Di sangue e di scelta.

di Ale Villain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di sangue e di scelta - Prologo ***
Capitolo 2: *** Importanze ***
Capitolo 3: *** Presenze ***
Capitolo 4: *** Quando capirsi è difficile ***
Capitolo 5: *** Nel quotidiano ***
Capitolo 6: *** Niente da fare ***
Capitolo 7: *** Se il gioco si fa duro ***
Capitolo 8: *** Inaspettato ***
Capitolo 9: *** Sfogarsi ***
Capitolo 10: *** Ancora di più ***
Capitolo 11: *** Un filo-logico ***
Capitolo 12: *** (Ri)provarci ***
Capitolo 13: *** Va 'pensieri' ***
Capitolo 14: *** Rosso di sera I ***
Capitolo 15: *** Rosso di sera II ***
Capitolo 16: *** Rosso di sera III ***
Capitolo 17: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 18: *** Spiragli ***
Capitolo 19: *** A nudo ***
Capitolo 20: *** Veritas I ***
Capitolo 21: *** Veritas II ***
Capitolo 22: *** Veritas III ***
Capitolo 23: *** Dimenticare e dimenticare ***
Capitolo 24: *** Strade divise, pensieri uniti ***
Capitolo 25: *** Sapere di non sapere ***
Capitolo 26: *** A vicenda ***



Capitolo 1
*** Di sangue e di scelta - Prologo ***


Di sangue e di scelta
© AleVillain
 





















 
4 Aprile 2017 H 3.15
Si svegliò di soprassalto. La sveglia aveva suonato ancora alle 3:15 del mattino. Fece un respiro profondo, portandosi la mano sul petto per calmarsi, prima di pigiare il tasto per far smettere quel ticchettio ripetitivo. Si ripromise che avrebbe sistemato quel dannato affare.
Era da tanto tempo che non si svegliava più a quell’orario. Per un lungo periodo, quello era stato l’orario stabilito: lui andava a letto molto presto, per poter risposare un po’ prima di andare in giro. Prima di andare a caccia, come dicevano alcuni suoi compagni.
Tutto sembrava essere cambiato non appena aveva conosciuto lei, la ragazza che ora gli dormiva accanto. Era più giovane di qualche anno ed era una gran gelosona. Ma la amava, Dio se la amava. Anche lei aveva sempre ricambiato quel sentimento. Fino a quel maledetto 3 giugno 2016.
Aveva sperato si fossero sbagliati, ma a quanto pare no. Era andata proprio così.
Si stropicciò gli occhi con le mani e sbadigliò, decidendo di alzarsi per prendere un bicchiere d’acqua. Infilò i piedi nelle pantofole blu scuro e si diresse in cucina.
Non ebbe nemmeno voglia di aprire il frigorifero per prendere la bottiglia; preferì riempire direttamente il bicchiere dal rubinetto. Bevve una generosa sorsata d’acqua e gettò l’occhio alla finestra alla sua sinistra.
Fuori era appena illuminato dai lampioni, ma non c’era alcun rumore, il che era sempre d’aiuto nel conciliare il sonno. Ed era proprio in momenti di solitudine e silenzio come quelli, che gli tornava sempre voglia di andare a ‘caccia’.
Sciacquò velocemente il bicchiere e lo mise a scolare sopra il lavandino, dopodiché decise di tornarsene a dormire.
Aprì lentamente la porta della camera da letto, non volendo svegliare la ragazza, nonostante sembrasse immersa in un sonno profondo. Si avvicinò a lei e le sfiorò la frangetta color rame con le dita. Era proprio bella.
Stava per raggirare il letto e tornare a sdraiarsi dov’era prima, quando il telefono della sua amata si illuminò. Era l’unico momento della giornata in cui poteva sbirciare, per cui, incuriosito, si avvicinò al comodino; con il cuore in gola, lesse la notifica sullo schermo.
Non era un messaggio, ma una notifica del dispositivo che l’avvertiva che a breve ci sarebbe stato un aggiornamento. Tirò un lieve sospiro di sollievo, prima di notare una cosa: sotto alla notifica del software, vi era un’altra notifica, risalente a diverse ore prima - circa una decina - quando lei era a lavoro.
Una chiamata persa: Giovanni Doria.
Il ragazzo sorrise malizioso tra sé e sé, prima di dare un leggero bacio sulla fronte alla amata e rimettersi sotto le coperte.
Il gioco era iniziato.
 

 
***
 
 
 
3 Aprile 2017 H. 10.34
Non si era mai resa conto di quanto potesse essere scomoda la metropolitana. Gente che ti spintonava, odori poco gradevoli, urla, rumore assordante.
Ambra sbuffò, chiudendo per l’ennesima volta la chiamata. Se continuava così, non si sarebbe meravigliata se Richard l’avesse lasciata senza pensarci due volte.
Era da un quarto d’ora circa che il suo ragazzo la chiamava, lei rispondeva e puntualmente doveva mettere giù perché qualcuno la spintonava, c’era rumore e non sentiva oppure si distraeva per controllare a che fermata erano.
Quella volta decise di aspettare di essere arrivata quantomeno alla sua fermata. Alla lezione in università avrebbe anche potuto pensarci più tardi.
“Miracolo” mormorò Richard, non appena prese la chiamata.
“Scusami” rispose subito lei “Stare al telefono in metro è impossibile. Che devi dirmi?”
Sentì Richard sospirare appena.
“Una cosa riguardante l’estate”
Ambra deglutì, cominciando a sentire il cuore accelerare il ritmo.
“Ti ascolto”
Qualche attimo di silenzio, interrotto solo dai suoi passi che si avviavano verso la fermata del pullman.
“Sai che a maggio mi laureo, no?” cominciò lui “Ecco, i miei hanno deciso di regalarmi un viaggio a luglio”
“Ma è fantastico!”
“In Spagna”
“Portami una calamit-“
“Di tre settimane”
Ambra arrestò la camminata.
“Come tre settimane?”
Richard sospirò, stavolta in maniera più profonda.
“E ad agosto vai di nuovo da tuo cugino in America. Per un mese”
“Sì, lo so” si affrettò a dire lui “Ma è solo per quest’anno. Se riusciamo, ci facciamo un week end a giugno io e te”
“Quale week end a giugno? Io ho la sessione estiva”
Sentiva che si stava innervosendo. Doveva rilassarsi. Non era la fine del mondo, doveva solo essere contenta che il suo ragazzo si facesse anche un’altra vacanza oltre al solito periodo passato in America dal cugino. In fondo si stava per laureare.
Doveva rilassarsi.
“Allora dopo che torno dall’America” tentò, cercando di risultare più convincente.
“Più di tre anni che siamo insieme e sei sempre tornato il 28 agosto. E io ho la sessione di settembre”
“Cristo…” lo sentì imprecare appena “Ma… Io non so ancora le date precise del viaggio in Spagna, ok? Magari abbiamo una settimana a fine luglio per…”
“Senti, io sto andando in università” cercò di tagliare corto la rossa.
“Ma, Am…” provò, per poi subito dopo dire, con tono più rassegnato: “Va bene. Buona lezione”
Forse aveva capito che non era il caso di continuare ad insistere, non in quel momento.
“Grazie” rispose freddamente.
“Scrivimi quando sei uscita, per favore”
“Certo”
Chiuse la chiamata.
Alla fine non c’era riuscita a calmarsi come avrebbe voluto. Poteva anche essere futile il motivo per cui si era arrabbiata, eppure non aveva potuto farne a meno: due anni di fidanzamento e non erano riusciti a farsi neanche un viaggetto, che fosse per un motivo o per un altro.
Non le piaceva ammetterlo, ma la colpa era quasi sempre di Richard: un anno non aveva abbastanza risparmi; l’anno prima aveva degli esami importantissimi a luglio e a settembre, non poteva partire e perdere tempo. Ora la laurea e il viaggio in Spagna.
Sbuffò sonoramente, mentre vedeva il pullman avvicinarsi alla sua fermata.
 
La lezione di filologia romanza non poteva essere più noiosa di così.
Ambra guardò per l’ennesima volta l’orario sul telefonino. Le 11.45. Mancava ancora un’ora buona per la fine della lezione.
Abbassò lo sguardo sul proprio quaderno degli appunti. La prima parte della pagina era scritta bene, più o meno ordinata, con le parole più importanti evidenziate di giallo. Dalla seconda metà della pagina, si trattava solo di qualche frase o parola qua e là.
Sbuffò silenziosamente. Già sapeva che, come ogni altro esame, avrebbe finito per studiare solo sui manuali.
Ma cosa vengo a fare a lezione?
Si stropicciò gli occhi per qualche istante, poi, cercando di fare meno rumore possibile, decise di raccogliere le proprie cose e levare le tende. Non stava più ascoltando le parole del professore, ormai era lì solo per fare presenza. E, tra sé e sé, pensò che si sarebbe spacciata per frequentante lo stesso.
Uscì dall’aula evitando accuratamente di incrociare lo sguardo del professore e chiuse la porta molto lentamente. Meno dava nell’occhio, meglio era.
Decise di fare una capatina in bagno, prima di tornare alla fermata del pullman e pensare ad una scusa da inventare con suo fratello sul fatto che fosse tornata prima dell’orario previsto. Per l’ennesima volta.
Entrò nei bagni femminili, prima di rendersi conto che aveva davanti cinque ragazze. Su una delle due porte dei bagni, c’era appeso un foglio con una scritta a penna: GUASTO.
Sbuffò dalle narici, prima di autoconvincersi che ce l’avrebbe fatta a resistere fino a casa.
Uscì dal bagno e fece per tirare dritto verso la porta d’uscita, quando si rese conto di una cosa: il corridoio era deserto. Il bagno dei maschi pure.
Diede una rapida occhiata in giro e constatò quello che aveva appena pensato. Non c’era un’anima in quel piccolo corridoio.
Si avvicinò piano al bagno dei maschi, come timorosa. Non sapeva neanche di cosa dovesse avere paura; inoltre, se fosse arrivato un ragazzo, poteva semplicemente dire la verità.
Pensò a come sarebbe stato soddisfatto suo fratello Giovanni nel sentirsi raccontare una scena del genere. Oppure l’avrebbe presa in giro a vita, chissà.
Scese i due gradini nel bagno dei maschi e bussò ad una delle porte. Nessuno rispose, per cui aprì lo zaino per prendere i fazzoletti.
Aveva appena tirato fuori il pacchetto finito a metà, quando un movimento alla sua sinistra, appena percepito con la coda dell’occhio, attirò la sua attenzione.
Si voltò verso sinistra e lo vide: un ragazzo, dai capelli rosso fuoco, un sacco di orecchini e gli occhi piccoli, dal taglio asiatico. Azzurri come il mare. Era bellissimo, ma c’era qualcosa che non andava e se ne rese conto osservando com’era vestito: una tuta verde scuro, che ricordava molto il verde militare, con un colletto molto pronunciato che lasciava intravedere una porzione di petto.
Quella porzione di pelle scoperta si intravedeva appena: su di essa, lo sconosciuto portava al collo una mascherina di pelle, con due fori laterali all’altezza del naso e dei lacci cuciti sul davanti, a coprire l’unico pezzo della mascherina aperto.
Ambra deglutì.
Sei una ragazza. Cosa ci fai in questo bagno?
La ragazza sbatté le palpebre più e più volte. Che lingua era? Cinese? Giapponese? Era un po’ razzista da dire, ma a lei gli asiatici sembravano più o meno tutti uguali. Un po’ come a tutti gli occidentali, a dirla tutta.
“Ehm…” fu solo in grado di dire.
Il ragazzo non attese una risposta, si limitò a ghignare – probabilmente aveva intuito benissimo che la ragazza non aveva capito una parola – prima di scroccarsi le dita delle mani.
Notò che aveva spostato lo sguardo dietro di lei.
Molto lentamente girò il viso nella direzione opposta. Un altro ragazzo, anch’esso dai lineamenti asiatici. Però era meno particolare dell’altro: occhi scuri, capelli nero corvino lasciati cadere morbidi, con qualche ciuffo sulla fronte, qualche orecchino. Vide un piercing al sopracciglio sinistro.
Era vestito quasi uguale a quell’altro, con una tuta verde scuro. Non aveva alcuna mascherina, sul petto infatti gli ricadeva una catenina d’argento. Ne aveva anche un’altra di catena, tenuta in vita quasi fosse una cintura e un polsino, sull’avambraccio destro.
Da dove diavolo erano usciti?
Non fece in tempo a formulare altri pensieri, perché un dolore lancinante all’altezza della nuca la destabilizzò improvvisamente. L’ultima cosa che vide, fu l’immagine sfuocata dello sconosciuto di fronte a lei che alzava il sopracciglio con il piercing.
 















 
Angolo Autrice
Sono tornata! E sono anche emozionata, perché questa storia la sto scrivendo da veramente tanti mesi (ho quindi un sacco di capitoli in cantiere), ci ho speso energie, un sacco di riscritture e blocchi incredibili. Ma finalmente è riuscita a prendere la forma che volevo, per cui ho pensato che fosse il caso di pubblicarla. 
Vi avverto che potranno esserci passaggi e intrecci più complicati da capire, ma il tutto verrà spiegato a suo tempo.
Questa sarà una long-fic, più lunga della mia ultima storia (per chi volesse leggerla, si chiama Blame on me) ed è palesemente ispirata a dei personaggi famosi esistenti. Ma io ho voluto renderli miei, adattandoli al contesto in cui li ho inseriti e modificando praticamente tutto. 
Niente, detto ciò spero vivamente che la storia vi possa piacere, farmelo sapere sarebbe veramente gradito.
Alla prossima.
 

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Capitolo 2
*** Importanze ***


Capitolo I: Importanze
© AleVillain
 










 
3 Aprile 2017 H 13.04
Ambra aprì gli occhi lentamente.
Non ricordava dove fosse, né come si fosse addormentata così improvvisamente. Percepiva solo che non era normale come cosa, non era giusto che lei si fosse addormentata. Era sicura di essere andata in università.
Si mise una mano sulla fronte. Pensa, Ambra, pensa.
Più pensava, però, più la sua mente la bloccava al ricordo del bagno dei maschi. Sì, ricordava di esserci entrata. E poi?
Strabuzzò gli occhi, ignorando il lieve bruciore che ciò le causò.
Gli asiatici, la botta in testa.
Si tirò su velocemente, rendendosi conto di non essere più in università. Questo le fece pensare che, probabilmente, non si era sognata nulla.
È sveglia
Qualcuno aveva parlato e di nuovo aveva usato una lingua sconosciuta.
Deglutì, dandosi una rapida occhiata attorno. Non riusciva a mettere bene a fuoco la stanza, la botta in testa doveva essere stata particolarmente forte.
Si rese conto di essere in una sottospecie di studio: era molto buio, c’erano giusto un paio di lampadine che penzolavano dal soffitto. Due scrivanie, distanti, poste una di fronte all’altra. Un orologio sul muro a sinistra.
Lei, invece, si trovava su un materasso, che sembrava buttato lì a caso in quella stanza.
Si passò due dita dietro la nuca. Strinse i denti per il dolore; le sarebbe sicuramente spuntato un ematoma.
“Ora smetto di parlare coreano, non ti preoccupare” disse un’altra voce, stavolta in italiano “Allora. Chi abbiamo qui?”
La ragazza alzò lo sguardo. Davanti a lei, in piedi, un terzo ragazzo asiatico, abbronzato. Viso pulito, labbra carnose, un paio di orecchini. Una tuta blu scuro, che lasciava intravedere una buonissima parte del petto – che, da quello che poté intuire lei, sembrava piuttosto scolpito. Eppure, continuava a sembrarle strano quel tipo di vestiario.
Non sapeva se fosse il caso di rispondere, ma fortunatamente ci pensò qualcun altro.
“Ambra Doria in persona”
Sentendosi nominare, la rossa corrugò le sopracciglia.
Lo sconosciuto, che aveva parlato per primo, se ne accorse.
“Bene Jeim” disse quest’ultimo “Direi che possiamo procedere con le domande” stavolta lo disse con un italiano un po’ meno preciso. Forse conosceva la lingua, ma non alla perfezione.
Lo vide, infatti, voltarsi verso qualcun altro e riapparve davanti a lei il ragazzo con il piercing al sopracciglio sinistro.
Ambra indietreggiò leggermente sul materasso. Cercò di calmarsi, ripetendosi mentalmente che a mali estremi poteva difendersi. Non sapeva difendersi, ma quantomeno poteva.
Il ragazzo cercò di porre un maggiore contatto, abbassandosi e accovacciandosi, con gli avambracci a penzoloni dalle ginocchia.
“Ambra Doria” disse lui “Nome e cognome sono veri?”
La rossa rimase colpita: a parte l’italiano che rasentava la perfezione, il ragazzo aveva un timbro vocale affascinante. Era un tono basso, caldo, come rassicurante. Non aveva mai sentito qualcuno con una voce del genere, prima di lui.
Il ragazzo piegò leggermente la testa e alzò il sopracciglio. Quello con il piercing.
Ambra annuì.
“Hai 21 anni”
Ambra deglutì, riuscendo finalmente a parlare debolmente:
“20. Non ho ancora fatto i 21”
Lo sconosciuto ignorò quell’appunto.
“Vivi a Milano, in una zona di periferia”
Ambra si trattenne dallo strabuzzare gli occhi. Sapevano anche quello?
“Sì… Sì”
“Sei italiana?”
Ambra annuì.
“Sei nata in Italia?”
Ambra boccheggiò qualche istante. Non sapeva come rispondere a quella domanda. No, non era nata in Italia. Non era nata in nessun’altra parte del mondo.
L’asiatico sembrò convincersi maggiormente con quella risposta.
“È lei. Ne sono abbastanza sicuro”
Ambra alzò lo sguardo, vedendolo rialzarsi. Si allontanò per qualche istante, lasciandola sola con il rosso, che a quanto pare si chiamava Jeim, e l’altro asiatico.
Il tizio con il piercing ritornò qualche secondo dopo, con in mano una lettera.
“Se ti dicessi che siamo dei cacciatori, tu a cosa pensi?”
Ambra sembrò darsi una risposta, finalmente, al loro strano outfit.
“Che… Che non andate a cacciare gli animali nei boschi”
Non voleva affatto risultare simpatica, anzi aveva cercato di far capire che scindeva perfettamente il concetto di cacciatore che si aveva nel mondo in cui viveva e quello che intendevano i tizi davanti a lei.
Il tizio fece uno strano ghigno, come soddisfatto.
“Ci è stata ricapitata questa lettera” proseguì il ragazzo, aprendo il foglio che era piegato in due “È scritta in italiano” e gliela porse.
La ragazza prese il foglio e incominciò a leggere:
 
 
 
Ti prego di non prendertela. Spunto così, dopo tanto, troppo tempo, per dirti che comincio a sentire la tua mancanza. Non abbiamo più avuto modo di stare insieme, non so neanche cosa stai facendo della tua vita, a Milano. Vorrei solo poterti riabbracciare.
Loro sanno. Loro capiranno. Loro ti aiuteranno. Non avere paura, te ne prego. Loro non sono come li descrivono.
Ambra. L’unica Ambra della mia vita.
SDTS
 

 
 
Ambra rimase completamente spiazzata. Non capiva, non sapeva minimamente chi fosse il mittente, non riusciva nemmeno a intuire con che ottica andasse letta quella lettera.
Fu solo dopo aver letto e riletto quelle righe che espose il dubbio principale che le stava solleticando la mente:
“Come fate a dare per scontato che io sia la Ambra che cercate?”
“Le domande le facciamo noi” disse subito Jeim.
Ambra si zittì.
Nonostante la minaccia velata di Jeim, il ragazzo con il piercing si prese la briga di rispondere:
“Perché abbiamo appurato che sei l’unico elemento che si chiama Ambra, a Milano. Non potevamo risalire al tuo cognome però, come tu ben sai”
Sì, sapeva bene. Sapeva che gli elementi non avevano cognome, si davano sempre nomi diversi e basta. Venivano riconosciuti in base al luogo e alla Regione di nascita.
Ma non era l’unica a sapere, a quanto pare: anche loro sapevano, forse anche troppo.
Deglutì nuovamente. Lei era un elemento che non aveva mai messo in pratica il proprio potere, loro erano tre cacciatori, quasi sicuramente attivi. Dire che era in netto svantaggio era un eufemismo.
“Chi è SDTS?” domandò il terzo asiatico, guardandola.
Ambra spostò gli occhi su di lui: “Non ne ho idea”
Jeim si mosse così rapidamente, che la ragazza se ne accorse a mala pena: estrasse la pistola dalla tasca della tuta e la puntò nella sua direzione.
“Non dire stronzate! Chi è SDTS?”
Ambra alzò le mani davanti a sé in automatico, senza riuscire a staccare gli occhi dall’arma. Non ne aveva mai vista una dal vivo, prima di quel momento.
“I-Io non lo so” farfugliò “Ve lo giuro!”
“Perché mentirci? Avanti! Chi è? Sono le iniziali del tuo fidanzato? Dei tuoi genitori?” sbraitò nuovamente Jeim.
“No, no, no!” continuava a ripetere Ambra, alzando il tono di voce e spostando lo sguardo dalla canna della pistola. Intravide il ragazzo con il piercing: la stava scrutando con un’espressione strana. Poteva dire che la stesse quasi studiando.
“Non penso ci stia mentendo” disse allora il ragazzo abbronzato, cercando di calmare Jeim “Però non sono ancora del tutto convinto”
“Su cosa?” domandò il ragazzo con il piercing, distogliendo lo sguardo da lei.
“Sul lasciarla andare. Potrebbe essere una trappola, non trovate?” cominciò a dire.
Ambra sentì di avere la bocca secca. Cosa significavano quelle parole? Che non sarebbe più tornata a casa?
Al solo pensiero, il panico cominciò a prendere il sopravvento. Si mise a pregare mentalmente che potesse tornare a casa viva.
“Cosa intendi?”
“Pensate se si trattasse di una gang di cacciatori rivali: magari la stanno usando, a sua insaputa, come esca per trovare il nostro nascondiglio”
Sia Jeim che l’altro corrugarono le sopracciglia. Non sembravano molto convinti di quella versione.
“Se no come spiegate il fatto che una lettera per lei sia stata indirizzata a noi?”
Ambra cominciava a non capirci più niente. L’unica cosa di cui era certa era che lei non c’entrava assolutamente niente in ‘sta storia.  
Si mosse piano sul materasso. L’intento era quello di tirare le gambe verso di sé, ma nel farlo si rese conto di un dettaglio di cui, stranamente, non si era ancora accorta: le caviglie erano legate da delle manette larghe e alte, nere. Continuò a fissare le caviglie, sentendo la paura crescere dentro di lei mentre gli occhi le cominciavano a pizzicare.
Non aveva mai avuto paura come in quel momento. Pensava solamente a quanto sarebbe stato bello essere a casa al sicuro con suo fratello, o tra le braccia di Richard…
Richard, cazzo!
Si era ricordata solo in quel momento che non era riuscita a contattare il ragazzo, anche se gli aveva promesso che lo avrebbe fatto una volta finita la lezione. In realtà, pensandoci bene, lei non lo aveva chiamato quando era uscita dall’aula solo perché erano passati all’incirca 40 minuti da quando il prof aveva cominciato a spiegare. E lei voleva fare una bella figura con lui, voleva far vedere che anche lei ci teneva all’università almeno quanto lui.
Per questo non lo aveva chiamato subito, aveva avuto in mente di farlo quando sarebbe passata all’incirca un’ora e mezza. Anche con Giovanni avrebbe trovato l’ennesima scusa sul fatto che fosse tornata a casa particolarmente presto.
Sapeva già che non poteva ricontattarli: era da quando si era svegliata che non sentiva il telefono nella solita tasca sinistra del giacchetto.
Tirò le gambe verso di sé, poggiando la fronte sulle ginocchia e lasciando scorrere le lacrime, silenziosamente.
Improvvisamente la rabbia per Richard era svanita. Non le importava della vacanza, non le importava di niente. Voleva solo tornare a casa.
 












 
Angolo Autrice
Capitolo molto semplice, introduttivo, da cui parte la reale storia. Dal prossimo in poi i capitoli si allungheranno, alcuni anche di un bel po', perché inzierà a succedere di tutto! Tornando a parlare di questo in particolare, posso dire che l'ho riletto più volte e dovrei aver corretto tutti gli errori grammaticali e non. 
Ringrazio le persone che hanno letto il primo capitolo e che, spero, leggeranno anche questo. 
Alla prossima.
 

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Capitolo 3
*** Presenze ***


Capitolo II: Presenze
© AleVillain
 








 
 3 Aprile 2017 H 16.31
Giovanni si era sempre reputato un ragazzo tranquillo. Amava le donne, i whisky, il calcio e dormire. Gli piaceva stare in casa, ma anche andarsi a sbronzare ogni tanto con gli amici, amici che non avrebbe mai e poi mai tradito. Così come non aveva mai tradito una sua qualsiasi fidanzata; le volte che si era divertito era successo da single.
Da quando aveva finito la scuola materna, inoltre, era entrato un altro elemento che aveva allargato la cerchia degli affetti di Giovanni: sua sorella
Con lei si era sempre comportato come un normalissimo fratello maggiore: da piccolo le aveva rubato dei giochi, gliene aveva distrutti altri, aveva fatto la spia con la mamma quando lei aveva combinato un danno, nonostante lei lo pregasse di stare zitto.
Ma aveva, anche, avuto sempre un occhio di riguardo nei suoi confronti. L’aveva sempre vista come vulnerabile, delicata, da proteggere. Sapeva bene che non era così, che non aveva necessariamente bisogno di avere una “guardia del corpo” e che era giusto che facesse le sue esperienze.
E poi, ormai, aveva 21 anni, non poteva vivere in una bolla per sempre. Doveva lasciarla andare.
Eppure, non aveva potuto che essere contento e sollevato allo stesso tempo quando lei gli aveva detto che avrebbe voluto rimanere a vivere con lui. Lasciare il nido dei genitori, ma seguire il fratello più grande. Così avrebbe potuto starle accanto ancora.
Ma quel giorno, qualcosa era andato storto: Ambra non si faceva sentire da ore, il telefono non era raggiungibile, la sua amica dell’università quel giorno (proprio quel giorno!) non era andata a lezione.
Si strofinò il viso con le mani, mentre sentiva per l’ennesima volta la voce preregistrata della segreteria che gli diceva che il cliente era momentaneamente non raggiungibile.
Non si sarebbe preoccupato così tanto se non avesse imparato, praticamente a memoria, gli orari delle lezioni della rossa.
Era sicuro che il mercoledì tornasse a casa circa per le 14.00. E Ambra era quel tipo di ragazza che, se ritardava, avvisava. Sempre. In questo si doveva complimentare solo ed esclusivamente con lei stessa, perché nessuno in quella famiglia era così meticoloso, era proprio una caratteristica di Ambra.
Certo, c’era da dire che era meticolosa solo in questo. La ragazza era disordinata come pochi, maldestra e non sapeva cucinare niente che andasse aldilà della semplice sopravvivenza.
Ecco, stava ricominciando a pensare a quanto fossero belli i difetti di sua sorella.
Sbuffò sonoramente, osservando il suo telefono poggiato sul tavolo. Si sedette sul divano di fronte al tavolino e poggiò i gomiti sulle ginocchia, in attesa di avere una qualche illuminazione sul da farsi.
Non riusciva a non pensare che doveva esserle capitato qualcosa. Anche il suo ragazzo, Richard, lo aveva cercato per chiedere di lei: visto che non si era fatta più sentire, aveva semplicemente pensato che fosse tornata a casa ignorandolo volutamente, forse ancora arrabbiata per la lite.
Ambra, però, a casa non ci era mai tornata. Fu questo, infatti, che Giovanni disse a Richard una volta che quest’ultimo gli ebbe spiegato la situazione.
“Davvero?” aveva domandato il ragazzo “Non è che la stai coprendo e semplicemente non vuole sentirmi?”
Giovanni si era bloccato sul posto. “Perché dovrei mentirti?”
“No, sai, abbiamo avuto un piccolo diverbio oggi… Non vorrei che se la fosse presa troppo” aveva spiegato vagamente.
“Avete litigato?”
Così si era fatto spiegare cos’era successo quella mattina mentre la rossa stava andando alla solita lezione delle 11:00 del mercoledì.
Non era successo nulla, però, che potesse far trapelare un coinvolgimento di Richard. Inoltre, sapeva che in quel periodo era sempre in ballo tra burocrazia e colloqui con i professori, era già tanto se riuscivano a vedersi in quel mese.
Quel giorno, infatti, era stato all’ufficio postale per il pagamento del titolo (Ti laurei e devi pure pagare… Bah! Pensò Giovanni) e dopodiché era stato a pranzo lontano dall’università di Ambra.
Insomma, in quelle ultime ore non era arrivato a capo di niente.
C’era solo una persona che non aveva ancora contattato, a cui in realtà aveva già pensato. Non sapeva, però, se poteva rivelarsi utile, visto e considerato che questa persona e sua sorella non si parlavano più.
Prese il telefono in mano e cercò in rubrica il numero.
Attese con agitazione, mentre il telefono squillava libero.
 
 
 
***
 
 
Qualcuno le aveva lanciato un involucro sul materasso.
Ambra lo osservò, prima di alzare lo sguardo. Il tizio con il piercing al sopracciglio.
“Sei un elemento, però hai un cognome. È un po’ contradditoria come cosa, no?”
Ambra non rispose. Allungò la mano verso quell’involucro e lo aprì lentamente.
C’era un panino. Dall’odore poteva sentire il prosciutto. Era già l’ora di cena? Ormai neanche si stava rendendo più conto di quanto tempo fosse passato da quando si era risvegliata lì.
“Sei stata adottata?” domandò ancora il cacciatore.
Ambra scartò il panino quasi del tutto.
“Sì” rispose laconica. Non aveva intenzione di dare ulteriori spiegazioni, continuando a rimirare quella che doveva essere la sua cena. Lo annusò rapidamente; sembrava a posto.
Per sicurezza, staccò un pezzo di panino e cercò con lo sguardo il tipo, che stava già facendo retro-front.
“Tu, ehm… Aspetta” mormorò.
Il ragazzo si voltò verso di lei. Quest’ultima allungò il pezzo di panino che aveva staccato.
“Voglio essere sicura che non sia avvelenato” spiegò.
Il coreano alzò il sopracciglio – sempre quello con il piercing. Prese dalle sue dita il pezzo di panino e se lo mise in bocca.
Lo masticò e ingoiò tutto, davanti a lei.
“Un po’ freddo” commentò poi “Mi chiamo I.V, comunque”
Ambra annuì appena, più rincuorata di prima e poté finalmente addentare il panino. Almeno non sarebbe morta così rapidamente.
I.V si allontanò da lei per raggiungere il tavolo attorno al quale si erano riuniti tutti e cinque al completo.
“Allora siamo sicuri che sia lei?” domandò Hoseok, mentre si stappava una birra e appoggiava i piedi su una sedia libera di fianco a sé.
Yunho annuì. “Io sono ancora dell’idea che potrebbe essere una trappola, però”
Hoseok fece un verso di disapprovazione, prima di prendere un generoso sorso.
“Comunque sì, è lei” disse I.V, mentre si risedeva al suo posto “Mi ha appena detto che è stata adottata, per questo ha un cognome. E ciò alimenta la tesi che sia un elemento”
“Quindi è scappata dal Mondo degli Elementi?” domandò stranito Hoseok, giocherellando con un ciuffo dei suoi capelli neri.
“No, non penso” rispose l’altro “Siccome mi sono occupato io di cercarla, ho avuto modo di studiarla un po’, una volta trovata. E sapete che vi dico? Secondo me non ha mai usato il suo potere in vita sua”
“Possibile?” domandò Jeim, mentre gettava un’occhiata veloce alla rossa, che stava mangiando con lentezza il suo panino.
“Non la vedo sul pezzo” continuò I.V, sistemandosi più comodo sulla sedia “Non ha abbastanza forza, da quello che ho potuto constatare, e per di più non ha mai tentato di usare il suo potere, qualunque esso sia”
“Dovresti saperlo che per gli elementi è vietato usarlo in questo Mondo” intervenne Yunho “Possono solo nei casi estremi”
I.V annuì. “Ma sai anche che molti se ne fregano delle regole. E sono troppi gli elementi che sono venuti a vivere qui, in questo Mondo. Il governo non può controllarli uno per uno”
Yunho sospirò, ragionando sul da farsi. Non sembrava convinto in toto, ma lasciò perdere quel discorso.
“Per quanto l’hai osservata?” domandò poi.
I.V strinse gli occhi, facendo un rapido calcolo mentale. “Poco più di una settimana”
“Non sei riuscito a capire che potere potrebbe avere?”
I.V scosse la testa. “Per esclusione direi acqua o aria. Chi controlla il fuoco è generalmente più irascibile e ribelle” e gettò uno sguardo in direzione di Jeim. Quest’ultimo fece finta di non vederlo. Il suo carattere difficile faceva esclusivamente parte della sua natura, non era per via del suo potere del fuoco. Non solo.
“Terra? No?”
“No, si fanno assoggettare molto facilmente. Lei non sarà tanto combattiva, ma è impulsiva. L’ho vista come si è arrabbiata con il suo ragazzo. Almeno, penso che fosse il suo ragazzo”
Hoseok finì di bere la sua birra. Aprì il palmo della mano e fece fluttuare la bottiglia, per qualche secondo, per poi scagliarla con forza in uno dei cassonetti posti sul fondo.
Ambra trasalì a quella scena, mentre Hoseok ghignò soddisfatto, nella sua direzione.
I.V alzò un sopracciglio. “Visto?”
Hoseok annuì. “Sì, concordo. Evidentemente fa parte di questo mondo da troppo tempo e non è abituata a vedere o usare i poteri”
Yunho si ripulì le labbra con un tovagliolo. “Dobbiamo decidere cosa fare, dunque. Won Hu, tu che ne pensi?”
Il ragazzo in questione smise di piegare e lisciare il tovagliolo sul tavolo, posando molto delicatamente di fianco al piatto. Spostò con un colpo del capo alcuni ciuffi biondi che ricadevano sulla fronte. Alzò lo sguardo su Yunho, a capotavola dall’altro lato rispetto al suo.
“Potremmo monitorarla per un po’” disse, con voce melliflua come suo solito, muovendo piando le labbra carnose “Per vedere se ci porta a qualcosa di interessante”
“Secondo me è inutile” borbottò Jeim “Sia tutto questo, sia lei”
“Non vuoi scoprire perché una lettera per lei è finita qui da noi?” continuò Won Hu con calma, spostando gli occhi azzurri da Yunho a Jeim.
Quest’ultimo si appoggiò allo schienale della sedia, si mise in bocca uno stuzzicadenti e incrociò le braccia al petto.
“Ci racconti di nuovo come hai fatto a trovarla?” Won Hu si rivolse a I.V
Quest’ultimo sbuffò appena. “Ve l’ho già detto: ho ridotto la ricerca alla zona di Milano, compresa la periferia. Qualche minaccia alle guardie del comune, qualche occhiata più ammiccante alle segretarie e sono riuscito a mettere mano agli archivi dell’anagrafe di Milano. Ci sono tante donne o ragazze che si chiamano Ambra, ma la sua cartella” e indicò con un cenno del capo la rossa “Sembrava essere stata manomessa. Il cognome era stato aggiunto dopo, così come il luogo di nascita. Era proprio appiccicato sopra, come se prima facesse parte di un altro foglio”
“Perché in teoria non ha un cognome… Così come non è nata qui” concluse Yunho.
I.V annuì. “Quando l’ho trovata, mi è bastato osservarla per un po’. E ho scoperto che vive a Milano, ma penso da poco. Avete visto anche voi che nei documenti risulta residente fuori dalla città di Milano, no?”
Tutti annuirono. Won Hu riprese parola: “Probabilmente quello doveva essere l’indirizzo dei suoi genitori”
“Genitori adottivi” specificò I.V.
Yunho si fece pensieroso. “Perciò non si sa come è finita in questo Mondo?”
I.V negò con il capo.
Yunho raddrizzò la schiena.
“Allora dobbiamo fare delle ricerche riguardo ciò. Jeim, voglio che ti occupi di parlare con le gang di cacciatori che vivono qui, insieme ad Hoseok. Ho intenzione di lasciarla andare entro stasera, ma voglio vedere se c’è lo zampino di qualcuno. Tu, Won Hu, rimarrai con me per pianificare come muoverci d’ora in avanti”
“Sì, capo” rispose a voce bassa Won Hu, mentre poggiava un gomito sul tavolo e posava con molta delicatezza il mento sulla mano, osservando Yunho parlare.
Jeim e Hoseok si scambiarono uno sguardo, poco convinti. Li stava praticamente mandando al macello.
“I.V, tu sai dove abita. Voglio che continui a tenerla d’occhio” proseguì “Non mi piace quella ragazza. Secondo me sta evitando accuratamente di dirci qualcosa”
I.V annuì appena, mentre spostava lo sguardo sulla ragazza. Ma perché proprio a lui toccava fare il babysitter?



 
***



Ambra strabuzzò gli occhi e fece per allontanarsi quando sentì qualcuno armeggiare ai suoi piedi. Cercò di strattonarsi da lui, ma Jeim le prese con forza una caviglia. La sua mano scottava, segno che probabilmente aveva usato il potere poco prima.
“Ti sto liberando, cretina” disse, guardandola negli occhi, poco prima di liberarla dalle catene.
Ambra deglutì, sentendo le caviglie essersi liberate da un peso. Jeim la prese malamente per un braccio e la fece alzare, spostandola dal materasso. Quante ore era stata seduta?
Si avvicinò anche un altro ragazzo, biondo, che aveva intravisto al tavolo con gli altri, ma non sapeva chi fosse, però le pareva di aver sentito che lo chiamassero Won Hu. Le allungò una borsa ripiena di qualcosa, che poi scoprì essere ghiaccio.
“Mettitelo dietro la testa” disse, con voce molto tranquilla e delicata.
Jeim si affiancò a lui “Vedi di non far trapelare a nessuno che ti abbiamo colpita in testa”
Abbiamo. Ambra si trattenne dal ribattere che in realtà era stato solo lui a colpirla. Però, per lo meno aveva capito come mai avevano deciso di ‘curarla’.
Jeim e il biondo le fecero strada, portandola fuori dalla struttura. Si rese conto che si trovavano in mezzo al nulla. C’era solo quel capannone ed erano circondati da campi.
C’era un sentiero ghiaioso che portava lontano, ma non si intravedeva un minimo di civiltà, nemmeno a chilometri di distanza. Sperò con tutta sé stessa che non la mandassero indietro da sola.
Jeim tirò fuori dalla tasca qualcosa.
“È una copia della lettera” le spiegò “Vedi di spremere le meningi e farti venire in mente qualcosa su questo SDTS”
Ambra la prese timorosa, prima di aprirla nuovamente, dandole una lettura veloce per la terza volta. Continuava a non avere idea di chi fosse.
“Adesso I.V ti riporterà a casa tua. Con il tuo ragazzo sarai bravissima ad inventarti una scusa sul perché sei sparita, vero?”
Ambra si astenne dal rispondere, avendo capito perfettamente l’antifona. Non doveva dire niente a nessuno.
“Posso… Ehm, posso riavere il telefono?” tentò, evitando di guardare negli occhi il rosso.
Jeim la guardò per qualche istante, senza rispondere e rientrando nel capannone.
“Sali in macchina, Ambra”
Era la prima volta che uno dei tizi la chiamava per nome, ed era stato il biondo sconosciuto. Aveva una voce melliflua, non dava per niente l’aria di essere un gangster o qualcosa del genere.
Ambra si voltò dietro di sé, mentre teneva ancora la borsa del ghiaccio dietro la nuca. Vide una macchina grigia senza targa avvicinarsi. I.V scese dal posto del guidatore, con in mano un nastro nero e una targa - appunto. Quest’ultima l’attaccò alla bell’è meglio sulla parte dietro della macchina. Poi si girò verso di lei. Ambra aveva già intuito cosa stava per succedere.
I.V, di fatti, le si avvicinò con la benda in mano.
“Non puoi conoscere dove viviamo, perciò…” lasciò la frase in sospeso, alzando un sopracciglio.
La ragazza tolse la borsa del ghiaccio dalla nuca e la passò al biondo, che la ringraziò. Fossero tutti come lui, si ritrovò a pensare.
Ambra superò I.V e si sedette al posto del passeggero. Si legò il nastro sugli occhi, poco prima di sentire I.V prendere posto e mettere in moto.
Il viaggio era stato silenzioso per tutto il tempo. Si sentivano appena i loro respiri, l’unico rumore chiaro erano le marce cambiate da I.V e il rumore del motore. Avevano viaggiato per un bel po’, almeno una mezz’oretta buona, e ad Ambra era parso un percorso infinito e tortuoso. Aveva sentito un sacco di buche e curve strette. Non aveva la più pallida idea di che zona si trattasse.
Fu solo quando sentì la voce del ragazzo alla sua sinistra che le diceva di togliersi la benda, che realizzò che erano arrivati. La rossa strizzò gli occhi un paio di volte, per riabituarsi alla luce. Non era forte, però, per cui Ambra constatò che era ormai quasi sera.
Ambra si slacciò subito la cintura e fece per aprire la portiera, ma si bloccò un istante.
“Non mi avete ridato il telefono” constatò, voltandosi verso I.V.
Quest’ultimo mise la mano nella tasca dei pantaloni e glielo allungò.
“Se trovi qualcosa fuori posto è colpa di Hoseok” disse I.V, dando per scontato che Ambra sapesse chi fosse “Lo ha controllato per vedere se eri pulita”
Ambra lo afferrò e aprì la portiera.
“C’è una Selene (Due) T. nella tua rubrica” continuò lui “SDTS. Chi è?”
Ambra si girò a guardarlo per qualche secondo. Lo sguardo profondo di I.V e il suo timbro vocale la stavano mettendo in soggezione.
“Grazie per il telefono” rispose lei, uscendo definitivamente dalla macchina e chiudendo sonoramente la portiera.
Si avvicinò a passo di carica verso il cancello e citofonò.
I.V la osservò entrare nel portone di casa e, subito dopo, guardò nello specchietto retrovisore. Lo zaino della ragazza era ancora lì sul sedile posteriore.
Ghignò tra sé e sé. Il piano di Yunho di far leva solo sul telefonino della ragazza aveva funzionato. Potevano ancora sfruttare i suoi documenti.
 
 












 
Angolo Autrice
Puntualissima ogni sabato. Spero di riuscire a mantenere fisso questo aggiornamento settimanale. 
Allora, devo dire che sono molto contenta che le visite siano decisamente aumentate dal capitolo 2, quindi spero davvero che la storia vi stia piacendo. Anche perché stiamo entrando sempre di più nel vivo della storia. Ambra sarà sempre piuttosto scombussolata!
Nel frattempo, vi mando un bacione e alla prossima.
 
 

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Capitolo 4
*** Quando capirsi è difficile ***


Capitolo III: Quando capirsi è difficile
© AleVillain
 





 
Giovanni aprì la finestra della camera di Ambra.
“Alzati” disse laconico, prima di uscire a passo di marcia dalla stanza.
Ambra rimase sdraiata nel letto, a rimirare il soffitto. Era passato solo qualche giorno da quella volta in cui era successo quel casino. Non sapeva nemmeno lei come definirlo. Il problema era che, ovviamente, per paura delle conseguenze, non aveva spiccicato parola con suo fratello di quanto successo. Sapere che i coreani erano a conoscenza della sua ubicazione e della sua storia, l’aveva fatta preoccupare e non voleva assolutamente mettere in pericolo Giovanni.
Solo che, non dicendo niente, Giovanni si era arrabbiato parecchio. In sostanza, non le parlava da giorni. Lo faceva solo se strettamente necessario, altrimenti la evitava in pieno. Questo perché Ambra non aveva saputo elaborare una scusa buona. L’unica cosa che era riuscito a dirgli era stata che il telefono si era spento e che aveva passato la giornata in università.
Ma, ovviamente, Giovanni non le aveva minimamente creduto. Potevano anche non essere fratelli di sangue, ma la conosceva come le sue tasche. Più che altro si sentiva offeso per il fatto di non volergliene parlare. Ma come poteva dirgli la verità, senza rischiare di metterlo in pericolo?
Ambra sospirò, decidendo di alzarsi dal letto. Guardò l’orario sulla sveglia: 08.02
Aveva deciso che quella mattina sarebbe tornata ad uscire, cosa che non faceva da quando era tornata a casa quel giorno. E stavolta a lezione ci sarebbe andata e rimasta. Se c’era una cosa che aveva imparato da quella esperienza, era che saltare le lezioni o uscire prima portava solo guai.
Quel giorno aveva anche deciso di vedersi con Richard. A lui aveva intenzione di dire una mezza verità, se ci fosse riuscita. Sì, perché la paura dei cacciatori non sarebbe di sicuro svanita dalla mattina al pomeriggio.
La scelta del perché aveva deciso a lui di dire qualcosa in più era che, innanzitutto, i cacciatori sembravano non conoscere chi fosse, sapevano solo che lei aveva un fidanzato. Secondo, i grandi sensi di colpa nei suoi confronti. Se da quel casolare non fosse uscita viva, l’ultimo ricordo che avevano insieme era una discussione al telefono sul fatto che non riuscissero ad andare in vacanza.
Il giorno prima aveva anche preparato dei biscotti alle mandorle. Sapeva che erano il suo gusto preferito, così ne aveva impacchettato qualcuno da portargli. Gli altri li aveva fatti per Giovanni, ma non era servito a nulla. L’unica cosa che si era sentita dire dopo aver fatto i biscotti, era che voleva la cucina pulita entro l’ora di cena.
Optò per una doccia veloce, per tentare di scacciare via i brutti pensieri, e si diresse in cucina per la colazione. Mangiò un paio dei suoi biscotti e prese un caffè. Dopo si diresse in camera per preparare lo zaino.
“Hai visto il mio zaino?” urlò al fratello, che aveva appena preso le chiavi di casa ed era intento ad uscire per il suo turno di lavoro “Quello viola, dico”
“No” rispose lui, conciso.
“Dai, davvero” continuò lei a voce alta, con tono più lamentoso “Non lo trovo”
Stava guardando ovunque: sotto il letto, di fianco all’armadio, in mezzo alla sua pila di vestiti sulla sedia.
“Non l’ho visto” rispose lui, nuovamente, mentre girava le chiavi nella toppa “E comunque quando lunedì sei tornata a casa non lo avevi” uscì di casa e chiuse la porta con un tonfo sordo.
Ambra si bloccò sul posto e strabuzzò gli occhi, voltandosi piano verso la porta della sua camera. “COSA?”
 
 
***


“Vaffanculo” disse sottovoce, mentre vedeva il semaforo diventare rosso nonostante la corsa che aveva fatto.
Era tutto il giorno che imprecava e per il momento non aveva intenzione di finirla lì.
Non ne stava andando bene una. Per di più, pur di poter girare in città indisturbata, aveva recuperato la sua vecchia carta d’identità, scaduta. Ma prima o poi sarebbe andata a denunciarne la ‘perdita’, anche perché non aveva la più pallida idea di come rintracciare quei tipi e di certo non voleva stare ad aspettare loro.
Si grattò furiosamente la testa. Fece un respiro profondo e cercò di darsi una calmata. Almeno con Richard voleva cercare di non arrabbiarsi.
Riuscì finalmente ad attraversare la strada. Richard era già in piazza, seduto su una panchina. Gambe divaricate e gomiti poggiati sulle ginocchia.
Ambra gli si avvicinò e gli rivolse un sorriso. Era il primo vero sorriso che riusciva a fare dopo qualche giorno di buio.
Richard alzò gli occhi e si mise in piedi. Ambra gli corse incontro e lo abbracciò stretto, prima di stampargli dei baci sulle labbra.
“Dio, Ambra” disse lui, dopo averle dato un altro bacio “Non sai quanto mi ero preoccupato”
Ambra lo strinse ancora più forte.
“Mi spieghi che diavolo è successo?” domandò lui, allentando un po’ la presa per guardarla meglio in viso.
La ragazza sospirò appena.
“È complicata la questione…” cominciò “Però se ti va, andiamo in un bar e parliamo”
Avevano scelto un bar particolarmente frequentato. Ma la scelta non era stata casuale. Ambra aveva voluto un posto in cui poter parlare comodamente, ma senza essere sentiti. Per questo un bar pieno di gente era l’ideale: troppo casino perché la gente capisse cosa si stessero dicendo.
“Questi sono per te”
Ambra poggiò sul tavolino un piccolo sacchetto, precisamente di fronte al suo caffè. Richard lo prese e tirò fuori dei biscotti tondi, dal colorito chiaro ma invitante.
“Li hai fatti tu?” domandò curioso, annusandoli poi “E sono alle mandorle?”
Ambra annuì sorridente.
Richard si alzò, fece il giro del tavolo e le diede un bacio sulle labbra. “Grazie” sussurrò.
Ambra si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, continuando a sorridere.
“Dunque” disse lui, dopo aver assaggiato uno dei suoi biscotti e aver mangiato con gusto – cosa che riempì la rossa di gioia “Dimmi tutto”
Ambra sospirò, sfumando lentamente il sorriso in un’espressione seria.
“Non cominciare ad alzare gli occhi al cielo appena te lo dico, per favore” disse Ambra, dopo aver ricevuto il suo caffè e avervi versato una bustina di zucchero.
Richard annuì vagamente. Era troppo curioso di sapere cosa le fosse successo, anche perché nei giorni prima non gli aveva accennato nulla.
“C’entrano le mie origini” cominciò Ambra “E diciamo che… Richard” sospirò il suo nome, non appena lo vide alzare un sopracciglio.
“Ti ho chiesto per favore”
“Non ho detto nulla, Ambra” ribatté subito lui, alzando una mano, mentre con l’altra girava il suo caffè amaro.
“Sì, ma hai alzato un sopracciglio” disse lei “Lo so che fai fatica a pensare che non ti stia mentendo, quando parlo delle mie origini. Ma per una volta ti chiedo di farlo”
Richard smise di girare il suo caffè, distogliendo lo sguardo da lei. Ne bevette un sorso e poi poggiò la tazzina sul piatto.
“Va bene. Ti chiedo scusa”
Ambra annuì, accennando un sorriso. “Dicevo… Ho incontrato dei cacciatori”
“Quelli cattivi?” ridacchiò Richard, ripassando mentalmente quello che tempo addietro le aveva raccontato.
Da quello che era riuscito a carpire, secondo Ambra c’erano altri due mondi. Quello degli elementi, in cui le persone controllavano i quattro elementi naturali (il mondo da cui lei sosteneva di provenire) e uno chiamato dei “cacciatori”. Discendenti di antichi nemici degli elementi. Oggigiorno vivevano in due mondi separati, ma in pace.
“Sì, diciamo che anticamente erano i nemici degli elementi” rispiegò lei “Però ti ho anche detto che le cose ormai si sono sistemate. Il punto è che quelli che ho incontrato sono una… gang, credo”
Richard continuava ad osservarla, senza proferire parola come lei aveva chiesto.
“E insomma, pensano che io sia in combutta con un’altra gang che è loro rivale, ma non ho capito perché. Forse vivono nascosti e non vogliono farsi trovare”
“E come fanno a dire che c’entri tu?” la interruppe Richard.
Ambra si bloccò. Non aveva pensato a come dirgli questa cosa. Non voleva coinvolgerlo più di tanto, perciò raccontargli una mezza verità pensava sarebbe stata la soluzione ideale. Ma non aveva contato quel dettaglio.
Imbastì velocemente una scusa: “Ehm… Diciamo che risulto essere l’unico elemento qui a Milano” mentì.
Richard alzò un sopracciglio. Prese un altro sorso di caffè, finendolo.
“E dove ti hanno portato?” domandò.
Ambra non diede a vedere il piccolo sospiro di sollievo. A quel punto poteva non mentire più.
“Non lo so. Un attimo prima ero in università, un attimo dopo ero in questa… rimessa, questo casolare. In mezzo al nulla!”
“E non sai dov’è” concluse per lei il giovane.
“No, perché poi per riportarmi a casa mi hanno bendato per tutto il tragitto in auto” spiegò.
Richard si sistemò meglio sulla sedia. “Pensavo ti avessero riportato a casa volando”
Ambra corrugò le sopracciglia. “Ti ho chiesto per fav-“
“Sì, lo so. Ma non mi hai mai dato nessuna prova, nessuna. Ho solo la tua parola. Per carità, io di te mi fido ciecamente, ma su questa tua storia del passato sono ancora scettico. Che ti costa far svolazzare un fazzoletto per farmi vedere che non menti?”
Lo disse e nel mentre aveva estratto uno dei tovagliolini di carta posti sul tavolo, sventolandoglielo davanti agli occhi per qualche secondo.
Ambra spiegò che non poteva perché era vietato per legge. Ma si astenne ampiamente dal dire che, il motivo, era anche che lei non sapeva proprio come usare il suo potere. Non lo aveva mai praticato in vita sua.
“Lo so che tu mi prendi per pazza” disse la rossa ad un tratto “Ma ti assicuro che io ti sto dicendo la verità”
Richard si allungò sul tavolo, poggiandoci i gomiti. Le prese le mani tra le sue.
“Piccola… Non pensare che io metta in dubbio la tua sanità mentale” ridacchiò appena mentre lo diceva “Ma non mi sai dare delle prove. E nessun altro mi ha mai detto qualcosa del genere”
“Perché non provi a chiedere a mio fratello?”
“Tempo fa mi hai detto che sei stata adottata, perciò tuo fratello è… normale” mormorò Richard, incespicando sull’ultima parola. Non voleva comunque offenderla.
“Ma che motivo avrebbe di mentirti?” domandò di nuovo lei, sospirando appena e guardandolo con sguardo implorante.
“Beh… Per dar corda alla sua unica sorellina?” tentò lui, piegando appena il capo.
Ambra lasciò la presa delle sue mani e si massaggiò vagamente le tempie. Lo sapeva. Doveva aspettarselo. Conosceva Richard e il suo scetticismo. Avrebbe dovuto fare come con Giovanni. Mentire spudoratamente e chiuderla lì.
Inoltre, vista la situazione che si era creata in casa, non poteva neanche contare sull’appoggio del fratello. Era già tanto se non le aveva tolto il saluto.
Ambra stava per rispondere alla provocazione, quando un cameriere si avvicinò al tavolo per interromperli.
“Vi chiedo scusa, ma sono costretto a farvi alzare. C’è tanta gente che sta aspettando un tavolino libero” sorrise a entrambi “Vi aspetto in cassa per il pagamento”
Entrambi annuirono e ringraziarono il cameriere e si alzarono.
“Offro io, non ti preoccupare” disse Richard, mentre sistemava la sedia.
“Ma no, figurati” ribatté lei, mentre tirava fuori dalla tasca le monetine. Anche questo era un problema: non aveva il portafoglio e nemmeno un portamonete. Si era portata qualche spiccio giusto per non girare senza soldi, ma li aveva rifilati tutti nella tasca del giacchetto.
Riuscì a tirare fuori dei centesimi e a poggiarli sul tavolo. Li contò velocemente, costatando che ne mancavano una decina per arrivare all’euro pieno.
“Ambra…” disse Richard, ridendo ancora e cercando di bloccarla. La rossa non demorse.
Si accorse che non riusciva a tirare fuori il resto delle monete perché c’era qualcosa che bloccava la tasca. Si ricordò in quel momento della copia della lettera che Jeim le aveva passato. La tirò fuori dalla tasca, ancora piegata in quattro, e la mise sul tavolo.
Riuscì a prendere anche il resto delle monete che le servivano.
“Cos’è?” fece Richard, allungando la mano e prendendo la lettera. La aprì senza pensarci, incuriosito.
“Niente” rispose di getto Ambra, letteralmente strappandogliela dalla mano.
Richard alzò le mani. “Va bene, scusa. Iniziano ad esserci dei segreti tra di noi?”
Ambra deglutì. “Magari ti sto preparando un regalo e questo sarebbe un indizio. Tu che ne sai?”
Richard strinse le labbra e le diede le spalle, dicendole che andava a pagare.
E no, con tutta la fatica che aveva fatto per tirare fuori i soldi, non avrebbe lasciato che le pagasse il caffè.
Si appuntò mentalmente di far sparire quella lettera. Magari se la sarebbe imparata a memoria, di modo da non dimenticarla ma non averla più in giro. Rischiava di finire in mani sbagliate. E per quanto a Richard potesse voler un bene dell’anima, sentiva che lui poteva essere una di quelle persone sbagliate.
Perciò, quando era ritornata a casa dopo quell’uscita, aveva optato per la soluzione più classica per eliminare delle lettere: bruciarla.
Purtroppo, non aveva il potere del fuoco, altrimenti si sarebbe divertita; ma aveva un fratello che, lo sapeva, ogni tanto fumava. Gli aveva scoperto delle sigarette quando, una volta, aveva indossato una sua felpa.
Di nascosto, mentre suo fratello cucinava, si era avvicinata all’appendiabiti e, dalla tasca sinistra del giubbotto di Giovanni, aveva tirato fuori l’accendino.
Si era diretta in bagno e aveva cominciato a bruciarla. Ed è stato in quel momento che realizzò che, purtroppo, la storia non sarebbe finita così presto come sperava. Nonostante fossero minuti interi che stesse dando fuoco alla carta, questa non si stava minimamente incenerendo. Era ancora esattamente come nuova, intonsa. Eppure sembrava in tutto e per tutto un normalissimo foglio di carta, anche al tatto non aveva nulla di strano.
Fece un’ultima prova, mettendola sotto l’acqua. Ma la carta non si stava bagnando, neanche un po’. Sembrava impermeabile.
Le venne in mente un’unica possibile soluzione: quella lettera non proveniva dal mondo in cui si trovava.

 
 












 
Angolo Autrice
Per quanto sia piuttosto tranquillo, questo capitolo lo trovo davvero utile per comprendere le persone principali che ruotano intorno alla vita di Ambra. Due ragazzi, due umani, ma con pensieri diversi tra loro e modi diversi di reagire. Sarà importante soprattutto per gli avvenimenti futuri.
Ringrazio chi sta leggendo i capitoli, chi sta seguendo la storia e chi ha già recensito per volte.
Mando a tutti un grande abbraccio!
 
 
 

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Capitolo 5
*** Nel quotidiano ***


Capitolo IV: Nel quotidiano





 
I.V l’aveva osservata praticamente tutto il tempo. Aveva fatto esattamente come gli aveva chiesto Yunho e così le era stato dietro da quando erano usciti dal casolare quella sera.
Era stato bravissimo a non farsi mai vedere, ma era anche un po’ la sua specialità. Riusciva a passare in osservato, ma a non farsi sfuggire alcun dettaglio. Da quando era in quel mondo, inoltre, se si mescolava con la gente cercava di vestirsi il più ‘normale’ possibile. Aveva preso spunto dai diversi ragazzi che aveva incrociato più volte e aveva provato a ricreare uno stile simile.
C’era da dire, però, che Ambra non era troppo attenta a cosa succedeva intorno a lei. Quindi, nel complesso, I.V non doveva impegnarsi troppo per riuscire a tenerla d’occhio senza farsi beccare.
Ambra camminava sempre con passo piuttosto spedito, ma era perennemente persa nei suoi pensieri. Più volte aveva preso in pieno delle buche, si era scontrata con delle persone, aveva fatto cadere ciò che aveva in mano. Insomma, doveva già occuparsi di sé stessa, non aveva tempo per far caso anche a cosa le succedeva intorno.
I.V sbadigliò, stiracchiandosi appena. Era appostato davanti al muro di un palazzo da diversi minuti. Davanti a lui, il bar in cui erano seduti Ambra – di cui vedeva le spalle – e Richard, di fronte a lei. Non sapeva di cosa stessero parlando, ma non aveva nemmeno troppa voglia di sentire i loro discorsi. La prima parte del tempo l’avevano passata a baciarsi, e lui aveva dovuto far leva su tutta la sua tenacia per non abbandonarli lì e andare a vomitare.
Mise le mani nelle tasche dei jeans scuri e poggiò la nuca sul muro dietro di sé. Si stava annoiando a morte. I giorni di Ambra erano vuoti e inutili, da quando l’aveva riportata a casa. Durante tutta la prima settimana di osservazione, la ragazza aveva girato più e più volte. I.V aveva quasi faticato a starle dietro.
Quegli ultimi giorni, invece, non aveva fatto assolutamente nulla. Non si era mossa di casa e lui era ritornato al casolare sempre prima del solito.
Solo quel giorno aveva deciso di uscire, prima la mattina per andare in università, poi il pomeriggio per uscire con il fidanzato.
Aveva deciso di ignorare cosa si stessero dicendo, semplicemente perché li aveva visti sorridersi a vicenda più e più volte, perciò ipotizzò che fossero i soliti discorsi sdolcinati.
Si insospettì però, quando, dopo essersi alzati entrambi, Ambra aveva poggiato sul tavolo un foglio spiegazzato. I.V si staccò dal muro alle sue spalle, per fare qualche passo in avanti e cercare di capire di cosa si trattasse.
Essendo un cacciatore aveva una vista nettamente superiore alla media, ma finché il foglio rimaneva piegato non poteva di certo sapere cosa ci fosse scritto.
Vide ad un tratto Richard prenderlo e aprirlo, incuriosito. Vista la grandezza e la leggera trasparenza che permetteva di intravedere delle scritte, I.V pensò potesse trattarsi della lettera. Non andava bene se finiva nelle mani di un umano qualunque. La notizia non doveva diffondersi così rapidamente, soprattutto se, come sospettava Yunho, c’era lo zampino di qualche altro cacciatore.
Ambra, però, parve del suo stesso parere: strappò infatti il foglio dalle mani del ragazzo, lo ripiegò e lo rimise in tasca. Poi si allontanarono entrambi dal tavolino.
I.V pensò al da farsi. Forse era il caso di fare un discorsetto alla rossa. Il dubbio che potesse aver raccontato qualcosa al suo ragazzo c’era e non poteva rischiare che avesse spifferato tutto.
Decise di contattare Yunho, allontanandosi da lì non appena li vide uscire dal bar.
“Allora?” rispose subito l’altro, appena prese la chiamata.
“Allora niente” disse I.V, prendendo una strada opposta rispetto a quella che aveva fatto prima per seguirli “Mi sa che il suo ragazzo ha messo mano alla lettera”
“Cosa?” fece Yunho “Sei sicuro?”
“No, però sono piuttosto certo che un’occhiata veloce sia riuscita a dargliela” e spiegò tutta la situazione.
“Quindi, in realtà, non sei neanche certo che quella fosse la lettera”
“No” confermò, scuotendo appena la testa “Però Jeim mi ha detto che se l’era messa in tasca. E il giubbotto è sempre lo stesso”
Yunho rimase in silenzio per qualche secondo.
“Era questo che intendevi quando dicevi che era impulsiva?” domandò “Visto che gli ha strappato di mano la lettera…”
“Sì, esattamente” rispose I.V “Ho avuto paura si fosse strappata” ammise poi.
“Vedi perché conviene tenerla d’occhio?” mormorò Yunho e I.V poté immaginarlo alzare le sopracciglia soddisfatto “Vai a ribadirle che questa storia non deve espandersi”
I.V sbuffò appena e chiuse la chiamata. Prese una strada secondaria e si avviò verso casa della ragazza, sperando di sbrigarsela in poco tempo.
 

 
 
***

 
 
Ambra aveva deciso che quella sera si sarebbe concessa un po’ di tempo per sé stessa, per cercare di schiarirsi le idee e non pensare troppo a quello che stava succedendo.
Cacciatori, lettere provenienti da altri mondi, Richard che non le credeva e suo fratello che non le parlava.
Era successo tutto così velocemente che non aveva avuto nemmeno il tempo di metabolizzare. Il problema principale, però, era che non poteva contare proprio su nessuno. L’unica persona che aveva pensato potesse darle una mano, era l'amica più stretta che aveva. C’era solo il problema che non voleva in alcun modo metterla nei casini, per questo aveva evitato di raccontarle cosa fosse successo.
Alla fine, aveva deciso di nascondere la lettera in uno dei suoi cassetti posti sotto al letto. Giovanni non entrava quasi mai in camera sua, ma in quel caso le stava tornando utile soprattutto il fatto che lui non pulisse mai nella sua camera. Era sempre lei ad occuparsene, quindi aveva pensato che nasconderla lì fosse l’ideale.
Dopo essere entrata in doccia, si massaggiò per bene un balsamo per il corpo che le avevano regalato al compleanno scorso. Profumava di mango, era molto dolce. Si risciacquò per bene e si avvolse nell’accappatoio e uscì dalla doccia, trovandosi di fronte allo specchio tutto appannato.
Rimase qualche minuto con l’accappatoio addosso mentre si spalmava una crema per il viso e poi si avviò in camera sua. Il pigiama, piegato e pulito, già l’attendeva sul letto.
Si vestì velocemente e si fece una treccia morbida. Mentre piegava l’accappatoio per portarlo di nuovo in bagno, sentì un rumore al di fuori della finestra della camera, sul bancone. Non ci diede molto peso e lasciò la stanza, dirigendosi in bagno. Vi rimase qualche secondo in più per pulire lo specchio e, già che c’era, lanciò uno sguardo alla camera di Giovanni.
Il fratello era seduto sul letto, la schiena contro la testiera e stava cambiando i canali del televisore svogliatamente. Ricordò quando gli aveva detto che voleva andare a vivere con lui: Però la camera con il letto matrimoniale è mia. Ambra sapeva perfettamente che sarebbe stato inutile provare a contestare, perciò si era tenuta quella che in principio doveva essere la camera degli ospiti.
Sospirò malinconica, mentre ritornava in camera sua. Fece appena in tempo a mettervi piede dentro, quando sobbalzò letteralmente, lanciando un urlo.
Si tappò immediatamente la bocca, con forza.
“Che c’è?” urlò Giovanni.
Ambra deglutì un paio di volte, togliendo piano le mani dalla bocca.
“N-Niente… Niente!” rispose, per poi chiudere di colpo la porta di camera sua dietro di sé.
Come diavolo aveva fatto I.V ad arrivare sul balcone di camera sua? Abitavano al terzo piano, diamine.
Il ragazzo sbuffò dalle narici, per poi alzare il sopracciglio. Sempre quello col piercing.
Ambra si avvicinò titubante alla portafinestra e l’aprì appena, giusto per poter sentire quello che aveva da dirgli.
“Come hai fatto a salire?” gli domandò, a bassa voce. Osservò velocemente il suo outfit: non aveva la tuta militare, ma una maglia a maniche lunghe larga, che gli scopriva appena le scapole, e dei pantaloni scuri. Al collo, aveva legato un foulard morbido. Si rese conto che la catena che di solito teneva legata in vita, ora l’aveva penzolante sui pantaloni, come fosse una lunga cintura.
“Ho saltato e mi sono arrampicato” rispose laconico, facendo chiaramente intendere che non avrebbe dato ulteriori spiegazioni.
Ambra strinse le labbra, gettando un’occhiata fugace alla porta dietro di sé. Giovanni sembrava non essersi accorto di nulla.
“Non perdere tempo a farmi entrare” continuò poi, accennando appena un tono sarcastico “Ma non ti preoccupare, sarò veloce. Il tuo ragazzo è riuscito a leggere la lettera?”
Ambra fece per rispondere, ma richiuse le labbra poco dopo.
“Come fai a…?”
I.V sbuffò sonoramente.
“Sono incaricato di tenerti d’occhio” spiegò “Quindi sì, so che oggi vi siete visti in un bar e lui ha avuto tra le mani la lettera”
Ambra aprì bocca per parlare, ma la richiuse subito dopo. Ottimo, in pratica aveva appena scoperto di essere stata pedinata tutto il giorno, forse anche tutti i giorni. Ringraziò mentalmente sé stessa per non essere uscita di casa nelle giornate precedenti.
“Da quanto mi segui?” domandò, incuriosita e intimorita dalla risposta allo stesso tempo. Fortunatamente per lei, il cacciatore non era intenzionato a farglielo sapere.
“La domanda te l’ho fatta prima io. E tu non mi hai ancora risposto”
Ambra sospirò appena, lasciando perdere l’argomento.
“No, non penso” rispose lei infine, con sincerità “Gliel’ho strappata via dalle mani subito”
I.V annuì appena. Sapeva già che era la verità, lo aveva visto con i suoi occhi, ma voleva essere sicuro che non avesse intenzione di mentirgli.
“Vedi di non far trapelare questa storia a nessuno, è chiaro?” disse il cacciatore, tornando all’espressione seria che aveva di solito “Nessuno di noi vuole finire nei casini per colpa tua”
Ambra non seppe cosa rispondere, si limitò ad abbassare lo sguardo.
I.V indietreggiò di qualche passo e fece per tornarsene da dove era venuto, quando alla rossa venne in mente una cosa, all’improvviso.
“Aspetta!”
I.V si girò svogliatamente.
“Credo di aver scoperto qualcosa” mormorò lei, titubante, cercando le parole giuste per spiegarsi “Ho provato a bruciare la lettera e a bagnarla… Ma non è successo niente”
I.V si avvicinò veloce a lei. Quest’ultima sussultò non appena lo vide avvicinarsi a quella velocità. Per timore, fece per socchiudere la portafinestra, ma I.V mise una mano sul vetro e, con poca forza, riuscì a tenerla aperta.
“Cos’hai detto?” domandò lui, assottigliando lo sguardo.
Ambra deglutì.
“Ho provato a bruciarla perch-“
“Sei scema o cosa?” la interruppe lui, alzando appena la voce.
Ambra gettò, nuovamente, uno sguardo alle sue spalle. Ancora una volta, Giovanni sembrava totalmente immerso nel programma televisivo che stava seguendo. Da lì si poteva sentire quello che stavano dicendo gli attori, talmente era alto il volume.
Deglutì appena, prima di parlare nuovamente.
“Ci ho provato, ma… Ma tanto è la copia, no?” tentò, farfugliando e gesticolando appena “Non succede nulla se…”
“Non succede nulla?! Tu hai la lettera originale!” tuonò I.V
Ambra si bloccò e corrugò la fronte. “Jeim mi ha detto che io ho la copia”
“Non hai la copia, non esiste nessuna copia” disse lui rapidamente “Ti abbiamo dato la lettera originale”
Ambra si zittì, cercando di elaborare quello che le aveva appena detto.
“Non ci arrivi?” domandò lui, retoricamente “Vogliamo liberarci di te il più in fretta possibile. Jeim e Hoseok stanno cercando altre bande di cacciatori, io ti sto tenendo d’occhio e Won Hu sta facendo altre ricerche” su di te, pensò, ma evitò di dirlo ad alta voce. “Meno ci sono collegamenti con te, meglio è”
Ambra boccheggiò qualche istante, distogliendo appena lo sguardo. Se lo doveva aspettare, certo, ma di sicuro non le aveva fatto piacere saperlo in modo così cruento.
“La lettera però ci serve. Intera” sottolineò lui “Abbiamo urgenza di sapere perché sia finita da noi”
Detto ciò, le rivolse un ultimo sguardo e si allontanò nuovamente.
“I.V”
Il ragazzo la guardò. Era la prima volta che lo chiamava per nome.
“Non ti fa pensare a niente quello che ti ho detto…?”
Il ragazzo alzò un sopracciglio.
“Che sei un’irresponsabile. Ti basta?”
Ambra sbuffò piano, cercando di non dare a vedere quanto quella sgridata le avesse dato fastidio.
“Intendo… La lettera non si è bruciata e non si è inzuppata quando l’ho messa sotto l’acqua. È strano, no?” spiegò, titubante e senza sapere se guardarlo negli occhi oppure no. La metteva piuttosto in soggezione.
I.V per una volta sembrò interessato a quello che aveva da dire. Si mise entrambe le mani nelle tasche dei jeans scuri, in attesa che la rossa continuasse a parlare.
“Ho pensato potesse provenire dal mio mondo… E intendo quello degli elementi” si affrettò a specificare “Oppure dal vostro mondo”
I.V fece un passo verso di lei.
“Vai a prendere la lettera. Ora.”
 












 


Angolo Autrice
Ho un po' interrotto il capitolo sul più bello, ma era uno stacco diciamo necessario. Questo in particolare è molto corto, lo considero quasi un capitolo di passaggio, anche solo per avere una panoramica di come si svolgeva il pedinamento di I.V nei confronti di Ambra.
Più andiamo avanti, più sono contenta della piega presa da questa storia, anche perché ci sono dettagli che forse potrebbero apparire insignificanti, ma che poi torneranno più avanti e sotto una luce diversa si capranno bene determinate dinamiche.
Anche se per ora è solo una la persona che mi sta dando dei feedback, ringrazio comunque tutte le persone che stanno leggendo la mia storia.
A presto.

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Capitolo 6
*** Niente da fare ***


Capitolo V: Niente da fare
© AleVillain
 





 

Jeim diede un calcio ad una lattina accartocciata. Continuò così ancora per qualche metro.
“Hai finito?” disse Hoseok, sbuffando appena.
“Non ho voglia”
Hoseok alzò gli occhi al cielo.
“Questo lo avevo capito da un pezzo” decretò poi.
Jeim arrestò la camminata. Prese da terra la lattina e la accartocciò forte, con l’ausilio di una sola mano. Rimase ad osservarla per qualche secondo, fino a quando non vide un leggero fumo uscire dalla superficie, che in un istante si trasformò in una fiamma viva.
Hoseok osservò la scena in silenzio, incrociando le braccia al petto. Sapeva che quello era un classico modo che Jeim usava per scaricare la tensione: incendiare oggetti a caso. Nessuno si era mai preoccupato più di tanto per questa sua peculiarità; per quanto fosse l’unico tra di loro a possedere il potere del fuoco – potere, tra l’altro, considerato il più pericoloso e difficile da gestire – era perfettamente in grado di controllarlo e non aveva mai provocato danni a nessuno. Non involontariamente, almeno.
Inoltre, in quelle spedizioni alla ricerca di indizi da parte di altre bande di cacciatori, non erano venuti a capo di nulla. L’unica notizia vagamente interessante, che erano riusciti ad estrapolare, era che in un gruppo di cacciatori di nazionalità italiana c’erano state delle dispute per via di un allontanamento da parte di uno di loro, per ritirarsi e vivere la sua vita privata con una ragazza di cui si era pazzamente innamorato.
Il problema era che sembrava non c’entrare assolutamente nulla con tutta questa storia. Loro, infatti, non sapevano della lettera, né conoscevano un elemento, probabilmente di aria o di acqua secondo la logica di I.V, di nome Ambra e dai capelli rossi.
Hoseok si grattò vagamente la testa e si guardò intorno, controllando velocemente che non ci fosse nessuno, ma il vicolo sembrava deserto.
Ritornò con gli occhi sul rosso, che aveva appena fatto scorrere via la cenere dalle sue mani, fino a farla depositare per terra.
“Quante bande di cacciatori dobbiamo ancora controllare?” domandò infine quest’ultimo.
Hoseok scosse la testa.
“Per oggi può bastare” decretò “Mi sto rompendo le palle pure io. E ho voglia di una birra”
Jeim fece un verso di scherno.
“Le birre che prendi tu fanno sempre schifo”
Hoseok si ricordò improvvisamente il risvolto negativo del potere del fuoco: un carattere insopportabile.
“Grazie, amico” disse, prima di procedere con la camminata e rischiare di volare per terra. Non si era minimamente accorto che erano arrivati alla fine del marciapiede e che erano risbucati sulla strada.
“Prego, imbranato” rispose a tono l’altro, mentre lo guardava con un piede sul marciapiede e uno sull’asfalto grigio della strada.
Hoseok fece per rispondergli a tono, quando squillò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans.
Lo estrasse dalla tasca e, dopo aver spostato qualche ciuffo nero che gli ricadeva sulla fronte, rispose, senza neanche guardare da chi arrivasse la chiamata.
“Sì?”
Nelle orecchie, la voce ferma e autoritaria di Yunho: “Abbiamo novità sulla lettera. Tornate indietro”
“Novità? Di che tipo?” domandò incuriosito.
“Ti spiego quando tornate indietro” rispose lui, marcando le ultime due parole e chiudendo la chiamata senza nemmeno salutare.
Hoseok staccò il cellulare dall’orecchio e osservò lo schermo.
“Novità sulla lettera, Jeim. Si torna alla base”
 
 
 
***
 
 
 
“Ah, ma ci siamo proprio tutti!” esclamò Hoseok, una volta aperta la porta del ‘covo’.
Davanti a lui e Jeim, infatti, c’erano gli altri tre e persino Ambra. Quest’ultima, a vederlo, fece un impercettibile passo indietro. Aveva già inquadrato che tipologia di ragazzo fosse e voleva stargli alla larga il più possibile.
Yunho arrivò di fronte ai ragazzi con la lettera in mano. Girò la testa dietro di sé, cercando di guardare Ambra.
“Cos’hai detto ad I.V riguardo questa lettera?”
Nonostante non la stesse guardando negli occhi e non avesse nemmeno fatto il suo nome, Ambra intuì velocemente che stava parlando con lei.
“Che non si riesce a bruciare” disse, cercando di mantenere fermo il tono di voce “E nemmeno a bagnar-“
“Hai tentato di bruciare la lettera?!” esclamò Jeim, facendo un passo avanti, mentre Yunho lo bloccava con un braccio dicendogli Stai qui, mi servi in coreano.
Ambra deglutì, astenendosi dal rispondere.
Jeim continuava a guardarla fumante. Ambra non si sarebbe meravigliata se, da un momento all’altro, dalla sua testa fosse uscito del fumo.
“Perché hai deciso di darla a questa cretina?” disse lui poi, girandosi verso Yunho.
Yunho inspirò ed espirò lentamente.
“Jeim, mi servi” continuò, provando ad ignorare la sfuriata. Jeim non sembrava avere intenzione di rimanere fermo sul posto, ma per lo meno si era ammutolito.
Ambra, intanto, stava cercando in tutti i modi di evitare il suo sguardo di fuoco. Non le importava essere appellata come cretina, aveva solo paura che quel giorno avrebbe scoperto cosa voleva dire avere a che fare Jeim incazzato.
Yunho decise di rivolgersi direttamente ad I.V, il quale gli spiegò in breve la piccola ma importante scoperta della rossa.
“Allora direi che una domanda è più che legittima” Yunho si rivolse alla ragazza, dopo aver ascoltato il racconto “Conosci cacciatori che vivono in zona?”
Ambra deglutì.
“Io… ehm…”
Yunho scosse la testa, ghignando appena. “Non provare a mentire”
Estrasse la pistola da una tasca e la puntò in direzione di Ambra. “Non ti ho chiesto se conosci dei cacciatori, perché sono sicuro che la risposta è sì. Voglio sapere se conosci dei cacciatori che vivono in questa zona” e caricò la pistola.
Ambra cominciò a sudare freddo. La prima volta che uno di loro le aveva puntato la pistola addosso non ci aveva badato molto, ma solo perché aveva addosso l’adrenalina di tutto quello che le era successo poco prima. Il rapimento, il non ricordare minimamente cosa fosse successo, perché si trovasse lì.
Ma in quel momento Ambra era perfettamente lucida e, più o meno, calma. Aveva capito che se sottostava a quello che dicevano non succedeva niente. In più nella stanza era presente Won Hu, che con lei era stato gentile: magari poteva aiutare a calmare le acque.
Perciò la pistola puntata addosso era una doccia d’acqua ghiacciata: Yunho non sembrava uno che perdeva il controllo, Yunho dava l’impressione di essere un calcolatore, preciso. Probabilmente anche nello sparare. Non aveva mai puntato la pistola addosso a lei, quindi se lo aveva fatto in quel momento era perché sentiva realmente la necessità di una risposta sincera da parte sua.
Ambra cominciò a sentire il respiro venire a meno. E ora come caspita ne usciva?
Oggi ne abbiamo sentita qualcuna di banda di cacciatori” disse sottovoce Hoseok, avvicinandosi a Yunho. Quest’ultimo annuì.
So perfettamente che ci sono della bande” rispose “Ma devono conoscere anche lei. Devo pur trovare un collegamento con questa lettera
“Conosco degli elementi…” mormorò piano lei, dopo che Yunho ebbe finito di parlare, come a dimostrare fosse educata.
“I cacciatori, Ambra. Voglio i nomi dei cacciatori”
Ambra deglutì a vuoto, nuovamente. La voce ormai ridotta ad un sussurro.
Scosse la testa. Gli occhi le pizzicavano. Voleva solo poter dire a suo fratello quanto gli voleva bene. E non solo a lui.
Yunho fece qualche passo verso di lei, la pistola sempre puntata verso la sua fronte.
“Ti avevo detto che non dovevi mentirmi…”
Ambra fece un respiro profondo: “È la verità…” sospirò, non avendo il coraggio di guardarlo negli occhi.
Le sopracciglia di Yunho si corrucciarono, gli occhi si fecero più scuri.
La tensione si poteva tagliare con un coltello. Persino Jeim aveva smesso di fremere sul posto e stava osservando la scena con sguardo serio.
Il dito indice di Yunho sfiorò il grilletto.
Ambra chiuse gli occhi, lasciando che un paio di lacrime le scorressero sul viso.
“Aspetta”
Yunho si girò di scatto verso I.V. Si trovava dietro di lui e gli stava osservando la nuca.
“Mi hai interrotto” sentenziò, voltandosi completamente verso di lui ma mantenendo la pistola puntata sulla fronte della ragazza “Spero tu abbia un motivo valido”
I.V non ci pensò due volte a parlare.
“È stata adottata, ha frequentato tutte le scuole qui e vive con umani. Può non aver mai più avuto alcun contatto con il suo vero mondo e con il nostro”
“Ma sa che è un elemento, qualcuno glielo deve aver pur spiegato!” ribatté Yunho.
I.V sospirò. “Più probabile che quel qualcuno sia un elemento piuttosto che un cacciatore”
Yunho non si scompose.
I.V si mosse sul posto. “Oh, andiamo, Yunho. Ha paura di noi, ha paura fin da quando ha visto me e Jeim per la prima volta. Perché dovrebbe averne se conoscesse dei cacciatori? Avrebbe potuto pensare che noi fossimo buoni” spiegò, mimando delle virgolette con le dita mentre pronunciava l’ultima parola.
Ambra aveva riaperto gli occhi non appena aveva sentito la voce di I.V. Era stato un miracolo, ci avesse pensato qualche secondo di più probabilmente non era più lì.
Aveva, però, mantenuto lo sguardo basso tutto il tempo. Non aveva più il coraggio di guardare in faccia nessuno.
Yunho parve ragionare su quello che gli aveva appena detto il compagno. Non aveva tutti i torti, ma per qualche assurdo motivo continuava a non tornargli qualcosa.
Era dal primo giorno che, secondo lui, Ambra stava nascondendo qualcosa, qualcosa che probabilmente sarebbe stato essenziale sapere per risolvere quell’arcano.
Si erano ritrovati tra le mani all’improvviso questa lettera anonima, indirizzata ad Ambra, ma nessuno di loro aveva collegamenti con lei. Loro non avevano saputo dell’esistenza della rossa, e viceversa, fino all’arrivo della lettera. Hoseok gli aveva anche riferito che Ambra, nel telefono, aveva in rubrica un numero salvato come Selene (Due) T., ma ad I.V non aveva voluto rivelare chi fosse.
Yunho si voltò verso la ragazza, guardandola negli occhi. Era ancora scossa dall’accaduto, lo poteva vedere dall’espressione preoccupata e dalle guance bagnate, ma aveva ripreso a respirare normalmente.
Perché il suo sesto senso gli stava dicendo che quella ragazza, all’apparenza così innocente, non gli avesse raccontato proprio tutto della sua vita?
 
 












 


Angolo Autrice
Credetemi quando vi dico che questo è uno dei capitoli più importanti in ASSOLUTO. Può non sembrarlo, è vero, ma vedrete che più avanti tornerà tutto.
Ho aggiornato un pelo in ritardo, avviso nel caso qualcuno stesse aspettando il capitolo c:
Un bacione.

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Capitolo 7
*** Se il gioco si fa duro ***


Capitolo VI: Se il gioco si fa duro
© AleVillain
 





 


Giovanni aveva bussato alla porta della camera da letto. Come nelle tre mattine precedenti, non aveva ricevuto risposta. Sospirò, rimanendo di fronte alla porta della camera.
“Stai davvero dormendo?” disse, piano “O non vuoi andare a lezione?”
 Rimase fermo ancora qualche secondo, in attesa di una risposta che sapeva non sarebbe arrivata.
Lasciò il corridoio e si diresse in cucina a prepararsi un caffè.
Anche oggi non esce dalla camera digitò poi alla sua fidanzata. Ormai le sue mattine stavano procedendo in questo modo.
Giovanni stava cominciando a preoccuparsi seriamente per sua sorella. Da che non gli voleva dire dove fosse finita quel pomeriggio di qualche settimana fa, a quando era ritornata a casa con gli occhi rossi e tutta tremante. Vedendola così, gli era completamente passata l’arrabbiatura che aveva serbato fino a poco prima.
Il problema, però, rimaneva sempre quello: Ambra non gli voleva parlare. Faceva finta di niente.
Lui si stava abbastanza stufando della situazione, soprattutto perché Ambra sapeva che con lui avrebbe potuto parlargli di tutto: se avesse voluto abbandonare l’università lui l’avrebbe appoggiata, se avesse avuto problemi con Richard…
Già, Richard. Quel ragazzo con la mamma americana che gli aveva dato quel nome ridicolo. Ambra sembrava trovarcisi e lui la trattava bene; almeno, questo era quello che trapelava.
Però sembrava ci fosse stato un improvviso distaccamento. Si vedevano di meno, Ambra sembrava quasi entrare in ansia quando sapeva che doveva vederlo.
“Che… Che abbia un amante?” mormorò Giovanni, dopo aver spiegato la situazione alla sua ragazza al telefono. Stette attento a parlare a voce bassa, per evitare di farsi sentire dalla sorella – era convinto stesse solo facendo finta di dormire.
“No, non penso” ribatté l’altra “Non mi sembra il comportamento di chi ha un amante”
Giovanni mise la tazzina, ormai vuota, nel lavandino.
“Perché, tu ne sai qualcosa?” disse serio.
La ragazza ridacchiò.
“Non so se ti riferisci all’amante o alla situazione di Ambra”
Il silenzio dall’altra parte la portò a sospirare e a rispondere con serietà. Questa storia di Ambra lo stava rendendo particolarmente sensibile a qualsiasi parola fuori posto.
“No, amore. Né sull’amante né su Ambra”
Giovanni si rilassò.
“Penso tu debba andare a lavoro, ormai” continuò lei. Giovanni staccò il telefono dall’orecchio. Le 8 e 15. Sì, era decisamente l’ora.
“Sì, vado” dichiarò “Se ho novità su Ambra ti chiamo”
Dopo essersi salutati, chiuse la chiamata e mise il telefonino in tasca. Si avviò verso il salotto e afferrò le scarpe, dopodiché infilò il giubbotto di pelle.
Prima di uscire di casa, gettò un’occhiata dietro di sé; vide che la camera di Ambra era ancora chiusa. Si ripromise che, in un modo o nell’altro, sarebbe arrivato in fondo a quella questione.
 


 
H 9.53
Allungò la mano sul comodino e tastò fino a cercare il telefono. Lo afferrò e guardò l’orario. Erano quasi le dieci. Questo voleva dire che era rimasta a pancia in giù, con la faccia premuta sul cuscino, per almeno un’ora e mezza buona.
Si era svegliata quando aveva sentito Giovanni bussare; ormai era diventata routine. Lui bussava e lei non rispondeva. Ambra aveva capito che era più facile ignorarlo, piuttosto che far finta di nulla. Non pensava sarebbe stata in grado di fingere più che, nella sua vita, tutto stesse procedendo come al solito.
Sapeva, però, che non sarebbe potuta andare avanti così ancora per molto. Non era corretto nei confronti di Giovanni e sicuramente, a breve, lui avrebbe fatto domande a cui lei non poteva più astenersi dal rispondere.
Sbuffò appena, mentre si metteva seduta sul letto. Forse poteva cominciare a tornare in università con più regolarità. Alla fine, pensò, quella situazione non si sarebbe risolta nel giro di qualche giorno e prima riprendeva la sua vita il più normalmente possibile, meglio era.
Gettò uno sguardo lungo la camera, alla ricerca dello zaino. Che ovviamente non trovò.
Chiuse gli occhi e imprecò mentalmente.
“Lo zaino, cazzo” mormorò a voce alta, con tono infastidito “Lo zaino”
In tutto quel trambusto, si era completamente dimenticata che doveva recuperare da loro lo zaino e i documenti. Il problema, però, rimaneva sempre lo stesso: come diavolo li contattava?
Si voltò di scatto verso la porta finestra della sua camera: magari, per qualche motivo, I.V era di nuovo fuori sul balcone.
Scese dal letto, si avvicinò alle tende e le scostò: niente. Non rimase neanche troppo delusa, alla fine se lo aspettava.
Lasciò perdere e andò ad aprire l’armadio per preparare i vestiti da indossare quel giorno. Dopo essersi data una sciacquata ed essersi cambiata, andò nella camera di suo fratello. L’unica borsa sostitutiva che era riuscita a recuperare era una vecchia borsa a tracolla nera che aveva utilizzato Giovanni ai tempi delle superiori. Non era particolarmente capiente e non era affatto bella da vedere, ma di andare in giro con i libri in mano non se ne parlava neanche.
Era riuscita a risolvere in modo parziale anche il problema documenti: per una volta, il fatto di lasciare cose in giro si era rivelata una cosa positiva. La tessera dell’università era, da giorni, abbandonata sulla scrivania. Per lo meno non avrebbe continuato a girare completamente senza un documento di riconoscimento.
Quel giorno aveva deciso che sarebbe tornata in università. Non sapeva quanto sarebbe riuscita a stare attenta, con tutti quei pensieri in testa, ma cominciare a riprendere la solita routine era solo il passo inziale.
L’università, da quando l’aveva cominciata, era diventata una specie di porto sicuro. Incontrava solo persone che le trasmettevano tranquillità e, se voleva, poteva isolarsi dal mondo studiando o ascoltando la musica.
Andare in università era sicuramente il modo migliore per ricominciare e ne ebbe la conferma quando, varcando i cancelli dell’ateneo, si sentì a casa.
 

 
***
 


H 3.21
Quando tutti ebbero spento la luce della propria stanza, I.V si accomodò sulla sedia davanti alla sua scrivania e accese la luce posta sul tavolo. Non illuminava granché, ma era sufficiente a vedere i fogli posti sul tavolo.
Aveva deciso di recuperare tutte le ricerche che aveva svolto su Ambra per conto di Yunho. Quest’ultimo gli aveva rivelato che non si fidava a pieno della ragazza e I.V voleva cercare di scoprire qualcosa di più sul suo conto.
In realtà i fogli che aveva davanti li conosceva in modo superficiale; Yunho gli aveva sempre detto che doveva sapere le cose fondamentali, niente di contorno. Perciò, con le nuove informazioni, poteva arrivare a scoprire qualcosa di più.
Avevano già appurato che era stata adottata. Probabilmente era stata portata via dal Mondo degli elementi in tenera età. Ma per quale motivo? E da chi?
Sapeva dove viveva, ma non aveva capito bene con chi. Tutte le volte che l’aveva vista uscire di casa durante i suoi pattugliamenti, non l’aveva mai vista insieme a qualcuno che non fosse il fidanzato o un’amica. Però era certo che vivesse con qualcuno: quella volta che era andata a “trovarla” sul balcone, lei continuava a girarsi dietro di sé e lui stesso aveva sentito dei rumori provenire dalla casa. Quindi aveva dei coinquilini.
Rimaneva anche da capire quale potere avesse. Aveva, a logica, escluso terra e fuoco. Rimanevano i due che, a livello caratteriale, erano i più simili tra di loro. Visto il suo essere maldestra e con la testa tra le nuvole poteva essere aria, come Hoseok, ma era al contempo impulsiva, come Yunho che era acqua.
I.V sospirò, spostando i fogli e ricontrollandoli nuovamente. Sembrava non fosse possibile venirne a capo.
Riguardò la scheda personale di Ambra che era riuscito a reperire dall’ufficio anagrafe: Ambra Doria, risultava nata a Milano, classe 1996, quindi aveva un anno in meno di lui e…
I.V corrugò le sopracciglia rileggendo i dati anagrafici.
“Il cognome” sussurrò tra sé e sé “Devo controllare il cognome”.
Si leccò l’indice della mano destra e girò un paio di fogli. Qui apparivano il nome e il cognome dei genitori, sicuramente quelli adottivi. E poi compariva un secondo figlio. O meglio, il primogenito.
“Giovanni Doria, nato a Milano, classe 1991” lesse “Ha un fratello”
Come era possibile che non se ne fosse accorto prima del dettaglio? Sospirò e scosse la testa, maledicendo mentalmente Yunho e il suo voler fare le cose tutte di fretta. Pur di avere tutto sotto controllo in breve tempo, non gli aveva neanche dato il tempo di leggere tutti i fogli dell’anagrafica, ma solo il foglio singolo di Ambra.
Lesse attentamente le anagrafiche del fratello.
Sarà il fratello di sangue di Ambra?
Rimase a rimuginare sui fogli e le infinte possibilità. Quello poteva essere il fratello biologico di Ambra come poteva essere benissimo il figlio biologico dei genitori. Ma mancava la cartella anagrafica dei genitori, quindi più in là di così con le conclusioni non poteva andare.
I.V stava anche cominciando ad accusare la sonnolenza. Nessuno di loro andava mai a letto tanto presto, però quei giorni erano risultati particolarmente stancanti.
Diede un rapido sguardo all’orologio a muro, che faticò anche a vedere per via della poca luce. Non aveva scoperto granché, ma avevano un altro punto di partenza.
Questo Giovanni Doria poteva essere utile. Non sapeva come rintracciarlo e, soprattutto, se sarebbe riuscito a parlarci, ma un tentativo lo doveva fare. Decise, quindi, che l’indomani sarebbe passato all’ufficio anagrafe nuovamente, sperando di incontrare la stessa tizia della scorsa volta, di modo da poter aver accesso ai dati anagrafici senza grandi problemi.
Sospirò, poco prima di raccogliere i fogli per impilarli in un angolo. Facendo ciò, da sotto il plico di fogli rispuntò la famosa lettera.
La prese tra le dita della mano. SDTS. Chissà cosa diavolo voleva dire.
Fece per spegnere la luce della lampadina, quando un rumore proveniente da sotto lo spinse a lasciarla accesa.
Un colpo secco, sordo. Come se qualcuno avesse sbattuto contro una porta o un muro.
Di primo impatto pensò a Hoseok. Era solito muoversi di notte e sbattere contro oggetti vari. Però era sicuro di averlo visto entrare nella sua stanza e chiudere la porta a chiave. Come ogni notte.
Si alzò piano dalla sedia e si avvicinò alla porta. La scostò appena, giusto per riuscire a vedere il corridoio. Non vide nessuno, ma la porta leggermente socchiusa della camera di Jeim, proprio di fronte a lui, lo spinse a controllare se stesse dormendo.
“Ho sonno” rispose Jeim, aprendo la porta.
“Lo so, anche io” fece I.V “Ma ho sentito un rumore strano”
Jeim sbuffò. “Ma sarà Hoseok… Sai che come si muove fa disastri”
I.V scosse la testa.
“Sono sicuro di averlo visto chiudere la porta a chiave”
Jeim sospirò.
“Ho sonno” ripeté lui.
“Lo so, anche io” ribatté l’altro “Però ti dico che ho sent-“
Entrambi si voltarono di scatto verso la fine del corridoio, dove c’erano le scale.
Questa volta era decisamente più forte e chiaro. Ed erano stati in due ad averlo udito. Un rumore di passi. Pesanti e lenti.
Si rivoltarono l’uno verso l’altro, con sguardo serio. Stavano pensando la stessa cosa.
“Vado a svegliare Yunho” dichiarò Jeim. I.V annuì, intimandogli di fare veloce, e ritornando con lo sguardo lungo la fine del corridoio.
Non aveva idea di chi potesse essere e soprattutto come diavolo avesse fatto ad entrare. Intanto, però, quei passi sembravano sempre più vicini.
Sentì, dietro di sé, Jeim bussare con forza alla porta di Yunho.
I.V mosse un passo in avanti e lasciò scorrere le dita sul muro, alla ricerca dell’interruttore della luce, anche se sapeva perfettamente che lo avrebbe trovato solo vicino alle scale.
Avanzò di un altro passo. Poi di un altro ancora. Esattamente come stava facendo lo sconosciuto che, ormai era chiaro, stava salendo le scale.
Crac.
Qualcuno aveva raggiunto l’ultimo gradino.
“Come diavolo…”
I.V sentì il pugno forte, ben piazzato sopra l’occhio sinistro. La testa gli balzò all’indietro di scatto. Si portò in automatico una mano sull’occhio. Il sopracciglio gli stava bruciando da morire, il che significava che lo sconosciuto aveva appena preso in pieno il piercing.
“I.V!” urlò Jeim dietro di lui.
Quest’ultimo si mise a correre nella direzione dello sconosciuto. Aprì la mano davanti a sé, tenendo le dita sollevate. In poco tempo, la mano prese fuoco, illuminando il corridoio buio.
Fece per fiondarsi sullo sconosciuto, ma quest’ultimo riuscì a schivare il colpo con uno scatto rapido.
I.V si tolse la mano dal sopracciglio e gli afferrò la maglietta, sbattendolo contro il muro. Ci riuscì, ma solo per poco. Il tizio, infatti, riuscì a tirargli un calcio sugli stinchi. Trattenne a stento un gemito di dolore, giusto un secondo prima di riprendere lucidità e afferrarlo per il collo.
Yunho, in men che non si dica, gli si parò dietro. Schiacciò rapidamente una mano contro il viso del tizio, coprendogli interamente naso e bocca. In una frazione di secondo, dal palmo della mano di Yunho fuoriuscì un getto d’acqua ghiacciata che finì dritto in gola e nelle narici dello sconosciuto.
Questi annaspò, schiacciandosi contro il muro. Quando parve sul punto di collassare, Yunho mollò di colpo la presa, mentre I.V lasciò che cadesse a terra. Fu in quel momento di stallo che I.V si rese conto di quanto gli stesse bruciando il sopracciglio. Si toccò piano il punto dolorante, ma non appena lo fece sibilò per il dolore.
Andò ad accendere la luce, mentre sentiva lo sconosciuto provare a respirare, non senza una certa fatica. I.V si guardò le dita che poco prima avevano toccato la ferita: come si era immaginato, c’era del sangue.
Yunho, nel frattempo, caricò la glock.
Chi cazzo sei e cosa cazzo vuoi?
Lo sconosciuto, nonostante gli occhi rossi e ridotti ad una fessura e il respiro difficoltoso, trovò la forza di ghignare.
“Sti cazzo… Sti cazzo di cinesi” tossì poi, in italiano. Nel trambusto generale, non si erano accorti che non aveva gli occhi a mandorla come loro.
“Coreani, pezzo di merda” inveì Jeim, con un perfetto italiano, continuando a mantenere una fiamma viva nella mano destra, ancora fremente.
“Tanto siete tutti uguali” farfugliò, la voce ridotta ad un sibilo e affaticata “Cosa… Cosa diavolo ci fate in Italia?”
“Le domande le faccio” risposte Yunho fermamente “Allora? Chi sei e perché sei qui?”
Lo sconosciuto provò a prendere un respiro profondo.
“Tu non sai chi sono, forse… Ma il tuo amico rosso? Non mi riconosce?”
Yunho, I.V e il tizio si girarono in contemporanea verso Jeim. Quest’ultimo, sentendosi osservato, passò lo sguardo prima tra i due suoi compagni, poi si mise ad osservare meglio il ragazzo. Si avvicinò appena, mentre Yunho, per sicurezza, gli puntava la glock dritta in testa, pronto a freddarlo in caso di movimenti inaspettati.
Capelli scuri, barba incolta, occhi azzurri. Oh, probabilmente aveva capito di chi si trattava.
“L’ultima gang che siamo andati a controllare” spiegò, senza mai distogliere lo sguardo da lui, come a sfidarlo “Io e Hoseok abbiamo incontrato lui e gli altri”
Il ragazzo sconosciuto fece per alzarsi, ma I.V si accovacciò di fianco a lui e gli circondò il collo con una mano, schiacciandolo poi contro il muro.
“Sì, sì!” esclamò, per poi tossire, mentre arpionava con le mani il polso di I.V nel disperato e inutile tentativo di staccargli la mano “Sì! Tu e il tuo amichetto siete venuti a rompere i coglioni a me e agli altri, per questo ho deciso di seguirvi fin qui! Dovete smetterla di venire a chiederci di Fabian! Non so dove sia, non so cosa stia facendo!”
Tutti rimasero interdetti di fronte a quello sfogo. Non capivano dove volesse andare a parare.
“E poi la lettera, una ragazza dai capelli rossi… Ma noi che cazzo ne sappiamo? Fabian ci ha abbandonato e se fa casini noi non ne rispondiamo!”
“Chi è ora questo Fabian?” gli domandò Yunho, spazientito. Quella conversazione non stava portando a nulla e lui odiava perdere tempo in cose inutili.
Lo sconosciuto ghignò nuovamente.
“Non sono scemo, sai? Lo so che cercate Fabian… Lo so che è accusato di delitti a danni di elementi, lo so che probabilmente ha ucciso tempo fa una vostra fidanzata e ora stat-“
“Cosa cazzo stai dicendo? Chi è ‘sto Fabian? E di che delitti a danni di elementi stai parlando?” tuonò Yunho. La vena del collo ormai gli si era gonfiata a dismisura, sia per il nervosismo sia perché non stava capendo chi fosse questo tale e per quale motivo fosse tanto arrabbiato con loro per un qualcosa di cui, era sicuro, nessuno di loro era conoscenza.
“Ve l’ho appena detto, almeno ascoltate!” urlò, poco prima di sorridere con fare da maniaco. “Mi dispiace per la vostra rossa, ma se ha avuto a che fare con Fabian probabilmente ha fatto una brutta fine”
Yunho deglutì. Cosa intendeva dire? Che questo Fabian avesse trovato Ambra e l’avesse uccisa? No, non aveva senso, non poteva avere un motivo per uccidere una ragazza come Ambra.
“Mi sono veramente rotto di questa conversazione” disse ad un tratto Yunho.
Jeim fece qualche passo verso di lui.
“Io non ti sopporto più” dichiarò. Il tizio non ebbe neanche il tempo di realizzare, che qualcosa – o meglio qualcuno – lo colpì alla testa. Svenne sul colpo.
Calò finalmente il silenzio.
“Ti ha colpito?” domandò Yunho stranito, osservando il viso di I.V rigato di sangue su un lato, striscia che partiva dal sopracciglio sinistro.
I.V sospirò, tirandosi su a sedere. “Tu dici?”
Yunho ritornò con lo sguardo sul tizio svenuto.
“Perquisitelo” disse “Per domattina voglio sapere quanto meno il nome e dove vive”
Poi si rivolse a Jeim: “E capire come caspita ci ha trovati”
“L’ha detto, ha seguito me e Hoseok” si giustificò il rosso “Solo che non ce ne siamo accorti”
“Male!” esclamò l’altro, allontanandosi e dirigendosi verso la sua stanza “Io voglio dormire. Legatelo da qualche parte”
Jeim e I.V si guardarono, mentre Yunho rientrava nella stanza.
I due stavano per sollevare di penso il tizio quando Yunho tornò nel corridoio.
“Ah, I.V” fece “Domattina vai da Ambra a controllare che sia viva. Presumo di sì, ma sempre meglio controllare, visto che se lei non c’è più questo mistero della lettera non lo scopriremo mai”
I.V sospirò, leggermente irritato.
“Devo andare ancora da lei?” domandò. Si era già fatto dei piani per l’indomani, di sicuro erano più importanti che andare a controllare se Ambra fosse viva.
Yunho lo guardò serio. “E credi anche sia l’ultima volta?” domandò, in tono quasi sarcastico “Già che ci sei, chiedile anche di ‘sto Fabian”
I.V chiuse gli occhi e alzò la testa verso il soffitto, facendo scrocchiare il collo. Doveva ricordarsi che Yunho era il capo e che non aveva alcun diritto di ribattere ai suoi ordini.
Yunho chiuse la porta della camera e girò la toppa, nell’esatto momento in cui la porta di Hoseok si apriva. Quest’ultimo uscì con gli occhi gonfi per il sonno.
“Cos’è successo?”
Jeim e I.V si guardarono, evitarono di rispondergli e cominciarono a sollevare il corpo pesante del tizio.
 
 












 


Angolo Autrice
Questo capitolo devo dire che mi piace particolarmente! Secondo me è venuto fuori bene e sta dando veramente il via alle numerose vicissitudini che incontreranno i personaggi da qui in avanti. Insomma, storia sul passato di Ambra si infittisce ed I.V ha proprio voglia di scoprirlo.
Ad ogni modo, ringrazio chi sta seguendo, recensendo e anche solo leggendo questa storia.
Un saluto!

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Capitolo 8
*** Inaspettato ***


Capitolo VII: Inaspettato
© AleVillain
 





 

 
Li ricordava ancora bene i tempi dell’esercito. Doveva solo ubbidire, lui come i suoi compagni di legione. Non era uno dei generali e mai lo sarebbe voluto diventare.
Era un tipo solitario, I.V. Stava bene per le sue e di sicuro non gli sarebbe mai piaciuto avere responsabilità nei confronti di altri. Ammirava Yunho per questo: sapeva tenere la squadra e sapeva come farli rigare dritto, se necessario.
Forse, però, era anche questa una delle ragioni per cui erano scappati dall’esercito. E tra questi rientrava anche Yunho. L’esercito del Mondo dei cacciatori era troppo rigido anche per uno come lui.
L’esercito, però, li aveva aiutati sicuramente a saper controllare il proprio potere. Anche perché, per natura, i cacciatori non erano molto in grado di avere il pieno controllo di esso: i loro avi erano semplici umani, riusciti a scoprire come rubare il potere agli elementi. Ergo, a differenza degli elementi, non avevano una capacità innata di controllo.
Proprio per questo il Mondo dei cacciatori aveva istituito l’esercito. Il problema era che, se venivi scelto, ci dovevi rimanere. Non avevi altre opzioni.
I.V, Yunho, Jeim, Hoseok e Won Hu provenivano da una piccola regione del Mondo dei cacciatori che aveva discendenze da umani coreani. Ergo, se l’esercito era un posto rigido, l’esercito di quella piccola regione lo era ancora di più.       
Quando erano scappati nel Mondo degli umani, avevano optato per un paese completamente diverso da quello di origine. Proprio per poter respirare, per poter assaporare un po’ di libertà. Per poter fare quello che volevano.
Yunho aveva deciso di prendere il comando perché, se fosse rimasto nell’esercito, sarebbe stato prossimo a diventare generale. Era il più grande tra di loro e quello che era rimasto per più tempo nell’esercito. Non poteva essere che lui, il “capo”.
Pensando a ciò, I.V sbuffò tirando un calcio ad un sassolino, in direzione di casa di Ambra. Se Yunho assegnava un compito era per una giusta causa, però certe volte non riusciva proprio a capire. Come in quel caso. Non se ne faceva niente di andare a controllare che Ambra fosse viva; era ovvio che lo fosse, probabilmente quel tizio sconosciuto si era confuso con qualcun’altra.
La cosa che più gli dava fastidio era, però, il fatto che i suoi piani fossero completamente saltati. Voleva andare all’ufficio anagrafe ad investigare di più su questo Giovanni Doria, ma gli toccava andare dalla sorella (biologica o meno ancora rimaneva da capire); la notte precedente avrebbe voluto dormire almeno qualche ora, invece che passarla a tenere fermo il tipo per cercare di scoprire qualcosa.
Quando ormai si era fatto giorno, aveva dovuto chiedere il cambio ad Hoseok, di modo che potesse staccare un attimo e avesse il tempo di andare da Ambra.
Il sopracciglio gli bruciava ad intermittenza. Già, non aveva avuto il tempo manco per controllare come fosse messo.
Aveva dovuto fare tutto rapidamente. Come tutte le volte che Yunho gli assegnava un compito.
Sbuffò sonoramente, mentre alzava gli occhi al cielo, vedendo il palazzo di Ambra davanti a sé. Era arrivato.
Con quella poca voglia che gli era rimasta, riuscì a balzare agilmente sul balcone del primo piano, di fronte a quella che lui aveva ipotizzato fosse la camera della ragazza.
E infatti ci aveva preso: si appoggiò con il viso sul vetro e sbirciò all’interno. Le tende erano aperte, questo voleva dire che qualcuno era in casa. La camera che gli si presentava davanti era parecchio disordinata; c’erano libri sulla scrivania, gonne e pantaloni sulla sedia. Il letto era stato rifatto, ma in modo molto rapido.
Povero chi ci ha a che fare, pensò.
Fortunatamente per lui, non dovette attendere molto. Ambra entrò in camera una manciata di minuti dopo. Come si aspettava, sobbalzò non appena si accorse della presenza di qualcuno alla finestra, ma il tutto durò relativamente poco: la vide, infatti, raggiungere la finestra a passo di carica.
“Non so come dirtelo” disse lei, con tono serio “Ma speravo tornassi”
I.V rimase spiazzato per qualche secondo. Alzò il sopracciglio insospettito.
“Ehm…” mormorò Ambra, probabilmente dopo essersi resa conto del tono particolarmente serioso che aveva usato “Devo chiederti una cosa” disse poi.
I.V, nuovamente, non rispose, si limitò ad aspettare che continuasse lei.
“Voi avete ancora il mio zaino… E i miei documenti… P-Potrei riaverli?”
I.V sospirò appena. La osservò per qualche istante. Aveva ancora una mano sulla porta finestra. Indossava il giubbotto di pelle, quindi probabilmente era in procinto di uscire.
“Mi sembri viva”
Ambra aprì le labbra per dire qualcosa, ma le richiuse subito dopo. Cosa?
“Cosa intendi…?” domandò, guardandolo di sbieco. Fu in quel momento che si rese conto che c’era qualcosa in I.V che non andava: il ciuffo di capelli era stranamente spostato sul sopracciglio sinistro, invece che sul solito destro; in più riuscì ad intravedere una macchietta scura sotto le punte che sfioravano il sopracciglio.
I.V si accorse che il suo sguardo si era spostato sul suo piercing. Ignorò la sua domanda.
“Ho bisogno di farti alcune domande”
“Sei… Sei ferito?” domandò Ambra. Mosse un passo in avanti. Rimase riluttante ancora qualche istante, poi si fece coraggio e avvicinò le dita della mano vicino ai capelli di I.V, per spostarli e vedere se aveva ragione.
Quando il ragazzo vide la mano di Ambra avvicinarsi, si scostò di scatto.
“Cosa stai facendo?”
Ambra ritrasse la mano, non sorpresa più di tanto dalla sua reazione. “Mi sembri ferito… Volevo capire se fosse vero”
“E anche se fosse?”
Ambra si strinse a sé, evitando di guardarlo negli occhi. In realtà, le era balenata un’idea nella testa: se voleva cercare di tenerseli buoni, doveva provare il tutto per tutto.
“Vorrei ricambiare il favore” disse, a voce bassa.
I.V corrugò le sopracciglia. Quel gesto gli provocò una lieve fitta al sopracciglio. Alla rossa non sfuggì quell’accenno di smorfia di dolore che era comparsa per una frazione di secondo sul suo viso.
“Non ti ho fatto nessun favore” rispose I.V.
Ambra annuì. “Probabilmente… Anzi, sicuramente non è stato volontario. Ma mi hai salvato la vita, l’altro giorno”
I.V ripensò all’ultima volta che si erano visti. Era stato quando l’aveva dovuta portare al covo per via delle scoperte sulla lettera che lei stessa aveva fatto. Eppure non gli veniva in mente in che modo le avesse salvato la vita, come stava dicendo lei.
“Hai fermato Yunho. Sì, insomma, ha ascoltato quello che gli hai detto e non mi ha sparato” spiegò Ambra.
I.V sbuffò appena.
“Non penso ti avrebbe sparato” disse lui “Al momento gli sei più comoda viva, piuttosto che morta”
Ambra non ne era così sicura. Quando ripensava a quella scena, ricordava perfettamente gli occhi scuri di Yunho e le labbra serrate. La mano che impugnava la pistola perfettamente ferma e puntata con precisione sulla sua testa. Certo, non lo conosceva, ma da quell’episodio aveva capito che con Yunho era meglio non scherzarci.
“Però lo hai fermato, in qualche modo” continuò Ambra “E io voglio ringraziarti per questo”
I.V incrociò le braccia al petto. Rimasero in silenzio qualche secondo, prima che lui prendesse la parola. “Quindi?”
Ambra riuscì a sostenere il suo sguardo.
“Vorrei curarti il sopracciglio” disse “Tanto ormai ho capito che sei ferito sul serio”
I.V trattenne a stento uno sbuffo divertito.
“Non se ne parla”
“Guarda che sono delicata”
I.V scosse la testa.
“Non voglio farmi mettere le mani addosso da te”
Ambra prese un respiro profondo. Non era rimasta granché spiazzata dalla sua reazione, non si aspettava di certo che I.V avrebbe accettato senza battere ciglio. Ma doveva, in qualche modo, guadagnare la fiducia di almeno uno di loro. Solo in quel modo avrebbe potuto rimanere in mezzo ai cinque cacciatori con meno ansia.
“I.V, per favore” ripeté lei.
I.V spostò il peso dalla gamba destra a quella sinistra.
“Si può sapere perché ci tieni così tanto?” domandò lui.
“Te l’ho detto” rispose Ambra “Voglio ricambiare il favore” e si zittirono nuovamente.
I.V scosse appena la testa, mentre scioglieva la stretta delle braccia. Mosse qualche passo verso di lei, ma la superò, entrando in camera sua.
“Ehy, aspetta!” disse Ambra, voltandosi e vedendolo addentrarsi in casa sua senza farsi molti problemi “Non ti ho dato il permesso!”
Il ragazzo non la ascoltò. Aveva deciso di cogliere l’occasioni per farsi un po’ i fatti di Ambra e capire meglio con chi diamine vivesse. Se avesse trovato anche altro riguardante il suo passato e le sue origini, tanto meglio.
Da quello che poté constatare, la casa non era particolarmente grande. C’era un salotto con cucina a vista, un paio di camere e un bagno. Era abbastanza infattibile che ci potessero vivere quattro persone lì dentro, perciò poteva tranquillamente escludere i genitori.
Rimase in salotto, mentre sentiva Ambra raggiungere la stanza dopo aver chiuso la portafinestra e tirato le tende. Nella stanza non c’erano molti soprammobili, se non quelli essenziali come lo svuota-tasche e dei fermacarte. Qualcosa, però, riuscì a catturare l’attenzione del cacciatore: c’erano due foto polaroid appese ad un filo, legato ai due lati di una cornice in legno vuota e senza il fondo. In una c’era Ambra con una ragazza dai capelli molto lunghi e biondi, che sorrideva in favore di camera assieme alla rossa. Nella foto affianco, invece, c’era la foto di un giovane dai capelli neri che baciava teneramente una ragazza. Nella parte bianca della polaroid, una scritta con una penna nera: G+L, Luglio 2014.
G. Giovanni.
“Cosa stai guardando?” esclamò Ambra, dietro di lui.
Quella volta fu I.V a sobbalzare. Non si era minimamente accorto che fosse così vicina a lui.
Si voltò con calma verso di lei.
“Vivi con tuo fratello?” domandò a bruciapelo. Ambra si bloccò e I.V lo prese come una conferma del fatto che avesse azzeccato.
“Come fai a sapere di mio fratello?” domandò con tono più preoccupato.
“Quindi è un sì?” incalzò il ragazzo.
Ambra deglutì. Annuì appena.
“Come faccio a saperlo non ti riguarda, per il momento” spiegò lui, mentre si faceva un giro per il salotto incuriosito.
Non sentendo più movimenti alle sue spalle, I.V si girò verso di lei.
“Ora che so di tuo fratello non hai più voglia di curarmi?”
La rossa si bloccò per qualche istante, prima di dire “N-No! Anzi, arrivo subito!”
“Non intendevo…” cominciò I.V “…Questo” sospirò poi, vedendola sparire e non ascoltarlo più.
La ragazza tornò poco dopo, con in mano una confezione di disinfettante e del cotone.
I.V rinunciò ad opporsi e si sedette su divano.
Ambra si avvicinò a lui e imbevette il cotone nel disinfettante.
“Non pensare che io dopo oggi mi senta in debito con te” si affrettò a specificare il cacciatore.
Ambra alzò e abbassò velocemente un sopracciglio.
“Lo sapevo già”
Entrambi si zittirono. Ambra passò prima lungo la parte sinistra del viso del cacciatore, per ripulirlo dalla striscia di sangue che si era ormai rappreso. Grattò via anche la macchia insanguinata intorno al sopracciglio, facendo però più attenzione e con maggiore delicatezza; I.V non stava battendo ciglio, però sentiva un leggero rigonfiamento proprio dove c’era il piercing, per cui avrebbe potuto sentire bruciare.
Dopo aver ripulito il viso del giovane, Ambra mise giù sia il disinfettante che il cotone.
“Penso sia meglio toglierti il piercing”
Ormai I.V si era totalmente arreso.
“Guai a te se mi perdi le palline”
Ambra non rispose. Cercò di svitare il più delicatamente e lentamente possibile la pallina in basso, cosa che non fu affatto facile. Una volta riuscitaci, prese a sfilare – sempre con attenzione maniacale – l’asticella del piercing. Dopodiché procedette con la disinfezione.
Cercò di mantenere lo stesso tocco delicato, ma fu più difficile rispetto a prima; pulire il buco del piercing si stava rivelando particolarmente insidioso. I.V, almeno per il momento, sembrava tranquillo e non dava segni di sofferenza. Non in modo così evidente, almeno: Ambra lo aveva sentito ogni tanto stringere le sopracciglia.
Fu quando passò a disinfettare la ferita, però, che I.V parve non trattenersi più. Le afferrò improvvisamente il polso non appena sentì il cotone bagnato premere sulla ferita.
“Brucia” disse “Da morire”
Ambra si bloccò con la mano a mezz’aria e con la mano di I.V ancora stretta sul suo polso.
“Lo so, scusami” rispose lei con sincerità “Faccio piano, te lo prometto”
I.V le lasciò andare il polso. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.
Era la prima volta che Ambra lo vedeva sofferente. O meglio, era la prima volta che lo vedeva esprimere così a pieno un’emozione che non fosse serietà.
Riprese a tamponare piano il sopracciglio del ragazzo. Rimase concentrata su quel punto ancora per qualche secondo, poi decise che poteva bastare; non c’era più sangue ed era piuttosto sicura che I.V non ne potesse più dal bruciore.
Poggiò sul tavolino del salotto il cotone sporco di disinfettante e sangue e prese il cerotto.
“Pure il cerotto?” domandò I.V non appena vide la ragazza aprirlo.
“Deve stare coperto” celiò lei, senza dare ulteriori spiegazioni e applicandoglielo sulla ferita “Fossi in te non metterei il piercing per qualche giorno”
“Che rompipalle” rispose I.V sottovoce. Ambra alzò gli occhi al cielo, non appena gli diede le spalle per recuperare tutto ciò che aveva usato per la disinfezione.
Neanche il tempo di rivoltarsi, che il ragazzo si era già alzato dal divano e si era avvicinato alla porta di ingresso. Ambra non riuscì a dire neanche una parola di più: lo vide semplicemente girare la chiave nella toppa e uscire di casa.
Ambra rimase qualche istante ad osservare la porta chiusa, prima di fiondarsi fuori e urlare: “I miei documenti! Me li ridate o no?”
I.V si fermò a metà corridoio. Voltò la testa nella sua direzione, ma continuando a dargli le spalle.
“Te li ridarò” rispose.
Ambra sospirò, pensando che il suo amato zaino che l’aveva accompagnata per tutte le scuole superiori e i documenti non li avrebbe mai più rivisti.
Richiuse la porta con rassegnazione senza sapere, però, che appena un attimo dopo I.V si era girato completamente verso la sua porta.
Hai appena cercato di fermarla, I.V?
 
 
 












 


Angolo Autrice
Con un po' di ritardo rispetto al solito, ma eccomi!
Allora, questo capitolo - nonostante sia molto tranquillo e racconti solamente una situazione ben specifica, quasi a sembrare un po' inutile - darà in realtà il via ad una serie di eventi e situazioni contrastanti tra vari personaggi. Diciamo che è un punto di partenza per un qualcosa che poi, in qualche modo, diventerà insostenibile per alcune delle personcine della storia. Può sembrare facile da intuire quello che sto dicendo, ma... Non credo sia così scontato, ecco.
Ad ogni modo ringrazio infinitamente e sempre le persone che stanno leggendo/recensendo questa mia umile storia, a cui però tengo tantissimo.
Un bacio e alla prossima, sperando di essere puntuale.

 
 
 

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Capitolo 9
*** Sfogarsi ***


Capitolo VIII: Sfogarsi
© AleVillain
 





 
 
Yunho era convinto che, da un momento all’altro, sarebbe esploso e la vena che gli pulsava fastidiosamente sul lato sinistro del collo ne era la riprova.
“No, non concepisco” stava continuando a ripetere da mezz’ora, mentre si muoveva freneticamente sul posto “Vi rendete conto?”
I.V e Jeim sbuffarono a ruota. A quanto pare, nessuno dei due aveva portato a termine in modo corretto i compiti assegnatigli. Sembrava avercela in particolare con il rosso e, ben presto, I.V scoprì il perché. Anche perché non sembrava essere messo bene con un braccio, quindi sicuramente era successo qualcosa che non andava.
“Tu, I.V, dovevi semplicemente andare a controllare se Ambra fosse viva… Sei stato via un’ora e mezza!”
Il diretto interessato lo guardò senza battere ciglio, con le mani ben ferme nelle tasche. Lo sapeva benissimo di averci messo più tempo del previsto, non serviva lui a ricordaglielo.
Lo vide pararsi di fronte a Jeim. Per quanto fosse Jeim l’unico del gruppo ad avere il potere del fuoco, in quel momento gli occhi di Yunho si stava colorando di un rosso acceso.  
“Tu hai fatto fuggire il prigioniero! L’unico che pareva sapere qualcosa di più di questa cazzo di storia, tra l’altro” esclamò con furia “Non era difficile!”
Non era difficile?” gli urlò di rimando il rosso, tenendosi un braccio con una mano “Mi ha spaccato un braccio!”
I.V si girò verso di lui. Sicuramente gli aveva fatto parecchio male, ma il braccio di Jeim sembrava tutto fuorché rotto.
“Come ha fatto?” gli domandò, mentre osservava il braccio dolorante del rosso. Lui però sembrava aver messo in secondo piano il fatto di avere un braccio rotto.
“Perché quel genio di Hoseok mi ha lasciato da solo!”
“Come ti ha lasciato da solo?” ripeté Yunho, non sapendo più da che parte sbattere la testa.
“Ha detto che doveva fare colazione, altrimenti il suo fisico ne avrebbe risentito” lo mimò, muovendo la testa e facendo delle smorfie con le labbra “Non lo sopporto quando fa così…” mormorò poi, tra sé e sé.
Yunho si passò entrambe le mani sul viso. Non sapeva con chi doveva prendersela di più: se con I.V che perdeva tempo, con Jeim che lasciava fuggire un prigioniero o con Hoseok che si era fregato altamente di tutto. in realtà sapeva benissimo che l’unica persona con cui doveva prendersela era solo ed esclusivamente sé stesso. Avrebbe dovuto stare più attento e, probabilmente, dare meglio gli ordini. Ma non gli piaceva farsi vedere così; per lui era sempre stato più facile scaricare tutti gli errori sui suoi compagni, esattamente come in quel momento.
I.V lo osservò per qualche istante. Ogni volta succedeva così: Yunho dava loro incarichi e poi, se sbagliavano, era solo colpa loro. Era anche inutile si scaldasse così tanto per quella storia: tra tutti, era sicuramente lui quello ci stava perdendo meno tempo.
I.V cominciava a non tollerare più quel tipo di comportamento.
“Senti, Yunho”
Yunho spostò, di scatto, gli occhi su di lui. Il tono con cui era partito non gli stava piacendo per nulla.
“Dato che Ambra rivuole indietro i documenti e lo zaino, perché non glieli riporti tu? Non hai ancora mosso un dito in questa storia” continuò poi, senza attendere che l’altro parlasse.
Yunho ci mise un po’ più del dovuto a processare la sua domanda. Rimase a guardarlo qualche secondo, come se stesse cercando di capire se quelle parole fossero veramente uscite dalla bocca di uno dei suoi fidati più seri e silenziosi.
“Perché dovrei farlo io? Ormai sei tu che ti stai occupando a pieno di lei. Sbaglio o sei stato tu a studiare i suoi documenti?”
“Sì, perché me lo hai detto tu” rispose a tono il giovane, facendosi, se possibile, ancora più serio di quanto già non fosse di solito.
Yunho avanzò di qualche passo e si posizionò di fronte a lui, incrociando le braccia al petto. Erano alti praticamente uguali, perciò non faticavano a guardarsi negli occhi. Quelli di I.V erano sempre seri e anche questa volta non erano da meno. Sembravano solo più scuri del solito.
“Dammi un altro motivo per cui dovrei farlo io” fece Yunho alzando e abbassando le sopracciglia.
I.V non perse tempo nel rispondere.
“Mandi sempre gli altri a fare le cose per te”
“Sono il capo”
“Non vuol dire niente”
Jeim, intanto, si era fatto da parte e osservava in silenzio la scena. Era sì temerario e presuntuoso, ma mai si sarebbe messo contro il capo durante una discussione di quel tipo.
“Non ti sporchi mai le mani, Yunho”
Yunho, però, sembrava aver già smesso di ascoltare. I.V lo vide spostare leggermente lo sguardo dai suoi occhi ad un punto poco più su. Lo sguardo di Yunho parve farsi più serio, meno spavaldo.
“Quando ti sei curato il sopracciglio?”
I.V serrò le labbra. Ancora non aveva detto agli altri cos’era successo a casa di Ambra. Passò delicatamente le dita della mano sul cerotto. Sentiva ancora del bruciore, ma non era nulla in confronto a prima. Ambra aveva fatto un buon lavoro, glielo doveva riconoscere. Così come doveva riconoscere che era stata gentile nei suoi confronti, a differenza loro.
L’avevano rapita, fatta spaventare e minacciata di morte. Eppure, lei aveva voluto aiutarlo. Non che fosse stato lui in persona a provocarle quei traumi, ma di sicuro non aveva contribuito ad impedirli. Non come lei pensava, almeno. Quando aveva frenato Yunho dal farla sparare, si era buttato di getto contro di lui perché reputava il gesto che il suo capo voleva fare completamente inutile, niente di più.
Il problema era che adesso, I.V, a dispetto di quello che le aveva detto sentiva di essere in debito con lei. L’aveva avvertita che non si doveva aspettare favori in cambio, ma lui aveva pensato che ridarle i documenti sarebbe stato come mettere fine a quello scambio di carinerie. Nonostante quello che le aveva detto sul pianerottolo, aveva avuto subito dopo l’istinto di fermarla e dirle che glieli avrebbe ridati lui. Perché sì, ormai dei suoi documenti non se ne facevano più nulla, già li avevano; tenerseli era stata solo una tattica di Yunho per poterla tenere sotto torchio e prometterle di ridarglieli ogni qualvolta servisse.
Sospirò appena e ritornò con gli occhi su Yunho.
“Prima” rispose semplicemente.
Yunho ghignò appena. I.V sostenne il suo sguardo, ma sapeva che Yunho aveva capito perfettamente la situazione, anche perché, perso nei suoi pensieri, era stato in silenzio qualche secondo di troppo.
“Beh, è stata carina a curarti” disse Yunho “Quando le porterò i documenti le dirò che glieli mandi tu”
I.V distolse lo sguardo e si allontanò da lui, dando le spalle ai due e desideroso di lasciare quella stanza in cui si stava creando una strana tensione.
“Wow, l’hai convinto” commentò Jeim a voce bassa, annuendo appena con il viso, spostando velocemente lo sguardo dall’uno all’altro.
Yunho fece un verso divertito.
“Mi ha convinto, sì” disse, mentre si avvicinava alla porta della stanza, proprio dove si stava dirigendo I.V “Ma lo faccio solo perché so che preferirebbe farlo lui”
I.V alzò e abbassò velocemente il sopracciglio. Non sopportava la supponenza di Yunho, che probabilmente era il difetto peggiore che aveva.
Yunho lo raggiunse in poche falcate, proprio mentre il moro stava aprendo la porta ed era in procinto di uscire. Lo seguì a ruota, ma gli si parò davanti non appena furono entrambi sul corridoio.
“Non ti ci affezionare, I.V” gli disse in tono serio, come se le frecciatine di prima non fossero mai state pronunciate.
Il ragazzo in questione lo guardò.
“Perché dovrebbe succedere?” gli domandò di rimando.
“Perché ti conosco. Sei il più serioso, dimostri meno le emozioni… Ma il tuo cuore funziona meglio di quello di tutti noi”
I.V rimase immobile, impassibile. Allora, forse, Yunho lo conosceva meglio di quanto credesse.
“Lo dico per te, I.V” rimarcò il suo nome “Non ti affezionare. Scopriamo da chi è arrivata la lettera e poi lei ritorna alla sua vita. Si dovrà dimenticare di noi come noi di lei”
I.V non rispose. Lo superò con pochi complimenti e se ne andò.
“Come tu di lei” fece Yunho ad alta voce.
I.V fece la cosa che sapeva fare meglio: lo ignorò.
 

 
***
 

In quei giorni si era resa conto che non aveva avuto modo di parlare con nessuno all’infuori di suo fratello. Non era riuscita neanche ad avere delle chiacchierate con i compagni di università. Anche perché l’ansia la stava seguendo pure là, tra le grandi aule dell’ateneo: come non aveva mai fatto prima, stava notando tutti i ragazzi dagli occhi asiatici che incrociava o vedeva di sfuggita tra i banchi.
Tutta quella soggezione l’aveva portata a cercare conforto all’infuori di casa sua e, soprattutto, all’infuori del suo mondo. Una persona che non c’entrava niente con l’università o con il suo stile di vita in generale.
Non appena si sedette al tavolino di un bar, proprio di fronte alla bionda, sentì immediatamente di aver fatto la scelta giusta.
“Ma quanti minuti dormi a notte?” le domandò con tono scherzoso l’amica, mentre si accendeva una sigaretta.
Ambra finì il suo caffè.
“Minuti?”
“Con quelle occhiaie che ti ritrovi non venirmi a dire che stai dormendo per sette ore filate!”
Ambra ridacchiò.
“Lascia perdere, Rafaelle… Sono costantemente in ansia”
L’amica annuì comprensiva. Ambra sembrava apparentemente tranquilla, ma, a chi la conosceva, era chiaro che c’era qualcosa che non andava. Gli occhi erano più spenti del solito e non aveva la sua solita parlantina.
Di Rafaelle si fidava e, in cuor suo, sentiva di non poter tenersi più quel segreto con sé ancora per molto. Prima o poi sarebbe esplosa. Aveva pensato più volte di dirlo a Giovanni, ma la paura che potessero arrivare ad usare lui per colpire anche lei l’aveva continuamente frenata.
Rafaelle, alla fine, pensava potesse rivelarsi la scelta giusta. Schietta, sincera. Era l’unica amica sua che sapeva del suo passato.
“Cioè, aspetta, fammi capire…” disse ad un certo punto la bionda, dopo aver spento il mozzicone di sigaretta nel posacenere e aver sentito il racconto della ragazza “Tu sei praticamente stata rapita, ti hanno puntato una pistola vera in testa… E tu adesso sei qua tranquilla a prendere un caffè con me?”
Ambra si mordicchiò il labbro.
“Rafaelle, ricordati che io ho dei poteri” spiegò, abbassando di un po’ la voce “In qualche modo posso difendermi meglio di… ehm…”
“Di un semplice umano, sì” tagliò corto Rafaelle.
Ambra sospirò.
“Non c’era bisogno di farmela dire così”
“Oh, figurati se mi offendo!” esclamò l’amica con un sorriso.
Ambra non era tanto convinta, ma lasciò perdere l’argomento.
“E comunque ancora non mi hai fatto vedere qualche sbuffo d’aria, qualche cosa fatta volare” cominciò ad elencare la bionda, mentre gesticolava con una mano.
“Te l’ho detto più volte, Raf: non si può in questo mondo”
“Ma se poco fa hai detto che hai i poteri per difenderti!” ribatté l’altra.
Ambra alzò gli occhi al cielo e si passò una mano sul viso.
“Appunto, per difendermi” puntualizzò “Non per cazzate”
Rafaelle sbuffò intristita. Ogni volta che glielo chiedeva la risposta era negativa, ma lei non demordeva mai. Prima o poi l’avrebbe vista.
Ripensò, poi, a quello che le aveva detto poco fa.
“Però tesoro anche loro hanno i poteri…” tornò seria la bionda “E pure le armi da quanto ho capito”
Ambra annuì tristemente. Poggiò la guancia su una mano.
“Infatti sono in netto svantaggio. Anche parlando numericamente”
Rafaelle parve riprendersi a quella frase.
“Giusto, sono cinque!” fece “Qualcuno di carino ce n’è?”
“Carino?” ripeté Ambra, ridacchiando appena, per nulla stupita dalla domanda dell’amica “Sono tutti belli, altro che carini. Pensa che uno di loro ha gli occhi azzurri, ma sono così chiari che… Non so neanche descriverteli”
Rafaelle portò entrambe le mani sul petto e la guardò con aria sognante.
“Amo i ragazzi con gli occhi azzurri”
Ambra rise.
“Lo so, te l’ho detto apposta” spiegò “Mentre quello che ho visto più spesso ha una voce così calda, così profonda… Non so neanche come spiegartela. Però ha sempre quest’espressione seria…”
Ambra ripensò a quando gli aveva sistemato il sopracciglio. Non sapeva ancora come aveva fatto a convincerlo, ma fortunatamente ci era riuscita. Forse era riuscita davvero a guadagnarsi un po’ della sua fiducia. Il problema era che lo aveva veramente fatto volentieri: quel gesto era il minimo che avrebbe potuto fare per ringraziarlo per avergli salvato la vita, che lui ne fosse consapevole o meno.
“Ti ricordo che io sono single” la fermò subito Rafaelle, riportandola alla realtà “Tu no”
Ambra la osservò stranita. Rafaelle, vedendo che non stava più dicendo una parola, sospirò.
“Ho capito, I.V è il tuo preferito” fece la bionda “Però ricordati che c’è Richar-“
“Non è il mio preferito” la interruppe Ambra “Semplicemente è quello che ho visto più spesso. Per questo penso di sapertelo descrivere meglio” si giustificò.
Rafaelle corrugò le sopracciglia, ma non indagò oltre. Anzi, con il racconto di Ambra aveva pensato ad un’ipotesi plausibile. Sapeva sarebbe andata a toccare tasti dolenti, ma forse era necessario.
“Senti, ma… Hai mai pensato a Selene, vista la situazione?”
Esattamente come si aspettava, Ambra si fece seria.
“No” disse concisa “E non vedo il perché dovrei farlo”
Rafaelle scosse la testa, mentre tirava fuori il pacchetto di sigarette e se ne accendeva un’altra.
“Andiamo” la incalzò, esalando il fumo “I motivi li sai. Ci sono dei cacciatori in ballo, c’è una lettera che probabilmente proviene dal tuo mondo di origine…”
Ambra continuò ad osservarla in silenzio.
“E non solo tuo”
La rossa rimase a pensare su quello che le aveva appena detto l’amica. Non aveva tutti i torti, lo sapeva benissimo, e avrebbe mentito sia a lei sia a sé stessa se le avesse detto che non aveva pensato di contattarla.
Eppure non ce la faceva. Poteva essere l’orgoglio, poteva essere il troppo tempo passato dall’ultima volta che si erano viste o sentite. Ma uscirsene così, dopo anni, poteva solo diventare controproducente.
“Poi c’è anche questa ultima scritta strana della lettera, assieme alla firma” stava continuando a dire la bionda “Insieme alla firma. Hai pensato anche tu a quello che ho pensato io?”
Ambra alzò gli occhi su di lei.
“SDTS…”
“Sì, Rafaelle, ci ho pensato” mormorò Ambra, con un po’ più di durezza nel tono di voce “Ed escludo di gran lunga sia chi credi”
Rafaelle la osservò attentamente, mentre dava un lento tiro di sigaretta. Le dispiaceva vederla così, sapeva che aveva bisogno di aiuto. Ma Ambra doveva essere la prima a smuovere le cose, altrimenti non ne sarebbe mai uscita.
Fu la stessa cosa a cui stava pensando Ambra, mentre tornava a casa dopo quell’uscita liberatoria con Rafaelle. Il problema era che certe situazioni erano immutate da tempo e ormai si era abituata così, le andava bene così. O meglio, se le faceva andare bene.
E poi continuava a ripetersi che meno persone lo sapessero meglio era. Già a Richard aveva raccontato forse troppo, anche se aveva tralasciato dei dettagli. Ultimamente le cose non andavano benissimo; insomma, non si vedevano mai, era ovvio che non andasse bene. Ma era lei stessa a rifiutare uscite. Lui era anche molto comprensivo, visto che a grandi linee capiva la situazione, ma Ambra sapeva che avrebbe resistito ancora per molto. Soprattutto perché non avevano ancora del tutto chiarito la questione vacanze.
Sospirò, mentre tirava fuori dalla tasca del giubbottino nero le chiavi del cancello di casa. Tra un pensiero e l’altro aveva fatto tutta la strada con passo rapido. Fece per inserire le chiavi nella toppa, quando sentì un rumore strano dietro di sé.
Si immobilizzò. Oh, no. Non di nuovo.
Il rumore era stato molto simile a quello delle scarpe che poggiano per terra con forza. Come se qualcuno fosse “atterrato dall’alto”. Magari era solo una sua impressione, ma gli ultimi eventi che avevano intercorso la sua vita la stavano facendo preoccupare per ogni minimo rumore.
Trasse un profondo respiro, mentre provava nuovamente ad inserire la chiave e a girarla, ma stava facendo una gran fatica; stava tremando come una foglia.
Mentre girava con fatica la chiave, sentì dei passi dietro di lei, avvicinarsi sempre di più.
“Ti prego… Apriti…” stava dicendo tra i denti con un filo di voce, mentre riusciva a dare l’ultimo giro di chiave e a spingere con forza il cancello. Vide improvvisamente una mano afferrare il cancello e spingerlo assieme a lei.
Ambra lanciò un urlo spaventato, mentre si girava dietro di sé.
“Cazzo” sussultò, mentre indietreggiava “Scusami!”
Uno dei condomini del suo stesso palazzo la stava guardando con espressione stranita.
“Tranquilla, Ambra” mormorò lui, mentre teneva ancora la mano salda sul cancello “Eri sovrappensiero?”
Ambra deglutì. Che figuraccia. Questa era la riprova, però, che doveva darsi una calmata, non poteva preoccuparsi per ogni minima cosa. Come pensava di poter riprendere la sua vita di tutti i giorni se era ancora così suscettibile?
“Sì, sì… Scusami ancora” farfugliò lei velocemente, mentre gli faceva segno di andare. Era meglio stare alla larga dalle persone che conosceva, prima di fare altre figure di quel tipo.
Il ragazzo annuì e la salutò, lasciandola di nuovo da sola.
Ambra prese di nuovo un respiro profondo. Aspettò che il ragazzo fosse entrato nel portone e poi mosse un altro passo verso il piccolo vialetto condominiale.
Ebbe il tempo di fare giusto un passo, ma venne presa per una spalla da dietro.
Lo sconosciuto la fece voltare con poca grazia.
Non lui. Non di nuovo.
“Signorina Doria. Spero non si sia dimenticata di me”
Ambra strabuzzò piano gli occhi, mentre lui le stringeva una mano intorno al collo.
Forse aveva capito perché si preoccupava per ogni minimo rumore sospetto.
E non aveva tutti i torti.
   
 












 


Angolo Autrice
Ritorno improvviso ed inaspettato!
Che dire, le ventole del mio PC hanno fatto puff all'improvviso, quindi ho dovuto lasciarlo in riparazione per quasi 1 mese intero!
Ho aggiornato oggi stesso che mi è stato restituito, con tanto di 89 eurini partiti per la riparazione (ç.ç), perché ero impaziente di riprendere con la cadenza settimanale!

Tralasciando le mie sfighe... Facciamo come nulla fosse lol
C'è poco da dire su questo capitolo, effettivamente. Mi sembra tutto molto chiaro, posso solo anticiparvi che da qui in poi il ritmo cambierà.
Sarà più veloce? Più lento? Chi lo sa!
Ho intenzione di aggiornare comunque sabato, riprendendo gli aggiornamenti nei week end esattamente a come eravamo rimasti fino all'allora prima metà di marzo. 
Alla prossima!

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Capitolo 10
*** Ancora di più ***


Capitolo IX: Ancora di più
© AleVillain
 
 






 
In quell’ultimo periodo Ambra aveva pensato fin troppe volte di poter morire. E quello era stato l’ennesimo caso.
Lo guardò negli occhi: il suo incubo peggiore era uguale a come se lo ricordava. Solo con più tatuaggi sulle braccia. E sì, forse anche per quello le faceva ancora più paura.
“Hai detto a qualcuno della mia esistenza?” le domandò lui, con calma, come se in realtà non la stesse quasi strozzando.
Ambra riuscì con gran fatica a deglutire.
“N-No…” sibilò a fatica, mettendo le mani sui suoi polsi.
“Sicura?” domandò lui ancora, piegando la testa da un lato.
Ambra tentò di annuire e, nuovamente a fatica mormorò un .
“Sai… Te lo chiedo perché ho saputo che alcune persone di tua conoscenza sono venute a trovare persone di mia conoscenza. Se capisci cosa intendo”
Ambra non rispose. Stava cominciando a dimenarsi, il respiro cominciava a mancarle seriamente. Ma era mai possibile ricevere degli agguati simili proprio sotto casa propria?
Il tizio lo poteva vedere chiaramente nel volto di Ambra la sofferenza che lei stava provando. Ma per lui era necessario, non poteva rischiare di essere scoperto. Non in quel momento. Era ancora troppo presto.
Non riuscì a fare altre domande, perché qualcosa lo colpì violentemente alla nuca. Per il contraccolpo lasciò andare Ambra, la quale tossì più volte accasciandosi a terra. Nonostante ciò, alzò immediatamente gli occhi: okay, di sicuro si sarebbe aspettata chiunque ma non lui.
Yunho afferrò per la maglietta il ragazzo tatuato.
“Sei tu il famoso Fabian?” gli domandò a denti stretti e sopracciglia corrugate.
“No” rispose lui immediatamente, per nulla intimorito “Che cazzo vuoi?”
Yunho lo risbatté a terra con violenza. Odiava che gli si rivolgesse la parola in quel modo, che fosse uno dei suoi compagni o un completo sconosciuto.
“Quindi non conosci questo qui, giusto?” continuò Yunho.
Si voltarono, Ambra compresa, nella direzione indicata dal braccio di Yunho. Non se ne era accorta, ma con lui c’era anche Hoseok che stava tenendo stretto tra le sue braccia muscolose il collo di un ragazzo giovane dalla barba incolta. Ebbene sì, Yunho non aveva perso tempo: dopo il racconto di Jeim, aveva rispedito sia lui che Hoseok alla ricerca dello sconosciuto; fortunatamente lo avevano ritrovato non dopo molto, visto che si era praticamente perso nei campi adiacenti mentre tentava la fuga.
“Lo sai che questo tizio qua è venuto a trovarci una notte dicendo che non dobbiamo rompere i coglioni alla sua banda?” spiegò “Dicendo anche che non aveva idea di dove fosse un certo Fabian e che magari una ragazza dai capelli rossi era già morta”
Il tizio lo guardò senza battere ciglio. La sua espressione era indecifrabile, eppure per Ambra era così familiare, probabilmente per via dell’abitudine ad averlo visto – le ultime rare volte - solo in quel modo.
“E guarda caso ora trovo uno sconosciuto sotto casa di Ambra”
Rimasero in silenzio ancora qualche istante; tutti e quattro erano in attesa che succedesse qualcosa. Poi, d’improvviso, il tizio sputò in faccia a Yunho.
Ambra sobbalzò a quel gesto. Povero lui, non aveva idea di cosa gli aspettasse.
Yunho rimase fermo qualche secondo, prima di pulirsi lo sputo con il dorso della mano. Poi, subito dopo, caricò un pugno che gli finì dritto in un occhio. Ambra si coprì gli occhi e spostò lo sguardo verso il basso.
Il tizio emise un gemito di dolore e si mise di scatto una mano sull’occhio. Yunho approfittò di quell’attimo per comporre un numero e dire semplicemente Sotto casa di Ambra.
Nel frattempo, però, il tizio tenuto fermo da Hoseok stava cominciando a dimenarsi più del dovuto. Hoseok era forte, ma purtroppo per lui il tizio che stava tenendo fermo aveva le gambe libere. Di fatti, cominciò a scalciare come un forsennato, cercando di colpire Hoseok sulle gambe.
Quando ci riuscì, Hoseok cadde a terra per via di quella sottospecie di sgambetto che era riuscito a tirargli il tipo. Quest’ultimo non fu, però, abbastanza veloce da divincolarsi dalla sua presa: Hoseok lo aveva tirato giù con lui e, mentre quello aveva provato ad alzarsi, il cacciatore lo afferrò per la maglietta, tirandola. Cercò di trattenerlo il più possibile, mentre apriva il palmo di una mano in direzione del cancello di fronte al quale era accasciata Ambra. Lei, vedendo la mano di Hoseok nella sua direzione, fece per alzarsi, per paura stesse per fare qualcosa anche a lei, ma una folata rapida di vento proveniente dalla sua destra la spinse a non muoversi; spostò gli occhi nella stessa traiettoria: ebbene sì, Hoseok aveva appena attirato con il suo potere le chiavi di casa di Ambra.
“Ma… Le mie chiavi… ” mormorò lei, con la voce ancora debole per via di prima. Lasciò perdere subito la cosa. Tanto, ormai, peggio di così non poteva più andare. Almeno senza chiavi aveva una scusa in più per non dover uscire di casa; perché sì, già sapeva che dopo quello che stava succedendo in quel momento avrebbe avuto bisogno di giorni interi da sola per riprendersi. Sempre se ne fosse uscita viva.
Hoseok afferrò le chiavi della ragazza, ne prese una a caso dal mazzo e la ficcò di prepotenza nella coscia del tizio, che cominciò ad urlare.
Ma possibile che con tutti quegli urli nessuno accorreva? E soprattutto, perché abitava in una via sperduta nel nulla?
Ambra, di nuovo, girò la testa da tutt’altra parte, cominciando a tremare. Non voleva assistere, non voleva sentire, non voleva più stare là. Avrebbe voluto svenire, almeno ci sarebbe stato solo vuoto e silenzio.
Yunho, nel frattempo, aveva sollevato lo sconosciuto tatuato per il collo e lo stava tenendo a mezz’aria. Gli mise davanti a lui l’indice e il medio dell’altra mano, per poi muoverle velocemente come se avesse appena lanciato un disco invisibile; non era proprio invisibile, ma pur sempre di qualcosa incolore si trattava: dalle sue dita era appena uscito un dischetto tagliente di acqua gelida che gli era finito dritto sullo stesso occhio che aveva preso in pieno con un pugno.
“Se non ci vedrai più da un occhio saprai chi ringraziare” sussurrò Yunho ad un palmo dal suo viso, gli occhi colmi di rabbia “Nessuno mi sputa in faccia senza conseguenze”
Detto questo, lo lasciò cadere con poca grazia. Il tizio tossì, piazzandosi nuovamente una mano sull’occhio. Sentiva un gran bruciore, ma mai e poi mai si sarebbe lamentato a voce alta, davanti al nemico per giunta.  
Gli diede un’ultima occhiata, con l’unico occhio funzionante, mentre si girava dietro di lui.
“Ricordati cosa ti ho detto” disse ad Ambra, per poi alzarsi e cominciare a correre lontano.
Yunho non degnò più di uno sguardo né lui né Ambra. Si affrettò a raggiungere Hoseok e il tipo che gli aveva fatto visita qualche notte prima, il quale si era appena buttato a terra prono, tenendosi la gamba dolorante.
Yunho stava già preparando la mano da piazzargli di fronte alla bocca.
“Vuoi lo stesso trattamento dell’altra volta oppure ci dici senza aiuti chi è quel tipo tatuato?” gli domandò, mentre Hoseok avvicinava nuovamente la chiave sporca di sangue alla ferita che gli aveva appena inferto.
Lui parve, lì per lì, preoccupato alla vista della mano di Yunho. Non era stato per niente piacevole scoprire che era un cacciatore dell’acqua. La sua gola ne aveva risentito parecchio e ancora non si era ripresa del tutto.
Ma, poco dopo, si distrasse guardando un punto oltre le spalle di Yunho.
Cominciò a ridacchiare.
“Che cazzo c’è ora?” esclamò Yunho, corrugando le sopracciglia.
Lui continuò a ridere soddisfatto.
“Mi sa che non siete gli unici ad aver chiamato rinforzi”
Yunho e Hoseok corrugarono le sopracciglia. Ambra, anche se distante, aveva sentito le sue parole e aveva coperto il viso con entrambe le mani.
Detto fatto, qualcuno era sbucato da uno degli alberi ed era atterrato dietro Yunho. Quest’ultimo si era girato appena in tempo per poter parare quella che sembrava a tutti gli effetti una spina di rosa – ma molto più grossa del normale – dalla mano del tizio che gli stava piombando addosso. Yunho venne graffiato all’avambraccio.
Ambra si attaccò al cancello di casa propria e si aiutò a tirarsi su. Tossì di nuovo.
Si sentiva come ubriaca, non sapeva cosa fare, non sapeva dove andare, non riusciva più ad inquadrare la situazione. Prima la minaccia, poi Yunho gli dà un pugno, poi Hoseok ruba le sue chiavi, poi spunta un terzo tizio sconosciuto.
Riuscì a tirarsi in piedi, ma dovette comunque tenersi aggrappata al cancello. Si sentiva come in una bolla, isolata dal mondo, i rumori attorno a lei sembravano essere diventati ovattati, ma le parve comunque di sentire nuove voci. Cosa diavolo stava succedendo?
Cominciò a respirare a fatica, mentre si girava con calma verso la scena di quello che a tutti gli effetti sembrava un combattimento tra due bande di cacciatori.
Le parve di vedere una figura vestita di scuro camminare verso di lei, rapidamente. Le sembrava anche familiare, ma vista la sensazione del momento poteva essere uno scherzo della mente.
La stavano chiamando forse?
Ambra, Ambra, Ambra…
“Ambra, cazzo!”
La rossa si riprese improvvisamente. Allora non era stato un miraggio, veramente lo aveva visto camminare nella sua direzione.
“I.V…?” mormorò piano, sempre con voce debole. I.V l’aveva vista da lontano fare movimenti strani e tenersi salda al cancello, quindi era sicuramente successo qualcosa anche a lei.
I.V sbuffò dalle narici, voltandosi velocemente dietro di lui per qualche istante. Ritornò col viso verso di lei, l’afferrò saldamente per un braccio e la trascinò quasi di peso dietro il complesso del suo condominio, in un punto più riparato.
Ambra si accasciò a terra di nuovo.
“Cos’è successo?” le domandò con tono severo, accovacciandosi di fronte a lei e costringendola ad alzare lo sguardo “E perché hai la voce così debole?”
Il tono quasi cattivo con cui le stava chiedendo le cose la fece preoccupare. Sembrava arrabbiato.
“Mi hanno presa per il collo…” cominciò a dire con calma, mettendosi delicatamente una mano sulla sua gola come per imitare la scena “Ma poi è…”
“Chi?” domandò subito I.V, senza neanche darle il tempo di finire la frase.
Ambra si bloccò. Non poteva dirgli chi era e che lo conosceva, rischiava veramente troppo.
Lo guardò. Lui non stava distogliendo gli occhi da lei nemmeno un secondo, era in attesa di una risposta e non si sarebbe schiodato da lì fino a quando non ne avrebbe ottenuta una.
“N-Non lo so, credo… Credo sia amico di quello…” mentì, facendo segno con l’indice dietro di sé e riferendosi al tipo che era stato ferito da Hoseok “Yunho ha detto che vi ha trovato, o una cosa del genere…”
Ambra sapeva che stava sbagliando a mentire. Era la seconda volta che diceva una bugia su quell’argomento, ma non se la sentiva affatto di rischiare. Neanche con I.V, che era l’unico che non le aveva mai veramente fatto del male nonostante con lei ci avesse a che fare più di tutti.
D’un tratto sentirono un grido strozzato, basso, ed un colpo secco sull’asfalto. Ambra non aveva idea di cosa si fosse trattato ed era piuttosto sicura di non volerlo sapere. Fu a quel punto, però, che sentirono anche delle voci provenienti dai balconi del suo palazzo; finalmente qualcuno si era accorto che qualcosa, in quella via, non andava.
E poi di nuovo un colpo secco. Ma stavolta era stato più che chiaro di cosa si trattava: uno sparo. Anche I.V, quella volta, si girò verso il punto in cui aveva sentito lo sparo.
Ambra sobbalzò, stringendo le mani e mordendosi il labbro.
I.V riportò l’attenzione su di lei.
“Tu non sei in grado di usare il tuo potere?” le domandò, anche se la risposta la poteva intuire già da sé.
Ambra alzò di scatto gli occhi su di lui.
“Scherzi?” gli domandò, con un tono di voce un po’ troppo alto per come era messa la sua gola in quel momento “Ho praticamente passato tutta la vita senza usarlo, non so fare niente”
Ecco, appunto, era proprio quello che si aspettava. Sospirò, ragionando sul da farsi.
“Perché non vai ad aiutare gli altri?” gli domandò lei “Io voglio tornarmene a casa”
I.V corrugò le sopracciglia.
“Tu che dici? Per farti tornare a casa integra bisogna trovare un modo, visto che stanno combattendo proprio di fronte a casa tua, se non te ne fossi accorta”
I.V aveva ragione. Anche Ambra, in realtà, sapeva che era rischioso buttarsi nella mischia solo per poter sgattaiolare nel vialetto di casa. Ma non voleva più stare così vicina a dove si stava svolgendo una lotta tra due bande, di cacciatori per giunta.
Ritornò con l’attenzione su I.V che, constatò, era ancora lì con lei e, per il momento, non sembrava intenzionato ad andarsene.
Forse…
“Ehm… I.V?” fece, a voce bassa, un po’ sperando non la sentisse.
Lui non le rispose, ma ricambiò lo sguardo.
“Tu.. Tu puoi…” tentò, per poi sentirsi talmente in soggezione dal suo sguardo serio che sospirò e abbassò lo sguardo “No, niente… Vai dagli altri”
I.V alzò un sopracciglio.
“No” fece subito lui “Dimmi”
Ambra scosse la testa.
“Vai ad aiutare gli altri, hanno più bisogno di me” la voce le si abbassò di molto verso la fine della frase e dovette tossire nuovamente.
“Se la stanno cavando” spiegò lui, senza in realtà neanche aver guardato a che punto fossero “C’è anche Jeim”
Ambra parve più convinta a sentire che c’era anche lui, ma ciononostante non se la sentiva, c’era ancora troppo imbarazzo e, soprattutto, zero confidenza.
“Dimmi cosa c’è”
Ambra scosse piano la testa.
“Vai dagli altr-“
“Smettila di dirmi di andare dagli altri e abbi il coraggio di chiedermelo”
Quella frase la spiazzò. Non pensava che I.V fosse così bravo a capire le persone. O forse era lei che era un libro aperto, chi poteva saperlo. Probabilmente, però, era la seconda opzione. Non era granché brava a nascondere i suoi stati d’animo; magari era per quello che Giovanni non sapeva come prenderla in quei giorni.
“Non lo sai cosa voglio chiederti” tentò lei, senza nemmeno sforzarsi troppo di replicare – non ne aveva la forza e sapeva già che era inutile.
“Sì che lo so” ribatté lui, con sicurezza e continuando a fissarla negli occhi.
Ambra sospirò. Sentirono un altro sparo e stavolta Ambra lasciò andare un gemito di paura strozzato. Cominciò a torturarsi la pellicina dell’indice di una mano.
I.V la poteva capire. Lui stesso, nonostante non lo stesse dando a vedere, si stava preoccupando per gli altri. Non stava vedendo cosa stesse succedendo e nemmeno stava capendo chi diavolo stesse continuando a sparare, ma degli altri si fidava e, soprattutto, c’era Yunho. Gli si potevano attribuire un sacco di difetti, ma era il migliore a combattere, oltre che il più forte.
I.V decise di approfittare di quel momento di maggiore vulnerabilità e prese con forza entrambi i polsi di Ambra e la costrinse a guardarlo. Ormai lei aveva gli occhi lucidi di paura.
“Dillo” insistette ancora.
“N-Non…” farfugliò, la voce ridotta ad un sussurro.
I.V fece rapidamente roteare gli occhi al cielo. Non aveva più intenzione di cavarle le parole di bocca.
“Cazzo, Ambra!” esclamò, avvicinandosi appena “Se vuoi stare rintanata qui, io resto con te; se vuoi tornare a casa, ti proteggo fino al cancello. Ma abbi le palle di chiedermelo! Sono un cacciatore, ma non mi hai fatto niente di male, perciò non ti voglio sulla coscienza”
Ambra era completamente ammutolita. Sì, avrebbe voluto chiedergli un aiuto per poter riuscire a salire a casa senza rischiare di essere colpita o, peggio, uccisa – come aveva già rischiato fin troppe volte, pensò di nuovo – ma di sicuro non si aspettava che I.V fosse disposto a farlo.
“Rimarresti anche qui…?” gli domandò flebilmente, guardando un po’ i suoi occhi e un po’ oltre le sue spalle, per l’imbarazzo.
“Rimarrei qui, sì” tagliò corto lui.
Ambra meditò qualche istante sul da farsi.
“Tu però hai detto che non dovevo aspettarmi favori in cambio per il sopracciglio”
I.V sospirò.
“Non ti sto facendo nessun favore” disse lui, lasciandole andare i polsi. Ambra si accorse che il tono era serio come al solito, ma meno insistente di prima.
“Perché mi proteggeresti, allora?” continuò Ambra, ormai quasi curiosa di avere una risposta.
“L’ho detto: non ti voglio sulla coscienza” ripeté lui “Fatti bastare questa risposta”
Ambra aprì la bocca per dire qualcos’altro, ma venne interrotta dalle sirene della polizia che stavano accorrendo dove si trovavano loro. Il suono delle sirene sembra aver bloccato il tempo: da dietro il palazzo, Ambra non stava sentendo più alcun rumore. Qualche fruscio, passi rapidi e sussurri.
Ambra si alzò in piedi lentamente, seguita a ruota da I.V, e si poggiò al muro. Sbirciò piano da dietro di esso e osservò in silenzio religioso la scena: la polizia era finalmente giunta sul posto, ma, come per magia, erano tutti scomparsi. Tutti tranne Yunho, che lo vide parlare con espressione sconvolta – stava chiaramente recitando – con un poliziotto.
Anche alcune persone del suo condominio erano scese dal palazzo per andare a raccontare quello a cui avevano assistito. Purtroppo per la polizia, nessuno sarebbe stato in grado di descrivere chi fossero i tizi che avevano appena combattuto in quella via tranquilla della periferia di Milano.
Nessuno tranne lei. Poteva essere la volta buona per denunciarli, poteva forse tornare a respirare e a mandare tutto all’aria.
Smise di sbirciare e ritornò spalle al muro.
Alzò lo sguardo ed incontrò quello di I.V.
“Non dire niente, Ambra”
Se lo aspettava che le avrebbe detto qualcosa del genere; come se gli avesse appena letto nel pensiero. La ragazza si strinse nelle spalle. Per una volta era lei ad avere in pugno la situazione, poteva essere un’occasione per liberarli di loro.
“Mi avete rapita, minacciata con pistole…” cominciò ad elencare, abbassando appena lo sguardo.
“Lo so” disse subito lui, alzando le mani davanti a sé e parlando piano “Ma ti sto chiedendo di non dire nulla”
Ambra rimase seria, ma rialzò lo sguardo su di lui. Sembrava in ansia; era la prima volta che lo vedeva così.
“Dammi un motivo per cui non dovrei farlo” fece ancora lei. La soddisfazione di vederla cedere non gliel’avrebbe data.
Non subito, almeno, pensò un istante dopo. Lo sguardo di I.V sembrava ipnotizzante.
I.V si avvicinò di qualche passo.
“Fallo per me”
Ambra corrugò le sopracciglia. Non sapeva come rispondere a quella frase. Lui, per il momento, non rappresentava nulla nella sua vita, se non qualcuno che…
Che l’aveva aiutata. Non poteva negarlo. L’aveva salvata da Yunho, l’aveva salvata prima, non le aveva mai puntato una pistola addosso, non era stato lui a farla svenire.
I.V con lei si era sempre comportato benissimo, in confronto agli altri.
“Ma…”
“I.V!”
La voce di Yunho proveniva da poco distante dal muro. Questo voleva dire che il cacciatore si era messo a cercarlo.
I.V lanciò un’ultima occhiata ad Ambra, prima di oltrepassare il muro e tornare davanti al cancello di Ambra. C’era ancora la polizia, ma la situazione sembrava più calma.
Dei passi dietro di lui gli fecero intuire che Ambra ne stesse approfittando per uscire anche lei da quello che era stato, per un po’, il suo nascondiglio.
Yunho, accortosi del cacciatore, si avvicinò a passo di carica verso di lui.
Ma si può sapere dove cazzo eri finito?” sibilò tra i denti, in coreano, piazzandosi a spalle larghe ad un palmo dal suo viso.
I.V alzò un sopracciglio. Per i convenevoli ci avrebbe pensato dopo. In quel momento era solo interessato a sapere cosa diavolo fosse successo prima del loro arrivo e con chi era il tizio sconosciuto con cui stavano combattendo.
Mentre preparava l’elenco di domande da fare a Yunho, I.V vide di sfuggita un tizio avvicinarsi dal cancello del palazzo di Ambra. Era stranamente tranquillo, a differenza di tutti gli altri coinquilini che erano ancora agitati e non facevano che confabulare tra di loro e con i poliziotti, il che lo fece insospettire. Si girò meglio verso di lui e, man mano che si avvicinava, il viso gli sembrava comunicare che lo aveva già visto da qualche parte.
Era ancora intento a studiare il volto del moro che stava camminando, stranamente, proprio nella sua direzione, quando vide con la coda dell’occhio Ambra spostarsi precisamente dietro di lui. E fu lì che si piazzò.
Yunho, intanto, stava osservando la scena a sopracciglia corrugate. Non sapeva cosa caspita stava succedendo, ma il problema era che, quella volta, non lo sapeva manco I.V.
“Lo conosci?” domandò ad Ambra quest’ultimo, prima di ritornare con lo sguardo su di lui.
Lei non rispose. La sentì semplicemente respirare veloce, in ansia.
Fu quando gli si parò precisamente di fronte che I.V ricordò chi fosse e dove lo avesse visto.
“Ambra spostati da lì e sali in casa”
Giovanni. Il fratello della rossa, lo aveva riconosciuto dalla foto che aveva trovato nel salotto di casa sua.
Ecco perché era più tranquillo degli altri condomini. Probabilmente sapeva di Ambra, oppure era anche lui un elemento, questo era ancora da scoprire.
Ghignò mentalmente: se solo avesse saputo che la persona che aveva davanti era entrata in casa sua più volte…
Giovanni sospirò e spostò lo sguardo su I.V. Sembrava nervoso e spazientito.
“Ti togli di mezzo?”
I.V alzò un sopracciglio. Simpatico.
“Se vuole venire con te si sposta lei”
Di sicuro l’ultima cosa che voleva era mettersi in mezzo in una discussione tra due fratelli, ma quella frase gli era uscita in automatico; in più, si sentiva già addosso lo sguardo di Yunho, il che voleva dire che era in arrivo un’altra bella ramanzina.
La cosa che, però, lo fece caricare di uno strano moto d’orgoglio fu che sentì, improvvisamente, il respiro di Ambra farsi più calmo. Forse il fatto che lui fosse ancora con lei la stava, in qualche modo, rassicurando?
Non doveva sorprendergli nemmeno troppo, visto che giusto qualche minuto prima le aveva detto che l’avrebbe protetta. Ma gliel’aveva detta la verità: non la voleva sulla coscienza, visto che aveva appurato fosse una ragazza tranquilla e gentile.
Allora perché adesso stava continuando, in qualche modo, a difenderla? A differenza di prima non gliel’aveva chiesto, stava facendo tutto da solo.
Giovanni, nel mentre, sorrise e abbassò lo sguardo, come per darsi una calmata. Si poteva intuire chiaramente quanto si stesse incazzando sempre di più a mano a mano che i minuti passavano.
Lo vide muovere un passo verso sinistra, probabilmente per superarlo e raggiungere Ambra. Quest’ultima, d’istinto, si spostò verso destra.
“Ambra spostati immediatamente da lì”
L’intimidazione di Giovanni la fece sospirare sonoramente. Era in bilico tra il voler andarsene e rimanere piantata lì per il resto della sua vita.
Giovanni, sempre più spazientito, prese I.V per un braccio e fece per spostarlo dalla sua visuale. Quest’ultimo, in automatico, gli prese il braccio con l’altra mano e glielo spostò via con forza.
Si rimise perfettamente davanti ad Ambra.
I.V che cazzo fai? Ce ne andiamo o no?” domandò Yunho, esasperato; subito dopo si guardò in giro. Fortunatamente nessuno stava assistendo alla scena, era imbarazzante a livelli inauditi – almeno per lui.
“Non ti intromettere” disse subito dopo Giovanni “Non sono fatti tuoi”
“Non ti permettere di toccarmi”
Giovanni alzò entrambe le sopracciglia.
“Capisco…” mormorò poi “Sei un cacciatore, giusto?”
I.V non rispose.
“E magari è anche per causa tua che Ambra non mi parla da settimane”
Di risposta, l’altro alzò il sopracciglio e girò di poco la testa dietro di sé. Vide con la coda dell’occhio Ambra, spostarsi da dietro di lui e mostrarsi, finalmente, al fratello.
“No” rispose lei, con voce tremolante “Semmai è l’unico con cui non ho problemi”
Giovanni inspirò ed espirò profondamente.
“Ora che sei uscita, puoi per cortesia salire in casa?” gli domandò nuovamente, con un tono calmo che nascondeva in realtà quanta voglia avesse di urlarle addosso la sua rabbia “Dobbiamo fare un discorsetto”
Ambra non degnò più nessuno delle sue attenzioni e si allontanò dai due, sotto il loro sguardo curioso, camminando rassegnata.
Arrivata davanti al cancello si ricordò, improvvisamente di un ulteriore problema.
Si girò verso Giovanni.
“Non ho più le chiavi” disse tutto d’un fiato. Tanto ormai, arrabbiatura per arrabbiatura.
Giovanni si passò una mano sul viso.
Qualcosa che fosse andato per il verso giusto ultimamente c’era?
















Angolo Autrice
Eccomi qui, come stabilito!
Che dire, questo è uno dei miei capitoli preferiti in assoluto, insieme ad altri che verrano più avanti.
Spero sia stato di vostro gradimento, visto che è più movimentato e più ricco di emozioni.
Ci rivediamo la prossima settimana!!

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Capitolo 11
*** Un filo-logico ***


Capitolo X: Un filo-logico
© AleVillain
 





 

La casa era completamente avvolta in un silenzio surreale. Lei aveva appena finito di preparare un impacco da mettergli sulla ferita, lui non parlava da quando era rientrato in casa.
Lo aveva trovato spettinato, stanco, con una mano premuta sull’occhio. Si era precipitata da lui e gli aveva preso la mano, togliendogliela con molta delicatezza dall’occhio. Si era spaventata non appena aveva visto le condizioni in cui era: gonfio, di un colorito violaceo fuori e, per quel poco che riusciva a vedere le palpebre, all’interno gli era sicuramente scoppiato qualche capillare, visto il rossore. Una sottile linea rosata lo attraversava in verticale.
Non lo vedeva ridotto così da tempo e il fatto che in quel momento fosse messo in quel modo era segno che qualcosa non stava andando bene; ma non aveva idea di cosa stesse combinando.
Ogni tanto lo sentiva svegliarsi di notte e camminare per casa. Poi tornava nel letto con lei, le dava una carezza sul viso e si riaddormentava. E lei non faceva domande. Non era nella posizione per poterle fare, non più.
Quella sera, però, aveva preso coraggio. Gli aveva chiesto cosa fosse successo, perché era ridotto così, dov’era stato. Lui aveva ignorato tutte le sue domande, le aveva dato un bacio sulla fronte e si era seduto sulla sedia della cucina. Lei si era precipitata in bagno a prendere cotone, disinfettante, ghiaccio, cerotti. Qualsiasi cosa le capitasse a tiro, pensava potesse essere utile. Voleva solo il meglio per il suo uomo.
Lui si fece tamponare la ferita con l’impacco freddo che lei aveva preparato. Bruciava da morire, gli faceva male, probabilmente la vista di quell’occhio ne avrebbe risentito per un bel po’ di tempo. Ma non si sarebbe mai e poi mai arreso, avrebbe portato a termine quello che aveva progettato per mesi e, soprattutto, avrebbe accettato le conseguenze, anche quelle in itinere. Tipo quell’incontro di poco prima con i cacciatori neri.
E così li aveva incontrati dal vivo per la prima volta. Il fatto che gli avessero chiesto chi fosse implicava, quindi, che la rossa era stata brava, non aveva detto nulla. Forse con lei poteva stare più tranquillo di quanto pensasse, ma non avrebbe abbassato mai e poi mai la guardia. Era la persona che andava controllata di più.
Dopo qualche minuto di silenzio e di tentativo, da parte di lei, di rimettere a posto quell’occhio distrutto, alzò una mano verso di lei.
“Basta, tesoro” disse piano “Posso finire io. Vai a riposare”
Lei sospirò e si strinse nella vestaglia da casa.
“Non ho fatto niente tutto il giorno” si giustificò “Ti aiuto volentieri”
Lui sospirò e scosse appena la testa, accennando un sorriso. Lei non capiva; non aveva mai capito. E avrebbe continuato a non capire, perché era fatta così. Lui la amava per questo e allo stesso tempo non la sopportava.
Il suo mondo era tutto ciò di cui aveva bisogno, il resto poteva passare in secondo piano. L’unica eccezione era stato lui, che ormai era il suo compagno da anni. A lui aveva dimostrato tanto, quello doveva riconoscerglielo. Ma solo a lui. E non per molto. Alla fine, aveva ceduto anche con lui.
Era fatta così, lei. E col tempo aveva capito perché aveva preso le distanze da praticamente chiunque. Famiglia compresa. Tutta la famiglia compresa.
Alzò gli occhi su di lei. Era bellissima, come sempre. Gli dispiaceva sapere che da lì a non molto le avrebbe provocato un dispiacere enorme? Sì, forse sì. D’altronde l’amava, l’amava da impazzire. E sapeva che potevano essere strategie un po’ contorte, ma era un modo per aiutarla.
Per lui, invece, era solo vendetta.
 
 

 
***


 
I.V era appoggiato a braccia incrociate contro la porta dell’entrata del loro covo. Yunho gli aveva fatto quella domanda.
“Perché la stavi proteggendo?”
Lo sapeva, I.V. Lo sapeva perfettamente. Erano pensieri che gli frullavano in testa da giorni, da quando lei aveva deciso di aiutarlo. Perché per una volta non era stato lui a curarsi le ferite da solo e nemmeno Won Hu. Qualcun altro si era preso cura di lui, qualcun altro aveva deciso di aiutarlo. Ambra era buona, lo aveva capito subito. Era troppo buona per essere capitata in un giro losco come il loro.
Bande di cacciatori, lotte, sparatorie. Non era il mondo di Ambra, quello, ne era sicurissimo. Lei era un elemento solo per luogo di nascita, per il resto era un’umana al cento per cento. Gli elementi non aiutavano mai i cacciatori, per nessun motivo. Erano rivali per natura e dall’alba dei tempi.
Ma Ambra lo aveva aiutato. Ambra, con lui, si era sempre comportata con più tranquillità. E lui glielo aveva sempre lasciato fare.
Si era sentito finalmente qualcuno di importante, e non solo un sottoposto, quel giorno. Quando lei si era nascosta dietro di lui, aveva sentito una piacevole sensazione al petto. Come a dire Ti considero forte abbastanza da potermi difendere. Non Yunho, non Jeim. No, a lei loro due facevano paura, li temeva. E di solito erano proprio loro due quelli che avevano più successo con le ragazze. Yunho era bello come un Dio, Jeim aveva un fascino orientale fuori dalla norma. Anche Hoseok aveva successo, perché ci sapeva fare molto, ma molto bene. E per come lo aveva sempre guardato storto Ambra, si intuiva chiaramente che non era affatto il suo tipo. L’unico che non aveva mai dimostrato interesse nell’approccio con le ragazze era Won Hu. Ma I.V aveva altri sospetti su di lui.
E lui, I.V? Occhi scuri, capelli scuri. Sempre serio. Eppure, da quello che poteva evincere, tra tutti era il preferito di Ambra o, quantomeno, l’unico con cui in qualche modo si trovava quasi bene.
Dovette impegnarsi per nascondere il ghigno di soddisfazione che gli si stava formando sul viso. Avrebbe tanto voluto dire a Yunho che, per una cazzo di volta, una ragazza non se lo stava filando di striscio.
“Tu hai detto che ti serve viva” rispose finalmente, dopo secondi di silenzio, mentre metteva le mani nelle tasche.
Yunho stava fumando di rabbia. Pensò che ultimamente non riuscisse a fare altro.
Decise di darsi una calmata, non faceva bene tutto quel nervosismo all’interno del gruppo. Era il caso di rimanere uniti almeno tra di loro, altrimenti rischiavano di mandare tutto a rotoli e non avrebbero più scoperto la storia dietro a quella lettera.
Ma certi comportamenti andavano controllati.
“Cosa ti ho detto l’altro giorno?” domandò ancora.
I.V lo guardò alzando un sopracciglio. Rigorosamente quello con il piercing, che ormai stava guarendo più che bene, tanto che aveva già tolto il cerotto.
“Hai detto tante cose”
Yunho sospirò.
“Vorrà dire che te lo ripeterò: non ti affezionare a lei”
Il tono con cui lo disse, però, faceva intendere che non aveva ancora finito di ammonirlo.
“E aggiungo un’altra cosa” continuò, muovendo dei passi nella sua direzione “Se dovessi continuare ad avere strani comportamenti nei suoi confronti, ti sollevo dall’incarico per questa operazione”
I.V si staccò dal muro.
“Cosa vuol dire?”
“Quello che ho detto” rispose l’altro, sapendo di aver fatto centro “Non farai più parte di questa ricerca, non dovrai più reperire i documenti necessari”
Fece una piccola pausa.
“Non sarai più tu a doverti occupare di Ambra”
I.V. lo mandò a quel paese mentalmente. Yunho stava usando le sue solite strategie. Era un bravo oratore, Yunho, glielo doveva riconoscere. Riusciva sempre ad evidenziare gli aspetti che, almeno secondo lui, erano più importanti per il suo interlocutore.
“Ti do un’ultima possibilità, I.V” disse poi, cominciando ad indietreggiare per poi dargli definitivamente le spalle “Ambra è un mero strumento di passaggio, che ben presto uscirà definitivamente dalle nostre vite”
 
H 09.46
“Lo capisci allora che sei solo uno strumento di passaggio?!”
“Giovanni ma cosa diavolo-“
“Sveglia, Ambra!” esclamò nuovamente lui, mentre continuava a fare avanti e indietro nel salotto, in fibrillazione e lottando con tutto sé stesso per non lanciare via qualcosa dalla rabbia “Ti stanno usando per capire ‘sta cosa della lettera!”
Ambra sospirò e poggiò il mento sulle mani. Lo sapeva che raccontare la storia a suo fratello non avrebbe portato a nulla di buono. Oltre alla paura che potessero prendere di mira pure lui, si era aggiunto anche il problema “ramanzina”. E quelle di suo fratello non erano mai tranquille.
La sera nello scontro, a dispetto di quanto si aspettava Ambra, Giovanni non le aveva detto nulla. Aveva fatto trascorrere le poche giornate seguenti come nulla fosse successo, il che l’aveva fatta insospettire parecchio. Fu solo quando lei gli rivolse la parola e tirò fuori l’argomento che Giovanni cominciò il suo sproloquio.
“Oh, finalmente te ne sei interessata!” gli aveva detto, per poi lanciare con forza nel frigorifero la mela che aveva preso da mangiare e di cui poi, evidentemente, non aveva più voglia.
Ambra si era permessa di rispondere a quella frase.
“Ma sei tu che hai detto che volevi farmi un discorsetto” si giustificò “Stavo aspettando te”
Subito dopo lo aveva visto poggiarsi al lavandino della cucina, guardare verso il basso e sospirare.
“Magari, per una volta, avrei voluto fossi tu a cominciare il discorso” le aveva detto, mentre ritornava a guardarla “Visto che, ti ricordo, sono settimane che mi eviti come la peste”
E così Ambra si era messa a raccontare tutto quanto, di nuovo. Gli aveva anche spiegato il motivo per cui aveva evitato in tutti i modi sia lui sia il discorso. Ma, inaspettatamente, Giovanni non l’aveva presa bene.
“Ma tu pensi che solo perché non sono un cazzo di elemento non so difendermi da solo?!”
Ambra si era innervosita a quella frase.
“Ah, grazie! Guarda che lo facevo per te!” le braccia incrociate di scatto sul petto “E tu forse non hai ancora capito che quelli sono forti, molto più di un semplice umano, e hanno pure le armi!”
Giovanni, a quel punto, si era quietato per qualche istante.
“Come pensi di fermarla una pallottola, con un pugno?!”
“Okay, ho capito, basta!” gli aveva risposto a tono subito dopo. Figurarsi se si fosse stato zitto per più di venti secondi.
Ambra pensava non ne sarebbe più venuta a capo con quella storia. Si stava creando un casino dopo l’altro e, soprattutto, stava litigando con tutte le persone che stavano attorno.
Con Giovanni, però, era stata più dura di tutte mantenere il segreto e affrontare la situazione dopo, quando ormai stava diventando insostenibile. Era ovvio che si sarebbe arrabbiato, era ovvio che in quei giorni si era preoccupato.
Rafaelle era stata più tranquilla, ma lei era fatta così. Rispettava le vite altrui e si faceva pochi problemi, soprattutto se le situazioni non toccavano lei stessa. Per cui dirlo a lei era stato più facile. Anzi, era sicura che con la bionda avrebbe potuto parlarne in modo più tranquillo. Certo, aveva pensato che potessero prendersela anche con lei, ma per ora i cacciatori avevano dimostrato di voler interessarsi alla vita della sua famiglia, piuttosto che chi le girava intorno. Non avevano mai nominato il suo ragazzo, per esempio.
Già, Richard. Con lui sembrava andare sempre peggio, almeno per lei. Si sentivano, ma molto meno rispetto al solito e in più non si vedevano mai, lui era troppo preso dalla tesi e dalla laurea; il che, alla fine, non era neanche così negativo, Ambra così poteva smaltire il tutto senza tirarlo in ballo più di tanto e senza doversi giustificare anche con lui.
Il problema era che, tra tutti, lui era la persona a cui stava pensando di meno. E non era sicuramente un buon segno. Soprattutto perché in ordine, subito dopo Giovanni che era quasi il suo pensiero fisso, veniva I.V.
Era da quell’attacco sotto casa sua che non faceva che pensare al suo comportamento. Rimaneva piuttosto convinta del fatto che, nonostante lui avesse negato, si trattasse solo di un modo tutto suo per ringraziarla per averlo curato e per ricambiare il favore. Ma i momenti a cui continuava a pensare erano quelli immediatamente dopo, quando l’aveva difesa – ironia della sorte – proprio da Giovanni. E lei, per qualche motivo, si era sentita molto più protetta in quel momento rispetto a prima, quando si era riparata con lui dietro al palazzo.
Perché davanti a Giovanni gli era sembrato tutto molto più naturale.
Oddio, ma quindi adesso devo nuovamente ricambiare il favore?
Giovanni schioccò le dita davanti a lei. Strizzò gli occhi un paio di volte.
“Puoi ascoltarmi, per cortesia? Visto che per una volta sono riuscito a parlarti”
Ambra sospirò, si passò velocemente una mano tra i capelli e si alzò dal divano. Si avvicinò a lui e, senza pensarci due volte, lo abbracciò. Giovanni ricambiò stringendola forte.
Rimasero così per qualche istante, fino a quando Ambra non ruppe il silenzio.
“Ho paura, Gio” gli confessò, poggiando una guancia sulla sua spalla “Ho paura per me e per te”
Giovanni annuì e le accarezzò la schiena.
“Lo so, Am” disse, chiamandola in quel modo per rispondere al nomignolo che lei usava con lui “Ma per me non ti devi preoccupare. So come non farmi trovare, se necessario”
Ambra si rilassò appena.
“Pensa a te, piuttosto. E anzi…” mormorò “Chi era quello dietro a cui ti sei nascosta?”
Ambra si sciolse dall’abbraccio, ma rimase di fronte a lui.
“Oh, I.V intendi” rispose “Davvero, penso che tra tutti sia quello di cui ti debba preoccupare di meno”
Il moro annuì.
“Ho notato” disse, con un accenno di sorriso “Quindi, ecco… Se dovessi tornare lì dove stanno loro, per prima cosa avvertimi. E poi cerca di stare nei paraggi di questo I.V”
Ambra ridacchiò. Quanto gli era mancato questo rapporto con lui.

  
 












 


Angolo Autrice
Un pelo di ritardo, ma tanto si tratta di un piccolo capitolo di passaggio! Anche se ci sono delle particine importanti.
Comunque, come si può vedere, la storia sta piano piano prendendo una determinata piega eheh
Alla prossima!

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Capitolo 12
*** (Ri)provarci ***


 
Capitolo XI: (Ri)provarci
© AleVillain
 








 
 
Qualcuno aveva bussato alla porta.
I tre si guardarono tra di loro, preoccupati. Chi diavolo poteva avere trovato il loro nascondiglio?
Rimasero in attesa ancora qualche secondo, fino a quando sentirono bussare nuovamente.
“Senti, io vado a vedere” disse il ragazzo dai capelli ricci e scuri, camminando lentamente verso la porta. Tolse piano il catenaccio, ma lasciò ancora la porta chiusa. Mise una mano nella tasca posteriore dei pantaloni, a tastare la pistola, e socchiuse appena la porta.
Alzò le sopracciglia e spalancò gli occhi non appena si rese conto di chi si trattasse.
“Fabian?”
“Cosa?!” esclamò subito il biondino con la barba incolta, avvicinandosi alla porta, seguito a ruota dall’altro giovane.
Il diretto interessato si fece spazio dalla porta che il riccio aveva lasciato aperta.
“Ciao, ragazzi” mormorò con un sorriso, come se nulla fosse mai successo prima. Allargò appena le braccia: “Mi siete mancati”
Il riccio si spostò da davanti alla porta e si riposizionò di fianco ai tre.
Il biondino ghignò nervoso.
“A noi no, invece”
Fabian rilassò le braccia lungo il corpo. Se lo aspettava.
“Perché sei qui?” continuò il biondo.
Fabian si mosse di qualche passo.
“Ammetto di aver bisogno del vostro aiuto”
Il biondo scoppiò in una fragorosa risata.
“No, aspetta, fammi capire” mormorò, sempre tra una risatina e l’altra “Tu ci prometti che non ci avresti mai abbandonato, poi ci molli di punto in bianco per una donna e ora torni perché Dio solo sa che cazzo hai combinato?”
Fabian alzò le mani come in segno di resa.
“Hai… Avete ragione” rispose “Ma sono abbastanza sicuro che anche voi avete bisogno di aiuto. Di qualcuno che ritorni al comando e vi sappia guidare in quello che fate”
Il biondo fece segno di no con il capo.
“Il comando l’ho preso io da quando te ne sei andato” rispose a tono.
Fabian abbassò il capo e fece un sorriso strano, mentre alzava i palmi verso l’altro. Subito dopo, ritornò con lo sguardo su di lui, abbassando le braccia.
“Ma io so che avete avuto uno scontro con un’altra banda di cacciatori”
Fabian sapeva di aver fatto centro vedendo l’espressione del biondo mutare da spavalda a seria.
“Da chi l’hai saputo?”
Fabian negò con il capo.
“Nessuno” rispose tranquillo “Io ero lì”
Poi, vedendo che l’altro non stava rispondendo – probabilmente stava cercando di ripescare nella sua memoria – continuò: “Ma tu eri tenuto fermo da un cacciatore coreano…”
“E quindi?” esclamò subito l’altro, visibilmente innervosito. Sì, ricordava che quell’armadio dagli occhi a mandorla lo aveva stretto per il collo tenendogli la testa sollevata, per questo non ci aveva minimamente fatto caso.
Fabian ghignò appena. Avvicinandosi a lui e mettendogli le mani sulle spalle. Solo in quel momento, il biondo si rese conto che c’era qualcosa che non andava nel suo occhio destro. Era scuro e sembrava fare fatica a tenerlo aperto.
“Joseph…” disse poi Fabian, facendogli distogliere l’attenzione dal suo occhio “Voi avete bisogno di me. E io, quell’errore, non lo rifarò più”
Joseph lo squadrò per qualche istante.
“Chi me lo assicura?”
“Io. E vi dovreste fidare ciecamente” rispose “D’altronde, sono o non sono il capo?
 



 
***



 
Era da giorni che Yunho non riusciva a rilassarsi. Troppi pensieri offuscavano la sua mente, troppi dubbi e troppe domande a cui ancora non aveva trovato risposta. Continuava a pensare che in tutta quella storia mancassero dei tasselli e la conferma l’aveva ricevuta proprio durante l’ultimo attacco; era arrivato sotto casa di Ambra per portarle quei dannati documenti, ma guarda caso l’aveva trovata tra le mani di qualcuno, che non sembrava avere proprio buone intenzioni. Tra il trambusto generale e la fretta di avere delle informazioni, non aveva neanche pensato di chiederle chi fosse e se lo conoscesse.
Secondo Yunho la risposta era ovvia. Lo conosceva. Non si spiegava come fosse così presa di mira dai cacciatori, altrimenti. Loro avevano un motivo per tormentarla in continuazione, ma quello lì? No, sicuramente c’era qualcosa sotto. Quel tipo tatuato era un conoscente di Ambra. Ciò implicava che gli aveva mentito quando le aveva chiesto se conoscesse dei cacciatori. Ma perché farlo, perché mentire? Che fosse stata minacciata anche da lui?
Yunho sospirò e tirò fuori dal cassetto della sua scrivania privata la carta d’identità della giovane e se la rigirò tra le dita per qualche secondo. Che cosa ne doveva fare di lei?
La cosa ideale sarebbe stato, forse, smettere di averci a che fare. Tagliare definitivamente i ponti e contattarla solo per sapere da dove diavolo provenisse quella lettera, da chi e, soprattutto, come caspita fosse finita da loro. Sì, era l’opzione migliore, per lui e per gli altri. Uno degli altri in particolare.
Non gli stava affatto piacendo come si stava comportando I.V nei confronti della rossa. Era abbastanza sicuro non fosse già arrivato a quel punto, ma voleva scongiurare in ogni modo la nascita di qualche sentimento da parte di I.V nei confronti di Ambra. Era un cacciatore, aveva altro a cui pensare.
Il problema era che tagliare drasticamente i ponti arrivati a quel punto era rischioso. Se Ambra non cominciava a fidarsi di qualcuno di loro, Yunho non sarebbe mai riuscito a scoprire chi fosse veramente quella ragazza e cosa stesse nascondendo – o addirittura chi stesse coprendo.
Sospirò. Lanciò la carta d’identità nel cassetto da dove l’aveva tirata fuori e lo richiuse con un tonfo secco. Lasciò la sua stanza e si diresse verso quella di I.V. Aveva altro in mente.
Bussò alla porta della sua camera. I.V fu rapido ad andare ad aprire.
Non appena vide che era Yunho, alzò il sopracciglio, ma non disse nulla.
“Visto che questa è la tua espressione da tutti i giorni, deduco tu stia bene”
I.V sospirò appena.
“Cosa c’è?”
“Devo parlarti” rispose Yunho, senza troppi giri di parole “Diciamo che ho cambiato idea”
I.V lo guardò stranito.
“Cioè?”
Yunho incrociò le braccia al petto.
“Sono sempre più convinto che Ambra stia accuratamente evitando di dirci qualcosa. Forse per paura, non lo so”
I.V rimase in ascolto, cercando di capire dove stesse andando a parare.
“Per cui ho deciso che sei libero di andare da Ambra e comportarti come più ti pare e piace”
Il ragazzo restò a guardarlo per qualche istante, non sapendo se la sua fosse o meno una battuta. Quando si rese conto che Yunho si era zitttito e l’espressione era ancora seria, scosse la testa.
“Ma per favore” mormorò e fece per chiudere la porta.
Yunho ci mise un piede in mezzo, impedendogli di farlo.
“Non ti sto chiedendo una gentilezza” gli disse severo “Questo è un mio ordine”
I.V riaprì appena la porta.
“Deve fidarsi di qualcuno di noi per far sì che ci riveli qualcosa. E tu, al momento, sei l’unico nella posizione di farlo”
I.V si guardò in giro per qualche istante, non sapendo da dove partire. Da quando in qua Yunho cambiava idea così velocemente?
“Prima mi minacci di sollevarmi dall’incarico, ora le devo stare appresso?” domandò, sempre più stranito.
Yunho si avvicinò alla porta.
“Mancano dei pezzi in tutta questa storia, I.V” spiegò rapidamente “E sono certo che Ambra sa qualcosa che noi non sappiamo. E tu devi scoprirlo”
Si rimise dov’era prima.
I.V si passò una mano tra i capelli. Alzò la testa verso il soffitto e si scroccò il collo. Ritornò con lo sguardo su Yunho.
“Cosa vuoi che faccia?” domandò, sospirando appena con tono arrendevole.
“Quello che ritieni necessario. Hai carta bianca”
I.V alzò nuovamente il sopracciglio.
“Anche se so che sto correndo un grosso rischio”
“Cosa intendi?” gli domandò subito l’altro.
Yunho ghignò appena, quasi divertito.
“Secondo te perché ti sto continuando a ripetere di non affezionarti a lei?”
I.V parve colpito da quella domanda. E per Yunho questo non era affatto un buon segno. Anche la risposta del cacciatore non gli piacque affatto:
“Potevi chiedere a qualcun altro, allora”
“Non sarebbero credibili”
Aveva ragione e lo sapeva anche I.V. Lo aveva intuito da solo che, tra tutti, era l’unico che ci sarebbe potuto riuscire, vista la situazione in cui stava versando. Ma era proprio questa la situazione di limbo in cui si trovava Yunho; sia da una parte che dall’altra, rischiava di perdere qualcosa. Lasciare andare Ambra, significava avere degli anelli mancanti a quella catena che stavano piano piano ricostruendo per risalire al mittente della lettera e visto quanto stavano navigando a vista, non se lo potevano affatto permettere. D’altra parte, però, fare in modo che Ambra si legasse in modo particolare ad uno di loro, comportava il rischio che anche questi si legasse a lei.
Pensando ciò, guardò dritto negli occhi I.V.
“I.V”
Il diretto interessato alzò gli occhi al cielo.
“Sì, sì, lo so” ripeté con tono scocciato “Non mi devo affezionare. Ho capito”
“No. Comincia già a dimenticarla. Devi approfittarne e basta”
I.V corrugò le sopracciglia, mentre sentivano un rumore strano provenire dal fondo del corridoio.
“Cosa vuol-“
“Ragazzi!” la potente voce di Hoseok raggiunse d’improvviso le loro orecchie.
Yunho sospirò ad occhi chiusi. Quel ragazzo aveva sempre un tempismo pessimo. Si voltò dietro di sé e vide Hoseok camminare fieramente nella loro direzione, sventolando dei volantini di colore rosso con delle scritte gialle.
Yunho già stava pensando al peggio.
"Cosa?" gli disse, senza neanche provare a nascondere l'interesse pari a zero che aveva nei confronti di quello che gli avrebbe detto Hoseok. Anche perché non si aspettava di certo chissà che.
"Che sono quelle facce?" continuò imperterrito, continuando a passare lo sguardo dall'uno all'altro.
"Guarda che il casino che hai combinato con il prigioniero non l'ho mica dimenticato" lo ammonì subito Yunho.
Hoseok roteò gli occhi al cielo.
"Lo so, capitano"
"Puoi non chiamarmi così?" gli rispose a tono il diretto interessato.
Hoseok ridacchiò. Lo aveva fatto apposta, sapeva quanto gli desse fastidio essere soprannominato in quel modo.
Poi, come se si fosse improvvisamente reso conto che qualcosa non andasse, la sua espressione mutò da euforica a sospettosa.
"Ho interrotto qualcosa, per caso?"
"Perspicace..." mormorò I.V, poggiandosi allo stipite della porta e infilando le mani nelle tasche.
Hoseok scosse la testa, farfugliando qualcosa contro di lui a voce bassa.
"Allora? Che ti serve?"
L'altro cambiò nuovamente espressione, tornando allegro come un attimo prima. Con un sorriso a trentadue denti, alzò vicino al viso i volantini rossi che teneva stretti tra le dita.
"Signori, rullo di tamburi... Abbiamo una festa!"
"Che cazzo di idea…"
"Alt, Yunho!" esclamò poi, subito dopo, guardando il capo.
Yunho lo guardò stranito.
"Non ho detto niente" rispose, allargando appena le braccia "Stava parlando I.V"
Hoseok annuì e gesticolò appena con una mano, come a dire che non avesse importanza chi avesse parlato o meno.
"Sì, giusto, ma so cosa stai pensando. Non se ne parla e bla bla"
Yunho alzò e abbassò velocemente il sopracciglio.
"Wow, allora un po' mi ascolti quando dico le cose"
Hoseok non rispose alla frecciatina.
"Lasciatemi spiegare: c'era questo tizio che distribuiva volantini, ma solo a persone in particolare. Tipo, ha fermato me, ma non quello che gli è passato davanti prima..."
I.V e Yunho rimasero in ascolto con espressione seria, più che altro cercando di non perdersi nemmeno una parola di quello che diceva solamente perché i racconti di Hoseok erano sempre parecchio confusionari; e quello che stava imbastendo in quel momento, non sembrava da meno.
"Così quando ho preso il volantino ho capito perché: è una festa per cacciatori!"
I.V alzò le sopracciglia fingendo stupore.
"Che notiziona" commentò poi.
Hoseok si rabbuiò appena.
"Oggi sei particolarmente acido"
Yunho sventolò una mano, riportando l'attenzione su di sé.
"Lascialo perdere. Non gli va mai bene niente, lo sai"
I.V gli lanciò una rapida occhiataccia.
"Dove sarebbe 'sta festa, quindi?" fece Yunho, fingendosi interessato.
"Non troppo distante da qui" gli allungò un volantino "Mezz'ora di macchina e ci sei"
Yunho prese in mano il foglietto rosso dalle scritte gialle. C'era segnata data, ora e luogo. C'era specificato in modo criptato chi erano gli invitati e c'era scritto che si poteva portare un accompagnatore a testa.
"Yunho, te lo dico: io mi voglio portare una donzella" se ne uscì Hoseok.
Yunho sbuffò sonoramente.
"Mi sembrava strano non mi dovessi chiedere altro"
Hoseok rise.
“Non potevo farmi sfuggire un’occasione del genere”
I.V sbuffò appena, per nulla sorpreso. Yunho corrugò le sopracciglia, mentre ritornava con gli occhi sul volantino.
Man mano che lo osservava, si insinuava sempre di più nella sua mente il pensiero che quella festa potesse diventare un’occasione interessante per loro. Generalmente, a quella tipologia di feste private partecipavano un sacco di cacciatori; questo voleva dire che, se succedeva anche in quel caso, avrebbero avuto modo di farsi un’idea di chi fossero i cacciatori della zona. Avevano girato in lungo e in largo per l’Italia e in quel quartiere non si erano stabilizzati da molto. Anche se avevano già avuto modo di conoscere diverse bande, sicuramente ne mancava all’appello ancora qualcuna.
Yunho espirò dalle narici, mentre piegava il volantino e se lo metteva in una tasca della tuta.
“Va bene”
Hoseok, che nel frattempo si era messo a spiegare ad un totalmente disinteressato I.V la location e il dress code della festa, si bloccò con ancora le mani che stavano gesticolando a mezz’aria.
“V-Va bene?” domandò, guardando Yunho negli occhi.
Anche I.V si girò stranito verso il maggiore. Non ci stava credendo.
“Sì, va bene” disse ancora Yunho, alzando appena le spalle “Per me possiamo andarci. Ancora non conosciamo tutti i cacciatori della zona” ed è un’occasione per individuare eventuali sospetti pensò tra sé e sé.
Hoseok sembrava un bimbo a cui avevano appena regalato un pacco di caramelle.
I.V, invece, continuava a scrutarlo con sospetto. Avrebbe tanto voluto entrare nella mente di Yunho per capire cosa diavolo gli frullasse nella testa in quel periodo. Quei continui cambi di idee non gli stavano piacendo affatto.













 
Angolo Autrice
Questo capitolo è un punto di partenza per una serie di (s)fortunati eventi che capiteranno a chiunque in questa storia. Tenetevi forte! Vi rassicuro comunque sul fatto che già il prossimo capitolo presenta fatti più "concreti"; non che questo non ne abbia, sopratutto partendo da come si apre (eheh) però so che la gente vuole la ciccia, vuole le actions!
E dal prossimo capitolo ce ne sarà, almeno secondo me.
Intanto vi auguro un buon week end, alla prossima!

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Capitolo 13
*** Va 'pensieri' ***


Capitolo XII: Va “Pensieri”
 
 
 









 
H 14.31
Ambra era stranamente agitata.
Continuava a pensare a come rispondergli ad eventuali domande, perché era sicura ce ne sarebbero state. Continuava a pensare a come approcciarsi a lui, se doveva fiondarsi a baciarlo oppure doveva aspettare prima una sua mossa.
Forse, allora, non era così strano che fosse agitata. Si stava facendo mille pare solamente perché doveva incontrare il suo ragazzo. Cavolo, il suo ragazzo! Non qualcuno a caso. Era ovvio che avrebbe potuto baciarlo subito, era ovvio che doveva aggiornarlo almeno in parte riguardo tutto quello che era successo in quelle settimane.
Richard, tra le persone strette che aveva, era quello che sapeva meno. Sarebbe stato legittimo da parte sua essere curioso, essere arrabbiato.
Ambra sospirò, mentre aspettava pazientemente seduta sulla panchina del parco. La temperatura era scesa di qualche grado, perciò aveva optato per un cappotto un po’ più lungo nero e un basco. Sotto, un abitino blu che gli arrivava alle ginocchia e gli stivaletti.
Si era vestita bene per lui, si stava ripetendo da quando era uscita di casa. Sentiva il bisogno di ripeterselo, perché automaticamente aveva passato buona parte della strada da casa al parco guardandosi intorno, continuando a domandarsi la stessa cosa: I.V mi starà controllando anche oggi?
Scosse la testa rapidamente e si guardò intorno qualche istante. Finalmente lo vide comparire dal fondo della strada, per poi imboccare il sentiero che portava direttamente dentro il parco.
Si alzò in piedi e, dopo essersi data una rapida sistemata a cappello e vestito, gli andò incontro.
Lui si fermò non appena furono di fronte all’altra.
“Ambra…” sospirò lui, mentre accennava un sorriso e si avvicinava.
Eccolo, ci siamo pensò lei tentando ricambiare il sorriso Adesso mi dice che mi deve parlare o che è arrabbiato.
Si guardarono negli occhi qualche istante. Lui le prese delicatamente il viso tra le mani e le diede un bacio sulle labbra leggero, delicato. La rossa chiuse gli occhi, godendosi quel momento. Si rese conto di quanto le fossero mancati quei baci.
“Ti devo chiedere scusa” le disse, non appena si furono staccati.
Ambra corrugò la fronte. Tutto si aspettava, tranne che delle scuse da parte sua.
“Per cosa?” gli domandò, sinceramente curiosa.
“Sono sempre assente, amore” le disse, carezzandole piano il viso con l’indice della mano “E mi dispiace tanto”
Ambra si sciolse al suo tocco e alle sue parole. Si sentì, inoltre, molto più rassicurata; poteva spiegargli cos’era successo con più tranquillità, anche se si era ripromessa di omettere certi dettagli.
Anche con Giovanni non era stata del tutto sincera; aveva, di nuovo, tralasciato il dettaglio forse più importante della storia, ovvero Fabian. Ma le faceva così paura, che al solo pensarci un brivido le attraversava la schiena. E allora, sentendo questa spiacevole sensazione semplicemente pensandolo, come poteva anche solo nominarlo davanti a qualcuno?
“Ma figurati” gli rispose lei “Stai lavorando sulla tesi, ti stai preparando per questa laurea e fai bene”
Richard le diede un bacio sulla testa.
“Sì, anche”
Ambra lo guardò stranita. Non fece in tempo a dire altro, che il ragazzo la prese per una mano e cominciò a camminare nella direzione da cui era venuto.
“Dove stiamo andando?” gli chiese, mentre gli si affiancava.
“A casa mia”
“Ah” fu l’unica cosa che riuscì a dire lei. Però forse era meglio così, almeno potevano parlare in un posto più isolato, lontano da orecchie indiscrete.
Richard si girò verso di lei, forse intenzionato a dirle qualcosa, ma si rigirò in fretta davanti a sé.
La rossa lo aveva osservato con la coda dell’occhio, insospettita.
“Tutto bene?” gli domandò.
“Sì, certo” rispose il ragazzo con sicurezza “Solo mi aspettavo una reazione diversa, tutto qua” ridacchiò poi.
Ambra continuò a guardarlo, cercando di capire dove volesse andare a parare.
Richard scosse appena la testa.
“Ti sto dicendo che stiamo andando a casa mia…” cominciò a spiegare, con tono allusivo “Io e te da soli… E non ci vediamo da tanto”
Ambra rimase a labbra socchiuse per qualche istante. Poi sorrise appena, abbassando lo sguardo imbarazzata. Non sapeva neanche perché si sentiva così in imbarazzo; in fondo stavano insieme da un po’, non era di certo la prima volta.
Però ultimamente tutto quel mood era svanito; stavano discutendo più del solito, Richard non aveva quasi mai tempo per lei e lei stessa stava avendo una serie problemi al momento molto poco risolvibili, ma assai importanti e che le portavano via la maggior parte del tempo, oltre che occupare la sua mente.
Ambra si schiarì la gola, come per riportarsi da sola al presente.
“Non ti va?” mormorò Richard, abbassando volutamente la voce.
Ambra si girò appena verso di lui.
“Sì, mi va… Solo che io avrei diverse cose di cui parlare con te”
Richard fece un verso di lamentela.
“Eddai, Ambra” disse, tirandola poi con la mano verso di sé e circondandole la schiena con l’altro braccio “Puoi dirmele dopo”
“Ma sono importanti…” insistette lei ancora. Doveva assolutamente parlargli, anche perché finalmente Richard aveva trovato del tempo da dedicarle e ciò voleva dire che se lei spariva per motivi legati a quella lettera, lui doveva esserne al corrente.
“Dopo” tagliò corto lui, abbassandosi verso di lei e dandole un piccolo morso sulla guancia “Anche perché ti conosco: in queste settimane non avrai messo piede fuori di casa neanche una volta”
Ambra si sentì colpita da quella frase. Davvero pensava che il suo mondo ruotasse unicamente attorno a lui?
“Cosa intendi?” gli domandò, facendosi più seria.
Richard alzò appena gli occhi al cielo.
“Ecco, lo sapevo” sospirò “Non ti sto offendendo, tranquilla. Dico solo che oltre a me non hai una granché vita sociale… Però io non mi sono mai lamentato di questo, lo sai”
Ambra aveva percepito l’ultima frase come a voler giustificare il suo pensiero.
“Guarda che io vado in università” gli ricordò. Non era di sicuro l’unico che tra i due si sarebbe laureato.  
“Ma andiamo Ambra, salti quasi tutte le lezioni”
“E quindi?!” esclamò lei “E poi non è vero che le salto quasi tutte! Ultimamente ci sto andando praticamente tutti i giorni”
“Non è anche perché non ci sono io?” andò avanti lui, come se le parole di lei non contassero nulla.
“Mi fai arrabbiare quando fai così” rispose Ambra “Ho degli interessi oltre a te”
“Del tipo?” le domandò lui.
Ambra aprì bocca per rispondere, ma si rese conto che non sapeva minimamente cosa dire. Non faceva sport, non seguiva serie tv, non era una divoratrice accanita di libri. Forse Richard aveva ragione, la sua vita era praticamente vuota senza di lui. Ma non poteva essere vero; insomma, non aveva solo il suo ragazzo. Aveva suo fratello, aveva delle amiche.
Già, ma oltre ai suoi affetti più cari lei cos’aveva?
Fu un pensiero che la tormentò per tutta la strada fino a casa del ragazzo.
Quest’ultimo si era accorto che c’era qualcosa che la stava turbando. Ma sapeva anche di aver fatto centro.
“La riprova che hai bisogno anche tu di sano sesso”
Ambra boccheggiò qualche istante, mentre lui apriva la porta di casa e la faceva entrare. Richiuse la porta dietro di sé, senza premunirsi di chiuderla a chiave.
La rossa si tolse il cappello e lo poggiò sul tavolo del salotto, ancora meditando sulla sua – inutile – vita. Era così lei: niente di più che una studentessa dalla vita semplice, circondata da pochi affetti e con un passato misterioso, ma che ormai per lei non rappresentava che un mero ricordo. Era così lei, da quando era in quel mondo: ma per quanto ancora le sarebbe andato bene?
Immersa nei suoi pensieri, non si era accorta che Richard aveva mosso dei passi nella sua direzione e si era posizionato dietro di lei. Aveva poggiato le mani sui suoi fianchi e cominciato a passare il naso sul collo.
Ambra sentì un leggero brivido sulla pelle. Si sentiva però frenata rispetto al solito. Le sue parole l’avevano colpita, forse più del dovuto.
“Richard, io… Io vorrei raccontarti, a dire il vero” provò lei, mentre sentiva le labbra del ragazzo poggiarsi sul collo “Sono successe un po’ di cose”
“Mh-mh” fece lui, senza però prestare veramente attenzione a quello che stava dicendo.
“Richard….”
“Me lo dici dopo” disse con voce roca, mordendole appena il collo.
Ambra rinunciò ad insistere. Era inutile, ma quel senso di inadeguatezza non la voleva abbandonare, nemmeno durante quel momento, in cui sarebbe stato bello avere la testa completamente sgombera da pensieri.
Non riusciva a togliersi di dosso quel senso di incompletezza, neanche quando Richard la fece voltare e la baciò con passione. Neanche quando la lingua del ragazzo prese a cercare con foga la sua, quando le sue mani cominciarono a spogliarla del cappotto, quando le carezzò le cose e strinse i glutei tra le sue mani.
“Salta” le disse con voce bassa e roca, mentre l’afferrava nuovamente le cosce e lei eseguiva quando richiesto; la mise sul tavolo e le divaricò le gambe.
Ambra stava cercando di ricambiare quelle carezze con quanta più passione poteva, ma sentiva di non avere lo stesso bisogno che invece lui bramava.
Le mani di Richard l’aiutarono a disfarsi del vestito, per poi riprendere a baciarla sul collo e scendere fino ai seni, ancora coperti dal reggiseno. Se ne sbarazzò in fretta e prese a torturarla piacevolmente con lingua e denti.
Ambra buttò la testa all’indietro chiudendo gli occhi, costringendosi a lasciare da parte i pensieri negativi.
 



 
***


 
 
H 19.01 
Ambra si riguardò ancora un paio di volte nel riflesso della portineria del suo palazzo. Aveva sempre vergogna a tornare a casa dopo essere stata da Richard, se poi si doveva interfacciare con Giovanni. Non che fosse stupido e non sapesse, ma con lui c’era sempre quel senso di vergogna dato dal fatto che fosse il fratello maggiore. E poi, ultimamente, ogni volta che gli nominava Richard lui faceva un’espressione strana.
“Non ti cerca mai” le aveva detto una volta “Non ha mai tempo per te”
Ambra, ripensando a quella frase, constatò quanto avesse ragione. Ma poteva comunque spezzare una lancia a suo favore: lei, ultimamente, non faceva altro che dormire e andare in università. Non si stava di certo impegnando molto più di lui.
Quel pomeriggio passato a casa sua le aveva fatto bene, sicuramente. Sentiva di aver in qualche modo scaricato lo stress. Il problema iniziale, però, era rimasto: con Richard era difficile parlare. Ogni volta che aveva provato ad introdurre l’argomento, lui aveva sviato o direttamente sminuito la cosa. Capiva che per lui poteva risultare difficile credere a poteri, elementi e cacciatori, ma come ci era riuscito suo fratello, poteva riuscirci anche lui.
Dopo aver constatato di essere apparentemente in ordine, si avviò verso la porta di casa. Aveva una fame da lupi, perciò sperava che Giovanni si fosse già messo a cucinare.
Mosse un passo sullo zerbino mentre tirava fuori le chiavi, ma si rese conto di aver pestato qualcosa di rumoroso. Guardò in basso: sotto il suo stivaletto nero, c’era un foglio rosso dalle scritte gialle, tutto spiegazzato.
Lo raccolse e diede uno sguardo a cosa ci fosse scritto, anche se continuava a pensare che si trattasse di pubblicità.
 
 
A caccia di… Feste!
Una serata per mangiare, bere, divertirsi e conoscersi
Possibilità di portare un invitato a persona
ATTENZIONE:
Solo i veri cacciatori di feste sanno chi può partecipare
SEGNATEVI LA DATA: 26/04/2017

 
 
 
A caccia di feste… Cacciatori…
“Non è che…?”
La porta di casa si aprì di scatto.
“Gio!” esclamò lei, sobbalzando.
“Am!” ripeté lui, con tono divertito “Ti ho visto arrivare dal balcone, ci hai messo una vita a fare dal portone a qui”
Ambra annuì, diventando appena rossa sulle gote.
“Sì, scusa” mormorò, per poi superarlo ed entrare in casa.
“Ho deciso che per stasera mangiamo pollo…” cominciò a raccontare Giovanni, mentre chiudeva a casa la porta di casa e si dirigeva in cucina. Ambra annuiva nella sua direzione ogni tanto, ma non lo stava veramente ascoltando.
Non stava capendo come mai si fosse ritrovata davanti casa quel foglio. In un periodo qualunque della sua vita, avrebbe potuto pensare si fosse trattato di un errore. Visti gli ultimi avvenimenti però, era piuttosto certa che qualcuno ce lo avesse messo lì di proposito. Ma perché poi darlo a lei? Se questa festa era veramente di quella tipologia che pensava, c’era comunque qualcosa che non andava. Lei non era un cacciatore, era un elemento.
Ambra sospirò, poggiando il foglietto sul tavolino dell’ingresso. Si tolse cappotto e capello, continuando a pensare al farsi; mentre appendeva il cappotto all’appendiabiti, sentì una vibrazione proveniente dalla tasca.
Giusto, Richard. Le aveva chiesto di scrivergli appena arrivata a casa.
Tirò fuori dalla tasca il telefono, ma non appena accese il display rimase sorpresa.
 
From [Numero sconosciuto] To Ambra H 19.06
Hai visto l’invito? È una festa per cacciatori, ma io ti ci farei imbucare. È la cosa più utile per te. I.V
 
 
Ambra rilesse il messaggio più volte. Aveva una sfilza di domande da fargli. Salvò rapidamente il suo numero, poi riaprì la sezione messaggi.
 
From Ambra To I.V H 19.08
Sono un elemento, perché dovrei partecipare? Quando hai messo il foglio sul mio zerbino? E poi dove caspita hai preso il mio numero?
 
 
Ambra rimase ad osservare lo schermo fino a quando non lo vide illuminarsi nuovamente, ma stavolta non era un messaggio. Era direttamente una chiamata.
Ambra cominciò ad agitarsi, senza neanche sapere perché. Corse in camera sua, si chiuse la porta dietro di sé e si schiarì la voce.
“S-Sì?”
“Vado con ordine” cominciò I.V. Ambra deglutì: la voce di I.V era profonda anche al telefono “Per te è utile sapere chi sono i cacciatori che vivono nella tua zona, il foglio l’ho messo nel primo pomeriggio appena ti ho vista uscire di casa e, terzo, ti ricordo che abbiamo tenuto il tuo telefono per qualche ora. Lo abbiamo usato per chiamarci e avere il tuo numero”
Ambra rimase in ascolto. Prese parola solo quando sentì che anche lui era in silenzio. C’era una cosa in particolare, tra tutte quelle che lui aveva detto, che le era rimasta impressa.
“Mi hai visto uscire?”     
“Sì” rispose lui, diretto.
Ambra strinse le labbra.
“Beh?” fece ancora lui, in attesa. Ambra già se lo immaginava con un sopracciglio alzato.
Con quel pensiero, si ricordò del piercing.
“Come va il sopracciglio?”
“Ho tolto il cerotto e non sanguina più” spiegò brevemente lui “Quindi ho rimesso il piercing”
Ambra si fece andare bene quella spiegazione raffazzonata.
“Comunque, io… Non credo di voler andare ad una festa di cacciatori”
“Lo so” fece lui tranquillamente “Ma devi imparare a conoscere di quali cacciatori puoi fidarti e quali no”
Ambra meditò sul da farsi.
“Cosa intendi con puoi fidarti?”
Lo sentì sospirare appena. Subito dopo, percepì un rumore strano dall’altra parte del telefono. Probabilmente I.V si era appoggiato da qualche parte, forse una sedia che poi aveva strusciato per terra.
“Gente che noi conosciamo e di cui ci fidiamo”
Ambra doveva aspettarselo. Se li conoscevano loro, potevano essere affidabili. Il problema era che fidarsi tra cacciatori era un conto; la fiducia tra un cacciatore ed un elemento era più difficile.
“Sinceramente… Non mi fido molto dei cacciatori” esternò Ambra.
Ci fu un momento di pausa.
“Di me ti fidi?”
La domanda di I.V la lasciò basita qualche istante. Non lo sapeva davvero neanche lei.
“Non lo so… Credo di sì” rispose, mordendosi un labbro “Ma solo perché mi hai protetto e aiutato”
I.V sospirò nuovamente.
“Allora ti farebbe stare più tranquilla sapere che verrei con te?” domandò, abbassando appena il tono di voce.
Ambra trattenne il respiro qualche istante. Lasciò andare il labbro inferiore che stava continuando a torturarsi. Non andava bene quello che stava sentendo all’altezza del petto in quel momento.
“Credo… Credo di sì” ripeté comunque, con tono incerto. Almeno su questo voleva evitare di mentirgli.
I.V stava per dire altro, ma Ambra lo interruppe, prendendo parola nuovamente.
“Ma quindi sarei io l’invitata che porteresti?”
I.V si bloccò qualche istante.
“Se vuoi metterla così” rispose vagamente.
“Dammi del tempo per pensarci”
“Non prendertene troppo”
Fu così che si concluse la chiamata.
Ambra rimase ad osservare il display accesso sullo sfondo del cellulare ancora per qualche secondo.
Aveva appena parlato con I.V al telefono, il quale le aveva chiesto di partecipare ad una festa esclusiva per cacciatori. Roba da matti.
Il problema, però, era un altro: come lo diceva a Richard?

























Angolo Autrice
Eccoci qua! Ammetto che questo capitolo mi piace parecchio. Dimostra, secondo me, abbastanza bene come si sta svolgendo ormai la doppia vita di Ambra, divisa tra un ragazzo che ormai non la capisce più come dovrebbe e un cacciatore che apparentemente la sta in qualche modo aiutando.
Spero la storia vi stia piacendo. Sono contenta di vedere sempre tante visualizzazioni.
Un grazie enorme a tutti dunque!!

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Capitolo 14
*** Rosso di sera I ***


Capitolo XIII: Rosso di sera I















Rafaelle si mise ad urlare a gran voce.
“Sei seria?! Cioè, non è uno scherzo?” le continuò a domandare, mentre le prendeva le mani tra le sue. Ambra era divertita e sconvolta allo stesso tempo.
“Certo che sono seria!” rispose, alzando automaticamente anche lei la voce, come per adeguarsi al volume dell’amica. 
Raffaelle si lanciò su di Ambra, travolgendola letteralmente e abbracciandola forte. Fortunatamente caddero entrambe sul divano di casa della rossa.
“Mi sembra un po’ esagerata come reazione” mormorò Ambra, ridendo ancora. 
“Mi fai conoscere uno strafigo, Ambra! Ovvio che sono contenta!” continuò lei, lasciandola finalmente andare “E poi cavolo, da un sacco che non vado ad una festa”
Ambra sospirò, ancora con il sorriso sulle labbra. 
Vedendo come aveva reagito la bionda, Ambra pensò che avesse fatto più che bene a chiedere anche a lei di venire alla festa. Perché sì, alla fine aveva accettato quella sottospecie di invito di I.V di andare a quel party esclusivo, solo che era sempre rimasta con un senso di angoscia. Sapere di essere l’unico elemento in un covo di soli cacciatori, non la faceva proprio sentire a suo agio. Così aveva chiesto, o meglio ricattato I.V, avvertendolo che sarebbe venuta ma solo se avesse potuto portare un’amica. Portarsi dietro un’umana non la faceva di certo stare molto più tranquilla, ma almeno ci sarebbe stato qualcuno di cui potersi fidare al cento per cento. Perché di I.V poteva anche fidarsi, ma non poteva dire di fidarsi in toto. Inoltre, sentiva il bisogno di avere una figura femminile su cui fare affidamento.
E poi sapere che la bionda aveva dimostrato un interesse per Jeim poteva tornarle utile. Il cacciatore aveva un carattere tosto, ma anche Rafaelle non era di certo da meno. Forse, tra due teste calde, poteva nascere qualcosa di buono. E magari riusciva anche ad intortarsi un po’ anche lui.
“E come pensi di farla entrare?” le aveva domandato I.V con tono di sfida, quando aveva ricevuto la chiamata di Ambra con la risposta definitiva per la festa “Ti ricordo che si può portare una persona a testa, e io ho portato te”
“Allora è davvero un invito!” aveva esclamato la rossa, quasi facendolo scappare di bocca senza volere. L’ultima volta, I.V era stato più vago riguardo ciò.
I.V era rimasto zitto ancora qualche secondo.
“Sì, okay, è un invito” aveva confessato poi, sospirando “Contenta? Ora, per cortesia, mi spieghi come vorresti portare la tua amica?”
Era ovvio che avrebbe sorvolato e deviato subito, perciò Ambra non rimase sorpresa dal repentino cambio di argomento.
“Invece che venire con te, vengo con Rafaelle” spiegò brevemente, facendo anche spallucce, nonostante fossero al telefono e lui non potesse vederla.
“Ma se ti ho appena detto che sono io che porto te” rispose, con tono scocciato. 
Ambra rimase qualche istante in silenzio, pensando a come poter risolvere la situazione. Prese in mano il volantino della festa e lo osservò qualche istante. 
Quasi improvvisamente si rese conto di una cosa.
“Io ho un invito per la festa…” mormorò piano, osservando il volantino rosso.
“No, ehy, aspett-“ cominciò a dire frettolosamente I.V, ma non riuscì a fermarla in tempo.
“Posso usare questo invito e non venire con te” spiegò “Io mi porto dietro Rafaelle e tu vieni per i fatti tuoi. Così siamo a posto, no?”
Lo sentì sospirare e fare un verso di frustrazione, al che corrugò le sopracciglia.
“Che c’è?”
“C’è che quel volantino che hai lì è il mio!” esclamò I.V, alzando di appena un tono la voce “Se lo usi tu, io non posso entrare”
“Oh…” mormorò Ambra “Aspetta! Ho un’altra idea!” 
I.V farfugliò qualcosa in coreano con tono sommesso. Probabilmente si stava lamentando, in attesa di sapere quale altra cavolata avesse pensato.
“Io porto Rafaelle, tu fai finta di essere stato invitato da Jeim”
Ambra già poteva immaginarselo corrugare le sopracciglia; oppure aveva alzato il sopracciglio con il piercing, cercando di capire se quello che avesse detto fosse serio o meno.
“No”
Risposta secca, concisa, niente giri di parole.
“Io senza Rafaelle non vengo” si impuntò lei, vedendo come si stava evolvendo la questione.
Rimasero entrambi in silenzio per qualche istante, pensando tutti e due a come poterne uscire da quella situazione.
Fu I.V a rompere per primo il silenzio.
“Possiamo far venire Rafaelle come invitata di Jeim” propose. 
“Ehm… Non conosco Jeim, ma non credo proprio sia tipo da portare qualcuno ad una festa solo per fare un favore a me”
“Al massimo il favore lo fa a me, non a te” specificò lui “Anche perché l’imbarazzo di dover far finta di essere un invitato di un altro cacciatore proprio non lo voglio”
Ambra non era molto convinta di quella spiegazione. 
“Resta il fatto che l’invito lo ho ancora io” continuò Ambra, spostandosi una ciocca di capelli da davanti al viso “Quindi per ora rimaniamo che io porto Raf-“
“Non se ne parla” la interruppe subito “Tu vieni con me. Rafaelle va con Jeim e se lui non vuole sono cazzi della tua amica”
Ambra non ebbe neanche il tempo di rispondere, che I.V aveva già chiuso la chiamata.
Che caratterino, si ritrovò a pensare. 
Il racconto della chiamata fece sorridere più volte la bionda.
“Quindi io risulto proprio un’invitata del rosso?” continuava a chiedere Rafaelle, già immaginandoselo vestito di tutto punto e pronto a tenderle il braccio per accompagnarla in una elegantissima sala. 
“In realtà ancora non lo so” rispose Ambra “Jeim non è un tipo semplice, da quello che ho potuto constatare”
“Però se I.V ti vuole tutta per sé, in qualche modo dovrò pur entrare”
Ambra la guardò stranita a quell’affermazione, ma distolse immediatamente lo sguardo quando si rese conto di essere arrossita leggermente.
“Non dire così… Lui semplicemente non vuole essere un invitato di Jeim” ribatté, ripensando anche alle parole che aveva usato con lei.
Rafaelle alzò un sopracciglio con uno strano sorriso.
“Non credo sia solo quello. Se avesse semplicemente voluto che tu in qualche modo ti imbucassi, si sarebbe fatto andare bene qualsiasi metodo. Invece vuole che tu sia una sua invitata…” 
Ambra scosse la testa.
“Mi ha detto che non vuole essere invitato da Jeim”
“E ha anche chiuso la chiamata dicendo che tu vai con lui, giusto?” insistette l’altra.
Ambra si zittì, non sapendo più cosa ribattere. Non poteva negare che tra tutto quello che si erano detti in chiamata, quella era sicuramente la frase che le era rimasta in testa più di tutte. 
Tu vieni con me.
No, sicuramente lo aveva detto sempre per lo stesso motivo per cui, in quel momento, stavano discutendo lei e Rafaelle. Nessun cacciatore voleva essere sottoposto ad un altro, in nessun contesto.
Eppure, il fatto che I.V avesse accettato che lei invitasse un’amica non implicava, in qualche modo, un serio interesse nel volerla portare a quella festa?
“Tesoro, lo so che avendo Richard tu non puoi dire o pensare molto riguardo queste cose… Ma io da esterna le noto” 
Ambra rialzò lo sguardo su di lei.
“Sai, ultimamente Richard non mi presta le giuste attenzioni. Insomma, quando può ci vediamo, altrimenti chi lo sente più. Ed è convinta che io viva solo per lui” disse debolmente, ripensando a quello che le aveva detto la volta precedente. Forse non si era reso conto di quanto male le avessero fatto quelle parole.
Rafaelle annuì comprensiva, mentre la ascoltava parlare.
“Ed è per questo che forse I.V ti fa venire le guance rosse?” ridacchiò la bionda, alludendo a poco prima, avendo notato il leggero rossore che le era comparso in viso “Ti sta dando attenzioni e dimostrando, in qualche modo, che ci tiene a te. E lo fa molto meglio di Richard”
Non poteva sapere se I.V realmente ci tenesse a lei, ma quello che poteva affermare con certezza era che il non aver scelto di portare Richard a questa festa era stato dettato da due semplici motivi: poteva anche stare andando male tra di loro, ma a lui ci teneva e lo voleva comunque proteggere. Il secondo motivo, il principale, era che lui sembrava non capirla più. Non poteva essere solo lei a muovere dei passi nella sua direzione.
Il pensiero di stare mentendogli, però, l’aveva perseguitata per tutta la giornata, anche quando era arrivato il fatidico orario di ritrovo per la festa ed era in procinto di prepararsi. A lui aveva detto una mezza verità, ovvero che andava ad una festa con Rafaelle ed era stata imbucata proprio da lei, per quello non sarebbe riuscita a portarsi dietro anche qualcun altro. Insomma, non gli aveva detto una cosa completamente distante dalla realtà, ma comunque non era tutto.
Ed era proprio a quei pensieri che aveva dato la colpa di quel senso di ansia e di quasi dolore alla bocca dello stomaco. Non aveva mangiato praticamente niente durante il giorno; aveva deciso di far stare a casa sua Rafaelle fin dal mattino, ma neanche la tranquillità e l’allegria della bionda erano bastate per tranquillizzarla.
Ambra si guardò per l’ennesima volta allo specchio cercando di mettere da parte, come meglio poteva, il turbine di emozioni che stava provando.
Continuava a non essere del tutto convinta della scelta che aveva fatto, nonostante quel vestito in velluto color bordeaux le stava più che bene, lo doveva ammettere. Aveva le maniche a tre quarti, la scollatura non particolarmente profonda ed era svasato, così che le fasciasse bene la figura. Aveva indossato, per completare il look, un paio di stivali neri con un po’ di tacco, alti fino al ginocchio. 
Non era abituata a vestirsi così elegantemente. Aveva anche provato a farsi i boccoli, per l’occasione, ma non era per niente capace, perciò il risultato era qualche boccolo sul davanti e il resto dei capelli un misto indefinito tra il mosso e il liscio. Sperò nessuno si lamentasse della cosa. 
Fece un mezzo giro su sé stessa per provare a guardarsi anche di schiena. 
Chissà se a I.V piacerò.
“No, Ambra” come se si fosse resa conto solo in quel momento del pensiero che aveva formulato “No, cazzo” continuò a ripetere. 
Si maledisse mentalmente, ripetendosi che le uniche persone per cui poteva permettersi di farsi bella erano sé stessa e, al massimo, Richard, il fidanzato. Non doveva importargli del parere di I.V. 
O meglio, doveva importarle ma solo per fargli fare bella figura alla festa. Non per altro. 
“Gliela farò fare, questa bella figura?” mormorò tra sé e sé.
“Ma come siamo belle!” 
Ambra osservò, dal riflesso dello specchio, la figura che era appena entrata in camera sua. Rafaelle aveva aperto la porta con un sorriso sornione. La rossa si scostò dal viso un ciuffo di capelli, con fare imbarazzato.
“Anche tu stai molto bene” rispose ricambiando il sorriso. Sì, quella gonna rossa a tubino e la camicetta nera le calzavano a pennello.
“Se ci sei, possiamo cominciare ad andare” dichiarò poi “Anche perché tuo fratello è ingestibile”
Già, anche Giovanni era diventato particolarmente difficile quel giorno. Non era affatto convinto di questa festa e Ambra lo poteva capire perfettamente. Però, lui sapeva dov’erano e la rossa gli aveva promesso che avrebbe tenuto il telefono sempre con sé.
Uscì dalla camera seguendo Rafaelle e dirigendosi in salotto, proprio per salutare il fratello.
“Per qualsiasi cosa, chiamami. Qualsiasi”
Ambra annuì e gli diede un bacio sulla guancia, costringendosi a calmare una volta per tutte l’ansia che sentiva crescere, man mano, dentro di sé.




 
***




I.V si appoggiò alla sua macchina, poco dopo aver parcheggiato a pochi passi dal locale. Jeim era subito sceso a fumarsi una sigaretta per ingannare il tempo. Il moro lo osservò con la coda dell’occhio; ancora non gli aveva detto che lui avrebbe dovuto portarsi dietro l’amica di Ambra. 
Che, a proposito, ancora non erano arrivate. Non si sarebbe meravigliato se fossero arrivate in ritardo. In realtà, anche Yunho e Hoseok non si erano ancora presentati; Won Hu, invece, da quanto avevano capito non aveva intenzione di venire. Come sempre. 
“Finisco di fumare ed entriamo” dichiarò Jeim, esalando del fumo. I.V non gli rispose, ma già si pregustava la sua reazione alla notizia della sua invitata a sorpresa. 
Osservandolo attentamente, si rese conto di quanto si fossero vestiti simili. Entrambi avevano un completo camicia, giacca e pantaloni eleganti. Una scollatura sul davanti, ed una catenina a poggiare delicatamente sul petto. I.V aveva anche indossato dei piccoli orecchini a cerchio, mentre Jeim aveva optato per un bracciale argentato. L’unica cosa che veramente li differenziava era che il colore del completo, che sembrava matchare perfettamente con i capelli: quello di I.V era nero, quello di Jeim rosso.
“Ti piaccio?” ghignò Jeim nella sua direzione, facendo poi un giro su sé stesso come per mostrarsi meglio, avendo notato lo sguardo dell’altro ancora puntato su di lui.
I.V alzò il sopracciglio con il piercing.
“Stavo solo constatando quanta poca fantasia abbiamo nel scegliere come vestirci” rispose poi.
Jeim squadrò rapidamente I.V e poi si specchiò nel finestrino della sua auto. 
“Cazzo, ma potevi scegliere qualcos’altro!” gli disse, per poi passarsi una mano tra i capelli per dargli una sistemata.
“Magari ho scelto prima io” ribatté l’altro, infilando le mani nelle tasche e poggiando la suola della scarpa destra sul copertone.
Jeim sbuffò, senza aggiungere altro. 
I.V tornò con lo sguardo dritto davanti a sé, distogliendo l’attenzione dal rosso; alzò per qualche istante la testa per far scrocchiare il collo. 
Tornò con la testa dritta e le vide comparire. Due figure femminili che si dirigevano verso la porta del locale. Stavano passando davanti a loro, ma non si erano minimamente accorte della presenza dei due. 
Riconobbe subito Ambra, sia per il colore dei capelli sia per l’andatura più insicura rispetto all’altra ragazza che era con lei, dai capelli biondi e lunghi e che camminava con scioltezza sui tacchi. D’un tratto si fermarono entrambe e la rossa tirò fuori il telefono, forse per assicurarsi di essere arrivate al punto giusto. 
Anche I.V tirò fuori il telefono.

From I.V To Ambra H 21.31
Girati.

La vide alzare immediatamente lo sguardo, cercando il mittente del messaggio. Si guardò intorno un paio di volte, prima di puntare finalmente lo sguardo su di lui. 
Rimase immobile per qualche secondo, poi la vide allungare il braccio per cercare l’amica che era ancora intenta a studiare il nome del locale. La bionda la guardò qualche secondo; poi Ambra, probabilmente, le doveva aver detto di girarsi. E così lo fece anche lei.
La bionda parve illuminarsi. Cominciò a camminare a passo spedito verso di loro, mentre Ambra le stava dicendo di aspettare. Le sembrava parecchio più impacciata del solito.
La bionda si piazzò di fronte ad I.V che si staccò dall’auto e la squadrò qualche istante. Ambra, nel frattempo, l’aveva raggiunta. 
Allungò la mano verso il moro.
“Tu devi essere I.V” dichiarò “Io sono Rafaelle”
Ambra, nel frattempo, stava cercando un modo per scomparire da lì per l’imbarazzo. 
Jeim si affiancò ad I.V.
“E questa chi cazzo è?” gli domandò in coreano, continuando a squadrarla come se fosse un essere strano uscito da chissà dove.
Rafaelle corrugò le sopracciglia e girò la testa verso Ambra, abbassando la mano.
“Ma sei sicura che parlino italiano?” 
Ambra aveva incrociato le mani tra loro e si stava tenendo a debita distanza. Annuì stringendo le labbra. 
“Certo che parliamo italiano, cosa credi?” rispose Jeim. 
Rafaelle riportò l’attenzione su di lui. 
“Finalmente ho l’onore di conoscere il mio accompagnatore!” esclamò sorniona. 
“Il mio che?” ribatté il rosso, senza capire. 
I.V colse la palla al balzo, lasciandoli da soli a “conoscersi”, per allontanarsi appena dai due e raggiungere la rossa. Era la prima volta che non la vedeva vestita in modo casual e aveva rapidamente capito il perché: si vedeva chiaramente che non era a suo agio. Continuava a guardarsi intorno, a controllarsi le unghie, a guardare l’orario sul telefono. Completamente imbarazzata. 
Approfittò della – almeno apparente – distrazione di Ambra e rimase ad osservarla per qualche secondo. 
Stava dannatamente bene vestita così. 
“Ti sei ricordata l’invito, vero?” le domandò, muovendo un altro passo verso di lei.
Quest’ultima quasi sobbalzò. 
“Sì, certo” rispose poi, tirando fuori dalla pochette nera il volantino. Lo porse ad I.V, che se lo riprese volentieri.
“Cominciamo ad entrare” le disse, superandola.
Quest’ultima non si mosse.
“Io aspetto Rafaelle” 
I.V si bloccò. Chiuse gli occhi e sospirò piano.
“Ambra non cominciam-“
“Io non ti ho mai invitato! Non se ne parla!” 
Entrambi si voltarono verso Jeim, che aveva appena urlato contro Rafaelle. 
La bionda lo stava guardando con espressione furiosa. 
“E dire che parti avvantaggiato con quegli occhi che ti ritrovi, peccato che sei veramente insopportabile!” gli urlò di rimando lei.
Ambra, che stava osservando la scena impietrita, venne improvvisamente presa per un braccio dall’amica. Non contenta, passando di fianco ad I.V, la bionda gli strappò di mano il volantino.
Quest’ultimo non ebbe nemmeno il tempo di ribattere, che la sentì dire “Vacci tu con quello stronzo”
I.V rimase con la mano sospesa a mezz’aria, mentre si girava verso il rosso, che non lo era più solo di capelli. Probabilmente da un momento all’altro sarebbe scoppiato.
“Sarà una serata molto lunga…” sospirò I.V, abbassando la mano e dirigendosi verso il locale. 


















Angolo Autrice
Come si può intuire dal titolo del capitolo, questo è un'introduzione al tot. numero di "episodi" dedicati alla serata. Ci sarà tanto da scoprire, tanto da emozionarsi (spero, ovviamente!) e anche un po' di colpetti di scena! Sinceramente non vedo l'ora di presentarvi anche gli altri dedicati alla festa.
E lo so, ultimamente invece che il sabato sto pubblicando praticamente sempre il lunedì. Ma prima, essendo zona rossa e poi arancione, me la gestivo meglio con il sabato pomeriggio, visto che il sabato mattina lavoro. Ora che siamo gialli, ovviamente i week end li passo con il mio fidanzato e non mi porto il pc dietro. Però mi sembra di stare comunque rispettando la cadenza settimanale, per me l'importante è questo.
Ad ogni modo, spero la storia vi stia piacendo tanto quanto a me, anche se io sono di parte.

Un salutone.

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Capitolo 15
*** Rosso di sera II ***


Capitolo XIV: Rosso di sera II
 
 












 
 
“Ci siamo fatte fregare da un’umana. Una cazzo di umana…”
“Okay, abbiamo capito, basta” sospirò spazientito I.V. Era da quando avevano messo piede nel locale che Jeim non aveva fatto altro che lamentarsi.
Anche ad I.V aveva dato parecchio fastidio il fatto di dover essere entrato come invitato di Jeim, ma arrivati a quel punto che potevano farci? Rafaelle era incontrollabile. Di sicuro non si aspettava fosse così, questa fantomatica amica di Ambra di cui lei gli aveva parlato.
Sapendo di essere entrata con l’amica, però, Ambra sembrava essersi tranquillizzata almeno un po’, soprattutto sembrava essersi lasciata alle spalle il fatto di aver scoperto che le donne presenti alla festa erano tutte umane – informazione che Jeim si era lasciato scappare, che evidentemente si divertiva a spaventarla.
La vide, infatti, ritornare dai due con una pizzetta in mano che stava mangiando con gusto.
“Hai perso la bionda?” le domandò I.V, notando che fosse da sola.
“Ma magari…” commentò Jeim, aspramente e a voce bassa.
I.V alzò rapidamente gli occhi al cielo.
“Prima ti ha fatto un complimento e non te ne sei neanche accorto” tentò Ambra, finendo l’ultimo pezzo della sua pizzetta.
“E quindi?” ribatté l’altro, fermando un cameriere e rubandogli dal vassoio un bicchiere di champagne. Lo trangugiò piuttosto velocemente, sotto lo sguardo curioso di Ambra e I.V.
Poggiò il bicchiere vuoto su un tavolo dietro di loro, con molta poca grazia. Era visibilmente frustrato.
“No, non ce la faccio, devo dirgliene quattro” dichiarò poi, passando di fianco ad Ambra e scansandola malamente.
“Ahi…” borbottò lei, massaggiandosi il braccio colpito e osservando il rosso marciare verso la fine della sala, cercando la bionda.
I.V ghignò appena.
“Testa calda…” mormorò tra sé e sé.
Ambra sospirò.
“Quasi quanto Rafaelle” fu il commento della rossa.
I.V si avvicinò alla tavola imbandita, cominciando ad osservare le varie pietanze. Non avevano badato a spese, per quello che poteva constatare: c’era dolce, salato, primi, stuzzichini. Bevande di ogni tipo, bollicine pregiate. In più, camerieri vestiti di tutto punto che servivano lo champagne su dei vassoi d’argento.
Non era molto il suo ambiente, a dire la verità. Era un tipo tranquillo, solitario, che amava la sobrietà. E quelle feste erano tutto fuorché sobrie, ma dovette ammettere che erano il modo migliore per conoscere i vari cacciatori presenti nella zona, soprattutto perché in contesti come quelli era più difficile che ci fossero scontri. La maggior parte dei cacciatori ci teneva ad una buona prima impressione.
Distolse l’attenzione dal banchetto e diede una rapida occhiata alla sala: era gremita di gente, per lo più di sesso maschile. Tipico. Era piuttosto certo che le poche ragazze presenti fossero state portate come accompagnatrici e che l’unica che fosse riuscita ad entrare come invitata ufficiale era stata Rafaelle.
Si tirò su fino ai gomiti le maniche della giacca e dalla camicia, ritornando con lo sguardo verso Ambra. La rossa si rese conto di quanto potesse risultare provocante quel completo, soprattutto ora che aveva tirato su le maniche, gesto che pareva aver messo ancora più in risalto la scollatura sul petto.
“Non pensavo fosse così… vulcanica la tua amica” commentò sincero, distraendola dal suo abito.
Ambra lo guardò, accennando appena un sorriso.
“Sì, beh… Totalmente differente da me” rispose lei “Forse avrei dovuto dirtelo”
I.V alzò le spalle con fare indifferente.
“Non era me che dovevi avvertire”
Ambra corrugò le sopracciglia.
“Non dirmi che non avevi detto nulla a Jeim” disse, sperando di ricevere una risposta positiva.
Cosa che ovviamente non successe.
“Volevo pregustarmi la sua reazione alla vista della tua amica” spiegò lui “Però non avevo messo in conto il caratterino che ha”
Ambra alzò brevemente le spalle, facendo un rapido giro intorno a sé per dare un’occhiata alle persone che la circondavano. Era, stranamente, tutto abbastanza simile a come si era immaginata lei. Tutti vestiti piuttosto bene, anche se per lo più maschi, una sala enorme e molto elegante. Cibo e bevande in quantità. Forse, allora, poteva rilassarsi un attimo, anche se il fatto che in quel momento non sapesse dove si fosse cacciata Rafaelle non la faceva stare del tutto tranquilla.
Si ricordò improvvisamente il perché lei fosse presente ad una festa del genere.
“Allora mi devi fare conoscere qualcuno?” domandò ad I.V.
Lui si guardò intorno qualche istante.
“Sto ragionando”
“Cosa vuol dire?” domandò lei, subito dopo.
“Che non so se presentarti o meno i cacciatori che conosciamo” spiegò vagamente “Potrebbe essere controproducente”
Ambra incrociò le braccia al petto.
“Puoi, per favore, non essere enigmatico almeno oggi?”
I,M la guardò in volto, avvicinandosi di qualche passo. Ambra aveva ragione, ma I.V per la prima volta non aveva il coraggio di dirle la verità.
“Mh?” fece ancora lei, vedendo che non stava parlando “Almeno hai già trovato delle persone che conosci?”
I.V si limitò ad annuire.
“Bene, allora vado a cercare Rafaelle e la riporto qui”
“Perché?” domandò lui, corrugando la fronte.
“Perché è qui, perché è mia amica e perché ormai conosce te e Jeim. Praticamente è esposta ai rischi anche lei” spiegò, gesticolando appena “Voglio che sappia tanto quanto me da chi deve ragguardarsi”
Detto ciò, si allontanò dal moro e cominciò a vagare per la sala, cercando una testa bionda in mezzo a tutti gli invitati. Non aveva idea di fosse si fosse cacciata.
I.V prese un profondo respiro e seguì la rossa. Non era il caso di perderla di vista in mezzo alla miriade di cacciatori presenti nella sala; se fossero venuti a scoprire che quella ragazza con il vestito bordeaux e gli stivali neri che stava girando indisturbata era un elemento, poteva scoppiare l’impensabile.
La vide dirigersi verso un portone bianco dalle maniglie dorate, posto sul fondo di una delle pareti della sala. Probabilmente aveva pensato che la bionda potesse essersi infilata in una delle altre sale, visto che lui stesso aveva visto gente entrare ed uscire da quella porta. Dopo un attimo di indecisione se tirare o spingere, Ambra riuscì ad aprire la porta e a infilarsi dentro. I.V la seguì a ruota.
Effettivamente c’era un’altra sala adibita a festa, ma con molti meno sfarzi e con giusto un paio di tavoli come banchetto. C’erano anche delle persone, anche se in un numero decisamente ridotto rispetto alla sala adiacente. Tra queste, però, si potevano riconoscere in particolare due figure, al centro, che stavano litigando a voce decisamente alta.
Ambra, nel frattempo, era ancora bloccata davanti all’uscio della porta ad osservare la scena senza sapere cosa fare o dire.
“Trovata” sospirò I.V.
Jeim alzò appena gli occhi oltre le spalle di Rafaelle, avendo sentito la porta aprirsi.
“Oh, ecco, ci mancava solo l’altra!” esclamò, alzando le braccia per poi farle ricadere di getto e far schioccare il palmo delle mani sulle cosce.
Rafaelle si girò dietro di sé.
“Potevi dirmelo che era così antipatico”
“Io ti avevo avvertito” le disse Ambra con sicurezza.
“Cosa scusa?!” fece Jeim.
I.V alzò gli occhi cielo, ringraziandosi da solo per avere tutta quella pazienza.
“Ehm… Rafaelle se hai finito di… Mi servi, ecco” mormorò la rossa, non sapendo bene come interrompere quella litigata.
“Arrivo subito” disse la bionda guardando negli il cacciatore, girandosi e facendo per raggiungere l’amica.
Jeim la bloccò all’istante per un polso.
“Dove cazzo vai? Io e te non abbiamo ancora finito” e la fece voltare con poca grazia.
Rafaelle, ritornata direttamente davanti a lui, lo osservò con espressione seria e sguardo di sfida. Tutti, I.V ed Ambra compresi, rimasero in completo silenzio. Si poteva percepire uno strano tipo di tensione nell’aria.
Jeim mosse dei passi nella direzione della bionda, avvicinandosi sempre di più senza mai mollare la presa sul polso della ragazza. Rafaelle si ritrovò a dover alzare lo sguardo per continuare a guardarlo in quegli occhi azzurri che, da così vicino, le sembravano ancora più belli.
“Mi hai fatto venire una gran voglia di litigare, questa sera” le disse, abbassando il tono di voce.
Rafaelle sorrise maliziosa.
“Non solo quello, mi sembra di capire”
Fu un attimo. La mano libera di Rafaelle scattò sul colletto della giacca rossa di Jeim e lo attirò verso di sé. Le labbra della ragazza si posarono con velocità su quelle del cacciatore.
Ambra sobbalzò.
“Rafaelle…?!”
La vide mettersi sulle punte e portare la mano dietro la nuca del ragazzo, per reggersi meglio e poter approfondire il bacio, apertamente ricambiato.
Ambra era paralizzata. Tutto si aspettava, ma sicuramente non quello. Anche I.V era rimasto piuttosto spiazzato, ma rinsavì subito: prese per un braccio la rossa e la trascinò via da lì.
“Aspetta!”
“Tanto ne avranno per un po’” commentò I.V, sempre con il suo solito tono di sempre ma che, quella volta, non riusciva a coprire totalmente una certa nota divertita. Anche lui era rimasto decisamente sorpreso dalla piega che aveva preso la questione, ma almeno un problema sembrava essersi risolto.
Ambra si lasciò portare via, quasi di peso, dal ragazzo, che aveva deciso di rientrare nella sala principale.
Una volta lì dentro, Ambra fermò il primo cameriere che le era passato di fianco con i calici per prenderne uno al volo. Ne finì metà in un sorso solo.
I.V la osservò quasi divertito. Sembrava traumatizzata.
Ambra fece un’espressione leggermente schifata mentre buttava giù anche il resto dello champagne.
“Davo per scontato che si sarebbero scannati…” mormorò poi, più tra sé e sé che direttamente ad I.V.
“Beh, effettivamente si sono messi le mani addosso”
Ambra si girò verso di lui, guardandolo storto.
I.V ghignò appena, mentre dava nuovamente un’occhiata alla sala. C’era decisamente un bel po’ di gente che conosceva e che, era sicuro, lo aveva riconosciuto.
Si rigirò verso la rossa.
“Vieni” disse, facendole cenno di seguirlo mentre si dirigeva al centro della sala, dove la gente stava ballando su una canzone piuttosto lenta e confortante.
Ambra posò il bicchiere e guardò la direzione in cui si stava dirigendo.
“Dove andiamo?” domandò.
I.V si fermò.
“In pista”
Ambra aprì e richiuse le labbra un paio di volte prima di riuscire finalmente a parlare.
“A ballare?”
I.V sospirò e si avvicinò, posizionandosi di fronte a lei, a pochi passi di distanza. Mise una mano dietro la schiena, sollevò l’altra con il palmo rivolto verso l’alto e si inchinò. Alzò la testa quanto bastava per riuscire ad osservarla.
“Secondo te cosa si fa in una festa in cui metà della gente sta ballando?”
Ambra boccheggiò qualche istante, sentendo il viso andare a fuoco e le guance colorarsi di rosso.
I.V ghignò apertamente vedendo la reazione, mentre ancora era inchinato ad attendere una sua mossa.
“È da quando siamo arrivati che sei estremamente imbarazzata. Almeno possiamo provare a sbloccare qualcosa?”
Ambra deglutì un paio di volte, prima di posare con delicatezza la propria mano su quella di I.V. Quest’ultimo ricambiò subito la stretta, sollevandosi e conducendola verso il centro della sala. Si posizionò di fronte a lei e mise l’altra mano sul suo fianco.
“Non mi è sembrato difficile” commentò poi, alzando appena il sopracciglio.
Ambra posizionò l’altra sua mano sulla spalla di lui. Non riusciva ancora a guardarlo negli occhi, non gli era mai stato così tanto vicina. Poteva sentire il suo profumo, notare la leggera linea dei pettorali che si intravedeva dalla scollatura, osservare da vicino il colore delle sue labbra.
E non andava bene sentire uno strano calore all’altezza del petto. Per niente bene.
I.V, intanto, aveva cominciato a muoversi piano, a tempo di musica, conducendola in una danza lenta e tranquilla. Sembravano una coppia qualsiasi in mezzo a tutte la altre che le ballavano intorno. I.V aveva optato per quella mossa per provare a sbloccarla un po’ ma Ambra, se possibile, era ancora più imbarazzata di prima.
Fu però lei stessa a provare a rompere il ghiaccio. Aveva ragione lui, non poteva rimanere in quello stato per tutta la serata. E smettere di fissare il suo fisico sarebbe stato un buon punto di partenza.
Si schiarì la voce prima di parlare.
“Non dovevi farmi conoscere i cacciatori?” gli domandò ancora, alzando gli occhi.
I.V distolse l’attenzione da lei e si mise a guardare in giro, come cercando di capire dove fossero queste fantomatiche persone che lui conosceva.
“Sto pensando di farteli vedere e basta” spiegò poi “Almeno li sai riconoscere da sola”
Ambra corrugò le sopracciglia, cercando i suoi occhi con lo sguardo.
“Cioè… Mi indichi chi sono e basta?”
I.V annuì appena.
“Ma perché?” domandò lei, con sincera curiosità e senza capirne il motivo.
I.V ritornò con lo sguardo su di lei. Sembrava, finalmente, aver perso quell’imbarazzo che l’aveva accompagnata da quando era arrivata al locale.
La risposta al suo perché I.V l’aveva, ma ci mise più tempo del dovuto a rispondere e, sfortunatamente per lui, Ambra se ne accorse.
“Perché rischio di espormi troppo”
Ambra sospirò, scuotendo lentamente la testa. Se c’era una cosa che cominciava a non sopportare di lui, era proprio il suo essere così enigmatico. Sembrava voler dare delle risposte, ma, in contemporanea, anche non darle sul serio.
Ambra distolse gli occhi da lui. Che senso aveva parlare ancora, se tanto con lui non si riusciva ad imbastire una conversazione con un filo logico e comprensibile?
I.V, accorgendosi del repentino cambio di espressione della rossa, la costrinse a riportare lo sguardo su di lui, prendendo parola.
“Se la gente sa che sei in qualche modo legata a me, potrebbero pensare che tu sia il mio punto debole”
Ambra lo guardò stranita. Non aveva risolto granché rispetto a prima, ma almeno aveva un appiglio a cui potersi attaccare per cercare di capirci di più.
“Non capisco perché dovrebbe essere una cosa da dover nascondere” disse lei, esprimendo a voce alta il suo dubbio “Io sono il punto debole rispetto a tutti voi. Non so usare il mio potere”
E questo I.V lo sapeva benissimo, ma la questione era un’altra.
“No” spiegò “Non l’anello debole, il punto debole. Il mio punto debole”
Ad Ambra stava cominciando a venire mal di testa. Ora insieme agli enigmi ci si mettevano pure i giochi di parole? Non poteva negare, però, che sentirgli sottolineare quel pronome possessivo le aveva sortito uno strano effetto. I.V, intanto, sospirò.
“Ambra se ti presento come una persona a me vicina, potrebbero prenderti di mira per colpire me”
“Ma non capisc-“
“Perché darebbero per scontato che io voglia proteggerti e che quindi sarei disposto a tutto pur di salvarti. Anche a dare informazioni segrete”
Ambra rimase a labbra socchiuse qualche istante. Poi abbassò appena lo sguardo, rialzandolo poco dopo con un sorriso strano.
“Ma tanto non è così, giusto?” domandò lei, con tono quasi sarcastico “Quindi che problema c’è?”
Lo vide alzare il sopracciglio con il piercing.
“Pensi che io ti lascerei in difficoltà se ci fosse bisogno?”
Ambra si bloccò e ritornò seria. Forse aveva sbagliato a giudicarlo.
“Non lo so, sinceramente” rispose poi “So solo che fai parte del gruppo di cacciatori che mi ha rapito”
“Sì e poi cos’ho fatto durante l’ultimo scontro?” le domandò, con lo stesso tono di voce e la stessa durezza che aveva usato proprio durante lo scontro in questione.
Ambra abbassò nuovamente lo sguardo, ma quella volta non lo rialzò.
“Ti ho protetto e l’ho fatto anche davanti a tuo fratello” continuò I.V con voce ferma “E se al tuo ragazzo ha dato tanto fastidio, ci doveva pensare prima lui” disse poi, con una certa punta di disprezzo nel tono di voce che ad Ambra non sfuggì.
“Come sai che ho un ragazzo?” domandò lei piano.
Il cacciatore scosse la testa.
“Ambra ti ho seguito per un po’ prima di, come hai detto tu, rapirti
Giusto, quasi si era dimenticata dal fatto che era stata pedinata da lui per un po’.
“Comunque no… Lui non sa nulla” mormorò, per poi abbassare lo sguardo. Lui non sapeva nulla e lei era lì a ballare con un altro che la faceva anche arrossire. Un ottimo modo per sentirsi tremendamente in colpa.
I.V, a quella frase, corrugò le sopracciglia.
“Ambra” richiamò la sua attenzione.
Lei alzò gli occhi, incrociando il suo sguardo.
“Lui sa che sei qui?”
Ambra strinse le labbra, facendo segno di no con la testa.
I.V alzò e abbassò velocemente il sopracciglio con il piercing.
“Allora posso permettermi…” cominciò a dire, senza però concludere la frase.
Ambra rimase in attesa, ma prima che potesse esortarlo a continuare sentì la mano di I.V che stava sentendo la sua sollevarsi e, subito dopo, la fece roteare su sé stessa facendole fare un mezzo giro. La fermò circondandole la vita con il braccio e avvicinandola a sé. La schiena di Ambra era perfettamente aderente al petto del ragazzo.
Ambra si ritrovò a guardare la sala, con espressione sbigottita. Si era ritrovata improvvisamente stretta tra le braccia di I.V. Se pensava che fosse quello il modo per toglierle l’imbarazzo di dosso, aveva toppato alla grande.
“Adesso segui attentamente quello che ti dico” disse I.V, avvicinandosi con il viso al suo e abbassando il tono di voce “Ti faccio vedere chi devi conoscere, ma non posso indicare. Quindi ascoltami bene”
Ambra sbatté le palpebre un paio di volte. Quindi era per quello che si era ritrovata in quella posizione.
Annuì vagamente, cercando una posizione in cui mettere le mani. Le tenne appena sollevate sul petto, a sfiorare il braccio del ragazzo.
“Puoi toccarmi” disse lui, vedendola in difficoltà “Non scotto”
La sentì deglutire, poi poggiare tremolante un braccio sul suo. Gli strinse delicatamente il polso, come per aggrapparsi, e I.V di rimando mise anche l’altro braccio sotto il proprio. La strinse appena.
Ambra deglutì.
“Davanti a te, proprio di fronte al tavolo dove tu hai appoggiato il bicchiere” cominciò a dire lui, senza staccare gli occhi dal diretto interessato “Capelli grigi, lisci. Camicia nera accollata”
Ambra colse l’occasione al volo per distogliere l’attenzione da I.V e tentò di seguire le sue indicazioni. Lo individuò abbastanza in fretta grazie al colore dei capelli e, osservandolo meglio, si rese conto di un dettaglio.
“Ma… è asiatico anche lui?”
Sentì I.V annuire dietro di lei.
“Tanti cacciatori di discendenza coreana si sono trasferiti in Italia” spiegò poi “Lui si fa chiamare Baky. È un cacciatore dell’acqua, non particolarmente forte ma estremamente scaltro. È un cascamorto, stile Hoseok per dirci, ma puoi stare tranquilla con lui”
Ambra lo osservò attentamente. Era un bel ragazzo, senza ombra di dubbio. Aveva delle movenze delicate e studiate, quasi come Won Hu, l’altro ragazzo che faceva parte del gruppo ma che ultimamente non aveva più visto.
“Fa anche lui parte di un gruppo?” domandò Ambra.
“Tutti quelli che sono qui fanno parte di un gruppo”
“Non mi ricorderò mai di tutti… Soprattutto se mi fai vedere più bande”
I.V sospirò.
“Non credo che vengano gruppi interi” spiegò subito il moro “Di solito a questo tipo di feste ci vanno uno o due. Non serve tutta la banda per conoscere i cacciatori della zona”
A quelle parole, Ambra si rese conto che del loro gruppo gli unici che erano presenti alla festa erano proprio I.V e Jeim.
“Anche voi avete deciso di fare così?” gli domandò, incuriosita “Cioè, siete venuti solo tu e Jeim per lo stesso motivo che mi hai appena detto?”
“In realtà dovrebbero esserci anche Yunho e Hoseok” dichiarò I.V, facendo vagare lo sguardo per la sala. Ambra, dal canto suo, a sapere che poteva esserci la possibilità che i due non ci fossero si sentiva molto più tranquilla. Soprattutto nei confronti di Yunho.
I.V diede un’ennesima rapida occhiata alle persone presenti in sala. Già, Ambra gli aveva fatto tornare in mente che sarebbero dovuti arrivare anche Yunho e Hoseok. Non si stava stupendo più di tanto nel non trovare Yunho, sapeva che esattamente come lui e Won Hu non adorava quella tipologia di festa.
Chi lo stupiva di più era Hoseok: era quasi impossibile che si perdesse un’occasione simile. E se non era presente lì in sala quel momento, probabilmente Yunho lo aveva trattenuto con qualche scusa.
Allora, forse, era stato un bene che lui e Jeim fossero andati lì per conto loro.
A quel pensiero, I.V scosse impercettibilmente la testa tra sé e sé. Perché aveva appena pensato a ciò?
Abbassò gli occhi, guardando Ambra come meglio poteva, vista la posizione. La schiena perfettamente poggiata al suo petto; le braccia che la cingevano e quelle di lei poggiate delicatamente sul suo avambraccio; le sue dita che stringevano senza forza il suo polso.
Si dovrà dimenticare di noi come noi di lei.
Come tu di lei.
I.V strinse le labbra e trasse un profondo respiro.
No. Non ancora.
“I.V?”
Ambra, sentendolo in silenzio, riuscì a riportarlo al presente.
“Stavo cercando gli altri” si giustificò lui.
Fece nuovamente vagare lo sguardo tra gli ospiti, quella volta però alla ricerca di qualche cacciatore nuovo da mostrarle.
“Lì dove c’è la porta di ingresso” mormorò I.V, spostandosi dal punto in cui era prima e cercando, senza destare sospetti, di girarsi meglio nella direzione del tizio “Capelli scuri. Alto, bello, labbra carnose. Kyun, coreano anche lui, fa parte del gruppo di quello di prima. È molto, molto forte, ma è a posto pure lui”
Ambra annuì e lo osservò attentamente, cercando di memorizzare nome e volto, appuntandosi mentalmente che era collegato a quello che si chiamava Baky. Non pensava ci fossero così tanti asiatici nella sua zona.
Aspetta, ma questo vuol dire che…
“Ma perché ci sono così tanti cacciatori nella mia zona?” domandò Ambra allarmata, girando appena la testa di lato tentando di osservare I.V.
“Non lo so” rispose lui, semplicemente.
Ambra sospirò con preoccupazione. In tutti quegli anni che aveva vissuto lì con suo fratello, non si era mai posta il problema se potessero vivere vicino a lei anche dei cacciatori. Il problema era che, una volta consapevole, ora l’idea di uscire di casa la spaventava più del dovuto.
“Ci sono tantissime persone a questa festa…”
“Lo so, calma” disse I.V, mantenendo il tono serio “Se non ti hanno mai fatto niente in questi anni, non vedo perché dovrebbero iniziare proprio ora”
Ambra ragionò sul da farsi. Non era ancora del tutto convinta.
“Ma io ora sono collegata a te e agli altri”
I.V alzò velocemente il sopracciglio.
“Capisci il mio discorso di prima, allora”
Ambra strinse le labbra.
Sì, capiva il discorso che aveva fatto I.V prima; ma soprattutto capiva in quel momento quanto la sua vita da semplice umana non si era mai del tutto staccata dalle sue origini. Lei e Giovanni vivevano, letteralmente, in mezzo ad un’infinità di cacciatori. E lei non sapeva minimamente come difendersi.
Fu proprio formulando quei pensieri che si rese conto, anche un po’ a malincuore, che tra le braccia di I.V non sentiva la paura di essere circondata dai cacciatori.
 


















Angolo Autrice
Questo capitolo va preso così. Teneramente, romanticamente. Mi piace tanto, devo essere sincera. Lo trovo introspettivo e finalmente vengono fuori alcuni sentimenti. Insomma, ci voleva secondo me un capitolo un po' più romantico e sentimentale. E poi dovevo far sbaciucchiare qualcuno, su!! 
Scherzi a parte, ringrazio davvero tantissimo tutti per le costanti visite e chi ha inserito questa storia nelle preferite/seguite. Ancora grazie.
Al prossimo capitolo!
E tenetevi forte... Nel prossimo capitolo c'è una bella sorpresona a livello di trama!!

 
 

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Capitolo 16
*** Rosso di sera III ***


Capitolo XIV: Rosso di sera III
 
 











 
 
Ambra aveva sentito l’improvviso bisogno di prendere una boccata d’aria. I.V l’aveva riempita di nomi e di volti da tenere a mente, ma non era per niente facile ricordarli tutti, soprattutto perché li aveva visti per pochi minuti.
Aveva bisogno di staccare la testa e pensare ad altro. Aveva anche preso la palla al balzo per staccarsi un po’ di I.V. Quello che doveva essere solo un ballo per farle vedere i cacciatori, si era rivelato più uno strano abbraccio, abbraccio a cui lei non smetteva di pensare.
Sentiva un turbine di emozioni in contemporanea: eccitazione, per via della strana situazione che si era creata tra loro due, sensi di colpa nei confronti di Richard, paura nel sapere che nella sua zona vivessero così tante bande di cacciatori. Inoltre, Rafaelle e Jeim non si erano ancora fatti vivi e aveva paura che sull’amica avrebbe potuto contare ancora ben poco.
Con la scusa del voler cambiare aria, era uscita da sola sul grande terrazzo della sala. Non c’erano molte persone lì fuori, giusto qualche coppia o qualcuno che fumava per conto proprio.
Si poggiò alla ringhiera bianca del terrazzo. Chiuse gli occhi e prese dei profondi respiri, lasciandosi accarezzare dalla leggera brezza notturna. Non aveva idea di che ore fossero e ormai aveva perso completamente il senso del tempo; non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato da quando avevano messo piede nel locale.
Riaprì gli occhi e decise di concedersi una passeggiata in solitaria. Cominciò a camminare lentamente avanti e indietro per il terrazzo.
Rimasta sola con i suoi pensieri, decise che fosse il caso di far sapere a Richard che fosse ancora viva e che non si era dimenticata di lui. Non gli sembrava il caso di dirgli, però, che aveva ballato con I.V.
No, era decisamente meglio di no.
Prese il cellulare e digitò un breve messaggio, fingendo anche che lei e Rafaelle sarebbero tornate da lì a breve. Scosse la testa, mentre rileggeva il messaggio e meditava se inviarlo o no; non sapeva nemmeno se a lui interessava saperlo.
“Mi faccio troppi problemi…” mormorò tra sé e sé a voce bassa, mentre inviava definitivamente il messaggio e spegneva lo schermo.
Fece per rimettere via il telefono, ma si scontrò d’improvviso contro qualcosa. O meglio, qualcuno.
“Scusami! Non ti avevo visto!” esclamò lei, indietreggiando appena e sgridandosi mentalmente. Doveva perdere il vizio di camminare e nel frattempo guardare il telefono.
Il tizio con cui si era scontrata la stava guardando con espressione quasi divertita. Fortunatamente sembra non essersela presa e, soprattutto, sembrava anche lui da solo; per lo meno si era evitata una figuraccia più grande.
“Figurati, capita di distrarsi” rispose lui, accennando un sorriso.
Lei gli rispose di rimando con un sorriso mentre metteva via il telefono. Si avvicinò nuovamente alla ringhiera del terrazzo, decidendo di piantarsi lì definitivamente.
“Anche tu qui sul terrazzo per staccare un po’?” le domandò lo sconosciuto. Ambra si voltò verso di lui. Capelli castani leggermente ondulati, un orecchino e una camicia bianca con i primi due bottoni lasciati aperti.
“Diciamo di sì” rispose lei vagamente, poggiandosi alla ringhiera e stringendo le braccia al petto, guardandolo.
Il ragazzo annuì, sorridendo nuovamente.
“Ti ho sentito mormorare qualcosa sul fatto che ti fai molti problemi…”
Ambra boccheggiò appena, imbarazzata.
“Sì, beh… Effettivamente è così”
Il ragazzo annuì.
“Sei venuta qui con il tuo ragazzo?” le domandò poi, a bruciapelo.
Ambra lo osservò appena, ma ci mise più del dovuto a rispondere.
“Sei l’unica ragazza che sta girando da sola per il terrazzo” spiegò poi, mettendosi di fronte a lei proprio sotto una luce, ma tenendosi distante “Ho ipotizzato potessi avere litigato con lui. Non volevo risultare indiscreto, ad ogni modo”
e alzò le mani davanti a sé.
Ora che si trovava sotto la luce, Ambra notò un dettaglio che, oramai, sembrava perseguitarla: aveva gli occhi a mandorla. Anche lui.
Sospirò appena, prima di rispondere.
“Non sei indiscreto, tranquillo” gli disse, accennando appena un sorriso “Comunque no”
Lo sconosciuto fece un passo avanti. Ambra deglutì appena, guardando con la coda dell’occhio alla sua sinistra: era libero e non c’era nessuno.
Decise di spostarsi direttamente da lì e mettersi laterale alla ringhiera. Si sentiva più sicura in quel modo.
“Bene, allora mi presento” disse il tizio, dopo aver osservato l’improvviso cambio di posizione della ragazza “Mi chiamo Kor”
La ragazza rispose debolmente alla stretta.
“S-Selene” rispose lei di getto “Mi chiamo Selene”
Si morse la lingua subito dopo aver pronunciato quelle parole. Tra tutti i nomi che poteva scegliere, aveva scelto proprio il suo. Sperò di non incasinarsi maggiormente per via di quella scelta.
“Bel nome” commentò lui, infilando le mani nelle tasche e guardandosi intorno “Allora, cosa ci fai qui a questa festa?”
Ambra ci pensò su il più velocemente possibile per imbastire una scusa credibile.
“Ehm… Volevo staccare un po’” borbottò infine, pensando a quello che le aveva chiesto prima “Sai, è un periodo un po’ stressante e una festa mi sembrava l’ideale per distrarsi”
L’altro incrociò le braccia al petto.
“Hai perfettamente ragione”
“E tu?” domandò lei, mentre sentiva il telefono vibrare. Pensò potesse essere Giovanni e si appuntò mentalmente di richiamarlo.
“Io? Nessun motivo preciso” rispose “Più che altro sono stato trascinato dai miei amici”
Ambra era abbastanza sicura che con “amici” intendesse compagni di banda.
Colse la palla al balzo.
“Ma… Che tu sappia, tutta la gente che c’è qui abita in questa zona?” domandò, indicando con l’indice la sala alla sua sinistra “Credo di non conoscere quasi nessuno”
E non aveva neanche detto una bugia: esclusi Jeim, I.V e Rafaelle non aveva la più pallida idea di chi fossero gli altri invitati.
Lui parve pensarci per qualche secondo, come se stesse cercando di ricordare.
“Beh, diciamo… La maggior parte. Alcuni sono venuti qua da altre parti per fare nuove conoscenze”
Kor non poteva saperlo, ma Ambra aveva capito perfettamente cosa intendesse. Alcuni cacciatori erano venuti a quella festa semplicemente per capire chi fossero e dove vivessero altre bande di cacciatori.
“E soprattutto conoscere altri coreani” aggiunse il ragazzo, come per dar peso alla sua tesi.
Ambra annuì nuovamente, dopo aver accennato un mezzo sorriso.
“Certo, capisco” disse infine “Ho notato che questa festa brulica di coreani” mormorò subito dopo, distogliendo l’attenzione da lui e scostandosi un ciuffo di capelli.
Kor alzò le spalle, sorridendole.
“In Italia si vive con meno pressione rispetto alla Corea” spiegò brevemente.
Ambra annuì, fidandosi delle sue parole. Non sapeva granché riguardo a quel paese, perciò pensò che un cacciatore di origine proprio coreana potesse sapere meglio di chiunque altro come potesse essere vivere lì.
Anche perché né I.V né qualcun altro del gruppo avevano mai accennato alle loro discendenze o alla vita in Corea, che fosse nel mondo in cui si trovavano loro o semplicemente dalla zona in cui si trovavano cacciatori con discendenze di origine coreana del loro mondo di provenienza.
Ritornò con l’attenzione su di lui, ma si accorse che, in contemporanea, lui aveva spostato lo sguardo dietro di lei. Ambra deglutì, già pensando ad un suo probabile compagno di banda.
Allungò la mano in cerca del telefono, pronta a chiamare qualcuno in caso di necessità.
Kor corrugò la fronte, sempre tenendo lo sguardo puntato dietro di lei.
“Sei per caso venuta con qualcuno?” domandò poi, con uno strano tono e gli occhi che sembravano non volersi staccare da dietro di lei.
“Sì, certo” rispose lei, senza capire “Non sono venuta qui da sola” si affrettò ad aggiungere, di modo che sapesse che non era arrivata a quella festa completamente sola ed indifesa.
“E mi confermi che non sei venuta con il tuo ragazzo?”
Ambra corrugò le sopracciglia.
“Te lo confermo” mormorò, insospettendosi un poco.
“Doppia conferma”
Ambra trasalì.
La voce di I.V le era arrivata da appena dietro le spalle. Questo voleva dire che era esattamente ad un passo da lei.
“I.V” fece Kor, con tono quasi trionfale “Quale onore”
I.V non rispose, continuando a guardarlo con sguardo truce.
“Ti ho chiamato poco fa” le disse, con tono serio. Ambra ci mise un po’ a capire che stesse parlando con lei, visto che non l’aveva ancora guardata negli occhi, nemmeno di sfuggita.
Ambra non disse nulla, semplicemente si spostò dal mezzo e si mise di lato, passando lo sguardo dall’uno all’altro senza capire.
“Vi conoscete?” domandò poi.
“Certo che sì” rispose Kor, incrociando le braccia al petto “Ci siamo dati una mano in diverse occasioni”
Ambra alzò velocemente le sopracciglia. Probabilmente stava alludendo velatamente a qualche combattimento in cui le due bande si erano spalleggiate a vicenda, magari contro una terza banda.
“Sei venuto con Yunho?” domandò poi.
“No” rispose I.V, sintetico come sempre.
“Ah, peccato…” mormorò l’altro, mentre si grattava con fare vago e pensieroso il mento “Ero curioso di sapere se avevate novità sulla lettera e la tizia a cui è indirizzata”
Ambra corrugò la fronte e deglutì, cercando di non dare troppo a vedere la preoccupazione che sentiva crescere man mano. Com’era possibile che anche lui sapesse di lei?
I.V alzò il sopracciglio con il piercing.
“Sicuramente Yunho te lo ha detto, ma lui e Won Hu sono venuti a cercarmi qualche settimana fa… Niente, in pratica mi hanno chiesto se conoscessi una che si chiama Ambra, dai capelli rossi che abita nel mio quartiere”
Ambra sentì di avere un mancamento. Boccheggiò qualche istante, ringraziandosi mentalmente per non avergli detto il suo vero nome. Stare lì con i due, però, si stava rivelando troppo pesante da sostenere.
Mosse qualche passo verso sinistra, pronta a rientrare in sala per cercare Rafaelle e pregare di riportarla a casa. Non appena passò di fianco ad I.V, quest’ultimo la fermò prendendole saldamente un braccio.
Ambra deglutì.
“C-Cosa c’è?” sussurrò, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.
“Non vai più da nessuna parte senza di me” rispose I.V, senza mai staccare gli occhi da Kor.
Riportò l’attenzione proprio su di lui.
“No, non mi ha detto niente” proseguì I.V, riportando l’attenzione su quello che stava dicendo l’altro.
“Beh, sta di fatto che gli ho detto che per il momento non potevo occuparmi anche di quella là, avevo altro lavoro da fare…” marcò le ultime parole, come per assicurarsi che I.V intendesse “Poi non ho saputo più nulla”
Ambra si era girata appena, il giusto per non dare le spalle a Kor. Praticamente stava guardando la spalla e il collo di I.V, che era ancora serio e non sembrava intenzionato a dire granché.
“E sai che ti dico?” continuò Kor, muovendosi appena sul posto “Che se non fosse per il nome, avrei potuto pensare che Selene fosse la ragazza di cui vi state occupando”
Ambra sperò che una botola si aprisse improvvisamente sotto i suoi piedi per risucchiarla; I.V, nel frattempo, aveva corrugato le sopracciglia e stava passando lo sguardo da Kor ad Ambra – esattamente come aveva fatto lei prima – senza capire cosa stesse succedendo.
La rossa continuava a non avere il coraggio di guardarlo in faccia.
“Selene…?” domandò I.V, senza utilizzare nessun tono particolare. Voleva prima capire da dove spuntasse questo nome e se, come stava intuendo, centrasse davvero con Ambra.
“Sì, Selene” continuò lui, sciogliendo la stretta delle braccia e indicando velocemente Ambra.
I.V la guardò con la coda dell’occhio.
Si era protetta da sola.
“Sì… L’ho pensato anche io” mormorò I.V, mentre piano piano si girava dando le spalle a Korn e trascinandosi Ambra dietro.
“Salutami Yunho!” esclamò poi Korn, salutando con una mano “Ciao Sele, è stato un piacere”
Sele…” ripeté schifato I.V, tra sé e sé.
Ambra si stava facendo trascinare all’interno della sala senza opporre alcuna resistenza.
“Dov’è Rafaelle?” domandò, riuscendo finalmente a guardarlo negli occhi.
I.V le si parò davanti.
“Non lo so dov’è Rafaelle” cominciò a dire, con tono più duro “Ma se c’è una cosa che so è che voglio che tu mi dica una volta per tutte chi cazzo è Selene”
Ambra trattenne il respiro, continuando ad osservare l’espressione severa con cui lui la stava guardando. Per un breve, brevissimo momento aveva pensato che lui fosse semplicemente preoccupato per lei, anche per via di quella frase che le aveva detto. Invece no, ovviamente no; perché avrebbe dovuto d’altronde? L’aveva portata lì solo per farle vedere i cacciatori di cui poteva fidarsi, quindi perché si sarebbe dovuta preoccupare trovandola con un cacciatore?
Ma soprattutto, a lei cosa diavolo doveva importarle se I.V si fosse preoccupato per lei o no? Non doveva esserci alcuna delusione da parte sua.
“Nessuno… È il primo nome che mi è venuto in mente” farfugliò lei, sforzandosi di mantenere un tono fermo.
I.V sospirò nervoso.
“Ambra, hai in rubrica una persona che si chiama Selene Due Qualcosa, la firma della lettera è fatta da qualcuno il cui nome inizia per S e adesso tu fingi di chiamarti Selene. Mi vuoi spiegare qualcosa o no?”
Ambra deglutì, cominciando a torturarsi le dita.
“Non è nessuno di importante” ammise lei con tono arrendevole, rabbuiandosi appena.
I.V si accorse immediatamente del cambio d’espressione, ma decise di non darci più di tanto penso.
“Questo lo dici tu” ribatté I.V.
“No, lo dico perché è vero!” esclamò lei, alzando appena il tono di voce “È una persona che io non voglio più nella mia vita da anni e di cui a te non deve importare niente, chiaro? Niente!”
Inspirò ed espirò velocemente.
“Non gliene frega niente di me, di nessuno, le importa solo di lei! Quindi perché io dovrei darle importanza anche solo nominandola? Selene non è nessuno e continuerà ad essere tale!”
I.V ascoltò il suo sfogo in silenzio senza ribattere. Non l’aveva mai vista reagire così e pensò che forse era l’unica volta che erano riusciti a toccare un tasto delicato della sua vita. Aveva sempre pensato che il “punto debole” di Ambra fosse il fratello, visto che da quello che aveva potuto evincere erano molto legati. Evidentemente si sbagliava: questa fantomatica Selene, che continuava in realtà a non capire chi fosse, sembrava il nervo scoperto più doloroso da sopportare della rossa.
E, ovviamente, I.V si sentiva quasi in colpa per averla attaccata poco prima. Ma non poteva saperlo; aveva addirittura ipotizzato che stesse difendendo questa Selene.  E si era sbagliato alla grande.
Ambra continuava ad avere il respiro accelerato. Non sapeva più cosa dire, né cosa fare. Stava continuando anche a far vagare lo sguardo ovunque.
“E allora perché hai usato proprio il nome Selene per fingere?” domandò comunque I.V.
Ambra incrociò con forza le braccia al petto, continuando a muovere una gamba con nervosismo.
“Non lo so, ma per lo meno ci assomigliamo” spiegò, usando sempre un tono un po’ più freddo “Può risultare credibile come scusa”
“Ambra io non ci sto capendo veramente nulla” ammise infine I.V, per una volta seriamente perplesso.
“Vado a cercare Rafaelle” disse poi, di punto in bianco abbandonandolo lì, da solo, in mezzo alla sala. La osservò camminare a passo di marcia verso il portone bianco dietro al quale avevano lasciato Jeim e la bionda, la musica in sottofondo e la stanchezza che, improvvisamente, cominciava a farsi sentire.
 


 
***



 
7 Settembre 2014
Selene aprì lentamente la porta, sbirciando piano dalla fessura. Quando si accorse che era Ambra, si decise ad aprirla.
“Ambra…”
“Ciao Sele!” esclamò Ambra, con un sorrisone.

Selene sorrise di rimando.
“Allora?” continuò Ambra.
Selene corrugò appena le sopracciglia, sempre mantenendo il sorriso sulle labbra.
“Oggi è domenica 7 settembre! ” fece ancora Ambra, tirando fuori dallo zaino un paio di fogli piegati “Guarda, ti ho stampato anche il tuo”
Selene smise di sorridere.
“Ambra… Non capisco”
Anche la rossa perse la sua espressione allegra.
“Come non capisci?” ripeté, guardandola negli occhi e cercando di capire se stesse scherzando o meno.
Selene sospirò.
“Sinceramente vorrei prima capire perché sei qui” ammise infine.
Ambra corrugò la fronte.
“Oggi è il 7 settembre” ripeté.
Selene continuò ad osservarla.
“Sì, questo l’ho capito” rispose, scandendo le parole con movimenti della testa “Ma perché sei venuta qui? Io tra l’altro sono in pigiama, non ho ancora mangiato e…”
“Sele! Preparati, che abbiamo la prenotazione alle 12 e 30 in punto!”

Ambra spalancò piano le palpebre e guardò dietro la ragazza. Anche Selene si voltò, rispondendo con un “Arrivo subito, amore!”.
Ritornò con lo sguardo sulla rossa.
“Quindi sinceram-“
“Tu…” cominciò Ambra “Tu mi avevi detto che eri libera. Che eri libera oggi… Perché lunedì è il mio compleanno, ma tu il lunedì lavori…”
Selene sospirò.

“E mi avevi detto che potevamo vederci solo di domenica perché sei di riposo…”
Selene annuì.
“Mi sono dimenticata”
Ambra aprì piano la bocca.
“Ma io ho già stampato i biglietti del treno!” esclamò ancora Ambra.
Selene assunse un’espressione perplessa.
“Per andare dove… esattamente?”
Ambra lasciò andare le braccia lungo il corpo.
“Mi avevi detto che mi avresti portata al mare, per fare una giornata tra di noi…” fece Ambra, con tono triste “E adesso scopro che hai preso impegni col tuo ragazzo… E non ti ricordi manco che avevamo deciso di partire!”
Selene alzò gli occhi al cielo.
“Suvvia, quante storie… Gli auguri te li avrei fatti comunque” aggiunse poi.
“Cosa me ne faccio degli auguri?!” le urlò di rimando.
“Mamma mia, Ambra! Non ti sembra di esagerare ora?”
“Esagerare?!”
Selene sbuffò sonoramente.
“Che palle… Vacci con tuo fratello al mare, tanto i biglietti non sono nominali”
Ambra rimase a bocca aperta, incredula per come stesse sminuendo la faccenda e come veramente non capisse quanto quella giornata insieme, ad Ambra, avrebbe fatto piacere.
Ambra strinse le dita sui fogli ancora spiegazzati.
“Io ci tenevo”
“Ad una giornata al mare? Ci sei stata anche questa estate”
Ambra sospirò.
“Intendevo con te…” cominciò a spiegare Ambra “Da quando hai iniziato a lavorare ci siamo viste sempre di meno. A te non manca passare del tempo insieme?”
Selene la osservò, come pensando a che risposta dare.
“Beh, sai… L’unica persona che veramente mi manca quando non è con me è il mio ragazzo… Per il resto sto anche bene da sola”
Ambra si morse il labbro inferiore, tremando di rabbia. Tristezza. Delusione.
Troppe emozioni negative tutte insieme.
“Vaffanculo Selene”

Selene alzò le spalle.
“Sei tu che sei venuta qui”
Chiuse la porta.
 
 
 
 
 
A ripensare a quel discorso, Ambra si rese conto che gli occhi avevano cominciato a pungerle. Quanto detestava quando si comportava così. Quella, però, era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Selene aveva dimostrato più e più volte di non avere a cuore niente che non potesse essere utile per il proprio tornaconto e la litigata di tre anni prima ne era stata l’ennesima riprova.
Il problema, però, era sempre quello. Ambra poteva anche averla fatta uscire completamente dalla sua vita, avevano smesso reciprocamente di cercarsi e ormai nessuna delle due sapeva più granché della vita dell’altra.
Ma un collegamento tra di loro impossibile da spezzare continuava costantemente ad esserci: erano sorelle di sangue e questo, qualsiasi cosa fosse accaduta, sarebbe rimasto per sempre.
 
















Angolo Autrice
Ragazzi, che ve lo dico a fare. Se avete letto tutto, avrete capito che c'è un'informazione importantissima in questo capitolo e che servirà. 
Ci ho messo un po' a scrivere questa parte perché volevo rendere perfettamente l'idea dell'unica vera parte dolorosa della vita di Ambra e spero ovviamente di esserci riuscita.
Detto questo, ci vediamo la prossima settimana.
Come al solito ringrazio chiunque stia seguendo, e più in generale leggendo, questa storia!

 
 
 

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Capitolo 17
*** Incontri e scontri ***


Capitolo XV: Incontri e scontri
 
 









 
 
 
I.V aveva appena finito di raccontare quello che era successo alla festa dei cacciatori. Aveva omesso solo alcuni particolari che non riteneva fosse il caso che Yunho sapesse.
Yunho aveva ascoltato tutta la storia in silenzio, con una mano sotto il mento senza mai staccare gli occhi da lui.
I.V era piuttosto stranito dal comportamento del maggiore. Ultimamente, infatti, Yunho sembrava sempre sull’orlo di una crisi di nervi e non faceva altro che sbraitare contro tutti. In particolare, con I.V non perdeva un attimo per ricordargli le solite ammonizioni e il fatto che non ne avesse ancora fatto cenno lo stava facendo insospettire. Era fin troppo tranquillo per non nascondere qualcosa.
Quando ebbe finito di parlare, Yunho incrociò le braccia al petto.
“So già di Kor” gli disse.
I.V alzò un sopracciglio.
“Mi ha chiamato dopo che avete parlato” spiegò subito lui subito dopo “Mi ha anche detto che quella che si è presentata a lui come Selene aveva tutte le carte in regola per essere la Ambra di cui ci occupiamo noi”
Sentirono un tonfo sonoro provenire dalle spalle di Yunho. Entrambi si voltarono in quella direzione.
Hoseok si era seduto al tavolo e aveva sbattuto con forza la bottiglia di birra sul tavolo.
“La vuoi finire?” lo rimproverò Yunho “Non hai tre anni”
Hoseok gli riservò un’occhiataccia, evitando di rispondergli. Stappò la birra con l’accendino e ne scolò rapidamente un sorso.
“Che ha?” domandò I.V, osservandolo. Era da quando era rientrato a casa che aveva un’espressione furiosa e sembrava avercela, in particolare, con Yunho.
Yunho scosse il capo con fare rassegnato.
“Non l’ho portato alla festa” spiegò brevemente “E quindi non mi parla più”
I.V sbuffò appena dalle labbra. Forse se lo doveva aspettare, visto che non si erano mai presentati quella sera.
“Ha preferito farmi andare ad indagare con lui su quei cazzo di cacciatori che hanno attaccato Ambra” intervenne il diretto interessato, con tono furioso “Che cazzo ne può fregare a me, poi…” aggiunse poi, un po’ più a bassa voce poco prima di bere nuovamente dalla bottiglia.
“Come minimo, direi” fece Yunho, voltandosi nella sua direzione “Avevi lasciato scappare l’unico che avevamo in pugno”
“Veramente è stato Jeim” ribatté subito l’altro.
Veramente sei stato tu” lo corresse immediatamente Yunho “La colazione si può anche saltare quando c’è un prigioniero da tenere sotto controllo”
“Che due coglioni” fu l’ultimo commento di Hoseok, prima di mettersi le cuffie e isolarsi dal mondo.
Yunho sospirò.
“Siete riusciti a scoprire qualcosa, quindi?” domandò I.V.
Yunho scosse la testa.
“Non granché” rispose, per poi ritornare con lo sguardo su di lui “Anche perché non sono coreani, sono italianissimi”
I.V mise le mani in tasca.
“Per cui non hanno le nostre stesse frequentazioni” ragionò a voce alta quest’ultimo.
Yunho scosse la testa. Fece vagare per qualche istante lo sguardo in un punto imprecisato della stanza prima di riprendere parola.
“Penso sia scontato dirtelo, ma ho bisogno che tu scopra chi è questa fantomatica Selene”
“Ci ho già provato” disse I.V subito “E si è arrabbiata come pochi. È un nervo scoperto, a quanto pare”
Yunho scosse nuovamente la testa.
“Non mi interessa” insistette “Da incazzata ti ha detto che con quella persona non ci vuole più avete niente a che fare, giusto? Forse più la fai incazzare più ti sputerà addosso, involontariamente, le informazioni che ci servono”
I.V alzò un sopracciglio.
“Questo è puro masochismo” commentò serio.
“Ma a te non deve importare” rispose il capo, a tono.
“Mi importa, invece” ribatté I.V “Sono io che ci vado di mezzo. E poi hai detto che si deve fidare di me, se la faccio incazzare ancora è la volta buona che non mi rivolge più la parola”
“È il mio intento”
I.V si bloccò e corrugò la fronte.
“Cosa?” domandò, incredulo.
“Hai capito bene” fece Yunho, avanzando di un passo verso di lui “Alla festa hai beccato tanta gente che ti conosceva, giusto? E tu lo sai che io sono in contatto con tutti i leader di quei gruppi?”
I.V aveva già capito dove voleva andare a parare. E ciò lo stava mettendo in uno stato di preoccupazione crescente.
Yunho avanzò ancora verso di lui.
“So perfettamente di averti detto di muoverti come più ti pareva con Ambra. Ma non c’era bisogno di ballare con lei… In quel modo per giunta”
I.V lo guardò dritto negli occhi, ripensando a quel momento di intimità. Era stato un ballo strano, un ballo trasformatosi in un abbraccio quasi protettivo. Perché sì, per quanto fosse stata imbarazzata tutto il tempo, l’aveva comunque sentita rilassarsi tra le sue braccia, come se si sentisse al sicuro. E quella sensazione non faceva che aumentare la sua dose di orgoglio.
Era durato tutto troppo poco, però. Così come, invece, gli era sembrato troppo il tempo che lei aveva trascorso da sola sulla terrazza, per poi scoprire anche che non era esattamente da sola.
Kor. Era un bravo ragazzo, non avevano mai avuto problemi con lui. Eppure, a ripensare a lui, non riusciva proprio a pensare a cose positive.
Corrugò le sopracciglia quasi senza accorgersene.
“I.V”
Yunho lo riportò alla realtà.
“Te lo si legge in faccia, I.V” disse.
I.V non rispose.
“Per questo ho deciso che non appena hai scoperto di questa Selene tu, Ambra, la saluti. Definitivamente
I.V pensò che Yunho fosse decisamente lunatico. Nonostante ciò, ghignò nella sua direzione.
“Come pensi di ottenerle le informazioni da lei, se non mi usi più come tramite?”
Quella volta fu Yunho a ghignare. Ma il suo ghigno era decisamente più soddisfatto di quello dell’altro cacciatore.
“Penso di aver trovato un sostituto perfetto”
I.V ritornò improvvisamente serio. Come se gli avesse letto nel pensiero, dalle sue labbra uscì in automatico un nome.
“Kor…” sussurrò I.V.
“Ah-ha” rispose subito Yunho “Kor. È bravo, si è già approcciato a lei e mi pare che lo abbia preso in simpatia”
I.V aprì e chiuse la bocca un paio di volte, cercando le parole giuste. Cominciò ad innervosirsi, notando che era visibilmente confuso e non andava bene renderlo così palese davanti a Yunho, che sapeva, per l’ennesima volta, di aver fatto centro.
“Non capisco… Non vuoi che io mi leghi a lei, ma Kor…”
“La differenza tra te e lui è che se Kor comincia a provare qualcosa per Ambra non me ne frega nulla. Non è un mio uomo. Tu sì, e sai perfettamente che non voglio che i miei uomini si leghino a persone che noi dobbiamo solamente usare per i nostri scopi”
I.V si morse l’interno della guancia con fare sempre più nervoso. Fece scroccare rapidamente il collo e si impose la calma più assoluta. Doveva tornare alla sua solita espressione seria, alle sue risposte laconiche e all’indifferenza più totale.
Perché i pensieri formulati poco prima e quella non condivisa decisione di Yunho avevano scatenato in lui una insopportabile sensazione al petto.
Il problema era che, a discapito di tutti gli sforzi e la buona volontà che stesse impiegando, la sua espressione era ormai più che palese.
“Quanto ti dà fastidio, I.V?” continuò Yunho, sapendo che così non avrebbe fatto altro che innervosirlo ancora di più.
I.V stava sbuffando dalle radici.
“Non ti capisco” rispose, cercando di sembrare serio, ma in realtà il tono che gli era uscito era stato particolarmente duro.
Yunho ghignò nuovamente.
“Fai pure il finto tonto. Tanto ci sono io a ricordarti che a breve sarà Kor a occuparsi di lei, ad andare a casa sua”
Si bloccò un istante.
“Ad invitarla ad una festa e ad abbracciarla”
I.V non resistette più. Lo superò, dandogli una spallata e si avvicinò alla porta d’ingresso. La aprì con forza e la fece richiudere dietro di sé con un colpo secco.
Hoseok sobbalzò, togliendosi le cuffie dalle orecchie.
“Che cattiveria” commentò.
Yunho osservò la porta chiusa.
“Ha funzionato, però”
Hoseok corrugò le sopracciglia, con espressione stranita.
“Che?”
“Non ho mai chiesto a Kor di occuparsi di Ambra e non ho intenzione di farlo”
Hoseok, in realtà, non aveva seguito assolutamente nulla della conversazione che avevano avuto i due, aveva ascoltato la musica tutto il tempo. Ma, vista la situazione in cui versava con il capo, pensò che non fosse il caso di farglielo notare.
“E a questo poteva arrivarci da solo”
Hoseok corrugò le sopracciglia, ancora senza capire.
Yunho, vedendo che non stava avendo riscontro, proseguì.
“Non sostituisco mai i miei uomini con quelli di altri gruppi. Ma forse I.V era troppo preso a sopprimere la gelosia per pensarci”
 


 
***
 




Ambra starnutì nuovamente.
“Ecco, brava, ti sei ammalata”
La rossa sospirò e alzò gli occhi al cielo.
“Me l’hai già detto tre volte” ricordò al fratello, con fare scocciato. Odiava le paternali, soprattutto da parte sua.
Era da quando aveva rincasato la sera della festa che Giovanni la tartassava col fatto che avesse preso freddo. Ed effettivamente così era stato: si era presa un bel malanno. Probabilmente uscire sul terrazzo a quell’ora della sera, senza qualcosa di più caldo addosso, non era stata una grande idea. Se n’era resa conto quando, dalla mattina seguente, aveva cominciato con tosse, mal di gola e stanchezza. La febbre, invece, saliva e scenda continuamente; ma era sempre bassa, per fortuna.
Giovanni, ovviamente, non aveva accennato un minimo di comprensione. Passava il tempo a punzecchiarla sul fatto che fosse sempre poco attenta. Per lo meno le portava il cibo in camera quando non riusciva proprio ad alzarsi dal letto.
Quel giorno, però, c’era anche qualcun altro a ricordarle che spesso non era attenta.
Richard aveva deciso, infatti, di piantarsi in casa Doria per quel week end. Si era presentato il venerdì mattina da lei, un paio di brioche nel sacchetto e carico per una giornata da passare insieme. Da tutt’altra parte, Ambra gli aveva aperto la porta con una cera poco invitante e i piani di Richard erano dovuti cambiare sul momento.
Giovanni l’aveva, stranamente, presa piuttosto bene l’improvvisa comparsa di Richard. Pensava che alla fine si fosse reso conto di quanto poco tempo stava riuscendo a trovare per Ambra.
Era proprio lei a non essere più sicura di niente, invece. Continuava ad osservare il suo ragazzo chiedendosi se avesse ancora senso, se loro due avessero ancora un senso di esistere. Non si cercavano, non si desideravano più come un tempo. E la sua mente, ormai era inutile negarlo, era continuamente annebbiata da un altro volto, un altro sguardo. Un’altra voce.
Ambra inspirò profondamente, poggiandosi allo schienale del divano e chiudendo gli occhi. Le stava venendo mal di testa per colpa di tutti quei pensieri.
Riaprì gli occhi subito dopo, sentendo la suoneria del telefono. Tastò vicino a sé, ma sapeva che non era lì, la musichetta proveniva sicuramente da un’altra stanza. Si alzò velocemente, dopo aver dato un colpo di tosse e si avviò in camera sua.
Le parve di vedere un movimento dietro la tenda della portafinestra socchiusa, ma non ci diede molto peso. Trovò il cellulare dove lo aveva lasciato l’ultima volta che lo aveva usato, sulla scrivania.
Guardò il display.
Il cuore cominciò a batterle più forte del dovuto. Strinse le labbra e si portò il telefono al petto. Uscì dalla camera giusto per darsi un’occhiata in giro e per assicurarsi che Richard fosse ancora in bagno, dove ricordava di averlo visto poco prima. La porta del bagno era ancora chiusa, perciò non doveva essersi ancora mosso da lì.
Tossì una seconda volta e guardò nuovamente lo schermo del telefono, mentre si andava a sedere sul letto. Non ce la faceva a stare in piedi.
“Pronto?” mormorò, abbassando comunque il tono di voce.
“Devo solo avvertiti di una cosa, poi ti lascio stare” sentì la voce calda di I.V un po’ più frettolosa del solito.
“Ehm… Okay, dimmi” rispose lei, non sapendo il perché se ne fosse uscito in quel modo, quasi come se lei fosse arrabbiata con lui.
Un momento…
Si era ricordata improvvisamente che effettivamente avevano avuto una piccola discussione, la sera della festa. Ma ormai era passato qualche giorno e lei era decisamente passata oltre. La piccola scenata che gli aveva fatto era stata data solo dal fatto che aveva toccato un nervo scoperto. Di sicuro non aveva avuto intenzione di non rivolgergli più la parola, se era questo che lui pensava.
“Ti ricordi Kor?” le domandò.
Come dimenticarlo.
“Certo che lo ricordo” rispose, con una leggera punta di fastidio. Davvero pensava fosse così svampita da dimenticarsi subito le cose?
“Bene, spero che di lui tu abbia un buon ricordo” le disse, con voce più tagliente.
Ambra corrugò le sopracciglia, mentre sentiva la porta di una stanza aprirsi.
“Cosa intendi?” gli domandò, con un misto di preoccupazione e curiosità.
Sentì dei passi in camera sua, ma non ci diede peso.
Dall’altra parte del telefono sentiva ancora silenzio.
“I.V?”
Sentì I.V sospirare.
“I.V?!”
“Con chi stai parlando?”
Ambra alzò di scatto lo sguardo, senza staccare il telefono dall’orecchio. Richard era in piedi, davanti a lei e la guardava serio.
“Ehm… Io…”
Cazzo.
Richard sospirò, poi le sorrise avvicinandosi a lei. Fece per darle un bacio, ma si scansò piano.
“Ma si può sapere che c’è? È tutto il giorno che eviti i miei baci” le domandò.
Ambra si alzò in piedi, cercando di allontanarsi da lui.
“Sono malata, Richard” gli spiegò “Non vorrei attaccarti qualcosa”
Richard corrugò le sopracciglia e scosse la testa.
“Sai che mi frega, per un po’ di febbre e tosse” fece poi, alzando appena le spalle “E’ una chiamata importante?” domandò poi, indicando con la testa il telefonino di Ambra ancora attaccato al suo orecchio. Non era neanche più sicura che I.V fosse ancora in linea, visto che non sentiva più nessun rumore.
“No…” rispose piano, con poca convinzione.
“Se è così, allora…”
Richard si avvicinò a lei e le tolse il telefonino di mano. Ambra fu rapida a cliccare il tasto per chiudere la chiamata, di modo da non mostrare con chi stesse parlando poco prima. Non avrebbe saputo come spiegarglielo, altrimenti.
Richard poggiò il telefono sulla scrivania, esattamente dove Ambra lo aveva trovato.
La rossa abbassò lo sguardo sul telefono. Davvero Richard si era permesso di farlo? Davvero reputava qualsiasi cosa meno importante di lui? Certo, forse dirgli che non era una chiamata importante non aveva contribuito, ma la trovava comunque una mancanza di rispetto.
Ambra ritornò con lo sguardo su di lui e indietreggiò di un passo.
“Non c’era bisogno di togliermi il telefono di mano” gli disse freddamente “Avrei messo giù il telefono finita la chiamata”
“Hai detto che non era importante” ribatté lui, come Ambra esattamente si aspettava.
“Ma magari era con una persona con cui volevo parlare” continuò lei.
Richard sbuffò dalle narici e incrociò le braccia al petto.
“Dici che non ho tempo per te e quando lo trovo vengo qui, ti faccio una sorpresa e tu te ne stai per le tue al telefono”
Ambra boccheggiò qualche istante, incredula. Veramente le stava facendo quel discorso?
“Sono malata… Non sono in fin di vita, è vero, ma non ho voglia di fare niente. Vorrei solo starmene a letto, non ho nemmeno voglia di mangiare!”
“Ma io sono qui, Ambra! Potresti darmi un minimo di attenzioni!”
“Non ti ho chiesto io di venire!” esclamò lei.
Ci fu un’improvvisa folata di vento. La tenda dietro la ragazza si mosse, ma fu solo Richard ad accorgersene. E non si accorse solo di quello.
Vide la sua espressione mutare da seria, quasi arrabbiata, a stranita e poi preoccupata, mentre teneva lo sguardo puntato alle spalle della rossa.
“Richard…?” domandò lei, preoccupata.
Il ragazzo deglutì.
“Am-Ambra…” mormorò “Non girati” disse poi.
Ambra non lo ascoltò. Si girò verso di sé lentamente e lo vide.
I.V era lì, dietro la porta finestra, lo si poteva vedere chiaramente grazie alle tende mosse dal vento. Aveva un’espressione seria in volto. Troppo seria.
La ragazza si voltò completamente verso di lui. C’era qualcosa che non andava, però: era sicura che il colore degli occhi era cambiato; era tendente al rosso, bordeaux. Faceva quasi paura.
Vide, inoltre, che aveva ancora il cellulare stretto nelle dita della mano destra, cosa che le fece notare un ulteriore dettaglio: sulle punte delle dita, al posto delle unghie, sembravano esserci degli artigli.
Ambra deglutì. Cosa diavolo gli era successo?
Per quanto avesse voglia di avvicinarsi a lui e chiedergli cosa le volesse dire prima al telefono, vederlo in quello stato la metteva troppo in soggezione. Probabilmente era la prima volta che vedeva I.V davvero arrabbiato e lei, per la prima volta, aveva paura di lui.
I.V mosse dei passi verso la camera della ragazza, spingendo la porta finestra. Guardò Richard dritto negli occhi.
“Se ho bisogno di parlare con Ambra al telefono, tu non glielo togli di mano”
Il ragazzo spinse con il dorso della mano la porta finestra, per aprirla meglio.
"Soprattutto se devo dirle qualcosa che mi fa arrabbiare"
Ambra deglutì. Okay, quella era decisamente la riprova che I.V era arrabbiato, sul serio. Più che altro, Ambra stava iniziando a pensare che quella potesse essere il vero aspetto dei cacciatori e che questi assunsero un aspetto più umano ogni qualvolta servisse.
Il ragazzo fece il suo ingresso nella camera e spostò lo sguardo sulla scrivania. Con velocità estrema si avvicinò ad essa, facendo sussultare i due, e prese in mano il cellulare di Ambra. Lo porse alla rossa.
Quest'ultima lo prese titubante, stando bene attenta a non sfiorare gli artigli, poco prima di alzare gli occhi su di lui. Erano ancora di quel colore strano e sembravano in grado di trafiggere qualcuno con un solo sguardo.
"E' uno dei tuoi amichetti degli altri mondi?" domandò Richard, abbassando gli occhi sulla ragazza davanti a sé che in quel momento le stava dando le spalle.
Ambra girò appena lo sguardo.
"Amichetti?" mormorò lei a voce bassa "Se intendi i cacciatori non è proprio con questo termine che li descriverei..." fece ancora, abbassando ulteriormente il tono.
Non sapeva esattamente il motivo per cui lo aveva fatto, ma sentiva di non volersi mostrare ingrata per l'aiuto che I.V le aveva dato in precedenza. Anche se in realtà, vista la situazione, non pensava che a lui potesse importare granché di quello che lei pensava.
"Va bene, basta" disse Richard, tornando con un tono di voce normale "Io vado a chiamare tuo fratello" e si avviò verso la porta della camera.
I.V alzò d'improvviso lo sguardo oltre Ambra, puntandolo in direzione del ragazzo. Esattamente come poco prima, con incredibile velocità si ritrovò di fronte all'ingresso della stanza, precisamente davanti a Richard. Quest’ultimo sobbalzò.
"Ma cosa cazzo..." farfugliò, indietreggiando di qualche passo "Ambra, fa' qualcosa!"
Ambra si girò verso di lui con sguardo furioso.
"Guarda che in questo momento sono utile tanto quanto te!"
Richard deglutì.
"Tu hai quei dannati poteri, no?!" le urlò di rimando.
Ambra inspirò ed espirò con rabbia.
"Ambra!"
"Che cazzo sta succedendo qui?!"
La comparsa di Giovanni alle spalle di I.V parve ridare un briciolo di speranza per risollevare la situazione, soprattutto per Richard. Giovanni, infatti, si era avvicinato alla camera della ragazza impugnando un coltello da cucina.
L'unico a cui non importava nulla era sempre I.V, ancora fermo e immobile al suo posto, che fissava Richard.
“Puoi far uscire di casa questo qui?” domandò Richard.
Giovanni corrugò le sopracciglia e osservò la nuca del ragazzo che gli stava davanti.
“Sei I.V, vero?”
Il diretto interessato ruotò appena il volto.
“Ti ricordi di me… Fratello di Ambra?” rispose lui. Si ricordava perfettamente come si chiamasse, ma era ancora tanto curioso di sapere se fosse o meno il fratello biologico. Ogni scusa poteva essere buona per provare a cacciarglielo di bocca.
“Hai aiutato Ambra, certo che mi ricordo” ribatté lui, alzando appena le spalle “Anche se non la lasciavi andare”
“Cosa?!” esclamò Richard, trovando finalmente un po’ di coraggio.
“Si è espresso male Giovanni” intervenne Ambra, avvicinandosi a loro e tirando un’occhiataccia al fratello.
Comunque” riprese a parlare Giovanni, alzando il tono di voce per riportare l’attenzione su di lui “Cosa ci fai in casa mia?”
“Se non fosse stato per questo qui io non sarei neanche entrato” rispose I.V “Devo solo parlare con Ambra”
Giovanni meditò qualche istante sul da farsi. Alla fine, si trattava pur sempre di un cacciatore e da quello che gli aveva più volte raccontato Ambra, potevano rivelarsi davvero pericolosi.
“E va bene” sospirò infine “Ma vedi di fare veloce. Mi sono già rotto le scatole di tutta ‘sta storia”
Giovanni si allontanò dai tre.
Ambra sospirò e si passò una mano sul viso.
“Ditemi quando voi due avete intenzione di schiodarvi da lì” disse poi con fare rassegnato “Io sono stanca, vado a sdraiarmi”
“Non stai bene, amore?” fece subito Richard, cogliendo la palla al balzo per potersi finalmente distogliere da davanti il cacciatore, che a quella espressione aveva roteato gli occhi al cielo. Si avvicinò alla ragazza la quale, però, non si era ancora avvicinata al letto. Era rimasta al centro della stanza, ad osservare il telefono con aveva tra le mani.
“Devo parlare con Ambra. Da solo”
La voce di I.V era rimasta seria come poco prima. Richard si voltò verso di lui.
“Sono il suo ragazzo. Ho diritto a stare con lei”
I.V ghignò appena, divertito.
“Pensi che la cosa mi interessa?” domandò retoricamente “Devo parlare con Ambra, da solo. Non lo ripeterò una terza volta”
Richard alzò le braccia al petto, mentre Ambra distoglieva lo sguardo dal cellulare e lo guardava preoccupata.
“Tanto ho capito che sei bravo solo a parole” continuò il ragazzo, imperterrito.
I.V fece scroccare le dita della mano destra.
“Sai, Ambra? Se non mi avete raccontato frottole, avevi ragione quando mi dicevi che tua sorella considerava i cacciatori – è così che si chiamano? – degli stupidi…” e lo guardò con aria di sfida.
Improvvisamente, nella stanza era calato un silenzio surreale. Sembrava essersi abbassata di colpo la temperatura, si poteva quasi palpare il gelo che si era improvvisamente creato.
I.V si era trattenuto dal non spalancare le palpebre. Ambra stava guardando Richard con un’espressione che il ragazzo non sapeva se stesse per scoppiare a piangere o urlargli in faccia tutta la sua rabbia.
“Ambra”
La diretta interessata si girò piano verso I.V.
“Per favore”














Angolo Autrice
Eccomi tornata! Questo è un altro di quei capitoli che io definisco come 'iniziali' per un'altra parte della storia. Siamo arrivati praticamente alla terza parte del racconto e dai prossimi capitoli ci sarà ancora più dinamicità. Posso solo anticiparvi che questa terza parte ha una durata ben precisa e che ho scandito bene. 
Ad ogni modo, sono contenta che lo scorso capitolo abbia avuto molte letture!
Alla prossima.

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Capitolo 18
*** Spiragli ***


Capitolo XVI: Spiragli
 











 
 
 
Ambra si svegliò di soprassalto, rendendosi conto di trovarsi in auto. E I.V doveva accidentalmente aver preso una buca. Tirò su piano la testa e si mise una mano alla tempia.
I.V si accorse che si era svegliata, osservandola con la coda dell’occhio.
“Dormi” la rimbeccò “Non siamo ancora arrivati”
Ambra sospirò.
“Non so dove siamo… Non ti preoccupare”
Le era sembrato strano che I.V non l’avesse bendata come al solito per portarla al loro covo. In realtà non ricordava nemmeno benissimo come ci fosse finita in macchina. Probabilmente la stanchezza data dalla febbre e la frase di Richard erano stati un mix sufficiente per farle perdere conoscenza.
Ambra si mise una mano sulla fronte. Sentiva che le stava venendo mal di testa e la velocità con cui I.V stava prendendo le curve non stava aiutando affatto.
“Puoi andare un po’ più piano?” domandò titubante.
I.V non rispose subito. Guardò rapidamente dallo specchietto retrovisore e continuò la sua corsa.
La ragazza ne approfittò per osservarlo qualche istante: l’aspetto non era ancora tornato quello di sempre, il che non la faceva sentire molto a suo agio. Temeva potesse perdere il controllo delle sue azioni, nonostante I.V le fosse sempre sembrato un tipo piuttosto calcolatore.
“Prepara il discorso da fare a Yunho” disse invece lui, ignorando la domanda di Ambra.
“Cosa?” la rossa sentiva già l’ansia crescere al solo nominarlo.
“Oppure parla con me e me ne occupo io di lui. A te la scelta”
Ambra sospirò, meditando sul da farsi.
“Sono cose private che non centrano niente con la lettera e con voi” ribatté lei.
“Questo lo dici tu” la bloccò subito al ragazzo. Si fermarono ad un semaforo ed I.V si poggiò più comodamente sullo schienale del sedile. Girò la testa verso destra, per guardare la ragazza.
Si era spostata verso la portiera, come ad allontanarsi il più possibile da lui e sembrava parecchio intimorita. Non poteva biasimarla; d’altronde non l’aveva mai visto in quell’aspetto.
Ma quando I.V era arrabbiato, seriamente arrabbiato, non riusciva mai a contenere a pieno le sue emozioni e la vera natura da cacciatore prendeva il sopravvento. La parte più ‘cattiva’ del sangue aveva la meglio e lui diventava più brutale di aspetto e di fatto. Sì, perché se non ci fosse stata Ambra, Richard lo avrebbe più che volentieri fatto a pezzi con i suoi stessi artigli. Aveva trovato odioso il modo in cui si fosse messo in mezzo tra lui e la rossa.
In tutto ciò, si ricordò che non aveva ancora detto ad Ambra il motivo per cui era venuto a farle visita.
“Ti consiglio di parlarne prima con me. Ti risparmieresti le ire di Yunho” continuò I.V “E poi…”
Davvero stava facendo così fatica a dirglielo?
Ambra si voltò verso di lui, in attesa che parlasse, ma più incuriosita rispetto a prima.
“E poi è anche per goderti gli ultimi momenti con me”
Non era sicuro di aver usato il verbo giusto. Magari per lei era sempre stata solo un’agonia la sua presenza. Eppure, qualcosa gli stava suggerendo che forse non era esattamente così. E la reazione di Ambra parve dargli conferma: la ragazza infatti corrugò le sopracciglia e spalancò appena le palpebre.
“Gli ultimi momenti con te…?” ripeté con voce flebile e anche una punta di delusione che al cacciatore non sfuggì.
I.V nascose un sospiro, imponendosi di rimanere con la solita espressione seria e impassibile; ma, esattamente come davanti a Yunho, gli stava venendo sempre più difficile.
Tornò con lo sguardo davanti a sé.
“Yunho ha deciso che Kor prenderà il mio posto” spiegò brevemente “Lo stesso Kor che hai conosciuto alla festa. E con questo intendo che d’ora in poi sarà lui a venire da te”
Ambra si staccò dal sedile per guardarlo meglio, cercando di capire se stesse dicendo la verità o meno. Un altro cacciatore che bazzicava a casa sua e nella sua vita?
“No” cominciò lei, scuotendo appena la testa “No, non voglio”
I.V alzò il sopracciglio. Era sinceramente stupito da quella reazione e probabilmente lo era anche lei stessa, che forse non pensava di esporsi così tanto. La vide con la coda dell’occhio mordersi il labbro e torturarsi le dita con fare ansioso.
“E poi… Perché? Perché Kor dovrebbe prendere il tuo posto? Non ha senso, lui pensa che mi chiami Selen-“
“Penso che tu ci possa arrivare da sola al motivo” la interruppe I.V con tono serio e deciso, mentre al semaforo scattava il verde e il moro riprendeva la corsa. Diede un’altra rapida occhiata allo specchietto retrovisore.
“Non lo so il motivo” fece lei, alzando appena la voce e allargando appena le braccia
Il ragazzo non sembrava intenzionato a dire altro.
“I.V, per favore” fece lei, ritornando con un tono di voce più basso e quasi supplicandolo “Se non ci sei tu a fare da tramite… Io non me la sento di avere a che fare con tuoi compagni”
“Tanto ora ci penserà Kor a fare da tramite” rispose, con tono un po’ troppo duro.
Ambra sospirò. Doveva aspettarselo, forse, che solo a lei stesse dispiacendo quella scelta di Yunho. In realtà, doveva ancora capire il motivo reale per cui si stesse sentendo così triste. Davvero era solo perché I.V era diventato l’unico cacciatore di cui poteva fidarsi? Oppure era anche, e soprattutto, un altro il motivo?
Ambra ritornò con il viso rivolto verso la strada, ma gli occhi bassi.
“Era questo che dovevi dirmi al telefono…?”
I.V annuì appena, Ambra lo notò a stento con la coda dell’occhio.
“Allora perché hai detto che dovevi dirmi qualcosa che ti faceva arrabbiare?”
I.V, nuovamente, non rispose. E lei rinunciò a fargli altre domande.
Finalmente, però, dopo un tempo che a lei parve infinito arrivarono al covo dei cinque. Ambra non aveva minimamente prestato attenzione alla strada, perciò continuava a non avere la più pallida idea di dove potessero trovarsi.
I.V scese dalla macchina per primo.
Ambra si prese qualche secondo di più. Oltre alla brutta notizia ricevuta, tutto il casino successo a casa sua le aveva fatto aumentare la febbre e la stanchezza. Non aveva nemmeno la forza di alzarsi.
Si fece coraggio e poggiò la mano sulla maniglia della portiera. La spinse e si aiutò con essa a tirarsi su in piedi. Mosse un passo, ma sentì la gamba cedere immediatamente.
Non finì per terra, stranamente. Anzi, qualcosa – o meglio qualcuno - l’aveva presa per tempo.
Si rese conto di essere poggiata contro il petto di I.V. Quest’ultimo le stava tenendo una mano dietro la schiena e la stava stringendo a sé. L’altra mano le stava tenendo il polso della mano che Ambra, d’istinto, aveva portato avanti per pararsi dalla caduta.
“Perché non ho alcuna intenzione di farmi sostituire da Kor” rispose lui, con un tono di voce più basso “Voglio essere solo io ad occuparmi di te”
Ambra chiuse gli occhi e si lasciò andare completamente contro di lui.
Non andava bene tutto quello, ma per una volta decise che non le sarebbe importato.


 
***
 


Yunho ghignò non appena I.V entrò nel covo. Lo vide incazzato esattamente come si aspettava: lo conosceva fin troppo bene.
Mise da parte il senso di soddisfazione solo perché, anche se ancora non sapeva come, a quanto pare c'era una novità veramente tanto importante che riguardava Ambra. Così, almeno, gli aveva scritto I.V poco prima in un messaggio.
I.V si avvicinò a lui a passo di carica. Non si degnò nemmeno di salutare gli altri. Per via di ciò, infatti, gli sfuggì un piccolo dettaglio. L'unica cosa di cui si rese conto era che mancava Won Hu. Ultimamente si faceva vedere veramente poco.
Ma il piccolo dettaglio non tardò molto a farsi notare.
"Ciao!"
I.V corrugò le sopracciglia. Aveva appena aperto la bocca per parlare con il capo, ma una voce familiare non gli aveva dato il tempo nemmeno di fiatare. Spostò lo sguardo oltre la figura di Yunho e notò che assieme ai soliti c'era qualcuno in più.
"Ma che diavolo...?" sussurrò incredulo.
Rafaelle si alzò in piedi sorniona e si avvicinò con una bottiglia di birra in mano.
"Finalmente vi vedo tutti insieme!" esclamò poi "Vuoi?" e allungò la bottiglia verso di lui.
Quest'ultimo fece segno di no con la testa, mentre ancora stava cercando di capire cosa fosse successo in quel breve lasso di tempo in cui era stato via. 
"Ma dov'è Ambra? Jeim mi ha detto che sarebbe arrivata anche lei..."
I.V alzò lo sguardò verso l'amico dai capelli rossi, che di tutta risposta alzò le mani come a difendersi.
"Le ho solo detto che saresti arrivato tu con delle importanti novità sulla rossa e siccome sapevamo che eri da lei abbiamo pensato che ci fosse anche Ambra. Per questo la vedi qua" spiegò "Che poi, tutta 'sta suspence per chissà quale cavolata..." mormorò subito dopo, più tra sé e sé che a qualcuno in particolare.
"Pervenuto" commentò la bionda, alzando gli occhi al cielo.
"Ehy, abbiamo limonato, ma questo non vuol dire che puoi trattarmi come ti pare" la rimbeccò subito lui "In più che mi hai costretto a portarti qua"
"Sì, ma rompe così tanto le palle che per me può fare quello che vuole purché stia zitta" intervenne Hoseok, sospirando.
Nonostante la situazione continuasse a diventare sempre più surreale, ad I.V c'erano comunque delle cose che non tornavano e che gli stavano dando uno strano formicolio alla base della testa.
Di questo passo, non si sarebbe calmato molto facilmente. E il fatto che continuasse a sentire il bisogno di far scroccare le dita ne era un segno.
"Non ho mai detto che sarei andato da Ambra" disse sibilando.
Di tutta risposta, sentì Yunho scoppiare a ridere. Anche Hoseok aveva steso le labbra in un ghigno divertito e si era scambiato uno sguardo di intesa con il capo.
"Era ovvio che saresti andata da lei per dirle di Kor, I.V" gli disse il maggiore, con ancora un sorriso malizioso sulle labbra.
"Sei proprio cotto, cazzo" commentò Hoseok tra sé e sé.
I.V cercò di ignorare il più possibile quella strana sensazione al petto che stava sentendo crescere. Non sapeva nemmeno dire se fosse piacevole o meno. Si sentiva solo più leggero, dopo la frase di Hoseok.
"Dormi serenamente I.V, era solo l'ennesima prova. Non sostituisco mai i miei uomini con quelli delle altre bande, a meno che non ci siano problemi gravi" spiegò Yunho, incrociando poi le braccia al petto.
I.V si girò di scatto verso di lui, mentre sentiva in sottofondo Rafaelle mandare gridolini di gioia per via di quello che aveva appena sentito e Jeim rimbeccarla di stare zitta e farsi gli affari suoi.
"Ti ricordo che finché parlate in italiano io vi capisco perfettamente!" esclamò la bionda subito dopo.
"Bene, allora riprendi a parlare coreano così se ne sta un po' zitta, finalmente!" disse, passando lo sguardo da I.V a Rafaelle.
I.V non se lo fece ripetere due volte, più che altro per paura che Rafaelle potesse spifferare tutto alla rossa.
"Mi pareva di aver capito che la mia fosse una situazione abbastanza critica, no?" domandò poi, con una punta di acidità nella voce.
Yunho fece spallucce.
"Sì, ma... Ormai il danno è fatto" disse con tranquillità "E poi io non ho di certo cambiato idea. Quando tutta questa storia sarà finita, ognuno per la propria strada"
I.V fece scroccare l'osso del collo.
"E quindi io e Ambra dovremmo dimenticarci l'uno dell'altra..." cominciò a dire nervoso, utilizzando le stesse parole che aveva usato con lui Yunho tempo prima "Ma Rafaelle può venire qua come se niente fosse?"
"Non mi pare che Ambra non abbia mai messo piede qua" rispose l'altro “E prima che tu me lo chieda: sì, Jeim l’ha bendata per portarla qui
"Hai capito benissimo cosa intendo!" esclamò I.V avvicinandosi a lui.
Yunho divenne improvvisamente serio, sciogliendo la presa delle braccia.
"Tu evidentemente no, però" gli disse "Ti ho già spiegato che non voglio che tu o gli altri vi leghiate a persone con cui dobbiamo risolvere delle questioni, per evitare di intralciare indagini o quant'altro. Non mi pare che con Rafaelle abbiamo questo tipo di problema. Posso anche capire il nervosismo, ma sai perfettamente che non vi ho mai impedito di avere relazioni o storie da una notte"
I.V stava respirando profondamente, continuando a guardare dritto negli occhi Yunho che, per l'ennesima volta, sapeva di aver centrato il punto. Era veramente incredibile come riuscisse sempre a trovare il cavillo con cui portare le discussioni dalla sua parte. Però, d’altronde, era il capo: chi, se non lui, doveva avere l’ultima parola?
"Tra l'altro, che novità hai su Ambra?" intervenne Hoseok, ricordandosi improvvisamente il motivo per cui I.V si era presentato da loro.
Fu in quel momento che la porta di ingresso si aprì.
"Ve le posso dire io, se volete"
Tutti si girarono verso Won Hu. La sua voce melliflua aveva riecheggiato in tutta la stanza.


 
***


 
Ambra si risedette in macchina con poca grazia. Sentiva di avere un gran bisogno di dormire e il mal di testa non sembrava accennare a diminuire.
Si poggiò con la tempia al sedile e chiuse gli occhi, lasciando il finestrino aperto. Era sicuramente rischioso, ma visto dove si trovava, al massimo doveva riguardarsi da Yunho o Jeim e in quel momento, entrambi, non sembravano essere nei paraggi. Quasi sicuramente erano dentro.
A parlare di lei.
A parlare di Selene.
“Vaffanculo” sibilò tra i denti. Era tutta colpa di Richard. Lui e la sua boccaccia. Oppure la colpa era solo ed esclusivamente di sé stessa, che si ostinava a raccontargli le cose nonostante gli avesse chiaramente fatto capire quanto fosse scettico.
Se non mi avete raccontato frottole.
Ambra si grattò la testa nervosamente. Doveva smettere di pensarci o il mal di testa non sarebbe mai passato.
Ma era così arrabbiata che faticava a pensare ad altro. Inoltre, stava accuratamente cercando di non pensare a quegli attimi prima di rimanere da sola. Quegli attimi in cui era stata, di nuovo, tra le braccia di I.V e si era sentita protetta, al sicuro.
E le sue parole…
“Cosa ti sta succedendo, Ambra?” mormorò fra sé e sé.
Improvvisamente, sentì dalla sua destra un rumore di passi. Alzò lentamente la testa e rimase sull’attenti: una figura si stava avvicinando piano, con passo tranquillo, nella sua direzione. Strinse appena gli occhi per cercare di capire chi fosse, ma non riuscì a capirlo bene fino a quando non se lo ritrovò di fronte al finestrino.
Won Hu. O almeno così le pareva si chiamasse il ragazzo biondo dalle labbra carnose e dalla voce delicata.
“Oh…” mormorò lui sorpreso, vedendola “Cosa ci fai qui, cara Ambra?”
Ambra corrugò le sopracciglia, incredula.
“C-Cara…?” ripeté tra sé e sé “Beh… Ecco…”
“Se sei venuta qui con la macchina di I.V vuol dire che c’è anche lui. Ed è successo qualcosa di importante, giusto?” domandò, piegando appena la testa da un lato.
Ambra lo osservò, non capendo se quelle fossero semplici domande di circostanza o se, in realtà, stesse cercando di carpirle delle informazioni.
Mentre lo osservava, si accorse che a tracolla stava portando un borsone simili a quelli della palestra. Spostò lo sguardo su di esso quasi in automatico e il biondo se ne accorse.
“Ah, giusto. Ho appena finito il turno” spiegò brevemente, abbassando anche lui per qualche istante lo sguardo sulla tracolla “Stavo andando a cambiarmi proprio ora”
Ambra lo guardò stranita. Cosa intendeva?
Won Hu, notando la reazione della ragazza, sorrise appena.
“Sono un infermiere” disse con tranquillità “I.V non te l’ha detto?”
Ambra alzò le sopracciglia, sinceramente colpita.
“No, non me l’ha detto”
Nessuno tra di loro le aveva mai accennato al fatto che Won Hu fosse un infermiere. Però, pensandoci, si era sempre chiesta di cosa campassero quei cinque, visto che all’apparenza sembravano tutti senza lavoro. Evidentemente era Won Hu che li manteneva – e li curava anche.
Se Won Hu li avesse piantati in asso, sarebbero stati decisamente spacciati.
Persa nei suoi pensieri, non si accorse che Won Hu aveva appena tirato fuori il telefono dalla tasca, avendo sentito il telefono vibrare. Digitò velocemente sulla tastiera.
Ambra ritornò con lo sguardo su di lui, un attimo dopo che lui ebbe di nuovo messo via il telefono.
“Allora, che ci fai qua?”
La rossa meditò qualche istante sulla risposta.
“I.V ha voluto che lo accompagnassi qua…” rispose vagamente, mentre si riappoggiava al sedile dell’auto.
“Senza motivo? Strano” commentò lui ancora “In più non mi sembri in formissima. Hai gli occhi lucidi e le labbra un po’ gonfie”
Ambra, in automatico, si passò la punta delle dita sulle labbra. Quello era un effetto classico che le provocava la febbre, ma non pensava fosse così evidente. Oppure era solo la deformazione professionale di Won Hu.
“Già… Ho febbre e anche un po’ di mal di testa. Devo aver preso freddo” fece lei con un sospiro.
Gli occhi di Won Hu, a quella frase, si illuminarono di una strana luce, che ad Ambra non sfuggì.
“Potevi dirmelo subito” rispose lui “Ho delle gocce che calmano il mal di testa. Puoi fidarti, le uso anche con i pazienti”
Ambra corrugò la fronte a quelle parole.
Okay, Won Hu era stato carino con lei l’ultima volta che si era visti e sembrava anche un tipo tranquillo. Ma non si era fidata del panino che I.V le aveva dato la prima volta che era stata lì, per cui per quale motivo doveva fidarsi di una medicina di Won Hu?
Won Hu armeggiò qualche istante con la borsa e tirò fuori una piccola confezione contenente del liquido, che porse ad Ambra.
La ragazza lo prese tra le dita e lo osservò. Era trasparente, non sembrava niente di strano. C’era anche scritta la composizione chimica. Il problema era che lei non ne capiva nulla di quelle cose, per quanto le riguardava poteva essere anche la descrizione di un veleno.
Vedendola titubante, Won Hu ridacchiò appena, sempre con quel suo modo delicato che stonava così tanto con il resto della banda.
“Ho capito, non ti fidi” fece lui “Non sei obbligata a prenderle, non preoccuparti”
Ambra parve rincuorata da quella frase.
“Però ti consiglio di annusarlo, almeno” continuò Won Hu “Ha un profumo delizioso”
Ambra lo accontentò, giusto per non sembrare scortese, ma rimaneva dell’idea che non fosse il caso di prendere quelle gocce.
Svitò piano il tappo e diede una rapida annusata. Effettivamente l’odore era delicato, quasi fruttato.
Richiuse la boccetta, continuando ad osservarla incuriosita.
Rimasero entrambi senza dire nulla, per qualche istante. Fu lui a rompere il silenzio.
“Perché sei qui?” fece lui, in tono un po’ più serio.
Ambra aveva ancora gli occhi puntati sulla boccetta; le scritte nere, però, stavano diventando sempre più difficili da leggere. Provò a girarsi verso Won Hu, pensando fosse colpa del mal di testa, ma quando aprì la bocca per parlare si rese conto che faticava a far uscire la voce. Emise solo un flebile lamento.
“Io…”
Won Hu fece qualche passò verso di lei, abbassandosi e poggiando le mani sulle ginocchia.
“Mh?” insistette ancora, spostando ancora la testa da un lato, esattamente come aveva fatto prima.
“Non…” provò lei “Il mio ragazzo…” disse piano, cominciando a respirare a fatica.
“Il tuo ragazzo? Cos’ha fatto il tuo ragazzo?” domandò Won Hu.
Ambra si mise una mano sul petto. Provò a spostare lo sguardo verso i suoi occhi, ma si rese conto di avere la vista leggermente annebbiata e stava cominciando anche a vedere doppio. Sentiva la testa più leggera, il mal di testa sembrava quasi del tutto sparito, ma non sapeva se fosse una cosa positiva.
“Non voglio…” mormorò piano, come un lamento.
Won Hu allungò la mano verso di lei. Le prese il viso tra le dita e la costrinse a guardarlo negli occhi.
“Sì che vuoi”
Le vene sul polso del ragazzo cominciarono a pulsare visibilmente e a muoversi in modo strano, come se si stessero spostando sottopelle. Piano piano, queste fuoriuscirono dalla carne, ma non erano più vene: erano radici, sottili, verde scuro. Risalirono la mano di Won Hu e si strinsero intorno al collo di Ambra, anche se fortunatamente non era una presa stretta.
La sua mano e le radici la spinsero maggiormente contro il sedile.
“Adesso dimmi. Perché sei qui?”
Ambra cominciava a non avere più il controllo di sé. La mente le continuava a proporre immagini allegre, spensierate, campi verdi e cieli azzurri. Sembrava drogata di felicità, andava tutto bene – all’apparenza.
“Il mio ragazzo… Quello stupido… Ha rivelato ad I.V che io ho una sorella. Perché Giovanni è mio fratello… Ma adottivo… E Selene no, è mia sorella naturale…”
Won Hu la stava ascoltando in silenzio, con ansia. L’effetto non sarebbe durato ancora per molto, a breve sarebbe caduta in un sonno profondo.
“Ma abbiamo poteri diversi, sai? Oh sì… Io ho il potere dell’aria, lei controlla la luce…E siamo diverse anche io e lei… Infatti non ci parliamo più… Menomale che siamo finite in famiglie diverse… “
Nonostante stesse continuando a straparlare, c’era una vocina debole, appena udibile nella mente che le suggeriva di smetterla di rivelare cose a Won Hu. Ma le labbra ormai si muovevano da sole, erano incontrollabili.
“Però fisicamente mi somiglia… Anche lei ha i capelli rossi… Ma è più bella”
A quella sua stessa frase, corrugò le sopracciglia.
“Già, vivendo in questo mondo ha scoperto che qui le cose le vanno sempre bene… Sempre” sussurrò “Quindi lei non ci pensa mai alle origini, al suo potere… Io non sono come lei, invece… Io lo vorrei saper usare il potere, vorrei tornare in quel mondo… Se solo potessi…”
Gli occhi di Ambra si fecero un po’ più ludici, e sapeva che era un effetto dato non solo della medicina di Won Hu.
“Dove vive?” domandò ancora Won Hu.
“Non in periferia…” fu in grado di dire lei, sempre più affaticata.
Won Hu pensò che potesse bastare. Le radici del suo polso, controllate da lui, strinsero maggiormente il suo collo, per velocizzare il processo.
“Selene Tiberi sei una stronza”
Furono le ultime parole che Won Hu sentì pronunciare dalle sue labbra, prima che la ragazza chiudesse finalmente gli occhi.
 
 












 
Angolo Autrice
Che dire follettini e follettine. In questo capitolo c'è un grande ritorno! Lo so, non compare praticamente mai, ma vi assicuro che non è un personaggio da trascurare. E oltre a ciò, questo è un preambolo ad una serie di eventi che si susseguiranno e saranno moooolto importanti.
Ad ogni modo, spero che questo capitolo un po' più di passaggio sia comunque stato di vostro gradimento!
Un bacione.

 
 

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Capitolo 19
*** A nudo ***


Capitolo XVII: A nudo









 
Giovanni lanciò il telefono sul divano, imprecando. Gli sembrava di essere tornato indietro a qualche settimana fa, quando di nuovo Ambra non rispondeva al telefono e l’unica persona con cui poteva fare un punto della situazione era Richard. 
Anche lui, però, non aveva la più pallida idea di dove si fosse cacciata. L’unica cosa di cui entrambi erano abbastanza sicuri, era che la ragazza fosse con I.V. Giovanni, per quello, era relativamente tranquillo; lo sarebbe stato di più se la sorella avesse risposto alle sue chiamate, ma per lo meno sapere che si trovasse con qualcuno che aveva dimostrato di volerla proteggere placava un po’ la sua ansia. 
Richard, al contrario, non era per niente tranquillo e Giovanni non poteva biasimarlo. Però riconosceva che, ultimamente, Ambra sembrava molto più in contatto proprio con questo I.V che con il suo fidanzato. L’aveva sentita, una volta, lamentarsi con Rafaelle al telefono del fatto che Richard continuasse a non cercarla più di tanto e a quanto pare sembrava avere anche una bassa considerazione di lei. 
Giovanni aveva cominciato a pensare che si trattasse solo di un periodo così, visto e considerato le vicissitudini della sorella. Ma da quando aveva conosciuto I.V, Giovanni aveva un nuovo sospetto. 
“Non risponde, vero?” chiese a Giovanni, con le braccia incrociate. 
Quest’ultimo sospirò e fece segno di no con il capo, con lo sguardo ancora rivolto sul telefono abbandonato sul divano.
“È la terza chiamata che proviamo a fare e per la terza volta non ci risponde” cominciò a dire Richard con impazienza “Perché non siamo ancora andati a cercarla?”
Giovanni alzò lo sguardo verso di lui. A quanto pare, visto che forse era in pericolo, sembrava essergli ritornato l’interesse nei confronti della ragazza. 
“Ti do due validi motivi: i cacciatori sono pericolosi per noi semplici umani e non abbiamo la più pallida idea di dove potrebbe averla portata”
Evitò accuratamente di dirgli che I.V gli aveva anche chiesto di non seguirli. Gli era sembrata strana una richiesta così pacata, senza alcuna minaccia. Ma evidentemente aveva delle ragioni altrimenti, pensò, non glielo avrebbe nemmeno chiesto. 
Il problema era che, comunque, non riusciva a starsene con le mani in mano ad aspettare che Ambra ripiombasse a casa da un momento all’altro.
Richard alzò gli occhi al cielo.
“Ti prego, non cominciare anche tu” mormorò “Prendiamo la macchina e giriamo! Non possono essersi dileguati!”
“Milano è grande” 
“E pazienza!” 
Giovanni mosse qualche passo verso di lui.
“Di’ un po’” fece, quando fu a pochi centimetri da lui “Perché tutta questa preoccupazione non l’avevi la prima volta che Ambra sembrava essersi dileguata?”
Richard boccheggiò qualche istante, preso alla sprovvista.
“Che domanda è?” 
Giovanni alzò le spalle. 
“Una domanda normalissima, mi sembra” rispose tranquillamente. 
Richard strinse le labbra qualche secondo, studiando l’espressione del moro di fronte a lui.
Dovette ammettere a sé stesso che un po’ lo intimoriva. Era pur sempre il fratello maggiore della sua ragazza.
“Perché… Oh, insomma, perché ho visto con i miei occhi che c’è effettivamente qualcuno di quelli che mi raccontava lei”
“I cacciatori, sì” provò ad interpretare Giovanni “Questo vuol dire che non le credevi”
Richard sospirò sonoramente. Si mise le mani nelle tasche dei jeans.
“Andiamo, Gio. Ambra è sparita di nuovo e noi siamo qui a discutere su di me?” 
Giovanni distese le labbra in una specie di ghigno.
“Non provare a rigirarla come se ti stessi facendo perdere tempo” disse, con un tono un po’ più duro “Tu non hai mai creduto veramente a quello che Ambra ti ha raccontato in questi anni. Ed evidentemente, sapere che c’è di mezzo un bel ragazzo ti fa ancora più arrabbiare”
Richard corrugò le sopracciglia, ma Giovanni aveva capito che aveva fatto centro. Stava semplicemente fingendo di non aver accusato il colpo. 
“Ti avverto: non mi piace nemmeno un po’ come ti stai comportando con lei” fece ancora, indicandolo con un dito.
Richard continuò a guardarlo, cercando di non battere ciglio.
“E Ambra sa che io su queste cose non sbaglio mai”


 
***



Ambra sentì un dolore lancinante all’altezza della tempia. Riuscì ad aprire piano gli occhi.
“Cazzo, si è svegliata” 
La voce di Jeim le arrivò da dietro le sue spalle. Sentiva di essere tenuta in piedi da più braccia. Piano piano, riuscì a mettere a fuoco la visuale. 
Sbatté le palpebre un paio di volte.
“Muoviamoci”
La voce di Hoseok era la conferma che ci fossero più persone a tenerla.
Si girò di scatto con la testa, per guardarli.
“C-Che state facendo?” domandò preoccupata. 
“Ah, sta zitta!” esclamò Jeim, cercando di tenerla con una mano e allo stesso tempo armeggiando con un mazzo di chiavi.
Ambra si rese conto in quel momento di trovarsi all’interno del loro covo. Era buio esattamente come lo ricordava, ma stavolta non si trovava nello studio all’ingresso. Sembrava essere su un piano rialzato, viste le scale alla sua sinistra. 
E se l’avessero chiusa in una stanza?
“Lasciatemi, cammino da sola” disse lei, cercando di mantenere fermo il tono di voce, ma rendendosi conto che in realtà le gambe le tremavano un po’.
Hoseok la strattonò per farla stare zitta.
“Per favore!” tentò ancora lei, muovendosi per liberarsi dalla presa ferrea dei due. 
“Ma tu e l’altra vi siete messe d’accordo per rompere i coglioni in simbiosi?”
“Chi è l’altra?!” esclamò Ambra, continuando a dimenarsi furiosamente.
Jeim riuscì finalmente a trovare la chiave giusta, infilandola poi nella serratura e facendole fare due giri.
“No, vi prego, lasciatemi!” urlò ancora Ambra, puntando i piedi e muovendosi con le braccia. 
“Sta’ zitta!” urlò Jeim, di rimando, spalancando la porta e, insieme ad Hoseok, lanciarci malamente la ragazza. 
La rossa atterrò con violenza sul pavimento duro. Sicuramente si era fatta male ad una spalla.
“E vedi di startene qui buona e tranquilla” la intimò nuovamente Jeim, prima di chiudere la porta con forza e dare due giri di chiave.
Ambra si rialzò in fretta e furia, andando contro la porta e battendo forte il palmo su di essa.
“Apritemi! Non ci voglio stare qui!” gridò a squarciagola “Apritemi!”
Sentiva il rumore dei loro passi farsi sempre più lontani, segno che se ne stavano andando lasciandola da sola lì.
“JEIM!” urlò ancora, rischiando quasi di sgolarsi. 
Ambra stava respirando velocemente, in ansia, in attesa di sapere quale sarebbe stato il suo destino. 
In attesa di sapere se I.V l’avrebbe mai liberata da lì.


“JEIM!” 
I.V alzò il sopracciglio e spostò lo sguardo sulle scale, all’ennesimo urlo della ragazza. 
Il diretto interessato scese velocemente i gradini seguito da Hoseok, lasciandosi andare ad un verso di frustrazione. 
“Non la sopporto” commentò tra sé e sé, una volta raggiunto I.V.
“Dov’è?” domandò quest’ultimo. 
“Nella stanza di Yunho” rispose, incrociando le braccia al petto e guardando anche lui verso le scale “Ci sono un bel po’ di pistole. Magari la intimoriscono”
I.V sbuffò velocemente.
“Voi, piuttosto, dove avete messo la bionda?” 
I.V indicò con un cenno del capo un punto vicino alla loro scrivania. 
Jeim corrugò le sopracciglia, osservando la ragazza seduta in ginocchio, con le mani tenute ferme da alcune catene nere – le stesse che avevano usato con Ambra – ad una delle gambe del tavolo. Aveva ancora il suo solito sguardo agguerrito e non gli pareva nemmeno di averla sentita urlare, ma sicuramente poteva leggere della preoccupazione in volto.
“L’avete legata?” chiese poi, senza rivolgersi ad uno in particolare.
“Per forza” intervenne Yunho “L’abbiamo dovuta rincorrere. Appena ha visto Ambra svenuta, ha inveito contro Won Hu e poi contro di me. Sentendo il casino che ha fatto Ambra poco fa, ora capisco perché sono amiche”
Yunho passò, subito dopo, lo sguardo da I.V a Jeim. Sembravano avere la stessa espressione e forse condividevano anche gli stessi pensieri. 
“Mentre eravate su, Won Hu ci ha raccontato cosa gli ha detto Ambra” proseguì poi, concentrandosi sul rosso e su Hoseok.
Quest’ultimo fischiò contento.
“Che dice, quindi?”
“Molto brevemente: Ambra ha una sorella biologica di nome Selene Tiberi. Più bella, più fortunata e probabilmente anche più stronza di lei. Non vanno più d’accordo e a quanto pare si assomigliano”
Gli altri rimasero in ascolto, mentre Yunho faceva l’elenco delle informazioni carpite da Won Hu. 
“Ambra ha il potere dell’aria” aggiunse Won Hu “Come il nostro Hoseok”
I.V non si stupì; tra tutti era sicuramente il potere più adatto ad una come lei.
Rafaelle si mosse sul posto, avendo ascoltato anche lei, facendo muovere le catene.
“Stupida Ambra, non c’era bisogno di dirglielo…” mormorò poi, con rabbia. 
Yunho corrugò la fronte. 
“Non ti preoccupare, tesoro, la tua amica non era cosciente mentre glielo diceva. Probabilmente neanche se lo ricorda” ribatté Hoseok. 
Rafaelle fece digrignare i denti.
“Cosa le avete fatto?!” esclamò poi “L’avete drogata?!”
“Anestetico” rispose con tranquillità Won Hu.
“Non è poi tanto diverso, no?!” esclamò ancora, a voce alta.
Hoseok alzò la testa verso l’alto. Si grattò con nervosismo la nuca. 
“Sapete cosa? Adesso basta” 
Detto questo, si avvicinò con passo di carica alla bionda ancora accovacciata di fianco al tavolo. Si abbassò alla sua altezza.
“Tu e la tua amichetta mi avete rotto le scatole da quando siete qui e io sono arrivato al limite” 
Rafaelle deglutì, riuscendo comunque a sostenere lo sguardo.
Hoseok allungò un braccio verso destra. La mano tremò qualche istante, giusto un attimo prima che da una tasca di una giacca appesa fuoriuscisse un coltellino, che finì dritto dritto nella mano di Hoseok.
Quest’ultimo lo strinse, avvicinandolo al collo di lei. 
“Visto che sei qua, adesso tu collabori e ci dici tutto quello che sai di Ambra”
Rafaelle indietreggiò appena con il capo, ma fu del tutto inutile, visto che continuava a sentire la punta della lama puntata sulla pelle del collo.
Cominciò a sudare freddo.
“Oppure tu e la tua amica non tornerete a casa per raccontare dove siete state in queste ore”
Yunho osservò la scena con sguardo serio e un po’ incuriosito. Non era solito vedere Hoseok in quei panni che gli ricordavano tanto sé stesso. 
Qualcuno sospirò dietro di lui. Si voltò e vide Jeim, incrociare le braccia al petto e cominciare a disegnare dei cerchi con i passi, con lo sguardo basso e sopracciglia corrugate.
Era chiaro che quella situazione non gli stesse piacendo, ma allo stesso tempo era troppo orgoglioso per poter ammettere che in quel momento avrebbe volentieri spaccato la faccia ad Hoseok. 
“Yunho” 
Il maggiore annuì appena, sentendo la voce di I.V.
“I.V” rispose di rimando l’altro.
“Non sono tranquillo” mormorò l’altro. 
Yunho corrugò le sopracciglia e spostò lo sguardo su di lui.
“Su di Rafaelle? Non credo possa procurarci grandi problemi”
“No, Yunho” fece segno di no con la testa l’altro “Ho ragione di credere che ci stessero seguendo mentre stavamo venendo qui”
Yunho parve più interessato alle sue parole.
“Come lo sai?” domandò “C’è un’altra macchina parcheggiata qui fuori, per caso?”
“No” rispose “Ma qualcuno è venuto fino all’incrocio che porta qui, nei campi. Poi io ho girato a sinistra come sempre, la macchina ha tirato dritto”
Yunho meditò sul da farsi. Anche I.V era pensieroso, non sapeva se le sue intenzioni erano giuste oppure stava diventando estremamente paranoico.
Fu un attimo e sentirono dei colpi pesanti contro la porta d’ingresso. Non sembrava che qualcuno stesse bussando. Sembrava che qualcuno ci stesse proprio spingendo sopra qualcosa. 
Un colpo. 
Due colpi.
Tre colpi.
Al quarto colpo, il catenaccio – messo dopo che l’ultima volta qualcuno aveva fatto irruzione da loro di notte - con cui la porta era chiusa cominciò ad incrinarsi. I due portoni si schiusero leggermente, rivelando il muso di una macchina bianca che stava facendo avanti e indietro contro il portone, probabilmente nel tentativo di sfondarlo.
“Forse avevi ragione, I.V” fece Yunho.
Jeim si fiondò davanti al portone. Strinse il pugno destro, dal quale cominciò prima ad uscire del fumo e poi si incendiò del tutto. 
Rafaelle sobbalzò a quella vista. Hoseok, nel frattempo, si era alzato in piedi. 
Jeim, ancora bloccato lì davanti a scrutare il tutto, vide la macchina indietreggiare di parecchio. Yunho, nel frattempo, aveva sussurrato qualcosa all’orecchio di Won Hu, che prontamente aveva annuito ed era corso via, in direzione della sua solita infermeria.
Per il resto, rimasero tutti in attesa di capire cosa stesse succedendo, anche perché ormai era inutile provare a bloccare il portone fisicamente, rischiavano solo di essere travolti dall’automobile.
Sentirono il rumore delle gomme sul suolo e il rumore del motore andare a tutta manetta, fino a quando non sentirono il crack del legno del portone.
Jeim balzò via appena in tempo, mentre una macchina bianca faceva irruzione con prepotenza all’interno del covo.
 
 












 
Angolo Autrice
Anche in questo capitolo ho voluto dare un po' di spazio al fratello di Ambra. Anche se compare relativamente poco, vi assicuro che è uno dei personaggi più importanti della storia, più che altro a livello di legame con Ambra.
Vi dico solo di prepararvi, che nei prossimi 2/3 capitoli succederà il M O N D O. Non vedo l'ora di pubblicarli, davvero, sono già emozionata!
Detto questo, ringrazio ancora per le numerose visite e ci si aggiorna settimana prossima. 
 

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Capitolo 20
*** Veritas I ***


Capitolo XVIII: Veritas I
 
 
 
 









 
La portiera del guidatore si aprì. Dalla vettura uscì un ragazzo giovane, con i capelli scuri e le braccia tatuate. Una benda nera gli copriva l’occhio destro.
Yunho spalancò le palpebre.
“Tu…” cominciò a dire, guardandolo truce “Tu sei quello che ho trovato sotto casa di Ambra”
Il ragazzo in questione alzò le braccia e fece un sorriso malizioso.
“Vedo che ti ricordi di me” commentò poi, con fare tranquillo.
Dall’automobile bianca, intanto, stavano scendendo anche un altro paio di persone. Tra queste, Yunho riconobbe il ragazzo dalla barba incolta e gli occhi azzurri.
“Ma certo” mormorò poi, dopo aver passato lo sguardo dall’uno all’altro “Dovevo immaginarlo che facevate parte della stessa banda”
Hoseok si affiancò a Yunho.
“Oh, guarda chi si rivede” disse poi “Come va la coscia?” rise poi.
Joseph ridacchiò con lui, mentre si infilava la mano destra nella tasca dei jeans, giocherellando con qualcosa di indefinito.
“Non c’è male” commentò poi, con un’alzata di spalle.
Yunho alzò una mano in direzione di Hoseok, che era già pronto a provarlo una seconda volta.
“Perché siete qui?”
Fabian camminò nella direzione di Yunho, fermandosi a qualche metro di distanza da lui.
Fece ruotare la mano destra con il palmo rivolto verso l’altro: fluttuante, su di esso, si formò un pugnale particolarmente appuntito, fatto di ghiaccio.
“Dov’è Ambra?”
I.V trattenne il respiro. Doveva andare da lei, immediatamente. Non solo stava temendo per la sua incolumità, voleva anche scoprire come facesse quel tipo a conoscerla. Anche perché questo voleva dire che aveva mentito a Yunho. E anche ad I.V stesso.
Passò lo sguardo sui tizi sconosciuti, cercando in ogni modo di non farsi vedere, e poi provò a muovere un passo indietro. Fece appena in tempo a poggiare la pianta del piede sinistro dietro quello destro, che Fabian alzò lo sguardò su di lui.
“Trattenetelo” disse poi, rivolto ai suoi compagni “Lui non si deve muovere da qui”
I.V corrugò le sopracciglia, non appena vide i tizi fiondarsi su di lui.
Jeim fece un balzò in avanti per fermare un tipo dai capelli ricci, mentre Hoseok si concentrava su quella che, ormai, era diventata una delle sue vittime preferite – Joseph. Jeim caricò entrambe le mani con dei pugni infuocati, cercando di colpire il riccio; quest’ultimo schivò agilmente l’attacco, mentre univa tra loro le dita delle mani per creare un vortice potente di aria. Lo scagliò verso Jeim, che non si spostò perfettamente in tempo e venne scagliato via, sentendo la pelle del viso bruciare per via dei tagli. Finì verso il tavolo a cui era legata la bionda.
“Jeim!” urlò lei nella sua direzione “Stai bene?” domandò poi, preoccupata.
Jeim si tirò su piano: il viso gli stava bruciando da morire. Nonostante ciò, guardò Rafaelle, ancora legata alla gamba del tavolo, cercando di non darle a vedere la sofferenza.
E cavolo, quasi si stava dimenticando di lei. Le si avvicinò di corsa, mentre il riccio – stranamente – si allontanava da lui.
Jeim armeggiò qualche istante con le catene e la liberò. La prese per un braccio, sollevandola di peso e spostandola con forza verso le scale.
“Vai su e chiuditi in una stanza” le intimò con fare piuttosto duro “E non uscire finché non ritorno io. Hai capito?!”
Rafaelle lo osservò qualche istante.
“M-Ma tu…”
“Vai!” urlò ancora Jeim, quasi con rabbia. Le diede un ultimo sguardo prima di ritornare in mezzo agli altri.
La ragazza si morse il labbro, mentre gli dava finalmente le spalle per correre al piano superiore. La faceva incredibilmente stare male vederlo in quel modo; ancora non si era abituata a quel lato di Jeim. Quasi preferiva quando rispondeva con fare scocciato o quando le diceva di non rompere le palle, perché sapeva che stava bene.
Arrivò alla fine delle scale, ritrovandosi di fronte ad un lungo corridoio e un sacco di porte. Senza pensarci due volte, ne aprì una a caso e vi si chiuse dentro. Prese una delle sedie che vi trovò al suo intero e la spinse contro la porta.
Sospirò e cercò di darsi una calmata. Doveva farlo per lei e doveva farlo per Jeim.
Ne approfittò per guardarsi un po’ in giro e cercare di capire in che stanza di fosse infilata. Ad una prima, rapida occhiata sembrava una camera da letto: c’era un letto a due piazze, un armadio lungo che occupava tutta la parete ed una poltrona da lettura posta accanto alla finestra. La cosa che la incuriosì maggiormente fu un bilanciere posto sul fondo della stanza, vicino ad altri attrezzi da palestra come pesi e magnesite. Sulla sinistra, un grande specchio.
Okay quasi sicuramente è la camera di Hoseok si ritrovò a pensare.
Decise di avvicinarsi al letto e sedersi piano, sulla punta, per evitare di disfarglielo. Hoseok, per quanto lo conoscesse veramente poco, le aveva da subito dato l’idea di una persona piuttosto gelosa delle proprie cose.
Si passò una mano tra i capelli e provò a rilassarsi, per quanto le stesse risultando particolarmente difficile. Lei, così forte e sempre sicura delle sue azioni, sentiva di per la prima volta di non avere il completo controllo di lei stessa.
 

 
***
 
 
Yunho non si era ancora mosso da dove era rimasto. Aveva anche lui fatto ruotare il palmo della mano destra verso l’alto ed era immediatamente comparso un puntale di acqua gelida, che dall’aspetto sembrava particolarmente affilato.
Il tempo, per loro due, sembrava essersi fermato. Entrambi avevano capito che intorno a loro c’era in atto un combattimento, ma in quel momento era come se fossero soli. La dimostrazione del loro potere era una di fronte all’altra, ma per il momento non sembravano intenzionati a sfruttarla.
Fabian sorrise appena, sempre con quell’espressione soddisfatta che al coreano cominciava ad urtare particolarmente.
“Non siamo poi tanto diversi, io e te” disse poi.
“Solo perché abbiamo due poteri simili tra loro non vuol dire che abbiamo qualcosa in comune” ribatté Yunho, con fare tagliente. Non voleva averci niente a che fare con lui, il suo sesto senso gli stava suggerendo che non avrebbe portato a nulla di buono continuare ad averlo intorno.
“Scordati una collaborazione o qualcosa del genere” gli disse poi infatti.
Fabian alzò le spalle vagamente.
“Peccato” commentò lui “Insieme saremmo stati probabilmente tra i più forti in circolazione della zona”
Fece una breve pausa, rendendosi improvvisamente conto che Yunho aveva fatto apparire sulla sua mano un oggetto simile a quello che lui stesso aveva creato con il ghiaccio.
Decisamente non erano così diversi.
“Ti avrei aiutato a liberarti prima di Ambra” mormorò, ritornando con lo sguardo su di lui.
Yunho corrugò le sopracciglia, cercando di decifrare la sua espressione.
“Ancora Ambra” rispose poi, con fare stanco “Si può sapere come fai a conoscerla?”
Fabian assunse un’espressione sorpresa e, per una volta, non sembrava fingere questo stupore.
“Davvero me lo stai chiedendo?”
Yunho non rispose. La sua mente stava cercando di rimettere insieme tutti i pezzi di quella storia, ma niente sembrava avere un senso logico. Ambra e questo Fabian non sembrava potessero avere nulla in comune, eppure Fabian non gli dava l’impressione che stesse mentendo.
“Ambra sa perfettamente chi sono” continuò il ragazzo, probabilmente intuendo che Yunho non ci stava capendo granché.
Yunho sollevò appena la mano che stava ancora facendo roteare il pugnale d’acqua.
“Mi sono stancando” disse subito dopo, ritornando con un’espressione più dura in volto “E soprattutto non sto sopportando il fatto che tu mi tratti come se ci conoscessimo”
Fabian mosse un passo avanti.
“Non sai minimamente chi io sia?”
“No” rispose l’altro seccato, ma con una certa sicurezza che fece corrugare le sopracciglia a Fabian.
Allora era veramente stata così brava come gli aveva promesso. Aveva avuto paura in quegli anni che potesse seriamente aver rivelato qualcosa di troppo ad altri, ma evidentemente lo temeva troppo per rischiare.
Brava, Ambra.
“E va bene” sospirò infine, sotto lo sguardo vigile di Yunho “Il gioco, per ora, si può fermare qui. Ditemi subito dov’è Ambra e io sparirò dalle vostre vite per sempre”


 
***
 
 

I.V vide camminare il ragazzo dai capelli ricci nella sua direzione. Ormai aveva capito che era lui il vero obiettivo, e non Jeim, ma non aveva tempo da perdere con questo qui.
Non appena fu a pochi metri di distanza da lui, I.V fece scroccare le dita e si graffiò con forza un braccio, scucendo la manica della camicia e controllando attentamente che gli artigli si sporcassero del suo sangue. Sollevò il braccio e gli corse incontro, prendendolo in pieno petto mentre gli artigli affondavano nella carne del giovane, sporchi del sangue di I.V.
Il ragazzo venne sbalzato all’indietro, per poi finire rovinosamente a terra supino, dopo aver indietreggiato di qualche passo e aver perso l’equilibrio.
I.V, subito dopo, premette il palmo della mano contro il pavimento. A poco a poco, il suolo divenne sempre più umido fino ad arrivare ad essere completamente bagnato.
Il ragazzo dai capelli ricci fece per tirarsi su, ma I.V fu più rapido di lui: lo raggiunse con un balzo e lo costrinse a rimanere a terra portandogli una mano sul collo, stringendolo con forza. Si inginocchiò tra le sue gambe e gli assestò una ginocchiata nelle parti intime.
Il riccio urlò a pieni polmoni, mentre si dimenava forsennatamente. I.V gli tappò la bocca con una mano, mentre da quest’ultima usciva un improvviso getto d’acqua che gli riempì la gola e la bocca. Dopo di che, lo lanciò via con forza, approfittando dell’acqua che aveva creato sul pavimento per farlo scivolare sulla superficie e fargli finire la ‘corsa’ contro il muro davanti a lui. Il giovane sbatté la testa con forza contro la superficie, rimanendo poi inerme con il collo e il viso rivolto verso il basso. Un rivolo di sangue si poteva intravedere scendere dalla nuca e finire della maglietta.
I.V si rimise in piedi in fretta e furia, pronto a correre per le scale.
Non appena si voltò con il viso, però, qualcosa lo colpì in pieno, sul labbro inferiore.
Cazzo…” imprecò, portandosi una mano sul punto dolorante e cominciando già a percepire il sapore metallico del sangue in bocca. Alzò lo sguardo: Joseph era davanti a lui che lo guardava con un ghigno divertito.
Si diede una rapida occhiata in giro, cercando di capire dove caspita fosse finito Hoseok – perché ricordava che era proprio con lui che il biondo stava combattendo. Lo trovò accanto ad ancora un sofferente Jeim; non poteva biasimarlo, era stato colpito in pieno viso. Jeim e la sua stupida mania di non parare mai i colpi, ma di attaccare e basta.
“Carina la tecnica di usare il tuo sangue per rafforzare l’attacco” commentò Joseph, soddisfatto nel costatare di avergli spaccato il labbro “Fa’ provare anche a me”
Joseph gli afferrò il mento e la bocca con le dita, spingendo il ragazzo all’indietro; la schiena di I.V finì contro l’armadio dello studio in cui Yunho generalmente teneva la maggior parte dei documenti importanti.
I.V afferrò il polso del tizio con la mano sporca di sangue e infilzò gli artigli nella pelle.
Joseph emise un verso di dolore, ma non demorse. E nemmeno I.V.
“Perché non mi lasci in pace come hai fatto con Hoseok?” domandò I.V con fatica, sentendo ancora la mano del biondo premergli sul viso.
“Il capo mi ha detto che non devi andare dalla rossa. Perciò…”
Afferrò con la mano libera la camicia di I.V, strattonandola con forza e sgualcendola sul davanti. Scaraventò I.V lontano, per terra, sul pavimento ancora bagnato.
I.V si tirò su piano, poggiandosi con l’avambraccio destro a terra. Si osservò la mano colorata di rosso.
“Che cazzo vuol dire che non devo andare da lei?” domandò con rabbia, alzando appena lo sguardo verso il biondo.
Quest’ultimo si stava tenendo il polso insanguinato con l’altra mano.
“Esattamente quello che ho detto” fu la risposta.
I.V ringhiò, mostrando i canini allungati un po’ più del solito. Picchiò con forza il palmo della mano contro il pavimento: l’acqua presente su di esso assunse una sfumatura rossastra, a causa del sangue, e si mosse piano, per poi concentrarsi maggiormente nel punto esatto in cui si trovava Joseph. Una colonna d’acqua improvvisa, da sotto di lui, lo sbalzò in aria.
I.V richiuse immediatamente la mano a pugno, facendo sì che la colonna scomparisse. Joseph cadde a terra, sbattendo il viso con violenza.
I.V ne approfittò per rialzarsi piano in piedi. Provò a respirare con calma, ma sentiva di aver preso un paio di botte belle potenti. Il labbro gli bruciava e sentiva ancora del sangue scendere dall’angolo della bocca. La camicia si era ormai sgualcita, da una parte era completamente strappata. Di positivo c’era che il sangue sulla mano destra non si era rappreso, perciò poteva difendersi senza dover necessariamente farsi ancora del male da solo.
Fece per avvicinarsi ad un ancora inerme Joseph, quando la voce di Fabian attirò la sua attenzione.
“Ditemi subito dov’è Ambra e io sparirò dalle vostre vite per sempre”
I.V corrugò le sopracciglia e si girò piano verso di lui. Perché quel tipo ce l’aveva con Ambra? Perché la conosceva così bene?
Perso nei mille dubbi che offuscavano la sua mente, non si rese conto che Joseph aveva di colpo aperto gli occhi. Si era tirato su piano e si era messo in piedi; poi, approfittando della distrazione dell’altro, aveva cominciato a correre in direzione delle scale.
I.V sentì il rumore dei passi veloci dietro di sé e si voltò insospettito. Vide Joseph ai piedi delle scale, girarsi verso di lui per tirarli un’occhiata soddisfatta e poi riprendere la sua corsa, facendo gli scalini a due a due.
I.V spalancò gli occhi.
Cazzo, Ambra.
Fece appena in tempo a muovere un piede per corrergli dietro, ma venne immediatamente bloccato.
“NO!” tuonò Fabian, spostandosi con velocità incredibile da dove si trovava, per posizionarsi improvvisamente di fronte ad I.V. Yunho sussultò, ritrovandosi di colpo a fissare il vuoto. Fu in quel momento che Won Hu fece ritorno nello studio.
“Tu non ti muovi di qui!” gli intimò Fabian nuovamente, utilizzando il pugnale che ormai aveva creato da un po’ e scagliandolo nella sua direzione. I.V si spostò, ma non abbastanza rapidamente per evitare del tutto il colpo.
Il coreano si ritrovò con una spalla tagliata. Subito dopo, Fabian creò delle catene di ghiaccio che si legarono velocemente attorno ai polsi e alle caviglie di I.V, immobilizzandolo sul posto.
Faceva male e non poteva muoversi in alcun modo, era vero, ma non gli stava importando granché.
Si rese conto che l’unica emozione che riusciva a sentire in quel momento era una gran preoccupazione, perché non era riuscito a fermare Joseph in tempo.
Era dannatamente preoccupato per Ambra e non poteva più nemmeno provare a fingere che non gli importasse. Aveva odiato Jeim e Hoseok quando l’avevano trascinata con poca grazia sulle scale, aveva avuto l’istinto di tirare un destro in faccia a Jeim quando l’aveva sentita urlare con disperazione il suo nome.
I.V cominciò a respirare rapidamente, mentre realizzava che il peggior scenario che Yunho aveva sempre ipotizzato si era avverato. E I.V non sapeva se esserne felice o meno.
“Sfioratela anche solo con un dito…” cominciò a dire “… E giuro che non uscirete vivi da qui” sibilò, guardando Fabian dritto negli occhi e stringendo i pugni. Non sapeva cosa gli stesse urtando di più: sapere che Ambra era da sola in pericolo oppure che, per colpa di Fabian, era uscito allo scoperto il suo punto debole.
Non l’anello debole, il punto debole. Il suo punto debole.

 
 












 


Angolo Autrice
Un po' di romanticismo! Eddai, ci stava bene!
Comunque, finalmente siamo arrivati ai capitoli clou, alla ciccia di tutta la storia che, secondo le mie previsioni, dovrà andare avanti ancora per un bel po'. Eh sì, questa volta si tratta di una vera e propria long che ho tutta la volontà e l'intenzione di portare a termine. 
Ad ogni modo, sono davvero contenta di essere arrivata alla pubblicazione di questo capitolo in particolare perché finalmente si vede un combattimento serio, si vedono i poteri e la spietatezza dei cacciatori. Spero, ovviamente, di essere riuscita a rendere il tutto come lo immaginavo nella mia testa.
Ringrazio ancora per le numerose visite e ci vediamo settimana prossima!

 

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Capitolo 21
*** Veritas II ***


Capitolo XIX: Veritas II
 











 
 
 
 
Era rimasta per minuti interi in quella posizione; seduta davanti alla porta della stanza. Non sapeva più cosa pensare, cosa fare, cosa dire. Anche gridare aiuto probabilmente sarebbe stato inutile. Non ne aveva neanche più la forza: sentiva ancora di avere la febbre, anche se il mal di testa pareva averle dato finalmente un po’ di tregua.
Era rimasta per minuti interi con lo sguardo perso nel vuoto. Non riusciva più nemmeno a sentire le voci di Jeim o di Hoseok, segno che si erano allontanati da lì piuttosto velocemente.
Era rimasta per minuti interi in attesa che arrivasse qualcuno. Si ripeteva che sarebbe bastata una persona a caso, anche solo per farle sapere che non era stata abbandonata del tutto. Ma in cuor suo sapeva che era solo una la persona che sperava di vedere spuntare alla porta.
Solo in quei momenti si rendeva veramente conto di quanto la presenza di I.V la tranquillizzasse. Sarà stato anche stato il fatto che l’aveva protetta, ma era sicura non si trattasse solo di quello: era proprio la sua vicinanza che le trasmetteva calma, forse proprio perché lui stesso era così. Fermo, tranquillo, controllato.
Era per quello che, quando si era presentato a casa sua sotto quella forma, lei si era parecchio spaventata. Per una volta, sembrava aver perduto il controllo.
Alzò la testa verso il soffitto e chiuse gli occhi, rimanendo in attesa e in ascolto. E fu proprio in quel modo che riuscì a percepire dei rumori strani, in lontananza.
E poi lo sentì forte e chiaro. Un urlo, ma la voce era inconfondibilmente femminile.
“Jeim!”
Ambra corrugò le sopracciglia. Una voce femminile e per di più che gridava in modo disperato il nome del più antipatico e irascibile di tutti quelli che vivevano lì?
Si ricordò cosa le aveva detto Hoseok poco prima di lanciarla in quella stanza buia:
Ma tu e l’altra vi siete messe d’accordo?
Allora c’era veramente un’altra ragazza lì nel covo.
Riaprì gli occhi e si tirò su in piedi. Appoggiò l’orecchio alla porta, ma la situazione non migliorò più di tanto. Da quello che poteva tastare, erano fatte in legno piuttosto spesso e duro.
Non sentì più la voce femminile, solo qualcuno che urlava “Vai!”
Sbuffò sonoramente. Ma cosa caspita stava succedendo di sotto?
Fece per ritornare nella posizione di prima, quando sentì dei passi veloci ma leggeri. Sentì il cigolio dei gradini, per cui la persona che stava arrivando stava salendo le scale.
Il cuore cominciò a batterle un po’ più rapidamente. Chi poteva essere?
Per una frazione di secondo, sperò fosse I.V. Ma qualcosa le suggeriva che la persona misteriosa che saliva i gradini con passo svelto non fosse lui.
I passi si interruppero. La persona sembrava essersi fermata proprio alla fine delle scale.
E se stesse cercando proprio lei?
Si allontanò di qualche passò dalla porta, per poi sentire i passi riprendere nuovamente. Stranamente, però, la persona non si fermò davanti alla porta in cui c’era Ambra, ma tirò dritto. La rossa la sentì anche aprire una porta a richiuderla con forza.
Ambra corrugò la fronte pensierosa. Chi diavolo poteva essere? E perché era salita lì?
Di tutta quella storia, però, una cosa era rimasta: la paura che quello sconosciuto – o quella sconosciuta, a quel punto – fosse arrivato lì per lei. Il fatto che poi le cose fossero andate diversamente era stata solo fortuna, pensò.
Decise che era giunto il momento di farsi un giro per la stanza. Non tanto per la curiosità di sapere che cosa ci potesse trovare all’interno, ma per cercare un qualcosa per difendersi. Non poteva mai sapere chi avrebbe potuto riaprirle la porta.
Si avvicinò lentamente al centro della stanza, scoprendo che si trattava di un altro piccolo studio. C’era una bellissima scrivania in vetro, sotto il quale si intravedevano un sacco di fogli e scartoffie varie. Sopra vi era appoggiata una semplice lampada e quello che sembrava un mazzo di carte da gioco.
Si avvicinò incuriosita e, come per paura che la stessero spiando, si diede una rapida occhiata intorno, confermando a sé stessa di essere completamente sola.
Sollevò la prima carta del mazzo e la girò:
 

 
Tecnica 1: Fuoco vs Acqua. Quando vince il primo.
 

Continuò a guardare la scritta rossa con fare incuriosito, ma ci riuscì ancora per poco: le scritte cominciarono a roteare su stesse, fino ad essere come inghiottite da un vortice formatosi al centro della carta; apparve, quindi, una fiammella al posto della scritta.
Spaventata, Ambra rimise subito la carta sul mazzo, girata verso il basso.
Che diavolo di carte erano? Sembravano dei suggerimenti per vincere contro gli elementi avversari. 
Era in quel modo, quindi, che i cacciatori cercavano di avere sempre la meglio. La sua totale ignoranza di quei mondi – che in teoria dovevano essere così vicini a lei – l’avevano portata a non conoscere l’esistenza di un sacco di segreti che avevano a che fare con gli elementi stessi.
Lasciò perdere le carte, pensando che ancora non aveva visto qualcosa che potesse tornarle utile per difendersi. Decise quindi di aprire il primo cassetto dei tre che c’erano sotto la scrivania.
Strabuzzò gli occhi.
“I miei documenti!” esclamò a voce alta.
Prese subito tra le mani la sua carta d’identità, rigirandosela tra le mani e verificando che fosse ancora perfettamente integra. Se la mise velocemente in tasca.
Si era completamente dimenticata che non era mai riuscita a farseli riportare, nemmeno da I.V. Finalmente ne era ritornata in possesso e pensò, un po’ più sollevata, che forse poteva anche ritrovare il suo amato zaino. Magari era anch’esso lì da qualche parte.
Frugò ancora nel cassetto, ma non trovò niente che potesse tornarle utile. Lo richiuse con forza e aprì quello sotto.
Una pistola.
Quella poteva decisamente essere utile per difendersi. Il problema era diventato un altro, però: ora che se la ritrovava davanti, avrebbe davvero avuto il coraggio di impugnarla e di sparare, se fosse stato realmente necessario?
Ambra rimirò l’arma qualche secondo. Si avvicinò lentamente con le dita e la sfiorò appena. Era fredda, molto.
Ritrasse immediatamente la mano. Ma chi pensava di prendere in giro? Di sicuro non sé stessa. Non aveva tutto quel coraggio, lo sapeva benissimo.
Chiuse anche quel cassetto, un secondo prima di sentire dei passi veloci lungo le scale. Di nuovo.
Stavolta non poteva essere la stessa persona di prima: non aveva sentito nessuna porta aprirsi e nessuno passare nel corridoio. Inoltre, le sembrava che i passi fossero più pesanti e anche un pelo più lenti rispetto a quelli di prima. Probabilmente la persona aveva saltato anche qualche gradino.
Rimase immobilizzata quando sentì, esattamente come prima, i passi bloccarsi.
“Ambra? Dove sei, Ambra?”
Ambra trattenne il respiro. Non sapeva minimamente a chi appartenesse la voce, non l’aveva mai sentita in vita sua.
Riprese a respirare, più velocemente e con ansia. E adesso cosa diavolo faceva? Perché nessuno era ancora venuta a prenderla per liberarla?
“Su, Ambra, salta fuori”
La voce stava continuando a chiamarla e il rumore di passi aveva ripreso a riecheggiare all’interno del piano.
Ambra stava andando letteralmente nel panico. Si guardò intorno per qualche istante, guardando di nuovo la scrivania. No, per quanto potesse tenerla in mano per sentirsi più sicura, non la voleva prendere la pistola, era troppo anche per una situazione come quella.
Non aveva neanche senso andare a controllare che la porta fosse chiusa bene; era certa che colui che la stava chiamando con quel tono poco rassicurante fosse un cacciatore, perciò sarebbe stato facile per lui sfondare la porta a forza.
Era ancora intenta a capire cosa fare, quando sentì la porta di una stanza aprirsi. Probabilmente stava aprendo le varie porte per capire dove si fosse nascosta e scovarla.
Si avvicinò molto lentamente, cercando di non fare alcun rumore, alla porta della camera. Vi si fermò precisamente davanti e tese le orecchie.
Stranamente non aveva ancora sentito la porta dell’altra stanza richiudersi. Poggiò piano una guancia alla porta.
Pessima idea, Ambra.
Non fece in tempo ad allontanarsi, che la porta si aprì di scatto, scardinandosi con violenza e colpendola in pieno viso. Per via del contraccolpo, indietreggiò fino a cadere per terra. Si portò una mano in automatico sullo zigomo dolorante, sentendo un dolore lancinante, quasi un bruciore.
Tastò velocemente trovando la scheggia che le si era infilata sottopelle e la tolse alla bell’è meglio.
Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti, in piedi davanti a lei, un ragazzo dai capelli biondi e la barba incolta, gli occhi azzurri e un fisico prorompente. Non gli sembrava, però, in ottima forma. Aveva dei lividi sul viso e dei segni strani su uno dei polsi, c’era anche del sangue raffermo. Quasi sicuramente aveva combattuto con qualcuno.
La cosa che la fece preoccupare maggiormente era, però, un dettaglio che aveva notato non appena lo aveva guardato in viso: non aveva gli occhi a mandorla. Questo voleva dire che era italiano.
E che forse…
“Cazzo, sei proprio uguale a lei” commentò lui, studiandola.
Ambra lo guardò con espressione preoccupata. Quella frase confermava a pieno la sua teoria.
“C-Cosa vuoi da me?” farfugliò, deglutendo.
Il ragazzo sospirò.
“Io da te? Un bel niente” rispose con sincerità “È il mio capo che ti vuole”
“Il tuo capo…?” ripeté lei con calma, indietreggiando appena.
Il tizio annuì vagamente.
“Sì, ma ora basta perdere tempo”
Allungò il palmo aperto di una mano verso di lei. Dal nulla si formarono delle spine, che poi fece partire con tutta velocità verso di lei.
Ambra spalancò gli occhi e si buttò da un lato. Riuscì a non farsi beccare dalle spine, ma una di queste gli attraversò la felpa che indossava, bucandola.
Si rialzò in piedi in fretta e furia, mentre le spine invertivano la rotta e tornavano a puntare nella sua direzione.
Ambra agì d’istinto: si lanciò contro il fondo della stanza, verso il muro e quando fu ad un passo da esso si abbassò di scatto. Le spine si conficcarono nel muro e lì parvero rimanere.
“Fanculo” sibilò tra i denti il biondo. Rimase lì, fumante di rabbia ancora per qualche istante.
Fabian glielo aveva sempre detto: era lento e non pensava troppo a quello che andava fatto. Ma lui agiva come meglio poteva, non aveva mai avuto un vero addestramento, Fabian avrebbe dovuto tenerlo in conto.
Ambra era ancora bloccata sul fondo della stanza, in attesa di sapere quale sarebbe stato il suo destino. Non le sembrava che il tizio davanti a lui fosse particolarmente forte, ma non voleva comunque rischiare e fare movimenti azzardati.
Col senno di poi, la pistola avrebbe dovuto prenderla con sé.
Il biondino strinse in pugni, ma non sembrava più avercela con lei: il suo sguardo era vuoto, perso. Sembrava avere la mente da tutt’altra parte, lontano dalla ragazza e da quella stanza.
Non ci mise molto a ritornare alla realtà: dal piano di sotto, sentirono altre urla e rumori strani. Ci fu un tonfo sordo e qualcuno che urlava il nome di Won Hu. La voce le sembrava quella di Yunho.
Sospirò preoccupata. Perché ancora nessuno aveva nominato I.V? E perché, tra tutte le voci, la sua era l’unica che ancora non aveva sentito?
Cominciò a pensare che potesse essergli successo qualcosa. Ma no, I.V era forte, sicuramente non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa facilmente. Però…
Pensandoci bene, Ambra non sapeva nemmeno che potere avesse. Sapeva che Hoseok aveva il potere dell’aria come lei, Jeim era ovviamente del fuoco e Won Hu aveva constatato che era della terra. Yunho probabilmente era dell’acqua, visto che sotto casa sua aveva creato un disco d’acqua dal nulla per colpire Fabian.
Ad I.V non riusciva ad associare un potere in particolare. Non era come Jeim, non era come Hoseok, non era come Yunho e ancora meno come Won Hu. I.V era a sé. Pensò potesse avere un potere intermedio, ma non gliene riusciva ad attribuire nessuno.
I poteri intermedi… Come il ghiaccio. O come la luce. Il potere di sua sorella.
Giusto, arrivati a quel punto ormai tutti e cinque sapevano di Selene; di sicuro Won Hu l’aveva drogata per estrapolarle quelle informazioni che poi sarebbe andato a rivelare a Yunho e agli altri.
Ripensando a quella scena, le balenò un’idea nella mente.
Cercando di non farsi vedere, infilò la mano destra nella tasca della felpa. Aveva ancora con sé quella strana medicina che le aveva dato Won Hu; lei era svenuta solo annusandola, per cui…
Rialzò gli occhi verso il cacciatore: quest’ultimo stava armeggiando con qualcosa nella tasca. Guardò le sue mani e vide che aveva tirato fuori un piccolo taglierino.
Ambra spalancò le palpebre.
Cosa aveva intenzione di fare?
Il ragazzo ghignò.
“Mh” fece poi, rigirandosi per qualche secondo l’attrezzo tra le mani “Vediamo se sono ancora in grado di usarlo”
Ambra non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, che lo vide caricare il taglierino e lanciarlo nella sua direzione. Corse velocemente verso sinistra, letteralmente buttandosi contro l’armadio.
Perché, cazzo, perché non so usare il mio potere?
Il taglierino, dopo essersi conficcato contro il muro, ritornò di scatto nella mano del biondino. Quest’ultimo ringhiò di rabbia, mentre guardava la ragazza ancora ferma contro il muro, con espressione preoccupata ed occhi lucidi.
“Mi sono stancato di prendere il muro!” esclamò con rabbia.
Ambra deglutì e mise una mano in tasca, stringendo con le dita la boccetta del medicinale di Won Hu.
“Stai ferma e dammi una soddisfazione, cazzo! Se no è la volta buona che Fabian mi fa dormire sotto i ponti…”
Ambra corrugò le sopracciglia.
“Fabian…?” sussurrò, con voce flebile.
“Sì!” urlò di rimando, muovendo un piede nella sua direzione.
Ambra strinse più forte la boccetta. La estrasse con estrema lentezza dalla tasca, chiudendo la mano a pugno per non farla vedere e mise velocemente la mano dietro la schiena. Fece lo stesso movimento anche con l’altra. Si schiacciò con la schiena contro il lato dell’armadio appoggiato al muro, di modo da essere contro l’angolo.
Il biondo si passò una mano sulla faccia. Osservò per qualche istante il taglierino e aumentò la lunghezza della lama, premendo sul meccanismo.
“Adesso vedrai come ti colpisco!”
Il ragazzo si scagliò nella sua direzione.
Ambra armeggiò qualche istante con il tappo della medicina e poi, una volta aperto, rovesciò il liquido con forza contro di lui. Il ragazzo si distrasse, sentendo il viso completamente fradicio.
Si bloccò, con ancora la mano che impugnava il taglierino in aria. Ambra ne approfittò e gli girò intorno, dando le spalle alla porta, pronta a scappare non appena poteva.
“Ma cosa diavolo pensavi di fare?” sibilò lui, girando il viso verso di lei “Volevi fermarmi con dell’acqua?”
Si asciugò le labbra con il dorso di una mano.
“Ha un saporaccio…” commentò poi.
Ambra non rispose. Doveva fargli perdere ancora un po’ di tempo, non sapeva quando sarebbe iniziato l’effetto ad un cacciatore, il cui fisico era più forte e resistente di quello di un umano o di un elemento.
“Bene” fece ancora lui, togliendosi ancora del liquido dalla faccia “Dopo questo spettacolino posso anche riprendere da dov’ero rimasto”
Ambra indietreggiò di qualche passo, con calma.
Il ragazzo mosse il braccio nella sua direzione, pronto a scagliare nuovamente il taglierino. Quando fece per lanciarlo, però il braccio non rispose come avrebbe dovuto: rimpiombò al suo fianco con fatica, come fosse diventato incredibilmente pesante. Il cacciatore emise un verso di frustrazione.
“E adesso cosa c’è?!”
Mosse un passo verso di lei, ma si rese conto che stava facendo una gran fatica a fare qualsiasi movimento. Alzò piano lo sguardo verso la ragazza.
“Dannata… Sei stata tu, vero?” domandò, portandosi poi una mano sul petto “Che cazzo era quella roba?”
Ambra non rispose, strinse la boccetta tra le dita, osservandola qualche istante, per poi stringerla al petto.
“Non lo so…” deglutì, riuscendo però a trovare il coraggio per rispondergli ancora “Ma so quali effetti può dare”
Il ragazzo la guardò senza capire, ma riabbassò lo sguardo in fretta: si piegò in avanti, finendo sulle ginocchia. Poggiò le mani in avanti, per evitare di finire con la faccia a terra.
“Dimmi… Dimmi subito cosa mi hai dato…” le disse ancora, la voce un po’ più flebile.
Ambra fece dei respiri profondi, sentendo che finalmente aveva il controllo della situazione.
“Sono sincera quando dico che non lo so”
Le venne in mente che, in quelle condizioni, Won Hu l’aveva riempita di domande a cui lei non si era astenuta dal rispondere. Per cui, perché non provare anche con lui?
“S-Senti” cominciò a dire, con ben poca sicurezza rispetto a quella che aveva avuto Won Hu con lei “Tu… Hai combattuto con qualcuno mentre eri giù?”
Il ragazzo respirò più velocemente di prima.
“Sì… Certo…”
“Con chi?” gli domandò ancora.
“Che ne so… Ma Fabian ci ha detto… Ci ha detto che non doveva riuscire a venire qua… dov’eri te”
Il biondo si stava muovendo con la testa e il collo in modo strano. Come era successo ad Ambra, sentiva di non riuscire a controllare le parole, anche se erano cose che probabilmente non avrebbe dovuto dire.
Ambra lo osservò con sguardo più serio, ed uno strano presentimento.
“Perché?”
Il biondo emise un gemito di frustrazione.
“Perché… Ha detto che questo tizio si è innamorato di te… Non avrebbe mai lasciato che tu venissi presa da noi…” farfugliò lui.
Il cuore di Ambra perse un battito. La mente sembrava essersi svuotata all’improvviso. Sentiva tepore e gelo allo stesso tempo. Sentiva rabbia e felicità. Sentiva il respiro mancarle e i polmoni pieni.
Sentiva troppo e sentiva nulla.
Si sforzò di rimanere calma.
“S-Sai come si chiama?”
Il biondo parve trattenere il respiro per qualche istante, per poi esalare un flebile sospiro.
La ragazza strinse ancora di più le dita che tenevano la boccetta.
“Non so chi cazzo fosse… Solo che…”
Ambra strinse le labbra, avvicinandosi di un passo a lui.
Resisti. Non svenire ora. Resisti ancora un secondo.
“Aveva un piercing… Al sopracciglio…”
Ambra spalancò le palpebre, un secondo prima che il ragazzo si lasciasse completamente andare a terra e la boccetta di vetro cadesse al suolo con lui, rompendosi in mille pezzi.
 












 
Angolo Autrice
Boom. Così, all'improvviso. Capitolo con solo il punto di vista di Ambra, un'unica scena lunga e colpo di scena finale. Ce lo si poteva immaginare, d'altronde. Ma ve lo sareste aspettato che a rivelare questo "dettaglio" sia stato un nemico di Ambra? Eheh.
Inutile dire che sono veramente soddisfatta di come sia uscito questa scena. Penso che per ora sia uno dei capitoli migliori che ho scritto riguardo a questa long-fic, se non il migliore.
Spero voi abbiate apprezzato almeno la metà di quanto sono riuscita a compiacermene io mentre lo scrivevo!
Grazie ancora per le numerose letture.
Un bacione e alla prossima.

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Capitolo 22
*** Veritas III ***


Capitolo XX: Veritas III
 
 











 
 
 
Non ci poteva credere. Non ci voleva credere.
No, sicuramente il biondo aveva mentito, oppure lo aveva fatto Fabian stesso. Lo conosceva piuttosto bene per sapere come si comportava di solito. Probabilmente aveva raccontato qualche cavolata ai suoi uomini per spingerlo a fare qualcosa di più.
Eppure, il suo cuore non la voleva smettere di battere a ritmo accelerato. Oltre a ciò, sapeva anche che rivedere I.V avrebbe significato entrare in uno stato di ansia costante.
Non è vero, Ambra. È una menzogna bella e buona.
Si stava sforzando in tutti i modi di crederlo, ma anche autoconvincendosi che non era assolutamente vero, la sensazione di angoscia non la lasciava.
E di nuovo, sentiva un cocktail di emozioni contrapposte. Le piaceva e al tempo stesso non le piaceva quello che stava provando dopo quella rivelazione.
Era così persa nei suoi pensieri che non si accorse minimamente che più persone avevano salito le scale in fretta e furia. I passi si stavano avvicinando, ma lei non li stava sentendo.
Era ancora con lo sguardo perso nel vuoto, rivolto verso il cacciatore che era riuscita ad affrontare e ‘sconfiggere’ da sola. Chissà se I.V sarebbe stato fiero di lei.
Si morse il labbro ed indietreggiò, facendo poi per girarsi e scappare da lì.
Si voltò e sbatté contro qualcosa di duro.
Aprì gli occhi e alzò lo sguardo.
Lo vide alzare il sopracciglio. Quello con il piercing.
“I.V…” sussurrò debolmente. Con che coraggio poteva guardarlo in faccia senza pensare alle parole del cacciatore? No, appunto, non ce la faceva.
Abbassò lo sguardo all’altezza del suo collo.
Il cacciatore si fece serio, mentre la osservava e la studiava, cercando di capire cosa fosse successo. Sicuramente qualcuno era stato lì e le aveva fatto qualcosa: aveva gli occhi lucidi, l’espressione stanca e un buco sulla felpa.
Oltre che un taglio sullo zigomo, che stava sanguinando.
“Ambra…” sospirò piano lui.
Allungò una mano verso il viso, accarezzandole piano il sangue che era colato sulla guancia. Non era molto, per fortuna.
“Sei ferita” commentò, prima di portare la mano dietro la nuca per tirarla verso di sé. Ambra trattenne il respiro a quel gesto e spalancò le palpebre.
I.V poggiò le labbra sulla fronte e chiuse gli occhi per qualche secondo “E hai ancora la febbre, cazzo”
La sentì tremare leggermente, mentre si staccava da lei.
Ambra deglutì, prima di mordersi il labbro e fare uno scatto in avanti per attaccarsi al suo petto.
I.V venne colto alla sprovvista: rimase immobile per qualche istante, cercando di capire perché stava avendo quella reazione.
La rossa non si mosse per qualche secondo, fino a quando non fece scorrere lo sguardo alla destra di I.V. E fu in quel momento che si accorse che lì con loro c’era anche Yunho.
Spalancò gli occhi e si staccò, con uno scatto, dal petto di I.V. Gesticolò per qualche istante con le dita, non sapendo bene cosa fare né come giustificarsi.
“S-Scusami!” mormorò, a voce più alta “Davvero… Ero… Ero solo preoccupata per te, ma vedo che stai bene… Fortunatamente”
I.V strinse le labbra e la osservò con fare sospettoso.
“Io sì, sto bene” rispose lui, con sicurezza “Tu, piuttosto, sei ferita”
“I-Io?” domandò Ambra. Si toccò il viso e sibilò immediatamente per il dolore.
Sentendo bruciore sulla guancia destra, si ricordò improvvisamente che le si era conficcata una scheggia nella pelle. Si toccò appena il puntò dolorante, di nuovo, e si guardo le dita. C’era del sangue.
Rialzò lo sguardo verso I.V, mentre Yunho la superava.
Era già pronta a spiegare cosa fosse successo, quando si rese conto delle condizioni di I.V: aveva lo sguardo stanco, il labbro inferiore un po’ più gonfio del solito e dall’angolo della bocca era uscito un rivolo di sangue. Aveva dei segni di artigli vicino alla bocca e sotto il collo. La camicia era graffiata e strappata in più punti e c’erano dei tagli sul braccio lasciato scoperto dalle parti lacerate della stoffa. La mano destra – compresi gli artigli - era ricoperta di sangue. I polsi erano marchiati da degli strani segni circolari e aveva delle piccole piaghe, come se in quei punti si fosse ustionato.
“Io sto benissimo, I.V” mormorò lei con fare preoccupato “Sei tu che sei ferito… Sia in viso che sul corpo…”
I.V scosse la testa con fare disinteressato.
“Non ho un cazzo” rispose, continuando a guardarla negli occhi con fare serio “E poi non ti ho detto che potevi staccarti”
Ambra lo guardò senza capire, ma I.V non attese molto per afferrarle un polso - con la mano del braccio sano – e tirarla verso di sé. La strinse al petto, premendo la schiena con il palmo della mano. L’altro braccio lo lasciò dritto lungo il fianco; preferiva non fargli fare altri sforzi.
Ambra, a primo impatto, rimase interdetta, senza muovere un muscolo esattamente come aveva fatto lui prima. Subito dopo, però, circondò il torace di I.V con le braccia per stringerlo a sua volta.
I.V poggiò il mento sulla sua testa. Fu allora che si accorse del ragazzo steso in terra.
“Cosa ti ha fatto?” le domandò, con voce più bassa.
Ambra sospirò. Odiava e al tempo stesso adorava il timbro vocale di I.V, ma quando abbassava volutamente il tono era qualcosa di devastante. La voce sembrava ancora più calda del solito.
Si prese il tempo per fare qualche sospiro, prima di rispondere alla sua domanda.
“Niente di che, in realtà…” rispose lei “Sono stata stupida io ad appoggiarmi alla porta un attimo prima che lui la sfondasse. E mi si è infilata una scheggia nella pelle”
Sentì I.V annuire appena.
“A te, invece… Cosa è successo?” domandò, con riluttanza. Aveva un po’ paura della risposta di I.V, perché se gli avesse detto contro chi aveva combattuto, sarebbe stata una piccola conferma delle parole del biondo.
“Ho avuto un paio di scontri con un ragazzetto che ho atterrato in poco tempo” spiegò brevemente.
Ambra rimase in ascolto, senza chiedere altro, con lo sguardo basso. Era questa, quindi, la delusione? Ci si sentiva così? E perché sentirsi in questo modo? Non era forse lei la prima a dare per scontato che non fosse la verità, quello che le aveva detto il cacciatore?
Vaffanculo.
Sospirò tra sé e sé, prima che I.V prendesse nuovamente parola.
“Chi mi ha dato qualche problema in più è stato Joseph” proseguì lui.
Ambra corrugò le sopracciglia.
“Joseph?” ripeté, senza capire.
“Ah-ha” fece I.V “Il biondino che è sdraiato dietro di te”
Ambra spalancò gli occhi.
Cosa?
“Hai… Hai combattuto contro di lui?” domandò, deglutendo in attesa di una risposta.
“Sì, Ambra, te l’ho appena detto” rispose I.V, con fare un po’ stranito. In realtà, la ragazza si stava comportando in modo strano da quando lui era entrato nella stanza. Che fosse stata colpa del piccolo scontro avvenuto con Joseph?
“Ambra”
La voce di Yunho era seria, forte e chiara. Era esattamente in quella maniera che generalmente chiamava i suoi uomini. Fu per quello che Ambra, sentendosi nominare da lui, si staccò immediatamente da I.V per volarsi verso il maggiore.
“Come hai fatto a stenderlo?” le domandò.
“Ehm…” cominciò a dire lei, mentre guardava a terra e spostava con la punta delle scarpe alcuni pezzettini di vetro che erano per terra.
Yunho la osservò a fronte corrugata, cercando di capire cosa diavolo stesse facendo.
“Prima di ritrovarmi qua Won Hu mi voleva far prendere delle gocce per il mal di testa. Non sapendo cosa fosse non ne ho presa neanche una, ma…”
“Anestetico” rispose I.V dietro di lei, mentre premeva una mano contro una delle ferite del braccio.
Ambra si girò qualche secondo verso di lui. Era bellissimo anche in quelle condizioni.
Trattenne il respiro e ritornò con lo sguardo verso Yunho.
Smettila, Ambra.
“Però l’ho annusato. Ed evidentemente è bastato a farmi svenire… Quindi le ho versate in faccia a lui”
I.V, dietro di lei, emise uno sbuffo divertito.
Yunho osservò lei ancora per qualche secondo, poi abbassò lo sguardo sui pezzi di vetro.
“Gli hai lanciato addosso la boccetta?”
“No” rispose immediatamente lei, corrugando la fronte. Seguì lo sguardo di Yunho sul pavimento.
Giusto, la boccetta si era disintegrata al suolo. Ma l’aveva lasciata cadere senza rendersene conto, perché aveva appena scoperto che…
Si batté una mano sulla guancia.
Sia I.V che Yunho rialzarono immediatamente lo sguardo su di lei.
Lei ridacchiò nervosa.
“Già, ehm… Mi è caduta per sbaglio” fu alla fine la sua risposta.
I.V spostò la testa da un lato e alzò il sopracciglio, mentre la guardava da dietro. Continuava a pensare che ci fosse qualcosa di anomalo nel suo comportamento, ma non riusciva a capire cosa.
Yunho, dal canto suo, si fece bastare quella risposta e smise di considerare la ragazza. Si abbassò verso Joseph e sfilò dalle tasche il suo portafoglio, dal quale estrasse la carta d’identità e altri documenti. Non toccò soldi o le carte di credito.
Ambra lo osservò tutto il tempo con uno sguardo che andava dallo stranito all’incuriosito. A Yunho non fregava niente dei soldi, voleva solo sapere con chi aveva a che fare.
Finito il lavoro, Yunho rimise il portafoglio dove lo aveva trovato. Guardò Ambra.
“Andiamo giù”
La superò, fermandosi di nuovo una volta che fu perfettamente laterale ad I.V.
“Anche tu” disse, guardandolo negli occhi.
I.V ricambiò lo sguardo, con fare serio. E ora perché aveva usato quel tono?
Sapeva che era stato un azzardo, quell’abbraccio davanti a Yunho. Ma in quel momento, sentirla così vicina gli aveva fatto bene. Gli aveva fatto dimenticare tutte le ferite che aveva, tutta la preoccupazione. Gli aveva anche ricordato quanto fosse bello stringerla tra le braccia, lasciare che lei si appoggiasse a lui.
E l’aveva trovata incredibilmente bella. Era una cosa a cui lui non aveva pensato così tanto nemmeno quando erano alla festa, dove era perfettamente in ordine e vestita bene.
Eppure la vedeva in quel momento, con i capelli disfatti, la felpa un po’ più larga della sua solita taglia, le labbra leggermente più gonfie per via della febbre.
Dio, quanto la voleva toccare ancora. Voleva sentire ancora il suo profumo, sentire quanto fosse morbida la pelle… sentire che sapore avesse.
Si morse la lingua. Non era il caso di pensare a quelle cose in momenti come quello. C’era appena stato uno scontro, erano tutti più o meno feriti e avevano delle cose con lei da chiarire.
Ma la sua mente, ormai, stava cominciando a non frenare più i pensieri. Era sempre stato bravo a controllare le emozioni, ma le pulsioni che sentiva verso il suo corpo cominciavano ad essere più difficili da controllare.
La guardò ancora qualche istante, seguendola con lo sguardo mentre lo superava e si avviava verso il corridoio, proprio dietro Yunho.
Sapere che da lì a breve sarebbe tornata a casa lo faceva stare tranquillo.
Ma poteva sempre esserci Richard ad aspettarla.
Sei geloso, I.V?
I.V evitò accuratamente di darsi una risposta, ma le iridi avevano stranamente ripreso a colorarsi di un rosso acceso.
 
 

 
***


 
“Voglio vederla!”
“Non cominciare a rompere i coglioni, rossa!”
“Fammela vedere e non ti romperò più le palle!”
“Ma chi ti credi di essere per parlarmi in questo modo?”
“Voglio vedere Rafael-“
“Smettetela, cazzo!” tuonò alla fine Yunho.
Ambra e Jeim, che si erano urlati in faccia l’uno contro l’altro fino a quel momento, si girarono di scatto verso di Yunho. Ambra aveva di colpo perso l’espressione combattiva, mentre Jeim si era girato verso il capo ancora con espressione arrabbiata.
I.V aveva sospirato alla vista di quella scena. Era seduto al tavolo dello studio, mentre Won Hu si era occupato di lui. Gli aveva fatto togliere del tutto la camicia e gli aveva disinfettato le ferite, aggiungendo qualche punto dove necessario.
Aveva ghignato appena quando aveva visto Ambra distogliere lo sguardo da lui con fare imbarazzato, una volta messosi a petto nudo.
Hoseok, nel frattempo, si era occupato di sistemare i tre cacciatori catturati – e ancora privi di senso - contro le catene a muro, mentre raccontava a Won Hu le sue eroiche gesta.
“Sai che ad un certo punto ho detto a Jeim di sciogliere le catene, no?”
Won Hu annuì. Ormai stava annuendo ad ogni frase che diceva. Non lo stava minimamente ascoltando.
“Ecco, lui allora ha lanciato una fiammata verso I.V! E io pensavo lo avesse preso in pieno! Ma stranamente no… è proprio attento!”
“Ti ricordo che non sono te! Le cose le faccio bene” ribatté subito Jeim, guardandolo di sottecchi “E poi l’idea di sciogliere le catene è venuta a me”
“Se dobbiamo glorificare qualcuno quello è Won Hu” fece I.V, mentre Won Hu gli tamponava il labbro ferito “Visto che è stato lui a sparare il tranquillante contro Fabian”
“Sì, ma io ti ho liberato! Non Won Hu!” ribatté ancora il rosso, affiancandosi ad Hoseok.
I.V fece per ribattere, ma Won Hu gli fece segno di no con la testa. Era inutile replicare. Si sentivano fieri e contenti del loro lavoro, non aveva senso denigrarli.
Ambra era rimasta in silenzio e con sguardo vuoto per tutto il battibecco. Sapere che c’era Rafaelle lì nel covo, l’aveva in qualche modo tranquillizzata. Almeno non era completamente da sola in mezzo ad una miriade di cacciatori.
Allo stesso modo, però, sapere che l’amica era solo un’umana indifesa – quasi come lei, d’altronde – la metteva un po’ in ansia. Però, da quel poco che era riuscita a carpire da Jeim, Rafaelle stava bene. E questo era l’importante.
Un secondo prima di mettere piede sul primo gradino delle scale, per scendere, Jeim le si era parato davanti. Lei era quasi caduta all’indietro per lo spavento.
“Dov’è Rafaelle?” le aveva chiesto, con un tono che non ammetteva repliche.
“Rafaelle?” aveva ripetuto lei, cercando di capire se la sua fosse una domanda seria o meno.
“Non cominciare a fare la finta tonta” aveva replicato lui, subito dopo “Allora? Dov’è Rafaelle?”
Ambra lo aveva guardato ancora per qualche istante, senza realmente capire cosa stesse dicendo.
“Ma… Rafaelle è qui?” fu l’unica cosa che riuscì a dire, alla fine.
“Certo che è qui!” aveva urlato, scattando verso di lei. Ambra si era tirata indietro spaventata “Avanti, dimmelo. L’ho vista con i miei occhi salire qui”
Ma a salvarla da quella situazione, in realtà, ci aveva pensato I.V: perché lei era indietreggiata da sola, ma I.V l’aveva letteralmente presa per un braccio e tirata via da Jeim.
Quest’ultimo aveva guardato il compagno con fare severo.
Mi spieghi come cazzo fa a sapere dove sia? Ti ricordo tu e Hoseok l’avete chiusa a chiave in una stanza senza spioncino
Ambra non aveva idea di cosa gli aveva detto, ma lo aveva comunque ringraziato mentalmente, perché a prescindere dalle sue parole, Jeim sembrava essersi calmato.
I.V e ancora I.V. Era sempre lui che, in qualche modo, ritornava nei suoi pensieri.
E adesso che lo vedeva a petto nudo, con le garze attorno al braccio e le labbra socchiuse mentre Won Hu lo medicava, un po’ sperava che le parole di quel Joseph non fossero del tutto una finzione.
Ambra rinsavì, sentendo il suono di una pistola caricata da Yunho. Quest’ultimo si scambiò uno sguardo d’intesa con Won Hu, che fece un brevissimo inchino e disse qualcosa ad I.V prima di lasciare la stanza e dirigersi nella sua infermeria.
Yunho si schiarì la voce. Hoseok, che era ancora intento a spiegare il perché tutta quella situazione l’avesse risolta lui, si girò verso il capo. Annuì appena, mentre si girava verso la rossa smettendo di darle le spalle.
Hoseok fece un mezzo giro intorno ad Ambra.
Sospirò, quando le fu di spalle.
“Certo che te le vai proprio a cercare” commentò poi.
Ambra fece per girare la testa verso di lui, quando sentì Hoseok armeggiare con qualcosa e puntarle il coltello al lato del collo. La ragazza sobbalzò e fece per allontanarsi, ma Hoseok le circondò il petto con l’avambraccio e la strinse, per impedirle di scappare.
Sentendo dei rumori strani, I.V si girò verso di loro.
Ma cosa?” mormorò, a voce bassa. In quel preciso istante, sentì un rumore strano sotto la sua sedia, quasi come delle foglie calpestate. Si rese conto che erano comparse delle radici, di colore scuro e che si stavano piano piano legando alle sue caviglie alle gambe della sedia. Delle altre radici, invece, erano risalite lungo le sue gambe, e poi si erano attorcigliate attorno alle sue caviglie.
I.V seguì il percorso delle radici, rendendosi conto che provenivano dall’infermeria. Won Hu.
Sospirò. Davvero erano arrivati al punto in cui anche lui era considerato un pericolo per la banda?
Si girò verso Ambra. No, era sicuro che in realtà non volessero che intervenisse per impedire che le venisse fatto del male, perché sapevano che lo avrebbe voluto fare. Ed era ovvio che lo avrebbe fatto, se avesse potuto.
Yunho si avvicinò ad I.V. Gli batté una mano sulla spalla nuda.
“Bravo, I.V” gli disse, con un tono di voce particolarmente alto, quasi a voler farsi sentire da tutti “Sei stato proprio bravo”
I.V alzò un sopracciglio, con fare sospettoso.
“Cosa stai dicendo?”
Yunho ridacchiò appena, in modo strano. Gli batté anche l’altra mano sull’altra spalla, vicino all’incavo del collo. Ed I.V sentì improvvisamente bruciare; Yunho aveva creato un sottilissimo ago fatto di acqua bollente, che gli stava ferendo la pelle.
Bruciava da morire. Dannato Yunho.
“Mi sto complimentando per il compito che hai svolto. Mi sembrava ovvio” proseguì lui, come se niente fosse “D’altronde, dovevi avere la completa fiducia di Ambra di modo che noi potessimo ottenere le informazioni necessarie per risolvere questo mistero. Devo dire che sei proprio bravo a fingere”
I.V strabuzzò gli occhi. Ecco perché lo stava ferendo e stava parlando ad alta voce, in italiano. Non voleva che lui ribattesse in qualche modo e voleva che anche Ambra lo sentisse.
Voleva mettere la parola fine al rapporto tra lui e Ambra.
Il problema era che sembrava stare funzionando: Ambra, nonostante fosse ancora tenuta da Hoseok, stava osservando la scena con fare preoccupato e lo sguardo verso I.V. Come se si aspettasse che lui controbattesse a quelle affermazioni. Ed I.V moriva dalla voglia di farlo, perché quello da parte di Yunho era davvero un colpo basso.
Ma quella cazzo di lama incandescente che gli si era infilata vicina al collo sembrava avergli bloccato ogni movimento. Non riusciva neanche a lamentarsi del dolore.
“Ora finalmente puoi smettere con questo teatrino. So quanto ti è costato dover fare la parte di quello disponibile, quasi protettivo… Ma il grosso è fatto. Puoi smettere definitivamente di avere a che fare con lei”
Yunho aveva marcato quelle due parole apposta. E I.V sapeva benissimo il perché.
Il capo lo osservò ancora qualche istante, poi si allontanò da lui – lasciando l’ago nella sua pelle - e mosse qualche passo nella direzione di Ambra. Sempre con gli occhi puntati su di lei, allungò il braccio verso destra e sparò un colpo di pistola. La ragazza sobbalzò, facendo ghignare Hoseok dietro di lei.
Il proiettile sfiorò il capo di Fabian, tanto che gli fece muovere qualche capello.
“Mi sembra carica” fece poi Yunho.
Mosse un altro passo verso di lei. Puntò l’arma sotto il mento di lei, fissandola nelle iridi. Lo poteva vedere che non era più semplicemente spaventata: era confusa, delusa, triste. Lo sapeva che si stava chiedendo perché I.V non avesse ribattuto e se davvero le sue parole fossero vere.
“V-Vi prego…” cominciò a dire, con voce implorante.
Yunho alzò un sopracciglio.
“Non ho ancora fatto niente” disse, con tono calmo.
Ricaricò l’arma, senza staccarla dalla pelle della ragazza.
Si avvicinò pericolosamente al suo viso.
“Adesso tu rispondi a tutte le domande dicendo la verità. Se non sei abbastanza credibile” spinse ancora di più l’arma contro di lei “Partirà un colpo. Tanto ormai hai capito che qui, della tua vita, non interessa a nessuno”
“O verrai trafitta da una lama” proseguì Hoseok.
Ambra sentiva gli occhi pungere. Non ebbe il coraggio di replicare, né di annuire. Rimase lì inerme, a tremare di paura, con le lacrime che piano piano stavano scendendo lungo le guance.
Deglutì a fatica. Ogni volta che muoveva la gola, la punta del coltello sembrava entrare un po’ di più nella pelle del collo.
“Chi sono questi tre?” domandò Yunho, indicando brevemente i tre prigionieri con un cenno del capo.
Ambra fece qualche respiro profondo – o almeno ci provò – prima di rispondere.
“I-Io conosco solo Fabian…” mormorò con voce rotta.
Yunho non mosse un muscolo. Sapeva che era la verità, perché Ambra davanti a lui e ad I.V aveva fatto chiaramente intendere che non avesse la minima idea di chi fosse il biondo. Quello aveva portato Yunho a pensare che conoscesse Fabian, ma non i compagni di banda.
“E cosa sai di Fabian?” domandò ancora.
Ambra soffocò un singhiozzo.
“È un cacciatore… Del ghiaccio…”
Yunho spostò la testa di lato. Anche questa, fortunatamente, era la verità.
“Ed è lui ad aver scritto la lettera?”
Ambra provò a fare un cenno negativo con la testa.
“Non…”
“Mi sai dire chi è SDTS?” insistette.
“No, no!” esclamò lei, quasi urlando “Vi posso dire di Fabian, ma non della lettera! Non so niente della lettera, ve lo giuro!”
“Va bene, allora dicci perché non mi hai detto la verità quando ti ho chiesto se conoscessi dei cacciatori!”
Ambra deglutì, facendo sempre più fatica a mantenere la voce ferma.
“Mi ha minacciato” rispose, con voce tremolante “Mi ha minacciato di fare del male a me e mio fratello se lo avessi detto a qualcuno…”
Yunho corrugò la fronte.
“Racconta tutto” fece ancora lui “E non tralasciare dettagli”
 












 
Angolo Autrice
Sono davvero contenta della piega che sta prendendo la storia: per ora sta andando tutto secondo quanto avevo pianificato nella mia mente e sto riuscendo a trascrivere quello a cui avevo pensato. D'ora in poi, vi avverto, gli aggiornamenti potrebbero diventare più lenti perché sta per arrivare un periodo abbastanza impegnativo a lavoro e poi, ovviamente, ci sono le ferie di mezzo.
Ad ogni modo credo che per la prossima settimana e quella ancora dopo pubblicherò regolarmente. Non vi assicuro però cosa possa succedere dall'ultima di luglio fino ad, almeno, agosto. 
Ho trascritto però un sacco di appunti su fogli e ho intezione di finirla questa fanfiction, spero e mi auguro entro l'anno! Ormai è il mio piccolo gioiellino che voglio portare avanti fino alla fine.
Ringrazio ancora per le numerose visite, alla prossima!

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Capitolo 23
*** Dimenticare e dimenticare ***


Capitolo XXI: Dimenticare e dimenticare
© AleVillain
 
 






 
 
Giugno 2014
Se c’era una cosa che adorava dell’estate, era proprio la fine della scuola.
Quell’anno, poi, sarebbe diventata maggiorenne: ogni volta che usciva di casa o andava a mangiare fuori una pizza, sentiva di avere delle responsabilità, nonostante mancasse ancora qualche mese. Già li sentiva tutti, quei 18 anni.
Anche Giovanni aveva raggiunto un’età importante: 23 anni. Almeno, a lei 23 anni sembravano tanto rispetto ai suoi 18 freschi freschi.
Insomma, in qualche modo quell’anno bisognava cominciare a trattarsi da adulti. Ed era proprio per quello che quel giorno, Ambra, si era diretta con ansia e trepidazione verso la scuola guida.
Iscriversi in piena estate era completamente inutile, ma moriva dalla voglia di farlo. Lo avrebbe anche fatto prima se avesse potuto, ma i suoi genitori avevano insistito che finisse almeno l’anno scolastico. Lei aveva accettato il compromesso e aveva aspettato pazientemente che arrivasse giugno. E finalmente non sarebbero più stati solo Giovanni e Selene, i giovani delle sue famiglie, ad avere la patente!
Così, in quella calda giornata estiva si era diretta verso la scuola guida, deviando però dal parco, per evitare di passare per l’affollata strada principale.
E forse fu questo il suo errore.
Aveva attraversato buona parte del parco fino ad arrivare ad un sentiero più imboscato: era una scorciatoia che aveva imparato grazie alla sua amica Rafaelle. Lei, essendo perennemente in ritardo in qualsiasi cosa dovesse fare, aveva imparato tutte le scorciatoie della cittadina, compresa quella nel parco che aveva appena imboccato Ambra.
Si rese immediatamente conto che c’era, però, qualcosa che non andava. L’aria di quel sentiero sembrava essere ad una temperatura nettamente inferiore a quella che aveva percepito poco fa. Era come se fosse appena entrata in un luogo completamente diverso. I colori caldi che caratterizzavano la stagione erano stati sostituiti da una specie di nebbia sottile e tutto sembrava più… freddo.
Ambra arrestò la camminata, stringendo la bretella dello zaino viola che, come al solito, aveva indossato su una sola spalla. Si voltò dietro di sé: era ancora tutto di quel colore grigiastro tendente all’azzurrino, ma oltre quella sottile coltre di nebbia riusciva ad intravedere il parco alla stessa maniera di quando ci aveva messo piede.
Ragionò qualche istante sul da farsi. In quel parco c’era anche un piccolo lago, magari per qualche motivo si era formata della condensa.
Cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore, rendendosi conto che quella spiegazione non aveva il minimo senso, viste le calde giornate che c’erano state ultimamente.
Inspirò piano: quel gesto le provocò dei brividi lungo le narici, segno che stava cominciando a sentire lo sbalzo di temperatura. Si guardò le dita di una mano: le vene sembravano più visibili.
Sì, faceva decisamente più freddo.
E la spiegazione poteva anche essere un’altra, spiegazione che però la spaventava decisamente. Forse era il caso di chiedere a Selene, una volta rientrata a casa.
Rimase ancora per qualche istante a pensare a cosa fare, quando sentì dei rumori provenire poco più avanti di lei. Sentiva delle persone parlare, anche se non riusciva a distinguere bene le parole. La cosa la tranquillizzò: non era sola, questo voleva dire che si poteva attraversare quella parte di parco e uscirne vivi.
Fece un profondo sospiro, si strofinò le mani per scaldarle e riprese a camminare con passo veloce. La strada era corta, ce la poteva fare. Al ritorno, però, si ripromise di fare il giro lungo. Giusto per sicurezza.
Arrivata quasi alla fine del sentiero, le voci le sembrarono più nitide. In quel momento poteva chiaramente sentire la voce di più di una persona e sembravano tutti maschi, abbastanza giovani.
C’era però una voce in particolare che le stava solleticando la mente: era una voce familiare, particolarmente familiare. Era sicurissima di conoscere la persona a cui apparteneva.
Arrestò la camminata, di fianco ad una piccola siepe che terminava solo qualche passo più avanti. Aldilà di essa, sulla sinistra, poteva riuscire finalmente a percepire cosa si stavano dicendo.
“Ma dove pensi di metterlo?” aveva domandato qualcuno.
“Non lo so ancora” rispose la voce familiare “Stanotte farò una capatina da qualche parte”
Una terza voce aveva sbuffato.
Ambra non aveva la più pallida idea di che cosa si stessero dicendo, ma quei discorsi non le stavano facendo pensare a niente di positivo. Fu per questo, quindi, che decise di riprendere a camminare con molta calma, cercando di fare il meno rumore possibile.
Mosse un paio di passi, prima di rendersi conto che non stava sentendo più le voci. Possibile che si fossero zittiti tutti di colpo?
Si voltò verso la siepe, curiosa. Ovviamente non vide nulla, ma nemmeno sentì altro.
Si girò nuovamente verso la strada. E lo vide.
“Cazzo!” esclamò, sobbalzando vistosamente.
Fabian. Lo sapeva che era la sua voce.
Il ragazzo la continuò a guardare seria.
“M-Mi hai spaventato…” fece lei, portandosi una mano al petto e cercando di calmare il battito accelerato “Ma cosa ci fai qui?”
Fabian mosse un passo verso di lei e si mise velocemente una mano, quella del braccio su cui si potevano intravedere dei tatuaggi, in tasca.
“Potrei farti la stessa domanda”
Ambra sospirò appena.
“Questo sentiero è una scorciatoia che uso spesso” rispose lei vagamente “Però… Lo hai notato anche tu?”
Fabian non si scompose più di tanto a quella domanda. Sapeva già dove stava andando a parare.
“Mh?” fece solo.
Ambra si sistemò meglio lo zaino sulla spalla. Non erano così in confidenza da poter intavolare grandi chiacchierate, ma c’era una cosa che fin da subito le aveva dato fastidio: rispose secche, monosillabi, spesso enigmatici.
Non capiva perché gli risultasse così difficile rispondere con semplicità. Odiava chi rispondeva in quelle maniere.
“La temperatura… Questa specie di nebbia…” continuò lei “Sto cominciando a sentire freddo”
Fabian continuò a far muovere la mano che stava tenendo in tasca.
Annuì appena.
Ambra cominciava a sentire una strana tensione dell’aria. Il suo sesto senso le stava suggerendo che fosse il caso di andarsene da lì.
“Beh, comunque… Ti auguro una buona giornata” mormorò nella sua direzione, accennando un sorriso.
Rimase qualche secondo in attesa di un cenno da parte sua – anche solo un saluto ricambiato – ma vedendo che non sembrava intenzionato a dirle altro, mosse dei passi nella sua direzione, superandolo.
Lo sentì, dietro di sé, calpestare le foglie secche per terra. Si voltò di scatto verso di sé, pensando che avesse cominciato a seguirla.
Fabian era effettivamente girato nella sua direzione, ma era fermo sul posto, come se la stesse osservando.
Ambra gli sorrise di sbieco, rossa di vergogna, non sapendo nemmeno se dovergli giustificare il fatto che si fosse girata improvvisamente.
Stava per riprendere la camminata, quando con la coda dell’occhio riuscì finalmente ad intravedere cosa diavolo stesse succedendo oltre la siepe: c’erano due persone in piedi, una davanti all’altra. Tra di loro, per terra era accasciato qualcuno. Sotto il suo corpo, riuscì ad intravedere una pozza di sangue.
Ambra spostò del tutto lo sguardo verso la scena e spalancò piano le labbra.
“No!” urlò Fabian, correndo nella sua direzione.
Ambra si girò piano verso di lui, ancora con espressione sconvolta.
La prese per la nuca, stringendole i capelli.
“M-Mi fai male…” borbottò lei, cominciando a tremare e rendendosi conto di essersi cacciata in un serio guaio.

Fabian estrasse dalla tasca un coltellino svizzero, che puntò prontamente davanti al suo viso, mostrandoglielo. La ragazza si accorse che Fabian aveva la mano sporca di sangue; probabilmente era per quello che l’aveva tenuta in tasca tutto il tempo.
“Lo so che ti faccio male” disse lui, con voce tagliente “E te ne farò dell’altro, se adesso non mi ascolti attentamente. A te e al tuo fratellone”
Ambra deglutì, sentendo una paura mai provata prima.
“Per… Per favore lasciami andare…” lo implorò, terrorizzata.
Fabian continuò ad osservarla fermamente negli occhi, neanche un accenno di pietà nel suo sguardo.
La rossa non rappresentava una minaccia per lui, sapeva benissimo la sua storia. Non aveva mai usato il potere in vita sua e non sapeva controllarlo in alcun modo. La sua unica paura era, infatti, che potesse spifferare quello che aveva visto a qualcuno.
Fabian puntò maggiormente il coltellino svizzero contro di lei, su una guancia. Ambra sentì gli occhi farsi lucidi. Il ragazzo fece strisciare un piede verso destra: la rossa abbassò piano lo sguardo, vedendo crearsi sotto di sé una lastra di ghiaccio che, piano piano, si stava espandendo.
Allora aveva ragione. Non era stata una reazione naturale quell’improvviso abbassarsi di temperatura. Era stato lui.
“Se ne parli con qualcuno, sei morta” disse a denti stretti “Hai capito?”
Ambra deglutì, boccheggiando.
“Ho detto: hai capito?”
Ambra strinse gli occhi, lasciando che un paio di lacrime le rigassero il viso. Annuì debolmente, sperando che finalmente potesse andarsene da lì.
Fabian la osservò ancora qualche secondo, studiandola. Sì, pensò, l’aveva terrorizzata abbastanza. Si rimise in tasca il coltellino.
“Forse pensavi di conoscermi abbastanza, vero?” fece lui, con tono sarcastico “Non sapevi fossi un cacciatore. E invece sei a conoscenza del fatto che io so che tu e tua sorella siete elementi?”
Ambra sentì un brivido lungo la schiena. Perché lo sapeva? Era stata Selene? Aveva minacciato anche lei?
Fabian ghignò appena.
“Non ti voglio più vedere” disse, prima di spingerla per terra con forza, facendola scivolare malamente sulla lucidissima lastra di ghiaccio che aveva creato.
Ambra sbatté l’osso sacro. Si toccò dolorante il punto, poco prima di tirarsi su con fatica, continuando a scivolare per via del ghiaccio.
Fabian scoppiò a ridere.
“Stupida bambina”


 
***
 


Il racconto di Ambra si era concluso con quelle due parole, ripetute con forza da lei stessa.
Yunho, per la prima volta da quando ci aveva avuto a che fare, provò pena per la ragazza. Ne aveva passate parecchie, per quanto riguardava i cacciatori e simili, non la poteva di certo biasimare che avesse tenuto la bocca chiusa per tutto quel tempo.
Ma visto che ormai lei aveva vuotato il sacco, poteva ancora stare tranquillo?
Yunho aveva sbuffato più e più volte dopo il racconto, rimanendo a braccia conserte e perso nei suoi pensieri. Non sapeva come dovesse comportarsi da lì in avanti, visto e considerato che giusto un attimo prima aveva deciso di far troncare definitivamente il rapporto creatosi tra lei ed I.V, ovvero l’unica speranza di poter fare luce su quella storia.
Già, la lettera. Ancora non ne erano venuti a capo. Ambra aveva detto che non ne sapeva niente e, per una volta, Yunho volle crederle. Pensava che ormai fosse arrivata ad un punto in cui non aveva più niente da perdere.
Si era poi voltato verso i tre cacciatori. Li avrebbe tenuti lì ancora qualche ora, giusto il tempo di far loro delle domande e dare alla rossa il tempo di tornare a casa senza essere vista. Anche perché, con il senno di poi, quel Dov’è Ambra? di Fabian assumeva tutta un’altra forma.
Aveva chiesto a Jeim se potesse riportare a casa le due ragazze, insieme. Era piuttosto sicura che Ambra aveva un estremo bisogno di sostegno, possibilmente da qualcuno che non facesse parte dei cacciatori. Probabilmente non avrebbe tollerato nemmeno la presenza di I.V.
I.V che, in quel momento, se avesse potuto avrebbe strozzato Yunho. E quest’ultimo lo sapeva benissimo: le mani di I.V erano chiuse a pugno, le vene stavano pulsando incredibilmente e gli occhi non stavano accennando minimamente a tornare al solito colore scuro.
Sentendosi osservato, I.V aveva girato gli occhi verso di lui.
Assicuratosi che le due ragazze se ne fossero andate, Yunho fece segno a Won Hu di slegarlo dalle radici. Poi gli si avvicinò e sciolse il piccolo ago di ghiaccio che aveva creato.
Yunho si mise a studiare I.V. Gli sembrava fin troppo tranquillo, per non esserci qualcosa sotto.
Pensò che il metodo migliore fosse fare finta di niente, come se non fosse mai accaduto nulla. Doveva essere una giornata normalissima, se voleva che in tale modo procedessero le loro giornate d’ora in poi.
“Interroga il biondo. Io mi occupo di Fabian” decretò il capo.
I.V strinse le dita ai lati del tavolo e chiuse gli occhi.
Yunho si preparò mentalmente ad un’ipotetica sfuriata.
“In due stanze diverse” continuò per la sua strada il capo, continuando a ignorarlo.
I.V ringhiò. Sollevò il tavolo con entrambe le mani e, con ben poca fatica rispetto a quanto Yunho si aspettasse, lo scagliò contro di lui.
Quest’ultimo si spostò appena in tempo.
In una situazione normale gli avrebbe scagliato contro tutta la sua rabbia e, probabilmente, lo avrebbe anche punito. Ma non in quel caso. Se voleva continuare a tenerlo con sé, doveva lasciarlo sfogare. Lo conosceva piuttosto bene da sapere che, se si stava ribellando in quel modo, era seriamente arrabbiato.
I.V era sempre stato pacato, equilibrato e dosatore. Vederlo in quello stato, con il sangue di cacciatore che non accennava a placarsi e la frustrazione per la situazione di poco prima, gli faceva quasi strano. Era successo così poche volte che non ci era abituato. E probabilmente neanche I.V stesso lo era.
“Potevi farlo anche contro Fabian prima…Sarebbe stato utile”
I.V inspirò ed espirò profondamente.
“Tu… E il tuo voler andare dritto al sodo… Senza voler sapere i dettagli…”
Yunho corrugò le sopracciglia a sentire le parole, pronunciate con rabbia, di I.V.
Si aspettava una sfuriata per il comportamento che aveva avuto nei confronti di Ambra o per come aveva deciso che i loro incontri sarebbero dovuti finire. Invece, I.V non sembrava nemmeno voler accennare all’argomento.
Era forse un modo tutto suo per evitare di pensarci? Per evitare… di soffrire?
“Non hai fatto la domanda più importante” continuò I.V, facendo scroccare le dita della mano “E non te ne sei neanche reso conto”
Yunho continuò ad osservarlo, continuando a non capire dove volesse andare a parare.
“Cosa st-“
“Dammi i documenti di Fabian e le chiavi di casa sua” decretò poi I.V.
Yunho richiuse le labbra, prima in procinto di parlare. Corrugò le sopracciglia.
“Dimmi cosa hai in mente”
“Dammi i documenti di Fabian e le chiavi di casa sua” ripeté I.V, fissandolo negli occhi.
 
 
 
H 22:44
“E quindi lo hai detto a loro…”
Ambra si infilò la camicia del pigiama.
“Prima che dirlo a me”
La abbottonò, dopodiché spostò il lenzuolo da sopra il letto.
“Giovanni…”
Si infilò sotto le coperte.
“Giovanni che? Sono il tuo cazzo di fratello maggiore, come minimo dovevo saperlo prima di loro”
Si rannicchiò su un lato, stringendo con le dita la federa del cuscino.
“Tu quella gente non la vedrai mai più. Decido io per te”
Sospirò tristemente.
“E ce ne andremo da qui”
Ambra chiuse gli occhi. Forse doveva solo provare a godersi una delle sue ultime notti in quella casa a cui tanto era affezionata.































Angolo Autrice
No, vi assicuro che non mi sono dimenticata di questa storia. Non potrei mai, secondo me sta venendo fuori benissimo e sono ostinatissima a portarla avanti fino alla fine (a cui, effettivamente, ci stiamo avvicinando). 
Solo che tra vacanze, rientro a lavoro, mole di lavoro che sta aumentando a dismisura... Sì, le solite scuse ma che purtroppo sono anche la verità. Non ho molto tempo libero e quell'unica intera giornata di riposo lo passo con il mio ragazzo o con amici, capitemi lol
In questo periodo ho tempo solo la sera e siccome oggi stesso è una di quelle giornate per fortuna tranquille mi son detta, perché no? Ricominciamo adesso, non rimandiamo più, così sono anche più motivata a riprendere con più regolarità.
A differenza delle altre volte non vi prometto nulla e non vi saluterò con un "alla prossima settimana"; ma, e questo sì che ve lo prometto, non passeranno mesi (neanche uno solo!) prima di pubblicare il prossimo capitolo.
A prescindere dalla mia vita, spero che questo capitolo un po' diverso dal solito vi sia piaciuto. Che ne pensate della reazione di I.V? Vi aspettavate qualcosa del genere? Sarei tanto curiosa di avere un vostro feedback. 
Nel frattempo, ringrazio chi ha comunque letto i capitoli precedenti in questi mesi di mia assenza.
Un saluto e un abbraccio.

 

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Capitolo 24
*** Strade divise, pensieri uniti ***


Capitolo XXII: Strade divise, pensieri uniti
 

 













 
 
 
23 Maggio 2017 H 11:39
Giovanni stava continuando a girare il cucchiaino nel caffè, ormai raffreddatosi. Ci aveva pensato più e più volte, ma non aveva mai trovato il coraggio di prendere sul serio quella decisione.
Trasferirsi, però, era l’unica soluzione che poteva metterli in salvo. Più di lui, sua sorella. Sua sorella che sembrava essere così presa di mira, a quanto pare da più tempo di quanto si immaginasse. Se solo lo avesse saputo prima, di Fabian, quella decisione l’avrebbe presa decisamente tempo addietro.
Ma la situazione cominciava ad essere insostenibile. Ambra non stava più vivendo la sua monotona e normale vita. Era stata catapultata nel suo passato, nelle sue origini; la parte negativa, però, di quelle origini.
Giovanni non aveva mai voluto trattarla in maniera diversa o speciale. Era sua sorella, punto e stop. E anche in quel caso, era sicuro di stare agendo nel bene del piccolo nucleo famigliare che avevano creato. Con i suoi genitori avrebbe inventato una scusa, di certo non poteva raccontare la verità: conoscendoli, sarebbero corsi a prenderli entrambi per riportarli a casa loro.
Ci aveva anche pensato, in realtà. Abitavano in un posto un po’ più sperduto del loro, poteva essere un ottimo “nascondiglio”. Il problema era che non voleva questo. Non voleva nascondersi, lui, voleva trovare un posto dove poter riprendere la sua vita insieme ad Ambra in maniera tranquilla.
Smise di girare il cucchiaino e bevve il caffè tutto d’un fiato.
Ricominciare probabilmente sarebbe stato più difficile di quanto si poteva immaginare. Giovanni lavorava, Ambra era ancora in università. Avrebbe dovuto cercare un posto che potesse essere comodo per entrambi.
Sbuffò sonoramente, poggiando la fronte sui palmi delle mani, i gomiti sul tavolo.
Era la prima volta che detestava così tanto il fatto che Ambra non fosse sua sorella biologica.
 


 
***


 
Il suo sesto senso sbagliava difficilmente. E anche in quel caso, aveva un presentimento particolare.
Non era stata solo una casualità, ne era sicuro. Nel cellulare di Ambra, alla festa, nel suo ultimo racconto: queste tre cose avevano un unico filo conduttore, che era un nome. Un nome che lei aveva tirato fuori tante, troppe volte per poter essere solo una casualità.
I.V aveva cominciato ad avere sospetti non appena la ragazza aveva iniziato a raccontare quell’incontro sfortunato con Fabian.
Aveva, però, omesso un dettaglio. Forse per sbaglio, presa dall’ansia o dalla paura, aveva dimenticato di dire a Yunho l’informazione più importante in assoluto.
Aveva appena finito di percorrere il lungo vialone alberato, quando si ritrovò davanti ad un cancello nero lucido.
Mise una mano in tasca e tirò fuori le chiavi che Yunho gli aveva gentilmente recuperato.
Sbuffò dalle narici. In quel momento, anche solo sentire pronunciare il nome del capo lo mandava in bestia. Non aveva mai osato andargli contro in quel mondo, anzi era abbastanza sicuro di non aver mai lanciato un tavolo contro qualcuno prima di quella volta, ma la rabbia era arrivata a livelli incontrollabili.
Ghignò tra sé e sé, finalmente azzeccando la chiave giusta per aprire il cancello. Era incredibile come la sua mente stesse facendo di tutto per non fargli pensare ad Ambra.
Si passò una mano tra i capelli, mentre si avvicinava al palazzo che si stagliava maestoso di fronte a lui.
Si avvicinò al citofono e tirò fuori i documenti di Fabian, per poi cercare il cognome corrispondente sul citofono.
“Trovato” decretò, pochi secondi dopo. Aveva imparato che in Italia il primo numero del citofono corrispondeva al piano dell’appartamento, per cui non perse tempo e si diresse verso l’ascensore.
Man mano che l’ascensore saliva, sentiva l’agitazione crescere. Non aveva idea di come potesse essere dal vivo, se corrispondeva a tutte le descrizioni che gli avevano fornito, se invece era completamente diversa.
Non aveva nemmeno idea di cosa dire una volta entrato in casa, in realtà. Sempre se quella persona fosse stata in casa.
Le porte dell’ascensore si aprirono; vagò per qualche secondo sul pianerottolo, in cerca della porta corretta, dando un’occhiata anche ai campanelli delle abitazioni.
Trovò la porta corretta in fondo, l’ultima porta alla fine del corridoio. Era una porta in legno, con la maniglia di ottone. Un porta ombrelli verde e uno zerbino beige con una scritta nera che invitava gli ospiti ad entrare.
Sospirò e cominciò a cercare la chiave giusta per aprire la porta blindata. Si rese conto che la mano gli tremava leggermente.
I.V era stranamente agitato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva nemmeno come approcciarsi e che motivazione dare a questa sua “visita” inaspettata. E forse, ammise a sé stesso, aveva paura di rivedere Ambra in quella persona.
Si morse il labbro inferiore. Non doveva pensare a lei. Non doveva farlo se voleva mantenere la calma e non far riaffiorare sentimenti profondi, tra cui l’incredibile istinto omicida che sentiva nei confronti di Yunho.
Trovò la chiave e infilò la chiave nella toppa.
Una mandata. Due mandate. Tre mandate.
Aprì piano la porta, che fortunatamente non cigolò. Gettò uno sguardo al suo intero. Il lungo ingresso che gli si stagliava davanti, da cui riusciva anche a vedere una moderna cucina open space, pareva completamente deserto.
Richiuse la porta dietro di sé, facendo comunque attenzione a non fare troppo rumore.
Avanzò piano, con cautela e pronto a mettere la mano in tasca qualora avesse avuto bisogno della pistola. Mosse ancora qualche passo e si ritrovò quasi di fronte alla cucina. Per quello che aveva capito fino a quel momento, i soldi a questa coppia non mancavano.
Stava per muovere un altro passo quando sentì un rumore veloce, alla sua sinistra, proprio dove si trovava il soggiorno.
Si bloccò e si girò piano.
Finalmente la vide.
Era a pochi passi da lui.
E gli stava puntando contro una pistola.
 
 
 
23 Maggio 2017 H 11:39
Ambra smise di girare la forchetta tra gli spaghetti.
“Vuoi davvero cambiare casa?”
Giovanni sbuffò piano, mentre la sua forchetta di fianco al piatto.
“Sì” rispose laconico “Perché mi sono rotto le palle”
Ambra strinse le labbra.
“Capisco”
Giovanni corrugò la fronte, mentre la osservava. Ammise a sé stesso che si sarebbe aspettata un’altra reazione da parte della sorella. Quando lei era tornata a casa, gli aveva raccontato a grandi linee quello che era successo.
O almeno, Giovanni pensava che fosse solo un racconto raffazzonato: Ambra aveva un’espressione seria, non triste o spaventata, come era solito vederla nell’ultimo periodo. Anzi, sembrava quasi indifferente.
Ciò lo aveva portato a pensare che non ci fosse semplicemente stato un attacco e che lei era rimasta ferita. In più, continuava a pensare a quando il cacciatore, quell’I.V, gli aveva chiesto di non dire niente a Richard riguardo a dove stessero andando.
Che ci fosse qualcosa sotto anche con lui?
“Mh?” fece Ambra ad un certo punto, interrompendo il suo flusso di pensieri.
“Cosa?” rispose Giovanni.
“Ti ho chiesto se sai già dove vuoi cercare casa” ribatté lei, con una punta di acidità.
Giovanni infilzò qualche spaghetto nella forchetta.
“No” fece “Anzi, addirittura pensavo di tornare da mamma e papà per un periodo” e si portò la porzione di spaghetti alle labbra.
Ambra fece una smorfia quasi divertita sul viso.
“Non ho assolutamente intenzione di tornare a casa” dichiarò lei, mentre si alzava dalla tavola e portava via il piatto ancora quasi completamente pieno “Non ho voglia di inventare una scusa sul perché stiamo traslocando”
Giovanni mandò giù il boccone.
“Un giorno ti pentirai di raccontarmi le cose solo a metà”
Ambra si girò giusto il tempo per riservargli un’occhiataccia.
 
 


 
***
 


Erano immobili entrambi, mentre continuavano a studiarsi l’un l’altro.
Lei aveva lo sguardo fisso negli occhi di I.V, cercando di capire chi fosse, come fosse entrato e perché era lì. Continuava a tenere la pistola puntata contro di lui, le braccia leggermente tremolanti, ma non accennava a sciogliere la presa.
I.V la stava studiando attentamente. I capelli, il taglio degli occhi, l’altezza, le labbra.
Sì, non aveva più alcun dubbio. E purtroppo ciò lo stava mettendo più in soggezione di quanto si aspettasse.
Si assomigliavano tantissimo.
“Sei un amico di Fabian?”
Era una voce acuta, da ragazza molto più giovane rispetto all’età che probabilmente aveva. Si sarebbe aspettato una voce più profonda, più adulta.
“No” ammise, mentre muoveva la mano destra per portarla alla tasca. Lei se ne accorse e spostò immediatamente lo sguardo sulla sua mano.
“Ma sono sicuro che viva qua”
Lei trattenne il respiro.
I.V mosse un passo verso di lei. Tirò fuori dalla tasca i documenti di Fabian e le chiavi di casa. Lanciò tutto sul divano.
La ragazza seguì con lo sguardo ogni singolo movimento del cacciatore. Non appena vide i documenti del ragazzo spalancò appena le palpebre.
“S-Sei un cacciatore anche tu?” domandò piano, mentre cercava di mantenere la stessa espressione seria di prima, nonostante fosse chiaro che quel gesto di I.V l’aveva messa in allerta.
“Può darsi” rispose il moro “Come può darsi che tu sia un elemento”
La ragazza corrugò le sopracciglia.
“E mi stai puntando una pistola perché non sapresti usare i tuoi poteri per difenderti” proseguì I.V.
Lei inspirò. Le labbra tremanti.
“D’altronde non li hai mai potuti usare per quasi una vita intera…” mormorò ancora lui.
La ragazza deglutì a vuoto.
Vero, Selene?















Angolo Autrice
Ecchime tornata! Niente di che da dire su questo capitolo, che io definisco di passaggio ma neanche troppo... visto come si conclude ehehe
In generale posso solo dirvi che questo capitolo dà il via ad una sorta di terza fase della storia, un po' (anzi, diciamo anche molto...) più intricata delle precedenti.
E niente, spero che anche il prossimo capitolo arrivi piuttosto in fretta.
Alla prossima!
E buon Halloween 
🎃 

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Capitolo 25
*** Sapere di non sapere ***


Capitolo XXIII: Sapere di non sapere
   
 
 
 










 
Il tempo pareva essersi fermato. Selene aveva ancora la pistola puntata contro di lui, ma lo sguardo sembrava meno corrucciato.
Selene lo stava ancora osservando, quando I.V tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la pistola e la poggiò con molta delicatezza per terra. Era difficile che I.V usasse le pistole, preferiva di gran lunga i poteri. Ma come Yunho gli aveva sempre spiegato, le pistole nel Mondo Reale intimidiscono molto di più.
Ma in quella occasione era sicuro che non ne avrebbe avuto bisogno della pistola. In quel momento, da Selene, voleva solo delle spiegazioni.
"Ho visto che hai tirato fuori i suoi documenti" esordì Selene, dopo aver inspirato ed espirato più volte "Come conosci Fabian?"
I.V continuò ad osservarla. Perché gli importava più del fatto che conoscesse il suo ragazzo e non che conoscesse anche lei?
"Sei preoccupata perché è il tuo ragazzo… Giusto?" chiese poi lui, cercando una conferma nel pensiero che aveva formulato.
Selene non gli diede conferma.
"Non hai ancora risposto" decretò, senza mai distogliere lo sguardo da lui, nemmeno per un secondo.
Sembrava avere un estremo bisogno di saperlo, per qualche motivo ancora sconosciuto al cacciatore.
I.V sospirò, volendo giocarsi l'unica carta che aveva.
"Non sono arrivato a lui tramite cacciatori" rispose piano "Quindi puoi capire da sola come io faccia a conoscere sia lui che te"
Selene alzò le sopracciglia.
"Oh, wow... Veramente?" cominciò a dire, incrociando le braccia al petto con ancora la pistola in una mano "Ambra?"
I.V la osservò.
"Ti basti sapere che sono a conoscenza di parecchie questioni che la riguardano" continuò lui, infilando una mano nella tasca "Cose di cui probabilmente tu non sei a conoscenza. Se hai un minimo di interesse nei suoi confronti, potrei anche dirtele"
Selene accennò una sottospecie di sorriso.
"Ma prima ho bisogno che sia tu a rispondere ad alcune mie domande" proseguì.
La rossa sospirò.
"La mia sorellina..." rispose lei, con un tono che sembra tutto fuorché tenero o affettuoso "Tanto ho capito che lo sai, che siamo sorelle"
"Sì, lo so" rispose subito I.V, per dimostrargli nuovamente che non era una persona capitata lì da lei per sbaglio "Quello che non so è perché per lei sei diventata un tasto dolente. Ne eri a conoscenza?"
Selene strabuzzò gli occhi. Dopodiché ridacchiò.
"Un tasto dolente?" ripeté indicandosi il petto "Io? Solo perché ho dimenticato un suo compleanno?"
I.V scosse la testa.
"Non ho idea del perché non ti voglia nemmeno nominare" ribatté lui "Non me lo ha detto. Così come, in realtà, non mi ha mai detto che ha una sorella"
Selene alzò le spalle.
"Vive ancora con Giovanni?" domandò lei.
"Dal quel che ho capito" rispose I.V vagamente.
"E te l'ha detto almeno che lui è il fratello adottivo?" domandò ancora la rossa.
"No" rispose laconico.
"E ti ha detto come siamo arrivate in questo mondo? Perché abitavamo in due famiglie separate, in questo mondo? Perché lo sai che vivevamo in famiglie separate, vero?"
I.V chiuse gli occhi e sospirò profondamente.
"Sai che è andata dal dentista per farsi limare i canini pur di non averli come quelli degli elementi?" continuò lei, avvicinandosi a passo di carica verso di lui "Ovvero decisamente più appuntiti di quelli degli umani?" e si fermò di fronte a lui, a pochi metri di distanza, mentre sollevava una parte del labbro superiore per mostrare i suoi canini, appunto un po' più grossi e molto appuntiti.
I.V rimase immobile mentre la osservava dall’alto verso il basso. Se credeva di impressionarlo in qualche modo si stava sbagliando di grosso. Quello che però era riuscita a fare, era stato instillargli un piccolo dubbio che, a mano a mano che la ragazza aveva preso a tormentarlo di domande, era cresciuto sempre di più.
Tu non sai niente di Ambra, I.V.
“Tu non sai niente di Ambra” disse Selene piano, dando voce ai pensieri del cacciatore “Tu non la conosci. Anzi, probabilmente pensi di conoscerla…”
I.V spostò la testa di lato.
“Vuoi farmi credere che in realtà sia una brutta persona?” le domandò, alzando il sopracciglio con il piercing.
Selene sospirò, allontanandosi da lui e andandosi a sedere sul divano. Lanciò lontano la pistola.
“Non so cosa ti abbia raccontato di lei” proseguì Selene “Quello che ti posso dire io è che è un’autentica viziata e che vive in simbiosi del fratello”
I.V si fece serio. Era finalmente arrivato a scoprire cosa c’era veramente dietro quella ragazza che aveva dovuto a forza far entrare nella sua vita e che poi, per scelta, aveva deciso di tenere.
Settimane e settimane di ricerche per poi rendersi conto che sarebbe stato sufficiente sapere fin da subito dell’esistenza di Selene.
“Vivono insieme” mormorò I.V “Non mi stupisce”
Selene spostò lo sguardo in un punto imprecisato della stanza, come ritornando con la mente a pensieri a cui non aveva più dato peso da tanto tempo.
“Sì, il suo caro fratellone” borbottò lei, con una leggera nota di disprezzo.
“Che te non sopporti, a quanto pare” azzardò a dire I.V.
Selene non tardò a rispondere.
“Non ho niente contro di lui” disse con tono serio, cosa che fece intuire subito ad I.V che stesse dicendo la verità “Ma certe volte avrebbe bisogno di ricordare che l’unica vera sorella maggiore di Ambra sono io”
“Quanti anni hai?” domandò I.V, con un pizzico di curiosità.
Selene si girò verso di lui.
“Ventisei”
I.V non disse altro. Non ne dimostrava né più né meno, era perfettamente in linea con la sua età. I.V, però, si era subito accorto di quanto fossero sistemati per bene i suoi capelli, delle unghie lunghe e smaltate e del leggero trucco su viso e occhi.
Sembrava tenerci particolarmente al suo aspetto esteriore, molto più di quanto non potesse importare ad Ambra che, l’ultima volta che l’aveva vista, era vestita con jeans e felpa.
E questo, probabilmente, potrebbe anche significare che erano completamente diverse tra loro, magari anche per via delle famiglie in cui erano cresciute.
“Perché dici che è viziata?” domandò I.V, volendo riportare l’attenzione su quel discorso e un po’ anche per curiosità, visto che sicuramente quello non era il primo aggettivo che gli veniva in mente se pensava ad Ambra.
Selene sospirò piano.
“È cresciuta in una famiglia abbastanza benestante… Sì, insomma, non hanno mai navigato nell’oro, ma i soldi a loro non sono mai mancati. Mentre la mia…”
I.V rimase in silenzio, come ad esortarla a continuare.
“Mia mamma lavora part time, mio papà è stato licenziato più volte. Mio fratello fa lavoretti qua e là, ha 32 anni e ancora non ha trovato un posto fisso”
“Hai un fratello anche tu?” chiese I.V.
Selene annuì, accennando appena, per la prima volta, un sorriso sincero.
“Incredibile, vero? Questa è l’unica cosa che hanno in comune le nostre famiglie, un fratello maggiore” rispose lei “Penso l’abbia fatto apposta, però...”
“Apposta? Chi?” domandò I.V, stavolta non capendo di cosa stesse parlando “Non è stata una casualità che due famiglie che avevano già un figlio maschio vi abbiano scelto?”
Selene lo guardò in modo strano, piegando la testa da un lato.
“Alla faccia del segreto…” commentò poi, tra sé e sé “Ambra non ti ha detto proprio niente di niente”
 


 
***



 
Fabian aprì gli occhi lentamente. Attorno a lui, solo buio.
Dove cazzo era finito?
Sentiva di avere la testa incredibilmente pesante e faticava a tenere le palpebre sollevate. Si rese conto, inoltre, di essere legato ai polsi e alle caviglie.
Era sdraiato sul lato e sentiva di essere sopra, o dentro, a qualcosa in movimento, forse una macchina; e lui, probabilmente, si trovava nel cofano.
Sospirò rabbioso. Sicuramente quel Yunho e la sua banda lo stavano portando in qualche posto sperduto, per disperdere completamente le sue tracce. Magari avevano anche intenzione di ucciderlo.
Ghignò divertito a quel pensiero. Sì, erano riusciti a stendere lui e i suoi compagni, ma lo aveva previsto: di certo non era andato a fare irruzione dai coreani pensando di spuntarla, non con quei deboli dei suoi compagni.
Anche se, dovette ammettere a sé stesso, aveva riempito Joseph di aspettative anche e soprattutto per quello; sperava di fare uscire tutta la cattiveria e la forza che poteva nascondere. Ma, d’altronde, cosa mai poteva aspettarsi da un cacciatore della terra?
Quello che però i coreani non sapevano, era che sì, Fabian era svenuto sul colpo non appena aveva sentito il tranquillante sparatogli da uno di loro, ma l’effetto non era durato così a lungo come probabilmente credevano: aveva infatti ascoltato tutte le minacce inflitte da Yunho e Hoseok alla povera Ambra.
Inoltre, aveva sbirciato con la coda dell’occhio il metodo con cui Yunho aveva deciso di far tacere I.V; era stata proprio una grande trovata e questo glielo doveva riconoscere.
Perché per lui era ovvio che quella era stata solo un’idea improvvisata per evitare che I.V mettesse bocca durante l’interrogatorio e durante la “finta” spiegazione di Yunho relativa alla presunta recita che avrebbe messo in atto I.V, per guadagnarsi la fiducia della rossa. Fabian, quando era andato a trovare la rossa per l’ultima volta, era rimasto per un po’ ad osservare il tutto dietro le quinte: e lo aveva visto, I.V, rimanere rintanato con la rossa in disparte, così come uno dei suoi più cari conoscenti li aveva visti ballare in modo particolarmente intimo a quella famosa festa per cacciatori.
I.V non aveva mai finto con lei, ed era finito per innamorarsene perdutamente. Questo poteva risultare un problema. I.V non sembrava essere debole, anzi.
Sospirò beato. Al momento, forse, poteva dormire sonni tranquilli. I coreani pensavano di aver preso una banda intera e di, probabilmente, sbarazzarsene in fretta.
Non potevano di certo sapere quante carte aveva ancora in serbo per loro e per la povera Ambra.















Angolo Autrice
Sono c***o tornata!! 
Finalmente sono riuscita a concludere questo capitolo che mi ha portato via settimane. E' successo di tutto a fine 2021, purtroppo niente di bello, che mi ha ovviamente portata a mettere tutto il resto in secondo piano.... Questa storia compresa.
Spero, per quei pochi che ancora la stanno leggendo, che vi possa far piacere questo piccolo aggiornamento e sopratutto voglio riuscire ad aggiornare nuovamente il più presto possibile, cercando quantomeno di non far passare di nuovo mesi e mesi!
Tengo a sottolineare che questa è una storia che ho a cuore, che voglio che alla fine risulti, bella leggibile, come se fosse un piccolo romanzo più che una semplice fanficition.
Grazie ancora a tutti! 
 

 

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Capitolo 26
*** A vicenda ***


Capitolo XXIV: A vicenda









Ambra sentì bussare nuovamente alla porta.
Sbuffò sonoramente e, ancora con il coltello in mano che aveva ripreso per metterlo a posto, si avvicinò alla porta.
"Richard, per cortesia, ti ho appena detto che non ti vogl-"
La rossa ammutolì all’istante appena vide chi aveva bussato alla porta.
I.V era davanti a lei, le mani nelle tasche dei pantaloni, il solito sguardo serio, quella volta meno cupo del solito.
La camicia scollata, il giubbotto di pelle, alcuni ciuffi di capelli che gli ricadevano sul viso.
Era bello. Estremamente bello. Così bello da farle quasi male.
I.V aprì le labbra per dire qualcosa. Le richiuse subito dopo.
"Lo so" disse infine.
Ambra rimase ad osservarlo ancora qualche secondo. Non sapeva cosa dire o cosa fare, non se l’aspettava proprio una sua visita, visto e considerato cos’era successo l’ultima volta che si erano visti.
Ambra assunse, anch’essa, un’espressione seria, al ripensare a quella scena.
E come non aveva voglia di vedere Richard, così non aveva voglia di vedere I.V.
Sospirò nervosa e fece per chiudere la porta; I.V, però, non glielo permise e posizionò con uno scatto il piede tra la porta e lo stipite.
Mise una mano sulla porta, spingendola fino ad aprirla nuovamente.
"Non costringermi a usare questi metodi" sussurrò, guardandola intensamente negli occhi.
Ambra deglutì. Quel timbro di voce l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi.
Però I.V non l’aveva mai neanche minimamente minacciata, nemmeno in quel modo. Avrebbe potuto anche farle del male, a quel punto? Davvero non aveva più niente da perdere?
Ambra indietreggiò piano, ancora senza proferire una parola.
I.V la squadrò qualche istante cercando di decifrare il suo comportamento; così facendo, si accorse del coltello che la ragazza stava stringendo nella mano destra.
"Perché hai un coltello in mano?" domandò, corrugando le sopracciglia, ma non sperando davvero di ottenere una risposta.
Ambra guardò il coltello.
Giusto. Se n’era quasi dimenticata.
Rialzò lo sguardo su I.V e si morse il labbro.
La stava mandando tremendamente in confusione.
"Non... Non credo di volerne parlare con te" dichiarò infine, parlando con un filo di voce.
I.V strinse le labbra, espirando dalle narici come a sopprimere un sospiro spazientito. Spinse maggiormente la porta di casa. La aprì del tutto, costringendo Ambra a spostarsi, e se la richiuse alle spalle.
"Giovanni non c'è, giusto?" chiese, guardandosi attorno velocemente.
Altrimenti sarebbe già saltato fuori.
Ambra si allontanò maggiormente da lui.
"Puoi uscire da casa mia?" domandò, cercando di mantenere il tono di voce fermo.
I.V cominciò a girare per il soggiorno, con fare annoiato. Si rese conto che erano sparite dalle mensole le foto di Giovanni e di Ambra, oltre che alcuni soprammobili che ricordava alla perfezione di aver visto le ultime volte che era stato da lei.
Ambra, intanto, lo stava seguendo sia con lo sguardo che con il corpo, cercando di non dargli mai le spalle.
Se davvero per tutto quel tempo aveva recitato, allora era più che legittimata ad avere paura.
I.V ignorò la sua domanda e si bloccò davanti all'ingresso del corridoio che portava alle camere da letto.
"Sono stata da tua sorella" fece poi, senza troppi giri di parole.
Ambra strabuzzò gli occhi.
"Come... Come fai..."
I.V abbassò la testa ghignando leggermente.
"Selene T. Due sul telefono... Piacere Kor, io mi chiamo Selene... Selene, Selene, Selene..." cominciò ad elencare I.V "Praticamente me lo hai detto tu"
Ambra sospirò profondamente, cercando di calmarsi.
I.V si appoggiò con una spalla allo stipite.
"Dunque Fabian è... mh, vediamo... tuo cognato. E' così che si dice in italiano, giusto?"
Ambra deglutì. Aveva già capito dove voleva andare a parare.
"Per fortuna non succederà mai, Fabian non vuole sposarsi" gli scappò comunque da dire, senza sapere bene dove e cosa guardare.
I.V incrociò le braccia al petto. Sospirò profondamente.
"Tu Fabian lo conosci bene. Da anni" fece I.V in tono più serio "E hai mentito quando Yunho ti ha chiesto se conoscessi dei cacciatori neri. Magari potenzialmente pericolosi"
Ambra rimase immobile.
"Mi hai mentito"
La rossa strinse il coltello al petto. I.V stava continuando a tenere d’occhio la mano che lo stava stringendo; continuava a non capire perché Ambra dovesse girare per casa con un coltello in mano e la cosa, per qualche motivo, lo stava facendo insospettire.
"Cambia qualcosa? Tanto lo avete scoperto lo stesso" rispose lei infine.
"Pensi davvero che non sarebbe cambiato niente?" le domandò I.V.
"Perché avrebbe dovuto? Tanto ancora non sapete chi ha scritto quella lettera e io non so chi sia S.D.T.S. E non mi risulta ci sia qualche iniziale riconducibile a Fabian"
I.V si staccò dal muro e si avvicinò a lei.
"Ma magari saremmo arrivati a lui molto prima. Magari non ci sarebbe stato bisogno di andare a trovare tua sorella. Magari non ci sarebbe stato bisogno di farti confessare il tutto minacciandoti con un coltello e una pistola"
I.V si fermò a un passo da lei.
"Magari ti avrei potuto proteggere da quello stronzo" concluse, in tono più basso e roco.

Sì è innamorato di te...
Aveva un piercing.... al sopracciglio....


Ambra si ricordò improvvisamente, quasi con violenza, di quello che gli era stato detto da Joseph.
Trattenne il respiro, sperando con tutta sé stessa di non essere arrossita.
Cercò di calmare il battito incredibilmente accelerato del cuore, concentrandosi sull'ultima volta che lei ed I.V si erano visti.
Quando Yunho aveva confessato il suo piano, ovvero il momento in cui le parole di Joseph si erano rivelate solo una messa in scena colossale.
"Come faccio a crederti?" domandò lei, evitando il suo sguardo.
I.V corrugò le sopracciglia.
"Non mi sembra che non-"
"Che non ti abbia mai protetta, sì, lo so già" disse lei, in tono un po' più tagliente "Ma da quello che ho capito non è stato un qualcosa di... voluto"
I.V alzò la testa verso il soffitto. Chiuse gli occhi ed inspirò piano.
Espirò profondamente e ritornò con lo sguardo su di lei.
"Quindi tu credi a quello che ha detto Yunho"
Ambra alzò le spalle, abbassando finalmente il coltello.
"Non mi sembra tu abbia replicato in qualche modo" ribatté lei, distogliendo lo sguardo non riuscendo a sostenere il suo "Anzi… Non mi stavi neanche degnando di uno sguardo”
I.V continuò ad osservarla. Fece per aprire bocca, ma una folata di vento improvvisa mosse il palo dell’ombrellone di casa Doria situato sul balcone. Sbatté di colpo contro il muro, appena di fianco alla porta finestra.
Il rumore fece sobbalzare vistosamente Ambra, che d’istinto strinse a sé il coltello, di nuovo.
I.V roteò gli occhi al cielo.
“Ma mi spieghi perché cazzo giri per casa con un coltello in mano?”
Ambra ritornò con lo sguardo su di lui, con aria preoccupata.
“Non siete voi, quindi?” domandò.
I.V corrugò le sopracciglia senza capire: “A fare che?”
Ambra strinse le labbra.
“Okay” decretò poi, lanciando il coltello sul divano, esattamente come aveva fatto prima quando c’era Richard “Fuori da casa mia”
I.V la guardò di sbieco.
“Ambr-“
Ambra si allontanò da lui, dirigendosi in camera. Prese al volo una delle sue borse e ci mise dentro il portafoglio e un altro paio di accessori che potevano tornarle utili.
I.V la seguì, cercando di capire cosa diavolo le fosse preso. Quando entrò nella camera della ragazza, si accorse che c’era effettivamente qualcosa che non tornava: le ante degli armadi erano spalancate e dentro quasi completamente vuoti. La scrivania di Ambra, che da che aveva memoria aveva sempre ospitato un cumulo di roba, era completamente spoglia. Le mensole anche.
“Ambra… Perché state svuotando casa?” domandò infine, soffermandosi su di lei, ancora intenta a sistemare le cose nella borsa.
Ambra si girò verso di lui.
“Qualcuno è entrato in casa nostra” spiegò infine “E pensavo fosse stato uno di voi”
I.V assunse un’espressione preoccupata.
“Sono entrati in casa?”
Ambra annuì, chiudendo la borsa.
“Sono tornata a casa qualche giorno fa e ho trovato la porta aperta. Pensavo ci fosse Giovanni in casa, ma no, non c’era”
“Non puoi esserti dimenticata di aver chiuso?”
“Non ho più le chiavi di casa. Le ha usate Hoseok come arma” disse, mimando delle virgolette con le dita a quella parola “Quando mi avete salvato da Fabian sotto casa. Ma tu forse non eri ancora arrivato…”
I.V la ascoltò in silenzio.
“Beh, sta di fatto che Hoseok non mi ha più ridato le chiavi. E siccome l’ultima volta che le ho viste le aveva in mano lui, ho dato per scontato foste stati voi”
Detto ciò, superò I.V e si diresse verso la porta.
“Da’ un ultimo saluto al tuo amato balcone e poi, per l’ennesima volta, esci da questa casa”
I.V cominciava ad essere sempre più confuso. Ciononostante, si voltò verso la direzione in cui si era diretta la rossa.
“Cosa vuol dire un ultimo saluto?”
Ambra incrociò le braccia al petto.
“Giovanni ha deciso di trasferirsi”
I.V spalancò appena le palpebre. Con velocità estrema, si avvicinò a lei, facendola sussultare.
“Dove?” le domandò.
“Non lo so” rispose.
“Vedi di finirla” la minacciò lui, tra i denti “E dimmi la verità”
Ambra deglutì non appena vide che le iridi di I.V stavano già cominciando a tingersi di rosso.
Perché si stava arrabbiando così tanto, tutt’a un tratto?
“Non lo so, I.V. Ed è la verità”
I.V cominciò ad inspirare ed espirare più velocemente.
“Ho capito che sei incazzata con me” cominciò a dire lui, sempre con tono nervoso “Ma Yunho ha inventato di sana pianta tutto quello che ha detto su di me e sul mio comportamento nei tuoi confronti”
Ambra strinse le labbra, osservandolo attentamente negli occhi. Il rosso delle iridi non accennava a diminuire, ma neanche ad aumentare.
“Bene, io sono stato sincero. Ora voglio che lo sia anche tu”
Ambra sciolse la presa delle braccia. Quelle parole l’avevano, stranamente, rassicurata. Per qualche motivo non era più nervosa, arrabbiata, triste.
Forse aveva solo bisogno di sentirselo dire.
Allora, forse, anche Joseph non aveva mentito.
Ambra allungò piano una mano verso il viso del ragazzo. Sfiorò con le punta delle dita i capelli che gli ricadevano sulla fronte, scoprendo il sopracciglio con il piercing, ormai completamente guarito.
Era partito tutto da quel sopracciglio malandato.
I.V le afferrò saldamente la mano. Sempre guardandola dritta negli occhi, le spostò la mano dietro il proprio collo, posizionandogliela all’altezza della nuca.
Ambra rimase immobile, mentre entrambe le mani di I.V andavano a posizionarsi sui suoi fianchi.
La tirò verso di sé.
“Ambra…?” le domandò roco.
Ambra abbassò lo sguardo, in completo imbarazzo.
“I.V, io non lo so… Giovanni non vuole dirmelo. Così che io non possa spifferarlo ad eventuali cacciatori” ammise infine.
I.V le credette. Poteva essere tranquillamente un comportamento tipico da Giovanni.
Ciononostante, scosse piano la testa.
Ambra alzò lo sguardo, con fare interrogativo. La verità era quella, che gli piacesse o no.
“Che c’è ancora?” domandò lei, con tono leggermente scocciato, mentre faceva scivolare la mano da dietro il collo di I.V sulla spalla sinistra di lui.
I.V alzò il sopracciglio.
A quel gesto, Ambra trattenne visibilmente il respiro.
“Smettila di farlo, ti prego” ammise poi a voce bassa, mordendosi appena il labbro e spostando lo sguardo da un lato.
“Cosa?” ghignò divertito I.V “Alzare il sopracciglio?”
Voleva che fosse sincera? E allora, quella volta, lo sarebbe stata.
“Sì” rispose seccamente, continuando a non guardarlo “Mi fa un effetto strano”
I.V sospirò piano.
“Ambra”
La ragazza si girò lentamente.
“Guardami”
Lei obbedì.
“Quando hai intenzione di mollare Richard?”
Ambra rimase spiazzata da quella domanda.
“Cosa…?”
I.V la osservò con sguardo intenso, scuro… desideroso. E Ambra, ancora attaccata a lui, cominciò a sentire uno strano rigonfiamento nei pantaloni del ragazzo.
“Perché so che finché resti con lui, non mi permetteresti di dimostrarti quanto cazzo siano false le parole di Yunho”
Quelle parole, assieme al tono di voce roco che aveva usato, fecero percepire un inaspettato calore all’altezza del basso ventre di Ambra.
Ambra poggiò quasi senza pensarci l’altra mano sul petto di I.V. Quest’ultimo la spinse contro la porta.
“Una persona può fingere quanto gli pare” sussurrò di nuovo “Ma certe parti del corpo non funzionano a comando” disse, spingendosi ancora di più contro di lei.
Ambra sospirò sonoramente.
“Dio, I.V, quanto detesto il tuo timbro di voce…” disse poi, scuotendo appena la testa e accennando un sorriso nervoso.
Quella situazione la stava mandando in subbuglio eppure, per qualche motivo, il suo corpo sentiva di voler rispondere a quegli impulsi che stava sentendo. Era solo la mente che, come al solito, continuava a ricordarle che lei era fidanzata, e che non andava assolutamente bene quello che stava succedendo.
Per niente bene. Eppure era una sensazione tremendamente piacevole.
“Lo odi?” domandò I.V, in tono retorico “Oppure ti fa impazzire anche questo?”
Ambra deglutì. Abbassò lo sguardo ed espirò tra le labbra.
I.V rimase in silenzio, seriamente curioso di una sua risposta.
"Mh?" fece ancora, vedendo che non le stava rispondendo.
Ambra si passò imbarazza, e con fatica visto che era schiacciata tra la porta ed il corpo del ragazzo, una mano tra i capelli.
"Credo... Credo sia la cosa che mi manda più su di giri..." confessò alla fine, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
I.V ghignò.
"Guardami" le ordinò di nuovo.
Ambra ci mise qualche secondo di troppo.
"Ambra, guardami" fece ancora lui.
Lei obbedì, alzando lo sguardo molto lentamente.
I.V vide che gli occhi erano più lucidi rispetto a prima.
Ottimo segno.
"Non sto facendo ancora nulla..." mormorò lui, sempre mantenendo un tono di voce basso e roco, avvicinandosi piano con il viso al suo.
La mano destra di I.V si spostò dal fianco, andando ad accarezzare la parte bassa della schiena, stringendola a sé ancora di più; l'altra mano, la sinistra, si spostò sulla porta dietro di lei, aprendo il palmo e usandolo per attaccarsi al suo corpo sempre di più.
Erano letteralmente attaccati, ma ad I.V sembrava non essere ancora sufficiente.
Ambra strinse in automatico la sua camicia tra le dita.
I.V si abbassò ulteriormente con il viso, spostandosi verso una guancia e avvicinandosi al suo orecchio.
"I.V..." sospirò Ambra, sempre più su di giri e non sapendo bene neanche perché lo aveva nominato.
"Mh-hm" annuì piano lui, solleticandole il viso con i capelli "Spero di sentirti dire spesso il mio nome con questo tono di voce..." le sussurrò all'orecchio.
Ambra sentì improvvisamente caldo, soprattutto al basso ventre. La sua voce la stava letteralmente distruggendo.
Deglutì a vuoto per l'ennesima volta, sentendo I.V scendere piano con il viso e avvicinarsi al collo.
Le labbra di I.V passarono quasi impercettibilmente lungo tutta la lunghezza del collo, provocandole continui brividi.
Fu quando poi le sue labbra si fermarono su un punto preciso che la ragazza chiuse gli occhi e poggiò in automatico la nuca contro la porta, come favorendogli la cosa.
I.V non se lo fece ripetere due volte e prese a baciare e leccare un punto specifico sotto la mandibola, succhiando la pelle.
Ambra si lasciò andare ad un flebile gemito, che però non sfuggì affatto al cacciatore.
Fu quando sentì i denti di I.V morderle la pelle, che Ambra all'improvviso rinsavì.
In quel momento, quasi violentemente, l’immagine di Richard che veniva a scusarsi le si materializzò davanti agli occhi.
Alzò aprì gli occhi di scatto e socchiuse le labbra, come realizzando solo in quel momento costa stesse succedendo.
Spinse I.V via e si divincolò velocemente dalla sua presa, allontanandosi.
“Scusami, I.V… Scusami, ma…”
In realtà non sapeva neanche per cosa si stesse scusando, ma era la prima cosa che le era venuta da dire alla vista dell’espressione stranita di I.V.
Si portò il palmo della mano sul collo, dove fino a poco prima c'erano state le labbra e la lingua di I.V.
Ecco, forse era meglio non pensarci.
I.V rimase a guardarla con espressione perplessa ancora per qualche istante, poi sospirò profondamente.
"M-Mi spiace..." borbottò Ambra di nuovo, massaggiandosi vagamente il collo. I.V aveva morso appena la pelle, ma i suoi canini da cacciatore li aveva sentiti lo stesso.
“Dovevo aspettarmelo che sarebbe finita così” rispose lui, poggiandosi con la schiena alla porta e posizionando le mani in tasca. Chiuse gli occhi, cercando di controllare il respiro e rilassarsi il più possibile.
Ed era vero, era già preparato ad una reazione del genere. Quella era la riprova che Ambra lo desiderava, ma era ancora a tutti gli effetti fidanzata; e sapeva che lei era troppo buona e corretta per comportarsi in quel modo alle spalle del fidanzato.
Quello che non si aspettava era che si sarebbe riuscito a spingere così tanto; era riuscito a stringerla, a sentire il sapore e l'odore della sua pelle, a sentirle confessare che lui la mandava su di giri. E quindi per forza di cose l’istinto aveva preso il sopravvento: e poi, quale metodo migliore per dimostrarle la verità e non le balle raccontate da Yunho?
Il fatto poi che fossero in casa completamente da soli non aveva aiutato I.V a rimanere tranquillo.
Riaprì gli occhi e trovò Ambra ad osservarlo, con ancora la mano sul collo. Quella volta anche il suo sguardo era diverso: anche se era stata lei a staccarsi, lo poteva chiaramente intuire che non avrebbe voluto.
“Sei sicura che tu e Richard abbiate una buona intimità di coppia?” domandò poi, girando il viso verso di lei.
La domanda la prese alla sprovvista. Ripensò in automatico all’ultima volta che erano stati da soli in quel senso.
“Si parla di almeno un mese fa” rispose poi, togliendo la mano dal collo “E comunque non ho mai detto che abbiamo una buona intimità di coppia”
I.V ghignò soddisfatto alle sue parole.
“Perché lo so che non è così” rispose “Ma volevo sentirtelo dire”
Si staccò dalla porta.
Sospirò sonoramente, cercando di darsi una calmata definitiva.
“Mi farò dire da Hoseok se ha per caso combinato qualcosa con le tue chiavi” disse poi, facendo un passo verso di lei con ancora le mani in tasca, avvicinandosi sempre di più e fermandosi ad un passo da lei.
Le spostò delicatamente i capelli dal collo, osservando il suo "lavoro": c'era una bella macchia rossa sotto la mandibola. Ci passò delicatamente l'indice della mancina, ghignando malizioso e soddifatto.
“Sempre se tu voglia avere ancora a che fare con me” continuò a dire poi.
Ambra deglutì.
“Perché non dovrei?” rispose con un filo di voce.
Lui ghignò nuovamente.
“Sono stato così convincente, prima?” le domandò, per punzecchiarla.
“I.V, per favore…”
I.V, al sentirle pronunciare quelle due parole con un sospiro, ritornò per qualche istante alla stessa espressione languida di prima.
"Tutto quello che vuoi, Ambra"
Ambra deglutì, sentendo il viso andare a fuoco.
Lui di tutta risposta ridacchiò.
"S-Si vede tanto...?" gli domandò poi, riferendosi al collo.
I.V alzò le spalle.
"Sì, un pochino" rispose sincero "Mostralo in giro, mi raccomando"
“I.V smettila, per cortesia, Richard non l’ho ancora mollato” farfugliò, muovendosi sul posto senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.
Il ragazzo ghignò divertito allontanandosi definitivamente da lei.
Esatto"
rispose, in coreano "Non ancora














Angolo Autrice
Dopo tantissimo che non aggiorno, e in un momento un po' di sconforto della mia vita, sono finalmente tornata su questa storia che adoro, con un capitolo anche un po' spicy.
Spero di portare presto aggiornamenti, anche perché la storia è ormai quasi al completo e non vedo l'ora di completarla!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia fino ad ora e che, spero, si possano godere anche questo breve aggiornamento.
A presto (spero)!

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