King Of My Heart

di Cryblue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ch1 - Un caffè nel parco. ***
Capitolo 2: *** Ch2 - Cul-de-sac. ***
Capitolo 3: *** Ch3 - Errore di sistema ***
Capitolo 4: *** Ch4 - El ***
Capitolo 5: *** Ch5 - Nuove routine ***
Capitolo 6: *** Ch6 - Mamma! ***
Capitolo 7: *** Ch7 - Incontri ***
Capitolo 8: *** Ch8 - L'anniversario ***
Capitolo 9: *** Ch9 - Controllo ***
Capitolo 10: *** Ch10 - Sala d'aspetto ***
Capitolo 11: *** Ch11 - Superman ***
Capitolo 12: *** Ch12 - Bozze ***
Capitolo 13: *** Ch13 - La storia che si ripete ***
Capitolo 14: *** Ch14 - Il re del nostro cuore ***
Capitolo 15: *** Ch15 - Un nuovo giorno ***
Capitolo 16: *** Ch16 - Oltre la porta ***



Capitolo 1
*** Ch1 - Un caffè nel parco. ***


Ch.1 – Un caffè nel parco.


 
Dopo aver passato metà della tua giornata in una stanza semibuia, china sui libri, la sensazione del sole sulla pelle è un vero e proprio sollievo per te. Ti lasci scivolare più in basso sulla panchina e alzi la testa in modo che i raggi possano scaldarti il viso, certo se tu non indossassi i tuoi onnipresenti occhiali da sole non potresti permetterti una cosa del genere o impazziresti per il mal di testa dopo pochi minuti.

Porti il bicchierone contente il tuo mocaccino alle labbra e sospiri per la contentezza, ma il tuo sospiro si trasforma presto in un grugnito di disappunto, quando l’ennesimo strillo rompe la perfezione del tuo momento di pace.

Lanci un’occhiataccia all’area gioco davanti a te, ma prima che tu possa dire una cosa qualsiasi, vedi con la coda dell’occhio che un bimbetto è trotterellato fino a te e sta pericolosamente puntando verso il bicchiere di caffè che hai posato sulla panchina, lo afferri con un gesto veloce, prima che la sua manina grassoccia e sporca di Dio solo sa cosa lo possa toccare.

“E no! Questa non è roba per te piccoletto.”

Lui ti guarda con disappunto, fa qualche goffo tentativo di arrampicarsi sulla panchina e quando capisce di non avere speranza le sue guance, già incredibilmente piene, si riempiono di aria e ti guarda con odio.

“Mi dispiace piccolino, ma è caffè bollente, rischi di fart….” Prima che tu possa finire la frase, la manina tanto tenera e grassoccia si chiude a pugno e ti colpisce con forza sul ginocchio.

“Ahi!”

Il bambino pronuncia qualche parola incomprensibile, gira sui tacchi e va via, lasciandoti addosso un certo disappunto.

“Complimenti, questo è un modo davvero, davvero, maturo di risolvere le questioni, sarà fortunata la donna ti avrà accanto un giorno.”

Guardi quel nanetto raggiungere il gruppo di bambini e iniziare a saltellare con gli altri, già dimentico di te e della tazza di caffè, e tu noti che la tua amica sta scuotendo la testa nella tua direzione.

“Se questo è il tuo modo di affrontare i capricci Alex, mi chiedo come tu abbia fatto a resistere tutto questo tempo a fare questo lavoro.”

Le mostri il dito medio e lei si finge turbata. “Non davanti ai bambini Alex!!!”

Vedi una manina afferrarle la maglia e l’attenzione di Melanie è di nuovo sui bambini, non hai idea chi sia, tra quella mezza dozzina di ragazzini, quello al quale lei stia ufficialmente facendo da baby sitter. Ti è impossibile capirlo visto come tutti, nessuno escluso, pendono dalle sue labbra e si struggono per avere la sua attenzione. La tua migliore amica è una specie di pifferaio magico, la sua voce è in grado di incantare anche il bambino più indemoniato (no, non hai mai pensato che tutti i bambini fossero belli o buoni, alcuni sono vere e proprie bestie di Satana), quanto parla loro sotto voce poi, è come se spargesse nell’aria una polvere soporifera.

Hai sempre avuto il dubbio questo talento avesse molto a che fare con il fatto che Mel potesse parlare loro guardandoli negli occhi, visto la scarsissima differenza di altezza tra lei e la maggior parte dei bambini, anche quelli che superano appena l’anno.

Ridacchi sotto i baffi e la tua amica si avvicina a te guardandoti con sospetto.

“Cos’hai da ridere Alex?”

Scuoti la testa e le porgi il suo caffè, ormai è il vostro rituale, quando le lezioni finiscono, vi incontrate in quel parco, a prescindere dal fatto stiate lavorando o meno: al momento Mel ha un ingaggio per uno dei bambini che si stanno allegramente rotolando nella sabbia, tu invece non hai nessun contratto.

“Nulla, nulla.” Continui a sorridere mentre lei si lascia cadere accanto a te e sorseggia il caffè senza che il suo sguardo lasci mai il gruppo di bestie di Satana.

“Si può sapere qual è il tuo?”

“Il mio cosa?”

Alzi gli occhi al cielo e fai un gesto spazientito per spingerla a capire cosa le stai chiedendo. “Quello che stai…” Il tuo telefono squilla attirando l’attenzione di entrambe, lo afferri e il cuore ti trema perché è una chiamata dell’agenzia interinale che è solita trovarvi lavoro.

“Si, pronto?”

Mel mette l’orecchio accanto al tuo e ti costringe e a piegare il telefono per poter sentire.

“Alex?”

“Si, sono io.”

“Ciao Alex, sono Brad.”

Mordi le labbra perché Mel ha finto di vomitare e ha iniziato a imitare il ragazzo: non hanno mai avuto un buon rapporto e la tua amica non ha mai nascosto il suo disprezzo, forte del passaparola delle mamme all’asilo che spesso chiedevano esplicitamente di lei e che costringevano il ragazzo a chiamarla a prescindere dal suo comportamento con lui.

“Ciao Brad, dimmi.”

“Abbiamo ricevuto una richiesta per una baby sitter per i pomeriggi da parte di una madre single con un bambino di un anno. Si tratterebbe di andare a prendere il bambino all’asilo e stare con lui tre ore prima che la donna rientri a casa. Ti potrebbe interessare?”

Ti giri così velocemente verso la tua amica per tapparle la bocca, che il telefono rischia di caderti di mano. Le premi la mano sulle labbra con forza mentre lei si divincola senza speranza, vista tua superiorità fisica, e rispondi al tuo interlocutore, sperando che la tua voce rimanga il più professionale possibile.

“Si certo, mandami pure tutti i dati via email.”

“Ok, ci sentiamo presto….” Non senti il resto della frase perché Mel si è divincolata dalla tua presa e ti ha strappato il telefono di mano, riesci a chiudere la conversazione con un movimento veloce, prima che lei possa dire quello che sai già uscirà dalla sua bocca.

“Brad, patetica versione di Homo Sapiens, hai un contratto con una madre single e lo dai ad Alex? AD ALEX?”

Alzi gli occhi al cielo perché è talmente tipico di Mel che è quasi noioso, la tua amica ha una passione tale per le madri, che ti sei spesso chiesta se non sia stata lei a coniare il termine MILF. I contratti della piccola biondina incantatrice di bambini finiscono presto proprio per questo: la sua capacità di incantare anche le loro madri e portarsele a letto.

Ti sei spesso chiesta come riuscisse, molte di loro erano l’emblema dell’eterosessualità, felicemente sposate e madri e donne irreprensibili, ma Mel ha sempre trovato il modo di infilarsi sotto i loro abiti.

Le blocchi il braccio prima che lanci il telefono tra i bambini e la guardi con rimprovero, lei ti sorride e lecca le labbra.

“Hai sempre tutte le fortune Alex. Una madre single! Potresti portartela a letto già durante il colloquio.”

Alzi gli occhi al cielo. “Lo sai che non farei mai una cosa del genere, Pi.”

“Smetti di chiamarmi Pi, Pi.”

“Smetti tu chiamarmi Pi, Pi.”

“Ok, la smettiamo? Sembriamo due imbecilli.”

“Sembriamo eh?” Ti sorride e ti sistema i capelli dietro l’orecchio.

“Sei troppo rigida, Alex, dovresti lasciarti andare un pochino. Le madri annoiate sono prede semplici che non vogliono legami. Te le scopi fino a levare loro le frustrazioni accumulate  in anni di noiosissimo sesso eterosessuale e poi vai via. Facile.”

“E ti licenziano.”

“E ti assume la loro vicina di casa o una madre della classe in cui va loro figlio. Facile.”

Grugnisci e ti lasci andare contro lo schienale. “Vorrei fosse davvero così semplice.”

“Devi toglierti Tara di dosso, Alex.”

Ti giri a guardarla, ma lei non smette di guardare il gruppo di bambini. Non vorresti, ma il tuo cuore ha perso diversi battiti al solo sentire pronunciare quel nome.

Tara è la tua ragazza storica, siete state insieme per tutto il liceo, ma avete scelto università diverse, in città e stati diversi, avete provato a stare insieme ma il primo anno è stato un vero disastro: vi siete lasciate e siete state con altre persone, senza che la sensazione di stare tradendo l’altra vi abbandonasse mai, e a ogni vacanza, ogni volta che eravate contemporaneamente nella vostra città natale, finivate al letto insieme, a promettervi amore eterno. La biondina accanto a te è stato l’unico motivo per il quale non è successo anche durante le ultime vacanze invernali, Melanie ha rinunciato a vedere i suoi genitori per venire con te a Pennsboro e impedirti fisicamente di andare a letto con Tara e ricadere in quel circolo vizioso.

Alcuni giorni le sei grata per questo, altri la vorresti uccidere.

Ti ha presentato qualsiasi ragazza single del campus, ti ha forzato a uscire con loro, ma non sei mai riuscita nemmeno a baciarle.

“Sono mesi che non scopi Pi. Non è sano per il tuo organismo.” La colpisci sul braccio, forte, lei sbuffa e si massaggia la parte colpita, i suoi occhi verdi sono pieni di delusione e tu non puoi fare a meno di sentirti in colpa. “Non meriti la mia amicizia, Pi.”

“Certo, non merito l’amicizia di una che mi chiama Puritana.”

“Meglio del tuo chiamarmi Prostituta delle mamme…”

“Ma lo sei…” Ti spinge e il bambino manesco si avvicina ancora a voi, lei si piega in avanti e il suo sorriso più dolce le illumina il viso, quel sorriso che dedica solo ai bambini o a te, nei momenti in cui hai bisogno di lei.

“Ciao piccoletto.”

“Tyson.”

“Sta’ zitta Alex.”

Sbuffi ma lei non toglie gli occhi di dosso al faccino grassoccio che la guarda con occhi adoranti.

“Allora bel bambolotto, cosa posso fare per te?”

Il nuovo venuto indica il bicchiere di caffè e lei glielo porge con gesti tranquilli, lui lo tocca e parla in una lingua incomprensibile.

“Si, è caldo.”

Ok, incomprensibile per te, ma non per la tua amica. Il piccolo picchiatore ride e tu sorridi intenerita.

“È lui?”

“Lui chi?”

“Il bambino che stai guardando?”

Ti guarda come se tu le avessi chiesto come è andato il suo esame alla prostata. “No?”

“Allora chi?”

Scuote la testa e mette un ciuffo di capelli dietro le orecchie: “Nessuno, mi sono licenziata.”

Sussulti e ti raddrizzi a guardarla. “Tu cosa? Mel, ti sei portata a letto anche questa?”

Sbuffa e butta giù il caffè tutto di un fiato.

“No. Pretendevano che io pulissi casa o facessi trovare la cena in tavola al loro rientro a casa. Ovviamente ho detto loro che non era nel mio contratto, che non era il mio lavoro. Gli stolti mi hanno offerto più soldi ed io me ne sono andata. Non posso sopportare mettano in dubbio così la mia professionalità.”

“Tecnicamente tu ti stai laureando in economia.”

“Appunto, conosco l’importanza degli accordi contrattuali.” Annuisce soddisfatta e tu sorridi perché adori ogni più piccola sfumatura del suo carattere e della sua personalità. Si gira e sta ghignando soddisfatta e tu sai già che parole stanno per uscire dalle sue labbra. “Ed è OVVIO che mi sono scopata anche la signora Smith.”

Scoppiate tutte e due a ridere, i bambini si girano a guardarvi e qualcuno trotterella contento di verso di voi, Mel non perde tempo e inizia a giocare con loro mentre il tuo telefono vibra una sola volta. Lo prendi e non ti stupisce trovarci un’email di Brad. La apri e ne scorri distrattamente il contenuto, fino ad approdare all’unica informazione che ti interessa veramente.

“Simonne Green, 1313 River Street. 26 Aprile, ore 17.30.”

Melanie legge l’informazione ad alta voce, fischia e poggia la testa contro la tua spalla.

“Single e ricca. Non ho mai messo piede in quella zona, non so nemmeno se ci arrivino i mezzi.”

“Prenderò la macchina.”

“La mia macchina vuoi dire.”

Ti irrigidisci senza volerlo, lei ti cinge le spalle con un braccio e ti bacia su una guancia.

“Alla fine non sei tanto fortunata, probabilmente avrà un enorme bastone nel sedere. Magari potresti provare a toglier…”

“Oh ti prego, basta.” Vorresti il tuo tono fosse più leggero, ma non sei dell’umore di sopportare le sue continue pressioni ad andare a letto con un’altra donna. Toglie il braccio dalle tue spalle, ti afferra la mano e fa intrecciare le vostre dita. Ti rilassi a quel contatto perché sai che lei ha capito e che non dirà più nulla al riguardo, almeno per oggi.

“Sono in grado di occuparmi di un bambino di un anno?”

“Certo che si. È l’età più divertente. Devi solo stare attenta che non ingoi roba strana e ti faccia la pipì addosso tutte le volte che lo denudi.”

Sospiri poco convinta e lei poggia ancora la testa sulla tua spalla. “Per qualunque cosa sono qui Pi.”

“Grazie, Pi.”

Questa volta è il suo telefono a squillare, leggete entrambe il nome di Brad sul suo display e senti il suo corpo vibrare per l’emozione di stare per ricevere una nuova proposta di lavoro, le stringi la mano e la sua voce diventa un suono indistinto mentre rileggi il nome, l’indirizzo e l’orario del colloquio con la tua possibile nuova datrice di lavoro, cercando di immaginare che tipo di persona sia.

Melanie si alza e ti trascina via con se, blaterando qualcosa su una festa della confraternita dei cinghiali sudati, non trattieni una smorfia e registri a malapena il fatto che il nome Simonne Green sta risuonando nel tuo cervello come un cupo campanello di allarme.
 

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Capitolo 2
*** Ch2 - Cul-de-sac. ***


Ch.2 – Cul-de-sac.
 
Come tuo solito sei ridicolmente in anticipo: hai passato gli ultimi dieci minuti a girare in macchina per il quartiere, studiandolo con l’occhio critico di chi fa il tuo mestiere, cercando il parco più grande o il supermercato più fornito, indovinando quali fossero i punti di ritrovo per le madri e la scuola e l’asilo più vicini, eppure devi comunque trovare il modo per riempire la prossima mezz’ora.

Alzi gli occhi al cielo verso te stessa, perché non è possibile che succeda sempre la stessa cosa tutte le volte, eppure eccoti lì: nervosa e fin troppo curata per un semplice colloquio di lavoro che hai praticamente già ottenuto.

Ti convinci che la colpa sia di Melanie e delle sue parole, quella stupida ha seguito da vicino ogni fase della tua preparazione, avvolta solo nel lenzuolo del suo letto e istruendoti nel dettaglio su che mosse ti avrebbero portata più vicina alla meta, ossia tra le gambe di questa povera mamma single, il vostro appartamento non ti è mai sembrato piccolo come stamattina. Non c’era modo di sfuggirle.

In realtà le sei grata, perché è una delle poche persone in grado di gestire con facilità la tua ansia perenne, la tua piccola Pi è l’unica in grado di gestire con facilità moltissime cose del tuo carattere ad essere sinceri, soprattutto la parte più cupa e autodistruttiva.

Il suo seguirti e dirti cose sconce era il suo particolarissimo e assurdo modo di aiutarti. Speri che non le sia costato il lavoro per il quale aveva un colloquio mezz’ora prima del tuo.

Hai un brivido di paura al solo constatare che lei si è infilata in doccia nel momento esatto in cui tu lasciavi l’appartamento. Sai con certezza che ha indossato un paio di jeans scuri, una maglietta bianca e la giacca di pelle, truccando gli occhi con il solo eyeliner, non curandosi minimamente di asciugare i capelli. Hai sempre odiato i suoi maledetti capelli, morbidi e setosi qualunque cosa lei faccia o non faccia loro, perfettamente opposti ai tuoi stramaledetti, disordinati mossi e crespi che richiedono litri di lozioni e ore di piastra per mantenere un aspetto a malapena decente. Senti il volto avvampare al ricordo delle parole di Melanie, che sostiene che i suoi capelli sono così lisci e morbidi grazie alla sua capacità di far godere le donne.

Hai sempre impedito al tuo cervello di capire cosa intendesse con quella frase.

Nonostante non sia passato praticamente nulla dall’ultima volta che hai controllato l’ora, decidi di cercare l’indirizzo, sperando di poter perdere ancora un po’ di tempo nel cercare parcheggio. Come c’è da aspettarsi in un quartiere residenziale costruito su misura per le famiglie, le staccionate sono perfettamente bianche, i prati così verdi da far male agli occhi, puoi sentire gli uccellini canticchiare sugli alberi, le macchine sono parcheggiate nei vialetti, la strada è completamente libera e c’è una crudele abbondanza di parcheggi.

Imprechi tra i denti e procedi a una velocità da pensionato cieco, scrutando velocemente i numeri che procedono ordinati alla tua destra, ti ritrovi in un cul-de-sac e i tuoi occhi si posano immediatamente su una villa, provi uno strano disagio e speri con tutta te stessa che non sia quella in cui vive la piccola famiglia Green.

Quando leggi il numero civico e ti rendi conto che si, ovviamente è esattamente quella la casa in cui sei attesa, fermi la macchina e sbatti la testa contro il volante chiedendoti cosa hai fatto di male nella tua vita, o in quelle precedenti.

Accendi la radio e decidi di passare i prossimi 24 minuti in macchina a cantare, sperando di prendere due piccioni con una fava e rilassarti. Tamburelli con le dita contro il volante e un uomo in tuta si avvicina così tanto al tuo finestrino che pensi ti debba chiedere qualcosa, riaccendi il quadro e abbassi il vetro sorridendo e pronta a sentire cosa voglia da te, l’uomo invece va via con l’aria schifata, ciondoli la testa confusa, ma ti richiudi velocemente nel tuo mondo, sfortunatamente per poco perché subito dopo succede una cosa altrettanto strana: notti dallo specchietto retrovisore una donna con un orribile barboncino bianco al guinzaglio scattare una foto al retro della tua…della macchina di Melanie.

Ti giri sul sedile per urlarle qualcosa, ma la donna fugge via.

Ti chiedi dove accidenti sei capitata.

Passa poco tempo prima che un vecchio appaia due staccionate più avanti e ti fissi con aria di sfida e a quel punto ti viene il dubbio che non siano avvenimenti separati ma che quelle persone ce l’abbiano effettivamente con te.

Realizzi di essere in un quartiere benestante in cui si conoscono tutti e di essere chiusa in macchina da quasi dieci minuti ormai, senza fare altro che guardarti attorno: probabilmente pensano tu sia una ladra o peggio, una pedofila.

Spegni la radio e scendi dalla macchina in un battito di ciglia, arrivare 20 minuti in anticipo ora non ti sembra la cosa peggiore al mondo.

Ti avvicini al cancello con passi lenti, riempiendo la mente di ogni dettaglio possibile, nel tentativo di realizzare cosa non ti piace di quella casa prima di entrarci. La cassetta della posta è la più bianca e brillante di tutte, sopra c’è stato applicato un pezzetto di carta plastificato con su scritto “Green-Carter”. Aggrotti le sopracciglia e ti chiedi a chi appartenga il secondo cognome, forse a un marito morto?

Ti sforzi di andare avanti, guardi il prato che sembra meno verde degli altri e ti rendi conto di cosa in quella villa stona davvero: non ci sono giocattoli sul prato. Nessuna altalena, nessun triciclo, palla o macchinina elettrica, nulla in quella casa mostra che ci abiti un bambino.

È la prima volta che capiti in un’abitazione così spoglia e temi che la tua amica abbia avuto ragione descrivendo la tua futura datrice di lavoro come una con un enorme bastone nel culo o con problemi ossessivi compulsivi.

Scuoti la testa e cerchi mille scusanti per quella stranezza, poggi la mano sul cancelletto di legno e la porta principale si apre e se pensavi di essere agitata prima, ti sbagliavi di grosso: alla vista di quella che hai la sensazione essere Simonne Green, ti si prosciuga la bocca e ti tremano violentemente le gambe.

È poco più alta di te, ma indossa tailleur e tacchi alti, dandoti l’impressione di essere sovrastata, ha i capelli neri legati molto stretti e una postura così eretta ed elegante da far invidia a una regina. Non sei abbastanza vicina da poter cogliere il colore dei suoi occhi, ma sei più che sicura siano in grado di incenerirti sul posto.

I tuoi muscoli rifiutano di obbedire ai tuoi ordini e rimani immobile alla ricerca di un suo qualsiasi invito a procedere, lei incrocia le braccia al petto e fa un cenno di assenso quasi impercettibile, prendi un respiro profondo e spingi il cancelletto, approfitti di doverti girare su te stessa per doverlo richiudere e ti ripeti:

“Calma Alex, calma. Va tutto bene, ce la puoi fare. Sei una brava baby sitter e non hai fatto nulla di male. Ce la puoi fare.”

Alzi lo sguardo e vedi ancora il vecchio che ti guarda con aria meno minacciosa ora, vorresti poter essere meno corretta, vorresti poter essere come Mel e mostrargli il dito medio, invece forzi un sorriso e riprendi la tua avanzata verso la donna in tailleur.

“Salve.” Hai alzato la voce per fare in modo lei ti sentisse, ma non ottieni nessuna risposta e pensi non ti essere riuscita nel tuo intento, fai qualche altro passo assimilando avidamente ogni dettaglio di quella stupenda casa coloniale e applicando su di essa tutti i tuoi studi da architetto.

“Buon Pomeriggio.” Provi ancora, questa volta a voce più alta “Io sono Alex Lewis, sono…”

“Sei in anticipo.” Il suo tono di voce è rimasto molto basso e mordi le labbra e senti le tue guance andare a fuoco alla realizzazione che ha evitato di risponderti perché non voleva urlare, cosa che tu hai fatto allegramente per tutto il tempo.

“Mi dispiace.” Sfili gli occhiali da sole e ti penti quasi subito di essere tanto ben educata da aver sentito il bisogno di farlo, perché gli occhi della donna che hai davanti sono talmente neri e profondi che ti senti rabbrividire.

“Non dispiacerti, è una cosa che apprezzo.”

Un sorriso ti esplode sul volto mentre lei ti tende una mano perfettamente curata, la accetti e mentre lei si presenta, tu ti perdi a pensare che perfino le sue mani sono eleganti, morbide, curate, sottili e con la perfetta quantità di anelli per non risultare pacchiana.

Vorresti poter vedere chiaramente anche la mano sinistra, benché ti abbiano detto sia una madre single, vuoi vedere se davvero non indossa la fede. Potrebbe forse essere una vedova?
“Simonne Green.”

“Ale…”

“Si lo so. Accomodati pure Alexandra. Eviterei di incuriosire ulteriormente i miei vicini.”

Abbassi la testa e ti senti avvampare, ma fai come ti è stato richiesto senza rispondere a quell’accusa.

Dentro casa ti assale la stessa sensazione sgradevole che hai provato fuori: tutto quello che puoi vedere è in legno scuro, dal parquet ai mobili e alle scale, il mogano e il bianco sono i colori predominanti e non c’è nulla che personalizzi l’ambiente, nessuna foto o giochi sparsi in giro.

“Perdona la confusione, ci siamo trasferiti di recente e non ho ancora avuto il tempo di sistemato tutto.”

Da una parte quell’informazione chiarisce molti dubbi, dall’altra ti lascia più confusa, perché è tutto talmente in ordine che ti sembra di essere entrata in una rivista.

Ti guida fino all’ampio salotto senza aggiungere altro, si siede su un divano e ti fa segno di sederti davanti a lei, tu obbedisci e speri non si accorga che sei tesa come una corda di violino.

“Hai per caso un curriculum da mostrarmi? Me l’hanno inviato dall’agenzia ma ho dimenticato di stamparlo.”

Prima ancora che lei finisca la frase hai estratto una cartellina dalla borsa e poco dopo le porgi i fogli. Scruta velocemente i tuoi dati ma da malapena uno sguardo ai tuoi precedenti lavori, si ferma di botto solo nella seconda pagina, dove sai esserci i tuoi studi. Ti muovi a disagio e non resisti a lungo prima che la tua ansia prenda il controllo su di te.

“Qualcosa non va’?”

Lei alza la testa e ti guarda come se avesse scordato tu fossi lì con lei e scoprirlo l’avesse messa a disagio.

“No, leggevo solo dei tuoi studi. Sei una studentessa della Shepard Univeristy?”

“Si, signora.”

“Hai dichiarato la major?”

“Architettura signora.” Non credi ci sia una grossa differenza di età tra di voi, pensi forse 5 o 6 anni, eppure sei grata di poterle dare del lei e mantenere un’educata distanza tra voi.

Questa donna ti spaventa proprio.

Annuisce e sembra soddisfatta, chiude il curriculum e tu tendi la mano per riprenderlo, ma lei lo poggia sul tavolino dal caffè, rendendoti chiaro che non ha intenzione di rendertelo. Strozzi un sospiro chiedendoti se smetterai di fare figuracce.

“Non so se ti abbiano già informata su quali siano i nostri bisogni.”

Annuisci e fai per parlare ma lei non sembra interessata ad ascoltare la tua risposta.

“Io lavoro dalle 9 alle 17, perciò il bambino posso portarlo io all’asilo, ma starebbe a te andarlo a riprendere, dal lunedì al venerdì alle 15.00. Io impiego un’ora a tornare a casa, ma avrei bisogno di lavorare un’ora anche da qui, perciò dovresti stare con lui dalle 15.00 alle 19.00. Non mi aspetto tu cucini o pulisca, pago una professionista per quello, devi occuparti solamente del bambino. È tutto chiaro?”

Vorresti chiederle come si chiama il bambino, ma temi che sottolineeresti che lei continua a chiamare suo figlio “bambino” e non per nome e sarebbe a dir poco rude da parte tua.

“Si signora.”

Prende una pila di fogli sul tavolino e te la porge, ti lascia il tempo di vedere di cosa si tratta: l’indirizzo dell’asilo, gli orari, i nomi delle maestre e una delega che devi firmare per poter andare a prendere il bambino al suo posto; il nome dell’azienda in cui lavora lei, i numeri di telefono e l’indirizzo e scoprì così che donna in tailleur lavora nel campo dell’informatica; il terzo foglio è un elenco delle allergie del bambino, il numero di telefono del pediatra e i cibi che il bambino è solito rifiutare (non hai nessuna intenzione di prendere in considerazione quest’ultima informazione, sui capricci non transigi.); nel foglio successivo ci sono i contatti personali della tua nuova datrice di lavoro, email, telefono privato e quello diretto del suo ufficio.

“Hai qualche domanda?”

“No signora.”

“Bene, direi rimangano solo tre cose da fare allora.”

Si alza e tu la imiti istintivamente, passi le mani sul vestitino che indossi per smussarne le pieghe e la segui.

La segui per le scale, in quello che credi essere un tour della casa, ignora invece diverse porte chiuse e va spedita all’unica aperta, entra e noti che il suo corpo si irrigidisce ulteriormente, non capisci perché finché non distogli l’attenzione da lei per guardati attorno e fai un sospiro di sollievo: questa stanza rientra negli standard conosciuti, al punto da essere quasi noiosa. La culla del bambino è nell’angolo vicino alla finestra, c’è una cassettiera, un fasciatoio, una libreria con pupazzi, giocattoli e libri, una scatola che sei certa contenere giochi, ma soprattutto c’è qualche fotografia sparsa qua e là, una è della signora Green con quello che indovini essere suo figlio, in un'altra c’è una coppia di anziani, nella terza, la più grande di tutte, c’è il bambino con un’altra donna dai capelli castani e gli enormi occhi color nocciola.

Ti chiedi chi sia quella donna e ti chiedi se in quella casa le donne siano tutte così assurdamente belle, prima di elaborare una risposta la signora Green parla in modo tanto diverso da pochi momenti fa che ti chiedi se sia la stessa persona.

“Eddie tesoro, svegliati.” Senti il lamento del bambino e vorresti sporgerti per poterlo finalmente vedere, ma non credi che la signora Green apprezzerebbe un’azione tanto avventata. La donna parla ancora e ora vorresti poter vedere il sorriso che senti nel tono della sua voce: “Coraggio dormiglione, svegliati. È ora della pappa.”

Vedi un fulmine apparire nel tuo campo visivo e ti senti bruciare da due occhi svegli e attenti che ti studiano con incredibile intensità.

Ok, oltre la bellezza, anche l’intensità degli sguardi deve essere una cosa di famiglia.

Eddie è un bambino di un anno con le gote rosse e paffute, succhia il ciuccio con fierezza quindi non vedi grossa parte del suo viso, ma puoi vedere i suoi enormi occhi color miele e i capelli castani sparati in tutte le direzioni.

La tua datrice di lavoro si china per prenderlo, rivelando il suo pigiamino di batman e tu non puoi non sorridere per la tenerezza di quel pigiama o per la dolcezza con cui la regina di ghiaccio parla a suo figlio.

“Eddie di ciao a Alex. È la tua nuova tata.”

Il bambino mormora qualcosa che hai il sospetto sarebbe incomprensibile anche senza il ciuccio, la signora Green sorride e gli sistema i capelli per poi avvicinarlo a te, lui scuote la testa con forza, nascondendosi poi contro il collo di sua madre.

“No? Non la vuoi conoscere?” È costretta a metterlo a terra appena finisce la frase, visto il vigore con il quale il bambino si sta ribellando. Lui sgambetta verso la porta, ti gira attorno mantenendo la maggior distanza possibile tra voi e dondolando le mani, sua madre lo guarda farlo con l’aria preoccupata, tu ti limiti a guardare il soffitto mordendo le labbra in attesa che il bambino ti si avvicini volontariamente. Al terzo goffo giro del principino la padrona di casa si mette accanto a te e ti prende la mano, vi irrigidite entrambe a quel contatto intimo, ti giri a guardarla e capisci dal suo sorriso forzato cosa sta cercando di fare.

“È una persona che mi piace molto Eddie. Puoi fidarti.”

Ti senti avvampare e speri che lei non se ne sia accorta, il bambino si ferma di botto e corre verso di voi.

“Ed non correre, fai piano.”

Eddie la ignora, le tocca un ginocchio con la manina grassoccia e poi alza le braccia verso di te, guardi la madre per chiedere il permesso e lei fai ancora quell’impercettibile cenno di assenso e tu ti pieghi sulle gambe per prenderlo in braccio. Il piccolo, glaciale principe, non si rilassa tra le tue braccia, al contrario, è rigido e ti guarda con sospetto.

Tale madre…

Gli sorridi e lui ti colpisce in piena fronte con la mano aperta. Rimani perfettamente immobile perché non hai idea di come reagire, la signora Green sbuffa e te lo toglie dalle braccia.

“Devi aspettare l’altra persona sia pronta, Eddie.”

Guardi la tua ormai non più probabile datrice di lavoro in preda alla confusione, lei alza gli occhi al cielo: “Quando qualcuno gli piace, vuole dargli il cinque. Non ha ancora imparato bene come fare. Coraggio Eddie, fai una carezza ad Alex per chiederle scusa.” Te lo avvicina e il bambino obbedisce sfiorandoti il viso con la punta delle dita “Ora il cinque.”

Non capisci se la signora Green stia dando l’indicazione a te o al bambino e sei quasi certa sia per entrambi, perciò avvicini la mano aperta verso il principino, che la colpisce con tutta la forza di cui è capace.

La padrona di casa alza ancora gli occhi al cielo, ma sorride.

“Andiamo a fare le ultime cose?”

“S…si, certo.” Quando sorride e allenta un po’ il controllo, trovi sia davvero bella. La segui al piano inferiore, dove ti porge il contratto standard fornito dall’agenzia e che sai praticamente a memoria e un mazzo di quattro chiavi.

“Ti chiedo scusa per il breve preavviso, ma potresti iniziare domani pomeriggio?”

“Si signora.”

Ti ritrovi in macchina e sulla via del ritorno prima ancora di rendertene conto, praticamente hai finito il colloquio nell’esatto momento in cui avresti dovuto iniziarlo. La sensazione sgradevole è passata, sostituita da molteplici domande, su chi sia Simonne Green, chi la misteriosa donna della foto e a chi appartenga il cognome Carter.

Prima di far partire i tuoi soliti film, fai partire una chiamata dal telefono.

“Te la sei scopata Pi?”

“Hai avuto il lavoro Pi?”

“Certo che si e la mamma è un bel bocconcino. Allora, te la sei scopata Pi?”

“No.” La senti sbuffare, ma smette appena sente che non hai finito di parlare “Ma avevi ragione tu.”

“Come sempre.”

“Non mi chiedi riguardo a cosa?”

“No, lo so.”

Alzi gli occhi al cielo e scuoti la testa “A si?”

“Certo che si.”

“E su cosa, sentiamo?”

“Ha un enorme palo piantato nel culo.”

Sospiri “Si, ha un enorme palo piantato nel culo.”

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Capitolo 3
*** Ch3 - Errore di sistema ***


Ch.3 – Errore di sistema.
 
 
Simonne Green potrà anche essere la regina di ghiaccio, ma lavorare per lei è uno degli impieghi più piacevoli tu abbia mai avuto. A differenza di tutte le altre mamme, non è particolarmente apprensiva o asfissiante, ti lascia carta bianca praticamente su tutto quello che riguarda il piccolo Eddie e, quando è a casa con voi, non mette la testa fuori dal suo studio finché non sei tu a bussare alla sua porta per avvertirla che stai andando via e che il bambino ha mangiato ed è pronto per andare al letto. Se questo non fosse abbastanza piacevole: ti paga giornalmente, facendoti trovare una bustina con i soldi all’ingresso, vicino alle chiavi della tua macchina.

È davvero un ottimo lavoro.

Il piccolo Eddie è un bambino tutto sommato molto buono, adora mangiare ed è sufficiente ti veda addentare qualcosa affichè lui provi l’irrefrenabile bisogno di strappartela di mano e mangiarla al tuo posto, il suo unico difetto è che sa dire solo una parola: mamma.

Qualunque cosa lui voglia comunicarti usa quella sola parola e anche se sei perfettamente consapevole che non la intenda in quel modo, arrossisci come una perfetta idiota.

Tutte. Le. Maledette. Volte.

A parte questo dettaglio, la sua passione per le cose rumorose (ti chiedi chi sia il pazzo che gli ha regalato una batteria per bambini) e il suo bisogno di lanciare tutto quello che gli capita a tiro, è un bambino tranquillo e badare a lui è decisamente semplice, al punto che Simonne ti ha detto più che chiaramente che non devi passare il tuo tempo a fissarlo mentre gioca, che se il bambino non ha bisogno di te e tu sei in grado di mantenere la concentrazione in una situazione potenzialmente caotica, puoi tranquillamente studiare o lavorare a qualche progetto mentre sei lì.

Considerando che hai sempre un qualche progetto la cui scadenza si avvicina sempre troppo velocemente, sei stata più che felice di accettare questa proposta. Perciò nelle due settimane passate, questa è diventata la vostra routine: dopo aver dato da mangiare al piccolo pozzo senza fondo, vi ritirate nella camera dei giochi, Ed sbatte qualcosa o ti lancia contro le palline, tu stai seduta sul pavimento, il portatile su uno dei tavolini da bambino e lavori a un progetto, giocando di tanto con lui e controllando che non si faccia del male; Simonne torna, saluta il bambino prendendolo in braccio e baciandolo, ti chiede come è andata la giornata e poi si ritira nel suo studio per un’altra ora.

È esattamente quello che ti aspetti accadrà anche oggi: stai lavorando al progetto di una chiesa che devi consegnare domattina e che odi con tutte le tue forze, dato che ci stai lavorando da più di un mese e che hai passato le ultime tre notti sveglia su queste dannate quattro mura. Per tua enorme fortuna Ed è più silenzioso del solito o forse tu sei troppo concentrata per sentirlo.

Nell’esatto momento in cui decidi che, una volta sistemati gli ultimi dettagli, gli darai una grossa porzione di gelato per ringraziarlo, senti la sua vocina urlarti contro.

“Maaaaammaaaaaaa.”

Alzi gli occhi al cielo ma ti giri comunque verso di lui. “Che c’è Eddie?”

Ti forza a prenderlo in braccio e ti afferra una ciocca di capelli, iniziando immediatamente a giocherellarci. “Hai fatto la pipi?” Senti se il peso del panno che indossa sia aumentato, ma lui scuote la testa ed effettivamente non sembra abbia bisogno di essere cambiato.

“Hai sete?”

“Mamma!”

“Ok allora…vediamo dov’è l’acqua?” Ti sporgi oltre il portatile, lanciando l’ennesima occhiata d’odio al progetto, prendi la bottiglietta d’acqua e fai scattare il tappo in modo che il principino possa bere da solo, lui te la strappa di mano con le sue manine grassocce e ti guarda mentre beve e non capisci se ti stia ringraziando per avergliela data o se ti stia rimproverando per non sai nemmeno tu cosa. Quando ha finito di bere, ti porge la bottiglia, tu fingi di bere a tua volta e lui annuisce soddisfatto, afferra il tappo e lo infila sgraziatamente al suo posto, si gira su se stesso e fissa il monitor. Allunga una manina per toccare la tastiera e tu scatti come una molla.

“NO EDDIE!!!!”

Si ferma e ti guarda con aria ferita facendoti sentire subito in colpa. “Scusa Eddie, ma quello è un lavoro importante per me.”

Riallunga la manina e con aria di sfida sfiora la tastiera, ti irrigidisci, lui ritira la mano e scuote la testa, sorridendo. Mordi le labbra e sorridi con lui.

“Sei sadico lo sai si?” Ti fa una goffa carezza sulla guancia e scoppi a ridere, lui fa lo stesso perché adora quando un adulto ride a causa sua, ti giri ancora a guardare il monitor del portatile e lo trovi spaventosamente nero.

Sgrani gli occhi e tocchi il mouse nella speranza che si riaccenda o risponda in qualche modo, ma non succede assolutamente nulla.

“Merda, merda, merda.”

“Mamma?”

Tremi come una foglia e ti si sono riempiti gli occhi di lacrime, ma cerchi di nasconderlo al piccolo principino.

Cerchi di ragionare, di capire quale sia il problema, un istante prima il progetto era lì e il computer funzionava, un istante dopo, più nulla.

Sei sicura di non aver toccato nessun tasto o che nemmeno Eddie abbia toccato nulla, ha solo finto di farlo.

“Mamma, mamma, mamma.”

“Non lo so, Ed, non lo so.” Sposti il bambino, che si siede sul pavimento accanto a te posandoti la manina sulla gamba e guardandoti con aria preoccupata, e provi a premere tasti a caso, nella speranza che scenda lo spirito santo dal cielo e faccia partire questa dannata macchina. D’altronde stai progettando una chiesa, no? Perché non dovrebbero aiutarti?

All’ennesimo, patetico, tentativo fallito, scoppi a piangere come una bambina, Eddie si alza in piedi e ti butta le braccina al collo.

“Mamma?”

“Non è nulla Eddie, non è nulla.” Nascondi il volto tra le mani e non riesci più a contenere la disperazione e non trovi una ragione valida per sforzarti farlo: continui a piangere come una bambina che ha rotto la sua bambola preferita.

“Alex? Va tutto bene?”

Cerchi disperatamente di nascondere le lacrime per affrontare la padrona di casa, stranamente il principino non si stacca da te, continua ad abbracciarti. Ti alzi in piedi e lo porti con te.

“Signora Green…io…si…io…” Continui pateticamente a singhiozzare.

Simonne si avvicina a te e ti prende il bambino dalle braccia, dopo averlo fatto ti poggia una mano sulla spalla e la muove appena, è evidentemente a disagio ma il gesto è sufficiente per farti scoppiare a piangere più forte.

“Sono una stupida, mi perdoni.”

“Maaaammaaaaa, maaaaammaaaaaa.” 

La donna sistema meglio suo figlio su un braccio e ti guarda attentamente, con tanta intensità da farti sentire peggio, quasi preferiresti la sua versione glaciale e che il tuo computer non ti avesse lasciato nella merda, ovviamente.

Simonne lascia la stanza e tu cadi praticamente a sedere a terra e continui a piangere con la testa poggiata sulla tastiera, non hai idea di quanto tempo sia passato, ma la donna torna con in mano un bicchiere d’acqua, te lo porge e si mette a sedere sul pavimento accanto a te, il tutto è tanto strano da strapparti letteralmente dalla tua disperazione.

“Signora Green…”

La tua datrice di lavoro scoppia a ridere e, seguendo il suo sguardo, scoppi a ridere subito dopo anche tu: Eddie è entrato nella stanza con in mano un bicchiere di plastica vuoto e te lo porge con aria soddisfatta e preoccupata. Fingi di bere e poi bevi veramente da quello che ti ha portato sua madre.

“Va meglio ora?”

Annuisci ma non incontri il suo sguardo, tieni la testa bassa e ti fissi le mani poggiate sul grembo.

Hai la sensazione che la tua datrice ti voglia toccare ancora, ma non lo fa.

“Vuoi dirmi cos’è successo? Posso aiutarti in qualche modo?”

Sembra non avere pensato nemmeno per un istante che possa essere successo qualcosa a Eddie, è come se sapesse che è qualcosa che ha a che fare solo con te.

“No…io e Eddie stavamo….” Singhiozzi ancora.

“Parti dall’inizio Alex.” Il tono è lo stesso che usa per parlare con suo figlio e ti rendi conto di starti comportando come una bambina.

“Stavo lavorando a un progetto.”

“Si?”

“Mamma?”

Sorridi e prendi in braccio il principino.

“Ho distolto lo sguardo per un attimo dallo schermo, il tempo di dar da bere ad Ed e il computer…è semplicemente morto.”

“Hai provato a collegarlo alla corrente?”

Ok, non sarai un genio dell’informatica ma non sei nemmeno così stupida, scuoti la testa e gli occhi ti si sono di nuovo riempiti di lacrime.

“Era carico.”

“Hai il cavo?”

“Si nella…”

Simonne si alza, prende la borsa e il cavo, lo attacca alla presa più vicina e sposta il tavolino in modo da poterlo collegare al pc, che rimane ostinatamente scuro. La donna mormora qualcosa che non capisci, si gira verso di te e ti fa delle domande talmente difficili che non sei in grado di ripeterle. Il tuo sguardo deve essere così confuso e stupido che riprende a ignorarti, si alza e lascia la stanza e tu giocherelli con il bambino perché al momento non hai idea di cos’altro potresti fare. Simonne torna con il suo portatile in mano, si mette a sedere senza aggiungere una parola e li collega.

Non sai perché ma ti sembra di stare assistendo a qualcosa di intimo, così ti alzi ed esci dalla stanza, ti dirigi in camera di Eddie e gli leggi uno dei sui libri per bambini, mentre lui tocca tutte le pagine, fa i versi degli animali che vede, o meglio, abbia per tutti gli animali, e ti da un cinque appena fai qualcosa che gli piace particolarmente, quasi sempre il verso di un animale che lui ha sbagliato.

Solo quando il principino crolla addormentato tra le tue braccia, ti rendi conto che è passato molto tempo da quando Simonne ha iniziato a lavorare al tuo portatile, dunque infili il bell’addormentato nel suo pigiamino di dead pool, e ti chiedi chi possa aver scelto il pigiama di un eroe decisamente non appropriato ad un bambino così piccolo, lo sistemi nella culla e gli rimbocchi le coperte, spegni la luce e lasci la stanza.

Torni con passo incerto fino alla camera dei giochi: Simonne è ancora lì, ha sciolto i capelli e sfilato la giacca, il suo sguardo è concentrato sui due computer e non hai alcuna intenzione di dire nulla che la possa disturbare.

Tuttavia non riesci ad allontanarti da quella visione meravigliosa: hai fatto di tutto per non vederla come una donna, ma la sua bellezza è indiscutibile. Sospira e si massaggia le tempie, tu ti nascondi dietro la porta e ti senti una merda per averla costretta a lavorare per te.

Ti allontani a passi veloci da quella stanzetta e decidi che è tuo dovere fare qualcosa in cambio, perciò vai fino alla cucina pensando di portarle qualcosa da bere, vorresti cucinare qualcosa per lei, ma Mel non te lo perdonerebbe mai. Guardi l’ora e vedendo che sono passate le 21, decidi che Melianie non è lì e non può giudicare, perciò sei libera di agire come meglio credi. Hai un ultimo attimo di indecisione e poi apri il frigo, quella donna sta lavorando per salvare il culo a te, il minimo tu possa fare è sfamarla.

Non hai la minima idea di cosa le piaccia mangiare, né cosa le donne del suo calibro mangino di solito, le tue capacità culinarie non sono male, ma non sei in grado di cucinare nulla di sofisticato. Opti per un’insalata con il pollo e una bottiglia d’acqua, anche se sei quasi certa sia una donna da vino bianco e da lingerie in pizzo nero.

A questo pensiero rischi di bruciarti con la padella nella quale stai rosolando il pollo, è un pensiero pericolosamente sbagliato: non puoi fare pensieri del genere sulla tua datrice di lavoro, tu non sei Melanie e lei non è solo un pezzo di carne.

Ti bagni il volto con l’acqua fredda, cercando di cancellare l’immagine della tua datrice di lavoro china davanti al tuo computer, trovi un vassoio e il necessario e torni al piano superiore.

Il tuo volto esplode in un sorriso appena vedi che il tuo stramaledetto portatile ha ripreso a funzionare, ma dura poco perché ti accorgi subito che si è riavviato si, ma ha come sfondo del desktop una foto tua e di Tara delle ultime vacanze estive.

Vorresti la terra ti inghiottisse prima di subito.

Simonne alza la testa e anche il suo sorriso sparisce subito dal suo volto, mentre ti guarda con aria interrogativa.

“Le ho preparato una piccola cena. Non sapevo cosa le…”

“Non avresti dovuto.” Ha di nuovo il bastone infilato nel culo e speri di non aver appena perso il lavoro.

“Lei sta facendo qualcosa per me, io ho pensato che…”

Come suo solito, ti guarda a lungo e intensamente, ma alla fine si sposta leggermente verso destro facendoti spazio e tu ti metti a sedere accanto a lei. Rimani come una perfetta idiota con il vassoio tra le mani, mentre passi lo sguardo da lei ai due monitor, al suo monitor, il tuo lo eviti come la peste.

“Sono riuscita a riportarlo al tuo ultimo backup. Che non era particolarmente recente, dovresti farglielo fare più spesso.”

Arrossisci e affossi la testa nelle spalle, sono cose che di solito fa tuo fratello minore quando torni a casa e per Natale non sei tornata, quindi l’ha fatto per l’ultima volta d’estate. Ecco spiegato il mistero della foto tua e di Tara.

Simonne ti prende il vassoio di mano, mormora un grazie e inizia a mangiare, digitando di tanto in tanto qualcosa sulla sua tastiera, ti guarda di sbieco e alla fine ti sorride nello stesso modo in cui sorride a Eddie:
“Puoi togliere la foto se vuoi.” Lancia la frase come se non avesse importanza e si concentra ancora sull’insalata, tu arrossisci di più, ma ti liberi lo stesso di quella maledetta foto, sostituendola con una di default.

“Grazie.” Vorresti ringraziarla per aver riacceso il tuo computer, ma sembra tu lo stia facendo per averti permesso di togliere la foto.

Come se facesse differenza.

“A breve dovrebbe recuperare anche gli ultimi files salvati, quindi, a parte i programmi che hai installato da luglio a questa parte, dovrei aver recuperato tutto il resto.”

“La ringrazio, non so cosa avrei fatto senza il suo aiuto.” Senti la gratitudine salirti agli occhi in una forma troppo liquida per i tuoi gusti.

“Non è nulla, davvero.”

Rimanete sedute in silenzio, finché una finestra non appare sul tuo portatile, lei digita qualcosa sul suo, li scollega e fa partire Autocad nel tuo, passano minuti interminabili e il tuo progetto riappare esattamente com’era l’ultima volta che l’hai visto.

Scoppi a piangere per la gioia, Simonne ti sfiora la schiena con una mano, si alza e va via, portandosi via la sua cena.

Salvi il file almeno sette volte, afferri una chiavina usb dalla borsa e lo salvi anche lì, perché non si sa mai. Mancano le ultime modifiche ma è sempre meglio averlo così che non averlo affatto, spegni il computer e riordini la stanza, prima di scendere al piano terra per andare via. Simonne è in cucina e lava gli unici piatti che non hai lavato tu.

“Io vado.”

“Va bene. A domani Alex.”

“A domani e…grazie infinite. Senza di lei io non avrei saputo come fare.”

Chiude l’acqua e si gira verso di te, si poggia alla cucina e asciuga lentamente le mani. “Non è nulla, davvero.”

“No, sono in debito con lei.”

“Hai cucinato per me, direi che siamo pari.” Apri la bocca per dissentire ancora una volta ma lo sguardo che ti lancia ti fa mordere la lingua. “Non mi devi nulla, Alex.”

Abbassi la testa e mormori qualcosa di cui non sei certa nemmeno tu.

“Buona Notte Alex.”

“Buona Notte signora Green.”

Attraversi la casa al buio, prendi la solita busta con i soldi dall’ingresso ed entri in macchina. Una volta lì, infili i soldi nel portafoglio e ti accorgi che sono più del solito, li conti e capisci che la signora Green ti ha pagato per tutte le ore che sei rimasta lì, anche se non stavi lavorando ed eri lì per causa tua e non del lavoro.

Scendi dalla macchina, decisa a renderle i soldi in più, ma il tuo sguardo viene attirato dall’unica luce della casa, Simonne ti sta guardando da una finestra in un modo che ti ha portato via tutte le energie.

Ti senti sconfitta e sai che quella dei soldi non è l’unica guerra che hai appena perso, la tua datrice di lavoro si gira su se stessa e sparisce dentro casa, tu ti lasci andare contro la macchina.

“Fanculo.”

Simonne Green non è più solo una mamma, Simonne Green è appena diventata una donna meravigliosa.

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Capitolo 4
*** Ch4 - El ***


Ch.4 - El
 
 
Nuova settimana, nuova routine.

Appena hai aperto gli occhi su quanto meravigliosa sia Simonne Green, hai deciso che non puoi permetterti di avere a che fare con lei, non puoi posare i tuoi su di lei, non puoi sentire la tua voce, non puoi rischiare di vederla sorridere ancora una volta, ancor meglio, non puoi rischiare ti tocchi con le sue lunghe mani perfette.

Perciò prendi Eddie all’asilo, lo porti a casa e giocate o lui gioca e tu studi, quando poi si avvicina l’ora del rientro a casa della signora Green, lo vesti, lo porti alla fermata dell’autobus e andate al tuo solito parco.

È stupido, ci sono molti parchi vicino a casa Green-Carter, (ancora non sai chi accidenti sia questo Carter), eppure non riesci ad andarci, preferisci la sicurezza del parco vicino alla tua facoltà. Oggi però c’è una differenza: hai invitato Melanie a raggiungerti.

Non sai perché non l’hai fatto prima, probabilmente una parte di te è gelosa di Eddie e di tutto quello che riguarda questa famiglia, ed è una novità che non ti piace: sei sempre stata molto professionale, ti sei sempre sforzata di mantenere più distacco possibile tra te e le famiglie nelle quali sei entrata, ma con i Green non riesci.

I Green hanno qualcosa alla quale non riesci a resistere.

Guardi Eddie allontanarsi schifato da un bambino con il viso sporco di cibo e sorridi, è davvero il figlio della regina di ghiaccio, un passeggino ti passa davanti e subito dopo Mel si siede accanto a te con uno sbuffo.

“Ciao Pi.”

“Allora, te la sei scopata Pi?”

Grugnisci e lasci cadere la testa all’indietro mentre la tua amica ti sorride con aria innocente.

“Smetterai mai con questa solfa?”

“Certamente, quando te la scoperai.” Afferra un lenzuolino da sotto il passeggino e lo usa come tenda affinché la neonata che ci sta dormendo non venga disturbata dal sole.

“Posso vedere la bambina?”

Fa una smorfia di disgusto e ti fa segno di procedere pure. “A tuo rischio e pericolo.”

Ridacchi, perché Mel sa essere davvero stronza con i bambini.

“Ne riparleremo tra 18 anni quando potrai…” la frase ti strozza in gola, perché la piccola Dolly è davvero bruttina, fingi di essere comunque intenerita, ma sei più che lieta di nasconderla alla vista.

“Chi aveva ragione?”

“Maamma?” L’urgenza nella vocina del piccolo principe attira subito la vostra attenzione, lui sta sgambettando verso di voi con aria infastidita e, come sempre, hai paura che cada ad ogni passo. Arriva miracolosamente incolume fino a voi, sbatte contro di te, si aggrappa alle tue gambe e piagnucola ancora:
“Mamma mamma mamma.”

Melanie alza un sopracciglio scettico mentre tu lo prendi in braccio.

“Ti chiama mamma?”

Alzi gli occhi al cielo ma sorridi.

“Chiama tutto e tutti mamma, anche la cacca o l’autista dell’autobus.”

La tua amica stringe le labbra e avvicina al volto a quello del bambino. “Ciao Eddie.”

Il principino reagisce come sempre quando incontra qualcuno di nuovo: agita la manina per salutarlo, ma si stringe addosso a te.

“Questa è la mia amica Melanie, Eddie.”

Lui ti guarda e alza la manina per darti il cinque e ora hai imparato e la intercetti prima che ti colpisca in pieno viso.

“Hai sete Eddie?”

Annuisce e ti guarda con i suoi occhioni color miele mentre tu rovisti nella borsa alla ricerca della bottiglietta d’acqua.

“Eddie, sai che Alex si vuole scopare la tua cara mammina?”

La colpisci con forza su un braccio e sibili tra i denti:
“Non dirgli queste cose.”

“È solo un bambino, cosa vuoi che capisca?”

Eddie finisce di bere e inizia a giocare con una ciocca dei tuoi capelli, ignorandovi completamente.

“Quindi è vero.”

“Cosa?” Muovi la gamba sul quale è seduto Eddie e lui squittisce di gioia e batte le mani, lo fai ancora e lui sorride aggrappandosi a te con tutte le sue forze.

“Vuoi scop…” La fulmini e lei ridacchia “Vuoi approfondire la tua conoscenza con la signora Green.”

Smetti di muovere la gamba e il bambino ti fissa con disappunto.

“Come l’hai…”

“Andiamo Pi, dall’incidente del computer passi tutti i pomeriggi qui. Non è da te e non è normale.”

“È per far prendere aria a…”

Ti guarda con rimprovero, ma prima ti possa dire qualcosa il principino ti colpisce in piena fronte e questa volta non voleva darti il cinque, ne sei più che sicura.

La tua amica si schiera dalla parte del principe di ghiaccio, scoppia a ridere e si alza.

“Questo bambino mi piace molto. Vuoi venire con la zia Mel, Ed?”

Non se lo fa ripetere due volte, alza le manine e quasi si butta verso di lei, la tua amica è pronta a prenderlo al volo, gira su se stessa e lui squittisce di gioia, Melanie se lo issa sulle spalle e trotterella attorno alla panchina, li guardi ridere insieme e sorridi, anche se il tuo pensiero è alla signora Green.

“Ho iniziato a vederla come una donna.”

La tua amica si ferma di botto e, nonostante la serietà della tua dichiarazione, non puoi non sorridere perché lei e Eddie hanno la stessa espressione confusa dipinta sul volto, anche se per motivi completamente diversi.

“Cosa significa che…oh…” Vedi la realizzazione illuminarle il volto, mentre il bambino le tamburella felice sulla testa. “Ti piace. Mamma Green ti piace.”

“Non è che…” Ancora, non finisci la frase, con chiunque altro l’avresti fatto, con Melanie non occorre, lei lo sa. Sa che se qualcuno fa breccia nella tua indifferenza impieghi pochi secondi a prendere una cotta colossale, non sa però quanto poco impieghi a passare dalla cotta all’innamoramento perché vi siete conosciute il primo anno di università e…beh…Tara.

Ha visto come è cresciuta velocemente la cotta per lei però ed è stato quello che ha fatto nascere la vostra amicizia, ha avuto rispetto per la purezza dei tuoi sentimenti, per il tuo dare valore alle cose e non ti ha mai portata a letto.

Sospira e fa una smorfia. “Mi dispiace Pi.”

Eddie afferra i suoi capelli con entrambe le mani e scalcia, ma non sembra volere che lei si muova, lo fa solo perché può farlo ed è a suo agio sulle sue spalle, la tua amica non sembra farci nemmeno caso.

Scuoti la testa: “Non è nulla, passerà presto.”

“Se osa farti del male, giuro che rapisco questo ragazzino.”

La guardi pronta a scoppiare a ridere con lei, ma ha lo sguardo serio e tu le sorridi. “Non dovrai arrivare a tanto.”

Ti alzi in piedi e scoppi a ridere perché Eddie seduto sulle spalle di Mel è ancora più basso di te, la tua amica stringe gli occhi ma non capisce cosa abbia causato la tua risata, o finge di non capirlo.

“Andiamo principino, è ora di tornare dalla mamma.”

“Mamma?”

Annuisci. “Si, mamma.”

Mel piega le gambe per fare in modo tu possa prendere il bambino con più facilità:
“Ci vediamo a casa Pi?”

Annuisci “Si Pi.”

“Pizza?”

“Pizza!”

Melanie si alza sulle punte e bacia il principino sulla guancia “Ciao Eddie, spero di rivederti presto.”

Sistema la giacca in pelle che indossa e abbassa il lenzuolo che copre il passeggino con una smorfia: “Bleah, sei ancora brutta.” Si gira verso di voi e vi fa ciao con la mano, Eddie si irrigidisce e:
“Eel.”

Rimanete entrambe di sasso, lo guardate e poi vi guardate “Ha appena…”

“Non ci credo, non è possibile.”

“Come glielo facciamo ripetere?”

Scrolli le spalle e tenti nel modo più semplice di tutti: “Eddie come si chiama lei? Chi è lei?”

Il bambino riempie le guance d’aria e ti guarda con aria corrucciata, quasi offesa, Melanie ridacchia.

“Proviamo così.” Si gira e finge di andare via, la sua tattica funziona, il piccolo principe del ghiaccio s’irrigidisce ancora.

“Eeeeeeeell”

Torna indietro di corsa e gli fa il solletico, lui ride e si sporge verso di lei che lo prende e gli stampa un bacio sulla guancia.

“Voglio provare anche io.” Ti giri e ti allontani da loro, ma il bambino non ti richiama indietro.

“Di ciao a Alex, Eddie. Ciaoo Alex.”

“Mamma?” Grugnisci e Melanie scoppia a ridere, contagiando subito il bambino e poi te.

“Sei un ingrato Eddie Green. Sono io la tua baby sitter, da più di un mese ormai, dovresti pronunciare il mio nome, non il suo.”

“Mamma?”

“Perché non la chiami Pi, Eddie?” Le strappi il bambino dalle mani e vorresti strapparle anche quel sorriso compiaciuto.

“Sei una stro….”

“Ehi, le parole Alex. Le parole!” Si avvicina al bambino che le stampa un umidissimo bacio appiccicoso su una guancia, mordi le labbra, perché non ha mai fatto nemmeno questo con te: manate sulla fronte quante ne vuoi, baci nemmeno l’ombra.

Afferri la borsa di quel piccolo ingrato e giri sui tacchi, irrazionalmente offesa dall’accaduto, Eddie si sporge oltre la tua spalla e continua ad agitare la manina in direzione della tua amica.

“Elelelelel!”

“Si, abbiamo capito, lo sai dire. Dille addio però, perché non la vedrai più.”

Il bambino sospira e poggia la testolina contro la tua spalla, gli pianti un bacio sui capelli e gli accarezzi sulla schiena, sentendoti una merda enorme.

“Coraggio, ora si torna dalla mamma.”

“Mamma?”

“Si, dalla tua stupenda e bellissima mamma.”

Speri di poter fuggire da quella casa il più velocemente possibile.

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Capitolo 5
*** Ch5 - Nuove routine ***


ch.5 – Nuove routine
 
 
Hai la netta sensazione di non riuscire ad abituarti a una situazione che in casa Green se ne presenta subito una nuova. La novità di questa settimana è che alcuni importanti clienti della ditta in cui lavora la tua datrice sono in città, e lei è ovviamente incastrata con loro, con cene e riunioni che si protraggono fino a tarda sera. Il che significa che tu sei incastrata in quella casa, spesso a non fare nulla, perché il piccolo Eddie si addormenta presto e dorme come un sasso fino alla mattina successiva.

Stasera non fa nessuna eccezione, hai provato a studiare, hai buttato giù qualche idea per il progetto di una villa Tudor che devi consegnare tra un mese, ma sei troppo stanca per ragionare lucidamente: svegliarti tutti i giorni alle 6 del mattino e lavorare fino a tarda sera non è il massimo per il tuo corpo, perciò ti colleghi a Netflix e scegli di vedere una commediola romantica da due soldi sdraiata nel divano, tenendo il monitor collegato alla telecamera sensibile al movimento in camera del piccolo Eddie a portata di mano, insomma sei pronta a tutto.

Pronta a tutto, in questo caso specifico, significa crollare addormentata e venire svegliata da una mano che ti scuote dolcemente.

“Alex.”

Grugnisci e affondi di più la testa sul cuscino. “Mel, lasciami dormire, ti prego…”

La mano ti scuote ancora, registri che c’è qualcosa di strano, la mano è poggiata sul tuo ventre, subito sotto il tuo sterno e non è per niente familiare.

“Coraggio Alex, apri gli occhi. Mi dispiace di aver fatto così tardi.”

Non capisci perché Melanie si stia scusando con te o perché la sua frase sia priva di insulti, non capisci nemmeno perché il suo profumo sia così dolce e abbia fatto accelerare i battiti del tuo cuore.

Appena riconosci di chi sia quel profumo, apri gli occhi e cerchi di alzarti.

“Signora Green…mi dispiace io…”

La mano sul tuo ventre rimane ferma e ti impedisce di alzarti, la tua datrice di lavoro ti guarda negli occhi senza parlare e sei stupita di quanto il suo aspetto appia stanco, ma hai la sensazione non sia il lavoro a portarle via energie. La tua mente. offuscata dal sonno, interpreta il suo sguardo come un rimprovero, cerchi dunque di alzarti e di dire qualcosa in tua discolpa.

“Stavo guardando un film perché Eddie dorme…e ho il monitor a portata…se si fosse alzato avrei…” Guardi il monitor in preda alla paura, perché non sei sicura vada tutto bene, visto quanto profondo arriva a diventare il tuo sonno quando sei così stanca, la mano di Simonne ti impedisce ancora di muoverti mentre con l’altra ti afferra il viso e ti costringe a guardarla.

Un campanello di allarme suona nel tuo cervello perché quel contatto è troppo intimo e inusuale tra voi.

“Eddie sta bene.” Si avvicina a te, lentamente e passando lo sguardo dai tuoi occhi alle tue labbra ed è sufficiente perché il tuo corpo vada a fuoco e il desiderio esploda tra le tue gambe.

Non sei mai stata con una donna più grande di te e di tale fascino ed eleganza, non sei mai stata con una donna per la quali lavoravi e, a essere sincera, non si mai stata con qualcuno come la signora Green e non riesci a credere possa succedere veramente, sei convinta di stare sognando o di essere confusa per la stanchezza.

“L’ho controllato prima di svegliarti.” Le sue parole sono un respiro caldo sulle tue labbra e tu chiudi gli occhi perché stai letteralmente affogando nella profondità dei suoi.

Il primo tocco delle sue labbra sulle tue è molto leggero, rimani immobile perché è stato sufficiente a farti dimenticare come respirare, ma ti ha reso dolorosamente consapevole di quella mano posata sul tuo ventre, così vicina al tuo seno.

“Signora Green.”

Ti bacia ancora e tu non sai rispondere a quel bacio, ma non è sufficiente a fermarla: scende sul tuo collo e le sue labbra ti sfiorano e più i suoi baci sono leggeri, più ti senti bruciare. La mano sul tuo ventre sale ad accarezzarti un seno e vorresti essere nuda e poterne sentire la morbidezza contro la tua pelle, senza inutili barriere.

“Signora Green.” Non le stai chiedendo di smettere, non desideri altro che le sue mani e le sue labbra su di te, ma hai bisogno di sentire la tua voce affinché ti ancori alla realtà, hai bisogno lei sappia cosa sta facendo e si fermi ora o non si fermi affatto.

Come se avesse sentito il tuo bisogno di pelle contro pelle, la sua mano si infila sotto la tua maglietta con un movimento veloce, le sue labbra sono ancora sulle tue e tu inarchi la schiena.

“Sig….Simonne…” Sentirti pronunciare il suo nome è per lei una sorta di lascia passare, fa sparire i tuoi vestiti e parte dei suoi, senza che il contatto tra i vostri corpi cessi mai, l’ultimo pensiero coerente che ti passa il cervello è quanto sia difficile credere che quelle mani incredibilmente gentili e calde appartengano davvero alla regina di ghiaccio.

Dopo di che è solo calore, è solo il suo profumo e il sapore della sua bocca sulla tua.

Quando le sue dita lasciano il tuo corpo e le sue labbra si allontanano da te, ti senti come se ti avesse attraversata un tornado.

Apri gli occhi e fai appena in tempo a vedere il suo corpo nudo e sudato brillare alla luce fioca di una lampada del salotto, prima che lei sparisca oltre la porta.

“Simonne.” Non si volta a guardarti, non si ferma nemmeno, così come non ti ha permesso di toccarla, ora non vuole parlare con te.

Ti senti invadere da un’ondata di pianto ma ti sforzi di resistere, non potevi aspettarti qualcosa di diverso, probabilmente la signora Green era eccitata e tu eri la cosa più semplice e a portata di mano, e ora prova disgusto per se stessa e vuole solo lavarti via dalla sua pelle.

Ti alzi e recuperi pezzo per pezzo tutti gli abiti che indossavi, afferri il suo top di seta e lo porti al viso, cedendo al bisogno di affogare ancora una volta nel suo profumo, di sentirla vicina ancora per un po’.

Dopo quello che avete fatto, hai bisogno di sentirla vicina esattamente quanto lei ha avuto bisogno di fuggire da te.

Recuperi le tue cose velocemente, sai che non è possibile, ma ti sembra di sentire l’acqua di una doccia scorrere e non vuoi rischiare che la signora Green ti trovi lì quando ne uscirà.

Stai praticamente correndo verso l’uscita e la visione della solita busta con i soldi ti da la nausea, la apri strappandola e dentro ci sono i soldi che ti spettano per essere stata tante ore a badare al piccolo principino, ma non puoi fare a meno di viverli in tutt’altro modo, non puoi fare a meno di sentirti una prostituta.

Stai correndo alla stessa velocità con la quale le lacrime ti scorrono sul viso, entri in macchina e metti in moto, fai qualche metro ma ti fermi subito, perché tra tutte quelle lacrime non sei in grado di vedere nulla. Fai diversi respiri profondi cercando di calmarti, un messaggio illumina il display del tuo telefono, vedi solo il mittente, non ti interessa nient’altro perché solo leggere il suo nome ti ha fatto capire che hai bisogno di sentire la sua voce, quindi fai partire la chiamata.

“Allora Pi, te la sei scopata?”

Non rispondi e Melani t’incalza, temendo tu non l’abbia sentita “Pi?”

Alzi la testa e vedi la signora Green affacciata alla solita finestra e sai che sta guardando ancora una volta te.

“Lei ha scopato me.”

Il silenzio che segue sembra durare un’eternità.

“Torna immediatamente a casa, Alex.”
 

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Capitolo 6
*** Ch6 - Mamma! ***


ch.6 – Mamma!
 
È passata quasi una settimana e ancora non sai cosa stia succedendo tra e la signora Green. Questa è la vostra nuova, malsana routine: tutte le volte che è trattenuta al lavoro per un qualsiasi motivo, quando torna a casa va a controllare suo figlio e poi viene a cercare a te e ti scopa.

Non siete mai salite al piano superiore, non ha mai sprecato un secondo prezioso, ovunque tu sia ti strappa i vestiti di dosso e ti prende, senza dire una parola e senza permetterti di toccarla, per poi andare via e lasciarti da sola a rivestirti e fuggire da lei.

Vorresti negarti, vorresti dirle che no, non vuoi nulla del genere, ma nel momento in cui le sue labbra si posano sulle tue non riesci a farlo, benché i suoi atteggiamenti siano incoerenti e i messaggi che ti manda siano ambigui, quando state insieme il suo tocco è sempre gentile e lei ti tiene stretta a se, ti sorregge e ti permette di lasciarti andare completamente perché lei è li.

Mentre hai il tuo orgasmo, puoi sentire il suo sguardo su di te e non ti sei mai sentita a disagio per questo, i suoi occhi sono pieni di qualcosa che non riesci a identificare bene, ma che ti ricorda il modo in cui ti guardava quando cambiavi lo sfondo del desktop del tuo portatile. Mentre ti riprendi dal piacere, lei ti bacia dolcemente sul viso, collo, spalle e seni, stringendoti forte, non ti lascia finché non smetti di tremare e il tuo respiro si calma, solo allora ti da un ultimo bacio sulle labbra e va via senza pronunciare parola.

Melanie è molto infastidita da questo comportamento e ogni volta che capisce che è successo ancora, fa battute di pessimo gusto sul fatto che la signora Green passi il tempo in ufficio a toccarsi pensando a te. Dovrebbe essere una cosa brutta, invece speri quasi succeda veramente: la sola idea ti fa esplodere di desiderio e ti fa illudere ci sia un qualche legame tra voi due.

Quando ti arriva il messaggio nel quale ti avverte farà tardi, il tuo umore cambia sensibilmente, ignori quasi completamente il piccolo Eddie e lo metti a letto il più velocemente possibile, ignorando i sensi di colpa che provi per quello che fai con sua madre mentre lui dorme angelicamente nel suo lettino. Dopo aver svolto il tuo dovere non riesci a fare più nulla, non riesci a guardare film o a studiare, stai solo in silenzio, seduta sul divano in trepidante attesa e sopraffatta dal desiderio e dal bisogno di sentire il suo calore, il suo profumo, le sue labbra e le sue mani su di te. Hai anche comprato un vestito nuovo in modo lei te lo potesse strappare di dosso, guadagnandoti un’occhiataccia da Melanie, che continua a ripeterti che è sbagliato, ma non ti nega mai il suo supporto quando ne hai bisogno.

Oggi non hai ricevuto nessun messaggio e il tuo umore ne ha subito gli effetti negativi, non sai se Eddie lo possa sentire o se semplicemente oggi è una giornata in cui ha voglia di farti impazzire, sta di fatto che è insopportabilmente capriccioso e iperattivo.

L’hai rincorso per praticamente tutto il piano inferiore perché gli devi cambiare il panno ma lui non vuole farlo, il fetore che emana potrebbe far seccare un intero campo di girasoli, eppure quel piccolo bambino testardo continua a sgusciarti via. Alla fine riesci a intrappolarlo tra il tavolo della sala da pranzo e una sedia, lui sbuffa, piagnucola e scalcia, ma tu lo tieni stretto a te.

“Ora basta Eddie Green, si fa come dico io.”

“Mamma.” Ti colpisce in piena fronte, lo fulmini con gli occhi e lui lo fa ancora.

“Colpiscimi pure se vuoi, non mi importa.”

Fortunatamente l’idea di togliere i vestiti non gli dispiace, perciò lo spogli con facilità, lo liberi del panno e lo lavi nel lavandino del bagno per gli ospiti. Il piccolo principe capriccioso scalcia e si muove al punto da far la doccia anche a te, resisti alla tentazione di sculacciarlo, perché non sei quel tipo di persona e perché sei arrabbiata per tutt’altro e lui sta solo facendo il suo lavoro di bambino.

Lo riporti in salotto perché non credi di riuscire a portarlo su per le scale senza che lui si vendichi in qualche modo, sdrai il piccolo demonietto sul divano e afferri il pannolino dalla sua borsa da viaggio, lui scalcia ancora e te lo fa cadere di mano.

“Eddie!”

Quel maledetto ridacchia: “Mamma!”

Alzi gli occhi al cielo, perché ora il fatto ti chiami mamma ha tutto un altro significato per la tua mente strapiena dei sentimenti per sua madre, perciò non gli rispondi, ti chini a recuperare il panno e quel piccolo despota ti scappa via, scende dal divano e corre via dalla stanza.

“Eddie!”

“Mamma!!!”

Ti alzi e lo insegui, ancora.

“Eddie ti prego. Vieni da Alex, coraggio. Vieni qui.” Sei terrorizzata perché l’hai perso di vista, ma cogli un lampo entrare in cucina e gli sei subito dietro, lo afferri ancora e lui scalcia e piagnucola.

“Ti prego, ti prego, non possiamo farci trovare da tua madre così. Puoi fare il buono solo per oggi? Ti do doppia porzione di gelato se fa il bravo.”

“Mamma?”

Il calore che senti diffondere sul tuo ventre non ti piace per nulla, ancora meno la sua faccia rilassata, lo allontani da te e ti ritrovi a fissare il suo piccolo pisellino nudo pisciarti contro.

“Eddie!” Sei talmente arrabbiata che non sai come potresti reagire, il piccolo principe non è evidentemente abituato a vederti così, si spaventa e cerca di sfuggirti, lo afferri poco prima che ti sfugga e urtate quello che ha tutta l’aria di essere un vaso costoso, nel momento in cui rovina sul pavimento e si divide in quattro pezzi tu e il piccolo demonio vi bloccate, lui si gira verso di te con l’aria colpevole.

“Dio si! Finalmente!!! Detestavo quel vaso schifo.” Non hai mai sentito questa voce in tutta la tua vita, ma il volto del piccolo Eddie si illumina in una maniera che non hai mai visto e lui sorride e squittisce eccitato.

“Mamma! Mamma!” È sempre la solita parola, eppure questa volta sembra completamente diversA, questa volta sembra lui intenda chiamare davvero sua madre.

Ti giri su te stessa e ti trovi davanti la misteriosa donna della foto appesa nella cameretta del bambino, dal vivo è molto affascinante e sei tanto sconvolta dal trovartela davanti che lasci cadere Eddie. Lui non sembra preoccupato del piccolo volo che ha fatto, si rialza subito e corre verso la nuova venuta, scoppiando in un pianto colmo della più cupa disperazione e la gioia più sfrenata.

“Mamma! Mamma! Mamma!”

La sconosciuta si piega sulle gambe e spalanca le braccia. “La mamma è a casa TestonaEnorme.”

La mamma? Quella donna è la madre di Eddie? Significa che è la moglie di Simonne? La sua ex moglie? La sua compagna?

Sei talmente confusa da non renderti conto di stare fissando la scena davanti a te senza ritegno e con la bocca spalancata. La sconosciuta ricopre il bambino di baci, gli fa il solletico e lo canzona perché è seminudo, Eddie sorride e ride come non gli avevi mai visto fare nei due mesi che lo conosci.

“Stai facendo il monello, non è vero TestonaEnorme?” Lui ridacchia e nasconde il viso contro il suo collo, lei sorride maliziosa. “Sono fiera di te, sei proprio un Carter.”

Carter?

“Tu devi essere la famosa Alex!”

“Si…si.”

Si avvicina a te e ti tende la mano. “Ciao, io sono la madre di Eddie, Alice. È un vero piacere poterti finalmente conoscere, anche mia sorella non mi ha detto praticamente nulla…”

Non senti il resto della frase perché il sollievo ti ha invasa con forza.

Simonne e Alice sono sorelle, non sono sposate, non hanno alcun tipo di relazione se non il legame di sangue.

“Spero tu abbia qualcosa con cui cambiarti, pare che il ragazzino ti abbia usato come tiro a segno.”

Arrossisci ma guardi ammirata il modo in cui la donna tratta suo figlio, lui le sta facendo letteralmente di tutto con le sue manine paffute e lei sembra essere più che lieta lo faccia, anche se i suoi occhi maliziosi non lasciano mai i tuoi.

Ti senti esposta in modo molto piacevole.

“Io n…no…si…signora Green.”

“Carter. Il mio nome è Alice Carter. E non devi chiamarmi signora.”

“O…ok.” Non hai mai balbettato in vita tua, ora continui a farlo come una perfetta idiota.

“Andiamo, puoi prendere qualcosa di mio.” Ti afferra per un braccio e ti tira verso il salotto, dove Simonne sta lasciando delle valigie.

“Mi dispiace per il vaso.”

“Tranquilla, era il mio e l’odiavo. Grazie S.”

“Buona sera Signora Green.” Non la chiamavi signora Green dalla prima sera che ti ha presa sul divano, ma non puoi chiamarla in un altro modo perché, se fino a poche ore fa Simonne la regina di ghiaccio, ora sembra essere diventata l’imperatrice galattica del gelo: la sua postura è molto più rigida e il suo sguardo più freddo, accenna a malapena una carezza al piccolo Eddie e mormora un saluto indistinto a te.

“Ti fai chiamare signora Green? Davvero Simonne?” Alice ridacchia, apre una delle sue valige e ti cede una maglietta.

Ti giri verso il bagno, indecisa su come comportarti, perché non vuoi assolutamente sembrare una ragazzina immatura, ma non vuoi nemmeno spogliarti davanti a loro.

La nuova venuta ridacchia, mentre Simonne evita il tuo sguardo.

“Vai pure a lavarti se ne senti il bisogno, io e S ti aspetteremo qui.”

La tua datrice di lavoro si muove ancora disagio, come se quel nomignolo l’avesse colpita fisicamente.

Non vorresti allontanarti da lei, ma lo fai comunque.

Quando torni dal bagno, indossando la maglietta della sconosciuta, le valige sono sparite e la donna della fotografia è sdraiata sul divano e gioca con suo figlio, che non è più seminudo, mentre Simonne beve una birra direttamente dalla bottiglia il più lontano possibile da loro e li guarda con una smorfia di dolore stampata sul volto.

A quanto pare sei molto lontana dall’aver risolto il mistero Simonne Green.

Ti avvicini al divano in cui madre e figlio giocano e Alice ti sorride.

“Non sei per nulla come mi aspettavo. Non so perché ma mi aspetto sempre che le tate siano delle orribili donne grasse e con i porri pelosi, come nei vecchi film inglesi.”

Arrossisci, anche se non sai perché.

“È bello sapere che Simonne ha un aiuto valido come il tuo mentre io sono via per lavoro, ti ringrazio molto.”

“Io non…” Guardi la tua datrice di lavoro che evita ancora il tuo sguardo. Ti sforzi di non sospirare. “Per me è un vero piacere signora Carter.”

“Alice.”

“Alice.”

Sorride soddisfatta, si alza di scatto e finge che Eddie le stia per cadere di mano, il bambino ride e squittisce.

“Bene ragazzino che ne dici se andiamo a prendere il gelato e conoscere i vicini? Sono sicura che zia S non si sia degnata nemmeno di salutarli.”

“Mamma!”

“Imparerai mai a dire altro TestonaEnorme?” Il modo in cui lo prende costantemente in giro dovrebbe infastidirti, ma lo fa con tale tenerezza che ti riempie il cuore di affetto.

“Maaaammaaaaaa!”

Alice lo solleva e gli fa le pernacchie contro la pancina, mentre lascia la stanza. Le loro risate sono gli unici suoni che riempiono i silenzio.

Passano istanti lunghissimi, prima che Simonne si muova, beve ancora e poi fa un passo verso la porta.

“Perché non mi hai detto che Eddie non era tuo figlio?”

Si gira a guardarti e affoghi ancora una volta nell’oscura profondità dei suoi occhi.

“Non me lo hai mai chiesto.”

“Io ho…io supponevo che fosse tuo figlio, dall’agenzia mi hanno detto che…”

Ti da ancora le spalle e senti il gelo trapassarti il cuore nella consapevolezza di avere davanti una perfetta sconosciuta.

“La tua supposizione era sbagliata, non puoi prendertela con me per questo.”

“Simonne.” Non vorresti che la tua voce suonasse così bisognosa, ma con lei nella stanza non sei in grado di mantenere il controllo.

“Ho del lavoro da fare, non posso stare a chiacchierare con te.”

Abbassi la testa e ti arrendi ancora una volta al suo volere.

“Domani riporterò la maglietta lavata a tua sorella, ringraziala da parte mia.”

“Non è mia sorella.”

Alzi la testa di scatto e non sei certa di aver sentito davvero quelle parole. “Ma lei ha detto…”

“I nostri genitori sono sposati, ma lei non è mia sorella. Non lo è mai stata e non lo sarà mai.”

Ti guarda e il suo volto è di nuovo carico di dolore, i suoi occhi sono tanto belli e sinceri che non riesci a parlare, la guardi solo andare via da te con gli stessi movimenti lenti e sensuali di sempre.

Prendi la busta con i soldi e vai verso la tua macchina, rallenti e dai un colpo di clacson quando superi Alice e il piccolo Eddie, lei ti indica con un enorme sorriso stampato sul volto e tutti e due agitano la mano verso di te.

Vedendo questa immagine ti chiedi come hai potuto pensare che Simonne fosse la madre di Eddie o, peggio, che Alice e Simonne fossero sorelle.

Li guardi allontanarsi dallo specchietto retrovisore e hai la sgradevole sensazione di esserti infilata in una situazione molto più grande di te.

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Capitolo 7
*** Ch7 - Incontri ***


ch.7 – Incontri.
 
 
“Dunque allora, fammi capire…miss ti scopo ma tu non mi puoi toccare non è la madre di Eddie.”

Grugnisci e fai una smorfia di disgusto pescando un’orribile maglietta a maniche lunghe marrone chiaro e con uno strano disegno sul davanti, dovevi essere cieca per indossare una roba del genere. La butti nel sacco nero della spazzatura, una roba del genere non merita nemmeno di andare in beneficenza.

“Pi, non parliamo d’altro da praticamente tre giorni.”

“Lo so Pi, ma faccio fatica a crederci. Questa storia è tanto strana da sembrare un racconto di una scrittrice senza talento.”

Alzi gli occhi al cielo, ma sorridi prendendo un maglione con gli unicorni, lo pieghi accuratamente e lo sistemi accanto a te, decisa a metterlo su una gruccia e appenderlo dove gli spetta, accanto a quelli che indossi tutti i giorni.

“Sei la solita esagerata.”

“Dunque, Miss ti scopo e non mi faccio toccare….”

“Smetti di chiamarla così.”

“Ok scusa. Miss bastone nel cul….”

“Va bene miss ti scopo e non mi faccio toccare.”

Sai che sta sorridendo soddisfatta, anche se non la vedi. “Bene, non solo non è una MILF, bensì una COUGAR, ma ha anche una sorella che non è davvero sua sorella e con la quale non sembra andare particolarmente d’accordo. Tuttavia ci vive.”

“Esatto.” Questo maglione giallo va assolutamente nella scatola delle donazioni, un pochino ti dispiace di dare via una cosa così pacchiana, ma hai molti bei ricordi legati a esso, magari porterà fortuna anche al suo successivo padrone.

“Non è che la nostra scopatrice silenziosa ha una cotta per la sua sorellina?”

“Eeeew, che schifo Mel.”

“Non sono davvero sorelle no? Solo i loro genitori sono sposati.”

“Mi fa senso lo stesso.” Sei lieta la brunetta non ti possa vedere, perché di persona sarebbe perfettamente in grado di capire che l’idea di quelle due insieme ha fatto tutto tranne che schifarti. Ti sforzi di concentrarti su altro, soprattutto di non pensare alle dita di Simonne dentro di te.

“Se ci pensi però, spiegherebbe molte cose.”

“Ti dico di no Melanie. Molla la presa. Simonne non è così.”

“Simonne non è così. Sei proprio persa eh? E non dire di no, posso sentire da qui che sei arrossita.”

Mordi le labbra e non rispondi, ti guardi attorno e ti senti persa veramente, sono passati solo tre giorni da quando la signora Carter è tornata e in casa Green-Carter non hanno più bisogno dei tuoi servigi, il che ti lascia fin troppo tempo per pensare. Hai riordinato e pulito da cima a fondo la cucina, mettendo tutto in ordine in alfabetico e di scadenza, ora sei passata al tuo armadio, il tuo prossimo progetto sono i libri e i dvd, poi sarà il turno dei testi scolastici e dei tuoi progetti, farai un salto in camera di Melanie e poi passerai il fine settimana a divertiti, lunedì però sarà una vera e propria tragedia.

“Stai andando da Dolly?”

“Merda quella bambina è davvero brutta.”

“Mel…”

“Si sto and….oh…guarda guarda, quello non è Eddie?”

Ti irrigidisci e ti senti invadere dalla gelosia. “E si, è proprio il piccolo principino.”

Stupidamente ti nascondi dietro uno scatolone, sperando che la tua amica faccia lo stesso.

“Con chi è?”

“Perché bisbigli?”

“Io non…”Schiarisci la gola e ti sforzi di parlare normalmente. “Non bisbiglio.” La curiosità ha la meglio sulla precauzione “Con chi è?”

“Che ne so?”

“Descrivimela.”

“È una donna castana.”

“Più o meno alta quanto me?”

“Non saprei, è seduta.”

 “Carnagione? Occhi?” Simonne ha i capelli neri, mentre Alice li ha castani; Simonne dovrebbe essere ancora in ufficio a quest’ora, ma non ti senti comunque di scartare subito l’eventualità sia la signora Green colei che Melanie ha davanti.

“Carnagione molto chiara, occhi non saprei, ha gli occhiali da sole.”

Mordi le labbra, entrambe le donne hanno la carnagione chiara. “Che fa Eddie?”

“La abbraccia e ride.”

Alice.

“Probabilmente è sua madre allora.” Ti lasci cadere sul pavimento, irrazionalmente rilassata da quella scoperta. L’idea che Melanie incontri Simonne non ti piace affatto.

“Scopriamolo dunque.”

“Cosa? Mel cosa pensi di fare?”

“Conoscere di persona questa fantomatica sorella, che domanda.”

“Melanie non osar…” Stai sibilando, ma sei certa la tua amica non ti possa sentire, come suo solito ha infilato gli auricolari nella tasca della giacca in modo tu possa sentire tutto, ma non possa intervenire.

È una grandissima stronza.

“Eddie, non sapevo tu avessi una sorella maggiore.”

Senti il bambino ridacchiare eccitato e chiamare il nome della tua amica.

“Questa è la frase peggiore che io abbia sentito per tentare di rimorchiarmi.” L’hai vista una sola volta, ma riesci a capire dal tono della sua voce che la donna sia divertita.

Non ci sono più dubbi si tratti di Alice.

“Cosa ti fa pensare che io sia interessata a rimorchiare te? Volevo solo salutare il piccolo Eddie.”

C’è una lunga pausa nel quale tu mordi nervosamente le dita.

“La conosci TestonaEnorme?”

“El!!!”

“Sono un’amica di Alex, spesso ci incontriamo con i bambini ai quali facciamo da baby sitter.”

Ancora silenzio.

Vorresti essere lì per vedere le loro espressioni, per sapere cosa stanno facendo e perché dannazione stiano zitte.

“È legale che una ragazzina delle scuole superiori venga assunta come baby sitter?”

Scoppi a ridere così forte che gli occhi ti si riempiono di lacrime, non hai praticamente idea di chi sia Alice Carter, ma di sicuro è una persona molto interessante.

“Ho 24 anni, signora.” Puoi praticamente vedere gli occhi celesti della tua amica infuocarsi per la rabbia.

“Oh, siamo passati al signora?”

“Mamma! El!” qualunque cosa abbia fatto il bambino ha causato ancora il silenzio.

“Pare tu piaccia a mio figlio. Forse perché siete alti uguali.”

Speri che qualcosa, qualunque cosa, impedisca alla tua amica di rispondere a quell’ennesima provocazione o rischi davvero il tuo posto di lavoro.

“Come ti…”

La tua nuova datrice di lavoro scoppia a ridere e ti manca il fiato perché non avevi mai sentito in vita tua una risata che fosse altrettanto sensuale, il solo pensiero ti fa sentire in colpa nei confronti di Simonne.

“Mi chiedo se tutte le amiche di Alex siano così teneramente carine.”

Sei letteralmente senza parole e sei sicura che sia lo stesso per la tua amica, perché nessuno l’aveva più definita teneramente carina da quando ha lasciato le scuole elementari, visto che praticamente da allora il suo stato passa dall’essere una stronza a una cagna in calore, senza vie di mezzo.

“Bene allora, noi dobbiamo andare. Sono certa che ci rivedremo in giro El.” Senti uno strano fruscio e la voce di Alice più vicina, ma ovattata dal tessuto della tasca della tua amica “Sarò lieta di far infiammare ancora così i tuoi occhi.”  Provi uno strano disagio nel sentire questa frase e non solo perché sei certa di aver ascoltato qualcosa che non era destinato alle tue orecchie.

Passano diversi secondi di silenzio, in cui sei certa Mel non abbia chiuso solo perché senti le macchine passare in sottofondo.

“Mel?” Non ottieni risposta “Pi? Piiiii?”

“Odio questa stronza. Pi, la odio.”

Mordi le labbra per non ridere.

“Pensavo ti piacesse, non è la MILF per eccellenza?”

“Pft, ma quale MILF, non è nulla di che.”

“Nulla di che? Sei pazza? È molto affascinante.”

“Vuoi farti scopare anche da lei Pi? Magari fare le cose a tre?” Ti sforzi di non rispondere perché sai che sta facendo la stronza solo perché si sente umiliata “Sta stronza non è nulla di che.”

“Se lo dici tu.”

“Posso farmene cento come lei. Posso farmi anche lei, vedrai le farò pentire di…” Ascolti appena le minacce di Melanie perché è arrivato un messaggio sul telefono da un numero sconosciuto.

“Pi, ci possiamo sentire più tardi?”

“Tanto sono arrivata da quell’orribile bambina. Ci vediamo a cena?”

“Ci vediamo a cena.”

Chiudi e vai subito ai messaggi per vedere chi sia.

 
“Ciao Alex, scusami se ti scrivo con così poco preavviso, pensavo di poter portare Eddie con me, ma mi sbagliavo. Potresti badare tu a lui domani pomeriggio, direi più o meno il solito orario concordato con S? Ti ringrazio, Alice.”
 
 
Il messaggio ti coglie completamente alla sprovvista, soprattutto dopo quello che hai sentito, eppure ti riempie di gioia e non solo perché hai la possibilità di vedere Simonne, ma perché Alice ha tutta l’aria di una in grado fornirti le risposte alle domande che ti ronzano per la testa.

Guardi il casino che hai attorno ma non sospiri anzi, ti rimbocchi le maniche e sei decisa a finire il prima possibile.

Il pensiero che Alice sia una che incasina le cose e porta guai si era formato nel cervello appena l’hai vista di persona e dopo aver origliato la sua conversazione con Melanie sei certa sia così, da una parte però ti fa piacere perché sei convita che il caos sia l’unica cosa che può far cambiare le cose tra te e Simonne.

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Capitolo 8
*** Ch8 - L'anniversario ***


ch.8 – L’Anniversario
 
 
Sei seduta sul pavimento dell’andito al pian terreno, Eddie è seduto davanti a te e ti tira le palline, per una volta però, stranamente non vuole colpirti e basta, vuole giocare con te, quindi ti è concesso lanciargliele a tua volta. Sfortunatamente per lui, il piccolo principino non ha ancora imparato la coordinazione, quindi non riesce ad afferrarne nemmeno una, tutte le volte fa una tenerissima faccina corrucciata e gattona fino alla pallina che ha mancato, la ciuccia con devozione, si irrigidisce e te la lancia ancora contro, non si coordina, ma ha una mira e una forza notevoli. Dovresti suggerire a sua madre di iscriverlo il prima possibile ai pulcini del baseball.

Eddie emette qualche suono sconnesso, ma riconosci il motivetto e canti la canzone per bambini che gli piace così tanto, lui dondola felice la parte superiore del corpo mostrandoti i suoi dentini bianchissimi sparsi a caso nella  sua bocca.

Stai cantando per la quarta volta quella stupidissima canzoncina, quando una furia entra dalla porta di ingresso, si inginocchia davanti al bambino e lo prende tra le braccia, non ne sei sicura, ma hai l’impressione Alice stia singhiozzando. Sei troppo rispettosa per accertartene, ti alzi e sparisci il più velocemente possibile nella stanza più vicina, chiudendoti la porta la porta alle spalle.

Rimani ad ascoltare il silenzio, poggiata al legno, per non sai nemmeno tu quanto tempo, ma sei certa non sia per poco.

La prima voce che senti è quella di Eddie e la sua serietà ti spezza ulteriormente il cuore.

“Mamma?”

La risposta della madre non è comprensibile, probabilmente ha ancora il viso affondato contro la spalla di suo figlio.

“Mamma!” Senti lo scalpiccio dei suoi piedi e qualcuno bussa alla porta, non saprà parlare, ma di sicuro il piccolo principe impara in fretta, gli hai insegnato a bussare la settimana scorsa e lui non se l’è più scordato: il fatto lo faccia con la mano aperta è solo un dettaglio.

“Mamma?”

“Alex?”

Fai un respiro profondo e apri la porta, stampandoti un tremolante sorriso in faccia, che sparisce appena vedi il volto stravolto della tua nuova datrice di lavoro: Alice è pallida, ha gli occhi non solo sono gonfi, ma anche iniettati di sangue, le guance sembrano essere state scavate delle lacrime e ha il naso arrossato.

Ti chiedi cosa l’abbia ridotta a piangere così.

Afferri la maglia che indossi e stringi forte per controllare il bisogno di abbracciarla o di chiederle cosa sia successo.

“Perdonami, ho fatto più tardi del previsto.” Le trema la voce, ma il suo tono e tranquillo, ti sorride addirittura, ed è talmente bella nel suo non nascondere il suo dolore che dimentichi completamente il resto.

“Mamma?”

Ti inchini e prendi il piccolo bisognoso principe in braccio.

“Non…” Tossisci nella speranza che la tua voce smetta di essere questo suono stridulo e patetico. “Non importa, tranquilla.” Respiri profondamente e sai che la domanda fatidica ti sta per scivolare sulla lingua.

“Temo di doverti chiedere di trattenerti ancora. Se quello stupido terapista non mi avesse trattenuta tanto…” Le sue labbra tremano pericolosamente, Eddie si sporge in avanti e le accarezza la lacrima che la sta scivolando sulla guancia.

“Non…non c’è problema Alice, davvero. Posso trattenermi per tutto il tempo che vuoi.”

Scoppia a ridere buttando la testa all’indietro e ti lascia completamente spiazzata, il piccolo principe saltella tra le tue braccia e fa lo stesso.

“Accidenti devo essere un vero disastro se mi rispondi così.”

Apri e chiudi la bocca molte volte, nel triste, patetico tentativo di trovare una cosa qualsiasi da dire, ma l’unica cosa che ti viene in mente è che è bellissima, non uno disastro, ma non sarebbe professionale, tantomeno intelligente o maturo, lei ti sorride e ti accarezza una spalla.

“Perdonami, metterti in imbarazzo è una cosa alla qual non resisto.”

Senti il tuo viso andare a fuoco e sei felice che Eddie attiri l’attenzione di sua madre su di se, si divincola da te e allarga le braccia verso la bionda, lei lo prende e gli stampa un bacio sulla fronte.

“Ha già fatto merenda?”

“Ha già cenato.”

Alice piega la testa a un lato e poi guarda l’ora sull’orologio da polso che indossa. “Sono già passate le otto?”

Annuisci piano, lei sospira. “Suppongo di dover iniziare a fare le valige. Ti dispiace badare a lui mentre lo faccio?”

“No, certo che no.” Una parte di te è tristemente colpita dall’informazione che Alice andrà ancora via, l’altra non fa a meno di pensare che sei lei non c’è, Simonne potrebbe nuovamente riavvicinarsi a te.

Il solo pensiero ti fa rabbrividire di desiderio.

Cerchi di focalizzarsi su Eddie e la sua innocenza, sulle sue manine che giocano con la catenina che indossa sua madre, sei pronta a prenderlo in braccio, ma la donna si gira e si dirige verso le scale, la segui senza fare domande, non sapendo cos’altro fare.

Alice si dirige senza fretta verso una delle porte chiuse accanto alla cameretta del principino, sei sempre stata curiosa di vedere cosa nascondessero, ma la tua correttezza ti ha sempre impedito di curiosare per la casa, dunque sei più che felice ora ti sia concesso di vedere con i tuoi occhi cosa celino quei luoghi misteriosi.

Magari era proprio la correttezza a fermarti, ma più la paura che Simonne potesse venire a sapere che avevi profanato la sua privacy e ti licenziasse per questo.

Le tue paure sono davvero stupide a volte.

Nemmeno nella tua fantasia più sfrenata avresti mai potuto immaginare cosa si nascondesse dietro quella porta: la camera da letto da Alice è un tripudio di fotografie in bianco e nero o dai colori tenui sparse ovunque, dalla mobilia alle pareti; il resto è arredato con elegante minimalismo e sei sicura sia opera di Simonne.

La padrona di casa si lascia cadere sul suo letto e gioca con suo figlio, i suoi occhi però sono su di te.

“Puoi guardarti in giro se vuoi. Non mordono mica.”

Arrossisci e fissi il pavimento, sentendoti una bambina stupida, Alice ride ancora e Eddie squittisce di gioia.

“Eddie cosa ha fatto la zia Simonne a Alex per spaventarla così?”

Il bambino piega la testa a un lato e scuote una manina “Mamma?”

Tu avvampi al punto da sentire il cervello pesante, ma quando i tuoi occhi si posano su Alice ti senti di nuovo leggera, ti sta guardando con tale dolcezza che ti senti improvvisamente autorizzata a guardare quelle foto, perché dopo tutto il tempo che hai passato in questa casa e l’affetto che provi per quel bambino, hai diritto a conoscere meglio la famiglia, no?

Inizi a passeggiare e la voce di Alice che canta sommessamente una canzone d’amore al bambino ti fa da sottofondo.

Le foto sono quasi tutte del principino e sorridi perché ha solo un anno ma ci sono già così tante foto di lui da riempire una parete, le altre foto rappresentano Alice con diverse persone, in qualcuna c’è anche una giovanissima e acerba Simonne con quelli che indovini essere i loro genitori, i lineamenti della donna ricordano quelli di Alice, quindi sei quasi certa che sua madre abbia sposato il signor Green.

Quando ti trovi davanti una foto di Eddie neonato in braccio alla zia ti blocchi, la prendi in mano e il tuo cuore accelera nel vedere il dolore misto alla dolcezza negli occhi di lei, hai quasi la sensazione che quello che le leggi in viso sia senso di colpa. Ti dai della stupida per aver pensato una cosa del genere e ti costringi ad andare avanti e allontanarti da quell’immagine meravigliosa.

Hai quasi finito il giro della stanza e ti accorgi solo ora che non ci sono foto di uomini, nessun signor Carter pare. Nel momento in cui fai quella realizzazione, ti fermi davanti a una foto che risponde alla tua domanda, in quello stesso momento il silenzio cade nella stanza.

La tua mano risponde al bisogno di prendere in mano anche questa foto, senza che tu possa valutarne le conseguenze: raffigura due donne, una è Alice leggermente più giovane e sempre molto affascinante, vestita con un semplice abito da sposa e sorridente, la seconda è una donna molto bella, con lo sguardo vispo, gli occhi verdi e i lunghi capelli rossi, anche lei indossa un abito da sposa decisamente più provocante di quello della donna accanto a lei.

“Stephanie, mia moglie.”

Ti giri di scatto verso la padrona di casa, il suo tono è tranquillo, ma le lacrime hanno ripreso a scenderle lentamente dagli occhi. Mille domande ti esplodono nel cervello e il tuo volto deve averti tradito miseramente, perché lei sospira, sgancia la catenina che porta al collo, sfila la fede dal dito e la infila nella collanina, prima di rindossarla.

“Stephanie è mia moglie.” Chiude gli occhi, Eddie gioca subito con la fede che pende al suo collo e tu vorresti fermarlo perché non ti sembra il momento per fare una cosa del genere. “Era mia moglie. È morta esattamente due anni fa.”

“Come…”

Alice guarda il soffitto sopra di lei nel tentativo di fermare le lacrime, è un’immagine tanto bella da spezzarti il cuore. Eddie le butta le braccia al collo e rimane in silenzio con il volto nascosto contro il suo collo, lei inizia a dondolarlo piano, ma sei sicura stia rassicurando se stessa e non lui.

“Aneurisma celebrale. Non le era mai stato diagnosticato ed è esploso senza il minimo preavviso.”

Come faccia ad avere ancora quel tono tranquillo è un vero mistero per te. Abbassi la testa perché non riesci più a guardarla, lei si alza in piedi e si avvicina a te.

“TestonaEnorme da un bacio a Alex perché la mamma l’ha fatta rattristare.”

Il piccolo principe obbedisce, ti stampa un umido bacio su una guancia e tu sorridi.

Vorresti poter trovare qualcosa da dire, ma cosa si dice in questi casi? Mi dispiace?

È una stronzata pazzesca e ti rifiuti di pronunciare quelle due parole, anche se ti senti morire e vorresti solo abbracciarla e non lasciarla andare mai più.

Ti mette il braccio libero al collo e ti tira verso di se, scoppi a piangere appena la tua testa tocca la sua e ti odi per la tua stupida emotività. State entrambe tremando, ma la sua voce è ancora tranquilla mentre ti sussurra a un orecchio:

“Grazie Alex.” Ti bacia sulla guancia ed Eddie la imita subito dopo.

Scoppiate a ridere tutte e due, facendo ridere anche lui. Ricambi il bacio del principino e ti perdi negli occhi di sua madre, che il pianto ha reso stranamente più limpidi, ti sorride e ti asciuga le lacrime, poi si allontana da te e tu non vorresti l’avesse fatto.

“Ho interrotto il viaggio di lavoro perché oggi è l’anniversario della sua morte, non avrei dovuto farlo, ma non ho avuto scelta, dovevo andare in cimitero da lei. Dovevo.” Passa più volte la mano libera sul volto e sospira “Domattina ho l’aereo all’alba.”

Ti siedi sulla poltrona all’angolo della stanza e lei ti guarda e ti indica il letto, ti alzi goffamente e ti senti ai margini del materasso, più in punta possibile. Lei sorride e va verso la sua cabina armadio, prende una valigia e sei certa che lavorerebbe più velocemente senza il bambino in braccio, ma non sembra volerlo lasciare.

“Penserai che io sia una madre terribil…”

“No. Assolutamente no.” Scuoti la testa e due lacrime residue ti solcano il viso, lei ti sorride ammirata.

“Dirigo una casa di moda.” Va verso una foto di sua moglie sul comodino, che non avevi notato prima d’ora. “Era il nostro sogno: io avrei disegnato gli abiti e lei si sarebbe occupata delle pubbliche relazioni e del lato economico. Ci siamo promesse così tante volte che l’avremmo portata al successo a qualunque costo…” Butta la testa all’indietro e ridacchia “Era anche nelle nostre promesse nuziali. E nel suo dannato testamento.” Rimette la foto dove l’ha trovata, sfiora il volto serio di sua moglie e poi distoglie lo sguardo, stringendo Eddie più forte al suo petto.

“Si tratta di tenere duro per un paio d’anni e di trovare più clienti importanti possibili, dopo di che potrò passare tutto il tempo con la mia TestonaEnorme.”

“Mamma.”

Se chiunque altro ti avesse detto che sta mettendo il proprio lavoro prima del proprio figlio l’avresti giudicato duramente, probabilmente avresti lasciato l’impiego. Ma dopo aver sentito questa storia, puoi davvero biasimarla?

È l’unico legame che le rimane con sua moglie.

Guardi Eddie, guardi sua madre e i loro occhi sono così simili che non hai dubbi Alice sia la madre biologica del bambino, la domanda quindi è più che ovvia: Stephanie che ruolo ha in questo quadro?

Non sai quando sia nato il piccolo Carter e non puoi sapere se sua madre sia rimasta incinta prima o dopo la morte di sua moglie.

Più cose scopri, meno ti sembra di saperne.

La padrona di casa si ferma davanti a una foto sua e Simonne adolescenti.

“Se non fosse stato per lei e il suo aiuto, io non…non ce la farei.”

Gli occhi ti si riempiono ancora di lacrime, perché non ci vuole un genio per capire che quella frase nasconda molto di più della semplice gratitudine legata al lavoro. Senti il tuo cuore aprirsi e l’affetto per quelle due donne esplodere in te, anche se quello per Simonne non è assolutamente semplice affetto.

Alice fa cadere un abito e tu scatti in piedi e glielo prendi di mano.

“Lascia che ti aiuti.”

Sistema meglio suo figlio su un braccio e ti sorride. “Grazie Alex.”

“Grazie a te, Alice.” Temi di doverle spiegare perché la stai ringraziando, ma lei ti accarezza dolcemente la schiena e riprendete a fare le valige che la accompagneranno lontana da casa e più vicina alla sua defunta moglie.
 

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Capitolo 9
*** Ch9 - Controllo ***


ch.9 – Controllo.
 
Quanto ti arriva il messaggio di Simonne, nel quale ti avverte che tarderà al lavoro, il tuo corpo risponde con tale violenza che sei costretta a sederti mentre brividi di desiderio ti accarezzano la pelle, sei in uno stato tale che valuti la possibilità di chiuderti in bagno e darti sollievo da sola. Quando però una pallina di gomma ti colpisce sulla schiena ti senti la peggiore pervertita che sia mai esistita al mondo: come puoi aver fatto un pensiero del genere con un innocente bambino a pochi passi da te?

Le ore successive passano con una lentezza logorante, sei talmente disperata che prepari al principino un vero e proprio pasto da re e rimpiangi il fatto sia così perfettino e schizzinoso da riuscire a mangiare da solo, con il suo cucchiaio di plastica, senza bisogno di aiuto e senza sporcarsi.

Sei una perfetta idiota e lo sai, probabilmente la piccola liaison tra te una delle tue datrici di lavoro è già finita, sicuramente la bella informatica era annoiata e tu sei stata il suo giocattolino per una settimana, o quello che era. Niente ti assicura che al suo ritorno si avvicinerà a te, niente ti assicura che voglia ancora far sesso con te o scoparti, o qualunque cosa fosse. Il fatto ci sia anche solo una piccola, minuscola possibilità avvenga ancora però, ti trasforma in un bisognoso casino ormonale.

Se Alice lo sapesse ti toglierebbe il suo prezioso bambino all’istante…ok, forse questo no, non ti sembra una particolarmente rigida da quel punto di vista, ma non credi nemmeno avresti la sua approvazione.

Fortunatamente il principino fa tutti i suoi bisogni e opti per fargli un bagno caldo rilassante prima di metterlo a letto, lui si dimostra più che entusiasta, gioca con le sue paperette e ti costringe a fare qua-qua tutto il tempo, impiegando tutto il suo essere nel tentativo di riprodurre il tuo stesso suono, ma finendo come suo solito con l’abbaiare.

Afferri un pigiamino dalla sua cassettiera e troppo tardi ti accorgi che sia un pigiama rosa delle principesse Disney, questa non volta non ti chiedi chi abbia fatto un acquisto tanto assurdo, sai che è stata Alice.

Appena poggia la testa sul cuscino, Eddie crolla addormentato, gli accarezzi i capelli con la punta delle dita e lo guardi dormire per qualche minuto, poi accendi la telecamera e lasci la stanza socchiudendoti la porta alle spalle.

Ti dirigi in salotto e ti lasci cadere sul divano, correggi subito la tua postura e ti metti a sedere dritta e composta, in attesa di sentire la porta di ingresso aprirsi. Mentre aspetti, il tuo cervello ti travolge con le sensazioni e le immagini di Simonne su di te, dentro di te e il tuo corpo inizia a pulsare di desiderio con tale forza che ti gira la testa e sei costretta a tenere gli occhi chiusi. Non ti sei mai sentita così con nessuno prima, non sei mai stata in balia dei tuoi ormoni e temi non abbia a che fare solo con l’ovvio talento di Simonne “sotto le lenzuola” o, ancor meno, che dipenda dalla situazione, ma che è lei, la sua stupenda persona, a farti sentire così, a farti affogare nel bisogno di lei.

La porta d’ingresso si apre e si richiude, ad ogni passo che senti fai un respiro profondo, riesci a immaginare con precisione cosa stia facendo la tua datrice di lavoro, come abbia abbandonato la borsa del suo computer all’ingresso e stia salendo le scale, senza fretta, ma nemmeno lentamente; puoi immaginarla varcare la soglia socchiusa della cameretta, controllare che la telecamera sia accesa, (telecamera che sospetti sia collegata anche al suo pc e al suo iPhone) e poi piegarsi sulla culla per accarezzare dolcemente suo nipote sulla schiena e le spalle. L’hai spiata abbastanza volte da vedere che prima di andare via gli sussurra qualcosa, si bacia la punta delle dita e gli sfiora i capelli, a quel punto lascia la cameretta e torna da te.

Ogni suo passo fa martellare più forte il cuore, riesci appena a ingoiare, mentre continui a ripeterti che non puoi andare avanti così, che devi mettere fine a questa situazione il prima possibile, ma poi lei entra nella stanza, spegne la luce principale e cammina al buio fino a raggiungere la piccola lampada poggiata sul tavolino accanto al divano e la accende, solo a quel punto ti giri ad affrontarla e quello le leggi negli occhi ti lascia talmente spiazzata che appena le sue labbra sfiorano le tue, ti aggrappi a lei con entrambe le mani.

Durante tutti i vostri precedenti incontri, il volto di Simonne è rimasto neutrale, privo di emozioni, oggi non solo i suoi occhi brillano per il desiderio, ma un lieve sorriso le arriccia le labbra.

È possibile che i 10 giorni passati senza questi vostri incontri siano pesati anche lei?

È possibile avesse bisogno anche lei di stare con te?

Mentre tu perdi tempo inutile a pensare, Simonne ha già spogliato entrambe, la sensazione della sua pelle bollente sulla tua è talmente piacevole e il suo tocco intimo, in modo così inusuale, che ti ritrovi a elencare gli architetti più famosi dello stato, in ordine alfabetico, per fare in modo di mantenere un minimo di controllo sul tuo corpo.

“Girati.”

Il tono autoritario della sua voce ti eccita particolarmente, ma quello che ti sta chiedendo ti ha lasciato perplessa, indirettamente ti sta nuovamente allontanando da lei. Obbedisci, perché hai paura che se non lo fai smetterà di fare qualsiasi cosa stiate facendo e ti senti una stupida, perché le stai dando tanto potere che potrebbe portarti all’abuso, ma non ti importa, sei una ragazzina immatura e non ti importa, purché sia lei. 

Ti sistema a suo piacimento e così piegata e nuda davanti a lei ti senti esposta come mai nella tua vita, ma quando le sue labbra toccano per la prima volta il tuo sesso, dimentichi tutto il resto. Non ti importa più perché abbia scelto di farlo così, non ti importa più se diventa la tua padrona o la tua abusatrice, finché le sue labbra e la sua lingua ti fanno provare quello che stai provando ora, ti va bene tutto.

Bastano pochi secondi perché tu diventi un ammasso tremante e sudato, mentre ansimi il suo nome e la supplichi di darti sollievo, lei non ti ascolta, le sue unghie ti segnano schiena e fianchi e la sua lingua continua a muoversi contro di te molto lentamente, finché smetti anche di supplicare, continui solo a pronunciare il suo nome e nient’altro. A quel punto lei cambia tutto, sostituisce labbra e lingua con le dita, ti penetra e accompagna i movimenti del polso con quelli dei fianchi, con l’altra mano accarezza qualsiasi cosa di te riesca a raggiungere e di tanto in tanto ti lecca e succhia la schiena. Quando raggiungi finalmente l’apice e il piacere ti invade, lo fa con tale forza che è costretta a sorreggerti, mentre ti sussurra di lasciarti andare perché lei è lì per te.

Ti lasci cadere contro il divano, sfinita, lei ti bacia lungo tutta la schiena, il collo, i capelli, le braccia, il sedere e le gambe, per poi risalire e riprendere da capo, ogni suo bacio è una scarica di piacere e i suoi gesti non ti aiutano a calmarti, al contrario, ti eccitano al punto che sei pronta a riprendere da capo. Stringi gli occhi e ti prepari all’inevitabile, al momento in cui il suo corpo si allontanerà dal tuo, lasciandoti nuda e infreddolita.

“Alex…” Si allontana da te, ma non di molto “Girati Alexandra.” A differenza di poco fa, questo non è un ordine, al contrario è quasi una supplica. Ti giri e lei bacia tutto il tuo corpo sudato e tremante, fino ad arrivare al tuo viso e premere le labbra tremanti contro le tue. L’euforia di questa novità è tale che ti lasci prendere dall’entusiasmo e dal bisogno di lei, che l’esserti lasciata andare così ti ha lasciato addosso. Lasci che quel bisogno e i sentimenti che non vorresti provare prendano il controllo del bacio e, prima che tu possa razionalizzare e fermarti, le tue mani si muovono sul suo corpo, impedendole di sfuggirti. Solo quando accarezzi il suo sesso per la prima volta e senti quanto lei sia eccitata, capisci che si sta facendo toccare, Simonne sta lasciando tu la tocchi.

Non sai cosa sia cambiato dall’ultima volta e non lo vuoi sapere, vuoi solo godere di tutto quello che sta succedendo, del suo corpo sudato, della sua eccitazione, dei meravigliosi suoni sommessi che emette e del suo viso in preda all’estasi.

Il tuo braccio ti sta rendendo chiaro che non è la posizione più comoda per muoverti più velocemente o per andare più a fondo, ma è un bene, perché Simonne sta accompagnando ogni tuo movimento con quello dei suoi fianchi, ed è una sensazione talmente meravigliosa che hai un secondo, ridicolo, vergognoso orgasmo. 

Lei ti segue subito dopo e non hai mai visto niente di così bello e sensuale in tutta la tua vita.

Si lascia cadere contro di te e sei talmente preoccupata che lei possa di nuovo andare via, che non muovi un solo muscolo, chiudi gli occhi e senti: il suo respiro pensate sul tuo sterno, la sua pelle bollente contro la tua, la pelle d’oca che le increspa la schiena, il suo piacere residuo contro le tue dita.

Quando si è calmata ti guarda negli occhi, ed è inutile specificare che non fosse mai successo prima, i suoi occhi sono stranamente tranquilli, pacifici quasi, sorridenti. Ci affoghi letteralmente dentro.

Ti bacia sulle labbra e ora sai che sta per andare via, quando fai scivolare le tue dita fuori da lei le sfugge un ansimo e sorridete tutte e due, ed è più intimo di tutto quello che avete fatto fino ad ora.

Ti prende il volto tra le mani e ti bacia, si alza e guardi il suo corpo nudo e tremante lasciare la stanza, solo che questa volta non ti senti umiliata, al contrario provi un brivido di piacere nella consapevolezza che quel corpo è stato tuo, anche se solo per un brevissimo instante, quel corpo è stato sotto le tue mani e il tuo controllo.

Conti fino a 120 per essere sicura Simonne non ti possa sentire, recuperi i tuoi vestiti, ti vesti e corri verso la porta d’ingresso, facendo partire una chiamata per Melanie.

“Pi? Tutto ok?”

Stai sorridendo così tanto che temi ti si stacchino le orecchie. “Chiedimelo Pi.”

“Cosa? Di che parli?”

“Chiedimelo.” Afferri la busta con i soldi e lasci quella villa meravigliosa, la tua amica rimane in silenzio, ma poi puoi quasi sentire il suo sorriso.

“Allora, te la sei scopata?”

Riempi i polmoni d’aria. “Si.”

“Appena arrivi, apriamo lo spumante.”

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Capitolo 10
*** Ch10 - Sala d'aspetto ***


ch.10 – Sala d’aspetto.
 
 
Simonne lascia cadere la testa all’indietro e un suono gutturale a metà tra un grugnito e un ansimo le attraversa la gola, facendo vibrare le tue labbra sul suo collo. È talmente sensuale che dimentichi come usare le mani o tutto il tuo intero corpo, lei sbuffa ma sorride e muove i fianchi per intimarti a continuare quello che stai facendo. Avvampi e riprendi da dove ti eri stupidamente interrotta, pieghi le dita e ruoti il polso, dal modo in cui vibra sai di aver trovato il punto più sensibile di lei, perciò ti muovi più velocemente, Simonne perde completamente il controllo e ansima il tuo nome facendoti perdere completamente, ti metti cavalcioni su una sua gamba e muovi i fianchi per trovare un qualsiasi tipo frizione che ti dia sollievo, a lei non sembra dispiacere, al contrario, ti afferra per il sedere e accompagna ogni tuo movimento spingendo la gamba più in alto verso di te. I vostri corpi si stanno muovendo spinti dal puro bisogno sessuale, in una danza selvaggia a primordiale in cui non siete altro due donne alla ricerca del piacere e dimentiche di tutto il resto. Nelle due settimane passate hai imparato a capire quando fosse a un passo dall’orgasmo e ora che sta per succedere sei completamente dimentica di te stessa e ti concentri solo su di lei, che non sembra essere della stessa idea, ti costringe a muoverti ancora, anche mentre viene ti attira a se e ti bacia, ma la sua mano dal tuo sedere scivola sul tuo sesso, ti bastano pochi movimenti per venire a tua volta, soffocando le urla contro le sue labbra.

Quando l’orgasmo ti lascia andare, guardi i suoi occhi sorridenti e sussurri il suo nome, ti bacia le labbra e senti quelle due stupide, irragionevoli, spaventose parole scorrerti nelle vene e arrivare pericolosamente sulla tua lingua, apri la bocca e stai combattendo per non dirle con tutte le tue forze, ti sporgi verso di lei per baciarla e zittire te stessa, ma un pianto disperato squarcia il silenzio.

I suoi occhi si spalancano terrorizzati e sai che i tuoi stanno facendo lo stesso, vi alzate quasi contemporaneamente e lei non perde tempo a vestirsi, corre su per le scale verso la camera di suo nipote, tu ti rivesti e la segui subito dopo: Eddie è completamente sporco di sangue e Simonne non riesce a farlo smettere di piangere in nessun modo.

Sei terrorizzata, non hai la più pallida idea di cosa fare, lei ti urla contro qualcosa, ma non riesci a capire cosa, ti da il bambino e sparisce, tu lo culli e speri che non sia grave. Simonne torna dopo pochi secondi, ha indossato un paio di jeans, una maglia e un paio di scarpe da tennis, ti strappa il bambino di mano e scende al piano inferiore, la segui di corsa, afferri le tue scarpe e sali sulla sua macchina poco prima che lei parta.

Quando hai fatto il corso da baby sitter ti hanno fatto un corso di primo soccorso e stai disperatamente cercando di ricordarti qualcosa, una cosa qualsiasi.

Il fatto stia piangendo e ti colpisca per mandarti via è un buon segno, costringi te stessa e lui a controllargli il viso, lo pulisci come meglio puoi dal sangue con la tua maglietta e scopri che la fonte del sangue è un grosso taglio sotto il mento, è brutta e probabilmente ci vorranno dei punti.

Gli controlli il resto del corpicino sperando non ci sia nulla di rotto, non sei un’esperta, ma non ti sembra abbia altre ferite di alcun genere. Afferri un peluche e glielo premi contro la ferita per fermare il sangue, la tua mente va a mille per cercare di capire cosa sia successo, l’opzione più plausibile è che Eddie sia caduto cercando di evadere dalla culla e abbia battuto il mento sbattendo contro un giocattolo o su qualche parte della culla.

Mentre tu e Simonne stavate scopando.

Hai la nausea al solo pensiero di quanto tempo il bambino abbia passato a piangere, invocando il vostro aiuto, mentre voi eravate troppo perse in voi stesse per sentirlo.

La macchina si ferma davanti all’ospedale, la tua datrice di lavoro scende, ti strappa praticamente di mano il bambino e corre al pronto soccorso, tu rimani per qualche istante con il pupazzo sporco di sangue in mano, scoppi a piangere, ma decidi comunque di far qualcosa di utile e parcheggi la macchina. Prima di scendere fai partire la chiamata a Melanie senza nemmeno pensarci, è estremamente egoista da parte tua, ma non puoi affrontare tutto questo da sola.

“Alex ho capito, te la sei scopata. Non occorre tu me lo dica tutte le volte.”

La sua sola voce ti fa scoppiare a piangere con più forza, probabilmente Mel sente i tuoi singhiozzi e si spaventa “Pi, che succede. Stai bene? Quella stronz…”

“Ed….Eddie….Eddie è….noi….lui…”

“Pi, calmati. Respira. Calmati. Dove sei?”

“Nel parcheggio del pronto soccorso.”

“Non muoverti, arrivo.”

Non ti muovi e non smetti di piangere finché la tua amica non bussa al finestrino, ti chiedi come abbia fatto a trovarti.

“La tua è l’unica macchina con la luce dell’abitacolo accesa.” Ti tende una mano e ti aiuta a scendere, indica il peluche insanguinato e ti chiede con voce bassa “È tanto brutta?”

Scuoti la testa “Non…non lo so.”

Mel non aggiunge altro, ti porta fino alla sala di attesa del pronto soccorso e ti tiene la mano, senza pronunciare più una sola parola. Il tempo sembra dilatarsi all’infinito, la gente attorno a voi cambia, la stessa energia nervosa scuote tutte le persone presenti, l’unica persona calma sembra essere la tua amica accanto a te, che non smette mai di accarezzarti la mano e mormorarti parole di consolazione.

Ti senti scuotere e tirare, Mel si alza in piedi e tu fai lo stesso, anche se sei in uno stato di semi incoscienza, riesci appena ad alzare la testa e mettere a fuoco Simonne che esce dalle porte del pronto soccorso e viene dritta verso di voi, ha l’aria stanca e i suoi lineamenti sono così induriti che sembra invecchiata di anni.

“Cosa ci fai tu ancora qui?”

“Come sta?”

Parlate contemporaneamente e non puoi dire che non ti aspettassi la sua rabbia o la sua freddezza, Eddie era sotto la tua responsabilità, se si è fatto male è solo colpa tua.

“Vattene, non ti voglio qua.”

“Smetti di tirartela tanto, mi pare che foste entrambe impegnate nella stessa attività mentre il bambino si faceva male. Non vedo cosa ti dia il diritto di scaricare la colpa su Alex.”

Mel si è messa tra voi due e deve alzare la testa per guardare Simonne negli occhi, ma lo fa con tanta fierezza e forza che hai un brivido di paura. Non le hai detto cosa sia successo e come, ma ha abbastanza informazioni sulla tua vita da averlo capito da sola, la tua datrice di lavoro fa mezzo passo indietro ed è la prima volta che la vedi spiazzata.

“Ha diritto di sapere come sta il bambino.” Questo era il motivo per il quale non avresti mai voluto che loro due si incontrassero: eri certa che MEl avrebbe tirato fuori le unghie per difenderti, per qualche strano motivo sei la sua piccola Pi e non tollera che qualcuno ti tratti male o ti faccia soffrire.

Simonne si irrigidisce e alza il mento, non incontra il tuo sguardo e sei pronta ad ascoltare qualsiasi cosa non buona stia per uscire dalle sue labbra. Si gira lentamente verso di te e i suoi occhi ti scavano un buco nell’anima.

“Eddie sta bene, ma non sicuramente grazie a te. Sei licenziata, Alex.”  L’unica cosa che ti impedisce di cadere a terra è la mano amichevole che stringe la tua. Passano lunghi minuti nei quali leggi tutto il disprezzo che prova per te negli occhi della tua ormai ex datrice di lavoro. La tua amica fa un passo avanti e non riesci a trovare in te le forze per fermarla, hai la sensazione che il mondo ti stia crollando sotto i piedi e che tu non possa fare nulla per impedirlo, hai la sensazione di stare vivendo un incubo e che possa solo peggiorare. Quando senti una risata divertita, hai paura di essere completamente impazzita.

“Oh S, sei sempre melodrammatica.”

Vi girate tutte e tre verso la nuova venuta, Alice ha l’aria stanca ma ha la solita espressione beffarda e il suo sorriso sicuro.

“Alice…”

Simonne si mette tra di voi e la sua rabbia ti provoca quasi un dolore fisico. “Non mi sembra che questi siano affari tuoi, Alice.”

La nuova arrivata ride ancora e hai paura di che reazione possa avere l’informatica, Alice la guarda negli occhi e non sai dove trovi il coraggio per affrontare quello sguardo di ghiaccio..

“Figlio mio, affari miei Simonne. Non licenzieremo Alex, è chiaro?”

Simonne si irrigidisce ancora e sua sorella le sorride: “Ora ti prego, sii gentile, va a parlare con i dottori che non capisco una virgola di quello che mi stanno chiedendo.” Le accarezza un braccio e sei stupita nel vedere che la tua amante non sfugga a quel contatto. Obbedisce a quell’ordine e tu senti fisicamente il bisogno che ti guardi, che ti faccia capire che non ti odia e non ti disprezza, che non pensi sia colpa tua, che questo non distrugga tutto quello che avete costruito.

Alice la guarda sparire dietro le porte e poi si gira verso di voi, nei suoi occhi stanchi passa una luce maliziosa.

“Oh, i tuoi genitori ti permettono di stare in giro dopo il tramonto?”

Mel si irrigidisce e fa mezzo passo avanti e hai il terrore di quello che possa uscire dalla sua bocca, ma Alice prende entrambe alla sprovvista, le accarezza una spalla e le sorride dolcemente.

“Grazie per essere venuta.”

La tua amica abbassa la testa e arrossisce, si aggrappa alla prima cosa che le viene in mente per sfuggire ai magnetici occhi che la stanno fissando intensamente.

“Vado a vedere se riesco a trovarti un mocaccino Alex.”

“Un caffè nero e bollente, grazie.” La tua datrice di lavoro ghigna contenta e la tua amica non si ribella, quando è a qualche passo da voi, la voce la raggiunge ancora. “E una tisana calmante per mia sorella, ti prego.”

Melanie si ferma, sospira e continua la sua camminata.

Una volta sole, gli occhi ti si riempiono di lacrime e non puoi fare nulla per fermarle.

“Alice….mi dispiace…mi dispiace…”

Ti prende una mano e ti porta alle seggioline, ti fa sedere e ti mette un braccio attorno alle spalle
.
“Calmati Alex, non è successo nulla.”

Scuoti la testa con vigore e senti la rabbia invaderti, verso te stessa, verso Simonne e la sua freddezza e perfino verso Alice che sembra non capire la gravità di quello che è successo.

“Come puoi pensare non sia successo nulla? Lui era sotto la mia custodia era coperto di sangue…”

“Alice, non è che io passi propriamente tutto il mio tempo a fissarlo per fare in modo non gli accada nulla, non vedo perché dovrei pretenderlo da te. Soprattutto mentre dorme.”

“Ma io…”

“Tu nulla Alex. È un bambino, i bambini sono progettati per cadere. In più il mio Eddie non ha solo la testa molto grande, ma anche molto, molto dura.”

Scoppi a ridere tra le lacrime e quindi rischi di soffocare, lei ti sistema i capelli sul viso e sorride con te.

“Sta bene, non è successo nulla. Anzi, ora avrà una cicatrice e sarà un gran figo. Il mio piccolo Superman.”

Sei talmente sconvolta che apri la bocca e non sai cosa rispondere, lei ti da un bacio sulla tempia, si alza e ti tende una mano.

“Andiamo, sono certa che vederlo con i tuoi occhi ti aiuterà a guardare le cose da una prospettiva diversa.”

Segui il suo consiglio, le afferri la mano e la segui, sperando che tu non sia sola a vedere le cose da una prospettiva diversa e a perdonare se stessa.

Abbandoni il peluche sporco di sangue sul pavimento, nella speranza di abbandonare con esso tutto l’orrore della serata appena trascorsa.

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Capitolo 11
*** Ch11 - Superman ***


ch.11 - Superman
 
 
Appena è finita la lezione di progettazione sei tornata di corsa in ospedale, diretta verso la stanza del piccolo principe. Ti chiedi come sia possibile che un bambino di un anno abbia una stanza da solo e non sia nel nido con tutti gli altri, ma poi pensi al fascino di sua madre e all’autorità di sua zia e capisci che per loro non deve essere stato poi tanto difficile ottenere una cosa del genere.

Rimani con il pugno sospeso a metà aria quando senti una voce inaspettata provenire dalla stanza.

“Ecco appunto, era una PR, doveva fare la PR. Questo piano è completamente sballato, come può pensare che basti incontrare e trattare personalmente con i clienti per avviare un’azienda? Sono tutt’altre le cose alle quali dovresti badare ora…è il momento di piantare delle basi solide e tu sei la parte artistica dell’azienda, non dovresti farlo tu. Se non disegni cosa diamine vendi?”

La riconoscibilissima risata di Alice riempie l’aria. “Cosa diamine vendo, eh?”

“Concentrati, sto cercando di lavorare seriamente qui. E tu dovresti fare lo stesso.”

“Veramente io volevo solo stare con il mio Superman.”

“Non è colpa mia se hai perso tempo fino a ora girellando per il paese...”

Bussi, perché sai che Melanie perde il controllo quando si tratta di economia, è una vera e propria economynazi e non ti sembra il caso continui a insultare una persona deceduta o la sua vedova.

“Avanti.”

“Non dovrei rispondere io? C’è il mio cognome scritto qui fuori.”

Entri e non ti stupisci di trovare la tua datrice di lavoro e la tua migliore amica sedute sul letto vuoto con davanti un tablet che non riconosci e che quindi supponi essere della bionda, diversi fogli e un’agenda.

“Pi!”

“Alex!”

Vai verso di loro, porgendo la busta contente due caffè neri e una tisana calmante, più una confezione da dodici di donuts ai vari gusti. Alice la apre immediatamente e dal suono che emette è chiaro gradisca la colazione in ritardo, ti chini verso Mel e la baci sulla guancia.

“Non mi aspettavo di trovarti qui, Pi.”

Corruga la fronte “Perché no, Pi?”

Pensavi che la risposta fosse ovvia, il fatto per lei non lo sia per nulla ti spiazza così tanto che non sai come spiegarglielo. Sei indecisa su come salutare la tua datrice di lavoro, lei alza la testa e ti porge la guancia, in modo da ricevere anche lei il suo bacio del buongiorno. Avvampi per l’imbarazzo e le sfiori la pelle con le labbra, di nuovo lei emette un suono soddisfatto e non si accorge che Melanie le ha sfilato la busta di mano e stia iniziando ad apparecchiare sul comodino accanto al letto. Le lasci alle loro manovre perché devi affrontare il piccolo Eddie e quello che gli hai fatto, ieri notte era già addormentato quando l’hai visto e non sai come reagirà quando ti vedrà di nuovo: non hai la forza di vederlo piangere o soffrire ancora.

Il piccolo principino indossa un pigiama di Superman con tanto di mutandoni rossi e mantello e ti devi costringere a non rimproverare la sua assurda madre per questo, anche se una parte di te è ammirata, nei quasi tre mesi che sei stata in quella casa non hai mai visto un pigiama del genere e ti chiedi come abbia fatto a procurarselo così velocemente. Non gli parli e non attiri la sua attenzione in nessun modo, lui è seduto in una specie di lettino/culla ed è così intento a svuotare e riempire la borsetta di sua madre, che gli potrebbe tranquillamente scoppiare una guerra nucleare accanto e lui non se ne accorgerebbe nemmeno. Lancia con troppo vigore una penna e manca il bersaglio, si gira per vedere dove sia finita e si accorge della tua presenza, ti guarda con i suoi enormi occhi color miele pieni di dubbio e stupore, il tuo cuore si ferma e hai il terrore ti mandi ancora via, che ti ritenga responsabile di quello che gli è accaduto, del dolore che ha provato.

Non è così, il suo volto si illumina in un sorriso felice e le sue mani si alzano verso di te con uno squittio allegro: “Mamma!”

Senti lo sguardo di Alice su di voi, ma è solo per un breve istante, prendi il braccio il bambino e lui ti bacia sulla guancia e ti guarda con infinito amore.

“Ciao Eddie.”

“Superman, non Eddie.”

Il piccolo principe sorride, come sempre quando capisce che sua madre sta parlando di lui o con lui, tu alzi gli occhi al cielo e ti trattieni ancora dal rimproverare quella strana donna. Studi ogni più piccolo dettaglio del bambino, per accertarti che non stia male, che non si sia fatto nient’altro, ha un enorme cerotto sotto il mento e un bernoccolo così grosso da chiudergli lievemente l’occhio sinistro, ma lui non sembra farci minimamente caso: è il solito Eddie di sempre, sta a te abituarti a questa nuova versione di lui senza farti schiacciare dai sensi di colpa.

Il principino ti viene incontro, dandoti una manata in piena fronte e sorridendo contento, gli fai il solletico e lui ti poggia un dito sulle labbra e mormora parola incomprensibili, alzi gli occhi al cielo e gli canti la solita canzoncina scema e iniziate tutti e due ballare.

Ora che hai risolto le cose con il tuo piccolo padrone, ti concedi di spiare la strana interazione tra la bionda e la brunetta sedute sul letto. Mel sta studiando qualcosa sul tablet con una ciambella in bocca, Alice sta sfogliando lentamente l’agenda, probabilmente per capire quanto tempo potrà rimanere a casa o quanto fondante siano le critiche della tua amica. Allungano entrambe il braccio ad afferrare un’altra ciambella che risulta essere la stessa: cioccolato al latte e nocciole.

Alice alza un sopracciglio, ma poi ritira la mano e sorseggia ancora il suo caffè, Mel riprende a fissare il monitor, spezza la ciambella a metà e gliela porge. Ti irrigidisci appena vedi il sorriso malizioso sulle labbra della tua datrice di lavoro.

“Oh, vedo che all’asilo vi insegnano a condividere. Dimmi in che asilo vai che ci voglio iscrivere il mio Superman.”

Mel la guarda socchiudendo gli occhi, che sono tanto arrabbiati che hai paura la inceneriscano, morde le labbra e le punta un dito contro.

“Alice, vai a farti…”

“PI!” Non dovresti intrometterti, ma non vuoi che il piccolo Eddie senta certe cose, gli copri un orecchio con la mano libera e lo dondoli dolcemente. La tua datrice di lavoro alza ancora un sopracciglio di sfida verso la tua amica e lecca le labbra, Melanie si rilassa a sorride.

“Vai a farti benedire, Alice.”

Smetti di proteggere il principino perché pensi di aver scampato il pericolo.

“Non posso, non ho una predilezione per le cappelle.”

Non credi alle tue orecchie, avvampi violentemente e vorresti poterti nascondere, Melanie invece scoppia a ridere con tale forza da rischiare di cadere dal letto.

“Sei la madre vedova più imbecille che io abbia mai conosciuto.”

Al sentire quella frase ti ghiacci completamente, sei stata tu a raccontare alla tua amica certi privatissimi dettagli e non ti saresti mai aspettata le usasse così alla leggera. Ora Alice penserà che sparli di lei e Simonne con chiunque e che tu sia una ragazzina pettegola e immatura.

Non hai il coraggio di alzare la testa verso di lei.

“Tu sei assolutamente la miniatura di una donna più stronza che io abbia mai conosciuto.” Si sorridono a vicenda e mangiano la ciambella come se nulla fosse. Ti chiedi se a ogni loro incontro dovrai perdere anni di vita come oggi, perché se così fosse, non vuoi che si incontrino mai più.

La porta si apre e il gelo scende nella stanza appena Simonne fa il suo ingresso, l’unico che sembra non accorgersene è il piccolo Eddie che ti saltella sul braccio intimandoti a ballare e cantare ancora.

La programmatrice va dritto verso sua sorella, non degnandovi di uno sguardo. “Ti ho portato quello che mi hai chiesto.”

“Ti ringrazio S.” Prende il borsone, rovista nella busta che hai portato tu e le offre la tisana e una ciambella. “Tieni, sono certa tu non abbia mangiato nulla da ieri notte.”

Avvampi e ti focalizzi sul piccolo Eddie, perché sei quasi certa di essere l’ultima cosa che Simonne abbia mangiato. La mora accetta quello che sua sorella le sta offrendo e la stilista aggiunge subito dopo “Le ha portate Alex.”

Alzi la testa per accertarti di aver sentito bene e il suo sorriso malizioso è sul suo volto.

Non capisci a che gioco stia giocando.

Ormai è troppo tardi per rifiutare l’offerta, quindi Simonne è costretta a mangiare la ciambella e bere la tisana, Mel scivola giù dal letto e recupera le sue cose. Da un biglietto da visita a Alice e le chiede di mandarle i prospetti, la donna annuisce con un ghigno divertito, i suoi occhi sono l’unica cosa che rivelano la sua gratitudine. La tua amica viene verso di voi e da un bacio sulla guancia a te e uno al bambino.

“El!El!El!”

“Ciao Sup….”Tossisce e Alice ridacchia “Ciao Eddie. Ci vediamo presto.”

Esce dalla stanza senza salutare la tua ex amante e sei certa di non essere l’unica a essersene accorta. La tensione ora è tanta da risultarti insopportabile.

“Mimon!Mimon!Mimoooon.”

La fiera zia si gira molto lentamente verso di voi, il bambino saltella felice tra le tue braccia e tende le manine verso di lei. Come era prevedibile, Simonne non resiste a quel richiamo.

“Superman ha imparato un’altra parola.” La voce della vedova ti arriva quasi ovattata, il tempo si è dilatato per l’ennesima volta mentre la programmatrice viene verso di voi, alza una mano per toccare suo nipote, ma la ritira quasi subito, stringendo le labbra.

“Miiiimooooooon” La voce di Eddie è meno allegra e ti sguscia via delle braccia, sua zia è letteralmente costretta a prenderlo in braccio se non vuole che rovini a terra di faccia, lui ha un ghigno soddisfatto sul volto mentre le tocca con dita fin troppo sicure le ciglia e le sopracciglia.

“Mimon.”

È assolutamente figlio di sua madre.

L’intera postura di Simonne si rilassa e lei sorride, puoi quasi vedere il suo cuore sciogliersi d’amore per il bambino, ma poi i suoi occhi si posano su di te e vieni letteralmente travolta dal gelo.

“È meglio che io vada.” Tutto quello che vuoi ora, è fuggire da lì il più velocemente possibile.

Ti chiedi perché sei stata così sciocca da non unirti a Mel.

Qualcuno bussa alla porta, un medico si affaccia e guarda diritto verso la donna seduta sul letto.

“Signora Carter, una parola?” Lei guarda in direzione di sua sorella, scende dal letto e va verso la porta, prima di uscire ti guarda.

“Alex, potresti aspettarmi per un minuto? Devo chiederti una cosa.” Annuisci e la guardi uscire.

Simonne ti rende il bambino e si allontana da voi.

“S...”

“No.”

“S…”

“No, non S. Non puoi chiamarmi S No.”

“Io….scusa.” Sei confusa, non ti aspettavi una risposta di questo genere.

Non ti fidi di te stessa in questo momento, al punto che rimetti Eddie a giocare con la borsetta di sua madre, schiarisci la voce e provi ancora, incoraggiata dal fatto che non ti abbia rifiutata, non del tutto.

“Simonne possiamo…”

Si gira verso di te di scatto e i suoi occhi sono freddi, ma sono anche tristi e una lacrima le si è incastrata tra le ciglia.

“No Alex, non possiamo. Ti rendi conto di quello che è successo?”

“È stato un incidente, noi non potevamo…” Fai un passo verso di lei e lei fa un sorriso amareggiato.

“Stai parlando come lei. Stai sminuendo l’accaduto solo per giustificare te stessa o…” Morde le labbra, abbassa la testa e poi guarda il bambino. “Finisce qui, Alex. Qualunque cosa fosse, finisce qui.”

Sorridi, ma temi la tua sua una smorfia di amarezza. “Io non sapevo nemmeno ci fosse qualcosa da finire.”

Ti guarda ed è come se ti vedesse davvero per la prima volta.

Sei talmente arrabbiata per la sua irragionevolezza che sostieni il suo sguardo, nella speranza che lei veda e capisca senza che tu aggiunga una sola parola.

Nella speranza che lei sappia che provi dei sentimenti per lei e non hai mai giocato, nemmeno per un momento.

“Mimon!”

Chiudi gli occhi e sospiri, mentre la sua attenzione è tutta per il bambino.

“Mimooooon.”

Riapri gli occhi e guardi Eddie che sta guardando te, ti sorride e ti indica soddisfatto “Mimon!!!”

“Cosa…?”

“Merda.” Ti giri verso di lei e ti accorgi che le sue difese sono di nuovo tutte lì. Guardi Eddie e scuoti la testa. “No Eddie, io sono Alex. A-lex. Lei è….” Una cosa stupida come pronunciare il suo nome non dovrebbe essere così difficile, no?

“Lei è Simonne. Io sono Alex.”

Il bambino piega la testa a un lato e ti indica ancora. “Mimon?”

“Devo tornare al lavoro.”

“Simonne no, aspetta….” Lascia la stanza come se tu non avessi pronunciato una sola parola. Ti metti a sedere sul letto e sospiri.

“Tutto ok Alex?”

Annuisci e sorridi, non sei mai stata una brava attrice e lei si accorge che stai mentendo, è gentile però e non indaga ulteriormente.

“S è molto severa con se stessa e di conseguenza con gli altri. Vedrai che le passerà.”

Annuisci ancora, perché non ti fidi della tua stessa voce in questo momento, Alice ti sistema un ciuffo di capelli dietro l’orecchio e tu le sorridi, rassicurata da quel gesto.

“Domattina dimettono Eddie.”

Alzi la testa a guardarla e sei terrorizzata dal fatto lo dimettano così tardi, lei ti sorride e ti prende una mano.

“È solo una precauzione Alex, è per essere certi sia tutto a posto. Ti ripeto, il mio Superman ha la testa dura.” Sorride verso di lui e lo guarda succhiare contento la sua agendina da borsetta. “Io rimarrò a casa finché non gli tolgono i punti, ma vorrei lavorare comunque, ti seccherebbe continuare a badare a lui? Sotto lo stesso compenso, ovviamente.”

“Si, si certo.” Hai la sensazione che questa richiesta nasconda molto altro, ma sai che Alice non è Simonne e che finirà col svelarti il mistero prima o poi.

Il suo volto si illumina in un sorriso.

“Ti ringrazio. Ora va, non voglio trattenerti più del necessario.”

Non devi andare via veramente, non hai nulla da fare se non pensare a quello che è successo con Simonne, ascoltando le canzoni tristi di qualche cantautrice country che sembrano scritte apposta per te e piangere mangiando gelato, mentre Melanie sfoggia il suo vasto vocabolario di volgarissimi insulti verso la tua ex-qualunque cosa fosse.

Finirete con l’ubriacarvi senza vergogna e a dormire insieme nella vasca da bagno.

Devi comunque mantenere una facciata di credibilità e professionalità, perciò annuisci e ti alzi.

“Chiamami se vi serve qualcosa, qualsiasi cosa.”

“Non preoccuparti, penserà Simonne a noi. Ma grazie per averlo detto.”

Ti bacia sulla guancia e non sai se ti sia spostata tu o sei lei ti abbia volontariamente baciata così vicina alle labbra, quasi all’angolo della bocca. Alice sembra non badarci, si gira verso suo figlio e canticchia quasi.

“Di ciao a Alex, Superman.”

Lui alza una mano, mentre con l’altra tenta di sfogliare l’agendina che ha succhiato. “Ao Mimon.”

Alice alza un sopracciglio e tu scappi via prima di fare altri danni, la tua serata di lacrime e alcol ti aspetta, non importa se è appena mezzogiorno, la inizierai appena metterai piede in casa.

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Capitolo 12
*** Ch12 - Bozze ***


ch.12 - Bozze
 
 
Tutto avresti pensato nella tua vita, tranne che diventare una dama di compagnia.

Le tue serate in casa Green-Carter ora si svolgono in modo molto particolare: Alice da qualcosa di strano a Eddie in modo che lui ci giochi (il fantasioso gioco odierno è una teiera in metallo nella quale la donna ha infilato dei tappi di sughero, il bambino infila i suddetti tappi nel beccuccio, la agita, apre il coperchio e si finge sorpreso di trovarceli dentro, li afferra, richiude il coperchio e riprende il ciclo da capo) e lui procede a giocarci per ore.

È lei ad occuparsi della merenda e di cambiarlo se si sporca, non permettendoti di fare nulla, affermando che, per una volta che può essere lei a occuparsi di suo figlio, lo vuole fare. Dunque tu sei davanti al tuo portatile, che da quando ci ha messo mano Simonne è molto, molto più veloce, e lavori al tuo ultimo progetto, mentre Alice compila scartoffie o spedisce email.

Hai il dubbio di essere lì solo per far compagnia a lei, perché non riesce a sopportare la solitudine e ancora una volta non riesci a biasimarla.

Non sai cosa avresti fatto se Tara fosse morta.

Non vuoi nemmeno pensare a cosa proveresti se Simonne morisse.

La padrona di casa chiude il portatile e sbuffa, alzi la testa a guardarla e lei ti sorride.

“Scusami, non volevo disturbarti.”

Mordi le labbra perché avete discusso molte volte in quei giorni sulla tua presenza lì e non vuoi ripetere la cosa, soprattutto perché l’ha sempre vinta lei.

“Tutto bene?”

Sospira e si passa una mano sul viso e tu pensi come sempre che sia molto affascinante, anche senza un filo di trucco addosso o con addosso una vecchia tuta.

“Si, solo…non sono fatta per queste cose.”

Ti alzi e vai verso di lei, anche se di queste cose ne capisci sicuramente meno di lei, avendo a disposizione quel piccolo genio dell’economia di Melanie, non ti sei mai sforzata di imparare niente. Afferri un foglio e fingi non siano geroglifici, ma ti arrendi facilmente e lo riappoggi dove l’hai trovato con una smorfia.

“Hai provato a contattare Melanie?”

“Non me la posso permettere.”

“Se tu smettessi di pagare me…”

Scoppia a ridere buttando la testa all’indietro “S mi renderebbe la vita un vero inferno se io smettessi di pagarti. Mi ha minacciata di morte.”

Speri di non essere arrossita, ma sai essere una speranza vana. “Mel non è ancora laureata, non credo abbia mai deciso che compenso richiedere per una consulenza di questo tipo.
Dovresti provare a sentire cosa ha da dirti. È un vero genio con i numeri e ha intuito per certe cose.”

“Non lo so.”

“Potresti assumere lei come baby sitter, sarebbe più che felice di mollare quel mostro di Dolly.” Ti aspetti una battuta sprezzante, ma Alice si gira a guardarti con uno strano sorriso sul volto.

“Non voglio dover rinunciare a te.”

Sfuggi al tuo sguardo e stai maledicendo ancora una volta la tua emotività perché hai vere e proprie vampate di calore.

“Dannazione ho voglia di disegnare.”

Ti butti letteralmente in quella via di fuga. “Fallo.”

“Cosa?”

“Perché no?”

“Accidenti perché fanculo no?” Impila le scartoffie con disgusto e si alza. “Torno subito Alex, stai ferma lì.”

Scoppi a ridere per la sua ritrovata energia, sembra che qualcuno le abbia caricato le pile, e lei torna qualche minuto dopo con in mano un album da disegno e un astuccio, ne rovescia il contenuto sul tavolino da caffè, attirando l’attenzione di suo figlio che, vedendo tutti quei colori, abbandona la teiera e sgambetta verso di voi.

“Superman, vuoi disegnare come la mamma?”

“Mamma!”

La donna ride, stacca una pagina dal blocco e gliela porge, il bambino la afferra e sta per accartocciarla, ma tu lo blocchi, lo fai sedere tra le tue gambe, gli prendi la manina e gli dai una matita, ma è troppo piccolo per disegnare e te ne accorgi quando rischia per la seconda volta di cavarsi un occhio. Metti una mano sulla sua e disegni con lui, non sei propriamente un’esperta di animali, ma appena inizi a tracciarne uno lui abbia contento, ne approfitti per cercare di insegnargli altri versi, ma l’unico che impara è il pesce, per il quale apre e chiude la bocca senza emettere un solo suono.

È così tenero che lo travolgi di baci.

Sei talmente presa dal bambino e dal tentativo di insegnarli versi e nomi di animali, che perdi completamente di vista la madre, quando la guardi, rimani di stucco nel constatare che ha ricoperto il tavolino di bozze di vestiti. Strappa l’ultimo foglio e si lascia cadere sul divano.

“Aaaaaaah ne avevo davvero bisogno.”

Liberi Eddie dalla tua presa e ti inginocchi, il principino afferra una matita e la succhia allegramente.

“Posso?”

La padrona di casa annuisce sorridente, la modella è appena abbozzata, ma ha i capelli e gli occhi castani e il suo corpo ricorda molto il tuo.

“Si, sei tu.”

Scorri i vestiti velocemente e rimani senza fiato, lo stile è vagamente da first lady o comunque da donna matura, come quello di Simonne, qualcosa che non avresti mai immaginato potesse venire associato a te.

“Ti piacciono?”

Annuisci senza smettere di scorrere tra le bozze, poi scoppi a ridere: una modella è diversa, è piccola, con i capelli biondi e due occhioni verdi e la padrona di casa l’ha vestita da scolaretta e con la divisa di una scuola privata.

Ghignate tutte e due.

“Sto pensando di farli realizzare e regalarglieli.”

“Ti odierebbe a vita.” Giochi con un ciuffo di capelli e indichi i vestiti della modella che somiglia a te. “Me li spiegheresti?”

Alice ti sorride, batte la mano sul cuscino accanto a lei e ti porta in un mondo a te sconosciuto, di tessuti, colori e contrasti, ti porta anche degli scampoli di stoffa per aiutarti a immaginare meglio gli abiti finiti, ti fa scegliere tra più opzioni quella che ti sembrerebbe più appropriata per la tua pelle o per una certa fantasia e prima che tu te ne accorga, avete aggiunto alla maggior parte delle bozze molte note e le stoffe con il quale andrebbero realizzate.

“Credo che abbiamo annoiato a morte il mio piccolo Superman.”

Eddie è crollato sul tavolino, il visino spiaccicato sul foglio sul quale ha creato un laghetto di bava. Ridacchiate entrambe e Alice si alza.

“Ti ho fatto fare tardi, mi dispiace. Che ne dici se, per farmi perdonare, ti preparo qualcosa per cena?”

Guardi l’ora terrorizzata e lei capisce fin troppo bene la tua paura. “S è a una cena di lavoro.”

“Io non…non…” Perché tu finisca sempre col balbettare, è un vero mistero.

La padrona di casa non ti lascia il tempo di formulare una frase di senso compiuto, prende in braccio il piccolo principe, che mormora il suo disappunto e le butta le braccia al collo.

“Metto lui a letto e preparo la cena. Qualche preferenza?”

Scuoti la testa. “No, nulla.”

Il suo sorriso diventa così grande che il tuo cuore accelera i battiti. Ti sei assolutamente infilata in qualcosa più grande di te.

A dispetto delle tue stupide, ridicole aspettative o paure, i preparativi e la cena si svolgono nello stesso clima tranquillo delle vostre serate: Alice ti racconta dei suoi viaggi, dei suoi studi, di tanto in tanto accenna a qualcosa su sua moglie, passando subito dopo a parlare di Eddie. Quando ti parla Simonne devi ricorrere a tutta la tua forza d’animo per non arrossire o tempestarla di domande, lei invece non si trattiene e ti fa domande praticamente su tutto, su Tara, sulla tua famiglia, sui luoghi da cui proveni, sulla tua facoltà, su come sei finita a fare la baby sitter, su Mel e sui tuoi progetti di vita.

Ok, forse ti sei sciolta veramente solo al secondo bicchiere di vino, ma stai trascorrendo una serata piacevole.

Lei lava i piatti e tu li asciughi, più volte nel corso di questa serata ti sei chiesta come fosse possibile che questa casa ti abbia vista per ben due volte coinvolta con le donne che la abitano, ma in modo così differente tra loro. Alice è un vero libro aperto, solare e disponibile, non nasconde il suo dolore e la sua malinconia, ma ride e scherza, spesso in modo inappropriato, Simonne al contrario sembra mostrare solo la sua malinconia e nascondere tutto il resto, e più lei lo fa, più hai voglia di scoprire chi sia veramente.

La padrona di casa versa altri due bicchieri di vino e tuo scuoti la testa.

“No Alice per me basta, finirò con l’ubriacarmi.” Il mercoledì è un po’ presto anche per un’universitaria per ubriacarsi.

“Coraggio Alex…”

“Devo guidare.”

La bionda lecca le labbra e un lampo di malizia le attraversa gli occhi, improvvisamente più profondi.

“Puoi sempre rimanere qui a dormire.”

Arrossisci ancora e abbassi lo sguardo, lei ti prende la mano e ti trascina in salotto, ti fa sedere sul divano e sistema gli abiti che ha disegnato per te, in modo tu li possa vedere tutti chiaramente.

“Ok Alexadra, scegline uno.”

Apri e chiudi la bocca, perché non credi di aver capito. Lei ti accarezza la schiena e non sai se sia il vino o il fatto una bellissima donna ti stia guardando con gli occhi lucenti o che ti stia accarezzando la schiena, ma hai un brivido di desiderio. È sufficiente il pensiero di Simonne e di quello che avete fatto su uno di quei divani affinché il tuo corpo si calmi.

“Dimmi quale ti piace di più.” Si avvicina ancora a te, ti sistema i capelli dietro l’orecchio e non sai se sia l’alcool o il suo profumo, ma ti senti la testa molto leggera e non ricordi più quello che hai fatto con Simonne, ma solo come se ne sia andata e decidi che meriti di meglio, che meriti di essere trattata gentilmente.

Annuisci e guardi attentamente i disegni, mentre la padrona di casa guarda attentamente te, puoi sentire il suo respiro sfiorarti il viso e il calore del suo corpo accanto al tuo.

Opti per un abito lungo e scollato, che credi metta risalto i tuoi “colori”, Alice poggia la fronte contro la tua tempia e non sei sicura si sia curata di guardare cosa tu abbia scelto.

“Esattamente quello che avrei scelto io.” Ti poggia una mano sul ginocchio e senti il bisogno di scappare, perché è troppo vicina e Simonne e il vino e le parole di Melanie che ti accusa di volerti scopare anche Alice e il bambino che dorme al piano superiore.

Ti scosti lievemente e ti giri a guardarla, le vuoi dire che ha frainteso, che non vuoi, ma i suoi occhi affondano nei tuoi e tutta la voglia di scappare svanisce da te, ogni tuo pensiero coerente svanisce, lei ti accarezza il viso.

“Ti sto per baciare Alex. Puoi fermarmi se vuoi.”

Annuisci e passi lo sguardo dai suoi occhi profondi alle sue labbra perfette, lei sorride e si avvicina lentamente a te. Quanto le vostre labbra si toccano lei non ha ancora smesso di sorridere, tu sospiri e ti lasci cadere contro lo schienale, Alice ne approfitta per prendere quel controllo che non ti sei mai illusa di avere. I suoi baci sono sicuri e fermi, eppure morbidi e sensuali, anche se le sue mani sono fredde contro il tuo viso. Quando approfondisce il bacio, non hai idea di dove siano le vostre mani, a essere completamente sincera non hai idea di cosa siano le mani. Il tuo ansimo svanisce tra le sue labbra, mentre la sua lingua fa letteralmente l’amore con tua.

Il ricordo di Simonne ti passa fulmineo per la mente, ma Simonne non ti ha mai baciato così, i baci di Simonne erano proiettati tutti verso l’atto sessuale e in qualche modo questo ha tolto loro valore.

Alice invece ti sta baciando perché vuole farlo, per quanto i suoi baci siano passionali, per quanto la sua lingua stia facendo l’amore con la tua, puoi sentire chiaramente che non voglia nient’altro da te.

Si allontana da te, ma respira ancora sulle tue labbra, puoi sentire ancora chiaramente il sapore del vino bianco e del cioccolato che ha mangiato subito dopo cena e vorresti non avesse smesso. Avete entrambe il respiro pesante e ti rifiuti di aprire gli occhi e mettere fine a quel momento perfetto.

Alice poggia la fronte contro la tua, le tue mani sono affondate nei suoi capelli mentre le sue ti accarezzano lentamente lungo tutto il corpo.

“È meglio fermarci qui, non voglio succeda così.” Puoi sentire il suo sorriso. “Voglio prima creare l’abito che hai scelto e portarti a cena. Una cena vera in un ristorante vero.”

“Un appuntamento?” Hai bisbigliato e come la ragazzina che sei, il tuo tono era molto incerto. Lei sbuffa una risata e ti bacia, parlandoti tra le labbra.

“Un appuntamento, Alexadra.”

Questa volta sei tu a baciare lei, ma le cedi subito il controllo perché vuoi che ti baci esattamente come ha fatto poco fa. Ti accontenta, tu ansimi ancora e lei si stacca da te.

“Rendi difficile resisterti, Alex.”

Sospiri e lei ti accarezza la guancia, il collo e scende lungo il tuo braccio, ma la punta del suo pollice sfiora il tuo seno.

“Sabato sera va bene?”

Annuisci e lei ti sfiora il collo con la punta del naso e poi con le labbra. “Ti manderò l’abito nel primo pomeriggio e poi passo a prenderti verso le sette. Va bene?”

La tua risposta è un ansimo, ma al momento non sei in grado nemmeno di vergognarti.

“Hai qualche preferenza?” Scuoti la testa, senti le sue labbra sulle tue in un ultimo bacio innocente, lei si alza e ti tende la mano per aiutarti a fare lo stesso, la accetti e ti accompagna fino alla porta, ti bacia anche lì e la apre in modo tu possa uscire, poi grugnisce e ti afferra per una mano.

“Un attimo o mia sorella mi uccide.”

Torna dentro e poco dopo riappare con la solita busta con il tuo compenso, tu fai un passo indietro e scuoti la testa, lei ti attira verso di se e ti bacia ancora.

“Prometto che sabato non ti pago.”

Sei senza fiato, ma sorridi. Vi guardate negli occhi e i suoi brillano al punto che ti senti davvero desiderata.

Totalmente desiderata.

Ti accompagna fino alla portiera, la apre, tu ti siedi al posto di guida e abbassi il finestrino.

“Allora ci vediamo Sabato.”

“Ci vediamo Sabato.”

“Avvertimi quando arrivi a casa. Ho paura di averti fatto bere troppo.”

Ridete tutte e due, ma la verità è che i baci che vi siete scambiate ti hanno ubriacata di più del vino. Fai manovra ed esci dal vialetto, lei rimane a guardarti sulla porta, continuando ad accarezzarsi le labbra con la punta delle dita, non stacchi gli occhi da lei finché non ti è più possibile guardarla attraverso lo specchietto retrovisore.

A differenza delle altre volte in cui hai lasciato la villa, non fai partire la chiamata a Mel, non sai bene perché, ma ti senti come se l’avessi tradita.

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Capitolo 13
*** Ch13 - La storia che si ripete ***


 
ch.13 – La storia che si ripete.
 
 
Fino a qualche attimo fa era il primo appuntamento perfetto, come non ne avevi mai vissuti prima. Come promesso, Alice ti ha fatto consegnare a casa l’abito che hai scelto, con tanto di scarpe e accessori abbinati, facendoti guadagnare un’alzata di occhi da parte di Melanie e il suo mutismo per diverse ore; alle sette precise poi, la stilista si è presentata a casa tua con un mazzo di fiori, elegantemente vestita e truccata; ti ha aperto la portiera della macchina, nella quale suonava una musica soffusa, ti ha ceduto il passo affinché tu fossi la prima ad entrare nel ristorante, nel quale ti ha offerto il braccetto e ti ha aiutata a sederti; ha scelto il vino e ti ha consigliato cosa prendere, facendoti assaggiare quello che ha ordinato lei; è arrivata addirittura a prendere il dolce che tu ti sei rifiutata di ordinare e te l’ha lasciato mangiare praticamente tutto; ti ha sorriso tutto il tempo e non ha perso occasione per complimentarsi con te o accarezzarti la mano.

Tutto perfetto, fatta eccezione per il piccolo particolare finale, ossia quando ti ha suggerito di fuggire senza pagare il conto ed è letteralmente scappata via dal ristorante.

Ora la stai rincorrendo per il marciapiede e sei terrorizzata, perché siete scappate da un locale talmente costoso che sul menù non c’erano scritti i prezzi delle pietanze e tu, che non metti mai i tacchi, stai correndo a perdifiato, con il terrore che la polizia ti raggiunga e ti arresti e…

Alice si ferma, si gira verso di te e scoppia a ridere, senza fiato.

“Alice torniamo indietro a pagare, ti prego.” Piagnucoli e lei ride così tanto che è costretta a piegarsi in avanti, ti afferra una mano e si avvicina a te.

“Accidenti Alexandra, sei davvero di una innocenza disarmante.”

Apri e chiudi la bocca più volte, sei arrossita, ne sei sicura, anche se questa volta è un misto tra imbarazzo e rabbia.

“Alice, abbiamo rubato!!!” Sibili e sussurri l’ultima parola, guardandoti attorno per assicurarti che nessuno ti possa sentire.

I suoi profondi occhi si fissano nei tuoi e uno strano sorriso si fa largo sul suo volto. “Alex, sono loro cliente da anni, hanno il numero della mia carta di credito.”

Ti irrigidisci, apri e chiudi la bocca più volte e questa volta arrossisci di vergogna, perché sei una credulona ingenua.

Alice ti prende una mano, ti fa girare su te stessa e ti sbatte letteralmente contro il muro.

“Scusami, non ho resistito a prenderti un po’ in giro.”

“Alice…” La tua risposta è soffocata dalle sue labbra e le basta quello per farsi perdonare e per farti dimenticare l’accaduto. Il vostro bacio cresce di intensità molto velocemente, le sue mani salgono pericolosamente sulle tue cosce e sei talmente eccitata che non ci pensi nemmeno per sbaglio a fermarla, al contrario sei più che disposta a farti prendere lì, per strada. Lei però non è dello stesso avviso, la sua gamba si infila tra le tue e spinge verso l’alto colpendoti esattamente dove hai maggior bisogno e rendendoti difficile ragionare, mentre la sua lingua scende lungo il tuo collo.

“Credi sia a casa?”

“Co….cosa? C…chi?”

Ridacchia contro il tuo sterno, ma la sua gamba preme ancora contro di te, in modo perfetto.

“Melanie, credi sia a casa?”

Non sai dove sei, non sai che ora sia, non sai nemmeno chi sia questa Melanie, opti per la risposta più sicura, anche se non è facile darla visto come ti sta succhiando la lingua, devi aspettare si concentri sulla tua spalla per riuscire a formulare le parole.

“Si…è…a casa…”

“Casa mia allora.” Ti tira verso la sua macchina, ma ogni pochi passi ti fa girare su te stessa a riprende a baciarti facendoti impazzire di desiderio. Sei talmente bagnata che fai fatica a camminare.

Finalmente arrivate alla macchina e a ogni stop, a ogni semaforo rosso, si sporge verso di te e ti bacia, facendo vagare le mani ovunque sul tuo corpo, si ferma solo quando qualcuno dietro di voi suona il clacson, a quel punto sorride maliziosamente, ti lecca le labbra, si rimette al volante e parte.

Stai odiando ogni secondo di questo viaggio e tutto quello a cui riesci a pensare è come sarebbe sentire quella meravigliosa lingua lungo tutto il tuo corpo, non esiste parte di te nella quale in questo momento non la vorresti sentire.

Alice sta correndo così tanto che hai paura non riesca a frenare in tempo e sfondi la porta del garage, invece riesce a fermarsi, non spegne nemmeno la macchina, ti è addosso subito, le sue mani si infilano tra le tue gambe, che si aprono all’istante. Ti sfiora appena, grugnisce e poggia la testa contro la tua spalla.

“No ok, no. Siamo persone adulte, comportiamoci da tali.” Ti bacia subito sotto la mascella facendoti rabbrividire ed è fuori dalla macchina in un battito di ciglia, fa il giro e ti apre la portiera, ti offre la mano in quello che credi essere il suo gesto più caratteristico e più la guardi, più di chiedi come sia possibile abbia anche solo posato gli occhi su di te, ma soprattutto ora ti stai chiedendo dove abbia trovato tutto quell’autocontrollo.

Apre la porta con mani tremanti, ti cede il passo ed entra dopo di te, nel momento in cui la porta si richiude alle tue spalle, Alice ti salta addosso, ti bacia e ti accarezza e il tuo corpo urla per la frustrazione, perché vuoi di più, molto di più.

“Alice, ti prego….” Si stacca da te di scatto, ti prende la mano e si dirige verso le scale, ma la sola vista del piano superiore è come una doccia fredda per te, lì probabilmente c’è Simonne che dorme o legge un libro.

Simonne.

Non ti sei permessa di pensare a lei nemmeno per un minuto, ma ora, sotto il suo stesso tetto non puoi farne a meno.

Non puoi andare a letto con Alice, non in quella casa e probabilmente in nessun altro luogo. Non puoi fare una cosa del genere a Simonne.

Smetti di camminare e la bionda si gira a guardarti con aria spaventata.

“È tutto ok, Alex?”

Annuisci e sei grata siate nella semioscurità e lei non possa vedere che ti sono riempiti gli occhi di lacrime. Non le puoi dire ora che hai cambiato idea, non dopo che ti ha regalato abito e accessori, un mazzo di fiori e una cena costosa.

Non puoi rifiutati di andare a letto con lei, non sei quel tipo di persona.

Si avvicina a te e puoi sentire il suo desiderio avvolgerti e ti da quasi la nausea, ti bacia sulle labbra e ti costringi a ricambiare, ti sbatte contro il muro, stringi gli occhi e ti sfugge un ansimo, ma di paura.

“Alex.”

Apri gli occhi a guardarla e ti sfugge un singhiozzo di sollievo perché il desiderio sembra aver abbandonato anche lei.

“Cosa è cambiato da dieci secondi fa? Pensavo anche tu volessi…”

Nascondi il volto tra le mani. “Si…io…Si.”

“Allora cosa…?”Guarda te e si guarda attorno alla ricerca di una risposta, i suoi occhi diventano improvvisamente più grandi e si riempiono di paura. “Ti prego no. Alex no.”

Abbassi la testa, ma lei ti afferra il mento con una mano e ti costringe a guardarla negli occhi, il suo gesto è fermo ma rimane comunque gentile. “È S, vero?”

Scuoti la testa, ma poi annuisci.

“Provi qualcosa per lei?”

Annuisci ancora.

“Prova qualcosa per te?”

Alzi le spalle e scuoti la testa, non ne hai idea.

“Siete state…”

“Si.” Non sai perché, ma non vuoi sentirglielo dire.

“Merda, non di nuovo. Non di nuovo, ti prego.” Poggia la testa contro la tua spalla e sembra improvvisamente molto stanca. Hai l’impressione sia tremando e rispondi allo strano impulso di abbracciarla.

Lei si stacca da te e non ti guarda.

“Ho bisogno di bere.”

“Chiamo un taxi e…” Ti prende la mano e ti tira con se, va oltre le scale e dritta in sala da pranzo, afferra una bottiglia di vodka dal mobile bar e ti trascina ancora con se, senza aggiungere una parola. Arrivate fino al giardino, si siede sul portico con le gambe penzoloni e scalcia le scarpe verso prato che si stende sotto di lei, bevendo una lunga sorsata d’alcol. Quando vede che non l’hai ancora raggiunta batte la mano sul legno accanto a se.

“Voglio raccontarti una storia, Alex.”

Il solo pensiero di poter rovinare il tuo prezioso abito ti inorridisce, ma fai come ti ha chiesto, sentendo che non è giusto negarle questa richiesta. Appena ti siedi, ti afferra per una caviglia, ti sfila una scarpa e la lancia nel prato, prima che tu possa ribellarti, fa lo stesso con l’altra, rischiando di farti cadere.

“Si parla più sinceramente senza scarpe.” Beve altra vodka e poi ti porge la bottiglia. “Bevi Alex.”

Bevi e sei lieta che Melanie ti abbia insegnato a farlo molto, molto tempo fa.

“La prima volta che ho incontrato Simonne, eravamo entrambe molto giovani. Dannazione avevamo appena 16 anni, eravamo due bambine. Lei era…accidenti, faresti fatica a credere fosse la stessa Simonne di adesso. Era una giovane nerd con la passione per l’informatica, tutta sorrisi, gioia e luccichii. Era una specie di raggio di sole ambulante.” Beve un altro sorso “Faticheresti a credere sia la stessa Simonne di allora.”

Sospira e guardate entrambe nel buio del giardino, senza vedere nulla. “Io invece ero esattamente la stronza che sono ora, egoista e piena di me, ma soprattutto arrabbiata per essere stata strappata alla mia vita ed essermi trasferita in questo buco di culo di città.” Sorride e scuote la testa, non aspetta una tua risposta o un tuo commento, sta più che altro parlando a se stessa. “I nostri genitori ci hanno fatto conoscere e si sono sposati nel giro dei sei mesi, nei quali è iniziata la convivenza ed io ho iniziato a frequentare la nuova scuola. Odiavo tutto e tutti ma Simonne faceva di tutto per aiutarmi, lei e il suo dannato altruismo. Mi presentò ai suoi amici come sua nuova sorella, seguì classi extra per aiutarmi con il nuovo programma, mi trascinava con se tutte le volte che usciva e sopportava i miei sfoghi e i miei capricci senza lamentarsi mai. Io invece sono stata una vera stronza e le ho reso la vita impossibile.” Giocherella con la bottiglia, persa nei suoi ricordi “Malgrado avessimo 16 anni, Simonne aveva già da anni una ragazza, sai una di quelle cose da film in cui si innamorano al parco giochi dietro casa con ancora il pannolino addosso e si giurano amore eterno? Ecco, loro erano così. Facevano parte l’una della famiglia dell’altra ed avevano condiviso la prima volta di qualsiasi cosa.”

Cambi posizione diverse volte, in parte per la gelosia, in parte perché sei a disagio e pensi di starti intromettendo in una storia non tua, Alice sembra non accorgersene nemmeno.

“Odiavo quella stronza, passavamo il tempo a litigare e Simonne a fare da paciere.”

Ha un sorriso malinconico sul volto e pensi le si addica e la renda ancora più bella. “Più o meno a metà anno, Simonne prese una dannata influenza e noi siamo state costrette ad andare a scuola senza di lei. Dannazione, S ne era felice, diceva che sarebbe stata un’ottima occasione per noi, che saremmo potute diventare finalmente amiche.” Beve e si pulisce le labbra con il dorso della mano “Non siamo mai arrivate a scuola quel giorno, abbiamo finito col fare sesso in un parco poco fuori città.”

Le strappi la bottiglia di mano e butti giù una lunga sorsata d’alcol perché ti rendi conto che poco fa, in casa, Alice ha pronunciato le parole non di nuovo.

Piega la testa a un lato e ti sorride dolcemente “Chiedimelo Alexandra.”

Respiri profondamente e la tua voce esce in un solo fiato “Come si chiamava?”

“Stephanie.”

Ti guarda e hai l’impressione si aspetti tu abbia una reazione forte, che ti allontani urlandole che fa schifo, invece non affronti nemmeno il suo sguardo, bevi e le passi la bottiglia, lei ti imita e inizia dondolare le gambe.

“Siamo andate avanti così per mesi, scopando alle sue spalle, finché per me è stato troppo e ho costretto Stephanie a parlare con lei. A lasciarla.” Ride, ma nella sua risata non c’è la traccia di allegria. “A casa è scoppiato un vero e proprio casino. Sono stata punita e accusata di farlo solo per vendicarmi dei nostri genitori, ma non sono così intelligente o acuta: come una perfetta idiota io mi ero innamorata della ragazza della mia nuova sorella. Ci hanno impedito di vederci a lungo, io sono stata mandata da mio padre per le vacanze estive e Simonne da sua madre, io e Stephanie abbiamo trovato il modo di sentirci comunque, ma ho avuto sempre la strana sensazione lei non sentisse solo me.” Scuote lievemente la testa “L’anno seguente è stato caratterizzato da alti e bassi, Stephanie ebbe un crollo nervoso, ma la sua natura altruista ebbe la meglio su tutto il resto e si sforzò comunque di non essere di disturbo alla felicità di Stephanie e di conseguenza alla nostra relazione.” Pronuncia le ultime parole con evidente amarezza. “Sono la maledizione che ha avvelenato la vita di quella povera ragazza.”

“Alice non…”

Ti porge la bottiglia. “No Alex.”

Bevi e decidi di non aprire più bocca, a meno che non sia lei a chiedertelo apertamente. “La cosa peggiore? È che io ero felice. Io ero innamorata e felice ed ero pronta a pagare qualsiasi prezzo pur di stare con Steph” Dondola le gambe con più forza e poi smette di botto “Quando siamo partite per l’università, le cose sono diventate più semplici, io e Stephanie siamo andate a Princeton, lei al Darthmouth college ed eravamo felici. Di tanto in tanto veniva a trovarci o noi andavamo a trovare lei. Per la maggior parte del tempo, durante gli anni del college e dell’università, ha avuto relazioni più o meno stabili, fino ad arrivare a June: sembrano perfette l’una per l’altra ed ero veramente convita che la questione fosse finalmente risolta. Che imbecille sono stata.” Beve una lunga sorsata di vodka e ti invita a fare lo stesso, obbedisci ma bagni appena le labbra perché hai quasi raggiunto il tuo limite e vuoi mantenere un minimo di lucidità.

“Le ho chiesto di sposarmi e lei ha accettato. Non abbiamo nemmeno aspettato la laurea e non lo abbiamo detto a nessuno, abbiamo solamente spedito gli inviti alle poche persone che volevamo attorno nella giornata che avrebbe incoronato il nostro amore. Simonne si è presentata il giorno dopo a casa nostra, devastata dal pianto e comportandosi come se io non esistessi. Credimi, non dimenticherò mai l’odio nei suoi occhi e non dimenticherò mai la paura in quelli di Stephanie. Mentre loro litigavano, ho provato a intromettermi, ho provato a far valere le mie ragioni, ma era come se io non fossi nemmeno nella stanza, peggio era come se io non esistessi. Simonne è andata via sbattendo la porta e non l’abbiamo più nominata fino al giorno prima del matrimonio. Ricevuta conferma da mia madre che né Simonne né suo padre sarebbero venuti al matrimonio, Steph decise di fare un ultimo tentativo. Ero dannatamente terrorizzata dall’idea che la mia fidanzata potesse cambiare idea e tornare dalla mia supposta sorella. Ero terrorizzata Alex, eppure acconsentii alla sua richiesta e lasciai andasse a parlare con Simonne da sola.”

Passa la mano sul viso e sai che anche se sono passati anni, ma anche solo pensare a quella sera le sta spezzando il cuore. “Non so cosa sia successo, so solo che Stephanie si è presentata all’altare all’ultimo momento, con gli occhi gonfi e rossi per il pianto e le occhiaie mascherate dal trucco che riconoscevo essere troppo pesante per lei. Non ho detto una parola, ho accettato il suo si e la sua promessa d’amore eterno, chiudendo il pensiero di Simonne in un cassetto che non ho mai più riaperto.” Fissa il vuoto davanti a se e ti chiedi se nella sua mente quei ricordi siano scorrendo come scene di un film.

“Abbiamo passato anni felici, ci siamo laureate, abbiamo iniziato a lavorare presso importanti aziende e abbiamo messo su casa, ma eravamo troppo giovani e felici per stare ferme e abbiamo lasciato i nostri lavori per fondare la LaPoint e realizzare anche quel nostro sogno. Finché una maledetta di notte ebbi un dannato incubo in cui morivo e lei rimaneva sola. Quella notte mi promise che se io fossi morta lei non sarebbe stata sola, perché avrebbe avuto un figlio, mio figlio a riempirla d’amore. Credevo che fosse uno stupido modo di zittire uno stupido incubo, invece il giorno dopo mi svegliò portandomi la colazione al letto e una lista di cliniche che facevano l’inseminazione artificiale, nel giro di due mesi mi hanno impiantato gli ovuli fecondati.”

Beve ancora e la sua voce non ha traccia dell’allegria o della dolcezza alla quale sei abituata.

“Abbiamo aspettato un mese prima di comprare uno stupido test di gravidanza, quando l’ho fatto ed è risultato positivo è stato uno dei momenti più belli e pieni della mia vita.” Singhiozza e le afferri la mano senza pensarci, fortunatamente non la lascia, anzi la stringe nella sua. “Con l’unico problema che non lo era affatto. Un attimo prima stavo saltando per la camera da letto con le labbra premute contro quelle di mia moglie, un istante dopo ero inginocchiata sul pavimento a urlare disperatamente il suo nome nella speranza aprisse i suoi meravigliosi occhi per guardarmi.”

Smetti di respirare perché non ti aspettavi nulla del genere.

“Sembra una frase fatta, ma dei mesi successivi non ricordo nulla. Ricordo il buio, ed era un buio denso e spaventoso, ricordo che urlavo di terrore, ricordo che bevevo, molto e speravo che fosse sufficiente affinché la vita che cresceva dentro di me cessasse di esistere, perché ero troppo codarda per ucciderla io e non potevo togliermi la vita se ero responsabile per…qualunque cosa mi stesse crescendo dentro. Ricordo i pianti disperati di mia madre che cercava di salvare me e il feto, ricordo le ore che mi sembravano giorni e i giorni che sembravano ore. Era tutto dolore, soltanto dolore.”

Stai singhiozzando senza ritegno, Alice si gira verso di te con il volto rigato dalle lacrime e ti sorride.

“Poi ricordo la luce che entrava dalla mia finestra e la figura di Simonne con il volto coperto di lacrime, che mi costringe ad alzarmi e a fare una doccia. Da quel momento non si è allontanata da me nemmeno per un solo istante. Abbiamo passato giorni nel silenzio più assoluto, lei si assicurava mangiassi, mi lavassi, prendessi aria e sole, mi comprava le vitamine e mi impediva di infliggermi qualsiasi tipo di dolore. Ha lavorato da casa, passando molte notti insonni, solo per me, per noi. Quando Eddi, dentro di me, fu abbastanza grande da iniziare a scalciare mi sono aggrappata a lui con tutte le mie forze, ho ripreso lentamente a vivere, a essere indipendente a vedere un futuro davanti a me. Credo che per Simonne sia stato più o meno lo stesso, al punto che siamo diventati una famiglia.” Ride e asciuga le lacrime con il dorso della mano, ha il trucco sbavato, ma non le importa, esattamente come a te non importa sia sbavato il tuo. “Ci abbiamo impiegato solo 12 anni e ci siamo distrutte a vicenda per riuscirci.”

Continua a dondolare le gambe e tu ti perdi completamente nei tuoi pensieri e nelle parole che hai appena sentito, il racconto dovrebbe riguardare la donna che hai accanto, eppure ti sei concentrata solamente su quello che ha vissuto e provato Simonne.

È stato sufficiente questo racconto perché le tue ultime difese crollassero e l’amore che provi per lei esplodesse in te, contemporaneamente si fa largo nella tua mente un pensiero terrificante, lecchi le labbra e apri la bocca per parlare, ma Alice ti ferma posandoci sopra le dita e guarda da un lato, in attesa di sentire un suono che non è certa di aver sentito. Il suo telefono inizia a squillare subito dopo, lei lo afferra e sorride.

“Parli del diavolo…” Si alza in piedi e barcolla, il suo sguardo è serio e privo d’ombre: ti chiedi come faccia a essere così lucida dopo quello che ti ha raccontato, che ha vissuto. “Alex, ti dispiacerebbe preparare del caffè?”

Non è che ti dispiacerebbe, non sai semplicemente se ne sei in grado. Hai troppi pensieri per la testa, stai provando troppe emozioni, hai troppe domande senza risposta.

“Io le somiglio? Per questo avete entrambe…?”

Scoppia a ridere buttando la testa all’indietro, ti prende il volto tra le mani e ti bacia sulle labbra. “No Alex. No. Come accidenti ti è venuta un’idea del genere?”

Il suo telefono vibra ancora e lei indica verso la casa. “Fai il caffè e poi ne parliamo.”

Questa volta fai come ti è stato chiesto, porti le due tazze di caffè nero sul portico e Alice arriva con il piccolo Eddie in braccio. “Eccoci qui Superman, di ciao a Alex. Anzi, dalle un bacio che la mamma l’ha fatta rattristare ancora.”

Il bambino sfrega gli occhi con le manine e scuote la testa, che non stacca dalla spalla della madre, Alice sorride e si mette a sedere accanto a te e invidi la sua atleticità, perché tu saresti caduta nel tentativo, lei invece riesce a farlo elegantemente.

Culla il bambino e afferra la tazza di caffè. “Perché credi una cosa così stupida, Alex?”

Ti mordi le labbra e non sei sicura di aver pronunciato una frase di senso compiuto. “Perché voi due…tutte e due…siete…state…tu e Simonne…io e Simonne…e tu e io…”

Ride e sbatte la spalla contro la tua “Non potresti essere più diversa da Stephanie nemmeno volendo, Alex.”

Ti sfugge un sospiro di sollievo e lei annuisce. “Tu sei una brava ragazza, il tipo di persona che ti porta il brodo di pollo se sei malata, che non copia durante i test, che non va a curiosare nelle stanze altrui, anche se è sola in casa.”

Il caffè ti va di traverso e inizi a tossire, Eddie si lamenta e si gira dall’altra parte.

“Tu sei il tipo di persona che vive la sua vita cercando di non ferire nessuno, che dopo una festa rimane per pulire dal casino, anche se è ubriaca marcia e continua a correre in bagno ogni due minuti. Sei il tipo di persona che si fa del male, pur di non ferire la persona che ama.”

Arrossisci, perché è una cosa che hai fatto, ma a sentirla dire così ti fa sentire una perfetta idiota.

“Stephanie era il tipo di persona che non solo non ti aiuta a pulire, ma che vomita in un cassetto, lo richiude e va via. Era egoista e capricciosa e ha fatto di tutto per tenere sia me che Simonne legate a lei, incapace di lasciarci andare. Tutto quello che è successo nella nostra relazione l’ha deciso lei: quando fondare la casa di moda, quando avere Eddie.” Al sentire pronunciare il suo nome, il bambino si muove leggermente, ma si riaddormenta subito. “Ora le sono grata per aver preso quella decisione però…”

“Se era così perché…?”

“Perché era l’amore della mia vita Alex. Mi rendeva felice, mi regalava giornate intere di gioia pura e mi faceva guardare al futuro con eccitazione. Sono certa ci amasse entrambe a modo suo, così come sono certa non fosse completamente consapevole di starci ferendo.”

Ti fa cenno di sganciarle la catenina alla quale porta la fede, sganci l’odioso gancetto chiedendoti dove sia finita l’altra fede e se quella che Alice porta al collo sia la sua o quella di sua moglie. Le porgi l’anello, lei lo indossa, stando attenta a non muovere troppo il bell’addormentato.

“Non amerò mai nessuno come ho amato lei e ne sono felice. Non si sopravvive a un amore del genere rimanendo se stessi o sani di mente, Alex.”

Abbassi la testa e il tuo pensiero è ancora rivolto a Simonne e al suo amore per Stephanie.

“Che c’è?”

“Lei…Simonne…la ama ancora.” Sbuffi una risata, perché sei talmente afflitta che non sai come altro reagire “Come posso competere con l’amore della sua vita che è morta senza che lei potesse dirle addio?”

Ancora una volta, Alice scoppia inaspettatamente a ridere. “Accidenti Alex, Stephanie non era l’amore della sua vita. E non lo dico perché sono gelosa o altro…”

“Perché allora?” Vorresti averlo detto con meno veemenza.

“Perché è stata Stephanie a saltare addosso a me la prima volta, non io a lei, Alex. E chiamami pure un’inguaribile romantica, ma non credo che l’amore della vita di Simonne l’avrebbe fatto.” Arrossisci ancora e lei ridacchia. “No, tu non l’hai fatto, Alex. Se fosse una sfida tre e Stephanie, questo ti porterebbe indubbiamente in testa.”

Fissate ancora il vuoto e tu aspetti con ansia che le sue parole smettano di creare un doloroso vortice nella tua anima.

“Vuoi sapere la cosa più stupida?”

“Mhm?”

“I nostri genitori si sono conosciuti in un forum di supporto per genitori di adolescenti gay, perché mia madre non riusciva ad accettarmi, non riusciva a capire dove avesse sbagliato con me. Walter…il padre di Simonne era uno degli amministratori e fondatori.”

È una storia talmente assurda che scoppiate a ridere tutte e due.

Eddie si lamenta ancora e lei sorride “Direi che si è fatto tardi. È il caso di andare a letto.”

Annuisci con veemenza, sentendo la stanchezza crollarti addosso “Chiamo un taxi…”

“Hai una strana fissa per i taxi Alexandra. Ti ho fatto bere troppo, non posso farti tornare a casa da sola, ho paura della reazione che avrebbero mia sorella e la tua minuscola amica.”

Ridacchi, ti alzi in piedi e l’aiuti a fare altrettanto, solo ora realizzi che Simonne è da qualche parte al piano superiore e le gambe ti tremano violentemente. Speri di riuscire a nasconderlo, mentre segui la padrona di casa su per le scale, ti guardi attorno chiedendoti dietro quale porta si nasconda la meravigliosa donna che hai appena scoperto di amare, Alice capisce il tuo pensiero e sei certa che stanotte si sia formato un legame indissolubile tra voi.

“Non è qui. È uscita appena ha sentito che siamo rientrate noi.”

Apri la bocca, è la cosa peggiore potesse succedere.

Simonne crede che tu sia andata a letto con sua sorella? Che anche tu l’abbia tradita così?

Prendi il telefono con mani tremanti ma Alice ti ferma.

“Ora sarebbe inutile. Lasciale tempo, ha bisogno di sbollire la rabbia.”

Ti lasci cadere sulle ginocchia e vorresti scoppiare a piangere, perché non credi esista modo più crudele di innamorarsi di qualcuno. La padrona di casa ti guarda con affetto.

“Sto pensando che per oggi possiamo fare una piccola eccezione e il piccolo Superman può dormire nel lettone con me. Ti va di unirti a noi? Ti avverto che però scalcia e russa.”

Non ha bisogno di specificare che stanotte, così come tutte le notti a venire, non succerà mai nulla tra voi, non muoverà un solo dito verso di te, perciò annuisci una sola volta, ti alzi in piedi e la segui in camera da letto. Eddie abbraccia subito sua madre, che tende il braccio verso di te e ti prende la mano. Ti rilassi così tanto in quel calore, che scivoli velocemente in un sonno pesante e, speri, privo di sogni.

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Capitolo 14
*** Ch14 - Il re del nostro cuore ***


ch.14 – Il re dei nostri cuori.
 
I giorni successivi possono essere riassunti con una sola parola: silenzio.

Ti eri illusa di poter sentire Simonne, ma il suo telefono è spento; speravi di poter parlare con Melanie, ma ti evita; l’unica che sembra non aver nessun problema a parlare con te è Alice, che ti chiama tutti i giorni e ti invia diverse foto del povero Eddie vestito nei modi più improbabili, tra cui Elsa della Disney o Dobby, l’elfo libero di Harry Potter.

Dalla mattina in cui ti sei svegliata tra le braccia di Alice, mentre il bambino occupava metà letto alle sue spalle, non li hai più visti di persona e capisci che abbiate entrambe bisogno di tempo prima di riaffrontarvi ancora.

Il tuo telefono vibra e come ogni volta precedente speri che il nome che lampeggia sia quello della programmatrice, e come ogni volta precedente ti senti una perfetta idiota per avere anche solo sperato.

“Ciao Alice.”

“Alex, scusami se ti disturbo, ma ho bisogno del tuo aiuto. Non so a chi altro chiedere.” Ti alzi in piedi subito, perché Alice non si è mai messa problemi a scriverti o chiamarti negli orari più disperati del giorno, solo per farti una battuta inopportuna o mandarti una foto stupida, il fatto che adesso si stia mettendo tutti questi problemi non ti piace per nulla.

“Mi stai spaventando Alice.”

“È S.”

Erano le uniche due parole che non avresti voluto sentire in questo momento.

Ti guardi attorno, ma non dici nulla.

“Non è mai tornata a casa e a quanto pare non si è mai presentata al lavoro questa settimana. Nemmeno i nostri genitori riescono a contattarla.”

“Cosa vuoi che faccia?” Ti trema la voce e non solo, fai fatica a reggerti in piedi. Non può esserle successo qualcosa, ti rifiuti di crederlo.

Eppure la possibilità è lì, davanti a te.

“Devo andare a cercarla. Puoi badare a Eddie?”

“Si certo. Sono a casa tua in dieci minuti.”

“Grazie Alex.”

Ti liberi degli abiti da casa e afferri la prima cosa che ti capita dal tuo armadio, poi ti blocchi e corri verso la stanza occupata dalla tua coinquilina. Bussi ripetutamente finché la porta si apre facendo apparire una Melanie parecchio seccata.

“Non ora Alexandra.” Sta per chiudere ma tu la blocchi.

“Pi.”

Si ferma e riapre lentamente la porta, qualcosa nel tuo tono deve averla colpita. Indossi solo i jeans e un reggiseno e sai saltellando sul posto, sai di avere solo questo momento per riavere indietro la tua amica.

“Ho bisogno di te, Pi. Lo so, ho sempre bisogno di te, senza di te sono un disastro e se sono sopravvissuta fino ad oggi è solo grazie a te, lo so. Ma non abbandonarmi adesso, ti prego, non perdere la speranza con me proprio ora. Lo so che con tutta questa storia ti ho delusa, ti ho schifata e so che ti ho tormentata con i miei drammi e i miei piagnistei su Simonne per poi andare quasi a letto con sua sorella, ma Pi, Simonne è sparita da giorni e io non  posso stare ferma senza fare niente, non posso semplicemente aspettare che sua sorella la ritrovi. Devo andarla a cercare anche io, perché sono innamorata di lei e non…”

“Di lei chi?”

Alzi gli occhi al cielo, per l’ovvietà della risposta “Di Simonne.”

Sorride e piega la testa a un lato, scostando la frangetta che le è caduta sugli occhi.

“Cosa vuoi che faccia?”

Abbassi le spalle e sgrani gli occhi, perché non ti aspettavi sarebbe stato così semplice.

“Tu non…”

“Cretina, mi hai convinta al primo Pi. Allora, cosa vuoi che faccia?”

“Baderesti al piccolo Eddie al mio posto, mentre io e Alice cerchiamo Simonne?”

“Tutto qui?” Annuisci e lei alza gli occhi al cielo.

“Per un attimo ho temuto avessi bisogno di soldi per pagare un riscatto. Mi cambio e vado. Suppongo la macchina serva a te, no?”

“No ma se serve a te…”

Sospira eccessivamente “Sei una perfetta idiota, Pi.” Fa aprire la porta e si spoglia davanti a te e, come suo solito, non indossa biancheria intima. Non perdi ulteriore tempo, ti giri e corri verso camera tua per finire di vestirti.

Fai partire la chiamata per Alice mentre sganci le chiavi della villa Green-Carter dal mazzo delle tue chiavi e le poggi accanto a quelle della macchina.

“Alex? Stai arrivando?”

“No, tra pochi minuti arriverà Melanie. Dimmi dove vuoi che cerchi.”

Sta sorridendo, lo sai che sta sorridendo “Che ne dici del centro commerciale?”

Tre ore dopo avete cercato in qualsiasi posto le sia venuto in mente, dalle biblioteche, agli ospedali, ai cinema e perfino le chiese. Alice ha anche convinto i receptionist degli alberghi ad andare contro la legge e dirle se ci fosse qualcuno registrato al nome Green. Ogni vostra ricerca si è rivelata un buco nell’acqua.

Hai la testa poggiata contro il volante e stai cercando di non piangere e di pensare: non hai mai odiato così tanto il fatto di conoscere Simone così poco. Se tu sapessi chi frequenta o cosa le piace fare dopo il lavoro, non avresti tutti questi problemi a trovarla.

Il fatto è che, per quel che ne sai tu, dopo il lavoro lei frequentava te e Eddie, nessun altro.

Il tuo telefono squilla e stai odiando la voce così stanca della stilista.

“Rimane solo un luogo e sono certa sia lì.”

Ti raddrizzi e sei arrabbiata a sentirle dire questa cosa: se sapeva dove si trova Simonne, perché non l’ha detto subito?

“Alice perché cavol…”

“Il cimitero. Lei…il cimitero.”

Sbatti ancora la testa contro il volante, perché tutto sommato, lo sapevi anche tu. La voce di Alice è un sussurro.

“Non posso andare io…non…non la posso incontrare lì, Alexandra. Ti prego…”

“Dammi l’indirizzo.”

“Grazie.”

Non vuoi mai più sentire Alice ringraziarti così finché avrai vita.

Raggiungi il cimitero in pochi minuti, le indicazioni di Alice su dove sia situata la tomba di sua moglie non erano le più chiare, quindi giri in tondo più volte, ma alla fine noti un ciuffo di capelli biondi sporgere da una lapide e sai di aver fatto finalmente preso la strada giusta.

Non fai in tempo a esserne felice, perché lo stato in cui trovi Simonne non ti spezza solo il cuore, ti frantuma l’anima.

“S?”

La programmatrice è seduta sulla nuda terra e ha la schiena poggiata contro la lapide, indossa dei jeans che hanno sicuramente visto giorni migliori e una maglietta molto piccola, che sembra provenire da un’altra epoca, probabilmente dagli anni della sua adolescenza. Ha gli occhi chiusi, i capelli spettinati e una bottiglia di Jack Daniel’s in mano.

“Simonne?” Fai un passo avanti e allunghi la mano per toccarla,  lei apre lentamente gli occhi e si guarda attorno spaesata, corrugando lievemente la fronte.

Quando ti vede sorride e ciondola la testa, poi è come se avesse ingoiato qualcosa di molto amaro e il suo sguardo diventa freddo.

“Oh guarda, quella brava e affidabile ragazza che fa da baby sitter di mio nipote.”

Non sai se ti stia ferendo di più il fatto che abbia fatto in modo di non pronunciare il tuo nome o il fatto che sul suo volto non ci siano segni di lacrime.

“Simonne dove sei stata? Io e Alice siamo morte di paura, eravamo preoccupate per te.”

Nominare la stilista ora è stata una vera stupidaggine e te ne accorgi quando il suo bellissimo volto si contorce ancora per il disgusto, afferra un fiore da ciò che rimane di quello che poco tempo fa doveva essere un bellissimo bouquet e lo distrugge, strappandogli via tutti i petali contemporaneamente.

“Immagino quanto foste preoccupate, l’una con la testa tra le gambe dell’altra. Sono quasi sicura siano passati giorni dall’ultima volta che sono stata a casa.” Sembra fare molta fatica a parlare.

“Io non…non abbiamo…non ho mai infilato la testa tra le sue gambe.”

“Oh ti prego, non stare a dirmi i dettagli delle vostre notti d’amore, ti prego. Fai tanto la brava ragazza ma sei una puttana, esattamente come tutte le altre.” Ciondola la bottiglia davanti al volto e fa una smorfia, come se avesse appena ricordato qualcosa. “Esattamente come era lei.”

“Smetti di parlarle così, S.”

La programmatrice ride e lascia cadere la testa all’indietro colpendo la lapide con troppa forza per i tuoi gusti. “Eccola, la mia cara sorella.”

Alice si ferma accanto a te e ha sul viso la stessa espressione che aveva la sera sul portico.

“Sei uno stato pietoso. Da quanto tempo sei ubriaca?”

“Da quanto sono affari tuoi, Alice?” Sfrega il volto con la mano libera, lasciandosi tracce di terra e petali rosa. “Cosa vuoi ancora da me, Alice? Hai preso tutto, ti ho dato tutto. Mio padre, Steph, i miei anni migliori, ora ti sei presa anche Alex. Cosa vuoi ancora da me? Non mi è rimasto nulla. Ho solo questa bottiglia.” La guarda come se avesse appena avuto un’illuminazione, ne butta giù un sorso e la lancia contro sua sorella, la cui unica reazione è quella di chiudere gli occhi e stringere le braccia al corpo, sospirando.

La bottiglia colpisce la terra a pochi centimetri da lei, schizzandole le gambe con il suo contenuto.

“Prendila, prenditi anche questo e lasciami in pace. Lasciami in pace.”

Fai un passo avanti per andare verso di lei, Alice allunga un braccio e ti blocca, senza mai smettere di guardare la donna distrutta poggiata alla lapide di sua moglie.

Ti irrigidisci ma non ti ribelli, sei certa lei sappia meglio di te come affrontare la situazione. Tu probabilmente inizieresti a piangere, supplicando Simonne di perdonarti per non aver combattuto per lei, per averla tradita e lasciata sola, come tutti gli altri.

“Io e Alex non siamo mai state insieme Simonne e se avessi saputo che c’era qualcosa tra voi, non le avrei mai chiesto di uscire.”

Un’altra risata amara e tu stai desiderando con ogni fibra del tuo corpo di sentire una risata sincera uscire da quelle labbra.

“Certo come no.”

“Puoi non credere a me, ma dovresti credere al fatto che tu avessi dato a Alexandra di più, se tu non l’avessi allontanata solo perché la ritieni responsabile dello stupido incidente di Eddie, probabilmente non sarebbe mai venuta a cena con me. Non si sarebbe mai fatta avvicinare.”

Simonne alza la testa di scatto e fissa sua sorella con odio, la stilista lecca le labbra e non ti piace la determinazione che le vedi negli occhi.

“Se Stephanie fosse stata davvero felice con te, S, non sarebbe venuta a cercare me.”

È come se qualcosa si rompesse in Simonne e tu ti senti letteralmente travolgere dalla sua rabbia, al punto che ti senti soffocare.

“Ripetilo se hai il coraggio.”

“Se Stephanie fosse stata….”

La programmatrice cerca di alzarsi, ma ricade a sedere con un tonfo, scoppia a ridere con cattiveria e il suo volto è tanto arrabbiato da risultare irriconoscibile.

“Se Stephanie fosse stata così felice con te, non sarebbe venuta a scopare con me ogni volta che ne aveva l’occasione, non avrebbe scopato con me la sera prima del vostro fottutissimo matrimonio, sorellina.”

Alice non ha nessuna reazione visibile a questa affermazione, come se già sapesse cosa fosse avvenuto alla vigilia delle sue nozze. Sorride e tiene lo sguardo fisso su sua sorella, capisci che la sua sia solo una facciata soltanto perché noti il suo mento tremare lievemente.

“Ha promesso comunque il suo eterno amore a me, S.”Alza la mano a mostrarle la fede.

“L’ha promesso anche a me, ANCHE A ME.” La programmatrice sta urlando, ma i suoi occhi sono ancora asciutti, a differenza dei tuoi, che stanno producendo lacrime per tutti i presenti.

“Ha scelto me per avere un figlio S. Eddie è il suo bambino e l’ha avuto con me.”

Il volto della programmatrice diventa cereo “Fanculo tu e il tuo maledetto bambino.”

Nel sentire una cosa del genere sussulti, la donna accanto a te barcolla, ma è un attimo e la sua facciata tranquilla è ancora lì, sei sicura che Simonne non se ne sia nemmeno resa conto.

“Io vi odio. Io vi odio tutti, tu, lei, il vostro stramaledetto bambino perfetto. Io vi odio, mi avete rovinato la vita. Mi avete rovinato la vita…” Solo ora scoppia a piangere, nascondendo la testa tra le mani, Alice attraversa lentamente lo spazio che la separa da lei, si inginocchia e la prende tra le braccia, ma la programmatrice si ribella. “È solo un bambino, è solo un bambino innocente ed io ho sperato morisse, ho sperato non esistesse.”

La stilista non molla la presa, la stringe a se  “Sssssh, va tutto bene. Va tutto bene.”

“Non va bene, non va bene. È solo un bambino innocente.”

“L’ho odiato anche io Simonne. Ho desiderato anche io non esistesse e non solo prima che nascesse.”

Simonne smette di ribellarsi e si lascia andare contro di sua sorella.

“La odio anche io S, e ho odiato te, ma più di chiunque altro, odio me stessa.” Sospirano tutte e due. “Non ci avrei mai provato con Alex se avessi saputo.”

La programmatrice ti guarda e tu non ti curi di asciugare le lacrime o di fingere di non stare ascoltando, vuoi che ti veda esattamente per quella che sei e non ti vuoi nascondere. Lei singhiozza e si stringe contro sua sorella, che continua a sorreggerla.

“Sono stanca Alice. Sono stanca di essere arrabbiata, di provare tutto quest’odio ma non so come…non so come smettere. Non lo so.”

“Lo so S, lo so. Ma andrà meglio, te lo prometto. Andrà meglio e tu starai bene.”

La dondola dolcemente, esattamente come fa con suo figlio quando non riesce a dormire e nessuna di voi pronuncia una sola parola.

“Alice?”

“Dimmi, S.”

“Non ti odio sempre.”

La stilista preme il volto contro la testa di sua sorella e sorride “Nemmeno io.”

“Alice?”

“Si?”

“Non è vero che odio Eddie. Lui è il mio principino. Lui è…è la ragione per la quale mi alzo dal letto ogni mattina.”

Alice questa la volta la bacia sui capelli “Grazie, S.”

Rimangono ferme così per un po’, poi la programmatrice posa gli occhi su di te, ora che ha sfogato la rabbia, sembra che l’alcool abbia finalmente avuto la meglio su di lei.

“Alice, Alex sta piangendo. Perché sta piangendo? È colpa mia? Non voglio pianga, è così bella, non voglio pianga.”

Anche due occhi dell’altra donna si fissano su di te, con la sola differenza che questi sono completamente consapevoli della situazione. Ti sorride e riprende a occuparsi della sorella tra le sue braccia.

“Pare che abbiamo entrambe la capacità di farla piangere e rattristare.”

Simonne mette il broncio e sua sorella sorride ancora: “Spero tu le abbia almeno fatto avere qualche orgasmo come si deve.”

La programmatrice scoppia a ridere e tu avvampi per la vergogna e vorresti poterti nascondere, Simonne però si calma e il sorriso che ti dedica e il più dolce e luminoso che tu abbia mai visto.

“Sei venuta da me Alex. Sei venuta da me.”

Corri verso di lei, ma prima che tu la raggiunga, perde i sensi.

Ti giri a guardare Alice, che sospira.

“Chissà da quanto tempo è in questo stato e non dorme.” Ti fa cenno con la testa di afferrare la svenuta dalla parte opposta rispetto a lei. “Mi daresti una mano?”

Non ha bisogno di chiedertelo, hai già afferrato Simonne per un braccio e la stai aiutando ad alzarla, siete fortunate e la donna riprende i sensi, non abbastanza da potersi sorreggere da sola, ma quel tanto perché non siate costrette a portare un peso morto. Vi dirigete verso l’uscita e ti giri un’ultima volta a fissare quella tomba e una parte di te è intimamente soddisfatta nel vederla ricoperta di fiori distrutti e bottiglie vuote.

Arrivate alla tua, alla macchina di Melanie, perché è la più vicina, Simonne si gira verso di te e poggia la tempia contro la tua.

“Portami a casa Alex.”

Sorridi e gli occhi ti si riempiono ancora di lacrime.

“Si, Simonne.”

Chiude di nuovo gli occhi e la buttate letteralmente sui sedili posteriori, Alice si gira verso di te e piega la testa da un lato, evitando di guardarti negli occhi.

“Se fosse cosciente, non vorrebbe che Eddie la vedesse così, ne sono certa. Ti secca portarla da te finché non…”

“Certo.”

“Ti ringrazio Alex.”

Sali in macchina e guidi fino a casa, quando arrivi, Alice è già lì. Benedici mentalmente chi ha inventato l’ascensore, entrate in casa e la stilista insiste per fare una doccia a sua sorella, certa che ne abbia bisogno tanto quanto una notte di sonno. La lasci sola a farlo, perché capisci che hanno entrambe bisogno di stare sole e perché Simonne sembra essere un minimo collaborativa ora dunque non vi è davvero bisogno del tuo intervento. Quando finiscono porti loro dei tuoi vestiti, anche a Alice dato che si è bagnata quanto la sorella aiutandola.

Mettete Simonne nel tuo letto e la stilista fa per andarsene, la blocchi afferrandole la mano, lei evita ancora il tuo sguardo.

“Alice, perché non rimani anche tu?”

“Perché sono certa abbiate bisogno di stare da sole…”

“Ma Alice, hai bisogno anche tu di…”

Scuote la testa e ti guarda. “Tutto quello di cui ho bisogno ora è una cosetta alta meno di un metro che mi aspetta a casa.” Le sue labbra si arricciano nel suo tipico sorriso malizioso. “Sto parlando del mio Superman, non della tua minuscola amica.”

Sbuffi una risata e scuoti la testa, lei ti bacia sulla guancia: “Grazie Alex.”

“Alice se hai bisogno di…”

“Tutto quello di cui ho bisogno ora è mio figlio, Alex. Ho bisogno solo di lui.”

Annuisci, lei ti fa un cenno di intesa ed esce dalla porta.

Poggi la testa contro il legno e sospiri, sei così stanca che potresti tranquillamente andare a dormire anche tu, ripensandoci, non c’è nulla che ti impedisca di farlo, perciò vai in camera tua, muovendoti più silenziosamente possibile, sfili jeans e scarpe e ti sdrai accanto alla tua ospite.

Fissi ogni dettaglio del suo bellissimo viso rilassato e il tuo cuore batte all’impazzata, chiunque al tuo posto scapperebbe a gambe levate dopo quello che ha sentito, quattro mesi fa probabilmente l’avresti fatto anche tu: saresti corsa verso Tara, verso un dolore conosciuto, ma ora sei innamorata di questa donna stupenda e non ti importa nulla se il suo cuore sia spezzato, perché in tutto questo dolore, stava sperando che tu andassi da lei.

Tu e nessun altro.

Ti avvicini il più possibile a lei, nella speranza che risponda al calore di un altro corpo abbracciandolo, lei apre gli occhi e ti guarda, tu arrossisci di vergogna e paura, ma lei sorride e bisbiglia qualcosa, probabilmente il tuo nome, ti cinge con un braccio e ti attira a se, poggiando la testa contro la tua spalla con un sospiro.

Sei così felice che potresti piangere, invece chiudi gli occhi e sospiri anche tu, sperando che, quando li riaprirai, quel sogno sarà ancora lì.

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Capitolo 15
*** Ch15 - Un nuovo giorno ***


ch.15 – Un nuovo giorno.
 
Ti sei svegliata quando i primi raggi di sole sono entrati dalla finestra, hai afferrato il primo libro che ti è capitato sotto tiro e hai iniziato a fingere di leggere, mentre i tuoi occhi continuavano a fare ritorno sul viso stupendo che ti dorme accanto. Simonne ha il respiro leggero e si muove molto raramente, ti chiedi se stia sognando e speri sia qualcosa di bello.

Capisci che si sta svegliando quando inizia a muoversi, si lamenta più volte e affonda la testa sul cuscino, poi apre un solo occhio e ti guarda come se non riuscisse a metterti a fuoco, e dunque a capire chi tu sia, quando finalmente lo fa il suo sguardo si illumina.

“Ciao.” Sussurra appena

“Ciao.” Hai sussurrato anche tu, perché conosci fin troppo bene i dopo sbornia.

Sfrega il volto contro il cuscino e ti guarda ancora con un occhio solo, la parte del suo viso che puoi vedere sta sorridendo: nonostante le occhiaie, il suo volto non è mai stato così luminoso.

“Ho dato spettacolo di me stessa, non è vero?”

“No…tu…no!” Hai scosso la testa con veemenza, ma lei non ti ha visto perché ha nascosto il volto contro il cuscino con un lamento. Quando ti guarda i suoi occhi sono ancora pieni di vergogna e pensi di non aver mai visto nulla di così bello in tutta la tua vita.

“Come è possibile tu non sia ancora scappata via?”

Alzi gli occhi al cielo. “È perché sei a casa mia.”

Scoppia a ridere e poi grugnisce per il dolore, porta la mano alla testa ma non smette di ridere.

“Non c’è altro posto in cui vorrei essere.” Aggiungi.

Ti sorride ancora e tu non hai più la pazienza di aspettare o di fare con cautela, ti avvicini lentamente a lei per baciarla sulle labbra, lei si sposta il tanto necessario perché il tuo bacio le sfiori la guancia.

Speri che il tuo viso non ti tradisca ancora volta e le mostri quanto quell’ennesimo rifiuto ti abbia spezzato il cuore, si alza con un lamento e ti accarezza il viso.

“Puoi prestarmi il necessario per darmi una sistemata?”

“Si, certo.”

Le dai tutto quello che pensi le possa essere utile e le mostri dov’è il bagno, quando senti l’acqua della doccia scorrere, fai partire una chiamata a Melanie, la tua amica non risponde perciò chiami Alice. Quando non risponde nemmeno lei ha il terrore che la brunetta abbia tenuto fede alle sue minacce e si sia scopata la stilista. Ti rilassi solo quando il tuo telefono squilla per una video chiamata.

“Alex! Scusami, stavo vestendo Superman.”

“Buongiorno Alice.”

“Buongiorno.” I suoi occhi studiano lo schermo e tu le sorridi, supponendo stia cercando sua sorella.

“Si è appena svegliata ed è subito entrata in doccia. Non ha praticamente parlato, ma sembra stia meglio.”

Annuisce e ghigna subito dopo, ormai sai già che sta per dire qualcosa di inopportuno.

“Niente sesso mattutino?”

“Alice!”

“Il sesso mattutino è il migliore.” Melanie appare sullo schermo indossando una maglietta enorme, visto che la differenza di altezza tra lei e la stilista non è così tanta, ti domandi di chi possa essere.

“Pi scusami, ti ho praticamente sfrattata.”

Alza gli occhi al cielo “Avresti potuto farlo per un motivo migliore. Tipo il sesso.”

Alice annuisce e la indica con un pollice “Ha ragione.”

“Sta zitta tu e ricordati che mi devi pagare ogni minuto che ho passato qua dentro.”

La stilista alza le spalle e fa una smorfia di disinteresse. “Tanto paga Simonne.”

“Mimonne Mimonne. Mimonne.”

“Superman.”

“Eddie! Come accidenti ti ha conciato tua madre?”

Sorridi perché trovi molto divertente come il talento di Alice sfoci in deliziose prese in giro nei confronti del proprio figlio.

“Mimonne!”

“Sssh, Melani non giudicare l’operato degli adulti, torna a colorare il tuo disegno. Vieni qui ragazzino.”

Eddi appare nello schermo e ha in testa una tiara da principessa e una bacchetta magica rosa. “Sei bellissimo, non ascoltare quella li.”

“Alice se lo abitui così all’asilo non faranno altro che prenderlo in giro.”

La stilista si finge pensierosa. “Mh, forse potrei darti retta, di che clima ci sia negli asili oggi, sei sicuramente più esperta di me, visto che li frequenti ancora.”

“Alice giuro che…”

“Uh…non ti sembra bruci qualcosa?”

“Merda!” Melanie diventa tutta rossa, sbuffa e toglie tiara e bacchetta magica al bambino, scappando verso quella sei sicura essere la colazione per tutti. Non puoi non sorridere all’idea stia infrangendo una delle sue regole d’oro per loro.

Eddie si comporta come se attorno a lui non fosse successo nulla, poggia la manina aperta sul mento della madre e indica verso di te.

“Mimonne?”

“No tesoro, c’è solo Alex!”

Guardi il bambino piegare la testa e farti ciao con la manina “Mimonne.”

“Ciao Eddie.” È la prima volta che un bambino per il quale lavori ti manca così tanto.

“Imparerai mai a dire Alex, Superman?”

Eddie guarda sua madre con aria perplessa “Mimolec” Tu arrossisci e Alex scoppia a ridere.

“È un buon compromesso. Volevi chiedermi qualcosa, Alex?”

“No, volevo solo aggiornarti e sapere come state, prima di preparare la colazione.”

“Waffles.”

“Cosa?”

“Adora i waffles con la panna montata.”

“Alexandra Lewis, non osare usare i miei utensili!!!”

Affossi la testa nelle spalle al solo vedere gli occhi infuocati della tua amica.

“Ma lasciaglieli usare, è per una buona motivazione, potrebbe fare sesso mattutino.”

Melanie sembra valutare la cosa, poi avvicina troppo il volto alla telecamera. “La piastra per farli è sul ripiano alto, quello con l’antina in legno, non in vetro. Usa la spatola con il manico blu. BLU Alex, non celeste, le fruste sono nel secondo cassetto, la farina la trovi nel secondo ripiano della dispensa, è quella con il sacchetto giallo, non l’altra. L’altra è senza glutine e sei troppo inesperta per usarla. La panna montata è in frigo, tecnicamente è nel mio ripiano, ma per questa volta puoi usarla.”

“Perché hai la panna montata?”

“La Nutella mi stufa e mi passa la voglia di leccarla via prima di arrivare alle zone interessanti.”

Prima di nascondere il volto dietro le mani, vedi il viso di Alex annuire compiaciuto.

“Insomma Pi, hai capito bene tutto?”

“Si Pi.”

“Ripetilo!”

Senti la porta della doccia aprirsi e guardi verso il bagno.

“È lei Alex?” Annuisci “Allora è meglio se chiudiamo. Dubito mia sorella ci voglia vedere.” Il suo volto si inscurisce  e tu parli senza pensare.

“Potrebbe stare da me per qualche giorno, per far calmare un po’ le acque.”

“Ehi, è anche casa mia!!!”

Alice ti sorride, poi si gira verso la sua ospite e le da una pacca sulla testa “Tu puoi stare qui. Sei tanto piccola che non me ne accorgerò nemmeno. Sarà come avere due gemelli.”

“Sei una persona orribile Alice. Non mi stupisce che tua moglie abbia preferito morire piuttosto che continuare a vivere con te.”

Rimani letteralmente pietrificata nel sentirle pronunciare quella frase, Alice invece scoppia a ridere a tal punto che Eddie le scivola dalle braccia. “Sei davvero una stronza.”

La porta del bagno si apre e tu chiudi la conversazione senza sentire come vada a finire la loro assurda discussione. Lanci il telefono sul tavolo e apri l’antina della dispensa cercando disperatamente di ricordarti se Mel ti abbia detto di prendere la farina nel sacchetto giallo o l’altra. Simonne arriva alle tue spalle, ti afferra per i fianchi, ti fa girare su te stessa e ti preme il suo intero corpo contro di te, labbra comprese. Forse dovreste parlare e non cedere al bisogno dei vostri corpi, ma non ricordi l’ultima volta che quelle labbra stupende sono state su di te e a hai bisogno di baciare via tutto il dolore che ha provato e le lacrime che ha versato, quindi metti da parte la ragione e lasci il controllo all’istinto, ti issi a sedere sul bancone della cucina, apri le gambe e la attiri a te. Lei non fa nessuna resistenza, ti bacia come se dalle tue labbra dipendesse la sua vita e, anche se vi state baciando per il solito scopo, sono i baci più belli che tu abbia mai ricevuto. Stringi le gambe attorno a lei, mentre le sue mani viaggiano lungo la tua schiena, tremi di trepidazione quando arrivano al tuo sedere, ma succede una cosa inaspettata, ti afferra, ti attira verso di se inizia a camminare. Sei talmente stupita che ti dimentichi di baciarla e ti aggrappi a lei, Simonne ridacchia e ti bacia il collo, ma non si ferma, continua spedita verso camera tua e il tuo letto.

Non ti vergogni ad ammettere che scoprire sia così forte ti ha eccitata ulteriormente.

“S….Simonne…”

“S va bene, puoi chiamarmi S.” Hai sempre avuto il dubbio fosse Stephanie a chiamarla così e lo sopportasse da Alice per ovvi motivi, ma ora non ne sei tanto sicura e ad essere sincera non ti importa, sei più che lieta di cancellare quella stronza dalla sua mente.

Ti lascia andare ai piedi del tuo letto, ti bacia sulle labbra e si toglie i pochi indumenti che indossa, fai per imitarla ma ti ferma, ti bacia e ti spoglia lei, con movimenti lenti e gentili ti sfila la maglietta, i pantaloncini e gli slip.

Ti fa sdraiare sul letto e ti guarda con occhi pieni di quella che decidi essere ammirazione, si sdraia su di te e riprendete a baciarvi, l’urgenza che provavi in cucina è sparita chissà dove, non ti interessa più avere un orgasmo o sentire Simonne dentro di te, vuoi sentirla vicina e nient’altro.

La lentezza con cui si muove, con cui ti penetra, fa nascere in te la stupida idea che non stiate facendo sesso, che stiate facendo l’amore, per questo non le permetti di sfuggirti questa volta e vuoi sia insieme, vuoi che i vostri corpi diventino tutt’uno.

Lotti contro te stessa per tenere gli occhi aperti il più a lungo possibile, perché hai bisogno di vederla e non solo di sentirla, ma più i suoi ansimi diventano forti, più perdi il controllo. Finisci come tuo solito a essere un casino ormonale, sudato e tremante tre le sue braccia, ma lei è esattamente nello stesso tuo stato, più i tuoi movimenti diventano veloci, più i suoi ansimi cedono il posto al  tuo nome, ripetuto come una supplica e quel suono è esattamente quello che ti mancava per mettere da parte la paura e accettare che Simonne non stia più fuggendo da te, che è lì tra le tue braccia, senza più riserve. Il solo pensiero è sufficiente per mandarti oltre l’apice, lei viene con te e quella meravigliosa visione ti fa perdere il poco controllo che avevi e non ti rendi conto che non stai urlando solo il suo nome, quando l’orgasmo scema continui a mormorare le stesse parole e solo allora ti accorgi di cosa si tratta. Ti stupisci di non averne paura, al contrario, guardi quei suoi occhi pieni di meraviglia e continui a ripeterle:

“Ti amo, Simonne. Ti amo.”

Sorride e ti bacia dolcemente sulle labbra, i vostri corpi stanno ancora tremando e sei certa non sia solo per il sesso. Le afferri il viso con entrambe le mani e la costringi contro le tue labbra perché hai bisogno di dirglielo così, in un bacio.

“Ti amo.”

È la seconda volta nella tua vita che lo dici, la seconda volta che ti innamori. Quando l’hai detto per la prima volta a Tara hai preteso lei te lo dicesse a sua volta, con Simonne non ti importa, vuoi solo che lei lo sappia, che ne sia cosciente.

Poggia il mento tra i tuoi seni e non stacca gli occhi da te, mentre ti scosta i capelli spettinati e sudati dalla fronte.

“Mi dispiace di essere stata così stronza e distante con te, Alex. Di essere andata via tutte le volte e averti lasciata sola a rivestirti, ti ho praticamente cacciata di casa…”

Le metti un dito sulle labbra e scuoti la testa. “Non mi devi nessuna scusa.”

Lei ti bacia le dita e continua a parlare

“Io avevo paura, ero terrorizzata da te, Alex. Capisci, tu non solo sei bellissima.”

Mordi le labbra e arrossisci, perché non ti senti bella, non ti sei mai sentita bella. Carina forse, bella mai.

“Ma sei anche una persona assurdamente buona. Avevo paura di quello che avrei potuto provare per te se ti avessi lasciato avvicinare.”

“S, non devi…”

Questa volta è lei a zittire te, posando le labbra sulle tue, tu ti godi quel bacio e sospiri, quando si allontana da lei, ti rendi conto di voler sapere cosa le abbia fatto cambiare idea.

“Allora perché….perché quella sera…”

Sorride e un lieve rossore le colora le guance “Alice.”

“Cosa?” Non ti saresti potuta aspettare una risposta più diversa.

“Quella prima sera ti sono saltata addosso perché Alce mi ha chiamata, informandomi che sarebbe tornata a casa a breve. Io ho…”Si passa una mano sul volto e arrossisce ancora. “Il primo periodo con te è stato il primo vero periodo di calma che ho vissuto da molti, moltissimi anni Alex. Avevo paura che con l’arrivo di Alice sarebbe finito tutto, che ti avrei persa. Non ho potuto fare altro che afferrarti nel primo modo che mi è venuto in mente.”

Annuisci molto lentamente, anche se non sei completamente sicura di aver capito il suo discorso, lei sbuffa una risata.

“Alice è la nemica naturale della calma.” Sorride, ma tu sei seria e in preda ai sensi di colpa.

“Simonne se io avessi saputo la vostra storia, io non sarei mai uscita con lei, non le avrei mai permesso di…”Arrossisci violentemente e lei ti bacia sul petto “Non avrei dovuto permetterti di allontanarmi da te, avrei dovuto combattere…”

Scuote la testa. “Sarebbe stato inutile Alex. Ero…sono arrabbiata, spaventata, terrorizzata direi e in preda ai sensi di colpa. Rischiavi solo sfogassi tutte queste cose su di te, che ti strascinassi a fondo con me.”

“Non mi sarebbe importato. Non mi importa.”

“A me si Alex. A me si.” Vuoi togliere quell’espressione triste dal suo volto e rimetterci il sorriso estasiato che aveva post-orgasmo, perciò inverti le situazioni, la spingi contro il materasso e le lecchi il collo, lei sospira e si sistema sotto di te. Alterni ogni bacio con una parola.

“Non c’è motivo di aver paura. Andremo piano, faremo tutto a modo tuo. Toccheremo il fondo se necessario.” Dove tu abbia trovato la faccia tosta di dire una cosa del genere, dopo averle urlato che la ami, è un mistero anche per te.

“Non voglio portarti a fondo.”

“Io non ho paura, S.”

“Io si.”

“Non devi, non c’è nulla di cui aver paura.”

“Non posso non aver paura ora che provo questi sentimenti per te.”

Alzi la testa di scatto e lei morde le labbra e arrossisce, guarda altrove ma poi si sforza di guardarti ancora negli occhi. “Non posso non aver paura, ma non posso nemmeno più fingere di non essere innamorata di te.”

Non sai se sia lei a venire verso di te o tu ad andare verso di lei, ma iniziate a baciarvi e hai gli occhi pieni di lacrime, ma sono lacrime di gioia.

Lasciate fuori da quella stanza tutto quello che è stato e quello che sarà e continuate a fare l’amore, finché siete troppo stanche anche per muovervi e questa volta Simonne ti tiene stretta a sé mentre ti addormenti tra le sue braccia.

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Capitolo 16
*** Ch16 - Oltre la porta ***


ch.16 – Oltre la porta.
 
 
Simonne sta praticamente correndo davanti a te e devi mordere le labbra per non chiederle per la centesima volta di rallentare: in questo momento è troppo presa da altro per pensare a te, a voi, e non puoi biasimarla.

Il principino tra le tue braccia sonnecchia tranquillo ed è diventato troppo grande perché tu lo possa tenere in braccio per così tanto tempo, non hai la forza fisica di sua madre, non l’hai mai avuta e vostro figlio sta crescendo molto, molto velocemente.Ti stupisci sempre di quanto frequenti siano le volte in cui vorresti fermare tutto e urlare, fare la baby sitter era molto più semplice che essere una madre 24 ore su 24, senza un attimo di pausa.

Fortunatamente, svoltato l’angolo vedete il piccolo Eddie, sospiri e ringrazi tutti i santi del cielo per essere giunta alla fine di questa corsa.

Tua moglie lo chiama e puoi sentire l’ansia nella sua voce, lui si gira la guarda per una frazione di secondo ma poi i suoi occhi tornano immediatamente a fissare la porta chiusa davanti a lui. Dovete avvicinarvi di molti altri passi, prima che la sua attenzione torni su di voi, vi dedica un sorriso forzato mentre vi saluta e il tuo sguardo da zia premurosa registra immediatamente che: ha troppo gel sui capelli e la riga da una parte, indossa una camicia, dei pantaloni e addirittura le bretelle. La sua volontà era quella di indossare anche una cravatta, ma è tua moglie che gli sta facendo il nodo.

“Dov’è tua madre, Eddie?”

Lui rigira il mazzo di fiori che ha tra le mani e indica la porta chiusa davanti a voi, senza pronunciare una parola. Simonne ti lancia un’occhiata preoccupata e le bisbigli di stare tranquilla. Annuisce lentamente e fa diversi respiri profondi, Nathan tra le tue braccia si agita.

“Acche io voio un fiore!”

Trattieni uno sbuffo e guardi tuo nipote con aria supplicante perché sono stati giorni molto tesi e lunghi e non hai la forza di sopportare i capricci del tuo piccolo principino. Eddie sfila un fiore dal mazzo e lo porge a suo cugino con un piccolo sorriso sul volto, questa volta sincero, e ti viene da chiederti se si stia allenando per il futuro.

La porta si apre e Melanie si affaccia alla ricerca di Eddie.

“Eddie ora puoi…”Sorride appena vi vede. “Potete entrare tutti.”

Sai che tua moglie vorrebbe correre dentro, invece si mette accanto a te, posi Nathan sul pavimento perché è perfettamente in grado di camminare da solo, anche se tende a dimenticarlo, e prendi la mano tremante di Simonne, conscia che abbia bisogno del tuo totale supporto.

Nathan entra per primo, il fiore donato da suo cugino incastrato tra i capelli e l’aria spavalda di chi ha appena ottenuto quello che desidera, tua moglie fa un respiro profondo, un cenno di assenso e fate il vostro ingresso anche voi.

Alice ha gli occhi chiusi e un fagotto rosa poggiato sul petto.

“Smetti di fare la melodrammatica S. Non sono morta.” Si gira verso di voi e ghigna, ha l’aria molto stanca, ma sembra anche molto felice.

Mel alza gli occhi al cielo.

“Da che pulpito. Hai passato gli ultimi mesi, per non parlare del parto, a supplicarmi perché non morissi, Alice. Eviterei di sfottere tua sorella.”

Senti tua moglie irrigidirsi accanto a te, la relazione tra quelle due è iniziata parecchio tempo dopo la vostra, complice la loro collaborazione lavorativa, e Alice ha sempre asserito di aver ceduto alle avances di Melanie solo perché, a differenza di tutti gli altri, non l’ha mai trattata come se fosse di cristallo, non camminava in punta di piedi attorno a lei, al contrario, passava il tempo a fare battute inappropriate. Né tu né Simonne siete mai state in grado di capirlo. Ma loro sembrano essere molto felici, anche ora Alice l’ha attirata verso di sé e l’ha baciata sulle labbra, Melanie ha poggiato la fronte contro la sua e le ha sussurra qualcosa, facendola sorridere dolcemente.

“Superman?”

Vi girate tutti a guardare Eddie, rimasto sulla porta.

“Superman, vieni a conoscere la tua sorellina.”

Il bambino rimane ancora fermo sulla porta, non sai cosa sappia, non sai se abbia capito il dramma di Melanie che continuava a perdere bambini, non sai se abbia capito che gesto d’amore sia stato da parte di Alice affrontare un’altra gravidanza e i conseguenti demoni che questa ha risvegliato in lei, sta di fatto che ora quel bambino stupendo è fermo sulla porta, con gli occhi pieni di lacrime e le gambette tremanti.

Magari non sa, ma di sicuro intuisce.

Simonne porta la tua mano alle labbra, ti bacia il dorso e ti sorride, poi la lascia e va verso il suo nipote preferito, gli prende la mano e gli concede il suo sorriso più luminoso.

“Va tutto bene Eddie.” Il tono di tua moglie è vagamente interrogativo, ma il bambino annuisce. “Vuoi aspettare ancora?”

Cenno negativo.

“Andiamo.”

Attraversano lo spazio dalla porta al letto con passi minuscoli, una volta arrivati, Eddie porge energicamente il mazzolino di fiori strapazzati a sua madre e lei sorride e una lacrima le scivola sulla guancia. Lo accetta e guarda sua moglie, Mel capisce al volo cosa le sta chiedendo, fa il giro del letto, prende il fagottino rosa in braccio e lo mostra al bambino.

“S, ho chiesto a lei di farlo perché non si deve inchinare troppo.”

Tua moglie scoppia a ridere, tu alzi gli occhi al cielo, ma Mel non vi degna della minima attenzione, fa sedere suo figlio su una sedia e gli mette in braccio la neonata. In un battito di ciglia Nathat è attorno a loro che saltella, fa mille domande e ripete che ne vuole una così anche lui.

Al solo pensiero di avere un altro figlio ti manca l’aria.

No, grazie.

Senti Alice ridacchiare e ti giri a controllare cosa abbia combinato: Simonne si è sdraiata sul letto accanto a lei e l’ha presa tra le braccia, le sta parlando a voce così bassa che non puoi sentire cosa si stiano dicendo, vedi solo la stilista sorridere e annuire, ricambiare l’abbraccio e rilassarsi.

Nei nove anni passati, hanno fatto molto per raddrizzare il loro rapporto, per eliminare la rabbia, l’odio e il dolore, con l’aiuto di professionisti, tuo, di Melanie e dei vostri figli, ma in qualche modo non è stato sufficiente e la gravidanza di Alice ha risvegliato in entrambe ricordi difficili.

Guardandole ora hai per la prima volta la sensazione che il peggio sia davvero passato.

“Pi?”

Ti giri verso Melanie, che ti sta sorridendo così tanto che hai paura le cadano le orecchie.

“Si, Pi?”

“Vieni a conoscere mia figlia.”

Scoppiate a ridere e i vostri figli vi guardano come se foste impazzite tutte e tu non puoi fare a meno di pensare a una frase che ti ha detto una volta Alice, sul fatto che non puoi provare un certo tipo di amore continuando a rimanere te stessa o senza perdere la ragione: in questa stanza di ospedale ha capito per la prima volta cosa volesse dire, perché avete tutte e quattro perso la ragione ed è stato quello a rendervi davvero felici.
 

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