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di V4l3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 17: *** 16 ***
Capitolo 18: *** 17 ***
Capitolo 19: *** 18 ***
Capitolo 20: *** 19 ***
Capitolo 21: *** 20 ***
Capitolo 22: *** 21 ***
Capitolo 23: *** 22 ***
Capitolo 24: *** 23 ***
Capitolo 25: *** 24 ***
Capitolo 26: *** 25 ***
Capitolo 27: *** 26 ***
Capitolo 28: *** 27 ***
Capitolo 29: *** 28 ***
Capitolo 30: *** 29 ***
Capitolo 31: *** 30 ***
Capitolo 32: *** 31 ***
Capitolo 33: *** 32 ***
Capitolo 34: *** 33 ***
Capitolo 35: *** 34 ***
Capitolo 36: *** 35 ***
Capitolo 37: *** 36 ***
Capitolo 38: *** 37 ***
Capitolo 39: *** 38 ***
Capitolo 40: *** 39 ***
Capitolo 41: *** 40 ***
Capitolo 42: *** 41 ***
Capitolo 43: *** 42 ***
Capitolo 44: *** 43 ***
Capitolo 45: *** 44 ***
Capitolo 46: *** 45 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Quello che vedevano i suoi occhi, non era certo ciò che si sarebbe mai aspettata. Era ferma da qualche minuto, sul piccolo marciapiede, aveva lasciato cadere a terra il borsone sistemandosi meglio lo zaino ormai logoro, che teneva sulla spalla. Stava cercando di riprendere fiato, si sentiva stremata per quella camminata che l’aveva portata fino a lì e cercava di capacitarsi di come quel viaggio si fosse concluso esattamente davanti a quell’edificio malconcio. Guardò per l’ennesima volta il foglietto che aveva tra le mani, pur conoscendolo a memoria: sospirò pesantemente capendo di essere esattamente dove gli era stato indicato. Si sentì davvero turbata per ciò che vedeva, neanche il vento freddo o le gocce di pioggia che ogni tanto sembravano cadere, portate poi via dall’aria, la facevano muovere di un passo. Quello che si aspettava era quanto meno una casa, non certo un castello o una reggia, ma quello era un rudere! Si girò a guardare con aria sconsolata le case poco distanti dove tutto era molto curato, tenuto in maniera impeccabile cosa che aveva notato per ogni abitazione, negozio, o qualsiasi altra struttura incontrata fino lì. Invece ora, davanti a lei, c’era quell’orribile cancelletto sbilenco, quel muretto pieno di erbacce e muschio che lo facevano apparire come un reperto archeologico mal tenuto e quella casa, se così si poteva definire, che mostrava l’inesorabile e impietoso avanzamento del tempo. Il vialetto era quasi del tutto coperto da un giardino che ormai aveva preso le sembianze di un bosco, vista la quantità di piante, il portico in legno forse un tempo di colore bianco, ora appariva quasi del tutto scrostato e si poteva vedere anche da lì una sedia mezza rotta appoggiata su un lato e un dondolo arrugginito; le finestre avevano bisogno di essere sistemate, nel piano superiore le persiane malconce sembravano reggersi per miracolo. Tutto lasciava pensare che lì non ci vivesse nessuno da parecchio. Sospirò per l’ennesima volta, sbattendo più volte le palpebre, non poteva permettersi di arrendersi ora che era arrivata, ma improvvisamente venne assalita dalla paura, paura che lì non ci fosse davvero nessuno, che il suo viaggio fosse stato un buco nell’acqua e che la madre si fosse sbagliata, ma poi un brivido dato dal freddo che le stava entrando nelle ossa e la stanchezza che sentiva, le fecero finalmente prendere in considerazione la possibilità di bussare. Così, dopo l’ennesimo sospiro, riprese il suo borsone e si apprestò ad aprire il cancelletto che fece un rumore poco rassicurante e una volta dentro, dovette far attenzione alle erbacce che minacciarono di farla cadere arrivando a salire i cinque gradini del portico in legno. Sentiva il suo cuore aver iniziato a battere più forte, posò nuovamente il borsone a terra e la sua attenzione venne attirata dalla vista del mare che si poteva scorgere anche da lì. Era stata una vera sorpresa ammirarlo appena uscita dalla stazione, così imponente e gonfio mentre si infrangeva contro l’altissima scogliera che sembrava un muro invalicabile, con gli uccelli che giocavano sulla schiuma alzata dalle onde e il cielo plumbeo con le sue nuvole scure che si muovevano veloci. Ma ora era lì davanti ad una porta di legno massiccio, con il cuore che batteva furioso nel suo petto e il respiro un po’ accelerato, cercò di calmarsi guardando verso le due finestre, per poter scorgere qualcosa, ma si rese conto che entrambe avevano delle tende a coprirne l’interno. Di nuovo l’ansia si fece più forte, ora che era proprio lì davanti e, tutto, di quella storia le parve ancora più assurdo di quanto non le era sembrato quando glielo avevano detto. Ripensò all’avvocato, Dario Ricci, amico della madre che le aveva letto il testamento, dove la donna le lasciava praticamente tutto e le raccomandava di andare via dalla sua città; un profondo dolore di nuovo si affacciò ai suoi occhi che subito s’inumidirono. Non aveva voluto credere alle parole dell’avvocato, quando le diceva le volontà di sua madre, sembrava davvero troppo assurdo da poter essere considerato reale, ma poi parlando anche con Francesca, l’eterna amica della madre, aveva capito che era tutto vero e ora lei era proprio dove sarebbe dovuta essere. Prese un profondo respiro, cacciando via quei pensieri e con mano tremante pigiò sul campanello. Subito si accorse che non si era verificato nessun rumore, segno che anche quello fosse messo male, come del resto tutta la casa, così decise di farsi forza e di bussare. Nel momento in cui la sua mano prese a colpire il portone, sperò con tutta sè stessa che la madre avesse fatto la scelta giusta. Aspettò qualche minuto, mentre il cuore ricominciava a correrle nel petto e il respiro farsi più accelerato, ma nessuno sembrò muoversi da dietro la porta, così decise di riprovare colpendo con più vigore almeno un altro paio di volte. Quando il panico per il mancato arrivo di qualcuno, si fece prepotente dentro di lei, la porta si spalancò facendole fare un vero e proprio salto sul posto. Si ritrovò a guardare con occhi e bocca sgranati un uomo alto almeno un metro e novanta, sui 35-38 anni, era imponente davanti alla soglia, il suo viso era per lo più coperto dai capelli scuri e lisci che gli ricadevano in ciocche davanti agli occhi e gli contornavano il viso fino alle spalle, portava una maglia scolorita con le maniche arrotolate fino ai gomiti, era muscoloso e lo si poteva intuire dal petto ben definito che sembrava tirare sotto la maglia e dalle spalle ampie e dritte, i suoi jeans erano larghi e strappati in alcuni punti
–Il B&B è alla via successiva- disse con voce bassa e in tono scocciato, ma senza darle il tempo di rispondere le richiuse la porta in faccia. Rimase basita a guardare davanti a sè, non sapeva se mettersi a ridere o urlare come una pazza per aver fatto tutto quel maledetto viaggio solo per ricevere una porta in faccia. In quel momento le tornarono alla mente le parole di Francesca, qualche sera prima, quando sedute in terrazza a casa della donna, le aveva detto di essere paziente e di non stupirsi del caratteraccio che quel tipo avrebbe di sicuro dimostrato. Mai state parole più vere, pensò mentre di nuovo, stavolta con rabbia, riprese a colpire la porta per farsi aprire. Dopo qualche istante la porta si spalancò di nuovo e quel tipo la squadrò con aria accigliata –Cos’è non parli la mia lingua?- chiese alterato, poi guardò la borsa ai suoi piedi –Non sono interessato a niente di ciò che vuoi vendere, per cui levati dai piedi, ragazzina- le disse adirato e di nuovo le stava per sbattere la porta in faccia, ma lei lo fermò posando una mano sul legno –Parlo la tua lingua e non sono qui per venderti nulla- disse rabbiosa, lui si fermò per nulla turbato –E cosa vuoi?- chiese brusco  –Sto cercando Jason Parker- spiegò e lui la guardò attraverso quella frangia lunga assottigliando lo sguardo –Sono io- ripose secco. Il cuore le iniziò a battere all’impazzata nel petto, sentiva la gola secca ora che finalmente si trovava davanti a colui dal quale dipendeva il suo futuro –Mi manda Emma Savelli, sono sua figlia Alex- disse cercando di non far tremare la voce. Subito vide mutare l’espressione dell’uomo che si fece in qualche modo stupita, con gli occhi leggermente più aperti e la bocca socchiusa. Si fissarono per attimi che sembrarono eterni, mentre il vento soffiava e la pioggia si stava facendo più intensa –Posso entrare?- chiese alla fine e lui senza levarle gli occhi di dosso, si spostò dall’uscio per farla passare.

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Capitolo 2
*** 1. ***




1. 
Superato l’ingresso venne investita dall’odore acre di fumo e di chiuso, fece qualche passo all’interno dove di nuovo si fece scivolare di dosso il borsone e stavolta anche lo zaino che portava in spalla. Guardò il salotto piuttosto buio nonostante fuori ancora ci fosse comunque un po’ di luce, ma ogni finestra era coperta da tende scure e l’unica fonte di luce era un lume con un cappello sbilenco accanto al divano marrone addossato ad una parete affiancato da due poltrone dello stesso modello vintage; sul tavolinetto basso vi era una quantità infinita di roba, da riviste a scatole vuote di pizza, alcune lattine di birra e svariate cartacce, mentre sulla parete di fronte vi era un’ampia libreria piena di manuali e libri, un caminetto acceso e un televisore antidiluviano addossato vicino ad un’altra finestra sempre con le tende scure tirate, a completare il tutto c’era una scala in legno che portava al piano superiore. Alex dovette reprime l’impulso di andare ad aprire ogni finestra di quell’ambiente per la mancanza d’aria che quel posto le dava, ma si girò verso l’uomo che ancora stralunato la fissava dalla porta. Vedendo il suo sguardo, evidentemente l’uomo si riscosse perché con un colpo di tosse la superò –Siediti pure, vuoi una birra?- chiese ancora un po’ scosso portandosi una mano a grattarsi la nuca per poi guardarla di nuovo –La puoi bere si?Quanti anni hai?- le chiese in quel modo brusco, Alex sospirò pensando che Francesca era stata fin troppo buona nel descriverlo –Avrò 20 anni fra un paio di mesi, mi va bene un bicchiere d’acqua- rispose. L’uomo si passò una mano sulla guancia poi sparì nel corridoio dove evidentemente si apriva la cucina e lo sentì trafficare, mentre lei per distrarsi si permise di avvicinarsi al divano ed osservare le riviste che ricoprivano il tavolinetto, per lo più di motori, ma spostando un cartone di pizza vuoto rimase basita ad osservare un’inequivocabile rivista porno. Sentì subito accapponarsi la pelle per l’imbarazzo, così rimise tutto come aveva trovato nell’attimo in cui Jason comparve con in mano una birra e un bicchiere di acqua con ghiaccio. Alex si chiese per la miliardesima volta perché la madre aveva deciso di spedirla lì, mentre accettava il bicchiere bevendone un po’. L’uomo  si sedette pesantemente sulla poltrona, bevendo un bel sorso dalla bottiglia, prima di posare di nuovo il suo sguardo su Alex che ora avvertiva prepotente l’imbarazzo per tutta quella situazione. Seguirono attimi di silenzio, scandito dal crepitio del fuoco e dall’orologio
proprio sopra il camino che scandiva i secondi  –Quindi..- esordì ad un certo punto lui appoggiando la bottiglia di birra mezza vuota a terra e posando i gomiti sulle gambe unendo le mani fissandola –Tu saresti la figlia di Emma?- chiese serio e Alex fece un cenno d’assenso con la testa posando il bicchiere su una delle riviste che ricopriva il tavolino –E cosa ci fai qui?- chiese con una nota curiosa nella voce pur mantenendo un’espressione piuttosto seria –Mi ha mandato lei- spiegò Alex, poi vedendo l’espressione sorpresa dell’uomo, si alzò seguita sempre dal suo sguardo, per andare verso lo zaino posato ancora a terra, dal quale estrasse un paio di lettere; le guardò per qualche istante per poi voltarsi e incrociare gli occhi profondi di quel Jason che continuava a fissarla –Sono per te- disse avvicinandosi e lasciando le due lettere sul tavolo davanti a lui che bevve ancora un po’ di birra e spostò il suo sguardo su quelle buste –E questo cosa significa?- chiese indicandole con un rapido gesto della mano, Alex si strinse nelle spalle sedendosi di nuovo sul divano –Le devi leggere- rispose semplicemente –Senti ragazzina- esordì Jason con tono acido
–non mi piacciono gli scherzi né girare intorno alle questioni- aveva un tono spazientito ed era visibilmente nervoso –Perché non mi dici tu quello che devi dirmi e non torni da dove sei venuta?- la guardò duramente –Avanti!- la incitò con un gesto della mano, Alex sgranò gli occhi, il cuore che correva impazzito –Devi leggere le lettere per sapere tutto- disse non riuscendo a celare una certa ansia nella voce –io non saprei da dove iniziare!- e si maledì per quell’icrinazione nella voce –No senti!- Jason alzò la voce –Non so che cavolo di gioco tu stia giocando, ma non mi interessa!- Alex sgranò gli occhi umidi –Non è un gioco!- anche lei aveva alzato la voce –Appunto!- scandì lui alzandosi dal divano e facendo cadere la bottiglia di birra ormai vuota –Non lo è!Non mi interessa perché tu sia venuta fin qui, ma voglio che tu te ne vada!- disse rabbioso –NON POSSO!- urlò Alex sovrastando la voce di Jason che rimase a fissarla severamente –Non posso- ripetè abbassando la testa e tirando su con il naso, non voleva piangere  –Le lettere – riprese dopo un attimo di silenzio –una è di mia madre e l’altra di Francesca, leggile per favore- quasi lo implorò. La tensione che si era creata era percepibile ed entrambi dovettero fare respiri profondi per calmarsi  –Maledizione!- sbraitò esasperato Jason prendendo in mano la prima lettera –Se questo serve a farti andare fuori dai piedi, leggerò queste maledette lettere!- si sedette con un tonfo sulla poltrona e con modi scattosi aprì la busta, fissandola con astio, per poi iniziare finalmente a leggere.
Alex era seduta su quel divano che improvvisamente si era tramutato in un’asse pieno di spini, sentiva il sangue scorrerle nelle vene impazzito, mentre fissava il volto dell’uomo concentrato nella lettura; osservò quel viso attento, i capelli scompigliati a coprirgli gli occhi e Alex notò che ancora non sapeva di che colore fossero, sapeva solo che il suo sguardo era profondo e magnetico, vide la sua mascella ben delineata e ricoperta da una leggera barba, irrigidirsi nel corso della lettura, così come i muscoli del suo corpo e le mani che ora stringevano quel pezzetto di carta in maniera spasmodica, anche il respiro si era fatto più pesante.
 –NON E’ POSSIBILE!- sbottò ad alta voce dopo attimi di rigoroso silenzio, Alex sobbalzò mentre lo vide far cadere a terra la prima lettera, che riconobbe dalla calligrafia tondeggiante essere della madre,  e appropriarsi della seconda busta che aprì con velocità per immergersi di nuovo nella lettura. Anche la postura di Jason nel corso dei minuti si era fatta più rigida, Alex aspettò paziente pregando tutti i Santi in paradiso e soprattutto la madre, che quel tipo non la mandasse via. Sapeva più o meno cosa gli avevano scritto e  immaginava l’assoluta confusione che forse ora stava avvenendo dentro di lui, ma pregava davvero con tutto il cuore che lui capisse e accettasse.
 
-Francesca io ho paura, non credo di farcela- disse con le lacrime che le rigavano il viso, mentre la donna con il suo viso pieno e i suoi occhi dolci le regalarono un sorriso, le prese il viso tra le mani, guardandola
 –Tesoro, so che questo per te è difficile, ma sai bene perché tua madre ha deciso una cosa del genere, non puoi darle torno, ha paura per te e per il tuo futuro- le disse sincera e Alex lo sapeva, ma non voleva lasciare tutto, non si sentiva pronta –Jason Parker è stato un amico di tua  madre, ti aiuterà e ti proteggerà come ha fatto con lei, vedrai, ma devi fare come ti ha chiesto Emma- Alex sentì le lacrime scendere ancora più copiose –Ma lui non sa niente di tutto  questo!Ho paura a piombare in casa sua così, è un estraneo per me e anche la mamma non lo sentiva da una vita!- Francesca aveva riso e l’aveva abbracciata –Ti prego Alex, devi essere coraggiosa adesso più che mai, non puoi rimanere qui, devi andare e vedrai che Jason capirà-
 
Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
–MA STIAMO SCHERZANDO?!- Jason si alzò dalla poltrona come se avesse preso fuoco, iniziando a camminare dentro il salotto avanti e indietro, come un leone in gabbia –MA QUESTO NON è POSSIBILE!MA COME DIAVOLO GLI E’ VENUTO IN MENTE?!- urlò, Alex chiuse gli occhi e una lacrima le rigò il volto, sperava che non accadesse, ma stava succedendo: giustamente Jason voleva tenersi fuori da una situazione del genere
-MA COME POSSONO CHIEDERMI UNA COSA DEL GENERE?- si portò le mani sul viso mentre continuava a muoversi dentro al salotto come un pazzo –MA QUESTO è UN INCUBO!- si girò verso Alex che ora lo guardava con il volto contratto dal dolore –Non mi potete incastrare in questo modo!-cercò di tenere il tono della voce più basso rispetto a prima, ma le parole gli uscirono come un ruggito trattenuto –Non può venirmi a chiedere una cosa del genere e sperare che io accetti!Lo capisci?- il suo viso era una marea di emozioni che Alex si aspettava di vedere, ma ne fu profondamente addolorata, sperava che la scelta della madre di spedirla lì avesse una buona motivazione, ma evidentemente si era sbagliata –E poi che fa?- riprese lui agitando le braccia –Lancia questa bomba dopo anni che non ci sentiamo!- Alex non sapeva cosa  dire, ma incrociando di nuovo i suoi occhi, lui si fermò. Il petto di entrambi si alzava e abbassava freneticamente, Alex non aveva aperto bocca, ma era agitata e impaurita allo stesso tempo, lo vide strofinarsi il viso con entrambi le mani –Lo capisci che è assurda come richiesta? Come può pretendere che io decida di farti vivere qui con me?!- sembrava profondamente a disagio mentre la guardava con aria sbalordita dalle sue stesse parole, dirlo ad alta voce lo aveva colpito ancora di più –Non è un mio problema! Come possono chiedermelo?- sembrava davvero turbato, Alex abbassò lo sguardo sui suoi jeans scuri passando sopra le sue gambe le mani che sentiva leggermente sudate –Lo capisco- disse flebile –non te ne faccio una colpa se non accetterai- aggiunse sentendo un profondo dolore all’altezza del petto –E ci mancherebbe!- sbottò lui –Mi dispiace per tua madre, certo! Ma chiedermi una cosa del genere è fuori luogo! E poi chi ci garantisce che tuo nonno non sospetti nulla?- chiese e Alex fece un cenno d’assenso con il capo –Devo parlare con tua madre!- esordì dopo attimi di silenzio, Alex a quel punto alzò la testa e i suoi occhi lucidi colpirono Jason che si immobilizzò, lei sorrise appena inclinando leggermente la testa –Non sai quanto lo vorrei anche io- disse –ma è morta tre mesi fa- specificò e vide Jason rimanere di sasso, con la bocca aperta a guardarla con gli occhi fuori dalle orbite –Co..Cosa?- chiese con voce strozzata, Alex tirò su con il naso e abbassò di nuovo la testa, i capelli castani a ricaderle davanti
–Era  malata da due anni- disse e la sua voce era bassa e profondamente triste – si è spenta all’ospedale dove era ricoverata-
 Il silenzio divenne assordante, così come i secondi dell’orologio, sembravano delle martellate ora –Ma come…io..non lo sapevo- disse Jason stavolta anche lui profondamente colpito da quella rivelazione, si sedette sulla poltrona a  peso morto –Emma è….-la sua voce uscì pianissimo senza riuscire a finire la frase. Rimasero così per minuti interi, ognuno chiuso nel proprio dolore e silenzio, Alex sentiva la stanchezza di quei giorni assalirla tutta insieme, le forze farsi deboli, avrebbe voluto chiudere gli occhi e non riaprirli mai più, avrebbe voluto non essere mai nata perché almeno così non avrebbe sofferto come stava facendo ormai da tempo. Un tuono lontano spezzò l’aria, la pioggia si fece più scrosciante e Jason improvvisamente si alzò dalla poltrona, come aveva fatto prima e con il viso sconvolto si diresse verso la porta di casa –Ehi?- lo richiamò Alex, ma lui uscì lasciandola a bocca aperta e dopo qualche istante sentì il motore di un auto accendersi e lo sgommare di ruote sull’asfalto bagnato. Di nuovo il silenzio invase tutto intorno a lei, era sbalordita da quel comportamento: se n’era andato. Si guardò nuovamente intorno, fissando poi i suoi occhi sul caminetto che scoppiettava e sul bicchiere ormai privo dei due cubetti di ghiaccio completamente sciolti. Alex avvertì quella stanchezza impadronirsi di tutto il suo corpo, così decise di appoggiare la schiena al divano e aspettare, perdendosi ad osservare le fiamme nel caminetto, mentre la sua mente le riportava un passato dove la madre era ancora viva e rideva felice ed era così bella, con quei suoi capelli scuri con striature ramate, simili ai suoi e quegli occhi: quel blu così intenso da perdersi, era lo stesso che lei rivedeva ogni volta guardandosi allo specchio. Chiuse gli occhi e delle lacrime le scesero a rigarle il volto, ma era troppo stanca, aveva troppo sonno per preoccuparsene.

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Capitolo 3
*** 2. ***


2.
 
Entrò nel piccolo parcheggio del Blue Line sgommando e frenando bruscamente. Descrivere quello che provava era davvero impossibile in quel momento, avrebbe volentieri spaccato ogni cosa intorno a sé, avrebbe raso al suolo quel fottuto paese in quel momento, mentre una parte di lui urlava tutto il suo dolore per la morte di Emma, per aver saputo che quella ragazza, conosciuta quando viveva in Italia, era morta. Colpì violentemente il volante e gridò all’interno del suo pick-up, non poteva credere che quella donna gli avesse fatto uno scherzo del genere. Era maledettamente ingiusto. Scese chiudendo rabbiosamente lo sportello, quasi a volersela prendere con lui per quello che gli era crollato sulle spalle e non si preoccupò della pioggia che lo bagnò mentre percorse la strada per entrare al pub. Una volta dentro si catapultò a testa bassa al suo solito posto, all’angolo destro del bancone dove ci si poteva mettere una targhetta a suo nome ormai –Ehi bello!Come mai così presto?- chiese quella voce che Jason riconobbe come essere quella del suo amico Mike –Non rompere il cazzo e dammi una birra!- disse furioso posando le braccia sul bancone che iniziò a bagnarsi per colpa delle gocce d’acqua. Poco dopo si ritrovò un bel boccale di birra davanti agli occhi e senza aspettare neanche che Mike glielo posasse davanti lo agguantò e ne tracannò giù una lunga sorsata. Quando lo posò con un tonfo sul bancone si decise a puntare gli occhi sul suo amico in piedi davanti a lui con le braccia appoggiate sullo stesso bancone, che lo fissava con un leggero sorrisetto contornato da quella barba fitta –Che cazzo ridi?- chiese e Mike scosse la testa rasata –Non ti vedevo così da quando è venuto qui tuo padre- affermò critico ma mantenendo quel sorrisetto, Jason incassò il colpo e abbassò lo sguardo sul boccale –Sono nella merda- esordì dopo qualche attimo, mentre il chiacchiericcio dentro al pub sembrava allontanarsi da lui nel momento in cui ripensò a quello che era accaduto qualche minuto prima. Mike sospirò alzando i suoi occhi scuri al soffitto e riprendendo a pulire un bicchiere  –Si certo, come no- disse sarcastico –Cosa t’è successo ti hanno chiesto di partecipare a qualche riunione di famiglia?- e non trattenne una risata, Jason lo fulminò con lo sguardo  –Smettila di fare il coglione Mike!Sono davvero nella merda!- sibilò bevendo di nuovo la birra, Mike incrociò quegli occhi e per la prima volta da quando lo conosceva, si rese conto che c’era davvero qualcosa che non andava in Jason quella sera.
-Liz!- chiamò Mike e da dietro una porta arrivò una ragazza non molto alta e formosa, con una cassetta di posate, la sorella di Mike, mora con i capelli corti e gli occhi scuri identici a quelli del fratello –Che vuoi?- chiese scontrosa mentre posava la cassetta sotto un ripiano –Vado un attimo con Jason di sopra, pensaci tu qui- la ragazza sbuffò mentre il fratello fece un cenno con il capo all’amico che si alzò e lo seguì al piano di sopra, nell’unica stanza adibita a studio. Appena entrarono, Mike si preoccupò di chiudere la porta e accostare la tendina della vetrata, per evitare che qualche ficcanaso, compresa sua sorella, allungasse gli occhi. Jason intanto si era lasciato cadere sul divanetto a due posti addossato sulla parete sinistra della stanza, con la testa tra le mani e Mike avvertì un leggero brivido attraversagli la schiena –Allora amico, che diavolo ti è successo?Non riesci a levarti dalle scatole qualche donna avvenente?- chiese cercando di alleggerire la tensione che l’amico aveva portato con sé. Si sedette sulla sedia in pelle nera dietro la scrivania ricoperta da scartoffie e dal suo adorato pc, se non ci fosse stata la tecnologia, a quell’ora Mike si era già suicidato in quel cavolo di paese dove era nato. Guardò l’amico a lungo, ma lui non accennava a mutare né posizione né a proferire parola e Mike ben presto si sentì a disagio per quella situazione, richiamò l’amico con una leggera tosse –Ehm, Jason?Sei su questa terra?- chiese titubante accarezzandosi la barba, come faceva ogni volta che c’era qualcosa in ballo, l’amico improvvisamente sbuffò appoggiandosi allo schienale del divano reclinando la testa all’indietro con gli occhi fissi sul soffitto –Sono nella merda e sinceramente non vorrei proprio essere su questa terra- si sforzò di rispondere, Mike sospirò spazientito
 –L’hai detto almeno cinquanta volte da quando sei qui! Mi vuoi dire che cazzo è successo?- sbottò alla fine non riuscendo a vedere Jason in quel modo, sembrava il fantasma di se stesso, ora che lo osservava bene. Jason sospirò continuando a guardare il soffitto, una fitta all’altezza del cuore che faceva male –Emma è morta- disse tutto d’un fiato e Mike si ritrovò a spalancare occhi e bocca a quelle tre parole –E..Emma? Quella Emma?- chiese con voce strozzata, Jason sospirò e lasciò intendere che fosse proprio quella Emma
 –Ma come è successo? Quando?-la mente di Mike si riempì di domande, si alzò dalla sedia e si appoggiò alla scrivania davanti all’amico –Tu come fai a saperlo?- chiese infine, non aveva mai conosciuto questa Emma, ma sapeva gran parte della storia e sapeva quanto Jason ci tenesse –Tre mesi fa- rispose l’amico abbassando la testa ai suoi jeans –Me lo ha detto la figlia- aggiunse e Mike non potè evitare di rimanere di nuovo senza parole –La..la figlia di Emma?- Jason lo guardò con un sorriso triste –E’ a casa mia- specificò e Mike si portò una mano sulla testa grattandosi la nuca, come se quello che Jason gli avesse detto non l’avesse davvero capito
-Ma sei sicuro?- chiese dopo aver aperto il mini frigo posto accanto alla scrivania e prendendo due birre, quella sera ne sarebbeo servite parecche e una la passò a Jason –Gli assomiglia tantissimo- ammise quest’ultimo con una punta amara nella voce. Quando quella ragazza gli si era presentata davanti, non l’aveva neanche vista effettivamente in faccia aveva subito pensato a qualche scocciatura, anzi che aveva deciso di aprire la porta, ma quando aveva pronunciato il nome di Emma, improvvisamente Jason aveva visto la somiglianza con la madre, tanto da ricordarle Emma a vent’anni. Si passò una mano sul viso e tracannò quasi tutta la birra d’un fiato –Scusa, ma che è venuta a fare qui?- chiese Mike sedendosi sulla scrivania –Insomma non ha senso che lei si presenti qui da te, non è mica tua figlia e poi quanti anni sono passati che non vedi Emma? Quindic’anni?- Jason fisso gli occhi scuri dell’amico –L’ultima volta che l’ho vista mi disse che se ne sarebbe andata perchè non voleva rimanere lì, vista anche la gravidanza, aveva 19 anni- rispose malinconico ricordando quel momento e di come il suo cuore si fosse spezzato. Emma Savelli, una ragazza brillante, appassionata di arte e archeologia, una ragazza bellissima, con due occhi che potevano chiedere al mondo tutto quello che volevano per quanto erano espressivi. Emma Savelli, il suo amore segreto, la ragazza conosciuta a scuola quando viveva a Roma, lui aveva appena 16 anni e si era subito innamorato di quello sguardo, della sua gentilezza di quel volto sorridente che mascherava ferite profonde che solo con il tempo e l’amicizia che li aveva legati lui aveva conosciuto; la sua Emma che poi aveva deciso di allontanrsi da tutto e tutti.
–Mi chiamò diverse volte e mi scrisse- iniziò a raccontare perdendo lo sguardo in quei ricordi –Mi disse che non poteva più continuare a studiare per via della figlia, ma soprattutto voleva tenerla lontana da suo padre, per questo sparì nel nulla e potevo sentirla solo quando decideva lei di farsi sentire o mi scriveva le sue lettere- guardò l’amico che ascoltava in silenzio –Ci siamo sempre sentiti, ma non mi aspettavo questo- ammise sospirando –Jas, ma non capisco che ci fa la figlia qui da te- ribadì Mike buttando la bottiglia nel secchio lì accanto –Vuole che mi prenda cura di lei- spiegò lasciando l’amico basito – la figlia mi ha portato una sua lettera dove c’è scritto tutto e c’è anche un assegno per il disturbo- disse sprezzante finendo di bere la sua birra –Ma è uno scherzo?- chiese Mike sbigottito, Jason scosse la testa senza guardarlo –Pare di no, ho ricevuto anche una lettera da parte della sua amica Francesca - Jason sentì un forte mal di testa iniziare a pulsare prepotente nella testa  -Cazzo amico, sei nella merda più nera!- disse Mike allucinato e il suo sguardo fece sorridere Jason –L’ho detto dall’inizio, infatti- cercò di scherzare, ma si sentì improvvisamente perso –Comunque non capisco ancora perché Emma abbia affidato a te una ragazza di vent’anni, a quell’età può badare a sé stessa- disse con un’alzata di spalle l’amico, Jason si alzò e si portò le mani alle tempie –Ti ho parlato del padre di Emma no?- l’amico fece un cenno d’assenso con la testa –Più o meno- rispose Mike sapendo che quel discorso era un capitolo che Jason custodiva gelosamente e non ne parlava mai; gli aveva raccontato molto tempo prima, che questa sua grande amica, era figlia di un uomo che non era proprio una brava persona, per cui lei aveva sempre cercato di stare alla larga da lui e dalla sua famiglia, ma le cose si erano complicate, ma Jason non aveva mai spiegato molto di più
 –Nella lettera c’è scritto che non vuole che quell’uomo abbia contatti con Alex- la voce di Jason era più bassa del solito –mi chiede se posso badare a lei, almeno finchè non sia lei a decidere di andarsene- spiegò – in nome della nostra amicizia; mi ha scritto che può fidarsi solo di me, visto che lei non potrà starle accanto- di nuovo quella fitta al cuore. Seguirono attimi di silenzio prima che Mike sospirando si alzò dalla scrivania e gli posò una mano sulla spalla –Che hai intenzione di fare?- gli chiese incrociando quello sguardo che sembrava essere come il mare in tempesta.
Era convinto che di lì a poco la sua testa sarebbe completamente esplosa, mentre spegneva il motore del pick-up; guardò l’ora, erano le 02:00 di notte, era stato via praticamente quanto una giornata di lavoro, la stanchezza era la stessa, effettivamente. Sospirò guardando la pioggia scendere sul parabrezza e il suo rumore riempire l’abitacolo mentre con un profondo sospiro scese dall’auto  guardando quella casa come se prima o poi dovesse sparire davanti ai suoi occhi; una parte di lui sperava che quella ragazzina se ne fosse andata, non voleva affrontare una questione così grande, non era il tipo da mettersi a risolvere i problemi agli altri, quando era lui il primo ad aver bisogno di risollevare la sua vita. Fece quei cinque gradini del portico come un condannato, a testa bassa, dosando ogni passo come se fosse l’ultimo. Aprì la porta piano e vide subito il fuoco spento con quel sentore di fumo,così si avviò verso il salotto, richiudendosi la porta alle spalle e posando la giacca; una volta davanti al divano si ritrovò a guardare quella ragazza, completamente addormentata. Era in posizione rannicchiata, il collo leggermente storto, le mani chiuse come due pugni sotto al mento, la bocca a forma di cuore era leggermente socchiusa, alcuni capelli le ricadevano scomposti sul viso e lui si ritrovò a pensare che fosse la copia sputata della sua Emma. Prese un profondo respiro per poi avvicinarsi al divano e ricoprire quel corpo piccolo e infreddolito, con una coperta che era addossata alla spalliera del divano. Rimase a contemplarla ancora per diversi minuti che presto si tramutarono in almeno due ore, con la mente persa in ricordi che aveva seppellito nel suo cuore, dove nessuno, nemmeno lui, aveva più guardato. Si alzò dalla poltrona quando ormai albeggiava, diede un’altra sistemata al fuoco che di nuovo si mise a scoppiettare facendo partire i termosifoni e lentamente salì le scale della sua camera.

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Capitolo 4
*** 3. ***


Prima  di lasciarvi al capitolo, visto che non l’ho fatto ancora, volevo ringraziare chiunque spenda qualche minuto per leggere la mia storia. Grazie davvero!
 
3.
 
Quando Alex riaprì gli occhi, ci mise qualche attimo per ricordarsi dove fosse, poi quel luogo la riportò alla cruda realtà. Si tirò a sedere scoprendo di avere un plaid addosso, poi vide la giacca di pelle appoggiata su un appendiabiti che aveva lasciato una macchia d’acqua sul pavimento. Jason alla fine era tornato. Si tirò in piedi stiracchiandosi, sentiva il corpo indolenzito per quella posizione rannicchiata che aveva assunto tutta la notte e fece qualche passo in direzione del fuoco, quasi del tutto spento, decidendo di rianimarlo buttarci qualche pezzo di legno sistemato in una cassetta  lì accanto e dando un movimento alla brace;  guardò l’orologio che segnava le 09.25, la sera prima era praticamente crollata dopo che Jason era fuggito,  sospirando iniziò a scostare la tenda della finestra lì accanto scoprendo il giardino incolto avvolto da una leggera nebbiolina, mentre la luce di un tiepido sole faceva capolino tra la coltre illuminando le innumerevoli goccioline d’acqua che bagnavano ogni foglia, le sembrò di guardare un paesaggio fantasy mentre un sorriso le arricciava le labbra; aprì la finestra, ritrovandosi a respirare a pieni polmoni quell’aria frizzante e nel giro di poco aprì ogni tenda per far prendere luce a quell’ambiente puntando poi lo sguardo sulla carta da parati verde delle pareti che sicuramente aveva visto tempi migliori  e non trattenne una smorfia: quella casa si presentava davvero male, sia dentro che fuori, ma nonostante tutto, a una piccola parte di lei piaceva, aveva quel vissuto che in qualche modo la fece sentire familiare.
 Titubante iniziò a guardarsi intorno e si avviò verso il piccolo corridoio dove si apriva sulla sinistra una cucina piuttosto ampia con una finestra posta sopra al lavandino che faceva vedere il retro del giardino e una porta che conduceva direttamente fuori, le pareti ricordavano un color crema, mentre il pavimento era sempre in legno, più chiaro rispetto a quello del salotto, i mobili anch’essi di legno erano bianchi e occupavano due pareti della cucina, mentre un frigo che se la batteva con la macchina del gas per gli anni che dovevano avere, svettava sulla sinistra; a completare il quadro c’era un tavolo quadrato con quattro sedie al centro che colpirono Alex per la loro bellezza: il tavolo, lucidissimo, forse di mogano aveva le gambe come dei tronchi di albero intagliati che riprendevano, nella stessa modanatura anche le spalliere delle sedie, imbottite con cuscini bianchi con venature marroni e sembrava davvero un pezzo di pregio, sprecato sia per quella cucina che per quella casa, pensò mentre sbirciava oltre la porta che si trovava davanti la cucina; conduceva al seminterrato, dove saliva un forte odore di vernice, Alex richiuse la porta e ne aprì un’altra, l’ultima, dove trovò il bagno. Tutto piastrellato di bianco, aveva una bella doccia, con una finestra da dove si poteva vedere addirittura uno spicchio di mare, Alex si appoggiò al lavandino, guardandosi allo specchio. I suoi occhi blu, avevano perso quella nota di stanchezza che aveva i giorni prima, pensò che la dormita di più di dodici ore che aveva fatto, qualche effetto positivo l’aveva avuto. Il suo colorito era sempre piuttosto pallido, ma almeno le occhiaie sembravano per ora date solo dal rimmel colato; si girò a guardare la doccia, mordendosi un labbro indecisa se approfittarne, in fondo Jason Parker si era dimostrato piuttosto restio nei suoi confronti, anche se Alex sospettava che quell’atteggiamento lo riservasse praticamente a chiunque e alla fine decise che le serviva davvero una doccia rilassante e cambiarsi di abito, così prese velocemente il borsone che aveva lasciato nel salotto e si richiuse nuovamente nel bagno. Trovò alcuni asciugamani ripiegati nel mobile sotto il lavello e dopo essersi tolta i vestiti che accatastò sulla lavatrice entrò nella doccia lasciando che il getto d’acqua, dapprima freddo, poi via via più caldo, la investisse. Rimase a bearsi di quel piccolo angolo di paradiso per almeno mezz’ora, lavandosi accuratamente i capelli e tutto il corpo; quando uscì e si avvolse nel telo si sentiva come nuova e un senso di benessere, che non provava da parecchio tempo, la invase totalmente. Si asciugò velocemente e si  vestì con un paio di jeans puliti e un pull-over, visto la temperatura fredda che c’era. Nonostante fosse ottobre, lì in quel posto speduto nel confine tra Inghilterra e Scozia, l’aria era prettamente invernale. Si sedette sul piccolo sgabello frizionando i suoi lunghi capelli castani nell’asciugamano, osservando la collina verdissima che si vedeva da quella finestra, con il cielo che sembrava essere più pulito del giorno precedente e il sole che mano mano rischiarava tutto. Dopo aver finito in bagno, uscì e si diresse in cucina, sentiva il suo stomaco fare versi non del tutto usuali, segno che ormai era arrivata alla fame più nera. Entrando si guardò un po’ intorno, non le piaceva mettere le mani in una casa che non era la sua e muoversi in un ambiente non familiare, ma stranamente quel posto, anche se brutto, lasciato andare, lugubre nell’arredamento, la faceva stare bene. Aprì i primi mobiletti che rilevarono qualche scatola di cereali mezzi aperti, qualche barattolo di passate e fagioli, una scatoletta di alici e marmellate, in quelli successivi riuscì a scovare anche della pasta e tutto ciò che serviva per cucinare, ma si fermò titubante davanti al frigorifero. Cosa si poteva aspettare di trovare? In fondo Jason, non le sembrava certo il tipo di uomo che teneva un frigo pronto ad ogni evenienza, era inoltre preoccupata di trovare resti di cibo ammuffito e quant’altro avesse potuto mettere in serio pericolo il suo stomaco. Dopo qualche attimo decise di aprire e si sorprese nel veder che in realtà c’era un po’ di tutto, soprattutto birre, alla fine optò per delle uova e del bacon. Se doveva cambiare vita, avrebbe iniziato dalla colazione, anche se non rinunciò a preparare il caffè, di tutto poteva fare a meno, ma mai e poi mai a del caffè, anche se dovette accontentarsi di prepararsi quella specie di brodaglia allungata che qualcuno si ostinava a chiamare caffè.
 
 
Riprese coscienza, con la luce del sole che entrava dalla finestra “Devo decidermi ad aggiustare quelle maledette persiane!” pensò mentre si girava a pancia in su sul letto. Non era riuscito a dormire molto, ogni volta che chiudeva gli occhi o stava per addormentarsi, gli si parava davanti solo il volto di Emma. L’aveva sognata, come non accadeva da tempo, quando ancora ragazzi studiavano insieme in biblioteca e lei lo aiutava con l’italiano e lui ricambiava con matematica. Un sorriso malinconico gli colorì le labbra, mentre si tirò a sedere sul letto sbadigliando. Il mal di testa però, non era passato, così decise di alzarsi guardando la sveglia che segnava le 10:44, si sentiva decisamente uno straccio. Aprendo la porta della sua camera, venne investito dal profumo di caffè e di pane tostato che gli fecero venire un’incredibile fame, ma allo stesso tempo lo riportarono a pensare che lì c’era la figlia di Emma. Un senso di rabbia lo invase, non voleva averci niente a che fare con quella storia che gli era caduta tra capo e collo solo qualche ora prima, non poteva accettare che Emma lo avesse costretto in una situazione così assurda; mentre pensava al modo di affrontare il discorso con la ragazzina, scese pesantemente gli scalini e si avviò in cucina, ma rimase di stucco nel vederla lì dentro. Era di spalle, i suoi capelli castani legati in una coda, indossava un pull-over blu, sopra a dei jeans, trafficava con una padella, mentre canticchiava sottovoce qualche canzone. Jason rimase paralizzato nel vederla così, era Emma, gli ricordava maledettamente la sua migliore amica, la donna che avrebbe voluto amare, ma che ora era morta lasciandogli come unico ricordo di lei, la sua copia. Scosse la testa per cercare di tornare in sé, osservando il tavolo dove erano state messe delle fette di pane tostato, alcune marmellate, un pacco di cereali e del caffè appena fatto; entrò in cucina e vide la ragazza sobbalzare nel sentirlo tossire, per annunciarsi –B..buongiorno- lo salutò con voce non molto convinta, lui grugnì spostando la sedia e ci si sedette pesantemente. Alex deglutì imbarazzata, non aveva il coraggio di girarsi e guardarlo, ma era certa che lui la stesse fissando –Così bruci il bacon- le disse da dietro le spalle, con voce bassa e roca, Alex si ridestò e subito spense il fuoco preparando i piatti, ma prima di girarsi dovette fare almeno un paio di respiri profondi. Posò il piatto sotto il naso di Jason che aveva la testa bassa e fissava assorto il caffè che si era versato, Alex gli si sedette di fronte, si sentiva tremendamente a disagio ora che lui era lì, all’inizio aveva pensato che preparare qualcosa potesse essere un buon modo di iniziare per entrambi, ma ora che ce l’aveva davanti, con quell’espressione dura, la mascella contratta e quello sguardo perso, non era più molto convinta –Ehm..- cercò di formulare almeno una frase di senso compiuto, tanto per spezzare quell’assurdo e insostenibile silenzio –Mi..mi sono permessa di preparare la colazione.. per sdebitarmi della notte passata qui- disse non riuscendo però ad alzare la testa dal suo piatto e iniziando a mangiare. Lui non proferì parola e Alex sentì l’irritazione assalirla, capiva che quello che era successo lo aveva sconvolto, ma un “grazie” o un “va bene” poteva anche sforzarsi di dirlo, così alzò di scatto la testa per dirgli qualcosa, ma le parole le morirono in gola quando vide che lui la stava fissando. Alex avvertì quello sguardo passarle attraverso, era intenso, profondo e si accorse che gli occhi di Jason erano blu, come i suoi, ma più scuri e malinconici di quanto avesse visto la sera precedente. La fissava attentamente, ma non parlava, Alex si sentì in imbarazzo e dovette abbassare la testa di nuovo sul piatto per non far vedere le guance rosse.
-Non puoi rimanere- disse lui facendole accapponare la pelle per il tono inespressivo che era riuscito ad usare,  Alex si sforzò di inghiottire il boccone che aveva messo in bocca, posando poi la forchetta, il suo corpo era rigido e il suo respiro si stava facendo più pesante; Francesca l’aveva avvertita di che tipo difficile fosse questo Jason, ma non si sarebbe mai immaginata che fosse così diretto e insensibile.
-Lo immaginavo- disse lei cercando di mantenere un tono pacato, anche se dentro si sentiva letteralmente morire. Lui si alzò dal tavolo e senza aggiungere altro uscì, Alex lo sentì risalire velocemente le scale e sbattere una porta. Le lacrime che aveva trattenuto, le invasero il volto, si sentiva profondamente ferita e tradita. Sapeva che lui non la conosceva e non aveva niente da spartire con lei, ma se era vera la storia della grande amicizia che lo aveva legato alla madre, Alex non si spiegava del perché di quell’astio che Jason Parker gli aveva dimostrato. Si asciugò le lacrime, cercando di non singhiozzare forte, rimanendo seduta su quella sedia finchè non si fosse calmata, poi si alzò e lentamente si avviò a prendere le sue cose.

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Capitolo 5
*** 4 ***


4.
 
Si era fatto una doccia fredda per cercare di darsi una calmata, sentiva il suo corpo fremere dalla collera per questa situazione assurda. Era furioso con Emma che aveva avuto il coraggio di morire senza dargli la possibilità di rivederla un’ultima volta, era furioso con tutta questa storia e sul fatto di aver dovuto dire di andarsene ad una ragazzina che, oltre ad essere la copia di sua madre, era paurosamente indifesa. Uscì dalla doccia, lasciando che l’acqua bagnasse il pavimento asciugandosi  velocemente con un telo, mentre a denti stretti malediva tutta quella situazione. Emma era riuscita a ripiombare nella sua vita come un fiume in piena, travolgendolo, come aveva fatto la prima volta che l’aveva vista a scuola. Se n’era fregata altamente del fatto che lui si sentisse un pesce fuor d’acqua che parlava a mala pena un pò di italiano e tutte le ragazze lo guardavano come si guarda un buon bocconcino da poter mangiaree i ragazzi lo detestavano per lo stesso motivo. Se n’era fregata altamente di tutto e tutti e gli si era avvicinata con quello sguardo che sembrava aver preso le tinte del mare, con quel suo viso ovale, il suo sorriso gentile e gli aveva detto –Tu devi essere Jason Parker del 1°B- la sua voce era calma, lui l’aveva guardata come si guarda un fantasma –Io sono Emma Savelli del 2°A, la Preside mi ha chiesto di occuparmi di te, sono una dei rappresentanti di istituto- e da lì era iniziata la loro amicizia.
Si vestì e si affacciò alla finestra della sua camera, nel momento in cui vide scendere dal portico di casa quella ragazzina, infagottata in un giubbotto scuro, con uno zaino su una spalla e un borsone sull’altra; una parte di lui in quel momento avrebbe voluto correre per le scale e andarla ad aiutare a dirle che era stato un coglione a trattarla così, senza neanche darle la possibilità di parlare o di capire meglio la cosa, ma dall’altra si sentiva profondamente ferito e vulnerabile, non poteva e non voleva entrare in una situazione così complicata e per l’ennesima volta si maledì e maledì il giorno in cui conobbe la madre di quella ragazzina.
 
 Alex uscì dal cancelletto, non senza fatica, per un attimo aveva creduto di averlo rotto urtandolo con il borsone, ma poi vedendo come fosse messo male, non se ne curò più di tanto e iniziò ad incamminarsi verso la strada principale. Faceva freddo, ma lo sforzo che stava facendo per portare quelle borse, la stavano facendo sudare, tanto che dovette fermarsi una volta arrivata all’incrocio per riprendere fiato; si avviò alla fermata del bus dall’altra parte della strada ed aspettò. Ritornò alla cittadina di Balwick*nel giro di una mezz’ora, il giorno prima c’aveva messo molto di più per arrivare dalla stazione a casa di quel Jason Parker, per non rischiare di sbagliare aveva deciso di percorrere gran parte della strada a piedi, ma stavolta era andata decisamente meglio, inoltre l’autista del bus, un uomo dai fitti capelli rossi e gli occhi azzurri, le aveva detto che una volta scesa da lì doveva fare pochi metri per arrivare alla stazione che l’avrebbe riportata a Londra. Quando scese alla sua fermata, si erano fatte le 12:00 e l’orologio della piazza centrale incastonato sul bel campanile, in pietra, iniziò a suonare i suoi rintocchi; si prese del tempo ad osservare la bella piazza, con la chiesa e il suo campanile, che si apriva sulle strade moderne che le passavano a fianco e il giardinetto centrale con una piccola fontana e delle panchine alcune occupate da signori con i cani; il paesino, da quanto aveva potuto vedere e capire, era piuttosto piccolo, tutta la sua vita principale si svolgeva in quelle due strade, dove si aprivano negozi e botteghe in costruzioni vittoriane, molte di artigianato, la gente era gentile e già dal giorno prima si erano dimostrati cortesi nel darle la direzione che doveva prendere per arrivare alla casa che stava cercando. La stazione distava un paio di isolati da lì, così si incamminò tra le poche persone che in quel momento attraversavano la città, fermandosi poco dopo davanti un’agenzia di viaggi, pensando che almeno avrebbe potuto vedere gli orari dei treni e fare il biglietto da lì. Quando entrò venne accolta dal suono di un piccolo campanello appeso alla porta vetrata del negozio e dal sorriso gentile di una ragazza. Aveva più o meno 30 anni, occhi scuri e capelli dello stesso colore lasciati sciolti sulle spalle, vestita con un abito di lana nero e degli stivali fino al ginocchio, le venne incontro
–Buongiorno la posso aiutare?- chiese cordiale e Alex le sorrise riprendendo fiato per quella camminata
-Buongiorno, avrei bisogno di sapere gli orari dei treni diretti a Londra e fare il biglietto- rispose, la donna fece un cenno d’assenso –Prego si accomodi, ci vorranno pochi minuti- le disse prendendo posto dietro l’unica scrivania del piccolo negozio, completamente pieno di foto dalle più disparate parti del mondo e da depliant che promettevano viaggi da sogno
 
-Mamma!Mamma!- Alex chiamava la madre  che arrivò da lei con solo un asciugamano a coprirle il corpo bagnato, dopo essere uscita dalla doccia –Tesoro, che c’è?- chiese Emma preoccupata, vedendo la figlia seduta sul divano, con le gambe incrociate come teneva sempre, la sua coda di cavallo scomposta e la televisione sempre ad un volume troppo alto –Guarda!- le disse indicando lo schermo, Emma si rivolse al televisore avvicinandosi alla figlia. Il programma che aveva entusiasmato tanto Alex, non era altro che un documentario sulla Polinesia francese –Non è un paradiso?- chiese Alex con tono sognante ad una Emma che guardò la figlia con un sopracciglio alzato –Alex, non sei più una bambina piccola, hai 11 anni e ti ho ripetuto un milione di volte che se mi chiami in quel modo, io mi preoccupo- la rimproverò bonariamente la madre, Alex alzò gli occhi al soffitto sbuffando –Ma non mi avresti sentito se non urlavo- si giustificò facendo spuntare un sorriso sul viso di Emma che poi le si sedette affianco. Rimasero in silenzio a guardare quelle immagini spettacolari per alcuni minuti –Vorresti andare lì, Alex?- le chiese la madre scherzosamente e la figlia la guardò con quegli occhi blu come i suoi, le ciglia fitte e folte –Perché non ci andiamo?- chiese con quella naturalezza da ragazzina, Emma rise –Lo sai che ci vogliono un mucchio di ore di aereo per arrivare lì?- le chiese Emma  e Alex sembrò pensarci mentre riprese a guardare il documentario –Ma ne varrebbe la pena, no?- rispose guardandola con un sorriso –Beh si, credo di si- ammise Emma, poi Alex iniziò a ridacchiare –Che c’ è?- le chiese la madre e la figlia la guardò –In realtà stavo pensando che  va bene anche stare  qui, basta che tu sei felice mamma- ed Emma sentì il suo cuore riempirsi di quell’amore che solo Alex riusciva a farle provare, l’abbracciò forte –Ti giuro che faremmo un bellissimo viaggio, Alex,una vera vacanza solo io e te!- le aveva detto.
 
Alex ripensò a quell’abbraccio, a quella promessa che purtroppo la madre non era riuscita a rispettare, non certo per suo volere, ma per quel male che si era impadronito di lei in un modo talmente violento e inaspettato da non lasciarle scampo. Alex trattenne le lacrime a quel ricordo, mentre la ragazza dell’agenzia pigiava i tasti del suo pc –Allora, mi dispiace ma per oggi non ci sono treni, il primo che abbiamo è per domani alle 8:00- le disse in tono dispiaciuto, Alex non si aspettava un risposta del genere –Ma ne è sicura?- chiese, la ragazza ricontrollò e l’esito fu lo stesso -Purtroppo stanno sistemando alcune tratte, visto che sono previste abbondanti  nevicate e per oggi sono state sospese-spiegò –ma se vuole può prendere il bus, ci vorranno circa 6 ore, altrimenti le posso trovare un posto per passare la notte-le disse e Alex si ritrovò a sospirare sconsolata
Uscì dall’agenzia accorgendosi che il sole era stato di nuovo oscurato da una fitta coltre di nubi cariche di pioggia, si strinse nel suo giubbotto e seguendo le indicazioni della ragazza dell’agenzia, si avviò al motel; andare fino a Londra e metterci un eternità non le era piaciuta come idea, avrebbe resistito a rimanere lì solo per un giorno.
 
Erano due ore che cercava di andare avanti con il lavoro commissionato espressamente da Londra, ma in quella dannata giornata, non riusciva davvero a fare un bel niente. Usci spazientito dal suo rifugio, per rientrare in cucina e prendere dal frigorifero una birra e sedersi su una sedia, guardò il tavolo, dove ancora c’erano le tazze della mattina, qualche fetta di pane e ciò che rimaneva di quella colazione rimasta per lo più integra. Furioso a quel ricordo si alzò di scatto prendendo i piatti e buttando tutto nella pattumiera, per poi lasciare i piatti nel lavandino. Si appoggiò ad esso con ancora il viso di quella ragazzina davanti agli occhi, che lo guardava cercando di trattenersi dal piangere. Si girò di scatto e prese dalla tasca dei jeans una sigaretta dal pacchetto, rendendosi conto che fosse l’ultima, altra cosa negativa in quella fottuta giornata, pensò adirato. L’accese facendo un respiro profondo e lasciando che il fumo bruciasse dentro di lui, per poi rilasciarlo con un profondo sospiro, si rimise seduto e finì la sua birra, posando lo sguardo sul movimento lento delle chiome degli alberi scostate dal vento che si stava alzando.
 
-Ciao musone!- la voce di Emma lo fece trasalire, alzò lo sguardo e se la ritrovò davanti, sorridente come sempre, aveva i capelli sciolti e indossava quel vestito chiaro con sopra la stampa di alcuni fiori, sembrava una ragazzina –Ciao Haidi- la salutò lui facendola subito ammusare, mentre lui sghignazzava sapendo che odiava essere chiamata così –Sei sempre molto simpatico!- le disse arrabbiata, sedendosi accanto a lui e aprendo il libro di matematica –Anche tu, come sempre- le rispose lui beffardo e lei gli schioccò una delle sue occhiatacce che però poi morivano trasformandosi con un bel sorriso che illuminava anche i suoi bellissimi occhi blu –Sai Jason, mi sono resa conto che tu non hai altri amici all’infuori di me e Francesca- gli confessò con quella sua solita naturalezza di dire le cose –Neanche con i ragazzi della squadra di pallavolo con cui giochi esci molto- aggiunse –Ad essere sinceri, Francesca è amica tua- le rispose facendole alzare gli occhi al cielo e sospirare, lui e Francesca, non andavano molto d’accordo, ma effettivamente chi andava d’accordo con lui? -E sarebbe un problema?- chiese scettico riprendendo a leggere quel testo di letteratura, la sentì sospirare  –Non lo è, ma un po’ mi dispiace per te- ammise e lui la guardò di nuovo, il suo profilo così delicato e quelle labbra leggermente sporgenti in avanti –Ti faccio pena perché non ho amici?- chiese con un tono per nulla carino, lei alzò gli occhi al soffitto una seconda volta –Ma come ti viene in mente?- chiese sbuffando –Dico solo che un ragazzo come te, dovrebbe essere pieno di amici, sei solo troppo chiuso per permettere alle persone di conoscerti- lui la guardò per nulla convinto –Non mi piacciono molto le persone e non sperare che per questo io improvvisamente diventi amico di quelli che ti ronzano intorno!- disse facendola sorridere, ma in realtà non voleva amici perchè sapeva che con il lavoro del padre prima o poi si sarebbe trasferito ancora e non voleva  affezionarsi a persone che avrebbe perso di vista, ma non con Emma  –Che scemo non intendevo questo!- rispose divertita –E poi non è vero che non ti piacciono le persone, io ti piaccio!- affermò lasciandolo un po’ sorpreso e facendolo arrossire, tanto che abbassò la testa sui suoi libri
–Sai Jason- riprese Emma dopo attimi di silenzio –penso che tu sia una persona davvero bella ed è un peccato che gli altri non lo sappiano- Jason la guardò colpito da quella frase, nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere -Sei qui da meno di un anno eppure sei diventato il mio migliore amico  e vorrei vederti felice e sapere che hai degli amici con cui scherzare di cose da…- si fermò cercando le parole giuste
 –sì insomma, cose da ragazzi- lui la guardò per qualche secondo per poi scoppiare a ridere –Cose da ragazzi?-chiese ironico facendola arrossire -Dai!Sai cosa voglio dire!- ribattè lei rossa in volto facendo ridere ancora di più Jason che poi le si avvicinò guardandola negli occhi –Sto bene così, Emma, non mi serve parlare di cose da ragazzi-  e  lei avvampò ancora per poi ridere a sua volta –Fai come ti pare!- disse infine cercando di camuffare il suo rossore con un’espressione arrabbiata  –Jason- lo chiamò dopo un po’ –Mmm?- chiese lui senza guardarla –Mi prometti una cosa?- gli chiese e in quel momento si fissarono negli occhi
–Certo Em- rispose lui, lei gli posò una mano sopra la sua –Promettimi che saremo amici per sempre- e Jason sentì il cuore gonfiarsi di gioia, adorava quella ragazza –Perché avevi dubbi?- chiese canzonatorio e lei si lasciò andare ad un sorriso pieno di gioia, lasciandogli poi un bacio leggero su una guancia –Ti voglio bene!- gli disse –Ma ora ti prego aiutami con matematica!-
 
*Balwick è inventato, ho preso un nome di una cittadina ai cofini con la Scozia e l’ho leggermente cambiato
 

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Capitolo 6
*** 5 ***


5.
 
Il motel era vicino alla stazione, un palazzetto cielo terra di tre piani con le finestre bianche come il portone d’accesso, rivestito di un intonaco scuro, un tappeto roosso era fuori la porta principale sulla quale svettava la scritta “Balwick Motel”. Entrando venne accolta da un piccola zona d’ingresso sui toni dell’ocra, dove la faceva da padrone il bancone in legno della reception. Ad accoglierla trovò una ragazza, aveva i capelli scuri, tagliati a contornarle il viso tondeggiante, i suoi occhi dello stesso colore erano truccati con tinte azzurre le sorrise –Buongiorno- esordì la ragazza, Alex ricambiò il sorriso e si avvicinò
–Buongiorno, avrei bisogno di una stanza per la notte- disse, la ragazza aprì il registro
–Certamente, mi occorre il documento- chiese cordiale, Alex estrasse il suo passaporto e glielo porse, aspettando che la ragazza compilasse il tutto
–La stanza è la 103 al 1°piano- le disse porgendole una chiave, Alex ringraziò e si avviò verso le scale
–Aspetti!- la richiamò la ragazza facendola fermare,  la vide girare intorno al bancone e avvicinarsi
 –L’aiuto!- e prese dalle mani di Alex il borsone –Non si preoccupi, posso farcela- ma la moretta le sorrise caricandosi il borsone su una spalla –Non c’è problema, prego- e la invitò a salire le scale. Arrivate al 1°piano c’erano quattro porte bianche numerate, quella di Alex era la penultima, la ragazza aprì la porta e le fece strada nella piccola ma accogliente camera, sui colori del giallo crema, sulla parete di sinistra c’era un bel letto da una piazza e mezza rivestito con una bella trapunta blu cobalto, così come le tende che abbellivano le due finestre e la poltroncina accanto alla scrivania in legno chiaro; la ragazza posò il borsone e si avviò ad aprire le tende che mostrarono la via dalla quale era appena arrivata Alex
–Spero vada bene- e Alex guardò la ragazza con un sorriso –E’ perfetta, grazie!- rispose posando anche il suo zaino –Come mai è venuta fino a qui? Lei è di Roma, che ci fa in un posto sperduto come questo?- le chiese la ragazza arrossendo subito dopo –Oh, mi scusi, forse sono stata inopportuna!- disse imbarazzata ritornando verso la porta –Oh non preoccuparti, sono venuta perché pensavo di poter restare- disse Alex assumendo subito dopo un’aria triste –ma purtroppo mi sono sbagliata- ammise abbassando la testa e ripensando a Jason Parker che l’aveva liquidata in un attimo –Io sono Liz- Alex alzò la testa e guardò la mano protesa della ragazza, subito la strinse –E’ un piacere, Liz, io sono Alex, ma questo già lo sai- la ragazza rise divertita –Mi dispiace che te ne vada, ma se vuoi, questa sera puoi venire al pub di mio fratello, è poco più su all’incrocio con la via principale è il Blue Line, magari ci vediamo lì e beviamo qualcosa insieme- le disse cordiale, Alex rimase sorpresa, ma poi accettò contenta
-Bene! Io lavoro lì dalle 07:00 se vieni per quell’ora mangiamo qualcosa insieme- e poco dopo le due ragazze si salutarono.
Una volta sola Alex si lasciò cadere sul letto, non sapeva come comportarsi, Francesca le aveva detto di limitare le telefonate, per non essere rintracciata da nessuno della famiglia, ma pensava che forse avrebbe dovuto avvertirla che il piano della madre non aveva portato alla soluzione sperata. Ripensò a quello sguardo malinconico e profondamente ferito che Jason Parker le aveva rifilato prima di dirle di andarsene, non seppe perché ma quello sguardo l’aveva spiazzata e ferita, come se la sofferenza letta in quegli occhi, fosse così simile alla sua, da lasciarla senza fiato.
Rimase in quella stanza, finchè non si accorse che fosse venuto il momento di andare al pub, così si preparò e uscì dal motel. L’aria era mutata completamente, era freddissima, sembrava dovesse nevicare da un momento all’altro, ogni sferzata di vento,sembravano mille stilettate sul viso, così a passo svelto si avviò per la strada indicatale da Liz e ben presto arrivò al parcheggiò davanti l’entrata del Blue Line. Entrando si ritrovò immersa in un tipico pub dalle luci soffuse, il bancone era sul fondo di legno scuro, così come tutto l’arredamento, anche le pareti erano rivestite per metà in legno, con appesi i più diversi oggetti: da alcune reti da pesca, a oggetti riferibili ai primi del 900 come gli attrezzi usati per le scalate, oppure oggetti come boccali molto antichi e bottiglie di diverse forme –Alex!- Liz era comparsa da dietro al bancone e le fece cenno con la mano, Alex superò alcuni tavoli già occupati e si avviò da lei –Come va?- le chiese la ragazza sorridendole –Bene, grazie, tu?- chiese sedendosi su uno degli sgabelli, quello più estremo sulla destra –Oh come al solito, tra poco si riempirà e ci sarà un po’ di caos, che ne dici di mangiare qualcosa?- le chiese Liz porgendole un menù
–Sarebbe fantastico- rispose Alex iniziando a leggere –Ehi Liz, quel posto lo sai di chi è- fece una voce maschile che attirò l’attenzione delle due ragazze –Mike, non rompere!- rispose Liz voltandosi poi verso Alex –Non farci caso, è mio fratello, è convinto che questo posto sia riservato a quell’altro troglodita che si ritrova come amico- le spiegò Liz con una faccia schifata –Scusa, ma se quello arriva poi rompe per una vita- disse il ragazzo alla sorella; Alex lo guardò, era alto e ben messo, aveva i capelli rasati, il suo viso assomigliava molto a quello di Liz soprattutto nella forma ovale del volto, negli occhi scuri e nella forma del naso un po’ a patata, il fratello aveva una fitta barba a contornargli la bocca e le guance –Posso spostarmi, non c’è problema- disse Alex con un’alzata di spalle –Si scusa, ma il mio amico ha la tendenza a rompere le palle- il ragazzo la guardò sorridente mostrando una bella dentatura bianca –Sei un’amica di Liz? Trasferita da poco?- le chiese preparando un paio di birre –Ho conosciuto Liz al motel, mi chiamo Alex e domani riparto- rispose gentilmente ma l’espressione del ragazzo mutò all’istante  –Mike?- lo richiamò la sorella vedendo la reazione del fratello e lo sguardo un po’ perplesso di Alex per la reazione del ragazzo –Mike? Hai avuto un ictus?- gli chiese acida e Mike si riscosse tossendo –No scusa!-si rivolse ad Alex ignorando completamente la battuta della sorella –Sono Mike - e le porse una mano, Alex si ritrovò a stringergliela mentre lo vide abbozzare un sorriso -Allora dove posso mettermi?- chiese poi rivolta a Liz –Te l’ho detto che è un idiota, vero?- fece Liz spazientita –Dai andiamoci a sedere lì- ed indicò un tavolo per due poco distante  –Mangio qualcosa con lei- disse poi rivolta al fratello che non sembrò badare alle parole della sorella, rispondendo con un rapido cenno del capo concentrandosi sul suo cellulare.
 
19:45 Mike:Quindi hai preso una decisione
19:58 Jason:  Che ti sei fumato?
20:08 Mike: Mi riferisco al discorso fatto ieri…
20: 19 Jason: Lasciamo stare  20:22 Jason: Perché la tua non mi è sembrata una domanda?
20:28 Mike: Lei è qui
 
Jason rilesse la risposta dell’amico ancora per una decina di volte sedendosi sulla poltrona, sospirò pesantemente e si concentrò sulle fiamme del fuoco lasciando di nuovo la sua mente vagare
 
-Devo parlarti- la sua voce era incrinata, come se stesse per scoppiare in un pianto disperato, quello che anche lui aveva imparato a conoscere. Jason le mise un braccio intorno alle spalle e la condusse fuori dalla scuola; avevano finito le lezioni, si trovavano ancora a scuola per le varie attività pomeridiane, l’aria estiva li travolse usciti dall’istituto mentre si avviavano al giardino sul retro dove si sedettero ad una delle varie panchine mezze rotte. Jason osservò il volto contratto dell’amica, pensò subito al padre di lei che forse si era fatto di nuovo vivo e quella rabbia iniziò a diffondersi in tutto il suo corpo, come accadeva ogni volta –Em, tutto ok?- le chiese vedendola assorta in qualche pensiero, i suoi occhi puntati verso un orizzonte visibile solo al lei –Tuo padre?- chiese titubante, ma lei scosse la testa, facendo muovere i suoi capelli castani che aveva tagliato sopra le spalle –Jason mi devi promettere una cosa- gli disse guardandolo attentamente, Jason percepì un brivido dietro la schiena, quello sguardo non gli piaceva per niente, sembrava un addio e lui non voleva perdere Emma –Certo Em, che ti è successo?- chiese preoccupato, lei lo fissò a lungo in silenzio per poi prendere un profondo respiro –Ti prego Jason, promettimi che resterai mio amico qualsiasi cosa accada- gli disse seria e Jason si ritrovò a guardarla stralunato –Che cavolo è successo, Em?- si stava alterando, quel modo di fare dell’amica lo stava facendo davvero preoccupare. Lei gli prese le mani
–Promettimi che la nostra amicizia durerà per sempre- e Jason si era ritrovato a fissare quegli occhi cerchiati da leggere occhiaie e a fare un cenno d’assenso con la testa. Lei sembrò ringraziarlo con un leggero sorriso
–Ho bisogno di sapere che ci sia almeno tu dalla mia parte, non posso contare su nessuno- aveva esordito lei dopo qualche attimo di silenzio; quella sensazione di fastidio che era entrata prepotente nella mente di Jason, si fece più pressante, la conosceva da diversi anni ormai, ma era la prima volta che la vedeva così vulnerabile. Lei lo fissò di nuovo prima di parlare –Sono incinta- disse semplicemente e per un attimo, Jason ebbe la sensazione che il suo cuore si fosse completamente fermato, così come il suo respiro e ogni parte del suo corpo. Guardò con occhi spalancati l’amica per infiniti attimi –Ma..cioè..tu- sentiva la bocca impastata, come se non bevesse da una vita, lei sorrise abbassando lo sguardo –Sono incinta- ripetè –poco più di un mese- aggiunse. Jason ebbe la sensazione che il suo cuore avesse ripreso a pompare sangue dopo minuti, facendo però un rumore che gli ricordò un vero e proprio strappo, provò una fitta al petto. Riprese fiato, come se fosse emerso dopo attimi  di apnea, si alzò dalla panchina strofinandosi le mani umide sui jeans
 –Em, ma cosa dici?-non riusciva a guardarla negli occhi, aveva paura di leggere che fosse tutto schifosamente vero
–Sei sicura?- chiese e lei fece un leggero cenno d’assenso, lui si passò le mani sul viso per tentare di riscuotersi da quello stato di trance in cui era piombato  -E adesso?- chiese ansioso, avvicinandosi a lei che lo fissava con un leggero sorriso –Che succederà?- le chiese e lei, sempre seduta, gli aveva preso le mani portandole vicino al suo petto –Ho intenzione di tenerlo e nessuno deve saperlo, soprattutto lui- quelle parole aprirono una fitta più profonda nel cuore di Jason che la guardò sconvolto – Em, ma siamo all’ultimo anno, hai l’Università, il tuo futuro...- lei lo guardò sorridendo leggermente -Non credo che potrò continuare con l’Università- ammise, con una nota triste nella voce –finirò qui e poi credo che dovrò cambiare città per un po’-aggiunse. Il cuore di Jason si strappò completamente
 
Quel giorno gli era di nuovo tornato alla mente e così quel dolore che sembrava non aspettasse altro che affondare di nuovo in lui; si era innamorato di quella ragazza, non avendo mai avuto il coraggio di dirglielo, facendosi bastare l’amicizia che nel corso di quegli anni era cresciuta, unendoli a tal punto da permettergli di vedere cosa c’era, oltre la Emma sempre sorridente che aveva conosciuto la prima volta e, soprattutto, quel dolore gli ricordava che l’aveva vista cambiare sotto i suoi occhi e  lui non era riusciuto ad aiutarla.

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Capitolo 7
*** 6 ***


6.
 
La serata con Liz si era rivelata davvero divertente, sembrava si conoscessero da sempre e Alex si era ritrovata a parlare e ridere con questa ragazza di 23 anni  con la quale condivideva l’amore per l’arte e la musica raccontandosi le loro esperienze scolastiche, le differenze di come si studiava lì o in Italia e alla fine Liz, aveva fatto ben poco al pub, lasciando tutto in mano al fratello rimasto assorto in chissà quale pensiero per tutto il resto della serata tanto da non far caso al fatto che la sorella stesse passando una serata come una comune cliente.
Al loro tavolo si erano aggiunti anche due amici della moretta:  Thomas e Mark , il primo aveva 25 anni, piuttosto longilineo, con occhi marroni molto intensi che ad Alex ricordavano il cioccolato e capelli scuri; Mark, di 24 anni, al contrario era il classico ragazzo amante della palestra, non molto alto aveva i capelli sul biondo e gli occhi nocciola e da subito Alex aveva notato come fosse preso da Liz, forse stavano addirittura insieme, pensò, mentre si ritrovò a chiacchierare con Thomas;quest'ultimo le aveva raccontato di lavorare come aiuto chef presso un ristorante molto rinomato a Londra e di come dopo la scuola era andato per due anni in Australia dove vivevano alcuni suoi zii, ma era troppo terrorizzato dalla presenza di ragni e altri insetti potenzialmente mortali, per poter continuare lì, così era ritornato.
La serata, grazie alle varie birre che erano passate sul loro tavolo, era proseguita in maniera semplice ma scandita da diverse risate che fecero dimenticare ad Alex tutto quel malessere e malinconia che orami l’accompagnavano da troppo tempo  -Beh ragazzi, è l’una e mezzo, io vado prima che mio fratello non si vendichi facendomi pulire il locale per una settimana intera!- esordì Liz alzandosi dal tavolo-Alex il mio numero ce l’hai e anche la mia mail, fatti sentire!- le disse abbracciandola, Alex ricambiò felice
–Sicuramente Liz, grazie!- la moretta salutò velocemente anche Thomas e Mark per poi sparire ditro il bancone –E’ molto tardi, domani ho un treno alle 8.00 è meglio che vada- disse Alex infilandosi il giubotto
-Ciao Alex, torna presto a trovarci, è stato bello conoscerti- Mark la salutò calorosamente, poi salutò Thomas e con sorpresa di Alex, lo vide prendere la stessa strada di Liz –Non ho ancora capito se stanno insieme oppure no- disse Thomas perplesso facendo sorridere Alex –Dai andiamo- la incitò e una volta fuori si resero conto che le strade erano imbiancate e una leggera neve ancora scendeva mollemente dal cielo
 –Qui il tempo cambia spesso- disse Thomas vedendo l’espressione sorpresa di Alex  –E’ bellissimo- ammise prendendo qualche fiocco gelato che si sciolse subito tra le sue mani, lei la neve l’aveva vista solo quando con la madre erano andate a vivere per un anno e mezzo in Trentino, ma la temperatura troppo rigida di quei posti, avevano convinto la madre a spostarsi ancora; Alex sorrise ricordando quell'esperienza, rimaneva ore seduta vicino la finestra della loro casa a guardarla scendere dal cielo, le piaceva la sensazione di quiete che le dava  –Ti accompagno al motel- fece cordiale Thomas, Alex lo guardò sorridendo –Non c’è bisogno, è qui dietro, vai pure- rispose, ma il ragazzo insistette talmente che alla fine Alex accettò. Camminavano uno accanto all'altro, il freddo e la neve, sembravano aver attutito i rumori esterni, tutto sembrava in qualche modo ovattato –Hai già pensato a dove andrai una volta lasciata Londra?- le chiese Thomas mentre stavano per attraversare la strada, Alex si girò a fissare gli occhi del ragazzo
 –Credo che tornerò in Italia- rispose ma venne interrotta dallo stridere di gomme sulla strada
 –ALEX!ATTENTA!!- Alex non capì cosa accadde, ma si sentì spingere violentemente, perdendo l’equilibrio sulla strada gelata. Tutto accade in un attimo, si ritrovò a terra completamente bagnata, pochi centimetri da lei, il muso di un’auto; le faceva male sia la testa che la gamba destra, cercò di muoversi, ma il dolore la spinse a rimanere per terra –ALEX!COME STAI?- le si inginocchiò accanto un Thomas visibilmente impaurito ma Alex non capì più cosa stesse accadendo, sentì delle voci, parlavano di un’ambulanza e di avvertire qualcuno, ma ormai tutto intorno a lei si era fatto incredibilmente buio e lontano.
Prima ancora di aprire gli occhi, capì di trovarsi in una camera di ospedale dall’odore inncofondibile di disinfettanti, di medicine e di morte che avevano quei posti che lei conosceva fin troppo bene; si obbligò a non agitarsi e lentamente aprì gli occhi, trovandosi ad osservare una parete di colore celeste con appesa una piccola televisione, le faceva male la testa e quando si portò una mano a toccarsi la tempia, si accorse di avere una flebo attaccata; cercò di tirarsi a sedere, ma un dolore alla gamba, la obbligò a rimanere ferma, sbuffò affranta non ricordandosi di come ci fosse arrivata in quel posto e soprattutto cosa fosse accaduto. Si soffermò ad osservare la finestra, dalla quale entrava un timido sole a volte coperto da nubi scure non sapendo cosa fare –Posso entrare?-una voce la fece voltare verso la porta, ritrovandosi a scambiarsi un sorriso con Thomas  –Ciao- lo salutò lei, mentre lui le si avvicinava  –Come ti senti?- le chiese timidamente accarezzandole una mano, lei sospirò –Mi fa male tutto, ma non ricordo bene cosa sia successo- ammise guardandolo, lui le sorrise apprensivo  –Ieri notte, mentre ti accompagnavo al motel, un’auto ha perso il controllo per via del ghiaccio e ti ha quasi presa, io ti ho spinto, ma sei caduta sbattendo la testa e ferendoti la gamba- spiegò lui profondamente imbarazzato per l’accaduto. Solo in quel momento lei si ricordò qualcosa –Mi dispiace tantissimo, Alex- disse lui dispiaciuto –è successo tutto in un attimo- lei gli sorrise toccandogli una mano –Thomas, stai tranquillo, anzi devo ringraziarti, se non fosse stato per te, magari le cose sarebbero andate diversamente-  lui sforzò un sorriso –Bene, vedo che si è svegliata- a distrarre i due ragazzi, fu l’arrivo di un dottore sui 50 anni, non molto alto e piuttosto in carne, aveva i capelli brizzolati e gli occhi scuri, con baffi folti e un paio di occhiali di una montatura piuttosto pesante
 –Signorina Savelli, è stata davvero fortunata- disse l’uomo avvicinandosi al letto e controllandole le pupille degli occhi –Cos’ho dottore?- chiese cercando di controllare l’ansia, lui segnò qualcosa su una cartella e la guardò gentile –Beh, ha preso una bella botta alla testa, ma non c’è nessun trauma, avrà solo un bel bernoccolo- disse facendola sorridere –per la gamba invece ha avuto una bruttissima distorsione- ammise l’uomo –ha rischiato di rompersi i legamenti e questo le procurerà per un po’ di tempo la necessità di camminare con un tutore, per permettere alla gamba di tornare normale, ma le serve riposo e deve rimanere ferma il più possibile senza fare sforzi- spiegò
 -Ma io devo prendere il treno!- se ne uscì Alex visibilmente agitata –Devo andare! Non posso rimanere!-
-Non credo che si potrà muovere, Alex- disse il medico pacatamente–ma non si preoccupi abbiamo già contattato chi di dovere- detto questo salutò cortese e se ne andò, lasciando Alex profondamente scossa
–Alex tutto bene?- le chiese il ragazzo, lei lo guardò con una luce strana negli occhi –Oddio ho combinato un disastro!- piagnucolò portandosi le mani a coprirsi gli occhi –Lo avranno avvertito e tutti gli sforzi per arrivare qui saranno completamente stati vani!- sembrava davvero sul punto di piangere –Di chi parli? Posso aiutarti?- chiese Thomas gentile avvicinandosi a lei preoccupato –Tanto per cominciare potresti andartene!- la voce dura li fece sobbalzare ed entrambi fissarono la porta spaventati, incrociando lo sguardo divertito di Mike, il fratello di Liz il cui volto era solcato da un ghigno e al suo fianco colui che aveva parlato in quel modo scortese. Alex sgranò occhi e bocca nel vedere Jason a braccia incrociate e uno sguardo severo rivolto al povero Thomas che si strinse nelle spalle –Va..va bene allora ci sentiamo Alex- le disse dandole un bacio rapido sulla guancia per poi uscire a passo svelto sotto lo sguardo gelido di Jason che lo fulminò finchè non lo vide scomparire da quella stanza. Alex sentiva il cuore correrle nel petto come un pazzo, mentre i due uomini le si avvicinarono al letto –Ciao- la salutò Mike sorridendole cordiale, lei ricambiò ma le uscì solo un sorriso stiracchiato, la sua attenzione era catalizzata su Jason che la fissava con un’espressione illeggibile –Come va la gamba?- le chiese Mike cercando di riempire il silenzio, Alex tossì appena in imbarazzo –Il medico è appena uscito e ha detto che ho una brutta distorsione- ammise –devo tenerla ferma- iniziò a giocare con il lenzuolo tenendo la testa bassa, gli occhi di Jason le mettevano soggezione e poi il fatto che non parlasse, la inquietava ancora di più –Il medico mi ha anche detto che hanno contattato chi di dovere- e stavolta la sua voce uscì palesemente preoccupata, Mike rise facendole alzare la testa a fissare il suo volto sorridente –Ho chiamato Jason e ho detto al medico che è un tuo parente- le fece un occhiolino, mentre lei sentì il sangue gelarsi nelle vene, girò lentamente la testa verso Jason che continuava a fissarla –Davvero?- chiese lei titubante –Non intendevano che hanno avvertito mio nonno?- chiese e solo allora lo vide sospirare e scuotere la testa
-No, ho firmato io per te- ammise –visto che eri incosciente- Alex sentì una profonda gioia invaderla e non si trattenne dal sorridergli grata –Senti- le disse ritrovando il tono brusco –qui non puoi rimanere, ti dimettono appena arrivano gli esami del sangue- le disse e lei si morse un labbro ritornando al fatto che ora era pure con una gamba messa male e doveva tornare in Italia –Ho perso il treno- ammise amareggiata, ma sentì Mike ridere di nuovo e lo vide sedersi su un angolo accanto a lei –Quello che il mio amico non è stato capace di dirti, è che rimarrai da lui- le disse scioccandola –Solo fino a quando non ti rimetterai con la gamba, visto che dovrai fare delle visite!- precisò Jason visibilmente scocciato e Alex li guardò come se fossero due alieni che le annunciavano la fine del mondo, solo dopo diversi attimi di silenzio si permise di addolcire la sua espressione e fissare lo sguardo cupo di Jason –Grazie- disse colma di gratitudine e una punta di commozione, lui sgranò gli occhi per poi abbassare la testa e iniziare a camminare verso la porta
–Ripasso più tardi, andiamo Mike!- e uscì velocemente –Tranquilla, è un testone, ma infondo è un buono- le disse Mike ridendo –Mike!Muovi il culo!- urlò Jason da fuori profondamente arrabbiato, il ragazzo si scambiò una rapida occhiata d’intesa con Alex che sorrise, ed uscì subito dopo. Alex non riusciva a credere che poteva quantomeno restare fino a che la gamba non si fosse rimessa, poteva evitare di vagare come un’anima in pena e di questo si sentì profondamente sollevata, anche perché non avrebbe certo chiesto aiuto all’avvocato o a Francesca che già avevano fatto tantissimo per la madre e lei. Si distese nuovamente osservando la luce del sole filtrare tra le tende e avvertì una profonda felicità invaderla, tanto che non trattenne un sorriso.
Il rientro fu piuttosto imbarazzante, soprattutto quando Alex si ritrovò davanti il pick-up di Jason, lui era salito in macchina e sembrava seccato mentre aveva caricato lo zaino e il borsone, senza degnarla di un minimo aiuto; per fortuna in suo soccorso era arrivato Mike che vedendola impalata ancora seduta sulla sedia a rotelle davanti l’auto, si era prodigato a prenderla in braccio e metterla seduta al sedile posteriore dove poteva tenere la gamba tesa. La cosa che stupì Alex, fu il fatto che Jason non si preoccupò più di tanto della cosa, anzi lasciò l’incombenza di farla scendere e portarla a casa, sempre al suo amico che invece sembrava tranquillo a doverla trasportare come un sacco di patate. Una volta dentro Mike la posò delicatamente sul divano, mentre Jason lasciò cadere le due borse senza un minimo di grazia sbuffando pesantemente –Bene, accendo il fuoco- esordì Mike iniziando a trafficare con la legna, Alex si chiese come facesse a sopportare l’atteggiamento indisponente che Jason sembrava avere con tutto e tutti, si limitò solo ad andare a prendere un paio di bottiglie di birra per lui e per il suo amico per poi accomodarsi sulla poltrona con un sospiro, tanto che Alex rimase basita da quel comportamento; anche Mike quando se ne accorse non potè fare a meno di farglielo notare –Amico! Almeno potevi portarle un po’ d’acqua!- gli disse andando lui in cucina a prenderle un bicchiere, Alex guardò allibita verso Jason, ma lui non sembrò per nulla turbato riprendendo a bere la sua birra come nulla fosse, aspettando il ritorno di Mike che si accomodò sull'altra poltrona –Allora Alex, parlaci un po’ di te- esordì Mike sorridente, lei sentì l'imbarazzo assalirla –Non dargli retta, è un idiota!- grugnì Jason rifilando un’occhiataccia all'amico che sospirò alzando gli occhi al cielo –Avanti Jason! Che fai la tieni qui senza rivolgerle la parola?- chiese Mike spazientito –Starà qui del tempo, facciamo almeno in modo che stia bene!- Alex si sentiva profondamente a disagio per quel modo di fare di Jason che fissava il suo amico come se avesse voluto staccargli la testa dal collo –Non c’è niente da dire- rispose lei cercando di trovare un po’ di auto controllo –Sono partita dall’Italia, tre giorni fa ed eccomi qui- disse mentre Mike aveva voltato lo sguardo verso di lei –Ma non hai nessuno lì che poteva aiutarti?- chiese cercando di essere il più discreto possibile, Alex sospirò, pensando che anche lui in qualche modo sapesse la storia e che Jason lo avesse messo al corrente –A dire il vero no- ammise –da quando sono nata mia madre ed io siamo state in diverse città, ultimamente però eravamo tornate a Roma perché lei è stata male- spiegò e subito percepì un movimento provenire da Jason che si era alzato e si era allontanato senza dire una parola verso la cucina. Alex si ritrovò a sospirare guardando a terra, quella breve convivenza si preannunciava davvero dura
–Ehi- la richiamò in tono basso Mike, ma senza smettere di sorriderle gentile
–Non è cattivo, davvero!- le disse – Oddio a volte si, cioè mi è capitato di vederlo davvero arrabbiato e non è un bello spettacolo..- e Alex lo guardò con un sopracciglio alzato –Dovrebbe tranquillizzarmi la cosa?- chiese scettica mentre Mike si strinse nelle spalle –Beh, insomma hai capito che non è un tipo facile, ma ti assicuro che non è come vuole apparire- Alex sospirò poco convinta
–Devi capire che per lui è del tutto nuova questa situazione e tua madre è stata davvero una persona importante, sta ancora accettando il fatto che se ne sia andata- le disse posandole una mano sopra la sua
–Dagli un po’ di tempo- e alla fine Alex si convinse che forse Mike avesse ragione
 –Mangi qui con noi?- chiese Jason apparendo dal corridoio interrompendoli, Mike guardò l’amico alzandosi in piedi –No bello, devo andare al pub- disse stiracchiandosi –Allora fammi un favore, portala su- fece Jason sorprendendo sia l’amico che Alex, entrambi lo guardarono a bocca aperta  -Scherzi?!- chiese Mike alterato –Sei stato tu a dirmi di farla venire qui, ora te ne occupi tanto quanto me!- spiegò adirato rientrando in cucina a trafficare mentre Alex e  Mike si guardarono stralunati –Come non detto!- sbottò il ragazzo -Mi dispiace tanto- fece Alex mortificata mentre Mike l’aveva presa tra le braccia e portata fin sopra le scale, lui le sorrise –Non preoccuparti- le disse –ma devo andare a dire due parole a quel caprone!- sbottò mentre apriva la prima porta sulla sinistra  appena salite le scale –Questa è la tua camera- le disse posandola delicatamente su letto matrimoniale. La stanza era piuttosto ampia, ma l’arredamento era tipico degli anni 60, con l’armadio di legno scuro con quattro ante, una cassettiera con uno specchio dello stesso stile e il letto in ferro battuto, il colore delle pareti era di un blu piuttosto scuro e con il pavimento in legno, rendevano la camera piuttosto buia, nonostante la finestra ampia –Grazie- fece Alex osservandosi intorno
–Il bagno è la seconda porta, di fronte c’è la camera del caprone, mentre l’ultima stanza è uno studio- le disse gentile aprendo la persiana della finestra –Ti serve altro?- le chiese avviandosi alla porta –No, sei stato davvero molto gentile, Mike- Alex non potè non arrossire allo sguardo sorridente del ragazzo –E’ stato un piacere madmoiselle, sempre al suo servizio- le disse facendola ridere –Mi dispiace anche per come mi sono comportato ieri sera al pub- le disse attirando la sua attenzione –Quando ho capito chi fossi, mi sono sorpreso sapendo che lui ti avesse mandato via- le disse dispiaciuto –Ora vado, ci vediamo-  e sparì dietro la porta.
-Che diavolo hai intenzione di fare?- esordì Mike entrando in cucina, dove c’era un Jason intento a sbattere due fettine su una piastra –Che vuoi Mike?- chiese a sua volta in tono duro il castano, Mike sospirò e si appoggiò al mobile della cucina accanto a Jason –Avanti Jason, non fare il finto tonto, lo sai a cosa mi riferisco- rispose osservandolo mentre girava le due fettine con attenzione –Che vuoi che ti dica? La cosa non mi piace per niente!- sbottò Jason rifilandogli un’occhiataccia delle sue, Mike sospirò senza guardarlo rimanendo in silenzio per qualche istante –A me sembra una brava ragazza- ammise e sentì l’amico sbuffare –Siamo tutti bravi ragazzi, non andiamo  ad ammazzare la gente!Cristo Mike!- sbottò Jason aprendo il frigo e prendendo una busta di insalata che versò su un piatto –Lo so, ma insomma, mica è colpa sua no?-cercò di giustificarsi l’amico, Jason posò il piatto e si appoggiò con le mani al tavolo fissandolo
 –Neanche la mia se è per questo!- precisò  -Se non fosse stato per te, io non l’avrei ospitata qui!- sibilò; Mike irrigidì la mascella, odiava quando Jason si comportava da insensibile –Non dire cazzate, Jason!- lo riprese –Che diavolo volevi che facessi quando l’ho vista stesa a terra?- chiese rabbioso –Pensi che potevo far finta di niente e andarmene a casa?- si spostò dal mobile e si mise nella stessa posizione di Jason, con le mani appoggiate al tavolo, fissandolo –Ormai è qui e non puoi comportarti in questo modo- disse addolcendo il tono –Ma l’hai vista che era terrorizzata quando ha saputo che dall’ospedale avevano avvertito qualcuno?- chiese, Jason sospirò ammorbidendo la postura e andando a controllare la carne ormai cotta –Questo sarà un cazzo di problema!- sbottò Jason impiattando e voltandosi verso l’amico che gli sorrise –Beh, ma almeno puoi sforzarti di comportarti in maniera più civile!- Jason lo fulminò con lo sguardo e stava per rispondergli, ma Mike alzò una mano fermandolo –Ho capito, non c’è bisogno che mi insulti!- fece ironico –Ora vado, con Liz al pub c’è da preoccuparsi, ci vediamo domani- così dicendo lo salutò e uscì velocemente di casa, mentre Jason si fermò a guardare i piatti che aveva preparato, doveva trovare il coraggio di affrontare quegli occhi.
 
Ritrovarsi in quella casa le faceva avere un’infinità di emozioni, perché da una parte ci aveva davvero sperato che il progetto della madre, di farla stabilire lì per un po’ di tempo si avverasse, ma dall’altra era davvero preoccupata per l’atteggiamento scostante e distaccato di Jason. Aveva capito che a farla rimanere lì c’aveva messo lo zampino Mike, rivelandosi davvero un bravo ragazzo, ma lei non aveva certo quel modo di fare del ragazzo, inoltre Jason la vedeva come una minaccia in qualche modo ed entrare nelle sue grazie, quanto meno essere civili tra di loro, sembrava davvero una missione piuttosto ardua. Quando sentì bussare alla porta, sobbalzò –Avanti- rispose con un nodo in gola e poco dopo la porta venne aperta ed entrò Jason con in mano un vassoio –La cena- disse senza guardarla e posando il tutto sul comò accanto al letto –G..grazie- fece Alex imbarazzata –C’è della carne, dell’insalata e l’acqua e se ti serve altro dimmelo- fece lui sbrigativo, lei lo guardò –Potresti posarlo qui sul letto?- chiese titubante e Jason si rese conto che con quella gamba, dal letto non ce l’avrebbe fatta ad avvicinarsi il vassoio, così lo prese e si accostò al letto dove lo posò delicatamente –Grazie- fece Alex e lui alzò la testa ritrovandosi vicino al viso sorridente della ragazza. Fissò quello sguardo che conosceva e apparteneva ad una ragazza che aveva amato tanto tempo prima, una ragazza il cui ricordo aveva custodito gelosamente nel suo cuore; d’un tratto si riscosse da quei pensieri spostandosi come scottato da quella vicinanza, facendo impaurire anche Alex che sgranò gli occhi rimanendo in silenzio, mentre lui usciva e richiudeva la porta senza dire una parola. Ridiscese in fretta le scale ansimando, il volto di quella ragazzina lo scombussolava come una tempesta, ogni volta che lo fissava ritornava indietro di anni, riprovava quelle sensazioni sopite, risentiva quelle stesse emozioni e non voleva, non poteva. Si tirò indietro i capelli sbuffando poi prese velocemente la giacca e le chiavi del pick-up uscendo. Il rumore della porta di casa che veniva aperta e richiusa, fermò Alex con in mano un boccone di carne, se n’era di nuovo andato. Appoggiò la forchetta guardando il piatto e di nuovo si sentì maledettamente nel posto sbagliato al momento sbagliato come accadeva da quando era nata. Le lacrime silenziose le scivolarono dagli occhi per solcarle piano le guance; quando si sentiva così le bastava un abbraccio della madre, erano sempre state loro due contro tutto e tutti, ma ora si sentiva tremendamente sola e il dolore che provava sembrava  aumentare sempre di più come una voragine pronta a risucchiare tutto. Cercò di asciugarsi il viso con un fazzoletto, ma il pianto diventò sempre più forte, con singulti che non riusciva a trattenere, si accasciò sul letto piangendo disperata, era sola.
L’orologio segnava le 05:10 del mattino, guardò verso la finestra, coperta da una leggera tenda, da dove filtravano le luci del mattino, il profumo di Jane invadeva tutta la stanza, cullandolo. Si mosse leggermente sfilando il suo braccio da sotto il corpo della donna stesa al suo fianco che si mosse appena continuando a dormire. Jason la osservò con la leggera luce dell’alba, era bella, con quei capelli biondi sparsi sul cuscino, il suo naso dritto ricoperto da lentiggini, le sue labbra rosa sembravano disegnate, respirava regolarmente, abbracciata al cuscino e Jason si ritrovò a sorridere pensando che come al solito lui se ne sarebbe andato e lei si sarebbe infuriata perché non c’era volta che riuscisse a sentirlo. Le accarezzò dolcemente una guancia per poi alzarsi piano e prendere i suoi vestiti. Una volta fuori dalla camera, venne assalito da Zoe il cane di Jane, un  meticcio che gli andò incontro scodinzolando – Ciao bella- la salutò Jason accarezzandogli la testa entrando subito dopo in bagno per rivestirsi. Come al solito non aveva dormito molto, leggere occhiaie gli contornavano gli occhi che sembravano più scuri del solito e di nuovo venne assalito dai ricordi
 
-Ma non ci posso credere!- aveva esordito Emma sgranando gli occhi per la sorpresa fissandolo. Erano andati a fare un pic-nic sulla spiaggia, avevano finito la scuola, entrambi con ottimi voti. Grazie ad Emma, Jason aveva superato brillantemente italiano e letteratura italiana, dal canto suo poteva vantare di essere davvero un ottimo insegnante di matematica, dal momento che Emma era riuscita a sollevare la sua media fino all’8 pieno. La guardò alquanto sorpreso da quel tono usato dall’amica –Che ti è successo?- chiese mentre addentava il suo tramezzino al tonno, lei lasciò il piatto sulla spiaggia e gli si avvicinò ad un palmo dal naso, sorprendendolo, tanto che rischiò di strozzarsi con il pezzo di pane che aveva in bocca –Em!Ma si può sapere che hai?- chiese scostandosi dalla ragazza, che invece gli prese il viso tra le mani –Jason ma i tuoi occhi sono blu!- disse euforica –Anzi no! Sembrano verdi!- rise continuando a fissarlo sbigottita, lui rimase a fissare il volto sorpreso dell’amica, perdendosi invece nel colore rubato al mare che avevano gli occhi di Emma –Sono blu- ammise un po’ in imbarazzo, lei iniziò a ridacchiare, lasciandogli il viso –Oh Dio, ho sempre creduto che i tuoi occhi fossero neri!- disse ridendo, poi lo guardò maliziosa rimettendosi al suo posto –Sei sempre pieno di sorprese Jason Parker!- gli aveva detto facendolo ridere. Allora erano solo due ragazzi di 16 e 17 anni.

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Capitolo 8
*** 7 ***


Volevo ringraziare tutte le persone che stanno leggendo la storia, per me è davvero una sorpresa e voglio ringraziare di cuore le persone che hanno messo questo mio racconto tre le preferite/seguite/ricordate
Grazie!
 
7.
 
-Ciao Jason, tutto bene?- la voce di Molly lo accolse appena entrato nella caffetteria –Ciao Molly, si tutto come al solito- disse appoggiandosi al bancone, lei gli sorrise, era una donna di 60 anni piuttosto bassa e tonda,  portava i capelli raccolti dietro la nuca e il suoi occhi verdi erano sempre sorridenti così come il suo viso –Che ti preparo?- gli chiese pur conoscendo già la risposta, lui sospirò  -Un caffè e dammi una ciambella con un cappuccino da portare via- rispose, la donna non mascherò la sorpresa per quella richiesta dal momento che Jason prendeva sempre e solo un caffè, raramente dei dolci, ma non chiese nulla e si mise subito a trafficare. Poco dopo si ritrovò nel suo pick-up diretto verso casa con la testa piena di pensieri che si mischiavano a ricordi, erano appena le 07:30 quando spense il motore davanti casa osservando il piano superiore, si chiedeva cosa stesse facendo o cosa avesse fatto tutta la notte, ma poi scacciò quelle elugubrazioni e sospirando scese dirigendosi dentro; si rese subito conto del freddo che si era impadronito dell’interno, un po’ come quello che da tempo era piombato nel suo cuore, ma fino a qualche giorno prima non si sarebbe preoccupato della cosa, sarebbe bastata una serata con Jane, o Mike, lasciando che un altro giorno passasse, ma qualcosa, o meglio qualcuno, aveva riacceso un interruttore dentro di lui, riportandolo a considerare il suo passato, le sue azioni, ciò che era successo e, soprattutto, lo aveva costretto ad affrontare qualcosa che neanche nei suoi peggiori incubi poteva immaginare; si sentiva frustrato da tutto quanto, non riusciva ad accettare che Emma gli avesse imposto con questa sua azione, il suo futuro. Riaccese velocemente il fuoco, sperando che almeno la temperatura di casa si alzasse e riscaldasse anche un po’ della sua carne e si avviò lentamente al piano di sopra, sentendosi davvero un coglione per essere scappato ancora una volta in quel modo, ma non sapeva davvero come fare a gestire quella situazione, si era ripromesso di essere almeno civile, ma ogni volta che lei lo guardava, la sua mente e i suoi ricordi si torcevano procurandogli solo tanto dolore. Si ritrovò a sbuffare davanti la camera di Alex da dove non proveniva alcun rumore, così aprì lentamente la porta che cigolò leggermente, la persiana era aperta e le luci di quel mattino illuminavano l’intera camera. Jason fece un passo dentro guardando in direzione del letto e lei era lì, rannicchiata su un lato: le si avvicinò piano cercando di non fare rumore sul pavimento in legno  –Ehi- sussurrò cercando di capire se si fosse svegliata, ma da quel corpo non arrivò alcun suono, se non un respiro regolare, così si avvicinò al letto e la osservò raggomitolata, con alcuni capelli che le coprivano il volto, aveva le guance arrossate e così il naso, segno che avesse pianto, la bocca era socchiusa e stringeva il cuscino con una mano, quasi a non volerlo lasciar andare. Jason si accorse che aveva mangiato poco o niente, il vassoio era stato spostato di lato, così lo prese e vi levò il piatto per appoggiarci sopra il sacchetto bianco che aveva portato con sè. Uscì senza fare rumore richiudendosi la porta alle spalle, pensando che quella convivenza non sarebbe stata affatto facile.
Un profumo di dolce e di caffè stuzzicò le narici di Alex che si ritrovò a riprendere lentamente coscienza, si portò una mano sugli occhi ancora chiusi, per coprirsi dalla luce che inevitabilmente vedeva, si sentiva davvero a pezzi, inoltre la gamba le aveva fatto male per diverse ore, solo dopo aver preso l’antinfiammatorio era riuscita a calmarlo, ma quel profumo delizioso continuava a farle il solletico, così lentamente decise di aprire un occhio e poi l’altro, ritrovandosi ad osservare la finestra con le persiane rimaste aperte; sbadigliò e si mise a sedere sul letto osservando il vassoio che aveva allontanato e dove al posto del piatto, spuntava un sacchetto bianco. Guardò la porta pensando di vederci Jason, ma in stanza era sola e la porta era chiusa, così prese il sacchetto e lo aprì venendo investita dal profumo di un buon cappuccino e di una ciambella. Le spuntò subito un sorriso addentandola, poi passò al cappuccino, per fortuna ancora tiepido e lo bevve di gusto alternandolo a qualche morso di quella delizia glassata. Quando finì si sentì subito meglio e la tristezza della sera prima in qualche modo si era attenuata e venne sorpresa nel pensare a come Jason intervallasse atteggiamenti assolutamente scostanti a questo tipo di gesti che non potevano che scaldarle il cuore. Rimase semi distesa sul letto finendo la colazione, per poi dedicarsi alla lettura di un libro che aveva portato con sé, in fondo il medico era stato chiaro: riposo assoluto.
Rialzò gli occhi e la piccola sveglia sul comodino segnava le 10:48, aveva letto per più di due ore e si rese conto che doveva assolutamente alzarsi e soprattutto farsi una doccia, così decise di provare. Quando si ritrovò in piedi cercò di spostare il peso sulla gamba buona, così appoggiandosi al comò e poi al letto riuscì a muoversi, stringendo i denti per il dolore che lei sentiva stesse in agguato appena metteva un po’ di più il peso sulla gamba malandata. Riuscì ad arrivare alla finestra, dove aprì i vetri per far cambiare aria alla camera e con estrema lentezza rifece la strada per arrivare alla porta. Ci volle più tempo di quanto si fosse mai immaginata, tanto da dover riprendere fiato per lo sforzo arrivando a toccare la porta. Quando la aprì sperò di sentire qualche rumore provenire dal salone, ma l’unico suono era lo scoppiettare della legna che ardeva evidentemente nel camino. Alex si ritrovò a mordersi un labbro, aveva davvero bisogno di aiuto, anche perché arrivare fino al bagno sembrava davvero troppo, così decise di chiamare Jason, sperando di non svegliarlo se fosse stato in camera sua. Purtroppo si rese conto che il ragazzo non era in casa, pur chiamandolo per almeno tre volte, così si ritrovò a non saper davvero che fare, anche se tornare al letto sembrava sicuramente più fattibile potendosi  appoggiare ai mobili, ma aveva bisogno di lavarsi e di cambiarsi, così decise di stringere i denti e di provare. Appoggiandosi alla parete ricominciò a camminare, trascinandosi la gamba e cercando di non farle fare movimenti bruschi, il dolore stava ricominciando ad essere piuttosto forte e quando finalmente arrivò al bagno tremendamente accaldata per lo sforzo, si sentì come se avesse scalato l’Everest dovendo ammettere che la gamba le faceva molto male stando in piedi. Una volta all’interno, le uscì un vero e proprio sospiro di sollievo  sedendosi sul bordo della vasca per riprendersi e iniziò ad osservare il bagno: anch’esso piastrellato come quello del piano inferiore, ma con alcuni motivi geometrici di colore verde scuro sulla parte superiore delle pareti, lo specchio era incastonato all’interno di un mobiletto di legno con due ante e una mensola, mentre altri due mobiletti nello stesso stile erano stati sistemati, uno sotto il lavello, l’altro  con mensole in vetro addossato accanto alla vasca; da quest’ ultimo prese un asciugamano bianco e iniziò a spogliarsi, levandosi come prima cosa il tutore e osservando il colore violaceo che si irradiava dal ginocchio molto gonfio verso il polpaccio e in parte sulla coscia, si toccò leggermente la parte dolente e si chiese quanto quell’incidente le avesse permesso di stare lì, da una parte non vedeva l’ora che le passasse, ma dall’altra sperava che questo incidente le permettesse di poter prolungare un po’ la sua presenza lì. Si vergognò dei suoi stessi pensieri, si sentì un’egoista nei confronti di Jason, ma lei era sola e non sapeva neanche da che parte iniziare per riprendere un pò di vita normale, sospirò e sentì gli occhi umidi, avrebbe voluto la madre accanto per poterle parlare e confidare tutto, come aveva sempre fatto, ma ora, sola, era diventato tutto tremendamente difficile.
Una volta sotto il getto dell’acqua, il dolore e lo sforzo sembrarono essersi vaporizzati ed Alex si godette quei minuti di vero piacere, non pensando a nulla, lasciandosi cullare dal calore del getto d’acqua e dal profumo del bagnoschiuma; quando finì si avvolse nel telo asciugandosi i capelli con un altro asciugamano osservando il paesaggio dalla finestra, una distesa verde che morbida si perdeva a vista d’occhio, sorrise a quello spettacolo, vedendo l’erba creare come delle vere e proprie onde mosse dal  vento forte e si stupì nel constatare di come lì ogni giorno poteva raggiungere diverse tinte di colore,  mischiandosi come una tavolozza di un pittore, mutando completamente il paesaggio in un battito di ciglia, con un’infinità di toni che dall’azzurro potevano arrivare quasi a sfiorare il bianco e nero, con nuvole che correvano veloci come un gregge impazzito.
Dopo averci pensato qualche attimo lasciò i suoi vestiti a terra raggomitolandoli in un angolo visto che non sarebbe riuscita a portarli in quelle condizioni, decise solo di rimettersi il tutore e legare bene il telo che aveva, poi lentamente iniziò ad uscire dal bagno.
Guardò il piano che finalmente aveva finito e lo trovò di suo gradimento, nonostante quello stile che aveva richiesto il cliente, così barocco, non fosse proprio nelle sue corde. Passò la mano sul legno, lentamente, studiandone con il tatto e lo sguardo ogni centimetro e cercando qualche segno di imperfezione, ma tutto risultò perfettamente liscio, al contrario della forma tondeggiante dei tre cassettoni e delle zampe di quel comò. Soddisfatto si allontanò dall’oggetto che aveva occupato la maggior parte del suo lavoro nell’ultimo mese e tutta quella mattina, così decise di salire velocemente le scale e prendersi una meritata birra gelata che tracannò per metà. Guardando l’ora si accorse che fosse ormai ora di pranzo e pensò che forse sarebbe stato meglio andare a controllare la ragazzina, tanto per essere sicuri, ma poi ragionò che intanto poteva preparare un po’ di pasta per pranzo, così mise su l’acqua e iniziò a trafficare con una padella per il sugo, immobilizzandosi al suono di quella voce.
-J..Jason!-  quasi un grido strozzato che gli arrivò alle orecchie gelandolo  sul posto e senza pensarci, lasciò andare il barattolo di sugo che per fortuna non cadde a terra e corse come una furia al piano di sopra, facendo tre gradini alla volta con il cuore in gola; una volta sul corridoio, rimase paralizzato ritrovandosi Alex a terra, con le lacrime che le rigavano il viso, i capelli bagnati, coperta solo da un telo –Ma cosa diavolo è successo?!- sbottò avvicinandosi alla ragazza che si strinse nel telo tremante
-A..avevo bisogno d..di una doccia…però la gamba…s..sono caduta…tu non c’eri…- la ragazza singhiozzava e Jason le posò una mano sulla spalla –Cristo sei gelata!- sbottò rabbioso, così la prese velocemente in braccio e si avviò nella camera della ragazza adagiandola sul letto.
-Ho..ho chiamato, ma tu..- la ragazza non riusciva a parlare, mentre Jason scansò malamente il vassoio e la ricoprì con la coperta –Dove trovo dei vestiti?- chiese senza guardarla ma girando per la camera con gli occhi iniettati di sangue –Bors..borsone- fece lei cercando di scaldarsi con il piumone, Jason si piegò e lo aprì con gesti scattosi rischiando anche di rompere la lampo, ne tirò fuori una marea di vestiti, per poi prendere una maglia che si affrettò a passarla alla ragazza –Metti intanto questa!- disse agitato per poi trovare un paio di pantaloni da tuta –Tieni!- disse e finì con il cercare una felpa che non trovò –Cazzo, ma non hai una felpa qui dentro?- chiese rabbioso,mentre Alex si era infilata il tutto ma continuava a tremare
 –Di sotto- disse ricordando di averla lasciata sul divano il giorno prima quando avevano fatto ritorno, lui sbuffò e uscì come una furia per rientrare dopo neanche dieci secondi con un maglione blu –Mettiti questo, è più pesante di una felpa- e lei se lo infilò subito, venendo avvolta dal profumo dell’uomo –I tuoi capelli sono ancora bagnati!- disse lui uscendo di nuovo dalla camera e tornando poco dopo con in mano un phon. Alex sentiva il freddo essere penetrato fin dentro le ossa, non seppe quanto tempo era rimasta a terra, forse pochi minuti, ma si sentiva completamente congelata e la gamba le stava facendo un male cane; Jason inserì la spina e si sedette dietro di lei sul letto, facendola rimanere di sale per quella vicinanza improvvisa, ma si ritrovò a rabbrividire di gioia per quel calore che dalla testa si stava propagando per tutto il corpo, una volta che lui accese quel piccolo oggetto che inondò la camera con il suo rumore. L’imbarazzo si fece strada nel cuore di Alex quando avvertì una mano di Jason smuoverle i capelli, sentì improvvisamente il cuore battere più forte, ma cercò di calmarsi e respirare con regolarità mentre lui continuava nell’impresa, nessuno a parte la madre l’aveva mai accarezzata, nessuno si era permesso mai di avvicinarsi così tanto in quello spazio così intimo; quando il suono venne spento e lui si alzò dal letto, Alex sentiva le guance in fiamme così cercò di levarsi almeno il maglione
–Cosa credi di fare?- le chiese lui scontroso fissandola severamente  –Ho caldo- ammise –Ti ci strozzo se te lo levi!- la minacciò puntandole un dito contro lasciandola di stucco –Si può sapere che cazzo pensavi di fare?- le chiese adirato trattenendo a stento il tono della voce, Alex deglutì e non riuscì a guardarlo negli occhi –Te l’ho detto, avevo bisogno di una doccia, ma quando ti ho chiamato non c’eri così..-
-Così hai fatto di testa tua, ovvio!- disse rabbioso interrompendola, lei lo guardò fulminandolo  –Cosa volevi che facessi? Che rimanessi a letto in eterno?- chiese anche lei arrabbiata –Sono inciampata quando sono uscita dal bagno, ho chiamato, ma tu non eri rientrato!- disse cercando di mantenere lo sguardo in quello severo di lui –Ero nel seminterrato!- le rispose lui adirato –Hai rischiato di peggiorare le cose con la gamba- disse poi abbassando il tono e lei si portò inevitabilmente una mano sul tutore –Mi serve la medicina- disse e allungò una mano a prendere le due pillole che il medico gli aveva prescritto di prendere tre volte al giorno – Forse dovremmo andare di nuovo a farti controllare- disse lui osservandola severo, ma lei scosse la testa –Per ora vorrei aspettare e vedere se il dolore passa con l’antidolorifico, cadendo ho sbattuto sul fianco, non la gamba- rispose incerta e lui sospirò
–Vado a preparare un po’ di pasta, vedi di inchiodare il tuo culo su quel letto fino a quando non torno!- le disse ritrovando di nuovo durezza e freddezza nel tono, tanto da indurla a guardare altrove sentendolo uscire e scendere velocemente le scale.
Una volta in cucina si dovette bere almeno un paio di bicchieri d’acqua per riprendersi, quella ragazzina stava davvero attentando alla sua cazzo di salute, pensò mentre riprendeva a preparare la pasta.
-Ehi, amico!- esordì Mike entrando in cucina rivolgendosi a Jason che, seppur avendolo sentito arrivare, non si era voltato –Hai questo viziaccio di non chiudere mai la porta di casa!- constatò l’amico spostando una delle sedie –Da quando questo è un problema?- chiese Jason girandosi verso Mike e vedendo entrare in cucina anche Liz, la sorella –Ciao troglodita- lo salutò la ragazza con un sorrisetto, facendolo sbuffare e alzare lo sguardo al soffitto  -In un’altra vita avrò davvero fatto dei seri danni- disse frustrato –Beh ma credo che non hai ancora imparato la lezione, non pensi?- fece Liz in tono acido, quello che generalmente era riservato a lui e al fratello –Piuttosto dov’è Alex?- chiese la ragazza –Spero per lei che davvero si sia inchiodata al letto, altrimenti lo farò io!- rispose iroso ripensando all’accaduto, Liz sbuffò al comportamento del troglodita e senza dire un parola uscì dalla cucina per andare dalla sua amica.
-Che è successo?- chiese Mike finendo la birra mezza vuota che Jason aveva lasciato sul tavolo –E’un’idiota! Ecco che è successo!- rispose Jason accendendosi una sigaretta e prendendo la pasta dal mobile –Ha la testa dura come sua madre! E’caduta mentre tornava dal bagno!- disse rivolgendosi all’amico che alzò un sopracciglio –Caduta?Ma tu dov’eri?-chiese e Jason incrociò le braccia al petto –Non è questo il punto, Mike! Quella cretina si poteva fare seri danni!- disse in tono duroi, Mike non trattenne un sorrisetto     
–Jason, mi vuoi dire dove cazzo stavi?- gli chiese l’amico e Jason a quel punto sospirò abbassando la testa 
-Sono tornato stamattina e mi sono messo a lavoro fino a mezz’ora fa, quando l’ho sentita che mi chiamava- disse non mascherando un certo imbarazzo nel dover confessare la cosa, Mike sgranò gli occhi
 –Non dirmi che te ne sei andato da ieri?- gli chiese e Jason sbuffò girandosi verso i fornelli e buttando la pasta nell’acqua che stava ormai bollendo –Ma tu sei davvero un caso disperato, amico!- riprese Mike ridendo –Cioè te ne sei andato da ieri e non ti sei mai preoccupato che magari quella povera ragazza avesse bisogno di qualcosa?- chiese fintamente ironico –No dico Jason, ma ti è andato in pappa il cervello?Cazzo ma come si fa?- Mike sembrava davvero arrabbiato e Jason si ritrovò il suo sguardo accusatorio addosso
 –Ehi ma l’ho vista stamattina, stava dormendo!- cercò di giustificarsi il castano –E poi che cazzo vuoi Mike? Se ci tieni tanto perché non la porti da te?- sbottò alla fine esasperato. Seguirono attimi di silenzio, Jason aveva ripreso a preparare i piatti, mentre Mike lo osservava silenzioso –Sei stato da Jane?- gli chiese l’amico mentre Jason gli metteva sotto il naso un piatto fumante, in quel momento scese Liz sorridente –Dammi i piatti, noi ovviamente mangiamo su- fece  con quel suo tono perennemente infastifdito e Jason gli passò un paio di scodelle non trattenendosi dallo scambiarsi un’occhiataccia, subito dopo la vide uscire e risalire le scale. Jason si sedette sospirando, ma non rispose alla domanda di Mike, iniziando a mangiare –Lo sai che lei si merita di più di qualche notte con te, vero?- gli chiese ancora con voce pacata –Mike, hai deciso di rompere tutto il tempo, oggi? Cos’è hai le tue cose, che scassi le palle a me?- chiese scorbutico fissandolo negli occhi; Mike ricambiò lo sguardo, per poi sorridere e abbassare lo sguardo al piatto iniziando a mangiare –Comunque una cosa è certa, in Italia hai imparato a cucinare!- affermò ridendo, mentre Jason di nuovo venne riportato in un passato che da appannato, man mano diventava sempre più nitido.
 
Finalmente stava per addentare il suo amato cheeseburger con doppio formaggio e doppio bacon, quando qualcuno glielo levò praticamente da sotto il naso –Ma che cazzo!- sbottò Jason alterato e puntando i suoi occhi su quelli sorridenti di Emma –Em!Dannazione!- sbuffò Jason cercando di riprendersi il suo amato panino, ma lei lo buttò nel cestino accanto lasciandolo completamente basito –Avanti, Jason, vieni con me!- gli disse porgendogli una mano –Oggi ti cucino io qualcosa, non puoi mangiare sempre quelle schifezze!- gli disse lei scherzosa, Jason si fece trascinare dall’amica, ma guardava quel cestino come un bambino a cui avevano levato il giocattolo più bello, se non fosse stata Em, probabilmente avrebbe davvero commesso un omicidio  –Sei sicura che non ti rompiamo a casa Francy?- chiese Emma alla sua migliore amica Francesca che li stava aspettando seduta in macchina –Sto sempre sola a casa, non ci sono problemi!- affermò la ragazza e, dopo aver fatto salire i due, Jason aveva quasi le lacrime, ripartì alla volta della sua villa. Lì Jason entrò per la prima volta quel sabato, erano usciti prima, per via dell’assemblea e avevano fatto un giro per il centro, dove Jason aveva comprato il suo bottino, cestinato subito dopo dalla sua amica. –Sai Jason, preparare un piatto di pasta non ci vuole niente e sicuramente è meglio che mangiare quella robaccia- disse Emma iniziando a tagliare la cipolla, lui si era seduto sullo sgabello del bancone e la osservava, mentre Francesca preparava la tavola –Ma il sapore di quel panino non ha confronti- disse seccato, ripensando alla scena, Emma gli rifilò un’occhiata sorridendo
–Vuoi vedere che riuscirò a sorprenderti?- e dopo un po’ si ritrovarono a mangiare intorno al tavolo e Jason poté davvero apprezzare le doti culinarie di Emma. Iniziò tutto quel sabato, da quel giorno, la sua amica spesso lo inviata a mangiare insieme, magari a casa di uno di loro e gli insegnava a preparare sempre qualcosa. I cheeseburger erano diventati il pasto di una volta ogni tantoe, a dirla tutta, Jason aveva iniziato ad amare molto di più quel tipo di cucina al  fast-food, ma questo non glielo disse mai.
 
Liz ancora rideva al racconto di quanto era accaduto all’amica quella mattina e di come Jason si fosse spaventato,pur sapendo che non l’avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura –Secondo me ti inchioderà davvero a questo letto, finchè non ti levi il tutore- disse ridendo mentre assaporava la pasta preparata da quel troglodita, una delle poche cose che Liz apprezzava di lui era proprio il suo cucinare; Alex la guardò e sorrise mangiando anche lei –Mi spaventa ogni volta che mi guarda- ammise, rimanendo sempre più sorpresa nel costatare che quella pasta era simile a quella che le preparava spesso la madre –Lo so, ha quel modo di fare che davvero sembra uscito dalle caverne!- sbottò l’amica facendola sor ridere  -Comunque non mi sarei mai immaginata che tu lo conoscessi- disse abbassando lo sguardo al piatto –Jason voglio dire- e Alex si strinse nelle spalle –A dire il vero era un amico di mia madre in Italia, lei ha sempre voluto che venissi  qui- affermò la ragazza guardando la reazione sorpresa dell’amica –Ma per scontare una punizione?- le chiese e Alex iniziò a ridere –Ma no!- disse poi –Mi ha mandato qui perché…-ma si fermò non sapendo come poter spiegare la situazione, in  fondo si conoscevano da poche ore, anche se Liz le sembrava davvero una bravissima ragazza, forse dirle la verità non era ancora il momento –Pensava che mi facesse bene cambiare un po’ aria- aggiunse in una mezza verità, Liz le sorrise posando il piatto ormai vuoto  -Beh, bisogna ammettere che a tua madre piace il rischio- e sorrise divertita facendo ridere anche Alex  
-Diciamo che lei era piuttosto imprevedibile - ammise Alex ripensando alla madre –Ma lei ti raggiungerà?- chiese Liz curiosa, pentendosi subito dopo per lo sguardo che mutò nell’amica –Oddio- disse semplicemente, vedendo come Alex avesse abbassato lo sguardo immediatamente fattosi liquido –Mi…mi dispiace Alex! Ho deto qualcosa di sbagliat?-chiese imbarazzata, Alex la guardò di nuovo sorridendole debolmente –No Liz, assolutamente, ma purtroppo lei non cè più e tu non potevi saperlo- disse finendo anche lei di mangiare e cercando di inghiottire anche il nodo alla gola.
-Quando pensi ti leveranno il tutore?- chiese la moretta dopo un lungo silenzio cambiando discorso, Alex fece un’alzata di spalle –Ho dei controlli da fare, uno domani e l’altro la prossima settimana, spero presto- 
rispose pensando che una volta senza quel tutore, si sarebbe di nuovo ritrovata per strada. In quel momento entrò bussando Mike –Ehi Alex, come va oggi?- le chiese sorridendole –Ciao Mike!- lo salutò felice di vederlo –Bene, a parte l’intoppo di stamattina- ammise sentendo le gote imporporarsi ricordando l’accaduto –Si, me l’ha detto Jason, vuoi andare in ospedale? – chiese e lei scosse la testa –No, preferisco aspettare domani- disse e  Mike si portò una mano a toccarsi la barba –Mi è venuta un’idea, ragazze-  esordì dopo qualche attimo ritrovando il sorriso
 –C’è da preoccuparsi?- chiese scettica Liz rivolta al fratello che le diede uno scappellotto sulla testa –Dico sul serio- riprese l’uomo –perché non l’aiuti tu Liz la mattina?- chiese entusiasta –Visto che Jason non ha idea di come fare- le ragazze si guardarono un po’ sorprese –Per me va benissimo!- fece Liz ridendo
 –Potrei venire qui la mattina, magari dopo le 09:00, così ti aiuto a lavarti e se ti devi muovere ci sarei io- spiegò e subito Alex sorrise –Davvero?- chiese stupita Mike battè le mani –Deciso allora! Domani ti riporto Liz, così quel testone di Jason può lavorare tranquillo- disse ridendo girandosi a guardare l’amico che era appena entrato in camera con quell’aria sempre troppo seria –Per te va bene?- chiese Alex all’uomo che fece un’alzata di spalle –Non credo abbia molta scelta- disse sbuffando –Sei sempre così carino Jason che veramente rischi di farmi cariare i denti!- sbottò infastidita Liz alzandosi dal letto –Noi andiamo, pensi di sopravvivere con questo fino a domani?-  chiese la moretta ad Alex che rise e fece un cenno d’assenso
–Vabbè stiamo a fidarci…- disse poco convinta rifilando un’occhiataccia a Jason che invece non la calcolò spostandosi solo per farla passare –Noi dobbiamo andare, ci vediamo domani- fece Mike, posando poi una pacca sulla spalla all’amico che fissava il letto senza dire una parola –A domani e grazie!- li salutò Alex che una volta rimasta sola in camera con Jason venne subito assalita da un profondo imbarazzo –La..la pasta era buonissima- ammise senza guardarlo ma giocando con il lenzuolo, ricordando più una bambina che una ragazza di quasi 20 anni –Sei sicura che vada bene che venga Liz?- le chiese lui stupendola –Si perché?- non capiva dove volesse arrivare, lui sospirò e si appoggiò con le braccia alla parte in ferro che abbelliva la porzione finale del letto; Alex vide i muscoli delle braccia tendersi sotto la maglia celeste che aveva indossato arrossendo leggermente sotto lo sguardo dell’uomo –Magari gli hai detto si pensando che potresti darmi fastidio- buttò lì Jason assottigliando lo sguardo, Alex lo guardò un po’ sorpresa per poi sorridere –No, penso che sia meglio, in fondo è una ragazza e mi può dare sicuramente una mano- ammise e lui fece un cenno d’assenso con la testa –Mi dispiace per oggi- aggiunse dispiaciuta –non volevo certo farti prendere un colpo, ma ho pensato che potevo farcela- e si costrinse a guardarlo e per la prima volta lo vide atteggiare le sue labbra ben disegnate, in un sorrisetto –Hai pensato male- rispose semplicemente per poi ampliare il sorriso e mostrarle un volto sorridente che Alex non si sarebbe mai aspettata di vedere
 –Sei uguale a tua madre- e Alex sentì il cuore perdere un colpo, era la prima volta da quando lo aveva conosciuto che usava un tono quasi dolce, da sorprenderla, ma durò un attimo perché subito si girò per uscire dalla stanza –Aspetta!- lo fermò Alex e lui si bloccò prima di chiudere la porta; rientrò di un passo guardandola –Mi parlerai di lei?- chiese non riuscendo a controllare una certa emozione nella voce, quella domanda le era uscita così velocemente che non pensò in che modo lui le potesse rispondere, ma aveva bisogno di chiederglielo, lui era l’unico che davvero l’aveva conosciuta e si stupì perché lui abbassò la testa, coprendo un leggero sorriso che ancora una volta gli aveva colorito il volto –Parleremo- disse semplicemente ritornando fuori –Jason!- lo richiamò e stavolta lui si fermò dandole le spalle, sembrava essersi irrigidito e Alex ebbe paura che chiamarlo di nuovo l’avesse infastidito –Potresti lasciare la porta aperta?- lui si girò leggermente ad osservarla, vedendola arrossire –Mi sento più sicura se è aperta, chiusa mi sembra di essere arginata dal resto- ammise non riuscendo a mascherare il color pomodoro che avevano assunto le sue guance. Lui non disse nulla riaprendo la porta e sparendo per le scale. Il cuore di Alex iniziò finalmente a rallentare e si rese conto che la presenza di Jason oltre a farle saltare il suo apparato cardiaco, in qualche modo la rassicurasse, gli aveva detto della porta solo perché voleva sentirlo, sapere che c’era.
Dopo aver sistemato la cucina, Jason riprese a lavorare nel seminterrato, ma stavolta tenne la porta delle scale aperta e ogni tanto si fermava a sentire se per caso Alex lo chiamasse, ripromettendosi di fare più attenzione. Sorrise mentre passava del coppale sul mobile, per l’espressione di Alex, le ricordava tremendamente Emma quando doveva ammettere qualcosa che la imbarazzasse da morire, iniziava a mordicchiarsi la guancia dall’interno, a balbettare, ad arrossire. Faceva male, faceva tremendamente male vedere quella ragazza, sapere che Emma fosse morta, non poter più parlare con lei, non poter più rimanere in attesa di avere sue notizie, magari da una lettera o da un’improvvisa telefonata
 
-Pronto?- biascicò rispondendo al cellulare senza guardare neanche chi fosse, ma sapendo per certo che si sarebbe tirato le sue ire, dato che era più che certo che fosse troppo presto
-Ciao- la voce dall’altra parte gli fece sbarrare gli occhi e videro il chiarore della mattina farsi strada tra le persiane –Em?- chiese sorpreso, la risata allegra della ragazza sciolse ogni parte del suo cuore ormai ridotto ad un cumulo di ghiaccio –Ciao Jas- ripetè lei –non mi dire che stavi dormendo?- chiese ironica facendolo sorridere –Em, mi dici perché mi devi rompere alle 05:10 del mattino?- chiese, sapendo che lei avrebbe capito. Erano mesi che non si sentivano, lei aveva lasciato Roma, se ne era andata e lui non l’aveva più vista da allora, le mancava terribilmente, ma quel modo di parlarsi era loro, era il modo con cui lui le diceva in qualche modo “Ciao”; la sentì ridere, quella risata sbarazzina e se la immaginò mentre ridendo alzava la testa, chiudendo gli occhi –Come stai?- le chiese poi lui, sedendosi sul letto –Bene, la mia pancia cresce- ammise –sono entrata nel settimo mese e lei sta bene- Jason sentì un nodo alla gola così forte da fargli fermare il respiro –Jas?- chiamò lei –Si Em?- fece lui sforzandosi di trovare il coraggio di parlarle normalmente –Mi manchi-sussurrò e lui sentì chiaramente una parte del suo cuore rompersi  –Anche tu, Em- ammise con un profondo sospiro –Dove sei?- le chiese e lei sorrise –Non posso dirtelo- rispose dispiaciuta –ma vorrei che fossi qui con me, vorrei condividere con qualcuno la gioia che provo- gli disse
 –ma ora come ora è meglio tenerti fuori da tutto- altri attimi di silenzio –Lui non sa ancora nulla?- chiese Jason riferendosi al padre di Emma –Credo che lo sappia, qualche suo tirapiedi glielo avrà riferito, figurati!- disse un po’ scocciata per poi sospirare –ma credo anche che non possa trovarmi per ora, il centro mi sta aiutando- Jason avrebbe voluto materializzarsi lì davanti a lei e abbracciarla. Era più grande di lui di un anno, ma ai suoi occhi, Emma era sempre stata più piccola e sola, tremendamente sola.
-Cosa posso fare per aiutarti, Em?- chiese quasi disperato
-Parlami, Jas- rispose lei commossa e lui dopo un profondo sospiro le iniziò a raccontare dei suoi giorni senza la sua migliore amica,  dei suoi aneddoti nel cucinarsi o a qualche uscita con qualche amico che si era fatto entrando nella squadra di rugby, mentre lei rideva e ascoltava –E questo è tutto- finì lui dopo minuti dove aveva cercato di tirarle su il morale –E questo è tutto- ripetè lei malinconica –Em?- la chiamò lui piano
–Mmm?- e la sentì tiare su con il naso e questo fece fremere il cuore di Jason ancora di più –Perché?- chiese come se si sentisse sfinito –Perché ho una bambina, Jas, perché tu non dovevi innamorarti di me- disse lei con la sua solita naturalezza –perché la mia vita non è per essere vissuta accanto a qualcuno, ma l’arrivo della mia piccola,mi porterà quella felicità che cercavo- Jason sospirò –Quando mi richiamerai, forse sarò tornato a casa, in Inghilterra- disse lui sapendo che l’unico modo per ricominciare ad avere una sua vita era allontanarsi da quel posto fatto solo di ricordi –Un giorno ti verrò a trovare e magari potremmo ricominciare da capo- fece lei con una tristezza nella voce che fece salire il magone a Jason –e magari potremmo anche cambiare il finale, che dici?- fece cercando di farlo sorridere, ma lui si ritrovò a cacciare indietro le lacrime –Em?- chiamò poi
-Si, Jas?-rispose lei –Io ci sarò sempre- le disse lui abbassando la testa e facendo cadere una lacrima dai suoi occhi, gli solcò la guancia come se lo stesse marchiando –Lo so, Jas- disse lei trattenendo a stento il pianto che l’aveva presa –Tu…tu sei sempre stato speciale ai … ai miei occhi- confessò lei –Ti voglio bene- e riattaccò senza aspettare. A quel punto Jason potè piangere.
 

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Capitolo 9
*** 8 ***


Volevo ancora una volta ringraziare chi sta leggendo, in particolare Gaudia per la recensione che mi ha lasciato.
 
8.
 
Il giorno seguente, Liz venne accompagnata da Mike per le 9.00 e aiutò Alex a lavarsi, a sistemarsi e inoltre riordinò i vestiti che Jason aveva praticamente lanciato da tutte le parti quando l’aveva aiutata a scaldarsi; tornarono spesso a parlare dell’accaduto e Alex non smetteva di pensare a quanto era stata stupida a farsi trovare in quelle condizioni: a terra, coperta solo da un asciugamano e con lacrime che uscivano a fontana, non tanto per il dolore della caduta, quanto piuttosto perché nell’attimo in cui aveva realizzato di aver perso l’equilibrio, avrebbe subito l’ira di Jason; Liz le aveva ribadito più volte di non darsi tanta pena per quello che diceva lui visto il suo modo da Neandertaliano che aveva con tutti e grazie a lei Alex si ritrovò a ridere e scherzare come non le accadeva da tempo. Rimasero insieme finchè Jason non fece ritorno assieme a Mike che l’aveva accompagnato a comprare del materiale appena fuori città –Bene, allora ci vediamo domani- le disse Liz alzandosi dal letto quando sentì quei due parlottare in cucina, Alex le sorrise grata guardando l’orario–Vado a ricordargli che hai il controllo, quei due riuscirebbero a scordarsi anche i loro nomi!- aggiunse la moretta sarcastica facendo ridere Alex –Tu meriti una punizione- disse Mike seguito da Jason appena saliti, Liz incrociò le braccia al petto –Non penso proprio- ribattè e il fratello imitò la sua posizione  –Pensi che non mi ricorda che la sera dell’incidente di Alex, tu non hai fatto praticamente nulla al pub?- le chiese ironico facendole sgranare gli occhi –Vedi? Ancora non sono così rimbambito!-  ghignò e Liz sbuffò salutando Alex e uscendo dalla stanza, anche Mike la salutò con un occhiolino e seguì la sorella che borbottava giù per le scale; solo quando sentì che i due se ne erano andati, Alex girò lo sguardo verso Jason rimasto in piedi davanti alla porta –Dovremmo andare all’ospedale- disse vedendolo annuire, così si mise con le gambe a ciondoloni sul letto, voleva almeno alzarsi, ma lui fu più rapido prendendola in braccio
 –Vediamo di non fare altri danni- la rimproverò con un’occhiataccia mentre lei si ritrovò così vicino al viso dell’uomo che arrossì all’istante. Lentamente uscirono dalla camera, lui fece attenzione ad ogni movimento e Alex quasi non respirava per l’imbarazzo che provava: il giorno prima era stato già abbastanza quando l’aveva sollevata da terra o quando le aveva asciugato i capelli; ora invece sentiva il suo corpo aderire a quello dell’uomo, il suo petto e le sue braccia che la sorreggevano sotto le gambe e dietro la schiena, le facevano uno strano effetto, poteva percepire la tensione di ogni muscolo di Jason mentre scendeva le scale; era strano per lei avere un uomo accanto, sentire il calore che emanava, il profumo che aveva, non avendo mai avuto un ragazzo la cosa era per lei destabilizzante, anche se non poteva non percepire anche un qualcosa sottopelle che non riuscì a decifrare. Deglutì e ricominciò a respirare solo quando lui la fece sedere sul pick-up –Tutto bene?- le chiese e lei riuscì solo ad accennare un sorriso tirato che evidentemente bastò perché richiuse lo sportello e si accomodò al posto di guida. Ci vollero appena dieci minuti per giungere in ospedale, non parlarono e Alex cercò di calmarsi, sentiva una certa ansia nel dover rimettere i piedi in un posto come quello: odiava gli ospedali, le ricordavano ogni giorno passato lì, la malattia della madre che la logorava giorno dopo giorno e il dolore che si era instillato in lei nel percorrere quei corridoi, nel vedere persone con il camice, nel non poter fare nulla. Una volta arrivati Jason la fece sedere su una sedia a rotelle per poterla trasportare fin dentro alla sala d’aspetto dove un’infermiera sui trent’anni capelli castani raccolti in uno chignon e bellissimi occhi celesti gli sorrise salutandoli –Buona sera- disse  –Salve- rispose Alex a mezza bocca mentre la donna si rivolse verso l’uomo –Ehi Jason, come mai da queste parti?- gli chiese sorridendo maliziosa–A dire il vero ho accompagnato lei per una visita di controllo- specificò l’uomo indicando Alex –Oh ma certo!Dimmi il tuo nome- e si rivolse verso Alex che però continuava a guardare a terra il pavimento verdino cercando di scacciare via ogni possibile ricordo delle sue esperienze passate  –Savelli- rispose Jason al suo posto lanciandole una lunga occhiata, l’infermiera fece scorrere una penna su un elenco –Si eccoti, il Dottor Ross finirà tra qualche minuto, vi chiamerà lui- disse guardando Alex, per poi rivolgere il suo sguardo verso Jason –Accomodateti- aggiunse indicando la stanza lì accanto e dileguandosi lungo il corridoio. Dovettero aspettare circa una quindicina di minuti, Jason aveva notato il cambio di umore della ragazza, ma non le aveva fatto domande, si era limitato a rimanere in piedi accanto a lei prima di poter entrare nello studio del Dottor Ross che li salutò cordiale –Ciao Alex, allora come ti senti?- chiese l’uomo sistemandosi gli occhiali che stava pulendo, Alex gli sorrise, mentre Jason si limitò a sedersi su una delle sedie, dopo aver stretto la mano al medico –Benino, mi fa ancora piuttosto male e ieri sono caduta- confessò in imbarazzo, il medico diventò subito serio inforcando gli occhiali –Davvero?Accidenti, speriamo che non hai compromesso niente, senti più dolore?-chiese mentre appuntava qualcosa –No mi sembra sempre uguale- rispose lei toccandosi la gamba –Bene, allora leviamoci il tutore e vediamo come sta il ginocchio- e Alex si ritrovò a doversi sedere sul lettino con l’aiuto del medico che le sfilò il tutore –Dobbiamo levare anche il pantalone- aggiunse il medico, ma Alex si bloccò e guardò in direzione di Jason che sbuffò alzando gli occhi al cielo –Escluso che me ne vada!Voglio sentire- disse burbero  e Alex avvertì un forte imbarazzo, immaginare che lui potesse vederla ora era un pensiero che le impediva di spogliarsi –Facciamo così- intervenne il medico bonariamente, spostando il separé bianco davanti a Jason –Così posso visitarti, ma anche lui potrà sentire- spiegò e poco dopo Alex si ritrovò in intimo sotto l’occhio attento del dottore per diversi minuti
 –Allora- le disse poi facendola rivestire e accomodare sulla sedia a rotelle –La caduta che hai avuto non ha riportato problemi seri, solo un bel livido sul fianco che possiamo curare con una crema, ma sinceramente preferirei una risonanza alla gamba, per esserne certo- aggiunse segnando il tutto sulla cartella per poi prendere il telefono e comporre un numero –Susy vieni per favore, ho bisogno di una risonanza- e riattaccando guardò verso Alex che si era avvicinata a Jason –Vediamo come va, ci vorrà qualche minuto, se è tutto apposto potrai andare a casa, continuare con l’antidolorifico e antinfiammatorio e ci rivediamo fra cinque giorni- disse sorridendo toccandosi i baffetti
–Ma quando si riprenderà completamente?- chiese Jason tenendo lo sguardo fisso in quello del medico, mentre Alex sentì un nodo salirle alla gola a quella domanda, Jason dava davvero l’impressione di volerla fuori da casa sua al più presto.
 –Beh, dipende un po’ da paziente a paziente e dall’entità della distorsione, vediamo come procede con il prossimo controllo- rispose il dottore alzandosi mentre entrò in stanza l’infermiera che si rivelò essere la donna di prima –Bene Alex, ti porto in sala risonanza-disse sorridendole –Ci vediamo tra poco- e lo disse a Jason che si spostò di nuovo in sala d’attesa.
Uscirono da quell’ospedale solo dopo le 18:30 e Alex era davvero giù di morale dato che non erano riusciti ad ottenere delle stampelle –Purtroppo Signorina Savelli, l’ospedale non procura questo genere di necessità, dovrà preoccuparsene lei personalmente, magari mantenendo la fattura dopo l’acquisto potrà detrarle dalle tasse, le vendono nella farmacia, potrà prenderle domani- le aveva detto la segretaria all’uscita. Quell’accaduto seppur stupido, l’aveva riportata in quei giorni dove sedeva accanto alla madre per ore mentre lei faceva la chemioterapia, in quella saletta squallida, con altre persone che avevano lo stesso destino di sua madre;
 
-Signora Savelli, se non abbiamo l’assicurazione, non potremmo continuare con la chemioterapia e nel suo stato è evidente l’importanza che ha- l’uomo con il camice si era avvicinato ed Alex aveva smesso di leggere il libro alla madre, la quale aveva sospirato stanca; gli occhi della donna erano scivolati su di lei e le aveva rivolto un sorriso stanco –Dottore potremmo parlarne quando abbiamo finito? Ho bisogno di contattare il mio avvocato che segue anche tutta la mia pratica medica- aveva poi risposto, l’uomo aveva accennato un sorriso di circostanza –Ma certamente, la volevo solamente avvertire, potrà venire nel mio studio anche dopo- detto questo aveva controllato l’ago e la farfallina puntata sul braccio di Emma per poi dileguarsi
-Mamma vuol dire che non puoi continuare con la chemioterapia?- aveva chiesto Alex apprensiva e la madre le aveva fatto una carezza alla guancia guardandola con quell’amore che traspariva anche in quel volto scarno e debilitato –Non ti preoccupare Alex sono le solite cose burocratiche. Avanti sono curiosa di sapere come continua la storia- e Alex aveva ripreso a leggere. Solo grazie all’intervento dell’Associazione e dell’avvocato Emma riuscì a continuare ancora la cura e poco dopo il ricovero
 
Era così persa in quel ricordo che si sorprese nel costatare che Jason si fosse fermato davanti un minimarket –Ci vorranno pochi minuti, aspetta qui- le disse per poi uscire e avviarsi da solo all’interno del negozio e lei si ritrovò ad osservarlo mentre si muoveva dietro le vetrine, alla ricerca di ciò che aveva deciso di comprare; si ritrovò a pensare che la madre dovesse tenerci molto per aver deciso di mandarla da lui, si chiedeva davvero che tipo di rapporto avessero avuto, in fondo non le era mai stato detto niente se non pochissimi racconti, ma una frase le ripeteva sempre “Alex, io ho avuto la fortuna di conoscere una persona davvero speciale, quando troverai una persona così, non lasciartela scappare” Alex spesso si chiedeva cosa intendesse la madre, se fosse innamorata di Jason da ragazza e del perché avesse deciso lo stesso di allontanarsi da lui. I suoi pensieri vennero interrotti dal ritorno di Jason –Che hai comprato?- gli chiese Alex avendo intravisto poco e niente della spesa portata da Jason riposta ora sul sedile posteriore, lui sbuffò un po’ stranito –Niente di speciale, non è molto fornito il Signor McFirth- rispose per poi svoltare sulla strada di casa –Ti va se preparo io stasera?- gli chiese Alex nel momento in cui il pick-up si fermò nel vialetto laterale di casa, Jason spense il motore e si girò a guardarla –Sai farlo?- le chiese scettico e Alex aprì la bocca sorpresa per la poca fiducia che le stava mostrando –Certo!- ribattè stranita –Inoltre ti ricordo che sono italiana, è difficile che non sappiamo cucinare qualcosa!- aggiunse offesa, lui alzò un sopracciglio rimanendo comunque serio –E come pensi di fare se non riesci a stare in piedi?- le chiese lui sarcastico, Alex si sentì subito una sciocca per non averci pensato subito –Ah, già- si ritrovò a dire abbassando lo sguardo al tutore; Jason aprì lo sportello e scese per poi recuperare la spesa dietro –Aspetta un attimo ora ritorno- le disse avviandosi verso la cucina dove entrò accendendo la luce. Alex nel frattempo aveva aperto lo sportello ed era lentamente scesa dall’auto poggiandosi sulla gamba buona, si sentiva davvero in difetto, in fondo Jason la stava aiutando, pur non volendo e lei non riusciva neanche a ripagarlo con una cena. Quando si voltò per richiudere lo sportello, il piede scivolò sul terreno fangoso, creatosi dopo la pioggia del giorno prima e non riuscì a tenersi andando a sbattere contro qualcosa che attutì miracolosamente la caduta – “Aspetta qui”è un concetto troppo complicato per te?- la voce che le arrivò alle spalle le fece aprire gli occhi chiusi, alzò il viso per incontrare lo sguardo severo di Jason dietro di lei, aveva fatto appena in tempo a tenerla al volo
–Scusa- disse semplicemente, mentre lui la prese in braccio con un gesto fluido fissando i suoi occhi nei suoi –Smettila di chiedere scusa e fai ciò che ti dico- le disse duro, dirigendosi verso casa. Una volta dentro la cucina, la fece sedere sulla sedia e richiuse la porta levandosi la giacca pesante che posò su una sedia
–Vado ad attizzare il fuoco, vedi di non combinare danni- ed uscì senza guardarla, Alex si sentì profondamente ferita dal modo di comportarsi dell’uomo, lei voleva solo cercare di fare il minimo che le fosse consentito in quella condizione, ma anche quel minimo sembrava non riuscirle bene, facendo ogni volta innervosire Jason. Si accorse di sentire gli occhi umidi e velocemente ricacciò indietro le lacrime quando  Jason rientrò con il viso leggermente arrossato per essere stato esposto al fuoco; lo vide avvicinarsi alla busta della spesa da dove tirò fuori dell’insalata, del latte, del pane, delle uova, una confezione di fettine e dei biscotti –Va bene la carne?- le chiese mentre prese dal pensile una padella –Si certo- rispose Alex continuando a fissare la schiena ampia dell’uomo fasciata in un maglione scuro 
–Apparecchia- le ordinò passandole le posate e due tovagliette, Alex fece come richiesto mentre Jason iniziò a preparare la carne, poi lo vide dare una lavata all’insalata –Tieni condiscila- le disse porgendole la verdura e ciò che serviva, Alex cercò di non pensare al fatto di sentirsi profondamente a disagio in questa situazione, non potendo muoversi, si sentiva ancora di più un penso nei confronti di quest’uomo che alla fine della fiera, volente o nolente, la stava aiutando davvero. Se quello che il Dottor Ross le aveva detto si fosse avverato, nel giro di una decina di giorni sarebbe stata di nuovo in grado di stare sulle sue gambe e quindi di poter andarsene da casa di Jason. Cosa avrebbe fatto al quel punto? Sarebbe tornata in Italia? Sospirò finendo di condire l’insalata –Cosa c’è?- le chiese Jason sentendola e girandosi verso di lei osservando il suo sguardo triste e perso in chissà quale pensiero, era così simile ad Emma, che ogni volta lo coglieva alla sprovvista, lei lo guardò un po’ sorpresa –Niente- mentì ritornando a mescolare la verdura, lui si avvicinò ai fornelli in silenzio finendo di preparare i piatti e sedendosi di fronte a lei porgendole la sua cena–Grazie- gli disse la ragazza iniziando a mangiare piano.
Jason rimase ad osservarla di sottecchi mentre masticava quel boccone di carne  –Anche tua madre assumeva quell’espressione quando la sua mente era persa in qualche pensiero- le disse con quel suo tono basso, Alex alzò il viso dal piatto per incrociare quegli occhi così magnetici che la destabilizzavano ogni volta –E come lei non hai intenzione di parlarne, immagino- ipotizzò lui bevendo dalla lattina di birra, Alex si strinse nelle spalle –Mi chiedevo solo come potrò ripagarti il disturbo- disse arrossendo leggermente, lui la osservò bevendo ancora un po’ di birra –E’un favore che mi sono ritrovato costretto a fare nei confronti di tua madre- la durezza con cui parlò la lasciò basita, i suoi occhi erano densi e la sua espressione severa
 –Già- si limitò a rispondere sentendo ancora una volta la voglia di piangere. Non finì la carne e mangiò appena un po’ di verdura, il suo stomaco si era chiuso come una morsa, ogni volta che Jason le parlava in quel modo, sentiva tutto il peso del fatto di essere di troppo in quella casa, le ricordava che lui non la voleva e non l’avrebbe voluta, sbattendole in faccia che in fondo era sola, quella finta convivenza era temporanea. Quando sentì che non poteva più restare lì in quel silenzio assordante, si alzò dalla sedia stupendolo –Che fai?- le chiese, lei non gli rispose facendo qualche piccolo passo verso la porta –Ehi!- la richiamò lui alzandosi di scatto avvicinandosi –Aspetta!Rischi di cadere!- e le prese un braccio fermandola, ma stavolta Alex lo strattonò liberandosi e fissandolo dritto negli occhi –Non mi toccare!- sbottò infastidita riprendendo a muoversi per uscire dalla cucina aiutandosi con la vicina parete –Ehi!- la voce di Jason si fece più perentoria  –Che cazzo c’è adesso?- le chiese fermandola per una spalla –Hai deciso di romperti definitivamente la gamba?- era visibilmente arrabbiato, lo si vedeva dall'espressione dura che aveva mentre la fissava –Lasciami in pace- rispose Alex cercando di continuare, lui le si parò davanti –Che.Cosa.Credi.Di.Fare? -le scandì davanti la faccia, Alex serrò la mascella arrabbiata, le pizzicavano gli occhi –Vado in camera- rispose –fammi passare- lui non si mosse di un millimetro continuando a fissarla furioso –Si può sapere che cazzo ti è preso?- le chiese rabbioso e Alex dovette girare lo sguardo che sentiva farsi liquido –Niente, lasciami andare, ce la faccio- e lo urtò volutamente per farlo spostare, stinse i denti e fece appena un altro paio di mini passi percependo il dolore ogni volta che provava a fare leva sulla gamba ferita; di punto in bianco si sentì prendere come una bambola e si ritrovò a salire le scale tra le braccia di Jason –Lasciami!- disse cercando di divincolarsi, ma l’uomo strinse di più senza dire niente, nonostante lei cercasse di farsi lasciare e una volta entrato nella sua camera, la fece cadere sul letto in malo modo –Se hai qualcosa da dire, dimmela in faccia invece di comportarti come una bambina!- Alex lo guardò offesa da quella frase, sentì ogni parte del suo corpo fremere dalla rabbia –Io sarei la bambina?- chiese trattenendo a stento un urlo di frustrazione, lui la fissò incrociando le braccia –Il tuo comportamento dimostra questo- le disse lapidario –Potrei dire lo stesso di te, Jason-rispose fulminandolo con lo sguardo, era la seconda volta che lo chiamava per nome e lo fece con tutta la cattiveria che riuscì a far uscire,come se pronunciarlo fosse un’offesa –Da quando sono venuta qui, non hai fatto altro che sbattermi in faccia che non mi volevi!- stavolta il suo tono di voce uscì nettamente alto  –Ti do fastidio e non  vuoi avermi intorno e ti da così il voltastomaco che devi trattenerti!- disse ansimando dalla rabbia –Anche adesso, ogni volta mi guardi come se volessi cancellarmi, ti maledici per avermi permesso di rimanere questi giorni!- sbottò e una lacrima le uscì prepotente rigandole una guancia –Me ne voglio andare!Domani!- disse rabbiosa, mentre lui la continuava a guardare scuro in volto –Sono sempre stata sola con mia madre, non ho bisogno di te ora!Evidentemente si è sbagliata mandandomi qui!- il quel momento lo vide incattivirsi, la sua mascella si serrò e i suoi occhi si fecero più scuri incenerendola  –Non ho voluto io questa situazione!- disse deciso
–Non ho mai voluto questo!- disse avvicinandosi un po’ verso di lei, ogni parte del suo corpo trasudava rabbia –Non ho certo chiesto io di avere questo dannato compito di badare a te! Tua madre mi tagliò fuori dalla sua vita, anni fa!- disse ansimando anche lui per la rabbia –Non si è fatta più vedere, ma poi all'improvviso si è ricordata di conoscere un tipo che forse poteva fare al caso suo ed eccoti qui!- aprì le braccia in un gesto spazientito
 –Non si è preoccupata di come cazzo ci sarei rimasto! Non si è mai preoccupata un fottuto secondo di come mi sentissi io!- Alex si sforzò di fissare quel viso stravolto dal rancore, le fece paura –Non è certo colpa mia!- disse seria –Se è per questo neanche la mia!- ribatté lui con voce feroce serrando nuovamente la mascella, poi si girò e uscì dalla stanza sbattendo la porta. Alex lo sentì scendere velocemente le scale uscire di casa e andare via con il suo pick-up.
Sola. Era semplicemente sola.

Aveva appena finito di asciugarsi i capelli quando sentì bussare alla porta con una certa urgenza, così diede una carezza a Zoe per farla tranquillizzare sentendola abbaiare avviandosi alla porta. Una volta aperta rimase sorpresa di trovarsi davanti un Jason visibilmente scosso, non le disse nulla, si limitò semplicemente a buttarsi su di lei, a cercare avidamente le sue labbra e appropriarsi di un bacio da levarle come al solito il respiro. Jane si ritrovò senza neanche capire, sdraiata sul suo letto, con il peso dell’uomo addosso, la baciava con bramosia, la saggiava come faceva sempre, facendola ansimare e desiderare sempre di più. Ogni volta che lui non era al suo fianco dopo una notte di sesso, si riprometteva che fosse l’ultima, ma  come sempre accadeva, veniva meno a quel principio. Era sesso e lei lo sapeva, era solo e unicamente piacere per entrambi, niente di più, Jason non poteva altro. I primi tempi aveva provato a capire, a ragionare, sperando di poter un giorno guardarlo negli occhi e dirgli “ti amo”, aveva pregato che qualcosa cambiasse, ma a parte gli anni che passavano, niente del loro rapporto era mutato. Sesso. Solo questo lui le chiedeva e solo questo lui voleva. Jane aveva provato a staccarsi da questo rapporto sbagliato, monco, come una strada interrotta, ma più volte si era ritrovata ad elemosinare quei baci e quella passione che solo Jason le sapeva trasmettere e tirar fuori. Si malediceva, perché era come se fosse un’altra la persona che Jason cercasse ogni volta che finiva tra le sue gambe, ma alla fine, il tempo le aveva permesso di accettare questo suo ruolo da eterna seconda. Non conosceva e non voleva sapere il perché. Aveva capito com'era Jason, era certa che se lei avesse tentato di forzare un po’ di più tra di loro per aprire uno spiraglio nella vita di lui, avrebbe ricevuto una porta chiusa, invalicabile, certa che sarebbe svanito anche il poco che le concedeva. Si guardava spesso allo specchio chiedendosi se davvero era questa la vita che voleva, se davvero per lei esistesse solo questo, se non poteva vivere un amore con la “A”maiuscola, ma poi guardava in faccia la realtà, sentiva il suo cuore rifiutarsi di accettare qualcun altro con la speranza di coronare quel sogno che evidentemente doveva rimanere tale.

Il sole era come al solito coperto da una leggera coltre di nubi a tratti più scure che correvano veloci, sospinte dal vento freddo che anche quella mattina infrangeva l’aria. Alex aveva pianto e quando si ritrovò davanti Liz si vergognò di mostrarle quel viso arrossato e gli occhi gonfi. La ragazza entrò con il solito sorriso sbarazzino, per poi lasciarselo morire sulle labbra alla vista di Alex; non le disse nulla avvicinandosi lentamente al letto e le si sedette accanto osservando quegli occhi, un misto di blu e verde, velati da una patina di tristezza da rendere il suo viso una maschera di puro sconforto. Alex la guardò cercando di abbozzare un sorriso, ma ciò che ricevette fu qualcosa che non si sarebbe mai aspettata:Liz l’abbracciò forte. Rimase qualche attimo sorpresa da quel gesto, ma poi anche lei strinse la ragazza e lasciò che le lacrime di nuovo uscissero e la scuotessero. Solo dopo alcuni minuti Alex si allontanò da Liz –Scusami- le disse con voce distorta dal pianto, mentre la ragazza le passava un pacchetto di fazzoletti –Dimmi che non centra quel deficiente di Jason, altrimenti è la volta buona che lo scuoio vivo!- sbottò la mora arrabbiata, Alex non trattenne un sorriso da quell'espressione dell’amica –Ora sto meglio, scusami- le disse cercando di chiudere lì il discorso, Liz la guardò ancora qualche istante, per poi fare un profondo respiro e rilassare la posizione  –Dai andiamoci a dare una sistemata- le disse aiutandola ad alzarsi, ma in quel momento il brontolio dello stomaco di Alex si fece sentire, facendola vergognare –Ma hai fatto colazione?- le chiese Liz osservando la camera priva del solito vassoio, Alex arrossì leggermente mentre con l’aiuto della ragazza andava verso il bagno –Ancora no- ammise sedendosi sul bordo della vasca –Ma dov’è quell’idiota?- le chiese Liz furente –Non mi dire che non è in casa?- Alex rispose abbassando la testa come se fosse lei la colpevole
–Da quanto è uscito?- chiese Liz arrabbiata  –Da ieri sera- rispose flebilmente, Liz aprì la bocca basita –Ma io davvero lo ammazzo!- sbottò –Ma si può sapere che diavolo ha in testa quel cretino? Ora lo chiamo!- la moretta aveva davvero un diavolo per capello e quando stava per uscire dal bagno, Alex la fermò per una mano –No, Liz- le disse stupendola –ieri sera abbiamo discusso, entrambi soffriamo per questa situazione, ma credo che lui stia peggio- Liz si girò verso di lei e si abbassò sulle ginocchia –Scusa Alex, ma quella ad aver perso la madre sei tu- le disse schietta, Alex sospirò prima di continuare –Si, ma lui si è trovato invischiato in questa situazione che non avrebbe mai immaginato e credo che abbia ragione a reagire così, mia madre è sparita con lui anni fa e ora si ritrova con la figlia di questa sua amica fra le scatole- Alex tirò su con il naso, non voleva piangere ancora, ma era difficile, stava diventando tutto davvero tanto difficile;
Liz sbuffò e le accarezzò una mano –Non sono d’accordo sul fatto che in qualche modo lo giustifichi, anche perché tu stai così combinata, ma prometto che cercherò di tenermi- le disse più calma per poi alzarsi
–Mentre ti fai la doccia ti preparo qualcosa da mangiare – così dicendo l’aiutò a svestirsi e ad entrare nella vasca.
 
Quando entrò nella stanzetta sopra il pub, era sicuro di trovare Mike dietro la scrivania con la faccia puntata nello schermo del suo pc e, così fu –Ehi amico!- lo salutò il rasato alzando la testa  sorridendogli
–Non mi aspettavo una tua visita- gli disse scherzoso per poi allungarsi verso il mini frigo dove prese una lattina di birra che gli lanciò, Jason la prese al volo sorridendo debolmente –Grazie- disse sedendosi stavolta sulla poltroncina in pelle davanti all’amico che bevve avidamente dalla sua lattina già aperta sulla scrivania –Allora come è andata la visita di Alex, ieri?- gli chiese Mike subito dopo, Jason si strinse nelle spalle –Bene, deve tenere il tutore e fare un altro controllo lunedì prossimo- spiegò, Mike osservò l’amico che sembrava non riuscisse a guardarlo negli occhi; si conoscevano da una vita e, nonostante la distanza quando Jason era in Italia, la loro amicizia non si era mai interrotta e Mike sapeva che se Jason aveva quel comportamento c’era sotto qualcosa, ma conoscendolo, non poteva chiederlo a brucia pelo così si stiracchiò sulla sedia e indicò lo schermo del pc –Ho la burocrazia che mi sta finendo i pochi neuroni rimasti- ammise –meno male che sei passato, almeno ho la scusa per mollare- disse facendo sorridere l’amico che ora fissava il trofeo di basket conquistato all’ultimo anno di scuola
 –Hai visto Liz? Stamattina è uscita un po’ prima- esordì Mike finendo di salvare il documento che aveva davanti, vedendo con la coda dell’occhio il suo amico irrigidirsi e bere un sorso di birra –No- lo sentì rispondere e a quel punto Mike si girò verso di lui sorpreso –Non è ancora venuta ad aiutare Alex?- chiese con una punta di preoccupazione, insomma non avevano questo rapporto idilliaco, ma era pur sempre la sorella e sapere che non era andata da Alex era piuttosto strano, visto come avessero stretto quelle due
–No, nel senso che non lo so- sputò a fatica Jason puntando lo sguardo sulla lattina argentata con la scritta rossa che teneva in mano; a quel punto Mike si allungò sulla schienale osservando l’amico e mettendo in pratica la sua tattica: la pressione psicologica nell’osservarlo in silenzio.
 –Cazzo Mike!Smettila di fissarmi!- sbottò Jason verso l’amico dopo qualche attimo, odiava quando faceva così –Mi chiedevo come facessi a non saperlo- disse allusivo Mike bevendo dalla sua birra, Jason sbuffò portandosi indietro i capelli che gli ricadevano sulla fronte con un gesto stizzito della mano –Non ero a casa!- sputò fuori e Mike dentro di sé gridò un bel “Bingo!” che però evitò di dire per non rischiare di ricevere un pugno in faccia –Ah, ok- si limitò a rispondere, mettendo in pratica la sua seconda tattica: far finta di niente e aspettare, così si mise a digitare qualche cosa sul suo pc, fino a quando non vide l’amico alzarsi di scatto dalla sedia –Cazzo Mike non ce la faccio!- sbottò esasperato iniziando a fare avanti e indietro in quella piccola stanza, Mike dovette trattenersi dal sorridere, altrimenti davvero avrebbe rischiato la vita –Jason, non mi dire che stai ancora al punto di partenza con la ragazza?- gli chiese e Jason di nuovo si portò indietro i capelli che gli ricadevano davanti, gesto che molte volte Mike aveva visto fare colpo sulle donne, ma ora era sola un gesto dettato dalla frustrazione –Ho dormito da Jane- confessò finalmente Jason guardandolo negli occhi –Abbiamo discusso- aggiunse poi con un misto di imbarazzo e tristezza –Non ce la faccio ad averla intorno- ammise infine spazientito –E’ un calvario, vederle fare le stesse espressioni di Emma, parlare in quel modo, arrabbiarsi addirittura come lei! Non ce la faccio!- sbottò. Seguirono attimi di silenzio, poi Mike sospirò e si alzò dalla sedia prendendo una spalla dell’amico e spingendolo a sedersi sul divano, sedendosi a sua volta accanto a lui –Che cazzo hai combinato stavolta?- gli chiese vedendolo sbuffare –Ma che ne so!- rispose l’altro adirato –Eravamo tornati dal controllo, dove tra l’altro non c’hanno dato le stampelle e questo l’ha incupita, ma era strana anche prima- specificò prima di proseguire sempre più arrabbiato –e ci siamo messi a mangiare, ma lei ha toccato poco o niente- disse portando la testa indietro e guardando il soffitto –Non so che cavolo gli è preso- ammise e Mike puntò i suoi occhi alla finestra dove le luci della sera stavano diventando sempre più nitide –Cosa ti aspettavi dalla figlia di Emma, eh Jason?- gli chiese stupendolo, sentì gli occhi dell’amico puntati verso di lui –E’ ovvio che le somigli e te la ricordi in tutto, ma credo che non sia questo il motivo che vi ha portato a discutere- specificò Mike girando lo sguardo verso l’amico –So solo che c’è rimasta male perché voleva cucinare per sdebitarsi e io gli ho fatto notare che in quelle condizioni era impensabile-spiegò un Jason avvilito spostando il busto in avanti e poggiando le mani alle gambe, con la testa rivolta verso il basso –Immagino la delicatezza che hai usato- fece allusivo Mike facendolo sbuffare per l’ennesima volta  -Ma dai Mike! Come cavolo gli è venuto in mente? E poi sdebitarsi?- Jason si alzò di nuovo –Non l’ho certo voluta io questa situazione e neanche lei!- disse con un gesto delle braccia che fece poi ricadere lungo i fianchi , Mike lo guardò per alcuni istanti poi sospirò scuotendo la testa –Sei un coglione, Jason, lo sai vero?- fece retorico puntando i suoi occhi scuri su quelli di un Jason interdetto e indispettito –Non fare quella faccia, Jason, lo sei- ribadì l’amico trovando una posizione più comoda sul divanetto –Alex avrebbe voluto fare qualcosa di “carino”- e mimò con le dita le virgolette- visto che ti ritrovi in una situazione che hai rifiutato sin da subito - disse serio –sentirsi dire che quello non era certo un modo per sdebitarsi di una cosa del genere, dove mi gioco le palle, le hai anche fatto pesare che tu in tutto questo non c’entri nulla, immagino possa aver scatenato una lite- spiegò Mike osservando lo sguardo prima cupo e poi imbarazzato di Jason –E che avrei dovuto fare? Cazzo Mike! Mettiti nei miei panni!- esordì Jason guardandolo negli occhi per cercare un appoggio, Mike sospirò –Che le hai detto?- chiese invece e Jason abbassò di nuovo la testa raccontandogli di come lei si fosse alzata da sola, rifiutando il suo aiuto, per poi urlarsi addosso che entrambi odiavano quella situazione. Quando finì il breve racconto Mike sorrise all'amico –Te l’ho detto sei un coglione- ribadì ancora facendolo sospirare sconfortato –Tra i due ti stai comportando come un ragazzino, Jason- disse Mike serio –cazzo, prova a pensare a come si deve sentire lei in tutto questo! Ma possibile che non riesci a mettere da parte il rancore per Emma e guardare ad Alex per quello che realmente è?!- Jason incrociò lo sguardo dell’amico che continuò dopo un sospiro –Sta passando un momento tremendo della sua vita, te ne rendi conto? E’dovuta andar via dal suo paese, venire qui e stare con un tipo che non ha mai visto né sentito che oltretutto non aspetta altro che dirle ogni volta ciò che pensa di questa storia, per non parlare del fatto Jason, che lei ha perso la madre- Mike si alzò fronteggiando l’amico profondamente frustrato –Jason, datti una svegliata e comportati da uomo, è solo una ragazza di 20 anni che ha bisogno di aiuto e non una da punire o a cui far pagare i tuoi problemi con Emma - gli disse poggiandogli una mano sulla spalla. Il moro a quel punto respirò a fondo –Ok, messaggio ricevuto- disse andando verso la porta –Ehi?- lo richiamò Mike
–Lo sai vero che le stampelle si possono fare anche in legno?- gli chiese con un sorriso beffardo beandosi del lampo che attraversò lo sguardo di Jason che abbozzò un sorriso e fece per uscire, ma di nuovo Mike lo fermò richiamandolo –Che altro vuoi?- chiese scontroso –Smettila di andare a curare le tue ferite con Jane, Jason- gli disse serio e i due si scambiarono un’occhiata lunga e intensa, poi Jason girò la schiena e sparì dietro la porta.

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Capitolo 10
*** 9 ***


9.
 
Rientrò a casa che orami erano le 18 passate e si ritrovò a passare dal salotto verso la cucina, sotto lo sguardo furente di Liz
-Sei un coglione lo sai, Jason?- la ragazza lo fissava con sguardo omicida e le mani puntante sui fianchi –Si grazie, già ci ha pensato tuo fratello a ricordarmelo- disse esausto prendendo a sistemare le birre che aveva comprato –Sta in camera sua da stamattina, con il morale a terra- riprese la ragazza sempre sulla porta –ho faticato sette camicie per farla sorridere, vedi di non rovinare tutto come tuo solito!- Jason sbuffò senza guardarla –E soprattutto vedi di non andartene anche questa notte!- lo rimproverò e a quel punto Jason incrociò lo sguardo della ragazza, visibilmente arrabbiata –So che per te il concetto di delicatezza e comprensione, sono qualcosa più simile alla fisica quantistica, ma vedi di darti una regolata!- detto questo gli diede le spalle e la sentì uscire di casa. A quel punto si sedette sfinito sulla sedia intorno al tavolo dove tutto era stato sistemato sicuramente da Liz: né lui, né tanto meno Alex avevano ripulito il tavolo la sera prima. Si strofinò il viso con le mani sentendosi emotivamente sotto pressione e fissò un punto imprecisato della parete, ora doveva fare i conti con un presente che lo metteva a dura prova, rispolverando quel passato che tanto avrebbe voluto seppellire, ma su una cosa Mike aveva ragione: non era colpa di Alex se lui ed Emma avevano avuto quell’amicizia. Sbuffando si alzò e preparò delle uova con dell’insalata, accompagnate a delle fette di pane, una volta pronto il vassoio inspirò più volte prima di decidersi ad andare al piano di sopra e incontrare Alex.
Quando si ritrovò davanti la porta socchiusa, si dovette davvero costringere a varcare la soglia, una parte di lui gli urlava di stargli il più lontano possibile, mentre la sua razionalità stava spingendo affinché non si comportasse più come un immaturo che fugge davanti ai problemi. Sospirò e senza bussare entrò sorprendendola mentre leggeva un libro, la vide alzare il viso  da quelle pagine, con espressione sorpresa
 –Ti ho portato la cena- le disse lui avvicinandosi e lei si scostò per permettergli di posare il vassoio, quando si allontanò Alex trovò il coraggio di parlare –Mi dispiace- disse piano, inchiodandolo sul posto e facendolo voltare verso di lei, i loro sguardi di incrociarono e Alex fu certa di leggerci una profonda paura, proprio come aveva lei infondo.
–Non volevo essere maleducata, ieri- specificò torturandosi le mani –Nonostante tutto mi stai aiutando e io mi sono comportata male con te, dicendoti quelle cose, mi dispiace- ammise –e anzi, devo ringraziarti perché altrimenti non saprei davvero dove sbattere la testa - quelle parole colpirono l’uomo come un vero e proprio fulmine, deglutì a fatica –Non preoccuparti- si sforzò di dire vedendo come l’espressione preoccupata della ragazza, lentamente diventava più serena abbozzando anche un sorriso
–Ho esagerato anche io- ammise l’uomo –ora mangia –disse a mezza bocca a corto di parole;  uscì subito dopo sentendosi davvero uno schifo nel ripensare a come l’aveva trattata, permettendo al suo ego ferito di comportarsi in quel modo con lei, non se lo meritava, non era colpa sua, ma soprattutto era stato imbarazzante che tra i due a fare il primo passo fosse stata lei; gli aveva chiesto scusa, quando quello che aveva sbagliato su tutta la linea, che aveva esagerato e non sapeva gestire la situazione era solo e unicamente lui. Scese velocemente le scale, ma quelle parole gli rimbombavano in testa, arrivò in cucina con un nodo alla gola che neanche un sorso di birra riuscì a mandar via; riordinò velocemente la cucina, toccando appena qualcosa da mangiare, aveva da fare una cosa più importante.
Quando si svegliò girò il viso verso la finestra ad osservare quel tiepido sole che filtrava dalle persiane non del tutto intere creando un piacevole gioco di luci e ombre, aveva finalmente riposato per bene, si sentiva sicuramente meglio,  così lentamente si tirò a sedere e rimase imbambolata a fissare quei due oggetti appoggiati ai piedi del letto. Erano a tutte gli effetti delle stampelle, ma invece di essere di metallo erano di un legno chiaro, ampie sulla parte alta, dove delle mezzelune consentivano di metterci le braccia e fare leva, mentre la parte bassa era leggermente più sottile e il bello era la torsione che aveva quel pezzo di legno, sembrava di osservare un serpente sinuoso mentre si avvolge su un ramo –Buongior…- Liz entrò come sempre entusiasta in camera di Alex ma si fermò subito osservando anche lei quei due oggetti appoggiati al letto di Alex –Oh mio Dio!- esclamò con il vassoio ancora stretto nelle mani, Alex la guardò ancora sbigottita ed entrambe iniziarono a ridacchiare –Ma dove le ha tirate fuori?- chiese Liz sedendosi accanto ad Alex per passarle poi la colazione
 –Ieri sera non c’erano- ammise Alex bevendo un po’ di caffè ma con lo sguardo ancora puntato su quegli oggetti –E’ in casa?- chiese poi guardando la moretta che sorridendo la fissò –L’ho incrociato mentre stava uscendo con il pick-up, mi ha detto di portarti la colazione e che lui ha da fare tutto il giorno oggi, tornerà prima di cena- le rispose la ragazza, per poi ridacchiare –Che c’è?- chiese Alex curiosa –Credo che c’abbia passato la notte a farle, aveva due occhiaie..-le disse –probabilmente si è reso conto di essere un’idiota e questo è una sorta di scuse da parte sua- Alex si stupì dalle parole dell’amica mentre non riusciva a levare lo sguardo a quegli oggetti e un sorriso le spuntò sulle labbra, non immaginava che un tipo come Jason potesse creare quel tipo di oggetti  –Liz, oggi devi aiutarmi- esordì dopo qualche attimo non mascherando una certa eccitazione, Liz acconsentì entusiasta e subito dopo la colazione l’aiutò a prepararsi.
–Sei sicura che vada bene?- Liz era piuttosto preoccupata per ciò che voleva fare Alex, la quale sbuffò facendo leva sulle due stampelle –Assolutamente, ora che ho queste, posso muovermi e devo fare qualcosa- disse convinta –Sì, ok, sono d’accordo con te, ma scendere le scale mi sembra un po’ troppo azzardato- balbettò la moretta sempre più sulle spine –Se dovessi cadere, sia Jason che Mike mi farebbero la pelle!- disse inquieta, Alex sapeva che scendere le scale non era certo semplice, ma voleva cucinare qualcosa per Jason
-Lo so, ma voglio davvero farlo, anche se effettivamente non so come - ammise la ragazza osservando gli innumerevoli scalini, anche Liz osservò la scala e deglutì –Mi sembra troppo pericoloso Alex, dai, hai appena iniziato a muoverti, forse è meglio rimandare- cercò di dissuaderla, ma Alex decise di provare puntando le grucce e spostando il suo peso leggermente in avanti riuscendo a scendere il primo scalino, Liz per la sorpresa cacciò un mezzo urlo, ma per fortuna andò tutto bene e Alex si ritrovò ancora in piedi –Mi verrà un infarto!- disse la moretta guardando una Alex profondamente felice –Liz per favore, mettiti davanti a me così mi sento più sicura- e Liz, dopo un profondo respiro,  fece quanto richiesto; con lentezza e diversi attimi di terrore, arrivarono alla fine della scala, Liz si passò una mano sulla fronte –Stavo sudando freddo!- ammise rabbrividendo –Questa cosa non si può fare, Alex, se ogni mattina mi fai così a Natale non ci arrivo!- Alex rise per la battuta e per allentare la tensione, era stata davvero una bella impresa, ma c’era riuscita e ne era entusiasta, soprattutto perché così poteva ritrovare un po’ di quell'indipendenza che le mancava. Liz ravvivò il fuoco per poi raggiungerla sul divano, entrambe si sentivano stanche, così si concessero una cioccolata calda chiacchierando sul divano. Nel primo pomeriggio si spostarono in cucina e Liz aiutò l’amica a preparare tutto per la cena, si divertirono come matte ad imbrattare tutto, passando così il resto del pomeriggio;
-Alex io devo andare- fece Liz mettendo sul tavolo qualche pezzo di pane tagliato, Alex smise di mescolare il sugo che aveva preparato per la cena –Grazie davvero Liz-le disse avvicinandosi con le due grucce e abbracciando l’amica che rise divertita –Sono stata benissimo e ho addirittura imparato a cucinare dei piatti italiani- le disse facendole l’occhiolino e ridendo insieme –Domani vorrei provare a fare tutto da sola, Liz- la ragazza la guardò con un sopracciglio alzato –Davvero?- le chiese poco convinta –Si,  non voglio che tu sia costretta a venire qui sempre, ho queste ormai- e alzò una delle stampelle, che si erano rivelate davvero perfette –Facciamo che passo in tarda mattinata per vedere come te la cavi- fece Liz prendendo la giacca –Facciamo che ci sentiamo al telefono e ti dico- rispose a sua volta Alex, Liz sospirò, aveva capito che Alex era davvero cocciuta su certe cose, così si rassegnò e la salutò per andare al pub.
Una volta sola, Alex sistemò la pila d’acqua sul fuoco e si sedette al tavolo a riprendere fiato, era davvero sfinita. Le stampelle si erano rivelate ottime, ma impegnative da usare, inoltre entrambe le gambe erano piuttosto indolenzite, ma guardando il dolce che svettava ad un angolo della cucina e i biscotti, per non parlare del profumo che aleggiava in tutta la casa si sentì subito rincuorata e felice di esserci riuscita, ricordando quante volte con la madre avevano dato sfogo a tutta la loro immaginazione culinaria, magari solo per passare il tempo, oppure per cercare di risollevare un morale a volte a terra “ –Alla fine non c’è niente di meglio che mettere le mani in pasta per sfogarsi!”- le diceva sempre
 
Spense l’auto osservando la casa illuminata al suo interno, sperò che Liz non fosse andata via da molto, perché pensare di aver lasciato Alex tutto il giorno da sola, un po’lo infastidiva. Scese dal pick-up osservando il cielo scuro che prometteva di nuovo acqua, prese le buste dove aveva comprato ciò che gli occorreva e la sua valigetta piena di progetti, sbuffando si diresse verso casa. Quando aprì la porta rimase come paralizzato nel vedere il fuoco scoppiettante e sentire quel profumo gli fece venire il dubbio di aver sbagliato casa. Si chiese se Liz non avesse deposto l’ascia di guerra con lui, così posò le cose che aveva in mano e si diresse in cucina, dove di nuovo rimase sbalordito nel vedere la tavola apparecchiata, in maniera semplice, ma assolutamente come lui non aveva mai fatto, a quel punto i suoi occhi si puntarono sulla figura di Alex che si era appena girata a guardarlo, gli sorrise come mai l’aveva vista fare, si teneva in piedi su quelle stampelle che gli avevano levato ore di sonno la notte appena trascorsa –Ciao- lo salutò lei, lui rimase a bocca aperta ad osservarla e ad osservare ancora la tavola –Come…- la voce gli uscì tremendamente roca, così dovette tossire un paio di volte –Come hai fatto?- chiese stupito entrando in cucina, lei ridacchio –Grazie a queste!- disse visibilmente stanca ma felice-Inoltre mi ha aiutato moltissimo anche Liz, se non fosse stato per lei non ci sarei di certo riuscita- disse riprendendo a mescolare la pasta appena buttata nell’acqua –Quindi devo prendermela con lei per averti permesso di rischiare di cadere dalle scale- il tono duro che usò Jason, irrigidì la ragazza che pur di spalle, non riuscì a non nascondere il leggero timore di un’altra sfuriata dell’uomo  –Non ho avuto problemi- confermò ancora prendendo le presine per scolare la pasta, ma le vennero sfilate dalle mani con un gesto fluido da parte di Jason che senza averlo sentito, le si era parato di fianco guardandola –Mi pare che hai fatto abbastanza, ora siedi- le disse severo e Alex si morse un labbro in imbarazzo, arrossendo, ma fece quanto chiesto dall’uomo e lentamente si avviò a sedere mortificata. Jason scolò la pasta e la condì con il bel sugo preparato da Alex, prendendo poi due piatti, ma quando si voltò ad osservarla, si sentì subito uno schifo dal momento che la ragazza era visibilmente triste; le posò il piatto davanti e prese anche lui posto, osservando il dolce e i biscotti sul vicino ripiano. Alex iniziò a mangiare piano, sperava davvero di fare qualcosa di carino, ma in tutta risposta, Jason l’aveva trattata come una bambina –Avete lavorato parecchio- disse Jason che aveva iniziato a mangiare lentamente la pasta fumante, sorpreso di scoprire quanto fosse buona, Alex lo guardò appena e sorrise forzatamente –Ci siamo divertite a preparare tutto, il tempo ci è volato- rispose bevendo un po’ di acqua, Jason la fissò per qualche istante per poi abbozzare un mezzo sorriso che rischiò di farle tossire tutta l’acqua –Avete fatto un ottimo lavoro, direi- e Alex non trattenne lo stupore nel sentirgli pronunciare quella frase –Ti..ti piace?- chiese con un po’ di timore e lui abbassò la testa sul piatto prendendo un altro boccone –Ottima – rispose semplicemente e Alex non potè non sorridere di gioia, riprendendo a mangiare anche lei. Jason mangiò di gusto tutto quanto, assaggiando il bel pan di spagna con la crema e il cioccolato, per finire con un paio di biscotti e Alex non aveva fatto altro che essere sempre più felice, era ciò che più sperava e le aveva dato la forza di preparare tutto; quando si alzò dal tavolo, notò subito che lui la fissò pronto a muoversi verso di lei nel caso le fosse servito così lo guardò appena per poi fare attenzione e mettere il suo piatto nel lavandino dietro di lei
–Sono davvero stupende- disse poi girandosi a guardarlo, lui sembrò non capire, così lei mosse una delle grucce e lui accennò un mezzo sorriso –Beh, stupende quanto possono esserle delle stampelle- disse scettico e lei ridacchiò guardandole –No davvero, così belle è difficile trovarle- ammise –non sapevo che lavorassi il legno- e lui a quel punto prese un profondo sorso di birra puntando gli occhi sul tavolo –E’ una passione che con il tempo è diventato il mio lavoro- disse –E cosa crei?- gli chiese curiosa Alex avvicinandosi di nuovo al tavolo per prendere un altro piatto e riporlo nel lavandino, a quel punto Jason si alzò e lei un po’ si spaventò per quello scatto improvviso, pensò che si fosse irritato per la domanda, ma poi lo vide prendere le stoviglie che erano sparse sulla tavola e sparecchiare –Quello che mi viene ordinato- le rispose dopo poco, Alex era rimasta in piedi ad osservare l’uomo muoversi per riordinare –Deve essere un lavoro che dà parecchie soddisfazioni- suppose la ragazza avvicinandosi di nuovo al lavandino dove aprì l’acqua per poter lavare i piatti –Ne dà tante, quante sono le imprecazioni- ammise l’uomo e la sua voce le arrivo così vicino che non si aspettò di trovarselo di nuovo accanto; si guardarono e Alex di nuovo arrossì, quello sguardo era così intenso da farle avere l’impressione che le leggesse nella mente –Credo che per oggi hai fatto molto- le disse e questa volta senza nessuna punta di rimprovero nella voce, Alex aprì leggermente la bocca per la sorpresa –Ma..ma non mi costa nulla lavarli- disse distogliendo lo sguardo e puntandolo sul getto d’acqua, ma lui le mise una mano intorno la vita sorprendendola –Vai a sederti in salone- le disse spingendola leggermente per farla spostare con quello sguardo che non ammetteva repliche, così Alex si strinse nelle spalle facendo come gli era stato detto, andandosi a sedere sul divano coprendosi con il plaid e perdendosi ad osservare il fuoco scoppiettante nel camino; la stanchezza sembrò assalirla tutta in una volta e lentamente, cullata dal crepitio delle fiamme e dal rumore che proveniva dalla cucina, chiuse gli occhi.
Quando finalmente finì di riordinare i piatti, si meravigliò della quantità di pentole e posate che le ragazze avevano usato e non riuscì a reprimere un sorriso al pensarle così indaffarate e ne fu davvero contento soprattutto nel pensare a come Alex non fosse rimasta sola tutto il giorno; sospirando spense la luce e andò in salotto dove sistemò il fuoco per la notte con altra legna ed osservò Alex sul divano dove dormiva beatamente, si sedette sulla poltrona accanto non riuscendo a levarle gli occhi di dosso: era sfinita e un leggero sorriso gli increspò le labbra al pensiero che oltre ad avere l’aspetto di Emma aveva anche ereditato la sua caparbietà nel voler fare le cose. Rimase lì nel silenzio di quell'ambiente familiare, dove dopo anni  si sentiva nuovamente il profumo di cucinato, di casa vissuta, di calore che da tempo non abitavano più lì.
Guardò l’ora e si rese conto che era ormai passata la mezzanotte, così decise di avvicinarsi al divano e con un leggero slancio si caricò Alex tra le braccia risalendo le scale. La guardò anche quando la sistemò nel letto, dove lei si rannicchiò sotto le coperte e mugugnò qualcosa che lui non capì ma che lo face sorridere, poi senza far rumore uscì dalla stanza della ragazza per andare finalmente a dormire.
 

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Capitolo 11
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10.
 
Riaprì gli occhi e non riuscì a non sorridere ritrovandosi nel suo letto e capendo che ad averla portata fino a lì era stato sicuramente Jason la sera prima, quando si era completamente addormentata sul divano; si stiracchiò sempre con quell’espressione a colorarle il volto e si sentì stranamente più leggera e in qualche modo più felice vedendo il modo in cui lui, pur con il suo caratteraccio, la  stesse aiutando,  certo il suo modo di interagire era spesso detestabile ma questo non le impedì di pensare speranzosa che il loro bizzarro rapporto, partito nel peggiore di modi, potesse in qualche modo migliorare. Si tirò su dal letto e la prima cosa che fece fu quella di prendere le sue stampelle e andare a sbirciare dalla finestra se il pick-up fosse ancora a casa e, quando lo vide, ne rimase piacevolmente sorpresa, non se n’era andato e questo la convinse che forse c’era davvero una possibilità per lei di ricominciare da lì, che forse la madre le aveva dato davvero una seconda possibilità. Una volta deciso cosa indossare, prese i  vestiti e se li sistemò su una spalla per andare verso il bagno con movimenti lenti ma decisi, voleva sbrigarsi a prepararsi e combinare qualcosa anche quel giorno, ma una volta vicino alla meta fu anticipata da un Jason che improvvisamente aprì la porta mostrandosi a dorso nudo con i capelli bagnati, vestito solo con dei jeans ancora slacciati; i due si guardarono sorpresi l’uno dell’altra poi Alex puntò i suoi occhi sgranati sul petto ampio e ben delineato dell’uomo, sulle sue braccia muscolose e dovette abbassare lo sguardo perché divenne rossa come un pomodoro: aveva visto ragazzi in quelle condizioni solo in televisione e trovarselo così davanti all’improvviso aveva minato il suo controllo –Scusa!- disse di getto facendo un passo indietro spaventata, sapendo perfettamente di aver indugiato un po’ troppo sul corpo di lui che subito si coprì con il telo che stava usando per asciugarsi i capelli –Non … preoccuparti- rispose incerto –devo abituarmi ancora al fatto di non stare solo- aggiunse superandola e sparendo nella sua camera. Alex rimase ad aspettare qualche attimo davanti al bagno per regolarizzare il respiro, divenuto un po’ troppo accelerato per i suoi gusti, ma una volta dentro, si rese conto che il suo profumo  inebriava completamente l’aria e di nuovo avvampò come una torcia, chiedendosi cosa ci fosse di strano in lei quel giorno, visto che non riusciva a ritrovare un po’ di tranquillità; si obbligò a concentrarsi nel prepararsi, missione difficile visto che quel profumo sembrava non voler dare cenno di andarsene, anche se lei aveva aperto la finestra, quell’essenza sembrò come essersi posata anche sulla sua pelle mischiandosi con il suo odore in un modo che la lasciarono interdetta e spaventata, perché quel calore che sentì propagarsi in ogni angolo del suo essere, era troppo profondo da levare via con una doccia, così intimo che neanche sapeva se fosse un bene o un male. Quando finalmente finì, uscì dal bagno e lentamente fece ritorno in camera, cercando di pensare a tutto tranne a quella sensazione fastidiosa e opprimente che sembrava non volerla lasciare, mandò un messaggio di risposta a Liz che le chiedeva come stesse andando il suo primo giorno da autosufficiente e sistemò il letto, prima di decidere che doveva scendere di sotto.
 Rimase sul primo gradino ad osservare la rampa, avrebbe tanto voluto avere Liz come il giorno prima, ma doveva provarci da sola, così fece un bel respiro profondo per darsi la forza e fare il primo passo, quando venne fermata dalla voce perentoria di Jason dietro di lei che le fece fare un salto –Non pensarci neanche lontanamente- Alex si girò verso la camera dell’uomo, trovandolo appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, aveva indossato una maglia a maniche lunghe di colore nero e i suoi capelli erano completamente asciutti –L’ho fatto anche ieri- puntualizzò e lui alzò un sopracciglio –Pensi che questo ti metta nella condizione di riprovarci?- le chiese sarcastico –Perché?- chiese a sua volta la ragazza e lui le si avvicinò –Ieri, te e quella pazza di Liz avete rischiato parecchio, te ne rendi conto?- le chiese retorico –Se fossi caduta, pensi che Liz avrebbe avuto la prontezza e la forza di sorreggerti? Potevate farvi male entrambe- le disse di nuovo con quel tono severo che solo la sera precedente, sembrava aver dimenticato, Alex sbuffò risentita –E come pensi che debba fare per poter scendere?- gli chiese puntando di nuovo i suoi occhi sulla scala –Se non provo da sola non posso muovermi, è inutile che abbia le stampelle- disse tristemente, lui sospirò spazientito –Perché cavolo non riesci a rimanere in camera tua?- le chiese scocciato e lei lo fulminò con un’occhiataccia –Forse perché non posso stare tutto il giorno rinchiusa in quelle quatto mura!- sbottò infastidita, iniziava ad averne abbastanza con il modo di fare di Jason, non voleva capire che scendere le scale era un ostacolo che poteva superare, che quelle stampelle le avrebbero permesso quantomeno di girare un po’ per casa –E va bene!- acconsentì lui sorprendendola scendendo alcuni gradini per poi girarsi a guardarla –Avanti, scendi!- la esortò e Alex lo guardò dapprima pensando che stesse scherzando, ma poi capendo che faceva sul serio sorrise entusiasta – Fammi vedere se ci riesci- la provocò lui abbozzando un sorrisetto di scherno e i loro sguardi si incrociarono per un attimo, poi Alex si concentrò a scendere il primo gradino e come aveva fatto il giorno prima puntò le stampelle e scese non mascherando un certo trionfo –Bene, ora continua- le disse lui serio, ma non distogliendo neanche un secondo lo sguardo dalla ragazza che lentamente scese tutti e 25 gli scalini –Pensi di poterlo fare anche quando non c’è nessuno?- le chiese lui guardandola con un sopracciglio alzato –Certamente, ora ho capito come devo fare! Inoltre ogni giorno che passa il ginocchio migliora- disse convinta, pensando che forse il fatto che stesse migliorando non era un argomento a suo vantaggio, lui alzò gli occhi al cielo per poi avviarsi verso la cucina senza dire nulla iniziando a fare il caffè.
Fecero colazione in silenzio, in realtà Alex si sentiva profondamente in imbarazzo nell’osservare Jason, l’immagine di lui a dorso nudo le era ripiombata davanti agli occhi, appena la sua mente non era stata più così concentrata con lo scendere la scala, così decise di osservare il giardino che si vedeva dalla porta finestra della cucina, quel giorno freddo era scandito da nuvole scure che si addensavano sempre di più
 –Oggi devo lavorare giù nel seminterrato- la informò e lei lo guardò curiosa –Lavori a casa?-chiese, ma lui si limitò a rispondere solo un cenno d’assenso con il capo senza guardarla continuando a mangiare un paio di biscotti e sorseggiare il suo caffè; sembrava che il Jason della sera precedente si fosse dissolto come una nuvoletta di fumo e questo atteggiamento un po’ scostante che in qualche modo aveva ripreso ad avere, scoraggiò Alex che evitò di fare altre domande finendo il suo caffè –Se hai bisogno di qualcosa, chiamami, lascio la porta socchiusa- le disse lui posando le stoviglie nel lavandino una volta finito, sparendo subito dopo verso il piano di sotto. Alex fissò quel punto rabbuiandosi, l’aveva lasciata così, a mala pena le aveva rivolto la parola e lei era di nuovo tornata a rattristarsi per quel suo maledetto comportamento altalenante.  Dopo la colazione, che finì da sola, decise di dare una ripulita alla cucina e magari pensare a qualcosa da mangiare per il pranzo, così iniziò a preparare un buon purè e si sorprese di trovare della verdura da poter cuocere, come i fagiolini che mise a lessare. Quando sentì bussare alla porta rimase piuttosto perplessa, aspettandosi di sentire Jason salire le scale di corsa così attese qualche istante, ma non vedendolo arrivare, decise di andare ad aprire lei e quando lo fece si ritrovò davanti una ragazza poco più alta di lei: longilinea, con il viso magro, grandi occhi verdi, lunghi capelli biondi e un sorriso gentile, indossava un lungo cappotto marrone, così come i guanti che le fasciavano le mani mentre reggevano un vassoio coperto. Quando i loro occhi si scontrarono rimasero entrambe stupite 
–S…salve- salutò Alex guardando la ragazza osservarla con curiosità –Buongiorno- la salutò lei con un leggero sorriso –Stavo cercando Jason- disse guardando oltre la spalla di Alex come a voler capire se lui ci fosse o meno –E’ di sotto, sta lavorando- disse allora Alex –prego- e si spostò con le stampelle per farla entrare; girandosi, Alex si vergognò per come era ridotto quel salone, il tavolino era come sempre sommerso di roba e si vedeva un bello strato di polvere un po’ dappertutto, ma la ragazza non sembrò scomporsi, anzi, dette l’impressione di conoscere bene la casa, dato che si avviò verso la cucina, seguita da Alex. La donna posò sul tavolo il vassoio per poi girarsi verso di lei –Io sono Jane, piacere- si presentò levandosi un guanto e porgendole una mano, Alex subito si presentò stringendogliela –Ero passata a portargli una crostata di more, la sua preferita- spiegò la ragazza indicando il vassoio –Non sapevo avesse visite- aggiunse con una punta  di amarezza che non sfuggì ad Alex –Ecco, in realtà la mia presenza qui è…- ma venne interrotta dall’arrivo di Jason che comparve dietro le sue spalle, salendo dal seminterrato
 –Temporanea- terminò lui, mostrando un sorriso stiracchiato verso la biondina che invece si lasciò andare ad un sorriso radioso. Alex dal canto suo si sentì profondamente ferita dall’intervento di Jason, ma cercò di non darlo a vedere rimanendo in silenzio mentre lui si avvicinò alla nuova arrivata –Che ci fai qui?- le chiese curioso abbozzando un sorriso, lei gli indicò la crostata e Alex si stupì per come il volto dell’uomo si illuminò improvvisamente  –Grazie- le disse abbassandosi verso la biondina e regalandole un casto bacio che subito fece cristallizzare Alex sul posto, a stento dovette trattenere il suo mento che stava per schiantarsi al suolo –Sei libera oggi?- gli chiese lui aprendo la copertura della crostata e annusandone il buon profumo –Si, oggi devo fare dei giri e mi sono presa la giornata, ma volevo portartela- disse la ragazza sorridendogli  -e volevo sapere che fine avessi fatto, dato che dall’altra notte non ti ho più visto- Jason a quelle parole sembrò irrigidirsi appena, mentre Alex fremette sul posto imbarazzata più che mai
–E’ stato un piacere, vi lascio soli- disse girandosi e avviandosi il più velocemente possibile verso il salone dove si sedette sul divano con un tonfo e non seppe spiegarsi perché, ma quella sensazione fastidiosa all’altezza del petto appena aveva visto quella donna non se ne voleva andare, anzi, si tramutò in un misto di tristezza e rabbia
-Chi è?- Jason puntò lo sguardo verde smeraldo di Jane, lo osservava con un misto di curiosità e preoccupazione –E’ la figlia di una mia vecchia conoscenza- rispose Jason sedendosi sulla sedia, Jane gli si avvicinò accarezzandogli una guancia, sapeva che non avrebbe avuto altra spiegazione  –Ogni volta te ne vai e io non riesco mai a sentirti- disse dispiaciuta, mentre lui accennava un sorriso lasciandosi andare a quel gesto delicato  -Vieni con me, oggi?- gli chiese lei sorridendo appena mentre i loro occhi si intrecciavano, Jason levò con delicatezza la mano della ragazza, stringendola leggermente nella sua –Che devi fare?- le chiese invece e lei sospirò girando il volto verso la finestra, la giornata era piuttosto fredda
–Devo andare da mia sorella- ammise la ragazza –non la vedo da un po’- dichiarò ritornando a guardare verso l’uomo –Perché non vieni con me?- gli chiese ancora, ma lui si alzò dalla sedia andando a spegnere il fuoco sotto la pentola che evidentemente aveva messo Alex –Solo per passare una giornata insieme- Jane gli si avvicinò, il viso non più così sereno come pochi istanti prima, lui la guardò impassibile –Perché me lo chiedi?- la sua voce era bassa, ma il suo tono duro –Sai qual è la risposta- lei abbassò la testa  –Non intendo certo forzarti, era solo per stare un po’ insieme- cercò di giustificarsi la ragazza portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, lui sospirò –Lo sai che non voglio certi coinvolgimenti- le disse schietto e lei lo guardò con gli occhi leggermente umidi –Ti basta avermi nel letto- ribatté visibilmente amareggiata, lui mantenne lo sguardo fisso su di lei –Non ti ho mai obbligato, Jane- le disse piano –se pensi che debba finire per me va bene- aggiunse indifferente, lei lo guardò come se lo vedesse per la prima volta –Non pensavo che mi reputassi così di poco conto- disse profondamente ferita – pensavo che un minimo di affetto nei miei confronti lo provassi, ma devo dedurre che il fatto che ci sia questa figlia di una tua conoscenza, mi abbia ancora di più allontanato da te-e fece per andarsene, ma lui la trattenne per un braccio facendola di nuovo voltare verso di se, era adirato –Jane, non farti strane idee in testa solo perché hai visto una ragazzina in questa casa- lei lo fissò sentendo gli occhi pizzicargli –non ho mai voluto una storia da fidanzatini, te l’ho sempre detto e ti è sempre andato bene, perché ora stai facendo così?- e glielo chiese con una freddezza che la fece tremare, non riuscì a guardare quegli occhi blu cobalto e abbassò la testa
–Non sono venuta qui per discutere- disse semplicemente –ero solo passata a salutarti, Jason- lui sembrò calmarsi e sospirò per poi farle alzare il viso con una mano –Stasera verrò da te a cena- e lei sospirò rasserenandosi, portò le sue braccia intorno al suo collo –Ti aspetterò- disse “Come sempre”pensò godendosi quel bacio.
Quando Alex rivide Jane comparire in salone, aveva un viso improvvisamente stanco, sembrava rattristato, la guardò e le sorrise –Ciao Alex, è stato un piacere- le disse la donna facendole un saluto con una mano mentre si infilava i guanti –Anche per me- rispose alzandosi in piedi e prendendo le sue stampelle
 accennando un sorriso mentre la vide scomparire dietro l’uscio, solo allora si decise a spegnere il televisore e ritornare in cucina dove trovò Jason intento a scolare i fagiolini che lei aveva lasciato a bollire minuti prima –Tutto bene?- chiese entrando e avvicinandosi all’uomo che la guardò con un sopracciglio alzato
–Pensi che non sappia capire se la verdura è pronta o meno?- chiese scettico –O pensi che sia distratto come te?- Alex sbuffò alzando gli occhi al soffitto –Parlavo della tua ragazza- rispose spostandosi per permettergli di posare il piatto sul tavolo, lui sorrise appena e iniziò ad apparecchiare –Jane è un’amica- specificò, Alex prese le uova e iniziò a sbatterle in una ciotola
– Un’amica? Sì certo- ripeté ridendo non mascherando il suo scetticismo per quell’affermazione
prese poi una zucchina per affettarla in rondelle sottili  –Sei libera di farti i filmini mentali che vuoi- disse lui–Non mi sembrava stesse un granché bene, poco fa- ammise Alex guardandolo di sottecchi facendo attenzione a versare le verdure in una padella calda con un po’ di olio, lui non disse nulla sistemando sul tavolo i piatti –Non aveva nulla, ma poi spiegami perché dovrei parlarne con te?- chiese infastidito sedendosi al tavolo mentre lei lo guardava con un sopracciglio alzato –Scusa ma visto che non si aspettava di trovarti con una ragazza a casa, ho pensato che si fosse fatta un’idea sbagliata- spiegò cerando di non arrossire, lui trattenne una risata mentre beveva dalla bottiglia di birra per poi guardarla incredulo –Puoi stare tranquilla, ragazzina, qui nessuno ha pensato niente- disse ridendo, Alex sentì il suo viso incendiarsi, così si girò e terminò di preparare la frittata per poi servirla a tavola. Iniziò a mangiare con una certa rabbia che vibrava sotto pelle e non voleva andarsene  –Non avrei mai pensato che un tipo come te potesse avere una ragazza- e lo disse con un tono fin troppo acido anche per le sue orecchie, lui alzò la testa dal piatto e la osservò impassibile  –Te l’ho detto Jane è un’amica- disse serio –Sì certamente, un po’ come mia madre- ribatté acida e lui serrò la mascella e il suo sguardo si fece più cupo –Che centra tua madre?- chiese e Alex non riuscì a trattenersi  –Avanti, non farmi credere che mia madre mi ha spedito qui perché voi due non avevate niente di più oltre che un’amicizia!- non sapeva perché ma non riusciva a fermarsi, sapeva di stare attraversando un campo minato, proprio ora che nonostante tutto si parlavano, ma il conoscere quella Jane l’aveva fatta arrabbiare senza che riuscisse a controllarsi –Non sai nulla- le disse lui freddo come una iceberg  –Forse è vero, non so niente, ma è strano che una donna viene qui, vi baciate e poi mi racconti la favoletta che siete amici, anzi, magari che non la conosci poi così bene!- fece sarcastica, lui si alzò di scatto dalla sedia facendo cadere il bicchiere a terra che si frantumò in mille pezzi, Alex si immobilizzò sgranando gli occhi –Non so come ragiona la tua testolina, ma non sei nella posizione di giudicare le persone, oltre tutto non sai un cazzo di quello che c’era tra tua madre e me!- disse rabbioso – Non devo certo giustificarmi con te di chi conosco o meno, nè raccontarti le mie scopate!- Alex sbiancò a quelle parole che la colpirono peggio di uno schiaffo –Fammi un favore- le disse dopo un attimo di silenzio, si abbassò leggermente sul tavolo verso di lei, era furente –Vedi di farti trovare al 100% al controllo, perché ti voglio fuori dai piedi!- detto questo uscì dalla cucina per poi sbattere  violentemente la porta di casa. Alex era rimasta di sasso, guardava ancora avanti a sé sconvolta –Che ho fatto?!- disse ad alta voce, mentre alcune lacrime iniziarono a rigarle il volto.
Dopo quella ennesima discussione, Alex non aveva visto Jason per tutto il giorno, né per quello dopo né per quello successivo, praticamente era rientrato di notte quando lei dormiva, per riuscire la mattina prestissimo, quando lei riusciva solo a percepire il motore dell’auto. Era il quarto giorno che andava avanti questa sorta di distacco e lei si sentiva profondamente in colpa per ciò che era riuscita a dire, si era comportata in un modo irrazionale che non si spiegava e non trovava giustificazione. Sospirò ancora una volta, mentre cercava di mettere in freezer la parmigiana che aveva preparato la sera prima, ma che era stata appena toccata da lei.
–Ciao bellezza!- la voce di Liz la fece trasalire, vedendola entrare in cucina –Allora come stai?- le chiese la moretta avvicinandosi e dandole un bacio su una guancia, Alex le sorrise –Bene- ammise –faccio praticamente tutto da sola- rispose facendole vedere come aveva preso dimestichezza con le stampelle
-Anche le scale non sono più così spaventose, inoltre il mio ginocchio sta molto meglio!-  rise sedendosi, mentre Liz prendeva due tazze e preparava un po’ di caffè –Sono felice!- le rispose contenta –Sarei voluta passare in questi giorni, ma tra il sistemare l’hotel e il pub, non ho avuto un attimo- ammise Liz sedendosi a sua volta intorno al tavolo -E con il troglodita?- chiese passando al Alex una tazza, la ragazza abbozzò un sorriso di circostanza che impensierì subito la moretta –Alex tutto bene?- le chiese vedendo subito il viso dell’amica adombrarsi –Avete di nuovo litigato?-ipotizzò e vide Alex mordersi un labbro e sospirare
 –Qualche giorni fa- ammise –mi sono comportata malissimo- ammise portandosi le mani a coprirsi il viso, si vergognava come una ladra colta in flagrante –Alex, ma che è successo?- chiese Liz toccandole un braccio. Dopo alcuni istanti, Alex gli raccontò cosa era successo e Liz si trovò ad ascoltare in silenzio –Mi dispiace- disse infine –Jason è così riservato che a stento in paese qualcuno sa di più del suo nome e cognome, tutti sanno ben poco di lui, a parte Mike- disse Liz guardando l’amica –a dire il vero mi sono sempre chiesta perché abbia deciso di tornare qui, dal momento che nel suo campo è piuttosto ammirato e conosciuto, avrebbe potuto rimanere a vivere a Londra, dove so che ha diversi clienti e la sua famiglia- Liz sospirò –ma alla fine penso che abbia scelto di tornare in questo buco di posto, solo perché è un tipo solitario, non è abituato ad avere molti contatti con le persone - Alex sentì di nuovo le lacrime inumidirle gli occhi –Jane è la sua ragazza?- chiese e Liz rimase un po’ stupita da quella domanda –Beh, non ne so poi molto, loro due con mio fratello si conoscono da ragazzini e da quello che mi ha raccontato Mike, Jane è sempre stata innamorata di Jason, ma non credo che lo stesso valga per lui- ammise con una punta di amarezza che non sfuggì ad Alex –Come mai lo odi tanto?- le chiese e per la prima volta vide Liz imbarazzarsi, arrossendo leggermente –Ma non lo odio- disse sorridendo per poi sospirare sotto lo sguardo indagatore di Alex –Ok, lo ammetto a volte sono acida con lui, ma non riesco a non farlo!- ammise facendo ridacchiare l’amica –Vi battibeccate come una coppia di anziani- le disse Alex facendola ridere e arrossire allo stesso tempo, seguirono attimi di silenzio prima che Liz iniziasse a parlare
 – Ho conosciuto Jason quando è tornato a vivere qui intorno ai 20 anni, più o meno, io ne avevo circa 6 quindi si può dire che mi conosce da sempre, sono un pò anche la sua sorella minore e lui per me un altro fratello visto che con Mike sono sempre stati inseparabili- sorrise divertita - Fin da piccola ero piuttosto scalmanata, mi comportavo come un maschiaccio e una volta, avevo circa 12 anni, con dei miei amici decidemmo di fare una sorta di prova di coraggio- si fermò lasciando che la mente vagasse a quel ricordo
 – dovevamo arrampicarci su un albero e chi fosse riuscito ad arrivare più in alto avrebbe vinto,  ovviamente io non volevo perdere, così mi spinsi parecchio su- rise a quel ricordo –ma persi l’equilibrio e caddi malamente a terra rompendomi un braccio e una caviglia- Alex la guardò stupita, non le sembrava che Liz potesse essere stata così da ragazzina –fortuna volle che passò Jason e quando ci vide mi aiutò portandomi prima in ospedale e poi a casa- a quel ricordo le sue guance si imporporarono –beh non so cosa accadde, ma da quel momento si trasformò in una sorta di principe azzurro e tutto per me cambiò; quando si vedeva con mio fratello io lo guardavo con occhi diversi da come avevo sempre fatto, immagino che avessero anche la forma a cuore quando era nei paraggi, fu la mia prima cotta- entrambe le ragazze risero –poi un giorno lo vidi proprio con Jane, erano al bar e si baciarono, per me fu un vero tuffo al cuore, mi ricordo che corsi via e quando tornai a casa dopo aver pianto decisi che dovevo fare di tutto per lasciare i panni da maschiaccio e trasformarmi in una ragazza, pensavo che così gli sarei piaciuta- un sorriso amaro colorì il volto di Liz – Ma tutto cambiò radicalmente una sera, quando mio fratello ed io litigammo perché volevo andare con loro ad una festa e ovviamente non volevano portarmi, ma io mi ero impuntata e l’idea che Jason avesse potuto incontrare altre ragazze mi spiazzava e non volevo- quel ricordo solcò sul volto di Liz un’espressione addolorata –anche perchè in quei mesi ero cambiata, mi ricordo che avevo iniziato ad essere più femminile, a vestirmi più carina, ma lui ovviamente non mi considerava molto, ero una ragazzina di 12 13 anni- le uscì una risata- solo una volta mi disse che sembravo una bambola perchè ero vestita con un abito rosa e avevo legato i capelli- la moretta incontrò lo sguardo di Alex e le sorrise –ho la foto di quella giornata, ero davvero carina- ma poi si incupì –ma tornando a quella sera, vedendo che loro non mi volevano, per dispetto presi uno dei dischi che più amava mio fratello e glielo ruppi davanti agli occhi- Alex ascoltava in silenzio –lui si arrabbiò all’inverosimile, se non ci fosse stato Jason a fermarlo, credo che mi avrebbe ucciso letteralmente e per ferirmi disse a Jason che io gli andavo dietro, che ero innamorata di lui e non facevo altro che scrivere il suo nome su ogni quaderno e sul diario, che ogni giorno passavo ore a pensare a cosa mettermi solo per lui- Liz sospirò abbassando lo sguardo –mi sentii uno schifo, lui mi guardava sbalordito mentre mio fratello stava sbandierando ai quattro venti il mio lato da innamorata e quando si sentì soddisfatto se ne andarono lasciandomi a piangere per ore intere- Alex allungò una mano verso l’amica –Liz mi dispiace!- le disse e lei le sorrise –Da quel momento non sono riuscita più a comportarmi normalmente con entrambi, anche se mio fratello ed io abbiamo poi fatto pace, ma c’è voluto parecchio tempo e, a dire il vero ancora oggi non credo di averlo del tutto perdonato per quella storia- prese un respiro prima di continuare – ma con Jason è stato diverso, mi vergognavo troppo per quello che aveva saputo, lo evitai per giorni come la peste-  il suo sguardo era ancora ferito per quella storia, a quei ricordi –Diciamo che le cose migliorarono quando iniziai a frequentare la scuola superiore e lui l’accademia per cui entrambi ci vedevamo sempre meno, lui spesso era a Londra e con il tempo quel fatto non venne più preso in considerazione da entrambi, ma con lui non riesco più a comportarmi normalmente, mi sono sentita troppo esposta nei suoi confronti – ammise- comunque ora è acqua passata! E poi questo suo caratteraccio chi lo sopporterebbe? A pensarci oggi credo di essere stata davvero una bambina per essermi presa una cotta per un troglodita come lui- e lo disse con un movimento della mano come a voler scacciar via quel passato e quel racconto e fissò di nuovo Alex –Cambiando discorso- esordì  dopo qualche attimo
–il controllo è domani, pensi che ti accompagnerà?- Alex sospirò mordendosi poi un labbro –Non lo so e non ho neanche il coraggio di chiederglielo- ammise triste, Liz batté le mani facendola sobbalzare –Beh, ti accompagnerò io e visto che stai con me, domani andiamo ad una festa a casa di un amico di college di Jessica- disse entusiasta
–Jessica?- chiese Alex non capendo –Si, ci conosciamo da piccole, non è una migliore amica, ma in una cittadina piccola come questa le amicizie non si scelgono, spesso usciamo insieme e mi ha invitato alla festa di un suo amico poco fuori città- Alex sembrò non molto convinta –Non fare quella faccia- le disse Liz muovendole un dito davanti al viso –Non ti permetto di rifiutare! Ci divertiremo e conosceremo altri ragazzi e verrà sicuramente Mark e forse anche Thomas- Alex rise all'espressione fintamente seria di Liz e alla fine si trovò ad accettare accordandosi per il giorno dopo quando la moretta sarebbe passata a prenderla per andare prima al controllo per poi passare il pomeriggio insieme e andare alla festa.
Quando sentì l’arrivo del pick-up quella sera, nonostante avesse passato tutto il restante pomeriggio a convincersi di lasciar perdere di capire un tipo come Jason, sotto consiglio dell’amica, si irrigidì all'istante, cercò di dirottare i suoi pensieri sul fatto che forse dal giorno successivo la loro convivenza sarebbe finita, con l’esito positivo del controllo, così da non dover subire più l’atteggiamento lunatico dell’uomo, ma i suoi pensieri vennero interrotti dall'entrata in cucina del diretto interessato che posò un faldone pieno di fogli sul tavolo della cucina, mentre Alex stava finendo di cuocere le polpette che aveva deciso di preparare.
 –Ciao- azzardò Alex guardandolo di sottecchi, Jason dal canto suo sbuffò e aprì il frigo per prendersi da bere, Alex notò il viso stanco dell’uomo, sembrava più cupo del solito e la cosa la inquietò non poco, ma cercò di occupare la sua mente nel finire di cucinare, mentre lui si sedette su una sedia
 –Tutto..tutto bene?- si ritrovò a chiedere la ragazza vedendolo distrutto, lui a quel punto la guardò e i suoi occhi erano leggermente arrossati così come le sue guance –Si – disse con voce bassa, sembrava stesse faticando anche a stare seduto –Non mi sembri stare bene-  ammise Alex ma lui distolse lo sguardo e sospirò  –Sono solo stanco- rispose, così la ragazza decise di lasciar perdere e riprendere a cucinare, quel giorno era riuscita a fare tutto con una stampella sola e anche ora ci si muoveva con una certa dimestichezza; in breve tempo mise i piatti a tavola iniziando a mangiare –Domani mi accompagna Liz al controllo- esordì spezzando quel silenzio che le stava mettendo solo ansia, lui mugugnò un “ok” disinteressato mentre continuava a guardare il suo piatto, Alex tossì un poco –E dopo andrò con lei ad una festa di alcuni suoi amici- a quel punto lo sguardo di Jason si posò su di lei che cercò di mantenere la calma, ma quegli occhi ogni volta la destabilizzavano –E chi sarebbero?- chiese assottigliando lo sguardo –Non so, sembra un amico di una certa Jessica- a quel nome Jason alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla –ci sarà anche Mark e forse Thomas gli amici di Liz che ho conosciuto la sera dell’incidente- spiegò, lui la fissò finendo di mangiare  –Conosco Liz, ma non capisco come possa frequentare una tipa come Jessica, per non parlare di che razza di amici si tira dietro- disse freddo, Alex in qualche modo si sentì ferita dalle parole di Jason così pronto a giudicare gli altri –Thomas e Mark sono bravi ragazzi- affermò decisa facendo spuntare un sorrisetto sarcastico sul volto di Jason –Ah si? Da cosa l’hai capito da come bevono o perché ti basta passare un’ora con loro per sapere che tipi siano?- le chiese facendola arrabbiare
-Non mi serve un tuo commento o un tuo permesso- disse seria- era solo per informarti che domani non ti starò fra i piedi!- lui sospirò e si alzò dal tavolo per iniziare a sistemare senza dire più nulla, mentre Alex si alzò piano per poi portare il suo piatto al lavandino –Finisco io, vai pure in salone- la liquidò lui senza neanche guardarla, Alex sentì di nuovo una rabbia che l’assalì nel pensare che comunque poteva degnarsi di comportarsi da persona civile, non certo da grande amico, ma almeno quel minimo che permettesse ad entrambi una convivenza serena, invece ogni volta quel modo di fare, di parlare, di guardarla le facevano mettere in discussione tutto. Sbuffò sonoramente e si allontanò dalla cucina lasciandolo solo, per poi salire le scale con enorme fatica, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di farsi aiutare, chiudendosi  nella sua stanza.
Dire che si sentisse a pezzi, era davvero un eufemismo, non c’era parte del corpo che non gli facesse male, per non parlare della testa che pulsava malamente da almeno due ore; alla fine decise di prendersi un’aspirina, sospettava di avere la febbre ma pensare di stare a casa, con lei, era fuori discussione. Quella bocca che a guardarla ricordava una ciliegia, l’aveva fatto andare davvero su tutte le furie soprattutto per il modo di parlargli. Lei non sapeva un tubo del rapporto speciale che lui ed Emma avevano avuto e non avrebbe permesso a nessuno, tanto meno a lei, di parlar male o fare allusioni. Con rabbia chiuse l’acqua e spense la luce andando in salone dove sistemò il fuoco per poi sprofondare sul divano, erano due giorni che sicuramente la febbre lo aveva beccato in pieno, ma pensare di dover stare a casa con Alex, l’avevano invogliato ad andare addirittura a Londra a parlare con un paio di clienti che da tempo volevano vederlo per commissionargli altri lavori. Neanche la chiacchierata con Mike la sera prima era riuscita a rabbonirlo, ancora si chiedeva che diavolo le fosse saltato in mente di alludere a quella ragazzina che a mala pena riusciva a non farsi fregare un osso da un cane; posò un braccio sugli occhi distendendo le gambe, nonostante il divano fosse ampio, aveva gran parte delle gambe che uscivano dalla parte opposta, ma ora tutto quello che chiedeva era poter stare lì e rilassarsi, aspettare almeno che il mal di testa si placasse, per poi andarsene a letto. Gli tornarono in mente le parole di Alex, sospirò pensando che avrebbe passato una serata con quel tipetto di Jessica e i suoi amici, la cosa non l’aveva entusiasmato per niente, conosceva Liz, ma quei tipi che ogni tanto gli apparivano al fianco non gli piacevano per niente, ancora ricordava le moine che quella svitata di Jessica elargiva sia a lui che a Mike ogni volta che entrava nel pub. Senza pensarci tanto tirò fuori dalla tasca dei jeans il cell.
 
22.03 Jason: Ho saputo della festa a cui parteciperanno Liz e Alex domani, ne sai niente?
22.12 Mike: Liz non mi ha detto nulla, di che si tratta? Siamo invitati? ;)
22.20 Jason: La festa è di un amico di Jessica ..vuoi davvero fare il baby-sitter?! Cmq informati su dove la faranno, fatti dare il nome del tipo della festa e l’indirizzo
22.27 Mike: Perché?
22.29 Jason: Fallo!
22.31 Mike: Signorsì!!
22.34 Jason: Sei un idiota..Liz accompagnerà Alex al controllo e resteranno insieme, almeno ho un riferimento
22.46 Mike: deduco che state ancora come ieri…
 
Jason sospirò per poi tirarsi faticosamente in piedi e andare in camera sua, ma quando arrivò sopra le scale, si fermò ad osservare la porta socchiusa della stanza di Alex da cui filtrava della luce, si maledì perché non riuscì a non avvicinarsi e osservare cosa stesse facendo. Sbirciando la vide nel letto, il volto corrucciato, mentre leggeva un libro dalla copertina rossa e nera, si vedeva chiaramente che la sua mente era da tutt'altra parte mentre, cocciuta, cercava di continuare la lettura di quel libro. Con la massima cautela Jason girò sui tacchi ed entrò in camera sua, solo quando si sdraiò sul letto, si accorse di sorridere.
 
Note
 
Può sembrarvi lento il modo di interagire fra i due, in realtà è voluto.
Dipende dal fatto che sono molto lontani come età ed esperienze, per non parlare del passato che in qualche modo li unisce sotto il nome di Emma e crea questa sorta di amicizia forzata, mi piaceva creare un rapporto che si costruisse anche con piccoli cambiamenti, sfumature, scontrando i due caratteri...spero di riuscire nell'intento. Grazie a chiunque continui a leggere questa storia e ovviamente ogni commento è ben accetto! Grazie

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Capitolo 12
*** 11 ***


Aveva passato una notte a rigirarsi nel letto senza riuscire a prendere davvero sonno, osservando le luci del mattino schiarire il cielo filtrando attraverso le persiane malconce, osservare come la luce dissipasse le ombre e illuminasse la sua stanza. Non aveva fatto altro che  pensare a Jason e a quel caratteraccio assurdo che si ritrovava, per non parlare del modo che aveva nel guardarla, le faceva andare in pappa il cervello, si chiedeva come facesse quella ragazza bionda ad essere innamorata di uno come lui; poi quella sensazione fastidiosa si affacciò in lei nel ripensarli insieme, si chiedeva perché le dava tanto fastidio, pensando che il suo malessere era dato dal fatto che da quando sua madre era venuta a mancare e lei era stata spedita lì, Jason in qualche modo era diventato “casa”, era diventata la persona più vicina che mai avesse avuto all’infuori di sua madre, colui che lei aveva scelto come aiuto per la figlia, per darle la possibilità di vivere in maniera più normale rispetto a quanto avesse fatto prima e Jason era diventato in qualche modo la sua famiglia, anche se lui avrebbe dato sicuramente di matto se per caso avesse avuto il sentore di quei pensieri; Alex non capiva perché questo sentimento le si fosse così radicato nella pelle nonostante lui avesse più e più volte manifestato il fatto di non tollerare quella convivenza, ma era sicura che fosse quello il motivo del fastidio, della frustrazione, forse aveva solo paura di perdere anche lui, forse nonostante fosse il tipo burbero e solitario che stava imparando a conoscere, lo aveva accettato nella sua vita, cosa che lui non sembrava ancora aver digerito. Guardò il cellulare sbuffando per l’ora e decidendo di andarsi a fare una doccia per levarsi dalla mente quei pensieri che le stavano davvero riempiendo la mente solo di domande. Una volta finito scese le scale per  mangiare qualcosa, ma per poco non perse l’equilibrio sulla soglia della cucina nel ritrovarsi Jason in cucina; quella mattina non aveva controllato la finestra, sicura di essere sola a casa, invece se lo trovò seduto lì con una serie di fogli davanti che scrutava con attenzione e lei non riuscì a non rimanere qualche attimo ad osservarlo, con la luce del giorno a scolpire il volto serio e attento, quasi a voler evidenziarne il viso ben definito, i capelli che gli ricadevano sulla fronte coprendogli come sempre un po’ gli occhi, indossava una maglia verde militare a maniche lunghe e teneva le braccia incrociate sul tavolo, mentre una mano giocava con una matita. In quel momento, forse sentendosi osservato,  alzò la testa di scatto facendole fare un salto sul posto –Buongiorno, non pensavo fossi a casa- disse impacciata andando subito verso il ripiano per prepararsi un caffè, sentendo chiaramente lo sguardo di lui pungerle la schiena –Ne vuoi?- chiese senza girarsi –Si, grazie- rispose con la sua voce bassa, Alex sentì un brivido lungo la schiena, era sempre stato quello il suo tono, o era lei ad essere strana? Pensò mentre preparava due tazze, prendendosi poi un paio di fette di pane e della marmellata, quando anche il caffè fu pronto si girò verso Jason che aveva ripreso a studiare con attenzione i fogli su cui segnava degli appunti, Alex gli passò la tazza di caffè e prese posto iniziando a mangiare, cercando di occupare la sua mente con qualsiasi cosa non fosse lui  –A che ora passa Liz?- solo quando lo sentì parlare incrociò quello sguardo cobalto, sembrava un po’ più riposato della sera prima, ma i suoi occhi erano ancora arrossati così come il suo viso –Per le 16.00- rispose incerta –Hai la febbre?- chiese a sua volta, lui irrigidì la mascella, abbassando la testa a quei disegni, Alex giurò che le labbra di Jason avessero accennato un sorriso mentre riprendeva a sorseggiare il caffè caldo
–Vuoi mangiare qualcosa per pranzo?- si sforzò di chiedergli mentre finiva la sua veloce colazione –No, sto bene così- le rispose senza guardarla, Alex sospirò e decise che avrebbe fatto lei, ancora una volta, il primo passo –Mi dispiace- disse con uno sforzo che le costò un altro sospiro, lui alzò lentamente la testa da quei fogli e la guardò dritto negli occhi, ma non disse nulla –Io- Alex sentì la gola farsi secca –Ho sbagliato a parlarti in quel modo, mi dispiace- disse – non so niente né di te, né del rapporto che avevi con mia madre, lei non mi ha mai detto molto, e non sono nessuno per parlarti in quel modo sulla tua vita privata, mi dispiace davvero- alla fine era giunta alla conclusione che si sentiva profondamente mortificata e in colpa per quello che gli aveva detto e il modo in cui si erano parlati. Cercò di rimanere seria continuando a reggere lo sguardo dell’uomo, anche se i suoi occhi la tradirono inumidendosi, dal canto suo, Jason la fissò ancora qualche attimo, poi si appoggiò allo schienale della sedia –Dove andrai con Liz?- chiese cambiando volutamente discorso, lei rimase spaesata da quella domanda, insomma gli aveva chiesto scusa e lui invece di risponderle un semplice “grazie” le stava rivolgendo una domanda che non c’entrava niente
–Non so- disse infine, lui sbuffò alzandosi dalla sedia raccogliendo i fogli, si fermò su uno di essi strappandone un pezzetto e scrivendoci  sopra qualcosa –Questo è il mio numero, vedi di appuntartelo- disse severo e le passò il pezzetto di carta che Alex prese a bocca aperta, quando lo vide allontanarsi si alzò e cercando di sveltirsi con la sola stampella, lo seguì fino in salotto, dove lo vide sistemare i fogli dentro una cartellina e infilarsi una giacca –Ma dove vai?- gli chiese ancora con il foglietto in mano, lui la guardò appena mentre apriva la porta prendendo le chiavi del pick-up –Da un cliente, vedi di non ubriacarti e soprattutto, per una volta, vedi di usare la testa- detto questo uscì di casa lasciando un’esterrefatta Alex ferma in mezzo al salotto
-Avanti non fare quella faccia!-Liz era almeno da un’ora che cercava di sollevarle il morale, ma Alex era profondamente a terra. Il controllo era andato bene, tutto sommato avrebbe dovuto gioire del fatto che il suo ginocchio si stesse riprendendo, inoltre il tutore era stato sostituito da una stretta fasciatura che doveva tenere almeno per dieci giorni, per effettuare l’ultimo controllo, ma questo significava dover affrontare ancora una volta Jason. Sbuffò sonoramente sdraiandosi sul letto di Liz, mentre quest’ultima continuava a tirar fuori dal suo armadio una serie di vestiti che avrebbe provato per la serata
 –Vedrai che Jason non ti dirà niente, anzi- le disse Liz guardando un paio di pantaloni neri che poi buttò malamente dentro il suo armadio –Lo conosci meglio di me, Liz, quello mi vuole fuori dalle scatole! Me lo ha anche detto l’altra volta!- Alex ricordò quella litigata, quando per la prima volta il volto di Jason e la sua rabbia le avevano fatto paura, Liz le si posizionò davanti con le braccia sui fianchi –Non conta la volta scorsa, Alex, avevate litigato come altre cento volte e come succede sempre con chiunque abbia a che fare con lui!- le disse –Ora smettila di stare lì come una mummia e vieni ad aiutarmi a scegliere cosa mettermi e soprattutto a vedere se c’è qualcosa che può interessarti!- Alex sospirò guardando il soffitto, aveva paura di ricevere un "ben servito" da lui, di dover fare di nuovo le valigie e andarsene ancora, senza una meta, senza nessuno e la cosa le procurava solo tanta ansia -E poi se proprio ti vuole mandare via, non ti preoccupare, puoi venire a stare con me e Mike!- disse Liz ridacchiando attirando l'attenzione di Alex che la guardò con un sorrisetto sulle labbra -Da voi? E i tuoi non ti farebbero problemi?- chiese avvicinandosi al bordo del letto per iniziare a dare un po’ di attenzione ai vestiti di Liz che fino a quel momento sembrava non aver trovato nulla che valesse la pena di indossare, la moretta fece un'alzata di spalle -Ma noi viviamo soli, per i miei non sarebbe certo un problema- spiegò riprendendo a sistemare alcune maglie, Alex la guardò stupita da quella confessione, ma qualcosa le fece capire che era meglio per il momento non fare altre domande.
-Lo sai che sei un coglione, vero?- Mike alzò gli occhi al soffitto all’ennesimo insulto da parte dell’amico che quella sera aveva deciso di sfogare il suo malumore insultandolo, reso peggio del solito dal suo essere visibilmente febbricitante –A dire il vero sapevo fossi tu, visto che te lo ripeto spesso- rispose sornione guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Jason seduto al solito posto nel pub –Te l’ho chiesto da ieri di informarti su dove sarebbero andate!- puntualizzò il moro mentre Mike finì di pulire un paio di bicchieri e preparare due boccali da servire all’ennesimo tavolino –Jason, ti ho detto che non ho visto mia sorella per tutto il giorno e sinceramente non c’ho proprio pensato!- sbuffò -Comunque stai davvero esagerando! Sono andate a divertirsi, cavolo!- Jason abbassò la bottiglia di birra che stava bevendo –Mike, è esattamente questo ciò che mi preoccupa, soprattutto se c’è’ quella svitata di Jessica!- Mike sospirò ancora una volta passando il vassoio al giovane David che quella sera avrebbe sostituito la sorella. David aveva appena 18 anni, era il figlio di un amico di vecchia data del padre di Mike che cercava lavoretti per rimediare qualche soldo, studiava matematica e aveva il classico aspetto del tipo precisino, con gli occhialetti dalla montatura scura a contornare gli occhi marroni così come i suoi capelli, era piuttosto alto e magro –Ehi David- Mike si appoggiò al bancone guardando come Jason avesse deciso di approcciarsi al ragazzino che appena venne chiamato si mise sull’attenti, neanche fosse stato davanti un generale dell’esercito, questo era l’effetto che Jason aveva su molte persone –Tu sai dove è andata Liz?- gli chiese seccato il moro assottigliando lo sguardo, David si sentì subito in imbarazzo, quell’uomo lo spaventava un po’, non che gli avesse mai fatto nulla, anzi, ma aveva l’aria di uno che non ama molto il genere umano e soprattutto non ottenere ciò che vuole; in un gesto automatico, David si sistemò gli occhialetti e fissò Jason  –So che c’era una festa- rispose prendendo poi il vassoio e sperando che la risposta bastasse, ma ovviamente si accorse di non aver soddisfatto l’aspettativa dell’uomo che mugugnò qualcosa innervosendosi, così il ragazzino incrociò di nuovo quello sguardo tagliente –Ma…ma non so dove sia, con Liz non abbiamo molti amici in comune- si sbrigò a dire per poi dileguarsi tra i tavoli, mentre Mike non riuscì a non trattenere una risata
 –Dovevi arruolarti nelle forze speciali, amico! Con te capitolerebbero in parecchi!- Jason sbuffò ritornando a bere la sua birra –Dai vedrai che andrà tutto bene, inoltre se oggi il controllo è andato come doveva andare, Alex ti starà fuori dalle scatole già da domani- fece allusivo l’amico –non è quello che volevi?- Mike si dileguò nella cucina, lasciando che quella domanda investisse un Jason non preparato ad accoglierla. Si fermò con la bottiglia a mezz’aria e rivide la discussione che aveva avuto con la ragazzina qualche giorno prima; gli tornarono in mente le parole che lui stesso gli aveva sputato addosso 
-Fammi un favore- le aveva detto  dopo un attimo di silenzio –Vedi di farti trovare al 100% al controllo, perché ti voglio fuori dai piedi!-“
 Deglutì a fatica la birra che aveva ancora in bocca, ricordando l’espressione sconcertata e impaurita di Alex, era stato davvero un coglione, aveva ragione Mike. Come al solito era scoppiato senza un vero motivo, inoltre c’era modo e modo di parlare, soprattutto ad una ragazzina di 20 anni, invece lui si era limitato ad aggredirla e farle capire che doveva togliere le tende al più presto –Come mai quella faccia?- Mike era tornato con in mano alcuni piatti per David che subito si dileguò, Jason sospirò –Sono un coglione- ammise visibilmente amareggiato e Mike non trattenne un sorriso –Finalmente su qualcosa siamo d’accordo- disse ridendo –Mike, dico davvero, non è normale che non riesco a parlarle e a comportarmi ogni volta così- Jason sembrava davvero irritato e frustrato per la cosa, Mike si appoggiò sul bancone facendo sparire lo sguardo gioviale che aveva per divenire subito serio –Jason, te l’ho già detto come la penso, ma non mi sembra che tu voglia sentire dei consigli da un amico- rispose e Jason si ritrovò a guardarlo negli occhi
–Quella ragazzina non ha nessuno e se Emma te l’ha spedita qui, è in memoria e dell’amicizia che c’era tra voi, ma tu sei ancora legato ad un passato che non può più tornare e l’hai iniziata a punire come se la causa di tutto fosse lei, senza neanche provare per un attimo ad affrontare la situazione- Jason abbassò lo sguardo colpevole, sapeva che Mike aveva ragione, ma ogni volta commetteva sempre lo stesso errore –Se non vuoi che se ne vada, basta che glielo dici- disse Mike –Ma io voglio che vada via!- rispose di getto Jason alzando leggermente la voce e incrociando di nuovo il volto dell’amico –Ne sei davvero sicuro?- chiese allusivo Mike –Ti sta bene che se ne vada via?- in quel momento il cellulare di Jason iniziò a vibrare nella tasca dei jeans, si sbrigò a prenderlo e rispondere senza neanche guardare chi fosse –Pronto?- chiese continuando a guardare Mike che ora si era messo a pulire il bancone rimanendo comunque lì davanti a lui –Jason!Aiuto!- quella voce lo cristallizzò all’istante, tanto che anche Mike si insospettì dalla reazione dell’amico –Alex!Che succede?- chiese sentendola piangere
 –Jason per favore vieni a prendermi!Liz sta male!Non so che fare!- sembrava davvero disperata, Jason scattò in piedi e fece un cenno all’amico di seguirlo, subito Mike chiamò David –Pensaci tu qui, David! Torno il prima possibile!- gli gridò e seguì l’amico fuori dal pub –Alex non so dove siete!Che diavolo succede?- mentre parlava ancora al telefono era salito in auto insieme a Mike –Che succede?- chiese quest’ ultimo ma Jason non gli rispose
Io non lo so dove siamo!- urlò la ragazza dall’altro capo del telefono –Alex, stai calma e pensa a qualcosa che mi faccia capire dove siete!- disse Jason accendendo il motore dell’auto e cercando di rimanere calmo nonostante l’adrenalina avesse iniziato a scorrergli in tutto il corpo –Hai visto qualcosa lungo la strada che ti ricordi?- le chiese uscendo dal parcheggio del pub –Io, non lo so! Oh Dio Jason per favore, Liz , ha vomitato ed è svenuta! Non so che fare! Ho paura!- la voce isterica di Alex era udibile anche da Mike che si allarmò prendendo dalle mani di Jason il cellulare –Alex, sono Mike! Stiamo venendo! Ma  devi dirmi se state ancora a casa di quel tipo, Harrison!- Jason lo guardò stupito, dal momento che fino a qualche minuto prima Mike sembrava all’oscuro di dove potessero essere le due ragazze –Ok, perfetto, dacci dieci minuti e siamo lì! - detto questo attaccò –Prendi la strada statale B6341, verso nord- indicò a Jason che senza dire nulla, fece un’inversione a U e premette sull’acceleratore. Usciti dalla cittadina proseguirono per la strada statale fino ad arrivare ad un bivio e prendere verso la strada provinciale   –Come diavolo sapevi dove fossero?- sbottò Jason che fino a quel momento era stato in silenzio a seguire le indicazioni di Mike, dal canto suo l’amico non rispose subito tenendo gli occhi inchiodati alla strada, con il viso visibilmente contratto  –Liz me lo ha detto prima di andarsene, ma non pensavo servisse davvero saperlo. Gira qui!- fece di colpo e Jason sterzò sbandando leggermente nel prendere una stradina sterrata –Perché non me l’hai detto quando te l’ho chiesto?- chiese arrabbiato Jason –Volevo vedere fino a che punto arrivavi nel ripeterti che non ti importa di lei e la vuoi fuori dalle scatole, per poi dimostrare come sempre il contrario!- sbottò il rasato e le sue parole furono per Jason un ennesimo colpo allo stomaco, ma non rispose serrando la mascella per la rabbia che provava. Nel giro di un paio di minuti arrivarono all’entrata di una villa, si sentiva la musica a tutto volume anche da li, si scambiarono una rapida occhiata e con l’auto arrivarono davanti il portone d’entrata. Jason aveva sentito parlare della famiglia Harrison, una delle più in vista della zona, il Signor Harrison era parte della comunanza da una vita, famoso soprattutto come legale, si era guadagnato una fortuna vincendo cause importanti seguendo la vita politica del paese, la moglie si occupava di mostrare la sua persona accanto a quella del marito, mentre il loro unico figlio era l’erede di una fortuna, un ragazzo viziato e con la mania di onnipotenza, che riversava nelle auto sportive che mostrava come biglietto da visita. La villa era in pietra a due piani e circondata da un vero e proprio parco, la porta era aperta e dalle vetrate si vedevano le luci della villa completamente accese, sul bel portico c’erano diverse persone a parlare ad un volume nettamente alto. Mike scese per primo e si diresse subito verso l’entrata prendendo il primo tipo che gli capitò a tiro, un ragazzo visibilmente ubriaco –Ehi!- lo scosse prendendolo per il colletto della camicia –Conosci Liz? Hai visto una ragazza star male?- il tipo rideva mentre continuava ad essere strattonato da un Mike visibilmente su di giri, ma non avendo ricevuto una risposta sensata, il rasato lo lasciò e si intrufolò dentro dove sia lui che Jason rimasero sbalorditi dalla quantità di persone che c’erano; nonostante la grandezza dei due saloni, le persone erano ammassate, a fatica si fecero strada chiedendo a chiunque se avessero visto o conoscessero Alex o Liz –Mike!- la voce di Jason riscosse l’amico che guardò in direzione del dito di Jason che indicava uno degli amici di Liz, subito si avviarono verso il ragazzo biondo che avevano visto spesso al pub scherzare con Liz –Ehi!-li salutò quest’ultimo vedendoli, era ubriaco anche lui e sia Jason che Mike sospettarono che avesse anche assunto qualcosa, visto il volto stravolto e lo sguardo allucinato
 – Dov’è Liz?- gli chiese Mike sbattendolo contro la parete, il ragazzo mugugnò dal dolore per poi ridere
–Non lo so! Era qui, forse di sopra- biascicò –Testa di cazzo, dimmi dov’è mia sorella!- lo scosse ancora Mike rosso in volto, Jason riuscì a staccarli spostando di peso l’amico –Andiamo di sopra!- gli urlò e insieme salirono al secondo piano dove aprirono diverse porte trovandosi  davanti agli occhi chi si stava divertendo  tirando una bella dose, chi aveva fatto del proprio corpo il fulcro della serata.
–Cazzo, non sono qui!- sbottò Mike sbattendo un pugno ad una parete, Jason era altrettanto alterato, aveva provato a richiamare Alex, ma il cellulare era spento. Decisero di tornare al piano terra e mentre stavano per scendere videro Jessica venire verso di loro con il solito sorriso da stupida, reso ancora più idiota dal fatto che fosse visibilmente strafatta –Ciao bellezze!- li salutò, era fasciata in un vestitino rosso che non lasciava nulla all'immaginazione, i suoi capelli biondi erano raccolti e il suo sorriso era evidenziato da un rossetto dello stesso colore del vestito –Dove sono Liz e Alex?- Mike le piombò praticamente addosso seguito da Jason, la ragazza si accostò al muro presa alla sprovvista –Fino a poco fa si stavano divertendo parecchio con un paio di ragazzi- disse sorniona scatenando un’ira inaudita ad entrambi gli uomini che si trattennero nel buttarla giù dalle scale, lei si passò la lingua sulle labbra –Perché non ci divertiamo anche noi?- chiese facendo scivolare una sua mano sul petto di Mike che subito la fermò stringendo le dita sottili, Jessica gemette incredula –Dimmi.Dove.Sono!- scandì ancora Mike ad un soffio dal volto della ragazza –Non lo so, cazzo!- sbottò con gli occhi umidi –Le ho viste di sotto nella sala hobby, l’ultima volta!- Mike la lasciò subito e continuò a ridiscendere le scale seguendo Jason che si era praticamente lanciato di corsa. Scesero al seminterrato grande quanto il piano superiore, con enormi vetrate aperte sul giardino circostante dove anche lì la gente si stava, a modo loro divertendo; i due cercarono tra la folla ma non le  trovarono, così decisero di controllare in uno dei bagni dove invece si imbatterono su un tipo che stava rimettendo anche l’anima –Che facciamo?- chiese Mike guardandosi intorno poi gli occhi di Jason vennero catturati da un movimento fuori la vicina vetrata e senza pensarci troppo si avviò a passo di carica verso la parte esterna.
-Lasciami!- Alex cercava di liberarsi da questo tipo che le si era praticamente attaccato addosso, era riuscita a trascinare di peso l’amica di fuori, appena Liz aveva dato segni di ripresa, facendola sdraiare su una panchina sperando di vederla rimettersi in piedi, ma lei era di nuovo ricaduta in uno stato comatoso e in quel momento il tizio, alto e muscoloso le si era attaccato addosso –Dai, andiamo a divertirci, sei così bella- le diceva prendendole le mani, Alex cercò di divincolarsi ma lui se la tirò addosso, puzzava di alcool in maniera imbarazzante e Alex dovette trattenere un conato nel sentirselo vicino –La tua amica si sta facendo una dormita, vieni che ti faccio divertire- le stava dicendo, Alex sentiva gli occhi pizzicargli, inoltre il suo ginocchio non le permetteva di muoversi bene –Ho detto di lasciarmi!- urlò ma sapeva che la sua voce era sovrastata dal caos che regnava il quella bolgia. In quel momento uno strattone allontanò quel tipo dal suo corpo e rimase ad occhi sgranati ad osservare Jason sbattere quel ragazzo addosso al muro
–Coglione se non te ne vai ti faccio ingoiare i denti- gli sibilò contro per poi spingerlo via e solo quando lo vide barcollare verso l’interno spaventato a morte, Alex guardò Jason sentendo gli occhi inumidirsi e subito gli si lanciò addosso lasciandosi stringere e affondando con il viso nel maglione nero che indossava –Grazie- disse riempiendosi  di una gioia mai provata quando si sentì stringere a sua volta, poi lentamente si staccò da lui asciugandosi il viso e girandosi verso Liz che era tra le braccia di Mike, lui le sorrise non mascherando però preoccupazione –Andiamo- disse stringendosi la sorella ancora priva di sensi addosso. Lentamente tornarono verso l’auto lasciando quell’inferno –Ti porto in ospedale!- disse Jason a Mike  che si sedette sui sedili posteriori senza mai lasciare la sorella, si limitò ad un cenno del capo, mentre Alex aveva preso il posto accanto a Jason. Nel giro di quindici minuti furono all’interno dell’ospedale dove Liz venne subito fatta visitare –Andate a casa, ragazzi- disse loro Mike, sedendosi su una delle sedie della sala d’aspetto –Non se ne parla- rispose brusco Jason e Alex si limitò a guardare Mike ed accennare un sorriso –Aspettiamo anche noi- disse sedendosi a sua volta, sfinita. Rimasero in silenzio fino a quando Mike non venne chiamato da un’infermiera e solo a quel punto Jason, vedendo l’amico allontanarsi con il dottore,  si girò a guardarla negli occhi; Alex non riusciva ad incrociare quel viso, si sentiva in colpa per come fossero andate le cose –Si può sapere che diavolo è successo?-  le chiese cupo e Alex si limitò ad abbassare la testa mortificata –Non lo so- rispose mesta –Che diavolo vuol dire?- l’aggredì lui e lei si portò una mano sul viso stanco –Appena arrivate ci siamo viste con gli amici di Liz ed è andato tutto bene, finchè non hanno iniziato a girare dei bicchieri di un colore strano, con la sfida di chi avesse avuto il coraggio di berlo- a quelle parole Jason non trattenne uno sbuffo –E poi?- chiese –Liz ha voluto provarlo, ho cercato di farle cambiare idea, ma non ci sono riuscita e dopo una decina di minuti che l’ha bevuto ha iniziato a stare malissimo- a quel ricordo Alex dovette sforzarsi di non ricominciare a piangere –ha dato di stomaco e ha collassato- si stringeva le mani in grembo non riuscendo a guardarlo – non sapevo cosa fare- ammise ancora incredula per quella serata, in quel momento Mike comparve da dietro le porte scorrevoli che separavano il pronto soccorso dalla sala d’attesa, Jason si alzò appena lo vide seguito da Alex visibilmente stanca –Allora?- chiese Jason in apprensione, Mike sbuffò strofinandosi il viso –La tengono in osservazione, si è ripresa appena le hanno somministrato delle flebo, ma credo che vogliano farle una lavanda gastrica- guardò poi Alex con un leggero sorriso –Grazie, Alex- le disse –La ringrazi per cosa di preciso?- chiese sarcastico Jason guardando prima uno e poi l’altra –Per esserti presa cura di Liz fino al nostro arrivo, quell’idiota non sa cosa significhi conoscere i propri limiti- disse Mike più sereno, poi si rivolse a Jason –Dammi uno strappo al pub, per favore- detto questo si avviarono di nuovo all’interno dell’auto diretti verso il Blue Line.
Ormai erano le 2.45 di notte, Alex non riusciva a trattenere gli sbadigli –Grazie ragazzi, ci si vede- salutò Mike scendendo dal pick-up –Fammi sapere come sta- gli disse Jason prima che richiudesse lo sportello –Ci sentiamo domani- rispose Mike, facendo anche un occhiolino ad Alex che gli sorrise. Nel giro di altri dieci minuti l’auto si fermò finalmente a casa, Alex si sentiva distrutta e il ginocchio le faceva parecchio male, il medico le aveva detto di provare a muoversi senza stampelle, avendo cambiato il tutore per una fasciatura, ma dopo tutto il giorno in piedi senza l’aiuto della stampella, si sentiva davvero sfinita, per non parlare degli stivali alti che aveva indossato, non vedeva l’ora di liberarsi di quei maledetti cosi. Scesero in silenzio, ma quando iniziò a camminare zoppicando per rientrare in casa, Alex si sentì sollevare da terra per ritrovarsi tra le braccia di Jason, diventando rossa come un pomodoro nel giro di un nano secondo; lui la guardò mostrando un sorriso appena accennato –Non farci l’abitudine- le disse per poi entrare in casa e salire velocemente le scale dove entrò in camera di Alex accendendo la luce con un gomito e lasciandola direttamente seduta sul letto –Grazie- gli disse lei ancora rossa in volto ma felice, lui la guardò e solo in quel momento mise davvero a fuoco la figura di Alex, con tutto quel casino non si era reso conto dei jeans che indossava, degli stivali alti e neri, della giacca sbottonata che lasciava intravedere una maglia bianca trasparente, per poi notare il trucco marcato su quei bellissimi occhi chiari, ora leggermente sbavato, e i capelli castani lasciati sciolti ma ondulati  –E tu saresti andata alla festa conciata così?- le chiese incrociando le braccia al petto, Alex rimase per un attimo interdetta a quella domanda, lui le fissava il viso e il leggero sorriso aveva lasciato il posto alla sua solita espressione  seriosa –Perché?- chiese non capendo e lui le si avvicinò abbassandosi al suo livello  –Ti garantisco che non avrai un’altra possibilità di andarti a divertire, se deciderai di rimanere- le disse a un soffio dal viso, Alex sgranò occhi e bocca a quella frase –Per cui pensaci bene, se deciderai di vivere con me, dimenticati una serata del genere-  Alex dovette trattenere il respiro sopraffatta da quel modo di fare di Jason –e soprattutto scordati di andare in giro in questo modo- aggiunse prima di ritornare nella posizione iniziale ed uscire dalla stanza accostandole la porta.
Nonostante la durezza per come gli avesse detto quelle cose, Alex si portò una mano sul cuore che le correva veloce nel petto e non riuscì a non sorridere.

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Capitolo 13
*** 12 ***


12
 
Aveva dormito poco e niente dopo quella serata da dimenticare, dove per poco Liz non ci rimetteva le penne, ma quando si alzò dal letto si sentì tremendamente felice perché qualche ora prima Jason le aveva fatto intendere che sarebbe potuta rimanere lì con lui, anche se ovviamente lo aveva detto in un modo un po’ strano “Proprio alla Jason” si ritrovò a pensare, ma questo le aveva davvero dato la speranza che forse una convivenza tra loro per il momento poteva esserci, senza preoccuparsi su dove andare o cosa fare, per ora poteva mettere un punto a ciò che c’era stato prima e finalmente ripartire da qualcosa; andò ad osservare il cielo blu che quella mattina era privo di nuvole, grazie al vento che sferzava e guardò giù lasciando che le labbra le si increspassero  in un sorriso sapendo che Jason era a casa, lei voleva davvero crederci. Una volta sistemata, prima di scendere in cucina si fermò sul corridoio sentendo un forte colpo di tosse provenire dalla stanza di Jason; anche il giorno prima non le sembrava stare bene, ma sentirlo tossire in quel modo le fece capire che evidentemente aveva ragione lei, quando gli aveva chiesto se avesse la febbre ed, ora, si spiegava anche perché fosse ancora a letto nonostante fossero le 13.15. Rimase immobile mentre Jason aveva smesso di tossire e di nuovo tutto fu avvolto dal silenzio, non sentendo provenire alcun rumore da dentro, decise di non disturbarlo scendendo lentamente le scale cercando di fare il minimo rumore possibile; una volta in salone si sbrigò ad accendere il fuoco guardandosi poi intorno e decidendo di iniziare a dare una sistemata al caos che regnava. Iniziò dal tavolino, buttando ciò che evidentemente stava facendo la muffa e sistemando le riviste nella libreria, stando ben attenta a non impicciarsi, le era bastato la prima volta, seguì poi con prendere un bel panno dalla cucina e iniziare a spolverare. Quando sentì di nuovo tossire Jason che non aveva tirato ancora fuori il naso dalla sua camera, decise di preparagli qualcosa di caldo, così nel giro di mezz’ora aveva cucinato una buona minestra di patate che posizionò in una scodella con un po’ di pane e dell’acqua che sistemò sul vassoio, lo stesso che le era stato portato quando era lei ad essere allettata. Con attenzione iniziò a risalire le scale, ringraziando il ginocchio e la fasciatura che le permettevano di muoversi con più scioltezza, ma una volta davanti la porta l’imbarazzo l’assalì nel pensare di entrare in quella stanza, da quando viveva lì non c’aveva mai messo piede, come se fosse una zona “Off Limits” per lei; rimuginò su questa cosa per qualche istante, ma alla fine si fece coraggio e bussò piano prima di aprire e sbirciare all’interno: la camera era avvolta dalla luce, le persiane come quelle della sua camera, erano per lo più rotte, ma la cosa che la colpì, fu soprattutto il profumo di Jason che per un attimo le fecero girare la testa. Osservò imbarazzata quell’ambiente piuttosto semplice, puntando lo sguardo sul bel comò scuro addossato sulla parete di destra, con vicino una poltrona completamente ricoperta di abiti buttati a casaccio, mentre sulla parete accanto alla porta c’era l’armadio con le ante semi aperte e dal quale sbucavano vestiti ammucchiati, anche qui la carta da parati era sui toni del verde con qualche intarsio giallino da rendere l’ambiente un po’ retrò, alla fine puntò i suoi occhi sul letto matrimoniale e quindi su Jason. Un sorriso le colorì il viso vedendolo completamente avvolto sotto un piumone bianco con elementi dorati, gli si avvicinò piano
–Jason- lo chiamò, ma l’uomo non rispose rimanendo sotto quella coltre, Alex si mosse accanto al letto e posò il vassoio sopra il comodino dove dovette spostare una lampada che la colpì per la bellezza: ritraeva la figura di una donna, semidistesa e completamente nuda con i capelli lunghi che le ricadevano dietro la schiena, le sue mani erano alzate a sorreggere il vetro e la lampadina, era in legno scuro, quasi nero e Alex non seppe spiegarsi perché, ma guardandola immaginò subito che fosse opera sua
–Jason - lo chiamò e stavolta si fece coraggio e posò una mano sul suo corpo scuotendolo appena
Jason, svegliati- gli disse a bassa voce, ma improvvisamente una mano le arpionò il polso tirandola violentemente. 
Quando gli occhi di Jason misero a fuoco l’immagine di Alex scosse la testa non capendo bene cosa fosse accaduto, poi vide l’espressione spaventata della ragazza che gli stava praticamente sopra e si rese conto di tenerle il polso stretto in una morsa
 –Alex- biascicò lasciandola subito come scottato, dal canto suo la ragazza ancora sconvolta per quella reazione, si tirò in piedi, il cuore le martellava nel petto quasi a farle male, per un attimo non era riuscita a capire cosa fosse accaduto
–Scusami se ti ho spaventato- si sbrigò a dire, lui lentamente si mise a sedere sul letto passandosi una mano sul volto, non riuscendo a trattenere qualche colpo di tosse
–Ti ho portato qualcosa da mangiare, ma non so dove siano le medicine, dovresti prenderle, hai sicuramente la febbre- gli disse mentre lo vide osservare stupito il vassoio sul comodino, per poi guardarla con curiosità –Si sono invertite le posizioni?- chiese non trattenendo un sorrisetto derisorio, Alex avvampò abbassando la testa
–Ho pensato che ti sarebbe andata un po’ di minestra, ti ho sentito tossire molto anche prima e già da ieri non avevi una gran bella cera-spiegò stringendosi convulsamente le mani; lui non disse nulla obbligando Alex ad alzare la testa ed incrociare quello sguardo rimanendone come sempre abbagliata
–Non dovevi preoccuparti- le disse lui dopo attimi di silenzio, Alex si strinse nelle spalle e fece un gesto con la mano verso il vassoio
–Non è niente di che, però almeno è qualcosa di caldo- si sbrigò a dire, poi lo guardò e lo vide sorridere con un angolo della bocca mentre si prendeva il vassoio e se lo sistemava sopra le gambe
–Se mi dici dove sono le aspirine te ne prendo qualcuna- disse Alex osservandolo mentre iniziava a mangiare, lui deglutì il primo boccone e involontariamente chiuse gli occhi assaporando quella minestra che stranamente gli aveva subito scaldato l’animo
-Va bene?-chiese Alex preoccupata, Jason riaprì gli occhi e le sorrise lasciandola piuttosto sorpresa
–E’ perfetta- disse facendola arrossire ancora una volta –le aspirine sono nel primo cassetto del comò- aggiunse indicandolo con un gesto del capo e Alex si girò andando subito a prenderle; si fermò un attimo ad osservare una foto sopra il mobile;ritraeva un Jason più giovane, forse sui  13-14 anni accanto a Mike anche lui giovanissimo ma già rasato e quella ragazza, Jane, anche lei una ragazzina, seduti su un muretto con dietro lo sfondo di una  bella giornata di sole e un mare cristallino
–E’ stata scattata poco prima che partissi per l’Italia- a quella frase Alex si ridestò e incrociò lo sguardo di Jason attraverso lo specchio sopra il mobile, non chiese nulla, nonostante la curiosità e si limitò ad aprire il cassetto pieno di scartoffie dove trovò il tubicino delle aspirine accanto a un’altra foto che però non riuscì a vedere bene perché in parte coperta. Si costrinse a chiudere il cassetto e portare le aspirine a Jason che intanto aveva ripreso a mangiare con calma
Sei sicuro che possa restare?- chiese infine non riuscendo più a trattenersi dal fargli quella domanda. Lui finì la minestra e solo dopo alzò il viso e puntò i suoi occhi in quelli di Alex
–No, non lo sono- ammise lasciandola basita da quella risposta
–Ma ieri notte..- Alex iniziò a parlare facendolo subito sbuffare mentre incrociava le braccia al petto
–Mi ricordo e non c’è bisogno di partire in quarta!- le disse seccato interrompendola, Alex dal canto suo si sentì sulle spine, sperò che in quelle ore non ci avesse ripensato, in fondo restare non le sarebbe dispiaciuto e nonostante il caratteraccio, Jason era davvero una persona di cui ci si poteva fidare, proprio come le avevano detto la madre e Francesca, inoltre lo aveva dimostrato
–Alex – sentendo pronunciare il suo nome, la ragazza si irrigidì inconsapevolmente –voglio essere sincero- le disse–non sono convinto che questa convivenza  sia una buona idea, non solo per te- era serio e si fermò  per prendere un paio di aspirine e scioglierle nel bicchiere d’acqua
–Capisco- rispose lei amareggiata puntando i suoi occhi alle punte delle sue scarpe, in fondo non poteva dargli torto, evidentemente quello che aveva capito lei era diverso da quello che aveva voluto intendere Jason  –Invece non credo che tu capisca- la riprese lui stavolta inacidendo la voce, Alex alzò lo sguardo e lo vide serio che la fissava
–Intendo che non credo sia un’ottima idea per te, stare qui con uno come me e..- si fermò un attimo sospirando –e viceversa- soffiò con un gesto della mano ad indicare entrambi; Alex a quelle parole, non trattenne un sorriso, era strano vederlo impacciato, ma ora sembrava esattamente così –Ma se vuoi rimanere, per me va bene, non ti forzerò ad andartene- aggiunse e in quel momento il cuore di Alex ebbe un vero e proprio sussulto –voglio però che tu ci pensi bene, come abbiamo visto non siamo esattamente compatibili- proseguì lui stavolta guardando verso la finestra – e io ho la tendenza a reagire male-aggiunse
 –Possiamo però provarci?- chiese Alex non mascherando la sua gioia, Jason si voltò a fissare il volto sorridente e di nuovo sereno della ragazza e non capì perché, ma qualcosa nel suo petto aveva fatto un suono strano –Possiamo, se vuoi- le disse e lei ampliò quel sorriso magnifico che le arrivò a colorirle gli occhi azzurri  –Grazie davvero, Jason!- gli disse e lui si sentì immediatamente in imbarazzo, così voltò la testa verso il vassoio che risistemò sul comodino
–Si, beh, non c’è bisogno di fare così, in fondo non credo che ti stia facendo propriamente un regalo- disse incerto e la sentì ridere divertita
–Oh, ma per me lo è!- rispose sorprendendolo, poi la vide prendere il vassoio con ancora il sorriso –Ora riposati, a dopo- gli disse uscendo velocemente dalla stanza, lasciandolo più confuso che mai.
 
Erano passati cinque giorni da quella mattina in cui in qualche modo avevano sancito una convivenza a tutti gli effetti. Ancora si chiedeva se non avesse problemi mentali di una certa serietà, dal  momento che aveva sempre voluto che se ne andasse gridandolo sin dal primo momento, soprattutto in faccia a lei, non volendo entrarci in tutta quella storia, eppure senza che neanche lui ne capisse il senso, quella sera in cui l’aveva riportata a casa dopo la festa, gli era venuto naturale farle capire il contrario. In quei giorni, in cui si era limitato a rimanere a letto e riposare, aveva pensato a quella decisione e quello che avrebbe comportato, soprattutto per lei. Si era chiesto più volte come Alex avesse fatto anche solo ad accettare che la madre disponesse in qualche modo per la sua vita, come poteva una ragazzina accettare di vivere con uno come lui, uno sconosciuto, in un posto così sperduto. In quei giorni la ragazza si era fatta vedere solo per portargli colazione, pranzo e cena, fermandosi il necessario e poi lasciarlo solo, come a non volerlo disturbare e in qualche modo Jason le era grato di tutta questa privacy che forse aveva dubitato di avere sin da subito. Ma alla fine era arrivato alla conclusione che avrebbe vissuto giorno per giorno, senza farsi troppe domande, in fondo nella richiesta di Emma c’era la volontà che la ragazze andasse via quando lo avesse ritenuto necessario e lui non l’avrebbe di certo fermata, arrendendosi all’evidenza che aver amato in qualche modo Emma, aveva significato anche accettare tutta questa storia.
Ormai si sentiva di nuovo in forze, così aveva deciso di uscire fuori dalla sua camera, ma rimase di sasso nel vedere come Alex avesse ripulito quel letamaio che era diventata casa sua. La prima cosa che notò fu il tappeto del corridoio che stranamente aveva ripreso un colore più vivo ed aveva annusato quel profumo di pulito che da tempo non regnava più in quella casa, per non parlare del bagno dove era entrato per lavarsi: tutto era stato perfettamente tirato a lucido, compresi i tappetini, tanto che si dispiacque a doverlo usare. Una volta arrivato in salone, dovette davvero trattenersi dal non far cadere la sua mascella a terra, quando aveva visto il lavoro della ragazza nell’aver riordinato completamente quella parte di casa, addirittura i vetri delle finestre erano lucidi e non più opachi e spenti come li ricordava lui, le tende erano state sicuramente lavate e così ogni angolo di quella stanza; osservare di nuovo il tavolino vuoto davanti al divano lo stupì come non mai, non ricordava neanche più che aspetto avesse, per la quantità di schifezze che ci aveva accumulato sopra. Si avviò in cucina dove si sentiva il rumore di qualcuno che stava armeggiando e quando arrivò sulla soglia trovò Alex sopra una scala, vestita con una maglia nera e dei pantaloni di una tuta, i capelli legati, intenta a pulire i ripiani alti della cucina, la vide asciugarsi la fronte con il braccio e immergere il panno in una bacinella che aveva posizionato in uno degli scalini per poi strizzarlo e ricominciare a pulire. La guardò rapito come se quella scena gli ricordasse ancora una volta uno scorcio del suo passato con Emma, ma allo stesso tempo iniziò a vedere chi fosse realmente Alex. Rimase in silenzio a fissarla, finchè il rumore della porta di casa non fece sobbalzare entrambi per lo spavento, i loro occhi si incrociarono smarriti e sorpresi allo stesso tempo, Alex gli rivolse un sorriso prima di spostare i suoi occhi sulla figura che apparve accanto a Jason
-Buongiorno! Come state ragazzi?- Mike affiancò l’amico dandogli una pacca sulla spalle e sorridendo verso Alex che lentamente si apprestava a scendere dalla scala con la massima attenzione
–Come al solito non bussi mai- sputò Jason infastidito entrando finalmente in cucina e andando a prendersi un po’ di caffè
–E’ un piacere anche per me vederti, amico!- ribattè Mike facendo un occhiolino ad Alex che sorrise riponendo la bacinella e sistemando i vari flaconi che aveva usato per pulire
 –Si vede che finalmente qui gira una donna!- fece Mike rubando dalle mani di Jason la tazza di caffè appena seduto, quest’ultimo gli regalò un’occhiataccia per poi rialzarsi di nuovo e prenderne un’altra 
–Se non fosse per l’esterno di questo cesso, appena aperta la porta mi sembrava di entrare in un’altra casa!- disse Mike assaporando il caffè, Alex rise mentre Jason sbuffò di disappunto –Sei in vena di complimenti, Mike?- chiese retorico prendendo uno dei biscotti che facevano bella mostra al centro del tavolo
–Mentre tu come al solito sei il solito musone, la febbre ti ha peggiorato- constatò Mike profondamente divertito
–Come sta Liz?- chiese Alex cercando di deviare il loro battibecco, da quando l’avevano portata in ospedale non l’aveva né vista né sentita
–Quella cretina sta bene, ma le ho proibito di vedere e sentire chiunque levandole il cellulare e il pc per almeno un mese che passerà a pulire ogni angolo del pub e del motel- disse risoluto il ragazzo grattandosi la barba
–Addirittura?- chiese Jason increspando le labbra in un sorrisetto, pensando alla litigata che sicuramente si erano fatti
–Come minimo! E se mi fa innervosire da un mese passiamo automaticamente a un anno, così vediamo se la smette di fare l’idiota!- Alex si sedette prendendo anche lei un biscotto, era da quella mattina che non si era seduta un attimo e ora si sentiva piuttosto stanca
–Ma si è ripresa?- chiese guardano Mike che fece un cenno d’assenso mandando giù un sorso di caffè
–E chi l’ammazza? Probabilmente io, se solo ci riprova- Alex sorrise all’espressione arrabbiata di Mike, ma poteva perfettamente capirlo, vedere una persona a cui si tiene stare male, senza poter fare niente è un dolore profondo che si tramuta presto in paura e lei lo sapeva bene
–Tu piuttosto, come va con il ginocchio?- chiese il ragazzo
–Fammi capire, vieni in questo cesso che per inciso è casa mia, chiedendo del suo ginocchio e non mi chiedi come sto?- Jason s’intromise seccato facendo ridacchiare sia Alex che Mike, il quale non lo degnò neanche di uno sguardo, concentrando la sua attenzione sulla ragazza –Molto meglio, con la fasciatura riesco a muovermi bene e devo dire che non sento più dolore- ammise non smettendo di sorridere
–Ottimo- fece Mike rivolgendosi poi al suo amico che assottigliò lo sguardo –Avanti, Jas, hai avuto qualche linea di febbre e non mi sembri piccolo e indifeso-  fece divertito
 –Mi spieghi che ci fai qui?- chiese uno Jason visibilmente spazientito e a quel punto Mike scoppiò a ridere
–Sono venuto a controllarvi- disse allusivo guardando prima Alex che sorrise arrossendo per poi girare di nuovo la sua attenzione su Jason che sbuffò alzando gli occhi al cielo e poggiando il viso su una mano mentre svogliatamente sorseggiava il suo caffè –Non ti facevo così premuroso- disse ad un Mike che dopo aver morso il biscotto che aveva preso, lo guardò come se fosse la cosa più buona al modo -Ma li hai fatti tu, Alex?- chiese visibilmente stupito, Alex arrossì di nuovo –Si, questa mattina- ammise
 –Sono deliziosi!- affermò Mike prendendone subito un altro –Avanti Mike! Come mai sei qui a quest’ora? Di solito sei rintanato in quel buco di pub che ti ritrovi!- fece Jason interrompendoli, l’amico sospirò scuotendo la testa
-Non apprezzi mai- disse fintamente sconsolato –comunque è vero, sono qui oltre che per sapere come stavate, anche per un’altra cosa- disse e Jason sorrise come a voler dire “lo sapevo” -e riguarda te Alex- concluse Mike incuriosendo sia la ragazza, sia Jason che incrociò le braccia al petto appoggiandosi allo schienale della sedia
–Cosa sta pensando la tua testa malata, Mike?- chiese il moro facendo ridacchiare l’amico
–Avanti! Ma per chi mi hai preso, Jas?!- fece con un cenno della mano come a voler scacciare possibili allusioni che seppur Jason non avesse detto, fossero evidenti
 –Riguarda me?- chiese Alex curiosa, Mike si spostò con il busto in avanti sul tavolo fissandola furbescamente
–Beh si, perché ormai è chiaro che rimarrai qui per un po’, no?- fece sporgendosi verso di lei
–E questo come fai a dirlo?- chiese un Jason seccato, soprattutto dal fatto che il suo amico lo conoscesse meglio delle sue tasche, infatti non rispose alla domanda continuando a parlare con una Alex sempre più sorpresa –Così mi è venuto in mente che potrebbe interessarti lavorare- affermò, facendo aprire la bocca sia a Jason che ad Alex –A dire il vero ero venuto a proporti di lavorare con noi, anche solo tre volte a settimana, ci farebbe davvero comodo- continuò il rasato attirando ancora di più l’attenzione della ragazza e di un Jason un po’ perplesso
–ma assaggiando questi biscotti mi è venuta in mente un’altra idea- disse entusiasta accarezzandosi la barba- se ti va potresti fare un po’ di dolcetti per il pub e per il motel- affermò convinto –so che sei brava, anche Liz mi ha detto che cucini benissimo e- si interruppe guardando Jason –vedendo come sta meglio questo qui, non posso che essere più convinto di questa cosa, per cui se ti va potresti guadagnarti qualcosa facendo qualche tuo piatto per noi- disse sorridendo
–Ma stai scherzando?- chiese Jason allibito
 –Perché? E’ una grande idea! Che dovrebbe fare scusa? Stare chiusa in casa senza far niente se non pulire quello che sporchi?- chiese Mike guardando poi verso Alex –Non ti piacerebbe?- chiese speranzoso verso Alex rimasta interdetta –Davvero?- chiese incredula e Mike scoppiò a ridere –Ma certo! Te l’ho proposto, no? Due braccia in più servono eccome!- disse alzandosi dalla sedia –Pensaci e non farti condizionare da questo qui- disse indicando un Jason contrariato –Venite stasera al pub, così anche Liz si da una calmata che non fa che chiedermi di te- disse Mike salutandoli con un cenno della mano per poi sparire oltre la porta della cucina e uscire di casa.
Il silenzio piombò come un macigno dentro quella cucina che improvvisamente sembrò ad Alex più piccola, com’era possibile che il suo gomito sfiorasse quello di Jason? Si girò a guardarlo di sottecchi, dal canto suo Jason aveva ripreso a bere il caffè a testa bassa, cercando di assimilare quanto accaduto fino a quel momento –Non sarebbe una cattiva idea- esordì Alex facendosi un po’ di coraggio per spezzare quella calma apparente che sembrava avesse investito l’ambiente
–Infatti è una pessima idea!- sbottò Jason fissandola
–Perché?- chiese sconvolta da quella reazione
 –Perché sei una ragazzina e lavorare in un pub è da escludersi!- disse lui alzandosi dalla sedia
–Ma spetta a me decidere!- ribatté a sua volta la ragazza alzandosi a sua volta
 –In questo caso no!- disse lui secco, per poi uscire dalla cucina e aprire la porta del seminterrato sbattendosela dietro.
 
14.45 Jason: Mi spieghi cosa cazzo ti è saltato in mente?
14.51 Mike: A che ti riferisci?
14.54 Jason: Come a cosa?! Alla tua “proposta”!!
15.03 Mike: Cosa c’è che non ti piace?
15.05 Jason: Tutto! Perché non me ne hai parlato prima??
15.28 Mike: Jason, non spetta a te decidere, in fondo non mi sembra di aver fatto qualcosa di male
Se pensi il contrario mi dispiace, ma se ho capito un po’ di Alex, credo che non sia il tipo da restare in casa tutto il giorno a non fare nulla….o sei tu che la vuoi in casa? ;)
15.32 Jason: Fottiti Mike!
15.45 Mike: effettivamente sono in astinenza da un po’…. ;) Vi aspetto stasera, coglione!
 
Jason buttò il cellulare malamente sul ripiano di lavoro, maledicendo il suo amico. Far lavorare Alex in quel posto non gli andava affatto a genio, inoltre questo avrebbe significato che qualcuno doveva accompagnarla e andarla a prendere ogni volta e, ovviamente, questo sarebbe toccato a lui e la cosa non gli piaceva per niente. Era neanche qualche ora che aveva deciso di farla stare lì e già le cose avevano preso una piega che lo facevano imbestialire, maledì ancora una volta Mike e sé stesso, per poi obbligarsi a iniziare a lavorare sulla scultura che gli era stata commissionata.
Era intenta a piegare le magliette che aveva appena ritirato dall’asciugatrice, fuori era buio già da un paio di ore e si era intensificato anche il vento, quando sentì Jason risalire le scale del seminterrato, dove era rimasto rinchiuso per tutto il giorno; Alex si obbligò di non degnarlo di uno sguardo, era ancora furiosa con lui per quel modo di comportarsi. Come si permetteva di trattarla così? Voleva avere il potere anche su delle decisioni banali come quelle? Beh, si sbagliava di grosso perché lei non sarebbe rimasta in una casa dove non poteva decidere della sua vita, già ci aveva pensato la madre e in qualche modo la sua famiglia a scegliere per lei fino a quel momento, ma adesso era venuto il momento di prendere delle decisioni, soprattutto di questo tipo, dove era piuttosto ovvio che spettasse solo a lei dire l’ultima parola. Era di spalle all’entrata della cucina, aveva accumulato un po’ di abiti ripiegati sul tavolo e stava finendo con alcune sue maglie, quando lui entrò e aprì il frigo per prendersi da bere, aveva la maglia sporca di vernice e le mani come ricoperte da una patina bianca, lo vide mandare giù una bella sorsata di birra prima di girarsi e guardarla; lei ostinatamente aveva tenuto gli occhi fissi su quella maglia che stava finendo di sistemare, per poi tirare fuori dalla cesta l’ennesimo pantalone che stese sul tavolo sistemandolo con le mani e poi ripiegare con cura
–Vuoi andare al pub?- la voce di lui in qualche modo le fece avere un leggero brivido, era così  bassa che a volte poteva spaventare, ma in realtà la colpiva perché le piaceva; fece un’alzata di spalle continuando a compiere la sua operazione, lo sentì sbuffare e spostare malamente una sedia dove si sedette di peso
 –Cos’è non mi vuoi parlare?- le chiese sospettoso, lei continuò a non guardarlo, portando la sua attenzione all'ultima maglia, lui bevve avidamente dalla bottiglia mantenendo lo sguardo fisso su di lei –Se ho detto quelle cose è per un motivo!- sbottò infine lui stanco del modo di comportarsi di quella ragazzina che alzò la testa infastidita
 –Ah si? E quale sarebbe?- chiese portandosi le mani sui fianchi fissandolo intensamente, lui si alzò sovrastandola e posando la bottiglia di birra sul tavolo, mantenendo lo sguardo fisso su di lei
 –Non sai badare a te stessa- disse gelido colpendola nel profondo, Alex sgranò gli occhi
–Cosa?- chiese credendo davvero di non aver capito
–Hai capito benissimo- disse lui –Non sai badare a te stessa, ne è la prova quello che è accaduto alla festa e il fatto che tu sia qui- a quelle parole la bocca di Alex si aprì sorpresa mentre il suo animo si sentì colpito nel vivo
–Lavorare in un pub non è uno scherzo e tu non sei il tipo da poter reggere a certe situazioni- Jason aveva un’aria scura e severa mentre Alex lo guardava sbigottita da quelle parole, ma senza pensarci due volte la mano di Alex scattò come un proiettile, colpendo malamente la guancia di Jason che per il colpo si ritrovò a girare il volto. Seguirono attimi di silenzio carico di tensione, Alex sentì chiaramente gli occhi pizzicarle, le doleva la mano per il colpo inferto a Jason, ma ciò che le faceva più male era il suo cuore, ferito per ciò che lui le aveva appena detto; dal canto suo l’uomo aveva ancora il volto girato, la guancia iniziava a pizzicare e tutto di lui era completamente sconvolto dalla reazione della ragazza che subito dopo uscì dalla cucina per salire le scale e sbattere violentemente la porta della sua camera.

Note: Volevo ringraziare ancora una volta tutti coloro che stanno leggendo la mia storia!

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Capitolo 14
*** 13 ***


Come sempre ringrazio chiunque sta seguendo la storia! Ogni commento o suggerimento è ben accetto
Grazie!
13.

Si portò le mani sul viso per poi tirarsi indietro i capelli in un gesto spazientito, possibile che non riuscissero a comunicare? Eppure con sua madre era tutto così semplice, a volte bastava un’occhiata e si capivano al volo, ma con Alex era tutto maledettamente complicato. Sbuffò stringendo tra le mani il bordo del tavolo, si dovette controllare per non fracassarlo contro la cucina, ma quella ragazzina con quello sguardo profondo e orgoglioso lo mandava davvero ai pazzi; che diavolo c’era in quello che aveva detto che l’aveva fatta scattare così? Dio, aveva vent’anni e una volta che era andata ad una festa lo aveva chiamato disperata! Per non parlare di come l’avesse trovata, stretta nella morsa di quell’idiota che se non avesse avuto un po’ di lucidità, l’avrebbe mandato all’ospedale; come poteva pensare di lavorare in quel pub? Era frequentato da gente del posto, molti li conosceva da sempre, ma ci si poteva fidare? Solo Liz era schermata essendo la sorella di Mike, ma Alex era il volto nuovo di quel paese e qualcuno poteva benissimo metterle gli occhi addosso, come quel tipo che le aveva fatto avere quella distorsione al gionocchio, di cui non ricordava il nome per esempio, e la cosa lo mandava maledettamente in bestia.
 Avrebbe dovuto lasciar perdere come ogni volta? Sbuffò sempre più furioso di quella situazione e decise che non avrebbe lasciato perdere per niente, così velocemente salì le scale ed entrò nella camera della ragazza spalancando la porta con un gesto secco che procurò un vero e proprio spavento ad Alex. La trovò con in mano alcuni abiti, gli occhi lucidi, la sua borsa aperta sul letto
–Che stai facendo?- chiese trattenendo a stento un ruggito di rabbia; lei dapprima spaventata per quell’irruzione, riprese a mettere i suoi abiti nella borsa senza rispondergli facendolo infuriare ancora di più –Che.Stai.Facendo?- scandì avvicinandosi al letto con il sangue che gli ribolliva nelle vene
–A te che sembra?- chiese la ragazza in tono adirato –Levo il disturbo!- sbottò mettendo un paio delle sue maglie nel borsone.
A quel punto Jason non ci vide davvero più dalla rabbia e le prese dalle mani gli altri abiti –AH SI’?-quasi gridò spaventandola
–VUOI ANDARTENE?- e buttò malamente quella roba nel borsone –VATTENE ALLORA!- disse rigirandosi poi verso di lei e regalandole uno di quegli sguardi che sapeva facevano paura –E’ più facile scappare, non è vero?- le sputò in faccia cattivo, Alex sgranò gli occhi a quella reazione e non riuscì a non arginare il fiume di lacrime che ormai scesero a rigarle il volto
 –E’ QUELLO CHE VOLEVI SIN DALL’INIZIO!- gli rispose lei furente pur avendo la voce incrinata –Non mi hai mai voluto! Per te sono solo una grana che farebbe bene a sparire! Come lo hanno sempre pensato tutti!- disse asciugandosi con un gesto secco le lacrime, lui le stava di fronte, il  viso contratto e furioso
–Poi decidi che possiamo provare, ma ogni volta è uguale alla precedente! Mi rinfacci il fatto di essere venuta qui!E ORA TI PERMETTI ANCHE DI DECIDERE COSA POSSO O NON POSSO FARE!- gridò, le lacrime avevano ricominciato a uscire copiose rigandole il volto  –Tutti vogliono gestire la mia stramaledetta vita! Mia madre, Francesca, l’avvocato e ora tu!- a quell’accusa la collera di Jason improvvisamente si cristallizzò, rimase immobile a fissarla sconcertato –Chiunque ha a che fare con me, vuole controllare la mia vita!Da quando sono nata! – il suo tono era più basso, ma la rabbia che impresse in quelle parole era tangibile, così come era tangibile il fatto che fosse letteralmente sconvolta e i suoi occhi non smettevano di lacrimare, ma la cosa che ferì Jason fu il dolore che quegli occhi gli stavano trasmettendo, un dolore profondo, intimo, così radicato da essere parte di quella ragazza così giovane eppure dai sentimenti maturi
-Non voglio una vita così!Non voglio qualcuno che decida per me! Voglio fare le mie scelte!Maledizione!- iniziò a singhiozzare sempre più forte
–TU SEI COME TUTTI GLI ALTRI!- gli urlò in faccia spintonandolo con l’intento di andarsene superandolo prendendo il suo borsone, ma una mano le arpionò velocemente il braccio e lei si ritrovò ad essere sbattuta contro il corpo di Jason che l’aveva racchiusa in un abbraccio
–LASICAMI!- gridò cercando di divincolarsi –LASCIAMI JASON!- gridò una seconda volta, ma quelle braccia la tenevano ben stretta come in una gabbia e lei iniziò a piangere sempre più forte e alla fine desistette dal liberarsi, abbandonandosi a quel profumo, a quel calore.
La sentì piangere tra le sue braccia, come mai l’aveva vista, tremava dai singhiozzi, non riusciva a calmarsi e lui la strinse forte al suo petto sentendo quel dolore attraversare la pelle di lei e trasferirsi come una polvere sottile e penetrare dentro la sua, una sofferenza che bruciava e marchiava ogni parte del suo corpo, fino a toccargli il cuore.
-Mi dispiace- disse infine con voce flebile, cercando di trovare il coraggio che lei aveva sempre dimostrato nel mostrarsi
 –Mi dispiace- le ripetè –non volevo certo questo- ammise sospirando, cercando di darle un po’ di quella forza che a lui era servita per nascondere bene le ferite di quel passato che lei gli aveva riportato a galla. Dopo pochi attimi la sentì affievolire quel pianto disperato, la sentì alzare le braccia che per tutto il tempo aveva tenuto rigide lungo i fianchi e stringere la sua maglia ormai bagnata, la strinse forte, Jason percepì le sue mani arpionarsi al suo petto, come a voler davvero un appoggio, un sostegno e quel gesto lo sorprese per l’intensità che aveva. Dopo diversi istanti in cui nessuno dei due si era mosso, Alex riuscì a calmarsi, lui allentò leggermente la presa, anche se gli costò fatica e ad Alex quelle parole erano sembrate come il vento che pulisce il cielo da nubi nere, proprio come aveva visto fare in quella cittadina da quando era arrivata, dove le giornate piovose erano spesso spazzate via da quel vento che improvvisamente si alzava ripulendo il cielo facendolo splendere
–Io, non voglio obbligarti a fare nulla- le disse piano osservando quel colore del mare reso ancora più intenso dal pianto – forse mi sono solo preoccupato eccessivamente- ammise e quelle parole costarono non poca fatica a lui che prima di chiedere scusa, ne doveva passare di acqua sotto i ponti, eppure vedendola così, sentendole dire quelle frasi, vedendola così sconvolta, chiederle scusa gli era risultato fin troppo semplice. Lei si staccò da lui rimanendo a testa bassa e asciugandosi gli occhi con un fazzolettino che aveva tirato fuori da una delle tasche dei pantaloni -Quando ho saputo di venire qui, mi è sembrato di impazzire- ammise, la voce ancora incrinata dal troppo pianto –non ho avuto neanche il tempo di piangerla, sai?- lui non parlò ascoltandola, ma quelle parole gli aprirono davanti uno scenario che mai si era immaginato. Cosa aveva passato Alex, prima di arrivare lì a lui?
-La mia vita è stata sempre controllata- ammise rispondendo senza saperlo a molte domande che affollarono la mente di Jason, la vide tirare su con il naso, ma continuò a guardare a terra –mia madre ha sempre scelto per noi, soprattutto per me e questo mi infastidiva, non potevo far niente senza che lei non controllasse, anche da grande. Quando riuscivo a farmi delle amiche in una scuola, lei decideva che era il momento di cambiare, così prendevamo le nostre cose e andavamo in un’altra città dove dovevo ricominciare tutto da capo, dove tutto era nuovo e sconosciuto. Quando le chiedevo spiegazioni lei mi diceva che per noi era meglio così- alzò la testa fissando lo sguardo del moro che si perse in quegli occhi del color del mare –ma non mi sono mai opposta, perché capivo che lo faceva per me, ha sacrificato tutto per me, ma le ho promesso prima che morisse che avrei vissuto come desideravo, che sarei stata forte e ce l’avrei fatta a farmi una vita come lei avrebbe voluto darmi- ammise fissandolo negli occhi, Jason sentì qualcosa che scivolava in tutto il suo corpo come lava, soprattutto all’altezza del cuore, un calore e tristezza che si mischiavano; si chiese ancora una volta cosa lei ed Emma avevano dovuto superare per andare avanti, si sentì impotente davanti all’evidenza che mai avrebbe saputo cosa davvero dovevano aver passato
 –Credo tu abbia ragione- le concesse –ho sbagliato- le disse, poi con due dita le sollevò il capo per farsi guardare
-Per questo te ne vuoi andare?- le chiese e a quella domanda gli occhi di Alex si sgranarono leggermente
-Hai deciso di andartene come ha fatto tua madre? - la incalzò ancora lui indurendo lo sguardo Alex lo guardò turbata, quell'accusa le fece male, voleva distogliere lo sguardo, ma lui glielo impedì facendosi guardare posando le sue ampie mani a stringerle braccia –Rispondimi Alex, devo saperlo– le disse scuotendola appena e sembrò più una supplica, anche se il suo tono era severo
-No- rispose piano –non vorrei andarmene, vorrei provare a iniziare da qui- aggiunse sentendo il cuore diventare pesante, pieno di sentimenti ed emozioni a cui non sapeva dare nome, con quella leggera speranza che aveva sempre avuto smuoversi dentro di lei.
Quell’ammissione sciolse completamente il groviglio che Jason sentiva allo stomaco nel momento in cui l’aveva vista fare le valigie
 –Se deciderai davvero di rimanere sappi che litigheremo- Alex trattenne il fiato per la schiettezza di quella frase –io non sono un tipo facile, oltre tutto mi sento in qualche modo responsabile per te- le disse serio in volto –ho deciso di accettare questa situazione in memoria dell’amicizia profonda che mi ha legato a tua madre, ma non voglio certo farti da padre- Alex respirò appena, aveva paura che anche un minimo movimento potesse interrompere quel momento –ma non voglio neanche che rischi di trovarti in situazioni spiacevoli, tipo la festa della settimana scorsa - Alex arrossì, se non fosse venuto ad aiutarla non osava immaginare cosa poteva accadere, sia a lei che alla povera Liz
–Hai ragione, non sono abituata a certe cose, sono vissuta come in una campana di vetro con mia madre- ammise sconsolata. Aveva sempre vissuto in maniera diversa rispetto alle ragazze della sua età, spesso era costretta a rinunciare ad andare a qualche festa per non farla preoccupare, sempre troppo apprensiva, mentre le sue amiche vivevano i loro 17-18 anni spensierate, lei era accanto alla madre allettata per la malattia
-Voglio davvero aiutarti Alex- le disse sincero e lei abbozzò un sorriso –Appena arrivata mi hai chiesto di voler sapere qualcosa di più su tua madre- la voce di Jason uscì bassa, poco più di un sussurro, Alex fece un cenno con il capo fissando lo sguardo dell’uomo che sembrava un turbine di emozioni sentendo ancora quella presa salda sulle sue braccia  –Ti racconterò quello che vuoi, ma ad una condizione- disse –voglio che anche tu mi racconti di lei e di te- Alex si trovò a sgranare gli occhi, sorpresa, non si sarebbe mai aspettata una richiesta del genere da parte di Jason e la cosa la fece arrossire, ma continuò  a tenere lo sguardo fisso in quello dell’uomo –Va bene- acconsentì e lui sembrò quasi sollevato dalla sua risposta
 -Vuoi andare al pub?- le chiese tornando ad avere un tono più naturale e lasciandola, Alex si asciugò il viso ancora umido, sentendo freddo quando lo vide fare un passo indietro, ma lo guardò con un sorriso sulle labbra –Con questa faccia?-  chiese ironica, ma Jason rimase un po’ sorpreso da quella frase, iniziando ad osservare quel viso arrotondato, quegli occhi blu, ora arrossati, contornati da fitte ciglia scure, una frangia che le ricadeva scomposta sulla fronte, le guance rosse, il naso dritto arrossato e quelle labbra a ciliegia leggermente screpolate: era bella. Si rese conto di non aver risposto e che Alex continuava a scrutarlo, come a voler capire cosa stesse pensando, fu in quel momento che Jason si ridestò dalla sua analisi approfondita di quel viso, si allontanò ancora di più abbassando la testa
 –Hai dieci minuti, ti aspetto giù- disse uscendo dalla camera velocemente richiudendosi la porta alle spalle. Alex guardò verso la porta ancora stordita per quello che era accaduto, per il pianto che l’aveva sconquassata e per quello sguardo di Jason che aveva indugiato sul suo viso come un laser; si sentiva come se quello che si erano detti aveva in qualche modo incrinato un muro invisibile che Jason aveva intorno, era come vedere un vetro con una piccola crepa e di questo si sentì responsabile, ma in senso positivo. Fece un profondo sospiro quasi a volersi levare di dosso la stanchezza che sentiva e per cercare di risollevare quella serata che l’aveva costretta a tirare giù le carte con lui per mostrarsi in tutta la sua fragilità, prese dalla tasca della borsa la foto di lei da piccola e sua madre che la stringeva sorridente –Ti prometto che sarò forte, mamma- disse in  un sussurro –Grazie per avermi fatto conoscere Jason- scrutò quella foto che conosceva a memoria fino a quando decise di darsi una veloce sistemata per poi raggiungere Jason già al volante del suo pick-up, sembrava di nuovo esser tornato quello di sempre, serioso e cupo.  Alex si sistemò al lato del passeggero e l’auto partì subito diretta Blu Line. Quando arrivarono il pub era già pieno di gente, chi in piedi a giocare intorno ai due biliardi sul lato più appartato del locale, chi a ridere e scherzare intorno ai vari tavoli e per le molte persone, alcuni si erano limitati a rimanere in piedi, tanto che entrando Alex e Jason dovettero divincolarsi per raggiungere il bancone, dove però uno sgabello era rimasto libero
 –Finalmente siete venuti!- Mike li vide arrivare rivolgendo loro il solito sorriso beffardo mentre serviva un paio di birre a due ragazzi seduti al bancone, Jason si lasciò cadere sullo sgabello rivolgendo un’occhiataccia all’amico, al contrario di Alex che invece si appoggiò al bancone sorridente –Dì la verità Alex, questo caprone non ti voleva portare- fece Mike appoggiandosi al bancone davanti a loro –Ehi, fai il tuo lavoro e portami una birra!-intervenne un Jason seccato per quel modo di parlare dell’amico, Mike dal canto suo scoppiò in una risata per poi prendere un paio di bicchieri, uno più grande e uno più piccolo, che riempì di birra e servì ai nuovi arrivati –No dico, ma sei scemo?- chiese Jason indicando il bicchiere dato ad Alex che sospirò alzando gli occhi al cielo –Ma ti dai una calmata?!- fece Mike infastidito –Vorresti che le servissi una spremuta? Stiamo in un pub, Jas!- Jason sbuffò visibilmente innervosito mentre Alex sorridente bevve il suo sorso di birra fredda –Liz?- chiese subito dopo –E’ in cucina, te la vado a chiamare- Mike sparì dietro una porta e subito dopo sentirono la voce di Liz –Oh Dio! Alex!- la moretta uscì da dietro al bancone e abbracciò Alex calorosamente –Finalmente! Come stai?- le chiese visibilmente felice di vederla
 –Io bene tu piuttosto, come stai Liz?- la ragazza si staccò da Alex con un’alzata di spalle
– Adesso bene, ma ci sono voluti almeno tre giorni perché mi riprendessi, chissà che diavolo c’avevano messo in quello schifo!- disse stizzita facendo ridere Alex –Tu invece?- chiese curiosa –Mio fratello mi ha detto della proposta che ti ha fatto, allora che ne pensi?- chiese entusiasta
–Beh, penso che si possa fare, potrei dare una mano e magari fare qualche biscotto- rispose Alex ancora incredula della cosa, Liz l’abbracciò ancora una volta
–Sono davvero felice!- quando si staccò  incrociò lo sguardo stranito di Jason –Che cos’è quell’espressione? Questo si chiama affetto, ne sai niente?- chiese sarcastica, Jason arricciò le labbra in un mezzo sorriso continuando a bere –Pensavo che sembrate due scolarette delle elementari- disse ironico, Alex sospirò mentre Liz lo fulminò con un’occhiataccia –E tu dovresti tornartene nelle caverne, che ne pensi?- poi si girò verso Alex –Senti, visto che qui c’è parecchia gente stasera, ti va di venire di là con me così inizi a vedere qualcosa- Alex acconsentì e subito dopo sparì dietro la porta delle cucine.
 –Da divertito adesso sembri sconsolato- la voce di Mike riportò Jason alla realtà
 –Sei un coglione- gli rispose sorridendo appena e facendo ridere anche l’amico
 –Dai, vedrai che è la cosa migliore sia per te che per lei- disse Mike sistemando alcuni bicchieri –Alex è una brava ragazza, qui può fare qualcosa, ambientarsi e guadagnare qualche soldo, mentre tu saresti libero di lavorare e non dovresti preoccupati di lei- Jason sospirò appoggiandosi al bancone
–Mi preoccuperei comunque- disse ovvio
–Si, lo so, ma qui ci siamo io e Liz- rispose a sua volta Mike preparando un vassoio
–Questo non mi rassicura- ribattè Jason facendolo  sorridere
 –Non fare il difficile, Jas, lo so che in fondo la cosa ti piace, per cui smettila di avere quell'espressione- Jason sospirò ancora una volta bevendo dal suo bicchiere –Mi toccherà fare il taxi per lei- e Mike si appoggiò al bancone assottigliando lo sguardo
–Perché avevi intenzione di non mettere più piede da queste parti?- chiese caustico –Da anni passi qui la metà delle tue serate, per cui mentre scaldi lo sgabello e mi bevi litri di birra, potrai anche controllare Alex!- disse ovvio –Smettila di fare il guastafeste!- in quel momento tornò Liz con un paio di piatti –Tavolo 12- disse passando il vassoio pronto per poi guardare verso Jason –Spero per te che gli occhi rossi di Alex siano solo un caso e che tu non centri nulla- disse seria puntandogli il dito contro – ma se la farai piangere ancora una volta giuro che ti faccio ingoiare i tuoi gioielli- detto questo sparì di nuovo verso la cucina lasciando i due uomini completamente di stucco.

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Capitolo 15
*** 14 ***


14

Erano passate due settimane, da quando Alex aveva iniziato a dare una mano al pub, rendendosi conto di quanto fosse un lavoro piuttosto impegnativo: nonostante si trattasse di un pub in una cittadina non molto grande, la sera era sempre pieno di gente e aveva capito che più ci andava e più erano felici sia Liz,  carica di lavoro, sia Mike che sembrava sicuramente più divertito dalla cosa, soprattutto perché poteva mangiare i vari dolcetti che Alex preparava; inoltre era da due settimane che il rapporto tra lei e Jason in qualche modo aveva finalmente avuto un inizio. Non avevano più discusso, spesso chiacchieravano del più e del meno, discorsi semplici, trovandosi a sorridersi quando facevano il tragitto per il pub, o a tavola quando mangiavano insieme o come all'ultimo controllo per il ginocchio, quando il Dottore aveva comunicato loro che fosse tutto tornato nella norma, si erano ritrovati a guardarsi complici sospirando di sollievo. Sapevano che prima o poi la promessa fatta quella sera, di raccontarsi, si sarebbe dovuta mantenere, ma per il momento si sentivano come se avessero sancito un patto silenzioso per potersi godere qualche attimo di pace, perchè in fondo sapevano che parlare avrebbe significato per entrambi soffrire, portare alla luce quel passato che ammantava in maniera indelebile entrambi, come un velo, sottile, ma che faceva sentire ancora il suo peso.  

-Non c'è bisogno che vieni anche stasera- Alex sorrise ad un Jason appoggiato al bancone della cucina, stava sorseggiando il caffè e dalla sua espressione non sembrava molto convinto della cosa; Alex lo osservò, era vestito con dei jeans scuri e una maglia pesante dello stesso colore che metteva in evidenza il blu dei suoi occhi che ora erano puntati su di lei mentre le sue labbra sorseggiavano piano la bevanda calda–Non ho detto questo- rispose -solo che non so a che ora arriverò, dal momento che devo consegnare un lavoro e parlare con un cliente- spiegò, Alex si alzò dal tavolo dove aveva appena finito di fare colazione 

–E io ti ripeto che non ci sono problemi se non vieni al pub stasera, chiedo uno strappo a Liz- rispose divertita dal fatto che Jason, da quando lei aveva iniziato a lavorare, l'avesse sempre accompagnata verso le 18.00 per poi tornare verso le 23.00 aspettando che lei finisse bevendo la sua birra e parlottando con Mike e altri clienti suoi amici. Era in quelle occasioni che si era ritrovata ad osservarlo: mentre rideva per qualche battuta, o adocchiava malamente qualche suo amico per qualcosa che aveva detto; in quei piccoli momenti, lei l'aveva guardato davvero, imprimendosi per bene ogni sua espressione, sorridendo anche lei perché stava imparando a capire quando c'era qualcosa che non lo convinceva e una leggera ruga si affacciava sulla sua fronte, oppure quando invece era divertito da qualcosa, il suo viso si illuminava, la sua bocca si apriva e mostrava una dentatura bianca e perfetta, con quelle leggere linee d'espressione ai lati e altre più piccole intorno agli occhi; si era soffermata spesso ad osservare le sue labbra posarsi sulla bottiglia di birra che beveva, arricciandosi, vedere la gola stendersi per deglutire, assaporarne il gusto e infine riprendere a parlare. Aveva scrutato il suo modo di fare, il suo muoversi, le sue mani: grandi, con delle vene visibili che disegnavano come un'edera che si ramifica, belle. Qualcosa era cambiato in lei forse da quella sera, forse prima, ma si rendeva conto che spesso lo cercava più di quanto avrebbe davvero dovuto, con il ricordo di quell'abbraccio, il piacere di sentirlo così vicino e presente, cullandosi nel suo profumo e delle sue mani strette alle sue braccia. 

Jason posò la tazza sul tavolo e stava per ribattere quando sentirono bussare alla porta –Vado io- disse avviandosi con un mezzo grugnito, mentre Alex si ridestò da quei pensieri e si affacciò dalla cucina per vedere chi fosse a quell'ora di mattina. Quando aprì la porta non ebbe neanche il tempo di capire chi fosse che subito si ritrovò a stringere il corpo di Jane che gli si era praticamente lanciata addosso 

–E' da giorni che non ti vedo!- esordì la donna inspirando il profumo di quell'uomo così maledettamente importante per lei –Jane!-Jason parve subito sorpreso per quell'improvvisata 

–Allora ancora ti ricordi il mio nome- le disse lei sorridendo guardandolo negli occhi -pensavo mi avessi dimenticata- ammiccò e subito si avvicinò per baciare dolcemente la bocca di Jason che però, dopo aver risposto in un primo momento al bacio, si staccò leggermente, interrompendo quel contatto per girarsi verso il corridoio dove incrociò lo sguardo stupito di Alex. 

-Scusate!- Alex saltò sul posto così si ritirò di nuovo in cucina, portandosi una mano sul cuore che le martellava nel petto come tamburo, vedere Jason in quegli atteggiamenti con la sua ragazza le aveva fatto di nuovo uno strano effetto e quel malessere si dipanò in lei ancora una volta.

-Cosa ci fai qui?- Jason chiuse la porta per far entrare Jane che continuava a restare attaccata al suo braccio sorridendogli –Sono passata a vedere che fine avessi fatto- rispose stringendolo un po' di più e Jason sorrise appena, rivolgendo una rapida occhiata di nuovo al corridoio, vuoto     –Sto per andare a consegnare un lavoro e parlare con un cliente, starò fuori praticamente tutto il giorno- spiegò lui mettendosi di fronte alla ragazza che sembrava più smagrita rispetto a come se la ricordasse e subito venne come colto da un pensiero che spazzò via ogni altra cosa: possibile che non si vedevano da così tanto? Possibile che fosse stato così assorbito dal lavoro e da quella ragazzina da non essere andato più da Jane? Quell'osservazione lo trafisse inaspettatamente, non riusciva a credere di aver cancellato la figura di Jane in quei giorni e la cosa lo stranì

–Immaginavo fossi molto impegnato, come stai?- Jason inspirò e scacciò i suoi pensieri abbassando lo sguardo sulle mani di lei strette nelle sue, per poi concentrarsi su quello sguardo verde smeraldo e quelle lentiggini –Bene, un po' stanco- ammise vedendola sorridere posando una sua mano sulla sua guancia leggermente ispida per la barba non fatta

–E pensi che potremmo vederci?- chiese con quella nota speranzosa nella voce che ogni volta lo colpiva chiedendosi come potesse, una ragazza bella ed intelligente come Jane, perdere ancora del tempo con uno come lui –Non saprei- rispose –magari domani- ipotizzò e lei sembrò accusare quella risposta come un colpo non gradito, il suo sguardo si adombrò subito, pur mantenendo un leggero sorriso–Questa sera non puoi passare?- chiese con una nota incrinata nella voce, in quel momento comparve di nuovo Alex profondamente in imbarazzo

 –Scusatemi ancora, vado di sopra- disse entrando nel salotto –Alex, vero?- Jane la guardò sorridendo lasciando Jason, Alex si fermò poco prima delle scale guardando un attimo l'espressione imperturbabile dell'uomo, per poi incrociare lo sguardo di Jane–Si- ammise, la donna le sorrise ancora affabile -Sei tu la ragazza nuova che lavora al pub di Mike, vero?- le chiese –Il paese è piccolo e le voci corrono, soprattutto se si tratta di volti nuovi- aggiunse rispondendo all'espressione un po' sorpresa di Alex a quella domanda

–Si, lavoro lì da qualche giorno- ammise

 –So che grazie a te, adesso Mike può servire dei dolci molto buoni- continuò Jane cordiale, Alex arrossì leggermente –Beh non sono niente di speciale, ma è un favore che mi ha chiesto Mike- rispose guardando poi verso Jason–Davvero non preoccuparti per me, mi porterà Liz, ora vi lascio soli- così dicendo salì le scale velocemente ringraziando il fatto che il suo ginocchio si fosse oramai rimesso, non voleva continuare quella conversazione.

-E' per lei che non sei più venuto?- Jane guardò dritto negli occhi Jason per nulla sorpreso da quella domanda –No- rispose secco, bruciando all'idea che avesse ragione, mentre Jane incrociò le braccia e assunse un'espressione più seria –Non avevi detto che se ne sarebbe andata presto?- chiese e Jason a quel punto increspò le labbra in un sorrisetto

 –Davvero stai facendo una scenata di gelosia?- chiese sarcastico facendole subito cambiare espressione da arrabbiata a triste–Scusa, ma non mi spiego questa convivenza, mi sembra piuttosto strana- ammise lasciando cadere le braccia lungo i fianchi –Inoltre mi manchi- aggiunse. Jason ritornò serio, doveva riprendere le redini della sua cavolo di vita, le si avvicinò di un passo, la scrutò a lungo per poi alzare una mano e prenderle il mento avvicinandosi 

 –Verrò da te stasera, ma non voglio più che piombi qui per fare allusioni, è chiaro?- Jane si morse il labbro affranta –Va bene- ammise, lui posò le sue labbra su quelle di lei per poi staccarsi quasi subito –Ora vai ci vediamo da te stasera- Jane si sforzò di sorridere per poi uscire di casa.    Alex stava sistemando i suoi abiti quando vide apparire davanti la porta della camera Jason, immediatamente sentì di nuovo l'imbarazzo per averlo visto con Jane baciarsi, cosa ridicola a pensarci a mente lucida, ma non riusciva a non sentire le sue guance imporporarsi

–Stasera non verrò al pub- le disse diretto, non sembrava più il Jason di pochi minuti prima e lei si ritrovò a rimanere un attimo sorpresa, non trattenendo una certa delusione –Ah..ok- si limitò a rispondere –te l'ho detto c'è Liz- aggiunse con un'alzata di spalle per poi legare i suoi capelli in una coda morbida mentre lui continuava a guardarla

 –Non tornerò a dormire-le disse dopo attimi di silenzio. Non seppe il perché, ma si sentì in dovere di dirglielo nonostante fosse già successo in passato, ma quando Jane gli aveva fatto notare che erano giorni che non si vedevano, lui era rimasto incredulo davanti all'evidenza dei fatti, non riusciva ad immaginare che la presenza di Alex avesse annebbiato tutto ciò che era prima la sua vita, non doveva e non poteva permetterselo! In qualche modo dirlo ad alta voce anche a lei era un modo per ripristinare un certo controllo della sua stramaledetta vita. Alex a quella frase trattenne il respiro, aveva rivolto la sua attenzione alle maglie per riprendere a sistemarle, ma a quelle parole si era fermata rivolgendo i suoi grandi occhi color del mare verso Jason, la cui espressione sembrava turbata da qualcosa –Va bene- si limitò a rispondere cercando di non far uscire quella delusione che ora si era ampliata a macchia d'olio dentro di lei, pur non spiegandosene il motivo; lui non aggiunse altro e ridiscese velocemente le scale per  uscire di casa lasciando che tutto piombasse in un silenzio irreale.

Alex si sedette sul letto, guardando davanti a se la finestra che mostrava una giornata piuttosto bella ma freddissima, con la fine di novembre l'aria era cambiata notevolmente e la temperatura si era fatta ancora più rigida e nonostante in casa si stesse bene, in quel momento Alex sentì il gelo invaderle il corpo. Era già successo quando avevano discusso che Jason mancasse da casa, che uscisse la mattina per tornare quando lei era ormai addormentata, aveva anche dormito fuori, da quando lei viveva lì, ed era ovvio visto che non era certo un bambino e aveva la sua vita, ma era capitato solo quando loro due non navigavano in buone acque. La situazione in quegli ultimi giorni, si era notevolmente risollevata, Jason rimaneva un tipo silenzioso e spesso era chiuso in un mondo invalicabile, questo lei l'aveva capito, ma stavano imparando ad accettare l'uno la vicinanza dell'altra e lei si era illusa che lui ci sarebbe sempre stato; pensare che quella sera non sarebbe tornato per passare la notte da quella ragazza, l'aveva resa irrimediabilmente triste, inoltre il fatto che lui glielo avesse detto, le aveva l'asciato davvero l'amaro in bocca. Sospirando si diede della cretina almeno un milione di volte prima di uscire e andare al pub, ma niente era servito a risollevarle il morale, si era anche sorpresa nel pensare che quel suo modo di fare sembrava dettato dalla gelosia e la cosa l'aveva colpita come un fulmine, si rifiutava di crederlo, ma alla fine ammetterlo le aveva permesso di capire che infondo teneva a Jason più di quanto lei stessa immaginasse.

Arrivò al pub poco prima delle 17.00, entrando dalla porta che dava direttamente sulla cucina; lì trovò Mike intento a sistemare alcune cassette vuote in un angolo –Ciao Mike- salutò e l'uomo le rivolse un suo solito sorriso –Ciao Alex!Tutto bene?- chiese pulendosi poi le mani

–Si, come sempre- rispose la ragazza spogliandosi e indossando il grembiule che usava in cucina e legando i suoi capelli in una treccia veloce –Liz?- chiese notando l'assenza della moretta –Non credo verrà- rispose Mike iniziando a pelare alcune patate –stamattina si è svegliata con la febbre- aggiunse sospirando, Alex non si aspettava che l'aspetto non proprio rassicurante di Liz la sera prima, potesse portare a quel risultato, questo avrebbe significato che il suo passaggio per quella sera non era così scontato –Pensi di farcela da sola di qua, quando io dovrò servire e preparare da bere?- le chiese Mike osservando il volto pensieroso di Alex 

-Oh si, certo- rispose iniziando a preparare i muffin al cioccolato che andavano a ruba –E allora cos'è quella faccia? Sei preoccupata per qualcosa?- chiese Mike affabile, Alex si sforzò di sorridere –No sto bene, ma ho un problemino per il rientro stasera, speravo che Liz potesse darmi uno strappo- ammise iniziando a mescolare i vari ingredienti all'interno di una ciotola, Mike aggrottò le sopracciglia incuriosito –Jason non verrà?- chiese e Alex fece un cenno del capo –Andrà da Jane, è venuta da noi questa mattina- confessò –e Jason mi ha detto che non dovrò aspettarlo, per cui..-lasciò la frase in sospeso e alzò il viso per osservare Mike, stupendosi nel trovarlo visibilmente incupito –Mike? Tutto bene?- chiese, era la prima volta che vedeva l'uomo con quell'espressione torva, non era certo da lui – Ci sono io, non è un problema, ora vado a sistemare le birre, fai per favore anche la crema- disse scuro in volto uscendo subito dopo dalla cucina. Alex rimase interdetta ad osservare il punto della porta dove Mike era sparito, non le sembrava possibile che un tipo come lui si potesse arrabbiare, ma era proprio così che ora l'aveva visto, sembrava turbato da qualcosa ma non sapeva cosa fosse successo, del perché avesse cambiato umore così repentinamente; improvvisamente però, le venne il dubbio che forse il fatto che non ci fosse Liz e che Jason non potesse venire, avesse implicato in qualche modo che dovesse essere lui l'unico a poterla portare a casa, cosa che non era nei suoi programmi, ovviamente. Subito Alex si sentì in colpa e uscì dalla cucina per andare nella sala dove lo trovò a sistemare alcune sedie intorno ai tavoli –Mike, scusami!- disse tutta d'un fiato, l'uomo a pochi passi da lei con la mente altrove, sentendola si fermò e si girò a guardarla, sembrava turbata –Cosa?- chiese non capendo 

–Scusami- ripetè lei stringendosi le mani –Ma di che stai parlando? Hai rovesciato l'impasto a terra?- chiese con una nota divertita nella voce –No, non è questo- rispose Alex in imbarazzo, Mike le si avvicinò con un sopracciglio alzato sorridendo –Ma si può sapere che ti è preso, Alex?-le chiese e lei dopo un sospiro alzò il viso e incrociò gli occhi del ragazzo –Non volevo che tutto questo ti costringesse a darmi uno strappo a casa, è ovvio che sia una bella rottura, ma non ti devi sentire in dovere, anzi, sicuramente verrà quel signore che abita poco lontano da noi, il Signor Freeman, mi farò dare uno strappo a casa da lui, mi dispiace che ti abbia fatto innervosire..-il suo parlare a tutto spiano venne interrotto improvvisamente da un dito di Mike che si appoggiò sulle sue labbra stupendola; lui la guardò divertito –Alex non mi sono certo arrabbiato per questo- disse non trattenendo una risata –e non ti lascerò di certo andare in auto con quell'ubriacone del Signor Freeman, piuttosto ti faccio dormire a casa nostra- le disse facendola sorridere e solo in quel momento lui staccò il dito dalle labbra di lei –Ma io credevo che..-lui la fermò di nuovo con lo stesso gesto –Non è successo niente, stai tranquilla, mi è solo venuto in mente una cosa che mi ha fatto stranire, ma tu non centri niente, ok?-Alex fece un cenno incerto d'assenso con la testa come una bambina ripresa dal padre e lui sorrise divertito 

–Ti porterò io a casa, per me non è certo un peso, ok?-e lei di nuovo mosse il capo in segno d'assenso –Brava, ora vai che tra poco qui ci sarà il delirio, stasera c'è una partita di coppa- disse l'uomo ritornando a sistemare la sala –Grazie Mike- Alex nutriva un vero e proprio affetto per lui, dalla prima volta che l'aveva visto gli aveva fatto una buona impressione, grazie a lui Jason aveva accettato di ospitarla e soprattutto le piaceva perché il suo viso era sempre sorridente e pronto alla battuta, a volte si chiedeva come facesse ad essere amico di uno come Jason, il suo opposto; lui la guardò e gli fece l'occhiolino mentre lei ritornò in cucina a finire di preparare. 

Quella sera, Alex lavorò davvero molto, il pub risultò pieno già prima dell'inizio della partita e lei si era dovuta destreggiare in quella cucina, chiedendosi come facesse Liz ogni volta e ammirandone le capacità -Tutto bene?- la voce di Mike le fece alzare la testa dalla friggitrice dove stava preparando alcune patatine -Si- sorrise riempiendo un piatto e passandolo a Mike il quale, prendendo le salse che le accompagnavano, le sistemò su un vassoio

 -Dai riposati un pò, per ora ci sono solo bevande da servire e ci penso io- le disse facendola sospirare di sollievo. Dopo essersi rinfrescata uscì dalla cucina e osservò il pub gremito di gente, si appoggiò al bancone, nel lato più defilato per non dare fastidio a Mike che invece stava ancora servendo da bere -Ciao- una voce al suo fianco le fece fare un salto 

-Thomas!- quasi gridò e il ragazzo rise di gusto vedendo l'espressione sorpresa della ragazza

-Scusami, ti ho spaventato!- le disse -Sì, ammetto che con tutto questo caos, non ti ho né visto né sentito arrivare- rispose divertita -quando sei tornato?- chiese e lui si sedette sullo sgabello lì accanto a lei -Questa mattina, sono in ferie per una quindicina di giorni- le spiegò -mi ha praticamente costretto il capo, dice che ho maturato talmente tante ferie da poter stare in vacanza per mesi- entrambi risero -Così, visto che a Natale lavorerò, ho preferito venire qui in questi giorni. Tu? Come mai sei al posto di Liz? Alla fine è fuggita?- le chiese facendola ridere di gusto sapendo quanto la moretta desiderasse viaggiare, invece di stare lì in quel paese, in quel pub

-A dire il vero oggi non c'è perchè ha la febbre, mentre io mi sono ritrovata a lavorare qui da qualche giorno- rispose sorridendo vendendo un'espressione di stupore, affacciarsi sul volto di Thomas -Lavori qui?- chiese incredulo e lei si ritrovò a rispondere con un cenno del capo ridendo -Accidenti, non me lo sarei mai aspettato!- disse bevendo poi un pò di birra dal suo boccale

-Quindi non parti più?- le chiese curioso  -Per ora no- rispose lei non trattenendo un certo sollievo nel pronunciare quelle parole, pensando che per ora poteva nominare quel posto come casa e notò le labbra di Thomas arricciarsi in un sorriso più rilassato -Questa è davvero una bella notizia- le disse all'orecchio facendole imporporare le guance, abbassò il capo in imbarazzo, perchè nessuno le aveva mai detto che la sua presenza fosse così gradita, nessuno. La serata proseguì più tranquilla e Alex riuscì a passarla con Thomas, ridendo e scherzando e fu lui ad insistere per poterla accompagnare a casa facendo desistere anche un Mike divertito per la cosa; la aspettò fino alla chiusura e qualcosa, quella sera, cambiò.

Erano le due del mattino e sentiva il suo corpo stanco ma completamente appagato, stavolta era riuscita a non addormentarsi e poteva godersi il contatto con il corpo caldo e solido di lui, il suo battito cardiaco e il suo respiro regolare. Alzò leggermente il capo dalla spalla di lui, dove si era rannicchiata, e lo vide con gli occhi socchiusi a scrutare il soffitto buio, con i colori notturni che penetravano dalla finestra–Mi sei mancato- disse piano, lui non le rispose ma le accarezzò piano la schiena –A volte vorrei davvero saper leggere nella tua mente- ammise sconsolata, lui sorrise appena–Non ti perdi nulla, te l'assicuro- rispose facendola sorridere 

–Invece credo che mi divertirei parecchio- ribatté lei baciandogli l'incavo del collo per poi tornare nella posizione iniziale –Mi dici chi è questa Alex, per te?- gli chiese dopo minuti di silenzio scandito solo dai loro respiri, lui non si mosse, continuando a guardare il soffitto, con la mano ad accarezzare la schiena di lei–So che non ti piace parlare delle tue cose, ma vorrei saperlo- aggiunse lei e solo a quel punto lui inclinò leggermente il capo ad incrociare i loro sguardi –Te l'ho detto sto facendo il favore ad una mia vecchia amica italiana- disse vedendo come Jane lo scrutasse nel chiaro scuro della stanza–Ma quanto si fermerà?- chiese ancora con curiosità –Non ha scuola?- lui sorrise –Ha finito la scuola e si fermerà fin quanto vorrà- Jane a quella frase rimase un po' perplessa, mentre Jason sentì uno strano senso di ansia al pensiero che Alex sarebbe potuta andare via prima o poi –Hai altre domande?- le chiese lui canzonatorio cercando di ritrovare il controllo dei suoi pensieri, ma prima che lei potesse anche solo rimuginare su cosa dirgli o chiedergli, lui invertì le posizioni trovandosi semidisteso su di lei 

–Avrei altre cose in mente- le disse pianissimo ad un soffio dal suo viso. 

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Capitolo 16
*** 15 ***


15

Thomas, in ferie da una decina di giorni, si era ripromesso sin da subito di riaccompagnarla a casa tutte le sere, vista l'assenza di Jason, facendo desistere sia Liz che il fratello Mike più volte. Alex, in quei giorni aveva imparato a conoscerlo e, la sua compagnia, le piaceva molto; era simpatico e spontaneo, le piaceva vedere il suo sguardo al cioccolato illuminarsi quando rideva, con una fossetta che gli si formava sulla guancia sinistra, la sua risata allegra, il suo viso gentile. Le aveva raccontato della sua famiglia, i genitori vivevano poco fuori il paese, in un fienile del XIX secolo con il tetto di paglia, tipico dell'epoca, che avevano riconvertito in una bellissima casa dove avevano dato vita a una produzione di birre con il fratello, affittando alcune camere per i turisti; mentre lui aveva optato per una vita più mondana, nella città, innamorato della cucina e di cucinare, aveva sempre avuto quest'indole che l'aveva portato a Londra; Alex aveva notato che fosse un po' un ragazzo di altri tempi nel modo di fare: come quello di aprirle sempre lo sportello per farla salire o scendere dall'auto, oppure il versarle da bere, o aprirle la porta del pub per farla uscire per prima. Erano piccole cose, ma che avevano riempito il cuore di Alex, non abituata a certe attenzioni e non smetteva mai di mostrarle la sua dolcezza

–Sei molto bella Alex- le aveva detto la prima sera che l'aveva riaccompagnata, stupendola per la dolcezza che aveva usato e la delicatezza con cui le aveva regalato una leggera carezza sul viso; Alex aveva tremato a quel tocco, pensando addirittura che potesse baciarla, ma non successe; non quella sera almeno.

In realtà, accadde la sera successiva, quando era sceso per accompagnarla fin sotto il portico con il suo ombrello, per non farla bagnare. Dopo essersi salutati, lui era rimasto fermo davanti a lei, gli occhi che non smettevano di scrutarle il viso, facendole imporporare le guance e lui aveva sorriso dolcemente

-Posso baciarti, Alex?- le aveva chiesto, lasciandola senza fiato. Si era ritrovata a sgranare gli occhi per la sorpresa, mentre delicatamente le aveva preso il viso tra le mani fredde e lentamente aveva fatto sfiorare le loro labbra. Alex si era ritrovata a trattenere il respiro, incapace di fare qualsiasi cosa, sentendo il cuore battere più forte e il sangue correrle nelle vene –Posso?- le aveva sussurrato quando già le loro labbra si stavano accarezzando leggermente; si era ritrovata a posare le sue mani sul giubbotto di Thomas che le aveva sorriso ancora una volta, per poi baciarla completamente.

Non se lo aspettava così. Nei suoi sogni da ragazzina, il suo primo vero bacio, l'aveva immaginato pieno di passione, di impeto, pensava di sentire davvero la terra aprirsi sotto i piedi o le famose farfalle nello stomaco che spesso si raccontavano nei libri. Ma baciare Thomas, non lo era stato. Una sensazione dolcissima, nuova, bellissima in sè, ma non riuscì a non provare una certa debole delusione; se ne vergognò e se ne vergognava ogni volta, ma ad Alex rimaneva come il dubbio che mancasse qualcosa. I baci si erano susseguiti ogni sera, ed erano delicati, le piaceva il sapore di Thomas, ma c'era una vocina dentro di lei che le diceva che mancasse qualcosa, che forse c'era dell'altro, anche se poi si ricredeva pensando che la sua inesperienza completa, sicuramente faceva la differenza, ma una parte di lei sembrava come non appagata da quei gesti.

Liz, quando qualche giorno prima si erano ritrovate da sole nel pub, le aveva chiesto maliziosa come andasse con Thomas avendo capito ormai che si frequentassero, e lei, dopo un attimi di esitazione ed imbarazzo, le aveva confessato quel piccolo neo, facendola ridere di cuore –Alex, a volte gli amori più grandi nascono con il tempo; magari adesso è ancora presto e forse, anche tu, non sei pronta a pensare che Thomas possa diventare il tuo ragazzo, non hai mai avuto esperienze. Ma datevi del tempo, lui è un bravo ragazzo e si è davvero preso una bella cotta per te, magari anche lui non ha dato il suo meglio, perché in imbarazzo, e poi quelle passioni sconvolgenti non esistono!- le aveva detto, facendola riflettere sul fatto che forse avesse ragione; probabilmente il rapporto che aveva con Thomas era ancora così acerbo che pensare di provare quel tipo di trasporto o passione, avesse significato un po' di tempo da trascorrere insieme e, per questo, voleva davvero pensare seriamente a quello che le aveva detto lui proprio la sera prima.

–Tra due giorni torno a Londra, perché non vieni con me?- le aveva chiesto stupendola; le aveva spiegato che aveva un piccolo appartamento vicino Piccadilly, dove viveva da solo

-Io lavoro la sera, per cui il giorno potremmo stare insieme per visitare la città, puoi rimanere finché vuoi- le aveva detto e la proposta aveva suscitato in Alex subito un certo interesse, ma anche un po' di preoccupazione che si era manifestata nella sua espressione

–Non era una proposta oscena o con secondi fini, giuro!- si era precipitato a dire Thomas arrossendo e facendo ridere entrambi, ma ad Alex erano venuti in mente Liz e Mike. Il suo lavoro, seppur piccolo, era comunque qualcosa e le dispiaceva andarsene così senza preavviso; lui si era dimostrato subito molto comprensivo e le aveva suggerito di chiedergli giusto un paio di giorni per andare a Londra a trovarlo e, a quella proposta dolce, Alex, non aveva trattenuto un sorriso 

–Vedremo- gli aveva risposto  timidamente, ed ora, quel sorriso era di nuovo rispuntato sulle sue labbra, mentre finiva di asciugarsi i capelli riflettendo davvero su quella proposta.

Sobbalzò quando vide la porta del bagno aprirsi mostrando un Jason visibilmente assonnato

–Oh scusa- fece lui sorpreso di trovarsela davanti; uno strano fremito la colpì alla bocca dello stomaco nel vederlo con quel viso un pò stanco, la barba non fatta, lo sguardo stanco, ma quegli occhi erano sempre gli stessi: intensi e penetranti –Ciao, tutto bene?- chiese lei cercando di mostrarsi calma, lui si grattò il capo con una mano –Si, sono rientrato ora, ma devo andare a Londra – rispose sbadigliando.

Erano giorni che non si vedevano, se non per pochi attimi quando lui, come quella mattina, rientrava per uscire subito dopo. A dire la verità Alex, sapeva benissimo quando lui aveva iniziato ad essere così assente, a non venire più al pub, rimanendo a dormire fuori praticamente tutte le notti, ritornando la mattina giusto il tempo per lavarsi e cambiarsi. Sapeva che coincideva con l'ultima volta in cui era venuta a casa Jane, la sua ragazza; la cosa le aveva levato parecchie ore di sonno in quei giorni, spesso si era ritrovata a chiedersi perché improvvisamente lui sembrasse un estraneo nei suoi confronti, molto di più di quanto lo era stato all'inizio, ma poi si era convinta che Jason doveva vivere la sua vita come lei stava iniziando a fare

–Oh, Londra, sai che bella adesso che siamo vicini a Natale, forse ci andrò- fece sognante Alex riponendo il phon e sforzandosi di tornare a pensare alla proposta di Thomas

-Tu, a Londra?- chiese Jason, preso in contropiede, lei sorrise in imbarazzo

– Me lo ha chiesto Thomas, ti ricordi di lui? L'amico di Liz, lavora a Londra e mi ha chiesto di andarlo a trovare visto che lui domani finisce le ferie e torna a lavorare- spiegò entusiasta. Jason rimase come imbambolato a quella frase, mentre lei sistemava le sue cose per poi sorpassarlo ed uscire dal bagno

–Questa sera non credo..- lei rise interrompendolo

–Lo so, Jason, non ci sono problemi- disse mascherando la tristezza con una nota divertita della voce, meravigliandosi per come ci fosse riuscita

–Ma stai lavorando tutte le sere?- chiese lui assottigliando lo sguardo, c'era qualcosa che gli stava sfuggendo

–Si, lavoro tutti i giorni ormai, in questo periodo c'è parecchia gente e a loro fa comodo- ammise Alex andando poi verso la sua camera; sentiva l'esigenza di allontanarsi, non voleva avvertire quella sensazione strana quando lui le stava vicino

–Ma non avevamo detto che avresti provato per un primo periodo solo tre volte a settimana?- chiese lui seguendola, stare dietro a tutto gli stava risultando alquanto difficile e la cosa lo fece innervosire all'inverosimile

–Sì, la prima settimana è stata così, ma ormai è più un mese che lavoro lì! Siamo sotto le feste di Natale, c'è più gente del solito! E poi scusa, ma quel'è il problema? Almeno non devo stare a casa da sola tutto il tempo- e la nota acida con la quale gli rispose stupì sia  Alex che Jason, rimasto a fissarla per qualche istante con un'espressione confusa sul volto –Cosa..-ma Alex lo fermò mettendo le mani avanti

–No Jason, scusami, non so perché ho detto questa frase- ammise sorprendendolo ancora una volta

–Comunque sto uscendo anche io- aggiunse –Thomas mi viene a prendere per andare a fare una passeggiata alla scogliera, dato che non ci sono ancora mai stata, poi andiamo al pub- indossò velocemente una felpa pesante sopra la maglia a collo alto che portava.

Jason si fece cupo, com'era possibile che Alex uscisse con quel tipo? Cosa era successo in quei giorni in cui lui non c'era stato? Era già Natale? La cosa lo fece stranire più di quanto avesse mai immaginato, perché era stato lui ad aver deciso di tenere le distanze negli ultimi giorni. Ma erano davvero passati così tanti giorni?

-Thomas non è il tipo che per poco non ti ha rotto il ginocchio?- chiese serio –Che vi ha lasciato alla festa in quello stato?- aggiunse con una nota cattiva nella voce

-Thomas, mi ha aiutato non facendomi investire- precisò lei, infastidita dal tono e dal modo di parlare di Jason – inoltre alla festa non c'era perché a Londra - spiegò

– E questo dovrebbe farmi stare tranquillo? -chiese gelido e lei rimase interdetta a fissarlo

Jason sentì una sensazione di fastidio e rabbia pungergli lo stomaco, era stato uno stupido a stare così lontano da lei

–In questi giorni che io non ci sono stato cosa è successo?- la voce era bassa e il tono accusatorio, subito Alex rimase perplessa per quella domanda –Non ti capisco, a cosa ti riferisci?- chiese cercando di mantenere il suo sguardo su quello dell'uomo divenuto un mare in tempesta

–Cosa hai fatto?- le chiese assottigliando lo sguardo, Alex sgranò gli occhi confusa

–Cosa ho fatto?- ripetè, le si avvicinò costringendola ad alzare la testa per guardarlo in viso, la sua mascella era contratta e l'espressione dura; una parte di lui appena aveva sentito il nome di quel Thomas, si era accesa come una miccia, non gli piaceva quel tipo, ma più di tutto, odiava il modo in cui guardava Alex

–Chi ti ha riaccompagnato in questi giorni?- chiese severo e Alex per un attimo sentì come una risata risalirle alla bocca, per quel modo di fare, ma si trattenne –Thomas- rispose cercando di capire dove volesse arrivare Jason che si irrigidì ancora di più –Mi spieghi che succede?- chiese non capendolo, lui respirò a fondo mantenendo lo sguardo fisso su quel mare cristallino che erano gli occhi di Alex

–Thomas..- ripeté lui sentendo lo stomaco contorcersi –quindi quel damerino ti ronza ancora intorno, cos' è il tuo ragazzo? - e Alex sgranò lo sguardo non capendo quella frase –Jason, ma che diavolo...- lui la interruppe rabbioso

–Hai fatto venire qui quel pidocchio?!- chiese anche se più che una domanda ad Alex sembrò una vera e propria accusa –Cosa?- chiese sbalordita

–Dimmelo!- incalzò lui sentendo ogni parte del suo corpo fremere

–Avete dormito qui?- chiese sempre più fuori di sé, a quel pensiero sentì un sapore amaro risalire la bocca dello stomaco

–Ma sei impazzito?- Alex non riusciva a credere alle sue orecchie –Ma come ti permetti di dire una cosa così?-chiese sentendo i suoi occhi inumidirsi per quell'accusa, lui sorrise con un ghigno 

–Avanti, Alex, non farmi credere che avere una casa vuota, non vi abbia fatto venire in mente di potervela godere!- disse cattivo e Alex trattenne il fiato colpita per quel modo di fare dell'uomo, il suo sguardo fiammeggiava, la stava trafiggendo

–Tu sei pazzo!-urlò ferita per quelle parole, ma lui sorrise in maniera finta

–Non pensavo che avrei dovuto dirti che queste cose mi mandano in bestia, ma evidentemente, hai preso questo trasferimento per una vacanza- disse gelido –probabilmente il fatto di venire qui ti ha fatto pensare di poter fare finalmente come ti pare della tua vita e magari approfittare di quando stai sola per spassartela con quel tizio!- aggiunse duro con una nota schifata nella voce.

Alex scattò e, come già era successo, lo colpì al volto –Io non sono una puttana!- urlò –Non ti permetto di parlarmi così!- aggiunse con il fiato corto, lui non mosse neanche il volto allo schiaffo che gli arrivò

-Mi vuoi far credere che non ci sia niente?- insistette, come se saperlo dipendesse la sua sanità mentale –Non fare la santarellina con me, Alex, non attacca!- lei sgranò gli occhi

–Non sei nessuno per parlarmi così!- la voce le uscì incrinata, non poteva credere che Jason le stesse dicendo quelle cose –Io non ho fatto niente!- ma lui le si avvicinò al viso

–Dimmelo!- scandì

–Cosa ti fa credere che io sia quel tipo di ragazza, eh Jason? Come ti permetti di farmi la morale? Come ti viene in mente di venire qui e darmi della puttana? Pensi davvero che io sia quel tipo di ragazza? Pensi che il fatto che tu non ci sia, mi abbia fatto aprire le gambe con il primo ragazzo?- Alex era a dir poco furibonda, le sembrava assurdo quello che si stavano dicendo –Beh, mi dispiace deluderti, ma mia madre mi ha dato un'educazione e non ti permetto di farmi passare per quella che non sono! –

Si fissarono negli occhi rabbiosi -Non sai nulla di me, Jason – aggiunse a denti stretti imponendosi di non far uscire neanche una lacrima;  sentendo quell'ultima frase, Jason distolse lo sguardo, sconvolto. Si portò le mani sul viso strofinandolo, che diavolo gli era preso? Era forse impazzito? Lei lo sorpassò prendendo la borsa per andarsene

–Scusami- soffiò lui bloccandola per un braccio – No volevo, io..- sospirò pesantemente- Ho dormito poco in questi giorni...io..- cercò di giustificarsi a testa bassa non riuscendo a guardarla negli occhi; la postura rigida di Alex si rilassò un poco sentendo la mano salda di Jason sul suo braccio e percependo quel calore che le era mancato –Facciamo finta che questa conversazione non ci sia mai stata- gli disse nell'esatto istante in cui si sentì il clacson di un'auto; lui lasciò la presa come scottato e lei velocemente scese le scale, senza aggiungere altro, si sentiva ferita.

Una volta solo, Jason andò alla finestra e vide che a prendere Alex, non era come lui aveva sperato, Liz, ma quel tipo; la vide montare sulla berlina scura del ragazzo che era sceso per aspettarla vedendo chiaramente la ragazza sporgersi verso quel tipo, cosa che in un secondo fece gelare il sangue nelle vene di Jason che non capì se si fossero baciati o meno. Senza accorgersene portò una mano sul vetro a mo di pugno, serrando la mascella e seguì l'auto finchè non sparì dietro la curva, ma il nervoso ormai aveva preso il sopravvento e dovette lottare con tutto se stesso per non rompere qualcosa. Si girò di scatto andando in bagno e aprì il rubinetto per far scorrere l'acqua, doveva farsi una bella doccia fredda per calmarsi. Si guardò allo specchio vedendo lo sguardo di un pazzo, ma non riusciva a calmarsi, era come se qualcosa gli fosse esploso nel petto, come se si fosse incendiato dentro; la testa gli era partita con i più svariati pensieri, senza che riuscisse a controllarsi, il terrore lo aveva assalito pensandola sola in casa con quel tipo. Quel pensiero gli bruciò ancora il cuore, ogni fibra del suo corpo, così si spogliò velocemente e lasciò che l'acqua acquietasse il sangue che gli ribolliva nelle vene, gli sembrava di rivivere quel maledetto incubo.

-Perchè non mi vuoi dire come è successo?- la domanda gli uscì più forzata di quanto avesse voluto, ma se lo chiedeva e voleva sapere: come diavolo era potuto capitare? Emma si allungò stiracchiandosi sulla spiaggia dove era sdraiata,prima di tirarsi a sedere, quel giorno avevano deciso di fare una passeggiata al mare, visto l'assenza delle lezioni. Dal giorno in cui glielo aveva detto, era passata appena una settimana, ma che per Jason aveva il sapore amaro di un tempo infinito; in quel breve ma strano periodo, lei era tornata la Emma che lui amava e aveva conosciuto. Si tirò a sedere accanto a lui osservando il mare

–Credo che tu sappia come funzioni, no?- chiese ironica, ma vedendo l'espressione seria con cui la stava guardando, il suo sorriso le morì sulle labbra; si concentrò di nuovo sul mare portandosi le ginocchia al petto

–Perchè vuoi saperlo?- chiese a sua volta e lui si tirò indietro i capelli con una mano sbuffando

–Non lo so- ammise, forse era solo per farsi ancora più male pensò, passandosi una mano sul viso

–Non lo conosci, se te lo stai chiedendo- rispose lei, gelandolo sul posto, nonostante l'aria calda di quella giornata –Quindi, sai chi è il padre?- chiese sentendo il suo respiro fermarsi in gola, il suo cuore perdere un battito e chiedersi se davvero lui voleva saperlo, Emma chiuse gli occhi facendo un profondo respiro

–Sì- ammise –certo che lo so- lui rimase fermo, immobile, a fissare il profilo delicato di Emma, i suoi capelli smossi dall'aria calda che portava i profumi di un'estate ormai prossima

–E lo sa?- chiese ancora, sentendo il suo cuore far tremendamente male mentre la vide girare il volto verso di lui, i suoi occhi brillavano come il mare ed era tremendamente bella

–No, non voglio che lo sappia- rispose lasciandolo stupito da quella frase.

Aveva faticato a riprendersi l'amicizia con Emma, dopo l'allontanamento di lei, dopo averla vista cadere in un limbo, dopo aver saputo che tipo di persona sgradevole e pericolosa fosse il padre, aveva lottato per lei per aiutarla, per cercare di ricucire le ferite profonde che lei si portava dietro, come era possibile che ci fosse qualcuno nel suo cuore e lui non l'avesse notato?

-Se ti avessi incontrato prima, forse le cose sarebbero state diverse- disse lei, lasciandolo ancora una volta senza fiato, si guardarono per attimi infiniti –Tu mi hai aiutato più di chiunque altro, Jas- ammise lei con gli occhi lucidi

–C'è un "ma"- disse lui con amarezza –c'è sempre un "ma"- aggiunse continuando a guardarla, avrebbe voluto farlo per sempre; lei abbozzò un sorriso amaro –Lui ha preso il mio cuore e non me lo ha più ridato- confessò –è sempre stato nell'ombra ad aiutarmi, ma l'ho saputo solo da poco- disse

– Che vuoi dire? –chiese il moro

– Lui è un infiltrato nella schiera di mio padre, Jas, ma non posso dirti altro- sospirò prima di continuare- in realtà era uno dei pochi con cui ho sempre parlato quando lo incontravo a casa, quando mio padre organizzava le sue "riunioni", lui è riuscito a diventare importante e ad essere molto apprezzato da mio padre- il suo sguardo si fece più cupo –sembra che sappia svolgere molto bene il suo lavoro- e la nota amara della voce fece diventare un piombo il cuore di Jason –ma ai miei occhi lui è sempre stato diverso dagli altri, non so come spiegarlo, c'era qualcosa in lui che mi ha sempre attratto e, poco tempo fa, una sera dove l'ho scoperto a parlare al telefono, mi ha confessato che lui sta facendo di tutto per aiutarmi, per allontanarmi da qui, vuole incastrare mio padre. Non posso rovinare il suo lavoro e la sua vita con questa gravidanza- Jason deglutì a fatica –Lui ti sta aiutando ad andartene?- chiese con un filo di voce e lei lo fissò seria

-Non posso stare qui, te l'ho detto Jas, non voglio più stare qui- pronunciò piano- se potessi cancellerei ogni goccia del mio sangue che mi lega a lui, a loro, ma non posso- e i suoi occhi si fecero liquidi –ho sofferto troppo Jas, sapere che mio padre è senza scrupoli, subire le sue violenze- si fermò come se la gola gli si fosse stretta in una morsa –non posso più permettermelo adesso- aggiunse alla fine, portando una mano sulla sua pancia.

Quella confessione risuonò come uno schiaffo alle orecchie di Jason, uno schiaffo che lacera e strappa, che ti fa soffrire anche dopo che il colpo è stato inferto; deglutì a fatica fissando di nuovo il mare

–I miei sentimenti non cambieranno mai, Em- confessò e fu l'ultima volta che la vide.

Arrivò al pub alle 23.45, la giornata alla fine si era rivelata piuttosto produttiva, era riuscito a prendere un'altra commissione da parte di un suo cliente e aveva intascato una bella cifra per la statua che aveva consegnato la volta precedente, ma nonostante tutto, un certo nervosismo aveva aleggiato in lui per tutto il santo giorno, senza lasciarlo stare neanche un attimo. Il pub era come al solito discretamente pieno, appena entrò salutò un paio di amici ad un angolo, per poi dirigersi verso il suo sgabello, dove si sedette

–Oh qual buon vento..- Mike gli si parò davanti sorridente come sempre –stavamo scommettendo se ti avessero rapito gli alieni o fossi morto da qualche parte- disse posandogli subito dopo una bottiglia di birra davanti, Jason non si sforzò di sorridere facendogli solo il gesto del dito medio, mentre beveva una lunga sorsata di birra 

–Beh almeno non mi pare tu sia cambiato in questi giorni- disse il rasato ridendo, mentre Jason sospirava stanco –Che si dice di nuovo?- chiese guardandosi un po' intorno e intercettando quasi subito Alex e Liz ridere e scherzare con quei ragazzi amici di Liz tra cui quel Thomas che stava in piedi accanto ad Alex con una braccio posato sulle spalle della ragazza; stava ridendo di gusto ad una battuta di un biondino con il pizzetto che non aveva mai visto –Niente di che, amico- fece Mike con tono divertito vedendo l'espressione estremamente corrucciata del moro nel vedere i ragazzi poco lontani –a parte il fatto che Alex si è ambientata alla grande e lavora benissimo- aggiunse

–Già, lo vedo- rispose stizzito Jason che non riusciva a staccare gli occhi da quel gruppetto

–Che vuoi, a vent'anni ci si diverte parecchio- fece allusivo Mike servendo una birra e patatine a un ragazzo che poi si dileguò tra i tavoli, Jason lo guardò con un'occhiataccia –Ma non dovrebbero lavorare in cucina?- chiese indispettito facendo ridere l'amico 

–Si sono prese una pausa, inoltre abbiamo servito tutti, se ci dovessero essere richieste particolari rientrerebbero subito- rispose ovvio Mike appoggiandosi al bancone e rivolgendo anche lui lo sguardo ai ragazzi –Devo dire che con Thomas hanno stretto bene, pensa che l'accompagna lui a casa quasi sempre ultimamente- disse facendo andare di traverso il sorso di birra a Jason che poi lo guardò con sguardo stralunato -Ho saputo- disse non trattenendo un ruggito, Mike sospirò poggiando il viso ad una mano continuando a fissare il gruppetto

–E'un bravo ragazzo, lavora come aiuto chef a Londra in noto ristorante, è uno con la testa sulle spalle e potrebbe essere un buon partito- ammise

–Ma che cazzo dici?- fece Jason allarmato –Alex non si metterebbe mai con uno come..-ma si fermò di colpo vedendo come proprio quel tipo si abbassava leggermente posando un bacio sulla testa di Alex che lo guardò divertita–Che è quella faccia?- chiese Mike e Jason dovette scuotere la testa incredulo

–Qua..quale faccia?- chiese rimettendosi seduto in maniera più composta e rivolgendo lo sguardo verso l'amico dietro al bancone –Sembri incredulo- suggerì Mike divertito –ma non ci vuole un genio per vedere e capire che Alex è una bella ragazza! Ah, se solo fossi più giovane!- aggiunse guadagnandosi un'ennesima occhiataccia da parte dell'amico –Potevi sforzarti di accompagnarla tu, non lasciarla con quel damerino- ribatté il moro

–E perché mai scusa? Mica ha due anni, Jas, ne ha venti e ha il diritto di divertirsi come abbiamo fatto noi- rispose Mike quasi annoiato nel pulire il bancone

 –Non mi frega un cazzo di quello che abbiamo fatto noi!- rispose Jason alterato –Quel tipo non mi piace e già allunga un po' troppo le mani e per inciso ne ha 19 di anni!- aggiunse cupo nel vedere come il braccio di quel tipo si fosse abbassato a circondare la vita di Alex che si girò verso il ragazzo sorridendo –Tu piuttosto, che hai combinato in questo periodo di assenza?- chiese Mike tornando a servire altre birre –Secondo te?- chiese sarcastico Jason, visibilmente arrabbiato –Se avessi potuto sarei venuto- disse scorbutico

–Oh, ma certo, forse qualcuno ti ha legato alle sue lenzuola, no?- a quell'allusione i due uomini si guardarono negli occhi in maniera severa. Si conoscevano da sempre e ognuno dei due sapeva cosa l'altro voleva dire seppur rimanendo in silenzio; quello scambio di sguardi venne però interrotto dalla voce di Alex –Ciao Jason- lo salutò avvicinandosi, lui distolse lo sguardo da Mike e abbassò il capo alla birra –alla fine sei venuto- aggiunse la ragazza porgendo a Mike un'ordinazione che l'uomo si affrettò a preparare

–Già- rispose appena Jason giocando con la bottiglia di birra; Alex lo osservò, sembrava seccato, aveva la ruga sulla fronte ben visibile e lo sguardo alterato, le sue spalle erano tese mentre cercava di sembrare rilassato giocherellando con quella bottiglia.

Alex ripensò alla loro discussione, al fatto che lui fosse scattato in quel modo sapendo di Thomas, un misto di sensazioni le attraversavano il cuore, perché era così felice di vederlo lì? Doveva ancora essere furiosa con lui, eppure non era così; quando si era girata per prendere l'ordine di quelle birre, il suo cuore le aveva fatto un vero e proprio balzo nel petto, vedendolo al bancone, aveva sentito chiaramente il sangue scorrere più velocemente e si era dovuta costringere a ripensare a quanto accaduto, per cercare di ritrovare un pò di razionalità. 

Le avevano fatto male le sue allusioni, sapere che avesse messo in dubbio la sua persona, l'aveva lasciata delusa, anche se aveva dovuto ammettere a sè stessa che una parte di lei si era quasi sentita lusingata per quella rabbia che Jason le aveva mostrato; per un attimo aveva addirittura pensato che le parole che le aveva detto, erano solo state dettate dalla gelosia, ricredendosi subito dopo: le aveva detto che si sentiva responsabile nei suoi confronti,  quindi lui aveva solo paura che lei si mettesse nei guai e il suo dare di matto era stato solo una conseguenza. Per questo si era convinta che doveva far in modo che lui non si sentisse così obbligato nei suoi confronti, non voleva che questa convivenza non permettesse ad entrambi di vivere la propria vita, non era giusto soprattutto per lui; erano riusciti a fare passi nella giusta direzione, non voleva e non doveva rovinare quello che avevano raggiunto nei giorni passati. 

Si sforzò di non farsi prendere da quella sensazione fastidiosa che ormai le attraversava il cuore se lui non era con lei, o se per caso immaginava che fosse con la sua ragazza, non doveva permettersi di pensare a lui in altri termini che non fossero legati all'aiuto che lui le aveva offerto; faceva male, ma si era resa conto che Jason, aveva una vita al di fuori di lei e di quello che era accaduto, faceva ancora fatica ad accettare la loro convivenza, lei doveva in qualche modo aiutarlo in questo.

-Non c'è bisogno che aspetti la fine del turno- gli disse Alex prendendo il vassoio che Mike le aveva passato con l'ordine, Jason la guardò con uno sguardo che Alex non riuscì a capire

–Mi porterà a casa..- ma lui la precedette 

-Thomas, immagino- rispose e Alex si limitò a fare un cenno con il capo abbozzando un mezzo sorriso, per poi allontanarsi tra i tavoli lasciandolo come un'idiota a fissarla 

–Cos'era quel modo di fare? E'successo qualcosa?- chiese Mike avendo notato una leggera freddezza tra i due, Jason ritornò a guardare la bottiglia che teneva tra le mani

–Niente di nuovo- si sforzò di rispondere e Mike si appoggiò al bancone davanti a lui

–Non mi dire che avete litigato, ancora?- chiese ridacchiando

–Abbiamo deciso di far finta che non sia successo- rispose serio Jason –anche perchè mi sono rimediato uno schiaffo che ancora mi fa male- ammise facendo scoppiare Mike in una fragorosa risata

–Ci voleva una come Alex a metterti in riga, amico!- disse divertito, ma quando Jason gli raccontò cosa le aveva detto, il volto di Mike divenne serio e quasi incredulo 

–Dimmi che non è vero- Jason sospirò portandosi una mano sul viso –Non dire nulla, è tutto il giorno che mi riempio di insulti, l'ho fatto anche per te- disse sospirando

–Ma come cavolo ti è saltato in mente?- chiese il rasato adirato

–Non lo so!- sbottò Jason –Forse ho avuto paura di rivivere cose passate con Emma- aggiunse dopo qualche attimo di silenzio –Quando mi confessò di sapere chi era il padre e di amarlo, mi sentii un coglione per non aver mai sospettato nulla, per non essermi accorto che lei amasse un altro- confessò sentendo il suo cuore appesantirsi –Sono stato il suo migliore amico, ma in realtà, molte cose non le conoscevo affatto, forse non conoscevo davvero Emma- ammise. 

Mike gli posò una mano sulla spalla –Emma era un'altra persona Jas, non ricadere nell'errore, Alex è davvero una brava ragazza e tu lo sai, non accusarla o fare allusioni, non se lo merita, sii onesto Jas- gli disse, ma quelle parole scatenarono nel moro una tempesta di sensazioni che non voleva provare.

La guardò mentre rideva e scherzava e sentì quella fitta all'altezza del petto che da giorni non se ne voleva andare e faceva paura, perché quella sensazione lui l'aveva già provata, ma doveva smetterla di rimuginare su fatti avvenuti in un passato, doveva imparare a gestirli, doveva sforzarsi di lasciarle vivere la sua vita, aiutarla sì, ma anche il coraggio di lasciarla andare. 

Il problema più grande, era il fatto che lui aveva capito da tempo che Alex non era Emma. Sì, le assomigliava, gliela ricordava nelle espressioni, nei sorrisi, ma era tutt'altra cosa. Emma non si sarebbe mai permessa di dargli uno schiaffo, anzi con Alex era già salito a quota due; Emma era forte, ma più remissiva, invece Alex, era combattiva, rispondeva, ma soprattutto gli teneva testa, anche quando lui esagerava come quella mattina, aveva una maturità che in pochi aveva visto. Non abbassava lo sguardo, lei le cose gliele urlava in faccia. 

Alex era maledettamente Alex. E lui non sarebbe mani stato pronto a vederla andare via.

 

**** Vi chiedo scusa per la lunghezza del capitolo, ma non volevo spezzarlo, se pensate che siano troppo lunghi fatemelo sapere e cercherò di fare capitoli più corti!! Grazie per essere arrivati fino a qui ;)

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Capitolo 17
*** 16 ***


16.

Una volta aperta la porta si ritrovò nel salotto con il fuoco acceso e scoppiettante, al contrario delle sere precedenti, dove era rientrata in una casa fredda e buia; un'ombra sulla soglia del corridoio della cucina, attirò la sua attenzione; lui si mosse accendendo il piccolo lume, mettendo in mostra la sua figura: incrociò le braccia al petto fissandola con un'espressione arrabbiata, tesa.

–Cosa hai fatto, Alex?- le chiese assottigliando lo sguardo con la sua voce bassa, lasciandola interdetta per quella domanda

– Quello cos'era, Alex?- le chiese dopo qualche istante con una smorfia, mentre la sua espressione continuava ad essere adirata, ma lei non sapeva cosa rispondere anche se una sensazione di timore le attraversò le membra

–Vi ho visto!- sbottò improvvisamente, facendola fremere sul posto

 –Vi stavate baciando! – ruggì, accorciando la breve distanza che li separava

Alex si sentì morire per quelle parole, capendo che si stesse riferendo a lei e Thomas, avvertì tutta la delusione nelle parole di Jason e la cosa la ferì peggio di uno schiaffo, sentendo gli occhi inumidirsi sotto quello sguardo furioso

–Perché ti ha baciato?- quella domanda la lasciò interdetta –Perché hai permesso che ti baciasse?- le chiese piano a un soffio da lei

Alex sgranò gli occhi ormai lucidi, ma nessuna parola riusciva a salirle alle labbra, come se tutto quello che avesse voluto dirgli, le si fosse fermato in gola; il viso di Jason da rabbioso si tramutò in una maschera di tristezza, delusione, dolore

–Perché gli hai permesso di baciarti?- le domandò fissandola negli occhi, dove lei, riuscì a vedere una battaglia di emozioni che li attraversava, come ogni volta che i loro occhi rimanevano uniti a fissarsi e lei si chiedeva cosa lo tormentasse tanto;  sentì il respiro caldo di Jason infrangersi sul suo viso, il profumo di tabacco e alcol fermarle il cuore. Avrebbe voluto rispondere, avrebbe voluto dire qualcosa, scusarsi forse, ma lui le prese il viso tra le mani in un gesto rapido, imprigionando le sue labbra con le proprie.

Nel momento in cui le sue labbra furono catturate da quelle fameliche di lui, Alex ebbe la sensazione che il  cuore le esplodesse nel petto, rilasciando un calore mai sentito, come mille fiammelle che la invasero, sentì quella bocca non lasciarle scampo, senza chiedere permesso, senza delicatezza, portando con sé una cascata di sensazioni che lei non aveva mai provato; un desiderio che non credeva fosse possibile, le annodò il cuore, lo stomaco, ogni angolo del suo corpo. Quando lui si staccò, le stringeva il viso con una mano, mentre con l'altra le circondava la vita quasi a sostenerla

–Questo si chiama bacio, Alex- le soffiò sul viso –e non permetto a nessuno di toccare ciò che è mio- aggiunse, lasciandola incredula; non riusciva a muovere un muscolo, né tanto meno a parlare, si sentiva come frastornata e annebbiata –E' chiaro, Alex?- le chiese ancora con il suo solito modo burbero, stringendola ancora di più a sé, lei riuscì a muovere appena il capo in un cenno d'assenso

–Bene - le disse sciogliendo lentamente quella stretta

In quel momento aprì gli occhi di scatto, riuscendo a mettere a fuoco la sua stanza, solo dopo qualche attimo; aveva caldo e sentiva il viso arrossato, il respiro affannato e stringeva convulsamente il lenzuolo, tanto che quando allentò la presa, la mano le formicolò.

Si tirò a sedere sul letto guardandosi intorno incredula: era stato un sogno? 

Si portò una mano sul cuore che le martellava nel petto, sentendo ancora vive quella marea di emozioni che l'avevano percorsa, costringendole a fare profondi respiri per calmarsi, non capacitandosi di come avesse immaginato tutto quanto; un profondo senso di vergogna le si propagò in ogni cellula: perché quel sogno? Che diavolo le diceva la testa?

Assaporò l'imbarazzo che dirompente le riportò davanti agli occhi Thomas, partito da appena 4 giorni, che la baciava dolcemente, le diceva che era bella, la trattava con delicatezza e la faceva sentire desiderata. Sarebbe dovuto essere con lui e non certo con Jason, un bacio così! Pensò inquieta

Si passò una mano tra i capelli scompigliati, sentendosi agitata e infastidita allo stesso tempo, guardando verso la finestra il cielo plumbeo che incombeva, il quale prometteva da lì a breve un vero e proprio acquazzone; si strinse nelle spalle non trattenendo un brivido, non certo per il freddo, ma per ciò che il sogno le aveva fatto provare e la cosa non le piacque per niente.

Si girò verso il comodino dove il cellulare lampeggiava, ritrovandosi, come succedeva ormai da quando era ritornato a Londra, un messaggio del ragazzo

Thomas 02.35 a.m Ciao piccola! Sono appena ritornato a casa e sono esausto! Spero di non svegliarti, ma volevo darti la buona notte ..verrai a trovarmi ? ;)

Rilesse il messaggio un paio di volte e si sentì maledettamente in colpa.

Si alzò dal letto, non riuscendo a rispondere perché ancora turbata per quel bacio, per quell'abbraccio; era stato un sogno talmente forte che ancora sentiva scombussolata ogni fibra del suo corpo, come se fosse accaduto davvero, o forse era ciò che avrebbe voluto? 

Quella domanda le mozzò il fiato in gola, si guardò allo specchio e si schiaffeggiò leggermente le guance con entrambe le mani, aveva gli occhi lucidi e il viso arrossato. Era forse impazzita? 

Alla fine, si convinse che quel sogno non era altro che l'unione del rapporto che stava nascendo con Thomas, a quello che si era ricreato con Jason: ritornato ad essere il Jason con il quale ci si poteva scambiare qualche parola, con il quale aveva ripreso a sorridere, che l'accompagnava ogni sera per aspettare che finisse il turno, che lei aveva ripreso ad osservare di nascosto, ma soprattutto che dormiva a casa.

Sbuffò sonoramente cercando di scacciare ogni pensiero, decidendo di concentrarsi su altro, come andare a mangiare qualcosa perché affamata, ma quando arrivò in cucina si impalò sulla soglia vedendolo seduto al tavolo a scrivere su alcuni fogli.

Di nuovo sentì il calore invaderle il corpo, dalla testa ai piedi, un brivido le percorse la schiena facendole rizzare i capelli sulla nuca. Sperava che con le ore, quel sogno allentasse la presa, quelle sensazioni scemassero e lei dimenticasse il tutto in un angolo buio della sua mente, ma vederlo lì, l'aveva completamente spiazzata e venne investita da un imbarazzo che non le permetteva di muovere un muscolo. Quando lui si accorse della sua presenza, la guardò perplesso

–Ehi- esordì sorpreso, mentre lei arrossì vergognosamente

–Buongiorno- rispose, catapultandosi a testa bassa alla macchinetta del caffè

–Tutto bene?- le chiese e quella voce bassa e roca le fecero accapponare la pelle, non era certo il momento di comportarsi in un modo così assurdo, ma ogni parte di lei sembrava andare per conto proprio, soprattutto il cuore che le martellava nel petto furioso, riuscì solo a mugugnare un –Mmm- senza voltarsi, concentrandosi sulla tazza da riempire di caffè e sul latte da scaldare, senza mai girarsi verso Jason

–Sei sicura di stare bene?- le domandò ancora una volta lui, con fare sospettoso e a quel punto Alex, forzò il suo viso a girarsi leggermente verso di lui, quel tanto da permetterle di incrociare il blu dei suoi occhi, le labbra leggermente dischiuse, quell'espressione incuriosita che subito le fecero voltare la testa di scatto verso i fornelli

–Si, si- rispose tossendo, per rischiarare la gola secca che le era venuta. 

Lo spostamento della sedia, dove lui era seduto, la pietrificarono e si costrinse a rimanere immobile ad aspettare che lui uscisse dalla cucina, ma quando le andò vicino e le fece voltare il viso con una mano, Alex ebbe la sensazione che di lì a poco sarebbe arrivato un collasso. La guardò intensamente avvicinandosi al suo viso, facendole sgranare gli occhi per la sorpresa di quel gesto, senza riuscire ad emettere alcun suono

–Sei rossa, non è che hai la febbre?- le chiese con una nota dolce nella voce che fece vacillare lo stato cognitivo di Alex; lo guardò per qualche attimo senza saper cosa fare o dire, sperando che lui non sentisse il suono forsennato del suo cuore, diventato un vero e proprio tamburo, mentre i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quel mare in tempesta che sembrava risucchiarla, ogni volta che lui la guardava

–Sto ..sto bene- si sforzò di dire stiracchiando un sorriso, ma lui le teneva ancora il mento con due dita

–Mi sembri strana..-insistette Jason, a quel punto Alex sorrise e con un movimento veloce si liberò da quella mano che sembrava la stesse marchiando a fuoco vivo

–Sto bene, tranquillo- rispose tornando a concentrarsi sul latte; Jason sospirò, ma non sembrò voler continuare ad indagare, così si versò altro caffè riprendendo ad analizzare quei fogli, mentre Alex si sedette esattamente alla parte opposta del tavolo, guadagnandosi un'occhiata indagatrice di Jason che però, poi la mollò per tornare a scrivere. 

Cercò di concentrasi sui biscotti e sulla sua colazione, ma non riuscì a non allungare più volte lo sguardo davanti a lei, verso un Jason perso nel suo lavoro. Non riusciva a non sentirsi calamitata con gli occhi verso quell'uomo, blandendo ogni dettaglio di quel volto: dai capelli lisci e scuri, immaginando che sensazione avesse provato nel toccarli, poi i suoi occhi scesero ad osservare la fronte leggermente corrucciata, con quella ruga leggera che gli si era formata tra le sopracciglia scure e ben delineate, si spostò ad osservare le ciglia lunghe, lo sguardo basso e attento, il naso dritto, gli zigomi ben definiti e poi, accarezzò con lo sguardo quella bocca che l'aveva turbata così tanto, nel sogno

–Mi dici cos'hai?-le domandò lui senza guardarla, spaventandola, non credeva che l'avesse notata

–Niente- si sbrigò a rispondere finendo di mangiare e portando il tutto nel lavandino dove iniziò a lavare la sua tazza –Oggi lavori?- s'informò lui cambiando fortunatamente discorso e Alex dovette sospirare prima di rispondere, non certo perché le dava fastidio che glielo chiedesse, ma era come se improvvisamente non sentisse più aria nei polmoni, l'aveva appena beccata a fissarlo

–No, Mike ha detto che posso stare a casa- si sforzò di rispondere e una volta finito, si girò verso Jason, il cui volto, era appoggiato mollemente su una mano mentre continuava a fissarla e Alex percepì l'imbarazzo assalirla

–Anche io starò a casa, mi sono saltati un paio di appuntamenti, lavorerò di sotto- le disse per poi arricciare le sue labbra il un sorriso beffardo

–Carino il tuo pigiama con i quattro orsacchiotti rosa- le disse ironico e in quel momento Alex divenne fucsia, ricordando di essere scesa senza cambiarsi, istintivamente si girò di spalle coprendosi con le braccia

–Smettila di fissarmi!-sbottò, avvertendo davvero il fumo uscirle dalle orecchie per la vergogna, così si avviò velocemente verso le scale, sentendo la risata di Jason invadere la casa.

Quella mattina ci mise molto più del previsto a sistemarsi, come se uscire dal bagno, le costasse davvero un'enorme fatica, ma la realtà era che non voleva vederlo.

Non capiva il perché, ma quel sogno era ancora così vivo che quelle immagini le passavano davanti agli occhi ogni attimo, disturbandola. Non sapeva come dover affrontare la cosa, oltre tutto Jason aveva deciso di rimanere a casa e questo la metteva un'ansia terribile, già a colazione l'aveva sicuramente insospettito. Sospirando, si guardò ancora allo specchio prima di decidere di uscire, ma quando lo fece, per poco non collassò nel vederselo venire incontro

–Pensavo ti fossi sentita male, sono due ore che sei chiusa lì- le disse avvicinandosi, lei si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio fissando la sua attenzione a terra

–No, sto bene- si limitò a dire, ma lui non sembrò convincersi e le si parò davanti impedendole di andare verso la sua stanza 

–Alex, se non mi dici cos'hai giuro che ti inizio a prendere a sberle- le disse in tono perentorio e lei si ritrovò a stringersi nelle spalle guardandolo basita

–Non ho niente!- sbottò, mentendo spudoratamente soprattutto perché sentiva un caldo inverosimile e sospettava di aver assunto il bel color rosso rubino

–Si, certamente...- la rimbeccò lui con un sopracciglio alzato, ma vedendola impalata e senza riuscire a parlare, Jason sospirò 

–Mi arrendo!- sbuffò -Per pranzo c'è della carne, va bene?- le chiese e lei si limitò a rispondere un –Si- veloce per poi sparire dietro la porta della sua camera.

Una volta sola, si maledì per come si stava comportando e soprattutto si odiava perché non riusciva a dare un freno a quel turbinio di emozioni che la stavano invadendo come una cascata, annebbiandola. Vero era, che non aveva mai avuto esperienze rilevanti, ma così si sentiva davvero come una bimbetta di cinque anni e la cosa la infastidiva parecchio, perchè con Thomas non era stato così? 

Sapeva che Jason era un attento osservatore, e lei sembrava un libro aperto sotto quello sguardo indagatore; inoltre non le sembrò normale, il fatto che avesse sognato Jason in quel modo e non Thomas! Solo allora si ricordò di non avergli ancora risposto, così prese il cellulare mandandogli un breve messaggio, pensando che forse doveva davvero andare da lui un paio di giorni, così almeno avrebbe avuto una scusa per poter stare lontana da Jason; pensandoci le venne quasi da ridere, visto che era stata lei a soffrire la distanza che Jason nei giorni passati aveva assunto.

Cercò di distrarsi sistemando la camera e leggendo un po', ma quando fu l'ora del pranzo di nuovo si sentì attanagliare da una certa ansia che l'accompagnò tutto il tempo. Per fortuna, lui non sembrò più interessato a quel suo atteggiamento strano, per cui il pasto passò per lo più in silenzio, solo lo squillo del telefono ridestò entrambi, chiusi ognuno nel proprio mondo

–Vado io- Jason uscì per andare a rispondere, mentre Alex iniziò a riordinare, ma quando lo rivide comparire sulla soglia della cucina, apparve più cupo

–Maledizione!- sbottò attirando l'attenzione di Alex

–Che succede?- chiese incrociando quello sguardo blu notte come il cielo di quella giornata, ormai arresa alla pioggia –Era un mio cliente- spiegò - vuole che anticipi la consegna di una settimana, altrimenti non mi paga- disse spazientito

Alex sgranò gli occhi al pensiero che c'era certa gente che si comportava in questo modo, senza pensare minimamente alle conseguenze, anzi ricattando senza ritegno; lui cambiò improvvisamente espressione guardandola e le sorrise lasciandola inebetita a fissarlo

–E quell'espressione?- le chiese divertito

–Quale espressione?- domandò a sua volta imbarazzata finendo di lavare i bicchieri, sperando che lui non avesse notato, come in quella giornata, lo guardasse in maniera diversa

–Sembravi arrabbiata- spiegò sorridendole, Alex sospirò di sollievo 

–Era per questo tuo cliente, odio la gente prepotente che si permette di comportarsi da padrone- ammise e lui rise di gusto, facendo fare una capriola al cuore di Alex, era uno spettacolo che non si aspettava

–Eri buffa, sai, sembravi una bambina imbronciata- la prese in giro e lei lo colpì sul braccio con lo strofinaccio che stava usando, facendolo indietreggiare mentre continuava a ridere

–Sei davvero un'idiota, Jason! Te l'hanno mai detto?- gli inveì contro, rossa in viso

–E tu, non metteresti paura neanche a una lombrico- le disse ridendo, mentre lei lo colpì ancora e ancora, fino a quando ridendo entrambi, lui non la fermò prendendole i polsi che chiuse in due morse incastrandola all'angolo della cucina. 

Ridevano e avevano il fiato corto, continuando a fissarsi negli occhi senza riuscire a staccarsi, Alex era come ipnotizzata da quella risata, da quel volto che sembrava essersi illuminato, questa volta a causa sua e non di Jane o di qualche suo amico al pub; rimase colpita per quella vicinanza che le fece battere il cuore e appannare i pensieri, ma poi lui la lasciò ritrovando la sua solita compostezza, pur rimanendo a un passo da lei

–E' meglio che vada a lavorare- disse osservandola attentamente, ma stavolta con un sorriso sulle labbra –Non vorrei rischiare che la tua rabbia mi faccia perdere il lavoro- la schernì ridendo in un modo che mai, Alex, gli aveva visto da quando lo conosceva, lei si limitò a riprendere fiato mentre lui spariva dalla cucina e scendeva al suo rifugio. 

Il temporale era aumentato, spesso l'aria era scossa da fulmini violenti che facevano tremare i vetri della casa; Alex aveva passato il resto della giornata a sistemare e a pulire, riuscendo in qualche modo a calmarsi da quel mare di emozioni che l'avevano assalita fin dalla mattina, grazie anche a Jason, il quale era rimasto rinchiuso nel seminterrato per il resto della giornata; era pomeriggio inoltrato quando decise di andare a portargli un po' di caffè.

Come la prima volta, quando era entrata in camera sua, si ritrovò a pensare che non era mai scesa nel mondo di Jason; era sempre stata curiosa di quel posto, ma non ci aveva mai messo piede, forse più per rispetto nei suoi confronti che per altro, ma ora la sua curiosità poteva essere colmata.

Socchiuse la porta, guardando le scale in legno che scendevano in quella parte di casa a lei ignota, si vedeva della luce proiettarsi dal basso e si sentiva odore di vernici e acetone, strinse nella mano la tazza di caffè caldo e iniziò a scendere, avvertendo quel rumore che ricordava un raschiare sempre più forte.

Arrivata a metà scala, rimase ad occhi sgranati ad osservare quel posto: l'ambiente era un ampio open space che prendeva tutto il piano superiore di casa, con colonne a sostegno e delle finestrelle a bocca di lupo che occupavano la parte superiore delle pareti, ma la vera illuminazione era data,soprattutto, dagli enormi faretti posizionati in diversi punti di quell'ambiente che le fecero venire in mente un possibile set fotografico. Sulla destra vide un lungo tavolo con sopra diversi oggetti e pezzi di legno, così come altri elementi in legno delle più diverse forme e dimensioni, erano addossati nel lato sinistro di quel posto; la parte più ampia e centrale, era occupata da un rivestimento in plastica che copriva gran parte del pavimento e, lì, c'era Jason con indosso una maschera tipo quelle dei film d'azione, usata per non inalare gas nocivi, si muoveva intorno a un piedistallo con sopra la riproduzione di un capitello tutto intarsiato.

Alex, guardò abbagliata quel legno naturale che Jason stava manipolando e plasmando con una perizia e meticolosità che la scioccarono. Lui si accorse di lei solo dopo diversi minuti, Alex gli sorrise mostrandogli la tazza fumante e solo allora lo vide liberare il volto dalla maschera

–Grazie- le disse avvicinandosi, mentre Alex era rimasta ai piedi delle scale

–Quindi questo è il tuo regno- disse affascinata guardandosi ancora intorno, lui prese la tazza bevendo un sorso di caffè, prima di girarsi verso la stanza

–Si, lavoro per lo più qui dentro- ammise

–E' bellissimo- affermò Alex con voce sognante, facendo un passo in avanti osservando meglio prima a destra e poi a sinistra, fino a rimanere a fissare il capitello davanti a lei. Il legno era chiarissimo, privo di qualsiasi tinta, ma liscio e perfetto, ricolmo di particolari come le tipiche foglie d'acero, in questo caso intrecciate, fiori minuscoli da ricordare piccole margherite, a rami che ne percorrevano sinuosi i confini

–E' questo il progetto che devi consegnare prima del previsto?- chiese continuando a fissarlo incredula, Jason le si affiancò

–Si, se andrà bene, ne dovrò fare altri cinque- le rispose lasciandola basita

–Cinque?- chiese e lui rise senza guardarla, ma ammirando anche lui il capitello

–Già, questo è di prova, se andrà bene mi commissionerà gli altri- le spiegò –serve per un portico di una casa nella zona del Davon – sospirò e bevve ancora –questo tizio ha preso un rudere e lo sta ristrutturando, mi ha chiesto di fargli questi capitelli per abbellire le colonne del suo portico, spero gli piaccia- aggiunse e Alex si girò a guardarlo sorridendo

–E' meraviglioso, non può non piacergli- gli disse lasciandolo abbagliato da quel sorriso e quello sguardo, sembrava quasi orgogliosa

–Tu sei un'artista, Jason, fare questo tipo di lavori non è da tutti, soprattutto al giorno d'oggi- aggiunse Alex spostandosi a guardare il capitello più da vicino 

–Da un semplice pezzo di legno riesci a creare questo- e rise incredula –è qualcosa che vale più di ogni altra cosa-

Jason rimase colpito da quelle parole, era la prima volta che qualcuno parlasse del suo lavoro con quell'enfasi, non si era mai sentito un'artista, anzi "Se non vuoi studiare, smettila di perdere tempo e mettiti a fare qualcosa di buono! Se non vuoi usare la testa, almeno usa le mani!" le dure parole del padre spesso gli tornavano alla mente, quando finiva un lavoro ed era soddisfatto di ciò che aveva fatto. Nessuno aveva mai apprezzato il suo saper lavorare il legno, forse solo quel pazzoide di Mike ed Emma, la quale, lo aveva visto trasformare un pezzetto di legno in un fermaglio per capelli e ne era rimasta totalmente affascinata, tanto da spingerlo a non abbandonare mai questa sua dote, così l'aveva chiamata, ed ora Alex stava dicendo lo stesso.

Sorrise guardandola mentre si aggirava piano in quel suo rifugio, nessuno era mai sceso lì, neanche Mike, ed era strano che ci fosse qualcuno lì sotto, dove lui aveva iniziato a dar vita alla sua attività, a ciò che le sue mani sapevano fare da sempre

–Come hai iniziato?- gli chiese Alex, vicina al lungo tavolo dove teneva alcuni attrezzi da lavoro e oggetti finiti, era ferma ad osservare uno specchio da tavolo, con una cornice che riprendeva lo stile Luigi XVI

–Mio nonno materno era uno scultore- ammise vedendo l'espressione sorpresa della ragazza

 –Lavorava il marmo, molte cose le ho imparate da lui quando ero ragazzino- le spiegò mentre lei si era rimessa a girovagare con un sorriso sulle labbra

–Ma hai anche studiato per arrivare a questo?- ed indicò il capitello, lui rise

–Si mi è toccato anche studiare, non ho preso l'università, ma ho fatto l'Accademia per diventare scultore del legno, è durata cinque anni- ammise e lei rimase piacevolmente colpita

–Quanto ci vuole per arrivare al pezzo finito?- Jason guardò la sua creazione sorridendo alla domande di Alex

–Beh, diciamo che se trovo un bel legno che non necessita di lavori particolari, più o meno un mese lavorando tutti i giorni- poi sbuffò ripensando al suo cliente –ma, in questo caso, non più di venti giorni-

Alex guardò con ancora più trasporto quell'enorme capitello, rendendosi conto di quanta bravura avesse Jason.

Improvvisamente, però, un fortissimo tuono fece saltare la corrente e, tutto intorno a loro, si fece buio come la pece

–Jason!- chiamò Alex preoccupata

–Resta ferma!- le rispose, Alex lo sentì muoversi piano, la plastica scricchiolava sotto i suoi piedi, fino a quando non sentì la mano di lui sfiorarla e lei saltò sul posto sorpresa

–Scusa, non volevo spaventarti- si giustificò

–Non vedo nulla- ammise lei –ho paura di fare qualche danno- lo sentì sorridere piano

–Credo che per oggi possa bastare, torniamo di sopra- quando lui le strinse la mano, Alex ringraziò il buio perché avvampò come una torcia a quel contatto e si sorprese nel pensare che avesse potuto benissimo illuminare lei la stanza! La mano di Jason era ampia da incastrare le sue dita sottili, era leggermente ruvida e calda, tremendamente calda, al contrario della sua piccola e fredda.

Lui si mosse piano e lei gli si avvicinò seguendolo

–Ci sono delle candele qui vicino, voglio portarle di sopra per sicurezza, ma devi rimanere qui un attimo- così dicendo le lasciò la mano, privandola del suo calore

–Non muoverti, non conosci qui sotto, potresti farti male, torno subito- le disse e Alex ebbe l'impressione che lui le fosse tremendamente vicino con il viso, perché sentì chiaramente l'alito caldo di Jason al sapore di caffè infrangersi sul suo viso

 –Va.. bene- biascicò mentre lo sentì muoversi per allontanarsi

–E'spaventosamente buio, nonostante le finestrelle - si ritrovò a dire cercando di spezzare quel silenzio e quel continuo tuonare

–Qui sotto dopo le 15.00 è praticamente notte, per questo di solito tengo i faretti accesi- la voce di Jason era più lontana rispetto a dove stava lei, lo sentì rovistare da qualche parte, fece anche cadere alcuni oggetti metallici che riempirono l'aria con il loro rumore stridulo

–Tutto bene?- chiese sentendolo borbottare infastidito

–Si, si tutto bene- rispose continuando a muoversi 

–Eccole finalmente! Ma non trovo l'accendino aspetta ancora un attimo- Alex cercava di far abituare gli occhi a quel buio, ma riuscì solo a distinguere appena la sagoma della colonna davanti a lei, per il resto era impossibile capire cos'altro ci fosse intorno

–Eccomi- Alex saltò ancora una volta per la vicinanza improvvisa di Jason che subito le prese la mano stringendola –dobbiamo risalire al buio, l'accendino è di sopra nel pacchetto di sigarette- ammise dispiaciuto

–Va bene allora ti seguo- rispose e lui intensificò leggermente la presa muovendosi piano fino a farla arrivare alle scale

–D'accordo, qui hai subito il primo gradino alza un po' la gamba, non vorrei ti facessi di nuovo male- le disse e lei si sentì tremendamente felice nel sentirlo così premuroso e attento nei suoi confronti; sorrise e iniziò a fare quanto gli era stato detto aiutandosi con il mancorrente della scala e salì così il primo gradino, stando bene attenta con i successivi, stupendosi di come Jason fosse paziente e la tenesse ben salda per non rischiare di farla cadere. Una volta in cima, sospirarono di sollievo entrambi, tutta la casa era al buio, ma il fuoco proiettava una luce calda su tutto il salotto e in parte sulle scale

–Vai a sederti , prendo le candele e ne sistemo qualcuna in cucina- le disse lasciandole la mano che continuava a tenere ben stretta nella sua; quando il contatto terminò Alex sentì come freddo, il calore di Jason sembrava riuscisse a proteggerla e scaldarla sempre.

Si sedette sul divano dopo aver ravvivato il fuoco, puntando gli occhi proprio sulle fiamme scoppiettanti, dall'esterno proveniva la furia della tempesta che impetuosa sembrava aver investito quel tratto di costa

–Anche le altre abitazioni sono al buio e fuori non c'è un lampione acceso- così dicendo Jason entrò nel salotto e si sedette sulla poltrona accendendosi una sigaretta, mentre Alex si rannicchiava su un angolo portandosi addosso il plaid

–Hai freddo?- le chiese lui buttando fuori un po' di fumo, lei scosse la testa

–No, ora sto bene- gli rispose continuando a guardare verso il camino

–Oggi sei più strana del solito- esordì lui dopo minuti di silenzio, ad Alex non sfuggì il tono ironico, anche se non riuscì a non arrossire a quell'affermazione

–Ti sbagli, non ho niente e non sono strana- affermò sistemandosi il plaid fin sopra il naso per nascondere un sorriso che le era spuntato

-Sarà..-gli occhi di Jason intercettarono quelli di Alex che subito distolse lo sguardo, concentrandosi sul fuoco

–Come ti trovi a lavorare al pub?- le chiese dopo attimi di silenzio e lei si stupì di quella domanda, lo fissò qualche attimo prima di rispondere

–Bene, faticoso però mi piace- e ripensò a come in quelle settimane avesse iniziato a lavorare a pieno regime senza neanche accorgersene

–Non immaginavo che tutte le sere ci fosse così tanta gente- ammise sospirando, lui spense la sigaretta ormai finita

–Se ci pensi, è l'unico diversivo di questo posto- le rispose calmo, abbandonando la testa all'indietro sullo schienale della poltrona e allungando le gambe; Alex pensò che avesse ragione, il pub di Mike era l'unico modo, per molti, di riempire le serate in quel posto

–Come mai sei tornato a vivere qui?- gli chiese dopo un pò, voleva provare a sapere qualcosa di più su di lui, anche se non le rispose se non dopo diversi minuti, tanto che Alex era arrivata alla conclusione che lui l'avesse volutamente ignorata

-Perché questo posto mi somiglia- le rispose alla fine, lei inclinò un po' la testa per osservarlo sotto la luce del fuoco e anche quell'immagine, si volle imprimere nella mente, per lei assolutamente perfetta

–Nel senso che cambia tempo così velocemente che ricorda il tuo carattere?- chiese serafica facendolo ridere di gusto

-Esattamente- confermò lui guardandola di sbieco

–Ma la tua famiglia non ti manca?- gli chiese lei titubante, vedendolo sospirare prima di rispondere

–Ho vissuto in questa casa da quando avevo 8 anni fino ai 17, con i miei nonni materni che avevano deciso di passare la pensione da queste parti, mio padre è sempre stato molto impegnato per il suo lavoro governativo, spesso viaggiava e mia madre con lui; rispetto ai miei fratelli, io ero sempre stato quello che mal sopportava i trasferimenti, sin da piccolo, così mia madre mi lasciò vivere qui, fino a quando il trasferimento di mio padre, in Italia, non significò lasciare questo posto per parecchi anni- raccontò piano, ogni parola era dettata da un fiume di ricordi che adombrarono gli occhi di Jason

–Poi ho fatto ritorno a Londra, ma andarmene è stata una benedizione- aggiunse stupendola

–Non andavi d'accordo con i tuoi?-ipotizzò facendogli fare un a smorfia

–Con mio padre non molto, effettivamente, abbiamo una visione della vita e del lavoro un po' diversi- ammise

-A volte le famiglie non sono ciò che desideriamo, non le scegliamo- disse Alex ripensando alla sua

-E' vero, ma io sono sempre stato diverso dai miei fratelli e questo lui non l'ha mai accettato- confessò per poi guardarla –Tu, hai mai avuto modo di conoscere il resto della tua famiglia?- le chiese in tono pacato, ma curioso, Alex scosse la testa

-No, mamma mi ha sempre tenuto lontana da loro- rispose flebilmente –diceva che non erano persone di cui ci si poteva fidare, soprattutto di mio nonno-

Jason sospirò alzandosi e lei notò la sua espressione indurirsi, lo vide andare ad aizzare il fuoco buttando all'interno altri due ciocchi di legno, per poi scostare la tenda e vedere la tempesta che imperversava all'esterno, con il fischio del vento che ricordava dei lupi; Jason riprese posto sulla poltrona solo dopo qualche attimo 

–Hai fame?- le chiese e Alex si trovò a negare con il capo, così lui si rimise seduto stendendo i piedi sul tavolino, fissando il soffitto

–Tu?- chiese Alex –li hai mai conosciuti i miei parenti?- lo vide assottigliare lo sguardo 

–Si, un paio di volte ho avuto questa fortuna- disse amaramente e Alex dovette far forza sulla sua volontà per non inondarlo di domande, avrebbe così tanto voluto parlare di sua madre, di quello che loro avevano condiviso prima che la loro amicizia venisse in qualche modo interrotta, ma si astenne dall'aprir bocca. Aveva capito che a Jason, le domande personali non piacevano, faceva fatica a parlarne e ad esternare i propri sentimenti, a dire il vero era piuttosto stupita di come le avesse parlato fino a quel momento, così per non irritarlo si obbligò a tacere, stupendosi non poco nel sentirlo riprendere il discorso dopo diversi minuti di silenzio

–Frequentavo tua madre da poco, avevamo stretto amicizia grazie alla sua pazienza- lo vide sorridere- gli bastò un attimo per capire che tipo fossi, ma non si tirò indietro e mi aiutò ad inserirmi, a risolvere diversi problemi dovuti alla lingua e ai vari rapporti che man mano instauravo con i professori, lei faceva parte dei rappresentati degli studenti, era compito suo occuparsi in qualche modo del mio inserimento- si portò una mano sugli occhi che coprì con il pollice e indice massaggiandoli

–Un giorno, doveva essere maggio, faceva piuttosto caldo e avevamo deciso di andare al mare, ma quando uscimmo da scuola ad attenderla c'era suo padre- si fermò e lo sentì sospirare, continuando a tenere gli occhi chiusi; Alex ebbe l'impressione che soffrisse profondamente ricordando quei momenti, pensò infatti che lui si fermasse, invece ancora una volta continuò a parlare

–La cosa che mi stupì fu il cambio d'espressione di Emma, rideva e un attimo dopo era diventata una statua di sale, tesa come una corda di violino- Alex si strinse nel plaid sapeva l'effetto di suo nonno nei confronti di sua madre che spesso sprofondava in un abisso fatto di agitazione e forse anche paura, solo nel sentirlo nominare

–Ci si avvicinò, indossava un completo scuro, sembrava un uomo molto curato, inoltre si era presentato con un'auto munita di autista, cosa che mi colpì, perché tua madre non ha mai mostrato essere figlia di un uomo così facoltoso, viveva in un minuscolo monolocale vicino la scuola che si pagava con diversi lavoretti part -time - si girò verso Alex fissandola intensamente

–Non dimenticherò mai come guardò tua madre: sembrava un predatore con la sua preda, Alex, mi spaventò- la ragazza deglutì a fatica per quelle parole, sentendo la sua pelle accapponarsi, poi Jason ritornò a fissare il soffitto perdendosi nei ricordi

-Le disse che era venuto a prenderla perché dovevano parlare, il volto di tua madre era bianco come un lenzuolo e la cosa mi agitò, perché lei difficilmente si faceva intimorire dalle persone, invece quella volta, per la prima volta, la vidi sotto un'altra luce-

Alex non riusciva a non fissarlo,mentre si accese una sigaretta per aspirare una lunga boccata di fumo, fuori continuava a piovere copiosamente, ma in quel salotto, tutto sembrò stranamente sospeso, come se quelle parole, quei ricordi, li avessero racchiusi in una sorta di bolla

–Lei gli disse che non voleva, che era stato già detto tutto e non voleva avere niente a che fare con lui e la cosa mi gelò sul posto- disse Jason riprendendo il racconto

–Non la conoscevo così bene da avermi raccontato della sua famiglia, ma sinceramente mai mi sarei aspettato una reazione così diretta da parte di una figlia nei confronti del padre- Alex si asciugò una lacrima che le aveva solcato il viso stupendola

-Lui che fece?- chiese esitante e Jason si voltò a guardarla e aspettò qualche attimo prima di risponderle

-Sorrise- rispose-sorrise in una maniera agghiacciante, le posò una mano su una spalla e notai subito come la stretta fece letteralmente sussultare tua madre- Alex sentì chiaramente un brivido scorrerle lungo la schiena

–Le disse che non era certo una richiesta a cui lei aveva la possibilità di sottrarsi, a quel punto, vedendo anche come Emma tremasse, mi intromisi presentandomi e chiedendo se poteva concederle di passare un pomeriggio al mare con me e Francesca visto che avevamo organizzato tutto- si fermò per finire la sigaretta e spegnerla nel vicino portacenere 

–Lui mi inchiodò sotto quello sguardo tagliente che mi rivolse, mi ricordo che provai un disagio mai provato prima, non mi rispose, non fece nulla se non strattonare tua madre in auto, lasciandomi come un coglione lì sul marciapiede- affermò rabbioso

Jason si piegò in avanti sulla poltrona posando le braccia sulle gambe fissando il pavimento

–La rividi dopo più di una settimana, dove era praticamente sparita, non rispondeva alle mie telefonate, neanche Francesca l'aveva sentita e la cosa ci aveva fatto andare in defibrillazione- incrociò le mani stringendole forte

–Poi, una mattina che feci più tardi, vidi accostare davanti alla scuola la macchina scura dalla quale scese una ragazza che feci fatica a riconoscere come Emma- Alex sgranò gli occhi a quella frase –nonostante il caldo, era vestita con una maglia scura a maniche lunghe, anche i pantaloni erano scuri, colori che mai tua madre indossava e la cosa mi spaventò. Le andai incontro quasi con timore e quando mi avvicinai notai che indossava degli occhiali da sole- Jason si fermò qualche istante prima di continuare, come a riprendere fiato 

-Quando la salutai lei si spaventò, come se avesse paura di essere vista- si fermò un attimo parve davvero rivivere quel momento, poi riprese piano

- Le chiesi come stesse, cosa fosse accaduto, perché fosse sparita in quel modo e poi vidi...-

Jason si fermò aveva il fiato corto, Alex sentiva il cuore correrle come un pazzo nel petto

–Tua madre iniziò a piangere tanto da lasciarmi stupito, sembrava una bambina, si strinse nelle spalle abbassando la testa e in quel momento non dimenticherò mai il terrore che provai, come se dentro di me avessi già la risposta- si alzò dalla poltrona inquieto andando verso il fuoco, dando le spalle alla ragazza e posando le mani sulla mensola sopra il camino

–Mi avvicinai e l'abbracciai, mi ricordo che tremava come una foglia tra le mie braccia e così trovai il coraggio di chiedergli cosa fosse accaduto, ma lei continuava a piangere, così andammo al bagno della scuola e lì, quando le tolsi gli occhiali ebbi la certezza di tutto-

Alex tremava e non riusciva a trattenere le lacrime, la madre le aveva sempre detto poco o niente, facendole sospettare che nascondesse qualcosa e ci fosse molto, dietro quell'odio profondo verso suo nonno.

–Aveva uno zigomo piuttosto gonfio e così il suo occhio destro era violaceo- sibilò Jason stringendo la modanatura della mensola come a volerla spaccare sotto quella stretta –la guardai inorridito, mentre la vidi coprirsi il viso con le mani e accasciandosi a terra-

 

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Capitolo 18
*** 17 ***


17

Il sangue non scorreva più nel suo corpo, di questo Jason ne era perfettamente convinto.

Nel momento in cui aveva tolto gli occhiali a Emma, il suo corpo si era pietrificato.

Aveva sgranato occhi e bocca, senza emettere alcun suono, mentre il pianto incessante di Emma riempiva quelle quattro mura squallide di quel bagno. La vide coprirsi il volto con le mani

–Non guardarmi, Jas, ti prego- gli aveva singhiozzato accasciandosi a terra, rannicchiata sulle sue stesse gambe. I pensieri del ragazzo in quel momento spaziarono nei più disparati ragionamenti: aveva pensato che forse qualcuno l'aveva aggredita, aveva pensato a cosa si poteva fare per eliminare un uomo spregevole come quello che l'aveva ridotta così, passando all'ipotesi che ci doveva essere una ragione a quello che era accaduto, per poi immaginarsi nell'uccidere qualcuno con le sue mani, fino a quando la sua mente non venne riportata con i piedi per terra, in quello schifoso bagno, da una presa alla sua caviglia.

Abbassò la testa respirando piano, trovando Emma a stringere spasmodicamente il suo pantalone

–Ti prego Jas, perdonami- gli aveva sussurrato e in quell'istante il cuore di Jason era come esploso, si era accucciato davanti a lei e l'aveva abbracciata stretta accarezzandole la testa, lasciandola sfogare.

Non seppero quanto tempo passarono lì, ma fortunatamente nessuno entrò a disturbare quel momento che Jason si tatuò nella carne

–Emma- la chiamò quando sentì che ormai i singhiozzi erano passati 

– ehi, va tutto bene- le aveva sussurrato e lei aveva sospirato quell'ultimo singhiozzo strozzato

–Andrà tutto bene, Emma, non ti preoccupare- le aveva ripetuto, mentre sapevano entrambi che tutto sarebbe cambiato da quel momento

–Grazie- gli aveva sussurrato lei all'orecchio, dandogli un bacio su una guancia per poi staccarsi delicatamente da lui alzandosi a fatica, seguita subito da Jason che le prese le mani e la costrinse a farsi guardare

–Emma, devi farti vedere da un medico- le aveva detto sorridendo appena –dovresti farti curare l'ematoma- ma lei aveva scosso la testa abbassando lo sguardo

–Non è la prima volta- aveva ammesso in un sussurro e quelle quattro parole avevano dato il colpo finale all'animo di Jason che involontariamente le aveva stretto le mani facendole fare un sobbalzo

–Scusami- lasciò subito la presa, ma stringendo le proprie in due pugni

–E' stato lui, vero?- le chiese e, la mancata risposta di Emma, valse come un "Si" urlato;

Jason serrò la mascella così forte da sentire il sapore del sangue

–Come..- cercò di parlare, ma il suo fiato stava accelerando a causa della rabbia, così sospirò e chiuse gli occhi per cercare di controllarsi

–Perché?- alla fine si limitò a chiedere; Emma si appoggiò alla parete alzando il viso livido, puntando gli occhi gonfi al soffitto grigio

–Ha sempre fatto così, sia con mia madre che con me- disse piano con una nota talmente amara, da far tremare Jason sul posto

–Perchè?- domandò ancora lui stravolto da quella rivelazione, lei sospirò puntando i suoi occhi in quelli del ragazzo

–Me lo sono sempre chiesto, ma ancora non ho trovato la risposta che mi permettesse di perdonarlo- si sforzò di sorridergli –mio padre ha questo difetto chiamata Onnipotenza- la vide sospirare- lo ha sempre avuto, reso ancora più amplificato dal fatto che è un uomo di potere, di soldi, molti hanno bisogno di lui e questo lo rende quello che è- Jason si appoggiò alla parete sentendo le gambe fremere mentre guardava Emma in quello stato

-Mia madre è stata costretta a sposarlo, soffriva di depressione, 6 anni fa è morta- gli confidò lasciando che Jason vedesse, per la prima volta, il dolore che si portava addosso

-Em, non puoi vivere con un uomo così, dobbiamo fare qualcosa- le disse cercando di non far tremare la voce

-Dobbiamo?- gli chiese quasi ironica –Tu per fortuna non devi fare nulla, io combatto una guerra da quando sono nata, non mi spaventa un occhio nero o il dolore alle ossa, combatterò sempre il suo potere, il voler comandare tutto e tutti, sopraffare chiunque non la pensi come lui- la vide sospirare pesantemente- mi odia Jas, mi odia perché sa che non mi arrenderò mai, non farò mai quello che lui vorrebbe da me-

-Cosa vorrebbe da te, Em?- chiese con timore, sentendo un peso al cuore che sembrò spingerlo fin dentro i meandri più profondi della terra

-Vuole avere il potere di gestire la mia vita, decidere chi devo frequentare per i suoi interessi, con chi stare, aiutarlo nei suoi affari- gli rispose amaramente

-Denuncialo!- sbottò alla fine lui avvicinandosi –Andiamo insieme- le disse, ma lei sorrise con quel volto violaceo e le lacrime che silenziose le scendevano dal viso

-Questo che vedi è il risultato del fatto che gli ho promesso che lo farò- disse lasciando che le sue parole penetrassero come una lama nella mente di Jason –Per i suoi interesse sarebbe disposto ad uccidermi, credo non lo faccia, solo perché ha paura di attirare su di sé un po' troppe domande, non gli conviene, capisci?-

A Jason sembrò di impazzire nel sentirla parlare così

–Ci deve essere una soluzione!- le aveva detto prendendola le mani, nuovamente

–Dobbiamo fare qualcosa!- insistette e lei lo guardò intensamente

-Io devo fare qualcosa, Jas, non tu-puntualizzò accarezzandogli una guancia, per poi rimettersi gli occhiali ed uscire da quel bagno, dove Jason, lasciò parte di quell'amicizia

****

-Perché è sparita?- il tono era duro, così come tutta la sua postura, rigido e teso, mentre guardava Francesca

La ragazza se l'era ritrovato davanti la porta della classe durante l'orario di ricreazione, in realtà se lo aspettava che prima o poi sarebbe andato da lei, ma vederlo così sconvolto le strinse il cuore

-Andiamo a mangiare- le aveva risposto avviandosi fuori in giardino.

Si misero in disparte, era ottobre e faceva ancora discretamente caldo, alcuni loro compagni stavano giocando a pallavolo, mentre altri, come loro, stavano consumando qualcosa da mangiare al sole

-Non te la prendere, Jas, non è certo arrabbiata con te- si limitò a dirgli addentando il suo panino, lo sentì sospirare furioso accendendosi una sigaretta

–Perché non risponde alle chiamate?- chiese dopo un profondo respiro, lasciando scivolare via una boccata di fumo

-Ha bisogno di stare da sola- Francesca si girò verso il ragazzo, che ora, aveva un'espressione corrucciata

-Però con te parla!- le disse amareggiato –Perché mi sta evitando?- le chiese adirato

Francesca sospirò ingoiando un altro pezzo di pane senza guardarlo, ma fermandosi ad osservare davanti a lei i ragazzi giocare nel campetto

–Jas, conosco Emma da molto tempo, andavamo alle medie insieme..- lui le si parò davanti interrompendola

-Quindi sai che inferno vive?- le chiese frustato –Perché non me l'hai detto?- e stavolta sembrò deluso

-Non era compito mio farlo, se lei voleva parlartene l'avrebbe fatto- gli rispose finendo di mangiare mentre lui buttò a terra la sigaretta che aveva succhiato con pochi tiri schiacciandola malamente

-L'ho vista in quello stato, non me l'ha certo raccontato- buttò fuori rabbioso – non credo che l'avrei mai saputo- aggiunse passandosi una mano tra i capelli in un gesto spazientito

- Non vuole che si sappia, penso sia normale, per questo non ti ho mai detto niente; ho solo rispettato il suo volere- Francesca incrociò lo sguardo impetuoso di Jason

-Non può continuare così, dobbiamo aiutarla!- le disse deciso facendo scaturire tutto l'odio che in quel momento provava per quella situazione

-Ci ho provato tante volte Jas, a farla ragionare, a farle fare la denuncia, ma lei si è sempre rifiutata pensando di poter gestire la cosa, pensando di potersela cavare- gli confidò abbassando il capo ad osservare le piccole formiche che correvano imperterrite lungo il marciapiede creando delle vere e proprie file lunghissime che si perdevano tra l'erba

–E' un uomo importante, con moltissime conoscenze, una denuncia per violenze domestiche durerebbe pochissimo con lui e poi tutto ricadrebbe comunque su di lei, per questo si è sempre rifiutata, sa bene che lui ha molto più potere di una ragazza di 17 anni- la voce di Francesca uscì stanca; Jason la guardò sentendo il suo cuore sbattere violento per l'astio che in quel momento gli rimescolava le viscere, quell'uomo avrebbe dovuto pagare

-Quando l'ho conosciuta io, in prima media, era come l'hai vista tu qualche giorno fa, si vestiva sempre di nero, parlava pochissimo, era sempre in disparte- raccontò- fare amicizia con lei, anche se compagne di banco, fu una vera impresa- un sorriso leggero le colorì il viso, mentre i ricordi di quell'infanzia si affacciavano ai suoi occhi -Tu l'hai conosciuta come una ragazza estroversa, sorridente, ma questo è stato solo dopo che lui fu costretto ad andarsene. Facevamo la terza media, ero la sua migliore amica e mi aveva confessato il suo inferno, anche perché le avevo visto dei lividi addosso- Jason la vide sospirare pesantemente –Mi fece promettere di non raccontare mai a nessuno quello che mi diceva e, un giorno, mi disse che l'incubo sarebbe finito, perché il padre si doveva trasferire. Mi ricordo che mentre me lo diceva piangeva la morte di sua madre e, allo stesso tempo, era felice che lui se ne andasse. Assurdo- disse con tono pacato - Oggi, credo che il suo trasferimento, dell'epoca, fosse stato dettato dalla morte della madre che aveva gettato comunque troppo interesse su di lui e per non destare troppi sospetti si trasferì in Svizzera, lasciando Emma libera dalle sue angherie, lasciandola libera di piangere sua madre- Jason ascoltò l'amica, incredulo che Emma avesse vissuto quella vita

-Come mai non l'ha portata con lui?- chiese non capendo come un uomo così possessivo potesse lasciare la figlia libera dalla sua presenza

-Quando morì la madre, Emma ebbe una vera e propria crisi, fu ricoverata per qualche giorno, seguita da alcuni psicologi che capirono che Emma aveva dei problemi, ma lo collegarono alla morte della madre- Francesca sospirò alzando gli occhi al cielo –lui riuscì a far desistere di continuare le sedute, appena ha potuto, sicuro che avrebbero capito cosa si nascondesse dietro quella patina di padre perfetto, mentendo sul fatto che l'avrebbe fatta seguire a casa, ma la psicologa dell'ospedale, sapendo che lui voleva trasferirsi e portarla con sé, glielo vietò categoricamente, perché troppo fragile in quel momento, dicendo che comunque voleva anche lei seguire la ripresa di Emma; lui fu costretto a cedere, così incaricò sua sorella, la zia di Emma e il suo compagno- sorrise amaramente- degli scagnozzi con i quali è stata costretta a vivere sotto controllo e lui se n'è andato, pilotando tutto anche da lì- Jason ascoltava in silenzio, immaginandosi una ragazzina di 13 anni sola con il dolore per la perdita di sua madre e senza un padre

- Mi ha detto che la madre soffriva di depressione - gli disse Jason, girandosi tra le dita un'altra sigaretta e lei soffiò un sospiro stanco, girandosi a guardarlo seria in volto

-Certo, per forza, era stata costretta a sposarlo solo perché ,per lui, lei era un trofeo da mostrare: la figlia di un politico importante, per lui è stato ottimo come pubblicità per i suoi interessi- l'amarezza macchiò la sua voce, ma continuò

–Mi raccontò che all'inizio, la madre, si era innamorata di lui perché bello, premuroso e attento nei suoi confronti, le faceva regali, le portava i fiori, si mostrava come l'uomo perfetto, ma poi si è rivelato essere tutto il contrario: un uomo possessivo, manesco, un uomo che l'ha piegata al suo volere- Jason la vide accendersi una sigaretta e buttare via il fumo prima di proseguire – la nascita di Emma non l'ha aiutata, i parenti della madre non hanno mai sospettato nulla, tra l'altro era figlia unica, pensavano che lui fosse un ottimo partito, un uomo d'affari, con un futuro brillante-disse sarcastica

Jason sospirò –Non è possibile che non hanno notato nulla- era sempre più sconvolto

-Hanno attribuito ogni suo malessere al trauma post – parto, Emma è nata dopo neanche un anno di matrimonio, e lui è stato bravo a far credere questo, ma la realtà è che l'ha uccisa piano piano, ed Emma rischia di fare la stessa fine- Jason sentì la gola secca, il cuore fermarsi nel petto a quelle parole

-Non possiamo permetterlo, Francesca!- le disse non mascherando il terrore che provò

-Lo so, ma lei è la prima a non volere nessun aiuto; le ho consigliato di rivolgersi a diverse associazioni che potrebbero aiutarla davvero, ma non so se mi darà ascolto- sospirò- vederla così uccide un po' anche me- e Jason pensò che lui era morto quando l'aveva vista in quel modo

–Jas, lei non vuole coinvolgere nessuno a cui tiene- esordì Francesca, poco dopo il suono della campanella che segnava la fine dell'intervallo –e noi, per lei, siamo importanti- aggiunse sorridendogli appena per tornare subito in classe.

*****

-Cosa ci fai qui?- la voce era debole, il suo viso serio e contratto, Jason si sentì perforare da quello sguardo, chiedendosi se avesse fatto bene ad andarla a trovare

-Jas, ti avevo espressamente detto di non venire qui a casa- ed era vero, glielo aveva scritto qualche settimana prima, quando dopo innumerevoli messaggi che lui gli aveva mandato per sapere come stesse, alla fine, lei gli aveva risposto di stare bene, di non preoccuparsi e di non andare da lei.

Jason osservò la maglia nera che indossava, il suo corpo era dimagrito, il volto era più scarno e i suoi occhi avevano perso quella luce che l'avevano sempre caratterizzati

-Scusami, Em- rispose abbassando la testa –ma volevo vederti, a scuola non riusciamo più a parlare e vederti nei pomeriggi è diventato impossibile- ammise vedendo l'espressione di Emma addolcirsi

-Ho parecchio da studiare, non sono andata bene, devo recuperare ho rischiato la bocciatura, non ho tempo per altro- si giustificò lei; era vero, Jason aveva saputo da Francesca, nella sua classe, che Emma aveva fatto un drastico calo negli ultimi mesi, passando l'anno davvero per il rotto della cuffia; in quei mesi si era completamente alienata da tutto e tutti, diventando piuttosto intrattabile, neanche Francesca era riuscita a starle accanto, allontanava chiunque le stesse troppo vicino. Per tutto il periodo estivo né lui né Francesca erano riusciti a vederla, si faceva sempre negare, oppure rispondendo ai messaggi dicendo che non sarebbe uscita con loro. L'inizio dell'anno non aveva portato nessun miglioramento, lei era sempre più sola.

-Ti va una fetta di torta e un cappuccino?- le chiese lui abbozzando un sorriso –Poi ritorni subito a studiare- lei lo guardò sorpresa per quella richiesta

-Non posso, Jas- rispose guardando a terra

-Dai Em, andiamo all'angolo a prenderci qualcosa e torniamo, ci mettiamo poco- insistette lui vedendola titubante

-E'meglio di no, Jas- ma lui non riuscì a trattenersi prendendola una mano, lei lo guardò stupita di quel gesto e la paura per quel contatto

–Em, è tanto che non stiamo insieme, mi manchi, non vuoi sapere i miei progressi nello studio?- le chiese sorridendole e lei a sua volta arricciò le labbra in un sorriso, commuovendosi per come Jason avesse trovato il coraggio di parlare in quel modo

-E va bene!- concesse vedendo gli occhi del ragazzo brillare

-Cosa c'è?- gli chiese sentendosi osservata, Jason non riusciva a staccarle gli occhi da dosso, come a volersi sincerare che lei fosse sempre la sua Em; ma osservando i suoi capelli in disordine, il colorito pallido, quelle leggere occhiaie a contornare quegli occhi, il cui colore del mare, aveva lasciato spazio a tonalità più cupe, come se quell'azzurro fosse stato ricoperto da una patina, Jason capì e dovette arrendersi all'evidenza che la sua Em, non c'era più.

-Stai bene?- le chiese non riuscendo a mantenere il tono normale che avrebbe desiderato, lasciando trasparire tutta la sua inquietudine, lei sospirò tirando fuori dalla tasca dei jeans scoloriti che indossava, un pacchetto di sigarette. Da quando fumava? Si chiese Jason sorpreso, ma rimanendo in silenzio, mentre la vide accendersene una e, quel gesto, lo colpì molto più di quanto voleva ammettere

-Si va avanti, come sempre- rispose lei con una voce un po' distorta dal fumo che lasciò uscire dalle sue labbra –E'per questo che sei passato? Per chiedermi come stessi?- il suo tono si era fatto stizzito e non lo guardò, puntando verso alcuni bambini che giocavano a calcio, poco lontano.

-Sei mia amica Em, è normale per me preoccuparmi- rispose osservando anche lui quel gruppetto urlante dietro la rete –Lo è anche Francesca, a dire il vero. Sembra che tu ti sia dimenticata di noi- aggiunse accendendosi anche lui l'ennesima sigaretta, sperando che l'aiutasse a calmarsi

-Ho capito una cosa, sai?- parlò dopo diversi minuti di assoluto silenzio, lui puntò i suoi occhi verso di lei che aveva alzato la testa ad osservare il muoversi degli alberi, in quel pomeriggio di fine ottobre

–Cosa?- chiese, con la paura che non gli sarebbe piaciuta la risposta

-Quando uno nasce asino, non può diventare un cavallo- gli disse abbozzando un sorriso amaro senza guardarlo

-Che vuoi dire?- le chiese rimasto sorpreso da quella frase

Emma chiuse gli occhi allungando le gambe davanti a lei, come a volersi stiracchiare

–Io sono l'asino, Jas- disse infine –tu e Francesca, invece, siete dei cavalli di razza, ed io mi ero illusa di potervi assomigliare, ma non è così- spiegò in tono stanco; Jason sentì la sua gola farsi arida

-Non ti capisco, che vuoi dire?- chiese e a quel punto i loro occhi si incrociarono e quello che Jason vi lesse non gli piacque

-Ti ricordi la premessa che ci facemmo, di rimanere per sempre amici?- chiese e lui si ritrovò a poter rispondere solo con un gesto del capo, era privo di parole, terrorizzato all'idea di dove volesse andare a parare, gli sorrise in quel modo che Jason a stento ricordava, posando una mano sulla sua

-Sei il mio migliore amico, il migliore che una persona possa mai avere, Jas, dico sul serio- e gli strinse leggermente la mano nella propria –così come lo è Francesca, in questo sono stata davvero fortunata- aggiunse abbassando lo sguardo alle loro mani intrecciate –Ma le nostre vite sono troppo diverse e non credo che possiamo continuare a far finta che non sia così- affermò

–La mia è un disastro, pensavo che con il tempo le cose potevano migliorare, che avrei trovato la forza e il coraggio di cambiare la mia situazione, ma mi rendo conto che non è così e devo solo accettarlo, anche se difficile- il cuore di Jason si fermò a quelle parole

-Che diavolo dici? Noi saremmo sempre tuoi amici!Sempre!- disse imprimendo in quelle parole tutto il suo amore –Non puoi pensare quelle cose davvero!- aggiunse serio, mascherando l'inquietudine che sentiva

-Jas, tu e Francesca avete delle vite splendide, non è giusto che dobbiate condividere la mia; vi voglio troppo bene per vedere nel vostro sguardo la compassione per la mia condizione-

Jason si sentì perso a quella frase –Em, sei cambiata molto negli ultimi mesi e so che centra tuo padre, purtroppo, ma non è detto che questo sia il tuo destino- disse con il cuore che pulsava forte

–Sei e sarai sempre Em, per me, per Francesca! Sarai sempre quella che mi ha aiutato ad integrarmi, mi ha aiutato con l'italiano, che mi ha insegnato a cucinare, che ha visto come lavoro il legno- si fermò per ricacciare indietro le lacrime, perché in quel momento avrebbe davvero solo voluto piangere, ma non poteva, non doveva

– Sei l'unica che ha saputo ascoltare i miei silenzi, capendoli meglio di chiunque altro. Non posso vederti così, non lo accetto!- lei socchiuse gli occhi quando Jason le accarezzò una guancia

-Sei sempre stato molto dolce, anche se fai di tutto per mostrare il contrario- scherzò lei allontanandosi da quel contatto –Mio padre ha rovinato la vita a mia madre, ed ora lo sta facendo con me- la voce di Emma uscì cupa come una notte senza luna, Jason deglutì a fatica

–E' violento, lo è sempre stato, per lui mia madre era un proprietà, così come sono io ora, al pari di una bella macchina, o una bella casa, oggetti che lui usa per i suoi interessi, da poter esibire- si passò una mano tra i capelli per poi accendersi un'altra sigaretta –Per lui conta solo il denaro, il potere di poter disporre di tutto e tutti, è il suo unico scopo nella vita - si girò verso di lui e i suoi occhi si erano fatti liquidi, la sua bocca tremava leggermente –Mia madre, Jas, è morta perché si è suicidata- Jason rimase di sasso a quella rivelazione, il gelo che sentì sembrò paralizzarlo, ma lei continuò

-Lei non ha retto, non voleva più subire violenze, sentirsi in qualche modo complice dei suoi affari- una lacrima le rigò il viso –si è trovata in un'aspirale nel quale è possibile uscire solo pagando un prezzo molto alto e questo, vale anche per me- la rassegnazione che usò nel parlare, fu per Jason ancora più doloroso delle parole da lei pronunciate -La mia vita, in qualche modo, è nelle sue mani, Jas, nulla sfugge al suo controllo, soprattutto chi è della famiglia- Jason era rimasto di sale, senza riuscire a pronunciare neanche una sillaba, sentiva come se del filo spinato gli stringesse il cuore, trafiggendo la carne senza pietà.

Cosa poteva fare lui?

Rimasero in silenzio per diversi minuti, poi Emma si alzò

–Grazie , Jas- così dicendo si avviò, con un vuoto ancora più grande dentro di sé, ma fece solo pochi passi, che sentì le braccia di Jason avvolgerla da dietro in un abbraccio, levandole il respiro; le lacrime fuoriuscirono dai suoi occhi in un attimo, l'avvolse stretta, quasi a volerla fondere con il suo corpo pur di proteggerla

-Ti aiuterò, Em- in quel momento Emma ringraziò chiunque dal lassù le avesse fatto conoscere Jason, perché sapeva che lui ci sarebbe sempre stato. 

Sentendo un singhiozzo, si interruppe e si girò di scatto verso Alex: aveva il viso sconvolto, le lacrime scendevano come un fiume in piena

–Alex- la chiamò stupito facendo un passo verso di lei, sembrava essere in stato catatonico, lo sguardo fisso davanti, perso, vuoto.

–Alex- le si avvicinò sedendosi piano, accanto alla ragazza 

–Ehi? Alex- posò una mano sulla spalla della ragazza che sobbalzò come se fosse stata svegliata di soprassalto, si girò a guardarlo e Jason morì ancora e ancora per quello sguardo che rispecchiava così tanto la sua Emma, da fargli male

–Lei non me lo voleva dire..- sussurrò fissandolo sconvolta –mi ha sempre detto che dovevo stare lontana dai suoi parenti, da quell'uomo, ma mai e poi mai mi ha detto delle violenze che aveva subito- Jason avvertì di nuovo quel brivido che solo con Emma aveva provato, il brivido della paura

–Non sapevi nulla?- le chiese e lei girò il viso verso il fuoco, era sconvolta

–No- rispose –non mi ha mai parlato di questo, ma ora mi spiego tante cose- disse abbassando lo sguardo e incurvando la schiena –Che stupida che sono stata- disse piangendo e coprendosi il viso con le mani

–Che stupida!- ripeté alzando la voce, Jason le prese le mani e la fece voltare verso di se

– Alex, calmati- le disse –tua madre non voleva certo farti scoprire questo suo passato che lei, per prima, voleva dimenticare- ma Alex scosse la testa

–No, non capisci! Sono stata una stupida, avevo tutti i segnali e ho fatto di tutto per ignorarli!- il suo tono di voce era alto, si alzò in piedi di scatto portandosi le mani ai capelli

–Che idiota! Che stupida che sono stata! - iniziò a vagare per la stanza lasciando l'uomo di stucco ad osservarla

–Dio che imbecille!- disse rabbiosa continuando a piangere, poi si girò a guardare Jason –Lo sai che aveva delle cicatrici?- gli chiese a bruciapelo, lui scosse la testa con gli occhi sgranati e Alex sorrise amaramente

–Mi disse che da ragazzina si era fatta male! Mentre sono sicura che erano i segni di quello che ha passato!- quasi urlò

–Alex, calmati- disse Jason –non sapevo che fossi all'oscuro di tutto, mi dispiace è stata colpa mia, mi sono lasciato andare ai ricordi- disse serio

–No!- ripeté lei -Lo sai che abbiamo discusso un'infinità di volte perché volevo andare a conoscere i miei parenti?- era fuori di sé, Jason si alzò e le si avvicinò preoccupato

–Alex devi calmarti- le disse, ma quando provò a fermarla, lei lo schiaffeggiò sulle mani, sorprendendolo

–Io l'ho spesso colpevolizzata! Capisci? Pensavo che il suo comportamento fosse esagerato! Da piccola mi sentivo diversa dagli altri bambini che vivevano le feste con le famiglie, mentre io avevo solo lei! Le davo la colpa perché voleva spesso cambiare città!- le uscì una risata isterica 

–Capisci che idiota?- gli chiese continuando a camminare avanti e indietro

- Ero invidiosa dei miei compagni quando venivano accompagnate dai nonni o li vedevo all'uscita andare con loro! Che stupida!- Jason era fermo ad osservarla senza sapere cosa fare

–Lei ha fatto di tutto per tenermi fuori dal suo passato e io non lo capivo! Le davo la colpa! PER ME ERA COLPA SUA!- gridò spiazzandolo –TUTTI SAPEVANO E NESSUNO HA FATTO NIENTE!- urlò - Tu non eri suo amico? Perché allora te ne sei andato? PERCHÉ' NESSUNO HA FATTO NIENTE PER LEI? HA SOFFERTO FINO ALLA FINE! HA SOFFERTO E NON SE LO MERITAVA!- a quel punto lo superò, lasciandolo completamente disorientato.

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Capitolo 19
*** 18 ***


18.

Si rese conto di quello che era accaduto, solo quando avvertì la stanza gelare all'improvviso; la sua testa a quelle frasi, gridate con tanto dolore, sotto quello sguardo ferito e sconvolto, era entrata in uno stato di trance, rivivendo ancora e ancora quei momenti che scandirono la sua amicizia con Emma.

Si voltò verso la porta di casa, spalancata, la paura lo inondò facendo esplodere dentro di lui l'adrenalina che lo spinsero a correre per raggiungere Alex. La pioggia cadeva pesante, scrosciava riempiendo l'aria, ma Jason iniziò a correre terrorizzato per quello che Alex avesse potuto fare in quello stato. Si maledì mentalmente ad ogni passo, ad ogni grido che si perdeva nell'aria nel chiamarla. Percorse la stradina buia che riportava sulla via principale, nessuna luce era ancora accesa, il freddo era pungente e l'acqua ghiacciata, ma il terrore di perderla lo invase e lo costrinse a correre sempre più veloce.

Si arrestò di colpo quando la vide da lontano, nell'attimo in cui finalmente le luci ritornarono ad illuminare strade e case. Era di spalle, completamente bagnata, la testa piegata in avanti le spalle ricurve, ferma sotto un lampione, tremava.

Jason sentì il cuore sbattere violento nella cassa toracica, pronto ad uscire fuori, le si avvicinò cercando di riprendere fiato

-Alex..- la chiamò piano quando ormai era dietro di lei, ma non la vide fare nulla se non rimanere di spalle, i capelli bagnati erano appiccicati, ricadevano sulla schiena e in ciocche davanti a lei, le spalle sobbalzavano leggermente

-Alex- le posò una mano sulla spalla, ma non ebbe il tempo di dire o fare nulla che lei si voltò di scatto e gli si lanciò tra le braccia, in uno slancio che gli fece quasi perdere l'equilibrio; piangeva come quel cielo in quella notte, senza riuscire a controllarsi, Jason la strinse forte posando il mento sul suo capo e lasciando uscire un sospiro di sollievo per essere riuscito a trovarla subito.

-Perché? Perché?..- ripeteva come una nenia da trafiggere ogni volta ciò che rimaneva del cuore ormai ridotto a pezzi di Jason; quante volte si era ripetuto quella domanda in tutti quegli anni?

Alla fine la prese tra le braccia e lentamente ritornò sui suoi passi.

Si sentiva distrutto, era riuscito a ferirla, ancora, non volendo certo, ma l'aveva fatto; quello che gli aveva raccontato l'aveva sconvolta: cosa aveva fatto? Si potevano raccontare quelle cose ad una ragazza che avrebbe dovuto ricominciare lì, ad avere una vita più tranquilla e normale? Lui doveva aiutarla, non abbatterla, non farla piangere in quel modo! Alex gli si era stretta al collo, sentiva i suoi singhiozzi all'altezza del suo orecchio e tremava come una foglia tra le sue braccia, non doveva andare così, pensò, mentre rientrò a casa.

Chiuse con un calcio la porta e si avvicinò al fuoco ancora acceso

-Alex, dobbiamo asciugarci- le disse piano, ma lei rimaneva stretta al suo collo continuando a piangere, così, facendo attenzione si inchinò a terra, con Alex addosso; si sistemò il più possibile vicino al fuoco e con la mano che le reggeva le gambe, prese un paio ciocchi di legno e li buttò nel fuoco che scoppiettò come ridestato. Tremavano entrambi, potevano sentire il freddo fin dentro le ossa, ma la cosa che più li aveva toccati era il dolore profondo, da scuoterli come rami al vento, lui per quello che gli aveva rivelato e ricordato, lei per quello che mai aveva saputo e per ciò che aveva perso.

Rimasero accucciati accanto al fuoco, mentre attorno a loro si apriva una pozzanghera d'acqua, per via degli abiti gocciolanti. Alex respirava appena, stretta a lui, così Jason lentamente le prese le braccia e con una leggera pressione sciolse quell'abbraccio, la ragazza rimase con il volto basso, i capelli a ricoprirle gli occhi

-Alex, dobbiamo assolutamente farci un bagno caldo e asciugarci- le disse, ma dalla ragazza non arrivò nessun suono, sembrava una bambola. Aspettò ancora qualche attimo, ma alla fine prese una decisione. Con un profondo sospiro, la riprese tra le braccia e con un po' di fatica si alzò di nuovo in piedi, Alex gli si strinse nuovamente addosso, mentre saliva lentamente le scale.

Arrivati al piano superiore, si avviò al bagno e una volta dentro, si avvicinò alla vasca e fece sedere Alex al piccolo sgabello bianco, accese la stufetta elettrica per scaldare ancora di più l'ambiente nonostante il termosifone, poi si girò a guardarla, ma Alex era ferma a testa bassa

-Alex devi levarti gli abiti bagnati e scaldarti con un bagno caldo- le disse deciso, ma lei non si mosse rimanendo immobile come una statua, un senso di profondo sconforto invase l'uomo che sospirò spazientito

-Alex!- la richiamò stavolta con più decisione sperando di vederla scuotersi, ma lei non si mosse

-Maledizione!- sbottò infine girando su se stesso e tirandosi i capelli indietro frustrato, non sapeva cosa fare. Poi si fermò e la osservò, avvertendo una fitta all'altezza del petto che gli ricordò che era stato lui a ridurla in quello stato, a farle male, così si costrinse ad avvicinarsi, le si inginocchiò davanti

-Alex- sussurrò piano, fu costretto a farsi guardare posando una mano sul suo mento per alzarle la testa. Gli occhi vacui di Alex lo gelarono più del freddo che stava sentendo, ma decise di non demordere, così aprì l'acqua bollente della vasca

-Alex, fatti un bagno caldo, poi se vuoi parleremo, ok?- le disse cercando di essere il più gentile possibile

-Io aspetto fuori- così dopo averla guardata un'ultima volta, si alzò ed uscì dal bagno.

Rimase immobile davanti la porta chiusa, contando i secondi che presto divennero minuti, maledicendosi l'ennesima volta per quello che gli aveva raccontato; quando ormai aveva deciso di rientrare, rendendosi conto che in bagno non si sentiva nessun rumore che facesse pensare che Alex si stesse lavando, un brivido lo percorse dalla testa ai piedi, sentendola dare di stomaco e, dopo aver inveito contro se stesso un ultima volta, aprì la porta trovandola china sul water.

Le si avvicinò con il panico che gli stringeva la carne, i muscoli tesi, le prese i capelli per aiutarla, mentre lei non riusciva ad alzare la testa dallo sforzo

-Forza, Alex- le posò una mano sulla schiena aiutandola a rimettersi seduta quando ebbe finito, il suo viso era rosso per lo sforzo e piangeva guardando a terra, mentre lui, inginocchiato davanti a lei le pulì la bocca. Sentì il dolore di Alex fin dentro i meandri più nascosti del suo essere, avvertì il senso di colpa, come quello che lo aveva accompagnato da quando aveva lasciato l'Italia, unico sentimento che si portava addosso in quegli anni, la sua seconda pelle.

-Alex ti prego, parla- le disse -fai qualcosa, ma non rimanere così- le sollevò piano la testa, ma ciò che vide lo buttò nel baratro della frustrazione e del dolore, Alex piangeva in silenzio, il suo viso era straziato, gli occhi gonfi e cerchiati di viola, così come le sue labbra, il colorito si era fatto ancora più pallido.

Dopo qualche attimo di indecisione, Jason considerò che non poteva lasciarla in quello stato e l'unico modo per non ammalarsi, per entrambi, era quello di scaldarsi con un getto d'acqua calda, levandosi quei vestiti bagnati. 
Dopo un profondo respiro, lentamente le si avvicinò prendendo i bordi del maglione che gli sfilò senza alcuna resistenza da parte di Alex, la vide rimanere con il capo chino, le spalle e la schiena incurvate, sospirò tristemente prima di continuare; passò alla maglietta facendo attenzione a non tirarle i capelli e quando la lasciò in reggiseno, sperò di vederle fare qualsiasi cosa, anche picchiarlo, ma non avvenne nulla.

Rimase immobile, lo sguardo fisso nel vuoto, le lacrime che scendevano lente, Jason si passò le mani sul viso, avvilito, ma decise di continuare; con delicatezza le levò le scarpe e i calzini di lana che erano zuppi e la guardò sperando in un cambio dì espressione, ma quando questo non avvenne, si costrinse a sbrigarsi vedendo come stesse tremando.

La fece mettere in piedi, anche se per un attimo sembrò ricadere su sé stessa, priva di forze, lui riuscì a tenerla al volo

-Ti prego, Alex- le sussurrò, trattenendo il terrore per come lei non mostrasse alcun segno di reazione; riuscì a sbottonarle i pantaloni, gli tremavano le mani e non era convinto che fosse colpa del freddo che sentiva, piuttosto gli sembrò paradossale la situazione che si era creata; scacciando via ogni pensiero e costringendosi a non soffermarsi troppo sulla pelle bianca, liscia di Alex, riuscí a farli scendere, facendola rimanere solo in intimo. 
In quell'istante sperò di vederla diventare viola dalla vergogna, arrabbiarsi con lui per quello che le stava facendo, magari dargli un altro dei suoi sonori schiaffi, in quel momento l'avrebbe davvero voluto, ma lei rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto, una bambola di pezza.

Che devo fare? Si chiese mentre cercò di non fissarla, girandosi verso la porta, ma il terrore che lei si sentisse male, o che non si muovesse come era accaduto prima, lo fecero desistere dall'uscire da quel bagno

-Ok, Alex, adesso entriamo nella vasca- le disse pianissimo, prendendola in braccio e facendola sedere all'interno, sperando di attenuare un pò del suo dolore e scaldarle il corpo gelato; ma lei rimase inerte, con le gambe piegate al petto, le braccia strette come a volersi chiudere in sè stessa, il volto basso, nascosto. Una fitta percorse il cuore di Jason che si riscosse dopo qualche attimo mosso da un brivido di freddo, faceva male vederla così, sapendo che era stato lui a causarlo; sospirò pesantemente decidendo di levarsi la maglia per poi guardare verso di lei, ancora una volta, ma Alex non si mosse, non arrossì come l'aveva vista fare spesso, non lo degnò di uno sguardo continuando a piangere silenziosamente, così lui riprese a levarsi anche le scarpe e i pantaloni, rimanendo anche lui solo in intimo. Un ennesimo brivido lo riscosse e velocemente entrò anche lui nella vasca, dietro di lei, piegandosi sulle gambe e bagnando entrambi con un getto di acqua bollente che li fece sussultare.

Alex continuò a tenere il capo chino, sembrava completamente assente a ciò che le lui le stava facendo: il suo corpo era lì, ma lei era tornata con la mente a quegli anni passati con la madre, a quei ricordi che dolorosi le si erano ripresentati davanti, come a lui molte volte era successo in tutto quel tempo, quel passato volutamente ignorato, ma che incombeva pesante e pretendeva di essere ascoltato.

Jason, si preoccupò di sciacquarle i capelli con dello shampoo massaggiandole la testa, non aveva parole da dirle, ma era sicuro che se l'avesse lasciata sola, lei sarebbe rimasta come poco prima: completamente immobile. 
Avrebbe voluto prenderle un po' di quel supplizio per alleggerirle il cuore, per poter vedere il suo sorriso sincero, il colore del mare dei suoi occhi brillare come accadeva quando incrociava il suo sguardo, ma non poteva, non sapeva come fare e vederla in quello stato, gli faceva male, un dolore sordo, costante, intenso e profondo come l'oceano; nessuno poteva levarle quello che aveva passato con sua madre, il crescere senza sapere cosa ci fosse dietro a quel viaggiare continuo, al vivere solamente loro due; nessuno poteva riportare indietro il tempo e lui sapeva, quanto avrebbe voluto tornare a quegli anni, con la consapevolezza che aveva ora, con la forza che non poteva avere a 18 anni, imporsi, lottare e fare davvero qualcosa.

Gli tornò alla mente ancora una volta quella frase. L'aveva letta su un libro che la stessa Emma gli aveva prestato poco prima di sparire: "Le cose vanno come devono andare" c'era scritto, non ricordava neanche in che contesto fosse stata scritta, che titolo avesse quel libro, era stata sottolineata dalla stessa Emma con un evidenziatore rosa e gli era rimasta impressa nella mente per tutto quel tempo, lasciandolo con il dubbio che, forse, tutto doveva semplicemente andare così e niente poteva essere fatto.

Levò la schiuma ad entrambi e, quando costatò che la temperatura della pelle di Alex fosse più calda, chiuse l'acqua uscendo per primo e avvolgendosi nel suo accappatoio verde, per poi avvolgere Alex in un ampio telo, le strizzò i capelli che arrotolò dentro un altro asciugamano e, come l'aveva fatta entrare, con delicatezza la riprese in braccio e la fece uscire e accomodare sullo sgabello

-Alex- disse piano inchinandosi di nuovo davanti a lei -per favore smettila di piangere- posò una mano sul suo viso, la osservò e nonostante la pena che la stesse dilaniando, era tremendamente bella; la vide chiudere gli occhi e quasi accoccolarsi a quel contatto, mentre le lacrime non smettevano di essere versate

-Ha sofferto così tanto..- e quella frase sussurrata, mozzò il respiro di Jason, tanto che dovette per un attimo chiudere gli occhi e cercare di non crollare nei rimorsi e nei rimpianti che da tempo lo logoravano

-Vado a prendere degli abiti - le disse, per cercare di riprendere fiato, lei non rispose mentre lui continuò a fissarla con uno strano tumulto che animò ogni parte del suo corpo, fino a quando non decise di uscire di corsa da quel bagno.

Una volta in camera sua, si accorse della differenza di temperatura, dentro a quell'ambiente stavano arrostendo, ma la cosa che lo sconvolse di più era il battito accelerato che aveva avuto il suo cuore tutto il tempo, si guardò le mani e gli sembrava ancora di avere tra le dita la morbidezza dei capelli di Alex, sentì chiaramente il profumo della pelle della ragazza, la sua setosità e la cosa lo sconvolse tanto da fargli scuotere la testa un paio di volte, per ritrovare il senno dandosi del coglione, proprio come gli diceva sempre Mike.

Si portò le mani sul viso pensando al dolore che gli aveva provocato parlandole della madre, perché era toccato a lui? Si maledì ancora una volta, mentre decise di vestirsi con una tuta più comoda; possibile che dovesse essere responsabile anche di questo? 
Passò di corsa a prendere qualcosa per Alex, non voleva lasciarla sola troppo a lungo, ma una volta in quella stanza rimase come inebetito davanti l'armadio aperto "Cosa avrebbe dovuto prenderle?" poi vide il suo pigiama appoggiato al bordo del letto, così lo prese e fece per ritornare in bagno da lei, ma si rese conto che mancasse l'intimo, si portò una mano tra i capelli bagnati "Cazzo che situazione!" pensò adirato, ma con uno sbuffo aprì i primi cassetti del comò e subito trovò ciò che cercava, prese a caso, evitando di proposito di farci cadere troppo lo sguardo imprecando ancora una volta perché, nonostante quella situazione drammatica, qualcuno ai piani bassi, si era risvegliato.

Dopo un'ennesima parolaccia, entrò in bagno, Alex era rimasta completamente ferma seduta sullo sgabello, i capelli gocciolanti, aveva smesso di piangere ma era comunque sotto shock

-Ecco i vestiti, Alex- le disse, appoggiandoli accanto a lei spegnendo la stufetta

-Asciugati i capelli altrimenti prendi freddo- prese un asciugamano per metterselo in testa e fece per uscire, ma prima di andare si voltò per vedere se lei reagisse, ma niente ancora una volta. Poggiò le mani alla parete dandole le spalle, non sapeva che fare, si sentiva completamente impotente

-Alex, ti supplico, vestiti- le disse senza guardarla e lentamente uscì lasciando la porta accostata, sperando di sentirla muovere. 

Nell'attesa tornò nella sua stanza e si accese una sigaretta, chiudendo gli occhi; inalò il fumo, lo avvertì inondare la bocca, bruciare la gola e scendere giù nei polmoni, poi lentamente, lo fece uscire con un profondo sospiro, si strofinò con una mano il capo andando verso la finestra ed osservando la pioggia venire giù con meno intensità, guardò la nebbia che si era alzata a coprire l'orizzonte dei campi e avrebbe voluto che quella coltre potesse celare quello che aveva fatto. 
Era stato uno stupido a lasciarsi andare ai ricordi in quel modo, raccontarle quelle cose che non doveva sapere da lui, che non doveva sapere e basta! 

Aspirò con ancora più voracità la sigaretta, unica fiammella a rischiarare la sua stanza, sperò che almeno quella riuscisse ad alleviare la sofferenza e la paura che stava provando per Alex. Dopo un ultimo tiro, la spense costringendosi a tornare da lei, sperando che alla fine si fosse ripresa, ma rimase ghiacciato sulla porta del bagno trovandola esattamente come l'aveva lasciata

-Cristo Alex!- proruppe, mentre lei non lo guardò rimanendo immobile, fissa, con lo sguardo basso; le si avvicinò inginocchiandosi davanti a lei

-Alex! Maledizione!- le prese il viso tra le mani e rimase di sasso a fissare il suo sguardo ricolmo di lacrime, un fiume inarrestabile, come la pioggia di quella sera 

-Ti prego- le sussurrò e lei per un attimo sembrò tornare in sé

-Io..-biascicò con un singhiozzo che le spezzò il respiro -non ....- disse pianissimo coprendosi il viso con le mani -Io..non .. - pianse, scossa da un fremito, Jason si tirò di nuovo in piedi agitato, buttando via il telo che aveva sulle spalle

-Okay, Alex- disse infine, con un nodo alla gola che sembrava stringere sempre di più -ti aiuto io- 


Prese la maglia del pigiama, se la rigirò tra le mani non sapendo davvero cosa fare, ma doveva aiutarla, così la arrotolò e con delicatezza estrema fece passare il collo sulla testa di Alex, ancora ferma, si abbassò al suo livello e con l'indice le fece scivolare le spalline dell'intimo che ancora aveva indosso, poi le prese un braccio facendolo passare nella manica, ripeté anche con l'altro e tirò la maglia coprendo l'asciugamano che abbassò fino alla vita; una volta coperto il busto gli sfilò il reggiseno, lo fece cadere a terra e rimase ad osservare il volto distrutto della ragazza

-Bene- disse, più a sé stesso per farsi coraggio che ad Alex, in realtà era terrorizzato per ciò che stava facendo e per come lei non reagisse; la fece alzare piano e con l'aiuto dell'asciugamano per non toccare nessun lembo di pelle, riuscì ad abbassare anche gli slip che caddero ai piedi di Alex. 
La fece di nuovo sedere sospirando nervoso, impedendosi di divagare con la mente e rimanere il più possibile concentrato, non poteva permettersi di lasciar andare la fantasia in quel momento! 
Prese l'intimo che aveva portato dalla sua camera, e con un profondo respiro le si abbassò davanti facendole passare prima un piede e poi l'altro, deglutì e intanto nella testa stava elencando tutte le parolacce che conosceva, le tirò appena sopra le ginocchia scoperte per poi alzarsi e prendere il pantalone del pigiama che arrotolò per far entrare di nuovo prima un piede e poi l'altro

-Okay, ci dobbiamo alzare ancora una volta, Alex - le disse con voce strozzata, la tirò a sé lentamente e lei si issò piano sulle gambe, mentre lui con un gesto rapido, le sistemò pantalone e l'intimo insieme, sfilandole il telo e facendo attenzione a non sfiorarle la pelle. Dovette lottare contro una strana e assolutamente malsana voglia, che per tutto il tempo, non era riuscito a togliersi dalla testa.

Quando finalmente finì, sospirò di sollievo sentendosi incredibilmente stanco.


-Asciughiamoci i capelli, Alex- lei si afflosciò di nuovo seduta e lui subito accese il phon e iniziò a passarlo sulla testa china della ragazza e quando finì con lei si passò un po' di aria calda anche sulla sua ormai quasi asciutta. Sistemò quello che era stato buttato a casaccio e poi guardò verso Alex sentendosi stringere il cuore perché non sapeva come poterla aiutare

-Alex- le disse piano -che devo fare?- e sembrò una supplica vera e propria, perché davvero non aveva la più pallida idea di come comportarsi, si chiese se fosse il caso di portarla in ospedale, magari poteva chiamare Liz o Mike, forse loro sapevano dargli una mano, anche se era certo che poi l'avrebbero ucciso

-Non lasciarmi- la voce di Alex uscì in un sussurrò e Jason trattenne il respiro 

-Non lasciarmi- ripetè piano -per favore- singhiozzò leggermente, lui le prese di nuovo il viso con una mano e la costrinse ad alzare la testa, i suoi occhi erano rossi e gonfi per tutte le lacrime che stava versando, il viso era stravolto; con il pollice le asciugò un'ennesima gocciolina che le stava rigando il volto

-Non lo farò- disse -mai- aggiunse accarezzandola leggermente e lei chiuse gli occhi con un ennesimo singulto spezzato.

Jason si inchinò e con estrema delicatezza la prese tra le braccia dove lei si strinse, la condusse nella sua stanza e la distese sul suo letto coprendola e le si sedette accanto sospirando amareggiato e ferito tanto quanto lei.

-Mi dispiace, Alex- riuscì a sussurrarle dopo attimi di silenzio -Se potessi tornare indietro..- chiuse gli occhi sospirando ancora una volta

-Mi dispiace per essere stato io a raccontarti di tua madre e tuo nonno, mi dispiace per tutto- detto questo si alzò sentendosi pesante come un piombo, con le gambe deboli e i muscoli indolenziti, ma una mano fredda di Alex lo trattenne per la manica. 

Sorpreso per quel gesto, si sedette di nuovo accanto a lei, ascoltando il silenzio inondare la stanza per attimi infiniti

-Avevo 8 anni quando lui ci trovò- la voce di Alex lo ridestò dai suoi pensieri, la guardò 

-Suonarono alla porta e quando aprii mi ritrovai questo uomo distinto che mi sorrise, aveva dei fiori in mano e un regalo che disse essere per me- Jason rimase immobile a fissare la figura di Alex

-Mia madre arrivò subito dopo, per vedere chi fosse e lì, per la prima volta, vidi il terrore negli occhi di lei, ma no capii- aggiunse con la voce distorta e di nuovo fu scossa dai singhiozzi

-Ha sofferto così tanto...- disse solamente tra un singhiozzo e l'altro e Jason avvertì l'angoscia attanagliarlo, sentendosi ancora una volta, impotente davanti a quel dolore

-Lui la picchiò quella volta, ma io non capii, lei mi disse che era caduta, io.. - si portò le mani sul viso e ricominciò a piangere singhiozzando, Jason rimase senza fiato per qualche istante, 
-Eri una bambina, Alex, non hai colpe- cercò di rassicurarla , sapendo per certo che se l'avesse avuto davanti, molto probabilmente l'avrebbe ucciso con le sue mani;

Seguì silenzio, l'unico a poterli assistere in quel momento.

Quando suonarono alla porta, Alex corse per vedere chi mai poteva essere, immaginandosi la Signora Rosa, del piano di sotto, ogni tanto portava loro qualche dolce fatto da lei e le sue prelibate lasagne; quando si ritrovò un uomo alto, vestito di scuro, rimase stupita. 

I capelli grigi erano tagliati corti, sistemati in maniera accurata, il suo viso era magro, così come tutta la sua figura, aveva il naso un pò aquilino e la bocca sottile, Alex sentì il buon profumo che emanava, una di quelle fragranze maschili che spesso aveva sentito nella profumeria dove lavorava la madre; rimase per un attimo a fissarlo, soffermandosi su quegli occhi chiari che la scrutavano attenti, teneva in mano un mazzo di fiori rosa e bianchi, le fece un leggero sorriso

-Tu devi essere la figlia di Emma- le disse con tono pacato -questo è per te- e da dietro la schiena le porse un pacco incartato con della carta rosa piena di fiori e un fiocco dorato, che fecero sgranare dalla curiosità gli occhi di Alex

-Per me?- chiese stupita prendendolo con mani tremanti

-Sì è per te, spero ti piaccia- le rispose l'uomo, in quel momento dal corridoio giunse la voce di Emma

-Alex, chi è?- chiese e subito si affacciò per verificare che andasse tutto bene, ma quando trovò sua figlia accanto a quell'uomo, avvertì il suo sangue gelare completamente nelle sue vene, rimase di sasso a fissarlo, mentre lui le sorrise, in quella maniera che le faceva accapponare la pelle

-Ciao, Emma- per chi non lo conosceva, poteva apparire davvero una persona distinta, con modi curati e attenti, ma lei sapeva chi fosse in realtà

-Alex, vai immediatamente in camera tua!- disse perentoria e la figlia la guardò  agitandosi un pò per il tono che aveva usato, abbozzò un sorriso

-Questo è per me- e le mostrò il bel pacco che teneva tra le mani, Emma deglutì a fatica e cercò di rilassare i muscoli che sentiva essere diventati tesi come corde, sorrise verso Alex, 

-Vai in camera, Alex, per favore- ripeté e la bambina indecisa, si girò verso l'uomo che le sorrise 

-Arrivederci e grazie- salutandolo si girò verso Emma e le si avvicinò per poi superarla e andare nella sua stanza.

Una volta sola, si mise per terra vicino al letto, non era Natale, non era in suo compleanno, eppure aveva ricevuto un regalo! Le sembrava impossibile, inoltre era così bella quella carta che le sembrò un peccato dover rovinare quel pacco, ma la curiosità le stava mordendo le mani che subito tirarono il fiocco e aprirono la carta. Rimase a guardare stupita come non mai la bellissima Barbie nella scatola. Era meravigliosa e sicuramente una di quelle da collezione. La scatola era grande, e dentro la bambola era vestita con un enorme abito da sera rosso rubino, con degli elementi che le facevano brillare la gonna, indossava pure delle scarpe dello stesso colore e una borsetta dorata. Alex l'ammirò estasiata, era bellissima. Era davvero per lei?

Un rumore sordo e il vetro di qualcosa che si rompeva, le fecero fare un salto sul posto spaventandola, avvertì poi la voce di quell'uomo, non era più gentile e uno strano brivido le percorse il corpo.

-Alex!- Emma si girò verso il corridoio, sentendo i passi della figlia accorrere, la paura per quello che poteva farle, venne completamente annientata dal terrore per quello che poteva fare alla sua Alex

-Mamma!- gli occhi di Alex erano sgranati, aveva le mani davanti alla bocca e la paura le si era impressa in quel viso da bambina, vedendo la madre a terra con vicino il vaso completamente in frantumi, i fiori erano sparsi a terra completamente rovinati

-Mamma- ripetè più piano come se non riuscisse a parlare, l'uomo abbassò il braccio che teneva alzato e si ricompose

-Non pensare che finisca qui, Emma, lo sai- la voce dell'uomo era bassa e adirata, Alex lo guardò con gli occhi ricolmi di lacrime per poi guardare di nuovo verso la madre

-M..mamma- la chiamò con voce tremante

-Alex, non è successo nulla, sono inciampata, vai in camera tua!- le disse severa tirandosi a sedere

-Ho detto: vai in camera tua, Alex!- alzò la voce vedendola pietrificata, solo allora la bambina, si girò e scappò di nuovo nella sua camera.

Non seppe quanto tempo passò, forse due minuti, forse mezz'ora, ma quando la madre entrò la trovò rannicchiata sotto la sua scrivania

-Alex, amore- la voce di sua madre era strozzata, camminava leggermente ricurva, i capelli che aveva legato quella mattina erano tutti arruffati, spettinati, Alex nascose il viso stringendosi ancora di più le gambe addosso

-Tesoro, vieni qui- le disse la madre sedendosi sul letto, la sua voce era flebile -vieni amore, quell'uomo è andato via- solo dopo qualche istante, Alex uscì dal suo rifugio e le si fiondò tra le braccia iniziando a piangere, Emma la strinse a sé e insieme si sdraiarono sul letto di Alex

-Non piangere amore, ti prego- le disse piano cercando di calmarla

-Cosa è successo? Chi era?- le chiese Alex singhiozzando e alzando il viso verso quello della madre che aveva del sangue raggrumato sul labbro gonfio così come la sua guancia

-Nessuno, tesoro, stai tranquilla- le rispose con una voce lieve -ma tu devi giurarmi che se ti capita di incontrarlo, qualsiasi cosa ti possa dire, mi devi giurare Alex, che non gli crederai mai, l'unica cosa che devi fare è scappare e chiamarmi- poi le prese il viso per farsi guardare

-Hai capito, Alex?- le chiese con gli occhi lucidi e la voce tremula, Alex aveva tirato su con il naso e le aveva fatto un cenno del capo -Te lo giuro, mamma- ed Emma aveva sorriso stringendola forte al suo petto. 
Non gli avrebbe permesso di guardarla ancora una volta, non gli avrebbe permesso di poggiare un solo dito su sua figlia.

-Dobbiamo preparare le valigie- le disse piano accarezzandole il capo sentendo che si era calmata, la bambina la guardò di nuovo negli occhi ed Emma vi lesse il suo malumore a quella notizia, sapeva che odiava spostarsi, trasferirsi; quando era più piccola, paradossalmente era stato più semplice, ma adesso che era più grande, anche per Emma stava diventando difficile spiegarle il perché dei loro trasferimenti.

-Ancora, mamma?- le chiese ed Emma sospirò facendo un leggero cenno del capo

-Ora, mentre vado a fare una telefonata, tu inizia a preparare le tue cose, così mi aiuti- le spiegò ed Alex storse il naso, sedendosi sul letto e asciugandosi il viso con la manica del pigiama

-Mi piace questa casa- disse dopo qualche attimo con la sua vocetta sottile- mi piace andare a scuola e stare con Sara, lei mi fa ridere a scuola- ed Emma sentì l'odio per quello che quell'uomo la costringeva a fare, scappare, sempre.

Lo odiò con tutta l'anima per quello che era costretta a fare alla sua Alex, ma mai, finchè era in vita, avrebbe permesso che gli si avvicinasse come era accaduto quel pomeriggio.

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Capitolo 20
*** 19 ***


19

Alex era ad occhi sgranati a fissare il buio intorno a lei.

Era sola, Jason era tornato nella sua stanza, ore prima, pensando che lei si fosse addormentata; lo aveva sentito sospirare diverse volte, chiuso in un silenzio che mascherava la sofferenza che provava.

Quando si era alzato per andarsene, non lo aveva fermato, ed era rimasta così, con un dolore insopportabile a schiacciarle il petto, fissando il nulla.

Si chiese perché la vita si fosse accanita con la madre, una donna molto più forte di quello che aveva creduto, sempre sorridente, lottando per la sua vita, nonostante il suo destino l'avesse portata ad avere un padre come il suo e poi la malattia, senza mai lamentarsi e, per Alex, era assurdo che avesse sofferto così tanto. Non poteva credere che non le avesse mai raccontato nulla, neanche Francesca, nessuno, solo per tenerla al sicuro, per non farla soffrire, per non rovinarle l'infanzia, per cercare di farle avere una vita normale; ma ora lo strazio per quello che aveva saputo era cocente.

Avrebbe voluto averla davanti, per chiederle scusa per ogni volta che avevano discusso sul fatto che la controllasse ogni cinque minuti quando non era con lei, che si preoccupasse troppo per ogni cosa, che fosse così apprensiva nei suoi confronti, che la sballottasse da una città all'altra.

Si diede della stupida, ancora e ancora, ripensando a come lei avesse voluto vivere una vita come le sue amichette, quando la madre alla sua stessa età aveva dovuto subire traumi e andare comunque avanti, rimanere incinta e donarle la vita, volendole dare comunque una possibilità.

Le lacrime ricominciarono a rigarle il volto, mentre risentiva nella testa la sua voce, la sua risata, la rivide in cucina che preparava qualche biscotto o dolce solo per lei, quando nonostante la malattia, cercava di fare tutto da sola; anche quando era ormai allettata, l'unico suo pensiero era per lei e, quel dolore, si ampliò levandole il respiro, le mancava tremendamente, le mancava talmente tanto che si sentiva come se le avessero strappato una parte dal corpo, un pezzo di lei, una parte troppo importante.

Aveva adorato la madre e, ora, l'amava ancora di più.

Era stata davvero una donna speciale, aveva fatto di tutto per andare avanti, per farla crescere lontana da ciò che la vita invece le aveva riservato, addirittura mandandola lì, da Jason.

Si sentiva completamente distrutta, ogni parola pronunciata da lui nel raccontare, era diventata una scheggia, una spina penetrata nella carne, ma in maniera lenta, atroce, scavando ferite profonde; aveva sentito il suo cuore stringersi per il dolore, lo stomaco torcersi come un panno, e la sua testa era stata riempita di informazioni pesanti, parole che si erano tramutate in massi, ognuna aveva portato con sé un dolore più acuto, una ferita più profonda, facendole capire molti atteggiamenti che non aveva mai compreso prima. 

Le doleva ogni muscolo del corpo, come se avesse fatto ore e ore di allenamento, lo stomaco le bruciava, la testa non riusciva a darle pace, proiettandole immagini di quel passato fintamente sereno che la madre le aveva costruito intorno, per poi farle immaginare le violenze da lei subite. 

Il cuore sembrava un piombo, troppo pesante da portare, il respiro non voleva entrare a inondare i polmoni, tutto era diventato difficile.

Si avvolse nelle coperte guardando dalla persiana rotta il buio della notte, il vento finalmente era cessato, mentre la pioggia continuava a cadere imperterrita. Le sembrava di impazzire, chiedendosi perché nessuno fosse riuscito ad aiutarla davvero, a far in modo che quell'essere potesse marcire in prigione.

E ora, stretta in quella coperta, con il buio a farle da fedele compagna, capì Jason.

Ora poteva farlo davvero.

Lo comprese nel profondo.

Comprese cosa volesse dire riaprire il sipario su uno spettacolo che si credeva essere finito, sepolto.

Capì il rancore che gli aveva riversato addosso, quel modo di guardarla quando aveva capito essere la figlia di Emma, quel suo modo di parlarle, di non volerla intorno, di non volerla aiutare all'inizio ma allontanare.

Poté cogliere il dolore che aveva provato Jason a dover vedere un'amica soffrire senza poter fare nulla, sentirsi con le mani legate, pur volendo fare qualsiasi cosa, costretto a rimanere fermo, inerme ad osservare tale brutalità.

Sciocca, stolta, era stata, quando per ferirlo aveva sottinteso alla possibile relazione tra lui e sua madre, mettendo in dubbio il loro rapporto. Capì la rabbia di Jason. Si morse un labbro singhiozzando.

Lui aveva visto l'inferno di Emma e non aveva potuto fare nulla.

Aveva visto le sue ferite, i suoi lividi e non gli era stato permesso di fare niente.

Le era rimasto accanto, aveva provato, di questo ne era sicura, ma il mondo malato nel quale la madre era stata costretta a vivere, era troppo grande per chiunque, figuriamoci per un ragazzo di 18 anni e lei, non glielo avrebbe mai permesso.

Ma nonostante tutto, lui per sua madre, c'era sempre stato, proprio come aveva fatto con lei.

Se lui non le fosse stato vicino, quella sera, si sarebbe lasciata andare, ne era sicura; 

Niente le sarebbe importato.

Ma lui le era rimasto accanto, l'aveva aiutata, l'aveva asciugata, l'aveva scaldata, l'aveva svestita e rivestita.

Lui non si era tirato indietro, si era addirittura scusato.

Che stupida che era stata a non cogliere la sofferenza che Jason si portava dietro.

Strinse gli occhi, sentendo la gola chiudersi, la testa offuscarsi dai tanti pensieri che le si erano incastrati, cercò di ritrovare un respiro regolare, si sentì tremendamente sola e persa, un brivido le attraversò la schiena come un formicolio e quel letto le sembrò troppo vuoto e freddo, un freddo intenso che sapeva di cose non dette, di silenzi, di morte.

Aprì piano la porta, non volle accendere nessuna luce e lenta uscì dalla sua stanza. 

Sapeva di star facendo un errore, ma non poteva rimanere lì, così in punta di piedi si ritrovò ad aprire piano la porta della camera di Jason; era tutto avvolto nell'oscurità e Alex ringraziò di essere stata brava a non fare alcun tipo di rumore per svegliarlo, ma non voleva rimanere da sola, non quella notte.

Si avviò piano verso il letto, stringendosi le braccia al corpo, ne vedeva chiaramente la sagoma e si andò a sistemare nella parte libera, sospirò un paio di volte prima di sedersi e infilarsi sotto le coperte.

–Ma che diavolo..-Jason accese la luce spaventato e sgranò gli occhi ritrovandosi Alex nel letto, rimasero a fissarsi qualche attimo, sorpresi l'uno dell'altra

–Alex, ma che..- lei si portò le coperte fin a coprire il naso e lo guardò con gli occhi ancora rossi e gonfi

–Non voglio stare sola- ammise con voce ovattata, gli occhi lucidi, Jason sgranò la bocca a quella richiesta

–Alex, non credo sia il caso- disse risoluto

–Per favore - Jason si passò una mano sul viso, si sentiva davvero in balia delle onde, che avrebbe dovuto fare? Alzarsi? Sbatterla fuori? Poteva reggere anche quello?

Restò ancora mezzo sollevato sul letto, vedendola lì accanto a lui con la coperta che l'avvolgeva completamente e alla fine si arrese, spegnendo la luce. Si sdraiò dandole le spalle e la sentì rilassarsi subito, mentre il suo corpo ci mise un po' per ritrovare la calma, sapendo che quella serata se la sarebbe ricordata fino alla morte

-Hai mai dormito con mia madre?- quella domanda nel buio gli fece sgranare gli occhi, per un attimo pensò di aver sognato

–Eravate molto amici, in fondo- era una costatazione e Jason sospirò prima di rispondere

–Sì, eravamo davvero molto amici, soprattutto dopo quello che ti ho raccontato- aspettò qualche attimo e poi continuò –mi capitò di dormire con lei alcune volte- affermò fissando davanti a sé la parete scura –ma non è mai successo niente di quello che tutti possano aver pensato, il nostro era un rapporto speciale- ammise

–Ti manca?- gli chiese e Jason a quel punto chiuse gli occhi

–Sempre- rispose piano –mi mancano le chiacchierate che facevamo, mi mancano le sue risate, mi mancano i suoi consigli, le sue lezioni di italiano e storia, le sue telefonate improvvise a qualsiasi ora- sorrise a quei ricordi, poi un movimento lento accanto a lui lo mise in allerta, ma ciò che sentì lo lasciò interdetto: Alex gli si era avvicinata tanto da poter sentire il calore del suo corpo, ma rimanendo comunque leggermente distante, appoggiò la fronte alla sua schiena e Jason trattenne il fiato a quel contatto

–Anche a me- sussurrò con la voce leggermente strozzata –mi manca così tanto che mi leva il respiro- gli disse lasciando qualche attimo di silenzio prima di continuare

–Siamo sempre state noi due sole, era tutto ciò che io chiamavo famiglia e..-si fermò lasciando che un singhiozzo le salisse alla gola –mi sento sola, mi sento come se avessi perso tutto e mi sento in colpa. Sai cosa mi diceva da quando ero più piccola?- si fermò un attimo smorzando un altro singhiozzo- ero il suo miracolo- il pianto non le permise di continuare, nonostante avesse voluto parlare e sfogarsi, ma quei ricordi, quel dolore la fecero solo ed unicamente piangere.

-Alex- la voce di Emma si era fatta più sottile negli ultimi tempi, Alex le si avvicinò subito posando lo zaino a terra, era appena uscita di scuola e come accadeva ormai da mesi, invece di andare a casa andava in ospedale –Ciao mamma!- la salutò avvicinandosi e lasciandole un delicato bacio sulla fronte; Emma socchiuse gli occhi a quel gesto e le sorrise prendendole una mano –Come è andata a scuola, oggi?- le chiese sorridendole, Alex sospirò sedendosi accanto a lei sul letto –Benino, il professore di italiano ha fatto un compito a sorpresa, penso che sia andato bene, ma quel tipo è pazzo- confessò facendo ridacchiare la madre

 –E tu, come ti senti oggi? Il medico è già passato?- le chiese passandole un bicchiere d'acqua con una cannuccia per farla bere –Sì, prima- le rispose dopo un rapido sorso –Dice sempre le solite cose, niente di nuovo- e Alex avvertì quel brivido freddo attraversarle la schiena mentre osservò il colorito della madre, un bianco spento, con sfumature giallognole, le occhiaie, il colore sbiadito del suo sguardo, il gonfiore sul viso, sulle braccia e su tutto il corpo, il capo coperto con un foulard azzurro, le flebo attaccate al braccio e dovette reprimere le lacrime che le salivano subito agli occhi, quando iniziava a soffermarsi su questi dettagli che sottolineavano l'avanzare imperterrito del male 

–Ehi, che è quella faccia?- le chiese Emma accarezzandole una guancia, Alex si sforzò di sorridere –Se ti vedo triste, mi fai preoccupare- aggiunse la donna

-Mamma, perché non sentiamo qualche altro parere medico- propose sapendo già la risposta della madre che sospirò, spostando lo sguardo verso la finestra in alluminio bianco dove si intravedeva uno spicchio di cielo grigio –Non cambierebbe nulla, Alex, lo sappiamo entrambe- rispose mentre Alex avvertiva gli occhi inumidirsi 

–Mamma, io non voglio pensare che questo sia tutto quello che posso fare per te!- cercò di essere più incisiva, ma la voce le uscì strozzata ed Emma la guardò di nuovo, addolcendo lo sguardo mentre le riprendeva le mani e le stringeva  

–Amore mio, mi dispiace tanto per quello che stai passando- le disse sorprendendola –Non dire scemenze, mamma- la riprese Alex, ma Emma sorrise, un sorriso amaro facendole posare lo sguardo sulle loro mani intrecciate

-Sai Alex, io sono stata comunque una persona fortunata- e Alex sgranò gli occhi a quella frase

-Mamma tu stai male, da anni, come fai a dire una cosa del genere?- non riuscì a trattenere la rabbia

-Come fai a dire di essere fortunata!- e Emma alzò di nuovo quegli occhi azzurri su di lei sorridendole in quel modo dolce che facevano sciogliere il cuore di Alex

-Anche quando sembra che tutto va storto, non è detto che sia tutto perso- le disse- qualcosa si salva sempre e per me, il riscatto della mia vita sei tu. Ti ricordi cosa ti ho sempre detto? Tu Alex, sei il mio miracolo per questo sono tranquilla, qualsiasi cosa accada- e quella frase, come ogni volta, fece piangere Alex, non sapendo quanto davvero contasse per Emma.

Jason si girò appena, alzando il braccio scorgendola piangente nascosta dietro la sua schiena, con un leggero sobbalzo si girò del tutto verso di lei sorprendendola, le posò il bracciò all'altezza del suo fianco, lasciando scivolare la sua mano dietro la schiena di Alex per spingerla contro il proprio petto.

In un attimo, Alex si ritrovò completamente avvolta dal corpo di Jason, nascose il viso tra il suo collo e il suo petto e quel contatto, quel calore, quel suo profumo la cullarono mentre si lasciò andare a un pianto liberatorio. 

Lui era l'unico a poterla capire, a sapere davvero. Pianse finché quell'abbraccio non la cullò verso un sonno privo di sogni.

Quando Jason aprì gli occhi, sentì quel leggero e fastidioso cerchio alla testa che sapeva si sarebbe trasformato in un vero e proprio mal di testa, guardò verso la finestra pensando che doveva assolutamente riparare quelle persiane, se voleva evitare di essere trafitto ogni mattina dalla luce del giorno. Il sole era coperto da nuvole che correvano veloci, segno del vento che come sempre soffiava su quel tratto di costa; abbassò la testa verso quel corpo che rannicchiato gli dormiva accanto e ne rimase abbagliato.

Alex aveva continuato a piangere quella notte, poi lentamente si era addormentata sfinita e solo allora, anche lui, aveva lasciato spazio ad un sonno profondo.

Osservò quel viso arrossato, ma rilassato, le lunga ciglia scure e umide, la bocca rosea leggermente socchiusa, i capelli castani le ricadevano scomposti intorno al viso girato verso di lui, come era rimasta tutta la notte; Jason sospirò muovendosi piano per non svegliarla, l'aveva stretta a sé tutta la notte e ora si sentiva indolenzito per quella posizione scomoda; si tirò a sedere sul letto appoggiando le braccia sulle gambe semi piegate continuando a guardare il letto sgualcito.

Che diavolo avrebbe fatto, ora? Si nascose il viso tra le mani, ripensando alla sera prima e se solo fosse stato possibile avrebbe davvero voluto cancellare ogni singola parola che gli era uscita da quella sua fottuta bocca.

–Grazie- quella voce gli fece fare un salto sul posto e si girò verso Alex che lo fissava ancora sdraiata

–Ti ho svegliato, scusa- disse in tono agitato, ma lei scosse leggermente la testa

–Non ti preoccupare- gli rispose, aveva lo sguardo ancora liquido e gli occhi arrossati sia dal sonno che dal pianto, ma quel colore turchese brillava quella mattina, Jason si girò di nuovo e fece per scendere dal letto

–Scusami per come mi sono comportata- le sentì dire a disagio –mi dispiace davvero molto-

Jason si bloccò, appena i piedi toccarono il pavimento freddo

Si girò di scatto con sguardo furente

–Ma sei impazzita?- gli occhi di Alex si sgranarono per la sorpresa di quella reazione –Ti scusi?- la rimbeccò lui con gli occhi ridotti a due fessure, poi si alzò di scatto dal letto iniziando a vagare per la stanza

–Dovresti essere arrabbiata con me!- le disse rabbioso, indicandosi

–Hai ragione a dire che nessuno l'ha aiutata! Tutto quello che Francesca ed io abbiamo fatto, non è mai servito a niente!- si portò le mani sulla testa, a tirar indietro i capelli, in quel tipico gesto che usava quando era furioso –E tu chiedi scusa?!- chiese sarcastico, arricciando le labbra in un sorriso amaro

Alex, si sedette piano sul letto fissandolo, era arrabbiato, non certo con lei, ma con tutta la situazione, con quello che era accaduto la sera prima e ancora per quel passato che in qualche modo lo tormentava

–Ho chiesto aiuto anche a mio padre, ma niente! - il viso era contratto il suo corpo era teso, rigido come un tronco –Francesca l'ha aiutata con i servizi sociali, ma niente! Niente!- sbattè un pugnò sulla porta che risuonò forte facendo sobbalzare Alex, poi si rivolse verso di lei con sguardo torvo

–Tu dovresti odiarmi! Tu dovresti essere furiosa con me!- le disse con un vero e proprio ruggito

–Io ho lasciato che morisse!- e sembrò che quelle parole uscissero direttamente dalle sue viscere, come se tutto il veleno che aveva dentro, si riversasse in quelle cinque parole urlate

Alex, con gli occhi sgranati, strinse la coperta tra le sue mani fino a farsi male nel sentirgli pronunciare quelle frasi

–Non è colpa tua, anzi..- e lui emise come un gorgoglio rabbioso

–Non vuoi capire!-la interruppe- Io non ho fatto niente pur sapendolo!- le urlò –NIENTE!- e colpì il comò con un pugno facendolo risuonare in quella stanza come un boato, Alex pensò di vedere il mobile aprirsi in due sotto quel colpo

–Smettila- disse piano –Non devi parlare così- e lui girato di spalle la guardò attraverso lo specchio sopra il mobile

–Vederti qui per me è stato rivivere tutto, di nuovo - le disse gelandola 

–Forse è solo uno scherzo del destino, perché sembra voglia farmi espiare le mie colpe, aiutandoti- il tono che usò la tagliò come un coltello nel burro morbido

Alex sentì la gola secca e il respiro farsi corto, nonostante il silenzio ora sentiva le orecchie fischiare

–Il solo vederti, mi ricorda gli errori che ho commesso con tua madre-

Alex, avvertì il cuore spezzarsi, quelle parole ebbero il potere di infilzarla come una lama lanciata con una precisione chirurgica a dividerle quella parte di corpo che sembrava subire tutti i sentimenti, buoni e cattivi.

Abbassò il volto, mentre un senso di colpa profondo l'attanagliò, si levò le coperte da dosso e lentamente scese dal letto. Faceva freddo, come la sera prima, un freddo che dopo averle dato qualche ora di quiete, si era di nuovo ripreso possesso di tutto il suo corpo, dall'interno. Si mosse piano, a testa bassa, il cuore un cumulo di pezzi vuoti.

Passò vicino a Jason che non si mosse di un millimetro, rimanendo appoggiato al comò, di spalle e si diresse verso la sua stanza.

Una volta dentro la sua camera, richiuse la porta appoggiandosi a quel legno ruvido e rovinato guardando fuori la finestra che proiettava una giornata ventosa e tremendamente fredda, forse avrebbe nevicato.

Alex decise che non avrebbe pianto, ma avrebbe fatto la cosa più normale del mondo, aspettare.

Si sedette sul letto continuando a guardare fuori, avrebbe aspettato che una parte di lei tornasse lucida, perché in quel momento non era in grado di fare nulla.

Jason era imbufalito, quel giorno. Mike lo vide arrivare come un toro pronto ad incornare chiunque si fosse messo sulla sua strada –Ehi, come mai qui?- gli chiese vedendolo arrivare dalla porta d'entrata, mentre lui stava finendo di sistemare la sedia capovolta sul tavolo per poter spazzare con più comodità

–Va bene che la mia birra è la migliore, ma addirittura arrivare qui alle..- si fermò per guardare l'ora –alle 13.10 mi sembra esagerato- disse sforzandosi di sorridere, ma una parte di lui sapeva che quell'arrivo improvviso non prometteva niente di buono.

Mike si sentì sconvolto da quello che Jason gli aveva raccontato, era ancora con occhi e bocca sgranati a fissare il volto contratto di Jason seduto di fronte a lui su una sedia di quel tavolino, che avevano scelto per sedersi e parlare, più di due ore prima.

–Io, non so che dire- soffiò con la testa piena di quelle notizie che Jason gli aveva sparato addosso –ora capisco perché non volevi mai parlare di Emma e di quel periodo- aggiunse guardando la bottiglia di birra mezza piena ancora davanti a lui –deve essere stato un periodo di merda- e pensò a cosa quella donna, ormai morta, avesse passato e al suo amico che alla fine si era arreso a l'evidenza di non poterla aiutare.

–Ero convinto che Emma, o Francesca le avessero detto qualcosa- disse Jason serrando le mani a pugno sul tavolo davanti a lui –mi sono sentito un mostro per l'ennesima volta- e contrasse la mascella quasi a voler sentire il sapore del sangue

–Ma ora l'hai lasciata da sola a casa?- chiese Mike e Jason fece solo un cenno d'assenso

–Si è chiusa in camera perché sono stato così coglione da vomitarle addosso una tale cattiveria che dovrei morire fulminato all'istante- disse fissando il tavolo raccontandogli anche il resto della storia

 –L'ho ferita come se questo mi liberasse da quella cazzo di colpa che mi porto addosso, quando lei ovviamente è solo un'altra vittima- ammise portandosi una mano sul volto, Mike lo guardò pensando che in quel momento, Jason dimostrasse molti più anni di quelli che aveva

–Jason, tu non hai colpe, hai fatto tutto quello che potevi fare- cercò di spiegargli per l'ennesima volta, ma lo vide sbuffare

–Non è vero, me ne sono andato- sottolineò e Mike a sua volta si grattò la testa rasata con entrambe le mani

–Avevi 18 anni Jas, esattamente come quello che tu hai detto ad Alex poche ore fa, non avete colpe! Inoltre, Emma se ne è andata per prima, o sbaglio?- gli chiese a bruciapelo, Jason lo guardò serio

–Mi pare che una volta saputa della sua maternità ha deciso di mollare tutto e tutti- ricordò ancora Mike sempre più serio –Non credo che ti debba prendere la colpa per averla aspettata e poi aver deciso di tornare a casa, lei ha sempre voluto questo per te- Jason sentì il suo cuore sprofondare ancora e ancora, tornò a guardare quel tavolo in legno che aveva visto tempi migliori

–Se fossi rimasto, in qualche modo l'avrei aiutata- ripeté ma gli arrivò una risata sarcastica da parte di Mike che lo costrinse ad alzare ancora una volta la testa

–Tu credi che lei te lo avrebbe permesso?- Jason spalancò lo sguardo

–Non ho mai conosciuto questa Emma, ma sai Jason, credo che tu non abbia capito che, a modo suo, lei ti ha amato davvero molto e allontanarti da tutta la sua vita di merda è stato il suo modo per dimostrartelo-

Un pugno in piena faccia gli avrebbe fatto meno male di quelle parole pronunciate come se non ci fosse altro da dire da quel momento in poi, ma Mike continuò, stavolta facendo girare tra le mani la bottiglia di birra, dondolandola –e il fatto di averti mandato qui sua figlia, credo che ne sia ancora una volta una conferma- disse –ti ha lasciato qualcosa di sé, in qualche modo, ma tu stai facendo di tutto per rompere quello che lei ha continuato a mantenere intatto- si fermò fissandolo negli occhi –il rapporto che avevate- affermò gelido facendo sentire Jason come sott'acqua

–Sei sempre stato troppo preso da ciò che provavi, da quello che sentivi tu, dall'amore che non ti ha mai dato, ma anzi ha fatto una figlia con qualcuno a te ignoto, tutto verteva solo su te stesso Jason e questo non ti ha permesso di capire il modo di amarti di Emma- Jason a quel punto si alzò di scatto dalla sedia

–Smettila!- sibilò viola in volto –Per lei ero un buon amico, se avesse voluto potevamo trovare una soluzione insieme a tutto!- disse rabbioso –Ma ha preferito fare altre scelte tenendomi fuori!-

Mike sospirò per nulla turbato dall'atteggiamento dell'amico che continuava a non voler capire.

–Se pensi questo allora non ti sorprenderà se Alex a questo punto decidesse di andarsene- disse freddo e Jason sentì il cuore fermarsi rimanendo come scioccato da quelle parole, Mike capì di aver azzeccato la chiave giusta

 –Perché dovrebbe rimanere ancora qui con te?- gli chiese serafico –Stavolta sei stato più chiaro di quanto ci aspettassimo tutti, per cui...-  e lasciò la frase volutamente in sospeso alzandosi dalla sedia e prendendo le due birre dal tavolo dirigendosi dietro il bancone per svuotarle nel lavandino. Non lo guardò ma lo sentì uscire di corsa e un sorriso spuntò sulle sue labbra

–Spero tu riesca a trovare la tua strada, amico- disse buttando le bottiglie ormai vuote.

La strada per raggiungere casa gli sembrò maledettamente lunga. 

Quando arrivò si catapultò fuori come un proiettile, lasciando la porta di casa completamente aperta guardandosi intorno, ma tutto era avvolto nel silenzio, neanche il fuoco era stato acceso. Gli salì un nodo alla gola da levargli il respiro, si mosse verso la cucina dove nulla era stato toccato, il nodo si fece sempre più stretto; con due falcate si ritrovò a salire le scale due a due e con il fiato corto e tremante si ritrovò davanti la porta della camera di Alex. Cercò di mandar giù quel magone, con un respiro profondo, ma rimase come impiccato con l'aria che non andava né su né giù; mosse la mano verso la porta toccandola appena e quella lentamente si aprì e ciò che vide fu la conferma di quel magone che gli esplose nel petto come un colpo sparato a distanza ravvicinata.

Vuota.

Entrò tremando e la cosa che più lo sconvolse fu il vedere i cassetti vuoti, così come l'armadio, il letto fatto, ma lei se n'era andata.

–NO!- urlò sbattendo violentemente un'anta dell'armadio, si girò intorno come spaesato, cosa avrebbe dovuto fare? Scese velocemente le scale e compose il numero di Mike

Pront.?-ma lui non gli permise di continuare

–Se n'è andata!- disse con la voce strozzata –Non c'è! Ha preso tutto!- si girò in mezzo al salone come un leone in gabbia –TUTTO!- urlò rabbioso

Jas, stai calmo! Non risolvi niente a urlare!- lo riprese Mike –Vai alla stazione, forse è andata lì- gli suggerì –Io chiamo Liz ci vediamo giù- Jason attaccò e si catapultò fuori, sentiva tutto il suo corpo fremere, dalla rabbia, dalla paura, non poteva perderla.

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Capitolo 21
*** 20 ***


20

Il treno arrivò alla stazione di Londra quando ormai la sera aveva fatto il suo ingresso, uniformando il cielo con il suo colore scuro, reso più intenso, dalla coltre di nuvole che non permettevano di vedere le stelle; il freddo era pungente e la gente correva per andarsi a rintanare in qualche negozio o nelle auto, mentre una pioggerellina si riversava silenziosa sulla città.

Alex si sistemò lo zaino in spalla e prese il suo borsone per dirigersi all'uscita, annusando l'aria di Londra, un'aria nuova, con profumi diversi che per molti erano sinonimo di casa, ma che per lei erano ancora l'ignoto. Si sentiva stanchissima, come se le forze fossero defluite dal suo corpo proprio come le lacrime che dalla sera prima e per tutto il viaggio, non avevano accennato a smettere di uscire.

Un tragitto che avrebbe ricordato per tutta la sua vita, nonostante la bellezza del paesaggio verdeggiante che l'aveva accompagnata fino a Londra, le era sembrato strano, passandolo in assoluta solitudine in una cabina in fondo, dove nessuno l'aveva disturbata, come se anche il mondo, in qualche modo, le avesse concesso qualche ora di assoluta solitudine dove piangere senza trattenersi, dove aveva avuto modo di ripensare a tutto quello che aveva passato, prima con la madre e poi con Jason.

Aveva deciso di andarsene e forse, l'unico rimpianto che aveva, era quello di non essere mai riuscita a parlare con lui in maniera sincera: sapeva che c'era dell'altro, forse Jason avrebbe voluto a modo suo raccontarle davvero tutta la storia, ma non era giusto rimanere lì e forse lei ancora non era pronta per ascoltare.

Di una cosa, però, era convinta: lui avrebbe fatto di tutto per onorare la promessa fatta a sua madre, anche a costo di modificare il suo essere o il suo stile di vita, e questo lei non lo voleva. Aveva capito lo sforzo che Jason aveva fatto nell'accettarla, nel vivere con lei, dopo aver saputo della morte della sua amica, nel raccontarle quel passato che lei non conosceva, celato fino a qualche ora prima. Ma ora era chiaro che per lui lo sforzo era troppo, le aveva confessato che tenerla lì era un modo per espiare alle colpe che ancora pensava e credeva di avere e questo, Alex, non poteva accettarlo.

Non voleva essere colei che poteva pulire la coscienza di Jason, perché lui in realtà non aveva colpa di nulla, ma non poteva o non riusciva a farglielo capire; erano passati anni in cui lui non aveva fatto altro che incolparsi di essersene andato, di non aver fatto abbastanza, ma la verità era molto più semplice di quella che lui immaginava: sua madre non avrebbe permesso ad una persona a cui teneva di sporcarsi con la sua storia; lui, Francesca e lei stessa, ne erano un esempio lampante. Emma teneva a distanza e proteggeva a suo modo le persone che amava; di questo Alex se ne convinse mentre si avviò a passo lento, tirandosi il cappuccio della giacca fin sopra gli occhi mentre un taxi poco lontano, vedendola, si era accostato per permetterle di salire.

Il paesaggio dal finestrino del taxi scorreva lento nel traffico di punta della sera e le luci di Natale svettavano ovunque, ogni persona su cui posava gli occhi, sembrava come in attesa febbricitante dell'arrivo di quelle feste che per qualcuno avrebbe portato un ricordo piacevole da custodire, magari con la propria famiglia accanto, qualche regalo inatteso, ma per lei significava solo un giorno di festa, il primo, dopo la morte della madre.

Il taxi si fermò e lei pagò velocemente scendendo sul marciapiede tenendo in mano il borsone e lo zaino in spalla, osservò le vetrine illuminate e addobbate del ristorante dove sapeva lavorasse Thomas, l'unico che forse poteva aiutarla almeno per un paio di giorni, il tempo di riordinare le idee e prendere la sua strada.

Si avviò all'interno e venne subito invasa da mille profumi che le fecero brontolare lo stomaco, nelle due sale molti tavoli erano occupati e i camerieri si muovevano abilmente con le varie portate; lo stile del ristorante era molto classico, con pareti chiare in contrasto con i tavoli rivestiti da tovaglie rosse così come i copri sedie e il pavimento scuro, le lampade accese donavano a tutto un colore dorato e al centro della sala principale, si ergeva un grande albero di Natale abbellito da mille lucciole e fili dorati

–Buonasera, miss- le si avvicinò un ragazzo sui trent'anni, vestito con un abito scuro e camicia bianca che le sorrise affabile

–Buonasera- rispose Alex

–Ha prenotato o sta aspettando qualcuno?- le chiese gentilmente il ragazzo prendendo in mano una cartellina –Oh, no stavo cercando Thomas, è qui?- domandò e il ragazzo rimase un attimo sorpreso da quella domanda

–Thomas, l'aiuto cuoco?- lei fece un cenno d'assenso con la testa mentre il volto del ragazzo diventò serio guardandosi intorno preoccupato, per poi avvicinarsi ad Alex con fare circospetto

–E' una sua amica?- le chiese

–Si- rispose –non voglio certo metterlo in difficoltà, se è un problema vado via- si affrettò a dire e a quelle parole il ragazzo le sorrise

–Non è questo, ma qui il padrone del locale non ama che noi dipendenti riceviamo visite durante l'orario di lavoro- le spiegò –per questo devo chiederle di uscire, prima di farlo insospettire- e le riaprì di nuovo la porta d'ingresso investendo entrambi dall'aria fredda e pungente. 

Alex si sentì a disagio e non sapeva neanche dove poter andare non conoscendo la città

–Senta- si voltò a guardare il ragazzo –Giri l'angolo troverà una porta metallica aperta, non può sbagliare, lì sono le cucine, può vedere di chiedere direttamente a loro-

Alex si ritrovò a sorridergli grata –Mi dispiace- le disse ancora il ragazzo

–Va bene così, grazie- e riprendendo il suo zaino si avviò.

Il vicolo era buio se non per un lampione che illuminava tiepidamente una parte della viuzza, ma Alex vide subito la porta che il cameriere gli aveva indicato e dai rumori e il vociare che sentiva si avviò spedita in quella direzione.

Si affacciò titubante verso l'interno rimanendo incantata nell'osservare un muoversi frenetico, anche se le ricordò più una danza, ognuno sapeva esattamente quello che doveva fare e come doveva farlo; tutti erano vestiti di bianco e lavoravano intorno ai banconi in acciaio e ai vari fornelli accesi da cui salivano vapori e profumi che invadevano tutto l'ambiente, numerosi piatti erano pronti su una lunga base dove un paio di persone ultimavano di abbellire con alcuni elementi, prima che altri camerieri entrassero e li portassero via; Alex rimase affascinata ad osservare quel mondo così nascosto, il vero cuore pulsante di un locale

–Ehi, ti sei persa?- Alex guardò il ragazzo che le aveva rivolto la parola, gli stava venendo incontro portando con sè un enorme sacco nero che buttò nel vicino cassonetto, per poi sbuffare e asciugarsi la fronte con un fazzoletto rivolgendole di nuovo la sua attenzione

–Allora? Che ci fai qui dietro?-le chiese

–Cercavo Thomas, l'aiuto cuoco- si affrettò a rispondere Alex osservando il volto tondeggiante del ragazzo, la cui maglia bianca era piuttosto tesa intono all'addome pronunciato, il ragazzo sospirò accendendosi una sigaretta 

–E tu chi sei?- le chiese guardandola attraverso gli occhiali che incorniciavano i suoi occhi chiari

–Un'amica- rispose Alex iniziando a infastidirsi per quel modo di fare, ma il ragazzo subito scoppiò a ridere –Tranquilla, non sono certo il padrone del locale, per fortuna nelle cucine non mette mai piedi altrimenti lo chef gli tira direttamente una padella, ma se ti avesse vista lui sicuramente ti avrebbe aggredito peggio di così- e rise divertito, Alex si rilassò subito ricambiando il sorriso

–Sono già stata avvisata da un cameriere dentro- il ragazzo ridacchiò buttando fuori un pò di fumo

–Si, qui non possiamo ricevere visite durante l'orario di lavoro, ma se aspetti un attimo vado dentro e ti chiamo Thomas- le disse buttando via metà sigaretta e rientrando subito dopo.

Alex si allontanò dalla porta per non destare sospetti agli altri addetti ai lavori, così si appoggiò al muro li di fianco posando a terra il borsone e lo zaino, alzò la testa ad osservare il cielo nero che si poteva scorgere tra i due palazzi, chiedendosi cosa stesse facendo in quel momento Jason, se avesse capito il suo gesto e magari si sentisse sollevato per non averla più attorno

-Alex!- la voce di Thomas la ridestò dai suoi pensieri e si ritrovò presto stretta in un abbraccio caloroso

–Ciao, scusa se sono piombata così all'improvviso- si giustificò, lui la guardò negli occhi sorridendo e la baciò leggero sulle labbra, sorprendendola

–Hai fatto bene a venire, è una bellissima sorpresa!-le disse accarezzandole una guancia

–Ho saputo dai tuoi colleghi che non potete avere visite, non voglio creare problemi, ma sei l'unico che conosco qui a Londra- lui allentò la presa sui suoi fianchi prendendole una mano

–Vai a casa mia, abito qui vicino- tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un mazzetto di chiavi

–Ma io..-Thomas le sorrise

–Avanti, dove pensi di andare stanotte?- le chiese –Vai da me, ti fai una doccia e ti riposi, io dovrei stare a casa per l'una, le due al massimo- Alex arrossì alla gentilezza di quel ragazzo

–Non voglio essere un disturbo- ma lui rise divertito prendendo il cellulare e scrivendo qualcosa

–Ti ho inviato il mio indirizzo così non te lo scordi, è il primo piano il 2a, non puoi sbagliare- poi si girò verso la porta delle cucine –Ora devo rientrare- le disse sorridendo e dandole un veloce bacio sulle labbra e senza darle il tempo di rispondere, si allontanò velocemente.

L'appartamento di Thomas si trovava effettivamente a dieci minuti di taxi dal ristorante, in una zona residenziale, dove tutte le case erano squisitamente simili, con il tetto spiovente, le vetrate bianche piuttosto ampie, i portici d'ingresso preceduti da cancellate scure e il tutto appariva estremamente tranquillo. Il palazzetto dove si era fermato il taxi era di colore scuro, a differenza dei due più chiari ai suoi lati, Alex entrò e salì al primo piano dove subito individuò la porta dell'appartamento.

Una volta dentro tutto era avvolto dal buio, una leggera illuminazione veniva dalla finestra, così Alex tastò la parete trovando subito l'interruttore che accese una lampada lì accanto e un'altra verso il salotto e si stupì dell'ambiente estremamente accogliente.

L'appartamento non era molto grande ma ben suddiviso, appena entrata nell'ingresso, si spogliò del giubbotto e sfilò le scarpe per poter finalmente stare più comoda; da lì si accedeva al salotto bianco, unico tono di colore era un blu cobalto dato dal divano e da qualche elemento come le tende che incorniciavano la finestra e dai cuscini della poltrona bianca accanto al caminetto; sulla destra si apriva un cucinotto a vista, estremamente moderno e funzionale, nel piccolo disimpegno, trovò il bagno con una bella doccia ampia che già pregustava di provare e, subito accanto, la porta della grande camera da letto. Anche qui il colore bianco era dominante, mentre il punto di colore porpora era dato dalla morbida coperta che rivestiva il letto e dalla poltroncina rossa accanto alla finestra. Alex si trovò a sorridere divertita guardandosi intorno, era tutto estremamente curato, pulito e ordinato, al contrario di come si era presentata la vista della casa di Jason.

A quel pensiero il suo cuore sussultò un poco, subito la sua mente venne occupata dall'immagine di quella casa diroccata, eppure così familiare che in quei mesi, aveva amato come casa propria. Sospirò e tornò subito ad occuparsi del suo bagaglio dal quale tirò fuori degli abiti puliti e comodi per poter poi andare a fare una lunga doccia, ma prima prese il cellulare notando le diverse chiamate che lei aveva volutamente evitato e alcuni messaggi che non lesse, decidendo poi di mandare un breve messaggio a Thomas per avvertirlo che era arrivata ringraziandolo ancora; la risposta del ragazzo non si fece attendere

9:48 Thomas "Sono felice che ti piaccia, fai come se fossi a casa tua e se hai fame in frigo ci sono alcuni piatti che puoi riscaldare senza che ti metti a cucinare!Ci vediamo dopo!".

Una volta finita la doccia ed essersi asciugata i capelli, Alex si sentì come nuova, si concesse così un piatto di pasta che riscaldò nel microonde e che mangiò seduta sul comodo divano guardando la televisione; cercò in tutti i modi di tenere fuori ogni cosa potesse buttarla giù di morale, ma il lampeggiare di un ennesimo messaggio la fece di nuovo piombare nella tristezza.

Lavò le poche cose che aveva usato per poi ritornare sul divano dove si distese spegnendo la luce del lume e osservando la finestra da dove poteva scorgere la sagoma del palazzo accanto e la luce della strada che filtrava fin dentro l'appartamento; decise alla fine di leggere i vari messaggi, trovandosi ben 30 chiamate da parte di Jason, che la fecero deglutire a vuoto, e altrettante da parte di Liz

13:42 Liz: Alex ma che diavolo è successo? Si può sapere che fine hai fatto?

14:31 Liz: Alex!!! Rispondimi e dimmi dove diavolo sei finita!

15:48 Liz: Alex, qui sia Mike che Jason stanno dando di matto! Si può sapere che è successo e dove sei finita?

16:20 Liz: Jason sta facendo il diavolo a quattro! Se puoi fargli uno squillo così si da una calmata! Danno la colpa a me perchè non so dove sei!

18:02 Liz: Alex, stai bene?

21:00 Liz: Alex per favore almeno rispondimi, siamo tutti in pensiero!

23:15 Liz: Pensavo fossimo amiche...

Gli occhi di Alex si inumidirono alla lettura di quei messaggi, ma volutamente non aveva risposto all'amica, proprio perchè non voleva che nessuno interferisse con la sua scelta di andarsene, ma non voleva certo perderla come persona e sapeva che il suo comportamento la stava facendo andare su tutte le furie, così dopo qualche attimo, le rispose 

00:10 Alex: Liz, scusami ti prego, ma ho deciso di andarmene e non volevo metterti in mezzo, per questo non ti ho avvisato..sono successe delle cose, ho preferito così, ma per favore non pensare che non ti consideri un'amica, perchè sei l'unica che ho! Sto bene, non preoccuparti

00:28 Liz: Sono incazzatissima con te!Che vuol dire te ne sei andata? Dove sei? Non hai idea che è successo qui, Jason era da sedare come un toro, è impazzito Alex, mi ha messo sotto torchio per un'ora pensando che ti stessi coprendo! Per poco non ha fatto a botte con Mike e chiunque gli capitasse a tiro! Tvb!!

Alex alla lettura di quel messaggio sgranò gli occhi e dovette rileggerlo almeno un paio di volte, perchè non poteva credere che Jason avesse dato di matto in quel modo, in fondo lei era andata via proprio per non causargli problemi ulteriori.

00:35 Alex: Mi dispiace Liz, ma non posso dirti dove sono, è stata una mia scelta. Ho capito che Jason non stava bene, sono stata una codarda perché, in fondo, lo sapevo sin dall'inizio che lui ne voleva rimanere fuori da questa storia, è stato chiaro parecchie volte, ma ieri ho capito davvero quanto lo facesse soffrire vedermi...è troppo legato ad un passato che lo ha ridotto a darsi la colpa di tutto. Vorrei poterlo aiutare, fargli capire che non è così, ma non so farlo. L'unico modo per ridargli serenità è andare via. Sto bene e non dovete preoccuparvi.

Liz non rispose e Alex ne fu quasi felice, scriverle era doloroso come doverle dire addio, per questo era andata via senza dire niente. Si raggomitolò nel plaid che aveva trovato e lentamente chiuse gli occhi, cercando di allontanare ogni pensiero riguardante Jason, sua madre, il suo passato, lasciando che la stanchezza di quella giornata infinita le scivolasse finalmente via.

Quando riaprì gli occhi si trovò a guardare un soffitto bianco e per qualche istante non capì bene dove si trovasse, così lentamente si tirò a sedere ritrovandosi nella camera di Thomas; subito sentì il viso accaldarsi, non sapeva come ci fosse finita ricordando di essersi messa sul divano, ma proprio mentre stava per alzarsi il ragazzo entrò con un vassoio in mano

–Buongiorno- le disse sorridendo e avvicinandosi

-Buongiorno- rispose lei poco convinta – come sono finita qui?- gli chiese mentre lo vide posare sul letto il vassoio con la colazione

–Ti ho messo io nel letto, quando sono ritornato eri così stanca che non ti sei accorta di nulla, ma non potevo farti dormire lì- le disse sincero posandole un bacio sulla testa e sedendosi anche lui

–Giuro che mi sono comportato come un gentiluomo- le disse portandosi una mano sul cuore, facendola ridere

–Grazie- rispose in imbarazzo –Ma tutto questo è per me?- guardò il vassoio stracolmo e lui rise divertito

–Non sapevo cosa ti piacesse, così per non sbagliare ci ho messo un pò di tutto- i due si guardarono e risero insieme

–Sei stato dolcissimo, grazie- lui le accarezzò una guancia

–Buona vigilia di Natale, Alex- le disse avvicinandosi per posarle un dolce bacio sulle labbra, Alex arrossì all'istante perchè non era abituata a tanta gentilezza e attenzioni

–Oggi lavori?- gli chiese e lui sospirò mentre la vide iniziare a mangiare il cornetto caldo e sorseggiare il cappuccino

–Si stasera, alle cinque infatti vado via, purtroppo anche domani, è l'inconveniente di questi lavori, quando tutti fanno festa noi stiamo al chiodo- le disse con un sorriso stanco, Alex lo guardò e sorrise di rimando

–Sei sicuro che possa rimanere?- gli chiese facendolo ridacchiare

–Non credo proprio che ti lascerò andare, sai?- e mentre Alex faceva colazione, iniziarono a chiacchierare e lei si divertì nel sentire la vita di Thomas in quel ristorante, di come aveva iniziato a lavorare lì cinque anni prima, facendo praticamente lo sguattero, ma continuando a studiare all'alberghiero e con il tempo si era fatto notare fino ad arrivare ad essere l'aiuto cuoco di uno dei più importanti chef della città

–Quindi aspiri a diventare chef anche tu?- gli chiese una volta finito di raccontare, Thomas sorrise abbassando lo sguardo imbarazzato

–Beh sì, sarebbe il mio sogno-ammise –ho sempre desiderato avere un mio ristorante un giorno- Alex posò una mano su quella del ragazzo

–Ci riuscirai sicuramente, Thomas- lui le sorrise con dolcezza

–Grazie, lo spero davvero- gli occhi del ragazzo brillavano, era lo sguardo di chi davvero vuole raggiungere il suo sogno

- Quanti giorni ti ha dato Mike? - le chiese lui dopo qualche istante

-A dire il vero, ho deciso di andarmene- ripose e vide lo stupore stamparsi sul volto di Thomas

-Hai litigato con Liz?- chiese apprensivo e lei scosse la testa

-No, anzi, Liz e Mike sono persone splendide- sospirò guardando in basso

-E' per colpa di quel tizio con cui vivi?- le chiese lui stupendola, lo guardò e notò una leggera espressione tesa nel volto del ragazzo

–Mi sono sempre chiesto come mai una ragazza come te vivesse lì, con lui, ma non volevo essere invadente- sorrise in maniera un po' tirata prima di continuare 

–E' un tuo parente?- e Alex sorrise penando che in realtà dopo la madre e Francesca, effettivamente Jason era la persona più vicina che avesse mai avuto

-Non siamo parenti- rispose e vide lo sguardo di Thomas mutare

-Non mi dire che è un tuo ex?- la interruppe lasciandola prima basita per poi farla avvampare dalla vergogna

-Ma che dici?- ridacchiò sentendo uno strano fremito in tutto il corpo, immaginando Jason come un ex –E' un amico di famiglia da anni, mia madre ha voluto farmi venire a vivere qui- rispose rimanendo comunque evasiva, non le andava di parlare dei suoi problemi con Thomas, non era ancora il momento, se mai ce ne fosse stato uno.

-Capisco- ripose lui più tranquillo  abbozzando un sorriso

–Scusa, ma per un attimo mi hai fatto pensare male!- si portò una mano a grattarsi la nuca con fare imbarazzato, Alex gli sorrise ma non volle aggiungere altro, finendo il suo cappuccino in silenzio

–Quindi te ne sei andata?- le chiese dopo qualche istante

-Sì, penso che sia giusto, non volevo essere di peso- sentendosi comunque a disagio a pronunciare quelle parole: una vita indipendente andava bene, ma lasciare Jason le era sembrato davvero doloroso

-Sai, nel mio futuro non vedo solo un lavoro che desidero, ma anche una ragazza- Alex sgranò gli occhi, sotto lo sguardo lucido del ragazzo che arrossì lievemente prendendole una mano

–So che ti sembrerò un pazzo, ma tengo davvero molto a te, Alex- lo vide inumidirsi le labbra prima di continuare 

–Per questo mi ero preoccupato parlando di quel tipo, ma vederti qui in casa mia, mi fa stare al settimo cielo, non riesco a crederlo, perchè è davvero un sogno- lo vide abbassare la testa e puntare lo sguardo verso le loro mani intrecciate

–Io credo di essermi innamorato di te, Alex, e vorrei davvero che tu rimanessi qui, con me-

A quelle parole il cuore di Alex si fermò completamente

–Thomas, io...- ma lui la guardò sorridendo

–Non mi devi certo dire che mi ami, o che desideri passare la tua vita con me, lo capisco, è troppo presto! Ma vorrei che pensassi alla mia proposta di vivere qui, con me, di provarci-

Alex non sapeva davvero cosa rispondere, non poteva credere che Thomas le avesse appena aperto il suo cuore in un modo così candido da farla commuovere.

Lo vide avvicinarsi lentamente alle sue labbra e baciarla piano, posando una mano sul suo viso, ma ben presto quel contatto divenne più insistente e voglioso, da parte di entrambi. La fece stendere sul letto, riprendendo a baciarla posizionandosi accanto a lei e Alex non si fece domande, non si creò pensieri strani, voleva solo vivere quel momento per ciò che veniva.

Le mani di Thomas l'accarezzarono gentile mentre lei iniziava a sentire un desiderio che mai aveva provato in vita sua, un calore che si irradiava in ogni parte del suo corpo

Il ragazzo la guardò dolcemente e lei sospirò come se non avesse più aria nei polmoni, si sentiva accaldata e non sapeva bene come doversi comportare in un momento del genere, non essendo mai stata con un ragazzo, ma sapeva che con Thomas sarebbe stato bello, che nei suoi confronti provava davvero un profondo affetto, forse non amore, anche perchè non sapeva bene cosa significasse, ma sicuramente provava un sentimento sincero per quel dolce ragazzo che l'aveva sempre trattata come un qualcosa di prezioso; gli sorrise e fu lei a baciarlo lasciandolo per un attimo sorpreso.

Quando la mano di Thomas si intrufolò sotto la sua maglia, Alex non trattenne un gemito che non riuscì a fermare mentre  lui iniziò a torturare piacevolmente i seni, lambendole il collo con baci dolci; era una tortura così maledettamente piacevole che la sconvolse, ma il suono di un cellulare fermò entrambi che si ritrovarono a guardarsi ansanti

–E' il mio, scusami- le disse lui, baciandola velocemente andando a rispondere.

Alex sentì il respiro accelerato, si tirò di nuovo a sedere e le sembrò di essere appena entrata in una centrifuga di emozioni che non aveva mai provato, si portò una mano sul cuore, le batteva ancora forte e adesso che la mente stava tornando più lucida, si sentì in imbarazzo per quello che sarebbe potuto accadere, era davvero ciò che voleva? Avrebbe permesso a Thomas di andare avanti? I suoi pensieri, però, furono interrotti dal ritorno del ragazzo

–Alex, al ristornate manca una persona in cucina, devo andare a sostituirla- disse dispiaciuto, mentre lei si alzò dal letto

–Non preoccuparti-  lui le si avvicinò posando le mani sui suoi fianchi e baciandola intensamente

–Tu che farai?- le chiese quando si staccò 

–Penso che farò una passeggiata, non ho mai visto Londra-rispose con una scollata di spalle 

–D'accordo, ma stai attenta, credo pioverà e prendi le chiavi sul mobile vicino l'ingresso, sono un doppione- detto questo la baciò ancora una volta per poi prendere alcuni abiti nell'armadio; Alex lo vide levarsi la maglia che indossava mostrando un fisico longilineo e asciutto ma ben proporzionato, arrossì all'istante e si obbligò a girare lo sguardo prendendo il vassoio e andando in cucina, per permettere a Thomas di prepararsi

–Per qualsiasi cosa chiamami- le disse una volta pronto, posandole un bacio sulla fronte

–D'accordo- si sentì ancora un pò scossa da quanto accaduto e da quello che Thomas le aveva proposto

–Vorrei che ci pensassi davvero, Alex- le accarezzò una guancia e lei gli sorrise

–Lo farò, te lo prometto - e solo quando la porta di casa si richiuse si ritrovò a sospirare, liberando l'aria che senza volere aveva trattenuto; non sapeva cosa avrebbe dovuto rispondere, ma di una cosa era sicura, ci avrebbe davvero pensato, Thomas meritava una sua più sincera risposta.

Nel giro di un'ora si era preparata, aveva rifatto il letto, pulito il bagno e sistemato le tazze della colazione, ma quando guardò fuori, si accorse che il cielo prometteva pioggia e si chiese se fosse stato il caso di uscire; la risposta arrivò subito, pensando che sarebbe dovuta stare sola in quella casa a lei non familiare, così decise di fare un giro tanto per perdere tempo e pensare a quello che il ragazzo le aveva chiesto.

Erano le 14.15 quando decise di ritornare e concedersi una sosta nel caffè sotto casa di Thomas, riparandosi anche dalla pioggia che in quel momento aveva deciso di non trattenersi più.

Si sedette su un tavolo vicino la vetrata che mostrava una Londra bagnata ma estremamente affascinante; era riuscita a visitare una bella porzione della città girovagando per le strade, cosa che le piaceva di più rispetto al visitare musei o mostre; un sorriso malinconico le colorì il viso, ripensando a come, con la madre, ad ogni città nuova, avevano sempre passeggiato per ore e ore e ricordava come le ripetesse che per amare una città , per riuscire a viverci, bisognava prima conoscerla a piedi, immergendosi in ciò che la città offriva, inebriandosi dei suoi profumi; lei aveva fatto esattamente quello tutta la mattina, passeggiando tra i londinesi e la loro routine quotidiana, arrivando a Buckingham Palace che le aveva fatto sgranare gli occhi per la sua imponenza e dove era riuscita a vedere il cambio della guardia, per non parlare del Big Bang altrettanto bello, per poi girovagare osservando le vetrine dei negozi, tutte adornate con luci natalizie e alberi colorati.

Seduta in quel caffè si concesse due toast e una bella tazza di caffè caldo osservando fuori la vetrata e dovette ammettere di sentirsi come spaccata in due: c'era la Alex che voleva davvero far finta di nulla e voltare pagina, iniziare una nuova vita, magari con Thomas al fianco, stabilirsi lì a Londra; poi c'era un'altra Alex, quella che non voleva dimenticare, che soffriva per come erano andate le cose, quella che voleva rivedere quella casa malconcia e sentire lo sbraitare di Jason; si chiese davvero cosa avesse intenzione di fare, se fosse pronta per iniziare tutto da capo ancora una volta, se fosse giusto rimanere con Thomas, oppure vivere da sola, da qualche altra parte, ma a ridestarla fu lo squillare del suo cellulare.

Il nome lampeggiante sullo schermo le fece sgranare gli occhi. Per un secondo si sentì addirittura mancare non sapendo cosa fare

 Alla fine premette il tasto verde con il cuore in gola –Pronto?- le sembrò di avere la gola secca

-Dove sei?- la voce dall'altro capo dell'apparecchio sembrava un ruggito e Alex dovette deglutire perché immaginava che tipo di espressione avesse Jason in quel momento

–Io non..- ma lui la interruppe subito

Alex, voglio sentire solo il posto dove ti trovi- la ragazza respirò appena

–Non devi preoccuparti...- ma di nuovo lui la interruppe

Non dire stronzate!- alzò la voce zittendola –Dove cazzo sei finita?-Alex sentì gli occhi inumidirsi per la durezza di quel tono

–Non tornerò- gli rispose sentendo il cuore dolere mentre lo sentì sospirare, come a voler regolare il tono e il modo di parlare, lei sapeva che ci stava provando

Perché?- le chiese infine facendole mordere il labbro agitata

–Perchè non è giusto che tu sia stato infilato in questa cosa senza il tuo consenso- rispose – non posso permettere che continui a sentirti in colpa per quello che è successo con mia madre, non lo voglio e non lo vorrebbe neanche lei- sospirò sentendo il fiato corto, ma continuò –se vedermi ti crea così tanto disagio, cosa che capisco perfettamente, non posso continuare a stare lì con te, non voglio vedere che ti sforzi di cambiare, per me. Lo hai già fatto abbastanza, non è giusto Jason- deglutì prima di continuare

–Non hai colpe di nulla, te lo posso assicurare, ma purtroppo non so come fartelo capire e mi sono resa conto che avermi intorno, invece, ti riporta di nuovo a vivere in quel passato che non riesci a dimenticare- si sorprese di sentire il suo viso umido di lacrime che silenziose erano straripate dai suoi occhi

–Io non voglio farti soffrire, Jason- aggiunse piano e dovette mordersi un labbro per non singhiozzare

Alex- Jason aveva sussurrato il suo nome e questo le aveva fermato il cuore, la voce di lui era bassa e roca come se fosse difficile per lui parlare

Se potessi vorrei poter tornare indietro e non dirti quelle cose- Alex si asciugò le lacrime con un fazzoletto, mentre stringeva il cellulare all'orecchio –Non voglio che tu scelga di andare via, solo perché io sono un coglione- Alex riprese fiato con un singhiozzo

–Non lo penso- disse e lo sentì sbuffare affranto, se lo immaginava camminare avanti e indietro nel salotto di casa sua

Invece lo sono, Alex, non ho fatto altro che comportarmi da idiota e ti ho praticamente costretta ad andartene, ma non è quello che voglio, te lo assicuro!- Alex sgranò gli occhi a quelle parole

Quando ti ho detto che sarebbe stata una convivenza difficile, mi riferivo soprattutto a questo mio modo di fare, non riesco ad esprimere quello che vorrei davvero e tutto quello che dico finisce per ferirti, ma non voglio questo- Alex sentì il suo cuore correrle nel petto, come se quelle parole sincere pronunciate con un nodo in gola, da parte di Jason, la scaldassero fin dentro le ossa

–Jason, io non posso..- ma lui la fermò

–Hai deciso di andartene, ma per favore, fallo se ne sei davvero convinta e per favore dimmelo in faccia non così, non fuggendo –Alex percepì dei rumori che sembravano aver interrotto la comunicazione

–Jason..- lo chiamò piano sperando che lui ci fosse ancora

Vorrei che mi guardassi negli occhi e mi dicessi che vuoi andare via perchè ne sei pienamente convinta- un sospiro sfuggì dalle labbra di Alex

–Io...- ma lui la interruppe ancora

Guarda fuori- le disse semplicemente e lei sgranò gli occhi a quelle due parole girando la testa verso la vetrata che dava sulla strada.

Le si mozzò il fiato riconoscendo la figura di Jason dall'altro lato del marciapiede, sentì la gola secca e gli occhi le si bagnarono ancora una volta

Se vuoi puoi dirmelo ora- lei si ritrovò a chiudere la chiamata, pagare velocemente ed uscire dal locale dove l'unico suono udibile era lo scrosciare della pioggia. 

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Capitolo 22
*** 21 ***


21

Rimase come abbagliata nell'osservarlo, bagnato fin dentro le ossa, con i capelli attaccati intorno al viso ad evidenziare ancora di più il suo sguardo che, seppure per poco, le era mancato moltissimo, aveva un'espressione contratta, così come tutta la sua postura. Alex sentí il cuore spingere nella sua cassa toracica, mentre lo vide avvicinarsi piano.

Le arrivò davanti fermandosi a un paio di passi e Alex si rese conto di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo, ma quell'arrivo improvviso, il vederlo lì fuori, l'avevano completamente sconvolta.

Si fissarono per un tempo indefinito, come se entrambi fossero stupiti e allo stesso tempo appagati nel rivedersi

–Come hai fatto a trovarmi?- gli chiese lei con voce incrinato, sentendo i suoi occhi inumidirsi; lui rimase serio, mentre il suo sguardo fiammeggiava

–Mi hai fatto impegnare abbastanza- ammise sarcastico – Quando Liz mi ha detto di non sapere dove fossi, mi sono messo a pensare, avendo escluso un tuo ritorno in Italia- le spiegò 

–Il primo posto plausibile, dove potevo provare, era Londra, così mi è tornato in mente il tuo amichetto e ho chiesto a Liz di darmi l'indirizzo ed eccomi qui- concluse.

Alex era incredula, non riusciva a credere che Jason, fosse arrivato fino a Londra solo per lei

–Liz mi ha detto che l'hai messa sotto torchio- e lo vide assottigliare lo sguardo

–Evidentemente non abbastanza se ti ha sentito e non me lo ha detto- ribattè lui facendole increspare le labbra in un leggero sorriso per quel modo di fare scorbutico. 
Osservò quel viso con la barba non fatta e quegli occhi cupi e stanchi, come se non dormisse da giorni e lei, non potè non sentirsi in colpa per il modo in cui se ne era andata, probabilmente era stato un gesto dettato dal momento, da quello che era accaduto, dai fatti che le aveva raccontato, dalle parole che lui le aveva riversato addosso, come una doccia fredda, ma vederlo lì davanti, in quello stato eppure così pienamente lui, le fece capire di aver sbagliato, facendolo preoccupare e costringendolo a cercarla; Alex sentí di doversi scusare, ma poi lui allungò una mano toccandole una guancia con le dita e, quel gesto, la lasciò completamente ammutolita. 
Quel contatto le riportó alla mente il modo in cui lui si era preso cura di lei in quei giorni, le volte che l'aveva aiutata: prima con il suo ginocchio, poi alla festa, fino alla sera in cui era arrivato a lavarla e a rivestirla. 
Era l'uomo più scorbutico che avesse mai conosciuto, eppure sapeva tirare fuori quella dolcezza che ogni volta la spiazzava, come quel tocco; Alex si sorprese nel pensare che la sua mano, tanto grande e ruvida, era altrettanto delicata e gentile, ed era capace di regalarle un fiume di emozioni che l'attraversarono, come una scarica elettrica; ebbe la stessa sensazione di quando da bambina si bucò il dito con un ago, il dolore lo aveva sentito sul dito, ma i nervi le avevano acceso quel sentore in tutto il corpo

–Stai gelando- la sua voce era più bassa del solito,  Alex rimase inerme nel sentire la mano calda di Jason che, come un soffio la accarezzò facendole socchiudere gli occhi

–Ho bisogno di sentirtelo dire, Alex - gli disse piano, muovendosi leggero sulla sua pelle

-Dimmelo guardandomi negli occhi- ma lei non sentiva più niente, se non il tocco di lui e il cuore che le correva nel petto, come se fosse bastato quel gesto a metterla in pace con tutto, a curarle ogni ferita che si portava dentro, come se fosse la risposta a tutte le sue domande.

Quando incrociò di nuovo il suo sguardo, gli occhi di Jason erano scuri, sembravano neri, ma lei lesse chiaramente il turbinio di emozioni che li attraversava, lo stesso che aveva lei. 

Poteva, Jason, provocarle tutto questo? 

Si morse involontariamente il labbro, rendendosi conto in quel momento, scandito dalla pioggia incessante, da quel gesto, da quegli occhi, che lui era diventato troppo importante  

Poteva permettersi di guardarlo con occhi diversi? 

-Alex!- una voce non molto distante fece risvegliare sia Alex che Jason, interrompendo quel breve contatto e riportandoli alla realtà, Jason fece un passo indietro nel momento in cui vennero raggiunti da Thomas

–Ehi! Ma che fai qui sotto la pioggia?- il ragazzo con espressione incerta si affiancò ad Alex coprendola con il suo ombrello stringendole una mano nella propria

–Thomas, ciao- balbettò la ragazza stupita, rendendosi conto solo in quel momento di essere completamente bagnata, imbarazzata abbassò lo sguardo alla sua mano intrecciata in quella di Thomas

–Ti prenderai un malanno- insistette il ragazzo sorridendole e Alex si sentì morire, quel modo di fare la stava mettendo in difficoltà, facendola sentire in colpa nei confronti di Jason il cui sguardo non l'aveva abbandonata un attimo

–Ti ricordi di Jason?- chiese guardando Thomas con un sorriso forzato, rendendosi conto di come lui, l'avesse deliberatamente ignorato; solo allora Thomas alzò i suoi occhi su quelli di Jason

–Certo- rispose semplicemente con un tono piuttosto atono, Jason non aprì bocca fissandolo

–E' venuto a vedere come stavo- continuò Alex cercando di spezzare quell'attimo, Thomas alzò le labbra in un sorrisetto rivolto prima verso Jason e poi verso di lei

–Beh, sicuramente bagnata- le rispose, poi si girò nuovamente verso l'uomo –E allora?- chiese stupendo la stessa Alex per il tono freddo e distaccato che aveva usato

–Thomas!- lo riprese lei turbata –Me ne sono andata senza avvisare nessuno, ho fatto preoccupare tutti!- gli spiegò arrabbiata

–Credo che abbia constatato che stai bene, no?- Alex sentì il gelo nelle vene, con timidezza guardò Jason che non aveva proferito parola fino a quel momento ed ora sembrava un vulcano pronto ad esplodere, guardava Thomas con cattiveria

–Perchè non ti fai gli affari tuoi e ti vai a fare un giro?- lo minacciò alla fine e Alex fremette sul posto: il modo di fare di quei due non le stava piacendo per nulla

–Perchè sono venuto a casa mia e ho trovato la mia ragazza completamente fradicia e, se permetti, lei è affar mio!- la risolutezza con cui Thomas rispose, fece tremare le gambe di Alex, era la prima volta che lo vedeva così e quel modo di sottolineare che lei fosse la sua ragazza, le seccò la gola, ma poi guardò verso Jason e rimase di stucco nello scorgergli un'espressione scioccata sul viso.

–Ora, visto che l'hai trovata e sta bene, ti pregherei di andartene e di farle vivere la sua vita, in fondo se è venuta qui lo ha deciso lei- alle parole di Thomas, Alex rimase di sasso

–Perchè non lo fai dire a lei?- ruggì Jason viola in volto, ma stupendo sia lui che Alex, Thomas sorrise sarcasticamente

–Non pensi che certe azioni e certi silenzi valgano più di mille parole?- chiese muovendo la mano intrecciata a quella di Alex davanti al naso di Jason.

Alex a quel punto gli diede uno strattone facendosi guardare

–Smettila Thomas, non sono affari che ti riguardano!- disse risoluta –Inoltre io non sono affare di nessuno!- e Thomas le sorrise dolcemente avvicinandosi al suo viso

–Beh sicuramente non sei più il suo- le sussurrò facendo poi un cenno con il capo dietro di lei e quando Alex si girò di scatto, sentì ancora una volta un forte dolore all'altezza del petto, il suo cuore sembrava non smettere più di soffrire. Jason se ne stava andando.

Erano due ore che si erano rimessi in viaggio da Londra, il tempo non era migliorato e neanche l'umore di Jason. Quando gli aveva detto di accompagnarlo, Mike non ci aveva pensato due volte, ma ora stretti in quell'abitacolo si sentiva come un agnello sacrificale, perchè era lui a doverlo gestire. 
Non sapeva cosa fosse accaduto, Jason gli aveva chiesto di aspettarlo in macchina all'angolo della strada, perchè voleva parlare una volta per tutte con Alex e cercare di chiarire la situazione; Mike aveva davvero sperato che la cosa andasse a buon fine, ma quando lo aveva scorto tra la gente arrivargli incontro con quell'espressione, non aveva potuto evitare di sudare freddo.

Era nero di rabbia e stringeva così forte la mascella che Mike più volte era pronto a vedergli sanguinare la bocca, ma nessuna parola era uscita dalla sue labbra, era risalito in macchina e Mike era ripartito all'istante senza chiedere nulla.

La pioggia non aveva accennato a smettere neanche nel viaggio di ritorno, come a voler sottolineare il malumore che regnava in macchina, quando Mike notò che dovevano fare benzina, inoltre aveva la necessità di un bagno e sgranchirsi le gambe, così alle prime luci di una stazione di servizio, decise di accostare.

-Prendiamoci qualcosa, Jas, poi riprendiamo il viaggio- disse al moro accanto a lui che era rimasto con la stessa espressione cupa tutto il tempo guardando fuori dal finestrino.

Una volta fatto benzina, Mike parcheggiò l'auto

–Ci vediamo dentro,vado in bagno al volo- disse scendendo velocemente e ringraziando il cielo di potersi allontanare dall'amico qualche attimo, il cattivo umore di Jason era maledettamente contagioso; poco dopo si ritrovò ad entrare nel locale, dove a parte l'uomo dietro al bancone e un altro tizio addormentato su un tavolo, non c'era nessuno.

Mike trovò Jason seduto su uno degli sgabelli con la testa incassata nelle spalle e per un attimo provò davvero un senso di tristezza per l'amico, era da tempo che non lo vedeva così, sospirò per poi avvicinarsi e sedersi accanto a lui 
–Un caffè e un toast al formaggio- disse all'uomo panciuto dietro al bancone che subito si mise a trafficare per l'ordinazione.

Nel locale si sentiva il leggero russare di quel tipo dietro di loro e le note di quelle noiose musiche pop che andavano tanto di moda, ma che Mike non amava per nulla, si guardò un pò intorno, sorseggiando il suo caffè, per poi concentrarsi sull'amico il quale fissava la tazza che aveva davanti senza muovere un muscolo.

Mike sospirò e iniziò a mangiare il suo toast in assoluto silenzio, sperando che l'amico si decidesse a parlare, ma Jason sembrava una statua di sale, assorto completamente nei suoi pensieri con gli occhi puntati su quella tazza davanti a lui

–Che ne dici di mangiare qualcosa?- gli chiese cercando di svegliarlo da quello stato catatonico in cui sembrava essere rinchiuso, ma l'amico non rispose e non si mosse, facendo sospirare pesantemente Mike

–Ehi, Jas, mi vuoi dire che diavolo è successo lì a Londra?- si decise a chiedere, ma come se svegliato di soprassalto Jason si rizzò in piedi

–Vado in macchina!- rispose con voce greve sorprendendolo e, senza aggiungere altro, Mike lo vide allontanarsi a passo spedito così si ritrovò a finire con un morso il panino e scolarsi la tazza di caffè lasciando qualche banconota sul bancone per seguirlo

-Ehi!Jason!- Mike trattenne per una spalla il moro visibilmente alterato –Ehi!Ma che diavolo ti prende?- gli chiese fermandolo e costringendolo a voltarsi

–Lasciami in pace Mike!- rispose l'altro visibilmente alterato riprendendo a camminare nuovamente, Mike allora lo arpionò per una spalla trattenendolo e a quel punto Jason esplose

–Che cazzo vuoi?!- gli urlò in faccia mentre Mike, per nulla scomposto dal modo di fare di Jason, prese un profondo respiro prima di rispondere

–Voglio sapere che ti è preso, sei scappato all'improvviso- disse il rasato –per non parlare del tuo umore che è più nero di questo tempo di merda!- aggiunse incrociando le braccia al petto

Jason sospirò frustrato portandosi indietro i capelli che gli ricadevano sul viso

–Che ti devo dire, Mike? Sono incazzato!- ammise sbraitando

–Chi cazzo si crede di essere quella fighetta a mettere le mani addosso ad Alex? Eh?- sbottò con gli occhi fuori dalle orbite –Mi giro un secondo e guarda che cavolo sta succedendo! Mi ritrovo che Alex sta con un tizio di due anni che prova a fare l'uomo!-

Mike guardava l'amico senza dire una parola, vedendolo andare avanti e indietro vicino il suo pick-up e stringere le mani a pugno

-Jason, ma che cazzo dici?- chiese iniziando ad arrabbiarsi anche lui –Alex ha vent'anni è normale che flirta e gioca con un ragazzo di qualche anno più grande- sbuffò- ma siamo venuti a Londra perchè dovevate chiarire, cosa è successo?- chiese esasperato ormai anche lui da tutta quella storia, il moro lo guardò come se lo vedesse per la prima volta

–Non ci ha permesso di parlare!-ribatté quest'ultimo con una risata sarcastica

-Si è presentato come un coniglio uscito da un cilindro, me lo sono ritrovato lì, e si è comportato come se Alex fosse una sua proprietà- sbuffò esasperato - e lei non ha fatto niente per contrastarlo- soffiò stringendo le mani a pugno fino a farsi sbiancare le nocche

-Alex è una ragazzina! Non può stare con un tipo simile! Ma l'hai visto? Secondo me ha pure superato allegramente il limite!- disse rabbioso –Alex è una ragazza bellissima, ho visto come molti uomini la guardano! Ma devono passare sul mio cadavere se solo provano a toccarla!-

Mike a quel punto non trattenne una risata

–Jason ti ha dato di volta il cervello? Alex non è tua, come non è di questo ragazzino- disse scandendo bene ogni parola che colpirono Jason come uno schiaffo

–Capisco che provi affetto per Alex, come me del resto, ma non cagare fuori dal vaso! Ha vent'anni che pensi che debba fare, scusa? Si sta frequentando con un bravo ragazzo, ora che può vivere la sua vita, lasciala stare!- a quelle parole Jason sentì un moto di rabbia che lo portò a prendere il colletto della camicia di Mike e sbatterlo contro l'auto, sorprendendolo con quel gesto

–Non la deve toccare! Nessuno deve toccarla!- urlò furioso.

A quel punto Mike prese le mani di Jason e lo spinse via con uno strattone

–Non ti basta usare Jane? Eh Jason?- a quella domanda, il moro accusò il colpo serrando la mascella e incenerendo Mike con lo sguardo che però non sembrò per nulla colpito dalla cosa

–Cosa ti sei messo in testa, eh?- chiese retoricamente Mike allargando le braccia, era furioso

–Pensi che tu possa comportarti come ti pare? Te ne sei fregato sempre di tutto e tutti, Jason, non è vero? L'importante era ottenere ciò che volevi!- urlò Mike 
–Con Jane lo hai fatto senza preoccuparti di nulla, sai che lei è innamorata di te, ma continui a usarla solo per appagare le tue fantasie!- Jason sgranò lo sguardo alle parole dell'amico –Non te n'è mai fregato un cazzo di ciò che provava e prova, l'hai solo usata! E stai per commettere lo stesso errore con Alex! Pensi che lei ti appartenga? Pensi che lei sia tua di diritto?- Mike gli si avvicinò minaccioso 
–Ma ti svelo un segreto, Jason, lei non lo è! Continua pure a fare il coglione con Jane, io ho dato tanto tempo fa e ancora ne pago le conseguenze, ma non ti permetterò di fare ciò che vuoi con Alex, lei non se lo merita!- 
Jason lo spinse violentemente contro il pick-up trafiggendo l'aria con un suono metallico, Mike gemette per il colpo che subì alla schiena

-Pezzo di merda!- gli urlò contro Jason –Non hai mai avuto le palle per dirgli che hai continuato ad amarla anche se raccontavi il contrario! Quando ti ho detto che lei ci stava provando con me, l'unica cosa che hai fatto è stata dirmi "Vacci piano con lei, Jas!"- urlò Jason spingendolo ancora contro l'auto –Te lo ricordi eh Mike? Mi avevi fatto capire che dopo quello che vi era successo, andava bene così! Per cui non farmi la paternale! –

Mike a quel punto cercò di colpirlo con un pugno, ma Jason riuscì a schivarlo con una mossa repentina all'indietro

–Sei sempre il solito stronzo, Jason! Sei tornato qui che sembravi il fantasma di te stesso e non ti è parso vero che Jane acconsentisse a stare con te in questo modo! Senza legami! Pensi che quello che fate non abbia conseguenze?- urlò Mike sbattendo un pugno violentissimo contro la portiera del pick-up che risuonò nell'aria fredda di quella sera

– E' vero sono stato uno stronzo! Stavamo insieme da un paio di anni, maledizione! Avevamo appena 18 anni! Cristo, Jason sai che vuol dire sentirsi dire che diventerai padre?- Mike lo spintonò malamente

-Eravamo troppo giovani! Quando lo ha perso, ne fui sollevato, ma Dio sa quanto me ne pento ora! Ho avuto paura e non le sono stato accanto! Ma non c'è singolo giorno che io non provi dolore per quello che è successo!- Jason rimase ad occhi sgranati ad osservare Mike, era la prima volta che lo vedeva così sconvolto

-Ma tu hai permesso a Jane di leccarti le ferite che quella Emma ti aveva fatto! Hai usato Jane solo per farti sentire meglio! E ora che fai? Pensi che Alex, sia tua solo perché figlia di Emma? All'improvviso ti svegli e dopo che hai cercato di mandarla via un milione di volte, decidi che invece provi qualcosa per lei! E' solo un maledetto possesso della tua testa malata Jason!- gli urlò contro Mike con il respiro affannato

–Ma che cazzo ne sai, Mike?- gli rispose Jason trattenendo a stento un ruggito –Non sai un cazzo!- sbottò

–Amavo Emma, ma era un amore che andava al di là di quello che uno può pensare! Lei era stata la mia prima cotta, l'amore a 16 anni, tu dovresti saperlo, visto che stavi con Jane! L'amore che provavo per Emma, era dato anche dalla sua condizione, dal fatto che fosse una ragazza splendida, circondata solo da fango e letame! Ho sempre parlato chiaro a Jane del fatto che non volessi una storia, che per lei non avrei scelto fra voi due e mi pare che non abbia fatto niente per farmi credere il contrario!- confessò con i nervi ormai scoperti

–Ma con Alex..- il fiato gli si mozzò in gola ripensando a lei

-Da quando vive con me, non riesco a non pensarla! Non ci capisco più niente! Mi sembra di  vederla nei visi delle altre donne!- sbuffò guardando verso le auto che ogni tanto passavano sulla statale

-Sono stato con Jane, anche in questi giorni, pregando ogni santo che mi facesse dimenticare Alex, che la riuscissi a collocare per quella che è: una ragazzina di vent'anni! Ma non ci sono riuscito! Non ci riesco! Cristo!- sembrava come un leone in gabbia camminando avanti e indietro sotto l'occhio sconvolto di Mike

–All'inizio credevo che vedessi in lei, una riproduzione di Emma, dio le assomiglia moltissimo e fa le sue stesse espressioni..- si portò di nuovo le mani alla testa scompigliandosi i capelli

–Ma poi mi sono reso conto che non c'entra niente con la madre e con quel fottuto passato che mi legava a lei! Alex è diversa, io non so che fare!Cristo! Sto andando ai matti!-

Mike sembrò ricomporsi seppur con il fiato affannato –Mi stai dicendo che ti sei innamorato di Alex?-chiese non riuscendo a crederci, Jason lo guardò colpevole e abbassò il capo

–Non so che diavolo sia, Mike, ma sono giorni che mi tormento con questi pensieri, per questo sono sparito ultimamente- respirò a fondo prima di continuare –ho cercato per la prima volta di fare le cose in maniera seria con Jane, ho praticamente vissuto da lei!- disse alzando un po' la voce esasperato

–Volevo mettere un punto a questi cazzo di pensieri che mi tormentano su Alex, mi faccio schifo per questo, ma non ci sono riuscito!- confessò sconsolato –Anche Jane lo ha capito- aggiunse strofinandosi il viso con entrambe le mani 

–Jason dimmi che stai scherzando- sussurrò Mike a un passo dall'amico che non riuscì ad alzare la testa, scuotendola leggermente

–Vorrei poterlo dire, Mike, giuro- ammise.

Mike rimase senza respirare per qualche attimo, come se quelle parole lo avessero buttato in uno stato di trance, alla fine si costrinse a respirare a fondo almeno un paio di volte prima di parlare

–Te l'ho sempre detto che sei un coglione- ribadì ovvio ricevendo come risposta un mugugno esasperato da parte del moro che si appoggiò al pick-up accanto a Mike

–Credo tu abbia ragione- ammise accendendosi una sigaretta e buttando via il fumo che si addensò nell'aria fredda per poi dissolversi lentamente; Jason pensò che avrebbe tanto voluto fare la fine di quella sbuffata di fumo, poter sparire per non dover subire quello che sentiva dentro di sé

–Non puoi rivelarle nulla, Jas- gli disse Mike prendendo anche lui una sigaretta che accese subito dopo –ha solo vent'anni! E tu vai per i 38- sottolineò il rasato -Vive con te da pochi mesi- disse calmo

–Sono due mesi e venti giorni- scandì Jason facendo ridacchiare l'amico

–Appunto, inoltre ha passato un periodo di merda con la malattia della madre, ora come ora è già tanto che ha ripreso a condurre una vita semi normale e che riesca a sorridere e far finta di nulla- aggiunse Mike sospirando - e poi lei ha 20 anni e tu 38!-ribadì non trattenendo un sorriso di scherno per quanto gli era stato rivelato, guadagnandosi un'occhiataccia da parte del moro

–Lo so benissimo- disse flebilmente Jason guardando a terra –Ho paura di fare qualche cazzata, non voglio rovinarle la vita- Mike a quel punto ridacchiò divertito buttando fuori il fumo della sigaretta 

–A dire il vero la sua vita è già malconcia vivendo con te- e Jason sospirò frustrato

–Non fare l'idiota Mike, dico sul serio- Mike si riprese dal ridere e sospirò anche lui

–L'unica cosa che puoi fare è starle accanto aiutandola, qualora lei lo voglia, e continuare a fare ciò che hai sempre fatto, tu per lei sei importante, ma non puoi gravare con questa cosa, non è giusto Jas- Jason lo guardò e Mike ricambiò lo sguardo sorridendo 
-il fatto che abbia deciso di venire qui, é la conferma che lei vuole provare ad avere una sua vita, non puoi piombarle addosso con i tuoi sentimenti, la condizioneresti- ogni parola che Mike pronunciava era una boccata di bile che Jason doveva mandare giù 
–Sei proprio un coglione, Jas- aggiunse ridendo il rasato che poi si posizionó davanti a lui per guardarlo negli occhi

-E con Jane? Che vuoi fare?- la domanda di Mike colpì Jason come uno schiaffo

-Le voglio bene, è ovvio, ma non credo di poter continuare. Hai ragione, sono stato uno stronzo ad approfittare del fatto che lei non si è mai tirata indietro con me, anche sapendo che non potevamo andare oltre- Jason aspirò avidamente l'ultimo tiro della sigaretta -Non dovevo farti questo, amico mio, ho sempre saputo che provavi ancora qualcosa per lei- 

Mike abbassò il capo lasciando cadere la sigaretta per schiacciarla con il piede 

-Non ti tormentare, Jas, è stata lei a voler venire da te e noi avevamo chiuso i rapporti già da un pò, siamo grandi e vaccinati per prenderci le responsabilità delle nostre scelte- sospirò pesantemente, gli faceva male ricordare quel periodo 
-Non sono stato capace di tenermela stretta, anzi, ad essere onesti, il fatto che abbia avuto quell'aborto spontaneo, mi aiutò ad allontanarmi da lei- lo guardò negli occhi -Ma quando una cosa la perdi per sempre, ti rendi conto di quanto, invece, fosse importante per te-

Il silenzio era qualcosa che a Jason era sempre piaciuto, gli permetteva di distendere la mente e soprattutto di riordinare i pensieri. 

Quella sera però, quel silenzio, era davvero troppo assordante da permettere ai pensieri di rimbombargli in testa.

La sera prima era riuscito a tirare fuori quello che sentiva, litigando con Mike, ma le parole che gli aveva rivolto, lo stavano tormentando. 
Se da una parte era stato invaso da una sensazione quasi di liberazione, nel parlargli, subito dopo era stato assalito da una profonda frustrazione nel constatare quanto Mike avesse ragione: doveva lasciar stare Alex, trovare il modo di levarsi dalla testa e dal cuore quel sentimento che quella ragazzina era riuscita a fargli provare ancora una volta. 

Se glielo avessero detto che un giorno sarebbe arrivata la figlia di Emma a scombussolargli la vita, sicuramente si sarebbe fatto una grassa risata per poi picchiare selvaggiamente chi avesse osato dire una cosa del genere, ma ora le cose erano cambiate, in un modo che neanche lui riusciva a spiegarsi. 

Osservò il fuoco scoppiettante unico accenno di luce in quel salotto, l'odore di sigaretta si mischiava al leggero sentore di fumo e si ritrovò a sospirare per la miliardesima volta, sentendosi come un ragazzino alla prima cotta! 
Aspirò avidamente la sigaretta buttando fuori il fumo con un profondo sospiro, doveva trovare il modo di metterci una pietra sopra, in fondo c'era riuscito con Emma, si chiese perché ora gli sembrasse così faticoso ripetere quell'operazione. 

In quel momento gli arrivò un sms che lo distrasse dai suoi pensieri

19:48 Jane:  Auguri di Buon Natale! Torno domani, spero di poterti vedere

Un altro sospiro gli salì alle labbra nel leggere il messaggio. 

Gli dava profondamente fastidio, ma Mike aveva ragione nel dire che era un coglione, perché solo così era definibile nei confronti di Jane

Si portò una mano sugli occhi che massaggiò leggermente, sapeva di doverle parlare, ora che era riuscito a dire come stavano le cose al suo amico, non se la sentiva di continuare a vederla, non per il momento quanto meno; aveva bisogno di tempo per ritrovare la pace e la calma che in quei pochi mesi aveva perso.
Si ripromise che le avrebbe rivolto  tutta la sua attenzione, come meritava ed era giusto che fosse, ma per ora aveva bisogno di stare solo, almeno per un po' pur sapendo che lei avrebbe sofferto non capendo.

Era da vigliacchi, lo sapeva, ma per come si sentiva non era pronto a continuare a vederla come faceva sempre, ora che il suo cuore aveva messo in chiaro la possibilità che Alex fosse qualcosa di più.

Di nuovo l'incontro con lei gli si parò davanti, rivide lo stupore che aveva colto la ragazza vedendolo, l'imbarazzo che aveva imporporato le sue guance quando era arrivato quel ragazzino che si era comportato da padrone, ma soprattutto sentì di nuovo tutta la rabbia che aveva provato quando si era reso conto che quel coglioncello aveva ragione: perché Alex una scelta l'aveva fatta ed era stato lui a non averla accettata.

Si ritrovò a pensare che anche per quel Natale era solo, unica costante nella sua vita. 

 

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Capitolo 23
*** 22 ***


22

Il bussare alla porta lo sorprese, pensando di esserselo immaginato, ma il sentire dei passi sul portico, lo convinsero ad alzarsi, chiedendosi chi fosse a rompere le palle la sera di Natale.

Infastidito, buttò la cicca della sigaretta nel fuoco e si avviò alla porta, aprendola di malavoglia ma rimanendo subito dopo a bocca aperta.

Aveva freddo, un freddo cane, ad essere precisi! Le temperature erano scese vicino allo zero e l'aria era gelata; aveva ringraziato Liz un milione di volte per essere andata a prenderla alla stazione, appena le aveva mandato un messaggio per avvertirla che stava tornando.

 Non le aveva chiesto nulla, stringendola in un caldo abbraccio, appena scesa dalla stazione

-Sono felicissima che sei tornata, Alex- le aveva sussurrato e lei aveva arrossito per quella manifestazione di affetto che non credeva neanche di meritarsi

-Credo che ti devo delle spiegazioni- aveva iniziato mentre in auto percorrevano la strada verso casa di Jason, ma Liz l'aveva guardata sorridendo 

-Abbiamo tutto il tempo, Alex, quando ti sentirai pronta, mi racconterai tutto- le rispose e Alex era rimasta colpita per la sensibilità di Liz, sentendo gli occhi inumidirsi mentre le sorrideva grata.

Liz era scoppiata a ridere quando Alex le aveva detto che aveva bisogno di rimanere un attimo lì fuori e farsi coraggio per bussare, ma poi aveva acconsentito ed era andata via, lasciandole qualche minuto per ritrovare quella spinta che le aveva fatto mettere di nuovo tutto in quelle due borse che si portava dietro, andare via da Londra e tornare lì.

Guardava quella casa ormai da diversi minuti, riflettendo sul come in poco tempo, quell'abitazione avesse assunto tutt'altro significato ai suoi occhi, rispetto alla prima volta in cui era arrivata lì; si chiese se avesse fatto bene a tornare, se davvero era ciò che voleva, ma alla fine, tremante per il freddo e il vento, che continuava a soffiare imperterrito, decise di bussare, sperando vivamente che il suo cuore le avesse fatto fare la scelta giusta e, quando le aprì, il sangue le fluì nel corpo come spinto a tutta velocità.

Si strinse nelle spalle non sapendo bene come comportarsi, capì di aver preso Jason totalmente alla sprovvista nel modo in cui la guardò

-Cosa ci fai qui?- dopo attimi di stupore e silenzio, la voce di Jason uscì come un soffio, Alex abbozzò un sorriso portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio

–Buon.. Natale...?- non aveva idea di cosa dire mentre portava il suo peso da una gamba all'altra; nonostante ci avesse pensato per tutto il tempo del viaggio, preparandosi anche dei discorsi, sotto quello sguardo, si sentì completamente priva di qualsiasi pensiero sensato  

-Ecco io, non so se ho fatto bene a tornare, ma ieri... si insomma, sei andato via e io non sapevo cosa fare, parlarti al telefono non mi piaceva come idea, così ho deciso di venire, ma i treni non c'erano e ho dovuto aspettare questa mattina, ma un ritardo ...-

Alex si fermò di colpo quando si sentì stringere dalle braccia di Jason, qualsiasi parola le morì in gola, il cuore le esplose nel petto come una bomba e si ritrovò ad avvolgere le braccia alla vita dell'uomo, in un gesto automatico, respirando il profumo di tabacco, di fragranze intense che ricordavano il legno, il fumo, Jason.

Era perfetto quel modo di essere abbracciata a lui, sbagliato forse per quello che provava ogni volta, ma non poteva non sentire quelle mille emozioni; solo così, tra le sue braccia, quel dolore che come un tarlo raschiava, sempre, da sempre, anche quando faceva finta di nulla, scacciandolo nei meandri della sua mente, riusciva a tacere.

La sua vita non era stata facile e la morte della madre le aveva aperto una voragine dentro che lei cercava di evitare, ma era lì, bastava un attimo di distrazione e quella voragine la risucchiava, resa ancora più profonda e buia, dopo quello che aveva saputo. 

Ma stretta a Jason, poteva essere semplicemente Alex. 

Poteva sentirsi bene, sentire quel vuoto dentro colmarsi, lui aveva avuto la capacità, sin dall'inizio, di riempire ogni angolo della Alex sofferente, malinconica, addolorata, come un'alta marea che inesorabile ricopre ogni anfratto di spiaggia scoperta, così era stato lui,  riportandola a respirare, a sentire ogni cosa in maniera diversa, a vivere.

Con lui, aveva imparato ad andare avanti, nonostante fosse stato sempre restio nei suoi confronti, ma anche quel suo modo di fare le aveva permesso di conoscerlo e di imparare ogni volta un po' di più di lui e soprattutto di sé stessa.

Era sempre stato diretto con lei e, sempre lo avrebbe fatto, di questo gliene ne sarebbe stata grata a vita. Non lo sapeva prima, ma era questo, quello di cui aveva bisogno.

Chiunque, avesse conosciuto la sua storia, aveva e avrebbe provato pena nei suoi confronti, ma davanti a Jason, lei non aveva mai letto compassione. 

Con il suo carattere scontroso, in qualche modo l'aveva aiutata, inconsapevolmente lui l'aveva spronata, permettendole di accettare quello che le era toccato in sorte e smettendo di piangersi addosso, come aveva sempre fatto. 

Davanti a lui, Alex era sempre stata solo Alex e lei non voleva perdere quello che lui gli aveva dato, non voleva rischiare di perderlo, perchè da sconosciuto, era diventato talmente importante da non volere nessun altro accanto. 

Era stata lei a piombargli nella vita, poco più di due mesi prima, ma in realtà, Alex aveva capito che fosse esattamente il contrario. 

Prima, la sua esistenza era fatta solo di spostamenti, costanti, quasi cadenzati, di gente ogni volta nuova, conoscenze che si perdevano presto; una vita, la sua, scandita dalla malattia della madre, dalle visite ospedaliere, dalla chemioterapia, dalla perdita; ma da quando lui era entrato nella sua vita, tutto aveva assunto colori diversi. 

Gli aveva permesso, in pochissimo tempo, di affezionarsi a quei posti, riconoscerne i profumi, i suoni, conoscere e provare affetto per persone come Liz e Mike, dare un peso importante a quello che aveva ora.

Lei non voleva perdere più nulla.

-Entriamo- Jason sciolse quel piccolo paradiso che Alex non avrebbe mai voluto lasciare, permettendole di entrare e prendendole il borsone che si era portata appresso con il suo zaino, sorprendendola per quel gesto.

Una volta dentro Alex, sentì un calore che non provava da tempo, da quando tornava da scuola e la madre l'accoglieva con un sorriso e un bacio, quando semplicemente tornava a casa.

Si girò verso Jason che la guardava con un sorriso leggero sulle labbra e uno sguardo attento

-Stai al buio?- gli chiese vedendo solo la luce del fuoco a donare un po' di bagliore, lui le si avvicinò

-Avevo bisogno del buio- le rispose fissandola negli occhi, Alex sorrise sentendo un po' di imbarazzo e volse lo sguardo alle fiamme accese

-E' un po' triste così, per essere Natale- constatò

-Lo era fino a qualche attimo fa- le parole di Jason fermarono il fiato di Alex che lentamente guardò l'uomo che aveva davanti, lui sorrise in quel modo che lei gli aveva visto fare poche volte, ma che lo rendevano ancora più bello; le si avvicinò e con estrema lentezza le accarezzò una guancia, come aveva fatto il giorno prima, quando poi era stato fermato dall'arrivo di Thomas.

Sentire quel tocco sul proprio viso, come era accaduto a Londra, le fece fermare il cuore ed ebbe la sensazione che stesse per crollare, le gambe erano molli e il sangue correva troppo forte dentro di lei, come il cuore che improvvisamente si era messo a battere come a volerle uscire dal petto, sentì gli occhi inumidirsi per l'emozione e li chiuse, lasciando che quel calore si unisse al suo, senza niente e nessuno a interromperlo

–Non pensavo di rivederti tanto presto- ammise Jason con voce bassa 

–Credevo di aver perso l'unica possibilità di poterti chiedere scusa per tutto quello che hai passato da quando sei qui- Alex sgranò gli occhi a quelle parole

–Non devi chiedermi scusa, Jason, sono io che sono entrata nella tua vita senza darti altra possibilità, sono io a dovermi scusare anche per tutto il dolore che hai provato per mia madre-

Jason aprì la bocca preso in contro piede da quelle parole, lasciando cadere la mano lungo il fianco

–Te l'ho detto, non so niente di voi, a parte poche cose che mi sono state raccontate da lei e da te, ma so com'era fatta e il suo modo di pensare; il fatto di averti escluso nella sua vita senza mezzi termini e poi ributtarti così in una situazione come questa, non deve essere stato facile e il tuo comportamento nei miei confronti, alla fine, era più che giustificato- si fermò e guardò nuovamente verso le fiamme

–Alex, non devi..- 

–No, Jason, quello che ti ha fatto mia madre è sbagliato pur avendo le sue ragioni- lo interruppe rivolgendo di nuovo i suoi occhi color del mare verso di lui - ma lasciare che tutto finisse senza darti alcuna spiegazione non è ciò che si definisce rapporto tra amici- per la prima volta Jason lesse maturità, consapevolezza 

–Avevo deciso di andarmene quando ho capito, dopo le tue parole, che stare qui significava nuovamente farti vivere ciò che lei voleva, imponendoti in qualche modo una cosa che non meritavi di subire- parlò piano, come a voler dosare bene ogni parola 

- Ho capito quanto ci tenessi a lei, alla vostra amicizia, nel momento in cui hai fatto di tutto per farti andare bene la cosa, ma questo non ha funzionato e ti sei sentito come chiuso in gabbia- la vide abbassare la testa 

-Lo capisco perfettamente perchè è così in qualche modo ho vissuto con lei per tutta la mia vita: lei decideva per me, per noi, io non potevo fare altro che seguirla; non mi ha mai detto niente delle violenze subite, del suo passato, ma grazie a te ora, è tutto molto più chiaro ed è per questo che me ne sono andata- poi i suoi occhi puntarono di nuovo quelli scuri di Jason

–Ma ieri, quando ti ho visto- si fermò e un sorriso dolce le colorì le labbra, il viso, gli occhi –in qualche modo mi hai fatto rendere conto che mi stavo comportando esattamente come lei, sono andata via senza dirti nulla, senza una spiegazione e questo non lo voglio, non è giusto perchè tu hai fatto un passo enorme accettandomi qui con te, aiutandomi in un modo che nessuno ha mai fatto e, io, non potevo trattarti così. Quando ti ho visto ho pensato che fosse giusto parlare a quattrocchi e che la mia immaturità mi aveva portato a scappare-

Jason continuava a fissarla senza fiatare, con un'espressione indecifrabile sul volto, ma lei decise che non avrebbe ceduto all'imbarazzo.

La stava guardando come se davvero la stesse vedendo per la prima volta, cancellando totalmente quello che era stato il loro rapporto fino a quel momento e, ciò che vide, gli piacque più del lecito.

Il volto di Alex era arrossato, un pò dal freddo che sicuramente aveva subito per arrivare di nuovo lì, ma era sicuro che quel rossore era provocato anche da ciò che gli stava dicendo, parlandogli con il cuore, senza fronzoli, senza maschere, gli stava dicendo esattamente quello che aveva provato fino a quel momento e capì di avere davanti una donna bellissima.

I suoi occhi brillavano mentre gli diceva che non voleva scappare come la madre, ma che doveva parlargli proprio perchè ci teneva; le sue labbra erano screpolate e rosse e la sua espressione era un misto di decisione e contentezza; aveva il corpo rigido mentre di fronte a lui gli confessava che andarsene gli era costato tanto, proprio quanto stava costando a lui doversi trattenere da non prendere quel viso tra le mani e poterle chiudere la bocca con la propria.

Per la prima volta, Jason sentì davvero il suo cuore battere per quella ragazzina di neanche vent'anni che stava dimostrando molto più cervello, maturità e coraggio di quanto lui avesse mai fatto.

Il suo corpo fremeva per poterla stringere ancora tra le braccia, poterla baciare fino a levarle il respiro, ma dovette far fronte a tutte le sue forze per evitare l'irreparabile; non poteva e non doveva.

Una parte di lui sapeva e aveva visto che Alex non era certo indifferente alla sua presenza o vicinanza, ma non era certo possibile confondere quello che provava lui, con quello che lei aveva sicuramente qualificato come affetto per qualcuno che l'aveva aiutata e voleva continuare a farlo.

Doveva imporsi a tutti i costi di non commettere un errore che gli sarebbe costato caro, perchè permetterle di notare come ora lui la guardava, era da pazzi, non poteva fargli vedere che, per lui, qualcosa era davvero cambiato, ma non come pensava lei.

Improvvisamente si rese conto che il suo malumore nell'avercela intorno, in quei giorni passati,  era da ricollegarsi al fatto che non voleva vedere ciò che il suo cuore evidentemente aveva captato subito, nell'esatto momento in cui aveva bussato alla sua porta, più di due mesi prima.

Lui non la voleva perchè non voleva amarla, non voleva innamorarsi, non voleva credere che il suo cuore si fosse di nuovo messo a battere per una persona sbagliata.

Il suo compito era solo quello di aiutarla, proprio come gli era stato chiesto da Emma, lasciandole la possibilità di vivere la sua vita, permettendole di fare le proprie scelte, non condizionandola e lui sapeva, che se le avesse mostrato per errore qualcosa, di quello che ora lui sentiva, sarebbe stato un disastro per entrambi.

Lei si sarebbe spaventata, come minimo; avrebbe creduto che lui la volesse aiutare solo per secondi fini, forse gli avrebbe anche fatto ribrezzo, perché no? 

Deglutì a vuoto a quei pensieri, ma si rese conto che lei lo stava fissando intensamente e le sue parole non inondavano più la stanza, ma era lì davanti a lui come in attesa.

Jason sbattè le palpebre un paio di volte, cercando di staccare i miliardi di pensieri che gli stavano affollando la mente concentrandosi di nuovo su quello che stava dicendo

–Hai fatto bene a tornare- si limitò a dire e lei abbozzò un sorriso abbassando la testa

–Spero davvero sia così- gli rispose e lui non ce la fece a trattenersi e con due dita le fece alzare il viso spingendole il mento verso l'alto, facendosi guardare

–Non commetterò gli stessi errori, Alex, è una promessa- gli disse osservandola in volto, lei dapprima si era sorpresa per quel gesto, ma gli sorrise felice 

–Vorrei che potessimo parlare, ogni volta, se c'è qualcosa che non va- ammise lei e questo fece fremere il cuore di Jason che sembrò volersi liberare da quel bavaglio di emozioni che lui stesso si era costruito, ma l'unica cosa che fece fu un gesto d'assenso con il capo e un sorriso appena accennato, sapendo già che le stava mentendo.

Gli aveva appena promesso che sarebbe cambiato in meglio il loro rapporto, ma ora che sentiva quel sentimento ingombrante, gli fece paura pensare di doverlo trattenere, ne sarebbe stato capace?

Non avrebbe potuto rivelarle nulla, se non starle accanto ed essere un amico di cui lei poteva davvero fidarsi, poco importava se dentro dovesse soffocare il suo amore per lei, ora ciò che più contava era il bene di Alex. 

Hai mangiato?- si ritrovò a chiederle, cercando di cambiare quella situazione che lo stava mettendo in difficoltà, la vide levarsi il giubbotto che teneva ancora addosso e si ritrovò ad osservarla vestita con dei pantaloni imbottiti scuri e degli scarponi, aveva un maglione enorme, di colore verde che metteva in risalto ancora di più i suoi occhi e non potè non pensare che anche così vestita, lui si era inciso nella sua maledetta testa ogni singolo strato di pelle di Alex, ogni neo, ogni segno, da quella sera e il suo buon proposito gli si annodò alla bocca dello stomaco.

–A dire il vero ho mangiato solo un tramezzino a pranzo, ora ho un pò fame- rispose prendendo il borsone e avviandosi verso le scale, facendolo di nuovo ritornare alla realtà

–D'accordo farò un piatto di pasta veloce- disse avviandosi verso la cucina, ma poi si fermò e la guardò con un sorriso strafottente dando sfogo ad una domanda che gli si era materializzata davanti agli occhi appena l'aveva vista

–Ma quel damerino? Che fine ha fatto?- le chiese, troppa era la curiosità per quel ragazzino che il giorno prima aveva rischiato parecchio di fargli alzare le mani; Alex stava per andare a posare le sue cose nella sua camera, ma si fermò sui primi gradini della scala e lo guardò con un leggero sorriso

–Per ora io non sono affare di nessuno, se non di me stessa- rispose e Jason si sentì soddisfatto avviandosi verso la cucina non riuscendo a trattenere un sorriso che gli increspò le labbra.

-Non hai degli addobbi di Natale?- gli chiese seduta sulla sedia della cucina mentre finivano di cenare, Jason ci pensò un attimo prima di sorriderle

–Credo di avere delle vecchie cose appartenute ai miei nonni, di sotto, se vuoi te le prendo- Alex sembrò illuminarsi

–Davvero? Si, sarebbe carino poter addobbare la casa, anche se è già Natale, ma almeno per qualche giorno si potrebbe fare- e si alzò sparecchiando i due piatti e bicchieri che avevano usato per mangiare; Jason prese un pò di caffè e iniziò a berlo osservando la ragazza iniziare a lavare le due stoviglie, con quell'espressione serena e il leggero sorriso a increspargli le labbra, non riusciva ancora a credere che fosse tornata, ma prima che la sua testa iniziasse frullare si alzò anche lui

–Vado di sotto a vedere cosa trovo- le passò accanto e scese velocemente nel suo laboratorio.

Dopo una decina di minuti riuscì a scovare uno scatolone e quello che doveva essere l'albero di Natale avvolto in buste di plastica dalla testa ai piedi, era una vita che non cercava quelle cose; gli ritornarono alla mente i ricordi da bambino, quando la nonna gli proponeva, già con la fine di novembre, di andare nel seminterrato per prendere gli addobbi e iniziare a decorare la casa.

Un sorriso gli colorì il viso, rivedendosi nei panni di un ragazzino intento ad aiutarla nel preparare la casa, sapendo quanto lei ci tenesse a quella festa, quanto adorasse vedere la casa prendere vita sotto quei colori, quelle lucine, inondando casa con i profumi tipici della festa.

–Ehi tutto bene?- la voce di Alex alle sue spalle lo fece trasalire, non l'aveva sentita scendere

–Certo- ripose avvicinando lo scatolone alle scale, Alex guardò quel lato del seminterrato che la volta in cui era scesa non aveva notato, era proprio sotto la scala, dove era stato ricavato un ampio vano con accatastati diversi scatoloni e uno di quelli attirò la sua attenzione, aveva la scritta "Foto" ben visibile

–Alex, mi devi aiutare a portare di sopra lo scatolone- Jason gli si era avvicinato

–Sono tue di quando eri piccolo?- gli chiese, Jason seguì il suo sguardo e vide anche lui quella scritta nera su quello scatolone

–Un pò di tutto- ammise non trattenendo un sorriso nel vedere il suo sguardo curioso

–Le vorresti vedere, immagino- constatò facendole spuntare un sorriso birichino sul volto, sospirò alzando gli occhi al soffitto –Ma non volevi fare l'albero?- le chiese

–Si, ma quello si può fare anche dopo- rispose ovvia e lui non trattenne una risata

–Va bene, ma aiutami a portare tutto di sopra-

Appena posarono l'albero di Natale, Alex si sedette a terra vicino al camino, con lo sguardo che le brillava di curiosità mentre apriva lo scatolone; Jason si sedette sulla poltrona bevendo una birra e accendendosi una sigaretta, osservandola.

Con mani tremanti, perchè sapeva che Jason in qualche modo le stava facendo vedere un pò di se, aprì la scatola guardandone il contenuto.

Subito si trovò a prendere tra le mani un album fotografico piuttosto grande, con una bellissima copertina in cuoio intarsiata, ma prima di aprirlo guardò verso l'uomo e gli sorrise come a cercarne il consenso, lui inclinò leggermente la testa aspirando dalla sigaretta, prima di accennare un sorriso.

La prima foto era in bianco e nero, piuttosto antica, ritraeva un uomo e una donna nel giorno del loro matrimonio. La donna aveva un semplice abito bianco, leggermente più stretto alla vita, il corpetto era ricamato e gli arrivava a coprirgli il collo che si arricciava appena, così come le maniche strette, la gonna non era molto ampia e ricadeva morbida fino a ricoprile i piedi. Portava il velo lungo e i capelli erano acconciati con boccoli intorno al viso e raccolti dietro il capo, sorrideva, mettendo in mostra una bocca molto bella, il viso era tondeggiante e ben proporzionato, davvero una bellissima donna, pensò Alex, mentre osservava attentamente la foto.

Accanto alla donna, a cingerle la vita, c'era un uomo piuttosto alto, vestito in abito scuro, i capelli erano tirati indietro, aveva un viso fiero con baffi molto curati a contornare una bocca non eccessivamente carnosa ma ben disegnata, non sorrideva, ma aveva un'espressione soddisfatta, mentre volgeva il suo sguardo all'obiettivo. Dietro di loro, l'entrata di quella che doveva essere stata la chiesa dove era stata svolta la cerimonia, si vedevano dei bellissimi vasi di fiori bianchi

-Sono i miei nonni- le spiegò lui -lei aveva appena vent'anni, mentre mio nonno ne aveva trentadue-

Alex guardò stupita verso Jason –Lei era giovanissima- disse, pensando che avesse la sua stessa età, ma sembrasse più grande, così come l'uomo, poco più giovane di Jason, anche se dimostrava qualche anno in più,  lui le sorrise appena 

–Per loro non ha mai contato molto, l'importante era stare insieme e per l'epoca non era così assurda come cosa, è stata scattata nel 1946, appena dopo la Guerra- Alex ribassò lo sguardo su quella foto accarezzandola appena, prima di girare le altre pagine, scoprendo altrettante foto in bianco e nero che ritraevano la coppia fuori la chiesa, in un bellissimo giardino e poi con parenti e amici, ma la foto che la colpì più di tutte fu quella in cui i due si guardavano, probabilmente uno scatto rubato, mentre ridevano complici, guardandosi in un modo che lei sperava un giorno di poter provare, convincendosi che l'età non poteva contare se ci si guardava in quel modo.

–Si saranno amati moltissimo- constatò chiudendo l'album

–Sì, tanto da venire a mancare uno poco dopo la morte dell'altra- Alex guardò Jason aspirare la sua sigaretta –Mia nonna si è ammalata diciassette anni fa, ha lottato per un anno, ma non ce l'ha fatta. E'morta a giugno, era una calda giornata estiva e si è spenta nel sonno- Alex ascoltava in silenzio

–Alla notizia mio nonno è come impazzito di dolore, non sono riusciti a salvarlo, è morto di infarto dopo venti giorni- Alex sgranò gli occhi a quelle parole

–Mi diceva sempre che lui non si sentiva nessuno senza lei accanto, doverla seppellire è stato troppo doloroso e in qualche modo si è lasciato morire- lo vide sospirare bevendo un pò di birra e rivolgere il suo sguardo al caminetto 

–Eri molto legato a loro?- gli chiese e lui sorrise appena

–Moltissimo, ho vissuto con loro da ragazzino e appena potevo venivo qui per stare con loro, erano delle persone eccezionali, devo a lui il mio amore per il legno e a lei la complicità; è la persona che mi ha sempre sostenuto nelle mie scelte, al contrario degli altri parenti- le parole di Jason colpirono Alex, desiderosa di sapere di più, ma si limitò a rimanere in silenzio e prendere l'album successivo 

 Era più piccolo del precedente, aveva una copertina colorata con dei rombi e quando l'aprì si sorprese ad osservare il volto di una donna giovane, forse sui venticinque anni

–E' mia madre- Alex guardò attentamente la foto riconoscendo in quel volto femminile i tratti che l'accomunavano con Jason, come per esempio la bocca e il sorriso, sfogliò ancora per ritrovarsi ad osservare la madre di Jason ed un uomo, lui seduto su una bella poltrona e lei in piedi dietro di lui con una mano a toccargli la spalla 

–Sono i tuoi genitori- si ritrovò a dire riconoscendo, in quell'uomo seduto, molti elementi che il figlio Jason aveva ereditato come lo sguardo, gli occhi così intensi e la sua fisicità

–Si, se la sono fatta poco dopo il matrimonio 43 anni fa- le spiegò lui guardando il fuoco 

–Mia madre era incinta e non voleva fare la foto dove già si vedeva una certa rotondità, così si posizionò dietro di lui nella foto- aggiunse con un sorriso malinconico

–Non era incita di te, però- constatò Alex 

–No era incinta di mio fratello, Will- Alex sfogliò altre pagine dove le foto ritraevano la madre di Jason con il piccolo Will, poi alcune foto sempre dei genitori

–E questo sei tu?- chiese facendogli vedere una foto dove la madre di lui teneva in braccio un neonato con vicino Will ancora piccolo  
–No, è mia sorella Megan- le rispose
-Lei e Will si passano appena due anni- Alex continuò a sfogliare le foto fino a chiudere il secondo album

-Li senti spesso i tuoi fratelli?- chiese prendendo un altro album fotografico, Jason sorrise

–No, quasi mai- ammise, ma Alex seppur sorpresa non indagò oltre iniziando a guardare il terzo album e si ritrovò a sorridere trovando le foto di Jason appena nato, poi un pochino più grande al compleanno della sorella mentre sorrideva, oppure vestito da cowboy con davanti una torta e delle candeline che segnavano 8 anni, oppure altre foto fatte quando insieme ai fratelli andavano a cavallo, o stavano al mare

–Hai delle foto bellissime- osservò sorridente, una parte di lei si chiese cosa si provasse ad avere una famiglia, dei fratelli, spesso questo pensiero da bambina le rotolava nella mente quando osservava i suoi amichetti; crescendo, si era in qualche modo arresa al fatto che quelle sensazioni, lei, non le avrebbe mai provate, poteva solo contare sull'affetto incondizionato della madre e questo alla fine le era bastato, ma vedendo quelle foto, di nuovo qualche domanda sul come sarebbe potuta essere la sua vita in altri termini, le spuntarono nella mente. Seguirono altri album dove si rincorrevano anni ormai passati e dove Jason e la sua famiglia aveva immortalato attimi di felicità 

–Adoro le foto- si ritrovò a dire chiudendo l'ultimo album e rimettendo tutto a posto

–Io le detesto- borbottò Jason stupendola

–Come mai?- chiese alzandosi da terra e iniziando ad aprire lo scatolone che conteneva gli oggetti natalizi

–Perchè sono, il più delle volte, scatti di apparente serenità e felicità- spiegò in tono distaccato

Alex lo guardò incrociando il suo sguardo che sembrava ferito, poi lo vide alzarsi per sistemare il fuoco; avrebbe davvero voluto chiedere di più per capire, ma si trattenne, non voleva ficcanasare e sapeva, per esperienza, che a Jason non piaceva parlare di sè e del suo passato, così si morse la lingua e iniziò a tirare fuori gli addobbi, mentre l'uomo liberava dalla plastica l'albero di Natale.

Dopo circa un'ora, Jason issò il bellissimo puntale che Alex aveva trovato tra gli addobbi: una stupenda stella dorata come completamento dell'albero e i due si ritrovarono ad osservarlo rapiti dalle diverse lucine che si accendevano ad intermittenza, così come le varie palline e addobbi di tutti i colori e dimensioni che avevano attaccato

–E'bellissimo- ammise Alex sorridendo felice, Jason non potè non pensare lo stesso e si ritrovò a posare un suo braccio sulle spalle della ragazza accanto a lui che lo guardò sorridente

-Ottimo lavoro socia-le disse lui facendola ridere 

–E del resto che ne facciamo, lo riporto di sotto?- le chiese

-No, penso che mi servirà, ma domani- rispose Alex non trattenendo uno sbadiglio

-Sono quasi le due di notte, tu hai anche fatto il viaggio, è meglio andare a dormire- e lo vide sistemare il fuoco prima di andare a letto

-Jason, mi avresti più chiamata?-

Quella domanda lo lasciò completamente di sasso, deglutì voltandosi verso di lei. Aveva un'espressione indecisa sul volto, mordendosi il labbro in imbarazzo

-Scusa, è una domanda sciocca, ma volevo sapere se..- lui la spiazzò sorridendo e mettendo in mostra la sua dentatura bianca e quelle leggere rughe di espressione intorno agli occhi e alle labbra 

-No- rispose lasciandola turbata per tanta schiettezza, sentendo il suo cuore dolere per quella risposta, dandosi della stupida per avergli posto una domanda del genere, infondo era lei quella che se ne era andata, era stato già tanto che lui fosse arrivato fino a Londra per provare a parlarle; ma lei voleva sapere se lui avesse in qualche modo lasciato le cose così, pensando che forse era questo ciò che lei voleva 

-Buona notte- disse iniziando a salire le scale

-No, non ti avrei più chiamata- la voce di Jason la fece voltare e lo fissò mentre le rivolgeva quello sguardo che le faceva stringere lo stomaco, arrossare le guance e battere il cuore ogni volta

-Sarei semplicemente tornato e, senza chiederti il permesso ti avrei riportato qui- lei rimase immobile mentre lui le sorrise e si avvicinò alle scale 

-E' stata la prima e l'ultima volta che mi hai visto fare il diplomatico, Alex, te lo posso giurare- lei rimase ad occhi sgranati e la bocca socchiusa -E ad essere onesti, quando hai detto che non sei affare di nessuno se non di te stessa, hai detto una cosa inesatta- Alex deglutì non riuscendo a distogliere lo sguardo -Tu sei affar mio- detto questo lo vide prendere lo scatolone delle foto e ritornare nel seminterrato per sistemarlo. 

Si ritrovò in quella stanza buia, le cui persiane malconce facevano entrare un pò del bagliore dell'esterno, era sdraiata sul letto, con la coperta fin sopra il naso, non riuscendo a non smettere di sorridere, perchè si sentiva felice, tremendamente felice. 

Dopo gli innumerevoli timori che l'avevano accompagnata dal giorno prima quando aveva preso la decisione di ritornare da Jason, ora si sentiva come in una bolla di gioia che non voleva abbandonare, per nessun motivo.

Si sdraiò a letto con le mani dietro la testa lasciando che tutti quei sentimenti che l'avevano investito da quando aveva rivisto Alex, lo avvolgessero. 

Era passato dallo stupore nel rivederla, alla felicità più assoluta, alla frustrazione per quei sentimenti che sentiva, ma non poteva esternare, alla soddisfazione di averla accanto.

Si chiese cosa sarebbe successo dal giorno dopo, se davvero potevano instaurare una convivenza che permettesse ad entrambi di vivere le proprie vite senza rovinare uno quella dell'altra. Soprattutto si chiese se davvero ne fosse stato capace.

Avrebbe avuto la forza di lasciarla andare, un giorno? Sarebbe riuscito a non mostrarle ciò che sentiva? E se gli avesse presentato un nuovo ragazzo con il quale si frequentava?

Immediatamente sentì una rabbia chiudergli lo stomaco, attanagliargli le viscere al pensiero, ma si obbligò a prendere profondi respiri per rilassarsi, ricordandosi che doveva solo permettergli di essere felice e in qualche modo proteggerla, niente di più. 

Sentiva la testa come un pallone ricolmo di pensieri ma nonostante questo si ritrovò a chiudere gli occhi e addormentarsi, perchè per ora, lei era lì.

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Capitolo 24
*** 23 ***


23

Quando si svegliò si sentì davvero riposato, come non accadeva da tempo; si alzò dopo qualche attimo, assaporando quel momento di benessere e si avvicinò alla finestra guardando la collina smossa da un vento freddo che ne faceva vibrare la superficie, le nuvole si stavano addensando, promettendo pioggia anche in quella giornata, ma lui si sentiva tremendamente bene. Scosse la testa sorridendo, era assurdo ammettere che a rendere tutto così diverso, fosse stata lei. Si guardò allo specchio del comò notando il suo viso più rilassato con una pelle più distesa, fu strano, non vedere quella tensione che da sempre gli caratterizzava il volto. 

Sospirò aprendo il cassetto e infilò la mano senza neanche guardare, con i polpastrelli scansò alcuni fogli, trovando ciò che cercava sulla destra, dove era sempre stata.

La guardò e un sorriso ampio gli si dipinse sulle labbra mentre si massaggiava la guancia leggermente ispida.

Era una foto a cui era legatissimo, ogni volta che posava gli occhi su quell'immagine non poteva non ridere vedendosi così giovane mascherato da teschio, vestito completamente di nero, con un cappello a cilindro, il volto dipinto di bianco con i tipici tratti del teschio: enormi occhi neri, striature dello stesso colore ad evidenziarne i contorni, gli zigomi, il naso ossuto, la bocca; rideva abbracciato ad una strega dagli improbabili capelli color carota dove era stata appuntato un pipistrello ridicolo, indossava un vestitino nero lungo fino alle ginocchia da dove spuntavano delle calze a righe colorate bianche e rosse; gli stringeva il collo con un braccio e con l'altra mano teneva una scopa mezza rotta, il suo viso era completamente truccato, per farla apparire più brutta, ma quegli occhi erano sempre gli stessi, si potevano riconoscere anche in quelle condizioni.

Era stata fatta a ottobre di troppi anni indietro, ma si sorprese a sussurrare un "Grazie" guardando quegli occhi che sembravano ancora poter trasmettere qualcosa.

Forse, all'inizio di tutto, avrebbe davvero voluto strozzarla, ma ora che le cose in lui erano decisamente cambiate, in qualche modo si sentì in dovere di ringraziarla, per avergli permesso di conoscere Alex. 

Osservando la foto, si ritrovò a prometterle che avrebbe mantenuto la promessa, perché non poteva tradire la loro amicizia, rendendosi conto che non erano stati gli anni, la lontananza, l'assenza e neanche la morte a spezzare quel filo che, dalla prima volta in cui si erano conosciuti, li aveva uniti, tanto da permettergli di conoscere ciò che Emma definiva il suo miracolo; certo era strano pensare a quello che stava provando, il modo in cui quella ragazzina si era riuscita ad insinuare fin dentro la carne, superando quegli strati di dolore, malumore, che da sempre lo contraddistinguevano, ma promise ad Emma e a sé stesso, che avrebbe messo al primo posto solo il bene di Alex.

Risistemò la foto nel cassetto guardandosi di nuovo allo specchio, ricordandosi che niente di quello che sentiva si doveva mettere in mezzo.

Era doloroso sapere che, ancora una volta, la persona per cui avrebbe dato tutto, non era destinata a lui, ma stavolta era diverso perchè lui voleva che Alex fosse felice, più di ogni altra cosa e l'avrebbe aiutata, sempre, ogni qualvolta ne avesse avuto bisogno. 

Forse, ora, un senso di accettazione, di giustificazione, un perdono, per sè stesso, per ciò che era accaduto con Emma, si stava affacciando nel suo cuore; a 18 anni non aveva la forza e l'esperienza, di poter affrontare problemi grandi come quelli che affliggevano la sua amica. Poteva però, adesso, fare ciò che allora non gli era stato concesso. Poteva riscattare quell'amicizia, quel sentimento che da anni lo aveva accompagnato come un'amico fedele, sì, poteva farlo ora e lo avrebbe fatto, senza intralci di nessun tipo.

Con questo buon proposito, uscì dalla camera per andare a fare una doccia stupendosi di trovare la camera di Alex aperta, si chiese se fosse in casa e, per una frazione di secondo avvertì una certa ansia nel pensare che potesse essere andata via di nuovo; così prima di andarsi a lavare, scese le scale e rimase a pochi gradini dal salone, trovandola lì, intenta a sistemare alcuni  addobbi sulla finestra.

Era vestita con dei pantaloni neri aderenti, degli stivaletti scuri e un maglioncino bordeaux, aveva lasciato i capelli sciolti a coprirle metà schiena e stava sistemando gli ultimi addobbi.

Rimase per un attimo a fissarla per poi guardare altrettanto stupito quello che aveva fatto, in poco tempo.

Ogni addobbo era stato posizionato per abbellire quella stanza: il camino, ricoperto da pitoni colorati e lucine, le finestre vicino l'entrata con altrettanti fili colorati e palline, così come le scale, dove il mancorrente era stato occupato da un pitone rosso dal quale pendevano dei fiocchi di neve dorati, altri li aveva appesi un po' ovunque, inoltre aveva usato le diverse statuette e porta candele natalizie per decorare ogni angolo e aveva sistemato il piatto dorato con il centrino rosso sul tavolinetto basso, proprio come faceva sempre sua nonna

–Buongiorno- disse con una nota divertita nella voce, Alex si voltò sorpresa, per poi sorridendogli

–Ciao!- rispose entusiasta -Allora che ne pensi?- chiese finendo di sistemare un Babbo Natale in ceramica rossa, per poi guardarsi intorno

–Mi sembrava bello dare un tocco di Natale a tutto- Jason osservò ancora una volta il salone, profondamente colpito che dopo tantissimo tempo, quella casa, respirasse di nuovo aria di festa 

–Ti sei dovuta alzare presto per finire tutto- constatò sorridendo e scendendo gli ultimi gradini per osservare meglio la stanza, la sentì ridere

–A dire il vero sei tu che non ti volevi alzare- a quella frase, Jason fissò l'orologio sul camino e si ritrovò a sgranare gli occhi: erano le due passate

–Ma scherziamo?- Alex iniziò a ridere e si diresse in cucina seguita da un Jason sconvolto

–Non dormivo così tanto da..- si fermò un attimo scompigliandosi i capelli, stupito di aver dormito così tanto e soprattutto profondamente; prese una tazza di caffè 

-Da sempre!- aggiunse allibito, proprio lui che combatteva l'insonnia da anni

–Hai mangiato?-le chiese vedendola ridacchiare aprendo il frigo per prendere del succo di frutta

–Mi sono fatta un panino, non avevo molta fame- spiegò con un'alzata di spalle; la osservò di sottecchi, le sue labbra erano atteggiate in un leggero sorriso e l'espressione triste e malinconica che l'aveva caratterizzata fino a qualche giorno prima, sembrava essere stata sostituita da una più tranquilla e rilassata.

Jason sospirò, accendendosi una sigaretta e sedendosi sulla sedia, pensando che sarebbe stata davvero dura mantenere un certo controllo con lei che girava così per casa, ma non poteva fare altrimenti, non doveva.

–A che ora ti sei alzata?- si ritrovò a chiederle curioso, nascondendo un sorriso bevendo un po' di caffè, nell'immaginarla a tirare tutto fuori per abbellire il salotto, lei alzò gli occhi dal bicchiere arrossendo leggermente

–Verso le dieci- rispose

-Potevi svegliarmi, ti avrei aiutato- lei sembrò imbarazzarsi e guardò verso il pavimento

–Volevo che fosse una piccola sorpresa, visto che non ti ho regalato nulla per Natale- Jason la fissò stupito per le sue parole –tu hai fatto così tanto per me e continui ancora ad aiutarmi, volevo che svegliandoti trovassi qualcosa di bello- le guance di Alex erano diventate più rosee mentre parlava e non riusciva a guardarlo negli occhi, posò il bicchiere vuoto nel lavandino 

-Vado a finire alcune cose- aggiunse con una rapida occhiata nella sua direzione, per sparire subito dopo.

Jason rimase imbambolato a guardare la soglia della cucina, convincendosi sempre di più, che sarebbe stata durissima per lui: il "qualcosa di bello"immaginato da lei, per lui, era un po' diverso. 

Gli era bastato sapere che dormisse di nuovo nella sua stanza per sentirsi più tranquillo, sapere che stesse lì con lui lo aveva reso più calmo, vederla sorridergli, lo faceva sentire un altro. 

Il suo "qualcosa di bello" non c'entrava con il Natale o gli addobbi, ma aveva le sembianze di una ragazza dai lunghi capelli castani, grandi occhi del colore del mare, un naso all'insù, una bocca rosea screpolata che si mordeva spesso, senza neanche accorgersene, la pelle chiara, arrossata dal freddo ma anche dall'imbarazzo se la si guardava quel tanto di più, lei che voleva fare sempre la cosa giusta; era la ragazza che si era presentata a casa sua due mesi e mezzo prima, con un volto segnato dal dolore, dalla malinconia, ma piano piano stava cambiando, stava crescendo. 

Il suo "qualcosa di bello"era lì, a un passo, eppure rimaneva irraggiungibile.

Finì il caffè, accendendosi subito dopo una sigaretta e si ritrovò a chiedersi se fosse giusto per Alex vivere lì con lui; se fosse onesto nei suoi confronti lasciarla vivere sotto il suo stesso tetto, ora che lui doveva combattere un sentimento che sembrava avesse inquinato ogni parte della sua anima; nel momento stesso in cui aveva capito che provava qualcosa per lei, aveva avuto la sensazione che un'esplosione di consapevolezza l'avesse totalmente immerso in emozioni che mai pensava di poter provare di nuovo. 

Si scompigliò i capelli sbuffando, doveva mantenere i piedi ben saldi a terra e avere il polso di tutta la situazione, era lui l'adulto dopotutto!  

-Tutto bene?- la voce di lei lo riscosse, mentre la rivide rientrare in cucina con in mano un ennesimo angioletto che posizionò al centro del tavolo e l'unica cosa che si trovò a pensare fu che fosse bellissima

-Jason? Stai bene?- lei lo richiamò ancora e lui si riprese sospirando

-Benissimo- affermò sarcastico alzandosi e spegnendo la sigaretta nel vicino portacenere, lei lo guardò incerta

-Sta per venire Liz, è un problema? Volevamo stare un pò insieme- gli disse e lui nell'incrociare quello sguardo che cercava di capire cosa avesse, si ritrovò a sorriderle, facendola arrossire di nuovo  

-Le tue amicizie sono discutibili- le disse fintamente critico e lei rise divertita -Comunque mi vado a cambiare e poi passerò il resto della giornata di sotto a lavorare, per cui puoi stare con quella pazza quanto ti pare- così dicendo lo vide uscire dalla cucina e lei rimase a fissare quella soglia non riuscendo a levarsi il sorriso che le aveva fatto spuntare, provando una felicità profonda nel potergli stare accanto, anche così.

Liz era arrivata pochi minuti dopo, felicissima di poter stare un pò con Alex ed era rimasta stupita nel trovare la casa di Jason completamente addobbata; erano sedute sul divano a parlare sorseggiando della cioccolata calda, mentre Jason si era rintanato nel seminterrato per lavorare

–Non posso crederci- ripeté per la decima volta, guardandosi intorno, seduta sul divano accanto ad una Alex raggiante

–L'ultima volta che ho visto questi addobbi era una vita fa- le disse ancora incredula

–Abbiamo iniziato ieri sera, quando sono rientrata, stamattina ho finito- spiegò Alex sorseggiando la cioccolata, sentendosi orgogliosa di essere riuscita a sistemare tutto prima che Jason si svegliasse; sorrise ricordando l'espressione che lui aveva avuto trovando il salone così addobbato.

–Devi aver usato la magia per aver convinto quel troglodita a tirare fuori questa roba- le disse Liz facendola ridere

–Posso chiederti di Thomas?- Alex a quella domanda sospirò e iniziò a raccontarle la proposta del ragazzo che lasciò Liz a bocca aperta

–Quando gli ho detto che sarei tornata si è arrabbiato, soprattutto perchè non capiva il motivo della mia decisione- concluse Alex ricordando la discussione che aveva avuto con Thomas appena due giorni prima

–In realtà non sa bene tutta la storia e io non me la sono sentita di raccontargliela, alla fine ha dovuto accettare la mia scelta- aggiunse, sentendosi in qualche modo in colpa nei confronti di quel ragazzo che era stato così premuroso e gentile nei suoi confronti, non avrebbe mai dimenticato il suo sguardo ferito mentre la vedeva andare via.

Liz posò la tazza vuota sul tavolinetto basso, abbellito ora da un centro tavola che non vedeva da quando era bambina; alla fine anche lei aveva saputo tutta la storia dalla bocca del fratello e da Jason quando la stavano cercando e, quel pomeriggio, anche dalla stessa Alex, una storia che l'aveva lasciata completamente di stucco;

–Vi siete lasciati?- chiese ed Alex soffiò una risata

–Se Jason non fosse venuto a cercarmi, sono sicura che avrei accettato la proposta di Thomas e magari saremmo finiti insieme in maniera definitiva e ufficiale, anche perché lui è un ragazzo d'oro, ma poi ho capito che stavo facendo una scelta di comodo, dettata dal momento- guardò verso il fuoco acceso provando tristezza per come si era comportata, per averlo lasciato senza troppe spiegazioni, ma non poteva negare ciò che sentiva

–Lui non mi farà mai battere il cuore, Liz- la mora la osservò attentamente

–Ti ricordi quando ti ho detto che baciandolo non provavo nulla?- Liz accennò un cenno con il capo

–Penso che, invece, baciare qualcuno deve farti provare qualcosa, soprattutto se è la persona che ami. E' vero che non sono mai stata con nessuno per poter dare un metro di paragone, ma io voglio innamorarmi, voglio sentire le famose farfalle nello stomaco e so che con Thomas non le avrei mai avute- Alex si sentì imbarazzata dalle sue stesse parole, perché in realtà quelle sensazione lei le stava provando, ma non disse nulla, guardando Liz seduta al suo fianco che le sorrise

–L'importante è che tu sia felice Alex, non importa con chi, ma per te stessa- le strinse la mano e Alex arrossì a quelle parole

–Grazie- rispose timidamente

–E poi magari il tuo "lui" l'hai già trovato, no?- ironizzò maliziosa la moretta, Alex la guardò meravigliata, ma la ragazza si alzò stiracchiandosi, senza continuare

–E' meglio che vada al pub, ieri siamo stati chiusi, ma oggi si riaprono i battenti e Mike starà già borbottando non vedendomi, tu quando vuoi tornare?- le chiese e Alex pensò fosse meglio accantonare le parole precedenti 

–Quando volete, per me non ci sono problemi- rispose accompagnandola alla porta

–Allora domani, che dici?- le chiese infilandosi il cappello di lana e i guanti

–D'accordo domani- e aprì la porta nello stesso momento in cui qualcuno stava bussando 
Quando mise a fuoco chi fosse, rimase completamente sconvolta.

-Francesca?!-la donna avvolta in una giacca pesante e con una sciarpa a coprirle quasi del tutto il viso, le si parò davanti

–Alex!- dopo un attimo di assoluta incredulità da parte di entrambe, si abbracciarono ridendo

–Dio mio quanto mi sei mancata!- disse Francesca non smettendo di abbracciarla

–Non posso crederci!- Alex la guardò con gli occhi ricolmi di lacrime, così come si erano trasformati quelli della donna

-Alex tutto bene?- si girò verso Liz rimasta lì sulla soglia

–Si, scusami, lei è Francesca di cui ti ho parlato, l'amica di mia madre, una seconda mamma per me- le spiegò guardando con amore la donna che rideva e piangeva insieme; Liz subito le sorrise e si presentò

–E' un piacere, sono Liz un'amica - disse stringendo la mano alla donna emozionatissima

-Piacere mio!- le rispose sorridendole 

-A domani, Alex, ma se hai da fare non ti preoccupare-

Alex scosse la testa -No, verrò domani!- le rispose entusiasta; Liz dopo averle salutate ancora una volta si dileguò mentre Alex fece entrare Francesca in casa, tenendole una mano

–Mi sembra impossibile!- disse aiutandola a togliersi sciarpa, guanti e giacca.

La donna una volta libera le prese il viso tra le mani

–Tesoro mio, mi sei mancata da morire- le disse abbracciandola ancora –Come stai?- le chiese prendendole le mani, Alex le sorrise felice, ancora incredula nell'avercela davanti

– Ora sto bene, anche se è stata durissima- ammise, la donna la guardò con dolcezza potendo solo supporre le difficoltà delle situazioni che aveva dovuto affrontare; le accarezzò una guancia e non trattenne un'altra lacrima che le solcò la guancia

-Lo posso solo immaginare, amore mio- e l'abbracciò ancora una volta come a volersi sincerare che potesse di nuovo vedere quella ragazzina che per lei era, senza dubbio, un'altra figlia.

Un'emozione indescrivibile attraversò Alex nel rivederla, nel sentirsi stringere da lei, poter di nuovo respirare il profumo di buono che Francesca aveva da sempre, poter guardare quel volto con il quale era cresciuta, riascoltare quella voce, rispecchiarsi in quegli occhi che le ricordavano ciò che aveva avuto e vissuto.

Dovette asciugarsi le lacrime che le avevano inumidito il volto e Francesca fece lo stesso non smettendo di tenerle la mano

–Lo vuoi un tea caldo? Sei gelata- le chiese Alex

–Va benissimo- rispose la donna osservando il salotto con un certo stupore

–Non pensavo che Jason fosse tipo da addobbi di Natale- ammise e Alex rise

–A dire il vero sono stata io a proporglielo- confessò arrossendo

–Ah, ecco perchè, mi sembrava troppo strano infatti- entrambe le donne si avviarono in cucina ridendo e Alex mise subito il bollitore sul fuoco e preparò la tazza

–Come stai Francy?- le chiese sedendosi accanto alla donna che subito le strinse le mani

–Bene, sono in ferie da un paio di giorni e siamo venuti con Marco e le ragazze in vacanza per festeggiare il Capodanno a Londra, così ho penato di venire qui- le spiegò non smettendo di sorriderle e guardarla con i suoi grandi occhi del colore del prato, in quel modo che ad Alex stringeva lo stomaco per i ricordi di una vita passata che solo con la sua presenza, Francesca, aveva portato con sé

-Stanno tutti bene? Laura come va con la sua ginnastica ritmica e Manuela? Ha poi scelto se fare l'artistico o prendere un professionale?- chiese sentendo un profondo senso di malinconia per non poter vedere le persone che per lei erano sempre state l'unico sinonimo di famiglia

Francesca rise e le disse che stavano benissimo e la salutavano

–Mi sei mancata, non sai le volte che avrei voluto scriverti o chiamarti- ammise Alex alzandosi per prendere il tea che mise davanti a Francesca ancora infreddolita

–Hai fatto bene a non farti sentire, anche se ero davvero preoccupata; è stato un salto nel buio, ma dovevamo rischiare- e Alex sospirò nel pensare a quanto quei pochi mesi sembrassero anni

–Ammetto che non è stato per niente facile- la donna, ascoltandola, abbassò la testa sulla tazza fumante girando il cucchiaino per far sciogliere il miele che aveva messo

–Immagino, Alex- le rispose con sguardo triste –La convivenza come va, adesso? E lui dov'è?- le chiese dopo qualche attimo, ma proprio in quel momento salì dal seminterrato Jason che appena entrò in cucina si immobilizzò sulla porta fissando sconcertato la figura di Francesca

La donna si voltò e, nell'incrociare quello sguardo, non potè non sentire gli occhi inumidirsi di nuovo

–Ciao, Jas- lo salutò con voce incrinata mentre con il fazzoletto si tamponò una lacrima che nel vederlo era subito scivolata dagli occhi, si alzò in imbarazzo, Jason sembrava si fosse cristallizzato.

L'ultima volta che si erano visti si erano salutati per sempre.

–Sei sempre di poche parole, vero?- scherzò Francesca facendolo come riscuotere, lui accennò un sorriso e si mosse verso di lei

–E tu sei sempre quella che parla troppo - le disse guardandola attentamente per poi abbracciarla e farla ridere di cuore

–Oh mio dio! Jason così mi soffochi!- scherzò ancora Francesca abbracciandolo a sua volta.

Fu strano per entrambi, potersi sentire così vicini dopo tutti quegli anni.

Ma fu questo che entrambi avvertirono in quell'abbraccio, sembrò che il tempo passato, non avesse significato nulla; infondo, lei era sempre Francesca con la quale Jason aveva condiviso una parte importante della vita, dove entrambi avevano fatto i conti con il dolore nei confronti di una persona a cui volevano davvero bene, con la quale aveva riso e pianto e niente e nessuno avrebbe mai cancellato quello che avevano trascorso

Quando si staccarono, Jason si sedette non smettendo di guardarla, rivedendo in quella donna la vita che aveva lasciato in Italia

–Ti trovo bene- le disse sorridendole e Francesca sorrise abbassando gli occhi alla tazza di tea

–Mi sono ingrassata e invecchiata, altro che- gli rispose sbuffando, facendo ridere Alex e sorridere Jason

–Tu, invece, sei sempre il solito bel tipo- ammise la donna facendo abbassare il capo a Jason che non trattenne una risata camuffandola in uno sbuffo.

Alex lo guardò e lo vide arrossire per la prima volta, la stupiva il modo in cui sembrava davvero felice di vedere Francesca, anche se dentro di lui probabilmente si era scatenata una guerra fatta di ricordi sepolti, un po' come stava accadendo in lei

–Che si dice in Italia?- chiese curioso sorridendole, Francesca sospirò alzando gli occhi al cielo

–I soliti drammi di un paese che fa un passo in avanti e dieci indietro- disse seccata –per il resto un pò di cose sono cambiate- e sorrise divertita prima di continuare -Tipo il fatto che nonostante i pronostici, io mi sia sposata e abbia avuto due bambine- Alex si gustò l'espressione sorpresa di Jason

–Ma dai?- le chiese meravigliato e lei lo spintonò bonariamente su un braccio facendolo ridere

–Sempre il solito scemo!-disse sorridendo - Sembra impossibile, ma alla fine ho trovato un santo che mi sopporta!- aggiunse facendo ridere tutti e tre – Si chiama Marco, è un uomo eccezionale-

-Non ne sarei convinto se sta con te...- la prese in giro Jason ridendo, guadagnandosi un finto pizzicotto della donna che rise di cuore

-E le tue figlie?- le chiese poi Jason curioso, gli occhi di Francesca si addolcirono subito pensando a loro

-Manuela ha 14 anni e fa l'artistico, vuole diventare stilista, mentre Laura ne ha 11 fa ginnastica ritmica ed è una peste- disse sospirando

-Avrà preso da te, ti ricordi che rompi palle che eri?- Francesca alle parole di Jason si finse offesa per poi scoppiare a ridere, così come Alex

–Tu che mi racconti?- gli chiese Francesca stringendogli una mano che Jason ricambiò

–Vuoi sapere prima dell'arrivo di questa qui?- chiese accennando ad Alex, la quale sbuffò scuotendo la testa facendo ridere Francesca 

–Sono felice che tu l'abbia aiutata- disse la donna –so che deve essere stato difficile- e Jason sospirò abbassando il capo

–Se ti dicessi il contrario sarebbe una bugia- la guardò –non ho molto gradito all'inizio- e fissò la donna negli occhi; 

Alex fu certa che quei due riuscissero a parlarsi anche solo guardandosi.

Francesca abbassò dopo qualche attimo lo sguardo, l'aria gioviale di qualche istante prima si era subito disciolta e Alex si sentì in qualche modo colpevole della cosa

–Non sapevamo come fare, Jas- sembrava davvero avvilita –la scomparsa di Emma è stato un duro colpo- Alex sentì il suo cuore appesantirsi al ricordo della madre

–Come mai sei qui?- le chiese Jason

Francesca gli sorrise

–Sempre diretto, vero Jas?- chiese guardandolo con un leggero sorriso che lui ricambiò -Ho lasciato la mia famiglia a Londra, festeggiamo il Capodanno lì, ma dovevo venire - spiegò.

Seguirono attimi di silenzio, Jason fissò il tavolo per qualche istante per poi guardare di nuovo Francesca

–Ti fermi qui stanotte?-le chiese e lei sorrise stringendosi nelle spalle

–Ho il treno domani alle 11.30, se non è un problema...- e guardò verso la ragazza felice di poter stare qualche ora con lei

–Pasta?- chiese Alex alzandosi e iniziando a preparare la cena.

La serata seguì tranquilla, Alex guardò Jason e Francesca ridere e scherzare ricordando quel passato che entrambi non avrebbero mai pensato di poter rievocare; le raccontarono di aneddoti di quando erano ragazzi che sua madre le aveva sempre taciuto, facendola ridere a sua volta e si ritrovò a ringraziare entrambi per la delicatezza con cui affrontarono quei discorsi in sua presenza; non provò dolore, ma solo gioia perchè sapeva che sua madre, con loro, era stata davvero bene, gli unici a riuscire a starle accanto nonostante tutto; si rese conto di aveva davanti due persone davvero eccezionali.

***

-Posso chiederti di quell'uomo?- Francesca, seduta sul divano, aveva appena mandato un messaggio al marito e alle figlie, guardò Jason seduto sulla poltrona accanto a lei che fissava l'albero di Natale nell'angolo del salotto, sapendo che prima o poi quella domanda sarebbe arrivata

–Non lo vedo dal funerale di Emma- rispose con un groppo che le si era formato nel ricordo di quel triste giorno

–E'stato tutto il tempo in disparte, pur avendo voluto pagato lui tutto, eravamo in pochissimi e abbiamo fatto da barriera ad una Alex completamente sconvolta- Jason sospirò immaginando solo lontanamente il dolore di quella ragazza

–Come hai fatto a tenerlo lontano da Alex?- le chiese e lei sospirò raccontandogli di come Emma avesse dato disposizioni al loro amico, Dario, l'avvocato che aveva curato tutti gli interessi di Emma

–E' per questo che voleva che venisse qui da te- aggiunse dopo attimi di silenzio e lui la guardò con espressione ferita

–Sarei voluto venire quando ancora potevo fare qualcosa- il suo tono era basso, ma Francesca sapeva il dolore che lui ancora si portava addosso, gli si avvicinò accarezzandogli una mano

–Non potevi fare nulla, Jas, non lì- sospirò prima di continuare –anzi è stato un bene perché il vero aiuto lo stai dando ora, con Alex- si guardarono negli occhi; Jason sapeva che avesse ragione, non avrebbe mai sopportato la vista di Emma in ospedale, in quelle condizioni, senza poter fare nulla, ma non aver saputo nulla, fino all'arrivo di Alex, gli provocava ancora dolore

-Avresti dovuto chiamarmi- il suo tono era serio e Francesca staccò la mano e si riappoggiò allo schienale del divano guardando il fuoco ardere nel camino, riflettendosi in tutti quegli addobbi natalizi

-Emma non voleva, Jas, mi ha fatto promettere che non ti avrei cercato- le parole di Francesca lo ferirono, si portò una mano ai jeans dove estrasse il pacchetto di sigarette e ne accese una aspirando il fumo con avidità

-Lei ha sempre saputo ciò che provavi nei suoi confronti, ha sempre saputo che con te sarebbe stata felice, ma non poteva permettere che la sua vita interferisse con la tua; ai suoi occhi tu eri davvero un principe azzurro, Jas, eri la sua ancora di salvezza e non voleva rovinarti con quello che stava passando- Jason strinse la mascella a quelle parole

-Lei ha sempre scelto per me, senza darmi possibilità di fare nulla- rispose ferito

-Lei ti ha solo protetto, Jas, voleva che ti ricordassi di lei per come l'hai conosciuta, per i momenti belli che avete, abbiamo, passato insieme. Quando hai scoperto quello che nascondeva, del padre, per lei è stato un duro colpo, ai tuoi occhi lei voleva essere la ragazza perfetta, quello che non sarebbe mai potuta essere- Jason la guardò e Francesca abbozzò un sorriso 

–Io per lei sono sempre stata una sorella, ma tu sei sempre stato qualcosa di più, eri la persona che avrebbe sicuramente scelto, ma in altre condizioni, Jas, in un'altra vita - sospirò prima di continuare –lei non voleva farti pagare per quello che era costretta a subire-

Jason avvertì lo stomaco stringersi in una morsa, lui avrebbe voluto proteggerla e invece, era stata lei, a proteggere il suo migliore amico che probabilmente avrebbe fatto di tutto, ma non abbastanza.

–Potrebbe comunque trovarla- entrambi sapevano a chi si stesse riferendo -Ma che diavolo vuole da Alex?- chiese stranito avvertendo l'amaro risalirgli dallo stomaco

–Non lo escludo, ma a nostro vantaggio c'è il fatto che non sa nulla di te, ti avrà visto un paio di volte, per cui escludo che si ricordi di te- rispose Francesca che si fermò qualche attimo prima di continuare -Lui vuole ciò che, secondo la sua mente malata, gli appartiene, inoltre vuole i soldi che Emma aveva preso e che ora ha Alex - Jason deglutì a vuoto, gli sembrava un incubo 

-Devo parlarvi di una cosa importante, Jas- aggiunse Francesca dopo attimi di silenzio che avevano acceso inquietudine nell'animo di Jason

Si irrigidì all'istante, sapeva che c'era dell'altro, l'aveva capito, la conosceva troppo bene.

Rivedere Francesca dopo tutti quegli anni era stata un'enorme gioia, ma in lui si era attivato un sesto senso che gli aveva fatto subito sospettare che quella visita prometteva altro

–Alex!- chiamò, e dopo qualche attimo arrivò anche lei che aveva appena finito di sistemare la cucina; si era offerta di cucinare e di rassettare il tutto, perchè voleva permettere a Jason e a Francesca di poter passare un pò di tempo insieme, ma appena li guardò percepì qualcosa di strano.

Fissò prima Jason che sembrava piuttosto serio e irrigidito, guardò poi verso Francesca che abbozzò un sorriso facendo segno di sedersi accanto a lei

–Cosa c'è?- chiese e Jason accese una seconda sigaretta

–Francesca deve dirci qualcosa- le rispose fissando il fuoco, non sapendo se davvero avesse voluto sentire quello che Francesca aveva da dire

La diretta interessata si strinse nelle spalle

–E' vero, Alex, devo dirvi una cosa che riguarda tuo nonno-

A quella frase Alex si irrigidì e anche Jason si dovette sistemare sulla poltrona, aveva l'impressione di avere gli spilli sotto al sedere

–Mi ha trovato?- chiese con una punta di paura nella voce, Francesca scosse la testa e lei non trattenne un sospiro di sollievo

–Ma potrebbe- aggiunse stupendo sia lei che Jason

–Scusa, ma hai appena detto che non sa nulla di me!- sbottò infastidito Jason, lei lo guardò sospirando, le reazioni di Jason non erano cambiate nonostante gli anni, pensò

–No, ma potrebbe comunque rintracciarla, ha sempre molto potere e gente che asseconda le sue richieste- avvertì. 

Alex deglutì sentendo la gola secca

–E cosa dovremmo fare?- chiese ancora più spazientito Jason –Non possiamo mica cancellarla!- disse rivolgendo un gesto verso Alex, sentiva la collera montargli nelle viscere, non avrebbe permesso a quell'essere spregevole di avvicinarsi ad Alex

–In realtà sì, dovremmo- ammise Francesca spiazzando sia lui che Alex che sgranò gli occhi

–Cristo Francesca parla!- Jason alzò la voce alterato; se c'era un modo per evitare qualsiasi contatto con quel tipo lo avrebbero attuato, doveva stare lontano da Alex

Francesca guardò prima lui e poi Alex che in quel momento sembrava si fosse pietrificata

–Hai due alternative, Alex- iniziò -o partire per l'America con un Visto che ti consentirebbe di arrivare lì e in qualche modo, grazie ad alcuni amici di Dario, cambiare identità- Alex rimase a bocca aperta, ma niente in confronto a ciò che lei aggiunse dopo

-E la seconda?- chiese Jason con sguardo allarmato, Francesca si passò una mano tra i capelli neri, sospirando

-L'altro modo, per certi versi più semplice, ma che ti consentirebbe di non essere ritrovata..- si fermò un attimo cercando il modo per dirlo, ma alla fine si arrese all'evidenza che entrambe le soluzioni erano piuttosto drastiche; guardò verso Alex prendendole una mano

-Per non essere rintracciata, Alex, tu dovresti sposarti-

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Capitolo 25
*** 24 ***


24

Seguì qualche attimo di silenzio carico di elettricità

Jason si trovò a dover raschiare la gola con un colpo di tosse per poter far uscire la voce

-Scusa, cosa?!- si sforzò di chiedere mettendosi seduto sulla punta della poltrona, aveva la sensazione che il corpo gli vibrasse, guardò Francesca con il volto sconvolto, lei abbassò il capo stringendosi le mani in grembo

–Alex dovrebbe cambiare cognome, a quel punto potrebbe stare davvero tranquilla- spiegò

Jason si sentì completamente privo di forze, guardò verso Alex, la quale era rimasta a fissare con sguardo allucinato Francesca

-Ma che diavolo stai dicendo?!- chiese cercando di ritrovare il controllo di sé stesso e della situazione

Francesca, sospirò e lo guardò negli occhi

–Abbiamo analizzato la cosa da ogni punto di vista e queste sono le sole due soluzioni che abbiamo trovato che possono davvero servire per aiutare Alex- chiarì – Per la prima opzione, il fatto di farle cambiare identità, con le procedure normali è impensabile, quantomeno qui in Europa, in Italia è praticamente da escludersi, ma in America abbiamo degli agganci, anche se si tratta di lasciarti andare dall'altra parte del mondo- al solo pensiero gli occhi di Francesca diventarono liquidi nel rivolgersi verso Alex rimasta di sale, Jason ascoltava ma dentro sentiva le viscere stringersi e dolere

–La seconda opzione è più semplice, per certi versi, ed è quella che preferiamo, sia io che Dario- continuò Francesca- quella di sposarti ti permetterebbe di prendere il cognome di tuo marito e non andare così lontano-

Jason si alzò dalla poltrona di scatto con la scusa di sistemare il fuoco, ma quella reazione era dovuta a ben altro, sentiva lo stomaco pronto a fargli rimettere la cena.

Alex era rimasta completamente gelata da quello che Francesca le aveva appena proposto, le sembrò di vivere un incubo infinito, la sentì stringerle le mani per farsi guardare

–Lo so che sembra assurdo, ma ci siamo informati, Alex, per stare davvero tranquilli è l'unico modo. Se ti sposassi lui non riuscirebbe a trovarti, dovrebbe davvero mettere in campo conoscenze che non è detto che gli diano l'appoggio per ritrovarti, inoltre entra in gioco la privacy e la cosa perfetta sarebbe farti diventare cittadina di un altro paese- a quelle parole Jason si girò a guardarle con gli occhi sgranati

–Di un altro paese?- chiese non mascherando un certo tremore nella voce

Francesca fece un cenno d'assenso con il capo

–C'è un carissimo amico di mio marito che lo farebbe tranquillamente, è francese, vive a Parigi- disse e Jason cercò di ricacciare indietro la bile che gli era risalita in gola 

–Ti sposeresti solo per una questione burocratica, Alex, ovviamente, poi quando veramente troverai la persona giusta potrai tranquillamente divorziare e sposare chi vorrai, ma questo ti permetterebbe di vivere serenamente- Francesca la guardò con convinzione, mentre Alex si sentì sul punto di vomitare

–Ma come ti viene in mente?!- Jason era fuori di sè –Già così è una richiesta da matti da fare! Figurarsi farla con qualcuno che neanche conosce!- Francesca fece un'alzata di spalle e lo guardò intensamente prima di parlare

–Jason, ho promesso ad Emma, in ospedale, che avrei fatto di tutto per aiutare Alex, per cui non mi scandalizzerei a farglielo fare se è per il suo bene- disse lapidaria sorprendendoli e Alex sentì la testa pulsare dal dolore, quei discorsi gli avevano fatto esplodere un mal di testa atroce

–Jas, so che è qualcosa di assurdo e pazzesco, ma se davvero vogliamo fare qualcosa di concreto per cambiare le cose in modo definitivo, Alex ha solo queste due opzioni!-

Jason la guardò come si guarda un alieno, la stessa Alex sembrò sul punto di piangere

–Ma vi è andato di volta il cervello?!- Jason non trattenne la rabbia e alzò la voce bruscamente

-Ma ti rendi conto di quello che le stai chiedendo?!- la voce gli uscì roca, sentiva come la bocca asciutta–Lei è una ragazzina!- ed indicò una Alex sconvolta –Ma come vi è venuta in mente una stronzata del genere?- ruggì

–Jason per favore, ascoltami!- sbottò a sua volta Francesca alzandosi -Ho proposto una persona di fiducia per non doverlo chiedere a te!- sbottò rabbiosa

La bomba, il nocciolo della questione, era stato alla fine rivelato

Di nuovo il silenzio calò su tutta la stanza.

Jason guardò Francesca con la sensazione che il sangue gli si fosse raggrumato a terra, perché era convinto di non averne più neanche una goccia in corpo

-Non voglio coinvolgerti ancora di più con questa cosa, il trasferimento di Alex, qui, era in realtà temporaneo- Francesca sbuffò e si risedette accanto ad Alex che non riusciva più a pensare

–So quanto possa essere stata una situazione surreale per entrambi, ma in quel momento non potevamo fare altro, ma ora abbiamo un'altra soluzione e, questa, vi consentirebbe di riprendere la vostra vita normalmente- si giustificò

Jason non sapeva cosa dire, si sentiva come dentro una centrifuga di emozioni, si voltò verso Alex e il cuore gli cedette un battito.

Era seduta con lo sguardo liquido, arrossata, guardava davanti a sé con un'espressione completamente sconvolta che le aveva trasformato i lineamenti del volto; al pensiero che potesse andarsene si sentì mancare, non poteva permettere che partisse e sposasse qualcuno di ignoto, sentì come accapponarsi la pelle al solo pensiero

-Lo farò- soffiò sentendo gli occhi di Francesca e di Alex posarsi su di lui che al contrario guardava a terra, rigido come una statua

–Hai fatto molto per Alex, ma non devi farlo per forza..- lui sbuffò interrompendola per regalarle un'occhiataccia

–Ho detto che va bene!- ripeté perentorio guardando poi Alex la quale non sapeva davvero come comportarsi, aveva il cervello in pappa

-Non permetterò ad Alex di fare una cosa così assurda, con qualcuno che non conosce- disse in tono severo –Non esiste!- aggiunse e guardò verso Alex che aveva la bocca dischiusa e lo fissava allibita. Francesca invece addolcì subito lo sguardo

–E' assurda come cosa perchè è studiata! E' un progetto fatto a tavolino! Ma pensa se voi due invece vi amaste veramente, non ci sarebbe nulla di male!- Alex e Jason a quelle parole si tesero inconsciamente come corde di violino

–Non sarebbe una cosa tanto assurda!- Francesca abbassò la voce –Alex, dobbiamo fare in modo che il tuo cognome non possa essere rintracciato e, da sposata, la cosa sarebbe davvero difficile anche per lui- spiegò alla ragazza che si stava contorcendo le mani a disagio

–So che vi sto chiedendo una cosa che non immaginavate, ma è l'unico modo credimi, credetemi- disse sconsolata guardano Jason, poi si rivolse ad Alex

Jason si sentiva fuori di sé per tutta quella conversazione, aveva bisogno di stare solo e riflettere, riordinare le idee; Francesca aveva davvero fatto esplodere una bomba nel giro di pochi minuti e lui aveva l'impressione che gli fosse salita la febbre. Come era possibile che le cose si stessero complicando a quel modo?! Già era faticoso per lui far finta di nulla, rispetto a quello che sentiva nei  confronti di Alex e, ora, si sarebbe trovato a doverla sposare! Mettere in scena una vera e propria relazione! Doveva assolutamente allontanarsi per un pò!

-Io vado a letto- senza guardare nessuno salì velocemente le scale per chiudersi dentro quelle quattro mura, sospirò pesantemente osservando la luce della luna che filtrava dalla finestra, sentendosi tremendamente vulnerabile e la cosa non gli piacque per niente

Alex e Francesca rimasero ancora sedute sul divano

–Come sono stati questi mesi qui, Alex?- la ragazza guardò Francesca che le sorrise bonariamente, sospirò tornando a guardare il fuoco, sentendosi meno agitata appena Jason era salito 

–All'inizio è stato davvero un trauma, Jason non mi voleva- disse con dolore –mi ha cacciato, poi un incidente ha fatto sì che rimanessi- Francesca la guardò stupita

–Che incidente?- chiese e Alex sospirò

–Ho rischiato di essere investita, un amico mi ha praticamente salvata, ma quella sera aveva nevicato e sono scivolata malamente procurandomi una brutta distorsione al ginocchio- raccontò ricordando il dolore e la paura

–Dici davvero? E come stai ora?- Francesca sembrò subito preoccupata

-Sto bene, ho portato una fasciatura e le stampelle per un pò, ma ora è tutto passato- ammise facendo risollevare anche il morale di Francesca

–Mi dispiace non poterti stare accanto come dovrei- le disse e Alex notò i suoi occhi lucidi –Per me sei come una figlia, Alex- le confessò abbracciandola –So che quello che ti ho chiesto di fare può sembrarti da matti, ma forse è l'unico modo per mettere il capitolo fine sulla famiglia di tua madre- Alex si asciugò una lacrima che le aveva rigato una guancia

–Mi odierà- disse flebilmente

–Perchè? Non dire così- la riprese la donna, Alex sospirò

–Non so se ti ricordi che tipo sia Jason..- disse facendola sorridere –già non voleva avermi qui, ora che sembra essersi convinto gli hai chiesto di fare una cosa così importante. Avrebbe tutto il diritto di odiarmi- Francesca sospirò a sua volta

–Poteva rifiutare e non l'ha fatto, anzi mi è sembrato sicuro- replicò –so che non è un tipo facile, tua madre era l'unica a saperci trattare, ma ha il cuore d'oro e poi gli ho chiesto di sposare una gran bella ragazza, mica una novantenne!- entrambe risero alla battuta per sdrammatizzare

-Lui ha una donna con cui si frequenta- esordì Alex dopo attimi di silenzio, Francesca la guardò incuriosita-Per lui sarà difficile gestire la cosa- abbassò il capo –gli sto sconvolgendo la vita, Francy e non ne vado fiera- ammise, Francesca le accarezzò il capo

–Dai andiamo a riposarci anche noi, è stata una giornata lunga-

***

-Pensi di poterlo fare senza odiarla?- Jason guardò Francesca seduta di fronte a lui al tavolo della cucina; erano le nove di mattina ed erano soli a fare colazione, Alex ancora era di sopra; entrambi avevano passato una notte in bianco e lo si poteva intuire dalla stanchezza che si rifletteva sui loro visi

–Io non la odio- specificò Jason sorseggiando il suo caffè

–Lo sai che la prima cosa di cui si è preoccupata non è stato il matrimonio in sé, ma quello che potresti pensare nei suoi confronti?- la frase lo colpì come uno schiaffo, ma riuscì a rimanere imperturbabile

-Ieri sera, dopo che te ne sei andato a letto, mi ha detto che tu la odierai per questo- Jason alzò gli occhi al cielo

–E' melodrammatica come Emma- soffiò –non la odio, non potrei mai odiarla, non dipende certo da lei! Piuttosto sono incazzato con te e lo sarei anche con Emma se fosse qui- entrambi sospirarono

–Lo so e ne hai tutte le ragioni, ma ti giuro Jas, non sapevamo dove mettere le mani. Emma me ne parlò diverse volte che voleva che Alex si allontanasse e venisse da te, ma io speravo di evitare a te e lei questa condizione, ma è stato impossibile- Jason guardò gli occhi gentili di Francesca –Lui è riuscito a mettermi sotto controllo da quando Emma non c'è più, Jas, non posso mettere in pericolo la mia famiglia e Alex, anche venire qui è stato un azzardo – il volto di Francesca era serio e le si leggeva in faccia il rancore e l'odio che provava per quell'uomo 

-Ha mandato alcune persone da Dario, sa che lui gli sta curando tutta la pratica che Emma aveva messo in atto, rivuole i soldi che lei gli sottrasse, vuole riavere ciò che era riuscita a mettere insieme per incastrarlo e vuole sua nipote -

Jason percepì la pelle d'oca alle parole di Francesca, quell'uomo era e, sarebbe continuato ad essere, pericoloso

–Ho saputo che hai la donna- le disse lei maliziosa dopo qualche istante –non sarà un problema per te?- gli chiese più seriamente, Jason abbassò il capo sulla tazza mezza vuota che aveva in mano

–Si lo sarà, ma vedrò di risolvere la cosa- Francesca sorrise guardandolo

–Voglio essere sicura che lei può stare qui con te, Jason- si fermò un attimo per poi alzarsi senza staccare gli occhi da lui

–Te lo sto chiedendo da madre, Jason, lei può stare davvero qui con te?- Jason fisso quegli occhi irremovibili, si alzò a sua volta poggiando le mani sul tavolo

–Lei. Starà. Con. Me- scandì altrettanto serio, si guardarono a lungo, poi la vide sospirare e tornare a sorridergli

–Bene, allora posso andarmene più serena- disse rimettendosi seduta, nel momento in cui si affacciava anche Alex

–Rischiavo di non fare in tempo!- si lamentò, ma appena incrociò gli occhi di Jason, sentì il sangue imporporarle le guance così si girò verso la donna

–A che ora devi prendere il treno?- le chiese e Francesca guardò l'orologio sorridendo

–Tra un'oretta, ma credo sia meglio che mi avvii prima- 

-Mi vado a vestire e andiamo, sbrigati Alex- detto questo, con espressione scura, Jason lasciò le due donne da sole

Alex si morse il labbro sentendo tutto il disagio che, ancora una volta, stava causando, si girò per preparasi il caffè potendo immaginare cosa pensasse lui di tutta quella maledetta storia

-Francy- la donna alzò il capo per guardarla negli occhi –Se decidessi per la prima opzione?- la domanda lasciò Francesca di sasso, era una cosa che sperava vivamente di non dover affrontare; prima di risponderle prese un sorso di tea caldo per poi sospirare pesantemente, Alex intanto le si era seduta accanto, con espressione contratta

-Beh, amore, ad essere onesta speravo che non la prendessi neanche lontanamente in considerazione- ammise abbozzando un sorriso –Ti posso dire che in America, a New York, lavora un amico di Università di Dario, ha voluto provare a parlargli di te, senza scendere nei particolari; vista la conoscenza che li accomuna, si è offerto di aiutarci, ma non so dirti altro- Alex sospirò a sua volta guardando il caffè bollente nella tazza

-Non me la sento di fargli anche questo- sospirò sentendo come un sasso posizionarsi all'altezza dello stomaco -Io ho un motivo per dover risolvere la cosa, ma lui...-

-Credo di essere abbastanza grande da poter prendere una decisione da solo, Alex- la voce di Jason paralizzò la ragazza e la stessa Francesca che non l'aveva visto arrivare sulla soglia

-Anche tu, come tua madre, vuoi prendere una decisione che spetta a me? – le chiese gelandola

-Vorresti davvero partire per l'America?- la incalzò, non l'aveva mai visto così serio

-Forse sarebbe la scelta migliore- rispose incerta, fissando quegli occhi che lampeggiavano dalla rabbia che stava trattenendo –Non voglio che questa cosa..- lui la fermò facendo un passo verso il tavolo che li separava

-Davvero pensi che andare in America, con persone che nessuno ha mai visto e conosciuto, sia la scelta migliore?- le chiese provocandola

Certo che no! Avrebbe voluto rispondergli, non voleva andarci, non voleva cambiare nome e cognome, assumere un'altra identità, ricominciare con gente mai vista né sentita. Non voleva lasciarlo. Ma non poteva continuare ad incastrare così l'esistenza di Jason, non lo meritava

-Scusa Jason, ma...-

- No, Alex, non ti scuso- la fermò lui – e non scuserei una tua azione così sconsiderata- le disse gelido

Francesca rimase di sasso a guardare entrambi, per poi sospirare e prendere una mano di Alex che la guardò con gli occhi lucidi

-Alex, Jason ha ragione- le disse dolcemente –Se ha deciso di farlo, non mettere in dubbio il suo gesto- Alex abbassò il capo mordendosi un labbro

–Andare in America è piuttosto complicato, dovremmo fidarci di una persona che io non ho mai visto, saresti troppo lontana per essere raggiunta se hai bisogno e la cosa mi preoccupa solo all'idea- le fece alzare il volto accarezzandole una guancia –Tesoro, fidati di noi, abbiamo in mente solo il tuo interesse: poterti liberare da questa croce che si portava addosso tua madre e ora grava su di te- Alex sentì una lacrima fuoriuscire e rigarle una guancia 

–Ti faccio una promessa, Alex- le si avvicinò prendendole il viso tra le mani –Se questa cosa dovesse mettere in difficoltà entrambi, faremo di tutto per poterti portare in America, ma teniamocela come carta di riserva, va bene?-

Alex soppesò quelle parole, non era abbastanza come promessa, pensò, perché intanto Jason avrebbe dovuto affrontare un'altra situazione che non gli apparteneva; ma voleva avere del tempo per rifletterci sopra, così si limitò ad un leggero gesto con il capo

Francesca sembrò più sollevata, le diede un bacio su una guancia per poi alzarsi

-Vado a chiamare Marco per avvertirlo che sto per partire- disse uscendo dalla cucina

Alex non riusciva ad alzare la testa, fissando il caffè davanti a lei

-Alex- la voce di Jason le fece avere un brivido, non ci si sarebbe mai potuta abituare –cosa ci siamo promessi?- le chiese stupendola, così si costrinse ad incrociare quello sguardo che ora sembrava riversarle una dolcezza che mai gli aveva visto, lui le sorrise, posò le mani sul tavolo piegandosi leggermente verso di lei

-Avremmo sempre chiarito se qualcosa ci avesse turbato, ti ricordi che me lo hai chiesto tu?- lei fece un leggero cenno d'assenso e il sorriso di Jason si allargò, inclinò leggermente la testa di lato continuando a fissarla in quel modo che riusciva a leggerle l'anima

–Troveremo una soluzione insieme, d'accordo?- lei dischiuse le labbra, quella frase la colpì facendole stringere il cuore per l'emozione, ma rimase completamente di stucco quando lui le accarezzò una guancia, asciugandole un'altra lacrima che era sgorgata

-Avanti, finisci il caffè che dobbiamo portare Francesca in stazione- detto questo si allontanò e raggiunse la donna in salotto

Lui aveva la capacità di sorprenderla, sempre, in ogni situazione; bastava uno sguardo, una parola, un gesto e tutto si capovolgeva di nuovo. Sentendosi chiamare da Jason, Alex, bevve il caffè sorridendo e li raggiunse.

Nel giro di poco si trovarono nella piccola stazione dove ad attendere il treno per Londra c'erano solo una coppia e un signore di una certa età intento a leggere il quotidiano. La voce dalla cabina annunciò la partenza del treno per Londra, così Francesca si trovò a stringere forte Alex

–Mi mancherai tantissimo- le sussurrò, Alex la guardò con gli occhi ricolmi di lacrime

-Anche tu- rispose con voce strozzata –salutami Marco e le ragazze- Francesca la baciò su una guancia

–Ti prometto che tornerò presto- le disse, per poi rivolgersi a Jason che sicuramente era più composto, ma una lieve sfumatura di tristezza gli adombrava lo sguardo

–Mi raccomando, te l'affido Jas- gli disse in un orecchio mentre lo abbracciava forte, lui si limitò ad un cenno del capo

–A presto- salutò per poi girarsi e oltrepassare la porta che conduceva al binario; Alex la salutò con la mano e le lacrime ormai le rigavano il viso mentre la vide salire sul treno.

La donna che assomigliava di più ad una madre la stava lasciando lì, un senso di profonda tristezza l'avvolse mentre la vedeva salire, ma una mano le si posò su una spalla  e quando alzò lo sguardo umido, incrociò quello intenso di Jason che le sorrise

-Ce la faremo, Alex, andrà tutto bene- lei arricciò le labbra in un sorriso di gratitudine perchè sapeva che lui non si sarebbe mai tirato indietro

***

Mike guardava con gli occhi fuori dalle orbite un Jason che beveva la sua birra come se non gli avesse appena detto che doveva sposare Alex

 –Dimmi che stai scherzando..- soffiò guardandolo, ma il moro scosse la testa

–No, non lo è- rispose stanco -questo sembra essere l'unico modo per far perdere le tracce di Alex- spiegò guardando il volto sconvolto di Mike

–Ma Alex come l'ha presa?- chiese, Jason sospirò finendo la sua birra

–Stravolta, ovviamente- disse –Ma comunque non ha molta scelta purtroppo- aggiunse, vedendola uscire dalla cucina con un paio di piatti per  servire un tavolo con due uomini che la ringraziarono e a Jason non sfuggirono gli sguardi che le  rivolsero, dovette girare lo sguardo per evitare di andare lì e rompergli quei piatti in testa

–Jas, forse dovreste pensare a qualcos'altro, magari se andasse in America sarebbe davvero al sicuro- constatò Mike grattandosi la barba –Insomma mi sembra troppo anche per te fare un passo del genere- e Jason lo guardò assottigliando lo sguardo

–Che dovrei fare? Farla sposare a qualcuno che neanche conosce? O lasciarla andare dall'altra parte del mondo? Non se ne parla!- disse risoluto e Mike sospirò

–Con Jane come farai?- chiese visibilmente scosso.

Jason abbassò lo sguardo sul bancone in legno rovinato, in realtà, il problema era proprio quello, pensò; sposare Alex, anche se in questo tipo di condizioni, non era certo un dramma; la sera prima per poco non rimetteva la cena  per poi passare la notte con gli occhi sbarrati a guardare il soffitto, ma con il senno di poi, non era certo una cosa così assurda, se fatta per aiutarla.

Il vero dilemma era Jane. Come avrebbe affrontato la cosa?

Sapeva, perché la conosceva, che non avrebbe reagito bene; Jane era innamorata di lui da sempre, lo amava talmente tanto che avrebbe accettato qualsiasi cosa lui le avesse chiesto, ma da quando si era parlato con Mike, mettendosi a nudo, aveva capito che con lei non poteva certo continuare, ma dirgli che avrebbe sposato quella ragazzina, avrebbe davvero inferto un colpo basso alla donna. Doveva dirglielo? Si grattò la nuca sospirando

–Non ne ho la minima idea, Mike- ammise e anche l'amico sembrò alquanto consapevole della difficoltà della cosa 

–Gli devi raccontare di Alex e della sua vita- ma Jason scosse la testa

-Vorrei che meno persone possibili conoscano la storia, è da evitare- rispose pensieroso, Mike si appoggiò al bancone

–Dille che ti sei innamorato di Alex, in fondo, è una mezza verità- esordì dopo attimi di silenzio facendo salire un brivido lungo la schiena del moro che lo guardò come oltraggiato

-Ma sei impazzito? Non posso- replicò, Mike sbuffò

–Scusa ma è l'unico modo, digli che hai perso la testa per Alex e hai deciso di sposarla- Jason rabbrividì ancora una volta

–Dio, mi sento male al solo pensiero- ammise portandosi le mani sul volto

–E' una situazione di merda!- fece Mike allontanandosi per servire un paio di ragazzi appena arrivati.

Liz era rimasta di sale quando Alex le aveva raccontato quanto quella Francesca era venuta a proporre a lei e, alla fine, anche a Jason

-Ma è pazzesco- affermò continuando a friggere quelle patatine, Alex le stava accanto ed era tremendamente pensierosa, mentre le aveva raccontato tutto, diverse volte era sembrata sul punto di piangere

-Stai tranquilla, vedrai che si sistemerà tutto- le disse la moretta sorridendole prima di sistemare le patatine sul vassoio per portarle al fratello; quando rientrò, trovò Alex seduta su uno sgabello ad osservare il ripiano davanti a lei, le fece tremendamente tenerezza

-Credo che Jason non sia poi così arrabbiato per la cosa, sai?- Alex si ridestò da quei pensieri sentendo le parole dell'amica che le si avvicinò e le passò uno dei due bicchieri con un po' di birra, Alex sospirò sconsolata e ne bevve un po'

-Forse sarebbe meglio che me ne vada via- esordì dopo qualche istante –Non posso continuare a rovinargli la vita, Liz, lui non direbbe mai di no perché si sente troppo legato alle promesse fatte a mia madre, ma non si può chiedergli di fare una cosa del genere- Liz le si sedette accanto e le sorrise

-Credo che Jason non lo faccia solo per quello, Alex- vide gli occhi di Alex aprirsi stupiti, ma continuò –Le scelte che facciamo nel nostro presente, le facciamo ponderando bene le possibilità che abbiamo- si fermò un attimo prima di continuare –se ha scelto di aiutarti, non lo fa solo per dovere, ma perché per te prova affetto- Alex la guardò completamente stralunata

-Affetto? Jason? Per me?- chiese incredula e Liz rise bevendo un po' di birra

-Alex, Jason sarà anche un troglodita, di questo ne sono convinta e certa, ma è fatto di carne e sangue e se prima ti ha aiutato per il senso del dovere, credo che adesso lo faccia solo per te- Alex si sentì svuotata come se quelle parole resettassero tutto, scosse la testa

-No, Liz, ti sbagli, lui si sente responsabile per me perché può finalmente ripagare mia madre, aiutarmi, significa per lui far pace con sé stesso e con il passato- Liz sospirò e sorrise senza guardarla

-Beh, sei tu che ci vivi insieme, forse è come dici tu...- ma il suo tono allusivo fece fare una smorfia ad Alex che si sentiva già abbastanza in subbuglio per il matrimonio che non voleva neanche lontanamente pensare alle parole della sua amica. 

Uscì al fianco di Alex solo alle due passate di notte, salutando Mike e Liz che stavano chiudendo il locale. L'aria era gelida, aveva nevicato ancora una volta e si poteva avvertire quell'elettricità che dava l'arrivo di Capodanno da lì a un paio di giorni

–Quindi festeggiamo qui da Mike?- esordì Jason una volta in auto, Alex si strinse nelle spalle

–Me lo hanno chiesto e visto che sono mancata per via di Londra, mi sembrava brutto dirgli che non sarei andata- spiegò.

L'auto, nonostante le catene, procedeva lenta e con cautela, Jason era intento a guardare la strada

–A me va bene, ho passato così la maggior parte dei miei Capodanni- disse con un'alzata di spalle, Alex lo guardò stupita

–E Jane? Non festeggi con lei?-nel sentire quel nome, Jason sentì una morsa allo stomaco

–Di solito no- rispose sentendo gli occhi di Alex puntati addosso –Che c'è?- chiese stranito e lei si rigirò come ferita da quel tono

–Scusa, ma pensavo che tra fidanzati si passassero le feste insieme- disse piccata

–Ti ho già detto che tra me e lei non c'è quel tipo di rapporto!- rispose diretto e seccato allo stesso tempo, perchè si ostinava a dire che Jane era la sua fidanzata?

Arrivati a casa, Alex scese velocemente dall'auto, le dava fastidio il modo il cui lui la trattava improvvisamente, ma quando stava per salire le scale e andarsene in camera, lui la richiamò facendola fermare

–Alex, dovremmo parlare..- si fermò un attimo per osservarla, come a trovare il coraggio -del matrimonio- aggiunse, il volto di Alex prese colore

–Di che vuoi parlare?- chiese distogliendo lo sguardo, lui le si avvicinò

–Di quello che ha detto Francesca, no?- Alex sembrò in imbarazzo.

Nel tragitto per portarla in stazione, Francesca aveva detto loro della necessità di fare il matrimonio il prima possibile, informandoli di alcune difficoltà che avrebbero comunque incontrato, come i funzionari addetti all'immigrazione che avrebbero concesso il foglio verde per il matrimonio. Li aveva informati che da quel punto di vista se la sarebbero dovuti cavare da soli, perché era direttamente l'ufficio preposto al controllo di questo tipo di pratiche che avvertiva l'ufficio immigrazione e da quel momento sarebbero intervenuti dei funzionari che avrebbero verificato la veridicità del loro rapporto, proprio per evitare unioni fatte a scopo di lucro per poter ottenere la cittadinanza; a loro favore c'era il fatto che Alex avesse origini italiane, quindi non nella lista dei paesi che venivano maggiormente controllati, anche se negli ultimi tempi le cose erano un po' cambiate: la corona faceva gola a parecchie persone che offrivano denaro per matrimoni combinati, anche con persone di quei paesi considerati più affidabili.

A loro netto svantaggio c'era la differenza di età che sicuramente avrebbe messo in allarme i funzionari che avrebbero voluto vederci chiaro sul loro rapporto. Francesca li aveva avvertiti che loro avevano pieno potere da questo punto di vista e loro due dovevano cercare di essere il più possibile convincenti affinché concedessero ad Alex il foglio per il nulla osta al matrimonio e quindi ottenere la cittadinanza.

–Sei sicura che vada bene, per te?- le chiese osservandole il volto

Alex sentiva il cuore correrle come un matto nel petto, sapeva di essere rossa come un pomodoro e la cosa la imbarazzava ancora di più

–A dire il vero no- ammise mordendosi il labbro e abbassando il capo, Jason si sentì ferito in qualche modo dalla schiettezza della ragazza, non poteva biasimarla e neanche vederla saltellare dalla felicità, ma sentirsi dire quel "no" era stata dura, deglutì

–Immagino che deve essere stato uno shock per te, vorrei poter trovare un'altra soluzione- affermò dispiaciuto, lei sembrò diventare irrequieta, spostò il peso da una gamba all'altra, nervosa, ma non alzava lo sguardo

–Alex, che c'è?- Jason stava imparando che lei non era fatta per camuffare i sui suoi stati d'animo, troppo onesta per far finta che tutto andasse bene quando non era vero

–Allora?- la incitò facendole alzare lo sguardo con un dito, lei sembrò stupita da quel gesto

–Per favore, parlami- quasi la supplicò e lei prima chiuse gli occhi come a voler trovare il coraggio, poi lo guardò più risoluta

–Io non voglio metterti ancora di più in difficoltà, Jason- disse stupendolo; tutto si sarebbe aspettato tranne che lei si stesse preoccupando così tanto per lui

–Io, sono davvero in imbarazzo per questa cosa; da quando sono venuta qui ti ho sconvolto l'esistenza e la cosa non mi piace per niente- gli disse mantenendo lo sguardo fermo in quello di lui

–Alla notizia di Francesca mi sono sentita ancora più in colpa perchè non ti stiamo dando via d'uscita, tu ti senti responsabile per me, ma non vorrei farti fare questa cosa, credo sia davvero sbagliato- Jason guardò quegli occhi del colore del mare d'estate, grandi, intensi, estremamente espressivi e sorrise, la parola responsabilità era l'ultima che associava ad Alex

–Perchè ti preoccupi per me?- le chiese, lei girò lo sguardo e arrossì

–Beh, mi sembra una richiesta un pò folle da fare- disse- ho sempre pensato di sposarmi per sentimento e non per una questione del genere, ma io purtroppo ho questa spada di Damocle, ma tu non c'entri niente in fondo- lui sospirò incrociando le braccia al petto

-Vorresti che fosse un'altra persona?- le chiese leggermente piccato, lui c'entrava eccome in tutta quella storia, pensò irritato!

–No!- rispose di getto stupendo entrambi, poi abbassò di nuovo lo sguardo

–Io, vorrei solo che tu potessi scegliere senza sentirti in obbligo –aggiunse e Jason si sentì profondamente colpito da quella frase; istintivamente posò una mano sulla guancia di lei, era bollente, si guardarono negli occhi per alcuni istanti

–Lo voglio fare, Alex-gli occhi di lui la imprigionarono- non sopporterei vederti andare in America- assottigliò leggermente lo sguardo –e detesterei vedere qualcun'altro al mio posto- Alex rimase senza fiato, quella frase le fece volare il cuore nel petto, sapeva che non doveva lasciarsi andare a certe emozioni quando lui le parlava così, perché lo faceva per la responsabilità che aveva nei suoi confronti, ma era tremendamente difficile.

–Ora vai a dormire, è tardissimo- le disse lui bonariamente, lei come scottata da quell'atmosfera che li stava risucchiando, si girò velocemente risalendo le scale per chiudersi in camera.

Si buttò sul letto sentendo il suo corpo formicolare per l'emozione. Si portò una mano al viso: ogni volta che la toccava sembrava che le lasciasse un marchio, poteva far finta di nulla?

 

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Capitolo 26
*** 25 ***


Il locale era pieno, proprio come le aveva detto Liz. C'era gente di tutte le età che rideva, mangiava e beveva, la musica risuonava e la gente era estremamente felice quella sera, l'euforia che si era impadronita delle persone in quei giorni, sembrava si fosse condensata tutta lì dentro.

Avevano abbellito il Blue Line con lucine che si arrampicavano alle travi in legno e vari elementi natalizi, tra cui l'albero di Natale posto vicino l'entrata e quello più piccolo con le sue lucine ad intermittenza sul lungo bancone in legno.

Alex aveva saputo da Liz che, per Capodanno, si organizzavano giochi e gare tra le persone e che spesso si svolgevano nell'attesa della mezzanotte e anche dopo; gli anni passati Mike, aveva dato vita a sfide che si erano svolte tutta la notte, dividendo i vari partecipanti in due o più squadre per vari giochi come il trovare i semi di frutta secca all'interno di un contenitore di liquido caldo, generalmente acqua con colorante, anche se la tradizione voleva che fosse una bevanda alcolica, ma Mike era restio allo spreco di tanto alcool; avevano anche organizzato il classico gioco a coppie del prendere una mela legata ad un filo che penzolava dal soffitto, ma il tutto era sempre terminato in una baraonda completa, a volte avevano anche sfiorato delle vere e proprie risse fuori al locale, che poi lo stesso Mike aveva sedato, per non parlare del porcile che si creava ogni volta; così per quell'anno, Mike, si era limitato ad organizzare una semplice serata nel suo pub con piatti tipici, come il bel tacchino con marmellata di mirtilli che avevano preparato i giorni prima e i vari dolci natalizi con frutta secca e miele o il pudding di mele.

L'odore di cibo e alcool aveva invaso il locale e sembrava aver anche stordito i vari clienti, pensò Alex riempiendo un ennesimo boccale di birra che passò a Mike per servire alcuni clienti, ma entrambi rimasero sorpresi nel vedere arrivare Jason.

Alex lo vide subito, bello come non mai, avvolto in una pesante giacca che stava levandosi, il suo bel volto maturo contornato da una leggera barba, quello sguardo che sembrava scavarle dentro ogni volta che le si posava addosso e la sua espressione dapprima seriosa, ma che stava mutando quando lo vide salutare alcune persone per scambiarsi gli auguri.

Era da un paio di giorni che non si vedevano, pur vivendo sotto lo stesso tetto: lui era rimasto rintanato nel seminterrato, troppo preso nel finire il lavoro del capitello ormai prossimo alla scadenza

Era intenta ad osservare ogni movimento dell'uomo, mentre si levava la pesante giacca mostrando la camicia bianca che indossava, che lo fasciava alla perfezione, mettendone in risalto il petto ampio, le spalle larghe le braccia ben proporzionate, quando avvertì Mike borbottare qualcosa che la distrasse

-Cosa hai detto?- gli chiese volgendo lo sguardo sul rasato, per rimanere colpita dall'espressione severa che aveva assunto: la mascella rigida e lo sguardo fisso davanti a lui, così seguì quegli occhi per rimanere anche lei completamente atterrita nel notare una persona accanto a Jason che non aveva minimamente notato: Jane.

Immediatamente la sensazione di felicità provata nel vederlo arrivare, lasciò il posto a qualcosa di amaro che sembrò le arrivasse a cambiare anche il sapore che aveva in bocca, deglutì con fatica mentre li vide avvicinarsi al bancone.

Jane si tolse il cappotto nero che indossava e la grande sciarpa, per mostrare il suo corpo longilineo avvolto in un vestito rosso che le arrivava appena sopra il ginocchio, i suoi capelli erano lasciati liberi di ondeggiarle sulle spalle e il suo viso era truccato mettendo in risalto i bellissimi occhi verdi e la carnagione chiara; Alex vedendoli arrivare, inghiottì quella sensazione di amarezza che l'aveva travolta, sforzandosi di sorridere

-Ciao, ben arrivati!- salutò notando come la voce le uscì più forzata di quanto avesse voluto, Jason la guardò intensamente, per poi abbozzare un sorriso sedendosi al suo sgabello

-Jane, Jas, ben arrivati- il modo freddo in cui li salutò Mike, fece pensare ad Alex che neanche lui fosse così felice di vederli insieme

-Ciao Mike, grazie e auguri- la voce di Jane uscì dolce come Alex se la ricordava, modulata e cordiale come ogni volta che si era incontrata con quella donna

-Prendi tu la loro ordinazione, vado a vedere un attimo il tavolo 12- Mike prese il vassoio con le birre allontanandosi subito dopo, lasciando Alex immobile davanti ai nuovi arrivati; aveva sperato di poter fuggire in cucina e rimanerci per il resto della serata, ma sembrava che Mike avesse tutta l'intenzione di stare lontano da loro

-Ciao Alex, come stai?- Jane le rivolse un sorriso gentile e lei lo ricambiò in imbarazzo per quello che sentiva dentro, nel vederli insieme

-Bene, grazie e tu?- chiese prendendo intanto il foglio con i vari piatti della serata

-Molto bene, grazie- poi si rivolse a Jason che era rimasto seduto con lo sguardo rivolto al bancone, assorto in chissà quali pensieri

–Jas, sediamoci al tavolino qui accanto, staremo più comodi- gli disse lei toccandogli una mano e quel contatto fece fermare il cuore di Alex che non riusciva a staccare gli occhi da loro due; Jason sembrò come risvegliarsi e senza rispondere si alzò dallo sgabello

-Ecco i piatti della serata, vengo subito a prendere l'ordine- Alex consegnò a Jane il menù, la donna le sorrise e si andò a sedere accanto a Jason passando una mano sulle sue spalle prima di prendere posto; Alex  avvertì i suoi occhi farsi umidi mentre ritornava in cucina.

-Come procede di là?- chiese Liz senza alzare gli occhi dal pudding che stava impiattando

-C'è parecchia gente, avevi ragione- rispose appoggiandosi al bancone come se sentisse la testa girare

-Te l'avevo detto che sarebbe stato un caos!- Liz rise divertita e quando finì, alzò il capo preoccupandosi per il pallore dell'amica

-Alex, stai bene?- le chiese avvicinandosi –Se sei stanca puoi sederti e non preoccuparti, qui ci penso io- Alex le sorrise e con un profondo respiro cercò di riprendersi

-Tranquilla, tutto bene- detto questo prese i piatti pronti e uscì di nuovo da lì per andare a servire il tavolo 4.

Dopo aver salutato i clienti che ormai conosceva, si fermò ad osservare il tavolo occupato da Jason e da Jane, lui era di spalle mentre lei gli stava accanto e stava sorridendo, Alex abbassò il capo e strinse il blocchetto che aveva tra le mani

Quel pomeriggio era stata così felice di essersi preparata in quel modo a casa di Liz; la sua amica le aveva fatto trovare, proprio sul letto,  una busta rossa con un bel fiocco, lasciandola senza fiato 

-Questa sera è Capodanno anche per noi!- le aveva detto ridendo–Dobbiamo vestirci e truccarci! Non passeremo tutta la notte in cucina! Dobbiamo essere più belle del solito- l'aveva stretta in un abbraccio che Alex aveva ricambiato piena di stupore e affetto 

Quei vestiti erano stati un regalo, lei doveva esserne grata e felice, inoltre Liz l'aveva truccata e le aveva acconciato i capelli con quella morbida treccia alla francese, perdendoci davvero un bel po' di tempo, non era giusto deprimersi, ma ora, non riusciva a levarsi quella sensazione di dolore mista a tristezza nell'osservare Jason.

Pensava forse che lui avesse potuto notarli? Magari farle dei complimenti? Lui aveva una donna, una fidanzata o come diavolo voleva che venisse chiamata, era stato ingenuo da parte sua covare l'idea che forse lui avesse potuto vederla in maniera diversa, solo perché si era acconciata in quel modo.

Si chiese perché le avesse mentito quando le aveva detto che passava il Capodanno senza di lei, sospirò amaramente e, con riluttanza, si avvicinò al tavolo

-Avete deciso cosa prendere?- chiese modulando il tono della voce per non apparire scostante

Jane iniziò a chiedere alcune informazioni sui piatti e Jason si obbligò ad alzare lo sguardo dal tavolo rimanendo sorpreso nel vedere l'abbigliamento, sicuramente diverso, che quella sera Alex aveva indossato; senza volerlo i suoi occhi si posarono sulle scarpe scure con il tacco, salendo piano sulle gambe fasciate da quelle calze nere pesanti, sulla gonna piena di paillette dorate che le arrivava sopra il ginocchio e il maglioncino nero che la fasciava come una seconda pelle, per poi osservare il suo viso truccato più del solito con quegli occhi resi ancora più intensi dal colore scuro che aveva usato per metterli in risalto, appena li aveva incrociati arrivando, aveva sentito una fitta al petto che l'aveva ammutolito; guardò i capelli che aveva raccolto in una morbida treccia, dove alcune ciocche ora le erano sfuggite, regalandole un'aria più accattivante

-Jas, allora?- la voce di Jane lo riscosse

-Prenderò il tacchino e delle patatine- rispose vedendo come stesse segnando tutto sul suo blocchetto ed evitasse di guardarlo; appena finì, sorrise a Jane e si allontanò sparendo oltre le porte della cucina

-Quindi ancora vive da te?- chiese Jane accanto a lui e quel tono usato lo fece sbuffare, si posò con la schiena alla sedia e la guardò

-Te l'ho detto, starà da me per un po'- le rispose, maledicendosi per come si fosse ritrovato in quella serata.

Jane, aveva avuto la brillante idea di mandargli un messaggio dicendogli che non sarebbe andata dalla sorella, ma al pub con la sua amica Catherine e il suo compagno; l'unica cosa che gli era venuta in mente di fare, fu quella di andare a prenderla per poter in qualche modo controllare la situazione, magari approfittare del tragitto per accennare il cambiamento che dovevano dare a quella specie di relazione; ma vedendola felice di poter passare la festa insieme, non se l'era sentita di rovinargli il Capodanno, così aveva fatto finta di nulla; ma ora, si diede dello stupido per aver pensato di poter gestire quella situazione

-Come mai non sei andata da tua sorella?- le chiese per cambiare discorso, Jane lo osservò qualche istante e Jason si chiese se avesse in qualche modo capito che qualcosa stava cambiando; la vide sorridere ad Alex che era appena ritornata con le birre e lui notò come Jane la seguisse con lo sguardo

-Quest'anno sono stati invitati a casa di alcuni loro amici che hanno da poco comprato una villa lì vicino, ma io non me la sono sentita- gli rispose continuando a fissare Alex che poco dopo tornò con i piatti

-Ecco a voi- e posò i piatti sul tavolo

-Grazie, Alex- Jason la ringraziò mentre Jane le sorrise e solo quando la vide allontanarsi parlò di nuovo

-Mi dirai, prima o poi, cosa c'è dietro a questa sua permanenza?- si fissarono negli occhi per qualche istante, Jason sapeva che c'era un mondo dietro quella semplice domanda e in quel momento si rese conto di non avere idea di cosa rispondere.

Avrebbe voluto raccontargli tutto, per onestà, per chiarezza, perché Jane se lo meritava, ma non poteva rischiare di mettere in pericolo Alex, non voleva che, per errore, Jane si confidasse con qualcuno, non poteva dirle tutto, ma non poteva neanche pensare che lei potesse capire ciò che lui le avrebbe detto da lì a poco

-Ti dirò quello che devi sapere- rispose secco e lei dopo qualche istante sciolse il suo sguardo sorridendo più serena

-So che lo farai, Jas, ma ora godiamoci la festa- gli disse accarezzandogli il volto

Alex, dietro il bancone, nonostante trafficasse con gli ordini e i tavoli, non era riuscita staccare gli occhi dal tavolo di Jason e Jane; quando si guardavano sembrava che parlassero una lingua tutta loro e questo le fece provare un senso di gelosia e invidia che mai avrebbe pensato di poter provare per qualcuno; quella vicinanza, quella complicità, quei gesti tra loro, gli sbatterono in faccia l'evidenza di come il suo mondo e, quello di Jason, fossero totalmente distanti; era inutile cercare di avvicinarli, erano troppo lontani, troppo diversi; gli anni che li separavano erano tanti, ma quello che più la colpì, fu prendere coscienza delle esperienze che li dividevano, troppe anche quelle.

Posò la birra sul vassoio abbassando il capo, sentendosi improvvisamente sconfitta anche se non era stata giocata nessuna partita.

Lui l'avrebbe sposata perché doveva e non per altro, ma era difficile da ricordare quando lui la guardava, o le parlava, o le sorrideva, o le diceva che sarebbe stato al suo fianco; Alex capì che Jason, era una presenza incompleta e lo sarebbe sempre stata, per ovvie ragioni, una delle quali era la sua ragazza.

Si sentì tremendamente in colpa per quello che lo stava costringendo a fare, anche se lui o Francesca dicevano il contrario; se Francesca non fosse venuto a proporre la cosa, mai nella loro immaginazione, avrebbero pensato di convolare a nozze.

Un pugno allo stomaco avrebbe fatto meno male di quella consapevolezza, di quella certezza.

-Alex, stai bene?- Mike le posò una mano su una spalla e lei si accorse di essersi completamente fermata, bloccata in quella serie di pensieri che avevano l'aria di un'aspirale a ribasso, alzò il capo e gli sorrise

-Si, scusami, ero persa nei miei pensieri- lui la osservò attentamente per poi accarezzarle una guancia

-Non ti ho ancora detto che stasera sei davvero molto bella- lei sgranò gli occhi a quella frase arrossendo subito dopo –Sarebbe un peccato rovinare il tuo bel viso e questo trucco perfetto- Alex si stupì nel sentire la mano di Mike asciugarle una lacrima con tanta dolcezza che le fece sentire tutto il peso della solitudine che in realtà si portava dietro, nonostante il suo trasferimento lì, nonostante la sua nuova vita, nonostante le persone che aveva conosciuto, nonostante Jason.

-Perdonami- disse abbozzando un sorriso e stringendo quella mano grande posata sul suo viso

-Non hai niente di cui farti perdonare, Alex, se posso esserti d'aiuto io sono qui- le disse e quello sguardo sincero le scaldarono il cuore, perché Alex lesse qualcosa di simile al suo dolore in quegli occhi marroni, un dolore muto che giaceva lì infondo e si poteva scorgere solo se si osservava bene dietro quel sorriso e quella scherzosità che da sempre lui riversava a tutti

-Interrompo qualcosa?- la voce dura che arrivò alle loro orecchie, li fece voltare verso un Jason nero di rabbia che li fissava appoggiato al bancone con in mano un boccale vuoto; Alex abbassò il capo e andò a rifugiarsi in cucina, mentre Mike prese il boccale per riempirlo con altra birra

-Jane ne vuole ancora?- chiese senza guardare il moro, pur sentendo quello sguardo inchiodato su di lui

-A che gioco stai giocando, Mike?- i due si fissarono e Mike arricciò le labbra in un sorriso sarcastico

-Potrei farti la stessa domanda, Jason- rispose vedendo come il moro serrasse la mascella

-Non fare lo stronzo, Mike!- la voce del moro uscì strozzata, come a non volersi far sentire dal resto delle persone presenti al locale, ma comunque severa –Che diavolo stavi facendo?- gli chiese e Mike rise scuotendo la testa

-Torna da Jane e fatti meno film mentali, coglione!- detto questo lo lasciò per andare verso un paio di clienti che lo stavano chiamando

Jason si voltò sbuffando per seguire i movimenti del rasato, se non ci fosse stata quella confusione, probabilmente gli avrebbe mollato un cazzotto, pur sapendo che se la sarebbe presa con la persona sbagliata.

Era lui ad aver creato una situazione davvero assurda che non sapeva come poter risolvere per non ferire nessuno, si voltò verso il tavolo dove Jane stava parlando con la coppia che li aveva raggiunti e che gli avevano dato la scusa per alzarsi e andare da Alex, ma quando l'aveva vista così vicina a Mike era rimasto impietrito, con lui che l'accarezzava in un modo che nessuno avrebbe mai dovuto fare.

Si passò una mano tra i capelli sbuffando e tornando a guardare il bancone, sperando che quella serata finisse il prima possibile

-Stai bene?- la voce di Alex lo sorprese e quando si ritrovò ad ammirare quelle due gemme, tutti i suoi pensieri, i timori, si dissolsero come fumo, le sorrise

-Diciamo di sì- rispose e lei ricambiò quel sorriso tirando fuori dalla lavastoviglie dei bicchieri fumanti che iniziò a sistemare; Jason si rese conto di come ormai si muovesse come se il locale fosse suo o ci lavorasse da sempre e di nuovo si ritrovò a sorridere osservandola mentre prendeva un paio di bottiglie nuove di whisky  e preparava dei bicchieri con ghiaccio che servì a un uomo; non si voltò, nonostante quest'ultimo lo salutò con una pacca sulla spalla facendogli gli auguri per poi allontanarsi, era troppo preso ad osservare Alex

-Hai finito il capitello?- le chiese lei mentre preparava altri due boccali di birra

-Sì, finalmente è pronto- le rispose lui ammaliato nel vederla così sicura mentre si muoveva lì dietro

-Dormirai da Liz?- le chiese e lei senza guardarlo scosse la testa mentre puliva il bancone

-No, sta per arrivare Mark, tornerò a casa- rispose, fermandosi solo quando lui le afferrò la mano che lei stava passando sul bancone

Quel contatto la sorprese e si sentì andare a fuoco all'istante, lui le aveva fermato la mano e ora la fissava con un leggero sorriso sulle labbra, perché le faceva questo? Perché doveva emozionarsi per una cosa tanto stupida?

-Torniamo insieme, Alex- lei sgranò leggermente lo sguardo che subito volò dietro a Jason dove trovò Jane a ridere e scherzare con un ragazzo e una ragazza –Non andrò da Jane- e lei si trovò di nuovo a fissare quel mare che erano gli occhi di Jason che ogni volta sembravano una scialuppa di salvataggio, rispetto ai pensieri negativi che la coglievano

-Ma...- lui le strinse leggermente la mano

-Torni con me- affermò per poi prendere il suo boccale e tornare al tavolo lasciandola completamente di sasso.

La serata proseguì e Alex rimase per lo più dietro al bancone, Mike si era accomodato in un tavolo con alcuni suoi amici, una volta che la situazione si era calmata e Liz era stata raggiunta da Mark con il quale stava mangiando qualcosa in cucina vista l'assenza di posti liberi e per non stare in mezzo a quella bolgia.

Era intenta a finire di sistemare alcuni bicchieri, parlottando con una coppia di ragazze che si erano sedute al bancone per bere, quando tutti nel locale sembrarono aumentare il vociare con una certa trepidazione e Alex, osservando il televisore appeso alla parete, lesse che mancassero appena pochi minuti a Capodanno; una delle due ragazze, Mary, rispose al telefono che aveva iniziato a squillare

-Ciao mamma!- la sentì dire –Sì! Hai fatto bene a chiamare adesso! Al pub! Certo! Salutami tutti e dai un bacio a papà! Stai tranquilla, ci vediamo domani! Auguri – detto questo le sorrise e entrambe la salutarono per andare ad assistere ai fuochi che si sarebbero tenuti in piazza, dove sarebbe stato acceso anche un falò molto alto che avrebbe bruciato tutta la notte in onore del Nuovo Anno.

Alex le salutò distrattamente, così come salutò molti altri clienti che si stavano avviando all'esterno per assistere allo spettacolo, prendendo i posti migliori.

Quella telefonata le aveva riportato davanti agli occhi, ciò che lei si era ostinata ad evitare di pensare in quei giorni. Era stata brava a tenere la mente occupata con la cucina, i piatti da fare, l'aiutare Liz, Mike, il matrimonio addirittura; ma ora, era bastata una semplice telefonata, una semplice parola a farla ripiombare in quel circolo vizioso.

Ed eccola lì, quella fitta che le scuoteva il cuore, eccola lì quell'angoscia che si affacciava ricordandole che lei non avrebbe potuto fare alcuna telefonata per sentire un suo parente, per poter sentire la voce della madre. Eccolo, il rimorso, farsi strada a macchia d'olio dentro di lei ricordandole che era sola, adesso.

Non poteva continuare a fingere che tutto sarebbe andato bene, che le cose si sarebbero in qualche modo sistemate, la realtà era che la madre era morta da qualche mese, lasciandola da sola, in balia di situazioni che la stavano travolgendo senza che lei fosse riuscita a prendere il timone della sua vita.

Guardò verso il tavolo di Jason, come per trovare quell'appiglio che l'avrebbe riportata a galla, ma lo trovò vuoto, la maggior parte dei clienti era andata fuori dove si sentivano voci e divertimento.

-Alex, vieni a vedere i fuochi!- Liz e Mark le fecero cenno di raggiungerli e lei sorrise facendo un cenno con il capo vedendoli uscire, ma ciò che fece, fu entrare in cucina sentendo le lacrime fuoriuscire come un fiume.

Cercò di calmarsi, iniziando a respirare, ma i singulti divennero più forti.

Prese un fazzoletto e si allontanò verso la porta sul retro.

Lei non aveva nulla per cui essere felice e festeggiare.

Sentì un forte botto che la fece tremare, in poco tempo il cielo si sarebbe trasformato in uno spettacolo pirotecnico accompagnato da grida di gioia della gente che salutava l'Anno vecchio per accogliere quello nuovo con entusiasmo.

Alex si portò una mano alla bocca e si piegò sulle ginocchia, non voleva cedere, ma c'erano delle volte in cui non riusciva a far finta di niente, a far credere che stesse bene.

Voleva riuscire ad essere più forte, voleva poter pensare alla madre con più maturità, ma ancora non era pronta e non ce la faceva a pensare a lei, senza sentire la pena attraversarle la carne per averla persa per sempre.

Quando la porta accanto a lei si aprì di colpo, Alex era ancora rannicchiata a terra e per lo spavento si tirò in piedi, non capì chi fosse per le tante lacrime che le stavano riempiendo gli occhi

-Alex- la voce di Jason la fece fremere, cercò di asciugarsi il volto dandogli le spalle, non voleva più farsi vedere debole ai suoi occhi

-Si, ora vengo- si sforzò di rispondere, ma lui le si avvicinò e la obbligò a girarsi

-Per favore, Jason, lasciami sola- disse a capo chino ma lui le prese il viso tra le mani facendole alzare la testa

-Alex- sussurrò mentre lei non riusciva a smettere di piangere, si morse un labbro cercando di trattenere un singulto

Il vociare era più acuto e un altro botto stava segnando l'arrivo della mezzanotte

-Mi dispiace per non aver capito - le parole di Jason la sorpresero –sono stato uno stupido a non rendermi conto di quanto una festa, per te, possa essere tutt'altro, in questo momento-

-Vorrei essere più forte- disse con voce strozzata –non vorrei ricordarla piangendo- e di nuovo un singulto la scosse.

Jason le teneva il viso con le mani e le sue dita le stavano asciugando il volto, le sorrise

-Non devi sforzarti, puoi essere forte anche se piangi- le disse –non è una debolezza piangere, è la voce del tuo cuore e va ascoltata- a quelle parole lei gli si buttò addosso nascondendo il volto nel suo petto per lasciarsi stringere forte

–Credo sia giusto e doveroso piangere, Alex- la strinse forte posando il mento sul suo capo 

–Fallo ogni volta che vuoi, perché questo ti consentirà, un giorno, di pensare ad Emma e di sorridere dolcemente, ti crogiolerai in quei ricordi che ti porterai dietro per sempre- 

Alex gli strinse le braccia dietro schiena sentendolo sospirare mentre la teneva stretta al suo petto e solo così, sentendo il suo respiro calmo, il suo profumo di tabacco e fumo, lei sembrò trovare di nuovo la calma; Jason, come ogni volta, era l'ossigeno che le consentiva di respirare di nuovo, la leva che gli permetteva di fare un salto in avanti e superare un altro ostacolo, un altro momento; quando si staccò gli sorrise grata, lui arricciò le sue labbra e con un dito le portò via un'ultima lacrima

-Ho una sorpresa per te- le disse prendendole una mano e avviandosi a passo svelto al pick-up

-Abbiamo pochissimi minuti!- le disse mettendo in moto e uscendo dal parcheggio sgommando

Alex sentiva il cuore battere forte per l'emozione mentre guardava la stradina che Jason stava percorrendo, risalire leggermente le morbide colline che circondavano quel piccolo paese. Non aveva idea di cosa avesse in mente Jason, ma nel giro di pochissimo, il pick-up si accostò lungo la strada, all'altezza di uno slargo con una piccola panchina poco distante, Jason spense il motore e la guardò

-Spero ti piaccia - le disse con un sorriso canzonatorio per poi aprire lo sportello, Alex con il cuore in gola fece lo stesso e scese, sentendo le gambe molli

-Vieni, Alex- lei lo raggiunse e lui di nuovo le strinse la mano nella sua, ampia e calda e, solo per quello, Alex sentì di aver avuto il più bel regalo che mai avesse potuto desiderare; la trascinò di qualche passo e lei si sorprese di sentire i primi botti, la mezzanotte era oramai alle porte e quando Jason si fermò e si girò a guardarla lei rimase immobile

-Buon Anno, Alex- davanti a lei si aprì l'oceano scuro che si mescolava con il nero della notte all'orizzonte; le onde si infrangevano sulla costa sottostante, ma la cosa che la lasciò senza fiato era la vista di Balwick a destra con i fuochi di artificio che svettavano in aria riflettendosi nelle acque con il bagliore del grande falò di cui si parlava da giorni e, sulla sinistra, poco distante, altri fuochi d'artificio della vicinissima frazione di Falmounth.

Il cielo in pochissimi istanti si illuminò di colori che andavano dall'oro al rosso, al blu al verde riflettendosi nelle acque e regalando uno spettacolo da lasciarla completamente senza parole.

Alex rimase ad occhi sgranati ad osservare il cielo e l'oceano colorati da quello spettacolo pirotecnico che rimbombava nell'aria

-Questo è il posto in cui vengo ogni anno da quando vivo qui- le disse lui

-E'meraviglioso- sorrideva non riuscendo a staccare gli occhi da quello spettacolo, pensando che fosse il più bel Capodanno di tutta la sua vita, nonostante fosse il primo senza la madre.

Ma in quel momento, la tristezza a quel pensiero, venne completamente dissolta dalla presenza di Jason, dai fuochi d'artificio, da quel paesaggio che mai si sarebbe aspettata di vedere e dall'amore che ormai aveva invaso ogni parte del suo essere e lo sentiva crescere ogni istante, senza che potesse fare nulla per fermarlo.

Non sapeva se davvero il piano di Francesca avesse davvero portato la parola fine al capitolo della famiglia della madre, ma era felice di avere la possibilità di affrontare tutto con Jason, perché solo con lui voleva e avrebbe potuto affrontarlo; forse era egoista, perchè poteva immaginare quello che avrebbe comportato per Jason e la sua ragazza, ma in quel momento decise di concentrarsi solo su una cosa: voleva provare ad essere felice, Jason glielo stava insegnando

-Alex- la voce di lui la riscosse dai suoi pensieri e si rese conto che i fuochi erano ormai terminati, se non qualche botto che risuonava nell'aria; lui la guardava intensamente e nonostante la notte, Alex poteva vedere quei due magneti che la osservavano brillare, rendendosi conto di come la sua mano fosse ancora intrecciata in quella di Jason

-Sei bellissima- le disse lasciandola completamente a bocca aperta; lui rise appena, portando una mano a spostarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio –non ho avuto modo di dirtelo prima e volevo farlo- aggiunse lasciandola stupita di quelle sue parole, Alex non riusciva a sottrarsi a quegli occhi

–Grazie, Jason- gli rispose imbarazzata -Grazie per tutto – e glielo avrebbe ripetuto in eterno se non fosse per la gola secca che in quel momento sentiva

Jason aveva visto come Alex avesse ancora gli occhi umidi, fresca di quel pianto appena fatto, ma ora gli sorrideva in quel modo che lo facevano davvero sentire una persona speciale, qualcuno a cui lei si fosse davvero legata; i suoi occhi, nei quali lui riusciva a rispecchiarsi in quel modo così limpido come mai avrebbe pensato di poter apparire agli occhi di qualcuno, lo lasciarono con un senso di pienezza che colmò ogni sua paura, ogni sua angoscia che fino quel momento si era portato addosso, permettendogli di vedere ciò che davvero in quel momento contava per lui: lei.

Ricambiò il sorriso che lei gli stava regalando e lentamente le si avvicinò al viso, vedendo come quel gesto le fece ampliare lo sguardo sorpreso; le si avvicinò a un soffio, con la mano a toccarle il viso; inclinò un po' il capo mentre lei era rimasta di sale, immobile per quel suo gesto inatteso

-Grazie a te, Alex- le sussurrò piano e depositò un piccolo bacio su quella pelle candida e fredda, proprio lì, sul quel lembo di pelle, tra la guancia e l'angolo dove iniziano a disegnarsi le labbra.

In quel piccolo spazio, lui posò quel bacio sfiorandone il contorno e saggiandone la morbidezza, capendo che non avrebbe mai vinto contro quei sentimenti. 

******

L'aveva osservata tutta la sera, nonostante i clienti, il lavoro e tutto il resto.

Ma i suoi occhi spesso l'avevano trovata e si erano posati sul suo viso che purtroppo non poteva vedere spesso, sul suo sorriso che tanto gli mancava, sui suoi occhi così intensi ed espressivi che gli avevano sempre dato l'idea che sapesse leggere dentro le persone.

Era bellissima, lo era sempre stata, sin da piccola.

Vederla entrare con Jason, gli aveva fatto provare un senso di smarrimento, non si aspettava che passasse il Capodanno lì, non l'aveva più fatto.

Era stato difficile far finta di niente, salutarla come nulla fosse, ma poi quel vuoto che si portava dietro, l'avevano costretto ad allontanarsi, a lasciare che Alex si occupasse di loro, lui non ne sarebbe stato capace, non avrebbe potuto.

I fuochi incendiarono il cielo, così come le fiamme dell'enorme fuoco acceso, la gente era rivolta con il volto a quello scenario così suggestivo, ma lui aveva occhi solo per lei: era il suo spettacolo.

Stava sorridendo accanto a quella sua vecchia amica e il compagno di lei, era tanto che non li vedeva, erano cambiati, ma Jane era sempre più bella.

Quando tutto finì molti rimasero fuori, mentre lui dovette abbandonare la figura di Jane per rientrare nel locale, sparecchiò velocemente alcuni tavoli e ricominciò a servire birre e altre bevande ai vari clienti che erano rientrati, ma quando rivide rientrare anche Jane, sentì di nuovo il cuore battergli nel petto in quel modo che pensava di aver dimenticato; la rivide prendere posto al suo tavolo con i suoi amici e in quel momento, vedendola cercare per il locale qualcuno, si rese conto che Jason era sparito.

Cercò anche lui tra la gente che stava ripopolando il pub, ma di lui neanche l'ombra, così entrò in cucina dove anche Liz era rientrata e stava sistemando le ultime cose prima di chiudere i fuochi

-Liz hai visto Jason?- le chiese

-A dire il vero è sparita anche Alex, non c'era a vedere i fuochi, l'avevo lasciata qui pensando che ci raggiungesse, ma non l'ha fatto- gli rispose un po' perplessa –Forse sono andati via- suggerì e questo colpì Mike come uno schiaffo. 

Aveva dimenticato che stesse con Jane? L'aveva lasciata così? Una profonda rabbia lo attraversò da capo a piedi

-Scusatemi- la voce di Jane invase la cucina e Mike, rimasto di spalle alla porta, sentendola, si immobilizzò

-Ciao Jane, auguri!- Liz le si avvicinò e si scambiarono un bacio sulla guancia sorridenti, solo allora Mike si obbligò a voltarsi, avvertendo una fitta nell'osservarla così da vicino, quanto era passato?

-Liz, che bello vederti!- rispose Jane alla moretta – Scusatemi se sono venuta qui dietro, ma volevo sapere se avevate visto Jason- a quella domanda, un'altra fitta, stavolta più dolorosa e intensa, colpì il cuore di Mike

-Purtroppo no- rispose prontamente Liz, forse accortasi del momento di smarrimento di Mike 

–ma non c'è neanche più Alex, forse l'ha riportata a casa, prima non si era sentita molto bene- spiegò e l'espressione di Jane si oscurò subito

-Capisco- rispose solamente per poi fare un leggero sospiro prima di tornare a sorridere

 –Allora vado a casa, ancora auguri e complimenti per la serata!- detto questo si voltò ed uscì da quella cucina che era diventata, per Mike, come un ascensore claustrofobico; Liz gli si avvicinò, ma lui non riusciva a guardarla negli occhi, rimasti lì dove la figura di Jane era sparita

-Mike, vai a parlarle- gli disse e lui si riscosse e la guardò come oltraggiato

-Liz, non rompere! Finisci di lavorare e fatti gli affari tuoi!- tuonò adirato e stava per tornare anche lui al bancone, ma Liz lo fermò per un braccio, i suoi occhi marroni dapprima furiosi per come lui le avesse parlato, improvvisamente si addolcirono lasciandolo un po' spaesato

-Mike, non fare come il tuo amico troglodita- gli disse con un sorriso dolce e fu come una doccia gelata- vai da Jane, parlale- e Mike sentì un fremito scorrergli in tutto il corpo

In quel momento dalla porta sul retro rientrarono Alex, rossa come un pomodoro e Jason sorridente; Mike quando lo vide, con due falcate gli fu addosso, sorprendendolo con un cazzotto in piena faccia che fece cadere a terra Jason e cacciare un urlo di paura sia ad Alex e Liz che subito cercarono di fermarlo.

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Capitolo 27
*** 26 ***


Le lacrime le rigavano il viso, mentre percorreva la strada in auto per tornare a casa.

Si sentiva come se le avessero levato il respiro, come se non sapesse più come fare per incamerare aria, come se le avessero strappato il cuore.

Lo sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel momento.

L'aveva sempre saputo.

Sarebbe dovuta andare così, se lo aspettava, ma faceva male.

Non aveva voluto dare ascolto a quella vocina che le diceva, sin dall'inizio, di non continuare quel gioco che avevano intrapreso anni prima, perché ne sarebbe uscita ferita, ancora.

Un singhiozzo le levò il respiro, cercò di asciugarsi il viso con la mano, ma le lacrime erano troppe.

Lo sospettava da giorni, ormai: Jason non andava più a trovarla e non si faceva sentire.

Aver accettato di uscire con quei due amici la sera di Capodanno, le aveva dato l'illusione di poter passare una serata tranquilla, con persone che le volevano bene, con coloro che conoscevano il suo dolore.

Aveva mandato quel messaggio a Jason solo per avvertirlo, pensando quasi di fargli un favore: se voleva evitarla avrebbe potuto, rimanendo piacevolmente sorpresa, quando lui le aveva risposto che si sarebbe unito a loro.

Ma quando era andato a prenderla, per andare al pub, era arrivata la pugnalata.

Trovarselo davanti alla porta, le aveva fatto capire subito che quella sarebbe stata la loro ultima sera.

Lo aveva compreso leggendo in quegli occhi che con il tempo aveva imparato a capire, a scrutare; il silenzio quando l'aveva guardata, era risuonato come un messaggio d'addio, muto, ma inesorabile.

Un altro disastro che si sommava a quelli che si portava addosso.

Ma chi voleva prendere in giro? Era stata lei a iniziare quella relazione e perché poi?

Quella ferita che si portava nel cuore e che lei con minuzia aveva tentato di ricucire, si aprì come una cascata, si aprì come un argine travolto dalle acque.

Lei aveva perso suo figlio.

Ed era sola. Forse lo era sempre stata solo che non voleva accettarlo.

Un singhiozzo le spezzò di nuovo il respiro.

Non era stata capace di portare avanti né la gravidanza, né la relazione con Mike, tanto meno gli studi.

Lei non riusciva mai a portare a termine nulla.

Questa era verità.

Aveva fatto uno sforzo immane per far finta di nulla, pensando di poter gestire la serata con Jason e andare al pub di Mike, convincendosi che avrebbe avuto tutto il tempo di piangere, dopo.

Illusa, ecco cos'era. Un'illusa che ancora non aveva capito i suoi limiti.

Rivedere Mike al pub era stato straziante, forse perché il suo cuore stava già sanguinando.

Scambiarci quelle due parole dopo tanto, troppo, tempo le era sembrato surreale.

Loro due avevano condiviso qualcosa che non sarebbe mai potuto essere cancellato, anche se questo era quello che avevano tentato di fare.

Anche se quel piccolo battito di ali che le stava crescendo nel corpo, si era fermato troppo presto, loro due erano comunque diventati genitori.

Un altro singhiozzo e altre lacrime.

Quante volte aveva pianto per lui, troppe.

Milioni di volte aveva pensato di cambiare aria, magari di trasferirsi dalla sorella, per poter dimenticare il dolore della perdita di un figlio, la relazione con Mike naufragata subito dopo, poter seppellire quei fallimenti racchiusi nel suo cuore, ma che era riuscita ad accantonare con Jason.

Lui era stato la sua ancora di salvezza, entrambi erano stati feriti dalle persone che amavano e insieme avevano trovato la chiave per andare avanti, per cercare di ritornare a condurre una vita normale e, lei, ci aveva sperato e creduto.

Si era convinta che ci sarebbe stata la parola "lieto fine" anche per lei.

Quanto si era sbagliata.

Si portò una mano al cuore, il dolore era lacerante, le comprimeva il petto, lì dove si alzava e abbassava freneticamente scosso dal pianto, girò lo sguardo verso il peluche che ondeggiava attaccato allo specchietto retrovisore e un altro singhiozzo le risalì alla gola

Chiuse gli occhi e fu un attimo, non percepì altro che il rumore di lamiere accartocciate.

Quel pomeriggio erano andati a prenderla per portarla al Luna Park e festeggiare i suoi 18 anni.

Era una tiepida serata di luglio, Jason era arrivato da un paio di giorni per passare l'estate lì, Mike era felice come una pasqua perché poteva stare con il suo migliore amico che aveva comunicato loro che presto si sarebbe trasferito lì, dai nonni.

Jane li guardava incantata mentre si sfidavano nello sparare ai barattoli. Erano così diversi, eppure così complementari.

Riuscirono a colpire diversi bersagli e alla fine la signora della giostra, divertita, fece scegliere a tutti e tre dei pupazzetti. Jason ne prese uno raffigurante un orso e la cosa l'aveva fatta ridere perché era così che lo chiamava sempre Mike che a sua volta aveva scelto un pupazzetto a forma di elefante rosa che fece scoppiare a ridere sia lei che Jason, ma a lui piaceva proprio per quel colore insolito.

Quando fu lei a dover scegliere il pupazzetto,Mike ne prese uno che non assomigliava a nessun animale, ma raffigurava una caramella

-Ma io volevo il leone- aveva detto storcendo il naso e lui le si era avvicinato ridacchiando

-No, tu sei una caramella- le aveva detto –La mia caramella- e lei, sorpresa, aveva arrossito e aveva accettato di prendere quel piccolo oggetto, amando quel ragazzo ogni giorno sempre di più, in due anni di relazione ancora riusciva a farla arrossire e farle battere il cuore come la prima volta.

Dopo una ventina di giorni da quella sera, aveva scoperto di essere incinta e tutto era iniziato e finito nello stesso momento.

****

-Mike fermati!- Liz si aggrappò letteralmente al braccio del fratello, mentre Alex tremante gli si parò davanti spingendogli le mani sul petto, ma lui sembrava una furia

-Sei un pezzo di merda!- urlò con gli occhi pieni di una rabbia profonda, mentre fissava Jason che aveva sbattuto alla parete per poi cadere a terra con violenza per il colpo preso senza preavviso

-Te ne sei andato lasciandola da sola!- continuò Mike cercando di andargli addosso, fermato solo da uno spiraglio di buon senso che gli fece evitare di sbattere a terra anche Alex e Liz

-Calmati Mike! Basta!- urlò a sua volta la sorella spintonandolo all'indietro di un passo, Alex guardò con terrore il volto di Mike che aveva lasciato ogni segno di cordialità e sorrisi, per trasformarsi in una maschera di odio e rabbia; si voltò sentendo le gambe tremanti nel vedere Jason tirarsi di nuovo in piedi, spaventata ancora di più nel vedergli il labbro spaccato da cui fuoriusciva del sangue; aveva il capo leggermente abbassato, quel tanto da permettere ai suoi capelli di ricoprirgli gli occhi, ma quando finalmente alzò il viso, quel volto immobilizzò Alex, non l'aveva mai visto in quello stato.

Gli occhi di Jason erano un infinito inferno mentre puntava Mike che stava ancora sbraitando, lei era rimasta come una statua, nonostante le gambe le tremassero e sentisse ogni fibra del suo corpo vibrare per la paura; gli si avvicinò ma le sembrò di essere un fantasma ai suoi occhi, sempre fissi su Mike

-Jason- lo chiamò piano, terrorizzata, e dovette impegnarsi per muovere il suo braccio e posare la sua mano sul torace dell'uomo che si abbassava e alzava con frenesia.

Quando la sua mano si posò sulla camicia, avvertì un brivido nel sentire il cuore di Jason battere come un tamburo, lui abbassò quegli occhi su di lei che si sentì come trafitta da una lama, ma non si mosse, stringendo leggermente la stoffa, non voleva che reagisse, non voleva vederli litigare, non doveva andare così.

Gli occhi di Jason dopo qualche attimo mutarono e quell'alone scuro sembrò diminuire di intensità, sospirò guardandola, cercando di calmarsi, poi alzò di nuovo il viso verso Mike

-Liz, Alex, lasciateci soli- disse lapidario gelando le due ragazze per quella richiesta, Mike si zittì continuando ad ansimare dalla rabbia, con tutto il corpo teso come una corda, senza mai togliere lo sguardo dal moro

-Jas, forse sarebbe...- Liz tentò di parlare, ma venne subito zittita da Jason che la fulminò con un'occhiataccia

-Andate.Fuori.- scandì con un tono che trafisse l'aria pesante che si era creata in quella cucina, improvvisamente troppo piccola; Liz abbassò le braccia, lasciando il fratello e fece un passo di lato incerta, guardando prima uno e poi l'altro.

Alex non si era mossa, inchiodata davanti a Jason, con gli occhi catturati su quella ferita che sanguinava, su quel volto contratto e dallo sguardo severo che aveva; lui abbassò nuovamente gli occhi su di lei e una mano si posò sopra la sua, ancora stretta alla camicia, all'altezza del cuore, fece una leggera pressione, stringendole leggermente le dita

-Vai- disse ed Alex tremò a quella richiesta che non ammetteva repliche, aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere, ma lui le fece un cenno del capo e lei si convinse ad allentare la presa e a lasciarlo.

Si allontanò prima di un passo, senza mai staccare gli occhi da lui, in una muta richiesta di non continuare; si allontanò di un altro passo, fino a raggiungere Liz, che le prese un braccio ed insieme uscirono dalla cucina.

Il silenzio divenne l'unico protagonista, appena le ragazze si furono allontanate, tutto sembrava lontano anni luci, mentre Mike e Jason si fissavano; poi Jason fece un passo in avanti, portandosi una mano a toccarsi il labbro per guardare il sangue macchiargli la mano; alzò lo sguardo verso Mike che troneggiava al centro della cucina, la cui espressione di odio e rabbia non era mai mutata

-Finalmente hai fatto quello che sognavi da anni- il tono sarcastico fece contrarre la mascella a Mike che assottigliò lo sguardo

-Il rancore che ti portavi dietro ti ha logorato fino a questo- continuò Jason che arricciò le labbra in un sorrisetto derisorio che gli fece uscire ancora un po' di sangue dalla ferita aperta

-Sei un fottutissimo stronzo!- sibilò Mike –Come hai potuto lasciarla da sola?- alzò di nuovo la voce sentendo le budella ritorcersi nel ripensare allo sguardo deluso di Jane, all'amarezza che gli aveva colorato il volto 

–Ti è venuta a cercare!- sbottò ancora – Mentre tu te ne stavi con una ragazzina!- aggiunse con una nota acida nella voce.

Jason gli si avvicinò di un altro passo ancora, continuando a fissarlo negli occhi

-Non ti permettere di parlare di Alex e me in questo modo- disse in un tono che sembrò uscirgli dalle viscere, Mike strinse le mani in due pugni, accecato dalla rabbia

–L'hai portata qui e poi l'hai lasciata!?- insistette, trattenendosi per non colpirlo ancora, Jason gli sorrise malignamente

-Sei così accecato da quello provi, da non venirti in mente che forse non è come sembra- gli disse severo e Mike vacillò a quelle parole

–Lei sarebbe venuta qui, anche senza di me- aggiunse Jason, vedendo il volto del rasato stupirsi a quelle parole –Aveva deciso di venire con quella coppia di amici, io mi sono solo aggiunto- e Mike schiuse le labbra per la sorpresa di quelle parole.

Jason abbassò il capo per toccarsi ancora una volta il labbro avvertendo il sangue uscire con più lentezza, alcune gocce di sangue gli avevano macchiato la camicia, rialzò il volto verso l'uomo che ora sembrava aver assunto un'aria colpevole

-Davvero pensavi che ti potessi fare questo? –gli chiese e Mike per una frazione di secondo girò lo sguardo per poi riportarlo su Jason

-Ciò non toglie che l'hai lasciata qui da sola!- ripetè ritrovando nuovo livore, Jason gli si avvicinò ancora, si potevano quasi sfiorare, i loro occhi erano incatenati

-Ti è venuto in mente che per Alex, questo, non sia un giorno di festa?- quella domanda lasciò completamente di sasso Mike che aprì la bocca sorpreso

–Nessuno si era accorto che non ci fosse fuori, così quando non l'ho vista, sono rientrato, trovandola sul retro a piangere- Mike sgranò lo sguardo sorpreso per quelle parole, Jason sorrise sarcasticamente

–Mi meraviglio di te, Mike, così attento alle reazioni, ai comportamenti delle persone, ti è sfuggito questo piccolo dettaglio- detto questo caricò un pugno e colpì di sorpresa Mike sull'addome che si piegò in avanti senza fiato; Jason lo guardò rantolare dal dolore per quel colpo

–Stai fuori da ciò che riguarda Jane e me, Mike, non te lo ripeterò un'altra volta- disse avvicinandosi al capo del rasato che stava cercando di ritrovare il fiato

–E'un mio problema, nessuno ti da il diritto di comportarti in questo modo- si allontanò da Mike che a fatica si rimise dritto tossendo

-Jason!- Mike si sforzò di chiamarlo e il moro si fermò girandosi a guardarlo con astio

-Lasciala libera, Jas, parla con lei e falle finalmente vivere la sua vita- Jason rimase imperturbabile a guardalo mentre lo vide portarsi una mano sull'addome, lì dove sicuramente si sarebbe formato un livido

-Ti avevo già detto che l'avrei fatto, ma sembra che tu stia perdendo fiducia in me- Mike fu ferito da quella frase, avrebbe voluto rispondergli, ma Jason si era già dileguato oltre la porta. 

-Jason!- Liz, Alex e Mark gli si avvicinarono appena lo videro con sguardi spaventati e apprensivi, Jason notò che il locale era ormai deserto, le ragazze avevano tirato sopra i tavoli le sedie e stavano ripulendo, mentre Mike stava aiutandole a sistemare il bancone, prese un fazzoletto che Mark gli aveva offerto e si tamponò il labbro che finalmente stava finendo di sanguinare, si rivolse a Liz che lo guardava con occhi colmi di paura

-Vai da quell'idiota di tuo fratello- le disse per poi guardare Alex

–Ti aspetto in auto- detto questo uscì da lì, respirando l'aria fredda di quella notte infinita.

Il fuoco era ancora bello alto, la piazza si era quasi del tutto svuotata, tranne per alcuni ragazzi radunati intorno al falò per scaldarsi e magari aspettare l'alba da lì a poco.

Jason girò sulla destra per raggiungere il pick-up dove si sedette poggiando la testa sul sedile sospirando pesantemente; Mike aveva fatto quello che qualsiasi uomo innamorate avrebbe fatto, ma in quel momento lo avrebbe volentieri fatto a pezzi, se non ci fosse stata Alex a fermarlo.

Si tamponò ancora la ferita guardandosi nello specchietto retrovisore, il labbro era spaccato e la guancia stava assumendo un bel color viola, sperava vivamente di avergli restituito il favore con quel colpo al ventre, ma non poteva dargli torto del tutto.

Era stato preso dal momento, dal fatto di aver trovato Alex da sola lì dietro ricoperta di lacrime, ad avergli annebbiato la mente e permettere che dimenticasse Jane, ma Mike aveva esagerato, aveva anche messo in dubbio il fatto che fosse stato lui a portarla lì al pub, sapendo quanto Mike non la volesse vedere

–Idiota- sibilò sbattendo una mano sul volante, anche se in realtà lo erano stati entrambi

Un picchiettio sul vetro gli fece aprire gli occhi che aveva chiuso per ritrovarsi Mike appena fuori il pick-up, sbuffò abbassando il finestrino

-Se pensi che scenda e mi metta a fare a botte, ti sbagli di grosso, ho sonno e non voglio rotture di palle!- sbottò facendo fare un sorriso al rasato che si strinse nelle spalle

-Volevo chiederti scusa- disse – non so cosa mi sia preso- aggiunse in leggero imbarazzo 

–Vederla qui, dopo tutto questo tempo che ci siamo sempre evitati, vederla che ti cercava, trovarla da sola..- sospirò interrompendosi e l'aria si condensò in fumo per disperdersi subito dopo, alzò il volto ad incrociare Jason che lo fissava serio

–Non avrei dovuto reagire in questo modo- ed indicò con il capo la ferita di Jason –in fondo non sono affari miei, ti chiedo scusa- disse abbassando di nuovo il capo; Jason sospirò accendendosi una sigaretta per poi offrire il pacchetto a Mike che ne prese una e se l'accese buttando via una nuvola di fumo denso

-Avrei voluto parlare stasera, quando sono andato a prenderla, ma non me la sono sentita Mike- confessò Jason guardando davanti a sé

–Devo parlarle il prima possibile, ma allo stesso tempo so che sto rimandando perché non voglio farla soffrire- disse –anche se credo che abbia capito che qualcosa non va, Jane non è stupida- Mike sospirò buttando via un'altra nuvola di fumo appoggiandosi all'auto

-Credo che una volta che riuscirai a dirle le cose come stanno, vi libererete entrambi- Jason sperò fosse vero, ma dentro di lui aveva paura per come potesse prenderla Jane, sapeva sarebbe stato un durissimo colpo per lei.

In quel momento arrivò un messaggio sul cellulare di Jason che sbuffò

-I tuoi?- chiese Mike con un sorrisetto derisorio sapendo quanto la cosa lo infastidisse

-A quest'ora penso di no, ma tutto può essere- rispose il moro tirando fuori dalla tasca il cellulare leggendo un numero non memorizzato

-Che c'è?- chiese Mike vedendo l'espressione di Jason che sbiancò di colpo

-Cazzo!- sbottò il moro tirandosi dritto sul sedile con un colpo –Cazzo!- ripetè guardando il cellulare che ora stringeva in mano, Mike si allarmò

-Che succede?- gli chiese buttando la sigaretta a terra

-Sali in macchina! Sbrigati!- sbottò e Mike con due falcate fu dentro; Jason partì a razzo passando davanti a Liz, Alex e Mike appena usciti dal locale che li videro sgommare e sparire in auto

-Che diavolo sta succedendo, Jas?- Mike avvertì la pelle accapponarsi dalla paura

-Dobbiamo andare in ospedale!- rispose Jason fissando la strada –Il messaggio era della sorella di Jane- Mike sentì il sangue diventare di ghiaccio, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal moro altrettanto teso e spaventato.

Arrivarono nel giro di dieci minuti e si catapultarono all'interno del pronto soccorso.

Si avviarono verso un'infermiera, ferma dietro un bancone

-Mi scusi?- Jason parlò per primo e la donna, assonnata, con il volto magro e scarno, con gli occhi cerchiati da leggere occhiaie li fissò in attesa

-Stiamo cercando Jane Moore, ha avuto un incidete!- la donna a quella frase si ricompose, guardando sulla cartellina che teneva sul ripiano

-Sì, è arrivata da un'ora, è in sala operatoria- rispose – Siete dei parenti?

-No, amici, la sorella arriverà a breve- rispose Jason con l'ansia alle stelle –Mi può dire che ha avuto?-

La donna scosse la testa –Non sono autorizzata, mi dispiace, possono richiedere informazioni solo i parenti stretti, per ora potete solo aspettare- poi lo fissò più da vicino 

– Vuole che le medichiamo il labbro? – chiese e Jason si ricordò del colpo che Mike gli aveva dato, scosse la testa

-No, grazie- rispose, la donna sospirò

-Ci metta del ghiaccio almeno- detto questo la videro sparire dietro le porte con la scritta

"Accesso consentito solo a personale autorizzato"

Jason sbattè un pugno sul tavolo facendo alzare il capo a un paio di signori e una coppia di anziani all'interno della saletta di attesa, poi si voltò e trovò Mike completamente sconvolto, che guardava a terra

-Avanti sediamoci- gli disse toccandogli una spalla, ma il rasato evitò il suo tocco e si girò uscendo dall'ospedale.

Jason lo raggiunse subito dopo

-Ehi, Mike!- lo chiamò vedendolo camminare a passo di carica senza una meta 

–Ehi! Ti vuoi fermare!- lo richiamò strattonandolo per un braccio, Mike si fermò di colpo per girarsi verso di lui come una furia e lo spintonò violentemente, Jason riuscì a rimanere in piedi solo perché si aspettava una reazione del genere

-Stammi lontano!- gli disse duro –Non ti voglio vedere!- detto questo riprese a camminare e Jason lo lasciò andare sapendo che se avesse continuato, sarebbero finiti per fare a botte.

Si avviò nuovamente dentro l'ospedale e si sedette pesantemente su una delle sedie poste in sala d'attesa

Era sfinito, sentiva i muscoli del corpo tesi e gli iniziava a pulsare la testa, poggiò i gomiti alle ginocchia, guardando il pavimento.

Non era credente, non lo era mai stato, ma in quel momento pregò. Pregò qualsiasi Dio, entità, forza superiore, potesse aiutare Jane; quello che le era accaduto era inimmaginabile e la cosa lo fece sentire maledettamente colpevole. 

Rimase così a fissare il pavimento con i più disparati pensieri, fino a quando non sentì chiamarsi da una voce e alzando il capo, vide Rita, la sorella di Jane avvicinarsi. Erano così simili, da sembrare gemelle, pur avendo sei anni di differenza

-Ciao Jason- lo salutò quando lui si alzò

-Ciao Rita- rispose dandole un leggero bacio su una guancia, il volto di Rita era contratto e gli occhi erano pieni di quella paura che sentiva dentro la carne anche lui

-Sei riuscito a sapere qualcosa?- gli chiese e lui fu costretto a scuotere la testa, non riuscendo a parlare, lei sospirò guardandosi intorno

-Mi hanno telefonato dicendomi solo che mia sorella aveva avuto un incidente e di venire qui, anche a me non hanno detto altro- spiegò e Jason invidiò la compostezza che stava avendo

-Rita, hai saputo nulla?- a raggiungerli fu il marito di Rita, Richard, un uomo sui cinquant'anni, alto quanto Jason, piuttosto longilineo, leggermente stempiato, aveva i capelli chiari molto corti, gli occhi azzurri contornati da occhiali con montatura dorata e una leggera barba, quando si avvicinò loro, Jason lo salutò con una stretta di mano

-Allora?- chiese ancora e Rita gli spiegò che nessuno sapeva ancora nulla

-Vado a vedere se qualcuno mi da retta- disse avviandosi verso la reception poco distante, dove però non c'era nessuno, Rita lo seguì con lo sguardo per poi sedersi sulla sedia e Jason fece lo stesso.

Il silenzio che seguì fu per Jason un'agonia, sembrava che il tempo si fosse fermato e che tutto si fosse cristallizzato dentro quella saletta.

-Jason, posso sapere se avete litigato?- chiese dopo diversi minuti Rita, Jason si girò a guardarla e vide gli occhi della donna puntare al suo labbro e, se non ci fosse stata una situazione così drammatica, forse avrebbe anche riso pensando che sospettasse fosse stata sua sorella a fargli quella ferita.

-No, questo qui è un regalo di un amico- ripose e Rita arricciò le labbra in un leggero sorriso

-Come mai non stavate insieme?- quella domanda spaccò in due il cuore di Jason, che non seppe come rispondere abbassando la testa

-Scusami- riprese Rita –Non sono affari miei, ma volevo capire cosa possa essere accaduto- in quel momento uscì un'infermiera che diede una cartellina ai signori anziani per poi chiedere dei parenti di Jane Moore. Rita e Richard si avvicinarono subito, mentre Jason dovette sforzarsi per riuscire ad articolare le gambe, aveva paura di sentire

-Come sta?- chiese Rita in apprensione, l'infermiera sorrise appena

-E'stabile, l'abbiamo portata in terapia intensiva, venite vi faccio parlare con il medico- Rita e Richard la seguirono dietro la solita porta, ma Jason rimase immobile al centro di quella stanza sentendo lo strazio per ciò che stava succedendo a Jane per causa sua.

***

Note:

Sono stata assente per un pò e non avendolo fatto prima, anche se con qualche giorno di ritardo, volevo fare gli Auguri di un Buon 2020 a tutti e che possiate realizzare ogni vostro desiderio..sempre!
Inoltre, volevo ringraziare ancora una volta tutti coloro che stanno seguendo la mia storia, le recensioni che mi lasciate, vi ringrazio infinitamente!
Volevo approfittare anche per mandare un grandissimo bacio a Gaudia e Lupacchiotta ;)) loro lo sanno;)) ma ci tenevo a farlo anche qui!
A presto!

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Capitolo 28
*** 27 ***


Alex era immobile davanti il camino acceso, osservando le fiamme ardere, ascoltando il suono del fuoco e il ticchettio della pioggia che da quella mattina non aveva accennato neanche un momento di smettere; un ennesimo sospiro le uscì dalle labbra dischiuse, mentre cercava di calmare la preoccupazione che da giorni si portava dietro e sciogliere quel gelo che sentiva dentro.

Da quella notte di Capodanno, erano passati otto giorni e tutto era cambiato.

Mike e Jason non si parlavano più.

Mike era diventato scorbutico e intrattabile, andare al pub a lavorare era un inferno con lui e Liz che litigavano in continuazione e Alex, si era sentita sollevata, di sapere che per una ventina di giorni avrebbero chiuso per ferie, come facevano ogni anno, almeno avrebbe avuto modo di staccare un po'.

In quei giorni, aveva cercato di parlare con Mike, visto che Liz le aveva raccontato dei trascorsi tra lui e Jane, capendo anche meglio gli sguardi dell'uomo ogni volta che si nominava la ragazza, ma lui, in sostanza, le aveva detto di farsi gli affari suoi e lei lo avrebbe anche fatto, ma era preoccupata per Jason, tremendamente preoccupata per lui.

Da quella notte, lo aveva visto pochissimo, usciva la mattina presto, rientrando spesso in serata con l'umore a terra e l'unica cosa che gli aveva visto fare era andarsi a rifugiare nella sua camera senza spiccicare parola.

Non sapeva né cosa fare per aiutarlo né sapeva come doveva comportarsi

Si avviò in cucina sospirando per quella situazione che stava devastando tutti; mise a scaldare la minestra che aveva preparato per cena, pensando che qualcosa di caldo era l'ideale con la temperatura gelida di quei giorni, anche se avrebbe dovuto sforzarsi di mangiare, dal momento che la fame era l'ultimo dei suoi pensieri

Aveva ancora davanti agli occhi la litigata tra i due uomini che, purtroppo, le avevano offuscato la serata che aveva passato con Jason, il bellissimo spettacolo pirotecnico che le aveva permesso di vedere, ma soprattutto il bacio che le aveva dato; si portò una mano sul viso, in quel piccolo spazio, dove le labbra calde e morbide di Jason si erano posate, arrossendo al ricordo di quella sensazione inattesa e intensa.

Chiuse gli occhi ricordando quell'attimo che le aveva levato il respiro, emozionandola, ma si trovò a sobbalzare ritornando con i piedi per terra, nel sentire il rumore della porta; si girò di scatto quando vide Jason entrare lì in cucina passando per la porta sul retro, era a testa bassa e sembrava portare il peso del modo addosso.

Lo vide entrare guardandola appena sospirando subito dopo, si prese la sua tazza e si versò un po' di caffè sedendosi di peso su una sedia.

Alex osservò il suo viso contratto, il labbro e la guancia erano ancora leggermente gonfi, con striature gialle e violacee tipiche del livido, il suo sguardo era perso in qualche pensiero mentre fissava il tavolo e Alex avrebbe voluto conoscere quello che gli passasse per la testa, solo per poterlo aiutare.

-Come ti senti?- gli chiese dopo attimi di assoluto mutismo da parte dell'uomo che rimase nella sua stessa posizione senza proferire parola, Alex sospirò

-Jane come sta?- gli si avvicinò appena, ma solo dopo un tempo interminabile lui alzò il volto e la fissò con gli occhi arrossati dal poco sonno e dalla stanchezza

-Jason per favore, parlami- ma lui si alzò dalla sedia senza proferire parola e fece per andarsene

-Ti prego Jason!- Alex lo fermò per un braccio e si pentì del tono triste che aveva usato, ma si sentiva completamente persa vedendolo così, lui la fissò qualche attimo

-Non so cosa dirti Alex, non ho la forza per stare dietro anche a te- lei sgranò lo sguardo a quella frase che fece male come uno schiaffo, ma non rispose, allentando la presa su di lui e lasciandolo andare a chiudersi dentro la sua stanza.

Tutto ripiombò nel silenzio.

Un brivido le attraversò la schiena e gli occhi le pizzicarono per quello che le aveva detto.

Faceva male sapere che in quel momento lei era l'ultimo dei suoi pensieri, era come una comparsa in un vecchio film, aveva l'impressione di essere qualcosa che lo distraeva da ciò che più contava.

Si morse il labbro, pensierosa, perché se c'era una cosa che stava iniziando a capire di Jason, era il suo non saper affrontare certe situazioni, dover esternare i sentimenti che lo attanagliavano.

Il dolore e la colpa che sentiva e si portava addosso come delle zavorre legate a doppio filo con la sua anima erano evidenti, ma allo stesso tempo impediva a chiunque di aiutarlo, chiudendosi a riccio in quei pensieri neri che lo stavano consumando e questo lo portava ad aggredire chi gli stava intorno, senza rendersi conto di quanto quel suo modo di fare potesse ferire.

Le tornò alla mente quando le aveva detto che dovevano parlarsi per poter affrontare tutto insieme, un po' come una squadra, ma aveva capito che entrambi facevano fatica a mantenere la promessa che si erano fatti.

Lui troppo chiuso in sé stesso e lei inesperta a doversi aprire con chiunque non fosse la madre. Sospirò avvertendo il bisogno di avercelo accanto, di sapere che stesse bene, poter guardare quegli occhi che tanto amava e rivedere di nuovo quella luce, ora spenta.

Un leggero bussare alla porta la fece sussultare, presa alla sprovvista, subito si avviò e quando aprì si ritrovò a sorprendersi per quell'arrivo improvviso

-Ciao Alex- la salutò con voce roca, il viso stanco, con leggere occhiaie a contornare gli occhi spenti

-Mike! Entra!- lo fece accomodare vedendolo infreddolito, pensando che la situazione fosse ancora molto tirata tra lui e Jason, se non era entrato come suo solito.

Mike si avvicinò al fuoco per scaldarsi

-Ti ho disturbato?- le chiese sorridendo appena e lei scosse la testa

-Non disturbi mai, lo sai! - rispose per poi avvicinarsi all'uomo

-Levati la giacca, ti aiuto- l'uomo non oppose resistenza ad Alex che lo aiutò per andare a sistemarla sull'appendiabiti, quando si girò ad osservarlo perso nei suoi pensieri, vicino al fuoco, Alex vide la disperazione in quello sguardo

-Vuoi una birra?- chiese e lui ricambiò con un sorriso stanco, appena accennato

-No, grazie- lo vide portarsi le mani a strofinarsi il viso, come per cercare di svegliarsi

-Mike, cosa succede?- Alex gli si avvicinò e aspettò che lui la guardasse -Come mai sei qui?- lo vide sospirare pesantemente

****

Si appoggiò alla porta esausto, accese il lume sul comò e sprofondò nella poltrona della sua camera, sentendosi completamente a terra.

Erano passati giorni infernali, nei quali le condizioni di Jane erano stabili, ma comunque preoccupanti, soprattutto per il trauma cranico riportato nell'incidente.

Si prese il capo tra le mani, gli doleva ogni giorno, come fosse pronta a esplodergli da un momento all'altro. Il medico di Jane, vedendolo quella mattina, gli aveva dato alcune pasticche e consigliato di farsi una bella dormita, visto che da quella maledetta sera, non era riuscito a chiudere occhio se non per pochissime ore.

Ogni volta che ci provava, sognava di Jane, di Emma e lui si sentiva ferito e vulnerabile per lo sguardo che le due donne gli riversavano addosso.

Sentire la colpa stringergli la carne, faceva male.

Quell'amica fedele che sperava si allontanasse, ora che aveva Alex, gli era di nuovo ripiombata addosso, più ingombrante di prima.

Possibile fosse destinato solo a ferire le persone che gli stavano attorno?

A questo si aggiungeva anche Mike: da quella notte, era diventato un estraneo.

Si incontravano tutti i giorni all'ospedale, ma Mike lo ignorava completamente, come se lui non ci fosse e questo faceva ancora più male; aveva sempre contato sul rapporto che avevano, sulla loro amicizia; Mike era forse l'unica persona che per Jason avesse mai contato e sapere che in un momento come quello, non potessero condividere neanche una parola, lo feriva, l'indifferenza di Mike lo faceva sentire fragile come se la loro amicizia in qualche modo gli avesse sempre permesso di contare su un rifugio sicuro, di sapere che comunque qualcuno dalla sua parte ci sarebbe sempre stato.

Ma si era anche reso conto che aveva sbagliato alla grande nel pensare che Mike lo avesse perdonato, che avesse accettato la relazione che lui aveva intrapreso con Jane.

Mike non l'aveva mai dimenticata, non aveva mai smesso di amarla, neanche un istante anche se diceva ed era convinto di averlo fatto; e ora lui si recriminava l'ingenuità che aveva avuto, lasciandosi coinvolgere in una relazione che non aveva portato a nulla di buono, solo dolore e fraintendimenti per sè stesso, per Mike e per una ragazza che si meritava di avere accanto un uomo che l'amava con tutto sé stesso e non un uomo meschino come era diventato lui.

Si chiese quando fosse successo, se lo fosse sempre stato e non se ne fosse mai accorto, se davvero fosse stato tanto egoista da non rendersi conto di quello che stava accadendo davvero.

Quando era successo?

Aveva ragione il suo amico, quando gli aveva detto che Jane gli era servita solo per curargli le ferite, una volta ritornato con il cuore ridotto in pezzi per via di Emma e lui aveva sbagliato a non rendersi conto che quell'organo non sarebbe mai potuto appartenere a Jane; davanti a Mike non lo aveva mai ammesso, ma sapeva fosse così e, forse la stessa Jane ne era consapevole; le voleva un bene immenso, ma non sarebbe mai cambiato niente tra di loro, sarebbe potuto durare un'eternità il loro rapporto, ma Jane sarebbe stata sempre e solo una grande amica con la quale aveva condiviso momenti di piacere, certo, ma non di amore.

Aveva illuso se stesso e soprattutto lei, dandole quella speranza che forse stava cercando in lui: poter andare avanti nonostante tutto.

Ed ora Jane, che l'aveva curato con il suo amore, era sedata, in un letto di ospedale, con il volto tumefatto e ricoperto di bende, due costole rotte, così come il bacino e la gamba destra.

Era un miracolo che fosse ancora viva.

E poi c'era lei.

"Non ho la forza per stare dietro anche a te"

Si strofinò il viso chiedendosi come gli fosse uscita una frase del genere nei confronti di Alex; in tutto questo anche lei stava soffrendo, lo vedeva, lo aveva capito; era preoccupata per Jane, per lui e per Mike.

Quello sguardo che ogni sera si ritrovava addosso era gioia e supplizio insieme, un mix che non gli permetteva di aprire bocca, perché non voleva farsi vedere in quello stato eppure erano gli unici occhi che nel tormento che si portava dentro, riuscivano a farlo respirare, a fargli sorridere il cuore, a fargli sperare che tutto sarebbe andato bene.

Era diventata la sua forza, ma non voleva rischiare che leggesse quel sentimento ingombrante che aveva riempito ogni angolo del suo cuore, del suo corpo, del suo sangue.

Quel cuore in pezzi, che nessuno avrebbe potuto ricucire, era tornato quello di una volta, ed era bastato avere lei accanto.

Era difficile dover tenere lontano colei che gli aveva ridato un motivo per andare avanti in quella vita che stava lasciando passare come se ce ne fossero state altre, infinite, dopo la morte.

Non riusciva ad essere più così oggettivo e l'aveva dimostrato proprio in quella sera.

Chiuse gli occhi per poter ritornare a quel momento, beandosi ancora una volta dello stupore di Alex nel vedere quello spettacolo di colori che si riflettevano nell'oceano, rivedendo quell'affetto, quella riconoscenza che quegli occhi del colore del mare gli avevano rivolto per averle permesso di smettere di piangere; ma soprattutto rivide quell'attimo esatto in cui con uno sforzo sovrumano, aveva deviato le sue labbra sull'angolo della bocca di Alex.

Quanto avrebbe voluto fare tutt'altro, ma quel briciolo di buon senso, aveva in qualche modo permesso che non succedesse l'irreparabile, ma niente e nessuno poteva levargli quella sensazione che lo aveva attraversato come un tuono, nel sentire la morbidezza di quella pelle, quella consistenza fredda e vellutata e quel profumo che avrebbe riconosciuto ovunque e forse avrebbe cercato in chiunque, se lei se ne fosse andata, un giorno.

*****

-Devo parlare con Jason, riguarda Jane- Alex sentì un tuffo al cuore alle parole di Mike

-Come sta?- chiese preoccupata vedendolo irrigidirsi

-Stazionaria, ma l'anno fatta svegliare qualche ora fa- alzò il viso guardando il soffitto e prese un profondo respiro -Ha chiesto di vedere Jason- aggiunse, Alex si rattistó per l'espressione affranta che comparve sul volto di Mike

-Tu come stai?- gli chiese e un lampo di sorpresa attraversò quegli occhi del colore del cioccolato 

-Come stai davvero, Mike?- l'uomo fece un sorriso forzato e si girò verso il fuoco scuotendo leggermente la testa

-Non mi sono mai sentito così perso come ora- ammise con voce bassa -Mi sento uno schifo, Alex- lei gli si avvicinò poggiando una mano sul suo braccio

-Sei riuscito a parlare con lei? Sa che ci sei sempre stato?- chiese, ma lui scosse il capo

-No, anche alla sorella Rita, ho chiesto di non dirle nulla- la cosa intristì Alex che non osava immaginare come potesse sentirsi.

Dopo tutto, Jane aveva chiesto comunque di Jason.

-Forse dovresti cercare di far pace con te stesso, Mike- a quella frase lui si voltò a guardarla stupito scorgendo un leggero sorriso sul viso della ragazza

-Avete pagato tutti, ora basta- disse - vi state facendo del male, senza che questo porti a qualcosa di buono- disse pacata.

Non voleva certo interferire, ma le persone a lei più care, si stavano rovinando la vita e questo non era più accettabile

-Mike, l'amicizia che c'è tra te e Jason, non potete cancellarla come una scritta sulla sabbia, come se non ci fosse mai stata. Vi conoscete da sempre, siete amici da sempre- lui la guadò senza distogliere mai i suoi occhi, visibilmente colpito a quelle parole

-Ti prego Mike, perdonati per ciò che è successo anni e anni fa, hai pagato abbastanza- gli occhi di Mike si fecero improvvisamente liquidi, ma Alex si sentì in dovere di continuare -hai trattenuto i tuoi sentimenti per così tanto tempo che ora ti sono esplosi dentro, facendoti perdere di vista chi è Jason hai tuoi occhi. Non puoi incolparlo per quello che è accaduto a Jane, non farlo, lui si sta già colpevolizzando abbastanza, ha bisogno di te, come tu ne hai di lui- Mike si ritrovò a tiare su con il naso, una lacrima gli fuoriuscì dagli occhi sorprendendolo

-Ti prego Mike, per Jason tu sei più importante di chiunque altro, non ferirlo anche tu- Mike la fissava con la bocca socchiusa e lei alzò una mano posandola sulla sua guancia ricoperta di barba, gli sorrise e asciugò un'altra lacrima

-Basta soffrire, Mike- disse ancora -non merita nessuno di soffrire così, dalle la possibilità di sapere che l'ami ancora, che hai sofferto tanto quanto lei- a quelle parole Mike sentì il suo cuore sanguinare, come mai aveva fatto, si ritrovò con le lacrime a rigargli il volto e l'unica cosa che riuscì a fare fu quella di stringere Alex tra le braccia.

La strinse forte, lasciando che quella piccola ragazza ricambiasse, che gli infondesse quel calore e quell'affetto di cui ne sentiva tremendamente bisogno

-Mike!- la voce di Jason sorprese i due, Mike alzò il capo asciugandosi il viso con una mano, Alex allentò la presa e si girò ad incontrare lo sguardo spaesato del moro che stava osservando quell'abbraccio senza capire

-Che succede?- chiese scendendo gli ultimi gradini con la paura negli occhi

-Dopo che te ne sei andato questa mattina..-Mike iniziò a parlare

-Sono stato da un cliente- lo interruppe il moro quasi a volersi giustificare del fatto che non fosse rimasto in quel corridoio tutto il santo giorno, come aveva fatto dalla prima sera.

-Hanno svegliato Jane- aggiunse il rasato vedendo Jason cambiare espressione - e ha chiesto di te- Mike parlò pacato vedendolo sgranare leggermente gli occhi a quella richiesta

- Come sta?- chiese sentendo lo stomaco stringersi come una morsa, terrorizzato nel poter ricevere notizie negative

-Stazionaria, ma i medici sono ottimisti visto che svegliandola ha ricordato tutto-

Jason fece un leggero cenno d'assenso con il capo, sospirando di sollievo

-Quando posso vederla?- il tono apprensivo

-Anche subito, se vieni con me ti accompagno- Jason si sorprese nuovamente per quella frase, visto che non si parlavano da giorni e Mike lo evitava come la peste

-Ho il pick-up, posso venire con la mia auto- Mike accennò un leggero sorriso per il tono piccato che Jason non aveva per nulla mascherato

-Verrai con me, coglione, devo parlarti- e si girò di nuovo verso Alex ora più serena

-Grazie- le disse e lei ricambiò il suo sorriso, contenta di vedergli uno sguardo finalmente diverso

-Non ho fatto nulla- rispose con una leggera alzata di spalle e lui si piegò leggermente verso di lei, le prese il viso tra le mani sorprendendola

-Hai fatto moltissimo invece- sussurrò posando le sue labbra su quelle della ragazza che rimase pietrificata a quel contatto.

Quando si staccò le accarezzò il viso e si girò verso un Jason sconvolto

-Andiamo, coglione- disse con il suo solito tono divertito.

******

Jason non riusciva a distogliere lo sguardo da Mike che guidava con un'aria completamente diversa

-Dammi un motivo per cui non dovrei spaccarti la faccia- disse con voce strozzata, ancora aveva davanti agli occhi quel fottuto bacio, Mike sorrise guardando la strada

-Ne avrei diversi, ma se proprio vuoi ti dirò Jane- a quel nome Jason deglutì, era un colpo basso e lo infastidì vedere il compiacimento nello sguardo di Mike che si era girato un attimo a fissarlo, per poi tornare sulla strada con quel sorrisetto che gli avrebbe volentieri strappato dalla faccia

-Cosa cazzo ti è saltato in mente?!- sbottò alla fine, non riusciva a credere che Mike l'avesse baciata davanti a lui, il rasato fece uscire una risata dalle sue labbra

-Voglio davvero voltare pagina, Jason, ma prima ho voluto farti provare un briciolo di quello che ho trattenuto fino ad oggi- rispose spegnendo il motore e girandosi verso il moro rimasto di sale a quella frase

-Non sono stato onesto con me stesso, prima di tutto, poi con Jane e anche con te- disse serio

-Ho sbagliato, pensavo davvero che sarei riuscito a dimenticarla a dimenticare quello che avevamo e abbiamo perso- si fermò un attimo girando il capo verso l'entrata dell'ospedale -ma non posso più continuare, non voglio più- si girò di nuovo ad incrociare lo sguardo del moro

-Se voglio davvero voltare pagina devo affrontarla- sospirò prima di continuare- non ho mai avuto il coraggio di parlarle, non ci siamo mai confrontati dopo il suo aborto- abbassò il capo sospirando -e questo è un peso che mi porto nel cuore da troppo tempo, se le fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato e ho rischiato davvero troppo- disse risoluto -e non posso colpevolizzare nessuno per quello che è accaduto, non posso prendere a pugni il mio migliore amico. Non ho mai pensato che fosse colpa tua, in realtà la colpa è solo mia che l'ho lasciata andare via, anni fa- Jason sospirò a sua volta come svuotato nel sentirgli dire quelle parole

-Abbiamo sbagliato tutti, Mike, né più e né meno, dovremmo solo trovare il modo per rimediare ai nostri errori -disse e Mike fece un cenno d'assenso con il capo

-Andiamo da lei- lo esortò il rasato aprendo la portiera e scendendo per poi fermarlo per un braccio prima di entrare

-Se provi davvero qualcosa per Alex, non fartela portare via- Jason lo guardò sbigottito da quelle parole, Mike sorrise con espressione sardonica

-Te lo dico ora e non te lo dirò più Jas- lo guardò dritto negli occhi

-Non so cosa accadrà da adesso in poi, ma se farai piangere Alex, te la farò pagare cara. E' una promessa dal tuo migliore amico- Jason sgranò lo sguardo stordito da quella frase

-Quella ragazza non merita nulla del vecchio Jason, per cui datti una regolata- detto questo gli diede una pacca sulla spalla rilassando l'espressione -Ora andiamo, Jane ti aspetta- e lo condusse all'interno dell'ospedale.

Salirono al terzo piano in rigoroso silenzio, Jason sentiva l'ansia espandersi a macchia d'olio dentro di sé, avrebbe dovuto mettere qualche puntino sulle "i" con Mike, per le ultime frasi che gli aveva rivolto, ma ora doveva trovare il coraggio per affrontare Jane.

Si avviò verso la stanza della ragazza trovando la porta aperta; Mike si fermò qualche passo indietro come al solito, Jason si girò a guardarlo

-Lo farò dopo, ma ora vai tu- gli disse e il moro prese un profondo respiro e continuò fino alla porta dove si affacciò trovando Rita davanti il letto di Jane; la donna, appena lo vide, gli andò incontro salutandolo con un bacio su una guancia ed uscì richiudendo la porta.

Jason rimase qualche attimo immobile ad osservare quella stanzetta, con una finestra sul fondo dal quale si vedevano gli edifici intorno, il colore verde chiaro delle pareti e del pavimento, per poi osservare le due sedie e la piccola scrivania e infine il letto dove era sdraiata Jane.

Lei lo guardava in silenzio, il suo volto era ancora pieno di contusioni, aveva la testa fasciata, così come parte del busto, del braccio e una gamba ingessata leggermente sollevata.

-Ciao- la voce di Jane lo riscosse, facendolo avvicinare

-Ciao- rispose abbozzando un sorriso, era semidistesa con il tubo della flebo che le entrava nella farfallina appuntata sul braccio

-Come ti senti?- le chiese e lei sospirò appena

-Sono viva, è abbastanza- rispose piano, faceva fatica a parlare, le sue labbra erano screpolate, Jason prese la boccetta di acqua vicino a quella specie di carrello e ci infilò una cannuccia

-Bevi un po'- le disse aiutandola; Jane bevve qualche sorso e lui, dopo averla aiutata, le si sedette accanto sul letto, subito le dita di Jane trovarono quelle di Jason

-Sei gelato- gli disse e anche lui in quel momento avvertì la netta differenza tra le sue dita e quelle calde di Jane, il freddo era dato dalla paura, dall'ansia, ma non disse nulla abbassando la testa verso quelle dita sottili

-Ti ricordi cosa è successo?- le chiese dopo qualche attimo sentendola sospirare

-Tutto- rispose semplicemente e Jason fissò il suo sguardo leggermente liquido

-Mi dispiace Jane, è colpa mia- le disse abbassando il capo, sentendosi completamente affranto per come ora lei stesse soffrendo

-No Jason, non lo è- i loro occhi si incrociarono ancora una volta -ero io a guidare, avrei dovuto fare più attenzione, ma ho permesso alle emozioni di prendere il sopravvento e mi sono distratta, è stato un attimo- Jason la guardò e sentì un profondo senso di sconforto

-Non dovevi andare via da sola- insistette, ma lei gli strinse leggermente la mano

-Sapevo che sarebbe andata a finire così- Jason la guardò sentendosi uno straccio, si sedette sulla sedia lì accanto -lo abbiamo sempre saputo, Jas- aggiunse e lui avvertì i suoi occhi inumidirsi capendo a cosa si stesse riferendo

-Sono sbagliato, Jane- riuscì a dirle -ho avuto sempre chiaro che tu non meritavi questo mio modo di fare, ma non ho fatto nulla per cambiare questa situazione- il peso che sentiva nello stomaco si fece più pesante levandogli il respiro -anche se dici il contrario, so che è colpa mia- lei lo guardava con apprensione e dolcezza che annientarono ancora di più l'anima ferita di Jason

-Abbiamo tutti peccato di presunzione, Jas- disse flebilmente -entrambi eravamo convinti di poter e saper gestire questa situazione, ma come vedi non è stato così- affermò e Jason abbassò il capo alle loro mani intrecciate

-L'aiuto che abbiamo cercato l'uno nell'altra si è tramutato in qualcosa di malato per entrambi, ci siamo fatti del male- Jason la guardò e sospirò chiudendo gli occhi nel sentire quelle parole

-Quando mi sei venuto a prendere per andare al pub, l'ho capito subito che era l'ultima sera per noi- Jason aprì di scatto gli occhi per incrociare quello liquido di Jane -in realtà lo avevo immaginato, il tuo comportamento era cambiato già da un po'- ammise e lui si sentì come scoperto sotto quelle frasi

-Alla fine siamo ciò che facciamo non ciò che diciamo- il cuore di Jason perse un battito alla nitidezza di quella frase, alla verità che c'era in quelle parole.

Avrebbe potuto dire tutto quello che voleva, ma in realtà i fatti e i comportamenti avevano parlato molto chiaramente.

Abbassò il capo sentendosi stremato

-Vorrei sentirti arrabbiata con me, vorrei sentirti dire che mi odi e vorresti vedermi al tuo posto- disse sconfortato -ma da te non escono mai cose di questo tipo- lei sorrise appena

-La mia non è bontà nei tuoi confronti, Jason- gli disse -perché purtroppo vedo chiaramente il tuo dolore, sia per me che per te stesso e questo è abbastanza- Jason deglutì fissando quegli occhi verdi ora velati da una patina di tristezza ma anche di consapevolezza, di qualcosa che anche se in quella maniera, si era fatto chiaro.

Jason prese un profondo sospiro, aveva i polmoni contratti da giorni, come se fosse difficoltoso anche compiere un'azione così naturale come respirare

-Ti chiedo solo una cosa, Jas- lui fece un cenno d'assenso con il capo, privo di parole e la vide portare lo sguardo davanti a sé

-Vorrei sapere la verità su di te, vorrei conoscere quel Jason che tornato dall'Italia era cambiato, vorrei sapere cosa è successo e chi stai aiutando con tutto te stesso- Jason rimase di sale a quella richiesta, si portò una mano a tirarsi indietro i capelli e sospirò guardandola

-Quando uscirai da qui, ti dirò tutto - le sorrise appena -ho sbagliato a non farti mai partecipe di nulla, credo sia il minimo che possa fare, ti racconterò quello che è successo e chi è Alex- lei lo guardò riconoscente accennando un leggero sorriso

-Grazie, Jas- gli disse- so quanto sia difficile per te, ma forse parlandone potrai liberarti un po' di tutto quel peso che ti sei portato dietro fino ad oggi- lui chiuse gli occhi a quella frase, sentendosi quasi un fantoccio sotto la chiarezza che Jane aveva sempre dimostrato

Era e sarebbe sempre stata una donna splendida, con una sensibilità fuori dal comune, una dolcezza e una premura per chi le stava intorno che raramente si poteva incontrare e di questo Jason ne fu quasi onorato

-Sei una donna eccezionale Jane- le disse vedendola socchiudere leggermente le labbra per lo stupore che evidentemente aveva provato nel sentirgli dire quelle parole

-Lo sei davvero e dovresti smetterla di pensare che non sia così, dovresti smetterla di accontentarti, come hai fatto con me- lei gli strinse un pò la mano sospirando sotto quelle parole

-Hai tutta una vita davanti Jane e la prima che deve credere in sè stessa, sei tu. Non puoi più pensare che non vali molto solo perchè hai incontrato degli ostacoli, perchè li hai superati andando comunque avanti e meriti tutto ciò che desideri- lei gli sorrise con gli occhi ricolmi di lacrime

-C'è qualcuno qui fuori che ha fatto la muffa in questi giorni per starti accanto- Jason cambiò discorso, dopo un breve silenzio e le sue parole la sorpresero ancora una volta, avvertì la sua mano fremere appena, la vide voltare il viso verso la finestra

-Non credo di essere tanto forte, Jas- disse piano e lui le strinse la mano per farsi guardare

-Nessuno lo è Jane, non lo siamo mai stati, ma possiamo iniziare ad esserlo piano piano- le disse accarezzandole una guancia -vorrebbe davvero poterti stare vicino senza più nascondersi- la vide sgranare gli occhi a quella frase e lui arricciò appena le labbra in un sorriso -non ha mai smesso di amarti Jane, nonostante me, nonostante noi, nonostante gli anni passati. Lui ti ha sempre amato- una lacrima le solcò il viso livido

-Quello che ti è successo è colpa mia, Jane, lo sappiamo entrambi, anche se dirai sempre il contrario, permettimi almeno di aiutarvi a risolvere quello che avete lasciato in sospeso- aggiunse e lei gli strinse forte la mano

-I medici ti aiuteranno a rimetterti in piedi, cureranno le tue ferite, ma permettimi di aiutarti, per quanto mi è possibile, a curare quello che ti porti dentro, come tu hai fatto con me- le si avvicinò e posò le sue labbra sulla fronte, mentre calde lacrime le stavano rigando il viso

-Non importa quello che accadrà, ma datevi la possibilità di raccontarvi il vostro dolore, forse è più simile di quello che avete sempre pensato- le disse a un soffio dal viso e lei si sforzò di sorridergli priva di parole.

Si guardarono negli occhi e Jason lesse in quelle gemme verdi come i prati della loro terra, quei bellissimi anni passati insieme. Era stato uno stupido a non rendersene conto prima, ad aver aspettato un fatto straziante come quello che stavano vivendo, per dirglielo e mettere a fuoco quello che aveva avuto tra le mani.

Le sorrise per poi allontanarsi piano e uscire dalla stanza, dove incontrò subito lo sguardo preoccupato di Mike

-Non vuole vedermi, vero?- chiese e Jason gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla

-Ha paura come te Mike, ma credo che non aspettasse altro- gli occhi di Mike si aprirono per la sorpresa e deglutì guardando la porta accostata della stanza dove sarebbe dovuto entrare; prese un profondo respiro sentendo la presa di Jason scivolare da lui, lo guardò negli occhi cercando e trovando quella forza che gli permettesse di entrare.

****

Aveva appena finito di infilarsi il pigiama quando sentì chiaramente l'auto di Jason. Si guardò allo specchio e un sorriso le nacque sulle labbra, fiduciosa che le cose tra lui e Mike in qualche modo si fossero sistemate. Uscì dal bagno nell'esatto momento in cui Jason stava salendo gli ultimi gradini. Era a testa bassa, ma quando avvertì la presenza della ragazza alzò il capo e si fermò sull'ultimo gradino.

Alex lo guardò con attenzione, cercando di capire se quell'espressione che aveva era data dalla stanchezza, o fosse successo dell' altro.

Abbozzò un sorriso incerta avvicinandosi all'uomo che non aveva mutato espressione, con quello sguardo che le dava l'idea che leggesse direttamente il suo Dna, la mascella era leggermente contratta e la luce data dall'unico lume acceso nel corridoio, disegnava sul volto di Jason dei chiaro scuri che enfatizzavano ancora di più il suo apparire estremamente serio.

-Come è andata? Jane si sta rimettendo?- chiese speranzosa mordendosi un labbro; non voleva essere né invadente, né commettere l'errore di dire o fare la cosa sbagliata in un momento come quello, ma aveva la necessità di sapere; quando lui rispose con un leggero cenno del capo, si ritrovò a sospirare di sollievo.

Lo vide aprire la porta della sua stanza, ma prima di lasciarlo sparire al suo interno chiudendosi la porta alle spalle, non ci pensò due volte e lo fermò posando le mani sul legno; lui si girò sorpreso

-E con Mike? Avete chiarito?- chiese sapendo che non sarebbe riuscita a dormire aspettando il giorno dopo per poterglielo chiedere; lo vide inclinare il capo leggermente di lato

-Si- le rispose semplicemente vedendola sorridere felice -ma non vorrei che per ogni nostra discussione tu debba baciarlo- aggiunse facendole morire il sorriso sulle labbra e diventare ancora più rossa

-E' lui che ha baciato me!- sbottò imbarazzatissima per quella frase ripensando al gesto di Mike

Jason fece un passo verso di lei che involontariamente indietreggiò, ma con una mossa inaspettata le prese il mento tra pollice e indice e le fece alzare il volto per guardarlo bene negli occhi, avvicinandosi anche un po'

Alex sentì che avrebbe perso l'equilibrio, così dovette portare le mani a toccare il torace di Jason per non finirgli completamente addosso, rimanendo spiazzata dalla sua vicinanza

-Lui lo fa per provocarmi, ma tu non farlo-le disse a un soffio dal viso, erano così vicini che percepire il profumo di Jason la stordì

-Se rivedo te e Mike di nuovo in quel modo, ti giuro su Dio che non risponderò più di me stesso- Alex sgranò lo sguardo trattenendo il respiro a quella frase, mentre lui continuava a tenerle stretto il volto, per poi vedergli puntare lo sguardo sulle sue labbra e deglutire

-Non mi piace ripetermi Alex, credo tu lo abbia capito- le soffiò

-Sei qui da poco e già sono un po' troppe le persone che ti hanno baciato- le disse avvicinandosi al suo orecchio -la cosa è alquanto fastidiosa, non pensi?- lei sentì le gambe farsi molli e il cuore battere come un tamburo -Vorrei evitare che la mia futura moglie si diverta così tanto a farmi saltare i nervi- il cuore le arrivò in gola, non aveva più fiato e le gambe erano diventate di gelatina.

A quel punto la lasciò accennando un sorriso per poi sparire dietro la porta della sua stanza, mentre Alex, con passi traballanti e la testa nel pallone, si avviò nella sua stanza cercando di riprendere fiato, ma nell'esatto momento in cui chiuse la porta, le gambe cedettero e lei scivolò lentamente sul pavimento, pensando che ora aveva da affrontare un grosso problema: il matrimonio.

 

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Capitolo 29
*** 28 ***


– Sai, oggi mi ha chiamato Thomas per farmi gli auguri- a quella frase il sorriso di Alex si spense ritrovandosi a giocherellare con la forchetta che teneva in mano.

Il pub era stato chiuso per le famose ferie da un paio di giorni, ma quel mercoledì lei e Liz erano andate a dare una sistemata ai vari alimenti e bevande che Mike aveva ordinato prima della successiva apertura e dopo la mattinata passata a scartare scatolini, sistemare bottiglie e quant'altro, si erano preparate qualcosa da mangiare e ora sedevano su uno dei tavoli

–Mi ha chiesto come stai- aggiunse Liz abbozzando un sorriso di circostanza; da quando Alex era tornata, non lo aveva più sentito

-Non ho avuto il coraggio di chiamarlo, né di fargli gli auguri- confessò sospirando, ogni volta che provava a scrivergli qualcosa, cancellava tutto perché si sentiva ancora tremendamente in colpa nei suoi confronti e il fatto che anche lui, non l'avesse cercata, l'aveva fatta desistere dal chiamarlo.

- Sta bene?- chiese dopo qualche istante e l'amica sospirò prendendole una mano

-Ci metterà un po' per tornare il Thomas di una volta, ma sta bene- le rispose, vedendo però l'espressione triste di Alex continuò

–Non tormentarti Alex, poteva succedere e lui lo sapeva bene- Alex sospirò incrociando il suo sguardo

-Sto rovinando la vita a un po' di persone- abbozzò un sorriso triste, mentre Liz le strinse una mano ridacchiando

-Non dire stupidaggini, Thomas era partito in quarta con te, farti quella proposta è stato comunque un azzardo, non sa tutta la storia e deve accettare il fatto che tu hai altri progetti- le disse risoluta

-Piuttosto- riprese la moretta dopo aver mandato giù un sorso di birra

-Hai parlato con Jason del matrimonio?- la domanda dell'amica fece fermare il respiro di Alex, intenta a mettere un po' di ketchup sulle sue patatine e la sua mente volò a qualche sera precedente

–Vorrei evitare che la mia futura moglie si diverta così tanto a farmi saltare i nervi- le tornò quell'attimo in cui aveva creduto di vedersi uscire il cuore fuori dal petto sentendogli pronunciare quella frase e non potè non arrossire nuovamente

–A dire il vero non abbiamo avuto modo di parlarne- rispose un po' in imbarazzo - poi c'è stato l'incidente e tutto è passato in secondo piano- Liz la stava osservando con un leggero sorriso malizioso sulle labbra, ma Alex non volle approfondire e continuò

- Mi ha chiesto cosa ne pensassi veramente, quando Francesca è andata via e sono stata onesta-

-Che gli hai detto?- chiese curiosa Liz- Alex si girò ad osservare il locale vuoto ripensando a quelle breve conversazioni avute con lui sull'argomento

-Gli ho detto che non sono molto convinta, perché non mi va di fargli fare questa cosa- si appoggiò con il capo alla mano, pensierosa –ma lui ha ribadito che vuole farlo perché non accetterebbe mai l'idea che parta per l'estero e neanche che mi sposi con qualcuno che non conosciamo- sorrise ripensando al viso e allo sguardo di Jason mentre gli diceva quelle cose, sembrava essere passato un decennio, ma di nuovo sentì il cuore accelerare i battiti nel ricordare quei momenti

-Quindi lo farete?- chiese ancora Liz incrociando le braccia al tavolo e fissandola curiosa, Alex sospirò e la guardò

-Penso di sì, non abbiamo altra scelta- affermò e l'amica le sorrise avvicinandosi

-Bisogna organizzare qualcosa di bello, allora!- era davvero entusiasta e Alex sbiancò a quella proposta

-Assolutamente no!- ribatté con una smorfia –Non è un vero matrimonio, anche se agli occhi di tutti e soprattutto dei funzionari deve esserlo, ma non voglio nulla di...-si fermò non riuscendo a trovare le parole e Liz iniziò a ridere

-Staremo a vedere...- le disse allusiva e Alex avrebbe voluto far desistere l'amica e chiudere l'argomento, ma l'arrivo di Mike le distrasse

Alex non sapeva bene cosa fosse successo dopo il risveglio di Jane, Jason non le aveva detto nulla e con la chiusura del locale, non aveva visto Mike in quei giorni, ma osservandolo, notò una certa serenità nel suo sguardo che sorrise alle due ragazze avvicinandosi al tavolo

-Ciao!- salutò levandosi il giaccone pesante che indossava posandolo alla vicina sedia per poi sedersi di peso – Come è andata con tutta quella roba?- chiese rubando una patatina dal piatto della sorella che sbuffò alzandosi

-Il grosso lo abbiamo sistemato e smettila di rubarmi le patatine! Te le vado a prendere!- Mike le sorrise sornione

-Anche un hamburger grazie!- Liz alzò gli occhi al cielo e svogliatamente sparì in cucina facendo sorridere Alex mentre Mike continuò a mangiare imperterrito dal piatto della sorella

-Come stai?- le chiese lui guardandola

-Bene, tu? Va meglio?- ricambiò il suo sorriso e Mike si appoggiò allo schienale della sedia stiracchiando le gambe sospirando e incrociando le braccia al petto

-Un passo lo abbiamo fatto- le confidò mentre guardava un punto davanti a sé –E' già abbastanza- e ritornò con i suoi occhi del colore del cioccolato verso di lei – Non mi aspetto nulla, ma il fatto che ci siamo riusciti a guardare negli occhi per me vuol dire molto- Alex gli sorrise felice di sentirgli dire quelle parole

-L'importante è aver fatto il primo passo, il resto verrà da se- lui le prese una mano che teneva sul tavolo e se la portò alle labbra

-Sei una ragazza d'oro Alex- in quel momento entrò dalla porta principale Jason che, vedendoli, si pietrificò sul posto assottigliando subito dopo lo sguardo verso Mike che gli sorrise mentre Alex ritirò la mano come scottata

-Qual buon vento, amico!- esordì il rasato vedendolo avvicinarsi

-Te l'ho mai detto che detesto il tuo ghigno del cavolo?- il tono duro di Jason fece esplodere Mike in una risata che riempì il locale, mentre Alex era rimasta ad osservare Jason levarsi anche lui la giacca mettendo in mostra il suo fisico fasciato da jeans pesanti scuri così come il maglione che indossava, lo guardò di sottecchi sedersi alla sedia accanto alla sua, aveva il viso teso in un'espressione di disappunto mentre continuava a guardare Mike che a sua volta aveva ripreso a mangiare le patatine dal piatto di Liz continuando a ridacchiare.

Sentì il sangue fluirle alle guance nel ripensare a come l'avesse sorpresa quella sua reazione al bacio di Mike, a quello che le aveva detto, ma soprattutto a quel modo di dirglielo: ancora sentiva la sua mano sul suo viso, il suo profumo e la sua voce vicino all'orecchio

-Tutto bene?- la voce del moro la ridestò da quel sogno ad occhi aperti e si ritrovò a sorridere impacciata e ad alzarsi quasi subito

-Vado a prepararti qualcosa da mangiare- gli disse mentre lui la osservò tra il dubbioso e il sorpreso per quella sua reazione

-Grazie- rispose mentre la vide prendere il suo piatto mezzo vuoto avviandosi in cucina

-Se vuoi mi sacrifico io- Jason che non era riuscito a non guardarla fino a quando non era scomparsa dietro la porta della cucina, fissò l'amico senza capire, Mike gli sorrise beffardo

-Con Alex, dico, se vuoi la sposo io- Jason tossì la birra che stava bevendo dal boccale di Liz facendo scoppiare Mike in una grassa risata

-Sei davvero un'idiota patentato!- sbottò asciugandosi mentre Mike si era messo con le braccia appoggiate al tavolo e lo guardava divertito

-E tu ormai ti sei fottuto il cervello, vero?- a quell'affermazione, Jason non riuscì a mantenere lo sguardo in quello dell'amico e sbuffò fissando il boccale davanti a lui

-Comunque, amico mio, se vuoi un consiglio, datti una mossa- Jason a quella frase guardò Mike che aveva abbassato il capo verso il tavolo, incurvando leggermente le spalle

-Se ci pensi, non abbiamo molto tempo per essere felici- gli disse 

 –Abbiamo la presunzione di credere che possiamo fare tutto, prima o poi, perché abbiamo l'illusione di avere tanto tempo, come se fosse infinito; ma non è così, la vita è un'altra cosa, va per conto suo e noi siamo solo delle piccole pedine che seguono la corrente- Jason sentì il cuore diventare pesante, ma non fiatò

-Non ci fermiamo mai a pensare che potrebbe succedere qualcosa e stravolgere tutto quanto, cambiare quello che credevamo fosse già scritto- sorrise in maniera stanca alzando il capo per guardalo in viso

–Ne hai avuto la prova con Emma- quella frase lasciò Jason di sasso

 –Il tempo passa e non è detto che abbiamo tutte queste occasioni che crediamo di avere – il moro riabbassò il capo come inchiodato da quelle parole

-Queste cose te le ha tirate fuori Jane?- chiese e il silenzio che seguì fu per lui una conferma, una realtà che faceva male, che ti metteva davanti all'evidenza che non siamo padroni di nulla, solo di piccole occasioni che non tutti sanno cogliere.

Prese dalla tasca dei jeans una sigaretta e se l'accese, porgendo poi il pacchetto a Mike che fece lo stesso, felice di poter fumare nel suo pub, come ai vecchi tempi.

Jason si passò una mano tra i capelli buttando fuori una nuvola densa di fumo prima di parlare

-Non so cosa devo fare- ammise con un sorriso amaro –è una ragazzina, ci separano troppi anni Mike - e dirlo fu logorante, sentì il peso di quella realtà –inoltre non è detto che possa ricambiare- sbuffò –e ammesso che invece provi qualcosa per me, chi mi dice che non possa cambiare idea, con il tempo; quando io avrò 50 anni lei ne avrà a mala pena 30- si strofinò il viso con una mano sentendosi uno straccio

-La aiuterò finché potrò, finché vorrà, ma non me la sento di farle sapere quello che provo- il suo amico sorrise appena e si girò a guardarlo mentre anche lui si godeva quella sigaretta 

-E' vero vi separano tantissimi anni- disse piano e Jason si sentì ancora di più schiacciare da una consapevolezza che pesava come un macigno –ma non è scritto da nessuna parte che per essere felici bisogna avere un età- Jason si girò a guardalo stupito da quella frase, ricevendo un sorriso stanco da parte del rasato –Hai detto tutte cose verissime, Jas, ma credo che dovresti darle la possibilità di scegliere e tu, dovresti prenderti le palle in mano e accettare le conseguenze- Jason sgranò gli occhi a quella frase

–Io ho sbagliato con Jane, ho sbagliato alla grande e non so se potrò recuperare mai i miei errori- il tono era intriso di tristezza, conscio che certe cose non possono essere recuperate 

–Quando sono entrato nella sua stanza, l'altra sera, mi sono sentito morire- Mike rivolse di nuovo il suo sguardo davanti a sé –la cosa che mi ha più sconvolto quando l'ho rivista, non è stato quello che le è successo – sorrise appena –anche se ovviamente mi ha distrutto, ma la cosa che davvero mi ha colpito di più è stato capire quanto mi sono perso in tutto questo tempo- aspirò dalla sigaretta buttando via altro fumo 

– Puoi levarti l'armatura che indossi- Mike sentì un brivido attraversargli la schiena e non riuscì a non sentire gli occhi farsi umidi, Jane aveva pronunciato quella frase che lessero insieme in uno dei tanti testi scolastici e che lei amava di più e che ogni tanto diceva, quando lui le voleva nascondere qualcosa, o non riuscisse ad esprimere a pieno quanto le piacesse; quando voleva fare il duro, ma in realtà tremava come una foglia ad ogni suo tocco o bacio. Una frase che gli diceva per fargli capire che non doveva avere paura di lei, non doveva aver paura di esporsi

- Sai stupirmi come sempre- si sforzò di dirle vedendole le labbra accennare un leggero sorriso

-Se ti avvicini giuro che non ti mordo, non adesso, quantomeno- Mike sorrise e con enorme fatica, come se avesse del piombo nelle scarpe, le si avvicinò osservandole il viso tumefatto, le bende, il gesso, le sembrò ancora più piccola di quanto non ricordasse

-So che hai fatto la muffa qui fuori- lo canzonò e lui si imbarazzò sorridendole, pensando che avrebbe volentieri strozzato Jason appena l'avesse rivisto; si sedette con fatica alla sedia lì accanto

-Era il minimo che potessi fare- ammise –ci hai fatto preoccupare da morire- aggiunse vedendola spostare lo sguardo verso la finestra; seguirono lunghi minuti di silenzio, si poteva ascoltare il vento fischiare fuori la finestra, il buio aveva ormai colorato il cielo e avvolto ogni cosa.

-Sai cosa mi rattrista di più?- lui la fissò senza rispondere, ascoltando la sua voce

– Il tempo è comunque andato avanti, nonostante tutto, nonostante noi- i suoi occhi si fecero liquidi –Non ce lo darà più indietro nessuno e noi abbiamo permesso che il nostro dolore ci cambiasse- Mike sentì il respiro mozzarsi a metà torace, la gola chiudersi e il peso di tutto quello che avevano avuto piombargli addosso

-Ho sbagliato io Jane, ho fatto in modo che ci allontanassimo e non ho avuto mai il coraggio di affrontare la situazione- il dolore gli morse la carne come un cane, era lacerante sapere che avesse ragione; la vide girare il capo e guardarlo con gli occhi lucidi –mi sono voluto tenere stretta la mia armatura e sono stato un vigliacco e, a dirla tutta, lo sono anche ora che ho dovuto sapere che stavi in queste condizioni, per trovare quel fottuto coraggio che mi permettesse di parlarti- abbassò il capo, provato dallo sguardo addolorato che lei gli stava rivolgendo

-E' vero che il tempo non ce lo ridà indietro nessuno e che siamo cambiati- continuò lui dopo un lungo silenzio –ma possiamo imparare a non aver paura delle nostre paure- si alzò dalla sedia e le si sedette accanto sul letto

-Non voglio più continuare a far finta che non ci sia mai stato nulla, non posso più far finta di niente, perché come dici tu il tempo passa e comunque ci porta a scontrarci con ciò che non abbiamo risolto- una lacrima uscì dagli occhi di Jane che non era riuscita a distogliere mai lo sguardo da quello di Mike

-Il dolore non passa mai del tutto- gli disse con voce tremante

-E' vero, non passa, ma possiamo conoscerlo e capirlo meglio, possiamo aiutarci come non siamo riusciti a fare prima- le prese una mano e sentì il tremore avvolgergli la pelle a quel contatto

- Non so cosa succederà da domani Jane, ma voglio credere che possiamo almeno parlare, voglio sperare di avere la possibilità di guardarti e non vergognarmi. Ti chiedo solo di aiutarmi a farlo- un singulto le uscì dalle labbra ferite

-Mike, non so se ho la forza di...- ma lui la interruppe

-Non voglio la tua forza- le sorrise, sentendo anche lui una profonda commozione avvolgergli le viscere

- Voglio il tuo dolore, voglio le tue lacrime, i tuoi insulti, voglio la Jane che ho lasciato e ho permesso che cambiasse- Jane chiuse gli occhi lasciando uscire altre lacrime; Mike con un gesto lento alzò la mano libera e con estrema delicatezza l'avvicinò al viso di Jane, poteva sentire il suo calore, l'alito caldo che le usciva dalle labbra dischiuse che trattenevano i singulti e, con una gentilezza che neanche immaginava di avere, posò le dita sul suo viso e fu come se nulla fosse cambiato.

Lei strinse gli occhi, mentre sentiva le dita calde di Mike asciugarle il viso con premura, come se stesse toccando la cosa più fragile al mondo e avvertì di nuovo il suo cuore battere, battere in quel modo che aveva dimenticato, seppellito; aprì gli occhi e si specchiò in quelli caldi di Mike che le sorrise appena

-Eravamo prima di tutto amici Jane, prima di ogni altra cosa- le disse accarezzandole la guancia –rivoglio la ragazza con cui sono cresciuto, solo questo, voglio di nuovo l'amica che sapeva quando dovevo trovare la forza di levarmi l'armatura e non nascondermi sempre dietro ad essa- Jane tremò a quelle parole, ma la dolcezza che avvertì la scaldarono e le fecero formare un sorriso vero su quella bocca tagliata.

Forse non sarebbe riuscita a fare quello che Mike sperava, il dolore e la delusione erano state devastanti allora, inoltre aveva imparato ad amare un'altra persona, che però non avrebbe mai ricambiato e che l'aveva lasciata, ma con quel sorriso che sentì nascere su di sé, si promise che ci avrebbe provato.

Erano tutti e due appoggiati al tavolo con lo sguardo basso, le braccia incrociate davanti a loro, Jason sentiva il dolore di Mike e di Jane, non poteva immaginare cosa potesse passare adesso nella mente del suo amico, ma sperava con tutto il cuore che entrambi trovassero, prima o poi, il linguaggio e il modo per parlare di nuovo e affrontare quei fantasmi che li avevano divisi.

Ci sarebbe voluto del tempo, quell'eterno signore che non guarda in faccia niente e nessuno e va in un'unica direzione, lasciando alle persone la sola possibilità di seguirlo, di farsi trascinare dallo scorrere dei minuti, delle ore, delle giornate e degli anni.

Jane aveva ragione, il dolore non passa, sta lì come uno spettatore nell'ombra che conosce ogni tua sfumatura e appena fai una mossa falsa, è l'unico che si fa vedere, che si fa sentire, ricordandoti il peso che porti e lui lo conosceva bene

-Ce la farete- disse dopo un lungo silenzio e Mike sorrise

–Ce la faremo, amico- rispose di rimando lui sorridendogli

In quell'istante la voce di Liz invase la sala, interrompendoli

-Ma siete impazziti? Avete fumato?- chiese adirata arrivando al tavolo con due piatti: uno con hamburger e l'altro con delle pizzette fritte, seguita a ruota da Alex con un vassoio con quattro bicchieri di birra e acqua

Sia Mike che Jason vedendole si tirarono su sospirando all'unisono, come a scacciare per il momento, quello che si erano detti

-Sto nel mio locale chiuso e se permetti ci volevamo godere una sigaretta in santa pace che tu, hai interrotto- la stuzzicò Mike facendola brontolare, mentre Jason puntò i suoi occhi su Alex; con attenzione stava sistemando due boccali di birra e una bottiglia d'acqua con altrettanti bicchieri; aveva un sorriso divertito ad illuminarle il viso, mentre ascoltava le diavolerie dei due fratelli, le guance leggermente rosate e quegli occhi che ora si erano posati su di lui sciogliendogli, come ogni volta, il gelo che sentiva quando lei non era con lui, la vide sorridergli appena mentre gli si sedeva accanto e si chiese se fosse mai stato in grado di rinunciare a lei, solo perché non aveva il coraggio di guardare in faccia quei sentimenti.

Mike aveva ragione, se davvero provava qualcosa per Alex, avrebbe dovuto avere il coraggio di affrontare le conseguenze, anche se negative, anche se lei non lo avesse mai amato; se qualcosa aveva inevitabilmente imparato, era di non permettere che il tempo accumulasse rimorsi e rimpianti.

Si ripromise, mentre la sentì scherzare con Liz, che lo avrebbe fatto al momento giusto però, quando fosse convinto che lei potesse essere pronta a sentire ciò che lui conservava nel cuore.

Avevano dovuto affrontare già parecchie situazioni non facili a partire dalla loro convivenza, da come lui non volesse aiutarla e, a quel ricordo, un sorriso gli allungò gli angoli delle labbra mentre prendeva le patatine che gli aveva messo davanti, ripensando a quanta paura avesse di lei, di dover affrontare un passato che da sempre lo tartassava, scoprendosi forse più forte, solo grazie a lei.

Doveva fare le cose per bene, anche se avesse dovuto aspettare ancora, ma non voleva sobbarcarla anche di questo, non adesso per lo meno; il sapere che si sarebbe dovuta sposare con lui, l'aveva già caricata di un altro peso, un qualcosa che avrebbero dovuto imparare a gestire, non poteva rischiare di perderla perché non aveva saputo attendere il momento giusto. Una cosa però era stampata nella sua testa: avrebbe accettato ogni sua scelta.

L'avrebbe voluta al suo fianco, sempre, per sempre se fosse stato possibile, ma sapeva che forse, questo era destinato a rimanere uno dei suoi tanti sogni, capendo che perderla avrebbe significato perdere anche un pò di sé stesso.

Venne riportato alla realtà da Mike che rise di gusto a qualcosa che proprio Alex aveva detto

–Tu sì che hai bei gusti, non come lei- disse Mike rivolgendosi poi alla sorella –che ha perso la testa per quel tipo che secondo me ha solo muscoli e niente cervello!- aggiunse e Liz lo guardò incenerendolo con lo sguardo mentre Alex trattenne una risata

–Mark è un ragazzo d'oro! Non lo conosci per niente! - Mike alzò gli occhi al cielo

-Ma se ogni volta che mi vede abbassa lo sguardo e saluta a mezza bocca! – le rispose divertito

-Devo ricordati come l'hai trattato la prima volta che si è presentato?- lo riprese la sorella e Mike a quel punto non trattenne un'altra risata

-Cosa è successo?- chiese curiosa Alex guardando Liz arrabbiatissima

-Questi due cretini lo hanno messo sotto torchio per mezz'ora!-  sbottò –Facendogli le domande più assurde! Mettendolo in imbarazzo!- spiegò furiosa –All'epoca, e parliamo di almeno tre anni fa, neanche stavamo insieme! Era solo un amico che mi era venuto a trovare qui al pub!- aggiunse e a quel punto Mike rise di di gusto ricordando la scena spintonando leggermente Jason al suo fianco; Alex posò di nuovo lo sguardo sul moro che ora finalmente rideva e non potè non pensare a quanto fosse bello, con quei suoi capelli lisci e neri che gli ricadevano un po' davanti a quegli occhi sempre troppo profondi, sorrideva con quelle linee che ne accentuavano i tratti e gli illuminavano il volto

-Ti ricordi Jas? Quando abbiamo scherzato con il suo ragazzo la prima volta che si è presentato? Solo questa qui non aveva capito niente! Quello ti veniva dietro da allora, tonta!- continuò Mike contagiando anche Jason in una risata, Alex si morse un labbro sentendo quel vuoto che le dava restare ad osservarlo, sentirlo ridere in quel modo facendola sorridere a sua volta

-Siete degli imbecilli!- sbuffò Liz –Siete davvero un caso perso! Mi chiedo chi mai vi vorrà avere al proprio fianco!- Mike e Jason cercarono di trattenersi alla vista di una Liz davvero su tutte le furie e rossa come una fragola per l'imbarazzo, anche se continuava a voler fare la dura

–Dovremmo metterle sempre come piatto fisso Alex, sono buonissime!- cambiò discorso Mike dopo poco mangiando un'ennesima pizzetta e bevendo poi un buon sorso di birra

-Ne hai mangiate almeno quattro, Mike- lo riprese Jason abbozzando un sorriso –se le facesse sempre, rischieresti di rotolare nel giro di qualche mese!- Liz rise divertita vedendo come il fratello sbuffò per poi inghiottirne una tutta insieme facendo ridere di gusto anche Alex nel guardare l'espressione scomposta che fece per cercare di mangiarla tutta in una volta per poi darsi un paio di colpi sul petto per deglutire bene il boccone eccessivo che aveva fatto

-Hai davvero le mani d'oro, Alex- le disse avvicinandosi verso di lei –dovrei pensare di propormi per sposarti, sai?!- a quella frase Alex arrossì abbassando il capo

-Io sono disponibile – aggiunse facendo andare a fuoco il volto della ragazza che si tese come una corda di violino, non abituata a certe cose.

-Ma la smetti con questa storia?!- sbottò Jason alterato facendo ridere l'amico

-Io sono molto meglio di lui- continuò Mike e Jason alzò gli occhi al cielo sospirando

-A dire il vero, io cercherei qualcun altro- affermò Liz –cascheresti dalla padella alla brace!- e Alex non trattenne una risata mentre i due uomini rifilarono alla moretta un'occhiataccia che lei ricambiò ridendo

–Prima stavamo parlando proprio del matrimonio con Alex- esordì dopo qualche attimo Liz, facendo finta di non vedere il disappunto nello sguardo dell'amica alla sua frase

-E stavo pensando che dovreste fare le cose per bene, visto che sarete controllati da quei tizi- aggiunse dopo qualche attimo, guardando Jason che si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia con aria pensierosa

-Compileremo i vari documenti che mi daranno al comune e poi aspettiamo che ci facciano sapere- rispose 

-Io intendevo il matrimonio- specificò Liz guadagnandosi uno sguardo un po' sorpreso da parte del moro

-Cioè?- chiese e lei sospirò appoggiandosi al tavolo incrociando le braccia, guardando sia lui che Alex, la quale sembrò supplicarla con lo sguardo per non farla continuare, ma la moretta le sorrise allusiva 

-Se quei tizi vi controlleranno vorranno sicuramente vedere un matrimonio come si deve, si aspettano che voi siate a tutti gli effetti una coppia, no? Pensavi di mettere una firma e via?!- a quelle parole Jason si sentì punto sul vivo, perché in cuor suo sperava di non dover mettere Alex in una situazione tanto imbarazzante, la guardò e osservò il suo viso arrossire alle parole di Liz

-Credo che basterà rispondere a qualche domanda per fargli capire che ci frequentiamo, non credo che...- ma le parole di Alex furono interrotte da Mike

-Penso che Liz abbia ragione, ragazzi- Jason guardò l'amico, il quale sembrò diventare subito serio –Se quello che ha detto la vostra amica Francesca è vero, quei tizi scaveranno parecchio per essere certi che voi siate una coppia, non potete permettervi di tralasciare nulla- Jason ponderò quelle parole sapendo che li aspettava una situazione per niente facile

-Faremo credere loro che ci sposeremo con un cavolo di reverendo, fissiamo una data e via- disse mentre Alex era completamente ammutolita

-Jas, dovreste pensare bene a come affrontare la cosa, quelli cercheranno sicuramente di farvi cadere in qualche tranello per verificare il vostro rapporto, dovreste iniziare a prepararvi sul serio-

Jason storse il naso sentendosi sempre più rigido su quella sedia

Mike si toccò la barba pensieroso

-Avete già pensato a che storia gli racconterete? Come vi siete conosciuti? Da quanto state insieme? Cose del genere – spiegò e Jason avvertì l'irrequietezza di Alex, avrebbe preferito affrontare quel discorso a quattrocchi con lei, ma evidentemente il suo "caro" amico e la sorella avevano altri programmi

–Inoltre vorranno vedere sicuramente una certa complicità tra voi- Alex deglutì alle parole di Liz, non riusciva a girarsi per guardare Jason, troppo imbarazzata, ma in fondo sapeva bene che avevano ragione, se davvero dovevano superare quella specie di prova, avrebbero dovuto a tutti gli effetti dimostrare ai funzionari che fossero una coppia

-Sai a chi potresti chiedere?- esordì Mike dopo qualche attimo e tutti lo fissarono curiosi 

–Alla Signora Devis, lei ha sposato quel tipo che lavora alla banca che tra l'altro è di origini americane- aggiunse –sicuramente ti potrà dare qualche dritta- Jason storse il naso sbuffando

-Non mi piace molto come idea- rispose bevendo un po' di birra

-Lo so, non ti piace parlare delle tue cose, ma qui c'è di mezzo una cosa importante- Mike sembrava davvero convinto e, in realtà, aveva ancora una volta ragione, ma Jason odiava dover parlare con le persone in genere, figurarsi dover chiedere consigli su una cosa così delicata ad una donna che neanche conosceva così bene

-Posso farlo io- esordì Liz e Jason la guardò con curiosità –Ho un buon rapporto con la Signora Davis e anche con il marito, gli dirò che ho un'amica che vuole sposarsi con un uomo di qui e se può aiutarci, tu dovresti venire con me Alex- le disse guardandola

-Dici?- chiese poco convinta e l'amica fece un cenno del capo

-Certo! Se lo facesse Jason rischiamo che combini solo un gran casino- il diretto interessato sbuffò assottigliando lo sguardo mentre Mike rise divertito

-Non capita mai, ma devo darle ragione ancora una volta ragazzi!- sottolineò il rasato, ma Liz continuò imperterrita

-Non c'è bisogno per il momento di mettere i manifesti sulla vostra relazione, no? Per cui potremmo solamente andare da lei e chiederle qualche consiglio, sicuramente ci aiuterà- disse convinta

-Liz ha ragione, andateci appena potete, così poi ci organizziamo- alle parole di Mike, Jason alzò un sopracciglio

-Ci organizziamo?- chiese sarcasticamente, l'amico rise e gli rifilò un occhiolino divertito posando un braccio sulle spalle di Alex rossa di imbarazzo

-Ma certamente! Liz ed io vi aiuteremo!- Jason si portò una mano a tirare indietro i capelli sbuffando

-Sei davvero un'idiota, Mike! Non è un gioco!- ma Mike rise ancora di più

-Io credo che ci divertiremo parecchio, invece- e la sua faccia sorridente fece scappare un sorriso ad Alex che solo in quel momento incrociò lo sguardo di Jason e lesse tutta la perplessità che in fondo aveva anche lei per quella situazione, ma quegli occhi poi si addolcirono e il volto si distese regalandole di nuovo un sorriso magnifico mentre scuoteva la testa divertito per poi girarsi verso il rasato con un sorrisetto

-Va bene tutto, basta che non ti ritrovo a baciare la mia futura moglie, Mike- la stoccata di Jason paralizzò tutti e Mike avvertì l'imbarazzo assalirlo per come avesse ritirato fuori l'argomento in quel frangente

-Cosa?!- chiese Liz con gli occhi fuori dalle orbite guardandoli tutti e tre

-Che diavolo è successo?!- chiese ancora, ma Alex aveva abbassato il capo stringendosi nelle spalle, rossa come un pomodoro, mugugnando un "niente", Mike a sua volta ridacchiava a disagio grattandosi la testa guardando tutto tranne che la sorella

-Avanti, non è stato niente di che!- disse cercando conferma anche da una Alex completamente fucsia che riuscì a fare solo un cenno di assenso con il capo guardando Liz 

-Ma poi che cavolo centra adesso?!- sbottò il rasato verso Jason che lo guardò eloquentemente prima di parlare

-Avete detto che dobbiamo fare le cose per bene, perciò..- e gli sorrise in maniera fintamente allegra, tanto che Mike deglutì a vuoto -vorrei che in futuro la cosa non si ripeta, altrimenti ti faccio mangiare i denti- aggiunse, vedendolo spostare lo sguardo sul boccale di birra che prese e tracannò con due belle sorsate, sapevano entrambi che significato avevano quelle parole; Alex  si sentì andare completamente a fuoco, tremando sotto quella frase, ma avvertendo quella sensazione di completezza nel sentirlo parlare in quel modo.

-Questi due sono davvero esauriti!- soffiò esasperata Liz senza continuare ad indagare, alzandosi per iniziare a sparecchiare ed anche Alex ne approfittò scattando in piedi per levarsi di dosso tutto quel disagio, ma l'amica la fermò

-Vai a casa Alex, per oggi abbiamo fatto abbastanza, il resto lo finirà questo maniaco- le disse Liz facendo un cenno con il capo verso il fratello che rise di gusto e si alzò facendole un occhiolino per prendere le ultime cose dal tavolo, salutarli e  seguire la sorella in cucina.

Alex era rimasta di sasso, osservando i due allontanarsi, non aveva il coraggio di voltarsi

-Alex- la voce bassa e calda di Jason la sorpresero, così fu costretta a voltarsi ed incrociare quello sguardo puntato su di lei come a scandagliare ogni dettaglio del suo viso, per poi sorriderle in quel modo disarmante che le faceva perdere la testa e battere il cuore

-Andiamo a casa- le disse dolcemente, lasciando che il significato di quelle tre parole la emozionassero e le facessero sentire per la prima volta di appartenere a qualcosa, a qualcuno, sentendo le radici di sè stessa affondare in quel luogo, in quell'uomo, con il quale e per il quale, avrebbe affrontato ogni cosa, perchè solo con lui, lei si sentiva davvero completa e si ritrovò a ricambiare quel sorriso che sapeva davvero di casa.



Note: Volevo ringraziare di cuore tutte le ragazze che mi lasciano sempre i loro pareri, i loro pensieri e soprattutto le loro impressioni! Vi ringrazio perchè riuscite a farmi emozionare ogni volta! Vi adoro!! E grazie anche a tutti coloro che seguono la storia pur rimanendo in silenzio, grazie perchè spendete minuti a leggere ciò che scrivo e significa molto per me! Grazie!!
 

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Capitolo 30
*** 29 ***


29.

Per tutto il viaggio di ritorno, Alex aveva tenuto lo sguardo fisso fuori, osservando il tempo mutare ancora una volta, con il vento che spingeva via le nuvole e la pioggia, per permettere alla luce di un tiepido sole, di illuminare quel tratto di costa; l'oceano era gonfio e scuro come la notte che di lì a breve avrebbe colorato il paesaggio.

Si sentiva tesa e sfinita allo stesso tempo, dopo quello che Mike e Liz avevano tirato fuori al pub. Di sottecchi aveva osservato l'uomo che sedeva e guidava al suo fianco, il cui sguardo  concentrato era puntato sulla strada, ma quell'espressione leggermente corrucciata e la mascella tesa le avevano fatto capire che anche lui era assorto in pensieri che lo stavano turbando e, molto probabilmente, entrambi riflettevano su quanto era stato detto.

Quando riconobbe la strada di casa, si ritrovò a sospirare di sollievo, aveva bisogno di tenere la mente impegnata per non incartarsi con i suoi stessi pensieri e quello che avrebbero dovuto affrontare, così si ripromise che messo un piede dentro casa, avrebbe preparato un ciambellone, proprio come glielo faceva la madre quando lei era piccola e, appena il motore si spense, scese quasi di corsa avviandosi sul portico,  ma venne richiamata dalla voce di Jason.

Lo vide prendere la sua cartellina, chiudere l'auto e avviarsi verso di lei

-Tutto bene?- le chiese non smettendo mai di fissarla, mentre saliva lentamente i gradini che li separava, Alex gli sorrise cercando di rimanere il più naturale possibile

-Certo, mi è venuta voglia di cucinare un dolce, che ne dici?- e senza dargli modo di rispondere entrò levandosi la giacca per poi dirigersi come un fulmine in cucina.

Jason alzò un sopracciglio vedendola, ma non disse nulla, la lasciò fare, sapeva e aveva capito che quei discorsi l'avevano turbata; sospirando si levò anche lui la giacca e preparò il fuoco che in pochi minuti si sarebbe acceso riscaldando l'intera casa.

Si perse ad osservare quelle fiamme, sentendola trafficare in cucina e si rese conto che dovevano per forza prendere in mano il discorso, aspettare non avrebbe portato a nulla di buono, anche se lo avesse voluto più di ogni altra cosa: voleva darle tempo, darsi tempo, dopo tutto quello che avevano passato in quei giorni, avevano bisogno di stare tranquilli, così da poter affrontare il matrimonio con un po'più di calma, ma la lettera che aveva ricevuto quella mattina, lo aveva spinto a recarsi al comune a ritirare i documenti; inoltre i discorsi fatti con Mike e Liz, gli avevano solo confermato il fatto che dovevano andare avanti con più velocità, se volevano davvero liberarsi da quell'ombra che li seguiva.

Alex era intenta a sbattere le uova con lo zucchero, quando lo vide coprire l'uscio della cucina, ma cercò di non distrarsi e continuò il suo lavoro mentre lo vide posare alcuni fogli sul tavolo e  prepararsi un caffè

Non sapeva spiegarsi il motivo, ma si sentiva tremendamente agitata, non avrebbe dovuto, ma tutte quelle chiacchiere, l'avevano resa vulnerabile e aveva paura che la sua inesperienza con le relazioni e il rapporto delicato che c'era tra lei e Jason, potesse in qualche modo rovinare tutto.

-Mi costa molto dirlo- iniziò lui sedendosi –ma credo che abbiano ragione, quei due- quella frase spiazzò Alex, intenta ad inserire la farina nell'impasto, alzò il viso e incrociò quello sguardo serio che la fissava sorseggiando piano dalla tazza fumante che teneva in mano

-Avevo pensato di parlarne con te, magari nei giorni a venire, ma visto che loro hanno aperto il discorso, direi che è il caso di provare a parlarne- aggiunse –ma, soprattutto, vorrei che tu mi dicessi cosa pensi- lei lo guardò sentendo il viso arrossire senza riuscire a rispondere; Jason sospirò portandosi con il busto in avanti, posando le mani intrecciate sul tavolo

-Alex, questa mattina sono stato in comune e, questi, sono i documenti- le disse dopo alcuni minuti di silenzio, indicando la busta gialla che aveva portato con sè 

-I documenti?- lo stupore le colorì il viso sgranando leggermente lo sguardo -Ma.. adesso..che sorpresa - rise un po' istericamente tornando ad occuparsi del dolce, riempiendo lo stampo e mettendolo in forno  - Al pub sembrava non sapessi nulla- disse

-Lo so, non mi andava di dirlo- ammise lui -già parlarne mi ha dato piuttosto fastidio- ammise e lei si ritrovò a guardare ovunque senza riuscire ad incrociare il suo sguardo  

-Magari domani- ipotizzò, cercando di restare il più disinvolta possibile, nonostante sentisse il peso di quei fogli che stavano in bella mostra sul piano –non c'è bisogno di fare tutto oggi, no?-affermò e stava per andarsene magari in camera sua, quando lui la fermò per una mano;

Alex si girò verso di lui che si era alzato di scatto per fermarla

-Ho paura anch'io – le disse alzando le labbra il un leggero sorriso –ma forse se lo affrontiamo insieme, sembrerà meno spaventoso- le disse e lei si ritrovò di nuovo a perdendosi in quell'infinito che erano i suoi occhi, ma quel tono divertito con cui pronunciò quelle parole le fecero formare un leggero sorriso

-Aiutami- continuò lui, addolcendo l'espressione –non abbiamo poi così tanto tempo, Alex- lei rivolse l'attenzione di nuovo verso quei fogli, sapendo bene che in realtà era lui a doverla aiutare, non certo il contrario, ma quell' "aiutami" le aveva scaldato il cuore, proprio come quando le aveva detto "andiamo a casa" al pub, avevano un significato intenso, profondo, qualcosa che li univa e forse li avrebbe uniti ancora di più, affrontando insieme le conseguenze di quella pazzia. 

Si lasciò trascinare verso il tavolo e si sedette al suo fianco con un profondo sospiro

-Il funzionario con cui ho parlato mi ha detto che una volta consegnati i moduli, in 30 giorni, dovremmo ricevere una comunicazione per un primo appuntamento con chi si occuperà della nostra pratica- Alex ascoltò in silenzio, prendendo in mano il primo foglio e iniziando a leggere le varie leggi che sarebbero state applicate in merito, ritrovandosi a scorrere un elenco considerevole di regole, scoprendo che c'erano pene molto severe per chi mentiva su quel tipo di relazioni, se il governo avesse scoperto qualcosa, sia lei che Jason rischiavano il carcere.

-Inoltre ho ricevuto una lettera da parte di Francesca – si voltò verso di lui sorpresa, vedendolo prendere una piccola busta che subito le passò; Alex la prese con mani tremanti e dopo uno sguardo d'intesa con Jason, l'aprì:

Ciao ragazzi!

Come state? Spero abbiate iniziato ad informarvi sulla questione che vi ho detto, non abbiamo molto tempo, purtroppo.

Con Dario, siamo sempre più convinti che sia la scelta giusta, anche se posso solo immaginare quanto vi costi, ma so per certo che troverete un modo per affrontare anche questa!

"Lui" in questo momento, sta per occupare un posto rilevante in politica, la sua visibilità aumenterà notevolmente e questo, forse, è per noi un vantaggio; non potrà più muoversi come suo solito, avrà sempre i riflettori puntati addosso, soprattutto la stampa.

Ho alcuni amici che lo seguono da una vita e sanno che tipo sia e i suoi loschi affari, per cui stanno pronti per poter far uscire uno scandalo e sbatterlo in galera.

Credo che questo possa essere sfruttato a nostro favore, ma non possiamo perdere tempo, anzi, dobbiamo giocare d'anticipo.

Fatemi sapere come procede, se avete bisogno di aiuto, scrivetemi all'indirizzo che vi indico sotto, è di una mia amica che lavora con me e sa parte della storia, ma per favore usate un altro nome e indirizzo di spedizione.

Vi abbraccio e vi mando un grande bacio.

Vi voglio bene!

F.

Alex posò la lettera sul tavolo rimanendo con lo sguardo basso ad osservare quelle piccole lettere scritte a penna, in quel modo ordinato, tipico di Francesca e avvertì di nuovo crescere una profonda tristezza nel saperla così lontano, così preoccupata e in qualche modo così coinvolta; aveva paura che tutto questo sacrificio che si richiedeva a Jason, a Francesca, a lei stessa, non portasse comunque a nulla e, lei,  fosse costretta a scappare, sempre.

Si chiese se fosse stato possibile liberarsi di quell'uomo dandogli il denaro che teneva sul conto, dono della madre; a volte le era balenata l'idea di ridargli tutto, pur di strappare quella libertà che sembrava non riuscire ad avere mai, levandosi una volta per tutte quel manto nero che sembrava perseguitarla.

Una mano calda sul viso, la sorprese ritrovandosi a guardare Jason accanto a lei che le sorrise 

-Vedrai che andrà tutto bene Alex, ce la faremo a superare tutto – lei si sforzò di sorridergli per nulla convinta

–E se tutto questo non servisse a niente?- chiese sentendo la paura insinuarsi nella carne, lui le si avvicinò a un soffio dal viso –Hai letto che si rischia addirittura il carcere?- balbettò

–Non succederà perché non lo permetterei, già te l'ho detto - le sussurrò, mentre quello sguardo la catturò e lei si lasciò immergere in quel mare che sapeva tranquillizzarla, portarla in un luogo dove davvero non sarebbe dovuta scappare come sua madre, dove poteva fermarsi e riposare; gli si avvicinò lentamente, posando la fronte a quella dell'uomo chiudendo gli occhi per respirare il suo profumo e sentirsi avvolgere da qualcosa simile ad una pace che mai aveva provato; averlo così vicino, la calmarono e allo stesso tempo ebbe la sensazione di sentirsi più forte, la sua vicinanza la rendevano più forte; ma quando lo sentì deglutire e staccarsi leggermente, aprì gli occhi avendo come l'impressione che quel ritrarsi di Jason, l'avesse strappata da un sogno dolce, lo vide sorridergli appena e sospirare prima di prendere in mano i fogli

–Se lo compiliamo oggi, domani o al massimo il giorno seguente possiamo consegnarlo- esordì prendendo una penna dal cassetto posto sotto al tavolo; Alex lo scrutò in silenzio, sembrava improvvisamente distaccato, come scottato e la cosa la intristì, ma cercò di non darlo a vedere, forse non doveva lasciarsi andare così con lui.

-Allora, vanno prima di tutto inseriti i dati anagrafici- e lo vide iniziare a scrivere, osservando la sua calligrafia precisa, ma spigolosa, per poi posare gli occhi sulla mano ben tesa nel tenere la penna, risalì il polso con quelle venature in rilievo e poi più su, sul braccio, fasciato nei suoi muscoli dalla maglia scura che indossava, risalì con lo sguardo verso la spalla, verso il collo e poi lambì la sua mandibola leggermente ombrata da una sottile barba, la sua mascella ben delineata, le sue labbra leggermente aperte, osservò le linee che gli contornavano gli occhi quando osservava qualcosa con attenzione, il suo sguardo attento, i capelli che gli ricadevano davanti

-E' giusto?- quando lui si girò a guardarla, saltò sul posto diventando rossa come una ciliegia

-Cosa?- chiese tossendo morendo di vergogna per come l'avesse sicuramente beccata ad osservarlo come un laser, lui assottigliò lo sguardo come a voler capire cosa le fosse preso, per poi farle vedere il foglio

-Ho scritto bene i tuoi dati?- chiese e lei fece un cenno con il capo

-Sì- soffiò sorpresa osservando come avesse inserito la sua data di nascita

-Come fai a saperlo?- lo vide sorridere e abbassare lo sguardo su quei numeri

-Me lo disse tua madre, sei nata a un mese esatto dal mio compleanno- precisò, ricordando quel giorno, come se fosse successo poche ore prima

-Pronto?- era appena rientrato da una partita di pallavolo, sudato, stanchissimo e affamato, organizzata quella domenica mattina da alcuni ragazzi della scuola; ancora si chiedeva come mai continuasse a frequentarli, nonostante non riuscisse a legare con nessuno; l'unica sua consolazione era stata quella di sapere che la sua partenza per Londra si stava avvicinando e, con quella, sperava di poter finalmente troncare con il dolore che da mesi oramai gli aveva ombrato l'anima

-Ciao, straniero- la voce che sentì dall'altro capo del telefono lo lasciarono completamente di stucco, la borsa che teneva in mano gli scivolò a terra con un leggero tonfo, rimase immobile nel centro della sua camera che per un attimo percepì come girare su sé stessa

-Em?- soffiò sperando che fosse davvero lei, erano più di due mesi che non aveva sue notizie

-Jas?- rispose lei con tono scherzoso, lui si lasciò andare ad un sospiro, ridendo, aveva trattenuto il fiato e improvvisamente si rese conto che sentirla era tutto ciò che chiedeva

-Ciao, come stai?- si sedette sul letto, avvertendo le gambe tremanti, aveva sollievo e paura insieme –E' tanto che non ti fai sentire, mi stavo preoccupando- ammise e la sentì ridacchiare piano

-Hai ragione, scusami, ma sai..-rise di nuovo –è nata- gli annunciò

Quelle ultime due parole lo trafissero come se qualcuno avesse scagliato un pugnale dritto al centro del suo petto; rimase così, di nuovo senza fiato, senza parole, cercando di dare un senso a quanto gli avesse detto

-Jas? Ci sei?- dopo attimi di silenzio, lei lo chiamò di nuovo e lui si ritrovò a raddrizzare la schiena, si era involontariamente incurvato su sé stesso

-Sì, sono qui, sono..- sospirò e si chiese perché non avesse fiato –mi hai sorpreso- aggiunse passandosi una mano tra i capelli, cercò di sistemarsi meglio sul letto, sembrava fosse diventato troppo scomodo, lei ridacchiò

-E' per questo che parli così piano?- chiese cercando di sforzarsi per tornare il Jason che lei conosceva e voleva sentire

-Sì, la mia piccolina è qui con me, ha passato una nottataccia- rise ancora piano –beh l'abbiamo passata in due, ma ora si è addormentata finalmente- ascoltandola parlare in quel modo, si sentì tremendamente a disagio 

-Non mi chiedi come si chiama?- si ritrovò a sorridere, voltando lo sguardo verso la finestra, alla giornata di sole che risplendeva

-Sei sempre stata innamorata di due nomi, quindi credo che ho il 50 per cento di possibilità di indovinare- le disse strappandole una risatina

-Dai allora, prova- lo incitò lei

-Vediamo..- iniziò – ti sono sempre piaciuti due nomi che possono essere dati sia al maschile che al femminile- continuò ad osservare il cielo quasi per infondersi la forza che gli permettesse di continuare quella conversazione, per non deluderla, per non farle pesare il dolore che stava sentendo rispetto alla gioia che invece lei provava –se non ricordo male, ti piaceva Andrea e quell'altro nome assurdo..- le disse allusivo

-Non è assurdo- lo interruppe facendogli capire subito quale dei due nomi avesse scelto

-Beh si, Em, lo è- ribadì facendosi fintamente serio –è un nome assurdo- aggiunse facendola ridere di gusto e anche lui si ritrovò a sorridere nel sentirla

- Sei davvero cattivo, sai Jas? E' un bellissimo nome invece!- lui scosse la testa ripensando a una delle tante discussioni che avevano fatto sui nomi quando ancora lei era lì con lui, quando ancora sognavano del loro futuro, quando ancora lui credeva che tutto si sarebbe sistemato e forse avrebbe davvero conquistato il suo cuore, non sapendo che lei aveva già tracciato il suo futuro, ma non con lui.

-Ah se lo dici tu, povera piccola- disse facendola ridere

-Smettila che me la fai svegliare- lo rimproverò non smettendo di ridacchiare

-Se hai paura di svegliarla, allontanati un po', no?- chiese

-Non ci riesco, è così piccola e indifesa Jas, dovresti vederla- l'emozione nella voce di Emma era palpabile e Jason si portò una mano tra i capelli, alzandosi dal letto di scatto andando vicino alla finestra, gli sembrava un incubo

-E' nata il 16 marzo alle 23.08 e pesava 3 chili e cento, una piccoletta- rise ancora non sapendo come il cuore di Jason stesse piangendo in silenzio – è così bella, Jas, non riesco a non guardarla, mi sembra impossibile che sia riuscita a fare una cosa tanto perfetta- Jason posò una mano alla finestra come a cercare sostegno

-Non ha sicuramente preso da te, allora- cercò di scherzare facendola ridere ancora, mentre lui si sentì spezzato nell'anima –come mai non ti sei fatta più sentire? Hai avuto problemi?- chiese cercando di cambiare discorso: quella bambina, per lui, era solo il simbolo di come Emma avesse amato qualcun altro.

-Mi sono dovuta spostare ancora, per sicurezza- gli disse tornando seria –mi dispiace, non volevo rischiare- lui sospirò sentendosi dire la solita frase, quella che come ogni volta incideva nella carne

-Jas?- lo chiamò

-Si Em?- e chiuse gli occhi stringendo le labbra per cercare di non urlarle come lo stesse facendo impazzire

-Grazie, perché so che posso sempre contare su di te- quella frase lo destabilizzò, sorrise ad occhi chiusi, sentendosi fremere dalla voglia di poterla rivedere, poter sentire il suono della sua voce dal vivo, poterla guardare e ammirare, ma niente di quello che sognava poteva avverarsi

-Sempre Em, lo sai- rispose stringendo a pugno la mano ancora posata sul vetro –Ci sarò sempre per te- aggiunse sapendo che non avrebbe mai potuto rinunciare a lei 

-So quello che provi, Jas, so che forse non dovrei più farmi sentire, ma sono troppo egoista e non ce la faccio a pensare di chiudere con te, come se non ci fosse mai stato nulla tra noi- il suo tono si era intristito

-Perché Em, cosa c'è stato?- si ritrovò a chiedere quasi in automatico, a volte si domandava se davvero ci fosse stato qualcosa tra loro, perchè si era reso conto di non conoscerla poi così bene, se aveva amato qualcuno con cui aveva avuto una figlia.

-Sei stata una delle persone più importanti della mia vita e lo sarai per sempre. Sei Jason Parker, il ragazzo nuovo che è venuto da Londra e che tutte le ragazze della scuola hanno ammirato e sognato; sei il ragazzo che non sapeva dire neanche "Ciao" in italiano, ma che ora lo parla alla perfezione; sei colui che ha visto oltre la Emma che tutti conoscono, sei colui che ha visto fino in fondo il marcio che mi porto dietro e non è scappato; sei il ragazzo che si è innamorato della persona sbagliata, ma che ha continuato a mantenere al suo fianco sostenendola sempre, nonostante tutto; sei la persona che comunque vada starà al mio fianco, perché crede ancora che una promessa fatta ad un'amica, valga nonostante tutto, anche se la vita ha deciso per noi strade diverse- Jason cercò di mandare giù il groppo in gola

-Non è stata la vita a decidere strade diverse per noi, Em- e sapeva che così l'avrebbe ferita, ma non riuscì a trattenersi –tu hai deciso per tutti- aggiunse; seguirono attimi di silenzio carichi di un peso fatto di delusione, di tristezza, di paura e di quel contatto che entrambi cercavano, ma che poteva essere solo immaginato

-Devo andare- la sentì dire e si ritrovò ad annaspare maledicendosi

-Mi dispiace, scusami, sono stato uno stronzo- le disse- perdonami, non son perchè l'ho detto- ammise  –Vorrei poter vedere che bella mamma sei diventata-sapeva che l'aveva fatta sorridere 

-Ho paura Jas, ho paura per la mia piccola- gli confidò –ho paura di non essere all'altezza, di diventare un punto di riferimento sbagliato per lei- le tremava leggermente la voce

-Se sei arrivata fino a questo punto, puoi solo andare avanti Em, sappiamo entrambi che hai la forza per fare questo ed altro e puoi stare tranquilla, perché sarai una madre eccezionale ed Alex ti amerà come lo hanno fatto le persone che ti hanno conosciuto davvero- la sentì tiare su con il naso

-Oh Jas, non hai idea di quanto ti vorrei qui con me a sostenermi- lui si ritrovò con gli occhi lucidi a immaginarla seduta su un letto con accanto un piccolo esserino di cui prendersi cura, quando era lei la prima a dover essere aiutata

–Mi dà forza sapere che tu ci sei e che posso romperti le scatole chiamandoti- aggiunse Emma

-Si, ma cerca di farlo in orari decenti!- cercò di sdrammatizzare lui, lasciando che le lacrime gli rigassero il viso mentre di nuovo l'aveva fatta sorridere

-Ti voglio bene, Jas, sempre, per sempre-

-Anche io Em, per sempre-

Alex distolse lo sguardo da Jason per puntarlo di nuovo sul foglio, poco sopra,  vedendo che la data di nascita di Jason fosse il 16 febbraio, mentre lei era nata il 16 marzo; sorrise anche se vedere le due date di nascita la fecero subito rattristare, c'erano esattamente 19 anni a separarli, un'eternità che messa nero su bianco sembrava ancora più abissale

-Tieni, compila la tua parte, mi è arrivato un messaggio- le disse dopo aver sentito squillare il cellulare, così lo vide alzarsi e allontanarsi in salone.

Ritornò con lo sguardo a quei fogli, mentre un leggero odore di vaniglia, proveniente dal forno, iniziava ad inondare la cucina, appoggiò il mento su una mano ricalcando leggermente la data di Jason e poi la sua, mentre un vuoto profondo le fece emettere un sospiro: era impossibile; forse sarebbero riusciti per qualche miracolo ad ingannare i funzionari, forse avrebbero avuto un po' di fortuna e sarebbero capitati con qualcuno che non avrebbe fatto troppe domande, accontentandosi di qualche informazione, ma lei doveva aprire gli occhi e capire che quello che sentiva per lui, non poteva in alcun modo essere ricambiato.

Il suo cuore, a quel pensiero, le fece male; lo aveva sempre saputo, in realtà, ma non era riuscita a non innamorarsi, perché ne era più che certa, era innamorata di Jason e questo sentimento la stava lacerando piano piano, pur sapendo che non avrebbe portato alcun futuro, lui era un uomo e lei, ai suoi occhi, una ragazzina, oltretutto figlia del suo grande amore; e lo aveva visto in quegli occhi pochi istanti prima, ritornare di nuovo a quel passato che senza preavviso gli bussava dentro; lo aveva visto, come i suoi pensieri lo avessero riportato a quel giorno, quando evidentemente sua madre lo aveva informato della sua nascita; un sorriso triste le colorì il volto, lei pensava di essere una sconosciuta agli occhi di Jason, ma non era così, non lo era mai stata.

I suoi pensieri vennero però interrotti da Jason al telefono e la curiosità ebbe la meglio, così si avvicinò sul corridoio –Si, ho ricevuto il messaggio- lo sentì dire, il tono era duro 

–Perché non me lo avete detto prima?- altro silenzio –Certo è sempre così!- Alex si ritrovò a fremere sul posto per il tono alto e duro che Jason aveva usato, così tornò in cucina e approfittò per controllare il dolce che era ormai quasi pronto.

Quando capì che la telefonata fosse finita, si fece forza e andò da lui, trovandolo appoggiato al camino ad osservare il fuoco

–Tutto bene?- chiese titubante, lui sembrò trasalire, buttò con stizza un pò di legna nel fuoco che subito scoppiettò

–Devo andare a Londra - disse con tono distaccato, sembrava arrabbiato, Alex deglutì a disagio 

–Qualche cliente?- chiese accennando un sorriso per cercare di alleggerire quell'aria pesante che si era formata intorno a Jason, lui si girò a guardarla accendendosi una sigaretta

–Anche- disse solamente aspirando un pò di fumo per poi lasciarlo uscire con uno sbuffo

–Devo risolvere alcuni problemi dai miei, ma niente di grave – le spiegò vedendola preoccupata  

–Quando devi partire?- gli chiese e il suo sguardo si addolcì subito, osservandola

-Partirò domani mattina- l'avvertì mentre le si avvicinò con aria triste 

–Sarei dovuto andarci comunque per un mio cliente, ma vista la situazione, mi dovrò fermare alcuni giorni- lei si sforzò di sorridere, pur avvertendo un certo disagio alla notizia

–Non preoccuparti -lo vide avvicinarsi e accarezzarle una guancia sorprendendola

–Alex- sussurrò facendole andare lo stomaco in subbuglio –i documenti sono compilati, domani mattina se vuoi li andiamo a consegnare - le disse accennando un leggero sorriso, mentre lei si ritrovò a scuotere leggermente la testa

-Non c'è fretta possiamo farlo quando torni- rispose sentendosi improvvisamente troppo agitata, mentre il sorriso di Jason si fece provocatorio

-Questo tuo modo di fare, mi fa pensare che stai cercando di evitare in tutti i modi di sposarmi, Alex- lei avvampò all'istante –Se li consegniamo quando torno, perderemo altri giorni e non possiamo, hai letto anche cosa dice Francesca – poi assottigliò ancora di più lo sguardo preso da un pensiero

-Per caso stai pensando davvero a Mike?- e nel dirlo si fece ancora un po' più vicino, Alex si ritrovò ad indietreggiare, sentendosi in soggezione sotto quegli occhi

-Ma cosa dici? Mike? Ma no!- lui rise sommessamente senza mai staccare gli occhi da lei, si abbassò vicino al suo orecchio, proprio come aveva fatto quella sera, passando una sua mano a cingerle la schiena, mentre con l'altra si appoggiò alla parete delle scale, dove Alex era arrivata indietreggiando

-Io ti sposerò, puoi giurarci, Alex- le sussurrò facendole fermare il respiro mentre quella vicinanza le fece scoppiare il cuore dall'emozione, avvertì il profumo di Jason invaderla come ogni volta e il respiro caldo dell'uomo solleticarle il collo; quando si staccò da lei un sorriso furbo gli coloriva il volto -Approfitta per andare a parlare con la signora Davis, così quando torno mi dici tutto- le disse sorridendole -ora, vado a prepararmi la borsa- e lo vide salire velocemente le scale lasciandola nel silenzio più totale.

Si portò una mano sul cuore, sicura di rischiare un infarto da un momento all'altro, sospirando per cercare di calmarsi e tornò in cucina dove sfornò la torna e si sedette su una sedia bevendo un po' d'acqua.

Come avrebbe fatto a far finta di niente se lui la prendeva in giro in quel modo? Poi il pensiero che lui sarebbe dovuto andare a Londra per qualche giorno, la fece sentire tremendamente a disagio. Saperlo così distante, le riempiva il cuore di tristezza e avrebbe tanto voluto andare con lui per potergli stare vicino, o forse era lei ad aver bisogno di lui, un bisogno che ogni giorno si faceva più opprimente, ma i suoi pensieri vennero interrotti da Jason rientrato in cucina

– Andrai in treno? – gli chiese, lui scosse la testa avvicinandosi al ciambellone annusandone il profumo

-Preferisco andare in macchina per potermi muovere come voglio- aggiunse non resistendo alla tentazione di tagliarne un pezzetto e assaggiarlo; Alex arricciò le labbra in un sorriso vedendolo gustarsi quel piccolo boccone

- E' buonissimo- ammise sedendosi di nuovo vicino a lei con una tazza di caffè, accendendosi una sigaretta

-Hai compilato il resto dei dati- affermò osservando i fogli, ma quando voltò lo sguardo verso di lei, la trovò pensierosa ad osservare il tavolo

–Torno in un paio di giorni-le sussurrò avvicinandosi leggermente –hai il mio numero, chiamami quando vuoi e poi c'è Mike per qualsiasi emergenza- lei finalmente alzò il viso verso di lui che dovette far fronte a tutto sé stesso per non baciarle quelle labbra rosee leggermente screpolate

-Anche se, ad essere onesto, la cosa non mi tranquillizza per niente- aggiunse facendola finalmente sorridere e arrossire leggermente –cosa c'è?- le chiese ancora e la vide riportare lo sguardo verso quei fogli 

-Non so se stiamo facendo la cosa giusta, Jason- affermò –Francesca e Dario possono essere convinti quanto vogliono, ma è della mia vita che stiamo parlando e non solo, inoltre non rischio solo io- Jason le osservò il profilo delicato, il suo sguardo preoccupato, il leggero rossore delle gote, le labbra che ora teneva tra i denti mordicchiandosele e quel gesto, lo stava facendo impazzire, ogni attimo sembrava far sempre più fatica a starle lontano; prima, quando le loro fronti si erano toccate, se non si fosse staccato, l'avrebbe sicuramente baciata e poco prima, in salone, non aveva fatto differenza; gli era venuto il desiderio di toccarla, di stuzzicarla e l'avrebbe volentieri divorata in quel momento; forse stare lontano da lei qualche giorno, gli avrebbe permesso di ritrovare la calma, ma quel viso, quegli occhi, quel corpo, la sua voce, il suo profumo, la sua presenza, gli sarebbero mancati come l'aria.

-Sei preoccupata perché ci sarebbero delle gravi conseguenze se si scoprisse tutto, vero?- le chiese posando le braccia sul tavolo fissandola, lei si limitò dopo qualche istante a fare un cenno con il capo

-E se noi fossimo davvero innamorati e ci volessimo sposare?- Alex sgranò gli occhi a quella domanda, anche Francesca lo aveva detto, ma sentirlo dire da lui le fece perdere un battito, deglutì a fatica portandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio, non riusciva a guardarlo

-Lasciamo da parte tutto- riprese lui dopo aver buttato fuori un po' di fumo dalla sigaretta che si era acceso –Se ci amassimo, Alex, ti preoccuperesti delle regole o dei funzionari?- la gola di Alex si fece completamente secca, aveva freddo e caldo allo stesso tempo, si sentiva fremere seduta su quella sedia che sembrava essere ricoperta di spilli, in quel momento

-Rispondimi- la voce era calma e lei sentì il cuore battere così forte che per un attimo pensò che anche Jason lo potesse percepire

-Io..no, non lo so- balbettò incerta continuando a tenere lo sguardo basso, seguì qualche attimo di silenzio prima di sentirlo sospirare spegnendo la sigaretta 

-Non ti facevo così pessimista- il tono duro che usò la ferì, mentre rimise i vari fogli compilati dentro la busta gialla nella quale erano stati conservati 

–Pensavo ti fidassi almeno un po' di me- aggiunse e lo vide alzarsi uscendo dalla cucina

Sapeva di averla provocata, ma era proprio quello il suo intento: provocarle una reazione, una qualsiasi reazione; l'aveva vista troppo chiusa in sé stessa, sempre troppo pensierosa, non aveva espresso se non una timida opinione, quando invece lui sapeva che c'era altro, ma che ostinatamente non voleva rivelargli e la cosa era frustrante, voleva che si fidasse, che ci credesse almeno un po' in quel progetto.

-Mi fido con tutto il cuore- la voce della ragazza lo immobilizzò, lì al centro di quel salotto illuminato dal fuoco, si girò lentamente verso di lei vedendola abbassare la testa

-Dico davvero - la sentì aggiungere – mi fido ciecamente di te e non vorrei affrontare questa cosa con nessun altro- lui si mosse di qualche passo, nella sua direzione, vedendola alzare il capo per guardarlo dritto negli occhi – ma non mi fido di me, Jason- la cosa lo colpì, ma rimase in silenzio per permetterle di continuare

–Ho il terrore di commettere qualche errore, di fare qualcosa di sbagliato che ti metta in una situazione di rischio e la cosa mi sta torturando- ammise, cogliendolo di sorpresa per tutta quella preoccupazione, tutto si aspettava tranne che quello

-Hai letto anche tu le regole, confronteranno le dichiarazioni di chi fa richiesta di matrimonio, per verificare la veridicità di tutto e se sbagliassi?- la vide abbassare il capo sconsolata

–Tu sai di me molte cose, ne è un esempio il fatto che sapessi la data della mia nascita, mentre io di te non so nulla- pronunciò quella frase tornando a guardare verso il basso

Seguì il silenzio, interrotto solo dallo scoppiettare incessante del fuoco, mentre la notte aveva ormai colorato il cielo con pennellate scure; il cuore di Jason perse un battito mentre con una mano le alzò il viso, beandosi ancora una volta di quel contatto, le accarezzò con il dito il volto, la guancia leggermente rossa e calda, scese leggero verso il profilo del suo labbro inferiore, che subito lei strinse leggermente con i denti, si mosse leggero verso il mento, assaporando con il tatto la morbidezza della sua pelle, scese ad accarezzarle il collo sentendola deglutire e quando puntò di nuovo i suoi occhi in quelli di lei, li trovò splendidi, sembrava brillassero anche in quella stanza con poca luce e la sentì trattenere il respiro, quando la sua mano si posò sulla sua spalla e accarezzandola scese sul suo braccio; avvertì il fremere di Alex sotto il suo tocco, ringraziando che non potesse sentire la sua pelle, perché avrebbe completamente perso la testa in quel momento; scese giù circondandole il polso in maniera dolce tra le dita, era così esile, fino a toccarle la mano. 

Si ritrovò ad abbassare il capo verso quel gesto che non era riuscito a trattenere, osservando le sue dita sottili, le unghie curate non molto lunghe, facendo infine incrociare le sue dita a quelle di lei che sembrò ricambiare quella presa; le alzò la mano e lentamente se la portò alle labbra sentendola di nuovo respirare con difficoltà mentre puntò i suoi occhi in quel mare cristallino che erano quelli di Alex: arrossata e con le labbra dischiuse, mentre lo fissava con sguardo sorpreso; le sentì vibrare la pelle sotto il tocco della sua bocca che si posò sul quel palmo delicato, senza mai distogliere lo sguardo dal volto di lei, voleva cogliere ogni sfumatura di quel gioiello che aveva davanti.

Non era vero che lui sapesse molto di lei, non era certo una data di nascita, o qualche altro dettaglio che Emma gli aveva raccontato, a fargli conoscere Alex; in realtà la stava ancora conoscendo, stava ancora imparando e tutto quello che aveva capito gli piaceva a tal punto che tutto il resto sembrava sfumare e avrebbe voluto sapere di più, conoscere fino all'ultimo dei suoi pensieri, scoprire ogni dettaglio che la riguardasse, dal più importante a quello più futile, sapendo che si sarebbe innamorato di ogni più piccolo particolare di lei; le sorrise staccandosi appena dalla sua mano

-Ti dirò tutto quello che vuoi- le disse sorridendole, sfiorandole di nuovo la pelle della mano

- Affronteremo insieme ogni cosa, va bene?- le chiese e lei si sforzò di fare un cenno d'assenso con il capo, incantata ad osservare quel volto da uomo, quello sguardo che la stava fissando, tremando sotto il suo tocco, sotto le sue labbra

-Ti affiderei la mia vita,  non ho dubbi su questo, Alex- e avrebbe voluto confidarle che già le aveva donato il suo cuore, per quanto gli riguardava, ma si limitò a sorridergli ricambiando quello luminoso e commosso di Alex

–Ti giuro che farò di tutto perché ogni cosa vada nel verso giusto, lotterò con te- le accarezzò il volto con l'altra mano –ma ho bisogno di sapere che lo facciamo insieme- lei gli sorrise guardandolo con occhi lucidi

-Con te posso farlo, Jas- lui ampliò il sorriso a quelle parole, avvicinandosi a un soffio al viso di Alex, posando con un sospiro trattenuto le labbra sulla sua fronte: l'amore che nutriva per lei, gli aveva inondato l'anima e mai, l'avrebbe richiesta indietro.

 

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Capitolo 31
*** 30 ***


30

Erano ormai quattro giorni che Jason era andato via, quattro lunghissimi giorni nei quali Alex aveva passato molto tempo con Liz, l'unico modo in cui lo scorrere del tempo sembrava tornare più accettabile; stare sola in casa aumentava la sua sensazione d'irrequietezza, facendole sentire quella mancanza come qualcosa di ingestibile.

Jason, inoltre, non la stava aiutando; infatti l'aveva chiamata solamente la sera in cui era arrivato a Londra e lei aveva notato subito il tono basso e stanco nel parlarle, sicura che non potesse essere dettato solo dall'orario o perchè avesse guidato per ore, c'era dell'altro e, questo, le aveva fatto acuire quei sospetti che l'avevano assillata da quando lui era stato piuttosto vago nel dirle della sua partenza per Londra; aveva sperato che, alla fine, si convincesse a confidarsi con lei, ma non era accaduto, limitandosi, al contrario, a scriverle brevi messaggi  avvertendola che sarebbe rimasto ancora dai suoi, senza darle molte spiegazioni.

–Tutto bene?- la voce di Liz le fece alzare lo sguardo dal caffè che teneva in mano

– Si, tutto bene- rispose con un sospiro, la moretta la guardò poco convinta, sistemandosi accanto a lei sul suo divano

–Mi sembri molto pensierosa in questi giorni- la incalzò ancora e Alex alzò le spalle

–Sono solo un pò preoccupata per Jason, credo abbia avuto problemi con la sua famiglia, ma non mi ha detto molto- confessò e si stupì di sentire una risata sarcastica da parte di Liz

–Non lo invidio davvero- le disse scuotendo la testa, Alex la guardò incuriosita

–Perchè dici così?- Liz continuò a sorridere sorseggiando il caffè

–Jason non ama nè parlare di loro nè tanto meno stare con loro, inoltre  il padre non è un tipo molto simpatico, so che non vanno d'accordo- continuò -non lo conosco benissimo, ma quando venivano qui si faceva riconoscere per il suo modo carino di trattare le persone- confessò

–Quindi il carattere gioioso di Jason è dovuto a una somiglianza con il padre- constatò Alex sardonica  e Liz rise divertita

 –Purtroppo il padre è anche peggio- aggiunse

–Peggio di Jason?- Alex la guardò scettica non sembrava possibile e Liz fece un cenno d'assenso con il capo

-So che hanno sempre avuto un pessimo rapporto. Il padre non ha mai accettato che Jason fosse un tipo più libero rispetto ai fratelli- Alex ascoltò attenta 

 –Tutti hanno sempre dovuto fare quello che diceva il grande capo, non ha mai dato la possibilità a nessuno di contraddirlo, solo Jason si è sempre opposto a lui e al suo modo di fare- sospirò –lui è la pecora nera della famiglia agli occhi del padre, così ho sempre sentito dire da Mike e Jason; con il tempo, si è allontanato da lui, da loro, per questo vive qui e non li sente mai- Alex rimase colpita dal racconto di Liz, non pensava che Jason avesse questo tipo di situazione in famiglia, anche se le venne subito in mente quella sera,  quando le aveva permesso di vedere gli album di foto, confessandole che non le amava perchè ritraevano momenti di finta felicità e, ora, quelle parole acquisirono un sapore ancora più amaro

–Ma i suoi fratelli?- chiese ancora

– Il fratello è come il padre, praticamente. Ha sempre fatto di tutto per renderlo orgoglioso, la sorella è più tranquilla, ma anche lei, alla fine, ha sempre seguito le regole imposte da quell'uomo, forse anche per non avere problemi- Alex sospirò e si rese conto di quanto Jason dovesse aver sofferto

–Immagino che anche con la madre.. – lasciò la frase in sospeso forse aspettandosi astio anche da parte della sua genitrice, ma Liz scosse la testa

–A dire il vero con la madre il rapporto è sempre stato più normale, le è stata molto vicina approvando anche la sua scelta di vita e quando sono tornati dall'Italia, lei ha fatto di tutto per farlo vivere qui con i nonni- Liz la guardò – ha preferito tenerlo lontano da una situazione che stava diventando davvero difficile, soprattutto quando Jason decise di frequentare l'accademia per diventare scultore e lavorare il legno, so che il padre diede di matto- la risata di Liz non riuscì a contagiare Alex troppo colpita da quelle parole, notando come anche la vita di Jason dovesse essere stata davvero difficile e capendo forse un pò meglio l'amicizia che aveva legato lui e sua madre. Entrambi avevano conosciuto il dolore per le ferite che può infliggerti qualcuno a te molto vicino, proprio colui dal quale si cerca protezione, la persona che dovrebbe aiutarti a crescere, il proprio genitore che forse sin da piccoli si è sempre riconosciuto come il proprio eroe, come Alex aveva identificato essere sua madre; ma loro era stato l'esatto contrario, avevano imparato a convivere con la sofferenza e la delusione che quello stesso genitore è in grado di far provare; forse sua madre aveva trovato in Jason qualcuno con cui parlare la stessa lingua e, per la prima volta, li vide molto più simili di quanto avesse mai immaginato.

Una volta finito di bere il caffè entrambe si avviarono in auto per andare prima al pub dove Liz doveva lasciare le chiavi che Mike si era dimenticato per poi proseguire verso la casa della Signora Davis. Arrivarono in pochi minuti e appena entrarono trovarono il rasato in cucina intento a sistemare alcune casse, le salutò con la solita faccia sorridente

-Ecco le chiavi, testone!- gli disse Liz, posandole sul bancone, Mike rise divertito

–Lo so! Hai ragione! Ma quella testa dura di Jason mi ha telefonato mentre stavo uscendo e mi ha distratto!-si giustificò l'uomo mettendosele subito in tasca per non rischiare di perderle, Alex lo guardò sorpresa

–Ci hai parlato?- gli chiese

–Si, mi chiama tutti i giorni lamentandosi che vorrebbe tornare qui- le rispose ridendo -ma pare debba rimanere inchiodato a Londra ancora per un po', voi state per andare dalla Signora Davis?-

-Si infatti è meglio che ci sbrighiamo o faremo tardi!- Liz si avviò di nuovo all'esterno seguita da  Alex, rimasta di sasso nel sentire le parole di Mike: sapere che Jason avesse trovato il tempo di chiamare il suo amico e non lei la ferì molto, chiedendosi il perchè di quel comportamento.

Uscirono dal paese percorrendo la strada statale per una decina di minuti, svoltando poi su una stradina bianca dove si poteva ammirare una bellissima vista della costa, il vento quel primo pomeriggio non era così forte e il sole sembrava, finalmente, aver preso il posto che gli spettava, alto in cielo ad illuminare quel verde delle colline e il blu dell'Oceano; Alex rimase ad osservare ad occhi sgranati la bella casa bianca, con il grande tetto nero che comparve davanti ai loro occhi e dalla quale si aveva una vista privilegiata di quello scenario.

Liz parcheggiò sul vialetto in ghiaia, ai lati del quale vi erano delle basse siepi che ne scolpivano i confini, mentre alcuni vasi con dei fiori erano posti accanto alla porta principale dove ne uscì una donna sorridente che le salutò con la mano

-Ciao Kate!- Liz scese per prima e subito andò incontro alla donna abbracciandola

–Liz cara! E'tanto che non ti fai vedere! Come stai?- le chiese prendendole il viso tra le mani

-Hai ragione, ma ho avuto tanto da fare con il pub e il motel, non sono riuscita a passare! - si giustificò la moretta.

Alex si avvicinò osservando la signora Davis con curiosità: era una donna sulla sessantina, molto curata, così come lo evidenziavano i capelli argentati sistemati con dei fermagli dietro la nuca, il viso truccato leggermente per darne un colorito rosato e mettere in evidenzia i grandi occhi celesti, indossava un pantalone scuro di alta sartoria e un bel magione rosso con una spilla dorata e pietre preziose a forma di margherita;  a detta di Liz era una persona su cui ci si poteva contare, anche se una pazzoide, così l'aveva definita pochi minuti prima in auto, ma da come ne parlava, Alex aveva capito subito il legame che legava le due

-Tu devi essere Alex, piacere sono Kate - Alex sorrise alla donna 

-Molto piacere Signora Davis- salutò stringendole la mano

-Chiamami Kate!- le disse gentile-Ho appena fatto i biscotti al cacao, entriamo e godiamoci questa bella giornata- aggiunse facendo strada all'interno dell'abitazione.

Alex osservò ammirata il bell'ingresso dove spiccavano le travi in legno scuro e il pavimento in mattoni antichi, due belle poltrone di colore rosso con al centro un piccolo tavolinetto in ferro battuto, erano addossate alla parete subito sulla destra

-Sistemate anche qui le giacche, ragazze- la donna proseguì nell'ampio salotto sui toni dell'ocra che mettevano in risalto le travi e l'enorme camino in pietra scura

-Ti piace?- Alex sorrise alla donna che aveva notato il suo interesse

-Molto- rispose un po' titubante, facendo ampliare il sorriso della donna

-E' originario della casa, risale alla fine del XVIII secolo, abbiamo ristrutturato tutto e, con mio marito, abbiamo cercato di lasciare gli elementi più caratteristici- poi indicò il soffitto facendole alzare lo sguardo -Anche le travi sono per lo più tutte originali- aggiunse tornando a guardarla –E' stato un lungo lavoro, ma all'epoca eravamo giovani e sembrava non spaventarci nulla- sospirò ridacchiando –adesso non lo farei per tutto l'oro del mondo- ammise facendo sorridere le due ragazze –Andate a sedervi in veranda, Liz tu sai la strada, arrivo subito- così dicendo si allontanò dietro una porta in legno mentre Liz si mosse dalla parte opposta seguita da Alex, ritrovandosi ben presto in una veranda molto ampia, completamente vetrata; c'erano diverse piante ad abbellire l'ambiente, mentre i divani bianchi erano posizionati nella zona centrale, davanti una vista che lasciò la ragazza senza fiato: erano praticamente sopra la scogliera e si poteva vedere l'Oceano in tutta la sua maestosità

-Bello vero?- chiese Liz sedendosi, ammirando anche lei quello spettacolo

-E'meraviglioso- rispose Alex ammaliata da quella visuale, per poi prendere posto su uno dei divani

-Questa e il giardino, sono le zone più belle in assoluto!- le spiegò Liz che tornò subito seria osservandola -Sei nervosa?- le chiese –Sai che puoi parlarmi di tutto- aggiunse e Alex sospirò tornando con lo sguardo alla vista davanti a loro

-E' una cosa importante e sono un pò agitata- confessò – non te l'ho detto perchè volevo aspettare, ma abbiamo consegnato i documenti - Liz spalancò occhi e bocca, per quell'ammissione mentre Alex abbassò la testa in imbarazzo

-Li aveva presi la mattina che siamo stati al pub con voi e il giorno dopo, prima di partire li ha  consegnati, chiedendomi di non dirlo a nessuno per il momento- Liz avrebbe voluto chiedere di più, ma la voce della signora Davis la fermò

-Ho fatto un po' di tè, spero vada bene- annunciò posando il vassoio sul basso tavolino in vetro posto proprio in mezzo ai grandi divani

-Grazie Kate!- Liz prese subito un biscotto e lo assaporò con gusto

-Allora? E' una nuova ricetta e tu farai da cavia- la informò la donna passando una delle tazze ad Alex facendole un occhiolino

-E' squisito, è molto più cioccolatoso dei precedenti- ammise la moretta -Non mi dispiace in questo caso dare da cavia!- specificò addentandone un altro facendo ridere si Alex che Kate

-Ha una casa davvero stupenda e questa vista è incredibile- la donna guardò Alex lusingata sorseggiando appena dalla sua tazza

-Quando venimmo qui, era un rudere completo- spiegò – e mio marito, non voleva neanche scendere dalla macchina, si sentì quasi offeso che il venditore ci avesse proposto questo posto e anche io ne ero rimasta delusa, perché non volevamo una casa da ristrutturare- sorrise ricordando il momento –dovete immaginare che sembrava una stalla diroccata e il giardino- si fermò ridacchiando scuotendo la testa –era una giungla, non si vedeva nulla dal vialetto, ma il venditore insistette dicendo che avremmo cambiato idea se solo avessimo varcato la porta e alla fine acconsentimmo, più per gentilezza ed educazione che per altro- guardò verso Alex divertita –ero convinta che ci sarebbe caduto addosso il tetto una volta entrati- confidò facendo ridere le due ragazze, sospirò prendendo ancora un sorso di tè prima di continuare –entrando era tutto buio, angusto, completamente da rifare e il mio umore si fece pessimo, per non parlare di quello di George- rise di gusto – ma poi il venditore ci fece varcare quella porta –ed indicò l'arco in pietra dietro di loro da dove erano entrate – e davanti a noi si parò questo scenario –sospirò guardando l'acqua brillante –e posso ammettere senza vergogna di essermene perdutamente innamorata e il giorno dopo abbiamo firmato i documenti- Alex sorrise nel vederla, si percepiva l'amore che aveva per quel posto 

-E' forse la più bella casa di tutta la zona, Kate- disse Liz e la donna sorrise grata 

-Tu invece che mi racconti di bello? Sei latitante da queste parti da parecchio, ci sono novità?- le chiese curiosa cambiando discorso e Liz ingoiò l'ennesimo biscotto sorridendole

-Niente di particolare- ma il suo sguardo furbo non sfuggì alla donna che alzò un sopracciglio scettica

-Con quella faccia non mi incanti, dimmi tutto- la incalzò facendola sghignazzare

-Mark ed io ci siamo messi insieme- ammise la moretta facendo battere le mani alla donna che rise di gusto

-Finalmente!- disse ridendo – Era ora! Sono anni che vi ronzate intorno e nessuno dei due ha mai fatto il primo passo!- Liz arrossì e nascose l'imbarazzo bevendo un po' di tè

-Sono davvero contenta, tesoro- le disse la donna stringendole la mano in segno affettuoso

-Siete una bellissima coppia e vedrai che andrà tutto bene– po si sistemò meglio sul divano 

-Ma adesso veniamo a noi, mi hai parlato di un matrimonio di una tuo amico e che ti servivano informazioni- la donna la guardò curiosa;

Liz posò la tazzina sul tavolo e si scambiò una rapida occhiata con Alex

-Mi dovresti aiutare a sapere come si muovono i funzionari addetti ai matrimoni tra persone provenienti da paesi differenti- iniziò la moretta 

–Questo mio amico si deve sposare con una ragazza straniera e visto che anche tu hai passato tutta la trafila, volevo solo sapere se hai delle dritte da darci- la donna sorseggiò il tè guardando davanti a lei il sole vibrare sopra l'acqua

-Come mai hai bisogno di queste informazioni?- le chiese dopo qualche attimo, guardandola attentamente e Liz si strinse nelle spalle sorridendole

-Beh, sai, non sono molto preparati, hanno saputo che dovranno affrontare un confronto con i funzionari che hanno il compito di verificare il loro rapporto, ma sono un po' preoccupati, viste le regole che ci sono- ammise.

La Signora Davis posò con grazia la tazzina sul tavolinetto basso e si lisciò il pantalone prima di accavallare una gamba

-Se sono innamorati non hanno nulla di cui preoccuparsi- asserì con tono serioso per poi puntare i suoi occhi attenti su Liz –Non mi piacciono le persone che non dicono la verità, Liz, pensavo tu mi conoscessi – la ragazza sgranò lo sguardo sorpreso

-No, Kate non lo farei mai!- si giustificò

-Lo sai che mentire su questo genere di cose, si rischia il carcere?- chiese lasciando Liz sorpresa, mentre un brivido si propagò nel corpo di Alex in rigoroso silenzio

– E sai che se si riscontrassero delle inesattezze, i funzionari potrebbero mettere in seri problemi anche chi li ha aiutati? Sono delle false testimonianze in qualche modo, non è uno scherzo- il tono duro che usò lasciò interdetta Liz che guardò Alex davanti a lei ferma come una statua

-Non sapevo queste cose, Kate, non te lo avrei mai chiesto- rispose dispiaciuta, poi una risata scosse le due ragazze e la donna ritornò gioviale come all'inizio, Alex rimase interdetta da quella  reazione, mentre Liz sbuffò incrociando le braccia

-Sei sempre la solita!- affermò scuotendo la testa ma con un leggero sorriso sulle labbra

-Allora- esordì Kate girandosi verso Alex – chi è il fortunato?- Alex sgranò lo sguardo diventando di tutti i colori

-No, io...- la donna rise 

-Liz non te l'ha detto che sono stata la sua insegnante e ho lavorato per trent'anni con i ragazzi? So leggere bene certe espressioni e certe situazioni- spiegò divertita -Hai una pronuncia perfetta mia cara Alex, ma credo che la ragazza straniera sia tu, vero?- si rivolse poi a Liz 

–Pensavi davvero che non avrei capito?- la ragazza in imbarazzo accennò un sorriso

-Ti stai sbagliando..- tentennò, ma venne interrotta da Alex

-E' vero sono io– la donna la guardò con un sorriso sincero, mentre Liz si passò una mano sul viso sospirando ancora volta, aveva sperato che Kate  lasciasse correre e magari rivelasse quanto sapeva e basta, ma quella donna aveva davvero un occhio lungo, per non parlare del fatto che adorava conoscere tutto fin nei dettagli

-E chi sarebbe il fortunato di qui?- chiese ancora con un sorriso furbo alle due ragazze

-E' necessario che sai tutto?- chiese un pò esasperata Liz facendola ridere 

-Certo che sì! Questa casa sarà anche bella, ma è fuori dal paese e molti pettegolezzi li perdo- affermò derisoria facendo sospirare la moretta che scosse la testa non trattenendosi dal ridere

-E' Jason Parker, l'amico di Mike- confessò mentre Alex era ormai fucsia

-Jason? Quel Jason?- chiese Kate profondamente stupita e sia Liz che Alex fecero un cenno d'assenso con il capo facendo scoppiare in una fragorosa risata la donna

-Oh mio Dio! Jason che si sposa!- disse sempre più divertita per poi alzarsi e prendere un piccolo porta sigarette, da cui ne estrasse una e l'accese riprendendo posto sul divano

- Bene, diciamo che per ora mi accontento di queste informazioni- disse sorniona -e adesso che abbiamo chiarito che non amo le mezze verità, vorrei solo sapere se ami questa persona, Alex -la ragazza arrossì ancora di più, abbassando il capo

-Non so se è amore, ma per me è molto importante- le sue parole stupirono la stessa Liz che non si aspettava tanta sincerità; la donna fece un cenno d'assenso con il capo

–Abbiamo consegnato la documentazione ed entro un mese dovremmo avere il colloquio, ma abbiamo letto un'infinità di leggi e articoli e la cosa ci ha un po'impensieriti- ammise -Non ci conosciamo da molto, per cui ho paura che questo possa interferire con il parere dei funzionari- aggiunse dopo qualche attimo

Alex si era resa conto che non avrebbe portato a nulla mentire, soprattutto se la Signora Davis era l'unica che poteva dirle cosa sarebbe successo, decidendo così di parlarle con franchezza evitando comunque di raccontarle tutto

-Fai bene ad essere preoccupata- la donna la osservò con attenzione –non sono cose così semplici, purtroppo- finì la sua sigaretta per sistemarsi meglio sul divano prima di continuare

-Con mio marito abbiamo affrontato il tutto parecchi anni fa ed è stato molto stressante- spiegò – il primo colloquio in cui verrete chiamati serve solo per appurare chi siete, cosa fate nella vita, dove vivete, dove andrete a vivere, cose di questo tipo- spiegò

-Perché hai detto primo colloquio? Ce ne sono altri?- Liz anticipò la stessa Alex che aveva notato anche lei quel dettaglio, la donna sospirò

-Sì, ce ne saranno fino a quando i funzionari non saranno soddisfatti- ammise lasciando le due ragazze a bocca aperta –Generalmente ci vogliono circa quattro o cinque colloqui che vengono affrontati anche separatamente tra i due futuri sposi e devo dire che in quelle occasioni, ero molto ansiosa- Alex tremò impercettibilmente sotto quelle parole

-Cosa chiedono?- la domanda le rotolò fuori dalla bocca con una certa ansia e la donna le sorrise gentile percependo il suo disagio

-Tutto- disse semplicemente facendola rimanere di sasso –Possono chiederti che tipo di deodorante usa l'altro, il colore preferito, la canzone più amata, se si conoscono certi dettagli del partner- Alex sentì il gelo avvolgerla, non avrebbe mai immaginato un'analisi così approfondita

-Sono preposti a questo per cui spulciano tutto per capire se il rapporto è vero o meno- continuò la donna -chiederanno cose come il vostro primo bacio, quando vi siete conosciuti, questo generalmente quando siete separati per vedere se le versioni coincidono e poi..- si fermò un attimo per fissare Alex negli occhi -osservano- aggiunse lasciando che quella parola acquisisse un significato ingombrante

-Cioè?- chiese Liz anche lei piuttosto in ansia per quelle rivelazioni, la donna si rivolse a lei

-Cioè guardando tutto, dal modo in cui ci si tiene per mano, a come ci si guarda, tutto!- sottolineò – Sono tremendi, anche se un po' li capisco, molti si sposano per interessi, per prendere la cittadinanza e altro, per cui sono costretti, ma quando si affronta il loro interrogatorio non è affatto bello- si fermò per guardare di nuovo Alex che ascoltava con apprensione

-Hai detto che non vi conoscete da molto- Alex fece un cenno d'assenso con il capo –beh, se posso darti un consiglio inizia a farti dire tutto e raccontagli tutto quello che puoi, perché loro possono farti quella domanda che potrebbe mettervi in difficoltà- Liz si alzò dal divano irrequieta 

-Avanti Kate, non saranno poi così cattivi, no?- chiese con un sorriso per smorzare l'aria tesa che si era venuta a creare –Insomma, se uno non si ricorda che tipo di deodorante usa o che marca di dentifricio preferisce, non vuol dire che non si sta insieme!- la donna le sorrise

-E' il loro lavoro, Liz, tutto è importante, ci sarà quello più attento a certi dettagli piuttosto che ad altri, ma per mia esperienza ti dico che mi hanno chiesto di tutto-

****

Erano in macchina davanti casa di Jason, entrambe non erano riuscite a dire una parola dopo l'incontro con la Signora Davis.

Liz era caduta in un mutismo anomalo e la stessa Alex era rimasta completamente priva di qualsiasi pensiero nel sapere la difficoltà di quella procedura

–Che farai in questi giorni?- esordì la moretta quando ormai il silenzio era diventato assordante, Alex fece un'alzata di spalle

–Niente perchè?- Liz guardò davanti a sè prima di rispondere

-Penso che dovresti parlarne a quattrocchi il prima possibile con Jason- ammise- non è uno scherzo e dovreste prendere subito in mano la questione- le disse risoluta e Alex sospirò guardando anche lei il muro che segnava la fine della strada da dove si aprivano quei campi sempre mossi dal vento

–Noi andremo a trovare i nostri genitori nel Dorset qualche giorno, per questo abbiamo sistemato il locale prima della riapertura- Alex in quel momento si rese conto di non sapere nulla della famiglia di Liz

–Come mai vivono lì?- le chiese, la moretta sospirò

–Vivono lì da anni, mia madre ha sempre odiato questo posto- le confessò stupendola 

-Sua madre se ne andò quando lei era appena nata, con un altro uomo tagliando i ponti con lei e questa cosa l'ha segnata per sempre. Ha vissuto qui con mio nonno ed essendo un piccolo posto dove tutti si conoscono da sempre, a lei dava fastidio che sapessero del suo passato, si è sempre sentita giudicata- un sorriso amaro colorì il volto di Liz- Sin da ragazza voleva andarsene, ma è rimasta incinta di mio fratello molto giovane, così con mio padre si sono dovuti sposare e sono rimasti; ma il suo sogno si era fatto più insistente quando mio fratello era un pò cresciuto e anche mio padre si era in qualche modo convinto a chiudere il motel dei genitori e il pub che intanto aveva aperto, ma ironia della sorte, sono arrivata io- Alex osservò il suo sguardo mutare, tingersi di una tristezza che mai le aveva visto e il suo tono si tramutò diventando più basso 

–Sai sono sempre stata convinta che sia stata la mia nascita ad averle causato la classica depressione post-parto che poi si è protratta nel tempo ed è diventata una depressione cronica- Alex le accarezzò una spalla percependo il dolore che l'amica si teneva dentro da sempre, Liz sorrise senza guardarla –I primi segnali c'erano già quando io ero piccola, me la ricordo sempre che piangeva e aveva degli sbalzi di umore importati, ma la cosa con il tempo peggiorò- sospirò ancora  –alla fine, quando è diventata davvero ingestibile, mio padre ha mollato tutto a noi, anzi a Mike e ha deciso, sotto consiglio medico, di farle cambiare aria, prendendo un bella casa vicino al mare, dove sembra che mia madre si sia ripresa, anche se è sempre sotto controllo–

Alex non riusciva a credere a quello che Liz le stesse raccontato, a quanto dolore avesse dovuto provare anche lei

–Mi dispiace molto, non avrei mai immaginato- la moretta la guardò

–Non ti preoccupare,  anzi noi siamo fortunati che possiamo comunque vederla, tu invece- lasciò la frase in sospeso e Alex sospirò sorridendo appena

–Sai, quando sono venuta qui, mi sentivo con un peso nel petto spesso insostenibile- ammise- ho sempre vissuto solo con mia madre, era tutto per me; sapevo che non avrebbe vissuto molto, ma fino alla fine ho sperato, ho pregato in un miracolo ma poi mi sono ritrovata da sola e quel mio tutto mi è stato portato via- un profondo sospiro le uscì dalle labbra mentre i suoi occhi puntavano lontano -Sinceramente non avrei mai pensato di riuscire a sorridere ancora, mi chiedevo come avrei fatto ad andare avanti- si girò a guardare gli occhi lucidi di Liz – venire qui mi terrorizzava, l'unica persona al di fuori di mia madre a cui ero molto legata era Francesca, la donna che hai conosciuto anche tu, ma vivere a Roma non era possibile e ho dovuto lasciare anche lei e a quel punto il mio mondo è crollato davvero- un sorriso amaro le colorì il volto ripensando a quei momenti - Mi sentivo come un involucro vuoto, sentivo solo il suono assordante del dolore- Liz le strinse una mano -ma poi ho conosciuto Jason, ho conosciuto te e Mike e tutto è diventato più sopportabile, tutto è diventato di nuovo possibile, piano piano, non so neanche bene come, il peso che sento nel petto è in qualche modo gestibile- Liz non trattenne una lacrima nell'ascoltarla

–Certo mia madre mi manca ogni giorno e a volte quando mi sveglio mi chiedo se tutto quello che è successo non sia solo un sogno, spero che magari aprendo gli occhi io mi risvegli nel mio letto, nel piccolo appartamento che avevamo a Roma, sentirla trafficare in cucina mentre canta qualche canzone della radio accesa, ma poi mi rendo conto che è tutto diventato un ricordo che devo portarmi dentro, al quale aggrapparmi quando il dolore sbuca improvviso e mi presenta il conto- Liz l'abbracciò stupendola

–Oh Alex, sei una ragazza davvero molto forte- le sussurrò con la voce incrinata, Alex sorrise non riuscendo a trattenere una lacrima –Non sono la sola - le rispose guardandola e ricambiando il sorriso -non oso immaginare quello che hai dovuto passare anche tu, Liz- la moretta tirò su con il naso sorridendole

-Kate è stata una seconda mamma per me, era la migliore amica della mia e mi è sempre stata molto vicina, un pò come Francesca per te- le sorrise - Come vedi ognuno di noi si porta dentro uno scrigno di ricordi non sempre felici- le disse per poi strappare un foglietto da un'agendina che teneva lì in macchina e scarabocchiare qualcosa

-Tieni-  Alex la guardò non capendo e quando lesse cosa c'era scritto non riuscì a non arrossire

–Devi parlare assolutamente con Jason!- le disse -Inoltre sono sicura che un volto amico, lì a casa, è ciò di cui ha più bisogno!- 

 

Note:

A volte ritornano.... ;) Scusate per l'enorme ritardo nel pubblicare.. purtroppo diversi intoppi mi hanno tenuto lontano..non sempre riesco a conciliare lo scrivere con il resto di quella che i più chiamano vita, sono un casino lo ammetto :) Il capitolo serve per spiegare un pò di cosette che poi prenderanno forma, spero non avervi annoiato troppo

Un bacio

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Capitolo 32
*** 31 ***


31

Si rigirava per la camera da ormai un'ora buona, dopo aver passato la notte a fissare il soffitto senza riuscire a spegnere i pensieri che le affollavano la mente, indecisa se andare oppure lasciar perdere

–Accidenti a te Liz!- sbottò sedendosi pesantemente sul letto e rigirandosi tra le mani quel foglietto.

Non sapeva davvero cosa fare, da una parte avrebbe preso il primo treno per raggiungere Jason e vedere con i suoi occhi come stesse e potergli parlare della chiacchierata fatta con la Signora Davis, ma dall'altra si dava della sciocca a pensare di andare da lui, oltretutto senza essere stata invitata, piombando a casa della sua famiglia

Scosse la testa scacciando quella pazzia, si alzò di scatto uscendo dalla sua camera, ma si ritrovò a guardare quella porta, proprio davanti la sua; dopo qualche attimo di esitazione decise di avvicinarsi, sapeva che nessuno poteva fermarla, ma si sentì comunque come una ladra, chiedendosi cosa avrebbe pensato e detto Jason, se l'avesse vista. Sapeva di star invadendo la privacy dell'uomo, ma la curiosità quando aveva adocchiato la porta era divampata come un incendio, così dopo essersi convinta, decise di aprirla.

La luce della mattina entrava dalle persiane rotte, ed Alex venne invasa dal profumo dell'uomo che le fece avere il solito tuffo al cuore, con imbarazzo rivide la stanza nella quale aveva dormito la notte che aveva avuto quella crisi alla scoperta delle violenze che la madre subiva e, quel pensiero, le procurò un brivido che le attraversò tutta la schiena; ripensò alla discussione che c'era stata poi con lui e come avesse preso la decisione di andarsene; sospirò a quei ricordi che sembravano lontani anni luce, così concentrò la sua attenzione sul letto disfatto, sui vestiti sparsi ovunque e un sorriso le colorì le labbra. Le mancava tremendamente

Si avvicinò lentamente al comò, quasi con la paura che lui la sorprendesse all'improvviso, posò lo sguardo sulla foto di Jason da giovane con Mike e Jane e, di nuovo, un sorriso le colorì le labbra accarezzando il profilo dell'uomo nell'immagine, chiedendosi cosa stesse facendo in quel momento; poi i suoi occhi si spostarono sulla boccetta di profumo proprio lì accanto e non riuscì a resistere nel prenderla ed inspirare quella fragranza chiudendo gli occhi, avendo la sensazione di poter sentire il calore di Jason lì con lei. Negli ultimi tempi, lui aveva fatto quei gesti che l'avevano sorpresa e scossa, ma che desiderava sempre di più ogni volta che le si avvicinava, come se ne sentisse tremendamente bisogno.

Ripensò al calore della mano di Jason che in quella sera, prima di partire, l'aveva accarezzata procurandole una cascata di brividi, alle labbra che avevano appena sfiorato il suo viso e al vuoto che ora sentiva non avendo la possibilità di stare con lui; sospirando si guardò un po' intorno per poi ricordarsi di quello che aveva notato nel cassetto del comò quando aveva recuperato le aspirine per Jason, così decise di aprirlo e di nuovo vide quei fogli sparsi sotto alcune magliette buttate a casaccio, si morse il labbro non sapendo cosa fare, ma di nuovo la curiosità vinse la sua guerra interiore e, con mano tremante, spostò quel pezzo di stoffa prendendo quella che sembrava una foto.

Quando la girò rimase totalmente senza fiato: ritraeva lei e la madre tanti anni prima.

Si ritrovò ad indietreggiare fino a sedersi sul letto sentendo le gambe diventare molli, non riuscendo a staccare gli occhi da quella foto: sua madre era sdraiata su un lettino prendisole a bordo di una piscina, gli occhiali da sole a coprirle lo sguardo, sorridente, indossava un cappello di paglia bianca e un copricostume fiorato, al suo fianco c'era lei, una ragazzina di 10 anni appena uscita dall'acqua, con un costumino intero verde prato che le metteva in risalto la carnagione chiara, mentre rideva alla telecamera con i braccioli gialli ancora indosso. 

Alex osservò quell'immagine, ricordando che l'aveva scattata Francesca l'estate in cui erano andati al mare tutti insieme e quel senso di smarrimento, di solitudine, l'assalì levandole il respiro; gli occhi diventarono subito umidi, così li chiuse inspirando profondamente e quando li aprì si alzò dal letto per riporre la foto dove l'aveva trovata, ma si accorse di una lettera che sbucava proprio dove aveva preso la foto, riconoscendo la calligrafia della madre nell'indirizzo di Jason riportato sopra; sbuffò sentendo gli occhi farsi di nuovo umidi 

–Non posso- si disse chiudendo il cassetto per andarsene, ma si fermò incerta, scacciando via con la mano una lacrima che le era sfuggita; si girò di scatto e riaprì il cassetto, prendendo la busta e sedendosi sul letto; osservò quella scrittura tondeggiante, ricordandola ancora seduta sul tavolo di casa quando con precisione scriveva qualche ricetta o la lista della spesa, o quando di notte alzandosi, la trovava a scrivere e, ora, sapeva a chi; sbuffò sorridendo mentre altre lacrime le rigarono il viso, decidendo di aprirla per leggerla:

Ciao Jas, sorpresa!

So che ce l'avrai con me perchè sono diversi mesi che non mi faccio sentire, ma a mia discolpa posso dirti che ho avuto davvero tanto da fare da non riuscire a scriverti fino ad oggi.

Ti starai chiedendo come è andata a finire quel lavoro che mi avevano offerto a quel call center, beh, devo ammettere che avevi ragione, era una porcheria! Ho mollato dopo neanche tre giorni e ne sono felice! Ma ho avuto la fortuna di trovare qualcosa che non è poi tanto male: lavoro in un bar, adesso. Non è certo il massimo, ma è vicino casa e la proprietaria è una persona molto gentile, ha capito la mia situazione e mi ha presa a lavorare per lei quando Alex è a scuola, per cui non posso lamentarmi!

Ti mando nella lettera una foto di noi questa estate, siamo state con Francesca al mare, era una promessa che avevamo fatto ad Alex il giorno del suo compleanno: avremmo passato l'estate insieme e così abbiamo fatto! Cresce a vista d'occhio e ogni tanto, quando mi fermo ad osservarla, mi spiazza pensare che abbia già 10 anni! Questo vuol dire che sto invecchiando!

Sai, vedere mia figlia crescere è il regalo più bello, nonostante non fosse stata programmata, è l'unica cosa che mi rende davvero felice e mi fa andare avanti

Tu che combini di bello? Il lavoro? Sei riuscito a risolvere con i tuoi? Scrivimi appena hai un attimo sempre all'indirizzo di Francy.

Mi manchi.

Spero davvero che tu possa ancora ritenermi tua amica, nonostante tutto.

Ora devo lasciarti, è notte fonda, con la precisione sono le 2:07 del mattino, ma volevo parlare un  con te, anche così.

Ti voglio bene

Con Affetto..sempre e per sempre

E.

Alex tirò su con il naso, ripensando a quella giornata, vedere quella foto l'aveva riportata a quei giorni al mare, il bell'hotel dove avevano alloggiato e dove si era divertita a tuffarsi in quella bellissima piscina imparando a nuotare grazie al marito di Francesca; chiuse gli occhi rivivendo ogni attimo e avendo come l'impressione di poter risentire addirittura i profumi di quei giorni fatti di risate e gioia, una felicità che serviva a entrambe, soprattutto a sua madre. Riguardò la foto e non potè non sorridere malinconica, avendo conferma che Jason la conoscesse molto di più di quanto avesse mai immaginato. Richiuse la lettera e la ripose nel cassetto con la foto, si guardò nello specchio del comò asciugandosi le lacrime: aveva bisogno di lui, così l'unica cosa che le sembrò giusto fare fu quella di prendere il suo zaino e andare alla stazione.

*****

Non si sarebbe mai abituato all'odore di medicinali che c'era in ospedale, teneva quel mazzetto di fiori con la mano stretta su quei poveri gambi come una tenaglia, tanta era la tensione che sentiva, ma aveva deciso di passare a salutarla, prima di partire.

Si avviò all'ascensore salutando l'infermiera che aveva imparato a conoscere in quei lunghi giorni di agonia, spesso quella stessa infermiera, si era offerta di andargli a prendere il caffè vedendolo immobile per ore seduto su quelle maledette sedie in plastica, pregando ogni Santo in paradiso perchè facesse il miracolo.

Arrivato al piano, si accorse di dover allentare la presa sui fiori per non rischiare di spezzarli in due, sospirò un paio di volte e si diede coraggio per andare verso la stanza di Jane; la porta come sempre era accostata, così ne approfittò per sbirciare dentro, soprattutto per evitare di incappare ancora in quel pazzo medico, basso e tozzo, convinto che lui fosse il marito.

Appena puntò lo sguardo dentro, i suoi occhi si posarono sulla figura di Jane: era leggermente sollevata, le bende strette alla testa erano state sostituite da garze più leggere, aveva lo sguardo puntato sulla finestra e sembrava assorta in qualche pensiero; alla fine si fece forza e bussò leggermente prima di aprire e mostrarsi.

-Mike!- la voce di Jane gli procurò il solito sfarfallio alla bocca dello stomaco, sorrise avvicinandosi, notando come le ecchimosi sul suo bel viso si stessero piano piano riassorbendo, solo l'occhio sinistro e lo zigomo erano ancora un pò gonfi, il taglio sulla bocca si era per lo più rimarginato

-Ciao, come stai?- le chiese vedendole fare un leggero sorriso e guardare la gamba ancora ingessata

-Insomma, il medico dice che il trauma cranico non da più preoccupazione, ma per il resto ancora mi fa male tutto- ammise -non mi posso muovere per via del bacino che ci sta mettendo parecchio a ristabilirsi, nonostante sia stata una frattura stabile, mentre la gamba è ancora uno schifo- Mike sorrise al tono infastidito che aveva usato, sapendo quanto odiasse stare ferma

-Grazie- la guardò non capendo, ma vedendo i suoi occhi puntare ai fiori che stringeva in mano tossì arrossendo

- Li metto in questo vaso, ok?- e prese al volo il primo vasetto che trovò lì sul tavolinetto

-Rita?- chiese per levarsi da quella situazione, si sentiva come uno scolaretto

-E' a casa, le ho proibito di venire qui e stare senza far nulla tutto il tempo- Mike non trattenne una risata e le si avvicinò di nuovo sedendosi sulla sedia accanto al letto, gli occhi di Jane non lo lasciavano un attimo

-Vorrà starti vicino, mi sembra normale- costatò e la vide sospirare alzando lo sguardo al soffitto

-Lo so, ma non voglio farla stancare, io qui ci sono costretta ancora per un bel pò, ma lei non si deve sentire in obbligo, ha pure i bambini a cui badare- poi si girò di nuovo verso di lui e Mike percepì quello sguardo analizzarlo come ogni volta

-Jas come sta?- gli chiese dopo lunghi istanti di silenzio, Mike fece un'alzata di spalle

-Sta come sempre, è andato dai suoi, te l'ha detto?- e la vide fare un cenno d'assenso con il capo

-E' una settimana ormai che sta giù, pare che il padre non sia stato bene, ma come al solito lo hanno avvertito solo all'ultimo e ora è costretto a stare lì ancora per un pò- spiegò Mike cercando di mantenere un tono calmo, nonostante sentisse fremere ogni muscolo del suo corpo per il solo fatto di poterle parlare come un tempo.

Quella mattina si era svegliato con la voglia di vederla, si era ripromesso di non starle addosso, di darle del tempo anche solo per abituarsi alla sua presenza, ma ormai erano giorni che evitava di andarci, quantomeno fino alla sua camera, perchè in realtà al medico faceva visita un giorno sì e l'altro pure.

-Immagino non sia molto contento- ipotizzò ironica Jane e Mike rise divertito pensando al suo amico e la sua famiglia nuovamente sotto lo stesso tetto.

-E tu?- Mike si rivolse a lei con sguardo curioso per quella domanda

-Io?- chiese vedendola accennare un leggero sorriso

-Come mai sei qui?- gli chiese lasciandolo un pò spaesato da tanta schiettezza, abbassò il capo sotto quello sguardo verde puntato su di lui

-Avevo voglia di vederti, sapere come stavi, in questi giorni ho dovuto sistemare il locale visto che riapriremo tra una decina di giorni, non ho avuto molto tempo- ammise dispiaciuto in una mezza verità

-E?- Mike guardò di nuovo Jane e alla fine sospirò sconfitto

-E sto per andare a trovare i miei- ammise facendola sorridere

-Si direbbe che anche tu, come Jas, stai per andare al patibolo- la battuta di Jane lo fece ridere di gusto

-Ma no, alla fine sono pure contento di andarli a trovare- disse - ma a volte mi sembrano visite dovute e non certo per piacere- sospirò e le sorrise -poi penso a quello che ha passato mio padre con lei e mi convinco che valga la pena andare a trovarli- gli occhi di Jane erano sempre incollati a lui, al suo viso, così si alzò con un leggero imbarazzo e un sorriso timido

-Beh non voglio affliggerti con queste sciocchezze, ci vediamo presto- le disse sfiorandole appena la mano e si girò per raggiungere finalmente la porta

-Non dare la colpa a tua madre se non hai avuto il coraggio di affrontare ciò che è successo tra di noi- la voce di Jane lo fermò sulla soglia. Quella frase sembrò arrivare come un pugno in piena faccia, Mike si tese come una corda, ricordando che Jane aveva sempre avuto la capacità di toccargli quel nervo scoperto che tanto cercava di nascondere, ma che lei vedeva e tirava e scuoteva a piacimento; si girò di scatto a guardarla stringendo la mascella

-Non dire stupidaggini!- ruggì e la vide sorridergli amaramente per poi spostare quei fari verdi di nuovo verso la finestra

-Non commettere gli stessi errori- la sentì sussurrare pacatamente

-Sapevo che non dovevo venire!- sbottò offeso aprendo la porta per andarsene, ma la rabbia lo fece fermare, così ritornò dentro la stanza sbattendo la porta; Jane continuava ad osservare la finestra, per nulla interessata alla sua presenza 

-Sei scorretta!- disse rabbioso tornando verso di lei come una furia-Lo sei sempre stata!- solo allora il volto di Jane con i suoi occhi profondi lo guardarono di nuovo, ma non la lasciò replicare

-E' facile dirlo per te che sembri sempre avere la risposta a tutto, non è vero? Sei sempre stata brava a capire gli altri, a capire me! Ma sei stata una vigliacca proprio come lo sono stato io, Jane! Non hai mai lottato davvero per noi, per me!- Jane a quelle frasi sgranò lo sguardo che intanto le si era riempito di lacrime

-Non ti permettere di..- cercò di parlare ma lui la interruppe

-E' questo che ferisce di più, vero?- la provocò -Sai bene cosa cazzo ho passato quando tu mi hai detto di essere incinta! Sai che inferno avevo a casa! Sapevi tutto da sempre!- sentiva di avere il volto contratto e livido di rabbia così sospirò per ritrovare la calma, un sorriso amaro spuntò sulle sue labbra mentre si ritrovò ad abbassare il capo 

-Ma è stato facile per te, fare in modo che tutto ricadesse su di me- la sentì tirare su con il naso, sapendo di ferirla, la guardò di nuovo sentendo anche i suoi occhi diventare lucidi 

-Io ho sbagliato, ma nelle storie le scelte si fanno comunque in due, Jane- detto questo si girò per andare verso la porta, fermandosi un'ultima volta per vederle le lacrime scivolarle sul viso, mentre fissava il soffitto e la morsa intorno al suo cuore strinse violenta a quella vista; avrebbe voluto scusarsi sapendo che dirgli quelle cose, non era giusto, soprattutto in quella situazione per lo meno, ma non era riuscito a trattenersi, capendo che molte delle cose che si tenevano dentro, avrebbero fatto molto male, quando avrebbero trovato il coraggio di parlare.

****

Arrivò a Londra alle 21.05, la stazione era piuttosto affollata, l'aria era fredda e il cielo prometteva pioggia, così si sbrigò ad andare a prendere un taxi. Alla fine aveva deciso di raggiungerlo, ma non era riuscita a trovare il coraggio per avvertirlo, rispondendo solo a un messaggio di Liz in cui l'aveva informata di essere partita; per il resto aveva fatto tutto senza pensarci, l'unica cosa certa era che voleva vederlo, voleva stare con lui, erano giorni che era partito ma a lei sembrava un'eternità e non ce la faceva più ad aspettarlo, aveva bisogno di lui.

Il tragitto in taxi fu piuttosto lungo, c'era un pò di traffico e l'auto si muoveva lenta, nonostante l'orario, Alex si sentiva impaziente e allo stesso tempo preoccupata del suo gesto che forse avrebbe irritato Jason, sperò con tutto il cuore di non innescare una litigata, si ripromise che le sarebbe bastato vederlo anche solo per cinque minuti, sapere che stesse bene e sarebbe andata via, senza troppe storie.

L'auto si fermò davanti un palazzetto in stile coloniale, con ampie vetrate di colore bianco, tutto in quel quartiere faceva capire di trovarsi in una zona piuttosto benestante, Alex pagò e scese sul marciapiede ad osservare il cancelletto nero, i gradini e il portone scuro dell'entrata; dalle ampie finestre con le tende chiare tirate, filtravano le luci accese, segno che qualcuno era in casa, sospirò sentendosi tremendamente nervosa, si chiese se fosse il caso di chiamare Jason e avvertirlo, la paura di aver fatto una cosa troppo azzardata le attanagliò lo stomaco; forse avrebbe dovuto prendere una stanza vicino alla stazione, chiamarlo per avvertirlo del suo arrivo, così almeno avrebbe capito che tipo di reazione avesse potuto avere e, se la cosa lo avesse fatto davvero arrabbiare, stando vicino alla stazione sarebbe potuta tornare indietro. Sospirò non sapendo bene cosa fare

–Mi scusi? Ha bisogno di aiuto?- Alex si girò verso la voce alle sue spalle, un uomo sui 45 anni con un lungo cappotto scuro la osservava curioso. 

Aveva un bel viso regolare, i capelli leggermente ondulati, scuri così come gli occhi con quello sguardo molto simile a colui che occupava i suoi pensieri

–Oh, no- rispose spostandosi per lasciargli aprire il cancelletto

–Si è per caso persa? E' una turista?- le chiese ancora lui sorridendo, Alex arrossì imbarazzata ripensando al suo primo incontro con Jason, anche lui glielo chiese, ma in un modo totalmente diverso

–No, in realtà cercavo una persona- rispose e il ragazzo si girò a guardarla curioso

–Ecco, cercavo Jason- disse incerta –Jason Parker- il ragazzo assottigliò lo sguardo sorpreso

–E chi saresti?- chiese sorridendole

–Un'amica- rispose di getto notando lo sguardo scettico che lui le rivolse 

–Ma davvero?- il sorriso beffardo sembrava la stesse prendendo in giro -Jason è un pò grande per avere questo tipo di amicizie- le disse tagliente, con un tono che ad Alex non piacque affatto, ma decise di non dargli corda, andando subito al punto

–Lo conosce?- chiese speranzosa, lui la studiò alcuni istanti, il suo sguardo era penetrante e attento, poi sospirò alzando gli occhi al cielo

–Si, lo conosco purtroppo, vieni- le disse lasciando il cancello aperto e iniziando a salire le scale.

Appena aperto il portone lo vide entrare e sfilarsi il cappotto, Alex lo seguì sfuggendo così dal freddo che si stava facendo pungente, ritrovandosi in un ampio ingresso con moquette verde scuro e una scala che saliva verso il piano superiore, sulle pareti c'erano alcune foto e un quadro di una natura morta; una porta sulla sinistra portava in una stanza dove si intravedeva un tavolo di legno e alcune sedie, il ragazzo appoggiò il cappotto su una poltroncina accanto ad uno scrittoio

–Vieni- le disse indicando il salotto mentre lei rimase pietrificata sulla soglia.

La stanza era accogliente, con un bel camino acceso alcuni divani e una bella parete attrezzata a libreria, ma ciò che l'aveva bloccata era Jason, seduto sul divano, di spalle, lo aveva riconosciuto subito

–Jason, c'è un'amica per te- disse l'uomo entrando e andandosi a versare qualcosa dal piano bar accanto al camino

–Will, per favore.. – Jason sembrò spazientito –non mi interessano i tuoi giochetti- aggiunse alzando lo sguardo dal libro che aveva in mano, ma quando incontrò l'occhiata del fratello che sorrideva beffarlo assottigliò lo sguardo, il fratello gli fece un cenno del capo e lui sbuffando si girò rimanendo completamente paralizzato.

Immobile sulla soglia c'era Alex che arrossì appena Jason le posò gli occhi addosso

–C..Ciao- sussurrò abbassando lo sguardo

–Alex?!- Jason si alzò subito dal divano incredulo

–Scusami, ma..- Alex stava per scusarsi, ma venne interrotta dall'abbraccio inatteso che Jason le regalò mozzandole il respiro; si ritrovò completamente avvolta dalle sue braccia, il viso contro il suo petto caldo dove percepì il cuore battere forte, il suo profumo l'avvolse e per un attimo si sentì come se fino a quel momento, in quei giorni di assenza, lei non avesse respirato davvero, ebbe la sensazione che riuscisse di nuovo a vedere i colori, sorrise felice

–Non ci posso credere- le sussurrò, ma era lei a non credere a quell'accoglienza, le era mancato troppo

–Allora è veramente una tua amica- la voce di Will irrigidì Alex che  si allontanò a quel contatto e da Jason che si stranì nel ricordare che lui fosse lì

–Levati quel tono da imbecille- l'uomo rise divertito –lei è Alex- la presentò poi guardò verso di lei –lui è Will mio fratello, l'imbecille- specificò facendo spuntare ad Alex un sorriso divertito

–Ciao, piacere di conoscerti- Will le si avvicinò porgendole la mano che lei strinse

–Era qui fuori, potevi farla entrare, si gela stasera- Jason guardò Alex con un sopracciglio alzato

–Da quanto eri qui?- Alex sentì le sue guance andare a fuoco e abbassò il capo

–Non molto, non ero sicura che fosse questa la casa giusta- mentì

–Tratti così tutte le tue amiche? Le fai cercare come i cani da tartufo?- il tono di Will era piuttosto ironico, Jason lo incenerì con un'occhiataccia

–Will, levati dalle palle, facci questo favore- disse scorbutico facendogli alzare le mani in segno di resa pur continuando a ridacchiare

–Va bene, ho capito- sospirando si sistemò la giacca del completo avviandosi verso la porta

–Scusalo, è davvero un imbecille- Alex guardò verso Jason ridendo e si beò di quello sguardo che tanto le era mancato, aveva la barba come al solito leggera a colorirgli il mento e intorno la bocca che ora era atteggiata ad un sorriso leggero, i suoi occhi più simili al mare profondo

–Ma che ci fai qui?- le chiese mentre la aiutò a levarsi la giacca per farla accomodare

–Sono giorni che non ti sentivo, così..- si sedette sul divano accanto a lui –il pub è chiuso, Liz sta per andare dai suoi e mi ha dato il tuo indirizzo e..-Alex si interruppe sentendo la risata di Jason, bassa, con la sua voce un pò graffiante

–Non c'è bisogno di essere così sulla difensiva- la riprese per poi inclinare leggermente il capo continuando ad osservarla –sono contento che sei venuta- aggiunse piano e Alex sentì il fiato mozzarsi all'altezza del petto 

 –Volevo solo sapere se andava tutto bene- in quel momento lo vide adombrarsi e guardare verso il camino acceso

-Mio padre ha avuto un infarto- disse spiazzandola completamente –per fortuna è stato preso in tempo ed è stato operato subito, sembra sia andato tutto bene, ma il medico dice che dobbiamo vedere come riprende il cuore, ha dovuto subire un intervento piuttosto complicato, i parametri sono buoni, ma ancora non è fuori pericolo- Alex era incredula 

–Non volevo piombare così all'improvviso, ho sbagliato- lui la fissò di nuovo, il suo viso si colorì di un sorriso che gli illuminò gli occhi

–Hai fatto bene, invece- Alex si trovò a guardarlo arrossendo –Stare qui mi fa impazzire, non è il mio posto e con i miei non vado poi così d'accordo, come hai potuto notare- si alzò dal divano avvicinandosi al camino –ma non posso andarmene e, avere te qui, mi fa sentire meno solo- il cuore di Alex si gonfiò di gioia

–Davvero non è un problema?- lui fece un cenno con il capo sorridendole

–Oh.Mio.Dio- sia Alex che Jason vennero sorpresi da una voce, così guardarono verso l'entrata dove una giovane donna dai capelli castani legati in una coda, grandi occhi blu come quelli di Jason li fissava sconvolta

–E' la prima volta che ti vedo fare un'espressione così carina!- disse rivolta a Jason che subito sbuffò spazientito, la ragazza ridendo entrò in salone andando verso Alex.

Bellissima, era la versione femminile di Jason pensò Alex

–Ciao, Will mi ha detto che c'era un'amica di Jason ed ero troppo curiosa- le disse allungando una mano -io sono Megan- Alex si alzò dal divano subito e le strinse la mano

–Alex, piacere- rispose un pò in imbarazzo, la ragazza si avvicinò a Jason dandogli una leggera spinta sul braccio –E così è una tua amica- disse allusiva, Jason serrò la mascella

–Non cominciare anche tu Meg, basta Will- lei rise divertita rivolgendosi ancora ad Alex

–Ma come fai a sopportarlo?- chiese per poi allontanarsi –E'pronta la cena, la mamma sta rientrando- disse uscendo dal salotto

Alex sospirò e guardò Jason sentendosi a disagio –Forse è meglio che vada- soffiò vedendolo rimanere per un attimo sorpreso dalle sue parole per poi arricciare le labbra in un sorrisetto

–E dove avresti in mente di andare?- le chiese curioso incrociando le braccia al petto, Alex lo guardò perplessa –Vado in un hotel, dormo e domani ritorno a casa- rispose ovvia, lui sgranò un attimo lo sguardo per poi scoppiare a ridere divertito scuotendo leggermente la testa con i ciuffi di capelli a ricadergli sulla fronte a coprirgli in parte gli occhi, Alex avvertì il suo cuore scuotersi a quel suono e a quell'immagine

–Pensi che ti lascerò andare via?- le chiese ridendo, lasciandola senza parole mentre le si fece troppo vicino abbassandosi ad un soffio dal viso

–Credo che tu abbia commesso un grosso errore a venire qui- le sussurrò e Alex percepì ogni tratto della sua pelle vibrare sotto quelle parole, sotto quello sguardo provocatore

Il rumore dell porta di casa e la voce di una donna, fecero distanziare Jason verso l'ingresso e Alex ritornò a respirare

-Fa davvero freddo stasera!- una donna entrò all'ingresso togliendosi di dosso il copri abito  dandolo alla cameriera che si era affrettata ad andarle incontro, si voltò verso Jason sorridendogli

–Oh ciao caro- disse porgendogli una mano che Jason prontamente prese

–Mamma devo presentarti una persona- le disse e la donna curiosa si rivolse ad Alex che in quel momento li aveva raggiunti.

La madre di Jason era una donna minuta sui sessant'anni, non troppo alta, i capelli erano biondi leggermente ondulati a contornarle il volto, gli occhi erano blu e brillavano di luce propria, il sorriso era quello di Jason, aveva delle rughe leggere intorno agli occhi da renderla ancora più affascinante

–Mamma, lei è Alex- la donna sembrò sorpresa e la guardò con curiosità porgendole una mano 

–Ciao cara, è un piacere conoscerti sono Margaret - si presentò cordiale e Alex le sorrise stringendole la mano –Il piacere è tutto mio- rispose, la donna si rivolse al figlio

–Mangiate qui, vero?- e subito si allontanò per entrare nella stanza accanto all'entrata che Alex ebbe modo di riconoscere come la sala da pranzo, anch'essa arredata con moquette verde, un grande tavolo di legno con almeno otto posti a sedere, un grande lampadario ad illuminare la sala e due grandi specchi posti alle due pareti lunghe

–Ciao mamma- Megan salutò la madre appena entrata con un leggero bacio

–Come sta papà?- chiese e la donna si avvicinò al tavolo prendendo un bicchiere d'acqua per poi sospirare –Come stamattina, niente di nuovo, ovviamente se ci sono cambiamenti ci chiameranno- spiegò facendo un cenno alla cameriera che subito sparì in quella che Alex dovette immaginare essere la cucina.

La cena stava proseguendo piuttosto tranquillamente, Alex era seduta accanto a Megan con davanti Jason e il fratello Will, la madre a capo tavola

–Parli molto bene l'inglese, Alex, ma non lo sei, vero?- dopo un lungo silenzio fu proprio Will che le rivolse quella domanda, osservandola con un leggero sorriso, sorseggiando il vino rosso

–E' vero, sono Italiana, di Roma- ammise pulendosi la bocca

–Roma?- chiese Megan sorpresa e Alex fece un cenno d'assenso con il capo –Noi abbiamo vissuto a Roma diversi anni, è una città meravigliosa, sono anni che non ci vado- disse ricordando il passato –l'ho amata molto- aggiunse, Jason continuò a mangiare senza alzare lo sguardo dal piatto

-Mi piacerebbe conoscere la storia di voi due- disse Will curioso –Come mai vi conoscete, infondo avete diversi anni di differenza- e il suo viso ironico incrociò lo sguardo di Jason che ora lo fissava severamente, Alex sentì come delle scariche elettriche per quella domanda spinosa

–Perchè vuoi ficcare il naso per forza nella mia vita, Will?- chiese Jason per nulla divertito, il fratello sbuffò voltandosi verso Alex 

–E' così riservato che neanche noi di famiglia sappiamo nulla di lui, è frustrante, non pensi?- chiese fingendosi dispiaciuto

–A dire il vero Will ha ragione, Jason- s'intromise Megan –tu sei sempre così vago nel dirci qualcosa di tuo che non sappiamo nulla, a parte che vivi ancora in quella catapecchia che ogni giorno mi chiedo se per caso non sia crollata, non vieni mai a casa a trovarci e le telefonate si contano sulla mano- sorrise in maniera forzata, il suo sguardo era piuttosto serio –mi sembra normale che vogliamo sapere un pò di più della vostra amicizia, visto che dopo mesi ti sei presentato qui e con lei- aggiunse compiaciuta, Alex trattenne il respiro, non sapeva come comportarsi e percepiva l'elettricità di Jason che fissò la sorella con occhi glaciali

–Forse non mi vedete così spesso perchè non amo la vostra compagnia- rispose tagliente

–Jason!- a quel punto ad intervenire fu la madre, che fulminò prima lui e poi gli altri due figli 

–Queste discussioni, sotto forma di frasi buttate tanto per fare conversazioni le detesto!- disse seria –Inoltre abbiamo un ospite e non è questo il modo in cui vi abbiamo educato!- Alex abbassò lo sguardo a disagio

–Cerchiamo almeno per oggi di lasciar correre le vostre beghe infantili e comportiamoci da adulti!- poi sospirò –Scusali Alex, spesso gli piace battibeccare come vecchie comari- disse in perfetto italiano e Alex la guardò dapprima sorpresa e poi le sorrise divertita 

–Non si preoccupi e complimenti per l'italiano- Margaret rise bevendo un sorso di acqua

–E'molto che non parlo italiano, a volte mi capita di vedere qualche canale televisivo, ma iniziano a sfuggirmi parecchie parole- disse dispiaciuta; da quel momento la conversazione si spostò su chiacchiere più leggere come il parlare dei posti che avevano visitato in Italia e nel mondo, mentre Jason era diventato completamente muto; Alex ascoltò i racconti di Margaret  fino a quando la donna non decise di andare a dormire

–Cara, se vuoi abbiamo una stanza per gli ospiti, mi farebbe piacere se restassi- le disse dolcemente accarezzandole una guancia –Sei di casa Alex, fai come credi- le disse salutandola per poi ritirarsi nella sua stanza al piano superiore, lasciandola nel salotto con Jason

–Mamma è andata a dormire?- chiese Megan entrando e infilandosi la giacca

–Si, tu vai via?- le chiese Jason senza guardarla, lei sospirò 

–Per tua fortuna si- rispose sorridendo per poi salutare Alex –Spero di rivederti Alex- detto questo le diede un leggero bacio su una guancia e uscì di casa

-Hai una bella famiglia- disse osservando Jason intento a rispondere ad alcuni messaggi

–Non sai mentire Alex- le disse senza guardarla ma sorridendo, lei arrossì

–Ma è vero!- lui rise ancora, ma vennero interrotti dall'arrivo di Will anche lui pronto ad andare via

–Bene, vado anche io- disse avvicinandosi al divano dove Alex si alzò per salutarlo

–Spero davvero che rimarrai qui ancora un pò Alex – le disse lasciandola di stucco mentre sorridendole le fece un leggerissimo bacia mano, poi si scambiò un cenno del capo con il fratello e si defilò lasciandola imbambolata, in piedi davanti al caminetto con le guance in fiamme

–Hai intenzione di rimanere così ancora per molto?- il tono sarcastico di Jason la riscosse

–Scusa- rispose imbarazzata e si sedette 

–Mio fratello è un imbecille, credo di averti già avvertita- le disse posando il cellulare sul vicino tavolino –fa le smancerie per attirare l'attenzione e provocarmi- Alex rise piano, pensando che non era tanto sano provocarlo, lei lo sapeva

–Mi dispiace per prima a tavola- le disse lui dopo qualche attimo di silenzio –Non vado molto d'accordo con loro, purtroppo i parenti non si scelgono- Alex fissò il profilo dell'uomo concentrato ora a guardare il fuoco scoppiettante 

–Liz mi ha un pò accennato del tuo rapporto con i tuoi- sperò di non essere considerata troppo invadente -mi ha detto che non è stato facile per te- Jason sospirò e tirò fuori dalla tasca dei jeans il pacchetto di sigarette accendendosene una

–Liz parla troppo- soffiò facendola ridacchiare, anche lui accennò un sorriso prima di prendere un'altra boccata di fumo -Abbiamo visioni della vita parecchio diverse e loro non hanno mai amato le mie scelte e la mia vita- spiegò –sin da bambini sia Will che Meg avevano già chiaro quello che avrebbero fatto, mentre io sapevo solo che non avrei compiuto le loro stesse scelte e quando l'ho detto, mio padre l'ha presa malissimo- sorrise amaramente guardando il fuoco e buttando fuori un pò di fumo 

–Lui era ed è avvocato, un noto diplomatico e voleva che anche i suoi figli intraprendessero una carriera simile, una carriera importante e fu così per i miei fratelli, ma quando toccò a me, io mi rifiutai- sospirò sporgendosi dal divano 

–Litigammo parecchio, qui la vita per me era diventata un incubo, così appena ho avuto la possibilità me ne sono andato e lui, non mi ha mai perdonato e, credo, neanche i miei fratelli- Alex ascoltò le parole di Jason

–Solo mia madre era dalla mia parte, una carriera valeva l'altra, per lei l'importante è che fossimo felici, ma mio padre non ha mai sopportato questo mio affronto- la guardò scandendo bene l'ultima parola –mi disse proprio così quando gli comunicai che me ne sarei andato a studiare all'accademia per scultori- le sorrise in maniera un pò forzata e buttò la sigaretta nel fuoco

–Così i nostri rapporti si sono sempre più freddati e tutti mi vedono come la pecora nera di casa, il più piccolo che vuole fare il ribelle- alzandosi dal divano iniziò ad attizzare il fuoco 

Alex abbassò lo sguardo dispiaciuta, lei una famiglia nel senso più ampio del genere non l'aveva mai avuta, c'era solo la madre e spesso aveva pensato che avere un padre, dei nonni, dei fratelli fosse davvero bello, ma visto questo punto di vista, immaginò che forse era stata molto più felice lei sola con la madre che Jason in casa sua

–Mi dispiace non essermi fatto sentire in questi giorni- la voce di Jason le fece alzare la testa e lo guardò sorpresa, vedendolo imbarazzato –Alex, io non sono bravo con le persone, l'unico che mi sopporta e capisce è Mike, mi dispiace se mi comporto così, immagino di averti fatto preoccupare- disse sorridendo appena –Ti ho lasciato una settimana così, da sola e..-ma lei si alzò di scatto

–Mi mancavi!- lo interruppe ed entrambi rimasero come paralizzati da quelle due parole.

Alex capì di aver detto qualcosa di strano, così abbassò il volto rosso guardando a terra, sentiva la gola secca –Scusami- soffiò a corto di parole; lui la osservò ancora con occhi sgranati, non riusciva a credere che le avesse detto davvero che sentiva la sua mancanza, come sempre lo stupiva perché era riuscita in quello che lui non era stato capace di dire e neanche di fare. 

Le era mancata come l'ossigeno, non passava giorno, ora, minuto senza pensarla, si era ritrovato spesso a pensare di chiamarla, ma poi aveva evitato limitandosi a brevissimi messaggi, anzi negli ultimi giorni aveva evitato anche quelli, per la paura di darle fastidio, sospettando che un suo comportamento troppo assillante potesse crearle disagio, aveva anche evitato di dirle di suo padre per non farla preoccupare, ma era stato come sempre uno stupido.

Senza dire nulla fece un passo verso di lei e la strinse forte al suo petto sentendola prendere un sospiro sorpresa 

–Anche tu mi mancavi terribilmente- Alex sgranò gli occhi e sentì rotolare il suo cuore in qualche parte del suo corpo, i suoi occhi si fecero lucidi, era la prima volta che lui le diceva una cosa del genere e questo la colpì come uno tsunami; rimasero abbracciati per diversi istanti, poi Jason allentò la presa e la fissò negli occhi, Alex rimase come folgorata da quello sguardo talmente intenso da sentirlo dentro di lei, sciogliere ogni sua paura, ogni sua tristezza, sembrava ricoprirla come una coperta calda e avvolgente, come quello che cercava da sempre

-Sono stato uno stupido, perdonami- le disse piano –devi avere pazienza con me, Alex- le sorrise lasciandola a bocca aperta per quelle parole, mentre una mano le si posò sulla guancia

-Imparerò a comportarmi meglio, ad essere sincero con te, avevo pensato di poter risolvere velocemente questa cosa e tornare a casa, ma non è andato come pensavo- Alex scosse piano la testa

-Non ti devi preoccupare, Jason- riuscì a dire –sono io che avrei dovuto pensare prima di agire, ti ho scombussolato tutto venendo qui- lui ampliò il sorriso a quella frase

-Sì, mi hai scombussolato dal primo momento- Alex sgranò lo sguardo sotto quello furbo di Jason che continuò a fissare ogni tratto del suo viso, mentre con delicatezza le stava accarezzando piano il volto, poi lentamente, abbassò la mano dal suo viso

–E' meglio andare a dormire, Alex- le disse sorridendole appena, dandole l'impressione che per una frazione di secondo stesse per fare o dire altro; imbarazzata più che mai si scostò da lui 

–Vieni di sopra ti faccio vedere la tua camera- e si avviò verso le scale, mentre Alex prima di seguirlo, si portò una mano al petto, sentendo il suo cuore come un tamburo, sospirando lo seguì osservando le diverse foto appese alla parete, mentre salì al primo piano dove si apriva un secondo ingresso con diverse porte chiuse 

–Questa prima porta era la camera di mia sorella- spiegò Jason –questa di Will- ed indicò la porta successiva –questa invece è la mia e questa qui subito dopo è la tua- si fermò e Alex osservò le pareti abbellite da quadri, il corridoio piuttosto ampio illuminato da una luce soffusa proveniente da due bellissimi lumi posti all'inizio e alla fine di esso

 –Lì in fondo ci sono uno studio e la camera dei miei genitori- la informò aprendo la porta e accendendo la luce entrò per primo e Alex lo seguì curiosa e imbarazzata allo stesso tempo rimanendo piacevolmente colpita dalla bellezza e grandezza della camera: tutto era bianco candido, tranne per la parete posta dietro il letto di un bel tortora, come le due poltroncine vicino alla finestra e le  ampie tende –E'bellissima- si trovò a dire guardando il bel comò con sopra lo specchio, lui sorrise aprendo una porta

-Questo è il tuo bagno, dentro ci sono gli asciugamani-  lei si trovò a sorridere sbirciando dentro, dove vide un'ampia doccia con un bel mosaico dorato

–Sembra la stanza di una principessa- disse sognante per poi sentire Jason ridere piano 

–Che c'è?- chiese guardandolo e lui scosse la testa per ritornare verso la porta

–Lo stacco rispetto a casa mia è notevole lo ammetto!- lei arrossì e lo guardò 

-Ma quella è casa, non questa- soffiò vedendogli il volto dipingersi di stupore per quella sua frase, e di nuovo lei ebbe la sensazione che stesse per dire o fare qualcosa, ma di nuovo  trattenersi, abbassare il capo scuotendolo appena ampliando le labbra in un sorriso 

-Non ti ripeterò quello che ti ho detto prima- le disse canzonatorio facendola arrossire, poi lo vide sorriderle in maniera furba e provocatoria –E poi dobbiamo parlare di qualcosa di importante o sbaglio?- 

Alex aprì la bocca sorpresa da quella frase, capendo che parlasse della Signora Davis, chiedendosi come poteva averlo saputo e stava per chiederglielo quando  gli venne in mente Mike e rise divertita

–Buona notte principessa- le disse con un bel sorriso prima di sparire dietro la porta. 

Alex rimase in piedi in mezzo alla stanza pensando che per ogni principessa doveva esserci un principe e il pensiero di Jason la fece scoppiare in una risata: un principe decisamente alternativo, ma era colui che avrebbe sempre voluto.

 

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Capitolo 33
*** 32 ***


-E'la figlia di quella tua amica?- alla domanda della madre Jason rimase impassibile a sorseggiare il suo caffè; quella mattina, dopo giorni, si era finalmente alzato senza il solito nervosismo, sapendo già che dipendeva dalla presenza nella stanza accanto. 

L'arrivo di Alex lo aveva completamente colto alla sprovvista, era stato terribilmente bello e inatteso, ma allo stesso tempo si era subito messo in allerta nel pensare a ciò che sarebbe potuto accadere, soprattutto per il modo di fare della sua famiglia, sempre pronta a giudicare e sentenziare sulla sua vita; prima di chiudere gli occhi la sera prima, aveva quasi sperato ingenuamente, di essere lasciato in pace: quanto si era sbagliato, pensò.

Dopo un lungo momento, alzò lo sguardo per incrociare quello della donna e non ci fu bisogno di risposta, Margaret sospirò sorridendo appena

–Le somiglia molto- gli disse mettendo una zolletta di zucchero nel suo tè –Emma, mi pare di ricordare- aggiunse e questo lo portò a sospirare pesantemente, sapendo che fosse solo l'inizio

–Mamma ti prego di non toccare l'argomento - il tono duro fece alzare lo sguardo della donna

–Posso sapere il perchè?- chiese con occhi severi, odiava quando il figlio la trattava come un'estranea, lui cercò di ritrovare la calma rilassando le spalle 

–E' morta da poco- rispose secco lasciando Margaret sconvolta a fissarlo con stupore.

Seguirono attimi di silenzio, Jason riprese la sua colazione sentendosi addosso lo sguardo della madre

–Che c'è?- si trovò a chiederle, lei sospirò riprendendo a sorseggiare la sua bevanda calda, prima di parlare

–Credo che tu sappia cosa vorrei chiederti- disse semplicemente e lui si ritrovò ad abbassare lo sguardo sul caffè fumante, sapendo bene a cosa stesse alludendo e non sarebbe stata la sola, vista la reazione dei fratelli la sera prima, sapendo bene che quello era stato solo un piccolo assaggio

–E' venuta a trovarmi- rispose semplicemente, la donna lo guardò scettica

–Jas, non ci vediamo molto e tu hai sempre tenuto tutto per te- disse Margaret -ma sono tua madre e questo non lo puoi cambiare- aggiunse, lui la fissò nuovamente –Vorrei che mi dicessi la verità-

Soffiò sul caffè prima di prenderne un ennesimo sorso, sapeva che la madre non avrebbe mollato tanto facilmente il discorso

–E' venuta a stare da me per un po'- l'accontentò –Emma, prima di morire, ha voluto che lasciando il suo paese, Alex potesse ritrovare un po' di pace, a casa non era al sicuro- Margaret ascoltò le parole del figlio sorseggiando la sua tazza fumante

–Che vuoi dire con "non era al sicuro"?- chiese senza guardarlo, lui si appoggiò allo schienale della sedia

–Il nonno non è una persona per bene, mamma, non lo è mai stato non so se ti ricordi, Emma ha voluto proteggerla- si guardarono negli occhi e Margaret vide il volto del figlio diventare serio e il suo sguardo essere più nero della notte; capì che molte cose ancora lo tormentavano, percepì sofferenza e dolore in quelle parole, sapendo bene quanto custodisse gelosamente il suo passato in Italia, il suo passato con Emma; abbassò il capo sospirando

–Emma ha voluto far venire sua figlia da te, per proteggerla- ripetè –ma chi proteggerà te da lei quando se ne andrà?- chiese fissandolo negli occhi.

Jason aprì la bocca stupito per quella domanda, si fissarono un attimo negli occhi e lui scorse in quello sguardo consapevolezza, poi la vide alzarsi senza aggiungere altro, andando incontro alla cameriera che le porgeva il pesante cappotto

–Ci vediamo più tardi Rose- la sentì dire alla domestica, uscendo subito dopo e lasciando che il silenzio piombasse dentro e fuori Jason rimasto di sasso; non riusciva a capire cosa avesse voluto dirgli la madre, o forse sì?

Un brivido gli attraversò la schiena. 

Non c'era niente da proteggere, si disse, o meglio non era certo lui, almeno era quello che sperava con tutto il cuore, qualora un giorno lei lo avesse lasciato; quel pensiero lo portò subito a seppellire definitivamente il buon umore di quella mattina. Si convinse che la madre fosse esagerata, sapeva bene quanto fosse apprensiva nei suoi riguardi, ma quelle parole non dovevano scalfirlo perchè aveva accettato il fatto che lui si sarebbe fatto da parte qualora Alex avesse deciso di andarsene

In quei giorni aveva spesso ragionato sulla cosa arrivando alla conclusione che attenersi al suo piano iniziale, fosse l'unica sua alternativa; si sarebbe fatto in quattro per lei, perché non poteva fare altrimenti, questo era fin troppo chiaro; i suoi sentimenti poteva tenerseli ben stretti, ma non avrebbe permesso che minassero la serenità di Alex, anche se gli fosse costato tantissimo: avrebbe preferito tagliarsi una mano che rinunciare a lei, ma se questo era per il suo bene, proprio perché provava quei sentimenti, avrebbe accettato tutto, senza interferire. 

Si era più volte dato dello sciocco in quei giorni per averla provocata in quei modi, arrivando quasi a baciarla, lasciando che quel suo cuore ritrovasse una felicità ormai sopita in lui, ammettendo a sé stesso che averla vicino gli faceva perdere la lucidità, soprattutto quando lo guardava con quei fari del colore del mare, con quella bocca sorridente; non riusciva più a trattenersi, stava diventando uno sforzo continuo e spesso falliva, come aveva stupidamente dimostrato anche la sera prima, almeno un paio di volte aveva dovuto schiaffeggiarsi mentalmente per non saltarle letteralmente addosso; un mezzo sorriso gli spuntò sulle labbra mentre sorseggiava il caffè, ripensando a come se l'era trovata in salotto, smarrita e infreddolita da sembrarle un pulcino: stringerla a sé era stato qualcosa che non era davvero riuscito a reprimersi, doveva sentirla, doveva toccarla anche solo per poco, respirare il suo profumo. Sospirò pensando che dopotutto sua madre lo conosceva bene, aveva capito subito quello che lui aveva cercato di sopprimere e con cui stava ancora lottando. 

Posò la tazza del caffè sbuffando e sentendosi troppo vulnerabile, troppo sensibile alla presenza di Alex, soprattutto nei confronti al resto della sua famiglia: come avrebbe fatto ad affrontare il matrimonio con loro? Un senso di nausea lo colpì al pensiero di quello che avrebbe detto o fatto il padre, la preoccupazione gli attanagliò le viscere, non potendo permettersi che qualcuno di loro la mettesse in pericolo

-Buongiorno- la delizia e il tormento dei suoi pensieri entrò nella sala da pranzo, distogliendolo da quei pensieri e quando la vide arrivare sorridente come non mai, il suo cuore si fermò; posò il suo sguardo su quello meravigliato di lei rivolto al tavolo imbandito con un po' di tutto, come era solito prepararlo la madre quando aveva ospiti; la vide prendere posto davanti a lui, i capelli castani legati in una coda, il viso pulito, leggermente truccato sugli occhi, lo sguardo cristallino messo ancora più in risalto dal maglione azzurro che indossava, quelle labbra arricciate in un sorriso genuino e Jason si convinse che sarebbe stata una lotta durissima e lui avrebbe sicuramente perso, ma ne sarebbe valsa comunque la pena

–Accidenti sembra di stare in un Grand Hotel- Alex prese un croissant caldo e ne morse un pezzetto non trattenendo un gemito di piacere per la fragranza zuccherina e calda che le solleticò il palato, poi guardò verso Jason e il suo sorriso si spense nel vedere quello sguardo tormentato

–Tutto bene?- chiese incerta e lo vide sforzarsi di deglutire e sorridere appena

–Si, si tutto bene- rispose con un profondo sospiro per poi regalarle un sorriso più sincero

–Come hai dormito principessa?- le chiese e lei avvampò deglutendo e inevitabilmente le labbra si arricciarono in un sorriso imbarazzato 

–Molto bene, grazie- rispose cercando di darsi un po' di importanza assumendo una postura più dritta e un'espressione fintamente altezzosa

Lui rise piano, guardandola e rendendosi conto di quanto fosse profondo quello che era nato e si era radicato in lui fin dentro alla sua anima, cingendo il suo cuore senza dargli alcuna possibilità di poter sentire nient'altro, in un modo che davvero avrebbe dovuto averne quasi paura,  perchè aveva quel potere di spazzare via ogni malessere, con un semplice gesto, uno sguardo, dandogli la forza di poter affrontare tutto e tutti, lo stava rendendo diverso in un modo che neanche riusciva a spiegarsi, si ritrovò a ridere

-Ne sono lieto- rispose finendo il suo caffè continuando a tenere gli occhi su quel volto arrossato che sorridente mangiava il suo cornetto bevendo il caffè

-Spero non abbiano fatto tutto questo per me- esordì Alex guardando la varietà di pietanze che avevano preparato

-E' il minimo avendo una principessa no?- osservando lo sguardo canzonatorio che le stava rivolgendo Jason, non riuscì a non ridacchiare

-Tua madre è stata davvero gentilissima- disse lusingata per tanta cortesia, riprendendo a bere il suo caffè per camuffare l'imbarazzo misto a piacere nel sentirsi chiamare così da lui, dandole la sensazione che davvero fossero più vicini, un po' più intimi; a quel pensiero, le tornarono alla mente le parole della Signora Davis: ci aveva pensato prima di cadere in un sonno profondo, la sera prima, ed era giunta alla conclusione di poter aspettare di parlarne con lui, non essendo il momento migliore; in quei giorni Jason stava già affrontando il problema grave del padre, metterci sopra anche quel discorso, sarebbe stato troppo, non voleva sobbarcarlo di pensieri e preoccupazioni

–Pensavo di tornare a casa- affermò dopo qualche attimo.

Aveva deciso di andare via, per il bene di entrambi, aveva capito che forse la sua presenza, seppur gradita, poteva nascondere altre situazioni spiacevoli per Jason, come era avvenuto con i fratelli la sera a cena, ma appena pronunciate quelle parole sentì il suo sguardo saettarle addosso, mentre lei non riuscì ad alzare gli occhi dal piatto

–Perché?- le chiese con una nota delusa nella voce 

Alex si sentì in difficoltà e alzò finalmente il viso ad incrociare lo sguardo enigmatico del suo interlocutore che ogni volta la portava a sentire il suo cuore battere forte

–Non mi dire che ne hai già abbastanza della mia famiglia?- la punzecchiò ironico, cercando di allontanare quella sensazione di irritazione sapendola lontana

-Ma no!- sbottò rossa in volto - Credo sia meglio- aggiunse più cauta

–Forse per te- le rispose lui in un sussurro, lasciandola stupita, ma non poteva rimanere 

-E' stato già molto carino farmi stare qui ieri sera e stanotte, non voglio continuare ad abusare della gentilezza di tua madre- Jason a quel punto non trattenne una risata e lei lo vide alzarsi e fare il giro del tavolo avvicinandosi; lei rimase di sale per quella vicinanza, ma i brividi la invasero quando lo vide abbassarsi leggermente verso di lei con aria insolente

–Ormai sei qui, non pensare minimamente di lasciarmi da solo ad affrontare la gentilezza della mia famiglia!- la provocò lui apertamente e dopo un attimo di stupore a quelle parole, Alex si ritrovò ad arricciare le labbra in un sorriso; non poteva credere che le stesse dicendo che la voleva lì con lui,  ma sapeva che poteva essere difficile giustificare la loro convivenza, qualora gli avessero continuato a chiedere spiegazioni

-Ma..- cercò di replicare ma si fermò quando lui le sorrise, a un soffio dal viso

-Voglio che rimani con me, Alex- le disse pianissimo -ancora per un pò- aggiunse lasciandola completamente senza fiato

-Pensi di potermi fare questo favore?- le chiese lui continuando a starle troppo vicino e guardandola con quel mezzo sorriso e quegli occhi da non farle capire assolutamente nulla, si ritrovò a fare un leggero cenno d'assenso con il capo e lui ampliò quel sorriso mostrandole quel viso che tanto amava

-Bene- soddisfatto si rimise in piedi allontanandosi da lei che si ritrovò finalmente a respirare

- Ci vediamo tra un po'- le disse avviandosi verso la porta, mentre una vicina dentro di lui lo sbeffeggiava perchè come al solito, prima del suo arrivo aveva pensato di potersi controllare, cosa che puntualmente sfumava nell'oblio appena la vedeva, arrivando di nuovo a stargli troppo vicino

-Dove vai?- gli chiese lei facendolo fermare

–Devo fare delle cose, oggi- rispose poco convinto, Alex si strinse nelle spalle

–Potrei venire con te?- quella domanda le uscì senza che avesse avuto il tempo di pensare se dirla o meno cogliendolo alla sprovvista e lo capì nell'espressione interdetta che le rivolse; 

–Senti Jason- si affrettò a dire –scherzavo, ma davvero prendo un taxi e torno a casa, credo sia la cosa migliore- si girò a guardare il piatto davanti a sé, convinta di aver invaso la sua privacy

–Hai quindici minuti e non pensare di sfuggirmi, hai qualcosa da raccontarmi, o sbaglio?- le disse stupendola e quando si voltò lo trovò vicino la porta che le sorrideva, non sapendo che lui avesse già deciso di perdere con lei.

****

Faceva freddo, nonostante un tiepido sole illuminava le strade dove la gente camminava veloce, Alex guardava incantata dal finestrino la quotidianità di Londra

-Dove andiamo?- chiese dopo qualche minuto scandito dalla musica della radio, quando si girò a guardare Jason rimase ad osservare il profilo dell'uomo, i suoi ciuffi scuri gli ricadevano sulla fronte, aveva un'espressione seria ma rilassata, non si era fatto la barba che leggera gli ricopriva le guance e il mento

–Devo vedere un cliente, mi deve commissionare non so cosa, mi ha mandato un messaggio ieri- rispose –poi devo andare a comprare alcune cose per il lavoro- aggiunse

–Sicuro che possa venire con te?- gli chiese e lui arricciò le labbra in un sorriso

–Se non ti avessi fatto venire, te la saresti squagliata- disse rivolgendole uno sguardo eloquente facendola ridere

-Mi dirai tutto con più calma dopo, Alex, ma vorrei sapere se sarà così difficile affrontare i funzionari- Alex si strinse nelle spalle e osservandolo vide il suo sorriso lasciar spazio ad un'espressione più seria, lei sospirò

-Credo di sì, ma dipenderà soprattutto da noi- rispose vedendolo contrarre la mascella e fare un leggero cenno con il capo mentre con facilità parcheggiò per poi guardarla

-Siamo una squadra no? Ce la faremo- le disse ritrovando il sorriso che subito la contagiò

-Dai andiamo- la sollecitò lui aprendo lo sportello

Alex osservò il bell'edificio moderno, alcune persone distinte entravano e uscivano dalla grande porta a vetri scorrevole – Credo sia meglio se ti aspetto in macchina- affermò

–Non dire fesserie, non sei un cane! Per oggi avrò un'assistente, basta che non apri bocca- lo fissò poco convinta ma non volendo discutere, scese dall'auto e lo seguì all'interno.

Lo vide muoversi con disinvoltura, facendo presupporre che conoscesse bene il posto, Alex lo seguì verso la reception dove salutò un ragazzo con una stretta di mano

–Ciao Jason, è bello rivederti!- Jason ricambiò il saluto –Ti sta aspettando nel suo ufficio, vai pure conosci la strada- gli disse il ragazzo prendendo una telefonata, Jason le fece un cenno con il capo per poi proseguire verso il corridoio; Alex, poco dietro di lui osservava affascinata i diversi uffici vetrati, alcune persone svolgevano il loro lavoro seduti nelle proprie postazioni, vestiti in maniera impeccabile

–Di cosa si occupano?- chiese vedendo un uomo mostrare come degli schizzi ad almeno dieci ragazzi in una stanza –Sono dei pubblicitari- le rispose l'uomo arrivando a fermarsi davanti ad una porta per poi girarsi a guardarla

–Tieni, assistente- la canzonò dandole in mano un quadernino con una penna, Alex lo guardò ridendo mentre lui bussò e una voce femminile all'interno permetteva l'ingresso.

-Jason! Che bello rivederti!- ad accoglierli Alex si trovò a guardare una bellissima donna sui quarant'anni, biondissima ed estremamente elegante nel suo completo gessato grigio, aveva bellissimi occhi verdi e il trucco sapientemente usato li risaltava ancora di più, li accolse con uno splendido sorriso alzandosi dalla scrivania in legno scuro dietro la quale vi era un'ampia vetrata affacciata su un bellissimo giardino

–Ciao Camille- la donna lo abbracciò di slancio mentre Alex osservava il tutto sforzandosi di rimanere indifferente, puntando i suoi occhi sull'ampio ufficio e i vari quadri alle pareti

–E'davvero tanto che non ci vediamo- continuò la donna sinceramente felice

–Almeno un anno, da quando sei andata a New York- fece Jason e lei sospirò, staccandosi da lui

–Mamma mia hai ragione! E' davvero tanto, troppo- disse posando una mano sul braccio di Jason in modo confidenziale, solo in quel momento sembrò accorgersi di Alex in assoluto silenzio, poco distante

–E lei?- chiese la donna curiosa posando quelle gemme verdi su Alex che deglutì in imbarazzo

–Lei è la mia assistente, Alex- la presentò Jason e ad Alex non sfuggì quello sguardo ironico che le stava rivolgendo trattenendosi anche lei dal ridere, tese la mano alla donna

–Molto piacere –rispose gentile

–Piacere mio, sono Camille McFith, accomodatevi- ed indicò il divano di pelle marrone addossato alla parete, in netto contrasto con le due belle poltrone di colore bianco

–Vi posso offrire un caffè?- chiese loro Camille andando verso una sorta di bancone posizionato accanto alla scrivania e alle due maestose librerie

–Si, molto volentieri- rispose Jason

-Sempre amaro e con una punta di latte- specificò la donna che sorrise al moro

-Ti ricordi bene- asserì Jason

-Per te Alex?- chiese iniziando a trafficare

-Normale va bene- rispose la ragazza sedendosi accanto a Jason e sentendosi come un pesce fuor d'acqua

–Allora, che mi racconti di bello?- chiese la donna avvicinandosi con un vassoio con sopra le tazzine di caffè e qualche biscotto che posò sul tavolinetto; Alex la vide muoversi con grazia, accomodarsi sulla poltrona accanto a Jason e accavallare quelle lunghe gambe in un gesto estremamente elegante, tutto di quella donna trasmetteva classe e raffinatezza, se solo avesse potuto sarebbe tornata volentieri in auto

–Il solito direi, tu piuttosto, come è stata l'esperienza oltreoceano?- chiese Jason iniziando a sorseggiare il suo caffè, anche Alex iniziò a berlo, cercando di rimanere il più composta possibile

–Bello, ma non vedevo l'ora di tornare- ammise la donna –è stato sicuramente un salto di qualità per il mio studio, ma sinceramente New York non fa per me, preferisco Londra - aggiunse finendo il suo caffè per poi sorridere ad Alex

–E tu come mai hai dovuto usufruire di un'assistente? Hai aumentato il lavoro?- chiese curiosa, Jason sorrise senza guardarla –In un anno diverse cose cambiano, Camille- rispose, ma Alex ebbe la sensazione che quella frase alludesse ad altro, la donna sospirò e si sforzò di sorridergli.

–Allora, che posso realizzare per te?- chiese Jason sistemandosi meglio sul divano, la donna a quel punto posò la sua tazzina ormai vuota

–Ho necessità che restauri alcuni mobili dell'800- Jason rimase sorpreso a quella richiesta

–Non sarebbe meglio che chiedessi a un restauratore?- ma la donna scosse la testa

–No, preferisco che te ne occupi tu, si tratta di mobili a cui tengo molto, fanno parte del lascito di mio nonno, non voglio che nessun altro si occupi di questo- sembrava molto risoluta e il tono da lei usato non ammetteva un rifiuto, Jason sospirò e girò il volto verso Alex che era rimasta immobile ad ascoltare

–Inizia a scrivere- le disse seccato e Alex quasi sobbalzò aprendo il quadernino

–Bene, dato che non credo io possa rifiutare conoscendoti, ho bisogno di sapere intanto di che tipo di mobili parliamo e poi dovrò vederli- disse, Camille sorrise soddisfatta e iniziò a snocciolare una serie di informazioni che Alex appuntò sul quaderno

–Dove si trovano per poter fare una prima analisi?- chiese Jason alla fine

– I mobili sono a casa mia, puoi venire domani sera, se vuoi- Alex chiuse il quadernino e deglutì stranita da quell'informazione, aveva notato il modo in cui Camille guardasse Jason, anche se lui non sembrava per nulla turbato, anzi lo vide sospirare e alzarsi

–D'accordo verrò da te per le 18- disse alzandosi per avviarsi verso la porta, seguito subito da una Alex felice di potersene andare

–Cenerai con me- le parole di Camille inchiodarono Jason, ma anche Alex si pietrificò

–Non mi occorrerà molto tempo Camille, devo solo fare un primo sopralluogo- precisò girandosi verso la donna e verso Alex dietro di lui

–Lo so, ma ho voglia di passare un pò di tempo con te- il tono dolce di Camille fu come una doccia gelata per Alex rimasta immobile; gli occhi di Jason si fecero attenti sulla donna, poi però abbassò lo sguardo verso Alex che lo fissava con occhi sgranati e un leggero sorriso spuntò sulle labbra dell'uomo

–No, non mi fermerò, Camille- detto questo si girò ed uscì rapidamente senza darle modo di dire altro, Alex deglutì e si trovò a girare il capo per salutare la donna, trovandola con sguardo ferito che fissava la porta dove Jason era sparito, dandole la conferma che il loro non era stato un parlare a caso, come non lo era stato il modo in cui quella donna si era mostrata a Jason.

Una volta in strada Alex si ritrovò a respirare a pieni polmoni, rendendosi conto di aver trattenuto il fiato e avvertendo di nuovo quella sensazione fastidiosa all'altezza dello stomaco da crearle un certo disappunto , come quando vedeva Jane insieme a lui: stava prendendo in seria considerazione il fatto che si trattasse di pura e semplice gelosia.

Salì in auto porgendo a Jason il suo quaderno

–Tieni ho scritto tutto- e non riuscì a mascherare il tono seccato che le aveva provocato tutta quella situazione, lui la fissò un attimo per poi sogghignare

–Non mi serve- rispose lasciandola stupita e poi stranita

–Come non ti serve?- chiese sentendolo ridere immettendosi nel traffico

–Dovevo giustificare la tua presenza, no?- a quella frase Alex aprì la bocca sconcertata, l'aveva fatta scrivere tanto per farle fare qualcosa

–Sei davvero il peggiore!- sbottò incrociando le braccia, ma distendendo le labbra in un sorriso 

-Non sai quanto- le rispose scoppiando a ridere, nel pensare che farla andare con lui era stato puro egoismo, certo che poteva attenderlo in auto, ma lui voleva averla accanto, senza se e senza ma, finchè fosse stato possibile e al diavolo tutti.

****

Poco dopo l'auto di Jason si fermò in un grande magazzino e Alex, dapprima entusiasta, si ritrovò a gironzolare tra gli infiniti reparti, c'era di tutto dalla falegnameria, alle vernici, a materiali da costruzione, a piante, piuttosto che arredamento da giardino

–Mi fanno male i piedi- esordì dopo una mezz'ora che giravano, Jason era intento a scegliere fra un paio di barattoli 

–Hai appena 19 anni e ti lamenti per due passi?- la canzonò senza guardarla, decidendo di prenderli entrambi infilandoli nel cestino che portava già pieno 

–Ne ho 20 fra poco- precisò con una punta d'irritazione -c'è così tanta roba e gente che mi gira la testa- aggiunse vedendo la miriade di persone che affollavano il magazzino

–E va bene, hai fame?- le chiese guardandola e lei si ritrovò ad arrossire mentre il suo stomaco a quella domanda aveva risposto per lei facendo ridere di gusto Jason che s'incamminò verso le casse, seguito da Alex rossa di vergogna. 

Erano in fila quando il telefono di Jason iniziò a squillare e vedendo il nome sul display, fu costretto ad allontanarsi un poco per poter rispondere, mentre Alex iniziò a sistemare tutto sul rullo della cassa 

–D'accordo allora facciamo alle 18 oggi, si non c'è problema a dopo- lo sentì dire prima di riattaccare e riavvicinarsi alla cassa con il volto un pò adombrato

–Tutto bene?- gli chiese Alex mentre lo seguì  dentro il primo fast food subito lì fuori, preoccupata che fosse qualcosa riguardante il padre

–Era Camille- le rispose lui seguendo un ragazzo che li accompagnò ad un tavolino porgendo loro due menù.

A quell'affermazione Alex sentì di nuovo quel saporaccio in bocca 

–Ha cambiato idea? – chiese forse con una punta di speranza che quei due non si incontrassero più, lo vide sospirare chiudendo il menù e facendo un cenno al ragazzo che stava poco distante

–Per me un numero 15 con salsa piccante, tu Alex?- le chiese e lei si trovò a dire il primo numero che trovò sul menù, seguirono attimi di silenzio tra di loro, l'unico vociare era dato dagli altri clienti e da una musica in sottofondo

–Domani non può e vuole vedermi stasera- Alex ringraziò il ragazzo che aveva portato loro da bere, perchè sentì il gran bisogno di far sparire l'arsura che sentiva alla gola, anche Jason iniziò a sorseggiare la sua birra guardando fuori la vetrata

–E dov'è il problema?- si trovò a chiedere, non capendo tutto il malumore dell'uomo, mentre il suo era aumentato a dismisura

–Camille è un tipo che non ammette che qualcuno non accetti i suoi piani, avrà qualcosa in mente – Alex si spostò per far posare il piatto al cameriere che subito si dileguò, per un attimo annusò il profumo di carne e di patatine e iniziò a mangiarne un paio

-Vi conoscete da molto?- chiese cercando di non mostrarsi troppo interessata, lui fece un cenno d'assenso addentando il suo panino

-Da diversi anni- aggiunse dopo poco -Ho lavorato per suo padre, quando mi ha commissionato alcuni mobili per una loro proprietà- Alex stava ascoltando, ma il tarlo nel suo orecchio ormai aveva iniziato a darle fin troppo fastidio

–Avete avuto una storia?- a quella domanda diretta gli occhi di Jason si aprirono sorpresi, Alex arrossì, ma una parte di lei si stava rodendo il fegato nel senso più letterale del termine e aveva bisogno di saperlo; lo vide posare il panino e pulirsi la bocca per poi prendere un altro sorso di birra

–Era così evidente?- le chiese a sua volta l'uomo, facendola sentire tremendamente in imbarazzo; non avevano mai parlato di certi argomenti, a dirla tutta non avevano mai parlato abbastanza, per cui si sentì tremendamente inopportuna, ma non riusciva a fermarsi, così fece un cenno d'assenso continuando a mangiare

–Diciamo che ci siamo frequentati per un pò, niente di serio, poi lei è partita- Alex guardò in quegli occhi blu e sentì il peso delle tante cose che ancora non conosceva e forse non avrebbe mai saputo sul suo passato

–Ma Jane?- chiese e lo vide prendere una lunga sorsata della sua birra, mentre un sorriso amaro gli colorì le labbra

–Ci sono cose che forse alla tua età non sono chiare..ma sai a volte..- sembrò improvvisamente a disagio, come se non riuscisse a parlarle apertamente e quel suo modo di fare la fecero scattare

–Ho capito, era solo sesso con entrambe- lo anticipò vedendolo ammutolirsi alla sua frase, mentre lei percepì un rancore e un senso di fastidio mai provato prima, ma cercò di rimanere indifferente il più possibile, concentrando la sua attenzione al piatto che aveva davanti

-Sì- lo sentì affermare dopo un lungo silenzio e di nuovo i loro occhi si incrociarono

–Sono state solo storie di sesso- e fu strano anche per lui dirlo ad alta voce, come se per la prima volta si trovasse a pensare che in realtà, sia con Jane che con Camille, non era riuscito ad instaurare alcun tipo di rapporto, nonostante le avesse frequentate per anni, se non un alleggerimento per corpo e mente in quegli sprazzi di tempo, niente di più; al contrario, con Alex, si sentiva già troppo coinvolto.

Alex abbassò il capo sentendosi ferita per quell'ammissione, come se qualcosa le bruciasse all'altezza del cuore, o forse era lo stomaco? Bevve, ormai priva di appetito, per poi alzare lo sguardo sull'uomo che ora aveva posato il viso ad una mano e osservava fuori dalla vetrata mangiando svogliatamente qualche patatina, immerso in chissà quali pensieri; era di una bellezza da levarle il fiato e per un attimo ebbe come la percezione di poter quasi immedesimarsi in quelle due donne, in quel dolore che sicuramente provavano nel non poter stare con lui, perchè Jason, senza neanche rendersene conto, diventava qualcuno a cui non si voleva rinunciare; lo sapeva bene lei che il solo immaginarsi lontano da lui, le procurava una fitta al cuore da lasciarla senza parole.

Gli occhi le divennero subito liquidi, perchè non avrebbe mai voluto rinunciare a lui, rischiare di non poterlo vedere, di non poterlo sentire parlare, arrabbiarsi, borbottare, ridere. La morsa alla sua anima strinse forte levandole il respiro

 –So che ai tuoi occhi io sia solo un poco di buono– la voce bassa dell'uomo la riscosse, lo disse senza guardarla, mentre lei si trovò ad aprire la bocca sorpresa da quell'affermazione

 –Non faccio certo una bella figura affermando le mie storiella ad una ragazzina che si sta affacciando al mondo solo ora, mi dispiace, ma sappi che non tutti gli uomini sono come me- Alex sentì il suo cuore farsi pesante e indolenzito; lui continuava a non guardarla

-Molti ragazzi che incontrerai avranno la testa sulle spalle, non faranno quello che io ho fatto a Jane e Camille- solo allora la guardò e quello sguardo la trafisse 

–Devi trovarti un bravo ragazzo, Alex- le disse –una persona che prima di sè stesso metta te in cima a tutto, che gli basti vedere che stai bene per essere a sua volta felice, che faccia di tutto per te e non perchè glielo chiedi, ma perchè sente che non potrebbe fare altrimenti- si fermò e lo vide abbassare la testa, non vedendo il dolore che Jason ricacciò nel suo più intimo essere, sopprimendolo con tutte le sue forze. 

 –Faremo il matrimonio per permetterti di vivere la tua vita, finalmente libera da tutto il tuo passato, ma voglio che mi prometti che cercherai di essere felice, che troverai un ragazzo che si prenda cura di te e che insieme creiate il futuro che vorrete- perchè sapeva che doveva andare così, infondo.

Alex sentì i suoi occhi farsi ricolmi di lacrime 

–Jason io..-ma lui alzando lo sguardo la fermò, anche il suo era stranamente liquido e malinconico –Promettimi che sarai felice e questo compromesso tra di noi diventi solo un ricordo che non minerà la tua felicità- 

Alcune lacrime rigarono il volto di Alex che si alzò di scatto dalla sedia ed uscì dal locale

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Capitolo 34
*** 33 ***


33

Perchè le diceva quelle cose?

Pechè parlava in quel modo?

Sembrava come se le loro strade prima o poi si dovessero dividere e questo le provocava un dolore sordo da levarle il fiato, si sentiva come se lui l'avesse appena lasciata, pur non stando insieme, faceva così male!

Corse senza sapere dove andare, la testa piena di domande e di confusione, piangeva a dirotto non sapendo come fermarsi; le parole e l'atteggiamento di Jason l'avevano scossa fin dentro le ossa, le avevano fatto capire ancora di più che il sentimento che custodiva nel cuore era qualcosa di molto più intenso e profondo di quello che avesse mai potuto immaginare e forse nascondere.

Improvvisamente una mano la fermò per la spalla e lei si trovò a voltarsi di scatto spaventata

–Alex!- Jason aveva il fiatone ed il viso leggermente arrossato –ma che ti è preso?- le chiese sconvolto

Lo guardò in tutta la sua altezza, il petto che gli si abbassava e alzava veloce per riprendere fiato, i capelli a ricadergli davanti la fronte, quelle rughe che comparivano sulla sua fronte quando aveva quell'espressione corrucciata, le sopracciglia aggrottate e quello sguardo che le faceva ogni volta perdere un battito; era lì davanti a lei eppure, con quelle parole, le aveva dato idea che fossero anni luce di distanza, due parallele che non si sarebbero mai davvero incontrate, due destini vicini all'apparenza, ma in realtà lontani.

Iniziò a piangere ancora più forte, sentendo il peso di tutto il suo amore che forse non avrebbe mai potuto rivelargli, lo guardò fra le lacrime e gli si lanciò addosso

Jason rimase completamente spiazzato sentendola affondare il viso nel suo pullover e stringerlo forte singhiozzando, sentì ogni suo muscolo tendersi quando il corpo di Alex gli aderì completamente addosso, scosso dal pianto; deglutì a fatica, il fiato corto per averla rincorsa, reso ancora più difficoltoso per quell'abbraccio improvviso; posò le sue mani sulle spalle di Alex, sentendosi troppo esposto a quel contatto, ma quando le sue mani toccarono quel corpo si strinsero a loro volta, scendendo lente e circondarle la schiena per poterla legare ancora di più a sé

Forse qualcuno per strada stava osservando quella scena, ma in quel momento sembrò che esistessero solo loro due: il vociare, il camminare della gente, il traffico, tutto passò in secondo piano, sfumando come una realtà lontana.

–Che succede?- le chiese piano respirando il suo profumo dolce, ma lei continuava facendolo soffrire a sua volta

 -Ehi, ti prego dimmi cosa c'è?- la supplicò, sperando si calmasse, era una tortura vederla in quello stato

–Non dire mai più quelle cose- gli rispose tra un singulto e l'altro lasciandolo senza parole

L'aveva ferita?

Portò una mano ad accarezzarle il capo incredulo, eppure era stato il più sincero possibile, aveva davvero dato animo a tutte le sue forze per dirle quelle parole, aveva avuto la sensazione di prendere il suo cuore e calpestarlo mentre le diceva di trovarsi qualcuno con cui essere felice; ma la schiettezza con cui Alex gli aveva parlato di Camille, gli aveva messo sotto agli occhi il rapporto che aveva avuto con lei e con Jane, il tempo trascorso con loro e forse che aveva fatto perdere ad entrambe, portandolo a sentirsi davvero uno schifo, soprattutto davanti a quello sguardo cristallino che l'aveva guardato così intensamente da far sentire viscido il suo animo, potendo solo immaginare come avesse potuto vederlo lei, dopo quella confessione; come poteva averla ridotta così?

Lentamente Alex si calmò ma non accennò a staccarsi da lui

–Non volevo farti piangere- si trovò a dirle piano –Ma voglio davvero che tu sia felice- sentì la gola secca, arsa dalla paura di perderla, ma continuò – non voglio che tu possa soffrire per qualcuno che non ti merita- aggiunse e lei alzò il capo mostrandogli uno sguardo di un profondità che gli sembrò di annegarci dentro, come già altre volte era accaduto

–Io sono felice, ora- affermò lasciandolo di sasso –non voglio pensare al futuro, voglio essere felice adesso, mi sento felice quando stiamo insieme e non voglio pensare a quello che accadrà-

Rimase a fissare quelle pozze brillanti, il volto ricolmo di lacrime, sentendosi improvvisamente pervaso da una sensazione di estasi e benessere solo nel sentirle pronunciare quelle semplici parole; senza volerlo portò una mano sulla sua guancia asciugandole alcune lacrime toccando la sua pelle fredda, le sue labbra si arricciarono in un sorriso guardandola e l'unico pensiero che gli venne in mente era quanto fosse bella; portò anche l'altra mano a cingerle il viso e la guardò con una dolcezza che il cuore di Alex fremette

-Perdonami, Alex, te l'ho detto devi avere pazienza con uno come me- e un tiepido sorriso finalmente le spuntò sulle labbra

-Lo so- gli rispose facendolo ridere, ma tornò subito serio

- Non scappare mai più in questo modo- la redarguì– non scappare mai più da me- aggiunse e Alex tremò fra le sue braccia; avrebbe voluto dirgli che poteva tenerla così per sempre, si sarebbe trovata anche un piccolo posto, pur di potergli stare accanto, perché solo così si sentiva completa, solo così avrebbe voluto vivere per sempre; si issò sulla punta dei piedi, in imbarazzo posò le mani sul suo petto ampio, il cui cuore batteva forte, gli si avvicinò piano, lo stupore divampò sul volto di Jason il cui sorriso si cristallizzò, ma lei non si fermò e sperando di non farlo arrabbiare, si avvicinò lentamente al volto dell'uomo che tanto amava e pianissimo posò la bocca sull'angolo delle labbra di Jason

Era immobile, lo sguardo sorpreso, mentre la vide avvicinarsi, troppo, ma non poteva e non voleva muovere neanche un muscolo, già il tocco di lei sul petto gli aveva levato il fiato, ma vederla avvicinarsi così al suo viso, l'aveva completamente lasciato di sasso e quando sentì il tocco delle labbra di Alex, lì sul suo viso, così vicino alle sue, credette di morire e rinascere nello stesso momento; chiuse gli occhi trattenendo il respiro, sapendo che lei neanche immaginasse lontanamente che terremoto gli stesse procurando con un gesto così semplice eppure così intenso da rischiare di farlo crollare.

Lo strinse ancora una volta, ma stavolta percepì le labbra di Alex sfiorargli il collo, poteva sentire chiaramente il suo alito caldo procurargli una miriadi di brividi

–Non penso e non penserò mai certe cose su di te, Jason- gli sussurrò pianissimo –Non potrei mai farlo- e Jason sentì come se il suo cuore fosse nato una seconda volta, la strinse forte al suo petto abbassando il capo verso di lei, era felicità quella che sentiva?

Il cuore gli batteva come un tamburo nel petto

-Non voglio andare da nessuna parte, voglio stare con te Jason- gli sussurrò e lui si trovò a stringerla ancora più forte, come a volersi imprimere il corpo di lei addosso, sentendosi invaso dalla voglia di poterle confessare quello che sentiva, pregandola di non lasciarlo mai, di amarlo anche solo come amico, perché a lui sarebbe bastato anche un piccolo spazio nel suo cuore, purchè potesse stare con lei per sempre.

–Un passo alla volta- le disse e sentì quella bocca rossa, un pò screpolata e tremolante distendersi in un timido sorriso che gli solleticò il collo

–Sì- rispose con un soffio, e dentro di sé Jason sospirò alzando gli occhi al cielo pregando che qualcuno gli desse la forza per non rovinare tutto, ma soprattutto di riuscire a contenere l'amore che sentiva per lei, in modo da non ferire entrambi: come poteva convivere con quello che provava? 

-Ti va di parlarmi di quello che vi siete dette con la Signora Davis?-le chiese, cercando di ritrovare un po' di lucidità mentre ancora la cullava tra le sue braccia e lei sospirò staccandosi da lui per guardarlo negli occhi

-Non sarebbe meglio aspettare di risolvere prima il problema di tuo padre?- gli chiese insicura e lui scosse la testa

-Tu sei più importante- rispose facendole sgranare gli occhi –Dai vieni ti porto in un bel posto- le disse e lasciandola sempre più sconcertata le prese la mano e iniziò a camminare.

Si sentiva come appena uscita da una centrifuga, guardava di sottecchi Jason che camminava spedito verso una qualche destinazione, mentre lei non riusciva a credere che la continuasse a tenere per mano, come se l'avesse sempre fatto, come se fosse il gesto più normale del mondo; si portò una mano sul cuore sentendolo battere forte per le tante emozioni di quei minuti, sentiva ancora addosso il corpo di Jason al quale si era stretta, inebriandosi di quel profumo che sapeva calmarla, ascoltando il suo cuore e il suo respiro che sapevano di amore, l'emozione che aveva provato sfiorandogli il volto con le labbra e un sospiro le uscì dalle labbra.

Quello che gli aveva detto lo avevano scosso fin dentro l'anima e il suo cuore ne era uscito più sollevato, anche se giustificò quelle parole, solo come risultato di quello era uscito fuori al pub; si chiese se avesse sbagliato a caricarla di un futuro roseo quando ancora dovevano fare i conti con un presente non proprio semplice, evidentemente quello che le aveva detto, le avevano messo troppa pressione e giustamente lei adesso voleva pensare una cosa alla volta; eppure c'era qualcosa di intimo, profondo, in quello che gli aveva detto tra le lacrime, ma illudersi per lui era severamente vietato; sospirando allungò lo sguardo alla ragazza che camminava al suo fianco e della quale stringeva le dita nella propria mano, cosi piccole e delicate sparivano sotto la sua più grossa e ruvida, ma non sembrava per nulla turbata da quel gesto che agli occhi di chiunque sarebbe apparso come qualcosa di normale tra loro, di ovvio, ma che per lui aveva un significato nascosto, da tenersi stretto

Deglutì continuando a camminare, fino a varcare una delle entrate di Hyde Park, uno degli scorci che più amava di quella città, dove tutto veniva trasformato agli occhi delle persone con alberi, cespugli, fontane: il traffico cittadino, il vociare sembravano allontanarsi sempre di più ad ogni passo che facevano all'interno.

Alex sospirò sorpresa osservando il bel viale alberato, colorato dalla luce del pomeriggio, dove un timido sole cercava di farsi spazio tra le chiome disegnando scie di luce che colpivano il terreno dove spuntavano cespugli e roseti; non c'era molta gente mentre percorrevano il viale, solo qualche signore che passeggiava con il proprio cane o qualcuno che correva per tenersi in forma, lei guardava ammirata il bel laghetto dove un leggero spruzzo d'acqua e il cinguettare degli uccelli erano gli unici rumori udibili.

Si sedettero su una panchina in ferro battuto e legno poco distante e lei non riusciva a staccare gli occhi dalla bellezza e dalla pace che regnava in quel posto

-Ti piace?- le chiese vedendola rivolgergli un sorriso sincero

-E'meraviglioso, non pensavo potesse esserci in un città così caotica, un posto così bello- ammise tornando a guardare quel piccolo specchio d'acqua

-Non è il solo posto bello, ma è uno dei miei preferiti- ammise Jason sistemandosi meglio sulla panchina e rendendosi conto che ancora la teneva per mano, così a malincuore allentò la presa e si costrinse a prendere il pacchetto di sigarette, chiedendosi se fosse bastato, visto il senso di irrequietezza che sentiva: avrebbe voluto fare tutt'altro che parlare in quel momento, c'era mancato pochissimo che non la baciasse lì su quella strada, fottendosene delle belle parole che si ripeteva costantemente nella testa: l'unico suo pensiero in quel momento era stato quello di poterla baciare, di far pace con quel maledetto tarlo che ogni volta che ce l'aveva davanti, iniziava a fargli balenare l'idea di prendere quel viso e assaporarla senza lasciarle scampo.

Sospirò avvilito, buttando fuori una grossa nuvola di fumo, c'erano cose che dovevano essere affrontate e della massima urgenza rispetto ai suoi ormoni impazziti, per cui era meglio darsi una cavolo di calmata e ritornare con i piedi per terra, ma questo avrebbe significato per lui la possibilità di accarezzare l'idea di diventare davvero suo marito, di diventare il suo compagno e non solo per un motivo come l'incolumità che dovevano preservare, ma per quel sentimento che provava e cresceva sempre di più e la cosa lo spaventava e lo elettrizzava allo stesso tempo; poi, però, le parole della madre gli tornarono alla mente

Come sarebbe stato dopo? Sarebbe riuscito a riprendersi ancora una volta? Sarebbe stato capace di accettare qualsiasi scelta di Alex? L'avrebbe lasciata andare?

-Allora che vi ha detto la Signora Davis?- esordì dopo un'ennesima boccata di fumo, cercando di scacciare via quei pensieri osservando quel piccolo angolo di paradiso.

Alex si tese involontariamente, si sentiva ancora frastornata per quello che era accaduto qualche minuto prima, avrebbe preferito di gran lunga rimanere tra quelle braccia che affrontate quei discorsi spinosi, soprattutto ora che il suo cuore moriva dalla voglia di dirgli che ci teneva tremendamente a lui ed era certa che non si trattasse di una semplice cotta, di un affetto dato dal passato che li legava, dall'aiuto che lui le stava offrendo; era molto più intenso e profondo quello che sentiva nel cuore, ma sapeva bene che ora non era certo il momento di poter parlare di questo suo sentimento, se mai avesse trovato il coraggio di dirglielo, a quel pensiero arrossì sapendo di non avere tutta quell'audacia, ma era altrettanto sicura che tenersi quei sentimenti dentro stava diventando davvero difficile

-E' così grave?- la domanda di Jason la riportò lì accanto a lui che la stava guardando in un modo da farle sentire la pelle tendersi e il cuore stringersi, le piaceva da impazzire, sorrise abbassando la testa scuotendola leggermente per cercare di tornare lucida

-E' stata molto onesta- rispose – ha detto chiaramente che non sarà facile perché i funzionari chiederanno tutto, facendo anche dei colloqui separati per poter confrontare le dichiarazioni- rialzò la testa tornando a fissare il suo sguardo su quello di Jason puntato lontano mentre stringeva tra le dita la sigaretta che si stava portando alle labbra e lei si vergognò di pensare che cosa avrebbe provato se avesse sfiorato quella bocca, scoprire che sapore avesse; quei pensieri la resero irrequieta, così si alzò dalla panchina quasi di scatto avvicinandosi al bordo della fontana di pietra dove si piegò sulle ginocchia per toccare l'acqua fredda, chiuse gli occhi beandosi di quel contatto fresco che le permise di calmare il suo cuore, non poteva fantasticare proprio adesso, pensò, ma quando si voltò verso Jason, lo trovò fermo a fissarla in un modo che le fece tremare le gambe, le sembrò di essere nuda mentre la scrutava, l'imbarazzo le attanagliò la carne, vergognandosi di quei pensieri, si sforzò di sorridergli abbassando subito dopo il capo e tornando a sedersi, ma stavolta un pochino più distante, anche quella vicinanza sembrava farle girare la testa

-Cos'altro ti ha detto?- le chiese lui guardandola e inclinando leggermente la testa curioso, soprattutto per quel suo modo di fare

-Che osservano- disse lei beandosi di quegli occhi –osservano tutto, ogni movimento, ogni sguardo, ogni contatto, valutano tutto finchè non sono pienamente sicuri- lo sguardo di Jason divenne un mare di pensieri indurendosi, così come la mascella che si tese –ovviamente per scongiurare qualsiasi unione fatta per interesse; qualcuno potrebbe essere più attento ad alcuni dettagli piuttosto che ad altri, ma nel complesso, da quello che ho capito, sarà difficile mentire- e lo era davvero, pensò, tornando a guardare davanti a lei, lo sarebbe stato perché fingere così apertamente davanti a gente preparata per trovare l'errore non era certo semplice

-Tra le domande che possono farci, potrebbero chiederci dalle cose più scontate tipo il nostro primo incontro, o il colore preferito dell'uno e dell'altra, addirittura che tipo di profumo usa l'altra persona- sospirò sentendosi un peso nel petto sapendo bene che non sarebbero mai riusciti a trovare quella complicità che si presuppone abbia una coppia, inoltre lei partiva svantaggiata perché non avendo mai avuto una storia, non sapeva certo come potersi comportare o cosa sarebbe stato più giusto fare o meno, la paura che per un suo errore, Jason avesse pagato un caro prezzo, la fece fremere di preoccupazione; ma il suo cuore si fermò completamente quando sentì le dita della mano di Jason sfiorarle la pelle, rimase di sale sentendo il dorso di quelle dita accarezzarle come un soffio la guancia, lentamente si girò verso di lui che aveva allungato un braccio sulla spalliera della panchina e con le dita della mano la stava sfiorando

-Sei preoccupata?- le chiese in tono dolce e lei socchiuse gli occhi a quel contatto che non si era fermato

-Un po'- ammise, beandosi di quel tocco leggero eppure così intenso, lui le sorrise con gli occhi fermi nei suoi

-E'normale esserlo- le disse –ma penso che potremmo farcela- aggiunse e lei arricciò le labbra in un tiepido sorriso, provando invidia per quella sua sicurezza

-Ho paura di commettere qualche errore- confessò leggermente rossa in volto, sicura che non fosse per quello che si stavano dicendo, quanto piuttosto quelle dita che le stavano incendiando la pelle

-Tu di me sai molto, Jason- si sforzò di dire –ma io di te non so niente- aggiunse mordendosi il labbro

E ancora una volta non era riuscito a trattenersi: vederla con quello sguardo preoccupato lo avevano spinto ad accarezzarla, a toccarla perché non avrebbe potuto fare altro; era liscia, calda ed estremamente sensuale nella sua semplicità, un sorriso gli colorì il volto, sapendo che di lei in realtà sapeva poco o nulla, non era la sua data di nascita a fare la differenza o la conoscenza che aveva avuto di Emma, perché Alex era altro.

-Cosa gli diremo quando ci chiederanno come ci siamo conosciuti?- chiese con una nota preoccupata che di nuovo le aveva colorato il volto, mentre lasciava che la sua mano continuasse quella piccola dolce tortura, Jason le sorrise

-La verità- rispose spiazzandola –non avrebbe senso inventare cose assurde, non ci crederemmo neanche noi nel raccontarle, per riuscire a convincerli, credo abbia senso basarci sulla realtà dei fatti- Alex lo guardava sorpresa per la sua risposta e gli si avvicinò leggermente, forse senza neanche pensarci, come a voler parlare più da vicino per non far sentire quei discorsi a nessuno

-E se chiedessero altri particolari?- era angosciata glielo si leggeva chiaro sul viso, la paura di non saper rispondere a qualche domanda, di dire qualcosa di sbagliato, Jason le si avvicinò a sua volta

-Gli diremo quello che vogliono sentirsi dire- le disse piano, facendo scivolare la sua mano dietro il collo di Alex e iniziando a giocare con i suoi capelli, pur rimanendo con lo sguardo fisso in quello azzurro di lei

-Particolari?- chiese poco convinta, le guance più rosee, la bocca semi dischiusa e Jason per qualche istante si soffermò su quelle labbra

-Sì- le rispose pianissimo –potremmo dire che la convivenza ci ha portato a conoscerci meglio- deglutì vedendo come lei si mordesse quel piccolo labbro rosa –che passando molto tempo insieme, ci siamo resi conto di provare qualcosa l'uno per l'altra- sentiva la gola secca, mentre non riusciva a staccarsi da lei né con la mano che ora stringeva leggera una ciocca di capelli dietro la sua testa, né con gli occhi che non riuscivano a lasciarle quella bocca, quel viso

-Potrebbe sembrare strano?- chiese a voce bassissima e lui sorrise ancora

-Solo se fosse una bugia- e lo sguardo di Alex si fece ancora più sorpreso –Dovremmo essere bravi a fargli credere che a volte la risposta più semplice è quella più corretta- il profumo dolce di Alex lo stava facendo impazzire, mentre era a un soffio dal suo viso

-E se non ci credessero?- domandò ancora lei in un sussurro, lui riportò la mano sul viso di Alex, accarezzandole con il pollice la guancia liscia, scendendo verso il mento, sfiorandole quel labbro che avrebbe voluto mordere

-Beh- bisbigliò –dovremmo dimostrarglielo- aggiunse fissando quel piccolo bocciolo roseo chiedendosi che sapore avesse

-Come?- la voce di Alex era udibile solo perchè così vicina, a separarli un respiro

Era completamente in balia della pazzia, ne era sicuro mentre ormai era così vicino a quella bocca da poterne già sentire il gusto e la cosa assurda da farlo completamente impazzire era come lei non si stesse allontanando, come non cercasse di scappare da lui che ormai era così vicino da poter finalmente esaudire quel suo desiderio, da non poterlo credere.

Le loro labbra si stavano sfiorando quando lo squillo del cellulare fece fare un salto ad entrambi che in imbarazzo si allontanarono l'uno dall'altra

Alex si ritrovò a riprendere fiato e cercare di calmare il battito del cuore pronto ad esplodergli nel petto, non poteva credere che stessero per baciarsi; si alzò di nuovo dalla panchina di scatto, sentendo come degli spilli su quella seduta, l'imbarazzo l'aveva completamente assalita e si avviò di nuovo verso l'acqua della fontana per cercare di mettere un po' di distanza da Jason, chiedendosi cosa avesse pensato di lei e del suo comportamento, dopo quanto accaduto.

Jason prese quel maledetto aggeggio, pronto a frantumarlo a terra, ancora aveva il cuore che correva come impazzito e sentiva la gola secca, pensando a che diavolo gli fosse preso in quel momento, preoccupato per come lei avesse potuto interpretare quel momento.

Si decise a rispondere al cellulare solo per fermare quel suono infernale e quando sentì la voce di Camille, si sentì come strappato da un sogno

Mentre era completamente sommersa da tutta una serie di domande per quello che sarebbe potuto accadere, sentì Jason parlottare al telefono e poi avvicinarsi verso di lei

-Dobbiamo andare- le disse rimettendosi il telefono in tasca e portandosi indietro i capelli con le mani sbuffando spazientito, non la guardava mentre lei non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, era come una calamita, ma quando lui si decise a puntare quei suoi fari su di lei, abbassò il capo arrossendo per seguirlo verso l'uscita di quel piccolo angolo di paradiso, imprimendosi bene nella mente quella giornata e le miriadi di emozioni che aveva provato

****

Una volta in auto, Jason non riusciva a guardarla senza maledirsi mentalmente.

Come aveva potuto comportarsi in quel modo? Ma come, prima si diceva che avrebbe tenuto i suoi sentimenti per sé e poi, appena gli stava accanto per più di due minuti, finiva con il rischiare di baciarla?

Pensò di avere seri problemi comportamentali, visto che non riusciva, alla sua età a trattenersi, anzi ogni attimo che passava con lei sembrava peggiorare. Sbuffò, guardando fuori il traffico, se voleva fare le cose per bene, stava chiaramente prendendo una strada completamente sbagliata. Se fosse stato solo, si sarebbe volentieri dato un cazzotto, era inaccettabile questo suo modo di fare, ma dentro di sé sapeva che forse non aveva la forza che credeva, o meglio sperava di avere.

Alex si sentiva tremendamente in imbarazzo, Jason non aveva ancora aperto bocca e sembrava di nuovo piombato in un mutismo preoccupante, aveva sospirato e sbuffato per tutto il tempo rendendola agitata dentro quell'abitacolo

–Se hai da fare, è meglio se mi porti a casa- si sforzò di dirgli tornando a guardare fuori lo scorrere del traffico, forse gli unici pensieri di Jason, si disse, erano tutti incentrati al lavoro, magari neanche si era reso conto di quanto stesse per accadere pochi minuti prima; o forse, al contrario, era deluso e magari anche un po' arrabbiato con lei per quel comportamento strano che aveva assunto.

La voce di Alex lo risvegliò da quella miriade di pensieri che gli stavano invadendo la mente, ma guardandola ancora una volta, le vide lo sguardo un po' triste, forse anche imbarazzato, ma soprattutto preoccupato, probabilmente orahai suoi occhi, sarebbe davvero apparso come un uomo della peggior specie, anche se gli aveva detto il contrario: lui aveva rischiato di baciarla maledizione! Ma la voglia di averla accanto, stava prendendo il sopravvento su tutto

–Non posso, farei tardi, devi venire con me, il tuo lavoro non è finito- disse severo, Alex si girò verso di lui con sguardo sorpreso, non si sarebbe mai aspetta che lui continuasse a portarla con sé; si sforzò di sorriderle tornando a guardare la strada

–Sei o no la mia assistente per oggi?- le chiese canzonatorio vedendola distendere le labbra in un sorriso, più serena, e lui sospirò ancora una volta, cercando di ritrovare il controllo, sapendo che non doveva scaricarle addosso anche quel suo malessere e frustrazione dato dal fatto che non doveva lasciarsi andare con lei.

Erano nella zona più in della città, dove si alternavano palazzetti bellissimi a schiera, a villini circondati da giardini con tanto di siepi e ampi cancelli; Alex si aspettava di entrare in una villa, invece Camilla abitava in uno dei tanti palazzetti lungo il viale alberato, era molto simile a quello della casa di Jason. Vennero accolti da una cameriera che li fece accomodare in un salone enorme che si affacciava su una sorta di giardino che dalla strada non era visibile dove al centro spuntava una piscina, ora coperta; lo stile dell'arredamento era moderno e il bianco e il nero erano i colori principali dell'arredamento, Alex si accomodò ad un angolo del divano nero mentre vide Jason portarsi davanti la finestra ed osservare il giardino, ma dopo pochi minuti arrivò loro incontro Camille

–Ciao Jas- salutò l'uomo di nuovo con due baci e sembrò stupita di vedere Alex

–Oh, ciao cara, non pensavo che facessi lavorare una ragazza così giovane anche a quest'ora- fece leggermente infastidita la donna guardando Jason che rise rivolto verso Alex e poi di nuovo verso Camille

–Se vuole imparare il mestiere deve capire subito come ci si muove- ed Alex dovette trattenersi dal ridere –Oh ma certo, hai ragione- fece la donna sorridendo con la sua bella bocca laccata di rosso, Alex notò che aveva indossato un abito a tubino aderente di colore nero, semplice ma estremamente provocante sicuramente per l'incontro con Jason e la cosa la infastidì non poco

–Vi offro un aperitivo?- disse la donna con leggero cenno alla cameriera che si avvicinò con un vassoio di tartine e tre calici che posò sul tavolino in vetro sorretto da quattro bellissimi cavalli in marmo

–Ti ringrazio Camille, ma vorrei vedere i mobili- fece Jason e la donna lo guardò un po' sorpresa, ma cercò di non darlo troppo a vedere prendendo un calice

–Bene allora seguitemi- disse uscendo dal salone e proseguendo sul corridoio antistante.

Alex e Jason seguirono la donna in un altro salotto, più piccolo e più accogliente, in stile classico dove svettavano un comò, una credenza e un settmino addossati ad una parete

–Eccoli- fece la donna indicandoli con un gesto della mano, andando a sedersi su una poltrona rossa dallo schienale alto, Alex si posizionò vicino la porta ed osservò come gli occhi di Camille erano fissi su Jason mentre sorseggiava il vino

–Dammi il quaderno Alex, per favore- la ragazza, si ridestò e fece quanto richiesto rimettendosi un po' in disparte mentre Jason si avvicinò ai mobili, cambiando completamente espressione e atteggiamento, sembrò entrare in un mondo a parte

Alex rimase totalmente imbambolata ad osservarlo, era la prima volta che lo vedeva a lavoro, ed era diverso ed estremamente affascinante: lo vide aprire il quaderno, con lo sguardo attento fisso sui mobili ed iniziò a disegnarli, la sua mano correva rapida sul quaderno, il suo sguardo passava rapidamente dal mobile che aveva davanti al foglio; una volta soddisfatto, allungò il braccio verso di lei che subito prese il quaderno che gli aveva passato e lo vide avvicinarsi ad essi, alzò una mano e con lentezza, iniziò ad accarezzare la superficie del comò.

Alex era completamente rapita nel vederlo attento ad osservare ogni dettaglio, toccare con perizia ogni angolo, passando la mano su ogni centimetro dei mobili, senza tralasciare nulla

–Sei sempre molto attento, sapevo che eri la persona giusta- la voce di Camille ridestò Alex che arrossì sperando che la donna non l'avesse beccata a guardarlo in quel modo

–E' il mio lavoro- rispose semplicemente lui

–Sai Jason, sembri diverso- disse la donna bevendo dal suo calice

–Diverso? Più vecchio vorrai dire-e la donna sorrise alla frase

–Sei sempre un uomo affascinante e non credo di essere l'unica a pensarlo- Alex abbassò il capo sentendosi come chiamata in causa da quella frase

-Grazie per il complimento, ma credo che tu parli perchè sei un po' di parte- la stuzzicò lui rimanendo comunque concentrato ad analizzare la credenza

–In un anno molte cose cambiano, così hai detto oggi- riprese la donna e la sua voce sembrò più triste così come l'espressione del suo volto –cosa è cambiato?- chiese e Alex deglutì a fatica mentre Jason sospirando si girò a guardare Camille

–Ti senti uguale a un anno fa, Cami?- le chiese sorridendole e lei sospirò –Sì, sei sempre la bellissima donna che conoscevo, ma sono sicuro che anche per te qualcosa è cambiato in un anno, no?- la donna si alzò posando il bicchiere

–Potresti lasciarci un attimo, cara?- Alex saltò sul posto rossa come un pomodoro

–Certamente! E' stato un piacere conoscerla, vado in macchina- così dicendo uscì dalla stanza con un profondo sospiro fermandosi appena fuori, non si era mai sentita così fuori luogo come in quel momento, si portò una mano al cuore che batteva forte e stava per avviarsi quando sentì la voce di Camille

–Un anno non è poi così tanto, Jas- disse, Alex sentì l'uomo sospirare

–Non è tanto, ma è abbastanza per capire e quello che c'era tra noi non era niente di così importante- Alex trattenne il fiato pensando a quanto fosse diretto in certe occasioni

–Le tue parole mi feriscono- rispose la donna –qualcosa c'era e lo sai, ma non sembra ti interessi- Alex temeva di essere scoperta, ma non riusciva a staccarsi da lì

–C'era, hai detto bene, ed era affetto perchè entrambi avevamo bisogno di qualcosa che però non c'entrava niente con il rapporto che avevamo- Jason sospirò prima di continuare -Ma hai ragione dicendo che non mi interessa più quello che eravamo, è finito ed è meglio così per tutti e due-

Camille si sedette di nuovo sulla poltrona

–Pensavo che potessimo costruire qualcosa di importante, ci ho creduto- aveva un tono ferito e triste

–Non mentire a te stessa Cami, non è vero, quello che ci legava era un affetto dato dal fatto che ogni tanto passavamo dei bei momenti, che finivano appena uno dei due riprendeva i vestiti- Alex arrossì alle parole di Jason

–Hai una persona adesso?- chiese la donna –Io ho un uomo che sta aspettando una mia risposta per sposarlo, ma prima avevo bisogno di sapere se tra noi potesse mai esserci altro, non ti ho mai dimenticato, anche se c'ho provato- Jason sorrise

–Sono felice per te, ma anche io sto per sposarmi- Alex si portò entrambe le mani alla bocca a coprirsi un sorriso enorme, decidendo che aveva sentito abbastanza e si avviò verso l'uscita.

Non riusciva a credere che Jason avesse pronunciato quella frase, si sentiva come frastornata, sapeva che forse lo aveva detto solo per non dare speranze a Camille, ma sentirglielo dire l'aveva profondamente colpita e inorgoglita, anche se dietro al loro matrimonio c'era ben altro, ma in quel momento non le importò nulla, non le interessava neanche sapere cosa pensasse di lei, era solo e semplicemente felice.

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Capitolo 35
*** 34 ***


34

-Mi dispiace di averti coinvolta con Camille, forse era meglio evitare - ammise Jason dopo diversi minuti di silenzio, mentre la macchina procedeva lenta nel traffico cittadino della sera

–Non preoccuparti- rispose lei arrossendo, continuando a guardare fuori dal finestrino e ripensando a quanto successo fino a quel momento: alla sensazione che le aveva fatto poter sfiorare il viso dell'uomo che amava, l'attimo in cui stavano per baciarsi chiedendosi che cosa avrebbe provato, sentendo il suo stomaco stringersi al pensiero, fino alla frase pronunciata da Jason verso Camille sul matrimonio, che le aveva fatto avere una scarica di adrenalina

Sperò di arrivare presto a casa, aveva bisogno di rimanere da sola e ritrovare quella calma che in quella giornata si era dissolta per le troppe emozioni, si sentiva andare a fuoco e la cosa che la metteva in un certo modo a disagio era la necessità che cresceva dentro di lei di volerlo sfiorare, di poterlo toccare, di poter sentire la sua voce, guardarlo, parlargli, l'esigenza che sentiva di lui; allungò lo sguardo e deglutì vedendolo assorto, ringraziandolo mentalmente per non aver detto nulla di quanto accaduto, probabilmente non avrebbe retto un confronto, si era già esposta troppo

Sospirò quasi di sollievo riconoscendo la casa della famiglia di Jason, ma invece di lasciarla scendere, appena finì di fare manovra, una volta spento il motore, le prese una mano lasciandola completamente di stucco.

Si voltò lentamente, la gola chiusa, vedendo le sue piccola dita essere avvolte in quelle grandi e calde dell'uomo, quel gesto così intimo la fece tremare e come già successo a casa, lo vide portarsela alle labbra; Alex credette di morire quando sentì la bocca di Jason posarsi sul dorso, un tocco leggerissimo eppure così intenso da farla rabbrividire

-Grazie Alex- le disse con ancora la sua mano a sfiorare quelle labbra, lo guardò sentendo il sangue bollirle nelle vene

–Per cosa?- chiese con voce strozzata e lo vide sorridere sulla sua mano, guardandola

-Per quello che mi hai detto oggi- le rispose sfiorandola ancora una volta

–E'molto importante per me sapere che ai tuoi occhi non mi devo vergognare- e lei si ritrovò a sorridergli sperando che il tempo si fermasse qualche secondo per poterle permettere di vivere ancora quell'istante e ancora una volta avrebbe voluto dar voce a tutto quello che sentiva e provava, avrebbe voluto poter sfiorare di nuovo il suo viso, avrebbe voluto tante altre cose, ma qualcuno bussò al finestrino dissolvendo quell'attimo di intimità, Jason sbuffò lasciandole la mano per incrociare lo sguardo e il ghigno di suo fratello Will

–Disturbo?- chiese, la voce un po' ovattata, ma ben udibile, Jason sospirò aprendo lo sportello

-Se dicessi di sì, cambierebbe qualcosa?- chiese sarcastico, scendendo dall'auto seguito da Alex, ancora rossa come un peperone

-Ciao Alex- la salutò Will e lei ricambiò subito salutandolo nel modo più naturale che in quel momento riuscisse a tirare fuori

–Fratellino, è bello rivederti- Will si rivolse poi a Jason che lo guardò di malavoglia sospirando e alzando gli occhi al cielo dirigendosi verso l'entrata di casa, non prima di aver visto come quell'imbecille di suo fratello facesse un gesto cavalleresco verso Alex facendola passare per prima, nel salire le scale; aprì velocemente la porta di casa togliendosi la giacca, dirigendosi a prendere un sorso di acqua sulla tavola già apparecchiata per la cena, pensando al tempismo del fratello e chiedendosi fin dove davvero si sarebbe spinto se avesse continuato a quel modo nei confronti di Alex

-Avete fatto un bel giro della città?- la voce di Will lo infastidì, sperava di non doverlo affrontare, ma sembrava non vedesse l'ora di parlare con lui

-Sono stato da un cliente- specificò vedendolo prendere la bottiglia di vino e versarsi un goccio nel bicchiere che aveva davanti

-Anche Alex fa il tuo lavoro?- gli chiese abbozzando un sorriso di circostanza, Jason lo guardò serio incrociando le braccia al petto

-Cosa c'è, Will? Non mi piace quando giri intorno alle cose- lo vide sorridere posando il bicchiere

-Effettivamente volevo parlare un po' con te, vuoi che prenda un appuntamento?- Jason fece una smorfia per quel modo di fare 

-Andiamo nello studio di sopra- disse lapidario, era inutile evitarlo o girarci intorno, avrebbe dovuto parlare con lui, così si avviò verso le scale seguito dal fratello che passando davanti al salotto, sorrise ad un Alex spaesata vedendoli sparire verso il piano superiore.

Si sedette sul divano non sapendo bene cosa fare, quell'occhiata di Will l'aveva un po' preoccupata, non sapeva che aspettarsi da uno come lui e Jason non era sembrato molto felice, si chiese se avessero litigato come alla cena che c'era stata, sperando vivamente che la cosa non si ripetesse, ma i suoi pensieri vennero interrotti dall'arrivo a casa anche della signora Margaret che la raggiunse in salotto

-Oh, ciao cara- la salutò affabile, aveva il viso molto stanco e anche la sua postura sembrava essere leggermente meno fiera

-Buona sera, come sta suo marito?- le chiese Alex, sapendo che la donna passasse tutto il giorno al fianco del marito

–E' cosciente- rispose la donna sedendosi sul un lato del divano e reclinando leggermente la testa indietro

–Non è più in pericolo, ma la situazione è ancora piuttosto complicata- aggiunse sospirando e chiudendo gli occhi cercando di rilassarsi al tepore del fuoco e alla morbidezza della seduta

–I medici hanno detto che il suo stato è piuttosto grave, purtroppo ha i reni molto affaticati e il cuore è ancora debole- le comunicò

–Signora, mi scusi, per la cena conto 3 persone?- chiese la cameriera portando alla signora un bicchiere di vino e qualche tartina che posò sul tavolino basso, la donna riaprì gli occhi sospirando

–Si, grazie Rose, credo che i miei figli verranno domani a cena con i rispettivi compagni- disse sorseggiando un pò dal suo bicchiere, la cameriera fece un cenno d'assenso con il capo per poi dileguarsi

Di Jason e suo fratello si erano perse le tracce ormai da almeno un'ora, nella quale Alex era rimasta a chiacchierare con la Signora Margaret, una donna agli occhi della ragazza, davvero molto bella, nonostante non fosse più una ragazzina come aveva detto lei stessa pochi attimi prima, sembrava una persona davvero dolce e comprensiva, Alex si chiedeva come mai una donna così avesse permesso che il figlio venisse trattato con tanto distacco dal padre, ricordando i racconti di Liz e Jason stesso

Lo scendere le scale velocemente da parte di qualcuno, le fece però voltare verso l'ingresso del salotto dove comparve Will visibilmente alterato

-Will! Tutto bene?- Margaret si alzò andandogli incontro, lui sbuffò ricordando ad Alex il fratello che però non sembrò voler scendere

-Sì, sì, mamma, io vado, ci vediamo domani- disse mettendosi velocemente il cappotto e la sciarpa

-Will, sei scuro di stare bene?- insistette Margaret, per nulla convinta del comportamento del figlio -Jason?- chiese vedendo un sorriso amaro comparire sul volto dell'uomo

-Abbiamo avuto una piacevole chiacchierata, devo andare- le informò per poi darle un leggero bacio su una guancia –Ciao Alex, ciao mamma- così dicendo uscì velocemente da casa senza aggiungere altro, lasciando le due donne disorientate.

Margaret sospirò pesantemente scuotendo la testa per poi voltarsi verso Alex

-Credo che possiamo iniziare a mangiare, che ne pensi? - le chiese con un sorriso sincero che Alex si ritrovò a ricambiare

****

–Non ti manca casa, cara?- le chiese la donna guardandola con occhi dolci

–A dire il vero mia madre era la mia casa, ma venendo a mancare...- la donna fece un cenno d'assenso con il capo, voleva approfittare di quel momento per capire un po' meglio la situazione tra suo figlio e Alex, visto che Jason non si era, come al solito, dilungato nelle spiegazioni e la cosa la insospettiva e non poco.

–So chi sei e chi era tua madre, Alex, mi dispiace tantissimo, Jason mi ha accennato- aggiunse la donna toccandole gentilmente la mano

–Grazie Margaret- la donna le sorrise apprensiva

–Come mai sei venuta a stare con Jason?- le chiese e Alex sospirò guardando il piattino dove prima c'era la deliziosa cena che la cameriera aveva servito

–Mia madre mi ha costretto a raggiungere Jason, per proteggermi da persone poco raccomandabili- confessò, era assurdo mentire e lei non ne era davvero capace

–La famiglia di tua madre, vero?- Alex fece un leggero cenno d'assenso

–Mio nonno più precisamente, ma credo che possiamo includere tutti, visto che nessuno a quanto ne so l'ha mai aiutata- disse e sentì di nuovo tutta la rabbia e la frustrazione per quello che sua madre aveva subito

-Come avete vissuto?-chiese Margaret interessata

–Abbiamo vissuto in diverse città in Italia, mia madre voleva darci, ma soprattutto darmi, la possibilità di vivere una vita più normale- Alex la guardò –questo è quello che si è augurata prima di morire- Margaret ascoltò in silenzio, chiedendosi in che guai questa ragazza stesse cacciando anche il figlio; ricordava un tempo, ormai lontano, in cui Jason aveva cercato di aiutare Emma, si era addirittura rivolto a suo padre, mettendo da parte l'orgoglio, ricordava bene il rancore che trasformò lo sguardo del figlio quando quella ragazza scomparve letteralmente, un anno in cui Jason cambiò radicalmente, diventando più chiuso, più introverso, colpevolizzandosi e colpevolizzando forse anche troppo quel padre che secondo lui non l'aveva aiutato.

-Vivi con Jas?- chiese sorridendole e Alex fece un cenno d'assenso con il capo

-Da qualche mese, lavoro al pub di Mike- aggiunse

Il loro parlare venne però interrotto dall'arrivo di Jason, entrambe le donne lo videro comparire nel tinello dove stavano finendo la cena e Alex sentì un brivido percorrerle la schiena guardandolo in volto, c'era qualcosa che non andava

Jason, si avvicinò al tavolo sedendosi accanto alla madre, dopo averle dato un leggero bacio sul capo

–Tutto bene Jas?- chiese la donna con sguardo preoccupato, Jason fece un leggero segno d'assenso, ma Alex aveva visto il suo sguardo scuro, gli occhi cerchiati da leggere occhiaie, non sembrava stesse tanto bene

–Benissimo- mentì apertamente bevendo un po' d'acqua –voi? – chiese prendendo un pezzo di pane, guardava il tavolo senza vederlo davvero; la discussione con Will lo aveva turbato, c'era da aspettarselo, ma sperava di trovare il modo di affrontarlo, rivelando al contrario, quanto lui e suo fratello fossero distanti e tutto quel parlare gli aveva fatto scoppiare un mal di testa di proporzioni notevoli, tanto da obbligarlo a prendere un analgesico e mettersi qualche minuto nella sua camera al buio; ripensandoci, probabilmente aveva sbagliato a parlare in quel modo al fratello, forse sarebbe stato meglio non farsi prendere dall'ira e rancori che si portavano dietro, ma quando Will aveva chiesto esplicitamente del rapporto che legava lui e quella ragazza, si era reso conto di aver parlato solo dopo che la mente tornasse lucida

-Stavo intrattenendo la nostra Alex che ha dovuto subire le chiacchiere di una vecchia signora, tu?- esordì la madre riportandolo con la mente a quel tavolo e scorgendo il sorriso della ragazza che lo portò a sospirare

–Ho una forte emicrania - ammise prendendo un pezzetto di arrosto

–Di che parlavate di bello?- chiese accennando un sorriso mentre masticava un pezzetto di carne, la donna sospirò prima di rispondere

-Alex mi stava raccontando di sua madre a dire il vero e del fatto che è stata costretta a vivere con te- Jason s'irrigidì a quelle parole, bevendo una lunga sorsata di acqua per deglutire il boccone; guardò verso la ragazza che sembrava tranquilla e a proprio agio

Aveva sperato che sua madre evitasse di intromettersi, quantomeno non direttamente con Alex, sapendo che l'unico suo scopo era quello di sapere, di capire, ma anche questa volta aveva sperato invano: sua madre aveva colto l'occasione di poter stare sola con Alex per intraprendere quella chiacchierata, auspicandosi probabilmente di scoprire altro rispetto a quanto lui gli aveva detto.

–Ma davvero?- chiese e il suo tono non sfuggì ad Alex che lo guardò un pò sorpresa; aveva passato la cena con Margaret, parlando di tutto, dei loro viaggi, conoscendo un po' meglio la famiglia di Jason, era stata una serata tranquilla, tanto che le domande della donna non l'avevano per nulla turbata

-E che altro ti ha detto la nostra Alex?- chiese quest'ultimo alla madre con la quale si scambiò uno sguardo intenso che però Alex non riuscì a decifrare

–Non guardarmi così, Jason- disse la donna distogliendo lo sguardo –stavamo solo facendo due chiacchiere, non stavo certo facendo il terzo grado alla ragazza- disse risoluta

–Ah no? Forse perchè lei non sa come sei abile a far parlare le persone- disse Jason stranito 

–Se non fossi arrivato io, magari adesso avresti anche saputo il suo gruppo sanguigno- aggiunse sprezzante e la donna lo fulminò con un'occhiataccia

–Non essere maleducato, non lo sopporto!- Alex si strinse nelle spalle, era strano vedere quella donna così dolce, diventare una leonessa e non le piaceva che Jason parlasse in quel modo

–Volevo solo capire cosa nascondessi, non puoi pensare che la tua famiglia non si preoccupi per te e visto che sei sempre così restio a parlare della tua vita, ho solo saputo una cosa già piuttosto ovvia- affermò – una ragazza che viene qui a cercarti come minimo ti frequenta- aggiunse –certo, sapere che vivete in quella casa insieme non è certo una cosa positiva, visto l'età di entrambi- il volto di Alex divenne di mille colori e incassò la testa nelle spalle, quanto avrebbe voluto sparire

–Ma certo, prima è toccato a Will parlarmi, ora a te!- disse Jason con un ghigno

–Tuo fratello sta sgobbando per far fronte al lavoro lasciato in sospeso da tuo padre, dovresti aiutarlo- la voce di Margaret era stanca, ma il suo tono rimase fermo e severo, Jason bevve ancora un altro sorso senza voltarsi verso di loro, Alex si sentì subito di troppo

–Will sa fare il suo lavoro, mamma, lascialo stare- replicò lui sospirando –inoltre ha anche l'aiuto di tua figlia, non è poi solo- aggiunse; seguirono attimi di silenzio, Alex osservava in imbarazzo il tavolo davanti a lei sentendosi in colpa, probabilmente aveva messo in seri guai Jason venendo a trovarlo

–Dal momento che sei qui, sarebbe opportuno che aiutassi i tuoi fratelli negli affari di famiglia, Jason- l'uomo si girò verso la donna e il suo sguardo era nero come le tenebre, aveva irrigidito tutto il corpo alla frase della madre

–Opportuno?- chiese derisorio –Da quando usi questo genere di linguaggio con me?- chiese visibilmente seccato, la donna lo guardò negli occhi senza mai abbassare lo sguardo

–Da quando tu hai messo un muro tra noi e te- disse lapidaria e la cosa lo colpì, serrando la mascella

–Io avrei costruito un muro? Davvero?- sembrava profondamente ferito dalle parole della donna, Alex non sapeva cosa fare, sarebbe scappata, ma alzarsi in quel momento le sembrava altrettanto impossibile

–Sì, Jason- confermò la donna –sai bene che ho sempre appoggiato le tue scelte e quello che hai deciso di fare, ma non posso negare il fatto che tu hai fatto di tutto per tenerci lontano dalla tua vita- disse la donna girando lo sguardo verso Alex che arrossì e abbassò lo sguardo colpevole

–Vive da te da mesi, ma tu ti sei ben visto dal venirci ad informare che vivessi con una ragazzina così giovane e per giunta figlia della tua prima cotta! - aggiunse sorseggiando il suo vino

-Oh, ma allora sono arrivato giusto in tempo per dirti che Alex è la mia futura moglie- attaccò con un gran sorriso Jason, pietrificando totalmente sia la madre che Alex.

-Che cosa?- Margaret cercò di parlare riprendendosi dallo stupore di quella frase, vedendolo sorridere di sbieco

– Smettila di giudicare tutto dalle apparenze, come hai sempre fatto, mamma- la voce di Jason era profonda e tetra –la mia vita non è più affar vostro, da tempo ormai! Dici di avermi appoggiato, ma non è così, eri solo stanca di sentire le lamentele di papà che faceva di tutto per farmi diventare quello che lui voleva, hai solo scelto la situazione meno sgradevole, ma non mi hai appoggiato nel vero senso della parola! Tu non sai proprio niente di me, figuriamoci di quello che c'è tra me e Alex!- la donna aprì lo sguardo ferita dalla frase del figlio

–Da quando sono andato a vivere lì, non ti sei mai degnata di venire a trovarmi, mi chiamavi solo per obbligo genitoriale accusandomi di non farmi sentire, quando la prima ad aver tagliato i ponti con il figlio sei stata tu!- la donna posò il calice, tremava un poco

–Non ti permetto di parlami così Jason! – alzò la voce e colpì con una mano il tavolo facendo tintinnare le porcellane e i bicchieri –Sono stata io a convincere tuo padre a lasciarti andare e farti vivere come volevi, non scordarlo! Anche io mi sono sacrificata per la tua scelta, pensi che sia stato bello continuare a litigare con lui perchè avevo appoggiato la tua decisione?- la donna si alzò fronteggiando il figlio

–Non lo è stato Jason, tante volte l'ho fermato dal venire da te e costringerti a tornare qui per seguire l'ufficio e il suo lavoro, tante volte con i tuoi fratelli abbiamo cercato di mitigare la rabbia che aveva tuo padre nei tuoi confronti, ma tu questo non puoi saperlo visto che dalla torre nella quale ti sei rifugiato ti rifiuti di guardare meglio- Jason la guardò con scherno

–Come al solito vi piace incolpare gli altri, ma stavolta non ci sto a prendermi la colpa solo perchè ho deciso di vivere la mia vita in maniera diversa rispetto a quello che voleva lui!- disse

–La questione di Alex e me è diversa e non devo spiegarti o giustificarmi di nulla per questo- la donna incrociò le braccia al petto

-Nessuno appoggerà mai la tua decisione in merito al matrimonio con Alex- disse risoluta

–Non sto cercando nessun appoggio, te l'ho detto solo perchè sei mia madre e mi sembrava giusto informarti, così per evitarti lo sforzo di intraprendere chiacchiere inutili!- la donna lo guardò severamente

–Come al solito le tue scelte minano la stabilità della famiglia, Jason- disse sedendosi di nuovo

–Signora Margaret, se posso intromettermi..-la voce di Alex uscì flebile, la donna si voltò a guardarla così come Jason

–Non c'è bisogno di aggiungere nulla, Alex- le disse lui forse per non farla parlare, ma lei si impose di non guardarlo, concentrandosi sulla madre, non voleva che litigassero per lei e non voleva che Jason venisse trattato in quel modo

–Non so quanto lei sappia di mia madre- iniziò –purtroppo mio nonno a quanto sembra le ha fatto del male, costringendola ad andarsene per non impazzire- sospirò prima di continuare

–Mia madre ed io abbiamo avuto anni difficili, signora, ci spostavamo da una città all'altra per la paura che quell'uomo ci trovasse- la donna sgranò leggermente gli occhi, Alex si concesse un sorriso amaro –Sa, credo che la malattia che l'ha portata alla morte, in qualche modo sia dovuta a ciò che ha subìto e che l'ha segnata, ma io di questo ne sono venuta a conoscenza da poco, grazie a Jason- guardò verso l'uomo che aveva davanti e nonostante il momento, incrociare quello sguardo le fece spuntare un leggero sorriso

- Mia madre mi ha sempre tenuto nascosto tutto, avevo qualche segnale, ma ero piccola e ignoravo parecchie cose che ora mi sono più chiare. Jason l'ha conosciuta nel suo periodo peggiore e ha sempre cercato di aiutarla, per lei, Jason era un punto di riferimento- Alex sentì i suoi occhi inumidirsi –ha deciso di tenere al sicuro anche lui, andandosene e tenenendolo a distanza; non ha mai chiesto aiuto a Jason una volta che ha saputo di essere incinta, perchè provava un rispetto e un affetto incommensurabili per suo figlio e voleva in qualche modo preservarlo da quello che era la sua vita- Jason non riusciva a non fissarla sentendo il suo cuore battere come un tamburo nel petto, avrebbe voluto alzarsi e portarla via, perché non voleva vedere come stesse aprendo il suo cuore a chi non se lo meritava

Margaret non riusciva a non guardare il volto pieno di tristezza di Alex i cui occhi sembravano liquidi

–Ma quando ha saputo che non le rimaneva molto tempo, ha voluto proteggere me, l'unica cosa a cui davvero avrebbe dato la vita, così mi ha mandato a cercarlo, perchè Jason era l'unica persona di cui si è sempre fidata e quando sono arrivata, lui neanche immaginava quello che mia madre aveva fatto, è rimasto sconvolto quanto lei ora, nel sapere che gli chiedeva di aiutarmi, di tenermi il più lontano possibile dai suoi parenti, da quell'uomo, per non farmi vivere quello che ha dovuto subire lei- Margaret si asciugò una lacrima con un fazzoletto –forse ha sbagliato, perchè sicuramente avrebbe potuto fare altre scelte, ma per lei chiedere aiuto a Jason è sembrata l'unica via di uscita per potermi permettere una vita tranquilla, fuori da tutto quello che c'era stato. Jason poteva rifiutare, ma non l'ha fatto, come non ha mai voltato le spalle a mia madre, mi ha ospitato e ha accettato da amico vero la richiesta di mia madre- guardandolo di nuovo un sorriso le colorì il volto - e di questo gli sarò eternamente grata, mi ha permesso di iniziare a vivere la mia vita in casa sua, pur non conoscendomi, ha permesso a mia madre di morire serenamente sapendo che io sarei venuta qui, lo capisce?- la voce di Alex era calma seppur malinconica, Margaret fece un cenno con il capo asciugandosi un'altra lacrima

–Il matrimonio è stato deciso poco tempo fa, quando Francesca, l'amica di mia madre che ci ha sempre aiutato e protetto ci ha informati che quell'uomo mi sta cercando e sta facendo di tutto per trovarmi; così insieme all'avvocato che segue il caso di mia madre, hanno studiato questa opzione, affichè io possa cambiare cognome e quindi non essere rintracciabile rientrando nella protezione della privacy e vivendo in un paese straniero - si fermò un attimo osservando il volto della donna –non conosco così bene la vostra storia, ovviamente, quello che c'è stato tra di voi in famiglia, ma ho imparato a conoscere Jason e so che è una persona straordinaria, so che è un uomo che aiuta i suoi amici sacrificandosi fino alla fine senza mai tirarsi indietro, so che su di lui ci si può contare - la donna era inerme sotto quelle parole –forse per suo marito Jason è un poco di buono perchè ha scelto una vita meno lussuosa rispetto a quella che avete qui, ma non per questo meno rispettabile e onesta. Jason ha accettato di sposarmi per salvarmi e aiutare una sua amica, ancora una volta, per questo la prego di non commettere l'errore di giudicare questa scelta come un qualcosa di avventato, lui mi sta aiutando- disse prendendo un profondo respiro –la prego di non pensare male di Jason e me, ma di vedere in suo figlio una persona davvero speciale, poche persone avrebbero fatto quello che lui sta facendo per me- Margaret a quel punto le prese la mano stringendola tra le sue 

–Oh, cara, mi dispiace così tanto- disse –non immaginavo che fosse così grave- aggiunse addolorata

–Non si preoccupi, ma la prego di non prendersela con Jason, lui davvero non ha colpe in tutto questo- disse Alex sforzandosi di sorridere, la donna fece un breve cenno d'assenso con il capo

–Alex- la voce di Jason era più bassa del solito, il busto in avanti appoggiato con le braccia sul tavolo, lo sguardo basso, coperto dai capelli che gli ricadevano davanti il viso –potresti lasciarci un attimo?- chiese

–Certamente!- Alex scattò come una molla, sentendosi in difetto per aver dato sfogo a quelle parole, sperando di non aver complicato ancora di più la situazione, ma Margaret doveva conoscere tutta la storia

****

-Perchè non mi ha mai raccontato nulla?- la voce di sua madre era strozzata, ancora commossa dalle parole di Alex

–Perchè non potevi semplicemente fidarti di me?- chiese a sua volta Jason, la donna si teneva la testa con una mano, continuando ad asciugarsi le lacrime

–Non mi hai mai voluto dire nulla di Emma, ma mai mi sarei immaginata che quella ragazza sbandata avesse una vita così difficile- disse Margaret sospirando

–Ha subito violenze da parte del padre- la voce di Jason sembrava baritonale quanto era bassa, la donna sospirò guardandolo –Mi ha chiesto un ultimo aiuto e io non ho intenzione di tirarmi indietro adesso- aggiunse serio, la donna per la prima volta, vide in lui l'uomo che era diventato

–E'un bel sacrificio quello che ti si chiede, Jason, sono tua madre e mi preoccupa la cosa- disse sincera, lui sospirò alzandosi dal tavolo, avrebbe fumato un intero pacchetto di sigarette, ma sapeva che la madre non amava vederlo fumare, così si trattenne

–Lo capisco, ma è una mia scelta e non tornerò sui miei passi- disse risoluto

–Ora ho la certezza che non potrai mai andare d'accordo con tuo padre- disse la donna sollevando lo sguardo verso di lui e accennando un sorriso –siete tremendamente uguali- aggiunse alzandosi anche lei –Mi sento davvero molto stanca Jason, ma vorrei riprendere il discorso, se non ti dispiace, magari domani- disse avviandosi verso le scale, per poi fermarsi e guardarlo ancora una volta

–Alex è una ragazza dolcissima, probabilmente l'unica che ti abbia davvero toccato il cuore- detto questo salì, lasciando Jason completamente spiazzato .

****

Una volta sola, nella sua stanza, Margaret si sedette sulla poltroncina davanti la tavolino da trucco che usava da anni, specchiandosi; sospirò e iniziò a levarsi gli orecchini di perla riponendoli con cura nella loro custodia, si sfilò i suoi bracciali mettendoli nel cassettino portagioie, prese dalla solita scatolina un paio di batuffoli colorati che inumidì con il liquido che teneva lì accanto e iniziò a struccarsi piano, osservando come ogni centimetro di trucco venisse asportato, mostrando la pelle più chiara, più segnata e più vera.

Si osservò chiedendosi quando fosse effettivamente invecchiata, non se n'era accorta pensò, e se non ci fossero stati gli specchi sicuramente non avrebbe visto tutte quelle increspature che ora il suo volto mostrava, non avrebbe visto i suoi occhi meno vivaci, leggermente più spenti e velati da anni che si stavano rincorrendo troppo velocemente.

Si chiese se in tutto quel tempo passato in quella casa, in qualche modo non fosse un pò venuta a mancare quella libertà che suo figlio aveva sempre voluto, quel modo di vedere le cose in maniera un pò diverse dagli altri; si chiese perchè avesse perso quello che suo figlio aveva invece ancora vivido come quando era nato. 

Lo amava fin dentro la carne, perchè sì, era identico al padre, granitico nelle decisioni che prendeva, nell'andare sempre e comunque avanti per la sua strada nonostante gli altri, ma aveva tanto anche di lei, aveva quella passione che lei aveva perso. Sorrise malinconicamente pensando a come avesse potuto permettere che davvero se ne andasse da loro, pensò che forse avesse ragione lui perchè lei non aveva mai fatto quel passo in più che forse avrebbe permesso loro di avere un rapporto diverso. Si era fermata, l'aveva lasciato andare per la sua strada, vedendolo lottare come un leone per poter ottenere quello che voleva, mentre lei aveva perso quella grinta, quella leggerezza e quella voglia di decidere per la sua vita; lui no, lui non voleva sottostare a niente e nessuno, sin da piccolo, quando prendeva le difese dei più piccoli o di chi era in difficoltà. Si chiese perchè avesse permesso che si creasse quel muro tra di loro, perchè avesse permesso di crogiolarsi nell'idea che era Jason e il suo carattere a non voler avere niente a che fare con loro, quando erano loro che non avevano provato ad accettare il suo essere e avvicinarsi un pò di più a lui. 

Una lacrima le scese a rigarle il viso e subito ne seguì un'altra e un'altra ancora, era lei la madre ed era compito suo avere un occhio di riguardo per i suoi figli, ma in realtà con lui non l'aveva fatto, aveva solo scelto di lasciarlo andare senza però mantenere quel filo che può legare una famiglia. Si alzò andando verso l'armadio dove appese la sua giacchetta iniziando a spogliarsi riponendo i vestiti in maniera ordinata. Aveva perso molto di suo figlio, tanto da mettere in dubbio le sue scelte, ma questo non era più tollerabile se voleva costruire di nuovo un rapporto con lui; stavolta avrebbe davvero fatto di tutto per potergli stare accanto, fargli sapere davvero che lei ci sarebbe sempre stata.

*****

Era sdraiata sul letto, lo sguardo fisso sul soffitto, chiedendosi cosa si fossero detti Jason e sua madre, se avessero finito di discutere, ripensando a quello che le aveva raccontato, poi la sua attenzione venne catturata dal lampeggiare del telefono, così lesse il messaggio

-Liz 09.33: Ehi straniera! Allora come è andata con Jason? Ti ha cacciata anche da casa dei suoi? Il padre?Qui dai miei va tutto bene, mia madre sta bene più o meno, diciamo che meglio di così non possiamo proprio chiedere ;) con Mike abbiamo deciso che torniamo fra un paio di giorni, anche perchè lui lontano dal suo locale proprio non ci sa stare!

Alex si diede della sciocca a non aver pensato di scrivere a Liz, ma era stata totalmente presa da Jason e dal suo mondo, da dimenticarsi di tutto, così si sbrigò a rispondere

-Alex 00.15 Ciao Liz! Scusami sono un disastro! Non ti ho neanche scritto che alla fine è andata bene.. sono ancora qui a dire il vero; il padre è ancora sotto controllo, sembra una situazione non semplice purtroppo. Penso che anche io rientrerò presto, perchè qui la situazione è un  strana...

-Liz 00.20 Strana? Che è successo? Anche se conoscendo Jason non mi sorprenderei più di nulla 

Alex 00.24 Non dirmi che ti ho svegliata! Non mi sono resa conto dell'ora! Scusami! Cmq Jason questa sera ha avuto una discussione sia con il fratello che con la madre, e le ha detto del matrimonio! Lo avrei ucciso! Ovviamente questa cosa non è stata presa bene! Vorrei andarmene subito!

-Liz 00.34 hahahahahahah! Jason è pazzo ! Ormai è chiaro come il sole! Dai, se lo ha fatto ci sarà stato un motivo, almeno lo voglio sperare!

-Alex 00.37 Me lo auguro! Ma non sto tranquilla, comunque ti tengo aggiornata ! Baci

-Liz 00.42 D'accordo aspetto che mi racconti tutto!Cerca di stare tranquilla, in fondo hai Jason....;)

Quell'ultima frase fece fremere il cuore di Alex, era vero lei aveva Jason adesso.

Non importava cosa fosse successo, perchè lui le aveva detto più volte, negli ultimi giorni che si sarebbero aiutati a vicenda andando avanti, erano una squadra infondo e, quell'ammissione detta da Jason, aveva un gusto agrodolce, nonostante un sorriso le colorì il viso; sì, lo stavano diventando in qualche modo, piano piano si stavano avvicinando sempre di più, ma si chiese se fosse possibile convivere con quello che provava e quello che realmente c'era. Ripensando a tutto quello che era successo con Jason non poté trattenere il ruzzolare del cuore e il suo sorriso si ampliò rivedendo lui così vicino al suo viso da poterlo sfiorare, chiuse gli occhi immaginandosi cosa si potesse provare a toccare quella bocca; era sicura che qualsiasi cosa lui le avesse fatto, allo stato dei fatti, non avrebbe avuto la possibilità di reagire, troppo presa emotivamente da lui, si sentiva quasi una mendicante di attenzioni da parte di Jason e lo stava purtroppo dimostrando, facendo forse la parte della stupida, ma era stato più forte di lei, non era riuscita a trattenersi nello sfiorare il suo viso; per non parlare al parco, aveva quasi pregato di poterlo baciare. Arrossì ai suoi stessi pensieri mettendosi seduta sul letto, chiedendosi cosa fosse preso ad entrambi, possibile che dopo una serata come quella appena trascorsa, lei pensasse solo a poterlo baciare?

Il bussare alla porta le fecero fare un vero e proprio salto sul posto, interrompendo quei pensieri, scese velocemente dal letto e si avvicinò furtivamente alla porta, pensando di esserselo immaginato, ma lentamente l'aprì, trovandosi davanti Jason

-Ti ho svegliato?- le chiese, il viso stanco, lo sguardo spento, ma un leggero sorriso gli coloriva il bel viso, Alex scosse la testa

-Tutto bene?- chiese preoccupata e la sua espressione divenne più cupa

-Andiamocene Alex- le disse stupendola –Torniamocene a casa- aggiunse e lei rimase ad occhi sgranati a fissarlo per qualche istante

-Vuoi andare via?- gli chiese vedendolo sospirare e portarsi una mano al volto strofinandosi un po' gli occhi

-Sì, voglio la nostra casa e la nostra vita- Alex credette che il cuore le fosse caduto letteralmente dal corpo sentendogli dire quella frase, deglutì

-Ma tuo padre..- lui si fece più vicino interrompendola

-Non ha bisogno di me, mentre io ho bisogno di allontanarmi da qui- le disse sicuro

Alex si morse un labbro indecisa su cosa fare

-Ma vuoi partire ora? – chiese incredula e lui le sorrise in maniera dolce

-Le tue parole mi hanno fatto capire ancora meglio che io non appartengo a questo mondo- aggiunse e una mano le accarezzò una guancia, il suo sguardo si addolcì e le labbra si arricciarono -Grazie per quello che hai detto, non ho mai avuto nessuno dalla mia parte, sotto questo tetto- lei ricambiò il sorriso -Adesso hai me- e lui ampliò il sorriso

-Ho te- ripeté -Ma non vuoi abbandonare il castello, principessa?- la provocò ironico facendola arrossire e sorridere allo stesso tempo

-Prendo la borsa e arrivo!– disse scorgendo un sospiro di sollievo da parte di Jason che le fece un cenno d'assenso

-Ti aspetto di sotto- le disse allontanandosi verso le scale, mentre Alex prese il suo zaino e lo riempì delle poche cose che aveva portato, ma prima di uscire decise che voleva lasciare due righe alla Signora Margaret, non voleva andarsene così, le dispiaceva, vista comunque la gentilezza che le aveva riversato, così, prese dalla piccola scrivania un foglio e una penna e scrisse poche righe per poi raggiungere Jason 

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Capitolo 36
*** 35 ***


35

Erano partiti così, nel buio di una notte senza stelle, coperte da nuvole gonfie di pioggia che si era riversata appena fuori la città, ma Alex dovette ammettere di sentirsi sollevata di potersene andare da lì, voleva anche lei tornare a casa e quel pensiero le colorì le gote, perché ormai per lei quel piccolo paese, quella casa diroccata, erano casa; ma lo era soprattutto la persona che sedeva al suo fianco, era l'uomo che le faceva battere il cuore ogni volta che i suoi occhi si posavano su di lui. 

L'aveva difeso, sì, lo aveva fatto apertamente davanti alla Signora Margaret, cercando di appianare quel momento di tensione che si era venuto a creare e del quale, lei, in qualche modo ne era stata la causa; forse avrebbe dovuto evitare di raccontare i suoi trascorsi, della sua famiglia e di sua madre che l'aveva costretta a fuggire dal suo paese; un leggero sorriso le colorì il volto nel ripensare a come, quel concetto di costrizione, si fosse completamente trasformato: per lei era stata una salvezza andare lì e, non tanto per quel nome che si portava addosso, quanto per aver avuto la possibilità di conoscere Jason e forse voleva che quella donna che le era sembrata gentile e comprensiva, capisse soprattutto che suo figlio stava facendo quelle azioni, per un valore più alto rispetto a quello che chiunque avesse potuto pensare e lei voleva che almeno la Signora Margaret lo sapesse.

-Sai guidare, Alex?- la domanda di Jason la ridestò dai suoi pensieri, si girò a guardarlo sorpresa, erano due ore che si erano messi in viaggio

-Sì, ho la patente, ma non ho mai avuto un'auto- rispose e lui sorrise senza guardarla, la fronte un pò aggrottata e un'espressione sofferente sul volto

-Bene- e iniziò a rallentare e ad accostare su un piccolo slargo lungo la strada; un leggero panico pervase l'animo di Alex

-Che..che cos'hai in mente?- gli chiese quando si fermò completamente

-Devo assolutamente chiudere gli occhi- le disse spiazzandola –Il mal di testa mi sta facendo impazzire, devo prendere un altro antidolorifico e aspettare che faccia effetto- le spiegò – ti va di guidare un po'?- lei si ritrovò a sgranare occhi e bocca per quella richiesta, sapendo quanto ci tenesse al suo pickup

-Ma sei sicuro?- lui rise

-No- le rispose facendola indispettire- ma non ho alternative- e lo vide non trattenne una risata alla sua espressione stizzita

-Ma se vuoi ci fermiamo più avanti e aspettiamo- le disse –certo non è proprio il massimo, rischiamo una multa, ma almeno non devi guidare- lei sbuffò

-Si chiama vendita negativa quello che stai facendo!- la sentì dire e Jason non si trattenne dal ridere mentre tirava fuori dalla sua borsa l'antidolorifico, nonostante sentisse le tempie pulsare

-Vendita negativa?- chiese guardandola mentre si prendeva una pasticca e beveva un po' d'acqua, lei seguì ogni suo movimento come una falena con la luce, per poi sospirare e distogliere lo sguardo

-Sì, quando qualcuno vuole convincere qualcun altro e lo fa invertendo i ruoli, cioè se tu fossi un venditore mi diresti "Perché dovresti accettare quello che ti propongo, in fondo non è poi così importante" e io, se fossi la cliente, avvertirei anche una sorta di senso di colpa e mi sentirei in dovere di rispondere "Te lo dico io il perché" dandoti degli spunti affinchè tu possa portarmi a fare ciò che vuoi- disse risoluta lasciandolo sorpreso per poi farlo ridere di gusto e lei non si perse neanche un'espressione, trovandosi a sorridere anche lei

- Molto interessante, devo ammetterlo! Chi te lo ha insegnato?- le chiese e Alex sorrise

-Mamma- rispose ovvia– prima di sapere che il cancro era irreversibile, aveva deciso di iniziare un corso di vendita, era piuttosto brava, sai?- Jason la guardò completamente spiazzato da quell'ammissione

-Era molto brava con le persone- confermò dopo qualche istante ricordandola ancora una volta e la vide sorridere malinconica

-Sì, è vero, infatti qualunque lavoro avesse fatto, era brava a interagire con clienti e colleghi, tant'è vero che uno dei suoi ultimi lavori era nell'immobiliare e aveva subito ottenuto belle soddisfazioni- Jason sentì una morsa stringere il suo cuore pensando ad Emma, conoscendo un tratto di quella vita della sua amica che gli era stata negata e, a quel pensiero, il dolore alla testa si fece più acuto, iniziava davvero ad essere insopportabile

-Dai siediti al mio posto- le disse scendendo dal pickup stando attento al giramento che sentì; Alex rimase ad osservarlo muoversi con attenzione, il viso dolorante e non poté che prendere il posto di guida, vedendolo sedersi al suo fianco con un sospiro reclinando leggermente la testa indietro

-Come ti senti?- gli chiese, lui sorrise chiudendo gli occhi

-Uno straccio usato starebbe meglio- affermo sentendola sorridere –Te la senti davvero, Alex?- le domandò più serio, girando leggermente la testa per osservarla, lei deglutì e tornò a guardare la strada

-Si, penso di potercela fare- affermò facendo spuntare un sorriso sul volto di Jason per l'espressione convinta che aveva assunto mentre si sistemava il sedile

-Devi andare sempre dritto, non ti puoi sbagliare- precisò lui vedendola rimettere in moto –ma se ti senti stanca, dimmelo che ci fermiamo un po'- aggiunse e lei si girò a guardarlo con un sorriso sul volto

-Non ti preoccupare, non ho sonno per niente, sono abituata a restare sveglia e sono felice di guidare un po'-così dicendo mise la freccia e si rimise sulla strada, avvertendo una strana sensazione trovandosi a guidare l'auto di Jason: aveva pensato fosse complicato gestirla, essendo così grande, si era fatta prendere dalle dimensioni, ma si dovette ricredere perchè in realtà era molto più semplice di quella specie di barattolo rosso, senza servosterzo e senza aria condizionata con cui aveva imparato e che la faceva sudare ogni volta che doveva far manovra; al contrario il pickup sembrava un giocattolo

-Ti va di parlarmi un po' di Emma?- Alex si tese leggermente alla domanda di Jason

-Pensavo volessi dormire, non ti fidi vero?- e lo sentì ridere al suo fianco

- Mi fido ciecamente di te, Alex- e lei sentì di nuovo il sangue scorrere troppo velocemente -volevo solo conoscere un po' meglio quello che avete vissuto- Alex sorrise appena, continuando a guardare la strada

Seguirono attimi di silenzio, quando la voce di Alex riempì di nuovo l'abitacolo

-Mamma ha sempre lavorato da che mi ricordo- iniziò a raccontare – facendo di tutto; quando ero molto piccola aveva trovato lavoro in un bar, la signora Marta, la proprietaria del locale ci aveva preso molto a cuore ed era estremamente gentile, mamma si faceva voler bene perché non si lamentava mai e lavorava sodo; quando era al bar, di solito la mattina, mi lasciava ad un nido d'infanzia, ma non ricordo molto di quel posto, vivevamo vicino Livorno e siamo state lì fino a che ho compiuto tre anni- un sorriso le colorì il viso a quei ricordi –poi da lì ci siamo spostati ancora e per i successivi due anni; se non mi sbaglio, ci siamo spostati a Genova, dove ha lavorato come fruttivendola al mercato, per un pò, ma non si trovava molto bene perché gli orari erano stressanti, soprattutto con me piccola, doveva alzarsi di notte, lasciandomi alla portiera del palazzo dove vivevamo, una signora anziana che mi teneva in casa sua fino al ritorno di mamma, di solito a pranzo; trovò poi lavoro come commessa in un negozio di profumi

-Come si chiamava la portiera?- chiese Jason curioso non distogliendo mai gli occhi da Alex

-Anna, avrà avuto settant'anni ed era vedova senza figli, non le pareva vero di avere una bambina per casa, era una nonna per me- rise a quei ricordi –mi ricordo l'orologio a pendolo che suonava a mezzogiorno, faceva un suono infernale perché mezzo rotto- Jason sorrise, sentendo però il suo cuore fare male

-Dopo siamo ripartite e siamo andate a vivere per un anno in montagna, vicino Cortina, lì mamma aveva trovato lavoro come aiuto cuoca nelle cucine di un albergo, vivevamo in una delle stanze, ma lei odiava il freddo, mentre a me piaceva mettermi davanti la finestra e guardare la neve, sembrava un posto incantato, tutti i rumori venivano attutiti e l'aria sembrava di cristallo- sorrise a quei ricordi- da lì siamo ripartite e siamo andate in Abruzzo, dove siamo rimaste per circa due anni, è stato fino a quando lui non ci ha trovato- Jason ricordò che lei lo aveva raccontato la sera in cui aveva avuto quella crisi

-Lì stavamo benissimo, mamma aveva continuato a lavorare per un albergo, come cameriera e alla fine era diventata direttrice di sala, lavorava molto, ma era anche molto brava, i clienti la adoravano e il responsabile, il Signor Alberto, era entusiasta di poter lasciare un po' del lavoro a qualcuno, le avrebbe fatto fare carriera, ma poi siamo state costrette a lasciare tutto- un sospiro le sfuggì dalle labbra –Andavo a scuola e avevo fatto amicizia con una bambina di nome Sara che mi faceva ridere tanto, era simpatica e giocavamo sempre insieme, mi dispiacque tantissimo andarmene, ma adesso capisco che non avevamo alternative- disse sentendo il magone avvolgerle le membra

-Non deve essere stato facile per voi- la voce di Jason era bassa, ed Alex sentì il tono triste con cui le parlò

-Sicuramente mia madre ha sofferto il dovermi spostare continuamente, a quell'età avevo iniziato a non essere più così contenta di cambiare ogni volta città, ricominciare sempre con persone nuove, lasciare amici con cui stavo legando e iniziare da capo ogni volta, ma credo che lei abbia sofferto di più, anche se non l'ha mai dato a vedere- Jason sospirò guardando la strada

-Era brava a nascondere il dolore- disse e Alex sentì lo stomaco farle male, perché era proprio così: sua madre era stata brava a nascondere il dolore subìto e tutto quello che si portava addosso

-Poi dove siete state?- chiese Jason tornando a fissare il volto di Alex

-Siamo state a Padova per due anni dove ha iniziato prima come aiuto parrucchiera, ma poi cambiò e iniziò a lavorare dentro un'agenzia immobiliare, ma anche lì ci siamo spostate e siamo andate a vivere per un po' a Bologna, dove mamma ha continuato a fare lo stesso lavoro in un'altra agenzia dello stesso gruppo-

Il volto di Alex era concentrato sulla strada, ma lui sapeva che dentro quegli occhi c'erano tutti quegli anni trascorsi tra una città ed un'altra, le difficoltà che Emma aveva dovuto affrontare con una bambina al suo fianco e non poter contare su nessuno se non su sè stessa; ed ora, tutta quella forza era concentrata in una ragazza di neanche vent'anni che aveva scoperto un passato ancora più nascosto rispetto a quello che lei poteva e avrebbe potuto capire all'epoca; 

-Da lì?- chiese Jason vedendo che Alex non continuava

-Dopo quattro anni e mezzo, mia madre ha scoperto di avere un tumore- disse gelandolo –se ne accorse perché aveva iniziato a non sentirsi molto bene, ma non gli aveva dato peso, sicura fosse lo stress, ma quando la cosa stava iniziando ad essere troppo strana, decise di farsi vedere e purtroppo era un tumore- la gola le si era fatta secca a quei ricordi –così ha deciso di tornare a Roma dove è rimasta fino alla fine- aggiunse sentendo gli occhi farsi lucidi, mentre la strada proseguiva e la notte era ancora fitta intorno a loro

-Perché? Perché dobbiamo partire di nuovo?- era così stanca di fare i bagagli e spostarsi, Emma la guardò con apprensione mentre sistemava la valigia sul letto

-E' meglio, tesoro- si limitò di dirle

-Viviamo qui da un po' e stiamo bene, ci sono centri che ti possono curare anche qui-insistette con le lacrime agli occhi vedendo sua madre sospirare stanca, una leggera smorfia le apparve sul viso, mentre si sedeva sul letto, sembrava davvero molto stanca e lei pensò che le pasticche che doveva prendere tre volte al giorno la stavano debilitando invece di aiutarla

-Lo so Alex e hai ragione, ma sto più tranquilla se torniamo a Roma, da Francesca - le disse –ho bisogno anche di lei, adesso più che mai- quell'ultima frase colpì Alex che avvertì un certo malessere nel sentirla parlare in quel modo

-Mamma che ti ha detto il medico?- le chiese e Emma la guardò sorpresa per quella domanda diretta, osservò il viso della giovane ragazzina che era diventata sua figlia: i suoi lineamenti stavano cambiando, lasciando quei tratti infantili e tondeggianti, per dare spazio ad un viso più sottile, i suoi occhi erano diventati più profondi e intensi, il suo fisico stava crescendo e mentre la osservava in tutta quella bellezza pronta a sbocciare, un sorriso dolce le colorì il viso

-Mi ha detto che per guarire devo andare a Roma perché ci sono degli specialisti- mentì –ci vorrà un po' di tempo e non posso permettermi di aspettare oltre- Alex sospirò affranta

-Ma un giorno torneremo qui?- le chiese con ancora un barlume di speranza ed Emma sentì il cuore stringersi a quella richiesta, sapeva quanto la figlia si fosse ambientata e amasse quel posto, si sforzò di sorriderle

-Certo, appena starò meglio- e il volto di Alex si rasserenò e le sorrise

-Vedrai che presto starai bene, così da poter tornare qui e poter aprire un tuo negozio- enunciò Alex, chiamando negozio quello che per Emma era un'agenzia immobiliare tutta sua e sentì il cuore dolere perché sapeva che non ci sarebbe stato nessun ritorno, il passato era destinato a rimanere tale e così i suoi sogni: lei non avrebbe rivisto quella città che aveva imparato ad amare, piena di vita e di persone che l'avevano aiutata e dove aveva scoperto quanto fosse bello vendere case, che le aveva fatto capire che poteva essere brava nel suo lavoro e molto apprezzata da colleghi e clienti. Ma adesso, doveva proteggere ancora di più sua figlia, alla quale non poteva ancora dire nulla di quello che davvero le aveva detto il medico; paradossalmente proprio il ritorno nella città da cui era fuggita, era l'unica alla quale poteva far appello perché l'aiutasse in questo ultimo tratto della sua breve vita, pregando perché avesse tempo per poter sistemare le cose e permettere ad Alex di poter essere libera.

-E' per questo che prima mi hai detto che sei abituata a stare sveglia?- le chiese lui dopo qualche attimo, Alex sospirò sentendo il nodo alla gola stringere un po' di più

-Sì, ero sveglia ogni volta che lei aveva la cura, perché stava malissimo- spiegò non accorgendosi di come quelle parole penetrarono come una lama nell'anima di Jason –a volte, mi svegliavo con il panico e andavo in camera sua e mi mettevo lì ad osservarla respirare, mi tranquillizzava vedere che il suo petto facesse su e giù, sentire i suo respiro- un lieve sorriso gli colorì il volto, nonostante gli occhi lucidi –lei quando si svegliava mi trovava rannicchiata sulla poltrona vicino e si arrabbiava ogni volta perché voleva che io stessi bene, che riposassi- si fermò mordendosi un labbro –per questo chiese alla fine il ricovero- aggiunse e sentì quel dolore riaffiorare, prendere la sua carne e riproporle tutto quello che aveva sentito e provato in quegli anni, come se niente fosse stato cancellato, era ancora tutto lì e forse mai l'avrebbe lasciata, ma sperava di poter imparare a conviverci.

Aprì gli occhi di scatto, come se non si fosse neanche addormentata, si alzò quasi subito, sentiva caldo e un senso di oppressione le comprimeva il petto. Uscì piano dalla sua stanzetta e con il cuore in gola si avvicinò alla porta subito sulla destra, un po' di luce filtrava dalla finestra che rimaneva sempre con le persiane aperte per permettere alla luce del mattino di entrare, come piaceva a sua madre e la trovò nel letto, distesa sul lato destro, come era solita dormire. Alex si avvicinò piano, senza far rumore, ma con l'ansia che non l'avrebbe lasciata finchè non si fosse sincerata che respirasse ancora. Fece ancora qualche passo verso il letto, si avvicinò alla poltrona che teneva lì accanto e con trepidazione rimase in ascolto, ogni muscolo teso in quell'attesa che per lei valeva più di ogni altra cosa; alla fine quel leggero respiro le riempì le orecchie e lei si ritrovò a buttare fuori l'aria che stava trattenendo, il suo corpo si rilassò all'istante e la morsa allo stomaco sembrò diventare meno fastidiosa. Con gambe ancora tremanti si sedette sulla poltrona rivolgendo gli occhi verso il corpo della madre, era rannicchiata e dormiva serena, nonostante avesse avuto la chemioterapia il giorno prima, per fortuna questa volta sembrava essere andata discretamente bene, aveva dato di stomaco solo tre volte subito dopo, riprendendosi già quel pomeriggio, di solito non le bastavano tre giorni .

Si strinse le braccia al petto, poggiando la testa sullo schienale, senza mai staccare lo sguardo da quello della madre, ora di un pallore innaturale, dato non certo dalla luce della notte, ma da quello che da ormai più di un anno e mezzo era costretta a subire per sopravvivere.

Quando aveva capito che la situazione di sua madre fosse grave, aveva avvertito il buio avvolgerla, sprofondare in un abisso dal quale non riusciva a vedere la via d'uscita. Parlando con Francesca, che aveva cercato di tranquillizzarla, aveva capito la situazione delicata della madre, aggrappandosi con tutte le sue forze a quel barlume di speranza che ti fa credere che forse i miracoli al mondo esistono e avere la fortuna di vederne uno. Con quei pensieri i suoi occhi si fecero sempre più pesanti, finchè non si chiusero e lei si addormentò, pregando.

La mano di Jason le si posò sulla sua sorprendendola e riportandola in quel pickup, si girò un attimo a guardarlo, l'espressione afflitta, tanto quanto dovesse essere la sua, condividevano quell' angoscia infondo; strinse quelle dita ruvide trovando il conforto che in quel momento poteva darle solo lui, solo colui che conosceva tutto

-Scusami, Alex, non avrei dovuto chiedertelo- Alex incrociò quello sguardo profondo come quella notte e gli sorrise tornando a guardare davanti a lei

-Quando fu ricoverata, in un primo momento non volevano che restassi lì, ovviamente, ma dopo un po' che mi vedevano tutti i giorni, l'infermiera Sandra e il Dottor Rossi, mi lasciarono spesso dormire lì con lei, anche se questa cosa la faceva sempre arrabbiare, perché preferiva sapere che riposassi nel mio letto, nel nostro minuscolo appartamento- un tiepido sorriso le colorì il viso –ma non avrei mai dormito sapendola lontana da me, quando accadeva, passavo le notti a rigirarmi nel letto, con l'angoscia che il telefono potesse squillare da un momento all'altro- un sospiro le uscì dalle labbra, come se quell'angoscia si fosse fatta di nuovo sentire, ricordandole che quello che aveva provato non poteva essere cancellato e fosse solo lì, meno visibile, ma sempre con lei

-Spesso di notte, quando ero più piccola, mi svegliavo e la trovavo a scrivere, sai?- gli disse dopo diversi istanti, stupendolo – Sono sicura fosse il momento che preferiva, quando tutta la città taceva e non c'era nessuno a poterla disturbare, sapevo che adorava quei momenti e io mi nascondevo, mi piaceva osservarla: seduta su quella sedia, con una gamba accavallata, il caffè fumante vicino e tutto intorno il silenzio di cui aveva bisogno; poi una notte mi decisi ad avvicinarmi- rise a quel ricordo, nonostante il cuore facesse male –si spaventò molto, perché non mi aveva sentito- la risata di Alex contagiò anche Jason –le chiesi cosa facesse, così mi prese in braccio e mi fece vedere il foglio che aveva davanti e mi disse che era una lettera, ed era destinata ad una persona speciale- Jason sgranò lo sguardo a quella confessione – quando gli chiesi chi doveva riceverla lei mi disse che era il suo miglior amico e aggiunse "Alex, io ho avuto la fortuna di conoscere una persona davvero speciale, quando troverai una persona così, non lasciartela scappare"- Jason sentì una morsa chiudersi intorno alla sua carne, gli occhi pizzicarono e dovette guardare fuori dal finestrino per ritrovare la calma a quelle parole 

–Ma con la malattia non è più riuscita a farlo così spesso e questo so che l'affliggeva ancora più della malattia stessa- aggiunse ricordandola quando provava a prendere la penna per scrivere, ma faticasse a tenerla ferma sul foglio e alla fine desisteva con quel tormento negli occhi che lei non riusciva ancora a vedere; con il senno di poi, Alex capì la frustrazione che doveva provare sua madre nel non riuscire a parlare al suo miglior amico, a quanto avesse voluto averlo accanto, eppure aveva desistito dal farsi aiutare a scrivere, o nel chiamarlo. A modo suo, Alex si convinse che sua madre, avesse amato moltissimo Jason, talmente tanto da lasciarlo andare, non imponendogli il suo modo di vivere, la sua vita.

-Ti...ti ha dato fastidio che te lo raccontassi?- Alex, si rese conto del silenzio che regnava ormai da un po', aveva visto Jason rimanere scosso da quanto gli aveva raccontato e subito si era preoccupata del fatto che forse non avrebbe dovuto dirgli nulla, sapendo quanto ancora faticava ad accettare la morte di sua madre e il fatto che non avesse più avuto modo di poterla vedere, poterci parlare

-No, al contrario- le rispose con voce bassa, un po' strozzata e un sospiro gli uscì dalle labbra mentre continuava a guardare fuori la notte che stava lentamente sbiadendo, chiedendosi cosa avesse davvero provato la sua amica, trovandosi sola ad affrontare quello che gli era capitato

-Appena puoi accosta- le disse dopo qualche minuto e Alex senza replicare fece quanto richiesto, individuando una piazzola di sosta; lo vide scendere dal pickup e fare qualche passo lontano, il vento gli scompigliò i capelli, lo vide fermarsi con le mani ai fianchi, la testa bassa, le dava le spalle e si vedeva che stava cercando di ritrovare la calma che evidentemente gli aveva fatto perdere.

Dopo qualche attimo, scese anche lei, l'aria era fredda a quell'ora e un vento invernale soffiava imperterrito, spingendo le nuvole ad inseguirli nel loro tragitto, gli si avvicinò e quando gli fu vicino con mano tremante gli toccò la schiena, sentendolo irrigidirsi sotto quel tocco

-Mi dispiace tanto- gli disse –ma volevo farti sapere che eri sempre nei suoi pensieri e che trovava pace solo quando poteva scriverti- lui rimase fermo facendo un lungo sospiro; si voltò verso di lei con sguardo lucido da levarle il respiro e l'abbracciò forte senza dire nulla, la strinse in un modo che le sembrò di fondersi con il suo corpo, trovandosi a stringere le sue esili braccia ai suoi fianchi; lo sentì abbassare il capo verso di lei

-Grazie, mi hai regalato un pezzo di quel puzzle che cerco di completare da anni- le disse piano e lei si strinse ancora di più a lui, volendogli infondergli un po' di forza, se mai ne avesse avuta, avrebbe voluto trovare il modo per non farlo sentire così, ma sapeva che quello che aveva legato Jason e sua madre era stato qualcosa che nessuno avrebbe potuto aggiustare, correggere, migliorare, nemmeno lei.

La tenne stretta al suo corpo, inebriandosi di quel calore, di quel profumo, cercando di trovare un po' di calma, dopo quelle parole che avevano fatto male; avevano ferito lì dove le cicatrici non si erano mai del tutto rimarginate correttamente, ma allo stesso tempo, ringraziò che fosse stata proprio lei a raccontargli quel passato, a raccontargli di Emma; e lui lo sapeva, l'aveva sempre saputo che gli era stata accanto seppur non fisicamente e ora gli aveva regalato, in qualche modo, la possibilità di conoscere il piccolo miracolo che aveva protetto con tutta sé stessa e che lui si era trovato ad amare incondizionatamente

-Sei forte come tua madre, Alex- le disse guardandola negli occhi lucidi –Forse anche di più, per aver avuto il coraggio di andare avanti, di non soccombere al dolore che ti porti dentro- Alex rimase senza fiato e una lacrima le solcò la guancia –Dio solo sa quanto avete sofferto entrambe e quanta sofferenza dovete aver provato- le prese il viso tra le mani e trovò la forza di sorriderle

–Ogni giorno mi stai insegnando cosa vuol dire andare avanti, nonostante tutto- Alex fu colpita da quelle parole che mai si sarebbe aspettata –Hai addirittura trovato il coraggio di consolare me, di scusarti per quello che mi hai raccontato, quando sarei dovuto essere io quello al quale avresti dovuto appoggiarti, sarei dovuto essere io a supportare te- un senso di malinconia e tristezza adombrò il suo viso –Mi sento davvero un perdente davanti ai tuoi occhi, Alex- confessò –Mi dispiace davvero tanto di non essere stato altrettanto forte – aggiunse, lei a quel punto gli sorrise dolcemente posando una mano sul petto di Jason, proprio all'altezza del cuore, un gesto che gli mozzò letteralmente il fiato –Sei solo tu che non ti accorgi di quanto invece mi hai aiutato e continui a farlo, Jason- sussurrò – Non mi hai mai guardato con compassione, con pena, come invece hanno sempre fatto tutti- occhi negli occhi, Jason sentì il suo cuore sbattere violento contro la gabbia toracica –Non sapevo di cosa avessi bisogno fino a quando non ti ho conosciuto; tu mi hai mostrato in qualche modo che posso andare avanti, che posso farcela- alle parole di Alex, lui sgranò lo sguardo e sentì ogni parte del suo corpo tendersi sotto quegli occhi

Di nuovo l'abbracciò forte, stretta a sé, per non rischiare di baciarla sotto quel cielo carico di acqua e vento che profumava di una notte gelata e che sarebbe rimasta cristallizzata in ogni angolo del suo cuore. 

- Torniamo a casa- le disse staccandosi un po' da lei e accarezzandole una guancia guardando dentro il mare dei suoi occhi, un po' liquidi e rossi con quel sorriso che stava diventando la sua droga, ciò che gli permetteva di rinascere ogni volta; la vide così piccola eppure così grande nelle emozioni e nei sentimenti, tanto da sentirsi ferito per tutta quella forza che forse lui non aveva mai avuto, ma dalla quale avrebbe potuto imparare, sentendo lo spietato amore che gli tormentava il cuore e l'anima.  

Le passò una mano sopra le spalle, tenendola stretta, chiedendosi come sarebbe sopravvissuto se tutto fosse un giorno finito, se le loro vite si fossero separate, se quello che stavano per affrontare al loro ritorno avesse inciso così tanto da costringerli a cambiare ancora una volta le loro vite. Si avviarono verso l'auto, dove di nuovo prese il posto di guida continuando la strada, avvertendo quel magone dato dall'incertezza, dal suo giurarsi che avrebbe fatto di tutto per lei, ma non sapendo se fosse bastato, sperando con tutto sè stesso che fosse possibile. 

Le parole di Alex quella sera, gli avevano reso i ricordi più vivi: mentre la sentiva raccontare si era ritrovato a rivedere quel passato che lo aveva fatto star male, e allo stesso tempo gli aveva strappato tanti momenti di pura gioia; Alex, senza saperlo, gli aveva dato la possibilità di rileggere la sua vita, in una chiave diversa. allungò ogni tanto lo sguardo verso di lei che in poco tempo chiuse gli occhi, cullata dal motore dell'auto che procedeva spedita, con un peso nel cuore che in qualche modo stava diventando sopportabile, lo poteva sentire bene, ma dopo tutto quel raccontare, un pò della sua anima si era come alleggerita, quelle ferite profonde nel suo cuore sembravano più pulite, tanto da poterle guardare con chiarezza e sapere come poter andare avanti senza sanguinare come aveva fatto da sempre.

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Capitolo 37
*** 36 ***


36

Alex era in defibrillazione, perché proprio il giorno del loro rientro avevano ricevuto la fatidica telefonata che li informava della presa in carico della loro richiesta di matrimonio e presto li avrebbero contattai per il loro primo incontro con i funzionari.

Per sua fortuna, anche Liz aveva fatto ritorno e con lei Mike e l'apertura del pub che le avevano permesso di divagare un po' la mente, ma i suoi pensieri erano tutti concentrati su quanto da lì a poco sarebbe dovuto accadere, ne dipendeva il suo futuro e quello di Jason; quest'ultimo aveva ripreso il lavoro a pieno regime, avendone parecchio in arretrato e passando tutto il giorno chiuso nel suo seminterrato uscendo solo per mangiare e dormire e, in quei giorni, dopo il loro ritorno, Alex aveva notato quanto fosse diventato pensieroso.

Era spesso assorto, qualcosa lo tenevano lontano e Alex si era più volte chiesta se fosse dipeso dal racconto che aveva fatto della sua vita a Jason, mentre percorrevano la strada verso casa, quando gli aveva confidato la sua vita da bambina e quello che aveva passato, oppure quello che le aveva sempre detto la madre su di lui, o più semplicemente era preoccupato per il padre; aveva sentito Jason discutere al telefono con il fratello, anche Margaret lo aveva chiamato e Alex poteva solo immaginare quello che gli avevano detto, anche se sperava vivamente che le cose si calmassero prima o poi

-Alex? Mi stai ascoltando?- la voce di Liz la riportò in quella cucina, si guardò un po' intorno spaesata facendo ridere la moretta –Eri così assorta che ho parlato per cinque minuti da sola!- le disse ridendo e facendo arricciare anche le labbra di Alex

-Scusami, sono un po' in ansia per i colloqui- affermò in una mezza verità; il giorno prima si erano riviste e aveva raccontato tutto a Liz, della telefonata per il loro primo incontro con i funzionari, ma soprattutto quello che era accaduto a Londra e la sua amica non poteva credere che Jason avesse cercato di baciarla, cosa che Alex aveva più volte negato affermando che erano molto vicini, ma che non si sarebbero mai e poi mai baciati, sentendo ancora nelle orecchie la risata sguaiata che le aveva rivolto Liz al suo racconto

Avrei proprio voluto vedere se non avesse chiamato Camille!- le aveva detto facendola diventare un arcobaleno di colori per l'imbarazzo, ma per fortuna il discorso era caduto lì e si erano concentrate sull'arrivo del colloquio; Liz era convinta che ce la potessero fare, consigliandole di dare un'occhiata ai vari prodotti che Jason usava, o il tipo di vestiario che aveva e poi le aveva suggerito di mettersi d'accordo con lui per dire un'unica versione dei fatti che ritenevano poter raccontare, ma Alex ancora non era riuscita a parlare con il diretto interessato, un po' perché lo aveva visto sempre impegnato con il suo lavoro, un po' perché lei stessa aveva paura di parlarne

-Cosa mi stavi dicendo Liz?- chiese riprendendo ad impastare i muffin al cioccolato che aveva deciso di preparare quella sera, la moretta la guardò maliziosa

-Ti ho detto che dovresti pensare ad un regalo per Jason!- ripeté non accorgendosi di come Alex si fosse cristallizzata a quelle parole –Sì, insomma, è vero che è un uomo delle caverne e probabilmente basterebbe regalargli che so, una clava, un sasso o cose del genere, ma so che per te non è così, vero?- le chiese sorniona e Alex arrossì riprendendo a cucinare

-Mi ero completamente dimenticata che tra poco sarà il suo compleanno- ammise, mancavano pochi giorni ma era stata presa da una miriade di pensieri, fuorché il compleanno di Jason –non ho idea cosa possa piacergli o cosa potrebbe fargli comodo- aggiunse e pensò che fosse un altro punto a suo sfavore se pensava al colloquio

-Gli puoi fare una bella torta a forma di cuore- Alex la guardò con occhi sgranati facendo ridere di gusto la moretta

-Liz! Ma che dici?!- e sentì di nuovo tutto l'imbarazzo per quel suggerimento

-Avanti, oramai è chiaro come il sole! Ti piace e tu piaci a lui!- Alex la guardò quasi oltraggiata da quella frase

-Non è vero! Stiamo diventando amici!- precisò e Liz alzò un sopracciglio con aria scettica

-Davvero pensi questo?- le chiese avvicinandosi, tornando seria –Ma se ogni volta che parli di lui ti si illumina lo sguardo e poi,scusa, vi stavate per baciare!- le disse lasciandola a bocca aperta

-Ancora con questa storia! Ti ho detto che ci siamo ritrovati molto vicini, ma non potremmo mai baciarci!- Liz rise come il giorno prima facendola indispettire, perché non voleva capire?

-Alex, se ti senti più tranquilla a pensarla così va bene, ma fidati, se ti dico che tra voi due c'è un po' più di un'amicizia e credimi quando ti dico che i sentimenti che provi per Jason, non gli sono indifferenti- Alex distolse lo sguardo da quello dell'amica, le faceva strano parlare in quei termini di Jason e soprattutto le dava fastidio che fosse diventato così evidente quanto fosse presa da lui

-Si vede tanto?- le chiese dopo minuti di silenzio, la moretta aveva ripreso a preparare gli hamburger, ma si fermò a guardarla

-Cosa?- Alex sbuffò infornando i muffin

-Lo sai!- la riprese –Che mi piace- aggiunse abbassando il tono per farsi sentire solo da lei avvertendo un tuffo al cuore nel dirlo così apertamente

-Per me lo è, ma non so quanto lui ne sia cosciente- le rispose Liz sorridendole dolcemente –a dire il vero, forse, non si rende conto che sei innamorata di lui, ma è un uomo e per di più delle caverne, per cui non mi aspetto molto- Alex non trattenne un sorriso

-Dico sul serio Liz, che devo fare?- le chiese sedendosi al bancone accanto all'amica dopo aver infornato i dolcetti, si sentiva tremendamente frustrata per la cosa

-Puoi amarlo in silenzio oppure puoi amarlo dicendoglielo- Alex rimase frastornata da tanta chiarezza

-Non potrei mai dirglielo, non penso che sia possibile- ammise –lui mi vuole bene, lo so, l'ho capito, ma non credo che questo includa il fatto di provare qualcosa di più, inoltre è complicato- sbuffò – io sono la figlia della sua migliore amica, del suo primo amore, abbiamo tantissimi anni di differenza, insomma è strano- esternare così tutti i suoi dubbi, le fece venire mal di stomaco, perché effettivamente non c'era niente di normale nel loro rapporto

-Quindi che vuoi fare?- le chiese la moretta prendendo da bere per entrambe –Ti tieni tutto dentro e aspetti di trovare qualcuno che possa piacerti?- la provocò –Sai che non sarà possibile, sei presa da lui e vedi solo Jason accanto a te- Liz aveva ragione, ma come avrebbe potuto dirgli quello che sentiva?

-Ancora mi devo rendere conto di quello che provo Liz, per ora è meglio lasciare che questa cosa non interferisca con quello che ci aspetta- Liz sospirò e bevve un po' di birra

-Amica mia, non si possono reprimere i sentimenti, inoltre rischi che qualcuna possa portartelo via- le disse allusiva facendola indispettire ancora una volta e provocando nella mora una fragorosa risata

-Sto scherzando, Alex!-la rassicurò –Non vuoi credermi, ma sono certa che lui provi qualcosa per te, sarà strano anche per lui ma non potete reprimere per sempre quello che sentite- il vociare forte di Mike fece riprendere il lavoro ad entrambe che lasciarono morire lì il discorso.

Mike entrò dalla porta, con un sorriso a trentadue denti

-Buona sera ragazze!- le salutò portando loro le prime ordinazione

-Come mai quel sorriso da idiota?- chiese Liz facendolo sbuffare

-Devi sempre rovinare il mio buon umore, sei peggio di un gufo del malaugurio!- le rimbrottò facendo ridere Alex

-A limite un uccello, non un gufo!- precisò spazientita Liz, mentre il fratello prendeva un paio di piatti già pronti

-No, no, tu sei proprio un gufo!- le disse facendola andare su tutte le furie mentre Alex non trattenne una risata

–Comunque ero contento perché abbiamo deciso, con alcuni amici, di festeggiare Jason in un posto e non vedo l'ora di veder la sua faccia!- disse ritrovando il sorriso

-Dove?- chiese curiosa Alex e vide Mike guardarla gongolando

-Lo portiamo in un localino per soli uomini, mia cara- le rispose sornione prendendo l'ordine ormai pronto e uscendo dalla cucina, ma per rientrare subito dopo

-Mi raccomando non dite nulla, sarà una grande sorpresa!- e ridendo uscì dalla cucina lasciando Alex a bocca aperta

-Stai bene?- le chiese Liz capendo lo stato d'animo di Alex

-Sì, credo di sì- disse poco convinta, l'amica sospirò posandole una mano sulla spalla

-Stai tranquilla, il massimo che faranno sarà ubriacarsi- le disse –non c'è da preoccuparsi- e le fece un leggero sorriso per riprendere il suo lavoro, mentre un sapore amaro arrivò alla bocca di Alex pensando che quell'idea non aveva niente della grande sorpresa.

Quella mattina il cielo era plumbeo, aveva piovuto tutta la notte e una coltre di nebbia e pioggerella aveva invaso l'intero paesaggio, Alex si strinse nelle spalle osservando dalla finestra quello scenario; dopo la rivelazione di Mike aveva avuto difficoltà a dormire ed era rimasta a rotolarsi nelle coperte, fino a quando non aveva deciso di alzarsi e tenere la mente occupata sistemando un po' la casa.

A quello si era unito ancora di più il pensiero del colloquio che si sarebbe svolto il giorno seguente: alle dieci si sarebbero dovuti recare all'ufficio preposto

-Alex?- la voce di Jason la fece voltare verso le scale, era vestito con jeans e maglia a maniche lunghe arrotolate fino a i gomiti, le sorrise scendendo gli ultimi gradini –Stai bene?- le chiese e lei abbozzò un mezzo sorriso tornando a guardare fuori, stava diventando complicato guardarlo negli occhi dopo quella chiacchierata con Liz

-Più o meno- rispose e lui rise

-Non sei convincente, lo sai?- e lei si trovò a sorridere in maniera più naturale

–Si tratta del colloquio, vero?- e lei avrebbe voluto dire che a torturarla oltre a quello c'era anche il fatto che le scoppiasse il cuore per lui e non poter dire nulla, inoltre c'era anche quell'idea di Mike di portarlo in un locale per soli uomini, ma si astenne dal rivelare qualcosa e fece solo un cenno d'assenso e lo sentì sospirare

-Ho qualcosa per te- le disse stupendola e quando si voltò a guardarlo, vide che le stava porgendo una scatola rossa, forse una volta contenente un profumo

-Cos'è? – chiese curiosa prendendola mentre lo vide accendersi una sigaretta

-Ci ho pensato in questi giorni, non ero sicuro di fare bene a dartela, ma alla fine penso che sia giusto che tu sappia un po' di me e tua madre- lo sguardo di Alex si ampliò per la sorpresa di quelle parole, guardò la scatola che ora aveva assunto un significato importante

-Lì c'è tutto quello che Emma ha significato per me- le disse spiazzandola – ogni foto, ogni lettera, ogni biglietto, tutto- Alex sentì gli occhi farsi lucidi -vorrei che li tenessi tu, che custodissi tu il nostro passato- aggiunse l'uomo lasciandola con un nodo in gola

-Jason, non posso questo è parte di te...e- ma lui le fece alzare il viso con un dito per farsi guardare bene negli occhi e lei avverti il turbamento di averlo così vicino

-E' il mio passato, ma è anche quello di tua madre e te lo sto offrendo, voglio che ce l'abbia tu- sospirò appoggiandosi al caminetto continuando a guardarla

–C'è molta roba, anche se non sembra- le disse sorridendole facendo uscire un po' di fumo di sigaretta dalle labbra, Alex teneva il volto rivolto a quella scatola, con il cuore che aveva preso a battere forte nel petto, curiosità mista a paura si erano riversate in lei, nell'avere quell'oggetto tra le mani e con passo tremante si sedette sul divano, tenendola ben salda anche se sembrava pesasse più del dovuto, forse perchè piena di quegli anni che avevano tormentato l'uomo che aveva davanti

-Mi hai raccontato una parte della vostra vita, in auto, quando stavamo tornando- la voce di Jason si era fatta più bassa e lentamente si avvicinò a lei, sedendosi sulla poltrona al sui fianco -mi rendo conto che quello che avete vissuto è impossibile da raccontare, se non a grandi linee e, forse, neanche sono così pronto da volerlo ascoltare- la guardò con un'intensità che le fermò il respiro –mi fa ancora male, lo devo ammettere, perché c'è una parte di me che vorrebbe poter tornare indietro e cercare di cambiare le cose, per non doverle veder prendere quelle scelte che l'hanno portata via- si fermò e sbuffò portandosi una mano a tirare indietro i capelli che gli ricaddero prontamente davanti agli occhi

–Per molto tempo ho odiato la piccola bambina di cui mi parlava- quella frase fece fermare il cuore di Alex che inconsciamente strinse le mani su quella scatola –Colpevolizzandola per averla costretta ad andare via- quelle parole la lasciarono senza fiato, Jason appoggiò le braccia alle gambe guardando a terra

-Ho capito tardi che a sbagliare ero io, perché vedevo nel passato, la sentenza alle mie azioni e non il risultato di scelte dettate da situazioni che non potevo controllare, che non dipendevano da me- un sospiro gli uscì dalle labbra

–Tua madre mi ha insegnato una grande lezione Alex: l'essere forte pur stando soli, non arrendersi mai, ma soprattutto che alcune persone rimarranno per sempre nel tuo cuore, pur non facendolo nella vita di tutti i giorni- la guardò e Alex credette di affogare in quegli occhi, ora mossi da sentimenti che la fecero vibrare dall'emozione

–Una lezione che ho imparato a caro prezzo, ma che mi ha permesso di iniziare ad accettare le sue scelte e devo ringraziare te per questo- il cuore di Alex si fermò – tu per prima mi hai insegnato cosa vuol dire perdere una persona importante, eppure, fare di tutto per tornare a vivere- il silenzio riempì la stanza, gli occhi di Alex si erano fatti lucidi fissando l'uomo che ora le sorrise ed allungò una mano ad accarezzarle una guancia –Voglio davvero condividere con te questo mio piccolo puzzle che riguarda anche Emma, te lo devo – Alex socchiuse gli occhi a quel contatto e un leggero sorriso le colorì le labbra, capendo la scelta coraggiosa di Jason: voleva renderla partecipe del suo passato, permettendole anche di capire meglio quello che legava lui e sua madre

-Vado a lavorare di sotto, così avrai tutto il tempo- le disse dopo qualche istante, facendo scivolare la mano da quel viso e avviandosi verso il seminterrato lasciandola a guardare quella scatola che custodiva sentimenti, gioie, dolori di Jason e sua madre

Rimase così seduta su quel divano, con il silenzio di un tardo pomeriggio invernale, il rumore del fuoco, sentendo l'eco delle parole di Jason e del peso che avevano; dopo un profondo sospiro, aprì lentamente quel tesoro e rimase a fissare buste di lettere, bigliettini, fotografie e un pezzetto di legno che prese tra le mani: era il simbolo dell'infinito, fatto sicuramente da Jason, se lo rigirò tra le mani, pensando a quanta amarezza fosse custodita in quelle pagine.

Con lentezza iniziò a guardare prendendo un biglietto, era di colore verde con l'immagine di un bell'albero di Natale, lo aveva scritto la madre

"Tantissimi Auguri Jas, che tu possa realizzare ogni tuo desiderio"

Lo posò per prendere una lettera che aprì con mani tremanti

Ciao Jas! Come stai?

Io sono appena uscita da una giornata infernale, Alex ha la febbre da giorni, il lavoro è tanto e io mi devo barcamenare a fare tutto...ce la farò? Spero di si!

Qui fa freddo, un freddo cane, sai quanto odio le temperature rigide e non puoi capire che fatica che faccio anche solo per uscire dal letto la mattina!

Qualche giorno fa ho ricevuto la tua lettera, come al solito inviata da Francy!

Sono contenta che l'Accademia vada bene anche se immagino che non sia semplice, ma tu sei un talento e sono sicura che sarà un gioco da ragazzi per te!

Sei nato per creare qualcosa di speciale con le tue mani, non sprecare la tua dote!

Ti voglio bene

Em

Alex capì subito che si trattava di quando vivevano a Cortina, un sorriso amaro le colorì le labbra, la madre odiava profondamente il freddo pungente di quei posti e lei si ammalò perché, al contrario, passava molto tempo fuori a giocare con la neve; quegli anni le tornarono in un attimo davanti agli occhi, mentre prendeva un altro bigliettino con disegnato un enorme coniglio che teneva tra le zampette un cestino pieno di uova colorate

"Finalmente la tua festa preferita! Non mangiare troppa cioccolata! Auguri Jas, BUONA PASQUA!!"

Rimase così a rimirare qualche altro biglietto di auguri per ogni festività che fosse passata e qualche lettera, fino a quando non ripose tutto, chiudendo quella scatola dei ricordi.

Si asciugò il viso, era stato devastante sapere perfettamente quando la madre aveva scritto alcune di quelle lettere, dov'erano in quel momento, piuttosto che in un altro, le parole che usava per descrivere quello che passava e, lei, lo sapeva bene quello che avevano dovuto superare per andare avanti; con il senno di poi, era riuscita a dare molto più peso a certi fatto piuttosto a che ad altri, aveva capito molto meglio anche gli atteggiamenti di sua madre e ciò a cui aveva rinunciato; sospirò posando la scatola sul tavolino, si alzò con il corpo indolenzito, le sembrò di essere appena uscita da un incontro di boxe, le dolevano le spalle, il collo, le gambe, sistemò il fuoco che nel frattempo stava scemando d'intensità, per cercare quel calore che in quelle ore le era scivolato via

-Come è andata?- la voce di Jason la sorprese, si strinse nelle spalle sforzandosi di sorridere

-E' stata dura- ammise –perché so cosa c'è dietro a molte di quelle parole scritte - aggiunse, lui le si avvicinò sorridendole in maniera dolce

-Lo so, ma credo che sia giusto per te conoscere anche questo aspetto di tua madre- lei distolse lo sguardo sentendo gli occhi troppo lucidi per specchiarsi in quell'oceano che erano quelli di Jason

-Mi hai dato qualcosa di molto importante- gli disse sentendosi imbarazzata–grazie- e lui le accarezzò una guancia facendole imporporare le guance

-Io sto costruendo il mio puzzle del passato, credo che valga anche per te- lei fece un leggero cenno del capo, mentre lui le sorrise

-Voglio che al colloquio rimaniamo noi stessi, Alex- quella frase la colpì –non voglio che costruiamo qualcosa che non esiste, solo per piacere a gente che sa perfettamente dove trovare l'inganno- le lasciò il viso per prenderle una mano ed intrecciare le dita con le sue, Alex ebbe un brivido al modo in cui lui la strinse, stava diventando tremendamente naturale

-Ma loro chiederanno cose personali per entrambi- disse vedendolo fare un cenno con il capo

-Te l'ho detto gli diremo la verità, sei qui da poco, loro questo lo sapranno per via del tuo passaporto e non avrebbe senso inventare storie, vediamo come va, che tipi sono e poi ci regoleremo- la gola di Alex si chiuse per la preoccupazione –Voglio che tu rimanga quello che sei, non voglio che ti sforzi di fare cose che non senti, non ha senso mentire con loro- aggiunse e Alex abbassò la testa sulle loro mani e sospirò pensando che avesse ragione, forse dovevano solo interpretare quello che erano

–Andiamo a dormire, domani ci aspetta una giornata impegnativa- le disse sorridendole e sciogliendo quell'intreccio di dita –Ce la faremo- le ribadì sorridendole

Ce la dovevano fare, pensò sdraiato sul letto.

Non voleva caricarla di preoccupazione, per quello era stato più discreto possibile, voleva davvero che lei stesse tranquilla, ma era giunto alla conclusione che fosse inutile preparasi una parte che sarebbe stata sicuramente smascherata, di questo ne era pienamente convinto, ma allo stesso tempo un senso di preoccupazione lo stava tormentando da quando lo avevano avvertito dell'incontro, per non parlare di quello che sentiva ogni giorno crescergli dentro il cuore; aveva quasi ringraziato il lavoro arretrato che l'aveva tenuto mentalmente e fisicamente occupato, altrimenti sarebbe scoppiato, perché era così che si sentiva: una bomba ad orologeria. Ogni volta che stava vicino a lei non riusciva più a trattenersi, gli veniva normale accarezzarle una guancia, o prenderle una mano, abbracciarla e questo intensificava quello che provava e che stava cercando di non far uscire più del dovuto. Sperava con tutto il cuore che Alex avesse scambiato quel suo modo di fare per un affetto dettato da un'amicizia profonda che stava nascendo e non dall'amore che nutriva e che lo stava devastando, che figura ci avrebbe fatto? Sospirando si girò su un fianco osservando il chiarore della luna filtrare tra le persiane rotte e un sospiro gli uscì dalle labbra, doveva anche prendere in mano la questione della sua famiglia che in quei giorni si erano fatti sentire piuttosto frequentemente e non certo per cordialità, ovviamente suo fratello Will non si era risparmiato, quanto alla madre era stata più discreta, non arrivando alle parolacce, ma il suo disappunto era emerso in ogni frase, ogni sospiro, ogni attimo.

Suo padre era in ospedale, con un grave problema cardiaco e lui era andato via con Alex.

Non c'aveva pensato neanche un attimo e la cosa che l'aveva sconvolto non erano state quelle telefonate, quanto piuttosto la certezza che tornando indietro lo avrebbe rifatto, o più presumibilmente non ci sarebbe proprio andato.

Per lui, ora, la sua priorità era Alex e non c'era famiglia a potergli far pensare il contrario, avrebbe accettato tutto da loro, ma adesso, aveva qualcosa di più importante a cui prestare la massima attenzione e non voleva che la sua famiglia gli rovinasse anche questo suo piccolo angolo di paradiso.

Non l'avrebbe permesso ancora.

Nonostante la testa piena di pensieri, lentamente lasciò che il sonno lo avvolgesse e per una volta, riuscì a sognare di quei giorni in cui era stato davvero tanto felice, quei giorni in cui i suoi 17 anni si erano rivelati essere davvero i migliori, fino a quando quelle immagini vennero scansate da un volto che lo guardava con occhi del colore del mare e che gli sorrideva in quel modo così dolce che lo faceva rinascere ogni volta, che lo rendeva migliore un pezzetto per volta.

 

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Capitolo 38
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La mattina seguente la giornata non era per nulla migliorata, Alex si era cambiata almeno due volte, indecisa su come andare vestita: alla fine aveva optato per un pantalone scuro pesante, degli stivaletti e un maglioncino a collo alto di colore crema, voleva un abbigliamento sobrio, com'era lei del resto; aveva deciso di legarsi i capelli in una coda, ma alla fine l'aveva sciolta e ora si stava spazzolando i capelli per l'ennesima volta. 

Era agitata, non poteva negarlo.

Non sapeva cosa aspettarsi e questo le creava davvero ansia. Non era neanche riuscita a mangiare nulla a colazione, aveva bevuto giusto un cappuccino che però continuava a starle sullo stomaco; sospirò per l'ennesima volta, decidendo di mettere due fermagli ai lati della testa per fermare parte dei capelli e, una volta deciso che potesse andare bene, uscì dal bagno e si avviò nel salotto dove trovò Jason già pronto, per nulla turbato, aveva solo uno sguardo più cupo e serioso, ma quando la vide le sorrise

-Pronta?- le chiese e lei si trovò a buttare fuori un lungo sospiro per fare un cenno del capo e seguirlo fuori.

Arrivarono all'ufficio preposto in dieci minuti di macchina che per Alex furono lunghi come un'ora ferma in fila, le sembrava che il tempo quel giorno la stesse prendendo in giro, giocando sul fatto che lei fremeva dalla voglia di togliersi il pensiero del primo incontro, mentre lui dava l'impressione di trascorrere con una lentezza disarmante, anche le macchine davanti a loro sembravano sapere che in qualche modo avevano fretta e, per burlarsi di loro, davano l'idea di volerli rallentare a tutti i costi;  un ennesimo sbuffo le uscì dalle labbra facendo ridere Jason

-Alex, cerca di stare tranquilla- le disse –non stai respirando!- aggiunse riuscendo comunque a farla sorridere, seppur in maniera tirata

-Vorrei avere la tua calma- ammise e lui la guardò un attimo prima di concentrarsi di nuovo sulla strada

-E' una calma apparente la mia- le disse –ma se continui a rimanere con il fiato corto, mi toccherà rianimarti- e lei si ritrovò ad arrossire sentendolo ridere al suo fianco

Nonostante pensasse il contrario, arrivarono puntuali e vennero mandati al primo piano di quell'edificio in mattoni grigi, con finestre bianche, nell'ufficio 15 dove erano attesi dai funzionari che avrebbero lavorato la loro pratica.

Si ritrovarono a salire quella scala in pietra, abbellita da una ringhiera in ferro battuto con motivi floreali che li accompagnò fino alla loro destinazione. Alex guardava l'enorme edificio, gli spazi grandi, il pavimento lucido che stavano percorrendo, le persone che giravano al suo interno, sperando con tutto il cuore che quell'incontro si potesse svolgere nel migliore dei modi.

Arrivata davanti la porta Jason si fermò e la guardò sorridendole

-Ci siamo- le disse e lei si trovò a deglutire mordendosi il labbro, ma poi una mano  le prese il volto e lei si ritrovò a fissare quegli occhi che tanto amava, avvertendo il suo viso prendere il solito colore dell'imbarazzo, si era abbassato al suo livello e il suo profumo la travolse 

 –Andrà bene- le disse sorridendole per poi avvicinarsi al viso e posare un leggero bacio sulla  fronte –Ce la faremo- le sussurrò per guardarla un'ultima volta e bussare alla porta in legno scuro davanti a loro

Vennero accolti dalla voce di una donna che li invitò ad entrare; la stanza era piuttosto ampia, con al centro un bel tavolo in legno di forma ovale con diverse sedie tutte intorno, ampie finestre facevano entrare lo scorcio di quella grigia mattina, l'illuminazione era data da lampade dorate che proiettavano una luce calda in tutta la stanza, abbellita da un quadro molto grande su una delle pareti dove era disegnato un paesaggio collinare e da alcune librerie piene di enciclopedie

-Buongiorno- la voce del funzionario fece concentrare l'attenzione di Alex verso una donna sulla sessantina ben portati, si era alzata dal suo posto per andargli incontro e porgere loro la mano, aveva un viso magro, un naso piuttosto lungo e dritto, occhi azzurri molto belli appena truccati, una bocca piccola ma che mostrò una dentatura perfetta, portava un rigoroso tailleur marrone scuro che metteva in risalto la sua carnagione chiarissima e i capelli talmente biondi da sembrare bianchi, acconciati dietro la nuca

-Buongiorno- rispose stringendole la mano

-Sono Emily Larson, molto piacere- si presentò per poi fare un cenno con la mano verso le poltrone

–Accomodatevi pure- disse loro riprendendo posto al lato opposto del tavolo dove già c'erano diversi fascicoli aperti, Alex si strinse nelle spalle sentendo la preoccupazione crescere

-Sta arrivando anche il mio collega, è andato a prenderci un po' di caffè, spero vada bene- disse con un sorriso

-Molto gentili, grazie- rispose Jason, Alex allungò lo sguardo verso di lui trovandolo a proprio agio e con un leggero sorriso sulle labbra

-Bene- disse la donna indossando un paio di occhialetti da lettura dalla montatura in plastica di colore rosso –Mentre aspettiamo, intanto vi chiedo di confermarmi i vostri dati anagrafici, per favore- e porse loro un foglio, Jason si avvicinò al tavolo e lesse velocemente

-Sì, sono corretti- rispose passandolo nuovamente alla donna che lo prese e lo sistemò in uno dei fascicoli, in quel momento la porta si aprì e alle spalle di Alex e Jason entrò un uomo alto sul metro e ottanta, cinquant'anni, forse qualcosa meno pensò Alex osservandolo, era moro, anche lui con occhi chiari, un naso un po' grosso rispetto al viso leggermente coperto da una barba, indossava un abito blu, con camicia azzurra e appena entrò sorrise loro, mentre posò il vassoio con i caffè sul tavolo e si presentò allungando una mano

-Buongiorno sono John Miller- Jason si alzò e così fece Alex presentandosi e stringendogli la mano, poi l'uomo si affiancò alla collega

-Prego servitevi pure- li esortò e Jason si avvicinò di nuovo al tavolo

-Alex ti metto un po' di latte, va bene?- le chiese e lei si trovò a sussurrare un sì, sentendosi priva della possibilità di dire altro, quando si voltò a guardare verso i due funzionari, vide la donna osservarla da sopra gli occhialetti e sorriderle, per poi riprendere a cercare qualcosa tra i fogli, Alex deglutì e ringraziò Jason che le passò il bicchiere, aveva bisogno di bere qualcosa vista l'arsura che sentiva

Anche i funzionari presero i rispettivi bicchierini

–Oggi è davvero una giornataccia- esordì il Signor Miller bevendo un po' di caffè – abbiamo preso acqua da quando siamo partiti- aggiunse con un sorriso facendo sorridere anche la sua collega

-Sì, sono due giorni che il tempo è così, purtroppo questo è il periodo peggiore- disse Jason e l'uomo fece un cenno d'assenso

-E' vero, per i prossimi due, tre mesi, sarà difficile trovare una bella giornata- affermò, Alex si sentiva sulle spine, odiava le conversazioni fatte solo per riempire i momenti morti, ma allo stesso tempo era terrorizzata da quello che sarebbe potuto succedere, chiedendosi se anche quelle parole buttate lì potessero essere comunque un modo per analizzarli

-Infatti ci chiedevamo quando avevate in mente di convolare a nozze- chiese allusiva la donna sorridendo appena e Alex avvertì il sangue ghiacciarsi

-Oh, beh, pensavamo di farlo appena avessimo preso il visto-affermò Jason e la donna fece un cenno con il capo segnando qualcosa su un foglio, mentre l'uomo accanto a lei si era sistemato meglio sulla sedia, prendendo un ennesimo fascicolo e una penna in mano

-Non con la bella stagione?- chiese curioso –Sarebbe un peccato se vi trovaste ad affrontare il giorno del matrimonio con questo tempaccio- disse, Jason si sforzò di sorridergli

-Vorremmo fare un passo per volta, Signor Miller, prima questo e poi inizieremo a pensare al matrimonio- l'uomo fece un cenno con il capo

-Signor Parker, Signorina Savelli, sapete come sono le tempistiche collegate a questo tipo di richieste? – chiese loro la donna togliendosi gli occhiali per guardarli bene, Alex si scrutò con Jason il quale sospirò prima di rispondere

-Sappiamo ciò che c'era scritto nella domanda di richiesta, abbiamo letto che bisognerà seguire una serie di colloqui e attendere il responso per poter procedere e ottenere così il foglio di vista per Alex- spiegò, la donna fece un cenno d'assenso con il capo, incrociando le braccia sul tavolo

-Sì, in realtà questo tipo di situazione, richiede del tempo, come potete immaginare- parlò ad entrambi, con voce pacata e ben impostata, aveva sicurezza in ogni cosa che diceva

–All'inizio questo tipo di situazioni si sbrigavano con alcuni colloqui, ma con il tempo e con i matrimoni finti che si sono scoperti, sono un po' cambiate le regole- spiegò –So che ai vostri occhi non siamo ben accetti, lo possiamo perfettamente capire, dando per scontato che il vostro sia un rapporto a tutti gli effetti vero, ma purtroppo per qualche mela marcia in passato, si è dovuto ricorrere ad essere piuttosto rigorosi in queste faccende- Alex bevve ancora dal suo bicchiere, cercando di trovare la calma

-Ci sembra più che giusto, vero Alex?- la voce di Jason le fece voltare il viso verso di lui e istintivamente sorrise per poi tornare a guardare verso i due funzionari

-Assolutamente- affermò e la donna fece un cenno con il capo, rimettendosi gli occhiali

-Bene, abbiamo letto che lei, Signorina Savelli, è qui da qualche mese- e Alex la vide prendere un  ennesimo fascicolo ed aprirlo

-Sì- rispose –Sono qui da cinque mesi- aggiunse, la donna annotò ancora qualcosa, prima di tornare a fissarla

-E come si trova?- le chiese con un leggero sorriso

-Non è stato facile all'inizio- ammise sorridendo a sua volta –ma adesso non vorrei essere da nessun'altra parte- aggiunse sforzandosi di rimanere calma, pur sapendo di dire solo la verità. Jason cercò di non mostrare l'emozione che provò nel sentirle dire così, sperando nel profondo del suo cuore che fosse davvero quello che voleva: restare lì con lui.

-Come mai non è stato facile all'inizio?- chiese ancora la Signora Larson e Alex si trovò a deglutire, osservando anche l'uomo davanti a lei 

-E' stato un cambiamento non da poco venire qui, non ero molto convinta a dire il vero- la donna le sorrise

-Abbiamo visto che lei ha perso sua madre, circa otto mesi fa, vero? Ci dispiace molto- sembrava sincera

-Grazie, sì purtroppo è vero -confermò

-Lei è di Roma, come mai è venuta qui?- l'uomo si intromise sorridendole

-Mia madre era una vecchia amica di Jason- rispose e il Signor Miller senza guardarla segnò anche lui qualcosa su quei fogli

-Signor Parker lei che lavoro fa?- chiese senza guardarli ma continuando a scrivere

-Sono uno scultore, lavoro il legno- la signora Larson lo guardò stupita

-Un lavoro bello quanto raro- affermò e Jason fece un cenno d'assenso con il capo

-Sì, non è molto comune al giorno d'oggi- la donna riprese a scrivere così come l'uomo, Alex si ritrovò ad incrociare lo sguardo con Jason che le sorrise

-Lei Signor Parker è di qui?- continuò l'uomo appoggiandosi allo schienale della sedia

-No, sono nato a Londra, lì vive la mia famiglia- rispose serio

-Lei è per caso il figlio del Signor Parker, l'avvocato e diplomatico?- gli chiese e Jason storse leggermente il naso –Sì, sono io- ammise e l'uomo gli sorrise

-Ma davvero? Conosco il vostro studio per alcune pratiche, quindi Will è suo fratello- e Jason si limitò a rispondere con un cenno del capo

–Come sta suo padre? Abbiamo saputo non stare molto bene- s'inserì la donna e Jason sopirò

-Ha subito un intervento al cuore, si sta riprendendo anche se la situazione non è facile- spiegò

-Ci dispiace, speriamo riesca a rimettere presto- aggiunse l'uomo

-Grazie- rispose Jason, entrambi i funzionari ripresero a scrivere

-L'indirizzo che ha riportato è dove vivete?- chiese loro Larson

-Sì, viviamo lì- Jason si sistemò meglio sulla sedia, mentre Alex si strinse le mani in grembo

-E' di sua proprietà la casa?- Jason fece un cenno con il capo prima di rispondere

-Era dei genitori di mia madre, ma la mia famiglia non ama molto questo posto, per cui lasciano che ci viva io- la donna abbassò lo sguardo e riprese a scrivere

-Ha scelto una carriera completamente diversa rispetto suo padre e suo fratello- constatò l'uomo guardandolo –Come mai? Infondo avrebbe avuto un lavoro assicurato- Jason serrò la mascella, troppe volte gli avevano detto quelle parole

-E' proprio per questo che ho scelto altro, non volevo quel tipo di vita, conoscendola molto bene- l'uomo lo fissò qualche attimo, prima di sorridergli e scrivere

-Lei signorina Savelli lavora?- domandò la donna

-Sì, lavoro da tre mesi al pub Blue Line- affermò

-Ha un contratto?- chiese ancora la donna, stavolta senza guardarla

-Sì- e vide la donna fare un cenno con il capo

-Come si trova?- chiese poi, guardandola da sopra gli occhialetti con un sorriso appena accennato, Alex si strinse nelle spalle

-Benissimo, lavoro la sera e mi trovo bene sia per il lavoro in sè sia per le persone con cui lavoro- rispose

-Srebbe possibile, magari più in là, parlare anche con il suo datore di lavoro?- chiese l'uomo

-Mi scusi, come mai?- s'intromise Jason, non si aspettava quella richiesta, l'uomo si appoggiò al tavolo

-Prima, questo tipo di richieste non venivano fatte, ma oggi ci prendiamo ogni possibilità per poter accertare il rapporto che hanno le persone che fanno richiesta del foglio di vista, anche parlare con familiari e, o, datori di lavoro, amici, eccetera- spiegò l'uomo

-Capiamo che questo può significare violare la vostra privacy, Signor Parker, ma deve capire che lo facciamo unicamente per darvi la possibilità di ottenere il via libera- aggiunse la donna, Jason serrò la mascella, per nulla contento della cosa

- Posso farvi io una domanda?- l'uomo lo guardò con un leggero sorriso

-Ma certamente, siamo qui anche per chiarivi tutto quello che concerne la procedura- disse, Jason fece un cenno d'assenso 

–Quanti colloqui avete intenzione di fare per assicurarvi che la nostra relazione sia vera?- chiese con arroganza, Alex fremette sulla sedia vedendo l'espressione seria che sia la Signora Larson che il Signor Miller gli rivolsero

-Vede, Signor Parker, come già detto, capiamo che possiamo risultare invadenti..-iniziò il Signor Miller

-Invadenti è solo una delle parole che avevo in mente- lo interruppe Jason e Alex sospirò azzardando un sorriso imbarazzato verso la Signora Larson che le aveva rivolto uno sguardo attento; il signor Miller rise divertito

-Non ha mezze misure, vero signor Parker?-chiese ironico –Le piace chiarire subito quali sono i suoi pensieri- aggiunse scuotendo appena la testa e riprendendo a scrivere, Jason sbuffò

-Amo la chiarezza e sapere che verrà fatto il terzo grado anche ad altre persone oltre a noi, è una cosa che non mi va molto a genio- disse risoluto

-Se ne faccia una ragione Signor Parker – la compostezza della donna gelò Alex che si strinse nelle spalle

-Se davvero volete sposarvi, questa è la procedura, né più né meno- disse risoluta, riprendendo a scrivere; Jason sbuffò appoggiandosi allo schienale della sedia e Alex ebbe l'impulso di allungare una mano e posarla su quella di Jason che si girò a guardarla sorpreso, per poi sorriderle e stringerla

-Signorina Savelli, ha parenti in Italia?- la domanda la gelò completamente, guardò in imbarazzo il Signor Miller che le aveva rivolto la domanda –Suo padre?- chiese ancora l'uomo, Alex scosse la testa sforzandosi di rispondere, sentendo la presa di Jason farsi più serrata sulla sua mano

-No, mia madre non sapeva chi fosse mio padre, mi ha avuto molto giovane, non l'ho mai saputo- il Signor Miller riprese a scrivere

-Parenti di sua madre?- chiese allora la donna appoggiandosi al tavolo e incrociando le mani davanti a lei, sembrava interessata alla questione, Alex scosse ancora una volta la testa

-No, nessuno, mia madre aveva tagliato da tempo i rapporti con loro, eravamo solo io e lei- rispose cercando di mantenere lo sguardo in quello fermo della donna davanti a lei

-Non deve essere stato facile- ipotizzò la donna

-Non lo è stato, ma mia madre è riuscita a non farmi pesare questa cosa- affermò risoluta, la donna riprese a scrivere

-Signor Parker, frequentava ancora la madre della Signorina Savelli, prima che venisse qui?- Jason fissò l'uomo davanti a sé prima di rispondere

-No, non ci vedevamo da anni, ma siamo sempre rimasti in contatto- affermò serio

-Quindi voi due non vi conoscevate prima?- chiese ancora l'uomo e Jason confermò con il capo

-La conoscevo dai racconti di Emma, la madre, ma non l'avevo mai vista prima del suo arrivo- specificò, seguirono attimi di silenzio che vennero spezzati dalla voce della donna che sorrise poco convinta

-Non è un po' strano che una donna con la quale non aveva più rapporti così stretti, facesse venire qui sua figlia? E non è strano che nel giro di pochi mesi sia scoppiato l'amore, tanto da arrivare al matrimonio?- chiese e Alex percepì l'ansia attraversarla dalla testa ai piedi

-Sì- ammise semplicemente Jason spiazzando un po' tutti –Lo è stato, non mi sarei mai aspettato che Emma facesse venire qui sua figlia, ma eravamo davvero molto amici, forse ha solo voluto un aiuto in un momento delicato per lei; per quanto riguarda i sentimenti, sono reali- i due funzionari li osservarono qualche secondo per poi scambiarsi una rapida occhiata

-Signorina Savelli lei conferma?- chiese la donna senza guardarla

-Sì, è stato inaspettato quando ho saputo di dover venire qui- ammise, la donna alzò il capo attenta fissandola

-Ha appena detto che ha saputo di dover  venire qui, è corretto?- chiese e Alex deglutì

-Sì- rispose incerta

-Come lo ha saputo?- Alex sentì la mano di Jason stringerla leggermente e questo le diede la forza di continuare

-Tramite il legale che seguiva la situazione di mia madre- affermò –nella lettura delle sue ultime volontà c'era la richiesta che io venissi qui e restassi finché fosse possibile o finché non decidessi di andarmene-aggiunse

-Lei ha un conto intestato con una cifra non indifferente, Signorina Savelli- affermò il Signor Miller

-Sì, è il lascito di mia madre- rispose

-Sarebbe possibile mettersi in contatto con il suo legale?- chiese ancora la donna

-Certo- rispose Alex e la donna le passò un foglio 

– Bene ci lasci una mail o un recapito, ce ne occuperemo noi- le disse e Alex prese il telefonino per ricopiare il numero dell'avvocato con relativa mail

-Bene signori- esordì dopo qualche minuto il Signor Miller –per oggi abbiamo finito- disse alzandosi con un sorriso di circostanza stampato sul volto, seguito dalla sua collega e così anche da Jason e Alex che sentì chiaramente le gambe farsi molli come burro, ringraziando che Jason le stesse ancora tenendo la mano, perché aveva l'impressione che le forze le stessero per mancare

-Ci vedremo giovedì alle undici sempre qui- disse ancora l'uomo stringendo la mano a Jason e subito dopo ad Alex –Vi preghiamo di informarci qualora vi doveste allontanare dalla città o se ci fossero problemi- aggiunse, Jason sorrise fintamente cordiale

-Ma certamente- rispose per poi stringere la mano alla donna

-Vi vorrei avvertire che prima o poi verremo a visitare anche la vostra abitazione- comunicò quest'ultima con un sorriso appena accennato

-Cosa intende?- chiese Jason preso in contropiede

–Quello che ho detto Signor Parker, verremo anche a visitare la vostra casa- ripetè

-E quando?- chiese brusco, la donna ampliò il sorriso per nulla turbata

-Intanto continueremo con i colloqui, Signor Parker, per cui si rilassi- rispose stringendo la mano ad Alex per poi dare loro le spalle e avviarsi di nuovo verso il tavolo; Jason sospirò pesantemente facendo un cenno di saluto al Signor Miller ed uscendo dalla stanza, Alex stava per seguirlo ma la voce dell'uomo la fermò

-Non dev'essere un tipo semplice, il nostro Jason- disse con un sorrisetto sulle labbra, Alex si girò verso di lui –Quindi lei giudica un libro solo dalla copertina?- chiese a sua volta vedendogli sparire quell'aria ironica con la quale la stava guardando

–Arrivederci- salutò velocemente l'uomo, seguendo Jason e appena mise il piede fuori quell'edificio si ritrovò a fare un lungo sospiro di sollievo, chiedendosi se non avesse esagerato nel parlare al Signor Miller in quel modo, ma le era venuto così naturale da non rendersene conto; le aveva dato fastidio sentirlo parlare di Jason a quel modo, anche se quest'ultimo non si era proprio trattenuto al colloquio, ma lo poteva capire perfettamente: sapere che da quel momento in poi sarebbero stati sotto la lente d'ingrandimento non era proprio il massimo, avendo sempre paura di fare qualcosa che potesse mettere in dubbio il loro rapporto; inoltre, ora, sapevano che avrebbero messo sotto torchio anche altre persone e la cosa la impensieriva non poco; sospirò e si guardò intorno per cercare Jason, trovandolo appoggiato al suo pickup con una sigaretta accesa, aveva il volto basso e la sua postura era piuttosto rigida, Alex gli si avvicinò e solo quando gli fu davanti, lui si decise ad alzare la testa, aspirò una lunga boccata di fumo, prima di prendere la sigaretta e spegnerla

-Stai be..- lui però la interruppe

-Mi dispiace, dovevo essere meno irruento- le disse, il volto scuro e la mascella ben tesa, lei si morse il labbro guardandosi intorno

-Hai fatto quello che avrei fatto anche io, se non mi fosse venuto il panico- ammise –le loro domande, i loro atteggiamenti, il modo di parlare, tutto mi fa saltare i nervi- sbuffò –sembra che siamo colpevoli  ancora prima di iniziare tutto- lui sospirò frustrato

-Questa cosa che vorranno parlare con i miei familiari, non mi fa stare per nulla tranquillo- ammise -dai andiamo-così dicendo montò in auto e lei lo seguì

****

Arrivarono al pub di Mike che trovarono intento a smontare una lampadina appesa al soffitto

-Vi stavo pensando ragazzi!- gli disse scendendo dalla sedia sulla quale si era arrampicato

 –Come è andata?- chiese e Jason sbuffò sedendosi al suo posto. Il locale era chiuso, era l'una del pomeriggio, per cui anche Alex si accomodò al bancone

-Non saprei che dirti- rispose sospirando, in quel momento arrivò dalla cucina anche Liz

-Allora?- chiese entusiasta, ma il sorriso le morì sulle labbra vedendo le facce sconsolate di Alex e Jason

-Sarà difficile- disse quest'ultimo –sono belli tosti- aggiunse, Mike sospirò e si avviò dietro al bancone prendendo un paio di bicchieri per riempirli di birra e passarli ai due arrivati

-Sono due uomini?- chiese curioso

-No, un uomo e una donna- rispose Alex bevendo poi un sorso di birra

-Uno più stronzo dell'altra- disse Jason rabbioso

-Beh ma che pretendevi? Delle fatine?- chiese ridendo Mike per sdrammatizzare

 –Era prevedibile che fossero due persone che non si lasciano prendere per i fondelli- si appoggiò al bancone sospirando –Che vi hanno chiesto?- Jason fece un breve riassunto e sia Liz che Mike rimasero parecchio colpiti dalle tante domande e dal modo in cui i funzionari si erano mossi

-Beh sì, devo ammettere che non mi sembra molto semplice, anche se non lo credevo, ma sentendo quanto mi hai detto, credo che vi aspettano giorni duri, ragazzi- disse il rasato prendendo un po' di carne che intanto Liz aveva portato per mangiare qualcosa

-Che avete in mente di fare?- chiese la moretta guardando la sua amica che si strinse nelle spalle

-Cercheremo di fare del nostro meglio- rispose e Liz sbuffò spazientita

-Voi dovete fare di più!- sbottò –Qui vi state giocando il futuro di entrambi se ancora non l'avete capito!- Alex abbassò il capo sentendosi in qualche modo colpevole, mentre Jason sbuffò appoggiando il viso ad una mano

-Grazie Liz, adesso sì che è tutto più semplice! A volte mi chiedo cosa faremo senza di te!- la punzecchiò facendo ridere Mike che venne colpito alla testa da uno scappellotto da parte della sorella

-Dico sul serio, idiota!- gli rispose –Tu e Alex rischiate grosso se questi due tipi sospettano che state solo facendo finta! Vi dovete impegnare di più!- Jason scosse la testa sorridendo

-Faremo quello che possiamo- le rispose e lei assottigliò lo sguardo

-Evidentemente non è abbastanza!- Mike le posò una mano sulla spalla per farla calmare

-Avanti Liz, non ti sembra di esagerare?- le chiese e lei si scostò dal fratello

-Vi ricordate che c'è il rischio del carcere?- Alex a quella parola sentì il sangue ghiacciarsi 

–Voi potete essere accusati di mentire e passare grossi guai! Non potete rischiare!- le parole di Liz scossero sia Alex che Jason che a quel punto sospirò tornando serio, sapendo bene quanto la ragazza avesse ragione, ma sinceramente non aveva idea di come poter fare; non potevano certo far finta più di quanto stavano già facendo, sarebbe risultato troppo evidente, ma la cosa stava davvero diventando complicata

-Cambiando discorso- esordì Mike –sabato è il tuo compleanno, no?- e Jason lo guardò stralunato

-Che diavolo centra questo?- chiese e il rasato rise divertito

-Nulla, ma ho organizzato qualcosa per te!- gli disse gongolando, mentre il volto di Jason si tramutò in una smorfia 

–Lo sai che non amo le feste, non vedo perché quest'anno dovrebbe essere diverso- Alex intanto sentì lo stomaco stringersi, sapendo cosa Mike avesse organizzato, guardò verso l'amica che le fece un cenno del capo ed entrambe si avviarono in cucina per stare più tranquille

-Come stai?- le chiese la moretta vedendola sottotono

-E' tutto talmente frustrante che mi viene da urlare-ammise Alex sedendosi sullo sgabello, Liz rise divertita

-Perché non provate ad essere un po' più complici davanti ai funzionari?- le chiese con sguardo malizioso e Alex arrossì all'istante girando lo sguardo

-Perché sarebbe evidente che stiamo fingendo- Liz sbuffò

-Sì, forse, ma almeno gli potreste far vedere quello che vogliono vedere- Alex la guardò senza capire, così Liz continuò –loro si aspettano una coppia, per cui è ovvio per loro che due ragazzi si tengano per mano, si abbraccino, sorridano complici, si bacino- Alex rimase a bocca aperta diventando di varie tonalità di rosso

-Non..non credo di poterlo mai fare, Liz- la moretta le sorrise

-Devi dire a Jason che dovete fare un po' più la coppia e meno la bella e la bestia!- Alex iniziò a ridere per quella frase e ringraziò Liz che come al solito riusciva a tirarla su di morale

****

-Pensi di farcela?- Jason sospirò alla domanda di Mike, le ragazze erano andate in cucina, per cui era libero di parlare con il suo amico

-No- ammise –pensavo di sì, ma credo davvero che sarà durissima passare i colloqui, soprattutto perchè sicuramente chiederanno di parlare anche con la mia famiglia- Mike gli si sedette accanto, bevendo anche lui un po' di birra –Quando verranno qui, ti posso assicurare che farò di tutto per Alex- Jason gli sorrise grato, sapeva di poter contare su lui e Liz e tutto in quel momento era importante

-Avete parlato un po'? Le hai chiesto cose un po' più personali, così da poterle riferire a quei due?- Jason scosse la testa –No, non ci siamo parlati su quel fronte- Mike alzò il sopracciglio curioso

-E su quale fronte?- chiese con aria maliziosa, Jason gli rifilò un'occhiataccia

–Non fare il cretino- gli disse-le ho dato però tutto quello che avevo conservato della madre- Mike rimase sorpreso da quella rivelazione

-Lettere, biglietti di auguri, foto, ho voluto dargli la scatola che tenevo per poterle permettere di capire un po' meglio il legame che c'era tra Emma e me- si passò una mano tra i capelli sospirando –tornando da Londra lei mi ha raccontato un po' della loro vita e del fatto che Emma le avesse parlato di me, in qualche modo, mi ha dipinto come un amico speciale e mi ha raccontato che la madre trovava conforto solo quando poteva scrivermi- si girò verso un Mike attento ad ascoltare –non mi ha mai dimenticato,Mike, anzi, sentendo Alex era proprio il contrario- sorrise stancamente, gli sembrò di avere addosso mille anni

–Sono io ad aver creduto il contrario- continuò- sono io ad aver pensato che lei mi chiamasse sempre meno perché mi stesse dimenticando, che mi scrivesse sempre meno perchè avesse altro da fare- sospirò sentendo un nodo allo stomaco –pensavo che si fosse trovata qualcuno e avesse iniziato a vivere la sua vita, che di me non ricordasse nulla- scosse leggermente la testa con un sorriso malinconico a colorirgli il volto –ma la realtà era che si era ammalata e non poteva più scrivermi come prima, chiamarmi quando voleva- si coprì il viso con entrambe le mani, sentendo una tristezza profonda pesargli sul cuore;

-Mi dispiace davvero molto amico- disse Mike posando una mano sulla sua spalla per dargli conforto, Jason si girò verso di lui, lo sguardo liquido e un'espressione di gratitudine

-Dai, che ti farò passare questo muso lungo- lo prese in giro il rasato e Jason si trovò a ridere

-Non voglio festeggiare Mike!- ribadì, ma il rasato lo liquidò con un gesto della mano

-Sì che festeggerai, è inutile che dici il contrario, a costo di prenderti di peso, tu verrai con me e gli altri!- Jason sbuffò per poi sorridere all'amico

-Prima del festeggiamento, avrei qualcosa da fare di importante, non so se ti ricordi che ho altri colloqui- disse e Mike sospirò 

–Li affronterete da coppia, no?- e Jason lo guardò scettico

–Da coppia?- ripetè e il rasato sorrise

-Approfitta di questo momento – gli disse allusivo facendolo dapprima inorridire, per poi scoppiare a ridere all'espressione sorniona che Mike aveva assunto

-Mike sei davvero un coglione- disse bevendo un po' di birra

-No, amico, quello è il tuo stato di solito- rispose –ma a parte gli scherzi, dovreste sforzarvi ad essere un po' più complici se volete che vi credano- Jason guardò nel bicchiere oramai vuoto

-Lo so, ma sarebbe una forzatura, si vedrebbe e non mi va di mettere a disagio Alex- Mike sospirò 

-Jas, se non li convincete, rischiate grosso, non scordarlo quando ti ritroverai a parlare con loro- entrambi sospirarono

–Che altro è successo a Londra, non ti ho ancora chiesto nulla- Jason lo guardò incerto e quell'occhiata venne subito intercettata da Mike che assottigliò lo sguardo

-Jas?- lo richiamò, vedendolo come girasse lo sguardo verso il bancone –Che cazzo hai combinato?- 

 

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Capitolo 39
*** 38 ***


38

Anche quella mattina pioveva, mentre percorrevano la strada che li avrebbe portati al loro secondo colloquio. Alex era più agitata del solito, non tanto per quello che sarebbe accaduto, quanto all'avvicinarsi del compleanno di Jason e la "festa"organizzata da Mike.

Quando vide l'edificio davanti a loro, sospirò e scese dall'auto, venendo raggiunta subito da Jason che la coprì con l'ombrello che aveva portato, le passò una mano sulle spalle per tenerla vicino a sé e non bagnare entrambi; Alex si beò e si calmò sentendo il calore che Jason emanava, così come il suo profumo inconfondibile che ora sapeva anche di sigaretta, avendone già fatte fuori almeno tre nel giro di mezz'ora, e pensare che quella mattina le aveva detto di sentirsi tranquillo, un sorriso le spuntò sulle labbra ricordando la loro breve conversazione mentre lei finiva di bere il caffè e lui scalpitata tra il salone e la cucina.

Arrivati davanti al solito ufficio bussarono e vennero accolti dai due funzionari che li salutarono con una stretta di mano e li fecero accomodare

-Come state?- chiese gentilmente il Signor Miller ad entrambi

-Bene, grazie- rispose Jason sforzandosi di sorridere, l'uomo fece un cenno d'assenso e prese una cartellina con alcuni fogli e la solita penna

-Signor Parker, Signorina Savelli- esordì incrociando le mani sul tavolo sospirando –vogliamo essere sinceri, perché perdere tempo, non è nelle nostre corde e credo non esserlo neanche per voi- si fermò un attimo, Alex vide gli occhi dell'uomo guardarli attentamente e si ritrovò a deglutire un po' preoccupata –con la mia collega abbiamo già da subito delle riserve rispetto alla veridicità della vostra relazione- quelle parole fecero fermare il cuore di Alex che guardò verso Jason fermo come una statua con lo sguardo fisso davanti a sé

–Questo non vuol dire che verrete denunciati per ora, ma il fatto che lei, Signor Parker conoscesse la madre della Signorina Savelli, fa presupporre che la vostra sia una relazione dettata da un'amicizia di vecchia data, potrebbe benissimo trattarsi di un favore per poter far prendere la cittadinanza alla Signorina Savelli- Alex sentì chiaramente le forze scivolarle via

–Abbiamo parlato con il suo legale, Signorina Savelli- si inserì la Larson- confermandoci che fu sua madre a volerla far venire qui e che lei non conosce nessuno dei suoi parenti in Italia- si fermò un attimo sospirando-ci ha anche rivelato di una diatriba tra sua madre e suo nonno, per cui credo sia normale che lei non conosca i suoi parenti- aggiunse

-Neanche abbiamo iniziato i colloqui e già avete dato la vostra fottuta sentenza!- Alex si girò di scatto verso Jason e gli posò una mano sul braccio per farlo calmare

-Signor Parker- sospirò il Signor Miller –il rapporto che c'era sicuramente avrà inciso su quello che è ora la vostra relazione..- Jason rise in maniera sarcastica interrompendolo

-E questo cosa centra? E' come dire che ci ha fatto conoscere una persona in comune!- si portò con il busto verso il tavolo –Anche lei è sposato, vista la fede che indossa, Signor Miller, magari ha conosciuto sua moglie tramite amici in comune- l'uomo in questione si mosse sulla sedia in modo spazientito

-Sì, ha ragione, mia moglie però è Inglese, mentre voi avete nazionalità diverse e questo ci obbliga a mettere in dubbio ogni cosa- disse severo, perdendo quel sorrisetto che aveva sempre manifestato

-Mettere in dubbio ogni cosa, così come ha appena detto, fa apparire il vostro lavoro già segnato da preconcetti- gli occhi di tutti si concentrarono su Alex che si sforzò di sorridere – questo metterebbe comunque in dubbio la lucidità e oggettività del vostro lavoro, tanto da poterci consentire un ricorso- non sapeva come avesse trovato il coraggio di parlare, ma non voleva perdere quella battaglia, andando a ripescare uno degli articoli di legge del regolamento compilato.

Aveva letto che fosse consentito solo in rari casi, ma avrebbe fatto di tutto affinchè Jason non corresse nessun pericolo per quella storia

-La sua osservazione è più che giusta- affermò la Signora Larson che rivolse un rapido sguardo a Miller -quello che il mio collega voleva dire, sta nel fatto che trovare un accordo matrimoniale, diciamo così, tra persone che sono molto amiche è piuttosto facile, non pensa? – Alex fece un cenno d'assenso

-E lei non pensa che questo lo abbiamo messo in conto prendendoci la responsabilità di ciò che abbiamo deciso di fare?-chiese - Compilando quei moduli, sapevamo che saremmo partiti svantaggiati, perché sarebbero venuti fuori i trascorsi tra mia madre e Jason, ma ci siamo comunque voluti fidare del lavoro svolto dalle persone incaricate a svolgere questo compito, sapendo bene che per voi non sia facile, ma non per questo possiamo permetterci di essere giudicati a priori, quantomeno vorremmo un atteggiamento onesto- sentì la mano di Jason afferrarle la sua e stringerla in un modo che le fece per un attimo perdere lucidità, guardò verso il funzionario in questione prima di continuare–Lei ha esordito dicendo che volete essere più che sinceri, beh noi pretendiamo anche onestà visto che ci stiamo affidando a voi- i due funzionari si guardarono stupiti da tanta chiarezza

-Potreste scusarci un attimo?- disse la Signora Larson, dopo qualche attimo di silenzio carico di tensione, fece un breve cenno al collega che si alzò ed entrambi uscirono dall'ufficio; solo quando Alex sentì la porta alle loro spalle richiudersi, buttò fuori tutta l'aria che aveva trattenuto

-Hai mai pensato di fare l'avvocato?- Alex incrociò lo sguardo soddisfatto di Jason che la fissava con quel bel sorriso a colorirgli il volto e non potè non iniziare a ridere

-Dici che ho sbagliato?- gli chiese un po' incerta e lui rise riempiendo la stanza, le si avvicinò a un soffio dal viso, lasciandola un po' spaesata da quel gesto

-Sei stata stupenda- le soffiò all'orecchio, lasciandola completamente stordita, ma quel momento venne interrotto dal ritorno dei due funzionari; Jason si scostò sospirando, continuando a tenerle ancora la mano, le loro dita erano intrecciate ed Alex fu costretta a prendere un po' di acqua dal vicino bicchiere che i funzionari avevano fatto trovare al loro arrivo, ringraziandoli mentalmente, perché aveva bisogno di bere qualcosa che le permettesse di trovare un po' di calma, dopo quelle tre parole sussurrate.

La signora Larson rimase in piedi davanti la scrivania, mentre il suo collega si sedette, concentrando la sua attenzione sul tavolo

-Signori, alla luce di quanto è emerso, a ragione del fatto che il mio collega ha espressamente detto ciò che pensa sulla questione, faremo richiesta per essere sostituiti da altri colleghi, affinchè possiate contare su un risultato più che veritiero, non possiamo rischiare che le nostre supposizioni possano minare il giudizio finale- prese un attimo di pausa – vi chiedo pertanto di firmarci il foglio che ci permette di passare la pratica ad altro ufficio- detto questo, prese il primo foglio che aveva davanti e lo porse ad Alex che sciolse la mano da quella di Jason per poter firmare

-Aspetta- la voce di Jason la fermò e anche i due funzionari lo guardarono curiosi

-Non vogliamo altri funzionari- disse e Alex si voltò verso di lui con sguardo stupito

-Jason, ma che stai dicendo?- gli chiese e lui non la guardò concentrando la sua attenzione sulla Signora Larson

-Permetteteci di dimostrarvi che la nostra relazione è vera- disse con il cuore che gli batteva come un tamburo nel petto – non vorrei che la nostra storia passi da un ufficio ad un altro, da funzionari ad altri, vorrei solo che potessimo trovare un accordo per continuare questi colloqui senza alcun preconcetto, così come fareste in altrettante situazioni- avrebbe lottato fino la fine e forse, questa mossa, poteva aiutarli –certo per noi è un rischio in più, ma voglio fidarmi del vostro giudizio perché non abbiamo nulla da nascondere- 

Alex posò la penna che aveva preso in mano e non riuscì a staccare gli occhi di dosso da Jason, rubandone ogni espressione, ogni più piccolo dettaglio: quello sguardo fisso e attento sui funzionari, quelle leggere rughe d'espressione, la mascella ben tesa, la barba appena accennata, perché quella mattina non aveva fatto in tempo, le labbra dischiuse, il suo atteggiamento fiero, sempre, non riuscì a non sorridere felice di averlo accanto.

Jason si era reso conto che Alex, con il suo intervento, fosse riuscita a girare quella situazione a loro vantaggio, senza neanche accorgersene: era stata capace di insinuare un senso di inadeguatezza in questi due funzionari tutti d'un pezzo che ora stavano facendo i conti con una ragazza, anzi no, una giovane e bellissima donna, che senza mezzi termini li aveva messi con le spalle al muro e lui, ora, voleva solo prendere al volo quell'occasione; si girò lentamente verso il volto della donna ancora in piedi dall'altra parte del tavolo e si sforzò di non sorridere nel vederla un po' a disagio rivolgere un ennesimo sguardo al suo collega, per poi sospirare e sedersi

-Capisco cosa vuole dire, Signor Parker, già affrontare queste situazioni è piuttosto stressante per voi futuri sposi, lo sappiamo bene e rallentare tutto finendo nelle mani di altre persone è fastidioso- strinse le mani davanti a lei sul tavolo –e continuando con il discorso della sincerità, per me non ci sarebbero problemi, ma non so se il mio collega sia dello stesso avviso- così dicendo il suo sguardo severo si posò su Miller che rimase spiazzato e in imbarazzo per essere al centro di quella discussione

-Io..beh.. è una situazione abbastanza strana- disse spostandosi sulla sedia –quando capitano questo genere di condizioni, noi funzionari scegliamo di tirarci indietro per permettere ad altrettanti colleghi di svolgere bene il proprio lavoro- Alex si sporse sul tavolo

-La situazione strana l'ha creata lei, Signor Miller, per noi non c'era alcun problema- specificò e Jason dovette trattenersi dal non scoppiare a ridere per l'espressione oltraggiata dell'uomo e, se in quel momento la situazione fosse stata diversa, probabilmente l'avrebbe baciata lì senza darle tante spiegazioni

 –Vogliamo comunque continuare con voi- disse prendendo la parola- dimostrarle che si è sbagliato, darle la possibilità di ricredersi e constatare che la nostra relazione sia vera- Miller lo guardò con aria accigliata, non sapendo bene come comportarsi

-Se posso intromettermi, Phill- la voce della Larson riportò gli sguardi sulla donna –credo che la Signorina Savelli e il Signor Parker abbiano ragione- sospirò prima di continuare - per cercare di compiere il nostro lavoro al meglio, potremmo continuare i colloqui ma stando sempre in due, anche quando i due coniugi verranno visti singolarmente, affinchè le nostre idee possano essere confrontate e decidere di conseguenza- Miller la guardò poco convinto e lei continuò –So che hai già una tua idea, l'hai espressa in maniera piuttosto chiara, ma potremmo comunque verificare la loro relazione e continuare con il nostro lavoro, il dipartimento non ama il cambio di funzionari per una mala gestione, perché è di questo che si tratta- l'uomo rimase in silenzio per qualche attimo prima di sospirare e abbassare il capo per poi tornare a guardare verso di loro con un sorriso più sincero sul volto

-Va bene, continueremo e vi garantisco che metterò da parte le mie idee dandovi modo di dimostrare quello che avete affermato- Alex a quel punto sospirò di sollievo sorridendo, voltandosi verso Jason che ricambiò quel sorriso

-Molto bene signori- la Signora Larson sembrò più tranquilla –continueremo domani e inizieremo a parlare con ognuno di voi due separatamente e successivamente verremo a dare un'occhiata alla vostra casa- disse alzandosi e porgendo loro la mano

Respirare l'aria fuori quegli uffici, fu bellissimo per Jason che sentiva ancora addosso l'adrenalina per quello che era successo, abbassò il capo al suo fianco per incrociare il bel volto di Alex che stava facendo un profondo respiro, anche lei per ritrovare la calma e lui non si trattenne nel prenderle di nuovo la mano, sentendola irrigidirsi per quel gesto inatteso, ma voleva non solo sentirle la pelle calda e morbida, voleva rassicurarla, voleva farle sapere che lui c'era e ci sarebbe sempre stato per lei, e quando si voltò verso di lui si sorrisero complici; Jason si chiese se avesse fatto bene a puntare ancora su Miller, in fondo poteva andargli meglio con qualcun altro, ma l'istinto gli aveva detto di provarci e pregò tutti i santi che il suo sesto senso avesse avuto ragione.

-Il loro ufficio si trova da questo lato della strada, sicuramente staranno osservando, giochiamo fino in fondo- e la vide finalmente ridere più serena stringendo e ricambiando quel gesto, riempiendo il cuore di Jason di una speranza che stava diventando sempre più ingombrante

***

-Allora Signorina Savelli- esordì Miller

-La prego, mi chiami Alex- lo interruppe ed entrambi i funzionari le sorrisero

-Molto bene, Alex- riprese l'uomo –ci parli un po' di questo suo trasferimento qui- e Alex iniziò a raccontare di quanto si sentisse spaesata all'inizio, di quanto sognava di poter tornare a Roma, a casa sua, di quanto le mancasse tutto quello che fino a quando non fu costretta a lasciare, non aveva mai notato; raccontò del suo primo incontro con Jason, il timore che aveva provato, di quanto fosse rimasto sconvolto nel sapere che Emma, l'aveva mandata a vivere con lui. A quei ricordi, raccontati, le sembrò passata una vita intera e non qualche mese

-Cosa ama di Jason- la interruppe la Signora Larson, Alex arrossì subito alla domanda e un sorriso imbarazzato le colorì il viso che abbasso

-La sua simpatia non è credibile, vero?- chiese facendo ridere entrambi i funzionari –Non so cosa di preciso mi abbia fatto innamorare- riprese e i suoi occhi volarono verso la finestra, dove si vedevano le nuvole mosse dal vento e il sole che spuntava tra esse –probabilmente il fatto che non sia una persona prevedibile, un po' come il tempo qui- la donna la guardò sorpresa per poi sorriderle e appuntare qualcosa sul blocco che teneva davanti 

–E' un burbero per natura- Miller le fece un cenno d'assenso che la fece sorridere –ma ha anche tanta dolcezza e sensibilità che mi hanno colpita sin dall'inizio e la sua sincerità è una qualità che nelle persone è rara da trovare- disse infine

-Se dovesse identificare Jason con un colore?- chiese ancora la donna e Alex sembrò pensarci qualche attimo prima di rispondere e di nuovo i suoi occhi corsero a quel cielo

-Jason è una marea di colori- rispose - gli piace il nero, ma per me lui è un'infinità di colori che lo legano alla terra- un sorriso dolce le colorì il viso – Jason è tutte le sfumature del marrone, come il legno che lavora e di tutti i verdi di questa terra, fino al blu delle giornate plumbee come oggi- perché Jason per lei era un quadro di magnifici colori che potevano essere brillanti fino ad accecare, per trasformarsi in tonalità cupe fino ad inghiottirti

-Sa con quanto è uscito come votazione a scuola?- chiese Miller sorridendole gentile

-Il massimo, ma non continuò per l'Università, preferendo l'Accademia che l'ha portato ad essere uno scultore del legno- spiegò e l'uomo segno sul suo blocco

-Ha conosciuto già la sua famiglia?- chiese ancora

-Sì, poco tempo fa, ma non li ho frequentati se non per pochi giorni, purtroppo siamo capitati in un momento non molto allegro, il padre è ancora ricoverato- disse – ma ho conosciuto la madre di Jason, la signora Margaret e un pochino il fratello Will e la sorella Megan-

-La differenza di età non la spaventa?- chiese la Larson e Alex sospirò guardando verso le sue mani strette in grembo

-Se dicessi di no, mentirei- affermò, sentendosi quasi libera di parlare di quello che provava verso Jason, per la prima volta; tornò  a guardare i due funzionari 

–Ma abbiamo deciso di essere felici – aggiunse e se lo augurava nel suo cuore, sperava con tutta sé stessa che finito quel momento, potessero trovare quella calma che tanto agognavano e sperava che Jason potesse essere sempre felice, anche se pensarlo esserlo con qualcun'altra le fece avere un fremito 

 –Se lo saranno, glielo potrò far sapere in futuro, per ora non vogliamo pensarci- aggiunse

Il colloquio proseguì per una buona mezz'ora ancora, passando a domande più precise come il deodorante o il profumo che usava, ma per fortuna in quello Alex aveva seguito il consiglio di Liz: li aveva visti nel bagno e si era decisa a prenderne nota mentalmente per poter dare informazioni corrette; quando le dissero che fosse finita, rimase quasi sorpresa, possibile fosse già finito? Si alzò un po' incerta uscendo dall'ufficio e avvicinandosi a Jason seduto in una delle salette d'attesa. Appena la vide si alzò di scatto andandole incontro

-Tutto bene?- le chiese e Alex lo guardò sorridendogli

-Spero di sì- ammise beandosi del sorriso che lui le regalò

-Signor Parker?- la voce di Miller li fece allontanare –Mi segua- e Jason fece un cenno d'assenso per poi fare un occhiolino ad Alex e seguire l'uomo

-E' prossimo al compleanno- constatò Miller una volta ritornati nello studio sedendosi al tavolo 

–Ha già pensato a come festeggerà?- chiese e Jason scosse il capo

-Non amo le feste, soprattutto i compleanni, ma pare che alcuni amici mi vogliano portare a festeggiare- disse semplicemente

-Quindi non starà con la sua futura moglie?- chiese ancora l'uomo e Jason si sforzò di sorridere

-Starò anche con lei, ma non so cosa abbiano organizzato- specificò, sperando di saper mentire tanto da poter superare quei colloqui, Miller annotò qualcosa sembrando soddisfatto della risposta

-Ci racconti del vostro primo incontro, Signor Parker- esordì dopo attimi di silenzio la Larson e Jason si ritrovò a ripercorrere quei mesi che sembrarono anni, raccontati in quel momento; gli ritornò alla mente il momento in cui se l'era ritrovata davanti la porta e dell'angoscia che l'aveva invaso sapendo che Emma fosse morta chiedendogli come ultimo favore, in nome della loro amicizia, di permettere a sua figlia di vivere lì con lui. Raccontò di quanto non avesse preso bene la notizia, raccontò anche dell'incidente alla gamba e del fatto che fosse stato costretto in quel frangente a tenere Alex a casa, si trovò a parlare con sincerità, confessando il fatto di non voler all'inizio assecondare la richiesta della sua defunta amica

-Cosa l'ha fatta cambiare?- lo interruppe Larson, Jason la guardò preso in contropiede da quella domanda. 

Quando effettivamente era cambiato quel sentimento? Quando il suo non voler avere niente a che fare con quella storia, si era trasformato nel non voler più lasciar andare Alex? Cosa era cambiato?

-Signor Parker?- sentendosi chiamare di nuovo, stavolta da Miller, Jason si ritrovò a guardare i volti dei due funzionari –Può rispondere, per favore?- lo incalzò l'uomo, Jason si ritrovò a non avere una risposta a quella domanda, perché non lo sapeva

-E' successo, non so bene come- ammise, sentendosi un po' in imbarazzo

-E'successo ?- ripetè Miller incredulo, Jason si sistemò meglio sulla sedia

-Sì- affermò vedendo come Miller sgranasse lo sguardo rivolgendosi poi a Larson che non gli aveva staccato gli occhi di dosso

-All'improvviso una mattina, si è svegliato e si è detto "Sai che c'è? Mi piace questa ragazza e me la sposo!"- lo canzonò Miller scettico più che mai, non trattenendo una risata, Jason sbuffò

-Ovviamente no!- disse rivolgendogli un'occhiataccia –Ma vivendo sotto lo stesso tetto, in questi mesi, abbiamo affrontato diverse situazioni che ci hanno portato ad unirci di più- aggiunse spazientito vedendo come Miller lo stesse deridendo 

–Non le dirò che mi piace perché ha un bel viso, un bel corpo, o perché ha quegli occhi che ti fanno uscire fuori di testa!- sbottò infastidito –Mi sono ritrovato ad amarla come se l'avessi sempre fatto!- a quella frase Miller si ricompose, il sorriso gli scemò sulle labbra e prese la penna in mano

-Può raccontarci qualche situazione che in qualche modo avete affrontato e che vi ha unito, Signor Parker?- Jason guardò verso Larson

-Sicuramente il fatto che ha rischiato di rompersi una gamba, ha inciso parecchio, se non le fosse accaduto non staremmo qui- abbassò il capo sospirando -ma soprattutto affrontare la morte di Emma, credo che ci abbia unito quel dolore - disse sincero guardando poi verso il cielo che sbucava dalla finestra 

–Mi ha fatto innamorare di lei la sua forza, il fatto che nonostante il suo passato non proprio facile, è riuscita ad andare sempre avanti- riportò lo sguardo sulla donna seduta davanti a lui 

–Prima di amarla io l'ammiro- disse –ammiro la donna che è diventata e che ho avuto la fortuna di conoscere- Larson sembrò sorpresa, ma subito ritrovò il controllo e riprese a scrivere

-Se dovesse descrivere Alex con un colore?- chiese la donna senza guardarlo e Jason si ritrovò a sorridere pensando ad Alex

-Uno è impossibile- rispose –le posso dire che Alex è un'infinità di colori, ma forse quello con il quale posso associarla è il colore del petrolio- affermò, la donna e Miller alzarono la testa dai loro fogli curiosi, Jason si ritrovò a sorridere e abbassare il capo

-E' un colore che cambia tonalità, può diventare verde o blu notte a seconda della luce, racchiude un'infinità di tonalità pur essendo un unico colore- spiegò, penando a quanto quel colore lo poteva incontrare con tutte quelle sfumature che leggeva in quegli occhi e nelle sue espressioni: aveva il dono di donargli la calma solo guardandola, proprio come il blu, aveva avuto il potere di quietare il suo animo addolorato, i suoi mostri; dargli quella speranza di potercela fare, di poter fare pace con sè stesso e quello che aveva lasciato alle spalle, come era il verde, eppure aveva anche avuto l'abilità di sconvolgerlo, di inghiottirlo in una tempesta di emozioni che non avrebbe mai pensato di riuscire a provare e che ora lo torturavano con una dolcezza  assillante, proprio come la profondità che aveva quel colore.

-Un colore davvero insolito, Signor Parker- enunciò dopo qualche attimo Miller- Bene per oggi abbiamo finito- aggiunse alzandosi - ci vedremo la prossima settimana per continuare questi colloqui- gli disse stringendogli la mano

-Purtroppo inizieremo a fare domande più specifiche, Signor Parker- precisò la donna prima che raggiungesse la porta

-Va bene- rispose semplicemente, cercando di non sembrare turbato pensando a che tipo di domande specifiche potessero rivolgergli; lasciò la stanza per ritrovarsi a fare un lungo sospiro, mentre si avviava verso la stanzetta dove Alex lo stava aspettando, ma quando arrivò sulla soglia, si ritrovò a bloccarsi completamente, vedendola parlare con quel tipo che aveva avuto la sfortuna di conoscere e, da quando lei era arrivata, gli ronzava sempre intorno.

Erano vicino la finestra, gli davano le spalle, Alex sorrideva, sembrava in imbarazzo, così anche quel tipo che la guardava in quel modo che non poteva essere confuso con nulla: era cotto di Alex.

Jason sospirò nascondendosi dietro la parete fissando un punto lontano: quanto avrebbe voluto andare lì e buttarlo direttamente dalla finestra, tanto per concludere quel discorso lasciato in sospeso quando era andato a riprendere Alex a Londra e, quel damerino, si era mosso in maniera così arrogante che gli avevano pizzicato le mani per ore, all'idea di quello che avrebbe voluto fargli. Un ennesimo sospiro gli uscì dalle labbra perché sapeva che non poteva comportarsi in quel modo con lei, non adesso, non lì

Gli tornò prepotentemente alla mente la conversazione avuta con Mike, quando si era confidato con lui su Londra e sul fatto che stava per scivolare nel dolce piacere di baciare Alex.

-Jason per l'amor di Dio! Ma come si fa ad essere un uomo di quasi 39 anni e comportarsi da immaturo?- Jason si era sentito offeso mentre quelle parole bruciavano nel suo cuore, sapendo quanto avesse ragione

–Lei deve considerati un amico se vuoi che sia libera di prendere le sue scelte!- poi lo aveva guardato con un'intensità che lo avevano fatto sentire in difetto

-Finchè si scherza va bene, ma vedi di non commettere cazzate! Alex in questo momento è vulnerabile, le sta capitando di tutto! Non puoi lasciare che i tuoi cazzo di ormoni impazziti da adolescente le facciano prendere decisioni che poi potrebbe maledire!- Jason aveva abbassato il capo, sentendosi in colpa, ancora una volta.

Era stato lui più e più volte a dire che voleva aiutarla, che voleva fare di tutto per farle vivere la sua vita, ma allo stesso tempo, spesso si era detto che era inutile lottare contro quel sentimento che lo stava divorando dall'interno.

-Ma se poco fa mi hai detto di approfittare di questo momento con i colloqui- lo incalzò per cercare di non sentire quel peso della responsabilità che aveva nei confronti dei sentimenti di Alex

-Sarei l'uomo più felice del mondo, sapendo che finalmente sia te che lei avete trovato la pace e anche l'amore l'uno per l'altra, ma non adesso, non così- Mike aveva sospirato guardandolo intensamente

-Se la ami davvero devi avere la forza di farla scegliere, senza pressioni, senza situazioni che possano compromettere le emozioni; anche tu vivresti con il tarlo che i suoi sentimenti possano non essere del tutto veri- Jason alzò il campo per incrociare quello serio di Mike – ma dettati dal modo in cui si sia trovata quasi obbligata a provarli- Jason aveva accennato un leggero cenno con il capo, sentendo quanto la verità di Mike facesse male, male come una tortura.

Dopo quella conversazione Jason si era davvero fatto un'analisi di coscienza, giungendo alla conclusione che i suoi sentimenti erano più che veri, fin troppo, ma per aiutarla doveva davvero cercare di muoversi in maniera più consapevole, proprio come gli aveva suggerito Mike, anche se fosse risultato quasi impossibile. Era riuscito a rimanere per lo più normale dopo quella chiacchierata, pur sentendosi ardere dentro dalla frustrazione e delusione della situazione: il paradosso era che stava quasi per toccare il cielo con un dito al pensiero di diventare suo marito, per rendersi conto, poi, che fosse solo per questa maledetta situazione che si era venuta a creare.

I suoi pensieri vennero interrotti da una risata di Alex, così decise di farsi vedere, entrando nella stanza dove lei si girò di scatto e continuò a guardarlo con quel sorriso da rendere i suoi occhi brillanti come stelle: la gelosia che fosse stato quel ragazzino a farle avere quella reazione deliziosa, gli chiuse lo stomaco

-Jason!- gli disse sorpresa avvicinandosi a lui che non riuscì a staccarsi da quel volto, il saluto di quello gli arrivò quasi da lontano e non lo degnò neanche di uno sguardo, sarebbero stati attimi sprecati, in confronto a quel bel viso che aveva ora davanti

-Ho incontrato Thomas mentre ti aspettavo- disse lei accennando al ragazzo e Jason si sforzò di guardarlo e fare un leggero cenno con il capo.

Thomas abbozzò un sorriso anche lui non contento di ritrovarselo davanti e si capì dallo sguardo che gli rivolse

-Tutti a fare i rinnovi dei documenti, piccolo il mondo eh?- esordì il ragazzo fintamente ironico, alludendo alla scusa che evidentemente Alex aveva raccontato per giustificare la loro presenza lì. 

-A volte troppo- rispose secco per poi guardare nuovamente verso Alex il cui sorriso si era spento e il suo sguardo fattosi più preoccupato

-Devo andare, se vuoi ti riporto a casa o da Liz, altrimenti ci vediamo dopo- il modo brusco con cui le si rivolse colpì lui stesso, non voleva esserlo, ma il malumore era tornato prepotente a invadergli corpo e mente.

Alex rimase scosse da quel modo di fare, ma cercò di non darlo a vedere sorridendogli

-Va bene a casa- rispose

-Se non è un problema, potremmo prendere un caffè e poi ti accompagno a casa o dove vuoi- ad intromettersi era stato Thomas e Jason avrebbe voluto rispondergli che "Sì, era un problema, soprattutto lui con la sua presenza lo era!" ma, decise di girarsi e uscire da quella maledetta stanzetta.

-Jason!- Alex vedendolo allontanarsi in quel modo avvertì un senso di agitazione, anche perché non sembrò ascoltarla

-Ma fa sempre così?- chiese adirato Thomas e Alex lo guardò eloquentemente

-Aspettami un attimo- velocemente uscì per cercare di raggiungerlo; era appena sceso al piano terra e lei lo seguì correndo fino fuori, per non rischiare di perderlo di vista

-Jason!- quando gli fu più vicino lo chiamò e lui finalmente si fermò e lentamente si girò verso di lei, lo sguardo nero e il viso contratto, seppure cercasse di restare calmo e controllato, ma ormai Alex stava imparando a conoscere ogni sfumatura di quel volto che le aveva rubato il cuore e anche in quel frangente, il suo unico pensiero fu quanto fosse bello

-Ehi, che succede?- gli chiese vedendolo prendere una sigaretta e accenderla con avidità

-Ho solo da fare- rispose buttando fuori una nuvola di fumo, Alex avvertì tensione, sapeva ci fosse qualcosa

-E' per Thomas?- chiese timidamente e lui la guardò con sufficienza

-Chi? –Alex sospirò vedendolo girarsi e proseguire lungo la strada verso l'auto

-Jason! Per favore!-insistette e lui di nuovo si fermò e lei fece quei quattro passi che la separavano da lui

-Mi vuoi dire che c'è? E'per il colloquio?- chiese più decisa, ma lui la fissò in silenzio, il suo sguardo era tormentato come non lo vedeva da un po' e la cosa non le piacque per nulla

-Parlami- sussurrò sperando di convincerlo

-Vado da Jane- le disse solamente per poi girarsi e finalmente salire in auto partendo subito dopo.

Alex rimase ferma sul marciapiede, i capelli lunghi mossi dal vento e il freddo pungente di quella giornata invernale; sapere che andasse da Jane in quel momento le fece venire un senso di rabbia mista a gelosia, perché si stava comportando in quel modo?

-Tutto bene?- la voce di Thomas la riscosse e si girò sorridendogli

-Si, non preoccuparti- rispose cercando di ritrovare un po' di calma

-Allora, posso offrirti un caffè?- le chiese mostrandole il suo sorriso dolce e quello sguardo al cioccolato che in qualche modo le era mancato e si trovò a seguirlo, felice di poter staccare un po' la mente da Jason 

 

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Capitolo 40
*** 39 ***


39

Stringeva il volante come a volerlo sbriciolare con le dita, la sua guida era scattosa e nervosa, ma non riusciva a calmarsi.

Possibile reagisse così solo perché quel ragazzino era risbucato come un coniglio dal cilindro?

Possibile non riuscisse a ragionare con lucidità quando pensava ad Alex e ad ogni cosa la riguardasse? 

Sbuffando entrò nel parcheggio dell'ospedale. Erano giorni che si era ripromesso di andarla a trovare e finalmente aveva trovato un attimo per andare da lei, felice di poter allontanare la mente da Alex e soprattutto all'idea di lei con quello.

Salì le scale, salutando l'infermiera solita che ormai conosceva sia lui che Mike, avendoli visti lì giorno e notte nel periodo peggiore per Jane e, quando si trovò davanti la porta dalla stanza della donna, rimase colpito piacevolmente vedendola seduta sul letto senza nessuna fasciatura a coprirle il capo

-E' permesso?- chiese bussando leggermente allo stipite della porta, la donna si voltò abbassando il libro che stava leggendo, sorpresa e subito il sorriso colorì i suoi occhi e le sue labbra

-Jas! Ciao!- le si avvicinò e l'abbracciò posando le labbra sul suo capo per lasciarle un piccolo bacio

-Come stai?- le chiese sedendosi accanto sul letto

-Molto meglio, grazie! Tuo padre?- Jason le guardò il viso, ormai ritornato per lo più come se lo ricordava, l'unica nota stonata era una cicatrice che le spuntava all'altezza della fronte, ora visibile, avendo i capelli legati in una morbida coda di cavallo, il suo sguardo era smeraldo e quel pallore che l'aveva caratterizzata all'inizio della convalescenza, per fortuna sembrava essersi dissolto

-Non si è ancora ripreso, non è una situazione semplice, ma uno come lui non molla tanto facilmente- scherzò facendo spuntare un sorriso anche a Jane

-E come mai non sei a Londra?- gli chiese curiosa, lui fece un'alzata di spalle e sbuffò

-Lo sai che l'aria di città non mi piace, così, sono fuggito- ammise facendola ridacchiare

-Avevo scommesso che saresti tornato in un mese, ma come al solito, non reggi più di due settimane- lo rimbeccò e lui sorrise sornione

-E ti pare poco? Stare lì è un incubo, te l'assicuro- a quelle parole la vide scuotere la testa ridendo

-Sei davvero cattivo- lui le accarezzò una guancia

- Che dicono i medici?- chiese volendo sapere come stesse davvero, la donna sospirò

-Il mio bacino è migliorato, diciamo che la frattura è rientrata,anche il braccio sta meglio, grazie alla fisioterapia, il problema adesso è la gamba, il sangue non circola come dovrebbe- spiegò –purtroppo credo che dovranno operarmi di nuovo perché alcuni vasi sanguigni sono stati compromessi con la rottura – Jason le prese una mano stringendola leggermente

-Hai sentito anche altri pareri medici?- chiese vedendole fare un cenno con il capo

-Mia sorella e il marito si sono informati facendo vedere la mia cartella anche ad un altro paio di medici, ma il responso è sempre lo stesso- ammise

-E quando ci sarebbe l'operazione?- sapere che dovesse di nuovo finire sotto i ferri gli aveva procurato un brivido

-Mah penso nei prossimi giorni, stanno facendo tutte le analisi del caso- gli disse per poi alzare una mano e accarezzargli una guancia sorprendendolo

-Cosa c'è Jas? Cosa ti turba?- gli chiese inclinando leggermente il capo con quello sguardo così dolce che lo colpì dritto al cuore.

Sospirò, posando una mano su quella della donna e imprimersi quel calore che Jane era sempre stata in grado di trasmettergli e di cui, ora, ne aveva immensamente bisogno

-Possibile sia un libro aperto per te?- le chiese abbozzando un sorriso che lei ricambiò divertita

-Non lo sei affatto, Jas- gli rispose dopo qualche attimo –non lo sei mai stato e credo tu non possa mai esserlo, ma ho imparato a capire quando il tuo sguardo è tormentato da qualcosa- Jason abbassò gli occhi sorridendo amareggiato

Lei lo amava, lo avrebbe sempre amato; un amore diverso, contorto forse, perché nato sotto una luce sbagliata, non era certo l'amore che aveva provato per Mike, quello vero, quello della passione, dei sogni, della complicità, ma quello che avevano creato in quegli anni era comunque una forma di amore che ti scalda il cuore e l'anima, sapendo che la persona che si ha davanti ti capisce e ti sta accanto comunque vada. Ripensare a come l'avesse trattata, gli procurò una fitta al cuore, non capiva come facesse ancora ad esprimere tanta dolcezza nei suoi confronti

-Non è un periodo facile- ammise dopo qualche minuto di silenzio, osservando le dita sottili di Jane, la sua carnagione chiara e liscia –Mi sembra di non riuscire a trovare la strada giusta per andare avanti, ho sempre la sensazione di sbagliare tutto ciò che faccio, tutto quello che dico- le confidò sospirando

-E' per colpa di quella ragazza che vive con te?- la domanda lo colpì, perché sperava di non doverne parlare, ma Jane era solita non girare intorno a certe cose, anche se lui l'aveva sempre bloccata dal sapere e, pur non condividendo, per amore, Jane lo aveva sempre assecondato.

La guardò e un lungo sospiro gli uscì dalle labbra prima di parlarle

-Sì- ammise –ma non si tratta di colpa sua o mia- aggiunse, Jane ascoltò non staccando mai lo sguardo da lui

–E' la figlia di Emma- poco dopo il suo risveglio in ospedale, le aveva detto che le avrebbe raccontato tutto quando sarebbe uscita, ma non era giusto aspettare –la ragazza che ho amato molto quando ero in Italia- e di nuovo sentì quel dolore sordo al cuore che con fatica ripescava quei ricordi.

-Siamo stati prima di tutto molto amici, molto- spiegò –pur amandola moltissimo, non ho potuto fare molto per lei, se non rimanerle amico per sempre, anche quando, per alcuni problemi piuttosto gravi si allontanò e se ne andò- girò il capo verso la finestra osservando il sole fare capolino tra le nuvole –sapeva dei miei sentimenti, ma proprio per i vari problemi che aveva, mi ha voluto proteggere; in qualche modo il suo era un amore che andava al di là di quei sentimenti classici, sono stato la sua spalla dove poteva piangere tutte le lacrime del mondo, quando credeva che niente e nessuno la potesse salvare; sono stato colui che ha cercato di starle accanto in ogni momento per aiutarla, per farla sentire meno sola, per farle vivere al meglio ogni giorno; sono quello che sapeva della sua sofferenza ma non è riuscito ad aiutarla quanto avrebbe davvero voluto- la mano di Jane gli si strinse alla sua e Jason la guardò con sguardo dolce-ma se prima mi davo tante colpe, adesso sto iniziando a perdonarmi- un leggero sorriso gli colorì il viso –anche se è un percorso lungo e complicato, sto imparando- e lo doveva anche ad Alex, a quello che era diventata per lui e quello che lei stessa gli aveva insegnato e, in quel viaggio di ritorno da Londra, raccontato

-Emma ha avuto una figlia?- la domanda di Jane lo riscosse dal suo silenzio e fece un cenno del capo

-La sua situazione familiare era un disastro, quando ha saputo della gravidanza se n'è andata per poter proteggere la sua bambina- Jane rimase in silenzio –ci siamo sempre scritti e a volte anche sentiti telefonicamente, ma negli ultimi tempi i nostri rapporti si erano notevolmente affievoliti- un'espressione amara gli comparve sul viso –pensavo che avesse finalmente voltato pagina, invece un giorno mi sono ritrovato davanti la porta sua figlia che mi ha detto che sua madre, prima di morire, aveva voluto che lei venisse a vivere con me, per poter continuare ad essere protetta e lontana dalla sua famiglia- gli occhi di Jane si sgranarono a quella rivelazione, sorpresa da quelle parole

-Vorresti dirmi che Emma è morta e sua figlia, per volere della stessa Emma, è venuta a vivere qui con te?- chiese per capire se avesse davvero compreso quanto le era stato detto; Jason fece un cenno con il capo

-La ragazza non poteva continuare a vivere in Italia, per cui, per proteggere la sua identità l'ha mandata da me chiedendomi di prendermi cura di lei, almeno finchè Alex lo riterrà necessario- spiegò tenendo per sé la speranza che quel tempo fosse il più lungo possibile

-Ma non è nulla per te- quella frase fece arricciare le labbra di Jason

-Adesso lo è- disse spiazzandola completamente –e molto- aggiunse vedendo lo stupore dipingersi sul viso della donna che aveva davanti.

-E' una ragazzina, Jas- disse in un sussurro, avendo capito subito e lui si limitò ad annuire –Non sei suo padre- continuò facendolo ridere

–Dio no!- disse –Per fortuna non lo sono!- il suo sorriso scemò vedendo lo sguardo di Jane, fattosi triste

-Provi qualcosa per lei- non fu una domanda, ma una semplice costatazione e Jason si limitò a fissare quello sguardo smeraldino fattosi più liquido non sapendo cosa dire, quando le vide abbassare il capo verso le sue mani strette in grembo

-E' grottesco- le uscì dalla bocca come in un sussurro

-Perché?- chiese ferito per quelle parole –Perché mi sono innamorato di una ragazza di vent'anni?- lei alzò di scatto il capo ad incrociare lo sguardo adirato dell'uomo che ancora le sedeva accanto

-Innamorato- ripeté incredula e lui, sentendosi punto sul vivo, si alzò sbuffando portandosi le mani ai fianchi guardando verso la finestra

–Innamorato?- chiese stavolta e lui si ritrovò a guardarla colpevole

-Come è possibile?- continuò la donna incredula –Lei...tu...- scosse la testa come a dover riordinare le idee dopo quanto aveva capito, a quel punto Jason le si avvicinò di nuovo prendendole le mani per attirare la sua attenzione

-Jane, ascoltami bene- le disse facendosi guardare–Ero venuto qui per stare con te e basta, non so neanche perché diavolo siamo finiti a parlare di questo!- aggiunse avviandosi nuovamente verso la finestra sospirando

-I miei sentimenti non devono uscire allo scoperto, è una confessione che mi sono lasciato sfuggire ora qui con te, ma è un discorso chiuso- specificò –stiamo affrontando una serie di problemi e quello che sento potrebbe essere la goccia che potrebbe far traboccare il vaso- si girò a guardarla –la sto aiutando- Jane sembrò comprenderlo

-Lei non sa nulla di quello che provi?- chiese e lui scosse la testa

–Non lo deve neanche immaginare- e sperò davvero che non lo avesse sospettato, Jane sospirò

-Come si fa a reprimere quello che si prova?- chiese –Forse con me ci sei riuscito perché non era reale del tutto, ma se quello che provi per lei è vero, come farai?- Jason rimase di sasso a fissarla

-Che diavolo dici, Jane? Io ho provato e provo amore per te! – disse rabbuiandosi e lei sospirò prima di continuare a parlare

–Non era e non è amore- disse lapidaria lasciandolo interdetto –e lo puoi vedere da come sono andate le cose tra di noi- aggiunse facendo sentire Jason in difetto

-Anche quello che c'era tra noi era amore- si ritrovò a ribattere facendola sorridere amaramente

-Forse all'inizio, forse per me- e queste parole gli fecero male, capendo quanto potesse avere ragione, abbassò il capo frustrato

-Lo vedi, sbaglio su ogni fronte- si ritrovò a dire esasperato, dopo attimi di assoluto silenzio, in quel momento sperò di poter sparire per non dover continuare con quanto gli stesse accadendo

-Ti ho già detto che abbiamo sbagliato entrambi, Jas, non ti devi colpevolizzare- lui rialzò il capo vedendola ferma sul letto a fissarlo con sguardo più dolce

-E' strano e fa male, lo ammetto, sentirti dire che ti sei innamorato e di una ragazza così giovane- Jason si strinse nelle spalle sapendolo –ma sono felice che hai trovato il coraggio di dirmelo- lui sospirò ancora e poi si ritrovò a sorriderle

–Con Mike? Come va?- chiese per cambiare discorso vedendole incupire la sua espressione incrociando le bracci al petto 

–Sì, una volta, è stata pure troppa- Jason le si sedette nuovamente accanto

-Avete discusso?- chiese e lei fece un cenno con il capo guardandolo

-Certe cose non cambiano mai, Jas, quelle che ci hanno ferito, quello che ci è successo, non possiamo pensare che siano cancellate in poco tempo- gli disse con volto cupo e lui sapeva di cosa stesse parlando, sapeva per esperienza cosa volesse dire

-Lo so bene, Jane, ma come ti ho già detto, potreste imparare a convivere con il vostro passato e trovare il coraggio di aprire i vostri cuori dicendovi quello che non avete avuto il coraggio di dirvi all'epoca- lei sospirò

-A che scopo?- chiese –Perché dovrei? Perchè dovremmo?- aggiunse –Ci conosciamo bene e quando ci troviamo in una stessa stanza quello che riusciamo a dire serve solo a ferire l'altro- Jason abbassò il capo

-Lo so e credo sia più che normale riversare il rancore che avete, ma parlare, servirà per entrambi ad andare avanti, a ricominciare a vivere davvero, Jane- quando la guardò scorse il suo sguardo più liquido

-Lo dovete a voi stessi, altrimenti rischiate di vivere in rimpianti e rancori ancora per molto- lei abbozzò un sorriso voltando il capo verso la finestra

-Credo che non riusciremo mai a farlo- replicò in un sussurro – il dolore è tanto e la delusione ancora troppo viva- lui le prese il viso per farsi guardare

-Lui non aspetta altro Jane, e anche tu infondo- lei ampliò lo sguardo abbassando il capo –la rabbia e i rancori finiranno prima o poi, ma cosa vi lasceranno?- le sorrise –Tornerà e tornerà sempre da te, dipende solo da quello che vuoi- lei sospirò sciogliendo quel contatto

-Non so cosa voglio, Jas, per ora mi accontento di stare meglio- poi lo guadò di nuovo negli occhi –Dovresti farlo anche tu, per te stesso- Jason rimase sorpreso da quella frase e lei continuò

-Immagino che Mike sappia tutto di te e quella ragazza e forse fa anche il tifo per voi due- il suo sguardo si fece più serio –ma io no- Jason si trovò ad aprire la bocca e lo sguardo colpito

–Penso che non sia giusto per nessuno dei due, penso che tu ti sia trovato a provare quei sentimenti, solamente perché quella ragazza ti ha riportato a galla nella testa e nel cuore, a rivivere quei sentimenti molto forti, ma non è quello che sarebbe successo se non avessi avuto dei trascorsi importanti con la madre- Jason si alzò dal letto sentendosi a disagio per quelle parole che, dette da Jane, acquisivano un sapore talmente amaro che gli sembrò di avere appena sentito la sua bile

-Quello che dici mi sembra dettato un po' da ciò che provi per me- si ritrovò a ribattere allontanandosi, ma lei scosse la testa

-No, Jas- disse con pacatezza, ma assolutamente convinta –lo dico perché ti conosco da tempo e penso che quello che ti sta accadendo sia il risultato di ciò che ti ha riportato alla mente l'arrivo di Alex- Jason la guardò credendo di star sognando, in qualche modo sperava o aveva creduto che Jane avesse potuto in qualche modo, come Mike, appoggiare quel suo sentimento, ma sentendola parlare in quel modo non potè non sentire un certo disagio

-Non so come dovrai aiutarla, ma pensa bene a ciò che fai, perché ti potresti ritrovare a doverti leccare delle ferite talmente profonde che niente e nessuno potrà curarti- Jason abbozzò un sorriso di circostanza

-Perché dovrei rinunciare a quello che provo?- la provocò e lei dopo averlo osservato a lungo rispose

-Perché a volte fa meno male lasciare quando si è ancora in tempo, piuttosto che continuare a credere a qualcosa che poi si può rivelare per ciò che non è, te lo dico per esperienza- Jason a quel punto si ritrovò a serrare le mascelle ferito da quelle parole

-E' meglio che vada- disse semplicemente avviandosi alla porta, per poi fermarsi e guardarla 

–So solo che ho davanti a me, una persona che ha rinunciato a qualcosa di molto importane continuando poi a fuggire da quello che avrebbe dovuto affrontare e, Jane, ti posso assicurare che non commetterò il tuo stesso errore- lei a quel punto stese le labbra in un leggero sorriso

-Anche io pensavo di non commettere errori, eppure sono qui, in un letto di ospedale perché non ho saputo controllare i miei sentimenti- rispose

Uscito dall'ospedale il suo umore era più nero di quel pomeriggio carico di pioggia pronta a riversarsi da lì in pochi minuti, camminò a passo svelto verso l'auto sentendo un peso al petto che gli impediva di respirare con regolarità.

Jane era stata crudele a parlargli in quel modo, sottolineando il fatto che si trovasse in quelle condizioni per causa di quello che c'era stato tra loro. Sapeva quanto avesse in fondo ragione, ma sentirselo dire in faccia, con quella schiettezza, aveva fatto male, più di quanto avesse voluto ammettere.

****

Salì in auto prendendo un profondo respiro avviando il motore per dirigersi al Blue Line

Una volta dentro, notò subito un po' di gente, alcuni li salutò velocemente per poi dirigersi al suo solito posto, dove si sedette a peso morto; Mike gli si avvicinò posandogli  una birra davanti

-Tutto bene?- gli chiese con il suo solito sorriso e Jason cercò di ritrovare un po' di calma facendo un cenno con il capo bevendo un po' di quella bevanda che tanto amava, anche se quella sera sembrava avesse un sapore troppo amaro

-Alex è stata accompagnata da Thomas prima- gli riferì Mike appoggiandosi al bancone –Dove diavolo eri finito? –Jason spostò l'attenzione proprio su Alex che in quel momento uscì dalla cucina: aveva indossato abiti più comodi rispetto a come era andata al colloquio quella mattina coperti, ora, dal grembiule scuro con la scritta del pub sul davanti, portava i suoi bei capelli lunghi legati in una morbida treccia, con alcuni ciuffi ribelli, sorrideva con in mano alcuni piatti che posò ad un vicino tavolo, scambiando due battute con uno dei due uomini, ma nel momento in cui si girò per tornare in cucina i loro occhi si incrociarono e lui vide il sorriso di lei ampliarsi un poco facendolo sentire improvvisamente molto meglio, si avvicinò muovendosi con disinvoltura fra i tavoli

-Ehi, ciao- lo salutò spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio

-Ciao- rispose lui ritrovandosi ad arricciare le labbra in un sorriso

-Tutto bene?- si limitò a rispondere con un cenno del capo bevendo ancora un po' di birra

-Jane?- a quella domanda sia lui che Mike si irrigidirono

-Meglio- rispose semplicemente rivolgendosi poi verso Mike che lo guardò con aria interrogativa

-Alex, c'è questa comanda- disse Mike passandole un foglietto  con un ordine e lei subito si avviò in cucina non prima di aver rivolto verso Jason un'ultima occhiata, come a volersi sincerare che il malumore che lo aveva fatto comportare come quella mattina, si fosse davvero dissolto.

-Sei stato da Jane?- Jason sospirò prima di fare un cenno d'assenso con il capo a Mike che a sua volta si ritrovò a sospirare pesantemente appoggiandosi con i gomiti al bancone

-Ti ha detto che sono stata a trovarla, immagino- constatò e Jason fece nuovamente un cenno del capo senza aprire bocca

-E'così diversa- il moro alzò il viso per osservare il rasato, assorto, con lo sguardo verso il bancone in legno scuro –E'sempre Jane, ma è anche molto diversa, sembra più diretta quando parla- Jason sospirò ancora una volta, diretta era un eufemismo, pensò nel ricordare quello che gli aveva detto

-Le ho parlato di Alex- confessò e Mike si ridestò dai suoi pensieri, guardandolo –in realtà aveva capito che c'era qualcosa che non andava -sbuffò finendo la birra –l'ho sempre bloccata, quando faceva domande, o mi chiedeva di lei- guardò Mike negli occhi –l'ho sempre frenata, non ha mani saputo molto neanche di Emma, ma oggi gli ho raccontato chi fosse e chi è Alex- Mike si passò una mano sul capo sospirando

-Immagino che non l'abbia presa molto bene- affermò e il moro si trovò a fare un'alzata di spalle prima di rispondere

-A dire il vero sembrava come se già sapesse tutto, mi ha detto che aveva capito quanto Alex fosse una persona importante per me, sapendo quando sia restìo con le persone in generale, ma permettendo ad una sconosciuta di vivere a casa mia- spiegò- diciamo che ha fatto due più due, ma poi mi sono ritrovato a dirle che provo dei sentimenti per questa ragazza e lei a quel punto ha esternato chiaramente che non condivide per nulla questa cosa-

Mike prese un bicchiere e se lo riempì di birra bevendone un lungo sorso

-Che ti aspettavi? Prova ancora amore per te- Jason scosse la testa

-No, non l'ha detto per questo, ma credo lo pensi davvero-affermò Jason-le fa ribrezzo che io provi qualcosa per una ragazza di neanche vent'anni- Mike abbozzò un sorriso di circostanza servendo due ragazze che si allontanarono subito dopo verso il proprio tavolo

-A me ha detto di lasciarmi alle spalle il mio passato; per lei quello che è successo tra noi è stato determinato soprattutto da quello che ho vissuto con mia madre- Jason lo guardò colpito, sapendo bene quanto fosse delicato quel discorso per Mike: il fatto che la madre avesse sofferto di depressione, il disagio che da sempre si portava addosso nel vivere in quel posto, con l'obbiettivo di volersene sempre andare, arrivando a farlo lasciando lì i suoi figli; forse Jane aveva centrato in pieno il punto con Mike, ma lo aveva fatto troppo presto, andando come un cecchino a centrare quell'argomento sicuramente spinoso

-Senti, credo che l'incidente le abbia fatto fare un bel reset della sua vita fino ad ora- esordì il moro dopo poco -si è resa conto di tutti gli errori che ha fatto, che abbiamo fatto noi nei suoi confronti, perché ammettiamolo, Mike, di responsabilità con lei ne abbiamo a valanga- Mike si passò le mani sugli occhi sospirando

-Sì, è vero, ma non è facile sentirla parlare così- Jason sospirò ancora una volta voltandosi verso il locale, pensando che avesse ragione anche il suo amico, ma se si metteva nei panni di Jane probabilmente avrebbe fatto molto peggio nei loro confronti; poi la sua attenzione venne attirata da quel tizio che entrò nel locale con un suo amico, sentendo subito le mani prudergli, che diavolo voleva ancora? Li vide avvicinarsi al bancone parlottando e una volta davanti a Mike lo salutò con una stretta di mano

-Ciao, Mike, è bello rivederti- disse

-Ciao Thomas, anche per me, sei in ferie?- chiese e il ragazzo sorrise

-Sì, non molto purtroppo- e si rivolse al suo amico –Due birre?- quello acconsentì e Mike li servì, ma prima di allontanarsi per sedersi a qualche tavolo, richiamò il rasato

-Scusa, Mike, ma Alex è in cucina?- Mike girò lo sguardo verso Jason poco lontano e così fece anche Thomas e, incrociando quello sguardo, si rabbuiò

-Sì, è dietro, te la devo chiamare?-chiese Mike un po' titubante, notando il modo in cui quei due si fossero adocchiati

-Se al cane da guardia non da fastidio, ovviamente- puntualizzò Thomas.

A quel punto Jason si alzò dal suo sgabello con uno scatto andandogli davanti con aria minacciosa, dimentico di tutto quello che si era ripromesso

-Che cazzo hai detto?- gli chiese a un soffio dal viso, l'amico di Thomas per lo spavento si tirò indietro, mentre alcuni lì accanto, vedendo la scena, si voltarono interessati, forse sperando di vedere una bella rissa, come non si vedevano da troppo tempo in quel pub

-Che vorrei vedere Alex, se al suo cane da guardia non dà fastidio- ripetè il ragazzo sfrontato e Jason lo prese per il colletto della giacca che indossava pronto a scaraventarlo fuori dal locale, se non fosse intervenuto Mike

-Ehi! Fermatevi!- disse mettendosi in mezzo cercando di allontanarli –Non facciamo cazzate!- ruggì guardandoli male, mentre i due continuavano a trucidarsi con gli sguardi

-Thomas, fammi il favore di andarti a sedere, ti chiamerò Alex credo sia libera- disse il rasato rivolto prima al giovane –E tu, Jas, rimetti il culo sul tuo fottuto sgabello!- gli intimò spingendolo e il moro dopo un'ultima occhiataccia verso quel ragazzino si voltò e si rimise a sedere con la voglia prepotente di chiudergli quella bocca con un sonoro pugno

-Ma si può sapere che cazzo ti prende?- una volta sinceratosi che anche Thomas si stesse allontanando, Mike si parò davanti a Jason con lo sguardo allucinato –E' un ragazzino, ti provoca e tu ci caschi?- chiese retoricamente –Ma sei diventato tutto scemo?- detto questo gli posò davanti un'altra birra –Amico, rischi una bella denuncia e qualche notte di galera, se gli spacchi la faccia!- gli disse a denti stretti –E non mi sembra questo il momento più adatto!- aggiunse, Jason si trovò a sbuffare

-Falla finita, Mike!- lo fermò – Non mi frega un accidente di denunce o altro, a quello prima o poi gli spacco la testa! Non lo sopporto!- ruggì e Mike a quel punto lo prese per una spalla avvicinandoselo al viso in malo modo

-Smettila, coglione! Rischi di mettere nei guai anche Alex con questo tuo diavolo di carattere!- sbottò a denti stretti –Quelli dell'immigrazione soggiornano nel mio cavolo di hotel!- Jason a quel punto sgranò lo sguardo, sorpreso a quella rivelazione

Vedendolo improvvisamente gelato da quanto gli aveva appena comunicato, Mike lo lasciò con un profondo sospiro

-Sono venuti oggi, hanno prenotato per almeno una settimana  e prima o poi mi chiameranno per parlare di te e Alex- Jason lo guardò con occhi sgranati –Stanno qui in città, ho parlottato un po' con il tizio e mi ha detto che non potevano più fare avanti e indietro con Londra, per cui ora sono stanziali qui, ti conviene legarti le mani se non vuoi davvero combinare un disastro- in quel momento uscì dalla cucina Alex con un ordine, e subito venne intercettata da Thomas che le fece un cenno con la mano, lei ricambiò il sorriso e dopo aver servito un ennesimo tavolo, si sedette con loro; Jason a quella scena sentì il sangue ribollirgli nelle vene

-Distraiti, Jas, finirai con commettere qualche cavolo di errore- disse Mike osservando anche lui come Alex stesse ridendo a qualche battuta di Thomas

-Dio, impazzirò, lo so- ammise Jason coprendosi gli occhi con le mani, sentendo il mal di testa iniziare a farsi sentire –me lo sono ripetuto un milione di volte, Mike, ma non ce la faccio- si lagnò e Mike sospirò sapendo bene quanto il suo amico fosse difficile da controllare.

****

Era stata una serata estenuante, pensò Jason, alzandosi dallo sgabello; non era servito parlare con qualcuno lì al pub, tirare due tiri a biliardo, fumare; nulla gli aveva permesso di tenere la testa occupata, ogni attimo era fatto per allungare uno sguardo verso quel maledetto tavolo dove Alex alla fine era rimasta, avendo poco lavoro in cucina, raggiunta pure da Liz che ogni tanto gli aveva rivolto uno sguardo per poi sorridere divertita in sua direzione, facendogli venire il dubbio che lo stesse letteralmente provocando, giungendo alla conclusione che avrebbe strozzato pure lei.

Ormai erano rimasti lui e quei due ragazzini che proprio in quel momento stavano uscendo e Jason si trovò a sospirare di sollievo per non averceli più davanti agli occhi

-Ci vediamo domani- disse Alex uscendo dalla cucina senza più grembiule o piatti, rivolta a Mike che le sorrise salutandola facendole un occhiolino, come sempre, prima di rientrare in cucina per chiudere tutto

-Alex!- Liz le si avvicinò –Allora fammi sapere se vuoi venire con noi, ti passo a prendere- le disse, Jason si trovò a incupire lo sguardo

-Thomas mi ha detto che vuole passare lui e poi veniamo noi da te- sentì ribattere Alex e subito il suo stomaco si strinse tanto da fargli ribollire le birre che aveva ingerito, così senza aspettarla si diresse fuori il locale per potersi accendere una sigaretta cercando di calmare i nervi; come si faceva a far finta di niente?

Sbuffò infastidito guardando verso la porta dove la vide uscire e dirigersi verso di lui con quelle labbra tirate in un leggero sorriso, la sciarpa ben avvolta intorno al collo e sulle spalle per ripararsi dal freddo di quella sera, teneva le mani nelle tasche e aveva occhi solo per lui; poi però una voce la chiamò facendola fermare e Jason non trattenne una parolaccia capendo di chi fosse

-Ehi!- Thomas le si avvicinò, Alex gli sorrise sorpresa di vederselo arrivare incontro

-Pensavo fossi andato via- lui ridacchiò divertito, stringendosi il cappotto addosso

-Volevo chiederti quando possiamo avere un po' di tempo per noi- le disse prendendola alla sprovvista -E' successo tutto così in fretta, Alex, vorrei parlare con te di ciò che è successo, chiarirci- Alex sentì l'imbarazzo assalirla: in fondo al suo cuore, sperava che Thomas, con il suo arrivo, non riprendesse in mano il discorso di Londra, proprio perché non avrebbe avuto parole per spiegare il suo tornare indietro, in quel paesino sperduto e da quell'uomo; quella mattina avevano preso un caffè, ma avevano scherzato e parlato di tutto tranne di ciò che era accaduto, grazie anche alla presenza di Liz e Mark, ma ora non c'era modo per tirarsi indietro.

-Immagino che ti debba una spiegazione- si sforzò di rispondergli vedendolo stringersi nelle spalle

-Ho paura di aver esagerato- la guardò attentamente –mi sono lasciato andare e credo di averti messo un bel po' di pressione chiedendoti di vivere insieme, senza conoscerci così tanto, senza aver fatto un passo alla volta- sospirò scuotendo leggermente la testa –ma quello che sento non è cambiato e vorrei avere la possibilità di ricominciare da capo- Alex sentì la dolcezza e la forza di quelle parole, il coraggio che in quel momento Thomas stesse dimostrando, parlandole come sempre a cuore aperto; un sorriso le spuntò sulle labbra

–Hai ragione, Thomas, non mi sono comportata molto bene- ammise abbassando leggermente il capo –è stato un periodo un po' complicato per me, ma in realtà non c'è molto da dire, io dovevo tornare- la mano di Thomas le si posò delicatamente sul viso facendogli alzare di nuovo lo sguardo per incrociare quello scuro e caldo del ragazzo

-Mi sei mancata- le disse lasciandola senza parole e un sorriso sincero colorì il volto del ragazzo che lei si ritrovò a ricambiare sentendo il calore di quel sentimento che lui mostrava senza alcuna riserva.

Un violento strattone, però interruppe bruscamente quel momento.

Alex presa in contropiede si ritrovò ad incespicare sui suoi stessi piedi, ma per fortuna a tenerle un braccio c'era Jason e lo stesso Thomas aveva avuto la prontezza, nonostante fosse stato spinto malamente, di prenderle al volo una mano per non farla cadere

-Jason!- Alex guardò stralunata l'uomo al suo fianco, nero di rabbia, le teneva stringendola tanto da farle male, ma quello che la ferì fu l'occhiataccia che le rifilò per poi guardare di nuovo verso Thomas

-Levati dai piedi!- disse rabbioso facendo un passo verso Thomas quel tanto da far sciogliere le loro mani

-Stavo appunto pensando quanto ci avrebbe messo a farsi vedere il suo cane da guardia- dopo la sorpresa iniziale, Thomas aveva ritrovato subito la sua solita compostezza e quelle parole ghiacciarono letteralmente il sangue nelle vede di Alex che mossa dall'istinto, si aggrappò al braccio di Jason, sicura che stesse per prenderlo a pugni

-Thoams!- lo richiamò arrabbiata, ma Jason la fermò portandosi davanti a lei

-Se non te ne vai, giuro che ti faccio ingoiare i denti!- gli disse fronteggiandolo, occhi negli occhi, Alex sentì le gambe farsi molli per la paura che quei due stessero per fare a botte

-Per favore smettetela!- cercò di farsi sentire e strattonò il braccio che Jason ancora teneva stretto a sé

-Vorrei davvero capire perché ti intrometti sempre, ogni volta che Alex ed io parliamo- continuò un imperterrito Thomas, per nulla intimorito dal trovarsi davanti un uomo alto venti centimetri più di lui e fisicamente più grosso, nonché furioso

-Thomas! Per favore!- Alex, liberatasi da Jason, riuscì a mettersi in mezzo

–Ci vediamo domani, va bene?-gli disse supplicandolo con lo sguardo e spingendolo gentilmente –Adesso è tardi, parleremo domani- lui a quel punto abbassò lo sguardo su di lei e la seriosità del suo volto sparì per ritrovare un'espressione più tranquilla

-Hai ragione- le disse con un sorriso dolce –Ti vengo a prendere alle tre-

-Perfetto, a domani!- e solo in quel momento alzò il viso verso un Jason che la fissava con sguardo nero come la notte sopra di loro, le ricordò un animale selvatico e per un attimo venne attraversata dal timore che non l'assecondasse, piombando su Thomas con tutta la sua rabbia, ma senza dire nulla lo vide girarsi, prendendole di nuovo il braccio per farsi seguire

-Ah! Alex!- quando Thomas la richiamò lei si fermò di nuovo e si girò verso di lui, sperando capisse di accantonare per il momento il discorso, ma lui le si avvicinò al viso per lasciarle un bacio sulla guancia

–Buona notte- le sussurrò mentre Alex avvertì il sangue farsi fuoco e ghiaccio allo stesso tempo, la presa di Jason sul suo braccio fremette e vide Thomas fare un sorrisetto di scherno verso il moro prima di allontanarsi.

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Capitolo 41
*** 40 ***


40

Rimase di sale, ferma in quel parcheggio gelido.

Dopo un tempo indefinito, riuscì a voltarsi di nuovo verso Jason e quando trovò il coraggio di incrociare il suo volto, sentì un dolore sordo all'altezza del petto: era forse delusione quello che leggeva in quelle iridi buie?

Non le disse nulla, la sua espressione imperturbabile; allentò la presa sul suo braccio per poi lasciarla completamente e quel gesto le fece sentire improvvisamente un freddo intenso fin dentro le ossa; le diede le spalle senza aprire bocca dirigendosi verso il pickup e lei si trovò a seguirlo a passo svelto, con la preoccupazione a coprirle ogni nervo del suo corpo; salì in auto con l'ansia alle stelle, non riusciva a capire cosa potesse passare per la testa di Jason e aveva anche paura di saperlo.

Lo vide mettere in moto e uscire velocemente dal parcheggio per prendere la strada di casa, Alex lo guardò di sottecchi ancora scottata per quel gesto avventato di Thomas e, sorpresa, per come Jason fosse intervenuto mentre stesse parlando con il ragazzo, chiedendosi cosa avesse fatto scattare in quel modo l'uomo al suo fianco.

Arrivati a casa, Jason scese dall'auto senza aver detto ancora una parola e Alex lo seguì in rigoroso silenzio, ma una volta chiusa la porta di casa, lo vide prendere alcuni pezzi di legno e scaraventarli letteralmente dentro al camino: il suono che si propagò la fece saltare sul posto, vedendolo poi girarsi come una furia verso di lei

-Si può sapere che diavolo aveva intenzione di fare quel coglione?- le urlò in faccia e lei si trovò ad arretrare per lo spavento –Che diavolo di gioco sta giocando il tuo amichetto?- Alex deglutì cercando di calmare il cuore che le correva come un cavallo pazzo nel petto

-Jason, hai capito male- si giustificò e lui arricciò le labbra in un sorriso per nulla rassicurante

-Ma davvero? Quindi mi sbaglio se dico che quell'idiota è tornato solo per poterti convincere a rimetterti con lui! A parlare  di quello che è successo a Londra! Mi Sbaglio?!- urlò, Alex trovò il coraggio di parlare nonostante sentisse il peso di quella rabbia che Jason le stava riversando addosso

-Siamo amici e sì, vuole parlare per chiarirci rispetto a quanto accaduto a Londra- spiegò vedendo lo sguardo dell'uomo diventare ancora più cupo

-Lui non pensa di essere amico tuo, Alex!- le sbraitò addosso –Quello ha altri programmi per te! Maledizione! Perché non vuoi capire?- e lo vide camminare in quel salotto avanti e indietro, Alex lasciò andare un lungo sospiro prima di parlare

-Forse- disse e lui a quel punto si girò a guardarla serio –Quando ero a Londra, Thomas mi aveva chiesto di rimanere a vivere lì con lui- aggiunse vedendo lo stupore dipingersi sul volto di Jason –Non gli ho mai detto nulla della mia situazione e non credo che lo farò, ma quando me ne sono andata, il giorno dopo che sei venuto, lui non ha capito perché tornassi sui miei passi, visto che gli avevo fatto capire che ero andata a Londra perché volevo prendere in mano la mia vita, dandogli forse l'idea di voler stare con lui- si fermò sentendosi in difetto nei confronti di quel ragazzo e dei sentimenti che nutriva per lei, ma che non avrebbe mai potuto ricambiare

-Lui è innamorato di te- il tono di Jason era basso e severo, sembrava un'accusa –cosa provi per lui, Alex?- 

A quella domanda il cuore di Alex si fermò, così come il suo respiro che rimase intrappolato in gola; lo guardò con occhi sgranati non sapendo cosa rispondere.

Eppure era semplice: lei non avrebbe mai amato Thomas, forse non avrebbe amato nessuno all'infuori di una persona che ora era davanti a lei e la guardava in un modo da farle tremare le gambe, ma come poteva dirglielo? Cosa avrebbe pensato nei suoi confronti? Come avrebbe reagito? L'avrebbe derisa? L'avrebbe presa per pazza? Avrebbe capito?

Le sue domande morirono quando lo vide avvicinarsi e superarla a passo deciso, per salire le scale

-Jason!- lo richiamò preoccupata, vedendolo fermarsi in mezzo alla scala, teso come una corda di violino, non si voltò

-Ti chiedo solo di essere prudente con il tuo ragazzo, visto che i funzionari alloggiano all'hotel di Mike, l'ho saputo stasera- Alex sentì la terra tremargli sotto i piedi per quelle parole e quando lo vide riprendere le scale di nuovo lo chiamò, non voleva si allontanasse; Jason si fermò per girarsi appena e a ferirla fu il dolore che lesse in quegli occhi

-Non mi devi spiegare nulla, avevo frainteso che non volessi quel tipo intorno, scusami Alex, non accadrà più- detto questo salì senza più voltarsi chiudendosi nella sua camera.

Il rumore della porta fu come un tuono nelle orecchie di Alex, i suoi occhi si riempirono di lacrime che si riversarono come un fiume.

****

Rimase fermo, in mezzo alla sua camera, sentendo un peso dentro il cuore da fargli credere che prima o poi gli cadesse a terra con un tonfo, si portò una mano sul petto, sentendolo teso, avvertendo quel muscolo corrergli nel petto, eppure aveva la sensazione di faticare per respirare. Si tirò indietro i capelli, girando su sé stesso come se non sapesse cosa fare, come se gli avessero detto che di lì a poco sarebbe morto.

Si strofinò il viso con entrambe le mani in un gesto stizzito, per poi andare verso la finestra.

Fuori il vento soffiava muovendo in una danza nera gli steli d'erba come delle onde silenziose, il cielo era ancora scuro, solcato da strisce di nuvole che si rincorrevano, nascondendo stelle che facevano capolino.

Di nuovo si portò una mano sul petto, sentiva dolore, faceva male, eppure doveva ricordarsi cosa si provava a non essere la persona scelta da colei che si ama.

Appoggiò la fronte al vetro gelido privo di forze; sperò che quel vento freddo riuscisse a fargli volare via, come un aquilone, quel sentimento, che portasse via con un semplice soffio quella sofferenza, che gli permettesse di dimenticare, o anche solo far finta di nulla. I suoi occhi si fecero lucidi e dovette ringraziare il buio di quella notte, una delle tante che assistette alle lacrime di un uomo che ancora una volta aveva commesso l'errore di lasciare andare il cuore a legarsi verso una persona che non gli sarebbe mai appartenuta, che non lo avrebbe mai potuto amare.

E lei non lo sapeva, non l'avrebbe mai saputo dell'amore che nutriva per quel suo viso, per quelle due stelle del color del mare, per quelle labbra, per quella sua voce, la sua risata, il suo profumo, le sue mille espressioni, della gelosia che gli mordeva la carne. Un tremore lo scosse e si staccò dal vetro scivolando a terra, sentendosi completamente distrutto, ferito più da sé stesso che da quello che aveva capito.

Era bastata quella domanda, vedere quell'espressione sorpresa ed imbarazzata, quel leggero arrossire, per fargli capire ciò che aveva avuto sotto gli occhi da tempo: Alex nutriva qualcosa per quel ragazzo.

Un sorriso amaro gli sfiorò le labbra a pensare che quella sera aveva rischiato davvero poco, per ben due volte, di mandarlo all'ospedale.

****

Quella mattina aveva chiamato i funzionari mentendo sul fatto che avrebbe dovuto andare da un suo cliente e quindi rimandare i successivi due incontri, programmati per quel giorno e il giorno successivo, ma non avrebbe retto un colloquio, non in quelle condizioni.

La Larson non sembrò per nulla turbata della cosa, informandolo che stavano soggiornando all'hotel di Mike e prendendo appuntamento per il lunedì successivo.

Aveva passato la notte seduto a terra, nella sua camera, con la testa pronta a esplodergli ad ogni secondo, il sonno era scivolato via, per dare spazio solo ed unicamente alla rabbia, alla frustrazione, alla disperazione, ai ricordi.

Aveva visto l'alba, ricordando quante notti erano state le uniche sue spettatrici di anni passati a contemplare la sua vita senza Emma; ed ora erano di nuovo le uniche a sapere quanto stava nascondendo per Alex, eppure, senza curarsi di lui, quelle notti, proprio come quella appena trascorsa, erano volate via, lasciando che un ennesimo giorno si affacciasse, spegnendo le stelle in cielo e permettendo al chiarore di ridonare il giusto colore a tutto, sfacciatamente brillante, in confronto all'umore e ai sentimenti che lo stavano attraversando e che non lo abbandonavano.

Era in piedi in cucina, con una tazza di caffè bollente tra le mani e un'ennesima sigaretta accesa, ma i suoi pensieri erano bloccati alla sera prima, a quando Alex con un secondo gli aveva improvvisamente aperto gli occhi su quello che ancora non aveva avuto la sensibilità di capire.

Il cuore nel suo petto, ogni volta sembrava borbottare malamente, facendo male.

Poteva una ragazza come Alex, anche solo pensare ad uno come lui? Un amico fidato, colui che per amore nei confronti di sua madre, la stava aiutando, ecco come lo vedeva. Niente di più. E riuscendo a non farsi trasportare dai sentimenti, era più che normale. Aveva vent'anni, una vita davanti, con la possibilità di innamorarsi e amare chi e quanto voleva, commettere errori, rimediare, ma comunque vivere.

Cosa pensava di poter ottenere dal loro rapporto? Cosa aveva sperato? Era lui ad essere andato oltre, aver sognato e agognato qualcosa di irrealizzabile, di impossibile. Si passò una mano sugli occhi rossi, dal poco sonno e altro, cristallizzandosi nel momento in cui la vide sulla soglia della cucina.

Era pallida, lo sguardo spento, leggere occhiaie a contornare quelle pozze di un mare splendete, ora rivolte verso di lui, era sorpresa e imbarazzata, si teneva le braccia strette al petto, indossava quel suo maglione verde scuro, più grande di un paio di taglie rispetto alla sua, sopra a dei pantaloni neri, i capelli erano lasciati sciolti dietro la schiena, sembrava non avesse dormito neanche lei.

Si riscosse con un colpo di tosse, finendo il caffè che bruciò in gola, ma sentì il bisogno di fuggire da lei, da quello sguardo, da quel viso.

-Jason- la voce le uscì flebile e lui posando la tazza sul tavolo si immobilizzò 

- Stanotte..- a quel punto si voltò verso di lei che s'interruppe mordendosi quel labbro con il quale giocava così spesso da farlo sognare di poter fare lo stesso.

-Non ho voglia di riprendere il discorso, Alex- le disse vedendola stringersi nelle spalle

-Volevo chiederti scusa per come si è comportato Thomas- continuò lei e un sorriso amaro arricciò le labbra di Jason che tornò a fissare la sua attenzione al tavolo dove stava ancora tenendo in mano la tazza ormai vuota del caffè

-Ho sbagliato io, dovevo comportarmi da persona matura e ragionevole, lui ha solo fatto quello che ci si aspetta da un ragazzo innamorato- e gli costò lo stringersi dello stomaco pronunciare quelle parole –e comunque non spetta a me decidere con chi devi o puoi stare- aggiunse sentendo il caffè risalirgli la gola

-Jason, io...- la sentì sussurrare, ma lui la fermò nuovamente rivolgendole uno sguardo di scherno

-Non mi interessa, Alex- le disse gelido non avendo la forza di poterla ascoltare –è la tua vita e puoi fare tutto quello che vuoi, stai solo attenta perché ci sono quei tizi in città- detto questo si avviò verso di lei per uscire dalla cucina, ma quando la superò sentì una mano fermarlo per la maglia, bloccandolo; rimase fermo, sorpreso, ma non si girò

-Avevamo i colloqui oggi- gli disse piano e lui soffiò l'aria che stava trattenendo

-Li ho rimandati, ci andremo lunedì, ho da fare- detto questo provò ad andare avanti, ma la presa alla sua maglia non si allentò

-Cosa c'è, ancora?- chiese duro, perché stava continuando a torturarlo così? Perché non lo lasciava andare via?

Quando sentì il corpo di Alex abbracciarlo da dietro credette davvero di stare sognando.

L'incredulità si dipinse sul suo volto, sentendola stringergli la vita e posare la fronte alla sua schiena; ebbe la sensazione che il suo corpo andasse improvvisamente a fuoco, ma non riuscì a muovere un muscolo restando impalato lì su quel corridoio

-Non voglio che litighiamo- la sentì dire con voce strozzata e un tumulto lo scosse nelle profondo, sentendosi un povero idiota, ancora una volta.

-Non abbiamo litigato- si sforzò di dirle e lei lo strinse leggermente scossa da un leggero singhiozzo che lo ferì, sapendo fosse lui la causa di quel pianto

-Alex, non è successo nulla- le disse per cercare di calmarla e calmare il suo animo, posò le sue mani su quelle della ragazza che tremò leggermente a quel contatto procurandogli un altro borbottìo al cuore

-Ero nervoso, lo sono e credo dipenda dai colloqui e da quello che ci aspetta, perdonami- le disse sentendosi un po' meno arrabbiato, lentamente le fece allentare la presa e si girò verso di lei che rimase a testa bassa, portando le braccia lungo ai fianchi.

Un moto di tenerezza gli scosse l'anima, ma si trattenne dall'abbracciarla, come forse avrebbe fatto prima di capire del sentimento che Alex nutriva nei confronti di quel tipo. Ma non riuscì a non portarle una mano sul viso per farglielo alzare e si sentì morire dentro vedendo quello sguardo liquido come le acque di quel mare che tanto amava

-Siamo sotto pressione entrambi, è normale reagire così, ma ti assicuro che non è successo nulla- le disse nuovamente per cercare di tranquillizzarla, ma quel viso non sembrò mutare espressione, sembrava tormentata e ferita; sospirò e le sorrise accarezzandole la guancia bagnata

-Alex, devi essere felice, non conta nient'altro, non devi farti rovinare la vita da uno come me che non sa come gestire certe situazioni- le disse scorgendo uno sguardo diverso in quel viso che lo fissava –non avevo capito che c'era qualcosa tra te e lui, perdonami, ma vista la situazione che stiamo passando tutto mi fa saltare i nervi, ho sempre paura che qualcosa o qualcuno possa minare la possibilità che hai di essere libera dal nome che porti- lei sgranò lo sguardo e lui le sorrise

-Ora devo andare da un cliente- mentì -ci vediamo dopo- e dovette metterci molta forza di volontà per far scivolare la sua mano da quel dolce viso, voltare le spalle e uscire di casa.

L'aria fredda lo schiaffeggiò tagliandogli il respiro che gli si mozzò in gola. Si strinse la giacca e con passo lento salì in auto per partire subito dopo. 

****

Era convinta che Jason si fosse davvero impegnato per farle credere che andasse tutto bene, perché era certa non fosse così. Si chiese dove fosse andato, se fosse vero che doveva andare da un cliente, oppure da Jane e quel pensiero le fece avere un tuffo al cuore: Jane era la donna con cui lui stava da sempre, la donna con la quale aveva condiviso quegli anni e che ora, in ospedale, aveva sicuramente bisogno di lui.

Perché le stava dando così fastidio l'idea di Jane? Lo sapeva, ma in quel periodo aveva come pensato che tra loro le cose fossero cambiate, che forse, Jason si fosse in qualche modo avvicinato a lei, anche se per una situazione sicuramente creata, ma era stato evidente il loro avvicinamento, lo dimostrava il fatto che lei gli avesse raccontato del suo passato e lui, con grande sorpresa, le aveva donato il suo, racchiuso in quella scatola che ora aveva di nuovo tra le mani.

Per non parlare di quegli abbracci, di quei contatti, di quel quasi bacio a Londra che lei si rifiutava di crederci, anche se spesso quell'attimo gli si ripresentava davanti agli occhi, facendole sognare un finale diverso rispetto a quello che avevano vissuto.

Lo amava da sentire ogni fibra del suo essere averne immensamente bisogno, ma allo stesso tempo, aveva paura, il terrore che tutto si potesse dissolvere come il fumo. Aveva il timore che il suo amore non potesse mai essere ricambiato e, razionalmente, sarebbe stato anche normale, ma si chiedeva spesso cosa avrebbe fatto senza di lui, come sarebbe stato vivere sapendo che l'uomo che si ama, avrebbe vissuto la sua vita accanto ad un'altra donna, a Jane magari.

Ecco perché non aveva reagito quando le aveva parlato di Thomas, le era mancato il coraggio di smentire quell'allusione che Jason aveva fatto su lei e il ragazzo

Paura.

Era stata la paura che le uscisse dalle labbra la verità, quella realtà che la tormentava; le si era fermata l'aria in gola al pensiero di quello che lui avrebbe potuto dire sapendola innamorata di lui.

Un profondo sospiro le uscì dalle labbra osservando la foto che ritraeva un bellissimo Jason e sua madre mascherati per una qualche festa ad Halloween, rendendosi conto di quanta vita passata ed esperienze li tenevano così lontani, eppure il suo cuore non voleva darsi pace, continuando a soffrire per quei sentimenti che erano così forti da rendere futile ogni spiegazione per cercare di riportare tutto su una luce più logica.

Quando sentì un'auto davanti casa, si alzò di scatto dal letto e andò a vedere, con la speranza fosse lui, ma riconoscendo Thomas, si sorprese nel constatare che fosse rimasta lì seduta nella sua stanza tutta la mattina, senza fare altro che guardare ciò che conteneva quella scatola rossa.

Scese velocemente le scale dopo essersi data una sistemata, aprendo la porta poco prima che Thomas bussasse

-Ciao- lo salutò e lui dapprima sorpreso le sorrise subito

-Ciao, mi hai spaventato!- rispose divertito, facendole spuntare finalmente un sorriso

-Scusami, ti ho visto arrivare- si giustificò lei spostandosi per farlo entrare, ma vedendolo rimanere fermo lo guardò per capire

- Alex non credo sia il caso che io entri- le disse lasciandola per un attimo senza parole, ma riflettendoci, aveva ragione lui; dopo quanto accaduto la sera prima, era sicuramente meglio non rimanere, ma Jason non sarebbe tornato tanto presto

-Lui non c'è- gli disse –e non tornerà per qualche ora, possiamo stare tranquilli e parlare con calma qui- lui sembrò poco convinto, ma alla fine l'assecondò entrando in casa

-Vuoi una birra?- gli chiese mentre lo aiutò a levarsi il cappotto

-Volentieri, grazie- lei si precipitò in cucina prendendogli una bottiglia di birra, ma ritornando in salotto lo trovò accanto alla finestra ad osservare fuori

-Se vuoi ce ne andiamo, Thomas, non voglio farti stare sulle spine- gli disse, il ragazzo sorrise senza guardarla

-Non sto sulle spine Alex- la sua voce era stranamente calma, lo vide sospirare prima di voltarsi verso di lei

-Al tuo amico, non piaccio e devo dire che la stima è reciproca, ieri abbiamo rischiato di arrivare alle mani, non vorrei ripetere anche oggi- Alex posò la bottiglietta sul tavolino basso e si sedette sentendosi pesante e stanca

-Lo so bene e la cosa è piuttosto preoccupante Thomas- lui sorrise e le si avvicinò sedendosi accanto

-E' preoccupante che stavamo per farlo davanti a te, Alex- le disse facendola sbuffare

-Con me o senza di me non ha importanza!- alzò leggermente la voce indurendo lo sguardo 

–Non voglio pensare che ci sia questa stramaledetta possibilità che veniate alle mani!- subito si pentì per avergli parlato in quel modo, così voltò il capo a guardare verso la finestra sospirando

-Ero pronto a farlo per te- Alex deglutì sentendosi fuori posto davanti a quella schiettezza, alla semplicità con la quale Thomas parlasse di ciò che sentiva nei suoi confronti –e so per certo che quel tizio con cui vivi non si sarebbe di certo trattenuto- Alex incassò il colpo e si sforzò di girarsi a guardarlo negli occhi che dolcemente le sorrisero

-Thomas, io non so bene come comportarmi – confessò in imbarazzo, ma lui rise facendole spuntare un mezzo sorriso

-Credo davvero di aver esagerato, ti ho messo addosso una forte pressione con la mia richiesta a Londra e non era mia intenzione, assolutamente!- le disse prendendo un sorso di birra

–Vorrei chiederti però perché sei tornata- e Alex di nuovo si trovò priva di parole di fronte a quella domanda –avevo capito che volessi ricominciare, avendo bisogno di andartene da qui e prendere la tua vita in mano- e lei avrebbe voluto dirgli che pensava così, ma all'inizio; sperava di avere la forza di andare avanti da sola, di allontanarsi, ma non sarebbe servito a nulla, perché ormai era incastrata in quel piccolo paese in mezzo al nulla, su una scogliera sbattuta da venti freddi ogni giorno, in un luogo circondato dal verde intenso di quelle colline morbide, ma soprattutto si era intrappolata in quegli occhi del colore di quell'oceano rabbioso, in quella voce bassa che pronunciava parole spesso violente, in quella bocca che improvvisamente si apriva in un sorriso da cancellarle ogni minimo dubbio; si era ritrovata ferma, dinanzi a quello che Jason, senza permesso e con una brutalità inattesa gli aveva scosso nel cuore, facendole provare per la prima volta cosa volesse dire amare qualcuno.

-Dovevo tornare- si limitò a dire, vedendo come Thomas non avesse capito cosa intendesse –pensavo di poter andare via, ma non è quello che voglio- aggiunse e lui dopo averla guardata a lungo sospirò abbassando lo sguardo

-E cosa vuoi, Alex?- chiese bevendo un altro sorso di birra.

Si ritrovò a pensare a quanto sarebbe stato tutto più semplice se il suo cuore si fosse innamorato di Thomas; se invece di Jason, battesse per questo ragazzo, dal viso pulito, gli occhi dolci come il cioccolato, il sorriso gentile, i suoi modi che la incantavano e che sicuramente avrebbe reso tutto più proporzionato e adatto, per quello che ci si poteva aspettare.

-Voglio restare qui- rispose semplicemente e lui posò la bottiglietta e la guardò arricciando le labbra in un leggerissimo sorriso

-Vorrei credere che ti piaccia questo posto a tal punto, da non sentire l'esigenza di andare oltre- Alex sospirò abbassando lo sguardo –ma credo ci sia altro- aggiunse facendola sentire in imbarazzo

Non riuscì a rispondere e dopo diversi istanti di assoluto silenzio, lui si alzò dal divano sospirando

-Sei sicura che stare qui equivalga a vivere? Perché non Londra?- chiese –Potresti provare, non necessariamente a casa mia, ti aiuterei però a trovare un posto tutto per te, un lavoro, ti aiuterei ad ambientarti e magari potremmo anche scoprire che non sia così male- Alex sentì il cuore smuoversi da tanta dolcezza, quasi venerazione, che leggeva in quegli occhi 

-Thomas, ci sono cose che non ti ho detto, ma ti prego non chiedermi di parlarne, perché non vorrei aprire ferite che mi porto dietro- si alzò anche lei avvicinandosi –stare qui mi permette di vivere e andare avanti- disse

-Mi stai dicendo che sono stato così idiota da pensare che ci fosse qualcosa tra noi?- le chiese con aria seriosa, Alex sospirò allontanandosi da lui per sistemare il fuoco del camino che in quel tempo si era affievolito e lei non riusciva a scaldarsi, pur sapendo non dipendere dalle fiamme: le sarebbe bastato avere a casa Jason per non sentire quel freddo pungente che sembrava abbracciarla da dentro la carne. 

-Il mio posto è qui, Thomas- e dicendolo sentì i suoi occhi inumidirsi e quando si voltò, Thomas la stava osservando e il suo viso aveva perso ogni nota di dolcezza, sembrava ferito, offeso e la cosa le dispiacque perché non avrebbe mai voluto vedere adombrare la dolcezza che si rispecchiava in quel suo viso, per quello che si stavano dicendo.

-Thomas, io non ho mai avuto un ragazzo- lo vide sgranare leggermente lo sguardo –la mia vita, prima di venire qui, è stata piuttosto complicata e questo mi ha segnato particolarmente- sospirò cercando le parole adatte –sei un ragazzo splendido, non ho mai conosciuto nessuno come te: sempre pronto ad aiutarmi, sempre con il sorriso sulle labbra, dolcissimo- lo vide arrossire leggermente –e all'inizio pensavo davvero che ci fosse qualcosa fra noi, ma ora sono certa che non sia così- Thomas accusò quelle parole come un pugno allo stomaco

-Come fai a dirlo se non hai mai avuto un ragazzo, magari se ci frequentassimo potresti...- ma lei lo interruppe

-I sentimenti non si possono obbligare, Thomas, non si può pensare che le emozioni che si provano verso qualcuno, possano essere dettate solo dal tempo- sospirò prima di andare avanti –è vero che non ho mai avuto esperienze e per questo, all'inizio, pensavo che fosse normale quello che sentivo per te, ma poi ho capito che è affetto, non amore e non potrebbe cambiare- le sue parole lapidarie lo colpirono nel profondo, tanto che i suoi occhi divennero lucidi e la stessa Alex sentì il suo cuore dolere per quello che gli stava facendo –Il tempo non servirebbe a farmi cambiare idea, sarei un'ipocrita a pensarlo e sarei scorretta con te, se ci provassi. Ma sono convinta che l'amore si possa riconoscere anche senza esperienza e sono certa che non sei tu, Thomas, per questo mi dispiace che sia venuto qui con questa speranza- lui sospirò passandosi una mano sul volto, strofinandosi gli occhi, girò un po' nel salotto con espressione affranta

-Pensavo ci fosse qualcosa tra noi- le disse ferito –credevo che quei baci avessero un significato per te, per noi- Alex deglutì sofferente

-E' vero, Thomas, provo qualcosa per te- disse e vide un lampo di speranza colorare il volto del ragazzo-ma non è quello che speri tu- le costò molto dirlo, ma non poteva illuderlo ancora, fargli credere una cosa che non poteva essere vera

–Liz mi ha detto che il tuo cuore già appartiene a qualcuno- le disse lasciandola completamente spiazzata –non dirmi ti prego che centri quel tipo- i suoi occhi forse riuscirono a leggergli dentro, oppure era talmente evidente sul suo viso da essere facilmente leggibile, perché improvvisamente indurì lo sguardo e le sue mani divennero due pugni

-Potrebbe essere tuo padre!- e fece male come uno schiaffo –Ha quasi quarant'anni, Alex! Ti prego dimmi che non è così- la supplicò e lei si allontanò da lui dandogli le spalle

-Non so che cosa provo, Thomas- mentì –ma non credo che debba parlarne con te di quello che sento - replicò, cacciando il magone che sentiva dentro -se pensi che ti abbia illuso, ti chiedo scusa- aggiunse e lui le si avvicinò facendola voltare

-Non mi hai illuso, Alex- parlò dopo attimi infiniti di silenzio -perché ho sentito che provavi qualcosa per me, lo provi tutt'ora altrimenti non mi guarderesti così- le disse –ma forse non sono abbastanza- aggiunse più piano -Se sei così sicura, vuol dire che allora quello che senti per quel tipo è reale – le disse spiazzandola- soffrirai, ma forse è quello che sei disposta ad accettare se dici di amarlo- lei sgranò lo sguardo

-Non l'ho mai detto- e lui le sorrise eloquentemente

-Non serviva- le disse sorridendo amaramente -ma non voglio arrendermi, mi piaci e non voglio rinunciare a te- lei lo guardò stupita nel sentirglielo dire- mi accontento di esserti amico, per ora-

-Perchè vuoi continuare a perdere tempo con me?- gli chiese e lui si ritrovò a sorriderle

-Potrei farti la stessa domanda, perchè continui a perdere tempo con lui?

-Thomas ....-

****

Era seduto su quella panchina da ore. 

Era letteralmente gelato, ma non voleva alzarsi, sarebbe rimasto lì in eterno, se fosse stato possibile. Puntò gli occhi verso il cielo solcato da grandi nuvole grigie che si muovevano veloci spostate dal vento, osservò un gabbiano, fermo in mezzo al cielo, con la sapienza di chi sa domare l'aria per poter rimanere in quella posizione, sfruttando le correnti; lo vide alzarsi, senza fare un movimento con le ali, per poi planare sulla destra e di nuovo fermarsi, qualche istante, per poi sparire ai suoi occhi verso l'oceano. Si strinse nuovamente la giacca addosso, ma il freddo era entrato fin dentro il midollo, accese un'ennesima sigaretta assaporando il bruciare del tabacco in bocca e giù verso la gola; in quel luogo poco tempo prima, aveva visto l'arrivo del Nuovo Anno con Alex ed era stato per lui uno dei momenti più belli: era riuscito a farla smettere di piangere, beandosi dell'espressione sorpresa mentre con gli occhi rivolti verso quell'orizzonte osservava i fuochi d'artificio.

Si passò una mano sul viso ghiacciato esasperato per quello che provava, non riuscendo a trovare un attimo di pace e sentendosi irrimediabilmente perso in quegli occhi che lo avevano fatto andare via con il magone di averla fatta piangere ancora.

Invece di condividere con lei un momento così importante, come l'essersi innamorata di qualcuno, si era rivoltato come un serpente, ferendola; si chiese perché non l'avesse messo in conto.

Perché non gli fosse venuto in mente che forse, si sentissero telefonicamente e magari questo li aveva portati ad avvicinarsi. Vero era che lei, tornando da Londra gli aveva detto che per il momento era solo affar suo la sua vita, senza dover rendere conto a quel damerino, ma poteva davvero aver creduto che le parole di una ventenne potessero essere vere? Era stato così sciocco da pensare che non si sentissero più solo perché lei fosse tornata? L'aveva visto lo sguardo di quel tipo, ed era sicuro che fosse cotto come il tacchino di Natale per Alex, sarebbe stato normale per lui chiamarla, o scriverle messaggi affinché non perdesse la ragazza di cui si era innamorato.

Si portò con il busto in avanti buttando la sigaretta che spense con il piede e si prese la testa tra le mani sentendosi completamente impotente davanti a questi sentimenti.

Lo stomaco doleva, chiuso in una morsa che gli faceva ribollire anche i suoi stessi succhi gastrici. Decise di alzarsi sentendo le gambe completamente bloccate per essere stato seduto tutte quelle ore lì al freddo.

Rimontò in auto con la voglia di dare di stomaco all'idea di tornare a casa e quando vide quell'auto davanti al cancelletto sentì chiaramente il sangue bollirgli nelle vene.

Spense il motore e rimase dentro l'auto con lo sguardo puntato su quel cofano scuro, cercando di calmare la rabbia che iniziò a scorrergli nelle vene.

Si passo una mano sugli occhi sospirando pesantemente, non era neanche riuscito ad entrare con l'auto fermandosi lì davanti come un coglione, con la voglia di entrare dentro e dare di matto.

Cercò con tutto sé stesso di calmarsi, sentendo l'adrenalina scalpitare in lui, strinse le mani in due pugni e decise di entrare sul retro, sperando in un po' di fortuna che non gli facesse incrociare il bel faccino di quel tipo e, se qualche santo lo avesse assistito, magari sarebbe riuscito a sgattaiolare nel seminterrato, senza vedere e sentire nulla.

Aprì la porta della cucina piano, pregando letteralmente che alle sue orecchie non arrivassero suoni strani, ma la voce di Alex lo pietrificò

-..questo per me è un momento delicato, Jason mi sta aiutando ed è l'unico che può farlo ma ti prego tieniti per te i tuoi pensieri, perché non c'è niente tra noi e non potrà mai essere diversamente- Jason sentì chiaramente il suo cuore fermarsi percependo la fermezza di quel tono; il respiro gli si mozzò, trovandosi a guardare davanti a sè il nulla, ferito, mentre quelle parole penetrarono fin dentro al sangue: lei non avrebbe mai potuto ricambiare e ciò che li legava era solo quello che erano stati costretti a subire.

Si appoggiò allo stipite della porta guardando a terra, la testa sembrò girare, il torace  compresso da qualcosa che non gli permetteva di buttare aria nei polmoni.

-Alex, tengo a te e per favore, permettimi di starti vicino e quando vorrai sarò pronto a sentire la tua storia, quella vera- la voce del ragazzo lo portò a guardare oltre l'uscio della cucina, ma ancora sentiva il suo corpo come bloccato, pietrificato.

-Non mi importa di nulla, voglio solo starti accanto- e a Jason sembrò maledettamente vera l'immagine che gli si parò davanti agli occhi nell'ascoltare il silenzio che seguì, gli sembrò di vedere quel ragazzo appropriarsi del volto di Alex e congiungere le loro labbra.

Si portò una mano al cuore, credette di barcollare staccandosi dalla porta, uscì a testa bassa, le gambe pesanti, così come il suo petto, si sentiva malfermo e intontito, come se si fosse risvegliato dopo una sbronza colossale, o se gli avessero menato fino a fargli perdere i sensi. L'auto gli sembrò troppo distante nel raggiungerla; ci salì cercando di inspirare ed espirare con regolarità, mise in moto e sgommando si sbrigò a fare manovra per allontanarsi il più in fretta possibile.

Si staccò da Thomas che l'aveva abbracciata e si avvicinò alla finestra, avendo sentito lo stridere di gomme e quando si affacciò, vide solo lo scorcio dell'auto di Jason che stava andando via e l'ansia l'avvolse completamente

-Alex, che c'è?- Thomas le si avvicinò curioso e lei lo guardò sbiancando –Ehi? Tutto bene?- le chiese accarezzandole una guancia, la vide scuotere la testa

-Era lui- disse semplicemente sentendosi impotente davanti a quel gesto, sarebbe stato furioso nel trovare l'auto di Thomas davanti casa sua

-Allora è meglio che vada via, vogliamo andare a prendere Liz?- le chiese per cercare di cambiare argomento

-Non penso che verrò- e lui la guardò confuso

-Perché? – le chiese –Per lui? Probabilmente vedendo che c'ero ha preferito evitare qualche altra situazione spiacevole come ieri sera, avrei fatto lo stesso anche io- Alex lo guardò incerta, sentiva una strana sensazione al cuore

-Si sarà sicuramente infuriato- disse guardando di nuovo la finestra

-Alex infondo non sei di sua proprietà, mi sembra esagerato tutta questa ansia, dai ci facciamo un caffè e poi ti porto al pub- lei sospirò sperando vivamente che Thomas avesse ragione, ma la sensazione che sentiva la portò a rabbrividire.

 

Note: Scusate l'enorme ritardo! Per cercare di andare un pò avanti con la storia doppia pubblicazione: capitolo 40 e 41! Ancora un enorme grazie a tutti coloro che continuano a seguire la storia di Jason e Alex! Un bacio!

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Capitolo 42
*** 41 ***



Note: Visto l'enorme ritardo ho deciso di pubblicare due capitoli il 40 e il 41, controllate di aver letto il precedente! Grazie di cuore per essere ancora qui! Un bacio

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Aveva due enormi fusti di birra vuoti tra le braccia, si avviò verso la cantina sospirando, in mente la voglia di andare a trovarla, ma nel cuore la paura di farla indispettire, il timore di farle adombrare lo sguardo, di ricevere qualche frase che potesse ferirlo, o rischiare di farlo lui, come già accaduto. Entrò nella vecchia cantina sospirando, con il gomito riuscì ad accendere la lampadina appesa al soffitto e si ritrovò a saltare sul posto, facendo cadere i due fusti che riempirono l'aria con un tonfo metallico

-Maledizione! Jason ma che cazzo ti salta in mente?!- urlò portandosi una mano sul cuore sentendolo battere come un tamburo per lo spavento –Ma sei diventato tutto scemo?!- sbraitò girando un pò su  sé stesso per riprendersi, tornando poi a guardarlo: era seduto su uno dei vecchi barili di legno che riempivano quella cantina di quell'odore tipico di vino, di fragranze affumicate, zuccherine, antiche; ai suoi piedi almeno una decina di sigarette spente, aveva la testa bassa, le gambe appoggiate a una catasta di legna lì davanti e l'aspetto di uno che volesse sparire.

Mike riprese fiato, calmandosi, gli si avvicinò stando attento a non sbattere la testa nell'architrave in legno di castagno messo lì da almeno cento anni per separava la parte vecchia di quella cantina, dove ancora c'erano oggetti legati a un passato dove il nonno aveva dato inizio a tutto, da quella più recente che lui aveva dedicato alle birre.

-Che diavolo ci fai qui dentro?- gli chiese ridacchiando, ricordando quando da ragazzi si rinchiudevano lì per ore, diventando il luogo in cui iniziare a fumare di nascosto qualche sigaretta, dove ritrovarsi per raccontarsi di qualche cotta, parlare dei propri problemi personali, permettendo loro di condividere quei momenti in tutta tranquillità; era il luogo dove lui aveva trovato il coraggio di baciare Jane. Scacciò subito quel pensiero, rendendosi conto di come l'amico avesse qualcosa che non andasse

-Jas, che succede?- gli chiese avvicinandosi

-Ero convinto di potercela fare- la voce di Jason riempì quel luogo dopo diversi attimi di assoluto silenzio, era bassissima e un po' rauca, Mike deglutì sedendosi sul barile accanto a lui, come i vecchi tempi, lo guardò con il volto basso, i capelli a ricadergli sugli occhi

-Cosa ?- chiese e lo vide scuotere leggermente la testa

-Jane mi aveva avvertito- Mike si passò una mano sul viso sconsolato, si guardò intorno senza sapere cosa fare

-Jas, dimmi che succede- lo incitò dopo minuti di silenzio

-Sapevo fosse impossibile, sapevo fosse una pazzia, eppure non sono riuscito a fare nulla se non innamorarmi ancora una volta della persona sbagliata- alzò finalmente il viso e Mike cercò di rimanere impassibile, nel vedere gli occhi di Jason lucidi e umidi.

Erano passati anni, ma quella visione lo riportò a quella notte di tanti anni prima, quando Jason era tornato da poco dall'Italia, diverso, cambiato, forse non per quelli che lo conoscevano appena, ma per lui, per Jane, Jason era tornato diverso. La prova Mike la ebbe in quella notte quando lo trovò li dentro, seduto a terra, con la schiena appoggiata al muro, si gelava, era pieno inverno, proprio come in quel momento e quando gli si avvicinò lo vide piangere, era talmente stremato che non riuscì a mentirgli e quegli occhi colpirono Mike al cuore: era disperazione, era tristezza, era la consapevolezza che le ferite riportate non sarebbero mai state curate e tutto portava il nome di Emma, che non riusciva a scacciare dalla testa, ma soprattutto dal cuore, il suo dolce e atroce sogno.

Mike osservò quello sguardo, quel volto segnato dal dolore che adesso conosceva anche lui

-Jas, perché parli così?- gli chiese sentendo la tristezza salire come un serpente ad avvolgergli il cuore vedendo l'amico ridotto in quello stato, ancora una volta

Jason, tornò a guardare a terra, prendendo l'ultima sigaretta che aveva nel pacchetto e l'accese prima di parlare

-Ha vent'anni, Mike, era chiaro come il sole, eppure io ho fatto di tutto per ignorare la cosa, per non vedere- fece un lungo tiro facendo uscire una nuvola densa di fumo

-Beh ne abbiamo parlato diverse volte, Jas, ma cosa è cambiato?- Mike lo guardò temendo la risposta

 –Alex prova qualcosa per Thomas- il rasato sgranò lo sguardo sorpreso per quella frase

-Ma sei sicuro?- chiese incredulo, si sarebbe aspettato che i funzionari non volevano proseguire i colloqui, che lui alla fine si fosse lasciato andare con Alex, ma quella rivelazione lo lasciò completamente basito; lo vide fare un cenno del capo a confermare quanto rivelato

-Me l'ha fatto capire e prima li ho sentiti parlare- disse tornando a fumare con avidità la sigaretta; Mike si ritrovò a buttare via il fiato che senza accorgersene aveva trattenuto

-Secondo me ti sbagli- lo sentì sbuffare

-Oggi ho avuto la prova che non avevo capito un cazzo!- sbottò –Sono stato io a fare il coglione nei suoi confronti, non certo lei!-prese l'ultimo tiro con per poi buttare la cicca a terra e schiacciarla quasi con cattiveria –Ho fatto tutto da solo come un'idiota Mike, e adesso ne pago le conseguenze!- il rasato sospirò appoggiandosi al muro dietro di lui guardando il soffitto, oramai di una tinta completamente sbiadita

-Beh non mi aspettavo che Alex ti saltasse addosso, Jas, non intendevo questo- disse –ma immaginarla che sia innamorata di quel ragazzo quando lo ha lasciato a Londra per tornare qui, mi risulta strano da credere- ammise, sapendo anche per quello che gli aveva accennato Liz, che Alex non aveva nessuna intenzione di stare con Thomas.

-Lei è tornata qui perché sono l'unico che può aiutarla- a quella frase Mike si voltò a guardarlo

-Non mi sembra sia tipo da agire solo per interesse, Jas- e lo vide sorridere sarcasticamente

-Neanche io, ma questi sono i fatti, dopotutto- si passò una mano sugli occhi –e a pensarci bene avrei agito allo stesso modo- Mike si passò una mano sulla barba, piuttosto sconvolto

-Jas, forse dovresti chiederglielo- e accusò l'occhiataccia che il moro gli rivolse

-Già l'ho fatto!- e si alzò con uno scatto – La sua espressione è valsa più di qualsiasi parola, Mike- il rasato sgranò lo sguardo sempre più stupito della cosa, Jason si passò entrambi le mani sul viso e poi si tirò indietro i capelli sbuffando

-Dio mio, non ho la forza per affrontare anche questo- sussurrò abbassando di nuovo il capo –mi è bastato una volta e ancora non mi sono ripreso- si portò al muro dove si appoggiò di schiena – non credo di farcela- e la voce incrinata che gli uscì, fece accapponare la pelle di Mike, non riuscendo a vederlo distrutto in quel modo

-Jas, non dire cazzate!- alzò la voce per attirare la sua attenzione –Va bene, ammettiamo che ti sia fatto dei filmini mentali con Alex e allora?- il moro lo guardò –Non puoi permetterti di avvilirti, di stare in questo modo! Non te lo permetto, cazzo!- si alzò anche lui –Ti ho visto nella merda fino al collo in diverse situazioni e mi sembra che tu te la sia cavata piuttosto bene, per cui levati dalla testa che ti butti giù perché una ragazzina di vent'anni si è innamorata, giustamente, di un suo coetaneo! Hai promesso che l'avresti aiutata ed eri disposto a sacrificarti per questo, proprio perché provi qualcosa per lei!- gli posò una mano sulla spalla –Beh, credo sia arrivato il momento di dimostrare a te stesso che puoi farcela anche se lei un giorno se ne andrà, lo devi a lei prima di tutto e poi a te stesso! La vita è troppo breve per soffrire così, Jas, non possiamo permettercelo, non dobbiamo- Jason abbassò il capo sospirando

-Non so come fare, Mike, ho mentito a me stesso oltre che a lei- e Mike gli strinse la spalla per farsi guardare

-Troverai il modo e io ti aiuterò, ma fammi il diavolo del favore di non commettere l'errore più grande che tu possa fare ora- si fermò un attimo prima di continuare –Jas, ti considero un fratello e vederti in questo stato mi ferisce, ma quello che mi fa più male è sapere che non credi in te stesso, che pensi che puoi crollare da un momento all'altro perché la tua vita dipende da qualcun altro, non te lo permetto!- lo vide prendere un profondo respiro, ma rimase in silenzio e Mike continuò

-Per Emma eri un ragazzino, ma per Alex sei un uomo e quello che non hai potuto fare all'ora e che ti ha fatto colpevolizzare per anni, ora puoi farlo, puoi aiutare finalmente Emma, con Alex- gli sorrise –trasforma i i tuoi sentimenti in qualcosa che ti permetta di aiutare la persona che ami e colei che hai amato quando eri solo un ragazzo; datti la possibilità di scoprire che puoi farcela, che forse non aspettavi altro, l'amore che provi per Alex è qualcosa di meraviglioso, ma devi essere disposto ad accettare che lei prenda alla fine la sua strada, percorra il suo destino, perfino senza di te- Mike sentì anche i suoi occhi farsi lucidi, era la prima volta che davvero gli parlava con il cuore in mano, che davvero voleva aiutarlo come un fratello avrebbe fatto 

–Vedrai che sarà diverso stavolta, sarà altrettanto doloroso per te, non lo nego, ma credo anche che sarà diverso, perché saprai di aver fatto tutto quello che oggi puoi fare e che non sei riuscito in passato. Forse la perderai, un giorno, ma ti rimarrà la consapevolezza di averla aiutata con tutto te stesso, senza voler niente in cambio, come è giusto che sia se si ama una persona- Jason sospirò ancora una volta volta e nel guardarlo sforzò tutto sé stesso per sorridergli

-Sono passati anni eppure siamo sempre chiusi qui dentro, a confidarci i nostri dolori, non abbiamo cambiato una virgola, come gli occhi gonfi e il cuore in pezzi- Mike si ritrovò a ridere per allentare quella situazione

-Effettivamente tu sei sempre il solito coglione- gli disse facendolo finalmente ridere di gusto mentre guardava il suo pacchetto di sigarette vuoto che strinse buttandolo nel secchio lì accanto, si passò una mano tra i capelli, aveva l'aria distrutta

-Farò quello che ho promesso, non mi tirerò indietro, ma spero davvero di avere la forza per poterla guardare in faccia e non vergognarmi, vorrei riuscire a starle accanto senza rovinarle la vita e senza rischiare di fare lo stesso con la mia- Mike sospirò e gli passò il suo pacchetto di sigarette, dopo averne accesa una

-Non devi provarci, Jas,devi riuscirci, non puoi fare altro- e il suo tono lapidario colpì il moro che si trovò a sospirare pesantemente sapendo che non aveva alternative, forse non le aveva mai avute

****

-Mi dispiace immensamente, Alex- erano in cucina al pub, Thomas e Mark le avevano riaccompagnate dopo aver preso un caffè insieme ed aver scambiato due chiacchiere, anche se Alex non era riuscita per nulla a staccare da quanto accaduto con Jason, avendo la sensazione che quel suo andarsene quella mattina e ore prima, quando l'aveva visto andare via in auto, avevano un significato, dandole l'impressione di volerla evitare ad ogni costo; guardò verso Liz che le si era avvicinata, con gli occhi lucidi

-Non te l'ho detto per non caricarti di altri pensieri, non certo perché volevo nasconderti qualcosa, ma Thomas mi ha chiamata spesso in questo periodo chiedendomi di te, ma soprattutto cercando un po' di conforto- si fermò e sospirò – siamo amici da sempre e alla fine non ce l'ho fatta- scosse la testa amareggiata –mi dispiaceva troppo sentirlo soffrire, così alla fine quando è venuto qui, solo per te, gli ho detto che il tuo cuore appartiene a qualcun altro- abbassò il capo colpevole –mi dispiace tanto, Alex, ma siete miei amici e non so più come comportarmi, per non ferire nessuno, ho fatto l'opposto- Alex la osservò qualche istante prima di prenderle una mano

-Lo capisco, Liz, non ti preoccupare- le disse vedendo il volto della ragazza rasserenarsi un poco –sono stata io a sbagliare, a non parlar chiaro quando me ne sono andata da Londra, anzi, dandogli forse l'impressione che ci fosse qualcosa tra noi- Liz si sedette al vicino sgabello

-Ho cercato di farlo ragionare, Alex, te lo giuro, ma lui è innamorato di te e aveva bisogno di sentirlo dalla tua bocca che non provi nulla per lui- Alex fece un cenno con il capo

-Mi ha detto di volermi comunque accanto, che non si vuole arrendere- un sorriso le colorì le labbra a quel pensiero, anche Liz si ritrovò a sorriderle amichevolmente

-E' davvero cocciuto, gliel'ho ripetuto un milione di volte, ma sembra non sentire nulla, pensa che forse ci sia una possibilità con te, sono sicura che lo fa con le migliori intenzioni- Alex fece un cenno con il capo

-Gli ho parlato chiaro di quello che sento per lui, per certi versi non mi sento più con la coscienza sporca nei suoi confronti, ma capisco anche cosa vuol dire provare qualcosa per qualcuno e non voler rischiare di perderlo- Liz le strinse una mano

-Jason ti vuole bene, Alex, forse anche di più e non credo tu lo possa perdere- cercò di rassicurarla, ma la vide scuotere la testa

-Liz, lo so che prova affetto per me, ma non può esserci mai nulla tra noi- e i suoi occhi divennero subito liquidi a quel pensiero –lo capisco, ma non riesco ad accettarlo eppure ho tutto sotto gli occhi: ha vent'anni più di me, una vita con un'altra donna, esperienze diverse, vite diverse- prese un pezzetto di carta per asciugare una lacrima che le era uscita dagli occhi –ma non riesco a darmi pace, ogni volta che mi guarda io so che lo amo e so che non potremmo mai stare insieme- la voce le si incrinò e anche Liz sentì i suoi occhi farsi lucidi vedendola così

–Alex, io credo che ti stia sbagliando, lui prova qualcosa per te, altrimenti non farebbe quello che sta facendo - Alex scosse ancora una volta la testa

-No Liz, non voglio illudermi, è già dura così te lo assicuro- e le raccontò della sfuriata di Jason la sera precedente, quando le aveva domandato cosa provasse per Thomas e non fosse riuscita ad aprire bocca

-Non ho smentito e il suo sguardo è cambiato completamente, mi ha detto che ci sono i funzionari al vostro motel e di stare molto attenta- un sospiro la fermò mentre continuò ad asciugarsi il volto, rigato di lacrime –in quel momento avrei forse potuto dirgli cosa provo per lui, ma a che scopo? Perché dirglielo se già so che non può mai esserci nulla fra noi!- scosse la testa sconsolata –Lo metterei sicuramente in imbarazzo, e io fare la figura dell'idiota, più di quanto già non stia facendo! Sono io che ho dato un significato diverso a quello che si è creato tra noi, ho sbagliato io- disse.

Liz l'abbracciò di slancio e non volle insistere, ma sentiva che c'era qualcosa tra loro ed erano gli unici a non rendersi ancora conto che entrambi tenevano l'uno all'altra sempre di più e non centrava nulla quello che c'era stato o il passato di ognuno di loro, avevano un forte sentimento, ma dovevano affrontare quei mostri se volevano essere davvero felici, ma capiva la situazione delicata di entrambi, soprattutto ora con i funzionari e i colloqui, la tensione per loro doveva davvero essere alle stelle. 

-Domani è il suo compleanno- le ricordò e la vide alzare di scatto la testa

-Andranno a festeggiare- le uscì dalle labbra ricordando quando Mike le aveva avvertite della sua festa a sorpresa e Liz la riscosse facendosi guardare

-Non volevo dire questo, ma che vuoi fargli per regalo?- e lei sgranò lo sguardo

-Non ne ho la più pallida idea- ammise –non ho avuto la testa per pensarci- Liz rise di gusto

-Perché non cerchiamo una ricetta e non proviamo a fargli una torta?- le chiese per cercare di tenerla occupata, sapendo quanti pensieri affollassero la mente della sua amica

-Potremmo provare- acconsentì Alex, sperando in fondo al suo cuore che quel gesto fosse apprezzato da un Jason che per il momento sembrava essere scomparso

****

Quella mattina il vento sferzava impetuoso e il sole ben alto in cielo non riusciva a scaldare l'aria gelida, Alex era ferma davanti la finestra ad osservare dalla camera il vialetto di casa, dove era parcheggiato il pick-up di Jason.

Il cuore le batteva violento; era tornato all'alba. 

Da quando si erano parlati, non si era più fatto vedere, evitando di passare anche al pub, confermando ancora una volta le sue preoccupazioni sul fatto volesse starle lontano.

Sospirò stringendosi le braccia al corpo, non sapendo come poterlo affrontare, aveva voglia di vederlo, di parlare con lui, ma il timore del suo sguardo deluso, le ritornava prepotentemente davanti e lo stomaco le si stringeva. Si chiese se avesse fatto bene a preparagli quella torta che ora giaceva sul tavolo in cucina con la scritta "Auguri", l'aveva lasciata lì sperando che Jason, rincasando, la trovasse, ma lui si era limitato ad entrare in casa e rifugiarsi subito nella sua stanza ed era sicura che non l'avesse vista perché lei era sveglia, quando era rientrato.

Guardò l'ora e si rese conto di star passando l'intera mattinata lì nella sua camera a girare per quelle quattro mura, così con un profondo respiro decise di uscire, facendo pianissimo per non rischiare di svegliarlo e scese le scale dove iniziò ad armeggiare con la legna per accendere il fuoco.

I suoi pensieri erano completamente avvolti da quello che gli avrebbe voluto dire, appena l'avrebbe rivisto, sentendosi tremendamente in colpa con lui, pur non capendone appieno il motivo, come se quella delusione che lui le aveva mostrato nel guardarla, l'aveva colpita fin dentro al cuore, il bussare alla porta la fece sussultare

Andò ad aprire curiosa, rimanendo completamente di sale vedendo i funzionari Larson e Miller appena fuori l'uscio.

Erano avvolti entrambi da giacche pesanti, la Signora Larson aveva una bella sciarpa bianca e nera a coprirle parte della bocca e del naso, ma subito se l'abbassò per rivolgerle un sorriso di circostanza

-Buongiorno Alex- la salutò lei seguita dal suo collega

-B..buongiono- salutò un po' spaventata e presa in contropiede da quella visita

-Abbiamo pensato di utilizzare questa giornata per anticipare la nostra visita, presso la vostra casa- disse Miller sorridendole, per poi guardarsi un po' intorno con fare teatrale prima di continuare –per un attimo avevamo pensato di aver sbagliato indirizzo- ammise tornando a sorriderle –ha bisogno di una sistemata il vostro nido d'amore- disse e Alex sentì l'ansia salire alle stesse, sorrise di rimando

-Era dei nonni di Jason, è un po' vecchia, ed ha bisogno di qualche lavoretto- minimizzò guardando anche la Larson che la fissava con aria seriosa

-Prego accomodatevi- disse facendoli entrare

-Accidenti, che freddo- affermò Miller scuotendo un po' le spalle una volta dentro avvicinandosi al camino acceso –questo sole sembra essere finto!- aggiunse facendo sorridere sia Alex, tesa come una corda di violino, che la sua collega che si tolse la sciarpa e sbottonò il bel cappotto nero, così come Miller si tolse subito la giacca, mostrandosi con il solito completo blu

-Posso offrirvi un caffè, un tè?- chiese prendendo i loro copri abiti per appenderli lì accanto osservandoli mentre Miller iniziava a scrutare i vari libri riposti nelle librerie, mentre la Larson si era avvicinata al fuoco

-Un caffè andrà benissimo- le rispose accennando un sorriso

-Arrivo subito- affermò Alex andando in cucina e iniziando a trafficare con la macchina del caffè; in pochi minuti preparò un vassoio con sopra due tazzine, lo zuccherò e un po' di latte che aveva scaldato

-Serve una mano?- la voce della Larson la spaventò e per poco non rovesciò una delle tazzine, sorrise impacciata

-Oh no, ho fatto- disse mentre la donna entrò in cucina guardandosi un po' intorno per poi soffermarsi sulla torta che svettava in mezzo al tavolo e il suo sguardo si ampliò un poco

-E' vero- disse –oggi è il compleanno del Signor Parker- Alex si strinse nelle spalle

-Sì, l'ho preparata per fargli una sorpresa- affermò guardando quella bella torta ricoperta di panna e con la scritta in cioccolato

-Devi essere molto brava in cucina- affermò la donna e Alex arrossì un po', mentre vide la donna squadrarla un attimo prima di fare ritorno in salotto, Alex prese un profondo respiro e si avviò anche lei, pregando andasse tutto bene. 

Una volta in salone trovò il Signor Miller accanto al camino con il cellulare in mano, ma vedendola lo ripose nella tasca della giacca e le sorrise

-Sedetevi pure- disse facendoli accomodare al divano mentre serviva loro il caffè

-Il futuro sposo?- chiese Miller prendendole la tazzina che gli stava porgendo, Alex sforzò tutta sé stessa per rimanere calma

-E' in camera, sta dormendo- affermò e vide lo sguardo stupito di entrambi i funzionari –ha lavorato parecchio ieri e stanotte- mentì- inoltre oggi è il suo compleanno, per cui si è concesso un po' di riposo- aggiunse e non riuscì a trattenere un sospiro ansioso

-E' vero!- Miller sorrise divertito –Oggi il nostro Jason festeggia i suoi 39 anni!- disse scambiandosi una rapida occhiata con la sua collega seduta sulla poltrona

-Ci ha detto che andrà con gli amici a festeggiare- disse l'uomo con il sorriso sulle labbra

-E' vero- confermò Alex –stasera starà via- e l'uomo a quel punto ampliò il sorriso

-Avevamo capito che sareste stati insieme, invece non sarà così?- chiese la Larson imperscrutabile

-Beh, non credo- tentennò Alex, avendo capito di aver detto una cosa diversa da quanto evidentemente affermato da Jason; i due funzionari rimasero in silenzio guardandosi un po' intorno, soprattutto Miller che sembrava piuttosto divertito

-Quindi questa era la casa dei nonni?- chiese e Alex confermò con un cenno del capo

-Strano che non abbia fatto alcun tipo di lavoro per sistemarla, visto che vive qui da anni- affermò facendola sentire sulle spine, aveva paura di dire cose che potessero mettere in allarme i due funzionari

-Vivendo da solo, non ho mai ritenuto necessario farlo- la voce di Jason fece saltare Alex sulla poltrona che si girò verso le scale dove stava scendendo

-Oh buongiorno Signor Parker- lo salutò Miller alzandosi per stringergli la mano, così anche la Larson per poi riaccomodarsi, mentre Jason rimase in piedi accanto ad Alex che non riusciva a staccargli gli occhi di dosso: aveva il viso stanco, gli occhi leggermente rossi, eppure era di una bellezza da farle sentire il suo cuore tremare dall'amore che provava per lui

-Visto che ha evitato i nostri incontri, abbiamo pensato di anticipare la nostra visita, spero non sia un problema- esordì dopo qualche attimo di silenzio la Signora Larson e Jason scosse la testa

-Nessun problema- rispose con una calma che sorprese la stessa Alex

-Piuttosto, Auguri Signor Parker- disse Miller sardonico

-Grazie- rispose serio Jason

-Vuoi un caffè?- gli chiese Alex alzandosi dalla poltrona per allontanarsi qualche attimo da quella situazione; quando lui finalmente posò gli occhi su di lei, Alex avvertì un senso di tristezza invaderla: era uno sguardo vuoto, spento, privo di qualsiasi emozione.

Sentì il sangue ghiacciarsi, vedendo come lui le fece solo un cenno d'assenso per tornare a rivolgersi ai funzionari, ma senza dire nulla andò in cucina dove sentì le lacrime risalire prepotenti per uscire. Tirò su con il naso, portandosi una mano a coprirsi la bocca, per non emettere nessun suono, prese un fazzoletto e si soffiò il naso, sentendo il petto pesante, il respiro mozzato: perché l'aveva guardata così? Si sciacquò il viso con l'acqua e prese un profondo respiro mentre portava la tazza di caffè a Jason che aveva occupato la poltrona dove era seduta lei, così da doversi accomodare accanto a Miller.

-Alex ci stava dicendo che stasera starà con i suoi amici- riprese il discorso la Larson posando la tazzina sul tavolino, sistemandosi meglio sulla poltrona incrociando le braccia sotto al seno e accavallando le gambe, era piuttosto seria

-Il mio amico Mike ha da tempo deciso di volermi organizzare qualcosa, ho cercato di fargli cambiare idea, ma non c'è stato verso- spiegò, Alex lo guardava attentamente, sembrava il Jason che aveva conosciuto la prima volta, quando era visibile quel muro che li separava, deglutì e cercò di voltarsi verso i due funzionari

-Beh ma è un peccato non passarlo con la sua futura moglie, non pensa?- lo incalzò Miller sorridente finendo il caffè, Jason accennò un sorriso sarcastico, forse aspettandosi quell'atteggiamento

-Ho raggiunto un patto con il mio amico- disse e vedendo la curiosità nello sguardo di Miller proseguì -visto che mi farà passare la serata senza Alex- sentendo il suo nome, Alex inconsciamente si irrigidì –sarà una sorta di addio al celibato, così da non dover ripetere una cosa che detesto- Miller ridacchiò

-Non le piacciono le feste?- chiese e Jason prese una sigaretta porgendo ai due il pacchetto che rifiutarono cordialmente –Le detesto- ammise –mai amate- aggiunse

-Come mai?- chiese la Larson osservandolo attentamente con i suoi occhi chiari puntati su di lui

-Non amo essere al centro dell'attenzione, detesto che la gente sia costretta a festeggiare il mio compleanno come se non avesse scelta, a me non importa molto a dire il vero, è un giorno come un altro, con la differenza che ci si invecchia- Alex deglutì, sentiva un disagio che la faceva stare rigida come una statua

-Oggi, Signor Parker sembra diverso, lo sa?- la Larson accennò un leggero sorriso –Spero che la nostra visita non le abbia incupito l'umore- lo provocò e Jason sorrise buttando fuori un po' di fumo

-Non più del solito- rispose senza scomporsi facendo ridere Miller che si rivolse verso Alex

-Che farà di bello, Alex?- chiese –Immagino che non le farà piacere sapere che il suo compagno andrà a festeggiare senza di lei- Alex accennò un sorriso sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, abbassò lo sguardo e fece un'alzata di spalle

-Lavorerò al pub, ma non mi preoccupa il fatto che vada a festeggiare- cercò di non far tremare la voce sentendo gli sguardi di tutti addosso –la fiducia credo sia alla base di ogni rapporto, mi fido di lui- e nel dirlo non riuscì a non guardalo, incrociando quello sguardo che ebbe un fremito, per poi tornare distaccato pur continuando a fissarla

-Sembra che abbiate discusso- esordì dopo qualche attimo di silenzio la Larson e Alex si trovò a sgranare lo sguardo abbassando il capo

-Credo sia lecito avere qualcosa per cui discutere ogni tanto- rispose Jason e Alex fissò la sua attenzione verso la funzionaria che fece un cenno del capo

-Di solito più si avvicina la data del matrimonio, più la tensione gioca brutti scherzi- Miller ridacchiò alla sua battuta

-A questo proposito, vorrei sapere quanto dovremmo aspettare una volta finiti i nostri incontri e qualora abbiate deciso di darci il foglio di permesso- chiese Jason cambiando discorso stupendo un po' tutti

-Beh, generalmente una volta che mandiamo i documenti con l'esito positivo, nel giro di una settimana, massimo due, riceverete il foglio- spiegò la Larson

-Ha cambiato idea Parcker?- chiese derisorio Miller –Aveva detto di voler aspettare- aggiunse e Jason lo guardò ridendo in maniera un po' tirata

-Sì, abbiamo cambiato idea, vorremo poterci sposare appena possibile- disse – non ha senso aspettare- i due funzionari si scambiarono una rapida occhiata

-Un cambio piuttosto repentino- la Larson guardò Alex che sentì il sangue ghiacciarsi –quindi inizierete comunque i preparativi?- chiese e Alex si sforzò di rimanere calma

-Sì, non vogliamo una cerimonia in pompa magna, per cui basterà poco per poter organizzare tutto- e sperò che la sua risposta andasse bene anche a Jason

-Dove pensavate di celebrare la cerimonia?- chiese Miller più interessato e a quel punto Alex dovette guardare Jason non sapendo cosa poter rispondere, visto che non si aspettava quella piega nella conversazione

-Stiamo valutando alcuni posti, appena avremo deciso vi informeremo- rispose, Miller fece un cenno d'assenso

-Potremmo fare un giro per la casa?- chiese l'uomo con un finto sorriso, sapendo quanto quella richiesta poteva essere piuttosto fastidiosa; Jason non trattenne un sospiro prima di alzarsi in assoluto silenzio andando verso la cucina seguito subito dai funzionari e da Alex ormai priva di parole.

Appena mise piede in cucina, si arrestò fissando il tavolo, dove svettava una bellissima torna

-Oh ma che spettacolo!- Miller entrò guardando anche lui l'opera di Alex che diventò rossa per la vergogna

-Sì, davvero bellissima, sicuramente sarà anche buonissima- disse la Larson

-Beh, Parker lei è davvero fortunato, non sa che darei per avere una moglie che mi prepari una torta del genere! Purtroppo la mia non ama molto cucinare, per cui si limita a comprarla, ma credo non ci sia paragone- e lo disse guardandosi un po' intorno per poi uscire dalla stanza e senza troppe cerimonie aprì la porta che dava nel bagno seguito anche dalla Larson; intanto Jason si era girato verso Alex rimasta a testa bassa senza sapere cosa fare

-Grazie, è bellissima- disse e lei sorrise senza guardarlo ma puntando gli occhi ai suoi piedi sentendosi completamente esposta sotto quello sguardo

-Signro Parker qui sotto c'è il suo ufficio?- chiese Miller interrompendoli, posizionato davanti alle scale del seminterrato e Jason fu costretto a seguire lui e la Larson per fare strada, mentre Alex rimase in cucina con la voglia prepotente di piangere.

Finito il giro al piano terra, salirono le scale e si ritrovarono ad aprire la prima porta, la camera di Jason

-Scusate il disordine- disse solamente e quando li vide entrare improvvisamente un pensiero l'assalì, ma la Larson sembrò leggergli nella mente

-Questa è la sua stanza Signor Parker?- chiese, dietro di lei Jason incrociò lo sguardo di Alex che evidentemente aveva capito subito

-Sì- ammise Jason, ormai impossibilitato a fare altro

-Cioè?- chiese subito Miller rivolto a Jason –Dormite in stanze separate?- ma prima che Jason potesse rispondere venne interrotto dalla Larson

-Dov'è la tua stanza, Alex?- domandò e Alex sentì un brivido farle accapponare la pelle

-Qui di fronte- disse aprendo la porta e permettendo ai due di entrare e dopo aver dato una rapida occhiata la Larson si rivolse loro

-Quindi dormite separati?- Miller intanto non trattenne un sorriso sghembo, Jason si sforzò di non prenderlo a pugni

-No- rispose secco ed Alex credette di svenire in un momento all'altro, mentre la Larson continuava a guardare Jason con attenzione –E' la camera dove Alex continua a tenere la sua roba- i due funzionari non commentarono oltre, rimasero ancora qualche attimo ad osservare il piano superiore per poi ridiscendere le scale e riprendere i propri cappotti

-Bene, grazie del caffè e della vostra pazienza- disse la Larson guardando verso Alex per poi rivolgere la sua attenzione a Jason –Ancora tanti auguri e buona serata- così dicendo uscì per prima, anche Miller li salutò sembrando piuttosto divertito, rinnovò gli auguri e seguì la collega

 

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Capitolo 43
*** 42 ***


42

Quando richiuse la porta, rimase per qualche attimo fermo a fissare il battente in legno, il cuore pesante, l'animo ferito, i sentimenti schiacciati dalla realtà.

Voleva sparire e non doverla vedere, non doverle parlare, perché faceva male, tremendamente male, averla ad un passo e sapere che a separarli c'era il destino, la vita intera.

L'arrivo dei funzionari era stato un colpo basso dei due: quell'entrata a sorpresa solo per potersi accertare della loro vera situazione; in quei giorni, Jason era consapevole di non essere in sé, tanto da aver commesso quell'errore banale, prevedibile. Com'era possibile stare insieme eppure avere le camere separate? Non c'era nulla di Alex nella sua camera o viceversa e questo, sicuramente aveva insospettito ancora di più i funzionari, visibile nello sguardo che la Larson aveva rivolto loro.

-Jason- sentirla appena dietro di lui, sentire come il suo nome si muoveva tra le sue labbra e fosse pronunciato da quella voce, lo fece tremare; si voltò piano ricordandosi di indossare quella maschera che oramai era stato costretto a mettersi se voleva uscirne quantomeno non del tutto spezzato.

Alex era lì, ferma dietro di lui, si stringeva le mani addosso, il viso contrito di tristezza, un velo che aveva adombrato quella solarità che sprigionava con il suo sguardo e il suo sorriso sempre pronto a mostrarsi; lo guardò un attimo negli occhi per poi abbassare il capo, spostando il peso da una gamba all'altra, incerta, insicura e a lui tornò alla mente la bella torta che l'aveva lasciato senza fiato qualche minuto prima

-Mi hai davvero fatto una bellissima sorpresa, Alex, grazie- sentì il suo stesso essere sforzarsi per poterle parlare con calma, nonostante dentro sentisse la voglia di fuggire, ma non poteva fargli questo, non adesso che stavano in una situazione che pretendeva la loro massima attenzione.

Un sorriso appena accennato colorì il volto di Alex che però non alzò il capo

-Mi dispiace non aver pensato a qualcosa di meno banale- rispose e lui avrebbe voluto dirgli che nulla di ciò che faceva risultava ai suoi occhi banale, sapere che aveva speso del tempo per realizzare quella torta solo per lui, l'aveva fatto emozionare, più di quanto avesse potuto mostrare.

-E' un regalo bellissimo, invece- dosò le parole, pensando a cosa dirle, per farle capire quanto contasse per lui quel gesto –nessuno mi ha mai cucinato una torta, neanche Emma- aggiunse, ed era vero, neanche lei,  aveva mai avuto questo riguardo nei suoi confronti quando si frequentavano, tanto meno i suoi genitori, i quali pensavano che una bella torta, presa in qualche rinomata pasticceria, potesse equivalere alle tante mancanze che si portavano dietro e, successivamente, anche quel gesto non ci fu più.

-Jason, ieri ti ho visto andare via con la macchina- Alex alzò finalmente il viso per incrociare il suo sguardo-ero preoccupata, perché so che hai visto l'auto di Thomas- Jason rimase impassibile, fissando la sua attenzione su quegli occhi che tanto amava, ripetendosi nella mente di non comportarsi come suo solito, per rimanere calmo

–Sì, è vero, l'ho visto e ho deciso di lasciarvi i vostri spazi- ammise reprimendo la voglia di sapere se quel tipo l'avesse anche solamente sfiorata e quel pensiero gli incupì i pensieri e lo sguardo, Alex fece un cenno con il capo per poi tornare a guardare a terra

-Grazie, dovevamo parlare, effettivamente- e lui sentì il suo cuore stridere contro le costole, ma si trattenne da dire qualsiasi altra cosa –dovevamo chiarire alcune cose rimaste in sospeso- la sentì aggiungere e un profondo sospiro uscì dalle labbra di Jason, non era facile continuare ad ascoltare, così la superò per andare a prendere un po' di legna e ravvivare il fuoco; aveva paura di ferirla dicendo qualsiasi cosa, di farla sentire in colpa, così non disse nulla, pur sentendo quegli occhi puntati sulla schiena

-Vuoi- la voce di Alex tremò un poco –un pezzetto di torta?- e lui rimase fermo qualche istante a fissare il fuoco, sperando di trovare la forza per potersi comportare il più naturalmente possibile, si girò e le sorrise

-Molto volentieri- rispose, vedendole lo sguardo riaccendersi e le labbra arricciarsi leggermente, non disse nulla  avviandosi in cucina, mentre lui si passò una mano sugli occhi,  annegando piano piano, non potendole dimostrare più entusiasmo, più complicità, più amore, reprimendo tutti questi sentimenti in un angolo buio dentro il suo cuore.

Si avviò in cucina, sentendosi pesante e tremendamente stanco, ma una volta arrivato sulla soglia, rimase a guardare la torta con diverse candeline accese tutte intorno, così come il numero 39 appuntato appena sopra la scritta "Auguri", alzò lo sguardo per incrociare quello sorridente di Alex ferma dalla parte opposta del tavolo che lo guardava ansiosa e finalmente sorridente

-Tanti auguri!- gli disse arrossendo appena, non sapendo quanto quello spettacolo di candeline che si riflettevano sul suo bel viso e su quello sguardo, riempissero il cuore di Jason che dovette fermare l'impulso di fare il giro del tavolo per stringerla a sé, respirare il suo profumo che ormai l'aveva sedotto completamente e poterle divorare quella bocca che tanto amava.

Si limitò a sorriderle, avvicinandosi piano, osservando quella bella panna a ricoprire un involucro di altrettanta dolcezza

-Devi esprimere un desiderio!- gli disse lei prima di fargli spegnere le candeline e lui la fissò negli occhi sorridendo: il suo di desiderio era irrealizzabile, pensò amaramente, ma chiuse comunque gli occhi e l'unica cosa che riuscì a pensare fu quella di sperare che quel sacrificio che richiedeva a sé stesso, permettesse ad Alex di essere sempre felice, senza doversi più preoccupare del passato di sua madre, vivendo appieno i suoi piccoli anni, quello sarebbe stato sicuramente un bellissimo regalo.

Quando riaprì gli occhi soffiò sulle candeline spegnendole subito e lei rise divertita

-Auguri!- gli disse e, sorprendendolo, lo abbracciò di slancio.

Quel contatto lo irrigidì come una statua, preso in contropiede, mentre il profumo e il corpo di lei lo invasero con troppa delicatezza e calore per la sua sanità mentale, involontariamente si allontanò come scottato e lei lo guardò sorpresa da quel distacco improvviso.

Si fissarono per qualche attimo, il silenzio ad avvolgere ogni cosa, gli occhi di Alex si fecero liquidi quasi subito, ma cercò di camuffare il tutto girandosi verso la torta, iniziando a levare le candeline

-A dire il vero ad aiutarmi in questa torta c'è anche lo zampino di Liz- la voce fintamente allegra, cercava di nascondere quanto quel gesto l'avesse ferita, lui lo sapeva; si passò una mano a tirarsi indietro i capelli, vedendola di spalle, sapendo che a farlo allontanare era stata la ragione perchè non avrebbe resistito un secondo di più nel sentirla tra le sue braccia, era dolore e rabbia ciò che provava e faceva dannatamente male

–Spero davvero sia buona, perché abbiamo mischiato alcune ricette- aggiunse Alex sempre con quel tono che cercava di camuffare la tristezza che lui le stava facendo provare, ma sperò con tutto il cuore, che un giorno lei avesse potuto capire e forse giustificare.

-A te- gli disse senza guardarlo e Jason si sforzò di prendere quel piattino senza sfiorarla, facendo attenzione ad ogni suo movimento, per non rischiare alcun contatto

Sapeva ed era dispiaciuto che quel suo modo di fare l'aveva messa in allerta, facendole intuire che ci fosse qualcosa, incrinando quel loro rapporto che si stava rafforzando, tanto da dare l'impressione che ci fosse qualcosa tra loro; ma ormai aveva capito perfettamente che agli occhi di Alex, lui appariva come una figura di riferimento dopo la morte di Emma, convinta di essere totalmente sola ad affrontare il dolore per quella perdita e il suo futuro incerto, mentre con lui, ora, poteva avere la forza di andare avanti; il sacrificio che stava facendo valeva sicuramente più di tutto il resto, pensò Jason prendendo il piattino che Alex gli passò senza guardarlo, però era doloroso come una morsa che non accenna a diminuire l'abbraccio che gli stringeva il cuore.

Represse un sospiro rassegnato, per quei pensieri e assaggiò un pezzetto di quella torta dovendo quasi subito chiudere gli occhi per assaporare quella dolcezza della panna e quella più pungente del cioccolato fondente che gli avvolse il palato, fondendosi insieme alla morbidezza del pan di spagna il cui sentore di rum profumava e dava il tocco finale.

Si ritrovò ad aprire lo sguardo, vedendola di nuovo dall'altra parte del tavolo, con gli occhi su di lui in una trepidante attesa di sapere se gli fosse piaciuta o meno, con l'espressione incerta, ma curiosa di sapere cosa ne pensasse di quella torta e Jason si chiese perché non poteva essere felice, anche solo per una volta?

Ampliò le labbra in un sorriso sincero per guardare poi verso quel piattino

-E' veramente deliziosa- e quelle parole sciolsero il cuore fermo di Alex, rimasta immobile ad osservarlo assaggiare quel pezzettino, con la paura che non fosse di suo gradimento, ma con la speranza che potesse piacergli davvero. Lasciò andare un sospiro di sollievo, ritrovando un leggero sorriso, nonostante sentisse che Jason avesse di nuovo eretto un muro tra di loro, invisibile eppure presente, come lo era quel tavolo a dividerli. 

Le aveva bruciato la carne, il cuore e l'anima l'essersi sentita allontanata da lui, quando aveva trovato il coraggio di abbracciarlo, perché voleva sentirlo, anche solo per un istante, voleva di nuovo potersi tranquillizzare tra quelle braccia che sapevano calmarla e rassicurarla. 

Si sentiva tremendamente in ansia perché avrebbe voluto parlargli liberamente, potergli dire che l'amava tremendamente e non voleva vederlo in quello stato, che avrebbe sacrificato tutto pur di saperlo felice e sereno, libero da quell'espressione scura che spesso si dipanava sul suo bel viso, quel suo sorriso mostrato troppo di rado, quello sguardo che la imprigionava ogni volta incrociandolo.

Assaggiò anche lei la torta sorprendendosi per il sapore che avesse, era veramente buona e si ritrovò a sorridere pensando a quanto avesse fatto tribolare la povera Liz perché indecisa su cosa preparare.

-Alex- la voce di Jason le fermò il respiro e il suo cuore prese di nuovo a battere velocemente, aveva paura di guardarlo, ma si sforzò di alzare lo sguardo verso di lui: aveva finito quel pezzetto di torta posando il piattino sul tavolo, il viso aveva quell'espressione seriosa che mise in allarme Alex, lo vide sospirare e passarsi una mano sugli occhi prima di parlare

-Se quello che è successo oggi, non ha minato il nostro stato agli occhi dei funzionari e, se riuscissimo ad avere il visto, faremo il matrimonio il prima possibile- le disse e lei avrebbe quasi gioito in un altro momento, ma la postura rigida e quel viso scuro le fecero capire che c'era dell'altro e non le sarebbe piaciuto

-Mi ha sorpreso quando lo hai detto- ammise lei cercando di sorridere e mostrarsi tranquilla, lui sospirò

-Ho pensato che sarebbe meglio per te essere libera da tutto il prima possibile- quelle parole turbarono Alex fin dentro le ossa, ma non fiatò

-E' giusto per te prendere la strada che riterrai più giusta, tenerti qui non è corretto per nessuno- lui la guardò e lei sforzò tutta sé stessa per non mostrare nessun cambio d'espressione, nonostante quelle parole risultassero come una doccia ghiacciata

–Sei giovane, hai tutta la vita davanti, tua madre ti ha mandato qui per un motivo ben preciso: poter essere libera da quello che lei si portava dietro, per questo dobbiamo impegnarci a far sì che i funzionari accettino di darti il visto, così a quel punto e dopo il matrimonio, potrai finalmente andare dove vuoi, fare quello che riterrai più giusto- Jason ebbe l'impressione di sentire lo stomaco farsi di pietra, ma doveva parlarle di quello che aveva deciso: non potevano continuare a vivere insieme; per questo dovevano fare di tutto affinchè i funzionari firmassero quei dannati documenti e li facessero sposare, così lei poteva a quel punto andare dove voleva e soprattutto con chi voleva.

Era straziante per Jason pensare che se ne fosse andata, ma era anche inevitabile per entrambi, lei non poteva rimanere lì con lui, non sarebbe stato possibile, non ora che lui non poteva più reggere quello che provava.

Alex ampliò lo sguardo a quella decisione di Jason. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che lui la rimettesse di nuovo alla porta, come all'inizio.

-Perché?- chiese con un filo di voce e lui la guardò stupito da quella domanda

-Come sarebbe a dire perché?- chiese a sua volta – Mi pare ovvio Alex, cosa pensavi di fare?- e Alex sentì il peso di tutto quel tempo passato a casa di Jason, al disturbo e forse anche qualcosa di più che lei gli aveva procurato e improvvisamente capì che l'aiuto che lui le stava dando era finalizzato solo e unicamente a farla andare via il prima possibile, probabilmente il suo scopo fin dall'inizio e anche perché, ora, evidentemente lo stesso Jason aveva compreso la difficoltà e, in qualche modo, il pericolo che correva, avendo permesso a Francesca di portare avanti questo progetto

-Se era questo quello che volevi, perché non farmi andare via prima?- quella domanda spiazzò Jason ancora di più –Perché ti sei tanto prodigato e speso affinchè restassi, quando Francesca aveva pensato anche ad altro?- le parole di Alex lo ferirono

-Pensi che avrei preferito che andassi in America o vederti sposare uno sconosciuto?- colpì il tavolo con un colpo secco, rabbioso

-Mi stai dicendo che vuoi anticipare il matrimonio per poi mandarmi via!- sottolineò lei alzando la voce a sua volta, il cui sguardo era mosso da infinite emozioni

-Non ho detto questo!- Jason sentì la rabbia assalirlo, lui le stava dicendo che poteva fare tutto quello che voleva dopo, a discapito dei suoi sentimenti e lei aveva solo capito che la voleva buttare fuori di casa –Sarai libera di andare dove e con chi vuoi!- ribadì lui trattenendo a stento la voce che gli uscì più cupa e irosa

-Potevamo evitare tutto questo!- sbottò lei avviandosi verso il salone furiosa, sentiva il suo corpo fremere dalla collera per come lui la stesse trattando, sentendosi troppo vulnerabile, troppo pronta a riversare lacrime amare sapendo che lui non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti, capendo che quella convivenza forzata era stata portata fin troppo oltre.

-Maledizione!- Jason le fu subito dietro fermandola per un braccio –Che diavolo stai dicendo, Alex!- le disse facendosi guardare, Alex tremò come ogni volta sotto quello sguardo, sentendo la presa della mano di Jason ferma e salda sul suo braccio

-Ci saremmo risparmiati tutto quanto!- sbottò lei fissandolo con amarezza e Jason venne accecato dalla rabbia e dal risentimento

-Se avessi saputo che stavi con quel tipo mi sarei risparmiato volentieri tutto questo, puoi starne certa!- Alex sentì gli occhi ricolmi di lacrime: Jason riusciva a farle male, a forare ogni lembo di pelle per arrivare dritto al cuore, si divincolò dalla sua presa, sentendo le lacrime superare i margini della sua forza di trattenersi

-Hai giocato sporco con me, Alex, avresti dovuto informarmi che eri innamorata di quel tizio, diavolo!- la incalzò ancora lui, rosso di rabbia -Avrei dovuto essere messo al corrente che mi giocavo il culo per..-

-Io amo te non lui!- urlò Alex 

****

Il profumo di dolciumi e di caffè invadeva l'intero locale, le cui vetrate mostravano la strada principale solcata da qualche auto, la piazzetta poco distante, qualche persona che camminava lungo il marciapiede avvolta in cappotti pesanti per ripararsi dal vento gelido; le luci della sera stavano scendendo su quel tratto di costa che sia Miller che Larson non conoscevano, ma si erano ritrovati ad apprezzare quasi subito.

Miller sorrise alla ragazza che servì loro due bei caffè bollenti e due fette di torta alla cannella, noci e uvetta che aveva attirato da subito la sua attenzione, appena l'aveva vista esposta al bancone. Intorno a loro il vociare leggero di alcuni clienti, il muoversi delle due cameriere e la leggera musica in sottofondo, riempivano quella caffetteria che la Larson sembrava apprezzare particolarmente, fin da quando avevano messo piede lì, ma ora la sua collega era completamente assorta nei suoi pensieri ad osservare la vetrata accanto a loro.

Miller sorrise, lavoravano insieme da almeno una decina d'anni e lei gli aveva insegnato i trucchi del mestiere, l'aveva aiutato a penetrare nelle dinamiche di quel lavoro piuttosto complicato e sicuramente logorante

-Cos'è, stai pensando alla pensione?- la provocò Miller, sapendo che la sua collega era prossima a quel passo e che non sembrava particolarmente felice di dover affrontare, anche se dopo tutti quegli anni passati a dover capire le menzogne delle persone, smascherare chi cercava di introdurre immigrazione in modi meschini e spesso vincolanti sotto ricatti e alte somme di denaro, lei stessa gli aveva confidato di essere pronta a voltare pagina, anche se tra il dire e il fare c'era di mezzo la sua intelligenza per quel lavoro, la sua assoluta dedizione e professionalità che l'avevano resa una dei funzionari più apprezzati.

Larson sospirò osservando la fetta di torta per prendere poi un sorso di caffè e tornare a guardare fuori, mentre Miller si gustava quella delizia continuando a puntare lo sguardo verso la sua collega che parlò solo dopo diversi minuti

-E' davvero un posto intrigante- Miller finì di pulirsi la bocca e prese un sorso di caffè caldo pensando a quanto detto dalla collega

-A chi piace questo genere di vita nel nulla, credo sia l'ideale- affermò pensando che lì, sarebbe stato bello passarci qualche giorno d'estate, quando sperava che quel vento gelido e quel tempo plumbeo,  lasciassero spazio anche a un po' di sole e a temperature più accettabili, ma comunque troppo fuori dal suo modo di vivere

-Per te qui è l'inferno, visto come sei legato alla tua tanto amata Londra- lo provocò lei e Miller non trattenne un sorriso

-E' vero, amo Londra, ma penso anche che un giorno sarebbe bello allontanarsi dalla frenesia della città per qualcosa di più tranquillo- si girò a guardare anche lui verso la vetrata –ma qui credo sia troppo- la Larson rise finendo la sua fettina di torta

-A me non dispiace, lo trovo un posto tranquillo e affascinante- affermò, Miller incrociò lo sguardo della collega arricciando le labbra in un sorriso

-Non credo che tuo marito sia molto d'accordo con una vita qui- disse sapendo quanto, all'uomo in questione, la vita isolata non piaceva molto, tanto che si erano trasferiti in un centro residenziale appena tre anni prima, rispetto al casale sperduto di proprietà della Larson fuori Londra dove vivevano; la donna sorrise riprendendo a bere il caffè

-Allora mi vuoi dire cosa c'è che non va?- le chiese dopo qualche attimo

-Perché me lo chiedi?- Miller alzò gli occhi al cielo ridendo

-Avanti Larson, dimmi che cos'hai, sei stata silenziosa tutto il giorno, dopo che siamo andati via da casa di Parker, in ufficio ti sei messa a lavorare senza aprire bocca e ora qui parli a mala pena- la donna sorrise al collega

-Non ho nulla- affermò e Miller scosse la testa sorridendole

-Dopo più di dieci anni di lavoro gomito a gomito, dovresti aver capito che certe scuse non reggono più- la donna rise di gusto

-Sei veramente insistente Miller- lo redarguì

-E' stato uno dei trucchi che la mia collega mi ha insegnato fin dall'inizio: essere insistenti mette sotto pressione l'altro e se è in cattiva fede, prima o poi cede- la donna rise ancora

-Quindi sarei in cattiva fede- l'uomo si appoggiò al tavolo scansando il piattino e la tazza di caffè quasi vuota e le sorrise beffardo

-Quel tuo sguardo non mi incanta, Larson, a cosa sta pensando la tua testolina?- la donna a quel punto si ritrovò a ridere di gusto

-Ti ho davvero insegnato bene- ammise divertita, l'uomo tornò ad appoggiarsi allo schienale della panca imbottita sulla quale era seduto, soddisfatto

-Pensavo che c'è qualcosa che mi sfugge in questa storia- affermò e Miller a quel punto si fece serio

-A che ti riferisci?- chiese e la donna sospirò e lo guardò attentamente

-Credo che ci sia qualcosa dietro a questa loro storia- spiegò –è ovvio che non sono una coppia, quantomeno la ragazza è sicuramente innamorata di lui, ma non hanno una relazione, eppure...- Miller rise

-Cosa c'è Larson, il bel Parker ha incantato anche te?- la provocò e la Larson sorrise al collega sapendo quanto gli piacesse provocare, una caratteristica che lei gli aveva insegnato ad utilizzare al meglio nel suo lavoro

-Non ti sembra strano che una ragazza sia stata mandata qui da sua madre?- chiese e Miller fece un'alzata di spalle

-Il nostro lavoro è accertarsi della loro relazione e visto che ormai è chiaro anche a te che le cose non stanno così, non capisco perché dobbiamo continuare con questa farsa- la Larson alle parole del collega si fece seria

-Miller, ti ho sempre detto che non si deve dare per scontato nulla, ma soprattutto che c'è una spiegazione a tutto e in questo caso non riesco a vederla- Miller sospirò appoggiando il viso ad una mano osservando fuori il vetro

-Potresti limitarti a vedere le cose come stanno, senza dover indagare oltre- di nuovo tornò ad incrociare gli occhi della collega –non ti porterà a nulla cercare il perché di questa storia, non sei  un'investigatrice da un pò, ma un funzionario addetto all'immigrazione- aggiunse

-C'è sempre un perché Miller, è sempre stato lo scopo del mio lavoro, non accetto di dare un giudizio su di loro senza che abbia capito davvero come stanno le cose- Miller sospirò sapendo quanto la sua collega fosse irremovibile su questo suo pensiero, ormai un dogma per lei

-Secondo me invece è proprio come ci ha detto l'avvocato- disse Miller sorridendo alla cameriera che liberò loro il tavolo per poi proseguire –la madre della ragazza non aveva nessuno e preoccupata, ha chiesto il favore a un suo vecchio amico, punto- la donna scosse la testa

-Mi sembra riduttivo, credo che anche su quel fronte ci sia altro- prese dalla sua borsa la sua agenda e dopo aver aperto alcune pagine si fermò su una in particolare

-Ho fatto una breve ricerca e sembra che la madre di Alex, Emma Savelli, sia figlia di un noto personaggio in Italia- spiegò –pare sia un imprenditore di spicco nel suo paese, tanto da aver ricevuto di recente anche proposte politiche non indifferenti- Miller ascoltò in silenzio, colpito per come la Larson si fosse messa ad indagare, anche senza il suo aiuto

-La cosa interessante nella ricerca, è il fatto che il nome di Emma Savelli, in realtà scompare nei registri qualche mese prima dalla nascita di Alex, strano no?- Miller la guardò per nulla colpito della cosa, così lei continuò –Inoltre, il Signor Paolo Savelli, questo è il nome del padre di Emma e nonno di Alex, ha avuto in passato diversi problemi bancari, che l'hanno portato ad affrontare alcune cause; ha vissuto in Svizzera per cinque anni, dove di lui si sono perse le tracce, per poi ritornare in Italia senza più nulla di sospeso, anche le cause sembrano essere state archiviate e lui ha ripreso la sua attività imprenditoriale con diverse aziende sull' import–export e sull'informatica- Miller sospirò

-Larson, dove vuoi arrivare?- le chiese, a quel punto la donna sospirò e chiuse l'agendina ritornando a guardare fuori la finestra

-C'è dell'altro Miller e abbiamo l'obbligo di capirlo- affermò risoluta.

****

Jason rimase immobile gli occhi sgranati e la testa dolorante dal mal di testa che gli era esploso appena avevano iniziato a discutere

–Io sono innamorata di te! Thomas è un buon amico, ma non avrei mai affidato la mia vita a lui!- aggiunse con le lacrime che le rigavano il viso.

In quell'istante il rumore della porta spezzò quell'immobilità che si era creata intorno a loro

-Jas! Pronto per questa grande serata?!- Mike entrò come un tornado, ma appena varcata la soglia, si pietrificò osservando il suo amico in piedi fermo come una colonna, con il viso sconvolto, davanti al quale c'era Alex con il volto rigato di lacrime, tesa come una corda, i pugni serrati lungo i fianchi

-Ragazzi, tutto bene?- chiese sentendo la preoccupazione sfiorargli con un brivido la schiena

Jason sembrò ritornare il sé, buttando fuori un profondo sospiro, lo sguardo nero di rabbia, colpì con un gesto secco il montante del camino che tremò 

-Tutto magnificamente- disse con un tono che preannunciava tempesta, Mike deglutì e gli si avvicinò, mentre Alex si girò dando loro le spalle per asciugarsi il viso

-Che diavolo sta succedendo?- chiese ansioso, pensando a come Jason avesse ridotto nuovamente Alex; il moro si passò una mano tra i capelli e un sorriso amaro si affacciò sul suo viso

-Niente, solo la scenata di qualcuno a cui piace scherzare!- sbottò avendo la sensazione che ogni nervo gli si tendesse sotto la pelle; perché gli aveva detto così? Perché voleva ferirlo fino a quel punto?

Alex a quella sua frase si girò di scatto, il viso arrossato, il labbro inferiore arpionato fra i denti, il suo sguardo furente

-Non mi sembra Jas- insistette Mike avvicinandosi ad Alex –tutto bene?- le chiese e lei dopo un lungo istante in cui sembrò non riuscire a staccare gli occhi dalla figura di Jason, lo guardò facendo un cenno con il capo, priva di parole

-Ti accompagniamo al pub, ma se non te la senti...- lei lo interruppe subito

-Va bene, sarò pronta in due minuti- la voce incrinata, abbassò il capo, poco prima che altre lacrime si riversarono sul suo viso, avviandosi verso le scale, ma la voce bassa e cupa di Jason la fermarono

-Non voglio mai più sentirti dire una cosa come quella che sei riuscita a dirmi poco fa!- disse lapidario e lei non ebbe neanche il coraggio di girarsi per guardarlo, vergognandosi per ciò che non era stata capace di tenere per sé, ferita e umiliata per come tutto le fosse sfuggito di mano. Salì le scale che ormai gli occhi neanche vedevano, per le tante lacrime che le stavano uscendo e, dentro la sua camera, si sedette sul letto abbracciando il cuscino per soffocare i singhiozzi

Una volta soli, Mike prese un profondo respiro vedendo Jason afflosciarsi letteralmente sulla poltrona reggendosi la testa fra le mani

-Che cazzo è successo?- chiese a voce bassa per non farsi sentire da Alex, Jason scosse la testa per poi mettersi con il busto appoggiato allo schienale, sembrava sfinito, chiuse gli occhi mentre una mano prese dalla sua tasca un pacchetto di sigarette, Mike notò un leggero tremore, mentre lo vide accendersene una; si avvicinò e si sedette anche lui, osservando l'amico puntare il suo sguardo al soffitto

-Senti Jas, immagino che non sia la serata adatta per...-

-Mi ha detto che mi ama- Mike si bloccò con la bocca ancora aperta, quando Jason pronunciò quella frase, scosse la testa, credendo di aver capito male

-Scusa?- chiese con una voce un po' stridula per le sue corde, il moro voltò il capo verso di lui

-Hai capito- rispose il moro, prendendo un altro assaggio della sigaretta che stava consumando in fretta

Mike si passò una mano sul capo e poi sulla barba sconvolto

-E perché non sarebbe una bella notizia?- chiese, timoroso di scoprire cosa fosse accaduto; Jason iniziò a raccontare dei funzionari, della loro discussione, il suo tono era basso, udibile solo da lui che gli sedeva accanto e Mike capì subito cosa stesse pensando il suo amico e perché avesse reagito così

-Non pensi sia possibile, vero?- chiese con un sorriso amaro, che Jason ricambiò

-Credo che lo abbia detto solo perché ha paura di essere tradita da me, in un momento così delicato- lanciò con un gesto secco la sigaretta nel camino acceso, per tirarsi avanti con il busto –Penso che neanche si renda conto di quello che abbia davvero significato- aggiunse con il cuore che faceva male, si portò una mano al petto, in un gesto automatico, come se toccandosi potesse sincerarsi che quel suo muscolo continuasse ancora a battere, nonostante tutto

-E se fosse vero?- si voltò verso Mike

-Non lo è, Mike!- confermò –A Thomas ha detto chiaramente che tra noi non può esserci mai nulla- un sospiro gli uscì dalle labbra –sa bene che ora come ora, sono l'unica sua speranza, ma non avrei mai voluto sentirle dire quelle parole- si passò una mano sugli occhi che gli bruciavano

-Pensi avesse voluto dirti un "ti voglio bene"perché ha capito che c'era qualcosa che non andava in te?- Jason alla domanda di Mike fece un cenno con il capo

-Ha capito che in me c'è qualcosa che non va ovviamente, le ho dato la conferma anche prima quando ha provato ad abbracciarmi- si alzò portando le mani ai fianchi –E' colpa mia Mike, lo sapevo che sarebbe andata a finire così!- il rasato si alzò dal divano con un profondo sospiro

-Lasciati tutto alle spalle per stasera, dai, vatti a cambiare e andiamo- gli posò una mano su una spalla -Vedrai che domani andrà meglio- Jason lo guardò poco convinto per poi girarsi e iniziare a salire le scale. 

Una volta davanti la porta si immobilizzò vedendo Alex uscire dal bagno: il viso segnato dal dolore, nonostante si fosse acconciata i capelli in una coda, truccato un po' gli occhi e le labbra, Jason abbassò il capo, sospirando

-Ti ho giurato che ti avrei aiutato, Alex, non c'è bisogno di mentire sui sentimenti- lei sembrò irrigidirsi ancora di più, fece un passo verso di lui incerta

-Jason, ma..- lui la interruppe solo guardandola

-Non dirlo mai più, per favore- Alex sentì quel tono freddo e cupo arrivarle fino a serrarle lo stomaco, si morse il labbro agitata –mettiamoci una pietra sopra- e lei avrebbe voluto ribadire i suoi sentimenti, ma non potè dire nulla perché lui si chiuse dentro la sua camera, lasciandola con la sola angoscia a farle compagnia.

Il tragitto al pub sembrò lungo, nell'auto di Mike, il quale aveva acceso la musica, solo per cercare di riempire quel silenzio che faceva paura; con lo specchietto vedeva Alex persa in chissà quali pensieri, la fronte appoggiata al finestrino freddo, gli occhi cerchiati da leggere occhiaie e sembravano sempre prossimi ad un pianto disperato, dava l'impressione di sforzarsi per non crollare; il suo amico, al suo fianco, anche lui rivolto al finestrino, aveva lo sguardo spento, la mascella serrata, la testa piena sicuramente in altrettanti pensieri.

Si chiese se Jason avesse davvero interpretato bene l'atteggiamento e le parole di Alex, perché non le sembrava possibile che lei potesse aver detto quello solo per paura che lui l'abbandonasse al suo destino, non era possibile, ma Jason era stato irremovibile avendola sentita parlare con Thomas, ma allora perché dire di amarlo?

Scosse la testa, stava per scoppiare anche a lui, ma voleva che per quella sera niente potesse continuare ad interferire: avevano bisogno di svagarsi un po' e lui avrebbe fatto di tutto per Jason.

Arrivarono al pub e Alex sembrò svegliarsi dalla bolla nella quale si era rinchiusa, solo quando Mike la chiamò piano, aprì lo sportello, ma le sembrava che tutto le pesasse immensamente, anche solo stare in piedi le stava risultando difficoltoso. Scese ringraziando a fil di voce Mike che le sorrise come al solito

-Di a Liz di non combinare qualche casino, altrimenti le stacco i capelli uno ad uno!- Alex sorrise e richiuse lo sportello, vedendo Mike ripartire e cogliendo lo sguardo malinconico che Jason le rivolse.

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Capitolo 44
*** 43 ***


43

-Ancora non ci credo che mi hai trascinato qui!- sbottò Jason seduto al tavolo che avevano riservato loro, Mike gli sorrise sornione bevendo dal suo boccale, contento che quella nube scura che aveva avvolto anche lui, quando era andato a prenderlo a casa, si fosse dissolta, complice anche la compagnia dei loro amici John, Dylan e Luke intenti a guardare quello spettacolo.

La musica, nel locale era piuttosto alta, per attirare lo sguardo verso quelle magnifiche ragazze che si stavano alternando sul palco, mentre altrettante servivano i vari tavoli, quasi tutti pieni.

-Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto!- si compiacque Mike, felice dell'idea che aveva avuto

-Veramente non ho detto questo!- lo redarguì il moro, ma l'amico sospirò

-Avanti Jas, divertiamoci! Abbiamo passato giorni di merda! Tu per primo!- gli disse e quell'evidenza lo colpì più di quanto avesse dovuto –Che pensavi? Di poter festeggiare con Alex?- gli chiese allusivo -Magari così continui a torturarti senza poter fare altro!- Jason sbuffò ferito dalle parole dell'amico sapendo però, quanto avesse ragione 

-So mantenere il controllo, mi pare!- disse a denti stretti, vedendo l'amico alzare un sopracciglio con sguardo scettico

-No, amico mio, tu non sai cosa sia il controllo- Jason tese la mandibola e bevve un po' di birra

–Quello che ti ha detto Alex, prima, ti ha sconvolto ancora di più e, adesso come adesso, non puoi stare in quella casa facendo finta di nulla!- anche il rasato si dissetò con una lunga sorsata prima di continuare

-Abbiamo delle vite di merda, Jas, almeno per stasera stacchiamo un po' il cervello e divertiamoci- e gli sorrise tornando a fissare quel ben di dio che ora stava puntando proprio verso di loro: una bellissima ragazza dai lunghi capelli biondi, occhi chiari truccata con labbra laccate e sguardo da gatta, il suo unico indumento era uno striminzito bikini di pelle nera, le sue gambe lunghe erano messe ancora più in risalto da calze a rete e da tacchi vertiginosi, si stava esibendo sul palco, per poi decidere di scendere verso i vari tavolini presenti, Jason si sentiva come un pesce fuor d'acqua.

Certo che gradiva quelle visioni, come poteva dire il contrario, ma in quel momento sarebbe voluto essere da tutt'altra parte ad osservare un altro volto, un altro sorriso, altri occhi, sincerarsi di come stesse dopo quanto accaduto, ma si rese conto di come, le parole pronunciate da Alex, lo avessero lasciato con un nodo alla gola, frantumando ogni suo barlume di lucidità: doveva crederle? Avrebbe dovuto chiarire? Non sapeva da che parte iniziare una conversazione dopo quanto accaduto, e capì cosa intendesse Mike, dandogli ragione: aveva bisogno di staccare un pò, di chiudere quanto accaduto in uno spazio del suo cuore, liberare la mente per qualche ora e, con calma, cercare una soluzione per entrambi.

Sperava con tutto il cuore che Alex non stesse piangendo ancora, ma avesse capito, in qualche modo, perché lui avesse reagito malissimo quando gli aveva detto di amarlo; nel ripensar a quel momento, un brivido gli scese lungo la schiena, non si sarebbe mani immaginato di sentirle dire una cosa del genere, ma soprattutto non poteva credere fosse vero, non in quel momento, non dopo aver udito la conversazione che Alex aveva avuto con Thomas. Scosse la testa, quando Mike gli diede una leggera gomitata per attirare la sua attenzione e riportarlo alla realtà

-Qualcuno mi ha detto che qui si festeggia- disse la ragazza bionda ancheggiando verso di lui che sorrise, sotto la clacca di Mike e dei tre amici che erano con loro

-Posso?- chiese fintamente cortese e, non aspettando nessuna risposta, si sedette sopra le sue gambe passandogli un braccio intorno al collo

-Questo sì che è un bel compleanno Jas!- lo esortò John con una pacca sulla spalla, facendolo ridere mentre la ragazza aveva preso il suo bicchiere per bere un sorso di birra

-Hai espresso qualche desiderio?- gli chiese sorridendo e mettendo in mostra una dentatura perfetta, il suo viso era delicato, ma reso accattivante dal trucco e da tutto l'alcol che da quando erano entrati avevano ingerito

-Sì a dire il vero- rispose prendendole il bicchiere che teneva in mano per bere a sua volta, vedendola ammiccare

-Potrei essere uno di quei desideri che puoi realizzare- gli sussurrò all'orecchio e quando si rispecchiò in quegli occhi si trovò a sorridergli complice

-Potresti..- le rispose allusivo, decidendo che per quella sera avrebbe seguito il suggerimento di Mike e avrebbe lasciato da parte i discorsi sulla sua famiglia che lo tampinava, il suo lavoro in arretrato, i funzionari, quello che provava per Alex, ma soprattutto le parole che gli aveva rivolto.

***

Appena arrivata dentro alla cucina del pub, quel pomeriggio, dopo che Mike e Jason l'avevano accompagnata, era crollata tra le braccia della sua amica a cui aveva raccontato tutto. Liz l'aveva ascoltata, consolata e aveva cercato di rassicurarla, ma quando avevano preso a lavorare, Alex era stata distratta tutto il tempo, il pensiero fisso verso Jason.

Quello sguardo che le aveva rivolto prima che Mike ripartisse con l'auto, l'aveva spezzata, era rimasta a fissarli, fino a quando l'auto di Mike non era sparita lungo la strada e quel vuoto si era sparso in ogni angolo del suo cuore, della sua mente, oscurando tutto il resto.

Era stata disattenta tutta la sera, per fortuna non così impegnativa, ringraziando più volte Liz per la pazienza che aveva avuto nell'aiutarla, nel cercare di distrarla, nel tentare di farla ridere, ma entrambe sapevano che tutti gli sforzi erano piuttosto vani perché l'unico pensiero di Alex era ciò che lei si era lasciata sfuggire e la reazione che aveva avuto Jason.

Cosa avrebbe pensato di lei, ora? Perché non voleva crederle? Perché sembrava ferito? Si era sentito offeso dai suoi sentimenti?

Erano le tre e mezzo del mattino e lei era seduta sul divano come una statua da almeno due ore abbondanti, da quando Liz l'aveva riaccompagnata a casa.

La notte era ancora buia, il vento stava calando, ma il freddo le era sembrato più pungente del solito, anche lì, davanti al fuoco acceso, sembrava non riuscisse a scaldarsi e tutti quei pensieri che l'avevano accompagnata, ora che era sola, le si stavano riversando addosso come una valanga; a questo si aggiungeva l'ansia ad ogni rumore: acuiva l'udito per vedere se fosse l'auto di Mike, rimanendone delusa ogni volta.

Non sapeva come poterlo affrontare, ma sentiva dentro di lei che doveva farlo, ad ogni costo, anche se era convinta che questo avrebbe portato ad altrettante discussioni e forse al suo obbligo ad andarsene.

Guardò nuovamente l'orologio e sospirando, si alzò sentendo ogni parte del corpo dolerle, aveva bisogno di andarsi a stendere, accettando l'idea che forse, Jason, non sarebbe rientrato, ingoiando il fremito di fastidio che quel pensiero le aveva procurato; velocemente sistemò il fuoco e salì le scale decidendo di farsi una doccia per cercare di allentare quella tensione che non le aveva dato scampo tutto il giorno.

Era ormai pronta per infilarsi al letto quando vide dei fari di un'auto illuminare una parte della sua stanza, il cuore le si fermò nel petto mentre si avviò alla finestra e, quando riconobbe l'auto, ebbe un vero e proprio sussulto; si morse il labbro vedendo lo sportello aprirsi e riconobbe subito Jason che scendeva, abbassarsi per dire qualcosa a Mike avviandosi poi verso casa.

Con il fuoco nelle vene si avvicinò alla porta della sua camera e quando l'aprì sentì i rumori di Jason: era appena entrato, lo immaginò togliersi la giacca e mostrare il suo corpo fasciato dalla maglia bianca a maniche lunghe che aveva indossato e metteva maledettamente in evidenza il petto teso, le spalle larghe, le braccia lunghe, i jeans scuri con le tasche che sembravano tirare sulle sue gambe; deglutì sentendolo borbottare qualcosa che non capì e lo sentì iniziare a salire le scale.

Era terrorizzata nel doverlo affrontare, ma sentiva che era la sua unica possibilità

Piano si fece un po' più avanti per cercare di scorgerlo e quando lo vide a metà scale, sentì un tuffo al cuore: Jason si reggeva al mancorrente, la testa bassa, i capelli in disordine a ricadergli davanti, saliva con lentezza, come se avesse difficoltà, Alex deglutì ancora una volta, stretta in quel pigiama, aspettando di poterlo vedere in volto, ma sospettando cosa avesse.

Era ormai quasi arrivato quando lo vide alzare la testa, gli occhi erano lucidi, il viso arrossato, Alex sgranò lo sguardo sorpresa

-Jason- sussurrò e solo in quel momento lui sembrò metterla a fuoco, le sorrise appena finendo di salire le scale

-Ciao- la salutò portandosi di fronte a lei, la voce bassa e un po' roca

-Ciao- rispose poco convinta, lui arricciò le labbra in un sorriso sbieco

-Ancora in piedi?- e chiedendolo le si avvicinò e le posò una mano sotto il mento per farle alzare il volto, Alex si sorprese per quel gesto, le sembrò passata un'eternità da quando l'aveva sfiorata l'ultima volta

-Ero preoccupata- ammise sentendo quelle dita toccarle il volto, i suoi occhi scrutarla in quel modo da rendere ogni sua fibra molle come il burro

-Preoccupata?- le chiese fissandole lo sguardo e lei sospirò

-Sì è molto tardi, non riuscivo a dormire pensando che stavi fuori, dopo quello che è successo..- si interruppe vedendolo arricciare le labbra in un sorriso, continuando a fissarla

-Ti senti bene, hai bevuto?- gli chiese ancora ansiosa, sapendo quanto quel comportamento fosse istigato dall'alcool; Jason rimase qualche attimo in silenzio, occhi negli occhi

-Sì, mi sento bene e, sì, ho bevuto molto- le rispose lasciando che la mano gli ricadesse lungo il fianco; Alex seguì quel gesto, avvertendo la voglia di sentire ancora quel tocco, si morse un labbro vedendolo fermo davanti a lei, i capelli scombinati a coprirgli un po' lo sguardo

-Vi..vi siete divertiti?- lui sospirò alzando il volto verso il soffitto e Alex si chiese cosa gli passasse per la testa, se fosse lucido o meno

-Molto- lo sentì ammettere dopo qualche attimo, lasciandola senza fiato e colpendo ancora una volta il suo cuore

-Vai a dormire, Alex- le disse girandosi verso la sua camera, lei fremette incerta

-Sei sicuro di stare bene? Vuoi che ti prenda un'aspirina?- gli chiese facendo un passo verso di lui mentre lo vide appoggiarsi alla porta era visibilmente ubriaco

-Vattene a dormire!- le ripeté più severo e lei saltò sul posto scottata da quel tono, mentre lo vide entrare in camera chiudendo violentemente la porta e facendola di nuovo saltare per il rumore.

Il cuore di Alex batteva forte, il fiato le era diventato corto, non credeva di poter vedere Jason in quel modo, era preoccupata, ma anche ferita per come l'avesse trattata; guardò ancora una volta la porta di Jason e un profondo sospiro le uscì dalle labbra, capendo che lui non aveva la minima voglia di parlarle; sospirando si arrese, ma un rumore sordo e vetri rotti la spaventarono, così si avvicinò con timore alla porta di Jason bussando piano

-Tutto bene?- chiese posando l'orecchio sul legno, ma non sentendo alcuna risposta bussò ancora

-Jason? Quel rumore ... tutto bene?- di nuovo cercò di sentire qualcosa, ma avvertì solo uno strisciare e qualcosa che cadeva, così di getto aprì la porta rimanendo di stucco: Jason era a terra, la schiena appoggiata al letto, una gamba piegata verso il petto, l'altra distesa accanto alla quale c'era il lume a terra ormai rotto, aveva il capo piegato, i capelli ad oscurargli il viso

-Jason!- spaventata gli si avvicinò –Ehi! Tutto bene?- gli chiese toccandogli leggermente la spalla; vedendo che non si muoveva, si fece coraggio e portò entrambi le mani a cingere il viso dell'uomo che ora stava inerme a terra, con delicatezza lo sollevò per farsi guardare e quando incrociò quegli occhi rimase come pietrificata dall'intensità che vi trovò

-Jason- sussurrò –stai bene?- gli chiese ancora una volta, ma lui continuava a guardarla senza dire nulla. 

Alex gli accarezzò leggermente il volto che teneva tra le mani, sorridendogli per mascherare la paura che stava provando

-Parlami per favore- lo supplicò sforzandosi di sorridergli –Dimmi che stai bene- aggiunse, ma lui invece di risponderle scattò in avanti

Alex si ritrovò a sgranare lo sguardo, le mani le scivolarono a circondare le spalle ampie di Jason per non cadere, mentre lui le aveva preso il capo con una mano e con l'altra le aveva circondato la vita, facendosela cadere addosso; ma in quell'attimo ogni pensiero di Alex venne completamente assorbito dalla bocca di Jason che senza preavviso si era appropriato della sua.

Sentì un fuoco divampare in tutto il suo corpo, completamente stretto in quello di Jason, le sue labbra violate in un modo che mai avrebbe immaginato, le succhiò il labbro facendola gemere, quel tanto che gli permise di approfondire ancora di più quel contatto e, lei, credette di morire quando quel sapore di alcool e tabacco le invase la bocca, quando le loro lingue si trovarono a legarsi e a giocare facendole perdere ad ogni tocco un pezzetto di sé.

Fu come essere ferita e curata allo stesso tempo, un bacio che le levò il respiro, facendole sentire il peso di quel sentimento esplodergli nel petto, assaporò quasi con dolore quelle labbra irruente eppure così dolci e calde e gemette ancora, stringendo le dita tra i capelli morbidi di Jason, cercando di non soccombere sotto quel turbine che le si era abbattuto addosso e sembrava volesse divorarla lì su quel pavimento, come se dalla sua bocca lui respirasse. Lentamente quel bacio si addolcì, facendole vibrare il cuore e dandole la sensazione di annegare in un'emozione che mai aveva pensato di poter provare, lasciandola libera di poter chiudere ogni pensiero in un angolo buio, liberando solo e unicamente carne e istinto.

E fu facile, fu terribilmente facile per lei, come se lo avesse sempre fatto, come se non aspettasse altro.

Seguì quelle labbra, morse leggermente quella carne che la stavano facendo impazzire, giocò con quella lingua. 

Poi lui lentamente si staccò, la sua mano sempre stretta dietro il suo collo, per tenerla vicino, l'altra sulla sua schiena per trattenerla sul suo corpo, respiro nel respiro; posò la fronte su quella di Alex che non riusciva ad aprire gli occhi e ogni forza dentro di lei sembrò essere stata assorbita da lui con quel bacio.

Rimasero così cercando di calmare il cuore e l'anima, il volto di Jason si piegò e andò a posare la sua fronte sulla spalla di Alex, il respiro stava tornando regolare e lei si trovò ad accarezzargli i capelli, un sorriso le colorì il viso mentre cercava di riordinare la mente, ma la voce di Jason riempì il silenzio della stanza, come un tuono in una giornata d'estate

-Vai via- disse semplicemente.

La mano con la quale Alex lo stava accarezzando, si fermò a mezz'aria, lo sguardo si dilatò nel buio della camera e il fiato le si fermò in gola, le parole di Jason la lasciarono completamente immobile

Lo vide rialzare il capo, le mani che la tenevano stretta, scivolarono via dal suo corpo, la fissò nel semibuio della stanza

-Vattene, Alex- le disse e l'unico suono che lei riuscì ad avvertire chiaramente fu quello del suo cuore rompersi in mille pezzi, non riusciva a muoversi, quelle parole l'avevano freddata come una doccia ghiacciata

-Ma..- lui la interruppe

-Ho detto vattene!- ripetè alzando la voce e lei si ritrovò a schizzare in piedi impaurita, gli occhi divennero liquidi, mentre lui rimaneva a terra

-Perché?- la voce di Alex uscì strozzata, il cuore non riusciva a battere, il respiro era rotto, perchè le stava facendo questo?

Lo vide alzarsi a fatica, aiutandosi con il letto e solo quando sembrò essere fermo sulle gambe si girò a guardarla nella penombra della sua camera

-E' stato un errore- le disse lapidario, lasciando che alcune lacrime rigassero il volto di Alex, ancora

–Non doveva succedere- aggiunse e lei sentì il peso di quel sentimento affondare in un abisso e i suoi piedi portarla fuori da quella camera

***

Un'agonia che non riusciva più a gestire, questo sentiva mentre si sfilò la maglia per buttarla da qualche parte nella stanza con stizza, si sedette sul bordo del letto, sentendosi perso come non mai.

Alla fine l'aveva fatto. L'aveva baciata.

Sospirò portandosi il capo tra le mani, sentendo ancora quella morbidezza, quel calore, quella voglia che l'aveva arso e quel dolore quando quel poco di barlume di coscienza si era fatto avanti.

Non era stato capace di mantenere il controllo, proprio come gli aveva detto Mike e si era lasciato vincere dal suo profumo, dalla sua vicinanza, dal modo in cui si era preoccupata per lui, si era lasciato andare a quel desiderio che gli pompava vita in tutto il corpo e l'aveva fatto.

L'aveva assaggiata, l'aveva assaporata e avrebbe probabilmente fatto anche di peggio se l'amarezza per il suo gesto non l'avesse fatto sentire uno schifo.

Bramava di cadere in quel peccato da tempo e, ora, bruciava di delusione verso sé stesso, verso quelle promesse che si era fatto e aveva fatto ad Emma, approfittando di quella speranza che le parole di Alex gli avevano bruciato nel petto per tutta la sera.

Come poteva pensare di guardarla in faccia il giorno dopo? Come sarebbe riuscito a ricucire quello strappo che aveva creato?

Mandarla via in quel modo poi, arrabbiarsi quasi con lei, aveva saputo compiere solo un gesto meschino, ma si disse fosse stata legittima difesa, perché in quel momento si sentiva esattamente come una preda.

Lui aveva perso: contro sé stesso, contro quell'amore che gli levava il respiro e anche quando si diceva che poteva farcela accantonandolo nel buio della sua anima, in realtà, picchiava come un martello in ogni fibra del suo essere.

E non era servito a nulla cercare conforto in qualche altro viso, in una serata diversa, non sarebbe servito neanche in futuro, perché semplicemente era innamorato pazzo di lei; ma quel bacio, invece di unirli, li aveva divisi, perché era certo che lei non doveva e non poteva accettare di essere amata da uno come lui.

***

La porta si aprì piano, la luce del corridoio illuminò l'uscio e lui sentì una fitta al cuore vedendo entrare Alex, ancora; la sua delizia e il suo tormento non volevano capire quanto si sentisse perso e fragile in quel momento, quanto si vergognasse per quel gesto dettato dalla passione, dalla pazzia, dalla voglia, dall'amore.

-Alex..- sospirò per mandarla via, ma lei lo interruppe

-Non lo è stato- gli disse con la voce ancora incrinata dalle lacrime che gli aveva fatto uscire –Non può essere stato un errore- lui si passò una mano sul viso stanco, lo stomaco in subbuglio, sospirò

-Alex, sono ubriaco e credo di averti confuso con qualcun altro- mentì avvertendo il male che gli stava infliggendo –Era solo un bacio, mi dispiace Alex, vorrei dare la colpa a Mike che mi ha fatto bere, ma è solo mia, come al solito- aggiunse tornando a guardare il pavimento, teneva la testa tra le mani e aveva la sensazione che pesasse come un masso, percependo il solito dolore che preannunciava un mal di testa con i fiocchi

-Non ti credo- gli disse e un sorriso sorse sulle labbra di Jason sentendola determinata a quell'affermazione

-Sei libera di non farlo, ma è vero- le disse –pensavo fossi la ragazza di questa sera- aggiunse senza riuscire ad alzare la testa, ma lei invece di andare via, fece un passo verso di lui

-Puoi dire ciò che vuoi Jason, ma sappi che io ti..- lui si alzò di scatto senza badare al leggero giramento per interromperla, intuendo quello che voleva dirgli

-Non farlo!- la fermò bruscamente avendo paura di dover sentire ancora quelle parole che l'avevano completamente sconvolto –Non provare a dirlo!- la avvisò vedendo lo stupore divampare sul viso di Alex, gli occhi lucidi

–Non voglio che tu dica nulla, Alex!- quegli occhi del colore del mare si riempirono di lacrime

-Non vuoi che ti dica che ti amo?- gli chiese tremante e lui sentì chiaramente il cuore essere colpito pesantemente

-Smettila!- la redarguì –Non mi ami! E quello che stai dicendo sono solo stupidaggini!Ti ho sentita parlare con Thomas!- ma la vide scuotere la testa

-So quello che provo!- gli disse alzando la voce –Sei tu che puoi credere quello che vuoi, ma io so che ti amo!-

Jason fece un passo verso di lei che, spaventata, si ritrasse verso il comò dove lui la inchiodò con il suo corpo

-Non è amore!- sibilò sbattendo una mano sul ripiano facendo tintinnare i vari oggetti sopra, ma lei continuò imperterrita

-Come fai a dirlo?- gli chiese e lui scorse fierezza in quella determinazione

-Non lo è! Smettila di ripeterlo! Tu non sai che vuol dire amare! E' affetto quello provi! Maledizione! Tu sei solo una ragazzina alla quale sto salvando il culo!- urlò

****

Il silenzio che seguì fu peggio dello scoppio del primo sparo che preannunciava l'inizio di un combattimento e lo sguardo che gli rivolse, fece più male di un pugno in pieno viso

-Vorrei davvero credere che tu sia ubriaco- riuscì a dirgli – ma queste sono parole di chi vuole ferire e lo fa sapendo di riuscirci- lui serrò la mascella mentre gli occhi di Alex lasciarono uscire un'altra lacrima che lei si tolse con stizza, per poi spintonarlo e uscire dalla stanza richiudendo la porta.

Il peso di quelle parole ricaddero su di lui come una valanga, facendogli sentire il fiato corto e il suo cuore che ora faceva male, si portò una mano sul petto credendo quasi di vedere il sangue, possibile facesse così male?

Il panico gli attanagliò le viscere, le gambe si mossero prima che il cervello capisse cosa stesse facendo.

Aprì la porta e si catapultò dentro la stanza di Alex.

Era in piedi vicino la finestra scossa dai singhiozzi, si girò di scatto spaventata per l'irruenza che lui aveva avuto nell'entrare

-Dimmelo- le disse fermandosi sulla soglia, lo sguardo sconvolto, Alex lo guardò tra le lacrime

-Dimmelo!- le ripeté facendo un passo dentro la stanza –Voglio sentirtelo dire- e lei tirò su con il naso

-Ti amo- sussurrò timorosa

In quell'istante, Jason percepì il suo cuore fermarsi, l'incredulità lo attraversò completamente nel sentire quelle due parole che ebbero il potere di curare ogni sua ferita in un attimo

-Ancora- le disse facendo un altro passo verso di lei vedendola singhiozzare

-Ti amo- ribadì tremando leggermente e lui sentì il suo viso distendersi, il corpo rilassarsi e con un altro passo le fu addosso, le prese con entrambi le mani il viso e la baciò.

Assaporò la morbidezza di quelle labbra bagnate di sale, godette di quel calore e di quella dolcezza, le levò il respiro mordicchiandole, riuscendo finalmente ad assaporarla, perdendosi in quella bocca, in quella delicatezza, in quell'innocenza che gli fecero dolere il cuore per l'intensità che provò.

Si staccò da lei solo un soffio perdendosi in quel viso stupito, rosso di imbarazzo e di passione, le sorrise

-Voglio sentirtelo dire ancora- le sussurrò e lei si ritrovò a sospirare e ridere allo stesso tempo

-Ti amo- gli disse con semplicità e lui si trovò ad ampliare il sorriso, le sue dita scesero a toccarle quella bocca rossa e un po' gonfia, gli occhi brillavano e lui rimase incantato a contemplare quello spettacolo che non pensava di meritarsi

-Non ti permetto di rimangiartelo- affermò facendole uscire una risata

-Non ho intenzione di farlo- e stavolta fu lui a non trattenere una risata

-Non credevo fossi così pazza da innamorarti di un tipo come me- la provocò

-Non pensavo che l'alcool ti rendesse migliore - e lui rise divertito, per poi tornare più serio continuando a guardarla e amando ogni dettaglio di quel viso, ancora di più

-Alex, non volevo accadesse, hai tutta una vita davanti e pensare che tu possa perdere tempo con me mi fa sentire colpevole- ammise vedendola mordersi quel labbro che lui avrebbe volentieri ripreso a baciare

-Io voglio essere felice adesso, Jason- gli disse nuovamente come era accaduto già a Londra e lui si ritrovò a sorriderle, capendo che lei era stata onesta già allora, era lui ad essere fuggito, aveva evitato di soffermarsi troppo, aveva trovato un'altra giustificazione a quelle parole; si abbassò di nuovo su quella bocca come se non potesse fare altrimenti, come se gli servisse per respirare, la strinse al suo corpo e avvertì un brivido quando lei con mani tremanti gli sfiorò le braccia per poi circondargli il collo e stringersi ancora di più a lui, la sua delizia e il suo tormento lo stavano facendo impazzire, senza neanche rendersene conto. 

Si separò solo quando sapeva di non poter continuare per il bene di entrambi, soprattutto per la sua sanità mentale; sospirò sorridendole e senza darle modo di capire la prese in braccio facendole fare un urlo di sorpresa, per poi farla sdraiare sul letto, dove anche lui la seguì beandosi di quell'espressione dolce che gli rivolse mentre la strinse tra le braccia

-Ti dispiace se rimango qui- le sussurrò all'orecchio facendole avere un brivido e sentendola accoccolarsi tra le sue braccia e il suo corpo

-Jason?- lo chiamò dopo qualche attimo, lui aveva chiuso gli occhi, sperando che quel sogno non finisse mai, inebriandosi del profumo di Alex, della morbidezza di quei capelli dove aveva affondato il viso

-Dimmi- e lei si girò leggermente verso di lui

-Auguri- gli sussurrò lasciandolo un po' sorpreso per poi farlo addormentare con il sorriso sulle labbra

 

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Capitolo 45
*** 44 ***


44

Aprì gli occhi con difficoltà, come se non riuscisse a svegliarsi, poi lentamente i pensieri tornarono al loro posto e il cuore sussultò a quanto accaduto quella notte; aveva paura di muoversi, pur sapendo di essere sola nel letto e la cosa le fece avere un leggero sussulto al cuore; cosa sarebbe accaduto adesso?

Lentamente prese coraggio e si girò trovando il letto vuoto, così come la camera, eppure il profumo di Jason era ovunque, lo aveva addosso, avendo dormito stretta a lui tutta la notte. 

Si sedette sul letto sospirando e una profonda tristezza l'assalì, l'inquietudine del comportamento di Jason dopo quanto accaduto poche ore prima; un profondo sospiro le uscì dalle labbra, chiedendosi come doveva comportarsi, poi il rumore della porta la portò ad alzare di scatto la testa e rimanere imbambolata a guardare Jason entrare nella sua stanza con un asciugamano sopra la testa bagnata, vestito con semplici pantaloni della tuta e una maglietta nera.

La guardò strofinandosi i capelli e il sorriso che le regalò, le fermò il cuore, sorrise anche lei di rimando vedendolo avvicinarsi per sederle accanto, profumava di bagnoschiuma e la guardava in un modo che neanche nei suoi sogni si era mai immaginata

-Buongiorno- le sussurrò facendole ampliare il sorriso e arrossire

-Buongiorno- rispose mordendosi il labbro e lui continuò a scrutarle il viso, accarezzandole con gli occhi ogni centimetro di pelle, facendola colorire sempre di più, ma volendo essere guardata in quel modo solo da lui, con quello sguardo tempestoso che indugiava su ogni parte di lei

-Come ti senti?- gli chiese e lui si fece serio, portandosi l'asciugamano sulle spalle, lasciando i capelli ancora un po' bagnati ricadergli davanti al viso scomposti

-Piuttosto bene- ammise fissandole gli occhi

-Eri ubriaco fino a qualche ora fa, con un mal di testa alle porte- lo provocò e lui fece un cenno con il capo

-Il mal di testa stranamente non è così impossibile da sopportare e mi chiedevo appunto perché mi fossi svegliato qui- Alex dapprima sorrise, poi vedendolo con quello sguardo profondo, si allarmò un poco

-Non..non sai perché eri qui?- gli chiese e lui sembrò pensarci, guardando verso la finestra, sospirò

-No, Alex, non mi ricordo perché fossi nel tuo letto –le disse e lei credette che il cuore le si fosse fermato completamente nel petto –Non ricordo nulla di quanto accaduto- aggiunse e Alex lo guardò sconcertata da quelle parole

-Non.. ricordi?- chiese con voce flebile e lui sbuffò scuotendo la testa, si alzò dal letto

-No, Alex, te l'ho detto- le rispose per poi avviarsi verso la finestra e guardare un po' fuori

Alex rimase di sale seduta sul letto, il cuore a martellare nel petto, sentendosi a pezzi, poi lo vide voltarsi e sorriderle di nuovo, lasciandola interdetta

-Sai, mi ricordo però che mi hai detto qualcosa..- iniziò riavvicinandosi, gli occhi di Alex si aprirono curiosi e sorpresi -ma non so bene cosa, potresti ridirmelo?- le chiese e Alex dovette alzare il viso per poterlo guardare negli occhi

-Io..non..cosa- iniziò a balbettare incerta e lui sembrò sorpreso, si portò le mani ai fianchi  diventando serio

-Poche ore fa eri piuttosto sicura di amarmi o sbaglio?- a quella domanda Alex rimase a bocca aperta a fissarlo mentre lui addolcì lo sguardo sorridendole beffardo, facendola diventare di tutti i colori

-Ti stavi prendendo gioco di me!- sbottò incredula vedendolo ridere –Sei davvero il peggiore, Jason Parker!- e provò ad alzarsi dal letto, stizzita, ma lui si sedette fermandola

-Ero ubriaco, ma non abbastanza- le disse portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio-Non potrei mai dimenticare quello che mi hai detto- le sussurrò e lei si ritrovò a sorridergli, sollevata di sapere che stesse solo scherzando

–Beh, non solo per l'alcool, pensavo anche all'età, sai potresti iniziare ad avere dei vuoti di memoria- lo stuzzicò iniziando a ridere per l'espressione scioccata che lui le rivolse

-Lei è davvero perfida Signorina Savelli, lo sa?- le disse avvicinandosi e posandole una mano sulla guancia che divenne subito calda e, quando lui la baciò, lei non riuscì a credere che stesse di nuovo accadendo; si trovò a portare le braccia intorno al suo collo, mentre lui la strinse a sé, assaporandola in quel modo da levarle il fiato, ed era bello, tremendamente splendido e perfetto.

Quando si staccò da lei le sorrise accarezzandole il viso

–Stai attentando davvero alla mia salute, Alex- le disse sorridendo e lei ridacchiò posando la fronte sulla sua spalla, il fiato corto per il bacio e per le emozioni che le scatenava, sentiva caldo in tutto il corpo

-Alex- lei respirò il profumo di Jason, prima di alzare la testa e guardare gli occhi più belli che avesse mai visto –ti chiedo scusa per tutto- le disse, lo sguardo sorpreso di Alex fissò il viso dell'uomo che aveva davanti

-Di cosa dovresti scusarti?- chiese inclinando leggermente la testa e lui continuandole ad accarezzarle la guancia arricciò le labbra in un sorriso dolce

-Per tutte le lacrime che ti ho fatto versare, per il mio atteggiamento, per non averti creduto, per tutto ciò che ho fatto e ti ha provocato dolore- Alex sentì dolcezza e amore avvolgerle l'anima 

–Il giorno che mi hai visto andare via da casa ed eri con Thomas, in realtà ho sentito quello che gli hai detto di noi e cioè che non poteva mai accadere nulla e ti avrei anche dato ragione se non sentissi qualcosa che mi scuote ogni parte della mia anima, ogni volta che poso lo sguardo su di te- lei arrossì e sorrise -Ho sempre pensato che i miei sentimenti per te fossero un ostacolo, ho sempre creduto non fosse giusto rivelarteli, ho cercato di trattenermi e ammetto che questo ha provocato solo negatività- un leggero sospiro gli uscì dalle labbra -forse tutto questo è una pazzia, ma non voglio perdere la possibilità di avere ciò che più desidero- Alex lo guardava perdutamente innamorata, anche lei indugiando su quel viso che aveva sempre osservato di nascosto, reprimendo il più possibile quello che ogni suo tratto le faceva provare, sorrise

-Tu mi hai fatto capire ciò che vuol dire amare una persona- rispose sentendo le sue guance colorarsi e lui sembrò sorpreso da quelle parole –so che per te sono solo una ragazzina, ed è così- sorrise incerta -le parole che mi hai sentito dire a Thomas erano vere, non ho mai pensato che potesse succedere, mi ripetevo in continuazione di lasciar perdere capendo la differenza di età che c'è, la vita che hai sempre avuto prima del mio arrivo, ma più passava il tempo e più capivo che non potevo e non posso mentire a me stessa e so quello che provo- gli si avvicinò alle labbra, forte del sentimento che nutriva per lui- e ti amo- aggiunse

Jason osservò quel mare caldo e calmo che erano gli occhi di Alex credendo davvero di stare ancora sognando.

Quando aveva riaperto gli occhi un'oretta prima, si era ritrovato tra le braccia quella dolcezza e la commozione di poterla avere stretta a sé lo aveva avvolto lasciandolo senza parole, avendo la sensazione di possedere un tesoro da dover custodire e proteggere da tutto e tutti; l'aveva osservata abbandonata al sonno: il viso ancora rosso dal pianto, le labbra socchiuse, il respiro regolare, le ciglia lunghe abbassate, i capelli in disordine e quella bellezza che l'aveva stregato senza che potesse fare nulla; si era impigliato con tutto il cuore in lei, in lei che aveva sempre avuto più coraggio nell'affrontare quello che stavano passando, in lei che era stata capace di aprirgli il cuore e rivelargli i suoi sentimenti, intimorita sicuramente, eppure l'aveva fatto, lo aveva detto, si era lasciata andare, pur non sapendo cosa sarebbe potuto accadere, ma avendo quella sensibilità che ti porta a rischiare, a lasciare andare i propri sentimenti, cosa che lui non era mai riuscito a fare.

Anche da ragazzo, con Emma, era stato capace solo di trattenersi, di reprimere tutto sé stesso, pur provando un sentimento fortissimo per quella sfortunata ragazza; ma il coraggio di aprire il suo cuore, quello, non l'aveva mai avuto; o forse semplicemente, doveva aspettare l'arrivo di Alex e permetterle di trovare quella chiave nascosta a tutti e le facesse riaprire il lucchetto con il quale aveva sigillato ogni sentimento

Le sfiorò le labbra sentendole trattenere il respiro

-Dimmelo ancora- le sussurrò vedendole addolcire ancora di più il suo sguardo e sorrise

-Ti amo- bisbigliò facendolo sentire l'uomo più felice del mondo

-Io di più- le rispose lasciandola sorpresa, ma la voglia di sentirla ancora fu più forte e la baciò nuovamente come aveva sognato fin dall'inizio, fin quando quel pensiero si era insinuato come un fumo invisibile, entrando e scuotendo ogni suo più piccolo nervo.

Era felice.

Mentre assaporava quella delicatezza, senza mai averne abbastanza, sentendosi per la prima volta in vita sua felice.

****

Avevano passato il resto della giornata a casa, con una tranquillità e una quotidianità che non pensavano potessero mai raggiungere.

Il pomeriggio era stato coperto da nuvole e pioggia, mentre Alex era rimasta ore abbracciata a lui, seduti sul divano, con il fuoco acceso, nel silenzio che sembrava cullarli in quell'attimo di pace e di amore che si erano ritrovati a mostrare; Jason si era dedicato al lavoro avendone in arretrato, ma non come aveva sospettato lei, chiuso nel seminterrato: l'aveva tenuta al suo fianco, lì su quel divano, con un braccio intorno alla vita, mentre disegnava alcuni schizzi di mobili per un cliente a cui doveva preparare un tavolo ovale e delle sedie. Era rimasta incantata nel vedere come Jason muovesse con disinvoltura la matita sui fogli, segnando misure, perfezionando, cancellando quando non era soddisfatto, per poi sistemare quello che riteneva più adatto, adocchiando ogni tanto qualche libro che si era portato; ed Alex era stata lì con lui, stretta a lui, inebriandosi di quel calore, del suo profumo, della sua presenza, incredula che in così poche ore tutto si fosse nuovamente stravolto.

Dalla disperazione più totale nella quale si era ritrovata, rivelando i suoi sentimenti, a quello che lui le aveva detto tornando da quella festa, pensava davvero che non potesse essere possibile continuare quella convivenza, eppure, proprio nel momento peggiore, lui aveva nuovamente rimescolato le carte e ora erano lì: lui a tenerla stretta a sè, posandole qualche bacio sul capo, mentre attento continuava il suo lavoro e lei, si era sentita colma di un amore verso di lui, da vibrare in ogni angolo del suo corpo.

Avevano dormito insieme, come la notte in cui tutto era cambiato, nella sua stanza, lui l'aveva portata di sopra quando si era addormentata cullata da quell'abbraccio, da quelle labbra che si posavano sulla sua fronte lente e non c'era stato bisogno di chiedere quando l'aveva adagiata sul letto, perchè subito le si era sdraiato accanto, continuando a tenerla stretta a sé, dove lei aveva dormito profondamente fino a quella mattina.

Per un attimo aveva sperato di vederlo entrare nella sua stanza, come già successo, ma Jason era dovuto uscire presto, glielo aveva detto e lei l'aveva anche sentito alzarsi, posare un bacio sul suo capo e andare via.

Il cielo era terso, smosso da un vento freddo, Alex si alzò con calma, fermandosi ad osservare la parte di letto messa in disordine dalla presenza dell'uomo che amava, aveva sorriso provando il desiderio di poterlo avere sempre al suo fianco; con un sospiro aprì il suo zaino e prese quella foto, le sorrise commossa. Si chiese se la madre avesse lontanamente immaginato il nascere di questo sentimento tra loro chiedendosi cosa avrebbe detto, se fosse sbagliato o meno, ma poi le tornò alla mente quel giorno

Erano giorni che l'aria si era fatta più umida, nonostante il caldo del sole, ma appena si passava nelle ombre, il freddo era pungente e la sera, quando la notte aveva la meglio, le temperature scendevano repentine cancellando l'illusione di una prossima primavera. Alex era alla finestra di quella camera, come ogni giorno, prossima ad andare via, con il magone a stritolarle lo stomaco; osservava il piazzale dell'ospedale svuotarsi, così come il parcheggio, tutto stava rallentando, le persone stavano diminuendo e le luci illuminavano tutto l'edificio dell'ala che aveva davanti. Il suono del battito cardiaco della madre era una lenta nenia che riempiva quell'ambiente ormai diventato così familiare.

-Alex- la voce di Emma la riscosse, ma prima di girarsi si sforzò di sorridere

-Eccomi mamma- e le si avvicinò al letto, Emma aveva aumentato il suo pallore, le occhiaie ormai erano diventate via via più scure, il suo sguardo si era velato di una patina di tristezza e forse anche rassegnazione che Alex non riusciva ad accettare; le prese la mano stando attenta alla flebo, osservando quel colore non naturale che oramai caratterizzava il corpo della madre

-Hai dolore? Vuoi che chiami l'infermiera?- le si avvicinò sapendo quanto anche parlare stava diventando difficoltoso per sua madre che la guardò e le sorrise, con quelle sue labbra segnate dalla malattia

-No, amore mio, volevo solo dirti che ti amo con tutto il cuore- Alex ampliò il sorriso; da una settimana il dottore aveva deciso di darle dosi di morfina per farla rilassare e dormire, visto l'andamento ormai certo che stava avendo il decorso della sua malattia, ma questo aveva inficiato sulla possibilità di Alex di poterle parlare, anche se continuava a farlo quando Emma dormiva; spesso in quei rari momenti in cui riprendeva coscienza, la chiamava e le diceva quelle semplici parole che ad Alex facevano male all'anima. Le accarezzò la testa, con dolcezza

-Ti amo anche io, mamma- le aveva sussurrato di rimando ed Emma aveva alzato una mano a fatica posandole le dita sempre troppo fredde, sulla sua guancia, accarezzandola

-Devi essere felice, Alex, sempre- le aveva detto –non importa quanto costi la felicità, la devi desiderare e raggiungere- Alex aveva sentito lo sguardo riempirsi di lacrime –la vita è così bella, ma anche troppo breve, non ce ne rendiamo mai conto, se non quando ormai siamo alla fine- Alex aveva scosso la testa

-Non dire così, ti prego- le aveva sussurrato trattenendosi dal piangere ed Emma le aveva sorriso continuando ad accarezzarla

-Se non te lo dicessi, mentirei e non voglio mentire a mia figlia- le disse spiazzandola –sto per lasciarti, Alex, lo sappiamo- Alex non trattenne le lacrime e si accoccolò vicino alla madre

-Perché mi dici così?-le chiese mordendosi un labbro –Non voglio perderti- ed un sospiro uscì dalle labbra di Emma

-Sarai forte, lo so perché ti conosco, Alex, ma voglio che tu sia felice- le strinse per quanto poteva la mano- cerca la tua felicità e quando l'avrai trovata devi fare di tutto per trattenerla, per non perderla- si girò con il volto verso di lei che ormai aveva solo lacrime da mostrare alla madre –la felicità è vita e vale ogni istante che possiamo averne- Alex le si avvicinò baciandole la fronte, sentendo il dolore di quelle parole perforarle il cuore

-Io ho avuto la mia felicità e sei tu, non potevo chiedere regalo più bello- Alex non trattenne un singulto -ma ho anche perso tanto per cercare la mia felicità-sospirò affaticata- anche se può sembrarti che nella vita stai perdendo qualcosa, devi avere la forza di trovare la strada che ti porterà a ritrovare la tua felicità- Alex guardò nel verde di quegli occhi velati che ora si erano fatti liquidi –Meritiamo tutti la nostra felicità, Alex-

Poco dopo il torpore dei medicinali, fecero di nuovo cadere la madre in un sonno profondo, lasciando Alex a contemplare quelle parole che furono le ultime pronunciate da Emma prima di lasciarla.

Si ritrovò ad osservare quella foto, ricordando la loro ultima conversazione, le lacrime erano sempre le stesse, eppure il dolore adesso, era accompagnato anche da una sensazione di quiete che si stava facendo strada; la madre aveva perso molto per lei, ma era tutto ciò che voleva e aveva lottato come una leonessa per sua figlia, per darle un futuro, una vita normale e lei ora doveva solo ringraziarla per tutto, anche e soprattutto per averle dato la possibilità di conoscere l'amore, in tutte le sue forme; non si sentiva in colpa per quel sentimento perché era ciò che la madre le aveva detto di cercare e tenersi stratta: la sua felicità e in quella parola a lei veniva solo da aggiungere il volto e il nome dell'uomo che le aveva rubato il cuore.

Forse sarebbe stato difficile, ma lei avrebbe lottato proprio come sua madre, perché per la sua felicità lei non avrebbe mai voluto rinunciare, non più.

Se prima poteva essere considerato un sogno, adesso aveva avuto la certezza che Jason nutriva lo stesso sentimento per lei e la cosa che le faceva scaldare il cuore non erano stati i baci, ma i silenzi, gli sguardi che le aveva regalato, la dolcezza con la quale si era lasciato andare, la paura che gli aveva scorto nello sguardo quando era entrato la notte prima per farsi dire quel "ti amo" che lei custodiva gelosamente nel suo cuore, ma che era diventato talmente ingombrante da dover essere detto e rivelato proprio a colui che per un istante aveva esitato, non voleva crederle, ma che aveva poi ricambiato stringendola a sé, facendole vedere quel sentimento riflesso in quegli occhi del colore della tempesta d'inverno.

Questa era la loro felicità

****

Colin era intento a spiegargli ciò che voleva, guardando i vari disegni che gli aveva portato, ma in realtà la sua mente era ferma in quella stanza dove aveva lasciato quella cascata di capelli castani, quel volto addormentato che aveva sorriso appena, sentendolo posare le sue labbra sulla sua fronte ed era lì che sarebbe voluto essere in quel momento e in ogni istante, gli sembrava uno spreco passare del tempo lontano da lei, un sacrilegio.

-Jason, mi stai ascoltando?- la voce di Colin lo riscosse da quei pensieri

-Certo- mentì e l'uomo davanti a lui si abbassò gli occhialini con montatura di un rosso sgargiante che usava per leggere, mostrando il suo sguardo scettico; erano seduti nello studio dell'uomo, nella sua casa sulla costa, poco fuori la città che lui aveva aiutato a realizzare in quegli elementi in legno che il padrone di casa e sua moglie, avevano richiesto.

-E cosa ho appena detto?- gli chiese sornione con quel suo viso segnato dal tempo, ma ancora molto piacente, un uomo che aveva passato anni a salvare vite, che aveva voluto quella casa solo per poter allontanare la morte che aleggiava nel suo lavoro, ritrovando la pace e la tranquillità di cui necessitava per svolgere il suo lavoro da cardiochirurgo. Si conoscevano da almeno una decina di anni, Colin era non solo un cliente fidato, grazie al quale, aveva conosciuto altrettanti personaggi a cui aveva fatto diversi lavori, ma anche un amico; Colin aveva creduto in lui dandogli carta bianca per rivestire parte di quello studio, creare la scrivania dove ora erano seduti, così come parte della cucina, della terrazza in legno e altri elementi che abbellivano la casa.

-Che vorresti un tavolo per circa dieci persone con rispettive sedute- ripeté Jason sorridendo e Colin si appoggiò allo schienale della poltrona in pelle marrone

-Questo è quello che ti ho detto dieci minuti fa, Jason- lo corresse e il moro strabuzzò gli occhi incredulo –ti stavo parlando del mio amico che sta acquistando la villa alla fine della strada al quale vorrei presentarti per potergli arredare casa- Colin sospirò scuotendo la testa –evidentemente il lavoro non è tra i tuoi pensieri in questo momento- fece allusivo l'uomo, Jason si grattò la testa impacciato

-Scusami, Colin, ho un po' di cose per la testa- spiegò sentendo la risata dell'uomo che aveva di fronte

-Dalla tua espressione, sembrava di più una persona che occupava la tua mente- e Jason tossì imbarazzato mentre l'uomo si alzava dalla sedia seguito a ruota dal moro; l'uomo gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla

-Quella è la faccia di un uomo innamorato, amico mio- gli disse facendolo sentire in imbarazzo dalla testa ai piedi –ed è inutile che provi a dire il contrario, perché la conosco molto bene- l'uomo gli sorrise rassicurante –era la stessa che avevo io quando chiesi a mia moglie di sposarmi- Jason scoppiò a ridere

-Sei un attento osservatore- gli disse e l'uomo rise prendendo il suo amato sigaro che si accese poco dopo

-Ti confesso che mi sorprende, in tutti questi anni, è la prima volta che vedo una luce diversa in te Jason- il moro si strinse nelle spalle, non avvezzo a certi argomenti –ma sono felice per te, perché so che ne avevi bisogno- Jason gli sorrise

-Sì è vero, ne avevo davvero bisogno- sottolineò e Colin sorrise soddisfatto

-Tornando al discorso di quel mio amico, possiamo vederci con lui la prossima settimana se per te va bene, così da poterti illustrare quello che aveva in mente- Jason acconsentì e dopo aver accettato di buon grado, salutò Colin per uscire da quella villa che ormai conosceva meglio di casa sua e solo quando si sedette in auto, si rese conto di avere ancora un sorriso a colorirgli il volto e sapeva bene a chi doveva quell'espressione.

Partì subito dopo, con la voglia di tornare da lei, le mancava ogni attimo di più, ma la sua attenzione venne attirata da un auto che, procedendo nella direzione opposta, gli aveva fatto i fari e lentamente gli si era accostata

-Caro Jason, che bello rivederti!- Jason guardò stupito la Signora Davis seduta sul suo furgone azzurro che gli sorrideva entusiasta

-Buongiorno Signora Davis, è tanto che non ci vediamo, è un piacere anche per me- rispose cordiale e la donna lo osservò qualche istante per poi sorridere ancora di più

-Come va?- gli chiese avvicinandosi al finestrino e Jason interdetto fece un cenno con il capo

-Bene- ammise –lei? Suo marito?- chiese, ma la donna rise divertita

-Smettila con queste finte gentilezze, Jason, non sono da te!- lo redarguì bonariamente -Mi riferivo al matrimonio!- specificò lasciando Jason colpito per tanta schiettezza

-Il matrimonio?- chiese e la donna rise ancora

-Alex non ti ha detto che ci siamo parlate?- Jason per un attimo assottigliò lo sguardo

-Sì certo, ma...-tentò di rispondere ma la donna lo interruppe divertita

-Pensavi che non avessi capito?- alzò gli occhi al cielo –Anche Liz pensava di potermi fregare, sai?- Jason sospirò scuotendo la testa, in realtà Alex non gli aveva detto che la donna aveva saputo tutto

-Avanti, non fare quella faccia! Piuttosto, dimmi come sta la tua futura moglie- e Jason inevitabilmente sorrise

-Bene, è a casa- la donna fece un cenno con il capo

-E i colloqui?- chiese ancora curiosa, un sospiro uscì da Jason a ripensare a quei maledetti incontri

-Ci stanno ancora analizzando- sputò quasi con rabbia, ripensando che il giorno dopo avrebbero dovuto rivedere i funzionari

-Eh lo so, non è facile e mettono a dura prova la pazienza, ma mi raccomando Jason, non sottovalutate nulla- gli occhi della donna si erano fatti seri, così come la sua espressione –possono rovinare il vostro futuro e non dovete permetterlo- Jason fissò quegli occhi verdi sapendo quanto avesse ragione

-No lo permetterò- rispose sicuro –voglio sposare Alex e lo farò- la donna rimase un attimo ferma a fissarlo come a sincerarsi delle sue parole, per poi arricciare le labbra in un sorriso

-Se me l'avessero detto che un giorno ti saresti sposato non ci avrei mai creduto!- lo prese in giro la donna che poi gli fece un occhiolino –Buona fortuna Jason, salutami tanto Alex e dille di passare qualche volta!- detto questo Jason la vide ingranare la marcia salutarlo e ripartire per la strada.

Lui rimase fermo, il motore acceso e l'ansia per quella breve conversazione: se da una parte era sicuro dei sentimenti di Alex, dei suoi, non aveva idea che cosa pensassero i funzionari, cosa potevano aver immaginato dopo il loro ultimo incontro a casa; sospirando riprese la strada verso casa, con la voglia ancora più prepotente di stringere Alex tra le braccia. In quel momento il suo cellulare squillò

***

-Ciao- la voce di Jason la fece voltare di scatto, era intenta a prepararsi un panino e subito il suo volto si animò di un sorriso di amore

-Ciao! Tutto bene?- gli chiese vedendolo sospirare e un certo cipiglio dipinto sul viso, le si avvicinò per posarle un bacio sul capo, per poi prendere anche lui un paio di fette di pane

-Diciamo di sì- rispose facendola ridere, sembrava un bambino imbronciato

-Quel diciamo di sì, non è per nulla convincente, lo sai?- scherzò e lui a quel punto sorrise senza guardarla

-Dici?- le chiese mentre Alex si sedette al tavolo con i suoi due tramezzini, felice che fosse finalmente tornato e di poterlo guardare senza doversi vergognare

-Si, dico- sottolineò e poco dopo anche Jason si sedette al tavolo di fronte a lei, con un sorriso sghembo sulle labbra, che però si dissipò quando parlò

-Mike vuole che vada da Jane a sincerarmi delle sue condizioni- le disse e il boccone che Alex teneva in bocca divenne un sasso che non voleva scendere –Inoltre mi ha chiamato Camille, per quei mobili a Londra- Alex non riuscì a guardarlo, concentrandosi a masticare lentamente, sospirò posando il mezzo tramezzino e bevendo un lungo sorso d'acqua

-Mike è il tuo migliore amico, ha bisogno del tuo aiuto e a Camille hai promesso di lavorare al restauro dei suoi mobili- si sforzò di dire e lo vide sospirare e guardarla di sbieco

-Se fosse mio amico non mi romperebbe le palle in questo modo e anche Camille se avesse capito, mi avrebbe lasciato in pace!- sbottò infastidito finendo il panino con un ultimo morso, poi la fissò e ritrovò il sorriso, si alzò dalla sedia per avvicinarsi a lei rimasta sorpresa da quel gesto

-Tu festeggerai tra un mese- le disse piegandosi sulle gambe per stare alla sua altezza, accarezzandole una guancia e lei lo guardò sorridendo –hai tempo per pensare a cosa vorresti fare- aggiunse lasciandola spaesata

-Non amo molto le feste, non saprei - ammise ripensando a come i suoi compleanni erano stati per lo più limitati a lei e la madre, a volte con qualche amichetta, ma niente di speciale e a pensarci bene, le era sempre andato bene così

-Beh tu pensaci- le disse e lei gli sorrise divertita vedendolo alzarsi per poi avvicinarsi al suo viso e baciarla dolcemente

–Vent'anni vanno festeggiati- le disse sorridendo –potremmo organizzare qualcosa- e lei rimase colpita da quelle parole, ma la serata passata da Jason in quel locale, bruciò 

-Potrei andare in qualche club per sole donne- suppose sorridendo beffarda, Jason fece scomparire all'istante il sorriso, diventando serio

-Come?- chiese poco rassicurante e lei si trovò a sorridere allusiva

-L'hai detto tu: vent'anni vanno festeggiati, per cui ci penserò, magari potrei trovarlo divertente, tu non ti sei divertito?- gli disse ampliando il sorriso mentre lui le si fece vicino al viso

-Mi stai provocando, Alex?- le chiese con voce bassa e Alex avvampò all'istante sgranando lo sguardo, rise e cercò di alzarsi, ma lui mise un braccio sul tavolo e un altro sulla spalliera della sedia per impedirglielo e la guardò negli occhi –ti piace così tanto vedermi arrabbiato?- le chiese sfidandola 

–Forse non sono stato abbastanza chiaro, Alex, nonostante te lo abbia detto già in passato- e le si fece a un soffio dal viso, Alex era rimasta immobile –tu sei affar mio, nell'istante in cui hai messo piede qui, mio e di nessun altro- detto questo la baciò prendendole il viso tra le mani trasportandola con quell'intensità ad emozioni che non avrebbe mai potuto immaginare; quando si staccò da lei la guardò ridendo beffardo, mentre Alex cercò di ritrovare un po' di compostezza

–Ti conviene pensare a qualcos'altro e pensaci bene stavolta- le disse facendole una carezza sul viso soffermandosi sul suo labbro, poi rialzò quel mare tempestoso che erano i suoi occhi

–Vado a lavorare, altrimenti potrei farti pentire amaramente di quanto hai detto- la stuzzicò posandole un bacio sul capo e avviandosi verso il seminterrato.

Alex sospirò sentendosi completamente frastornata, per un attimo quello sguardo da predatore che le aveva rivolto l'aveva fatta fremere, si passò una mano sul viso sentendosi tremendamente accaldata, avvertendo la voglia che aveva di Jason crescere ogni secondo di più.

Possibile facesse nascere in lei quelle sensazioni così forti? Possibile avesse voglia di lui sempre di più?

Si vergognò dei suoi stessi pensieri, arrossendo, pensando che neanche erano ventiquattr'ore che si era dichiarata e, per qualche strano caso, ricambiata dall'uomo che le aveva rubato il cuore, che già sentiva crescere in lei la voglia di lui?

Inoltre la gelosia era divampata appena lo aveva sentito pronunciare i nomi di Jane e di Camille, anche se in fondo sapeva bene di non doversi preoccupare, ma fino a che punto? Scosse la testa decisa a non lasciarsi andare in supposizioni che avrebbero solo rovinato quel momento che lei voleva godersi appieno. Non voleva che niente e nessuno interferisse con quello che lei voleva proteggere ad ogni costo, soprattutto da coloro che non volevano credere al loro legame: a quel pensiero ricordò che il giorno dopo avrebbe dovuto di nuovo rivedere i volti dei due funzionari; la cosa la preoccupava parecchio, sapendo quanto accaduto durante la visita a casa, avesse potuto minare il tutto, ma sperava vivamente che quelle loro incertezze sul loro rapporto venissero dissipate dai sentimenti oramai allo scoperto di entrambi.

****

Sceso nel seminterrato un profondo sospiro uscì dalle labbra di Jason che si passò una mano tra i capelli, sapendo di non averle rivelato la telefonata che più di tutte lo aveva turbato.

Guardò il pezzo di legno dal quale aveva fatto nascere un ennesimo capitello, pronto per le ultime rifiniture e poi consegnato. La sua testa era ormai preda dei più disparati pensieri, ma dovette sforzarsi di prendere il raschietto, per cesellare alcuni dettagli rimasti grezzi di quel legno ancora naturale e si chiese se quella telefonata da parte di Will fosse stato un altro colpo basso da parte della famiglia. Il padre si era ripreso, finalmente fuori pericolo e il fratello gli aveva detto chiaramente di dover tornare a Londra perchè l'uomo voleva vederlo. Aveva capito che il fratello, o forse proprio la madre, non avevano aspettato un attimo per rivelargli che Jason aveva intenzione di sposarsi, sospettava inoltre che lo avessero messo al corrente di chi fosse Alex e la cosa lo inquietò non poco. Sospirò guardando il suo lavoro, chiedendosi cosa avesse dovuto dire ad Alex, se parlarle di quello che era successo con il padre anni addietro oppure aspettare e magari andare solo lui a Londra, anche se Will era stato piuttosto chiaro al riguardo

-Papà vorrebbe vederti, magari puoi farti accompagnare -gli aveva detto facendo intendere che si aspettavano anche lei. Guardò verso le scale e il magone che sentì lo fece fremere: suo padre lo aveva deluso già diverse volte, soprattutto in quel frangente quando lui gli aveva chiesto aiuto, ed ora aveva il terrore che la cosa potesse ripetersi.

 

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Capitolo 46
*** 45 ***


45

Era agitata come non mai, si stava spazzolando i capelli che alla fine aveva deciso di lasciare sciolti, nonostante avesse provato a legarli almeno dieci volte senza mai esserne soddisfatta; si lavò i denti una seconda volta per cercare di levare quel sapore amaro che sentiva in bocca, cercando di non pensare di cambiarsi ancora. Uscì dal bagno con l'ansia che attraversava ogni angolo del suo corpo: la paura per quell'ennesimo colloquio stava diventando davvero snervante, non sapeva cosa aspettarsi dopo la visita dei funzionari a casa, ma soprattutto dopo che il loro rapporto era divenuto più vero che mai.

Una volta scesa in cucina trovò Jason seduto come nulla fosse al tavolo a bere caffè, fumando una sigaretta mentre leggeva alcune lettere che aveva preso poco prima dalla cassetta della posta. Lei aveva passato la notte agitata, facendo strani incubi, solo grazie a lui, era riuscita a prendere davvero sonno, ma non si sentiva per nulla riposata, come se la sua testa non si fosse mai spenta, al contrario di Jason che sembrava fresco come una rosa

-Ciao- la salutò sorridendole e lei non riuscì che a rispondere con un leggero cenno di sorriso che sembrò più una smorfia, si andò a versare un po' di caffè, il suo stomaco era chiuso come una morsa, per cui rinunciò a mangiare e si sedette accanto a lui sospirando per l'ennesima volta

-Tutto bene?- le chiese senza guardarla e Alex trattenne l'impulso di urlargli che nulla di quello che stava per succedere poteva avere la parvenza di poter andare bene, ma mugugnò un semplice "sì" bevendo il caffè

-Agitarsi non aiuta- le disse lui sornione mentre lei avvertì l'irritabilità divamparle in corpo per quella calma che Jason dimostrava, lo fulminò con un'occhiataccia per poi continuare a bere

Jason non trattenne una risata al comportamento di Alex: era stata agitata tutta la notte, l'aveva sentita mugugnare nel sonno, tanto che si era ritrovato a ridere piano, ma continuando a tenerla stretta al suo petto, piano piano l'aveva vista trovare il sonno più profondo, mentre lui era rimasto sveglio per gran parte della notte.

Tanti ricordi lo avevano lasciato ad osservare il buio tra le persiane rotte della finestra, si era chiesto cosa potesse accadere ora che non c'era più nessuna finzione, ma solo quel sentimento  che entrambi sentivano l'uno per l'altra e se questo fosse bastato per ricucire quella frattura che si era creata con i funzionari il giorno della loro visita.

 Avrebbero perso tutto solo per una questione di tempismo? Si era dato dello stupido per non aver avuto quella forza di parlar chiaro ad Alex, pur avendone avuto modo in diverse occasioni, ma la paura di fare qualcosa di sbagliato, lo aveva sempre fermato, il timore di forzarla, di non essere ricambiato, di amare di nuovo la persona sbagliata, gli avevano fatto perdere attimi importanti, momenti che potevano essere vissuti in tutt'altro modo, soprattutto a fronte dei colloqui.

La sua mente lo riportò in quella cucina sentendola sospirare ancora una volta, posò lo sguardo su quella ragazza che in meno di un secondo dal suo arrivo aveva completamente scombussolato la sua vita e tutte le sue certezze, frantumando ogni barriera che aveva eretto per non essere più ferito; un sorriso gli colorì il volto, non si sarebbe mai aspettato che lo guardasse in quel modo inviperito, solo perché lui la stava stuzzicando e la cosa gli piacque parecchio, era estremamente bella anche quando si arrabbiava, prendeva un cipiglio che raramente le si poteva vedere e la cosa lo divertì

-Penso che il caffè non ti aiuterà- le disse incrociando le braccia al petto dopo aver spento la sigaretta e di nuovo vide quel lampo di furia attraversarle lo sguardo sospirando subito dopo

-Sai, Alex, dovresti optare per un succo di frutta - la provocò ancora

-Sei davvero simpatico! – rispose infastidita, soprattutto da quel sorrisetto che lui le stava rivolgendo: se da una parte le piaceva più del lecito, in quel momento, era troppo agitata per potersi fermare ad osservarlo, era troppo preoccupata per quello che i funzionari potevano decidere.

Si alzò dal tavolo e mise tutto nel lavandino, non riusciva a stare ferma, sentiva l'adrenalina scorrerle nelle vene e il respiro accelerato, sperava andasse tutto bene, ma aveva paura, ricordava bene lo sguardo della Larson e di Miller una volta pronti per andare via, era certa che qualcosa fosse cambiato inevitabilmente, ma sperava ardentemente di sbagliarsi.

I suoi pensieri vennero completamente cristallizzati, quando sentì Jason dietro di lei, per poco non fece cadere la tazza che teneva in mano; Jason le si era avvicinato, il suo corpo era a un soffio dal suo, aveva posato le mani al bordo del lavandino, chiudendola come in una gabbia. Alex rimase immobile, l'acqua del lavandino continuava a scorrere, ma lei era completamente assorbita da Jason, dalla sua presenza, lo sentì avvicinare il viso al suo

-Andrà bene, vedrai- le sussurrò piano e un brivido percorse come un tuono la schiena di Alex che strinse tra le mani il bicchiere, deglutendo

-Come fai ad esserne così sicuro?- gli chiese quasi in un sussurro, lui allungò una mano e chiuse l'acqua per poi riportarla al bordo del lavandino, il corpo di Alex era teso come una corda nel sentire quello di Jason, non la toccava, ma ormai aveva ben chiaro una cosa: ogni volta che le si avvicinava il desiderio cresceva.

-Perché non abbiamo mentito- le disse e lei si ritrovò a sorridere girando il capo verso di lui

-Farò di tutto per noi, Alex, non saranno loro a fermare la tua libertà, prima di tutto e, poi noi- Alex trattenne il fiato perché leggere quello sguardo determinato le fece vedere con chiarezza l'amore che nutriva per lui, gli sorrise e si lasciò baciare con passione, beandosi delle sue mani che le presero il viso, assaporando quelle labbra calde e morbide, inebriandosi del suo sapore di tabacco e caffè, facendole dimentica ogni pensiero negativo, permettendole di lasciare la paura di quella mattina disperdersi come fumo, godendo di quel bacio, di quell'abbraccio, dell'uomo che amava.

***

Arrivarono puntuali davanti alla porta del solito ufficio dove li attendevano i funzionari, Alex sospirò mentre Jason le regalò un sorriso rassicurante, tenendole stretta la mano e bussando alla porta con l'altra.

Vennero subito accolti da Miller seduto al suo solito posto con i caffè fumanti già pronti al tavolo

-Buongiorno- salutò alzandosi per stringere la mano ad entrambi riprendendo poi posto, così come fecero Alex e Jason

–Siete sempre molto puntuali, così mi sono permesso di preparare già i caffè- disse Miller porgendo loro i rispettivi bicchierini

-Grazie- rispose Jason –Aspettiamo la Larson?- chiese non vedendola seduta al suo posto, Miller scosse la testa finendo il suo caffè

-No, la mia collega ha avuto un contrattempo, appena possibile tornerà da noi, ma per ora vi dovrete accontentare di me- il sorriso che gli regalò il funzionario fece fremere Alex impercettibilmente, Jason al contrario sembrò piuttosto tranquillo

-Allora- esordì dopo poco Miller –vi confesso che visitare la vostra abitazione ci ha un po' sorpreso- disse iniziando a giocare con la penna che aveva in mano

-Abbiamo intenzione di ristrutturarla- Alex si girò verso Jason che parlò sorridendo a Miller –so bene che non è certo una reggia, infondo ha più di cinquant'anni e mio nonno ha fatto il possibile per tenerla in piedi- un sospiro gli uscì dalle labbra –io non sono mai stato dietro a tutto quello che c'era da fare, vivendo da solo, mi limitavo al minimo indispensabile- si girò poi verso Alex che subito gli sorrise –ma ora è diverso- aggiunse. Alex sentì il cuore fermarsi dall'emozione di quelle parole, dalla bellezza di vedere Jason con quell'aria più serena

-Oh, bene- fece il funzionario accavallando una gamba per sistemarsi meglio sulla sedia –sicuramente con la dimestichezza che ha nel lavorare il legno, sarà sicuramente facile per lei- Jason tornò a guardare l'uomo davanti a lui

-Molte cose posso farle- specificò e Miller fece un cenno con il capo per poi rivolgersi ad Alex

-E tu Alex, che ne pensi?- chiese cortese, Alex si tese leggermente, ma gli sorrise

-Sicuramente se riparasse le persiane, sarebbe un bel passo avanti- scherzò facendo sorridere Miller e lo stesso Jason che la guardò ridendo stringendole la mano che non aveva intenzione di lasciare

-Non le piacerebbe comprare una casa nuova, magari dove è tutto da poter scegliere e non già vissuto?- chiese ancora Miller dopo aver segnato alcune cose sui fogli davanti a lui, Alex scosse la testa

-No, quella è la nostra casa e nonostante non sia moderna o ultra rifinita, a me piace così, sa davvero di casa- e lo pensava con tutta sé stessa.

Quella villettina su due piani, malconcia, con tanti lavori da fare, il giardino da sistemare, era stata fin dall'inizio un punto di riferimento per poter ricominciare dopo la morte della madre; vero era che all'inizio ne era rimasta spiazzata, non si aspettava un'abitazione così fatiscente, ma in breve tempo, aveva imparato ad amarla, anche in quelle pecche che si portava dietro per via del tempo e della manutenzione non fatta da Jason

-Avete poi deciso dove celebrare il matrimonio, ragazzi?- chiese Miller tornando a guardare Jason

-A dire il vero pensavamo di sposarci qui appena possibile e poi fare un piccolo viaggio verso il Northumberlad National Park- Miller lo guardò sorpreso

-Niente mete esotiche? Spiaggia bianca e mare cristallino?- chiese curioso, ma Jason scosse la testa

-Non posso lasciare il mio lavoro ho diverse consegne, posso concedermi solo qualche giorno e penso che valga la pena andare a dare un'occhiata a quello che è uno dei parchi più belli qui, per le mete esotiche ci sarà tempo- spiegò, Alex ascoltò in silenzio, curiosa nel sentirgli dire quelle cose, non ne avevano mai parlato e a dire il vero quello era uno degli ultimi suoi problemi in quel momento, ma sapere che Jason ci avesse pensato le scaldò il cuore

-Beh, sicuramente è una meta molto particolare e sicuramente bella- acconsentì Miller che si rivolse di nuovo ad Alex –per poter prendere un po' di sole su una spiaggia esotica ti toccherà aspettare, Alex- scherzò

-Non amo molto le mete ambite da tutti, mi piacciono i posti un po' meno frequentati- ammise ricordando però quando voleva andare in Polinesia con la madre, idea che le era venuta guardando un documentario, affascinata da quelle acque, ma in realtà il suo unico desiderio era poter fare un viaggio con la madre che, da quando era nata, aveva lavorato sodo per poterle assicurare un futuro e non farle mancare nulla. Sin da bambina, Alex, aveva capito i sacrifici che sua madre stesse facendo e vedere quel documentario, con la gente felice a godersi mare e sole, le aveva fatto nascere la voglia di vedere sua madre con lo stesso sorriso, con la possibilità di stare con lei e giocare assieme; era solo una bambina allora, ma sapeva che il suo pensiero era dovuto alla voglia di rendere serena e felice sua madre, senza il pensiero di lavorare per forza, senza doverla vedere stanca mentre cercava di aiutarla a fare i compiti, con quell'alone di malinconia che Alex vedeva chiaramente nonostante la madre lo nascondesse con i suoi dolci sorrisi.

Ora che aveva accanto l'uomo che amava, voleva poter stare con lui e basta, seppellire se possibile tutto ciò che rendeva tristi o afflitti entrambi, godendo della possibilità di poter stare insieme, il posto non avrebbe avuto nessun significato.

-I preparativi per il matrimonio sono stati quindi già iniziati?- chiese ancora Miller

-Stiamo valutando il tutto- rispose sbrigativo Jason e Miller fece un cenno con il capo per segnare qualcosa su quel blocco

-Allora Signor Parker, ora, le devo chiedere di lasciarci qualche minuto da soli, così da riprendere i colloqui separati, la verremo a chiamare appena finito- gli disse l'uomo con sguardo serio, Jason rimase un po' sorpreso perché sperava che quel tipo di chiacchierata avvenisse in presenza di entrambi i funzionari, ma non voleva discutere, così si alzò in silenzio, si avvicinò ad Alex le posò le labbra sul capo

-Ti aspetto di là- le disse sorridendo dolcemente scorgendo in quel mare che ora lo fissava un po' di apprensione.

Una volta che il rumore della porta scandì l'inizio del colloquio, Alex si strinse le mani in grembo, avvertendo l'angoscia di quel momento, mentre Miller sembrava più che rilassato osservando il cellulare che in quel momento aveva vibrato

-Scusami Alex- le disse posandolo subito dopo e sorridendole –allora come è andato il compleanno di Jason?-le chiese curioso

-Beh, dovrebbe chiederlo a lui- rispose cortese facendolo sorridere

-Hai ragione, ma intendevo la tua serata, visto che è stato fuori-spiegò l'uomo ancora con il sorriso sulle labbra, Alex cercò di rilassarsi e sorrise a sua volta

-Ho lavorato al pub come al solito, niente di speciale- l'uomo fece un cenno con il capo prima di continuare

-Alex, devo iniziare a farti domande un po' più precise sul vostro rapporto- e lei sentì un leggero malessere pervaderla

-Di che tipo?- chiese celando il senso di inquietudine

-Tipo il vostro primo bacio- specificò l'uomo con fare comprensivo –so che sono domande delicate, ma anche questo andrà confermato da entrambi- Alex aveva trattenuto il respiro, sapendo bene di essere arrossita, abbassò il capo in imbarazzo

-Lo capisco, Alex, non è facile, ma ti prego di rispondermi- la esortò l'uomo che si appoggiò con le braccia al tavolo e la guardava con apprensione

Alex sospirò e sorrise incerta

-Cosa vuole sapere?- chiese e l'uomo sospirò osservando i fogli che aveva davanti

-Quando è successo?- chiese e Alex deglutì non sapendo assolutamente come poter rispondere –Vivete insieme da qualche mese, vi siete resi conto di provare qualcosa l'uno per l'altra subito, oppure no?- Alex scosse la testa

-Non subito- rispose –in realtà non è successo come ci si può immaginare- l'uomo la guardò attento per appoggiare la schiena alla sedia e ascoltarla

-Cosa vuoi dire?- le chiese e lei si ritrovò a sorridere con l'imbarazzo a ricoprirle ogni strato di pelle

-Beh, con Jason non va come ci si immagina, come forse si pensa debbano andare certe situazioni, con lui prima di tutto ci siamo avvicinati con il cuore, con i sentimenti- rise mascherando il fastidio che le dava parlare di quel momento speciale che avevano avuto

-Quindi prima vi siete trovati ad essere complici e poi alla fine vi siete trovati a confessarvi i vostri sentimenti- cercò di capire l'uomo e Alex si ritrovò a fare un cenno d'assenso con il capo

-All'inizio può immaginare che per entrambi non è stato facile accettare questi sentimenti, ancora adesso fatico a pensarla in questo modo- ammise sospirando, rendendosi conto che erano poche ore che si erano trovati, ma avendo la sensazione che fosse molto più tempo –tanti dubbi ci hanno fatto tirare indietro parecchie volte, ma poi alla fine il cuore ha avuto la meglio- aggiunse

-E' molto che vi siete confessati i vostri sentimenti?- chiese l'uomo inclinando leggermente la testa, un sorriso furbo

-Non molto, ma a dire il vero, sembra di più- sorrise di nuovo per mascherare il suo sentirsi inadeguata a parlare di quell'argomento –il bacio che c'è stato ha solo sottolineato quello che infondo sapevamo- Miller rimase qualche attimo in silenzio ad osservarla

-Avete mai avuto rapporti- Alex sentì il sangue ghiacciarsi, nonostante esteriormente avesse arrossito, scosse la testa priva di parole e Miller per fortuna sembrò accontentarsi perché si limitò a scrivere qualcosa

-Hai avuto altre esperienze Alex?- vedendo lo sguardo che gli rivolse Alex, l'uomo aggiunse- intendo altre storie, magari in Italia, prima di venire qui- sorrise cercando di mostrarsi comprensivo nell'affrontare certi argomenti

-No, mai- rispose semplicemente e non gli sfuggì lo sguardo sorpreso che l'uomo le rivolse per poi riprendere a scrivere

-Quindi Jason è la tua prima cotta- Alex si sentì ferita da quella frase e aspettò che l'uomo la guardasse negli occhi prima di rispondere

-No, non è una cotta Signor Miller- affermò decisa –quello che provo per Jason va al di là di una semplice cotta- l'uomo accennò un sorriso

-E come fai a sapere che con il tempo questo sentimento non si riveli per quello che forse già è?- le chiese piegando il braccio sul tavolo sul quale appoggiò il volto scrutandola –Non avendo avuto altre esperienze forse, questo tuo amore, in realtà non lo è, magari è riconoscenza verso un uomo che ti ha ospitato e conosceva tua madre- ipotizzò l'uomo.

Il volto di Alex si tese, sentì chiaramente la rabbia ribollirle nelle vene, la stava provocando, voleva stuzzicarla per vedere dove volesse arrivare

-Mi è già stato fatto notare questo fatto- affermò risoluta –ma io so cosa provo per Jason e sinceramente adesso voglio solo essere felice con lui, non mi interessa della differenza di età, quello che può pensare la gente, del futuro- sospirò per cercare di calmare il cuore che le correva nel petto –e vuole sapere una cosa?- Miller le sorrise aspettando che continuasse

-Non mi interessa nulla del vostro visto- l'uomo rimase completamente spiazzato da quell'affermazione, il sorriso gli morì sulle labbra, mentre la vide di nuovo sorridere in maniera più naturale –Potete anche pensare che abbiamo inscenato tutto, anche perché sicuramente siamo partiti svantaggiati e questo è stato già appurato, ma io rischierei la galera e la mia vita per Jason e so per certo che lui farebbe lo stesso per me e non sarà il vostro visto o questi colloqui a mettere in dubbio i nostri sentimenti- Miller rimase a fissare quel volto che sorrideva luminoso, con lo sguardo fisso nel suo e la determinazione che mai le aveva visto; si riscosse abbassando il capo e tossendo appena

-Bene Alex, abbiamo finito per oggi- le disse alzandosi –andiamo a prendere Jason

****

Finiti i colloqui, Alex si lasciò andare a un sospiro di sollievo entrando in auto e si girò a guardare Jason che prese il posto di guida accendendo il motore; Alex aveva notato la ruga sulla fronte di Jason e la tensione che aveva il suo viso, dopo aver parlato con Miller, anche se girandosi a guardarla le regalò un sorriso splendido per poi tornare a guidare.

-Che ti ha chiesto Miller?- gli chiese curiosa e lui non rispose subito, fece una semplice alzata di spalle

-Quello che ha chiesto a te, suppongo- rispose semplicemente

-Del nostro primo bacio?- domandò ancora e un sorriso imbarazzato le colorì il viso, Jason rimase immobile, per poi sorriderle –Sì- rispose –tu che gli hai detto?- si informò e lei rise guardando verso il finestrino raccontandogli a grandi linee cosa si fossero detti con Miller, evitando il discorso sul rapporto che non c'era ancora stato.

Arrivarono al pub di Mike che trovarono ad attenderli mentre finiva di pulire alcuni tavoli

-Ben arrivati ragazzi!- li salutò come al solito, ma girandosi a guardarli, il suo sorriso si cristallizzò nel vederli entrare mano nella mano, per un attimo pensò di stare sognando o che fosse uno scherzo, ma poi guardò i volti dei due e quella luce che lesse nello sguardo di entrambi lo convinse che si stavano tenendo davvero per mano e quello non era certo un gesto casuale; improvvisamente scoppiò a ridere felice come non lo era da molto tempo, mentre li vide avvicinarsi: Jason con una faccia da schiaffi, ma con una serenità che Mike non gli aveva mai visto, mentre Alex era diventata porpora per l'imbarazzo

-Bene bene, quindi qui ci sono delle chiare novità!- disse dando una pacca sulla spalla all'amico che rise scuotendo la testa

-Come al solito sei un'idiota Mike!- lo redarguì bonariamente Jason che si sedette al bancone con al suo fianco la ragazza per cui il rasato lo aveva visto completamente perdersi

-Sì certo e tu il solito coglione- guardò poi verso Alex –non posso credere che una brava e intelligente ragazza come te, si sia fatta incastrare da uno come lui!- la stuzzicò facendola ridere –E io che pensavo di avere qualche chance!- disse ridendo

-Tu dillo di nuovo e ti lego la tua maledetta lingua al collo!- lo apostrofò Jason facendo scoppiare Mike a ridere ancora di più

-Si può sapere che diavolo hai da ridere?!- Liz uscì dalla cucina con in mano il vassoio con diversi boccali puliti 

-Alex! Per fortuna siete arrivati! Eravamo così in ansia!- disse sorridendo

-Parla per te! Io ero tranquillissimo!- obiettò Mike verso la sorella che alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa spazientita

-Sì, infatti non mi hai chiesto cento volte a che ora avevano il colloquio e perché non erano ancora arrivati!- puntualizzò la moretta ricevendo un'occhiataccia da parte del fratello che si appoggiò al bancone

-Esagerata! Te l'ho chiesto solo un paio di volte!- si affrettò a dire Mike tornando a guardare verso il suo amico al quale servì subito da bere –E comunque, cara mia, qui ci sono delle novità!- e a quell'affermazione Jason lo fulminò con uno sguardo mentre Alex si strinse ancora di più nelle spalle; Liz si sedette accanto all'amica curiosa

-Con i colloqui è finalmente finita?- chiese speranzosa che quella tortura per i suoi amici fosse davvero terminata

-Eh no, acqua- fece Mike sornione –è molto meglio- aggiunse vedendo la sorella ancora più incuriosirsi

-Allora? Che c'è?- chiese ad Alex che la guardò arrossendo –Insomma mi dite che è successo?- chiese, ma nessuno voleva rispondere, neanche il fratello che sorridendo sornione le fece spallucce

-Oh, ma dai! Perché non posso saperlo!?- disse sconsolata, ma ancora nessuno le rispose così chiese per altri interminabili minuti, sotto l'ilarità del fratello e il mutismo di quei due che sembravano aver perso la lingua

-Adesso mi arrabbio davvero, Alex!- disse alla fine mettendosi in piedi con le mani sui fianchi –Non puoi tenermi sulle spine così!- disse piagnucolando

-Liz sei veramente esasperante!- grugnì Jason alzandosi in piedi per avvicinarsi ad Alex, la quale sgranò lo sguardo nel momento in cui sentì che le aveva preso il viso tra le mani per baciarla lì davanti a loro.

Quando Jason le lasciò il volto e le sorrise, Alex si sentì andare a fuoco per l'imbarazzo che subito l'assalì guardando il volto compiaciuto di Mike che rise scuotendo la testa e di Liz la cui espressione era completamente sconvolta, con il mento che per poco non toccava il pavimento

-Ecco! Così almeno la smetti di lagnarti come una ragazzina!- la stuzzicò Jason sorridendo divertito verso Mike, mentre riprendeva a sedersi al suo solito posto

Alex guardava verso Liz e si trovò a fare un'alzata di spalle, non sapendo cosa passasse per la testa dell'amica completamente priva di parole e con lo sguardo sgranato verso di lei

-Hai avuto un ictus, Liz?- la provocò il fratello divertito e solo a quel punto Liz cacciò un urletto di sorpresa e si lanciò tra le braccia di Alex

-Non ci posso credere!- le disse ridendo stringendola forte –Sono così felice per voi!- e si staccò da Alex rivolgendosi poi al moro che le guardava ridacchiando –Anche se devo dire che mi dispiace un po' per Alex se ha perso la testa per un troglodita come te!- gli disse facendolo ridere di più

-Ma sei sicura?- chiese ad Alex e per quella domanda il sorriso dal volto di Jason scomparve completamente

-Come sarebbe a dire?- chiese stranito e subito si guadagnò uno sguardo provocatorio da parte della moretta

-Paura che ti lasci, vero?- Jason assottigliò lo sguardo e lei rise divertita per averlo fatto innervosire, ma poi si rivolse ad Alex –A parte gli scherzi sono felice davvero!- e l'abbracciò di nuovo di slancio

-Come è andato il colloquio stavolta?- chiese Mike interessato cambiando discorso

Jason raccontò più o meno quello che avevano chiesto ad entrambi e del fatto che ci fosse solo Miller

-Effettivamente la donna è andata via due giorni fa, la mattina dopo che sono venuti da voi a casa- affermò Liz pensierosa

-Non ha detto quando tornerà?- chiese Alex e lei scosse la testa

-No, niente, ha pagato la sua permanenza e se ne è andata, lui non ha fatto cenno a nulla- tutti e quattro sospirarono pensierosi

-Comunque ora vi tocca davvero iniziare a buttare giù qualcosa per il matrimonio, visto che ve l'ha chiesto- disse Mike e Jason fece un cenno d'assenso incupendosi

-Se è per i vestiti non ci sono problemi!- fece Liz battendo le mani –Domani stesso andiamo da Oliver e Dolores!- Alex la guardò ridendo

-Chi sono?- chiese

-Lei è una stilista molto brava, ha una boutique qui vicino, lavora con il marito che ha sempre trattato abiti da sposa, sono i più famosi in zona e voi non potete perdere tempo- spiegò entusiasta Liz

-Io non posso venire domani- disse Jason –ho promesso a questo qui che l'avrei accompagnato da Jane- aggiunse rispondendo allo sguardo interrogativo che Alex gli aveva rivolto

-Non importa, andremo noi, anche perché l'abito dello sposo è sempre quello, lo puoi provare con comodo!- fece ovvia Liz muovendo una mano come a voler scacciare un moscerino, guadagnandosi un'ennesima occhiataccia da parte di Jason

*****

-Sono davvero felice per te, amico- Jason guardò verso Mike ringraziandolo con un sorriso, mentre le due ragazze avevano iniziato a lavorare in cucina all'arrivo dei primi clienti

-Adesso ho più paura di prima- disse ridendo –prima ero disperato perché rischiavo di non essere ricambiato- sospirò bevendo un po' di birra –adesso ho il terrore che questi funzionari possano rovinare tutto- Mike capì bene il cruccio dell'amico

-Effettivamente il coltello dalla parte del manico è sempre loro, ma almeno potete essere naturali al cento per cento e questo non può essere negativo- affermò –piuttosto il tuo colloquio con Miller è andato tutto liscio?- gli chiese e Jason fece una smorfia

-Diciamo che siamo riusciti ad essere piuttosto civili, nonostante tutto- affermò lasciando che il suo sguardo si incupisse; il colloquio era durato quasi un'ora e quello che era successo sarebbe rimasto impresso nella mente di Jason a vita, ne era sicuro, ma non voleva rivelare nulla a nessuno, soprattutto a lei

-Allora Signor Parker, mi parli un po' di come è stato il vostro primo approccio..- Jason guardò Miller innervosito dall'ilarità che traspariva dall'uomo che aveva davanti

-Che vuole sapere di preciso?- chiese a sua volta e l'uomo si appoggiò allo schienale della sedia sospirando

-Quando è accaduto?- e Jason fissò lo sguardo dell'uomo sperando di rispondere come Alex

-Non molto tempo fa- ammise e un sorriso seppur lieve gli colorì le labbra pensando a quel momento

-Sia più preciso per favore- Jason sospirò e cercò di sorvolare sul giorno preciso, cioè la notte del suo compleanno, appena tre giorni prima

-E'stata una sera di non molto tempo fa, ed è capitato in un momento dove non era assolutamente inimmaginabile che potesse accadere- affermò

-Come mai?- Jason fece una breve alzata di spalle guardando verso la finestra che mostrava il sole far capolino tra le nuvole che iniziavano ad addensarsi, regalando colori grigi e scuri

-Beh, diciamo che nessuno dei due aveva pensato potesse davvero capitare, ci sono parecchi intoppi, io ero il primo a non voler creare nessun tipo di problema ad Alex, per cui ho cercato in tutti i modi di evitare che capitasse- l'uomo davanti a lui arricciò le labbra in un sorrisetto

-Ma alla fine è capitato- disse

-Sì, alla fine è capitato- ripeté Jason senza mai staccare lo sguardo da Miller che abbassò poi il viso per guardare i documenti che aveva davanti

-La richiesta che avete fatto per il matrimonio risale a più di un mese fa- Jason deglutì cercando di rimanere impassibile –Alex è qui da lei da quasi cinque mesi- si fermò per osservare un altro foglio –e sia Alex che lei avete detto che non è accaduto subito- di nuovo lo guardò sorridendo –ma in realtà vi siete trovati innamorati praticamente nel giro di pochissimo- Jason non fiatò a quell'affermazione aspettando che l'uomo continuasse, sentendo la paura avvinghiargli le viscere

–Sa cosa penso Signor Parker?- e si rimise con la schiena appoggiata allo schienale -che voi due avete trovato un accordo all'inizio, probabilmente Alex si è innamorata di lei quasi subito, al contrario suo che forse ci ha messo qualche tempo in più, ma quando avete deciso di fare richiesta, non è stato l'amore a condurvi a questo, ma l'amicizia che c'era con la madre di Alex- un sospiro uscì dalle labbra dell'uomo –poi sono convinto che l'amore ha bussato anche al suo cuore, ma questa è un'altra storia- il silenzio piombò nella stanza; Jason sentì il suo cuore pulsare frenetico e il fiato gli si mozzò letteralmente in gola, ma poi sospirò per ritrovare la calma necessaria.

-Ammesso fosse così- la voce di Jason era bassa, il suo viso serio, Miller rimase impassibile aspettando che continuasse –quale sarebbe il problema? – il funzionario alzò un sopracciglio aspettando che continuasse

-Se fosse vera questa sua allusione, adesso però le cose sono diverse- si fermò solo un attimo per vedere come Miller reagisse, ma l'uomo rimase imperturbabile –quale problema ci sarebbe ora a confermare il nostro rapporto? Ci amiamo e questo dovrebbe essere abbastanza per un fottuto lascia passare!- sentiva la rabbia percorrerlo, l'uomo davanti a lui lo fissò per qualche istante prima di prendere in mano alcuni fogli

-Signor Parker, non stiamo qui a giocare, ma stiamo valutando la vostra relazione, dal momento che la Signorina Savelli è straniera e le regole sono queste- sospirò –voi non avete neanche la parvenza di una relazione Signor Parker è questo il fottuto problema!- la crudezza con cui parlò ghiacciò il sangue a Jason che rimase immobile

-Ai miei occhi, lei vuole sposare Alex per un altro motivo, probabilmente ha bisogno della cittadinanza Inglese, per questo non credo sia corretto darvi questo visto, a meno che...- Jason sentì le sue mani arpionarsi ai bordi del tavolo dove si era spinto con il busto in avanti

-A meno che...- ripeté  all'uomo che sorrise furbo

-A meno che non ci dice davvero come stanno le cose Signor Parker, credo che possiamo ritenere la farsa finita- a quelle parole Jason sentì il suo corpo diventare di pietra, ma cercò di rimanere calmo

-Non abbiamo niente da nascondere Signor Miller, noi ci amiamo davvero- disse risoluto nonostante le parole che Miller gli aveva gettato in faccia facevano male come una pioggia di spine

In quell'istante il cellulare di Miller vibrò e lui dopo una rapida occhiata allo schermo, guardò Jason sorridendo beffardo, premette il tasto per aprire la conversazione e mise il vivavoce sotto lo stupore di Jason

-Larson, bello sentirti, come va?- chiese sempre sorridendo in quel modo provocatorio verso il moro

-Ciao Miller, il tempo è stupendo nonostante il freddo, Roma è veramente una città meravigliosa- Jason pensò di non aver capito bene

-Roma è sempre la città eterna, ti stai divertendo?- chiese sornione Miller sentendo uno sbuffo da parte della collega

-Divertendo no, ma ammetto che mi concedo qualche passeggiata e ammiro lo spettacolo del centro storico- breve pausa –ci sono novità comunque Miller e sono riuscita ad avere qualche informazione e un appuntamento per domani mattina, così finalmente sapremo un po' di più di Alex- Jason avvertì il sangue ghiacciarsi

-Bene Larson, anche qui tutto normale, niente di particolare, sentiamoci domani così ci aggiorniamo- la Larson confermò e attaccò subito dopo.

Di nuovo il silenzio piombò in quella stanza, Jason avvertiva la rabbia, la frustrazione e la paura invaderlo come uno tsunami, ma rimase immobile come una statua; Miller sospirò riponendo il cellulare in tasca e dopo un profondo sospiro alzò lo sguardo verso Jason

-Ora sa che la mia collega sta indagando su Alex, vuole dirmi qualcosa, Parker?- Jason rimase di sale e vedendo la preoccupazione mostrarsi nel volto e nello sguardo del moro, continuò

–Mi dispiace averglielo fatto sentire, ma voglio essere onesto Signor Parker, come forse non lo sono mai stato- si sistemò meglio sulla sedia- abbiamo parecchie riserve, io per primo, questa non è una novità, ma la Larson ha il brutto difetto di saper fare il suo lavoro meglio di chiunque altro e aveva grossi sospetti sul perché di tutta questa vostra farsa- Jason si appoggiò allo schienale della sedia sentendosi completamente vuoto

-Non è una farsa- ripeté e sembrò un ruggito trattenuto –Io amo Alex- Miller lo fissò in silenzio per alcuni istanti 

–Adesso forse è chiaro a entrambi, ma un lascia passare perché avete trovato l'amore nel frattempo non è abbastanza per noi, Signor Parker, in qualche modo avete imbrogliato- Jason avvertì la paura di perdere Alex e la cosa gli procurò subito un malessere da levargli il fiato, abbassò il capo sentendo quel sapore di amaro in bocca, lo stomaco stringersi e la tensione invadere ogni parte del suo corpo

-Che vuole sapere?- chiese poi e Miller lo fissò ancora in silenzio per qualche istante prima di rilassare la sua postura

-La verità Signor Parker, solo la verità-

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