Quod devotio

di Nao Yoshikawa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inimicus ***
Capitolo 2: *** Fiducia ***
Capitolo 3: *** Veneficiis ***
Capitolo 4: *** Deditionem ***
Capitolo 5: *** Consortem culpae ***
Capitolo 6: *** Literarum amor ***
Capitolo 7: *** Fidelis ***
Capitolo 8: *** Immortalem ***
Capitolo 9: *** Mendacium ***
Capitolo 10: *** Hominum ***
Capitolo 11: *** Fidem ***
Capitolo 12: *** Passionis ***
Capitolo 13: *** Deditio ***
Capitolo 14: *** Dulcemque ***
Capitolo 15: *** Familia ***
Capitolo 16: *** Basium ***
Capitolo 17: *** Tenebris ***
Capitolo 18: *** Devotio ***
Capitolo 19: *** Nam melius vel peius ***
Capitolo 20: *** Eligere ***
Capitolo 21: *** Maxime devotio ***



Capitolo 1
*** Inimicus ***


Quod devotio
 Inimicus


Hogwarts, 1943
 
Draco apprezzava molto l’essere rispettato e temuto, tuttavia aveva l’impressione di non essere davvero né l’uno né l’altro. E dire che si impegnava parecchio, aveva sempre parole taglienti per chiunque e nessuno poteva sfuggire alle sue prese in giro agli insulti, soprattutto quando era di cattivo umore. Draco molto spesso aveva la sensazione che, quando si voltava, gli altri iniziassero a parlare male di lui.
Non aveva torto in effetti, poiché la maggior parte degli studenti lo considerava un ragazzino viziato che si divertiva a comportarsi da bullo.
Ma Draco pensava anche che parte della colpa fosse del suo compagno Tom Riddle. Lui sì che era davvero temuto e rispettato. Gli studenti provavano per lui una sorta di timore reverenziale, eppure allo stesso tempo non potevano fare a meno di adorarlo.  Anche per i loro insegnanti la situazione non era poi così diversa. L’unico che sembrava immune a tutto ciò era Albus Silente, ma di questo Draco in effetti non se ne sorprendeva.
Spiegare quello che provava per Tom era difficile: non sentiva una grande simpatia nei suoi confronti, ma allo stesso tempo lo ammirava e invidiava per quella grande influenza che esercitava sugli altri. Che lo volesse o no, anche su se stesso. Non parlavano molto, Tom infatti non era uno che amava circondarsi di amici, ma quando a volte i loro sguardi di incrociavano, Draco si sentiva inquieto. Non che Tom facesse apparentemente niente di male, anzi, appariva fin troppo perfetto, così tanto da risultare irreale. C’era qualcosa di losco in lui e aveva l’impressione che stargli accanto portasse sfortuna.
O forse era solo troppo condizionato. In fin dei conti, anche se cercava di nasconderlo, per Draco era più facile provare paura che non provarne.
E poi, nessuno poteva essere così perfetto, Riddle non lo era di certo.
Non che fosse poi così importante, dopotutto. Finché rimanevano lontani, tutto sarebbe andato bene.
Era un po’ difficile cercare di evitarsi essendo della stessa casa. Na Draco era fin troppo bravo, con quella sua aria da snob, a mostrarti sprezzante per nascondere le cattive sensazioni, quando capitava che lui gli rivolgesse la parola.
Ma fu proprio una pozione mal riuscita a cambiare tutto.
«Signor Malfoy, la sua pozione Rigeneratrice è della densità sbagliata, vede?»
Draco non poteva dire di avere dei brutti voti, era uno studente piuttosto standard. Così come non poteva dire di amare Pozioni. Per quanto Lumacorno fosse abile nel suo lavoro, davvero faticava a sopportarlo, forse perché era evidente la sua preferenza verso Riddle. Di recente poi sembrava non riuscire a farne una giusta, motivo per cui Lumacorno non perdeva occasione per ricordarglielo.
«Devo rifarla?» domandò Draco visibilmente scocciato.
«Forse sarà meglio se un tuo compagni ti mostri come fare» sospirò l’insegnante. «Riddle, potresti mostrare a Malfoy come fare?»
Tom alzò lo sguardo. Anche quando sorrideva gentilmente, il suo sguardo rimaneva serio, invalicabile.
«Ma certo professore, ci penso io.»
Non poteva crederci.
E soprattutto, Draco non poteva credere che fosse così insopportabile.
Nessuno era così perfetto.
Mentre formulava i suoi pensieri poco felici, Tom si avvicinò.
«Lumacorno mi ha detto che hai bisogno del mio aiuto.»
Oh, perché era irritante anche solo quando parlava?
«So cosa ti ha detto, non sono sordo» borbottò Draco. «E comunque non ho bisogno del tuo aiuto, semplicemente non mi piace Pozioni. Se volessi, potrei ottenere grandi risultati» e Draco era sincero in questo, ma Tom non sembrò colpito dalle sue parole. Anzi, era perfettamente indifferente.
«D’accordo, vedrò da me cosa c’è che non va»
Come temeva, lo aveva ignorato. Sì, perché Riddle era superiore, quindi lo ignorava. Draco non poté fare altro che ingoiare un boccone amare e osservarlo. In effetti quel ragazzo sembrava sapere il fatto suo. Non dubitava della sua intelligenza o delle sue capacità, ma niente gli avrebbe tolto dalla testa che c’era davvero qualcosa di losco.
«Sai, lo vedo come sei distratto durante le lezioni» disse Tom tranquillo, continuando a guardare la sua pergamena. «Forse avresti bisogno di ripetizioni.»
«Io… cosa? E chi dovrebbe darmele, tu? Ah! Non ci penso proprio, rifiuto l’offerta.»
«Non vuoi migliorare i tuoi voti?»
«Io non voglio stare vicino a te» disse a braccia conserte. Non si era aspettato che Tom alzasse lo sguardo, per questo motivo quando i loro occhi si incrociarono, ebbe voglia di osservare tutt’altro, ma non lo fece.
«Ti ho fatto forse qualche torto, Malfoy?» domandò Tom, sempre serio ma gentile.
In effetti Tom non gli aveva fatto nulla di male, era uno studente modello lui.
Eppure lo detestava lo stesso.
«Piantala.»
«Di fare cosa?»
«Di fingerti così perfetto. Tu forse puoi fregare gli altri con quell’aria da belloccio e il tuo modo di parlare. Ma io» si batté una mano sul petto. «Non sono uno stupido» dicendo ciò diete una gomitata ad alcune ampolle sul suo tavolo, facendone cadere il contenuto e facendo ridere di gusto alcuni dei suoi compagni.
«Che diamine avete da ridere? Piantatela!» esclamò rosso in viso.
«Malfoy!» esclamò Lumacorno. «Gli ingredienti vanno nella pozione, non sul tuo tavolo!»
 
Draco aveva appurato che stare accanto a Riddle portava davvero sfortuna. Forse si stava ossessionando un po’ troppo con quel tipo, cosa gliene importava, in fin dei conti, di ciò che faceva o non faceva?
Tuttavia, anche quando non si trovavano vicini, Draco si ritrovava senza capire il perché a cercarlo. Malgrado fosse molto popolare, a Tom piaceva stare da solo, magari leggendo qualche libri. Leggeva sempre, probabilmente studiava, si sarebbe spiegata la sua bravura. E quando non era solo, era circondato da studenti, maschi e femmine, che subivano il suo fascino, che gli chiedevano consigli, che gli andavano dietro come tanti cuccioli ammaestrati.
Promise a se stesso che mai si sarebbe ridotto in questo modo e che sarebbe stato sempre un suo pari, al massimo, ma mai sotto di lui.
 
Di Tom Riddle, Draco non sapeva molto. Sapeva che non aveva famiglia, era cresciuto in un orfanotrofio da cui tornava ogni estate. Quindi non si sapeva niente della sua famiglia. Draco disprezzava in generale tutti coloro che non fossero dei Purosangue. La sua famiglia  ovviamente lo era e suo padre in particolare gli aveva insegnato molto bene a scegliersi le amicizie giuste a diffidare dagli altri.
E Draco era riuscito piuttosto bene in questo, fino a quel momento.
Riddle era, ovviamente un Prefetto, motivo per cui esercitava un certo potere. Draco non gli aveva perdonato facilmente l’avergli rubato un ruolo che bramava tanto, ma alla fine se n’era fatto quasi una ragione.
Quasi, per l’appunto.
«Non sostate nei corridoio, vi ricordo che dovete andare nei vostri dormitori, adesso» disse Tom, sempre con quel suo tono calmo e gentile quella sera.
«Quel Riddle si sta montando troppo la testa» disse parlando ad un tono di voce tale da poter essere udito, anche se fingeva di parlare a se stesso. «Voglio dire, era chiaro che sarebbe diventato Prefetto, è il preferito di tutti gli insegnanti e di Silente. Ahi! Diamine, vuoi stare attento?!» qualcuno lo aveva urtato nel caos e nessuno aveva fatto davvero caso a quanto aveva detto.
«Malfoy, qualche problema?» domandò Tom.
Eccolo lì, sempre pronto a riprenderlo.
«No, affatto» Draco si massaggiò gomito dolorante. «Qualcuno mi ha spinto, dovresti controllare un po’ meglio gli studenti» rispose acido e Tom si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
«Va nel tuo dormitorio, non creare problemi» lo liquidò.
Come aveva osato scaricarlo in quel modo? Stava parlando e nessuno osava interromperlo in quel modo.
Draco arrossì e poi udì una risatina stridula. Sollevò lo sguardò e scorse la ragazzina Corvonero del terzo anno dagli occhiali spessi che ridacchiava, ma allo stesso tempo cercava di nascondersi.
«Stai ridendo di me, Warren?» esclamò Draco nervoso. Mirtilla Warren era sicuramente uno dei suoi bersagli più frequenti, tanto quanto lo era quell’Hagrid di Grifondoro. Ma dove sarebbe arrivato, se adesso anche lei iniziava a ridere di lui?
«Oh no» rispose lei con la sua vocetta acuta. «Io passavo di qui solo per caso e ti ho visto mentre cercavi di attirare l’attenzione del Prefetto… è una cosa molto tenera.»
«Tenera?! Tu, feccia che non sei altro, torna qui!»
Mirtilla però si era già allontanata. Gliel’avrebbe fatta pagare eccome, l’ultima cosa che voleva era che iniziassero a girare strane voci sul suo conto.
Con l’umore a terra e anche piuttosto nervoso, Draco decise che non avrebbe ubbidito a Tom, che non sarebbe andato a dormire, che piuttosto avrebbe trovato qualcosa da fare nella Sala Comune. Poco gli importava di sentire i suoi rimproveri.
La sala comune dei Serpeverde si trovava nei sotterranei, un luogo appartato e molto tranquillo. A quell’ora era sicuro di non trovarci nessuno e magari sarebbe stata l’occasione perfetta per rimanersene da solo con i suoi assordanti pensieri. Ma quando arrivò, notò con grande sorpresa di non essere solo: proprio Riddle se ne stava seduto davanti al fuoco, pensieroso.
Insonnia? O forse stava tramando qualcosa. Sì, era la cosa più plausibile. Draco trattenne il respiro ed entrò, conscio del fatto che avrebbero discusso (o per meglio dire, lui avrebbe discusso da solo e Tom lo avrebbe ignorato con dignità e classe, come al solito).
«Dove andremo a finire se nemmeno il Prefetto rispetta le regole della scuola?» esordì, osservandolo a braccia conserte.
Tom alzò piano lo sguardo.
«Malfoy, mi sembrava di essere stato chiaro. Cosa ci fai fuori dal tuo letto a quest’ora?»
«E tu allora? Te ne stai qui a fare il bello e dannato davanti al fuoco?» domandò ancora.
Tom scosse il capo, sospirando.
«Solo un po’ d’insonnia, nulla di importante. Arriverà il giorno in cui dovrai dirmi perché ce l’hai tanto con me.»
«Non ho niente da dire»
«No, davvero» Tom si mise dritto. «Siamo persone mature, no? Esponi il tuo problema,»
Oh, per Merlino!
Voleva umiliarlo facendo il maturo? D’accordo allora, sarebbe stato maturo anche lui.
«Beh… tanto per cominciare non sopporto che tu sia così amato da tutti. Insomma, cosa avrai mai fatto? Sì, è vero, hai un bell’aspetto e sei uno studente capace, ma…» si fermò all’improvviso quando si accorse che Riddle stava ridendo. «Ridi di me?»
«Un pochino. Quindi è questo, sei invidioso.»
«Ah, neanche per sogno, non sono geloso. Perché dovrei? È chiaro che è tutta apparenza. Hai un circolo di ammiratori che ti adora, ma sono sicuro che nessuno ti conosce davvero. O sbaglio?»
Draco era sicuro di aver colpito i punti giusti, stavolta. Tom appariva un po’ più teso, adesso.
«Malfoy, credo che tu dovresti stare attento a non immischiarti negli affari che non ti riguardano. Può essere molto pericoloso.»
«Adesso mi minacci anche?» domandò lui, sentendosi stranamente forte. In fin dei conti anche Tom era umano. E in quanto umano provava tutto, dolore, gioia, felicità e tristezza.
«È più un suggerimento. Qualsiasi sospetto tu abbia, non giocare troppo a fare l’eroe, perché non otterrai niente. Certo che però è un peccato.»
«Cosa?»
«Che io ti risulti così antipatico. Penso che fra tutti, tu sia quello che più mi somiglia.»
Draco non poté impedirsi di arrossire. Da un lato si sentì anche lusingato, ma da un lato non sarebbe mai diventato il cagnolino di Riddle, pronto ad ammirarlo e seguirlo ovunque.
«Tu… non mi conosci» si limitò a dire.
Ed ecco che Tom si era fatto di nuovo vicino.
«Nemmeno tu. Ed è molto meglio così, credimi. È stato un vero piacere conversare con te, Draco, ma adesso è il caso che andiamo entrambi a dormire.»
Draco non si mosse. Una cosa però doveva ammetterla: almeno fisicamente Riddle era davvero perfetto, di una bellezza così ipnotica da essere quasi fastidiosa.
Quando il Prefetto gli diede le spalle e compì qualche passo, Malfoy parlò di nuovo.
«Non mi punirai per aver disubbidito ad un tuo ordine, vero?»
Tom sorrise.
«Non questa volta.»
Draco tornò a respirare regolarmente. Sì, riconfermava ancora, stargli accanto portava sfortuna.
Altrimenti non si sarebbe sentito così male, con il cuore che batteva furioso nel petto.
 
Draco non avrebbe saputo dire se quel loro minimo avvicinamento avesse migliorato o peggiorato la sua idea di Tom. Continuava a essere certo di non potersi fidare, forse gli altri non erano abbastanza svegli da rendersene conto, ma non lui. E continuava ad affermare di trovarlo odioso oltre ogni dire, ma forse un po’ meno di prima.
Tom gli aveva detto “Fra tutti tu sei quello che più mi somiglia” e Draco avrebbe voluto sapere cosa questo significasse. Ma sarebbe rimasto fedele ai suoi principi, non voleva diventare come quegli stupidi che gli andavano dietro, adorandolo e cercando di attirare la sua attenzione,
Cosa che assolutamente lui non aveva mai fatto. Tuttavia qualcosa era cambiato davvero, poiché quando i loro sguardi si incrociavano, Tom gli concedeva un cenno con il capo.
C’era una cosa che effettivamente era un po’ strana. Draco aveva sempre invidiato Tom, pur detestandolo. E in parte aveva desiderato essere come lui. Anche se averlo come amico era fuori discussione, a che sarebbe servito averlo come nemico?
Anche se non lo avrebbe mai ammesso a se stesso, Draco era caduto vittima del suo fascino. Non avrebbe mai potuto considerarlo davvero suo rivale, non se il loro rapporto non fosse stato alla pari.
Non voleva che la gente si facesse strane idee, non voleva che nessun pensasse che perfino Draco Malfoy, sempre così arrogante e sicuro di sé, avesse alla fine ceduto e fosse diventato come tutti gli altri.
Motivo per cui ci aveva rimuginato su per giorni e giorni. Voleva essere come lui, voleva che tutti lo adorassero e ammirasse.
Dopotutto era un giovane e promettente Purosangue ricco, con una famiglia influente alle spalle, gli mancava solo quel qualcosa che Tom avrebbe potuto insegnargli.
E così, circa una settimana dopo il loro incontro in sala comune, Draco fece una cosa che assai raramente aveva fatto in vita sua: ingoiò parte del suo orgoglio, strinse i pugni e si avvicinò. La lezione di Trasfigurazone con Silente, nonché uno dei pochi che sembrava immune a Tom. Quest’ultimo se ne stava seduto, ma si sarebbe alzato di lì a poco. Così Draco si avvicinò prima di perdere la sua occasione (e prima di cambiare idea).
«Riddle.»
«Malfoy?» lo chiamò, per niente sorpreso.
Draco non avrebbe mai potuto immaginare che da quella sua stupida idea, guidata più che altro dalla voglia di sentirsi ammirato e temuto, avrebbe cambiato per sempre il corso della sua vita, nonché il suo futuro.

Nota dell'autrice
Io non ho MAI scritto su Tom Riddle, nonostante sia uno dei miei personaggi preferiti, nè tantomeno ho scritto di questa coppia prima d'ora, quindi è tutto nuovo, ambientazione compresa (anche qui, è la prima volta che scrivo una storia ambientata in questo momento della saga di Harry Potter). Mi rendo conto che questo primo capitolo sembra l'inizio di una commedia americana ambientata al liceo, non era quello l'obiettivo, ma è venuto fuori così. In questo what-if Draco è coetaneo di Tom e frequentano gli stessi anni ad Hogwarts... mi sembrava molto più semplice che inserire robe tipo Giratempo, perché con i viaggi del tempo è sempre un casino. Vorrei che la storia seguisse le vicende di Tom fino al momento in cui diviene Voldemort, effettivamente. Con la variante che qui c'è Draco, quindi diciamo che le promesse non sono proprio delle più felici. Spero che questo primo capitolo sia stato piacevole.

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Capitolo 2
*** Fiducia ***


Quod devotio

Fiducia

Tom lo stava guardando negli occhi senza parlare. Questo aveva messo a disagio Draco, il quale si era subito pentito della sua idea. Ma non aveva pensato ad una scusa abbastanza plausibile per cambiare discorso, non aveva pensato e basta. Così aveva fatto ciò che sapeva fare meglio: nascondere tutto dietro una facciata di arroganza e sarcasmo.
«Allora, quanto vogliamo rimanere a guardarci negli occhi prima che tu mi dia una risposta?» domandò sforzandosi di apparire naturale.
Tom sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri. Distese la schiena, osservandolo.
«Hai cambiato in fretta idea sul mio conto.»
«Io non ho cambiato idea su niente» rispose prontamente, aspettandosi una frase del genere. «Non sopporto che tu debba essere così popolare. Ed è inutile che te ne vai in giro con quell’aria di superiorità, si vede lontano un miglio che ti piace essere ammirato, essere in qualche modo speciale.»
«A chi non piacerebbe? Ma temo di doverti dare una cattiva notizia: nessuno può essere tale e quale a me. Io sono io, tu sei tu.»
Tom si alzò, prendendo i suoi libri. Draco aveva l’impressione che quelle parole avessero un’accezione negativa. Doveva rimanere lì a farsi umiliare di più?
«Tuttavia» continuò il Prefetto. «Sicuramente starmi accanto ti darebbe il prestigio che meriti. Io ho tanti seguaci, se così possiamo chiamarli, ma nessuno è come te.»
«Perché? Io cosa ho di così speciale?» domandò curioso, con le guance arrossate.
Tom sorrise, ma non rispose a quella domanda, piuttosto continuò ad infierire.
«Se vuoi starmi accanto, dovresti avere un atteggiamento un po’ più amichevole.»
Se pensava che adesso si sarebbe comportato da amico, si sbagliava di grosso. Forse però poteva fingere.
«Aspetta un momento» rifletté Draco. «Tu cosa ottieni da tutto ciò? Non mi sembri una di quelle persone che fa qualcosa senza volere nulla in cambio.»
E a giudicare dal suo sguardo, Draco doveva aver indovinato. Tom si avvicinò, aveva la brutta abitudine di accorciare fin troppo le distanze.
«Credo che un giorno tu mi sarai utile» sussurrò.
Utile a cosa? Draco se lo chiese per qualche istante, ma poi si disse che non poteva essere nulla di così importante.
«Va bene» dichiarò. «Ma chiariamo una cosa fondamentale: questo non mi rende fedele o devoto a te. O chissà altro. Voglio dire, non sei nessuno di speciale.»
Credeva di offenderlo, invece Tom sorrise e gli porse la mano.
Draco gliela strinse, guardandolo negli occhi. Sfortuna, inquietudine, dubbi… che bruciasse tutto, oramai non aveva importanza.
 
Da quel giorno effettivamente le cose cambiarono e anche in maniera abbastanza veloce. Anche solo camminare accanto a Tom portava i suoi lati positivi. Tutti li guardavano, domandandosi quando quei due fossero divenuti amici. Certo, Tom era gentile con tutti ed era bravo a circondarsi di gente che lo adorava, ma era palese a chiunque che fosse sempre un passo più avanti. Con Draco invece sembravano quasi uguali. E Malfoy, dal canto suo, si godeva la fama e gli sguardi curiosi, confusi e carichi di ammirazione. Ma stargli accanto aveva anche i suoi lati negativi. Poiché a scuola erano in molti coloro che non lo avevano in simpatia (quelli che lo ritenevano un semplice ragazzino viziato), erano in tanti a credere che fosse solo un opportunista e che stesse in compagnia di Riddle sono per accrescere la sua fama. Questo nessuno aveva il coraggio di dirlo ad alta voce, ma dalle loro espressione era chiaro. A Draco però non importava molto, dopotutto era la verità. Inoltre, stando accanto a Tom, iniziava a capire perché fosse così popolare e benvoluto.
Si rendeva effettivamente amabile e gentile, sempre pronto ad aiutare il prossimo. C’era una piccola cerchia di studenti che gli correva sempre dietro, che cercava la sua ammirazione e attenzione. Tom sembrava molto soddisfatto, gli piaceva avere il potere, il controllo e adorava sentirsi unico e speciale. E in questo effettivamente erano uguali, anche se Draco si rendeva conto di non avere nemmeno la metà del suo carisma, ma almeno osservandolo poteva imparare.
E in effetti anche i suoi voti stavano iniziando a migliorare, perché Tom – che aveva scoperto essere un perfezionista – aveva insistito per dargli ripetizioni in pozioni.
«Non ci capisco granché» sbuffò Draco. «Perché devo studiare questa roba? E poi tu sei il preferito di tutti, non puoi mettere semplicemente una buona parola?»
«La mia buona parola è inutile se non ci metti un po’ di impegno. Non mi sono mai piaciuti gli scansafatiche.»
Alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Nel primo pomeriggio c’era molta tranquillità e vista le giornate soleggiate nonostante l’autunno inoltrato, i due si erano sistemati vicini ad un albero. Vari gruppetti stavano a debita distanza, guardando ogni tanto i due e parlando a bassa voce. Ovviamente parlavano di loro.
«Vedi? Funziona. Da quando ti frequento tutti mi rispettano di più» gongolò Draco. «Certo, non capisco perché non possa essere così a priori. Voglio dire, io sono io…»
L’attenzione di Malfoy fu catturata da uno studente più giovane: Rubeus Hagrid era per metà gigante e ciò era evidente. Aveva un grande amore per la natura e gli animali e nonostante la stazza imponente non faceva male a nessuno. Draco lo sapeva, motivo per cui gli ricordava costantemente il suo ribrezzo per i mezzosangue o per qualsiasi cosa che uscisse fuori dal concetto di “Perfezione”.
«Ehi, feccia!» lo chiamò, velenoso. «Quale strano animale hai rapito stavolta? Ti consiglio di stare attento, qualche volta verrai cacciato via. Ma d’altronde è naturale, quelli come te non dovrebbe stare qui.»
«Lasciami in pace, Malfoy» si lamentò Hagrid.
Tom si scostò i capelli dal viso, con la schiena poggiata all’albero.
«Ha ragione, lascialo in pace.»
«Che cosa?! Tu dovresti dare ragione a me!»
«È proprio per questo che nessuno ha fiducia o stima di te. Sei troppo diretto, dici tutto quello che pensi.»
«Ciò è forse un male? Dovrei forse cambiare ciò in cui credo?» protestò.
Tom sollevò lo sguardo.
«Non è necessario. La gente è stupida, crede a ciò che vuole credere, non è difficile prenderla in giro.»
Allora le impressioni di Draco erano state giuste fin dal principio. Non è che Tom fosse necessariamente buono di cuore o che amasse essere gentile o disponibile… ma a che scopo tutto ciò?
«Immagino che sia vero. Ma è davvero difficile fingere. Io non ho un grande apprezzamento per i Sanguesporco o simili. La mia famiglia ovviamente discende da una linea di Purosangue. E la tua invece?»
Draco si morse la lingua subito dopo. Sapeva benissimo che Tom fosse orfano, ma in quel momento lo aveva dimenticato. Tom divenne  serio e, da come se ne stava rigido, doveva essere molto piccato.
«Scusa, mi ero dimenticato della tua… situazione» Draco non sapeva per cosa essere più sorpreso, se per essere stato così stupido o perché si era ritrovato a chiedere scusa. Lui! Comunque pensò che fosse meglio cambiare discorso. «Ad ogni modo perché fai tutto questo? Voglio dire, fingere di essere diverso da come appari e… il resto.»
Tom si rilassò appena, quella domanda lo faceva sentire più a suo agio.
«Sai, nella vita c’è chi è destinato a fare grandi cose e chi invece no. Io appartengo  alla prima categoria, ma bisogna cominciare dalla base.»
«Ah, capisco. Vuoi forse diventare, non so… Ministro della Magia o qualcosa del genere?»
«No, le mie ambizioni mirano a qualcosa più in alto» disse Tom guardando il cielo. «Forse un giorno te lo spiegherò, se ti mostrerai degno della mia fiducia.»
«Ora stai di nuovo straparlando» lo rimbeccò Draco. Quello che sarebbe accaduto nel futuro di Tom non lo riguardava. Solo perché adesso si ritrovavano insieme, non voleva dire che quel rapporto fosse destinato a durare. Draco si conosceva, sapeva di avere la tendenza ad annoiarsi presto. Ma d’altro canto, per Tom era facile mantenere vivo il suo interesse, con quel suo modo di fare misterioso e piuttosto criptico.
«Ad ogni modo… io di te non so niente» disse all’improvviso. In realtà in pochi sapevano più di quanto Tom lasciasse trapelare.
«Di me sai ciò che ti basta sapere. Sono un orfano, Silente anni fa venne da me a dirmi dell’esistenza di Hogwarts e… lì scoprii di essere speciale. Questo ovviamente lo sapevo già, io non ero come gli altri bambini, ovviamente. E adesso eccomi qui. Nemmeno io di te so molto.»
Era proprio abile a cambiare discorso. Da come parlava, sembrava proprio che le loro esistenza fossero l’una l’opposto dell’altra.
«Anche nel mio caso non c’è molto da dire. Sono figlio unico e ho sempre avuto ciò volevo.»
«Quindi sei un ragazzino viziato.»
«E tu un ragazzino orfano.»
I due si guardarono. Tom non rideva quasi mai e quando lo faceva erano risate sommesse, molto trattenute. Quello fu uno di quei casi.
«Non c’è niente da ridere» disse Draco arrossendo.
«Invece sì. Per te deve essere stato un grave colpo dover ammettere che tutti preferiscono l’orfano venuto dal nulla piuttosto che a te.»
«D’accordo, sai cosa? Mi hai stancato, io me ne vado.»
Anche se si conoscevano da poco, Tom sapeva come prenderlo, come irritarlo e dalla sua irritazione sembrava trarre divertimento.
«Ma come, te ne vai di già? Ricorda che ho il potere di farti punire.»
«Riddle, chiudi il becco!» gli diede le spalle, mentre arrossiva. Draco non permetteva mai a nessuno di trattarlo in questo modo (o almeno ci provava) e Tom non permetteva mai a nessuno di prendersi certe confidenze. Quindi si poteva dire che fossero pari.
 
Draco si chiese successivamente come mai Tom fosse così restio a parlare della sua famiglia. Certo, in quanto orfano, forse nemmeno lui ne sapeva chissà quanto, ma aveva l’impressione che il motivo fosse diverso. Non era tristezza quella nei suoi occhi, quanto più rabbia, delusione, disgusto… che fosse un Mezzosangue? Draco era il primo a disprezzare chi non fosse completamente puro, ma non sapeva quanto la sua opinione su Tom sarebbe cambiata. E poi non aveva nemmeno il coraggio di domandarglielo. Non solo non erano fatti suoi, ma Riddle gli aveva fatto capire molto bene, anche con una semplice espressione. Così la loro conoscenza andava avanti e Draco iniziava a vedere i primi risultati. In quanto amico di Riddle, erano in molti coloro che si erano avvicinati a lui, probabilmente tutti incuriositi dalla sua relazione con Tom. Draco si mostrava gentile e affabile, cosa per lui difficile, ma in effetti funzionava davvero. Quei poveri idioti credevano davvero che fosse cambiato e migliorato, ma dopotutto che importava? Essere guardato con ammirazione era così soddisfacente, sentirsi potente era una sensazione impagabile.
Anche se in realtà non tutti credevano a quel cambiamento. Mirtilla Warren, che per tanto tempo era stata vittima dei soprusi di Malfoy (non solo, ma soprattutto i suoi), era particolarmente sospettosa. Draco lo sapeva, motivo per cui cercava di ignorarla, quando le capitava di incontrarla. Quel giorno d’inverno Mirtilla, i libri stretti al petto e i tondi occhiali poggiati sul naso, lo urtò mentre gli passava accanto. Draco avrebbe voluto insultarla, ma stava imparando a trattenersi. Fu invece Mirtilla a stuzzicarlo.
«Guarda dove vai!» esclamò.
«Stai parlando con me?» chiese Draco fingendosi ingenuo. Erano davanti agli altri studenti, quindi voleva rimanere tranquillo il più possibile. A Mirtilla invece non importava poi granché del parere altrui.
«Sì, Malfoy, con te. Che succede? Hai finito di tirarmi i capelli o insultarmi? La compagnia di Riddle ti ha forse reso un bravo ragazzo?»
Nonostante la bassa statura e nonostante agli altri fosse lei quella ad apparire ridicola, Mirtilla era sicura di sé. Era invece Draco quello in difficoltà.
«Io non capisco di che parli, ti lamenti perché non ti tormento più?» domandò a bassa voce.
Oh, come avrebbe voluto zittirla per davvero!
«Tu non mi prendi certo in giro, eh! L’ho capito quello che stai cercando di fare. Sei sempre stato invidioso di lui e adesso cerchi di imitarlo. Ma ho una brutta notizia per te: sei e rimarrai sempre la sua brutta copia.»
Era troppo da sopportare. Non sarebbe stato lì a farsi umiliare come un idiota.
«Tu, piccola e insolente Mezzosangue…!» sollevò un braccio, probabilmente per colpirla. O almeno, quella sarebbe stata la sua intenzione, ma il Prefetto aveva occhi per tutti.
«Malfoy!» lo chiamò, severo. «La violenza è proibita in questa scuola, hai davvero bisogno che te lo ricordi?»
Draco si fermò con la mano a mezz’aria, Mirtilla aveva strizzato gli occhi e alcuni studenti erano immobili, in attesa.
Aveva quasi perso il controllo, come al suo solito. Abbassò la mano e strinse un pugno.
«No, Riddle. Sei stato chiaro. Io non volevo di certo picchiarla, non mi permetterei mai» sibilò.
 
«Io non ci posso credere, non posso credere che mi sono quasi fatto fregare! Ma la colpa non è mia, sono orgoglioso e nessuno può prendermi in giro. Ma chi si crede di essere quella… quella?»
Draco stava camminando a passo nervoso per il corridoio e si stava sforzando di mantenere un tono di voce basso, mentre Tom gli andava dietro.
«Davvero, Draco? Pensi sia la stessa cosa che si chiedono gli altri quando sei tu a prenderti gioco di loro.»
«Io oramai non prendo in giro più nessuno, sto fingendo di essere un bravo ragazzo» si lamentò. «Beh, almeno il tuo intervento è stato inutile, rischiavo davvero di picchiare quell’insulsa Mezzosangue. Beh, adesso me ne posso andare.»
«Dov’è che vorresti andare?» Tom gli si parò davanti.
«Non saprei, ci tieni così a tanto saperlo?»
Tom sorrise.
«Tu adesso vai dal preside.»
«Io… eh? Aspetta, non vorrai punirmi davvero? Tu non puoi farlo!»
«Davvero?» chiese Tom indicandosi il distintivo. «Credo di essere ancora io quello che ha più autorità tra i due.»
Draco sollevò un dito, non rendendosi conto di avere un’espressione da idiota.
«Vorrai scherzare?»
«Io non scherzo mai, Malfoy» concluse con un irresistibile sorriso.
 
Non riusciva a credere che Tom lo avesse fatto punire per davvero. Credeva che fossero amici.
No, che cosa stupida, chiaramente non erano amici, quella era tutta una messa in scena. Il preside non lo aveva punito troppo duramente, Tom aveva un po’ edulcorato il tutto dicendo che ci fosse semplicemente stato un litigio (almeno aveva fatto qualcosa di utile). Ma era comunque finito con il passare la serata a pulire i trofei. Lui, un Malfoy che si ritrovava a pulire, che si era fatto mettere in punizione. Oh, se suo padre avesse saputo, non sarebbe stato gentile.
«Idiota di un Prefetto dei miei stivali» si lamentò strofinando con forza. «Almeno dovrebbe fingere meglio. Chi farebbe punire un suo amico? E senza contare il fatto… che ho ragione io! Nessuno può trattarmi in questo modo, specie una Mezzosangue… ah!» il trofeo che stava lucidando cadde a terra, provocando un forte rumore. La maggior parte degli studenti dovevano star dormendo, ma Draco sapeva che con la fortuna che aveva, se avesse provato a svignarsela, sarebbe stato beccato in due secondi. Chissà cosa stava facendo Tom, se stava già risposando o… chissà altro?
Stanco, Draco decise che una piccola pausa non avrebbe fatto male a nessuno e decise di sfidare la sfortuna. Hogwarts sarebbe stata perfettamente tranquilla la notte se non fosse stato per i fantasmi che ogni tanto saltavano fuori, facendolo imprecare mentalmente.
Nonostante si frequentassero oramai da un po’, Draco non aveva ancora avuto modo di scoprire i segreti più oscuri di Tom. Oramai era chiaro che  quest’ultimo non amasse rivelare troppo di se stesso. A volte Tom spariva per delle ore e ciò per Draco iniziava ad essere frustrante.
Non erano fatti suoi, ma aveva la netta impressione che Tom stesse combinando qualcosa anche adesso. Camminando un po’ teso per il timore di fine di nuovo nei guai, Draco non sapeva esattamente cosa avesse in mente. Tom glielo aveva ripetuto più di una volta, a immischiarsi in affari che non lo riguardavano si sarebbe cacciato nei guai.
Draco non spiccava certo per il suo coraggio, ma in quel momento non sentiva di avere particolarmente paura. Al contrario, sentiva l’adrenalina scorrergli nelle vene.
Che male poteva fargli Tom, che in fondo era soltanto una persona come lui?
Ma fino a che punto?
«Cazzo!» imprecò ad alta voce. Tom sapeva essere anche più silenzioso di un fantasma, quindi era anche in grado di farlo spaventare maggiormente.
«Draco, vedo che non impari mai la lezione. Non solo sei stato messo in punizione, ma te ne vai anche in giro di notte, imprecando» gli apparve davanti, osservandolo.
Almeno su una cosa Draco aveva avuto ragione, Tom aveva appena combinato qualcosa.
«Tu, brutto… guarda che ero venuto qui a cercare te» sibilò, puntandogli il dito contro. «Come hai osato mettermi nei guai?»
«Nei guai ti ci metti anche senza il mio aiuto» Tom afferrò la sua mano, abbassandola. «E inoltre non posso certo fare favoritismi, perderei di credibilità.»
Draco rabbrividì al contatto delle loro mani. Aveva sempre pensato stupidamente che Tom fosse gelido, invece era caldo proprio come lui.
«Riddle, cosa stai combinando?» domandò, non riuscendo a nascondere la preoccupazione. Ma non sapeva esattamente per chi o cosa fosse preoccupato.
«Noi fingiamo di essere amici, ma non siamo amici. Non sono tenuto a dirti niente» Tom lasciò la sua mano.
«Dirò a tutti che stai tramando qualcosa» disse e improvvisamente provò inquietudine, la stessa che aveva provato prima di conoscerlo meglio e che credeva fosse oramai sparita.
«Fai pure, non ti crederà nessuno.  Quello che faccio non ti riguarda.»
«E io non capisco perché ti ostini a non darmi fiducia!» Draco non si rese nemmeno conto di quello che stava dicendo. Forse era proprio quello a disturbarlo, la totale mancanza di fiducia di Tom nei suoi confronti. Ma d’altronde nemmeno lui si fidava o almeno di ciò era convinto. In realtà c’erano tante cose che non capivano.
Udirono entrambi dei passi in lontananza.
«Non sarebbe una buona cosa per un Prefetto cacciarsi nei guai» sussurrò, avvicinandosi a lui. Draco cercò di spingerlo via.
«Giuro che sto per gridare.»
Aveva il cuore che gli batteva veloce. Tom non era mai stato così vicino e ciò che provava era sia l’impulso di allontanarlo che di spingerlo su di te.
«E io giuro che se lo fai potresti pentirtene.»
Draco aveva paura. Non sapeva esattamente di cosa, ma doveva almeno fingere di non averne.
«Non puoi farmi niente» aprì la bocca e cercò di gridare, ma Tom fu più veloce e premette le labbra sulle sue in un bacio che non era gentile, né delicato né tantomeno dolce. Rimase fermo su di lui, sentendo immediatamente il suo corpo sciogliersi, come se avesse perso ogni forza.
Su questa cosa in particolare Draco si era sbagliato: Tom poteva fare molto su di lui.
 

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Capitolo 3
*** Veneficiis ***


Quod Devotio
3 - Veneficiis
 
Draco non riusciva a pestare attenzione alla lezione. Teneva lo sguardo fisso su Lumacorno, senza capire per davvero cosa stesse dicendo.
E come avrebbe potuto dopo ciò che era successo con Tom? Non riusciva a toglierselo dalla testa e soprattutto non riusciva a credere che fosse successo proprio a lui.
 
Tom era rimasto appiccicato a lui per un tempo infinito, forse per assicurarsi di zittirlo completamente. Draco, dal canto suo, non sarebbe riuscito comunque a parlare. Quello era il suo primo bacio e ad averglielo donato era stato nientemeno che Tom Riddle, il compagno che aveva tanto invidiato e stimato e che adesso stava tenendo premuto le labbra sulle sue. Avrebbe dovuto provare disgusto: due uomini che si lasciavano andare a quelle effusioni era a dir poco inammissibile, contro natura, strano. Eppure non provava nulla di tutto ciò. Al contrario, apprezzava molto il contatto di Tom, il calore della sua pelle, il suo odore. Ma perché mai stava agendo in quel modo?
Quando, diversi secondi più tardi, si staccò, Draco ebbe paura. Come andavano affrontate certe cose? Nemmeno con il suo solito atteggiamento sarcastico e pungente sarebbe riuscito a nascondere lo shock. Al contrario, Tom sembrava perfettamente a suo agio.
«Immaginavo che questo fosse un buon modo per zittirti» disse soddisfatto. «Avrei dovuto provare molto prima.»
Ancora sconvolto, Draco si accarezzò le labbra con le dita. A che gioco stava giocando Tom?
«Come hai osato farmi ciò? Siamo due ragazzi, è disgustoso» sussurrò, ancora con il fiato corto.
«Sì, in effetti hai proprio un’espressione disgustata» sorrise lui. «Maschi o femmine, quanto vuoi che sia importante? O forse, oh… quello era il tuo primo bacio?»
Draco arrossì. Avrebbe desiderato così tanto prenderlo a pugni, era quello che si meritava.
«Su di te avevo ragione» disse puntandogli il dito contro. Nascondevi davvero qualcosa, tu perverso, ipocrita…»
«Oh, suvvia, non tirarla così tanto per le lunghe. Non tutti possono vantare di aver ricevuto il primo bacio dal sottoscritto. E poi, qualunque cosa tu dica, il tuo corpo non è d’accordo.»
Dicendo ciò guardò in basso, tra le gambe di Draco. In effetti quest’ultimo si sentiva piuttosto duro, sollecitato. L’idea che potesse essersi eccitato a causa di quel bacio lo faceva stare malissimo.
«Tu… tu…» gemette. Ma cosa poter dire? Non si sentiva nemmeno così violato come avrebbe dovuto. Al contrario, il desiderio in lui era scoppiato come un incendio.
«Buonanotte, Draco. Vedi di fare il bravo ragazzo» sussurrò Tom al suo orecchio.
 
Non era stata una buona notte, Draco non era riuscito a chiudere occhio. Certe cose erano inammissibili, soprattutto considerando lui chi era e a quale famiglia appartenesse. Se Tom aveva certe preferenze sessuali… allora il loro rapporto doveva essere troncato sul nascere. Non gli importava più della popolarità, temeva solo che iniziassero a circolare strane voci. La sua famiglia non avrebbe gradito, in particolare suo padre.
Ma la vocina nella sua testa non faceva che sussurrargli una scomoda verità: era a causa del desiderio che provava che doveva allontanarsi.
Che ironica la vita. Prima desiderava ardentemente qualcosa e poi finiva con il non volerla più. Questo Tom lo aveva capito, eppure non sembrava che la cosa lo disturbasse, anzi, aveva quell’aria perennemente soddisfatta sul viso.
Quando la lezione di pozioni finì, Draco sapeva di doversi dare una mossa e uscire di lì prima che Tom si avvicinasse e iniziasse a parlargli. Anche perché non aveva idea di come avrebbe potuto reagire.
Puntuale, Riddle si avvicinò e lo afferrò per un polso.
«Amico mio» esordì. «Che fai, non mi aspetti nemmeno? Non è così che ci si comporta.»
«Riddle, se non ti dispiace sono occupato.»
«Occupato a fare cosa, esattamente? Sappiamo entrambi che senza di me hai ben poco da fare. Non mi dire che sei ancora sconvolto per quanto successo stanotte. Era solo un bacio.»
Non era solo un bacio. Era il mio primo bacio e tu me l’hai rubato, non mi hai chiesto il permesso. Ma dopotutto non credo tu sia abituato a farlo, vero?
Questo era ciò che pensava, ciò che avrebbe voluto dire, ma in realtà Draco aveva la gola troppo secca per spiaccicare una parola.
«Certo che ci penso. Perché è riprovevole» dicendo ciò si staccò dalla sua presa, uscì dall’aula e iniziò a camminare. Tom, senza correre e sempre con dignità, gli andò dietro, le mani infilate nelle tasche.
«Cosa ti farebbe più schifo? Un bacio da parte di un uomo o sapere che quest’uomo è un Mezzosangue?»
Draco si fermò di scatto, guardandolo. Cosa voleva dire? Possibile che lui fosse…?
O forse stava semplicemente prendendolo in giro.
«Entrambi, immagino. Non so cosa tu faccia di solito, probabilmente hai tanti… amici di letto… ma io non sono interessato.»
Quindi era questa la vera facciata di Tom?
«Amici di letto, non esagerare. Mi piace divertirmi, ma capisci, non è che posso concedermi al primo che passa, non ci sarebbe divertimento. Tu vuoi essere ancora come me, giusto?»
Draco si sentiva in trappola. Forse perché aveva preso a girargli attorno come una tigre pronta ad addentare una preda. Forse perché si sentiva debole e perché temeva che, se Tom lo avesse sfiorato, sarebbe immediatamente crollato. La passione era una cosa strana. Scoppiava all’improvviso anche quando non si cercava, semplicemente capitava.
«Dipende cosa vuol dire essere come te. Tu hai dei lati oscuri, Tom. Pensavo di volerli scoprire, ma non ne sono più sicuro.»
«Ma questo non vuol dire che non ti piaccio, vero?» domandò sorridendo. «Lo vedo come mi guardi. Nel caso te lo stessi chiedendo, non ho utilizzato alcun tipo di pozione o incantesimo su di te. In realtà potrei, sono piuttosto avanti, ma con te non ce n’è bisogno. Tu sei attratto da me… e  io sono attratto da te.»
Che stupido che era stato. Forse Tom era semplicemente alla ricerca di un amante, doveva essere il motivo per cui gli aveva permesso di avvicinarsi. Ma Draco di certo non era lì per questo. Tom gli aveva già rubato il suo primo bacio, non si sarebbe preso anche la sua prima volta. Senza contare che andare con un uomo era assolutamente fuori questione.
«Non ho mai detto che mi piacevi.»
«Le parole sono superflue in questi casi» Tom gli accarezzò un braccio, facendo in modo che nessuno potesse vederlo. «Ci vediamo stasera nel mio dormitorio, alle nove. So che verrai.»
«Aspetta, cosa…?» quella non era una domanda o un invito. Era un ordine, Tom era sicuro che lui avrebbe ubbidito senza fiatare. Riddle gli sorrise, passandogli accanto.
«A stasera, Malfoy.»
Lo aveva lasciato così, senza nessuna spiegazione e un ordine da seguire. Draco sentì un profondo fastidio crescere in sé. Adesso pensava di potergli dare ordini? Lui odiava prendere ordini da chiunque, da lui in particolare. Avrebbe nevicato all’inferno prima che potesse cedere. E al contempo sentì la rabbia crescere quando si rese conto che una parte di lui avrebbe voluto cedere e sottomettersi.
 
Draco non sarebbe andato. Non avrebbe ceduto, fosse stato anche solo per una stupida questione di orgoglio. Anche perché oramai sapeva fin troppo bene dove Tom voleva andare a parare. E no, non era disposto a dargli il suo corpo. Fare sesso con un uomo era contro natura, o almeno ciò che era quello che gli avevano sempre insegnato. Il suo corpo però la pensava diversamente e a quanto pareva anche buona parte della sua mente.
Nel suo dormitorio alle nove.
Alle nove mancavano cinque minuti. La cosa più saggia da fare sarebbe stata infilarsi sotto le coperte, addormentarsi e non pensarci più. E Draco ci aveva anche provato, ma non aveva controllo su se stesso e ciò era frustrante.
Osava comandarlo a bacchetta e metterlo in confusione in quel modo. Come gli sarebbe piaciuto zittirlo.
Anche se l’ultima volta era stato Tom a zittirlo e in modo piuttosto piacevole.
«Accidenti, basta pensarci!» sibilò all’improvviso. Parlare da solo lo faceva sentire un povero pazzo. «Lui non può avermi, non può comandarmi, non così. E se lo pensa, ha sbagliato.»
Stava cercando di autoconvincersi di avere ancora una qualche sorta di controllo. Invece non aveva niente.
Forse però alla fine sarebbe dovuto andare. Se non lo avesse fatto, Tom avrebbe creduto di avere a che fare con un codardo. E Draco sapeva di esserlo la maggior parte delle volte, ciò non voleva dire che lui dovesse saperlo per forza.
«Va bene, d’accordo» sussurrò. «Ce la posso fare, non posso farmi mettere i piedi in testa. O sarà tutto finito.»
Tom voleva giocare ad un gioco che stava divenendo fin troppo pericoloso.  E lui non era abbastanza forte per resistere.
In uno slancio di coraggio (o stupidità), si alzò dal letto. Doveva sbrigarsi a raggiungerlo, Tom doveva aver appena terminato i suoi compiti da Prefetto, per quel giorno. Andò a cercare il suo dormitorio. Dov’è che si trovava? Una volta gliel’aveva detto ma… dannazione, non riusciva proprio a ricordarlo.
«Dov’è che dorme?» domandò. «Ah, ti prego, fa che non riesca a trovarlo, così avrò la scusa per tornarmene indietro.»
Avanzò lungo il corridoio in penombra e nella foga andò a scontrarsi proprio con Tom, di ritorno dal suo controllo serale nei corridoi.
«Ahi!» si lamentò Draco. «Tu! Che ci fai qui fuori a quest’ora?»
«Hai ragione, sono un po’ in ritardo. Vedo che mi stavi cercando» affermò con tono divertito Tom. «Grazie per aver accettato il mio invito.»
«A me è sembrato tutto fuorché un invito» borbottò. «Insomma, dove diamine è che dormi?»
Tom sorrise, facendogli poi segno di seguirlo. La sua camera, che in quanto Prefetto era soltanto per lui, si trovava in fondo al corridoio. Quando aprì la porta, Draco sentì immediatamente il suo odore. Lo stesso odore che stava addosso ai vestiti di Tom e sulla sua pelle. Respirò a fondo, socchiudendo poi gli occhi.
Si stava cacciando in dei guai molto seri.
«Allora» Tom gli girò attorno. «Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
Draco tornò in sé.
«Nulla, semplicemente volevo dimostrarti che non ho paura di te» disse sedendosi e accavallando le gambe. Tom si sentì stuzzicato dal suo tono e dal suo sguardo.
«Non ne sono ancora così sicuro. Come ti ho già detto, c’è tanto che non sai di me.»
«Già, appunto. Nemmeno tu. Eppure mi baci, mi inviti qui. Sei alla ricerca di un amante?»
Tom sorrise, sedendosi accanto a lui. La timidezza di Draco era sparita fin troppo in fretta o semplicemente era bravo a nasconderlo.
«Se non mi fossi piaciuto, non avrei nemmeno accettato di starti al mio fianco. Certo che questa è la storia più vecchia del mondo: mi detestavi e adesso mi vuoi.»
«Io non ho m-»
Tom sapeva quello che voleva e sapeva come prenderlo. E soprattutto non chiedeva il permesso, non ne aveva bisogno. Quella del ragazzo disponibile, educato e gentile era tutta una maschera, ma la maschera adesso era caduto. Tom lo baciò di nuovo, avvolgendogli i fianchi con un braccio.
Draco sentiva che non era del tutto colpa sua se si ritrovava a cedere così facilmente. Quel ragazzo era molto passionale. E strano per quanto potesse essere, gli piaceva eccome. Tom sfiorò la sua lingua con la propria, gli tirò i capelli sottili e gli morse le labbra, mentre muoveva la mano sulla sua schiena, su e giù.
Ovviamente non poteva che finire in questo modo. Ma era quello che Draco aveva voluto sin dal principio, anche se aveva evitato di ammetterlo.
Non volendo essere da meno, Malfoy strinse i suoi capelli e lo seguì in quel baciò infuocato che lo stava eccitando.
Tom si staccò all’improvviso, la fronte corrugata e il viso arrossato. Quindi aveva quest’aspetto quando perdeva il controllo?
«Io… io sono…» mormorò Draco.
«Anche io» sibilò. «Ma penso che non dobbiamo farlo stanotte.»
Aspetta, e allora perché lo aveva fatto venire lì?
«R-Riddle, smettila di confondermi le idee!» esclamò piccato. Proprio adesso che si stava lasciando andare. Tom si avvicinò, spingendolo sul letto.
«Farai sesso con me se e quando conoscerai i miei segreti. E se li accetterai. Questo non vuol dire che non posso toccarti» le labbra di Tom si posarono sul suo collo.
«Ah!» gemette Draco. «Stai… bruciando la tua occasione!»
Tom sorrise sulla sua pelle, infilando una mano nei suoi pantaloni e sentendolo duro.
«A-Aspetta un momento!» esclamò Draco. Ma che speranza aveva di fermarlo oramai? Lui sapeva come e dove toccarlo.
«Silenzio» gli intimò Tom, stringendo la sua erezione e muovendo la mano su e giù. «Allora, dimmi… come ti sentiresti adesso se ti dicessi che un Mezzosangue ti sta toccando?»
A Draco si bloccarono le parole in gola, oltre che il respiro. Non era certo di essere del tutto lucido.
«Tu… tu… no…»
«Oh, sì invece. Incredibile, non è vero? Tu odi tanto chi è diverso da te, eppure guarda com’è finita. Ma dopotutto non lo sapevi. Anche se dubito ti rifiuterai di starmi accanto, dopo stanotte.»
Sorrise ancora, passando la punta della lingua sul suo collo.
Oh, non solo un ragazzo, ma anche un Mezzosangue. Il guaio in cui Draco si era cacciato aveva assunto dimensioni pericolose… e ancora c’era tanto che non sapeva.
«Tom, smettila…» ansimò, mordendosi il labbro.
«Non lo vuoi veramente. Sento come sei eccitato. E il fatto che tu lo sia per me è incredibilmente soddisfacente» strinse forte, quasi a fargli male. «Coraggio, non trattenerti, non ti fa bene.»
Draco aveva tutto il viso arrossato, di eccitazione e di rabbia. Lo attirò a sé e lo baciò per gemere sulle sue labbra, quando con un movimento di bacino raggiunse l’orgasmo, nella sua mano. Per la prima volta qualcuno gli dava piacere, lo toccava… ed era del tutto diverso da come si era immaginato.
Ancora con il viso vicino al suo, Tom si portò la mano ora sporca di lui alle labbra, leccandole.
«T-tu…sei un pazzo perverso» sibilò.
«E tu hai ceduto a me, quindi immagino che il più pazzo e perverso sia tu» disse con un ghigno. «Ora, se non ti spiace, devo pensare al mio di piacere,»
Giusto, lui in effetti gli si era dedicato completamente. Draco era così arrabbiato, ma allo stesso tempo voleva ricambiare il favore.
«Faccio io» si lamentò, chinandosi.
«Ah, sì?» chiese Tom inarcando un sopracciglio. Oramai Draco si sentiva abbastanza umiliato e sconfitto, a quel punto tanto valeva lasciarsi andare completamente. Soprattutto perché voleva sottometterlo e togliergli quell’irritante ghigno dalla faccia.
Malfoy sorrise, abbassò la cerniera dei suoi pantaloni e infilò la mano sotto la biancheria intima, tirando fuori la sua erezione. Non si sarebbe accontentato di toccarlo e basta, voleva assaggiarlo, sentirlo. Non lo aveva mai fatto ovviamente, né sapeva come si facesse. Per fortuna ogni essere umano è dotato dell’istinto, anche in queste occasioni.
«Ah… fai tante storie, ma vedo che sei volubile» sussurrò. Draco si lamentò e poi lo prese in bocca, succhiando e socchiudendo gli occhi. Cercò di immaginare di trovarsi al suo posto, di immaginare cosa gli sarebbe piaciuto. E fu una tecnica che sembrava funzionare. Tom finalmente aveva finito di infastidirlo e si era irrigidito. Aveva socchiuso anche lui gli occhi e il respiro era irregolare.
Allora anche lui era capace di godere, di essere debole. Draco passò la lingua su tutta la sua lunghezza, dedicandosi poi alla punta con movimenti delicati. Non sapeva neanche lui dove stesse trovando tanta audacia, forse era sempre stata lì, in attesa di uscire. Anche perché stava scoprendo che adorava fare certe cose.
La sua mente sarebbe tornata lucida, dopo. E allora sì che avrebbe avuto tempo per pentirsi.
Tom sibilò, stringendogli i capelli tra le dita, tirandoli. Draco si lamentò, ma non si fermò. Oramai voleva che venisse, non si sarebbe accontentato di un lavoro a metà. Tom gemeva a bassa voce, cercando di non scomporsi troppo. Aveva un certo controllo anche in quelle situazioni, ma prima o poi sarebbe crollato definitivamente. Draco lo sentì poco dopo tirargli i capelli e imprecare a bassa voce: Tom raggiunse l’orgasmo, venendo nella sua bocca. E lui lo accolse, provando un moto di sorpresa. Non avrebbe mai pensato che avesse quel sapore…o quella consistenza.
Non aveva pensato proprio a tutto.  Ingoiò, tirandosi poi su e tornando a respirare. Doveva essere impazzito o Tom doveva avergli fatto qualche incantesimo. O lanciato qualche maledizione, ne sarebbe stato capace. Se fosse stato in sé non avrebbe mai fatto certe cose, mai. Tom cercò di regolarizzare il respiro e la sua espressione imbronciata ben presto si tramutò.
«Ben fatto, Draco. Non me lo aspettavo, non subito almeno.»
«Ti prego» rispose lui, esasperato. «Dimmi che mi hai stregato, che mi hai dato qualcosa senza che me ne accorgessi, dimmi c-»
Tom si avvicinò per baciarlo e Draco se ne sorprese. Lo aveva appena baciato dopo quello che aveva appena fatto?
Era proprio così e la cosa non aveva fatto che eccitarlo ulteriormente.
«Mi dispiace deluderti, ma non ho fatto niente del genere» sussurrò sulle sue labbra. «Tutto quello che hai fatto è stato frutto della tua volontà. L’attrazione sa essere più forte di qualsiasi incantesimo.
Draco si tirò indietro, cercando di sistemarsi i vestiti.
Aveva fatto certe cose con un ragazzo, con lui. Con un Mezzosangue. Non sapeva cosa fosse peggio, ma stava giocando con il fuoco e si era già bruciato.
«Questo» indicò se stesso e poi lui. «Non deve più accadere.»
Tom sollevò le sopracciglia e poi rise.
«Non ci credi nemmeno tu. Mi vuoi.»
«Sta zitto. Mi rovinerai.»
«Io non ho fatto niente. La vita è fatta di scelte e tu hai già fatto le tue. Ma forse devi ancora capirlo» sospirò, rilassato.
Draco avrebbe voluto dirgli che quella in alcun modo era stata una scelta, che si era ritrovato coinvolto ancor prima di rendersene conto. Ma non lo fece, rimase in silenzio ad elaborare ciò che era successo: era stato con un ragazzo, con Tom, e gli era piaciuto.
E non sarebbe più stato in grado di farne a meno.

Nota dell'autrice
Penso proprio che in questa storia ci sarà un cambio di rating andando più avanti... oh beh, era prevedibile. Mi sembrava troppo presto per far avvenire la loro prima volta, MA questo non vuol dire che Tom e Draco non si siano divertiti a dovere.  Eh sì, Draco è proprio disgustato da quanto accaduto, eh? Povero caro, ancora non sa in che guaio si è messo :P
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 4
*** Deditionem ***


Quod devotio
Deditionem
 
Draco aveva riposato perfettamente quella notte, era crollato. Si era svegliato la mattina presto e allora aveva preso a pensare: lui e Tom erano stati insieme, si erano toccati, voluti. Non si era mai interrogato troppo su chi o cosa dovesse piacergli, aveva dato per scontato che avrebbe fatto certe esperienze con una donna. Adesso invece c’era solo Tom. Non riusciva a smettere di pensarlo, si sentiva come se fosse vittima di un incantesimo.
E il sapere di non esserlo non faceva che peggiorare il tutto. Come comportarsi adesso? Avrebbe dovuto fingere che nulla fosse successo? Non era abbastanza bravo, non c’era niente che era sotto al suo controllo.
 
Ma andava bene, si sarebbe trattenuto il più possibile. Era inevitabile che stessero vicini, dopotutto. Teso come un bastone, entrò in aula. Tom era già lì, gli occhi fissi sulle pagine di un libro.
Ed era bello, terribilmente. Dopotutto non aveva mai negato la sua bellezza, non era mica cieco. Tom sollevò lo sguardo e gli sorrise impercettibilmente, facendogli segno di avvicinarsi.
Anche se la ragione gli diceva di scappare, le sue gambe si mossero in automatico verso di lui.
«Riddle, che cosa vuoi?»
«Non mi sembra molto gentile da parte tua, non dopo la notte che abbiamo passato insieme» gli disse sorridendogli.
Maledetto bastardo infido. Voleva forse torturarlo psicologicamente? Senza rispondere, Draco gli si sedette accanto.
«Ad ogni modo, saresti potuto rimanere a dormire. Dopotutto sono il Prefetto, avresti diritto a qualche trattamento di riguardo.»
Draco diede una ginocchiata sotto al tavolo e imprecò sottovoce. Era troppo teso e nervoso.
«Stai bene?» chiese Tom, composto come sempre.
«No che non sto bene, idiota» sibilò con le guance arrossate. «Ti sembrano discorsi da fare in pubblico? E poi te lo scordi che io dorma con te, non sono la tua…» trattenne la parola per un po’, prima di sputarla fuori. «Puttana.»
Tom sorrise,  passandosi una mano tra i capelli.
«Non è un linguaggio adatto alla tua posizione sociale.»
«La mia posizione sociale?!» esclamò, cercando di mantenere un tono di voce ragionevole. «Oramai a cosa serve pensarci? Sono compromesso.»
«Quante storie, eri più divertente ieri notte. Che male c’è se stiamo insieme e ci divertiamo? Non lo verrà a sapere nessuno, men che meno la tua famiglia, puoi stare tranquillo.»
Ma davvero Tom riusciva a prendere tutto con filosofia senza preoccuparsi delle conseguenze?
 «Ma tu non hai paura?» domandò con un filo di voce.
Beh, dopotutto non è che dovessero essere tutti dei codardi come lui, no?
«Ci sono davvero poche cose di cui ho paura… e lo stare con te non è tra queste.»
«Quando dici stare con me, intendi come una coppia?»
Stava andando tutto troppo velocemente. Non mirava ad avere quel tipo di relazione con Tom, non mirava proprio a niente, ma appariva tutto così confuso e irresistibile.
«Immagino di sì, Draco. Con l’unica differenza che dovremo tenere il segreto. Non penso farebbe piacere sapere che abbiamo quel tipo di relazione. La vergogna cadrebbe su di me e su di te.»
Tom sembrava piuttosto divertito.
«La cosa ti diverte, vero? Dopotutto che hai da perdere, no?!»
L’insegnante arrivò poco dopo e questo impedì loro di proseguire il discorso. Quindi Tom voleva continuare a giocare con il fuoco, ma ovviamente non lo pregava e non lo avrebbe fatto. Draco era già caduto ai suoi piedi una volta.
Solo perché erano stati insieme una volta, non potevano dare inizio ad una relazione di quel tipo. Se lo immaginava già cosa sarebbe successo, se si fosse saputo.
Ma perché proprio lui, fra tutti?  La colpa era tutta sua, dopotutto era stato lui ad avvicinarsi per primo.
E per quanto riguardava Tom, invece… era un vero demone. Gli lanciava sguardi lascivi anche in quei momenti poco opportuni e si premurava si sfiorarlo il più possibile, causalmente.
Era sicuramente molto attratto da lui. Le sue preferenze sessuali poco c’entravano. Tom era Tom e aveva la sensazione che ne sarebbe stato attratto in ogni caso.
E soprattutto era molto difficile cercare di pensare razionalmente con Tom che lo provocava in quel modo così spregiudicato. Non aveva paura di niente.
Finita la lezione dovette scappare. Forse la soluzione era semplicemente stargli lontano… sempre che Tom gliel’avesse permesso.
«Perché scappi?» sussurrò arrivandogli alle spalle. Draco si scostò come se si fosse bruciato.0
«Tom, lasciami in pace.»
«Potrei anche farlo. Ma dopodiché verresti tu da me. Non umiliarti più del dovuto» disse alzando una mano e accarezzandogli i capelli.
Draco ebbe un brivido, ma si ricordò di scostarsi.
«Ma che fai…?»
Tom sollevò le sopracciglia.
«Hai davvero paura, vero? E cosa farai quando le cose diventeranno più difficili?»
«Non ci sarà niente» sibilò, cercando di guardarlo negli occhi. Se avesse potuto, gli sarebbe saltato addosso per baciarlo. Tom, di fronte a lui, si avvicinò per sussurrargli di nuovo qualcosa all’orecchio.
«Staremo a vedere.»
Ogni volta che Tom gli parlava o si avvicinava, si sentiva debole. Ma non insistette e si allontanò. Draco fece per dire qualcosa, ma immediatamente si zittì. Dopotutto era quello che voleva, averlo lontano. Allora perché si sentiva così vuoto e senza respiro?
 
Dopo quella loro conversazione, in effetti Tom prese le distanze. A malapena lo guardava e, nonostante fosse a questo che Draco aveva mirato, non gli andava bene comunque. Davvero buffo il fatto che non si accontentasse mai.
Ovviamente anche i loro compagni di scuola avevano notato quell’improvviso allontanamento, motivo per cui le chiacchiere avevano preso a girare veloci.
«Hai visto Malfoy e Riddle? Credo abbiano litigato.»
«Secondo me è stato Malfoy. Insomma, Riddle  è sempre stato educato e ineccepibile, è Malfoy che si comporta in modo strano.»
«Sì, se ne va sempre in giro con quell’espressione strana. È meglio stargli lontano.»
Anche se la gente mormorava, lui li sentiva comunque, ma non aveva la forza di rispondere come avrebbe fatto di solito. Era fin troppo arrabbiato e umiliato per dar retta a quelle stupide chiacchiere. Questo lo aveva aiutato a comprendere una cosa che era in realtà stata ovvia sin dal principio: provava per Tom un’attrazione bruciante. Non era innamorato e si augurava che una cosa del genere non accadesse mai, ma lo desiderava ogni istante. Voleva sentire le sue mani su si sé, le sue labbra, ed esplorare ancora quel mondo che aveva appena scoperto. Gli faceva schifo l’idea di fare certe cose con qualsiasi altro uomo, ma con lui… doveva essere con lui e lui soltanto.
Come se non bastasse, cose strane succedevano anche quando si ritrovava solo: sentiva l’irresistibile bisogno di toccarsi, di toccarsi mentre lo pensava.
Se si fosse trattato davvero di un incantesimo, di una maledizione, ci sarebbe stato rimedio, ma quello era molto peggio di una maledizione, non poteva nemmeno controllarlo. E allora si lasciava andare ad una disperazione mista a lussuria che molto spesso trovava il suo apice lì, nella sua stessa mano.
Forse fu in quei momenti che Draco prese la sua decisione: Tom era un manipolatore, un bugiardo e nascondeva chissà quali segreti, ma lo desiderava comunque, motivo per cui doveva essere suo, un’altra volta ancora.
E forse Draco era diventato pazzo, all’inizio della sua discesa verso la follia.
Al contrario di Tom, lui era decisamente più impulsivo. Agiva senza pensare troppo alle conseguenze, il che molto spesso era un male, ma alle volte anche un bene. L’impulsività non gli dava modo di ascoltare le sue stupide paure.
Gli avrebbe parlato quella sera stessa.
Lui e Tom ovviamente cenavano allo stesso tavolo, anche se distanti. Era incredibilmente fastidioso vederlo parlare gentilmente con altri senza degnarlo di uno sguardo. Forse ne era geloso, come se lui gli fosse appartenuto.
E in un certo senso era così.
Dopo cena, aspettò pazientemente che gli studenti tornassero nei loro dormitori, sempre tutti guidati da Tom. Era fastidioso perfino rendersi conto di come gli studenti più giovani lo osservassero, pieni di ammirazione e con gli occhi che brillavano.
Pensavano forse di potersi avvicinare? Poveri illusi, lui era stato il solo, fino a quel momento. Lo seguì senza farsi vedere, mentre Tom dava le direttive a degli studenti del primo anno.
Poi, quando i corridoi si svuotarono, Tom tirò su la testa.
«Draco, so che sei lì.»
Malfoy fu sorpreso. Aveva occhi dappertutto, lui. Si fece avanti, a braccia conserte.
«Ti ricordi ancora il mio nome» sussurrò. C’era un silenzio surreale, fatta eccezione per dei passi che si udivano sopra e sotto e per i fantasmi.
«Draco, dovresti sapere che io non dimentico» finalmente si volse a guardarlo. «Io ho solo fatto quello che volevi. Ti sono stato lontano. Perché è quello che davvero desideri… no?»
Draco strinse le mani così forte da sentire quasi le unghie bucargli la pelle.
«E tu cos’è che vuoi? Vuoi sentirmi supplicarti? “Ti prego, Tom. Torna da me, non posso resisterti”» piagnucolò per finta, avvicinandosi.
 «Oh, no. Tu non supplichi, è per questo che mi piaci. Cerchi di fare l’orgoglioso… anche se non sempre ci riesci. Ma almeno questo ti da un’aria carina.»
Tom allungò una mano sul suo viso, per sfiorargli una guancia. Come se lo avesse previsto, Draco afferrò il suo polso,
«Tu vuoi portarmi alla distruzione, vero?»
«Parliamo sempre di quello che voglio io, ma mai di quello che vuoi tu» Tom aveva uno sguardo divertito e… eccitato.
«Io…» mormorò Draco. «Non avrei mai voluto avvicinarmi a te. Non avrei mai voluto cedere te, e mostrarmi così debole, ma…» e la sua voce tremò appena. «Ma oramai è tardi.»
Tom divenne un attimo serio.
«Non fare quella faccia. Non mi piaci affatto quando sei triste.»
«Io non sono triste. Sono arrabbiato. Perché non riesco a sopportarti. Penso di detestarti. Sì… dopotutto è così.»
Non aveva mai smesso di stringere il suo polso. Anzi, lo tirò a sé. Si guardarono un attimo e poi fu Draco stesso ad annullare le distanze, ma quel bacio non aveva niente a che vedere con i precedenti: era famelico, passionale, quasi animalesco. Tutto il mondo non esisteva più, né le regole sociali o morali. Tom gli tirò i capelli per allontanarlo.
«Oh, Draco. Mi sei così devoto.»
«Io… cosa?» ansimò. «Tu non sei il mio padrone.»
Tom non rispose, ma sorrise. E Draco dal canto suo non fece domande, impegnato più che altro ad ascoltare gli stimoli del proprio corpo, l’eccitazione che esplodeva ogni qualvolta che si sfioravano.
«Vieni con me» disse ad un tratto Tom, tirandolo per un braccio all’improvviso.
Draco sentì il cuore battergli forte nel petto. Si erano avvicinati molto, si erano toccati, ma non avevano ancora avuto la possibilità di possedersi del tutto. E ciò lo infastidiva parecchio, anche se stava ben attento a non dirlo ad alta voce. Il Prefetto lo tirò di nuovo con sé nella sua camera solitaria, dove già avevano consumato parte della loro passione.
«Almeno qui non potrà vederci nessuno» gli sussurrò, bloccandolo contro il muro e potendolo guardare ben in viso. Draco si sentì a disagio, aveva l’impressione che guardarsi negli occhi fosse ancora più intimo di un bacio. Soprattutto se a guardarlo era Tom, che sembrava voler scrutare qualcosa nella sua anima.
«Sei molto affascinante» sussurrò all’improvviso.
Riddle che faceva un complimento a qualcuno, a lui?
Ciò lo fece arrossire e lo costrinse a spostare lo sguardo.
«Suvvia, quante smancerie. Non è che ti stai innamorando di me?»
«Ho l’impressione che la cosa non ti dispiacerebbe.»
«Invece sì» confessò tornando a guardarlo. «Perché io di te non so niente. Svelami qualcosa.»
Tom gli strinse una spalla, baciandogli piano le labbra e poi il collo.
«Ci sono delle cose che devo fare. Io diventerò grande. Sono destinato ad esserlo.»
«Q-questo lo sapevo già!» tremò lui, chiudendo gli occhi.
«Allora, dimmi. Se scoprissi che fossi un assassino… o qualcosa del genere. Cosa faresti? Puoi fuggire o rimanere.»
«Tom, ma che razza di domanda è? Hai intenzione di uccidere qualcuno?» domandò con un sorriso, ma in realtà avvertiva un senso di inquietudine.
«Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda» disse lui baciandolo di nuovo, questa volta più aggressivo. Draco gemette, quel gioco gli piaceva.
«Io non lo so, è una situazione troppo estrema. Però… fin ora sono rimasto.»
E se fino a quel momento era rimasto, quante possibilità c’erano che in futuro se ne sarebbe andato? A Tom quella risposta parve piacere, perché gli posò una carezza tra i capelli.
«Rimani a dormire qui? Non preoccuparti, non se ne accorgerà nessuno.»
Anche dormire insieme sembrava più intimo di un bacio.
«Beh… se proprio insisti. E poi sono già qui. Ma non dormiremo abbracciati come una stupida coppietta.»
«Certo, Draco. Tutto quello che vuoi.»
 
Dormire insieme era stato molto più piacevole di quanto Draco avesse pensato. Soprattutto perché si era svegliato per prima ed era potuto rimanere per qualche istante a osservarlo. Quando Tom dormiva assumeva un’aria innocente, la sua bellezza sarebbe risultata quasi angelica se non fosse stata per quell’aria pesante e inquietante che si portava addosso. Ogni tanto si muoveva nel sonno e finivano con lo sfiorarsi. Draco non voleva nemmeno parlare della questione “amore”. Solo perché stavano insieme ed erano uniti da una forte passione, non voleva dire che dovessero innamorarsi. Anche se era curioso di sapere in che modo un tipo come Tom potesse amare.
Riddle aprì gli occhi, guardandolo e sorridendo.
«Ti ho beccato, Malfoy. Mi guardavi.»
«Nient’affatto. Non iniziare a essere fastidioso a qusest’ora.»
Tom si fece più vicino, languido, posandogli un bacio sulla fronte.
«Buongiorno, Draco.»
Ma se stava cercando di farlo innamorare, forse quella era la strada giusta.
 
Una delle prime lezioni fu quella di Trasfigurazione insieme ai Grifondoro. Albus Silente era uno degli insegnanti più amati e rispettati, da alunni e colleghi. Anche lui sembrava avere un certo riguardo per Tom, anche se in modo diverso. Anche se ben conscio delle sue capacità, non aveva un atteggiamento adorante, anzi, sembrava quasi volerlo tenere d’occhio costantemente. E non gli era certo sfuggita l’amicizia molto stretta che era nata tra i due ragazzi.
Draco sarebbe anche riuscito a eseguire i suoi compiti in maniera decente, se solo non fosse stato distratto da Tom, il quale dal canto suo non faceva niente di che.
Non devo fissarlo, se ne accorgerebbe lui e anche tutti gli altri.
«Draco» lo chiamò Tom. «Sbagli il movimento.»
Fastidioso come sempre.
«Adesso sei anche un esperto in Trasfigurazione?»
Tom si posizionò dietro di lui, tenendogli il polso e guidandolo nei movimenti, un gesto che sarebbe potuto sembrare innocente, ma non per loro. Per loro tutto nascondeva malizia, segreti e passione. Infatti, più che concentrarsi sul movimento da fare, Draco si concentrò a guardarlo in viso. Era molto facile dimenticarsi di mantenere una certa discrezione, perché oramai gli veniva naturale.
«Draco, per quanto piacere mi faccia essere ammirato da te, temo che la gente si farà delle domande» disse a bassa voce, facendolo arrossire.
«Ah, la colpa è tua, di certo non mia. Ho capito come fare, togliti» si lamentò.
Silente si avvicinò per controllarli.
«Vedo che lavorate insieme. Molto bene, il lavoro di squadra è importante.»
«La ringrazio» disse Tom con un sorriso, che svanì subito dopo. Lui sapeva molto bene che Silente fosse immune al suo fascino, le sue chiacchiere, i suoi tentativi di fingere. Lui doveva aver visto molto più rispetto agli altri. A fine lezione, Tom precedette Draco, il quale stava rimettendo a posto bacchetta e libri, quando Silente lo avvicinò.
«Malfoy, dovrei parlare con te un attimo.»
Draco si tirò su, sorpreso. Perché mai Silente voleva parlare con lui?
«In merito a cosa?» domandò un po’ teso.
Silente però era gentile e calmo, come sempre.
«Non preoccuparti, non sei guai. Ho solo notato che ultimamente tu e Tom trascorrete molto tempo insieme. Anche se si circonda sempre di gente, per lui è difficile farsi un vero amico. Ma ho l’impressione che tu non sia come gli altri, dico bene?»
Draco si rilassò appena. Silente era solo preoccupato, il che era plausibile. Era stato lui a trovare Tom e a condurlo fino ad Hogwarts, era una delle poche informazioni risapute sul suo passato.
In effetti, poi, Draco era molto diverso da tutti gli altri.
«Immagino di sì. Sono sorpreso anche io per questa nostra… amicizia. Ma Tom lui… è davvero straordinario.»
Lo aveva detto davvero. Non solo, gli occhi non mentivano, mai.
«Sì, lo credo bene Malfoy. Forse non hai bisogno che io te lo dica perché lo sai già, ma Tom non ha avuto una vita facile Tanta gente lo ammira senza neanche conoscerlo, ma non ha mai avuto un vero amico. Posso contare sul fatto che vi guarderete le spalle, giusto?»
Draco si irrigidì. Parlare con Silente era strano, era come se lui sapesse. Ma di certo non poteva essere questo.
«Sì, professore. Ma certo…» sussurrò distrattamente. «Posso andare adesso?»
«Oh, sì. Perdonami se ti ho trattenuto, vai pure.»
Draco fece un cenno con il capo, sbrigandosi a raggiungere Tom. Quest’ultimo sbucò dall’ombra all’improvviso, afferrandolo per un braccio.
«Tom, dannazione, smettila di farmi spaventare!» esclamò.
«Cosa stavi facendo?» domandò Tom.
«Io… niente, parlavo con Silente. Mi ha chiesto di noi, di te…» rispose vago. Tom sembrava incredibilmente serio e interessato.
«Sì, beh, non dargli troppa confidenza, comunque. Silente è fin troppo sveglio.»
«Tu credi sappia di noi?»
«Non mi riferivo solo a quello» Tom alzò gli occhi al cielo, ma poi cambiò espressione. «Ad ogni modo… abbiamo una pausa adesso… che vuoi fare?»
Sempre il solito bastardo che adorava farsi pregare. Draco arrossì mentre lo guardava. Giocare con il fuoco non era mai stato più intrigante. Lo stava consumando poco a poco.
«Beh, sorprendimi.»
 
Nota dell'autrice
Prevedibilissimo che Draco cedesse, non è che c'erano molte opzioni, e pure Silente si è reso conto che c'è qualcosa di diverso (lui SA sempre tutto). Penso prorio che nel prossimo capitolo parlerò dell'uccisione di Mirtilla/apertura Camera dei segreti/tutto ciò che ne consegue. Questo vorrà dire che Draco sarà messo a dura prova :P

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Capitolo 5
*** Consortem culpae ***


Quod devotio
Consortem culpae
 
 
Tom Riddle e Draco Malfoy insieme. Ufficialmente di questo non ne era a conoscenza a nessuno, ma lo sapevano loro e questo bastava. Di giorno erano una semplice coppia di amici, di notte potevano lasciarsi andare ai loro più reconditi desideri. E intanto il tempo era passato e loro avevano imparato a conoscersi, anche se non del tutto. Draco non lo aveva detto ad alta voce, ma era chiaro che desiderasse un rapporto sessuale completo. Tom gli aveva detto una volta: “Arriverà il momento giusto”, ma qual era questo fantomatico momento?
Ovviamente Draco non gli aveva mai detto apertamente di volerlo in quel senso, ma non ce n’era bisogno. Bruciava di desiderio e cercava in tutti i modi ad oltrepassare il limite, senza però riuscirci.
Tom doveva necessariamente farsi desiderare, ma a Draco non dispiaceva troppo quel gioco di seduzione, anzi, lo stimolava e rendeva il loro rapporto mai noioso. Certo, conosceva ancora pochissimo di Tom. Era strano essere così vicini a qualcuno e allo stesso tempo ignorare gran parte della sua vita.
C’erano delle stranezze a cui Draco non avrebbe saputo trovar
e una risposta.
«Dimmi, Draco. Non sarebbe bello poter eliminare da Hogwarts la feccia? Immagino se ci fossero solo i Purosangue?»
Quello era un argomento bizzarro da tirare fuori dopo aver raggiunto un orgasmo. Draco era ancora steso accanto a lui, con i vestiti stropicciati addosso.
«Ma questo non vorrebbe dire eliminare anche te? Dopotutto tu sei un Mezz-»
«Io» lo interruppe ad alta voce. «Vorrei ripulire questo mondo dalla feccia. Pensiamo entrambi che siano esseri inferiori…vero?»
Draco divenne rigido. Certo entrambi disprezzavano i Mezzosangue, ma sentire Tom parlarne era strano, dopotutto manteneva quasi sempre la sua facciata da bravo ragazzo. E poi c’era qualcosa di strano nel suo modo di parlare… sembrava dicesse sul serio.
«Sì, immagino di sì. Tutti tranne te, vero?»
Tom sorrise, accarezzandogli distrattamente i capelli.
«Sai, penso che dovrei cambiare nome.»
«Che cosa?»
«Già. Il mio cognome mi riporta alla mente che sono il figlio di uno sporco Babbano, non è una cosa a cui voglio pensare. Penso che una cosa come… Lord Voldemort suonerebbe bene.»
«Ma che razza di nome è? Non mi piace e poi non vedo perché cambiare. Tu sei Tom, questo è quanto.»
Sembrava un discorso così patetico e melenso.
«Potrei cambiare. Non so se mi ameresti anche in quel caso.»
«Io non ho mai detto di amarti, semplicemente ti desidero. E non capisco nemmeno il perché, dato che mi dai un piacere a metà» dicendo ciò affondò il viso sul cuscino, piuttosto imbronciato. Tom sorrise, posandogli un bacio su una spalla.
«Devo andare adesso…»
«Tu sparisci sempre per delle ore. Dovrei pedinarti» borbottò.
 «Adesso che me l’hai detto, di certo non potrai farlo» gli fece notare, alzandosi.
In effetti, cosa sarebbe successo se Draco avesse scoperto i segreti di Tom? Aveva da sempre la sensazione che si trattasse di qualcosa di grande e oscuro, qualcosa a cui non sarebbe stato in grado di far fronte. Forse sarebbe stato meglio non sapere?
Ma un segreto non poteva essere mantenuto per sempre, dopotutto.
«Tom» lo chiamò ancora una volta, ma il ragazzo gli dava le spalle.
«Ci vediamo tra poco» disse soltanto.
 
13 giugno 1943
 
Draco aveva la nausea, motivo per cui premeva con forza la mano davanti la bocca. Hogwarts era piombata nel caos e lui si era ritrovato come paralizzato a causa del terrore e della confusione.  Ricordava molto bene che qualcosa  aveva ferito alcuni dei suoi compagni di scuola, tutti Mezzosangue. Forse avrebbe dovuto gioirne, non aveva  mai fatto segreto del suo disprezzo per i Mezzosangue, eppure non era gioia che provava, ma solo paura.
Soprattutto, dov’era che Tom si trovava? Proprio adesso che aveva più bisogno di lui, ecco che era sparito. Draco camminava con un’andatura ondeggiante, alcuni studenti si scontravano con lui, ma  non è che gli importasse molto.  Cos’era quella cosa  che era entrata nella scuola? Per un attimo ebbe il terrore di essere il prossimo a venir ferito, ma eliminò subito quel pensiero. Quello che gli importava era trovare Tom, anche perché una nuova terribile sensazione stava prendendo piede in lui, una sensazione che non voleva ascoltare. Arrivato vicino al bagno delle ragazze, sentì delle grida e dei pianti. Anche se sarebbe stato molto meglio proseguire, Draco non poté fare a meno di entrare. C’erano delle ragazze più giovani di lui, chine sul corpo di qualcuno… Dovette fermarsi e impedirsi ancora una volta di vomitare.
«L’ha uccisa! Quella cosa l’ha uccisa!» gridò una delle ragazze.
Il ragazzo indietreggiò, senza dire una parola. Mirtilla giaceva sul freddo pavimento con gli occhi vitrei, la stessa ragazzina che aveva preso in giro e infastidito tante di quelle volte, adesso era lì, era stata uccisa da qualcosa.
Questo era decisamente troppo da sopportare. Uscì dal bagno e si poggiò al muro. Nessuno badava a lui, perché non era certo il centro del mondo, non in quel momento soprattutto. Ma quanto avrebbe voluto qualcuno…
Una mano si poggiò sulla sua spalla.
«Draco!»
Il tocco di Tom lo avrebbe riconosciuto ovunque, così come il suo calore. Si voltò piano a guardarlo, e anche se in cuor suo avrebbe voluto riservargli numerosi insulti, riuscì solo ad abbracciarlo. Anche se era una cosa smielata, che non avrebbe mai fatto in pubblico, voleva sentirlo vicino. Tom ricambiò l’abbraccio, accarezzandogli i capelli.
«Io… io non capisco che succede, c’è…c’è una ragazza morta di là…» sussurrò. «Tom, tu sai che succede?»
Riddle lo guardò negli occhi, mai serio come prima d’allora.
«Credo che in fondo tu lo sappia. Ma non è questo il momento di parlarne. Sei più pallido del solito, forse dovresti andare in infermeria.»
«No, io… io non voglio.»
«Ma ci andrai comunque, andiamo!» disse severamente, tirandolo per un braccio.
Perché non parlava chiaro, almeno in momenti come quelli?
Anche se non voleva, Tom lo portò in infermeria. Stava bene, ma era troppo sconvolto e prossimo ad un esperimento, ma almeno non era stato attaccato da una creatura misteriosa.
«Lasciami, ho detto che sto bene» protestò debolmente, aggrappandosi al suo braccio. «Tom, c’è forse qualcosa che dirmi?»
In fondo Riddle aveva ragione. Nel suo profondo sapeva quale fosse la verità, ma ammetterlo era troppo difficile e doloroso.
«Dopo, Draco» sussurrò scostandosi dalla sua presa Draco avrebbe  avuto tante cose da dirgli, ma che fosse adesso o dopo non aveva importanza: questa volta meritava di sapere, era finito il tempo di fare il misterioso.
 
Stare in infermeria si era rivelato inutile. Non aveva niente che non andava, eccetto una grande agitazione, qualche trama e poi beh… Tom. Una sua compagna di scuola era stata uccisa e Draco si sentiva malissimo. Aveva sempre maltratto Mirtilla, ma forse una fine del genere era fin troppo. Sì, anche se si trattava di una Mezzosangue.
Dovette aspettare parecchie ore prima di vedere Tom e quando ciò accadde era già calata la sera. Draco era uscito dall’infermeria ed era andato nella Sala Comune, vuota. Tom lo raggiunse poco dopo, con un’espressione seria ma anche stravolta.
«Sono qui.»
Draco si alzò, avvertendo un brivido lungo la schiena.
«Riddle, adesso pianatala di trattarmi come un idiota e dimmi cosa succede.»
«Perché non me lo dici tu, Draco? Dopotutto tu hai sempre avuto sospetti su di me sin dall’inizio. Mi hai sempre visto come il cattivo, vero?» le sue labbra si curvarono in un ghigno.
«… Hai ucciso tu Mirtilla?» domandò tutta ad un iato e quasi sentì la propria voce come estranea. Tom era strano e misterioso, ma non era un assassino, no? Non poteva esserlo, quelle erano solo sue fissazioni.
«Non proprio io, ma quello che c’era nella Camera dei Segreti. Beh, una Mezzosangue in meno, no?» domandò indifferente.
Draco indietreggiò, cercando di trattenere la nausea.
«Io non so di cosa stai parlando…»
«Certo che non lo sai. Perché in fondo tu sei molto più innocente e puro di me, anche se fingi il contrario» le sue dita avevano preso ad accarezzargli una guancia. «Stavo solo cercando di epurare questa scuola.»
«E-e-e quindi l’hai uccisa?» balbettò con il cuore che batteva all’impazzata.
«In realtà è stato il Basilisco, però sì, immagino si possa dire che sia io il fautore della sua morte.»
Draco ci capiva ben poco. Era come se vedesse per la prima volta Tom, come se fino ad allora non lo avesse conosciuto. E forse era davvero così. Le sue non erano solo chiacchiere o semplici ambizioni.
«Non riesco a capire» gemette portandosi una mano sul viso. Perché era così sconvolto? Dopotutto aveva sin dall’inizio sospettato di lui. Ma poi aveva conosciuto un lato che era invece sconosciuto ad altri. Aveva conosciuto il suo calore, l’umano e l’omicida potevano convivere in un unico essere?
Ma adesso aveva tutto senso. Le sue domande strane e in particolare si ricordò un qualcosa che lui gli aveva chiesto.
Se uccidessi qualcuno, mi vorresti ancora?
Tom non si scompose più di tanto. Lo strinse da dietro, sfiorandogli la guancia con la punta del naso.
«Allora, che mi rispondi adesso? Mi vuoi ancora?»
Era attratto da un assassino, un folle. E nonostante la situazione, Draco non poteva dire che il suo desiderio fosse scomparso, né i suoi sentimenti. In fondo era umano, era portato a legarsi agli altri, a lui in particolare. Desiderò scostarsi dalla sua presa, senza davvero riuscirci.
«Tom per favore. Perché devi farmi questo?»
«Io non ti sto facendo nulla, lo sai che sei libero di andartene quando  vuoi» sussurrò sulla sua pelle. Era un’altra bugia, l’ennesima. Draco non era stato libero sin dal momento in cui si era avvicinato a lui, mesi prima.
«Tu mi hai mentito!» gemette.
«Non l’ho mai fatto, ho semplicemente omesso alcune cose e adesso sai perché. Non sei pentito di non aver fatto sesso con me, vero? Pensa, perdere la tua virtù con uno come me.»
Draco tremò e trovò la forza per spostarsi. Non ci capiva più niente, gli sembrava assurdo e surreale, come se si trovasse in un incubo. Soprattutto, cosa ne sarebbe stato di loro? Chiudere i rapporti sarebbe stato difficile, se non impossibile. Stare lontano da lui era impossibile, anzi.
«Ad ogni modo» sospirò. «C’è una cosa che non avevo previsto: il preside mi ha riferito  la decisione del Consiglio di Hogwarts di chiudere la scuola ed io non posso permetterlo. Ho bisogno di rimanere qui quest’estate, non ho intenzione di tornare in quel postaccio.»
Per postaccio, Tom doveva intendere l’orfanotrofio. Draco si era immaginato le cose diversamente, si era immaginato che avrebbero passato l’estate lontani, magari a scambiarsi qualche lettera. Si era immaginato se stesso a morire di desiderio in silenzio, ad attendere con ansia il momento in cui l’avrebbe rivisto. Di certo non si era aspettato quello.
«Non… vedo cosa c’entri…» sussurrò.
«Se non trovano cosa ha ucciso Warren, chiuderanno la scuola. Ma non è necessario che sappiano la verità, so già bene chi incastrare. Anche se purtroppo mi toccherà chiudere la Camera dei Segreti» sospirò, parlando fra sé e sé.
Anche se calmo come sempre, Tom aveva l’espressione e il tono di un folle. Così era quello il vero Tom Riddle? La sua maschera era davvero caduta del tutto.
«Fa quello che vuoi, non voglio saperne niente» disse dandogli le spalle. «Anzi, non voglio più saperne niente di te.»
«So che sei sconvolto. Ma non preoccuparti, passerà» disse Tom, sicuro. Draco lo ignorò, aveva troppo per la testa per pensare ad arrabbiarsi con lui.
 
Nonostante mancassero pochi giorni al ritorno a casa per le vacanze, Draco ricevette il giorno dopo una lettera urgente da parte di sua madre. Narcissa Malfoy infatti si preoccupava molto come ogni madre e la notizia dell’attacco agli studenti da parte di una creatura misteriosa l’aveva messa in allarme. Questo l’aveva spinta a scrivere una lettera, che suo figlio adesso leggeva mentre preparava la valigia per il torno.
 
“Mio caro Draco,
sono venuta a sapere di quello che è successo ad Hogwarts. Mi auguro che tu sia completamente illeso, in caso contrario sarebbe molto spiacevole. È però una fortuna che ciò sia avvenuto alla fine dell’anno scolastico. Almeno adesso potrai tornare a casa tua e stare al sicuro. Mi auguro che tutto ciò si risolva, nel mentre…”.
Draco non finì di leggere a lettera, la stropicciò tra le mani. Sua madre era preoccupata, non osava immaginare come avrebbe reagito se avesse saputo di lui e Tom. Quando era tornato a casa per le vacanze natalizie, qualche mese prima, era stato facile fingere di niente, mostrarsi tranquillo. Ma adesso le cose erano notevolmente diverse: si era reso conto che forse stava iniziando a provare affetto per un folle assassino.
«Una cosa del genere non poteva che succedere a me» sospirò richiudendo la valigia e poi uscendo dal dormitorio. Hogwarts era avvolta da un silenzio innaturale e inquietante, niente schiamazzi e chiacchiere da parte di studenti, niente risate. Anche la stessa aria sembrava pesante. Oramai era arrivata la sera e Draco era certo che non sarebbe riuscito a chiudere occhio. La sua paura di addormentarsi e di avere incubi era così forte da superare la paura di essere attaccato dal mostro. Dal Basilisco, come Tom lo avevva chiamato. Ma era una paura irrazionale, dopotutto ad aver architettato tutto era stato Tom stesso.
Adesso si spiegavano le sue lunghe assenze. Oh, se avesse saputo.
Già, se avesse saputo cosa avrebbe fatto? Si sarebbe arrabbiato o in qualche modo sarebbe stato coinvolto?
In fin dei conti era più bravo con le parole che con i fatti. Mentre avanzava  per i corridoi bui e silenziosi senza capire effettivamente dove stesse andando, Draco desiderò non essersi mai avvicinato a lui, ma oramai era tardi. Tutti facevano le loro scelte, lui aveva fatto le sue.
Senza rendersene conto finì addosso a qualcuno, un insegnante a giudicare dalla sua statura.
Indietreggiò, rabbrividendo.
«C-chi è?»
Albus Silente fece luce con la sua bacchetta, il viso dall’espressione tranquilla e saggia.
«Oh, sei tu Malfoy. Non è saggio andarsene soli in giro per Hogwarts, con quello che è successo.»
Draco si portò una mano sul petto, sentendo il cuore battere forte.
«Io non… riuscivo a dormire. Verrò punito adesso?»
«Adesso non sei solo» Silente sorrise. «Quindi tecnicamente non stai infrangendo alcuna regola.»
Il ragazzo tornò a respirare. Erano in pochi quelli che stimava davvero, Silente era fra questi, anche se difficilmente lo avrebbe ammesso ad alta voce.
I due presero a camminare vicini e in silenzio. Si ricordava della loro ultima chiacchierata, sembrava sempre che Silente sapesse qualcosa in più rispetto a chiunque. Ma in quel momento non gli importava molto.
«L’uccisione della tua compagna di scuola ti ha sconvolto, immagino» disse ad un tratto Silente.
Draco gemette a bocca chiusa, una sorta di lamento. Voleva farlo parlare dei suoi sentimenti?
«Tormentavo sempre Mirtilla, c’era un’antipatia reciproca. Beh… in realtà cominciavo quasi sempre io» ammise. «Ma il fatto che sia morta… credo mi abbia turbato.»
Anche se era una Mezzosangue.
«Certo, è perfettamente normale che sia così. Dopotutto non sei certo un cattivo ragazzo.»
Draco sentì una forte stretta allo stomaco.
Io non sono un bravo ragazzo, non lo sono mai stato.
Non riuscì nemmeno a rispondere con un semplice grazie, aveva la gola secca.
«Oh beh, sarebbe bello sapere chi ha causato tutto ciò» disse ad un tratto Silente, cambiando tono e guardandolo. «Ma immagino che tu non possa sapere chi è stato.»
Sarebbero bastate due parole per liberarsi dei suoi pesi. Gli avrebbero creduto subito, dopotutto si parlava di Tom, non di uno stupido qualsiasi. Prese fiato, ma quando dopo uno sforzo enorme riuscì a parlare, disse tutt’altro.
«No, io… io non lo so…» sussurrò, abbassando poi lo sguardo.
Questo lo aveva reso complice di Tom, il coprirlo e mentire per lui.
Era proprio uno stupido. A cosa lo avrebbe portato tutto ciò?
Cercò di non guardare Silente, altrimenti era certo che sarebbe crollato.
Ed era certo anche di aver imboccato una strada senza ritorno.
 
La mattina seguente si sarebbe tenuto il discorso di fine anno, anche se c’era poco di cui essere felici. Tom ovviamente non si era fatto più vedere, troppo occupato a fare chissà cosa. Mentre Draco seguiva i suoi compagni in Sala Grande, avvertiva nuovamente quella fastidiosa morsa allo stomaco, dovevano essere i sensi di colpa per aver coperto un assassino.
Cosa ti importa? Anche tu detesti i Mezzosangue.
Ricacciò dalla mente quei pensieri, entrando e andando a sedersi al tavolo dei Serpevrde. Gli insegnanti erano lì riuniti e il preside Dippet stava iniziando il suo discorso di fine anno. Ovviamente la morte di Mirtilla aveva gettato un’ombra di tristezza e malinconia e nel sentirne parlare Draco aveva smesso di respirare.
Odio i Mezzosangue, ma al punto tale di desiderarne la morte?
«Discorso commovente, vero?» sussurrò ad un tratto Tom al suo orecchio. Draco sussultò, non lo aveva nemmeno sentito arrivare.
«Tom, non è il momento.»
«E invece è il momento eccome. Tutto è andato secondo i miei piano. Mi è bastato incastrare un’altra persona.»
Draco sgranò gli occhi. Com’era riuscito a incastrare qualcun altro? E soprattutto chi?
«Di che stai parlando? Chi hai incastrato?» gemette.
Tom alzò gli occhi al cielo.
«Quell’idiota di Hagrid, ma è stato facile incastrarlo grazie alla sua passione per gli animali pericolosi. Perché avrebbero dovuto non credermi? Dopotutto io sono io» disse con un sorrisetto. Draco si sentì rabbrividire. Era proprio vero, Tom avrebbe fatto qualsiasi cosa per ottenere quello che voleva.
«… Pertanto, la scuola non verrà chiusa. Grazie all’impegno di uno studente, Tom Riddle, il colpevole è stato trovato ed espulso com’è giusto che sia. Per il grande aiuto dato, Premio Speciale per i Servigi resi alla Scuola.»
«Beh, è il mio momento» disse Tom alzandosi e recitando abilmente. «Grazie preside Dippet, lo accetto con piacere. Ma io ho solo fatto il mio dovere. Era giusto che il colpevole pagasse.»
Draco sentì uno scroscio dato dagli applausi e poi assottigliò lo sguardo. Che infido bastardo. Lo odiò, ma ciò non bastò a cancellare tutto il resto, l’attrazione, il desiderio, anche l’affetto nei suoi confronti.
Strinse i pugni e distolse lo sguardo, isolandosi completamente. Un eroe si sarebbe alzato e avrebbe detto la verità.
Ma lui non era un eroe.

Nota dell'autrice
Accidenti, è stato faticoso scrivere questo capitolo, spero che il risultato sia apprezzabile! Tom è uscito in tutta la sua fascinosa oscurità, Draco è ovviamente sconvolto e confuso,  ma secondo voi si tirerà indietro? Assolutamente no, altrimenti non ci sarebbe nessuna storia. Però è consapevole che si è cacciato in un guaio bello grosso. A presto con il prossimo capitolo ;)

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Capitolo 6
*** Literarum amor ***


Quod devotio
Literarum amor
 
 
Le cicale cantavano. Con il sole sulla pelle e la leggera brezza a sfiorargli i capelli, sarebbe stata una piacevole mattinata. Ma da quando era tornato casa, non aveva mai avuto un solo momenti di pace.
L’erba su cui si trovava steso era ben curata e morbida e ultimamente Draco aveva preso l’abitudine di stare da solo. Temeva che i suoi genitori, sua madre in particolare, potessero intuire qualcosa. Oramai non era più bravo a nascondere i suoi sentimenti e le emozioni, era diventato trasparente.
Piuttosto patetico.
Si tirò su, tirando un sospiro e strizzando gli occhi quando sollevò lo sguardo. Lui e Tom non si erano lasciati nel migliore dei modi e il tutto era reso ancora più difficile dai suoi sensi di colpa. Dopotutto lo aveva coperto, era suo complice.
«Maledizione, ma perché deve essere sempre nella mia mente?» si lamentò tirando un ciuffo d’erba.  Era più che sicuro che Tom non stesse pensando a lui. Chissà, magari stava pensando ad un nuovo modo di uccidere i Mezzosangue. Era una sensazione orribile, era come se Tom avesse visto nei suoi pensieri più oscuri e torbidi e li avesse trasformati in realtà. Draco pensava ancora di essere superiore a loro. Era l’atto stesso dell’uccidere a turbarlo, probabilmente perché era un essere umano. Tom invece agiva senza ripensamenti e in parte lo invidiava.
«Ma cosa vado a pensare?» sussurrò. «Io non posso diventare come lui. Non sono lui.»
«Draco!»
Narcissa stava avanzando in giardino, sventolando qualcosa tra le mani: sembrava proprio una lettera.
E se fosse stata una lettera da parte sua?
«Madre…?» domandò.
«Ah, eccoti qua. C’è una lettera per te» annunciò.
Senza riuscire a controllarsi, Draco saltò su e afferrò la lettera, aprendola con tanta fretta che per poco non la strappò. Lesse immediatamente il destinatario e quando lo fece non riuscì a trattene un sorriso, di cui sua madre si accorse.
«Tutto bene?»
«Eh? Ah, sì, Bene. È solo… solo un mio compagno di scuola» si limitò a dire. E poi iniziò a leggere.
“Caro Draco,
sicuramente non ti aspetti una lettera da parte mia, considerando come ci siamo lasciati, ma mi sembrava il minimo. Sono certo che qualsiasi tipo di rabbia tu possa avere nei miei confronti, passerà presto. Ad ogni modo, immagino tu sia nella tua bella casa a goderti l’estate. Per quanto riguarda me, sono ovviamente rimasto ad Hogwarts, ma ho anche io dei progetti. Il mese prossimo intendo andare a Little Hengleton, lì dove si trova la famiglia della mia defunta madre. Ci sono delle cose di cui devo sapere, conosco ancora troppo poco delle mie origini. Non ho grandi aspettative  e non sono nemmeno troppo sicuro che le cose andranno bene, ma è un rischio che bisogna correre, non credi?
Ma parlando adesso di noi, una cosa devo proprio ammetterla (e bada bene, perché lo dirò una volta sola): quando non ci sei si sente eccome. Pensa che noia per me non ascoltare i tuoi fastidiosi lamenti e non vedere la tua espressione scocciata. Qui sono tutti tornati a casa, ma immagino tu sappia di cosa parlo, io ti manco sempre, posso dirlo con assoluta certezza.
Aspetto una tua risposta,
 
Tom
 
Draco stropicciò leggermente la carta, sentendosi tremare. Tom era sempre il più bravo a farlo arrabbiare, ma nonostante ciò era felice di sentirlo. La ragione combatteva costantemente contro i sentimenti: la ragione e gli diceva di interrompere qualsiasi rapporto, i sentimenti di ignorare tutto il resto e buttarsi, anche se avrebbe fatto male.
«Draco, stai bene? Ti vedo un po’ turbato» disse Narcissa.
«Eh? Ah, no, sto bene. Questa è solo… la lettera di un amico.»
Non aveva mai avuto amicizie importanti, questo probabilmente avrebbe stranito sua madre.
«Un amico che ti scrive? Non me ne avevi mai parlato.»
«Sì, beh, abbiamo fatto amicizia quest’anno» disse vago. Non sapeva cosa poteva essere peggio, se  il fatto che Tom fosse un Mezzosangue orfano o il fatto che fosse un omicida che voleva eliminare le impurità dal Mondo Magico. Narcissa non fece ulteriori domande e Draco fu lieto di questo. Doveva assolutamente scrivere una risposta.
Ma non subito, altrimenti gli avrebbe confermato quanto gli mancasse.
 
Caro Tom
In effetti è vero, non mi aspettavo una tua lettera. Pensavo ci saremmo allontanati del tutto dopo quanto era successo e… non posso fare a meno di chiedermi perché tu sia arrivato a tanto. Insomma, tutte quelle chiacchiere sull’eliminare i Mezzosangue… pensavo scherzassi. Però in effetti sono stato stupido, tu scherzi raramente. Non lo so, Tom. È tutto molto strano. Sento che se continuo a starti vicino in questo modo, mi caccerò nei guai, ma allo stesso tempo, sento anche che se provassi ad allontanarmi sarebbe inutile. In un modo o nell’altro sembriamo destinati a trovarci sempre. Ad ogni modo, cos’è che vuoi fare stavolta? Non hai paura di quello che potrebbe accaderti nel caso… ti scoprissero?
A presto,
Draco
 
Era riuscito a buttare giù quelle poche frasi dopo tanti tentativi, ma alla fine aveva convenuto che fosse meglio lasciar parlare i sentimenti, stupido per quanto potesse essere.
Aveva detto una dura verità: provare ad allontanarsi era inutile, oramai erano destinati a trovarsi sempre in qualche modo, quasi fosse scritto. Draco sospirò accasciandosi sulla sedia, sentendosi stanco come se avesse corso. Omicidi e manie di grandezza di Tom a parte, quello sembrava l’inizio di una storia d’amore piuttosto patetica, una storia d’amore che per loro non avrebbe comunque avuto lieto fine.
 
La lettera di Tom arrivò qualche giorno dopo. Draco odiava sentire il suo cuore battere più veloce ogni volta che pensava a lui, ma aveva capito di non avere controllo e almeno a questo si stava rassegnando.
 
Caro Draco
Se avessi paura non potrei essere così ambizioso. Ci sono dei rischi che  bisogna correre per essere grandi e poi… fin ora, l’unico che conosce le mie intenzioni sei tu e so per certo che non mi tradirai. Lo avresti già fatto, altrimenti.
Tu dici che siamo comunque destinati a ritrovarci sempre? Sì, probabilmente hai ragione, ci deve essere un motivo se ci siamo avvicinati. Ho la sensazione che se  non fossi stato tu, ci saremmo trovati lo stesso. Però almeno mi hai risparmiato una bella fatica.
Dovresti stare tranquillo e preoccuparti di meno. Nessuno può farmi del male e nemmeno a te. Ma quando ti preoccupi per me non può che farmi piacere. Immagino che fra non molto tempo dovrò aspettarmi una dichiarazione da parte tua, vero?
Adesso starai arrossendo mentre mi maledici. Ma io ti conosco. Io so cosa ti piace davvero.
 
Tom.
 
Quanto avrebbe voluto strozzarlo, odiava quando aveva ragione. Draco stava arrossendo mentre stringeva quella lettera tra le mani. Era solo uno stupido ragazzino che si stava innamorando della persona sbagliata, la più sbagliata. Ma gli adolescenti si innamoravano sempre, si trattava solo di passioni passeggere, vero?
«È tutto inutile» si lamentò. «Anche se provo a convincermi del contrario, so molto bene quello che sento. Non mi piace, ma è la realtà dei fatti.»
La calura estiva era fastidiosa e la sua agitazione peggiorava il tutto. E non era nemmeno l’unico problema: fisicamente aveva i suoi bisogni. A Hogwarts, lui e Tom non riuscivano mai a staccarsi quando si trovavano da soli. E il fatto di non poterlo avere con sé lo faceva impazzire. Seduto sulla sedia in legno come si trovava, alzò lo sguardo al cielo, sentendosi fin troppo duro. Evitava di pensarci, ma a volte era inevitabile.
Avrebbe fatto in fretta, nessuno sarebbe venuto a disturbarlo. Si infilò le mani dentro i pantaloni, sotto la biancheria intima e strinse l’erezione tra le dita. Tom era decisamente più bravo e il solo pensare a com’era in grado di muovere le labbra  e la lingua… Si morse il labbro, iniziando a toccarsi più veloce e ad immaginare. Non solo a quello che avevano sempre fatto, ma a ciò che era ancora da esplorare. L’attrazione era una cosa davvero strana, più potente della magia e delle pozioni. Trascendeva la logica e a volte la paura. E lui di paura ne aveva tanta. Essere complice di Tom voleva dire mettere a repentaglio tutto, rischiare una vita fatta di prigionia e disonore. Ma oramai era troppo tardi.
Abbassò lo sguardo, i capelli un po’ più lunghi sul davanti gli si erano appiccicati al viso. Doveva cercare di non gemere o urlare, si era reso conto di non essere affatto silenzioso. E dopotutto come si poteva, abituato ad un amante come Tom?
«Cazzo…» imprecò sottovoce, lasciandosi sfuggire un gemito roco. Dopo qualche istante sentì qualcosa di caldo bagnargli la mano. Sospirò, piuttosto stordito. Certo era piacevole, ma non gli bastava.
«Devo darmi un contegno» parlò fra sé e sé. «Se qualcuno capisse qualcosa sarebbe la fine.»
 
«Nostro figlio ha qualcosa di strano.»
«Cosa intendi dire? Draco mi sembra assolutamente normale.»
Lucius Malfoy non aveva notato alcun cambiamento in suo figlio, d’altronde non poteva nemmeno immaginare certe cose. Come lui, nemmeno Narcissa immaginava quali oscuri segreti Draco stesse nascondendo, ma il suo sesto senso l’aveva messa in allarme.
«Intendo solo dire che lo vedo piuttosto assente, distratto. E credo anche abbia fatto amicizia.»
«Di chi si tratta?» domandò Lucius improvvisamente interessato. Era importante sapere chi suo figlio frequentasse, dopotutto avevano una reputazione da difendere.
«Un certo Tom Riddle. È dall’inizio di quest’estate che si scambiano lettere.»
«Riddle… Mai sentiti. Siamo sicuri sia un Purosangue?»
Narcissa sospirò, alzando gli occhi al cielo.
«Non lo so, non ne ho parlato con Draco. Te l’ho detto, è troppo distratto e non mi sembra propenso a discutere.»
«Vorrà dire che ci parlerò io, allora» decise Lucius.  Se suo figlio aveva qualche pensiero per la testa, voleva esserne reso partecipe.
 
Draco si era lasciato alle spalle il piacere che aveva raggiunto in solitudine nella sua camera ed era andato giardino. Il suono delle cicale lo rilassava tanto e almeno passeggiando poteva sfogare le sue emozioni represse. Lucius lo vide camminare con un’espressione distratta in viso e si avvicinò, deciso a parlargli senza mezzi termini: al contrario di Narcissa aveva un modo di fare più diretto.
«Draco» chiamò.
«Padre?» domandò il ragazzo, come se fosse la prima volta in cui lo vedeva.
«Ti senti bene? Non sarai per caso ammalato?»
«Eh?!» domandò goffamente, sfiorandosi la fronte. Non era accaldato. «No, penso di no. Perché?»
«Tua madre è un po’ preoccupata dal tuo modo di fare assente e la cosa preoccupa anche me. Mi ha anche detto che hai fatto nuove amicizie. Le tue… corrispondenze.»
Se solo avesse potuto evitare di arrossire sarebbe stato grandioso, ma di certo non possibile. Draco infatti arrossì, guardando da un’altra parte.
«Ah, sì. Tom è mio amico… sì, il mio migliore amico, senza dubbio.»
E non era una bugia. Dopotutto lo considerava anche il suo migliore amico.
«Davvero?» domandò Lucius sorpreso. «Tra i Purosangue non ho mai sentito nessuno con questo cognome.»
Draco divenne un po’ teso. Non era affatto bravo a mentire alla sua famiglia o a inventarsi scuse abbastanza credibili.
«… Lui potrebbe non essere esattamente come noi» sussurrò soltanto. Per Lucius fu facile capire. “non come noi” significava non puro. Non era proprio da Draco frequentare certa gente, anzi.
«E da quando in qua nelle tue compagnie includi gente come…loro?»
«Con lui è diverso» chiarì subito. «Non so come poterlo spiegare, ma non è come ti aspetteresti. Davvero.»
Soprattutto perché aveva ucciso una ragazza Mezzosangue come lui, perché lo avrebbe fatto ancora.
«Draco, che cosa stai combinando? Non sembri più tu» disse Lucius. Draco decise di ricomporsi, non doveva lasciar trapelare nulla, coì respirò e i lisciò i capelli.
«Ecco, io e Tom stiamo lavorando ad una cosa… un progetto… a lungo termine. È complicato da spiegare. Forse dovrei presentarvi.»
Quello era un piano fuori testa, fingere di essere una sorta di aiutante per Tom nella sua folle missione di epurazione del mondo magico.
«E cosa ti fa credere che io dovrei incontrare uno come lui?»
«Perché credo che su molte cose la pensiate allo stesso modo. Se non fosse così non lo frequenterei» rispose cercando di essere convincente. Sapeva che suo padre non avrebbe lasciato cadere così il discorso, che avrebbe voluto saperne di più. Però Lucius parve abbastanza convinto dalle sue parole.
«Draco, non so cosa tu abbia in mente, ma spero non sia niente di strano o pericoloso.»
Il ragazzo sorrise.
«No, affatto.»
Stando con Tom aveva forse acquisito la capacità di mentire?
Loro due non avevano niente da condividere, soprattutto non le loro ambizioni. Tom aveva dei piani, dei progetti… ma lui?
 
Agosto 1942
 
Era dovuto passare del tempo prima che Draco e Tom riuscissero a vedersi. Quel giorno Tom sarebbe andato a Little Hengleton e si erano messi d’accordo per vedersi. Certo non era stato facile riuscirci. Non avrebbe potuto dire ai suoi genitori del suo incontro con Tom, non avrebbero mai visto la cosa di buon occhio, motivo per cui aveva approfittato della loro momentanea assenza. Narcissa e Lucius erano stati invitati   a casa di certi loro conoscenti e Draco si era dato malato.
Decisamente aveva imparato a mentire abbastanza bene. Decisamente provava per Tom qualcosa di abbastanza forte da portarlo a fare pazzie come scappare di casa per vederlo.
Adesso stava arrivando la sera e Draco si sentiva abbastanza terrorizzato.  Lui e Tom si erano accordati per vedersi a quell’orario, ma perché stava ritardando così?
Poteva vedere la gente passargli accanto e osservarlo con curiosità, ma Draco non ci faceva caso. Era impaziente e si chiedeva come avrebbe dovuto reagire quando l’avrebbe visto. Aveva l’impressione che tutto il terrore e la paura provati fossero stato sostituiti dalla voglia di rivederlo.
«Maledizione a me. Mi ero detto basta con le cose stupide, ma oramai io colleziono solo cose stupide. Se i miei genitori lo scoprissero sarebbe un grosso guaio. Maledetto Tom, hai visto cosa faccio per te? Non ho mai fatto niente del genere per nessuno, poi arrivi tu e…»
Draco aveva arrestato il suo monologo quando sentì un tocco su una spalla. Un tocco che aveva imparato a riconoscere. Tom era lì, una mano infilata nella tasca dei pantaloni, i capelli un po’ in disordine.
«Ti prego, continua pure, mi stavo divertendo» disse con un sorriso. Draco rimase come paralizzato. Tom era sempre lui, ma aveva anche qualcosa di diverso. Improvvisamente si sentì sciogliere e gli venne naturale abbracciarlo. Tom sollevò le sopracciglia, stringendolo con un braccio.
«Non c’è bisogno di stringere così forte, non sono un’illusione.»
«Ah, sta zitto» sussurrò. Draco lo guardò in viso, accarezzandogli una guancia. Se solo non fossero stati in pubblico lo avrebbe baciato. «Ti detesto, ma sono così felice di rivederti.»
«Sono felice anche io, Draco. Scusa il ritardo, ma… sono successe delle cose» affermò serio, guardando il tramonto alle spalle di Draco. Quest’ultimo gli afferrò il mento, costringendolo a guardarlo.
«D’accordo, dimmi tutto.»
Si spostarono e andarono in un locale lì vicino. Un luogo davvero non all’altezza di Draco, abituato al lusso, ma qualsiasi posto andava bene. Voleva sapere cosa Tom avesse da dirgli.
«Avanti, parla.»
«Sei proprio sicuro di non voler bere?» domandò Tom, ma Draco scosse subito il capo.
«Sono certo che non lo reggerei. Allora dimmi di te, cosa è successo?»
Tom rilassò appena le spalle, guardandosi intorno.
«Come dire… ho conosciuto la mia famiglia…»
Draco quasi diede una ginocchiata sotto al tavolo.
«E com’è andata…?»
Tom fece spallucce.
«Ho avuto a che fare con il fratello della mia defunta madre… Non immaginavo fosse un tale pezzente, ma almeno mi ha dato informazioni utili su mio padre» strinse i pugni tanto da farsi sbiancare le nocche. «Vuoi sapere cos’ha fatto quel bastardo? Ha abbandonato mia madre non appena saputo della gravidanza. Beh, non che fosse un matrimonio basato sull’amore, mia madre ha utilizzato un filtro d’amore su di lui» scosse il capo. «Mi chiedo cosa ci abbia visto in un Babbano come quello.»
Draco deglutì. Non doveva essere piacevole venire a sapere certe cose sulla propria famiglia, ma se lo conosceva bene, doveva esserci dell’altro.
«E poi…?»
«Sono andato a cercarlo» disse guardandolo. «È stato abbastanza orribile. Non solo porto il suo stesso nome, ma gli somiglio anche parecchio. Fin troppo. Beh, per fortuna adesso non è più un problema…» le sue labbra si incresparono in un sorriso.
Proprio come immaginava.
«Tom…» sussurrò.
«Sì, l’ho ucciso. Lui e anche i miei nonni. Non preoccuparti, non ho usato la mia bacchetta, ma è stato comunque divertente. In un certo senso sento di aver fatto ingiustizia.»
Draco era più pallido del solito. Aveva saputo fin dall’inizio quali avrebbero potuto essere le conseguenze. L’uccisione di Mirtilla l’aveva sconvolto, ma sapere che Tom avesse ucciso la sua stessa famiglia era dura da mandar giù. Solo in parte. In un certo senso sentiva di capirlo, di potersi immedesimare.
O era pazzo o quello che provava nei suoi confronti lo portava a giustificare tutto.
«Sì lo so, immagino non fosse ciò che volevi sentirti dire, ma non vedo perché mentirti. Oramai hai capito  che non tornerò indietro. Che sono già corrotto.  Quindi te lo chiederò per sicurezza: sei certo di voler continuare questa cosa?»
Sarebbe stato bello avere una scelta, ma fingere che così fosse era stupido. Draco allungò una mano e strinse lievemente il suo braccio.
«Non posso più tornare indietro, Tom, non più.  E non sono nemmeno più sicuro di volere. Diamine, ho una paura dannata di finire nei guai, ma ciò che sento è più forte!» gemette. «Forse saperti lontano mi ferirebbe di più che saperti un assassino!»
Oramai non voleva tenere per sé più nulla. Tom sorrise.
«Accidenti… tu mi ami.»
«Io non l’ho mai detto» tremò.
«Non hai bisogno di parlare.»
Draco dovette trattenersi dal baciarlo lì e subito.
«Beh e tu allora? Fai tanto il duro, ma scommetto che mai per nessuno hai fatto  quello che fai per me.»
«Mh, no, in effetti no. Ma come ti ho scritto nella mia lettera, forse io e te dovevamo incontrarci, era… scritto nel destino» alzò gli occhi al cielo. «E sono sicuro che tu mi sarai fedele sempre e mi starai accanto.»
Draco trovò il coraggio di allontanarsi appena.
«A proposito di questo,,, ho detto ai miei di noi. Cioè… non proprio. Sanno che siamo amici. A loro non piace molto il fatto che tu sia… beh…»
«Come non piace a me, d’altronde. Ebbene?» domandò, senza scomporsi.
«Ebbene, penso che accetterebbero di buon grado la nostra amicizia se sapessero… cos’hai in mente.»
Tom parve sorpreso.
«Quindi le mie ambizioni non sono più un problema? Ammetto che però non fa male crearsi una cerchia di seguaci. Un giorno mi serviranno.»
Malfoy si alzò, un po’ tremante sulle proprie gambe.
«Sì, beh… comunque dovremmo andare, prima che sia trop-»
La mano di Tom stringeva ora possessiva il suo braccio. Gli bastò solo quel contatto per sentire tutto il suo desiderio represso, desiderio che entrambi condividevano.
«Prima c’è un’altra cosa che dobbiamo fare.»

Nota dell'autrice
Cosa ne pensate di questo capitolo? Chi mi conosce sa quanto io ami inserire degli scambi epistolari tra i personaggi. È probabile che nel prossimo capitolo il rating si alzi, visto quello che Tom  e Draco devono fare... è giunta l'ora, eh? :P
Spero vi sia piaciuto :)

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Capitolo 7
*** Fidelis ***


Warning: nel capitolo è presente una scena di sesso (anche se non particolarmente dettagliata).
 
Quod devotio
Fidelis

Draco si era detto niente più cose stupide. Forse avrebbe dovuto abituarsi all’idea che da quel momento in poi le cose stupide e le follie sarebbero state una costante.
«Tom, aspetta. Devo davvero tornare, se i miei arrivano a casa senza trovarmi…»
«Sta tranquillo, faremo in tempo. Seguimi e abbi fiducia.»
Una persona sana di mente non si sarebbe mai fidata di lui… ma lui non era gli altri. Tom aveva la mano stretta alla sua e lo stava trascinando chissà dove. Fuori era calato il buio e Draco non aveva idea di dove si trovasse, adesso. Aveva ben capito cosa Tom intendesse con “abbiamo qualcosa da fare” e il solo pensiero gli aveva provocato una grande ansia e impazienza.
Ad un certo punto si erano lasciati da parte la folla e la città e si erano incamminati verso una collina.
«Tom!» si lamentò Draco. «Un nobile come me non è abituato a faticare tanto.»
«Oh, quante storie, scommetto che tra poco non la penserai più così» rispose Tom con un tono controllato, almeno in parte. Era possibile udire dell’impazienza anche nella sua voce.
In cima alla collina c’era una casetta abbandonata, ma pareva piuttosto accogliente.
«Oh» ansimò Draco. «Ma cosa… come… che posto è questo?»
«Beh, immagino che per fare certe cose ci sia bisogno di un posto appartato. O no?» sussurrò malizioso. Tom si era dato da fare per cercare un posto solo per loro?
Dovevano avere gli stessi desideri. Era così strano: poteva essere un ragazzo come gli altri da un lato, mentre dall’altro lato era completamente diverso… da tutti.
Tom lo spinse dentro. L’interno era decisamente meglio dell’esterno, non c’era un letto ma dei cuscini poggiati sul pavimento in legno con delle coperte. Ad illuminare il tutto c’erano delle candele.
«Cavolo» commentò Draco. «Tom, ma da quando sei così romantico?»
Ebbe l’impressione che sulle sue guance ci fosse un accenno di rossore.
«Romantico, io? Mi piacciono solo le cose ben fatte. Il mio amante è un nobile, deve avere certe aspettative.»
Tom si fece così vicino da sentire il suo respiro. Doveva essere quello il loro momento. A Draco non importava più nulla, né della paura, né delle conseguenze, né del resto del mondo. E Tom questo lo sapeva.
«Quindi mi consideri solo un amante?» sussurrò senza riuscire a trattenersi. Temette subito di aver rovinato l’atmosfera. Non era tempo per quelle ciocche fantasticherie romantiche. Tom lo guardo un po’ sorpreso.
«Cosa potremmo mai essere se non questo? Tu un giorno sposerai una donna, e nella remota possibilità che tu non lo faccia, non potrai stare con me in quel senso.»
Draco accarezzò le sue spalle e le sue braccia. Sapeva bene quale destino toccasse a quelli come lui. Oramai era inutile fingere di non essere sentimentalmente coinvolto.
«Lo so, ma non mi importa niente di tutto il resto. So solo di non averti mai… davvero considerato solo un amante. Sarebbe una bugia, tu sei…» lo guardò negli occhi. «Ora tu per me sei tutto.»
Quelli come Tom difficilmente conoscevano l’amore o l’affetto. Ma era umano anche lui e non del tutto indifferente a certe cose.
Tom allungò le dita, gli accarezzò i sottili capelli biondi e le sue labbra si incresparono in sorriso.
«Inizio a pensare che forse sei stato tu a farmi un incantesimo. Mala cosa non mi dispiacerebbe poi troppo.»
Draco cercò di chiedere spiegazioni, ma prima che potesse farlo ecco che Tom aveva poggiato le labbra sulle sue. Questa volta non si sarebbero trattenuti, lo sapeva bene. Malfoy ricambiò il bacio e strinse i suoi capelli scuri. Quanto gli era mancato il colore del suo corpo magro contro il proprio. Fece un passo all’indietro e cadde su uno dei cuscini, trascinandosi Tom dietro. Prima che se ne rendessero contro, le loro braccia e le loro gambe erano intrecciate e le labbra si divoravano. Draco si slacciò immediatamente il fastidioso colletto inamidato. Tom ne approfittò, baciandogli il collo e posandogli dei piccoli morsi.
«Ahi. Bastardo, piano» sibilò, senza poter però evitare di sorridere.
«Ho i miei bisogno anche io» spiegò Tom. «Il sesso non mi è mai interessato, prima d incontrate te» sussurrò togliendogli il gilet e la camicia. Baciò la sua pelle bollente e poggiò il viso sul suo petto, ascoltando quel cuore che batteva per lui.
«Nonostante tutto sei rimasto, sei qui» disse poi.
«E tu… tu ne eri sicuro al cento per cento immagino, vero?» ansimò Draco.
«Diciamo… al novantanove per cento» Tom si allentò il cravattino e si lasciò spogliare dalle braccia tremolanti di Draco.
Non si tornava più indietro. Avrebbe dato a lui la sua innocenza, la sua prima volta. Ben presto i vestiti si ritrovarono stropicciati sul pavimento.
«Non provare a guardarmi» gemette Draco che a sua volta teneva gli occhi e aveva ol viso che andava a fuoco.
«Come se mi fosse possibile. Guardami.»
«Tom.»
«Ho detto guardami» ordinò. Consapevole di non poter sottrarsi, Draco aprì gli occhi e guardò dritto nei suoi. Essere così intimi con qualcuno era strano, ma piacevole. Tom fece scorrere lo sguardo dal suo viso al corpo, poi risalì.
«Così non volevi che ti guardassi.»
«Non infierire. Lo sai che è la mia prima volta.»
«Ebbene? Lo è anche per me.»
Draco strabuzzò gli occhi.
«Davvero? Ma io pensavo che…»
«Te l’ho già detto, il sesso non mi ha mai interessato. Ma le cose adesso sono diverse.»
Tom fece in modo che i loro corpi fossero vicini. Draco gemette nel sentire il suo calore, l’erezione contro la propria. La pelle di Tom era pallida quasi quanto la sua, ciò faceva sembrare i suoi capelli ancora più scuri.
Tornarono a baciarsi e ad assaggiarsi mentre entrambi perdevano il controllo. Era una grande prova per entrambi: Tom stava decidendo di fidarsi di lui e di aprire un piccolo spiraglio nel suo cuore impenetrabile, Draco stava lasciando da parte certe paure per accogliere quel sentimento.
L’amore.
Strinse la sua schiena,  e gli tirò giocosamente i capelli, facendo sibilare Tom per il dolore.
«Ora non essere aggressivo. Un bravo ragazzo come te…»
A quelle parole Draco invertì le parti, portandolo sotto di sé. Era davvero difficile riuscire a sottomettere Tom Riddle. Ma a lui, in determinai casi, poteva essere concesso. Si riempì gli occhi della sua immagine, poiché mai gli era sembrato bello come in quel momento. E Tom lo lasciò fare, gli permise di fargli quello che voleva, per una volta. Draco aveva toccato la sua erezione, stringendo la mano. Erano eccitati allo stesso modo, ma ci sarebbe stato tempo per lui. Prima c’era  una cosa che voleva assolutamente fare. Baciò il suo addome e uscì la lingua, percorrendo la sua lunghezza. Non pensava di essere ancora molto pratico (Tom era decisamente più bravo), ma voleva fare del suo meglio per farlo godere. E per fargli perdere il controllo.
Poco dopo l’erezione di Tom era nella sua bocca. Mai nella vita avrebbe fatto qualcosa del genere con un altro uomo, ma gli altri uomini non erano lui. Tom si lasciò andare ad una smorfia. Al contrario di Draco era molto silenzioso e difficilmente si lasciava andare, per essere sicuro di non avere il controllo.
Anche se non sempre era fragile.
«Ti sei esercitato?» ansimò inarcando la schiena.
«Mi offendi, come puoi pensare una cosa del genere?» chiese Draco imbronciato, tornando poi a succhiarlo. La sensazione del suo piacere pulsante in bocca, del suo sapore, era impagabile.
Era impagabile sentirlo sospirare, vederlo arrossire, vederlo più inerme e umano di quanto fosse stato concesso a qualsiasi altro. Forse non erano destinati ad essere solo amanti, ma per il momento si accontentavano. Tom strinse con forza le coperte, spingendo la testa di Draco contro la propria erezione. Non solo lui gli era già così devoto e fedele, ma sapeva anche compiacerlo.
«Dra…co…» ansimò. «Draco!» lo chiamò più forte, tirandolo per i capelli.
«Tom, devi smetterla di tir-»
Draco non ebbe occasione di concludere la frase, come sempre, perché Tom aveva preso a leccargli le labbra, per assaporare il proprio sapore. Fu lì che Draco credette di impazzire. Accanto a lui poteva scoprire l’oscurità, in tutti i sensi. Sentì poi l’erezione fargli male.
«Perché non mi tocchi? Sono mesi che lo aspetto…» ansimò.
«Ah, è così?» chiese Tom compiaciuto, facendo scivolare la mano sul suo addome. «Cos’hai fatto mentre non c’ero?»
Gli posò dei baci sulla mandibola e Draco chiuse gli occhi. Parlare era difficile in quei momenti, ma ci provò comunque.
«Io… sai cosa ho fatto. Ti ho pensato…»
«E poi…?»
«Dannazione! Mi sono toccato pensandoti!»
La mano di Tom si era stretta attorno al suo membro e si stava muovendo.
«E sei venuto?» sussurrò al suo orecchio. Draco cercò di deglutire.
«Sì, certo… è ovvio…a-aspetta!» esclamò ad un tratto, rendendosi conto che Tom lo stava toccando anche da tutt’altra parte.
«Sì?» chiese lui, un po’ impaziente.
«Io… tu…» balbettò. «Vuoi che sia io a… insomma…»
«Draco, parla chiaro.»
Dannazione a lui.
«Vuoi che sia io a prenderlo?!» esclamò, senza nemmeno guardarlo. «Io non mi sono mai nemmeno toccato lì… sono stretto» ansimò. Tom sbuffò, anche se doveva ammettere che a suo modo Draco era carino con le sue preoccupazioni.
«Non sono uno sprovveduto, rilassati» lo zittì di nuovo. «Fidati di me.»
Fidati di me?
Chi sarebbe stato abbastanza folle da fidarsi di uno come Tom, se non proprio lui?
Draco dovette trattenere un gemito quando sentì le sue dita penetrarlo. Non si poteva dire che il suo tocco fosse gentile, ma non era neanche troppo aggressivo. Sembrava davvero che volesse fargli sentire più piacere possibile.
«T-Tom, piano!» ansimò, graffiandolo. Era un po’ doloroso, ma non quanto la sensazione bruciante  dell’averlo lontano senza poterlo toccare. Tom lo ignorò, continuando a posargli dei baci sul mento e sul collo, sulle labbra e sulla fronte, sussurrandogli ogni tanto qualcosa all’orecchio.
«Ti aprirai per me, anche se sei così stretto.»
Oh. Ogni sua parola era come fuoco per lui, così bruciante e caldo da fargli seccare la gola, impedendogli di parlare.
«Sei l’unico che mi fa impazzire così. L’unico che può permettersi di fare tanto» bisbigliò ad un tratto Tom, guardandolo negli occhi. «Sai a chi appartieni adesso?»
«A nessuno!» esclamò lui.
«Bugiardo!» sibilò bloccandogli i polsi sopra la testa con la mano libera. «Dillo.»
Draco non voleva essere lasciato in asso, sapeva che Tom ne sarebbe stato in grado. Così socchiuse gli occhi.
«A…te…»
Soddisfatto da quella risposta, Tom sorrise, smettendo di muovere le dita. Si allontanò, cercando qualcosa nella tasca della sua giacca.
«C-che fai?» gemette Draco, agitato.
Vide che Tom stava tirando fuori una piccola ampolla contenente un liquido trasparente.
«Hai detto che non vuoi sentire dolore, quindi un po’ di lubrificante è necessario, ti pare?»
Draco, sentendosi parecchio stupido, lo osservò mentre si inumidiva le dita di quel dito, mentre si bagnava la mano e si massaggiava poi il membro, lasciandosi andare a dei sospiri.
Forse Tom era inesperto tanto quanto lui, ma sapeva come gestire la situazione.
È così bello, e io sono fregato, totalmente, si ritrovò a pensare. Quando Tom si avvicinò a lui, i ciuffi scuri dei suoi capelli gli solleticarono il viso. Lo spinse contro di sé e divertito dalla sua impazienza, lui sorrise, mordendogli le labbra.
«Non so se riuscirò  ad essere delicato» ammise.
«Non me ne importa nulla, ti voglio!» borbottò. Tom gli tirò appena i capelli, entrando dentro di lui. Draco lo strinse così forte da fargli scappare un gemito, voleva sforzarsi di non urlare. Era una sensazione strana, a cui non era abituato, un po’ doloroso, ma ne voleva ancora.
Voleva tutto ciò che potenzialmente poteva fargli male.
«Tom!»
«Draco, sei così stretto» sibilò. «Perché tu devi rendermi così debole?»
Lui, renderlo debole? Avrebbe voluto dirgli che era il contrario, che non era lui quello debole della coppia, ma tutto ciò che riusciva a fare era gemere, ansimare e agitarsi.
Aveva sedici anni e si stava donando ora e per sempre alla persona più sbagliata, ma era la sua persona sbagliata.  Tom si mosse dentro di lui, più lentamente di quanto avesse promesso e si lasciò andare ad un profondo sospiro. Ben presto non ci fu più spazio per le parole, solo per gemiti, ansimi, baci e graffi. Tom era piuttosto passionale, gli stava lasciando segni e succhiotti ovunque. Draco lo lasciò fare, graffiandogli la schiena su cui in seguito sarebbero rimasti dei segni rossi.
In quel momento ebbero entrambi l’assolta certezza che nessun altro avrebbe potuto prendere il posto dell’altro. Draco si inarcò e pochi minuti dopo, gemendo nelle sue labbra, raggiunse l’orgasmo più bello della sua breve esistenza. Si sporcò l’addome e poi sollevò lo sguardo, ammirando l’espressione di Tom che perdeva il controllo. Quest’ultimo, rosso in viso e leggermente sudato, gemette a bocca chiusa e raggiunse l’apice del piacere. Per Draco fu una sensazione strana, nuova e assolutamente gradita: Tom era caldo e il suo seme lo riempì totalmente. Seguirono alcuni istanti di silenzio, in cui si guardarono negli occhi mentre respiravano profondamente.
«È successo» sussurrò Draco.
«È abbastanza evidente, mi pare.»
Draco si passò una mano tra i capelli umidi.
«Cavolo. È stato magnifico, così tanto che temo di non poterne fare a meno.»
«Sì, immagino di essere un amante soddisfacente» Tom si spostò, mettendosi accanto a lui. Draco fece una smorfia.
«Vai al diavolo, Tom. Vuoi proprio che te lo dica apertamente? Per me non sei solo un amante. Sono uno stupido sentimentale, me ne rendo conto. Ma ti prego di non inferire.»
Tom gli accarezzò il viso con le dita e Draco provò un debole calore.
«Non sono un esperto, ma sono sicuro che l’amore può far male. Soprattutto se nei miei confronti.»
«Questo non ti riguarda» Draco prese la sua mano, baciandogli le dita. «Mi hai fatto cadere in questo buco nero senza fondo. Voglio essere speciale per te. La tua persona preferita. La più fedele e…quanto odio questa parola… la più devota.»
Tom vide le fiamme nei suoi occhi. Aveva sempre saputo che Draco gli sarebbe stato fedele.
«Ma» continuò Malfoy. «Voglio che anche tu mi sia fedele. Non avere nessun altro così come hai me.»
Tom sorrise, baciandogli le labbra.
«Come se esistesse qualcuno che possa prendere il tuo posto.»
Era una delle cose più carine e dolci che lui gli avesse mai detto. Draco sarebbe stato lì a crogiolarsi nel tepore del post sesso per ore, ma era giunta l’ora di andare.
«Tom,  è tardi. Devo andare a casa» disse mettendosi seduto e sibilando per il dolore.
«Allora vengo con te» decise.
«Tu… con me? Sei sicuro?»
«Beh. Prima o poi la tua famiglia dovrà conoscermi. E preferisco il prima che il dopo.»
Draco asserì, un po’ teso. Sapeva che probabilmente Tom avrebbe conquistato la sua famiglia, a preoccuparlo era qualcos’altro: se qualcuno avesse scoperto cosa c’era tra loro, sarebbe stata la fine. Gli sguardi non mentivano, non i loro soprattutto.
 
I due si rivestirono e scesero dalla collina. Iniziarono ad incamminarsi verso Malfoy Manor e quando giunsero, Tom parve molto interessato a tutta quella ricchezza che non aveva mai conosciuto.
«Questa casa… mi piace…» disse Tom guardandosi intorno.
«Sì, beh… è casa» Draco fece spallucce. In genere adorava vantarsi della propria ricchezza, ma con Tom sembrava tutt’altra persona, se ne rendeva conto Poco dopo l’arrivo dei due, Narcissa e Lucius tornarono a casa. Furono entrambi molto sorpresi nel trovare il proprio figlio in compagnia di quello strano ragazzo così affascinante.
«Draco» chiamò Narcissa. «Non ci avevi detto che avresti portato un amico.»
Draco guardò Tom, arrossendo. Sebbene si fosse preparato un discorso nella sua testa, adesso risultava difficile parlare. E lo sguardo di sui padre non aiutava.
«Amh…. Madre, padre… lui è Tom Riddle.»
Quest’ultimo si fece avanti, sorridendo.
«È un piacere per me fare la vostra conoscenza» salutò facendo un piccolo inchino. La cosa più straordinaria era vedere come non fosse affatto intimorito. Aveva un portamento, una dignità e una sicurezza invidiabili.
«Così sei tu, Tom» disse Lucius squadrandolo. «Devi avere davvero qualcosa di speciale se Draco è tuo amico nonostante… le tue origini. Lo spero, dal momento che ti ha portato in casa nostra senza avvisare» aggiunse guardando poi il figlio. Draco arrossì, ma per sua fortuna Tom aveva tutto sotto controllo.
«Sì, immagino bene. Voi siete un’antica famiglia di Purosangue. Che fortuna» disse alzando gli occhi al cielo. «Posso ben immaginare cosa state pensando: cosa vorrà mai questo ragazzino Mezzosangue venuto dal nulla? A cosa mira?»
Nonostante non si stesse rivolgendo a lui, Draco si sentì piuttosto in soggezione. Narcissa guardò il marito e poi Tom.
«In effetti è proprio ciò a cui stiamo pensando. Draco aveva accennato ad un… vostro progetto.»
«Nostro?» Tom sollevò le sopracciglia e poi sorrise. «Sì, in effetti è vero. Allora ditemi, non vi piacerebbe se tutti i Mezzosangue, tutti coloro il cui sangue è contaminato, venissero eliminati?»
C’erano due possibilità: i suoi genitori avrebbero potuto pensare che fosse pazzo e lo avrebbero cacciato malamente, impedendogli di vederlo. Oppure, sarebbero stati interessati, e Draco sperava vivamente fosse la seconda opzione.
«Spiegati meglio» ordinò Lucius. Tom a quel punto sapeva di averli già in pugno.
«È il mio obiettivo. Sto cercando dei seguaci che possano seguirmi in questa mia missione di epurazione. Draco ovviamente è stato il primo ed è il più fedele.»
Per un attimo Tom fu tentato di stringergli la mano, ma si trattenne.
«È… vero…» soffiò Draco. «So che sembra una follia, so che siamo davvero troppo giovani, però…»
«Fa silenzio, Draco» ordinò Lucius, molto più interessato a Tom. Quel ragazzo poteva sembrare pazzo, ma non lo era. Anzi, parlava con una lucidità spaventosa. «Quella vostra compagna di scuola che è stata uccisa… sei stato tu?»
«Beh…. Da qualche parte bisogna pure cominciare, no?» domandò quasi annoiato.
Draco vide i suoi genitori scambiarsi uno sguardo d’intesa. Dopotutto era stato sciocco a preoccuparsi: Tom era in grado di conquistare tutti,  quasi nessuno poteva sfuggirgli. E ciò di cui era ancora più sicuro, era il suo essere completamente dentro quella situazione. La sua vita sarebbe cambiata, ma oramai sentiva di non avere più paura. C’era qualcosa di molto più profondo che provava.
 
Nota dell'autrice
Beh... un bel passo in avanti, no? Non solo Tom e Draco hanno avuto la loro prima volta, ma Lucius e Narcissa hanno conosciuto Tom... e ne sono rimasti colpiti. Forse sarebbero meno amichevoli se scoprissero della relazione che ha con il figlio, ma PER ORA non se ne devono preoccupare. Draco è ufficialmente passato al lato oscuro, oramai indietro non ci torna più... cosa fa fare l'amore, eh? :)

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Capitolo 8
*** Immortalem ***


Quod Devotio
Immortalem
 
 
Draco faticava ancora a crederci, ma era successo davvero. Tom aveva conosciuto la sua famiglia e non era finita in tragedia. Tutt’altro: suo padre era sembrato sinceramente interessato alla sua idea, al punto che sembrava non importargli più tanto del suo retaggio. Ricordava bene le loro parole, anche adesso che erano passate un paio d’ore.
 
Tom se ne stava seduto come se fosse un re nel suo castello. Un Mezzosangue seduto in casa sua, questo era davvero assurdo e incredibile, eppure vero.
«Cosa intendi quando dici che vuoi eliminare tutti i Mezzosangue?» domandò Lucius mentre si concedeva un po’ di Whiskey.
«Esattamente quello che immagina, signor Malfoy. Uccidendoli tutti. Forse un po’ brutale… ma è la cosa più giusta» sussurrò Tom.
Narcissa guardò suo figlio.
«E tu sei d’accordo? Non pensavo avessi certi progetti…»
«B-Beh… Tom mi ha aperto gli occhi su cosa è davvero giusto. Considerando che vogliamo tutti la stessa cosa… perché no?»
Draco dovette trattenersi per non poggiargli una mano sulla spalla e stringerlo. L’amore rendeva pazzi. Lui, ad esempio, si sentiva un folle, ma si era anche promesso di non pensare alle conseguenze per il momento.
«Ma perché dovremmo fidarci?» chiese Lucius, ancora un po’ diffidente. «Tu non sei nessuno. Sei un ragazzino senza famiglia e senza futuro.»
«Ma questo non è…!» Draco tentò di difenderlo, ma Tom si difese da sé.
«È vero che non ho una famiglia, ma non è vero che non sono nessuno. Beh, lo sarò un giorno. E se sono ancora qui forse in fondo ci crede anche lei… no?»
Quel ragazzino era insolente, anche irrispettoso. Ma sapeva quello che voleva ed era difficile non rispettarlo.
«Noi ci fidiamo di nostro figlio» aggiunse Narcissa. «Se lui dice che va bene, allora…»
«Ma ti terremo d’occhio. Questo è giocare con il fuoco» concluse Lucius. Per tutta risposta, Tom sorrise in modo irresistibile.
«E io sono colui che può domare quel fuoco.»
 
Tom poteva domare il fuoco, poteva domare qualsiasi cosa volesse Per se stesso Draco non era tanto sicuro. Si sarebbe anche accontentato di essere colui che gli sarebbe stato accanto.
«Per me si è fatto tardi. Devo tornare» Tom gli diede un colpetto sulla schiena.
«Eh…?» sussurrò Draco. «Torni dove, ad Hogwarts?»
«No, è troppo tardi. Troverò un posto in cui dormire, non credo di essere ancora il benvenuto qui.»
Draco abbassò lo sguardo e vide per la prima volta che qualcosa brillava al dito di Tom: si trattava di un anello.
«Cosa… cos’è quello…?»
«Questo? Solo una cosa che mi appartiene di diritto. Credo che mi potrà servire.»
«Che hai in mente?» chiese Draco, a braccia conserte. «E non mentirmi, oramai ti conosco.»
«Non ne ho mai avuto l’intenzione, infatti. Hai mai pensato a come sarebbe bello essere immortali?»
«… No, non ci ho mai pensato. E comunque non è bello, è spaventoso. E innaturale. E pericoloso e…»
«Oh, non piagnucolare» lo interruppe. «L’immortalità rende grandi. È quello il mio prossimo obiettivo. Trovare un modo per preservare la mia anima, per non dover morire mai.»
Draco fece una smorfia. Forse avrebbe dovuto aspettarsi un risvolto del genere. O forse certe cose erano talmente inimmaginabili…
«Non lo so, mi sembra piuttosto pericoloso» ammise Draco.
«Non preoccuparti per quello. Troverò un modo.»
«Sì, ma…» Draco prese un profondo sospiro. «Facendo così non perderai tutto ciò che ti rende umano? E se dovessi cambiare?»
Quella era la paura che più lo attanagliava: vederlo cambiare, divenire un’altra persona. Lo avrebbe voluto ancora, anche in quel caso?
Tom abbassò lo sguardo e posò una mano sulla sua guancia.
«In ogni caso so che ci sarai tu a ricordarmi della mia parte umana» bisbigliò.
Era sicuro della sua devozione, della sua fiducia. E Draco non voleva deluderlo.
Così si separarono quella notte. E come ogni volta che stavano insieme, Draco si ritrovò addosso il suo profumo. Le cose erano cambiate, il loro rapporto si era fatto più stretto e lui era sprofondato ancora in quel tunnel senza via d’uscita.
 
Draco aspettò con grande impazienza che arrivasse settembre in modo da poterlo rivedere. D’altro canto, le cose con i suoi genitori non erano diventate affatto complicate, almeno per il momento. Suo padre gli aveva fatto solo una raccomandazione: “Qualunque cosa tu e lui decidiate di fare, stai attento a non farti scoprire. Ricordati del tuo buon nome e di difenderlo.»
Certo, era importante che il nome dei Malfoy non venisse macchiato in alcun modo. E questo gravava terribilmente su di lui. Ma questo poco importava, avrebbe sopportato tutto, pur di avere Tom con sé.
Quando arrivò ad Hogwarts e lo vide in mezzo agli altri studenti, desiderò correrlo ad abbracciarlo e magari appartarsi da qualche parte con lui. Gli mancava tanto, avevano fatto sesso solo una volta ma ciò gli era bastato per perdere completamente la testa. Doveva trattenersi.
Doveva fingere.
Forse per sempre.
Quindi si limitò ad avvicinarsi, composto come sempre.
«Tom» lo chiamò, allungando una mano, che l’altro strinse.
«Draco» sorrise. «È sempre un piacere rivederti.»
E gli sorrise, ancora. Draco amava pensare che quel sorriso fosse solo per lui.
E c’era anche una piccola questione a cui non aveva pensato. Ovviamente nessuno a scuola immaginava o sospettava di un coinvolgimento di Tom in quella faccenda, né tanto meno del suo. Ma nonostante ciò, Draco si sentiva costantemente in ansia, come se qualcuno avesse potuto capire da un momento all’altro. E secondo lui, quel qualcuno c’era eccome.
«Draco» sotto il tavolo, Tom strinse la sua mano. «Non farti vedere così ansioso, sembra strano. Non c’è niente di male che può accadere.»
«Forse per te è più facile, ma io non sono per niente bravo a gestire le mie emozioni.»
«Ah, credimi, me ne sono accorto fin troppo bene» sussurrò lui divertito.
Draco si volse a guardarlo, erano così vicini. Ed erano ancora in Sala Grande, davanti ai compagni della loro e delle altre case. Con la coda dell’occhio, Draco si accorse di alcuni studenti Serpeverde che li guardavano, curiosi e sorpresi.
«Beh? Siamo forse un quadro?» borbottò Draco infastidito. Tom sorrise. Dopotutto lui era sempre lo stesso.
Ovviamente il prestigio di Tom era aumentato dall’ultima volta. Per gli insegnanti e gli studenti lui aveva contribuito a catturare il colpevole di quell’omicidio. Solo in due sapevano a verità. Anzi, due e mezzo a dire la verità. Silente doveva sapere, o almeno doveva sicuramente avere il sospetto. Draco non avrebbe mai dimenticato della loro chiacchierata, la notte dell’uccisione di Mirtilla. Aveva temuto davvero di cedere, invece era stato abbastanza coraggioso (o stupido?) da proteggere Tom,
«Io credo che lui sappia» confidò a Tom quella mattina prima di andare a lezione.
«So bene che Silente sospetta qualcosa» rispose Tom senza scomporsi. «Da quando Mirtilla è stata uccisa, non smette mai di tenermi d’occhio. Fortunatamente non ha prove per incastrarmi.»
Era molto sicuro di sé, forse troppo. Entrarono nell’aula per la lezione di pozioni e si sedettero accanto.
«E cosa mi dici del nostro discorso dell’altra volta? Intendo quello sull’imm-»
«Ho capito Draco, abbassa la voce» sibilò. «Ho studiato a lungo e credo proprio che ci sia un modo per avere quello che voglio. Ma mi servono delle informazioni che adesso non ho.»
Draco si fece attento, era spaventato ma anche incuriosito, affascinato da quella sua ricerca dell’immortalità. Era risaputo che in genere chi cercava essa finiva sempre con il distruggersi. E questo in effetti lo preoccupava.
I mormorii della classe si fermarono quando Lumacorno entrò per dare inizio la lezione.
«Ah, accidenti» si lamentò Draco. «Detesto questa materia, tanto sei tu il più bravo!»
«Suvvia, grazie a me sei migliorato parecchio» lo stuzzicò.
Draco si zittì e finse di ascoltare Lumacorno che parlava. Quell’anno sarebbe stato diverso dagli altri, non solo perché adesso aveva una relazione a tutti gli effetti con Tom,  ma anche perché quest’ultimo aveva serie intenzioni di diventare potente e temuto. Alle volte la ragione sembrava voler fare capolino e sussurrargli “Stai con un omicida”, ma prontamente Draco la ricacciava. Era vero, ma l’amore lo aveva reso folle. Poiché la popolarità di Tom era di molto accresciuta, erano in tanti gli studenti che gli giravano attorno per parlare con lui. Questo a Draco dava fastidio, ma sapeva di non avere alcun diritto. Per il mondo lui era soltanto un amico fidato di Riddle, nient’altro. Eppure era così difficile fare finta di niente. Ogni volta che uscivano da un’aula c’era sempre qualcuno che voleva parlare con lui. Peggio ancora erano le ragazze.
Piccole oche giulive. Provate ad avvicinarvi ancora un po’ e vedrete che fine farete.
Questi erano i pensieri di Draco mentre due ragazze del quinto anno parlavano con Tom, sorridendogli e battendo le ciglia. Tom era ovviamente immune, si limitava ad essere gentile, ma distaccato. Questo però non bastava a Draco. Adesso era anche geloso.
Geloso, lui.
«Tom, possiamo andare adesso?» si lamentò Draco ad alta voce. Era già la terza volta che venivano fermati da delle studentesse.
«Sì, Draco. Vengo subito. Vogliate scusarmi, ma il mio compagno e io abbiamo lezione a breve. Con permesso»
Essere gelosi era seccante. Draco era sempre stato geloso di ciò che gli apparteneva, non voleva che nessuno consumasse ciò a cui temeva. Tom gli apparteneva, anche se questo non poteva saperlo nessuno.
«Vedo che stamani siamo un po’ nervosi» gli sussurrò, Draco evitò di guardarlo.
«Ti vanno tutti dietro» borbottò.
«Come al solito, no? Tu sei geloso»
«E anche se fosse? Io non riesco ad essere del tutto distaccato come fai tu!» si accorse di aver alzato un po’ troppo la voce e cercò di ricomporsi. «Non ha importanza.»
Tom si guardò intorno e poi gli afferrò la mano.
«F-Fermo, potrebbero vederci!»
«Allora lascia che guardino. Non hai motivo di essere geloso. Tu non sei come gli altri… e penso sia evidente.»
Draco era arrossito. Anche se lo stava solo tenendo per mani, il fatto che lo stesse facendo così, davanti a tutti… era piacevole.
Ma non c’era alcuna luce per loro.
Quelli come loro potevano solo muoversi nell’oscurità.
«Va bene, ho capito. Adesso però facciamo davvero tardi, se non ci sbrighiamo.»
Tom lo lasciò infilandosi la mano in tasca.
«Prima di andare… Lumacarno mi ha invitato al suo club stasera. E sei invitato anche tu, ovviamente.»
Era risaputo quando Lumacordo adorasse gli studenti facoltosi e popolari. Non perdeva occasione per organizzare esclusivi eventi dove questi studenti venivano invitati. E ovviamente Tom non poteva certo mancare. Anche se l’idea non lo faceva impazzire, sentiva di non poter mancare.
«Sono invitato in quanto Draco Malfoy o in quanto tuo amante?» lo stuzzicò.
«Oh, Draco. Quando parli così sei eccitante, dovresti stare attento» soffiò Tom passandogli accanto e lasciando dietro di sé la scia del suo profumo.
 
Dopo la lezione di Trasfigurazione, i due poterono prendere una pausa  e passare del tempo nel parco della scuola. Data la giornata soleggiata, Tom si era sbottonato un po’ la camicia e si era disteso, con Draco accanto a lui che lo riempiva di domande.
«Che cosa intendevi quella volta quando hai detto che stai cercando un modo per diventare immortale? Com’è possibile farlo?»
«È per questo che mi servono delle informazioni. Sono sicuro che Lumacorno saprà darmi quello che voglio» rispose con gli occhi chiusi.
«Ma una cosa de genere è illegale e pericolosa. Come pensi che…?»
«Suvvia Draco, stiamo parlando di me. Io ottengo sempre quello che voglio. E soprattutto, ti ho detto mille volte di non preoccuparti per me» Tom aprì gli occhi, accarezzandogli una guancia. «Pensi davvero che mi farei fregare così facilmente?»
Adesso era stato Draco a  chiudere gli occhi. Di certo, accanto a Tom non avrebbe mai avuto una vita normale. Ma cosa sarebbe successo se lui fosse divenuto davvero immortale? O fin troppo potente? Che ne sarebbe stato di lui, di loro?
«Tom, stavo pensando… e se rendessi anche me immortale.»
«No, toglitelo dalla testa. Solo uno di noi può essere potente, e quel qualcuno sono io.»
«Non è per quello, razza di imbecille» borbottò piccato. «Ma insomma… io crescerò ancora, invecchierò. Sono solo un essere umano, mentre invece… chissà tu cosa potresti diventare.»
Tom distolse lo sguardo.
«Non ti permetterò di farlo. Uno dei due deve mantenere la propria umanità.»
«Lo dici perché sei preoccupato o perché vuoi essere l’unico?» domandò Draco un po’ piccato.
«Entrambe le cose. Se non si fosse capito, io amo essere l’unico. E per quanto riguarda te… sei l’unico di cui mi importi qualcosa. E vedo che hai già pensato a noi nel lungo termine.»
Draco borbottò qualcosa, chiudendo lì il discorso. Sapeva che era stupido e immaturo pensare che sarebbero stati insieme per sempre, ma di fatto Draco non riusciva a vedersi accanto a qualcun altro. Probabilmente avrebbe dovuto sposare una donna, mettere al mondo dei figli, ma sarebbe sempre stato legato a lui. Tom, percependo il suo malumore, gli accarezzò i capelli.
«Vuoi tenermi il broncio?»
«Sei terribilmente scorretto, lo sai che non ti resisto! Ti ho avuto una sola volta!»
E non aveva mai smesso di pensarci. Tom si guardò intorno, afferrandolo per un polso.
«Noi saltiamo la lezione.»
«Cosa?! Ma come? Uno studente diligente come te…!»
«Mi inventerò qualcosa, adesso c’è un posto dove voglio portarti. Silenzio e seguimi» lo zittì infine.
Stavano per fare sesso un’altra volta? Draco sperò di sì, perché ne aveva un bisogno disperato.
Tom Riddle era pieno di sorprese e anche quella volta non deluse le sue aspettative. Il posto in cui lo portò era illuminato da una luce soffusa proveniente dalle candele. Ma ciò che lo colpì fu una grande vasca dai rubinetti dorati. La vasca era piena di schiuma..
«…Ma che posto è questo?»
«Il bagno dei Prefetti. Bello, vero? L’anno scorso non ne ho approfittato molto. Per fortuna io ho sempre qualche privilegio in più.»
«Oh, andiamo. C’era un posto del genere e non mi hai mai detto niente?» domandò offeso. Tom lo abbracciò da dietro, baciandogli il collo.
«Ma adesso siamo qui» bisbigliò.
Già, adesso erano lì. E ogni momento era così prezioso. Chiuse gli occhi e poi si voltò per baciarlo sulle labbra. Tom strinse la sua schiena, impaziente, iniziando a sfilargli la divisa. Draco adorava vedere quanto lo desiderava, perché era in quei momenti che erano entrambi pari.
«Tom, piano. Non scappo via» gemette.
«Lo so. Oh, Draco, tu stai facendo di me un ragazzo sentimentale, non me lo posso permettere» tornò a baciarlo mentre continuava a spogliarlo. «L’amore rende fragili.»
«A-amore… allora mi ami?» sussurrò. Si guardarono negli occhi, così vicini che le loro ciglia si sfiorarono.
«Non so quando e come perderò la mia umanità. Quindi forse meriti di sentirtelo dire adesso che sono ancora umano. Molto probabilmente  e in una maniera del tutto assurda e incomprensibile… sì… io ti amo.  E questo è a dir poco spaventoso.»
Draco però stava sorridendo. Tom non avrebbe mai potuto amarlo come una persona normale o dimostrarlo come avrebbe fatto qualcun altro. Ma andava bene così. Gli bastava avere il suo cuore.
«Tom…»
«Non facciamo i sentimentali, adesso.»
«Sarà difficile…» sussurrò, stringendogli le spalle. «Come posso sapere che quello che dici è vero? Come posso sapere che quello che dici è vero. O se lo stai dicendo solo per un secondo fine…?»
Era una domanda legittima, dopotutto. Tom era un essere umano, ma difficilmente agiva senza un secondo scopo. Ma quella domanda sarebbe stata inutile, lo sapeva già. Perché Tom infatti lo aveva guardato con fare enigmatico e gli aveva sussurrato.
«Infatti nessuno può darti la certezza assoluta. Dovrai correre un rischio.»
Solo un’aggiunzione alla lunga lista di rischi che stava già correndo.
Draco chiuse gli occhi, respirò la sua aria e poi si lasciò baciare di nuovo.
 
«Tom, e se arriva qualcuno?»
«Non arriverà nessuno. Un po’ di ansia dovrebbe eccitarti.»7
L’acqua della vasca bagnava la loro pelle, la schiuma li solleticava dolcemente. Draco si lasciò andare ad un gemito, cercando di non urlare. I loro corpi bagnati l’uno sull’altro producevano un effetto devastante su di lui. Si strusciava su Tom senza alcuna vergogna, sovrastandolo.
«Così, bravo…» soffiò Riddle, accarezzandogli i capelli umidi. «Sei così eccitante.»
«Allora dillo. Dì che questo è concesso solo a me e a nessun altro» Draco soffiò sulla sua pelle.
«Lo sai già, ma visto che desideri sentirtelo dire… Solo tu puoi fare questo su di me» Tom gli accarezzò la schiena, scendendo poi più giù.
«Ah, Tom…» Draco chiuse gli occhi. Si sentiva tremendamente sensibile e senza alcun controllo. Tom lo spinse appena, tra la schiuma, finendo per sovrastarlo.  Gli baciò la mandibola, scendendo poi sul collo.
«Mettitelo bene in testa: dal primo momento in cui mi hai rivolto la parola, mi sei appartenuto. E la cosa non cambierà»
Gli tirò i capelli, portandolo sott’acqua.  Draco, preso alla sprovvista, non ebbe il tempo di prendere aria e finì per ingoiare un po’ d’acqua, per fortuna ricacciò immediatamente la testa fuori.
«DICO, CI SEI O CI FAI?!» urlò.
«Era solo uno scherzo, idiota» Tom si stava sforzando di non ridere.
«Uno scherzo?! Tu brutto… pazzo… maniaco…» sussurrò, ma anziché allontanarsi si stava avvicinando sempre di più. Prese il suo viso tra le mani e si sedette su di lui, baciandolo. In quella posizione Tom poté penetrarlo, anche se era Draco che adesso aveva il controllo.
Poteva sentirlo tutto, interamente, e  non era più una sensazione strana, tutt’altro. Si mosse su di lui su e giù, sentendosi leggero e godendo molto più di quanto non avesse fatto la prima volta.
Sotto di lui, Tom lo ammirava, gli baciava il petto, ansimava a bassa voce e si sforzava per mantenere autocontrollo. Ma Draco non voleva che si trattenesse, quindi gli permetteva di gemere nella sua bocca, di toccarlo ovunque e in ogni modo.
Quelli erano momenti solo loro, che sarebbero rimasti segreti, che nessuno poteva o doveva osare rovinarli… o dividerli.
«Draco… non ti fermare…» bisbigliò Tom. «Va più veloce!»
Sorridendo di soddisfazione, Draco si mosse su e giù su si lui con passione, inarcando la schiena.
«Tom, io non… non…!»
Voleva dirgli che avrebbe preferito non venire lì in acqua, ma non ne ebbe il tempo: si irrigidì, schizzando in acqua, mentre si portava una mano davanti la bocca per non urlare. Tom si accasciò, poggiando le braccia sul bordo della vasca. Aveva raggiunto anche lui il suo orgasmo, Draco lo aveva sentito. Ora entrambi stavano respirando velocemente.
«Beh, Tom… direi… che hai avuto… una buona idea…»
«Come sempre» lui gli accarezzò il viso. «Forse dovremmo uscire. Abbiamo una festa a cui andare.»
 
Nota dell’autrice
Questo voleva essere un capitolo incentrato sul ritorno ad Hogwarts di Tome  Draco, oltre al fatto che è venuta fuori la piccolissima questione dell’immortalità. Draco si fa domande, ha dubbi, si chiede se questo non cancellerà l’umanità di Tom… beh, noi conosciamo già Voldemort, chissà il rapporto con Draco come influirà sul suo futuro? Inoltre, mica potevo omettere le bellissime serate al Lumaclub, siamo al sesto anno e qui Tom ha bisogno di informazioni, per cui.... cosa accadrà adesso? :P

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Capitolo 9
*** Mendacium ***


Quod devotio
Mendacium
 
Uno come Draco era abituato agli eventi e alle feste, ma nonostante ciò continuava a sentirsi un po’ un pesce fuor d’acqua.  Al Lumaclub erano presenti anche studenti di altre case. Non tutti erano facoltosi e ricchi quanto lui, ma tutti avevano qualcosa che li rendeva interessanti per Lumacorno, in quel momento felice come un ragazzino. Non c’era neanche bisogno di dire che Tom fosse il suo preferito, perché era evidente: un ragazzo che era saltato fuori dal nulla, un figlio di nessuno con grande talento, carisma e fascino che avrebbe fatto grandi cose nella sua vita.
Ancora nessuno sapeva quanto grandi esse sarebbero state. Draco era piuttosto pensieroso mentre se ne stava seduto al tavolo, non udendo il chiacchiericcio intorno a sé. Oramai era completamente dentro quella vita e nonostante alcune cose lo turbassero ancora (il desiderio d’immortalità di Tom, ad esempio), oramai sentiva che la sua esistenza non sarebbe potuta essere diversa, non più. Forse era sempre stato quello il suo destino: incontrare Tom, essergli fedele… amarlo?
Somigliava all’incirca ad un matrimonio, anche se di certo non sarebbe mai potuto succedere.
Non tra loro.
E anche se fosse stato possibile, dubitava che Tom fosse tipo da matrimonio.
Che cosa stupida a cui pensare.
«La vostra amicizia ha stupito in tanti, ma non me. Anzi, penso di aver sempre saputo che un giorno avreste finito per diventare amici.»
Era stato Lumacorno a interrompere il flusso dei suoi pensieri. Stava parlando con Tom, ma si stava rivolgendo anche a lui.
Certo, due come loro che stringevano un’amicizia così stretta finiva con l’essere interessante. Peccato che non fossero solo due semplici amici.
Questo sì che avrebbe fatto scandalo.
«Se devo essere del tutto sincero, all’inizio non stavo affatto simpatico a Malfoy» rispose Tom, come se Draco non ci fosse. «Era più un mio rivale.»
«Io non sono mai stato un tuo rivale!» esclamò arrossendo, senza poterselo impedire.
«Io non ti ho mai considerato tale, ma tu indubbiamente sì» Tom lo guardò, sorridendogli in un modo che solo lui poteva interpretare. La complicità era una cosa ben visibile, la gente non era stupida, ma forse nessuno sarebbe ma arrivato a pensare che tra loro potesse esserci altro tipo di sentimento.
«Un giovane rampollo nobile e un ragazzo grande talento. Ma certo! Effettivamente non potevate che legare, voi due. Vi completate.»
Draco aveva l’impressione che Lumacorno fosse un po’ brillo a causa del troppo Whiskey, ma quelle sue parole lo fecero comunque tremare. Era così evidente?
«Sì, siamo una bella storia. Vero, Draco?» domandò avvicinandosi.
«Idiota, che stai facendo?» sibilò a bassa voce. «Dici a me di comportarmi bene e poi fai lo stupido in questo modo? Ci metterai nei guai!»
«Non essere noioso, nessuno potrebbe mai immaginare quello che c’è tra noi. Per il mondo tu sei solo il mio più caro amico…» dicendo ciò allungò una mano per sfiorargli una guancia e Draco lo schiaffeggiò.
«Tom Riddle, sei un demone, lo giuro!» gemette, umiliato e anche tentato da quei suoi modi.
Per sua fortuna Tom smise immediatamente di stuzzicarlo. Era incredibile come non ne avessero mai abbastanza l’uno dell’altro.
Si sarebbe mai spenta quella passione?
«E ditemi, quali sono i vostri progetti per il futuro? Immagino che due giovani talentuosi come voi, abbiano già in mente cosa fare.»
Draco ebbe l’impressione che “talentuoso come voi” fosse più che altro riferito a Tom. Lui non era affatto talentuoso, a scuola era nella media. Certo, era piuttosto bravo nel Quidditch, ma ultimamente non si era più dedicato tanto come qualche anno prima. E, cosa più importante, non aveva idea di cosa ne sarebbe stato del suo futuro. E ciò che era certo non poteva essere espresso ad alta voce.
«Penso proprio che mi piacerebbe insegnare» disse Tom all’improvviso. «Qui ad Hogwarts ovviamente.»
«Ah…?» domandò Draco distrattamente. Non avevano mai parlato di quest’argomento.
«Eccellente» disse l’insegnante. «Saresti un insegnante giovane e capace, oltre che molto stimato dai tuoi studenti. E tu, Malfoy?»
«Eh…?»
«Chiedevo, cosa vuoi farne del tuo futuro?»
Quella domanda la udì lontana, come se si trovasse da un’altra parte. Già, cosa voleva farne del suo futuro? Sapeva di voler rimanere accanto a Tom.
Ma non aveva un piano B, né altri progetti.
Come se niente avesse senso.
«Io non lo so.»
 
Una risposta del genere non lo avrebbe messo in buona luce, ma a Draco poco importava in quel momento. La festa andò avanti ancora per un po’, fino a quando Lumacorno non li congedò dicendo che fosse meglio non fare troppo tardi.
Solo Tom non si mosse.
«Tom…?» chiamò Draco. Lui lo zittì con un gesto della mano.
«Ti raggiungo dopo, Draco» sussurrò con uno di quei toni che non permettevano  replica alcuna. Sospirò e se ne andò. Alle volte Draco voleva illudersi del fatto che fossero una squadra, ma in realtà non era così. Per molti versi, Tom preferiva agire da solo, confidandogli le sue decisioni in un secondo momento.
Se ne tornò al suo dormitorio e poiché era molto tardi, si addormentò senza pensarci. Quell’anno lui e Tom erano compagni di dormitorio (era stato lui stesso a farsi fare quel piccolo favore) e gli sarebbe piaciuto aspettarlo…ma prima che potesse mettere due pensieri in fila, stava già dormendo.
Fu svegliato da lui qualche tempo dopo. Draco ebbe l’impressione che fossero passate delle ore, anche se in realtà non era così. Tom gli aveva sfiorato delicatamente i capelli e questo era bastato per farlo sussultare.
«T-Tom, ma che ora è?» chiese.
«È tardi. Mi sono intrattenuto a parlare un po’ con Lumacorno.»
«Lo avevo capito. E quindi?» domandò, strizzando gli occhi per guardarlo meglio. Tom appariva soddisfatto e aveva un certo luccichio negli occhi.
«So come creare gli Horcrux. Sono riuscito ad avere le informazioni che mi servivano.»
«I cosa? Ah, quelli. Beh, tanti auguri» borbottò tirando su le coperte. Forse era stupido, ma si sentiva geloso. Stava iniziando a fare i conti con paure che fino a poco tempo prima non aveva mai contemplato.
Temeva di diventare meno importante. Di essere secondo. Lui aveva sempre odiato essere la seconda scelta, ma forse con Tom lo era sempre stato. E non poteva nemmeno arrabbiarsi con lui, quelle erano illusioni che si era costruito da solo.
Fu Tom a scostare la coperta per guardarlo negli occhi.
«Ti sembra questo il modo di reagire?»
«Io… mi spiace, stavo solo pensando.»
«Tu pensi troppo, Draco. E pensare troppo a volte non fa bene. Se temi per la mia anima, non preoccuparti: oramai so cosa devo fare per preservarla.»
Draco non rispose, si limitò a guardare Tom alzarsi e togliersi i vestiti.
E invece che ne era della sua anima?
 
Il giorno dopo, a colazione, era tutto come se niente fosse successo. Motivo per cui Draco non immaginava minimamente che la sua vita sarebbe cambiata ancora, di lì a poco.
Una civetta planò sopra al tavolo dei Serpeverde, facendo cadere una lettera imbustata sul suo piatto. Stampato sulla carta vi era il simbolo della sua famiglia e Draco capì subito che si trattava di una lettera da parte dei suoi genitori.
Con una certa apprensione, aprì la busta. A giudicare dalla calligrafia, doveva averla scritta suo padre.
 
Caro Draco
Spero che le cose a scuola vadano bene e che tu ti stia comportando a dovere. Non serve che ti ricordi il nostro discorso dell’ultima volta. La gente osserva e parla e difendere il nostro onore è sempre stato fondamentale. Ad ogni modo, non è per questo che ti scrivo, ma per darti una lieta notizia: abbiamo finalmente accordato un matrimonio tra tre e la figlia minore dei Greengrass. Non serve che te ne parli perché immagino che tu la conosca già, visto che frequenta la tua stessa Casa assieme alla sorella. Sai come comportarti in questi casi. Mostrati gentile e attento. È giunta l’ora che inizi a pensare al tuo futuro e i Greengrass sono una famiglia Purosangue esattamente come la nostra.  Avremo modo di ufficializzare la cosa fra qualche mese, durante le vacanze natalizie.
Nel frattempo, abbi cura di te.
 
Draco fu attraversato da un tremolio e proprio non capiva perché. Sapeva che un momento del genere sarebbe arrivato, non poteva sperare di sfuggire alle tradizioni dei Purosangue e in effetti già da anni si era rassegnato all’idea di un matrimonio combinato. Ma adesso era diverso. Fin ora era stato libero nella sua relazione con Tom, anche se non avrebbero mai potuto stare insieme alla luce del sole. Ma adesso, invece?
Ancora con la lettera in mano, lanciò uno sguardo alla ragazza che sarebbe stata la sua promessa sposa. Astoria Greengrass stava seduta qualche posto più giù. Ovviamente Draco la conosceva, aveva scambiato con lei qualche parola in passato  e l’aveva trovata una ragazza dal temperamento dolce e mite, ma… sposarla?
«Draco? Perché hai quell’espressione da idiota?» chiese Tom annoiato.
«Amh…. Eh?» sussurrò. «Non è niente.»
«Non mentirmi, lo sai che non ti conviene» disse guardando la lettera. «Fammi leggere.»
Forse era più facile farglielo sapere così che dirglielo. Tom lesse la lettera senza cambiare espressione. Solo quando arrivò alla fine si lasciò andare ad un sorriso che Draco non seppe come interpretare.
«Quindi è così, eh? La tua famiglia ti ha trovato in fretta una donna da sposare. Davvero strane le usanze di voi Purosangue.»
«È necessario per assicurare una discendenza» spiegò lentamente Draco.  Possibile che ci fosse un po’ di fastidio nella sua voce?  «Sapevo che sarebbe successo, ma adesso è strano comunque.»
«Forse è meglio così. Paradossalmente saremo più liberi se sposerai un’altra. È una buona copertura. Pensa se si scoprisse che stai con me…  in quel modo.»
Tom lo stava rassicurando o stava rassicurando sé stesso?
«Amh… la cosa non ti da fastidio, allora?» tentò. Da quel punto di vista erano uguali, orgogliosi. Ed era difficile ammettere di essere gelosi, ma per Tom un po’ di più.
«E perché dovrebbe? Provare fastidio implicherebbe che mi sento minacciato. E io non mi sento affatto minacciato. Perché non vorrai mai nessuno come vuoi me. E questo lo so con certezza.»
Possessività, fastidio… Draco lesse tutto questo nel suo tono, ma non parlò, sapeva che Tom non lo avrebbe mai ammesso.
«Mio padre mi ha detto di essere gentile con lei. Ma io non so da dove cominciare. Come posso sapendo che dovrò sposarla e tradirla? Tecnicamente la sto già tradendo anche se il nostro fidanzamento non è ufficializzato»
Tom alzò gli occhi al cielo, a braccia conserte.
«Qualsiasi cosa tu decida di fare, sarà meglio tu la faccia in fretta, perché la tua fidanzata sta venendo qui.»
Draco alzò gli occhi al cielo: Astoria Greengrass portava un fiocco tra i capelli e si stava avvicinando sorridendo.
«Ciao, Draco» lo salutò facendo un cenno con il capo. «Credo che abbiamo ricevuto la stessa lettera, non è vero?»
«Già, immagino di sì» disse soltanto, in imbarazzo. Non sapeva cosa dire, soprattutto non davanti a Tom.
«Scusalo, Draco è un po’ timido a volte, ma ti assicuro che poi diventa un gran chiacchierone» fu proprio Tom a parlare, il suo tono era gentile, ma il suo sguardo era terribile.
«Oh, ciao Tom» rispose Astoria. «Beh, spero potremmo legare. Dato che finiremo con il passare molto tempo insieme» disse arrossendo.
«Sì… certo… perché no?» chiese Draco.
Si sentiva un imbranato. Non era così di solito, ma quella situazione era piuttosto spinosa. Astoria gli concesse un altro sorriso e poi si allontanò.
«Dannazione» sibilò Draco. «Non so se posso reggere.»
«Oh, figurati. Sei andato alla grande» fece Tom senza nascondere il sarcasmo nella sua voce. «Ad ogni modo, quello che m’interessa è che la tua fedeltà non venga meno. Per il resto… puoi fare ciò che vuoi.»
«Certo che la mia fedeltà non verrà meno!» disse piccato. «Non devi mai avere dubbi, perché le cose non cambieranno.»
E in effetti le cose non cambiarono. Lui e Tom continuarono a stare insieme, a fingersi amici e a comportarsi da amanti, da coppia, quando nessuno poteva vederli. Forse Draco si sbagliava, ma sentiva che Tom era diventato più possessivo.
Sapeva bene cosa fosse la gelosia, la provava costantemente, ma pensare che anche Tom fosse geloso era un po’…strano. Sapeva che, orgoglioso com’era, non lo avrebbe detto mai ad alta voce, non che ce ne fosse bisogno: i suoi atteggiamenti parlavano chiaro. Ma nonostante ciò c’era poco che potessero fare: Draco non poteva tirarsi indietro, in quanto figlio unico della sua famiglia, era suo dovere assicurare una discendenza pura. Ma era ancora troppo giovane per pensarci.
Nel frattempo, Tom continuava a lavorare ai suoi progetti, alla creazione degli Horcrux. Oramai era chiaro che non si sarebbe tirato indietro di fronte l’idea di immortalità, anzi… la sua idea stava prendendo forma piuttosto in fretta.
 
«Che cosa sono… questi?»
Quella sera Tom lo aveva chiamato mentre stava cercando di studiare (oramai era al sesto anno, doveva impegnarsi!), battendogli una mano su una spalla. E così Draco gli aveva rivolto tutte le sue attenzioni per ammirare i suoi due primi Horcrux.
«Tu cosa pensi?» chiese lui indicando l’anello e il diario dalla copertina scura. «Sono riuscito a creare due Horcrux»
Draco batté le palpebre.
«Questo vuol dire che dentro questi oggetti… c’è parte della tua anima? È spaventoso.»
«È eccezionale, invece. Voglio dividerla in sette pezzi, ovviamente non possono essere oggetti qualsiasi. So bene che sei ancora contro quest’idea.»
«Beh, non mi ascolterai di certo.»
Tom non ascoltava nessuno e per questo motivo Draco evitava di dire molto di ciò che pensava. Ad esempio non gli  avrebbe parlato della paura che aveva di perderlo, perché dopotutto chi giocava con il fuoco in quel modo finiva con il bruciarsi e consumarsi.
«Comunque non intendo chiamarti Lord Voldemort, tu per me sei e sarai sempre Tom» disse ad un tratto. Tom fece una smorfia, alzando gli occhi al cielo.
«Te lo concedo.»
«Ah, tu lo concedi a me? Non puoi ancora impedirmi di parlare» Draco si era fatto vicino, giocoso e malizioso. Respirò il suo profumo e chiuse gli occhi.
Erano questi gli attimi che voleva custodire nella sua memoria. Sapeva che le cose in futuro sarebbero cambiate e questo rendeva il tutto così prezioso e sfuggente. Tom gli accarezzò una guancia. Draco era l’unico che lo avesse mai amato, l’unico a non temerlo e l’unico a conoscerlo. Forse avrebbe potuto mollare tutto e vivere una vita normale. Sarebbe stata una bugia dire il pensiero non lo avesse mai sfiorato, ma non ne aveva mai fatto parola con Draco per evitare di dargli false speranze.
Dopotutto, nel suo profondo, Tom era convinto che quella fosse l’unica strada percorribile. Che lui fosse nato con un animo malvagio e che forse non sarebbe bastato l’amore a salvarlo dalla smania di potere e immortalità.
Lui era rotto dentro e se conservava ancora dell’umanità era per merito di Draco.
La sua più grande debolezza.
«Dovresti tornare a studiare…» sussurrò Tom.
«Non sei ancora un insegnante, ma se fossi un tuo studente vorrei essere punito» sussurrò al suo orecchio.
Tom gli accarezzò la schiena.
«Sei una serpe.»
«Non è vero. Per quanto mi dia fastidio ammetterlo, sono io quello tenero della coppia.»
Gli baciò il collo e Tom sospirò, irrigidendosi. Anche Draco sapeva essere molto convincente e sensuale, quando voleva.
Cioè praticamente sempre.
«Draco, c’è una cosa a cui stavo pensando…» ansimò.
«Me lo dirai dopo.»
«Invece te la dico adesso» sospirò. «Siamo al sesto anno, questo vuol dire che devi cominciare a pensare al futuro. Se vuoi aiutarmi nei miei obiettivi, ti serve una copertura.»
Draco alzò gli occhi al cielo, allontanandosi. Ed ecco che la sua libidine si era del tutto abbassata.
«Posso anche non fare nulla, sono un nobile e sono ricco. Non desterò sospetti.»
«Potresti anche cambiare idea e decidere di non volermi più seguire in questa… cosa»
Draco aggrottò la fronte. Si sbagliava o era insicurezza quella che leggeva nel suo tono e nel suo sguardo?
«Anche se fosse non me lo permetteresti. Mi uccideresti.»
«Ah, io ucciderei chiunque osasse tradirmi, sai bene che non ho problemi a farlo. Ma… non te. Tu sei l’unico che lascerei andare.»
Quella frase valeva più di una dichiarazione d’amore. Tom non aveva riguardo per nessuno e pensava sempre a se stesso. Ma non con lui.
«Beh, tanto non cambierò idea, sono arrivato fino a qui. Forse sei tu quello che mi getterà via quando non gli servirò più.»
Tom sorrise, scuotendo la testa.
«Non ti nascondo che le mie intenzioni erano queste, all’inizio. Ma per quanto odi ammetterlo… sono un essere umano anche io, non sono immune a certe cose.»
Draco si fece di nuovo vicino, stringendo la sua schiena.
«Povera vittima delle circostanze» sussurrò ironico.
«E povero te che credevi di avere tutto sotto controllo.»
Si sorrisero e poi si baciarono. Ma non era destino che quel giorno consumassero il loro amore. Astoria Greengrass bussò al loro dormitorio. Draco avrebbe fatto bene ad abituarsi, dopotutto lei era la ragazza che avrebbe sposato. E a cui avrebbe anche mentito, a cui stava già mentendo.
Era davvero una situazione sgradevole.
«Ciao, Draco. Scusa, ti disturbo forse?» chiese Astoria vedendo Tom sedersi sul letto e guardandola dritto negli occhi.
«Oh, figurati» a rispondere fu proprio Riddle. «Voi innamorati avete tutto il diritto di stare insieme.»
Quella che suonava come una gentilezza, a Draco risuonò più che altro come una frase carica di gelosia. Ma non doveva, Tom doveva sapere che amava solo lui, che anche se avesse sfiorato una donna (cosa che prima o poi sarebbe successa) avrebbe sempre e desiderato solo lui. Di questo ne era sicuro.
«Io, emh… sì, sono libero in effetti» mentì Draco.  I due lasciarono i dormitori, raggiunsero il parco della scuola, camminando vicino al lago. Astoria portava un piccolo fiocco blu scuro tra i capelli.
«Allora tu… sei felice di questo fidanzamento?» chiese ad un tratto. Draco era sorpreso, considerando la sua natura pacata e timida.
Come rispondere? Suo padre lo aveva raccomandato di essere gentile ed educato, ma non era facile mentire.
«Io sono… beh…non lo so» ammise. «Sapevo che sarebbe successo, ma adesso che è successo… è strano.»
Astoria si portò le mani dietro la schiena, guardando il cielo e le poche nuvole.
«Anche il matrimonio dei miei genitori è stato combinato. Non posso dire con certezza che si amino, ad ogni modo, mi sono sempre detta che se non potevo avere un matrimonio basato sull’amore, mi sarebbe piaciuto che almeno mio marito avesse rispetto e fiducia nei miei confronti» dicendo ciò tornò a guardarlo. «Motivo per cui non mi aspetto il tuo amore, non per forza. Però mi piacerebbe che non mi mentissi mai. Pensi di poterlo fare?»
Draco era scioccato. Questo era anche peggio. Promettere di non mentire era impossibile. Anche i suoi genitori si erano sposati con un matrimonio combinato, però si amavano. Lui dubitava avrebbe mai amato altri a parte Tom, ma la fuori c’era un mondo reale e crudele dove non c’era posto per l’amore e i sogni.
Così Draco quel giorno disse la sua prima bugia.
«Te lo prometto.»
 
Nota dell'autrice
Lo dico, questo è il capitolo che ho preferito scrivere. Visto che esiste Astoria, mi sembrava inutile creare un nuovo personaggio da affiancare a Draco, quindi ho scelto di scegliere lei come... povera vittima già cornificata ancor prima di essere sposata, ma qualcuno deve pur farlo. Anche Tom è geloso, di certo Draco lo ha reso molto più umano di quanto non sia in realtà. Spero che abbiate apprezzato (:

 

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Capitolo 10
*** Hominum ***


Quod devotio
Hominum
 
Il fidanzamento si sarebbe tenuto durante le vacanze di Natale. In realtà il fidanzamento tra Draco e Astoria era già “ufficiale” e quella sarebbe stata solo una formalità, ma era necessario.
Lui ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma oramai c’era dentro e doveva fare ciò che gli spettava. La sera prima di tornare a casa, Draco si stava guardando allo specchio. A stento si riconosceva: fisicamente era sempre lui (anche se stava crescendo), ma si sentiva addosso molti più anni di quanti ne avesse.
«Oh, non fare quella faccia, non stai andando ad un funerale» disse Tom guardandolo. Ovviamente anche lui era stato invitato al suo fidanzamento, in quanto suo migliore amico. Giusto per rendere tutto ancora più difficile e imbarazzante.
«Ma come fai a scherzarci su? Mi pare chiaro che sia tutta una messa in scena sin dal principio. Mi dispiace per Astoria» ammise, dopotutto le aveva fatto una promessa che aveva già infranto.
«Almeno lei sarà tua moglie» gli ricordò. «Io rimango pur sempre il tuo amane segreto.»
Draco lo osservò direttamente dallo specchio.
«Vuoi forse dirmi che se potessimo farlo, mi sposeresti tu?»
«Non vedo perché no, arrivati a questo punto. Ma purtroppo il mondo funziona in modo diverso» Tom si avvicinò, lo strinse da dietro, baciandogli il collo. «Ma questo non cambia le cose tra noi. Ricorda a chi appartieni, sempre.»
Draco sospirò, socchiudendo gli occhi. I matrimoni combinati erano frequenti tra i Purosangue, probabilmente erano in tanti ad avere un amante… magari anche dello stesso sesso. Era una cosa a cui non aveva mai pensato, ma adesso era inevitabile.
«Lo so…» ansimò, teso. Voleva essere toccato molto più a fondo e questo Tom lo capì in fretta. Fece scivolare una mano sul suo addome e poi la infilò dentro i suoi pantaloni.
«Come farai quando dovrai toccarla e invece penserai a me? Perché sarai costretto a fare una cosa del genere. È per questo motivo che vi sposate… per mandare avanti la vostra discendenza»
«Questo non mi eccita…»
«Non è quello che dice il tuo corpo» Tom adesso stava toccando la sua erezione. Oramai conosceva così bene il suo corpo, ogni punto nascosto.
«Ah! Così…»
Draco guardò il proprio riflesso. Solo con Tom si permetteva di perdere il controllo, ad avere quell’espressione da folle. Ad un tratto si piegò su se stesso, sentendo il piacere diventare più forte. Lui e Tom  non avevano fatto altro, ultimamente. Alla minima  occasione, non facevano che saltarsi addosso. Era sempre stato così, ma il pensiero che un giorno non sarebbero stati più così liberi li portava a non voler sprecare nemmeno un momento.
Tom gli baciò una guancia, muovendo la mano più veloce.
«Mi appartieni e mi apparterrai sempre…»
«E… e tu mi appartieni e mi a-apparterrai semp-ah!»
Draco cercò di non cedere sulle proprie gambe mentre si lasciava andare all’orgasmo. Si sforzò di non urlare, mentre si aggrappava a Tom.
«M-maledizione» si lamentò. «Sarò costretto a cambiarmi di nuovo.»
«Già, dovresti. Dovrai essere impeccabile per il tuo fidanzamento e poi per il tuo matrimonio» dicendo ciò gli diede un buffetto su una guancia.
Matrimonio. Aveva solo sedici anni. I maghi, soprattutto se Purosangue, si sposavano giovani, ma lui sentiva fin troppo giovane. Non sapeva cosa volesse farne del suo futuro, se non essere il compagno di Tom.
E un uomo ipocrita probabilmente.
 
Quando tornò a casa, Narcissa Malfoy andò incontro a suo figlio baciandogli entrambe le guance. Sembrava davvero emozionata all’idea che stesse per fidanzarsi ufficialmente, stava a significare che stesse davvero crescendo.
«Come ti senti, Draco? Sei stanco? Vuoi che ti faccia preparare qualcosa.
«No, madre, ti ringrazio, sto bene.»
Nello stesso momento, Lucius e Tom si erano venuti incontro. Suo padre sembrava aver perso la diffidenza nei confronti del ragazzo, anche se si ostinava a guardarlo ancora con un certo sospetto.
«È un piacere rincontrarla, signor Malfoy. Sono molto, molto felice di partecipare ad un lieto evento come quello. Mi lasci dire che la fidanzata di suo figlio è adorabile.»
Draco lo guardò, intimandogli silenziosamente di non esagerare. Era sempre abile con le parole, ma lui percepiva molto bene l’ironia in esse.
«Umh, io credo che andrò a sistemarmi in camera mia. Posso mostrare a Tom dove dormirà?»
«Oh, certo caro» Narcissa aveva un’espressione apprensiva. Ogni volta che guardava Tom si sentiva inquieta.
«Davvero gentile, lady Malfoy» quest’ultimo fece un inchino. I due ragazzi salirono e scomparvero in cima alle scale e fu allora che Narcissa rivelò a suo marito i dubbi che l’attanagliavano da mesi.
«Lucius, tu credi che loro siano davvero solo amici?»
«E cos’altro dovrebbero essere, mia cara?»
Lucius non poteva immaginare, o forse non voleva, quello a cui invece aveva pensato lei.
«Io penso che nostro figlio sia molto più coinvolto di quello che pensi» disse
«Capisco bene le tue parole. Nemmeno io mi fido totalmente di quel ragazzo, ma dobbiamo ammettere che sa quello che vuole, nonostante le sue origini. Tom Riddle potrebbe essere un’eccezione.»
Ma sarebbe stato ancora una sua eccezione quando i suoi dubbi si sarebbero dimostrati reali?
 
«Sai cosa sarebbe eccitante? Fare sesso qui, con il rischio di essere scoperti.»
Draco sorrise a quella proposta, ma si sentiva stanco. Si sedette sul letto dalle lenzuola vermiglie e morbide.
«Draco, che c’è?» chiese Tom, vicino alla finestra.
«È solo che mi dispiace…beh… non arrabbiarti, non sto dicendo che mi fai pena, dico solo che non avrei voluto metterti in questa situazione.»
Tom rise.
«Tu non volevi mettere me in questa situazione?»
«Voglio solo dire che io non sopporterei di vederti sposato ad un’altra… sono geloso e… sì, so che lo sei anche tu… un pochino?»  tentò.
Tom era ancora più orgoglioso di lui.
«Lo sono.»
«Davvero?»
«Sì, ma questo non cambia la situazione. Continuo a pensare che mantenere le apparenze sia importante. Se sapessero di noi ci tratterebbero come…rifiuti, gente malata. E questo non lo possiamo permettere, dico bene?»
«No, non possiamo» Draco strinse i pugni. «Beh, allora se davvero conquisterai il mondo o una cosa del genere… fa sì che possiamo stare insieme.»
Un mondo in cui quelli come loro potevano stare insieme… un’idea romantica, anche se il suo obiettivo principale era eliminare i Mezzosangue e i Nati Babbani. Tom gli accarezzò il viso e Draco abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo: voleva assolutamente baciarlo.
La porta si spalancò poco così violentemente che a Draco venne quasi un colpo: era Dobby, quello stupido elfo fastidioso e inutile.
«Tu» sibilò Draco, impaurito all’idea che lui li avesse visti così vicini. «Come osi entrare in questo modo? Sei proprio inutile!»
«La padrona ha mandato Dobby ad avvisare che la cena verrà servita fra cinque minuti!» esclamò. Era una creatura piuttosto patetica, con grandi occhi e orecchie e vestito di stracci. A Tom fece quasi pena.
«Beh, non importa, gli elfi come te dovrebbero imparare a non farsi vedere né sentire!»
«Va bene così Draco, non è successo niente. Interessante, voi nobili avete anche gli elfi domestici a servirvi»
«Dobby è inutile. Ad ogni modo è meglio che andiamo.»
 
Draco non aveva idea del perché si sentisse così nervoso. I suoi genitori conoscevano già Tom e in teoria non c’era niente da nascondere, eccetto il fatto che stavano insieme. Forse questo era più grave del fatto che avesse come migliore amico un Mezzosangue. Tutti pensavano che amare qualcuno  dello stesso sesso fosse contro natura. E in effetti lo aveva pensato anche lui, fino a quando non si era innamorato di Tom.
Se qualcuno lo avesse saputo… la sua famiglia avrebbe fatto di tutto per dividerli. O forse Tom non lo avrebbe permesso? Lui di certo si sarebbe ribellato a tutti i costi. Era questo a cui pensava mentre se ne stava seduto rigido a sbocconcellare il suo cibo. Evitava di proposito lo sguardo di sua madre, aveva sempre l’impressione che sapesse più di quanto facesse credere, una sensazione del genere gliela dava già Silente. Nel frattempo Tom stava parlando, senza nascondere un moto di orgoglio, a Lucius dei suoi progetti. Certo. Badava bene a non rivelare troppo, ma l’uomo sembrava molto interessato e più lo ascoltava e più si rendeva conto che Tom era davvero un ragazzo eccezionale.
«Una cosa però devo proprio dirla» disse stringendo la gamba di Draco, sotto il tavolo. «In genere lavoro da solo. Non mi fido molto degli altri, ma Draco è stato sin da subito degno della mia fiducia. Potremo trasformare il mondo in un luogo glorioso.»
Draco arrossì sia per il suo tocco sia per quelle parole inaspettate.
«Io non ho fatto niente…» sussurrò.
«Su, Draco. Non essere modesto. Se questa cosa dovesse andare a buon fine, mi auguro tu abbia un occhio di riguardo per mio figlio. E per la sua famiglia» disse ad un tratto Lucius, accendendosi un sigaro.
Draco immaginava già a cosa suo padre stesse pensando. Gli aveva sempre impegnato ad essere amico dei potenti perché questo poteva portare a dei privilegi.
«Mi creda, ho già un occhio di riguardo per il suo prezioso figlio» disse afferrando la sua mano.
Ci fu uno sguardo breve ma intenso, sguardo che non poté sfuggire a Narcissa. Era più che certa di avere ragione e per quanto timore avesse, doveva parlare con suo figlio.  Dopo cena, Tom e Draco si ritirarono nelle loro stanze, l’indomani sarebbe stata una giornata impegnativa: Draco si sarebbe fidanzato. Aveva evitato di pensarci, ma adesso che si ritrovava da solo, non poteva proprio farne a meno. Questo lo stava portando a non riuscire a dormire. Era abituato a dormire con Tom, era troppo strano non averlo almeno nella stessa stanza. Si mise seduto, illuminato solo dalla luce della luna che trafiggeva i vetri. Tom era qualche camera più giù poteva andare da lui senza che nessuno lo scoprisse. E così fece. Tom era sveglio come lui, anzi, sembrava quasi che lo avesse aspettato.
«Sei forse il mio Draco?» domandò Tom divertito.
«Non prendermi in giro, ma non riesco a dormire.»
Non prenderlo in giro, anche affettuosamente, era difficile, ma Tom ci provò.
«Vieni qui» disse scostando la coperta e invitandolo a stendersi accanto a lui. Draco non se lo fece ripetere due volte e subito si accoccolò a lui. Tom lo strinse da dietro, sfiorando con le labbra i suoi capelli e il suo collo.
«Sarebbe divertente se i tuoi genitori ci scoprissero.»
«All’alba tornerò in camera mia» disse Draco accarezzando le sue dita. «Tom, sinceramente non so se voglio farlo. Non sarebbe più facile se potessimo scappare?»
Tom sorrise senza che lui potesse vederlo. Certo, ci aveva pensato anche lui. Ma sentiva che non era quella la cosa giusta da fare. Il loro posto era lì.
«Sarebbe più facile, per certi versi. Ma ovunque andremmo non saremmo ma accettati insieme, lo sai. E poi ci sono delle cose che dobbiamo fare.»
«Ma potremmo farlo comunque, tu potresti ancora diventare il mago più potente al mondo» Draco si girò a guardarlo, incontrando i suoi occhi. Tom aveva addosso un’espressione che non gli aveva mai visto addosso, mentre gli accarezzava il viso.
Draco, come poterti dire a voce che forse tengo troppo a te per portarti a rinunciare tutto? Hai già rinunciato a tanto. Devi avere una seconda opzione, nel caso in cui le cose andassero male.
Odio l’amore. Rende fragili e umani, e porta a dei dubbi che altrimenti non avrei mai avuto.
Questo era tutto ciò che avrebbe voluto dirgli, ma che non disse, anche se gli costò un grande sforzo.
«Lo so, ma qui ho già i miei seguaci e poi non è il caso che tu perda il tuo status. I tuoi genitori ti vogliono bene, tua madre soprattutto. Tieniteli stretti, non tutti hanno questa fortuna.»
Draco sollevò le sopracciglia.
«Oh, Tom.»
«Cosa? Ovviamente non parlavo di me.  Senti, taci e basta, sono stanco.»
Draco si zittì, ma lo abbracciò anche, poggiando le labbra sulla sua fronte. C’erano dei momenti in cui anche Tom sembrava fragile e bisognoso di affetto. Ma questa era una cosa che solo lui poteva vedere.
Si addormentò e si svegliò di scatto all’alba. Gli posò un bacio tra i capelli e poi corse in camera sua. Un paio d’ore dopo sarebbe stato svegliato e la sua lunga giornata avrebbe avuto inizio.
Draco si era vestito di tutto punto e stava sforzando l’espressione più tranquilla che poteva, sebbene non gli riuscisse bene. A partecipare a quel fidanzamento erano stati invitati anche Bellatrix Lestrange, sorella minore di Narcissa, con suo marito Rodolphus. Non avevano figli e amavano viaggiare e prendere parte a diversi eventi mondani. Ovviamente, Tom aveva attirato subito l’attenzione.
«Così tu sei il famoso Tom Riddle, vero? Ho sentito parlare di te da mia sorella, da quello che so sei molto sveglio per la tua età» Bellatrix aveva una ribelle chioma scura e il suo corpo era avvolto in un abito nero. Sembrava davvero molto interessato a Tom, il quale non perse occasione di farsi notare.
«Sono io. È un piacere fare la sua conoscenza, signora Lestrange» le disse e poi le fece il baciamano. Draco assunse un’espressione sconvolta: poteva giurare di aver visto Bellatrix arrossire, cosa in cui mai nessuno era riuscito.
«Oh, Tom. Come sei simpatico» non poté evitare di commentare ad alta voce.
«Piuttosto galante, a dire il vero» aggiunse Bellatrix. «Non potevo aspettarmi niente di meno.»
Poco dopo giunsero Astoria Greengrass con la sua famiglia, i genitori e la sorella.  Draco la salutò facendo un piccolo inchino. Stava già iniziando a sentirsi a disagio e Tom, accanto a lui, lo intuì.
«Sorridi e nascondi tutto, da bravo. Dopotutto da questo momento in poi dovrai fingere per sempre.»
«Questo non mi aiuta, dacci un taglio» sibilò dandogli una gomitata.
Le due famiglie si accordarono per stabilire la data del matrimonio: la cerimonia sarebbe stata l’estate dopo il diploma, cosicché i ragazzi avessero avuto modo di terminare gli studi. Draco non aveva idea che sarebbe accaduto così presto, era… si sentiva così giovane, tuttavia non aveva un motivo plausibile per voler rimandare.
E soprattutto non aveva controllo, come sempre.
Così fu stabilito che lui e Astoria si sarebbero sposati. Durante la suntuosa cena, dove la sua promessa sposa gli stava seduta davanti, Draco sentì il bisogno di alzarsi e prendersi qualche secondo per sé. Sapeva di dover fingere, ma non era affatto bravo.
Ma non aveva scelta, ancora e ancora, e la cosa iniziava a dargli fastidio. Dove stava andando la sua vita?
Si fermò in corridoio, di fronte allo specchio. Era così giovane, eppure aveva già tante cose da nascondere.
Sentì dei passi e in un primo momento si trattò di Tom.
«Ascolta, se sei venuto per…» le parole gli morirono in gola quando si accorse che si trattava di Narcissa. «Madre.»
La donna teneva le mani in grembo, preoccupata,
«Draco. Sei scappato così in fretta…»
«Io avevo solo bisogno di prendere aria, scusa per averti fatto preoccupare.»
Narcissa si fece più vicina.
«Figlio mio, c’è forse qualcosa che vuoi dirmi? Sei contrario a questo matrimonio?»
Se non avesse incontrato Tom, probabilmente non gli sarebbe importato moto di sposarsi. Lo facevano tutti.
«No, non è affatto questo il problema» disse dandogli le spalle, così da non doverla guardare negli occhi. Narcissa però non demorse e lo afferrò per un braccio.
«C’è un’altra persona nel tuo cuore?»
Draco tremò. Era evidente che fosse innamorato di qualcun altro, ma era evidente anche di chi? Il suo sorriso fu amaro.
«Non ha importanza questo, comunque non potremmo stare insieme. È giusto che io faccia ciò che devo.»
A quel punto Narcissa non ebbe bisogno di altre conferme: era chiaro chi suo figlio amava: guardava Tom in un modo in cui non guardava nessun altro. E non seppe più che cosa dire. Era convinta che un uomo non potesse stare con un altro uomo, ma quello era suo figlio, così infelice e malinconico.
«Draco…»
«Ho detto che va bene così. A questo mondo non c’è spazio per quelli come noi» disse infilandosi le mani in tasca. «Ti prego solo di non dirlo a mio padre. Sarebbe sconvolto molto più di quanto lo sia tu.»
Narcissa annuì lentamente.
«Voi due avete una relazione? Come se foste… amanti?»
La parola amante assumeva quasi un tono dispregiativo se usato per descrivere Tom. Era molto più di questo.
«Lui non è solo questo. Io lo amo davvero.»
«Su questo non ho dubbi, si vede lontano un miglio. Ma sei sicuro che lui ami te? Quel ragazzo è diverso dagli altri.»
«Lo so bene. E so bene cos’è ciò che si lega» era come se più ne parlasse e più acquistasse coraggio. «Questo deve essere un segreto. Io sposerò Astoria, così non disonorerò la nostra famiglia. Mi comporterò bene e sarò gentile. Ma non chiedermi di interrompere la mia relazione con lui, perché sarei costretto a disubbidire. So che per voi è impensabile, ma… la realtà è questa» concluse. Narcissa non aveva mai visto suo figlio così determinato. Certo era un colpo per lei scoprire che avesse come amante un ragazzo, quel ragazzo in particolare. Ma l’amore verso suo figlio era anche più forte di tutto ciò.
«Ho capito, Draco. Non sei più un bambino oramai, quindi… fa ciò che ritieni più giusto. Per quanto riguarda me, farò finta di non sapere. Ma se qualcuno dovesse scoprirvi.»
«Nessuno ci farà niente. Io so che Tom diventerà così potente che nessuno oserà andargli contro» sussurrò, guardando oltre la figura di sua madre, là dove Tom parlava con Bellatrix. Narcissa a quel punto non poté che arrendersi. Avrebbe dovuto mentire anche a suo marito, ma era per un motivo importante.
Tornarono nella sala da pranzo, Draco era ora più tranquillo.
«Draco, stavo proponendo di farti da testimone di nozze» disse ad un tratto Tom. «Sono il tuo migliore amico, mi spetta di diritto.»
Migliore amico. Oh, che faccia tosta.
«Sì, hai perfettamente ragione. Non potrebbe essere nessuno, se non proprio tu» recitò abilmente.
Il resto della serata proseguì normalmente e con tranquillità. Draco lo aveva ben capito: a volte bisognava vivere nella menzogna per andare avanti.
 
Due giorni dopo fu la vigilia Natale e la cosa più bella era il pensiero di poter vivere quella festività insieme a Tom, che oramai era diventato a tutti gli effetti uno di famiglia. Piaceva a tutti, meno che a Narcissa. A dire il vero lei era solo preoccupata, ma non aveva fatto più parola della loro discussione.
E tutto taceva, dando a Draco la sensazione (sebbene falsa) di pace e tranquillità. Quella sera la neve cadeva lenta e Villa Malfoy era sfarzosamente decorata. Era usanza della sua famiglia organizzar una cena suntuosa. Prima che gli ospiti arrivassero però Tom lo aveva preso per un braccio, trascinandolo vicino alla finestra.
«Tom, che stai tramando?» domandò Draco imbronciato.
«Aspetta, adesso vedrai» disse guardandosi intorno e infilandosi una mano in tasca. «Chiariamo, io non faccio regali a nessuno, non mi piace e lo trovo inutile. Ma sai anche che sei la mia eccezione un po’ a tutto.»
«Eh?» sussurrò incredulo. Tom gli aveva fatto un regalo?
«Già, dammi la mano» sbuffò impazientito. Draco non capì fino a quando non si ritrovò un anello al suo dito. Era argentato e luccicante.
Era un anello vero, regalatogli da lui.
«Oh mio… ma è… è un anello!»
«Ma davvero? Tu pensa…»
«No, stupido! Intendo… è un anello vero. Come se fossimo…»
«Fidanzati? Lo so, l’idea era quella. So che probabilmente non potrai portarlo in pubblico, ma potrai portarlo quando sarai con me.»
A Draco in quel momento non interessava né quando, né come né dove lo avesse preso. Quello era un simbolo concreto e materiale della loro unione, anche se nessuno avrebbe potuto vederla.
«Io non so che cosa dire.»
«Io dico che mi stai rammollendo troppo. Non dirlo a nessuno, ho una reputazione da difendere. Mi auguro che tu non voglia vedermi in ginocchio a fingere una proposta di matrimonio.»
Draco arrossì, distogliendo lo sguardo.
Tom alzò gli occhi al cielo.
«Sei un adorabile bambino, molto romantico.»
«E sta zitto, cretino. Ad ogni modo… grazie» sussurrò accarezzandosi il dito. «Lo custodirò con cura.»
Lo guardò e Tom sentì il suo cuore accelerare. Un po’ si odiò, perché non poteva impedirselo, perché aveva una debolezza e questo non poteva fare bene ai suoi progetti, alle sue ambizioni. Era un mostro o un umano?
Gli si avvicinò, accarezzandogli i capelli e baciandolo sulle labbra.
Draco rispose al baciò, abbracciandolo.
Il loro primo Natale insieme, la neve lì fuori. Prima o poi tutto sarebbe finito, prima o poi la distruzione e la paura avrebbero vinto.
Quindi si sarebbe tenuto stretti quei momenti.

Nota dell'autrice
Okay, forse questo capitolo ha preso una piega è un po' troppo fluff, ma me lo sono concessa, visto quello che succede dopo. Nel prossimo capitolo potrebbe esserci un salto temporale di qualche mese, anche se non ne sono del tutto sicura. Intanto in questo Draco  si è fidanzato ufficialmente, anche se sua madre ha capito cosa c'è dietro i suoi atteggiamenti strani... non potevo non fare interagire Bellatrix con Tom, ovviamente.
Al prossimo capitolo, gente (;

 

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Capitolo 11
*** Fidem ***


Quod devotio
Fidem
 
Hogwarts, Giugno 1945
 
Tom e Draco erano al loro ultimo anno di scuola. Come negli anni precedenti, Tom veniva considerato il miglior studente, ed era perfino diventato Caposcuola. Draco non ambiva a questo, si accontentava di stare al suo fianco fingendoglisi amico. Oramai erano abituati a fingere a mentire, ed oramai la loro relazione era più che consolidata. Tra non molto si sarebbero diplomati e l’idea non entusiasmava troppo Draco: lui e Astoria si sarebbero sposati subito dopo ed era chiaro che le cose sarebbero cambiate, poiché Draco avrebbe avuto dei doveri che ora non aveva.
«Allora sei proprio convinto? Vuoi fare l’insegnante qui? Credevo volessi diventare il mago più potente a questo mondo» rifletté  Draco, la guancia poggiata alla sua spalla.
«Se si vuole cambiare il mondo bisogna iniziare proprio da qui, dalla scuola, insegnando ciò che è giusto» rispose Tom. «Sarei un insegnante molto rispettato e ciò che dico sarebbe ascoltato da tutti.»
«Per quanto l’idea di saperti in mezzo ad una mandria di studenti non mi entusiasmi, immagino tu abbia ragione.»
«Suvvia. Tu ti sposerai, direi che siamo pari.»
In realtà cercavano di non parlarne mai, forse per fingere che il problema non esistesse. Si dicevano che niente sarebbe cambiato, ma mentivano a loro stessi. Quelli erano i momenti in cui Draco portava al dito l’anello che Tom gli aveva regalato.
«Per quanto mi riguarda, sarai sempre al primo posto per me.»
«Non è così che funziona. Avrai una moglie e probabilmente qualche marmocchio a cui pensare.»
Draco gli diede una gomitata. Proprio non riusciva ad immaginarselo.
«Astoria ci aspetta» disse poi. I tre si ritrovavano a passare molto tempo insieme, sembravano proprio buoni amici.  Draco non aveva mai chiesto a Tom se fingesse di provare simpatia nei suoi confronti, in realtà preferiva non saperla.
Si tolse l’anello, riponendolo al sicuro, e poi raggiunsero Astoria, la quale ultimamente passava molto tempo con la testa fra i libri. Quando vedeva il suo fidanzato però sollevava lo sguardo e sorrideva.
«Siete qui!» esclamò. Se ne stava seduta in sala comune, un libro poggiato in grembo.
«E ovviamente tu sei qui. A cosa ti serve studiare quando hai un amico sveglio e capace come me?» chiese Tom, prendendo il libro.
«Molto modesto, devo dire» commentò lei.
«Non farci caso. Tom si crede il migliore» Draco alzò gli occhi al cielo.
«Io non credo, io sono» ribatté Tom.
Sembravano davvero un trio di amici, ma in realtà era tutta finzione. O almeno, Draco era sicuro fosse così. Oramai aveva finito con l’affezionarsi davvero ad Astoria, proava affetto nei suoi confronti e l’idea di tradirla non gli faceva piacere. Ma allo stesso tempo non c’era altro che potesse fare. Se fossero riusciti a mantenere quella facciata sarebbe andato tutto bene.
 
 
Gli ultimi giorni di scuola passarono velocemente e frenetici. Tutti i suoi compagni di scuola sembravano avere le idee chiare, tranne lui ovviamente. Draco non aveva un piano B, non gli interessava neanche trovarlo. Forse aveva delle ambizioni che non conosceva, e sebbene non avesse chiaro il suo futuro. Per il momento doveva pensare ai M.A.G.O,, a prescindere da tutto.
Tom ovviamente li superò a pieni voti, gli insegnanti avevano affermato che avrebbe potuto benissimo diventare un Auror. Non ci sarebbe stato niente di più ironico. Anche Draco li superò, anche se con voti meno brillanti. Fu l’ultimo giorno di scuola che si rese conto di essere cresciuto. Anche se non si sentiva un adulto, per il mondo lo era. E aveva dei doveri.
Era finito tutto, il condividere il dormitorio con Tom, frequentare le lezioni insieme a lui, nascondersi tra una lezione e l’altra per fare l’amore.
Gli sarebbe proprio mancata Hogwarts. Non lo avrebbe mai detto. Draco si stava dirigendo in Sala Grande per l’ultimo banchetto. Tom era già lì, sarebbe mancato sia agli studenti che agli insegnanti, i quali lo consideravano lo studente più brillante degli ultimi anni.
«Draco!» esclamò ad un tratto Silente. «Vedo che non sono l’unico in ritardo per il banchetto.»
Silente non aveva più cercato di sapere qualcosa circa Tom e il suo rapporto con lui, soprattutto perché doveva aver avuto altro da fare. Aveva sentito che Silente aveva sconfitto in un duello un temibile mago oscuro, Gellert Grindelwald, e questo  gli aveva reso grandi onori e gloria.
«Professor Silente» disse facendo un cenno con il capo.
«Allora, ragazzo. Ho saputo che hai superato i M.A.G.O.»
Sì, anche se non sapeva che farsene, adesso. Cosa lo attendeva?
«Sì, è così infatti. Comunque, prima di qualsiasi cosa devo pensare al mio... matrimonio» mormorò.
Vide negli occhi di Silente uno sguardo sorpreso e malinconico.
«Oh, capisco. Dimenticavo certe usanze. Congratulazioni, allora. Sei proprio sicuro di questo, Draco?»
Non capiva. Perché Silente faceva delle domande così mirate? A volte era proprio come se sapesse cosa stava provando.
«Ma certo. È ovvio che sia così» mentì, nonostante gli venisse così difficile. Silente sospirò. Sembrava molto più invecchiato, stanco, quasi… triste.
 «Mi spiace se sembro un impiccione. Il fatto è che io ho perfettamente capito te e Tom sin dalla prima volta che vi siete avvicinati.»
Draco sentì il cuore battergli forte nel petto. Aveva sempre avuto il dubbio, ma sentirglielo dire era diverso. Come aveva fatto a capire che ci fosse qualcosa tra loro ancor prima che potesse rendersene conto lui?
«Io non capisco di cosa stia parlando» mormorò.
«Tom è destinato a gradi cose. Oscure, ma grandi» disse Silente. «E voi siete inevitabilmente legati. Credo che io ti stia dicendo queto perché in te rivedo me.»
Era come se Silente stesse parlando da solo. Avrebbe voluto chiedergli cosa intendeva, perché si rivedeva in lui? Anche lui aveva amato qualcuno che aveva compiuto scelte sbagliate?
«Io…»
«Compi le scelte giuste, Draco. Quali sono, puoi saperlo solo tu. Perché è probabile che soffrirai» dopodiché Silente si riprese e gli diede una pacca sulla spalla. «Forse adesso è meglio se ci sbrighiamo, ti ho già trattenuto dopo.»
In seguito, Draco avrebbe ripensato per giorni e giorni a quella loro conversazione. Chissà Silente cosa aveva voluto dire? E poi, era ben consapevole che avrebbe sofferto, era inevitabile.
I loro progetti erano piuttosto chiari: Draco avrebbe sposato Astoria e Tom avrebbe insegnato ad Hogwarts difesa Contro le Arti Oscure. Insieme avrebbero trovato altri maghi disposti a seguirli.
Bastava seguire il piano, seguire il piano e tutto sarebbe andato bene,
O almeno, questo era ciò che Draco continuava a ripetersi.
 
Luglio, 1945
 
«I tuoi genitori sono stati molto gentili a volermi ospitare qui. Comunque mi troverò un’abitazione tutta mia, quando inizierò a lavorare.»
Tom era davvero sicuro che il preside Dippet sarebbe stato felice di offrirgli un posto.
«Sono felice che tu sia qui» Draco si stava mordicchiando le unghie, nervoso. «Questi preparativi per il matrimonio mi innervosiscono. Perché deve essere tutto così esagerato?»
«Sei un nobile, mi pare chiaro» sospirò Tom, seduto sulla poltrona. Oramai era ben accettato dal padrone di casa, il quale era passato oltre il suo essere un Mezzosangue. Sarebbe diventato uno dei suoi più fidati seguaci.
«Amh, Tom…» sussurrò Draco all’improvviso. «C’è una cosa che non ti ho detto.»
Non aveva mai saputo della sua chiacchierata con la madre. Non lo aveva ritenuto importante, ma ora che si ritrovavano di nuovo nella stessa casa, forse avrebbe dovuto avvisarlo.
«Parti già malissimo, sappilo» sbottò. «Che c’è?»
«Mia madre sa di noi» disse un po’ teso. Forse, pensandoci, non era una cosa poi così poco importante.
«Oh» disse Tom. «Ebbene? Ti ha creato problemi?»
«Io penso che stia facendo semplicemente finta di non sapere. L’importante è che mi sposi. Sono disperato.»
Dicendo ciò si coprì il viso con la mano. Si sentiva davvero teso e impaurito. Se avesse avuto almeno una certezza sarebbe stato più facile. Ma l’unica certezza che aveva era il suo essere innamorato. Tentò in tutti i modi di ricacciare le lacrime, ma senza riuscirci.
Tom si fece attento.
«Draco?
«Tom, non voglio sposarmi» sussurrò. «Sarò infelice, non è giusta questa situazione, perché deve essere così complicato?»
Era scoppiato in lacrime come un bambino. Sin dall’inizio aveva reagito in maniera abbastanza tranquilla, sapendo di non avere molta scelta. Ma adesso che il momento si avvicinava iniziava ad avere paura e la tensione alla fine aveva avuto la meglio. Tom sbuffò, avvicinandosi a lui.
«Draco, non nascondere il tuo viso, guarda me. Lo so, è difficile, ma sarebbe ancora più difficile se decidessi di scappare. Tu mi avrai comunque» si inginocchiò, stringendo la sua mano. Con un po’ di imbarazzo, Draco lo guardò.
«Ho paura di soffrire.»
«Non posso prometterti che non soffrirai mai, ma da parte mia posso prometterti di fare sempre il meglio per te.»
E questa era una promessa che Tom intendeva mantenere. Draco fece un sospiro profondo.
«Mi dispiace, sono scoppiato a piangere come un idiota.»
«Figurarsi, oramai siamo in confidenza, ti pare?»
Draco guardò le sue labbra curvarsi in un sorriso e desiderò baciarlo. Si avvicinò, ma poi si bloccò: non erano soli. Sollevò lo sguardo, scorgendo Dobby tremante.
«Tu» sibilò, furioso e in imbarazzo. Quell’inutile elfo aveva forse sentito qualcosa di compromettente?
«Dobby non sa niente, Dobby non ha sentito niente!» squittì lui. Draco però non lo ascoltò e, anzi, tirò fuori la bacchetta. Si sentiva impaurito, e se avesse detto qualcosa?
«Non mentirmi! Cos’hai sentito? Forza, parla!» lo minacciò.
«D-Dobby ha sentito il padrone dire che non vuole sposarsi» singhiozzò. «E che... lui e il suo amico sono molto… uniti…»
«Sì, molto uniti, so bene che hai sentito tutto. Come osi origliare? Dovrei farti sbattere fuori.»
Dobby si aggrappò alla sua gamba.
«Pietà!»
«Che spettacolo pietoso» sospirò Tom, che invece se n’era rimasto tranquillo. «Qual è il problema? Sei il suo padrone, ordinagli di non parlare.»
«Tu pensi che io possa fidarmi?!»
«Dobby non ha visto niente, Dobby può dimenticare. Non cacciate via Dobby!»
«E smettila di dimenarti, mi dai sui nervi! Che faccio, lo caccio? O magari lo uccido?»
«Ora non essere tragico, non credo ci sia bisogno di ucciderlo. Sai, ho imparato a mie spese che è meglio farsi amici che nemici» Tom si avvicinò, le mani dietro la schiena e un sorriso gelido. «Chissà, magari un giorno potrà tornarci utile.»
L’elfo tremava. Temeva l’ira dei suoi padroni, ma ancora di più temeva quel ragazzo sconosciuto. Aveva un animo malvagio, ne era certo.
«Allora, elfo? Ti piace come idea?» domandò guardandolo. Dobby, tremante come una foglia, non poté che sottomettersi a quella volontà. Draco non era molto d’accordo, ma sapeva che l’impulsività non portava da nessuna parte e che sarebbe stato meglio ascoltare Tom.
«Lo giuro su tutto ciò che mi è più caro al mondo, tu prova a dire a qualcuno quello che hai sentito e vedrai cosa ti aspetta» lo minacciò infine. Dopodiché riposò la bacchetta e si alzò. Tom guardò l’elfo, facendo spallucce.
«Non farci troppo caso. Sai, il nervosismo da matrimonio» disse divertito.
 
Il matrimonio si sarebbe tenuto proprio nel giardino di Villa Malfoy. Era stato tutto organizzato alla perfezione, dagli invitati, alle decorazioni, al banchetto. Tutto rispecchiava lo status sociale della famiglia, ma a Draco dello status e del resto non importava poi molto. Si era chiesto se non fosse meglio parlare con Astoria, se non dirle la verità sulla sua relazione con Tom. Ma poi si ricordava che questo avrebbe mandato tutto a monte e che non aveva idea di come la ragazza avrebbe reagito. Per non parlare del fatto che in quei giorni si erano visti pochissimo. Adesso l’avrebbe rivista all’altare. Suo padre gli parlava, ma Draco non lo stava ascoltando veramente, immerso nei suoi pensieri.
Si stava sposando davvero e non aveva idea di cosa ciò avrebbe comportato. Avrebbe dovuto nascondersi comunque, con o senza matrimonio.
E tutto ciò gli faceva venire la nausea.
«Draco, mi stai ascoltando?» domandò infastidito Lucius.
«Eh? Ah, sì, ti stavo ascoltando» mentì.
«Sei più pallido del solito. Non vorrai svenire il giorno del tuo matrimonio.»
«Non posso prometterti che non sverrò» mosse appena le labbra per trattenere la nausea. Suo padre non avrebbe potuto capire. Ed era meglio così. Tuttavia, c’era un che di affettuoso nei suoi gesti e nelle sue parole. In fondo, anche se aveva le sue convinzioni, Lucius credeva davvero di fare il meglio per suo figlio.
Eppure, in parte Draco avrebbe voluto dirgli la verità. Aveva mille difetti, ma non era un bugiardo.
«Draco, che c’è?» domandò Lucius. Suo figlio mosse le labbra.
Oh, quanto pesavano quelle parole non dette. E che non sarebbero state dette, non quella volta, non così. Tom entrò, schi»arendosi la voce.
«Signor Malfoy, posso parlare un attimo con Draco?»
«Ah, ma certo. Non fate troppo tardi» raccomandò Lucius. Draco tornò a respirare e lanciò un’occhiata a Tom. Era buffo, sembrava quasi che dovessero essere loro due a sposarsi.
«Tu sei…» sussurrò.
«Anche tu» disse Tom. «Ero solo venuto a vedere come stavi. Tendi ad agitarti pure troppo.»
Ma non era l’unico ad essere agitato. L’amore non aveva reso Tom solo più umano, ma anche più trasparente, almeno per Draco. Dal modo in cui cambiava sempre posizione e dal suo distogliere lo sguardo, era evidente la sua non indifferenza.
«Devo chiederti una cosa» disse ad un tratto Tom. «Non ti è mai venuto in mente che forse dovresti lasciarmi perdere e che la tua vita sarebbe più facile?»
Draco ci aveva pensato. Non a lasciarlo perdere, quello non gli aveva mai sfiorato la mente. Al fatto che la sua vita sarebbe stata più facile, quello era vero. Ma a che prezzo?
«Ci ho pensato, ma non mi interessa. Non me ne faccio niente di una vita più facile, ma incompleta.»
«Sei consapevole che potresti avere rimpianti, vero?»
I loro occhi si incontrarono in quel momento. Draco non credeva che Tom stesse dicendo ciò perché Tom non lo amasse, anzi, era proprio il contrario: era solo consapevole che le cose sarebbero diventate dolorose. E questo lo sapeva anche lui.
«Avrò il rimpianto se mi separo da te» sussurrò. Poi lo baciò, in modo appassionato, come se non dovesse rivederlo mai più.  Erano abituati a fingere di essere solo amici, ma adesso avrebbero dovuto essere ancora più bravi. Draco avrebbe custodito gelosamente l’anello che lui lo aveva regalato, indossandolo sempre e solo per lui.
Rimasero a fissarsi per qualche istante e poi Tom gli accarezzò i capelli, sistemandoglieli.
«Adesso dovremmo andare, Draco. Per quanto sarebbe romantico fuggire insieme, temo che la storia dovrà prendere una piega diversa.»
 
E Tom aveva ragione. Draco si sbrigò a raggiungere il giardino, decorato con gusto. Gli invitati erano già lì, Astoria lo avrebbe raggiunto poco dopo sotto l’arco nunziale. Narcissa si avvicinò al figlio, cingendolo per un braccio mentre l’orchestra iniziava a suonare la marcia. Tom si era seduto e si era voltato a guardarlo.
E nemmeno Draco poté esimersi dal guardarlo.
Mentre camminavano, Narcissa si rivolse al figlio.
«Draco, sono molto in pena per te. Sarai infelice in questo modo.»
«Sarò infelice in ogni caso, non c’è posto a questo mondo per quelli come noi. Oramai l’ho accettato.»
Se Draco avesse guardato sua madre, avrebbe visto nel suo sguardo preoccupazione e dolore. Non accettava l’idea che avesse un amante come Tom, sebbene non l’avesse detto apertamente, ma saperlo sofferente era ancora peggio. Narcissa accompagnò suo figlio all’altare e poi lo lasciò andare. Draco drizzò la schiena, Tom era proprio vicino a lui e anche guardandolo non avrebbe saputo dire cosa stesse provando. Era rassegnazione, mista ad un po’ di tristezza? Dopotutto Tom era sempre stato bravo a nascondere i suoi sentimenti. Qualche istante dopo vide Astoria comparire in fondo: era bellissima nel suo abito di pizzo, con il velo a coprirle il viso sicuramente arrossato. Una bellissima sposa. No, un ruolo, quello della moglie tradita.
Come d’altronde Draco aveva il ruolo del traditore.  Mentre lei si avvicinava a lui, capì quanto realmente fossero giovani, poco più che due bambini. Non c’era da sorprendersi, perché era sempre stato così tra i maghi Purosangue. Per un istante, solo uno, Draco desiderò essere come tutti gli altri.
Ma lui non era né sarebbe mai stato come tutti gli altri. Accennò un sorriso ad Astoria e quando lei l’ebbe raggiunto, la cerimonia ebbe inizio.
Era la stessa cantilena, tutte le volte. Promettere di amare, promettere di essere fedele. Draco era lì con il corpo, ma con la mente era da tutt’altra parte. Si sentiva come se fosse tutto sbagliato, tutto innaturale.
Ed era così.
Tom era quello che avrebbe dovuto sposare, ma ciò non sarebbe accaduto mai.
La sua storia era già scritta. O almeno di questo era convinto.
Draco Malfoy e Astoria Greegngrass si sposarono il 12 luglio del 1945 con una cerimonia sfarzosa ed elegante, circondati da tutti i loro cari. In molti avrebbero in seguito detto che non avevano mai visto sposo più triste e malinconico di Draco.
Ma dopotutto il ragazzo era giovane… ci avrebbe fatto l’abitudine.
 
Ora era sposato. Era strano anche solo pensarlo, ma la fede che portava al dito avrebbe ricordato a tutti, e a se stesso soprattutto, del passo che aveva compiuto. I festeggiamenti avevano avuto presto inizio, ma Draco si era allontanato per stare qualche secondo in solitudine. Gli alberi lo proteggevano dal sole e lì nessuno avrebbe potuto vederlo. Sarebbe servito a qualcosa piangere? Ciò avrebbe cambiato qualcosa? Sicuramente no, ma non poteva comunque fermare le lacrime che gli rigavano le guance. Sapeva che Tom lo avrebbe raggiunto presto. E infatti, il ragazzo era arrivato poco dopo.
«Hanno proprio ragione, mai visto uno sposo più triste di te» commentò.
Draco si asciugò una lacrima.
«Dicono che i matrimoni siano commoventi.»
«Dubito che sia questo il motivo per cui piangi. Oramai è fatta, Draco. Pensi ancora che cambierà qualcosa tra noi?»
«Non potremmo vederci spesso come facevamo prima» sospirò.
«Oh, quindi è questo che ti preoccupa» disse Tom divertito. «Non temere, questo non sarà un problema. Ad ogni modo credo che tua moglie dovrà sapere dei nostri progetti per il futuro.»
Draco fece una smorfia. Astoria era d’indole buona e dolce, dubitava avrebbe accettato di diventare una seguace di Tom.
«Sinceramente per adesso ho altro per la testa… tipo a quello che dovrò fare stanotte» confessò. Tom lo guardò negli occhi.
«Devi solo chiudere gli occhi e passerà in fretta.»
«Non è giusto. Non è giusto per lei, per me, per te…»
«Ehi» Tom lo afferrò per un braccio. «Dimentica la tua preoccupazione per me. Io sto bene»
«Tom, giuro, quando cerchi di essere forte per entrambi mi dai così fastidio» sussurrò, in realtà senza rabbia, afferrandolo per poggiare a labbra sulle sue.
«Cosa ti aspettavi?» ansimò Tom. «Se voglio essere potente e grande non posso mostrare i miei sentimenti e… tu sei così bello… non penso di poter resistere.»
Gli baciò il collo e Draco si sentì tremare d’eccitazione.
«T-Tom… qualcuno potrebbe vederci…»
«Allora dovremo essere veloci. Non ti lascerò andare così.»
E d’altronde Draco non voleva che lui lo lasciasse andare. Poggiò la schiena contro un albero e mentre Tom lo baciava tirò giù i suoi pantaloni scuri, toccando la sua erezione.
«Tom» ansimò.
«Sì, Draco?» domandò, per poi inginocchiarsi. «Stai attento a non farti sentire.»
«N-no!» piagnucolò senza alcun successo. Sotto di lui Tom lo stava succhiando con bravura e tutto ciò che lui poteva fare era stringere i denti così forte da provare dolore. Accarezzò i suoi capelli, muovendo i fianchi e chiudendo gli occhi.
«Oh, Tom… ti voglio… ti voglio così tanto… Prendimi ti prego, ti prego, ne ho bisogno» lo supplicò.
Avrebbe sopportato tutto meglio, in questo modo. Tom si staccò e si leccò le labbra.
«Maledetto, quando mi supplichi perdo il controllo!» esclamò alzandosi e baciandolo. Dopodiché Draco si voltò, stringendo il tronco dell’albero. Tom dietro di lui gli baciò il collo ed entrò in lui, sibilando. A differenza delle altre volte quel rapporto non sarebbe stato né dolce né paziente. Al contrario, sarebbe stato passionale, disperato.
Mentre Tom si muoveva dentro di lui, Draco voltò appena la testa, incrociando il suo sguardo.
«Lo sai che ti amo, vero?»
Non se lo dicevano spesso, era più facile esprimerlo a gesti. Ma quella volta aveva il bisogno di dirglielo.
«Lo so. E lo sai che ti amo anche io, anche se non so c-come sia possibile» gemette.
Consumarono la loro passione in fretta, facendosi violenza per non gemere ad alta voce.
Sposato da meno di un’ora e già Draco era venuto meno ai suoi doveri. Non che si aspettasse altro, ovviamente.
«Forse adesso dovremmo tornare» ansimò Tom, lisciandosi i capelli. «E ricorda di indossare la tua maschera di sorrisi e felicità.»
Draco annuì. Da quel momento avrebbe avuto due vite.

Nota dell'autrice
La sveltina finale non c'era messa ma... è successa comunque ahahah. Draco e Astoria si sono sposati e ufficialmente inizia per loro la vita adulta, nonostante poi siano due ragazzini. Tom continuerà ad essere l'amante di Draco e a lavorare alla sua ascesa al potere. Chissà se effettivamente le cose cambieranno, per il momento entrambi sembrano disposti a farla funzionare.
E sì, ho messo dei riferimenti alla Grindeldore quando Silente parla con Draco perché mi pare doveroso e perché io ci vedo dei parallelismi incredibili.
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento.

 

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Capitolo 12
*** Passionis ***


Quod devotio
 Passionis


I festeggiamenti per il matrimonio si erano conclusi, ma adesso Draco avrebbe dovuto fare i conti con la parte più difficile: la prima notte di nozze. Non sapeva come avrebbe potuto lasciarsi andare, Tom era l’unico per cui avesse mai provato attrazione. Ma tra marito e moglie era così che funzionava. Lui e Astoria avrebbero passato i primi giorni a Villa Malfoy, prima di trasferirsi in un’abitazione lì vicino in modo da avere la gusta privacy e poter cominciare la loro vita di coppia.
Si sentiva nervoso. Tutti si aspettavano una certa cosa da lui, probabilmente anche sua moglie. Astoria lo aveva raggiunto a letto indossando una leggera camicia da notte, un po’ trasparente. Si vedeva lontano un miglio che anche lei fosse spaventata e timida, incerta su come comportarsi.
«È stata una giornata stancante» sussurrò. Draco sollevò la testa.
«Già. Molto… Fosse per me avrei fatto una cerimonia più piccola, ma… sai come sono i miei. Siamo nobili, quindi perché non fare le cose in grande?»
Astoria sorrise, sedendosi accanto a lui. C’era una palese tensione nell’aria.
«Ad ogni modo, farò del mio meglio per essere una buona moglie»
Draco strinse le coperte. Di certo non poteva promettere che sarebbe stato un buon marito, in quello aveva già miseramente fallito. Quindi evitò di spostare l’argomento su di sé.
«Io penso che tu ci stia già riuscendo» disse sincero. Astoria era sempre stata ineccepibile, al contrario suo.
Lei si fece più vicina. Non avrebbe osato fare di più, ma fu brava a fargli capire cosa desiderava: il suo tocco.
Draco e Astoria non si erano nemmeno mai baciati. Prima di sposarsi era meglio non fare certe cose e inoltre nessuno dei due ci aveva neanche mai provato, ma adesso…
Draco si fece più vicino, e sentendosi incredibilmente goffo la baciò. Era diverso da baciare Tom, anche se non era giusto fare paragoni gli veniva naturale. Le mani di Astoria sul suo corpo erano più lisce e delicate, il suo profumo era diverso, tutto lo era. Draco decise che spegnere la mente fosse l’unico modo per rendere tutto più sopportabile.
Per quanto paradossale fosse, si sentiva come se stesse tradendo Tom.
E questo faceva male.
 
 
Ottobre 1945
 
La nuova casa in cui Draco si trasferì non aveva nulla da invidiare a quella in cui era cresciuto. Forse era un po’ troppo grande per due persone, anche se tutti si aspettavano che ben presto sarebbe arrivato un figlio. Lui non voleva ancora pensarci in realtà, doveva metabolizzare il fatto di essere sposato. Per il momento quindi l’unica altra compagnia era Dobby, che aveva preferito portare con sé, visto che conosceva il suo più grande segreto, e Tom, che veniva ovviamente a trovarlo spesso. Anche quella tarda mattinata andò a trovarlo, con un umore che non era dei migliori.
«Beh? Com’è andata? Ti hanno dato il posto?» chiese Draco porgendogli una tazza ti tè, che però Tom rifiutò.
«Dippet dice che sono troppo giovane per insegnare» disse con tono un po’ lamentoso.
«Ma Tom, tu sei troppo giovane per insegnare» ammise Draco.
«Comunque mi ha invitato a riprovarci tra qualche anno» sospirò. «E nel frattempo… lascio la Gran Bretagna.»
A Draco cadde la tazzina sul pavimento e si sbeccò. Accidenti, pensò, era porcellana buona, un regalo di nozze. Tom fece una smorfia.
«Non dicevo per sempre» chiarì, divertito da quella reazione. «Penso che andrò in Grecia e…»
«T-tu non puoi lasciarmi qui da solo, portami con te!» si odiò per non essere riuscito a trattenersi. Ma l’idea di averlo così lontano, in un altro paese, proprio non gli piaceva.
«Te lo avrei chiesto se mi avessi fatto finire di parlare» sbuffò Tom spazientito. «Ma pensavo che avresti rifiutato, dopotutto adesso sei sposato, non vorrai lasciare la tua povera moglie da sola» nemmeno Tom era riuscito a nascondere il suo tono infastidito.
Draco si alzò, camminando nervoso.
«Ne parlerò con lei. Anche perché prima o poi dovrà sapere quali sono i nostri progetti per questo mondo.»
I nostri progetti. Draco aveva preso proprio a cuore le sue ambizioni, facendole proprie.
«Questo ti creerà problemi» profetizzò Tom.
«Non fare l’uccello del malaugurio. Non avremo alcun tipo di problema» lo rassicurò Draco, che anche se era sposato rimaneva comunque un ragazzo giovane, innamorato e che avrebbe fatto di tutto in nome dell’amore.
 
La sera stessa parlò con Astoria del suo progetto di accompagnare Tom in Grecia. Sua moglie non sembrava turbata, tanto meno infastidita, sapeva quanto fosse stretto il loro legame, erano molto amici.
«Cos’è che andate a fare?» domandò Astoria. Draco in realtà non sapeva nello specifico quali fossero i progetti di Tom, non glieli aveva nemmeno chiesti, ma poteva immaginarlo.
«Ricerche per un… ecco, progetto. Forse te lo avevo accennato e…»
«In realtà no.»
Draco si sentì messo alle strette. Non voleva mentirle, ma dirle tutto e tutto insieme sarebbe stato un po’ troppo.
«Okay, dunque… Tom ha dei progetti e io lo sto aiutando… si tratta di progetti a lungo termine… è una cosa che riguarda i Purosangue e… tutti gli altri.»
«Teoricamente Tom non fa anche parte di tutti gli altri?» domandò Astoria.
«Astoria» la chiamò, esasperato. «Noi siamo migliori di loro. È vero, Tom è un Mezzosangue, ma lui è diverso, lui… creerà un nuovo mondo dove saremo tutti uguali»
«Mi stai spaventando, Draco. Tutto ciò mi sembra pericoloso.»
Ovviamente lo era. Astoria non era come la maggior parte dei Purosangue, convinti di essere migliori, lei non aveva pregiudizi verso nessuno. E questo rendeva tutto più difficile.
«Lo so che può sembrare pericoloso, ma giuro che non lo è. Anche i miei genitori ne sono a conoscenza e sono d’accordo. Non capisci? Io posso aiutare Tom a rendere questo mondo migliore. Mi fido di lui, io…»
Astoria gli poggiò una mano sul viso per cercare di calmarlo.
«So che ti fidi di lui e d’altronde io voglio fidarmi di te. Per favore Draco, non fare niente di pericoloso, ti chiedo solo questo» lo pregò. Draco afferrò la sua mano, stringendola con delicatezza. Non riusciva ad essere sincero in nessun modo, non poteva, motivo per cui si sentiva in colpa.
«Lo prometto» sussurrò. Sapeva che Astoria non gli avrebbe chiesto di venire con loro: era di salute fin troppo delicata per intraprendere un viaggio del genere, senza contare che non sembrava entusiasta di intromettersi nei piani di Tom. Motivo per cui, per il momento, si sarebbe limitata a fare finta di niente.
 «Potrai stare con la tua famiglia nei giorni in cui mancherò. O magari con i miei, sono certo che mia madre ne sarebbe felice.»
«Sei sicuro che non ti creeranno problemi?» chiese Astoria, che oramai stava imparando a conoscere i suoceri.
«Anche se fosse, oramai sono sposato e vivo da un’altra parte, per cui non c’è problema» affermò deciso. In realtà sapeva bene che qualche piccolo problema ci sarebbe stato, ma poco importava. Si sentiva entusiasta all’idea di allontanarsi con Tom dall’Inghilterra.
 
I due partirono quattro giorni dopo, giungendo nella soleggiata Grecia in pieno pomeriggio. Nonostante fosse ottobre, faceva bel tempo e le temperature erano piacevoli. Probabilmente era sbagliato pensare a quella come una sorta di vacanza, Tom non faceva mai niente per semplice divertimento.
«Il sole è piacevole, sudare un po’ meno» sospirò guardando verso l’alto. «Il tuo piano sarebbe…?»
«Horcrux temporanei» disse semplicemente guardando la mappa. Draco per poco non perse l’equilibrio.
«E ti serviva arrivare fino in Grecia per fare una cosa del genere? Cosa c’è, in Inghilterra non c’era niente di tuo gradimento?!» si lamentò. Se gli avesse detto prima quali erano i suoi intenti, forse avrebbe cercato di farlo desistere.
«E sta zitto» sussurrò Tom tappandogli la bocca con una mano. «Ho detto che è temporaneo e mi sembrava di averti detto che un Horcrux non può essere un oggetto qualsiasi. Sarebbe troppo pericoloso.»
Draco si rilassò appena, dopotutto non aveva tutti i torti. E poi quella era stata una scusa perfetta, potevano stare insieme completamente da soli come non accadeva da mesi.
«Oh, e va bene. Ma sappi che questa cosa dell’anima non mi piace per niente, continuo a pensare che forse dovrei farlo anche io. Dividere la mia anima, intendo. Non mi piace, ma amo meno l’idea di sapere te immortale e me mortale.»
Draco di solito non chiacchierava tanto e stranamente né la stanchezza né il sole riuscivano a farlo desistere. Gli piaceva pensare che dopo quella specie di spedizione folle avrebbero trovato del tempo per loro. Tom gli camminava davanti e ad un certo punto si fermò e Draco per poco non gli finì addosso.
«Tom!»
«Mi sembrava di aver già affrontato quest’argomento. Non ti permetterò di farlo» disse serio.
«Tu non me lo puoi certo impedire!» esclamò, a braccia conserte. Non gli piaceva affatto l’idea di fare qualcosa di così proibito, ma il suo sogno era camminare di pari passo accanto a Tom, per quanto fosse possibile. Tom sospirò, accarezzandogli una guancia.
«Ah, Draco. Tu mi rendi troppo sentimentale e ho delle preoccupazioni che non dovrei avere, ma non posso proprio farne a meno. Capisci o no che sto cercando di proteggere la tua umanità?»
«Ah, intendi come sto cercando di fare io con te? Pensi che sia troppo stupido o troppo debole per una cosa del genere?» domandò piccato. Lui e Tom litigavamo raramente, soprattutto perché Tom non amava le discussioni. Fu insolito vederlo arrossire.
«Tu devi proprio farmi dire certe cose, non è vero? Pur sapendo quanta difficoltà io abbia, ma va bene, dopotutto tu ami sentirtelo dire. Ti amo troppo per permetterti di fare questo.»
Avrebbe dovuto essere un’ovvietà, ma per Draco non c’è niente di scontato, niente di ovvio. Arrossì anche lui, sentendosi piuttosto stupido.
«Dopo tutto questo tempo non dovresti crearti problemi se vuoi dirmi che mi ami» disse solamente.
Tom sorrise, come se volesse dirgli “pretendi un po’ troppo”. Dopotutto per lui era straordinario già il fatto di amare un altro essere umano. Non parlarono più dell’accaduto, troppo impegnato nella ricerca di qualcosa che potesse fungere sa Horcrux temporaneo. Ma anche se silenzioso, Draco si sentiva piuttosto felice… avere delle conferme ogni tanto era magnifico.
 
La sera era calata e con essa anche la stanchezza.
Non avevano ancora trovato nulla che potesse fare al caso loro, ma Draco doveva ammettere che in qualche modo era stato divertente. Forse non era un termine appropriato, ma voleva ancora vivere nell’illusione di essere un ragazzino e che il mondo non fosse difficile.
Avevano alloggiato in un piccolo hotel che si affacciava sul mare e Draco doveva ammettere che fosse tutto molto romantico.
Sarebbe stato bello non tornare più.
«Diamine, non pensavo che la temperatura si sarebbe abbassata così» si lamentò Tom raggiungendolo sul balconcino. Draco annuì distrattamente. A volte pensava ancora all’idea di scappare, anche se oramai non poteva certo farlo.
«Direi che è tutto perfetto» sussurrò, arrossendo subito dopo. Si sentiva un po’ melenso. Non aveva ancora parlato con Tom di quello che gli aveva detto quel giorno. E stranamente Tom sembrava quasi in imbarazzo.
«Sì beh…non vuoi dormire? Pensavo fossi stanco»
Draco non rispose, si limitò ad allungare una mano, voleva che si avvicinasse-
«Non dirmelo, sei in vena d’affetto?»
«E anche se fosse? Potrai anche diventare il mago oscuro più potente al mondo, ma per me rimarrai sempre Tom. Tom Riddle, il Prefetto di Hogwarts che mi ha rubato il cuore» sussurrò abbracciandolo. Tom ricambiò la stretta.
«Ti sei rammollito, Malfoy. Mi dai la nausea» lo prese in giro.
Nessuno dei due lo avrebbe mai detto. Draco aveva creduto di trovare in lui una semplice figura per accrescere il proprio prestigio, Tom aveva creduto di trovare in lui un semplice e fedele seguace. Entrambi però avevano trovato molto di più.
«Senti chi parla. Qualsiasi cosa ci riserva il futuro, non ti lascerò, nemmeno se le cose dovessero diventare difficili.»
Forse era il mare, la luna e il panorama, ma Draco si sentiva in vena di romanticismo. Alle volte lasciava Tom senza parole. Quest’ultimo gli accarezzò i capelli.
Certo che non lo avrebbe lasciato, niente poteva separarli, perché lui sarebbe diventato invincibile.
Doveva diventare invincibile.
 
La loro “vacanza” si protrasse qualche giorno prima di tornare a Londra. La ricerca di Tom era stata fruttuosa, perché alla fine aveva trovato qualcosa da usare come suoi Horcrux personali. Oltre ciò, aveva annunciato a Draco i suoi progetti per l’immediato futuro.
«Hai presente Borking & Burke? Si trova a Nocturn Allay.»
«Sì, ho presente, ma non è una zona che frequento spesso. Oh, non mi dire che adesso vuoi metterti a lavorare lì?»
Tom era rimasto in silenzio, serio.
«Non ci posso credere! Ma perché andare lì? È un lavoro così… normale!»
«Devi imparare a guardare a fondo alle cose, mio caro Draco. Sai come mi sarebbe facile trovare qualcosa da trasformare nei miei Horcrux? E poi qualcosa dovrò pur fare della mia esistenza.»
Draco avrebbe voluto dirgli che se era il denaro il problema, poteva dargliene quanto voleva, ma non s’azzardò a farlo per non offenderlo. E poi probabilmente non era questo: Tom odiava stare fermo e dipendere dagli altri.
Quando rientrarono a Londra, trovarono la pioggia. Prima di tornare a casa, Draco doveva necessariamente andare dai suoi genitori: due giorni prima della partenza aveva ricevuto una lettera  da parte di sua madre, che pareva urgente e allo stesso tempo vaga. La cosa gli aveva messo un po’ d’ansia, anche se aveva avuto altro a cui pensare.  Quindi i due amanti si separarono con un bacio appassionato e Draco andò a casa dei suoi genitori, ignaro di cosa lo aspettava.
Quando si presentò in soggiorno, Narcissa stava seduta con sguardo afflitto. E Lucius infatti sembrava star trattenendo a fatica il malcontento.
Sicuramente dovevano entrambi essere turbati a causa di quella sua idea di partire senza neanche avvertire.
Anche se le loro espressioni sembravano fin troppo preoccupate.
«Sì, lo so» sospirò. «Siete arrabbiati con me perché sono partito senza avvisare. Mi spiace, ma è  stata una cosa dell’ultimo minuto» mentì.
Suo padre si avvicinò, impettito.
«Draco, forse non sei ancora entrato nell’ottica che hai una famiglia tua, adesso»
«Sono… stato via solo per qualche giorno» disse sorpreso da tanta serietà. «Astoria era d’accordo.»
«Questo non è importante. La famiglia viene prima degli estranei.»
Cosa stava succedendo? Perché suo padre, che stimava Tom e si trovava d’accordo con le sue idee, adesso lo definiva un estraneo?
«Beh… io considero Tom parte della mia famiglia e ti sarei grato se non parlassi di lui in questi termini.
Stava iniziando ad avere paura che suo padre avesse capito.
Più che paura, era totalmente terrorizzato, ma stava cercando di darsi un contegno.
«Solo un amico, eh Draco? Non ho mai visto due amici uniti come voi. Forse troppo uniti» disse Lucius sprezzante.
A quel punto Draco ebbe la sua conferma: suo padre sapeva. Guardò sua madre, sperando che potesse dargli una risposta. Forse doveva continuare a fingere?
«Non capisco a cosa vuoi alludere, noi siamo sempre stati amici.»
«Draco, non continuare ad offendere la mia intelligenza. Ho sempre trovato molto strano il fatto che ti fossi legato tanto a quel ragazzo. Certo, è diverso dal resto della feccia, ma lo hai sempre guardato in un modo che non avevo mai visto.»
Draco aveva iniziato a respirare in modo irregolare. Quando sua madre lo aveva scoperto, non aveva avuto così paura. Sapeva che in qualche modo avrebbe compreso, o al massimo sarebbe stata in silenzio.
«Allora dì quello che devi dire, padre» sussurrò stringendo i pugni, sorprendendosi lui stesso per il coraggio che stava dimostrando.
«Draco, tu sei un invertito» disse sena nascondere il disprezzo nella sua voce.
Narcissa si alzò, posandogli una mano sul braccio.
«Lucius, per favore…»
«Madre… sei stata tu a dirglielo?» domandò, l’espressione sconvolta e pallido come uno straccio.
«Ah, tutto il contrario. Non mi ha detto nulla e la sua non risposta è stata una conferma più che sufficiente. In effetti che motivo potevi avere per partire così all’improvviso, lasciando tua moglie da sola mentre tu… non voglio neanche pensare a quello che hai fatto.»
Il pallore aveva lasciato posto ad un colorito rosso acceso. Sapeva bene che suo padre non avrebbe reagito bene, ma dopotutto che importanza aveva?
«Io… quello che ho fatto non ti riguarda. Più niente ti riguarda, oramai!» disse a gran voce, nonostante il tremore.
«Draco, no» intimò sua madre, ma senza successo.
«Hai idea di cosa succederebbe se si venisse a sapere? La nostra famiglia sarebbe rovinata!» esclamò Lucius.
«Pensi che non lo sappia? È per questo che mi sono sposato, è per questo che sopporto tutt’ora! Qual è il problema, allora? Nessuno saprà niente e io vivrò la mia relazione. O forse ora ti disgusto, eh padre?»
Draco era sempre stato rispettoso, ma quella volta si sentiva troppo umiliato. E arrabbiato. E si rese conto di quanto gli sarebbe piaciuta l’accettazione, ma si rendeva conto che fosse troppo presto.
«Come osi parlarmi così?» domandò suo padre, a dir poco sconvolto. «Quel tipo ti sta deviando.»
«Ah, ora non tirare fuori questa storia. Tom piace anche a te, pendi dalle sue labbra e sei disposto a seguirlo nei suoi piani di conquista. Prova  a voltargli le spalle se vuoi, perché io non lo farò. E non ci sarà niente che non mi farà cambiare idea!» dicendo ciò si voltò e si sbrigò a lasciare la sua vecchia casa, mentre Narcissa si sedeva e si versava del whiskey.
Era stato un disastro su tutti i fronti.
Draco uscì, sollevando il viso verso il cielo grigio. Dubitava che la sua famiglia gli avrebbe impedito di vedere Tom, la sua presenza era conveniente per tutti, per non parlare del fatto che era importante non creare sospetti o scandali.
No, ciò che lo feriva era stato lo sguardo di disprezzo negli occhi di suo padre. Ma cosa poteva aspettarsi? Quelli come loro erano considerati feccia da eliminare,
Davvero buffo come i ruoli potevano invertirsi.
Prese un respiro profondo, mentre lacrime di rabbia gli solcavano il viso. Tom sarebbe diventato il mago più potente al mondo, lui era deciso a diventare la persona che sarebbe stata accanto al mago più potente al mondo.

Nota dell'autrice
Ebbene sì, Lucius ufficialmente sì e non l'ha presa benissimo. Su una cosa però Draco ha ragione: non avrebbe il coraggio di voltare le spalle a Tom. Di sicuro le cose rimarranno invariate, anche se per lui è difficile sentirsi così discriminato dalla propria famiglia. Insomma, per uno che discrimina i Mezzosangue in generale è un bel colpo, no?

 

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Capitolo 13
*** Deditio ***


Quod devotio
Deditio
 
Le cose non cambiarono granché da quel giorno, eccezion fatta per la rabbia di Draco nei confronti dei suoi genitori. Non si sentiva a suo agio all’idea di parlare con loro, con suo padre a causa di quello che aveva detto, con sua madre perché forse si era aspettato che prendesse le sue parti, ma… in effetti aveva preteso un po’ troppo.
Quindi era tornato a casa, aveva sorriso a sua moglie e avrebbe continuato quello per cui aveva un talento naturale: fingere. Tom era stato di parola e aveva iniziato a lavorare a Nocturn Alley e, da quel che raccontava a Draco, sembrava essere molto bravo con i clienti. E questo non lo sorprendeva, in effetti.
Prima che se ne rendessero conto, si lasciarono quell’anno alle spalle. La situazione era ferma, Tom stava procedendo con estrema lentezza. Ciò che gli ripeteva sempre era “C’è bisogno di tempo per certe cose”. Draco alle volte sperava che un giorno Tom si svegliasse e cambiasse idea. Non sarebbe mai successo e lui lo avrebbe comunque seguito ovunque, ma era inevitabile pensarci, a volte.
E poi c’era un altro problema che Draco sapeva prima o poi sarebbe arrivato. Sia la sua famiglia che quella di Astoria premevano affinché avessero un figlio, ma nessuno dei due sembrava intenzionato. In realtà ci avevano anche provato, ma non era certo colpa loro se di fatto non accadeva nulla. Draco si sentiva davvero troppo giovane per un impegno del genere.
«Ti avverto, Tom. Rischio di perderci la testa, è frustrante» Draco camminava avanti e indietro mentre Tom se ne stava seduto a bere. «Mio padre mi parla a malapena, ma quando deve ricordarmi che dovrei sbrigarmi a garantire un erede, lì sì che mi parla, non fa altro che inviarmi lettere!»
«Che cosa ti aspettavi? Adesso che sa di noi, ti metterà addosso ancora più pressione. Sicuramente penserà che è colpa mia se vieni meno ai tuoi doveri matrimoniali» disse lui, non riuscendo a nascondere un sorriso divertito.
«Io non vengo meno a niente!» disse Draco arrossendo. Non aveva voglia di parlare della sua vita sessuale con Astoria con il suo amante. «E poi Astoria è così fragile. Sua madre dice che dovrebbe vedere un Guaritore e prendere una qualche pozione per la fertilità… sono abbastanza sicuro che se arrivasse un figlio non le dispiacerebbe. Ma io? Sono troppo giovane!» disse disperato.
Si sentiva lui stesso un bambino per certi aspetti.
«Oh, suvvia, non essere tragico. La tua famiglia può fare poco, la cosa non dipende nessuno.»
Draco si sedette, con i capelli in disordine.
«Scusa, ti sto facendo deprimere.»
«Figurati, sono anche affari miei. Vorrei sapere se la persona che amo ha intenzione di mettere al mondo un… piccolo orripilante bambino che gli ruberà il tempo e le energie» disse non trattenendo un certo disgusto.
«Oh, Tom, smettila!» sbottò dandogli un colpo su una spalla. «Non sei affatto gentile.»
«Odio i bambini. Anche se, immagino» e dicendo ciò lo guardò. «Che sarebbe diverso, considerando che si tratterebbe di tuo figlio.»
Daco avrebbe tanto voluto non mostrarsi commosso, ma era difficile quando era Tom a dire qualcosa di carino.
«Oh, Tom.»
«No, non dire che è una cosa carina, perché non lo è. È tremendo, e comunque sto parlando solo in via ipotetica, non fissarti troppo.»
Come al solito, quando Tom rischiava di esporsi troppo, cambiava discorso. Draco si inginocchiò davanti a lui, prendendogli una mano e baciandogli le dita.
«Draco, mi meraviglio di te. Tua moglie sta riposando di sopra.»
«Lo so, ma non riesco a trattenermi. Mi manchi, mi manca la tua presenza. Non so chi sia più sottomesso all’altro tra noi due.»
Tom lo guardò sorpreso, dandogli una piccola spinta e bloccandolo sul pavimento.
«Io non sono sottomesso a nessuno» sussurrò baciandogli il collo e  bloccandogli le mani sopra la testa. Draco ansimò, un po’ teso. Sperava che quell’idiota del suo elfo non arrivasse in quel momento, ma per fortuna Dobby aveva il buon senso di stare alla larga quando il padrone era in compagnia di Tom.
E poi, l’idea di farlo sul pavimento era piuttosto eccitante.
Tom gli aprì la camicia, continuando a posare le labbra sul suo corpo accaldato. Quelli erano i momenti in cui Draco poteva dimenticare quanto fosse tutto così difficile. Chiamò debolmente il suo nome e lui alzò lo sguardo.
«Io sono la tua debolezza, vero?»
Si pentì subito di averlo detto. Perché doveva procurarsi ansie e preoccupazioni?
Però era vero, lui rappresentava una falla nel piano di Tom che altrimenti sarebbe stato perfetto. Questo lo rendeva umano, e forse Tom non aveva considerato di legarsi così tanto a qualcuno.
«Questo lo sai già» disse risalendo per baciarlo.
«Mh… e se capissi che non puoi permetterti di avere una debolezza?»
«Perché parli di questo ora?» domandò impaziente.
«Perché…. Non lo so… Ci ho pensato e basta» ammise arrossendo. Tom sospirò pazientemente.
«Pensavo di poter prevedere il mio futuro, ma ovviamente mi sbagliavo. Io porterò a termine i miei piani. Forse è vero, rinunciare a te mi renderebbe le cose più facili, ma… oramai è troppo tardi. Oramai sono effettivamente sottomesso a questo sentimento» disse, smentendo ciò che aveva detto poco prima. Draco sorrise, ma prima che potesse uscirsene con qualche frase troppo sentimentale, Tom lo baciò di nuovo, abbassò i suoi pantaloni fino a toglierli. Dovevano essere silenziosi e veloci. Draco accarezzò i suoi capelli, le sue guance, la sua schiena. Sgualcì la camicia e tolse il gilet che portava. Dopodiché infilò le mani nei suoi pantaloni e lo sentì eccitato per lui.
Oramai si era rassegnato da tempo all’idea che solo con lui impazziva dal desiderio. Tom gli bloccò di nuovo le mani sopra la testa e lo prese. Draco dovette sforzarsi molto per non gemere, urlare, limitandosi ad ansimare tra le sue labbra con gli occhi chiusi.
«Oh, Tom. Sono certo che diventerai così potente!» disse velocemente, senza fiato.
«Dillo ancora. Mi eccita!» ringhiò.
Draco cercò di prendere fiato, impresa alquanto ardua.
«Tu sarai temuto e rispettato. So che è così, so che è così. Io so quanto vali…»
Più le spinte di Tom si facevano vigorose, più diventata difficile parlare. Ad un certo punto Draco fu costretto a zittirsi e a lasciar posto ai gemiti e ai sospiri.
Come spesso succedeva, consumarono la loro passione in fretta, prima che qualcuno potesse vederli o scoprirli.
 
 
Passarono alcuni mesi in cui tutto rimase immutato. Tom continuava a lavorare a Nocturn Alley, Draco e Astoria continuavano a vivere il loro matrimonio serenamente. Era tanto tempo che Draco non vedeva i suoi genitori, non si sentiva ancora pronto. E poi non c’era niente da dire: non avrebbero mai potuto accettare la loro relazione, ma suo padre doveva stare attento a ciò che diceva. Astoria ovviamente non aveva idea del motivo dietro quel litigio, pensava fosse a causa della pressione che le rispettive famiglie mettevano su entrambi. Ma le cose sarebbero cambiate presto.
Draco vide sua moglie arrivargli incontro e notò subito che c’era qualcosa di diverso in lei, sembrava particolarmente felice.
«Oh, Draco. C’è una cosa che devo dirti»
«Ti prego, se vuoi convincermi a vedere i miei, lo sai come la penso» sospirò. Astoria infatti era propensa al perdono ed era dell’idea che si dovesse sempre dare una seconda possibilità.
«Non è proprio di questo che devo parlarti. Un evento molto più felice.»
«Più felice?» domandò distrattamente, guardando le pagine del libro che stava leggendo. Astoria annuì.
«Sono incinta. Finalmente, ce l’abbiamo fatta.»
A Draco cadde il libro di mano. Quello non se lo aspettava, non così presto almeno.
«…Eh..?»
«Oh, Draco. Sei rimasto senza parole.» arrossì lei.
«No, è solo che… d’accordo, sono senza parole. Com’è successo?»
Astoria arrossì ancora di più.
«Beh… è da dopo il matrimonio che proviamo. E qualche settimana fa ho avuto il sospetto e… non arrabbiarti, ma mi sono fatta visitare da un Guaritore. Volevo essere sicura prima di dirtelo.»
Draco si sedette composto. Sapeva di essere troppo giovane, ma era ovvio che prima o poi sarebbe successo.
«E cosa… cos’ha detto riguardo la tua salute? Corri qualche pericolo?»
Astoria era fragile come un fuscello, poteva essere spezzata a causa del vento.
«Oh, se sto a riposo e presto attenzione dovrebbe andare tutto bene, non devi preoccuparti. Ma tu che mi dici? Non sei contento?»
In realtà non sapeva come fosse opportuno sentirsi. Spaventato lo era sicuramente. Lui non era molto bravo a prendersi cura degli altri, specie di un bambino innocente.
«Sì… certo che sono contento. Ovvio» disse sforzando un sorriso. Astoria lo abbracciò e lui trattenne il fiato. Questo cambiava non poco le cose.
Aveva bisogno come non mai di vedere Tom. In realtà non ci fu bisogno che lo contattasse, perché fu lui a venire in casa sua due giorni dopo. E sembrava piuttosto teso.
«Ho trovato quello che potrebbe fare al caso mio» aveva iniziato a parlare senza nemmeno dargli il tempo di dire nulla. «Una donna, una certa Epizbah Smith, possiede la Coppa di Tasso Rosso e il Medaglione di Serpeverde. Ti rendi conto? Devono essere miei. Ma prima dovrei… farla fuori, come minimo. Sì, non c’è altro modo. Draco, ma mi ascolti?» domandò ad un tratto, infastidito. Draco sembrava assente e in effetti era vero. Lo aveva sentito senza ascoltarlo veramente, con lo sguardo fisso nel vuoto.
«Astoria è incinta» sussurrò. Dirlo era così strano. Non vide l’espressione di Tom, impaziente, come se quella notizia non fosse importante.
«Ah, felicitazioni. Ma stavo dicendo…»
«Perché sono così sconvolto? Eppure sapevo che prima o poi doveva succedere.»
«Mi stai annoiando, Draco. Non sono venuto qui per parlare dei tuoi problemi» si lamentò Tom. Draco alzò lo sguardo: sembrava proprio arrabbiato.
«Oh, scusa tanto se i miei problemi non sono importanti quanto i tuoi. Perché sei venuto qui a parlarne con me? Tanto farai comunque di testa tua. Se devi commettere un omicidio, non saranno certo le mie parole a poterti fermare.»
«Vedo che siamo diventati permalosi.»
«Che cosa ti aspetti?!» lo attaccò ancora.
Draco dimenticava, a volte, che sarebbe sempre stato meno importante rispetto ai sogni di Tom. Spesso era facile non pensarci, perché lui era bravissimo a farlo sentire il più importante. Ma chiaramente era tutta illusione.
«D’accordo. Adesso devo andare, ti farò sapere» concluse Tom, che aveva altro per la testa piuttosto che sentire le sue lamentele. Draco non tentò di fermarlo, che facesse pure quello che voleva. Intanto c’era altro a cui doveva pensare: ovviamente Astoria aveva avvertito le rispettive famiglie del lieto evento, e dopo mesi avrebbe rivisto i suoi genitori. Si sentiva così arrabbiato che ogni traccia di disagio o timore era sparito.
Le rispettive famiglie si presentarono due giorni dopo. Ovviamente si dimostrarono entusiasti alla notizia della gravidanza di Astoria. Da parte dei Malfoy però c’era un’atmosfera piuttosto strana. Narcissa aveva bisogno di parlare con suo figlio e colse l’occasione durante l’ora del tè. Draco non rifiutò il dialogo con lei, dopotutto non era con lei che era arrabbiato, non del tutto almeno.
«Come ti senti, Draco?» sussurrò Narcissa, lontana da occhi e orecchie indiscrete.
«Mi sento stordito. Pensavo che questo momento sarebbe arrivato più in là. Insomma, non ho nemmeno vent’anni e…»
«Caro, non mi riferivo a questo.»
Giusto, chiaramente voleva parlare di Tom e della loro discussione.
«Io… avrei solo voluto che prendessi le mie parti» sussurrò, sentendo improvvisamente il coraggio sparire. «Sei sempre stata dalla mia parte. Però forse era chiedere troppo… Io sono un mostro, un malato di mente, dico bene?»
«No, Draco. Questo non è vero, non l’ho mai pensato. Ma cerca di capire tuo padre. Lo sai che per lui e per il resto del mondo… una relazione di questo tipo è inaccettabile. Specie fra Purosangue.»
«Beh, le apparenze sono salve, come potete vedere» disse allargando le braccia.
Narcissa sospirò.
«Tu e Tom… vi vedete ancora?»
Dal suo tono, Draco capì che per “vedere” intendeva “essere amanti”.
«È così. Ero serio quando dicevo che non vi avrei rinunciato per nulla al mondo.»
Anche se era così arrabbiato con lui.
«Pensi ne varrà la pena? Intendo a lungo termine.»
Doveva valerne la pena per forza. Altrimenti sarebbe stato tutto inutile, non voleva scoprire di aver votato la sua intera esistenza al nulla.
«Credo proprio di sì. Non sarò certo il primo né sarò l’ultimo ad avere un amante»
Gran parte della rabbia era diminuita, anche se Draco si manteneva ancora un po’ freddo e distaccato. Ma era evidente, soffriva per quella situazione. Non era quello a cui tutti miravano, dopotutto. Narcissa gli accarezzò la schiena.
«Sei cresciuto troppo in fretta e in parte la colpa è nostra Sei solo un ragazzo.»
Per un istante Draco ebbe la voglia di gettarsi tra le sue braccia e piangere come quando era bambino, ma si trattenne facendo appello al suo orgoglio.
«Sarei comunque dovuto crescere in fretta, anche senza di voi»
I due furono interrotti dall’arrivo di Dobby, come sempre spaventato e nervoso.
«Che vuoi ora?» sbottò Draco.
«Padrone, il signor Tom Riddle è qui per voi. Mi ha detto di dirvi che è urgente.»
Draco guardò sua madre, la quale  aveva un’espressione indecifrabile. Il momento più sbagliato.
«Sto arrivando» sussurrò Draco, sospirando.
Fuori pioveva. Tom era completamente bagnato da capo a piede, eppure la pioggia non sembrava starlo disturbando. Quando Draco lo vide, notò subito qualcosa di strano in lui.
«Ma Tom! Perché stai lì sotto la pioggia?»
«Ah… oh, Draco. L’ho uccisa, esattamente come avevo detto» sussurrò allargando le braccia.
Non era la prima persona che uccideva, ma non ci si abituava mai a certe cose.
«Tom… per favore, vieni dentro» disse tirandolo per un braccio.
Lo guardò, aveva un’espressione strana… sembrava avesse perso il senno.
«Draco, io devo andare adesso.»
«Andare dove?»
«Devo sparire. Solo per un po’»
Prontamente Draco si aggrappò al suo braccio.
Perché Tom aveva sempre la tendenza a sparire?
«Dove?»
«Non lo so, ma devo prima far calmare un po’ le acque. E lo sai che non puoi venire con me.»
«Mi stai abbandonando?» domandò, questa volta senza riuscire a trattenere le lacrime. Forse si era stufato dopo la loro ultima discussione?
«Non lo sto facendo. Ma dammi tempo, non ho mai detto che sarebbe stato facile. E per favore, davvero. Non fare sciocchezze» disse con una nota di preoccupazione nella voce.
Che fare? Corrergli dietro, pregarlo? Dopotutto, lui era l’unico per cui arrivasse a tanto. Fece qualche passo in avanti, lasciandosi bagnare dalla pioggia, ma non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare il suo nome che lui era sparito. Un fulmine squarciò i cieli e Draco soffocò un grido. Si rese conto in quell’istante quanto fosse così visceralmente attaccato a lui. Ed era lo stesso motivo per cui adesso si sentiva come se l’aria gli mancasse, come se il cuore gli fosse stato strappato via dal petto.
Non aveva controllo su niente, né potere decisionale.
Dopo alcuni minuti fu scosso da brividi di freddo. Si alzò, con gli occhi arrossati.
Doveva credere che Tom sarebbe tornato, che avesse un piano in mente.
Doveva essere così, o sarebbe impazzito.
E mentre se lo ripeteva a mente, tornò dentro casa, stampandosi un’espressione indifferente sul viso.
 
Tom non tornò, né il giorno seguente o la settimana seguente. In preda allo sconforto, Draco aveva preso a scrivere delle lettere che non avrebbe mai potuto spedire. Preferiva bruciarle nel camino, come se cos’ facendo potesse eliminare anche il suo dolore.
15 luglio
Caro Tom
Perché te ne sei andato? Senza dirmi nulla, senza dirmi quando tornerai. Eppure dovresti sapere che ho bisogno di certezza nella vita. Cos’hai in mente? So che sei vivo e stai bene, ovunque tu sia,  ma non osso fare a meno di essere preoccupato. Forse più per me che per te. Perché ho sempre saputo che senza di me potresti benissimo andare avanti da solo. Sono io che non ce la faccio. Sono io che mi sento spento e che mi costringo a sperare che tornerai.
Dopotutto perché non dovresti farlo?
 
28 Luglio
 
Caro Tom. Sono passati quasi due mesi da quando sei partito senza lasciare traccia né un indizio affinché potessi trovarti. Mi manchi così tanto da stare male. Cerco di far finta che vada tutto bene, ma Astoria si rende conto che non va affatto bene. Sa che sei andato via e sa che sono giù di morale per questo, ma ovviamente non conosce i dettagli. Non sa quanto ti amo e quanto mi sento perso senza di te. E so che ho delle responsabilità e giuro che sto facendo del mio meglio, ma non ci riesco.
 
3 Agosto
Tom, Astoria è stata poco bene ultimamente.. Il Guaritore aveva detto che una gravidanza per lei sarebbe potuta essere difficile, essendo di costituzione debole. So che è orribile da dire, ma starle accanto  mi aiuta a non pensare a te, al fatto che non sei ancora tornato e… forse non tornerai mai. Non lo so, fa troppo male non averti qui con me. E mi sento così maledettamente patetico, perché un tempo non dipendevo da nessuno.
 
8 Agosto
 
La situazione è degenerata. Astoria ha avuto… delle perdite di sangue. Non ne capisco molto, sembrava un’emorragia. Non so cosa pensare, non so cosa dire e cosa fare… Non capisco perché le cose stiano andando così,
Anche se non la amo, provo un profondo affetto nei suoi confronti, lei è dolce e gentile e mi rende la vita un po’ più leggera. Se mi lasciasse anche lei, avrei perso tutto.
Se tu fossi qui sarebbe più facile, ma tu non ci sei.
 
9 Agosto
È andata, è finita. Astoria ha avuto un aborto ed è distrutta. Sua madre le ha detto che si riprenderà, che potrà avere altri figli… ma come possiamo pensarci adesso, in un momento come questo?
Astoria è viva, ma in compenso abbiamo perso un figlio. Mio padre mi ha detto di farmi forza, che quel bambino non ha mai respirato e che questo dovrebbe rendermelo più facile, ma non è così. Mi viene da vomitare. So perché sta succedendo questo: è una punizione nei miei confronti per tutte le mie bugie. Mia moglie ha bisogno di me e poco importa che io stia male, devo quanto meno fingere di essere forte, devo essere il suo sostegno.
Avrei voluto che fossi tu il mio sostegno, ma ovviamente non sai quello che sto passando, né credo lo saprai mai.
Ti odio, perché mi hai fatto questo? Perché non mi hai permesso di camminare a fianco a te? Se davvero erano tutte bugie, allo spero che non tornerai più. Non voglio mai più vederti.
 
Ti prego, ti prego, torna da me
Addio.
 

Nota dell’autrice
Scrivere questo capitolo è stata un po’ una sofferenza, ma non sarebbero realistico se fra Tom e Draco non ci fossero conflitti. Ne sono successe di ogni, Tom se n’è andato, Astoria è incinta ma ha perso il bambino (e di questa cosa ne parlerò meglio nel prossimo capitolo, dove comunque ci sarà un salto temporale di tre anni),  e il nostro Draco depresso si da alle lettere mai invitate. Spero d non avervi intristito troppo, a presto!

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Capitolo 14
*** Dulcemque ***


Quod devotio
Dulcemque
6 Aprile 1949
 
Sembrava che lui non fosse mai esistito. O almeno, questo valeva per la sua famiglia. Era da tanto che non si riunivano così, lui, sua moglie, le loro famiglie… quel giorno c’era perfino sua zia Bellatrix, anche se aveva un’aria piuttosto scocciata.
«Draco, dov’è finito il tuo elfo domestico? Farà bene a riempire il mio calice, ho bisogno di alcol.»
«Bella, ti prego, cerca di non esagerare» la pregò Narcissa pazientemente.
«Mi annoio, Cissy. A che pro festeggiare un bambino non ancora nato? Ah, ovviamente senza offesa, cara Astoria. Il tuo bambino è sicuramente un miracolo» disse Bellatrix alzando gli occhi al cielo.
Astoria però era così di buon umore che nemmeno il caratteraccio di Bellatrix avrebbe potuto rovinare l’atmosfera gioiosa.
«Ci tenevo tanto ad organizzare una festicciola, adesso che ho superato il periodo più critico… Anche se non si può mai dire» sussurrò la ragazza, accarezzandosi il ventre sporgente.
Draco era silenzioso accanto a lei.  Era in quei momenti che non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse stata dura. Astoria era caduta in una profonda depressione dopo il suo aborto, all’inizio era stato difficile per lei anche solo alzarsi dal letto o mangiare. Draco aveva fatto del suo meglio per starle accanto, ingoiando il proprio dolore e comportandosi semplicemente come un bravo marito doveva. Era stata dura e angosciante ascoltare i suoi pianti, le sue parole, sentirla incolparsi di un qualcosa su cui non aveva avuto controllo.
Poi un giorno Astoria si era alzata dal letto da sola, un giorno il tempo aveva iniziato a curare le ferite. Doveva per forza essere così, perché la vita andava avanti, a prescindere dalle sue sofferenze. Lei e Draco non avevano più parlato di avere altri figli, non avevano programmato nulla quando, sei mesi prima, Astoria aveva scoperto di essere di nuovo incinta. Aveva pianto tanto, di gioia e preoccupazione, e questa volta era decisa a fare il possibile per  far sì che andasse tutto bene. La sua costituzione era fragile e delicata, ma doveva riuscire a mettere al mondo suo figlio. Quindi si era rivolta ai migliori Guaritori, i quali le avevano raccomandato riposo assoluto, una dieta ferrea e niente stress.
E questa volta sembrava star andando bene, anche se rimaneva ancora la parte più difficile, quella del parto, anche se nessuno, nemmeno lei, osava pensarci. Voleva soltanto godersi quei mesi di felicità.
«Almeno avete pensato ad un nome?» chiese poi Bellatrix.
 «Non esattamente. Ce ne sono alcuni che ci piacciono, ma non abbiamo ancora scelto. Vero, Draco?»
«No, infatti» disse distrattamente. Il suo pensiero, senza che potesse farci nulla, andava a Tom.
Tom che era sparito tre anni prima, senza lasciare alcuna traccia. Il dolore non si era calmato, anzi, era diventato sempre più forte. Se solo Draco fosse riuscito a rassegnarsi…
«A proposito, ma quel tuo amico così affascinante, Tom, non è più tornato?»
Quella domanda da parte di Bellatrix era direttamente indirizzata a Draco. Lui si irrigidì, stringendo i pugni. Per lui l’argomento era tabù, non ne parlava con nessuno e nemmeno sua moglie osava mai domandargli nulla. Quando qualcuno gli chiedeva, rispondeva semplicemente che Tom era partito un giorno all’improvviso per un paese straniero e non aveva più dato sue notizie. Ciò era stato rassicurante per suo padre, con l’amante lontano c’era meno rischio che qualcosa andasse storto. Anche se era un peccato, dopotutto quel ragazzo aveva delle idee così promettenti.
«Amh, no. È tanto tempo oramai che è andato via» rispose Astoria al posto di Draco, premurandosi poi di cambiare argomento. Suo marito si alzò, aveva bisogno di schiarirsi le idee.
Ovviamente quei tre anni non avevano sopito il sentimento d’amore nei suoi confronti, anche se quella lontananza aveva fatto nascere in lui anche dell’odio, della tristezza, del rimpianto.
Oramai era chiaro che non sarebbe più tornato. Doveva concentrarsi sulla sua famiglia, adesso era più maturo.
Quel giorno pioveva, proprio come quando lui se n’era andato. Tante volte lo aveva atteso nei giorni di pioggia.
Sapendo che nessuno avrebbe fatto troppo caso alla sua assenza, Draco se ne andò in giardino a passeggiare, aveva imparato ad apprezzare la sensazione dei vestiti e dei capelli bagnati. Forse alla fine Tom avrebbe portato avanti i suoi progetti da solo, forse un giorno avrebbe sentito parlare di lui e si sarebbe ricordato di cosa erano stati.
Ma dubitava che pensasse a lui, Draco era sempre stato quello sentimentale dei due.
Si fermò vicino ad un albero e chiuse gli occhi. Gli capitava spesso di sognarlo, di chiudere gli occhi e sentirlo.
Alle volte era come se fosse morto. Anzi, forse in quel caso avrebbe fatto meno male.
«Avrei voluto non conoscerti mai» sussurrò, sapendo di mentire. Avrebbe rifatto tutto da capo, anche a costo di risoffrire.
Sentì all’improvviso un rumore alle sue spalle, ma non si voltò.
«Draco.»
Si era immaginato di nuovo la sua voce. Era vicina, troppo vicina.
«Draco, sono io.»
Si voltò di scatto, spaventato. O quella che aveva davanti era un’allucinazione molto realistica, oppure era svenuto dopo aver  battuto la testa e ora stava sognando.
Non c’erano dubbi, quello era Tom, anche se un po’ diverso. Il suo viso somigliava più a quello di un uomo che a quello di un ragazzino, era anche diventato più alto di lui ed era vestito di nero, elegante e tranquillo come se la pioggia non esistesse.
Draco si era immobilizzato, anche nei pensieri. Tante volte si era immaginato quel momento e tante volte aveva pensato a cosa poter fare o dire. Adesso invece era bloccato. Tom era tornato e non poteva essere un sogno, il cuore gli batteva così forte che si sarebbe già svegliato altrimenti.
Tom compì un passo verso di lui. Era anche più bello di prima e Draco odiò maledettamente ciò. S’impose di non piangere. In questo poteva anche riuscire, ma sicuramente non sarebbe mai riuscito a contenere la rabbia.
Gli saltò addosso, tirandogli un pugno in faccia, cosa che prima non avrebbe mai osato fare. Ma ora era cambiato. Ora aveva troppa rabbia dentro di sé.
Tom fu atterrato con la schiena contro l’erba e stranamente non reagì mentre Draco lo afferrava e gli lanciava un altro pugno in viso.
«Come osi tornare qui, dopo tutto questo tempo? Come se nulla fosse? Avresti fatto bene a non tornare affatto!»
La sua voce tremò e anche la sua mano. Tom se ne accorse e gli afferrò il polso, non sembrava disturbato dal fatto che un rivolo di sangue stesse fuoriuscendo dalle labbra.
«Sono tornato per te.»
Osava anche prenderlo in giro dopo averlo lasciato per tre lunghi anni?
«Non osare prenderti gioco della mia intelligenza!» Draco cercò di scostarsi, cercò anche di trattenere le lacrime che sembravano voler sgorgare a forza dai suoi occhi.
Tom sospirò, mettendosi seduto.
«Mi dispiace per essermene andato così. Ma era la cosa migliore che potessi fare.»
Tom non chiedeva mai scusa e questo lo sorprese non poco. Draco si scostò, aveva avuto i brividi nel sentirsi toccare da lui. Era passato così tanto dall’ultima volta.
«Non voglio neanche ascoltarti. Non so se ti rendi conto fino in fondo della situazione, ma mi hai abbandonato per tre anni, senza mai cercarmi, senza mai farmi sapere che eri vivo! Per quanto ne sapevo potevi essere morto, non me ne frega proprio nulla dei tuoi motivi. Mi importa di me, di quello che ho passato. E osi ricomparire così? Che cosa speri, che io ti cada tra le braccia? Tu non puoi… io non… non sono un oggetto, non sono il tuo oggetto!»
Draco si era lasciato andare ad uno sfogo sentito, per troppo tempo aveva dovuto trattenersi. Non gli importava neanche più delle lacrime che alla fine aveva lasciato andare, anche se ad un certo punto si portò una mano sul viso come per nascondersi. Tom sospirò. Se Draco lo avesse visto, si sarebbe reso conto di quanto appariva provato, ma non voleva neanche guardarlo.
«Lo so, hai ragione. E so che non mi crederai, ma non volevo abbandonarti. Ti avrei portato con me, ma tu non potevi. Dovevo allontanarmi per un po’, non pensavo di stare lontano così a lungo.»
«E perché sei tornato? Chiaramente non è perché mi ami. Non mi hai mai amato» disse velenoso. Voleva ferirlo ed era sicuro di riuscirci. Tom infatti aggrottò la fronte.
«Questo non te lo permetto.»
«Non me lo permetti» sussurrò Draco, avvicinandosi di nuovo. «Io invece mi permetto eccome. Ti odio.»
«Non è affatto così.»
«Smettila dannazione, vattene. Vattene!»
Rimani ti prego, sono anni che ti aspetto.
Tom non obbedì, lo strinse tra le braccia così forte da impedirgli di muoversi.
«No intendo andarmene.»
Draco si immobilizzò nel suo abbraccio. Riconobbe il suo calore, il suo odore, la sensazione dell’averlo così vicino. Non aveva mai smesso di sperare in un momento come quello. Ma se lo aveva abbandonato una volta, avrebbe potuto farlo ancora.
«Tu… mi hai… abbandonato…» gemette, cercando di non scoppiare di nuovo in un pianto.
Tom sorrise.
«Non sei cambiato. Vuoi ancora sentirti dire certe cose, non è vero?» gli accarezzò i capelli. «Se avessi potuto vivere senza di te, pensi che sarei tornato?»
Draco lo guardò, facendo una smorfia. Era sempre stato abile con le parole, ma con i fatti? Poteva davvero credere che fosse tornato per lui?
«Tu non sai quanto ho sofferto.»
«Io so» sussurrò. «Lasciami parlare e poi potrai dire ciò che vuoi. Ma prima devi ascoltarmi.»
La pioggia non smetteva di cadere, ma Draco non avvertiva freddo, non gli importava neanche di ammalarsi. Lui e Tom si sedettero in una panca sotto un albero per evitare di sporcarsi e allora lui cominciò a parlare.
«Dopo l’omicidio che ho commesso sono rimasto nascosto, avevo bisogno di tempo per perfezionare i miei Horcrux. E devo dire…che ci sto riuscendo. E inoltre non potevo metterti in pericolo o in situazioni scomode, considerando… beh, la situazione in cui ti trovavi.»
Draco fece un sorriso amaro.
«Astoria ha perso il bambino, quella volta. Tu non hai idea, non sai di quello che ha significato per me» sibilò, senza ascoltarlo come si era ripromesso. «È stata così dura che credevo di non farcela. Sai quante lettere ti ho scritto? Non ho mai potuto spedirle, pensa che idiota! Avevo bisogno di te e tu non c’eri!»
Tom sembrava sorpreso e poiché Draco aveva ragione, non poté ribattere e lo lasciò continuare.
«Ero sicuro non saresti più tornato. Quanto avrei voluto il tuo sostegno...»
«Non posso darti torto, su questo. Ma Draco, se ti avessi detto dov’ero saresti venuto da me. Sarei voluto rimanere via più a lungo, ma non sono riuscito. Tu sei e rimarrai sempre la mia debolezza, e la cosa assurda è che mi va bene così.»
Draco si asciugò una lacrima.
«Comunque adesso Astoria è di nuovo incinta e sembra fuori pericolo, ma devo prestare attenzione. Non so se gli altri saranno felici di vederti.»
«E tu sei felice di vedermi, Draco?» sussurrò.
«Io…» distolse lo sguardo. «Mi hai fatto male. Mi lascerai di nuovo.»
«Non è vero» Tom s’inginocchiò, afferrandogli una mano. «L’anello che ti ho donato lo porti ancora?»
Oh, era tutto ciò che gli era rimasto di lui. Lo aveva conservato accuratamente, anche se non lo aveva più indossato.
«Certo che l’ho ancora!» tremò. Non voleva essere toccato, eppure allo stesso tempo lo bramava. Tom annuì e poi si alzò.
«Puoi portarmi dentro?»
«Ecco, lo sapevo, sei venuto qui per portare scompiglio» arrossì, alzandosi. Non era tanto Astoria a preoccuparlo, ma i suoi genitori. Tom sorrise.
«E dove sarebbe la novità?»
Come sempre Tom otteneva quello che voleva e ovviamente Draco lo aveva portato dentro casa sua. Adesso iniziava ad avvertire il freddo e il fastidio dei vestiti bagnati addosso. Stava precedendo Tom e quando entrò, i suoi familiari si voltarono a  guardarlo.
«Ma come ti sei conciato?!» esclamò Bellatrix. «Sembri un pezzente!»
«Draco, stai bene?» domandò Narcissa preoccupata. Suo figlio sospirò, sollevando un braccio.
«Vieni avanti»
Tom si fece avanti, dignitoso come sempre anche se bagnato fradicio.
«Oh, salve. È passato molto tempo dall’ultima volta.»
Bellatrix si lasciò andare ad un sorriso compiaciuto. In effetti le era dispiaciuto non poter godere della compagnia di quel ragazzo, era così affascinante e intelligente.
Se solo fosse stata più giovane…
«Tom!» esclamò Astoria. «Sei tornato.»
«Proprio così» disse facendo un cenno col capo. «Ti trovo a dir poco raggiante.»
Narcissa e Lucius non avevano ancora detto una parola. Non era nelle intenzioni della donna dire alcunché, ma suo marito invece sembrava sul punto di esplodere.
«Come osi presentarsi qui dopo tutto questo tempo?»
Draco sgranò gli occhi. Certo, dopotutto Tom rappresentava una minaccia, no?
«Oh, signor Malfoy. Ma come? E io che pensavo che oramai fossimo buoni amici» disse Tom sorridendo.
«Amici? Tu sei… tu sei stato la rovina di questa famiglia.»
«Andiamo, Lucius, ora non essere così tragico, il ragazzo non ha fatto niente di male. Rovina della famiglia, questa è buona!» lo difese subito Bellatrix. Ovviamente né lei né Astoria sapevano della loro relazione segreta, per loro quella reazione risultava solo assurda.
«Datti un contegno» sussurrò Narcissa a suo marito, il quale però sembrava sul piede di guerra.
«Questa è una riunione di famiglia, non sei il benvenuto.»
«Padre, non puoi d-»
Tom fermò Draco, facendogli un gesto con la mano. Come sempre aveva tutto sotto controllo.
«Faccio parte di questa famiglia eccome, Lucius. Mi avete accolto voi qualche anno fa. Adoravate il mio modo di pensare. Eravate già i miei seguaci allora, lo sarete ancora adesso.»
Tom andò a sedersi al suo posto e nessuno osò parlare. Solo Bellatrix sembrava divertita, poiché era illuminante vedere Tom sfidarlo.
«Come osi, tu brutto…?»
«Puoi dire ad alta voce cos’è che ti disturba tanto. Allora? Siamo qui tutti per ascoltare» Tom accavallò le gambe e lo guardò negli occhi.
Bastava così poco per metterlo in difficoltà. Le apparenze contavano più di ogni cosa e dopotutto neanche lui voleva che si venisse a sapere della loro relazione, di ciò che c’era stato, di ciò che probabilmente c’era ancora. Lucius serrò la mascella per impedirsi di parlare. Quel maledetto ragazzino – oramai giovane uomo – aveva sempre avuto il controllo su tutto. Rendeva le persone suoi schiavi senza che loro se ne accorgessero.
Seguì il silenzio che parve infinito, in cui Draco sudò freddo. Sapeva che Tom non aveva paura di sfidare nessuno, ma alle volte temeva che esagerasse un po’ troppo. Quando Lucius si sedette, capì che non avrebbe parlato. Non poteva.
«Molto bene» Tom schioccò le dita, chiamando l’elfo domestico. «Tu, portami da bere. È davvero meraviglioso essere tornato in famiglia, no?»
 
Draco non riusciva a credere a quanto successo. Doveva ammettere che era stato incredibile, ma di certo suo padre non sarebbe passato sopra quell’atteggiamento irrispettoso. Per fortuna non tutti sembravano avere astio nei suoi confronti.
«Tom, dov’è che alloggi? Forse potresti rimanere qui» gli disse Astoria, all’imbrunire.
«Sei molto cara, ma non  vorrei creare ulteriore disturbo. Oramai non avrete certo più raccontato di quello che vi è successo.»
«È stato difficile» rispose subito lei, come se volesse evitare di affrontare il discorso in maniera troppo approfondita. «Adesso va molto meglio, ma sai… nemmeno per Draco è stata una passeggiata. Vedevo ogni giorno quanto soffriva, quanto sentiva la tua mancanza. Eppure non si è mal lamentato. Penso che nascondere il dolore gli abbia fatto molto male. Però adesso sei qui. Non te ne andrai di nuovo, vero?»
Tom scosse la testa, pensieroso. Gli aveva già fatto troppo male.
«D’accordo. E non hai intenzione di lasciare da parte i tuoi progetti?»
Tom fu sorpreso. Astoria non gli aveva mai rivolto una domanda del genere.
«Io… Perché dovrei?»
«Draco te l’avrà già detto, ma questo… è pericoloso! Non ti piacerebbe fare quello che tutti fanno? Una vita normale, avere una famiglia tua?»
Per lui non esisteva un’esistenza normale. Non era mai esistita.
«Astoria» disse sforzando un sorriso. «Capisco bene quello che vuoi dire, ma pensa anche al bambino che porti in grembo. Non vorresti un mondo migliore?»
«E siamo sicuro che sia questo il mondo migliore?» sussurrò. Tom non seppe che dire. Era più facile rispondere a Draco, lei invece era troppo pura, così tanto da metterlo in difficoltà.
Draco entrò con passo pesante, guardando i due che discutevano.
«Lui qui non rimane»
«Oh, vedi mia cara? Non posso essere di disturbo!» Tom era divertito.
«Astoria, posso parlare un momento con lui?» chiese Draco.
Riddle si sedette, guardandolo con sfido.
«Amor mio, non vorrai cacciarmi?»
«Adesso mi chiami amor mio? La tua fantastica uscita di oggi mi creerà un sacco di problemi. Se sei tornato per finire ciò che avevi iniziato, tanto meglio. Ma non pensare che mi butterò tra le tue braccia.»
Tom si alzò e lo strinse forte, senza fargli male. Draco impazziva di desiderio, aveva rischiato tante volte di perdere la testa al pensiero di non averlo lì. E adesso che era lì, avrebbe tanto voluto lasciarsi andare. Ma non poteva. Sarebbe stato uno schiaffo terribile al suo orgoglio.
«Draco, mi sei mancato» sussurrò.
Sapeva che era sincero, ma non sarebbe bastato questo. Lui aveva sofferto troppo e nessuno gli avrebbe restituito quei tre anni di vita.
«Puoi rimanere» disse infine Draco. «Ma niente incontro notturni tra noi due. Tu non hai potere su di me.»
Tom ghignò e lo lasciò andare.
«Per quanto ci costi ammetterlo, abbiamo l’uno il controllo dell’altro.»
 
Draco lo ignorò e lo lasciò da solo. Si massaggiò le tempie doloranti, pensando a tutti i problemi che adesso avrebbe avuto. Fino a rima del suo ritorno aveva intravisto la parvenza di una vita normale, ma si era illuso. Tom Riddle era tornato, come al solito era stato bravissimo a sorprenderlo quando meno se lo aspettava. Si strinse il petto.
Forse faceva un po’ mano male, adesso che lui era lì. Nonostante tutto lo aveva sempre amato.
Nonostante tutto lo avrebbe amato sempre, era la sua condanna.
 
Nota dell’autrice
Nel libro Tom sparisce per dieci anni, ma mi sembrava un periodo di tempo davvero troppo lungo, quindi ho voluto farlo tornare da Draco dopo “solo” tre anni. Non è cambiato di una virgola, e in effetti nemmeno Draco. Secondo voi, quanto resisterà senza cadere fra le sue braccia? Devo dirlo, rileggendo mi sono arrivate forti vibes di OT3 Draco/Astoria/Tom, funzionerebbero se solo non avessi in mente robe molto meno felici. So di averla tirata un po’ per le lunghe con questo loro rincontro, però serviva che si chiarissero almeno in parte.
Spero abbiate apprezzato, alla prossima settimana.

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Capitolo 15
*** Familia ***


Quod devotio
Familia
 
Draco era convinto si fosse trattato di un sogno, che al risveglio non avrebbe trovato nessuno. E invece si era sbagliato: Tom era lì, era proprio lui. Gli ci sarebbe voluto un po’ per abituarsi. In un certo senso era come essere tornati all’inizio, a quando ancora non stavano insieme. C’era il desiderio, la voglia di stare insieme, ma Draco non osava spingersi troppo oltre. Aveva paura di soffrire di nuovo. Preferiva lasciarlo ad Astoria, almeno lei era gentile con lui. Draco li osservava seduto lontano mentre quei due facevano colazione all’aperto, sotto il pergolato di rose. Sarebbe stato tutto così semplice se solo non si fossero amati.
«Padrone…»
Abbassò lo sguardo. Il suo elfo domestico gli stava porgendo una tazza.
«Non mi va e non te l’ho chiesto.»
«Ma Padron Tom mi ha chiesto di portarvi del tè, signore.»
Ah, quindi era così, adesso? Comandava pure la sua servitù?
«E da quando in qua fai quello che ti chiede lui? È il tuo nuovo padrone, adesso?» domandò Draco, più interessato che arrabbiato.
«Padron Tom è molto più gentile di quanto non sembri e poi… la sua presenza rende voi molto più felice.»
Draco arrossì. Come osava essere così insolente? Avrebbe dovuto punirlo severamente, ma in realtà non ne aveva voglia. Dopotutto chi non si sarebbe accorto che adesso i suoi occhi avevano preso a brillare? Era davvero patetico.
«Tu parli troppo, stupida creatura» disse a bassa voce. «Allora… la mia felicità è così evidente?»
Era la prima volta che padrone ed elfo avevano una conversazione normale che non comprendesse ordini o insulti (o quasi).
«Solo un pochino, signore» rispose Dobby, che non voleva comunque sbilanciarsi troppo. Draco annuì pensieroso, prese la tazza e bevve un sorso di tè, trovandolo dolce. Fin troppo. Sapeva che Tom era un po’ un disastro con tutto ciò che riguardava l’amore, che chiedere perdono per lui era più difficile che per altri, così come il mostrarsi pentito. Ma da come lo guardava sembrava davvero dispiaciuto. Nascondeva il senso di colpa dietro la sua solita ironia. Sospirò. Tre anni erano già stati abbastanza, non voleva allungare ancora le distanze. Ci avrebbe provato davvero ad avvicinarsi di nuovo a lui, a capire se potevano essere ancora loro.
 
Qualche anno prima Tom sarebbe mancato da casa per parecchie ore per combinare chissà cosa. Ma non adesso, sembrava che non amasse troppo l’idea di farsi vedere in giro, così almeno per il momento se ne rimaneva dentro casa del suo amante. Una casa fin troppo grande per sole tre persone. Dopo aver mangiato, Astoria andò a leggere in camera sua. Draco si era assicurato che non le mancasse niente, prima di raggiungere Tom. Quest’ultimo se ne stava seduto a osservare un orologio a pendolo, sembrava quasi che lo stesse aspettando.
«Sapevo che saresti venuto» disse senza voltarsi. Draco. Arrivato a metà strada, alzò gli occhi al cielo.
«Guarda che torno indietro, eh.»
Tom rise, facendogli segno di avvicinarsi. E fece ridere anche lui, nonostante tutto. Sapeva molto bene cosa sarebbe successo se fossero rimasti soli e Draco non poteva negare di volerlo. Da una parte. Dall’altra era completamente terrorizzato. Andò a sedersi accanto a lui, a debita distanza.
Distanza che Tom si premurò subito di annullare. Allungò una mano, accarezzandogli la schiena.
«So che sei ancora in collera con me, ma per quanto intendi punirmi? Vuoi che ti supplichi, che mi metta in ginocchio?»
Draco ansimò al suo tocco.
«Proprio non capisci il punto, vero?»
«Ho capito perfettamente qual è il punto, ma non saprei come rimediare se non rimanendo accanto a te, adesso.»
Tom si alzò, inginocchiandosi davanti a lui e prendendogli le mani.
«Andiamo, finiscila» sussurrò Draco.
«Non mi inginocchierei per nessuno, questo è ovvio. Ma tu sei diverso e io ho bisogno del tuo perdono. Ti prego.»
Era difficile resistergli… come al solito.
«Sono stato così male…»
«Lo so, e mi dispiace. Ci provo a non farti del male. Ma è difficile, dal momento che la mia natura è questa.»
Tom prese il suo viso tra le mani e senza chiedergli il permesso (ma d’altronde non ne aveva bisogno), lo baciò sulle labbra.
Per Draco fu come rivedere il Paradiso dopo tanto tempo. Non riuscì a scostarsi, non voleva farlo. Potevano sentire l’uno i sospiri dell’altro, il desiderio.
Anche se era ancora arrabbiato, forse poteva non farsi corrodere dal rancore, aveva già sprecato troppo tempo.
«Tom»
«Cosa?» lo chiamò.
Draco aprì due bottoni della camicia: aveva indossato di nuovo, dopo tanto tempo, il suo anello, legato ad un filo intorno al collo.
«Allora mi ami ancora» dissi divertito.
Draco afferrò i suoi capelli.
«Avevi qualche dubbio? Io ti amerò per sempre.»
Per quanto mi costi ammetterlo, per quanto la mia vita possa essere condannata, so che sarà così.
Tom lo baciò di nuovo, con più passione di prima. Baciò le sue labbra, le sue guance, il suo collo, sembrava volerlo divorare.
«Ah, Tom…» sorrise. «Non qui. Diamine, hai aspettato per tre anni, aspetta per qualche altro istante.»
«Lo sai che in questo non so essere paziente. E nemmeno tu.»
Draco respirò profondamente, lo afferrò per mano e lo trascinò con sé. In quel momento la sua mente era annebbiata, era poco lucido. Non gli importava più di niente, ad un tratto era come se quei tre anni non fossero mai esistiti. Lo tirò con sé in una delle camere degli ospiti mai utilizzate. Richiuse la porta e lo tirò su di sé.  Tom lo schiacciò contro il muro, mordendogli il collo.
«Ah» sibilò Draco. «Ti prego, non torturarmi a lungo, non me lo merito.»
«Hai ragione» Tom infilò una mano dentro i suoi pantaloni, iniziando a toccarlo, lo sentiva duro per lui. Draco ansimò, muovendo i fianchi. Ma si sentiva ancora troppo in trappola.
«Spogliami.»
«D’accordo, accidenti. Adesso sei tu quello impaziente. Ma hai ragione.»
Delicatamente iniziò a toglierli i vestiti, i quali finirono sul pavimento. Draco ricordava di quanto fosse timido all’inizio e si rendeva conto di come ora, invece, fosse totalmente a suo agio.
Draco sospirò, pieno di desiderio. Si avvicinò di scatto, iniziando a spogliare anche lui. Tom sollevò le braccia, sorpreso.
«Oh, Draco. Ti ricordavo più timido.
Già, anche lui si ricordava diverso, ma con lui non si poteva mai dire cosa sarebbe successo. Mentre gli toglieva i vestiti, qualcosa cadde a terra: si trattava della sua bacchetta.
«Attento a quella» sussurrò Tom.
Draco la raccolse e poi sorrise malizioso. Si accarezzò il corpo con la bacchetta.
«Va bene così?»
Tom fu piacevolmente sorpreso. Il suo amante poteva sembrare così timido, ma quando si lasciava andare non aveva più timori. Si sedette, guardandolo.
«È eccitante, considerando il fatto che con quella bacchetta ho ucciso delle persone.»
In qualsiasi altro contesto, la cosa sarebbe risultata strana e inquietante, ma Tom faceva uscire la sua parte più oscura. Draco si avvicinò, poggiò la fronte sulla sua senza baciarlo.
«Hai ragione, mio signore» lo stuzzicò. Tom gli accarezzò i capelli.
«Sai come compiacermi. Tutta la tua devozione e tutto il tuo amore appartengono a me soltanto» Tom socchiuse gli occhi, lo tirò su di sé e lo baciò. Draco, che si trovava sopra di lui, si strusciò, sentendo la sua eccitazione contro la propria. Tom ansimò e poi lo spinse, facendolo finire accanto a sé. Entrambi respiravano a fatica mentre si guardavano negli occhi.
«Tom, dannazione. Non lasciarmi più, hai capito? È tutto ciò che ti chiedo. Non…»
«Non lo farò più. Tu devi diventare colui che starà accanto al mago più potente al mondo, ricordi? Non può essere nessuno, se non proprio tu.»
Gli sorrise e poi lo baciò di nuovo, questa volta portandolo sotto di sé. Draco si lasciò andare, anzi, si lasciarono andare entrambi. Tom cercò la sua mano, la strinse forte, mentre lo baciava, assaggiava la sua pelle come se non lo avesse mai fatto. Mentre Draco faceva lo stesso, graffiandogli la schiena nella foga, mordendogli le labbra e il collo. Dopotutto Tom gli apparteneva.
E fu sempre Tom a dovergli tappare la bocca con un bacio, mentre entrava in lui, lo faceva suo per la prima volta dopo anni. Era anche più bello della prima volta, così bello che andarono avanti per tre ore di fila senza riuscire a fermarsi. Solo dopo diversi orgasmi e quando la stanchezza divenne troppa, si fermarono. Avevano le lenzuola aggrovigliate tra le gambe, Tom aveva poggiato la testa sul suo addome, guardando verso l’alto. E Draco, con la punta delle dita, accarezzava i suoi lineamenti, le sue labbra.
«Non penso che potrò farne a meno. Non riuscivo prima, figurarsi adesso» ammise Draco.
«Se può farti sentire meglio, nemmeno io. Ma guardiamo il lato positivo, il sesso con te mi rende più produttivo, più concentrato.»
Draco gli accarezzò i capelli. Forse avrebbe dovuto sentirsi in colpa, tra pochi mesi sarebbe anche diventato padre e aveva ripreso a tradire sua moglie. Ma non ci riusciva.
«D’accordo, ma sappi che ti tengo d’occhio. Potrai avere tutti i seguaci che vuoi, ma io devo rimanere il tuo preferito. Non accetterò altro, hai capito?»
A Draco sarebbe piaciuto apparire più minaccioso, ma purtroppo per lui risultò soltanto carino e adorabile.
«Oh, caro. Non avere dubbi su questo.»
Arrossì e poi poggiò la testa al suo petto.
«Tom, pensi davvero che ci sarà futuro per noi?»
In quei tre anni non aveva osato sperare in un futuro per loro. Ma adesso la fiamma della speranza si era riaccesa (o forse non si era mai spenta).
Lui gli accarezzò distrattamente la schiena.
«Deve essere per forza così.»
 
 
Passarono diversi giorni in cui Draco e Tom furono bravi come al solito a non far capire nulla. In effetti loro due e Astoria sembravano tre conviventi qualsiasi. Ma c’era una cosa che Draco temeva e che infatti si realizzò qualche giorno dopo: a suo padre non era affatto andato a genio come Tom lo aveva trattato e umiliato. Probabilmente temeva che, dopo essersi rincontrati, la loro relazione potesse saltare fuori. Così era stata Narcissa a invitarli a casa loro e pregandoli di non dire nulla ad Astoria. Se avesse saputo una cosa del genere in quel momento così delicato, sarebbe potuto accadere di tutto. Così i due andarono, Draco con un po’ di timore, che combatteva ricordandosi che tipo fosse Tom. Fu strano tornare nella casa in cui era cresciuto, soprattutto per un motivo così poco piacevole. Che cosa aveva loro da dire Lucius? Non aveva il potere di separarli. Quando furono accolti, Tom fu brillante come sempre.
«Signori Malfoy, allora nessun rancore, no? Se addirittura ci invitate nella vostra dimora.»
«Siediti, devo dirvi una cosa seria» sbottò Lucius, rassegnato. Aveva capito anche lui di non potere, di fatto, separare quei due. «Immagino che abbiate ripreso a vedervi.»
Draco arrossì. L’ultima volta che ne avevano parlato non era finita bene.
«Dopo tre anni distanti, mi pare ovvio.»
Tom, seduto, strinse la mano di Draco e la baciò, senza smettere di guardare Lucius negli occhi, sembrava starlo sfidando.
L’uomo dovette trattenersi per non insultarlo.
«Ebbene, non serve che vi dica quanto tutto ciò sia innaturale e inopportuno. Mio figlio era ubbidiente un tempo, ma oramai ha perso la rotta. Potrei fingere che siate semplici amici e non mettermi in mezzo, ma ad una condizione.»
Narcissa accanto a lui si irrigidì, Tom invece parve incuriosito.
«Quale condizione?»
«Quando salirai al potere, vogliamo dei privilegi. Hai delle idee giuste, ti seguiremo e ti saremo fedeli… se ci darai questo. Mi sembra uno scambio equo, tu avrai mio figlio.»
Draco era arrossito. Non era sicuro che gli piacesse essere trattato come merce di scambio, ma sarebbe sceso a qualsiasi compromesso pur di rimanere accanto a lui in pace.
Tom rise.
«Se è per questo, avreste potuto dirmelo prima, non avrei avuto problemi. Volete essere i privilegiati tra i privilegiati, certo, lo capisco. E dopotutto… io ora posseggo qualcosa di inestimabile»
Tom gli strinse forse il polso e Draco fece una smorfia, senza parlare.
«Tom» gemette.
«Hai qualcosa da dire, mio caro?»
Lo guardò e poi guardò i suoi genitori.
«Fin tanto che non ci impedirete di stare insieme, mi va bene qualsiasi cosa.»
Fu così che fu sancito quel patto. Ma Narcissa non era tranquilla, non ancora. Non aveva mai parlato con quel ragazzo, da sola, dell’argomento, ed era arrivato il momento. Di solito la intimoriva, nonostante la giovane età, ma non quella volta. Narcissa gli aveva chiesto di parlare in privato. Tom la osservava a braccia conserte, impaziente, mentre ascoltava l’orologio a pendolo.
«Signora Malfoy, immagino che debba dirmi qualcosa di importante se non può farlo davanti a suo marito.»
«Mio marito direbbe che sono sciocchi sentimentalismi inutili» disse avvicinandosi di un passo. Era facile capire perché Draco ne fosse attratto: era bello, carismatico, intelligente. Tom affascinava uomini e donne di tutte le età.
«Sono anni che me lo chiedo e sono anni che vorrei chiederlo a te» iniziò a dire, strofinandosi le mani. «Ami davvero mio figlio? O è solo una messa in scena? Ho bisogno di saperlo, perché amo Draco più di ogni cosa e non posso sopportare l’idea di vederlo soffrire. Perché, credimi, lui ti ama davvero. Ti guarda come se volesse usare il suo corpo come scudo.»
A dire il vero Tom si era aspettato un discorso del genere, ma l’intensità delle sue parole lo aveva comunque colpito.
«Ah, quindi è questo che vuole sapere. Se ho intenzioni serie con suo figlio» Tom sorrise. Con il tempo aveva imparato ad esprimere i suoi sentimenti solo e soltanto a Draco. Con gli altri gli risultava difficile, non poteva esporsi troppo. Ma gli ci volle poco per capire che Narcissa era solo preoccupata per suo figlio. Probabilmente era così che funzionavano, le madri volevano bene ai propri figli, ma lui questa cosa non poteva saperla perché una madre non l’aveva mai avuta.
«Sì… io lo amo veramente» disse a bassa voce. «E so che è molto difficile da credere, talvolta non ci credo nemmeno io. Avevo pianificato tutto, ma non questo, non l’innamorami. So che questo creerà problemi ad entrambi, ma non ci importa.»
«Allora puoi promettermi che Draco non soffrirà?»
Un altro sorriso, più amaro.
«Non posso farlo. Vivere con me vuol dire affrontare inevitabilmente il dolore. Ma posso promettere che mi impegnerò affinché soffra il meno possibile. Sapete, so bene che non condividete molto il mio modo di vedere il mondo, lo vedo da come mi guardate, ma… una cosa l’abbiamo in comune.»
Narcissa annuì. Tom era ragionevole ed era più umano di quanto pensasse.
«D’accordo… allora… lo affido a te» sussurrò quella frase che non credeva avrebbe mai detto. Non capiva fino in fondo come Tom e Draco potessero volersi e amarsi, erano due uomini ed erano totalmente diversi. Ma se così era, non si sarebbe messa in mezzo. Tom annuì rispettosamente e, come poche altre volte era successo, senza fingere.
La visita dai Malfoy fu breve ma intensa. Durante il viaggio di ritorno, Draco gli chiese di cosa sua madre gli avesse parlato.
«Abbiamo parlato di te, Probabilmente lo sai già, ma… sei molto fortunato ad avere tua madre.»
Draco si accorse di come Tom si era irrigidito, forse nel tentativo di nascondere un’antica malinconia. Lui non parlava mai della sua famiglia, diceva sempre di non soffrirne la mancanza. Chissà, se avesse avuto dei genitori amorevoli, forse sarebbe stato diverso.
E lui lo avrebbe amato comunque?
Gli afferrò la mano.
«Draco, non mi piace quello sguardo compassionevole. Non iniziare a dire cose strane.»
«Non sono compassionevole, solo…» sospirò. «So che tu non hai una famiglia. E sì, so che dici di non averne bisogno. Ma io posso essere la tua e tu la mia.»
Tom si bloccò, un leggero rossore gli colorava le guance.
«Certo che possiamo, noi lo siamo già. Forse non legalmente, ma chi se ne importa? In un certo senso è come se fossimo sposati, tu porti anche l’anello.»
Aveva un tono da cui si percepiva appieno il suo tentativo di cacciare via l’imbarazzo.
Era raro vederlo così.
«Allora torniamo a casa nostra.»
 
Le settimane che seguirono furono in assoluto le più belle che Draco ricordasse. La gravidanza di Astoria proseguiva senza problemi e lui poteva stare sia accanto a lei che accanto a Tom. Sembravano davvero una famiglia perfetta… o quasi.
«Sai, Tom. Abbiamo iniziato a pensare a dei nomi e…»
«Se è un consiglio che ti serve, temo di non poter essere d’aiuto. Io mi chiamo come il mio inutilissimo padre e come vedi non è finita bene»
Sebbene ci fosse poco da ridere, Draco trattenne a stento una risata. Astoria era sempre così delicata, mentre Tom, invece…
«Oh, andiamo» sorrise la ragazza. «Penso proprio che farò decidere a Draco, nel caso fosse un maschio. Ma se è una femmina deciderò io.»
«Aspetta, e questo quando l’hai deciso?» chiese Draco.
«Emh… adesso? Mi sembra ragionevole.»
«Allora se è per questo non ci sono problemi» sospirò Tom. «Il nome mi sembra chiaro: Thomas Malfoy.»
Draco arrossì. Sarebbe stato così strano chiamare suo figlio come… il suo amante.
Prese un cuscino, tirandoglielo addosso.
«Te lo scordi!»
«Ah, è così? Bene, allora evita di chiedere consigli!»
«Infatti non te l’ho chiesto io, ma lei!»
Astoria scosse la testa e poi sospirò. Era incredibile, quei due sembravano due bambini, però era contenta che fossero lì entrambi, oramai non avrebbe più potuto farne a meno.
 
Tre mesi passarono in fretta, oramai non mancava molto alla data prevista per il parto. E nel frattempo, Draco aveva pian piano accettato l’idea che in effetti avrebbe avuto un figlio, che non era poi un’idea astratta, oramai. Non sapeva come avrebbe fatto, ma avrebbe fatto del suo meglio.
Quella notte dormiva, cullato dal dolce suono della pioggia, quando Astoria si aggrappò violentemente al suo braccio.
«Ah! C-che c’è?» sussultò spaventato.
«Draco» gemette lei. «Non… mi sento bene… temo che ci siamo.»
Saltò giù dal letto, prese la bacchetta e fece luce. Le lenzuola erano bagnate di un liquido appiccicoso.
«Ma… non manca ancora una settimana…?» domandò, più pallido del solito.
«Io… non lo so… ti prego, fa qualcosa!» lo pregò Astoria.
Lui annuì, ma nel frattempo si era dimenticato di respirare.
 
Nota dell’autrice
Sì, sono cattiva a finire il capitolo così, ma a questo momento mi ci voglio dedicare bene, quindi…
Ho adorato scrivere di Tom e Draco che litigano per il nome, con Astoria che pensa: “Ma chi me l’ha fatto fare?”
L’importante è i due siano tornati più uniti che mai, e non solo. Lucius ha accettato la cosa (cioè, circa), e Narcissa adesso ha la certezza che Tom è un mago sì cattivo, ma con dei sentimenti, direi che tra i due si è pure instaurato un rapporto di rispetto.
Ora, il parto di Astoria andrà bene, andrà male? Restate sintonizzati per scoprirlo [?]
 
Nao

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Capitolo 16
*** Basium ***


Quod devotio
Basium
 
Draco era nervoso, camminava su e giù per la stanza. Tom se ne stava seduto, la testa poggiato al muro. Era assonnato e visibilmente seccato, ma non era il caso di infierire sul suo amante, già ansioso.
«Draco, siediti. Mi stai facendo venire il mal di mare» lo pregò.
«Non ci riesco. E se qualcosa va male? Astoria è molto delicata. O se succede qualcosa al bambino? Ci siamo già passati una volta. E se…?»
Tom lo afferrò per un braccio, costringendolo a sedersi.
«Piantala con tutti questi “e se”, peggiori solo le cose. Sono sicuro che andrà tutto bene.»
«Davvero? O lo dici solo per farmi tacere?» sussurrò.
«Fidati di me. Se tuo figlio ha preso da te, la determinazione non gli manca. E nemmeno il tempismo orribile. Solo le quattro del mattino, accidenti» sbuffò. Draco sorrise, un po’ più tranquillo. Poggiò la testa sulla sua spalla, aveva gli occhi socchiusi. Se non ci fosse stato Tom lì sarebbe di certo impazzito, ma per fortuna lui c’era… e sicuramente ci sarebbe sempre stato.
Adesso le cose sarebbero cambiate ancora, ma magari sarebbe stato un cambiamento positivo. Lui e Tom si erano appisolati così, rimanendo comunque in allerta: dalla camera da letto non si udiva alcun suono.
Poi, quando il sole sorse, Tom sentì un flebile lamento, che poi riconobbe essere un vagito e infine un pianto.
«Draco… sveglia» sussurrò. «Mi sa che finalmente ci siamo.»
«Eh?!» lui sussultò, si mise seduto. Gli ci volle qualche istante per rimettere a posto i pensieri. Poi guardò Tom.
«H-hai sentito? È un pianto!»
«Sì, che è un pianto. Beh… congratulazioni» sospirò, annoiato. Draco si alzò, agitato ma entusiasta. Il Guaritore uscì poco dopo.
«Come stanno?!» esclamò ad alta voce.
«Calmatevi, signor Malfoy, è andato tutto bene. Vostra moglie è solo molto indebolita, avrà bisogno di riposo per i primi tempi. Anche il bambino è in perfetta salute. Vi farà piacere sapere che è un maschio.»
In realtà non avrebbe fatto differenza, non per lui, non dopo tutto quello che avevano passato. L’importante era che stesse bene, che stessero bene tutti e due.
«Tom, hai sentito? Ho un figlio!» esclamò contento, molto più di quanto si aspettava.
«Oh, ma perché ti entusiasmi tanto?» chiese alzando gli occhi al cielo. Davvero non capiva cosa ci fosse di straordinario in una nascita.
Quasi un’ora dopo, Draco poté entrare e vedere Astoria. Lei se ne stava lì a letto con gli occhi socchiusi, pallida e indebolita, ma con uno sguardo tutto nuovo e raggiante.
Il bambino dormiva beato tra le sue braccia. Era così piccolo e perfetto.
«Astoria!» Draco le baciò la fronte e poi sospirò, sollevato.
«Draco» lo chiamò lei. «Guarda, non è meraviglioso? E lo abbiamo fatto noi, questo è un miracolo.»
Parlava orgogliosa. A Draco per un attimo ricordò sua madre. Il bambino aveva i capelli chiarissimi e le guance paffute, arrossate. Quando lo vide, sentì subito di volergli bene, il che era straordinario.
«Benvenuto, piccolo» sussurrò amorevolmente. «Posso farlo vedere a Tom?»
Astoria annuì, intenerita nel vedere Draco così coinvolto ed emozionato. Per lui non fu affatto difficile prendere il bambino in braccio, anzi, gli era venuto naturale, era così leggero. Andò da Tom, il quale se ne stava mezzo addormentato sulla sedia.
«Tom» lo chiamò.
«Eh? Ah. Ma tu guarda, è un bambino vero» disse assonnato.
«Lo è, non è bellissimo?»
Tom guardò il neonato, il quale muoveva le manine e aveva un viso innocente.
«Beh… sì, direi che non è poi così male per essere… un bambino…» si limitò a dire.
«Lo vuoi tenere?» domandò Draco, che in realtà si era sempre chiesto come doveva essere Tom con un bambino in braccio. Sicuramente sarebbe stato divertente.
«No, non ci pensare. Lo farò cadere, oppure piangerà non appena lo prenderò. Non ho istinto per certe cose.»
«Oh, ti prego, fai un’eccezione. È mio figlio, quindi è come se fosse anche tuo. Prometto che non lo dirò a nessuno.»
Accidenti. Lo aveva lasciato di sasso con quell’affermazione.
Adesso erano passati a questo? Anche un figlio “insieme”?
«Oh, e va bene. Ma se piange, te lo riprendi.»
«Affare fatto. Allora prendilo. Fa attenzione, tienigli la testa.»
«Rilassati, non sono stupido!» si lamentò Tom prendendo goffamente in braccio quel fagottino profumato. E sorprendentemente per lui non pianse, né si lamentò.
Draco sorrise, commosso. Sembrava quasi una vita perfetta.
«Visto? Non piange?»
«Ah, non parlerei troppo se fossi in te. È leggero e… va bene, è… carino, circa. Ti somiglia. Allora com’è che si chiama?» anche se parlava con distacco, Draco vedeva bene come lo guardava: come se realmente fosse anche suo.
«Scorpius Draco Thomas Malfoy» sussurrò. Tom lo guardò, corrugando la fronte.
«Gli hai dato veramente il mio nome?»
«Oh, non montarti la testa, prima del tuo ce ne sono altri due. Però… sì…» abbassò lo sguardo. «Pensavo dovesse averlo… lo trovi melenso?»
Se fosse stato in sé, gli avrebbe detto che sì, era sicuramente una cosa fin troppo sdolcinata. Ma Tom non era sicuro di essere in sé.
«No, non lo è» ammise. «Benvenuto Scorpius» disse dandogli poi una lieve carezza sulla testa. Il bambino fece una smorfia, iniziando a piagnucolare.
«E pensare che era un momento quasi solenne» sbuffò Tom. «Draco, riprendilo.»
 
 
L’arrivo del piccolo Scorpius aveva portato grande gioia nella sua famiglia. Il giorno dopo arrivarono anche i genitori di Astoria e Draco, e furono tutti molto felici di conoscere il bambino, che riposava nella sua culla. Astoria non poteva ancora muoversi dal letto, così era Draco a fare gli onori di casa.
 «È bellissimo, Draco» sospirò Narcissa, commossa. Le venne in mente la nascita di Draco e come quel bambino fosse oramai un uomo. «Tu come ti senti?»
«Ah, io sto bene, la maggior parte del lavoro l’ha fatto Astoria. Ma se non ci fosse stato Tom a tranquillizzarmi, penso che sarei impazzito.»
Tom se ne stava in disparte, non voleva intromettersi tra quei momenti madre-figlio.
«Già, Tom. Di lui non si potrà dire che è un bravo ragazzo, però… sta facendo del suo meglio nei tuoi confronti…»
Draco arrossì.
«Sì, beh… c’è un motivo se siamo così legati. Lui ci tiene a me e per quanto sembri paradossale come cosa, penso che a modo suo tenga ad Astoria e anche a Scorpius. E a Scorpius piace lui, non piange mai quando lo tiene in braccio e…» Draco cercò di darsi un contegno, dopotutto stava pur sempre parlando del suo amante, sua madre però non parve disturbata dalla cosa, in realtà c’era solo una cosa che la terrorizzava: se a Tom fosse successo qualcosa di brutto, suo figlio ne avrebbe sofferto troppo. Era da prendere in considerazione, i maghi oscuri venivano sempre ostacolati.
«Fate attenzione, tuti voi» si limitò a dire.
Draco annuì, chinandosi a prendere in braccio suo figlio.
«Faremo attenzione quanto basta.»
 
Qualche tempo dopo, Tom andò a Hogwarts, era giunto il momento di riproporsi come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, mentre Draco se ne stava a casa ad occuparsi di Scorpius. Anche se Astoria si era ripresa ed era abbastanza in forze da allattarlo, preferiva che non si sforzasse troppo.
Il bambino intanto cresceva e da un po’ aveva preso ad aprire gli occhi, dello stesso colore grigio di Draco
Più volte quest’ultimo si era ritrovato a chiedersi in che tipo di mondo suo figlio sarebbe vissuto. Nessun bambino meritava di vivere in mezzo alla guerra e al terrore, ma nel suo caso era diverso: loro erano dalla parte dei giusti.
Quella sera aveva finito con l’addormentarsi vicino al camino con Scorpius in braccio. Il bambino si addormentava ad orari improbabili e solo dopo essere stato cullato per mezz’ora, almeno.
Fu svegliato da un rumore fastidioso e da una sensazione di freddo. Non aveva bisogno di aprire gli occhi per capire che si trattava di Tom.
«Tom, chiudi la porta, fa freddo.»
Non lo sentì rispondere, solo borbottare. Così aprì gli occhi e lo vide mentre si toglieva il soprabito.
«Tom?»
«Eh.»
Assottigliò lo sguardo.
«Non è andata bene, vero?»
Tom si sedette, accavallando le gambe. Aveva proprio la faccia di uno che aveva bisogno di una buona dose di alcol.
«Adesso è Silente che occupa la carica di preside. Pensavo sarebbe stato più facile, ma effettivamente sono stato sciocco. Lui sa. Sa che in me c’è tanta oscurità, sa che sarei bravo a plagiare le menti altrui. È per questo che non mi vuole ad insegnare lì. Ma se non posso io, non lo farà nessun altro.»
Bene, quando Tom era arrabbiato era sempre difficile da gestire.
«Mi dispiace, Tom…»
«Non importa, questo non mi ferma. Ho cercato altri seguaci, ovviamente sono tutti Purosangue. Ho parlato anche con tua zia Bellatrix, lei sembra la più entusiasta.»
Draco fece una smorfia.
«Oh, Tom. Lo sai, penso che lei abbia un debole per te.»
«E la novità dove starebbe?»
«Ma è mia zia.»
«E tu sei il mio amante, cosa sono queste ovvietà? Non essere geloso, ti ho promesso che saresti sempre stato al primo posto. Lo so che sei il più fedele.»
Draco gli fece segno di tacere per non svegliare il bambino.
«Lo so, scusa. Sono solo preoccupato, da quando Scorpius è nato mi sento apprensivo, è insopportabile.»
Tom sorrise e sfiorò la testolina bionda del bambino.
«Ah, ma non c’è niente da temere. Scorpius vivrà in un mondo perfetto, questo posso prometterlo. Ad ogni modo, abbiamo una riunione.»
«Eh? Quando?»
«Adesso. È stata un’idea mia e di tuo padre. Forza, non perdiamo tempo.»
Draco trovava molto strana quell’amicizia tra Lucius e Tom, anche se, certo, era pur sempre un’amicizia di convenienza, avevano un accordo dopotutto.
Era già buio e pioveva. L’appuntamento era a Londra, in un circolo di gentiluomini, un locale elegante dove spesso gli uomini si ritrovavano a parlare, bere e fumare sigari. Ma quella sera erano presenti molte donne e ragazzi giovani. Draco ebbe il tempo di guardarsi velocemente incontro prima che suo padre venisse loro incontro e salutasse Tom con gran calore.
«Finalmente il nostro ospite più importante è arrivato.»
«Amh, Tom? Che succede?» domandò Draco.
«Rilassati, qui comando io» gli rispose, rivolgendosi poi a Lucius. «Da qui in poi ci penso io, grazie.»
«Come desideri, Tom» rispose l’uomo chinando il capo e lasciando suo figlio senza parole. Da quando suo padre era così servile, verso Tom soprattutto? Si sedette, rimanendo con gli occhi incollati su di lui. Adesso stava iniziando a capire, quelli erano membri delle famiglie Purosangue più importanti riunite lì Riconobbe anche sua zia Bellatrix, che stava guardando Tom con fare adorante. Cercò di scacciare quella stupida sensazione di gelosia, non aveva senso.
«Bene, bene. Siamo molto più di quanto pensavo, ciò mi compiace» Tom sorrise, mandando giù un sorso di whiskey. «Immagino che Lucius vi abbia accennato il perché siete qui. Sono alla ricerca di seguaci, gente coraggiosa che possa seguirmi e servirmi in questa mia impresa di epurazione del mondo.»
Draco si irrigidì sulla sedia. Era stranissimo quando faceva così Tom lo intimoriva e allo stesso tempo lo eccitava. Si schiarì la voce e cercò di darsi un contegno. Qualcuno si alzò, era un ragazzo un po’ più grande di loro.
«Ma sei solo un ragazzino. Come può un ragazzino pensare di epurare il mondo?»
«Oh, sta zitto!» esclamò Bellatrix. «Tu non lo conosci, ma il ragazzo ha esperienza, diglielo anche tu Draco!»
«E-Eh? Sì, è vero…»
«Non è necessario agitarsi tanto» Tom fece loro segno di calmarsi. «È vero, sono giovane, ma sono audace e potente e ho le idee ben chiare.»
«Io non ti credo. Mi sembri solo un presuntuoso ragazzino viziato» sibilò l’altro. Draco a quel punto ebbe paura, Tom si era avvicinato, tirando fuori la bacchetta. Non si scompose, non era da lui. Ma non era da lui neanche rimanere lì e subire.
«Crucio.»
Il nobile che gli era andato contro fino a quel momento cedette sulle proprie gambe, vittima del dolore che la maledizione Cruciatus provocava. Draco conosceva le maledizioni senza perdono, ma vederle con i propri occhi era diverso. Ad un tratto Draco scosse la testa, come qualcuno lo stesse svegliando dal torpore.
«Tom» sussurrò sfiorandogli la spalla. Anche lui sembrava totalmente sopito, quando infliggeva dolore era… diverso, gli faceva paura.
Tom fece qualche passo indietro, ritornando in sé.
«Beh, penso di essere stato esaustivo, non vi serve che io aggiunga altro, vero?»
Adesso Draco poteva vederlo, erano tutti terrorizzati da lui. Non era come ai tempi della scuola, dove Tom suscitava una sorta di timore riverenziale, ma adesso era tutta un’altra storia.
Per tutto il tempo della riunione, Draco non proferì parola. Non sapeva perché dovesse essere così sconvolto, Tom aveva fatto di peggio, aveva ucciso, ma non lo aveva mai visto farlo. Quindi si sarebbe ritrovato a dover uccidere dove lui. Adesso non era più una possibilità, adesso era reale, tangibile. Quasi invidiava Lucius, lui sembrava solo entusiasta della cosa. Ma come poteva?
Al ritorno a casa, Tom sembrava soddisfatto. Amava il potere sugli altri.
«Oh, vedrai Draco. Vedrai in quanto vorranno seguirmi e… perché fai quella faccia?»
«Quale faccia? È la mia solita faccia» si lamentò togliendosi il cappotto.
«Dopo tutti questi anni non hai ancora imparato a non mentirmi, è inutile. Qual è il problema?»
Quando erano soli, Draco non aveva paura. Sapeva che Tom non lo avrebbe mai ferito, era l’altro lato di lui a terrorizzarlo. Era come se coesistessero due entità in lui, quella più trattabile, gentile, addirittura dolce e poi quella dell’assassino. E lui le amava entrambe, anche se era così difficile.
«Tom. Mi sento solo un po’ stordito…»
«Sono io che ti stordisco, mio caro? Perché se è solo per quello che hai visto stasera, ho fatto molto peggio» Tom gli si avvicinò e strinse la sua schiena. Era come se ci vedesse qualcosa di eccitante in ciò e probabilmente in un modo un po’ malato lo era.
«Assistere a certe cose mi fa impressione… Io non sono un assassino» ansimò, scostando lo sguardo da un’altra parte. «Come farò a…a…?»
«Oh, Draco» la sua stretta si fece più possessiva. «Hai sempre avuto libero arbitrio, se non ti sei ancora tirato indietro è perché probabilmente non vuoi. Quello che provi per me è più forte della paura di diventare un assassino.»
Più lui parlava, lento e sensuale, più Draco si sentiva debole.
Era da quando frequentavano la scuola che sapeva gli avrebbe creato problemi. Adesso aveva ben poco di cui sorprendersi.
 «Ma se io… non fossi in grado?»
«Ma certo che lo sarai, mio caro. Tutti hanno un po’ di oscurità dentro di sé… deve solo venir fuori» dicendo ciò gli baciò il collo, lentamente. Draco ansimò, cercando di non perdere l’equilibrio. Tom era in grado di uccidere ed era in grado di amare.
Di amare a modo suo. Di amare solo lui.
«Tom, aspetta… fammi almeno…»
Era quasi del tutto buio e avrebbe voluto accendere le candele. Tom però non glielo permise, lo tirò giù con sé, sopra il tappeto e lo intrappolò tra le sue braccia.
«Dubiti di me, Draco?» domandò mellifluo, aprendogli la camicia per baciargli il petto. Qualunque pensiero avesse formulato durante i suoi momenti di razionalità, erano già un ricordo lontano.
Mai. Mi sei entrato dentro, aggrappato alla mia anima, come io alla tua. Forse è impossibile per noi liberarsi l’uno dell’altro.
E a noi va bene così, non è vero?
«N-no, Tom… mai…» sussurrò afferrandogli la testa e attirandolo a sé per baciarlo.
Che importava essere debole o essere un assassino? Se era necessario per avere quei momenti, allora ne sarebbe valsa la pena.
«Prometti di essermi fedele sempre?» sussurrò Tom, mordendogli il labbro.
«Nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non ci separi» recitò Draco, come una solenne promessa di matrimonio. Si aggrappò a lui a si lasciò andare.
Per il momento andava bene così.

Nota dell'autrice
Il capitolo è un po' più breve degli altri, ma nel prossimo ci sarà un ulteriore salto temporale. Tom oramai ha iniziato ufficialmente la sua ascesa, Draco se ne rende conto, ma non può e non vuole rinunciare a lui. Intanto ho pensato di scrivere di una Bellatrix infatuata di Tom, con un Draco sospettoso e anche un po' geloso... tutti sono pazzi per lui in questa famiglia. Forse alcuni temevano che Astoria morisse di parto ma no, non sono così cattiva (non è vero, lo sono eccome).
Alla prossima settimana ^^
Nao

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Capitolo 17
*** Tenebris ***


Quod devotio
Tenebris
 
Sei anni dopo…
 
Scorpius Malfoy adorava l’avventura. Ed essendo dotato di grande immaginazione era in grado di divertirsi anche da solo: quando fuori faceva bel tempo, il giardino rigoglioso di casa sua era il teatro di incredibili giochi. Sua mamma teneva molto ai fiori che aveva piantato e che Scorpius si premurava sempre di non rovinare. Era un bambino molto sensibile e anche molto attento, motivo per cui in un certo senso si rendeva conto di quello che accadeva intorno a lui. Ma c’erano delle cose troppo complicate e che non avrebbe saputo spiegare, motivo per cui molto spesso faceva finta di niente.
«Scorpius! Vieni dentro, sta per piovere!» Astoria si affacciò, preoccupata dalle nuvole grigie e minacciose che coprivano il cielo.
«Adesso arrivo, madre!» disse il bambino, con i vestiti buoni già tutti imbrattati di terra.
«Tuo padre e Tom sono appena tornati» disse allora Astoria. Scorpius si sollevò subito, con un sorriso sul viso.
«Bene, allora vengo subito!» esclamò correndo verso casa,
 
Una delle paure di Draco era sempre stata quella di non essere un buon padre. Ma con il tempo quella paura si era rivelata infondata: suo figlio lo adorava e la cosa era ricambiata. Ma non era l’unica persona che Scorpius adorava, anche Tom era amato allo stesso modo.
«Siete tornati prima che la tempesta si scatenasse» disse Astoria andando incontro ai due. Tom e Draco stavano spesso fuori, poiché oramai si erano creati un gruppo di seguaci abbastanza nutrito.
«Un po’ di pioggia non ha mai ucciso nessuno» disse Tom, il quale in sei anni era cambiato parecchio, ma non abbastanza da compromettere il suo fascino. Non che Draco ci avesse fatto troppo caso, qualsiasi aspetto avesse non avrebbe fatto differenza.
Scorpius corse all’ingresso, sporcando tutto di fango.
«Siete tornati!» esclamò contento, saltando addosso a Draco.
«Oh! Scorpius!» esclamò Astoria esasperata.
«Ah, non importa. Ciao, piccolo» Draco lo prese in braccio. «Ti sei comportato bene?»
«Benissimo» rispose Scorpius tutto fiero. «E voi?»
Scorpius era di fatto l’unico bambino che Tom sopportasse e per cui nutrisse un certo affetto, non solo perché somigliava molto a Draco, ma perché era effettivamente sveglio e maturo per la sua età, anche se forse era un po’ troppo con la testa fra le nuvole.
«Certo che sì. Ci sono io che lo tengo d’occhio, dopotutto» affermò Tom, ricevendo una gomitata da parte di Draco.
«Tooom» lo chiamò ad un tratto il bambino. «Allora, quand’è che mi insegni a fare le magie da grandi?»
Scorpius aveva una grande voglia di imparare e per Tom sarebbe stato interessante insegnare a quel bambino tutto ciò che sapeva, ma Draco gli aveva severamente vietato di insegnargli cose strane.
«Scorpius, sei ancora troppo piccolo per queste cose. Dovrai prima andare ad Hogwarts, ma ci vorrà ancora qualche anno.»
«Uffa, ma non è giusto» si lamentò con una certa teatralità.
«Non preoccuparti» disse Tom. «Quando sarai abbastanza grande ti insegnerò tutto ciò che vuoi.»
Quella frase parve quietare l’animo di Scorpius, che subito dopo fu costretto da Astoria a fare un bagno.
 
Le cose stavano andando incredibilmente bene da sei anni a quella parte, forse fin troppo. Il prestigio e la popolarità di Tom era cresciuta, adesso aveva molti più seguaci che lo adoravano, anche se non era ancora abbastanza. Tom era uno che non si accontentava mai. Sicuramente in questo non era mai cambiato, sebbene fisicamente fosse sempre meno umano. Ma non per Draco. Per lui sarebbe stato sempre Tom Riddle, anche se fisicamente stava cambiando. Era a causa degli horcrux, questo lo sapeva bene, ma a Draco non importava. In quei sei anni i suoi sentimenti non avevano fatto altro che crescere. Oramai Draco si era abituato quella vita, a quella sorta di quotidianità, e quasi gli veniva da pensare che non l’avrebbe cambiata per niente al mondo, anche se in cuor suo sapeva che le cose sarebbero cambiate. E sarebbero cambiate molto prima di quanto pensasse. Quella sera a cena Scorpius era come sempre allegro e vivace e raccontava di tutti i giochi che aveva inventato da solo. Sarebbe stata una serata perfetta se solo Draco non si fosse reso conto che Astoria non stava molto bene. Era sempre stata cagionevole, ma dopo aver avuto Scorpius il suo fisico si era debilitato ancora di più e capitava spesso che stesse male o fosse indebolita.
«Draco, puoi mettere tu Scorpius a letto? Io ho bisogno di andare a riposare» sussurrò Astoria esausta.
«Sì, ma certo. Scorpius, da la buonanotte a tua madre.»
«Buonanotte, madre» salutò impegnato più che altro a leggere. Era Tom che glielo aveva insegnato. Astoria sorrise debolmente e Draco la osservò fino a quando non la vide sparire.
«Non mi piace per niente. So che capita spesso, ma ho come la sensazione che stavolta sia…diverso.»
«Certo che è diverso. È incinta» disse Tom come se stesse annunciando una cosa qualsiasi. Draco impallidì.
«Lei è… che cosa? Come… come…?»
«Non è ovvio? Non credo nemmeno che lei lo sappia ancora, ma io osservo e sono perspicace. Astoria è di nuovo incinta, per questo sta così male.»
Com’era possibile che Tom lo avesse capito ancor prima della diretta interessata e ancor prima di lui? Si portò le mani sul viso, controllando che Scorpius non li sentisse.
«Ma non può esserlo veramente, lei… lei è troppo fragile, questa volta rischierebbe la vita.»
«E allora sai cosa dovete fare.»
Tom non aveva problemi a dire certe cose con freddezza e controllo, ma non era ancora abituato dopo tutti quegli anni.
«Astoria non vorrebbe.»
«E allora sappi che potresti diventare vedovo» affermò annoiato. A volte la sua insensibilità lo scocciava ancora. Draco si alzò, nervoso. Forse avrebbe dovuto parlarne con Astoria. Un altro figlio non era uno scherzo, aveva dato per scontato che non ne avrebbero avuti più, visto quanto era stato difficile la prima volta. Draco voleva davvero bene ad Astoria, era una moglie dolce e fedele ed era la madre di suo figlio, non voleva che morisse. A lui piaceva la sua vita. Si era abituato a quella routine, a sua moglie, a Tom, a suo figlio… Ma questo non era nei piani.
«Questo… questo non può succedere. Oh, no. Non succederà affatto. Posso ancora fare qualcosa.»
Tom distolse lo sguardo, scocciato. Aveva altro per la testa in quel momento e sapeva anche che per Draco non sarebbe stato affatto facile.
 
Draco in effetti agì nell’immediato. Contattò i migliori Guaritori che conosceva affinché venissero a visitare Astoria, ma alla fine l’ipotesi (anzi, la certezza) di Tom si era rivelata esatta: era incinta e se quella era una notizia che avrebbe dovuto portargli gioia, in realtà Draco era solo preoccupato. Gli sarebbe piaciuto avere altri figli, ma non se questo voleva dire perdere Astoria.
D’altro canto, sua moglie era ferma sulla decisione di portare avanti quella gravidanza.
«Astoria, ti prego di essere ragionevole» la pregò Draco stringendo le sue mani. «Non possiamo rischiare. Scorpius ha bisogno di te e… anche io.»
Lei se ne stava a letto, aveva un’espressione raggiante nonostante tutto.
«Draco… so che sei preoccupato, ma io voglio davvero portare avanti questa gravidanza. Con Scorpius è andata bene.»
«Sì, ma come facciamo a sapere che questa volta andrà bene?» tentò di convincerla, ma invano. Sua moglie sapeva essere molto determinata.
«Infatti non lo possiamo sapere. Ma ci sono tante cose che non sappiamo. Questo è un rischio che devo correre.»
Draco sapeva che non ci sarebbe stato niente in grado di convincerla e ciò non faceva che angosciarlo.
 
«Tom ma come posso fare? Astoria è irremovibile!»
Draco aveva i capelli in disordine e aveva affogato i suoi dispiaceri nell’alcol.
«Draco Malfoy, mi stai stancando adesso» disse Tom serio. «Smettila, sei in uno stato pietoso.»
«E tu sei senza cuore!» piagnucolò. Era ubriaco, non gli era mai successo. «Tu non potresti mai capire, perché non mi ami.»
«Piantala di parlare!» sbottò. Con gli anni era diventato meno paziente per certi aspetti, meno propenso a perdere tempo.
«Io pensavo tu ci tenessi ad Astoria.»
«L’ho tollerata abbastanza bene, lo ammetto. Ma ti ricordo che io sono il tuo amante. E adesso dammi quel Whisky!» Tom gli tolse il bicchiere di mano. «Dopo tutti questi anni che mi stai accanto non hai ancora imparato ad essere forte e ad avere contegno.»
Tom gli appariva come un’immagine sfocata. Draco si portò una mano sulla testa, sentendola girare.
«Io non sono mai stato forte, dovresti saperlo.»
Perse l’equilibrio e Tom lo afferrò.
«Guarda che tuo figlio è qui nei paraggi, pensa cosa accadrebbe se ti vedesse così.»
«Penserebbe che ha un padre patetico e debole. E ha ragione, è quello che sono. Divorato dalla paura, come al solito!» piagnucolò, cercando di scostarsi dalla sua presa. Tom lo afferrò di peso, facendolo sedere sul divano.
«Se fortunato che tu sia tu, odio i piagnistei e non li tollero tra i miei seguaci. Ho parlato troppo, d’accordo? Astoria ce la farà di certo.»
«E tu come fai a saperlo?»
«Infatti non lo so, non sono ancora onnisciente. Ora davvero, smettila di bere perché non risolverai niente.»
Per quanto potesse sembrare crudele nei modi, Tom aveva ragione. Ma Draco continuava ad essere spaventato, consapevole di non avere il controllo. Aveva anche chiesto conforto a sua madre, come un bambino bisognoso.
«Madre, sei certa che non c’è niente che puoi dirle?»
Le aveva chiesto, pallido in volto come un fantasma.
«Oh, Draco. Potrei anche provare, ma non so a cosa servirebbe. Astoria è ferma sulla sua decisione di voler tenere il bambino e nessuno può costringerla a fare il contrario!»
E anche sua madre aveva dimostrato di avere ragione. Per quanto sofferente e debole, Astoria era decisa a continuare. Aveva già perso un figlio una volta. Poi aveva avuto Scorpius e adesso aveva bisogno di credere che sarebbe andato tutto bene.
 
I mesi trascorsero lenti e pieni d’ansia per Draco. Non era molto presente a sé stesso, ma doveva cercare di fare del suo meglio per Scorpius. Era una fortuna che ci fosse Tom, che nonostante odiasse quella situazione, lo aiutava con suo figlio.
«Tom, mia mamma sta per morire?» domandò un giorno il bambino. Lui era rimasto sorpreso. Negli ultimi sei anni aveva imparato a comportarsi con i bambini (soltanto con lui a dire il vero), ed era sempre convinto che i bisognasse dire la verità, sempre.
Ma non era così facile.
«Perché dici questo, Scorpius?»
Lui aveva fatto spallucce, con l’espressione troppo seria per un bimbo di quasi sette anni.
«Perché quando vado da lei è sempre stanca e debole. Tu ce l’haï la mamma ?»
«Io? No, non più» disse freddamente. «Ma tu non sei me, non devi avere il mio stesso destino.»
Così Tom non aveva mentito e Scorpius era rimasto soddisfatto della risposta.
 
«Tom, mio papà è il tuo migliore amico?»
Ultimamente Scorpius aveva preso a fare tante domande. Sarebbe stato facile dirgli di tacere, ma quel bambino somigliava fin troppo a Draco.
«Direi di sì.»
«Siete amici da tanto tempo?»
«Da anni.»
«Quindi vuoi bene anche a me come se fossi tuo?»
Oh, i bambini. Creature davvero interessanti, più complesse di quanto si potesse pensare. Tom si guardò intorno, per essere certo che nessuno lo ascoltasse.
«Tu sei mio, ma non dire in giro che l’ho detto.»
Scorpius arrossì, contento, ed era sicuro che il suo segreto non sarebbe mai stato al sicuro. Ma andava bene così.
E mentre Tom passava molto tempo con Scorpius, Draco si prendeva cura il più possibile di Astoria. Anche se la gravidanza avanzava, sua moglie era dimagrita in viso, eppure era sempre sorridente e non gli creava mai preoccupazioni, né si lamentava.
Non sapeva se ne sarebbe valsa la pena.
 
Astoria entrò in travaglio quasi due mesi prima del previsto, il che aveva sorpreso tutti. A differenza della nascita di Scorpius, era mattina presto. Astoria gemeva,  il suo corpo eccessivamente magro era colto dagli spasmi e un liquido appiccicoso sporcava le lenzuola.
«Perché il Guaritore non arriva?!» esclamò Draco, dimenticandosi di mantenere la calma.
«Lo abbiamo già calmato, rilassati!» gli urlò Tom. Draco evitò di rispondergli.  Doveva pensare ad Astoria, perché la situazione non prometteva bene.
«D-Draco, non può nascere adesso, è troppo presto!» gemette Astoria aggrappandosi a lui.
«Lo… lo so, andrà tutto bene, vedrai!» cercò di rassicurarla, pur mentendo.
Niente sarebbe andato bene.
Il Guaritore arrivò poco dopo e Draco fu costretto a lasciare sua moglie da sola, nonostante avesse protestato. Ma Tom lo aveva trascinato fuori dicendo che non sarebbero stati di alcuna utilità. Scorpius si trovava con Narcissa, quindi Draco poteva benissimo lasciarsi andare alla disperazione.
«Tom, ho paura» gli bisbigliò, come se gli stesse confidando un segreto. Anche se era mattina, la casa sembrava avvolto in un manto oscuro.
«Lo so, ma possiamo solo aspettare» gli rispose poggiando una mano sulla testa.  Due mesi in anticipo erano tanti, e Draco temeva sia per la vita di Astoria che per quella del bambino. Cosa avrebbe fatto, nel caso fosse andato tutto male?
Quello che hai sempre fatto, ma senza di lei.
Scacciò quel pensiero della mente, stringendo forte il braccio di Tom. Questa volta poteva sentire chiaramente i gemiti stanchi di Astoria, che doveva star soffrendo così tanto.
«Tom, per favore. So che non tolleri più questa situazione, ma nel caso in cui dovesse andare tutto male, non lasciarmi cadere» lo pregò Draco, guardando nel vuoto.
«Non ti lascerò cadere, questo posso anche prometterlo» si limitò a rispondere.
Due ore e mezza di nulla e ansia, Astoria smise di lamentarsi. Ma a differenza della prima volta, Draco non aveva sentito nessun pianto, nessun vagito.
«Perché non sento nessun pianto? Tom…»
«Draco, per favore. Rimani qui» lo richiamò debolmente, ma invano. Draco entrò in camera da letto e fu colto da un forte e nauseante odore di sangue. Astoria respirava a fatica, le lenzuola erano imbrattate di sangue, e il Guaritore stringeva in un panno…
«Che succede…?» domandò in un sussurro. Vide le lacrime negli occhi di Astoria e allora capì.
«Mi dispiace, signor Malfoy. La bambina era già nata morta, non c’è stato niente da fare.»
La nausea aumentò. Allungò le mani, istintivo. Voleva vederla, quella bambina che non si sarebbe mai affacciata alla vita. La prese in braccio, era più piccola di come avrebbe dovuto essere. Poteva intravedere i pochissimi capelli biondi sulla sua testa e a vederla così sembrava quasi che stesse dormendo. Era sua figlia, anche se somigliava di più ad Astoria.
«Draco, ma cosa…?»  Tom entrò e si fermò subito. Certo, si era aspettato che andasse tutto male, ma non così. Guardò Draco, poi guardò la bambina e nel vederla lì immobile capì. Lui lo guardò con un’espressione che in tanti anni non gli aveva mai visto. Sembrava che la sua anima fosse stata risucchiata via.
«Tienila tu» sussurro, porgendogli quel fagottino. Tom rabbrividì. Guardò la bambina tra le sue braccia. Quello fu e sarebbe stato l’unico momento in cui Tom Riddle avrebbe provato compassione, perché dopo nemmeno due secondi aveva dovuto distogliere lo sguardo. Era stato un momento di debolezza che non avrebbe confidato nemmeno a Draco.
Quest’ultimo si avvicinò a sua moglie: non l’aveva mai vista così fragile. Astoria boccheggiò, provò a dire qualcosa.
«Sssh, non sforzarti, ti prego. Oh, Astoria. Non sarebbe dovuta andare così.»
Astoria sorrise debolmente, accarezzandogli il viso. Malgrado fosse molto indebolita sorrideva.
«Mi dispiace, Draco. E mi dispiace che la nostra bambina non ce l’abbia fatta.»
Draco trattenne a stento le lacrime. Stavano succedendo troppe cose orribili e tutte insieme.
«Però tu ce la farai, non è vero?» domandò con un sussurro. Malgrado non fosse lui quello che aveva bisogno di conforto, Astoria continuò ad accarezzarlo.
«Draco… Voglio che tu sappia che accanto a te sono stata felice. Avrei potuto avere un marito violento o cattivo, invece ho avuto te.»
«Io non sono quello che pensi, Astoria!» gemette Draco, afferrandole le mani. Erano fredde.
Lei emise una sorta di rantolo.
«Io so… che tu e Tom vi prenderete cura l’uno dell’altro. E che vi prenderete cura di Scorpius, anche se non sarà facile e…»
Draco lasciò che le lacrime gli solcassero le guance. Ebbe in quel momento la consapevolezza che sua moglie aveva sempre saputo.
Aveva sempre saputo di lui e Tom, ma aveva fatto finta di niente.
«Tu… sapevi?»
Astoria annuì.
«È molto difficile non accorgersi di voi. Ti prego, ti prego, non fartene una colpa. Non si sceglie chi amare. Sapevo cosa avrei affrontato sposandoti e malgrado tutto io sono stata felice. Ho amato la nostra famiglia, ho amato te… e ho voluto bene anche a Tom, nonostante tutto.»
Le lacrime erano divenute copiose sulle sue guance. Sapere che Astoria avesse saputo lo faceva sentire in colpa, nonostante lei avesse ragione: non si sceglieva chi amare e in fin dei conti erano finiti tutti e tre in una situazione troppo grande da gestire.
«Astoria, mi dispiace… Per favore… rimani ancora qui, solo un altro po’…»
S’inginocchio, stringendo forte la sua mano. Astoria gli accarezzò i capelli.
«Fai sempre il meglio. Ti prego. E dì a Scorpius che gli voglio bene.»
Dopodiché Astoria chiuse gli occhi e si lasciò andare. La sua fragile presa divenne inesistente e per la prima volta Draco provò un dolore che non aveva mai sperimentato, diverso dal resto. Chiamò il suo nome, pur sapendo che non si sarebbe mai più risvegliata.
So che la vita è fatta di gioie e dolori, ma a cosa serve darti una gioia se poi ti viene tolta così, da un momento all’altro?
Tom si avvicinò a lui, senza toccarlo.
«Draco.»
Lui non rispose, si aggrappò alla sua mano, al suo braccio, poi interamente a lui e lasciò che fosse Tom a condividere con lui il suo immenso dolore.
 
Mira Astoria Malfoy. Era questo il nome che Draco aveva dato alla bambina che adesso riposava accanto a sua madre. Draco aveva in mente il pianto disperato di suo figlio, il quale non capiva perché fosse andata così, perché la sua affettuosa madre gli fosse stata portata vita.
E lui aveva perso una moglie e una figlia. E questo niente e nessuno lo avrebbe cambiato.
Non era ad un funerale che sperava di assistere, eppure era ciò che stava accadendo. Non c’era niente che potesse distrarlo dal suo profondo dolore, né il pianto di Scorpius, né la voce di sua madre.
L’unico era Tom, che adesso gli stava poggiando una mano sulla spalla.
«Draco. Non è quello che vuoi sentirti dire, ma devi reagire. Dovrai reagire prima o poi, se non vuoi sprofondare.»
Ma io sto già sprofondando.
Tom, hai mai perso tutto? O quasi?
«Io non ho… non ho…»
«Fa silenzio. Hai tuo figlio, lui ha bisogno di te in questo momento. E ci sono anche io. Non puoi impedirti di soffrire, ma smettila di auto commiserarti e usa questo dolore in altro modo.»
Sapeva cosa intendeva Tom per altro modo.
Incanalare il dolore verso la rabbia, piuttosto che verso la tristezza. Respirò profondamente e chiuse gli occhi. In quell’attimo si promise che non avrebbe più perso nessuno, che avrebbe avuto il controllo su quanto più possibile. Il dolore si sarebbe forse assopito, ma non la sua rabbia. E quest’ultima gli sarebbe servita per diventare grande.
 
Nota dell’autrice
Mira è il nome di una stella ed era anche quello che più mi piaceva tra i vari nomi ispirati alle stalle. Fino all’ultimo sono stata indecisa se farla sopravvivere, ma alla fine ha vinto il mio lato oscuro; quindi, non ce l’hanno fatta né lei né Astoria. Questo non è stato un momento facile né per Draco né per me. È stato impegnativo, ecco, ma necessario. Questo segna un cambiamento importante per Draco, che forse potrà abbracciare il lato oscuro.
Come in molti avevano ipotizzato, Astoria ha sempre saputo della relazione tra Draco e Tom, ma alla fine si era affezionata ad entrambi e alla sua vita. Fatemi sapere cosa ne pensate! ^^
 
Nao

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Capitolo 18
*** Devotio ***


Quod devotio
Devotio
 
Il dolore aveva un effetto strano sull’animo. Prima la stringeva, soffocandola. Poi pian piano si finiva con l’abituarsi al dolore e rimaneva la rabbia. Draco di certo non avrebbe mai dimenticato il suo dolore, anzi, si sarebbe aggrappato ad esso con tutto sé stesso.
A pochi mesi dalla morte di Astoria e della piccola Mira, Draco sentiva di essere molto cambiato. Se prima aveva avuto dei dubbi, ora essi erano totalmente spariti.
«Tom, insegnami tutto ciò che sai» gli disse un giorno.
La loro casa era ora silenziosa e triste, sembrava aver perso la sua luce. Nemmeno la presenza di Scorpius, ora divenuto più malinconico e triste, sembrava poter in qualche modo migliorare le cose.
«Con tutto ciò che so, intendi che vuoi saperne di più sulla magia oscura?»
Tom aveva sempre pensato che l’umanità di Draco in qualche modo sarebbe stata preservata, che di certo non sarebbe diventato come lui. Ma adesso l’unica cosa che vedeva erano i suoi occhi vuoti e carichi di rabbia.
Era incredibile a cosa il dolore potesse portare. Tom si poneva delle domande, ma era anche molto soddisfatto.
«Sai che per far del male a qualcuno, per ucciderlo, devi volerlo. Vero?»
Draco non aveva un animo malvagio, al contrario suo.
«Lo so» sussurrò. «Tanto tempo fa ti ho promesso che ti sarei stato accanto e che sarei stato il tuo seguace più fedele. Questo è il mio dovere ed è quello che voglio.»
Se non fosse stato così controllato, Tom avrebbe tremato dinnanzi quella sua devozione.
«D’accordo, Draco. E sia. Ti insegnerò quello che vuoi. E diventerai il migliore. Anche se mai quanto me, questo ti è chiaro. Vero?»
Draco gli si inginocchiò di fronte e prese la sua mano. Tom voleva essere unico e non aveva alcun problema con ciò.
«Chiaro, mio signore.»
 
Tom fu di parole, come del resto era sempre con lui. Le Maledizioni senza Perdono erano tre, Cruciatus, Imperio e Avada Kedavra. Draco le conosceva e aveva visto Tom torturare qualcuno, ma non le aveva mai praticate.
E poiché Tom non era uno che amava le vie di mezzo, aveva deciso che Draco dovesse provare direttamente su un essere umano, un Babbano.
«Dove mi hai portato?» domandò Draco. Erano abbastanza lontani dalla loro abitazione, di fronte a loro c’erano una schiera di casette tutte uguali.
«Qui ci vivono solo Babbani, quindi gente senza importanza. Non volevi provare ciò che ti ho insegnato?» domandò con una certa luce negli occhi.
Fino a poco tempo prima Draco si sarebbe rifiutato, perché uccidere delle persone innocenti non era giusto. Ma adesso non era sicuro che gli importasse molto.
«E sia» sibilò, passandogli davanti. Draco si avvicinò alla casa, un’abitazione semplice e dove probabilmente viveva una famiglia con dei bambini, a giudicare dalle altalene in giardino. Bussò e poco dopo aprì un ragazzino di circa dodici anni.
«Amh. Salve, chi siete voi?» domandò, un po’ in soggezione.
«Oh, ciao ragazzino. Dobbiamo entrare» disse Tom, già molto divertito dalla faccenda.
«Ma…» il ragazzino provò a dire qualcosa, ma sia Tom che Draco gli passarono accanto.
Proprio come Draco sospettava, una comunissima famiglia Babbana che non immaginava ciò che sarebbe successo di lì a poco.
«Dylan, tesoro, chi era alla porta?» una donna bionda e dagli occhi gentili era arrivata in soggiorno. «Voi chi siete?»
«Oh, che gente noiosa. Su Draco, fa quello che devi e sbrighiamoci, lo sai che non apprezzo i Babbani» disse Tom sedendosi. Draco assottigliò lo sguardo, tirando fuori la bacchetta.
«Se non mi dite chi siete e cosa fate in casa mia, chiamo la polizia» disse la donna impaurita, ma decisa.
Ce la poteva fare. Era gente che non contava nulla, dopotutto.
«Crucio!» esclamò. La donna cadde, contorcendosi e urlando dal dolore.
«Mamma!» esclamò il bambino spaventato. «Che cosa fate? Lasciatela stare!»
Era inutile avere pietà, in futuro avrebbe dovuto fare molto peggio.
«Fa silenzio! Imperio!» esclamò contro il ragazzino, il quale si immobilizzò. «Adesso siediti lì e non muoverti.»
Ubbidiente e senza scelta, Dylan andò a sedersi, rigido come un bastone. La donna ansimò, provando a rialzarsi.
«Non mi pare di aver detto che potevi muoverti!» esclamò Draco. «Crucio.»
Tom adesso era molto più che soddisfatto. Draco aveva ceduto al suo lato oscuro. Adesso gli andava bene il fatto che potesse perdere la sua umanità? Che ne era del ragazzo che voleva impedire a Draco di perdersi totalmente?
Niente, il vecchio me stesso sta venendo pian piano cancellato. Dopotutto, come posso proteggere l’umanità altrui se non è nemmeno una mia?
«Draco, adesso uccidili e basta» disse annoiato.
In quel momento una bambina con in mano un orsacchiotto scese dalle scale.
«Mamma? Mamma! Chi sono loro?» domandò spaventata. Draco sollevò lo sguardo: quella bambina dai capelli biondi doveva avere l’età di Scorpius.
«Emily, torna di sopra!» esclamò la donna.
«Ah, beh, hai trovato la tua terza cavia, Draco. Uccidi la ragazzina e basta.»
La bambina impallidì e cercò di indietreggiare, rimanendo però immobile, fin troppo terrorizzata. Draco puntò la bacchetta contro di lei.
Sei proprio sicuro di volerlo fare? Cosa faresti se al suo posto ci fosse Scorpius e al tuo posto un qualsiasi mago oscuro?
Io devo farlo.
La sua mano tremò.
“Ricorda Draco, se vuoi torturare o uccidere qualcuno, devi volerlo davvero”.
Dannazione, mi detesto. Perché, nonostante il dolore, sono ancora così debole e umano?
È una cosa che odio.
Abbassò il braccio.
«Draco, perdi ancora tempo?» chiese Tom.
«No, Tom. Ma basta così.»
«Come sarebbe a dire basta così? Arriva fino in fondo!» esclamò.
Lui lo guardò in un modo che era tutto nuovo per Tom.
«Ti ho dimostrato di poterlo fare, ora non esageriamo e andiamocene!» esclamò, guardandosi intorno. La bambina lo fissava ancora impaurita, il ragazzino si era alzato per aiutare la madre. «Ci siamo divertiti abbastanza»
Il suo era il tono di qualcuno che non voleva discutere. Era la prima volta che gli si ribellava in quel modo.
Uscì da quella casa, respirando profondamente. Non era ancora un assassino, ma non mancava molto a quel giorno, stava solo giocando a perdere tempo.
«Draco. Draco, fermati!» Tom lo afferrò con violenza, costringendolo a voltarsi. «Cosa stai facendo?»
«Beh, cosa c’è? Ho fatto quello che dovevo.»
«No, tu mi hai disubbidito. Se io ti dico di fare una cosa tu la fai. Se io ti dico di uccidere qualcuno, tu lo fai» sibilò avvicinandosi al suo viso.
«Non era necessario.»
«Tu hai un cuore troppo tenero, cosa farai quando dovrai ucciderne a decine? Se vuoi cedere al lato oscuro, allora fallo del tutto.»
Draco indietreggiò. Tom era abituato perché era deluso? O semplicemente perché gli aveva disubbidito? Dopotutto gli aveva sempre detto di essere il suo seguace più fedele e invece adesso gli si ritorceva contro.
«Beh, non pretendere troppo, io non sono te.»
«Questo mi sembra ovvio» Tom lo afferrò per un braccio. «Io da te pretendo tutto, pretendo il massimo perché tu non sei solo un mio seguace. O sbaglio?»
Passavano gli anni, ma la sua capacità di ammaliarlo rimaneva.
«Io… no, non sbaglio. Ma è strano. Dicevi di voler preservare la mia umanità, però vuoi che io uccida a sangue freddo. Piuttosto bizzarro, non credi?»
Draco era così arrabbiato, così pieno del suo dolore da non riuscire a trattenere i suoi pensieri più profondi. Tom sorrise, accarezzandogli il viso.
«Oh, Draco. Non ce l’avrai ancora con me perché anni fa ti ho negato l’immortalità.»
Draco gli afferrò il polso, allontanandolo.
«Sai cosa penso? Che più che proteggere me, tu volevi proteggere te e la unicità. A te è sempre piaciuto essere l’unico in qualcosa, sentirti in qualche modo speciale. E se io fossi uguale a te in tutto e per tutto, non potresti esserlo, dico bene?»
Il sorriso di Tom svanì in fretta.
«Il tuo tono non mi piace.»
«E allora? A me non piacciono così tante cose, ma ora sono stanco di tacere» Draco tirò fuori la bacchetta e Tom lo guardò sorpreso.
«Non dirmi che adesso vuoi provare ad attaccarmi. Mi odi così tanto?»
«No. Il problema è proprio questo, io ti amo così tanto che mi è impossibile anche solo respirare. E sono arrabbiato. Perché Astoria è morta, perché lei ha sempre saputo di noi e avrei tanto voluto che mi odiasse per questo. E perché stare con te è difficile, vuoi far uscire la parte peggiore di me. E io ho accettato, ho accettato tutto. Ma ora sono così furioso, Tom. Sono così furioso e vorrei tanto che qualcuno pagasse per questo mio dolore…»
Tom non si muoveva, lo stava ascoltando.
«Allora lasciati andare.»
Se fosse stato lucido, Draco non lo avrebbe mai fatto. Ma gran parte della sua lucidità era andata perduta.
«Crucio!» esclamò, colpendolo. Tom non provò nemmeno a reagire, si lasciò colpire e cadde a terra.
Quindi era questo quello che si sentiva ad essere potenti, perché di certo nessuno aveva mai osato toccarlo. Durò qualche istante, ma ad un tratto Draco parve tornare in sé. Fece cadere la bacchetta.
«Tom!» esclamò, avvicinandosi. Sopra di loro il cielo era diventato nuvolo e grigio, avrebbe piovuto di lì a poco. Lo afferrò per un braccio. Ora cosa sarebbe successo? Lui lo avrebbe odiato, avrebbe provato ad attaccarlo?
Fu molto sorpreso e confuso quando sentì Tom ridere.
«Oh, Draco mio caro. Sapevo che non mi avresti deluso. Se puoi fare questo a me, allora puoi farlo a chiunque, non è vero?»
Iniziò a piovere e fu una grande fortuna per Draco, poiché aveva peso a piangere e almeno così le sue lacrime sarebbero state nascoste. Non sapeva più chi era, né come affrontare la vita. Lui non aveva un animo cattivo, ma era arrabbiato e triste e il suo compito era quello. Però era riuscito ad attaccare, a far del male a Tom che amava più di ogni altra cosa al mondo… cosa voleva dire allora?
Iniziò a singhiozzare e nascose il viso tra le mani, mentre la pioggia lo bagnava.
Ma non sentiva freddo, non nel corpo almeno.
Tom posò una mano tra i suoi capelli.
«Non era la reazione che mi aspettavo.»
«Tom, ma ti rendi conto di quello che ho fatto? Ti ho attaccato, è terribile!»
«Non lo è invece. Dimostra che c’è dell’oscurità dentro di te» Tom gli accarezzò il viso.
«Ma io… io… io non sono certo di volerla. Io non posso neanche controllarmi, io non so se p-»
Tom lo tirò a sé e lo zittì con un bacio.
Il loro primo bacio era avvenuto così, anche se in circostanze diverse. Erano più giovani, lui era più ingenuo e non pioveva.
E non piangeva.
«Hai abbracciato la mia oscurità, ora abbraccia anche la tua» sussurrò sulle sue labbra, sensuale. Draco provò un brivido d’eccitazione e arrossì.
«Tom… Tom… siamo in mezzo alla strada.»
«Questo non è un problema.»
Senza nemmeno avvertirlo, Tom lo strinse per un polso. Draco non amava la smaterializzazione, gli provocava sempre un po’ di nausea, forse per questo lui evitava sempre di avvisarlo. Prima che se ne rendesse conto si ritrovò al chiuso, la pioggia batteva sui vetri di casa sua. Draco si sentiva colpevole, adesso che era pi lucido si rendeva conto di cosa aveva fatto. E soprattutto aveva ferito Tom, anche se quest’ultimo era sembrato addirittura contento… e anche eccitato.
Fu sempre Tom ad avvicinarsi e a togliersi i vestiti bagnati di dosso.
«Non vorrai prenderti un raffreddore, vero?»
«N-no, io… ah…» ansimò Draco, sempre debole ai suoi tocchi. Si lasciò spogliare e fu ben felice di sentire il calore del fuoco nel camino dritto sulla sua pelle.
Forse era vero che aveva un lato oscuro, tutti ne avevano uno. E quel lato oscuro usciva così, quando la sua mente era annebbiata. Tom gli posò dei baci infuocati sul collo, scendendo poi sul petto. Le sue mani lo toccarono, ovunque, con impazienza e possessività. Certe cose non cambiavano mai, con il passare degli anni.
«Io provo a torturarti e mi ripaghi così?» ansimò.
«Se fosse stato qualcun altro, sarebbe già morto. Ma tu non sei gli altri. Vero?»
«No, immagino di no…» Draco ansimò e se lo tirò addosso, desideroso di avere di più e sempre di più.
Perché lui non gli bastava mai, da anni era così e questa era una di quelle cose che non sarebbe mai cambiate. Anche Tome era bagnato fradicio a causa della pioggia, e mal sopportando i vestiti appiccati addosso decide di toglierli e lasciarli asciugare vicino al fuoco.
Chissà, forse non avrebbero avuto tempo per momenti come quelli quando Tom sarebbe divenuto potente. O forse lui avrebbe sempre trovato dei momenti per lui. In ogni caso, voleva godersi ogni attimo. Draco lo baciò con devozione, sentendosi ancora in colpa per averlo colpito, sentendosi in colpa per tutto. Oscillava sempre da un estremo all’altro, il senso di colpa e la voglia di cedere all’oscurità.
Ma Tom non ce l’aveva con lui. Era anzi compiaciuto, lo capì dal modo speciale in cui lo guardava e accarezzava.
«Sono sicuro che anche tu diverrai temuto e potente» gli sussurrò mentre gli baciava il pube.
«M-mai quanto te, immagino.»
«Nessuno può, ma se io sono il primo, tu puoi essere il secondo.»
Poi Tom si dedicò alla sua erezione, usando abilmente la bocca. Draco era stato costretto a zittirsi e a tapparsi la bocca per non urlare. Com’era possibile che Tom divenisse sempre più abile? Il loro rapporto non era mai scontato, così come non lo era il sesso. Anche se oramai si conoscevano a memoria, c’era sempre qualcosa di nuovo. Mentre lo assaggiava, Tom insinuò le dita dentro di lui, muovendole.
«Oh, no…» piagnucolò. Così rischiava di venire immediatamente.
«Invece sì, Draco. Amo tanto quando fai tutto ciò che dico, quando mi sei sottomesso. Non hai idea di quanto sia eccitante»
Gli parlava, ma non voleva che rispondesse. Draco si dimenava, piegato come al solito.
«Tom, Tom… accidenti, io… così verrò…»
Ma Tom non sembrava intenzionato a spostarsi. Draco si irrigidì e poi si lasciò andare. Tom si sollevò, era incredibile come apparisse elegante e posato anche in casi come quelli.
«Hai sempre in buon sapore.»
Quell’affermazione lo fece arrossire. L’eccitazione non era passata, al contrario: ne voleva di più. Draco lo tirò di nuovo su di sé, lo baciò in maniera molto oscena avrebbero detto in molti. Ma bramava di sentire il suo sapore. Nonostante il perfetto autocontrollo, Tom era eccitato, sentiva la sua erezione contro la coscia.
«Prendimi così» sussurrò ad un tratto Draco, mettendosi carponi.
«Ah, adesso ti piace essere scopato così?»
«Tom Riddle, non parlarmi come se fossi una prostituta di quart’ordine» lo rimproverò, anche se in realtà gli piaceva tantissimo e questo Tom lo sapeva.
Si avvicinò, cingendolo per i fianchi ed entrando lentamente dentro di lui. Draco si reggeva sui palmi delle mani con difficoltà, poiché tremava di eccitazione.
Scoprì amare particolarmente quella posizione, dov’era totalmente sottomesso e piegato a lui. Tom poteva muoversi quando e come voleva, mentre avvicinava le labbra al suo orecchio e gli parlava, gli sussurrava.
«Sei stato bravo, Draco. Anche se mi sei andato contro. Usa questa rabbia per fare la cosa giusta.
La cosa giusta era servirlo, adorarlo, per sempre.
«Sì, mio signore, lord Voldemort» gemette.
Non avrebbe potuto vedere, da quella posizione, il luccichio negli occhi di Tom. Ma aveva sentito il suo respiro sfiorargli la pelle, il suo ringhio, le sue spinte farsi più poderose.
Per lui sarebbe stato sempre Tom. Ma era innegabile che ora esistesse anche lord Voldemort.
Draco si zittì completamente, lasciandosi possedere. Soffocò i suoi gemiti schiacciando il viso contro i cuscini e qualche istante più tardi raggiunger l’orgasmo.
Uno dei tanti, non il primo e nemmeno l’ultimo. Si accasciò, ma Tom gli tirò i capelli.
«Allora, Draco. Da oggi mi andrai ancora contro?»
Bruciava. Ma non poteva farne a meno.
«No.»
«Io so cosa è meglio per te, lo sai, vero?»
Io scivolo in quest’oscurità e non ho la forza di lottare.
Non voglio lottare.
«Lo so» sussurrò Draco, voltando piano il viso e sfiorandogli le labbra con le sue. «So che non t’importa, ma perdonami per averti fatto del male. Non succederà più e nessuno potrà farti male.»
Tom gli accarezzò i capelli. Mai aveva avuto nessuno di così devoto e mai ne avrebbe avuto un altro.
Scivola con me, sempre più.
 
Nota dell’autrice
Penso che in questo capitolo come non mai venga fuori quanto sia poco sano il rapporto tra Tom e Draco.
Draco è attanagliato dal dolore, vuole abbracciare l’oscurità, ma allo stesso tempo ne ha paura. Tom, in piccola parte, vorrebbe davvero che Draco conservasse la sua umanità, ma allo stesso tempo ama vederlo cedere al male e ama poterlo manipolare. Draco ha ragione quando dice che Tom vuole essere l’unico. E per quanto Tom possa amarlo, non gli permetterebbe mai di diventare un suo pari. È un discorso un po’ più intricato di quanto non sembri, però è inutile spiegarlo perché è più facile intuirlo. Draco si è rassegnato al fatto che già Voldemort esiste, che gli piaccia o no. Infatti nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale importante (penso almeno una quindicina d’anni), dove si entra nella fase finale della storia, ovvero quella della prima guerra magica.
A presto :)

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Capitolo 19
*** Nam melius vel peius ***


Quod devotio
Nam melius vel peius

 
18 Settembre 1972
 
L’ennesimo colpo era andato bene. Lord Voldemort e i suoi seguaci – i Mangiamorte – stavano inesorabilmente conquistando il Mondo Magico. In tanti erano morti a causa loro, ma era necessario per l’epurazione del mondo, per il raggiungimento della perfezione.
Era buio ed un ragazzo stava facendo la guardia, tenendo la bacchetta in mano. Aveva gli occhi grigi e brillanti, i capelli biondi perfettamente pettinati. Lo sguardo era un po’ terrorizzato ed ogni minimo rumore lo faceva sussultare spaventato.
Draco comparve accanto a lui. Nonostante avesse superato i quarant’anni non era cambiato poi molto da quando era ragazzo, aveva solo qualche ruga in più e l’espressione di chi di esperienza doveva averne fatta parecchia.
«Scorpius, smettila di sussultare. Sono io.»
Il ragazzo rilasciò un sospiro.
«Devi smetterla di smaterializzarti così, senza avvertire. Non mi piace far da guardia.»
«Preferivi forse uccidere?»
«Amh, no. Decisamente no.»
Scorpius Malfoy aveva ereditato l’indole pacata e dolce di Astoria. Si trovava dentro quella situazione perché gli era capitato, ma in realtà aveva un animo così buono e gentile che poco c’entrava con la vita da Mangiamorte. Anche Draco un tempo aveva creduto di non essere adatto a quella vita, eppure adesso era diventato il Mangiamorte migliore, il più spietato, il più fedele al suo signore.
«Tom dov’è?» domandò Scorpius guardandosi intorno.
«Lo sai che vuole essere chiamato Lord Voldemort» lo rimproverò Draco. Suo figlio fece una smorfia.
«È la forza dell’abitudine, non credo se la prenderà con me. Sono il suo preferito, dopo di te.»
In effetti Scorpius aveva ragione. Con gli altri Tom – Voldemort – si comportava come uno spietato dittatore, ma per lui e Scorpius aveva sempre un occhio di riguardo e questo lo sapevano in molti. Negli anni c’erano state molte chiacchiere, alcuni erano arrivati a dire che fra Lord Voldemort e Draco Malfoy ci fosse un legame speciale, che non era amicizia né un sempre rapporto tra padrone e servitore. Ovviamente avevano ragione lui e in parte era divertente venire a sapere di quelle chiacchiere. Ma purtroppo i bei tempi stavano per finire.
«Scorpius, ascoltami un momento» sussurrò Draco facendosi serio. «Ho ricevuto brutte notizie.»
«Cosa…? Q-quale?» domandò tremando.
Draco lo afferrò per un braccio, avvicinandolo a sé.
«Si tratta di Silente, ci sta mettendo i bastoni tra le ruote. Ha dato vita ad una specie… di fazione, lo chiamano l’Ordine della Fenica. E indovina contro chi vogliono combattere?»
«Noi? Oh, no. Che peccato, io adoro Silente.»
«Scorpius, non è questo il punto! Il punto è che se c’è Silente in mezzo, allora dobbiamo stare attenti. Solo una delle due fazioni può avere la meglio e dobbiamo essere noi.»
Non avevano lottato per anni solo per farsi rovinare tutto. Oramai da tempo Dracp aveva imparato a non ascoltare quella minuscola vocina che gli diceva che quella fosse tutta una follia. Era sedici anni oramai che aveva intrapreso quella strada e di certo non sarebbe tornato indietro.
 
Poco più tardi, i Mangiamorte si riunirono. Draco li gestiva quando Lord Voldemort era impegnato a fare altro. Anche i suoi familiari, in particolar modo i suoi genitori e sua zia Bellatrix avevano molto contribuito, sebbene con l’avanzare dell’età si fossero messi da parte. Eccezion fatta per Bellatrix, che anche con i capelli ingrigiti e qualche ruga in più, rimaneva comunque una dei Mangiamorte più spietati… oltre che una di quelle che adorava lord Voldemort.
«Siete andati bene, ma… piano, non fate rumore!» si lamentò Draco. Bei tempi quando la sua casa era in effetti solo sua, mentre invece adesso fungeva da quartier generale.
«Dovìè lui?» domandò Bellatrix, sempre elegante e temibile. Scorpius si teneva a debita distanza da lei, l’aveva sempre terrorizzato sin da quando era bambino.
«Arriverà a momenti, comunque c’è qualcosa di molto importante di cui dobbiamo parlare.»
Molti pensavano che Draco si atteggiasse solo perché era il preferito di Lord Voldemort. Forse era vero, chissà, Draco era cambiato parecchio in quei sedici anni  e forse alle volte si montava un po’ la testa. Ma sentirsi potenti faceva quest’effetto.
Tom Riddle – oramai conosciuto da tutti come lord Voldemort – arrivò poco. Era completamente diverso rispetto a tanti anni prima, il suo viso era cambiato, i suoi occhi erano scarlatti come sangue. Aveva ben poco di umano, eppure per Draco rimaneva ancora il ragazzo che aveva conosciuto a Hogwarts.
Forse era l’amore che faceva quell’effetto.
«Ah, vedo che siete tutti qui, molto bene» disse con tono calmo, ma sempre in grado di incutere timore. Draco si avvicinò a lui e fece un inchino.
«Lord Voldemort. Purtroppo non porto buone notizie.»
«Questo mi dispiace, Draco. Eppure sta andando tutto così bene» disse un po’ minaccioso.
Draco ovviamente non lo temeva. Davanti ai Mangiamorte si comportavano come se fossero servo e padrone, ma era ben diverso quando rimanevano da soli.
«Si tratta di Silente. Ha dato vita a… lo chiama l’Ordine della Fenica. A quanto pare è nato per combattere noi… e voi.»
Scorpius tremò. Anche se era giovane era cresciuto tra i Mangiamorte, per lui era quella la normalità e all’idea che tutto potesse cambiare era terrorizzato.
«Non ci sarà una guerra, vero?»
«Non è il caso di avere paura, Scorpius» Voldemort era gentile nei suoi confronti. Lo aveva sempre considerato come un figlio e sperava potesse seguire le sue orme, sebbene avesse un carattere troppo mite e dolce. «Dovevamo aspettarci che prima o poi sarebbe successo. Silente mi ha sempre dato dei problemi e continuerà a farlo. Se cercheranno di fermarci, noi li uccideremo. È quello che noi facciamo.»
«Oh, sono d’accordo mio signore» disse Bellatrix contenta, con una certa luce negli occhi.
In realtà tutti i Mangiamorte si ritrovavano d’accordo. Rispettavano e temevano terribilmente lord Voldemort, così potente e freddo. Nessuno conosceva il suo lato più umano… nessuno eccetto Draco.
I due rimasero da soli un paio d’ore Ed era solo allora che la loro vera natura veniva fuori.
«Scorpius mi sembra un po’ troppo preoccupato. Quel ragazzo mi da da pensare, è sempre stato timido e insicuro» pensò Voldemort. Draco si avvicinò a lui, lascivo.
«Sono sicuro che Scorpius sarà in grado si sorprenderci. Anche io ero un po’ come lui…» sussurrò al suo orecchio. In realtà stava mentendo abilmente, perché suo figlio era molto diverso da lui. Ma poco importava, non lo avrebbe costretto in ogni caso a fare qualcosa che non voleva.
La mano di Voldemort si posò sui suoi capelli, accarezzandolo.
«Sai sempre come tranquillizzarmi, vero Draco?» sussurrò. Draco si era praticamente seduto in braccio a lui e adesso aveva poggiato le labbra sulle sue, zittendolo.
Si ricordava bene quando, molti anni prima, Tom gli aveva detto Non mi amerai di certo quando il mio aspetto diverrà mostruoso. Di certo non potrei darti torto.
Ma Draco sapeva che lo avrebbe amato in qualsiasi caso e difatti aveva avuto ragione. I suoi sentimenti non si erano affievoliti, caso mai si erano intensificati.
Era ancora innamorato come uno sciocco ragazzino.
«Suvvia, Draco. Alla tua età dovresti trattenerti.»
«Ma smettila» sussurrò, scendendo a baciargli il collo. Vedeva un radioso futuro davanti a lui, avrebbero vinto loro e qualsiasi minaccia risultava sciocca. Voldemort gli tirò i capelli, guardandolo negli occhi.
«Non ti turba il fatto che si parli di te alle tue spalle?»
«Oh, per favore. Che parlino, non oserebbero comunque sfidarti. O sfidare me.»
Con il passare degli anni Tom era divenuto sempre meno umano non solo nell’aspetto. Aveva perso interesse per molte delle cose che avrebbero interessato un umano, tranne Draco. Lui era l’unico capace di farlo ancora tremare ed eccitare ed essere fragile, anche se quello rimaneva ovviamente un segreto solo tra loro.
Si lasciarono andare alla passione come facevano ogni volta che si ritrovavano da soli. Per i Mangiamorte e per il mondo erano semplicemente due maghi oscuri, fedeli l’uno all’altro, ma quando nessuno li vedeva erano amanti.
Amanti da una vita, amanti per sempre.
 
«Padre, ma dobbiamo proprio?» nonostante Scorpius avesse superato i vent’anni, alle volte si atteggiava ancora come un bambino, il che era bizzarro per una persona cresciuta tra i Mangiamorte.
«Scorpius, non fare storie. I tuoi nonni sono anziani.»
«Nonno dice sempre che dovrei sposarmi e cerca sempre di organizzare un matrimonio combinato!»
Lucius Malfoy non era cambiato, anzi, per certi versi la vecchiaia lo aveva indurito. Era piuttosto severo col nipote, lo aveva sempre considerato un po’ troppo fragile, e ciò ben poco si abbinava al nome dei Mafoy. Draco però si era ripromesso che non avrebbe fatto lo stesso errore di suo padre, che avrebbe lasciato Scorpius libero di amare e sposare chi voleva, quando sarebbe arrivato il momento.
«Lo so, ma non devi preoccuparti per questo. E poi tua nonna ti adora, lo sai.»
Narcissa invece si era dedicata in tutto e per tutto a quel ragazzo che aveva cresciuto quasi come se fosse un secondo figlio
«Va bene, d’accordo. Spero sia una vista veloce» Scorpius si grattò il collo. «Ma perché Tom non può venire con noi se fa parte della nostra famiglia?»
«Ha altro da fare» tagliò corto.
Lui, Tom e Scorpius erano una famiglia, lo erano sempre stati, anche se un po’ atipica.
Erano stati accolti da Narcissa, che con il passare degli anni si era ancora più addolcita. I capelli biondi adesso si erano ingrigiti e le rughe le conferivano un’espressione più vissuta e tenera. Ma era sempre una nobile Purosangue elegante.
«Sono davvero felice di vedervi miei cari» disse Narcissa baciando prima il figlio e poi il nipote. «Draco, tuo padre è davanti al fuoco che vi aspetta.»
I suoi genitori, Lucius in particolare, erano stati molto attivi in quegli anni e avevano goduto di grandi privilegi. Adesso che l’età cominciava  ad avanzare era più difficile stare dietro i piani dei Mangiamorte. Ma Lucius si accertava comunque che suo figlio facesse tutto quello che doveva,
Draco arrivò davanti a suo padre. Anche lui era ovviamente invecchiato, oramai si reggeva su un bastone.
«Draco, caro figlio, sono molto felice di rivederti.»
«Padre» lui fece un cenno con il capo. Era incredibile, era dovuto arrivare a tanto per far sì che suo padre fosse fiero di lui, e anche se il pensiero era un po’ deprimente, alla fine andava bene così, più o meno. Scorpius si fece avanti, salutandolo.
«Lord Voldemort non è con voi, vedo.»
«No, infatti» disse Draco duramente. Non era poi un segreto che suo padre preferisse lo stesso Lord Voldemort a lui, o più probabilmente lo temeva.
Draco e Scorpius si sedettero e non passò molto tempo prima che Lucius iniziò a parlare al nipote di quanto avrebbe fatto bene a sposarsi.
«Hai ventidue anni, Scorpius. Alla tua età, tuo padre era già sposato.»
«Ma io intendo sposarmi… un giorno…» disse Scorpius agitato, bruciandosi con il tè bollente. «Solo non adesso, non c’è nessuna donna che mi piace o di cui sono innamorato.»
«L’amore non è necessario per un matrimonio.»
«Scorpius deciderà da solo se e quando sposarsi» s’intromise Draco, duramente. «E poi lui sta studiando per diventare un Guaritore, vero Scorpius?»
Scorpius arrossì. Suo nonno non era mai stato troppo d’accordo, pensava che un Malfoy non dovesse perdere tempo con certe sciocchezze. Ma Scorpius aveva sempre desiderato fare qualcosa di utile, aiutare le persone a stare meglio, a guarire. Oramai era diventata la sua vocazione.
«Un Mangiamorte che fa anche il Guaritore suona abbastanza strano» disse Lucius sprezzante, ricevendo un’occhiataccia da parte della moglie.
«Io penso invece che sia una vocazione nobile la tua, Scorpius.»
«Grazie, io… Beh, voglio soltanto aiutare le persone.»
Scorpius era davvero uguale a sua madre. Quella madre di cui aveva potuto godere per poco tempo. Draco non poté fare a meno di pensare a sua figlia, a quell’ora avrebbe avuto sedici anni, avrebbe frequentato Hogwarts. Alle volte pensarci era doloroso come una coltellata, anche a distanza di anni.
E poi si ricordò della prima volta in cui Scorpius era andato ad Hogwarts.
 
Stazione di King’s Cross, qualche anno prima
Scorpius era stato agitato sin da quando aveva ricevuto la sua lettera di ammissione ad Hogwarts. Il suo atteggiamento ricordava molto poco quello tipico dei Malfoy. Quel ragazzino infatti era timido, piuttosto goffo e con un’indole dolce  e affettuosa.
«È il tremo! L’espresso!» si agitò Scorpius muovendo le braccia.
«Sì, Scorpius. D’accordo, ma rilassati un momento. Respira!» Draco si divincolò, cercando di tenerlo tranquillo. Adorava suo figlio e il suo modo di essere che portava una ventata d’aria fresca nella sua vita.
«Ma non posso, sono nervoso!» ammise. «E se non riesco a farmi nessun amico?»
«Non dire sciocchezze, chiunque vorrà esserti amico» disse Tom, che fino a quel momento era rimasto in silenzio. «E poi puoi sempre convincerli a…»
«Tom! Non sarà necessario convincere nessuno!» lo interruppe Draco, che guardò poi suo figlio. «Mi raccomando, comportati bene e ricordati di scrivere. E sii coraggioso.»
«Scorpius non sarà un Grifondoro, il coraggio non è fondamentale» intervenne Tom. Forse si comportava un po’ da stupido, ma lui era anche suo figlio oramai.
«Non preoccupatevi per me. Comportatevi bene anche voi!»
Scorpius aveva poi abbracciato Draco e anche Tom, il quale era rimasto fermo e poi si era limitato a poggiargli una mano sulla testa.
«Va, figliolo.»
Il bambino aveva poi sorriso e voltando loro le spalle era salito sull’Espresso. Era giusto che iniziasse la sua avventura.
Draco si fece vicino a Tom, senza esagerare poiché erano in pubblico.
«Non vorrai piangere adesso, vero?» sussurrò Tom.
«Anche se fosse, avrei ragione. Cresce troppo in fretta ed è così sensibile.»
«Ah, sta tranquillo.  Qualcosa avrà preso anche da me dopo tutti questi anni, no? E poi io e te abbiamo molto a cui pensare.»
Tom aveva avuto ragione, e Draco non soffrì troppo la mancanza di suo figlio. Dopotutto avevano il mondo da cambiare.
 
Dopo la visita ai suoi genitori, Draco sentì il bisogno di andare a trovare sua moglie, era già parecchio tempo che non andava. Aveva cambiato i fiori e poi era rimasto lì con lo sguardo fisso, Scorpius accanto a lui che guardava invece la lapide sella sorella, quella sorella che non aveva avuto la possibilità di vivere e crescere.
«Io e Tom abbiamo il mondo ai nostri piedi, adesso» sussurrò. «Vedi? Tu eri tanto preoccupata, ma alla fine siamo ancora qui, stiamo ancora bene.»
Scorpius continuava a stare in silenzio. Suo padre non gli aveva mai rivelato la vera natura del rapporto con Tom, ma in realtà ad una certa età aveva capito. Loro non si guardavano come avrebbero fatto due semplici amici. Gli avevano fatto da genitori, entrambi, quindi per lui non era poi così strano. Ma per il mondo, e capiva perché lo tenessero nascosto.
«Adesso sono io quello preoccupato» ammise. «Padre, tu hai mai avuto dubbi? Su tutto questo intendo.»
«Oh, eccome. Soprattutto quando ero giovane. Ma come vedi ho fatto bene a perseverare.»
«Sì, ma… non hai paura?»
«Ovviamente, non c’è niente di certo. Ma io mi fido di Tom… lord Voldemort.»
E si sarebbe fidato sempre.
Scorpius sospirò.
«Io so di voi, non preoccuparti.»
Draco si voltò lentamente.
«Come.. Come fai tu a…?» domandò Draco impanicato.
«Non preoccuparti, tu e Tom non avete fatto nulla di male. Ma dopo tutti questi anni passati ad osservarvi, era ovvio che capissi qualcosa. Io non penso che quello che ci sia tra voi sia sbagliato. Sì, è inusuale, ma non sbagliato. O forse è perché ci sono abituato. Avevi intenzione di dirmelo, prima o poi?»
Draco a dire il vero non ci aveva mai pensato. Per lui era scontato e normale vivere nella bugia. Il mondo non poteva vedere di buon occhio una relazione del genere. Anche se in effetti Scorpius era diverso, dotato di una sensibilità straordinaria.
«In realtà no, lo ammetto» rispose senza guardarlo. «Le uniche persone che sanno di questo sono i tuoi nonni. Beh, mio padre ha usato la cosa a suo vantaggio, per quanto l’idea di un figlio omosessuale lo disgusti. E lo sapeva anche tua madre»
«Questo lo immaginavo. Per me non cambia niente, continuo a rispettare entrambi. Siete la mia famiglia e mi avete cresciuto.»
Draco cercò di non mostrarsi commosso, ma fu inutile. Gli occhi gli divennero lucidi. Nella vita aveva poche certezze, una era sapere di aver fatto un buon lavoro con Scorpius.
«Accidenti, Scorpius. Sei molto più in gamba di quanto pensassi… non che avessi mai avuto davvero dubbi.»
Il ragazzo tirò su col naso, un po’ commosso. Dopodiché i due tornarono a casa, avevano in mente di passare una serata tranquilla. Furono accolti da Dobby, il quale era molto affezionato a Scorpius, il ragazzo infatti lo trattava sempre più come un amico che come un servo
«Dobby, dove si trova Lord Voldemort?» domandò annoiato, porgendogli il suo soprabito.
«Non è tornato a casa» si limitò a dire l’elfo domestico.
Scorpius scese dalle scale tenendo una busta in mano.
«Padre, ho un messaggio urgente da Bellatrix. L’Ordine della Fenice ha attaccato.»

Nota dell'autrice
Questo è più un capitolo di raccolta/passaggio, volevo mostrare come le cose stavano andando dopo ben sedici anni. Draco non è turbato affatto dal cambiamento di Tom, ora divenuto Voldemort a tutti gli effetti. E poi c'è Scorpius, me lo sono sempre immaginato così, molto dolce e sensibile, anche un po' impacciato. Ci tenevo inoltre a dire che la storia terminerà con praticamente l'inizio della saga di Harry Potter, cioè con la "sconfitta" di Voldemort dal parte di Harry bambino. Pensavo di inserire qualche flash del futuro, perché mi sembra inutile e anche un po' difficile ripercorrere TUTTA la storia dei sette libri di Harry Potter. Secondo me così è più funzionale, fatemi sapere cosa ne pensate.
Nao

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Capitolo 20
*** Eligere ***


Quod devotio
Eligere
 
Così l’Ordine della Fenice aveva iniziato a destare le prime preoccupazioni. Non a Lord Voldemort ovviamente, egli poteva contare sui suoi numerosi Mangiamorte. Non sarebbero stati quattro stupidi maghi dalle idee assurde a metterli in difficoltà, poiché di fatto il Mondo Magico era già sotto il loro dominio. Quanti ne avevano torturati e uccisi? Quanto terrore c’era adesso che il loro potere era così grande?
Ora che il suo potere era così grande. Lord Voldemort – un tempo Tom Riddle, ancora lui, da qualche parte – aveva lavorato tutta la vita per quel momento, ma non era certo uno stupido: Albus Silente aveva sempre avuto dei sospetti ed era sicuro che lo scontro finale, se mai ci sarebbe stato, sarebbe stato proprio tra loro.
Draco si alzò da terra dopo che era stato chino su quel corpo per un po’. Aveva i vestiti macchiati di sangue, questa volta era stato un po’ brutale con le torture, ma dopo anni era oramai abituato.
«Mio Signore?» lo chiamò Draco sforzandosi di non usare il suo vecchio nome, il nome che aveva abbandonato. Solo per qualche attimo il suo Signore gli era sembrato pensieroso.
«Ben fatto, Draco. Non è rimasto più nessuno?»
«Sono morti tutti» sussurrò. Qualche schizzo di sangue era finito sul suo viso.
Non solo lui, ma tutti i Mangiamorte erano sempre più brutali, forse impauriti da quella minaccia che si stava presentando.
«Allora non abbiamo più niente da fare qui. Succede questo quando qualcuno osa sfidarci. Che è di per sé un’idea molto stupida, non trovi?» domandò e Draco non rispose. Adesso voleva solo pulirsi.
Vent’anni prima non avrebbe mai pensato che la sua vita sarebbe stata in questo modo: macchiata dal sangue e dalla colpa. Non pensava di essere una persona cattiva, solo una persona che aveva fatto una scelta, per amore. Forse non l’amore così come tutti lo intendevano, ma quella era la sua realtà.
 
Più tardi ebbe modo di pulirsi il viso e nel guardarsi allo specchio si rese conto che a stento si riconosceva. Era sempre lui, certo un po’ invecchiato, ma a stupirlo di più furono i suoi occhi: gli occhi di un assassino, di una persona che ne aveva viste tante.
Sapeva che ne sarebbe valsa la pena. Doveva essere così.
Ad un tratto sentì Dobby che lo chiamava e ciò lo innervosì.
«Dobby, stupido elfo, si può sapere che c’è?» domandò uscendo e tamponandosi una guancia con un asciugamano.
L’elfo, sempre fedele negli anni nonostante tutto, aveva le orecchie basse.
«Padrone… un gufo urgente da vostro padre. Si tratta di vostra madre…»
Non aveva avuto bisogno di aggiungere altro, il suo tono era stato più che esaustivo. Insieme a Scorpius, si smaterializzò direttamente a casa dei genitori per non dover perdere tempo e quando arrivò trovò proprio ciò che aveva temuto: sua madre era a letto e sembrava molto malata. E ciò era assurdo! Erano stati insieme il giorno prima e gli era sembrato che stesse benissimo. Era venuta anche Bellatrix, la quale nutriva un grande affetto per la sorella minore.
«Che succede?» domandò Draco, teso.
«Polmonite non ben curata. Qualche giorno fa tua madre è stata poco bene, quegli inutili Guaritori pensavano si trattasse di un’influenza. E invece adesso ha avuto una ricaduta! Vedrai come periranno per mano mia!»
«Non mi sembra il momento!» disse Draco, il quale era spaventato a morte. Non voleva perdere sua madre, lei era stata il suo sostegno per tanto tempo e la sola idea lo faceva impazzire.
«Non c’è… un modo?»
«Ci hanno già provato» disse Lucius, seduto su una sedia. «Non c’è niente da fare.»
Draco si trattenne dal piangere e andò al capezzale di sua madre. Narcissa appariva terribilmente fragile, respirava a fatica ma quando Draco si avvicinò i suoi occhi si erano illuminati per un attimo.
«Mio caro Draco… sono così felice che sia tu sia venuto.»
«Non sforzarti, madre. Vedrai che troveranno una soluzione.»
Narcissa scosse la testa, cercando la sua mano e stringendola.
«Draco, figlio mio, non andrà bene…»
«Non è il caso di essere così negativi.»
«No… non è di me che sto parlando. Del resto…te… Lord Voldemort… soffrirete molto entrambi… c’è distruzione nel vostro futuro.»
Draco pensò che sua madre stesse delirando, ma le sue parole lo colpirono e lo misero in allerta.
«No, madre. Non devi preoccuparti per questo, andrà bene.»
«Sii forte, Draco. Ti prego. Non hai mai avuto una vita facile e mi dispiace che sia dovuta andare così. Ma adesso devi farti forza.»
A Draco vennero gli occhi lucidi. Il suo respiro era sempre più flebile. Possibile che fosse troppo tardi? Che non ci fosse più niente da fare?
Annuì e poi susurrò a bassa voce.
«Grazie per esserci stata sempre, per avermi amato a prescindere da tutto.»
Poi le posò un baciò sulla fronte.
Un momento del genere lo aveva già vissuto. Sembrava che tutte le donne per lui importanti dovessero lasciarlo prematuramente. Come una sorta di maledizione.
Narcissa Malfoy spirò quella stessa notte, circondata dai suoi cari. Bellatrix, che era una donna forte e dura, si lasciò andare ad un pianto isterico, carico di rabbia. Lucius invece era bloccato in un mutismo altrettanto silenzioso. Draco era una via di mezzo, soffriva in silenzio per non essere di peso per nessuno. Scorpius però si era fatto forza perché non poteva vederlo soffrire in questo modo.
«Padre, non stare in silenzio. Se hai qualcosa da dire, dilla.»
Draco guardò suo figlio.
«Sto solo soffrendo, Scorpius.»
«Anche io e non mi sembra una cosa da poco. Mi dispiace, io… mi sento così impotente» sussurrò con le guance bagnate di lacrime. Al contrario di come suo padre aveva sempre fatto, Draco non aveva mai intimato a Scorpius di non piangere, non la considerava una cosa da deboli.
«Lo so… non c’è niente che possiamo fare» disse poggiando una mano sulla sua testa Scorpius non era più un bambino, oramai era della stessa altezza, eppure gli sembrava piccolo e fragile. Anche lui aveva sofferto tanto.
«Non è così. Qualcosa posso fare.»
Draco lo guardò. Ma certo, suo figlio voleva fare il Curatore, ma non aveva avuto l’occasione di dedicarsi agli studi al cento per cento. Non ancora.
«Cosa vuoi dirmi, Scorpius?» chiese Draco, che aveva iniziato a capire.
«Pensi che per me sarebbe possibile dedicarmi completamente agli studi per diventare Guaritore? Voglio dire… tu o Tom avreste qualcosa in contrario?»
Erano importanti le opinioni di entrambi.
Draco sorrise, dandogli una pacca su una spalla. Dopotutto se lo era promesso, non avrebbe mai costretto suo figlio a fare niente che non volesse, anche se la sua visione del mondo sarebbe stata molto diversa dalla propria.
«Non devi preoccuparti per questo, Scorpius. Sono sicuro che anche Tom non avrà nulla da ridire.»
«Davvero?» chiese speranzoso. «Il fatto è che io non voglio più sentirmi impotente. Voglio davvero aiutare gli altri a stare meglio e… non so, forse questo poco si addice ad un Mangiamorte.»
«Ad un Mangiamorte non si addice, ma a te sì» lo rassicurò. Forse, dopotutto, lui e Tom si erano sbagliati. Scorpius non aveva l’indole da Mangiamorte, Scorpius era un’altra persona. E andava bene così. Il ragazzo sospirò, sentendosi immediatamente più leggero.
«Grazie per aver capito. Anche se mi dispiace mollarvi proprio adesso che la situazione è più difficile.»
«Tu non devi assolutamente preoccuparti per questo. Sei solo un ragazzo, scegli quello che vuoi essere senza pensare a me.»
In cuor suo, Draco stava cercando di essere come sua madre. Voleva fare il bene di suo figlio e sapeva che quello era un buon modo per farlo.
Poco più tardi, lord Voldemort raggiunse il suo amante. Draco aveva cercato di non mostrarsi in lacrime, sapeva che lord Voldemort non amava i piagnistei, ma sapeva anche che non lo avrebbe giudicato in ogni caso.
«Mi rammarico per Narcissa. Era una delle poche ad avere la mia stima. Sei pensieroso, Draco. C’è forse qualcosa che vuoi dirmi?»
Come al solito, a lord Voldemort non sfuggiva nulla.
«Si tratta di Scorpius. Credo che lui abbia altri progetti per la sua vita.»
Voldemort assottigliò lo sguardo.
«Altri progetti?»
«Lui vuole essere un Guaritore e non potrà mai farlo se è impegnato a essere un Mangiamorte. Pertanto, gli ho dato la mia benedizione, se non ti spiace.»
Voldemort considerava Scorpius come un figlio e in effetti sentir ciò gli dispiacque abbastanza.
«E non hai pensato di farne parola con me, prima?»
Draco si fece vicino, con fare languido. Negli anni aveva imparato a compiacerlo, a saper dire sempre la cosa giusta al momento giusto.
«Ma Tom, ti ricordi com’eravamo noi alla sua età? Non facevamo nulla di ciò che gli altri si aspettavano, altrimenti non saremmo finiti insieme.  Sarebbe un peccato negargli un qualcosa che vuole così tanto.»
Glielo sussurrò ad un orecchio e lui socchiuse gli occhi.
«Sei sempre il solito ruffiano. La verità è che sono troppo debole di polso con te. Dovrei trattarti come tutti gli altri.»
«Ma io non sono come tutti gli altri» disse dolcemente, posando le labbra sulle sue.
Lord Voldemort non aveva debolezza. Eccetto lui.
«D’accordo, va bene» sussurrò. «Come desideri se Scorpius ha scelto questo, allora. Anche se ammetto che un po’ la cosa mi dispiace. Pensavo avrebbe seguito le mie orme.»
«Non fa niente, Tom. Hai comunque fatto un buon lavoro.»
La chiacchierata intima tra i due fu interrotta da Lucius, il quale si sosteneva sul proprio bastone.
«Gradirei parlare in privato con mio figlio.»
Negli anni Lucius aveva imparato a temere Voldemort, come tutti gli altri.
«Te lo concedo. Draco» disse poi facendogli un cenno.
Non era sicuro di voler parlare con suo padre: la vecchiaia lo aveva reso piuttosto duro per certi aspetti, mentre per altri aspetti, il suo carattere si era parecchio inasprito. Adesso che Narcissa non c’era più, non osava neanche pensare a come sarebbe diventato.
«Ho sentito dire che tuo figlio vuole a tutti i costi intraprendere la carriera di Guaritore. E che gli hai dato il permesso.»
Draco fece una smorfia. Probabilmente aveva origliato, più che sentito dire.
«Scorpius è un adulto, non ha bisogno del mio permesso.»
«Un adulto!» disse Lucius sprezzante. «Ha ventidue anni, ma ancora il cervello di un bambino. È ingenuo, molto più di come fossi tu alla sua età.»
«Mio figlio non è me» disse freddamente. «So che non hai mai apprezzato il mio modo di fare il genitore, ma pazienza. E poi questo non mi sembra il momento adatto per parlarne. Mamma è appena morta, accidenti!»
«Tua madre con te è sempre stata troppo tenera. Anche se probabilmente la colpa non è tutta sua o mia, l’amore ti ha reso schiavo.»
Draco non aveva intenzione di stare lì ad ascoltare i discorsi deliranti di suo padre.
«Chi è che ha usato la mia relazione con Tom a proprio vantaggio? Già, quindi forse la mia debolezza non è poi così male, per te. La mia vita è stata sacrificata, mi sono sempre dovuto nascondere, ma adesso stiamo ottenendo dei risultati. Il mondo sarà come noi lo vogliamo. E non m’importa di ciò che pensi.»
Maturando era diventato bravo a trattenere le lacrime, l’emotività. Suo padre se n’era rimasto in silenzio ad ascoltare le sue parole, senza poi rispondere. E ciò aveva irritato talmente tanto Draco, che alla fine se n’era andato. E lì, solo allora, aveva potuto lasciarsi andare alle lacrime di frustrazione e tristezza.
Andrà tutto bene, si disse, il mondo sarà come noi vogliamo e allora io non dovrò più soffrire.
Deve essere così.
 
Qualche tempo dopo, Scorpius annunciò alla sua famiglia la volontà di voler lasciare l’Inghilterra per gli Stati Uniti. Lì avrebbe potuto iniziare i suoi studi e realizzare il sogno di diventare un bravo Guaritore. Inizialmente nel sentire “Stati Uniti” Draco aveva un po’ storto il naso. Suo figlio non era mai stato lontano da lui, eccetto Hogwarts. Ma si era detto dopo che oramai Scorpius era un adulto e che doveva lasciarlo andare, per quando doloroso o difficile fosse
E così un giorno Draco si era ritrovato a guardarlo e si era reso conto di quanto fosse cresciuto e ringraziò che non fosse come lui. Avrebbe avuto una vita più facile.
«Su, Dobby. Non piangere! Non starò mica via per sempre, tornerò e ti porterò anche un regalo, promesso.»
Il povero elfo domestico si sentiva depresso e non riusciva a smettere di piangere. Lui e Scorpius erano amici da tutta la vita, avevano un rapporto che andava ben oltre l’essere semplicemente servo e padrone.
«Dobby può smettere all’istante se vi da fastidio» singhiozzò. Draco alzò gli occhi al cielo. In genere gli avrebbe intimato di darsi un contegno, ma non quella volta. Dopotutto erano tutti un po’ giù di morale, eccezion fatta per Voldemort, il quale era rassegnato.
«Va e fa quel che devi. E arriva fino in fondo, visto che hai scelto questa strada» gli disse in tono apparentemente distaccato. In realtà Scorpius era l’unica altra persona a cui tenesse, a parte Draco. Il ragazzo arrossì.
«Ti do la mia parola.»
Draco si lasciò andare di più ai cosiddetti sentimentalismi e lo abbracciò.
«Riguardati.»
«Anche tu, dopotutto siete voi quelli costantemente in pericolo. Ci vediamo tra qualche mese» gli sussurrò.
Scorpius se la sarebbe cavata là fuori. Questo gli aveva detto Tom, almeno.
«Non dirmi che vuoi piangere. Mi sembra di rivivere la stessa scena di quando è andato a Howarts per la prima volta.»
«Sì, ma stavolta non è andato a Hogwarts» disse tirando su con il naso. «Ad ogni modo, non piangerò. Abbiamo fin troppo a cui pensare.»
E aveva ragione da vendere. Le cose sarebbero ben presto diventate difficile.
 
Passò del tempo e più il tempo passava più la fazione dei Mangiamorte diveniva numerosa. Un giorno arrivò un ragazzo giovane, poco più che adolescente, il cui nome era Barty Crouch Junior. A Draco era bastato uno sguardo per capire che quel ragazzo era uno di quelli che non si sarebbe fermato davanti a nulla, pur di ottenere qualcosa. E un’altra cosa a cui aveva subito fatto caso era la sua adorazione nei confronti di Voldemort. Erano in tanti a venerarlo, ma mai come lui. Barty voleva entrare a far parte dei Mangiamorte, sembrava essere il suo unico obiettivo nella vita.
«Allora, non dirmi che hai preso in considerazione l’idea di prenderlo davvero con noi?» domandò Draco, mentre parlava in privato con Tom.
Lord Voldemort discuteva sempre le sue scelte con lui, dopotutto lo considerava pur sempre un suo pari.
«Qualcosa mi dice che ci darà grandi soddisfazioni. Bisognerà metterlo alla prova, e ci starai attento tu.»
«Io? Perché hai scelto me come suo mentore?»
«Perché di te mi fido, dovresti essere lusingato di ciò. E poi so bene quanto ti manca Scorpius.»
Draco gli fece segno di tacere, di non continuare a parlare.
«Se pensi che uno qualsiasi possa sostituire mio… anzi, nostro figlio, stai sbagliando di grosso.»
«Draco, Draco, come siamo nervosi» disse all’improvviso, più gentile. «Nessuno sostituirà nessuno. Dico solo che potrebbe essere una buona occasione per entrambi. Non puoi farlo per me?»
Ovviamente, per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
«D’accordo, come vuoi. Ma ammetto che è frustrante avere a che fare sempre con coloro che ti venerano.»
Ancora, dopo tutti quegli anni, Draco non smetteva di essere geloso. Voldemort sogghignò, stringendogli un fianco, mentre la luna si levava alta in cielo.
«Pazienta. Questo è solo l’inizio.»
 
Nota dell’autrice
Siamo oramai alle battute finale. Forse è stato un po’ cattivo far morire Narcissa, ma oramai è successo, chiedo PERDONO. Che ne pensate della scelta di Scorpius? Onestamente io lo vedo molto diverso da Draco, mi piace l’idea che ad un certo punto abbia intrapreso un’altra strada. Inoltre non potevo non inserire un giovanissimo Barty, a cui Draco farà un po’ da guida, dopotutto suo figlio è lontano, mentre invece Barty ha un rapporto assai disfunzionale con suo padre, magari si verranno incontro (se non fosse per il fatto che Barty ha un’ossessione per Voldemort).
Spero vi sia piaciuto, alla prossima settimana.
 

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Capitolo 21
*** Maxime devotio ***


Quod devotio
Devotio maxima

1981
 
Tante cose erano cambiate in quegli anni. Il potere dei Mangiamorte era accresciuto ancora e molto altro non era rimasto immutato. Tanto per cominciare, Draco aveva perso anche suo padre: la salute aveva lasciato molto presto Lucius dopo la morte della moglie e un anno prima se n'era andato. Ciò aveva fatto sentire Draco triste, ma in parte sollevato. E sapeva che alla sua età fosse poco opportuno piangersi addosso e dirsi che non era stato un bravo figlio: lui aveva fatto del suo meglio. Anche sua zia Bellatrix si era oramai ritirata dalla vita da Mangiamorte, anche se suo malgrado. Scorpius era diventato un Guaritore capace e si era allontanato del tutto dalla vita da Mangiamorte, trasferendosi in Irlanda.
A Draco, dunque, rimaneva la sua vita accanto a Tom. Oramai era un uomo maturo e stava iniziando a invecchiare, aveva saputo sin dall'inizio che non avrebbero avuto modo di vivere come una qualsiasi coppia. Ma faceva comunque male. La maggior parte del suo tempo, Draco la passava a tenere d'occhio i nuovi Mangiamorte, tra cui quelli più giovani. Severus Piton era uno tra questi ed era anche il più prezioso per Voldemort. Grazie al suo doppio gioco, poteva ricavare informazioni direttamente da Silente e dall'Ordine della Fenice.
E poi c'era Barty, indomito e ribelle, molto più sadico e impulsivo.
«Non metterei mai in dubbio le scelte di lord Voldemort» disse annoiato. «Ma non riuscirei comunque a fidarmi di quello lì.»
«Quello lì ci permette di sapere tutto ciò che Silente e l'Ordine della Fenice farà» rispose Draco nervoso. Anche se era passato del tempo, quel ragazzo lo innervosiva con il suo modo di fare. Con lui era sempre sarcastico e provocatorio, ma non appena Voldemort compariva, ecco che diventava mansueto. Ma dopo tutto quel tempo ci aveva fatto l'abitudine, dopotutto non si sarebbe fatto intimorire da un ragazzino.
Lord Voldemort li raggiunse poco dopo. Stavano tutti e tre attendendo l'arrivo di Piton per ricevere nuove informazioni. Non erano stati anni facili, perché se il potere dei Mangiamorte cresceva, i loro rivali si erano fatti anche più numerosi e determinati.
Draco si era promesso che sarebbe stato fedele a Tom fino alla fine. Anche adesso che ben poco rimaneva di quel ragazzo che aveva conosciuto tanti anni prima. Gli sarebbe stato accanto, come in quel momento.
Era notte fonda e Severus Piton arrivò, scostando il cappuccio. Sembrava piuttosto teso e preoccupato. 
«Mio Signore» sussurrò, a disagio.
«Severus, lasciamo da parte i convenevoli e dimmi piuttosto quello che sai. Vedo dalla tua espressione che c'è qualcosa che non va.»
Piton sospirò. Sembrava in difficoltà, come se non volesse trovarsi.
«Non porto buone notizie infatti, mio Signore. Siete in grave pericolo.»
«Ehi, come osi?!» chiese Barty indispettito, ma Draco gli fece segno di non muoversi o parlare, cosicché Piton potesse continuare. 
«Ho scoperto di una Profezia che riguarda… la vostra sconfitta.»
Per un attimo a Draco mancò il respiro. Le profezie erano molto rare, magari si era sbagliato? 
Istintivamente strinse il braccio di Voldemort, il quale però non si scompose. 
«Dimmi di più.»
Piton raccontò lui della conversazione tra Albus Silente e Sybilla Cooman, la quale aveva annunciato una profezia secondo la quale un bambino nato verso la fine di luglio sarebbe stata la sconfitta di Voldemort, il Signore Oscuro. 
Sentirglielo dire aveva preoccupato Draco, perché se c’era una cosa che odiava era proprio il non avere alcuna certezza. Barty invece sembrava averla presa con più filosofia.
«Beh? Qual è il problema? Uccidiamo il bambino e nessuna profezia si avvererà, no?»
«La tua avventatezza sarà la tua rovina» sibilò Draco.
Ma in fondo non aveva torto e non capiva perché stupirsi. Ne aveva uccisi tanti, ma aveva sempre evitato di far del male ai bambini. Loro erano innocenti, non meritavano alcun male. Tra tutti, lord Voldemort era il più tranquillo, sembrava più che altro pensieroso.
«Draco e Barty, lasciatemi solo con Severus.»
«Ma Tom!» esclamò Draco, che di solito evitava di chiamarlo con il suo vecchio nome.
«Dico sul serio» lo fulminò con lo sguardo. «Andate e basta.»
Draco sapeva che ci fosse ben poco da discutere, motivo per cui li lasciò da soli, seguito da Barty che borbottava e si lamentava sottovoce.
Quella notizia infausta cambiava tutti i piani, tutti i loro piani. Voldemort e Piton si intrattennero per un po’ di tempo e quando finalmente Draco poté tornare da lui, spinse leggermente Barty nella fretta.
«Ehi!» si lamentò lui, venendo però ignorato.
Voldemort sembrava più inquietante che mai, oltre che inquieto. Poche cose lo spaventavano, il resto era solo un disturbo che causava fastidio e andava eliminato.
«Non guardarmi così, Draco. Non c’è motivo di preoccuparti»
«Non c’è motivo, mi dici? Non vogliamo parlare del fatto che questa profezia cambia tutto?»
«Invece non cambia niente. Se c’è un problema, va eliminato. Nient’altro.»
A Draco per un attimo mancò il respiro.
«Quindi… volete trovare il bambino della profezia e ucciderlo?»
«Non mi pare di avere molta scelta. O io o lui. E preferisco di gran lunga me.»
Draco non voleva che andasse. Non solo perché non voleva che uccidesse un bambino innocente (a quello si sarebbe rassegnato), ma qualcosa gli diceva che non sarebbe finita bene, che di fatto lord Voldemort avrebbe rischiato fin troppo. Era un presentimento stupido, ma era fin troppo forte e lo faceva tremare.
«Tom, credo che non dovresti andare» disse con un filo di voce.
«Ah, Draco. Non mi dirai che temi per la mia vita. Ho affrontato molto di peggio» gli disse con tono derisorio.
«Lo so, ma non ho un bel presentimento, tutto qui. Almeno lascia che venga con te!»
«Non pensarci neanche. In tutti questi anni mi sei sempre stato accanto, questa è una cosa che riguarda esclusivamente me» Voldemort gli passò accanto, con il tono di chi non intendeva continuare la conversazione. Draco serrò la mascella e poi parlò senza pensare.
«Rendimi immortale!»
Dopo tutti quegli anni, ecco che tirava di nuovo fuori il discorso sull’immortalità. Anni prima Tom non si era dimostrato d’accordo, ma adesso che iniziava ad invecchiare voleva fare qualcosa prima che fosse troppo tardi.
«Pensavo che avessimo già affrontato questo discorso» rispose Voldemort annoiato.
Draco compì un passo in avanti.
«Tom, io ho sempre fatto tutto quello che volevi, ti chiedo solo di ascoltarmi per questa volta. Vuoi capire o non intendo prendere il tuo posto? A me interessa solo vivere accanto a te. Ma questo non sarà possibile a prescindere se adesso vai a farti ammazzare.»
Gli occhi rossi di Voldemort indugiarono sulla sua figura a lungo.
«Ancora dubiti del mio potere, Draco? Sai che se esiste una minaccia, io la elimino.»
A quel punto Draco non sapeva che fare. Era uno che non ascoltava mai, Tom. Sulle sue gambe tremanti, gli si avvicinò, strinse le braccia attorno alle sue spalle e lo intrappolò nella sua morsa. Improvvisamente non si sentiva più l’uomo che era, ma un ragazzino spaurito, lo stesso che tanti anni prima aveva sofferto, versato lacrime, pregato il suo ritorno, atteso. Tom era tutto ciò gli era rimasto, anche se allo stesso tempo di lui rimaneva ben poco.
«Lo so che sei sempre tornato, ma permettimi almeno di avere paura. Dimmi che tornerai, che mi renderai immortale. Se mi ami, fallo.»
Anche se in lui rimaneva poco di umano, doveva amarlo ancora.
Voldemort socchiuse gli occhi, sospirò e gli strinse la schiena. Alcune cose non cambiavano, come il fatto che lui fosse la sua debolezza. Ma adesso c’era qualcosa di più importante a cui pensare.
«Quando eliminerò il problema, non ci sarà più nulla di cui dovrai preoccuparti. Asciugati le lacrime e non stare in pena.»
Draco singhiozzò, asciugandosi le lacrime. Che sciocco che era a lasciarsi andare in quel modo. Ma Voldemort non lo avrebbe giudicato, non quella volta almeno.
«Ci proverò. Ma ti chiedo di fare attenzione.»
«Fare attenzione non mi serve. Troverò qualcuno che mi dica chi è il bambino e dove si trova. Tornerò prima di quanto immagini. E davvero, non provare a seguirmi, me ne accorgerei.»
Rimase immobile. No, non lo avrebbe seguito, per quanto possibile sarebbe rimasto lì.»
«Tom!» lo chiamò all’improvviso. «Lo sai che ti amo, vero?»
Forse era così stupido, alla loro età. Forse era così stupido, considerando che erano loro.
«E sai che per me è lo stesso» fu la risposta di Voldemort.
Lo sapeva, sarebbe tornato. Doveva sperare che tornasse, o sarebbe impazzito.
Ad un tratto avvertì una grande sonnolenza, le palpebre divennero pesanti. Non poteva pensare di addormentarsi in un momento come quello e d’altronde gli bastò poco per capre che quello era un tipo di sonno indotto. Doveva avergli lanciato una qualche sorte di incantesimo.
Davvero tipico, pensò mentre si sedeva sulla poltrona e si lasciava andare al sonno. Quando si sarebbe risvegliato, tutto sarebbe andato meglio.
 
Sognò un lampo di luce verde e delle grida. C’era Tom che veniva colpito dal suo stesso incantesimo, la maledizione mortale Avada Kedavra.
La sua fine…
Draco cercava di raggiungerlo, ma senza riuscirci.
Tom, ti avevo detto di non andare. Ti avevo detto che era pericoloso.
Non preoccuparti, Draco. Tutto andrà meglio.
 
«No!» si svegliò di scatto che era già buio. Era a notte di Halloween, Draco se n’era scordato e per qualche attimo si ricordò di Scorpius, quando ancora non frequentava Hogwarts, interessarsi ai travestimenti e alle zucche intagliate. Ma Scorpius non era più un bambino e i bei tempi erano finiti.
Si alzò e aprì la porta: Tom avrebbe dovuto essere già tornato, no? Mentre scendeva le scale senza una meta precisa, urtò accidentalmente Barty.
«Ahi! Ma dove sei stato?»
«Barty… lui dov’è?» mormorò ancora intontito.
 «Non è ancora tornato. Io comunque adesso devo uscire» disse frettolosamente passandogli accanto. Draco avrebbe voluto chiedergli cosa nascondeva, ma non fu abbastanza veloce. Piuttosto, doveva andarlo a cercare, anche se non sapeva dove si trovasse. Tom non gliel’aveva detto.
Cercò il soprabito e uscì di casa, ma quando arrivò in giardino si accorsa di una donna ricurva e dai folti capelli ingrigiti e bianchi che gli veniva incontro: si trattava di Bellatrix, la quale ultimamente veniva lì assai di rado.
«Zia Bellatrix? Scusa, ora non ho tempo, devo andare…»
Bellatrix però non lo ascoltò. Nonostante l’età, rimaneva molto forte. Lo afferrò per un braccio e lo costrinse a sedersi.
«Lui non ti ha permesso di seguirlo, vero?»
«Già, è per questo che adesso sto correndo da lui.»
Bellatrix sorrise in modo strano. Draco poté giurare di vedere della tristezza nei suoi occhi.
«Mi dispiace, Draco.»
«Di cosa ti dispiace?!» esclamò isterico. Non voleva sentirsi dire ciò che temeva e per la paura aveva preso a tremare. Bellatrix sembrava imponente nonostante l’età e in quel momento sembrava anche spaventosa.
«Tutto il Mondo Magico sta festeggiando la sua dipartita. È finita.»
Draco si portò una mano sulla testa, sentendo dolore. Un dolore così forte e sproporzionato da riversarsi anche sul suo fisico.
«Ma cosa stai dicendo?» gli sembrò di avere urlato, ma in realtà ne era uscito un sussurro. «Tom non può essere morto.»
«Avevi questa paura anche tu, non è vero? Senza il nostro Signore siamo tutti persi, dobbiamo scappare, andarcene. Adesso non c’è più nessuno che può proteggerci, lo capisci?»
No, non capisco. Perché Tom è sempre tornato, mi aveva detto che sarebbe tornato, che mi avrebbe reso immortale, che insieme saremmo stati felici. Lui mente spesso agli altri, ma non a me.
Si alzò barcollando.

«Com’è successo?» domandò senza ascoltarsi realmente. La sua stessa voce gli appariva lontana, estranea.
«La maledizione gli si è ritorta contro. Quel bambino è sopravvissuto, non so come sia possibile!»
Lo aveva sognato. Il lampo di luce verde, lui che se ne stava lì inerme senza poter fare nulla. Non era stato un sogno, ma una premonizione.
Scosse la testa.
«Devo andare da lui.»
«È finita, non è rimasto più nulla! Il nostro Signore ha ucciso delle persone, lì. Se ti trovano, ti spediranno dritto ad Azkaban!»
Oh, cosa sarebbe mai stata la prigionia a vita in confronto a ciò che stava provando adesso? Adesso capiva perché Barty era così strano, lui sapeva. Tutto il mondo sapeva tranne lui?
«Non me ne importa niente!» alzò la voce per la prima volta contro Bellatrix, la quale ghignò e aveva preso a sussurrare, mentre si allontanava.
«Ah, Draco. Il tuo amore ti ha reso debole, ma alla fine lo sapevi già, non è vero?»
 
Il mondo era nel caos. Tutti festeggiavano la dipartita di Voldemort, di colui che aveva portato tanto orrore e paura. Era chiaro, per il mondo lor erano i cattivi,  lui era il cattivo.
E così te ne sei andato davvero? Così, come se niente fosse?
Come hai potuto farmi questo? Mi hai lasciato di nuovo, pensavo che saremmo rimasti sempre insieme.
Ad un tratto cadde. Forse qualcuno lo aveva spinto e adesso si ritrovava con le ginocchia umida a fissare una pozza d’acqua.
«Tirati su, amico mio! Oggi è un giorno felice, il Signore Oscuro è stato sconfitto!» sentì dire da qualcuno, un uomo che ora gli porgeva una mano. Draco sollevò lo sguardo, con un’espressione stravolta.
«È andato…?ۛ» sussurrò tremando.
Perché il mondo festeggia ed è felice, se io sto così soffrendo? Come osano? Non è giusto, dannazione. Non è giusto!
Si chinò, nascondendo il viso dietro una mano e piangendo come se fosse stato un bambino, compulsivamente. Senza vergogna, perché nessuno avrebbe badato a lui.
«Draco!»
Sentì una voce, era quella di Barty che lo aveva raggiunto. Dopodiché si era avvicinato, afferrandolo per un braccio.
«Lasciami stare!» esclamò. «Traditori, siete tutti dei traditori. Perché nessuno ha fatto niente?!»
Barty indietreggiò. Non rispose, per la prima volta non sapeva che dire. Draco sapeva che la colpa non era sua.
No, è colpa mia. Sono io che gli sono stato accanto per una vita, avrei dovuto esserci.
«Avanti, andiamo via di qui. Può essere pericoloso per noi.»
Si lasciò afferrare per un polso e si sentì ad un tratto debole. Non riusciva nemmeno a pensare che Tom non ci fosse più, era semplicemente assurdo che un mago potente come lui fosse stato sconfitto così facilmente. Barty lo portò al sicuro, dove nessuno li avrebbe disturbati.
«Sai già com’è andata?» gli domandò.
«Bellatrix me l’ha detto, ma io non ci voglio credere!» esclamò portandosi la testa tra le mani. «Lui è troppo potente!»
«Io non credo che se ne sia andato» disse ad un tratto Barty. «Lord  Voldemort non ci lascerà così. Non so perché ne sono così sicuro, ma è così.»
Barty sollevò gli occhi, le ciglia bagnate di lacrime. Quanto invidiava la sua cieca fiducia, forse la sua ingenuità.
«Bartemius, i morti non tornano in vita» disse duramente.
«Ma lui non è come gli altri. Quindi abbi fede. Dopotutto tu sei sempre stato il suo seguace più devoto, per quanto mi scocci ammetterlo» disse dandogli le spalle.
Barty lo stava forse consolando? Non sembrava nemmeno lui.
«Cos’hai capito di noi?» domandò ad un tratto.
Barty fece spallucce.
«Che avete dietro una storia che non tutti potrebbero capire» poi cambiò tono. «Le cose cambieranno. Non ti so dire che ne sarà di me, ma vedrai che riavremo la nostra rivincita.»
Draco volle crederci. Dovette crederci per non cadere nella disperazione. E dovette anche promettersi un’altra cosa.
Diverrò immortale, diverrò proprio come te. E quando ci rincontreremo, sarà tutto diverso. Uccideremo chi ti ha fatto questo e allora realizzeremo finalmente il nostro sogno di un mondo perfetto.
Quello era stato l’evento definito che lo aveva spezzato.

1994
 
Erano passati tredici lunghi anni e Draco aveva dovuto sacrificare gran parte della sua umanità, trascorrere del tempo in solitudine durante quegli anni, ma alla fine si erano rincontrati. Voldemort era tornato alla vita, esattamente come lo ricordava.
E adesso avrebbero potuto uccidere Harry Potter il bambino che era sopravvissuto, il bambino che glielo aveva portato via, che andava ucciso per scongiurare ogni pericolo. Ma non era quello il momento di pensarci. Lord Voldemort era tornato e nonostante i numerosi Mangiamorte di fronte a sé, il suo pensiero e il suo sguardo erano andati subito a lui: a Draco, che non era invecchiato di un giorno A Draco, i cui occhi adesso avevano un colore più simile al sangue che alle nuvole cariche di pioggia.
«Draco» lo chiamò lui.
Si inchinò.
«Mio Signore.»
Dopodiché alzò lo sguardo, gli sorrise e gli sussurrò.
«Sono molto felice di rivederti, Riddle.»
E per un attimo fu come tornare ai tempi di Hogwarts, quando si erano conosciuti da ragazzi, quando tutto sembrava facile, forse addirittura perfetto nella sua imperfezione.
«Anche per me è un piacere rivederti, Malfoy» sussurrò Voldemort quasi con tenerezza Ora di sicuro lui e Draco non si sarebbero più lasciati. Dopotutto glielo doveva.
Lui era l’unico che aveva il suo cuore.
Il suo seguace più devoto.
 
 
 
 Fine
 
Nota dell'autrice
Il finale lo avevo anticipato, spero vi piaccia. So che magari sarebbe stato bello leggere di Voldemort e Draco riuniti, ma seguire passo per passo tutta la saga di HP è follia (l'ho già fatto una volta e mi è bastato). Inoltre penso che vada bene anche così, lasciando spazio all'immaginazione. Quindi per chi vuole seguire il canone, finirà male, per chi vuole immaginare altro, può finire come vuole.  Grazie davvero a tutti i coloro che hanno letto e recensito questa storia. E chissà, maagri tornerò a scrivere di Tom e Draco, a cui mi sono oramai affezionata.
Alla prossima :)

Nao
 

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