Life becoming a landslide

di _DarkFate_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** intro ***
Capitolo 2: *** 零 | le mat ***



Capitolo 1
*** intro ***


❝𝘐 𝘤𝘭𝘪𝘮𝘣𝘦𝘥 𝘢 𝘮𝘰𝘶𝘯𝘵𝘢𝘪𝘯 𝘢𝘯𝘥 𝘵𝘶𝘳𝘯𝘦𝘥 𝘢𝘳𝘰𝘶𝘯𝘥
𝘈𝘯𝘥 𝘐 𝘴𝘢𝘸 𝘮𝘺 𝘳𝘦𝘧𝘭𝘦𝘤𝘵𝘪𝘰𝘯 𝘪𝘯 𝘵𝘩𝘦 𝘴𝘯𝘰𝘸-𝘤𝘰𝘷𝘦𝘳𝘦𝘥 𝘩𝘪𝘭𝘭𝘴
'𝘛𝘪𝘭 𝘵𝘩𝘦 𝘭𝘢𝘯𝘥𝘴𝘭𝘪𝘥𝘦 𝘣𝘳𝘰𝘶𝘨𝘩𝘵 𝘮𝘦 𝘥𝘰𝘸𝘯❞

─── landslidefleetwood mac

─── landslide, fleetwood mac

   «Sei proprio un coglione.»
Yixing sorride, scuote la testa e balza sul muretto alle sue spalle. L'umidità del cemento attraversa con facilità la stoffa dei suoi pantaloni e presto il freddo gli si insinua sotto le cosce. A Yixing questo non importa e rimane comodamente seduto mentre recupera il suo pacchetto di Marlboro rosse. Ne prende una tra due dita e finalmente fronteggia lo sguardo grave di Junmyeon. Sa di avere esagerato, ma anche stavolta pensa di potersela cavare con delle semplici scuse. Junmyeon era decisamente troppo ansioso.

Yixing si infila la sigaretta in bocca e allunga il pacchetto avanti a sé. Solleva un sopracciglio e le sue pupille si muovono veloci dall'alto verso il basso, come per invitare la figura che gli si staglia di fronte ad accettare ciò che gli sta porgendo.
Rapido, Junmyeon gli spinge via la mano e gli afferra il polso. Si avvicina così tanto al suo viso che ormai tutto ciò che Yixing vede sono soltanto un paio di occhi furenti.
«Non sto scherzando. Devi smetterla.»

Yixing corruga la fronte e con uno scatto si libera dalla presa del maggiore. Recupera l'accendino dalla tasca dei jeans e accende la sigaretta senza smettere di guardare l'altro fisso negli occhi.
«Yixing, dico sul serio. Stavolta pensavo saresti morto, cazzo.»
«Ma non è successo, quindi falla finita hyung

Taglia corto perché in quel momento non ha davvero voglia di sorbirsi l'ennesima lavata di capo. Stanco, recupera le sue cose e scende dal muretto proprio quando le labbra di Junmyeon minacciano di riaprirsi. Lo sorpassa in fretta e lo spinge di lato con la spalla. Non lo fa con forza, gli basta far intendere che vuole rimanere solo.

«Gǔn» biascica poi a denti stretti, più a se stesso che a Junmyeon, dato che utilizza il cinese per non farsi capire. Infila le mani in tasca e procede a passo sostenuto finché non si trova abbastanza vicino a Baekbeom Plaza, lo spiazzo dove avevano parcheggiato le moto. Gli altri sono già lì, seduti ai piedi del monumento, e quando lo vedono arrivare smettono di parlare.

È buio e Yixing non riesce a scorgere bene i loro sguardi, ma nella sua testa li vede tutti puntati su di lui. Decide di non darci troppo peso e poggia il piede sinistro sul primo scalino, si abbassa e prende in mano la lattina di birra che Sehun nasconde tra i piedi. Ne fa un sorso e la restituisce al proprietario, picchiettandogliela contro il petto. Sehun lo guarda senza dire nulla, e così fanno gli altri, almeno finché Yixing non indietreggia e tira fuori le chiavi della Yamaha.

«Te ne vai?»
«Sì» risponde, facendo tintinnare il metallo tra le dita. «Ci vediamo domani.»
Li saluta con un cenno del capo e si muove nella direzione opposta, dove vede la moto luccicare in lontananza, sotto il raggio di un lampione.

Si infila il casco e tira su la zip della giacca mentre alle sue spalle il vociare ricomincia a percepirsi. Fa per sollevare il cavalletto, quando una voce più forte, più vicina, sovrasta le altre in sottofondo. «Hyung»
Yixing si volta soltanto perché riconosce che quella è la voce di Baekhyun; dunque solleva la visiera per incontrarne gli occhi preoccupati. «Va tutto bene?» gli dice il più basso, passandogli una mano sulla spalla.

Yixing sospira e volge lo sguardo altrove. Trova in alto la torre di Seoul che, situata a soli 240 metri di distanza, si staglia maestosa proprio sopra le loro teste. In basso la città, luminosa e immensa, che aspetta trepidante il loro rientro.

A quella vista gli viene quasi voglia di chiedere a Baekhyun di prendere la moto e farsi un giro in città; di portarlo lontano da Namsan Mountain Park e dal cumulo scuro di incomprensione che lo circonda. Ma non lo fa, perché Yixing non è abituato a chiedere aiuto o elemosinare compagnia. Per aiutare se stesso sceglie sempre il silenzio e la solitudine. Per questo motivo, quando lo vede andar via, Baekhyun non prova a fermarlo.

Yixing mette in moto la Yamaha nera e in un attimo raggiunge la strada asfaltata. La percorre, iniziando a discendere il monte Namsan seguendo la strada che si immerge all'interno del bosco, sempre più fitto. Guida a lungo e in silenzio, disturbato soltanto dal frastuono dei suoi pensieri. Sente l'aria scontrarglisi contro il petto e va più veloce, rallentando soltanto in concomitanza di qualche tornante più stretto. Quando preme il freno lo fa all'ultimo momento; sente di poterselo permettere perché sa che a quell'ora non incontrerebbe anima viva e perché quella strada la conosce così bene che potrebbe anche percorrerla bendato.

Per raggiungere il suo appartamento a Myeongdong, Yixing deve imboccare una lunga galleria che attraversa interamente la montagna. Quando arriva in città, rallenta; sono le quattro del mattino ma Myeongdong è la principale area del centro di Seoul, e a quell'ora le strade, i palazzi e le luci al neon dei locali continuano a brillare.

Quando raggiunge la sua via però, a tenergli compagnia sono soltanto le luci di alcuni lampioni. Yixing parcheggia e recupera le chiavi del suo appartamento, spalanca il portone e corre su per le scale con la netta sensazione che il cuore gli sia appena salito in gola. Arriva al terzo piano e si appoggia alla porta mentre si sfila sia la giacca che le scarpe.

Sospira a lungo; finalmente può lasciarsi cadere sul divano. Reclina la testa all'indietro e si lascia assorbire completamente dalla sua superficie calda e morbida. Nel medesimo istante si domanda quando rimetterà la testa a posto, o quando tutto la smetterà di essere così piatto. Perché è da un po' di tempo ormai che Yixing si limita soltanto ad esistere, trascinando distrattamente i piedi mentre percorre svogliatamente le fasi della sua vita. Sospira ancora, stavolta perché pensa che non vorrebbe sentirsi sempre così stanco o annoiato.

Con lo sguardo dritto avanti a sé, Yixing fissa ancora il buio.
Poi chiude gli occhi e si immerge completamente nel vuoto.

E aspetta.

Non sa esattamente cosa. Nella sua testa spera in una svolta positiva per la sua vita, ma sa anche che il destino non è solito accontentare le sue richieste. Eppure è fermamente convinto che, arrivato a questo punto, niente potrebbe andare peggio.

Per questo Yixing non sa che ormai è questione di tempo.
Giorni. Ore.

Prima che la frana lo travolga.
 

   Sono le sette di mattina e Rhiannon è già pronta per iniziare la sua giornata

   Sono le sette di mattina e Rhiannon è già pronta per iniziare la sua giornata.
Stende le gambe e tira le punte mentre si infila distrattamente una seconda felpa; è il 15 Ottobre e a New York sta iniziando a fare freddo.

Uscendo non porta niente con sé, le bastano le chiavi del suo appartamento e la banconota spiegazzata che stringe tra le dita. Leggera, percorre in discesa le quattro rampe di scale che la separano dall'uscita, e mentre lo fa già pensa che al suo ritorno aspetterà l'ascensore per raggiungere nuovamente il quarto piano.

Ora Rhiannon è in strada, ma la prima cosa che percepisce non è il freddo pungente che le stuzzica le narici, bensì il profumo di brioches appena sfornate che la riporta un po' a casa; laddove quelle che in America vengono chiamate bakeries portano il nome di boulangeries.

Svoltando a destra, Rhiannon scruta silenziosa i palazzi iniziare ad illuminarsi e colorarsi di un giallo tenue. Nota il passaggio delle auto iniziare a farsi sempre meno rado e osserva il viola e il rosa scomparire dal cielo per lasciare spazio ad un azzurro sbiadito. Rhiannon trova magico assistere al risveglio della città; osservare come il suo ritmo cambiasse gradualmente, facendosi via via sempre più incalzante.

Procede dritta lungo il marciapiede, qualche passo e Aux Merveilleux de Fred è lì che la aspetta; le vetrine espongono invitanti ciò che è stato appena sfornato e il suo sguardo scorre languido su una fila di croissant dorati.
Ne acquista due, marmellata e cioccolata, e li fa mettere in un sacchetto.

Paga ed è già pronta per rientrare; al posto di una banconota sgualcita, adesso tra le mani stringe la sua colazione. La bolla di calore che percepisce sotto le dita, riesce a contrastare il freddo che impregna l'aria mattutina di New York.

Una volta rientrata apre il sacchetto, afferra il croissant alla marmellata e gli dà un morso. L'altro, che ha preso per sua sorella Liv, viene riposto con cura sull'isola della cucina, accanto al cesto della frutta.

Con la bocca ancora piena si dirige in camera e finisce di prepararsi, raccogliendo velocemente i suoi capelli in uno chignon che sistemerà più tardi. Per adesso sente soltanto la necessità di tenerli legati in una qualche maniera, perché oltre ad essere arruffati, i suoi capelli sono ancora leggermente umidi per la doccia fatta quella mattina.
Al mio arrivo sembrerò una pecora, pensa mentre cerca di dare un senso a ciò che ha appena preso forma in cima alla sua testa.

Fa piano quando torna in cucina, perché nella stanza accanto c'è sua sorella che dorme ancora. Si infila la giacca appesa all'ingresso ed esce di casa per la seconda volta; la borsa in spalla e la testa piena di sogni.

A piedi ci mette all'incirca una ventina di minuti per raggiungere la scuola, ma quella mattina Rhiannon si sente particolarmente pigra, motivo per cui - qualche minuto dopo essere uscita - si trova a far scivolare la schiena contro il sedile di un autobus. Recupera il cellulare dalla tasca della giacca e si prende un momento per sciogliere i nodi delle sue auricolari.

Fuori, la città si muove veloce e a Rhiannon viene spontaneo poggiare la tempia contro il vetro mentre il canto di Stevie Nicks le riempie la testa, accompagnando le immagini sfuocate di Lower Manhattan che le si intrufolano in mezzo alle ciglia.

Attraverso il vetro scorge anche il sorriso sciolto e caldo di una ballerina dell'American Ballet Theatre che vive a New York con sua sorella minore e se ne prende cura.
Continuando a specchiarsi, Rhiannon si sistema qualche ciuffo ribelle che le ostacola la vista mentre inizia a pensare che quel sorriso, il quale mai le aveva abbandonato il volto, adesso è soltanto fastidioso.

Perché quel sorriso non è più suo da tanto tempo ormai. Non le appartiene più esattamente da quando è stata costretta ad accettare il fatto che i suoi sogni sono e resteranno per sempre tali.

E che ciò che vede è soltanto nella sua testa.

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─── gǔn [滚]: vattene via, levati dai piedi
 

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Capitolo 2
*** 零 | le mat ***


0. IL FOLLE



UPRIGHT: beginnings, innocence, spontaneity, a free spirit

REVERSED: holding back, recklessness, risk-taking


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   Sei impazzito?
Yixing se l'era sentito ripetere molte volte.

Accadde quella volta in cui suo padre l'aveva beccato appostato in cima ad una mensola per evitare una punizione. O quando era montato in sella ad una delle moto parcheggiate fuori dal negozio dei suoi, perché dentro si stava annoiando troppo.

Era accaduto anche dopo la sepoltura di suo padre; quando sua madre aveva dovuto cercarlo per tutto il cimitero di Changsha e l'aveva trovato rannicchiato a piangere dietro una lapide.
«Sei impazzito?» Le parole erano uscite forti e dure dalla sua bocca, ma Yixing capí che – più che un vero rimprovero – quella frase l'aveva usata perché l'aveva fatta spaventare molto. Lo capí perché poi sua mamma lo aveva stretto forte a sé, inginocchiandosi a terra per accoglierlo meglio tra le sue braccia tremolanti.

A Lin Mei Jiao la morte di suo marito aveva strappato via il cuore.
E a Yixing la sua infanzia. Aveva soltanto undici anni, eppure era cresciuto più in fretta di quanto avrebbe dovuto.

C'erano delle volte in cui sua madre si dimenticava di preparare da mangiare ed era lui quello ad occuparsene, arrangiandosi con qualche scatoletta di cibo già pronto e noodles istantanei. Altre in cui tornava a casa da scuola e la ritrovava ansante al pavimento, soffocata dai singhiozzi e le lacrime.

Poi sopraggiungevano intere giornate in cui sua madre non faceva niente se non starsene rannicchiata a terra con lo sguardo spento e lontano. Quelle volte Yixing aveva supplicato così tanto che quello sguardo si posasse su di lui. Ogni tanto sembrava stesse per accadere; sua madre si alzava di scatto, sbatteva velocemente le palpebre come se avesse ricordato di dover fare qualcosa di importante, ma la sua lucidità durava solo per un momento.

In quelle occasioni Yixing non riusciva mai a riportarla indietro dal posto in cui era andata a finire. Ma c'era di peggio. Perché anche quando sua madre riusciva a svolgere le sue giornate più o meno normalmente, sembrava non accorgersi di lui.
E certe volte Yixing si domandava se sarebbe dovuto scomparire anche lui per farsi notare.

Fortunatamente le cose cambiarono quando, mesi dopo, sua madre decise di raggiungere sua sorella – la zia Chin Hui – a Seoul, trasferendosi nel suo piccolo appartamento a Gagnam.
Sua madre si riprese: imparò la lingua e trovò un nuovo lavoro. Tuttavia il processo fu piuttosto lungo, ma Yixing pensava che se fossero rimasti entrambi in Cina sarebbe stato peggio, quindi andava bene così.

Sua zia somigliava molto a sua madre: occhi grandi e scuri, le labbra fini e il corpo magro. Solo che sua madre sembrava più stanca e debole, coi suoi occhi spenti e le guance scavate. Era ancora molto bella però, soltanto un po' consumata dal pianto.

Sua zia invece aveva le labbra piegate in un sorriso la maggior parte del tempo e anche le piccole rughe ai lati degli occhi sembravano ridere con lei. Doveva avere all'incirca una quarantina d'anni, ma i suoi capelli corti sembravano ringiovanirla di almeno un lustro. Lin Chin Hui era una donna a dir poco singolare. E Yixing, che a malapena riconosceva il suo viso, fu subito conquistato dalla simpatia che esso trasmetteva.

Inizialmente la sua presenza era rassicurante e piacevole; qualcuno si stava finalmente prendendo cura di lui. Per un po' le cose sembravano aver finalmente iniziato ad andare per il verso giusto.

Poi Yixing ricominciò ad andare a scuola e qualcosa ruppe l'equilibrio precedentemente creatosi. Il confronto con gli altri bambini lo faceva sentire diverso.

Yixing odiava la scuola, odiava non conoscere bene la lingua e odiava l'8 maggio perché era la giornata dedicata ai genitori e lui non aveva nessuno da festeggiare. All'epoca era ancora piccolo, ma sapeva perfettamente di non aver perso soltanto un padre. Anche sua madre se n'era andata per un certo periodo, sebbene non fisicamente. Aveva pur sempre sua zia, ma di certo non era la stessa cosa.

Tuttavia a quel tempo Yixing non era neanche troppo arrabbiato con sua madre, soltanto triste perché avrebbe desiderato più attenzioni. Crescendo però iniziò a odiare la sua debolezza, soprattutto quando ella aveva tentato di ristabilire un rapporto con lui, una volta sentitasi meglio.

Fu difficile, perché il bambino gentile e vivace che Yixing era sempre stato, aveva lasciato spazio a qualcun'altro. Qualcuno che lei non conosceva. Non più, almeno.

Per un certo periodo della sua vita infatti, rabbia e invidia avevano preso Yixing per mano e si erano strette forte a lui, che di riflesso aveva riversato la prima su sua madre e la seconda sui suoi coetanei.
D'altro canto la maggior parte di questi ultimi si limitava semplicemente ad ignorarlo e a Yixing andava più che bene, dato che la cosa era reciproca.

Sua madre invece reagì diversamente, decidendo però di adottare la strategia più sbagliata: soddisfare ogni richiesta, ogni capriccio pur di riavere indietro suo figlio.
Cosa che procurò inevitabilmente una frattura nello Yixing appena adolescente, che meschinamente seppe sfruttare la cosa a suo piacimento.

Yixing sapeva infatti che, se da una parte si trovavano schierate sua zia e le sue regole rigide, dall'altra vi erano sua madre e l'estrema permissività dettata dai sensi di colpa. Anche volendolo, Yixing non riusciva a ricordare neanche una volta in cui lei l'abbia rimproverato dopo la morte di suo padre. E lui approfittò anche troppo della situazione: non importava quanto l'avrebbe respinta, sua madre avrebbe accontentato Yixing in tutto, pur di riconquistarne l'affetto e la fiducia.

Nonostante questo, Yixing non aveva perdonato facilmente sua madre. Esaudire desideri materiali come regalargli dei soldi, comprargli una moto o permettergli di uscire fino a tardi, non potevano colmare tutto ciò che per anni a Yixing era mancato.

Ma l'aveva fatto. E crescendo aveva capito di aver sbagliato tanto quanto sua madre, se non di più. Perché per troppo tempo Yixing aveva vissuto senza mai conoscere né il perdono, né la compassione.
Era soltanto un adolescente arrabbiato, troppo impegnato a mettersi costantemente a confronto con i suoi coetanei perché desiderava cose che non possedeva.

Yixing non aveva idea di come avesse fatto a diventare quella persona. Di indole non era cattivo, ma il ricordo delle cose spiacevoli che aveva detto o pensato e gli atteggiamenti poco ortodossi che spesso aveva adottato, gli faceva credere l'opposto.

Aveva commesso tanti errori, alcuni dei quali ogni tanto riemergevano dai cassetti della sua memoria per divertirsi a tormentarlo ancora un po'. Quel tipo di errori che una volta adulti o si dimenticano o riaffiorano insistenti, e con questi ultimi i sensi di colpa.

Yixing, che apparteneva alla seconda categoria, rimuginava spesso sul suo passato e per questo non riusciva ad amare neanche un po' l'individuo che ogni giorno vedeva riflesso nello specchio.

Fortunatamente c'era chi si preoccupava di farlo al posto suo.

Yixing aveva conosciuto il suo attuale gruppo amici tramite Junmyeon, suo compagno di classe storico. Non che entrambi desiderassero proseguire gli studi insieme; era semplicemente capitato che quel bambino che alle elementari aiutava Yixing a imparare il coreano, avesse iniziato a frequentare la sua stessa scuola superiore.

Yixing non l'aveva mai sopportato e quando lo aveva visto varcare la soglia della sua nuova classe, quasi gli venne un collasso.

Non era per qualcosa che Junmyeon aveva detto o fatto che a Yixing la sua presenza non era mai andata giù. Al contrario, Junmyeon si era sempre dimostrato amichevole e disponibile nei suoi confronti. Una forma di altruismo puro e disinteressato, che Yixing era sicuro di non meritare.

Gli capitava di ripensarci spesso, a come aveva trattato Junmyeon, e mai avrebbe pensato di poter ottenere l'occasione di riscattarsi. Poi lui si era ripresentato dal nulla, e caso volle che non sembrasse covare un briciolo di rancore per quanto accaduto anni prima.
Forse perché in realtà sapeva che Yixing non lo aveva mai odiato davvero, o semplicemente perché Junmyeon riusciva sempre a vedere il bene ovunque.
Persino in uno come lui.

Junmyeon era quel tipo di persona che riusciva sempre a fare in modo che nessuno si sentisse trascurato. La sua personalità affabile e inclusiva era affascinante quasi quanto le sue innate capacità orative. Il suo era uno straordinario talento: Junmyeon sapeva sempre cosa dire, in che momento e in che modo.
Aveva quel modo di far sentire le persone speciali di cui Yixing, una volta assaporato, non poteva più fare a meno.
Non per niente Yixing immaginava Junmyeon come una sorta di "collante", poiché essenzialmente la compagnia di cui entrambi facevano parte era nata grazie alla sua innata estroversione e una passione per i motori condivisa.

Yixing invece non era né particolarmente loquace, né particolarmente audace da prendere in mano le redini di una conversazione e diventarne il centro. Non che fosse incapace di sostenere una discussione o di essere socievole, semplicemente preferiva di gran lunga ascoltare; si sentiva più a suo agio. Per questo motivo non capiva cosa ci trovasse una persona brillante e spigliata come Junmyeon in uno come lui. Ma questo solamente perché Yixing si soffermava sempre così tanto sulle sue mancanze e i suoi difetti, senza mai accorgersi di tutte le doti che invece possedeva, invisibili soltanto al suo sguardo esageratamente critico.

Nonostante l'evidente abisso che intercorreva tra i loro caratteri apparentemente incompatibili, Yixing e Junmyeon erano più vicini di quanto ci si potesse aspettare. Forse perché si conoscevano da più tempo o semplicemente perché – proprio grazie alle loro differenze – riuscivano a colmare carenze reciproche, Yixing e Junmyeon avevano sempre avuto un rapporto differente da quello che intrattenevano con gli altri. Più esclusivo, per certi versi.

Probabilmente l'essere stati i primi ad aver acquistato una moto, non fece altro che incrementare la cosa. Al negozio ci andarono insieme, subito dopo il diciottesimo compleanno di Junmyeon. Era appena arrivato giugno e Seoul si stava preparando ad un'altra estate. L'atmosfera era calda e umida, per niente diversa dal solito: fastidiosa e insopportabile di giorno, ma decisamente più godibile la sera. Così, Yixing e Junmyeon correvano fuori città finché non si faceva buio, attraversando veloci i campi vasti e silenziosi della periferia di Seoul.

Ma a lungo andare quelle strade piatte e monotone iniziarono ad annoiare Yixing, che invece voleva sentirsi la frenesia della città addosso. Gareggiare contro Junmyeon nel bel mezzo della strada trafficata, sfrecciare accanto alle automobili in corsa. Il rischio. Il piacere adrenalinico che traeva nello spingersi ai limiti delle situazioni. Quello lo mandava fuori di testa.

Letteralmente. Perché certe volte Yixing si sentiva così ebbro di adrenalina da non riuscire a sentire il motore che si agitava sotto i suoi piedi, completamente sovrastrato dal rumoroso scalpitare del suo cuore. Come se avesse iniziato a battere per la prima volta.

E ogni volta Yixing nasceva e moriva nel giro di qualche ora. Perché quando tornava coi piedi per terra (nel senso letterale del termine) il mondo attorno a sé tornava ad essere piatto e desolato, proprio come le periferie vuote di Seoul.

Il fatto era che per anni Yixing aveva inseguito nient'altro che fantasmi, tanto che poi lo era diventato lui stesso, un fantasma. Una presenza in cerca di aiuto, errante e vagabonda poiché invisibile a chiunque. Ciò però non accadeva in strada, non in sella alla sua moto.

Non quando andava così veloce che poteva percepire chiaramente lame d'aria sfiorarlo attraverso il casco.
Allora li sentiva: sguardi e imprecazioni celate da suoni di clacson. Era come svegliarsi da un sonno durato troppo a lungo. Percepiva la vita fluire dentro e fuori di lui. E in quel modo constatava non soltanto di esistere per davvero, ma di poter smettere di farlo da un momento all'altro.

Ma nonostante questa consapevolezza, allo stesso tempo Yixing non pensava mai che qualcosa potesse andare storto. Non quando si sentiva così vivo. Paradossalmente, in quei momenti di avventatezza, l'idea di morire gli era semplicemente inconcepibile. E proprio perché ignorava questa possibilità, Yixing non sembrava neanche rendersi conto del fatto che, ciò che faceva sentire vivo lui, poteva invece rappresentare la fine per qualcun'altro.

Ma lo avrebbe capito. Perché – seppur inarrestabile – di certo il tempo sapeva come essere paziente. E quando una lezione necessitava di essere impartita, sapeva essere l'insegnante più severo.
 

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   Si incontrano sempre durante il weekend. Oggi è sabato sera, e non c'è nulla di diverso rispetto al solito. Il garage di Chanyeol è sempre lo stesso: disordinato ma confortevole.
Forse perché ci ha passato davvero tanto tempo, ma lì, seduto su un vecchio divano malconcio (di cui Chanyeol si era impossessato prima che i suoi genitori se ne sbarazzassero) e con una lattina di Pepsi stretta in mano, Yixing si sente proprio a casa.

«Sono l'ultimo?»
Sehun batte le nocche sul basculante lasciato aperto, come per annunciare la sua presenza. Con quel gesto Yixing intuisce che – probabilmente – quella che Sehun stringe tra le dita non deve essere la prima birra della serata, poiché l'impatto con l'alluminio risulta impacciato e un po' troppo violento.

Quando poi lo vede barcollare, Yixing ne è certo. E mentre lo osserva, pensa che dovrebbe seriamente smetterla coi suoi eccessi.
Perché Sehun beve decisamente troppo e fuma così tanta erba che la sera allo specchio fatica a riconoscersi.

Non è sempre stato così, ma nell'ultimo anno ha imboccato un tunnel buio e pericoloso dal quale fatica ad uscire. Dire che le cose con Hyejin erano andate male sarebbe riduttivo ed ora, perfino uno come Sehun si sente giù. Si sta spegnendo davanti ai loro occhi e la cosa è evidente a tutti, solo che lui di quei discorsi non vuole proprio sentirne parlare.
È tutto sotto controllo, sostiene.

Ma ciò che a tutti sembra evidente, è invece l'esatto opposto.

C'è una cosa che Junmyeon ripete sempre riguardo il mancato senso del limite di Sehun, ma ora Yixing non la ricorda con esattezza. In ogni caso, sa per certo che è la verità. Perché la tendenza ad innalzarsi un filino al di sopra del confine prestabilito è sempre stata una delle caratteristiche principali di Sehun. In sintesi, le situazioni tendevano a sfuggirgli di mano facilmente.

Chanyeol strimpella qualcosa alla chitarra e Sehun si getta a peso morto sul divano, nel piccolo spazio che Kyungsoo è riuscito a ricavargli stringendosi accanto a Minseok. Successivamente solleva le gambe e, Chanyeol – che è invece seduto a terra – capisce subito il perché di quel gesto. Senza lasciare la chitarra, si sporge in avanti, afferra il pouf grigio e glielo sposta sotto i piedi, sforzandosi di restare serio. «Comodo?»

«Sì, cazzo!» grida spaparanzandosi per bene. Poi si volta e passa un braccio sulle spalle di Kyungsoo, lasciandovi sopra qualche pacca leggera. «Come state, ragazzi?» Yixing sorride; stasera Sehun sembra essere di buon umore.

«Non c'è male.» replica Minseok senza nemmeno sollevare lo sguardo dal cellulare; sullo schermo dati e formule a Yixing incomprensibili scorrono senza sosta.
«Ancora bloccato con quell'esame?»
«Già» poi Minseok si sistema meglio gli occhiali sul naso e punta i piedi a terra per sollevarsi e infilare il cellulare nella tasca posteriore dei jeans. «Scusate ragazzi, era importante.»

«Più importante dei tuoi amici?»
«Certamente»
Minseok lo dice scherzando e infatti tutti ridono, ma Yixing crede che in quelle parole ci sia un fondo di verità. Da quando Minseok aveva iniziato l'università, sembrava non avere tempo per altro. Probabilmente però è l'unico a pensarlo, quindi non dice nulla e si sforza di sorridere perché, conoscendo Minseok, sa bene che di quel pensiero infondato ne avrebbe sicuramente sofferto.

«Tu come stai?» gli domanda a quel punto Yixing. Sehun schiocca le labbra e ci passa la lingua sopra un paio di volte. «Altro giorno, stessa merda.» Nel rispondere tira fuori una di quelle frasi fatte che tempo fa avrebbe certamente utilizzato in veste di battuta. Adesso invece, a quelle parole sembra crederci sul serio.

Yixing si morde il labbro, sfregandosi sulle cosce i palmi delle mani completamente umidi. Con le dita afferra il colletto della felpa e lo scuote avanti e indietro, perché improvvisamente gli sembra fare particolarmente caldo lì dentro.

Poi Kyungsoo richiede una canzone.

«Rhiannon»
Stasera sembra essere particolarmente malinconico e Sehun sembra capirlo poiché rafforza la presa sulla sua spalla con un fare paterno che Kyungsoo non conosce. Poi c'è quel piccolo tremolio; Yixing lo vede nelle sue iridi ed è quasi impercettibile. Quel tipo di tremolio che ti obbliga a stringere le labbra tra loro e prendere un bel respiro per mantenerti calmo. Yixing capisce bene tutto questo.

A Kyungsoo piacciono i Fleetwood Mac e spesso domanda a Chanyeol di suonargli qualche pezzo, ma Yixing non crede di riconoscere la melodia che ora riecheggia dentro la sua testa, eppure pensa subito che abbia un che di rassicurante. Magari dipende dalla flemmatica ripetitività di note e accordi, riconducibili alla leggerezza del titolo in sé. Probabilmente si tratta di un nome proprio e Yixing pensa abbia un bel suono.

«Che mortorio.»
Sehun rischia quasi di farsi andare di traverso la birra per lo spavento e Yixing è certo di averlo sentito imprecare sommessamente nel trambusto generatosi da quell'arrivo improvviso.
Doveva essere lì da un po', Jongin. Appoggiato allo stipite della porta, le braccia conserte e lo sguardo attento, appostato in silenzio come un pipistrello.

La sua entrata è, come al solito, abbastanza teatrale da far ridere tutti e alleggerire qualche animo appesantito. Col tempo e la fine della scuola erano diventati tutti meno spensierati, ma a Yixing fa piacere che Jongin sia rimasto lo stesso di sempre.
«Guardate un po' qui.» esordisce, ruotando il volto e mostrando un segno rossastro sul collo, che poi indica con il dito.

«Ti sei bruciato? Cerca di stare più attento, diamine.»
«Ti piacerebbe, stronzo.» e stavolta Chanyeol non sembra intenzionato a controbattere. Poi sposta il peso da una gamba all'altra e sputa la gomma nel cestino. Yixing tira un sospiro di sollievo, perché Jongin ha la brutta abitudine di masticare le gomme a bocca aperta e quel ruminare incessante lo manda fuori di testa. «Allora, non volete sapere come si chiama?»
«No, perché domani avrà un nome diverso. Figuriamoci tra una settimana.»

Jongin si mordicchia le labbra come per fermare una risatina che però non riesce a trattenere. Poi infila le mani in tasca e solleva le spalle.
«Peggio per voi. Era una bella storia.»
«Che puoi benissimo tenere per te.»
Entrando, Junmyeon sembra avere una gran fretta di liberarsi della busta che regge tra le mani e, a giudicare dalle macchie scure che sembrano allargarsi lentamente sotto le sue dita, non è difficile intuirne il perché.

C'è un fast food in fondo alla strada e – quelle volte in cui decidono di incontrarsi per l'ora di cena – passano sempre a prendere qualcosa d'asporto.
Mentre l'aria si impregna di fritto, Jongdae e Baekhyun seguono a ruota Junmyeon, con la stessa identica fretta di mettere a terra le buste e darsi una ripulita.

Poco dopo si siedono per terra. Junmyeon serve panini, bibite e patatine, e Yixing gli dà una mano.
«Finalmente! Stavo morendo di fame.» come sempre Chanyeol è il primo a rompere quel silenzio tipico che si crea tra le persone quando iniziano a mangiare.
«La prossima volta ci vai tu allora, così mangi prima.»
«Noto con piacere che bevi ancora latte acido a colazione, 'dae
Jongdae solleva gli occhi al cielo. «Sono appena arrivato e già non vedo l'ora di andarmene.» poi ruba una patatina a Chanyeol facendo il finto scocciato, la mangia e finalmente gli sorride.

Baekhyun fa lo stesso con uno dei nuggets di Yixing e mentre si sporge per intingerlo nel ketchup, si allunga verso di lui finché le loro braccia non combaciano perfettamente.
«Prima è passata tua zia in negozio. Mi ha chiesto di te.»
Yixing osserva il pollo fritto immergersi nella salsa, come ipnotizzato dai movimenti delle dita di Baekhyun. Ma la verità è che non vi sta davvero prestando attenzione.

All'improvviso Yixing non ha più voglia di essere lì. Nervoso, d'istinto afferra il pollice tra i denti e inizia a mordicchiare la zona attorno all'unghia. Lo fa quando c'è qualcosa che non va o quando è particolarmente pensieroso e concentrato. Ormai è un riflesso e quasi non ci fa caso, tanto c'è abituato.

«Ha detto che non passi a trovarla da un po'. Intende tua madre.»
«Ho molto da fare ultimamente.»
Qualcuno ride e a Yixing ribolle il sangue perché sa benissimo di chi si tratta.
«Ti fa ridere?»

Che Yixing e Jongdae non andassero spesso d'accordo, è sempre stato un dato di fatto. Jongdae non gli stava antipatico, ma quando iniziava a fargli la predica, Yixing non lo sopportava.

«Certo. È così divertente che sto per pisciarmi addosso dal ridere.»
«Sei proprio un idiota.»
«E tu sei il re delle stronzate, 'xing
Yixing solleva lo sguardo stringendo gli occhi e le labbra in una smorfia innaturale, volta a sembrare di tutto tranne che un sorriso sincero.
«Almeno sono il re.»

Jongin ride e Yixing non se ne stupisce affatto. Jongin non sa mai quando è il momento di essere seri o dire basta, ma di certo non è una cosa che fa con malignità. Semplicemente, la sua sensibilità si limita esclusivamente a soddisfare le proprie esigenze, motivo per cui spesso fatica a capire le emozioni altrui, peggiorando situazioni emotivamente pesanti con interventi fuori luogo.

In questo caso però, Jongin non fa altro che gonfiare l'ego di Yixing, che si inumidisce le labbra soddisfatto.
«Riesci ad essere serio per cinque minuti? O per te è tutto un gioco?»
«Senti, che problema hai? È da prima che stai facendo lo stronzo.»
«Basta!»

C'è dello sgomento quando Yixing si volta, e una fitta gli trapassa il petto quando vede Kyungsoo premersi le mani contro le orecchie, mentre fa uscire aria dal petto con un lungo sospiro tremolante. Persino Jongin non sembra più avere voglia di ridere e Yixing si chiede se sia più dispiaciuto per Kyungsoo o intimorito dai dardi infuocati impressi nello sguardo di Junmyeon.

Perché ce l'hai con me? Non sono io ad avere iniziato.
È ciò che vorrebbe dire. Ma tutto quello che Yixing riesce a fare è prendere un tovagliolo, pulirsi le mani, la bocca e alzarsi in piedi.

«Mi è passata la fame. Ci vediamo in cima al Namsan.»
Dato che nessuno sembra avere intenzione di fermarlo, Yixing si prende del tempo per infilarsi con calma la giacca in pelle e sistemarsi i lacci alle scarpe. Soltanto lo sguardo mortificato di Baekhyun lo fa tentennare un attimo sul posto. Allora Yixing gli scuote la spalla con dolcezza.
Non è colpa tua, Yixing vorrebbe dirgli questo, ma spera siano i suoi occhi a farlo per lui, perché adesso non riesce ad aprire bocca. Ha parlato abbastanza per stasera.

È Junmyeon che tenta di fermarlo, tutti gli altri non sembrano averne l'intenzione, tant'è che non provano neanche a chiamarlo. È una battaglia persa in partenza perché sanno benissimo che Junmyeon è l'unico a cui Yixing potrebbe dare veramente ascolto. Perché Junmyeon lo conosce meglio di chiunque altro.

«Yixing torna dentro, dai.»
La voce di Junmyeon riecheggia fino in fondo alla via e coglie di sorpresa un signore a passeggio col suo cane. È l'unico a fermarsi, poiché Yixing non sembra averne l'intenzione e di conseguenza nanche Junmyeon, che lo segue lungo la discesa di quel familiare quartiere di Anam-dong, come sempre disseminato di spazzatura.

Ormai hanno quasi raggiunto il fast food e la strada principale; adesso Yixing non sente più solamente il rumore dei suoi passi intervallati da quelli sempre più veloci di Junmyeon. Le voci dei passanti, le ruote delle auto che sfrecciano sull'asfalto... Il rumore della città, che prima sembrava un suono lontano e ovattato, ora gli percorre le cavità uditive e gli si insinua nella testa.
«Ti vuoi fermare un attimo?»
Junmyeon lo raggiunge prima che possa attraversare la strada e andare a prendere la sua moto. Gli afferra il braccio e gli dà un lieve strattone all'indietro.

Per un attimo Yixing pensa di accontentarlo: voltarsi e tornare al garage di Chanyeol. Questo perché sotto sotto – o forse no – gli piace farsi pregare, anche se non lo ammetterebbe mai ad alta voce. «Cristo Yixing non fare il bambino, su.»
Ma è solo per un attimo.

E proprio in un attimo, Yixing si libera dalla morsa arpionatasi al suo braccio destro e prova ad attraversare la strada prima che il semaforo pedonale diventi verde.
Anam-dong non è un quartiere di Seoul particolarmente trafficato, ma a quell'ora le persone staccano dal lavoro e hanno fretta di riunirsi per cena.

C'è ancora qualcuno che impegna la carreggiata infatti, quando a Yixing passa per la testa la malsana idea di attraversarla.
E il pensiero che Junmyeon possa seguirlo a ruota non gli sfiora neanche l'anticamera del cervello.

C'è qualcosa di sbagliato in lui. E la sua rabbia costante dipende proprio dal fatto di esserne perfettamente consapevole. Junmyeon ha sempre sostenuto che il primo nemico di Yixing è sempre stato se stesso. E aveva ragione.
Quando partiva, per lui era difficile fermarsi. Prima o poi quel tipo di impulsività incontrollata lo avrebbe ucciso.

Ma non quel giorno.

Perché da qualche parte c'è qualcuno che deve volergli molto bene, e Yixing non deve impegnarsi poi molto per capire che quel qualcuno è la stessa persona che l'ha appena scaraventato a terra dopo averlo tirato per la giacca.
Il brusco atterraggio non è niente in confronto alla vista di due paia di pneumatici che graffiano l'asfalto asciutto senza pietà. Quello gli fa accapponare la pelle, come se avesse appena visto l'ombra della morte nascondersi nuovamente nelle tenebre, mentre – sinuosa come un ghepardo – attende il momento propizio per poter sferrare un nuovo attacco.

Ma è quando i suoi palmi iniziano a bruciare che Yixing torna effettivamente alla realtà. Su di essi, piccole goccioline rosse iniziano a salire in superficie, formando bolle sempre più grandi. All'inizio non l'aveva sentito, il dolore provocato dallo strisciare delle sue mani sull'asfalto rugoso. Era accaduto tutto così in fretta che per un momento Yixing ha persino dimenticato come ci era finito – così dolorante – ai piedi del marciapiede.

Ma la figura di Junmyeon si staglia così minacciosa su di lui, che Yixing non potrebbe dimenticarlo neanche volendolo.
È caduto perché Junmyeon l'ha salvato.
Yixing lo osserva brevemente e pensa di non averlo mai visto così. Junmyeon ha il fiato corto e la sua sagoma subisce un tremolio di tanto in tanto. La sua espressione è furente, ma ha gli occhi lucidi e lo sguardo che gli rivolge sembra vuoto e perso.

Poi esplode. E quello che dice non stupisce Yixing neanche un po', che infatti viene colpito da una risata spontanea, del tutto fuoriluogo, dettata più dalla rassegnazione che altro. Continuava a ripetere gli stessi errori e far soffrire chi gli stava accanto. E se prima aveva tentato di ignorarlo, ora il ricordo di sua madre, durante quella giornata al cimitero, gli sembra particolarmente vivido.

Yixing si solleva in piedi e si pulisce le mani sui jeans neri. La verità è che non ha per niente voglia di ridere. All'improvviso sente il bisogno di vomitare, perché avverte un peso invisibile comprimergli il petto. Fa male. E gli fa venire la nausea.
Vuole soltanto salire sulla sua moto e stare solo per un po'. Mezz'ora gli basterebbe. È tutto quello che gli serve adesso.
Supera Junmyeon e attraversa la strada. Ora le auto sono ferme e lui ci sfila davanti, mentre la verde luce del semaforo pedonale si riflette nelle lacrime che gli solcano il viso.

Nella testa perpetua l'eco sordo delle parole di Junmyeon.

Sei impazzito?

Un singhiozzo gli strozza il respiro.
Si ritorna sempre al punto di partenza.

 

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