Revenant

di lovinfaber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ryloth ***
Capitolo 2: *** Viaggio ***
Capitolo 3: *** Jane ***
Capitolo 4: *** Un ringraziamento e una dedica ***
Capitolo 5: *** Assalto ***
Capitolo 6: *** In rotta verso i ricordi ***
Capitolo 7: *** Canto Bight ***
Capitolo 8: *** Supremacy ***
Capitolo 9: *** Ricerca ***
Capitolo 10: *** Ren ***
Capitolo 11: *** Croce e delizia ***
Capitolo 12: *** Propositi ***
Capitolo 13: *** Gelsomini ***
Capitolo 14: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 15: *** Morale ***



Capitolo 1
*** Ryloth ***


Li hai visti entrare dalla rampa. Non puoi lasciare la tua astronave nemmeno per un secondo che due marmocchi Twi'Lek hanno la brillante idea di intrufolarcisi. Maledetto Ryloth. Maledetta te e le tue ricerche. Maledetto mercato: a parte gli schiavi non ha niente, ad eccezione del carburante che costa quanto un occhio della testa. Non fai in tempo a realizzare di aver appena visto due clandestini a bordo che vedi spuntare dopo un po' altri due uomini grossi: anche loro hanno preso di mira la tua astronave. Sono armati di bastoni e catene, barcollano trascinando il loro corpo corroso dalla pinguedine e perché no, anche da qualche birra di troppo. Bastoni e catene, armi molto usate da queste parti per "recuperare e contenere" gli schiavi in fuga.

Capisci tutto e raggiungi il Revenant.

Senti i due uomini bofonchiare imprecazioni e bestemmie mentre si guardano intorno. Li osservi e noti che effettivamente non sono armati, a parte i già citati utensili per battere uno schiavo a morte.

"Venite fuori e non vi faremo niente!"

"Non verrete puniti! Non stavolta..."

Li sorprendi nella plancia, sono di spalle, nessuno ha notato il tuo arrivo. Il primo, quello più vicino a te si volta e ti vede. O meglio, fissa il blaster che gli hai puntato addosso.

Solo in un secondo momento punta i suoi occhi liquidi nei tuoi, cerulei e mortiferi.

"Fuori dalla mia nave" sibili come una vipera.

Il mercante di schiavi davanti a te alza le mani, lo stesso fa il suo compare. Sono mezzi sbronzi ma non scemi.

"Signora, non è come crede... Sono saliti due ragazzini a bordo della sua nave..."

"Vi assicuro che le uniche teste di cazzo entrate qui dentro siete voi. Fuori!"

Il secondo prova a convincerti: "Signora, dobbiamo insistere...".

Il click della sicura rimossa al blaster è una risposta più che sufficiente a convincerli a lasciare il posto senza fare storie. Due schiavi valgono un bel po' di crediti, ma nessuno si azzarderebbe a rischiare la vita in una nave, in mezzo a un deserto dove è abbastanza semplice disfarsi di due cadaveri. Lasciano sconfitti il Revenant, ma sai benissimo che torneranno, probabilmente armati fino ai denti per mettere a soqquadro la tua nave, devi muoverti a ripartire. Prima, però, hai una questione da risolvere.

"Questo vale anche per voi due, fuoridi qui".

Il tuo tono è alleggerito e la tua arma messa da parte, ma fai subito comprendere che non vuoi gente intorno. Fissi l'oscurità di una cella del Revenant, dalla quale spuntano due buffe testoline. I due Twi'lek sono usciti dal loro nascondiglio, palesandosi a capo chino. Li osservi per qualche secondo: la femmina è la più grande tra i due, deve avere circa dodici o tredici anni. Dai suoi abiti larghi puoi intuire un accenno di seno, segno di una femminilità che sta per sbocciare e rendere giustizia alla bellezza per cui sono famose le Twi'lek. Sarà presto destinata a un bordello, o a un harem se sarà più fortunata. Il maschio sembra più piccolo, dalla statura giudichi che potrebbe avere sui dieci anni, sembra molto più timido dell'altra. Anche la tratta degli schiavi maschi è molto fiorente, più che altro per i lavori che chiedono grosso sforzo fisico. Dal colore rosa scuro che caratterizza la pelle di entrambi i ragazzi e dalla loro inequivocabile somiglianza, sei pronta a giurare che siano fratello e sorella.

"Se usciamo da qui ci cattureranno "la timida voce del maschio fa capolino dalle sue labbra mosse a malapena.

"Cosa ti fa pensare che me ne freghi?"

"Io..."

"Non posso farvi da babysitter, mi dispiace" tagli corto.

il ragazzino fa di tutto per trattenere le lacrime e ti guarda dritto negli occhi "Solo per qualche giorno. Lasciaci sul primo pianeta che trovi e dimenticati di noi".

Il tuo sguardo impassibile sostiene il suo, supplichevole e disperato; cominci a capire che stai per fare una grossa cazzata. Maledetti ragazzini, maledetto Ryloth. Maledetta te.

La femmina interviene: "Siamo bravi con le riparazioni, il nostro primo padrone possedeva un'officina. Possiamo lavorare sulla tua nave mentre ci ospiti".

Sbuffi, e pesantemente: "Siete due disgraziati".

Dalle voci che senti giungere in lontananza dal mercato comprendi che non sarete soli a lungo. Devi sbrigarti a ripartire.  

 

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Capitolo 2
*** Viaggio ***


Il vecchio Revenant si libra nello spazio senza una meta precisa. Nel buio della plancia ti fa compagnia solo la luce bluastra delle mappe stellari proiettate da V-17, uno dei tuoi piccoli droidi volanti. Sei in cerca del tuo prossimo obiettivo, segnando mentalmente i pianeti che hai già visto e quelli che dovrai ancora visitare. Sei seduta sulla postazione di pilotaggio, con i piedi poggiati sulla console e il pilota automatico attivato: praticamente la tua idea di paradiso. Chiudi gli occhi, godendo della morbidezza dello schienale e il silenzio assoluto del piccolo mercantile.

"Cosa cercavi sul mio pianeta?"

Sussulti e ti volti, dannata Twi'lek che ti ha appena ricordato che non sei sola sulla tua nave. E' proprio dietro di te, in piedi e scalza. Si affianca a te poggiando i fianchi alla console, incrocia le braccia incuriosita.

"Materiale per le mie... spedizioni."

"Che materiale poteva mai darti un mercato di schiavi?"

Sveglia la piccoletta, peccato che la tua voglia di fare conversazione sia praticamente sotto zero.

Sospiri con malcelato fastidio:"Proprio non riesci a dormire, vero?"

La ragazzina scuote la testa: "è stata una giornata un po' movimentata".

All'improvviso ti viene in mente che non sai niente dei due Twi'lek. Hanno preso troppo alla lettera il tuo "invito" a non disturbarti e li hai visti sparire all'interno del piccolo dormitorio che hai ricavato da una delle celle che percorrono il corridoio della Revenant.

"Come ti chiami?" le chiedi.

"Zhora".

"Per quanto tempo hai lavorato nell'officina?"

"Circa quattro anni, signora".

"Hurrem".

"Cosa?"

"Mi chiamo Hurrem".

"Hurrem..." la giovane Zhora ripete il tuo nome.

"E' un nome strano, lo so, ma mi piace".

Il silenzio stellato della notte viene a tratti interrotto da alcune battute che vi scambiate. Zhora ti parla di sé, fregandosene della tua apparente indifferenza. Ti racconta di come lei e suo fratello Jonas siano sopravvissuti vivendo di espedienti da quando la loro madre ha lasciato il mondo dei vivi:questo fino al giorno della cattura e al loro coinvolgimento nella tratta degli schiavi. Hanno vissuto alcuni anni al servizio di un padrone un po' burbero ma di buon cuore. Il vecchio Jankar non li puniva quasi mai, racconta Zhora, e quando ciò accadeva, egli risolveva l'indisciplina dei due ragazzi con una sonora strigliata,nulla di più.

"Nel giorno libero Jankar ci portava a una tavola calda dove cucinavano le migliori polpette di rycrit.Le adoravamo"osservi Zhora illuminarsi al ricordo dei momenti felici.

Dopo un po' di nuovo l'ombra: alcuni villaggi di Ryloth furono bombardati dal Primo Ordine, Jankar morì e i due ragazzi hanno vissuto circa un anno senza farsi afferrare dai mercanti di schiavi. La cattura risale solo quindici giorni fa.

Reprimi un insulto e rivolgi il tuo sguardo alle proiezioni di V-17.

"Bel droide".

"E' il regalo di un vecchio amico."

Lacuriosità di Zhora sembra non avere limiti, ti guarda con i suoi occhioni color ossidiana, è forse una delle poche persone che non riuscirai mai a intimidire.

"Sto cercando una persona".

 

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Capitolo 3
*** Jane ***


Cammini per Takodana come un hutt in preda ai fumi dell'alcol e ti maledici per aver trascorso buona parte della notte a parlare con quella piccola peste di una twi'lek. Per di più la soffiata che hai ricevuto solo poche ore fa ti ha privata del restante sonno e ora ti senti uno straccio. Brami una buona birra come fosse acqua. Ti avvicini al sontuoso, vecchio ritrovo che ha visto parecchie serate piacevoli. Ti soffermi sul fugace ricordo di pomeriggi trascorsi proprio qui in piacevole compagnia, ma sai che non puoi indugiare troppo a lungo: hai un appuntamento a cui non puoi mancare. L'ologramma era chiaro: forse qualcuno era in grado di aiutarti con le tue ricerche. Entri con Zhora e Jonas all'interno del locale, guardandoti intorno tra la clientela che oggi sembra più numerosa del solito. L'oggetto delle tue attenzioni è proprio davanti al bancone delle birre mentre consegna le ordinazioni.

"Come butta,Kanata?" saluti la vecchia aliena dalle mani sempre in pasta.

"Sei in ritardo, Rohat." la strega nemmeno si volta a guardarti. Quando lo fa, sgrana gli occhi sorpresa dalla tua insolita compagnia: ti conosce per il tuo amore smisurato dei viaggi in solitaria.

"Non mi hai mai parlato del tuo lavoro da babysitter!" esclama sardonica.

"Ho solo offerto un passaggio. Sono già arrivati a destinazione."

La leggendaria regina dei pirati si sofferma a guardare i due piccoli Twi'lek con finto cipiglio, si sistema sul volto tondo i suoi famigerati occhiali. "Voi avete gli occhi di due che hanno fame". Zhora e Jonas, dapprima in soggezione a causa di quel curioso personaggio, si lasciano andare a un sorriso e annuiscono.

                                                                                              ...

Seduta su uno sgabello accanto al bancone, osservi in lontananza i tuoi piccoli ospiti divorare allegramente il cibo portato loro da Maz, offrendo l'uno all'altra la propria pietanza in un invito ad assaggiarla. Questa convivialità è piuttosto evocativa, sollevi la tua bocca in un mesto sorriso, mentre la proprietaria del castello si avvicina a te e chiede da bere per entrambe.

"Sei segnalata, ragazzina."

La guardi perplessa, preparandoti ad allungare la lista dei guai nei quali ti cacci.

"Da Ryloth hanno denunciato una rapina a mano armata ai danni di due mercanti di schiavi. Dicono che a estorcere la merce sia stata una giovane donna, umanoide, un metro e settanta circa, corporatura esile, capelli scuri, occhi azzurri. Ti ricorda qualcuno, Rohat?"

Tiri un sospiro. "Primo: non ho rapinato nessuno, i ragazzi sono scappati e si sono rifugiati sulla mia nave. Secondo: perché nessuno si accorge che i miei capelli sono rossi?"

"Sei sempre la solita idiota, e come se non bastasse adesso ti fai anche ricercare. Credi che con quel nome ridicolo che ti sei affibbiata tu sia immune dai cacciatori di taglie, Primo Ordine e chissà chi altri?"

Taci, distogli lo sguardo e fissi il fondo della tua birra. La vecchia volpe ha ragione.

"I tempi sono cambiati, Sarah. Adesso l'ultima cosa da fare è dare a quei figli di puttana un pretesto per catturarti."

"Non potevo lasciare i ragazzi lì. E a tal proposito, ho da chiederti un favore..."

"Vedrò cosa posso fare per aiutarli a trovare qualcuno che si prenda cura di loro, ma nel frattempo ti prego, non fare nulla che attiri l'attenzione su dite!"

"Farò del mio meglio." La guardi dritta negli occhi coperti da quei buffi occhiali tondi, lei sa per cosa sei qui. Non le hai mai raccontato delle tue notti insonni e del tuo respiro ogni giorno più pesante, schiacciato dalla perenne delusione di ricerche infruttuose, eppure lei ti vede. Dannati occhiali onniveggenti.

"Non dovrei dirtelo, perché so già che farai qualcosa di stupido, ma forse so dove si trova Jane."

Tutto diviene silenzio.

Il tempo sembra sospeso, tutto ciò che ti circonda sembra essere inghiottito da un buco nero. Le voci diventano echi, le risate degli avventori del locale sbiadiscono fino a farsi impercettibili ronzii, tutto quello che senti è il battito del tuo cuore, inabissato negli stessi inferi che ti sei costruita da otto mesi a questa parte per non morire. Jane.

Tremi, non vuoi darlo a vedere ma sì, tremi come la stupida che sei.

Jane. Jane. Quante volte ancora sussurrerai quel nome nelle tue notti insonni? Per quanto altro tempo girerai la galassia a cercare quel balsamo che lenisce la tua perenne angoscia? Quali altri mercati di schiavi percorrerai quando, finalmente, sentirai la sua vocina chiamarti a sé mentre sbraccerà come una forsennata a reclamare il tuo sguardo? Jane. La tua Jane, gioia e dannazione. Il motivo per cui ti sei lanciata in questa dannatissima e utopica crociata a ispezionare la galassia palmo a palmo, instancabile e disperata.

"È alta più o meno così, ha sette anni, i capelli scuri, occhi marroni..."

Non ricordi quante volte hai ripetuto questa litania fino alla nausea, sotto il sole cocente dei pianeti desertici così come nelle uggiose lande di mondi che fino a poco fa nemmeno conoscevi, mentre viandanti, contrabbandieri e mercanti di schiavi a cui chiedevi dicevano di non averla vista. Spesso ti toccava fingere di essere semplicemente interessata all'acquisto di uno schiavo, o di essere infuriata perché qualcuno aveva osato rubartela, una bambina di tua proprietà. Più di una volta hai dovuto estorcere informazioni con le minacce o a suon di pugni, per non parlare di quelle che hai dovuto comprare con i crediti: tutte ti hanno sempre portato a un punto morto, dopo indizi fumosi quanto il motore di un Ala-X in avaria. Jane.

Non è passato ancora un anno dalla sua scomparsa, immagini sia cresciuta, i bambini crescono sempre in fretta. Anche i suoi capelli saranno cresciuti? Quante volte avrà tentato la fuga? Avrà freddo o fame? Si ricorderà di te quando ti rivedrà? Perché ti rivedrà. Sì, ti rivedrà...

Ti rivedrà?

Non vuoi darti una risposta. Temi che una realtà cruda e spietata quanto coloro che hanno portato via Jane intruda nella tua coscienza. Inaspettata piccola Jane, accolta come ultima prova del tuo infelice amore, colui che ha lasciato questa vita prima ancora di sapere della sua paternità.

"Ti sei tirato fuori dai guai, non è vero, Viktor?"

Con amaro sarcasmo ti sei rivolta spesso a lui, nei momenti di solitudine, allestendo una litigata a senso unico, nella quale lo hai maledetto con tutto il tuo odio, per poi chiedergli perdono quando le tue urla ti hanno lasciato senza respiro. A risponderti solo il silenzio: furia e contrizione inghiottite dal nulla. Negli ultimi tempi hai pensato spesso a lui, chiedendoti cosa avrebbe fatto al tuo posto.

Lotti per ripristinare la tua maschera di impassibilità, serri la mascella e ascolti attentamente quanto Maz ha da dirti.

"È stata ceduta al Primo Ordine. Inserita in un programma di addestramento militare".

"Merda!"

"Esatto". Maz tira un sospiro, percepisci la sua difficoltà a parlarti a cuor nudo: "Figlia mia, non si tratta di un gruppo di contrabbandieri o di qualche criminale comune. Lei..."

"Dov'è?" riduci gli occhi a due fessure di ghiaccio, sai dove vuole arrivare.

"Devi essere ragionevole, non..."

"Dov'è?!" ripeti, fumante di rabbia, ti trattieni a stento dal gridare nel bel mezzo della locanda.

"È a bordo della Supremacy, la nave ammiraglia del Primo Ordine." taglia corto Katana, che non perde tempo a capire le tue pessime intenzioni.

"Sei pazza se credi di poter andare lì e riportarla indietro. Cosa credi di fare? Ti presenti e dici: salve, sono venuta a riprendere mia figlia?! Ti faranno fuori prima ancora che tu possa pensarlo! Quella è gente che non si ferma di fronte a nulla! Proprio ieri hanno raso al suolo un intero villaggio a Jakku! Come pensi di avventurarti in qualche follia e uscirne viva?!" la vecchia aliena nemmeno ha consapevolezza di quanto abbia alzato la voce. Si ferma prima che qualcuno si volti a guardarvi.

"Ho altro da perdere?"

Lei non ti risponde più, sa che hai già deciso.

"Mi verrà in mente qualcosa per liberare Jane, nel frattempo ti prego di aggiornarmi se ci sono novità. Grazie, Maz." lo sussurri a malincuore, reggi con stoico coraggio la maschera di impassibilità che hai forgiato con lacrime e sangue, ma dentro di te tremi come una ragazzina indifesa. Vi rivolgete un ultimo sguardo, prima che tu ti alzi, lasci il bancone e ti avvii verso l'uscita. Senti gli occhi di Katana che si rifiutano di lasciare la tua schiena, velati forse da un misto di rassegnazione e inquietudine. Non hai ancora idea di come arrivare alla Supremacy e riprendere Jane, ma sai che è lì e tanto basta, almeno per il momento.

"Hurrem!" riconosci la voce del giovane Jonas che ti chiama. Ti volti, lui e sua sorella Zhora ti fissano, non sembrano molto felici di vederti andar via, e considerato che ti conoscono da poco più di un giorno ti pare strano, e ancora più strano è il fatto che condividi il loro stato d'animo. Non ti sono mai piaciuti gli addii, avresti voluto lasciarli a quel tavolo nella loro appena ritrovata spensieratezza, nella speranza che non ti vedessero andare via, vuoi essere dimenticata. Dopo un lungo silenzio, dai una leggera pacca sulla spalla di Jonas, tutto quello che riesci a dire è: "Abbiate cura di voi stessi". Rivolgi un ultimo sguardo anche a sua sorella maggiore, speri abbiano la fortuna di trovare un luogo sicuro in questa merda di galassia ormai prossima a un'altra guerra. Ti volti e vai via. Fai di tutto per non guardarti indietro.

 

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Capitolo 4
*** Un ringraziamento e una dedica ***


Se anche nell'oscurità più intensa fossimo guidati dalla flebile luce dell'amicizia? Se in un mondo così impersonale e conformista, monocromatico come le pareti di durasteel,  vivessimo la presenza ardente di chi ci ama in modo incondizionato, al di là di chi scegliamo di essere? Se nell'esperienza di aver cura di qualcuno imparassimo di aver cura di noi stessi? Se il maestro diventasse inconsapevolmente l' allievo?

A partire da queste domande ho generato i miei personaggi, che mi hanno chiesto di dar loro una vita propria, reclamando tutto il mio rispetto.

Nella mia limitata forza immaginativa ho dato così luce al mio Revenant. Ho avuto, tuttavia, un grosso problema con cui fare i conti: il mio profondo senso di vergogna, che accompagna sia il mio nascondermi dietro pseudonimo quando scrivo fics, sia il mio stipare nei cassetti decine di storie che non vedranno mai la luce. Pertanto, devo confessare che questa storia l'ho sì partorita, tuttavia devo a una persona veramente speciale il merito di essere stata la mia levatrice: sto parlando di @Biancacomeneve, una meravigliosa scrittrice, appassionata e vera, esperta dell'universo di Star Wars, disponibile e generosa. Mi ha dato il coraggio necessario per andare avanti e far sì che la mia storia prendesse piede, non avrei iniziato quest'avventura se non fosse stato per lei. Approfitto di questo spazio per ringraziarla pubblicamente. e di rimandare il lettore al suo profilo, dal momento che i suoi lavori sono bellissimi. 

Non meno importante, è dedicare un pensiero a una persona molto speciale: una giovane e bellissima donna, una volontaria ospedaliera dall'animo fiero e gentile, la cui eleganza era naturale come il suo respiro. Ha combattuto una lunga battaglia contro diverse patologie che l'hanno minata nel corpo e nello spirito, portandola via in un triste giorno di fine marzo. Mi piace immaginarla andare incontro alla Primavera, che l'ha voluta con sé per sempre. 

Silenziosa sei passata nelle vite di chi ha avuto l'onore di conoscerti, altrettanto silenziosa hai lasciato questo mondo. 

La mia Hurrem avrà il colore dei tuoi bellissimi capelli, la tua voce calda e fiera, il tuo coraggio da guerriera. Perdonami se è poco. 

Ciao Anna.

 

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Capitolo 5
*** Assalto ***


Un'immensa coltre nera ti bruciò polmoni e occhi, non potevi muoverti né pensare: brancolasti in quello spazio intossicante dallo stesso colore dell'oblio, finché i muscoli non cedettero.

Non sapevi quanto tempo fosse passato, quanto lontano avessi strisciato, ma la vista che credevi di aver perso riprese a guidarti, capisti così di essere finalmente lontana dal luogo in cui si scatenò l'inferno: il mondo si oscurò, in lontananza fauci rosse e informi assaltarono ciò che restò della tua casa, della tua quotidianità, della felicità nella quale eri immersa, convinta che durasse per sempre, al fianco di Viktor...

Ti ergesti in piedi di fronte a ciò che ti fu strappato in una mite serata primaverile, non riuscivi a soffrire come avresti voluto. Da lì in avanti tutto sarebbe stato diverso, ma non volevi pensare a nulla, non ancora.

Il fuoco che avvolse casa tua cominciò a espandersi, fu allora che realizzasti di doverti ancora allontanare. Cominciasti a muoverti, ma una forza invisibile ti congelò le gambe, tutto ciò che ottenesti dai tuoi sforzi fu solo terrore. Come dotate di vita propria e consapevoli della tua paralisi, le fiamme avanzarono sempre di più verso di te. Sapevi di non avere scampo ma non potevi morire, non così. Il fuoco avanzava sempre di più, a pochi metri da te sembra aumentare la sua forza distruttrice. Il calore divenne sempre più intenso e insopportabile, infine le fiamme ti assaltarono e quel bruciore di cui poco prima avevi ricevuto solo un assaggio adesso ti pervase tutta.

Soffochi un grido mentre ti svegli di soprassalto sdraiata sul sedile che hai reclinato per concederti finalmente il riposo che non sei riuscita ad ottenere durante la notte. Di fianco a te, V-17 emette dei beep spaventati: hai fatto sussultare anche lui. Fottuti incubi.

"Scusa, V."

Sogni spesso quella sera di otto anni fa, e ogni volta le immagini oniriche sembrano eseguite da pittori che riproducono quei momenti con maniacale dedizione. Ci sono delle volte in cui il sogno si arricchisce di particolari inquietanti, ma il quadro è sempre lo stesso: la tua casa è in fiamme, tuo marito è morto per salvarti la vita, bruciato all'interno di quelle mura maledette che fino a quella sera erano il tuo angolo di felicità. Ricordi la fuga disperata, resa quasi impossibile dai tuoi polmoni che si rifiutavano di collaborare, dal tuo corpo che pareva volesse farti un torto. Fosti tratta in salvo da alcuni vicini scampati al massacro, ricordi bene anche questo particolareTi chiesero di Viktor, tu rispondesti loro che per lui non c'era più nulla da fare. Lo vedesti sparire tra le fiamme, nel dopo aver tentato di difenderti da un gruppo ben nutrito di criminali in abiti neri, già all'epoca noti all'intera galassia, che solo a sentirli nominare ti si gelava il sangue... Ma il sogno sembra gettarti sempre in quell'infausto frangente, dove eri impotente e fragile, come se volesse mostrarti qualcos'altro, qualcosa che la tua memoria si rifiuta di evocare.

Ancora intontita dal pisolino che ti sei concessa e dallo spavento che ti ha svegliata, ti sollevi a sedere e guardi attraverso i vetri della cabina di pilotaggio. Il rassicurante verde di Takodana circonda ancora la tua nave, scorgi da lontano il castello di Maz, ti sembra anche di vedere i due Twi'lek giocare e rincorrersi.

Avevi sempre creduto che appena scoperto dove fosse Jane saresti partita di corsa a recuperarla, invece ti sorprendi a riflettere e agire con tutta calma, con la consapevolezza di dover calcolare tutto nei minimi dettagli per portarla via: la fretta è una pessima consigliera, lo sai bene, inoltre avrai bisogno di tutte le energie per agire in sicurezza.

Gli ultimi preparativi sono quasi terminati: hai già impostato le coordinate per la prossima meta, dove hai un appuntamento con un amico di Maz che potrà aiutarti a escogitare un piano per entrare a bordo della Supremacy. I motori sono accesi, manca poco per il decollo, ma un boato ti distoglie dai tuoi propositi. La terra trema, in pochi attimi vedi intorno al revenant nient'altro che lampi e fumo, mentre i boati sembrano moltiplicarsi.

I ragazzi!

Ti allontani di corsa dal sedile del pilota, riapri il carrello di atterraggio e corri verso l'uscita, dove ad assalirti c'è la realizzazione di quello che sta succedendo, lo comprendi dal terrore di gente che corre in ogni dove, dai bombardamenti e dal castello di Maz che cade a pezzi: il Primo Ordine è qui.

"V-17!" gridi al tuo droide che nel frattempo ti si è avvicinato " Adesso cercheremo i due ragazzini Twi'lek. Qualunque cosa mi accada, tu cercali e portali via da qui, è chiaro?"

Il suo segnale acustico ti assicura di aver ricevuto i tuoi ordini. 

Non hai visitato molto spesso i territori di Takodana, ma ne sai abbastanza da riuscire a mimetizzarti nella foresta e a muoverti con la dovuta circospezione: l'ultima cosa che vuoi è essere catturata o peggio, ammazzata. V-17 ti segue svolazzando a bassa quota, pronto ad avvisarti in caso dovessi essere colta alle spalle. La corposa spedizione di stormtrooper non sembra avere il tuo stesso vantaggio, dal momento che riesci a strisciare tra le loro ben visibili uniformi senza essere avvistata. Preghi qualunque Dio dell'universo che ti assista nella tua inaspettata missione, che hai avviato nonostante quella vocina interiore ti suggerisse di fregartene del destino di due Twi'lek appena conosciuti e andartene via. Prima o poi ti deciderai a far germogliare il seme della strafottenza, ma quel giorno non è oggi. Non passa molto che riesci fortunatamente a trovare i ragazzi, peccato siano stati già raggiunti da un soldato con tanto di blaster puntato su di loro.

"Non muovetevi!" senti tuonare da una voce meccanica

I ragazzini, capo chino e mani in alto, tremano come piccole foglie al vento. Si preparano al peggio, è scritto sulle loro espressioni. Sussultano al colpo di blaster, rendendosi conto solo dopo alcuni attimi che niente li ha colpiti: al sentire un sordo tonfo, rialzano gli occhi e osservano stupiti il corpo senza vita del soldato che li ha minacciati meno di un secondo prima. Sollievo e meraviglia si fa strada nelle loro espressioni appena ti vedono.

"Hurrem!"

"Dobbiamo andare." Sbotti e fai loro cenno di seguirti.

Le esplosioni si fanno sempre più intense, i soldati sembrano moltiplicarsi, nella vostra forsennata corsa verso la sopravvivenza comprendete che sarà molto difficile uscirne vivi. Ti chiedi cosa abbia spinto il Primo Ordine ad attaccare un pianeta apparentemente neutrale, mentre ti assicuri che i ragazzini ti seguano. Un movimento tra gli alberi attira la tua attenzione, per cui ti sbrighi a nasconderti e fai cenno a Zhora e Jonas di fare altrettanto. Siete in piedi, celati dalla non troppo rassicurante presenza di una fitta vegetazione. Scruti tra le foglie una figura ammantata di nero, scortata da due assaltatori, e il tuo cuore perde un battito. Riconosci che si tratta di un pezzo grosso del Primo Ordine, il portamento e i suoi abiti da guerra non lasciano alcun dubbio.

Cavalieri di Ren.

Trattieni il respiro, ti sforzi di mimetizzare corpo e anima nell'immenso verde di Takodana, mai come adesso ti sei ritrovata ad invidiare i moscerini, così piccoli e inosservati, vorresti ridurre la tua esistenza a un fuggevole volo di un così insignificante insetto, farti piccola fino a sparire: sai di cosa sono capaci i cavalieri di Ren, purtroppo non solo per esperienza diretta: ne hai sentite di storie sulle loro gesta, tutt'altro che cavalleresche, a dispetto del nome di cui si sono fregiati. Ricordi ancora le parole di Irving e Markus, due anziani coniugi incontrati per caso durante una delle tue ricerche. Erano tra i pochi a essere sopravvissuti a una delle loro missioni, e il terrore con cui rievocavano la strage di un villaggio di contadini pervadeva chiunque li ascoltasse. Cavalieri di Ren: a sentirli nominare la paura diventava contagiosa più di una terribile peste:

"Ti leggono la mente, ti torturano con un solo gesto della mano, non mostrano alcuna pietà o rimorso per quello che fanno!" ancora riecheggiano le parole di Markus che biascicava con le lacrime agli occhi, mentre Irvin gli cingeva le spalle con affetto.

Uomini, donne, bambini, non c'è differenza per le loro lame quando recidono vite innocenti come fossero felci. Quanto potere e quanta crudeltà incarnata in quelle bestie.

Non hai mai avuto la sfortuna di incontrarli prima d'ora, ma sai benissimo da dove provengono quei poteri così impressionanti di cui spesso hai sentito parlare: prima di lasciare questo mondo, Tavistock ti istruì a dovere su ciò che dovevi conoscere, costringendo te e Jane a fare la vita delle fuggiasche, prima di quel fatidico giorno in cui lei ti fu portata via. Non hai abbandonato la delicata missione affidatati dalla buonanima del tuo geniale mentore, ma non gli risparmi ogni tanto qualche maledizione per i guai in cui ti ha cacciata, come se non fossero già più che sufficienti i tuoi.

Sei ancora in preda a questi pensieri veloci come navi da corsa, quando ti soffermi ad osservare la nera, imponente figura che si staglia tra gli allegri colori della foresta, in un tragico e beffardo contrasto. Lo osservi guardarsi intorno, in cerca di qualcosa.

"E' un cavaliere di Ren" Zhora sussurra accanto a te. Vorresti zittirla e dirle di darci un taglio con la fiera dell'ovvio, ma lei continua: "Il loro leader è il più potente e spietato di tutti". Guardi nella direzione della creatura mascherata, ascoltando comunque la ragazzina.

"Lui si distingue dagli altri per un particolare".

Accidenti a te, Zhora, ti sembra il momento di improvvisare un documentario sui cavalieri di Ren?

"Quale?" la voce di Jonas interrompe le tue imprecazioni mentali. Avevi sentito qualcosa sul loro leader, e non ricordi affatto cosa possa avere lui di diverso dagli altri. Fu la vecchia Irvin a dirtelo, ma proprio non ricordi cosa lo differenzi dai suoi compari... Ma in fondo cosa ti importa? Insomma, state rischiando di morire, che importanza ha se a ucciderti è il capo o quello che tra loro ha il compito di lavare i cessi?

"Il maestro dei cavalieri di Ren ha..."

"...una spada laser rossa!" esclami in preda al panico. Un movimento del cavaliere ti rinfresca la memoria, dando a te e ai tuoi piccoli compagni di sventura la vista di una fiammeggiante luce cremisi, potente e instabile, che ti offre una tremenda anticipazione di ciò che sta per avvenire.

Ti prego, non girarti da questa parte, non girarti da questa parte...

Lui si volta verso la vostra direzione.

Merda!

Sei paralizzata, la parte istintiva di te realizza che devi fuggire se non vuoi farti beccare, mentre la parte razionale, invece, ti suggerisce che sarebbe tutto inutile. Non sai che fare, lo vedi dirigersi verso di te, i ragazzi ti sono vicini, attendono tue indicazioni, si fidano di te, come glielo spieghi che siete tutti fregati alla grande?

Sei pronta a dire addio al mondo, addio a tutto ciò che conoscevi, chiedi infine perdono a Jane per il tuo imminente fallimento, quando d'improvviso avviene l'inaspettato: il terribile guerriero che brandisce la sua spada rossa si ferma di scatto e, come attratto da qualcosa di più interessante, si volta dall'altra parte e va via. Lo vedi sparire incredula dietro la vegetazione, seguito da due stormtroopers. Tiri un sospiro di sollievo, ringraziando tutti gli dei della galassia. Bene, adesso c'è solo da tagliare la corda. 

 

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Capitolo 6
*** In rotta verso i ricordi ***


Nonostante la partenza da Takodana sia avvenuta circa un'ora fa, le tue mani tremano ancora sui comandi del Revenant, e hai la perenne impressione di perderne il controllo. La Resistenza è intervenuta a bombardare il Primo Ordine e tu hai approfittato del casino per sgattaiolare nella tua nave insieme ai tuoi giovani compagni di viaggio. Non sei mai stata un tipo particolarmente religioso, eppure in mezza giornata hai pregato molto più di quanto tu abbia fatto in tutta la tua vita. I ragazzi stanno riposando da qualche parte nella tua nave, e va bene così. Quell'essere che maneggia uno strano potere con la stessa abilità con cui armeggia con la sua spada cremisi; quella maschera nera, anticipatrice di tutti i terrori dei mondi conosciuti. Tutti pregano di non trovarvisi mai di fronte, nessuno osa immaginare la mostruosità che abita quelle visiere altrimenti inespressive, inconsistenti come un granello di sabbia. Coloro che hanno potuto trovarsi faccia a faccia con il mostro e i suoi compari non sono sopravvissuti, o sono semplicemente impazziti. Tu non sei morta, non sei impazzita, eppure già li hai visti quei demoni mascherati, in una notte di primavera... Quella notte di primavera, quella che segnò la vita tua e di una creatura che non aveva chiesto di nascere e di condurre un'esistenza di merda insieme alla sua patetica madre. Se ci pensi, ancora maledici il tuo ventre, ancora detesti la lussuria nella quale tu e Victor vi travolgevate, in un groviglio di carne e braccia che mai conoscevano sazietà. Quella notte di primavera, quella maledetta, alla quale volgi i tuoi ricordi, impressi in te come un marchio indelebile. Ancora rivedi Victor che sbarra porte e finestre, ancora lo rivedi imprecare e gridarti di scappare. Ma ora sei qui, nel Revenant, devi reimpostare la rotta, sei viva e stai cercando Jane, non è il momento di farti travolgere dai tuoi fantasmi.

"Devi lasciare questo posto, Hurrem!"

Dolorosamente prendi coscienza di non poter fermare i ricordi. Come le tempeste, non chiedono il permesso di scatenarsi, devi lasciarli entrare e basta, sperando che non facciano troppi danni.

"Che stai dicendo? Che succede, Victor?"

"Ascolta, vai da Roger e Bonnie, parti con loro e non tornare mai più."

"Non vado da nessuna parte se non mi dici che cazzo sta succedendo!"

Torni al presente, imposti il pilota automatico. Almeno ci provi.

"Mi stanno cercando..."

"Chi ti sta cercando?!"

"Non posso..."

"Non vado via senza di te!".

Inserisci la rotta per la prossima meta, sei ancora in te ma senti ancora le vostre grida...

Lui si fermò per un momento, i gentili occhi nocciola che ti guardavano devotamente fino al giorno prima, ti fissavano adesso con puro terrore. Victor non era in sé e nemmeno tu. Preso dalla terribile realizzazione che non lo avresti lasciato nemmeno se fosse esploso l'intero pianeta, accompagnò il terrore all'amarezza. Per un attimo, ti illudesti di vedere ancora quella dolcezza con cui ti guardava. Ti si avvicinò, accarezzandoti il viso. Il silenzio che calò fu tutt'altro che rassicurante. 

"Mi dispiace, Hurrem... ".

Da quel momento in poi ricordi ben poco, come se la tua mente si rifiutasse di ricordare. 

 

 ti riprometti (inutilmente) di essere vigile: a quanto ha detto Maz tu e la tua nave siete segnalate, devi muoverti con attenzione e approfittare di qualcuno che sia disposto a dare un nuovo aspetto al tuo vecchio rottame.

Ti allontani dalla sala comandi, portando con te un holopad per intrattenerti durante il tuo lungo viaggio. Sai che ti addormenterai nello scorrere le pagine di uno stupido romanzo rosa e non puoi farci nulla, puoi solo augurarti di essere cullata da un sonno tranquillo e sereno, privo di fumo che acceca e fiamme che uccidono.

 

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Capitolo 7
*** Canto Bight ***


Una bomboniera affacciata sul mare, l'emblema del benessere, l'habitat naturale della classe, un sogno che diventa realtà. Insomma, hanno chiamato Canto Bight in tanti modi diversi, nulla però è più esaustivo della tua definizione "puttanaio d'alto bordo". Nella tua non troppo fervida immaginazione, la città di Canto Bight è un giardino dell'Eden che affaccia sulla bocca dell'inferno, pregno di un'immagine virtuosa che cela vizi privati di personaggi illustri. 

Ha tuttavia i suoi aspetti positivi: se hai i crediti sufficienti e gli agganci giusti, puoi comprarti il silenzio di tutta Cantonica, ed evitare di essere segnalata o peggio, catturata. Ti muovi un po' a disagio nelle sale da gioco, immersa nel brilluccichio perenne di abiti da sera e gioielli importanti, in netto contrasto con la tua semplicissima tuta di un color verde militare. Ti accomodi finalmente al bancone del bar, ammirandone le sfumature nere del marmo immacolato. Chiedi al cameriere di servirti un semplice tonico.

"E' qui per tentare la fortuna, signora?" ti chiede educatamente l'uomo.

"Non credo nella fortuna, ma nella buona compagnia": enfatizzi le tue parole sollevando leggermente il bicchiere.

"A quest'ora della notte?"

"Non è mai troppo tardi per cercare un buon amico" affermi.

Con un movimento impercettibile degli occhi si guarda intorno, trincerato dietro la sua impeccabile eleganza, finché non ti si avvicina: "Chi devo annunciare?"

"Rohat".

Ti auguri che questa follia abbia un lieto fine. Vorresti tanto sapere cosa stai facendo, ma questa è una di quelle volte in cui non puoi fare altro che tentare e sperare in una buona stella. Tiri un respiro profondo e pensi all'unico motivo per cui sei qui.

Tempo pochi minuti e ti si avvicina un altro cameriere, un Bith recante un vassoio con dello champagne: "Signora Rohat, il suo amico è pronto a riceverla."

Attraversi le opulente e affollate sale del casinò, fino a raggiungere un turboascensore ricco di specchi e intarsi dorati, chiaramente adibito al trasporto degli agiati ospiti. A condividere il silenzioso tragitto siete solo tu e il Bith, che inserisce una chiave all'interno di un foro, la cui mandata avvia così una discesa che ti sembra infinita. Il piano al quale ti conduce sembra molto più asettico e meno illuminato degli altri visti prima. Segui il cameriere lungo un corridoio finché non si ferma davanti a una porta.

"Brutus la sta aspettando." Ti lascia sola, in balia del suono dei suoi passi che si fanno sempre più lievi, fino a sparire. 

Bussi, esitante. Attendi alcuni secondi nei quali non hai ricevuto risposta alcuna, quando finalmente ti decidi ad entrare. Ti chiedi come faccia una persona così influente a lavorare nel silenzio di questo posto. Insomma, ti aspettavi di essere ricevuta in una suite grandiosa o in una sala di tutto rispetto, non in questo studiolo adorno soltanto di una scrivania e di due sedie che hanno visto giorni migliori, poste l'una di fronte all'altra. Ti accomodi sulla sedia più vicina alla porta d'ingresso e attendi pazientemente. Per tua fortuna non aspetti molto, la porta dietro di te si apre. Totalmente impreparata a ciò che ti si para davanti, la tua già diafana pelle perde quel poco di colore che ha, insieme a dieci anni della tua non troppo giovane vita. Cerchi di elaborare una via di fuga, ma in questo tugurio non c'è altra uscita, se non la porta dalla quale sei entrata, bloccata da un gigantesco Barabel che ti fissa. I tuoi rantoli sono soppressi dal suo ringhio, tanto lieve quanto mortale. Deglutisci pesantemente, cercando di mascherare in tutti i modi la tua paura. La gigantesca creatura comincia a guardarti disgustata:

"Dovresti insistere un po' di più con il fondotinta!"

Le sue parole ti bloccano all'istante, mentre cerchi di elaborare: "Cos...?!"

"Fon-do-tinta!" Enfatizza le sue parole come se stesse parlando a una bambina stupida "Hai presente? Quella roba che voi femmine mettete sul viso. Sei uno schianto, dolcezza, ma sinceramente sei troppo pallida!"

Quando finalmente riesci ad articolare un suono che non ti faccia sembrare un'idiota, finalmente chiedi: "Il signor Brutus, suppongo...?"

"In squame ed ossa!" risponde il Barabel. "Accomodati pure. Posso offrirti qualcosa da bere?" Si siede sulla sedia di fronte a te, ridicolmente più piccola della sua grossa stazza: ti chiedi come abbia fatto finora a non cedere.

Il tuo tono lascia trapelare una punta di perplessità: "Sei molto gentile..."

"...Per essere uno della mia specie? Sì, lo sono." Brutus capisce dove vuoi andare a parare, così mette subito le cose in chiaro: "La mia gente mi giudica un pappamolle. Ho sempre preferito un buon libro a una lama di beskar."

"Capisco...".

Quei due metri e mezzo di creatura decidono di andare subito al sodo: "Maz mi ha accennato di una tua necessità..."

Ti ricordi finalmente di respirare, così avanzi la tua richiesta: "Devo entrare a bordo del Finalizer, la nave ammiraglia del Primo Ordine."

"In quale settore vuoi entrare?".

"Dove tengono prigionieri e...nuove reclute, suppongo."

L'alieno di fronte a te sospira: "Temo sarà impossibile, mia cara".

"Cosa?"

"Con la giusta conoscenza della base e un maestro apricodici puoi aggirare la sorveglianza abbastanza facilmente, puoi prendere e portare via ciò che vuoi, corrompere assaltatori ma... il settore 28 è una gran rogna." Continua Brutus, ignaro della stilettata che sta dando alle tue speranze.

"Il settore 28?" Il tuo cuore subisce un tuffo, sai di cosa sta parlando, e le sue parole non fanno altro che confermare ciò che sai.

"Quello di cui parlavi prima. È usato per il condizionamento delle future truppe di assaltatori. Tutti per lo più ragazzini..."

Insisti, non lascerai questo dannato posto senza avere la certezza di raggiungere il Finalizer: "Ci deve essere un modo!"

"Come ti dicevo, portare via cose è un conto, ma i codici di accesso per il settore 28 sono esclusivamente nelle mani degli ufficiali del Primo Ordine, per decriptarli servirebbero giorni, se non settimane."

Affranta, ti prepari a lasciare ogni speranza. Nella tua testa turbinano mille pensieri, stramberie varie, tra cui la malata fantasia di rimetterti a bordo del Revenant e lanciarti contro una delle navi del Primo Ordine, per semplice rappresaglia, o per assicurarti di averli danneggiati in qualche modo prima di lasciare questa valle di lacrime. Poi, in mezzo alle miriadi di ipotesi folli, si affaccia una nuova idea, non sai come, ma pensi potrebbe funzionare.

"Ufficiali del Primo Ordine..."

L'enorme Barabel ti guarda, silenzioso, dall'alto della sua statura per nulla sminuita dal fatto che è seduto.

"C'è un modo per avvicinarmi a uno di loro? Potrei sottrarre queste chiavi d'accesso."

Brutus continua nella sua crociata silenziosa, e dopo alcuni secondi che ti sembrano ore, scoppia in una fragorosa risata: "Vuoi avvicinarti agli ufficiali? Di tutte le follie che ho sentito, questa le supera tutte!"

"Maz mi ha detto che sei un esperto di imprese folli." Ribatti, cercando di non tradire la tua irritazione.

"Ti ha detto bene. Forse mi è venuta un'idea. Ma prima devo avvisarti che anche la follia ha un prezzo..."

"Posso pagare."

Il Barabel sospira: "Non mi riferisco solo ai crediti."

Sollevi le sopracciglia, la tua faccia è un punto interrogativo.

Brutus si rifiuta di tenerti ulteriormente sulle spine, così il suo piano comincia a prendere forma: "Una mia amica gestisce un'agenzia.".

"Che genere di agenzia?"

 

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Capitolo 8
*** Supremacy ***


ATTENZIONE: tenere questo capitolo fuori dalla portata dei bambini.

 

Se lo avessi sentito da qualcun altro non ci avresti creduto. Quello che stai facendo sarebbe parte di una storia da raccontare in qualche taverna fetente, in uno sperduto pianeta fetente del fetentissimo Orlo Esterno. Sai che a sentirla rideresti a crepapelle, incoraggiata dai fumi dell'alcool. Invece questa è la tua storia, tue sono pure le azioni, tuo è il bisogno di guardarti dall'esterno, mantenere questo stato di dissociazione folle che ti vede in una taverna, ridente e incredula di fronte alle tue stesse imprese. Per non impazzire. Per non cedere al terrore. Per riportare indietro Jane... Tiri un sospiro e sputi un po' d'acqua che ti è entrata in bocca mentre riprendi a insaponarti: le docce sono sempre state un ottimo appuntamento con i piani d'azione.

Questo, in particolare, hai bisogno di ripassarlo in mente diecimila volte.

Quando esci dalla doccia e controlli un insolito outfit che da qui a tra poco dovrai indossare, rabbrividisci e speri che tutta questa assurdità possa servirti a qualcosa.

Ci pensa la giovanissima Twi'lek a riportarti al presente, una volta pronta: "Perché diavolo indossi quella roba?"

"Non sono affari che ti riguardano." La piccoletta tira un sospiro. Le metti una mano sulla esile spalla: "Quello che ti ho detto a Takodana vale ancora! Abbi cura di te e di quell'altra peste di tuo fratello."

"Se ci lasciassi venire potremmo aiutarti." Ribatte Zhora.

"Non se ne parla nemmeno!" esclami inorridita.

"Ci hai salvato la vita! Te lo dobbiamo, Hurrem!"

"Vuoi davvero ripagarmi?" Le chiedi. La ragazzina annuisce. "Bene! Fai buon uso della vita che hai davanti. Ok?" La dolcezza che traspare dalle tue parole lascia il segno, per quanto cerchi di ricorrere a tutto il tuo senso pratico. La caparba Twi'lek abbassa la testa, realizzando che sei più testarda di lei. Per un momento vorresti ammirare la forza con cui Zhora e Jonas stanno affrontando questa realtà terribile. Alla loro età eri tutt'altro che matura, gli echi di una nuova guerra sempre più imminente si facevano sentire, ma non ti riguardavano più di tanto o forse, non volevi che ti riguardassero. Sei cresciuta da un giorno all'altro, strappata a forza da quel continuo sogno ad occhi aperti dettato dal tuo breve ma intenso matrimonio, troppo simile a quelli delle favole, dove lui e lei trovano la loro oasi di felicità.

Un lieve beep di V-17 ti avvisa che sei praticamente giunta a destinazione. Sei nella loro orbita, impossibile che non ti abbiano già vista. Ti avvicini a Brutus nella piccola sala comandi. Sei colpita dalla strana generosità di quel Barabel così sui generis, dettata un po' dalla filantropia, un po' dalla straordinaria quantità di crediti che hai elargito a lui e alla sua complice.

"Ci siamo, fanciulla!" il Barabel ti guarda divertito.

Sollevi le sopracciglia: "Mi raccomando, non mangiare i ragazzi!"

"E tu non farti ammazzare!"

Con buona pace della vostra spavalderia, ve la fate sotto dalla paura quando udite la tanto attesa intimazione: "Qui è la Supremacy, nave ammiraglia del Primo Ordine! Identificarsi!"

"Qui è la nave T-4 Mk, codice autorizzazione LX-4853 per l'hangar 9."

Bum.

Bum.

Bum.

Hai dimenticato come respirare, stordita solo da quella cosa fastidiosa e rumorosa che ti batte nel petto, il cui suono ti prende fino alle orecchie e che vorresti zittire. Idiota di una donna, fino all'altro ieri correvi spericolata in fuga dalla morte, o lottavi agguerrita come una fiera che combatte per la sopravvivenza. Fino all'altro ieri era diverso, però. Fino all'altro ieri la posta in gioco la vedevi in lontananza, adesso ti irrompe nel petto in tutto il suo terrore, insieme al tuo rinchiuderti volontariamente in una trappola per topi. Tutto l'equipaggio della T-4 di Brutus osserva dall'interno della sala comandi, intimorito dalla gigantesca nave che si staglia contro il buio della galassia. Vorresti ribadirti che sai cosa fare. Devi aver sentito da qualche parte la stessa voce di prima tuonare finalmente: "Autorizzazione concessa!", perché il tuo corpo si è automaticamente avviato verso una capsula di espulsione: una volta dentro e lontano dalla nave di Brutus, vedi dal suo interno quanto sia enorme un solo hangar del Primo Ordine, non vuoi immaginare come sia il resto e, soprattutto, non vuoi indugiare ancora nel tuo avvilimento, che preferisci lasciare sommerso.

Con la mente rivolgi i tuoi ultimi saluti ai tuoi improbabili compagni di viaggio e ripensi ai discorsi del Barabel stramboide e di Cordelia, l'avvenente Chiss che gestisce la più famosa agenzia di "modelle" di Canto Bight.

"Dovremmo proporla al Generale Engell!"

"Non credo sia il caso, Brutus, sai bene che preferisce le Twi'lek. Pensavo piuttosto all'ammiraglio Griss".

"Dimentichi che nessuna delle ragazze vuole più avvicinarlo dopo che... Insomma! Non credo che quel sadico pezzo di merda sia l'ideale. Pryde?"

"Gli piacciono gli uomini..."

"Ah, già... Aspetta, Cordelia, ci sono! Che mi dici di quel tipo? Con quel vizietto che ha, si può tenerlo impegnato per un po'. Com'è che si chiama?"

"Stai parlando di...?"

Ti sollevi dalla capsula di espulsione e guardi l'ambiente intorno a te come se ci fossi stata altre mille volte. Devi ostentare sicurezza, pertanto fingi di essere preparata a trovare quattro assaltatori con le armi puntate. Rifiuti di alzare le mani e incedi con fare deciso, avvolta in un lungo trench nero, mentre ondeggi su tacchi vertiginosi su cui poggiano i tuoi già doloranti piedi, pronta ad entrare nella parte.

"Buona sera, signori. Il generale Hux mi sta aspettando."

Uno degli stormtrooper ti si avvicina: "Lo apra." Ti ordina, indicando il borsone che rechi su una spalla.

Senza indugio alcuno lo fai: lo appoggi a terra e apri la zip, rivelando il contenuto di quel bagaglio che ti sei portata. Gli uomini fissano il tuo borsone aperto per un lungo momento, li immagini sconvolti dietro quei ridicoli caschi bianchi.

"Non sono ammessi... attrezzi del genere a bordo della Supremacy. Perquisitela!" esclama lo stesso tizio che ti ha ordinato di aprire il tuo bagaglio. Probabilmente è l'unico a non aver capito ancora niente. Dovrebbero mettere gente meno tonta negli hangar.

L'ostentata sicurezza con cui parli va a braccetto con una buona dose di civetteria. Con tutta la sfacciataggine di cui sei capace, sciogli il nodo del tuo trench prima ancora che ti si avvicinino, rivelando uno striminzito abitino in pelle nera. Come reazioni ottieni un altro blocco generale da parte delle guardie intorno a te. Ti sembra di palpare l'imbarazzo di tutti, compreso quello dello stormtrooper tonto che non aveva capito niente. È proprio lui che tenta di ritrovare la voce ma incespica infelicemente: "Da...da questa parte." Mentre ti chini a raccogliere e richiudere la tua borsa, il tonto parla a un suo commilitone: "Riferisci al generale Hux che gli è stato recapitato un... regalo."

Memorizzi i percorsi nei quali ti guidano, gli infiniti corridoi e gli ascensori dove ti conducono, attenta a non guardarti troppo intorno per non destare sospetti. Per quello che sanno loro, sei solo una prostituta di Canto Bight che è venuta a fare il suo lavoro. Porte e codici d'accesso sembrano infiniti, finché non ti lasciano sola in quella che sembra la tana del lupo. Il posto in cui ti trovi è una sorta di appartamento spartano, essenziale. L'unico elemento degno di nota è l'immensa vetrata che affaccia su una distesa infinita di stelle, che non puoi fare a meno di ammirare.

Dopo qualche minuto, il suono dello scorrimento della porta ti fa voltare, e finalmente lo vedi.

Armitage Hux, il cane da presa di Snoke, spietato e distruttivo, votato al Primo Ordine e al potere, uniche ragioni della sua miserabile vita, proprio lui è qui. Davanti a te. La fama di cui è fregiato precede la sua presenza imponente e austera. Sei attenta a trattenere il tuo cipiglio così come fai con la tua sorpresa che ti ha colta nel vedere che è molto giovane e che, dietro quella sua postura rigida possiede una fragilità soffocata da anni di addestramento militare, uno sguardo freddo che forse un tempo emanava calore, ti piace pensare che anche lui, come molti, una volta è stato innocente, ma ora è un fuscello che sta sempre sull'attenti, pronto spezzarsi all'improvviso. Sai che è pericoloso ma non sai quanto sia gestibile. Ti fissa per alcuni secondi, prima di togliersi il cappello in segno di saluto.

"La signora Morana le manda i suoi omaggi, generale Hux."

Un sorriso sbilenco si affaccia alla sua bocca, mentre ammira il tuo abitino in pelle che lascia ben poco all'immaginazione: "Ricambio con piacere, signorina..." Ti si avvicina, studiandoti mentre gira intorno a te: "... sono felice che Mrs Morana si ricordi dei suoi cari, vecchi clienti."

Hux incalza: "Immagino lei sia stata ben informata riguardo alle mie... preferenze."

L'allusione non ti sfugge, tieni alto il mento, sai cosa fare. Ti chini con grazia a riaprire il borsone, dove spuntano una grossa quantità di corde, frustini, manette e altri oggetti di cui sei più che felice di ignorarne la funzione. Stavolta sei tu a donare al generale Hux un sorrisino malvagio.

Gli brillano gli occhi, sembra quasi dannatamente commosso. Provi a ignorare i tuoi brividi: avevi un'idea sulle varie sfumature della vita sessuale delle persone, e sai che ci sono cose che vanno ben oltre le tue limitatissime fantasie. Per un attimo perdi la tua stella polare, non sai che fare, al che il tuo stesso buonsenso comincia a prenderti a schiaffi.

Smettila di comportarti come una scema e mantieni la copertura!

Il sorriso falso che ti si allarga ti fa sembrare affetta da paresi facciale, ma non ti importa.

"So che sei molto cattivo, generale. E i bambini cattivi vengono puniti". Ti sforzi di non ridere, celando il tuo imbarazzo dietro la parvenza di quell'inquietante buonumore. Questo sembra eccitarlo:

"Sì, mia signora."

                                                                                                ....

 

Fingermi un corriere no, eh?

Guardi la scena che si è parata davanti a te, che hai attivamente contribuito a generare: Hux in mutande, legato alla testiera del letto e con gli occhi bendati. No, non è un'immagine che ti toglierai dalla testa tanto facilmente. Lo guardi mentre svuoti il tuo borsone di tutto il suo contenuto. Perplesso dal rumore, il generale si volta in direzione del casino che stai provocando: "Padrona...?"

"Sta' zitto!"

Rovisti tra gli oggetti che ti sei portata, e finalmente la tiri fuori: una vanga di tutto rispetto!

Non perdi altro tempo e cominci a cercare qualcosa che possa esserti utile. Alla sua cintura, abbandonata sul pavimento, aveva un blaster. L'idiota era troppo preso dai suoi bollenti spiriti per metterlo in sicurezza da qualche parte, così lo ha lasciato sul pavimento, alla tua mercè: lo recuperi e ti riavvicini al letto.

"Dammi il codice d'accesso per il settore 28!"

"Cosa...?" Hux è chiaramente perplesso.

Ti preoccupi di risolvere immediatamente i suoi quesiti rimuovendo la benda dai suoi occhi: "Non gridare o ti ammazzo." Gli punti il blaster sotto il mento, il gelido generale ha bisogno di capire che non scherzi. Il suo viso diventa una maschera di rabbia, mentre sibila: "Feccia, non uscirai viva di qui...!"

La canna del blaster preme contro la sua gola fino a fargli male, percepisci anche il movimento della sua deglutizione: "Sarai tu a morire se non fai il bravo, generale!" La compostezza che hai ritrovato gli manda un brivido lungo la schiena, ti accorgi di ciò dai suoi occhi che lasciano trasparire paura.

"I codici d'accesso." Ribadisci.

 

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Capitolo 9
*** Ricerca ***


Ti è sembrato facile, tutto sommato. Forse un po' troppo. Hai messo fuori gioco Hux abbastanza a lungo da permetterti di fuggire (benedetta vanga), ma per essere sicura che non chiami aiuto una volta sveglio, lo hai imbavagliato: prima che qualcuno vada a cercarlo nei suoi alloggi passeranno ore, e tu e tua figlia sarete finalmente fuori da questo dannato incubo. Incedi guardando dritto davanti a te, ancora una volta ostentando una sicurezza che hai dovuto, nell'arco dei tuoi 28 anni di vita, fare tua senza possibilità di appello. Hai imparato che dietro la maschera dell'ostentazione puoi delinquere e bypassare tutti gli ostacoli, nessuno infatti nota la tua divisa del Primo Ordine molto più larga rispetto a quella che dovrebbe essere la tua taglia; adesso sei una dei tanti ufficiali che brulicano in giro per la Supremacy per adempiere i propri doveri. È solo quando sei sicura di essere sufficientemente sola o ignorata che decidi di dare una sporadica occhiata al piccolo holopad che hai al polso a mo' di orologio, per controllare la pianta della gigantesca astronave nella quale ti trovi. Hai studiato tutto nei minimi dettagli, sai che gli appartamenti di Hux sono separati dal settore 28 da qualche chilometro: è probabile che quel pel di carota coordini tutte le attività legate al "reclutamento" degli assaltatori, e ora che ci pensi ti sei quasi pentita di non averlo strangolato con le tue mani. Man mano che ti avvicini al tuo obiettivo, ti accorgi che i luoghi nei quali ti avventuri diventano sempre più isolati. Com'è possibile che un settore come il 28 sia quasi totalmente privo di sorveglianza? E se fosse una trappola?

No, niente del genere. Il settore in questione è quanto c'è di più lontano dai vari hangar della Supremacy, fuggire da lì sarebbe molto difficile senza essere scoperti; inoltre, qui sanno bene che un intruso cercherebbe di sottrarre armi, segreti militari, insomma roba che valga la pena sorvegliare. Nessuno sarebbe così folle da cercare dei ragazzini rapiti. 

Quasi nessuno...

Il tuo cuore accelera nel pieno delle tue elucubrazioni, e sai anche perché. Un solo enorme portone grigio ti separa dal tuo agognato obiettivo, stenti a crederci. Con i battiti cardiaci che senti fin sulle dita, passi il badge di Hux all'interno di una banda magnetica, che non manca di chiederti il codice d'accesso. Digiti la sequenza esatta, tremi all'idea che un solo errore potrebbe allarmare tutta la Supremacy e segnalare un intruso. La gola ti si stringe, è solo quando lo schermo collegato alla banda magnetica lampeggia di verde che ti accorgi di sudare freddo. Con un enorme sibilo, il portone si apre.

 Scopri che lo spazio qui è enorme: immagini che questa sorta di hangar al chiuso sia adibito alle esercitazioni, il che non sarebbe un problema, non fosse per le decine di porte che conducono chissà dove, in uno schema che si ripete a più piani, dai quali si accede tramite scalinate o turboascensori.

E ora come faccio?

Ok, calma. Non hai tempo per demordere, né tantomeno per farti venire qualche crisi isterica. La situazione è complessa, ma non sei nella merda. 

Ti incoraggi ad avvicinarti alla prima porta sulla destra. Comincerai da lì, poi a mano a mano le controllerai tutte. Entri, il solito rumore di apertura e chiusura porte, e ti accoglie il buio totale. Incerta, fai un passo avanti, per essere sorpresa da luci automatiche che illuminano un lungo corridoio.

Bene.

Tiri un profondo sospiro, continui a camminare. Una lunga vetrata alla tua destra attira la tua attenzione. Al di là di essa, una ventina di brande disposte ordinatamente l'una di fronte all'altra. Le luci del corridoio le illuminano abbastanza chiaramente da distinguere i giovani occupanti di quei lettini. A occhio e croce sembrano avere l'età di tua figlia, ma non ci metti molto a capire che si tratta di un reparto maschile. Non la troverai qui.

Ok, il non l'hai ancora trovata, ma non sei nella merda. Ci vorrà qualche ora per trovare Jane, ma tu non demordere.

Lasci quel corridoio e ti accingi ad esplorare ancora. Prosegui con la seconda porta sulla destra: situazione simile, corridoio praticamente uguale, altri maschietti. Tiri un profondo sospiro, una parte di te si sente uno schifo per essere venuta qui a recuperare solo tua figlia, ma lasci presto che questo senso di colpa muoia alla tua coscienza. Non puoi permetterti di fare molto qui dentro, al massimo puoi portarti dietro qualche altro bambino, nulla di più.

Esci di nuovo e procedi con un'altra porta, sempre sulla destra: situazione praticamente identica. Comprendi solo adesso che il settore 28 è molto più vasto di quanto tu abbia immaginato, "ospiterà" centinaia di bambini, se non migliaia. L'avvilimento si fa sentire. 

Calma, Hurrem. La situazione è un casino, ma non sei nella merda. 

Procedi ad esplorare tutto quell'enorme spiazzo al pianterreno, ma non trovi nulla di interessante. Cominci a salire un primo piano, valutando saggiamente di non prendere ascensori o qualunque cosa possa generare un allarme.

Passa il tempo, non immagini quanto, sai solo di essere sfinita. Vaghi qui da un sacco di tempo, forse saranno passate ore. Temi di dover tentare a più riprese di entrare e uscire dalla Supremacy, ma non sai nemmeno come, dal momento che, dopo quest'avventura, non potrai provare di certo a riavvicinarti con il trucco della squillo mandata da un' agenzia di Canto Bight. Ti perdi nei corridoi alla stessa maniera in cui ti perdi in nei tuoi pensieri, finché una piccola presenza attira la tua attenzione. Ti volti: dai tratti delicati ti appare evidente che sia una bambina, nonostante i suoi capelli cortissimi. Ti fissa con due occhi sgranati, spaventata. Ti rendi finalmente conto di essere in un dormitorio femminile, ma potrebbe essere uno dei tanti, sai che le ricerche potrebbero durare ancora a lungo. Non sai che fare con la ragazzina, da come ti guarda sembra aver capito che sei un'estranea che nulla ha da spartire con la fredda e severa compostezza degli alti ranghi militari. Rapidamente si allontana, guardandosi dietro per assicurarsi che tu non la segua.

"Aspetta...". Le tue parole appena sussurrate malcelano la tua ansia. Ok, Hurrem, vattene da qui. Se vieni catturata non avrai mai più la possibilità di recuperare Jane. Se andrai via, ti inventerai qualcosa per tornare sulla Supremacy, fosse l'ultima cosa che farai. 

La situazione è pessima, ma non sei nella merda. 

Cominci a correre, tentando di fermare la bambina che ti ha vista, magari puoi provare a convincerla a seguirti, magari puoi portarla con te e Jane, magari puoi...

Fai per uscire dal corridoio, quando comprendi di non essere sola: quelle maledette supposte giganti sono proprio di fronte a te, a separarti qualche piano di quelle specie di prigione per ragazzini, e ti stanno puntando dei blaster addosso. Ne sono circa sei, credi di poterli gestire, forse non hanno ancora dato l'allarme per tutta la nave.

"Mani in alto!"

Non permetti loro di darti ordini, estrai il tuo blaster facendo di te un bersaglio mobile, provi a nasconderti dietro i colonnati che intervallano il grosso ballatoio davanti ai dormitori, prendendo le mire giuste all'occorrenza. Diversi colpi ti sfiorano, ma approfitti dei rari momenti in cui le raffiche si fanno più rade per contrattaccare. La tua mira non è niente male, nel giro di mezzo minuto hai già steso il primo uomo. Sai tuttavia che il tempismo potrebbe fregarti: se questi soldati avvertono una qualche difficoltà, non esiteranno a chiamare rinforzi, e lì sarai fregata. 

Devi restare lucida, Hurrem. Non sei nella merda, non ancora, almeno: okay, diciamo che la stai vedendo piuttosto da vicino, l'importante però è non tuffarcisi dentro. 

Man mano che prosegui con la tua lotta per la fuga cerchi di avvicinarti all'enorme portellone dal quale sei entrata. Hai abbattuto il secondo assaltatore, il cui colpo ti sfiora una spalla: brucia ma non abbastanza da metterti al tappeto. Ne restano solo quattro. Scendi man mano le scale scansando altri colpi e ricambiandone altri. L'ultimo pilastro dietro il quale di celi ti permette di sfruttare al massimo il tuo apparente svantaggio: sono rimasti in tre adesso, troppo sicuri di trovarti in seria difficoltà per darsi la pena di prestare attenzione ai tuoi movimenti. Si avvicinano dietro quel pilastro dove ti hanno vista l'ultima volta, sorpresi quando non ti vedono. Spesso, la gente non vede ciò che ha proprio di fronte a sé, lo hai imparato bene e ora hai saputo applicare questo semplice ma efficace principio, che ti ha permesso di sgattaiolare dietro una delle porte dei dormitori senza essere vista. Non perdi tempo a sparare tre colpi uno dietro l'altro. L'ultimo uomo rimasto fa a stento in tempo a voltarsi, che gli hai già bucato il petto con l'ultimo dei tuoi colpi.

Sei di nuovo sola nel settore 28. Scendi finalmente le scale e ti ritrovi al punto di partenza, decidendo il da farsi. Magari puoi riprendere a cercare Jane, magari puoi andare via ed escogitare un altro piano per recuperarla...

Le tue speranze vengono zittite dall'arrivo di decine di guardie, che irrompono dall'enorme entrata e ti circondano. 

Ok, sei nella merda.

"Mani in alto!" Stavolta li stai a sentire. Lasci cadere dolcemente la tua arma e la spingi con un piede lontano da te. Non ha più senso fuggire.

"Perdonami..." sussurri in un flebile tremito nella voce. Guardi in basso, ignorando i movimenti degli stormtrooper, un'indistinta massa bianca che in rapidi movimenti si fa da parte, lasciando passare un'imponente figura nera.

Se quella provata finora era paura, cos'è adesso questo freddo che ti attanaglia viscere e testa? Cos'è questo vuoto che ti divora dall'interno come un buco nero, mentre alzi gli occhi all'uomo ammantato di nero che ti ritrovi davanti? Sai chi è, conosci la fama che lo precede. Intuisci gli orrori dietro quella fredda maschera nera che ti aspetti di vedere, quella davanti alla quale hai tremato per la prima volta su Takodana, eppure, con tua sorpresa, vedi solo un paio di occhi scuri. Non hai il tempo materiale di soffermarti su altro, ma lo vedi alzare un braccio: sai di aver ricevuto una sentenza di morte. Attendi il bruciore di quella terribile lama che ti taglierà a metà, speri solo sia una morte veloce. In testa solo un pensiero.

Perdonami.

Hai un'improvvisa voglia di dormire. Allora è così che si muore? È come addormentarsi... Strano però, non hai visto nessuna lama cremisi. Nessun dolore, nessun osso spezzato. Solo l'oblio. 

 

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Capitolo 10
*** Ren ***


Molti hanno parlato dell'aldilà. La storia della galassia pullula di religioni, di forze chiare e scure, divinità più o meno simili a noi comuni mortali, che spalancano le porte della gioia eterna o della perenne perdizione. Qualcuno si azzarda a dire che nessuno se ne va veramente, vai a capire cosa significhi. La tua unica fonte di consolazione è che ora avrai finalmente una risposta alla domanda "cosa c'è dopo la morte?". Non che ti importasse molto, in realtà. Ciò che contava per te era riuscire a liberare tua figlia da questi criminali che si celano dietro tante maschere diverse, tra cui la più atroce: quella della giustizia, della quale si fanno portavoce senza che nessuno glielo abbia mai chiesto. Le palpebre sono ancora pesanti, strano per un essere ormai incorporeo... La vista è ancora annebbiata, forse devi fare l'abitudine all'aldilà, non è di certo un posto come un altro.
Quando il mondo intorno a te diventa più nitido, non puoi trattenerti dall' imprecare.

"Che aldilà di merda!" esclami mentre guardi tutto il grigio che ti circonda. Certo che potevano avere un po' di fantasia nell'organizzare gli ambienti. Non pretendi di certo il giardino dell'Eden, ma un posto identico e preciso al Primo Ordine se lo potevano pure risparmiare!

Aspetta un momento...

Strabuzzi gli occhi, meno incorporei di quanto avessi creduto fino a tre secondi fa. Ti senti dolorante, al punto da darci un taglio con la convinzione di essere morta. Sei più viva che mai: non sai per quale arcana ragione, ma ti hanno tenuta in vita, attaccata a una sedia per interrogatori che non sembra promettere niente di buono.

I tuoi compagni di viaggio saranno già andati via da un pezzo. Brutus e Cordelia erano stati chiari: il Barabel ti avrebbe aiutato ad entrare ma sarebbe andato via se entro un'ora tu non avessi terminato la missione.

D'improvviso senti il sibilo di una porta automatica, dalla quale spuntano due assaltatori e una palla nera volante, molto diversa da V-17, con una luce rossa posta proprio al suo centro. Lo riconosci come un droide da interrogatorio, programmato per estorcere informazioni infliggendo indicibili sofferenze ai prigionieri.

"Come sei entrata qui?"

Non aspettano una risposta, senti il cervello diventare una lampa di fuoco, mentre vieni colta da convulsioni violente. L'unità da interrogatorio sta già svolgendo il suo lavoro.

"Chi ti manda?" Ancora niente risposta, ancora convulsioni violente. Questo è solo un assaggio di quello che verrà dopo, hai già visto corpi mutilati dopo il "trattamento" di uno di questi droidi. La speranza di sopravvivere al Primo Ordine è nulla.

"Fermi!" Senti tuonare una voce mentre ti riguardi intorno.

"Scusi, signore. Stavamo interrogando l'intruso, come da protocollo." Uno degli assaltatori osa rivolgergli la parola.

"Me ne occupo io." Senti dire dal nuovo arrivato, colui che i soldati hanno smesso saggiamente di contraddire. In silenzio lasciano la tua stanza, seguiti dal droide infame.

"Sembri resistente."

Hai un profondissimo mal di testa, un rumore statico ti ronza nelle orecchie.

"È raro trovare persone così temprate."

Dal dolore che si dirama dal lato della fronte, capisci anche di avere qualche ferita aperta. Non ti sforzi di riconoscere la persona che ti sta parlando. Fissi il vuoto, illudendoti che non guardarlo in faccia possa in qualche modo salvarti la vita. Il tuo interlocutore sembra aver colto questa assurda fantasia, mentre ti afferra il mento e ti costringe a guardarlo. Ciò che ti trovi davanti ti lascia spiazzata. Non ti aspettavi di trovarti una faccia di bambino troppo cresciuto. A rovinare quel suo aspetto così innocente è un solco che taglia a metà il suo viso, incorniciato da lunghi capelli neri. Riconosci subito quegli intensi occhi scuri che hai visto poco prima di perdere i sensi e, dagli abiti che indossa, comprendi che si tratta del famigerato Kylo Ren, il che accresce la tua sorpresa, e forse anche un pizzico di delusione. Dietro quella maschera ti saresti aspettata un mostro dalla pelle purtrescente, o un terribile avanzo di galera dai tratti duri e inespressivi, mai avresti immaginato una faccia così pulita.

Echeccazzo, Victor! Ti sei fatto ammazzare da una baby gang, per caso?

"Sei entrata indisturbata a bordo della Supremacy, hai ottenuto i codici del generale Hux e ti sei introdotta nel settore 28." Ti parla come se stesse recitando un elenco della spesa a voce alta.

"Come?" Aggiunge.

Trovi finalmente un filo di voce, che è molto più roca di quanto ti aspetteresti: "Mi-mi stai dicendo che non avete ancora trovato Hux?"

"I ricognitori lo stanno cercando. In questo momento stanno buttando giù le porte dei suoi alloggi."

L'uomo continua con il suo interrogatorio: "Ci faciliterebbe il lavoro se ci dicessi cosa ne hai fatto di lui.".

Con le poche forze che hai, cominci a ridere: "Mi ucciderai appena otterrai ciò che vuoi!"

"Ti darei una morte indolore, mia cara." Parla come se ti stesse promettendo una parure di diamanti. Coglione.

Ti ostini a non parlare, così lui passa alle maniere forti. Una mano guantata si avvicina alla tua testa, come a voler tenere sospesa l'aria. Ti chiedi cosa stia facendo, ma ai primi accenni di un mal di testa rimembri le parole di Markus e Irvin:

"Ti leggono la mente, ti torturano con un solo gesto della mano, non mostrano alcuna pietà o rimorso per quello che fanno!"

Allora comprendi appieno le parole dei tuoi sventurati narratori. Quel che più fa male in tutto questo non è la brutalità con la quale ti entra nella mente, ma il pensiero di sentirti violata: ogni ricordo, ogni pensiero e sospiro messo al setaccio da questo ragazzino.

"Non opporre resistenza, così peggiori solo le cose." Ignori le sue parole mentre il dolore alla testa diventa sempre più insopportabile. Decidi a un certo punto di arrenderti e lasci fluire molto velocemente i tuoi ultimi ricordi: per quel che vale, riuscirà comunque a sapere come e perché sei qui.

Vuoi sapere come sono entrata qui? E va bene, stronzo!

Tutto si fa silenzio. Il dolore alla testa smette improvvisamente di tormentarti. Ti senti nauseata, ma hai comunque la forza di guardarlo negli occhi e di sperare di carpire dalla sua espressione quanto è riuscito ad estorcerti.

I secondi passano più lentamente del previsto, mentre lo sorprendi a guardarti in modo strano. D'improvviso diventa rosso come un peperone e distoglie lo sguardo da te.

Attraverso i tuoi ricordi, lui ha visto te e Hux in un momento tutt'altro che innocente... Scoppi in una risata isterica: "Mammina non ti ha mai parlato delle cose che fanno i grandi?"

"Non c'è niente da ridere!" risponde stizzito e imbarazzato. Se non fosse il tuo carceriere ne proveresti tenerezza. Si allontana un momento per conferire con uno degli assaltatori rimasti fuori la tua cella. "Il generale Hux è nei suoi alloggi. Credo abbiate bisogno di... Insomma, chiamate un fabbro!"

"Sissignore!" il soldato congedato si allontana, in procinto di eseguire gli ordini del giovane cavaliere di Ren.

Soffochi le tue risatine, non vuoi provocarlo con le tue battutacce.

"Non sei della Resistenza, dunque..." gira intorno alla sedia sulla quale sei immobilizzata.

"Perché sei qui, allora?"

La tua espressione torna seria, guardi in basso rifiutandoti ancora di rispondergli. Lui tira un sospiro: "Molto bene."

Stavolta passa molto più tempo, nelle rare pause in cui lui ti dà tregua, comprendi che questa è una tortura anche per lui. Il suo volto tradisce i segni della stanchezza mentre procedere a sondarti la mente. Col passare dei minuti, la sua espressione diventa man mano sempre meno stanca e attraversata da emozioni che non riesci a decifrare: per un attimo, hai creduto di vederlo meravigliato, ma sai che stai cominciando a delirare. Il giovane uomo dalla faccia d'angelo è un cavaliere di Ren, ricordi?

Anche stavolta, la tua tortura si ferma di botto. L'espressione di meraviglia non l'avevi sognata in un pieno delirio psicotico: è stampata lì, sulla sua faccia. Perché ti guarda così? In men che non si dica lascia la stanza di botto, come se lo avessi avvicinato con un ferro rovente. Resti nuovamente sola.

 

Sono passate settimane? Mesi? Anni? O semplicemente poche ore? Non riesci a darti una risposta, dal momento che siete solo tu e una parete che fissi, immersa in un eterno presente, un tempo che sembra dilatarsi all'infinito

Sono passate settimane? Mesi? Anni? O semplicemente poche ore? Non riesci a darti una risposta, dal momento che siete solo tu e una parete che fissi, immersa in un eterno presente, un tempo che sembra dilatarsi all'infinito. Non sai cosa succederà da qui in avanti, e nemmeno sei sicura di volerlo scoprire.

D'improvviso la porta si riapre. Il tuo fanciullesco cavaliere si fa avanti: "Il Leader Supremo vuole vederti" esclama cercando di nascondere la sua inquietudine.

Sbarri i tuoi occhi cerulei, incredula e terrorizzata.

"Gioca bene le tue carte, o incontrarlo sarà l'ultima cosa che farai." Continua.

Per tutta risposta sbotti inviperita, furente di paura e rabbia: "Perché dovrei pensare che ti importi del mio destino?"

Lui ignora bellamente la tua provocazione, ti libera dai vincoli con la semplice digitazione di un codice: "Andiamo".

                               ....

La Supremacy all'interno è molto più grande di quanto immaginassi: infiniti corridoi, hangar, sedi raggiungibili solo con mezzi di trasporto interni. Il tuo accompagnatore non si prende la briga di chiamare rinforzi per scortarti fino alla sala del trono, forse troppo sicuro del fatto che non tenterai di scappare, o semplicemente conscio della sua capacità di trattenerti. Lo segui senza fare storie, in un silenzio che presto si rivela imbarazzante, almeno per te. Lo osservi nella sua maschera di impassibilità che a tratti ha smorzato per lasciare posto a quelle che ti sembrano tracce di umanità. Che sia questa la mostruosità di cui hai sentito parlare e che hai tanto temuto? Esseri umani con sentimenti ed emozioni, che al momento giusto diventano macchine per uccidere? Gente che ama, odia, piange, ride, si arrabbia e fa l'amore con la stessa naturalezza con cui tortura? Uomini e donne che giocano con i propri bambini per poi ordinare un'esecuzione di massa?

Forse, una parte di te troverebbe molto più rassicurante immaginare i "mostri" come creature immonde e brutte, senz'anima alcune, gente da cui riusciresti a prendere le distanze con una certa facilità. * Nel bel mezzo di questa pseudo-riflessione esistenziale, ti rendi conto di non aver dato la giusta attenzione alla sua cicatrice, unico segno che sfregia un volto altrimenti pulito. Tieni la tua ilarità per te, ma non puoi frenare il selvaggio flusso del tuo pensiero, che elabora le cazzate più esorbitanti:

Hai litigato col barbiere, dolcezza?

"Non sei divertente". Dice lui ad alta voce.

Cazzo, dimenticavo che può sentire quello che penso!

"Inoltre, sento più parolacce nella tua testa che in quelle di tutte le mie truppe messe insieme".

È impossibile contenere la tua irritazione: "Non è carino origliare i pensieri altrui!".

"Sono loro ad essere rumorosi" ribatte con sarcasmo: "Ti conviene tenerli a bada, d'ora in avanti. Snoke non apprezza il turpiloquio, e in tutta sincerità neanch'io".

"Non immaginavo di imbattermi in una lezione di bon ton, signor..."

"...Comandante Kylo Ren."

"...Comandante Kylo Ren!". Ostenti una finta civetteria:" Fammi indovinare: prima di imprigionare, torturare e uccidere chiedi il permesso?"

"La provocazione non ti porterà da nessuna parte, tienilo a mente se vuoi vivere". Si volta a guardarti molto seriamente, ma nella sua espressione non trovi minaccia alcuna. Definirti sorpresa sarebbe un eufemismo: sei letteralmente sconvolta.

"Si può sapere perché diavolo mi aiuti?"

"Non sto aiutando te." Quando finalmente sembra che tu sia stata zittita a dovere, riprende a parlare: "Rispondi solo se interrogata, non provocarlo, non sfidarlo e soprattutto non pensare a voce alta!" Sollevi un sopracciglio, mentre lo guardi perplessa.

"Ricorda, il Leader Supremo non è indulgente quanto me. Non è saggio dargli motivo di scrutare i tuoi pensieri" Conclude in modo solenne. Si rigira a guardare fisso davanti a sé.

"Aspetta un momento... tu saresti quello buono?" Sei sconvolta.

Lo vedi alzare gli occhi al cielo e sospirare pesantemente, a metà tra la rassegnazione e un profondo scongiuro mentale. Senti le porte del turboascensore aprirsi.

"E' ora."

Note:

*La riflessione di Hurrem prende spunto dal libro "La banalità del male" di Hannah Arendt, di cui consiglio vivamente la lettura.

 

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Capitolo 11
*** Croce e delizia ***


Dovessi definire la sala del trono di Snoke, penseresti solo a una parola: rosso. Rosse sono le sei guardie che affiancano il truce personaggio, rosse sono la maggior parte delle pareti, rossa è la tua vista, non sai se nauseata da quel colore o dalla paura. La tua attenzione è tuttavia concentrata immediatamente sul sovrano: un alieno gigante, deforme, pieno di cicatrici, vestito di una tunica dorata di dubbio gusto.

Hai appena incontrato l'altro aspetto della malvagità: quello di chi non si chiede mai cosa sia giusto o sbagliato, dal momento che il suo unico scopo è il potere. Se in Armitage Hux e Kylo Ren hai potuto intravedere una traccia d'umanità, instabile e pericolosa quanto presente, adesso non vedi nulla. Ti senti al suo cospetto come una cosa da sfruttare, manipolare o distruggere a seconda dell'utilità che dimostri. Ren ti ha detto bene, devi giocare bene le tue carte. Ma quali accidenti di carte puoi mai giocarti? Che potrebbe ottenere Snoke da te? Non sarà mica...

"Vieni avanti, Hurrem Rohat..." gracchia la terribile creatura "...O forse dovrei dire... Sarah Eberyn?"

Geli a quelle parole.

Come...?

"Il mio apprendista ha scoperto la tua identità quando ti ha interrogato." Nel guardare Ren di sottecchi, noti che lui è di qualche passo dietro a te, inchinato in direzione del suo maestro.

Obbedisci al tuo raccapricciante interlocutore e ti avvicini di qualche passo nella sua direzione. Dai un'occhiata alle sue guardie, temi che un tuo movimento troppo veloce le attivi e possa ritrovarti con il corpo tranciato a metà.

Snoke ridacchia. "Sento la tua paura: sei meno stolta di quanto immaginassi, sai in cosa ti sei cacciata." Solleva il mento e fa un cenno a Ren che si affretta a tornare al turboascensore, lasciandovi soli.

"Immaginavo che Daniel Tavistock ti abbia istruito bene."

Un fremito scuote il tuo respiro.

"Mia cara ragazza" continua l'alieno "hai rivelato molto di te, più di quanto immaginassi".

Per la prima volta in una manciata di minuti, osi chiedergli: "Dal momento che ha scoperto chi sono, perché non mi ha fatta uccidere?". Speri, in cuor tuo, di essere riuscita a nascondergli almeno quello.

L'insana ilarità di Snoke ti riagguanta: "Per quale ragione dovrei distruggere l'allieva di Tavistock, colei che sola può darmi ciò che voglio?"

Oh, dei dell'Universo...

Se stai sudando, tremando, o entrambe le cose, non puoi saperlo. Tutto ciò che senti è l'impennata che il tuo cuore ha preso, nemmeno sei preoccupata di mantenere un briciolo di finta spavalderia, come tuo solito fare. Lui sa, e non doveva accadere.

Le porte del turboascensore si riaprono.

"Qualcuno è ansioso di rivederti!" Snoke guarda oltre la tua spalla, con un ghigno che non vorresti guardare molto spesso. Ti volti e rivedi Kylo Ren, che reca in mano un braccialetto metallico che riconosceresti tra mille, sai di chi fosse. Presa dalla vista di quell'oggetto familiare, quasi non ti accorgi della piccola figura che lo accompagna silenziosa, quasi immobile. Sposti i tuoi occhi su di lei e la vedi. In una manciata di istanti fatichi a capire chi sia, con quei capelli molto simili ai tuoi, tagliati cortissimi e con i suoi begli occhioni nocciola, dolci e vivaci un tempo, tramutati in una vacua espressione. Lei ti guarda, ma sembra non tradire alcuna traccia di emozione. Non è così che ti aspettavi di rivederla.

Jane.

Investita dalla realizzazione, ricacci indietro le lacrime, non dimentica del mostro che, alle tue spalle, attende un solo momento di debolezza per rivoltarlo contro di te.

Cosa ti hanno fatto? È il tuo unico pensiero. Jane è sempre stata una bambina piuttosto sveglia, per niente melensa, ma non aveva nulla a che vedere con questa specie di automa che ti guarda come guarderebbe un'estranea. Sembra che tutta la sua innocenza sia andata via, insieme alle lunghe trecce che adornavano il suo capo, quelle che ti chiedeva di farle spesso, mentre, nelle serate a bordo del Revenant, fantasticavate di essere una regina che accompagnava la sua principessa in giro per la galassia, con V-17 che vi faceva da destriero. Quel droide astromeccanico si è sempre rivelato un ottimo compagno di giochi per voi due, cosa direbbe se vedesse tua figlia in quello stato? Forse gli si spezzerebbero i circuiti, proprio come sta accadendo alla tua anima. I suoi abiti neri non hanno nulla a che vedere con i semplici vestiti chiari che indossava e che adorava: sembra stia per partire per una guerra o per un addestramento militare.

Con una violenza inaudita ti costringi a non correrle incontro, limitandoti a riguardare negli occhi quell'abominio di Snoke. Fortunatamente, riesci a vedere in lui un lampo d'irritazione, probabilmente si aspettava da te una reazione molto più forte. Questo vuol dire una sola cosa: non sta sprecando il suo tempo a leggerti nella mente, probabilmente ritiene che non ne valga la pena, e questo può rivelarsi un grosso vantaggio.

"Durante il suo addestramento come assaltatore, il bracciale che la bambina indossava si è danneggiato. Da quel momento, in lei abbiamo visto scorrere la Forza".

In un misto di derisione e serietà, Snoke espone quanto accaduto mentre Ren, accompagnato da Jane, incede verso il suo maestro e gli porge il bracciale, dopodiché i due si mettono di fianco a voi.

Snoke continua il suo racconto, mentre il tuo corpo diventa di pietra. Questo non doveva proprio saperlo. "Da allora è stata affidata alle cure del mio apprendista. A quanto mi racconta, sembra essere un'allieva piuttosto promettente. Dico bene, Ren?"

"Sì, Maestro" senti l'altro rispondere con il suo imperturbabile viso.

"Dovresti essere molto fiera di lei, non a tutti i genitori è concesso di avere un figlio con un tale potenziale." Ridacchia Snoke, mentre tu resisti alla tentazione di lanciargli uno stivale in faccia. 

Il mostro continua: "Sembra che questo potere non l'abbia ereditato da te."

"No, signore" Rispondi. "Non possiedo queste capacità".

"Da suo padre, allora." Si ferma un momento "Ma sembra che la piccola Jane abbia il tuo cognome... Deduco che non ci sia un signor Eberyn, non è vero?"

Hai ben capito l'allusione con la quale ti sta insultando. Ti sta dando della sgualdrina.

"Il padre di Jane è morto prima che lei nascesse, signore!" Esclami piena di livore. A Snoke non sfugge la tua irritazione, e neanche agli altri presenti.

Senti un lievissimo fremito. Capisci subito che proviene da Jane. Ha paura. Sei combattuta tra il dirle che va tutto bene e il continuare a guardare Snoke con aria di sfida. Fanculo quello che ti ha detto Ren, vuoi sfidare quest'essere con tutto il tuo sdegno.

Il sarcasmo di Snoke si interrompe, tra te e lui irrompe un agghiacciante silenzio. La sua reazione deciderà del tuo destino, ma non sei molto ottimista, mentre lo vedi arrossire, assumendo una smorfia orribile che non riesci a decifrare. I secondi che passano sembrano durare un secolo, poi avviene il miracolo: Snoke scoppia in una grassa, intensa risata che riecheggia in tutta la sala del trono. Guardi per un attimo tua figlia e Ren, lui in particolare sembra sorpreso quanto te.

"Hai del fegato, donna, lo ammetto!" Lo guardi a bocca aperta, quasi piange dalle risate. Il tuo stupore lascia spazio a terrore quando lo vedi alzarsi e avvicinarsi a te.

"Per quanto disprezzi ogni forma di vita, ammiro chi mostra coraggio...". Una mano rugosa si avvicina al tuo mento, vorresti gridare e prenderlo a schiaffi, ma eviti di dare sfogo a questa fantasia, tenendola ben lontana dalla tua mente. Ti ricordi che questa cosa può leggerti come il bugiardino di un medicinale. Il terribile contatto perdura, mentre avvicina il suo viso al tuo, guardandoti con un luccichio che non ti piace per niente.

"Non hai niente a che vedere con i soliti adulatori e lacchè che varcano quella porta...". Stringe la tua mascella, che comincia a farti male: "...e nemmeno con quei patetici che mi supplicano di risparmiargli la vita. No... tu sei molto di più." Il dolore diventa sempre più insopportabile, temi che da un momento all'altro la mascella si spezzi sotto il suo tocco, al confronto l'interrogatorio di Kylo Ren è stato una carezza. Il bello è che non sta nemmeno facendo sul serio con te, non osi immaginare cosa si provi a vivere le sue torture. D'improvviso, lui lascia la tua mascella. È dolorante, ma resisti alla tentazione di toccarla per darti sollievo. Ti volta le spalle, tornando al suo trono: "La tua fierezza ti ha appena salvato la vita!.".

"In cambio di cosa?" Con la tua lapidaria domanda dimostri di aver capito che non ti farà vivere senza nulla in cambio. Quel suo sguardo divertito si ripresenta.

"Vai subito al dunque, molto bene." Tira un sospiro. "E' chiaro che questa" indica il bracciale datogli da Ren "sia opera del tuo amato mentore, il dottor Tavistock."

"E' un peccato che abbia rifiutato di collaborare con noi, quando lo abbiamo scoperto." È chiaro come il sole che le sue parole alludono alla morte di Tavistock. "Aveva molto talento per la nanotecnologia. Creare un sensore in grado di captare e inibire la Forza... fino a poco fa lo credevo una follia! Eppure, lui ci è riuscito."

"Non l'ho ucciso io, se è quello che ti stai chiedendo. Tavistock si avvelenò poco prima di essere interrogato dal sottoscritto, e non ho potuto attingere alle sue conoscenze." Queste rivelazioni ti lasciano di stucco: Tavistock si è ucciso e non è stato ucciso, per impedire al Primo Ordine di replicare la sua creazione. Vuol dire che sapeva (o meglio, si aspettava) che Snoke lo volesse vivo... e un'altra cosa non ti torna: perché Snoke dovrebbe voler mettere le mani sugli inibitori invece di distruggerli? Perché volere la realizzazione qualcosa che possa minacciare il suo stesso potere?

"Dal tuo sguardo, deduco che il caro David non ti ha detto proprio tutto sui suoi ex datori di lavoro..." sorride malignamente.

"Lavorava per il Primo Ordine?!" Non sai se essere sconvolta o incazzata.

Quel grandissimo figlio di...!

"Gli avevo commissionato la realizzazione di un inibitore per soggiogare coloro che, possedendo il dono della Forza, si fossero ribellati a me. Le sue ricerche durarono lunghi anni, ma sapevo che prima o poi sarebbe riuscito a realizzarlo. Avevo molta fiducia nel suo genio."

Annuisci, ci hai avuto a che fare per molto tempo, e per una volta sei d'accordo con Snoke. Non quanto puoi gestire questa nuova consapevolezza: David Tavistock era quanto ci fosse più lontano dal Primo Ordine, almeno era quello che credevi fino a dieci secondi fa.

"Siamo in due ad essere delusi, mia cara." Le tue ondate di rabbia non lasciano indifferente Snoke, che ti guarda compiaciuto. "Nonostante l'affronto di quel traditore, abbiamo adesso ciò che ci serve. Nessuno dei miei tecnici è mai riuscito a replicare questo unico, meraviglioso esemplare. Sarai tu a farlo, grazie alle conoscenze che lui ti ha trasmesso. Naturalmente..." si volta a guardare tua figlia "...non ho bisogno di spiegarti le conseguenze, qualora rifiutassi di collaborare.". La minaccia non ti sfugge e ti affretti ad annuire: "Ho bisogno di un assistente."

"Ti metterò a disposizione i miei migliori ingegneri, se è quello che vuoi!" esclama l'alieno, entusiasta del suo nuovo acquisto.

"Non ho bisogno di un assistente qualunque, voglio lei!" indichi Jane, che sussulta sorpresa.

Prima che la rabbia si facesse strada sul volto di Snoke, ti affretti a continuare: "Nessuno potrebbe aiutarmi meglio di lei, mi ha aiutata molto quando lavoravo per Tavistock."

Snoke sogghigna: "È così, dunque? Giovane Jane, non ci hai mai parlato dei tuoi tanti talenti! Che bambina modesta!" Guarda in direzione di tua figlia. Accidenti, se l'hai messa in pericolo? Dannata te e la tua apprensione materna! Eri talmente ansiosa di stare con lei che non hai pensato alla sua incolumità. Stupida egoista!

Chiamata in causa, tua figlia tiene basso il capo, gli occhi semichiusi nell'attesa di un'indulgenza. Brava bambina, silenziosa e molto più saggia di te. Sei fiera di lei, troverai il modo di farglielo sapere appena questa storia sarà finita.

Vorresti continuare a contemplarla in silenzio, ma senti stringerti improvvisamente la gola, l'aria ti manca. In men che non si dica ti senti sollevare dal pavimento. Volgi il tuo sguardo verso il mostro, che tiene una mano sospesa in aria, mentre continua a stringere. Sai che ti sta strangolando con la Forza, ma era un'esperienza che non eri proprio ansiosa di conoscere. Ti lacrimano gli occhi per mancanza d'aria, vorresti afferrare quelle mani invisibili che artigliano la tua gola, ma scopri di trovarla nuda. Non puoi fare nulla per migliorare la tua situazione. Torni per un secondo a guardare Jane, se proprio devi morire, vuoi che il suo sguardo sia l'ultima cosa che vedrai. Ti addolora vederla terrorizzata, mentre con una manina stringe il mantello di Ren, rimasto fino ad allora rigorosamente in silenzio, fermo come uno spettatore distratto.

"Il tuo patetico tentativo di negoziare è ammirevole, ma non sei nella posizione di farlo!" sibila Snoke, riportando la tua attenzione su di lui. Non augureresti a nessuno di conoscere la sua rabbia, continui ad annaspare, affamata d'aria. Avverti una compressione anche alla trachea, sai che di lì a poco il tuo collo si spezzerà. D'improvviso senti di nuovo sibilare la sua gracchiante voce, che ti rimbomba nelle orecchie, deformata dal tuo soffocamento: "Ascoltami bene, Eberyn! Se mi deluderai, le sofferenze che dovrai patire saranno inimmaginabili!" Ti lascia finalmente andare. Cadi a terra, ingoiando tutta l'aria di cui sei capace, finendo poi con il tossire. Il tuo corpo fatica a riaversi, ma contro ogni sua protesta, ti rimetti in piedi, ignorando il mal di testa, le gambe deboli, il collo dolorante e una profonda sensazione di mancamento. Sangue e ossigeno si stanno rimettendo in circolo, non devi far altro che aspettare. Con quello che resta delle tue forze chini il capo.

"Considerati avvisata. Non abusare della mia misericordia. E adesso andatevene! Comandante Ren, metti in custodia la nostra ospite.". Ti rivolge ancora quell' insopportabile ghigno. 

Nonostante tu non sia proprio nel pieno della tua salute fisica, ti affretti a lasciare  quella sala rossa come il sangue. Per una volta, sei finalmente felice di obbedire.

 

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Capitolo 12
*** Propositi ***


"Mamma, perché non posso dire a nessuno di quello che so fare?"

"Non tutte le persone sono buone. Molti hanno paura delle tue... capacità, potrebbero farti del male."

"Non posso dirlo nemmeno a Lily? Lei è la mia migliore amica!"

"No, nemmeno a lei".

Jane guardò in basso, le prime lacrime si affacciarono sul suo viso di bimba di cinque anni. La stavi ferendo, ma non potevi fare altrimenti.

"Amore, guardami.".

Se la debolezza fosse stata un colore, avrebbe abitato il nocciola dei suoi occhi. Le prendesti il viso tra le mani: "Sei speciale, quello che hai non è qualcosa di cui vergognarti, è chiaro?"

"Sì".

"Ti prometto che appena potremo farlo, lo urleremo a tutti!"

"Davvero?"

"Davvero! E sai che ti dico? Metteremo un cartello sulla porta di casa!"

"Sì?" La tua piccola cominciò a ridere.

"Ci puoi contare!" smettesti di sfiorarle il viso solo per mimare il contenuto di un testo, con una voce ridicolmente altisonante: "Qui abita Jane, una bambina che sa spostare le cose con il pensiero! Ci abita anche la sua mamma, che è molto fiera di lei, anche se le tocca togliere di mezzo tutto il disordine!"

Sei di nuovo in ascensore, l'eco del ricordo di queste risate ancora riecheggia sulle fredde pareti di durasteel, al tuo fianco c'è Jane, giunta insieme a un profondo sollievo. Il tuo corpo è ancora dolorante per i trattamenti ricevuti oggi da Snoke e dal suo apprendista, ma per come si stavano mettendo le cose, sei più che contenta. Sei di nuovo con tua figlia.
Non sai come comportarti, dal momento che hai questo impiastro di cavaliere di Ren a farvi compagnia: pertanto, non ti avvicini a lei, non sai se una tua manifestazione d'affetto verso Jane possa scatenare la rabbia di quest'uomo, non vuoi che la bambina subisca vessazioni a causa tua. Lentamente, è la piccola ad accostarsi al tuo fianco, sul quale poggia la sua testolina color bronzo scuro. Istintivamente le cingi la spalla con il tuo braccio, promettendole silenziosamente di non lasciarla mai più, le accarezzi i capelli, così simili ai tuoi, seppur molto più corti. Temi che Kylo Ren vi stia guardando di sottecchi, ma se lo sta facendo non lo dà a vedere, e gliene sei grata. Ti rammarichi per essere stata così poco capace di proteggerla, forse hai fatto male a fidarti di Tavistock. Se fossi stata a conoscenza dei suoi legami col Primo Ordine, probabilmente non ti saresti mai rivolta a lui.

"Mi è stato detto che lei può aiutarmi..."

"Dipende da cosa posso fare per lei, signorina." Un Cereano di una certa stazza ti valutò attentamente. L'espressione del viso, per quanto severa, non ti parve per nulla intimidatoria.

"Signora." Lo correggesti. "Mia figlia... da un po' è in grado di fare cose molto... singolari: sposta oggetti senza toccarli, per esempio. Quando è spaventata o arrabbiata riesce a scaraventare cose contro il muro."

"C'è qualcun altro in famiglia che è in grado di produrre questi fenomeni? Normalmente un potere come questo è ereditario."

"Suo padre, dottore."

Non reputasti opportuno aggiungere altro su tuo marito, perciò scegliesti di continuare: "Finora Jane non ha combinato niente di preoccupante, ma temo che col tempo possa farsi male, o peggio..."

"...Teme che qualcuno possa scoprirla." Il cereano continuò per te.

"Esatto. Non voglio che diventi bersaglio di gente che può farle del male o peggio, usarla".

Tavistock trasse un lungo sospiro: "Chiunque le abbia detto che posso aiutarla si sbaglia. È vero che studio da anni i sensibili alla Forza, ma al momento tutto quello che ho è un prototipo al quale sto ancora lavorando, non sono neanche sicuro che funzioni.". Il suo rammarico era sincero.

"Cosa dovrebbe fare?"

"Qualora riuscissi a farlo funzionare, sarebbe in grado di captare le energie provenienti dal corpo di chi lo porta con sé e schermarle, inibendone così i poteri."

"Cosa posso fare per aiutarla a svilupparlo?"

"Le costerà un bel po' di crediti, devo procurarmi materiali e assumere personale".

"Non possiedo molto".

"In tal caso, vorrà dire che lavorerà per me. Io ho bisogno di assistenti, lei di una soluzione". Ti tese la mano.

"Affare fatto".

Certo, un gran bell'affare. Tutti quelli che hai incontrato finora sono solo stati capaci di metterti nei guai: tuo marito, con quei suoi strani poteri che gli sono costati la vita e che ha provveduto a trasmetterli a Jane, quel cereano genialoide che si è ammazzato per non farsi prendere da quegli stessi che quel giorno presero anche la tua bambina.

Ripensi a cosa hai fatto per impedire ciò che alla fine è accaduto, ti chiedi cosa succederà da adesso in poi. L'ansia riprende ad assalirti, a stento tu e Jane vi accorgete che il vostro accompagnatore si è di nuovo mosso, probabilmente per condurvi da qualche parte. Guardi dritto davanti a te, accolta da una fila di stormtrooper in attesa. Sospiri rassegnata. Cosa ti aspettavi, che ti mettessero in una suite con tua figlia? Allunghi le mani per fartele ammanettare dal primo assaltatore che ti si avvicina. Ren rompe il silenzio, mentre tua figlia si fa da parte.

"Potrai lasciare la prigione soltanto per lavorare. Ciò che otterrai dal Primo Ordine dipenderà soltanto da te... Jane!"

La ragazzina si mette immediatamente sugli attenti.

"Conducila alla sua cella, poi vai al tuo alloggio. Hai cinque minuti."

"Sì, Maestro Ren."

Maestro-dannato-Ren.
Maestro dei miei coglioni!

Vorresti gridargli in faccia, non immagini cosa significhi per tua figlia trovarsi ad avere a che fare con uno del genere. Eppure, lei non ti sembra molto intimidita da lui, forse sta fingendo per non farti preoccupare...

Non ti viene lasciato il tempo di concederti ipotesi, dal momento che Jane comincia ad avanzare. La segui, di fianco a te due assaltatori. La scena di cui sei protagonista è surreale: condotta da tua figlia in prigione, non puoi immaginare crudeltà più grande a cui sentirti sottoposta.

Quando giungete finalmente alla tua cella, col cuore pesante contempli una branda, unico elemento che si staglia contro quattro pareti vuote. Uno degli stormtrooper provede subito a liberarti delle manette. Quando tutti sembrano appropinquarsi verso la porta della cella, senti la bella voce di Jane assumere un'intonazione che non sei abituata a sentire: "Lasciateci, per favore."

In religioso silenzio e senza fare storie, i due soldati lasciano la cella. Non hai tempo di sorprenderti sul fatto che le obbediscano come fosse un loro superiore, una bambina di neanche otto anni. No, non puoi sorprenderti, non ora. La guardi, ti guarda. Vorresti rivedere il volto di tua figlia in questo piccolo ufficiale che impartisce ordini e ti osserva in silenzio, assorta in chissà cosa.

"Jane." Sussurri quasi impercettibilmente.

Qualcosa finalmente si rompe. Ti si getta tra le braccia e finite con il singhiozzare entrambe.

"Mi sei mancata!" Finalmente senti la sua vocina rivolgerti nuovamente la parola.

"Anche tu, piccola. Ti ho cercata dappertutto!" Rantoli tra un pianto e l'altro. Vorresti aggiungere altro, ma le vostre braccia parlano per voi. Questo momento ti sembrerà troppo corto, sai che finirà a breve e non sai quando potrai rivedere Jane.

Improvvisamente, vederla viva e vegeta non ti basta. Le afferri il viso con entrambe le mani: "Stai bene?"

"Sì, mamma." Sorride tra le lacrime. "Hanno scoperto il nostro segreto, mi dispiace.".

"Non dirlo neanche" ribatti severa: "Non è stata colpa tua."

"Sì, invece! Senza il mio maledetto potere tu non saresti qui!" grida amareggiata.

"Sono felice di essere qui e di averti trovata! Lo farei altre mille volte!" è sufficiente la tua fermezza a calmarla.

"Temo di dover andare. Il maestro Ren comincerà a cercarmi."

Lo sforzo di celare la tua apprensione è atroce, non vuoi tirare fuori altre lacrime, bastano e avanzano quelle che stanno cominciando a seccarsi sul tuo viso arrossato: "Ti ha fatto del male?"

Jane sbarra gli occhi, come se avessi detto un'assurdità: "No."

"No? Jane, dimmi la verità. Giuro che se quel bellimbusto ti torce un solo capello, lo prendo a calci nel...!"

"Dico davvero, mamma. Lui è... gentile."

Gentile?

Gentile...

Ok, qui c'è qualcosa che non va. Tua figlia deve aver sviluppato una sorta di sindrome della vittima che si lega al suo carceriere*, come diavolo si chiamava?

Stiamo parlando dell'uomo che ha ordinato l'uccisione di migliaia di persone?

Del cavaliere di Ren, anzi, del maestro dei cavalieri di Ren?

Colui che ha ucciso tuo marito?

Sei persa nella tua dannata ipotesi, ma ti accorgi che Jane ha appena sollevato un sopracciglio. Piccola, furba Jane, sa leggerti in volto come nessun altro.

"Jane, anche se sembra... così, non devi mai fidarti di lui! È chiaro?"

"Lui mi sta insegnando un sacco di cose..."

Ansia e irritazione solcano il tuo viso, ma cerchi di ridurli al minimo davanti a tua figlia. Ti chini su di lei e poggi le tue mani sulle sue spalle: "Cosa ti sta insegnando?"

"A... spostare gli oggetti, concentrarmi, controllare il mio potere...".

"E che altro?" Diventa difficile stavolta restare impassibile.

"E' tutto!" l'espressione ei Jane è un misto tra la perplessità e l'inquietudine.

"E' ...tutto?" chiedi incredula. No. Non è possibile. Tua figlia ti nasconde qualcosa, non può essere che non la stiano addestrando a sterminare mezza galassia a suon di frustate. Accidenti, dà persino ordini quegli omaccioni bianchi! Possibile che il Primo Ordine si sia improvvisamente trasformato in una ludoteca galattica?

Guardi di nuovo la piccola, nel suo visino tondo e innocente non traspare alcuna traccia di menzogna. Che senso avrebbe avuto mentirti, tra l'altro?

"Mamma, mi stai ascoltando?"

Imbarazzata, ti accorgi che eri troppo presa dalle tue ansie per prestare attenzione alle parole di Jane.

"Scusami. È solo che... cosa stavi dicendo?"

"Ti ho detto di non preoccuparti. Sto bene e mi trattano bene."

"Promettimi una cosa." Le intimi fermamente. La bambina annuisce: "Qualunque cosa accada, devi dirmela, ok? Se il tuo... Maestro dovesse farti del male, se ti chiedesse di fare qualcosa di orribile..."

"Lo prometto. Adesso scusa, mamma. Devo andare".

Ti abbraccia un'ultima volta, lasciando un bacio sulla tua guancia, prima di girare i tacchi e lasciarti sola.

Brucia quella dolcezza sulla tua pelle, così fugace, impercettibile e feroce: ti accarezzi il viso quasi a non voler farla andare via. Solo ora la tua cella sembra aver risvegliato la tua curiosità, non che ci sia molto da vedere: la branda di fronte a te, sorretta a ridosso del muro da due catene, è l'unico elemento d'arredo in questo squallido grigiore. Il bagno, inserito in un piccolo spazio privo di porte, reca anch'esso l'essenziale. Sei l'unica ospite in questo tugurio, in pieno isolamento.

Sospiri, attraversata da un caos emotivo di dimensioni stratosferiche. Sei spaventata, arrabbiata, sollevata, triste. Non sai, da ora in poi, cosa dovrai fare per uscire viva di qui insieme a Jane. Fatto sta che ti terranno sotto strettissima sorveglianza. Adesso credono che sarai disposta a fare tutto ciò che ti chiederanno e useranno tua figlia per ricattarti. Eppure, se Snoke e il suo leccapiedi ti hanno lasciata in vita, vuol dire che l'invenzione di Tavistock era molto più importante di quanto tu potessi immaginare. Questo vuol dire che potresti usare questa situazione a tuo vantaggio, prendere tempo e conquistarti la fiducia dei tuoi carcerieri, studiarne le mosse, gli orari, le abitudini, osservare l'organizzazione della Supremacy, capire se ci sono falle nei loro sistemi di sorveglianza... insomma, ti toccherà fare un bel lavoro di ricognizione dall'interno. Il tutto senza destare sospetti, ovviamente. Ti corichi finalmente sulla scomoda branda, segno premonitore di profondi reumatismi domani mattina. Guardi il soffitto, dopo qualche minuto le luci della cella si abbassano, lasciandoti in compagnia dei pensieri e del buio pesto. Hai molta paura di quello che ti aspetta, ma ciò che ti spaventa davvero non è quello che ti toccherà fare per sopravvivere e fuggire: Jane. È proprio tua figlia a spaventarti. Sospetti con sgomento che sta sviluppando uno strano attaccamento con quell'assassino di Kylo Ren, e la cosa non ti piace. Non le hai mai veramente detto di suo padre, di come sia morto sotto le lame dei Cavalieri di Ren, forse se le avessi parlato, sarebbe stata sicuramente molto meno amichevole nei suoi confronti. Eri tentata di dirle la verità poc'anzi, ma una strana forza ha serrato le tue labbra, lasciando morire le parole in gola. Tutto ciò che Jane sa di Victor, è che lui è morto per mano di assassini ignoti, vittima di un tentativo di rapina finito male. No, non le hai detto la verità. Non può sulle spalle di una bambina gravare il peso del suo stesso potere, un potere che potrebbe ucciderla o peggio, condurla a una vita di violenze. Hai celato la verità, convinta di tenerla fuori da tutto questo schifo, eppure, tutto ciò che hai temuto si sta avverando proprio sotto il tuo naso. Presuntuosa di una donna! Come puoi pensare di schiacciare il destino sotto l'insignificante peso di una menzogna? Guarda Jane: la stanno addestrando a diventare un assassino a sangue freddo, proprio come quelli che hanno ammazzato Victor. In un attacco di sentimentalismo ti chiedi se forse anche loro, un tempo, sono stati bambini, ragazzi che hanno giocato, riso, pianto, fatto incazzare le loro mamme per essere rincasati sporchi di fango.
Forse.
Forse anche loro sono stati strappati a forza dalle proprie famiglie per essere diventati quelli che tengono in pugno un'intera galassia con le loro indicibili efferatezze. Scuoti la testa pensi di no, non sarà così per Jane, dovessi scagliarti contro l'intero ordine cosmico per portarla via da qui e indicarle che c'è sempre un'alternativa all'odio, alla violenza, a gente che decide al tuo posto. Dovessi morire e morirai, ma ti assicurerai di essere l'unica a farsi schiacciare dal destino.

Note:

*Ho volutamente omesso di usare la definizione di "Sindrome di Stoccolma", che è la definizione più pertinente.

 

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Capitolo 13
*** Gelsomini ***


Come può un fiore così piccolo avere un profumo così grande?

Non era una giornata speciale, eppure la pianta di gelsomino che adornava il piccolissimo giardino di casa tua fece sì che lo fosse. Era appena sbocciata. Victor te la regalò tempo addietro, l'avevi curata sfidando le ultime intemperie invernali e, contro ogni nefasta aspettativa, l'avevi vista fiorire. La guardavi grata, tutta la tua vita era un inno di gratitudine.

Quel giorno tuo marito rincasò prima, temevi non si sentisse bene. Gli avevi chiesto cosa fosse accaduto. Non ci fu risposta: torvo in volto e silenzioso come un camposanto, si rinchiuse nella vostra camera da letto, lasciandoti in compagnia dei gelsomini in fiore.

Tirasti un sospiro, rubando un altro po' del loro odore, prima di raggiungere Victor. Aggraziata come la dolce sposa che eri, ti sedesti accanto a lui. Era seduto sul vostro letto, col capo chino. Non lo avevi mai visto così turbato, eppure credevi di essere abituata ai suoi silenzi.

Lo guardavi aspettando una sua parola, come altre volte in cui lo avevi visto di pessimo umore: tra voi non c'erano segreti.

Victor guardava dritto davanti a sé, lo sguardo perso: "Lo chiamano Primo Ordine."

Trasalisti: "Allora è vero."

"Sta raccogliendo sempre più simpatizzanti e alleati." Continuò lui.

"Non sono altro che il vecchio Impero riformato, come può avere così tanta approvazione?"

Victor si decise finalmente a guardarti: "Sarah, stanno portando pace, ordine e prosperità ai pianeti che li accettano. Fondano ospedali, scuole, stanno migliorando la vita di molti..."

"Parli come se volessi unirti a loro." Lo guardasti sdegnata.

"E se anche fosse?" rispose in preda alla rabbia: "Guarda cosa ha fatto la Repubblica per noi! Ci ha ridotti tutti alla miseria! Dove sono finite tutte le promesse di libertà e benessere? Ci sono più schiavi di prima e la gente a stento riesce a sopravvivere!"

"Hai dato credito alla propaganda di un branco di dittatori! Come hai potuto?" improvvisamente eri in piedi, alzando anche tu la voce.

"Sarah...mia Hurrem." Victor prese la tua mano, tentando una conciliazione: "Io non voglio litigare con te. Ma devi comprendere che la vita non è solo noi due, una casetta che cade a pezzi e una bellissima pianta di gelsomini."

Scrollasti il capo: "Victor, so di aver sposato un mandaloriano con un impiego da meccanico. Non ti ho mai fatto storie per la nostra situazione...".

"Lo so." Ti interruppe dolcemente: "Ma non si tratta più di noi. Davvero vogliamo lasciare ai nostri figli un mondo pieno di criminalità, schiavitù e povertà?"

"La guerra ci ha distrutti. Ha distrutto le nostre famiglie e noi, che viviamo ancora dei  ricordi dei nostri anziani. Come puoi pensare di appoggiare un regime militare che è pronto a schiacciare chiunque voglia contrastarlo? Credi sia davvero la pace che vogliono?"

Complici i dieci anni di differenza che vi separavano, Victor ti guardò come si guarda una qualunque altra diciannovenne nel pieno dei suoi fervori idealistici, con quella sapiente indulgenza che ti faceva sempre innervosire, ma non gliel'hai mai detto.

"Dovrei dunque scegliere la finzione, la dittatura di una finta libertà che ci sta riducendo alla fame e alle guerre interne?"

"Non scegliere affatto, allora."

Trattenne a stento il suo bonario divertimento: "Pensi davvero sia possibile non fare niente? Non scegliere?"

"Scegli me, allora. Scegli noi!"

Ti rispose con il silenzio. Lo faceva spesso, quando voleva rimproverarti di qualcosa senza averne la forza. Si risiedette sul letto, la testa tra le mani, curvo come una parentesi. Lo amavi anche per quella sua imperscrutabilità che ti faceva impazzire. Una parte di te sapeva che ti avrebbe ascoltata, ma che ne avrebbe sofferto parecchio: sanguigno come le terre di Mandalore che avevano forgiato la sua gioventù, non poteva restare con le mani in mano senza patire le pene dell'inferno. Quando ti sposò, fece di voi due e del vostro vicinato il suo piccolo clan personale, dando così le spalle alle sue origini, eppure quelle si facevano sentire, nel bel mezzo di conversazioni come questa, o con la furia con cui tentava di combattere le ingiustizie. L'onore faceva da sfondo ai suoi pensieri, insieme al disprezzo per coloro che rifiutavano di combattere per un ideale. Il suo potere, poi... era sempre più arduo tenerlo segreto, prima o poi qualcuno sarebbe venuto a cercarlo, fosse stato un militare o un Jedi da strapazzo. Non sapevi per quanto ancora lo avresti tenuto egoisticamente a bada, legato a te dai tuoi discorsi melensi, intrappolato nel nodo delle tue braccia e delle tue cosce. Speravi sempre di farlo rinsavire e di tenerlo lontano da tutto ciò che costituisse un pericolo per se stesso o per il bellissimo quadretto familiare che volevi tenere in piedi.

Riprendesti la tua strada verso l'odore dei tuoi gelsomini che, per la prima volta, trovasti nauseante.

Sei sveglia da un bel po', anzi, credi di non aver affatto dormito, preda dei tremori e dell'agitazione che fanno da sfondo agli acciacchi con cui Snoke e company ti hanno lasciato

Sei sveglia da un bel po', anzi, credi di non aver affatto dormito, preda dei tremori e dell'agitazione che fanno da sfondo agli acciacchi con cui Snoke e company ti hanno lasciato. Ti accingi ad iniziare qualcosa di cui non hai assolutamente idea. Non sai quanto tempo hai ancora per vivere, certo è che non ti illudi che ti possano tenere in vita a lungo una volta ottenuto ciò che vorranno. Ripensi a Victor, vorresti averlo qui e dirgli: "Ecco, cretino. Questi sono i tuoi idoli! Guarda cosa hanno fatto a te e alla tua famiglia!"

È in quest'impeto di rabbia che ti alzi di soprassalto dal letto, pochi istanti prima di sentire il fastidioso suono di una sveglia che sancisce l'inizio della giornata per i prigionieri. Non hai molto tempo per lavarti, ma cerchi di fare in fretta, immagini che presto verranno a prenderti per portarti alla tua postazione di lavoro. Riesci appena in tempo a prepararti quando vedi due stormtrooper entrare nella tua cella con un enorme paio di manette. Obbediente, porgi le tue mani: la giornata sta per iniziare. 

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Capitolo 14
*** Un nuovo inizio ***


Certo è che il Primo Ordine non bada a spese in quanto a stazioni e centri di ricerca. Due assaltatori ti hanno accompagnata presso il tuo luogo di lavoro, ben lontano dall'umido e insalubre centro di detenzione. Vieni accolta da un ambiente tanto ampio quanto sterile, come del resto lo è tutta questa base militare spaziale. La postazione alla quale dovresti lavorare è dotata di tutto ciò che puoi immaginare, per non parlare di altri attrezzi di cui ignori le funzioni. Al confronto, il laboratorio di Tavistock era una bettola.

"Non ti aspettavo così presto" una voce maschile distoglie la tua attenzione dal posto. Ti si avvicina un uomo di bell'aspetto, sulla quarantina.

"Temo di non poter decidere i miei orari." Rispondi tranquillamente, mentre i due assaltatori ti liberano dalle manette.

"Sono Bisc Kova e supervisiono questo settore con la mia squadra di ingeneri. Tu devi essere..." legge per un momento il tuo nome su una cartella che ha con sé "Sarah Eberyn".

"Molto lieta, ingegner Kova".

Kova non sembra affatto turbato da te, nonostante le circostanze in cui sei arrivata.

"Devi ritenerti fortunata, non a tutti i prigionieri è data la possibilità di lavorare in questo settore. Devi avere competenze molto specifiche."

Sai che lavorare in questo contesto è una rarità se sei prigioniero del Primo Ordine: quando sfuggi alla morte o alle torture, sei fortunato se vai a lavorare in qualche gelida miniera del bordo esterno o in chissà quale campo di lavoro.

"Ora," continua l'affabile ingegnere "vorrei ridefinire con i tuoi accompagnatori il protocollo della tua sorveglianza. Non amo che il mio staff lavori sotto pressione e questo varrà anche per te, da oggi in poi".

Uno dei due assaltatori sbotta: "Non possiamo lasciare la prigioniera. Abbiamo ordini dal capitano Phasma!"

Kova non esita a ribattere, affermando che avrebbe parlato presto con il capitano; nel frattempo, dovrete accontentarvi di una sorveglianza non troppo ravvicinata, così i due assaltatori si limitano a posizionarsi di fianco all'entrata del laboratorio, unica ipotetica via di fuga. L'ingegnere Kova ti presenta brevemente a tutto lo staff, uomini e donne che lavorano sotto la sua supervisione. Nessuno di loro sembra particolarmente impressionato dalla tua uniforme da prigioniera, non vieni guardata con sguardi severi o compassionevoli: tutte queste persone sono il ritratto della professionalità. Finito il breve briefing che ha visto la tua introduzione al resto della squadra, tutti si mettono immediatamente al lavoro.

Riguardi la tua postazione, affidandoti alla tua non troppo brillante memoria e agli insegnamenti di Tavistock: di fatto ignori la maggior parte dei calcoli che governano la nanotecnologia, tuttavia hai avuto la possibilità di fare molta pratica con lui, pertanto non ti scoraggi e ti metti al lavoro.

Proseguono così i tuoi giorni, con turni piuttosto lunghi ma non estenuanti

Proseguono così i tuoi giorni, con turni piuttosto lunghi ma non estenuanti. Non hai mai idea di che ore siano, cadenzi il ritmo del tempo semplicemente contando le volte in cui vieni svegliata al mattino per recarti al lavoro. Non sai dove sia Jane, non sai cosa stia facendo, il che ti tortura. Sai di non poterti aspettare molto, e sei quasi tentata di arrenderti all'idea che non la vedrai mai più, che ti toccherà crepare in quel laboratorio a tentare di portare a termine un compito impossibile, finché non accade qualcosa di inaspettato.

Durante la fine di uno dei tuoi turni (quanto tempo sarà passato? Una settimana? Un mese?) vieni scortata come al solito dai due assaltatori, ma ti accorgi ben presto che il percorso che state seguendo non è il solito.

"Di là, Ren vuole vederti!"

Non discuti e fai come ti viene chiesto. Quando finalmente giungi a destinazione, ben lontana dal tuo posto di lavoro e dalle prigioni, ti trovi faccia a faccia con una porta scorrevole. Uno dei tuoi accompagnatori digita un codice e ti intima di entrare. Sei finalmente lasciata sola oltre questa porta, puoi solo immaginarne il motivo: dove andrai non hai bisogno di guardie.

Ti prepari alla visione temibile del comandante Ren, ma vieni accolta da una presenza molto più bassa e gradita: Jane. Te la ritrovi davanti e non sai come comportarti: vorresti stritolarla tra le tue ansiose braccia, ma come sempre devi contenere i tuoi entusiasmi, specialmente adesso che hai notato la presenza di Ren, poco distante da voi, intento a contemplare una distesa di stelle che si staglia al di là dell'enorme finestra che dà sullo spazio. Non ti lasci distrarre, né dalla vista meravigliosa dei corpi celesti, né dal fatto che Ren ti sta dando le spalle. Lo fissi, in attesa di ogni sua mossa, ignorando di malavoglia tua figlia, che non vedi da chissà quanto.

Cosa vorrà da te? Cosa ti farà adesso? I più oscuri presagi si fanno strada, quando egli si volta: il sangue ti si raggela, ma non lo dai a vedere. Trascorsi alcuni momenti di silenzio, in cui gli rivolgi un cenno del capo in segno di saluto, comincia finalmente a parlare:

"Prima o poi, il Leader Supremo vorrà essere informato sui tuoi progressi. Non vorrà essere costretto a revocare la misericordia che ti è stata usata."

Alzi un sopracciglio di fronte alla minaccia: "Da quando tu e il tuo padrone andate a braccetto con la misericordia?" Ti sei assicurata di evidenziare nel tuo tono di voce la parola "padrone": vuoi assicurarti che lui colga il messaggio.

Sei solo un burattino.

"Ricordi cosa ti ho detto a proposito della tua insolenza, Eberyn?" sibila alzando una mano, cominci a sentire la non troppo familiare stretta alla gola, ti prepari al dolore che seguirà, ma qualcosa vi interrompe. Un fremito quasi impercettibile attira l'attenzione di Ren: volge lo sguardo verso la tua bambina, che ha ripreso a tempo record la sua espressione seriosa e apparentemente imperscrutabile, ma sia tu che il tuo carceriere vi accorgete di quanto sia terrorizzata.

Non guardare.

Ren rilascia la tua gola e abbassa la sua mano, distogliendo lo sguardo da lei. Ti guarda dritto negli occhi, la sua espressione una maschera di rabbia: "Sento la tua paura, donna. Eppure, ti ostini a provocarmi."

"Forse non ho molto da perdere, comandante".

Con un ghigno crudele, volge di nuovo lo sguardo verso tua figlia: "I tuoi affetti valgono così poco?"

"Non sto parlando di Jane!" Esclami a gran voce, in preda all'ira.

Non osare guardarla, stronzo!

Che lui abbia sentito il tuo urlo o i tuoi pensieri, non fa molta differenza: ti guarda con gli occhi sgranati, nel suo sguardo ancora traccia di rabbia.

Tiri un respiro profondo, provando a calmarti: "So di avere i giorni contati, comandante. Vi sbarazzerete di me quando avrete quello che volete, tanto vale dirvene quattro prima di crepare".

Cala di nuovo il silenzio, l'ennesimo dei tanti, carico di tristezza più che della paura. Hai messo meno sarcasmo nelle tue parole di quanto volessi, tant'è che il tuo interlocutore resta in silenzio, le labbra assottigliate, come a trattenere parole superflue, fatte di promesse che non può enunciare.

Sei tu, adesso, a rivolgere lo sguardo a Jane: la piccola ha gli occhi lucidi di lacrime che non può lasciar scivolare su quel viso innocente. Ti rammarichi per averle detto la verità, ma non hai potuto farci nulla: vuoi proteggerla dalla stessa speranza che possa vederti fuori pericolo. Perché, a volte, la speranza uccide più della disperazione.

Chi di speranza campa, disperato muore. Lo hai sentito dire più volte dagli anziani della tua infanzia, volti ormai sbiaditi nel tempo, le cui voci sono echi indistinti di saggezza. Mai proverbio fu più azzeccato. Non che ti siano mai piaciuti i proverbi: li hai sempre reputati una banalizzazione della vita, molto più complicata di aneddoti e detti popolari.

Sai bene che farai di tutto per far uscire Jane da qui, eppure sai di doverla mettere in guardia qualora non ci riuscissi: lasciare il Primo Ordine illesi è pura utopia, specialmente se hai il fiato sul collo del Leader Supremo e del suo cane da presa.

Guardi il vuoto davanti a te, Jane ancora nel silenzio di lacrime non versate, Kylo Ren ancora ti fissa. È proprio lui a rompere questo momento, non volendo infilare altre dita in questa recente piaga:

"Parlami di quanto hai realizzato finora."

 

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Capitolo 15
*** Morale ***


Il tempo che ti separa da Jane è sempre più lungo di quanto tu sia disposta a sopportare. Non accade regolarmente che il comandante Ren ti convochi per sapere dei tuoi progressi, anzi, spesso passano intere settimane prima che avvengano i vostri incontri. Ogni volta che gli fai rapporto, le informazioni che dai vengono accolte con diffidenza, non ricevi minacce né rassicurazioni sul tuo buon lavoro. Non ti aspetteresti certo di ricevere una pacca sulla spalla o un invito al prossimo party aziendale: se c'è una cosa che hai imparato qui, è che la diffidenza dei propri superiori è la cosa migliore a cui si possa aspirare, perché se hai fatto un pessimo lavoro te lo fanno notare subito e in modi che non ti piacciono. È per questo che ognuno si rivolge al proprio superiore con dati certi e ben studiati, non dilungandosi in dettagli inutili. Che sia la maschera fredda di un assaltatore o il viso tirato di un ufficiale, quella silente e perenne paura di ricevere ripercussioni perseguita chiunque, te compresa, eppure stai imparando a conviverci, a pensare che in fondo non sia così male finché fai quello che ti dicono.

I tuoi pensieri sono così rumorosi da impedirti di notare una presenza che si staglia ai confini della tua percezione: un'ombra nera ha appena lasciato gli alloggi di Ren. Sei poco lontano da lui e non rischi di incrociarlo, dal momento che lui è diretto da un'altra parte. Pensi dapprima che si tratti di un ufficiale o di Ren stesso, cerchi di ignorarlo ma alla fine la tua curiosità prende il sopravvento; pertanto, alzi gli occhi e lo vedi: ti sembra di guardare la morte in persona. Peggio degli ovolidi e dei racconti degli anziani, questa personificazione della morte è vestita di pelle nera e indossa un elmo molto simile a quello di Kylo Ren, al suo fianco pende un'arma molto simile a una falce. Fortunatamente, la terribile visione passa avanti, ignorandoti completamente, ti senti quasi svenire per il sollievo; anche l'assaltatore che ti scorta, bloccatosi come te fino a qualche secondo fa, ti incita nuovamente a camminare. Osi sbirciare quel lato del corridoio dove hai visto passare quell'orrenda visione e lo scopri vuoto. Ti volti appena per guardare Jane, che fa capolino dalla porta della sua parte di alloggio. Ti accorgi che, stavolta, c'è soltanto lei ad accoglierti, Ren non si vede da nessuna parte:

"Il Maestro doveva parlare con i suoi cavalieri, tornerà tra poco"

La piccola sorride alla tua espressione meravigliata: "Non teme fughe, da qui si può entrare o uscire solo quando lo permette lui".

"Come stai?"

"Lo sai, mi tratta bene..."

"Gli sei affezionata, non è vero?"

Tua figlia ammutolisce, vorrebbe non avviare questa conversazione, e lo sai, ma non demordi: "Sai cosa fa ad altre persone, Jane?"

La bambina abbassa gli occhi, ma non puoi permetterle di essere cieca o suggestionabile, anche se è ancora molto giovane.

"È ora che tu sappia..."

"Cosa deve sapere?" Una voce profonda interrompe la vostra breve conversazione.

Guardi Kylo Ren che ti osserva con sufficienza, e muti il tuo atteggiamento in aperta sfida:" Stavo giusto per dire una cosa su suo padre, che credo sarà molto interessante!"

Il viso di Ren, normalmente adombrato da pensieri e intenti che non conoscerai mai, ti fissa con livore: "Jane, lasciaci." Di fronte all'esitazione della ragazzina, lui si fa più duro: "Mi hai sentito"

Per la prima volta vedi tua figlia aver paura di lui. Bene, che sappia, che veda il mostro che è, magari si guarderà dal vedere surrogati paterni in mostri psicopatici. La bambina si allontana, pallida e tremante.

Udito il rumore di chiusura della porta automatica, ti aspetti di sentire nuovamente una stretta alla gola, o di perdere un braccio sotto la sua lama di fuoco. Chiudi gli occhi per prepararti all'inevitabile.

"Non possiamo indugiare ancora a lungo, il Leader Supremo si aspetta risultati da te. Sono passati due mesi e di quel prototipo neanche l'ombra".

Il suo rimprovero ti scuote, ma sei sorpresa dalla strana piega di questo evento: "Non è affatto semplice senza la guida di Tavistock. Replicare quell'affare è difficile persino per i tuoi migliori ingegneri".

Ren si avvicina a una vetrata che dà su una meravigliosa distesa di stelle, e annuisce.

"Nessuno potrà mai equiparare il suo genio, tuttavia" ti guarda di nuovo "dovrai attingere alla tua memoria e alla pratica che hai svolto con lui"

"Puoi sempre strapparmi i ricordi con i tuoi trucchetti" lo interrompi piccata.

"È meno facile di quanto credi, specialmente se la persona che vado a sondare non ha ricordi nitidi" non si scompone, sembra che le tue provocazioni stiano cominciando a fargli meno effetto. Passano alcuni secondi, poi nella tua mente si fa strada quella strana, folle idea di mettere alla prova Kylo Ren e la sua non tanto proverbiale pazienza:

"Perché?"

"Perché cosa?"

"Lo sai!"

Ancora silenzio, stranamente non interrotto da sbuffi o sospiri, semplicemente sta pensando a cosa dirti: "Per ripristinare l'ordine e la giustizia nella galassia, porre rimedio a tutti i fallimenti delle varie repubbliche..."

"Ripristini ordine con l'intimidazione? Uccidendo innocenti?"

"Non faccio altro che schiacciare degli anarchici e ribelli, parassiti buoni solo a portare caos e criminialità!" Alza la voce rabbioso, forse incredulo per la tua incapacità di vedere le cose come stanno.

"Schiacci intere famiglie! Uomini e donne la cui colpa è quella di non essere d'accordo con te!" gridi in preda alla furia. Lo vedi avvicinarsi a te, pericoloso come una serpe: "Non ho mai attaccato innocenti!"

Non ti lasci intimidire: "Vallo a raccontare a quella povera gente di Jakku, o di Hosnian Prime!" Questo è il momento in cui dovresti frenare il vomito di parole che ti è appena partito, sei ancora in tempo, ma non riesci a frenare la tua natura, e nemmeno il tuo caratterino: "Vallo a raccontare a Jane! Raccontale di come hai ucciso suo padre!"

Merda.

Lo hai detto e hai appena capito, da come ti guarda, che non è stata una buona idea ricordarglielo. Ti metterà a tacere per sempre, e il silenzio che segue ne è una prova. Eppure, non senti lo scintillio della sua spada laser, e pensi a quanto sia infinito il tempo quando stai per morire.

"Non sono responsabile della morte del padre di Jane, se proprio vuoi saperlo"

"Co-cosa? Che stai dicendo...?"

Comincia a deriderti: "Di tutti i tuoi ricordi, il più vivido è quella dannata casa in fiamme. Ho sentito le tue urla, sai?"

Ti si avvicina "...l'odore opprimente del fumo" tu provi a indietreggiare, ma lui non demorde "quel nome che pronunci disperata...Aspetta, com'è che si chiamava?"

"Stà zitto, Ren!" Hai le lacrime agli occhi, trovi a stento il coraggio di urlargli addosso, ma la tua imprecazione sembra più un guaito. Odi quest'uomo con tutta te stessa e del suo prendersi gioco di te.

"Jane non era ancora nata" continua a guardarti negli occhi ma interrompe il suo gioco sadico, nel quale ha dimostrato di sapere dove colpirti per farti affogare nelle tue debolezze.

Si volta nuovamente per raccontarti una storia che non hai mai sentito: "I cavalieri di Ren sono sorti sotto il comando di un esaltato sensibile alla Forza, si chiamava Ren, per l'appunto. Una bestia piena di sé, smaniosa di distruggere qualunque cosa. Trascorse gli anni della sua gioventù a reclutare altri come lui, nel mentre uccideva chiunque si trovasse sul suo cammino. Chiunque scalfisse il suo delirio di onnipotenza o semplicemente si rifiutasse di unirsi a lui faceva una pessima fine. Quando l'ho finalmente ucciso, ho preso il suo posto come nuovo Maestro dei Cavalieri di Ren. È successo sei anni fa".

"Mi stai dicendo che..."

"... tuo marito è stato ucciso per ordine di Ren."

"E smettila di guardarmi con quella faccia mortificata!" ti sorprende a guardarlo in un modo nuovo, e sembra provarne dolore: "Ora che sai che non c'entro con la morte di Victor, ti senti meno libera di odiarmi?"

Resti in silenzio, ma lui continua ad esclamare: "Ho creato altra distruzione, reso orfani altri figli, vedove altre mogli! Questo mi rende finalmente migliore ai tuoi occhi? Vuoi forse compatirmi, trattarmi come un povero ragazzino indottrinato?"

Fa un'amara risata: "La tua morale è tanto ipocrita quanto labile, Eberyn. Spero tu lo capisca un giorno."

Non lo guardi più in faccia e, per la prima volta nella tua vita, ti comporti come una bambina sorpresa a rubarti i biscotti.

"Sei congedata, ma prima voglio far tornare Jane. Sarà sollevata di sapere che quell'insolente di sua madre è sopravvissuta alla mia presenza"

Ti lascia sola nella stanza con i tuoi frenetici pensieri. Strano che la morte non voglia ancora reclamarti. 

 

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