente il tono.

- No... non è un segreto. È che non è niente di importante - rispose, guardandosi intorno e non trovando un cestino nelle vicinanze per buttarlo via.

- Allora posso vederlo... 

Lui esitò. Poi pensò di non volerle nascondere niente della sua vita e allora decise di essere sincero.

- Certo... ma non è niente - disse mentre apriva il foglietto. 

Candy lesse in mente il contenuto. Era l'indirizzo di un'abitazione, e sotto c'era il nome di una donna, Gloria, con un cuore disegnato. La scrittura non era quella di Terry.

- Ma cosa...? - disse Candy alterandosi e smettendo di mangiare i biscotti, chiudendo il sacchetto di carta. - Questo sarebbe niente?! - aggiunse alzando un po' il tono di voce.

- Sì, non è niente perché risale a tempo fa! Tra l'altro è un appuntamento al quale non sono mai nemmeno andato, non ricordavo di averlo ancora in tasca!

- Chissà se questa "Gloria" è dello stesso parere! - disse Candy alzandosi dalla panchina e cominciando ad adirarsi. - Secondo me è qualcosa di recente, e poi perché tenerlo ancora in tasca, se non ci sei nemmeno andato?! - aggiunse, volendo spiegazioni da lui. - ...Ma Gloria è solo una delle tante... vero Terry? - concluse lei guardandolo con un'aria provocatoria.

Lui incrociò il suo sguardo, restando disorientato un attimo, non sapeva da dove cominciare per spiegarle quella parte della sua vita che aveva condotto prima di rincontrarla, e che lui le aveva soltanto accennato nei discorsi.

Poi si alzò dalla panchina e le si mise davanti, provando a spiegarsi.

- Ascolta Candy... la società è diversa qui a New York...

- Ora è colpa della società?? 

- Ma no... non voglio nasconderti niente, non ti dirò mai delle bugie... perciò ti dirò che mi è capitato e mi capita tuttora di ricevere qualche invito abbastanza chiaro. In passato qualcuno l'ho accettato, non nego di aver frequentato diverse donne... qui a New York è molto facile, specialmente nel mio ambiente. Ma quello è stato il mio passato. Adesso invece... perché dovrei accettarli? - le chiese lui con voce profonda.

- Non lo so, puoi saperlo soltanto tu! - rispose lei, ancora irritata.

- Dopo che ci siamo rivisti in biblioteca quel giorno, avrei potuto continuare la mia vita di sempre! Nessuno me l'avrebbe impedito... e di occasioni ne ho avute! Ma non sono uscito con nessuna donna da allora, e chissà se mi credi! Perché dovrei mentirti?! - disse ora lui con un tono di voce più alto.

Si guardavano negli occhi, Candy stava riuscendo a sostenere il suo sguardo, il suo era tagliente, quello di Terry penetrante.

Rimasero in silenzio, il vento smuoveva i capelli e le fronde sovrastanti dell'albero sotto cui si erano fermati.

- Io voglio soltanto te... - disse lui alla fine di quel momento, con un tono più dolce. - Non sciuperei questa seconda possibilità tra di noi per niente al mondo - aggiunse.

Candy lo guardava seria. 

Lui poté vederla assorta.

Dopo un momento di silenzio, mentre Candy si sedeva sul prato, sotto l'albero vicino, lui continuò, con tono pacato: - Credo che i tempi stiano cambiando. Ora le donne si sentono più emancipate e più al pari degli uomini rispetto al passato. Presumo dipenda da quello che abbiamo attraversato con la guerra... molte donne hanno dovuto sostituire i loro uomini... mariti, padri... partiti per il fronte.

E questo scambio di ruoli le ha rese figure più centrali... con una nuova coscienza di sé. 

Ora le donne bevono alcolici, lavorano in ufficio, guidano la macchina, praticano sport, il tennis va per la maggiore... e invitano anche gli uomini ad uscire - disse guardandola in viso e sedendosi sul prato, di fronte a lei.

- Almeno qui a New York succede.

Lo vedo anche negli spettacoli di Broadway... c'è un rinnovamento, gli abiti di scena delle ballerine, ad esempio, sono più audaci. 

Al party dopo uno spettacolo fu proprio una di loro a dirmi che sentivano che stava cominciando una rivoluzione. Che attraverso i nuovi balli e costumi stavano rappresentando la loro esigenza di libertà e di emancipazione, e quella di tutte le donne là fuori.

E che anche se la morale comune esisterà sempre, a lei e a molte sue amiche piaceva uscire la sera per andare a ballare da sole, senza necessariamente un uomo a fianco. Che non si sentivano deboli e indifese.

Ora, io non sono una donna, ma mi colpì quel suo ragionamento. Erano considerazioni giuste, e credo che nel tempo farete sempre maggiori conquiste. Li chiamano "tempi moderni". Qualcuno ha detto che "New York non resta mai la stessa per dieci anni di fila". E da quando ci vivo posso confermare che questo succede già di anno in anno.

Candy lo aveva ascoltato attentamente, era molto interessata a quell'argomento sociologico, e poi New York era la città americana da cui tutto partiva, per diffondersi in seguito altrove.

Era stata in ansia e in preda al fervore durante quel discorso sulle altre donne che cercavano Terry... ma ora sentiva di poter credere alla risposta di lui.
Riuscì a rispondergli con un tono più calmo.

- Sull'emancipazione femminile di questi tempi sono d'accordo... c'è ed è un'esigenza, io avevo già da ragazzina questa tendenza, ma vedere che adesso è qualcosa che si sta espandendo a macchia d'olio non può farmi che piacere. Il dopoguerra ha portato qualcosa di buono... anche se invitare gli uomini ad uscire credo che abbia a che fare maggiormente con il proprio carattere - disse guardandolo negli occhi.

- Sai - continuò - vorrei anche io prendere la patente. Ho messo da parte abbastanza denaro per quest'altra piccola conquista d'indipendenza.

- Ottimo!...A pensarci bene, è vero... noi due abbiamo anticipato i tempi con il nostro anticonformismo - rispose Terry, assumendo ora un'aria quasi nostalgica, e proseguendo a parlare con calma.

- Abbiamo lasciato la scuola per seguire un'altra strada. Lasciato un percorso delineato da altri per noi... per seguire invece le nostre ambizioni e i nostri desideri. 
In un certo senso siamo stati dei ribelli... in un mondo che tuttora vive di convenzioni e compromessi - continuò, provando una sensazione dolce amara legata al ricordo di quel tempo.

- ...Siamo diversi noi due... ma in fondo simili - concluse Terry, con un tono profondo.

- Sì... per certi aspetti ci assomigliamo - rispose Candy guardandolo in viso e notando la sua aria seriosa.

Il traffico e la gente stavano cominciando ad affollare sempre più il quartiere, Terry guardò il suo orologio.

- Ora devo andare in teatro... ci vediamo stasera, tornerò tardi... dopo lo spettacolo. Per lo spettacolo di Natale ho un biglietto prenotato per te - disse continuando a guardarla e cercando di cogliere il suo stato d'animo. Lei lo guardò e annuì con la testa, senza dire niente.

- Facciamo un pezzo di strada insieme? - chiese lui, alzandosi.

- Sì... - rispose Candy, alzandosi anch'essa e cominciando a camminare.

Non si dissero niente per tutto il tragitto. Arrivati nel punto in cui avrebbero dovuto dividersi, lui le mise le mani sulle braccia.

- Ciao... a stasera - si avvicinò per darle un bacio sulle labbra. Lei restò fredda, così si guardarono un momento e poi lui si incamminò verso il centro.
 

Quella sera fu mezzanotte quando Terry rientrò. Trovò Candy sul divano ad aspettarlo, stava leggendo un libro, la stanza illuminata soltanto da una lampada e dalle lucine di un bellissimo alberello di Natale tutto decorato.

Terry si tolse il cappotto e la raggiunse sul divano.

- Sei ancora sveglia - disse sedendosi.

- Sì, volevo aspettarti - rispose lei. - Come è andato lo spettacolo?

- Bene, stiamo andando bene. Hai fatto l'albero... è stupendo.

Lei sorrise, chiudendo il libro e poggiandolo sul tavolino.

Terry si alzò un momento per andare nell'atrio, poi ritornò a sedersi vicino a lei.

- A questo punto credo che sia già Natale, è passata la mezzanotte. Buon Natale... amore mio - disse lui porgendole una scatolina.

Candy, sorpresa, guardava lui e la scatolina, era senza parole. Poi la prese e la aprì, un solitario brillava nelle sue sfaccettature, per la luce.

- Vuoi sposarmi? 

Non era da lui prepararsi dei discorsi. Aveva deciso di regalarle un pegno d'amore. A breve, sarebbe partito e si sarebbe allontanato da lei per molti mesi. Voleva darle un motivo per restare, un segno per dimostrarle che lui faceva sul serio.

- Sì, voglio... amore mio - riuscì a dire lei, con gli occhi lucidi.

Lui le aveva infilato l'anello al dito, - È bellissimo - aveva detto Candy, ed erano rimasti abbracciati sul divano, in un'atmosfera intima e confortevole, davanti all'albero di Natale pieno di lucine e palline colorate e al caminetto acceso.

- Ci sposeremo al mio rientro. Nel frattempo... non cambiare idea - le disse serio, avvertendo un pizzico di paura nel cuore solo per aver pronunciato quella frase.

- Se cambio idea, ti mando una cartolina - disse lei ironicamente, per cercare di esorcizzare le sue paure attraverso l'umorismo.

- Potrei non riceverla - rispose lui con un sorriso, cogliendo l'ironia e apprezzando il tentativo di Candy di alleggerire le sue ansie.

Lei si strinse ancora di più nel suo abbraccio e intrecciò la sua mano con quella di Terry.

Dopo qualche minuto, Candy si sollevò dicendo - Anche io ho un regalo per te Terry, me ne stavo dimenticando - e si alzò per prendere un pacchettino che aveva lasciato sul caminetto. - Non conosco ancora bene i tuoi gusti, così sono andata sul sicuro.

- Ma Candy... grazie, non voglio che spendi soldi per me - disse lui accettando il suo regalo, mentre Candy sorrideva.

- È solo un piccolo pensiero... buon Natale - aggiunse lei.

Era un poema di Shakespeare, "Venus and Adonis" che Terry non doveva aver ancora letto, perché Candy aveva controllato nel suo studio e non c'era nella sua libreria. 

- Wow... Shakespeare è senza dubbio il mio autore preferito, e mi fa sempre piacere poter incrementare la mia collezione. Grazie ancora - le disse prendendole la mano e lei tornò ad accoccolarsi accanto a lui.
 
 

Durante la serata del 25 dicembre Candy assistette allo spettacolo di Terry al New Amsterdam Theater, nei pressi di Times Square, e lo trovò ancora più bravo di quanto ricordasse.

- Complimenti Terry! - disse lei alla fine dello spettacolo, avendo avuto la possibilità di raggiungerlo in camerino. - Sei sempre molto bravo, e ancora di più, se possibile.

- Grazie, amore mio - rispose lui stringendola a sé, mentre si stava struccando e togliendo gli abiti di scena. Uscendo insieme dal camerino, mentre ridevano per qualche battuta, entrambi non poterono fare a meno di notare Susanna, intenta a parlare con qualche membro dello staff, e anche lei, a sua volta, aveva notato Terry con una ragazza bionda, attratta dalle loro risa.

Candy e Terry si ricomposero e assunsero un'espressione seria. Terry la salutò, così come fece anche Candy, e passarono oltre, mentre Susanna, rispondendo al loro saluto, realizzava soltanto in quel momento che quella ragazza fosse Candy, giacché non l'aveva riconosciuta, e si voltò un attimo a guardarli di spalle andare via.

In seguito Hathaway diede conferma alla sua domanda, che quella ragazza con Terry era proprio Candy. 
Ripensò amaramente al periodo in cui lei si era invaghita di quel ragazzo. Ne era diventata ossessionata. Le sembrò una vita fa, pensò che a quei tempi era ancora una ragazzina immatura, e fu contenta di non aver realizzato ciò che lei credeva essere il suo più grande desiderio: stare con Terry. 
Allora l'incidente aveva accentuato la sua ricerca di attenzioni e il desiderio di colmare i suoi vuoti... che aveva sfogato su quel ragazzo affascinante, suo collega e partner in scena.

Pensò che lui e Candy si erano ritrovati. Se erano destinati, sarebbe successo prima o poi, come infatti era accaduto. E si sentì sinceramente felice per lui. Per loro. 

Poi arrivò Jack, il suo fidanzato e insieme uscirono sorridenti dal teatro.
 

- Non abbiamo più parlato di Susanna, rivederla ora mi ha fatto un certo effetto. Si è ripresa? Ho notato che si serviva dell'appoggio di un bastone - chiese Candy a Terry, mentre sul retro del teatro stavano aspettando che un autista li riportasse a casa.

- Sì, si è ripresa. Io l'avevo già vista in teatro un'altra volta, era passata per salutarci, si è fidanzata con un attore della compagnia e sembrano felici. Sono contento per lei, pare che riprenderà a camminare senza l'ausilio del bastone. Glielo auguro.

- Già, è una bella notizia.

- Robert mi disse all'epoca che l'incidente rientrava tra quelli sul lavoro, e Susanna ha percepito nel tempo un sussidio per le spese mediche. Lei rifiutò il mio supporto morale come amico, e mi vietò di andare a trovarla ancora, sua madre diede un ordine specifico alle infermiere per non farmi entrare nella sua stanza. Poi Karen, la mia collega che ha interpretato Cleopatra, mi disse che Susanna era ancora una ragazzina immatura, che faceva i classici capricci da attrice viziata, che si era presa una grossa cotta per me e in più tendeva ad essere melodrammatica nelle reazioni. Tutte queste cose mi aiutarono a vedere meglio la situazione e a capire che dovevo allontanarmi da lei. Per fortuna le cose sono andate per il meglio, perché lei ora sta bene e ha ripreso in mano la sua vita. 

Candy restò in silenzio. Per lei era una storia un po' contorta per provare a capirla, e si limitò semplicemente ad essere contenta per lei per la guarigione.
 
 
Durante quella settimana speciale, Candy e Terry cercarono di trascorrere il più possibile del tempo insieme, nelle uniche due giornate in cui Terry era libero dal teatro se ne stettero romanticamente a letto, senza fretta e senza organizzare le ore.

- Voglio tanti bambini con te - le disse Terry, mentre se ne stavano abbracciati sotto le coperte e fuori diluviava.

- Co-sa? - rispose Candy divertita. - "Tanti" che numero sarebbe?? 

- Tanti è tanti... almeno cinque... non sei d'accordo? - disse lui sorridendo e accarezzando la sua morbida pelle.

- Bisogna anche star dietro poi... a cinque bambini - continuò lei, immaginando per un attimo la sua vita futura con l'uomo che amava.

- Ce la faremo - rispose lui, dandole un bacio tra i capelli. - Peccato non poter iniziare subito. Ma non vedo l'ora.

Candy sorrise - Anche io - disse, baciandolo sul petto. - Chissà se è vero che "l'attesa porta a cose meravigliose... le cose crescono e fioriscono" - aggiunse poi, impostando la voce per citare un passo di un libro che aveva letto di recente.

- Sì, è vero... io ci credo... - disse lui con un tono languido, mentre tirando su le lenzuola si spostava su di lei e lei lo accoglieva tra le sue braccia.
 
 
La notte del 31 dicembre, dopo l'ennesimo spettacolo di quel periodo, Terry era rientrato a casa che era quasi mezzanotte, Candy lo aspettava per poter brindare insieme all'anno nuovo. Riempirono due calici di Champagne che Terry aveva comprato appositamente per l'occasione e si augurarono il meglio per l'anno a venire.

- A noi due... ai nostri sogni... alla nostra libertà... - disse lui guardandola negli occhi.

- Ai nostri desideri... non vorrei essere in nessun altro posto al mondo... in questo momento - rispose lei ricambiando il suo sguardo, mentre entrambi sorseggiavano quel vino francese spumeggiante.

- Andiamo sul tetto! Da lì si vedono benissimo i fuochi d'artificio - disse Terry prendendo Candy per mano. Presero al volo i cappotti e uscirono di casa, salendo su per le scale interne del palazzo che conducevano all'ultimo piano.

I fuochi d'artificio erano ben visibili, luminosi e potenti. Se ne stettero lì abbracciati a guardarli, affascinati e innamorati.

- Che belli... - disse Candy. Avvertiva ancora la sensazione di essere nel posto giusto. Una piccola sensazione che provava quando si sentiva molto bene con se stessa.

- Sì, molto.

Restarono in silenzio, poi Candy disse: - Sette anni fa...

- ...A quest'ora eravamo sulla nave per Londra - aggiunse subito Terry. Stavano pensando entrambi alla stessa cosa, nello stesso momento. - E ci siamo incontrati per la prima volta - continuò lui.

Lei sollevò il viso per guardarlo e sorrise. 

- Sono passati sette anni? - disse lui - ...Il tempo vola e non ce ne rendiamo conto...

- Già, sette anni... quante cose sono successe da allora. Ma adesso... a me sembra di essere abbracciata a quel ragazzo, a guardare dei suggestivi fuochi d'artificio da un tetto di New York.

Lui la strinse a sé. 

- È quello che sta succedendo, proprio adesso. Ma in verità... io non sono più quel ragazzo. E credo che nemmeno tu sia ancora la stessa di allora. In senso buono.

Lei si staccò un momento per guardarlo in viso, tenendolo ancora abbracciato.

- Mi piace molto questo Terry.

Lui accennò un sorriso - Anche a me piace molto questa Candy.

- Mi mancherai Terry.

Lui abbassò lo sguardo, per poi riprendere a guardarla. - Anche tu mi mancherai... tantissimo. Non so di preciso quando tornerò... ma spero di trovarti ancora qui, al mio ritorno.

- Ti aspetterò.

I fuochi continuarono ad esplodere nella loro forza scenica, mentre loro si scambiavano un bacio intenso.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 15 ***


Dicembre 1920
 
New York era addobbata a festa per l'arrivo del Natale. Le luci della città, che solitamente erano già sfavillanti, si moltiplicarono, fuori dai negozi e nelle vetrine.

Un giovedì pomeriggio Terry era al lavoro in Accademia. Aveva accolto la proposta ricevuta dall'Accademia con cui collaborava Eleonor, a Tribeca, di insegnare Recitazione ai giovani talenti, e dunque questa era ora la sua nuova professione. Erano gli ultimi giorni di lezioni prima delle vacanze natalizie, stavano ripassando una parte dall'opera "Tre sorelle" di Cechov e i ragazzi erano spesso presi da aspetti filosofici e critici che estrapolavano dalla trama, dalle scene, dai dialoghi.

- È questa la nostra condizione esistenziale? - Cercare la felicità, avere dei sogni ma non fare grandi sforzi per ottenere ciò che desideriamo - Il tempo passa e ogni aspettativa viene delusa, perché i sogni si scontrano con la realtà - Perché la felicità è fatta solo di brevi istanti! - Io voglio essere felice più a lungo, non solo in qualche istante! - era tutto un vociare tra i ragazzi e le ragazze, mentre Terry li ascoltava con attenzione, le loro affermazioni appassionate e interessanti lo indussero a sorridere e a lasciarli discutere. Li guardava e pensava al se stesso di quell'età, ai suoi tormenti e ai suoi sogni. Alla sua ricerca della felicità. Una condizione a cui era finalmente approdato, perché la vita gli aveva concesso una possibilità in quella direzione. Sentiva di essere stato audace nel coglierla, ma anche fortunato. Ora stava per diventare padre... e sperava che anche i suoi figli, come quegli adolescenti davanti a lui, potessero avere in futuro lo stesso ardore e proprie idee sulle condizioni dell'esistenza umana. Lui li avrebbe certamente aiutati, sarebbe stato presente e disponibile a qualsiasi dialogo, mentre il Terry adolescente non aveva potuto contare su nessuno.

Pensò che insegnare ai ragazzi era un lavoro che serviva anche a se stesso. Loro imparavano tanto da lui e viceversa lui imparava qualcosa anche da loro. Era una professione che gli richiedeva molto impegno ma gli regalava altrettante soddisfazioni. 
 

Prima di accettare la proposta dell'Accademia ci aveva riflettuto attentamente e a lungo... i ritmi del lavoro di attore che stava conducendo non erano più compatibili con la sua nuova vita. Doveva partire spesso durante la stagione teatrale, e lasciare Candy da sola per molto tempo. Finché aveva un contratto con la compagnia non poteva fare molto per impedirlo, e difatti erano stati lontani per un periodo, nella prima metà del 1920 Candy era ancora impegnata con il corso di specializzazione, mentre Terry era in giro per il mondo con gli spettacoli, che finalmente, nel dopoguerra, riprendevano una visibilità mondiale. 

Al termine del corso, Candy aveva deciso di cogliere un'opportunità che si era presentata, quella di prendere il posto di una collega, infermiera ostetrica al Mount Sinai Hospital, che stava andando in pensione, restando a lavorare a New York, la città in cui viveva la persona che amava. Terry le aveva dato le chiavi del suo appartamento, lui non ci sarebbe stato, così Candy non avrebbe dovuto cercarsi una sistemazione in affitto, dopo aver lasciato la residenza degli studenti.                                                                                                                                                         
A lei piaceva molto New York, era impegnata con il lavoro ma riusciva a ritagliarsi i suoi spazi nel tempo libero in quella città. C'erano posti che la affascinavano, con l'arrivo della primavera si concedeva le sue letture a Central Park, distesa sul prato all'ombra di qualche albero, un momento che la faceva sentire immersa nella natura e in qualche modo le ricordava i suoi luoghi d'origine. 

Con la metro riusciva a raggiungere i posti in poco tempo, così nel weekend si perdeva tra i mercatini di quartiere nel Queens o a Little Italy.
New York offriva ai suoi abitanti molte opportunità di svago, in particolare nel campo dell'arte e dell'intrattenimento, così un giorno, mentre percorreva la Fifth Avenue, decise sul momento di concedersi una visita al Metropolitan Museum, un museo d'arte che la lasciò meravigliata.
Non aveva mai visto tanta arte e cultura così tutta insieme. Opere dell'antichità classica greco-romana e dell'antico Egitto, dipinti e sculture dei maggiori maestri europei, Monet, Picasso, Botticelli. Si perdeva ad ammirarli tra le grandi sale in cui indugiava, dove aveva notato una predominanza di dipinti raffiguranti il tema della Famiglia, anche attraverso ritratti di Madonna con bambino. Si soffermò ad ammirarne uno in particolare, "Madonna and Child", di un artista italiano del '500. Raffigurava un bambino che in tenera età era intento a sfogliare un libro, come attratto dalle pagine, con la madre Madonna alle sue spalle. Si ritrovava a pensare alla famiglia che avrebbe voluto un giorno. Con Terry.

​Ogni tanto le sue colleghe la invitavano ad uscire con loro per andare a vedere qualche musical o spettacolo a teatro, riuscivano ad avere in qualche modo dei biglietti gratuitamente, così capitava che trascorresse qualche serata fuori casa. Pensò che tutta quell'occupazione del tempo libero era resa possibile dal fervore di quella città, luminosa anche di notte, in cui non c'era mai spazio per la noia. Una città in cui le sarebbe piaciuto stabilirsi definitivamente. Attraverso questi intermezzi riuscì a non farsi pesare troppo la lontananza da Terry.

Ma la distanza c'era, lei la sentiva ugualmente e anche Terry, al di là dell'oceano, temeva che questo allontanamento forzato potesse cambiare ciò che entrambi avevano faticosamente conquistato. Che potesse cambiare le cose.

Candy aveva nel tempo ricevuto la corte da un paio di amici delle sue colleghe, ma lei mostrava subito l'anello di Terry, per respingere quegli inviti con gentilezza ed educazione. 

- Io non ti lascerei sola per così tanto tempo - le disse uno di loro una volta, forse deluso per essere stato respinto, per sottolineare come lei poteva anche essere fidanzata, ma in sostanza in quel periodo il suo fidanzato non era con lei.

- Se non si capiscono certe situazioni, forse è meglio tacere, non trovi? - rispose Candy, infastidita e pronta a difendere la sua storia con Terry.
 
Anche Terry aveva ricevuto qualche invito. Sulle navi, nei lunghi spostamenti da un continente all'altro, e sulla terraferma, era stato invitato a dopocena di chiara natura e a qualche party, da ragazze diverse che gli avevano fatto intendere che lo trovavano affascinante. Lui rifiutava cortesemente, rispondendo che era sposato. 

In cuor suo si sentiva già sposato con Candy. Era solo questione di tempo, gli impegni professionali avevano portato a collocare la data del matrimonio in estate, ma allo stesso tempo avvertiva una sorta di inquietudine, dovuta al fatto che al suo ritorno avrebbe potuto constatare che le cose erano cambiate.
Pensava spesso a lei, lontana migliaia di kilometri. Si chiedeva se qualcuno le facesse la corte... se lei avesse trovato opportunità di lavoro dopo il corso... se si fosse stancata di quella situazione... e avesse deciso di tornare a casa sua. Non sapeva niente di lei, adesso, perciò capitava che la sua mente divagasse. Ma cercava di mettere un freno a quei pensieri e di restare sereno. La tournée stava riscuotendo grande successo, i teatri di Venezia, Parigi, Londra avevano registrato il tutto esaurito e richiesto delle repliche.
 
 
Un giorno Candy aveva trovato un biglietto nella cassetta della posta. Era di Albert. Il suo amico era arrivato in città, in una delle sue tappe di lavoro, e conoscendo il suo indirizzo era passato dall'appartamento di Terry. Non avendola trovata in casa le aveva lasciato un messaggio, scrivendole che sarebbe rimasto in città per una settimana. Le indicava l'hotel in cui alloggiava, e le chiedeva se potevano rivedersi. Aveva annotato degli orari in cui lei avrebbe potuto trovarlo in hotel, così Candy, già felice per quella sorpresa, andò a trovarlo approfittando di qualche ora libera.

Albert alloggiava al Plaza Hotel, e quando scese nella hall rimase per un attimo a guardare Candy da lontano, lei nel frattempo si era accomodata su uno dei divani nell'area lounge. La trovava cresciuta, molto bella, e soprattutto era contento di sapere che lei avesse scelto di restare a New York dopo il corso... e che si fosse legata a Terry.

- È lei la signorina Candice Lowell? - chiese Albert modificando la sua voce, vedendola assorta nella lettura di una rivista.

Lei alzò gli occhi incuriosita e quando, dopo qualche secondo di esitazione, vide che si trattava di Albert, giacché anche lui era diventato più uomo, fece un gran sorriso e si alzò per salutarlo.

- Albert! 

Poi gli si avvicinò per stringerlo in un abbraccio, che Albert ricambiò, con la stessa intensità.

- Sono felice di rivederti! Tanto!

- Anche io Candy. Oggi pranziamo insieme. Sei libera?

- Sì, va bene. Ho il turno nel pomeriggio - rispose con un sorriso.

Avevano così tante cose da raccontarsi.

Candy gli parlò più dettagliatamente degli ultimi avvenimenti della sua vita. Che viveva a casa di Terry. Che lui era in tournée e lei non sapeva con precisione quando sarebbe ritornato. Che le aveva chiesto di sposarlo, disse mostrando ad Albert l'anello, il loro pegno d'amore. Che ne sentiva molto la mancanza, ma che in una città eclettica e vivace come New York riusciva a distrarsi e a non farsela pesare troppo.

- Capisco - rispose Albert, dopo averla ascoltata con attenzione. - Terry fa sul serio, Candy. Non potendoti sposare subito, ti ha fatto intendere di aspettarlo. Non deve essere facile nemmeno per lui stare lontano da te.

Lei aveva bisogno di sentirselo dire. Non vedere Terry, non avere sue notizie provocava ogni tanto anche in lei qualche tensione.

- Devi stare tranquilla piccola... piccola, oddio, non sei più tanto piccola. Ti trovo davvero una donna adesso, e molto bella Candy. L'aria di New York e Terry devono averti fatto bene. Nonostante le tue preoccupazioni, vedo felicità nei tuoi occhi. E questo conta. Poi quando Terry tornerà avrete modo di parlare meglio del vostro futuro insieme. Che vi auguro possa essere radioso. I momenti difficili li attraversano tutte le coppie, cara. Ma basta parlarne. Non nascondersi niente. E tutto si sistema, se c'è l'amore. Che sono sicuro ci sia tra di voi.

Candy lo ascoltava riponendo piena fiducia in lui. Apprezzava i consigli di Albert, lui era più maturo di lei e confidarsi le faceva bene.

- Hai ragione Albert. È che... la nostra storia... era appena cominciata quando Terry è dovuto partire. E allora... mi sembra che tutto possa cambiare.

- Sì, è vero Candy. Ma Terry era da tempo innamorato di te, come mi hai scritto nella lettera dopo il vostro incontro. Non ti avrebbe regalato quel pegno d'amore se non ci tenesse a te. È la lontananza che crea dei dubbi, ma spesso non c'è niente di reale dietro questi dubbi.

- Grazie Albert. Mi sento meglio - rispose Candy sorridendogli. Decise di cambiare argomento, per non concentrare la conversazione solo su stessa.

- A te come va, caro?

- Anche io ho delle notizie nuove - rispose Albert. - Mi sono fidanzato. Lei si chiama Camille, è una dolce e carismatica donna francese che ho conosciuto per lavoro. Sto molto bene con lei, e spero che possa durare - continuò con un'aria serena.

- Davvero?? - rispose Candy, con un'espressione di stupore sul viso.

Non che Albert non potesse fidanzarsi, ma lei aveva sempre pensato che lui fosse uno spirito libero, non propenso al matrimonio o robe simili. E invece aveva forse visto solo in superficie, pensò in quel momento. Certo... Albert doveva soltanto trovare la persona giusta, continuò Candy nella sua mente.

- È così difficile da credere?? - rispose Albert divertito. - Non sono un tipo affascinante? - continuò, fingendo disappunto.

- No... non è difficile da credere Albert. Scusami se ti ho dato questa impressione - rispose Candy sorridendo. - Certo che sei un tipo affascinante! È che non me lo aspettavo, ma sono molto felice per te. 

- Grazie Candy - disse lui mentre si guardavano negli occhi.
 
 
Quando una sera d'estate Terry tornò a New York, dopo sette mesi fuori, si diresse nel suo appartamento, ma Candy non era lì. In un attimo pensò che potesse essere andata via. Poi vide le sue cose in giro per casa e si tranquillizzò.

Si fece una doccia, si vestí e accendendo una sigaretta si diresse verso la finestra, quando sentì la chiave girare nella serratura.

- Candy! Dov'eri? - disse voltandosi e andandole incontro, spegnendo la sigaretta nel posacenere.

Dopo sette mesi che non la vedeva, la trovava ancora più bella.

- Terry! Sei tornato... finalmente! - rispose la ragazza sorpresa. Lei pure gli andò incontro, stringendolo forte in un abbraccio.

Lui le accarezzava la testa, poi si guardarono e si scambiarono un bacio profondo.
 

- Mi dispiace se sono stato via troppo tempo... ma il mio lavoro comporta anche questo. È per questo che sto seriamente pensando di cambiare mestiere.

- Ne sei sicuro Terry? Questo era il tuo sogno...

- Sì, è vero... ma l'ho vissuto... l'ho realizzato. E poi, cambierò soltanto ruolo. Ho intenzione di insegnare Recitazione. In questo modo non mi allontanerò molto da quelle che sono le mie passioni... le arti, il teatro, e... te... - disse in un'espressione seria. - Resterà sempre una professione appagante per me, ne sono sicuro. E poi non posso essere continuamente in viaggio. Non sei d'accordo? - le chiese, per sentire cosa ne pensava.

- Sì... capisco il tuo discorso. La decisione deve essere tua... e se pensi ad un cambiamento con questa serenità vuol dire che devi averci pensato bene, e allora... va bene anche per me - rispose Candy pacatamente. Lei non voleva influenzarlo, ma effettivamente se volevano stare insieme occorreva un adattamento.

Si sedettero vicini sul divano.

- ...Vorrei sapere se è cambiato qualcosa da parte tua... in tutti questi mesi - disse Terry, con lo sguardo basso. - E vorrei che fossi sincera - continuò.

La sua paura di amare e di soffrire era tornata ad affacciarsi dentro di sé, complice il periodo di lontananza. 

- Ma... Terry! Cosa te lo fa credere?! - rispose Candy guardandolo in viso. - E guardami per favore! - aggiunse, turbata da quella domanda, perché inconsciamente pensava che in realtà fosse lui ad avere dei dubbi sul loro amore. - Se sei tu ad essere incerto su di noi, sei tu che dovresti essere sincero con me! - gli disse, alterata e nervosa.

Lui si voltò ora a guardarla. Si perdeva come sempre nei suoi occhi verdi... e vederli feriti dalla sua domanda lo fece sentire uno sciocco per ciò che le aveva chiesto. Avvertiva che le sue paure stavano ritornando, mettendo in discussione la relazione con la donna che lui amava moltissimo e alla quale aveva chiesto di sposarlo. La sua donna... che non voleva ferire... ma aveva bisogno di sapere.

Erano intermezzi emozionali che ogni tanto facevano capolino dentro al suo cuore. Aveva bisogno di conferme. Stare lontani per mesi senza vedersi né scriversi non era stato facile, pensò per giustificare a se stesso quella sua incertezza. Esitò nel rispondere, giacché sentiva il cuore carico di emozioni, e voleva calmarsi, ma Candy lo anticipò.

- È successo qualcosa mentre eri via? ...Hai cambiato idea riguardo a noi? ...Devi soltanto dirmelo Terry...

- Ma... no, assolutamente! - rispose subito lui. - La tournée è andata molto bene... e niente mi ha fatto cambiare idea riguardo a noi due... mi sei mancata tantissimo. Non riuscire a tenerci in contatto mi è pesato molto - aggiunse con uno sguardo mesto.

- Qui è successo qualcosa invece... durante la mia assenza? - chiese poi. 

- Sì, sono successe tante cose... che ti racconterò. Come tu mi racconterai le tue. 
...Io ti amo Terry. Mi sei mancato tanto anche tu... e io sono sempre dell'idea di "voler restare con te per sempre". Tu? - chiese con uno sguardo dolcissimo, ma tesa per la risposta che avrebbe udito.

In fondo era rimasta a New York per lui, e ora... - pensò lei, prefigurando già un esito conflittuale per quel loro confronto.

Terry la guardò negli occhi per un tempo lungo.

Lei girò il viso di lato e fece un sorrisetto di rassegnazione, come ad aver capito tutto.
Cominciò a toccare e a rigirare nervosamente l'anello che lui le aveva regalato, e che lei portava al dito da allora, così Terry, vedendo che il suo silenzio stava portando Candy a fraintendere, finalmente espresse il suo pensiero.

- Ti amo moltissimo anche io... scusami se ti posso essere sembrato incerto riguardo a noi. Non sono i miei sentimenti ad essere incerti... è solo la mia paura di amare che ogni tanto torna a trovarmi. Ma me ne libererò, prima o poi - rispose accennando un sorriso.

Candy, che si era voltata a guardarlo mentre parlava, si avvicinò a lui.

- Insieme spazzeremo via tutte le paure - gli disse con un tono di voce basso e calmo. Poi lentamente cominciò a baciarlo sulle labbra.

Lui, che aveva bisogno di sentirla vicina, le mise una mano sul viso, e poi tra i capelli, dietro la testa. Candy si spostò su di lui, gli prese dolcemente il viso tra le mani, mentre lui aveva poggiato le mani sui fianchi di lei. Continuavano a baciarsi, la passione tra di loro stava esplodendo... dopo qualche secondo Terry si alzò dal divano tenendola ancora tra le braccia e sparirono in camera da letto.
 
 
Il giorno dopo Terry era andato in teatro da Hathaway. Gli aveva già accennato qualcosa, il contratto era scaduto, così, sentendo di voler concedersi la possibilità di stabilire un nuovo equilibrio per se stesso, e per una sua futura famiglia, aveva comunicato di voler lasciare la compagnia Stratford. Robert comprendeva le sue ragioni, e accolse la decisione di Terry.

- Lasciami dire, Terry, che da quando sei arrivato qui per la prima volta sei stato una rivelazione. Hai un talento innato, e farai sicuramente bene in Accademia - gli disse Hathaway poggiandogli una mano sulla spalla.

- Tu sei stato il mio mentore, Robert. Te ne sarò grato per sempre - rispose Terry, felice di sentire quelle parole pronunciate da un uomo che lui stimava moltissimo.
 
Al suo ritorno a casa, mentre faceva ordine tra le sue cose nel disfare le valigie, Terry vide nell'armadio una busta con il logo del Plaza Hotel. La aprì e vi trovò un bigliettino:
- Per Candy Lowell 
Gentile Miss Lowell
Le restituiamo quanto ha qui dimenticato in occasione della Sua visita.
A presto
Lo staff del Plaza Hotel -
 
Rimase perplesso, pensava a cosa potesse significare. La sua mente spaziava attraverso i più diversi scenari possibili. Candy era al lavoro, avrebbe chiesto spiegazioni quando sarebbe tornata a casa.     

Quando lei arrivò, nel pomeriggio, Terry era nel suo studio. Si affacciò sulla porta per salutarlo. - Ciao Terry, sono tornata. Sono proprio stanca, oggi è stata una giornata alquanto faticosa.

- Ciao... - rispose lui, lanciandole uno sguardo da lontano. - Arrivo...

Mentre Candy era in cucina a prepararsi un tè, Terry la raggiunse e le fu accanto.

- ...Sei mai stata al Plaza, Candy?

- Al Plaza? Direi di no... non c'entro molto con il Plaza. Perché me lo chiedi? - disse sovrappensiero, mentre si versava il tè nella tazza, facendo attenzione a non scottarsi. - Ne vuoi una tazza anche tu? - aggiunse.

Terry, che sapeva che invece lei ci era stata, interpretò quella risposta come una bugia.

- E io dovrei fidarmi di te? - disse guardandola, con un'aria intollerante.

- Ma... Terry... ahi - rispose lei, che si era scottata toccando involontariamente la teiera. - Insomma, si può sapere cosa ti prende?? - continuò, con un tono infastidito, giacché non aveva gradito la sua ultima frase.

- Mi prende che ci sei stata eccome al Plaza!...Ma con me fingi di no! Accidenti, ma come possiamo costruire un rapporto solido? Basandolo sulle bugie e sulla scarsa fiducia? - disse lui alterato, alzando un po' il tono di voce.

- Ma cosa stai dicendo?? Quali bugie?? - rispose Candy con un'espressione indignata.

Lui le mise davanti il bigliettino trovato nella busta. Lei lo prese, concentrandosi a leggerne il contenuto per cercare di capire, e dopo qualche secondo il suo viso si distese.

- Ah... sì, sono stata al Plaza tempo fa, con...

- Ti è tornata la memoria ora?

- Co-n Albert... Terry vuoi calmarti??

- Albert??? Ma... 

Lui rimase sbigottito, tanto da non riuscire a proseguire.

- Sì, tempo fa Albert è passato da New York e ci siamo visti al Plaza, lui alloggiava lì, così un giorno abbiamo pranzato insieme. Non lo rivedevo da così tanto tempo... - disse Candy con un tono calmo. - Poi ho dimenticato lì la mia sciarpa... e probabilmente Albert avrà chiesto loro di recapitarmela a questo indirizzo. Così il giorno dopo me l'hanno restituita, con questo biglietto. È successo tempo fa e non lo ricordavo, tra tante cose - concluse guardando Terry.

Lui pure la guardava, stava riordinando i pensieri, giacché fino a qualche minuto prima credeva che Candy gli avesse mentito, e stava già mettendo tutto in discussione.

- Terry... - proseguì Candy, avvicinandosi a lui e prendendogli le mani. - Ti faccio la stessa domanda che tu hai fatto a me... possiamo costruire un rapporto solido se tu non mi credi... o non ti fidi di me?...Tra l'altro... sei subito saltato a conclusioni affrettate...

Lui la guardò un momento negli occhi.

- Anche io sono stata in ansia quando mi hai parlato di tutte quelle donne che ti invitavano o ti cercavano, cosa credi? - disse alzando un pochino la voce, e discostandosi da lui, giacché l'argomento poteva riguardare entrambe le loro posizioni e i loro punti di vista. - Ma io ho scelto di crederti... e di fidarmi di te! E speravo di ricevere lo stesso da te... fiducia! - concluse, con gli occhi tristi e un'espressione di dispiacere.

Terry le si avvicinò, riprendendo le sue mani.

- Hai ragione... ti chiedo scusa. 

La strinse a sé. - È vero che ho tratto subito delle conclusioni... ma tu mi hai detto che non c'eri stata e io sapevo che non era vero. Non è facile stare fuori sette mesi... e vedere tutto roseo... la mente ingigantisce le cose, Candy.
Io mi fido di te... spero anche tu di me. Ma finché ne parliamo è già un buon segno, non credi? - aggiunse accarezzandole i capelli.

- Sì... sono d'accordo con te. ...Sette mesi lontana da te non sono stati facili neanche per me, Terry - rispose lei, accarezzandogli la schiena.

- Amore mio... - sussurrò lui.

Dopo qualche minuto che erano rimasti abbracciati, Terry proseguì, alleggerendo l'atmosfera.

- Ma allora... Albert? Come sta, cosa fa? - disse, mentre entrambi si accomodavano al tavolo per bere il tè insieme. Candy aveva riacquistato il suo inconfondibile sorriso, mentre parlava lui la guardava e pensava a quanto fosse fortunato ad averla nella sua vita.

Dopo aver appreso le ultime novità riguardanti la vita di Albert e averne condiviso il piacere di saperlo felice, Terry rimase un momento in silenzio, abbassando lo sguardo.

Poi, guardando Candy negli occhi aggiunse: - Allora... hai pensato ad una data per il nostro matrimonio? Io ti sposerei anche adesso... - disse con la sua voce profonda.

Candy pure lo guardava, emozionata e con gli occhi luminosi.
Sorrise e rispose: - No, non ho pensato ad una data. Ma credo che il mese prossimo possa andar bene, tu cosa ne dici? Ad agosto saremo liberi dal lavoro... e poi... vorrei che ci sposassimo nell'Indiana. Sei d'accordo?

- Va bene anche per me - disse lui, continuando a guardarla.

Lei allora si andò a sedere sulle sue gambe, abbracciandolo e appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre Terry cominciava a baciarle lentamente il viso.
 
 

Il fidanzato di Patty era un ingegnere, e aveva ricevuto un'importante offerta di lavoro da una multinazionale con sede a New York. Così i due si trasferirono in città dalla Florida, Patty avrebbe insegnato in una scuola ad Astoria e decisero di anticipare il matrimonio di qualche mese, celebrandolo a luglio a New York, qualche settimana prima di quello di Candy. 

Fu una splendida occasione per rivedersi, c'erano anche Annie e Archie, prossimi anch'essi alle nozze.

- Allora Granchester... - aveva detto Archie a Terry, in un angolo del salone dove si stava svolgendo la festa di nozze. - Hai messo finalmente la testa a posto? - con un'espressione ironica in viso.

- Cosa vorresti dire? - rispose Terry, che non aveva apprezzato quell'approccio. - La mia testa è sempre stata qui... sulle mie spalle - continuò, ricambiando l'ironia.

- Ho dei dubbi al riguardo... - lo guardò serio in viso Archie. - Non voglio che Candy soffra ancora a causa tua. Perciò spero davvero che questa volta tu possa renderla felice, altrimenti... -

- Altrimenti cosa? - lo interruppe Terry leggermente alterato.

- Altrimenti dovrai vedertela con me. Non mi sei mai stato simpatico, ma se Candy è innamorata di te... bene. Solo che... spero di non venir mai a sapere nulla di spiacevole, ricordalo.

- Candy è felice... e anche io. Non ti immischiare in cose che non conosci e che non ti riguardano Cornwell, non sai niente di noi - concluse, allontanandosi da lui dopo avergli lanciato un'occhiata fulminante.
 
 
Terry e Candy si erano sposati qualche settimana dopo, ad agosto, era stata una cerimonia intima, con le persone più care, celebrata nella sua amata Indiana. Patty e suo marito non avevano potuto parteciparvi, perché partiti in viaggio di nozze. E Albert era arrivato a La Porte da solo, senza la sua compagna, impegnata in questioni familiari in Francia.

Qualche ora prima del matrimonio, Albert aveva raggiunto Terry nella sua stanza.

- Terry...

- Albert...

- Non ci si vede da... Londra.

- Già... amico mio.

- E ora sei un uomo... che sta per sposare la mia ragazza preferita - disse Albert sorridendo.

- Veramente è la mia ragazza preferita... ma te lo concedo - rispose Terry ricambiando il sorriso.

Albert fece una piccola risata sonora, a cui si aggiunse anche il suo amico.

- Sono contento per voi. Mi piacete insieme, e vedo Candy felice. Abbi cura di lei, anche se potrete sempre contare su di me, per qualsiasi cosa.

- Grazie Albert, lo apprezzo molto.

- Immagino che non sarà stato tutto facile... il percorso fino a qui.

- Sei perspicace come al solito... mi manca non poterti avere come amico nel quotidiano, a volte ho nostalgia dei tempi di Londra... potevo uscire da scuola e passare a trovarti per fare due chiacchiere. Che tempi... la giovinezza spensierata... tempi che non torneranno più. Ma amo questo presente...

- Già... è bello ricordare i vecchi tempi. Ma altre cose buone arriveranno. Come ci si sente a fare il grande passo? Vorrei saperlo, per regolarmi in futuro! - aggiunse Albert con una risata.

- Un po' agitato! Quando anche tu starai per sposarti ne riparliamo - lo punzecchiò Terry. - Ma non vedo l'ora di diventare suo marito. E avere la mia famiglia con lei.

Albert poté vedere una luce nei suoi occhi, e lui che era un tipo maturo e anche sensibile, riuscì a percepire un'autenticità rara nelle persone. Gli mise una mano sulla spalla - Candy è fortunata - gli disse stringendogli la mano.

- Credo di essere io quello fortunato... ma grazie per la stima Albert - rispose Terry.
 

Anche Candy si sentiva tesa, Miss Pony e Suor Lane, insieme a Eleonor, l'avevano aiutata con l'abito, ma ora per gli ultimi preparativi lei era da sola in camera con Annie.

- Come ti senti Candy? Oohh, tra non molto toccherà anche a me! - disse la sua amica con un fremito di gioia mista ad ansia.

- Mi sento un po' nervosa... ma credo che sia normale. Ho tensione allo stomaco, non ho mangiato niente e credo che non mangerò niente oggi per tutto il giorno.

- Non è che... - disse Annie guardandola con un'espressione lieta e incerta allo stesso tempo.

- ...Ma cosa dici? - rispose Candy, avendo subito intuìto l'idea dell'amica, smorzando con un sorriso ciò che lei stava pensando.

- Tanto da oggi sarete sposati - rise Annie per prenderla in giro.

- Ma ti ho detto di no... ne sono sicura - sorrise Candy, che attraverso quel momento di ilarità riuscì a stemperare la tensione.

- Ti voglio bene Candy... non so come sarebbe la mia vita senza la tua preziosa amicizia.

- Oh Annie, sei dolcissima... anche io non potrei fare a meno di te come amica.

- Ricordi quando eravamo due bambine? Proprio qui... le nostre corse sfrenate, le nostre risate... posso ancora sentirle.

Candy la guardava sorridendo, senza dire niente.

- Non vorrai farmi piangere già da ora, Annie.

Un tocco alla porta le avvisò che era arrivato il momento di uscire.
 
Nell'avvicinarsi all'altare, al braccio di Albert, Candy incrociò da lontano lo sguardo di Terry, ed entrambi, senza sapere l'uno dell'altra, sentirono la sensazione straordinaria che l'amore che provavano sarebbe durato per sempre.
Svanirono le ansie e mentre si guardavano ancora, si accomodarono ai loro posti davanti al celebrante.
 
Il giorno dopo la cerimonia erano partiti per i Caraibi in luna di miele. Qualche settimana di vacanza, da marito e moglie, prima di ritornare a New York, dove avevano deciso di continuare a vivere.
 
 
 

Nel dicembre del 1920 New York era avvolta da un esaltante clima prefestivo. Era quel periodo dell'anno in cui maggiormente si percepiva la differenza tra i cosiddetti "ricchi" e la gente meno agiata, tra ostentazioni e sobrietà.

Candy era incinta, al terzo mese di gravidanza, ma per il momento lavorava ancora come infermiera ostetrica al Mount Sinai Hospital, fino al ritiro per la maternità, e nel tempo libero era anche volontaria coordinatrice presso la Croce Rossa del distretto di Manhattan.

Un giovedì pomeriggio aveva finito di controllare la lista dell'occorrente da destinare alle famiglie povere della città, e che corrispondesse al materiale disponibile, prima che altri addetti cominciassero a riempire i pacchi.                                                               

- Qui è tutto ok - disse a Sonia, una sua collaboratrice. - Domani quei pacchi potranno essere distribuiti - aggiunse, guardando le centinaia di scatole depositate nel magazzino. - Ho messo anche una stecca di cioccolato in 30 pacchi a caso, è un mio pensiero.

- Sei sempre dolcissima, Candy. 

- Vado, ci vediamo giovedì prossimo - disse sorridendo.

- Ciao... e grazie! - rispose la donna.
 
 
Era da poco rientrata a casa, Terry stava preparando la cena.

- Finalmente a casa... - disse lei, avvicinandosi per un bacio. - Che marito speciale, grazie per la cena - aggiunse sorridendo, mentre prendeva un pezzettino di pane. Lui le accarezzò il viso. 

- Sono passato da Akim, - disse Terry - un bambino dei quartieri poveri che ho conosciuto l'anno scorso. Avevo un regalino per lui, ma non abita più lì. Purtroppo quelle famiglie vivono talmente tante situazioni di disagio che un giorno sono qui e non sanno se il giorno dopo avranno ancora un tetto sulla testa. 

- Già... e sono moltissimi ad essere in quelle condizioni...

Qualcuno bussò alla porta, si guardarono e Terry andò ad aprire. Con suo grande sconcerto si ritrovò davanti suo padre. Il Duca aveva ripreso i contatti con Eleonor, per sapere di suo figlio, così una sera si era deciso ed era andato a trovarlo nel suo appartamento.
Terry restò immobile, l'uomo che aveva davanti a sé era un po' invecchiato ed entrambi attesero un po' prima di dire qualcosa. Il suo impulso fu quello di richiudere la porta, mandandolo via, e stava per farlo, quando Candy, sopraggiunta alle sue spalle, lo anticipò e fece accomodare il padre di Terry.

Lui sentì la rabbia salire. Quando si sentiva così doveva scaricarla in qualche modo, e in quel momento non c'era nulla che potesse fare. Candy gli lanciò uno sguardo di intesa, e lui la raggiunse in un'altra stanza.

- Ma cosa hai fatto? Perché lo hai fatto entrare?! - disse Terry alterato.

- Terry ti prego... cerca di calmarti. Lo so che non vai d'accordo con tuo padre... che ti ha fatto soffrire. Ma è venuto qui stasera, perché non provi a dargli una possibilità? - disse prendendogli le mani.

- Ascolta solo cosa ha da dirti. E poi deciderai...

Terry andava avanti e indietro per la stanza, lentamente stava calmando il suo stato. Tirò un gran respiro, la guardò negli occhi e tornò da suo padre.

Candy rimase nella camera da letto, per permettere ai due di parlare con calma. Non sentiva provenire toni elevati o discussioni accese, perciò dedusse che Terry fosse riuscito a restare calmo e che quello con suo padre fosse, tutto sommato, un colloquio pacifico.

Dopo quasi un'ora, vide dalla finestra il Duca scendere le scale esterne del loro appartamento ed entrare in un'auto che lo stava aspettando per andar via. Dopo un momento vide uscire dal portone anche Terry, che si incamminava lungo la strada e poi voltò l'angolo.

Tornò in salotto e trovò un biglietto di Terry per lei: "Ho bisogno di prendere un po' d'aria per pensare. Torno presto".

Candy sapeva che Terry era un ragazzo emotivo e sensibile, che nella sua infanzia aveva sofferto molto a causa dei suoi genitori, per la loro separazione e per quello che ne conseguí, e a Londra e in Scozia lei era stata testimone di quelle vicende. Non sapeva cosa si erano detti Terry e suo padre, ma sperava che suo marito potesse considerare la possibilità di riavvicinarsi a lui.

Terry tornò dopo circa due ore. Candy lo stava aspettando, mentre leggeva un libro sul divano.
A distanza si guardarono negli occhi per un istante, poi Terry si tolse il cappotto all'ingresso e andò a sedersi accanto a lei sul divano, tenendo lo sguardo basso.

- Dove sei stato... - gli chiese dolcemente Candy, era stata un po' in pensiero per lui, dopo aver letto il suo biglietto.

- In giro, a bere qualcosa... ho bevuto solo un bicchiere, giuro... poi ho fatto una lunga passeggiata... avevo bisogno di riflettere... - fece una pausa.

Candy gli prese la mano e intrecciò la sua con quella di Terry.

- Mio padre vorrebbe rientrare nella mia vita. Fare il padre... adesso! 

...Non so cosa gli sia successo... ma ha avuto l'umiltà di chiedermi scusa per avermi fatto soffrire. 

Lei lo ascoltava attentamente, senza interromperlo.

- Mi ha detto che all'epoca non se ne rendeva conto. Che c'erano questioni da affrontare che non gli permettevano di darmi la giusta importanza...

Ma che... da quando ho lasciato Londra... è stato in pena per me. Non voleva contattare mia madre, per avere notizie. Così ha lasciato passare del tempo... mesi... che poi sono diventati anni.

Dopo si è deciso a contattare mia madre... che è stata disponibile con lui. E gli ha riferito dove vivevo.

Pare che adesso loro due abbiano un rapporto garbato e fatto di rispetto. Mia madre non mi aveva detto niente - disse Terry, lentamente. Sembrava aver calmato il suo nervosismo.

- Forse voleva aspettare... non voleva turbarti, non sapendo con certezza quando tuo padre sarebbe venuto a cercarti - disse Candy. - ...Credo che di solito si tenda a voler recuperare quanto di buono c'è stato nella nostra vita. Le cose che contano di più. E sono convinta che questo sia quello che sta cercando di fare tuo padre... con te - aggiunse dolcemente, tenendo ancora intrecciata la sua mano con quella di suo marito.

- Mi ha detto... di volermi bene. Che io sono il suo unico figlio del cuore... l'espressione del suo viso era... più dolce... non era più quella severa e dura che ricordavo. ...È venuto ad assistere ad un mio spettacolo a Londra... non lo sapevo. Mi ha fatto i complimenti, ed era commosso mentre mi diceva queste cose. Ora io cosa dovrei fare con lui? - chiese in senso retorico.

- Quello che ti suggerisce il tuo cuore Terry. 

Lui aveva ancora lo sguardo basso. Non voleva che Candy vedesse che aveva gli occhi lucidi, ma Candy se ne accorse ugualmente. 

- ...Sono sicura che farai la scelta giusta - aggiunse lei, dandogli un bacio sulla guancia, mentre Terry strinse la sua mano.
 
 

La madre di Terry, che viveva a Long Island, passava a trovarli più spesso ultimamente, lei e Candy andavano molto d'accordo, e per stare più vicino a loro in questo periodo delicato aveva preso in affitto un appartamento a Soho. Eleonor adorava Candy, fin da quando ebbe modo di conoscerla in Scozia, quella ragazza era rimasta nel suo cuore. La trovava profonda e intelligente, dolce e gentile, e capiva perfettamente come mai suo figlio si fosse innamorato di lei. Lei e Candy si ritrovavano così di tanto in tanto a passeggiare insieme per la città e a condividere stati d'animo ed emozioni. Candy sapeva di poter contare sulla donna, era la madre di Terry e un po' sentiva che potesse essere come una mamma anche per lei. 

- Ti trovo radiosa, Candy - le aveva detto Eleonor mentre erano sedute in una caffetteria, nella 42nd Street, dopo essere state in un negozio di articoli per neonati.
La donna aveva comprato alcuni accessori e prodotti che sarebbero potuti servire a Candy per il futuro bambino o bambina, erano un suo regalo a cui teneva molto.

- Grazie Eleonor - rispose Candy serenamente - mi sento bene, per fortuna non ho avuto alcun sintomo fastidioso finora. - E grazie ancora per il tuo supporto, è la mia prima gravidanza e apprezzo molto la tua vicinanza - aveva aggiunto Candy, per infondere nella donna la certezza di esserle d'aiuto, poiché Eleonor, caratterialmente, tendeva sempre a non voler essere troppo invadente.

- Lo faccio con piacere, tesoro... e saperlo mi rende felice!

- Pranziamo insieme oggi, ti va? Terry non ci sarà, è impegnato in Accademia fino al pomeriggio, così mi fai compagnia in questa mia giornata libera.

- D'accordo! ...Ultimamente vedo Terry più sereno... credo di non averlo mai visto così. Anche se in passato non abbiamo avuto molte occasioni di vederci, io sono sempre sua madre e lo conosco molto bene, certe cose le capisco. Ha placato i suoi tormenti... io e Richard non siamo stati dei buoni genitori... però si può sempre rimediare... e questo resta per noi solo una piccola consolazione. Avrei preferito di gran lunga evitare che Terry soffrisse da bambino... ma non si possono cancellare gli errori commessi. ...Ed è solo grazie a te se Terry mi ha concesso un'altra possibilità. Sono convinta che anche il riavvicinamento tra lui e suo padre sia merito tuo...

- Io non ho fatto niente, a dire la verità... ha fatto tutto Terry, da solo. Certo ne abbiamo parlato, ma credo che il suo animo fosse già predisposto ad un cambiamento. Sia io che lui abbiamo vissuto in passato un periodo in cui abbiamo dovuto rielaborare delle cose. Siamo cresciuti attraverso alcune situazioni. E in un certo senso... credo che tutto questo sia servito ad entrambi, per essere qui ora... insieme, a formare una famiglia. Quando mi soffermo a pensarci... ci vedo la magia della vita.

- Tesoro... il destino avrà avuto il suo ruolo tra di voi. Ma il resto... lo avete fatto di sicuro voi due. Siete stati caparbi e tenaci... e io sono molto felice di vedervi insieme! - disse la donna con un'espressione raggiante. - Sapere poi di star per diventare nonna, oh mio Dio...

Candy sorrise e il suo viso si illuminò tutto. Era molto bella, e lo stato di gravidanza, pur se non ancora molto evidente, le regalava dei tratti ancora più dolci.
 
 
 
Nell'estate del 1921 nacque il loro primo figlio, un maschietto, che insieme decisero di chiamare Richard.
Negli anni ne seguirono altri tre, due femminucce, Paola e Eleonor, e un altro maschietto, Thomas.
La loro felicità era al culmine. 

Terry e suo padre avevano ricucito il loro rapporto, così lo si sentiva spesso nominare "mio padre", con serenità nella voce, e Candy non poteva essere più orgogliosa di lui. Per la sua capacità acquisita di riconsiderare le cose e di mettersi in discussione... e di concedersi e concedere nuove possibilità.
I genitori di Terry riuscirono ad essere dei nonni meravigliosi per i loro quattro figli.

Il Duca aveva preso un appartamento in città, dove trascorreva sei mesi all'anno, per poter vedere più spesso la famiglia di suo figlio.
 

Patty ed Eric ebbero un bambino. Vivendo a New York, non era raro che Patty e Candy condividessero del tempo insieme, tra cene in famiglia e qualche passeggiata domenicale a Central Park. 
 
Annie e Archie continuarono a vivere a Boston, ebbero tre figli, e la distanza non eccessiva con New York permetteva alle tre amiche di rivedersi di tanto in tanto.
 
Susanna, grazie ad una lunga riabilitazione, aveva ripreso la funzionalità della gamba ed era ritornata a camminare. Lei e Jack si erano lasciati, di comune accordo, e in seguito si era fidanzata con un ricco banchiere, con cui si sarebbe trasferita presto a vivere a Los Angeles, dove si sarebbero sposati.
Un giorno passò dalla compagnia Stratford per salutare Hathaway e i suoi colleghi. Venne a sapere che Terry aveva lasciato la compagnia e che si era sposato. Da Hathaway venne a sapere che la sua donna era sempre Candy.
Anche lei era felice ora. La conquista più grande riprendere a camminare, mentre con Jack non aveva funzionato... ma ora con il suo nuovo fidanzato era prossima al matrimonio e alla realizzazione del suo sogno di avere una famiglia.
 
 

Candy aveva ricevuto una lettera di Albert. Si trovava a Berlino per affari, e da quello che lui le raccontava, le cose con Camille procedevano bene, e le annunciava il loro prossimo matrimonio, che si sarebbe svolto a Chicago e a cui lei e la sua bellissima famiglia erano invitati. Le anticipò che i Lagan non vi avrebbero partecipato, perché impegnati in importanti affari in Australia. Candy si sentiva profondamente felice per il suo caro amico e gli rispose scrivendo che accettavano il suo invito con molto piacere, e che loro lo aspettavano sempre a New York.
 
Il Natale del 1931 Candy decise di trascorrerlo alla Casa di Pony. Lei, Terry e i loro quattro figli si unirono a Miss Pony, a Suor Lane e a tutti i bambini ospitati e Candy non poté fare a meno di considerare che quel luogo a lei tanto caro sarebbe stato per sempre il suo posto preferito.
Miss Pony aveva compiuto 72 anni. Era ancora una donna energica, ma per non farla stancare troppo Candy era riuscita a fare in modo che Suor Lane, che era più giovane della sua storica collaboratrice, potesse avvalersi dell'aiuto di alcune educatrici nella gestione dei bambini.

- Bimba mia... hai una famiglia bellissima! Vi auguro ancora tanta felicità nella vita... e continua a scriverci, tesoro - le aveva detto in un intermezzo di quella festosa giornata Miss Pony, la sua dolce mamma.

- Sono molto felice Miss Pony. Non smetterò mai di ringraziarvi per quello che avete sempre fatto per me... con amore... e che ha contribuito ad essere quella che sono oggi. Certo che continuerò a tenervi informate sulla mia vita. Anche io voglio ricevere vostre notizie, ci tengo moltissimo! - aveva risposto Candy con uno dei suoi contagiosi sorrisi, abbracciando di lato la donna che si stava facendo scappare una lacrima.
 
Lì dove Candy aveva trascorso la sua infanzia erano sparse fotografie incorniciate degli ex bambini della Casa di Pony, ora adulti felici nel mondo con le loro famiglie. Terry le stava osservando una ad una, poi i suoi occhi si soffermarono, illuminandosi, su una fotografia di Candy con lui e i loro bambini abbracciati, a Coney Island.   
Ricordava quel pomeriggio. C'era un fotografo a Coney Island, così decisero di farsi fotografare tutti insieme, per immortalare quel momento di vita semplice, ma per loro straordinario.
I suoi bambini si erano divertiti molto sulle giostre, volevano lo zucchero filato, correvano a perdifiato sulla spiaggia e poi... due di loro erano andati ad accoccolarsi tra le sue braccia, stanchi, poggiando la testa sul suo petto, dicendogli che volevano sentire una storia, mentre Candy, seduta di fronte a Terry, li osservava sorridendo, e giocava con gli altri due con delle palline colorate. 
Ricordava che in quel momento si era sentito fortunato, ancora una volta.
 
- Quando guardo a quello che insieme siamo riusciti a fare... credo che il mio cuore non possa contenere così tanta gioia - disse Terry a Candy in piedi davanti al camino, quando la cena era terminata e tutti erano già nelle loro stanze a dormire.
- È quello che ho sempre desiderato... con te - disse guardandola negli occhi.

Candy ricambiò lo sguardo, nel bagliore della luce del fuoco ardente. 

Il suo Terry... era ora suo marito e il padre dei suoi figli. Anche lei ogni tanto si fermava a pensare a quanto la vita fosse stata buona con loro, concedendo la possibilità di ritrovarsi. E ne era grata.

- E invece può contenerla... perché hai un cuore grande - disse cingendogli la vita e dandogli un bacio sulle labbra, mentre lui la strinse a sé prendendole il viso tra le mani.
 
 
 
 
 
Agosto 1938

Era una calda sera d'estate. Per le vie dei quartieri di New York le finestre delle case erano aperte e illuminate, le tende svolazzanti per la brezza, che soffiava incostante.

Nel Village, da una di quelle finestre proveniva una fioca luce.

Candy e Terry erano sul divano a parlare dei loro figli, il più grande, Richard, aveva compiuto 17 anni e si apprestava a frequentare l'ultimo anno alla High School, il Senior Year, l'anno in cui avrebbe conseguito il diploma, e in cui quasi tutti gli studenti cominciavano a pensare a quale Università iscriversi. La seconda figlia, Paola, quasi 15 anni, avrebbe iniziato il secondo anno alla High School, il Sophomore Year; Eleonor, 13, avrebbe frequentato l'ultimo anno della Middle School, mentre il più piccolo, Thomas, quasi 10, frequentava l'Elementary School.

Candy aveva compiuto quell'anno 39 anni, mentre Terence 40. Avevano mantenuto i loro tratti fisici caratteristici, anche se ora erano naturalmente più maturi.

Erano orgogliosi dei loro figli, di come loro due insieme li avevano cresciuti, anche se, da genitori, erano ancora alle prese con la loro educazione, cercando di fare del loro meglio. In quel momento i loro ragazzi erano tutti fuori casa, i primi tre in diverse vacanze di gruppo estive organizzate da uno dei centri sociali della città, mentre il più piccolo era da qualche giorno al mare dalla nonna, a Long Island.

Ne stavano parlando lì sul divano, nella stanza in penombra, illuminata soltanto dalla luce dorata di una lampada, facendosi prendere anche da sentimenti di nostalgia.

- Non possiamo impedire lo scorrere del tempo - le disse Terry, abbracciandola e dandole un bacio tra i capelli.

Poi lui si alzò e andò a mettere su un disco che aveva preso ad un mercatino... "Dream a little dream of me".

Nel frattempo che la musica partisse si diresse verso Candy e le tese una mano.

- Balliamo - le disse con uno sguardo romantico.

Candy gli sorrise e gli prese la mano, alzandosi dal divano.

La musica era partita, la melodia li fece stringere l'uno all'altra, in un lento che li cullava dolcemente. Non ballavano spesso, ma ora quel momento tutto per loro risultava divino nei loro cuori, dove arrivavano anche le parole di quella canzone:

- Stars shining bright above you / Le stelle brillano luminose su di te
Night breezes seem to whisper 'I love you' / Le brezze notturne sembrano sussurrare 'ti amo'
[...]
Dream a little dream of me / Sognami
Say nighty night and kiss me / Dì buonanotte e baciami
Just hold me tight and tell me you'll miss me / Abbracciami forte e dimmi che ti mancherò
While I'm alone and blue as can be / Mentre io resto solo e triste come può essere che sia
Dream a little dream of me / Sognami
Stars fading but I linger on, dear / Le stelle svaniscono ma io indugio, cara
Still craving your kiss / Desidero ancora il tuo bacio
I'm longing to linger till dawn, dear / Ho voglia di aspettare fino all'alba, cara
[...]
Sweet dreams that leave all worries behind you / Fai dolci sogni che lascino tutte le preoccupazioni dietro di te
But in your dreams whatever they be / Ma nei tuoi sogni qualunque essi siano
Dream a little dream of me / Sogna me -
 

La musica era terminata ma loro erano ancora stretti l'uno all'altra.

Poi Terry la guardò in viso.

- ...Lo sai che ti amo, vero? ...E che ti amerò per sempre... - disse, con il medesimo sguardo romantico di prima e con un tono di voce basso.

Candy incurvò le labbra in un sorriso.

- Sì... ma tu continua a dirmelo... lo farai? 

Terry la baciò sulle labbra. - Certo, lo farò. Continua a dirmelo anche tu... 

Si baciavano mentre si tenevano abbracciati e le loro mani cominciavano a scivolare lentamente sui loro corpi.

Fuori la luna piena color miele e le stelle adornavano il cielo notturno di un'estate newyorkese.

A quell'ora, la finestra dei Granchester era l'unica ad essere ancora illuminata.

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