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Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star...
(“Send me an angel” – Scorpions)
Era giunto il momento
atteso e temuto. Erik Olsson sapeva di dover agire quella notte o non avrebbe
avuto altre possibilità. Sarebbe dovuto essere lesto, invisibile, ardito,
forte… e convincente, pure. Non era da tutti scalare la Torre di Londra con lo
scopo di liberare un prigioniero illustre, ma lui era nato vichingo e riteneva
che nulla fosse impossibile… oltre tutto, aveva ricevuto ordini precisi dal suo
signore, Sir Richard Pole, e in modo particolare da sua moglie Margaret.
E, come se tutto ciò
non bastasse, lui stesso provava un affetto intenso che non aveva fatto che
crescere in quei mesi in cui aveva accompagnato Lady Margaret a far visita al
fratello minore rinchiuso in quella Torre. Sapeva che era assurdo, impossibile,
sbagliato anche, ma non riusciva a smettere di pensare al Principe Edward e, ad
ogni modo, niente poteva essere tanto assurdo e sbagliato quanto ciò che
avevano fatto a lui e ciò che gli avrebbero fatto il mattino seguente,
all’alba, se lui non avesse compiuto al meglio la sua missione.
Erik si arrotolò la
corda sotto il braccio e iniziò la sua ascesa alla Torre, come se stesse
scalando una montagna ghiacciata, cosa che era solito fare durante la sua
infanzia e adolescenza in Norvegia, con i suoi fratelli e gli amici. Nessun
altro avrebbe potuto compiere una missione tanto difficile e per questo Sir
Richard Pole si era rivolto proprio a lui, oltre che per il fatto che era il
suo uomo più fedele.
Qualche giorno prima,
mentre scortava Lady Margaret in visita al fratello Edward, Erik aveva iniziato
a camminare con una certa nonchalance,
come se stesse perlustrando il perimetro o qualcosa del genere visto che non
aveva di meglio da fare… ma in realtà stava prendendo mentalmente nota delle
finestre e dei loro eventuali punti deboli che gli avrebbero permesso di
entrare nella prigione. Aveva visto una finestrella che, diversamente dalle
altre, era priva di inferriate, si era avvicinato e l’aveva aperta come per
curiosità: si era accorto che era difettosa, non chiudeva bene e, oltre tutto,
dava sul fossato, a circa trenta piedi di altezza. Nessuno aveva pensato di riparare
la finestra e rimettere le inferriate perché non era pensabile che un
prigioniero, a meno che non fosse affetto da manie suicide, cercasse di fuggire
da lì, si sarebbe spezzato l’osso del collo.
Chiunque altro,
certo, ma non lui, Erik Olsson, che aveva visto in quella finestrella la strada
maestra per penetrare nella prigione e liberare il Principe.
Così l’uomo iniziò a
scalare la Torre dove nessuna delle guardie poteva scorgerlo (e, del resto, chi
mai si sarebbe aspettato che un pazzo si arrampicasse sulla White Tower?) e,
mentre saliva, continuava a pensare a ciò che era accaduto il giorno prima,
l’episodio che aveva scatenato tutto e richiesto l’immediata liberazione di
Edward ad ogni costo. Lady Margaret era stata arrestata e rinchiusa anche lei
in una delle prigioni della Torre, accusata di complotto e tradimento, mentre
la Regina Elizabeth… Erik fremeva di rabbia quando ci pensava, avrebbe voluto
torcerle il collo con le sue stesse mani… la Regina aveva indotto con l’inganno
il Principe a firmare un foglio, che poi era risultato essere una piena
confessione di congiura ai danni di Re Henry VII insieme a Perkin Warbeck, che
dichiarava di essere il fratello sopravvissuto di Elizabeth, Richard. Davanti a
queste presunte prove schiaccianti,
il Re aveva ordinato che Edward e il sedicente Richard fossero giustiziati la
mattina seguente.
Ecco perché Erik era
lì, adesso, a scalare la White Tower con la sola forza delle braccia… e ad ogni
spanna che guadagnava il suo pensiero era solo per Edward, il ragazzo ingenuo e
fiducioso che sarebbe stato decapitato poche ore dopo.
Nella prigione della
Torre tutto taceva: Edward dormiva tranquillo, rannicchiato nel giaciglio che
si era ricavato sotto una delle finestre; Richard (lo chiamerò così d’ora in
poi per amore di semplicità, senza farmi troppi problemi sul fatto che fosse o
no il vero erede al trono!) era sveglio e stava disteso sul letto a fissare il
soffitto. Quando udì un rumore provenire dalla finestrella difettosa balzò in
piedi e, nel tempo che gli occorse per accendere una candela, si trovò davanti
Erik.
“Chi sei? Che cosa
fai qui?” domandò, illuminando l’intruso con la luce debole della candela.
Erik non si scompose
più di tanto.
“Abbassa la voce” gli
intimò. “Non ci sono sentinelle di guardia alla porta, ma non sfidiamo troppo
la fortuna. Sono qui per liberare il Principe Edward e anche te, se lo vorrai,
su ordine di sir Richard Pole.”
Richard rimase
sbigottito.
“Sir Richard ti ha
mandato a liberarci? Perché? E perché proprio ora?” chiese ancora, fissando
l’uomo con sospetto.
“Perché, se non vi
libero stanotte, domattina all’alba sarete entrambi giustiziati” replicò Erik
senza tanti complimenti. Il tono pareva calmo, ma la rabbia che provava
trapelava dai suoi occhi.
“Ne sei certo? Domani
mattina? Ma… cosa è accaduto? E tu che ne sai di tutto questo?”
“La Regina Elizabeth,
ieri, ha estorto con l’inganno una firma al Principe e l’ha mostrata al Re in
calce ad una confessione secondo la quale siete entrambi coinvolti nel complotto
contro di lui. Re Henry non ha potuto far altro che firmare la condanna a morte
per entrambi e lo ha riferito al mio signore, che è protettore di suo figlio
Arthur. Saputo ciò, Sir Richard mi ha immediatamente affidato questa missione,
alla quale stavamo comunque lavorando da tempo” rispose Erik con una voce
gelida che lasciava trasparire tutto il suo odio e disprezzo.
Lo sguardo di
entrambi corse verso il Principe ignaro e addormentato, che non aveva sentito
niente neanche del colloquio fra i due e continuava a dormire pacifico e
sereno, ignorando il terribile inganno di cui era stato vittima.
“E’ stata Elizabeth,
dunque, non il Re… è sempre stata lei… è lei la vera malvagia in tutta questa
faccenda e io mi ero fidato…” mormorò Richard, sconvolto.
“Stanotte rimedieremo
a questo abominio” tagliò corto Erik. “Vuoi svegliare tu il Principe? Non
possiamo attardarci troppo.”
Richard annuì e si
avvicinò al ragazzo, scuotendolo con delicatezza per svegliarlo senza
spaventarlo.
Erik fissava Edward
con intensità, nel suo cuore desiderava soltanto prenderlo in braccio e
portarlo via, il più lontano possibile da quel mondo corrotto e marcio, fatto
di intrighi e crudeltà. Nel frattempo si domandava come fosse cominciato quel
sentimento così insolito e anomalo: era arrivato a trentotto anni senza mai
avere il desiderio di un amore o di una famiglia, legato solo al nobile signore
che gli aveva salvato la vita e poi… poi aveva iniziato a nutrire pensieri
sconvenienti sul giovane Principe prigioniero, ventiquattro anni di età ma…
beh, in parecchi momenti sembrava veramente che gran parte del suo sviluppo
mentale si fosse fermato nel momento traumatico in cui era stato arrestato e
rinchiuso in quella prigione, ormai quattordici anni prima. Eppure era stata
forse quella sua ingenuità, quel suo candore, la capacità di trovare la
felicità nelle piccole cose ad attrarlo. Un ragazzo che aveva trascorso buona
parte dell’infanzia e dell’adolescenza rinchiuso nella Torre continuava a
mostrare fiducia e affetto a chiunque gli si avvicinasse e non aveva mai
perduto la speranza di tornare a casa, un giorno. Non si era incattivito,
depresso, non cercava vendette.
Erik riteneva di
essersi innamorato di lui già la prima volta in cui lo aveva visto, scortando
Lady Margaret a fargli visita. Il sorriso e l’abbraccio con cui aveva accolto
la sorella e poi la solita richiesta Oggi
posso tornare a casa? si erano fissati per sempre nella sua mente e nel suo
cuore.
“Che succede…
Richard, che fai, è ancora buio” mormorò Edward, con il chiaro intento di
voltarsi dall’altra parte e rimettersi a dormire.
“No, senti… devi
svegliarti, c’è qui un uomo, è venuto per liberarci” insisté il giovane.
“Coraggio, alzati, dobbiamo far presto.”
L’idea che qualcuno
fosse venuto per liberarlo bastò a scuotere la coscienza del ragazzo. Ormai ben
sveglio si guardò intorno e si alzò dal giaciglio.
“Adesso? Ma… è notte
fonda!” commentò, sorpreso.
Non c’era tempo di
indorare la pillola e Richard ci stava mettendo troppo. Erik si fece avanti,
ora ben illuminato dalla candela e dalla luce della luna.
“Mi dispiace per il
brusco risveglio, Edward” gli disse, sapendo bene che con lui non occorreva
usare i titoli nobiliari… di cui, peraltro, era stato privato ormai da tempo.
“Devo farti scappare da questa prigione e devo farlo stanotte, non avremo
un’altra possibilità. Il tuo amico può venire con noi. E’ stato Sir Richard a
organizzare tutto.”
“Il marito di
Maggie?” una certa qual consapevolezza iniziava a farsi faticosamente strada
nella mente confusa del povero ragazzo. “Allora posso tornare a casa? Ma perché
di notte? E dov’è Maggie?”
“E’ una lunga storia,
ma la rivedrai presto” rispose Erik. “Adesso, però, devi venire con me. Tutti e
due dovete seguirmi. Ho portato una corda.”
“Ma perché non
possiamo passare dalla porta come fanno tutti?” domandò Edward. Da una parte la
prospettiva di tornare finalmente a casa lo attirava, ma dall’altra tutte
quelle stranezze lo sconcertavano.
“Temo che dovremo
passare dalla finestra, Edward” tentò di spiegare Richard.
“Ah, no, questo
proprio no” protestò il Principe. “Hai idea di quanto siamo in alto? E poi
perché…?”
A dar retta a lui, la
notte sarebbe trascorsa a rispondere a tutte le sue domande. Erik si intromise
e decise di dare una bella scossa al ragazzo per vedere di ottenere una
reazione un tantino più collaborativa. Soffriva all’idea di sconvolgerlo, ma
era necessario per salvargli la vita.
“Sono Erik Olsson,
Capitano delle guardie personali di Sir Richard e Lady Margaret Pole” si
presentò. “Sono venuto qui diverse volte scortando la mia signora e da tempo
stavamo organizzando un piano per portarti via da qui, ma le cose sono
precipitate e dobbiamo farlo stanotte.”
“Io non mi ricordo di
te” fece il ragazzo, fissandolo.
“Lo immagino, ma in
questo momento non ha importanza” lo interruppe Erik. “Ricordi quando ieri tua
cugina Elizabeth è venuta a farti visita e ti ha fatto firmare su un foglio?”
“Ah, sì, Lisa voleva
vedere se sapevo scrivere il mio nome. Mi è sembrata una richiesta assurda, è
ovvio che sappia scrivere il mio nome, no? Però l’ho accontentata visto che
aveva fatto tanta strada solo per quello e poi…”
“E poi quella era una
trappola” tagliò corto Erik. In quel momento la voglia di tagliare lentamente
la gola alla Regina era diventata insostenibile… come aveva potuto approfittare
così vergognosamente dell’ingenuità di quel povero ragazzo? “Ti hanno fatto
firmare un foglio in cui dichiaravi di aver complottato con Richard contro Re
Henry. Ti hanno ingannato e, se non ce ne andiamo subito da qui, domattina
all’alba giustizieranno tutti e due!”
Edward sbarrò gli
occhi.
“Ma… che complotto?
Io non ho mai fatto niente di male! Perché vogliono uccidermi? Io non ho mai… e
Lisa…”
Erik si avvicinò, lo
prese per le spalle cercando di essere più delicato possibile e di parlargli in
tono rassicurante.
“Lo so che non hai
fatto niente di male, ma alla Regina non importa, per lei rappresenti un
pericolo e ti ha fatto passare da traditore per avere la scusa per ucciderti.
Quello che conta, però, è che io non lo permetterò. Ti porterò via da qui, ora,
subito, e ti nasconderò in un luogo sicuro. Sir Richard e tua sorella Margaret
hanno piena fiducia in me e adesso devi averla anche tu” gli disse. “Io ti
giuro che darò anche la vita pur di salvare la tua.”
Il giovane Principe
sembrò calmarsi, anche se continuava a essere confuso. Quell’uomo dunque era
stato inviato da Maggie per salvarlo?
“Ma come… io non posso
scappare da quella finestra… Non ce la farò mai!” mormorò.
“Tu non dovrai fare
niente” lo rassicurò Erik. “Ti porterò io sulle spalle e mi calerò con la
corda. Dovrai solo tenerti forte e, magari, chiudere gli occhi.”
“Io mi calerò con la
corda subito dopo voi due” aggiunse Richard, che aveva il pieno controllo della
situazione.
“Ma… Maggie non c’è?
Come faccio a sapere che è proprio lei che ti manda?” domandò Edward, un ultimo
dubbio prima della scalata, un dubbio non da poco visto che aveva appena saputo
che la cugina lo aveva fatto condannare a morte con l’inganno.
“Tua sorella ti
chiama Teddy, non è così?” fece Erik per tutta risposta.
Il ragazzo annuì
vivacemente e, finalmente rassicurato, sorrise.
Wise
man said just walk this way To the dawn of the light Wind will blow into your face As the years pass you by Hear this voice from deep inside It's the call of your heart Close your eyes and you will find Passage out of the dark…
(“Send
me an angel” – Scorpions)
Come si poteva prevedere, non fu così
semplice e agevole trasportare fuori dalla finestrella il Principe Edward. Erik
doveva calarsi lungo la Torre reggendosi alla corda che aveva portato con sé e
non sarebbe riuscito anche a sostenere il ragazzo che, invece, avrebbe dovuto
aggrapparsi da solo alle spalle dell’uomo. Edward, però, non appena si sentì penzolare
nel vuoto con un salto di trenta piedi sotto di sé, cominciò naturalmente ad
agitarsi non poco.
“Edward, devi cercare di star fermo e di
tenerti stretto, altrimenti non riuscirò a scendere” disse Erik. “Dobbiamo far
presto o quando le guardie verranno a prendere voi due per portarvi al patibolo
ci troveranno tutti e tre qui appesi!”
“Ho paura… io non ce la faccio… ho paura,
riportami indietro…” ripeteva Edward, spaventato e tremante.
“Ma certo che ce la puoi fare, coraggio, devi
solo aggrapparti a Erik e farà tutto lui” lo incoraggiò Richard. “Pensa a me
che devo calarmi con le mie sole forze!”
“Ascoltami, Edward” riprese Erik, continuando
lentamente a scendere come poteva e dimostrando una pazienza infinita, “capisco
che tu abbia paura, è normale avere paura in situazioni pericolose. E’ capitato
anche a me, sai? Io sono nato e cresciuto in un piccolo villaggio della
Norvegia e, quando avevo circa tredici anni, fummo attaccati da un gruppo di guerrieri
Danesi. Razziarono quello che poterono, distruggendo e incendiando tutto il
resto e uccidendo quasi tutti gli abitanti del villaggio, compresi i miei
genitori, i miei fratelli e tanti amici e vicini.”
Il Principe, coinvolto e commosso dalla
tragica storia, si strinse di più all’uomo e parve dimenticare le sue paure.
Del resto, chi meglio di lui poteva comprendere la perdita delle persone care e
una vita in fuga? Richard invece sorrise compiaciuto all’arguzia di Erik che
aveva dimostrato di capire molto bene la psicologia di Edward: gli stava
raccontando un episodio drammatico e spaventoso della sua vita per distoglierlo
dalla paura. Quell’uomo era molto più sensibile di quanto non sembrasse a prima
vista e, chiaramente, teneva molto al Principe.
“Mi dispiace tanto, Erik” mormorò il ragazzo.
“E tu come hai fatto a salvarti?”
Un lieve sorriso increspò le labbra
dell’uomo, soddisfatto di aver coinvolto Edward nella sua storia e di aver
trovato il modo di fargli pensare a qualcos’altro che non fosse il fossato a
trenta piedi sotto di loro e la semplice corda che li tratteneva…
“Io e un piccolo gruppo di ragazzini
riuscimmo a scappare in mezzo alla confusione e alle urla e ci nascondemmo
nella foresta, ci arrampicammo addirittura in cima agli alberi più alti
sperando che i Danesi non venissero a cercarci. Rimanemmo nascosti per tre
giorni, terrorizzati, mangiando solo quello che potevamo trovare sugli alberi e
senza avere il coraggio di scendere” continuò Erik. “Finalmente gli invasori
ripartirono e noi potemmo uscire dalla foresta, ma non avevamo più niente, il
villaggio era completamente distrutto e bruciato, le nostre famiglie erano
morte, eravamo soli. Con noi c’erano anche due bambine di quattro o cinque
anni, più o meno. Io e altri tre ragazzi decidemmo di andarcene dalla Norvegia
e riuscimmo a imbarcarci su una nave diretta in Inghilterra, proponendoci al
capitano come mozzi. Facemmo i lavori più umili, ma questo ci permise di
portare con noi anche le due bambine. I due ragazzi più grandi, invece,
scelsero di restare in Norvegia e cercare ospitalità in altri villaggi,
desiderando soltanto diventare grandi guerrieri e potersi vendicare dei Danesi
alla prima occasione. Sulla nave c’era una famiglia inglese molto gentile che
si offrì di adottare le due piccole, mentre io e i miei amici ci sottoponevamo
ai lavori più umili e massacranti… comunque, in qualche modo arrivammo in
Inghilterra e lì ci separammo, cercando lavoro nelle città e nei villaggi che
ci sembrarono più ospitali. Un giorno ebbi la fortuna di incontrare Sir Richard
Pole, che allora era un giovane proprietario terriero del Galles. Ebbe
compassione di me, mi prese sotto la sua protezione, mi fece addestrare e
diventai prima un suo scudiero, poi guardia del corpo, infine Capitano delle
guardie. Sono al servizio di Sir Richard e adesso anche della sua famiglia da
più di vent’anni e ogni giorno ringrazio Dio di averlo messo sulla mia strada e
rinnovo la mia promessa di essergli fedele fino alla morte.”
Edward era così affascinato, colpito e
rattristato dalla vicenda di Erik che non aveva più pensato a dove si trovasse
e… rimase molto stupito quando si accorse che erano riusciti ad arrivare sani e
salvi alla base della Torre senza rompersi l’osso del collo o qualcosa del
genere!
I tre si allontanarono dalla Torre in
direzione della boscaglia, dove Erik aveva legato due cavalli.
“Attraverseremo i boschi e i sentieri per
raggiungere le campagne e dirigerci verso la tenuta di Sir Richard” disse Erik.
“Non è prudente attraversare Londra.”
“Per voi, forse, ma io so dove andare”
affermò Richard con un sorrisetto. “Ho ancora degli amici e dei sostenitori in
città, il Re e la Regina non sono riusciti a catturarli tutti. Mi nasconderanno
per qualche giorno e poi, quando le acque si saranno calmate, mi aiuteranno a
rifugiarmi in Scozia.”
“Sei sicuro della tua decisione?” domandò
Erik, perplesso. “Puoi venire con noi, se lo desideri, potrai riposare e
riprenderti e poi partire per la Scozia in un secondo momento.”
“No, è meglio così per tutti. Sarà un bene
se, nei prossimi giorni, correrà voce che siamo stati liberati dai miei
sostenitori, magari da amici della Duchessa di Borgogna” replicò Richard. “Così
nessuno sospetterà di Sir Richard e voi sarete al sicuro, io nel frattempo farò
in modo di riorganizzare un esercito. Non importa quanto ci vorrà, prima o poi
riuscirò a tornare a Londra da Re e cacciare l’usurpatore e Edward potrà vivere
tranquillo in campagna con la sua famiglia.”
“Allora, se è così che hai deciso, le nostre
strade si dividono qui. Ti auguro buona fortuna” disse Erik, stringendo la mano
al giovane.
“Buona fortuna anche a voi e… Edward, ti
auguro di riuscire ad avere tutto quello che desideri da tanto tempo… e non
intendo soltanto un cane!” sorrise Richard, abbracciando affettuosamente il
Principe a cui si era tanto affezionato in quei mesi di prigionia condivisa.
“Meriti di essere finalmente felice con le persone che ti vogliono bene.”
Poi il giovane salì velocemente a cavallo e
spronò l’animale, dirigendosi verso la città. Era ancora notte, ma l’alba si
avvicinava, entro poche ore il sole sarebbe sorto e anche Erik e Edward
dovevano allontanarsi il più possibile da quel luogo di morte. L’uomo salì a
cavallo e aiutò il Principe a montare dietro di lui, dirigendo poi l’animale
verso la boscaglia. Sarebbe stata una lunga cavalcata, lo sapeva, ma doveva mettere
quante più miglia possibili tra Edward e coloro che lo volevano morto.
“Andiamo da Maggie, adesso?” chiese il
ragazzo.
“Non subito” rispose Erik, che non voleva
rivelare a Edward tutta la verità. Sapere che sua sorella era stata anche lei
rinchiusa in quella prigione per aver tentato di liberarlo gli avrebbe spezzato
il cuore e lui era sicuro che Sir Richard avrebbe trovato il modo di tirarla
fuori in breve tempo. “Quando si scoprirà che tu e Richard siete fuggiti, Sir
Richard e Lady Margaret saranno i primi ad essere sospettati, perciò dovranno
tenere un profilo basso e conquistare la fiducia del Re. Non appena saranno
liberi di tornare in Galles, tua sorella verrà subito a trovarti.”
“E allora noi dove andiamo? In Galles?”
Il fuoco di fila di domande di Edward era
davvero pesante, ma ad Erik quella curiosità ingenua faceva solo tenerezza, era
uno dei tanti motivi per cui aveva sviluppato nei suoi confronti un affetto
molto speciale.
“Da quelle parti, sì. Sir Richard ha molti
possedimenti là e, oltre alla sua tenuta, ha anche un piccolo cottage nei
boschi che nessuno conosce. Noi andremo là dove nessuno penserà a cercarci”
spiegò l’uomo. “Ti dispiace non andare subito a casa, Edward?”
“No… del resto quella non è casa mia, è la
casa del marito di Maggie” ribatté il ragazzo, dopo averci pensato un po’. “Mi
piace il cottage nei boschi, spero solo che Maggie verrà presto! E quindi, nel
frattempo, io vivrò con te?”
Eccola, la domanda da un milione di sovrane
d’oro! Come avrebbe reagito Edward alla prospettiva di vivere con un perfetto
estraneo? E lui, Erik, come avrebbe reagito trovandosi attorno il Principe da
mattina a sera?
“Eh… ecco, sì, per questo primo periodo
almeno. La cosa ti mette a disagio?”
“No, perché dovrebbe?” replicò candidamente
il Principe. “Tu mi hai salvato la vita, sei amico di Maggie e di suo marito,
quindi sei anche amico mio.”
Appunto. Il ragionamento non faceva una
piega.
Erik continuò a spronare il cavallo, gli
dispiaceva far faticare tanto quella povera bestia, ma si rendeva anche conto
del fatto che l’alba si stava avvicinando e che per raggiungere il cottage ci
sarebbero volute ancora almeno tre ore, se non di più. Cosa sarebbe accaduto
quando le guardie fossero andate a prendere Edward e Richard nella prigione per
condurli al patibolo e non li avessero trovati? L’uomo ragionava in fretta: un
soldato sarebbe corso ad informare il Re (e questo avrebbe fatto guadagnare
loro tempo prezioso), ma a quel punto? Lady Margaret Pole era tuttora
prigioniera nella Torre e forse il Re avrebbe sospettato di lei… e di Sir
Richard, magari. Era tutto sbagliato, tutto troppo pericoloso, e la colpa era
solo di quella malvagia Regina che aveva ingannato il povero Principe per avere
una scusa valida per giustiziare subito lui e il giovane pretendente al trono.
Edward era rimasto prigioniero della Torre per quattordici anni, cosa sarebbe
cambiato se avesse atteso ancora un mese o due, o magari anni? E, nel
frattempo, Sir Richard avrebbe potuto pianificare in modo più sicuro la sua
evasione, possibilmente senza che in carcere finisse sua moglie…
“Erik… per favore, puoi fermare il cavallo?”
mormorò Edward con voce flebile, interrompendo i pensieri angosciosi dell’uomo.
“Cosa succede? Sarebbe più prudente arrivare
il prima possibile al cottage” rispose Erik.
“Lo so ma io… davvero, non ce la faccio più,
sono talmente stanco e mi fa male dappertutto, da quanto tempo stiamo
cavalcando?” si lamentò il ragazzo.
Edward non aveva tutti i torti, poverino.
Stavano cavalcando senza tregua da più di un’ora e, se anche l’animale era
stremato, il giovane Principe non era da meno. Dopo aver trascorso gli ultimi
quattordici anni della sua vita in prigione (più di quelli che aveva trascorso
fuori… a ben pensarci era una cosa terribile!), il suo corpo non era abituato a
simili sollecitazioni e una cavalcata così lunga e impetuosa era diventata ben
presto una tortura per lui.
Erik sospirò e fermò il cavallo, volgendosi
poi verso il ragazzo.
“Purtroppo non possiamo permetterci di
fermarci” disse. “Come vedi, già comincia a fare giorno e dobbiamo allontanarci
il più possibile da Londra. Però c’è qualcosa che posso fare per aiutarti
almeno un po’.”
Scese da cavallo e spostò Edward più avanti,
rimettendosi poi in sella dietro di lui e stringendolo a sé.
“Procederemo più lentamente, anche per
consentire al cavallo di non sforzarsi troppo” spiegò. “Sarò io a sorreggerti,
così potrai riposare un po’ e anche addormentarti, se ci riesci. Va bene?”
Il ragazzo lo gratificò di un sorriso, stanco
ma tenerissimo.
“Grazie, Erik, io… ci proverò” disse. “Sei
così gentile e sono contento che sia tu a prenderti cura di me. Sei un uomo
buono.”
Erik era molto turbato. Per darsi una specie
di contegno spronò il cavallo, che iniziò a muoversi al trotto. Sì, in quel
modo ci sarebbe voluto più tempo per raggiungere il cottage, ma l’uomo riteneva
che potesse essere sufficiente e, in ogni caso, non aveva intenzione di
sacrificare l’animale né, tanto meno, di far soffrire il Principe. Pochi minuti
dopo, Edward era crollato in un sonno profondo con la testa appoggiata sul
petto di Erik e saldo nella sua stretta sicura e protettiva, nonostante gli
scossoni e l’indolenzimento: doveva essere proprio sfinito.
In preda a un’emozione fortissima, Erik
sfiorò con un bacio i capelli scarmigliati del ragazzo, del suo protetto, del
Principe che aveva salvato.
“Dormi bene, Teddy” sussurrò appena, mentre
la cavalcatura si dirigeva sempre più lontano da Londra e da coloro che
volevano morto quel giovane innocente e il sole iniziava a spuntare tra le
colline.
Here I am (Here I am)
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(“Send me an angel” – Scorpions)
Sir Richard aveva
ottenuto clemenza da parte di Re Henry e sua moglie Maggie era stata liberata
dopo che si era venuto a sapere della fuga di Richard e Edward, visto che lei,
essendo incarcerata esattamente come loro, non avrebbe potuto in alcun modo
organizzare la loro evasione. Questo, però, aveva fatto infuriare moltissimo
Elizabeth che, al contrario, era sicura che fossero proprio i Pole i
responsabili del salvataggio dei due giovani, guarda caso proprio alla vigilia
della loro esecuzione.
Per questo motivo in
quel momento i coniugi Pole si trovavano al cospetto del Re e della Regina per
spiegare la loro situazione e lo stato d’animo di ognuna delle persone presenti
nella stanza era ben diverso: Elizabeth, come ho già detto, era infuriata,
Henry pieno di dubbi, Maggie sconvolta e in lacrime, l’unico che appariva
sicuro di sé era Sir Richard.
“Sir Richard,
dobbiamo chiarire la vostra situazione una volta per tutte prima di potervi
rimandare a casa vostra in Galles” esordì il Re. “Io sono quasi completamente
convinto della vostra totale estraneità alla fuga dei prigionieri, ma la Regina
continua a credere che Lady Margaret potrebbe esservi implicata.”
“Certo che è
implicata!” sibilò Elizabeth. “Lei è sempre stata dalla parte di
quell’impostore di Warbeck e sono anni che ci dà il tormento per ottenere la
liberazione di suo fratello. Ora, guarda caso, sono riusciti a fuggire proprio
la notte prima della loro esecuzione. Come puoi non vedere ciò che è ovvio,
Henry?”
“Io ho fiducia in Sir
Richard, lo conosco da molti anni e proprio per questo voglio che parliamo
apertamente adesso” replicò il sovrano, con aria lievemente seccata. “Questa
volta almeno vorrei essere certo oltre ogni ragionevole dubbio della
colpevolezza di qualcuno prima di accusarlo.”
C’era un evidente
disaccordo tra i due e Sir Richard capì che poteva sfruttarlo benissimo in
favore suo e di Maggie. Non gli piaceva l’idea di mentire al Re, lo conosceva
davvero da tanto tempo e lo aveva spesso consigliato, Henry gli aveva
dimostrato tanta fiducia da nominarlo protettore del suo primogenito Arthur…
insomma, era vero che la fuga di Edward e Warbeck era stata organizzata e
pianificata da lui insieme a Erik, ma sarebbe stato molto meglio riuscire a
dimostrare che, in realtà, lui non aveva fatto altro che liberare un innocente
da una condanna ingiusta e atroce. In quanto al sedicente Richard… beh, il
fatto che fosse scappato anche lui era stato un danno collaterale, ma se avesse tentato nuovamente di muovere
guerra al sovrano sarebbero stati fatti suoi, Re Henry lo aveva sconfitto una
volta e avrebbe potuto farlo ancora.
“Sono veramente
curiosa di sapere come avete fatto a trovare qualcuno che riuscisse ad
arrampicarsi sulla Torre e a far calare giù i prigionieri. Hai conosciuto un
acrobata da circo, Maggie?” domandò velenosa la Regina.
“Come puoi essere
così perfida, Elizabeth? Non ti riconosco più!” replicò la giovane donna
scoppiando in pianto. “Tu eri disposta a uccidere mio fratello che non ti ha
mai fatto niente di male, hai incarcerato me e adesso mi accusi? Come potrei
aver organizzato la fuga di Edward? Non sapevo neanche che volessi farlo
giustiziare e… e… ora non so nemmeno dove sia finito!”
Già, Sir Richard
aveva pensato bene di non informare Maggie prima del colloquio, perché lui
sarebbe stato capace di mostrare una calma olimpica dinanzi ai sovrani, ma
Maggie non era assolutamente in grado di recitare una parte. Era un vantaggio
che non sapesse che fine aveva fatto Edward e che fosse, dunque, sinceramente
disperata e spaventata per la sua sorte.
“Dici che Edward non
ha fatto niente? Bene, allora guarda questa” ribatté gelida Elizabeth, porgendo
a Maggie la pergamena in cui il ragazzo confessava di essere un traditore… sì,
la famosa pergamena che il Principe ignorava assolutamente di aver firmato!
“Devo ammettere che neanche Henry, all’inizio, era disposto a ordinare la
condanna a morte per lui, riteneva che fosse innocuo ma, evidentemente, la
permanenza in cella assieme all’impostore lo ha traviato. Chissà, magari gli ha
fatto credere di essere davvero suo cugino… ad ogni modo, Edward ha dichiarato
di aver cospirato con Warbeck contro il legittimo sovrano.”
Henry aveva
un’espressione colpevole che contrastava con quella di freddo compiacimento
assunta da Elizabeth. Era chiaro che a lui non era piaciuto per niente dover
condannare a morte un ragazzo che già ne aveva passate tante e che si era
sempre dimostrato semplice e mite… ma di fronte a quella prova schiacciante
aveva dovuto cedere.
Sir Richard, che era
il più lucido della compagnia, si accorse subito del dettaglio che avrebbe
cambiato le carte in tavola e non esitò a puntarvi il dito contro.
“Scusate, Maestà, ma…
secondo voi questo documento è autentico? Lo ritenete davvero una prova
inappellabile? Per voi è davvero un documento ufficiale?” domandò, rivolto a Henry ma sbirciando di sottecchi
Elizabeth.
“Cosa volete dire?”
iniziò il Re, ma la Regina lo interruppe.
“Come osate, Sir
Richard? Insinuate forse che la firma sia stata falsificata? Così mi
oltraggiate, io stessa ero presente mentre Edward firmava spontaneamente la
confessione e con me c’erano anche il Lord Cancelliere e l’Arcivescovo. Mettete
in dubbio la parola di tutti e tre?”
“Assolutamente no”
replicò Sir Richard, reciso. “Mi stavo soltanto chiedendo che cosa abbiate
raccontato a Edward per indurlo a firmare qualcosa che, con ogni evidenza, non
aveva neanche visto e della quale ignorava completamente il contenuto.”
Elizabeth impallidì.
“Che cosa…?” riuscì
appena a dire.
“Spiegatevi meglio,
Sir Richard, non parlate per enigmi. State accusando la Regina di aver commesso
qualcosa di illecito?” intervenne Henry.
“Perdonatemi, Maestà,
ma vi sembra questo il modo di firmare un documento ufficiale?” riprese l’uomo, porgendo la pergamena al sovrano. “Diciamo
pure che le cose sono andate così, che Edward si è lasciato convincere dal
giovane Warbeck, che lo riteneva veramente suo cugino e che voleva aiutarlo.
Accettiamo anche il fatto che, interrogato in proposito da Sua Maestà la
Regina, il Lord Cancelliere e l’Arcivescovo, abbia ammesso di aver appoggiato
le pretese di Warbeck e abbia accettato di firmare una confessione in
proposito…”
“Non è una
congettura, Sir Richard, anche se voi la fate apparire come tale” reagì
Elizabeth. “Le cose sono andate esattamente così!”
“Molto bene. Allora
come mai Edward si è firmato semplicemente Teddy
invece di scrivere il suo nome per esteso come è di regola nei documenti
ufficiali? Maestà, non avevate fatto caso a questo particolare? Perché la
confessione fosse valida, il ragazzo avrebbe dovuto firmarsi Edward Plantagenet conte di Warwick.
Quindi ripeto la domanda: cosa avete raccontato a Edward per convincerlo a
firmare qualcosa di cui nulla sapeva? Gli avete forse detto che era una lettera
per Maggie?”
Gli occhi di tutti si
fissarono su Elizabeth.
“Cosa hai fatto?”
mormorò Maggie, sconvolta dall’orrore.
“Io non ho fatto niente” ribatté gelida la Regina. “Evidentemente
quello è il modo in cui si firma Edward, cosa volete che ne sappia io?”
Sir Richard scrollò
il capo.
“Maestà, sappiamo
tutti che Edward è un ragazzo semplice e ingenuo, ma spero non vorrete farmi
credere che non sappia scrivere il suo nome per esteso, o che ignori una cosa
così ovvia come il fatto che una dichiarazione firmata Teddy non ha il minimo valore… vero?”
“Sir Richard ha
ragione, Elizabeth. Il documento così com’è non può essere considerato una vera
ammissione di colpevolezza” disse Henry. “Edward sa benissimo qual è il suo
nome e quali sono i suoi titoli… lo sapeva fin da bambino, visto che non
perdeva occasione per sbandierarli. Se avesse saputo che si trattava di un
documento ufficiale, avrebbe firmato nel modo giusto. Gli hai detto che si
trattava di qualcos’altro? Edward ha mai, effettivamente, saputo cosa c’era
scritto qui sopra?”
Maggie trafisse la
cugina con uno sguardo in cui si mescolavano orrore, delusione e rabbia.
Elizabeth capì di essere stata sconfitta, ma non volle ammetterlo. Senza una
parola, girò sui tacchi e uscì dalla stanza sbattendo la porta in modo ben poco
regale.
Re Henry, a quel punto,
pareva veramente a disagio. Si rendeva conto di aver fatto la figura del
perfetto imbecille, in parole povere, perché non sapeva nemmeno quello che la
moglie faceva alle sue spalle (e meno male che doveva essere lui il Re!), e
anche di un imbecille sleale e scorretto, visto che ora appariva chiaro che lui
non riteneva veramente Edward un pericolo per la sua corona e tuttavia aveva
accettato per buona la confessione che lo avrebbe condotto al patibolo.
Non era stata una
delle sue giornate migliori, tuttavia poteva sempre salvarla.
“Sir Richard, Lady
Margaret, ora so che siete perfettamente innocenti, vittime di una situazione
che è sfuggita di mano a tutti noi” disse. “Voglio rimediare alla mia
negligenza e perciò vi concederò subito il permesso di ritirarvi nella vostra
tenuta in Galles, insieme a vostro figlio, per dimenticare questa storia
terribile e non rimanere più coinvolti negli intrighi di corte.”
“Dimenticare questa
storia?” protestò Maggie, incredula. “Ma non posso dimenticarla! Mio fratello
Edward è stato portato via da chissà chi e chissà dove e io dovrei tornare a
casa come se niente fosse?”
“Perdonate, non ho
ancora detto la cosa più importante: visto che tutte le accuse contro di voi e
la vostra famiglia sono cadute, di conseguenza anche ogni sospetto nei
confronti di vostro fratello Edward è svanito” proseguì il Re. “A questo punto
appare chiaro che a far evadere i prigionieri sono stati dei sostenitori di
Perkin Warbeck e che hanno condotto anche Edward con loro. Credevamo di averli
arrestati tutti, ma evidentemente non era così. Tuttavia farò il possibile per
ritrovarli e, questa volta, rinchiuderemo in carcere Warbeck e tutti i suoi
seguaci fino alla fine dei loro giorni. Edward, invece, otterrà la mia clemenza
e sarà libero, lo farò condurre nella vostra tenuta in Galles non appena lo
avrò trovato.”
Maggie era poco
convinta e stava per protestare di nuovo, odiava l’idea che suo fratello in
quel momento si trovasse in mezzo a cospiratori, congiurati e chissà che altri
tipi di gente poco raccomandabile… ma Sir Richard intervenne prima che lei
potesse aprir bocca.
“Anche subito, se è
ciò che desiderate” rispose Henry. “Voglio solo dimenticare il prima possibile questo
terribile malinteso e ridare a tutti voi la vita che meritate.”
Richard e Maggie si
inchinarono e, ottenuto il permesso del Re, si congedarono da lui. Sir Richard
era molto soddisfatto: non solo il suo piano di salvare la vita di Edward era
riuscito perfettamente, ma non ci sarebbe neanche stato bisogno di tenere
nascosto il ragazzo troppo a lungo, visto che il Re in persona ne aveva
dichiarato l’innocenza.
Restava solo da
spiegare a Maggie che non aveva di che preoccuparsi: in Galles avrebbe ritrovato
Edward sano e salvo!
Nel cottage di Sir
Richard, mentre a corte accadevano tanti fatti importanti, Edward aveva
trascorso una notte molto tranquilla. Anzi, dopo essersi addormentato sul
cavallo tra le braccia di Erik, aveva continuato a dormire pacificamente per
tutto il tempo. Quando erano giunti al cottage Erik aveva dovuto prenderlo in
braccio per metterlo a letto e Edward non aveva mosso un muscolo, aveva dormito
fino a mattina inoltrata e poi si era fatto un lungo bagno ristoratore nella
tinozza di acqua calda che i domestici gli avevano procurato. Sì, perché Sir
Richard aveva pensato proprio a tutto e aveva inviato al cottage una coppia di
anziani e fedeli domestici, marito e moglie, lui un tuttofare e lei una cuoca,
per occuparsi dei bisogni del giovane Principe e di Erik. Il ragazzo si era
così lavato e cambiato con gli abiti scelti tra quelli che Maggie gli aveva fatto
trovare nella sua stanza, si era concesso una bella e soddisfacente colazione e
poi era uscito tutto contento nel cortile, guardandosi intorno come se vedesse
il mondo per la prima volta (e in parte era proprio così!). Quando Erik lo vide
così allegro e luminoso si sentì invadere da un calore intenso, da un affetto
smisurato verso quel giovane così sfortunato e che ora sembrava semplicemente
grato per una bella giornata di sole. Il Re e la Regina avrebbero voluto farlo
giustiziare quella mattina stessa e invece adesso Edward era lì, sano e salvo e
con una nuova vita davanti a sé, finalmente libero. Erik era molto felice di
averlo salvato e di averlo lì con sé, avrebbe tanto voluto… ma non ebbe nemmeno
il tempo di formulare il pensiero, perché il ragazzo si accorse di lui e gli
volò tra le braccia.
“Erik, grazie!”
disse, pieno di gioia. “E’ tutto perfetto qui! Tu mi hai liberato, mi hai
salvato e riportato a casa e ora… ora la mia vita appartiene a te, ti voglio
tanto bene!”
Mille e mille volte
Erik aveva sognato di poter stringere Edward tra le braccia in quel modo, di
poterlo prendere e portare via con sé quando lo vedeva in quella prigione,
quando pensava a lui prima di addormentarsi… e adesso il giovane era davvero
lì, era stretto a lui e si mostrava proprio così affettuoso e dolce come lo
aveva sempre visto comportarsi con la sorella. L’uomo non sapeva bene cosa
avrebbe dovuto fare. Edward gli aveva detto che gli voleva bene, ma cosa poteva
intendere? Probabilmente gratitudine e quella fiducia ingenua che regalava a
chiunque fosse gentile con lui. Non poteva certo pensare che quel dolcissimo
ragazzo lo amasse, no? Non lo
conosceva neanche! Era Erik che si era innamorato di lui fin dalla prima volta
in cui lo aveva visto e che lo aveva pensato per mesi finché non aveva avuto
davvero l’occasione di liberarlo.
“Non potrò mai
ricompensarti abbastanza per tutto quello che hai fatto per me” continuò
Edward, sempre stretto a Erik.
Beh, in realtà lo
stava già facendo, visto che l’uomo si sentiva l’essere più fortunato di tutta
l’Inghilterra già solo potendolo tenere tra le braccia in quel modo e con la
prospettiva di averlo sempre accanto, di occuparsi di lui, di proteggerlo…
“Non mi devi niente,
Edward” rispose Erik, stringendolo e accarezzandogli i capelli. “La mia
ricompensa è già averti salvato e vederti felice. Io ti proteggerò sempre, ti
starò vicino ogni volta che avrai bisogno di me, ti difenderò da qualsiasi male
e per me questo è e sarà sempre un privilegio.”
Edward lo guardò
fisso, gli occhi scuri e attenti fissi in quelli chiari dell’uomo, un lieve
sorriso sulle labbra.
“Tu puoi chiamarmi
Teddy, adesso” gli disse.
E, probabilmente, era
la cosa più vicina a una specie di dichiarazione d’amore che il giovane Conte
di Warwick poteva fare in quel momento!
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star
Wise man said just find your place
In the eye of the storm
Seek the roses along the way
Just beware of the thorns…
(“Send me an angel” – Scorpions)
Sir Richard e Maggie tornarono nella loro
dimora in Galles e dal loro figlioletto Henry il giorno successivo. Maggie
avrebbe voluto recarsi subito al cottage per riabbracciare il fratello, ma il
marito le raccomandò prudenza.
“Purtroppo dobbiamo ancora tenere gli occhi
aperti e aspettarci il peggio” le spiegò. “Re Henry ha promesso di concedere a
Edward una grazia speciale e io sono convinto che questa sia realmente la sua
volontà, però, come hai potuto vedere da sola, non sempre gli ordini partono da
lui, benché sia il sovrano. E’ stata tua cugina Elizabeth ad architettare il
piano per condannare Edward, perciò è da lei che dobbiamo guardarci ancora per
qualche tempo, almeno fino a quando non avremo concretamente in mano il documento
firmato dal Re che attesta la liberazione di tuo fratello.”
Maggie annuì, ancora sconvolta e amareggiata
per ciò che aveva scoperto. Era stata Elizabeth a ingannare Edward, gli aveva
mentito per estorcergli una falsa confessione e condannarlo a morte. La giovane
non aveva mai avuto molta fiducia nel nuovo Re, eppure ora veniva a sapere che
il vero pericolo era proprio la persona che mai avrebbe sospettato: Elizabeth
considerava Edward un ostacolo per il potere che lei voleva mantenere, per sé e
per i suoi figli Arthur e Henry. Per lei non aveva importanza che il ragazzo
fosse innocuo, ingenuo e non nutrisse la minima ambizione, la sua semplice
esistenza era un rischio per i Tudor poiché i sostenitori degli York vedevano
in lui il vero erede al trono. A malincuore dovette quindi ammettere che il
marito aveva ragione: Elizabeth era la vera nemica, non Re Henry.
“Quanto pensi che dovremo attendere, dunque,
prima che io possa rivedere Teddy?” domandò.
“Non posso saperlo con certezza, mi spiace.
Io personalmente mi sentirò più tranquillo quando il Re ci darà il documento
firmato in cui concede la liberazione a tuo fratello, ma non so quando ciò
potrà accadere” rispose l’uomo. “Nel frattempo dobbiamo essere pronti a tutto.
La Regina ha compiuto un atto orribile estorcendo in quel modo la firma a
Edward e agendo alle spalle del Re, quindi non ci sarebbe da stupirsi se
inviasse delle sue guardie a
sorvegliarci o, peggio, se corrompesse qualcuno dei nostri domestici per
spiarci. Devi comprendere che lei è capace di tutto, ormai, non è più la cugina
che conoscevi.”
Tuttavia, vedendo le lacrime spuntare dagli
occhi di Maggie, Sir Richard si addolcì e accarezzò con affetto il volto di sua
moglie.
“Maggie, adesso non devi più temere per
Edward, lui è libero e al sicuro” le disse. “Magari non potrai incontrarlo
subito, ma almeno saprai che sta bene. Anche quando era prigioniero nella Torre
di Londra potevano passare settimane o anche mesi prima che potessi andare a
fargli visita e, allora, lo sapevi in carcere da solo, non ti dicevano come
stava, se era malato, se aveva abbastanza da mangiare… Adesso sai che è libero
e che si trova a poco più di mezz’ora da qui, inoltre Erik verrà tutti i giorni
a portarci sue notizie. Anzi, dovrebbe arrivare proprio tra poche ore e tu potrai
chiedergli tutto quello che vorrai sulle condizioni di Edward. Erik prenderà le
dovute precauzioni per giungere qui e poi ci sistemeremo in una stanza sicura
in cui nessuno potrà vederci o ascoltarci per poter parlare tranquillamente.”
Finalmente Maggie si sentì sollevata e il suo
viso si illuminò di un grande sorriso.
“E’ meraviglioso, Richard, grazie, e… e credo
che dovremmo ricompensare Erik per tutto ciò che sta facendo per Teddy, cosa ne
pensi? Potresti donargli un pezzo di terra dove costruire una casa tutta sua o
qualsiasi cosa desideri… merita veramente una grande ricompensa per quello che
ha fatto e che fa tuttora!” esclamò.
Anche Sir Richard sorrise alla moglie.
“Erik mi serve fedelmente da tanti anni e non
ha mai voluto nulla in cambio, anzi si sente ancora in debito con me per
avergli dato la possibilità di vivere una vita onesta e di fare carriera come
Capitano delle mie guardie, tuttavia penso che tu abbia ragione, questa volta
merita davvero un premio” concordò.
Beh, in realtà Erik il suo premio lo aveva già ricevuto e se lo
teneva ben stretto… chissà se sarebbe riuscito a farlo accettare a Maggie!
Intanto, al cottage, anche Edward domandava
continuamente a Erik quando avrebbe potuto rivedere la sorella.
“Sir Richard e sua moglie sono rientrati
nella loro dimora proprio questa mattina e nel pomeriggio andrò a far loro
visita per portare tue notizie” gli rispose l’uomo.
Edward apparve subito molto emozionato e
impaziente.
“Posso venire con te, Erik, per favore? E’ da
tanto che non vedo Maggie e mi manca! Mi porti con te, per favore?” insisté.
Erik sorrise intenerito. In quei momenti
doveva farsi forza per trattenere la voglia che aveva di stringere quel dolce e
ingenuo ragazzo forte forte tra le braccia…
“Vorrei davvero poterti portare con me, ma
vedi, Edward, la situazione non è cambiata da quando eri prigioniero” replicò,
rendendosi conto che avrebbe dovuto spiegare molte cose al giovane Conte di
Warwick. “Ricordi quello che ti ho raccontato la notte in cui ti ho liberato,
la storia della firma che la Regina ti ha estorto?”
Quella notte era stata piena di confusione,
paura e emozioni intense per Edward e i ricordi riaffioravano lentamente.
Guardò Erik con occhi perduti ad inseguire stralci di frasi, flashback,
momenti…
“Mi hai detto che… che Lisa non voleva
davvero sapere se ero in grado di scrivere il mio nome, che in realtà ha usato
la mia firma per una confessione che io non ho mai fatto” mormorò, ancora
piuttosto confuso. “Io però non ho davvero firmato, ho scritto solo Teddy, credevo fosse quello che lei
voleva.”
Erik prese affettuosamente il giovane per le
spalle, sentendo il bisogno di un contatto con lui, di sentire che era lì, che
lo aveva davvero salvato, portato via da quel mondo orribile e meschino.
“Ed è stata la tua fortuna, perché la
confessione così non ha valore, ma alla Regina non importava, lei cercava
soltanto una scusa per condannarti a morte” disse.
Edward non si era mai fermato realmente a
riflettere sulla questione e adesso, per la prima volta, la reale consapevolezza
di ciò che aveva fatto la cugina lo riempì di orrore e dolore.
“Lisa voleva che morissi? Ma io non le ho mai
fatto niente di male! Perché mi odia tanto? Credevo che mi volesse bene!”
esclamò, nella sua voce tutta la disperazione del mondo.
“Non so cosa provi per te, non la conosco,
ma… in ogni caso vuole molto più bene a suo marito e, soprattutto, ai suoi
figli” cercò di spiegare Erik, con il cuore che gli si spezzava nel vedere
Edward così sconvolto. Era stata una bassezza inconcepibile fare tanto male a
un ragazzo come lui… “Non è una questione personale, non vuole che tu muoia per
qualcosa che hai fatto, ma per ciò che rappresenti. I sostenitori degli York
ritengono ancora che tu sia il vero, unico e legittimo erede al trono, a meno
che il ragazzo che abbiamo liberato non sia veramente Richard come sostiene di
essere. Vorrebbero che fossi tu, l’ultimo dei Plantagenet, a regnare
sull’Inghilterra al posto di Re Henry.”
“Ma io non voglio essere il Re!” trasecolò
Edward. “Non l’ho mai veramente voluto, non saprei nemmeno come fare… Io volevo
solo tornare a casa, vivere libero, accanto a Maggie, non farei mai niente
contro Re Henry. Richard aveva detto che avrei potuto avere tutti i cani che
volevo e una bella casa in campagna e cavalli e parchi e boschi… non voglio
essere Re, io!”
Ancora una volta Erik sentì prepotente il
bisogno di stringere tra le braccia il povero ragazzo e di baciarlo, ma dovette
trattenersi.
“Lo so, lo sappiamo tutti e sono convinto che
lo sappia anche la Regina, ma quello che vuoi tu non le interessa, a lei non
importa che tu sia gentile e privo di ambizioni, lei pensa ai sostenitori degli
York che, finché ci sarà un erede diretto dei Plantagenet ancora in vita,
vorranno metterlo sul trono e spodestare Re Henry. Ora ci sono anche i suoi
figli e la Regina vuole a tutti i costi che la corona resti salda sulla testa
dei Tudor” disse l’uomo, in tono accorato.
“Finché
ci sarà un erede diretto dei Plantagenet ancora in vita…” ripeté Edward,
trasognato. “Quindi per lei io devo morire, anche se non faccio male a nessuno,
anche se non voglio quel trono, anche se sono sempre stato buono?”
Era troppo per Erik, che questa volta non si
trattenne e abbracciò con foga il giovane Conte di Warwick, circondandolo con
il suo affetto e il suo amore, proteggendolo nel cerchio delle sue braccia.
“Certo che sei buono, Edward, e io non
permetterò che nessuno ti faccia del male, ti difenderò ad ogni costo, ti terrò
sempre al sicuro” mormorò l’uomo. “Ma è per questo che non posso portarti con
me oggi, perché la Regina potrebbe aver mandato delle guardie a sorvegliare Sir
Richard e tua sorella e noi non dobbiamo correre il rischio che scopra che sei
qui. Io farò tutto quello che posso per proteggerti sempre, anche a costo della
mia stessa vita, perché ti a… perché so quanto sei buono e indifeso e meriti di
essere libero e di vivere felice.”
Per qualche minuto nessuno dei due disse
niente, perduti nei loro pensieri e in quell’abbraccio che voleva dire tante cose
per Erik, ma anche per Edward benché ancora non se ne fosse reso conto… sapeva
soltanto che tra le braccia di quell’uomo forte e generoso si sentiva al
sicuro, sereno, felice come non era mai stato prima e altre emozioni confuse
che non si spiegava!
Erik fece molta fatica a sciogliersi dall’abbraccio,
aveva desiderato per tanti mesi di stringere così il suo piccolo Conte e adesso
ogni istante con lui gli sembrava un miracolo. Si staccò, ma rimase vicino al
ragazzo e gli scompigliò affettuosamente i capelli.
“Per qualche tempo, quindi, dovrai avere
pazienza e aspettare che sia Lady Margaret a poterti raggiungere qui. Lei verrà
presto, non appena saremo sicuri che nessuno la sta sorvegliando” promise l’uomo.
“E, nel frattempo, io andrò a parlare con lei e Sir Richard per far sapere loro
che stai bene, che ti stai riprendendo e che sei al sicuro. Va bene così,
Edward?”
Il giovane sorrise leggermente, scuotendo il
capo con dolcezza.
“Non tanto, ma cercherò di farmelo andare
bene. E poi… tu mi puoi chiamare Teddy, te l’ho già detto, no?” disse.
“E’ vero e mi fa molto piacere, è solo che, a
volte, penso di essere troppo sfacciato” ribatté Erik, con un certo turbamento.
“In fondo tu sei il Conte di Warwick, l’ultimo dei Plantagenet e io sono
soltanto…”
“Tu sei l’uomo che mi ha salvato” lo
interruppe Edward, fissandolo negli occhi. “Mi proteggi e ti occupi di me, mi
fai sentire bene e al sicuro e io non voglio più essere il Conte o l’erede al
trono, non mi interessano quelle cose, io voglio solo essere Teddy e stare qui
con te.”
Stare qui con te? Erik
restò allibito. Edward aveva davvero detto quello che gli sembrava di aver
sentito? E che cosa intendeva? L’uomo si impose di non farsi strani castelli in
aria, chiaramente il ragazzo gli era grato e voleva dire che stava bene con
lui, che sarebbe vissuto tranquillo nel cottage finché non avesse potuto,
finalmente, trasferirsi nella dimora dei Pole, accanto alla sorella.
“Bene, allora, se ti sei tranquillizzato io
posso recarmi alla dimora di Sir Richard, come ti dicevo” disse, cercando di
pensare ad altro. “Parlerò con tua sorella e la rassicurerò sul tuo conto, le
porterò i tuoi saluti e…”
Il giovane lo afferrò per un braccio.
“Ma… vuoi lasciarmi qui da solo? Hai detto
che sono ancora in pericolo, che Lisa… che la Regina vuole tuttora uccidermi e
mi lasci qui da solo?” sussurrò, spaventato. “Non voglio restare da solo, non
mi piace, voglio stare con te, tu mi hai salvato e io ora appartengo a te, mi
devi proteggere…”
Edward si era avvicinato moltissimo, i suoi
occhi tradivano paura e sgomento e Erik… beh, Erik non ce la fece più a
resistere. Lo strinse di nuovo tra le braccia e, questa volta, cedette all’impulso
di baciarlo. Giurò a se stesso che si sarebbe immediatamente staccato se Teddy
si fosse mostrato sconvolto o disgustato… ma non accadde. Il giovane Conte,
chiaramente, non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma un vortice di emozioni
lo travolse, i pensieri gli vorticavano in testa, il cuore gli batteva all’impazzata,
le ossa e il sangue gli si liquefacevano mentre sperimentava quel contatto così
intimo e profondo con l’uomo che lo aveva salvato, il suo eroe, il suo
protettore… e si sentiva così al sicuro, così al caldo, così irresistibilmente
appagato e felice da non trovare neanche un motivo per cui non dovesse rimanere
lì, stretto a lui, nella perfezione di quell’attimo infinito.
Con un immenso sforzo di volontà, dopo minuti
o ore o secoli, Erik riuscì a concludere quel bacio che aveva sognato e
desiderato per mesi e mesi e a staccarsi delicatamente da Edward, che rimase a
guardarlo con le labbra socchiuse, le guance infuocate e i capelli
scarmigliati.
“Non… non corri alcun rischio, altrimenti non
ti lascerei mai qui da solo” disse, cercando di mantenere ferma la voce. “Ci
sono delle guardie nei boschi a sorvegliare qualsiasi punto di entrata e io
comunque tornerò il prima possibile. Non sei in pericolo, qui sei al sicuro e
lo sarai sempre, Edward.”
“Teddy” ripeté il ragazzo, con un sorrisetto.
Beh, se non era quello il momento di chiamarlo affettuosamente col suo
diminutivo allora quando mai sarebbe stato?
“Teddy, sì” annuì Erik e fece per andarsene,
ma il giovane lo abbracciò ancora una volta, per salutarlo forse o chissà, e
lui si ritrovò a baciarlo ancora e ancora, a tenerlo stretto a sé, anche lui
finalmente sereno di sentirlo al sicuro nel cerchio protettivo delle sue
braccia.
“Devo davvero andare, adesso” riuscì a dire
alla fine, accarezzando il viso del ragazzo. “Tu sarai al sicuro e io tornerò
presto, andrà tutto bene… Teddy.”
Edward annuì.
“Sì, ora lo so che andrà tutto bene” disse in
un sussurro.
Erik partì a cavallo verso la dimora di Sir
Richard, controllando attentamente che nessuno lo seguisse o si nascondesse nei
boschi. Sperava che il suo Signore gli portasse buone notizie, sapeva che aveva
parlato con il Re e forse c’erano le premesse perché Teddy potesse davvero
essere libero e al sicuro.
Per raggiungere la tenuta dei Pole ci sarebbe
voluta più di mezz’ora, così Erik avrebbe avuto anche tutto il tempo di pensare
a cosa raccontare a Lady Margaret quando gli avesse chiesto notizie del
fratello... visto quello che era accaduto, aveva qualche dubbio sul fatto di
riuscire a mantenere il controllo parlando di Teddy!
Eppure, dentro al suo cuore, l’uomo si
sentiva felice come non era mai stato in tutta la sua vita. Sembrava proprio
che il suo sogno impossibile si stesse realizzando, Edward era lì con lui,
vivevano insieme e, a quanto pareva, provava per lui un sentimento speciale.
Non sapeva come sarebbe finita e non osava neanche sperare in qualcosa di più, in
quel momento tutto ciò che contava era che Teddy stesse bene, fosse felice… e
gli rimanesse accanto.
Wise
man said just walk this way To the dawn of the light Wind will blow into your face As the years pass you by Hear this voice from deep inside It's the call of your heart Close your eyes and you will find Passage out of the dark…
(“Send
me an angel” – Scorpion)
Erik era nel salottino
privato di Sir Richard e aveva raccontato a lui e a Maggie come aveva liberato
Edward e il suo compagno di cella, come il giovane Warbeck aveva deciso di
riunirsi ai suoi amici di Londra mentre lui portava Edward al galoppo verso il
Galles, il più lontano possibile da chi lo voleva morto. Aveva spiegato a
Maggie che il fratello stava bene, che anzi era molto felice, amava quel
cottage in mezzo ai boschi e si sentiva finalmente libero e al sicuro e
aspettava solo di poterla riabbracciare… beh, sì, ovviamente non raccontò
proprio tutto e decise di omettere la
parte del bacio!
“Quindi tutto sta andando
per il meglio” esclamò Maggie, con gli occhi che le brillavano per la gioia.
“Non vedo l’ora di poter rivedere Teddy, ma sono già più tranquilla sapendo che
sta bene e che è sereno. Erik… non so davvero come ringraziarti, hai rischiato
moltissimo per mio fratello e adesso ti stai occupando di lui con tanta
disponibilità… Anche Richard dice che meriti una ricompensa, stavolta.”
Erik rimase allibito, anche perché in realtà
si sentiva vagamente in colpa per quel bacio di poco prima.
“Lady Margaret, ma io non voglio nessuna
ricompensa” replicò, quasi sconvolto al solo pensiero. “Sono al servizio di Sir
Richard da tanti anni e sto solo ripagando il debito che ho con lui, vostro
marito mi ha salvato la vita e mi ha dato una casa e io adesso ho fatto lo
stesso per Edwa…. Per vostro fratello. E poi, sapete,
io vi ho accompagnato tante volte a fargli visita e ogni volta avrei desiderato
portarlo via da quella prigione, salvarlo da quella vita ingiusta, per cui in
realtà… sono stato ben felice quando Sir Richard mi ha affidato questo
incarico!”
Se Maggie sospettò qualcosa nell’ascoltare
parole tanto vibranti di emozione non lo diede a vedere. Sir Richard, invece,
cominciò a guardare il suo Capitano con maggiore attenzione.
“Non ho bisogno di alcuna ricompensa”
continuò Erik in tono veemente, “perché l’ho già ricevuta: aver liberato vostro
fratello, averlo salvato e potermi occupare di lui in questo periodo è il più
grande premio che potessi mai ottenere.”
Maggie scambiò un’occhiata perplessa con il
marito che, però, la sapeva molto più lunga di lei e aveva già fatto due più
due.
“Come desideri, Erik, non vogliamo insistere
per non metterti in imbarazzo” intervenne dunque Sir Richard. “E’ molto bello
che tu sia tanto legato a questa famiglia da prenderti a cuore la salvezza di
Edward come se fosse… beh, del resto non è che un’altra dimostrazione che mi
dai della tua generosità, fedeltà e lealtà. Sappi, tuttavia, che qualsiasi cosa
vorrai chiedermi per ripagare tanta abnegazione io te la concederò, se sarà in
mio potere farlo.”
“Grazie, Milord” replicò Erik con un sorriso.
“So che vorreste avere il giovane Edw… cioè, il Conte
di Warwick qui con voi al più presto, ma nel frattempo potete stare tranquilli:
io farò tutto ciò che posso per farlo stare bene, sereno, in salute e, quando
finalmente vi incontrerete, troverete un ragazzo più in forze e allegro di
quanto abbiate mai sperato.”
Maggie era commossa.
“Oh, Erik, è meraviglioso quello che dici”
esclamò, felice. “Ho notato che ti viene spontaneo chiamare mio fratello per
nome… te l’ha detto lui, vero? Non preoccuparti, puoi farlo, se a lui fa
piacere. E’ bello che si stia legando a te e che non soffra per la mia assenza,
visto che dovrà protrarsi ancora per qualche tempo. Ed è ancora più bello
vedere come tu ti sia affezionato a lui e come desideri prendertene cura…”
Beata ingenua anche lei, evidentemente
l’innocenza era un dono di famiglia!
“Lady Margaret, io vi ho scortato per molti
mesi alla Torre di Londra per fare visita a vostro fratello e, sebbene
rimanessi sulla soglia per non disturbare, non potevo fare a meno di notare
quanto fosse profondo il vostro legame e quanto Edward… vostro fratello… fosse
gentile, dolce e innocente” disse Erik ancora una volta in un tono molto più
appassionato di quanto, forse, avrebbe voluto. “Era sempre così felice di
vedervi, contento di ogni cosa che gli portavate, sempre con la speranza che
foste venuta per riportarlo a casa. Nonostante abbia trascorso l’infanzia e
l’adolescenza in quella prigione non è diventato aspro, vendicativo, non ha
perso la sua ingenuità e la sua dolcezza. Ogni volta avrei voluto inventarmi
qualcosa per portarlo via e finalmente ho potuto farlo: non credete che questa
sia per me l’unica ricompensa che avessi mai desiderato?”
Maggie non sapeva come rispondere a una
dichiarazione tanto intensa, così fu Sir Richard a chiudere la conversazione.
“Molto bene, Erik” concluse. “Siamo molto più
tranquilli ora che sappiamo che Edward sta bene e che è sereno in tua
compagnia, visto che non possiamo ancora sapere quando potremo portarlo qui.
Mia moglie ed io ti siamo infinitamente grati e ricorda che potrai chiederci
qualunque cosa di cui avrai bisogno.”
Erik ringraziò e si congedò dal suo Signore e
dalla sua Lady, impaziente di tornare da Edward. Gli mancava già tanto ed era
preoccupato, sperava che non si fosse spaventato troppo nel rimanere da solo.
“Dunque sei più serena, adesso?” domandò Sir
Richard alla moglie. “Volevo che parlassi di persona con Erik non solo per
avere notizie di Edward, ma anche per vedere con i tuoi occhi quanto lui sia
disponibile e pronto a tutto. E dalle sue parole abbiamo compreso quanto tenga
anche personalmente a Edward, per lui non è solo un incarico, lo proteggerà e
si prenderà cura di lui.”
“Sì, adesso sono più tranquilla” rispose
Maggie.
Sir Richard pensò che avrebbe dovuto usare
cautela con la moglie, prepararla con calma alla sorpresa che avrebbe trovato
quando fosse andata dal fratello, perché non le venisse un collasso o qualcosa
di simile. L’uomo conosceva bene il suo Capitano e aveva capito subito che il
tono veemente con cui parlava di Edward e la luce che brillava nei suoi occhi
significavano un sentimento vero e potente, che Erik non aveva saputo
nascondere. Aveva compreso anche che Edward, tutto sommato, si trovava a suo
agio con lui e che forse, senza neanche saperlo, stava sviluppando un affetto
speciale nei suoi confronti. In realtà Sir Richard era soddisfatto di tutto
questo. Sapeva che Erik era stato solo per tanti anni ed era contento di
vederlo così pieno di entusiasmo; aveva inoltre una cieca fiducia in lui ed era
consapevole che non avrebbe mai fatto qualcosa che potesse turbare o spaventare
Edward. E, in tutta sincerità, aveva anche piacere che il ragazzo si fosse trovato compagnia, che stesse bene e
fosse al sicuro: Edward se lo meritava dopo tutto ciò che aveva passato e, cosa
non trascurabile, sperava che così Maggie si sarebbe finalmente messa il cuore
in pace e si sarebbe dedicata maggiormente a lui e al loro bambino… visto che
il fratello aveva trovato altrove la felicità.
Sì, beh, avrebbe dovuto trovare il modo
giusto per far comprendere e accettare tutto ciò anche a Maggie!
Erik spronava il cavallo per giungere al più
presto al cottage da Edward. La mezz’ora circa di tragitto gli sembrava
infinita, non solo perché sentiva il bisogno di rivedere il ragazzo ma anche
perché era preoccupato per lui. Era al sicuro, lo sapeva bene, ma temeva che
Edward potesse comunque spaventarsi rimanendo solo troppo a lungo, lo aveva
visto turbato prima di andare alla tenuta di Sir Richard e adesso voleva solo
tornare da lui, rassicurarlo… chissà, forse anche baciarlo un’altra volta,
sempre se il giovane lo avesse desiderato!
Finalmente, dopo quella che gli era parsa
un’eternità, l’uomo giunse nei pressi del cottage e rallentò l’andatura del suo
cavallo, vedendo da lontano che Edward era lì fuori, nella radura che
circondava la piccola casa, e passeggiava tranquillamente con un’aria molto
felice in volto. Non si era nemmeno accorto dell’arrivo di Erik tanto era
perduto nella contemplazione estatica degli alberi attorno, dei cespugli, delle
nuvole, del cielo azzurro, del sole… come se vedesse tutto per la prima volta
e, in un certo senso, per il ragazzo era proprio così, quella era la sua
seconda vita e tutto era nuovo per lui.
Silenziosamente e sempre osservando Edward,
Erik scese da cavallo e consegnò l’animale a uno dei suoi uomini perché se ne
occupasse. Vedere il giovane Conte di Warwick così sereno, quasi trasognato,
era uno spettacolo tenerissimo e non riusciva a staccargli gli occhi di dosso
mentre camminava verso di lui.
Alla fine anche Edward si accorse del ritorno
di Erik.
“Erik, sei tornato!” lo accolse con un
sorriso luminoso che riscaldò il cuore dell’uomo. “Hai visto? Sono uscito per
fare una passeggiata! I tanti anni trascorsi in prigione mi hanno indebolito e
adesso devo riprendere le forze nelle gambe.”
“Sì, sei stato molto bravo” rispose l’uomo,
sorridendogli anche lui, sollevato nel vederlo così felice. “Temevo di trovarti
spaventato perché ti avevo lasciato solo…”
Edward scrollò il capo.
“No, perché? Mi avevi assicurato che i tuoi
soldati avrebbero montato la guardia nei boschi e io mi sono sentito al sicuro
per tutto il tempo” spiegò. “Hai visto Maggie? Sta bene? E’ preoccupata per me?
Le hai detto che io sto bene e che sono molto felice qui con te, vero?”
“Beh, sì” ribatté Erik, divertito e
intenerito dal fuoco di fila di domande del ragazzo. “Tua sorella sta bene e,
ora che le ho parlato, si è molto tranquillizzata sul tuo conto.”
Certo, ovviamente non le aveva detto che
Edward era molto felice con lui, ma
il senso era più o meno quello!
“Sono contento!” esclamò il giovane, buttando
le braccia al collo di Erik. “Non voglio che sia preoccupata per me perché io
sto veramente bene qui, in questo cottage, insieme a te, e penso anche che mi
piacerebbe vivere per sempre qui!”
Il suo entusiasmo era talmente incontenibile
che Erik si ritrovò a baciarlo quasi senza rendersene conto, tanto era rimasto
spiazzato dalle sue parole e dall’averlo tra le braccia, vicinissimo. Lo baciò
e Edward accolse con dolcezza e goffo entusiasmo quel bacio, cosa che lo rese
ancora più irresistibilmente adorabile per il suo Capitano. Che, pure
nell’emozione e gioia del momento, aveva in testa le frasi che il ragazzo aveva
detto con tanto ardore…
Veramente Teddy vuole restare a vivere con me? Sta così
bene qui da non desiderare più di abitare insieme a sua sorella? Mi sembra
troppo bello per essere vero ma, se lo fosse, io… io passerei ogni giorno della
mia vita a fare di tutto per renderlo completamente felice!
Quando il bacio terminò, Erik strinse a sé
quel ragazzo per lui tanto prezioso e che gli stava regalando delle gioie
inaspettate.
“Sarei felice se tu volessi veramente restare
con me, Edward, ma… pensaci bene, d’accordo?” gli disse, non volendolo in alcun
modo condizionare. Era già stato prigioniero per troppo tempo e adesso meritava
di essere libero in tutto e di poter decidere della propria vita e del proprio
futuro. “Dicevi sempre di voler tornare a casa e adesso ne hai la possibilità.”
Il giovane lo guardò negli occhi e, ancora
una volta, Erik rimase spiazzato da ciò che vide. C’erano delle volte in cui
Edward era ancora così infantile, svagato, e poi c’erano momenti come quello,
in cui nel suo sguardo si leggeva tutta la consapevolezza del mondo. Eppure non
c’era da stupirsene troppo. Edward era rimasto chiuso nella Torre di Londra per
quattordici anni, proprio nel periodo del suo sviluppo fisico ed emotivo:
questo gli aveva precluso delle esperienze fondamentali e lo aveva lasciato più
ingenuo e semplice dei ragazzi della sua età, tuttavia proprio la prigionia gli
aveva fatto capire quanto la gente potesse essere crudele, quanto potesse
cadere in basso pur di ottenere o mantenere il potere… e gli aveva anche dato
la consapevolezza della fragilità della vita, quanto poco ci voleva a perderla.
Lui aveva già perduto fin troppi anni della sua esistenza e, adesso, aveva le
idee molto chiare su come volesse passare quello che gli restava.
“Certo che volevo tornare a casa” replicò,
serio, “ma la mia vera casa non esiste più. Quella di cui parli è la casa di
Sir Richard e Maggie vive là con suo marito e suo figlio. Io non posso
riportare indietro il tempo, non posso pensare che lei resti con me tutto il
tempo come facevamo quando eravamo bambini. E, se Maggie adesso ha la sua vita
e la sua famiglia, anch’io voglio avere una casa e una persona che pensi
soltanto a me. Tu non vuoi che io me ne vada, vero, Erik?”
Le famose domande di Edward…
“Io… non posso decidere per te, non sarebbe
giusto…” provò a dire l’uomo, ma lo sguardo di Teddy non lo mollava.
“Io voglio stare qui con te e vivere con te
come Maggie vive con Sir Richard” ripeté il ragazzo, tanto per essere più chiaro.
“Tu mi vuoi qui con te?”
La parte del come Maggie vive con Sir Richard si prestava a diverse interpretazioni
e Erik non era sicuro che Edward ne cogliesse proprio tutte le implicazioni, tuttavia doveva rispondere sinceramente e lo
fece.
“Sì, anch’io vorrei che tu potessi restare
sempre qui con me” ammise, “è ciò che ho desiderato da quando ti ho visto per
la prima volta.”
“Allora non ci sono problemi, no?” concluse
raggiante Teddy. “Siamo d’accordo, basterà solo dirlo a Maggie!”
Ecco, quella
probabilmente sarebbe stata la parte più complessa, ma c’era ancora tempo per
pensarci!
Quella giornata così intensa e particolare
non si era ancora conclusa, anzi… La sera, quando fu ora di andare a dormire,
Erik accompagnò Teddy in camera per augurargli la buonanotte.
“Erik, potresti dormire qui con me?” gli
domandò il ragazzo.
L’uomo restò allibito. Ma si rendeva conto di
ciò che gli chiedeva?
“Ho avuto gli incubi ieri notte e anche la
notte prima” confessò Edward. “Sogno che mi sveglio e sono ancora in prigione,
che quello che credevo vero era un sogno e che invece sono ancora nella Torre
di Londra e questa volta so che… che mi vogliono portare al patibolo. Oppure
sogno che le guardie arrivano qui e mi portano via… Però sono sicuro che se
dormo insieme a te non avrò più nessun incubo, che tu mi proteggerai anche da
quelli!”
“Edward, è normale avere degli incubi”
replicò Erik, cercando di mantenere un certo dignitoso distacco. “Pensa che ne
ho avuti anch’io, per anni, perfino dopo che Sir Richard mi aveva preso con sé.
A volte sognavo di essere ancora nel mio villaggio e di vedere con i miei occhi
gli invasori che uccidevano tutti i miei cari… anche se in realtà non ho dovuto
vedere certe cose; oppure sognavo che i Danesi erano venuti a cercarmi in
Inghilterra, il che era assurdo, ma io lo sognavo lo stesso. Non c’è da
vergognarsene, quando si affrontano delle brutte esperienze poi è facile che
ritornino a tormentarci nei sogni. Ma sono solo incubi e non devi averne paura,
passeranno presto.”
Il giovane non sembrava incline ad ascoltare
una spiegazione razionale. Afferrò Erik per le braccia e lo attirò verso di sé
sul letto.
“Tu mi chiami Edward quando vuoi farmi un discorso serio, non è vero? Ma io non
voglio un discorso serio adesso. Questo letto è enorme per me, io ero abituato
a molto meno, e gli incubi passeranno se tu dormi con me e mi tieni stretto”
insisté.
Cosa poteva fare Erik? Decise di accontentare
il ragazzo e, del resto, averlo nel letto, stringerlo tra le braccia e
proteggerlo da ogni male era ciò che aveva sognato e desiderato per mesi e
mesi, ora il suo sogno stava per realizzarsi. Sarebbe stato tutto molto
innocente, lo avrebbe abbracciato e avrebbero dormito insieme, lui sapeva bene
come controllarsi, vero? Vero???
“Va bene” capitolò. “Se pensi che dormirai
meglio in questo modo allora resterò con te. Lo sai che voglio solo farti
felice e difenderti da tutto e tutti.”
Poco dopo erano nel letto insieme, Edward si
stringeva e si accoccolava a Erik e si sentiva veramente protetto e al sicuro.
“Oggi hai detto che avresti voluto portarmi
qui e tenermi con te fin dalla prima volta che mi hai visto” disse il ragazzo,
che a quanto pare ci aveva riflettuto parecchio. “Davvero ti ho colpito così
tanto quando ero ancora prigioniero nella Torre?”
“Eh… sì” dovette ammettere Erik. “Tutte le
volte che scortavo tua sorella a farti visita rimanevo a guardarvi e mi
sembrava così tenero il vostro legame, così bello. E poi mi sono accorto che,
più il tempo passava, più non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso. Ero…
beh, penso di poter dire che ero incantato da come ti comportavi, da come
riuscivi ad essere sempre dolce e affettuoso, non avevi mai una parola cattiva
o astiosa verso chi ti teneva prigioniero, eri entusiasta di ogni cosa che Lady
Margaret ti portava e avevi sempre la speranza che saresti tornato a casa,
prima o poi. Mi sembravi così tenero, così innocente, e poi mi sono accorto che
continuavo a pensare a te anche quando tornavo a casa, che avrei voluto
portarti via da lì, liberarti e portarti qui… con me.”
“Ed è quello che hai fatto, no? Ora sono qui”
disse semplicemente Teddy, abbracciando l’uomo.
“E io farò di tutto per proteggerti sempre e
per renderti felice” mormorò Erik, turbato. “Dormi bene, Teddy. Niente incubi,
stanotte.”
“Niente incubi” confermò il ragazzo.
Edward si addormentò quasi subito, tranquillo
e contento. Erik restò sveglio ancora a lungo, consapevole del calore del corpo
del giovane tra le sue braccia, felice di vederlo dormire sereno, di saperlo al
sicuro e di averlo finalmente con sé. Non sapeva come sarebbe evoluto il loro
legame, se Teddy provasse quello che provava lui o se gli volesse bene come ne
voleva a Maggie, ma in quel momento non gli importava. Edward era con lui,
voleva abitare insieme a lui e già questo lo rendeva immensamente felice. Non
lo avrebbe forzato o condizionato in alcun modo, avrebbe lasciato che le cose
andassero spontaneamente come dovevano, perché ciò che veramente contava era la
serenità e la sicurezza del suo dolcissimo Teddy.
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star…
(“Send me an angel” – Scorpions)
La vita di Edward
trascorreva serena e lieta nel cottage di Sir Richard dove abitava ormai da più
di tre settimane con Erik. Il ragazzo si sentiva sempre più legato all’uomo che
lo aveva salvato e che si occupava di lui con tanto amore. Inesperto com’era di
sentimenti e relazioni con altri che non fossero la sorella, non si era ancora
reso conto di essere anche lui innamorato di Erik e che era per questo che,
quando gli era vicino, provava tanta gioia ed emozione… Dal canto suo Erik,
invece, lo aveva capito (e, del resto, se non fosse stato così di certo Edward
non avrebbe accettato con tanto entusiasmo di essere baciato e di dormire con
lui!). Tuttavia non aveva nemmeno tentato qualche passo avanti, sia perché
temeva di turbare e spaventare il giovane ingenuo, sia perché, nonostante
tutto, non si riteneva degno di lui che rimaneva comunque il Conte di Warwick,
ultimo dei Plantagenet e erede legittimo al trono di Inghilterra. Non importava
che Edward avesse tranquillamente rinunciato ad ogni pretesa e che fosse
felicissimo di vivere da semplice nobiluomo di campagna, era comunque di sangue
reale, discendente da una stirpe di sovrani, mentre lui, Erik, era solo un
profugo scappato dalla Norvegia tanti anni prima e accolto per bontà d’animo da
Sir Richard Pole.
Come avrebbe mai
potuto sperare di essere veramente amato e accolto da quel giovane Principe?
Tuttavia, Erik si
riteneva già immensamente fortunato a poterlo avere lì con sé, a baciarlo,
dormire con lui, vederlo tutti i giorni felice, sorridente e sempre più in
forze e in salute grazie ad una vita sana e all’aria aperta.
La situazione, però,
non era e non avrebbe potuto essere tranquilla. Gli uomini del Re non avevano
ancora trovato Perkin Warbeck nonostante lo avessero cercato per tutta Londra,
non erano riusciti neanche a rintracciare gli amici che potevano averlo aiutato
a fuggire: perciò Elizabeth aveva ripreso a tormentare Henry perché puntasse
nuovamente i suoi sospetti verso la famiglia Pole. Chi, se non Maggie, aiutata
dal marito, avrebbe potuto organizzare la fuga del giovane che considerava
davvero suo cugino Richard, soprattutto perché ciò le avrebbe permesso di
riavere il fratello Edward? Sir Richard aveva parlato di un complotto di
Warbeck e dei suoi sostenitori, ma di certo lo aveva fatto per stornare i
sospetti da sé e dalla moglie visto che non erano stati trovati cospiratori da
nessuna parte. Sicuramente Perkin Warbeck e Edward si stavano nascondendo nella
tenuta gallese di Sir Richard e Re Henry doveva mandare le sue guardie a
stanarli una volta per tutte, o l’usurpatore sarebbe presto tornato con un
esercito di scozzesi o francesi o chissà chi per rivendicare il trono.
Henry non voleva
cedere, non era ancora disposto a credere che il suo fedele amico Sir Richard
Pole avesse cospirato contro di lui, però dopo tutto quel tempo Warbeck non era
ricomparso e qualche dubbio iniziava a farsi strada nella sua mente…
“E va bene” capitolò
infine, quasi un mese dopo la fuga di Richard e Edward dalla Torre di Londra. “Visto
che sei così convinta che i Pole siano dei traditori e che nascondano Warbeck e
Edward, ti lascio libera di prendere le guardie che vorrai e di andare in
Galles a far perquisire la loro tenuta. Se i soldati troveranno i fuggitivi, li
farai arrestare e rinchiudere tutti quanti nella Torre, Sir Richard e Maggie
compresi. Allora ammetterò di aver sbagliato e di aver riposto male la mia
fiducia. Ma, fino a quel momento, io mi rifiuterò di credere alla colpevolezza
dei Pole.”
A Elizabeth non
importava affatto cosa credesse o non credesse Henry, contava soltanto quello
che credeva lei e lei era certissima che Warbeck e Edward si trovassero in
Galles, nascosti e protetti da Sir Richard e da quella gattamorta traditrice di
Maggie. Soddisfatta, organizzò la spedizione e volle essere lei stessa a
guidarla al fianco del Capitano delle Guardie Reali, pregustando già il momento
in cui avrebbe vissuto il suo trionfo. Se, all’inizio, aveva commesso atti
spregevoli solo per proteggere il Regno dalle mire di Warbeck e assicurare la
corona per i suoi figli, l’umiliazione subita davanti al Re per colpa di Sir
Richard e Maggie l’aveva resa ancora più aspra e vendicativa: adesso desiderava
vedere i traditori in catene e voleva che Maggie, prima di essere giustiziata a
sua volta, dovesse assistere alla decapitazione di Edward.
Insomma, in poche
parole era proprio una stronza fatta e finita!
Il giorno in cui la
Regina e le sue guardie giunsero improvvisamente alla tenuta dei Pole, Erik si
trovava con Sir Richard e Maggie per raccontare loro quanto Edward stesse bene,
quanto migliorasse di giorno in giorno e quanto fosse felice e sereno. Una
sentinella si precipitò ad avvertire il suo Signore dell’arrivo delle Guardie
Reali e della Regina in persona e Maggie quasi svenne alla terribile notizia.
“Edward è da solo… è
da solo nel cottage!” mormorò, pallidissima e con un filo di voce. “Cosa
possiamo fare? Elizabeth farà perquisire tutte le nostre proprietà e lui… Erik,
devi andare a prenderlo!”
Era esattamente ciò
che l’uomo avrebbe voluto fare: precipitarsi a prendere il suo prezioso
ragazzino e portarlo via, lontano, il più lontano possibile da quella gente
incattivita dal potere e dall’ambizione. Sapeva che Edward sarebbe stato
terrorizzato e gli si spezzava il cuore al pensiero di non essere accanto a lui
in un momento come quello… eppure una parte di lui gli diceva che,
paradossalmente, era stata una fortuna per loro che la Regina con le sue
guardie fosse arrivata proprio in quel momento.
“Calmati, Maggie, non
farti vedere così turbata” stava dicendo intanto Sir Richard alla moglie. “Se
la Regina ti vede in questo stato non farà che insospettirsi ancora di più.
Dobbiamo mostrarci calmi e disponibili a tutto. Che faccia pure perquisire
tutta la nostra tenuta, anche le stalle e le latrine, se vuole, non troverà ciò
che cerca e sarà sconfitta ancora una volta.”
“Ma lei non si
fermerà qui! Manderà i suoi uomini in tutti i nostri possedimenti e loro
scopriranno il cottage… e Edward!” protestò la giovane donna, disperata e in
lacrime.
“Non dovete
preoccuparvi, mia Signora” rispose Erik, cercando di non mostrare la sua
angoscia. “Ho messo delle sentinelle in punti strategici del bosco attorno al
cottage e loro andranno ad avvertire la coppia di servitori che abita lì con me
e Edward. Loro sanno già cosa devono fare in un caso come questo, aiuteranno
vostro fratello a nascondersi e sapranno rispondere a tono a tutti gli
interrogatori delle guardie. Sapevamo che, purtroppo, questo giorno sarebbe
potuto arrivare e io ho fatto di tutto per preparare i soldati e i servitori.
Non temete, Edward è più al sicuro che se fosse stato qui.”
Almeno
lo spero, pensò l’uomo. Era vero, aveva preparato tutto al
meglio per un’eventuale incursione dei soldati del Re e della Regina e non
dubitava minimamente dei suoi uomini e dell’anziana ma determinata coppia di
servitori. L’unica sua reale preoccupazione era che Edward, solo di fronte al
pericolo, si lasciasse prendere dal panico. Non
aver paura, Teddy, sii forte. Nessuno ti farà del male e io tornerò da te
appena possibile. Non permetterò che nessuno ti faccia del male.
“Erik ha ragione,
Maggie. Dobbiamo essere forti e coraggiosi, non solo per noi ma anche per
nostro figlio e per Edward” disse Sir Richard, stringendo a sé la moglie.
Maggie comprese che
era vero. Non poteva farsi vedere turbata o debole, doveva essere determinata e
capace di dissimulare così come aveva fatto quando portava le lettere ai
sostenitori di Richard. Ormai Elizabeth era una nemica e come tale doveva
considerarla, per niente al mondo avrebbe dovuto mostrare la minima incertezza
davanti a lei.
Così, quando la
Regina arrivò alla tenuta e smontò da cavallo, si trovò di fronte Sir Richard
che teneva in braccio suo figlio John, Maggie accanto a lui e Erik due passi
dietro il suo Signore, tutti con un’espressione dura e severa sul volto.
“Vostra Maestà,
vorrei darvi il benvenuto nella mia casa, ma temo che questa non sia una visita
di cortesia” disse Sir Richard. “Siete venuta con un contingente di guardie
come se noi fossimo vostri nemici…”
“Lo siete, infatti, è
inutile che facciate la commedia, Sir Richard” replicò brusca la Regina. “E’
quasi un mese che facciamo perlustrare Londra e tutti i luoghi in cui Warbeck e
la Duchessa di Borgogna avevano amici e alleati e non abbiamo trovato niente. A questo punto è chiaro che
siete voi i traditori che nascondono
i fuggitivi e non me ne andrò di qui senza averli trovati.”
“Allora dovremo farvi
preparare una camera per accogliervi, Maestà, perché resterete qui molto a
lungo” ribatté Sir Richard. “Perquisite pure la mia casa, tutti i luoghi in cui
pensate che possa aver nascosto Warbeck e Edward. Mi consola il fatto che non
vedo Sua Maestà Re Henry e questo mi fa pensare che lui non sia del tutto
d’accordo con voi…”
Ancora più irritata,
Elizabeth ordinò ai suoi uomini di perquisire a fondo la tenuta, tutte le
costruzioni intorno, di cercare anche eventuali passaggi segreti, botole,
qualsiasi posto in cui due ragazzi avrebbero potuto nascondersi.
Trascorsero due ore e
non accadde niente. Il piccolo John, stanco e spaventato, iniziò a lamentarsi e
Maggie lo prese in braccio.
“Maestà, mio figlio è
turbato da tutta questa confusione. So che anche voi avete figli e quindi
potete capirmi” disse la giovane alla Regina. “Voglio portarlo in casa, farlo
mangiare e metterlo a riposare. Avete già fatto perquisire le stanze di mio
figlio, non è così? Se volete accomodarvi anche voi, sarò lieta di offrirvi
ospitalità.”
“Non cercare di fare
la furba con me, Maggie, non mi incanti con la tua aria da santarellina!”
ribatté Elizabeth, sempre più inviperita man mano che il tempo passava e che i
soldati tornavano a riferire di non aver trovato nessuno e nemmeno tracce
dell’eventuale passaggio di due giovani. “Porta pure dentro tuo figlio e digli
addio perché, quando avremo trovato i due traditori, anche tu e tuo marito
sarete giustiziati e lui sarà affidato a una famiglia fedele al vero Re! Sappi
che ho mandato le guardie fino ai confini del bosco, non c’è proprietà, per
quanto piccola e misera, che non sarà messa a soqquadro per trovare Warbeck e
Edward.”
Maggie la lasciò lì
in piedi sotto il sole e rientrò in casa con John.
Nel frattempo, alcuni
dei soldati mandati a perlustrare i boschi erano arrivati anche al cottage. Le
sentinelle di Erik, però, li avevano avvistati in tempo e avevano avvertito
Joseph e Annie, l’anziana coppia di domestici che si prendeva cura della
casetta. Joseph era andato subito da Edward per spiegargli la situazione,
mentre Annie riordinava le stanze facendo scomparire ogni traccia del giovane
Conte.
“Milord, i soldati
della Regina saranno qui tra pochi minuti e perquisiranno tutta la casa” disse
il domestico a Edward. “Voi sapete qual è il sentiero che dovete prendere per
raggiungere il nascondiglio nel bosco che Erik vi ha mostrato, raggiungetelo in
fretta e mettetevi al sicuro. Non abbiate timore, io e Annie ci sbarazzeremo al
più presto di quelle guardie e loro se ne andranno. Dovete muovervi subito,
però, Milord. Non abbiate paura, andrà tutto bene.”
“Ma io… devo andarci
da solo? Perché non c’è Erik? Perché non torna?” mormorò il ragazzo, sbarrando
gli occhi spaventato.
“Probabilmente il
Capitano era con Sir Richard quando è giunta la Regina con le sue guardie e,
ovviamente, non è potuto tornare per non insospettirli” rispose pratico l’uomo.
“Adesso, però, non è il momento di chiacchierare, Milord, dovete sbrigarvi per
raggiungere il nascondiglio. Andate subito, alle guardie penseremo noi.”
Edward sapeva, sì,
quale fosse il sentiero. Erik ce l’aveva portato più volte proprio in
previsione di un evento del genere ma… ma le altre volte era con lui, l’aveva
guidato, rassicurato, e il ragazzo si era sentito sicuro e protetto. Percorrere
il sentiero da solo fu tutto un altro paio di maniche. Le guardie della Regina
erano ancora lontane, ma Edward non si fidava, era terrorizzato, era sicuro che
lo avrebbero preso e riportato a Londra e allora…
Erik,
dove sei? Perché non sei qui con me? Mi hai lasciato solo, avevi detto che non
mi avresti mai lasciato solo, io ho paura, non voglio stare solo!
Paura, angoscia e
disperazione confondevano i pensieri del ragazzo che continuava a camminare ma
senza più seguire il sentiero, si guardava intorno come un animale braccato,
aspettandosi di vedersi piombare addosso i soldati della Regina da un momento
all’altro. E, a forza di andare avanti senza guardare dove metteva i piedi,
finì per scivolare in una scarpata e rotolò fino in fondo, graffiandosi braccia
e gambe con i rovi. Solo per un miracolo non si ruppe l’osso del collo né
qualsiasi altra parte del corpo… e tuttavia quella caduta fu la sua fortuna. Le
guardie, infatti, innervosite dopo aver inutilmente perquisito il cottage e
essersi trovati tra i piedi Joseph e Annie con la loro espressione severa e
disgustata da gallesi oltraggiati, avevano raggiunto il sentiero e
probabilmente, se Edward si fosse davvero nascosto da quelle parti, lo
avrebbero trovato. Invece non pensarono di andare a cercare giù per le scarpate
e, dopo aver perlustrato quella parte del bosco, tornarono indietro per
riferire alla Regina che non avevano trovato niente: Perkin Warbeck e Edward
Plantagenet non erano mai stati da quelle parti o, se c’erano stati, ne erano
partiti ormai da tempo.
Edward, però, non si
era reso conto di niente, solo della caduta e del fatto che non sapeva dove si
trovasse e si sentiva pesto e dolorante.
“Erik… dove sei?
Perché mi hai abbandonato anche tu?” mormorò appena. Aveva paura, aveva freddo,
sentiva dolore dappertutto ed era stordito e confuso per la caduta. Si
raggomitolò in fondo alla scarpata, protetto da qualche cespuglio, si allacciò
le ginocchia con le gambe e pianse silenziosamente.
Perché
mi hai lasciato solo, Erik?
Era primo pomeriggio
quando tutte le Guardie Reali ritornarono dalla Regina per riferire di non aver
trovato nessuno e neanche delle tracce che potessero far pensare che Perkin
Warbeck e Edward Plantagenet fossero mai stati da quelle parti.
“Vostra Maestà, vi
avevo detto che non stiamo nascondendo nessuno” le disse Sir Richard, serio.
“Io non tradirei mai Re Henry a cui sono molto legato e mia moglie… beh, ha
commesso degli errori in passato ma il suo unico scopo era ottenere la
liberazione del fratello, che adesso però è scomparso.”
“Volete forse che vi
chieda scusa? Non lo farò mai!” si rivoltò Elizabeth, come morsa da una vipera.
“Va bene, magari non tenete nascosti i due traditori, ma sono ancora convinta
che siate stati voi ad aiutarli a scappare e magari li avete aiutati anche a
raggiungere la Scozia o la Borgogna. Prima o poi troverò le prove!”
“Non posso impedirvi
di sprecare il vostro tempo, Maestà” concluse laconico Sir Richard.
Piena di rabbia impotente
per la seconda figuraccia fatta davanti a Sir Richard Pole e a Maggie,
Elizabeth dovette radunare le sue guardie e ripartire per Londra umiliata e
sconfitta, senza sapere cosa avrebbe detto a Henry. Era vero, la spedizione nei
possedimenti dei Pole era stata inutile, avrebbe fatto meglio a mandare i suoi
uomini in Scozia, o magari in Borgogna…
La Regina e le Guardie
Reali erano appena svanite all’orizzonte quando Erik, che si era trattenuto a
fatica per tutto quel tempo, salì a cavallo e letteralmente volò verso il
cottage, impaziente di raggiungere Edward e di stringerlo tra le braccia, di
poterlo consolare e confortare… chissà quanta paura aveva avuto! E restò a dir
poco sconvolto quando Joseph e Annie gli diedero la notizia che il ragazzo si
era, sì, incamminato verso il nascondiglio nel bosco, ma non era mai tornato.
Un terrore gelido si
impossessò di Erik, scendendogli nel cuore e congelandogli il sangue nelle
vene. Cos’era successo al suo Teddy? Perché non era tornato? Si recò
immediatamente nel bosco, sul sentiero che conduceva al nascondiglio, ogni
passo una tortura, ogni respiro un’immagine spaventosa che lo straziava.
Esperto com’era, si rese subito conto delle tracce sul sentiero e comprese che
i soldati della Regina erano passati di lì, avevano scoperto il nascondiglio.
Ma potevano aver trovato Edward? No, certo, altrimenti lo avrebbero
imprigionato e condotto al cospetto della sovrana. Invece la Regina era
ripartita delusa e arrabbiata… ma allora dov’era Edward?
Sempre più in ansia,
Erik continuò a perlustrare il nascondiglio e il sentiero, chiamando a gran
voce il ragazzo. Era quasi il tramonto, presto si sarebbe fatto buio, doveva
assolutamente trovare Edward prima che calasse la notte, altrimenti…
“Edward! Dove sei?
Rispondimi!” il richiamo di Erik si faceva sempre più disperato.
E poi, finalmente,
una vocina soffocata e flebile rispose a quel richiamo.
“Erik… sono quaggiù,
sono caduto… ho paura, aiutami, non lasciarmi solo!”
Sentendo la voce del
giovane, Erik si sentì invadere da un enorme sollievo ma anche da un lacerante
senso di colpa. Edward era salvo, grazie a Dio, ma aveva rischiato di morire
perché lui non era al suo fianco. Aveva lasciato solo il suo Teddy, non era con
lui quando aveva paura, quando si era fatto male… Questi pensieri diedero
all’uomo un’energia incontenibile, che lo portò a scendere agevolmente lungo la
scarpata e a raggiungere il ragazzo in pochissimi istanti.
“Edward, non temere,
sei al sicuro adesso. Come stai? Sei ferito?” gli domandò, controllandolo
ansiosamente per verificare che non avesse fratture o qualcosa del genere. “Ti
senti bene?”
Il giovane aveva il
viso sporco di terra e rigato di lacrime, i vestiti strappati e macchiati di
sangue dove i rovi lo avevano graffiato, ma tutto sommato stava bene, molto
meglio di quanto ci si sarebbe potuti aspettare dopo una caduta del genere.
“Come potrei stare
bene? Sono pieno di graffi e lividi, ho freddo, ho paura, non mi piace questo
posto e… e tu mi avevi abbandonato! Perché mi avevi abbandonato?” le parole di
Edward potevano sembrare petulanti e lamentose, ma il tono addolorato e gli
occhi pieni di tristezza facevano capire che non stava rimproverando Erik, non
si stava lagnando con lui, semplicemente… si era sentito ancora una volta
tradito e sperduto, e non capiva cosa avesse fatto di male per meritarselo.
E questo,
più di ogni altra cosa, trafisse il cuore di Erik che, convulsamente, prese
Edward tra le braccia e lo strinse forte a sé.
“Non ti
ho abbandonato, Teddy, non lo farei mai, io ti amo, ti amo tanto e mi sentivo
morire pensando che tu eri qui da solo!” ammise, buttando fuori tutti insieme i
sentimenti e le emozioni che provava. Accarezzò il ragazzo, lo baciò sui
capelli, sulla fronte, sul viso, poi di nuovo sulle labbra, a lungo, per
convincersi che era lì, che lo aveva trovato, che era salvo e che se lo sarebbe
riportato a casa per non lasciarlo mai più, mai più.
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star
Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself…
(“Send me an angel” – Scorpions)
Edward era ancora
smarrito, spaventato e disorientato dopo tutto quello che gli era capitato quel
giorno, ma nell’abbraccio avvolgente e protettivo di Erik che continuava a
stringerlo e a baciarlo si sentì finalmente meglio, come se fosse tornato a
casa. L’uomo lo accarezzava e lo baciava come se non ci fosse un domani, tanto
era felice e sollevato di averlo di nuovo tra le braccia sano e salvo. Riuscì a
fatica a staccarsi da lui quel tanto che bastava per spiegargli a grandi linee
la situazione…
“Perdonami, Teddy, lo
so che hai avuto paura e mi dispiace tantissimo che tu sia finito quaggiù e ti
sia graffiato” gli disse piano, sempre tenendolo abbracciato. “Purtroppo la
Regina e le sue guardie sono arrivate all’improvviso alla tenuta di Sir Richard
e io, a quel punto, non potevo più venire da te perché lei mi avrebbe fatto
seguire e così ti avrebbero trovato. Ero preoccupato, non facevo altro che
pensare a te, ma non potevo raggiungerti senza metterti in pericolo. Non ti ho
abbandonato, non lo farei mai, io ti amo, non c’è niente e nessuno più
importante di te al mondo!”
Erik aveva veramente
avuto paura di perdere il suo prezioso ragazzino e adesso si lasciava andare,
rivelando con veemenza e passione i suoi veri sentimenti per lui.
Edward rimase
perplesso e lo fissò.
“Davvero mi ami?
Davvero sono così importante per te? Io… nessuno mi ha mai detto cose del
genere, pensavo di non contare così tanto” mormorò, sinceramente stupito.
“Certo che ti amo! Ti
ho amato da sempre, dalle primissime volte in cui scortavo tua sorella a farti
visita alla Torre, e ti amo ancora di più adesso che ho il privilegio di
viverti accanto, ti amo ogni giorno di più” insisté Erik, che a quanto pareva
si era tenuto dentro fin troppo tutto ciò che provava e adesso era come un
fiume in piena.
Edward aveva la
tipica espressione di qualcuno che sta pensando e io adesso cosa dovrei dire? Cosa ci si aspetta da me come risposta?
In realtà la sua confusione derivava dal fatto che non aveva la benché minima
esperienza di sentimenti e relazioni, non sapeva neanche lui che cosa provasse
per Erik. Stava riflettendo sul fatto che le parole dell’uomo lo facevano
sentire bene, lo rendevano felice e appagato e gli accendevano un calore
insolito dentro, nel cuore e anche nella pancia… ma non sapeva che cosa potesse
significare!
Finalmente Erik
sembrò riacquistare un minimo di controllo, riuscì a staccarsi da Edward e
iniziò a rendersi conto che doveva riportare a casa il ragazzo prima che
scendesse la sera.
“Beh, comunque non
vorremo stare a parlare di cose del genere in fondo a questa scarpata, no?”
fece, con un sorrisetto. “Adesso ascoltami bene, Edward: io devo tornare di
corsa al cottage per prendere una corda, poi mi calerò giù e ti porterò in
salvo. So che non ce la puoi fare ad arrampicarti fino in cima, ma non devi
preoccupartene perché penserò a tutto io.”
Il giovane sgranò gli
occhi, di nuovo sconcertato.
“Come? Mi lasci qui
di nuovo da solo?” esclamò. “No, non lasciarmi, non lasciarmi!”
Erik aveva il cuore a
pezzi, ma era necessario che andasse a prendere la corda il prima possibile,
non poteva cedere alle paure di Edward. Gli prese il volto tra le mani e lo
baciò di nuovo.
“Teddy, io non ti
lascio, vado solo a prendere la corda per salvarti” gli spiegò con dolcezza tra
un bacio e l’altro. “Tornerò prestissimo da te. Anzi, facciamo così: tu inizia
a contare lentamente fino a cento e vedrai che, prima che tu abbia finito, sarò
di nuovo qui. Va bene? Dai, comincia: uno… due … tre…”
Gli diede un ultimo
bacio e poi, rapido e disinvolto, si arrampicò fino in cima alla scarpata
mentre il ragazzo continuava a contare con una vocina sottile sottile.
“Quattro… cinque…
sei…” e intanto si guardava intorno smarrito e spaventato. Senza Erik gli
sembrava che il luogo fosse diventato più freddo, più scuro e che strane ombre
si muovessero dietro i cespugli.
Erik fece di corsa
tutta la strada fino al cottage dove si procurò una corda e poi tornò indietro,
sempre a tutta velocità, ansioso di avere di nuovo tra le braccia Edward, di
vederlo finalmente tranquillo, di sentirlo tiepido e morbido nel suo abbraccio.
“Ottantasei…
ottantasette… ottantotto…” sentì contare quando raggiunse nuovamente la
scarpata.
“Teddy, sono qui, sto
assicurando la corda al tronco di un albero e poi mi calerò giù per venire a
prenderti” gli disse. “Hai visto che sono riuscito a tornare prima che tu
arrivassi a cento?”
Edward sembrò subito
molto sollevato. Erik era di nuovo lì per lui e quindi tutto sarebbe andato
bene, adesso ne era sicuro.
Fu un po’ meno sicuro
quando si trattò di risalire lungo la scarpata…
“Io non ce la posso
fare, Erik, non ce la faccio!” sospirò.
“Ma tu non devi fare
niente” gli rispose con tenerezza l’uomo. “Sali sulle mie spalle e tieniti
forte, sarò io ad arrampicarmi, proprio come abbiamo fatto la notte in cui sono
venuto a salvarti dalla Torre di Londra, te lo ricordi?”
Edward sorrise
dolcemente a quel pensiero e si aggrappò a Erik.
“Non me lo
dimenticherò mai, per me è stata la notte in cui ti ho conosciuto” mormorò,
emozionato senza sapere bene perché. Ma, in qualche modo, nella sua mente il
fatto di aver conosciuto Erik era diventato infinitamente più importante anche
di essere stato liberato da quella squallida e tetra prigione!
Mentre si arrampicava
appigliandosi alla corda, Erik usò lo stesso stratagemma che aveva già
sperimentato la notte del salvataggio del ragazzo e gli parlò per distrarlo.
“Le Guardie Reali non
hanno trovato niente e la Regina è ripartita sconfitta” disse. “Questo
significa che per un po’ di tempo, almeno, non ci saranno più brutte sorprese
come oggi. Lei continua a sospettare che Sir Richard e tua sorella abbiano
complottato per liberare te e il Principe Richard, tuttavia sa anche che non
siete qui e probabilmente vi farà cercare altrove, forse in Scozia.”
“Non verrà più a
cercarmi qui?” domandò Edward, che non riusciva a crederci.
“Ha già fatto
abbastanza figuracce, non ti pare? Così finalmente saremo al sicuro e Lady
Margaret potrà venire qui a farti visita e tu andare da lei… anzi, se lo
desideri potrai anche andare a vivere con lei nella tenuta di Sir Richard.”
Il giovane tacque,
riflettendo sulle parole di Erik… e tanto bastò perché l’uomo concludesse
l’arrampicata e raggiungesse il sentiero. Anche questa volta era riuscito a
distogliere il pensiero di Edward dalla preoccupazione e i timori per la
risalita dalla scarpata!
Quando furono
entrambi sani e salvi sul sentiero e iniziarono a percorrerlo per tornare al
cottage, tuttavia, il ragazzo parlò di nuovo.
“Senti, Erik, io…
sono molto felice di poter rivedere Maggie, di poterla andare finalmente a
trovare e che lei venga da me, però… insomma, ti avevo già detto che non voglio
andare a vivere con lei e la sua famiglia, quella non è la mia casa, è la casa
di Sir Richard” disse. “Io voglio rimanere a vivere con te e tu avevi detto che
mi ami e che sono importante per te, quindi… perché vuoi mandarmi via?”
Erik si bloccò,
sbigottito. Era dunque questo che pensava Edward? Aveva frainteso, credeva che
fosse lui a non volerlo con sé?
Possibile? Lo prese per le spalle e lo fece voltare verso di sé, avvicinandosi
a lui.
“Ma no, non hai
capito quello che volevo dire” cercò di spiegare. “Non sono io che voglio
mandarti via, anzi, io ti amo e farei di tutto per te. E’ proprio per questo
che voglio che tu sia felice e che possa veramente decidere in libertà quello
che vuoi fare. Nessuno dovrà più condizionarti, d’ora in poi. Io sarei
felicissimo se volessi restare con me, però so anche che non sono degno di
starti accanto, tu sei di sangue reale, sei l’erede al trono, l’ultimo dei
Plantagenet e meriti di vivere in un bel palazzo, con persone del tuo rango.”
Edward adesso era
davvero allibito. Era questo che pensava Erik? Di non meritarlo? Ma come
poteva? Era l’uomo che gli aveva salvato la vita, il suo eroe, il suo punto di
riferimento, la persona che voleva accanto per tutta la vita… insomma, diciamo
che il giovane vedeva Erik come i bambini di oggi vedono i supereroi!
“Ma dai, Erik, sul
serio? Pensi veramente che io faccia caso a queste cose, il sangue reale e i
Plantagenet e gli York e tutta questa faccenda? Ne ho già avuti abbastanza di
guai in tutta la vita per colpa del mio nome e del mio lignaggio, non m’importa
niente del trono e anzi non voglio nemmeno più i miei titoli, non contano
niente. Io voglio solo essere Teddy e stare con te perché sei tu che mi rendi
felice!” replicò semplicemente il ragazzo, anticipando con disinvoltura e
innocenza secoli di lotte per l’uguaglianza sociale e i diritti civili in una
sola frase! Forse avrebbe dovuto davvero diventare Re e portare una ventata di
novità nell’austera Corte inglese…
Ma non era quello che
voleva. Lui voleva Erik, anche se non sapeva ancora fino a che punto… e l’uomo
se ne rese conto. Lo prese tra le braccia e lo baciò a lungo, stringendolo tra
le braccia, quasi sollevandolo da terra, per dimostrargli che non voleva certo
mandarlo via ma che, anzi, lo amava tantissimo e lo voleva per sempre accanto.
“Allora potrai
restare con me finché vorrai, Teddy, perché io non desidero altro” gli disse.
“Sappi, però, che sei libero di cambiare idea in qualsiasi momento.”
Insomma, alla fine i
due riuscirono a tornare al cottage, nonostante le frequenti fermate. Joseph e Annie furono
felicissimi di rivedere Edward, la domestica aveva preparato l’acqua per il
bagno e una bella cena per entrambi e aveva già sistemato la sua stanza com’era
prima che i soldati venissero a perquisire il cottage. Dopo essersi lavati,
riposati e aver mangiato, Erik accompagnò Edward in camera per controllare le
sue ferite e, per fortuna, trovò che si trattava solo di qualche graffio
superficiale che si stava già rimarginando e qualche livido che sarebbe sparito
in pochi giorni.
Si era fatto tardi e
Erik non sapeva bene cosa fare. Ormai da tempo era abituato a dormire con
Edward perché il ragazzo voleva così, ma quella sera era strana, diversa…
quello che si erano detti quel giorno aleggiava ancora nella stanza e creava
una tensione che non c’era le altre volte.
Edward, però, non aveva
tante incertezze.
“Allora, vieni a
dormire, Erik?” gli chiese.
“Eh… sì, arrivo”
rispose l’uomo, pensando che forse prima avrebbe dovuto andare a mettere la
testa sotto un getto di acqua gelata. Non era tanto sicuro di riuscire a
mantenere un contegno decoroso quella notte, non dopo che Edward gli aveva
candidamente rivelato di voler stare sempre con lui, di essere felice solo con
lui e tutte quelle cose! “Stavo pensando che… ecco, probabilmente Sir Richard e
Lady Margaret verranno qui domani, visto che non c’è più il rischio che la
Regina mandi qualcuno a sorvegliarli, e può essere che tua sorella ti chieda
quando andrai a vivere con loro.”
Mentre parlava, Erik
si era preparato per la notte e si era disteso nel letto accanto al giovane.
“Benissimo, sono
felice di rivedere finalmente Maggie!” esclamò Edward, entusiasta. A quanto
pareva, lui non si poneva problemi al riguardo. “Beh, se me lo chiederà le dirò
la verità, no? Cos’altro dovrei dirle?”
“Cioè, tu le dirai…
cosa, esattamente?”
“Ma è semplice, le
dirò che voglio vivere con te!” replicò trionfante il ragazzo. “Le spiegherò
che tu mi ami e che anch’io penso che mi sto innamorando di te e che voglio
avere la mia casa e la mia famiglia con te, come lei ha la sua con Sir
Richard!”
Ecco,
e a tua sorella verrà un colpo, pensò Erik.
“Sì, ecco, credo che
forse… magari potresti essere un tantino meno diretto, non so, potrebbe turbarsi…” fece l’uomo, figurandosi già
la scena apocalittica che ne sarebbe seguita.
“Lo so, potrebbe
dispiacersi, è da tanto che aspetta il momento in cui potremo vivere insieme”
rifletté Edward, senza cogliere il nocciolo del problema. “Ma io le dirò che
non è che le voglio meno bene per questo, io sono contento che siamo vicini e
che possiamo vederci tutti i giorni, però lei ha la sua famiglia adesso e io ho
te e quindi…”
In tutto quel
discorso molto carino e logico ma che chiaramente non teneva in gran conto il
fatto che Maggie sarebbe rimasta sconvolta nel sapere che il suo fratellino
voleva avere una famiglia con il
Capitano delle Guardie di Sir Richard, Erik tuttavia colse alcune piccole frasi
che riaccesero in lui speranza, emozione e diverse altre cose… io ho te, mi sto innamorando di te…
Davvero Edward provava quei sentimenti per lui?
“Beh… ci penseremo a quello
che dirai a tua sorella, però… Edward, sii sincero con me, pensi veramente che
ti stai… insomma, innamorando? Non è
che lo dici solo per farmi contento?”
“Non mi è mai
successo prima e quindi non posso saperlo con certezza, però so che voglio
stare con te, che quando sei vicino a me sono felice e emozionato e mi batte il
cuore fortissimo e mi sento strano, come se avessi un calore dentro e… penso
che funzioni così, no?” rispose il giovane con la più tenera ingenuità di
questo mondo, ma anche con una certa chiarezza di idee.
Erik non ce la faceva
più. Strinse tra le braccia il ragazzo e lo baciò ancora e ancora, un bacio
lento, intenso, incredibile, che parve disintegrare il tempo e lo spazio. Aveva
avuto tanta paura di perdere il suo preziosissimo ragazzino, quel giorno, e ora
voleva sentirlo, sentire tutto di lui, il suo tepore, la sua pelle morbida, lo
accarezzava e lo toccava e era ovunque, delicato e premuroso ma anche
incalzante finché… non si accorse di quello che stava facendo e, con uno sforzo
erculeo, si fermò.
“Teddy, scusami, io…
ho esagerato, mi sono lasciato andare, non volevo…” mormorò, con la voce roca e
spezzata.
Edward, però, non si
era spaventato, al contrario aveva accolto tutti gli approcci di Erik come se
quello che stava accadendo fosse naturale, inevitabile anzi. Con gli occhi
scintillanti come due stelle, le guance arrossate per l’eccitazione e i capelli
scompigliati si strinse e si affidò completamente a lui.
“Puoi continuare,
Erik” sospirò. “Io non so cosa… ma voglio che continui…”
Cosa poteva fare quel
pover’uomo di fronte a un invito così esplicito, per quanto ingenuo?
“Va bene, però se c’è
qualcosa che non va, che ti spaventa, che ti mette a disagio, che non ti piace
per qualsiasi motivo dimmelo subito e io mi fermerò. Hai capito?”
La risposta del
giovane fu un abbraccio dolcissimo e tenero in cui fece di tutto per aderire il
più possibile al corpo di Erik… e l’uomo poté solo proseguire, baciandolo
ancora e ancora, accarezzandolo dappertutto, imparando a conoscere ogni
millimetro del suo corpo e trattandolo con premura e attenzione infinite, come
se Edward fosse fatto di cristallo preziosissimo e lui temesse di romperlo in
qualche modo. Lo baciò profondamente e disperatamente, mentre le sue mani
scorrevano lungo la sua schiena, i suoi fianchi, le sue gambe e poi perse quel
poco di autocontrollo che gli rimaneva e scivolò piano, lentissimamente, in
lui. Lo sentì gemere leggermente, un lieve lamento e allora si fermò, pronto a
lasciar perdere tutto se Edward gli avesse detto di smettere… ma Edward non
aveva la minima intenzione di dirgli di smettere. Era vero, c’era stato un po’
di dolore ma già sembrava un’inezia rispetto all’ondata di emozioni e
sensazioni che lo stavano travolgendo e di cui non intendeva assolutamente
privarsi. Così Erik andò avanti, sempre mettendo la massima delicatezza e
tenerezza in ogni gesto e movimento, e Edward fu al di là della ragione, al di
là delle parole e di concetti comprensibili, non sapeva più nulla e non c’era
più nulla se non Erik che lo faceva sentire così e lui che lo accoglieva con la
tenerezza di un ragazzo innocente e innamorato, donandogli tutto se stesso
senza se e senza ma. Niente importava più, niente era paragonabile a quello che
Edward provava in quei momenti che diventavano minuti e poi un’eternità e poi
nemmeno un istante, moriva e ritornava in vita nello spazio di un respiro, di
un ansito, e si chiedeva se sarebbe andato a fuoco o se il mondo sarebbe
esploso intorno a lui ma non gli interessava, bastava che ci fossero lui e
Erik. I corpi si strinsero, danzarono insieme, i cuori collassarono, l’intero
pianeta precipitò vorticando nell’oblio e le stelle salirono in cielo e
illuminarono la stanza e le loro anime e fu tutto e fu l’eternità.
Tenendo il giovane
Conte stretto a sé, Erik si preoccupò subito di sapere come stava non appena
ebbe ritrovato un minimo di lucidità.
“Teddy, stai bene?”
gli chiese, accarezzandogli il viso e i capelli.
“Io… credo di non
essere mai stato meglio di così” sospirò Edward, che riusciva appena a
respirare ed era ancora incredulo e trasognato. “Non immaginavo nemmeno che
esistesse una cosa del genere e sono contento perché adesso ti appartengo
davvero, la mia vita è tua…”
“Ho sognato per tanto
tempo di averti qui con me e ancora non ci credo del tutto” sussurrò Erik con
voce dolce e sommessa, continuando ad accarezzare teneramente Edward come se
fosse una statuina di porcellana. “Ti amo tanto, Teddy, sei così dolce e
meraviglioso che non so come faccio a meritarti.”
Il sorriso di Edward
era così immenso che sembrava illuminarlo tutto.
“Ti amo anch’io”
mormorò, rendendosi finalmente più consapevole dei suoi sentimenti e di quello
che aveva sentito dentro fin dal primo istante in cui aveva parlato con Erik
nella prigione della Torre di Londra. “Tu mi hai riportato alla vita e non solo
perché mi hai salvato… questa vita io non me la sarei potuta immaginare neanche
tra mille anni!”
Felice, Erik baciò di
nuovo il suo prezioso, dolcissimo Teddy e lo tenne abbracciato, al sicuro nel
cerchio protettivo delle sue braccia, finché non caddero entrambi in un sonno
sereno e tranquillo.
Prima di addormentarsi,
tuttavia, un vago pensiero si agitò inquieto nella mente dell’uomo.
Santo
cielo, speriamo che domani a Teddy non venga in mente di raccontare anche tutto
questo a sua sorella!
Eh, sì, il fatto che
Edward fosse tanto innocente, trasparente e privo di malizia a volte poteva
anche mettere in serio imbarazzo la gente!
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star
Wise man said just raise your hand
And reach out for the spell
Find the door to the promised land
Just believe in yourself…
(“Send me an angel” – Scorpions)
Sir Richard e Maggie
giunsero il giorno successivo al cottage. Dopo che la minaccia incombente della
Regina era svanita, il gentiluomo non era più riuscito a trattenere la moglie
che moriva dalla voglia di riabbracciare Edward. Così aveva inviato un
messaggio comunicando il loro arrivo in mattinata, avrebbero pranzato tutti
assieme, magari fatto una passeggiata nei boschi, e così Maggie si sarebbe
tranquillizzata vedendo il fratello sano, salvo e felice.
Anzi, Sir Richard
ebbe il vago sospetto che Maggie avrebbe trovato Edward fin troppo entusiasta della sua convivenza con Erik e si chiese se
non avrebbe fatto meglio a preparare psicologicamente sua moglie a ciò che
avrebbe potuto trovare al cottage…
In effetti, quella
mattina Edward era davvero al massimo della gioia, si sentiva felice,
emozionato e appagato come mai avrebbe immaginato di poter essere. Qualche
volta, se si fermava a pensarci, non riusciva a credere che la sua vita fosse
cambiata così tanto in poco più di un mese e finiva per temere che fosse tutto
un sogno meraviglioso, che un giorno si sarebbe svegliato… e si sarebbe
ritrovato di nuovo in quella prigione. Ma risvegliarsi in prigione sarebbe
stato ancora peggio adesso che aveva conosciuto la felicità più pura e
completa. Tante volte, nei lunghi anni trascorsi in prigione, era stato sul
punto di perdere la speranza, di arrendersi, di lasciarsi andare, non ci
sarebbe voluto molto, uomini più grandi e più forti di lui avevano perso il
senno dopo anni in carcere. Se avesse scelto di lasciarsi andare sarebbe stato
più facile, non avrebbe più pensato a niente, non si sarebbe ricordato neanche
più il suo nome. Invece Edward aveva scelto di resistere, di lottare in quel
suo modo ingenuo ma tenace, aveva scelto di avere fiducia in Maggie e di
credere che, prima o poi, lei sarebbe riuscita a trovare un modo per farlo
liberare. Era stato, per usare una parola che va di moda oggi, resiliente e adesso veniva ricompensato
per non essersi mai arreso. Era libero, sebbene su di lui pendesse ancora una
condanna a morte; viveva in un cottage immerso nei boschi come aveva desiderato
da tanto tempo, a contatto con l’aria fresca e pulita della natura; sua sorella
Maggie abitava a una mezz’ora di distanza e avrebbe potuto vederla quello
stesso giorno e poi… e poi, la gioia più immensa e inaspettata, il suo cuore e
i suoi sensi erano stati risvegliati dal vero amore, qualcosa a cui non aveva
neanche mai pensato, prima perché era solo un bambino e poi perché, in prigione,
sognava soltanto la libertà e il ritorno a casa.
Erik era diventato,
in poche settimane, il suo punto di riferimento, la sua Stella Polare, la
persona che lo proteggeva e l’uomo che amava, al centro del suo cuore. Con Erik
aveva imparato cosa significhi amare veramente e sentirsi amato e accolto per
ciò che si è, aveva scoperto sensazioni ed emozioni inimmaginabili e
indescrivibili che lo facevano sentire perso e poi ritrovato, in pezzi e poi
finalmente integro e completo. Sì, Edward era completamente, totalmente, irrimediabilmente
e incondizionatamente innamorato e felice… e, com’era ovvio per lui, non vedeva
l’ora di farlo sapere a Maggie, chissà come sarebbe stata contenta per lui!
Eh, già!
I coniugi Pole,
dunque, giunsero al cottage dove vivevano Erik e Edward verso le undici del
mattino e, per fortuna, pur essendo fine ottobre, era una bella giornata
d’autunno, fresca e frizzante ma anche luminosa. *
Maggie era raggiante
e, non appena scese dalla carrozza, si precipitò ad abbracciare Edward che la
aspettava davanti al cottage, con Erik qualche passo indietro.
“Teddy! Che bellezza,
finalmente ti rivedo, mi sembra un sogno!” esclamò la giovane donna, piangendo
di gioia e stringendo il fratello tra le braccia.
“Anche tu mi sei
mancata, Maggie” rispose Edward. “Stai bene?”
“Certo, sto benissimo
adesso che ti vedo sano e salvo!” Maggie era talmente commossa ed emozionata
che non riusciva a trattenersi, abbracciava Teddy, gli accarezzava il viso, lo
guardava come per sincerarsi che fosse davvero lì, che fosse davvero al sicuro,
poi di nuovo lo abbracciava forte. “Sei così… si vede che stai bene, non
speravo che ti riprendessi così velocemente fuori da quella prigione e invece
tu mi hai sorpresa ancora una volta. E’ meraviglioso vederti così felice,
rilassato e in salute, è un sogno che si avvera per me!”
Sir Richard, suo
malgrado, si stava commuovendo un po’ pure lui vedendo la moglie tanto felice e
scambiò uno sguardo pieno di gratitudine con Erik, sapendo benissimo che era
solo merito suo se Edward era non solo libero e al sicuro, ma anche felice e
pieno di vita.
“Sono tanto contento
di rivederti, Maggie. Ma non hai portato il mio nipotino?” domandò Edward,
guardando verso la carrozza e sorvolando allegramente sul fatto che il bimbo si
chiamasse Henry. In effetti, quella cosa non gli andava ancora giù e preferiva
non pensare al nome del nipote!
Maggie non fece molto
caso all’omissione intenzionale del fratello, era troppo felice di vederlo così
raggiante e di sentire che si preoccupava anche per il bambino, che avrebbe
desiderato incontrarlo.
“Avevo pensato di
portare anche lui, in effetti, ma poi ho preferito lasciarlo con la balia
almeno per oggi” spiegò la giovane donna. “Ieri, quando la Regina è arrivata
all’improvviso e ha fatto perquisire tutta la casa, Henry si è spaventato e
innervosito e ho scelto di lasciarlo riposare. Comunque lo vedrai presto, no?
Adesso la nostra tenuta è sicura, le guardie reali non hanno trovato niente e
tu potrai venire ad abitare con noi quando vorrai, anche subito.”
Edward lanciò uno
sguardo a Erik, che mostrò un certo disagio.
“Veramente, Maggie,
ecco… io ho deciso che preferisco non venire a vivere con te e con la tua
famiglia” disse il ragazzo. “Questo posto è meraviglioso, mi piace vivere in
mezzo alla natura e sento questo cottage come se fosse la mia vera casa,
insieme a Erik.”
Maggie fece un passo
indietro, perplessa, come se non avesse capito bene.
“Di cosa stai
parlando, Edward? Hai sempre detto che volevi tornare a casa e aspettavamo
soltanto il giorno in cui avremmo potuto vivere di nuovo insieme, liberi e
felici, senza più temere niente e nessuno. Perché hai cambiato idea? Non
capisco.”
“Mi dispiace che tu
ci sia rimasta male e… no, non ho cambiato idea, però le cose sono diverse ora.
E’ vero, io dicevo sempre di voler tornare a casa, ma la casa di Sir Richard
non è la mia, è la sua casa e la tua e quella di vostro figlio” cercò di
chiarire Edward, facendo ancora più confusione (ma Erik e anche Sir Richard
capivano benissimo dove volesse andare a parare…). “Io verrò a trovarti tutte
le volte che vorrai e anche tu verrai qui, ci potremo vedere ogni giorno se
vogliamo, ma… ecco, è questa che sento come casa mia ed è qui che voglio
abitare, insieme a Erik.”
Era la seconda volta
che il ragazzo sottolineava il fatto di voler vivere insieme a Erik e, alla seconda, anche Maggie cominciò a
comprendere. Intanto, sia Erik sia Sir Richard mostravano chiari segni di
nervosismo. Ecco che la bomba stava per scoppiare…
“Cosa intendi quando
dici di voler vivere insieme a Erik?” chiese Maggie, sospettosa.
“Che voglio abitare
con lui, che voglio stare con lui, che viviamo insieme come te e Sir Richard” rispose con entusiasmo Edward. “Erik dice
che mi ama, ha detto che mi ha sempre amato, già quando veniva a scortarti in
prigione per farmi visita mi aveva notato e mi pensava sempre… lui mi protegge,
si occupa di me, fa tutto quello che mi può rendere felice e mi tratta come se
davvero fossi un Principe! E anch’io ho capito che mi sono innamorato di lui,
per questo voglio vivere con Erik, voglio che stiamo insieme per tutta la vita!”
Erik aveva l’aria di
chi vorrebbe prendere una pala e sotterrarsi, Sir Richard pensò di intervenire
in qualche modo, ma non fece in tempo perché Maggie reagì sconvolta e
traumatizzata come ci si poteva ragionevolmente aspettare…
“Edward, ma di che
stai parlando? La libertà ti ha forse dato alla testa? Innamorato di Erik? Lui
ti ama? Volete vivere insieme? Ma che razza di storia è questa?” esclamò,
sconcertata.
Il ragazzo, però, era
sconcertato quanto lei per la reazione così veemente!
“Ma… perché fai così,
Maggie? Non c’è niente di male, ci vedremo lo stesso, anche tutti i giorni. E
io voglio che porti il mio nipotino… sì, insomma, Henry, a trovarmi qui a casa nostra,
voglio che veda la mia nuova stanza e i sentieri nel bosco in cui vado con
Erik” replicò, con gli occhi sgranati per la sorpresa e chiaramente deluso
perché la sorella non condivideva il suo entusiasmo. “Lo so che volevi che
abitassimo insieme, ma anche tu adesso hai una famiglia tua e io ho Erik.”
“Cosa vorrebbe dire
che tu hai Erik?” protestò di nuovo
Maggie. Poi, vedendo che il fratello pareva non capire il suo dissenso, decise di rivolgersi
direttamente al Capitano delle Guardie. “Cosa hai fatto a Edward, cosa gli hai
messo in testa? Ora capisco tante cose, ecco perché dicevi di non volere
nessuna ricompensa… te l’eri già presa a nostra insaputa. Come hai potuto, non
ti vergogni? Sapevi che Edward era particolarmente fragile e suggestionabile,
ti sei approfittato del suo bisogno di affetto, non è così?”
Sir Richard pensò che
fosse il momento di intervenire.
“Maggie, ora stai
esagerando, non sappiamo come siano andate realmente le cose, magari lascia che
Erik ti spieghi…” iniziò, ma a sorpresa fu proprio il Capitano ad interrompere
la sua difesa.
“No, mio Signore, non
prendete le mie difese, Lady Margaret ha ragione ad essere arrabbiata con me”
disse in tono calmo e pacato. “E’ vero che mi sono spinto fin troppo avanti con
Edward, ero così felice di averlo con me che non ho pensato a cosa stessi facendo
e a come, seppure involontariamente, lo stessi condizionando. Posso affermare
comunque che non ho mai fatto niente che lui non volesse e che, anzi, ho
cercato di convincerlo a staccarsi da me e a venire a vivere con voi. Tuttora
penso che sarebbe la cosa migliore per lui.”
Poi Erik continuò
rivolgendosi direttamente al ragazzo.
“Edward, sapevo che
non era una buona idea quella di vivere con me e ho provato a dirtelo” gli
spiegò, con la solita dolcezza. “Non ho insistito troppo perché tu ti sei
sentito rifiutato, come se fossi io a non volerti con me, ma la verità è che tu
devi abitare con tua sorella e la sua famiglia, è quello il tuo posto. Pensa
anche a questo: tra poco sarà novembre, cadrà la neve, in questo cottage farà
freddo e non ci sarà niente di emozionante o avventuroso nel vivere qui, sarà
peggio della prigione in cui ti trovavi. Potresti ammalarti e io non me lo
perdonerei mai. Del resto, in inverno nemmeno io abito qui, Sir Richard mi
mette a disposizione un’altra piccola casa più vicina alla tenuta. Potrai
incontrarmi ugualmente, quando non sarò impegnato al servizio di Sir Richard,
ma la cosa migliore è che tu abiti con Lady Margaret.”
Il giovane Conte di
Warwick era esterrefatto e si sentiva come se tutto il suo mondo, i suoi sogni,
la felicità che aveva appena iniziato ad assaporare cadessero in pezzi attorno
a lui. Che stava succedendo? Perché Maggie si era così arrabbiata con lui e,
peggio ancora, con Erik? Perché Erik non voleva vivere con lui? I suoi occhi si
riempirono di lacrime mentre contemplava la caduta di tutti i progetti che
aveva fatto solo poche ore prima… e pensare che era stato così emozionato all’idea
di condividere la sua gioia con la sorella! Avrebbe voluto parlarle,
rimproverarla per essere stata così dura con Erik che non aveva fatto altro che
dedicarsi completamente a lui, ma non trovava le parole tanto era avvilito.
Prima che potesse
dire qualcosa, Sir Richard parlò di nuovo.
“In effetti questa
potrebbe essere la soluzione migliore, Erik ha ragione” disse. “Si sta
avvicinando l’inverno e nessuno potrà abitare in questo posto, però temo che
non sia ancora prudente portare Edward a vivere con noi. Come hai potuto
vedere, Maggie, la Regina non si fa scrupoli di piombare da noi a sorpresa e
senza farsi annunciare e cosa succederebbe se decidesse di arrivare di nuovo e
Edward fosse là? Come potremmo nasconderlo? Cosa ne sarebbe di lui e anche di
noi per averlo nascosto? Di noi e di nostro figlio?”
Maggie trasalì. Non
aveva pensato a questa eventualità, ma conoscendo l’ostinatezza e l’ambizione
di Elizabeth non era affatto da escludere. Magari non subito, ma forse tra un
mese o due, o in primavera, chissà? Edward non poteva essere completamente al
sicuro a casa loro. E poi… le parole di Erik, nonostante tutto, le avevano
toccato il cuore: lo aveva accusato di aver approfittato della fragilità del
fratello, invece lui aveva insistito perché Edward tornasse a vivere con lei, e
c’era una tale dolcezza nel suo sguardo e nella sua voce, un affetto infinito,
una premura commovente che testimoniava più di ogni altra cosa quanto veramente
amasse il giovane Teddy. Suo fratello era evidentemente molto felice con lui,
sereno e appagato come non lo aveva mai visto, e chi era lei per giudicare il
loro rapporto, chi era lei per ostacolare qualcosa che aveva ridato la vita a
Edward, in tutti i sensi e nel modo più profondo e meraviglioso che potesse
immaginare?
“Hai ragione,
Richard, non sappiamo cosa potrà fare Elizabeth nei prossimi mesi e non voglio
mettere in pericolo né Teddy né nessuno di noi” ammise Maggie, già pentita di
essersi arrabbiata con Erik e di aver deluso e addolorato Edward. “La cosa
migliore è che Edward abiti con Erik nella piccola casa che tu gli hai messo a
disposizione e vi trascorrano l’inverno, poi decideremo cosa fare.”
“Io… mia Signora,
volete davvero che continui a vivere con Edward e a occuparmi di lui?” mormorò
Erik, commosso. “Non gli farei mai del male, ve lo giuro, io… ucciderei per
lui, morirei per lui!”
Maggie vide lo sguardo
infuocato e sincero di Erik mentre diceva quelle parole, vide illuminarsi Teddy
nel sentirlo parlare così, una luce che gli veniva da dentro, dal cuore, e lo
rendeva raggiante come mai era stato. Qualsiasi cosa potesse pensare, Erik era
chiaramente la ragione di vita di Teddy e viceversa, non sarebbe stata lei a
distruggere la loro felicità.
“Va bene, adesso
andiamo a pranzo” concluse quindi Maggie con un sorriso, “così potremo parlare
e organizzarci per il trasferimento di Edward e Erik nella casa in cui
trascorreranno l’inverno. Abiteremo ancora più vicini e ci vedremo più spesso,
spero che potremo anche passare le feste natalizie tutti insieme, senza brutte
sorprese da parte di Elizabeth. Ho tanti regali da farti, Teddy, e non voglio
sentire obiezioni perché farò dei bei doni anche a Erik, se li è meritati.”
“Oh, sì, che bello,
il Natale!” esclamò Teddy con occhi sognanti, dimenticando la delusione di poco
prima. Era felice che fosse tutto sistemato e che Maggie, proprio come aveva
tanto desiderato, avesse accolto Erik nella loro famiglia. “Era tanto tempo che
volevo festeggiarlo con le persone care, come quando ero bambino! Potrò avere
un cane che non morde come regalo?”
Maggie e Sir Richard
si scambiarono uno sguardo e sorrisero.
“Certo, un cagnolino
che non morde lo avrai sicuramente!” disse lei.
Stretta al marito, si
avviò verso il cottage, guardando Erik e Edward che camminavano davanti a loro,
Erik che teneva un braccio attorno alle spalle del ragazzo, pensando che lui il
suo regalo di Natale lo aveva già avuto, e Teddy che gli si affidava beato. Sì,
Erik meritava di essere uno di famiglia e adesso comprendeva che Edward aveva
tutti i diritti di fare finalmente le sue scelte nella vita, dopo tanti anni in
cui era stato prigioniero e costretto a sottostare alla volontà altrui. Ecco,
magari preferiva non pensare a loro due che facevano
cose, ma a parte quello anche
Maggie si sentiva rasserenata vedendo il fratello così felice.
Sperava soltanto che
Elizabeth non intervenisse di nuovo a distruggere la loro felicità, purtroppo
il pericolo continuava a incombere…
Fine ottava parte
* Edward Plantagenet fu giustiziato il 28 novembre
1499. Nella mia versione io ho anticipato un po’ i tempi, immaginando che Erik
andasse a liberarlo a settembre, perché ho pensato che sarebbe stata dura la
vita per quei due poveretti in un cottage gallese nel bosco in pieno inverno!
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star…
(“Send me an angel” – Scorpions)
Dopo il piccolo equivoco nato dalla rivelazione
entusiasta di Edward alla sorella circa il suo vero rapporto con Erik (e meno
male che non era sceso in dettagli!), le cose iniziarono veramente ad
appianarsi e ad andare come meglio non si poteva sperare. Sir Richard donò a
Erik una piccola casa che distava poco più di quattro miglia dalla sua tenuta
ed era dunque abbastanza vicina ai boschi da permettere al giovane Conte di Warwick
di nascondersi nel caso fossero giunte visite impreviste e sgradite, ma anche
più prossima all’abitazione dei Pole, meno isolata e fuori mano in vista dell’inverno
imminente. Attorno alla casetta in pietra si stendevano ettari di prati verdissimi,
c’erano molti alberi da frutto e dei comodi sentieri conducevano alla tenuta di
Sir Richard, sia a piedi sia a cavallo. Era veramente un piccolo gioiello,
seppure semplice, e Erik all’inizio non voleva accettare che Sir Richard gliela
regalasse, la riteneva fin troppo bella e comoda per un semplice Capitano delle
Guardie com’era lui. Il gentiluomo, tuttavia, aveva chiuso il discorso
sottolineando che quella casa era la sua ricompensa per aver salvato e protetto
Edward, che la volesse o meno, e che comunque doveva accettarla se… beh,
insomma, se voleva offrire una dimora
al suo giovane compagno.
Ovviamente il
discorso si svolse ben lontano dalle orecchie di Maggie, che sarebbe caduta in
deliquio se avesse sentito che suo marito in persona donava a Erik una sorta di
nido d’amore per viverci con Teddy…
anche se, alla resa dei conti, le cose stavano esattamente così e andava bene a
tutti!
Erik e Edward si
trasferirono nella nuova casa a metà novembre, appena prima che iniziasse a
fare decisamente freddo e a nevicare, e il ragazzo si mostrò subito felicissimo
della nuova casa, gli piaceva tutto, le stanze piccole ma confortevoli che trasmettevano
calore, il grande camino in pietra, le finestre che lasciavano entrare i raggi
del sole, i cespugli e il muretto attorno… insomma, era al colmo della gioia e
praticamente emetteva luce propria!
“Quando arriverà la
bella stagione potremo mettere delle panche fuori, accanto ai cespugli, e
leggere fino a tardi la sera!” esclamava, ammirando ogni punto della nuova
abitazione. “Joseph potrà piantare delle rose… rose bianche, mi raccomando… e altri fiori e sarà il nostro giardino.”
Erik rise,
intenerito.
“Mi assicurerò
personalmente che le rose siano solo bianche” commentò, divertito. “E poi
vedrai come sarà bello quando, in primavera, gli alberi da frutto inizieranno a
fiorire. Tutti gli alberi che vedi là sono alberi da frutto e Sir Richard mi ha
dato il permesso di cogliere tutta la frutta che vorremo. E’ stato davvero
generoso.”
“Sì, è un uomo buono”
ammise il giovane. “All’inizio non ero per niente contento che sposasse Maggie,
sapevo che era fedele a Re Henry e poi mi ha fatto rabbia che abbiano chiamato
così anche il loro primogenito. Però adesso mi rendo conto che, per Maggie, non
poteva esserci sorte migliore. Sir Richard le vuole davvero bene, la protegge,
si prende cura di lei e del bambino ed è vero che è leale al Re, ma non così
tanto da mettere in pericolo le persone che ama. Ecco, Sir Richard è per Maggie
quello che tu sei per me!”
E questo si era
capito, a dirla tutta lo aveva spiegato anche a Maggie, tanto per stare sul
sicuro! Erik era sempre imbarazzato quando la conversazione prendeva questa
piega, certo amava tantissimo Teddy ed era completamente felice adesso che
poteva averlo tutto per sé, ma una parte di lui continuava a pensare di non
meritarselo, che Edward era di stirpe reale, che avrebbe potuto vivere in un
palazzo o, quanto meno, in una grande tenuta invece che in quella modesta
casetta, per quanto carina fosse. Così, tanto per cambiare discorso, fece una
battuta.
“Ti sei arrabbiato
perché Sir Richard e Lady Margaret hanno chiamato Henry il loro bambino? Beh,
non dovresti odiarlo tanto quel nome… visto che è così che mi chiamo anch’io!”
disse, con un sorrisetto.
Edward rimase
allibito.
“Cosa? Ma… no, no,
non è così, tu ti chiami Erik e…”
“Hai ragione, in
realtà il nome Henry in norvegese diventa Henrik, ma è poi così diverso da come
mi chiamo io? Henrik, Erik… sono molto simili, non trovi?” l’uomo lo stava
chiaramente prendendo in giro, ma per Teddy quella era una questione serissima!
“Tu non ti chiami
Henrik!” insisté. “E poi non m’importa se il tuo nome è simile a quello del Re,
tu sei una persona molto diversa da lui, sei buono, sei generoso, sei sempre
premuroso con me e io ti amo, ecco!”
Ci fu un attimo di
silenzio quando entrambi si resero conto di cosa era sfuggito di bocca a Edward.
Era vero, il ragazzo aveva già detto a Erik che si stava innamorando di lui e,
di fronte a Maggie, aveva ammesso apertamente di amare il Capitano delle
Guardie. Però non lo aveva mai dichiarato così spontaneamente e tutti e due
rimasero molto turbati e imbarazzati, Erik era quasi incredulo. Si avvicinò
lentamente al giovane che lo guardava con le guance rosse e un sorriso
tenerissimo sulle labbra.
“Tu… Edward, io lo so
quanto mi vuoi bene, so che mi hai difeso anche davanti a tua sorella e che sei
felice di stare con me, però… ecco… davvero mi ami? Io non so se merito il tuo
amore, tu sei un Principe e sei ancora così giovane, forse non ti rendi conto…”
in quel momento, a dire il vero, fra i due era Erik quello che sembrava non
rendersi conto, mentre Teddy, a parte l’imbarazzo, appariva convinto e
consapevole dei suoi sentimenti, forse per la prima volta nella sua vita.
“Oh, basta con questa
storia del Principe, io non sono più nessuno, anzi, sono proprio contento di
abitare qui con te e di essere solo Teddy, spero che tutti si dimentichino di
Edward Plantagenet il prima possibile!” lo interruppe. “Ed è vero, sono giovane
e non ho per niente esperienza in queste cose, sono stato rinchiuso in prigione
fino a pochi mesi fa… però so che quello che provo per te non l’ho mai provato
prima, che con te sono felice ma non solo, perché anche con Maggie sono felice.
So che quando sei vicino a me mi sento tremare dentro, che provo delle emozioni
che non credevo neanche esistessero e le provo soltanto quando sto con te, che
quando non ci sei mi manchi tantissimo anche solo per pochi minuti, che quando
siamo insieme e tu mi baci e mi stringi e fai tutte quelle altre cose…”
Erik pensò bene di
interromperlo prima che scendesse nei dettagli, era fin troppo chiaro quello
che il ragazzo voleva dire!
“Teddy, è veramente
meraviglioso quello che mi dici e scusami se sembro sempre avere dei dubbi, non
è colpa tua, in realtà è colpa mia” confessò l’uomo, prendendo il volto del
giovane tra le mani e guardandolo con infinita dolcezza. “Sono io che non mi
sento degno di te, a volte temo che tu mi voglia bene solo perché ti ho salvato
la vita, o perché non hai conosciuto altri che me dopo la tua liberazione. La
verità è che non ho mai avuto niente di così bello e prezioso in vita mia e il
tuo amore mi sembra un sogno… ho desiderato per tanto tempo di poter vivere con
te, di poterti avere al mio fianco, di poterti stringere tra le braccia e
adesso che è tutto vero non riesco a crederci!”
“Credici, Erik,
perché io sono qui” rispose semplicemente Edward, “e poi non è vero che tu sei
l’unico che ho incontrato in questi anni, a parte Maggie. Ho conosciuto Sir
Richard e, negli ultimi mesi, ho incontrato mio cugino Richard, il ragazzo che
era imprigionato con me, ma mica mi sono innamorato di loro! Io… sono
innamorato soltanto di te e solo con te mi sento così…”
Euforico ed
emozionato, Erik lo strinse in un abbraccio caldo e avvolgente e lo baciò,
anche per impedirgli di continuare a spiegare che cosa esattamente gli piacesse fare con lui e come si sentisse e tutte
quelle cose là che avrebbero fatto venire i capelli bianchi a Maggie! Fu un
bacio lungo e appassionato in cui Erik si perse
sulle labbra e nel sapore del suo giovane compagno, quel ragazzo così dolce e
sfortunato al quale, adesso, voleva dedicare l’intera vita. Edward gli buttò le
braccia al collo e si abbandonò felice a lui ed Erik continuò a stringerlo tra
le braccia, accarezzandolo sul viso e sui capelli e baciandolo con intensità,
lungamente e profondamente, godendo del tepore della sua pelle e del sapore
della sua bocca. Tutto ciò che contava era Edward, era la sua serenità, e l’uomo
avrebbe impegnato ogni istante della sua vita per farlo felice e ripagarlo di
tutto quello che aveva perduto.
Più
tardi, Edward era ancora in contemplazione della sua nuova casa e si divertiva
a sistemare gli oggetti e i soprammobili proprio come se fosse stata una
sposina che arredava il suo nido d’amore. E fu proprio vedendolo così intento e
gioioso che a Erik venne un’idea, qualcosa che avrebbe sicuramente sorpreso il
suo Teddy e che avrebbe acceso i suoi occhi di quella luce così meravigliosa
che lui amava tanto.
“Edward,
mi era venuta in mente una cosa che forse potrebbe farti piacere” gli disse,
fingendo che fosse una cosa da niente. “Visto che, pur essendo metà novembre, l’autunno
ci sta regalando ancora delle giornate luminose e belle, voglio portarti al Lago
Bala, domattina, per passare una giornata come se fossimo in vacanza. E’ un
posto molto bello e forse in autunno è ancora più suggestivo. Ci porteremo pane
e formaggio, acqua e passeggeremo lungo le rive del lago e ammireremo il
panorama. Che ne pensi? Così potremo vivere una giornata all’aria aperta prima
che l’inverno ci costringa a chiuderci in casa.”
Il
sorriso di Teddy illuminò l’intera casetta.
“Davvero?
Che meraviglia, certo che voglio andarci! Erik, hai sempre dei pensieri così
belli per me, io… sono tanto felice, tanto felice!”
Gli si
gettò tra le braccia con foga e Erik, commosso, lo strinse e lo baciò, pensando
che la prima parte della sua sorpresa era andata a buon fine. Sulla seconda era
ancora un po’ incerto, non sapeva come avrebbe potuto interpretarla Edward, se
avrebbe rischiato di offenderlo… ma doveva e voleva tentare.
Il
mattino dopo, dunque, partirono di buon’ora per giungere al Lago Bala in tempo
per goderne appieno. Le giornate, infatti, erano già molto più brevi e Erik
voleva sfruttare tutta la luce del giorno per permettere a Teddy di ammirare il
lago in tutta la sua bellezza. Era una giornata freddina, ma limpidissima e il
lago brillava alla luce del sole, riflettendo sulla sua superficie i mille
incantati colori della tavolozza autunnale, dal giallo al rosso al marrone. Era
uno spettacolo che toglieva il fiato e Erik era felice di vedere Edward
incantato da tanta meraviglia, quasi frastornato per la gioia di respirare aria
frizzante e pulita, di sentirsi parte di una natura perfetta, di incamerare
nella memoria più immagini possibili del lago con tutte le sfaccettature di
colore, dei boschi e delle colline attorno, dei prati e di tutte le magie che l’autunno
regalava a quel luogo. I due passeggiarono lungo le sponde del lago per lunghi
momenti, in silenzio, assaporando la gioia di essere insieme in un mondo che sembrava
fatato… poi arrivò il momento che Erik aveva programmato. L’uomo aveva disteso
un mantello sul prato perché lui e Edward potessero sedersi a mangiare davanti
al lago, ma prima di mangiare c’era una cosa che voleva fare. Guardò ancora una
volta il volto arrossato, sorridente e luminoso del ragazzo, sentendosi
intimidito come un bambinetto al suo primo amore, poi si fece forza e prese una
mano di Edward.
“Erik,
sono così felice che tu mi abbia portato qui, è tutto così meraviglioso, hai
visto i colori del lago? E quelle colline laggiù, e i boschi e…” cominciò a
dire il giovane, eccitato da tante novità e bellezze, e l’uomo dovette
interromperlo perché altrimenti non sarebbe mai arrivato a dirgli quello che
voleva.
“Edward,
sono veramente contento che questo posto ti piaccia, volevo che fosse speciale
per te perché… ecco, adesso noi viviamo insieme e io volevo chiederti se tu…
beh, se tu vuoi sposarmi” buttò fuori Erik, tutto d’un fiato per non perdere il
coraggio.
Edward lo
guardò perplesso.
“Sposarti?
Ma…” mormorò. “Erik, io ti sposerei anche qui, adesso, ma non possiamo farlo,
lo sai che gli uomini non si possono sposare, no?
Il
ragazzo aveva l’aria di chi spiega cose ovvie a un deficiente ed era anche
piuttosto sorpreso perché, in genere, era lui quello che passava per poco sveglio. *
“Lo so
benissimo, purtroppo, ma in fondo a noi non importa perché possiamo farlo lo
stesso in modo simbolico, sempre se tu lo vuoi, naturalmente. Lo so che sono
soltanto un Capitano delle Guardie e che non potrei mai neanche sognare di
sposare un giovane come te, così delicato e dolce e di stirpe regale, ma… ma se
tu accetti di sposarmi, Edward, io sarò al tuo servizio per tutta la mia vita,
ti proteggerò, ti renderò felice ogni istante, sarai davvero il mio Principe”
disse con passione Erik, stringendo teneramente la mano di Teddy e guardandolo negli
occhi, perdendosi nel suo sguardo limpido e pulito come la superficie del lago.
“Io…
certo che ti voglio sposare, Erik, io voglio essere tutto tuo, voglio vivere
per sempre con te, te l’ho detto tante volte e l’ho detto anche a Maggie!”
rispose con fin troppo entusiasmo il ragazzo. Già, Erik immaginò che la storia
del matrimonio simbolico avrebbe
provato il sistema nervoso della povera Lady Margaret… ma lui e Edward si
amavano e questa era solo la logica conseguenza del loro amore. “Però cosa
dobbiamo fare, visto che non possiamo sposarci davvero?”
Allora
Erik prese un bracciale che portava sempre, un braccialetto che aveva fin da
quando era bambino e che gli avevano donato i suoi genitori, in Norvegia. Era il
ricordo più caro che aveva, un pezzo del suo cuore, e adesso lo avrebbe messo
al polso di colui che possedeva l’intero suo cuore. Infilò il bracciale al
polso sinistro di Edward, che lo fissava incantato.
“Questo è
un regalo dei miei genitori, l’unico ricordo che ho di loro e della mia patria,
ma adesso la mia casa e la mia famiglia sei tu, Edward, per questo voglio che
sia tu a portarlo” gli disse. Ora la sua voce era più pacata, seria, e il suo
sguardo penetrava il giovane fino in fondo all’anima. “Se vorrai portare questo
bracciale sarà come se fossimo davvero sposati, anche più di quanto non lo
siano le coppie nobili che si sposano per motivi di alleanze politiche. Tu
sarai la mia casa e io sarò la tua, le nostre vite saranno intrecciate per
sempre come i nodi di questo bracciale.”
“Io… io
non me lo toglierò mai, Erik” sussurrò appena Edward, sopraffatto dall’emozione,
dalla gioia, dal tremore e da qualcosa che gli toglieva il respiro e gli faceva
venire voglia di piangere e di gridare di felicità allo stesso tempo. “Voglio
essere per sempre intrecciato a te…”
Sì, beh,
detta così suonava un po’ male, ma era il principio che contava, no?
“Farò
qualsiasi cosa per difenderti, per renderti felice, per te sono pronto a
uccidere, a morire, a sfidare Re Henry, ad attraversare gli oceani e le
montagne per portarti in salvo… ti amo tantissimo, Teddy, sei la mia vita, il
mio sangue, il mio respiro” disse ancora Erik, con intensità e solennità come
una vera promessa matrimoniale.
“Anche tu
sei tutto per me e non ti lascerò mai” rispose Edward, con gli occhi lucidi,
emozionato e tremante. “Sei il mio mondo, la mia luce, la mia guida, il mio
cuore e il mio tutto! E d’ora in poi non sono più Edward Plantagenet, quel
povero ragazzo sfortunato non esiste più, io sono soltanto Teddy Olsson!”
Il che
poteva anche essere un buon modo per allontanare le minacce e gli intrighi
della corte inglese… a chi poteva interessare un tizio che si chiamava Teddy Olsson e che rinunciava così
disinvoltamente a qualsiasi pretesa, ambizione e titolo nobiliare?
Erik
prese Teddy tra le braccia e lo baciò di nuovo, il loro primo bacio da sposati, un bacio lungo, dolcissimo e
infinito, un bacio che li fece perdere l’uno sulle labbra dell’altro, nella
tenerezza del loro amore puro e immenso che leniva tutte le ferite, che
cancellava tutto il male e che li univa in un perfetto universo di luce, calore
e felicità.
Era il 21
novembre del 1499. **
Fine nona parte
Ho attraversato deserti per te
Ho valicato montagne per te
Ed ho versato il mio sangue perché
Ho combattuto e sfidato nemici più forti di me
Ho attraversato le fiamme per te
Buie foreste soltanto per te
Ed ho sfidato le ire dei re
Pur di tenerti per sempre con me…
(“Frasi nel fuoco” – Nomadi)
* Secondo alcuni storici il giovane Edward
Plantagenet aveva un lieve ritardo mentale. Sono andata a informarmi sulla
questione e pare che non sia affatto così, questa opinione si basa sulle frasi
di uno storico dell’epoca, tale Edward Hall, il quale però precisò che Edward
risultava “intellettualmente limitato” proprio perché fu tenuto in prigione, in
un isolamento quasi totale, per anni, partendo da quando ne aveva soltanto
dieci. Ho l’ardire di pensare che, se fosse stato liberato e avesse avuto
accanto persone che si occupassero di lui, Teddy avrebbe potuto pian piano
riacquistare buona parte delle sue capacità e della sua personalità.
** Ho scelto questa data non a caso. Il 21
novembre 1499 Edward Plantagenet fu processato e condannato a morte per
tradimento e decapitato una settimana dopo nel cortile della Torre di Londra.
Ho voluto che, nella mia storia, ciò che per Teddy è stato l’inizio della fine
fosse invece l’inizio della sua nuova vita felice accanto a Erik. Per la
cronaca, il Lago Bala esiste davvero in Galles e ho visto delle foto bellissime
scattate proprio in autunno.
Wise
man said just walk this way To the dawn of the light Wind will blow into your face As the years pass you by Hear this voice from deep inside It's the call of your heart Close your eyes and you will find Passage out of the dark…
(“Send
me an angel” – Scorpions)
Sembrava che la vita, ormai,
sorridesse a Edward e che tutti i suoi problemi fossero lontani. Aveva una sua
piccola casa assieme a Erik, era simbolicamente sposato con l’uomo che amava e
che lo aveva salvato, viveva vicino alla sorella… apparentemente era tutto
perfetto, ma nel profondo del cuore del giovane c’era un male oscuro che lo
corrodeva e gli portava via la luce dagli occhi, il colore dalle gote. Edward
aveva lungamente desiderato di poter trascorrere le feste natalizie con tutta
la famiglia riunita, ovviamente al fianco di Erik, ma anche con Maggie e Sir
Richard e il piccolo Henry. Sognava di rivivere i Natali di quando era bambino
e di cui conservava un ricordo molto sbiadito, fatto non tanto di immagini vere
e proprie quanto di sensazioni. Provava un calore dolcissimo in tutta l’anima
quando ripensava a quei Natali, gli sembrava di ricordare tante luci, un grande
albero di Natale, gli abbracci della zia Anne Neville,* i giochi con Maggie e i cuginetti. Chissà se erano davvero
frammenti di ricordi oppure solo sogni? Comunque fosse, Edward aveva desiderato
disperatamente per tutti gli anni della prigionia di poter trascorrere di nuovo
delle feste natalizie così serene accanto alle persone che amava ed era
convinto che, quell’anno, finalmente il suo sogno si sarebbe realizzato.
Ma non era andata così. Le
feste di Natale, com’era ovvio, erano anche un’importante occasione mondana per
il Re e la Regina e alla corte di Londra, a Westminster, si succedevano
banchetti e ricevimenti per gli ospiti più prestigiosi. Re Henry, per
dimostrare a Sir Richard che si fidava di lui e che non aveva niente contro la
sua famiglia, invitò i Pole a passare tutto il periodo festivo a corte e a
intrattenersi con nobili inglesi e stranieri.
Sir Richard e Maggie,
naturalmente, avrebbero anche fatto volentieri a meno di un simile onore. Mal
tolleravano la vita di corte, non avevano piacere che il loro bambino avesse
troppa esperienza di quel mondo corrotto e pieno di intrighi e futilità e, come
se non bastasse, quell’anno avevano anche Edward con loro e avrebbero dovuto
lasciarlo solo proprio in un periodo in cui si desidera maggiormente stare con
le persone amate. Tuttavia non potevano rifiutare l’invito del Re. Sarebbe
stato un oltraggio e, nella posizione in cui erano, avrebbero riattizzato i
sospetti della Regina Elizabeth.
La cosa peggiore fu che Sir
Richard non poteva privarsi dell’appoggio del suo Capitano e, così, anche Erik
dovette trascorrere buona parte delle feste natalizie al fianco del suo
Signore, a Westminster, con il cuore lacerato al pensiero del suo povero Teddy
che avrebbe passato ancora una volta quei giorni da solo, nella piccola casa,
con la sola compagnia dei fedeli servitori Joseph e Annie. Certo, era sempre un
miglioramento rispetto agli anni precedenti in cui aveva trascorso le feste di
Natale in prigione, ma Erik sospettava che Edward non avrebbe fatto poi tanto
caso al miglioramento. Solo era e solo restava, e poco importava che adesso
fosse in una casa tutta sua, servito da domestici affezionati, potendo uscire
se e quando voleva… Non era questo che Edward aveva sognato, non era questo che
voleva e Erik aveva la terribile sensazione che, quando le feste fossero
terminate e lui e i Pole fossero finalmente tornati in Galles, avrebbero
trovato un ragazzo molto più simile al prigioniero che avevano salvato dalla
Torre di Londra, cupo e silenzioso, che al giovane vivace e allegro che Teddy
stava ricominciando ad essere…
E così sia Erik sia Maggie
non fecero altro che contare i giorni che li separavano dal ritorno in Galles, preoccupandosi
ogni giorno per Edward e cercando di stargli vicino con lunghe lettere alle
quali, però, il ragazzo non aveva mai risposto. E anche quello non era un buon
segno.
Finalmente giunse il giorno della
partenza. Sir Richard e Maggie salutarono e ringraziarono cortesemente i
sovrani e poi si affrettarono a salire in carrozza con il piccolo Henry,
sperando di riuscire a giungere alla tenuta in tempo per fare almeno una breve
visita a Edward prima di andare a dormire. Erik, invece, prese il suo cavallo e
lo spronò al galoppo per arrivare il prima possibile dal suo Teddy, il cuore
stretto in una morsa d’angoscia e la mente piena di foschi presagi.
Quando giunse finalmente
alla casetta che condivideva con Teddy, fece appena in tempo a consegnare il
cavallo a Joseph perché se ne occupasse, ma non volle niente per sé, in quel
momento non aveva tempo per ristorarsi e cambiarsi d’abito, doveva vedere
subito Edward, verificare che stesse bene, abbracciarlo e fargli sentire che
era tornato, che non doveva essere triste, che non lo avrebbe più lasciato
solo. Si precipitò nell’abitazione e Annie, con un gesto muto, gli indicò il
piccolo soggiorno dove stava il ragazzo.
A quel punto la frenesia
aveva lasciato il posto a uno strano turbamento nel cuore di Erik. Lady
Margaret gli aveva detto che Teddy, per molti versi, era ancora infantile e che
spesso era capitato che, se lei non andava a fargli visita regolarmente in
prigione, la volta successiva lui rifiutasse di parlarle, mettesse il broncio e
non si voltasse neanche a guardarla. Erik avrebbe quasi sperato di trovare
Edward imbronciato e offeso nei suoi confronti, avrebbe significato che,
comunque, quella rabbia lo rendeva vivo, vitale, che poteva sfogarla e poi tutto
sarebbe tornato come prima.
Il ragazzo che Erik trovò
nel soggiorno, però, non teneva il broncio, non era arrabbiato, sarebbe stato
meglio se così fosse stato. Edward sembrava tornato indietro di settimane,
sembrava il ragazzo che Lady Margaret andava a trovare nella Torre di Londra.
Si era seduto per terra, invece di approfittare del divanetto davanti al
camino, e fissava fuori dalla finestra, come ipnotizzato dall’oscurità della
sera, dalle stelle che ogni tanto spuntavano in mezzo a masse di nuvole scure,
dai rari fiocchi di neve che danzavano nel cielo.
“In questi giorni non ha
voluto mangiare quasi niente, passava tutto il suo tempo seduto per terra, come
lo vedete adesso, signor Capitano” gli spiegò Annie a bassa voce e con una
profonda preoccupazione negli occhi. “Ho cercato di preparargli piatti che
potessero stuzzicare il suo appetito, volevo che potesse festeggiare anche lui,
ma… ma Milord si limitava a farmi un dolce sorriso e assaggiava appena quello
che avevo preparato. Quando non stava seduto per terra, tornava nella sua
stanza e credo che abbia dormito molto più di quanto un ragazzo della sua età
dovrebbe fare…”
Le parole di Annie scavarono
un abisso di dolore nel cuore di Erik. Era questo, dunque, che il suo Teddy
aveva fatto per tutti quei giorni? Se solo… se solo il Re avesse richiesto la
presenza di Sir Richard a corte per un periodo più lungo, Edward sarebbe morto
o comunque avrebbe finito per ammalarsi… se già non era accaduto. In preda
all’angoscia, l’uomo entrò nel soggiorno, mentre Annie si ritirava in cucina.
“Teddy, sono qui, sono
tornato!” gli disse, avvicinandosi a lui.
Il giovane si voltò
lentamente e gli donò uno dei suoi sorrisi, ma non era il sorriso luminoso e
allegro che Erik aveva imparato a conoscere e ad amare, era un sorriso mesto,
debole, che non arrivava agli occhi i quali rimanevano tristi e colmi di una
rassegnazione che era peggio di qualsiasi altra cosa.
“Ciao, Erik” gli disse,
“sono contento che tu sia qui.”
Nient’altro. Era come se
qualcosa si fosse spento.
Erik lo raggiunse e si
inginocchiò accanto a lui per prenderlo tra le braccia. Neanche lui sapeva
esattamente cosa fare. Doveva baciarlo? Doveva dirgli ancora una volta che lo
amava tanto e che anche lui aveva sofferto standogli lontano? Oppure doveva
soltanto stringerlo in un abbraccio caldo e protettivo per fargli sentire che
era lì con lui e che non lo avrebbe mai più lasciato?
Lo abbracciò, ma non riuscì
a resistere senza dirgli niente, il senso di colpa per averlo lasciato solo era
troppo devastante, doveva chiedergli perdono, doveva cercare di scuoterlo da
quella sua malinconia, quella tristezza desolata che sembrava succhiar via
tutto il calore dal suo corpo e la luce dai suoi occhi.
“Edward, so quanto sei
deluso, so quanto sei triste” mormorò, stringendolo a sé e accarezzandogli
dolcemente i capelli. “So che aspettavi le feste natalizie con tanto entusiasmo
e che sognavi di passarle con me e con la tua famiglia. Non posso neanche
immaginare quanto sia stato doloroso per te dover rinunciare a questo tuo
desiderio…”
“Non è colpa tua, Erik, non
è colpa di nessuno” fu la risposta spenta del giovane. “Non potete disobbedire
al Re…”
Per Erik fu ancora più
triste constatare che Edward aveva in qualche modo accettato ciò che era
successo, che nel suo dolore e nella sua delusione aveva pensato che non ci
fosse altra scelta e che sarebbe andata sempre così, che non doveva più farsi
illusioni perché non avrebbe avuto la vita che sognava, non sarebbe mai
cambiato niente. Era stato proprio quello a distruggere la luce e l’entusiasmo
dentro di lui, a uccidere la speranza nel suo cuore. Edward non ci credeva più,
non credeva più alla possibilità di essere felice, non c’era un lieto fine per
lui.
“Edward, ascoltami bene” gli
disse Erik, prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi. “È un
discorso difficile quello che devo farti, ma credo che sia giunto il momento.
Purtroppo è difficile per me dirlo e sarà difficile per te accoglierlo, ma
qualsiasi cosa è meglio di vederti così.”
Il ragazzo non rispose e si
limitò a fissare i suoi mesti occhi nocciola nello sguardo chiaro e limpido del
suo uomo.
“Io ti amo e voglio vivere
con te, questo lo sai, non è cambiato niente e mai cambierà. Proprio per questo
motivo ho voluto fare con te quella cerimonia simbolica del matrimonio, perché tu sapessi oggi e
sempre che io ti starò sempre accanto, che tu sei la mia vita, la mia famiglia,
la mia casa” riprese Erik, ricordando le parole che aveva detto a Teddy quel
giorno al lago, quel giorno che adesso sembrava così lontano. “Però non posso
stare sempre con te ogni momento della giornata, sono il Capitano delle Guardie
di Sir Richard e ho degli incarichi da svolgere. Dopo che ti avevo liberato,
Sir Richard mi ha concesso molto tempo libero perché potessi starti accanto,
difenderti da eventuali pericoli, fare in modo che tu ti ambientassi e ti
trovassi bene… ma adesso la situazione è più tranquilla, il Re ha dimostrato di
avere ancora fiducia in Sir Richard chiamandolo a corte e molto probabilmente
ha rinunciato all’idea di cercarti. Sei al sicuro qui, perciò io… io devo
tornare a svolgere i miei incarichi come facevo prima. Lo capisci questo,
vero?”
“Vuoi dire che mi lascerai
solo tante altre volte?” domandò Edward, stavolta con una voce rotta dal pianto
che si sforzava di trattenere. “Che non staremo più insieme come prima, mai
più?”
Per Erik era una tortura
dover spiegare quelle cose al ragazzo, lui stesso avrebbe davvero voluto
trascorrere ogni istante della sua vita con Teddy… ma la vita reale era
un’altra cosa e adesso toccava a lui farlo capire al suo giovane e ingenuo
amante.
“Posso immaginare quanto tu
abbia sognato di essere finalmente libero e quante cose avresti voluto fare”
riprese, continuando ad accarezzargli i capelli con tenerezza. “Sei stato
privato di una parte importantissima della tua vita ed è comprensibile che tu
voglia riavere ciò che ti è stato tolto. E lo riavrai, Teddy, io farò tutto
quello che posso, ogni giorno della mia vita, per rendere speciale tutti i
momenti che passiamo insieme. Ma la vita quotidiana non può essere un’eterna
vacanza, non possiamo andare ogni giorno a passeggiare nei boschi o organizzare
una cena da Sir Richard o andare al lago… Ognuno di noi ha degli impegni, dei
doveri da compiere, anche i nobili come Sir Richard e tua sorella.”
Lo sguardo di Edward era
ancora triste, ma adesso pareva più attento e interessato, come se una tenue
fiammella si fosse finalmente riaccesa nel suo cuore, così Erik si sentì
incoraggiato a proseguire nel suo discorso.
“Avresti meritato di
trascorrere delle feste natalizie meravigliose, con la tua famiglia e… con me,
se era ciò che volevi, ma purtroppo il Re ha deciso altrimenti. Potrà capitare
ancora che io debba passare dei giorni a Londra con Sir Richard, oppure che mi
assenti una mezza giornata per i miei compiti di Capitano delle Guardie, ma non
posso ogni volta dovermi preoccupare per come la prenderai tu, non posso stare
sempre in pena per te. Io voglio che tu sia felice, Edward, non ho mai voluto
altro da quando ti ho conosciuto!”
“Ma io… sono felice solo
quando stiamo insieme…” obiettò il ragazzo, opponendo una logica stringente ai
tentativi di Erik.
“Per me è lo stesso, ma
questo non significa che non devo più svolgere le mie mansioni. Credi che io
non preferirei restare qui con te e fare tutte le cose belle che abbiamo fatto
finora? Credi che mi sia divertito ai ricevimenti e alle feste a corte? Ho
odiato ogni minuto… ma era mio dovere esserci, al fianco di Sir Richard e Lady
Margaret” ammise l’uomo. “Anzi, ho sopportato tutto questo perché sapevo che,
alla fine, sarei tornato da te.”
Queste parole, finalmente,
parvero riportare la luce sul volto e negli occhi di Edward.
“Davvero pensavi solo a me e
volevi tornare?” domandò, emozionato.
“Ma certo, Teddy, non hai
ancora capito che tu sei ciò che ho di più prezioso, importante e meraviglioso?
Ma questo non significa che possa venire meno ai miei doveri, la vita è così e
adesso sei abbastanza adulto per capirlo e accettarlo. Questo significa avere
un rapporto maturo e consapevole con me…”
E, con grande sollievo di
Erik, il giovane sorrise, quel suo sorriso gioioso e spontaneo che lo aveva
fatto innamorare, e si buttò tra le sue braccia.
“Allora ho capito! Scusami,
Erik, non avevo pensato che anche tu fossi stato male, che ti fossi mancato”
mormorò, pieno di emozione. “Anch’io voglio avere un rapporto adulto, maturo e
consapevole con te e… cercherò di non essere più tanto egoista. Voglio che tu
mi stia vicino, ma quando non ci sarai ti aspetterò tentando di non intristirmi
troppo. Così va bene, Erik?”
“Certo che va bene, Teddy. E
io ti prometto che farò in modo di regalarti ogni giorno qualcosa di speciale,
anche se ci saranno dei giorni in cui non potremo passare insieme molto tempo”
ribatté l’uomo, stringendo il ragazzo con amore e tenerezza. Sapeva quanto
fosse difficile per Edward accettare tutto questo, era ovvio che avesse sperato
che, una volta libero, la vita sarebbe stata una continua festa, ma non era
così, non poteva esserlo nemmeno per lui…
Avvolgendolo nel suo
abbraccio caldo e protettivo, Erik lo baciò dolcemente, una, cento, mille volte. Perdendosi nella morbidezza e
nella dolcezza delle sue labbra, tutte le preoccupazioni e le ansie di quei
giorni scomparivano e rimaneva solo una tenerezza che faceva bene al cuore, mentre
ogni istante si espandeva in un universo di amore e dolcezza che avrebbe
cancellato tutto il male.
E proprio baciando Teddy e stringendolo a sé
Erik ebbe un’intuizione di cui doveva parlare appena possibile con Sir Richard,
qualcosa che avrebbe risolto tutti i problemi e reso felice il suo tenero
ragazzino: tutto sarebbe andato bene se Re Henry avesse accettato di concedere
la sua clemenza e una dispensa speciale per la libertà di Edward!
Ma sarebbe mai stato possibile?
Fine decima parte
* Edward e Maggie persero la madre quando
avevano uno e tre anni, e il padre due anni dopo, mi piace pensare che gli zii,
Richard Plantagenet e la moglie Anne Neville, li abbiano cresciuti come figli
loro, con affetto e tenerezza.
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star (Here I am)…
(“Send me an angel” – Scorpions)
Trascorse ancora
qualche settimana e, a dispetto delle fosche previsioni di Elizabeth e dei suoi
propositi di rivalsa, la situazione andò risolvendosi quasi da sola,
naturalmente e senza spargimenti di sangue. Gli informatori di Re Henry
riuscirono a scoprire che Perkin Warbeck (o Richard, che dir si voglia) si era
rifugiato in Borgogna e che si era riunito alla sua Catherine e al figlioletto
neonato, senza dimostrare più il benché minimo interesse per la corona
d’Inghilterra. Inoltre, gli stessi informatori erano venuti a sapere anche che
Edward Plantagenet non era con lui, né ci era mai stato. Chissà, forse si era
rifugiato in Scozia o da qualche altra parte in Francia, tra i sostenitori
degli York ma, come si poteva ben immaginare, Re Henry non avrebbe certo potuto
inviare soldati in Francia o in Scozia per cercare Edward o per catturare e
interrogare Warbeck sulle sue reali intenzioni.
Pareva, dunque, che
le ombre che potevano insidiare il trono di Henry e dei suoi figli fossero
svanite nel nulla e così anche Isabella di Castiglia, rassicurata, decise di
concedere la sua benedizione al fidanzamento tra sua figlia Caterina e Arthur,
il figlio maggiore di Henry ed Elizabeth.
Tutto risolto,
dunque? Beh, non per Elizabeth, che si sentiva ancora umiliata per la figura da
perfetta imbecille fatta davanti a Sir Richard e Maggie e che voleva riconquistare
la sua dignità o qualche sciocchezza
del genere.
Il marito, però, a
quel punto ne aveva abbastanza delle rimostranze e dei capricci di Elizabeth!
“Insomma, si può
sapere che cosa vuoi?” la rimproverò pochi giorni dopo. “Hai ottenuto tutto
quello che desideravi, la corona è al sicuro, Warbeck è in Francia con la
famiglia e Arthur sposerà Caterina d’Aragona. Cos’altro c’è che non va? Non ne
posso più delle tue ossessioni, sei diventata persino peggiore di mia madre!”
“Come puoi non
rendertene conto da solo, Henry?” reagì indispettita lei. “Va bene, in questo
momento il trono è assicurato ai Tudor e il matrimonio tra Arthur e Caterina si
farà, ma tu credi davvero che quel traditore di Warbeck se ne starà tranquillo
in Francia con la famiglia? Magari sta organizzando un esercito per attaccarci
di nuovo. E Edward, poi? Non sarà svanito nel nulla, no?”
“Secondo te io dovrei
far guerra alla Francia solo perché
sospetto di Warbeck? Ma ti ascolti quando parli? In Borgogna ho spie e
informatori che osservano ogni mossa di quell’uomo, che ormai da mesi è innocuo
e dedito solo alla sua famiglia” rispose bruscamente Henry. “Tuttavia, se
soltanto tentasse qualcosa, ne sarei immediatamente informato e sarei pronto ad
accoglierlo se mai dovesse tornare in
Inghilterra con intenzioni bellicose.”
Elizabeth si
irrigidì, ma non poté obiettare perché, per una volta, doveva ammettere che suo
marito aveva perfettamente ragione.
“In quanto a Edward,
certo non è svanito nel nulla, ma non ce lo vedo proprio a tramare nell’ombra
per impossessarsi di una corona che nemmeno vuole. Probabilmente qualcuno dei
sostenitori degli York lo tiene sotto la sua protezione e lui se ne sta lì
tranquillo” continuò il Re.
“O magari è proprio
in Galles, nella tenuta di Sir Richard e sotto la sua protezione” insinuò malignamente Elizabeth.
“Ancora con questa
storia? Eppure sei stata tu stessa a far perquisire la tenuta e le terre di Sir
Richard e i nostri soldati non hanno trovato tracce del ragazzo. Lo avevano
nascosto, secondo te? Magari in Borgogna? Bene, come ti ripeto non mi sembra
molto ragionevole dichiarare guerra alla Francia per questo e tanto meno
perdere un uomo fidato come Sir Richard” ribatté Re Henry, spazientito. “Anzi,
a questo punto ho preso la mia decisione al riguardo: andrò io stesso dai Pole
e offrirò la grazia e la liberazione per Edward in cambio del loro giuramento
di fedeltà ai Tudor.”
“Tu vuoi fare cosa???” trasecolò Elizabeth, ma non
poteva protestare ancora, la scelta di Henry era la più giusta e avrebbe
risolto la faccenda una volta per tutte. Continuare a perseguitare i Pole e
Edward era controproducente, nessuno di loro rappresentava una vera minaccia
per il Regno e, anzi, se avessero continuato a tormentarli sarebbero passati
dalla parte del torto. Allora sì che qualche sostenitore degli York avrebbe
avuto buone ragioni per organizzare qualche sommossa o attentato contro i tiranni Tudor! Per una volta Henry aveva
preso la decisione più saggia e ad Elizabeth non restava che inghiottire
l’orgoglio ferito e consolarsi con il matrimonio di Arthur e Caterina, che
avrebbe rafforzato ancora di più la casata Tudor e il loro trono.
Il vero problema fu
quando il messaggio di Re Henry, che annunciava una sua visita in settimana,
giunse alla tenuta di Sir Richard e Erik dovette spiegarlo a Edward!
“Perché Re Henry
viene qui? Anche lui vuole perquisire tutte le proprietà di Sir Richard per
cercarmi? Vuole riportarmi in prigione… o magari farmi giustiziare?” esclamò il
ragazzo, fuori di sé dalla preoccupazione.
“No, no, Edward, non
fare così, è proprio tutto il contrario” cercò di calmarlo l’uomo. “Sir Richard
mi ha fatto leggere la lettera del Re e dobbiamo essere felici del fatto che
lui voglia venire qui perché potrà significare l’inizio di una nuova vita per
te e per tutti noi. Sai, Re Henry ha scoperto che Warbeck, o Richard come lo
conosci tu, è andato in Francia con la sua famiglia e che non ha più alcun
interesse verso la corona d’Inghilterra. Ha saputo anche che tu non sei con
lui, che non hai mai cospirato contro i Tudor, perciò sarebbe disposto a
concederti la libertà con una dispensa speciale.”
“Io non ci credo” si
ostinò il giovane. “Perché mai Re Henry dovrebbe farlo? Lui mi considererà
sempre una minaccia per il solo fatto che esisto e io… io non voglio niente da
lui, lui ha rovinato la mia famiglia, li ha fatti passare per traditori, è un
uomo cattivo e pensa solo al potere!”
Erik sospirò dentro
di sé, rendendosi conto che la cosa più difficile sarebbe stata proprio
convincere Edward a recedere dalle sue posizioni intransigenti… Prese dolcemente
il ragazzo per le spalle e lo attirò a sé, cercando il suo sguardo.
“Ascoltami, Edward,
ascoltami bene” gli disse con pazienza e tenerezza. “Ti ho già spiegato tempo
fa che essere liberi e vivere una vita adulta può significare anche, a volte,
fare delle cose che non ci piacciono, te lo ricordi?”
Imbronciato, Teddy si
costrinse ad annuire.
“Questa è una di
quelle volte. Senti, io lo so cosa pensi del Re, ma nessuno di noi può
cancellare il passato e riscriverlo come vuole. Credi che per me sia stato
facile accettare di andare avanti dopo che quei soldati Danesi distrussero il
mio villaggio e uccisero la mia famiglia e i miei amici? Certo, mi sarebbe
piaciuto andare a cercarli e fare a loro quello che avevano fatto a me, ma non
sarebbe servito a niente, anzi. Loro mi avrebbero ucciso, l’avrebbero avuta
vinta una volta per tutte, e io adesso non sarei qui, non ti avrei mai
conosciuto, non sarei così felice insieme a te. Ho dovuto accettare una cosa
terribile con la speranza che la mia vita sarebbe potuta ricominciare da capo
da qualche altra parte, che sarei stato di nuovo felice… ed è stato così, perché
ho incontrato te.”
Edward, sulle prime,
non voleva ascoltare le sagge parole di Erik, continuava a fare l’offeso e a
sfuggire il suo sguardo, ma quando l’uomo iniziò a raccontargli di nuovo delle
terribili esperienze vissute da ragazzino qualcosa si mosse nel suo cuore, una
piccola spina lo intaccò e gli fece capire che non era lui ad avere l’esclusiva
della sofferenza, che altre persone avevano passato momenti ancora più atroci e
dolorosi e che erano riusciti a superarli. La voce pacata di Erik lo calmava e
lo incantava e, senza quasi rendersene conto, Edward si trovò a seguire tutto
quello che l’uomo diceva, perdendosi ancora una volta nell’azzurro placido dei
suoi occhi, dello stesso colore del lago davanti al quale lo aveva sposato.
“Sir Richard pensa
che la cosa migliore da fare sia parlare chiaramente al Re e fargli vedere che
in effetti tu adesso vivi con noi, che anzi da molti mesi ormai sei tornato con
la tua famiglia e che questo non ha portato a nessun complotto contro la corona”
spiegò Erik. “Naturalmente il Re non dovrà sapere che è stato proprio Sir
Richard a incaricarmi di liberarti, non deve perdere la fiducia che ha in lui o
saremo tutti perduti. Il Re dovrà credere che, in effetti, la tua liberazione è
avvenuta grazie a un piano architettato dai sostenitori di Warbeck e che sono
stati i suoi uomini a farvi scappare, però poi lui ha capito che la sua
famiglia era più importante di una corona, che ciò che davvero voleva era
vivere in pace con sua moglie e suo figlio. Così ti ha fatto portare qui e lui
si è nascosto in Francia temendo una vendetta dei Tudor…”
“Vuoi dire che il Re
vorrà vedermi? Che saprà che sono sempre stato qui e che abbiamo ingannato
Elizabeth? Ma non possiamo, si arrabbierà e io…” il giovane sembrava di nuovo
perduto nel suo terrore e Erik si sentì spezzare il cuore, sapeva che gli stava
facendo male ma quella era l’unica soluzione, l’unico modo per poter veramente
sperare di avere una vita tranquilla insieme a lui, senza più dover temere le
inferenze dei sovrani.
“Nessuno ti farà del
male, Teddy, questo te lo prometto” dichiarò, stringendolo più forte come a
volerlo proteggere da tutto il male del mondo. “Ti ho detto tantissime volte
che ti amo, che sei tutta la mia vita e che per te sarei pronto a uccidere e a
morire, adesso sei tu che devi essere forte e coraggioso e fidarti di me. Ti
fidi di me, Teddy?”
Il ragazzo era
veramente spaventato, ma il calore delle mani di Erik, la tenerezza nella sua
voce e nel suo sguardo sembravano entrargli nel sangue e infondergli una forza
che non aveva mai nemmeno sospettato di avere.
“Sì, io… io mi fido
di te, Erik” disse, cercando di tenere ferma la voce. “Cosa devo fare?”
“Non sarà facile, ma
adesso sei cresciuto, sei maturato e io so con certezza che sarai in grado di
fare quello che devi, ne sono più che sicuro” riprese l’uomo. “Sì, Re Henry vorrà
vederti e, prima di firmare la dispensa con cui ti restituirà la libertà, vorrà
anche parlare con te, sentire la tua versione dei fatti. Dovrai essere
sufficientemente bravo e determinato per convincerlo che le cose sono andate
davvero come sostiene Sir Richard, che i Pole ti hanno accolto con gioia e
nascosto, ma che non sapevano niente del piano per liberarti e che quello è
stato tutto organizzato da dei sostenitori di Warbeck e degli York, che Sir
Richard non conosce.”
Negli occhi scuri di
Edward si leggevano mille emozioni contrastanti: paura, confusione, turbamento,
un vago senso di inadeguatezza, ma anche una piccola luce di speranza, una
fiammella accesa dalle parole di Erik, dalla presenza dell’uomo che amava
accanto a lui, che non lo avrebbe mai lasciato solo e che non avrebbe permesso che
qualcosa di orribile potesse accadergli.
“Io… non so se sono
in grado di mentire… e se mi chiedesse delle cose difficili? Se io mi
confondessi e dicessi qualcosa di sbagliato?” chiese, aggrappandosi alle
braccia di Erik come se lui potesse davvero trasmettergli la sua calma e la sua
saggezza.
L’uomo gli accarezzò
teneramente i capelli e gli sorrise.
“Edward, tu sei un
Plantagenet e sei un Principe, provieni da una famiglia di Re e sono sicuro che
saprai tenere testa benissimo al sovrano” replicò. “Sei più intelligente di
quanto tu stesso non creda e comunque non dovrai mentire, non del tutto, dovrai
semplicemente… nascondere una parte della verità. Lo so che sarà difficile, ma
non te lo chiederei se non fossi certo che sarai in grado di farlo.”
A dirla tutta Erik
non era poi così sicuro che il povero ragazzo non si sarebbe impappinato, ma
doveva aiutarlo a credere in se stesso, perché soltanto così avrebbero avuto
una possibilità.
“Quando parlerai con
Re Henry, pensa a tua sorella, al tuo nipotino e… e a me, se vuoi” gli suggerì.
“Pensa che tu puoi salvarci tutti, che non puoi permetterti di sbagliare perché
altrimenti finiremmo tutti arrestati o peggio, e che sarai così bravo da
rendere orgogliosa la tua famiglia, i tuoi genitori e i tuoi zii che dal Cielo
ti guardano, ti proteggono e vogliono che tu sia libero e felice.”
Ora gli occhi di
Edward brillavano di una luce diversa, di una fierezza che gli derivava dalla
consapevolezza di poter fare, finalmente, qualcosa di grande e importante per l’uomo
che amava e per tutta la sua famiglia. Era ancora spaventato, ma sentiva che
Erik, Maggie e tutti i Plantagenet gli avrebbero dato la forza per fare ciò che
doveva.
“Va bene, Erik, farò
quello che mi hai detto, sarò bravo e anche tu sarai fiero di me” affermò con
decisione.
L’uomo lo prese tra
le braccia e lo avvolse in un tenerissimo abbraccio.
“Io sono sempre fiero
di te, Teddy” mormorò tra i suoi capelli.
Lo sollevò e lo portò in camera, lo depose con
tenerezza sul letto e, sempre accarezzandolo dolcemente sul viso e sui capelli,
lo baciò lungamente e languidamente. Aveva bisogno di sentirlo tra le sue
braccia, di sentire la sua morbidezza e il suo sapore, di sapere che non gli
sarebbe accaduto niente, che non lo avrebbe perduto mai, che tutto sarebbe
finito bene perché Teddy era un ragazzo buono e tenero che aveva già sofferto
abbastanza. L’abbraccio si fece intenso e profondo e Erik si perse nella dolcezza del contatto sempre più intimo con Edward,
un contatto che riempiva entrambi di tenerezza, calore, felicità infinite
mentre le loro anime e i loro corpi si fondevano insieme, dando ad entrambi il
coraggio e la determinazione necessari per superare l’ultimo ostacolo e
iniziare finalmente una nuova vita fianco a fianco.
Due giorni dopo, quando Re Henry giunse alla
tenuta dei Pole con le sue guardie del corpo ma senza Elizabeth (che, a quanto
pareva, si era rifiutata di subire una nuova umiliazione davanti all’insulsa
cugina…), ad accoglierlo c’era Sir Richard con moglie e figlio e, accanto a
lui, Erik e… Edward, che forse per la prima volta in tutta la sua vita sembrava
veramente un Principe.
Il Re non si sorprese più di tanto nel vedere
il ragazzo insieme alla sua famiglia. Una parte di lui, forse, aveva sempre
saputo che il giovane Plantagenet era molto più vicino di quanto tutti
pensassero, ma quella stessa parte sapeva anche che Edward non era affatto una
minaccia per il suo trono e che non si sarebbe mai lasciato coinvolgere in
nessuna cospirazione, che era buono, gentile e semplice, qualsiasi cosa potesse
pensare di lui la Regina.
Sir Richard salutò con deferenza il suo
sovrano e lo invitò ad accomodarsi nella sua casa, dopo aver ordinato ai
servitori di offrire un ristoro alle guardie del Re e agli stallieri di
occuparsi dei cavalli. Re Henry fu fatto entrare nel salone della tenuta dei
Pole dove ebbe il posto d’onore, mentre Sir Richard e tutti gli altri entravano
nella stanza dopo di lui. Ottenuto il permesso di parlare, l’uomo iniziò a
raccontare al Re la sua versione dei fatti, così come Erik l’aveva già spiegata
a Edward. Re Henry appariva calmo e interessato e ascoltava con bonarietà la
narrazione di Sir Richard, ma il suo sguardo cercava più spesso il giovane Edward
che, in piedi accanto al camino, gli puntava addosso gli occhi scuri senza
timore o timidezza, ricordandogli fin troppo bene il bambino impertinente che,
tanti anni prima, durante la sua cerimonia di insediamento, aveva esclamato
davanti a tutti Un giorno io sarò il Re!,
provocando una mezza sincope alla povera sorella Maggie!
“Molto bene” disse ad un certo punto il
sovrano, interrompendo a mezzo una stupenda arringa conclusiva di Sir Richard. “Adesso,
però, vorrei scambiare due parole con Edward, ci sono alcune domande che mi sto
ponendo e alle quali solo lui può dare risposta.”
Era giunto il momento. Libertà o prigionia?
Vita o morte?
Maggie si tormentava le mani, Sir Richard
ostentava sicurezza e, per darsi un contegno, prese in braccio il piccolo
Henry. Edward, invece, dopo aver scambiato uno sguardo con Erik e aver tratto
tutto il conforto e il coraggio possibili dai suoi limpidi occhi azzurri, drizzò
ben alta la testa e si presentò al cospetto di Re Henry.
Wise
man said just raise your hand And reach out for the spell Find the door to the promised land Just believe in yourself Hear this voice from deep inside It's the call of your heart Close your eyes and you will find The way out of the dark…
(“Send
me an angel” – Scorpions)
Re Henry non aveva mai considerato veramente
pericoloso il ragazzo che adesso stava in piedi di fronte a lui, sapeva che era
un animo semplice e che aveva buon cuore, perciò già prima di iniziare ad
interrogarlo riteneva che fosse innocente e che meritasse, finalmente, la
libertà. Tuttavia, prima di concedergli quella dispensa tanto importante,
doveva essere sicuro oltre ogni
ragionevole dubbio.
“Edward, da quanto tempo abiti con Sir
Richard Pole e la sua famiglia?” gli domandò.
Il giovane esitò, ma poi pensò che la verità
fosse la cosa migliore da dire.
“Dallo scorso settembre, Vostra Grazia, poco
tempo dopo essere stato liberato” rispose.
Il Re si ritrovò suo malgrado a sorridere,
divertito da quella risposta schietta e anche da un’altra cosa…
“Dunque quando, alcuni mesi fa, la Regina
Elizabeth venne qui con le sue guardie a cercare te e Perkin Warbeck, tu c’eri,
non è così?”
Edward non sapeva se avesse detto la cosa
giusta o quella sbagliata, ma ormai era in ballo e doveva proseguire su quella
strada.
“Io credo tuttora che quel giovane sia mio
cugino Richard, tuttavia lui non è mai stato qui, neanche per un momento”
replicò. “Io invece c’ero, sì, ma Sir Richard mi fece nascondere perché… perché
Lisa… la Regina non voleva solo parlarmi come state facendo voi, lei voleva
riportarmi in prigione e poi farmi uccidere e io avevo paura!”
Erik lanciò uno sguardo disperato a Sir
Richard, ma il gentiluomo gli fece cenno di non preoccuparsi: era un bene che
Edward si mostrasse anche spaventato e fragile, doveva essere se stesso,
altrimenti Re Henry non gli avrebbe creduto dopo, quando avrebbe dovuto
addomesticare la verità.
“Io non voglio farti alcun male, Edward, e
anzi sono disposto a firmare un atto che ti renderà libero, se sarò certo che
tu non rappresenti un pericolo per il mio trono e per i miei figli” dichiarò il
sovrano.
“Lo so, è per questo che ho accettato di
parlarvi mentre mi sono nascosto quando è giunta la Regina” fu la risposta
ancora più diretta e sincera del giovane.
“Edward, tu sai chi ti ha fatto liberare? È
stato Sir Richard su richiesta di tua sorella?” domandò ancora Re Henry, senza
lasciare al ragazzo il tempo di riordinare le idee. Ma Edward si aspettava
questa domanda e sapeva che era proprio quello il punto cruciale, che un suo
errore in quel momento avrebbe potuto riportarlo in prigione o peggio e che…
che sarebbe costato la vita a Erik, a Maggie, a tutte le persone che amava.
Doveva essere forte, ora toccava a lui proteggere Erik e Maggie come loro lo
avevano sempre protetto!
“Io non so chi fossero gli uomini che hanno
liberato me e Richard, non li conoscevo, non li avevo mai visti” affermò con
decisione, e in effetti non mentiva, perché fino alla notte della sua
liberazione lui non aveva mai visto né conosciuto Erik! “Richard invece li
conosceva, erano suoi amici che volevano liberarlo per farlo diventare Re,
parlavano di queste cose durante la fuga, però Richard non voleva coinvolgermi.
Disse ai suoi amici che io non c’entravo niente con queste storie di complotti
e che volevo soltanto tornare a casa, così mi portarono qui in Galles, da
Maggie.”
La storia era perfettamente plausibile e, del
resto, Sir Richard e Erik avevano spiegato chiaramente a Edward che quella
sarebbe stata davvero la scelta di suo cugino, se avesse organizzato lui la
fuga.
“Hai parlato con Warbeck… insomma, Richard,
come lo chiami tu, avete parlato durante la fuga? Ti ha spiegato cosa intendeva
fare e chi fossero gli uomini che vi avevano liberato? Stavano veramente cospirando
per metterlo sul trono?” insisté Re Henry. Ancora una volta erano quelli i
fatti essenziali, doveva comprendere se esisteva ancora un complotto per
rovesciarlo dal trono e se Edward e i Pole vi erano in qualche modo coinvolti.
Il ragazzo sembrava troppo ingenuo per aver realmente cospirato con i
sostenitori degli York, ma Lady Margaret poteva essere una di loro e, in quel
caso, anche Sir Richard ne sarebbe stato al corrente.
“Richard non ha parlato molto con me, parlava
soprattutto con i suoi amici, e poi io ero stanco e spaventato e ad un certo
punto mi sono addormentato mentre ero a cavallo con uno degli uomini che ci
avevano liberato” disse Edward, e ancora una volta quello che diceva era in
buona parte vero, perché era così che aveva fatto mentre Erik lo portava in
Galles! “Quindi non so cosa volessero fare. L’unica cosa che so è che Richard
ha detto ai suoi amici di portarmi qui, perché io non c’entravo nulla con il
trono o la corona e non volevo altro che tornare a casa e avere tanti cani,
cani mansueti, che non mordono. Ecco, ora che ci penso, i cani non li ho ancora
avuti, a dirla tutta…”
Erik aveva le lacrime agli occhi e avrebbe
desiderato moltissimo gettarsi sul suo dolce Teddy e prenderlo tra le braccia,
stringerlo forte a sé e proteggerlo: quelle risposte erano verosimili, erano in
parte vere, erano così inconfondibilmente da
Teddy che l’uomo si sentiva davvero fiero di lui, stava facendo tutto
quello che gli avevano chiesto e ancora di più. Non essendo capace di mentire, Edward
stava mettendo più dettagli possibile che riguardavano la sua vera personalità,
come il desiderio di avere un cane o più, in modo che Re Henry non si
accorgesse di quando ometteva qualcosa. Era veramente fiero di Edward per ciò
che stava facendo e si rese conto in quel momento che, nonostante tutto ciò che
gli aveva detto e ripetuto la sera prima, in fondo al cuore albergava sempre il
timore che potesse cedere, che non ce l’avrebbe fatta. E invece il ragazzo li
stava stupendo tutti comportandosi semplicemente… da se stesso!
“Beh, immagino che prima o poi Sir Richard e
Lady Margaret ti regaleranno i cani che desideri” commentò il Re, ridacchiando.
Ma davvero Elizabeth aveva fatto di tutto per uccidere quel poverino, un
ragazzo così semplice e buono che non sapeva nemmeno da che parte cominciasse
una cospirazione? “Dunque Warbeck… Richard, insomma, ti ha fatto portare qui
dai suoi uomini e poi è partito subito oppure è rimasto qualche giorno qui dai
Pole? E ti ha detto dove sarebbe andato?”
“No, non si è fermato nemmeno pochi minuti
anche se era notte e penso che anche lui fosse stanco come me. Ha detto che io
sarei stato al sicuro in campagna con la mia famiglia e che anche lui sarebbe
stato bene perché aveva tanti amici in Scozia che lo avrebbero protetto”
rispose Edward, e questo era vero, poteva ammetterlo perché Re Henry sapeva già
che Richard si era alleato con gli Scozzesi.
“Quindi lui è in Scozia, adesso?” lo mise
alla prova il sovrano.
Edward si tormentò le mani, indeciso, poi
pensò che avrebbe comunque fatto meglio ancora una volta ad essere sincero.
“Io credevo di sì, ma Maggie mi ha detto che
in realtà è andato a vivere in Borgogna con sua moglie e suo figlio e che non
vuole più avere guai, vuole vivere tranquillo come faccio io” replicò. “Ma voi
questo lo sapete già, Vostra Grazia, perché siete stato voi a dare questa
notizia a Maggie, quindi perché lo avete chiesto a me?”
Ingenuo ma impertinente come da bambino,
pensò Re Henry, lasciandosi sfuggire una mezza risata.
“Volevo metterti alla prova” ammise, “e
vedere se mi avresti detto la verità. Sei un bravo ragazzo, Edward, per cui ti
farò un’ultima domanda prima di firmare la dispensa che farà di te un uomo
libero. Sei stato sincero con me e adesso ti chiedo: cosa ne pensi del Regno
dei Tudor? Hai detto che non desideri la corona per te, ma ritieni ancora che
io sia un usurpatore e che sul trono ci dovrebbe essere un Plantagenet, un Re
della casata degli York?”
Nessuno si aspettava quella domanda. Maggie
impallidì e trasalì, guardando il marito che, però, non poté rassicurarla perché
Edward non era stato preparato per quello, lui ed Erik avevano ripetuto al
ragazzo quale doveva essere la versione dei fatti da raccontare al Re ma non
avevano pensato che il sovrano avrebbe potuto chiedergli se riteneva che lui
fosse un usurpatore! Se Maggie era terrorizzata, Erik era un fascio di nervi,
gli occhi gli saettavano per la stanza cercando un diversivo, qualcosa che
potesse dire o fare per interrompere il Re e, possibilmente, fargli dimenticare
quella domanda.
Invece, con grande stupore di tutti, prima
che chiunque potesse intervenire fu lo stesso Edward a rispondere, a testa alta
e guardando in faccia il sovrano.
“Io sono un Plantagenet e non posso rinnegare
i miei zii che sono stati Re, anche se adesso voi li ritenete traditori” disse,
serio. “Comunque so che sul trono siede comunque una Plantagenet, mia cugina
Lisa, e… e in realtà è stata lei a volermi fare del male, è lei che ha cercato
di farmi giustiziare, non voi. Quindi, se devo dire quello che penso davvero…
penso che forse i Plantagenet, ormai, non siano più i migliori sovrani
possibili. Forse avrebbe potuto esserlo Richard, ma ha scelto un’altra vita
così come ho fatto io e allora… è probabilmente giusto che sia una nuova
dinastia a regnare sull’Inghilterra. Questo, comunque, non toglie niente alla
grandezza dei Re Plantagenet del passato di cui io sono e sarò sempre fiero.”
Maggie era diventata sempre più pallida mano
a mano che Edward parlava. Anche Erik aveva stretto i pugni e la mascella,
temendo che questa volta il ragazzo fosse stato fin troppo sincero. Re Henry avrebbe potuto considerare tradimento
la devozione di Teddy alla sua famiglia? Lo avrebbe fatto di nuovo incarcerare…
o peggio? La tensione nel salotto era palpabile.
Re Henry fissò a lungo Edward, il suo sguardo
orgoglioso e sereno, il suo volto di ragazzino, riflettendo sulle sue parole.
Certo Elizabeth avrebbe voluto considerarle le parole di un traditore
pericoloso per la corona, dimenticando di essere lei stessa una Plantagenet, ma
Edward… Edward aveva solo voluto sottolineare quanto amasse la sua famiglia e
quanto fosse fiero dei suoi antenati, che comunque non comprendevano soltanto
Richard III (che per la famiglia Tudor era considerato effettivamente un usurpatore), ma anche grandi Re come
Henry I e Edward III (sì, come nomi non erano il massimo dell’originalità!).
Anche Re Henry avrebbe desiderato che, un domani, i suoi discendenti
ricordassero la dinastia Tudor con la stessa fierezza e lo stesso affetto con
cui adesso Edward parlava della sua dinastia. Alla fine di quella lunga
riflessione, il sovrano sorrise al giovane.
“Molto bene, Edward, apprezzo ancora una
volta la tua sincerità e ammiro l’amore e la lealtà verso la tua famiglia che
in passato ha dato grandi sovrani all’Inghilterra, come spero adesso di poter
fare io” disse. Poi prese il documento che aveva portato con sé e, alzatosi in
piedi, si diresse verso il tavolo per firmarlo davanti a tutti. “Questa è la
dispensa regale che ti consente, da oggi in poi, di essere libero e di poter
vivere la tua vita senza più dover temere niente. Sarai sotto la tutela di Sir
Richard Pole, che è un mio leale suddito, quindi so che non dovrò preoccuparmi.
Naturalmente non potrai più essere chiamato Conte di Warwick, dovrai rinunciare
a qualsiasi titolo per non creare aspettative nei sostenitori degli York…”
“Ah, ma per questo non c’è problema, Vostra
Grazia, a me non interessano i titoli, voglio solo essere Teddy Ols…” iniziò a
dire Edward con grande entusiasmo, al che Maggie pensò bene di intervenire.
“Sì, come vi avevo già spiegato altre volte,
Vostra Grazia, Edward non vuole più essere considerato da nessuno un potenziale
erede al trono, vuole solo essere Teddy, come lo chiamiamo noi di famiglia, e vivere in pace e serenità con noi.”
“D’ora in poi potrà farlo” sorrise Re Henry,
consegnando la dispensa a Sir Richard. “Questo documento attesta che il Re d’Inghilterra
non considera Edward Plantagenet un pericolo per la corona e ordina la caduta
immediata di qualsiasi accusa. Edward, sei libero di vivere con la tua famiglia
e… beh, lascia che ti dica che sei fortunato, perché avrai vicino delle persone
che ti amano e che si prenderanno cura di te. In fondo, almeno in questo, sei
stato molto più fortunato di me…”
Re Henry pensava infatti che sua madre lo
aveva allevato nell’odio e nell’ambizione, arrivando perfino ad uccidere pur di
farlo Re, e adesso sua moglie Elizabeth stava facendo la stessa cosa per
assicurare la corona al loro figlio maggiore Arthur. La sua non era una
famiglia serena e piena di amore come invece era quella di Edward…
Sir Richard e Maggie si profusero in ringraziamenti,
la giovane donna aveva le lacrime agli occhi; Edward porse i suoi omaggi al Re
con una dignità da discendente dei
Plantagenet che ancora una volta fece sorridere Re Henry che, alla fine dei
saluti di rito, radunò la sua scorta e montò a cavallo per far ritorno a Londra,
soddisfatto. Era convinto di aver agito nel modo migliore e che, così, non ci
sarebbero state altre rivendicazioni da parte dei sostenitori degli York, a
meno che non venisse fuori qualche altro presunto Richard… ma di quello si sarebbe occupato se e quando fosse
avvenuto. Ora poteva dedicarsi completamente al governo dell’Inghilterra e al
prossimo fidanzamento tra Arthur e Caterina d’Aragona.
Nella tenuta dei Pole si fece grande festa,
un vero e proprio banchetto per celebrare la liberazione di Edward che,
finalmente, poteva vivere con la sua famiglia alla luce del sole, senza più
doversi nascondere. Era ormai la fine di febbraio e il clima stava migliorando,
presto Edward e Erik avrebbero potuto godere della loro casetta e del giardino
e riprendere a fare le loro passeggiate nei prati e nei boschi senza più temere
brutte sorprese. Sir Richard promise a Edward che, all’inizio della primavera,
gli avrebbe finalmente regalato il cucciolo che desiderava da tanto tempo (e
che era l’unica cosa che ancora mancava alla felicità totale e completa di
Teddy!). Trascorsero insieme tutta la serata in un clima di gioia e
spensieratezza che da troppo tempo, ormai, non conoscevano più.
Maggie rivelò finalmente una notizia che lei
e il marito avevano voluto tenere segreta in tutto quel periodo, perché non
preoccupasse Edward e non influisse sulle decisioni del Re (e soprattutto sull’umore
di Elizabeth, che ormai sembrava essere diventata la nemica numero uno della
cugina!): aspettava un bambino che sarebbe nato alla fine del mese.
“E come lo chiamerai?” domandò subito Edward,
con aria inquisitoria.
“Beh, noi… pensavamo di chiamarlo Arthur,
ecco” rispose Maggie. “In fondo adesso dobbiamo molto al Re, ti ha ridonato la
libertà, ti ha restituito a noi!”
“Ah, sì, certo” commentò il ragazzo, non del
tutto convinto. “Me lo aspettavo…”
Meno male che Re Henry non aveva assistito a
quella scena, forse avrebbe potuto ripensare alla firma sulla dispensa!
Dopo la bellissima serata (a parte il piccolo
screzio riguardante il nome del prossimo figlio di Sir Richard e Maggie!), Erik
e Edward tornarono alla loro casetta e si ritirarono in camera da letto. Erik
era così felice che pensava di sognare e non riusciva ancora a credere che
fosse tutto vero, che lui e Edward sarebbero stati per sempre insieme, che
nessuno gli avrebbe più fatto del male né glielo avrebbe portato via. Lo
strinse forte a sé, nel letto, per convincersi che era tutto reale, che il suo
Teddy, la sua luce, il suo piccolo sole, era con lui e non si sarebbero
separati mai più.
“Sei stato bravissimo, Teddy” gli disse, con
dolcezza, accarezzandogli il viso e i capelli. “Sapevo che mi avresti reso
fiero, ma tu sei stato ancora più forte e coraggioso di quanto mi aspettassi.”
“È stato facile, in realtà” minimizzò il
ragazzo, abbracciando felice il suo uomo. “Ho pensato per tutto il tempo che
dovevo fare il bravo ed essere forte perché era l’unico modo per poter stare
con te per sempre. Capivo che, se il Re avesse avuto dei sospetti, non solo io
ma anche tu avresti rischiato la vita e io… io non potevo permetterlo!”
“Ora
staremo davvero insieme per sempre, Teddy” mormorò Erik, avvolgendo nelle sue
braccia protettive il suo ragazzino e baciandolo a lungo e dolcemente. Voleva
fargli sentire che lui era lì e che non lo avrebbe mai lasciato solo, gli baciò
le guance, le palpebre, i capelli, gli angoli della bocca. Sentì le labbra del
ragazzo schiudersi dolcemente come un fiore per accogliere i suoi baci e si
perse in quella tenerissima intimità. Lentamente e naturalmente i loro corpi si
allacciarono insieme con una tale spontaneità che sembravano creati proprio per
quello. Tutto fu tenero, unico e meraviglioso fino a diventare perfetto, a
scacciare ogni paura e angoscia lasciando solo la luce dell’amore che li
avvolgeva come un manto protettivo.
Erik era venuto da
lontano, ma ora aveva trovato la sua vera casa. Teddy aveva trascorso lunghi anni
in prigione che lo avevano devastato, ma ora era libero e poteva vivere una
nuova vita piena di gioia e di amore. Il destino li aveva scelti per donare
loro questo amore speciale: erano nati per stare
insieme, erano al mondo per rendersi felici, e nessuna paura e nessun dolore li
avrebbe mai più sfiorati.