Send me an angel

di Abby_da_Edoras
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***
Capitolo 4: *** Quarta parte ***
Capitolo 5: *** Quinta parte ***
Capitolo 6: *** Sesta parte ***
Capitolo 7: *** Settima parte ***
Capitolo 8: *** Ottava parte ***
Capitolo 9: *** Nona parte ***
Capitolo 10: *** Decima parte ***
Capitolo 11: *** Undicesima parte ***
Capitolo 12: *** Dodicesima e ultima parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


SEND ME AN ANGEL

Prima parte

 

Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star...

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Era giunto il momento atteso e temuto. Erik Olsson sapeva di dover agire quella notte o non avrebbe avuto altre possibilità. Sarebbe dovuto essere lesto, invisibile, ardito, forte… e convincente, pure. Non era da tutti scalare la Torre di Londra con lo scopo di liberare un prigioniero illustre, ma lui era nato vichingo e riteneva che nulla fosse impossibile… oltre tutto, aveva ricevuto ordini precisi dal suo signore, Sir Richard Pole, e in modo particolare da sua moglie Margaret.

E, come se tutto ciò non bastasse, lui stesso provava un affetto intenso che non aveva fatto che crescere in quei mesi in cui aveva accompagnato Lady Margaret a far visita al fratello minore rinchiuso in quella Torre. Sapeva che era assurdo, impossibile, sbagliato anche, ma non riusciva a smettere di pensare al Principe Edward e, ad ogni modo, niente poteva essere tanto assurdo e sbagliato quanto ciò che avevano fatto a lui e ciò che gli avrebbero fatto il mattino seguente, all’alba, se lui non avesse compiuto al meglio la sua missione.

Erik si arrotolò la corda sotto il braccio e iniziò la sua ascesa alla Torre, come se stesse scalando una montagna ghiacciata, cosa che era solito fare durante la sua infanzia e adolescenza in Norvegia, con i suoi fratelli e gli amici. Nessun altro avrebbe potuto compiere una missione tanto difficile e per questo Sir Richard Pole si era rivolto proprio a lui, oltre che per il fatto che era il suo uomo più fedele.

Qualche giorno prima, mentre scortava Lady Margaret in visita al fratello Edward, Erik aveva iniziato a camminare con una certa nonchalance, come se stesse perlustrando il perimetro o qualcosa del genere visto che non aveva di meglio da fare… ma in realtà stava prendendo mentalmente nota delle finestre e dei loro eventuali punti deboli che gli avrebbero permesso di entrare nella prigione. Aveva visto una finestrella che, diversamente dalle altre, era priva di inferriate, si era avvicinato e l’aveva aperta come per curiosità: si era accorto che era difettosa, non chiudeva bene e, oltre tutto, dava sul fossato, a circa trenta piedi di altezza. Nessuno aveva pensato di riparare la finestra e rimettere le inferriate perché non era pensabile che un prigioniero, a meno che non fosse affetto da manie suicide, cercasse di fuggire da lì, si sarebbe spezzato l’osso del collo.

Chiunque altro, certo, ma non lui, Erik Olsson, che aveva visto in quella finestrella la strada maestra per penetrare nella prigione e liberare il Principe.

Così l’uomo iniziò a scalare la Torre dove nessuna delle guardie poteva scorgerlo (e, del resto, chi mai si sarebbe aspettato che un pazzo si arrampicasse sulla White Tower?) e, mentre saliva, continuava a pensare a ciò che era accaduto il giorno prima, l’episodio che aveva scatenato tutto e richiesto l’immediata liberazione di Edward ad ogni costo. Lady Margaret era stata arrestata e rinchiusa anche lei in una delle prigioni della Torre, accusata di complotto e tradimento, mentre la Regina Elizabeth… Erik fremeva di rabbia quando ci pensava, avrebbe voluto torcerle il collo con le sue stesse mani… la Regina aveva indotto con l’inganno il Principe a firmare un foglio, che poi era risultato essere una piena confessione di congiura ai danni di Re Henry VII insieme a Perkin Warbeck, che dichiarava di essere il fratello sopravvissuto di Elizabeth, Richard. Davanti a queste presunte prove schiaccianti, il Re aveva ordinato che Edward e il sedicente Richard fossero giustiziati la mattina seguente.

Ecco perché Erik era lì, adesso, a scalare la White Tower con la sola forza delle braccia… e ad ogni spanna che guadagnava il suo pensiero era solo per Edward, il ragazzo ingenuo e fiducioso che sarebbe stato decapitato poche ore dopo.

Nella prigione della Torre tutto taceva: Edward dormiva tranquillo, rannicchiato nel giaciglio che si era ricavato sotto una delle finestre; Richard (lo chiamerò così d’ora in poi per amore di semplicità, senza farmi troppi problemi sul fatto che fosse o no il vero erede al trono!) era sveglio e stava disteso sul letto a fissare il soffitto. Quando udì un rumore provenire dalla finestrella difettosa balzò in piedi e, nel tempo che gli occorse per accendere una candela, si trovò davanti Erik.

“Chi sei? Che cosa fai qui?” domandò, illuminando l’intruso con la luce debole della candela.

Erik non si scompose più di tanto.

“Abbassa la voce” gli intimò. “Non ci sono sentinelle di guardia alla porta, ma non sfidiamo troppo la fortuna. Sono qui per liberare il Principe Edward e anche te, se lo vorrai, su ordine di sir Richard Pole.”

Richard rimase sbigottito.

“Sir Richard ti ha mandato a liberarci? Perché? E perché proprio ora?” chiese ancora, fissando l’uomo con sospetto.

“Perché, se non vi libero stanotte, domattina all’alba sarete entrambi giustiziati” replicò Erik senza tanti complimenti. Il tono pareva calmo, ma la rabbia che provava trapelava dai suoi occhi.

“Ne sei certo? Domani mattina? Ma… cosa è accaduto? E tu che ne sai di tutto questo?”

“La Regina Elizabeth, ieri, ha estorto con l’inganno una firma al Principe e l’ha mostrata al Re in calce ad una confessione secondo la quale siete entrambi coinvolti nel complotto contro di lui. Re Henry non ha potuto far altro che firmare la condanna a morte per entrambi e lo ha riferito al mio signore, che è protettore di suo figlio Arthur. Saputo ciò, Sir Richard mi ha immediatamente affidato questa missione, alla quale stavamo comunque lavorando da tempo” rispose Erik con una voce gelida che lasciava trasparire tutto il suo odio e disprezzo.

Lo sguardo di entrambi corse verso il Principe ignaro e addormentato, che non aveva sentito niente neanche del colloquio fra i due e continuava a dormire pacifico e sereno, ignorando il terribile inganno di cui era stato vittima.

“E’ stata Elizabeth, dunque, non il Re… è sempre stata lei… è lei la vera malvagia in tutta questa faccenda e io mi ero fidato…” mormorò Richard, sconvolto.

“Stanotte rimedieremo a questo abominio” tagliò corto Erik. “Vuoi svegliare tu il Principe? Non possiamo attardarci troppo.”

Richard annuì e si avvicinò al ragazzo, scuotendolo con delicatezza per svegliarlo senza spaventarlo.

Erik fissava Edward con intensità, nel suo cuore desiderava soltanto prenderlo in braccio e portarlo via, il più lontano possibile da quel mondo corrotto e marcio, fatto di intrighi e crudeltà. Nel frattempo si domandava come fosse cominciato quel sentimento così insolito e anomalo: era arrivato a trentotto anni senza mai avere il desiderio di un amore o di una famiglia, legato solo al nobile signore che gli aveva salvato la vita e poi… poi aveva iniziato a nutrire pensieri sconvenienti sul giovane Principe prigioniero, ventiquattro anni di età ma… beh, in parecchi momenti sembrava veramente che gran parte del suo sviluppo mentale si fosse fermato nel momento traumatico in cui era stato arrestato e rinchiuso in quella prigione, ormai quattordici anni prima. Eppure era stata forse quella sua ingenuità, quel suo candore, la capacità di trovare la felicità nelle piccole cose ad attrarlo. Un ragazzo che aveva trascorso buona parte dell’infanzia e dell’adolescenza rinchiuso nella Torre continuava a mostrare fiducia e affetto a chiunque gli si avvicinasse e non aveva mai perduto la speranza di tornare a casa, un giorno. Non si era incattivito, depresso, non cercava vendette.

Erik riteneva di essersi innamorato di lui già la prima volta in cui lo aveva visto, scortando Lady Margaret a fargli visita. Il sorriso e l’abbraccio con cui aveva accolto la sorella e poi la solita richiesta Oggi posso tornare a casa? si erano fissati per sempre nella sua mente e nel suo cuore.

“Che succede… Richard, che fai, è ancora buio” mormorò Edward, con il chiaro intento di voltarsi dall’altra parte e rimettersi a dormire.

“No, senti… devi svegliarti, c’è qui un uomo, è venuto per liberarci” insisté il giovane. “Coraggio, alzati, dobbiamo far presto.”

L’idea che qualcuno fosse venuto per liberarlo bastò a scuotere la coscienza del ragazzo. Ormai ben sveglio si guardò intorno e si alzò dal giaciglio.

“Adesso? Ma… è notte fonda!” commentò, sorpreso.

Non c’era tempo di indorare la pillola e Richard ci stava mettendo troppo. Erik si fece avanti, ora ben illuminato dalla candela e dalla luce della luna.

“Mi dispiace per il brusco risveglio, Edward” gli disse, sapendo bene che con lui non occorreva usare i titoli nobiliari… di cui, peraltro, era stato privato ormai da tempo. “Devo farti scappare da questa prigione e devo farlo stanotte, non avremo un’altra possibilità. Il tuo amico può venire con noi. E’ stato Sir Richard a organizzare tutto.”

“Il marito di Maggie?” una certa qual consapevolezza iniziava a farsi faticosamente strada nella mente confusa del povero ragazzo. “Allora posso tornare a casa? Ma perché di notte? E dov’è Maggie?”

“E’ una lunga storia, ma la rivedrai presto” rispose Erik. “Adesso, però, devi venire con me. Tutti e due dovete seguirmi. Ho portato una corda.”

“Ma perché non possiamo passare dalla porta come fanno tutti?” domandò Edward. Da una parte la prospettiva di tornare finalmente a casa lo attirava, ma dall’altra tutte quelle stranezze lo sconcertavano.

“Temo che dovremo passare dalla finestra, Edward” tentò di spiegare Richard.

“Ah, no, questo proprio no” protestò il Principe. “Hai idea di quanto siamo in alto? E poi perché…?”

A dar retta a lui, la notte sarebbe trascorsa a rispondere a tutte le sue domande. Erik si intromise e decise di dare una bella scossa al ragazzo per vedere di ottenere una reazione un tantino più collaborativa. Soffriva all’idea di sconvolgerlo, ma era necessario per salvargli la vita.

“Sono Erik Olsson, Capitano delle guardie personali di Sir Richard e Lady Margaret Pole” si presentò. “Sono venuto qui diverse volte scortando la mia signora e da tempo stavamo organizzando un piano per portarti via da qui, ma le cose sono precipitate e dobbiamo farlo stanotte.”

“Io non mi ricordo di te” fece il ragazzo, fissandolo.

“Lo immagino, ma in questo momento non ha importanza” lo interruppe Erik. “Ricordi quando ieri tua cugina Elizabeth è venuta a farti visita e ti ha fatto firmare su un foglio?”

“Ah, sì, Lisa voleva vedere se sapevo scrivere il mio nome. Mi è sembrata una richiesta assurda, è ovvio che sappia scrivere il mio nome, no? Però l’ho accontentata visto che aveva fatto tanta strada solo per quello e poi…”

“E poi quella era una trappola” tagliò corto Erik. In quel momento la voglia di tagliare lentamente la gola alla Regina era diventata insostenibile… come aveva potuto approfittare così vergognosamente dell’ingenuità di quel povero ragazzo? “Ti hanno fatto firmare un foglio in cui dichiaravi di aver complottato con Richard contro Re Henry. Ti hanno ingannato e, se non ce ne andiamo subito da qui, domattina all’alba giustizieranno tutti e due!”

Edward sbarrò gli occhi.

“Ma… che complotto? Io non ho mai fatto niente di male! Perché vogliono uccidermi? Io non ho mai… e Lisa…”

Erik si avvicinò, lo prese per le spalle cercando di essere più delicato possibile e di parlargli in tono rassicurante.

“Lo so che non hai fatto niente di male, ma alla Regina non importa, per lei rappresenti un pericolo e ti ha fatto passare da traditore per avere la scusa per ucciderti. Quello che conta, però, è che io non lo permetterò. Ti porterò via da qui, ora, subito, e ti nasconderò in un luogo sicuro. Sir Richard e tua sorella Margaret hanno piena fiducia in me e adesso devi averla anche tu” gli disse. “Io ti giuro che darò anche la vita pur di salvare la tua.”

Il giovane Principe sembrò calmarsi, anche se continuava a essere confuso. Quell’uomo dunque era stato inviato da Maggie per salvarlo?

“Ma come… io non posso scappare da quella finestra… Non ce la farò mai!” mormorò.

“Tu non dovrai fare niente” lo rassicurò Erik. “Ti porterò io sulle spalle e mi calerò con la corda. Dovrai solo tenerti forte e, magari, chiudere gli occhi.”

“Io mi calerò con la corda subito dopo voi due” aggiunse Richard, che aveva il pieno controllo della situazione.

“Ma… Maggie non c’è? Come faccio a sapere che è proprio lei che ti manda?” domandò Edward, un ultimo dubbio prima della scalata, un dubbio non da poco visto che aveva appena saputo che la cugina lo aveva fatto condannare a morte con l’inganno.

“Tua sorella ti chiama Teddy, non è così?” fece Erik per tutta risposta.

Il ragazzo annuì vivacemente e, finalmente rassicurato, sorrise.

“Va bene, andiamo, ce la posso fare” disse.

Fine prima parte

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Seconda parte

 

Wise man said just walk this way
To the dawn of the light
Wind will blow into your face
As the years pass you by
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Come si poteva prevedere, non fu così semplice e agevole trasportare fuori dalla finestrella il Principe Edward. Erik doveva calarsi lungo la Torre reggendosi alla corda che aveva portato con sé e non sarebbe riuscito anche a sostenere il ragazzo che, invece, avrebbe dovuto aggrapparsi da solo alle spalle dell’uomo. Edward, però, non appena si sentì penzolare nel vuoto con un salto di trenta piedi sotto di sé, cominciò naturalmente ad agitarsi non poco.

“Edward, devi cercare di star fermo e di tenerti stretto, altrimenti non riuscirò a scendere” disse Erik. “Dobbiamo far presto o quando le guardie verranno a prendere voi due per portarvi al patibolo ci troveranno tutti e tre qui appesi!”

“Ho paura… io non ce la faccio… ho paura, riportami indietro…” ripeteva Edward, spaventato e tremante.

“Ma certo che ce la puoi fare, coraggio, devi solo aggrapparti a Erik e farà tutto lui” lo incoraggiò Richard. “Pensa a me che devo calarmi con le mie sole forze!”

“Ascoltami, Edward” riprese Erik, continuando lentamente a scendere come poteva e dimostrando una pazienza infinita, “capisco che tu abbia paura, è normale avere paura in situazioni pericolose. E’ capitato anche a me, sai? Io sono nato e cresciuto in un piccolo villaggio della Norvegia e, quando avevo circa tredici anni, fummo attaccati da un gruppo di guerrieri Danesi. Razziarono quello che poterono, distruggendo e incendiando tutto il resto e uccidendo quasi tutti gli abitanti del villaggio, compresi i miei genitori, i miei fratelli e tanti amici e vicini.”

Il Principe, coinvolto e commosso dalla tragica storia, si strinse di più all’uomo e parve dimenticare le sue paure. Del resto, chi meglio di lui poteva comprendere la perdita delle persone care e una vita in fuga? Richard invece sorrise compiaciuto all’arguzia di Erik che aveva dimostrato di capire molto bene la psicologia di Edward: gli stava raccontando un episodio drammatico e spaventoso della sua vita per distoglierlo dalla paura. Quell’uomo era molto più sensibile di quanto non sembrasse a prima vista e, chiaramente, teneva molto al Principe.

“Mi dispiace tanto, Erik” mormorò il ragazzo. “E tu come hai fatto a salvarti?”

Un lieve sorriso increspò le labbra dell’uomo, soddisfatto di aver coinvolto Edward nella sua storia e di aver trovato il modo di fargli pensare a qualcos’altro che non fosse il fossato a trenta piedi sotto di loro e la semplice corda che li tratteneva…

“Io e un piccolo gruppo di ragazzini riuscimmo a scappare in mezzo alla confusione e alle urla e ci nascondemmo nella foresta, ci arrampicammo addirittura in cima agli alberi più alti sperando che i Danesi non venissero a cercarci. Rimanemmo nascosti per tre giorni, terrorizzati, mangiando solo quello che potevamo trovare sugli alberi e senza avere il coraggio di scendere” continuò Erik. “Finalmente gli invasori ripartirono e noi potemmo uscire dalla foresta, ma non avevamo più niente, il villaggio era completamente distrutto e bruciato, le nostre famiglie erano morte, eravamo soli. Con noi c’erano anche due bambine di quattro o cinque anni, più o meno. Io e altri tre ragazzi decidemmo di andarcene dalla Norvegia e riuscimmo a imbarcarci su una nave diretta in Inghilterra, proponendoci al capitano come mozzi. Facemmo i lavori più umili, ma questo ci permise di portare con noi anche le due bambine. I due ragazzi più grandi, invece, scelsero di restare in Norvegia e cercare ospitalità in altri villaggi, desiderando soltanto diventare grandi guerrieri e potersi vendicare dei Danesi alla prima occasione. Sulla nave c’era una famiglia inglese molto gentile che si offrì di adottare le due piccole, mentre io e i miei amici ci sottoponevamo ai lavori più umili e massacranti… comunque, in qualche modo arrivammo in Inghilterra e lì ci separammo, cercando lavoro nelle città e nei villaggi che ci sembrarono più ospitali. Un giorno ebbi la fortuna di incontrare Sir Richard Pole, che allora era un giovane proprietario terriero del Galles. Ebbe compassione di me, mi prese sotto la sua protezione, mi fece addestrare e diventai prima un suo scudiero, poi guardia del corpo, infine Capitano delle guardie. Sono al servizio di Sir Richard e adesso anche della sua famiglia da più di vent’anni e ogni giorno ringrazio Dio di averlo messo sulla mia strada e rinnovo la mia promessa di essergli fedele fino alla morte.”

Edward era così affascinato, colpito e rattristato dalla vicenda di Erik che non aveva più pensato a dove si trovasse e… rimase molto stupito quando si accorse che erano riusciti ad arrivare sani e salvi alla base della Torre senza rompersi l’osso del collo o qualcosa del genere!

I tre si allontanarono dalla Torre in direzione della boscaglia, dove Erik aveva legato due cavalli.

“Attraverseremo i boschi e i sentieri per raggiungere le campagne e dirigerci verso la tenuta di Sir Richard” disse Erik. “Non è prudente attraversare Londra.”

“Per voi, forse, ma io so dove andare” affermò Richard con un sorrisetto. “Ho ancora degli amici e dei sostenitori in città, il Re e la Regina non sono riusciti a catturarli tutti. Mi nasconderanno per qualche giorno e poi, quando le acque si saranno calmate, mi aiuteranno a rifugiarmi in Scozia.”

“Sei sicuro della tua decisione?” domandò Erik, perplesso. “Puoi venire con noi, se lo desideri, potrai riposare e riprenderti e poi partire per la Scozia in un secondo momento.”

“No, è meglio così per tutti. Sarà un bene se, nei prossimi giorni, correrà voce che siamo stati liberati dai miei sostenitori, magari da amici della Duchessa di Borgogna” replicò Richard. “Così nessuno sospetterà di Sir Richard e voi sarete al sicuro, io nel frattempo farò in modo di riorganizzare un esercito. Non importa quanto ci vorrà, prima o poi riuscirò a tornare a Londra da Re e cacciare l’usurpatore e Edward potrà vivere tranquillo in campagna con la sua famiglia.”

“Allora, se è così che hai deciso, le nostre strade si dividono qui. Ti auguro buona fortuna” disse Erik, stringendo la mano al giovane.

“Buona fortuna anche a voi e… Edward, ti auguro di riuscire ad avere tutto quello che desideri da tanto tempo… e non intendo soltanto un cane!” sorrise Richard, abbracciando affettuosamente il Principe a cui si era tanto affezionato in quei mesi di prigionia condivisa. “Meriti di essere finalmente felice con le persone che ti vogliono bene.”

Poi il giovane salì velocemente a cavallo e spronò l’animale, dirigendosi verso la città. Era ancora notte, ma l’alba si avvicinava, entro poche ore il sole sarebbe sorto e anche Erik e Edward dovevano allontanarsi il più possibile da quel luogo di morte. L’uomo salì a cavallo e aiutò il Principe a montare dietro di lui, dirigendo poi l’animale verso la boscaglia. Sarebbe stata una lunga cavalcata, lo sapeva, ma doveva mettere quante più miglia possibili tra Edward e coloro che lo volevano morto.

“Andiamo da Maggie, adesso?” chiese il ragazzo.

“Non subito” rispose Erik, che non voleva rivelare a Edward tutta la verità. Sapere che sua sorella era stata anche lei rinchiusa in quella prigione per aver tentato di liberarlo gli avrebbe spezzato il cuore e lui era sicuro che Sir Richard avrebbe trovato il modo di tirarla fuori in breve tempo. “Quando si scoprirà che tu e Richard siete fuggiti, Sir Richard e Lady Margaret saranno i primi ad essere sospettati, perciò dovranno tenere un profilo basso e conquistare la fiducia del Re. Non appena saranno liberi di tornare in Galles, tua sorella verrà subito a trovarti.”

“E allora noi dove andiamo? In Galles?”

Il fuoco di fila di domande di Edward era davvero pesante, ma ad Erik quella curiosità ingenua faceva solo tenerezza, era uno dei tanti motivi per cui aveva sviluppato nei suoi confronti un affetto molto speciale.

“Da quelle parti, sì. Sir Richard ha molti possedimenti là e, oltre alla sua tenuta, ha anche un piccolo cottage nei boschi che nessuno conosce. Noi andremo là dove nessuno penserà a cercarci” spiegò l’uomo. “Ti dispiace non andare subito a casa, Edward?”

“No… del resto quella non è casa mia, è la casa del marito di Maggie” ribatté il ragazzo, dopo averci pensato un po’. “Mi piace il cottage nei boschi, spero solo che Maggie verrà presto! E quindi, nel frattempo, io vivrò con te?”

Eccola, la domanda da un milione di sovrane d’oro! Come avrebbe reagito Edward alla prospettiva di vivere con un perfetto estraneo? E lui, Erik, come avrebbe reagito trovandosi attorno il Principe da mattina a sera?

“Eh… ecco, sì, per questo primo periodo almeno. La cosa ti mette a disagio?”

“No, perché dovrebbe?” replicò candidamente il Principe. “Tu mi hai salvato la vita, sei amico di Maggie e di suo marito, quindi sei anche amico mio.”

Appunto. Il ragionamento non faceva una piega.

Erik continuò a spronare il cavallo, gli dispiaceva far faticare tanto quella povera bestia, ma si rendeva anche conto del fatto che l’alba si stava avvicinando e che per raggiungere il cottage ci sarebbero volute ancora almeno tre ore, se non di più. Cosa sarebbe accaduto quando le guardie fossero andate a prendere Edward e Richard nella prigione per condurli al patibolo e non li avessero trovati? L’uomo ragionava in fretta: un soldato sarebbe corso ad informare il Re (e questo avrebbe fatto guadagnare loro tempo prezioso), ma a quel punto? Lady Margaret Pole era tuttora prigioniera nella Torre e forse il Re avrebbe sospettato di lei… e di Sir Richard, magari. Era tutto sbagliato, tutto troppo pericoloso, e la colpa era solo di quella malvagia Regina che aveva ingannato il povero Principe per avere una scusa valida per giustiziare subito lui e il giovane pretendente al trono. Edward era rimasto prigioniero della Torre per quattordici anni, cosa sarebbe cambiato se avesse atteso ancora un mese o due, o magari anni? E, nel frattempo, Sir Richard avrebbe potuto pianificare in modo più sicuro la sua evasione, possibilmente senza che in carcere finisse sua moglie…

“Erik… per favore, puoi fermare il cavallo?” mormorò Edward con voce flebile, interrompendo i pensieri angosciosi dell’uomo.

“Cosa succede? Sarebbe più prudente arrivare il prima possibile al cottage” rispose Erik.

“Lo so ma io… davvero, non ce la faccio più, sono talmente stanco e mi fa male dappertutto, da quanto tempo stiamo cavalcando?” si lamentò il ragazzo.

Edward non aveva tutti i torti, poverino. Stavano cavalcando senza tregua da più di un’ora e, se anche l’animale era stremato, il giovane Principe non era da meno. Dopo aver trascorso gli ultimi quattordici anni della sua vita in prigione (più di quelli che aveva trascorso fuori… a ben pensarci era una cosa terribile!), il suo corpo non era abituato a simili sollecitazioni e una cavalcata così lunga e impetuosa era diventata ben presto una tortura per lui.

Erik sospirò e fermò il cavallo, volgendosi poi verso il ragazzo.

“Purtroppo non possiamo permetterci di fermarci” disse. “Come vedi, già comincia a fare giorno e dobbiamo allontanarci il più possibile da Londra. Però c’è qualcosa che posso fare per aiutarti almeno un po’.”

Scese da cavallo e spostò Edward più avanti, rimettendosi poi in sella dietro di lui e stringendolo a sé.

“Procederemo più lentamente, anche per consentire al cavallo di non sforzarsi troppo” spiegò. “Sarò io a sorreggerti, così potrai riposare un po’ e anche addormentarti, se ci riesci. Va bene?”

Il ragazzo lo gratificò di un sorriso, stanco ma tenerissimo.

“Grazie, Erik, io… ci proverò” disse. “Sei così gentile e sono contento che sia tu a prenderti cura di me. Sei un uomo buono.”

Erik era molto turbato. Per darsi una specie di contegno spronò il cavallo, che iniziò a muoversi al trotto. Sì, in quel modo ci sarebbe voluto più tempo per raggiungere il cottage, ma l’uomo riteneva che potesse essere sufficiente e, in ogni caso, non aveva intenzione di sacrificare l’animale né, tanto meno, di far soffrire il Principe. Pochi minuti dopo, Edward era crollato in un sonno profondo con la testa appoggiata sul petto di Erik e saldo nella sua stretta sicura e protettiva, nonostante gli scossoni e l’indolenzimento: doveva essere proprio sfinito.

In preda a un’emozione fortissima, Erik sfiorò con un bacio i capelli scarmigliati del ragazzo, del suo protetto, del Principe che aveva salvato.

“Dormi bene, Teddy” sussurrò appena, mentre la cavalcatura si dirigeva sempre più lontano da Londra e da coloro che volevano morto quel giovane innocente e il sole iniziava a spuntare tra le colline.

Fine seconda parte

 

 

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


Terza parte

 

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star

Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Sir Richard aveva ottenuto clemenza da parte di Re Henry e sua moglie Maggie era stata liberata dopo che si era venuto a sapere della fuga di Richard e Edward, visto che lei, essendo incarcerata esattamente come loro, non avrebbe potuto in alcun modo organizzare la loro evasione. Questo, però, aveva fatto infuriare moltissimo Elizabeth che, al contrario, era sicura che fossero proprio i Pole i responsabili del salvataggio dei due giovani, guarda caso proprio alla vigilia della loro esecuzione.

Per questo motivo in quel momento i coniugi Pole si trovavano al cospetto del Re e della Regina per spiegare la loro situazione e lo stato d’animo di ognuna delle persone presenti nella stanza era ben diverso: Elizabeth, come ho già detto, era infuriata, Henry pieno di dubbi, Maggie sconvolta e in lacrime, l’unico che appariva sicuro di sé era Sir Richard.

“Sir Richard, dobbiamo chiarire la vostra situazione una volta per tutte prima di potervi rimandare a casa vostra in Galles” esordì il Re. “Io sono quasi completamente convinto della vostra totale estraneità alla fuga dei prigionieri, ma la Regina continua a credere che Lady Margaret potrebbe esservi implicata.”

“Certo che è implicata!” sibilò Elizabeth. “Lei è sempre stata dalla parte di quell’impostore di Warbeck e sono anni che ci dà il tormento per ottenere la liberazione di suo fratello. Ora, guarda caso, sono riusciti a fuggire proprio la notte prima della loro esecuzione. Come puoi non vedere ciò che è ovvio, Henry?”

“Io ho fiducia in Sir Richard, lo conosco da molti anni e proprio per questo voglio che parliamo apertamente adesso” replicò il sovrano, con aria lievemente seccata. “Questa volta almeno vorrei essere certo oltre ogni ragionevole dubbio della colpevolezza di qualcuno prima di accusarlo.”

C’era un evidente disaccordo tra i due e Sir Richard capì che poteva sfruttarlo benissimo in favore suo e di Maggie. Non gli piaceva l’idea di mentire al Re, lo conosceva davvero da tanto tempo e lo aveva spesso consigliato, Henry gli aveva dimostrato tanta fiducia da nominarlo protettore del suo primogenito Arthur… insomma, era vero che la fuga di Edward e Warbeck era stata organizzata e pianificata da lui insieme a Erik, ma sarebbe stato molto meglio riuscire a dimostrare che, in realtà, lui non aveva fatto altro che liberare un innocente da una condanna ingiusta e atroce. In quanto al sedicente Richard… beh, il fatto che fosse scappato anche lui era stato un danno collaterale, ma se avesse tentato nuovamente di muovere guerra al sovrano sarebbero stati fatti suoi, Re Henry lo aveva sconfitto una volta e avrebbe potuto farlo ancora.

“Sono veramente curiosa di sapere come avete fatto a trovare qualcuno che riuscisse ad arrampicarsi sulla Torre e a far calare giù i prigionieri. Hai conosciuto un acrobata da circo, Maggie?” domandò velenosa la Regina.

“Come puoi essere così perfida, Elizabeth? Non ti riconosco più!” replicò la giovane donna scoppiando in pianto. “Tu eri disposta a uccidere mio fratello che non ti ha mai fatto niente di male, hai incarcerato me e adesso mi accusi? Come potrei aver organizzato la fuga di Edward? Non sapevo neanche che volessi farlo giustiziare e… e… ora non so nemmeno dove sia finito!”

Già, Sir Richard aveva pensato bene di non informare Maggie prima del colloquio, perché lui sarebbe stato capace di mostrare una calma olimpica dinanzi ai sovrani, ma Maggie non era assolutamente in grado di recitare una parte. Era un vantaggio che non sapesse che fine aveva fatto Edward e che fosse, dunque, sinceramente disperata e spaventata per la sua sorte.

“Dici che Edward non ha fatto niente? Bene, allora guarda questa” ribatté gelida Elizabeth, porgendo a Maggie la pergamena in cui il ragazzo confessava di essere un traditore… sì, la famosa pergamena che il Principe ignorava assolutamente di aver firmato! “Devo ammettere che neanche Henry, all’inizio, era disposto a ordinare la condanna a morte per lui, riteneva che fosse innocuo ma, evidentemente, la permanenza in cella assieme all’impostore lo ha traviato. Chissà, magari gli ha fatto credere di essere davvero suo cugino… ad ogni modo, Edward ha dichiarato di aver cospirato con Warbeck contro il legittimo sovrano.”

Henry aveva un’espressione colpevole che contrastava con quella di freddo compiacimento assunta da Elizabeth. Era chiaro che a lui non era piaciuto per niente dover condannare a morte un ragazzo che già ne aveva passate tante e che si era sempre dimostrato semplice e mite… ma di fronte a quella prova schiacciante aveva dovuto cedere.

Sir Richard, che era il più lucido della compagnia, si accorse subito del dettaglio che avrebbe cambiato le carte in tavola e non esitò a puntarvi il dito contro.

“Scusate, Maestà, ma… secondo voi questo documento è autentico? Lo ritenete davvero una prova inappellabile? Per voi è davvero un documento ufficiale?” domandò, rivolto a Henry ma sbirciando di sottecchi Elizabeth.

“Cosa volete dire?” iniziò il Re, ma la Regina lo interruppe.

“Come osate, Sir Richard? Insinuate forse che la firma sia stata falsificata? Così mi oltraggiate, io stessa ero presente mentre Edward firmava spontaneamente la confessione e con me c’erano anche il Lord Cancelliere e l’Arcivescovo. Mettete in dubbio la parola di tutti e tre?”

“Assolutamente no” replicò Sir Richard, reciso. “Mi stavo soltanto chiedendo che cosa abbiate raccontato a Edward per indurlo a firmare qualcosa che, con ogni evidenza, non aveva neanche visto e della quale ignorava completamente il contenuto.”

Elizabeth impallidì.

“Che cosa…?” riuscì appena a dire.

“Spiegatevi meglio, Sir Richard, non parlate per enigmi. State accusando la Regina di aver commesso qualcosa di illecito?” intervenne Henry.

“Perdonatemi, Maestà, ma vi sembra questo il modo di firmare un documento ufficiale?” riprese l’uomo, porgendo la pergamena al sovrano. “Diciamo pure che le cose sono andate così, che Edward si è lasciato convincere dal giovane Warbeck, che lo riteneva veramente suo cugino e che voleva aiutarlo. Accettiamo anche il fatto che, interrogato in proposito da Sua Maestà la Regina, il Lord Cancelliere e l’Arcivescovo, abbia ammesso di aver appoggiato le pretese di Warbeck e abbia accettato di firmare una confessione in proposito…”

“Non è una congettura, Sir Richard, anche se voi la fate apparire come tale” reagì Elizabeth. “Le cose sono andate esattamente così!”

“Molto bene. Allora come mai Edward si è firmato semplicemente Teddy invece di scrivere il suo nome per esteso come è di regola nei documenti ufficiali? Maestà, non avevate fatto caso a questo particolare? Perché la confessione fosse valida, il ragazzo avrebbe dovuto firmarsi Edward Plantagenet conte di Warwick. Quindi ripeto la domanda: cosa avete raccontato a Edward per convincerlo a firmare qualcosa di cui nulla sapeva? Gli avete forse detto che era una lettera per Maggie?”

Gli occhi di tutti si fissarono su Elizabeth.

“Cosa hai fatto?” mormorò Maggie, sconvolta dall’orrore.

“Io non ho fatto niente” ribatté gelida la Regina. “Evidentemente quello è il modo in cui si firma Edward, cosa volete che ne sappia io?”

Sir Richard scrollò il capo.

“Maestà, sappiamo tutti che Edward è un ragazzo semplice e ingenuo, ma spero non vorrete farmi credere che non sappia scrivere il suo nome per esteso, o che ignori una cosa così ovvia come il fatto che una dichiarazione firmata Teddy non ha il minimo valore… vero?”

“Sir Richard ha ragione, Elizabeth. Il documento così com’è non può essere considerato una vera ammissione di colpevolezza” disse Henry. “Edward sa benissimo qual è il suo nome e quali sono i suoi titoli… lo sapeva fin da bambino, visto che non perdeva occasione per sbandierarli. Se avesse saputo che si trattava di un documento ufficiale, avrebbe firmato nel modo giusto. Gli hai detto che si trattava di qualcos’altro? Edward ha mai, effettivamente, saputo cosa c’era scritto qui sopra?”

Maggie trafisse la cugina con uno sguardo in cui si mescolavano orrore, delusione e rabbia. Elizabeth capì di essere stata sconfitta, ma non volle ammetterlo. Senza una parola, girò sui tacchi e uscì dalla stanza sbattendo la porta in modo ben poco regale.

Re Henry, a quel punto, pareva veramente a disagio. Si rendeva conto di aver fatto la figura del perfetto imbecille, in parole povere, perché non sapeva nemmeno quello che la moglie faceva alle sue spalle (e meno male che doveva essere lui il Re!), e anche di un imbecille sleale e scorretto, visto che ora appariva chiaro che lui non riteneva veramente Edward un pericolo per la sua corona e tuttavia aveva accettato per buona la confessione che lo avrebbe condotto al patibolo.

Non era stata una delle sue giornate migliori, tuttavia poteva sempre salvarla.

“Sir Richard, Lady Margaret, ora so che siete perfettamente innocenti, vittime di una situazione che è sfuggita di mano a tutti noi” disse. “Voglio rimediare alla mia negligenza e perciò vi concederò subito il permesso di ritirarvi nella vostra tenuta in Galles, insieme a vostro figlio, per dimenticare questa storia terribile e non rimanere più coinvolti negli intrighi di corte.”

“Dimenticare questa storia?” protestò Maggie, incredula. “Ma non posso dimenticarla! Mio fratello Edward è stato portato via da chissà chi e chissà dove e io dovrei tornare a casa come se niente fosse?”

“Perdonate, non ho ancora detto la cosa più importante: visto che tutte le accuse contro di voi e la vostra famiglia sono cadute, di conseguenza anche ogni sospetto nei confronti di vostro fratello Edward è svanito” proseguì il Re. “A questo punto appare chiaro che a far evadere i prigionieri sono stati dei sostenitori di Perkin Warbeck e che hanno condotto anche Edward con loro. Credevamo di averli arrestati tutti, ma evidentemente non era così. Tuttavia farò il possibile per ritrovarli e, questa volta, rinchiuderemo in carcere Warbeck e tutti i suoi seguaci fino alla fine dei loro giorni. Edward, invece, otterrà la mia clemenza e sarà libero, lo farò condurre nella vostra tenuta in Galles non appena lo avrò trovato.”

Maggie era poco convinta e stava per protestare di nuovo, odiava l’idea che suo fratello in quel momento si trovasse in mezzo a cospiratori, congiurati e chissà che altri tipi di gente poco raccomandabile… ma Sir Richard intervenne prima che lei potesse aprir bocca.

“Vi siamo infinitamente grati, Maestà” disse. “Quando potremo partire?”

“Anche subito, se è ciò che desiderate” rispose Henry. “Voglio solo dimenticare il prima possibile questo terribile malinteso e ridare a tutti voi la vita che meritate.”

Richard e Maggie si inchinarono e, ottenuto il permesso del Re, si congedarono da lui. Sir Richard era molto soddisfatto: non solo il suo piano di salvare la vita di Edward era riuscito perfettamente, ma non ci sarebbe neanche stato bisogno di tenere nascosto il ragazzo troppo a lungo, visto che il Re in persona ne aveva dichiarato l’innocenza.

Restava solo da spiegare a Maggie che non aveva di che preoccuparsi: in Galles avrebbe ritrovato Edward sano e salvo!

Nel cottage di Sir Richard, mentre a corte accadevano tanti fatti importanti, Edward aveva trascorso una notte molto tranquilla. Anzi, dopo essersi addormentato sul cavallo tra le braccia di Erik, aveva continuato a dormire pacificamente per tutto il tempo. Quando erano giunti al cottage Erik aveva dovuto prenderlo in braccio per metterlo a letto e Edward non aveva mosso un muscolo, aveva dormito fino a mattina inoltrata e poi si era fatto un lungo bagno ristoratore nella tinozza di acqua calda che i domestici gli avevano procurato. Sì, perché Sir Richard aveva pensato proprio a tutto e aveva inviato al cottage una coppia di anziani e fedeli domestici, marito e moglie, lui un tuttofare e lei una cuoca, per occuparsi dei bisogni del giovane Principe e di Erik. Il ragazzo si era così lavato e cambiato con gli abiti scelti tra quelli che Maggie gli aveva fatto trovare nella sua stanza, si era concesso una bella e soddisfacente colazione e poi era uscito tutto contento nel cortile, guardandosi intorno come se vedesse il mondo per la prima volta (e in parte era proprio così!). Quando Erik lo vide così allegro e luminoso si sentì invadere da un calore intenso, da un affetto smisurato verso quel giovane così sfortunato e che ora sembrava semplicemente grato per una bella giornata di sole. Il Re e la Regina avrebbero voluto farlo giustiziare quella mattina stessa e invece adesso Edward era lì, sano e salvo e con una nuova vita davanti a sé, finalmente libero. Erik era molto felice di averlo salvato e di averlo lì con sé, avrebbe tanto voluto… ma non ebbe nemmeno il tempo di formulare il pensiero, perché il ragazzo si accorse di lui e gli volò tra le braccia.

“Erik, grazie!” disse, pieno di gioia. “E’ tutto perfetto qui! Tu mi hai liberato, mi hai salvato e riportato a casa e ora… ora la mia vita appartiene a te, ti voglio tanto bene!”

Mille e mille volte Erik aveva sognato di poter stringere Edward tra le braccia in quel modo, di poterlo prendere e portare via con sé quando lo vedeva in quella prigione, quando pensava a lui prima di addormentarsi… e adesso il giovane era davvero lì, era stretto a lui e si mostrava proprio così affettuoso e dolce come lo aveva sempre visto comportarsi con la sorella. L’uomo non sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare. Edward gli aveva detto che gli voleva bene, ma cosa poteva intendere? Probabilmente gratitudine e quella fiducia ingenua che regalava a chiunque fosse gentile con lui. Non poteva certo pensare che quel dolcissimo ragazzo lo amasse, no? Non lo conosceva neanche! Era Erik che si era innamorato di lui fin dalla prima volta in cui lo aveva visto e che lo aveva pensato per mesi finché non aveva avuto davvero l’occasione di liberarlo.

“Non potrò mai ricompensarti abbastanza per tutto quello che hai fatto per me” continuò Edward, sempre stretto a Erik.

Beh, in realtà lo stava già facendo, visto che l’uomo si sentiva l’essere più fortunato di tutta l’Inghilterra già solo potendolo tenere tra le braccia in quel modo e con la prospettiva di averlo sempre accanto, di occuparsi di lui, di proteggerlo…

“Non mi devi niente, Edward” rispose Erik, stringendolo e accarezzandogli i capelli. “La mia ricompensa è già averti salvato e vederti felice. Io ti proteggerò sempre, ti starò vicino ogni volta che avrai bisogno di me, ti difenderò da qualsiasi male e per me questo è e sarà sempre un privilegio.”

Edward lo guardò fisso, gli occhi scuri e attenti fissi in quelli chiari dell’uomo, un lieve sorriso sulle labbra.

“Tu puoi chiamarmi Teddy, adesso” gli disse.

E, probabilmente, era la cosa più vicina a una specie di dichiarazione d’amore che il giovane Conte di Warwick poteva fare in quel momento!

Fine terza parte

 

 

 

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Capitolo 4
*** Quarta parte ***


Quarta parte

 

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star

Wise man said just find your place
In the eye of the storm
Seek the roses along the way
Just beware of the thorns…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Sir Richard e Maggie tornarono nella loro dimora in Galles e dal loro figlioletto Henry il giorno successivo. Maggie avrebbe voluto recarsi subito al cottage per riabbracciare il fratello, ma il marito le raccomandò prudenza.

“Purtroppo dobbiamo ancora tenere gli occhi aperti e aspettarci il peggio” le spiegò. “Re Henry ha promesso di concedere a Edward una grazia speciale e io sono convinto che questa sia realmente la sua volontà, però, come hai potuto vedere da sola, non sempre gli ordini partono da lui, benché sia il sovrano. E’ stata tua cugina Elizabeth ad architettare il piano per condannare Edward, perciò è da lei che dobbiamo guardarci ancora per qualche tempo, almeno fino a quando non avremo concretamente in mano il documento firmato dal Re che attesta la liberazione di tuo fratello.”

Maggie annuì, ancora sconvolta e amareggiata per ciò che aveva scoperto. Era stata Elizabeth a ingannare Edward, gli aveva mentito per estorcergli una falsa confessione e condannarlo a morte. La giovane non aveva mai avuto molta fiducia nel nuovo Re, eppure ora veniva a sapere che il vero pericolo era proprio la persona che mai avrebbe sospettato: Elizabeth considerava Edward un ostacolo per il potere che lei voleva mantenere, per sé e per i suoi figli Arthur e Henry. Per lei non aveva importanza che il ragazzo fosse innocuo, ingenuo e non nutrisse la minima ambizione, la sua semplice esistenza era un rischio per i Tudor poiché i sostenitori degli York vedevano in lui il vero erede al trono. A malincuore dovette quindi ammettere che il marito aveva ragione: Elizabeth era la vera nemica, non Re Henry.

“Quanto pensi che dovremo attendere, dunque, prima che io possa rivedere Teddy?” domandò.

“Non posso saperlo con certezza, mi spiace. Io personalmente mi sentirò più tranquillo quando il Re ci darà il documento firmato in cui concede la liberazione a tuo fratello, ma non so quando ciò potrà accadere” rispose l’uomo. “Nel frattempo dobbiamo essere pronti a tutto. La Regina ha compiuto un atto orribile estorcendo in quel modo la firma a Edward e agendo alle spalle del Re, quindi non ci sarebbe da stupirsi se inviasse delle sue guardie a sorvegliarci o, peggio, se corrompesse qualcuno dei nostri domestici per spiarci. Devi comprendere che lei è capace di tutto, ormai, non è più la cugina che conoscevi.”

Tuttavia, vedendo le lacrime spuntare dagli occhi di Maggie, Sir Richard si addolcì e accarezzò con affetto il volto di sua moglie.

“Maggie, adesso non devi più temere per Edward, lui è libero e al sicuro” le disse. “Magari non potrai incontrarlo subito, ma almeno saprai che sta bene. Anche quando era prigioniero nella Torre di Londra potevano passare settimane o anche mesi prima che potessi andare a fargli visita e, allora, lo sapevi in carcere da solo, non ti dicevano come stava, se era malato, se aveva abbastanza da mangiare… Adesso sai che è libero e che si trova a poco più di mezz’ora da qui, inoltre Erik verrà tutti i giorni a portarci sue notizie. Anzi, dovrebbe arrivare proprio tra poche ore e tu potrai chiedergli tutto quello che vorrai sulle condizioni di Edward. Erik prenderà le dovute precauzioni per giungere qui e poi ci sistemeremo in una stanza sicura in cui nessuno potrà vederci o ascoltarci per poter parlare tranquillamente.”

Finalmente Maggie si sentì sollevata e il suo viso si illuminò di un grande sorriso.

“E’ meraviglioso, Richard, grazie, e… e credo che dovremmo ricompensare Erik per tutto ciò che sta facendo per Teddy, cosa ne pensi? Potresti donargli un pezzo di terra dove costruire una casa tutta sua o qualsiasi cosa desideri… merita veramente una grande ricompensa per quello che ha fatto e che fa tuttora!” esclamò.

Anche Sir Richard sorrise alla moglie.

“Erik mi serve fedelmente da tanti anni e non ha mai voluto nulla in cambio, anzi si sente ancora in debito con me per avergli dato la possibilità di vivere una vita onesta e di fare carriera come Capitano delle mie guardie, tuttavia penso che tu abbia ragione, questa volta merita davvero un premio” concordò.

Beh, in realtà Erik il suo premio lo aveva già ricevuto e se lo teneva ben stretto… chissà se sarebbe riuscito a farlo accettare a Maggie!

Intanto, al cottage, anche Edward domandava continuamente a Erik quando avrebbe potuto rivedere la sorella.

“Sir Richard e sua moglie sono rientrati nella loro dimora proprio questa mattina e nel pomeriggio andrò a far loro visita per portare tue notizie” gli rispose l’uomo.

Edward apparve subito molto emozionato e impaziente.

“Posso venire con te, Erik, per favore? E’ da tanto che non vedo Maggie e mi manca! Mi porti con te, per favore?” insisté.

Erik sorrise intenerito. In quei momenti doveva farsi forza per trattenere la voglia che aveva di stringere quel dolce e ingenuo ragazzo forte forte tra le braccia…

“Vorrei davvero poterti portare con me, ma vedi, Edward, la situazione non è cambiata da quando eri prigioniero” replicò, rendendosi conto che avrebbe dovuto spiegare molte cose al giovane Conte di Warwick. “Ricordi quello che ti ho raccontato la notte in cui ti ho liberato, la storia della firma che la Regina ti ha estorto?”

Quella notte era stata piena di confusione, paura e emozioni intense per Edward e i ricordi riaffioravano lentamente. Guardò Erik con occhi perduti ad inseguire stralci di frasi, flashback, momenti…

“Mi hai detto che… che Lisa non voleva davvero sapere se ero in grado di scrivere il mio nome, che in realtà ha usato la mia firma per una confessione che io non ho mai fatto” mormorò, ancora piuttosto confuso. “Io però non ho davvero firmato, ho scritto solo Teddy, credevo fosse quello che lei voleva.”

Erik prese affettuosamente il giovane per le spalle, sentendo il bisogno di un contatto con lui, di sentire che era lì, che lo aveva davvero salvato, portato via da quel mondo orribile e meschino.

“Ed è stata la tua fortuna, perché la confessione così non ha valore, ma alla Regina non importava, lei cercava soltanto una scusa per condannarti a morte” disse.

Edward non si era mai fermato realmente a riflettere sulla questione e adesso, per la prima volta, la reale consapevolezza di ciò che aveva fatto la cugina lo riempì di orrore e dolore.

“Lisa voleva che morissi? Ma io non le ho mai fatto niente di male! Perché mi odia tanto? Credevo che mi volesse bene!” esclamò, nella sua voce tutta la disperazione del mondo.

“Non so cosa provi per te, non la conosco, ma… in ogni caso vuole molto più bene a suo marito e, soprattutto, ai suoi figli” cercò di spiegare Erik, con il cuore che gli si spezzava nel vedere Edward così sconvolto. Era stata una bassezza inconcepibile fare tanto male a un ragazzo come lui… “Non è una questione personale, non vuole che tu muoia per qualcosa che hai fatto, ma per ciò che rappresenti. I sostenitori degli York ritengono ancora che tu sia il vero, unico e legittimo erede al trono, a meno che il ragazzo che abbiamo liberato non sia veramente Richard come sostiene di essere. Vorrebbero che fossi tu, l’ultimo dei Plantagenet, a regnare sull’Inghilterra al posto di Re Henry.”

“Ma io non voglio essere il Re!” trasecolò Edward. “Non l’ho mai veramente voluto, non saprei nemmeno come fare… Io volevo solo tornare a casa, vivere libero, accanto a Maggie, non farei mai niente contro Re Henry. Richard aveva detto che avrei potuto avere tutti i cani che volevo e una bella casa in campagna e cavalli e parchi e boschi… non voglio essere Re, io!”

Ancora una volta Erik sentì prepotente il bisogno di stringere tra le braccia il povero ragazzo e di baciarlo, ma dovette trattenersi.

“Lo so, lo sappiamo tutti e sono convinto che lo sappia anche la Regina, ma quello che vuoi tu non le interessa, a lei non importa che tu sia gentile e privo di ambizioni, lei pensa ai sostenitori degli York che, finché ci sarà un erede diretto dei Plantagenet ancora in vita, vorranno metterlo sul trono e spodestare Re Henry. Ora ci sono anche i suoi figli e la Regina vuole a tutti i costi che la corona resti salda sulla testa dei Tudor” disse l’uomo, in tono accorato.

Finché ci sarà un erede diretto dei Plantagenet ancora in vita…” ripeté Edward, trasognato. “Quindi per lei io devo morire, anche se non faccio male a nessuno, anche se non voglio quel trono, anche se sono sempre stato buono?”

Era troppo per Erik, che questa volta non si trattenne e abbracciò con foga il giovane Conte di Warwick, circondandolo con il suo affetto e il suo amore, proteggendolo nel cerchio delle sue braccia.

“Certo che sei buono, Edward, e io non permetterò che nessuno ti faccia del male, ti difenderò ad ogni costo, ti terrò sempre al sicuro” mormorò l’uomo. “Ma è per questo che non posso portarti con me oggi, perché la Regina potrebbe aver mandato delle guardie a sorvegliare Sir Richard e tua sorella e noi non dobbiamo correre il rischio che scopra che sei qui. Io farò tutto quello che posso per proteggerti sempre, anche a costo della mia stessa vita, perché ti a… perché so quanto sei buono e indifeso e meriti di essere libero e di vivere felice.”

Per qualche minuto nessuno dei due disse niente, perduti nei loro pensieri e in quell’abbraccio che voleva dire tante cose per Erik, ma anche per Edward benché ancora non se ne fosse reso conto… sapeva soltanto che tra le braccia di quell’uomo forte e generoso si sentiva al sicuro, sereno, felice come non era mai stato prima e altre emozioni confuse che non si spiegava!

Erik fece molta fatica a sciogliersi dall’abbraccio, aveva desiderato per tanti mesi di stringere così il suo piccolo Conte e adesso ogni istante con lui gli sembrava un miracolo. Si staccò, ma rimase vicino al ragazzo e gli scompigliò affettuosamente i capelli.

“Per qualche tempo, quindi, dovrai avere pazienza e aspettare che sia Lady Margaret a poterti raggiungere qui. Lei verrà presto, non appena saremo sicuri che nessuno la sta sorvegliando” promise l’uomo. “E, nel frattempo, io andrò a parlare con lei e Sir Richard per far sapere loro che stai bene, che ti stai riprendendo e che sei al sicuro. Va bene così, Edward?”

Il giovane sorrise leggermente, scuotendo il capo con dolcezza.

“Non tanto, ma cercherò di farmelo andare bene. E poi… tu mi puoi chiamare Teddy, te l’ho già detto, no?” disse.

“E’ vero e mi fa molto piacere, è solo che, a volte, penso di essere troppo sfacciato” ribatté Erik, con un certo turbamento. “In fondo tu sei il Conte di Warwick, l’ultimo dei Plantagenet e io sono soltanto…”

“Tu sei l’uomo che mi ha salvato” lo interruppe Edward, fissandolo negli occhi. “Mi proteggi e ti occupi di me, mi fai sentire bene e al sicuro e io non voglio più essere il Conte o l’erede al trono, non mi interessano quelle cose, io voglio solo essere Teddy e stare qui con te.”

Stare qui con te? Erik restò allibito. Edward aveva davvero detto quello che gli sembrava di aver sentito? E che cosa intendeva? L’uomo si impose di non farsi strani castelli in aria, chiaramente il ragazzo gli era grato e voleva dire che stava bene con lui, che sarebbe vissuto tranquillo nel cottage finché non avesse potuto, finalmente, trasferirsi nella dimora dei Pole, accanto alla sorella.

“Bene, allora, se ti sei tranquillizzato io posso recarmi alla dimora di Sir Richard, come ti dicevo” disse, cercando di pensare ad altro. “Parlerò con tua sorella e la rassicurerò sul tuo conto, le porterò i tuoi saluti e…”

Il giovane lo afferrò per un braccio.

“Ma… vuoi lasciarmi qui da solo? Hai detto che sono ancora in pericolo, che Lisa… che la Regina vuole tuttora uccidermi e mi lasci qui da solo?” sussurrò, spaventato. “Non voglio restare da solo, non mi piace, voglio stare con te, tu mi hai salvato e io ora appartengo a te, mi devi proteggere…”

Edward si era avvicinato moltissimo, i suoi occhi tradivano paura e sgomento e Erik… beh, Erik non ce la fece più a resistere. Lo strinse di nuovo tra le braccia e, questa volta, cedette all’impulso di baciarlo. Giurò a se stesso che si sarebbe immediatamente staccato se Teddy si fosse mostrato sconvolto o disgustato… ma non accadde. Il giovane Conte, chiaramente, non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma un vortice di emozioni lo travolse, i pensieri gli vorticavano in testa, il cuore gli batteva all’impazzata, le ossa e il sangue gli si liquefacevano mentre sperimentava quel contatto così intimo e profondo con l’uomo che lo aveva salvato, il suo eroe, il suo protettore… e si sentiva così al sicuro, così al caldo, così irresistibilmente appagato e felice da non trovare neanche un motivo per cui non dovesse rimanere lì, stretto a lui, nella perfezione di quell’attimo infinito.

Con un immenso sforzo di volontà, dopo minuti o ore o secoli, Erik riuscì a concludere quel bacio che aveva sognato e desiderato per mesi e mesi e a staccarsi delicatamente da Edward, che rimase a guardarlo con le labbra socchiuse, le guance infuocate e i capelli scarmigliati.

“Non… non corri alcun rischio, altrimenti non ti lascerei mai qui da solo” disse, cercando di mantenere ferma la voce. “Ci sono delle guardie nei boschi a sorvegliare qualsiasi punto di entrata e io comunque tornerò il prima possibile. Non sei in pericolo, qui sei al sicuro e lo sarai sempre, Edward.”

“Teddy” ripeté il ragazzo, con un sorrisetto. Beh, se non era quello il momento di chiamarlo affettuosamente col suo diminutivo allora quando mai sarebbe stato?

“Teddy, sì” annuì Erik e fece per andarsene, ma il giovane lo abbracciò ancora una volta, per salutarlo forse o chissà, e lui si ritrovò a baciarlo ancora e ancora, a tenerlo stretto a sé, anche lui finalmente sereno di sentirlo al sicuro nel cerchio protettivo delle sue braccia.

“Devo davvero andare, adesso” riuscì a dire alla fine, accarezzando il viso del ragazzo. “Tu sarai al sicuro e io tornerò presto, andrà tutto bene… Teddy.”

Edward annuì.

“Sì, ora lo so che andrà tutto bene” disse in un sussurro.

Erik partì a cavallo verso la dimora di Sir Richard, controllando attentamente che nessuno lo seguisse o si nascondesse nei boschi. Sperava che il suo Signore gli portasse buone notizie, sapeva che aveva parlato con il Re e forse c’erano le premesse perché Teddy potesse davvero essere libero e al sicuro.

Per raggiungere la tenuta dei Pole ci sarebbe voluta più di mezz’ora, così Erik avrebbe avuto anche tutto il tempo di pensare a cosa raccontare a Lady Margaret quando gli avesse chiesto notizie del fratello... visto quello che era accaduto, aveva qualche dubbio sul fatto di riuscire a mantenere il controllo parlando di Teddy!

Eppure, dentro al suo cuore, l’uomo si sentiva felice come non era mai stato in tutta la sua vita. Sembrava proprio che il suo sogno impossibile si stesse realizzando, Edward era lì con lui, vivevano insieme e, a quanto pareva, provava per lui un sentimento speciale. Non sapeva come sarebbe finita e non osava neanche sperare in qualcosa di più, in quel momento tutto ciò che contava era che Teddy stesse bene, fosse felice… e gli rimanesse accanto.

Fine quarta parte

 

 

 

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Capitolo 5
*** Quinta parte ***


Quinta parte

 

Wise man said just walk this way
To the dawn of the light
Wind will blow into your face
As the years pass you by
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark…

(“Send me an angel” – Scorpion)

 

Erik era nel salottino privato di Sir Richard e aveva raccontato a lui e a Maggie come aveva liberato Edward e il suo compagno di cella, come il giovane Warbeck aveva deciso di riunirsi ai suoi amici di Londra mentre lui portava Edward al galoppo verso il Galles, il più lontano possibile da chi lo voleva morto. Aveva spiegato a Maggie che il fratello stava bene, che anzi era molto felice, amava quel cottage in mezzo ai boschi e si sentiva finalmente libero e al sicuro e aspettava solo di poterla riabbracciare… beh, sì, ovviamente non raccontò proprio tutto e decise di omettere la parte del bacio!

“Quindi tutto sta andando per il meglio” esclamò Maggie, con gli occhi che le brillavano per la gioia. “Non vedo l’ora di poter rivedere Teddy, ma sono già più tranquilla sapendo che sta bene e che è sereno. Erik… non so davvero come ringraziarti, hai rischiato moltissimo per mio fratello e adesso ti stai occupando di lui con tanta disponibilità… Anche Richard dice che meriti una ricompensa, stavolta.”

Erik rimase allibito, anche perché in realtà si sentiva vagamente in colpa per quel bacio di poco prima.

“Lady Margaret, ma io non voglio nessuna ricompensa” replicò, quasi sconvolto al solo pensiero. “Sono al servizio di Sir Richard da tanti anni e sto solo ripagando il debito che ho con lui, vostro marito mi ha salvato la vita e mi ha dato una casa e io adesso ho fatto lo stesso per Edwa…. Per vostro fratello. E poi, sapete, io vi ho accompagnato tante volte a fargli visita e ogni volta avrei desiderato portarlo via da quella prigione, salvarlo da quella vita ingiusta, per cui in realtà… sono stato ben felice quando Sir Richard mi ha affidato questo incarico!”

Se Maggie sospettò qualcosa nell’ascoltare parole tanto vibranti di emozione non lo diede a vedere. Sir Richard, invece, cominciò a guardare il suo Capitano con maggiore attenzione.

“Non ho bisogno di alcuna ricompensa” continuò Erik in tono veemente, “perché l’ho già ricevuta: aver liberato vostro fratello, averlo salvato e potermi occupare di lui in questo periodo è il più grande premio che potessi mai ottenere.”

Maggie scambiò un’occhiata perplessa con il marito che, però, la sapeva molto più lunga di lei e aveva già fatto due più due.

“Come desideri, Erik, non vogliamo insistere per non metterti in imbarazzo” intervenne dunque Sir Richard. “E’ molto bello che tu sia tanto legato a questa famiglia da prenderti a cuore la salvezza di Edward come se fosse… beh, del resto non è che un’altra dimostrazione che mi dai della tua generosità, fedeltà e lealtà. Sappi, tuttavia, che qualsiasi cosa vorrai chiedermi per ripagare tanta abnegazione io te la concederò, se sarà in mio potere farlo.”

“Grazie, Milord” replicò Erik con un sorriso. “So che vorreste avere il giovane Edw… cioè, il Conte di Warwick qui con voi al più presto, ma nel frattempo potete stare tranquilli: io farò tutto ciò che posso per farlo stare bene, sereno, in salute e, quando finalmente vi incontrerete, troverete un ragazzo più in forze e allegro di quanto abbiate mai sperato.”

Maggie era commossa.

“Oh, Erik, è meraviglioso quello che dici” esclamò, felice. “Ho notato che ti viene spontaneo chiamare mio fratello per nome… te l’ha detto lui, vero? Non preoccuparti, puoi farlo, se a lui fa piacere. E’ bello che si stia legando a te e che non soffra per la mia assenza, visto che dovrà protrarsi ancora per qualche tempo. Ed è ancora più bello vedere come tu ti sia affezionato a lui e come desideri prendertene cura…”

Beata ingenua anche lei, evidentemente l’innocenza era un dono di famiglia!

“Lady Margaret, io vi ho scortato per molti mesi alla Torre di Londra per fare visita a vostro fratello e, sebbene rimanessi sulla soglia per non disturbare, non potevo fare a meno di notare quanto fosse profondo il vostro legame e quanto Edward… vostro fratello… fosse gentile, dolce e innocente” disse Erik ancora una volta in un tono molto più appassionato di quanto, forse, avrebbe voluto. “Era sempre così felice di vedervi, contento di ogni cosa che gli portavate, sempre con la speranza che foste venuta per riportarlo a casa. Nonostante abbia trascorso l’infanzia e l’adolescenza in quella prigione non è diventato aspro, vendicativo, non ha perso la sua ingenuità e la sua dolcezza. Ogni volta avrei voluto inventarmi qualcosa per portarlo via e finalmente ho potuto farlo: non credete che questa sia per me l’unica ricompensa che avessi mai desiderato?”

Maggie non sapeva come rispondere a una dichiarazione tanto intensa, così fu Sir Richard a chiudere la conversazione.

“Molto bene, Erik” concluse. “Siamo molto più tranquilli ora che sappiamo che Edward sta bene e che è sereno in tua compagnia, visto che non possiamo ancora sapere quando potremo portarlo qui. Mia moglie ed io ti siamo infinitamente grati e ricorda che potrai chiederci qualunque cosa di cui avrai bisogno.”

Erik ringraziò e si congedò dal suo Signore e dalla sua Lady, impaziente di tornare da Edward. Gli mancava già tanto ed era preoccupato, sperava che non si fosse spaventato troppo nel rimanere da solo.

“Dunque sei più serena, adesso?” domandò Sir Richard alla moglie. “Volevo che parlassi di persona con Erik non solo per avere notizie di Edward, ma anche per vedere con i tuoi occhi quanto lui sia disponibile e pronto a tutto. E dalle sue parole abbiamo compreso quanto tenga anche personalmente a Edward, per lui non è solo un incarico, lo proteggerà e si prenderà cura di lui.”

“Sì, adesso sono più tranquilla” rispose Maggie.

Sir Richard pensò che avrebbe dovuto usare cautela con la moglie, prepararla con calma alla sorpresa che avrebbe trovato quando fosse andata dal fratello, perché non le venisse un collasso o qualcosa di simile. L’uomo conosceva bene il suo Capitano e aveva capito subito che il tono veemente con cui parlava di Edward e la luce che brillava nei suoi occhi significavano un sentimento vero e potente, che Erik non aveva saputo nascondere. Aveva compreso anche che Edward, tutto sommato, si trovava a suo agio con lui e che forse, senza neanche saperlo, stava sviluppando un affetto speciale nei suoi confronti. In realtà Sir Richard era soddisfatto di tutto questo. Sapeva che Erik era stato solo per tanti anni ed era contento di vederlo così pieno di entusiasmo; aveva inoltre una cieca fiducia in lui ed era consapevole che non avrebbe mai fatto qualcosa che potesse turbare o spaventare Edward. E, in tutta sincerità, aveva anche piacere che il ragazzo si fosse trovato compagnia, che stesse bene e fosse al sicuro: Edward se lo meritava dopo tutto ciò che aveva passato e, cosa non trascurabile, sperava che così Maggie si sarebbe finalmente messa il cuore in pace e si sarebbe dedicata maggiormente a lui e al loro bambino… visto che il fratello aveva trovato altrove la felicità.

Sì, beh, avrebbe dovuto trovare il modo giusto per far comprendere e accettare tutto ciò anche a Maggie!

Erik spronava il cavallo per giungere al più presto al cottage da Edward. La mezz’ora circa di tragitto gli sembrava infinita, non solo perché sentiva il bisogno di rivedere il ragazzo ma anche perché era preoccupato per lui. Era al sicuro, lo sapeva bene, ma temeva che Edward potesse comunque spaventarsi rimanendo solo troppo a lungo, lo aveva visto turbato prima di andare alla tenuta di Sir Richard e adesso voleva solo tornare da lui, rassicurarlo… chissà, forse anche baciarlo un’altra volta, sempre se il giovane lo avesse desiderato!

Finalmente, dopo quella che gli era parsa un’eternità, l’uomo giunse nei pressi del cottage e rallentò l’andatura del suo cavallo, vedendo da lontano che Edward era lì fuori, nella radura che circondava la piccola casa, e passeggiava tranquillamente con un’aria molto felice in volto. Non si era nemmeno accorto dell’arrivo di Erik tanto era perduto nella contemplazione estatica degli alberi attorno, dei cespugli, delle nuvole, del cielo azzurro, del sole… come se vedesse tutto per la prima volta e, in un certo senso, per il ragazzo era proprio così, quella era la sua seconda vita e tutto era nuovo per lui.

Silenziosamente e sempre osservando Edward, Erik scese da cavallo e consegnò l’animale a uno dei suoi uomini perché se ne occupasse. Vedere il giovane Conte di Warwick così sereno, quasi trasognato, era uno spettacolo tenerissimo e non riusciva a staccargli gli occhi di dosso mentre camminava verso di lui.

Alla fine anche Edward si accorse del ritorno di Erik.

“Erik, sei tornato!” lo accolse con un sorriso luminoso che riscaldò il cuore dell’uomo. “Hai visto? Sono uscito per fare una passeggiata! I tanti anni trascorsi in prigione mi hanno indebolito e adesso devo riprendere le forze nelle gambe.”

“Sì, sei stato molto bravo” rispose l’uomo, sorridendogli anche lui, sollevato nel vederlo così felice. “Temevo di trovarti spaventato perché ti avevo lasciato solo…”

Edward scrollò il capo.

“No, perché? Mi avevi assicurato che i tuoi soldati avrebbero montato la guardia nei boschi e io mi sono sentito al sicuro per tutto il tempo” spiegò. “Hai visto Maggie? Sta bene? E’ preoccupata per me? Le hai detto che io sto bene e che sono molto felice qui con te, vero?”

“Beh, sì” ribatté Erik, divertito e intenerito dal fuoco di fila di domande del ragazzo. “Tua sorella sta bene e, ora che le ho parlato, si è molto tranquillizzata sul tuo conto.”

Certo, ovviamente non le aveva detto che Edward era molto felice con lui, ma il senso era più o meno quello!

“Sono contento!” esclamò il giovane, buttando le braccia al collo di Erik. “Non voglio che sia preoccupata per me perché io sto veramente bene qui, in questo cottage, insieme a te, e penso anche che mi piacerebbe vivere per sempre qui!”

Il suo entusiasmo era talmente incontenibile che Erik si ritrovò a baciarlo quasi senza rendersene conto, tanto era rimasto spiazzato dalle sue parole e dall’averlo tra le braccia, vicinissimo. Lo baciò e Edward accolse con dolcezza e goffo entusiasmo quel bacio, cosa che lo rese ancora più irresistibilmente adorabile per il suo Capitano. Che, pure nell’emozione e gioia del momento, aveva in testa le frasi che il ragazzo aveva detto con tanto ardore…

Veramente Teddy vuole restare a vivere con me? Sta così bene qui da non desiderare più di abitare insieme a sua sorella? Mi sembra troppo bello per essere vero ma, se lo fosse, io… io passerei ogni giorno della mia vita a fare di tutto per renderlo completamente felice!

Quando il bacio terminò, Erik strinse a sé quel ragazzo per lui tanto prezioso e che gli stava regalando delle gioie inaspettate.

“Sarei felice se tu volessi veramente restare con me, Edward, ma… pensaci bene, d’accordo?” gli disse, non volendolo in alcun modo condizionare. Era già stato prigioniero per troppo tempo e adesso meritava di essere libero in tutto e di poter decidere della propria vita e del proprio futuro. “Dicevi sempre di voler tornare a casa e adesso ne hai la possibilità.”

Il giovane lo guardò negli occhi e, ancora una volta, Erik rimase spiazzato da ciò che vide. C’erano delle volte in cui Edward era ancora così infantile, svagato, e poi c’erano momenti come quello, in cui nel suo sguardo si leggeva tutta la consapevolezza del mondo. Eppure non c’era da stupirsene troppo. Edward era rimasto chiuso nella Torre di Londra per quattordici anni, proprio nel periodo del suo sviluppo fisico ed emotivo: questo gli aveva precluso delle esperienze fondamentali e lo aveva lasciato più ingenuo e semplice dei ragazzi della sua età, tuttavia proprio la prigionia gli aveva fatto capire quanto la gente potesse essere crudele, quanto potesse cadere in basso pur di ottenere o mantenere il potere… e gli aveva anche dato la consapevolezza della fragilità della vita, quanto poco ci voleva a perderla. Lui aveva già perduto fin troppi anni della sua esistenza e, adesso, aveva le idee molto chiare su come volesse passare quello che gli restava.

“Certo che volevo tornare a casa” replicò, serio, “ma la mia vera casa non esiste più. Quella di cui parli è la casa di Sir Richard e Maggie vive là con suo marito e suo figlio. Io non posso riportare indietro il tempo, non posso pensare che lei resti con me tutto il tempo come facevamo quando eravamo bambini. E, se Maggie adesso ha la sua vita e la sua famiglia, anch’io voglio avere una casa e una persona che pensi soltanto a me. Tu non vuoi che io me ne vada, vero, Erik?”

Le famose domande di Edward…

“Io… non posso decidere per te, non sarebbe giusto…” provò a dire l’uomo, ma lo sguardo di Teddy non lo mollava.

“Io voglio stare qui con te e vivere con te come Maggie vive con Sir Richard” ripeté il ragazzo, tanto per essere più chiaro. “Tu mi vuoi qui con te?”

La parte del come Maggie vive con Sir Richard si prestava a diverse interpretazioni e Erik non era sicuro che Edward ne cogliesse proprio tutte le implicazioni, tuttavia doveva rispondere sinceramente e lo fece.

“Sì, anch’io vorrei che tu potessi restare sempre qui con me” ammise, “è ciò che ho desiderato da quando ti ho visto per la prima volta.”

“Allora non ci sono problemi, no?” concluse raggiante Teddy. “Siamo d’accordo, basterà solo dirlo a Maggie!”

Ecco, quella probabilmente sarebbe stata la parte più complessa, ma c’era ancora tempo per pensarci!

Quella giornata così intensa e particolare non si era ancora conclusa, anzi… La sera, quando fu ora di andare a dormire, Erik accompagnò Teddy in camera per augurargli la buonanotte.

“Erik, potresti dormire qui con me?” gli domandò il ragazzo.

L’uomo restò allibito. Ma si rendeva conto di ciò che gli chiedeva?

“Ho avuto gli incubi ieri notte e anche la notte prima” confessò Edward. “Sogno che mi sveglio e sono ancora in prigione, che quello che credevo vero era un sogno e che invece sono ancora nella Torre di Londra e questa volta so che… che mi vogliono portare al patibolo. Oppure sogno che le guardie arrivano qui e mi portano via… Però sono sicuro che se dormo insieme a te non avrò più nessun incubo, che tu mi proteggerai anche da quelli!”

“Edward, è normale avere degli incubi” replicò Erik, cercando di mantenere un certo dignitoso distacco. “Pensa che ne ho avuti anch’io, per anni, perfino dopo che Sir Richard mi aveva preso con sé. A volte sognavo di essere ancora nel mio villaggio e di vedere con i miei occhi gli invasori che uccidevano tutti i miei cari… anche se in realtà non ho dovuto vedere certe cose; oppure sognavo che i Danesi erano venuti a cercarmi in Inghilterra, il che era assurdo, ma io lo sognavo lo stesso. Non c’è da vergognarsene, quando si affrontano delle brutte esperienze poi è facile che ritornino a tormentarci nei sogni. Ma sono solo incubi e non devi averne paura, passeranno presto.”

Il giovane non sembrava incline ad ascoltare una spiegazione razionale. Afferrò Erik per le braccia e lo attirò verso di sé sul letto.

“Tu mi chiami Edward quando vuoi farmi un discorso serio, non è vero? Ma io non voglio un discorso serio adesso. Questo letto è enorme per me, io ero abituato a molto meno, e gli incubi passeranno se tu dormi con me e mi tieni stretto” insisté.

Cosa poteva fare Erik? Decise di accontentare il ragazzo e, del resto, averlo nel letto, stringerlo tra le braccia e proteggerlo da ogni male era ciò che aveva sognato e desiderato per mesi e mesi, ora il suo sogno stava per realizzarsi. Sarebbe stato tutto molto innocente, lo avrebbe abbracciato e avrebbero dormito insieme, lui sapeva bene come controllarsi, vero? Vero???

“Va bene” capitolò. “Se pensi che dormirai meglio in questo modo allora resterò con te. Lo sai che voglio solo farti felice e difenderti da tutto e tutti.”

Poco dopo erano nel letto insieme, Edward si stringeva e si accoccolava a Erik e si sentiva veramente protetto e al sicuro.

“Oggi hai detto che avresti voluto portarmi qui e tenermi con te fin dalla prima volta che mi hai visto” disse il ragazzo, che a quanto pare ci aveva riflettuto parecchio. “Davvero ti ho colpito così tanto quando ero ancora prigioniero nella Torre?”

“Eh… sì” dovette ammettere Erik. “Tutte le volte che scortavo tua sorella a farti visita rimanevo a guardarvi e mi sembrava così tenero il vostro legame, così bello. E poi mi sono accorto che, più il tempo passava, più non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso. Ero… beh, penso di poter dire che ero incantato da come ti comportavi, da come riuscivi ad essere sempre dolce e affettuoso, non avevi mai una parola cattiva o astiosa verso chi ti teneva prigioniero, eri entusiasta di ogni cosa che Lady Margaret ti portava e avevi sempre la speranza che saresti tornato a casa, prima o poi. Mi sembravi così tenero, così innocente, e poi mi sono accorto che continuavo a pensare a te anche quando tornavo a casa, che avrei voluto portarti via da lì, liberarti e portarti qui… con me.”

“Ed è quello che hai fatto, no? Ora sono qui” disse semplicemente Teddy, abbracciando l’uomo.

“E io farò di tutto per proteggerti sempre e per renderti felice” mormorò Erik, turbato. “Dormi bene, Teddy. Niente incubi, stanotte.”

“Niente incubi” confermò il ragazzo.

Edward si addormentò quasi subito, tranquillo e contento. Erik restò sveglio ancora a lungo, consapevole del calore del corpo del giovane tra le sue braccia, felice di vederlo dormire sereno, di saperlo al sicuro e di averlo finalmente con sé. Non sapeva come sarebbe evoluto il loro legame, se Teddy provasse quello che provava lui o se gli volesse bene come ne voleva a Maggie, ma in quel momento non gli importava. Edward era con lui, voleva abitare insieme a lui e già questo lo rendeva immensamente felice. Non lo avrebbe forzato o condizionato in alcun modo, avrebbe lasciato che le cose andassero spontaneamente come dovevano, perché ciò che veramente contava era la serenità e la sicurezza del suo dolcissimo Teddy.

Fine quinta parte

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Sesta parte ***


Sesta parte

 

Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

La vita di Edward trascorreva serena e lieta nel cottage di Sir Richard dove abitava ormai da più di tre settimane con Erik. Il ragazzo si sentiva sempre più legato all’uomo che lo aveva salvato e che si occupava di lui con tanto amore. Inesperto com’era di sentimenti e relazioni con altri che non fossero la sorella, non si era ancora reso conto di essere anche lui innamorato di Erik e che era per questo che, quando gli era vicino, provava tanta gioia ed emozione… Dal canto suo Erik, invece, lo aveva capito (e, del resto, se non fosse stato così di certo Edward non avrebbe accettato con tanto entusiasmo di essere baciato e di dormire con lui!). Tuttavia non aveva nemmeno tentato qualche passo avanti, sia perché temeva di turbare e spaventare il giovane ingenuo, sia perché, nonostante tutto, non si riteneva degno di lui che rimaneva comunque il Conte di Warwick, ultimo dei Plantagenet e erede legittimo al trono di Inghilterra. Non importava che Edward avesse tranquillamente rinunciato ad ogni pretesa e che fosse felicissimo di vivere da semplice nobiluomo di campagna, era comunque di sangue reale, discendente da una stirpe di sovrani, mentre lui, Erik, era solo un profugo scappato dalla Norvegia tanti anni prima e accolto per bontà d’animo da Sir Richard Pole.

Come avrebbe mai potuto sperare di essere veramente amato e accolto da quel giovane Principe?

Tuttavia, Erik si riteneva già immensamente fortunato a poterlo avere lì con sé, a baciarlo, dormire con lui, vederlo tutti i giorni felice, sorridente e sempre più in forze e in salute grazie ad una vita sana e all’aria aperta.

La situazione, però, non era e non avrebbe potuto essere tranquilla. Gli uomini del Re non avevano ancora trovato Perkin Warbeck nonostante lo avessero cercato per tutta Londra, non erano riusciti neanche a rintracciare gli amici che potevano averlo aiutato a fuggire: perciò Elizabeth aveva ripreso a tormentare Henry perché puntasse nuovamente i suoi sospetti verso la famiglia Pole. Chi, se non Maggie, aiutata dal marito, avrebbe potuto organizzare la fuga del giovane che considerava davvero suo cugino Richard, soprattutto perché ciò le avrebbe permesso di riavere il fratello Edward? Sir Richard aveva parlato di un complotto di Warbeck e dei suoi sostenitori, ma di certo lo aveva fatto per stornare i sospetti da sé e dalla moglie visto che non erano stati trovati cospiratori da nessuna parte. Sicuramente Perkin Warbeck e Edward si stavano nascondendo nella tenuta gallese di Sir Richard e Re Henry doveva mandare le sue guardie a stanarli una volta per tutte, o l’usurpatore sarebbe presto tornato con un esercito di scozzesi o francesi o chissà chi per rivendicare il trono.

Henry non voleva cedere, non era ancora disposto a credere che il suo fedele amico Sir Richard Pole avesse cospirato contro di lui, però dopo tutto quel tempo Warbeck non era ricomparso e qualche dubbio iniziava a farsi strada nella sua mente…

“E va bene” capitolò infine, quasi un mese dopo la fuga di Richard e Edward dalla Torre di Londra. “Visto che sei così convinta che i Pole siano dei traditori e che nascondano Warbeck e Edward, ti lascio libera di prendere le guardie che vorrai e di andare in Galles a far perquisire la loro tenuta. Se i soldati troveranno i fuggitivi, li farai arrestare e rinchiudere tutti quanti nella Torre, Sir Richard e Maggie compresi. Allora ammetterò di aver sbagliato e di aver riposto male la mia fiducia. Ma, fino a quel momento, io mi rifiuterò di credere alla colpevolezza dei Pole.”

A Elizabeth non importava affatto cosa credesse o non credesse Henry, contava soltanto quello che credeva lei e lei era certissima che Warbeck e Edward si trovassero in Galles, nascosti e protetti da Sir Richard e da quella gattamorta traditrice di Maggie. Soddisfatta, organizzò la spedizione e volle essere lei stessa a guidarla al fianco del Capitano delle Guardie Reali, pregustando già il momento in cui avrebbe vissuto il suo trionfo. Se, all’inizio, aveva commesso atti spregevoli solo per proteggere il Regno dalle mire di Warbeck e assicurare la corona per i suoi figli, l’umiliazione subita davanti al Re per colpa di Sir Richard e Maggie l’aveva resa ancora più aspra e vendicativa: adesso desiderava vedere i traditori in catene e voleva che Maggie, prima di essere giustiziata a sua volta, dovesse assistere alla decapitazione di Edward.

Insomma, in poche parole era proprio una stronza fatta e finita!

Il giorno in cui la Regina e le sue guardie giunsero improvvisamente alla tenuta dei Pole, Erik si trovava con Sir Richard e Maggie per raccontare loro quanto Edward stesse bene, quanto migliorasse di giorno in giorno e quanto fosse felice e sereno. Una sentinella si precipitò ad avvertire il suo Signore dell’arrivo delle Guardie Reali e della Regina in persona e Maggie quasi svenne alla terribile notizia.

“Edward è da solo… è da solo nel cottage!” mormorò, pallidissima e con un filo di voce. “Cosa possiamo fare? Elizabeth farà perquisire tutte le nostre proprietà e lui… Erik, devi andare a prenderlo!”

Era esattamente ciò che l’uomo avrebbe voluto fare: precipitarsi a prendere il suo prezioso ragazzino e portarlo via, lontano, il più lontano possibile da quella gente incattivita dal potere e dall’ambizione. Sapeva che Edward sarebbe stato terrorizzato e gli si spezzava il cuore al pensiero di non essere accanto a lui in un momento come quello… eppure una parte di lui gli diceva che, paradossalmente, era stata una fortuna per loro che la Regina con le sue guardie fosse arrivata proprio in quel momento.

“Calmati, Maggie, non farti vedere così turbata” stava dicendo intanto Sir Richard alla moglie. “Se la Regina ti vede in questo stato non farà che insospettirsi ancora di più. Dobbiamo mostrarci calmi e disponibili a tutto. Che faccia pure perquisire tutta la nostra tenuta, anche le stalle e le latrine, se vuole, non troverà ciò che cerca e sarà sconfitta ancora una volta.”

“Ma lei non si fermerà qui! Manderà i suoi uomini in tutti i nostri possedimenti e loro scopriranno il cottage… e Edward!” protestò la giovane donna, disperata e in lacrime.

“Non dovete preoccuparvi, mia Signora” rispose Erik, cercando di non mostrare la sua angoscia. “Ho messo delle sentinelle in punti strategici del bosco attorno al cottage e loro andranno ad avvertire la coppia di servitori che abita lì con me e Edward. Loro sanno già cosa devono fare in un caso come questo, aiuteranno vostro fratello a nascondersi e sapranno rispondere a tono a tutti gli interrogatori delle guardie. Sapevamo che, purtroppo, questo giorno sarebbe potuto arrivare e io ho fatto di tutto per preparare i soldati e i servitori. Non temete, Edward è più al sicuro che se fosse stato qui.”

Almeno lo spero, pensò l’uomo. Era vero, aveva preparato tutto al meglio per un’eventuale incursione dei soldati del Re e della Regina e non dubitava minimamente dei suoi uomini e dell’anziana ma determinata coppia di servitori. L’unica sua reale preoccupazione era che Edward, solo di fronte al pericolo, si lasciasse prendere dal panico. Non aver paura, Teddy, sii forte. Nessuno ti farà del male e io tornerò da te appena possibile. Non permetterò che nessuno ti faccia del male.

“Erik ha ragione, Maggie. Dobbiamo essere forti e coraggiosi, non solo per noi ma anche per nostro figlio e per Edward” disse Sir Richard, stringendo a sé la moglie.

Maggie comprese che era vero. Non poteva farsi vedere turbata o debole, doveva essere determinata e capace di dissimulare così come aveva fatto quando portava le lettere ai sostenitori di Richard. Ormai Elizabeth era una nemica e come tale doveva considerarla, per niente al mondo avrebbe dovuto mostrare la minima incertezza davanti a lei.

Così, quando la Regina arrivò alla tenuta e smontò da cavallo, si trovò di fronte Sir Richard che teneva in braccio suo figlio John, Maggie accanto a lui e Erik due passi dietro il suo Signore, tutti con un’espressione dura e severa sul volto.

“Vostra Maestà, vorrei darvi il benvenuto nella mia casa, ma temo che questa non sia una visita di cortesia” disse Sir Richard. “Siete venuta con un contingente di guardie come se noi fossimo vostri nemici…”

“Lo siete, infatti, è inutile che facciate la commedia, Sir Richard” replicò brusca la Regina. “E’ quasi un mese che facciamo perlustrare Londra e tutti i luoghi in cui Warbeck e la Duchessa di Borgogna avevano amici e alleati e non abbiamo trovato niente. A questo punto è chiaro che siete voi i traditori che nascondono i fuggitivi e non me ne andrò di qui senza averli trovati.”

“Allora dovremo farvi preparare una camera per accogliervi, Maestà, perché resterete qui molto a lungo” ribatté Sir Richard. “Perquisite pure la mia casa, tutti i luoghi in cui pensate che possa aver nascosto Warbeck e Edward. Mi consola il fatto che non vedo Sua Maestà Re Henry e questo mi fa pensare che lui non sia del tutto d’accordo con voi…”

Ancora più irritata, Elizabeth ordinò ai suoi uomini di perquisire a fondo la tenuta, tutte le costruzioni intorno, di cercare anche eventuali passaggi segreti, botole, qualsiasi posto in cui due ragazzi avrebbero potuto nascondersi.

Trascorsero due ore e non accadde niente. Il piccolo John, stanco e spaventato, iniziò a lamentarsi e Maggie lo prese in braccio.

“Maestà, mio figlio è turbato da tutta questa confusione. So che anche voi avete figli e quindi potete capirmi” disse la giovane alla Regina. “Voglio portarlo in casa, farlo mangiare e metterlo a riposare. Avete già fatto perquisire le stanze di mio figlio, non è così? Se volete accomodarvi anche voi, sarò lieta di offrirvi ospitalità.”

“Non cercare di fare la furba con me, Maggie, non mi incanti con la tua aria da santarellina!” ribatté Elizabeth, sempre più inviperita man mano che il tempo passava e che i soldati tornavano a riferire di non aver trovato nessuno e nemmeno tracce dell’eventuale passaggio di due giovani. “Porta pure dentro tuo figlio e digli addio perché, quando avremo trovato i due traditori, anche tu e tuo marito sarete giustiziati e lui sarà affidato a una famiglia fedele al vero Re! Sappi che ho mandato le guardie fino ai confini del bosco, non c’è proprietà, per quanto piccola e misera, che non sarà messa a soqquadro per trovare Warbeck e Edward.”

Maggie la lasciò lì in piedi sotto il sole e rientrò in casa con John.

Nel frattempo, alcuni dei soldati mandati a perlustrare i boschi erano arrivati anche al cottage. Le sentinelle di Erik, però, li avevano avvistati in tempo e avevano avvertito Joseph e Annie, l’anziana coppia di domestici che si prendeva cura della casetta. Joseph era andato subito da Edward per spiegargli la situazione, mentre Annie riordinava le stanze facendo scomparire ogni traccia del giovane Conte.

“Milord, i soldati della Regina saranno qui tra pochi minuti e perquisiranno tutta la casa” disse il domestico a Edward. “Voi sapete qual è il sentiero che dovete prendere per raggiungere il nascondiglio nel bosco che Erik vi ha mostrato, raggiungetelo in fretta e mettetevi al sicuro. Non abbiate timore, io e Annie ci sbarazzeremo al più presto di quelle guardie e loro se ne andranno. Dovete muovervi subito, però, Milord. Non abbiate paura, andrà tutto bene.”

“Ma io… devo andarci da solo? Perché non c’è Erik? Perché non torna?” mormorò il ragazzo, sbarrando gli occhi spaventato.

“Probabilmente il Capitano era con Sir Richard quando è giunta la Regina con le sue guardie e, ovviamente, non è potuto tornare per non insospettirli” rispose pratico l’uomo. “Adesso, però, non è il momento di chiacchierare, Milord, dovete sbrigarvi per raggiungere il nascondiglio. Andate subito, alle guardie penseremo noi.”

Edward sapeva, sì, quale fosse il sentiero. Erik ce l’aveva portato più volte proprio in previsione di un evento del genere ma… ma le altre volte era con lui, l’aveva guidato, rassicurato, e il ragazzo si era sentito sicuro e protetto. Percorrere il sentiero da solo fu tutto un altro paio di maniche. Le guardie della Regina erano ancora lontane, ma Edward non si fidava, era terrorizzato, era sicuro che lo avrebbero preso e riportato a Londra e allora…

Erik, dove sei? Perché non sei qui con me? Mi hai lasciato solo, avevi detto che non mi avresti mai lasciato solo, io ho paura, non voglio stare solo!

Paura, angoscia e disperazione confondevano i pensieri del ragazzo che continuava a camminare ma senza più seguire il sentiero, si guardava intorno come un animale braccato, aspettandosi di vedersi piombare addosso i soldati della Regina da un momento all’altro. E, a forza di andare avanti senza guardare dove metteva i piedi, finì per scivolare in una scarpata e rotolò fino in fondo, graffiandosi braccia e gambe con i rovi. Solo per un miracolo non si ruppe l’osso del collo né qualsiasi altra parte del corpo… e tuttavia quella caduta fu la sua fortuna. Le guardie, infatti, innervosite dopo aver inutilmente perquisito il cottage e essersi trovati tra i piedi Joseph e Annie con la loro espressione severa e disgustata da gallesi oltraggiati, avevano raggiunto il sentiero e probabilmente, se Edward si fosse davvero nascosto da quelle parti, lo avrebbero trovato. Invece non pensarono di andare a cercare giù per le scarpate e, dopo aver perlustrato quella parte del bosco, tornarono indietro per riferire alla Regina che non avevano trovato niente: Perkin Warbeck e Edward Plantagenet non erano mai stati da quelle parti o, se c’erano stati, ne erano partiti ormai da tempo.

Edward, però, non si era reso conto di niente, solo della caduta e del fatto che non sapeva dove si trovasse e si sentiva pesto e dolorante.

“Erik… dove sei? Perché mi hai abbandonato anche tu?” mormorò appena. Aveva paura, aveva freddo, sentiva dolore dappertutto ed era stordito e confuso per la caduta. Si raggomitolò in fondo alla scarpata, protetto da qualche cespuglio, si allacciò le ginocchia con le gambe e pianse silenziosamente.

Perché mi hai lasciato solo, Erik?

Era primo pomeriggio quando tutte le Guardie Reali ritornarono dalla Regina per riferire di non aver trovato nessuno e neanche delle tracce che potessero far pensare che Perkin Warbeck e Edward Plantagenet fossero mai stati da quelle parti.

“Vostra Maestà, vi avevo detto che non stiamo nascondendo nessuno” le disse Sir Richard, serio. “Io non tradirei mai Re Henry a cui sono molto legato e mia moglie… beh, ha commesso degli errori in passato ma il suo unico scopo era ottenere la liberazione del fratello, che adesso però è scomparso.”

“Volete forse che vi chieda scusa? Non lo farò mai!” si rivoltò Elizabeth, come morsa da una vipera. “Va bene, magari non tenete nascosti i due traditori, ma sono ancora convinta che siate stati voi ad aiutarli a scappare e magari li avete aiutati anche a raggiungere la Scozia o la Borgogna. Prima o poi troverò le prove!”

“Non posso impedirvi di sprecare il vostro tempo, Maestà” concluse laconico Sir Richard.

Piena di rabbia impotente per la seconda figuraccia fatta davanti a Sir Richard Pole e a Maggie, Elizabeth dovette radunare le sue guardie e ripartire per Londra umiliata e sconfitta, senza sapere cosa avrebbe detto a Henry. Era vero, la spedizione nei possedimenti dei Pole era stata inutile, avrebbe fatto meglio a mandare i suoi uomini in Scozia, o magari in Borgogna…

La Regina e le Guardie Reali erano appena svanite all’orizzonte quando Erik, che si era trattenuto a fatica per tutto quel tempo, salì a cavallo e letteralmente volò verso il cottage, impaziente di raggiungere Edward e di stringerlo tra le braccia, di poterlo consolare e confortare… chissà quanta paura aveva avuto! E restò a dir poco sconvolto quando Joseph e Annie gli diedero la notizia che il ragazzo si era, sì, incamminato verso il nascondiglio nel bosco, ma non era mai tornato.

Un terrore gelido si impossessò di Erik, scendendogli nel cuore e congelandogli il sangue nelle vene. Cos’era successo al suo Teddy? Perché non era tornato? Si recò immediatamente nel bosco, sul sentiero che conduceva al nascondiglio, ogni passo una tortura, ogni respiro un’immagine spaventosa che lo straziava. Esperto com’era, si rese subito conto delle tracce sul sentiero e comprese che i soldati della Regina erano passati di lì, avevano scoperto il nascondiglio. Ma potevano aver trovato Edward? No, certo, altrimenti lo avrebbero imprigionato e condotto al cospetto della sovrana. Invece la Regina era ripartita delusa e arrabbiata… ma allora dov’era Edward?

Sempre più in ansia, Erik continuò a perlustrare il nascondiglio e il sentiero, chiamando a gran voce il ragazzo. Era quasi il tramonto, presto si sarebbe fatto buio, doveva assolutamente trovare Edward prima che calasse la notte, altrimenti…

“Edward! Dove sei? Rispondimi!” il richiamo di Erik si faceva sempre più disperato.

E poi, finalmente, una vocina soffocata e flebile rispose a quel richiamo.

“Erik… sono quaggiù, sono caduto… ho paura, aiutami, non lasciarmi solo!”

Sentendo la voce del giovane, Erik si sentì invadere da un enorme sollievo ma anche da un lacerante senso di colpa. Edward era salvo, grazie a Dio, ma aveva rischiato di morire perché lui non era al suo fianco. Aveva lasciato solo il suo Teddy, non era con lui quando aveva paura, quando si era fatto male… Questi pensieri diedero all’uomo un’energia incontenibile, che lo portò a scendere agevolmente lungo la scarpata e a raggiungere il ragazzo in pochissimi istanti.

“Edward, non temere, sei al sicuro adesso. Come stai? Sei ferito?” gli domandò, controllandolo ansiosamente per verificare che non avesse fratture o qualcosa del genere. “Ti senti bene?”

Il giovane aveva il viso sporco di terra e rigato di lacrime, i vestiti strappati e macchiati di sangue dove i rovi lo avevano graffiato, ma tutto sommato stava bene, molto meglio di quanto ci si sarebbe potuti aspettare dopo una caduta del genere.

“Come potrei stare bene? Sono pieno di graffi e lividi, ho freddo, ho paura, non mi piace questo posto e… e tu mi avevi abbandonato! Perché mi avevi abbandonato?” le parole di Edward potevano sembrare petulanti e lamentose, ma il tono addolorato e gli occhi pieni di tristezza facevano capire che non stava rimproverando Erik, non si stava lagnando con lui, semplicemente… si era sentito ancora una volta tradito e sperduto, e non capiva cosa avesse fatto di male per meritarselo.

E questo, più di ogni altra cosa, trafisse il cuore di Erik che, convulsamente, prese Edward tra le braccia e lo strinse forte a sé.

“Non ti ho abbandonato, Teddy, non lo farei mai, io ti amo, ti amo tanto e mi sentivo morire pensando che tu eri qui da solo!” ammise, buttando fuori tutti insieme i sentimenti e le emozioni che provava. Accarezzò il ragazzo, lo baciò sui capelli, sulla fronte, sul viso, poi di nuovo sulle labbra, a lungo, per convincersi che era lì, che lo aveva trovato, che era salvo e che se lo sarebbe riportato a casa per non lasciarlo mai più, mai più.

Fine sesta parte

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Settima parte ***


Settima parte

 

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star

Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Edward era ancora smarrito, spaventato e disorientato dopo tutto quello che gli era capitato quel giorno, ma nell’abbraccio avvolgente e protettivo di Erik che continuava a stringerlo e a baciarlo si sentì finalmente meglio, come se fosse tornato a casa. L’uomo lo accarezzava e lo baciava come se non ci fosse un domani, tanto era felice e sollevato di averlo di nuovo tra le braccia sano e salvo. Riuscì a fatica a staccarsi da lui quel tanto che bastava per spiegargli a grandi linee la situazione…

“Perdonami, Teddy, lo so che hai avuto paura e mi dispiace tantissimo che tu sia finito quaggiù e ti sia graffiato” gli disse piano, sempre tenendolo abbracciato. “Purtroppo la Regina e le sue guardie sono arrivate all’improvviso alla tenuta di Sir Richard e io, a quel punto, non potevo più venire da te perché lei mi avrebbe fatto seguire e così ti avrebbero trovato. Ero preoccupato, non facevo altro che pensare a te, ma non potevo raggiungerti senza metterti in pericolo. Non ti ho abbandonato, non lo farei mai, io ti amo, non c’è niente e nessuno più importante di te al mondo!”

Erik aveva veramente avuto paura di perdere il suo prezioso ragazzino e adesso si lasciava andare, rivelando con veemenza e passione i suoi veri sentimenti per lui.

Edward rimase perplesso e lo fissò.

“Davvero mi ami? Davvero sono così importante per te? Io… nessuno mi ha mai detto cose del genere, pensavo di non contare così tanto” mormorò, sinceramente stupito.

“Certo che ti amo! Ti ho amato da sempre, dalle primissime volte in cui scortavo tua sorella a farti visita alla Torre, e ti amo ancora di più adesso che ho il privilegio di viverti accanto, ti amo ogni giorno di più” insisté Erik, che a quanto pareva si era tenuto dentro fin troppo tutto ciò che provava e adesso era come un fiume in piena.

Edward aveva la tipica espressione di qualcuno che sta pensando e io adesso cosa dovrei dire? Cosa ci si aspetta da me come risposta? In realtà la sua confusione derivava dal fatto che non aveva la benché minima esperienza di sentimenti e relazioni, non sapeva neanche lui che cosa provasse per Erik. Stava riflettendo sul fatto che le parole dell’uomo lo facevano sentire bene, lo rendevano felice e appagato e gli accendevano un calore insolito dentro, nel cuore e anche nella pancia… ma non sapeva che cosa potesse significare!

Finalmente Erik sembrò riacquistare un minimo di controllo, riuscì a staccarsi da Edward e iniziò a rendersi conto che doveva riportare a casa il ragazzo prima che scendesse la sera.

“Beh, comunque non vorremo stare a parlare di cose del genere in fondo a questa scarpata, no?” fece, con un sorrisetto. “Adesso ascoltami bene, Edward: io devo tornare di corsa al cottage per prendere una corda, poi mi calerò giù e ti porterò in salvo. So che non ce la puoi fare ad arrampicarti fino in cima, ma non devi preoccupartene perché penserò a tutto io.”

Il giovane sgranò gli occhi, di nuovo sconcertato.

“Come? Mi lasci qui di nuovo da solo?” esclamò. “No, non lasciarmi, non lasciarmi!”

Erik aveva il cuore a pezzi, ma era necessario che andasse a prendere la corda il prima possibile, non poteva cedere alle paure di Edward. Gli prese il volto tra le mani e lo baciò di nuovo.

“Teddy, io non ti lascio, vado solo a prendere la corda per salvarti” gli spiegò con dolcezza tra un bacio e l’altro. “Tornerò prestissimo da te. Anzi, facciamo così: tu inizia a contare lentamente fino a cento e vedrai che, prima che tu abbia finito, sarò di nuovo qui. Va bene? Dai, comincia: uno… due … tre…”

Gli diede un ultimo bacio e poi, rapido e disinvolto, si arrampicò fino in cima alla scarpata mentre il ragazzo continuava a contare con una vocina sottile sottile.

“Quattro… cinque… sei…” e intanto si guardava intorno smarrito e spaventato. Senza Erik gli sembrava che il luogo fosse diventato più freddo, più scuro e che strane ombre si muovessero dietro i cespugli.

Erik fece di corsa tutta la strada fino al cottage dove si procurò una corda e poi tornò indietro, sempre a tutta velocità, ansioso di avere di nuovo tra le braccia Edward, di vederlo finalmente tranquillo, di sentirlo tiepido e morbido nel suo abbraccio.

“Ottantasei… ottantasette… ottantotto…” sentì contare quando raggiunse nuovamente la scarpata.

“Teddy, sono qui, sto assicurando la corda al tronco di un albero e poi mi calerò giù per venire a prenderti” gli disse. “Hai visto che sono riuscito a tornare prima che tu arrivassi a cento?”

Edward sembrò subito molto sollevato. Erik era di nuovo lì per lui e quindi tutto sarebbe andato bene, adesso ne era sicuro.

Fu un po’ meno sicuro quando si trattò di risalire lungo la scarpata…

“Io non ce la posso fare, Erik, non ce la faccio!” sospirò.

“Ma tu non devi fare niente” gli rispose con tenerezza l’uomo. “Sali sulle mie spalle e tieniti forte, sarò io ad arrampicarmi, proprio come abbiamo fatto la notte in cui sono venuto a salvarti dalla Torre di Londra, te lo ricordi?”

Edward sorrise dolcemente a quel pensiero e si aggrappò a Erik.

“Non me lo dimenticherò mai, per me è stata la notte in cui ti ho conosciuto” mormorò, emozionato senza sapere bene perché. Ma, in qualche modo, nella sua mente il fatto di aver conosciuto Erik era diventato infinitamente più importante anche di essere stato liberato da quella squallida e tetra prigione!

Mentre si arrampicava appigliandosi alla corda, Erik usò lo stesso stratagemma che aveva già sperimentato la notte del salvataggio del ragazzo e gli parlò per distrarlo.

“Le Guardie Reali non hanno trovato niente e la Regina è ripartita sconfitta” disse. “Questo significa che per un po’ di tempo, almeno, non ci saranno più brutte sorprese come oggi. Lei continua a sospettare che Sir Richard e tua sorella abbiano complottato per liberare te e il Principe Richard, tuttavia sa anche che non siete qui e probabilmente vi farà cercare altrove, forse in Scozia.”

“Non verrà più a cercarmi qui?” domandò Edward, che non riusciva a crederci.

“Ha già fatto abbastanza figuracce, non ti pare? Così finalmente saremo al sicuro e Lady Margaret potrà venire qui a farti visita e tu andare da lei… anzi, se lo desideri potrai anche andare a vivere con lei nella tenuta di Sir Richard.”

Il giovane tacque, riflettendo sulle parole di Erik… e tanto bastò perché l’uomo concludesse l’arrampicata e raggiungesse il sentiero. Anche questa volta era riuscito a distogliere il pensiero di Edward dalla preoccupazione e i timori per la risalita dalla scarpata!

Quando furono entrambi sani e salvi sul sentiero e iniziarono a percorrerlo per tornare al cottage, tuttavia, il ragazzo parlò di nuovo.

“Senti, Erik, io… sono molto felice di poter rivedere Maggie, di poterla andare finalmente a trovare e che lei venga da me, però… insomma, ti avevo già detto che non voglio andare a vivere con lei e la sua famiglia, quella non è la mia casa, è la casa di Sir Richard” disse. “Io voglio rimanere a vivere con te e tu avevi detto che mi ami e che sono importante per te, quindi… perché vuoi mandarmi via?”

Erik si bloccò, sbigottito. Era dunque questo che pensava Edward? Aveva frainteso, credeva che fosse lui a non volerlo con sé? Possibile? Lo prese per le spalle e lo fece voltare verso di sé, avvicinandosi a lui.

“Ma no, non hai capito quello che volevo dire” cercò di spiegare. “Non sono io che voglio mandarti via, anzi, io ti amo e farei di tutto per te. E’ proprio per questo che voglio che tu sia felice e che possa veramente decidere in libertà quello che vuoi fare. Nessuno dovrà più condizionarti, d’ora in poi. Io sarei felicissimo se volessi restare con me, però so anche che non sono degno di starti accanto, tu sei di sangue reale, sei l’erede al trono, l’ultimo dei Plantagenet e meriti di vivere in un bel palazzo, con persone del tuo rango.”

Edward adesso era davvero allibito. Era questo che pensava Erik? Di non meritarlo? Ma come poteva? Era l’uomo che gli aveva salvato la vita, il suo eroe, il suo punto di riferimento, la persona che voleva accanto per tutta la vita… insomma, diciamo che il giovane vedeva Erik come i bambini di oggi vedono i supereroi!

“Ma dai, Erik, sul serio? Pensi veramente che io faccia caso a queste cose, il sangue reale e i Plantagenet e gli York e tutta questa faccenda? Ne ho già avuti abbastanza di guai in tutta la vita per colpa del mio nome e del mio lignaggio, non m’importa niente del trono e anzi non voglio nemmeno più i miei titoli, non contano niente. Io voglio solo essere Teddy e stare con te perché sei tu che mi rendi felice!” replicò semplicemente il ragazzo, anticipando con disinvoltura e innocenza secoli di lotte per l’uguaglianza sociale e i diritti civili in una sola frase! Forse avrebbe dovuto davvero diventare Re e portare una ventata di novità nell’austera Corte inglese…

Ma non era quello che voleva. Lui voleva Erik, anche se non sapeva ancora fino a che punto… e l’uomo se ne rese conto. Lo prese tra le braccia e lo baciò a lungo, stringendolo tra le braccia, quasi sollevandolo da terra, per dimostrargli che non voleva certo mandarlo via ma che, anzi, lo amava tantissimo e lo voleva per sempre accanto.

“Allora potrai restare con me finché vorrai, Teddy, perché io non desidero altro” gli disse. “Sappi, però, che sei libero di cambiare idea in qualsiasi momento.”

Insomma, alla fine i due riuscirono a tornare al cottage, nonostante le frequenti fermate. Joseph e Annie furono felicissimi di rivedere Edward, la domestica aveva preparato l’acqua per il bagno e una bella cena per entrambi e aveva già sistemato la sua stanza com’era prima che i soldati venissero a perquisire il cottage. Dopo essersi lavati, riposati e aver mangiato, Erik accompagnò Edward in camera per controllare le sue ferite e, per fortuna, trovò che si trattava solo di qualche graffio superficiale che si stava già rimarginando e qualche livido che sarebbe sparito in pochi giorni.

Si era fatto tardi e Erik non sapeva bene cosa fare. Ormai da tempo era abituato a dormire con Edward perché il ragazzo voleva così, ma quella sera era strana, diversa… quello che si erano detti quel giorno aleggiava ancora nella stanza e creava una tensione che non c’era le altre volte.

Edward, però, non aveva tante incertezze.

“Allora, vieni a dormire, Erik?” gli chiese.

“Eh… sì, arrivo” rispose l’uomo, pensando che forse prima avrebbe dovuto andare a mettere la testa sotto un getto di acqua gelata. Non era tanto sicuro di riuscire a mantenere un contegno decoroso quella notte, non dopo che Edward gli aveva candidamente rivelato di voler stare sempre con lui, di essere felice solo con lui e tutte quelle cose! “Stavo pensando che… ecco, probabilmente Sir Richard e Lady Margaret verranno qui domani, visto che non c’è più il rischio che la Regina mandi qualcuno a sorvegliarli, e può essere che tua sorella ti chieda quando andrai a vivere con loro.”

Mentre parlava, Erik si era preparato per la notte e si era disteso nel letto accanto al giovane.

“Benissimo, sono felice di rivedere finalmente Maggie!” esclamò Edward, entusiasta. A quanto pareva, lui non si poneva problemi al riguardo. “Beh, se me lo chiederà le dirò la verità, no? Cos’altro dovrei dirle?”

“Cioè, tu le dirai… cosa, esattamente?”

“Ma è semplice, le dirò che voglio vivere con te!” replicò trionfante il ragazzo. “Le spiegherò che tu mi ami e che anch’io penso che mi sto innamorando di te e che voglio avere la mia casa e la mia famiglia con te, come lei ha la sua con Sir Richard!”

Ecco, e a tua sorella verrà un colpo, pensò Erik.

“Sì, ecco, credo che forse… magari potresti essere un tantino meno diretto, non so, potrebbe turbarsi…” fece l’uomo, figurandosi già la scena apocalittica che ne sarebbe seguita.

“Lo so, potrebbe dispiacersi, è da tanto che aspetta il momento in cui potremo vivere insieme” rifletté Edward, senza cogliere il nocciolo del problema. “Ma io le dirò che non è che le voglio meno bene per questo, io sono contento che siamo vicini e che possiamo vederci tutti i giorni, però lei ha la sua famiglia adesso e io ho te e quindi…”

In tutto quel discorso molto carino e logico ma che chiaramente non teneva in gran conto il fatto che Maggie sarebbe rimasta sconvolta nel sapere che il suo fratellino voleva avere una famiglia con il Capitano delle Guardie di Sir Richard, Erik tuttavia colse alcune piccole frasi che riaccesero in lui speranza, emozione e diverse altre cose… io ho te, mi sto innamorando di te… Davvero Edward provava quei sentimenti per lui?

“Beh… ci penseremo a quello che dirai a tua sorella, però… Edward, sii sincero con me, pensi veramente che ti stai… insomma, innamorando? Non è che lo dici solo per farmi contento?”

“Non mi è mai successo prima e quindi non posso saperlo con certezza, però so che voglio stare con te, che quando sei vicino a me sono felice e emozionato e mi batte il cuore fortissimo e mi sento strano, come se avessi un calore dentro e… penso che funzioni così, no?” rispose il giovane con la più tenera ingenuità di questo mondo, ma anche con una certa chiarezza di idee.

Erik non ce la faceva più. Strinse tra le braccia il ragazzo e lo baciò ancora e ancora, un bacio lento, intenso, incredibile, che parve disintegrare il tempo e lo spazio. Aveva avuto tanta paura di perdere il suo preziosissimo ragazzino, quel giorno, e ora voleva sentirlo, sentire tutto di lui, il suo tepore, la sua pelle morbida, lo accarezzava e lo toccava e era ovunque, delicato e premuroso ma anche incalzante finché… non si accorse di quello che stava facendo e, con uno sforzo erculeo, si fermò.

“Teddy, scusami, io… ho esagerato, mi sono lasciato andare, non volevo…” mormorò, con la voce roca e spezzata.

Edward, però, non si era spaventato, al contrario aveva accolto tutti gli approcci di Erik come se quello che stava accadendo fosse naturale, inevitabile anzi. Con gli occhi scintillanti come due stelle, le guance arrossate per l’eccitazione e i capelli scompigliati si strinse e si affidò completamente a lui.

“Puoi continuare, Erik” sospirò. “Io non so cosa… ma voglio che continui…”

Cosa poteva fare quel pover’uomo di fronte a un invito così esplicito, per quanto ingenuo?

“Va bene, però se c’è qualcosa che non va, che ti spaventa, che ti mette a disagio, che non ti piace per qualsiasi motivo dimmelo subito e io mi fermerò. Hai capito?”

La risposta del giovane fu un abbraccio dolcissimo e tenero in cui fece di tutto per aderire il più possibile al corpo di Erik… e l’uomo poté solo proseguire, baciandolo ancora e ancora, accarezzandolo dappertutto, imparando a conoscere ogni millimetro del suo corpo e trattandolo con premura e attenzione infinite, come se Edward fosse fatto di cristallo preziosissimo e lui temesse di romperlo in qualche modo. Lo baciò profondamente e disperatamente, mentre le sue mani scorrevano lungo la sua schiena, i suoi fianchi, le sue gambe e poi perse quel poco di autocontrollo che gli rimaneva e scivolò piano, lentissimamente, in lui. Lo sentì gemere leggermente, un lieve lamento e allora si fermò, pronto a lasciar perdere tutto se Edward gli avesse detto di smettere… ma Edward non aveva la minima intenzione di dirgli di smettere. Era vero, c’era stato un po’ di dolore ma già sembrava un’inezia rispetto all’ondata di emozioni e sensazioni che lo stavano travolgendo e di cui non intendeva assolutamente privarsi. Così Erik andò avanti, sempre mettendo la massima delicatezza e tenerezza in ogni gesto e movimento, e Edward fu al di là della ragione, al di là delle parole e di concetti comprensibili, non sapeva più nulla e non c’era più nulla se non Erik che lo faceva sentire così e lui che lo accoglieva con la tenerezza di un ragazzo innocente e innamorato, donandogli tutto se stesso senza se e senza ma. Niente importava più, niente era paragonabile a quello che Edward provava in quei momenti che diventavano minuti e poi un’eternità e poi nemmeno un istante, moriva e ritornava in vita nello spazio di un respiro, di un ansito, e si chiedeva se sarebbe andato a fuoco o se il mondo sarebbe esploso intorno a lui ma non gli interessava, bastava che ci fossero lui e Erik. I corpi si strinsero, danzarono insieme, i cuori collassarono, l’intero pianeta precipitò vorticando nell’oblio e le stelle salirono in cielo e illuminarono la stanza e le loro anime e fu tutto e fu l’eternità.

Tenendo il giovane Conte stretto a sé, Erik si preoccupò subito di sapere come stava non appena ebbe ritrovato un minimo di lucidità.

“Teddy, stai bene?” gli chiese, accarezzandogli il viso e i capelli.

“Io… credo di non essere mai stato meglio di così” sospirò Edward, che riusciva appena a respirare ed era ancora incredulo e trasognato. “Non immaginavo nemmeno che esistesse una cosa del genere e sono contento perché adesso ti appartengo davvero, la mia vita è tua…”

“Ho sognato per tanto tempo di averti qui con me e ancora non ci credo del tutto” sussurrò Erik con voce dolce e sommessa, continuando ad accarezzare teneramente Edward come se fosse una statuina di porcellana. “Ti amo tanto, Teddy, sei così dolce e meraviglioso che non so come faccio a meritarti.”

Il sorriso di Edward era così immenso che sembrava illuminarlo tutto.

“Ti amo anch’io” mormorò, rendendosi finalmente più consapevole dei suoi sentimenti e di quello che aveva sentito dentro fin dal primo istante in cui aveva parlato con Erik nella prigione della Torre di Londra. “Tu mi hai riportato alla vita e non solo perché mi hai salvato… questa vita io non me la sarei potuta immaginare neanche tra mille anni!”

Felice, Erik baciò di nuovo il suo prezioso, dolcissimo Teddy e lo tenne abbracciato, al sicuro nel cerchio protettivo delle sue braccia, finché non caddero entrambi in un sonno sereno e tranquillo.

Prima di addormentarsi, tuttavia, un vago pensiero si agitò inquieto nella mente dell’uomo.

Santo cielo, speriamo che domani a Teddy non venga in mente di raccontare anche tutto questo a sua sorella!

Eh, sì, il fatto che Edward fosse tanto innocente, trasparente e privo di malizia a volte poteva anche mettere in serio imbarazzo la gente!

Fine settima parte

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Ottava parte ***


Ottava parte

 

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star

Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Sir Richard e Maggie giunsero il giorno successivo al cottage. Dopo che la minaccia incombente della Regina era svanita, il gentiluomo non era più riuscito a trattenere la moglie che moriva dalla voglia di riabbracciare Edward. Così aveva inviato un messaggio comunicando il loro arrivo in mattinata, avrebbero pranzato tutti assieme, magari fatto una passeggiata nei boschi, e così Maggie si sarebbe tranquillizzata vedendo il fratello sano, salvo e felice.

Anzi, Sir Richard ebbe il vago sospetto che Maggie avrebbe trovato Edward fin troppo entusiasta della sua convivenza con Erik e si chiese se non avrebbe fatto meglio a preparare psicologicamente sua moglie a ciò che avrebbe potuto trovare al cottage…

In effetti, quella mattina Edward era davvero al massimo della gioia, si sentiva felice, emozionato e appagato come mai avrebbe immaginato di poter essere. Qualche volta, se si fermava a pensarci, non riusciva a credere che la sua vita fosse cambiata così tanto in poco più di un mese e finiva per temere che fosse tutto un sogno meraviglioso, che un giorno si sarebbe svegliato… e si sarebbe ritrovato di nuovo in quella prigione. Ma risvegliarsi in prigione sarebbe stato ancora peggio adesso che aveva conosciuto la felicità più pura e completa. Tante volte, nei lunghi anni trascorsi in prigione, era stato sul punto di perdere la speranza, di arrendersi, di lasciarsi andare, non ci sarebbe voluto molto, uomini più grandi e più forti di lui avevano perso il senno dopo anni in carcere. Se avesse scelto di lasciarsi andare sarebbe stato più facile, non avrebbe più pensato a niente, non si sarebbe ricordato neanche più il suo nome. Invece Edward aveva scelto di resistere, di lottare in quel suo modo ingenuo ma tenace, aveva scelto di avere fiducia in Maggie e di credere che, prima o poi, lei sarebbe riuscita a trovare un modo per farlo liberare. Era stato, per usare una parola che va di moda oggi, resiliente e adesso veniva ricompensato per non essersi mai arreso. Era libero, sebbene su di lui pendesse ancora una condanna a morte; viveva in un cottage immerso nei boschi come aveva desiderato da tanto tempo, a contatto con l’aria fresca e pulita della natura; sua sorella Maggie abitava a una mezz’ora di distanza e avrebbe potuto vederla quello stesso giorno e poi… e poi, la gioia più immensa e inaspettata, il suo cuore e i suoi sensi erano stati risvegliati dal vero amore, qualcosa a cui non aveva neanche mai pensato, prima perché era solo un bambino e poi perché, in prigione, sognava soltanto la libertà e il ritorno a casa.

Erik era diventato, in poche settimane, il suo punto di riferimento, la sua Stella Polare, la persona che lo proteggeva e l’uomo che amava, al centro del suo cuore. Con Erik aveva imparato cosa significhi amare veramente e sentirsi amato e accolto per ciò che si è, aveva scoperto sensazioni ed emozioni inimmaginabili e indescrivibili che lo facevano sentire perso e poi ritrovato, in pezzi e poi finalmente integro e completo. Sì, Edward era completamente, totalmente, irrimediabilmente e incondizionatamente innamorato e felice… e, com’era ovvio per lui, non vedeva l’ora di farlo sapere a Maggie, chissà come sarebbe stata contenta per lui!

Eh, già!

I coniugi Pole, dunque, giunsero al cottage dove vivevano Erik e Edward verso le undici del mattino e, per fortuna, pur essendo fine ottobre, era una bella giornata d’autunno, fresca e frizzante ma anche luminosa. *

Maggie era raggiante e, non appena scese dalla carrozza, si precipitò ad abbracciare Edward che la aspettava davanti al cottage, con Erik qualche passo indietro.

“Teddy! Che bellezza, finalmente ti rivedo, mi sembra un sogno!” esclamò la giovane donna, piangendo di gioia e stringendo il fratello tra le braccia.

“Anche tu mi sei mancata, Maggie” rispose Edward. “Stai bene?”

“Certo, sto benissimo adesso che ti vedo sano e salvo!” Maggie era talmente commossa ed emozionata che non riusciva a trattenersi, abbracciava Teddy, gli accarezzava il viso, lo guardava come per sincerarsi che fosse davvero lì, che fosse davvero al sicuro, poi di nuovo lo abbracciava forte. “Sei così… si vede che stai bene, non speravo che ti riprendessi così velocemente fuori da quella prigione e invece tu mi hai sorpresa ancora una volta. E’ meraviglioso vederti così felice, rilassato e in salute, è un sogno che si avvera per me!”

Sir Richard, suo malgrado, si stava commuovendo un po’ pure lui vedendo la moglie tanto felice e scambiò uno sguardo pieno di gratitudine con Erik, sapendo benissimo che era solo merito suo se Edward era non solo libero e al sicuro, ma anche felice e pieno di vita.

“Sono tanto contento di rivederti, Maggie. Ma non hai portato il mio nipotino?” domandò Edward, guardando verso la carrozza e sorvolando allegramente sul fatto che il bimbo si chiamasse Henry. In effetti, quella cosa non gli andava ancora giù e preferiva non pensare al nome del nipote!

Maggie non fece molto caso all’omissione intenzionale del fratello, era troppo felice di vederlo così raggiante e di sentire che si preoccupava anche per il bambino, che avrebbe desiderato incontrarlo.

“Avevo pensato di portare anche lui, in effetti, ma poi ho preferito lasciarlo con la balia almeno per oggi” spiegò la giovane donna. “Ieri, quando la Regina è arrivata all’improvviso e ha fatto perquisire tutta la casa, Henry si è spaventato e innervosito e ho scelto di lasciarlo riposare. Comunque lo vedrai presto, no? Adesso la nostra tenuta è sicura, le guardie reali non hanno trovato niente e tu potrai venire ad abitare con noi quando vorrai, anche subito.”

Edward lanciò uno sguardo a Erik, che mostrò un certo disagio.

“Veramente, Maggie, ecco… io ho deciso che preferisco non venire a vivere con te e con la tua famiglia” disse il ragazzo. “Questo posto è meraviglioso, mi piace vivere in mezzo alla natura e sento questo cottage come se fosse la mia vera casa, insieme a Erik.”

Maggie fece un passo indietro, perplessa, come se non avesse capito bene.

“Di cosa stai parlando, Edward? Hai sempre detto che volevi tornare a casa e aspettavamo soltanto il giorno in cui avremmo potuto vivere di nuovo insieme, liberi e felici, senza più temere niente e nessuno. Perché hai cambiato idea? Non capisco.”

“Mi dispiace che tu ci sia rimasta male e… no, non ho cambiato idea, però le cose sono diverse ora. E’ vero, io dicevo sempre di voler tornare a casa, ma la casa di Sir Richard non è la mia, è la sua casa e la tua e quella di vostro figlio” cercò di chiarire Edward, facendo ancora più confusione (ma Erik e anche Sir Richard capivano benissimo dove volesse andare a parare…). “Io verrò a trovarti tutte le volte che vorrai e anche tu verrai qui, ci potremo vedere ogni giorno se vogliamo, ma… ecco, è questa che sento come casa mia ed è qui che voglio abitare, insieme a Erik.”

Era la seconda volta che il ragazzo sottolineava il fatto di voler vivere insieme a Erik e, alla seconda, anche Maggie cominciò a comprendere. Intanto, sia Erik sia Sir Richard mostravano chiari segni di nervosismo. Ecco che la bomba stava per scoppiare…

“Cosa intendi quando dici di voler vivere insieme a Erik?” chiese Maggie, sospettosa.

“Che voglio abitare con lui, che voglio stare con lui, che viviamo insieme come te e Sir Richard” rispose con entusiasmo Edward. “Erik dice che mi ama, ha detto che mi ha sempre amato, già quando veniva a scortarti in prigione per farmi visita mi aveva notato e mi pensava sempre… lui mi protegge, si occupa di me, fa tutto quello che mi può rendere felice e mi tratta come se davvero fossi un Principe! E anch’io ho capito che mi sono innamorato di lui, per questo voglio vivere con Erik, voglio che stiamo insieme per tutta la vita!”

Erik aveva l’aria di chi vorrebbe prendere una pala e sotterrarsi, Sir Richard pensò di intervenire in qualche modo, ma non fece in tempo perché Maggie reagì sconvolta e traumatizzata come ci si poteva ragionevolmente aspettare…

“Edward, ma di che stai parlando? La libertà ti ha forse dato alla testa? Innamorato di Erik? Lui ti ama? Volete vivere insieme? Ma che razza di storia è questa?” esclamò, sconcertata.

Il ragazzo, però, era sconcertato quanto lei per la reazione così veemente!

“Ma… perché fai così, Maggie? Non c’è niente di male, ci vedremo lo stesso, anche tutti i giorni. E io voglio che porti il mio nipotino… sì, insomma, Henry, a trovarmi qui a casa nostra, voglio che veda la mia nuova stanza e i sentieri nel bosco in cui vado con Erik” replicò, con gli occhi sgranati per la sorpresa e chiaramente deluso perché la sorella non condivideva il suo entusiasmo. “Lo so che volevi che abitassimo insieme, ma anche tu adesso hai una famiglia tua e io ho Erik.”

“Cosa vorrebbe dire che tu hai Erik?” protestò di nuovo Maggie. Poi, vedendo che il fratello pareva non capire il suo dissenso, decise di rivolgersi direttamente al Capitano delle Guardie. “Cosa hai fatto a Edward, cosa gli hai messo in testa? Ora capisco tante cose, ecco perché dicevi di non volere nessuna ricompensa… te l’eri già presa a nostra insaputa. Come hai potuto, non ti vergogni? Sapevi che Edward era particolarmente fragile e suggestionabile, ti sei approfittato del suo bisogno di affetto, non è così?”

Sir Richard pensò che fosse il momento di intervenire.

“Maggie, ora stai esagerando, non sappiamo come siano andate realmente le cose, magari lascia che Erik ti spieghi…” iniziò, ma a sorpresa fu proprio il Capitano ad interrompere la sua difesa.

“No, mio Signore, non prendete le mie difese, Lady Margaret ha ragione ad essere arrabbiata con me” disse in tono calmo e pacato. “E’ vero che mi sono spinto fin troppo avanti con Edward, ero così felice di averlo con me che non ho pensato a cosa stessi facendo e a come, seppure involontariamente, lo stessi condizionando. Posso affermare comunque che non ho mai fatto niente che lui non volesse e che, anzi, ho cercato di convincerlo a staccarsi da me e a venire a vivere con voi. Tuttora penso che sarebbe la cosa migliore per lui.”

Poi Erik continuò rivolgendosi direttamente al ragazzo.

“Edward, sapevo che non era una buona idea quella di vivere con me e ho provato a dirtelo” gli spiegò, con la solita dolcezza. “Non ho insistito troppo perché tu ti sei sentito rifiutato, come se fossi io a non volerti con me, ma la verità è che tu devi abitare con tua sorella e la sua famiglia, è quello il tuo posto. Pensa anche a questo: tra poco sarà novembre, cadrà la neve, in questo cottage farà freddo e non ci sarà niente di emozionante o avventuroso nel vivere qui, sarà peggio della prigione in cui ti trovavi. Potresti ammalarti e io non me lo perdonerei mai. Del resto, in inverno nemmeno io abito qui, Sir Richard mi mette a disposizione un’altra piccola casa più vicina alla tenuta. Potrai incontrarmi ugualmente, quando non sarò impegnato al servizio di Sir Richard, ma la cosa migliore è che tu abiti con Lady Margaret.”

Il giovane Conte di Warwick era esterrefatto e si sentiva come se tutto il suo mondo, i suoi sogni, la felicità che aveva appena iniziato ad assaporare cadessero in pezzi attorno a lui. Che stava succedendo? Perché Maggie si era così arrabbiata con lui e, peggio ancora, con Erik? Perché Erik non voleva vivere con lui? I suoi occhi si riempirono di lacrime mentre contemplava la caduta di tutti i progetti che aveva fatto solo poche ore prima… e pensare che era stato così emozionato all’idea di condividere la sua gioia con la sorella! Avrebbe voluto parlarle, rimproverarla per essere stata così dura con Erik che non aveva fatto altro che dedicarsi completamente a lui, ma non trovava le parole tanto era avvilito.

Prima che potesse dire qualcosa, Sir Richard parlò di nuovo.

“In effetti questa potrebbe essere la soluzione migliore, Erik ha ragione” disse. “Si sta avvicinando l’inverno e nessuno potrà abitare in questo posto, però temo che non sia ancora prudente portare Edward a vivere con noi. Come hai potuto vedere, Maggie, la Regina non si fa scrupoli di piombare da noi a sorpresa e senza farsi annunciare e cosa succederebbe se decidesse di arrivare di nuovo e Edward fosse là? Come potremmo nasconderlo? Cosa ne sarebbe di lui e anche di noi per averlo nascosto? Di noi e di nostro figlio?”

Maggie trasalì. Non aveva pensato a questa eventualità, ma conoscendo l’ostinatezza e l’ambizione di Elizabeth non era affatto da escludere. Magari non subito, ma forse tra un mese o due, o in primavera, chissà? Edward non poteva essere completamente al sicuro a casa loro. E poi… le parole di Erik, nonostante tutto, le avevano toccato il cuore: lo aveva accusato di aver approfittato della fragilità del fratello, invece lui aveva insistito perché Edward tornasse a vivere con lei, e c’era una tale dolcezza nel suo sguardo e nella sua voce, un affetto infinito, una premura commovente che testimoniava più di ogni altra cosa quanto veramente amasse il giovane Teddy. Suo fratello era evidentemente molto felice con lui, sereno e appagato come non lo aveva mai visto, e chi era lei per giudicare il loro rapporto, chi era lei per ostacolare qualcosa che aveva ridato la vita a Edward, in tutti i sensi e nel modo più profondo e meraviglioso che potesse immaginare?

“Hai ragione, Richard, non sappiamo cosa potrà fare Elizabeth nei prossimi mesi e non voglio mettere in pericolo né Teddy né nessuno di noi” ammise Maggie, già pentita di essersi arrabbiata con Erik e di aver deluso e addolorato Edward. “La cosa migliore è che Edward abiti con Erik nella piccola casa che tu gli hai messo a disposizione e vi trascorrano l’inverno, poi decideremo cosa fare.”

“Io… mia Signora, volete davvero che continui a vivere con Edward e a occuparmi di lui?” mormorò Erik, commosso. “Non gli farei mai del male, ve lo giuro, io… ucciderei per lui, morirei per lui!”

Maggie vide lo sguardo infuocato e sincero di Erik mentre diceva quelle parole, vide illuminarsi Teddy nel sentirlo parlare così, una luce che gli veniva da dentro, dal cuore, e lo rendeva raggiante come mai era stato. Qualsiasi cosa potesse pensare, Erik era chiaramente la ragione di vita di Teddy e viceversa, non sarebbe stata lei a distruggere la loro felicità.

“Va bene, adesso andiamo a pranzo” concluse quindi Maggie con un sorriso, “così potremo parlare e organizzarci per il trasferimento di Edward e Erik nella casa in cui trascorreranno l’inverno. Abiteremo ancora più vicini e ci vedremo più spesso, spero che potremo anche passare le feste natalizie tutti insieme, senza brutte sorprese da parte di Elizabeth. Ho tanti regali da farti, Teddy, e non voglio sentire obiezioni perché farò dei bei doni anche a Erik, se li è meritati.”

“Oh, sì, che bello, il Natale!” esclamò Teddy con occhi sognanti, dimenticando la delusione di poco prima. Era felice che fosse tutto sistemato e che Maggie, proprio come aveva tanto desiderato, avesse accolto Erik nella loro famiglia. “Era tanto tempo che volevo festeggiarlo con le persone care, come quando ero bambino! Potrò avere un cane che non morde come regalo?”

Maggie e Sir Richard si scambiarono uno sguardo e sorrisero.

“Certo, un cagnolino che non morde lo avrai sicuramente!” disse lei.

Stretta al marito, si avviò verso il cottage, guardando Erik e Edward che camminavano davanti a loro, Erik che teneva un braccio attorno alle spalle del ragazzo, pensando che lui il suo regalo di Natale lo aveva già avuto, e Teddy che gli si affidava beato. Sì, Erik meritava di essere uno di famiglia e adesso comprendeva che Edward aveva tutti i diritti di fare finalmente le sue scelte nella vita, dopo tanti anni in cui era stato prigioniero e costretto a sottostare alla volontà altrui. Ecco, magari preferiva non pensare a loro due che facevano cose, ma a parte quello anche Maggie si sentiva rasserenata vedendo il fratello così felice.

Sperava soltanto che Elizabeth non intervenisse di nuovo a distruggere la loro felicità, purtroppo il pericolo continuava a incombere…

Fine ottava parte

 

 

* Edward Plantagenet fu giustiziato il 28 novembre 1499. Nella mia versione io ho anticipato un po’ i tempi, immaginando che Erik andasse a liberarlo a settembre, perché ho pensato che sarebbe stata dura la vita per quei due poveretti in un cottage gallese nel bosco in pieno inverno!

 

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Capitolo 9
*** Nona parte ***


Nona parte

 

Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Dopo il piccolo equivoco nato dalla rivelazione entusiasta di Edward alla sorella circa il suo vero rapporto con Erik (e meno male che non era sceso in dettagli!), le cose iniziarono veramente ad appianarsi e ad andare come meglio non si poteva sperare. Sir Richard donò a Erik una piccola casa che distava poco più di quattro miglia dalla sua tenuta ed era dunque abbastanza vicina ai boschi da permettere al giovane Conte di Warwick di nascondersi nel caso fossero giunte visite impreviste e sgradite, ma anche più prossima all’abitazione dei Pole, meno isolata e fuori mano in vista dell’inverno imminente. Attorno alla casetta in pietra si stendevano ettari di prati verdissimi, c’erano molti alberi da frutto e dei comodi sentieri conducevano alla tenuta di Sir Richard, sia a piedi sia a cavallo. Era veramente un piccolo gioiello, seppure semplice, e Erik all’inizio non voleva accettare che Sir Richard gliela regalasse, la riteneva fin troppo bella e comoda per un semplice Capitano delle Guardie com’era lui. Il gentiluomo, tuttavia, aveva chiuso il discorso sottolineando che quella casa era la sua ricompensa per aver salvato e protetto Edward, che la volesse o meno, e che comunque doveva accettarla se… beh, insomma, se voleva offrire una dimora al suo giovane compagno.

Ovviamente il discorso si svolse ben lontano dalle orecchie di Maggie, che sarebbe caduta in deliquio se avesse sentito che suo marito in persona donava a Erik una sorta di nido d’amore per viverci con Teddy… anche se, alla resa dei conti, le cose stavano esattamente così e andava bene a tutti!

Erik e Edward si trasferirono nella nuova casa a metà novembre, appena prima che iniziasse a fare decisamente freddo e a nevicare, e il ragazzo si mostrò subito felicissimo della nuova casa, gli piaceva tutto, le stanze piccole ma confortevoli che trasmettevano calore, il grande camino in pietra, le finestre che lasciavano entrare i raggi del sole, i cespugli e il muretto attorno… insomma, era al colmo della gioia e praticamente emetteva luce propria!

“Quando arriverà la bella stagione potremo mettere delle panche fuori, accanto ai cespugli, e leggere fino a tardi la sera!” esclamava, ammirando ogni punto della nuova abitazione. “Joseph potrà piantare delle rose… rose bianche, mi raccomando… e altri fiori e sarà il nostro giardino.”

Erik rise, intenerito.

“Mi assicurerò personalmente che le rose siano solo bianche” commentò, divertito. “E poi vedrai come sarà bello quando, in primavera, gli alberi da frutto inizieranno a fiorire. Tutti gli alberi che vedi là sono alberi da frutto e Sir Richard mi ha dato il permesso di cogliere tutta la frutta che vorremo. E’ stato davvero generoso.”

“Sì, è un uomo buono” ammise il giovane. “All’inizio non ero per niente contento che sposasse Maggie, sapevo che era fedele a Re Henry e poi mi ha fatto rabbia che abbiano chiamato così anche il loro primogenito. Però adesso mi rendo conto che, per Maggie, non poteva esserci sorte migliore. Sir Richard le vuole davvero bene, la protegge, si prende cura di lei e del bambino ed è vero che è leale al Re, ma non così tanto da mettere in pericolo le persone che ama. Ecco, Sir Richard è per Maggie quello che tu sei per me!”

E questo si era capito, a dirla tutta lo aveva spiegato anche a Maggie, tanto per stare sul sicuro! Erik era sempre imbarazzato quando la conversazione prendeva questa piega, certo amava tantissimo Teddy ed era completamente felice adesso che poteva averlo tutto per sé, ma una parte di lui continuava a pensare di non meritarselo, che Edward era di stirpe reale, che avrebbe potuto vivere in un palazzo o, quanto meno, in una grande tenuta invece che in quella modesta casetta, per quanto carina fosse. Così, tanto per cambiare discorso, fece una battuta.

“Ti sei arrabbiato perché Sir Richard e Lady Margaret hanno chiamato Henry il loro bambino? Beh, non dovresti odiarlo tanto quel nome… visto che è così che mi chiamo anch’io!” disse, con un sorrisetto.

Edward rimase allibito.

“Cosa? Ma… no, no, non è così, tu ti chiami Erik e…”

“Hai ragione, in realtà il nome Henry in norvegese diventa Henrik, ma è poi così diverso da come mi chiamo io? Henrik, Erik… sono molto simili, non trovi?” l’uomo lo stava chiaramente prendendo in giro, ma per Teddy quella era una questione serissima!

“Tu non ti chiami Henrik!” insisté. “E poi non m’importa se il tuo nome è simile a quello del Re, tu sei una persona molto diversa da lui, sei buono, sei generoso, sei sempre premuroso con me e io ti amo, ecco!”

Ci fu un attimo di silenzio quando entrambi si resero conto di cosa era sfuggito di bocca a Edward. Era vero, il ragazzo aveva già detto a Erik che si stava innamorando di lui e, di fronte a Maggie, aveva ammesso apertamente di amare il Capitano delle Guardie. Però non lo aveva mai dichiarato così spontaneamente e tutti e due rimasero molto turbati e imbarazzati, Erik era quasi incredulo. Si avvicinò lentamente al giovane che lo guardava con le guance rosse e un sorriso tenerissimo sulle labbra.

“Tu… Edward, io lo so quanto mi vuoi bene, so che mi hai difeso anche davanti a tua sorella e che sei felice di stare con me, però… ecco… davvero mi ami? Io non so se merito il tuo amore, tu sei un Principe e sei ancora così giovane, forse non ti rendi conto…” in quel momento, a dire il vero, fra i due era Erik quello che sembrava non rendersi conto, mentre Teddy, a parte l’imbarazzo, appariva convinto e consapevole dei suoi sentimenti, forse per la prima volta nella sua vita.

“Oh, basta con questa storia del Principe, io non sono più nessuno, anzi, sono proprio contento di abitare qui con te e di essere solo Teddy, spero che tutti si dimentichino di Edward Plantagenet il prima possibile!” lo interruppe. “Ed è vero, sono giovane e non ho per niente esperienza in queste cose, sono stato rinchiuso in prigione fino a pochi mesi fa… però so che quello che provo per te non l’ho mai provato prima, che con te sono felice ma non solo, perché anche con Maggie sono felice. So che quando sei vicino a me mi sento tremare dentro, che provo delle emozioni che non credevo neanche esistessero e le provo soltanto quando sto con te, che quando non ci sei mi manchi tantissimo anche solo per pochi minuti, che quando siamo insieme e tu mi baci e mi stringi e fai tutte quelle altre cose…”

Erik pensò bene di interromperlo prima che scendesse nei dettagli, era fin troppo chiaro quello che il ragazzo voleva dire!

“Teddy, è veramente meraviglioso quello che mi dici e scusami se sembro sempre avere dei dubbi, non è colpa tua, in realtà è colpa mia” confessò l’uomo, prendendo il volto del giovane tra le mani e guardandolo con infinita dolcezza. “Sono io che non mi sento degno di te, a volte temo che tu mi voglia bene solo perché ti ho salvato la vita, o perché non hai conosciuto altri che me dopo la tua liberazione. La verità è che non ho mai avuto niente di così bello e prezioso in vita mia e il tuo amore mi sembra un sogno… ho desiderato per tanto tempo di poter vivere con te, di poterti avere al mio fianco, di poterti stringere tra le braccia e adesso che è tutto vero non riesco a crederci!”

“Credici, Erik, perché io sono qui” rispose semplicemente Edward, “e poi non è vero che tu sei l’unico che ho incontrato in questi anni, a parte Maggie. Ho conosciuto Sir Richard e, negli ultimi mesi, ho incontrato mio cugino Richard, il ragazzo che era imprigionato con me, ma mica mi sono innamorato di loro! Io… sono innamorato soltanto di te e solo con te mi sento così…”

Euforico ed emozionato, Erik lo strinse in un abbraccio caldo e avvolgente e lo baciò, anche per impedirgli di continuare a spiegare che cosa esattamente gli piacesse fare con lui e come si sentisse e tutte quelle cose là che avrebbero fatto venire i capelli bianchi a Maggie! Fu un bacio lungo e appassionato in cui Erik si perse sulle labbra e nel sapore del suo giovane compagno, quel ragazzo così dolce e sfortunato al quale, adesso, voleva dedicare l’intera vita. Edward gli buttò le braccia al collo e si abbandonò felice a lui ed Erik continuò a stringerlo tra le braccia, accarezzandolo sul viso e sui capelli e baciandolo con intensità, lungamente e profondamente, godendo del tepore della sua pelle e del sapore della sua bocca. Tutto ciò che contava era Edward, era la sua serenità, e l’uomo avrebbe impegnato ogni istante della sua vita per farlo felice e ripagarlo di tutto quello che aveva perduto.

Più tardi, Edward era ancora in contemplazione della sua nuova casa e si divertiva a sistemare gli oggetti e i soprammobili proprio come se fosse stata una sposina che arredava il suo nido d’amore. E fu proprio vedendolo così intento e gioioso che a Erik venne un’idea, qualcosa che avrebbe sicuramente sorpreso il suo Teddy e che avrebbe acceso i suoi occhi di quella luce così meravigliosa che lui amava tanto.

“Edward, mi era venuta in mente una cosa che forse potrebbe farti piacere” gli disse, fingendo che fosse una cosa da niente. “Visto che, pur essendo metà novembre, l’autunno ci sta regalando ancora delle giornate luminose e belle, voglio portarti al Lago Bala, domattina, per passare una giornata come se fossimo in vacanza. E’ un posto molto bello e forse in autunno è ancora più suggestivo. Ci porteremo pane e formaggio, acqua e passeggeremo lungo le rive del lago e ammireremo il panorama. Che ne pensi? Così potremo vivere una giornata all’aria aperta prima che l’inverno ci costringa a chiuderci in casa.”

Il sorriso di Teddy illuminò l’intera casetta.

“Davvero? Che meraviglia, certo che voglio andarci! Erik, hai sempre dei pensieri così belli per me, io… sono tanto felice, tanto felice!”

Gli si gettò tra le braccia con foga e Erik, commosso, lo strinse e lo baciò, pensando che la prima parte della sua sorpresa era andata a buon fine. Sulla seconda era ancora un po’ incerto, non sapeva come avrebbe potuto interpretarla Edward, se avrebbe rischiato di offenderlo… ma doveva e voleva tentare.

Il mattino dopo, dunque, partirono di buon’ora per giungere al Lago Bala in tempo per goderne appieno. Le giornate, infatti, erano già molto più brevi e Erik voleva sfruttare tutta la luce del giorno per permettere a Teddy di ammirare il lago in tutta la sua bellezza. Era una giornata freddina, ma limpidissima e il lago brillava alla luce del sole, riflettendo sulla sua superficie i mille incantati colori della tavolozza autunnale, dal giallo al rosso al marrone. Era uno spettacolo che toglieva il fiato e Erik era felice di vedere Edward incantato da tanta meraviglia, quasi frastornato per la gioia di respirare aria frizzante e pulita, di sentirsi parte di una natura perfetta, di incamerare nella memoria più immagini possibili del lago con tutte le sfaccettature di colore, dei boschi e delle colline attorno, dei prati e di tutte le magie che l’autunno regalava a quel luogo. I due passeggiarono lungo le sponde del lago per lunghi momenti, in silenzio, assaporando la gioia di essere insieme in un mondo che sembrava fatato… poi arrivò il momento che Erik aveva programmato. L’uomo aveva disteso un mantello sul prato perché lui e Edward potessero sedersi a mangiare davanti al lago, ma prima di mangiare c’era una cosa che voleva fare. Guardò ancora una volta il volto arrossato, sorridente e luminoso del ragazzo, sentendosi intimidito come un bambinetto al suo primo amore, poi si fece forza e prese una mano di Edward.

“Erik, sono così felice che tu mi abbia portato qui, è tutto così meraviglioso, hai visto i colori del lago? E quelle colline laggiù, e i boschi e…” cominciò a dire il giovane, eccitato da tante novità e bellezze, e l’uomo dovette interromperlo perché altrimenti non sarebbe mai arrivato a dirgli quello che voleva.

“Edward, sono veramente contento che questo posto ti piaccia, volevo che fosse speciale per te perché… ecco, adesso noi viviamo insieme e io volevo chiederti se tu… beh, se tu vuoi sposarmi” buttò fuori Erik, tutto d’un fiato per non perdere il coraggio.

Edward lo guardò perplesso.

“Sposarti? Ma…” mormorò. “Erik, io ti sposerei anche qui, adesso, ma non possiamo farlo, lo sai che gli uomini non si possono sposare, no?

Il ragazzo aveva l’aria di chi spiega cose ovvie a un deficiente ed era anche piuttosto sorpreso perché, in genere, era lui quello che passava per poco sveglio. *

“Lo so benissimo, purtroppo, ma in fondo a noi non importa perché possiamo farlo lo stesso in modo simbolico, sempre se tu lo vuoi, naturalmente. Lo so che sono soltanto un Capitano delle Guardie e che non potrei mai neanche sognare di sposare un giovane come te, così delicato e dolce e di stirpe regale, ma… ma se tu accetti di sposarmi, Edward, io sarò al tuo servizio per tutta la mia vita, ti proteggerò, ti renderò felice ogni istante, sarai davvero il mio Principe” disse con passione Erik, stringendo teneramente la mano di Teddy e guardandolo negli occhi, perdendosi nel suo sguardo limpido e pulito come la superficie del lago.

“Io… certo che ti voglio sposare, Erik, io voglio essere tutto tuo, voglio vivere per sempre con te, te l’ho detto tante volte e l’ho detto anche a Maggie!” rispose con fin troppo entusiasmo il ragazzo. Già, Erik immaginò che la storia del matrimonio simbolico avrebbe provato il sistema nervoso della povera Lady Margaret… ma lui e Edward si amavano e questa era solo la logica conseguenza del loro amore. “Però cosa dobbiamo fare, visto che non possiamo sposarci davvero?”

Allora Erik prese un bracciale che portava sempre, un braccialetto che aveva fin da quando era bambino e che gli avevano donato i suoi genitori, in Norvegia. Era il ricordo più caro che aveva, un pezzo del suo cuore, e adesso lo avrebbe messo al polso di colui che possedeva l’intero suo cuore. Infilò il bracciale al polso sinistro di Edward, che lo fissava incantato.

“Questo è un regalo dei miei genitori, l’unico ricordo che ho di loro e della mia patria, ma adesso la mia casa e la mia famiglia sei tu, Edward, per questo voglio che sia tu a portarlo” gli disse. Ora la sua voce era più pacata, seria, e il suo sguardo penetrava il giovane fino in fondo all’anima. “Se vorrai portare questo bracciale sarà come se fossimo davvero sposati, anche più di quanto non lo siano le coppie nobili che si sposano per motivi di alleanze politiche. Tu sarai la mia casa e io sarò la tua, le nostre vite saranno intrecciate per sempre come i nodi di questo bracciale.”

“Io… io non me lo toglierò mai, Erik” sussurrò appena Edward, sopraffatto dall’emozione, dalla gioia, dal tremore e da qualcosa che gli toglieva il respiro e gli faceva venire voglia di piangere e di gridare di felicità allo stesso tempo. “Voglio essere per sempre intrecciato a te…”

Sì, beh, detta così suonava un po’ male, ma era il principio che contava, no?

“Farò qualsiasi cosa per difenderti, per renderti felice, per te sono pronto a uccidere, a morire, a sfidare Re Henry, ad attraversare gli oceani e le montagne per portarti in salvo… ti amo tantissimo, Teddy, sei la mia vita, il mio sangue, il mio respiro” disse ancora Erik, con intensità e solennità come una vera promessa matrimoniale.

“Anche tu sei tutto per me e non ti lascerò mai” rispose Edward, con gli occhi lucidi, emozionato e tremante. “Sei il mio mondo, la mia luce, la mia guida, il mio cuore e il mio tutto! E d’ora in poi non sono più Edward Plantagenet, quel povero ragazzo sfortunato non esiste più, io sono soltanto Teddy Olsson!”

Il che poteva anche essere un buon modo per allontanare le minacce e gli intrighi della corte inglese… a chi poteva interessare un tizio che si chiamava Teddy Olsson e che rinunciava così disinvoltamente a qualsiasi pretesa, ambizione e titolo nobiliare?

Erik prese Teddy tra le braccia e lo baciò di nuovo, il loro primo bacio da sposati, un bacio lungo, dolcissimo e infinito, un bacio che li fece perdere l’uno sulle labbra dell’altro, nella tenerezza del loro amore puro e immenso che leniva tutte le ferite, che cancellava tutto il male e che li univa in un perfetto universo di luce, calore e felicità.

Era il 21 novembre del 1499. **

Fine nona parte

 

Ho attraversato deserti per te
Ho valicato montagne per te
Ed ho versato il mio sangue perché
Ho combattuto e sfidato nemici più forti di me

Ho attraversato le fiamme per te
Buie foreste soltanto per te
Ed ho sfidato le ire dei re
Pur di tenerti per sempre con me…

(“Frasi nel fuoco” – Nomadi)

 

 

* Secondo alcuni storici il giovane Edward Plantagenet aveva un lieve ritardo mentale. Sono andata a informarmi sulla questione e pare che non sia affatto così, questa opinione si basa sulle frasi di uno storico dell’epoca, tale Edward Hall, il quale però precisò che Edward risultava “intellettualmente limitato” proprio perché fu tenuto in prigione, in un isolamento quasi totale, per anni, partendo da quando ne aveva soltanto dieci. Ho l’ardire di pensare che, se fosse stato liberato e avesse avuto accanto persone che si occupassero di lui, Teddy avrebbe potuto pian piano riacquistare buona parte delle sue capacità e della sua personalità.

** Ho scelto questa data non a caso. Il 21 novembre 1499 Edward Plantagenet fu processato e condannato a morte per tradimento e decapitato una settimana dopo nel cortile della Torre di Londra. Ho voluto che, nella mia storia, ciò che per Teddy è stato l’inizio della fine fosse invece l’inizio della sua nuova vita felice accanto a Erik. Per la cronaca, il Lago Bala esiste davvero in Galles e ho visto delle foto bellissime scattate proprio in autunno.

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Decima parte ***


Decima parte

 

Wise man said just walk this way
To the dawn of the light
Wind will blow into your face
As the years pass you by
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Sembrava che la vita, ormai, sorridesse a Edward e che tutti i suoi problemi fossero lontani. Aveva una sua piccola casa assieme a Erik, era simbolicamente sposato con l’uomo che amava e che lo aveva salvato, viveva vicino alla sorella… apparentemente era tutto perfetto, ma nel profondo del cuore del giovane c’era un male oscuro che lo corrodeva e gli portava via la luce dagli occhi, il colore dalle gote. Edward aveva lungamente desiderato di poter trascorrere le feste natalizie con tutta la famiglia riunita, ovviamente al fianco di Erik, ma anche con Maggie e Sir Richard e il piccolo Henry. Sognava di rivivere i Natali di quando era bambino e di cui conservava un ricordo molto sbiadito, fatto non tanto di immagini vere e proprie quanto di sensazioni. Provava un calore dolcissimo in tutta l’anima quando ripensava a quei Natali, gli sembrava di ricordare tante luci, un grande albero di Natale, gli abbracci della zia Anne Neville,* i giochi con Maggie e i cuginetti. Chissà se erano davvero frammenti di ricordi oppure solo sogni? Comunque fosse, Edward aveva desiderato disperatamente per tutti gli anni della prigionia di poter trascorrere di nuovo delle feste natalizie così serene accanto alle persone che amava ed era convinto che, quell’anno, finalmente il suo sogno si sarebbe realizzato.

Ma non era andata così. Le feste di Natale, com’era ovvio, erano anche un’importante occasione mondana per il Re e la Regina e alla corte di Londra, a Westminster, si succedevano banchetti e ricevimenti per gli ospiti più prestigiosi. Re Henry, per dimostrare a Sir Richard che si fidava di lui e che non aveva niente contro la sua famiglia, invitò i Pole a passare tutto il periodo festivo a corte e a intrattenersi con nobili inglesi e stranieri.

Sir Richard e Maggie, naturalmente, avrebbero anche fatto volentieri a meno di un simile onore. Mal tolleravano la vita di corte, non avevano piacere che il loro bambino avesse troppa esperienza di quel mondo corrotto e pieno di intrighi e futilità e, come se non bastasse, quell’anno avevano anche Edward con loro e avrebbero dovuto lasciarlo solo proprio in un periodo in cui si desidera maggiormente stare con le persone amate. Tuttavia non potevano rifiutare l’invito del Re. Sarebbe stato un oltraggio e, nella posizione in cui erano, avrebbero riattizzato i sospetti della Regina Elizabeth.

La cosa peggiore fu che Sir Richard non poteva privarsi dell’appoggio del suo Capitano e, così, anche Erik dovette trascorrere buona parte delle feste natalizie al fianco del suo Signore, a Westminster, con il cuore lacerato al pensiero del suo povero Teddy che avrebbe passato ancora una volta quei giorni da solo, nella piccola casa, con la sola compagnia dei fedeli servitori Joseph e Annie. Certo, era sempre un miglioramento rispetto agli anni precedenti in cui aveva trascorso le feste di Natale in prigione, ma Erik sospettava che Edward non avrebbe fatto poi tanto caso al miglioramento. Solo era e solo restava, e poco importava che adesso fosse in una casa tutta sua, servito da domestici affezionati, potendo uscire se e quando voleva… Non era questo che Edward aveva sognato, non era questo che voleva e Erik aveva la terribile sensazione che, quando le feste fossero terminate e lui e i Pole fossero finalmente tornati in Galles, avrebbero trovato un ragazzo molto più simile al prigioniero che avevano salvato dalla Torre di Londra, cupo e silenzioso, che al giovane vivace e allegro che Teddy stava ricominciando ad essere…

E così sia Erik sia Maggie non fecero altro che contare i giorni che li separavano dal ritorno in Galles, preoccupandosi ogni giorno per Edward e cercando di stargli vicino con lunghe lettere alle quali, però, il ragazzo non aveva mai risposto. E anche quello non era un buon segno.

Finalmente giunse il giorno della partenza. Sir Richard e Maggie salutarono e ringraziarono cortesemente i sovrani e poi si affrettarono a salire in carrozza con il piccolo Henry, sperando di riuscire a giungere alla tenuta in tempo per fare almeno una breve visita a Edward prima di andare a dormire. Erik, invece, prese il suo cavallo e lo spronò al galoppo per arrivare il prima possibile dal suo Teddy, il cuore stretto in una morsa d’angoscia e la mente piena di foschi presagi.

Quando giunse finalmente alla casetta che condivideva con Teddy, fece appena in tempo a consegnare il cavallo a Joseph perché se ne occupasse, ma non volle niente per sé, in quel momento non aveva tempo per ristorarsi e cambiarsi d’abito, doveva vedere subito Edward, verificare che stesse bene, abbracciarlo e fargli sentire che era tornato, che non doveva essere triste, che non lo avrebbe più lasciato solo. Si precipitò nell’abitazione e Annie, con un gesto muto, gli indicò il piccolo soggiorno dove stava il ragazzo.

A quel punto la frenesia aveva lasciato il posto a uno strano turbamento nel cuore di Erik. Lady Margaret gli aveva detto che Teddy, per molti versi, era ancora infantile e che spesso era capitato che, se lei non andava a fargli visita regolarmente in prigione, la volta successiva lui rifiutasse di parlarle, mettesse il broncio e non si voltasse neanche a guardarla. Erik avrebbe quasi sperato di trovare Edward imbronciato e offeso nei suoi confronti, avrebbe significato che, comunque, quella rabbia lo rendeva vivo, vitale, che poteva sfogarla e poi tutto sarebbe tornato come prima.

Il ragazzo che Erik trovò nel soggiorno, però, non teneva il broncio, non era arrabbiato, sarebbe stato meglio se così fosse stato. Edward sembrava tornato indietro di settimane, sembrava il ragazzo che Lady Margaret andava a trovare nella Torre di Londra. Si era seduto per terra, invece di approfittare del divanetto davanti al camino, e fissava fuori dalla finestra, come ipnotizzato dall’oscurità della sera, dalle stelle che ogni tanto spuntavano in mezzo a masse di nuvole scure, dai rari fiocchi di neve che danzavano nel cielo.

“In questi giorni non ha voluto mangiare quasi niente, passava tutto il suo tempo seduto per terra, come lo vedete adesso, signor Capitano” gli spiegò Annie a bassa voce e con una profonda preoccupazione negli occhi. “Ho cercato di preparargli piatti che potessero stuzzicare il suo appetito, volevo che potesse festeggiare anche lui, ma… ma Milord si limitava a farmi un dolce sorriso e assaggiava appena quello che avevo preparato. Quando non stava seduto per terra, tornava nella sua stanza e credo che abbia dormito molto più di quanto un ragazzo della sua età dovrebbe fare…”

Le parole di Annie scavarono un abisso di dolore nel cuore di Erik. Era questo, dunque, che il suo Teddy aveva fatto per tutti quei giorni? Se solo… se solo il Re avesse richiesto la presenza di Sir Richard a corte per un periodo più lungo, Edward sarebbe morto o comunque avrebbe finito per ammalarsi… se già non era accaduto. In preda all’angoscia, l’uomo entrò nel soggiorno, mentre Annie si ritirava in cucina.

“Teddy, sono qui, sono tornato!” gli disse, avvicinandosi a lui.

Il giovane si voltò lentamente e gli donò uno dei suoi sorrisi, ma non era il sorriso luminoso e allegro che Erik aveva imparato a conoscere e ad amare, era un sorriso mesto, debole, che non arrivava agli occhi i quali rimanevano tristi e colmi di una rassegnazione che era peggio di qualsiasi altra cosa.

“Ciao, Erik” gli disse, “sono contento che tu sia qui.”

Nient’altro. Era come se qualcosa si fosse spento.

Erik lo raggiunse e si inginocchiò accanto a lui per prenderlo tra le braccia. Neanche lui sapeva esattamente cosa fare. Doveva baciarlo? Doveva dirgli ancora una volta che lo amava tanto e che anche lui aveva sofferto standogli lontano? Oppure doveva soltanto stringerlo in un abbraccio caldo e protettivo per fargli sentire che era lì con lui e che non lo avrebbe mai più lasciato?

Lo abbracciò, ma non riuscì a resistere senza dirgli niente, il senso di colpa per averlo lasciato solo era troppo devastante, doveva chiedergli perdono, doveva cercare di scuoterlo da quella sua malinconia, quella tristezza desolata che sembrava succhiar via tutto il calore dal suo corpo e la luce dai suoi occhi.

“Edward, so quanto sei deluso, so quanto sei triste” mormorò, stringendolo a sé e accarezzandogli dolcemente i capelli. “So che aspettavi le feste natalizie con tanto entusiasmo e che sognavi di passarle con me e con la tua famiglia. Non posso neanche immaginare quanto sia stato doloroso per te dover rinunciare a questo tuo desiderio…”

“Non è colpa tua, Erik, non è colpa di nessuno” fu la risposta spenta del giovane. “Non potete disobbedire al Re…”

Per Erik fu ancora più triste constatare che Edward aveva in qualche modo accettato ciò che era successo, che nel suo dolore e nella sua delusione aveva pensato che non ci fosse altra scelta e che sarebbe andata sempre così, che non doveva più farsi illusioni perché non avrebbe avuto la vita che sognava, non sarebbe mai cambiato niente. Era stato proprio quello a distruggere la luce e l’entusiasmo dentro di lui, a uccidere la speranza nel suo cuore. Edward non ci credeva più, non credeva più alla possibilità di essere felice, non c’era un lieto fine per lui.

“Edward, ascoltami bene” gli disse Erik, prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi. “È un discorso difficile quello che devo farti, ma credo che sia giunto il momento. Purtroppo è difficile per me dirlo e sarà difficile per te accoglierlo, ma qualsiasi cosa è meglio di vederti così.”

Il ragazzo non rispose e si limitò a fissare i suoi mesti occhi nocciola nello sguardo chiaro e limpido del suo uomo.

“Io ti amo e voglio vivere con te, questo lo sai, non è cambiato niente e mai cambierà. Proprio per questo motivo ho voluto fare con te quella cerimonia simbolica del matrimonio, perché tu sapessi oggi e sempre che io ti starò sempre accanto, che tu sei la mia vita, la mia famiglia, la mia casa” riprese Erik, ricordando le parole che aveva detto a Teddy quel giorno al lago, quel giorno che adesso sembrava così lontano. “Però non posso stare sempre con te ogni momento della giornata, sono il Capitano delle Guardie di Sir Richard e ho degli incarichi da svolgere. Dopo che ti avevo liberato, Sir Richard mi ha concesso molto tempo libero perché potessi starti accanto, difenderti da eventuali pericoli, fare in modo che tu ti ambientassi e ti trovassi bene… ma adesso la situazione è più tranquilla, il Re ha dimostrato di avere ancora fiducia in Sir Richard chiamandolo a corte e molto probabilmente ha rinunciato all’idea di cercarti. Sei al sicuro qui, perciò io… io devo tornare a svolgere i miei incarichi come facevo prima. Lo capisci questo, vero?”

“Vuoi dire che mi lascerai solo tante altre volte?” domandò Edward, stavolta con una voce rotta dal pianto che si sforzava di trattenere. “Che non staremo più insieme come prima, mai più?”

Per Erik era una tortura dover spiegare quelle cose al ragazzo, lui stesso avrebbe davvero voluto trascorrere ogni istante della sua vita con Teddy… ma la vita reale era un’altra cosa e adesso toccava a lui farlo capire al suo giovane e ingenuo amante.

“Posso immaginare quanto tu abbia sognato di essere finalmente libero e quante cose avresti voluto fare” riprese, continuando ad accarezzargli i capelli con tenerezza. “Sei stato privato di una parte importantissima della tua vita ed è comprensibile che tu voglia riavere ciò che ti è stato tolto. E lo riavrai, Teddy, io farò tutto quello che posso, ogni giorno della mia vita, per rendere speciale tutti i momenti che passiamo insieme. Ma la vita quotidiana non può essere un’eterna vacanza, non possiamo andare ogni giorno a passeggiare nei boschi o organizzare una cena da Sir Richard o andare al lago… Ognuno di noi ha degli impegni, dei doveri da compiere, anche i nobili come Sir Richard e tua sorella.”

Lo sguardo di Edward era ancora triste, ma adesso pareva più attento e interessato, come se una tenue fiammella si fosse finalmente riaccesa nel suo cuore, così Erik si sentì incoraggiato a proseguire nel suo discorso.

“Avresti meritato di trascorrere delle feste natalizie meravigliose, con la tua famiglia e… con me, se era ciò che volevi, ma purtroppo il Re ha deciso altrimenti. Potrà capitare ancora che io debba passare dei giorni a Londra con Sir Richard, oppure che mi assenti una mezza giornata per i miei compiti di Capitano delle Guardie, ma non posso ogni volta dovermi preoccupare per come la prenderai tu, non posso stare sempre in pena per te. Io voglio che tu sia felice, Edward, non ho mai voluto altro da quando ti ho conosciuto!”

“Ma io… sono felice solo quando stiamo insieme…” obiettò il ragazzo, opponendo una logica stringente ai tentativi di Erik.

“Per me è lo stesso, ma questo non significa che non devo più svolgere le mie mansioni. Credi che io non preferirei restare qui con te e fare tutte le cose belle che abbiamo fatto finora? Credi che mi sia divertito ai ricevimenti e alle feste a corte? Ho odiato ogni minuto… ma era mio dovere esserci, al fianco di Sir Richard e Lady Margaret” ammise l’uomo. “Anzi, ho sopportato tutto questo perché sapevo che, alla fine, sarei tornato da te.”

Queste parole, finalmente, parvero riportare la luce sul volto e negli occhi di Edward.

“Davvero pensavi solo a me e volevi tornare?” domandò, emozionato.

“Ma certo, Teddy, non hai ancora capito che tu sei ciò che ho di più prezioso, importante e meraviglioso? Ma questo non significa che possa venire meno ai miei doveri, la vita è così e adesso sei abbastanza adulto per capirlo e accettarlo. Questo significa avere un rapporto maturo e consapevole con me…”

E, con grande sollievo di Erik, il giovane sorrise, quel suo sorriso gioioso e spontaneo che lo aveva fatto innamorare, e si buttò tra le sue braccia.

“Allora ho capito! Scusami, Erik, non avevo pensato che anche tu fossi stato male, che ti fossi mancato” mormorò, pieno di emozione. “Anch’io voglio avere un rapporto adulto, maturo e consapevole con te e… cercherò di non essere più tanto egoista. Voglio che tu mi stia vicino, ma quando non ci sarai ti aspetterò tentando di non intristirmi troppo. Così va bene, Erik?”

“Certo che va bene, Teddy. E io ti prometto che farò in modo di regalarti ogni giorno qualcosa di speciale, anche se ci saranno dei giorni in cui non potremo passare insieme molto tempo” ribatté l’uomo, stringendo il ragazzo con amore e tenerezza. Sapeva quanto fosse difficile per Edward accettare tutto questo, era ovvio che avesse sperato che, una volta libero, la vita sarebbe stata una continua festa, ma non era così, non poteva esserlo nemmeno per lui…

Avvolgendolo nel suo abbraccio caldo e protettivo, Erik lo baciò dolcemente, una, cento, mille volte. Perdendosi nella morbidezza e nella dolcezza delle sue labbra, tutte le preoccupazioni e le ansie di quei giorni scomparivano e rimaneva solo una tenerezza che faceva bene al cuore, mentre ogni istante si espandeva in un universo di amore e dolcezza che avrebbe cancellato tutto il male.

E proprio baciando Teddy e stringendolo a sé Erik ebbe un’intuizione di cui doveva parlare appena possibile con Sir Richard, qualcosa che avrebbe risolto tutti i problemi e reso felice il suo tenero ragazzino: tutto sarebbe andato bene se Re Henry avesse accettato di concedere la sua clemenza e una dispensa speciale per la libertà di Edward!

Ma sarebbe mai stato possibile?

Fine decima parte

 

 

 

 

 

 

* Edward e Maggie persero la madre quando avevano uno e tre anni, e il padre due anni dopo, mi piace pensare che gli zii, Richard Plantagenet e la moglie Anne Neville, li abbiano cresciuti come figli loro, con affetto e tenerezza.

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Capitolo 11
*** Undicesima parte ***


Undicesima parte

 

Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star (Here I am)…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Trascorse ancora qualche settimana e, a dispetto delle fosche previsioni di Elizabeth e dei suoi propositi di rivalsa, la situazione andò risolvendosi quasi da sola, naturalmente e senza spargimenti di sangue. Gli informatori di Re Henry riuscirono a scoprire che Perkin Warbeck (o Richard, che dir si voglia) si era rifugiato in Borgogna e che si era riunito alla sua Catherine e al figlioletto neonato, senza dimostrare più il benché minimo interesse per la corona d’Inghilterra. Inoltre, gli stessi informatori erano venuti a sapere anche che Edward Plantagenet non era con lui, né ci era mai stato. Chissà, forse si era rifugiato in Scozia o da qualche altra parte in Francia, tra i sostenitori degli York ma, come si poteva ben immaginare, Re Henry non avrebbe certo potuto inviare soldati in Francia o in Scozia per cercare Edward o per catturare e interrogare Warbeck sulle sue reali intenzioni.

Pareva, dunque, che le ombre che potevano insidiare il trono di Henry e dei suoi figli fossero svanite nel nulla e così anche Isabella di Castiglia, rassicurata, decise di concedere la sua benedizione al fidanzamento tra sua figlia Caterina e Arthur, il figlio maggiore di Henry ed Elizabeth.

Tutto risolto, dunque? Beh, non per Elizabeth, che si sentiva ancora umiliata per la figura da perfetta imbecille fatta davanti a Sir Richard e Maggie e che voleva riconquistare la sua dignità o qualche sciocchezza del genere.

Il marito, però, a quel punto ne aveva abbastanza delle rimostranze e dei capricci di Elizabeth!

“Insomma, si può sapere che cosa vuoi?” la rimproverò pochi giorni dopo. “Hai ottenuto tutto quello che desideravi, la corona è al sicuro, Warbeck è in Francia con la famiglia e Arthur sposerà Caterina d’Aragona. Cos’altro c’è che non va? Non ne posso più delle tue ossessioni, sei diventata persino peggiore di mia madre!”

“Come puoi non rendertene conto da solo, Henry?” reagì indispettita lei. “Va bene, in questo momento il trono è assicurato ai Tudor e il matrimonio tra Arthur e Caterina si farà, ma tu credi davvero che quel traditore di Warbeck se ne starà tranquillo in Francia con la famiglia? Magari sta organizzando un esercito per attaccarci di nuovo. E Edward, poi? Non sarà svanito nel nulla, no?”

“Secondo te io dovrei far guerra alla Francia solo perché sospetto di Warbeck? Ma ti ascolti quando parli? In Borgogna ho spie e informatori che osservano ogni mossa di quell’uomo, che ormai da mesi è innocuo e dedito solo alla sua famiglia” rispose bruscamente Henry. “Tuttavia, se soltanto tentasse qualcosa, ne sarei immediatamente informato e sarei pronto ad accoglierlo se mai dovesse tornare in Inghilterra con intenzioni bellicose.”

Elizabeth si irrigidì, ma non poté obiettare perché, per una volta, doveva ammettere che suo marito aveva perfettamente ragione.

“In quanto a Edward, certo non è svanito nel nulla, ma non ce lo vedo proprio a tramare nell’ombra per impossessarsi di una corona che nemmeno vuole. Probabilmente qualcuno dei sostenitori degli York lo tiene sotto la sua protezione e lui se ne sta lì tranquillo” continuò il Re.

“O magari è proprio in Galles, nella tenuta di Sir Richard e sotto la sua protezione” insinuò malignamente Elizabeth.

“Ancora con questa storia? Eppure sei stata tu stessa a far perquisire la tenuta e le terre di Sir Richard e i nostri soldati non hanno trovato tracce del ragazzo. Lo avevano nascosto, secondo te? Magari in Borgogna? Bene, come ti ripeto non mi sembra molto ragionevole dichiarare guerra alla Francia per questo e tanto meno perdere un uomo fidato come Sir Richard” ribatté Re Henry, spazientito. “Anzi, a questo punto ho preso la mia decisione al riguardo: andrò io stesso dai Pole e offrirò la grazia e la liberazione per Edward in cambio del loro giuramento di fedeltà ai Tudor.”

“Tu vuoi fare cosa???” trasecolò Elizabeth, ma non poteva protestare ancora, la scelta di Henry era la più giusta e avrebbe risolto la faccenda una volta per tutte. Continuare a perseguitare i Pole e Edward era controproducente, nessuno di loro rappresentava una vera minaccia per il Regno e, anzi, se avessero continuato a tormentarli sarebbero passati dalla parte del torto. Allora sì che qualche sostenitore degli York avrebbe avuto buone ragioni per organizzare qualche sommossa o attentato contro i tiranni Tudor! Per una volta Henry aveva preso la decisione più saggia e ad Elizabeth non restava che inghiottire l’orgoglio ferito e consolarsi con il matrimonio di Arthur e Caterina, che avrebbe rafforzato ancora di più la casata Tudor e il loro trono.

Il vero problema fu quando il messaggio di Re Henry, che annunciava una sua visita in settimana, giunse alla tenuta di Sir Richard e Erik dovette spiegarlo a Edward!

“Perché Re Henry viene qui? Anche lui vuole perquisire tutte le proprietà di Sir Richard per cercarmi? Vuole riportarmi in prigione… o magari farmi giustiziare?” esclamò il ragazzo, fuori di sé dalla preoccupazione.

“No, no, Edward, non fare così, è proprio tutto il contrario” cercò di calmarlo l’uomo. “Sir Richard mi ha fatto leggere la lettera del Re e dobbiamo essere felici del fatto che lui voglia venire qui perché potrà significare l’inizio di una nuova vita per te e per tutti noi. Sai, Re Henry ha scoperto che Warbeck, o Richard come lo conosci tu, è andato in Francia con la sua famiglia e che non ha più alcun interesse verso la corona d’Inghilterra. Ha saputo anche che tu non sei con lui, che non hai mai cospirato contro i Tudor, perciò sarebbe disposto a concederti la libertà con una dispensa speciale.”

“Io non ci credo” si ostinò il giovane. “Perché mai Re Henry dovrebbe farlo? Lui mi considererà sempre una minaccia per il solo fatto che esisto e io… io non voglio niente da lui, lui ha rovinato la mia famiglia, li ha fatti passare per traditori, è un uomo cattivo e pensa solo al potere!”

Erik sospirò dentro di sé, rendendosi conto che la cosa più difficile sarebbe stata proprio convincere Edward a recedere dalle sue posizioni intransigenti… Prese dolcemente il ragazzo per le spalle e lo attirò a sé, cercando il suo sguardo.

“Ascoltami, Edward, ascoltami bene” gli disse con pazienza e tenerezza. “Ti ho già spiegato tempo fa che essere liberi e vivere una vita adulta può significare anche, a volte, fare delle cose che non ci piacciono, te lo ricordi?”

Imbronciato, Teddy si costrinse ad annuire.

“Questa è una di quelle volte. Senti, io lo so cosa pensi del Re, ma nessuno di noi può cancellare il passato e riscriverlo come vuole. Credi che per me sia stato facile accettare di andare avanti dopo che quei soldati Danesi distrussero il mio villaggio e uccisero la mia famiglia e i miei amici? Certo, mi sarebbe piaciuto andare a cercarli e fare a loro quello che avevano fatto a me, ma non sarebbe servito a niente, anzi. Loro mi avrebbero ucciso, l’avrebbero avuta vinta una volta per tutte, e io adesso non sarei qui, non ti avrei mai conosciuto, non sarei così felice insieme a te. Ho dovuto accettare una cosa terribile con la speranza che la mia vita sarebbe potuta ricominciare da capo da qualche altra parte, che sarei stato di nuovo felice… ed è stato così, perché ho incontrato te.”

Edward, sulle prime, non voleva ascoltare le sagge parole di Erik, continuava a fare l’offeso e a sfuggire il suo sguardo, ma quando l’uomo iniziò a raccontargli di nuovo delle terribili esperienze vissute da ragazzino qualcosa si mosse nel suo cuore, una piccola spina lo intaccò e gli fece capire che non era lui ad avere l’esclusiva della sofferenza, che altre persone avevano passato momenti ancora più atroci e dolorosi e che erano riusciti a superarli. La voce pacata di Erik lo calmava e lo incantava e, senza quasi rendersene conto, Edward si trovò a seguire tutto quello che l’uomo diceva, perdendosi ancora una volta nell’azzurro placido dei suoi occhi, dello stesso colore del lago davanti al quale lo aveva sposato.

“Sir Richard pensa che la cosa migliore da fare sia parlare chiaramente al Re e fargli vedere che in effetti tu adesso vivi con noi, che anzi da molti mesi ormai sei tornato con la tua famiglia e che questo non ha portato a nessun complotto contro la corona” spiegò Erik. “Naturalmente il Re non dovrà sapere che è stato proprio Sir Richard a incaricarmi di liberarti, non deve perdere la fiducia che ha in lui o saremo tutti perduti. Il Re dovrà credere che, in effetti, la tua liberazione è avvenuta grazie a un piano architettato dai sostenitori di Warbeck e che sono stati i suoi uomini a farvi scappare, però poi lui ha capito che la sua famiglia era più importante di una corona, che ciò che davvero voleva era vivere in pace con sua moglie e suo figlio. Così ti ha fatto portare qui e lui si è nascosto in Francia temendo una vendetta dei Tudor…”

“Vuoi dire che il Re vorrà vedermi? Che saprà che sono sempre stato qui e che abbiamo ingannato Elizabeth? Ma non possiamo, si arrabbierà e io…” il giovane sembrava di nuovo perduto nel suo terrore e Erik si sentì spezzare il cuore, sapeva che gli stava facendo male ma quella era l’unica soluzione, l’unico modo per poter veramente sperare di avere una vita tranquilla insieme a lui, senza più dover temere le inferenze dei sovrani.

“Nessuno ti farà del male, Teddy, questo te lo prometto” dichiarò, stringendolo più forte come a volerlo proteggere da tutto il male del mondo. “Ti ho detto tantissime volte che ti amo, che sei tutta la mia vita e che per te sarei pronto a uccidere e a morire, adesso sei tu che devi essere forte e coraggioso e fidarti di me. Ti fidi di me, Teddy?”

Il ragazzo era veramente spaventato, ma il calore delle mani di Erik, la tenerezza nella sua voce e nel suo sguardo sembravano entrargli nel sangue e infondergli una forza che non aveva mai nemmeno sospettato di avere.

“Sì, io… io mi fido di te, Erik” disse, cercando di tenere ferma la voce. “Cosa devo fare?”

“Non sarà facile, ma adesso sei cresciuto, sei maturato e io so con certezza che sarai in grado di fare quello che devi, ne sono più che sicuro” riprese l’uomo. “Sì, Re Henry vorrà vederti e, prima di firmare la dispensa con cui ti restituirà la libertà, vorrà anche parlare con te, sentire la tua versione dei fatti. Dovrai essere sufficientemente bravo e determinato per convincerlo che le cose sono andate davvero come sostiene Sir Richard, che i Pole ti hanno accolto con gioia e nascosto, ma che non sapevano niente del piano per liberarti e che quello è stato tutto organizzato da dei sostenitori di Warbeck e degli York, che Sir Richard non conosce.”

Negli occhi scuri di Edward si leggevano mille emozioni contrastanti: paura, confusione, turbamento, un vago senso di inadeguatezza, ma anche una piccola luce di speranza, una fiammella accesa dalle parole di Erik, dalla presenza dell’uomo che amava accanto a lui, che non lo avrebbe mai lasciato solo e che non avrebbe permesso che qualcosa di orribile potesse accadergli.

“Io… non so se sono in grado di mentire… e se mi chiedesse delle cose difficili? Se io mi confondessi e dicessi qualcosa di sbagliato?” chiese, aggrappandosi alle braccia di Erik come se lui potesse davvero trasmettergli la sua calma e la sua saggezza.

L’uomo gli accarezzò teneramente i capelli e gli sorrise.

“Edward, tu sei un Plantagenet e sei un Principe, provieni da una famiglia di Re e sono sicuro che saprai tenere testa benissimo al sovrano” replicò. “Sei più intelligente di quanto tu stesso non creda e comunque non dovrai mentire, non del tutto, dovrai semplicemente… nascondere una parte della verità. Lo so che sarà difficile, ma non te lo chiederei se non fossi certo che sarai in grado di farlo.”

A dirla tutta Erik non era poi così sicuro che il povero ragazzo non si sarebbe impappinato, ma doveva aiutarlo a credere in se stesso, perché soltanto così avrebbero avuto una possibilità.

“Quando parlerai con Re Henry, pensa a tua sorella, al tuo nipotino e… e a me, se vuoi” gli suggerì. “Pensa che tu puoi salvarci tutti, che non puoi permetterti di sbagliare perché altrimenti finiremmo tutti arrestati o peggio, e che sarai così bravo da rendere orgogliosa la tua famiglia, i tuoi genitori e i tuoi zii che dal Cielo ti guardano, ti proteggono e vogliono che tu sia libero e felice.”

Ora gli occhi di Edward brillavano di una luce diversa, di una fierezza che gli derivava dalla consapevolezza di poter fare, finalmente, qualcosa di grande e importante per l’uomo che amava e per tutta la sua famiglia. Era ancora spaventato, ma sentiva che Erik, Maggie e tutti i Plantagenet gli avrebbero dato la forza per fare ciò che doveva.

“Va bene, Erik, farò quello che mi hai detto, sarò bravo e anche tu sarai fiero di me” affermò con decisione.

L’uomo lo prese tra le braccia e lo avvolse in un tenerissimo abbraccio.

“Io sono sempre fiero di te, Teddy” mormorò tra i suoi capelli.

Lo sollevò e lo portò in camera, lo depose con tenerezza sul letto e, sempre accarezzandolo dolcemente sul viso e sui capelli, lo baciò lungamente e languidamente. Aveva bisogno di sentirlo tra le sue braccia, di sentire la sua morbidezza e il suo sapore, di sapere che non gli sarebbe accaduto niente, che non lo avrebbe perduto mai, che tutto sarebbe finito bene perché Teddy era un ragazzo buono e tenero che aveva già sofferto abbastanza. L’abbraccio si fece intenso e profondo e Erik si perse nella dolcezza del contatto sempre più intimo con Edward, un contatto che riempiva entrambi di tenerezza, calore, felicità infinite mentre le loro anime e i loro corpi si fondevano insieme, dando ad entrambi il coraggio e la determinazione necessari per superare l’ultimo ostacolo e iniziare finalmente una nuova vita fianco a fianco.

Due giorni dopo, quando Re Henry giunse alla tenuta dei Pole con le sue guardie del corpo ma senza Elizabeth (che, a quanto pareva, si era rifiutata di subire una nuova umiliazione davanti all’insulsa cugina…), ad accoglierlo c’era Sir Richard con moglie e figlio e, accanto a lui, Erik e… Edward, che forse per la prima volta in tutta la sua vita sembrava veramente un Principe.

Il Re non si sorprese più di tanto nel vedere il ragazzo insieme alla sua famiglia. Una parte di lui, forse, aveva sempre saputo che il giovane Plantagenet era molto più vicino di quanto tutti pensassero, ma quella stessa parte sapeva anche che Edward non era affatto una minaccia per il suo trono e che non si sarebbe mai lasciato coinvolgere in nessuna cospirazione, che era buono, gentile e semplice, qualsiasi cosa potesse pensare di lui la Regina.

Sir Richard salutò con deferenza il suo sovrano e lo invitò ad accomodarsi nella sua casa, dopo aver ordinato ai servitori di offrire un ristoro alle guardie del Re e agli stallieri di occuparsi dei cavalli. Re Henry fu fatto entrare nel salone della tenuta dei Pole dove ebbe il posto d’onore, mentre Sir Richard e tutti gli altri entravano nella stanza dopo di lui. Ottenuto il permesso di parlare, l’uomo iniziò a raccontare al Re la sua versione dei fatti, così come Erik l’aveva già spiegata a Edward. Re Henry appariva calmo e interessato e ascoltava con bonarietà la narrazione di Sir Richard, ma il suo sguardo cercava più spesso il giovane Edward che, in piedi accanto al camino, gli puntava addosso gli occhi scuri senza timore o timidezza, ricordandogli fin troppo bene il bambino impertinente che, tanti anni prima, durante la sua cerimonia di insediamento, aveva esclamato davanti a tutti Un giorno io sarò il Re!, provocando una mezza sincope alla povera sorella Maggie!

“Molto bene” disse ad un certo punto il sovrano, interrompendo a mezzo una stupenda arringa conclusiva di Sir Richard. “Adesso, però, vorrei scambiare due parole con Edward, ci sono alcune domande che mi sto ponendo e alle quali solo lui può dare risposta.”

Era giunto il momento. Libertà o prigionia? Vita o morte?

Maggie si tormentava le mani, Sir Richard ostentava sicurezza e, per darsi un contegno, prese in braccio il piccolo Henry. Edward, invece, dopo aver scambiato uno sguardo con Erik e aver tratto tutto il conforto e il coraggio possibili dai suoi limpidi occhi azzurri, drizzò ben alta la testa e si presentò al cospetto di Re Henry.

Fine undicesima parte

 

 

 

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Capitolo 12
*** Dodicesima e ultima parte ***


Dodicesima e ultima parte

 

Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Re Henry non aveva mai considerato veramente pericoloso il ragazzo che adesso stava in piedi di fronte a lui, sapeva che era un animo semplice e che aveva buon cuore, perciò già prima di iniziare ad interrogarlo riteneva che fosse innocente e che meritasse, finalmente, la libertà. Tuttavia, prima di concedergli quella dispensa tanto importante, doveva essere sicuro oltre ogni ragionevole dubbio.

“Edward, da quanto tempo abiti con Sir Richard Pole e la sua famiglia?” gli domandò.

Il giovane esitò, ma poi pensò che la verità fosse la cosa migliore da dire.

“Dallo scorso settembre, Vostra Grazia, poco tempo dopo essere stato liberato” rispose.

Il Re si ritrovò suo malgrado a sorridere, divertito da quella risposta schietta e anche da un’altra cosa…

“Dunque quando, alcuni mesi fa, la Regina Elizabeth venne qui con le sue guardie a cercare te e Perkin Warbeck, tu c’eri, non è così?”

Edward non sapeva se avesse detto la cosa giusta o quella sbagliata, ma ormai era in ballo e doveva proseguire su quella strada.

“Io credo tuttora che quel giovane sia mio cugino Richard, tuttavia lui non è mai stato qui, neanche per un momento” replicò. “Io invece c’ero, sì, ma Sir Richard mi fece nascondere perché… perché Lisa… la Regina non voleva solo parlarmi come state facendo voi, lei voleva riportarmi in prigione e poi farmi uccidere e io avevo paura!”

Erik lanciò uno sguardo disperato a Sir Richard, ma il gentiluomo gli fece cenno di non preoccuparsi: era un bene che Edward si mostrasse anche spaventato e fragile, doveva essere se stesso, altrimenti Re Henry non gli avrebbe creduto dopo, quando avrebbe dovuto addomesticare la verità.

“Io non voglio farti alcun male, Edward, e anzi sono disposto a firmare un atto che ti renderà libero, se sarò certo che tu non rappresenti un pericolo per il mio trono e per i miei figli” dichiarò il sovrano.

“Lo so, è per questo che ho accettato di parlarvi mentre mi sono nascosto quando è giunta la Regina” fu la risposta ancora più diretta e sincera del giovane.

“Edward, tu sai chi ti ha fatto liberare? È stato Sir Richard su richiesta di tua sorella?” domandò ancora Re Henry, senza lasciare al ragazzo il tempo di riordinare le idee. Ma Edward si aspettava questa domanda e sapeva che era proprio quello il punto cruciale, che un suo errore in quel momento avrebbe potuto riportarlo in prigione o peggio e che… che sarebbe costato la vita a Erik, a Maggie, a tutte le persone che amava. Doveva essere forte, ora toccava a lui proteggere Erik e Maggie come loro lo avevano sempre protetto!

“Io non so chi fossero gli uomini che hanno liberato me e Richard, non li conoscevo, non li avevo mai visti” affermò con decisione, e in effetti non mentiva, perché fino alla notte della sua liberazione lui non aveva mai visto né conosciuto Erik! “Richard invece li conosceva, erano suoi amici che volevano liberarlo per farlo diventare Re, parlavano di queste cose durante la fuga, però Richard non voleva coinvolgermi. Disse ai suoi amici che io non c’entravo niente con queste storie di complotti e che volevo soltanto tornare a casa, così mi portarono qui in Galles, da Maggie.”

La storia era perfettamente plausibile e, del resto, Sir Richard e Erik avevano spiegato chiaramente a Edward che quella sarebbe stata davvero la scelta di suo cugino, se avesse organizzato lui la fuga.

“Hai parlato con Warbeck… insomma, Richard, come lo chiami tu, avete parlato durante la fuga? Ti ha spiegato cosa intendeva fare e chi fossero gli uomini che vi avevano liberato? Stavano veramente cospirando per metterlo sul trono?” insisté Re Henry. Ancora una volta erano quelli i fatti essenziali, doveva comprendere se esisteva ancora un complotto per rovesciarlo dal trono e se Edward e i Pole vi erano in qualche modo coinvolti. Il ragazzo sembrava troppo ingenuo per aver realmente cospirato con i sostenitori degli York, ma Lady Margaret poteva essere una di loro e, in quel caso, anche Sir Richard ne sarebbe stato al corrente.

“Richard non ha parlato molto con me, parlava soprattutto con i suoi amici, e poi io ero stanco e spaventato e ad un certo punto mi sono addormentato mentre ero a cavallo con uno degli uomini che ci avevano liberato” disse Edward, e ancora una volta quello che diceva era in buona parte vero, perché era così che aveva fatto mentre Erik lo portava in Galles! “Quindi non so cosa volessero fare. L’unica cosa che so è che Richard ha detto ai suoi amici di portarmi qui, perché io non c’entravo nulla con il trono o la corona e non volevo altro che tornare a casa e avere tanti cani, cani mansueti, che non mordono. Ecco, ora che ci penso, i cani non li ho ancora avuti, a dirla tutta…”

Erik aveva le lacrime agli occhi e avrebbe desiderato moltissimo gettarsi sul suo dolce Teddy e prenderlo tra le braccia, stringerlo forte a sé e proteggerlo: quelle risposte erano verosimili, erano in parte vere, erano così inconfondibilmente da Teddy che l’uomo si sentiva davvero fiero di lui, stava facendo tutto quello che gli avevano chiesto e ancora di più. Non essendo capace di mentire, Edward stava mettendo più dettagli possibile che riguardavano la sua vera personalità, come il desiderio di avere un cane o più, in modo che Re Henry non si accorgesse di quando ometteva qualcosa. Era veramente fiero di Edward per ciò che stava facendo e si rese conto in quel momento che, nonostante tutto ciò che gli aveva detto e ripetuto la sera prima, in fondo al cuore albergava sempre il timore che potesse cedere, che non ce l’avrebbe fatta. E invece il ragazzo li stava stupendo tutti comportandosi semplicemente… da se stesso!

“Beh, immagino che prima o poi Sir Richard e Lady Margaret ti regaleranno i cani che desideri” commentò il Re, ridacchiando. Ma davvero Elizabeth aveva fatto di tutto per uccidere quel poverino, un ragazzo così semplice e buono che non sapeva nemmeno da che parte cominciasse una cospirazione? “Dunque Warbeck… Richard, insomma, ti ha fatto portare qui dai suoi uomini e poi è partito subito oppure è rimasto qualche giorno qui dai Pole? E ti ha detto dove sarebbe andato?”

“No, non si è fermato nemmeno pochi minuti anche se era notte e penso che anche lui fosse stanco come me. Ha detto che io sarei stato al sicuro in campagna con la mia famiglia e che anche lui sarebbe stato bene perché aveva tanti amici in Scozia che lo avrebbero protetto” rispose Edward, e questo era vero, poteva ammetterlo perché Re Henry sapeva già che Richard si era alleato con gli Scozzesi.

“Quindi lui è in Scozia, adesso?” lo mise alla prova il sovrano.

Edward si tormentò le mani, indeciso, poi pensò che avrebbe comunque fatto meglio ancora una volta ad essere sincero.

“Io credevo di sì, ma Maggie mi ha detto che in realtà è andato a vivere in Borgogna con sua moglie e suo figlio e che non vuole più avere guai, vuole vivere tranquillo come faccio io” replicò. “Ma voi questo lo sapete già, Vostra Grazia, perché siete stato voi a dare questa notizia a Maggie, quindi perché lo avete chiesto a me?”

Ingenuo ma impertinente come da bambino, pensò Re Henry, lasciandosi sfuggire una mezza risata.

“Volevo metterti alla prova” ammise, “e vedere se mi avresti detto la verità. Sei un bravo ragazzo, Edward, per cui ti farò un’ultima domanda prima di firmare la dispensa che farà di te un uomo libero. Sei stato sincero con me e adesso ti chiedo: cosa ne pensi del Regno dei Tudor? Hai detto che non desideri la corona per te, ma ritieni ancora che io sia un usurpatore e che sul trono ci dovrebbe essere un Plantagenet, un Re della casata degli York?”

Nessuno si aspettava quella domanda. Maggie impallidì e trasalì, guardando il marito che, però, non poté rassicurarla perché Edward non era stato preparato per quello, lui ed Erik avevano ripetuto al ragazzo quale doveva essere la versione dei fatti da raccontare al Re ma non avevano pensato che il sovrano avrebbe potuto chiedergli se riteneva che lui fosse un usurpatore! Se Maggie era terrorizzata, Erik era un fascio di nervi, gli occhi gli saettavano per la stanza cercando un diversivo, qualcosa che potesse dire o fare per interrompere il Re e, possibilmente, fargli dimenticare quella domanda.

Invece, con grande stupore di tutti, prima che chiunque potesse intervenire fu lo stesso Edward a rispondere, a testa alta e guardando in faccia il sovrano.

“Io sono un Plantagenet e non posso rinnegare i miei zii che sono stati Re, anche se adesso voi li ritenete traditori” disse, serio. “Comunque so che sul trono siede comunque una Plantagenet, mia cugina Lisa, e… e in realtà è stata lei a volermi fare del male, è lei che ha cercato di farmi giustiziare, non voi. Quindi, se devo dire quello che penso davvero… penso che forse i Plantagenet, ormai, non siano più i migliori sovrani possibili. Forse avrebbe potuto esserlo Richard, ma ha scelto un’altra vita così come ho fatto io e allora… è probabilmente giusto che sia una nuova dinastia a regnare sull’Inghilterra. Questo, comunque, non toglie niente alla grandezza dei Re Plantagenet del passato di cui io sono e sarò sempre fiero.”

Maggie era diventata sempre più pallida mano a mano che Edward parlava. Anche Erik aveva stretto i pugni e la mascella, temendo che questa volta il ragazzo fosse stato fin troppo sincero. Re Henry avrebbe potuto considerare tradimento la devozione di Teddy alla sua famiglia? Lo avrebbe fatto di nuovo incarcerare… o peggio? La tensione nel salotto era palpabile.

Re Henry fissò a lungo Edward, il suo sguardo orgoglioso e sereno, il suo volto di ragazzino, riflettendo sulle sue parole. Certo Elizabeth avrebbe voluto considerarle le parole di un traditore pericoloso per la corona, dimenticando di essere lei stessa una Plantagenet, ma Edward… Edward aveva solo voluto sottolineare quanto amasse la sua famiglia e quanto fosse fiero dei suoi antenati, che comunque non comprendevano soltanto Richard III (che per la famiglia Tudor era considerato effettivamente un usurpatore), ma anche grandi Re come Henry I e Edward III (sì, come nomi non erano il massimo dell’originalità!). Anche Re Henry avrebbe desiderato che, un domani, i suoi discendenti ricordassero la dinastia Tudor con la stessa fierezza e lo stesso affetto con cui adesso Edward parlava della sua dinastia. Alla fine di quella lunga riflessione, il sovrano sorrise al giovane.

“Molto bene, Edward, apprezzo ancora una volta la tua sincerità e ammiro l’amore e la lealtà verso la tua famiglia che in passato ha dato grandi sovrani all’Inghilterra, come spero adesso di poter fare io” disse. Poi prese il documento che aveva portato con sé e, alzatosi in piedi, si diresse verso il tavolo per firmarlo davanti a tutti. “Questa è la dispensa regale che ti consente, da oggi in poi, di essere libero e di poter vivere la tua vita senza più dover temere niente. Sarai sotto la tutela di Sir Richard Pole, che è un mio leale suddito, quindi so che non dovrò preoccuparmi. Naturalmente non potrai più essere chiamato Conte di Warwick, dovrai rinunciare a qualsiasi titolo per non creare aspettative nei sostenitori degli York…”

“Ah, ma per questo non c’è problema, Vostra Grazia, a me non interessano i titoli, voglio solo essere Teddy Ols…” iniziò a dire Edward con grande entusiasmo, al che Maggie pensò bene di intervenire.

“Sì, come vi avevo già spiegato altre volte, Vostra Grazia, Edward non vuole più essere considerato da nessuno un potenziale erede al trono, vuole solo essere Teddy, come lo chiamiamo noi di famiglia, e vivere in pace e serenità con noi.”

“D’ora in poi potrà farlo” sorrise Re Henry, consegnando la dispensa a Sir Richard. “Questo documento attesta che il Re d’Inghilterra non considera Edward Plantagenet un pericolo per la corona e ordina la caduta immediata di qualsiasi accusa. Edward, sei libero di vivere con la tua famiglia e… beh, lascia che ti dica che sei fortunato, perché avrai vicino delle persone che ti amano e che si prenderanno cura di te. In fondo, almeno in questo, sei stato molto più fortunato di me…”

Re Henry pensava infatti che sua madre lo aveva allevato nell’odio e nell’ambizione, arrivando perfino ad uccidere pur di farlo Re, e adesso sua moglie Elizabeth stava facendo la stessa cosa per assicurare la corona al loro figlio maggiore Arthur. La sua non era una famiglia serena e piena di amore come invece era quella di Edward…

Sir Richard e Maggie si profusero in ringraziamenti, la giovane donna aveva le lacrime agli occhi; Edward porse i suoi omaggi al Re con una dignità da discendente dei Plantagenet che ancora una volta fece sorridere Re Henry che, alla fine dei saluti di rito, radunò la sua scorta e montò a cavallo per far ritorno a Londra, soddisfatto. Era convinto di aver agito nel modo migliore e che, così, non ci sarebbero state altre rivendicazioni da parte dei sostenitori degli York, a meno che non venisse fuori qualche altro presunto Richard… ma di quello si sarebbe occupato se e quando fosse avvenuto. Ora poteva dedicarsi completamente al governo dell’Inghilterra e al prossimo fidanzamento tra Arthur e Caterina d’Aragona.

Nella tenuta dei Pole si fece grande festa, un vero e proprio banchetto per celebrare la liberazione di Edward che, finalmente, poteva vivere con la sua famiglia alla luce del sole, senza più doversi nascondere. Era ormai la fine di febbraio e il clima stava migliorando, presto Edward e Erik avrebbero potuto godere della loro casetta e del giardino e riprendere a fare le loro passeggiate nei prati e nei boschi senza più temere brutte sorprese. Sir Richard promise a Edward che, all’inizio della primavera, gli avrebbe finalmente regalato il cucciolo che desiderava da tanto tempo (e che era l’unica cosa che ancora mancava alla felicità totale e completa di Teddy!). Trascorsero insieme tutta la serata in un clima di gioia e spensieratezza che da troppo tempo, ormai, non conoscevano più.

Maggie rivelò finalmente una notizia che lei e il marito avevano voluto tenere segreta in tutto quel periodo, perché non preoccupasse Edward e non influisse sulle decisioni del Re (e soprattutto sull’umore di Elizabeth, che ormai sembrava essere diventata la nemica numero uno della cugina!): aspettava un bambino che sarebbe nato alla fine del mese.

“E come lo chiamerai?” domandò subito Edward, con aria inquisitoria.

“Beh, noi… pensavamo di chiamarlo Arthur, ecco” rispose Maggie. “In fondo adesso dobbiamo molto al Re, ti ha ridonato la libertà, ti ha restituito a noi!”

“Ah, sì, certo” commentò il ragazzo, non del tutto convinto. “Me lo aspettavo…”

Meno male che Re Henry non aveva assistito a quella scena, forse avrebbe potuto ripensare alla firma sulla dispensa!

Dopo la bellissima serata (a parte il piccolo screzio riguardante il nome del prossimo figlio di Sir Richard e Maggie!), Erik e Edward tornarono alla loro casetta e si ritirarono in camera da letto. Erik era così felice che pensava di sognare e non riusciva ancora a credere che fosse tutto vero, che lui e Edward sarebbero stati per sempre insieme, che nessuno gli avrebbe più fatto del male né glielo avrebbe portato via. Lo strinse forte a sé, nel letto, per convincersi che era tutto reale, che il suo Teddy, la sua luce, il suo piccolo sole, era con lui e non si sarebbero separati mai più.

“Sei stato bravissimo, Teddy” gli disse, con dolcezza, accarezzandogli il viso e i capelli. “Sapevo che mi avresti reso fiero, ma tu sei stato ancora più forte e coraggioso di quanto mi aspettassi.”

“È stato facile, in realtà” minimizzò il ragazzo, abbracciando felice il suo uomo. “Ho pensato per tutto il tempo che dovevo fare il bravo ed essere forte perché era l’unico modo per poter stare con te per sempre. Capivo che, se il Re avesse avuto dei sospetti, non solo io ma anche tu avresti rischiato la vita e io… io non potevo permetterlo!”

“Ora staremo davvero insieme per sempre, Teddy” mormorò Erik, avvolgendo nelle sue braccia protettive il suo ragazzino e baciandolo a lungo e dolcemente. Voleva fargli sentire che lui era lì e che non lo avrebbe mai lasciato solo, gli baciò le guance, le palpebre, i capelli, gli angoli della bocca. Sentì le labbra del ragazzo schiudersi dolcemente come un fiore per accogliere i suoi baci e si perse in quella tenerissima intimità. Lentamente e naturalmente i loro corpi si allacciarono insieme con una tale spontaneità che sembravano creati proprio per quello. Tutto fu tenero, unico e meraviglioso fino a diventare perfetto, a scacciare ogni paura e angoscia lasciando solo la luce dell’amore che li avvolgeva come un manto protettivo.

Erik era venuto da lontano, ma ora aveva trovato la sua vera casa. Teddy aveva trascorso lunghi anni in prigione che lo avevano devastato, ma ora era libero e poteva vivere una nuova vita piena di gioia e di amore. Il destino li aveva scelti per donare loro questo amore speciale: erano nati per stare insieme, erano al mondo per rendersi felici, e nessuna paura e nessun dolore li avrebbe mai più sfiorati.

 

FINE

 

 

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