OMISSIS

di parveth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di un malore attivo e di uno stupro di Stato ***
Capitolo 2: *** Dell'onore (perduto) di una diga ***
Capitolo 3: *** Tra la terra e il cielo (sempre piu' blu) ***



Capitolo 1
*** Di un malore attivo e di uno stupro di Stato ***


Era una bella giornata estiva, per fortuna non particolarmente calda ed io stavo attraversando Milano a passo sostenuto: la metro era piuttosto affollata, comprensibile visto che era da poco passata l'ora di pranzo ragion per cui molti tornavano a casa o andavano a mangiare qualcosa durante la piu' o meno breve pausa dal lavoro.

 

Quanto a me ero da quelle parti per via di mia madre: pochi giorni prima avevamo partecipato ad un matrimonio e lei avendo un vestito piuttosto scollato si era fatta prestare da una cugina uno scialle che pero' non aveva avuto occasione di restituirle cosi' ci aveva spedito me prima che partisse per le vacanze, non ci avevo messo molto nonostante la nostra parente mi avesse trattenuto per offrirmi qualcosa di fresco da bere e sulla via del ritorno mi trovai a passare da Piazza Fontana.

 

Sapevo che non avrei dovuto perche' non potevo impedire che succedesse, a meno che non guardi dritto il punto esatto in cui era successo che in quel caso era la Banca Nazionale dell'Agricoltura.

 

Ho venticinque anni e mi accade da quando ne avevo dieci almeno credo, non posso farci niente ma col passare degli anni e prendendo confidenza con questo mio strano “potere” ho imparato a non urlare sobbalzare o trasalire per non impressionare o suscitare strane domande in chi mi sta intorno.

 

 

Fu un attimo, basto' un'occhiata e BUM: i vetri vennero sparati in avanti, saltarono finestre e pezzi di facciata, tutto attorno a me vidi gente che urlava e scappava, non osavo entrare anche se avrei potuto perche' sapevo cos'avrei trovato all'interno: mezza sala principale saltata in aria ed un'enorme voragine nel pavimento.

 

Cosi' mi avvicinai alle lapidi poste in mezzo al prato entrambe dedicate all'anarchico Giuseppe Pinelli una, quella a destra recante la scritta “morto tragicamente” e quella a sinistra con dei fiori davanti e sopra la scritta “ucciso innocente”, sapevo che per un periodo vollero rimuovere quest'ultima ma gli anarchici si ribellarono a quello che loro considerarono un oltraggio alla memoria del loro amico e per fortuna la lapide rimase.

“Se solo non fossi uscito...” disse una voce in tono triste risuonandomi in testa “Commissario non dica cosi!” risposi sempre mentalmente: in genere lo facevo ad alta voce ma in pieno giorno non era il caso, mi voltai verso destra dove vidi la sagoma di un uomo sui quarant'anni con capelli neri tirati indietro dalla brillantina che osservava le due lapidi con gli occhi lucidi.

 

In quel momento si accorse che lo stavo guardando “tu...tu puoi vedermi?? E sentirmi??” “Si e' cosi, e' una mia capacita'” gli dissi cercando di mantenere un tono rassicurante, non volevo che se ne andasse “so che non e' stata colpa sua e non sono la sola”.

 

“La ragazza ha ragione Gigi: e' vero che tu sei uscito ma di certo sei l'ultimo che incolperei” disse un altro uomo poco distante con capelli castani scuri.

 

“Ma io avevo la responsabilita' degli interrogatori e sono stato io a prolungarti il fermo!” protesto Calabresi poi rivolgendosi a me disse “sai, io e lui andavamo d'accordo: non eravamo amici nel vero senso della parola, non ci siamo frequentati ma c'era del rispetto tra noi...non e' cosi' Pino?”

 

“Gigi ha ragione...comunque non sono caduto da solo questo te lo posso garantire” rispose Giuseppe scuotendo la testa, io annuii e lui aggiunse “certo non mangiavo da ore ma di certo non avrei mai potuto accasciarmi e cadere a quel modo da solo, inoltre le imposte erano chiuse”.

 

“E di certo non era Kitty Pryde che passa attraverso i muri” ribattei mentre i due mi guardavano incuriositi “ehm no niente lasciate perdere...non che la storia del malore attivo fosse piu' credibile”

 

 

“Malore attivo, come no...ehi guarda chi c'e'” disse Pinelli accennando ad un uomo che camminava a capo chino poco distante da noi.

“Oh certo, anche lui...” rispose Calabresi abbassando lo sguardo, inizialmente non capii chi fosse il terzo uomo che si aggirava li attorno “Pietro vieni qui” lo chiamo'Pino facendogli cenno di avvicinarsi, il terzo uomo aveva un'aria timida e dimessa come in effetti avevo spesso letto “io non ho fatto niente, perche' sono ancora qui?” chiese guardandoci spaventato.

 

“Credo sia perche', anche se e' innocente la sua vita e' rimasta talmente sconvolta da quello che e' successo che non puo' inconsciamente non sentirsi legato a questo luogo” intervenni io.

 

Il ballerino mi guardo' stranito “si, lei puo' vederci e sentirci” annui' Luigi “non si e' mai saputo poi chi e' stato vero?” continuo' Valpreda

 

“Per la bomba? Ci sono state delle condanne ma non si e' mai saputo il vero nome dei mandanti” risposi.

 

“Sono stati quelli di Ordine Nuovo sta' sicuro! Dopo la tua morte i miei superiori mi convocarono a Treviso e mi mostrarono un bunker pieno di armi dicendomi che avevano cominciato ad accumularle in vista di una possibile invasione comunista ma sicuramente c'era gente in alto che li manovrava*

 

“Certo, e' per questo che venne attuata la strategia della tensione o almeno questa e' la giustificazione storica: essere pronti a combattere una possibile invasione comunista ma lo sappiamo tutti che erano balle buone solo a favorire certa gentaglia” replicai stizzita.

 

“Sicuramente e' per questo che ti uccisero Gigi: dovresti avere anche tu una lapide qui o in questura” osservo' Pinelli. “che tu sappia ne ha una?” chiese rivolgendosi a me.

 

“Forse in questura...sa che suo figlio Mario e' direttore di Repubblica?” chiesi con un sorriso.

 

“Oh si l'ho sentito, sono orgoglioso di lui” mi rispose.

 

“E' stato un piacere conoscervi...ehm piu' o meno...ora devo andare” mi congedai mentre le tre sagome continuavano ad aggirarsi attorno alle lapidi e al piccolo parco.

 

“Visto che ho fatto trenta facciamo trentuno” pensai oltrepassando Cadorna senza entrare nella stazione ma proseguendo per via Nirone.

 

Dato cio' che vi era accaduto anche li' avrebbero dovuto mettere una targa ma le istituzioni erano troppo ipocrite per farlo.

 

Non ci volle molto infatti perche' mi si parassero davanti i terribili avvenimenti accaduti il 9 marzo del 1973: una donna veniva trascinata in un furgone e non osavo avvicinarmi perche' sapevo che non avrei retto ad una tale vista.

 

“Non dovresti essere qui cara” mi disse una voce femminile molto pacata “mi scusi signora Rame non volevo mancarle di rispetto” pensai voltandomi “nessuna mancanza, ma perche' sei venuta qui? So che tu vedi tutto ma non ti basta? Devi anche andarci apposta? Non puoi caricarti il dolore e il peso di quanto e' accaduto in Italia”

 

“Pochi hanno memoria di cio' che accadde davvero e non solo a lei: non e' giusto! Anche se sono giovane visto che ho questa capacita' ci tengo a sapere e a dirlo agli altri anche se non posso dire che l'ho rivista”

 

“Per me basta guardare il mio spettacolo...l'avrai visto online no?”

 

“Si… era terribile e ancor di piu' lo e' il fatto che tutto sia caduto in prescrizione… il suo fu uno stupro di Stato!” esclamai.

 

“Eh gia, ma vallo a dire a chi di dovere”

 

“Ma non ce ne sara' bisogno: lo sapranno anche meglio di me” replicai con rabbia.

 

Franca sospiro' e fece due passi verso il palazzo alla sua destra “quando finalmente mi decisi a denunciare mi chiesero persino se avevo raggiunto un orgasmo e se si quante volte...oh non fare cosi cara, mi sembra che ora non sia molto diverso” aggiunse quando vide che faticavo a reprimere un ringhio “puoi immaginare la mia reazione quando venni a sapere di quelle povere ragazze al Circeo...grazie al cielo quell'avvenimento suscito' abbastanza indignazione da portare successivamente alla legge sullo stupro”.

 

“Si, diciannove anni dopo pero'!”

 

“La mentalita' non si cambia da un giorno all'altro ma ora mi sembrate tutte piu' consapevoli...il guaio e' che ogni giorno vengono violentate almeno dieci donne ma probabilmente sono molte di piu'”.

 

“E' cosi purtroppo” annuii tristemente.

 

“Non sono mai riuscita a perdonare ma ho delle piccole rivincite personali: proprio l'altro giorno ho sentito una ragazzina confidare ad un'amica di aver subìto violenza, avevano gli zaini quindi presumo frequentassero la scuola superiore, naturalmente questa ragazza era molto spaventata ma la sua amica con molta decisione le ha detto “devi denunciare, se vuoi ti accompagno” l'altra era titubante ma la sua amica ha continuato dicendo “senti, non e' colpa tua: vuoi che lo faccia ad un'altra? La giustizia in Italia fa schifo e' vero ma almeno provaci” “No no, ad un'altra no! Credo che i carabinieri non siano lontani da qui andiamoci subito!” ha risposto la ragazzina stuprata con forza, sono soddisfazioni...”

 

“Spero che quelli che all'epoca esultarono siano morti! Possibilmente sotto una schiacciasassi...sa che fu Angelo Izzo a suggerire per primo che il suo stupro venne suggerito proprio dai carabinieri?”

 

“Si ma come ben saprai non gli credettero: mai venne fatta giustizia”

 

“Capisco che Izzo non sia accreditato come miglior testimone specialmente in un caso del genere ma...”

 

“Eh gia...non avrei mai voluto tornare qui dopo...beh dopo che vi ho lasciato: mi mancano molto il mio Dario e il mio Jacopo”

 

“Anche lei ci manca: loro stanno bene, non so suo marito ma suo figlio ogni tanto lo leggo sul fatto quotidiano online”.

 

“Si e' sempre stato bravo a scrivere...” disse iniziando a svanire.

 

A quel punto mi avviai verso Cadorna, come sempre non sapevo mai se essere contenta o no dopo quelle esperienze: certo erano istruttive ma molto disturbanti a livello emotivo anche se in media erano cose accadute almeno quarant'anni prima, purtroppo mai erano avvenimenti allegri o consolatori sempre tragedie con parecchie vittime e spesso mi ero chiesta da ragazzina perche' fosse toccato proprio a me ma d'altronde chi al posto mio non se lo sarebbe chiesto?

 

Col passare del tempo ho capito che la maggior parte di quello che vedevo io non solo non era a conoscenza dei miei coetanei ma persino di gente col doppio dei miei anni, le poche volte che avevo provato ad intavolare il discorso in ambito puramente teorico s'intende avevo ottenuto scuotimenti di testa, occhi di fuori o al massimo “ah che brava cosi' giovane e lo sai”?

 

Solo allora compresi che la mia era tutt'altro che una maledizione come avevo pensato all'inizio ma un modo di far del bene: conoscere meglio gli avvenimenti meno conosciuto e avere gli strumenti per trasmetterli ad altri.

 

Finche' ci saro' io non permettero' che vengano dimenticati.

 

 

 

Allora, rieccomi: ultimamente ho visto un po' di film “da tagliarsi le vene” come dice mia madre XD percio' ho deciso di scrivere a riguardo, la storia si articolera' in piu' capitoli tutti riguardanti fatti veri.

 

Come avrete capito qui parlo della Strage di Piazza Fontana: per approfondire andate qui https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_piazza_Fontana

 

Se abitate a Milano vi consiglio di passarci per vedere le lapidi che cito nella storia.

 

Ecco lo spettacolo dove Franca Rame recita lo stupro che subi' veramente: https://www.youtube.com/watch?v=zzh7FmmNDAM

 

e' molto duro ma vi consiglio lo stesso di guardarlo.

 

Angelo Izzo fu uno degli autori del massacro del Circeo e davvero asseri' quanto dico nella storia cosi come davvero non venne ascoltato.

 

Qui per il massacro del Circeo: https://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_del_Circeo

Per approfondire su Piazza Fontana vi suggerisco il film: romanzo di una strage

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Dell'onore (perduto) di una diga ***


Quando finalmente scendemmo dal treno io e Nicole eravamo esauste “non so te ma io sono distrutta: mai fatte cosi' tante ore di treno praticamente di seguito” commento' trascinandosi dietro la valigia “nemmeno io” risposi respirando a pieni polmoni l'aria fresca di montagna quando da lontano vidi Bianca venirci incontro.

 

Non era la prima volta che c'incontravamo tutte e tre, ci eravamo trovate in precedenza a Milano dopo esserci conosciute su facebook ma era la prima che dormivamo l'una a casa dell'altra: il giorno prima Nicole era venuta da me a dormire poi al mattino avevamo preso il treno per Longarone.

 

E naturalmente sapevano del mio “dono” se vogliamo chiamarlo cosi.

 

Com'e' ovvio non mi avevano creduto all'inizio poi Nicole prima tramite whatsapp poi di persona durante quel viaggio mi aveva confessato che durante la gita scolastica al museo della memoria di Ustica aveva visto gli spettri delle povere vittime e, terrorizzata mi aveva chiesto se secondo me anche lei aveva “il dono”.

 

“Non credo di riuscire a sopportarlo...quella povera gente...81 vittime, bambini...e' stato terribile!”

 

“Lo so, ora capisci come mi sento ogni volta...ma non credo che tu ce l'abbia: a volte penso che possa accadere una tantum se ci si sente particolarmente vicini alle vittime della tragedia in questione ma non era un'illusione te l'assicuro.”

 

Raggiungemmo la casa di Bianca che studiava altrove ma tornava li' per le vacanze e lasciammo le valige e poi c'incamminammo.

 

Verso la diga del Vajont.

 

 

Durante il tragitto un'anziana signora saluto' Bianca che la ricambio' cordialmente “e' una tua vicina?” chiesi.

 

“No, si chiama Gigliola e l'ho conosciuta alle commemorazioni...lei c'era” aggiunse in tono cupo.

 

Continuando a chiaccherare arrivammo ed il custode ci avviso' che avrebbero chiuso di li' ad un'ora, le guide non c'erano piu' ma a noi non servivano.

 

Una volta arrivate in cima mi basto' contare fino a tre per vedere il tutto, ormai ero talmente abituata che quasi non cambiavo espressione anche se le ragazze se ne accorsero eccome.

 

“Lo...lo stai vedendo ora?” mi chiese Bianca timidamente.

 

Non fece in tempo a finire la frase che sentii uno dei botti piu' tremendi della mia vita: neanche quello della bomba in piazza Fontana era cosi' forte, contemporaneamente vidi al rallentatore letteralmente la montagna che si spaccava e cadeva nel lago facendo sollevare un'onda piu' potente della bomba d'Hiroshima come dissero ai tempi.

 

Il resto come si dice, e' storia.

 

“Avrei dovuto far evacuare la zona...” disse una voce accanto a me.

 

“Lei da solo non poteva fare niente, non le avrebbero dato retta dottor Semenza, non l'hanno mai fatto” risposi ad alta voce, tanto oltre a me ed alle ragazze non c'era nessuno.

 

Nessuno in carne ed ossa perlomeno.

 

“E' qui?” mi chiese Nicole.

“Oh si, e dice che avrebbe dovuto far evacuare la zona ma era da tre anni che si verificavano piccoli incidenti che naturalmente venivano subito messi a tacere: doveva arrivare la perizia geologica ma ci voleva del tempo e avrebbero dovuto fermare i lavori perdendoci dei soldi e quindi...” risposi.

 

“...e quindi sono finita in tribunale per calunnia” completo' una donna appena arrivata.

 

“Ma e' stata assolta signora Merlin: lei era una brava giornalista e faceva il suo lavoro, perlomeno ci avete provato entrambi, la SABE faceva i suoi interessi ma come al solito nessuno o quasi ha pagato” dissi mentre Bianca e Nicole ci osservavano perplesse ma non incredule: avevano capito che non fingevo.

 

“Lo dicevano tutti che avremmo fatto la fine dei topi” commento' sconsolata una donna piuttosto avanti negli anni che non riconobbi: doveva essere una vittima.

 

“E pensare che molti pensano sia venuta giu' la diga e quando arriva si stupisce di vederla ancora qui: ancora adesso la studiano dall'estero pensate un po'” dissi mentre Semenza sorrideva lievemente.

 

“No no, sarebbe stato anche peggio! E' il Toc ad esser venuto giu! E neanche c'e' stata subito l'acqua: prima il botto poi un enorme “risucchio” volavano motorini per strada...l'intero paese distrutto...tutti morti...e la mia povera Gigliola chissa' che fine avra' fatto” rispose la donna tenendo gli occhi bassi.

 

A quel nome mi suono' un campanello d'allarme.

 

“Bianca...non si chiamava Gigliola la signora che ti ha salutato per strada?” chiesi alla mia amica.

 

“Certo...perche'?”

 

“Beh pare che qui ci sia sua madre” risposi: effettivamente le due donne si somigliavano molto avevano gli stessi lineamenti e gli stessi occhi.

 

“La mia bambina e' viva? Come ha fatto a cavarsela?”

 

“Bianca diglielo tu, ehm...sente la mia amica?” la donna annui'.

 

“Si signora, sua figlia e' viva ha ormai settanta e passa anni: e' soppravvissuta salendo sul tetto poi e' vissuta da sua zia e si e' sposata”

 

“Ha figli?” chiese speranzosa.

 

Bianca ci penso' un attimo “oh si due:un maschio ed una femmina, una volta li ho visti passeggiare per Longarone tutti insieme anche col marito che pero' purtroppo e' morto da qualche anno”.

 

“E' comunque vissuta piu' a lungo di me” disse svanendo.

 

“Beh ragazze credo sia ora di andare” disse Nicole guardando l'orologio.

 

“Si...arrivederci a tutti signori e' stato un onore conoscervi”

 

“Addirittura...” rispose Semenza arrossendo.

 

“Non devi fare cosi Edoardo...si, ti do' del tu, ormai siamo qui da cinquantatre anni...certo noi non abbiamo fatto piu' del nostro dovere ma siamo diventati famosi anche se c'e' di mezzo la morte di 1912 persone...se ci ricordano ancora dev'esserci un motivo” commento' Clementina.

 

“E di ben tre paesi...c'era gente che non ci poteva credere e la capisco...a volte non ci credo nemmeno io” puntualizzai mentre ci accingevamo a scendere.

 

“D'altronde Toc significa Marcio...gia' gli antichi romani lo chiamavano cosi” disse Bianca.

 

“E pure Pasolini ci aveva provato ad avvertirli...chiamalo scemo!”

 

 

Dunque, se avete letto l'altra mia storia sul Vajont sapete che mi colpi' molto e gia' conoscete la mia Bianca...Nicole e' quella della mia storia su Ustica.

 

Clementina Merlin detta Tina era la giornalista dell'Unita' che per prima denuncio' gli abusi della Sabe la ditta che prima sola poi in accordo con l'Enel volle costruire la famosa diga che a detta loro avrebbe prodotto un mare di energia grazie al lago artificiale.

 

Peccato che quel monte fosse a base argillosa e quindi ciao le balle (e Longarone ed Erto e Casso).

 

Edoardo Semenza era il geologo che provo' ad avvertire gli altri ingegneri del pericolo ma in ben tre anni ovviamente “Non si puo' essere sicuri, potrebbe capitare domani come tra cent'anni”.

 

Figuratevi che l'ONU in visita nel 2008 lo defini' “il piu' grande disastro ambientale causato dall'uomo del mondo”

 

Oggi Tina Merlin che era inoltre stata staffetta partigiana avrebbe compiuto novant'anni.

 

Per approfondimenti su yt trovate valanghe di documentari e poi anche la visione del film “Vajont: la diga del disonore” di Renzo Martinelli.

 

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Capitolo 3
*** Tra la terra e il cielo (sempre piu' blu) ***


Non andavo a Roma da quando 

ero piccola ma mentre quella 

volta era una gita di piacere con i 

miei genitori questa era 

una specie di pellegrinaggio.

 

Come sempre del resto.

 

Cercavo di fare i miei viaggi nel weekend in modo tale che non intralciassero la mia vita e da

 non destare sospetti a riguardo, poco prima di recarmi sulla 

Nomentana avevo acquistato un 

mazzo di fiori che appena 

arrivata posai ai piedi dell’albero 

che gli era stato dedicato.

 

“Per me? Grazie, vengono tante 

persone a portarmeli” disse una 

voce bassa e soave alle mie spalle

 

“Certo Maestro, spero le 

piacciano” dissi avvicinandomi.

 

Il giovane uomo, poco piu’ 

grande di me alzo’ gli occhi che 

fino ad allora aveva tenuto posati 

sulla chitarra e poso’ su di me 

uno sguardo stupito “Tu… puoi 

sentirmi?”

 

“E vederla si” dissi sedendomi accanto a lui.

 

L’uomo strimpello’ due note

 “vengono tante persone… anche 

loro portano fiori, qualche volta 

pregano…”

 

“E’ contento?”

 

“Beh si...anche se non mi 

sembrava di fare niente di 

speciale, in fondo mettevo solo 

in musica i miei pensieri”

 

“Non dica cosi’ e’ stato fonte 

d’ispirazione per molti musicisti 

nel corso degli anni”

 

“Per favore, niente lei e niente 

Maestro: io sono sempre stato 

solo Rino”

 

“Non c’e’ problema”

 

“E’ successo proprio la’” disse 

indicandomi un punto lontano 

del guard rail.

 

“Davvero? Dev’essere stato 

tremendo”

 

“Sono arrivato vivo in ospedale 

ma non mi hanno ricoverato…”

 

“Come nella ballata di Renzo, 

non e’ vero?” chiesi guardandolo.

 

“Puo’ darsi” mi rispose 

strimpellando la chitarra con aria 

malinconica. “Sai, dicevano che 

la gente non capiva i miei testi”

 

“O forse qualcuno li capiva fin 

troppo bene” aggiunsi in tono 

serio.

 

Rino mi guardo’ smettendo di 

suonare “dici?”

 

“Esiste questa teoria secondo la 

quale tu fosti vittima dei servizi 

segreti deviati perche’ nelle tue 

canzoni dicevi cose che poi 

sarebbero risultate vere e che 

dovevano rimanere segrete, lo 

disse lo scrittore Bruno Mautone 

in un suo libro” spiegai.

 

“Tu non c’eri vero?”

 

“No, sono passati 40 anni, io 

sono nata dopo.”

 

“40 anni...e la gente ancora 

ascolta le mie canzoni?”

 

“Ma certo! E vede i video su 

internet, le porta tanti fiori come 

puo’ vedere”.

“Tu come ti chiami?”

 

Arrossii “Mi scusi non gliel’ho 

detto, io sono Alessia”

 

“Bene Alessia, ora devo andare 

e’  stato un piacere parlare con 

te” 

 disse alzandosi e mettendosi la 

chitarra in spalla.

 

Mi alzai anche io e feci per 

congedarmi mentre lui si 

avviava.

 

“Ah Alessia” disse fermandosi”

 

“Si?”

 

“E Berta filava...non parlava di 

una che lavorava in un’industria 

tessile.”

 

“Lo so”.

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