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di Rowena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Arena ***
Capitolo 2: *** L'infermeria ***



Capitolo 1
*** L'Arena ***


Note di Rowi prima di leggere: Thehehehe... Indovinate chi è tornata. Lo so, non ci credo bene nemmeno io, ma torno a vestire i panni di Rowena e torno sulla scena di un delitto che altro che cold case potremmo chiamare... ma quanto mi sono mancati questi due.
Allora, per chi è troppo giovane [e lo so che siete in tanti, mannaggia], sono Rowi e questo il sequel di Save me. Quindi, se non l'hai ancora letta, clicca sul link. Altrimenti ci ritroviamo alla fine del capitolo.




I Giardini dei Due Soli sono luoghi fondamentali nella cultura imperante su Basiliade, scuole per i guerrieri e per tutti i giovani, fulcro della formazione di ogni nuova generazione ai precetti che regolano la vita sul pianeta. Luoghi dove di norma regnano la calma e il silenzio… salvo in occasione di una sfida: allora tutti gli occupanti del Giardino si ritrovano a sostenere i due combattenti.
Nessun rumore però può distrarre la giovane che si staglia nell’Arena: la chiamano la straniera, eppure da anni non si trovava tanto vicino a casa sua. La guerriera saggia la sabbia dell’arena, calda e morbida sotto i suoi piedi. Il frastuono dell’arena sovrasta perfino i pensieri, a incitare o denigrare i lottatori al centro della sala. Soprattutto a denigrare lei.
Estranea alla confusione, scruta attentamente il suo avversario, in attesa di un suo passo falso: è più piccola e leggera, dovrà sfruttare questo vantaggio per prevalere senza far affidamento alla sola forza bruta. Il suo sfidante, infatti, è troppo grosso per sperare di mandarlo al tappeto con un attacco frontale… Per cui la giovane si muove con una calma esasperante, consapevole che ogni secondo in cui ritarderà la sua prima mossa farà impazzire il guerriero che le sta di fronte. Anche lui sta cercando un punto debole per sconfiggere la nuova arrivata, di cui non sopporta neanche la vista.
Ai suoi occhi, la straniera è irriverente e troppo piena di sé, e questo la rende indegna di rimanere nel Giardino. Tanto basta per odiarla. Ha già apertamente suggerito al Maestro Yarr di cacciarla via, e ripeterà la sua richiesta non appena riuscirà a sconfiggerla, finalmente, dimostrando che non merita di sedersi tra loro. Se non si è ancora lanciato su di lei, è solo perché non può permettersi una nuova umiliazione.
Il suo orgoglio brucia e chiede soddisfazione, perché l’eroina arrivata da Kandrakar l’ha già sconfitto due volte, in maniera del tutto incomprensibile a suo parere. Deve aver barato, ha gridato stamattina, sfidandola di nuovo per dimostrarlo una volta per tutte. E ne è ancora convinto, solo che non riesce a capire come. Le sue tecniche abituali non vanno a segno e, se anche la colpisce, sembra non arrecarle mai un danno vero e proprio.
Nell’altro angolo, la guerriera lo segue con i suoi occhi gialli, chiedendosi se abbia fatto bene ad accettare la terza sfida in pochi giorni. Non è ancora nel pieno delle sue forze, a causa del potente incantesimo che poco tempo fa ha messo a dura prova la sua anima… eppure è consapevole che, se avesse rifiutato, lo sciocco davanti a lei l’avrebbe accusata di codardia e avrebbe preteso il suo allontanamento quanto prima. Il primo scontro ha sconvolto il suo avversario, che l’ha affrontata con leggerezza, facendosi scaraventare fuori dall’arena con facilità; il secondo avrebbe dovuto dimostrare che la prima vittoria è stata un caso, ma la giovane l’ha battuto di nuovo. Anche in questo caso il suo avversario l’ha aggredita con rabbia, permettendole di sconfiggerlo senza impiccio.
Finalmente, però, sembra aver imparato la lezione… Oppure no, pensa la giovane, prima di parare un attacco aggressivo fin troppo semplice da leggere.
«Questa volta vincerò io!», grida lui prima di buttarsi ancora sulla rivale senza pensare.
La guerriera evita l'avversario ancora una volta con facilità, usando perfino il lungo nastro rosa che cinge la sua veste per farlo inciampare.
«Sai», esclama in risposta all'omaccione per canzonarlo, mentre questo si rimette in piedi con difficoltà, «nel mio Giardino viene insegnato che bisogna concentrarsi su come cogliere la vittoria e che, quando la si è ottenuta, è saggio non vantarsene per rispetto dell'avversario».
Bor si passa le mani sul viso coperto di sabbia, imprecando. È furioso, teme per il proprio onore e per il rispetto che i compagni nel Giardino gli riserbano: con che faccia potrà guardarli, dopo la terza sconfitta di fila? Lei lo sa bene, ricorda i suoi anni di addestramento in un luogo molto simile a quello in cui si trova ora, così come la testardaggine e la furia con cui attaccava prima di comprendere che le possibilità di vincere di una guerriera dipendono anche dalla pazienza e dalla capacità di attendere il momento giusto per scagliarsi contro l'avversario. Dagli spalti, nel frattempo, il frastuono si è fatto ancora più forte: la compostezza e l’equilibrio tanto ricercati nella piccola comunità sono solo un lontano ricordo durante queste sfide, quando tutti gli allievi urlano per incitare il proprio favorito.
La maggior parte dei presenti tifa per il compagno di allenamento con cui sono cresciuti e che conoscono meglio, eppure la straniera si è creata un certo seguito, dal primo incontro: la sua capacità di modificare la strategia in corsa e le abilità che ha dimostrato nella lotta sono evidenti e apprezzate, soprattutto tra i guerrieri più giovani. Il suo arrivo non è stato ben accetto dalla comunità, malgrado la decisione del Maestro di accoglierla tra loro e, ciò nonostante, lentamente la giovane si sta facendo apprezzare per il suo talento e il suo carattere indomito.
Soltanto uno tra gli spettatori rimane in silenzio osservando la lotta, senza però abbandonare mai la guerriera con lo sguardo. Nella folla che occupa gli spalti, il suo atteggiamento dimesso e la tranquillità con cui assiste alla sfida, estraneo alla confusione, lo distinguono dagli altri, ma basterebbe il suo aspetto per capire che non è originario del luogo… o del pianeta, se è per questo: i suoi lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri dall’espressione fredda vengono infatti osservati spesso con curiosità nel Giardino, in particolare dai ragazzini, che non si fanno problemi ad additarlo in barba a tutti i precetti di moderazione e rispetto.
In questo momento, lo straniero tiene una mano davanti alla bocca e riflette sulla sfida, ignorando tutti i giovani sciocchi che lo circondano: è una fortuna che quel ciccione non si sia accorto di come uno dei suoi colpi sia andato a segno, né della falla nella difesa della sua avversaria. Lui, invece, se n’è reso conto subito: sa bene che la ragazza predilige l’uso delle gambe in combattimento, perciò non appena ha cominciato ad affidarsi ad altre mosse meno usuali per lei, retrocedendo per schivare i nuovi attacchi, ha capito che qualcosa non andava. Con la grazia e i muscoli forti che si ritrova, infatti, la guerriera normalmente potrebbe scalciare con assoluta libertà e infliggere parecchi danni al suo avversario… Perché rinunciare all'improvviso a un’arma così potente, se non per un problema fisico?
Un combattente più sveglio avrebbe notato immediatamente una simile stranezza, eppure l’idiota nell’arena è così accecato dal bisogno di vincere da non accorgersi del vantaggio che potrebbe sfruttare. Lo straniero ignora un commento che dà per spacciata la giovane, gridato da un ragazzino seduto un paio di file più avanti, preferendo concentrarsi su di lei: deve muoversi e chiudere l’incontro, approfittando della disattenzione del suo avversario. È sicuro che sarà lei a vincere anche questa volta, è troppo superiore a livello mentale e tattico per fallire… Si tratta solo di attendere la prossima disattenzione dell'avversario.
Ah, quanto denaro potrebbe raccogliere in pochi minuti, si dice, concedendosi un momento di distrazione per concentrarsi sulla folla che lo circonda: sul suo pianeta natio avrebbe colto la palla al balzo e sfruttato l’entusiasmo del pubblico per mettere su in un attimo un giro di scommesse clandestine. Tutti a puntare sull’eroe locale per campanilismo, sicuro… Sarebbe una rapina anche troppo facile, ammette ridacchiando tra sé e sé. Non si trova su Meridian, però, ed è bene tenerlo a mente.
«Bor è troppo forte», grida all’improvviso qualcuno alla sua sinistra, «la spezzerà con una delle sue prese».
Lo straniero rotea gli occhi al cielo, annoiato: a ogni nuova sfida sente ripetere la stessa cosa, anche se finora nessuna delle mosse preferite del ciccione gli ha permesso di vincere. Per essere un popolo di temuti guerrieri, i giovani rampolli di Basiliade sembrano essere davvero ciechi. E tuttavia non risponde alla provocazione, sapendo che una battuta mal interpretata lo metterebbe in una situazione difficile. Prima che qualcuno possa aggiungere qualcos’altro, però, Orube si divincola dalla stretta dell’avversario e usa un attacco di energia per metterlo al tappeto.
Il tonfo dell’omaccione sulla sabbia è ben udibile anche per gli spettatori sulle gradinate più lontane. All’improvviso l’arena piomba in un silenzio attonito, in attesa del pronunciamento del maestro. Sul suo scranno sopraelevato, Yarr a sua volta aspetta di vedere se l’allievo del suo Giardino riuscirà a rimettersi in piedi. Al suo fianco, le due guerriere predilette sembrano volerlo consigliare: lo straniero coglie qualche battuta grazie al suo udito, Kilubi smania sostenendo che la straniera abbia imbrogliato, mentre la più tranquilla Ih-Shui fissa la guerriera nell’arena, che si staglia orgogliosa e fiera, nonostante il respiro ansante, e sostiene che debba andare a lei la vittoria.
Yarr le zittisce con un cenno della mano: «La vincitrice è Orube», decreta alla fine con tono solenne, «e con questa ti sei aggiudicata tre sfide».
«Speriamo che siano sufficienti», risponde la giovane con un sorriso quieto e modesto, prima di inchinarsi rispettosamente come prevede la sua cultura nei confronti degli anziani. A quel movimento, mentre la folla ricomincia a rumoreggiare per l’esito della sfida, si accompagna un sibilo: un laccio magico si tende tra lei e il misterioso alieno sugli spalti, appena visibile a occhio nudo ma percepibile da tutti i presenti. Lo straniero sbuffa accorgendosi che il legame è troppo teso e comincia a bruciargli la pelle.
«Lo scontro è finito», proclama ancora Yarr, «è il momento che ciascuno torni alle proprie occupazioni. E che tutti prendano ad esempio il coraggio e la determinazione di Orube, la nostra ospite dovrebbe essere un modello per tutti».
Il Maestro per primo lascia la sala, seguito dalle sue discepole, e nel giro di pochi minuti anche tutti gli altri si avviano verso le aule e i cortili dove li aspettano le lezioni e gli allenamenti. Non sono pochi quelli che rumoreggiano sommessamente sulla via: il giudizio del sommo capo del Giardino non può essere messo in discussione, eppure lo straniero distingue chiaramente più voci deluse intorno a sé, ancora incredulo che qualcuno abbia davvero scommesso che Bor potesse vincere l’incontro. Si morde la lingua una volta di più, però, sapendo che questo sarebbe il momento peggiore per provocare gli allievi. Se non altro, nel periodo passato in quel mondo ostile ha imparato a tacere davanti a un nemico che non è in grado di affrontare, per carattere avrebbe già provocato quei giovani a lui ostili senza pensarci troppo…
L’uomo rimane seduto al suo posto mentre la folla si disperde, continuando a fissare la guerriera che, dalla sabbia dell’arena, lo guarda di rimando. Anche agli occhi di uno spettatore ignaro del loro rapporto apparirebbe subito chiaro che nessuno dei due vuole avvicinarsi, malgrado il laccio magico teso tra loro. Entrambi aspettano che l’altro faccia almeno il primo passo. Quando alla fine Orube decide di risalire gli spalti e raggiungere lo straniero, cammina lentamente, forse per nascondere il suo malessere, e sorride in maniera ironica, soddisfatta di aver vinto di nuovo.
«Questa volta è riuscito a farti male», commenta lui impassibile, senza concederle il minimo complimento, quando sono abbastanza vicini per parlare senza farsi sentire dagli ultimi estranei che stanno abbandonando l’arena. «Ti è andata bene perché è troppo stupido perfino per accorgersi di quando i suoi colpi vanno a segno».
La guerriera alza le spalle prima di sedersi accanto a lui: «Non so di che parli, Cedric».
Cedric sorride con quella sua espressione malevola e le sfiora una coscia, quasi per caso, ma a quel contatto Orube si scosta subito: nessuno dei due saprebbe dire se quel movimento è dovuto al dolore che effettivamente lei sta provando o se non vuole essere toccata da lui. Ne avrebbe tutte le ragioni, con quello che lo straniero ha combinato.
«Comincia a intuire i miei movimenti, è vero», ammette alla fine, «anche se credo che sia riuscito a colpirmi per pura fortuna. Ho vinto lo stesso, però».
Pura fortuna anche questa, pensa Cedric scuotendo il capo. «Mi sarei stupito del contrario, quel tizio è tonto, grosso e stupido…»
«Non è vero, non ti assomiglia poi così tanto», lo interrompe Orube prima di alzarsi dalla panca di legno su cui si è lasciata andare per riposarsi. Deve andare subito a far vedere la gamba alla Guaritrice, prima che il suo impaccio nei movimenti diventi troppo evidente e Bor o un altro per lui ne approfitti per sfidarla un’altra volta. Inizia quasi a diventare divertente, per la guerriera. Una volta, un’amica le ha detto che ricorda i felini non solo per l’aspetto e le sue movenze, ma anche nel piacere che prova a giocare con le sue prede… Eppure, passata l’adrenalina della sfida, il suo oppositore torna a essere solo un enorme fastidio.
«Comincia a indispettirmi questo suo modo di mettermi in discussione», sbuffa sfregando le mani tra loro, ancora punteggiate di sabbia dall’ultima acrobazia che ha fatto prima di scagliare il colpo finale. «Dovrebbe essersi ormai rassegnato alla mia presenza».
Dovrebbe dire la loro presenza, pensa Cedric, consapevole che senza di lui Orube sarebbe ben accetta in quel luogo. Al loro arrivo si è profondamente scusata con i dieci guerrieri che ha messo al tappeto alla sua ultima visita, quando ha combattuto come una leonessa per interrompere chissà quale rito e riportare l’Oracolo a Kandrakar a fermare Phobos… Sarebbe a posto, in effetti. È lui quello che tutti disprezzano, l’alieno dagli strani capelli biondi e dalla lingua troppo lunga.
Se avesse i suoi poteri magici, li avrebbe già rimessi tutti al proprio posto, ma ne è stato privato un’altra volta prima di essere inviati a Basiliade. Maledetta Kandrakar…
«Potresti lasciare che ti batta una volta, almeno ti toglieresti una bella scocciatura», azzarda Cedric, per non indugiare troppo nel risentimento.
Qualunque abitante di Basiliade storcerebbe il naso a quella proposta, ma la giovane si permette soltanto di sospirare: hanno già litigato abbastanza negli ultimi tre giorni e lei non ha la minima intenzione di riaccendere la miccia per una questione che il suo compagno sembra non voler capire… Almeno non per il momento.
«Devo rispettarlo come guerriero: anche se probabilmente lui non si accorgerebbe dell’inganno, perdere di proposito sarebbe un grave insulto alla nostra cultura», risponde perciò con voce tranquilla, sapendo già che il compagno non gradirà quella risposta.
«Melodrammatica», commenta Cedric sbuffando. Con la sua scarsa pazienza, comincia a non poterne più di sentir chiamare in causa la cultura di Basiliade e il disperato bisogno dei suoi guerrieri di preservare l’onore a ogni costo. Con l’onore non si mangia, pensa lui, né si ottiene il potere, e il rispetto fine a se stesso è assolutamente inutile nel suo modo di concepire l’universo.
Cedric in ogni caso non riceve alcuna forma di rispetto, nel Giardino: è un paria, un prigioniero svergognato dalla propria condotta, e come tale viene trattato da tutti, perfino dai bambini. Ha la sensazione che alcuni insegnanti lo utilizzino come spauracchio, indicandolo come il destino misero e ingrato di chi non segue i precetti della loro cultura con rigore e onestà, il che lo manda davvero in bestia.
Sebbene non sia abituato al combattimento corpo a corpo, Cedric è stato più volte sfidato dagli allievi più anziani, ma la sua formazione nello stile di lotta locale non è sufficiente per sostenere un combattimento vero e proprio senza poteri magici. Istintivamente cerca a ogni scontro di trasformarsi in un enorme lucertolone, ma privo com’è della sua capacità di cambiare aspetto rimane un facile bersaglio nell’arena. E Orube ancora si chiede perché desideri fuggire…
«Avanti, ti aiuto ad arrivare dalla guaritrice, così ti sistemerà subito la gamba», propone con un tono più accomodante, tendendo una mano alla guerriera.
«Faccio da sola», risponde secca lei, evitando con attenzione il contatto fisico tra loro. Testarda com’è, zoppicherà per tutto il giardino, pur di non cedere, di non mostrarsi debole, di non chiedergli aiuto.
Cedric allarga le braccia e sfodera ancora il suo sorriso sarcastico: «Tanto, che io lo voglia o no, devo venirti appresso…»
Il laccio magico di energia brilla tra loro, a indicare una volta di più che non è libero di muoversi a proprio piacimento. Orube sospira e s’incammina in silenzio, tirandoselo dietro.




Note di Rowi in chiusura: Oddio, ma che strano tornare a mettere i /br... che impressione. Dirò di peggio: ho pubblicato Save me tra il 2007 e il 2011... Ho pubblicato gli ultimi due capitoli dieci anni fa. Fa impressione, vero?

Più o meno in questo periodo, dieci anni fa, ho avuto un blocco nel finire gli ultimi capitoli di Save me... e mi sono resa conto che ai miei due beniamini avevo scritto un lieto fine decisamente troppo lieto, per loro, per come sono fatti, per quello che hanno vissuto nella storia e anche per quello che gli avevo fatto io nella prima fanfiction... e quindi avevo già deciso di scrivere un sequel in cui avrei approfondito il loro rapporto, dopo aver trovato un modo abbastanza contorto di recuperare Cedric dal diario di Ludmoore, un finale che era e che rimane per me indegno. Poi un po' l'università e un po' il dopo-università mi hanno fatto calare l'ispirazione... finché l'anno scorso nel lockdown ho deciso di riprendere questa storia, che pur non essendo ancora pubblicata era quella che mi dispiaceva di più non aver terminato. Poi c'è Charlie, ma arriverà anche quella. E Olivander. AHEM.

Comunque, ho deciso di buttarmi oggi perché oggi non solo sono vent'anni (VENT'ANNI) che è uscito il primo numero di W.I.T.C.H. ma sono anche vent'anni che io l'ho comprato. E sono piombata in questo mondo che ho amato tantissimo, e che ho cercato di continuare ad amare malgrado la qualità delle storie... come dire... sia andata calando. Ma malgrado il lento degrado della trama principale (e le sottotrame che cioè... la danza? I bambini magici? La SUPER WITCH stile Power Rangers?), W.I.T.C.H. rimane nel mio cuore. Quindi era doveroso cominciare oggi. E poi... domani è il mio compleanno. ^_^
Cercherò di tenere una pubblicazione regolare ogni 7/10 giorni (chi mi conosce riderà, ma GIURO che stavolta è vero!). Spero vi piacerà, io mi sto divertendo molto a scriverla. È davvero un po' come risalire sulla bicicletta... Perciò, pedaliamo!

Ringraziamenti doverosi: a Medusanoir che mi sta betando con molta pazienta, e a Charme che è una motivatrice pazzesca e pur non avendo letto W.I.T.C.H. mi sta supportando da morire <3

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Capitolo 2
*** L'infermeria ***


La rapidità con cui il Giardino dei Due Soli può diventare deserto e silenzioso ha sempre impressionato Orube durante l’addestramento, e anche oggi non fa eccezione. I corridoi luminosi e puliti, senza un’anima viva, fanno pensare quasi a un luogo abbandonato. Eppure, fino a qualche minuto fa buona parte della popolazione della struttura era all’Arena… Rispondendo al comando di Yarr, alla fine dell’incontro ognuno è tornato alle normali occupazioni, in un meccanismo perfetto di cui solo e Cedric ancora non sono inseriti.
Una stranezza di cui la guerriera è particolarmente sollevata, mentre si guarda intorno per orientarsi tra le sale in cerca dell’infermeria. Sta zoppicando senza riuscire a dissimulare, ora che il suo corpo è a riposo il dolore si fa sentire inclemente, facendola rabbrividire per più motivi. Questa è una debolezza pericolosa, fino a quando entrambi non saranno pienamente accettati dagli abitanti del Giardino: Bor sarà fuori dai giochi per qualche giorno, ma qualcuno dei suoi amici potrebbe farsi avanti e sfidarla per vendicarlo, e mettere di nuovo in dubbio il diritto dei due ospiti di rimanere.
È un gioco subdolo, che Orube non si sarebbe aspettata: sono stati accolti dal Maestro, quindi non è possibile per gli allievi criticare le sue scelte apertamente, ma dimostrando che i nuovi arrivati non siano degni di tanta fiducia… Non sarebbe così maleducato chiedere che impacchettino di nuovo le loro cose e se ne tornino a Kandrakar, alla fine.
Una nuova fitta le fa digrignare i denti, e per non pensarci sposta la sua attenzione su Cedric, fissandolo di sottecchi.
È l’unico in tutta l’Arena che ha colto la sua indecisione, la sofferenza nei suoi movimenti. In mezzo a tanti guerrieri ben addestrati, solo lui ha saputo leggere il combattimento correttamente. Orube sa di aver vinto l’incontro per pura fortuna, può riconoscerlo almeno a se stessa, anche se non darà mai questa soddisfazione al suo compagno di disavventure. La gamba ferita reclama tutta la sua attenzione: ogni passo è una tortura lenta e pesante, aggravata dallo sforzo di distribuire il più possibile il peso del corpo in modo uniforme, uno sforzo che pare inutile.
Al suo fianco, come un’ombra odiosa e irritante, Cedric si offre ancora di darle una mano con aria svagata. Orube scuote la testa, senza parlare: non desidera il suo aiuto, non in questo momento almeno.
E quando lo accetterai, Orube? Quando si arrenderà, quando smetterà di essere quello che è?
Cedric, al solito, non si lascia sfuggire l'occasione per farsi avanti: «Guarda che non ho intenzione di prenderti in braccio. Permettimi solo di aiutarti, è evidente che stai soffrendo».
La voce dell’alieno risuona più sarcastica di quanto vorrebbe, probabilmente, ma Orube è consapevole di quanto si stia sforzando per essere gentile. Preoccuparsi del dolore altrui è un sintomo della propria fragilità, e mostrarsi debole non è nella natura di Cedric… Ma non le basta.
«Sarai tu ad aver bisogno della guaritrice, se solo provi a toccarmi», risponde quindi con rabbia senza neanche voltarsi per guardarlo in faccia. Non si merita neanche questo, non dopo l’ultimo tentativo di fuga. Un gesto stupido, l'ultimo di una lunga serie, che non ha portato a nulla se non a rendere ancora più precaria la loro posizione nel Giardino.
«D’accordo, non c’è bisogno di ringhiare in questo modos».
La ragazza si morde la lingua trattenendo una delle tante parolacce imparate sulla Terra, senza sapere cosa la infastidisca di più: l’improvvisa premura del suo compagno, o la situazione in cui si sono cacciati… o la fastidiosa sensazione che Cedric la stia solo usando. Quando ha proposto alla Congrega di mandarli su Basiliade, credeva che l’uomo del Metamondo avrebbe fatto uno sforzo concreto per cambiare, per migliorarsi…
E adesso, alla luce dei fatti, sente di essersi stata ingenua. Cedric ha resistito poco più di dieci giorni prima di provare a scappare. È stato più forte di lui, così si è giustificato, pur sapendo che non avrebbe potuto allontanarsi più di tanto. Da quando la milizia del Giardino lo ha catturato e riportato indietro, trattandolo come un bambino capriccioso e indegno, è diventato intrattabile: commenta sprezzante qualunque lezione, indisponendo gli insegnanti e gli allievi, rifiuta qualunque attività gli venga proposta. La sua chiusura ha spinto anche quei pochi favorevoli alla loro presenza nel Giardino a ostracizzarli, con la sola eccezione di Yarr, a cui però Orube non può appellarsi per ogni stupidaggine.
Così, gli abitanti si allontanano alla loro presenza, e continuano a lanciare sfide a entrambi per dimostrare quanto siano reietti – sfide che per il momento ha sempre raccolto lei, perché Cedric non riesce a sostenere un combattimento senza magia. E malgrado continui a vincere, l’atmosfera che li circonda è sempre gelida. Il Maestro ha chiesto di accogliergli con cortesia e il suo volere viene rispettato, ma anche le parole apparentemente più garbate possono suonare molto offensive.
È uno stallo senza uscita, pensa Orube con un certo fastidio, soprattutto perché dopo la prima fuga la cerchia più ristretta intorno a Yarr ha sollecitato all’ospite un rituale di pentimento pubblico per sanare la situazione, una richiesta che Cedric ha prontamente rifiutato. Da allora, ha provato a scappare altre due volte, con grande scorno e umiliazione della sua compagna. Com’era inevitabile, anche la situazione tra loro è precipitata.
Finché non chiederà perdono al Maestro davanti al Giardino, Cedric non potrà essere ben accolto, ma sarebbe più semplice chiedergli di rubare uno dei Soli di Basiliade.
«L’infermeria è di qua, dove vai?», la richiama la voce di lui.
Orube alza il capo dal pavimento e si rende conto che Cedric ha ragione. «Ero sovrappensiero», si schermisce, facendo intendere che non pronuncerà una parola di più. «Hai bisogno di riposarti un attimo?»
La guerriera sbuffa, determinata a non fermarsi e a non rispondergli. Accettare il suo aiuto equivarrebbe a lasciarsi manipolare una volta di più, e già non può tollerare di essere stata presa in giro da Cedric pur di salvare la pelle… Ammetterlo sarebbe una sconfitta molto più dura da tollerare di qualunque scontro nell’Arena. La promessa che le ha fatto, adattarsi alla vita di Basiliade, si è rivelata una farsa. Non vuole neanche provare a comprendere la filosofia del Giardino, l’ha detto chiaramente più volte, per cui a questo punto Orube si chiede che cosa stiano facendo. Vorrebbe solo una risposta, mentre si sente soffocare dalla rabbia e dalla frustrazione che crescono in lei ogni giorno di più. Per quale motivo ha accettato di venire qui? Voleva semplicemente scampare una volta di più al giudizio che pende sulla sua testa a Meridian, in attesa di inventare un altro piano per evadere e darsi alla macchia?
L'ha fatto per lei, ripete, e una parte di Orube vorrebbe tanto crederci. Se solo non la mettesse in discussione di continuo, se provasse a inserirsi... Certo, non hanno reso le cose facili, a nessuno dei due. In fin dei conti è lei che continua a essere sfidata per dimostrare di meritarsi il suo posto.
Sono questi i pensieri della ragazza mentre si trascina per i corridoi. Quando finalmente riconosce la porta dell’infermeria, le sembra di aver completato una maratona.
Bussa, mentre scocca un’occhiataccia a Cedric come a ricordargli di non creare noie, quindi entra. Davanti a loro compare una donna già in età avanzata, ma dal corpo ancora robusto e muscoloso, intenta a fare l’inventario della sua dispensa. Il su aspetto fa intuire che grande guerriera dev'essere stata in gioventù, e la sua esperienza medica è già stata preziosa per entrambi, che all’arrivo su Basiliade si sono sottoposti a un ciclo curativo per finire il recupero dall’ultima avventura nel libro.
Iula, così si chiama la guaritrice, alza appena il capo dal registro che sta controllando.
«Siete di nuovo qui? Che ha combinato stavolta?», domanda con un cenno in direzione di Cedric. Non è una sorpresa: l’ultima visita in infermeria è stata dopo il più recente tentativo di fuga dell’alieno.
«Saggia Iula, questa volta sono io ad aver bisogno delle tue arti curative», spiega Orube piegandosi in un inchino rispettoso, per quanto sia possibile con il peso del corpo che grava solo sulla gamba sana. «Sono rimasta ferita durante il combattimento».
La donna smette di sistemare i vasetti sullo scaffale per concentrarsi su Orube.
«Davvero? Non me lo aspettavo, hai vinto rapidamente, da quanto ho sentito», sospira la donna, «non vengo mai all’Arena, preferisco essere pronta quando il perdente dello scontro arriva bisognoso di cure».
Una scelta pratica, pensa Orube. «Magari non è serio, solo il gonfiore del colpo… ma preferirei non tralasciare nulla. Anche se le parole di Yarr dovrebbero evitare altre sfide almeno per qualche giorno, devo essere pronta per quando accadrà di nuovo».
«Lascia giudicare a me di che si tratta. Preferisci che lo faccia aspettare fuori mentre ti spogli?» Orube arrossisce: in realtà, ha già iniziato a sfilarsi i pantaloni senza riflettere, ma la domanda della guaritrice la blocca proprio quando sta alzando la gamba ferita per far scivolare il piede nella seta chiara. Alza lo sguardo e nota che Cedric si è già voltato a fissare il muro senza che qualcuno glielo chiedesse, segno evidente di quanto entrambi siano in imbarazzo. «Non c’è problema, l’importante è fare in fretta».
«Ah, allora è vero che vivete insieme», borbotta la guaritrice, dubbiosa, e nella sua voce si percepisce una nota incredula che ferisce entrambi.
«Siamo legati insieme dalla magia… sarebbe difficile altrimenti», risponde lui come a sottolineare l’ovvio.
Certo, si dice Orube mentre si stende per farsi visitare, questo di per sé non li obbligherebbe né a vedersi nudi né a fare un sacco di altre cose… ma non sono affari della donna. Una delle poche cose su cui lei e Cedric sono d’accordo, è tenere la loro vita privata all’interno degli appartamenti che condividono. Non è necessario offrire altri motivi di chiacchiere al Giardino.
Ignara di questa riflessione, Iula le tocca la gamba con energia, saggiando i punti che provocano dolore, senza che Orube un fiato. Cedric fissa la guerriera, come a cercare un segno di sofferenza sul suo viso. Rimarrà deluso, però: l'addestramento a celare le emozioni è uno dei primi nel programma di ogni Giardino.
«Sei fortunata», valuta alla fine la guaritrice prima di andare a cercare un impacco di erbe di palude nella dispensa. «Ho visto il tuo avversario mentre lo trasportavano qui in barella ed è ridotto molto peggio di te. Gli hai dato una bella scarica, non c’è che dire».
Orube si incassa nelle spalle, imbarazzata. Non riesce a capire se le parole di Iula celano un complimento o un rimprovero: Bor è grosso e stupido, come Cedric non dimentica mai di commentare, eppure è molto amato nel Giardino. Sono in molti a essere infastiditi di come sia stato battuto, e con quale facilità… Forse anche Iula è una sua fan?
«Forse Kilubi aveva ragione ad accusarmi di aver giocato sporco. Ho migliorato molto i miei attacchi di energia con le Guardiane di Kandrakar, ma non è una tecnica che si usa così spesso qui», tenta perciò di minimizzare. Non potrebbe ammettere che desiderava mirare al suo protetto e che invece si è sfogata su Bor, infastidita dalla sua arroganza… Anche se sarebbe la pura verità.
Cedric, però, sbuffa: «Sciocchezze, quel tipo è così pieno di sé da non aver assimilato le tue strategie di combattimento al terzo incontro, ha meritato di perdere».
Ed ecco che qualunque tentativo di apparire umile è stato appena vanificato. La ragazza sbuffa e gli lancia uno sguardo truce. Detesta quando lui si comporta in quel modo… Non c'è bisogno di mettersi sempre in contrapposizione con chiunque, è stupido e non porta a nulla.
«Per quanto poco diplomatico, il tuo amico ha ragione… Anche se è un vigliacco a esprimere certe opinioni solo quando crede di essere al sicuro», s’inserisce Iula, determinata a trattare Cedric come un pezzo del mobilio. «Kilubi è giovane, impetuosa, e teme che tu possa diventare una pretendente all’eredità del maestro Yarr. Per questo è così arrabbiata con te».
«Che sciocchezza, come potrei avere simili mire? Non sono cresciuta qui, non faccio parte del Giardino, sono…» Un’ospite, ecco quello che sono, pensa. Poco gradita per di più, specie col lestofante che si porta dietro.
«La sola persona su Basiliade che abbia combattuto per Kandrakar e sia tornata, per esempio? Hai attraversato l’universo, hai conosciuto l’Oracolo in persona. Di certo hai accumulato una grande saggezza, e sei ancora così giovane!» ribadisce la donna con un certo orgoglio. «Non sarai la massima esperta di organizzazione, ma avresti molto da insegnare a tutti i nostri ragazzi».
Oh sì, ha vissuto così tante esperienze positive negli ultimi anni… Proprio una persona da prendere ad esempio. È per questo che si ritrova incatenata a un criminale intergalattico, perché è così saggia e traboccante di conoscenza che credevo potesse cambiare per amor suo. Bel maestro sarebbe!
«Andrò subito a tranquillizzarla: non sono preparata per diventare un maestro, né desidero questo titolo».
Vorrei solo un po' di pace, dannazione.
Iula si rende conto che non la giovane non è a suo agio e mentre finisce di medicarla lascia cadere la conversazione. I suoi poteri lenitivi vanno a sedare il dolore della gamba, eppure questo non basta a placare la frustrazione.
«Guaritrice, non ritiene più saggio impedire che Orube combatta per almeno qualche giorno? La contusione questa volta sembra grave, non ha senso rischiare di peggiorare le sue condizioni».
Cedric pone la domanda con tono svagato, quasi indifferente, ma la sua ansia si percepisce nell’aria. La donna annuisce.
«Il tuo amico non mi piace molto, Orube, ma questa volta ha ragione. Bor non sarà in grado di alzarsi per almeno una settimana, figuriamoci sfidarti di nuovo, ma è meglio che tu ci vada piano con gli allenamenti», risponde Iula, completando il rituale per sistemare la gamba.
La guerriera sembra voler aggiungere qualcosa, infastidita dall'osservazione di Cedric, ma rinuncia e chiude gli occhi mentre si gira sulla pancia. Più è sgarbato e sprezzante con tutto il mondo che li circonda e più è attento con lei, ma questo trattamento premuroso la mette ancora più a disagio. Le dimostra che potrebbe essere davvero compassionevole, se lo volesse, che c'è del buono in lui… Solo che non lo ammetterebbe mai, nemmeno con la donna che dice di amare, deciso com’è a recitare fino alla fine questo odioso personaggio che si è cucito addosso per tenere tutti a distanza. Orube compresa.
E lei non sa come aiutare uno che non permette a nessuno di farlo, nemmeno alla sua amata. O presunta tale.
«Bene, se avete deciso tutto senza prendermi neanche in considerazione, a me non resta che andare da Yarr per informarlo della situazione», borbotta alla fine, alzandosi per rivestirsi.
Iula la anticipa ancora una volta: «Non ti preoccupare di questo, gli comunicherò la situazione quando verrà per controllare le condizioni di Bor».
Un’incombenza di meno. Orube s’infila i pantaloni – che sfortunatamente mettono troppo in evidenza la medicazione che Iula ha fatto per isolare la pomata – e muove un poco la gamba mimando qualche calcio per capire in che condizioni sia. Il dolore è già diminuito parecchio, nota con sollievo, ma ci vorrà davvero qualche giorno per riprendersi del tutto. Non ci voleva, pensa la guerriera con rabbia.
Tuttavia, s’inchina alla guaritrice, che ha fatto un buon lavoro per quanto poteva: «Ti ringrazio per la tua gentilezza, Iula, mi hai davvero rimesso in sesto».
La donna sorride appena, mentre riordina i vasetti degli unguenti: «È il mio compito, mia cara. Cerca di stare a riposo completo per almeno un giorno o due, e torna prima della fine della settimana per un controllo».
«Lo farò, non temere», la rassicura prima di uscire dalle stanze di guarigione. E sono di nuovo soli.
«Te la sei cavata meglio di quanto pensassi, sai? Lascia che ti aiuti, la vecchia ha detto che non devi sforzarti».
Orube gli volta le spalle. «Non farlo».
«Cosa?»
«Non fingere che t'importi» soffia mentre comincia ad avviarsi per il corridoio.
«Non sarei qui, se non...»
«Niente scenate in pubblico», gli ricorda lei prima che continui con un tono troppo duro sentendo alle loro spalle qualcuno avvicinarsi. Si tratta di due allievi della classe intermedia, che si zittiscono per cogliere le nostre parole mentre li superano.
La loro posizione è già troppo precaria perché mezzo Giardino li senta litigare. Orube cerca di ricacciare le emozioni che la turbano, concentrandosi sulla situazione: la contusione la obbliga a essere cauta.
«Forse dovrei andare a cambiarmi, con una tunica potrei nascondere meglio la fasciatura…»
Cedric ridacchia e incrocia le braccia dietro la testa: «Dovrò mordermi la lingua parecchie volte, allora, visto quanto tempo impiegheremo a raggiungere le nostre stanze».
La ragazza lo fissa con odio, eppure è consapevole che ha ragione, di nuovo. L'appartamento che è stato assegnato loro dal Maestro, infatti, si trova esattamente dall'altra parte del Giardino. Zoppicare per tutto il tragitto sarebbe anche peggio che mostrare la gamba medicata.
Tuttavia, Orube escogita subito un altro modo per vendicarsi per le frecciatine: «Andiamo a mangiare, allora. Si è fatta ora di pranzo».
Cedric prova a replicare qualcosa, frustrato dal doversi trovare così presto tra gli abitanti del Giardino, ma ancora una volta non ha parola in capitolo. Ed è bene che se lo ricordi.



Note di Rowi: Niente, la vita non-virtuale ha richiesto molte più attenzioni di quanto non pensassi. Grazie a chi mi ha letto e chi ha recensito il primo capitolo :)

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