Le petit bébé faucon

di LaPrincesseJasmine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Les adieux ***
Capitolo 2: *** à la maison ***
Capitolo 3: *** Des nouvelles ***
Capitolo 4: *** Les décisions ***
Capitolo 5: *** Une surprise ***
Capitolo 6: *** Les pensées ***
Capitolo 7: *** Deux pères et demi ***
Capitolo 8: *** "Aide-moi!" ***
Capitolo 9: *** Ensemble ***
Capitolo 10: *** La douleur ***
Capitolo 11: *** Les espérances ***
Capitolo 12: *** Sans-pitié ***



Capitolo 1
*** Les adieux ***


QUESTA E' LA MIA PRIMA STORIA... SPERO VI PIACCIA! IN OGNI CASO MI FAREBBE PIACERE SE LASCIASTE RECENSIONI PER CRITICHE, APPREZZAMENTI O CONSIGLI! 
GRAZIE MILLE, BUONA LETTURA!

Auxi, Francia
6 marzo 1233
 
“No” disse Daniel. Il sorriso era sparito. Il tono si era fatto più freddo. “Mi dispiace. Alex è troppo giovane e lo sei anche tu, vi conoscete da pochi giorni: non è abbastanza per parlare d'amore e pensare a sposarsi. Posso capire l'eccitazione del momento, ma avrai modo di riflettere e ti renderai conto che la tua è una richiesta avventata. Tra qualche giorno capirai che ho ragione. Domani mattina io e mia figlia partiremo. E' deciso.”
Marc si morse le labbra capendo che non c'era più niente da fare: monsieur Daniel aveva preso la sua decisione per il futuro di Alex, e lui non era compreso.
Cercò gli occhi di Alex per trovarvi un po' di conforto ma la ragazza abbassò lo sguardo per evitare di incrociare i suoi occhi. Marc allora fece un rigido inchino a Daniel scusandosi per essere stato avventato e uscì dalla stanza sforzandosi di non mettersi a piangere come un bambino, mantenendo intatto almeno quel poco di onore che gli rimaneva.
Di colpo la stanza parve vuota e fredda. Ian guardava Alex con comprensione e Daniel mise una mano sulla spalla della figlia nel tentativo di rincuorarla, lei però saltò su come se quel tocco fosse stato avvelenato. “Ti odio.” disse a suo padre guardandolo negli occhi. Mai nella sua vita Alexandra aveva rivolto al padre parole così dure e si pentì subito di averle pronunciate non appena vide comparire nei suoi occhi un dolore mai visto.
Incapace di sostenere anche quello Alex scappò via in lacrime diretta al luogo più lontano che le sue gambe le avessero consentito di raggiungere.
 
Daniel, rimasto solo con Ian, finalmente abbandonò il freddo contegno che si era imposto e si abbadonò esausto sulla sedia di mogano portandosi le mani tra i capelli biondi.
“Forse sto sbagliando tutto.” disse in un sussurro.
“No Daniel.” sentenziò Ian avvicinandosi all'amico. “Alex è troppo giovane per sposarsi, per diventare moglie e madre, e anche Marc è giovane. A mio figlio non passerà facilmente ma dovrà farsene una ragione. E' il meglio per loro.”
Daniel si sentì in parte rassicurato dalle parole di Ian ma non disse nulla e rimane seduto, pensieroso.
 
Mentre Alex correva in lacrime andò a sbattere su una figura che camminava spedita nel verso opposto: Marc.
Alex alzò gli occhi umidi e Marc soffocò qualunque cosa avesse pensato di dire e le prese il viso tra le mani.
“Alex” riuscì soltanto a dire. “Io non ti dimenticherò mai. Mai.”
Poi il dolore prese il sopravvento e anche gli occhi di Marc si riempirono di lacrime. A quel punto non gli importava più nulla, degli altri, dell'onore, di suo padre: prese delicatamente il viso di Alex e iniziò a baciarla. Lì nel ballatoio del suo castello. Lì dove anche i muri avevano occhi e orecchie.
Lei inizialmente pose un po' di resistenza, imbarazzata, ma poi si lasciò andare sopraffatta dall'emozione.
Ad un certo punto Marc smise di baciarla e la guardò. Aveva le guance rosse e un' aria un po' allucinata. “Alex” chiese serio. “Mi ami?”
Alexandra non ci penso su nemmeno un secondo. “Certo che ti amo!”
Marc non se lo fece ripetere due volte, afferrò il polso di Alex e la trascinò nella stanza che si affaciava sul ballatoio, rendendosi conto di non essere in grado di pensare lucidamente e di fare una cosa sbagliata. Sapeva che stava per fare una di quelle cose avventate di cui si pentiva subito dopo ma decise di mettere a tacere il cavaliere che c'era in lui e di lasciarsi guidare dalle emozioni. Guardò Alex.
Lei era sconvolta almeno quanto lui ma amava Marc più di qualunque cosa al mondo e stava per perderlo per sempre. Di lui le sarebbe rimasto solo il ricordo.
Ricominciò a baciarlo e chiuse la ragione fuori dalla porta, sul ballatoio.
 
Ian si augurò vivamente che Marc si presentasse a cena. Poteva capire il suo dolore e la sua vergogna ma era pur sempre il figlio del Falco del Re, l'erede del castello, e non poteva assentarsi.
Se non fosse arrivato entro una manciata di minuti Ian si sarebbe trovato costretto a mandarlo a chiamare da alcuni servi e a trascinarlo nel salone come un bambino.
Per fortuna Marc apparve sulla soglia del grande salone. Salutò con rispetto tutti i commensali presenti al tavolo evitando accuratamente di incrociare lo sguardo con Daniel.
Marc era vestito in blu, con degli intarsi color oro, aveva ancora lo sguardo pieno di angoscia e dolore, Ian lo vedeva, ma vedeva anche un qualcos'altro in quegli occhi, qualcosa che non seppe identificare.
Marc mangiò a stento e parlò poco. Evitò Daniel ignorando la sua presenza per tutta la cena poi, quando venne congedato, salutò rispettosamente e si ritirò nelle sue stanze mantenendo per tutto il tempo un sorriso di circostanza che non ingannò di certo i suoi genitori. Isabeau, infatti, inviò per tutta la cena occhiate a Ian evidenziando gli strani atteggiamenti del figlio.
Alex non si era presentata accusando un mal di testa e Daniel non si era nemmeno sognato di andare a vedere come stesse. Non se la sentiva di affrontare la figlia dopo la conversazione avuta solo poche ore prime.
La freddezza e il disprezzo dei suoi occhi Daniel non avrebbe mai potuto dimenticarli e si augurò vivamente che Ian avesse ragione e che lui avesse davvero preso la decisione migliore per sua figlia.
Andò a letto presto sicuro che non avrebbe chiuso occhio pensando alla giornata di addii che lo aspettava.

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Capitolo 2
*** à la maison ***


Alex si svegliò presto e si preparò meccanicamente tentando invano di dimenticarsi ciò che l'aspettava.

Il tempo sembrò volare e il suo addio definitivo a quel mondo medievale era ormai prossimo. Uno scudiero la issò su un palafreno color nocciola dietro a suo padre, che lei evitò accuratamente anche di sfiorare.

Isabeau le prese le mani invitandola a ritornare al più presto e lei si costrinse a fare un piccolo sorriso pur sapendo che non sarebbe mai potuta tornare. Anche Ian la salutò affettuosamente mentre Marc si tenne in disparte sofferente come se gli pesasse compiere anche solo un minimo movimento.

Daniel incitò il cavallo che partì al trotto ed Alex vide sparire tutti coloro che amava in quel mondo nel giro di pochi minuti.

Quando nessuno poté più vederli Daniel chiamo “Help” attivando la mela di Hyperversum, poi disse alla figlia “Alex, avvicinati, tocca la mela.”

Lei eseguì gli ordini chiusa in un mutismo carico di significato e ben presto tutti e due si ritrovarono dall'altra parte, nel XXI secolo.

Jodie abbracciò la figlia emozionata iniziando a fare mille domande ma Alex sgattaiolò  via alla prima occasione e si chiuse a chiave in camera sua.

A quel punto abbandonò ogni contegno e si mise a singhiozzare dando pugni al suo letto fino a farsi sanguinare le mani e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo perché un dolore fisico e profondo le attanagliava i polmoni.

 

 

Phoenix, Arizona, Stati Uniti d'America

7 maggio, futuro prossimo

 

Erano passati due mesi esatti dal suo addio al Medioevo e a Marc. Soprattutto a Marc.

Durante i primi giorni, aveva anche provato a farsi male fisicamente, per mettere a tacere il suo male interiore, che era molto peggio. Non ci era riuscita, era troppo vigliacca anche per quello.

In seguito, anche se il dolore era sempre presente, aveva imparato a celarlo. Era tornata a scuola, anche se quel mondo fatto di verifiche e pettegolezzi adesso le sembrava assurdamente infantile e non aveva più voglia di impegnarcisi. Aveva anche ricominciato a parlare con suo padre anche se in ogni parola che gli rivolgeva c'era una punta di tacita accusa.

Tutto sembrava essere ritornato alla normalità, ma era solo apparenza.

 

Da quando Alex se n'era andata si era portata con sé l'allegria di Marc. Suo padre gli aveva parlato e aveva dimostrato di capire i suoi sentimenti ma ciò non poteva comunque riportargli la donna che amava.

Alex era diversa dalle altre ragazze che aveva conosciuto: era bellissima, spiritosa, era dolce ma sapeva tenergli testa meglio di chiunque altro. Marc era innamorato di lei in un modo che non riusciva a spiegarsi; era un cavaliere del re, un uomo di diciotto anni e si sentiva ridicolo a soffrire così per amore di una donna ma, d'altronde, ogni pensiero di Marc si dirigeva, inevitabilmente, a lei e non poteva farci nulla.

Negli ultimi giorni, però, era stato convocato dal re per partecipare a un consiglio di guerra al posto del padre che non poteva certo abbandonare l'amministrazione del feudo!

Con lui c'era suo zio Guillaume e tra una riunione e l'altra per discutere le tattiche da utilizzare nell'imminente scontro con gli inglesi, il pensiero di Marc si allontanò per la prima volta da Alex e gli concesse un attimo di respiro dal dolore sfiancante a cui lo stava sottoponendo da due mesi.

 

 

 

 

Phoenix, Arizona, Stati Uniti d'America

30 maggio, futuro prossimo

 

“Sorpresa!” annunciò mamma Jodie rientrando a casa con Daniel “oggi si mangia la pizza!”

Gabe salto su estasiato dal non dover inghiottire la minestrina che gli aveva inviato la nonna e persino Alex si lasciò sfuggire un sorriso.

Daniel e Jodie erano allegri durante la cena, anche se Alex notò l'ansia di suo padre che soppesava le sue reazioni per vedere se era ancora decisa ad odiarlo per averla separata da Marc.

Per quella serata in famiglia Alex decise di mettere da parte ogni rancore e si mostrò allegra e gioviale concedendosi risate e battute idiote con suo fratello Gabriel. Tutta la famiglia sembrò felice di rivedere la Alex di un tempo.

“Ormai manca pochissimo al diploma, Alex.” iniziò suo padre “hai deciso che cosa fare dopo?”

“No, non ancora in realtà” farfugliò lei. In realtà aveva deciso: avrebbe studiato storia medievale, come zio Ian.

La pizza era ottima e Alex gustò la sua ai funghi con piacere, poi un tremito allo stomaco la costrinse a correre verso il bagno vomitando probabilmente tutto ciò che aveva mangiato nelle ultime due settimane.

 

“Forse la pizza era avariata...” disse Jodie alla figlia rimboccandole le coperte.

“A voi però non ha fatto niente” fece notare Alex, ancora sopraffatta dalla nausea.

Jodie baciò la figlia in fronte e, dopo essersi assicurata che non avesse la febbre, spense la luce e la lasciò riposare. Alexandra si sentiva come se qualcuno le avesse fatto un nodo allo stomaco mescolando tutto ciò che vi era all'interno. Si augurò di stare meglio il giorno dopo mentre tentava di prendere sonno.

Vomitò anche il giorno dopo, e quello dopo ancora.

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Capitolo 3
*** Des nouvelles ***


Sembrava che il suo stomaco avesse deciso di fare una specie di sciopero e rifiutare tutto ciò che lei cercava di somministrargli...

I suoi genitori, sempre più preoccupati, avevano deciso di approfondire quale fosse la causa del suo malessere con degli esami medici.

Lei era contraria perché non le sembrava il caso di fare prelievi su prelievi per una semplice influenza intestinale ma i suoi genitori non avevano voluto sentire ragione.

“Alex, non è normale!” aveva detto suo padre con la solita espressione aggrottata di quando si preoccupava per lei “non riesci più a mandare giù nulla... i medici sapranno dirci cosa darti per farti stare meglio!”

Anche sua madre era medico ma era una cardiologa e comunque, senza un esame, non avrebbe potuto trarre nessuna conclusione.

E così stava lì, nella sala d'attesa aspettando che il suo nome venisse chiamato. Sua madre la accompagnava ed era tesa come una corda di violino. Questo atteggiamento fece sorridere Alex, visto che la madre compiva quotidianamente operazioni a cuore aperto, ma quando si trattava dei suoi cari non ragionava più e si faceva prendere dall'angoscia.

“Alexandra Freeland” chiamò un'infermiera bassa e grassoccia indicando la porta nella quale Alex sarebbe dovuta entrare.

 La giovane entrò accompagnata da Jodie e si sedette pazientemente mentre l'infermiera infilava una siringa nel suo braccio e ne estraeva un bel po' di sangue. Alex guardava indifferente.

“Alex, non ti fa più impressione il sangue?” chiese sua madre sorpresa.

“No” rispose Alex “Non più.” Non più da quado aveva visto Marc ferito per lo scontro in lizza. Era stata temprata in quel mondo così lontano e ora una cosa banale come la vista del sangue non poteva più scalfirla.

 

Alex e sua madre attesero per quella che alla ragazza parve un'eternità i risultati degli esami. E quando, finalmente, la dottoressa le chiamò nella stanzetta, sua madre corse affannata come se stesse facendo la mezza maratona, preoccupata di sapere che problema avesse la sua bambina.

“Signora” disse tranquilla la dottoressa “i risultati degli esami sono perfetti. Non c'è nessun batterio virulento che possa causare un'influenza intestinale e quindi io escluderei quest'ipotesi. Secondo questi esami Alexandra è sana come un pesce.”

Alex sentì il respiro di suo madre farsi meno affannoso e la sentì rilassarsi sulla sedia.

Anche lei si rilassò, anche se in verità non si era nemmeno accorta di essersi agitata.

“Anche se c'è una cosa che non mi torna” aggiunse la dottoressa scrutando quelle carte piene di numeri ad Alex incomprensibili. Jodie si rizzò nuovamente sulla sedia, in ansia.

“Se non vi dispiace vorrei controllare” concluse poi la dottoressa.

Sua madre annuì meccanicamente e Alex si trovò in un batter d'occhio sul lettino d'ospedale.

La dottoressa le alzò la maglietta e prese uno strano marchingegno che Alex era convinta di avere già visto, probabilmente in qualche film. Qualcuno le spalmò un gel ghiacciato sulla pancia. Sua madre si ritrasse con un sospetto orribile.

Una specie di rotellina le venne adagiata su quel gel e il macchinario entrò in funzione. Un battito leggero si distinse chiaro nella stanza silenziosa mentre sul display dello strano marchingegno appariva un'immagine in bianco e nero.

Alex si sentì mancare il fiato.

“Proprio come pensavo” disse la dottoressa ignara dell'angoscia delle altre donne presenti nella stanza “Congratulazioni, Alexandra, tra qualche mese avrai un bambino.”

L'ipotesi che Alex si era costruita nella mente venne immediatamente confermata e la giovane sbiancò.

Il silenzio avvolse la stanza e nessuno parlò più.

 

 

Alex si riabbassò di scatto la maglietta incurante del gel colloso che le bagnò i vestiti. Balzò giù dal lettino e biascicò un “arrivederci” alla dottoressa, correndo via.

Aveva bisogno di schiarirsi le idee e, soprattutto, non era pronta ad affrontare sua madre.

Uscì fuori sentendosi mancare il fiato e crollò sui gradini d'ingresso dell'ospedale incapace di reggersi in piedi.

Il figlio di Marc. Ma com'era possibile? Interi secoli la separavano da quel ragazzo, come poteva aspettare un bambino suo?

L'ipotesi era inconcepibile. Sfuggiva ad ogni logica ma, d'altronde, tutta quella vicenda era fuori dal comune.

Alex non sapeva cosa fare. La testa le doleva e non aveva più la forza di pensare: in poco tempo tutto il suo mondo le era crollato addosso. Fino a qualche mese fa era una normalissima diciottenne che pensava alla scuola e agli amici. Adesso era cambiata, si sentiva cresciuta, ma non era affatto sicura di sentirsi pronta a diventare madre.

Una mano le afferrò un braccio aiutandola a rialzarsi: era sua madre. Aveva il volto cinereo e non parlava.

Condusse Alex in macchina e guidò fino a casa. In silenzio.

 

 

“I Cavalieri Teutonici richiedono un aiuto per la crociata di cristianizzazione verso i prussiani.” iniziò re Luigi IX. “Intendo inviare qualche centinaio di uomini, non di più.”

La riunione durava già da un paio d'ore e Marc iniziava ad accusare la stanchezza delle ore precedenti passate ad allenarsi con la spada. Quella frase, però, catturò subito il suo interesse.

Marc si sentiva indegno di essere un cavaliere e indegno di essere il figlio del Falco: aveva disonorato una fanciulla e non l'aveva nemmeno sposata. Avrebbe voluto chiederle scusa per quella perdita di autocontrollo, anche se le sue scuse non sarebbero servite a nulla, ma non ce l'aveva fatta.

Da allora la vergogna e il senso di colpa lo attanagliavano, oltre al senso di vuoto che sentiva da quando Alex non c'era più.

Meritava di morire. Forse almeno così avrebbe evitato che ulteriore disonore si abbattesse sulla sua famiglia.

Morire per una nobile causa poteva essere una soluzione.

“Andrò io, maestà, se me lo consentite” sentenziò attirando l'attenzione di tutti i cavalieri presenti nella  sala.

“No. Assolutamente no.” disse il re mentre suo zio Guillaume diceva arrabbiato “E' fuori discussione.”

“Non intendo sacrificare il mio Primo Cavaliere.” disse il re austero. “Questa non è la nostra guerra. Andranno a combatterla gli uomini dell'esercito, non certo i miei cavalieri più fidati.”

“Ma sire...” tentò Marc vedendosi zittire da un gesto di re Luigi.

“Basta così” annunciò il sovrano. “la riunione è sciolta”

Tutti i presenti si inchinarono al sovrano. Guillaume afferrò il nipote e lo trascinò fuori dalla grande sale.

“Sei uscito di senno?” gli chiese adirato. “Odori ancora di latte e vuoi lanciarti in una missione suicida. Perché?”

Marc non rispose e abbassò lo sguardo. “Scusami zio.” disse dispiaciuto “In questi giorni sono un po'... confuso.”

“L'ho notato.” disse Guillaume abbandonando il tono adirato “Forse questi giorni a Chatel-Argent ti faranno bene. E quando torneremo qui avrai le idee più chiare.”

“Sì, mio signore.” rispose Marc “Vado a prepararmi per  la partenza.”

 

 

Daniel sentì Jodie arrivare in macchina e si stupì di sentire lei e Alex immerse nel silenzio più totale. Forse Alexandra aveva qualcosa di grave. L'idea gli balenò per la prima volta in mente e gli parve immediatamente insopportabile. Si alzò di scatto e andò ad aprire la porta. Gabriel giocava con il suo videogioco, seduto sul divano.

“Ciao Jodie” iniziò Daniel “tutto bene?”

La moglie gli lanciò uno sguardo che non seppe decifrare e richiuse subito la porta non appena Alex entrò.

“Chiedilo a tua figlia se va tutto bene.” rispose Jodie con la voce incrinata.

Daniel guardò Alex che tenne lo sguardo basso e non sembrava voler proferire parola.

“Alex?” tentò Daniel preoccupato.

Lei perseverava nel suo mutismo.

“La dottoressa ci ha dato una notizia meravigliosa” rispose allora sarcastica Jodie “diventeremo nonni.”

Daniel per un attimo pensò di aver capito male e solo dopo qualche secondo realizzò il significato di quelle parole. Gabe, che nel frattempo aveva raggiunto il padre in piedi sulla porta, lasciò cadere a terra il suo videogioco, con la bocca aperta.

“Stai scherzando?” disse Daniel facendo oscillare lo sguardo da Jodie ad Alex.

Jodie non rispose e in Daniel iniziò una tempesta di sentimenti: ira, angoscia, incredulità, paura, delusione,...

Non era forte abbastanza per contenerli tutti e alla fine infatti esplose.

“Non ci posso credere.” disse rivolto alla figlia che rimaneva in piedi sulla porta come in attesa del Giudizio Universale.

Poi Daniel fece una cosa che non aveva mai fatto: schiaffeggiò la figlia. Si pentì subito di quel gesto e gli occhi di Alex si riempirono di lacrime.

“Ma almeno sai di chi è questo...?” la parola “bambino” gli si bloccò in gola. Non riusciva a dirlo. Avrebbe reso tutto troppo reale.

“Sì” disse Alex con voce strozzata “Di Marc”

“Ma cosa dici?!” disse Daniel perdendo definitivamente il controllo “Non può essere.”

Poi si ricordò del figlio minore “Gabe, vai in camera tua.”

“Ma papà...” tentò Gabriel.

“Subito!”

Non avendo mai visto suo padre così, il ragazzino non se lo fece ripetere due volte e corse in camera sua.

“Alex non dire stupidaggini.” riprese Daniel “Chi è il padre? Brad... si chiamava così quello che ti piaceva tanto? O Thomas quello che ti ha invitato alla sua festa di compleanno? Dimmelo!”

Ormai sembrava un'altra persona. Completamente in balia delle sue emozioni.

“Papà è Marc il padre” riprovò Alex sfinita e spaventata. “Deve essere lui. Non può essere nessun altro.”

Daniel iniziò a pensare ad alta voce, parlando a vuoto “Ma nel Medioevo... quel ragazzo... non è possibile... chissà se Ian... lo uccido... non è possibile...”

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Capitolo 4
*** Les décisions ***


Chatel-Argent, Francia

23 giugno 1233

 

Tutto il castello sentì l'urlo di gioia di Marianne quando vide il puledro che suo padre le aveva regalato per il suo sesto compleanno.

“Che bello! Che bello!” continuava a ripetere accarezzando la criniera chiara del purosangue.

Era un bellissimo cavallo e Marianne con i suoi riccioli biondi sarebbe sembrata un angelo su quel cavallo bianco.

Marc era felice di vedere sua sorella così allegra e spensierata e si concesse un pomeriggio di spensieratezza allontanando ogni pensiero su Alex e su ciò che aveva fatto. Cavalcò un po' con Michel mentre Marianne tentava invano di insegnare al suo nuovo cavallo a rispondere a suoi comandi.

Ian e Isabeau guardavano la scena divertiti, tenendosi la mano.

Marc per la prima volta si rese conto di quanto erano fortunati i suoi genitori ad amarsi così tanto e poter stare insieme. E di nuovo il suo pensiero tornò ad Alex,  rabbuiandolo.

 

Quando il banchetto in onore del compleanno della contessina terminò tutti fecero per ritirarsi nelle loro stanze.

Marc si attardò scrutando il cielo notturno perso nei suoi pensieri. Era tanto concentrato che non si accorse dell'arrivo del padre e quando quest'ultimo gli mise una mano sulla spalla sussultò.

“Mi hai spaventato.” disse a Ian che emergeva dall'oscurità.

“Scusami, pensavo ti fossi accorto della mia presenza.” rispose Ian “mio fratello Guillaume mi ha detto cosa volevi fare durante la riunione con il re... Mi sembra un chiaro tentativo di farti ammazzare. Perché? Per Alex?”

Marc non rispose.

“Il dolore passerà e sarai di nuovo felice. Vedrai.”

“Tu non capisci.” disse Marc non volendo affrontare quel discorso con suo padre. “Io... non sono degno di essere un cavaliere, non farò altro che disonorare il tuo nome. Se morissi sarebbe meglio per tutti.”

Ian fissò il figlio con i penetranti occhi azzurri.

“Se tu morissi ci daresti un dolore superiore a qualunque disonore tu ci possa causare. Poi lo so che non è conveniente che tu abbia tenuto la mano ad Alex durante quella cena, visto che non eravate fidanzati, ma non mi sembra il caso di parlare di disonore.”

Marc si morse le labbra sentendo di deludere il padre un'altra volta e non aggiunse nulla.

 

 

Dopo quella sera nessuno aveva più parlato del bambino di Alex. Tutti avevano fatto finta che non fosse successo nulla.

Lei all’inizio aveva scelto di non tenerlo ma poi non se l’era sentita di “liberarsi” veramente di quell’esserino che le cresceva dentro.

Alex aveva ripreso a studiare concentrandosi sulle ultime verifiche e adesso, finalmente, stava per diplomarsi.

Stava ricontrollando il discorso che intendeva fare la settimana seguente quando la sua mano scivolò inevitabilmente sulla pancia. Di colpo realizzò che aspettava il figlio di Marc, che c'era un pezzo di Marc che le cresceva dentro. Questo era più di quanto avesse mai potuto sperare.

Non si sarebbero più rivisti, suo padre non lo avrebbe di certo permesso, ma Alex avrebbe comunque avuto per sempre il più bel ricordo del suo cavaliere. Il pensiero la fece quasi commuovere.

 

Alex il giorno del diploma scelse una sobria maglietta bianca che tanto avrebbe dovuto essere quasi subito coperta dalla tunica.

Si mise dei jeans non troppo attillati e si guardò allo specchio. Che cosa poteva trovarci la gente in una come lei? Aveva dei normalissimi capelli castani, degli ordinari occhi color nocciola e un normalissimo viso senza niente di speciale.

Non era bella. Perché uno come Marc si era innamorato di una come lei quando avrebbe potuto avere qualunque dama bellissima e aggraziata?

Di colpo gli balenò in mente la possibilità che lui non fosse davvero innamorato di lei, che volesse solo farglielo credere sapendo che nessuna donna del Medioevo avrebbe dato così tanta confidenza ad un uomo.

Improvvisamente si sentì una stupida: probabilmente lui l'aveva presto dimenticava e stava già pensando alla  sua prossima conquista.

No. Marc era sincero quando le aveva detto che l'amava. Alex tentò di convincersi che fosse così ma l'orrendo sospetto non volle abbandonarla.

 

La cerimonia fu molto bella. Alex fece un bel discorso di commiato e il cuore di Daniel si riempì d'orgoglio. Era sua figlia. Non poteva nemmeno concepire l'idea di perderla per sempre. Quel dannato medioevo si era già preso Ian, che per lui era come un fratello, non poteva prendergli anche sua figlia.

Eppure si sentì tremendamente egoista. Forse Alex sarebbe stata più felice con Marc, forse suo figlio avrebbe avuto bisogno di un padre.

Ian non glielo avrebbe mai perdonato. Non avrebbe permesso che lui gli tenesse lontano suo nipote e, soprattutto, che impedisse a Marc di conoscere suo figlio.

Certo, in quel mondo medievale, un figlio al di fuori del matrimonio era condannato ed era possibile che Marc non volesse nemmeno riconoscere il bambino. Nella sua testa balenavano un milione di pensieri e si trovava di fronte a scelte che non avrebbe mai voluto compiere. Guardò Alex e la vide tremendamente fuori posto tra le sue coetanee, già troppe cose le separavano, e immaginò che anche sua figlia dovesse sentirsi sopraffatta dalle preoccupazioni. Desiderò di abbracciarla per infrangere il muro che si era creato tra loro.

 

“Bravissima tesoro!” le disse nonna Sylvia per la millesima volta mentre la abbracciava.

“Brava, Alex, bellissimo discorso.” aggiunse fiero il colonnello “adesso vai a divertirti un po' con i tuoi amici, che te lo meriti.”

Ovviamente i suoi nonni non potevano nemmeno immaginare che cosa fosse successo ad Alex in quel periodo e che l'ultima cosa che voleva fare era andare a qualche stupida festa.

“Non credo che andrò, nonno.” rispose infatti “in realtà preferirei tornarmene a casa e riposare un po' visto che mi sono stressata tanto per la scuola e finalmente posso concedermi un poco di pausa.”

“Non vieni, Alex?” intervenne Debbie sentendo l'amica pronunciare quella frase.

Alex fece un segno di diniego con la testa e Debbie se ne andò via sbuffando. Non poteva capire.

I nonni parvero straniti dalla sua decisione ma non commentarono e, dopo essersi complimentati con lei per la milionesima volta, se ne andarono.

Suo padre non disse niente ma l'abbracciò, e quel gesto, per Alex, significava più di qualsiasi parola.

 

 

Chatel-Argent, Francia

28 giugno 1233

 

Ian mentre faceva colazione aveva ancora impressa l'immagine del figlio che se ne andava accompagnato da Guillaume diretto ad Auxi, dove era ospite il re, per  discutere le strategie di guerra e poi chissà, forse andare a Parigi.

Se c'era una cosa che Ian detestava di quel mondo Medievale era l'assenza di comunicazioni. Solo stando lì aveva capito l'importanza del telefono, se non altro per far mettere il cuore in pace ai propri cari.

Anche se tentava di pensare ad altro, la conversazione avuta con Marc qualche tempo prima l'aveva turbato parecchio. Suo figlio dopo tanti mesi continuava a soffrire per amore di Alex ed era preoccupato per l'onore della famiglia.... questo Ian non riusciva proprio a capirlo.

Anche Isabeau era preoccupata per il figlio e, qualche giorno prima, lei e Ian ne avevano discusso insieme.

Isabeau aveva chiesto a Ian di mettersi in contatto con Daniel, di andare di là insomma, per sapere come stava vivendo la cosa Alex.

Ian, però, non se la sentiva ancora di affrontare la ragazza più che altro per la paura che lei gli chiedesse di Marc o insistesse per seguirlo nel Medioevo. Lui non avrebbe saputo dirle di no, non sapeva resistere ai suoi occhi castani, Alex era come una figlia per lui, e Daniel non lo avrebbe mai perdonato.

Senza quasi accorgersene Ian si diresse verso le stalle dove venne intercettato da Michel.

 

 

Alex indossò una maglietta ampia perché la pancia iniziava a farsi vedere e lei preferiva non metterla in mostra.

Sentì un rumore improvviso e sua madre e suo padre entrarono timidamente in camera sua. L'ora era giunta. Si impose di mantenere la calma.

Sua madre si sedette sulla sedia della scrivania mentre suo padre si sedette sul letto abbracciando, senza accorgersene un morbido cuscino viola. La fece sorridere.

I suoi genitori sembravano entrambi fuori posto e imbarazzati e ad Alex fecero tenerezza, era evidente che dovevano affrontare con lei una questione spinosa.

“Alex” cominciò Jodie “io e tuo padre abbiamo discusso a lungo su ciò che è meglio per te e alla fine ci siamo resi conto di una cosa: è ora che iniziamo a trattarti da adulta perché lo stai diventando. Lasceremo a te la scelta sul tuo futuro ma saremo qui a consigliarti.”

Il cuore di Alex balzò nel petto. Lui sapeva la risposta per la felicità di Alex: Marc.

Stava per dire quel pensiero ad alta voce quando si rese improvvisamente conto che non doveva decidere solo per se stessa ma anche, e soprattutto, per il figlio che le cresceva dentro e non fu più così sicura della risposta.

“Io...” iniziò incerta “io amo Marc.” suo padre sospirò ma Alex continuò “ma amo anche voi.” Daniel sembrò rilassarsi un po'.

“Io non so che cosa sia meglio per me e spero di non compiere la scelta sbagliata” disse Alexandra “cercherò di prendere la scelta giusta soprattutto per… per il bene di mio figlio e... credo che debba conoscere suo padre”

“Alex” iniziò Daniel.

“No papà, ti prego fammi finire” continuò Alex. “so che la vita nel Medioevo è dura... so che io e Marc siamo giovani e che non sarà facile ma penso che per essere una buona madre, o almeno provare ad esserlo, devo compiere le scelte migliori per mio figlio e... credo che questa sia la migliore per lui.”

“Alex” tentò nuovamente Daniel “volevo dirti che ti avrei consigliato la stessa cosa. Sei molto coraggiosa a compiere una decisione del genere e, anche se mi mancherai come se mi avessero strappato un arto io...” non ce la fece più a continuare perché le lacrime lo costrinsero al silenzio.

Alex si chinò ad abbracciarlo mentre anche i suoi occhi iniziarono a lacrimare.

“Alex” iniziò Jodie cupa “Sai che Marc potrebbe anche non voler riconoscere il bambino... nel Medioevo i figli illegittimi sono un'onta che non penso che una famiglia importante come il casato dei Ponthieu si possa permettere...”

Alex si sentì il cuore spezzato da quella possibilità ma cercò di mantenere un apparente contegno “Se non volesse riconoscere il bambino allora tornerò qui e lo crescerò da sola...”

“Sei davvero sicura di voler vivere lì? In quanto donna sarai relegata a un ruolo marginale, non conterai niente nella famiglia e passerai la vita a fare figli e crescerli” rincarò la dose Jodie.

“Jodie, Ian rispetta Isabeau e la ammira enormemente, lei lo aiuta in tutte le decisioni importanti e...” intervenne suo padre.

“Marc non è Ian!” sbraitò Jodie esasperata “Lui è nato cresciuto nel Medioevo ed è chiaro che sia immerso in quel tipo di cultura e dipenda da essa.”

“Ma Ian ha di certo insegnato ai suoi figli l'amore e il rispetto. Per quanto io voglia davvero uccidere Marc in questo momento, devo ammettere che è un ragazzo educato e sensibile; è il figlio di Ian e da lui non ha ereditato solo gli occhi azzurri...”

Jodie non era convinta e gli occhi le si riempirono di lacrime.

“Allora c'è solo una cosa da dire” proclamò lei con fare solenne “Apriamo Hyperversum.”

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Capitolo 5
*** Une surprise ***


IMPORTANTE!!!!!!!!
Ciao a tutti e un applauso a chi, dopo due anni che non aggiorno, ha ancora voglia di conoscere questa storia <3 
Purtroppo sono stati due anni molto complicati per me e non ho avuto voglia di continuare la storia ma non ho mai pensato di lasciarla così a metà. Recentemente l'ho ripresa in mano, ho scritto tantissimo e l'ho conclusa! Adesso, per chi vorrà, la storia verrà aggiornata con un capitolo nuovo a settimana.
Sono molto contenta di com'è venuta ma non è ancora in forma definitiva, quindi sono pronta a modificarla o adattarla in base ai vostri suggerimenti.
E finalmente... ecco un nuovo capitolo tutto da scoprire! Spero veramente che vi piaccia, fatemelo sapere!
Un bacio,
LaPrincesseJasmine


Phoenix, Arizona, Stati Uniti d'America
1 Luglio, futuro prossimo
 
Daniel e Jodie avevano preso entrambi un mese di ferie per poter stare accanto alla figlia, per fortuna avevano entrambi degli orari flessibili e potevano permetterselo. Adesso tutta la famiglia Freeland era in attesa davanti al computer per poter usare Hyperversum.
Gabe era emozionatissimo e non riusciva a stare fermo. Daniel gli aveva spiegato il giorno prima a che cosa servisse veramente quel videogioco e lui ancora stentava a crederci. Si era discusso molto se portarlo o no ma alla fine, visto che era impossibile spiegare altrimenti la sparizione della sorella, Daniel si era trovato costretto a spiegargli di Hyperversum e, a quel punto, niente al mondo avrebbe potuto tenerlo a casa.
Anche Alex era agitata: adesso le sembrava molto più reale la possibilità che Marc la rifiutasse e la cosa l'avrebbe distrutta, ne era sicura.
Suo padre impostò le coordinate per Chatel-Argent e loro indossarono guanti e visore
 
 
“Padre! Padre!” urlò Michel facendo prendere un colpo al povero Ian.
“Che c'è? Che succede?!” saltò su Ian stringendo istintivamente l'elsa della sua spada.
“Ci sono degli ospiti per te! Degli ospiti che...”
Michel non poté finire la frase perché una figura apparve alle sue spalle e Ian subito la ricobbe. “Daniel!” urlò sorpreso.
Poi vide Jodie, Alex e, incredibilmente, Gabe.
Ian li salutò tutti calorosamente chiedendosi però il perché di quella visita così inaspettata e insolita.
Ordinò ad alcuni servi di predisporre i tavoli di modo che i suoi ospiti potessero cenare con lui, nel tavolo dei Ponthieu.
Anche Isabeau fu quanto meno sorpresa dalla visita e abbracciò tutti calorosamente.
“monsieur Daniel” disse ridendo “vostro figlio vi somiglia come una goccia d'acqua!”
Dopo alcuni scambi di battute e convenevoli Daniel chiese sussurrando a Ian se potesse parlargli in privato. Ian acconsentì felice di poter finalmente scoprire il perché di quella visita.
Daniel si comportava in modo strano, sembrava a disagio, imbarazzato. Anche Ian si sentì a disagio vedendo l'amico in quello stato.
“Daniel” iniziò “C'è qualcosa che non va?”
“Beh” iniziò l'amico “Avrai capito che la nostra non è stata una semplice visita di cortesia”
“L'avevo intuito” rispose Ian teso.
“Non... non so come dirtelo, penso non ci sia un modo delicato di dire questa cosa”
“Daniel mi stai facendo preoccupare. Stai male?”
“No... no... non si tratta di me. Si tratta di Alex e... di Marc. Non so come sia possibile, eppure è successo… Alex” prese fiato per finire la frase “aspetta il figlio di Marc” disse le ultime parole in un sussurro.
Ian rimase pietrificato e non disse una parola.
Dopo un tempo che a Daniel parve infinito Ian si scosse e riuscì a pronunciare delle parole che a Daniel non dissero poi molto “Come ho fatto a non capire?! Se solo avessi saputo...”
“Ian” intervenne Daniel “che cosa stai dicendo?”
“Mio figlio era affranto e ha tentato di parlarmene... adesso capisco il perché ma...  Mio Dio Daniel, è un disastro… impossibile… non pensavo che Marc avesse… ma quando?”
Daniel arrossì e si rabbuiò “Sinceramente non ne ho idea e voglio allontanare immediatamente quella immagine dalla mia testa… altrimenti uccido Marc” aggiunse borbottando.
A Ian quasi scappò un sorriso divertito a vedere l’amico così “aspetta, Alex ha scelto di vivere qui, con Marc?”
Daniel annuì.
“E tu glielo permetti?”
Daniel annuì nuovamente, meno convinto.
“Allora dobbiamo andare subito ad avvertire Marc della cosa... gli verrà un colpo... forse siamo ancora in tempo a farli sposare prima che sia troppo evidente che il figlio è stato concepito al di fuori del matrimonio...”
“Marc non è qui?” chiese Daniel sorpreso.
“No, è ad Auxi in udienza dal re ma penso che a giorni si trasferirà a Parigi...”
Daniel questa possibilità non l'aveva considerata. Chiamò Alex per renderla partecipe della conversazione visto che riguardava lei.
Non appena entrò Ian non poté fare a meno di guardarla in modo nuovo. Quella che fino a poco tempo fa era una ragazzina adesso stava per diventare madre, di suo nipote!
Tentò in ogni caso di non metterla a disagio.
“Marc non è qui, è ad Auxi e presto raggiungerà Parigi” la mise subito al corrente Daniel.
La delusione sul suo volto apparse evidente anche se si limitò ad annuire.
Alex si vergognava come una ladra. Si sentiva sporca e le sembrava che tutti la guardassero in modo diverso. Sapeva di aver deluso tutti, compreso Ian, ma più che altro sapeva che aveva rovinato la vita a Marc e la cosa la atterriva.
Ian avrebbe voluto dirle qualcosa, abbracciarla, sfiorarle la pancia... ma non riuscì a fare nulla di tutto ciò sentendosi a disagio come non mai davanti ad una donna.
Daniel aggiunse poi “So che un figlio illegittimo è un'onta da queste parti e... beh Marc potrebbe non voler riconoscere il bambino... ha diciotto anni, non mi stupirei più di tanto.”
“Se mai mio figlio dovesse anche solo pensare una cosa del genere,” proclamò Ian “comportamento di cui mi vergognerei profondamente, lo costringerei a prendersi le sue responsabilità nei confronti di Alex e del bambino.”
“No” disse Alex intervenendo per la prima volta “Se non vorrà occuparsi di noi non costringerlo zio Ian... voglio che sia una scelta sua.”
 
 
 
Parigi era sempre uno spettacolo e, anche se Marc ci era stato già diverse volte, la città lo lasciava sempre senza parole.
La residenza in cui si trovava era quella attigua alla residenza reale. Con lui c’era anche il conte Henri de Granpré, amico di suo padre.
Era felice che il re lo inserisse anche nelle riunioni riservate ai suoi cavalieri più fedeli e questo gli faceva scordare almeno in parte Alex, anche se il ricordo di lei rimaneva sempre presente in profondità e Marc sapeva che non poteva essere cancellato.
 
Marc si congedò il prima possibile dalla cena e crollò addormentato.
Dopo qualche ora fu svegliato di soprassalto. Ebbe giusto il tempo di impugnare la spada che teneva sempre accanto a sé e uscì dalla stanza indossando solo la biancheria di cotone.
La scena che gli si parò davanti fu terribile: uomini armati erano penetrati nella residenza e stavano uccidendo chiunque avesse legami con il re cercando di arrivare al re stesso.
Marc rimase un attimo incerto sul da farsi ma poi pensò che non avesse davvero niente da perdere e, anzi, sarebbe stato quasi felice di morire e si gettò nella mischia a capofitto.
Tentò di difendere gli appartamenti reali con tutte le proprie forze menando fendenti a destra e a manca.
Riuscì a respingere gli assalti per tutta la notte, aiutato da altri cavalieri fedelissimi al re. Ad un certo punto Marc era davvero stremato e non vide il pugnale a pochi centimetri da sé. Non lo vide ma sentì il freddo metallo penetrargli nel ventre. Guardò in basso, come sopraffatto e aprì la bocca per parlare.
Le parole lasciarono il posto a fiotti di sangue e il ragazzo svenne. Dopo, il buio.
 
 
Chatel-Argent, Francia
29 Luglio 1233
 
Marc non era ancora ritornato a casa e Alex iniziava a preoccuparsi.
Ian e Isabeau erano terrorizzati che avesse fatto qualche stupidaggine, Ian aveva inviato un messaggero a Parigi e, se non fosse arrivata una risposta entro cinque giorni, sarebbe andato lui di persona.
La pancia di Alex ormai si iniziava a vedere anche se non era ancora evidente e la ragazza riusciva a nascondere il suo stato. Isabeau era stata comprensiva con lei, nonostante per una donna del Medioevo aspettare un figlio al di fuori del matrimonio non fosse un disonore da poco.
Gabe si era ambientato benissimo in quel mondo e si divertiva un sacco a tirare con l’arco, era migliorato molto con il francese e adesso si esprimeva quasi senza fatica. La piccola Marianne si divertiva a stargli intorno tutto il tempo e Gabe, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era fiero del suo nuovo ruolo di fratello maggiore.
La cena trascorse abbastanza tranquillamente ma Alex non vedeva l’ora di potersi ritirare per la notte e restare finalmente da sola: non l’aveva detto a nessuno ma la sera passata aveva sentito il bambino muoversi. Era stato come un frullio d’ali, un movimento quasi impercettibile ma sufficiente a ricordare ad Alex che d’ora in avanti non era più sola.
Infatti, anche quella sera il piccolo si fece sentire e Alex si addormentò così, guardando le stelle e pensando a Marc mentre dentro di lei cresceva il frutto del loro amore.

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Capitolo 6
*** Les pensées ***


CIAO A TUTTI! Come promesso eccomi qui, salvo imprevisti pubblicherò ogni lunedì :) Giustamente alcuni di voi hanno notato che ci sono alcune incongruenze tra la mia ff e il testo originale riguardo alle età e ai luoghi... vi chiedo di scusarmi ma è passato parecchio tempo da quando ho letto i libri e qualcosa mi potrebbe sfuggire, spero che il mio racconto sia comunque godibile, prendetelo come un mio libero adattamento della storia originale!
Grazie a tutti se siete qui sulla mia storia e buona lettura!
Lasciate tanti commenti!

Auxi, Francia
4 Agosto 1233
 
Di Marc non avevano avuto notizie. Ian, in preda ad un’angoscia che nemmeno lui sapeva spiegarsi con certezza, montò a cavallo sicuro che il figlio avesse fatto qualche stupidaggine. Vide Alexandra correre fuori dal palazzo per tentare di raggiungerlo e partì al galoppo prima di darle il tempo di convincerlo a farla venire con lei.
Quella volta Ian doveva andare da solo, sapeva che era così.
Cavalcò fino a sera e quando il cavallo non ce la fece più continuò a piedi pur essendo consapevole che prima o poi si sarebbe dovuto fermare. Gli sembrava di fare un torto a Marc a fermarsi anche solo un secondo, suo figlio aveva bisogno di lui.
 
Alla fine, Ian fu costretto a fermarsi per riposare qualche ora soprattutto perché il suo cavallo rifiutava letteralmente di proseguire.
Nel pomeriggio Ian arrivò finalmente a Parigi ma nulla avrebbe potuto prepararlo alla scena che gli si parò davanti: la residenza reale era invasa da soldati che facevano dentro e fuori portando tra le braccia dei fagotti che avevano tutto l’aspetto di persone morte. Marc avrebbe dovuto essere nella residenza vicina a quella reale della quale però non c’era più neanche l’ombra, tutto era stato distrutto dalle fiamme, incendiato.
Il cuore di Ian gli si fermò in gola: Marc…
L’uomo corse da uno dei soldati e gli chiese concitato: “Scusate, sapete dirmi cos’è successo?”
Il soldato lo guardò incredulo “Ma come, non avete sentito? E’ stato tentato un colpo di stato... un complotto ai danni del sovrano… per fortuna la famiglia reale si è salvata ma sono morti molti degli uomini più vicini al re”
Ian per poco non si sentì male “E gli uomini che si trovavano là dentro…” fece indicando il palazzo dove doveva trovarsi Marc.
“Non abbiamo trovato nessuno, solo alcuni resti carbonizzati”
Ian non riuscì a ricordare se si fosse congedato da quel soldato ma non gliene poteva importare di meno. Marc, solo questo nome gli affollava la mente, suo figlio…  non poteva credere che fosse morto…
 
 
Ian ci mise quasi due giorni a trovare il coraggio di andare a cercare tra le macerie di quella che fino a qualche giorno prima era la residenza dei cavalieri del re. Sapeva di dover dare a suo figlio una degna sepoltura anche se non ci fosse stato nessun corpo su cui piangere era un suo dovere come minimo cercare.
Ogni arto carbonizzato, ogni cadavere che incontrava gli faceva balzare il cuore in gola e aveva il terrore di vedere Marc. Sapeva che suo figlio era morto ma finché non lo vedeva con i suoi occhi una piccola dose di speranza gli rimaneva. Il sogno irrealistico che in qualche modo fosse riuscito a salvarsi dal massacro.
Ian si sentiva in colpa: Marc era diventato tremendamente ardito negli ultimi tempi, incosciente al limite del masochismo, come se non gli importasse più di vivere. Marc si sentiva in colpa per aver disonorato Alex, si sentiva indegno di essere un cavaliere, di essere un Ponthieu. Se solo Ian lo avesse capito… se avesse ascoltato veramente… avrebbe potuto confortarlo, spiegargli che era ancora fiero di lui, nonostante tutto. Ian non se lo sarebbe mai perdonato.
Improvvisamente Ian scorse qualcosa tra le macerie e il suo cuore mancò un battito: la sacca di Marc, quella che aveva preparato per andare a Parigi. Con le mani tremanti Ian si costrinse ad afferrare la sacca e prenderla con sé; ormai erano tutto ciò che gli rimaneva di suo figlio.
Tornò alla locanda dove alloggiava e con tutto il coraggio che riuscì a racimolare aprì la sacca e iniziò a guardare con le lacrime agli occhi quegli oggetti che quasi ironicamente si erano salvati a differenza di suo figlio. C’era della biancheria, dei vestiti puliti color porpora e verde scuro, Ian ricordò tutte le volte che Marc li aveva indossati e improvvisamente gli parvero preziosi come un tesoro.
Frugando tra gli oggetti improvvisamente si imbatté in dei fogli stropicciati tenuti insieme con uno spago “per la contessa Alexandra Freeland” c’era scritto sul retro.
Ian non voleva violare la privacy di Marc ma sentì di avere bisogno di sentir parlare ancora una volta suo figlio, sia pure attraverso una lettera. Così, col cuore in gola, iniziò a leggere:
 
“Cara Alex,
scusami se ti scrivo in un tono così poco formale ma purtroppo non è l’unica cosa per cui io debba scusarmi.
Ho bisogno di parlarti con il cuore in mano e lasciare i formalismi da parte come, d’altronde, abbiamo sempre fatto.
Ho provato tanto a dimenticarti, ho provato ad andare avanti ma non è facile, senza di te mi sento perso e mi sembra che niente abbia senso: i tornei, i banchetti, correre a cavallo, tutte cose che ho sempre amato ma che adesso mi sembrano niente se non posso stare con te.
In poco tempo mi hai stravolto la vita e poi sei andata via ma niente può più tornare com’era. Non posso vivere fingendo di non averti mai conosciuta, di non essermi mai perso nei tuoi occhi, di non aver mai intrecciato le mie mani tra le tue.
Ti amo Alex e anche se soffro non vorrei mai non averti conosciuta perché il male che sto patendo per te non è comunque nulla in confronto al privilegio di averti avuta per me anche solo per un po’.
Scusami Alex per averti fatto mia, scusami soprattutto perché se tornassi indietro probabilmente lo rifarei perché sei troppo bella e sento ancora il calore della tua pelle tra le mie dita. Scusami se ti ho disonorata senza pensare alle conseguenze per te, non mi sento degno di essere un cavaliere del re, non mi sento degno di mio padre e dei valori con cui mi ha cresciuto.
Sono un codardo, amore mio, ma almeno un atto di coraggio te lo devo. Ti mando questa lettera per dirti che non ti cercherò mai più, nonostante questo sia come affermare che non cercherò più di respirare. Voglio che tu abbia la vita più felice che si possa avere, per questo mi faccio da parte anche se sento un dolore fisico solo a scrivere queste parole.
Spero che tu possa essere felice con qualcun altro, io so già di non poterlo fare ma farò ciò che dovrò per mio padre e per la casata. Chissà se negli occhi di un altro cercherai i miei e sorriderai ricordando quello che è stato e quello che avrebbe potuto essere, oppure se mi odierai per sempre per quello che ti ho fatto.
Una parte di me muore per sempre, oggi che ti dico addio e ti confesso che sto quasi bramando di morire in battaglia, difendendo il re, per andarmene con un atto glorioso in una vita in cui non ho fatto altro che arrecare dispiacere e disonore a tutti quelli che mi sono stati attorno.
Ti dico addio, mia cara Alex.
Sei e sarai sempre la più bella stella delle mie notti.
 
Tuo per sempre,
 
Marc
 
 
Auxi, Francia
20 Agosto 1233
 
Alex era sicura che le stessero nascondendo qualcosa. Aveva visto con i suoi stessi occhi un uomo arrivare al castello con una lettera da parte di Ian, eppure tutti negavano che tale lettera fosse mai esistita e facevano finta di niente. Ma Alex non era una bambina e non era stupida e aveva visto Isabeau assentarsi dai pranzi e dalle cene negli ultimi tempi e non era da lei contravvenire all’etichetta. Ormai passava quasi tutto il tempo chiusa nei suoi appartamenti e Alex poteva giurare di averla sentita piangere.
Se solo non fossero stati in quel maledetto Medioevo! Avrebbe semplicemente potuto prendere il cellulare e cercare notizie su Marc o chiamarlo semplicemente. Alex si innervosì pensando che era costretta a stare male pur conoscendo un modo semplice per placare la sua angoscia.
Nella sua testa ormai da qualche giorno stava balenando un’ipotesi. Lei tentava di soffocarla perché sapeva che era un’idea “da Alex”, una di quelle che vanno contro ogni principio della logica, di quelle che finivano solo per metterla nei guai, eppure non riusciva a togliersela dalla testa. Stava pensando di scappare dal castello e andare a Parigi di persona per parlare con Marc. Se nessuno le avesse detto nulla di lui sarebbe andata da sola a cercare di capirci qualcosa.
L’unica cosa che la tratteneva era il pensiero di non dover pensare solo a se stessa ma anche al piccolo che le cresceva dentro, non voleva mettere in pericolo la sua vita ancora così fragile.
Ma più passava il tempo più si convinceva che non aveva scelta: non poteva starsene là con le mani in mano mentre Marc era chissà dove, magari in pericolo. O magari semplicemente non voleva più saperne nulla di lei e nessuno aveva avuto cuore di dirglielo. Alex non lo sapeva ma se ci fosse stata almeno una possibilità di riunirsi a Marc, avrebbe dovuto tentare.
La sera a cena provò un’ultima volta a parlare con suo padre: “Papà senti… notizie da parte di Ian?”
Suo padre sembrò strozzarsi con un boccone e abbassò lo sguardo: “No Alex, ancora nulla. Sai che se ci arrivasse qualche notizia saresti la prima che verrebbe informata”. Era un pessimo bugiardo.
Alex aveva deciso. Sarebbe partita quella notte stessa quando sarebbe partito un carro con un carico di merci diretto a Parigi. Si sarebbe vestita da paesano e mescolata facilmente con coloro che per pochi spiccioli salivano sui carri per avere un passaggio in città.
Col favore delle tenebre scappò dalla sua camera e uscì dal castello vestita da uomo, con la camicia larghissima, le brache troppo lunghe e i capelli raccolti sotto il cappello sarebbe passata tranquillamente per un ragazzino e infatti così fu. Un sacchetto di denaro che aveva preso da suo padre bastò a troncare sul nascere ogni protesta del proprietario del carretto e così partì. Fin troppo facile.
 
 
 
Marc era stato incosciente per quattro giorni a causa di quella brutta pugnalata e quando si era risvegliato ci aveva messo un bel po’ a capire dove si trovasse. Era steso sul tavolo di uno speziale, il quale gli disse che sua figlia Lucille l’aveva trovato svenuto e ricoperto di sangue sul luogo del massacro. Lucille, vedendo che Marc era ancora vivo aveva chiamato subito il padre e insieme l’avevano portato a casa e curato.
“Sei un ragazzo fortunato mio caro” gli disse lo speziale, un uomo enorme ma dalla gentilezza incredibile. “Pochi centimetri più su e la pugnalata ti sarebbe stata fatale”.
Marc ci aveva messo più di dieci giorni per riuscire anche solo a muovere qualche passo tanto era debilitato ma adesso, dopo quasi un mese, finalmente era pronto per lasciare la casa dello speziale e tornare a Chatel Argent. Pensava costantemente ai suoi genitori: come sarebbero stati in pensiero… magari l’avrebbero creduto morto. Avrebbe voluto scrivere loro ma era troppo rischioso: c’era stato un complotto ai danni del re e se si fosse fatto riconoscere come un suo feudatario avrebbero potuto ucciderlo o peggio.
Per la famiglia dello speziale Marc era un semplice servitore di corte anche se il ragazzo sospettava che lo speziale avesse capito tutto, era un uomo molto intelligente.
“Mi sdebiterò in qualche modo della vostra immensa gentilezza” disse Marc abbracciando affettuosamente la moglie dello speziale che in quei giorni l’aveva trattato quasi come un figlio.
“So che lo farai.” Disse lo speziale facendogli l’occhiolino e facendogli avere l’assoluta certezza che sì, aveva capito tutto.
Marc se ne andò con un po’ di malinconia per quella casa che lo aveva ospitato per tanto tempo, ma sapeva che alla sua di casa avrebbe trovato i suoi genitori e i suoi fratelli in pena per lui e poi aveva una lettera importante da spedire, per Alex… anche se l’originale era andata persa nell’incendio ricordava ancora ogni parola.
Anche durante la convalescenza il pensiero di lei non l’aveva abbandonato e anzi, Lucille gli aveva persino detto che nel delirio della febbre dei primi giorni non faceva che chiamare: “Alex”. Chissà cosa stava facendo lei in quel momento.

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Capitolo 7
*** Deux pères et demi ***


CIAO A TUTTI! CAPITOLO BREVE PERCHE' IL PROSSIMO SARA' VERAMENTE DENSO DI SORPRESE E AVVENIMENTI CHE NON VOLEVO SPEZZETTARE TRA DUE CAPITOLO, VEDRETE CHE MI FARO' PERDONARE, BUONA LETTURA!

Auxi, Francia
21 Agosto 1233
 
Quando Daniel trovò il letto di Alex vuoto capì subito cos’aveva combinato la figlia, la conosceva troppo bene. Quella sconsiderata a diciassette anni, incinta di quasi sei mesi, se n’era andata di notte in una foresta medievale per raggiungere Parigi e cercare Marc, che probabilmente era morto, ma questo lei non lo sapeva.
Daniel si trovò a chiedersi per l’ennesima volta se sua figlia non avesse stretto un patto col diavolo apposta per farlo diventare matto.
Aveva raccolto tutto il suo coraggio per dirlo a Jodie e anche se lui aveva cercato in tutti i modi di addolcire la pillola, era una pillola abbastanza amara.
Ian sarebbe rientrato in giornata dopo che si era fermato per un po’ a Parigi a cercare Marc, inutilmente.
Daniel era distrutto dal dolore per quel ragazzo, e non riusciva neanche ad immaginare come potesse sentirsi Ian. Perdere un figlio… era una cosa che non voleva nemmeno immaginare.
Negli ultimi tempi aveva detestato Marc per aver messo Alex nei guai, per averlo costretto a fare tutte quelle scelte difficili ma non aveva mai e poi mai desiderato il suo male. Era il figlio di Ian e Daniel lo amava come fosse suo nipote.
Non avevano detto nulla ad Alex per non turbarla fino a che non fossero stati sicuri che Marc non c’era più ma forse, col senno di poi, era stato un errore. Tutti i capelli bianchi che stavano spuntando a Daniel negli ultimi tempi si chiamavano Alex… con lei lui non sapeva mai come comportarsi, era imprevedibile, intelligentissima ma anche molto ingenua. Gabe era più semplice, loro si capivano al volo e ridevano e scherzavano insieme come due amici, ma nonostante tutto Daniel aveva sempre avuto un debole per la sua piccola Alex e questo, lo sapeva, non sarebbe mai e poi mai cambiato.
Jodie era fuori di sé per la sparizione di Alex: preoccupata e infuriata al tempo stesso e camminava su e giù per il corridoio del castello sbraitando e borbottando parole incomprensibili.
Daniel, che la conosceva bene, non provò neanche a parlarle. Sapeva che era meglio farla sbollire da sola.
Non appena sentì che Ian era arrivato scese subito a salutare l’amico. Non appena vide Ian, quest’ultimo gli sembrò improvvisamente invecchiato; il dolore e la preoccupazione avevano segnato delle rughe attorno agli occhi che non c’erano mai state. Dopo i convenevoli Ian chiese di poter restare da solo con Daniel e tutti fecero quanto richiesto senza la minima obiezione.
“Daniel” esordì Ian con uno sguardo spento. “Ti devo chiedere un favore, amico mio”
“Certo Ian. Sai che puoi chiedermi tutto.” Rispose prontamente Daniel più preoccupato di quanto non lasciasse trasparire.
“Voglio che sia tu ad organizzare il funerale di Marc.” Disse quasi non riuscendo a pronunciare le ultime parole. “Non abbiamo un corpo su cui piangere ma mio figlio ha diritto ad avere comunque una cerimonia di saluto. Io non ho la forza di occuparmi di questo e devo stare vicino ad Isabeau, penso tu possa immaginare come ci sentiamo…”
Daniel deglutì. Il funerale di Marc… così sembrò tutto improvvisamente reale ma si costrinse a rispondere: “Certo Ian. Tu non pensare a nulla se non a tua moglie e a riposarti un po’. Bentornato amico mio.” E lo abbracciò cercando di mettere in quell’abbraccio tutto ciò che non riusciva ad esprimere con le parole. Qualunque “mi dispiace” gli sembrava incredibilmente banale di fronte ad un padre che ha perso il proprio figlio e quindi rimase zitto.
Ad un certo punto Ian chiese: “Dov’è Alex? Non l’ho vista prima e vorrei comunicarle di persona la notizia se per te non è un problema.”
Daniel si rabbuiò. Non voleva dare ulteriori dispiaceri a Ian ma fu costretto a parlare: “Alex non c’è Ian… stanotte se n’è andata. Probabilmente a cercare Marc. Non le avevamo detto nulla del colpo di stato e del resto e si dev’essere insospettita.”
“COSA?!” esclamò Ian a bocca aperta. “Daniel ma è un disastro! Neanche lo immagini che cosa possa succedere da queste parti ad una ragazza sola… è incinta per di più”
“Grazie di rincuorarmi amico…” disse Daniel rabbuiandosi.
 
 
Parigi, Francia
24 Agosto 1233
 
Marc si stupì di quanto Parigi fosse grande. Viaggiando da solo le distanze sembravano molto più grandi e lui aveva bisogno di un cavallo per tornare a casa. Il problema era che non aveva un soldo e nessuno era disposto a “prestare” un cavallo a un semplice servo. Fosse stato Marc de Ponthieu a chiederlo ci sarebbe stata la fila di persone pronte a offrirgli il loro miglior cavallo per compiacerlo ma una fila altrettanto lunga di persone pronte ad infliggergli una seconda coltellata, e stavolta, ne era sicuro, non avrebbero sbagliato mira.
Era riuscito a trovare un posto in cui dormire, una locanda infima e piena di ratti. Lavorava per il locandiere come lavapiatti e in cambio quest’ultimo gli dava un pasto al giorno e gli aveva promesso un passaggio sul carro delle merci nel fine settimana, per un paesino vicino a Chatel Argent.
Non era il massimo e se pensava che solo un mese prima, viveva in un palazzo al caldo, con tutto il cibo che voleva e con i suoi familiari, gli sembrava impossibile essere finito in quella situazione. Ma al momento non aveva di meglio e l’unico modo per ritornare alla sua vita era di stare a testa bassa e lavorare.
Il proprietario si chiamava Marcel ed era un uomo enorme con una barba scura perennemente sporca di birra. Rideva in maniera sguaiata sbattendo i pugni sul bancone ed era sporchissimo, come il suo locale.
I clienti abituali sembravano degli avanzi di galera o dei briganti e si ubriacavano ogni sera finendo per scatenare qualche stupida rissa nelle quali più di una volta qualcuno ci era quasi rimasto secco. Ogni tanto nel locale c’erano anche delle prostitute che Marcel chiamava apposta per i suoi clienti o per sé.
Marc si costrinse a non dire una parola perché conosceva la propria impulsività e sapeva che qualunque cosa avesse detto su Marcel o su quello che accadeva in quel locale avrebbe finito per cacciarlo nei guai, e in guai molto seri.
Per fortuna mancava solo qualche giorno e poi avrebbe avuto il tanto agognato passaggio sul carro.
“Solo tre giorni Marc” si disse cercando di incoraggiarsi mentre puliva l’ennesima macchia di vomito da una tovaglia.
Si ripromise che quando fosse riuscito a ritornare al suo castello sarebbe andato personalmente a ringraziare tutti i servitori per il lavoro che svolgevano!

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Capitolo 8
*** "Aide-moi!" ***


*SCENA OMAGGIO AD HYPERVERSUM CHE STO RILEGGENDO* 

Il viaggio sul carretto andò bene, fino a un certo punto. La comitiva era molto lenta e il viaggio si stava allungando di parecchio, Alex era impaziente e il suo piccolo non la stava aiutando dandole calci alla vescica ogni tre minuti e costringendola a chiedere di fermare il carro per fare la pipì.

“Ragazzo questa è l’ultima volta che mi fermò per te.” Intimò il guidatore. Un uomo enorme con una barba ispida e i modi sgarbati. “La prossima volta ci arrivi a piedi a Parigi, mi sono spiegato?!” e sottolineò il concetto con uno sputo.

Alex si limitò ad annuire e risalì sul carretto.

Nemmeno qualche miglio dopo la ruota cigolò in maniera improvvisa e il carretto si ruppe. Riuscirono ad aggiustare la ruota ma dovettero proseguire tutti a piedi per non rischiare di romperla di nuovo.

Alex era stremata, non mangiava da giorni e la pancia sembrava essere lievitata in una notte e iniziava a pesarle. Per fortuna erano ormai alle porte di Parigi e si costrinse a camminare.

Poi purtroppo accadde ciò che Alex non aveva considerato e che finì per smascherarla: iniziò a piovere.

Proprio quando il gruppo stava per separarsi la pioggia iniziò a cadere, prima leggera, poi molto forte bagnando inevitabilmente i vestiti di Alex. In pochi minuti la larga camicia bianca che era il suo travestimento le si incollò sul corpo rivelando le sue forme e la sua pancia ormai evidente. I capelli fradici le sfuggirono al cappello ricadendole sulla schiena.

Cercò di far finta di niente ma il guidatore si fermò guardandola ad occhi sbarrati, la afferrò per un braccio bruscamente e gridò: “Ma questa è una donna!”.

A quel punto tutta la comitiva le piantò gli occhi addosso in un modo che non le piaceva per niente e maledisse una volta di più il fatto che nel medioevo non esistessero i reggiseni.

“Volevi ingannarmi!” ruggì l’uomo stringendo Alex a sé. 

Alex capì che le stava per succedere qualcosa di brutto, era scappata dal castello facendo di testa sua e adesso ne avrebbe pagato le conseguenze. Alla ragazza venne da piangere e improvvisamente si sentì come una bambina e desiderò solamente che ci fosse Marc a difenderla, che ci fossero i suoi genitori. Si sentì improvvisamente incredibilmente inadatta a diventare madre. Come poteva se si sentiva ancora figlia?

“Questa dev’essere una prostituta.” Disse un altro uomo continuando a fissarla. “Guarda è pure incinta e viaggiava da sola. Credi a me questa ti porta solo guai, lasciala qui.”

Il guidatore la guardò e rispose: “Non ci penso nemmeno a lasciarla andare. Mio fratello ha una locanda; gliela lascerò lì per i suoi clienti. E’ proprio qui vicino.”

Alex si sentì morire al pensiero di quello che le sarebbe successo di lì a poco. Pensò di scappare ma sapeva che le sarebbe stato impossibile con un aguzzino come il suo, grande come una montagna. Si avviò con lui cercando di pensare a un modo per fuggire.

 

Il fratello del guidatore del carro era praticamente uguale a lui ma, se possibile, ancora più enorme. Il suo locale era uno di quei posti in cui Alex non avrebbe mai messo piede neanche a costo della sua stessa vita.

Il locandiere fu felice di avere Alex in “regalo” dal fratello e la accolse con un ampio sorriso con i denti gialli.

“Vi prego.” Tentò Alex. “Lasciatemi andare… non sono affatto una prostituta… voglio solo tornarmene a casa…”

Ma era talmente debole e spaventata che le sue parole non furono nemmeno ascoltate.

Il locandiere la condusse in una stanza al piano di sopra e Alex già temeva il peggio ma l’uomo la legò al letto e poi le portò da mangiare.

“Non ti reggi neanche in piedi e non voglio che tu muoia.” Le disse. “Non prima di stanotte almeno” aggiunse sogghignando. 

Ad Alex vennero i brividi, quel tipo la faceva letteralmente vomitare.

Ma era troppo affamata per non accettare la minestra che lui le fece ingurgitare, anche se aveva un retrogusto amarognolo.

Poi l’uomo se ne andò e ad Alex dopo un po’ venne sonno. Le girava la testa e non ricordava più dove fosse… ah sì alla locanda. Ma perché non era con Marc? Non riusciva a ricordarlo… Il suo sguardo scivolo sul suo ventre gonfio e quasi le prese un colpo “Oh mio Dio sono incinta?!”… i pensieri le roteavano come trottole in testa e la realtà e la fantasia si confusero. In un momento di lucidità capì che probabilmente in quella minestra che aveva mangiato ci dovevano essere state delle bacche allucinogene o qualcosa del genere. Ottimo, a migliorare la sua situazione adesso c’era anche il fatto che non era più in grado di ragionare lucidamente: era stata drogata. “Marc dove sei?” pianse disperata. “perché non mi aiuti?”.

E tra lacrime e confusione Alex crollò addormentata, o meglio semi-svenuta. Quando si risveglio si era fatta sera, Alex non ricordava perché fosse legata ad un letto ma sapeva solo che le dolevano i polsi a stare in quella posizione e sperava che venisse qualcuno ad aiutarla. “Aiuto!” urlò. “Aiutatemi” ma anche la voce sembrava non essere la sua e le si impastava in bocca.

Il suo baccano fece allertare però il locandiere che entrò nella stanza come un tuono, furibondo.

“Va bene ragazzina adesso mi hai veramente stufato” ruggì in faccia ad Alex ma lei non riuscì a dire niente perché la lingua era impastata e non capiva cosa stesse succedendo. Era vagamente consapevole che ci fosse un uomo a pochi centimetri da sé e che quest’ultimo stesse iniziando a metterle le mani addosso. Perfino sotto l’effetto degli allucinogeni ad Alex quel contatto sembrò disgustoso e sbagliato e raccolse tutta la sua concentrazione per emettere uno stridulo e flebile: “Aiuto!”.

Questo però non fece altro che far infuriare ancora di più il locandiere che afferrò la camicia della ragazza e tirandola bruscamente la ruppe di netto lasciando Alex mezza nuda e facendole sbattere la testa fortissimo contro il muro. L’ultima cosa che Alex vide prima di perdere i sensi fu Marc che spalancava la porta della stanza, ma tanto ormai sapeva di avere le allucinazioni.


Marc quel giorno non si sentiva molto bene e quindi dopo aver finito di lavorare acchiappò la prima scusa e andò a rifugiarsi nella sua camera, al piano di sopra della locanda. Non c’erano molti ospiti che passassero lì la notte, la maggior parte mangiava e basta, quindi si incuriosì molto quando sentì qualcuno entrare nella camera affianco alla sua.

Quel giorno la ferita, ormai quasi cicatrizzata, gli faceva parecchio male e Marc si stese nel letto sperando di prendere sonno e riposare. Ormai era tormentato dall’insonnia… troppi pensieri gli invadevano la testa: Alex, i suoi genitori, il complotto, tornare a Chatel Argent.

Quel giorno però sembrava essere stato graziato e stava finalmente per scivolare tra le braccia di Morfeo quando udì un grido flebile: aiuto. Sembrava la voce di una ragazza, probabilmente nella stanza affiancò. Marc si tirò su a sedere e appoggiò l’orecchio contro il muro per sentire meglio: il grido venne ripetuto, stavolta più piano. Marc ebbe la certezza di star impazzendo perché quella voce gli sembrava proprio quella di Alex.

Pensò di uscire e vedere cosa stesse succedendo ma non appena aprì leggermente la porta vide il locandiere che piombava nella stanza accanto come una furia. 

Marc non sapeva cosa fare… se l’era sognata o c’era davvero una ragazza in pericolo nella stanza accanto. E, cosa alquanto improbabile, quella ragazza era la sua Alex?!

Marc sentì nuovamente una richiesta di aiuto e non ebbe più dubbi: nella stanza accanto c’era Alex, per quanto impossibile potesse sembrare e, soprattutto, Marcel stava cercando di farle del male!

Per fortuna il locandiere non era una persona scaltra e non aveva pensato a chiudere la porta a chiave, quindi non fu difficile per Marc dare un colpo alla porta con la spalla e piombare dentro. Ringraziò mentalmente di aver preso le spalle ampie e robuste di sue padre.

Nulla avrebbe potuto prepararlo alla scena che gli si parò davanti: Alex, semisvenuta e sanguinante, era legata al letto mezza nuda con Marcel addosso.

A Marc si gelò il sangue nelle vene e fu invaso da una furia ceca che non aveva mai provato in vita sua. Aveva voglia di uccidere quell’uomo, era un pensiero che non aveva mai avuto ma in quel momento non riusciva a pensare lucidamente. 

Prima che Marcel avesse il tempo di reagire (e in quel caso per Marc non ci sarebbe stato nulla da fare, disarmato com’era) il ragazzo afferrò il primo oggetto che gli capitò a tiro, un candelabro, e lo sbatté in testa al locandiere con tutta la rabbia che aveva in corpo. In un ultimo impeto di furia ceca il locandiere riuscì comunque ad assestare a Marc un pugno ben piazzato che gli mancò il naso ma gli colpì in pieno lo zigomo.

L’uomo crollò a terra ma Marc sapeva che non era affatto morto e che anzi si sarebbe risvegliato in poco tempo. 

Andò da Alex, anche lei priva di sensi ed iniziò a slegarle i polsi, che erano tutti rossi ed escoriati come se fosse stata lì legata molte ore. Alex, la sua Alex, come poteva essere lì? Marc stentava a crederci.

Cercò di coprirla al meglio con quel che rimaneva dalla sua camicia perché gli faceva male vederla in quello stato e voleva preservare il suo onore. Ma non c’era tempo da perdere e quindi la prese tra le sue braccia e corse giù dalle scale imboccando subito il passaggio delle cucine per poi fuggire nella notte nera.
 

Chatel-Argent, Francia

25 Agosto 1233

 

La cerimonia per Marc fu una delle cose più dure che Ian dovette mai affrontare. La crociata in confronto non era stata nulla. Perdere la vita non sarebbe stato nulla rispetto al dolore che provava ed egoisticamente Ian avrebbe davvero voluto mettere fine alla sua vita per smettere di provare dolore. Ma non l’avrebbe mai fatto, aveva Isabeau, aveva Michel e Marianne e tutti loro avevano bisogno di lui, sarebbe andato avanti per amore loro.

La cerimonia, organizzata da Daniel, era stata semplice ma toccante. Non essendoci un corpo su cui piangere, non c’era stato nemmeno un vero e proprio funerale ma una semplice cerimonia in cui si annunciava che il figlio del Falco era disperso e probabilmente morto in seguito al massacro di Parigi, come tutti avevano iniziato a chiamarlo.

Ian era anche preoccupatissimo per Alex: era da sola chissà dove, incinta per giunta e avrebbe presto ricevuto la notizia della morte di Marc… se era ancora viva…

Daniel e lui avevano mandato alcuni uomini fidati a chiedere di lei in giro, con un ritratto della ragazza fatto velocemente da uno dei pittori di corte ma, sinceramente, Ian aveva ben poche speranze di riuscire davvero a trovarla.

Cercava di confortare Daniel ripetendogli che il suo feudo era sicuro e che probabilmente aveva trovato alloggio presso qualche locanda e stava bene, ma non ci credeva neanche lui.

Isabeau era distrutta per Marc anche se aveva recuperato il suo regale contegno almeno nelle occasioni formali, soprattutto per il bene degli altri due figli. Ian la guardò da lontano e pensò a quanto era stato fortunato ad amare ed essere amato da una donna così bella ed intelligente come Isabeau. Dopo tutti quegli anni, ancora l’amava come il primo giorno, e anche di più.

Dopo aver letto la lettera che Marc aveva scritto per Alex, Ian aveva capito quanto, veramente, suo figlio l’amasse e quanto dovesse aver sofferto a non poterle stare vicino. Ian ricordava i periodi lontano da Isabeau come uno strazio e si malediceva una volta in più per non aver ascoltato veramente Marc e non aver fatto qualcosa quando era ancora in tempo.

Suo figlio sentiva su di sé il peso del disonore arrecato ad Alex, ciò che aveva fatto andava contro ogni codice cavalleresco e ogni convenzione sociale del Medioevo. Ian non avrebbe mai immaginato che suo figlio sarebbe arrivato a tanto, pur innamorato com’era di Alex. Eppure, da uomo del ventunesimo secolo qual era, o meglio era stato, capiva perfettamente Marc e non reputava ciò che aveva fatto come un errore. L’errore era stato di Ian, nel non aver capito la sua silenziosa richiesta di aiuto, nel non averlo saputo confrontare, nell’aver sottovalutato la sua sofferenza.

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Capitolo 9
*** Ensemble ***


CIAO A TUTTI! CHE NE PENSATE FINO AD ORA? ECCO UN NUOVO CAPITOLO PER VOI. SCRIVETE RECENSIONI COSI' SO SE CONTINUARE E IN CHE DIREZIONE FAR ANDARE LA STORIA!
BUONA LETTURA!

Marc aveva corso fino a che non era stato sicuro di essere abbastanza lontano dalla locanda. Poi, stremato, si era rifugiato in un fienile che sembrava abbandonato.

Non si era accorto subito della pancia di Alex, l’aveva notata solo quando aveva deciso di usare la camicia ormai stracciata per fasciarle la testa, che sanguinava copiosamente. Non era una ferita grave per fortuna, Marc lo sapeva, il sangue era chiaro e la ferita poco profonda; ma doveva comunque bloccare il sangue.

Si tolse la propria maglietta per metterla ad Alex non appena le avesse tolto quella stracciata. 

Proprio quando si accingeva a spogliarla della camicia logora notò il gonfiore sul ventre di Alex e gli si gelò il sangue nelle vene. Rimase immobile per qualche secondo cercando di realizzare quello che aveva appena visto. Poi finì di medicare e vestire Alex e istintivamente si allontanò da lei. Non poteva credere che dopo così poco tempo Alex l’avesse già dimenticato, che si fosse sposata con un altro e ci avesse addirittura fatto un figlio. 

Sapeva che Alex sarebbe andata avanti nella sua vita ma vedere questo con i suoi occhi era stato peggio di uno schiaffo.

Forse non l’aveva mai amato davvero, altrimenti non avrebbe potuto dimenticarlo così in fretta. Mentre lui passava le giornate a pensare ad Alex lei era già sposata con un altro e forse per lei Marc non era stato altro che un passatempo. Magari invece era stata costretta da monsieur Daniel a sposarsi perché aveva scoperto che era stata disonorata… ma allora perché non farla sposare a Marc, cos’aveva lui in meno?

Alex aspettava il figlio di un altro. Marc non riusciva ancora a crederci. Era incredibilmente riuscito ad abbracciare di nuovo la sua Alex ma lei non era più sua.

Nonostante la repulsione che aveva iniziato a provare per quella situazione, l’amore che provava per lei lo costrinse comunque ad andare a controllare di nuovo la ferita e ad accertarsi che respirasse ancora. Anche così con i capelli incrostati di sangue, sporca e svenuta, Marc la trovava bellissima.

Era quasi l’alba e, anche se era estate, durante la notte faceva ancora freddo e lui era a torso nudo. Si rannicchiò vicino ad Alex per scaldarsi un po’ e per cercare di riposarsi almeno qualche ora… gli sembrava che gli fosse crollato addosso il suo intero mondo e si sentiva esausto.

Forse però era inopportuno che lui passasse la notte dormendo con Alex… anzi, lo era sicuramente e per di più adesso che lei era una donna sposata. Marc fece per alzarsi ma proprio in quel momento sentì un colpo, leggero ma ben assestato, all’altezza della sua coscia. Si girò guardando se Alex si fosse risvegliata ma nulla. Sentì di nuovo il colpo e stavolta capì. Mise timidamente una mano sulla pancia di Alex. Era il bimbo che scalciava. Gli sembrava incredibile e rimase lì con la bocca aperta per diversi minuti, come sotto un incantesimo.

Poi si destò dalla magia e si staccò bruscamente. Doveva smetterla. Alex non lo amava e quel piccolo dentro di lei ne era solo la più grande prova. 

Come per sfida contro se stesso si adagiò sulla parete opposta del fienile, il più lontano possibile da Alex, tentando di scaldarsi con la paglia e, finalmente, si addormentò.

 

Alex si svegliò frastornata. La testa le doleva in maniera spaventosa ed era molto confusa. Non riusciva a capire dove fosse. Ricordava vagamente una squallida locanda e un uomo disgustoso ma adesso si trovava sdraiata su qualcosa di caldo e dal profumo inconfondibile: paglia. Alex capì di trovarsi in una specie di fienile, come ci era finita?

A giudicare dal cielo era quasi l’alba. Alex tentò di tirarsi un po’ su a sedere, nonostante il dolore. 

Guardò davanti a sé e quasi urlò: “Marc! Sono impazzita o sei davvero qui?!”.

Il ragazzo si risvegliò bruscamente.

“Marc!” continuò Alex tentando di alzarsi in piedi. “sei davvero qui con me? Come sono arrivata qui?”

“Alex non ti alzare.” Le disse lui. “Devi riposare.”

Il tono era cordiale ma Alex ci rimase comunque male nel vedere che l’entusiasmo di Marc nel rivedere lei non era neanche un decimo del suo.

“Ti ho portata qua io.” Continuò Marc. “eri nella stanza vicino alla mia alla locanda… c’era Marcel, il locandiere che stava per farti del male e… sono entrato e ti ho vista allora gli ho spaccato in testa il candelabro, ti ho slegata e ti ho portata via.”

“Ah… la locanda… non ricordo bene cos’è successo, penso di essere stata drogata.” Disse Alex chiedendosi nuovamente perché Marc non le mostrasse nemmeno un minimo segno di affetto. Forse non gli importava più di lei, forse era vero che l’aveva voluta solo perché le eleganti fanciulle medievali non gli avrebbero dato nemmeno un po’ della confidenza che gli aveva dato lei. Il pensiero che Marc potesse non amarla le spezzò il cuore e abbassò gli occhi.

Marc le chiese: “come ti sei cacciata in quel guaio Alex, non dovevi essere ormai a casa tua?”

Alex si sentì una scema ad aver affrontato tutto quel viaggio e ad aver sofferto così tanto per un amore che era solo nella sua testa. Rispose solamente: “è una lunga storia…”

Marc la guardò per la prima volta negli occhi e lei si scoprì a pensare, nonostante tutto, a quanto fosse bello. I capelli scuri contrastavano con gli occhi cristallini e le spalle ampie e il fisico lo rendevano di gran lunga il più bel ragazzo su cui Alex avesse mai posato gli occhi, negli ultimi otto secoli si intende. A proposito, perché diamine non aveva una maglia? Alex arrossì involontariamente.

“Beh Alex” continuò lui “adesso appena ti riprendi un po’ ti riporto da tuo…” Marc sembrò incespicarsi nelle parole “da tuo… dal padre di tuo figlio” riuscì finalmente a dire indicando il ventre di Alex.

La ragazza capì il malinteso e quasi scoppiò a ridere. “Allora per fortuna dovremo fare poca strada perché ce l’ho davanti.” Sorrise.

Marc sembrò non afferrare subito il senso della frase e rimase a guardarla con il viso corrucciato e un’espressione da punto interrogativo. 

“Non… che intendi dire?” riuscì a biascicare dopo una lunga riflessione.

Alex sorrise in un modo in cui non sorrideva ormai da tempo sentendosi invadere da una gioia autentica, aveva tutto ciò che desiderava: lei con Marc e il frutto del loro amore, non le importava nulla del resto. “Intendo dire” riprese canzonatoria “che questo monello-tira-calci qua dentro” e mise una mano sul ventre “è figlio tuo, cioè nostro… e non potrebbe essere altrimenti visto che non sta mai fermo proprio come…”

La sua fase fu interrotta da un baciò che arrivò, improvviso e bellissimo. Le sembrò che tutto fosse tornato a posto adesso che aveva le labbra di Marc sulle sue.

Il ragazzo si staccò solo per farle un ampio sorriso, poi l’abbracciò e si sedette accanto a lei affondando il viso tra i suoi capelli.
 

Chatel-Argent, Francia

1 Settembre 1233

 

“Papà! Papà!” urlò Marianne entrando nella sala da pranzo. “c’è qualcuno di non so cosa. Vuole parlare con te!” disse al padre.

Ian le scompigliò i capelli con dolcezza e poi si avviò, Daniel lo seguì.

“Chi pensi che sia, Ian?” chiese Daniel fingendo disinteresse ma in realtà tastando il terreno per vedere se potessero esserci notizie di sua figlia che ormai era sparita da quasi due settimane.

Ian lo guardò con i penetranti occhi azzurri, capendo perfettamente i pensieri dell’amico. “Probabilmente è solo qualcuno che vuole parlarmi delle imposte o delle sue terre. Succede spesso.”

Daniel tentò di mascherare la delusione: “sì certo le imposte, chiaro.”

L’uomo che gli si presentò davanti però non sembrava affatto un contadino. Sembrava un uomo di città, vestiva abiti dai tessuti piuttosto pregiati e sembrava abbastanza a proprio agio lì nel castello. Era un uomo molto alto e robusto ma sembrava gentile.

Anche Ian sembrò stupito di trovarselo davanti. “Buongiorno Joseph” disse Ian. “Daniel lui è lo speziale più bravo di Parigi, ho avuto spesso bisogno di lui in passato, per curare i miei feriti. Spero di non offendervi, Joseph, chiedendovi a cosa devo il piacere della vostra visita.”

Ian sembrava sinceramente sorpreso dalla visita di quell’uomo e questo turbò Daniel. Solitamente Ian, che era molto intelligente, sembrava sempre avere tutto sotto controllo.

“Monsieur Jean, la ringrazio per le sue parole fin troppo lusinghiere.” Iniziò lo speziale “Mi sono recato qui dopo aver sentito della prematura scomparsa di vostro figlio Marc. Ecco, io ho visto vostro figlio, dopo il massacro.”

Sia Daniel che Ian trattennero il fiato. Visto che non dicevano nulla lo speziale continuò: “Mia figlia l’ha trovato privo di sensi sul luogo del massacro. L’abbiamo portato a casa e l’ho curato, è stato con noi circa un mese.”

“Ma” disse Ian come per non volersi illudere “Scusate, come fate ad essere sicuro che fosse proprio mio figlio Marc?” La voce di Ian tremava leggermente dalla commozione che pian piano si stava facendo strada nei suoi pensieri.

Lo speziale sorrise. “Monsieur Jean, il ragazzo si è presentato come un servo ma un cavaliere resta tale in ogni situazione e ho capito dal primo sguardo che quel giovane lo fosse. Poi, monsieur Jean, vostro figlio è uguale a voi, per un attimo ho pensato che foste proprio voi il ferito, poi ho capito che dovesse essere vostro figlio.”

Ian si appoggiò alla parete perché le gambe non lo ressero più dall’emozione. Daniel non riusciva a smettere di sorridere.

“Vi ringrazio Joseph, in questo momento siete l’amico più caro che potessi mai avere.” Disse Ian commosso “neanche potete immaginare la gioia che mi state dando”

“Certo che lo immagino” rispose lo speziale sorridendo “sono padre anch’io.”

“D’ora in poi sarete lo speziale di fiducia del mio intero feudo, Joseph!” proclamò Ian in preda alla gioia.

“Non ce n’è bisogno” disse lo speziale.

“Insisto.” Sentenziò Ian. “ma ditemi, dov’è andato adesso Marc?”

“Non lo so, mio signore.” Rispose Joseph “se n’è andato ormai parecchi giorni fa, pensavo tornasse qui…”

“Va bene Joseph, avete già fatto più di quanto avessi sperato” disse Ian. Marc era vivo, c’era ancora speranza. Adesso Ian l’avrebbe ritrovato ad ogni costo.

Lo speziale fece per andarsene ma poco prima di imboccare l’uscio si voltò: “Monsieur Jean, mi è venuta in mente una cosa, non so se può esservi utile… Mentre Marc era semi incosciente per la febbre, i primi giorni, delirava e continuava a ripetere un nome. Chiamava "Alex"".

 

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Capitolo 10
*** La douleur ***


ATTENZIONE!! Capitolo breve ma molto intenso

Quei giorni con Alex per Marc erano stati senza dubbio i migliori della sua vita, il solo fatto di poter stare lì con lei, senza preoccuparsi di nulla, gli faceva toccare il cielo con un dito.

Per la prima volta nella sua esistenza desiderò di non essere Marc de Ponthieu ma di essere semplicemente Marc, un contadino o un garzone qualunque. Essere lì con Alex, senza responsabilità nei confronti del feudo, della casata, senza timore di doversi comportare in un modo piuttosto che in un altro, faceva pensare a Marc di aver davvero trovato il paradiso in terra. 

“Potremmo anche non tornare sai” le disse una sera “potremmo scappare lontano e ricominciare da zero, solo io te e il piccolino, io potrei imparare un mestiere, non navigheremmo nell’oro ma ce la potremmo cavare. Non sarebbe bellissimo Alex?”

Alex gli sorrise. “Sì Marc sarebbe splendido. Ma lo sai… tu sei l’erede del feudo…”

“Ma c’è Michel! Può prendere il mio posto.” Intervenne prontamente il ragazzo.

“E i tuoi genitori? Non vedremmo mai più nessuno, neanche lo immagini quanto erano preoccupati per te quando sono scappata” rispose Alex.

“Hai ragione.” Concordò Marc. “Ma giuro su Dio che se qualcuno prova di nuovo a separarmi da te… da voi… questa volta non ci sto.”

Marc si stava ancora abituando all’idea che di lì a poco sarebbe diventato padre. Era felicissimo e già amava immensamente il suo piccolino, il dono più bello dell’amore tra lui ed Alex. 

Però certe volte gli sembrava impossibile di potercela fare. Suo padre sapeva sempre cosa dirgli, sapeva consolarlo, aiutarlo, era un uomo moralmente ineccepibile, valoroso, intelligente e mille altre qualità. 

Sua madre raccontava spesso di come suo padre si fosse procurato le sue cicatrici sulla schiena salvandola da un malfattore. Diciassette frustate, e le aveva sopportate senza implorare pietà. Suo padre era l’esempio perfetto di come dovrebbe essere un perfetto cavaliere.

Lui invece era solo Marc, quello che combinava solo guai e gli sembrava impossibile di fare da padre a qualcuno.

Sapeva solo che ci avrebbe provato con tutte le sue forze, voleva essere il miglior papà possibile per suo figlio.

Appena Alex si fu rimessa un po’ in forze lasciarono il vecchio fienile abbandonato e si incamminarono verso Chatel Argent, la speranza di Marc era quella di trovare in un villaggio qualcuno che avrebbe potuto dargli un passaggio.

Purtroppo, erano in un luogo abbastanza isolato e non incontrarono nessun villaggio per diverse miglia. Proprio quando finalmente sembrò presentarsi sul loro cammino un raggruppamento di casupole, Alex si piegò con una smorfia di dolore.

“Che succede?!” chiese Marc allarmato. 

Alex si premette il ventre lamentandosi dal dolore. “Mi fa male Marc, malissimo. Ma non può nascere adesso, sono incinta solo di sei mesi.”

Alex si accasciò a terra continuando a tenersi la pancia. Marc non sapeva cosa fare per aiutarla.

“Alex, aggrappati a me.” Disse “ti porto a quel villaggio, magari qualcuno può aiutarti!”

Alex fece per aggrapparsi a lui e a quel punto una macchia scura, rosso bordeaux, iniziò ad allargarsi sui pantaloni di Alex, stava sanguinando.

Marc non era certo un medico e non sapeva nulla di gravidanze e parti ma era piuttosto sicuro che quel sangue non significasse nulla di buono.

Guardò Alex negli occhi ma nessuno dei due trovò il coraggio di dire niente anche se entrambi sapevano cosa stesse succedendo.

Marc prese Alex tra le braccia e si avviò verso il villaggio col cuore in gola.


La contadina che li aveva accolti era stata subito chiara: il bambino stava soffrendo, probabilmente sarebbe morto.

Ad Alex sembrava di morire ma non dal dolore fisico, ma da quello che provava dentro.

Se fosse stata nel mondo moderno, suo figlio avrebbe potuto sopravvivere, ne era certa. Ma invece lì, nel 1200, non esistevano terapie intensive, incubatrici e quant’altro. Il sangue non si fermava ed era sicura che il piccolo sarebbe morto, anzi probabilmente lo era già. Anche lei sarebbe morta dissanguata, si sentiva sempre più debole e tremava dal freddo, nonostante fuori ci fossero più di trenta gradi.

“Domani sarà tutto finito” si ripeteva come un mantra, anche se non sapeva bene a cosa si stesse riferendo: al bambino, a se stessa che sarebbe morta, al dolore che provava…

Avrebbe solo voluto chiudere gli occhi e dimenticare tutto, stava quasi bramando la droga allucinogena che le aveva dato il locandiere, avrebbe tanto voluto non capire più nulla.

Ormai il piccolo era una presenza costante nella sua vita, la sua unica sicurezza; si era abituata ai suoi calcetti, ai suoi movimenti. Lei e Marc avevano fantasticato su come sarebbe stato, a chi sarebbe somigliato, se sarebbe stato un maschietto o una femminuccia. Ora niente aveva più importanza.

Quasi senza accorgersene una lacrima le scivolò sul viso, seguita immediatamente da un’altra e un’altra ancora. Marc con un gesto delicato della mano gliele asciugò e si sedette vicino a lei senza dire una parola.

Alex sapeva quanto anche lui stesse soffrendo, quanto si stesse impegnando per mantenere un contegno, per mantenersi coraggioso per dare forza a lei. Ma Alex lo conosceva troppo bene.

La ragazza si sentiva tremendamente in colpa: se fosse rimasta buona a Chatel-Argent, come tutti le avevano detto di fare, tutto questo non sarebbe successo e il suo piccolo sarebbe sopravvissuto. Non se lo sarebbe mai perdonato.

E così arrivò la notte, con Alex che fissava il muro mentre il sangue le scorreva e Marc vicino a lei che sussurrava preghiere.

 

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Capitolo 11
*** Les espérances ***


ECCOMI QUA! SCUSATE PER IL RITARDO MA E' DIFFICILE CONCILIARE LA SESSIONE DI ESAMI CON IL TEMPO PER SCRIVERE E PREFERISCO RITARDARE UN PO' CHE BUTTARE SU LA FF A CUI ORMAI SONO SUPER AFFEZIONATA! 
SPERO DI NON DELUDERVI CON QUESTO CAPITOLO E DI RIUSCIRE A PUBBLICARE REGOLARMENTE IL PROSSIMO LUNEDI', BUONA LETTURA!

Parigi, Francia

4 Settembre 1233

 

Daniel aveva accompagnato Ian a perlustrare la zona in cerca di Marc, più che altro perché non ne poteva più di stare al castello con le mani in mano. Inoltre, sperava che magari avrebbe trovato sua figlia, così ogni ragazza dai capelli castani che incontrava era un tuffo al cuore.

Erano partiti da partiti da Parigi, dove sapevano per certo che Marc era stato e poi si stavano allontanando sempre più dal centro perlustrando la zona.

La notizia che il conte Jean Marc de Ponthieu fosse in giro per Parigi iniziò a girare tra il popolo e, sempre più spesso, c’era gente che lo riconosceva e gli chiedeva favori. 

Quando vide uno degli uomini che Ian aveva mandato a cercare Alex che cavalcava veloce verso di loro a Daniel venne un colpo. Il colpo raddoppiò quando si accorse che con lui a cavallo c’era un omuncolo che sembrava pescato direttamente da un covo di banditi.

“Conte de Ponthieu!” esordì il cavaliere prima ancora di aver fermato il cavallo. “Finalmente abbiamo notizie… della ragazza!”

Daniel dovette tenersi saldo alle redini pur di non cadere dalla sorpresa. “Cosa? Cosa sapete? Dov’è? Come sta?” tempestò di domande il povero cavaliere.

L’uomo era talmente entusiasta di aver finalmente trovato una pista dopo settimane di ricerche che non notò nemmeno l’apprensione di Daniel. “Quest’uomo” e indicò l’omuncolo davanti a sé “sostiene di averla riconosciuta! Dal ritratto!”

“Parlate allora!” lo incitò Ian scuro in volto, probabilmente immaginando che se un omuncolo come quello aveva conosciuto Alex, non era da considerarsi un buon segno.

L’omuncolo tirò su con il naso in maniera rumorosa e disse: “sì me la ricordo quella ragazza. Ero alla locanda quando è stata portata da Marcel… gliel’ha portata il fratello, era fradicia e praticamente mezza nuda” sogghignò e Daniel strinse talmente forte i denti dalla rabbia che gli sembrò che gli si spaccassero.

“E poi?” chiese Ian trattenendo a stento l’ira.

“E poi niente.” Continuò l’omuncolo sogghignando come se stesse raccontando della scampagnata della domenica “Ho bevuto la mia birra e me ne sono andato. Era di Marcel, mica mia! Non l’ho toccata se è quello che volete sapere”

Daniel sentì le viscere che gli si torcevano dall’ira. Senza pensare a nulla smontò da cavallo e scese, prese l’omuncolo per il collo e probabilmente gli avrebbe spaccato la testa se Ian non lo avesse fermato.

“Portaci a questa locanda” disse Ian.

L’omuncolo guardò Daniel in cagnesco ma poi si incamminò scortato dal cavaliere.

“Daniel” sussurrò Ian all’amico. “Penso che sarebbe meglio se tu non venissi alla locanda. Non è il caso di scatenare una rissa in cui sono coinvolti tutti gli uomini dei Ponthieu nei territori del re…”

“Non trattarmi come un bambino Ian” ruggì Daniel “si parla di mia figlia, è certo che vengo! So controllarmi.”

“Lo so Daniel ma prima stavi per staccare la testa a quell’uomo e… quello che sentiremo alla locanda potrebbe non piacerti…” disse Ian tentando ancora una volta di far ragionare l’amico.

“Non farò nulla, te lo giuro.” Sentenziò Daniel.

La locanda era il posto più brutto che Daniel avesse mai visto e il solo pensiero che Alex ci fosse stata, gli dava il voltastomaco.

Il proprietario sembrava un orco, con una lunga barba nera e le mani enormi.

“Vi racconterò quello che so” disse ruttando “a patto che voi, signor Conte, giuriate che non avrò alcuna ripercussione”.

Ian guardò Daniel che gli diede un mutuo assenso. Era più importante sapere cosa fosse successo ad Alex che punire quel maledetto.

“Avete la mia parola” disse Ian.

“Me l’ha portata mio fratello” iniziò Marcel “lui porta le merci nei vari castelli e alle volte trasporta persone, probabilmente l’ha conosciuta così ma non saprei. Era molto bella e quindi non mi importava più di tanto che fosse incinta. Le ho dato da mangiare ma le ho aggiunto delle bacche allucinogene, per renderla un po’ più… simpatica diciamo”.

A Daniel sembrava di soffiare fumo dal naso da tanto gli era montata la rabbia. Non era sicuro che sarebbe riuscito a mantenere la promessa fatta a Ian.

“L’ho legata sul letto perché non se ne andasse mentre io finivo qui alla locanda. Quella scema si è messa a fare casino chiamando aiuto e quindi sono dovuto andare da lei e, credetemi, non ero dell’umore migliore. Ho fatto a malapena in tempo a spogliarla che è piombato in stanza un bastardo che mi ha spaccato un candelabro in testa e l’ha portata via. Guardate, ho ancora il bernoccolo!” si indicò la testa e scrutò Ian come se lo vedesse per la prima volta. “aspettate… quel bastardo somigliava un sacco a voi, signor Conte”

Ian e Daniel si guardarono allibiti: Marc! Marc e Alex quindi erano insieme?!

“Certo che mi somigliava” disse Ian in tono di sfida “era mio figlio e ringraziate che non vi sbatto nelle segrete a vita per quello che avete anche solo pensato di fare a quella ragazza!”

Il locandiere guardò Daniel beffardo: “Era vostra figlia vero? Dovrei chiedervelo io un risarcimento! Il sangue di vostra figlia mi ha macchiato il muro!”

“Portami via Ian” ruggì Daniel tremando dalla rabbia e con le vene del collo e delle tempie che parevano sul punto di esplodere. “Portami via Ian o ti giuro che non risponderò più di quello che farò.”

Ian non se lo fece ripetere due volte, prese di peso Daniel e lo trascinò via da quel luogo infernale.



 

Le giornate trascorrevano lente alla casa dei contadini. Marc e Alex non avevano più parlato del bambino, come non fosse mai esistito.

Lei stava a risposo perché con tutto il sangue che aveva perso era pallida come un lenzuolo e si reggeva a stento. La moglie del contadino le aveva detto che avrebbe potuto restare là fino a che non si fosse ripresa. Era una donna molto energica ma molto dolce e stava trattando Alex con una tenerezza che le mancava da tempo. Quanto le mancava sua madre… sapeva che in quella situazione sarebbe stata l’unica al mondo che avrebbe potuto darle una parola di conforto. Jodie alle volte era dura con Alex ma la ragazza sapeva che era per il suo bene e che quando ne avesse avuto bisogno lei sarebbe stata lì per la figlia.

Certo, aveva Marc che si stava dimostrando l’uomo valoroso che Alex aveva sempre saputo che lui fosse. Per il suo bene si costringeva a indossare una maschera apparentemente serena e alle volte azzardava pure qualche battuta per cercare di tirarle su il morale, ma Alex lo vedeva il dolore nei suoi occhi. 

La maggior parte del tempo Marc stava nei campi ad aiutare il contadino “per ripagarlo dell’ospitalità” diceva, ma Alex sospettava che in realtà lo facesse per tenersi impegnato e pensare il meno possibile.

Alex non vedeva l’ora di tornare a Chatel Argent e starsene un po’ tranquilla. Al contempo però tremava al sol pensiero di dover anche solo provare a spiegare quello che le era successo, formulare delle parole adatte a spiegare che il suo piccolo non c’era più e che al suo posto Alex aveva trovato un buco nel cuore che, sapeva, non si sarebbe mai rimarginato.

“Com’è strana la vita” pensò, “all’inizio non lo volevo neanche quel bambino e adesso mi sembra di non poter più vivere senza.”

“Buongiorno mademoiselle” disse Marc entrando nella stanza con una finta allegria.

Alex tentò un sorriso che probabilmente assomigliava di più a una smorfia, poi si accoccolò vicina a Marc che iniziò a giocherellare con le sue ciocche di capelli.

“Senti Marc, io mi sono ripresa” iniziò “domani potremmo incamminarci per tornare a casa. Ormai dovremmo essere a meno di una giornata di cammino.”

“Se te la senti possiamo andare.” Dal modo in cui lo disse Alex capì che aveva i suoi stessi timori sul dover pronunciare parole troppo dolorose, per dare spiegazioni.

Alex annuì.

Poi improvvisamente avvertì qualcosa che la fece sobbalzare. Pensò che fosse solo un’illusione dettata dalla sofferenza.

Lo sentì di nuovo.

“Alex!” sobbalzò Marc. “Io… hai sentito anche tu?!”

Marc le mise una mano sulla pancia. Un nuovo colpo.

Marc e Alex si guardarono in preda ad un’emozione indescrivibile. Iniziarono a piangere come bambini in preda a un misto di commozione e gioia.

“Gwendoline, Gwendoline” urlò Alex chiamando la contadina. 

La donna arrivò correndo.

“Si muove.” Disse Alex tra le lacrime.

Gwendoline incredula si avvicinò ad Alex e le tastò il ventre. Il piccolo scalciò di nuovo. “Oh Dio, un miracolo! E’ proprio il bimbo, non c’è dubbio! Non si sa come, è sopravvissuto!” urlò in preda alla gioia “congratulazioni, qui dentro c’è un piccolo guerriero”

Ad Alex sembrò di aver ricominciato a respirare dopo essere stata in apnea per tre giorni. Marc non ce l’aveva fatta a trattenere l’emozione e si era commosso e toccava la pancia di Alex come se fosse un tesoro preziosissimo.

“Alexandra cara” disse Gwendoline “adesso però devi stare a riposo o rischi davvero di non vederlo più questo birbante. E’ escluso che tu possa camminare per un tragitto più lungo di quello da questo letto alla latrina. Mi dispiace.”

Ad Alex non importava. Questa volta non avrebbe più messo a rischio la vita di suo figlio, a costo di stare immobile sdraiata un anno intero.

Marc ci pensò un attimo “vado a parlare con Laurent” e andò dal contadino.

Tornò poco dopo. “E’ tutto a posto Alex.” Disse “gli ho detto chi sono veramente e andrà lui personalmente da mio padre a dirgli che siamo qui. Gli ho promesso del denaro… e un invito a corte per tutti i banchetti del prossimo anno! Sarei voluto andare io ma… non voglio lasciarti più da sola. Resto con te.”

Alex fece una muta preghiera perché almeno per una sola volta tutto andasse come doveva andare.

 

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Capitolo 12
*** Sans-pitié ***


 

CIAO A TUTTI! ENNESIMO RITARDO CAUSA SESSIONE MA MI SA CHE ALMENO FINO A META' GIUGNO NON RIUSCIRO' AD ESSERE MOLTO COSTANTE NEL PUBBLICARE :( MA CONTINUERO' AD ANDARE AVANTI NELLA STORIA OGNI VOLTA CHE POSSO! INTANTO ECCO UN NUOVO CAPITOLO, BUONA LETTURA!
LASCIATE TANTI FEEDBACK SU QUESTO NUOVO COLPO DI SCENA!
P.S.: LA STORIA CONTINUA DIRETTAMENTE DAL CAPITOLO PRECEDENTE

Ovviamente così non fu.

Il contadino non riuscì a resistere alla ghiotta occasione di raccontare ai suoi compaesani e ai viandanti che incontrava che ospite a casa sua c’era il figlio del Falco in persona.

La voce sul luogo in cui si trovava Marc giunse praticamente ovunque e giunse anche alle orecchie di chi non aspettava altro per potersi vendicare dei Ponthieu…

Un giorno dopo la partenza di Laurent, Marc fu circondato, mentre era nei campi, da tre uomini a cavallo. Non avevano i colori di nessun casato, ciò significava che viaggiavano in incognito e la cosa non lo rassicurò affatto.

“Chi siete?” chiese Marc cercando di mantenere un contegno fiero e spavaldo che non aveva minimamente.

“Non è importante” rispose uno degli uomini, sembrava avere un accento dei feudi del sud. “L’importante è che tu sei Marc de Ponthieu e che finalmente ti abbiamo trovato!”

Detto questo tutti e tre si lanciarono verso Marc. Il ragazzo tentò di difendersi menando pugni e calci a destra e a manca ma non aveva nessuna speranza solo e disarmato contro tre cavalieri.

Marc non capiva chi potessero essere, ma visto che il villaggio in cui si trovavano lui ed Alex era parte dei territori del re e non dei Ponthieu, potevano essere praticamente chiunque. Vide che avevano all’incirca la sua età, forse qualche anno in più. Uno dei tre giovani lo prese con la forza e lo sospinse dentro il casale.

Gwendoline non capiva cosa stesse succedendo, vedendo tutti quegli uomini armati improvvisamente piombare a casa sua.

“Chi siete?!” chiese spaventata “non abbiamo nulla da darvi, siamo solo poveri contadini” tentò di protestare.

Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che uno dei cavalieri le legò le mani e le tappò la bocca con una pezza legata. Erano molto organizzati, era evidente che l’attacco era stato premeditato. 

“Sta zitta donna” si intromise quello che sembrava essere il capo della banda. “non siamo qui per voi e se non ci darai problemi potremmo persino lasciarti in vita. Siamo qui per il cadetto de Ponthieu. Abbiamo un conto in sospeso io e la sua famiglia.”

E così dicendo si avvicinò a Marc e mentre un altro lo teneva lo legò strettissimo in modo che non potesse praticamente muoversi. 

“Ci dev’essere un errore, mio signore.” tentò Marc disperato per sé ma soprattutto per Alex, per quello che avrebbero potuto farle quei bastardi che tanto ce l’avevano con lui. “Io non sono Marc de Ponthieu e non vi ho mai visto né, tantomeno, recato offesa alcuna…”

Il ragazzo si avvicinò fissandolo negli occhi e gli diede uno schiaffo che gli tolse l’udito dall’orecchio destro per mezzo minuto. “Bugia!” urlò con uno sguardo folle “certo che sei Marc de Ponthieu, sei uguale spiccicato a quel cane di tuo padre.” e così dicendo gli sputò.

Come a peggiorare ulteriormente le cose arrivò Alex, probabilmente allarmata da quei rumori.

“Cosa sta succedendo…”

Marc non le diede il tempo di terminare la frase, non voleva che dicesse qualcosa che potesse tradire la sua vera identità, minore fosse stato il suo legame con Marc, maggiore era la possibilità che la lasciassero stare.

“Vai vicino a tua madre, Charlotte” disse Marc lanciando uno sguardo eloquente ad Alex. “È la figlia della contadina” disse poi ai tre.

Alex era rimasta senza parole dalla scena che aveva davanti ma sembrò afferrare l’occhiata di Marc e fece per mettersi vicino a Gwendoline, senza fiatare.

“La figlia della contadina?!” rise il capo dei cavalieri. “Allora non ti importa se faccio questo” si avvicinò ad Alex e la baciò stringendola a sé in maniera deliberatamente esagerata.

Alex si allontanò da lui e Marc si morse la lingua fino a sanguinare pur di starsene zitto, ne andava del bene di Alex.

“Molto bene” se la rideva il capo “allora non ti darà nessun fastidio nemmeno questo” e così dicendo immobilizzò Alex da dietro e con una mossa abile e veloce le aprì uno squarcio sulla guancia sinistra che iniziò subito a sanguinare copiosamente. Alex gemette di dolore e Marc gemette con lei perché gli faceva male fisicamente vederla star male e fu più forte di lui.

“Come immaginavo” continuò quello con un sorriso ampio come se avesse appena scoperto dov’era nascosta una pentola d’oro. “Compagni, la fortuna sta volgendo lo sguardo dalla mia parte, finalmente” si rivolse agli altri “non solo ci fa trovare qui Marc de Ponthieu ma ce lo fa trovare con la sua innamorata che, ironia della sorte, è pure incinta!”

E così dicendo fece per accarezzare il volto di Alex, la ragazza gli diede un morso.

“Attenta a cosa fai” si limitò a dirle il cavaliere buttandola a terra, vicina a Gwendoline.

Marc si sentì scoraggiato come mai prima d’ora, erano a poche ore di cammino dal suo feudo eppure non era riuscito a portare Alex in salvo e, anzi, l’aveva appena condannata a chissà quale destino.

“Marc de Ponthieu” iniziò il cavaliere guardandolo con una soddisfazione sadica che baluginava nei suoi occhi folli “oggi per me si presenta l’occasione di una vita: circa 20 anni fa tuo padre mi ha reso orfano, avevo solo tre anni e mia madre è morta di parto, mi restava solo mio padre ma Jean de Ponthieu l’ha ucciso. L’ho aspettato per mesi ma mio padre non ha mai potuto tornare da me… Quando sono cresciuto ho giurato che mi sarei vendicato contro l’assassino di mio padre. E quale modo migliore di togliergli la persona a lui più cara, suo figlio?! Tu, mio caro cadetto, mi hai solo reso le cose ancora più ghiotte, mettendo incinta la tua sgualdrina. Come tuo padre mi ha reso orfano di padre tanti anni fa, io renderò orfano di te tuo figlio. Sono Jules Derengale e mio padre era lo sceriffo Jerome Derengale.


Châtel-Argent, Francia

5 Settembre 1233

 

Ian e Daniel tornarono a Châtel-Argent scossi e solo in parte sollevati. Adesso sapevano che anche Alex era viva, o per lo meno lo era fino a qualche settimana prima, anche se ne aveva passate tante.

A quanto pareva era con Marc e anche questo era un bene.

Ma allora perché dopo tutto quel tempo non erano ancora tornati a Châtel-Argent? La strada dalla locanda a casa distava al massimo una giornata di cammino anche se Alex era incinta non potevano metterci tanto di più.

Le ipotesi che vagavano nella mente di Ian erano due, entrambe terribili.

La prima era che fossero feriti così gravemente da non poter proseguire il viaggio, o che fossero addirittura morti.

La seconda ipotesi aveva iniziato gradualmente a farsi strada nella mente di Ian e adesso non lo abbandonava più…

“Daniel” iniziò “e se Marc e Alex non volessero farsi trovare?”

Daniel lo guardò con uno sguardo interrogativo.

“Pensaci Daniel… quei due sono insieme ormai da settimane e non erano troppo lontani da qui, perché allora non sono tornati qui. Io penso che potrebbero essere scappati insieme volutamente. Qui avevano un sacco di obblighi, altrove avrebbero potuto stare insieme senza problemi… Alex ormai avrà la pancia troppo evidente per farli sposare pubblicamente, sarebbe uno scandalo e metterebbe in cattiva luce soprattutto lei Daniel, ci avranno pensato anche loro… e potrebbero aver semplicemente deciso di restare dov’erano…”

Daniel continuava non dire nulla ma sul suo volto comparve un’espressione indecifrabile. “Ian pensi davvero che potrebbero arrivare a tanto?”

“Gli unici a sapere che Marc è vivo siamo noi, quale migliore momento per sparire e cambiare vita?” disse Ian triste “a mio figlio sono sempre andate strette le regole della vita da feudatario… spero che per una volta in vita sua abbia ragionato con la testa e non con il cuore ma non ci metterei la mano sul fuoco, purtroppo Marc è molto impulsivo e mi sembra che abbiamo avuto una prova abbastanza evidente che quando quei due sono insieme ragionino molto con il cuore e poco con la ragione”

Daniel sembrava aver improvvisamente su di sé il peso del mondo a quella rivelazione di Ian. “Mio Dio Ian… non ci posso pensare a non rivedere mai più mia figlia, a non sapere nemmeno se sta bene. Alex mi ha deluso e molto, fa sempre di testa sua e si mette nei guai ma io non credo, se la conosco almeno un decimo di quanto credo, che farebbe mai una cosa del genere. Finché non sarò sicuro che non c’è più nulla da fare la continuerò a cercare, fosse anche in capo al mondo…”

Ian sorrise all’amico e pregò che davvero i due ragazzi non avessero fatto una sciocchezza simile.

Avevano appena rimesso i cavalli nelle stalle e stavano rientrando al castello per annunciare le novità su Alex e Marc anche alle mogli quando vennero distratti da una confusione al portone di accesso. 

Le guardie stavano respingendo un uomo, un vecchio contadino con un carretto. “Devo parlare con il conte de Ponthieu!” sbraitava il contadino “Come ve lo devo dire!”

Le guardie continuavano a respingerlo dicendo “ormai è tardi, è già sera, torna domani adesso il conte non può riceverti”

“Ma io DEVO parlargli adesso” insisteva il contadino.

“Dicono tutti così” rideva una delle guardie con le altre. 

Intanto Ian e Daniel si stavano avvicinando per capire meglio cosa stesse succedendo.

“Lo ripeto di nuovo, ho bisogno di parlare al conte!” insistette l’uomo impavidamente “mi manda suo figlio Marc de Ponthieu!”

A quelle parole Ian e Daniel saltarono su come grilli e, dopo essersi scoccati un’occhiata significativa, corsero dall’uomo.

Le guardie vedendo Ian, anzi Jean, arrivare correndo gli si inchinarono salutandolo con deferenza, temendo di aver fatto un passo falso a non far entrare il contadino.

“Buonasera” inziò Ian “sono il conte de Ponthieu, ho sentito che mi stavate cercando” disse all’uomo.

“Sì mio signore” disse quest’ultimo.

“Seguitemi allora e vi riceverò in un luogo più consono”disse Ian con la chiara intenzione di allontanare la conversazione che si sarebbe svolta di lì a poco da orecchie indiscrete.

Quando finalmente raggiunsero la sala delle udienze Ian incitò l’uomo a parlare. Lui e Daniel non stavano più nella pelle.

“Mi manda vostro figlio Marc, signor conte, si è rivelato a me perché venissi a chiedervi aiuto per farlo tornare al castello”

“Ma dov’è mio figlio?!” disse Ian incredulo di poter forse, finalmente, avere una pista concreta per ritrovare Marc.

“A casa mia, in un villaggio non lontano da qui, appena oltre il confine del feudo”

“E allora perché non è tornato?” domandò Ian incredulo.

“Non può venire, mio signore.” disse il contadino facendosi improvvisamente più cupo “Vostro figlio sta bene ma non vuole lasciare la ragazza… lei non può fare la strada fino a qua.”

“Alex?!” intervenne per la prima volta Daniel sgomento “cosa le è successo?”

Il contadino sembrava confuso dal vedere che un cavaliere qualunque si intrometteva in una discussione privata del conte ma rispose ugualmente. “Non lo so bene… quando hanno bussato alla mia porta lei stava già male. Ha perso molto sangue e pensavamo tutti che il bambino fosse morto. In tutta onestà pensavo che anche la ragazza non ce l’avrebbe fatta, era pallidissima, mai vista una cosa così.”

Ian e Daniel erano sbiancati al racconto. Ian provava emozioni contrastanti e pensò che per Daniel dovesse essere lo stesso, non aveva mai voluto quel bambino, mai e poi mai si sarebbe aspettato di diventare nonno, eppure non avrebbe mai voluto che a suo figlio e ad Alex potesse toccare un dolore del genere e adesso a quel piccolino si era affezionato.

“E poi?” lo incitò Ian a proseguire.

“Poi ieri finalmente il piccolino si è mosso dopo diversi giorni e quindi abbiamo capito che era vivo, dovevate vedere com’erano felici i due ragazzi che ormai non ci speravano più. Ma la ragazza deve stare a riposo, non può più rischiare o moriranno sia lei che il bambino, è troppo debilitata. Marc non la vuole lasciare da sola e quindi ha chiesto a me di venire ad avvertirvi.” disse l’uomo tutto d’un fiato “Ah, mi ha promesso del denaro” aggiunse con uno scintillio negli occhi.

 

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