OLTRE LA NEBBIA

di Feisty Pants
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LA NEBBIA ***
Capitolo 2: *** INATTESO ***
Capitolo 3: *** ADDIO ***
Capitolo 4: *** NON PIU BAMBINO ***
Capitolo 5: *** PROTOCOLLO ***
Capitolo 6: *** PLUMBEO ***
Capitolo 7: *** FRAMMENTI DI RICORDI ***
Capitolo 8: *** DOLORI INFINITI ***
Capitolo 9: *** DA OGGI IL DESTINO APPARTIENE A ME ***
Capitolo 10: *** DENTRO LA NEBBIA ***
Capitolo 11: *** UN NUOVO MONDO ***
Capitolo 12: *** UN AIUTO ***
Capitolo 13: *** VICINANZA ***
Capitolo 14: *** VERITA ***
Capitolo 15: *** BRANDELLI DI RICORDI ***



Capitolo 1
*** LA NEBBIA ***


CAPITOLO I
 

L’autunno ad Arendelle rendeva l’atmosfera estremamente magica. Le foglie colorate ondeggiavano al vento, staccandosi poi per adagiarsi lentamente a terra e la nebbia che avvolgeva i monti di sera, creava quel velo di mistero che tutti accoglievano di buon gusto.

Arendelle era il paese della nebbia: il regno più potente e pacifico, ma ricco di miti e leggende riguardanti segreti magici e tenebrosi dei quali solo i più temerari riuscivano a raccontare. La magia celata dietro tutte quelle fiabe colpiva in particolar modo i bambini del regno che, seduti in cerchio attorno a un cantastorie, ascoltavano la storia del vento Zefiro, dello spirito dell’acqua Nokk, degli enormi giganti di terra e di una salamandra infuocata. Gli spiriti della natura aleggiavano nelle menti dei giovani provocando in loro stupore e timore, seppur mascherati da una grande razionalità che li portava a tornare con i piedi per terra consapevoli che, in realtà, la magia ad Arendelle non era mai esistita…e che non esisteva nemmeno in nessun’altra parte del mondo.

Il castello di Arendelle sorgeva alto e impetuoso, governando e controllando l’intero regno con sicurezza e onestà. Al suo interno, in una delle numerose stanze precedute da lunghi ed interminabili corridoi, riposava una giovane donna. La donna aveva il volto stanco adagiato sul cuscino di lino color porpora, le guance rosee punteggiate di lentiggini, la bocca dalle labbra sottili semi aperte e i capelli fulvi riversati disordinatamente sulla fronte. Quella giovane dama, di appena 23 anni, era la regina di Arendelle: sua maestà Anna.

“Madre, madre!” esclama una voce appartenente a una bambina di circa 5 anni, entrata nella stanza senza il minimo preavviso ed intenta ad arrampicarsi sull’immenso letto matrimoniale.

“Buongiorno anche a te Leila!” borbotta Anna abbozzando un sorriso, strofinandosi gli occhi e stiracchiandosi goffamente, per poi accogliere tra le braccia quella furia scatenata. La bambina, goccia d’acqua della madre, dai lunghi capelli rossi legati in trecce e gli occhi vispi e celesti, era una vera e propria forza della natura, capace di conquistare tutti con la propria simpatia.

“Quante volte ti ho detto, però, di non chiamarmi madre?” bofonchia Anna digrignando i denti per gioco, per poi fare un leggero solletico al collo della piccola che, divertita, cerca di nascondersi ancora di più tra le sue braccia.

“Einar dice che bisogna essere sempre educati, dice…ma io non so cosa vuole dire!” risponde la piccola di cinque anni, non ancora iniziata all’istruzione scolastica privata.

È in quel momento che qualcuno bussa alla porta e, dopo un inchino composto, entra nella stanza con fare regale. Un uomo alto e di bell’aspetto, dai capelli rossicci laccati e gli occhi verdi, si avvicina al letto posto nel centro della stanza, seguito da un bambino di circa sette anni.

“Piccola Leila, tuo fratello parla così perché si deve preparare a ricevere la giusta istruzione per diventare re!” commenta il sovrano di nome Hans, posando una mano sulla spalla del giovane che si mostra impettito e fiero di fronte ai familiari.

“Ora, se volete scusarmi, sono venuto a dare il buongiorno a vostra madre che oggi dovrà fare il settimanale giro di controllo nel regno, mentre io ho un’udienza con vostro zio Vincent” comunica l’uomo avvicinandosi ad Anna che si era alzata dal letto.

“Non fare troppo tardi, mi piacerebbe poter cenare insieme stasera” gli comunica lei a bassa voce appoggiando la fronte alla sua.

“Assolutamente amore mio, farò del mio meglio come ogni giorno. Buona giornata!” risponde lui affettuosamente, posandole un dolce bacio sulle labbra e sulla fronte per poi salutare i figli e dirigersi fuori.

“Madre, io ora vado a leggere!” afferma Einar facendo per uscire dalla stanza.

“Aspetta!” lo ferma la donna afferrandogli la mano e tirandolo a sé.

“Lo so che diventerai re e che non vedi l’ora, ma chiamami mamma d’accordo?” ribadisce lei, sollevandogli il mento con la mano per poterlo guardare negli occhi. Einar era un bambino molto calmo e pacato, esigente, educato e innamorato della lettura e dello studio. Il bambino aveva ereditato i medesimi occhi della madre, le stesse giocose sopracciglia, il colore dei capelli di entrambi i genitori ma con la differenza che, fin dalla nascita, aveva una piccola ciocca bionda che amava particolarmente in quanto bizzarra particolarità.

“Va bene… mamma…” si scioglie lui sorridendole per poi abbracciarla forte a sé, stringendole la vita. Anna accoglie l’abbraccio con piacere, invitando anche la sorellina gelosa a prenderne parte.

“Questo non toglie, però, che diventerò un bravissimo re! Forse anche meglio di papà!” urla lui giocoso, per poi saltare felice e correre fuori dalla stanza nuziale.

Anna respira profondamente, osservando quella vita che amava e i propri figli. La regina, unica e diretta, era orgogliosa di ciò che aveva costruito, sicura che anche i propri defunti genitori sarebbero stati fieri della loro figlia unigenita.
 


In un luogo lontano, oltre quel muro di nebbia del quale si raccontava nei miti, si celava un’altra vita. Un popolo misterioso viveva in piena armonia con la natura, riuscendo ad usufruire di tutti i suoi doni. Il vento ravvivava i folti capelli neri degli abitanti, la terra offriva frutti ottimi e verdure gustose, l’acqua permetteva fertilità e vita, il fuoco scacciava il buio infestante che li avvolgeva ogni sera. I Northuldri sapevano dell’esistenza di un altro mondo, più mondano e tecnologico che viveva dall’altra parte della nebbia, ma non volevano averne niente a che fare motivo per cui, anche per loro, non si parlava mai dell’argomento. Ogni sera la popolazione si sedeva attorno al fuoco, sgranocchiando pannocchie o frutta secca, ascoltando i racconti magici dell’anziana del villaggio Yelena. La magia per loro era all’ordine del giorno e permetteva di rinvigorire e dare sapore ad ogni momento della giornata.

“Tieni, bevi un po’ di questo nuovo infuso” afferma una giovane dai capelli neri, porgendo una tazza di legno a un’altra esile ragazza.

“Stasera direi che c’è una piacevole atmosfera. Mi piacerebbe ascoltare un po’ di musica” afferma la misteriosa fanciulla, sorridendo all’amica.

“Hey Kristoff, ci canti qualcosa?” chiede di nuovo la ragazza mora, di nome Honeymaren, riferendosi a un giovane muscoloso dai capelli biondi e gli occhi castani.

“D’accordo… Ryder, le signorine desiderano qualche canzone” risponde senza esitare il ragazzo, chiamando a sé il migliore amico con cui ogni giorno accudiva le innumerevoli renne della foresta.

“Se facciamo la canzone dei fiume, però, abbiamo bisogno di atmosfera…Elsa, ci pensi tu?” chiede Ryder, posizionandosi di fronte al fuoco imbracciando un mandolino.

È allora che la misteriosa fanciulla dai setosi capelli biondi, muovendo delicatamente la mano, trasforma le gocce d’acqua degli alberi in cristalli di ghiaccio.

Gli abitanti guardano esterrefatti il meraviglioso spettacolo, rivolgendo poi un dolce sguardo a Elsa, per nulla spaventati dal suo dono magico, ma al contrario innamorati.

Elsa, infatti, era l’unica in grado di entrare in profonda simbiosi con la natura e questo la rendeva, a tutti gli effetti, la vera guardiana della foresta.
 

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Capitolo 2
*** INATTESO ***


CAPITOLO 2
 
Sette anni prima…

Arendelle era solita organizzare diversi balli nel corso dell’anno ma, uno in particolare, rappresentava quello più importante. Ogni primavera, infatti, il castello apriva le porte a diversi reali e nobili provenienti da regni lontani e vicini con l’intento di stringere importanti rapporti di lavoro.

“Hai sentito che verrà anche il Duca di Hemeral?” commenta una ragazza dal lungo vestito color rosa e i capelli castani, parlando all’orecchio di un’amica.

“Anna! Questa sarà una serata indimenticabile per te!” aggiunge un’altra giovane dai capelli biondi sedendosi accanto alla principessa del regno, scrutando con gli occhi gli innumerevoli nobili che scendevano dalle barche nel porto posizionato vicino alla piazza.

“Mi sta venendo ansia, anche mia madre continua a ripetermi che sarà stupendo!” aggiunge la sedicenne dal volto ricoperto di lentiggini e i capelli rossi annodati con un fiocco rosso.

“Sì, stasera magari tutte noi incontreremo il principe dei nostri sogni!” aggiunge ancora sognante la duchessa dai capelli scuri.

“Eccolo…è lui!” sussurra allora la bionda, facendo segno alle amiche di osservare un giovane appena sceso dalla nave. Il ragazzo era alto, dai capelli di un rosso spento e due magnifici occhi color smeraldo. Aveva un fisico regale e muscoloso e dava l’idea di essere molto educato e diligente.

“Chi è?” domanda allora Anna incuriosita da quello sconosciuto che, a prima avviso, le cattura subito l’attenzione.

“Come chi è? Sei la futura regina di questo regno e non sai chi è lui?! Stiamo parlando del principe Hans delle isole del Sud!” spiega la giovane dai capelli castani, muovendo il ventaglio per farsi aria.

“Lui è l’uomo più conteso da tutti! Pare che abbia tantissimi fratelli, ma è di gran lunga il più bello. Non deve essere facile conquistarlo…pensa che finora ha rifiutato tutte le dame e le principesse dei vari reami!” ribatte la bionda con gli occhi a cuoricino, invaghita di quel giovane così affascinante.

“Chissà se stasera guarderà qualcuna di noi, nel caso, spero scelga me!” conclude poi la mora con fare altezzoso, per poi salutare le amiche e darsi appuntamento per quella sera stessa.

Il pomeriggio trascorre velocemente e Anna viene sistemata e preparata da diverse dame di corte che la rivestono di preziosi abiti, le truccano il volto e le acconciano i capelli.

“Quanto è stretto questo corsetto!” commenta tra sé e sé la giovane, cercando di allargarsi i lacci che le stringevano la vita.

“Dovrai farci l’abitudine sempre di più tesoro mio” afferma una voce giunta alle sue spalle.

“Mamma… perché stasera deve essere così speciale per me? Tutte le mie amiche pensano solo a trovare un uomo con cui sposarsi e portare avanti i propri regni!” dice Anna guardandosi allo specchio, per poi sentire il dolce tocco della mano della madre posarsi delicatamente sulla sua spalla.

“Anna, è vero… il futuro del regno è qualcosa di importante da tenere sempre presente, ma io voglio che tu sia felice. Stasera saranno tanti i pretendenti che verranno a chiedere la tua mano, ma tu devi aprire il tuo cuore e scegliere una persona che ti ispira fiducia e amore. Per conto mio potresti sposare anche un semplice servo o un comune abitante del regno, l’essenziale è che ti ami per tutta la vita” spiega la bellissima donna dai capelli castani e gli splendenti occhi celesti, eretta alle spalle della figlia.

“Grazie, mamma. Lo terrò presente” risponde orgogliosa Anna, abbozzando un sorriso per poi girarsi verso la madre e guardarla con gratitudine.

La sera…

“Vostra Maestà, io sono il duca di Esterazy, vorrebbe…”

“Principessa Anna! Quale onore incontrarla! Io sono il principe di Warmington!”

“Vostra Altezza, mi concede questo ballo?”

“Vostra maestà!”

“Vostra maestà!”

“Vostra maestà!”

Anna sperava che quella sarebbe stata la serata più indimenticabile della sua vita e, invece, la continua insistenza di tutti i principi dei reami vicini non fa altro che innervosirla e turbarla. La giovane non aveva nemmeno avuto il tempo per parlare con le amiche, per dissetarsi con del buon vino e per mangiare il suo amato cioccolato del quale, in realtà, sapeva di non dovere abusare.
La principessa non faceva a tempo nemmeno a girarsi con il suo largo vestito di seta che, davanti a lei, comparivano schiere e schiere di principi.

“Hey, vieni…” sussurra una voce misteriosa per poi afferrarla per la mano e trascinarla fuori dal castello in un momento di completa distrazione degli ospiti.

“Aspetta, che cosa fai? Chi sei?” domanda Anna preoccupata, cercando di dimenarsi dallo sconosciuto ma senza nemmeno troppo timore, in quanto grata a chiunque la stesse portando via da quella sala da ballo infernale.

“Ecco, qui dovremmo essere in salvo…” commenta allora il giovane, giunto ormai in uno dei giardini del palazzo. È quando il ragazzo solleva il viso, mostrandosi affaticato e con il fiatone che Anna lo riconosce.

“Tu, sei Hans giusto?” chiede Anna esterrefatta, di fronte alla bellezza dello sconosciuto.

“Sì, a quanto pare la mia fama mi precede vedo…” commenta lui grattandosi nervosamente la nuca e guardandosi intorno.

“Non deve essere facile nemmeno per te questa sera allora” aggiunge Anna dispiaciuta, sedendosi su una panchina di pietra.

“Diciamo che ti ho portata via perché ho visto che siamo simili e che stavamo vivendo la medesima situazione. Sono stufo di essere guardato solo per la mia bellezza e per il mio cognome nobiliare. Tutte le dame cercano sempre di attirare la mia attenzione, ma per una volta vorrei che qualcuno mi guardasse come Hans…solo Hans” si sfoga allora il giovane, sedendosi accanto alla coetanea.

“Ti capisco. Io sento su di me il peso del regno. Tutti cercano di ricordarmi che diventerò regina, che avrò delle responsabilità, che devo trovare marito…quando spesso vorrei solo poter vivere con libertà. Oppure vorrei tanto un fratello con cui condividere questo fardello” si apre allora anche Anna, felice di potersi confidare con il ragazzo più ambito.

“Io ne ho 13 e fidati che preferirei essere figlio unico. Spesso mio fratello Vincent, mio tutore, cerca di governare la mia vita, continuando a ricordarmi che ormai devo sposarmi e iniziare a governare quando io, proprio come te, vorrei vivermi la vita” aggiunge allora il ragazzo, rivolgendo lo sguardo ad Anna e rimanendo colpito dai suoi meravigliosi occhi azzurri.

“Ascolta…che ne dici di fare una follia?” domanda allora Hans, al quale era balenata un’idea in mente.

“Amo le follie!” aggiunge Anna divertita, convinta di potersi fidare completamente di quell’uomo così simile a lei.

“Sai, non mi ero mai sentito così bene con una persona! Vieni con me… andiamo in quel giardino, non ci troverà nessuno e potremo stare insieme!” propone allora Hans scattando in piedi e prendendo la mano della giovane per poi dirigerla verso il giardino segreto.

Il giardino aveva diverse siepi che rendevano impossibile la visione esterna, l’erba era appena stata tagliata e una piccola fontana dall’acqua cristallina, rallegrava con il suo gorgheggio l’atmosfera.

“Potremmo stare qui…” annuncia allora lui, sdraiandosi sul prato morbido ed invitando la principessa ad osservare le stelle con lui. Anna non se lo fa ripetere due volte e, per la prima volta nella sua vita, si sente amata e libera. La vicinanza con quel ragazzo le procurava delle sensazioni mai provate prima e, forse, era proprio quello l’amore di cui parlava sua madre.

“Ti ringrazio, Anna…” dice lui con gentilezza, girando il volto verso di lei, ormai a pochi centimetri dalle sue labbra.

“Per che cosa?” domanda allora l’altra ingenuamente.

“Per non essermi saltata addosso come tutte le altre e per avermi guardato per quello che sono. Lo apprezzo molto” sorride lui con gentilezza, per poi sporgersi in avanti ed appoggiare le labbra a quelle di lei.

Quello era il primo bacio di Anna che, con il cuore in gola, sente il proprio corpo vibrare di mille incredibili emozioni. A poco a poco anche lei riesce a sciogliersi a quel dolce momento, ammorbidendo le labbra, cercando di incastrarle meglio a quelle di lui ed assaggiando anche la sua morbida lingua.

“Anna, io…” sussurra lui emozionato, staccandosi leggermente da lei e parlandole a fil di labbra.

“Vorrei fare l’amore con te” dichiara allora lui sicuro di sé, posizionandosi sopra ad Anna ed accarezzandole con dolcezza i capelli.

Anna rimane scioccata da quella richiesta. Lei non aveva mai sentito parlare di quell’argomento che, in realtà, era un vero e proprio tabù a palazzo. L’unica cosa che sapeva era che il protocollo affermava di non poter avere rapporti sessuali prima delle nozze, soprattutto se si trattava della regina. Eppure quel giovane, così bello e romantico, l’aveva conquistata in pochissimo tempo ed essendo due giovani inesperti in balia di nuovi ormoni ed emozioni, non fu difficile accettare.

“Io, non so come si fa… ma le regole dicono che bisognerebbe aspettare il matrimonio” riesce a rispondere Anna iniziando a tremare per le innumerevoli sensazioni e anche per il timore di poter essere scoperta nel compiere quel gesto peccaminoso.

“Lo so, nemmeno io potrei, ma sento di aver finalmente trovato la mia persona. Voglio te, Anna di Arendelle! Non mi interessa il regno, mi interessi solo tu e la felicità che mi hai donato questa sera! Lo so che non potremmo, ma credo che sia qualcosa di meraviglioso perché…perché…ti amo” si apre il giovane di 16 anni, completamente innamorato della fanciulla più bella di tutti i regni.

Di fronte a una tale dichiarazione risulta impossibile replicare e Anna, in un completo brodo di giuggiole, non riesce a fare altro che chiudere gli occhi e affidarsi alle cure del ragazzo dei suoi sogni. Hans riprende a baciarla con dolcezza per poi spogliarla dai pesanti vestiti che celavano quel corpo magro e perfetto che non aveva mai visto. Grazie al buio della notte, Anna non si sente troppo imbarazzata di fronte allo sconosciuto e lascia che lui continui a toglierle i vestiti con scioltezza. Una volta nuda, la ragazza sente l’aria pungente colpirle il corpo ma è allora che avverte il petto bollente di Hans adagiarsi perfettamente al suo, riscaldandole ogni lembo di carne. Hans prosegue nella sua scoperta cingendole il piccolo seno con la mano ed avvicinando la lingua ai suoi capezzoli, pronto a scoprire delle parti di lei che nessuno aveva potuto mai vedere. L’azione provoca in Anna innumerevoli sensazioni mai provate prima e sente, una delle prime volte in vita sua, dei brividi piacevoli partire dalla parte più nascosta del suo corpo. Non sapeva che cosa stesse facendo, ma Hans la stava facendo impazzire e avrebbe voluto tanto che lui continuasse. Hans osserva la ragazza inebriata da quella nuova avventura e vede, nelle sue guance rosse e dai respiri profondi, l’indicazione per poter continuare. Anna era tremendamente bella, il suo sogno d’amore più grande e il suo corpo lo faceva letteralmente impazzire motivo per cui, in poco tempo, anche lui abbandona tutti i propri indumenti sull’erba circostante, permettendo al proprio sesso di entrare in contatto con lei.

“Anna, dove sei stata tutto questo tempo?” sussurra lui accaldato, sollevandosi da lei per poi prepararsi all’atto.

Senza aggiungere altro, il giovane si introduce in lei con forza e delicatezza, consapevole di aver fatta sua la prima volta di una futura regina. Anna avverte l’uomo dentro di sé e delle tremende fitte cominciano a farsi largo.

“Mi fa male…” riesce a biascicare lei, con le lacrime agli occhi sentendo ad ogni spinta, un ago punzecchiarla.

“Lo so, mi dispiace…purtroppo all’inizio è normale” cerca di rassicurarla lui accarezzandole i capelli, per poi velocizzare i movimenti in modo da aiutarla ad abituarsi alla nuova situazione.

Il dolore si fa sempre più acuto ma, nonostante questo, Anna riesce a sovrastarlo con la propria immaginazione, continuando a sognare ad occhi aperti visto che aveva di fronte l’uomo della sua vita. L’ingenuità, con cui Anna si era donata completamente a Hans, non le aveva fatto considerare che, un rapporto di quel tipo avrebbe potuto portare a profonde conseguenze. Anche Hans, esausto dopo quel momento, si era lasciato prendere dall’emozione dimenticandosi di fermarsi in tempo. I due rimangono accoccolati sull’erba, abbracciati, sudati, ansimanti, ma estremamente sereni, pur non consapevoli che, da quel momento, una nuova vita aveva iniziato a vivere nel grembo di Anna.

Qualche settimana dopo…

“Anna, noi partiamo per questo viaggio…speriamo di poter tornare presto” afferma re Agnarr avvicinandosi alla figlia e baciandola sulla fronte, per poi allontanarsi e lasciarla sola con la moglie.

“Dovete proprio andare?” chiede allora Anna preoccupata di rimanere sola a dover gestire il regno in loro assenza.

“Sì, è un viaggio diplomatico molto importante, ma vedrai che andrà tutto bene!” la rassicura Iduna, accarezzandole il volto. Anna, però, pare nascondere qualcosa e mostrarsi estremamente turbata di fronte alla regina.

“Tesoro, c’è qualcosa che non va?” chiede allora Iduna, notando una strana cera sul volto della figlia unigenita.

Anna avrebbe tanto voluto dirglielo. La ragazza avrebbe voluto abbracciare sua madre, confidarle il suo segreto e ricevere un abbraccio di conforto, perché dentro di sé aveva solo paura. La realtà, però, era che una notizia di quel tipo non avrebbe fatto altro che preoccupare tutti e, probabilmente, obbligarla a fare i conti con responsabilità e rimproveri molto pesanti.

“Va tutto bene mamma, voi cercate di tornare presto” si limita a rispondere la giovane, senza sapere che quella sarebbe però stata l’ultima volta che avrebbe visto la madre.

Le due donne si abbracciano teneramente per poi separarsi, inconsapevolmente, per sempre.

Qualche giorno dopo…

“Anna!” esclama Hans fiondandosi nella sala grande del palazzo e correndo ai piedi della giovane che, in ginocchio sul pavimento, era intenta a piangere amaramente.

“Hey, sono qui…” la consola subito lui, stringendola fra le sue braccia ed appoggiandole una mano sulla testa.

“Sono morti Hans! Sono morti in quel maledetto viaggio! Io ora sono sola, sono sola e…incinta!” urla allora lei singhiozzando, aggrappandosi alla giacca di lui senza preoccuparsi troppo di sporcarla.

Hans rimane paralizzato da quella dichiarazione e, spaventato, non riesce a rispondere.

“Da quanto lo sai?” chiede allora lui deglutendo parecchie volte, spaventato dalla novità che aveva causato.

“L’ho scoperto il giorno della partenza dei miei genitori! Avrei tanto voluto dirglielo ma non ne ho avuto il coraggio! Ora sono una regina indegna, rimasta incinta prima delle nozze! In alcuni regni tagliano addirittura la testa per questo peccato!” si dispera lei, tremante, conficcando le unghie nella carne di lui.

“Peccato? Cosa dici?! Questo bambino lo cresceremo insieme e io non ti lascerò mai da sola!” la consola lui, allontanandola da sé per poterla guardare in volto asciugandole le lacrime.

È allora che Anna compie la sua prima scelta da regina. La prima scelta che avrebbe, però, cambiato l’intera esistenza del regno.

“Sposami Hans…” annuncia lei smettendo di piangere, facendosi improvvisamente seria.

“Che cosa?” dice lui stranito.

“Sposami, uniamo i nostri regni e diventa re! Voglio che sia tu il sovrano di Arendelle e io ti starò accanto in ogni scelta. Aiutami a gestire questo incarico del quale non mi sento pronta. Sposami subito e accetta la nostra famiglia” continua con decisione Anna, abbassando lo sguardo sul grembo che conteneva l’unione delle loro vite.

“Ti sposo e ti prometto che avrò cura di Arendelle” conclude allora lui con sicurezza, per poi avvolgere di nuovo Anna tra le sue braccia.

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Capitolo 3
*** ADDIO ***


CAPITOLO 3
 
“Buon compleanno, Elsa!” sussurra una voce all’orecchio della ragazza addormentata in una tenda, nella meravigliosa foresta incantata.

La ragazza dai capelli biondo platino e la carnagione pallida spalanca immediatamente gli occhi, rendendosi conto della giornata che avrebbe dovuto trascorrere.

“Honeymaren, ti ringrazio di cuore!” afferma la giovane fanciulla destandosi con particolare eleganza, rivolgendo poi un tenero sguardo all’amica d’infanzia.

“Vieni, come sai oggi ti festeggeremo tutti!” commenta poi l’altra prendendola per mano, per nulla spaventata dai poteri che potevano scaturire dall’altra persona.

Elsa si lascia guidare dall’altra senza esitazione, consapevole che l’amica e tutto il villaggio, le avrebbero preparato una festa con i fiocchi come ogni anno.

“Tantissimi auguri Elsa!” gridano in coro gli abitanti una volta fuori dalla tenda. Ognuno aveva preparato qualcosa per Elsa. C’era chi le aveva cucinato un dolce ai frutti di bosco, chi aveva preparato del thé caldo sul fuoco, chi le aveva cucito una meravigliosa coperta e chi, semplicemente, l’attendeva per cantarle una canzone tradizionale.

Elsa risponde a tutto il calore con un sorriso e un cenno della mano, grata ed emozionata di fronte all’amore che i Northuldri le avevano sempre mostrato.

“Gara di corsa cavallo d’acqua contro renne?” si intromette poi il biondo Kristoff, dando una leggera pacca sulla schiena della guardiana della foresta.

“Non riesci proprio a farne a meno vero?” chiede Elsa divertita da quella bizzarra richiesta.

“Ormai è una tradizione del tuo compleanno! Abbiamo cominciato a 9 anni e lo continueremo sempre!” risponde lui sicuro, mostrandole un orgoglioso sorriso radioso.

Kristoff era sempre stato il suo migliore amico. Entrambi avevano avuto un passato burrascoso. Elsa viveva con quella comunità dall’età di 8 anni mentre Kristoff era stato abbandonato vicino al muro di nebbia insieme ad un cucciolo di renna. Entrambi, quindi, erano cresciuti senza qualcosa, con una parte mancante del proprio passato che li faceva soffrire e interrogare costantemente. I northuldri, però, avevano subito dato loro calore e cure. Elsa aveva imparato a gestire i propri poteri riuscendo addirittura ad entrare in simbiosi con la natura, tanto da dominarla. Kristoff, invece, si era talmente legato alla renna chiamata da lui Sven, da diventare il miglior allevatore. Essendo, inoltre, l’unico nato fuori dalla coltre di nebbia, poteva uscire ed entrare in contatto con entrambi i due mondi.

Dopo qualche festeggiamento e risata, i due cavalcano i rispettivi destrieri per poi dare il via a quella gara interminabile che entrambi amavano tremendamente. L’aria tra i capelli, il sole negli occhi, il profumo di libertà erano tutte esperienze delle quali non riuscivano a fare a meno. Loro due, così simili ma anche così diversi, riuscivano a provare le medesime emozioni motivo per cui, durante quei momenti, la loro cavalcata si trasformava in un’avventura di gioia e serenità.

Kristoff, però, sapeva che ogni anno la gara si interrompeva sempre nello stesso punto e aveva imparato a non interferire. Elsa, infatti, si fermava improvvisamente di fronte a un immenso fiume, che sfociava in un mare, che la catturava. La ragazza affermava di sentire una voce proveniente da quelle acque, una voce che la chiamava e che non si dimostrava del tutto sconosciuta. La ragazza dai poteri glaciali si sedeva allora sulla riva di quel mare e si poneva in ascolto contemplativo. Quella voce la cullava e, non sapeva perché, la sentiva sempre più forte soprattutto il giorno del proprio compleanno.

“Mi manchi…mamma” sussurrava poi lei alle onde sinuose del mare, sperando di poter consegnare loro dei messaggi da riferire a quella voce che non sentiva ormai da troppo tempo.

“Sapevo di trovarti qui” constata l’anziana Yelena, sedendosi accanto alla giovane.

“Lo sai che non posso farne a meno” risponde la bionda senza interrompere il contatto visivo con il mare.

“Io sono contenta che tu riesca a sentire tua madre e ad amarla con tutta te stessa” le comunica Yelena con profondo orgoglio.

“Mi sono chiesta spesso il perché di tutto. Perché io sia stata portata da voi e perché loro non siano mai tornati indietro a prendermi. Una cosa, però, la so: loro mi hanno dato la miglior opportunità e grazie al vostro affetto ho trovato la mia famiglia e la mia vera natura” risponde Elsa rivolgendo uno sguardo amorevole a quella donna che l’aveva cresciuta e amata come una nipote.

“Sono fiera della donna che sei diventata e della purezza che conservi dentro di te. Finché resterai così buona e caritatevole con tutti, sono certa che potrai continuare a sentire tua madre e, magari, a rincontrarla prima o poi, sotto qualche forma” conclude poi l’anziana del villaggio, appoggiando la propria mano rugosa ricca di esperienza, su quella esile e liscia di Elsa.

18 anni prima…

Un uomo e una donna incappucciati galoppavano nel cuore della notte, cercando di nascondersi il più possibile. L’uomo teneva lo sguardo fisso sulla strada da percorrere, lottando contro l’aria pungente che gli faceva lacrimare gli occhi. La donna, invece, restava aggrappata alla schiena del marito custodendo tra le braccia una bambina addormentata di circa 8 anni.

Una volta giunti di fronte ad un grande fiume, i due scendono da cavallo con fare frenetico, continuando a guardarsi intorno nella speranza di non essere visti.

“Siamo qui, mostrati!” dice con fermezza l’uomo, senza scoprirsi. È in quel momento che, dopo qualche secondo di silenzio, una roccia si muove di fronte a loro per poi trasformarsi e prendere le sembianze di un troll dall’aspetto saggio e anziano.

“Eccomi, vostre eccellenze. La situazione non si è risolta vedo” sussurra il troll, facendo segno alla donna di chinarsi e mostrarle il volto della bambina che dormiva beatamente.

“Come temevamo i poteri di Elsa si stanno intensificando e nel nostro regno sta per scoppiare una guerra contro la magia! Non sappiamo che cosa fare! Puoi rimuoverle i poteri?!” chiede l’uomo, di nome Agnarr, con il fiatone e il cuore in gola per la paura.

“No, non posso cancellare l’essenza di vostra figlia. Iduna, tu appartenevi ad un popolo magico e questo sangue si è tramandato a Elsa. La bambina qui non è in salvo! L’unica opzione possibile è quella di allontanarla per sempre da questo regno” comunica il troll mostrandosi estremamente serio.

“No, no! Come posso fare a vivere senza di lei?!” si sfoga allora la madre, stringendo tra le braccia la propria creatura come a volerla proteggere da un mondo ingiusto e pericoloso.

“Iduna, forse dovremmo fidarci…” si intromette il marito, poggiando una mano sulla spalla della donna che, scossa dalla situazione e tremante, grida:

“Dovremmo separarci da lei! Come può una madre, abbandonare sua figlia?!”

“Se Elsa rimane qui, la uccideranno!” urla allora il re, inginocchiandosi di fronte a quella orribile realtà. L’uomo appoggia la fronte a quella della moglie, cingendole la testa con una mano e strizzando gli occhi. Sono attimi interminabili per due genitori costretti a decidere la sorte della propria bambina.

“Noi dobbiamo darle, la miglior opportunità…” afferma ancora Agnarr, senza staccarsi dalla moglie, poggiando poi una mano sulla fronte della bambina e lasciando scorrere due silenziose lacrime lungo le guance.

“Non abbiamo molto tempo, potrebbero trovarci! Ascoltatemi bene: questo mondo si sta riempiendo di cattiveria e la magia, come già visto da diversi anni a causa del padre di Agnarr, non è ben vista. Elsa, con i suoi poteri, potrebbe morire e portare ad orribili conseguenze anche per tutti voi. Propongo di cancellare i ricordi della bambina, che verrà affidata alle cure dei Northuldri. Con loro la bambina crescerà in salute e imparerà a gestire i propri poteri” spiega velocemente il troll, provando a scandire bene le parole.

“No, dovrebbe dimenticarsi di noi?! E noi di lei?!” chiede allora Iduna terrificata dall’ipotesi.

“Sì. La bambina dimenticherà di essere di sangue reale, dimenticherà anche voi e sua sorella. Lo stesso avverrà per il regno e tutti i reami circostanti. Da domani, infatti, ognuno penserà a voi come una famiglia reale con solo una figlia” aggiunge ancora il troll.

“No, voglio che ci siano delle modifiche a questo!” si aggiunge anche Agnarr, immobilizzato dalla situazione.

“Elsa si potrà dimenticare tutto, ma deve ricordarsi di noi… e così di Anna!” aggiunge allora il sovrano con sicurezza, guardando con profondità gli occhi della roccia.

“D’accordo. Elsa si ricorderà di voi come due genitori normali, obbligati a lasciarla alle cure dei Northuldri per colpa dell’odio umano nei confronti della magia, ma non conoscerà mai le sue origini reali. Per quanto riguarda sua sorella, questo non è possibile. Anna rischierebbe di confidare a qualcuno il segreto di avere una sorella, mandando all’aria tutto. Anna e Elsa, da domani, saranno due sorelle disgiunte” continua allora il guardiano con al collo degli smeraldi scintillanti.

“Ma, io non voglio dimenticarmi di lei! Voglio ricordarmela, per sempre! E così voglio anche ricordare il dolore che sto provando in questo momento nel lasciarla…perché ormai fa parte di me” aggiunge Iduna, con il volto rigato dalle lacrime delle quali non si era minimamente lamentata.

“Vostra maestà, mi permetta di preservare in voi il ricordo della vostra primogenita, ma di alleviarvi il dolore. Anche il dolore potrebbe portarvi a scoppiare e a rivelare il vostro segreto” spiega accuratamente il troll, cominciando a muovere le mani per preparare delle pietre magiche.

“No, io voglio ricordarmi anche questo momento. Ecco, prendi questo mio mantello!” prende iniziativa la regina, togliendo il mantello viola con il quale stava avvolgendo la bambina e porgendolo al troll.

“Ho capito Iduna e sono commosso di fronte all’amore così grande di una madre. Questo mantello ti ricorderà di Elsa. Ogni volta che lo indosserai, tutte le emozioni ti verranno restituite” conclude allora il troll, muovendo la mano sul tessuto dell’indumento e illuminandolo di magia.

“Dobbiamo andare…” conclude il re, continuando a guardarsi intorno preoccupato. Iduna e Agnarr, allora, salgono su una piccola barca, pronti ad arrivare sull’altra sponda dove Yelena li stava già attendendo, consapevole del piano proposto dai troll.

“Iduna, figlia mia…” sussurra l’anziana, stringendo subito tra le braccia la donna che, scossa dalle lacrime, nasconde il volto nell’abbraccio dell’altra.

“Yelena, ti affidiamo il nostro gioiello più grande. Raccontale di noi e del bene che le vogliamo” sussurra allora Agnarr, dicendo per sempre addio alla propria bambina, posandole un lungo bacio sulla fronte.

“Elsa sarà in buone mani. Non passerà giorno senza che io le faccia rimembrare di voi!” aggiunge Yelena, osservando poi in silenzio lo struggente saluto tra Iduna e la sua piccola.
Iduna riprende la bambina tra le braccia e, inginocchiata a terra, si gode quegli ultimi secondi di contemplazione. La mamma le accarezza il viso pallido, il sorriso riposato sul suo volto ed immagina quegli occhi azzurri meravigliosi, custoditi ora dal sonno delle palpebre. Con il dito passa delicatamente i lineamenti della bambina, come a volerne memorizzare ogni singola parte, per poi giocare con una ciocca di capelli biondi.

“Elsa, so per certo che questo non è un addio. Prima o poi ti rivedrò, ne sono certa! Qualsiasi cosa succeda, io sarò con te! La mia voce riecheggerà nel tuo cuore e non mi stancherò mai di chiamarti” sussurra la donna, per poi stringere a sé la bambina e canticchiare a bocca chiusa una ninna nanna, dedicata a un fiume, che cantava sempre alle figlie prima di dormire.

“Non arrenderti mai e, quando potrai, vai a cercare Anna” conclude poi la donna, posando un bacio sulla fronte della piccola per poi abbandonarsi a un singhiozzo distruttivo, dovuto a un dolore che nessuna madre dovrebbe vivere.

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Capitolo 4
*** NON PIU BAMBINO ***


CAPITOLO 4
 
Isole del Sud, molti anni prima…

Il regno delle isole del Sud era uno dei più potenti insieme alla grande Arendelle, meta ambita dalla maggior parte dei reami che desideravano scoprirne le ricchezze. Nonostante questo, però, il rapporto tra Arendelle e le Isole del Sud era sempre stato dei migliori finché, a causa della scoperta della magia e della sua futura cancellazione, non si sono persi i contatti.
Il regno era governato dai sovrani Ernest, Isabelle e dai loro 13 figli. Molti erano ormai grandi e avevano un proprio regno ma, per i più piccoli, non era del tutto facile trovare una posizione.
Durante l’ultima gravidanza della moglie, il re morì per un’improvvisa malattia, lasciando la moglie sola di fronte a tutte quelle mansioni che non conosceva. A causa dello shock la regina si ammalò e molti medici iniziarono a ipotizzare che, di fronte al dolore del parto, lei non sarebbe sopravvissuta.

“Vostra maestà, è un altro maschio!” annuncia una balia, porgendo alla regina il bambino appena nato.

La regina prende il piccolo tra le braccia ma, troppo affaticata, chiede aiuto alla levatrice per riuscire a sostenerlo.

“Voglio vedere l’altro mio figlio, Vincent” dice la donna con un filo di voce, lasciandosi sprofondare nel cuscino del grande letto matrimoniale.

“Eccomi madre, sono qui!” annuncia un ragazzo di circa 18 anni, entrando nella stanza dopo aver fatto un inchino alla donna che gli aveva donato la vita.

“Vincent, sto morendo!” afferma con certezza la madre, accarezzando il volto del figlio che si era appena inginocchiato al suo capezzale.

“No, madre! Ora guarirete!” risponde il giovane, non riuscendo a trattenere le lacrime. Spaventato dall’idea di rimanere da solo a breve, dopo la recente scomparsa del padre.

“Non ho tempo figlio mio. Mi devi ascoltare. I tuoi fratelli maggiori sono ormai sistemati nei rispettivi regni, ma tu e questo tuo ultimo fratello dovrete cercare una nuova casa! Promettimi che ti prenderai cura del bambino, promettimi che sarai per lui austero come tuo padre e lo amerai come una madre. Promettimi che darai a tuo fratello, il futuro che io non posso donargli” sussurra la donna con fievole voce, fin troppo affaticata ormai per continuare il discorso.

“Madre, ti prego! Non mi lasciare!” singhiozza il giovane, terrorizzato dalla situazione, premendo la mano della madre sulla propria guancia, come a volerla trattenere per sempre.

“Sarai forte Vincent! Lo sei sempre stato…” conclude poi la donna, per poi esalare un lungo respiro e addormentarsi in un sonno eterno.

Vincent sente la stretta della mano della madre svanire poco a poco, motivo per cui lui, ancora tra le lacrime, la adagia sul petto.

Il ragazzo dai folti capelli neri e gli occhi verdi si alza in piedi e, dopo essersi asciugato il volto dalle lacrime, assume una postura eretta e uno sguardo serio, pronto a prendersi le sue responsabilità.

“Vostra maestà, cosa dobbiamo fare con il bambino?” chiede una balia infranta di fronte alla situazione avvenuta.

Vincent si gira verso il cadavere della madre, per poi prendere il braccio il bambino che le dormiva accanto.

“Lo cresceremo noi, con la stessa forza dei miei genitori” spiega il nuovo sovrano guardando il fratello con estrema attenzione.

“Vostra madre non è riuscita a dargli un nome…” comunica una serva, chinando il capo per il dispiacere.

“Non serve, glielo darò io. Vi presento il principe Hans, colui che sarà destinato a diventare un grande re”

Presente…

Hans è seduto nel proprio studio, intento a contemplare delle carte riguardanti diversi accordi commerciali da stipulare con alcuni ambasciatori. Dentro di sé avverte il peso di un macigno sul cuore perché sa, da qualche tempo, di dover trattare un particolare argomento.

“Buonasera fratello” saluta Vincent entrando nella stanza senza alcun preavviso. L’uomo dai capelli neri aveva una postura eretta e un’andatura fiera. Seduto di fronte al minore, appoggia la spada sul grande tavolo di legno massiccio, per poi raccogliere le mani e guardare negli occhi il re.

“Cosa devi dirmi?” chiede Hans deglutendo svariate volte per la tensione.

“Lo sai anche tu che cosa ti devo dire… è arrivato il momento!” comunica il maggiore con serietà e, al tempo stesso, una certa comprensione.

“Come possono essere passati già 7 anni?! Io voglio che riceva un’educazione personale! Possiamo offrirgli il meglio anche qui!” cerca di ribattere Hans, stranito da tutto il discorso che, in realtà, era in lista d’attesa da molto tempo.

“No! Einar ha l’età per entrare nel campo di addestramento. Anche io e te ci siamo passati e posso garantirti che questo campo è uno dei migliori per la formazione di un futuro re” continua Vincent con sicurezza, piantando gli occhi verdi in quelli del fratello.

“D’accordo, domani Einar partirà” conclude poi Hans, sapendo di non poter fuggire al protocollo. L’uomo finisce così per alzarsi e dirigersi fuori, non prima di ricevere un colpetto sulla spalla dal fratellone.

Dopo la cena, vissuta in un’aura di profondo silenzio da parte di Hans, Anna si dirige nella propria stanza dove, dopo aver spazzolato i capelli della figlia, le dona un dolce bacio sulla fronte per poi invitarla ad andare a dormire.

Rimasto solo con la propria Regina, Hans si trova costretto a rivelare la notizia, pur dispiaciuto dal dover interrompere i discorsi autoreferenziali di Anna.

“Anna…domani Einar parte per il campo” annuncia allora lui, con tono glaciale.

“Che cosa?” chiede Anna scioccata, immobilizzandosi in mezzo alla stanza e guardando l’altro negli occhi.

“Sono distrutto…” comunica Hans dispiaciuto, per poi lasciarsi sprofondare seduto sul letto e continuare il discorso:

“Era da tempo che cercavo un modo per aggirare questa legge ma a quanto pare il protocollo lo pretende. Anche io, all’età di 7 anni, ho ricevuto l’addestramento formale e militare per prepararmi a vivere da futuro sovrano. Einar lo deve fare per forza”

“Avevamo sperato di poterlo educare qui fino all’ultimo! Conosco fin troppo bene i nostri protocolli, ma non capisco i pazzi che li hanno creati. Einar ha solo 7 anni” ragiona tristemente Anna, abbassando lo sguardo e iniziando ad avvertire una profonda nostalgia.

“Sì, ma è anche vero che è nell’età giusta per imparare la disciplina. Vincent si è addossato un fratello appena nato e un intero regno solo all’età di 18 anni, ed ha avuto difficoltà. Einar deve essere pronto a tutto. Per questo ti chiedo di non ribellarti a ciò…” dichiara infine Hans, mostrandosi profondamente serio e austero per non creare titubanze nella moglie.

“Padre, madre…sono venuto per augurarvi una buona notte!” commenta il fulvo Einar, entrando con educazione nella camera dei genitori.

“Einar…” lo chiama il padre con severità, facendogli segno con il volto di avvicinarsi.

“Ora è arrivato il momento da te tanto atteso. Domani partirai per il campo di addestramento” spiega Hans guardandolo negli occhi.

“Davvero? Che bello, non vedo l’ora!” risponde il bambino felicissimo, nato con il sogno di diventare un grande condottiero e degno sovrano di Arendelle.

“Sì, non sarà sempre facile ma vedrai che ti aiuterà molto” conclude poi Hans, appoggiando la mano sulla testa del figlio, per poi dirigersi fuori, consapevole di dover donare alla moglie e al bambino un proprio momento di intimità.

“Mamma, non sei felice?” chiede Einar su di giri, avvicinandosi ad Anna che, fin a quel momento, aveva cercato di mascherare il suo volto amareggiato.

“Certo che sono felice! Sono solo un po’ preoccupata perché per me rimani il mio bambino…” spiega lei, scostandogli un ciuffo di capelli dalla fronte e rispecchiandosi nei suoi meravigliosi occhi azzurri.

“Io sono un bambino, ma grazie all’addestramento diventerò un bambino fortissimo! Vedrai mamma, sarai fiera di me” continua il piccolo con energia, meravigliando la donna che, in un attimo, cancella tutte le preoccupazioni.

“Sei sempre stato la mia gioia più grande e vederti così coraggioso mi solleva il morale. Grazie Einar” dice con dolcezza Anna, accarezzando la guancia del bambino per poi avvolgerlo in un caloroso abbraccio.

“Posso dormire con te stanotte mamma? So che un re non potrebbe farlo, ma poi per alcune notti dovrò stare lontano” propone Einar con una punta di imbarazzo che scalfisce leggermente la sua puntigliosa formazione personale. Anna si commuove da tale richiesta e, annuendo, fa spazio al bambino nel proprio letto. Tra tutti i cuscini esistenti su un grande letto matrimoniale regale, Einar, ovviamente, sceglie il petto della propria mamma: da sempre dimora più morbida e calda di qualsiasi tessuto e materasso.

Anna si inebria con il profumo di buono di Einar e, mentre gli accarezza i capelli, ripensa a quel piccolo che le aveva cambiato la vita a soli 16 anni e che ora stava diventando un uomo.

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Capitolo 5
*** PROTOCOLLO ***


CAPITOLO 5
PROTOCOLLO
 
Passarono solo due settimane dalla partenza di Einar per il campo d’addestramento ed Anna sentiva la sua mancanza in ogni secondo. La giovane cercava di occupare le sue giornate per non pensare alla lontananza dal primogenito, dal quale non si separava dalla nascita.

La ventitreenne si muoveva nelle enormi stanze del castello, sperando di perdersi in qualche maestoso quadro che potesse occuparle la mente per parecchio tempo. Il ruolo di regina cominciava a starle stretto. Da quando Hans era stato incoronato insieme a lei, qualche giorno dopo la morte dei suoi genitori, lei lo aveva pregato di occuparsi di ogni faccenda commerciale, politica ed economica sentendosi fin troppo inetta nel compiere un impegno così difficile.
Con un bambino concepito fuori dal matrimonio, poi, era ancora più complesso ipotizzare un suo ruolo manageriale all’interno del castello. Ora, a distanza di 7 anni, la sua vita sembra non trascorrere mai e gli impegni a lei dedicati iniziano ad annoiarla. Visite ai sudditi, controlli per il regno, proposte di ipotesi per miglioramenti sociali e niente di più. Il resto del tempo lo trascorreva a leggere o ad assistere all’educazione dei propri figli ma, senza Einar, tutto assume un nuovo aspetto.

Solo la piccola Leila è in grado di rallegrare e guarirla dall’apatia, ma anche la piccola è obbligata a dedicare alcune ore al giorno allo studio privato.
Anna non è d’accordo sull’educazione e l’etichetta da impartire a una piccina di soli 5 anni. Vorrebbe tanto potersene occupare personalmente ma, da quanto ricordava, le regole di corte avevano sempre imposto tale trattamento. Anna appare al proprio popolo come una rispettabile, libera e forte regina ma, dentro di sé, la sovrana si sente in catene spinta a rispettare dei precetti che le hanno perfino allontanato i suoi bambini.

Sette anni prima…

“Vostra maestà, coraggio… ci siamo quasi!” comunica una balia posta davanti alle gambe spalancate della giovane regina, pronta a dare alla luce il proprio primogenito.

“Perché Hans non può entrare?! Vi prego, non riesco da sola!” si spaventa la ragazza, sussultando ad ogni contrazione.

“No, non possiamo!” risponde severa la moglie di un fratello di Hans, rimanendo in disparte con le braccia conserte, giudicando quella ragazzina piagnucolona.

“Vi prego! Ho paura!” urla Anna terrorizzata, non sapendo chi guardare e a chi affidarsi. L’unica donna che pare darle conforto è Gerda, la dama che l’aveva vista nascere e crescere.

Vista la sofferenza di Anna, Gerda non può fare altro che alzare la voce e, nonostante la classe inferiore, non si preoccupa di sgridare le donne reali che stavano assistendo al parto come se fosse chissà quale spettacolo.

“Anna è la regina! Lei può decidere che cosa desidera, quindi le chiedo di fare entrare re Hans” afferma con sicurezza Gerda, avvicinandosi a una delle cognate di Anna.

“Come ti permetti a parlare così a delle regine?! Il protocollo dichiara che i mariti non possono assistere al parto!” ribatte ancora la più presuntuosa, alzando il mento in segno di sfida consapevole di avere ragione.

“Lo so che esiste un protocollo di corte, ma quella che vedete davanti a voi, prima di essere una regina, è una ragazza di 16 anni che poco tempo fa ha perso i genitori e che ora si trova a partorire senza nessun familiare accanto. Vostre maestà, se voi volete che quella donna resti in vita, ascoltate il suo desiderio e permettetele di dare alla luce l’erede con tutta serenità” spiega dettagliatamente Gerda riuscendo a convincere una delle cognate che, noncurante dell’opinione delle altre, si precipita a chiamare Hans.

Il giovane accorre subito agitato, gettandosi ai piedi del letto stringendo la mano alla propria regina.

“Sono qui ora, stai tranquilla” comunica lui cercando di darle forza, sorreggendole il viso con un braccio e permettendole di affondare le unghie nella propria mano.

“Mi fa male!” urla disperata Anna, in preda al panico, rossa in volto e con poca aria.

“Lo so, ma adesso siamo in due. Forza Anna, devi concentrarti!” continua lui con forza, baciandole la fronte per poi assistere alla nascita del proprio bambino.

Il pianto del nascituro invade la stanza e, per pochi secondi, il rumore chiassoso dell’ambiente sembra spegnersi per dare ascolto alla voce della nuova vita.

“Maschio! È un maschio!” dicono le tre cognate saltellando allegramente e portandosi la mano sulla bocca in modo elegante. Una di loro corre fuori ad avvertire la famiglia mentre ad Anna viene dato il piccolo tra le braccia.

In quell’esatto istante il dolore svanisce e Anna avverte un forte senso di responsabilità nell’accogliere quel figlio che aveva a lungo atteso e immaginato. La giovane regina lo guarda affascinata, commossa e le viene naturale attaccarlo al proprio seno, in modo da permettergli di avvertire il battito del cuore.

“Sei felice che sia un maschio?” domanda la giovane con il volto imperlato di sudore, rivolgendo uno sguardo al marito incredulo accanto a lei.

“Sono felice che sia nostro” si limita a rispondere lui, donando poi un dolce bacio sulle labbra alla moglie e rimanendo intento a contemplare il sangue del suo sangue.

Quel piccolo angolo di vita familiare viene irrimediabilmente interrotto dall’arrivo di Vincent e altri tre fratelli di Hans che, con aria dura e fredda, annunciano il da farsi.

“Congratulazioni per aver fatto nascere un erede maschio” comunica uno dei quattro impettito e fiero.

“Hans, prendi il bambino e vai subito a presentarlo al regno. Firmerai poi il suo nome nei registri. Il nome dovrà essere Ernest, come dichiarato dalla nostra discendenza” aggiunge poi Vincent, prendendo posizione.

“Ernest? Ma non è il suo nome!” si ribella Anna accigliandosi indispettita.

“Sì, il protocollo lo ribadisce. Forza Hans, è tuo compito” si intromette l’altro fratello squadrando il più giovane.

“Farò quanto detto, ma il bambino si chiamerà Einar” annuncia poi Hans con fermezza.

“Einar?!” esclamano in coro gli altri sconvolti dall’opposizione del minore.

“Il sovrano sono io. Se si necessita un nome con la E, allora io e mia moglie abbiamo concordato Einar. Ed Einar sarà!” ribatte ancora lui deglutendo per il timore ma cercando di rimanere saldo di fronte alla propria decisione.

I presenti non osano rispondere in quanto consapevoli che il sovrano, sempre secondo l’etichetta, aveva tutto il diritto di scegliere un nome differente da Ernest, seppur sempre con la E.

“Ora Anna devo prendere il bambino” spiega Hans avvicinandosi di nuovo alla moglie dolcemente.

“Poi me lo riporti vero? Devo allattarlo” comunica la sovrana timorosa.

“No… te lo riporterò una volta sazio. Sai anche tu che devono essere altre ad allattarlo…” si limita a rispondere lui abbassando il capo, sapendo di dover compiere anche quel gesto.

Anna non osa rimbeccare in quanto consapevole di quelle maledette regole che tutte le regine dovevano rispettare. Quel giorno si era portata a casa il nome del proprio bambino, combattere per poterlo allattare sarebbe stato troppo rivoluzionario, e la fatica del parto la costringeva a gettare la spugna e addormentarsi.

Presente…

Il tempo era finalmente trascorso e Anna aveva preparato tutto nel dettaglio per la visita del figlio. Aveva dato ordine di cucinare dolci pietanze, tra cui torte e confetti assortiti. La sala principale era stata addobbata con ghirlande, bandiere e fiori profumati. La camera del principino, invece, aveva dei nuovi cuscini azzurri e pietre preziose per permettere al giovane di studiarne le proprietà.

“Sta arrivando, ecco la carrozza mia piccola Leila!” afferma la regina avvertendo il cuore in gola, desiderosa di correre e abbracciare il proprio bambino, rivolta alla piccolina emozionata dal ritorno dell’amato fratellino.

Einar scende lentamente e, già dal primo attimo, Anna intuisce una strana sensazione. La donna si avvicina al bambino e avverte una fitta al cuore nel vedere che questi non le era corso in braccio come aveva sempre fatto. Il bambino dai capelli rossi e gli occhi azzurri era completamente diverso. Sguardo basso, nessuna espressione facciale, rigidità nei movimenti e andamento militare.

“Einar, tesoro mio!” esclama Anna ormai a due passi da lui, inginocchiandosi e abbracciandolo. Il contatto con il suo bambino le riscalda l’animo ma, davanti a sé, c’era uno sconosciuto apatico e privo di emozioni che non stava ricambiando il dolce gesto.

“Amore, perché non abbracci la mamma?” chiede lei stranita, rivolgendogli lo sguardo e cercando di catturare gli occhi azzurri di lui, ormai troppo vitrei e privi di umanità.

“Non posso madre” risponde lui con serietà, senza rilassare nemmeno un muscolo.

“Che cosa intendi dire?!” domanda lei sempre più preoccupata da quell’atteggiamento.

“Hanno detto che non si fa. Io devo essere severo, non posso abbracciare” dice allora lui più sicuro che mai, continuando però a fissare un punto definito dietro la madre in modo da non incrociare i suoi occhi.

Anna rimane immobile, congelata come una statua di ghiaccio, di fronte a quelle parole che la colpiscono come lame affilate. Il mondo improvvisamente le pareva estremamente ingiusto. L’etichetta, il protocollo, le regole, i giuramenti, le indicazioni di corte stavano completamente distruggendo ogni cosa. Anna finalmente se ne stava accorgendo perché, oltre ad aver rovinato la sua esistenza, ora aveva di fronte un bambino di 7 anni, obbligato a crescere in troppo poco tempo e trasformato in un militare.
 

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Capitolo 6
*** PLUMBEO ***


CAPITOLO 6
PLUMBEO

 
“Einar!” esclama Hans felice, accorrendo di fronte al figlio e posandogli una mano sulla spalla. Il giovane risponde al saluto con un inchino regale al padre e, dopo aver ignorato la madre, passa oltre entrando nel castello seguito dalla sorellina.

“Allora come stai?! Com’è andata?! Come è questo campo speciale? Ma ci possono andare solo i maschi?” lo bombarda di domande la piccola Leila saltellando energica vicino al fratello che, però, continua imperterrito il suo cammino.

“Perché non mi ha salutata? Che cosa gli ho fatto?” chiede Leila dispiaciuta, correndo dai genitori ed abbassando il capo in segno di profonda delusione.

“Me lo sto chiedendo anche io tesoro…” aggiunge Anna cingendo il collo della piccola con un braccio e rincasando.

“Vedrai che sarà solo stanco. Non ti preoccupare!” la tranquillizza dolcemente Hans seguendo le sue donne a passo svelto. Anna, però, sente che qualcosa non va e dentro di sé comincia a innervosirsi a causa di quel maledetto protocollo che le stava strappando amaramente ciò a cui teneva maggiormente.

La cena può essere una buona occasione per parlare e scambiarsi opinioni ma, nonostante l’euforia generale per il ritorno del principino, Einar continua a non parlare mangiando in silenzio la propria cena.

“Einar, perché non ci dici niente…abbiamo poco tempo per stare insieme!” si fa avanti Anna non sapendo, per la prima volta nella sua vita, come fare a rientrare in contatto con il figlio.

“Cara cognata, devi sapere che Einar sta imparando un atteggiamento militare e sicuramente gli hanno insegnato a non parlare a tavola. Il cibo è fonte importante di energia, da raccogliere con molta attenzione senza distrarsi nella comunicazione” interviene Vincent educatamente, tagliando la carne speziata accompagnata da verdurine fresche.

“Che assurdità… Vincent, io ho tutto il diritto di parlare con mio figlio quando lo ritengo opportuno!” balza in piedi Anna furente, sbattendo i pugni sul tavolo e allontanandosi dalla sala sotto lo sguardo attonito dei presenti. La reazione della regina era forse troppo esagerata, ma quello era l’ennesimo boccone amaro nauseabondo che trangugiava senza il minimo desiderio.

“Anna!” la chiama a gran voce Hans correndole dietro in un lungo corridoio.

“Perché ti comporti così?!” la blocca di scatto lui, afferrandole un braccio e obbligandola a guardarlo.

“Perché mi comporto così?! Sono io quella strana ora?! Hans! Non prendermi in giro! Hai visto anche tu Einar! Voglio sapere che cosa gli viene fatto in quel campo!” si altera lei liberandosi subito dalla presa del marito.

“Calmati Anna! È tutto ok! Vedrai che Einar si riprenderà subito… anche io avevo reagito così all’inizio” risponde Hans con dolcezza, chinando il capo e ricordando con dolore il proprio periodo di addestramento.

“Perché lo deve fare?! Riportiamolo qui! Non ha bisogno del campo per diventare un sovrano!” implora lei frustrata, pregando il marito di risolvere la situazione.

“Sai anche tu che non si può fare Anna. Lo farei subito te lo giuro, ma nemmeno io ho potere su questo” continua lui a malincuore, sempre più dispiaciuto di fronte alla sofferenza della moglie. Anna non rimbecca più e, nervosa, si appoggia con un tonfo alla parete, sospirando profondamente in segno di resa.

“Amore, sei troppo tesa…” sussurra lui dolcemente, avvicinandosi a lei e sfiorandole una guancia con delicatezza.

“Avresti bisogno di tranquillizzarti, prenderti del tempo per te e forse anche per noi. È da tanto che non facciamo l’amore…” aggiunge poi lui ormai a due centimetri dalle sue labbra, alzandole lentamente il volto cercando di accendere l’ardente scintilla che, forse, li avrebbe condotti a un letto.

Anna non sa perché ma sentire quelle parole, per la prima volta, le provoca delle emozioni contrastanti di attrazione repulsione. Non aveva mai rinunciato a una nottata di passione con Hans ma, questa volta, il suo stomaco le inviava dei brutti segnali che le intimavano di non ricascarci.

“Così magari resto ancora incinta? Vorresti un altro figlio? È questo ciò che desideri?” sbotta lei respingendo con forza la mano di lui.

“No! Io non ho assolutamente detto questo! Anna, non fraintendere!” si mortifica immediatamente lui, scosso dal passo falso che aveva compiuto in piena innocenza.

“Sì, perché alla fine solo il protocollo è importante. Ricordi come è venuta al mondo Leila?! Dopo le richieste incessanti dei tuoi fratelli che mi tartassavano di avere subito un secondo figlio, visto che per la discendenza avrebbe fatto bene?!” si sfoga lei, vomitando anche quel dettaglio riguardante il travagliato passato.

“Ti capisco, tesoro mio. Un figlio mi renderebbe felice, sempre! Perché nonostante le critiche dei miei fratelli, io amo Einar e Leila con tutto il mio cuore. Ora, però, non desidero un figlio. Desidero che tu sia felice, con me” confessa lui innamorato della fragilità della moglie, sperando di poterla risanare.

“Allora lascia che siamo noi a gestire la nostra vita! Non i tuoi fratelli, non il protocollo!” aggiunge Anna con le lacrime agli occhi, distruggendo le barriere e appoggiando la fronte al petto del marito che non esita a cingerla in un abbraccio. A quella richiesta Anna non riceve risposta proprio perché la vita in un castello, doveva rispettare delle prigionie ben peggiori di quanto si potesse immaginare.

È ormai notte fonda e tutto tace, avvolto dal silenzio assordante del buio. Anna corre nel vuoto e, ancora una volta, vede di fronte a sé una scena.
Due bambine sono intente a giocare. Lei non sa chi esse siano. È come se i suoi occhi vedessero tutto sfocato, succubi di chissà quale disfunzione.
Se con gli occhi non riesce a vedere, però, con altri sensi avverte la serenità delle due che corrono e giocano in uno spazio indefinito. Una delle due, apparentemente più alta, ha le mani su un pupazzo di neve. L’altra, più piccola, gira intorno alla compagna di giochi ridendo e alzando le braccia al cielo in segno di libertà. Anna sorride di fronte alla serena vignetta ma, all’improvviso, la maggiore si rannicchia a terra con la testa nascosta tra le proprie ginocchia. Le due non possono più toccarsi perché un mare di nebbia sembra dividerle. La più grande trema, non ha il coraggio di alzare il volto per rispondere all’inquietante sfida e, inerme, si dispera in un singhiozzo agghiacciante.

Anna si sveglia di soprassalto, con il batticuore e la fronte sudata. La regina si passa una mano sul viso, come a voler constatare di essersi appena risvegliata da un incubo. Tutto sembra tornato alla normalità ma, un pianto in sordina continua a richiamare la sua attenzione. Anna crede di sognare ancora, convinta di vivere di nuovo la storia delle due bambine ma quella voce sofferente sembra fin troppo reale. La regina decide allora di alzarsi e seguire la scia di quel pianto indefinito che pare condurla nel corridoio.

Anna percorre il luogo con attenzione, cercando di non svegliare nessuno ed è quando giunge davanti alla camera di Einar che capisce di vivere nella realtà. La madre apre la porta di scatto, raggiungendo il letto del bambino da cui proviene il pianto.

“Einar, che succede? Sono qui!” sussurra lei sedendosi sul letto e togliendo la coperta dal figlio, provando a toccarlo.

“No, mamma ti prego. Devo essere forte!” urla lui tremando, respingendo l’abbraccio della madre. È allora che Anna non ci vede più e, con un gesto brusco, solleva il figlio e lo stringe tra le proprie braccia, incastrando una mano nei capelli rossi di lui.

Einar si aggrappa alla maglia della mamma ma compie dei veri e propri scatti ogni volta che Anna gli tocca la schiena.

“Che cosa hai?” domanda allora lei, accortasi della sofferenza del principe che non riusciva a stare tranquillamente accoccolato. Anna sente la fronte del bambino scottare leggermente e, con la coda dell’occhio, gli intravede delle macchie scure sulla schiena.

Senza proferire parola, come ogni mamma avrebbe fatto, Anna gira il bambino e gli solleva l’indumento riscoprendogli la schiena magra. È allora che
Anna rimane inorridita, ammutolita e distrutta. La schiena di Einar aveva alcuni ematomi e tagli non curati che sanguinavano, rischiando di infettarsi.
La mamma si sente le ossa spezzate, sgretolate di fronte a una sofferenza inflitta ad un bambino che, per colpa della disciplina, aveva imparato a non lamentarsi mai tenendosi dentro delle ferite del genere.

Anna non sa cosa rispondere, cosa fare o dire. Si limita ad urlare il nome di Hans e di alcune domestiche, ordinando di portare fasce, ghiaccio e creme. Sfiora un livido plumbeo del suo piccolo e, colma di rabbia, sussurra:

“Che cosa ti stanno facendo?!”

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Capitolo 7
*** FRAMMENTI DI RICORDI ***


CAPITOLO 7
FRAMMENTI DI RICORDI
 

Anna medica i lividi del figlio apponendo del ghiaccio fresco su di essi. Einar è sdraiato a pancia in giù sul letto e, dopo le amorevoli cure materne, riesce a prendere sonno. Anna passa il tempo cambiando le bende e cercando di tamponare ogni minima lesione. Le donne e i dottori, ovviamente, avevano tentato di impedirle di curare il figlio e di lasciare tutto a loro ma, quella volta, Anna non ne voleva proprio sapere di restare in disparte.

“Come sta?” domanda Hans sopraggiunto sul luogo dopo qualche minuto. Anna si limita a non rispondere, perché troppo concentrata nell’apporre pacchi di ghiaccio sul corpo del figlio, talmente infiammato da farli sciogliere istantaneamente.

Hans si siede dall’altra parte del letto e contempla il figlio conciato uno straccio, con tutti quei lividi e qualche graffio che lo fanno soffrire. Quei segni li conosceva molto bene ma non si sarebbe mai aspettato di provare un tale dolore nel vederli inflitti al figlio. L’uomo posa una mano sul capo del bambino e ne accarezza delicatamente i capelli cercando di non svegliarlo poi, per il troppo dispiacere, si alza in piedi e si dirige verso il dottore.

“La regina non mi lascia intervenire!” si lamenta il dottore, preoccupato di non poter compiere adeguatamente il proprio lavoro e di ricevere così un rimprovero dalla corte.

“Le avete già detto tutto ciò che bisogna fare” risponde Hans, facendo per congedare il medico accompagnandolo alla porta, ma è in quell’esatto momento che compare Vincent, avvertito della situazione.

“Il dottore è stato chiamato per curare il bambino. Se lasciamo la cosa alla regina, il bambino potrebbe peggiorare!” denota subito lui, con fare regale e presuntuoso, riferendosi all’etichetta.

“Il dottore mi ha già indicato che cosa fare e, questa volta, nessuno metterà mano su mio figlio senza il mio consenso!” ringhia Anna nera in volto, girandosi verso il cognato e guardandolo con odio e disprezzo per quel commento fuori luogo.

“Cognatina cara, sai bene che le cose non funzionano così! Forza Hans, il sovrano sei tu e solo tu puoi imporle di spostarsi da lì! Lo sai che è il medico l’unico referente! Se dovesse succedere qualcosa, la responsabilità…” inizia a proferire Vincent, interrotto stranamente da Hans.

“Einar è in buone mani e io non userò mai i miei poteri per andare contro a mia moglie, che ricordo essere la regina e degna di voce in capitolo quanto me!” risponde lui con forza, pur sentendo cedere le ginocchia per essersi permesso di contraddire il fratello maggiore.

Vincent si fa cupo in volto e pare pronto a far scoppiare un conflitto con quello che reputa suo fratello minore e, soprattutto, figlio.

“La salute del principe è importante e non può occuparsene una donna senza esperienza! Servono cure immediate!” sbotta Vincent stringendo i pugni, alzando la voce con prepotenza noncurante dell’ambiente cauto e silenzioso che si era creato per permettere al piccolo di riposare.

“Conosco e ricordo quei segni Vincent! Non è nulla di grave e con creme, ghiaccio e riposo passeranno presto! Dovresti ricordartelo, o sbaglio?! Quante volte sono arrivato a casa in quello stato pure io?!” urla allora Hans collerico, rivelando un importante ricordo della sua infanzia che spiega ora la sua sofferenza nel vedere il figlio in tali condizioni.

Nella stanza cala il silenzio e neppure Vincent riesce a rispondere. Consapevole di non avere più armi a suo favore, il maggiore dei Weselton si allontana sbattendo i piedi con forza. Anna ha osservato il tutto sconvolta, entrando in contatto con una parte del marito che era da sempre rimasta in ombra. La donna avrebbe voglia di chiedergli spiegazioni e consigli, ma si sente troppo stanca e tesa per trattare anche quell’argomento.

Il mattino seguente, dopo una notte interminabile, Einar riesce a rimettersi in piedi e a camminare normalmente pur sentendo la schiena dolente. Recuperato il meraviglioso sorriso, il bambino gode della vicinanza della sorellina con la quale si siede di fronte al caminetto e chiacchiera animatamente. Anna, reduce di poche ore di dormiveglia trascorse appoggiata a una poltrona posta vicino al letto del figlio, si alza con due borse sotto gli occhi e il viso pallido. La giovane, nonostante lo stress provato, sorride nel vedere Einar tranquillo e in salute accanto a Leila e, avvolgendosi uno scialle speciale, si avvicina ai tesori della sua vita.

“Einar, lo so che forse non ti va di parlarne, ma puoi dirmi perché ti hanno fatto questo e chi ti ha colpito?” chiede Anna andando al sodo, desiderosa di conoscere i mostri che avevano inferto tali ferite a un bambino.

Einar, al sentire tale quesito, si fa immediatamente scuro in volto annuvolando il sorriso che, con tanta fatica, era riuscito a riconquistare dopo quelle settimane.

“Non lo so mamma… lì lo fanno un po’ con tutti. Loro dicono che ho il corpo fragile e servono i colpi con il bastone per farmi crescere i muscoli. Io, però, mi sono ribellato!” spiega dettagliatamente Einar, sgranando gli occhi azzurri assetati di giustizia.

“Io mi sono ribellato perché non è vero! I muscoli così non crescono, l’avevo letto in un libro sul corpo umano trovato in biblioteca. Tu lo sai mamma, a me la verità piace tanto, soprattutto la scienza” aggiunge Einar cercando di convincere la madre del suo stesso pensiero.

Anna, schifata dal racconto, inizia a mangiare dentro la rabbia per quella vita che le stava togliendo tutto. Degli ufficiali ignoti, che dovrebbero offrire il miglior addestramento militare possibile, si erano trasformati in mostri giustificando la propria violenza con motivazioni subdole e insensate. Anna è convinta che dietro a quelle percosse ci fosse altro e, non contenta, prosegue:

“Certo che hai ragione tesoro! Ora io ho bisogno di sapere tutto. Anche se hai fatto qualcosa di sbagliato devi dirmelo ok? Di qualsiasi cattiva azione si tratti, io ho bisogno di sapere perché ti hanno conciato così!”

Il bambino riflette sulle parole della madre in silenzio e, proprio nel momento in cui sta per rivelare qualcosa che ha colpito la sua attenzione, Hans irrompe nella stanza dopo aver sentito l’ultima domanda.

“In quel posto hanno sempre fatto così purtroppo. Einar, l’unico consiglio che posso darti è quello di cercare di rispettare sempre le regole e non combinare guai con i tuoi compagni. Nel campo non scontano mai la violenza” afferma il sovrano con la testa china e gli occhi gonfi, distrutto nel raccontare una realtà che conosce aspramente.

“Consiglio? Regole? Violenza? Ferma, aspetta che?! Non mi vorrai dire che Einar tornerà in quel posto!” si aggiunge subito Anna perplessa e arrabbiata, sperando di aver sentito male.

“Bambini, voi giocate. Ci vediamo dopo. Anna, vieni con me…” si limita a dire il sovrano, facendo segno alla consorte di seguirlo nella loro camera matrimoniale dove, lontano dalle orecchie di tutti, possono parlare tranquillamente.

Una volta chiuso il portone del luogo, Hans si sistema nervoso il vestito elegante, sospirando amaramente per dare una brutta notizia alla moglie.

“Tu lo sai Anna che deve completare l’addestramento” dà il la lui, senza il coraggio di guardarla in viso.

“Io so?! Cosa dovrei sapere scusa?! Qui tutti sanno le cose prima di me e io adesso sono stanca Hans! Questa volta la voce in capitolo voglio averla io! E io, in quanto regina di Arendelle, rifiuto di mandare mio figlio da dei mostri!” urla allora Anna stringendo i pugni, sfogandosi di tutta la frustrazione repressa che la divora da anni.

“Nemmeno tu puoi decidere qui! La cosa è così e basta!” ordina lui con forza, alzando il mento e cercando di convincerla. Anna sente tremare la voce del marito e, pensando di poterlo ancora manipolare, continua ad alimentare il dibattito.

“Come puoi dire una cosa del genere?! Hai visto cosa gli hanno fatto?! Che razza di padre sei nell’accettare un tale trattamento per tuo figlio! A momenti ce lo ammazzano!” strilla Anna con tutta la potenza che ha in corpo, con i pugni ormai sudati per la presa e le vene sul collo, rosse e ingrossate per lo sforzo. La giovane era rimasta zitta per troppo tempo e, ora, voleva redimersi.

“Sono stato trattato così anche io Anna! Pensi che mi piaccia vedere quei graffi sul corpo di mio figlio dopo averli provati anche io?! Pensi davvero questo di me?! Pensi che non mi faccia male?!!” sbotta all’improvviso lui, scaldato dalla provocazione, trovando la forza di puntare gli occhi color smeraldo in quelli azzurri di lei. Anna rimane spiazzata dalla reazione del marito, intuendo un ipotetico segreto sul suo passato che non le era dato conoscere.

“Perché ti avevano picchiato allora? Cosa avevi fatto?” domanda Anna, incrociando le braccia al petto, sapendo di avere tutto il diritto di sapere.

Hans comprende di non avere più via di fuga e, dopo aver socchiuso gli occhi ed emesso un profondo sospiro, si siede sul letto pronto ad aprirsi con la donna che ama follemente.

“Al campo erano tutti molto severi. Io avevo 7 anni e Vincent era già il mio tutore. Al campo continuavano a spiegarci la disciplina per diventare dei bravi sovrani un giorno, ma io sentivo un forte bisogno di giocare e con me anche altri 3 o 4 bambini. Un giorno, durante una marcia compiuta in mezzo ad un bosco, notai qualcosa di strano. Quel bosco era deserto, eppure io giurai di aver visto delle persone muoversi tra i cespugli. Incuriosito mi avvicinai, aspettando il momento migliore per staccarmi dal gruppo senza che mi notassero i comandanti. Con mia sorpresa scoprii che quelli che mi stavano osservando erano due bambini che, spaventati, se la diedero a gambe. Io li rincorsi fino allo sfinimento, pregandoli di fermarsi per poter giocare con me. Nel sentire la mia richiesta loro si bloccarono e tornarono indietro chiedendomi di raccontargli la mia storia. Come dei normalissimi bambini cominciammo a giocare in modo spensierato! Nascondino, acchiapparella, schiacciarsi i piedi e mi insegnarono anche a riconoscere le bacche buone da quelle cattive. Quello fu uno dei giorni più belli della mia vita, finché il mio comandante non mi trovò e, dopo avermi trascinato via con forza, mi riempì di legnate per quel mio comportamento irresponsabile” spiega lui amareggiato, ricordando quello spiacevole avvenimento.

“Era stato un momento bellissimo eppure, mentre mi portavano via, capii che non sarei mai più stato un bambino. Per questo ti dico che dobbiamo abituarci a questa idea di Einar. Non so perché sia stato trattato così, ma conoscendolo può essere vera la sua versione e il suo forte bisogno di dire sempre la verità. La storia è questa Anna… prima l’accetti e meglio sarà!” conclude poi l’uomo, cercando di tornare serio per poter dare forza all’altra di accettare le regole.

Anna non risponde immediatamente ma si limita a respirare con affanno, fissando un punto del pavimento con occhi spalancati ed immobili, gonfi di lacrime di rabbia, risentimento e sofferenza.

“In tutti questi anni io sono sempre rimasta in una prigione” sbotta la ventritreenne senza cambiare posizione.

“Ho vissuto in una felicità apparente, governata da stupide regole subdole! E sai qual è la cosa che mi fa più male? Pensare che la vita con te mi avrebbe strappata da tutto questo…” dichiara Anna dando libero sfogo alle lacrime, ormai impossibili da trattenere.

“Anna, cosa…” prova ad inserirsi Hans, non volendo mai mettere in dubbio il loro amore.

“Non ho deciso nulla in questi anni. Non ho mai avuto il potere di niente e ora sto perdendo tutto. Non ho potere sui miei bambini, sulla mia casa, sul mio corpo, sul mio regno, su di te” lo interrompe lei, volendo andare avanti con la propria arringa. Le lacrime sono ormai impossibili da trattenere e, tra un singhiozzo e l’altro, le lascia scorrere liberamente.

“Anna, vieni qui dai… non dire questo!” la consola Hans aprendole le braccia. Questa volta, però, Anna non ha bisogno di un abbraccio, ma di consapevolezza e rifiuta il gesto rimanendo ferma.

“Ricordi la nostra prima notte? La nostra prima volta da ragazzini nel giardino del castello? La sera in cui vivemmo senza regole, concependo Einar?” chiede lei con serietà, alzando il volto e fissando gli occhi celesti sul marito.

“Quello è stato il nostro unico strappo alla regola, nonostante ci fossimo promessi di vivere liberi e felici. Odiavamo la vita di corte, i matrimoni forzati, l’etichetta e i balli obbligatori… ci eravamo promessi di non rispettare mai più regole assurde. Ci eravamo promessi di combattere insieme contro queste ingiustizie. Ci eravamo promessi di non permettere a nessuno di portarci via i nostri tesori. Ora, invece, siamo nel baratro, in trappola molto più di prima…” termina la giovane svuotando il sacco e riversando sul marito quella profonda delusione che covava dentro di sé. Non stava incolpando Hans, ma la situazione in generale che imponeva quella vita robotica e routinaria governata da burattinai invisibili.

Anna si asciuga frettolosamente gli occhi con il palmo della mano e, sentendo la necessità di rimanere da sola, si allontana dalla stanza lasciando Hans abbandonato alla propria disperazione.

L’uomo non riesce a muovere neanche un muscolo, avvertendo una lama affilata conficcata nel petto. Anna aveva ragione: stavano perdendo tutto. Hans sente una morsa allo stomaco per aver fallito in ogni sua missione. Inoltre, dentro di sé, sa di aver omesso alla moglie molte parti riguardanti il racconto di quell’episodio vissuto da bambino quando, con spensieratezza, giocò parecchie ore con due ragazzini speciali: un maschio dai capelli biondi e una femmina dalla lunga treccia bianca.
 

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Capitolo 8
*** DOLORI INFINITI ***


CAPITOLO 8
DOLORI INFINITI
 
Passano altre giornate e il principino si riprende completamente. Stare all’aria aperta, giocare con Leila e rilassarsi sono ottimi medicinali per curare la schiena e l’animo. L’unica che, però, non riesce a rialzarsi è Anna che guarda da lontano i figli intenti a correre e ridere, con la consapevolezza di poterli perdere da un momento all’altro. Quella vita non le piaceva più e neppure quel mondo ristretto che lei vedeva solo circoscritto nel proprio regno. Hans tenta più volte di avvicinarsi alla donna, provando a risollevarla pur sentendosi alquanto abbattuto. Accettare a priori una vita di obblighi non è cosa semplice e scontata, soprattutto quando avevi promesso di cambiare.

Trovato il coraggio di parlare, Hans accorcia le distanze con Anna per provare a parlarle con più tranquillità.

“Ti disturbo?” chiede lui pacato, con fare rispettoso ed educato. Anna si limita a non rispondere e, annuendo con la testa, si volta per continuare ad osservare i bambini.

“Lo so a cosa stai pensando…” inizia lui deglutendo a fatica, sentendo un groppo in gola difficile da mandare giù.

“Sì, a Einar ovviamente e alla vita disgustosa che gli stiamo dando e…” comincia a dire Anna, desiderosa di lamentarsi ancora una volta dei propri problemi.

“No, io mi riferivo a tutti i progetti di vita che ci eravamo promessi in quel giardino” la interrompe lui indicando il labirinto di eleganti cespugli che aveva custodito la loro prima volta.

Anna rimane in silenzio di fronte a quell’affermazione e, abbassando lo sguardo, comincia a mordersi le labbra dall’agitazione.

“Il problema è che non so come fare a fuggire da questa vita. Non so come fare a dire di no agli obblighi che abbiamo in quanto sovrani… io ho promesso a te e ai nostri regni di governare nei migliori dei modi, ma non mi sarei mai aspettato di dover fare così tanti sacrifici” si confida lui pentito e addolorato, consapevole di parlare di aria fritta e problemi che vorrebbe risolvere ma senza avere la minima idea di come fare.

“Ormai la nostra vita è questa… sicuramente io non smetterò mai di lottare di fronte a ciò che non ritengo giusto” aggiunge Anna con fare serio, senza muovere nemmeno un muscolo del volto.
Intenta a tagliare quello spiacevole discorso, la regina fa per allontanarsi dal giardino dirigendosi verso la famosa oasi privata che aveva racchiuso i suoi momenti con Hans.

L’uomo rimane abbandonato alle proprie parole ed impotenze, solo, di fronte a due figli che aveva messo al mondo e che non poteva proteggere. Dentro di sé sentiva una morsa allo stomaco dovuta alla tristezza e allo stesso tempo alla frustrazione, alla rabbia e all’irrequietezza che provava nel non avere più un rapporto con la propria moglie. È così che Hans, preso dall’istinto, raggiunge Anna velocemente per poi chiudersi con lei all’interno del magico giardino.

“Che cosa stai facendo?” chiede lei spaventata dall’arrivo improvviso.

“Non ce la faccio senza di te! Non ignorarmi ti prego! Io senza te non sono nessuno!” esterna lui con passione e, ansimando, spinge Anna contro la siepe cominciando a baciarla con foga. La regina cerca di staccarlo, spingendolo con tutta la forza che ha in corpo ma, quando sente la mano di lui afferrarle il seno, non riesce a resistergli, permettendo così ai propri impulsi di risvegliarsi.

Anna si comincia a slegare i lacci del corsetto mentre il marito, più che accaldato, si fionda sul collo mangiandolo con voracità. In poco tempo la pelle di Anna si tinge di rosso, un rosso irritato e infiammato a causa del tanto tempo trascorso senza nemmeno una carezza. I due continuano a baciarsi ardentemente togliendosi il respiro, si denudano con abilità per poi unirsi con estrema velocità, in piedi, contro le siepi pungenti e senza il minimo confort. Hans accelera l’intensità delle spinte, desideroso di sentire tutta la sua Anna dopo tanto tempo. Se lui pare godere del momento, la giovane strizza gli occhi e imprime le proprie unghie nella schiena del marito. Era da tanto che i due non vivevano un momento simile e, sicuramente, quella situazione improvvisata non stava piacendo molto ad Anna. Da una parte l’istinto manteneva integra la bramosia di risentire Hans dentro di sé ma, la razionalità, le intimava di allontanarsi a causa del dolore intimo che purtroppo provava.

Anna non sapeva il motivo, ma quella non era la scelta giusta e il momento appropriato per ritrovarsi. Entrambi avevano troppe questioni in sospeso tra cui, soprattutto, il destino dei propri figli. La donna stava per interrompere il rapporto e capire che cosa dire al marito quando, improvvisamente, lo strillo di una voce conosciuta pare riportarli alla realtà.

“Einar?” chiede subito Hans, riuscendo a fermarsi e staccarsi immediatamente da Anna, preoccupato dallo strano richiamo. I due finiscono per rivestirsi in fretta e furia e, senza vergognarsi del proprio aspetto disordinato, escono allo scoperto per chiedere chiarimenti alle due balie incaricate di guardare i bambini.

“Che cosa è successo?” domanda Anna sistemandosi i capelli velocemente, cercando di rimetterli al loro posto nonostante i nodi.

“La principessina si è fatta un brutto graffio e pare essere caduta. Ora è lì con il fratello e il medico che abbiamo subito chiamato” risponde la serva inchinandosi ai sovrani che corrono così nella direzione del richiamo. Giunti nel mezzo di un grande giardino verde, però, la scena non sembra allarmante. Leila, seduta a terra, aveva un taglio sulla gamba che il medico stava curando e disinfettando con estrema cura.

“Einar, tranquillo!” dice la piccola Leila, non interessandosi della ferita ma del fratello maggiore impanicato di fronte a sé.

“Scusami, scusami non volevo! Te lo giuro!” continua a sussurrare Einar tremante, portandosi le mani alla bocca e mordendosi le unghie in modo frenetico.

“Bambini, cosa è accaduto?!” chiede Hans non riuscendo a capire.

“Niente, Einar per sbaglio mi ha spinta e io mi sono tagliata su quel sasso, ma lui non ha fatto apposta! Gliel’ho detto di calmarsi ma non mi ascolta!” spiega la piccolina dagli occhi azzurri ricevendo una carezza da Anna che, inginocchiatasi accanto al dottore, constata la non pericolosità dell’accaduto.

“Hey, Einar, va tutto bene capito? Stavate solo giocando e può succedere!” prova a tranquillizzarlo Hans, facendogli segno di calmarsi con la mano e provando ad avvicinarsi a lui.

“No! No! Mi hanno detto che non può succedere! NON PUO’ SUCCEDERE!” urla il piccoletto distrutto psicologicamente per un evento accidentale che lo stava intimorendo più del previsto.
Hans e Anna si scambiano uno sguardo attoniti, non sapendo come reagire di fronte al panico del figlio.

È la madre che, con delicatezza, riprova ad accorciare le distanze con austerità e convinzione. Anna, infatti, si alza all’improvviso e, correndo, raggiunge il figlio intento a schivarla per poi afferrarlo e stringerlo in un abbraccio nonostante la sua opposizione. Einar prova a strapparsi di dosso le braccia della madre, graffiandola per poi, finalmente, cedere al potere e all’amore e accoccolarsi al suo petto. Il temporale pare spegnersi tutto d’un tratto e i due, stanchi e scossi dall’accaduto, si lasciano cadere sul prato senza però mollare la presa. Einar si accascia al petto di Anna rannicchiandosi tra le sue braccia come faceva da piccolo per cercare più protezione e, finalmente, si lascia andare ad un profondo sospiro. Anna, sconvolta dall’avvenimento, comincia ad oscillare orizzontalmente ed appoggia una mano sulla testa del figlio, accarezzandogli i folti capelli rossi. Lei non sapeva il motivo di quell’imprevisto ma, sicuramente, tutto era sintomo dell’ansia che il piccolo viveva nei confronti dell’addestramento.

“Mamma, non so cosa mi sia successo, ma non lasciarmi mai ti prego!” sussurra il bambino continuando a distendere il diaframma, per nulla stanco di ricevere quell’affetto che gli era stato privato con la forza.

“Einar, io ti proteggerò sempre. Te lo prometto!” risponde Anna con dolcezza, per poi posargli un bacio sul capo continuando a cullarlo, risentendo quel calore che solo una madre può provare per il frutto del proprio grembo.

Nel frattempo Hans si chiude in una stanza con Vincent parlando dettagliatamente di ciò che era appena successo.

“Il bambino deve tornare al campo stasera stessa! I suoi addestratori stanno già reclamando vista la prolungata assenza che tua moglie ha causato” dice con serietà Vincent, girando le spalle al fratello e fissando il paesaggio fuori da una finestra.

“Non era desiderio solo di Anna, ma anche mio. Non ce la faccio a vedere mio figlio sofferente! La reazione di oggi poi, siamo proprio sicuri che questa sia la strada giusta per lui?” domanda Hans terrorizzato e titubante di fronte a quella scelta.

Vincent socchiude gli occhi e, addolorato dalla situazione, non può che replicare con tranquillità: “lo sappiamo dal primo momento Hans. Non hai bisogno della mia risposta… tu la sai già”

Hans non riesce ad aggiungere altro e, affranto, si dirige fuori intenzionato a rimanere solo di fronte alla cattiveria della vita.  

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Capitolo 9
*** DA OGGI IL DESTINO APPARTIENE A ME ***


  • Riassunto…

Ciao a tutti! So bene di non aggiornare da parecchio tempo, motivo per cui vi scriverò qualche riga di riassunto in modo da collegarsi al meglio con il nuovo capitolo.
Anna ed Elsa sono due sorelle separate da diverso tempo che non conoscono la reciproca esistenza. Elsa, abbandonata alle cure dei Northuldri all’età di 8 anni, vive serenamente in armonia con gli amici, tra cui Kristoff e gli spiriti della natura. Elsa ricorda i propri genitori e sogna di poterli rincontrare ma, a causa di una magia dei Trolls ha dimenticato le proprie origini regali e l’esistenza di sua sorella minore Anna. I sovrani Iduna e Agnarr, infatti, furono costretti a separarsi da Elsa e a cancellare per sempre il suo ricordo da Arendelle, da sempre visto come il regno del protocollo e della potenza contrario alla magia. I genitori, quindi, accettarono di donare una nuova vita a Elsa in modo da evitarne l’uccisione a causa dei poteri magici e Iduna, grazie a un coprispalle magico, potrà ricordare per sempre della figlia e del dolore conseguente la sua perdita.
 Anna, la secondogenita, cresce come unica erede al trono di Arendelle e vive da sempre un rapporto di ansia e repulsione nei confronti delle regole che la vogliono vedere sposata e dedita all’etichetta. Durante il suo sedicesimo anno di vita, però, Anna incontrerà Hans un giovane ragazzo della medesima età che le confida le proprie difficoltà. Hans, infatti, rimasto orfano di madre durante il parto, viene cresciuto dal fratello maggiore Vincent che si aspetta da lui grandi risultati. Uniti dai sentimenti e da una storia comune, i due ragazzi cedono all’amore ingenuamente, concependo un bambino.
Anna, intimorita dalla gravidanza e dal giudizio dei parenti, non riesce a confidare il segreto ai genitori che partono per un viaggio in nave perdendo la vita. Anna, distrutta dalla notizia e senza nessun parente, si affida ad Hans, unico spiraglio di luce della propria vita, chiedendogli di sposarla e di governare il suo regno.
Qualche anno dopo Anna, Hans, il figlio maggiore Einar e la minore Leila di cinque anni, vivono la propria vita serenamente quando, ormai raggiunto il settimo compleanno, Einar è obbligato a partire per il campo d’addestramento. Pur contraria alla procedura e al dannato protocollo, Anna attende il rientro del figlio scontrandosi spesso con il cognato Vincent, vero sovrano della loro casa. Einar, durante una pausa dal servizio, torna a far visita al castello mostrandosi estremamente serio e spaventato. Anna, infatti, scopre le percosse e i lividi sul corpo del figlio e inizia ad alterarsi e imporsi per non farlo più tornare al campo.
Ed ora eccoci all’ultimo capitolo: Einar si riprende dalle proprie ferite e gioca tranquillamente con la sorellina. Anna e Hans cercano di riavvicinarsi nonostante le tensioni, confidandosi rispettive ansie e timori. Anna vorrebbe che il marito proibisse l’addestramento del figlio e rimpiange il primo incontro nel quale si erano promessi di vivere lontano dal protocollo e dagli obblighi di corte. Hans, da parte sua, risponde di non poter far niente avendo avuto anche lui l’obbligo, da piccolo, di ricevere l’addestramento. Il padre, infatti, soffre nel vedere il figlio picchiato e ricorda la volta in cui ricevette anche lui le percosse visto il suo allontanamento dal campo per giocare con due bambini biondi che vivevano nella foresta, rispettivamente Elsa e Kristoff. Il capitolo si conclude con l’ulteriore crisi di Einar che, mentre gioca con la sorella, finisce per spaventarsi della propria forza fisica che gli stavano insegnando ad utilizzare al campo.

 

CAPITOLO 9

DA OGGI IL DESTINO APPARTIENE A ME


Einar, dopo l’attacco di panico appena vissuto, riesce finalmente a rilassarsi abbandonandosi completamente alla cura materna. Anna continua a cullare il proprio bambino stringendolo forte a sé come a volerlo proteggere e racchiudere di nuovo nel proprio grembo, dove lo sentiva protetto e totalmente suo. Einar era stato la sua grande rivincita e l’unica forza in grado di tenerla in vita dopo la morte dei suoi genitori all’età di 16 anni. Einar era suo amico, suo figlio, suo confidente e sua fortezza nella quale si rifugiava nei momenti bui. Ora, vedere il proprio piccolo fragile schiacciato da un peso che non dovrebbe neppure conoscere, le fa sentire su di sé l’alito stagnante di quel passato che l’aveva costretta a crescere troppo in fretta e, improvvisamente, la responsabilità dell’essere madre le grava sulle spalle.

“Mamma…” chiede gentilmente Leila, avvicinandosi alla donna con rispetto, per nulla gelosa delle cure rivolte al fratello, nonostante i cinque anni d’età.

“Amore mio, scusami! Ti esce sangue dalla ferita! Ora andiamo a ripulirci d’accordo?” risponde dolcemente Anna, alzandosi in piedi e sostenendo tra le braccia il figlio addormentato.

“Vostra maestà, permetteteci di pensare alla bambina…” si propone una dama di compagnia, premurosa e rispettosa della regina.

“No, ai miei figli voglio badarci io” taglia corto Anna, porgendo una mano a Leila e caricandosi il peso di Einar sulla spalla.

“Ci consenta almeno di portare il principino a letto, il suo peso non giova alla sua schiena!” commenta ancora una governante, molto più seria delle colleghe visto il ruolo manageriale. Anna rimane nauseata, per l’ennesima volta, da quell’affermazione pressante. La regina non ne sapeva il motivo, ma dentro di sé percepiva di essere satura di tutta quella formalità eccessiva che controllava la sua vita dalla nascita.

“Mi spaccherei la schiena tutti i giorni per loro, pur di fare la madre!” conclude Anna con fermezza e austerità, mostrando un leggero ghigno di rabbia, per poi allontanarsi e dedicarsi ai propri bambini.

Dopo aver rimboccato le coperte al principino, Anna afferra di nuovo la mano della piccina per poi indirizzarla verso una tinozza d’acqua pulita.

“E ora, pensiamo solo a noi due va bene?” dice Anna con dolcezza, prendendo in braccio la bambina e posandola su una cassettiera, vicina alla fonte d’acqua.

La giovane mamma con gentilezza e tocco sensibile, comincia a ripulire il graffio di Leila stupita dalla maturità della bambina che non osa lamentarsi.

Anna solleva lo sguardo per poi specchiarsi negli occhi della sua piccola che ricambia il gesto.

“Che cosa è successo prima? Perché Einar si è comportato così?” chiede Anna, desiderosa di andare a fondo della vicenda.

“Non lo so, stavamo giocando a tiro alla fune e lui ad un certo punto ha tirato fortissimo facendomi cadere. È stato veloce e forte e anche lui si è spaventato. Io mi sono rialzata e quando ha visto il mio graffio si è guardato le mani e ha urlato” spiega dettagliatamente la piccola, mentre Anna le avvolge un panno attorno al taglio.

“Era spaventato della sua forza quindi?” chiede conferma nuovamente Anna, comprendendo la paura del figlio che, a causa del disumano addestramento, stava veramente rinforzando i propri muscoli.

“Sì, molto… ma io gli ho detto che doveva stare tranquillo!” risponde la piccina, intenzionata a non preoccupare la madre.

“Tu Leila non hai pianto?” chiede allora Anna, posizionandosi davanti a lei ed accarezzandole la gamba.

“No, perché sono forte anche io” dice la bambina con coraggio, gonfiando il petto e aggrottando le sopracciglia.

“Tu sei sempre stata una leonessa piccola mia” constata Anna, sfiorandole una guancia e contemplando quella meravigliosa gemma che aveva lottato molto per vivere.
 
Cinque anni prima…

Una giovane Anna di soli 18 anni sedeva a un tavolo insieme alle proprie cognate con cui era solita cenare ogni venerdì. La regina detestava quell’incontro perché entrava in contatto con il lusso e la mondanità di donne che trascorrevano le proprie giornate vivendo in modo dissoluto, abbandonandosi ai piaceri della vita.

Anna era diversa da ognuna di loro e non condivideva nulla con quelle pettegole. Anna era sempre stata umile, nonostante il titolo regale e si era sempre prodigata per il prossimo, donando tutto ciò che possiede a chi ne necessita.

“Anna, hai svolto l’immersione nella vasca di oli in questi giorni? Rigenera la pelle e ci sembri un po’ sciupata” commenta Katrina, la moglie di Ergus, quinto fratello di Hans.

“Non l’hai saputo?! Anna anche questo mese non ha rispettato i suoi compiti” si inserisce un’altra arpia, storcendo il naso verso la cognata.

Anna, nell’avvertire tale consueta affermazione, sente il corpo divamparle di calore e il cuore esploderle nel petto. Erano, infatti, esattamente due anni che insistevano su quel discorso e sulla sua inettitudine.

“Hai di nuovo le mestruazioni? Quando ti deciderai a rimanere incinta? Il regno necessita di un altro erede per confermare la discendenza!” la rimprovera Katrina, sbattendo un pugno sul tavolo.

“Se non rimani incinta significa che non soddisfi Hans. Ricordati Anna che il tuo compito in quanto moglie è quello di offrire piacere e ristoro a tuo marito e sovrano!” aggiunge la terza donna con voce stridula e fastidiosa.

“Il principe Einar ha quasi due anni d’età e tu non sei ancora gravida, nonostante il periodo di massima fertilità nel quale ti trovi. Bada bene Anna! Vedi di procreare, o verrai etichettata come infeconda e impura!” la etichetta nuovamente la moglie di Ellor, quarto fratello di Hans.

A sentire l’ennesimo rimprovero, Anna si alza immediatamente lasciando la stanza di corsa. La regina corre il più velocemente possibile, stanca di tutto quel peso e quello sguardo opprimente sulla propria vita. La regina accelera sempre di più, non badando alle lacrime che ormai offuscano i suoi occhi quando, improvvisamente, si imbatte in una persona che la stringe a sé.

“Anna! Cosa succede?! Dove stai andando?!” domanda Hans preoccupato, proteggendola tra le proprie braccia.

Anna si aggrappa agli abiti di lui, abbandonandosi a un singhiozzo liberatorio che soffocava da tempo.

“Le tue cognate! Dicono che sono impura, che non mi occupo di te! Dicono che sono indegna e sporca perché non rimango incinta!” si sfoga lei liberandosi dal fardello.

“Che cosa?! Perché non me l’hai detto?!” chiede lui scioccato, staccandola leggermente per osservarla in volto.

“Non volevo deluderti! Alla fine questo è un mio compito e non lo sto assumendo a quanto pare!” risponde Anna, dimostrando una debolezza fin troppo evidente che Hans vuole sistemare.

“Non osare mai più dire una cosa del genere Anna! Siamo sposati, ma siamo uguali! Se avessi saputo che tutte le notti vissute finora ti logoravano, avrei rinunciato alla carnalità per tutto il tempo necessario! D’ora in poi non incontrerai più le cognate e mi preoccuperò di ammonirle personalmente. Il bambino arriverà quando sarà il momento, abbiamo già avuto Einar in giovane età! La corsa alla discendenza non è del tutto vera!” la tranquillizza Hans, per poi baciarla dolcemente sulla guancia e stringerla di nuovo a sé.

Fu così che Leila venne al mondo, dopo due anni di stress e tentativi insensati che avevano traumatizzato Anna a causa di alcune assurdità inculcatole dalle cognate. Il parto della regina fu problematico e pericoloso: un vero e proprio incubo che la regina non riuscì a cancellare dalla mente ma che si tramutò in un miracolo.

“Re Hans, la regina non sta bene!” esclama un dottore chiamando il sovrano fuori dalla porta, allontanandosi dal letto di Anna per non preoccuparla.

“Che cosa intende?!” chiede Hans avvertendo il cuore in gola.

“La regina ha una brutta febbre e il bambino non è nella giusta posizione per uscire. Non sappiamo come fare! Speriamo che questo possa sforzarsi e girarsi nella maniera corretta o…” continua il dottore spaventato, inesperto sull’argomento a causa del periodo storico poco informato sulla questione. Il tasso di mortalità, infatti, era piuttosto elevato e ciò che il dottore stava per dire colpisce Hans al fianco scoperto.

“O… rischiano di morire entrambi” taglia corto il medico, per poi tornare operativo vicino ad Anna nella speranza di poter intervenire.

“Anna ti prego, tieni duro!” afferma Hans correndole appresso e apponendo del ghiaccio fresco sulla fronte sudata e bollente di lei.

“Andrà tutto bene, lei è forte” risponde Anna con una strana tranquillità che nessuno riesce a spiegarsi.

“Lei?” chiede il sovrano, non avendo le possibilità tecniche di scoprire il sesso dei nascituri.

“Sì… è una bambina. Stanotte ho visto mia madre in sogno e aveva in braccio la bambina” dice Anna con gli occhi semi aperti e un sorriso debole sulle labbra. I presenti, nel sentirle pronunciare tali parole, incolpano la febbre delle sue allucinazioni, per poi concentrarsi sul parto.

Ciò che successe, però, scioccò tutti i presenti perché bastò una sola spinta di Anna per permettere alla creatura di venire al mondo.

“Vostra maestà…è una bambina…per davvero!” comunica il dottore scioccato, osservando la piccola che aveva il volto estremamente arrossato e le braccine innalzate attorno al viso che l’aveva riparata dal cordone ombelicale che, nei continui movimenti, si stava per aggrovigliare al collo.

Anna ansimò e osservò la piccola che strillava con una potenza tale da invadere tutta la stanza e l’ambiente circostante.

“Leila, lei è Leila ed è la bambina più forte del mondo” dichiara Anna appoggiandola al seno, sconvolta positivamente da quella piccola forza della natura.

Presente…

Anna abbraccia la piccina seduta ancora sulla cassettiera, tenendola tra le sue braccia e permettendole di appoggiare la fulva testolina sulla sua spalla.

“Domani che ne dici di passare tutta la giornata insieme? Io, te ed Einar?” le propone la mamma, desiderosa di gustarsi pienamente i propri figli.

“Ma domani viene Johanna per farmi scrivere!” risponde Leila, consapevole degli innumerevoli obblighi di palazzo.

“Non ci andrai più piccola mia. D’ora in poi voglio occuparmi io di te e insegnarti la bellezza del mondo attraverso il gioco e il tempo insieme” dichiara la regina con forza, finalmente intenzionata a gestire la propria vita, impedendo a chiunque altro di decidere per lei.

Leila non può che sorridere estasiata, per poi stringere le proprie braccia al collo della mamma in segno di gratitudine. Anna accetta il gesto con dolcezza, chiudendo gli occhi e gustandosi il momento senza sapere che, nell’altra parte del castello, Vincent e Hans stavano portando via Einar.

Fuori dal castello, infatti, una carrozza era già pronta a ritirare il principino per continuare il suo addestramento.

“Padre, tu mi vuoi bene?” domanda Einar stringendo la mano di Hans, mentre Vincent saluta il tenente intento a scendere dal trasporto.

Hans, con le lacrime agli occhi, avverte un macigno colpirgli il cuore e quella manina che stringe nella propria, la vorrebbe incollare per non permettere più ad altre persone di toccargli la persona più importante della sua vita. Hans nega le lacrime cacciandole indietro, desideroso di nascondere la propria sofferenza al figlio per non intimorirlo.

“Einar, figlio mio… tu sei la cosa più bella della mia vita e ti prometto che non ti accadrà più nulla di male! Ho contattato il campo e non oseranno più trattarti in quel modo. Tu devi essere coraggioso e forte. Solo così diventerai un bravissimo re…sicuramente migliore di me” comunica Hans, inginocchiandosi di fronte al figlio, senza interrompere il contatto delle loro mani.

“Salutami tanto la mamma e Leila. So che soffriranno, ma non le ho volute salutare perché altrimenti piangerei…e non posso essere debole” aggiunge Einar afflitto dalla sua scelta generosa.

“Tu devi essere debole e puoi piangere quanto vuoi! Se questo è il tuo desiderio non ti ostacolerò, ricorda però di mantenere sempre l’animo buono e altruista che possiedi. Ti voglio bene figlio mio!” conclude poi Hans, aprendo le braccia al figlio che ci si fionda immediatamente, seppur con un atteggiamento composto.

“Ti voglio bene anche io, papà” risponde delicatamente Einar, assaporando uno dei pochi momenti affettuosi che viveva con il proprio genitore.

La notte cala velocemente su Arendelle e Anna, felice delle proprie scelte, si dirige verso la camera del figlio inconsapevole della sua assenza. La regina sorride e avverte su di sé una forza che non aveva mai utilizzato prima. Da quella sera, infatti, lei non sarebbe più stata debole e avrebbe comandato e gestito la propria vita con privata giurisdizione.

“Einar, come ti senti? Andiamo a cen…” si interrompe subito la sovrana, trovando il letto vuoto e già sistemato.

Probabilmente Einar si era alzato a leggere o a giocare senza dire nulla a nessuno, ma la cosa turba profondamente Anna che comincia ad ipotizzare quello che sperava non potesse più avvenire.

Impettita e irosa, Anna corre verso la sala dei commensali dove Hans e Vincent sono già seduti in attesa della cena.

Anna spalanca i maestosi portoni di legno con irruenza, noncurante dell’estremo rumore causato con tale gesto.

“Lui dov’è?!” urla lei con le vene in evidenza lungo il proprio collo.

Nessuna risposta.

“LUI DOV’È?!” insiste nuovamente lei, alzando ancora di più la voce in modo da renderla stridula, aggressiva e addirittura strozzata.

“Einar è stato rispedito al campo come richiesto dai tenenti, mia cara cognata” risponde Vincent puramente a suo agio con la situazione, inspirando profondamente il profumo del vino versato nel proprio calice.

“Senza farmelo salutare?! Io non volevo che partisse! Sono io sua madre!” esclama Anna su tutte le furie, colpendosi il petto con un pugno e facendo sobbalzare la propria voce a causa della violenza utilizzata.

“Ora smettila! Da quando sei diventata madre hai sempre voluto avere libertà di scelta sui tuoi figli e non esiste che sia così! Io ho cresciuto mio fratello senza alcuna figura femminile e nessuno può allontanare un uomo dal suo destino!” la rimprovera aspramente Vincent, alzandosi in piedi e appoggiando pesantemente le mani sul tavolo, tutto sotto lo sguardo assente di Hans che non riesce a riprendersi.

“E tu che cosa ne sai del destino di un bambino? Soprattutto dal momento che non hai nemmeno capito quale sia il tuo!” si limita a rispondere Anna stringendo i pugni, per poi allontanarsi dalla sala rifiutando la cena per dirigersi in altre stanze dopo la frecciatina lanciata al cognato che le faceva da tutore dalla morte dei genitori.

Hans, nel vedere la reazione della moglie, si alza in piedi di scatto correndole dietro continuando a chiamare il suo nome inutilmente. Hans percorre qualche corridoio per poi ansimare e bloccare con un braccio la ragazza che lo stava volutamente ignorando.

“Lasciami stare Hans” reagisce lei scrollandoselo di dosso. Lei così insicura e fragile non aveva mai rifiutato un suo tocco, un tocco che reputava capace di proteggerla. Ora, invece, aveva intenzione di imparare a prendersi cura di sé stessa e non cascare più nella trappola.

“Ho sempre saputo che eri un debole” si limita ad ammonirlo lei, schifata da quell’uomo infranto che non era riuscito a dissuadere il fratello e il regno dall’attaccamento all’etichetta.

Hans non riesce a ribattere, sentendosi pugnalato in pieno stomaco. Il sovrano guarda la propria moglie allontanarsi, consapevole che d’ora in avanti, avrebbe fatto molta fatica a riconquistarla.

Quella notte il castello si addormenta più presto del solito a causa del clima spiacevole appena creatosi. Anna, distrutta e furente per l’avvenimento, decide di passare la notte lontana da Hans, proprio nella camera del suo amato Einar.

Stringendo a sé un coprispalle della madre, la ragazza non riesce a prendere sonno, costantemente attraversata da sensazioni di terrore e pensieri terrificanti riguardanti il suo bambino.

Convinta di trascorrere la notte in bianco, la regina prende l’iniziativa di alzarsi e percorrere avanti e indietro quelle piccole mura che le ricordavano il figlio. Anna osserva le pareti azzurre, le lenzuola celesti, i libri di storia, le pietre preziose e una finestra particolarmente speciale dalla quale Einar osservava il cielo e i meravigliosi colori della natura che tanto amava. Anna si avvicina al piccolo spiraglio di luce per poi contemplare il riflesso della luna sul fiordo. È automatico il pensiero che subito le si cristallizza in mente: quel castello, quel regno, la stavano affossando e soffocando. Tutto le pare improvvisamente minuscolo e avverte una morsa al collo dalla quale risulta impossibile divincolarsi.

“Voglio riprendere in mano la mia vita” afferma con convinzione Anna, intenta a riguadagnarsi la propria libertà.

La regina attraversa i corridoi in punta di piedi, cercando di non svegliare nessuno. Giunta vicino ad una stanza ben nota, la ragazza vi entra dentro facendo il minimo rumore, per poi aprire un armadio e arraffare qualche indumento e provvista.

“Mamma, che cosa stai facendo?” chiede la piccola Leila strofinandosi gli occhi, svegliata dalla presenza materna.

“Alzati Leila, ce ne andiamo” risponde prontamente Anna chiudendo la robusta borsa in pelle e avvicinandosi al letto della piccola.

“Dove andiamo!?” domanda Leila incurvando le sopracciglia, stranita dalla proposta.

“Andiamo a riprenderci Einar!” risponde con fermezza Anna, decisa a compiere per la prima volta una delle sue più grandi autonome decisioni.

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Capitolo 10
*** DENTRO LA NEBBIA ***


CAPITOLO 10
DENTRO LA NEBBIA

 
Il popolo dei Northuldri viveva le proprie giornate intensamente, traendo beneficio dai doni della natura. L’aspetto migliore del loro stile di vita era la condivisione di beni, avventure, calore ed esperienze in modo da sentirsi tutti appartenenti a un’unica grande famiglia.

La sera, terminate le attività giornaliere, i Northuldri si radunavano intorno a immensi falò per scambiarsi due parole confortanti e bere infusi interamente preparati da loro.

“Belle fanciulle, io parto” esclama il biondo Kristoff preparando la propria slitta trainata dalla fedele renna Sven.

“Esci dalla nebbia?! Di nuovo?!” chiede Honeymaren preoccupata per quella visita esterna che ogni tanto l’amico doveva svolgere.

“Non dovete avere così tanta paura del mondo che c’è lì fuori! Non tutte le persone sono contrarie alla magia e alla comunione tra le popolazioni!” si lamenta Kristoff, aprendo le braccia con tranquillità.

“La prudenza non è mai troppa…” si inserisce Jelena, giunta sul posto per salutare colui che equipara a un figlio.

“Tu ed Elsa lo dovreste sapere bene. Entrambi avete dovuto lasciare le vostre famiglie per colpa della discordia umana e da piccoli avete anche rischiato la vita” spiega ancora l’anziana con tono austero.

“Ma… il bambino con cui avevamo giocato non era cattivo” si aggiunge Elsa intimidita dalla situazione.

“Quel bambino è ora diventato un sovrano che, come tutti i suoi simili, non conosce l’esistenza della magia e probabilmente non ne tollera la parola! Le persone, Elsa, possono anche essere buone, ma se la cultura in cui sono immerse le porta a giudicare nociva una tal cosa, risulterà loro impossibile discernere il bene dal male” conclude Jelena per poi posare una mano sulla spalla di Kristoff e augurargli buon viaggio.

Il giovane attraversa la nebbia titubante, abbassando lo sguardo e ripensando al proprio doloroso passato.

Molti anni prima…

“Mamma! Guarda che bella stalattite!” esclama un bambino di circa 6 anni, indicando una meravigliosa scultura di ghiaccio naturale che pendeva dal tetto della propria casa.

“Veramente stupenda! Sarebbe bello riuscire a conservare il ghiaccio per sempre vero? Senza sciogliersi!” risponde una donna dalla chioma castana legata in una fascia, appoggiando una mano sulla spalla del figlio.

“Ma io da grande ci riuscirò mamma! Andrò a tagliare il ghiaccio come papà e troverò un modo per crearti la statua ghiacciata più bella del mondo!” continua il piccoletto, aprendo le braccia ed enfatizzando con la voce il proprio importante desiderio.

“Sei molto dolce mio piccolo Kristoff. Ora vieni dentro, fa freddo e la minestra è quasi pronta” comunica la donna dai profondi occhi castani, arruffando i capelli del bambino che si appresta a seguirla con il sorriso sulle labbra.

La cena dei due trascorre piacevolmente all’interno del casolare. La famiglia di Kristoff, ordinaria e semplice, era particolarmente povera ma riusciva a trarre vantaggio da tutto ciò che la terra e il duro lavoro offriva loro. La casa, costruita in legno, aveva un piccolo soppalco dove Kristoff e suo fratello maggiore Olsen si coricavano.

“Perché ci mettono tanto a tornare dal lavoro?” chiede il piccolo biondino, pulendosi la bocca dal residuo di verdura.

La madre, però, si limita a non rispondere e, intimorita, tende l’orecchio verso l’esterno dove avverte l’arrivo di un passo pesante e trascinato.

Mylena, questo il dolce nome della fanciulla, abbandona velocemente la propria scodella sul tavolo, la quale comincia a roteare come una trottola facendo strabordare il brodo che si riversa disordinatamente sulla sedia.

“Kiros! Che cosa ti è successo?!” esclama la donna spaventata, aprendo la porta e correndo incontro a suo marito zoppicante.

L’uomo, umile venditore di ghiaccio, preme la mano sulla gamba destra inerme e abbandonata dal resto del corpo, lasciando dietro di sé una lunga scia di sangue.

“Che cosa è successo?! Dov’è Olsen?!” domanda allora la donna terrorizzata, guardandosi intorno nella speranza di veder comparire il figlio maggiore di tredici anni.

“L’hanno preso…” riesce a biascicare l’uomo, singhiozzando per il dolore provocato dalla ferita alla gamba e, soprattutto, da quella nel cuore per aver assistito all’allontanamento del primogenito.

“Come l’hanno preso?! Chi?!” chiede Mylena scuotendo il marito per non farlo addormentare, distrutta dall’idea di non avere lì il piccolo Olsen.

“Le guardie in protesta! Hanno intensificato i controlli sulla magia! Pensano che Olsen abbia dei poteri e me l’hanno strappato dalle braccia mentre tagliavamo il ghiaccio!” descrive il genitore, lasciando scorrere alcune lacrime mentre cerca di gestire il respiro per continuare il discorso.

“Ho fatto di tutto per impedirlo, addirittura scagliare dei pezzi di ghiaccio per fermare i loro cavalli, ma ho finito solo per guadagnarmi una pugnalata alla gamba”

“Non possono averlo preso! Non possono! Cosa dicono i sovrani di Arendelle?! Non è possibile che lascino tutto così!” si lamenta la donna, cercando appiglio sui dolci sovrani che ha sempre rispettato.

“Loro non possono fare niente Mylena! Presto scopriranno anche della principessa e la strapperanno via proprio come hanno fatto con Olsen! I nostri sovrani non possono opporsi al regime legislativo dei secoli addietro!” ribadisce il marito appoggiandosi alla spalla della moglie e cercando di rialzarsi.

“Non puoi muoverti in queste condizioni! Dove credi di andare?!” lo blocca immediatamente la moglie, trovandosi però di fronte opposizione.

“Non hai capito Mylena?! Stanno venendo a cercare tutti! Dobbiamo chiedere aiuto ai trolls e portare via Kristoff o rischieremo di perdere anche lui!” urla Kiros, affondando le unghie nel mantello di lana della moglie e guardandola intensamente negli occhi, desideroso di convincerla a dargli ascolto.

Impossibile tenere nascosto la faccenda al piccolo Kristoff che, come qualsiasi bambino incuriosito, osserva la scena ansimante dalla finestra. Il respiro affannato e caldo appanna il vetro della finestra e le sue mani sudano a contatto con il materiale ghiacciato. Kristoff comprende di non avere altra scelta e, facendosi improvvisamente coraggioso, indossa un berretto e una giaccia correndo ad aprire la stalla dove dormivano beatamente le loro quattro renne: Blitz, Dasher, Frozen e il nuovo arrivato Sven.

“Bravissimo tesoro, aiutiamo papà a salire sulla slitta” comunica la madre, invitando Kristoff a trascinare il padre sull’affezionato mezzo.

“Kristoff, prendi il piccolo Sven e tienilo abbracciato a te. Te lo regalo e dovrà essere il tuo migliore amico capito?!” esordisce l’uomo facendo segno al bambino di correre a prendere la nuova renna. Kiros, infatti, aveva già compreso che quello sarebbe stato l’ultimo incontro con suo figlio, motivo per cui voleva donargli il tesoro più prezioso della loro povera famiglia.

Il viaggio gestito dalle veloci renne consente alla famiglia di arrivare velocemente alla collina dei Trolls dove, già esperti del luogo e della magia, bussano tre volte su una roccia sentendo poi il terreno tremare.

“Vi prego, diteci che cosa sta accadendo e che cosa dobbiamo fare!” dice disperata Mylena, inginocchiandosi a Granpapà implorando aiuto.

“Mia cara, io so che voi credete nella magia, motivo per cui riuscite a vederci e siete a conoscenza della nostra presenza e solo questo è un motivo forte che vi mette in pericolo. Presto ci sarà una vera e propria guerra. In questi anni gli antichi governanti hanno aumentato le restrizioni sulla magia, arrivando a creare una vera e propria persecuzione. Il vostro Olsen è stato preso in quanto, probabilmente, portatore di qualche dote magica che voi non conoscete e pure Kristoff potrebbe celarne in sé. Ci occuperemo di lui con ogni premura, sperando di potervelo riportare un giorno” spiega il capo dei Trolls, invitando il bambino e la piccola renna a farsi avanti.

“Mamma…” sussurra Kristoff con le lacrime agli occhi, avvicinandosi alla donna che non esita a stringerlo tra le proprie braccia.

“Devi essere forte Kristoff, questo non è un addio! Un giorno ci rivedremo te lo prometto! Guarda il piccolo Sven, ricordati ciò che ti ho detto: se tu ti prenderai cura di lui, vedrai che riceverai lo stesso!” si aggiunge il padre ottenendo la propria parte di abbraccio.

“Posso darvi queste due pozioni. Una farà migliorare la tua ferita alla gamba e l’altra è volta ad attenuare il dolore che state provando per questa separazione” conclude poi Granpapà, consegnando due fialette ai forestieri che si allontanano ringraziando infinitamente.

Kristoff trascorre ancora due anni in compagnia dei trolls finché, una sera, non assiste da lontano a un incontro tra Granpapà e i sovrani di Arendelle che, disperati, sembrano dire addio alla figlia addormentata. La vista della scena apre in Kristoff una profonda ferita che era riuscito a rimuovere in due anni. Vedeva sé nella sua coetanea Elsa che, addormentata, non avrebbe più rivisto i genitori al proprio risveglio.

“Kristoff!” esclama Granpapà una volta salutata la famiglia, affidata alle cure di Jelena, vedendosi comparire il bambino dai cespugli adiacenti.

“Dove portano la bambina?” chiede subito lui curioso, non capendo la situazione.

“In un posto magico, oltre la nebbia che divide il mondo senza magia dai Northuldri” spiega Granpapà guardandosi intorno preoccupato, facendo segno al bambino di accelerare il passo per tornare alla collina.

“Anche io voglio andarci!” si blocca subito Kristoff, fischiando e invitando Sven ad avvicinarsi a lui.

“Perché ci vorresti andare?” chiede pensieroso il troll, consapevole di avere di fronte, però, una nuova opportunità per il bambino.

“Perché anche io ho sofferto tanto come quella bambina e voglio aiutarla a non avere paura! Voglio starle vicina e diventare suo amico!” motiva animatamente il giovanotto che colpisce profondamente l’essere di pietra.

“Caro Kristoff, devi sapere che in quel luogo possono accedere solo i Northuldri… ma anche tutte le persone pure di cuore proprio come te. Possiedi dentro di te un amore grande piccolo ometto e sono sicuro che là potrai trovare la tua vera dimensione. Accolgo piacevolmente la tua richiesta Kristoff… ti accompagno dai Northuldri” conclude Granpapà, porgendo la manina al bambino che non esita ad accettarla.

Da quel giorno Kristoff diventò un vero e proprio Northuldro, seppur inconsapevole, grazie a una pozione di Granpapà, di avere come migliore amica Elsa: la futura regina di Arendelle.

Presente…

“Mammina?” sussurra Leila tremante, intenta a camminare nel bosco da molto tempo.

“Tieni duro piccola, sono sicura che presto troveremo un posto dove fermarci” risponde Anna facendosi luce con una fiaccola, per poi chinarsi sulla bambina donandole uno scialle viola con cui coprirsi ulteriormente.

“Lo scialle della nonna?” domanda la piccina avvolgendosi nel morbido tessuto.

“Sì, vedrai che con quello ti sentirai meglio. A me ha sempre aiutato” le sorride Anna celando la propria paura e il senso di colpa che la stava divorando.

A causa della sua pazza idea di fuga ora stava facendo morire di freddo la figlia, in mezzo ad un bosco nel pieno della notte. Che cosa le era passato in mente?

Anna pensava di tornare indietro, di arrendersi e confidare la sua motivazione a Hans, per poi continuare imperterrita la ricerca della strada giusta che la potesse portare da Einar, per poi gettare la spugna avvertendo la tensione e la stanchezza farsi strada in lei.

La giovane era preda di tutte quelle contraddizioni quando, improvvisamente, vede una slitta illuminata avvicinarsi a loro. Kristoff, infatti, trovandosi sullo stesso tragitto intenzionato a raggiungere il regno, si imbatte nelle due figure inesperte convinto di dover aiutare.

“Vi siete perse? Cosa fate nel cuore della foresta a quest’ora?!” chiede lui in tono di rimprovero, trovandosi di fronte una fanciulla dai profondi occhi azzurri che stringeva la mano di una bimba piccolina che batteva i denti dal freddo.

“Cercavamo un posto in cui fermarci, ma non sappiamo dove andare” spiega Anna titubante di fronte allo sconosciuto muscoloso dai capelli biondi e il buffo berretto grigio.

“Tu esci nella notte con una bambina così piccola senza una meta? Che cosa ti è saltato in mente, lo sai che temperature si raggiungono qui?! Vieni piccina… ti scaldo io” invita Kristoff con tono di rimprovero nei confronti di quella che gli pare, all’apparenza, una giovane madre sbadata e incosciente.

“Forse la regina ha una buona motivazione per farlo non credi?!” si altera subito Anna, cercando di frenare la bambina che, però, rimane subito colpita dalla renna che le offre riparo con la propria calda pelliccia.

“La regina? Voi siete Anna?! Vostra maestà che cosa succede?!” chiede allora Kristoff vergognandosi del proprio tono sgarbato, ma realmente preoccupato per la sorte di quella coppia.

“Sto cercando mio figlio… lo stanno addestrando in uno specifico campo, ma lui non è sereno e me lo hanno strappato via senza farmelo salutare” si confida subito Anna, cercando di nascondere le lacrime che provano a sgorgarle dagli occhi.

Al sentire quelle parole il cuore di Kristoff ha un sussulto. Nella sua mente ritornano i ricordi relativi al proprio abbandono e a quello di Elsa e un profondo sentimento di empatia si fa vivo in lui.

L’uomo è così intenzionato ad accompagnare le due alla locanda di Oaken quando un particolare di Leila sembra bloccarlo.

“Dove… dove avete preso quello scialle?” chiede subito Kristoff, indicando l’indumento viola della piccina.

“Era di mia madre perché?” risponde dubbiosa Anna, non capendo il motivo di tale richiesta.

“Ma, è uno scialle dei Northuldri!” esclama Kristoff portandosi le mani tra i capelli.

“Northul…cosa?” ribatte Leila confusa storcendo la bocca.

“Per caso…” inizia a proporre Kristoff, consapevole di essere di fronte a una violazione della regola, ma pur sempre mosso da una strana sensazione che lo spinge a conoscere meglio le due forestiere.

“Per caso, vedete quella nebbia?” si espone allora lui, sapendo che, dopo l’arrivo di lui ed Elsa dai Northuldri, i troll avevano fatto sparire il muro di nebbia. Il possente ostacolo, infatti, poteva essere visto solo dai discendenti dei Northuldri, motivo per cui Kristoff prova ad esporsi in tale senso.

“Sì, infatti stavo per chiederti che cosa fosse… non ho mai visto nulla del genere. Leila la vedi anche tu?” chiede Anna, confusa da quei quesiti così banali e in parte intimorita dalla coltre atmosferica.

“Sì, è tantissima” fa cenno la piccolina muovendo la testa su e giù.

Kristoff deglutisce profondamente, confuso nel trovarsi di fronte la sovrana di Arendelle misteriosamente imparentata con una generazione di Northuldri. Sa bene di aver già infranto una regola, ma l’attrazione verso le due non può fare altro che alimentare in lui il desiderio di conoscerle meglio. Per questo motivo, dopo aver preso un profondo respiro ed essersi sistemato il berretto,

Kristoff comunica:

“Vi offro io alloggio stanotte…andiamo dentro la nebbia”

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Capitolo 11
*** UN NUOVO MONDO ***


CAPITOLO 11
UN NUOVO MONDO

Hans cammina su un sentiero nel bosco, immerso nei propri pensieri. I suoi stivali calpestano il tappeto di foglie dalle innumerevoli sfumature di fuoco, mentre un’aria pungente, preludio d’inverno, gli scompiglia i capelli. Hans adora passeggiare nei boschi, respirare a pieni polmoni assaporando la pace e la tranquillità della natura. L’uomo si ferma ad ammirare un sasso dalla forma insolita, ricoperto di morbido muschio verde, e riflette la propria immagine in un ruscello adiacente. Il gorgoglio dell’acqua e il suo colore lucente generano una serenità che Hans non percepiva da tempo e, desideroso di assaporarne il più possibile, si accinge a chiudere gli occhi e abbandonarsi completamente.

Coinvolto in una profonda atarassia, Hans dimentica la propria realtà quando, improvvisamente, qualcosa sembra smuoverlo. L’uomo apre immediatamente gli occhi, sentendosi il cuore in gola e le mani sudate. Hans sa di avere qualcuno dietro di sé ma non ha il coraggio per guardarlo in faccia. È questione di istanti prima che la strana creatura dal mantello nero tocchi una spalla di Hans e il giovane attende il momento inerme, consapevole di essere vicino alla morte.

Hans si risveglia nel buio angosciato e ansimante. L’incubo insensato appena vissuto lo spaventa particolarmente, tanto da farlo sobbalzare. Il sovrano di Arendelle prova a raggiungere a tentoni il comodino attaccato al letto, riuscendo a raggiungere una candela accendendola senza difficoltà.

La piccola fiamma è capace di rasserenarlo in un baleno ma, la constatazione dell’assenza di Anna nel letto, lo ferisce e rattrista. Hans ricorda il litigio della sera prima e la conseguente decisione di Anna di non condividere la stanza con lui. Hans si sente così una persona sbagliata, inadeguata, incapace e, pentito dei propri comportamenti, si alza in piedi desideroso di raggiungere la moglie nel tentativo di chiarire. Il re di Arendelle percorre il vasto corridoio per poi aprire cautamente la porta di un piccolo soggiorno dove Anna era solita coricarsi.

Hans avanza verso il divano rosso, convinto di trovarvi la propria donna addormentata con i soliti capelli disordinati ma, con suo grande stupore, ne nota immediatamente l’assenza.

È in quel momento che il panico comincia a impossessarsi di lui, facendo insorgere la pazza considerazione di una fuga improvvisa.

Mosso da tale presentimento, il sovrano corre il più velocemente possibile verso la stanza da letto della bambina, conscio di poter avere risposte solo in quel luogo.

“Leila…” la chiama lui aprendo la porta della stanza, altamente preoccupato. Non gli importava l’evenienza di svegliare la figlia perché la sparizione di Anna non era da sottovalutare. Hans nota subito le coperte spostate del lettino color porpora e, impanicato, non può fare altro che appurare la scomparsa della sua famiglia.

“No Anna, che cosa hai combinato?!” afferma lui facendo cadere la candela che riversa la propria cera sul tappeto, spegnendosi a causa dell’impatto con l’aria fredda. Il sovrano vorrebbe correre fuori e cercare la propria famiglia ma è consapevole di non poterlo fare: l’unico modo per salvare Anna e trovarla il prima possibile era quello di chiedere aiuto a Vincent e a tutte le guardie.

Il viaggio di Kristoff, Anna e Leila sembra finalmente giungere al termine. La piccina, a contatto con il calduccio delle coperte e della slitta di Kristoff, si addormenta facilmente permettendo così ai due sconosciuti di dialogare.

“Quindi, tuo figlio è stato portato in un campo di addestramento militare al solo scopo di allenarlo e forgiarlo nel corpo e nello spirito?” chiede Kristoff sbalordito dal racconto della sofferenza di Anna.

“Sì. Le leggi e la disciplina sono la cosa più importante anche se io non sono mai stata d’accordo. Ho trascorso questi anni a lottare per far valere la mia posizione e che cosa ho ottenuto?L’allontanamento di mio figlio e la sua partenza per questo campo disumano senza nemmeno un saluto… e tutto questo è assurdo, perché lui ha solo sette anni!” risponde Anna con il volto chino, oppressa dal proprio burrascoso passato.

“Ti capisco… è più o meno quello che è successo nei confronti della magia. La mia famiglia ci credeva e ha dovuto abbandonarmi per salvarmi la vita. Per questo ora conoscerai la mia nuova casa e ti chiedo di non sconvolgerti di fronte a ciò che vedrai” l’avverte Kristoff ormai nei pressi dell’alto muro, porgendo una mano in avanti.

“La magia? Esiste davvero?” chiede Anna sconvolta, non sapendo nulla a riguardo.

“Sì e la cosa non deve spaventarti, ti invito a guardarla senza pregiudizi, spogliandoti di tutte quelle false convinzioni che ti hanno fatto credere a proposito” le consiglia Kristoff, aprendole una strada immaginaria all’interno della nebbia, invitandola a prendervi posto prima di lui.

Anna compie qualche passo titubante verso il muro atmosferico, colma di dubbi, perplessità, paure ma anche curiosità e aspettative, quando qualcosa la fa fermare.

“Kristoff…” si blocca lei guardando l’uomo dal buffo berretto.

“Perché ti fidi di me tanto da mostrarmi questo luogo?” chiede Anna con serietà.

“Perché sono convinto tu abbia un cuore puro… e in qualche modo sono anche certo che la tua storia si intersechi alla nostra” conclude Kristoff facendole di nuovo cenno di proseguire e Anna, questa volta, non se lo fa indicare di nuovo.

Anna perde il contatto con la realtà per brevi secondi, finché tutto non torna nitido e chiaro alla sua vista. La nebbia la mette di fronte a un mondo nuovo, a un bosco disseminato di capanne, falò, renne e costruzioni in legno e pietra. Anna segue Kristoff nel percorso, percependo immediatamente su di sé lo sguardo attonito dei presenti. Un Northuldro smette di mescolare il contenuto di un tegame posto sul fuoco per scrutare la nuova arrivata, un altro fa cenno a una ragazza di zittirsi per non rivelare informazioni in presenza di una sconosciuta. La cosa che più inquieta Anna, però, riguarda una donna intenta a cavalcare un’onda d’acqua che la trasporta da una sponda all’altra di un ruscello. La sovrana spalanca gli occhi di fronte alla magia e si distrae, tanto da non accorgersi di essere ormai giunti in quello che deve essere il centro del villaggio.

“Kristoff?” lo chiama subito Honeymaren, spaventata di fronte alla ragazza dai capelli rossi.

“Chi è?! Che stai facendo?!” gli sussurra lei all’orecchio, stringendo i denti per la rabbia e la paura.

“Non preoccuparti, garantisco io!” la tranquillizza lui, accarezzandole una spalla.

“Ma sei impazzito?! Lo sai che non puoi portare qui le persone! E se fosse contraria alla magia?!” non demorde l’amica, conscia delle regole della propria terra.

“Ma non lo è!” si altera leggermente lui, alzando la voce per convincere l’altra a fidarsi.

“Non penso che Jelena ne sarà molto contenta…” si limita a ribattere Honeymaren, facendosi da parte per aprire la strada alla propria governatrice.

“Kristoff, perché fai già ritorno? Chi è la straniera?” chiede Jelena con austerità, senza dare in escandescenze. L’anziana è seguita da Elsa che, per caso, incontra lo sguardo della sconosciuta.

Anna ed Elsa si fissano negli occhi per qualche secondo, facendo fatica a interrompere il contatto a causa di una strana sensazione. Per entrambe quel momento si riempie di significato, facendo loro percepire il presentimento di essersi già conosciute.

“Sono Anna, di Arendelle” comunica la giovane sovrana, non volendo far intervenire nuovamente Kristoff che era stato molto carino con lei.

“Anna di Arendelle?! La regina?! Lei non può essere qui, i nostri mondi non comunicano!” interviene immediatamente un giovane Northuldro di nome Ryder, brandendo un bastone e puntandolo minaccioso verso la regina. Quel gesto fa intuire ad Anna la diversità culturale e di come il suo appellativo di regina non contasse nulla. Nel suo regno un gesto del genere sarebbe costato la decapitazione al ragazzo ribelle ma Anna, per la prima volta nella sua vita, trae un sospiro di sollievo sentendosi esonerata dal fardello provocato da un titolo che non le aveva nemmeno concesso di gestire la vita del proprio figlio.

“No, vi prego! Non abbiate paura di me! Sto… sto solo cercando aiuto” si giustifica subito Anna, facendo segno con le mani di calmarsi e di venire in pace.

“Mamma, che cosa succede?! Cos’è questo posto?!” domanda la piccola Leila, scendendo a fatica dalla slitta e strofinandosi gli occhi di fronte all’immensa foresta dai variopinti colori.

Due aspetti colpiscono tutti i presenti che, senza parole, fissano gli occhi sulla dolce piccina. Leila, con indosso lo scialle della madre di Anna, viene attorniata da quattro cuccioli di renna che iniziano a leccarle amorevolmente le dita delle mani. Due elementi caratterizzanti dei Northuldri e alquanto distanti dalla vita di corte.

“Qu-quello scialle” indica Elsa, prendendo parola e indicando la stoffa sulle spalle della piccola.

“Esatto! È uno scialle Northuldro e anche il fatto che le renne si siano comportate così! Dimostra la loro sintonia con il nostro mondo!” si intromette di nuovo Kristoff, desiderando comprensione e sostegno per quella scelta che percepisce giusta e corretta.

“Vi prego, io non so cosa significhi tutto questo, ma sto cercando mio figlio” sbotta all’improvviso la regina, congiungendo le mani e sperando di ricevere aiuto per la sua preghiera. La richiesta pare spiazzare tutti che, di fronte a una giovane alla ricerca del proprio bambino, non possono fare altro che attendere una motivazione.

“Lo hanno rinchiuso da qualche parte, in una sorta di campo d’addestramento. Ho scoperto che lo torturavano e io lo desidero di nuovo al mio fianco!” continua Anna cercando di nascondere le pesanti lacrime che provavano ad inondare i suoi occhi.

“Hai detto, torturare?” puntualizza Jelena, titubante e concentrata sulla questione che pare racchiudere segreti e aspetti misteriosi dei quali solo lei è a conoscenza.

Anna si limita ad annuire, abbassando il capo sul terriccio umido e fangoso, trovando difficoltoso il contatto oculare con qualsiasi altra persona.

“Ragazzi, la regina Anna e sua figlia potranno restare qui finché non scopriremo di più sulla questione. Vi chiedo di controllarle e, al contempo, mostrare accoglienza e rispetto come siamo soliti fare” prende parola Jelena, alzando la voce per raggiungere le orecchie di tutto il popolo.

“Ora… Anna verrai con me. Honeymaren, Elsa… direi che questa piccolina ha già patito abbastanza. Datele dei vestiti adatti, riscaldatela con coperte di lana e offritele del tè caldo con qualche biscotto di nostra produzione” comunica la capa del villaggio, sorridendo alla bambina per poi chiedere alla regina di seguirla nella sua tenda, in modo da poter conversare in privato nella speranza di ottenere più dettagli sulla faccenda.

Anna, dopo aver sorriso alla figlia, si guarda intorno sollevata per poi seguire l’anziana nella dimora indicata. Al passaggio i suoi occhi si incontrano ancora una volta con quelli di Elsa motivo per cui, entrambe, si fermano a fissarsi a pochi centimetri di distanza. Ancora una volta, nel corso di pochi minuti, quelle due ragazze così diverse, si erano congelate attraverso uno sguardo che nascondeva un profondo senso di appartenenza reciproco.

“Anna?” la richiama Jelena, facendo in modo di rompere quel contatto visivo che aveva ipnotizzato tutte e due.

“Sì, devo andare” si risveglia Anna, scuotendo la testa come a voler scacciare un brutto pensiero o una folle idea irrealizzabile.

“Gr-grazie per occuparti di mia figlia. Mi sdebiterò successivamente” riesce a dire Anna, mossa dall’imbarazzo che le provoca una balbuzia fuori controllo, per nulla regale.

“Non c’è di che” ricambia timidamente Elsa, abbozzando un sorriso leggero e impercettibile, per poi accorgersi della manina della bambina che si era già incastrata nella sua.

“Wow! Com’è fredda la tua mano!” si apre Leila che, grazie alla propria ingenuità, non sa di aver toccato un tasto molto sensibile.

“Beh sì… ecco…” prova a rispondere Elsa, ritraendo subito la mano e massaggiandosela, cercando ardentemente lo sguardo di Jelena per sapere fin dove rivelare la verità agli sconosciuti.

La conversazione viene captata dall’anziana che, forse reduce di una conoscenza ben profonda delle due forestiere, annuisce e sorride alla guardiana della foresta, per poi tenere aperta la tenda ad Anna che vi entra con rispetto e discrezione.

“Vedi… io ho dei poteri magici! Riesco a manipolare la neve e il ghiaccio!” delucida Elsa, inchinandosi di fronte alla bambina per infonderle coraggio e tranquillità dinnanzi a quella che potrebbe apparire una minaccia, soprattutto, per un’abitante del regno non magico.

“Caaavolo! Ti prego, ti prego, mi costruisci un pupazzo di neve?!” la implora Leila, congiungendo le mani e saltellando sui piedi.

“Che cosa?!” chiede Elsa scioccata, non aspettandosi tale reazione. La bambina non aveva avuto paura ma, anzi, era rimasta colpita positivamente da quel dono magico denunciato in molte parti del loro mondo.

“Sì, ti scongiuro! Spesso con mio fratello Einar lo costruivo ma ora lui non c’è e non so questo inverno con chi potrò farlo! Me lo costruisci, per favore?” la prega ancora la piccola dagli occhioni azzurri, imbronciandosi per il dolce e ormai remoto ricordo degli inverni condivisi con il consanguineo.

Tale dichiarazione pare risvegliare qualcosa nella ragazza. Elsa non ne comprende il motivo, ma la sua mente aveva iniziato a cercare di ripercorrere un filmato distrutto nella sua memoria. La ragazza si sforzava ma per quanto tentasse di riavvolgere il nastro, tornava sempre al punto di partenza. Un ricordo che appare inesistente nella sua mente non si dimostra tale nel suo cuore che, improvvisamente, inizia a battere all’impazzata. La visione della piccina dai codini rossi, le lentiggini e gli occhi azzurri le fanno credere di aver già vissuto nella sua vita un momento simile. Elsa, mossa da questo ragionamento contorto, si gira di scatto verso la tenda di Yelena, convinta di poter squadrare al meglio l’adulta nuova arrivata che era convinta di aver già visto.

La tenda, però, appare silenziosa e chiusa, motivo per cui Elsa, ormai certa di essersi spremuta abbastanza per una fantasia, scuote la testa e si mette all’opera per creare un pupazzo di neve alla bambina.
 

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Capitolo 12
*** UN AIUTO ***


CAPITOLO 12
UN AIUTO
 
“Sono scappate?!” ringhia Vincent, stringendo i pugni e affrontando la notizia del fratello minore.

Hans, impietrito e imbarazzato, si limita ad abbassare lo sguardo per non affossarsi ulteriormente nella tomba di inettitudine che Vincent gli aveva scavato.

“Perlustrate i boschi, qualsiasi area, entrate nelle case, rovistate le stalle, contattate le imbarcazioni partite nelle ultime ore! Insomma… fate di tutto per ritrovare regina e principessa!” dà ordine Vincent, urlando alle guardie di mettersi all’opera, sovrastando in questo modo l’autorità dell’autentico sovrano di Arendelle.

“Non la troveranno mai… Anna è furba!” dichiara Hans, rimanendo fedele al voto nuziale e all’amore vicendevole, nonostante il solco doloroso provocato da quella fuga inaspettata.

“Tua moglie è una stupida! È debole e frignona! E tu sei ancora più debole di lei… perché non sei nemmeno riuscito a tenerla ferma!” lo rimprovera Vincent, vomitando il disprezzo nei confronti del minore.

“Sono responsabile della fuga di mia moglie quanto lei! Anna è fuggita per disperazione… e in parte avrei tanto voluto seguirla!” sbotta Hans, provando a tenere testa a quel consanguineo che aveva sempre deciso le sue sorti.

“Stolto… alla fine sei veramente caduto nella trappola dell’amore?! Ti sei trasformato in un debole proprio come lei! In quella ragazzina piagnona che ti ha implorato di gestirle il regno e ora questo regno manco sei in grado di amministrarlo!” sputa furente il maggiore, squadrando Hans dalla testa ai piedi e vedendo in un lui un giovane deviato a causa dell’amore.

Hans, bollente di ira e di rancore, non riesce a reagire alla provocazione, finendo per gonfiare il petto e inspirare profondamente per cercare di calmarsi.

“Ascoltami Hans… tu sai che faccio tutto questo per il tuo bene! Anna sarà andata sicuramente a cercare vostro figlio per tirarlo fuori dal campo, ma sei sicuro che sia la scelta giusta?” prova a farlo ragionare Vincent, mettendogli una mano sulla spalla per cercare di abbandonare l’ascia di guerra.

“Lei sta agendo da madre e non posso darle torto. Anche io non ero d’accordo al trasferimento di Einar…soprattutto viste le torture sul suo corpo!” si calma Hans, provando a ragionare educatamente con il fratello.

“Tu, però, sai che se tuo figlio non riceve il giusto addestramento, il mondo rischierà di ucciderlo?” lo stuzzica di nuovo Vincent, mostrando per l’ennesima volta il posto di rilievo occupato dalla leva del nipote.

“Immagina cosa potrebbe succedere… se altri sovrani, regni o guardie dovessero venire a conoscenza dell’opposizione della regina… ricorda che non viviamo e non abbiamo mai vissuto in tempi sereni” aggiunge nuovamente Vincent, ricomponendosi e aggiustandosi il completo regale.

Hans, scosso da quanto rivelato, si limita ad abbassare il capo perché consapevole di coesistere a un periodo storico ancora troppo legato alle tradizioni. Se il mondo conoscesse la fuga della regina per lui e Arendelle sarebbe la fine. Anna rischierebbe la pena di morte per tradimento al voto reale e matrimoniale, Hans perderebbe credibilità e l’intero regno cadrebbe nella crisi e nello sconforto. Le opzioni erano davvero poche: Anna sarebbe dovuta tornare a casa al più presto per non dare nell’occhio.

Oltre la nebbia il popolo dei Northuldri si risveglia all’alba per usufruire al massimo dei doni della natura. Anna, dopo aver trascorso la serata a dialogare con Yelena delle proprie intenzioni, apre gli occhi al giorno percependo il dolce tepore di un fuocherello acceso accanto al suo giaciglio.

La regina osserva minuziosamente l’ambiente circostante gustandosi ogni dettaglio: vestiti, coperte, materassi, cuscini, tappeti, scarpe ricamate, fuochi accesi con bollitori in ceramica, umili bicchieri in terracotta, ciotole di pietra contenenti erbe aromatiche e una miriade di piccoli strumenti musicali intagliati nel legno. Anna, da sempre abituata alla vita di corte, apprezza tutto della nuova realtà a tal punto da non comprendere quel profondo senso di affinità che pare legarla al misterioso luogo. Non se lo sapeva spiegare ma si sentiva a casa, a contatto con qualcosa di estremamente familiare.

“Mamma” sussurra la piccola Leila strofinandosi gli occhietti e uscendo dalla tenda nella quale si era coricata. Anna le sorride amorevolmente, avvolgendole una coperta di lana sulle minuscole spalle ed invitandola a prendere posto accanto a lei vicino al fuoco.

“Buongiorno a entrambe!” le saluta Elsa, giunta all’improvviso grazie alla veloce corsa di un cavallo d’acqua.

Anna sbatte le palpebre più volte di fronte all’animale fantastico chiedendosi se fosse ancora nelle braccia di Morfeo.

“Tranquilla mamma, questo posto è magico ed Elsa riesce a governare gli spiriti della foresta. Questo deve essere Nokk, lo spirito dell’acqua!” la tranquillizza la piccina che, mossa dall’entusiasmo, scatta in piedi e corre verso il cavallo con l’intento di accarezzarlo.

Le due donne rimangono allibite di fronte alla bontà e al coraggio della piccina di soli cinque anni, in piena sintonia con la natura.

“Non devi avere paura di me… ho dei poteri magici ma fortunatamente ho imparato a controllarli” si porta avanti Elsa, timorosa di recare distacco e paura nell’estranea.

Eppure la magia non spaventa minimamente Anna che avverte un invisibile legame tra lei e la regina di ghiaccio. Un legame senza nome ma che la porta a fidarsi di lei ciecamente.

“Non ho paura” si limita a rispondere Anna, facendo un passo verso la ragazza dai capelli bianchi e incontrando nuovamente quello sguardo così profondo e bramato.

“Vedo che vi siete già alzate, bene! Anna, noi Northuldri abbiamo deciso di aiutarti. Penso che tu e la bambina siate al sicuro e non dovete in nessun modo attraversare la nebbia” si pronuncia Yelena, interrompendo il contatto tra le due inconsapevoli sorelle.

“Yelena, la ringrazio per l’ospitalità ma io devo andare! Mio figlio ha bisogno di me, lo devo trovare…” sbotta immediatamente Anna, mascherando la voce spezzata da un leggero colpo di tosse.

Quel dolore celato incuriosisce profondamente Elsa e Kristoff posti in ascolto. Per entrambi vedere una giovane madre così sofferente li mette in relazione al doloroso ricordo della separazione dai propri genitori.

“Lo so Anna, ma da sola non lo potrai mai trovare. Il mondo là fuori è pericoloso e, in quanto amanti della natura, non possiamo permettere a una ragazza e alla sua piccola di uscire allo scoperto per fallire nel salvataggio di un bambino” spiega Yelena, preoccupata per le sorti di quella che pensa essere la nipote nascosta al mondo della magia.

“Ma io…” prova a ribellarsi Anna, intenzionata a mostrare le unghie pur sapendo di aver udito delle giuste parole. Che cosa pensava di fare, in pieno inverno, con una bambina di cinque anni e interi popoli che la ricercano?

“Andrò io” la interrompe di scatto Kristoff per chissà quale motivo. L’uomo dai capelli biondi e il buffo berretto era disposto a gettarsi in mezzo ai lupi per quella ragazza misteriosa che aveva saputo stregargli il cuore. Non ne conosceva ancora la ragione ma la storia del figlio imprigionato in un sistema di addestramento malsano, lo riconduceva al proprio passato e alla scomparsa di suo fratello.

Kristoff voleva riavere un’occasione. L’occasione per redimersi e vendicare la disfatta di quel consanguineo che non aveva nemmeno potuto salutare. Riportare Einar da Anna significava, soprattutto, dare giustizia per il caro fratello Olsen.

“Kristoff, sei molto generoso. In che cosa consiste la tua idea?” domanda Yelena, intenerita dall’offerta del figliolo valoroso.

“Io posso uscire senza problemi dalla nebbia per il solito mercato di ghiaccio. Lo faccio da anni ormai e tutti ne siete a conoscenza. Mi metterò sulle tracce del famoso campo di addestramento e cercherò di ottenere quante più informazioni possibili. Nessuno penserà a me perché non conosciuto o, per meglio dire, considerato un semplicissimo contadino morto di fame” delucida Kristoff mostrando di essere l’unica àncora di salvezza per la giovane mamma.

Anna rimane senza parole di fronte alla bontà d’animo del giovane venditore di ghiaccio e, per la prima volta dopo tanto tempo, nutre un sentimento di riconoscenza e calore nei confronti dell’uomo. Gli anni vissuti a palazzo si palesano gradualmente come veri e propri episodi di prigionia in cui nessuno, a parte i suoi figli, le aveva mostrato amore.

“Ti, ti ringrazio!” biascica Anna, puntando i propri occhi celesti in quelli castani dell’altro. Kristoff risponde con un sorrisetto abbozzato e, prima di mostrare le guance paonazze, si allontana dal gruppo alla ricerca di Sven.

Honeymaren, intenta a mescolare dei mirtilli selvatici con il succo di un limone, corre incontro al giovane essendo rimasta incuriosita dal suo comportamento.

“Che stai facendo?” chiede lei, desiderosa di andare a fondo nella questione.

“Vado a cercare informazioni sul ragazzino” risponde lui serio in viso, continuando imperterrito a camminare senza rivolgerle lo sguardo.

“So che sei sempre stato un ragazzo d’oro, ma cosa ti porta ad esporti così?” lo interroga nuovamente la ragazza dalla lunga treccia nera, per poi arrestarsi di colpo a causa di un’illuminazione.

“Ti sei innamorato?! Veramente?!” lo assilla lei, sospirando più volte per lo stupore.

Kristoff ignora l’amica e, noncurante della situazione creatasi, accelera il passo facendo sgretolare le foglie secche sotto i propri stivali.

“La rossa ti ha sconvolto! Oh Kristoff, finalmente anche tu hai aperto il tuo cuore all’amore!” sussurra con incanto lei, stringendosi le mani e saltellando su un piede.

Lo scricchiolio delle foglie calpestate si ferma all’istante, sintomo di cessione della camminata da parte di Kristoff. Il ragazzo, dopo aver sentito le parole dell’amica, decide finalmente di reagire e mostrarle il proprio punto di vista con tono serio e scocciato.

“Prima di tutto lei è sposata… e non sarò di certo io a farle rischiare la vita a causa di un tradimento e seconda cosa…” si ferma Kristoff in modo da riprendere fiato e accettare una cruda realtà rimasta celata e irrisolta nel proprio cuore.

“La storia di questo bambino allontanato dalla propria famiglia… mi fa pensare a mio fratello. Io ero piccolo e non ho potuto fare niente per salvarlo, quindi, ora voglio riscattarmi” taglia corto il giovane afferrando una corda e un piccone, per poi allontanarsi lasciando l’amica pensosa da sola nella foresta.

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Capitolo 13
*** VICINANZA ***


CAPITOLO 13
VICINANZA
 
Hans si vede correre nuovamente nella foresta. I piedi si muovono autonomamente e un senso di angoscia gli appesantisce il petto, rendendo difficoltoso il respiro.
Il cuore, in pieno tumulto, rimbomba nella sua cassa toracica avvertendolo del pericolo imminente al quale non può sottrarsi.

“Ti prego non farmi del male!” urla Hans senza fermarsi, sentendo l’alito dell’assalitore ormai sul proprio collo.

Nulla può allontanarlo dalla scure del suo destino e, nonostante il tentativo di fuga, l’ombra incombente lo travolge, facendolo stramazzare al suolo.

Il sovrano si sveglia di soprassalto, sudato e con la schiena scorticata a causa dell’eccessivo sfregamento con il tronco d’albero al quale era appoggiato.

“Oh, il principino si è svegliato?” lo schernisce una voce che, per quanto conosciuta, non si era mai dimostrata cordiale.

“Ah sì, stava facendo un pisolino! Sua maestà, siete stanco?” si aggiunge una seconda presenza, avvicinandosi al re che prova ad alzarsi ignorandoli.

“Svegliati nullafacente! Noi siamo qui a lavorare per te e per ritrovare la tua cara mogliettina!” lo aggredisce il primo, afferrando Hans per il collo e ringhiandogli in faccia.

“Smettetela! Lasciatelo stare!” li interrompe Vincent, liberando Hans dalla presa di quelli che, in realtà, rappresentavano due dei fratelli maggiori.

“Era il mio turno di riposo, è forse un reato ora dormire?!” si lamenta Hans, sistemandosi la divisa militare stropicciata.

“Non badare a queste stupidaggini e rimettiamoci al lavoro… penso di aver ormai compreso dove si trovi tua moglie” cambia argomento l’anziano tutore, mostrandosi livido in volto.

L’affascinante re Hans, con i suoi capelli rossi e gli occhi color smeraldo, punta il proprio sguardo negli occhi del fratello, curioso della sua supposizione pur ipotizzandola nel profondo.

“Temo l’abbiano presa quelli dell’altro mondo. Stregonerie varie…” sussurra Vincent all’orecchio del minore, intenzionato a non far sentire tali maledizioni.

“Ciò che temevo… che cosa proponi di fare?” risponde Hans sgranando gli occhi, sapendo di essere di fronte alla verità.

“Manderemo un comunicato al campo di Einar. Devono segregarlo e aumentarne la sicurezza” propone il superiore, sistemandosi un bottone della divisa per non destare sospetti.

“Cosa c’entra mio figlio?! Sta già vivendo un incubo così!” si ribella subito il sovrano, contrario alle restrizioni nei confronti del piccolo di 7 anni.

“Non abbiamo tempo Hans! Hai idea di che cosa potrebbe succedere se loro arrivassero a liberare tuo figlio?! Tua moglie si sarà pur fidata di loro, ma noi non lo possiamo fare!” spiega Vincent stringendo le spalle del fratello e scuotendolo leggermente per spingerlo a ragionare.

Hans si rende conto di non avere scelta. Anna, in quel nuovo luogo, avrebbe potuto conoscere un mondo completamente diverso e potente: così potente da essere capace di spazzare via una realtà senza magia che avevano fatto fatica a costruire.
 
All’interno della nebbia Anna e Leila respirano la tanto agognata libertà. Le foglie dai colori e forme variopinte, gli animali amichevoli, l’acqua zampillante, il profumo dei fiori e la presenza della magia avevano risvegliato in loro un attaccamento alla natura che sentivano in certi versi familiari.

“Guarda mamma! Elsa mi ha spiegato che cos’è quello!” afferma la piccolina dai capelli rossi, indicando un punto luminoso in mezzo alle rocce.

Anna aguzza la vista e cerca di scrutare nel luogo segnato finché, con grande stupore, non assiste alla piccola palla di luce trasformarsi in fuoco brillante dalle innumerevoli sfumature.

“Oh! Cos’è quell’affare?!” chiede leggermente intimorita Anna, stringendo istintivamente a sé la bambina che, però, dimostra di non avere timore.

“No, tranquilla! È lui che si è spaventato! Basta fargli vedere che siamo suoi amici!” spiega Leila con estrema serenità e immaturità, dimostrando la purezza dei bambini capaci di riconoscere la bellezza della natura prima della sua pericolosità.

“Spaventato? Chi? Aspetta che?!” sbiascica Anna non comprendendo il linguaggio della bambina che, nel frattempo, si era lentamente avvicinata alla roccia fiammeggiante.

“Tranquillo, siamo simpatici! Non arrabbiarti!” prova a placarlo la piccina, avvicinando la mano al terreno come a voler dare delle briciole a un uccellino.

Anna rimane in silenzio con le sopracciglia ingrottate per la confusione finché, improvvisamente, il fuoco si spegne e una piccola lucertolina color turchese non si accoccola sulla manina della principessina.

“Una lucertola?!” domanda sconvolta Anna, osservando quell’animaletto infernale rilassarsi sulla mano della figlia.

“Sì… Bruni è un tipetto particolare” si intromette Elsa, che ha assistito alla scena in lontananza, pronta a intervenire nel caso in cui la piccola Leila non fosse riuscita nel suo intento. Il fatto che una bimba così piccola, soprattutto estranea al loro mondo, avesse domato uno spirito della natura la incuriosiva molto.

“Già… un tipo focoso direi!” ironizza Anna, ancora inchiodata di fronte alla scena non sa se per stupore, meraviglia o timore.

La scena viene osservata anche da Yelena che, sempre più convinta della parentela delle due ragazze, si stupisce dell’animo buono della piccina. La piccola Leila era riuscita a domare uno spirito della natura, capacità attribuita solo a Elsa e ai Northuldri, abituati a vivere avendo rispetto dell’ambiente e dei doni della terra.

“Figlia mia… ecco le tue bambine” sussurra segretamente Yelena, stringendo a sé uno dei tanti scialle con cui era solita avvolgere la sua piccola Iduna.

“Leila, ti andrebbe di venire qui con Bruni? Ho qualche lavoretto da farvi fare! Elsa, perché non porti Anna a vedere il fiume?” si intromette l’anziana, intenzionata ad avvicinare sempre più le due.

“Q-quel fiume?” domanda Elsa timorosa, sapendo di provare delle emozioni forti ogni volta in cui si avvicinava al luogo che la legava profondamente alle proprie origini.

Yelena, trattenendo le emozioni, risponde annuendo con la testa per poi lasciarsi avvolgere dalla parlantina della piccolina ancora entusiasta per il momento vissuto con la salamandra.

Elsa e Anna camminano nella foresta intenzionate a raggiungere una destinazione lontana che genera tensione in entrambe. L’unico suono che accompagna il momento, infatti, riguarda lo scricchiolio delle foglie a contatto con le loro calzature.

“Non so se me lo puoi dire ma… perché è tanto speciale questo fiume?” chiede Anna rompendo il ghiaccio, intollerante al silenzio prorompente che si era creato.

“Diciamo che è un posto particolare. Io sono stata separata dai miei genitori proprio in quel fiume” risponde Elsa senza dare ulteriori dettagli, non abituata a condividere le proprie emozioni con gli altri.

“… a causa… dei tuoi poteri?” prova a domandare Anna, intuendo il motivo di quella disgiunzione dolorosa.

“Sì… io non ricordo molto. Yelena mi ha accolta subito spiegandomi la realtà. I miei genitori hanno compiuto un grandissimo atto di coraggio per salvarmi! Mi spiace solo non poterli mai più rivedere… sono morti alcuni anni fa” si apre definitivamente Elsa, pugnalata dai ricordi e dal rammarico nel non essere riuscita a realizzare i propri sogni.

“Anche i miei sono morti” confida Anna, abbassando il capo.

Elsa si accorge subito degli occhi della ragazza che, da celesti vivi e arzilli, si erano improvvisamente spenti e imperlati di lacrime. Quante somiglianze le accumunavano! La guardiana della foresta non se lo sapeva spiegare ma, per la prima volta nella vita, provava una sensazione di calore irradiarle il petto e un ardente desiderio di abbracciare la sconosciuta la spingeva a voler sapere ogni cosa di lei.

“Eccoci, siamo arrivate” comunica Elsa scostando alcuni arbusti per consentire il passaggio.

Quello che Anna osserva è la magnificenza di un lucente specchio d’acqua. Il fiume di grandi dimensioni accoglieva l’acqua di diversi torrenti fino a tuffarsi, all’orizzonte, in quello che Anna conosceva come Mare Oscuro.

“Questo posto è stupendo!” si meraviglia la rossa, riprendendo vitalità grazie al tepore solare che le illumina il volto e le giocose lentiggini.

“Ti sembrerà strano ma qui a volte mi sembra di sentire mia madre” rivela Elsa, respirando la brezza che pare portarle delle dolci melodie.

“Non è strano… vorrei tanto riuscire a ritrovarla pure io” aggiunge Anna, abbassando lo sguardo e accarezzandosi le braccia a causa di un doloroso freddo glaciale.

“Che cosa intendi dire?” chiede Elsa corrugando la fronte, percependo una profonda sofferenza nella nuova amica.

Anna, scossa dai ricordi e dal dolore, capisce di potersi fidare della sconosciuta che aveva iniziato a reputare amica. Anna, nonostante la sua giovane età, non aveva mai avuto amiche. L’obbligo di reclusione forzata l’aveva spinta a vivere in una maggior solitudine, senza rendersi conto che erano proprio suo marito, suo cognato e gli impegni di corte a incarcerarla.

“I miei genitori sono ormai morti da anni e io non li ho mai sentiti vicini, probabilmente perché me lo merito… alla fine l’ultima cosa che ho fatto con loro è stato mentire” spiega Anna, sentendo le lacrime riempirle gli occhi.

“No, che cosa dici?! Non è sicuramente vero!” prova a consolarla Elsa, smossa da quella sofferenza celata.

Anna scruta attentamente l’orizzonte, mangiandosi il labbro inferiore per cercare di non piangere. Non aveva mai parlato delle proprie ferite e farlo risultava difficili, ma al contempo liberatorio.

“Il giorno della loro partenza avrei dovuto dire ai miei genitori della gravidanza, ma non ce l’ho fatta. Mia madre aveva capito che qualcosa non andava e io, per paura, ho smentito tutto. Sono rimasta sola, con un regno sulle spalle e un bambino reputato illegittimo in grembo… forse se quel giorno mi fossi aperta senza temere le conseguenze mia madre non sarebbe mai partita…e non sarebbe mai morta” afferma Anna asciugandosi velocemente una lacrima scappata da quel viso tirato e troppo maturo per la sua età.

Elsa guarda attentamente la sconosciuta e continua a notare delle somiglianze. Entrambe avevano perso qualcuno di caro ma il destino non era stato favorevole ad Anna. Elsa si immagina la giovane mamma che, a soli sedici anni, si ritrova con un regno sulle spalle, un matrimonio, un figlio, nessun genitore e troppe responsabilità e regole. Ora capiva perché credere alla magia era così difficile per il popolo all’aldilà dell’ombra: la fiducia e la speranza erano impossibili da coltivare e, senza di esse, credere nella magia risultava impossibile.

“Ne hai davvero passate tante, ma non devi vivere con questi sensi di colpa. I tuoi genitori sono fieri di te! Hai fatto nascere due bambini stupendi! Einar non lo conosco ma da ciò che mi dici deve essere davvero coraggioso, per non parlare della piccina!” la consola Elsa enfatizzando gli aspetti positivi di tutta quella vicenda.

“Insomma, hai visto che padronanza ha di sé stessa e della natura?! Ed è così simpatica da essere riuscita a sciogliere una persona di ghiaccio come me!” aggiunge ancora la bionda, felice di riuscire a strappare un sorriso all’altra.

“Anna… per qualsiasi cosa, ora sappi che non sei sola” conclude la guardiana della foresta per poi avvicinare la propria mano gelida ad Anna, appoggiandola sulla sua.

Entrambe finiscono per rimanere in silenzio a ragionare su quel contatto. Il semplice sfiorarsi delle loro mani causava delle emozioni forti e confuse.

Elsa e Anna ritraggono velocemente la mano e, preoccupate, si guardano negli occhi alla ricerca di risposte connesse a quelle potenti sensazioni che, inconsapevolmente, cominciavano a coltivare in loro un desiderio di ricerca e scoperta su dei segreti non ancora svelati, ma che le riguardavano in prima persona.

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Capitolo 14
*** VERITA ***


CAPITOLO 14
VERITA

È l’alba quando, silenziosamente, Kristoff si desta e prepara per il viaggio esplorativo. L’uomo si sistema corde e utensili utili, si aggiusta il berretto e trangugia velocemente una tisana di malva lasciata in un piccolo tegame li vicino.

Lui pensa di essere solo, ma una voce alle sue spalle lo desta dalla concentrazione:

“Mi hanno raccontato che se vai con una renna, devi portarti dietro delle carote” sussurra Anna, porgendo un mazzo di ortaggi arancioni all’uomo del ghiaccio.

Kristoff rimane sorpreso dalla gentilezza della fanciulla e, cercando di mascherare il proprio imbarazzo e le guance tinte di rosso, sorride per poi ironizzare sulla vicenda.

“Che sbadato! Sven è capace di farmi andare a piedi lasciandomi ibernare nella neve se non sgrana le sue carote! Grazie!” afferma Kristoff, accompagnando il momento con un colpo di tosse.

“Il grazie lo devo io a te. Mi hai salvata dalla morte certa, offrendomi un posto meraviglioso in cui stare e ora vai a cercare informazioni sul mio bambino. Non te ne sarò mai grata abbastanza” cambia argomento Anna, facendosi seria in volto, provando a mantenere lo sguardo puntato negli occhi color nocciola del montanaro.

Lo sguardo fa arrossire Kristoff che, però, non si vergogna più in quanto immerso in profondi pensieri. La ragazza che aveva di fronte si era svegliata apposta per salutarlo o, forse, non dormiva affatto. Le borse sotto gli occhi confessavano ore mancate di sonno nonostante la bravura di Anna nel nasconderlo. Da quanto tempo non dormiva? Probabilmente dal giorno dell’arruolamento del figlio. Kristoff ripensava alla tempra di una giovane donna che, di fronte alla morte dei genitori, era diventata regina, moglie e madre senza nemmeno poterlo metabolizzare.

Nel vederla così, vittima dell’insonnia e della paura, Kristoff alimenta la forza che lo spinge a mettersi in viaggio e andare fino in fondo per ritrovare il bambino.

“Qui ora sei al sicuro, vi vogliamo tutti bene e faremo il possibile per aiutarvi! Ecco la bellezza di questa casa magica!” afferma Kristoff abbozzando un ampio sorriso.

“Infatti! Non capisco come… ma sento, per la prima volta in vita mia, di essere finalmente a casa. Grazie Kristoff!” chiude definitivamente Anna, allargando le labbra in un dolce sorriso che dona spinta motivazionale al giovane venditore di ghiaccio.

Kristoff cammina per diverse ore, inoltrandosi profondamente nella foresta dove sente di poter incontrare le guardie e le tracce dei governanti di Arendelle. Nei momenti di cedimento, il giovane sale sul dorso del fido destriero al quale confida qualsiasi preoccupazione o dubbio.

“Chissà se li troveremo mai…” sussurra Kristoff rivolto a Sven che, sbuffando, continua imperterrito la propria avanzata, per poi arrestarsi di colpo e cercare di raggiungere la sacca contenente le carote.

“Oh insomma amico! Hai già fame?!” domanda il ragazzo alzando gli occhi al cielo, per poi afferrare una grande carota e porgerla alla renna affamata.

“Meno male che Anna mi ha ricordato le carote, altrimenti chissà cosa mi avresti fatto” si rende conto Kristoff, per poi lasciare che la propria mente viaggiasse in dolci pensieri. Il momento di estraneazione viene colto dall’animale che, girandosi verso il padrone, punta i propri occhioni in quelli di lui.

“Non guardarmi così! Tra me e Anna non c’è nulla… e anche se fosse lei è sposata e ha due figli ok?” lo rimprovera Kristoff, imbarazzato dall’infinita umanità della renna capace di rispecchiare i suoi pensieri. Sven, però, pare non demordere e lo sguardo sembra concentrarsi ancora di più.

“Sì, ok… lei è bellissima!” cede Kristoff, consapevole di aver pronunciato le parole d’ordine per permettere alla renna di riprendere il cammino.

I due sono ancora immersi nella discussione quando, improvvisamente, il suono degli zoccoli di altri cavalli destano la loro attenzione. Kristoff e Sven, muovendosi con cautela per non farsi scoprire, si nascondono dietro al tronco di un’enorme quercia e, con estremo impegno, tendono l’orecchio per captare ogni informazione utile.

“Sire, della regina non ci sono tracce nemmeno a est! È come se fosse sparita nel nulla! Il controllo del campo di addestramento a Glowshville è perfetto” comunica una guardia giunta su un cavallo nero.

“Continuate a cercare, non possiamo fermarci!” replica Hans, dando l’ordine di riprendere la spedizione.

Kristoff osserva attentamente il marito di Anna, trovandolo comunque di bell’aspetto per la meravigliosa bellezza della regina. Qualcosa, però, pare colpirlo. Quel giovane deve aver avuto la sua età e, non sapeva per quale motivo, ma sentiva di averlo già incontrato e di averlo identificato con un animo buono.

“Cosa possiamo fare ormai? Sono sicuro che prenderanno Einar!” si libera Hans, rivolgendosi a un uomo più anziano.

“Se dovessero farlo, sarà il momento perfetto per noi” risponde Vincent, maturando l’ipotesi di cambiare strategia.

“Che cosa?! Ma se hai appena dato ordine di aumentare la sicurezza, di tenerlo d’occhio e non permettere a nessuno di trovarlo?” chiede Hans titubante, non capendo le intenzioni del fratello maggiore.

“Hans, la mia è una strategia! Non capisci una cosa importante: se loro osano toccare il ragazzo, arriverà per noi il momento perfetto per dichiarare guerra alla magia…e ci riprenderemo tua moglie e i tuoi figli con la forza!” spiega Vincent, sgranando gli occhi, assetato dal proprio piano.

“Non ho intenzione di usare la forza! Abbiamo agito in malo modo già una volta, non voglio ripetere le medesime azioni! Voglio solo ritrovare mia moglie e i miei bambini!” si oppone contrario Hans, facendo un passo in avanti verso il superiore.

“Ti stai forse lamentando della vita che ti abbiamo dato?! Uccidere i sovrani di Arendelle e sposare la regina ci ha permesso di accedere al regno e allontanarlo definitivamente dalla magia! Sputi nel piatto in cui hai mangiato?!” ringhia alterato Vincent ristabilendo l’ordine.

Hans si limita a non rispondere e, per l’ennesima volta, accetta gli ordini del fratello e si allontana in solitudine.

La notizia scuote profondamente Kristoff che, spalancata la bocca, accoglie tremante quel segreto nascosto. Il regno dei Westengard ha sempre saputo della magia e, da diverso tempo, cercava di estirparla da tutti i reami vicini. Arendelle, in modo particolare, rappresentava una importante risorsa economica seppur capitanata da due sovrani favorevoli alla magia. Il loro incidente sulla nave non era quindi stato un incidente, ma una morte premeditata da parte dei Westengard. Per non parlare delle nozze con Anna. L’amore di Hans era quindi falso? Era stato una forzatura?!

Kristoff non sapeva rispondere a queste domande ma, raccolto il coraggio e le informazioni necessarie, ordina al compagno di ritornare sul sentiero di casa.

“Non dire una parola Sven… ad Anna non dirò quanto abbiamo scoperto. Non voglio spezzarle il cuore più di quanto non lo sia già” conclude il montanaro affranto e desideroso, con tutto sé stesso, di tornare nella nebbia per donare pace e serenità alla giovane madre.

La mattinata trascorre normale nella foresta dei Northuldri e gli abitanti si destano dal sonno dedicandosi alle proprie occupazioni.

“Elsa?” chiama una dolce voce, appartenente alla piccina dai capelli rossi che tira delicatamente l’abito azzurro della regina di ghiaccio.

“Ciao Leila, buongiorno!” la saluta affettuosamente Elsa, chinandosi su di lei con un largo sorriso.

“Non trovo la mamma…” si libera subito la piccola, guardando a destra e a sinistra frastornata.

“In che senso non la trovi?” domanda Elsa dubbiosa, aggrottando le sopracciglia bionde in segno di perplessità.

“Stanotte si muoveva molto nella tenda e quando mi sono svegliata lei era già in piedi. Abbiamo fatto colazione e poi, mentre giocavo con gli altri bambini e con le renne, è sparita!” spiega Leila con il magone, palesando i suoi 5 anni e la naturale ansia da separazione dal genitore.

“Non ti preoccupare, sarà andata a fare una camminata nella foresta o starà parlando con qualcuno, vieni! Chiediamo a Yelena!” prende l’iniziativa Elsa, porgendo la mano alla piccola che l’afferra all’istante senza titubanza. Il desiderio di Elsa è quello di chiedere informazioni all’anziana del villaggio che, quasi in contemporanea, avanza verso di loro con la medesima intenzione.

“Stai cercando Anna piccina?” chiede Yelena con gentilezza, mostrandosi calma e pacata di fronte alla bambina.

“Sì, non la trovo!” risponde triste la bambina, abbassando il volto lentigginoso verso il terriccio morbido.

“Vieni con me Leila, la tua mamma arriverà presto, ti insegno a preparare uno scialle d’accordo? Raggiungi Honeymaren e dille di preparare l’occorrente, per favore” propone l’anziana, riuscendo così a far allontanare la bambina di qualche passo in modo da poter parlare da sola con Elsa.

“Vai a cercare Anna, solo tu puoi farle bene in questo momento” dichiara inaspettatamente Yelena, scioccando profondamente Elsa che spalanca gli occhi di fronte a tale richiesta.

“Io? Perché io?” domanda la guardiana indicandosi il petto per l’incredulità.

“Ascoltami figliola… nessuno meglio di te può conoscere il significato della solitudine e della sofferenza. Stalle vicina!” aggiunge Yelena, appoggiando le mani sulle spalle della giovane che ancora non comprende quelle frasi enigmatiche.

“E dove la trovo?” chiede Elsa con più convinzione, desiderosa di ritrovare la nuova amica.

“Nel luogo della verità, del ricordo, della famiglia” risponde generica Yelena, per poi raggiungere Leila e non badare alla confusione della bionda.

Elsa, scombussolata dalla situazione, teme quella novità inaspettata, quei dubbi incalzanti e quell’aura di mistero che aleggia nella foresta e in Yelena dall’arrivo delle due forestiere. Qualcosa, però, spinge Elsa a voler trovare immediatamente la ragazza che la chiamava a sé con la forza attrattiva di una calamita, come se rappresentasse una parte mancante di sé che aveva dovuto dimenticare per ignoti motivi. Sapere Anna sofferente, probabilmente in preda a un momento di sconforto, reca dispiacere alla giovane dama della neve, la quale, preso coraggio, comincia a camminare speditamente per raggiungere il lago.

L’intuizione di Elsa si conferma esatta perché, di fronte ai suoi occhi, si palesa l’immagine di una ragazza dai capelli rossi intenta a scrutare l’orizzonte con malinconia e profonda tristezza. La maggiore si avvicina alla più piccola sedendole accanto senza permesso e senza parole, come a voler dimostrare, anche solo attraverso la presenza, di essere lì per qualsiasi necessità.

“Da quando mi hai mostrato questo posto sento di aver riaperto una ferita… una ferita che chiede risposte” esordisce Anna, continuando a osservare lo specchio d’acqua.

“Di fronte a questo lago mi pare di vedere i miei genitori e questa foresta me li ricorda. Ho una confusione così grande nella mia testa che non riesco a controllare!” si libera ancora Anna, digrignando i denti e scuotendo le mani intorno al capo, come a voler indicare una forte emicrania difficile da scardinare.

“Che cosa senti esattamente?” chiede Elsa con calma, desiderosa di aiutare l’amica e rispondere così a delle incognite che percepisce anche nel proprio cuore.

“Lo vedi questo?” domanda Anna, afferrandosi lo scialle della madre e mostrandolo all’altra.

“Appena mi avete vista vi siete soffermati su questo dettaglio e mi sono subito chiesta perché mia madre fosse in possesso di un indumento magico. Pian piano la magia ha iniziato a fluire anche nelle mie vene e ho sentito un senso di appartenenza profonda a questo luogo, come se fosse casa mia!” si apre Anna, esternando i dubbi che da diversi giorni la attanagliavano e che Elsa, dentro di sé, condivideva pienamente.

“Aggiungiamo la serenità che ho respirato, la capacità di risentirmi vicina ai miei genitori proprio nel tuo lago, la facilità con cui mi sono adattata a un mondo completamente distante dal mio, un mondo che mi hanno insegnato a cancellare! La mia piccola Leila che, all’improvviso, si fa matura e calma, mentre a palazzo era una vera e propria furia scatenata… l’hai vista anche tu Elsa!” prende respiro Anna con le guance tinte di rosso per la fatica di quell’esternazione.

“Ha domato lo spirito del fuoco, non ha paura di nulla, si è ambientata all’istante ed è cresciuta! Per non parlare del fatto che… che…”

Anna blocca il flusso di parole perché intimorita da quel pensiero che inchiodava anche Elsa, ma che nessuna delle due aveva il coraggio di esternare.

“Che ci assomigliamo?” si intromette la flebile voce di Elsa, dando una chiusura solenne e potente a quel presentimento agghiacciante.

“Sì… tutto questo mi sta facendo pensare al fatto che, forse, anche io appartenga a questo luogo e che mi sia stata nascosta una grande porzione di verità” taglia corto Anna, rivolgendo lo sguardo alla bionda che appare preoccupata e titubante, con i suoi stessi interrogativi.

Trascorrono attimi interminabili di silenzio nel quale le due macinano le intuizioni edotte, nella speranza di trovare una risposta, finché non è proprio l’improbabile Elsa a riaprire la questione.

“Posso… posso chiederti di darmi il tuo scialle?” chiede la guardiana con timore, porgendo la mano all’altra nell’attesa di ricevere il pregiato tessuto tra le mani.

Anna non comprende il motivo di tale richiesta in un momento simile ma, senza porre ulteriori domande, si spoglia dello scialle violaceo per consegnarlo al tatto dell’amica. È nell’istante preciso dello scambio, attraverso il contatto reciproco dello scialle, che avviene l’inatteso.

Una forte scossa elettrica percorre il corpo delle ragazze creando una strana connessione tra le due. Pochi secondi, una folata di vento ed ecco i loro ricordi ripristinati, puliti e solidi impressi con nuovo timbro nella loro memoria. L’immagine di due bambine si palesa ai loro occhi: una grande dalla lunga treccia bionda, con poteri glaciali capaci di creare lo scenario perfetto per un gioco immaginario e una più piccola dai buffi codini rossi, innamorata e divertita dai gesti della maggiore. Due bambine profondamente legate, inseparabili e rispettose l’una dell’altra. Due sorelle colme di affinità e amore indelebile, strappate dal proprio destino e catapultate nell’oblio. Elsa e Anna: due sorelle, così simili e così diverse, che nemmeno un sortilegio era riuscito a dividere.

Lo scialle cade sulla roccia davanti alle due ragazze che, incredule, ansimano immobilizzate. La visione appena vissuta le costringe a gestire sbalzi di calore fisiologici, giramenti di testa e incredulità che le porta, addirittura, a sudare in abbondanza.

La ripresa è lunga e, solo dopo interminabili minuti, i loro occhi dalle tinte celesti si incontrano nuovamente per la prima volta con la consapevolezza di condividere i medesimi geni.

Basta uno sguardo e le due si riconoscono all’istante, accorciando le distanze e intrecciando i propri corpi in un abbraccio indispensabile come l’ossigeno.

“Sei mia sorella, sei mia sorella!” continua ad esclamare Anna con la voce spezzata, per poi aggrapparsi alla schiena della maggiore e dare vita a un singhiozzo disperato.

“Hey, cucciola perché piangi?!” domanda Elsa con le lacrime agli occhi, adagiando una mano sul capo della sorellina che ricorda di aver estremamente amato in infanzia.

“Perché sono sempre stata sola! Sempre sola! Mi sento persa da quando ho scoperto di essere incinta e di non avere più nemmeno un parente! Sola da una vita, cresciuta troppo velocemente con il terrore di non riprendermi mai! Invece non lo sono mai stata, non lo sono mai stata!” si libera Anna, affogando il viso e le lacrime nella spalla della sorella il cui abbraccio appare delicato e potente al tempo stesso, come il profumo di una rosa.

“Non siamo mai state sole e non lo saremo mai più! Abbiamo fatto i conti con la vita in autonomia, ma ora ci racconteremo tutto e supereremo insieme ogni ostacolo. Sono qui sorellina…” risponde Elsa, abbandonandosi a un pianto più pacato e silenzioso ma non per questo meno efficace e sentito.

“E scopriremo che cosa è successo ai nostri genitori, perché ci hanno dovute separare e riscopriremo le nostre radici!” propone Anna, staccandosi dall’abbraccio ritrovando serietà e compostezza, seppur guardando la ragazza di fronte a sé con uno sguardo nuovo.

“So da chi potremmo cominciare” ipotizza Elsa, seriosa e austera per la problematicità del caso.

“Da Yelena?” intuisce Anna, avendo notato fin da subito una certa ambiguità nell’anziana signora.

“Sì… credo fermamente che sia nostra nonna” conclude Elsa emozionata, felice di avere finalmente ricostruito la famiglia di sangue che credeva di non avere più.

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Capitolo 15
*** BRANDELLI DI RICORDI ***


CAPITOLO 15
BRANDELLI DI RICORDI

La camminata che riconduce Anna ed Elsa al villaggio appare una delle più belle ed intense della loro vita. Passi lenti, leggeri, vissuti nei quali le due sorelle rivivono i ricordi riemersi. I giochi con la neve, le ninna-nanne di mamma, le fiabe di papà, gli abbracci notturni, le marachelle, la fiducia e quella meravigliosa convinzione che non si sarebbero mai separate. Anna era stato il regalo più bello che Elsa potesse mai desiderare e la maggiore riassaporava ora il ricordo degli strilli della sorellina neonata, intenta a divorare il mondo con quegli occhioni azzurri. Anna, invece, aveva sempre visto in Elsa la sua protettrice e la sua complice, capace di seguirla in ogni passo ma anche di bloccarla quando esagerava.

L’arrivo delle due al villaggio immobilizza tutti i Northuldri che, vedendole avanzare mano nella mano, avvertono un’aurea nuova e risanata. La piccola Leila, intenta a cucire uno scialle insieme a Honeymaren e Yelena, finisce per pungersi un dito a causa della sorpresa nel rivedere la sua mamma.

La piccina di cinque anni, guardandosi la piccola ferita da cui usciva un po’ di sangue, scoppia in un pianto liberatorio nel quale unisce anche la disperazione per essere stata lontana dalla madre per tante ore.

“Mamma, non andare più via senza dirmelo!” urla Leila comportandosi come una bambina degna della sua età, sbattendo i piedi sul terreno, con i lacrimoni che grondano dai suoi occhi.

Anna, addolorata dalla situazione, si allontana da Elsa per inginocchiarsi davanti alla figlia implorando il suo perdono. In effetti che cosa le era saltato in mente? Anna si era alzata e allontanata senza dire nulla a nessuno, divorata dai propri dubbi, non pensando a cosa avrebbe potuto vivere una piccina di quell’età costretta a fare un viaggio ignoto, lontana da casa e dal padre per andare a cercare il fratello.

“Scusami amore mio, ho sbagliato” apre il discorso Anna, aspettando a toccare la bambina consapevole di averla delusa e fatta arrabbiare.

“So come ti senti… ora sei confusa e non capisci che cosa stia succedendo. Siamo andati via da casa e ora da qualche tempo siamo ospitate da queste meravigliose persone. So che loro sono gentili e ci vogliono bene, ma io stamattina mi sentivo molto triste e mi sono allontanata senza pensare alla tua reazione” spiega Anna, ancora in ginocchio di fronte alla piccola che aveva iniziato a fissare il proprio dito pizzicato.

“Perché sei andata via? Vuoi abbandonarmi anche tu come ha fatto papà con Einar?” si esprime la bambina, liberandosi di un peso e di un dubbio che la attanaglia da vario tempo.

L’esortazione pugnala Anna in pieno petto e sconvolge tutti i presenti che, rispettosi del momento, si allontanano per lasciare alla coppia il proprio spazio. Tutti, tranne Elsa che, colpita dalla storia e dal dolore della sorella, avanza di un passo per dimostrare la propria vicinanza.

“Amore mio, come ti viene in mente una cosa simile?” chiede Anna facendosi seria in volto, sentendo il proprio cuore a mille a causa di quella bomba che non si sarebbe mai aspettata.

“A casa vi ho visti litigare e so che è stato papà a mandare Einar alla scuola militare. Einar aveva male alla schiena una sera… mi ha detto che non era felice nel posto in cui lo mandava papà, ma non voleva dirglielo. Perché papà non ci vuole bene? Perché ha mandato Einar in un posto che lo rende triste? Perché anche noi siamo scappate?” afferma la bambina continuando a piangere per poi aggiungere “Ti ho vista andare via e ho pensato che anche tu volevi fare la stessa cosa! Lasciarmi qui per sempre e scappare via e…”

Anna non dà il tempo alla bambina di continuare perché, distrutta da quel peso, la tira a sé stringendosela forte al petto, legandola in un abbraccio che la ingloba a tal punto da toglierle il respiro.

“Non voglio mai più sentirti dire una cosa del genere Leila! Io non ti lascerò mai e nemmeno papà. Non siamo andate via di casa per scappare da papà ma perché, come dici tu, non è giusto che Einar stia in un posto che non lo rende felice. Oggi mi sentivo triste perché a volte mi sento debole, stanca e non abbastanza coraggiosa. Sono andata a fare una passeggiata in un posto dove riesco a rilassarmi e pensare un po’ anche alla mia mamma e al mio papà… che mi mancano davvero tanto” spiega Anna, con una forza tale da far venire la pelle d’oca a Elsa.

La giovane che aveva di fronte era una piccola donna costretta a farsi carico di problemi troppo grossi, con un trauma affettivo notevole che non sapeva più come risolvere. Ora a quel dolore voleva prendervi parte anche lei, tramite la vicinanza e la comprensione.

“Leila… io che ho perso i miei genitori so cosa vuol dire vivere sentendosi soli e ti assicuro che mai e poi mai ti lascerò sola” conclude Anna, stringendo la bambina al proprio seno dal quale non l’aveva mai potuta allattare, ma che ora le doleva per colpa di una sofferenza che condivideva con il sangue del suo sangue.

Elsa, commossa dal momento, sente di potersi avvicinare. La maggiore avanza verso le due e con delicatezza accarezza la guancia di Anna, asciugandole una lacrima. Quel contatto riempie di amore la giovane mamma che, sollevata nell’avere finalmente una spalla, riceve quel gesto godendoselo a pieno.

“Perché accarezzi la mia mamma?” chiede Leila notando il momento inusuale.

Le due sorelle si guardano negli occhi e, annuendo, capiscono di poter agire per riunire una famiglia rimasta separata già a lungo.

È così che le tre, sedutesi accanto a un fuoco acceso, condividono la nuova scoperta e ripercorrono anni di ricordi e storie, arrivando perfino a ridere e divertirsi. Leila non aveva capito molto di quel mistero ma, sicuramente, gioiva nell’avere una parente che percepiva vicina più di chiunque altro.

“Sei mia zia! Questo è il giorno più bello della mia vita!” sussurra la piccina, sedendosi sulle ginocchia della consanguinea e appoggiando la propria fronte al suo mento. Il contatto con la bambina riscalda il cuore di Elsa che, emozionata, sente di appartenere a una realtà che era stata offuscata fino a quel momento.

“Piccina, ti andrebbe di chiedere a Honeymaren di metterti un unguento su quel ditino?” si intromette Yelena, intenzionata a parlare con le due sorelle.

Leila abbozza un sorriso e, dopo aver dato un bacio sulla guancia alla dolce mamma, si allontana con la giovane dalla treccia castana.

“Yelena, sappiamo tutto” rompe il ghiaccio Elsa con austerità, non sapendo se potersi fidare a pieno della donna che l’aveva cresciuta nascondendo la propria identità.

“Perché non mi hai detto di avere una sorella?” chiede subito la regina della foresta, non riuscendo a superare la faccenda. Anna, comprendendo il dolore della maggiore, si appresta a stringerle immediatamente la mano vista la presenza di alcuni fiocchi di neve attorno a loro. Le due sorelle erano riunite da poche ore, eppure sentivano di conoscersi pienamente come si conoscono due gemelli. Anna, infatti, aveva già capito che, di fronte a un forte stress, Elsa rispondeva con la magia.

“Bambine mie…” prende parola Yelena, sedendosi in mezzo alle due con fare calmo e tranquillo.

“Questa divisione tra mondo magico e mondo profano è talmente vincolante da avermi costretta a rispettare diverse regole. Sono stata obbligata a tenere Elsa qui con me giurando di non raccontarle la sua vera storia per non distruggere l’equilibrio” inizia a raccontare Yelena, stringendo con forza le mani delle ragazze.

“Ma… tu… sei veramente nostra nonna?” chiede Anna con titubanza, smossa dalla sete di verità.

“Sì… ed è questa la cosa più difficile” si rattrista Yelena, consapevole di dover spiegare alle nipoti la propria storia.

“Vostra madre era la mia unica figlia. Ora che i ricordi vi sono stati ripristinati, conoscete la storia di questa foresta e dell’unione matrimoniale che legò vostra madre a vostro padre. Il mondo non conosceva il loro segreto, in quanto li considerava una normalissima coppia distante dal mondo magico, finché non nascesti tu Elsa. I tuoi genitori avevano paura ma, per vivere serenamente decisero di non celare del tutto i tuoi poteri magici. Nel castello potevi essere te stessa ma, quando uscivi, dovevi indossare…”

“I guanti” la completa Elsa, ricordando quei momenti senza preoccupazione, visto il tatto con cui i suoi genitori l’avevano sempre informata sulla verità.

“Esatto. Sta di fatto che all’improvviso tutto cambiò. Iniziò la caccia alla magia per colpa dell’odio umano e dello stretto rispetto delle regole. In molti regni cominciò una vera e propria persecuzione a carico di ribelli ignoti, giunti da ogni dove per prendere le persone magiche e farle letteralmente sparire. Questo è ciò che successe, per esempio, al fratello di Kristoff” continua sicura la guardiana, scossa da quei brutti ricordi.

“Kristoff, è magico?” domanda Anna, accendendosi al solo sentire pronunciare il nome dell’amico.

“Nello stesso modo in cui sei magica tu, piccola mia. Magica perché nella magia ci credi!” risponde ambiguamente l’anziana, per poi continuare nel racconto.

“Le persecuzioni diventarono difficili da gestire e iniziò a girare voce sulla magia della principessa Elsa. I tuoi genitori intrapresero la scelta più complicata: dirti addio per salvarti la vita. Arrivarono da me una sera e, grazie all’aiuto dei trolls, riuscirono a creare un incantesimo che permettesse a tutti, loro inclusi, di dimenticarsi per sempre di te” afferma Yelena, prendendo fiato e stringendo maggiormente la mano di Elsa distrutta da tali considerazioni.

“Tua mamma però… la mia dolce Iduna… non riuscì ad accettare l’idea di cancellare il ricordo della sua primogenita, motivo per cui Granpapà fece una magia al suo scialle: qualvolta indossato Iduna avrebbe ricordato la figlia, vivendo anche il dolore per la sua separazione. Iduna, però, aggiunse inconsapevolmente una clausola all’incantesimo” sussurra Yelena, tenendo sulle spine le nipoti.

“Mentre salutava per sempre la piccola Elsa addormentata, la invitò a trovare sua sorella e ristabilire con lei le memorie perdute. Il suo desiderio, così profondo e sentito, si tramutò in profezia e, probabilmente, si impresse nello scialle che Anna e Leila hanno portato qui…” delucida Yelena, rivolgendo lo sguardo alle due ragazze che ora comprendono finalmente la propria storia.

“Finché non vi riconoscevate a vicenda io non potevo dirvi nulla. Ora che la realtà è stata rivelata, possiamo muoverci e aggiustare tutto. Non sarà facile, ma ora siamo insieme” continua la donna, seppure le orecchie di Elsa avessero smesso di ascoltare.

“Quindi la mamma… viveva qui” afferma Elsa con le lacrime agli occhi, sentendosi lontana dalla figura materna che aveva dovuto salutare da piccola. Il pensiero di Elsa induce Anna a riflettere sul dolore della maggiore. Nonostante tutte le sofferenze Anna aveva potuto vivere con sua madre fino ai sedici anni, mentre Elsa l’aveva salutata in tenera età. Quanto doveva essere stato difficile per lei, crescere lontana dai propri genitori per poi saperli morti?

“Sì tesoro… Iduna viveva qui e io ho fatto in modo che tu adoperassi tutto ciò che era suo. I vestiti, la tenda, i giocattoli, ogni cosa! Anche il lago ho voluto che diventasse il tuo luogo preferito perché, oltre a ricordarti il saluto con i tuoi genitori, era anche il posto preferito di Iduna” rimembra l’anziana con gli occhi lucidi.

Il legame che unisce Iduna al fiume-lago magico, porta le ragazze a ragionare su quanto espresso. Entrambe, infatti, ricordavano qualcosa inerente la madre e un fiume magico di cui lei spesso parlava nelle sue canzoni ma nessuna delle due ne riconosceva la melodia.

Il discorso sarebbe continuato ma, improvvisamente, Hans e Sven fanno capolino dalla nebbia accolti dai saluti dei Northuldri.

La visione del giovane dai capelli biondi che rincasa sano e salvo crea una piacevole sensazione in Anna che, istintivamente, scatta in piedi per l’emozione. Comportamento insolito che le stesse Elsa e Yelena notano, per poi farsi un simpatico occhiolino e scambiarsi un sorriso compiaciuto.

“Kristoff, cosa hai scoperto? Stai bene?” domanda Yelena tornando seria e accogliendo il giovane che considerava nipote.

Kristoff, ancora scosso per la notizia appresa da Hans, scuote la testa per recuperare lucidità e, con voce ferma annuncia:

“Ho sentito dove tengono rinchiuso il ragazzo. Conosco il nome del campo di addestramento, ma dovremo agire con cautela perché ci vogliono tendere una trappola per far partire una guerra e…”

Kristoff non fa a tempo a rispondere che Anna gli balza al collo baciandolo sulla guancia in segno di riconoscenza. Il gesto imbarazza Kristoff a tal punto da tingergli le guance di un rosso rovente seppur emozionato e felice di quel comportamento inatteso.

“Anna?” chiede lui titubante, rimanendo fermo come una statua.

“Hai rischiato la vita per me e la mia famiglia anche solo per conoscere il luogo dove tengono rinchiuso il mio bambino. Qualsiasi cosa succeda ora l’affronteremo insieme ma almeno sappiamo dove si trovi! Grazie” spiega Anna, motivando il comportamento compiuto per poi tornare seria e ascoltare il da farsi.

“Cosa hai sentito Kristoff?” domanda Yelena corrugando la fronte, non comprendendo la parola guerra.

“Hanno detto che non libereranno il ragazzo e nemmeno rinforzeranno la sicurezza. Sanno che Anna e la bambina sono ormai da noi e, se saremo noi a liberare il bambino, loro avranno il pretesto per farci guerra; la medesima guerra che da tempo si sta cercando di combattere tra mondi oltre la nebbia” delucida Kristoff, deglutendo per la pericolosità della notizia che sconvolge i presenti.

“Perché mio figlio dovrebbe essere il pretesto per una guerra?! Che idea disumana è?! Sono sicura che non sia scaturita da Hans, ma da suo fratello Vincent! Hans non penserebbe mai una cosa del genere!” parte alla difesa la giovane Anna, sconvolta da tali dichiarazioni espresse da quella che reputava famiglia.

Kristoff, ancora scosso dal bacio sulla guancia, decide ulteriormente di non comunicare ad Anna della morte dei genitori e, a maggior ragione, della posizione precaria e subdola di Hans.

“Tuo figlio è un pretesto perché, essendo l’erede al trono di Arendelle, non può permettersi di venire strappato dai suoi doveri. La guerra è l’unico modo per riaverlo visto il crimine commesso secondo le leggi e le norme di corte” spiega Yelena, pensando a un piano d’azione.

“Ho sempre odiato i protocolli e a quanto pare avevo ragione: mi stanno togliendo tutto quello che ho” aggiunge Anna amareggiata, abbassando il volto in segno di aggiuntiva delusione.

“Troveremo il modo per liberare Einar senza far nascere uno stupido conflitto” si intromette Elsa propositiva, non intenzionata a lasciar cadere la vicenda.

“Sì, possiamo studiare una soluzione sicuramente! Il bambino, però, è parte di noi e deve tornare a casa al più presto” aggiunge Honeymaren alludendo alla consapevolezza di un legame di sangue.

“Casa?” chiede Anna con il cuore in gola, emozionata da quel riferimento.

“Questa è casa vostra. L’abbiamo capito dal primo istante! Ora che abbiamo la certezza del legame fraterno tra te ed Elsa non possiamo che accogliervi in famiglia” continua Honeymaren, tenendo stretta la manina della piccola Leila che ormai considera una nipotina acquisita.

“Aspetta che?! Elsa e Anna sono sorelle?!” domanda Kristoff allibito, seguito anche da una smorfia di Sven colpito dalla notizia.

“Direi che tutti abbiamo bisogno di riposo e di tempo per elaborare tutte queste informazioni. Domani ragioneremo a un piano per salvare il bambino evitando la guerra” conclude Yelena facendo così sciogliere l’assemblea. È mentre il popolo si dilegua che Anna, ancora grata per il gesto compiuto, rivolge un sorriso a Kristoff per poi invitarlo ad ascoltare la rivelazione inerente la sua famiglia.

 
In mezzo ad un bosco lontano, in cima a una torre in pietra, il piccolo Einar cercava di riposare nella propria cella. La giornata era stata particolarmente stressante e il bambino, colmo di ematomi a causa di un addestramento militare in una palude adiacente, si stringe forte le gambe come a voler simulare un abbraccio inesistente. Quei giorni di lontananza da casa lo logoravano e, per la prima volta dopo tanto tempo, il bambino di soli sette anni cede e sente il bisogno di piangere.

Stretto a sé stesso, accovacciato sul letto e ciondolante, il piccolo dà vita ad un pianto liberatorio colmo di quei singhiozzi senza respiro che caratterizzano le disperazioni più forti dei bambini.

“Mamma, mamma, mamma!” urla il piccino a bassa voce, nascondendo il volto nelle ginocchia per non farsi udire all’esterno. Piangere, infatti, non era consentito in quanto comportamento infantile e non adatto a un futuro sovrano.

Einar, però, prima dell’essere un principe, era un semplice bambino che stava vivendo il trauma di un’ingiusta separazione dalla madre.

Il rumore di una chiave nella serratura fa sobbalzare il piccolo che, timoroso di essere scoperto, si asciuga velocemente le lacrime per poi ficcarsi sotto il lenzuolo fingendo di dormire. Einar teme di ricevere un rimprovero e, invece, una persona si siede accanto a lui accarezzandogli la testa dai capelli rossi.

“Non vergognarti… piangi piccolo, piangi” sussurra la voce dello sconosciuto. Una voce dolce e sincera che porta Einar a destarsi dal finto sonno per guardare in volto l’interlocutore.

“Ma, tu sei la guardia gentile!” afferma Einar stupito, riconoscendo davanti a sé un giovane uomo che tra bambini avevano etichettato così.

“Mi fa piacere ricevere questo bel complimento” ringrazia il giovane sorridendo e porgendo un pezzo di cioccolato al bambino.

“Perché stai facendo questo? Chi sei tu?” chiede Einar accettando immediatamente il dolce da parte della guardia gentile, unica bella presenza in quel posto di cattiveria.

“Einar, non ho molto tempo come sai. Sono stato incaricato di controllare le camere questa sera, quindi devo subito andare via. Ascoltami bene piccolo” dice la guardia, guardandosi spesso le spalle nella speranza di non ricevere visite inaspettate.

“Non permettere a queste persone di cancellare ciò che sei! Tu non sei un sovrano, tu sei un bambino con una mamma, un papà e una sorella. Tu sei questo Einar e sei molto altro ancora, devi solo scoprirlo! Sappi che sei più forte di ciò che credi, ricordati che queste sbarre non ti bloccheranno per sempre… solo tu puoi decidere quando uscire” conclude il giovane, per poi baciare sulla fronte il bambino e dirigersi fuori.

“Aspetta, dimmi almeno… come ti chiami!” lo ferma istantaneamente Einar che, seppur dubbioso per ciò che gli è stato riferito, non può non ringraziare il suo prezioso sorvegliante.

“Olsen… mi chiamo Olsen” risponde la guardia con un largo sorriso, per poi chiudere a chiave la cella e controllare gli altri bambini.

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