Novantasette giorni (accanto a te)

di ROSA66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Novantasette giorni (accanto a te) ***
Capitolo 2: *** Flammable ***



Capitolo 1
*** Novantasette giorni (accanto a te) ***


Novantasette giorni
(accanto a te)
 
 
Amarti m'affatica, mi svuota dentro
Qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto
Amarti m'affatica mi dà malinconia
Che vuoi farci è la vita
È la vita, la mia.

“Amandoti”, cover dei Maneskin feat M.Agnelli


 
Notting Hill, 5 giugno 2013
C’era troppo sole, quella mattina.
La luce irrompeva all’interno della sua camera da letto infiltrandosi con prepotenza attraverso le tende, preannuncio certo di un’altra calda giornata primaverile.
Mentre guardava dalla finestra della sua stanza, Hermione si allacciò la camicetta, abbracciando con un colpo d’occhio la natura rigogliosa del parco di fronte che sembrava quasi sul punto di essere incendiata dal sole.
Un raggio la colpì prepotentemente in viso, costringendola a socchiudere gli occhi e a schermarli con una mano. Aveva un forte mal di testa, sicuramente dovuto alle poche ore di sonno che era riuscita a ritagliarsi in mezzo a quell’oceano di sensazioni brucianti che, da un po’ di tempo, le impedivano di riposare in tutta tranquillità.
La notte precedente era rientrata molto tardi e, una volta a letto, non era riuscita a prendere sonno. Il corpo e la mente ancora pieni di lui.
La sua vita era diventata un paesaggio dai toni sfocati, un limbo nel quale vagava alla ricerca di un punto fermo in mezzo a una tempesta di emozioni.
Si sfiorò la base della gola con due dita. Quel tocco appena accennato, proprio dove lui le aveva succhiato la pelle più sensibile, le provocò un leggerissimo fastidio e, allo stesso tempo, un brivido di piacere al ricordo della sua bocca avida e prepotente.
Quello che le stava accadendo da poco più di un mese era un qualcosa che non avrebbe mai immaginato potesse succedere. Non a lei.
Era come una malattia dello spirito, uno stato patologico talmente forte da prosciugarle ogni energia e sospendere ogni sua capacità di giudizio. E questa consapevolezza iniziò a spaventarla, perché si rese conto che quella lucidità mentale di cui era sempre andata fiera la stava abbandonando.
Il solo pensiero che, di lì a poco, avrebbe dovuto rivederlo al San Mungo le fece venire il desiderio di non andare al lavoro, di prendere la Metropolvere e fuggire in qualche luogo sconosciuto, distante anni luce, lontano da quei momenti di follia che le stavano sconvolgendo l’esistenza.
Lontano soprattutto da lui.
Poi però allontanò subito quel pensiero: sarebbe andata in Ospedale, come sempre.
Perché doveva farlo: era il suo lavoro e lei, Grifondoro nell’animo, non sarebbe mai venuta meno a un suo preciso dovere.
Bugiarda, si disse tra sé e sé. La verità era una sola: lui sarebbe stato lì.
E lei non poteva fare a meno di vederlo.
Un’occhiata veloce allo specchio le rimandò l’immagine di una donna adulta, molto lontana dalla ragazzina magra e spigolosa che correva per Hogwarts da una lezione all’altra - come un mulinello impazzito - tra scale girevoli e vecchie aule scrostate, terrorizzata al pensiero di perdersi anche una sola virgola di spiegazione.
Il mal di testa continuava incessante a non darle tregua impedendole di pensare razionalmente.
Aveva assoluta necessità di un caffè forte, molto forte e soprattutto amaro, così scese in cucina per prepararlo. Un aroma inconfondibile si diffuse per tutta casa e, con quell’odore piacevole emanato dal liquido scuro nella tazza a solleticarle le narici, si lasciò cadere sul divano del salotto.
Le spire del caffè fumante catturarono il suo sguardo. Sospirando, poggiò la testa sullo schienale e chiudendo gli occhi si lasciò andare ai ricordi.
 
 
Febbraio 2013
Fin da piccola, Hermione aveva sempre avuto un innato desiderio di conoscenza che l’aveva portata ad abbeverarsi in continuazione alla fonte inesauribile del sapere, trovando nei libri i suoi amanti silenziosi che, con generosità, si lasciavano accarezzare e possedere, senza mai svuotarsi, riversando su di lei infinito amore.
Con la scoperta della magia, le si era spalancato un mondo nuovo e affascinante che, da impavida esploratrice, aveva conquistato applicandosi con diligenza e costanza.
Quando, durante la guerra, aveva visto il Male, sperimentandolo sulla sua stessa pelle con la lama affilatissima di un pugnale maledetto, aveva cominciato a realizzare con sgomento che non sarebbe servito a nulla conoscere ogni cosa se quello che aveva imparato non le avesse permesso di aiutare gli altri.
Così, una volta finita la scuola, con tutta la determinazione degna di una figlia di Godric Grifondoro, si era applicata agli studi di Medimagia, laureandosi col massimo dei voti e cominciando una promettente carriera di ricercatrice.
La sua esistenza trascorse relativamente tranquilla per diversi anni, fino a quando il destino le mise sulla strada l’ultima persona al mondo che avrebbe pensato di incontrare di nuovo.
Quella persona era la stessa che per anni – prima della Guerra – l’aveva disprezzata a causa del suo sangue impuro e dalla quale aveva imparato, a sue spese, il significato di quella parola infamante impressa come un marchio sulla sua pelle.
Il Fato, evidentemente, aveva intenzione di metterla alla prova ancora una volta.
Iniziò tutto con il diffondersi di una malattia sconosciuta che stava infettando streghe e maghi riducendoli in uno stato vegetativo, manifestando in contemporanea delle misteriose macchie scure sul corpo.
Tutti gli esami effettuati sulle vittime avevano dato risultati negativi e qualsiasi controincantesimo o pozione curativa non era stati in grado di neutralizzare quella minaccia.
Hermione si mise al lavoro immediatamente per preparare l’antidoto corretto studiando e sperimentando, togliendo e aggiungendo ingredienti, mescolando e filtrando, ma ogni suo sforzo si rivelò vano. Così, di fronte all’ennesimo tentativo andato a vuoto, realizzò che la sola strada percorribile sarebbe stata quella di chiedere aiuto all’unica persona di sua conoscenza superbamente brava in Pozioni e in Alchimia e talmente versata nelle Arti Oscure da affiancarla in quella delicatissima missione.
Il solo pensiero le fece storcere il naso, ma Hermione non aveva scelta: doveva chiedergli di collaborare con lei.
L’avrebbe fatto, sì. Avrebbe messo da parte il passato.
Per un bene superiore sarebbe entrata nella tana della serpe e avrebbe parlato con Draco Malfoy.
 
Erano anni che non si vedevano, sicuramente più di dieci, ed era ovvio che si sarebbero trovati molto cambiati, e non solo fisicamente.
Entrambi più adulti e più maturi di quanto potessero ricordare, si portavano addosso tutte le brucianti cicatrici di quella guerra scatenata da un pazzo sanguinario con l’ossessione del sangue puro.  
Avevano visto la morte in faccia, negli occhi degli amici, dei compagni di scuola e dei professori, e tutte le loro certezze scivolarono via come vento tra le dita. 
Le uniche notizie che Hermione aveva di Draco le aveva lette dagli articoli che la Gazzetta del Profeta pubblicava di tanto in tanto su di lui: il nome dei Malfoy restava in ogni caso, nel bene e nel male, uno dei più famosi del mondo magico.
Dalle foto che erano state inserite a corredo dei pezzi giornalistici che lo riguardavano, Draco appariva più dimesso rispetto agli anni scolastici, ma sempre con quell’aspetto freddo e un po’ distante che era diventato quasi un suo biglietto da visita.
Quando Draco si unì in matrimonio con Astoria Greengrass, bella, intelligente e, soprattutto, Purosangue, il Profeta dedicò un’intera pagina a quell’evento. Le immagini in movimento presentavano la strega, fasciata in un elegante abito bianco, che guardava il marito con occhi adoranti come se fosse il più prezioso dei tesori.
Draco invece sorrideva un po’ imbarazzato, poco incline alle pubbliche manifestazioni di tenerezza anche se, dalle foto, trasparivano ammirazione e rispetto verso la giovane compagna.
L’ultima notizia che aveva riguardato la famiglia Malfoy era stata la tragica scomparsa di Astoria: qualche anno dopo il matrimonio, in un caldo giorno d’estate, la strega se n'era andata silenziosamente, vittima di una maledizione di famiglia che colpì proprio lei, lasciando Draco sconfitto ancora una volta e più solo che mai.
 
 
Wiltshire, Malfoy Manor, 1 marzo 2013
Il loro primo incontro fu, com’era prevedibile, uno scontro fra meteoriti.
Squadrata da cima a fondo da un Draco incredulo e leggermente infastidito forse per essere stato interrotto nelle sue attività quotidiane, Hermione entrò nel salone di Malfoy Manor.
La giovane si sentiva a disagio in quella dimora che, anche se rimodernata in modo da essere più luminosa e gradevole rispetto, le restituiva ancora angosciosi ricordi.
«Granger?» esclamò Draco guardandola in tralice, «Cosa ci fai qui?»
Nessun saluto, nessun convenevole, nessuna gentilezza.
D’altra parte, non erano amici.
Era diventato un uomo, ormai, i capelli sempre chiarissimi anche se più corti, un po’ di barba appena accennata e quegli occhi cerulei che sembravano leggerle dentro mettendola in difficoltà.
Si fissarono quasi con sfida, cercando di muoversi circospetti in quel campo minato che era diventato il salone del maniero. Hermione appellò tutto il suo coraggio in modo da potersi concentrare soltanto sul motivo della sua visita.
Devi farlo per un bene superiore.
Tuttavia, fu sufficiente che la donna esponesse, in poche semplici parole, la propria richiesta per suscitare nell’uomo quel suo classico ghigno ironico. «Vorresti dirmi che il Sancta Sanctorum del nostro prezioso Ospedale si abbassa a chiedere aiuto proprio a me?», sbottò con una leggera risatina, mentre si puntava l’indice verso il petto.
«La cosa non mi interessa, Granger» aggiunse bruscamente, facendole intendere che per lui la questione poteva considerarsi chiusa.
A quelle parole Hermione, per un attimo, chiuse gli occhi e sospirò sonoramente: dovette far appello a tutta la sua forza di volontà per non mettere mano alla bacchetta, lanciargli contro uno Stupeficium così da togliergli quell’espressione di scherno dalla faccia.
«Complimenti Malfoy, noto con piacere che la guerra non ti ha cambiato affatto. Sei rimasto un egoista viziato, come sempre!» sbottò indispettita riducendo gli occhi a due fessure truci, i capelli esageratamente ricci che sembravano animati di vita propria e il viso che iniziava a colorarsi di rosso dalla rabbia.
«Tu non sai niente di me Granger, niente di niente» il tono di voce era pericolosamente basso, il dito indice proteso minaccioso verso di lei.
Pareva indignato di fronte all’accusa che Hermione gli aveva rivolto proprio in casa sua.
Discussero l’intero pomeriggio e alla fine Draco cedette. «Va bene Granger, ma si fa a modo mio. Niente vincoli, niente orari e, soprattutto, nessuna discussione sui miei metodi. E non lo faccio per te, sia ben chiaro».
 
 
Ospedale San Mungo, 23 marzo 2013
Così ebbe inizio quella loro strana collaborazione.
Le premesse non furono delle migliori: entrambi erano piuttosto diffidenti l’uno verso l’altra. Dopo le spiegazioni su come avesse organizzato il suo lavoro e come dividersi le varie fasi della sperimentazione, la donna decise di essere cortese, ma professionale. Da parte sua, Draco non le dava alcuna confidenza, limitando al minimo la sua interazione con lei.
Tuttavia, chiusi tutto il tempo tra quelle quattro mura, era inevitabile che prima o poi si sarebbero scontrati.
Entrambi testardi, non volevano cedere perché ognuno cercava di avere ragione ignorando le proteste dell’altro.
In breve si era creata un’elettricità che sarebbe inevitabilmente esplosa.
E alla fine eruppe come un vulcano.
Quel giorno si erano messi a discutere su di un ingrediente che secondo Hermione andava inserito nella preparazione, ma che, per Draco, non doveva assolutamente essere aggiunto.
«Guarda che non si mette il fegato di pipistrello con la radice di madragora! Dovresti saperlo anche tu, Granger, visto che ti reputavano la strega più brillante della tua età!» sbuffò Draco piccato mentre, quasi con violenza, le toglieva il contenitore dalle mani.
«Ma cosa fai! Guarda che quello che si sbaglia sei tu! E restituiscimi il mio barattolo!»
Glielo strappò contrariata e, con un gesto improvviso, lo aprì per prendere una manciata di quell’ingrediente e gettarlo nel calderone.
«No!» Draco, spaventato, tentò di fermare la mano di Hermione.
Ma era troppo tardi.
Il liquido all’interno del contenitore cominciò ad agitarsi in maniera vorticosa, rilasciando un fumo scuro e denso per tutto il laboratorio.
All’improvviso uno scoppio assordante lacerò l’aria, facendo esplodere il calderone con tutto ciò che vi era dentro. Con uno scatto fulmineo Draco afferrò Hermione per le spalle trascinandola in terra con lui, appena in tempo prima che gli schizzi bollenti di pozione li colpissero.
Passarono parecchi minuti o solo pochi secondi, nessuno dei due seppe dirlo.
Restarono stesi sul pavimento, immobili, con quella vicinanza così intima di cui avevano contemporaneamente paura e desiderio. Nell’impatto Hermione aveva istintivamente chiuso gli occhi, ma quando li riaprì vide il viso di Draco a pochi centimetri dal suo, il suo respiro sulla pelle, gli occhi azzurri che la fissavano con una strana luce.
Le si avvicinò ancora di più, come una falena attratta dal bagliore di una lampada, come un incanto al quale non era in grado di sottrarsi, mantenendo gli occhi aperti mentre si accostava alla sua bocca. Poi, all’improvviso, poggiò le labbra su quelle di Hermione, pianissimo, mentre lei trasaliva sorpresa ma non si allontanava.
Draco abbassò le ciglia a quel contatto, dandole un bacio lieve, per poi fermarsi subito dopo, come se aspettasse la sua reazione. Quando capì che Hermione non si sarebbe sottratta posò nuovamente le labbra sulla bocca di lei, questa volta in maniera più decisa, costringendola a socchiuderla. La strega si arrese a quell’incastro erotico chiudendo gli occhi e reclinando la testa all’indietro.
Solo allora Draco lasciò che le sue braccia avvolgessero quel corpo morbido con un impeto che Hermione non avrebbe mai immaginato. La baciò ancora e ancora, appassionatamente, senza che lei riuscisse a resistere all’assalto di quella bocca e di quella lingua che la invadeva con ardore.
Draco portò le sue mani ai lati della testa di lei, incastrando le dita tra i lunghi capelli ricci, accarezzandoli dolcemente.
Non sta succedendo. Malfoy non mi sta baciando, pensò Hermione in un barlume di lucidità.
A un certo punto però, come se si fosse svegliato da un incantesimo, Draco si staccò da lei guardandola incredulo e, alzandosi da terra, si passò le dita tra i capelli quasi fosse successo un guaio enorme a cui non avrebbe saputo porre rimedio.
«No, no, no, no» ripeteva angosciato scuotendo la testa per rafforzare la negazione.
Si passò la mano sul viso e poi, senza aggiungere altro, si smaterializzò lasciando Hermione seduta sul pavimento, con i capelli in disordine e i vestiti stropicciati a fissare smarrita il punto in cui Draco era sparito nel nulla.
 
Per sette lunghi giorni Draco non si presentò in laboratorio. Dopo i primi momenti di stordimento, durante i quali cercò di non pensare a quell’episodio relegandolo a prendere polvere in un angolino della sua mente, Hermione decise di tuffarsi nuovamente anima e corpo nel lavoro.
Nella sua testa, però, continuava a tormentarla quel ricordo, che si arricchiva di particolari sempre nuovi cui non aveva fatto caso, in un primo momento, ma che ora le tornavano prepotentemente davanti. Come i suoi occhi, che aveva scoperto avessero una sfumatura particolare, tra l’azzurro e il grigio, o come la sua bocca dalla linea perfetta. Pensò alle sue mani che sfioravano il suo viso, per poi infilarsi tra i suoi ricci in una sensuale carezza e a quel profumo particolare che era solo suo, inconfondibile.
Per la prima volta dopo anni, Hermione sentì dentro di sé un desiderio, una voglia così forte che non ricordava di aver mai provato in vita sua.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che era stata baciata così?
Mesi sicuramente, più di un anno forse. Da quando lei e Ron si erano lasciati consensualmente, Hermione era uscita con un paio di uomini, tuttavia la cosa non aveva avuto alcun seguito.
E ora c’era Draco. Senza dubbio un uomo attraente, dai tratti raffinati e dalla mente brillante, ma che non aveva mai fatto mistero di averla detestata durante gli anni scolastici.
L’età adulta aveva contribuito a eliminare certe sue erronee convinzioni, ma era rimasto sempre il solito snob dall’atteggiamento strafottente. È vero, erano cresciuti, diventando persino colleghi, ma un’interazione così intima con lui poteva considerarsi una cosa folle. Oltre che tremendamente sbagliata.
Però mentre ci rimuginava sopra, il suo cuore batteva inspiegabilmente più forte.
 
 
Ospedale San Mungo, 31 marzo 2013
Quando, otto giorni dopo quell’attimo di follia, Hermione varcò la porta del laboratorio, lo trovò lì, davanti al tavolo da lavoro, intento a preparare l’antidoto a cui si stava dedicando prima dell'episodio del bacio. Non se l'aspettava e la cosa le provocò insieme piacere e fastidio. Le sembrò come se fosse arrivata la primavera in anticipo, con un venticello gentile e tiepido a solleticarle il viso, ma avesse indossato degli abiti troppo pesanti che le impedissero di respirare liberamente. Rimase sulla porta a guardarlo mentre lui sollevava un'ampolla piena di un liquido chiaro e la osservava in controluce per verificarne la trasparenza.
Le dava le spalle, così poté osservarlo con più attenzione. Hermione dovette riconoscerlo: Draco aveva un'innata eleganza nei modi anche quando lavorava.
Come se ne avesse avvertito la presenza, Draco si girò verso la porta e la vide. Per una manciata di secondi rimasero fermi, occhi negli occhi, inspirando i loro profumi tra le essenze delle erbe aromatiche, in un silenzio assordante intriso di domande.
 Ma fu questione di attimi, perché Draco riprese subito il suo tipico atteggiamento sfrontato.
«Granger, finalmente. È un’ora che ti aspetto. Non ti facevo così ritardataria».
Hermione lo guardò storto ma preferì non rispondergli. Non sapeva come comportarsi, adesso, con lui. Di fronte a quella matassa ingarbugliata di pensieri, fece l’unica cosa che le avrebbe restituito un minimo di sicurezza: si infilò il camice e cominciò a lavorare.
Da qual momento, nonostante tra loro ci fosse stata la tacita decisione di comportarsi come se nulla fosse successo, le cose erano inevitabilmente cambiate.
Senza volerlo, le mani si sfioravano impercettibilmente, salvo poi ritrarle come scottati quando se ne rendevano conto, gli occhi sfuggenti velati dal turbamento.
Qualcosa dentro di loro si stava lentamente sciogliendo. Quella maschera d’indifferenza di cui si erano sempre ammantati stava scivolando via, come un indumento indossato troppo a lungo e diventato ormai logoro, lasciandoli piano piano nudi e indifesi davanti a una nuova consapevolezza.
 
Ospedale San Mungo, 11 aprile 2013
Fu Hermione a cedere per prima di fronte a quella marea oscura tanto minacciosa quanto irresistibile, e da lì in poi non fu più possibile tornare indietro.
Erano riusciti a mettere a punto un antidoto sperimentale - che veniva testato su pazienti volontari - e stavano aspettando le prime analisi di riscontro: se avessero avuto successo come speravano, ne avrebbero condiviso la scoperta con l’intero mondo magico onde debellare finalmente quella malattia dilagante.
Con passi svelti e sguardo fiero, Hermione quella mattina percorreva i corridoi del San Mungo per raggiungere il suo laboratorio, indifferente agli sguardi del personale medico che si scostava per farla passare con un misto di timore e di rispetto.
«Hermione!» una voce femminile la chiamò all’improvviso, facendo rallentare il suo passo. «Hermione» ripeté la voce, «aspettami!» Hannah Abbott la raggiunse affiancandola «Stavo per mandarti un gufo per informarti che la sperimentazione sta andando bene: i risultati sono più che positivi. Sto aggiornando la relazione con tutti i nuovi valori riscontrati nei volontari. Penso che tu e Malfoy abbiate fatto un ottimo lavoro!». Hermione si era bloccata nel mezzo del corridoio con la bocca spalancata: non riusciva a credere alle proprie orecchie. «Dici davvero, Hannah?». Era al settimo cielo «Grazie, grazie infinite!» esclamò stringendole calorosamente le mani per poi riprendere a camminare lungo il corridoio a passo sostenuto.
Il suo unico pensiero fu comunicarlo al suo compagno di lavoro. Così entrò in laboratorio come un tornado e trovò Draco che, chino alla scrivania, stava correggendo sul loro manuale alcune dosi che si erano rivelate errate.
«Malfoy! Ce l’abbiamo fatta! La sperimentazione sta avendo successo!» gli andò incontro sorridendo felice e, d’istinto, gli mise le braccia al collo e lo abbracciò.
Quella vicinanza, al tempo stesso agognata e temuta, turbò entrambi. Hermione si sciolse dalle braccia di Draco e lo guardò negli occhi, leggendovi soltanto un desiderio palpabile e denso come l‘umidità di cui era pregna quella stanza.
Questa volta fu lei a fare il primo passo. Fece scivolare le mani ai lati del viso del mago in una carezza avida e decisa poi, senza riflettere, posò le sue labbra su quelle di lui. Hermione lo baciò con un’urgenza che non si riconosceva; sentì la sua bocca aprirsi, come avesse avuto una volontà propria, e cercare quella di lui con un ardore che li travolse.
Le mani di Draco percorrevano il suo corpo come fuoco liquido, accarezzandole la schiena, i fianchi, il seno, per poi fermarsi lì, trovare i bottoni e aprirle la camicetta.
Hermione sentì le labbra scendere sul collo, leccando e succhiando avidamente ovunque passassero, lasciando delle scie ardenti di baci che le provocarono brividi di piacere. Fu poi la volta delle clavicole e del seno che, liberato dalla costrizione dell’intimo, si esponeva sfrontatamente ai suoi occhi. La bocca di Draco si chiuse intorno ai capezzoli, prima uno e poi l’altro, saggiandoli come frutti golosi. Il laboratorio si stava riempiendo di sospiri, parole spezzate e vapori.
Draco spinse Hermione verso la parete opposta alla porta e, senza mai smettere di baciarla, l’appoggiò al muro avvolgendola per la vita con braccio. Una mano sfrontata le sollevò la gonna carezzandole la coscia con crescente desiderio, fino a raggiungere gli slip che fece scivolare a terra. Hermione non capiva cosa le stesse succedendo: lo voleva e, se l’avesse presa lì, contro quel muro, non l’avrebbe di certo respinto. Sentiva che la sua femminilità lo bramava così, quando avvertì nitidamente l’eccitazione di Draco premerle contro, non resistette oltre e aprì le cosce per accoglierlo.
Il biondo armeggiò velocemente con i pantaloni liberando l’erezione che stava diventando dolorosa e, con un’unica spinta decisa, la penetrò.
Hermione si lasciò sfuggire un gemito, quasi di dolore, ma fu solo un attimo, perché da quel gemito ne nacque un altro e poi un altro ancora, fino a sconvolgerla.
E, come un fiume in piena che rompe gli argini e travolge ogni cosa che incontra, il piacere spazzò via ogni pensiero logico e coerente.
 
Così quei due ragazzi che, a scuola, non avevano trovato altro modo per comunicare se non ferirsi a parole e litigare, da quel giorno divennero molto intimi.
Hermione stava scoprendo una nuova sé stessa. Quella parte passionale che aveva sempre relegato in un angolo recondito del proprio essere ora chiedeva di venire alla luce, pretendendo uno spazio in primo piano che, fino ad allora, era stato di esclusivo dominio della logica e della razionalità. I tocchi sapienti di quelle mani, la voracità di quella bocca famelica avevano risvegliato i suoi sensi repressi per troppo tempo.
Da parte sua Draco, a dispetto dell’atteggiamento un po’ rigido e imperturbabile che mostrava agli altri, di rivelò un amante ardente e sensuale, sempre attento alle esigenze della donna.
Inizialmente, gli scontri che avevano sempre avuto sul lavoro si trasformarono in diverbi dalla forte componente sessuale, modificando il loro rapporto che non fu più solo professionale.
«Malfoy, mi daresti il barattolo con le foglie della Tentacula Velenosa? È lì, alla tua sinistra».
«Preferirei darti un bacio».
«Ma non mi servirebbe per la pozione».
«Sì, ma servirebbe a me… »
«Non fare lo sciocco, Malfoy».
«Sempre a tua disposizione, Granger».
E allora nulla riusciva a impedire alle mani di sfiorarsi anche per una semplice carezza o alle labbra di cercarsi per un bacio pieno di desiderio.
La loro relazione restò segreta, perché entrambi avevano ritenuto opportuno non mostrare in pubblico alcun gesto che facesse intuire quello che stava avvenendo tra di loro. Quando però erano soli si lasciavano andare, annegando nella marea che montava inarrestabile.
Dopo la frenesia che li aveva colpiti quella mattina di primavera si resero conto di essere stati imprudenti: chiunque avrebbe potuto accedere al laboratorio e, anche se avessero lanciato un Colluportus per chiudere ermeticamente la porta, si sarebbero trovati in una situazione alquanto imbarazzante. 
La casa di Hermione divenne così il loro Eden personale a cui la strega non poteva e non voleva più rinunciare.
E lui era il serpente tentatore che aveva spinto Eva a varcare la soglia del peccato.
Con il passare del tempo la passione non accennò a diminuire, anzi: fu come una fiamma che si accende all’improvviso e sulla quale, invece di gettare acqua, entrambi finirono per spargere benzina. E l’incendio divampò, avvolgendo e bruciando ogni cosa, finendo per alimentare gelosia e senso di possesso.
Hermione cominciò a non sopportare che attorno al laboratorio avessero preso a gironzolare giovani streghe, Medimaghe e infermiere, inspiegabilmente interessate alle diverse potenzialità di questa o quella pozione curativa, in realtà semplicemente attratte da quel mago affascinante che spesso invitavano per un caffè in tentativi più o meno velati di seduzione. Ignorando del tutto Hermione.
Finché un giorno, mentre era intenta a dosare accuratamente alcuni ingredienti – seguendo le indicazioni del loro manuale – sentì delle voci provenire dal corridoio esterno al laboratorio. Incuriosita, inclinò il viso verso l’uscita, ma ciò che vide la paralizzò all’istante. Una strega dall’aspetto curato, a prima vista più giovane di lei, teneva Draco sottobraccio, mentre l’altra mano, con le unghie perfettamente laccate, era poggiata sulla spalla di lui. Hermione non riuscì a capire le parole che quella donna gli diceva, ma vide solo le belle labbra protese verso l’orecchio di Draco come se gli stesse confidando chissà quale segreto. Alla risatina che le sfuggì il mago rispose con un leggero sorriso appena accennato; non sembrava molto interessato all’argomento, anche perché, subito dopo, sciolse il braccio che avvolgeva il suo e con eleganza la salutò per avviarsi verso il laboratorio.
Un sentimento negativo invase l’animo di Hermione, un’intima sofferenza che la spinse ad  aggrapparsi al bancone per evitare che esplodesse. Dentro di sé sentì montarle un odio profondo nei confronti di quella strega che aveva osato avvicinarsi a lui e toccarlo. Ma quella donna se n’era andata, così trasferì quel rancore verso l’unica persona presente nella stanza.
«Ben arrivato! Guarda che qui si viene per lavorare. Se hai intenzione di procacciarti degli appuntamenti galanti con una di quelle… streghe, sei pregato di farlo fuori di qui !». Sputò con tutta la cattiveria di cui era stata capace.
Draco la fissò, all’inizio non capendo il motivo di quell’uscita.
«Granger, se sei in uno di quei giorni, puoi tranquillamente andartene a casa!».
Ma, quando la osservò meglio, vide il volto rosso, le labbra stirate in una piega amara, le mani che stringevano il tavolo da lavoro come se volessero stritolarlo, e allora capì. E ne fu spaventato. Perché la loro relazione la stava cambiando,
Così, si mise alle sue spalle,e afferrandola per la vita, se la strinse addosso.
«Sei una stupida, Granger» le sussurrò all'orecchio, sfiorando il lobo con le labbra.
Lo morse e lo succhiò delicatamente, per poi baciarle un punto, lì dietro, che sapeva essere molto sensibile, stuzzicandolo con la lingua, mentre Hermione, ancora stizzita, provava a divincolarsi da quell’abbraccio.
Ma Draco, come un serpente, non mollò la presa avvolgendola tra le sue spire, continuando la sua discesa di baci verso il collo.
Hermione, alla fine, chiuse gli occhi a quel contatto, mentre la rabbia scemava gradualmente lasciando il posto a un caldo languore che conosceva molto bene.
Da quando aveva iniziato ad aver bisogno di quella bocca, di quelle mani, di quelle attenzioni, al punto di non poterne fare più fare a meno?
Da quando Draco era diventato così importante da invaderle il corpo e la mente e non sopportare che lui potesse rivolgere quelle stesse attenzioni verso altre donne?
Non era stata normale quella reazione esagerata e, con sgomento, cominciò a rendersi conto che quella passione stava divampando incontrollata: come un incendio dalle dimensioni colossali prende piede in un bosco, avrebbe consumato ogni cosa lasciando dietro di sé solo cenere e rovine.
 
 
5 giugno 2013
Nonostante il mal di testa non accennasse a diminuire, Hermione era pronta per andare al lavoro come tutte le mattine. Si smaterializzò nel solito vicolo dietro l’Ospedale e, sistemati nervosamente i capelli ribelli in un rapido chignon, si avviò verso l’entrata. Si bloccò all’improvviso quando vide Draco fermo davanti all’ingresso che si guardava intorno come se attendesse qualcuno.
Avvertì uno strano presentimento, come un animale che istintivamente fiuta il pericolo.
«Buongiorno». Hermione gli si avvicinò sorridendo un po’ forzatamente «Mi stavi aspettando?».
«Si. Volevo dirti che oggi non posso venire al lavoro. Devo sbrigare alcuni affari di famiglia piuttosto urgenti» le rispose Draco con una strana sfumatura nella voce, distogliendo gli occhi dai suoi.
Ormai Hermione iniziava a conoscerlo e intuiva ci fosse qualcosa che non andava. Ma quella mattina si sentiva già spossata e se l’avesse tempestato di domande non ne avrebbe cavato un ragno dal buco.
«Va bene» disse cercando le sue iridi chiare e fissandolo intensamente «Ti aspetto stasera a casa».
Draco scosse la testa «Stasera no. Vengono degli amici al Manor. Se vuoi venire anche tu…».
Hermione sentì lo stomaco contrarsi, ma gli sorrise nuovamente «Cercherò…».
C’era una strana tensione nell’aria, un presagio di qualcosa di indefinito che preferì ignorare.
Con un senso di vuoto in mezzo al petto lo guardò allontanarsi, finché non scomparve dalla sua vista.
 
Quella giornata fu interminabile. Sembrava che tutti i problemi del mondo si fossero messi d’accordo per darle fastidio, complice un’inspiegabile moria di personale.
Dai vari reparti vennero a chiamarla almeno una decina di volte per dare una mano in corsia, tanto che, dopo l’ennesima richiesta, decise di accantonare le sue ricerche e si stabilì al terzo piano.
Hermione non riusciva a pensare ad altro che a Draco, al motivo per cui non fosse andato al lavoro e, soprattutto per il quale avesse declinato il suo invito a trascorrere la serata con lei.
Vengono degli amici al Manor. 
Forse erano suoi ex compagni di casa con i quali era rimasto in amicizia.
Cercò di non pensarci, concentrandosi solo sul lavoro, ma un tarlo insidioso continuava a tormentarla crudele, facendole immaginare Draco in incontri clandestini di cui, però, lei non era la protagonista femminile.
Uscì dal lavoro un po’ in anticipo per tornare a casa e prepararsi per andare al Manor, anche se non ne aveva alcuna voglia. Non era il suo massimo desiderio trascorrere la serata tra aristocratici Purosangue con la puzza sotto il naso. Aveva sempre detestato quel tipo di persone, lontane anni luce dal suo modo di essere, ma non riuscì ad ignorare quella vocina che, dentro di lei, le suggeriva di andare per lui. Così, arrivata a casa, si fece un lungo bagno rilassante con oli essenziali. Ne aveva veramente bisogno. Voleva essere bella, quella sera, voleva ammaliarlo e, perché no, sedurlo.
Scelse un abito nero dalla linea semplice ma elegante che la fasciava morbidamente, corredato da sandali dello stesso colore.
Lasciò i capelli sciolti e, messa la bacchetta nella pochette, si smaterializzò a casa di Draco.
Gli imponenti cancelli dell’antica dimora si spalancarono appena vi giunse davanti, segno che il padrone di casa avesse abbassato le difese dell’edificio per far accedere gli ospiti.
Hermione entrò nel Manor procedendo lentamente, come timorosa per quello che avrebbe potuto vedere e venne accolta dall’elfo domestico di Draco, che lei aveva già visto diverse volte. Avevano discusso parecchio sul fatto che il mago si ostinasse a tenere quelle creature al suo servizio, anche quando la donna aveva saputo che, alla proposta di venire regolarmente stipendiati, gli elfi avessero avuto delle vere e proprie crisi isteriche.
«Benvenuta Miss Granger, padron Draco e amici di padron Draco aspettano in salone».
Hermione sorrise a quella creaturina gentile che le ricordava tanto Dobby, lo sfortunato elfo che era morto tra le braccia di Harry Potter, e riprese a camminare verso il salone dal quale provenivano diverse voci alternate al tintinnio di cristalli.
Sentiva le gambe diventare sempre più pesanti a mano a mano che avanzava nel corridoio, le voci sempre più vicine e nitide.
«Sei il festeggiato Draco, non puoi rifiutare il migliore champagne del mondo che io ti ho regalato. Mica come quella robaccia che ti fai portare dai tuoi piccoli e umili servitori. Dopotutto, sono o non sono il re del buon gusto?» esclamò divertita una voce maschile che Hermione aveva già sentito in passato.
Il festeggiato. Ma cosa…? Pensò la strega fermandosi ad ascoltare. Non era certo sua abitudine mettersi ad origliare le conversazioni altrui, ma non poté farne a meno.
«Blaise, sei il solito modesto. Ma d’altronde, cosa sarebbe la mia vita senza di te? E va bene, ne prendo un bicchiere» rispose Draco con uno sbuffo, «ma solo perché oggi è il mio compleanno».
Il suo compleanno, che stupida! È il cinque giugno, come ho fatto a dimenticarmene?
Stava per entrare nel salone, quando una terza voce, questa volta femminile, fermò nuovamente i suoi piedi.
«Draco caro, come va il lavoro al San Mungo?» Hermione riconobbe il tono leggermente annoiato di Daphne Greengrass, la sorella maggiore di Astoria, ma non mosse un passo, come paralizzata, poiché aveva il vago sentore che la domanda della strega avrebbe riguardato anche lei «Non ti annoi a stare tutto il tempo chiuso in quell’orribile e triste ospedale? Con la Granger, poi, sai che divertimento…».
Ecco, appunto.
Quella sensazione angosciante che l’aveva accompagnata per tutto il giorno tornò prepotentemente, cristallizzandosi dentro di lei e gelandole il sangue nelle vene.
Non voglio sentire, non voglio sentire.
«Daph, tra pochi giorni sarà tutto finito. Ho ricevuto una proposta di lavoro negli Stati Uniti e penso proprio di accettare». La voce di Draco le arrivò dritta al petto, dolorosa come una maledizione Cruciatus.
Sarà tutto finito.
Sarà tutto finito.
Sarà tutto finito.
Il suo istinto non si era sbagliato. Non si sbagliava mai.
Per quasi due mesi aveva giocato col fuoco lasciandosi travolgere da quella passione esclusiva senza pensare alle conseguenze, e ora il destino veniva a chiederle il conto. Perché in quel momento aveva capito che per lei non si era mai trattato solo di sesso. Forse l’aveva sempre saputo.
Si appoggiò alla parete per non cadere a terra, mentre ricacciava indietro le lacrime che premevano per uscire.
Sei una stupida, le aveva detto Draco un giorno, quando lei aveva permesso che la gelosia offuscasse ogni sua capacità di raziocinio. Aveva perfettamente ragione, perché se lui aveva preso in considerazione un’offerta del genere, andando oltreoceano lontano da lei, significava una sola cosa: non l’amava, non l’aveva mai amata.
Le venne in mente ciò che Ginny Weasley le disse un giorno di parecchi anni prima.
Le Serpi sono animali a sangue freddo, prive di sentimenti. Ammalianti ma letali, perché anche se pensi di poterle addomesticare ti mordono alla gola uccidendoti  lentamente.
Questa frase si abbatté su di lei con tutta la sua cruda verità.
Ma non sarebbe crollata, no. Era Hermione Granger, e avrebbe affrontato anche questo.
Si prese ancora cinque minuti per regolarizzare il respiro e raccogliere le ceneri del suo cuore poi, facendo appello a tutto il suo coraggio Grifondoro, entrò a testa alta nel salone.
«Buonasera a tutti e… scusate il ritardo».
 
 
                                                                                                                                                              “- Vai - gli ho detto, e in tre lettere c’era l’oceano”
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    G.Carcasi
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice :
“Questa storia partecipa al contest “Una crociata per la Dramione IC” indetto da BessieB sul forum di Efp”.
I versi citati all’inizio sono tratti dalla canzone “Amandoti” che i Maneskin hanno cantato in coppia con Manuel Agnelli all’ultimo Festival di Sanremo.
Fin dal primo ascolto l’ho trovata struggente, e mi ha ispirato questa one – shot.
Il video originale dell’esibizione purtroppo è stato cancellato perché di proprietà della Rai che ne detiene tutti i diritti.
Però si può sempre ascoltare sul web. Questo è uno dei link.
https://it.video.search.yahoo.com/search/video?fr=mcafee&ei=UTF-8&p=MANESKIN+AMANDOTI&type=E210IT91212G0#id=25&vid=496980368e1dfd86543ad1939f214bd6&action=view
La citazione finale è della scrittrice italiana Giulia Carcasi.
Come al solito i personaggi non sono miei ma appartengono tutti a J.K.Rowling. Qualsiasi riferimento a scene e situazioni già descritte in altre fan fiction è del tutto casuale e non voluto.
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 2
*** Flammable ***


 
 
Flammable
 
 
A te, Chiara, amica mia,
che rischiari il mio cammino con briciole di luce.

Malfoy Manor, 5 giugno
 
Il ristretto ricevimento che Draco aveva deciso di organizzare per il proprio compleanno nella spettacolare cornice di Malfoy Manor era giunto al termine.
Blaise, ormai brillo – ma non troppo, come tenne a precisare – era stato trascinato via da una Daphne che, visibilmente contrariata, continuava a ripetere di non farsi convincere  – mai più – ad accompagnarlo a una festa. Tutta colpa dello champagne di ottima qualità gentilmente regalato a Draco dall’ex Serpeverde, e da quest’ultimo scolato quasi interamente in nome dell’antica amicizia tra i due paesi.
«Non sia mai che uno Zabini non renda onore al gustoso nettare dei frères français» biascicò allegro arrotando la erre con grazia, mentre la sua ex compagna di Casa, alzando gli occhi al cielo, si smaterializzava tenendolo abbracciato in vita per non farlo cadere.
Draco e Hermione erano rimasti da soli, senza guardarsi negli occhi e senza parlare, per timore di affrontare quella verità che era lì, davanti a loro, nuda e crudele.
Anche un occhio poco attento avrebbe potuto avvertire la tensione palpabile che serpeggiava nell’aria, pronta a scoppiare da un momento all’altro.
L’unico suono che rompeva quel silenzio innaturale era dato dal fuoco crepitante nell’immenso camino, acceso dai solerti elfi domestici – nonostante fosse l’inizio di giugno – per contrastare la consueta umidità delle antiche mura del maniero.
Fu Draco a spezzare quella calma apparente alzandosi dalla poltrona per andare al mobile bar e versarsi un generoso bicchiere di Whisky Incendiario.
«Ne vuoi?» il tono era quello affabile del perfetto padrone di casa. Hermione fece di no con la testa, quasi le costasse fatica pronunciare anche una singola parola. Continuava a fissare le fiamme davanti a lei, come ipnotizzata dal loro movimento sinuoso e rapido che avvolgeva la legna per consumarla lentamente.
Per tutta la sera si era sforzata di mantenere un atteggiamento cortese con gli altri ospiti e con Draco, ma senza grande successo. Era riuscita a malapena a rispondere alle domande che le erano state rivolte – non andando più in là del sì, del no e del forse – mostrandosi poco disposta a sostenere quelle futili conversazioni mondane che tanto odiava.
Era stata una serata da dimenticare, iniziata con quella verità che le era piovuta addosso come una doccia ghiacciata.
Chiuse gli occhi al ricordo di quanto ascoltato di nascosto poche ore prima.
«Daph, tra pochi giorni sarà tutto finito. Ho ricevuto una proposta di lavoro negli Stati Uniti e penso proprio di accettare».
Il suo corpo si stava sgretolando come i ceppi lambiti dal fuoco, che si lasciavano corteggiare dalle fiamme e, senza rendersene conto, finivano per bruciarsi trasformandosi in un mucchietto di cenere.
Tenendo il bicchiere di whisky in mano, Draco avanzò  verso il camino, fermandosi davanti a quella vampa ardente che gli riscaldava il corpo senza riuscire a penetrargli nell’anima.
Il fuoco sembrava accendere di riflessi dorati il liquido ambrato dentro il bicchiere che l’uomo continuava a tenere in mano, quasi volesse farsi vedere impegnato in qualcosa pur di non affrontare la realtà. Che era una sola.
Lei sapeva.
Non riusciva a capire come l’avesse scoperto, e dopotutto non era neanche importante, ma lei sapeva.
Era più di una certezza, e questa consapevolezza gli provocava una vaga inquietudine.
Da quando gli era arrivata quella generosa proposta, Draco aveva preferito non parlarne con lei semplicemente perché voleva riflettere con attenzione, da solo. La storia che aveva con Hermione lo stava coinvolgendo oltre ogni previsione, e prima di prendere qualsiasi decisione voleva ponderare ogni aspetto.
Era inutile negarlo: lei stava diventando importante. Troppo.
Non aveva considerato, però, che non informandola si era messo automaticamente in una situazione ambigua.
Oltre che provocare l’ira della leonessa più famosa del Mondo magico.
Si portò il liquore alle labbra bevendone quasi la metà e un piacevole bruciore gli invase la bocca e la gola, inondandogli lo stomaco e le viscere.
«Perché?» La voce di Hermione spezzò quel lungo e imbarazzante silenzio: era pur sempre una Grifondoro, nel cuore e nell’anima, e non sarebbe uscita da quella stanza prima di aver ricevuto la spiegazione del comportamento omissivo e spiazzante.
«Prego?» In realtà aveva capito perfettamente a cosa lei si stesse riferendo, ma preferiva continuare a far finta di nulla – Serpeverde fino al midollo – nel disperato tentativo di rimandare quel confronto ormai inevitabile. Si girò a guardarla, ostentando una naturalezza che in realtà non possedeva, sperando in cuor suo che un atteggiamento calmo e distaccato la convincesse a lasciar correre, almeno per il momento.
Ma era una battaglia persa in partenza, e Draco lo sapeva: Hermione era testarda e ostinata e non avrebbe mai mollato.
«Sai benissimo di cosa sto parlando. Perché non me l’hai detto?» Dalla durezza delle sue parole traspariva tutto il suo dolore e la sua delusione. Alla fine non ce l’aveva fatta a resistere e, come un uragano che si abbatte su un’isola, gli riversò addosso tutto il risentimento che sentiva ribollire nello stomaco.
«Quando pensavi di dirmelo?» Scavallando le gambe si alzò in piedi, fronteggiandolo con tutto il suo orgoglio, «Scommetto che sei stato troppo impegnato per informarmi delle tue intenzioni, vero?» Fissò le sue iridi nocciola, ormai infuocate dalla rabbia, in quelle chiare di Draco senza mai abbassare lo sguardo.
«Magari eri talmente preso a scoparti quelle… quelle… donne che ti ronzano attorno da non avere neanche il tempo di farmi sapere una cosa così importante». Gli sputò quelle parole, riferendosi con disprezzo alle giovani streghe che, da un po’, gironzolavano nei dintorni del suo laboratorio nel tentativo di farsi notare da lui.
Il giovane sgranò gli occhi, il volto scuro davanti a quelle accuse gratuite e totalmente fuori luogo.
«Cosa? Da quando lavoro al San Mungo, io non mi sono mai scopato nessun’altra a parte… » Si bloccò di colpo, vedendola irrigidirsi. Non voleva riferirsi a lei come una pura e semplice distrazione, perché in realtà non lo era mai stata.
Hermione sapeva incendiarlo come nessun’altra, scatenando desideri sopiti da anni e annebbiandogli la mente in una maniera che non pensava fosse possibile. Quando stavano insieme si sentiva come se non fosse più padrone di sé stesso. Per questo aveva taciuto con lei, non confidandole di aver ricevuto un gufo dalla più importante Università magica americana: voleva prima capire, al di là dell’innegabile intesa sessuale, quale fosse la vera natura del loro rapporto.
Così come la serpe che, per difendersi, non trova altra soluzione se non quella di uscire dalla tana e attaccare, Draco affondò i denti, velenoso e letale, mordendo la mano incauta,  allungata verso di lui.
«… a parte te, Granger. E comunque io non ti devo alcuna spiegazione. Non ho firmato alcun contratto in esclusiva» replicò stizzito voltandosi nuovamente verso il fuoco, nascondendole la vista dei propri occhi. «Sono stato abbastanza chiaro con te fin dall’inizio. Se ti ricordi, eravamo proprio in questo salone».
Era una spiegazione volutamente ambigua, ma ebbe lo stesso un effetto devastante su di lei.
Hermione rimase basita, incapace di replicare, perché quel groppo allo stomaco che si era portata dietro per tutta la serata era diventato un macigno enorme impedendole ogni azione, anche quella più semplice come respirare a pieni polmoni.
Si sentiva a corto d’aria.
Trascorsero pochi secondi, amplificati dal silenzio nuovamente piombato tra di loro, dilatandosi in un tempo infinito.
«Bene», Hermione deglutì a fatica, cercando di rimandare indietro le lacrime che premevano per uscire, «sei stato chiarissimo, Malfoy», sussurrò senza più guardarlo. Tornò alla svelta al divano per recuperare la pochette rimasta abbandonata sulla seduta, ma prima di andar via si voltò nella sua direzione un’ultima volta.
«Da responsabile del laboratorio del San Mungo, t’informo che la nostra ricerca è terminata e che puoi considerarti sollevato dal tuo incarico. La nostra collaborazione finisce qui». La calma gelida con cui pronunciò quelle parole sorprese anche lei.
Si sentiva umiliata e ferita e non poté fare a meno di lanciargli la stoccata finale «Sei stato un piacevole passatempo, nulla di più. Buon compleanno, Malfoy».
Troppo scossa per smaterializzarsi, prese rapidamente l’uscita. Doveva allontanarsi al più presto da quel posto che dopo anni, continuava a infliggerle sofferenze e umiliazioni.
 

Draco era rimasto immobile, ma il suo cuore gli batteva così forte che quasi gli si sfracellava contro la gabbia toracica, le dita strette sul bicchiere e la mascella contratta.
Non poteva negarlo: quella donna non comune che era riuscita a conquistarsi un posto invidiabile nella Società magica grazie alle sue straordinarie capacità l’aveva letteralmente stregato. L’attrazione iniziale era cresciuta sempre di più, sfociando in quella storia intrigante oltre ogni aspettativa.
Poi era arrivata la proposta americana, e non sapeva cosa fare.
Si sentiva diviso a metà tra la volontà di riscattarsi in modo definitivo mettendosi alla guida di un progetto importante, che sarebbe stato soltanto suo, e il desiderio di restare accanto a lei.
Nonostante quello che si diceva di lui fin dai tempi della scuola, Draco non aveva molta esperienza in fatto di animo femminile.  Non era mai stato un dongiovanni, all’inizio perché si considerava troppo superiore per trovare una ragazza alla sua altezza, in seguito perché troppo impegnato con la missione di uccidere Silente per avere il tempo di fare il seduttore.
Pansy era stata una meteora svanita nel giro di una stagione; in seguito era arrivato il fidanzamento ufficiale con Astoria, divenuta poi sua moglie. Non aveva dovuto conquistarla: erano promessi da qualche tempo e il corteggiamento sarebbe stato superfluo.
Nonostante le molte fragilità del corpo, la piccola Greengrass era stata una ragazza forte e l’aveva amato profondamente, riuscendo a scalfire quella sua anima piena di contraddizioni. Tuttavia, anche se la loro poteva essere definita un’unione riuscita e Draco avesse provato un sincero affetto per Astoria, il loro matrimonio era stato privo di quella fiamma ardente che prende contemporaneamente corpo, mente e anima.
Poi era arrivata Hermione. Lei era stata capace di infiammarlo di desiderio ogni volta che gli stava vicino, facendogli scoprire sensazioni sconosciute fino ad allora, ma con la potenza di scaldare anche il cuore.
Se avesse accettato la proposta, cosa sarebbe stato di loro, di lei?
Il solo pensiero di non vederla più gli provocava una sofferenza quasi fisica. Come poteva essere? Aveva sempre reputato tali sentimenti come appannaggio esclusivo dei Babbani mentre lui, nobile dal sangue puro, ne fosse immune. Invece, immaginarla tra braccia non sue, abbandonata al piacere che gli dava un altro uomo, gli faceva tremare i polsi.
E lei? Nonostante se ne fosse uscita con quel “… sei stato un piacevole passatempo, nulla di più …”, il suo comportamento la smentiva. Sembrava quasi… innamorata…
«Maledizione!» esclamò a denti stretti poggiando il bicchiere semivuoto sulla mensola del camino. Adesso non era più tempo di riflettere e di ponderare. Doveva agire.
Fermala prima che se ne vada per sempre, gli suggeriva il cuore.
Per la prima volta in vita sua, capì quello che doveva fare.
 

Hermione attraversò i giardini del maniero dirigendosi verso il cancello mentre tentava di ritrovare la necessaria lucidità per smaterializzarsi.
Troppo agitata per potersi concentrare, si fermò, le lacrime che scendevano senza che potesse far nulla per impedirlo.

Destinazione, determinazione, decisione, pensò, la regola delle tre D.
Destinazione, determinazione, decisione.  
Destinazione, determinazione, decisione.

 

Un lampo squarciò il cielo del Whiltshire, illuminando il buio della notte.
Maledizione, Hermione, ti sarai smaterializzata milioni di volte. Possibile che stasera tu non ci riesca?

L’aria elettrica per il temporale imminente fu riempita da un tuono assordante: il rumore improvviso la fece sobbalzare, scuotendole i nervi già messi a dura prova da quella pesantissima giornata.

Una raffica di lampi e tuoni in rapida successione, e sentì su di sé le prime gocce di pioggia, che diventarono via via sempre più fitte. Alzò il viso verso quel cielo gonfio e nero, mentre l’acqua le si riversava addosso, infradiciandole i vestiti e i capelli e mescolandosi alle  lacrime lasciate ormai libere di uscire.
«Hermione…» la voce incerta di Draco le arrivò alle spalle. Sussultò al quel richiamo perché non se l’aspettava, ma spossata e stanca com’era non riuscì a muovere un solo muscolo, continuando a tremare sulla pelle bagnata e nell’anima.
«Hermione, sta piovendo, vieni». Il giovane, ora, si era messo davanti a lei e porgeva la mano con il chiaro intento di portarla via dall’acquazzone.
«Io non vengo da nessuna parte con te». Il tremore con cui pronunciò quelle parole fu coperto, in parte, da un altro tuono, più forte dei precedenti che le fece sgranare gli occhi per la paura.
«Vieni». L’imperativo di Draco non ammetteva repliche. Le afferrò un polso e, ignorando le sue proteste, la condusse verso un edificio seminascosto tra gli alberi che Hermione non aveva mai visto: era poco più di una casetta dalla struttura in pietra, forse una vecchia dependance oppure un rifugio di qualche antenato dei Malfoy in vena di solitudine.
«Lasciami!» gli sibilò contrariata strattonando il braccio per svincolarsi, «Ti ho già detto che non voglio seguirti!».
«No». Il suo tono deciso bloccò qualsiasi replica. Ormai erano davanti a quel cottage dimenticato dal mondo e l’unica cosa sensata, in quel momento, era quella di provare ad entrare.
La porta sembrava sprangata, ma con una leggera pressione sul chiavistello riuscirono ad aprirla: all’interno vi era un vecchio salotto con un grande camino, un tavolo con una credenza e più in là, sull’estrema destra, un letto singolo. L’ambiente era molto spartano ma pulito, probabilmente grazie agli elfi domestici che continuavano a prendersene cura eliminando periodicamente polvere e sporcizia.
Erano completamente zuppi, per cui avrebbero dovuto per prima cosa asciugarsi. Draco si avvicinò al focolare con l’evidente intenzione di accenderlo ma si fermò subito, portandosi una mano alla fronte perché, all’improvviso, si era ricordato di non poterlo fare. «La bacchetta», esclamò rivolto verso la strega «l’ho lasciata in casa».
Fu Hermione, con le mani tremanti per il freddo, a prendere la propria. «Incendio», pronunciò dirigendone la punta verso il camino che si riempì subito di un fuoco ardente.  Un piacevole tepore iniziò a riscaldare l’ambiente.  
Con un secondo incantesimo fece asciugare gli abiti, eliminando in tal modo il fastidio della stoffa bagnata a contatto con la pelle.
«Grazie», mormorò l’uomo sorridendo compiaciuto: era sempre stata la migliore con gli incantesimi, fin dai tempi della scuola, e anche se un tempo lontano avrebbe denigrato questa straordinaria capacità, ora non poteva fare a meno di ammirarla.
Si avvicinarono al calore della fiamma per riscaldarsi, mettendosi seduti davanti al camino, anche se il freddo che sentivano sulla pelle non era nulla in confronto a quello che sentivano nel cuore; la discussione di poco prima li aveva scossi nel profondo: Draco aveva paura di aver rovinato per sempre il loro rapporto, mentre Hermione si sentiva umiliata e tradita.
Il silenzio piombò nuovamente tra i due. Orgogliosi come pochi, non volevano ammettere di aver detto cose che non pensavano e che, adesso, li stavano facendo soffrire terribilmente.
Draco si voltò a guardarla: le fiamme disegnavano strani arabeschi sul suo corpo, incendiandole i capelli di un caldo color rosso tiziano e illuminando gli occhi ancora umidi di pianto. Sembrava un’amazzone.
Allungò una mano per sfiorarle una guancia in una morbida carezza.
Non poteva permettersi di perderla a causa della sua stupidità.
«Mi dispiace, veramente». Hermione non si mosse, continuando a fissare il fuoco.
«Non avrei mai voluto discutere con te a quel modo», le sue iridi grigie scivolarono lungo tutto il profilo, disegnandolo nei minimi particolari «e soprattutto, non voglio perderti…».
A quelle parole, Hermione sgranò gli occhi lasciandosi andare a un sorriso amaro.
«Beh, mi pare che sia un po’ troppo tardi, non trovi?».
«Tardi?»
Finalmente si girò verso di lui, gli occhi ancora lucidi per il troppo piangere. «Ormai hai deciso, no?» gli disse con il tono più calmo che potesse trovare, «ho sentito quando hai detto a Daphne che pensi di accettare la proposta».
Ecco come l’aveva scoperto…
«Infatti» replicò asciutto, «ho detto che penso di accettare, non che io abbia già accettato… La differenza è sostanziale, non sei d’accordo?».
Era sempre più confusa, perché l’osservazione di Draco non faceva una piega. Si era sbagliata così tanto, accecata dal pensiero di essere stata ingannata da quell’uomo verso cui aveva cominciato a provare qualcosa di profondo, da non riflettere a fondo su ciò che aveva udito?
«Draco, io…» Hermione gli accarezzò il viso con le mani gelide. Quel tocco leggero lo incoraggiò ad avvicinarsi di più. Sospirando, le diede un bacio a fior labbra, poi un altro, e un altro ancora, nel tentativo di rinsaldare quella crepa sottile venutasi a creare nel loro rapporto. Fuori continuava a piovere a dirotto, tra la luce dei lampi che irrompevano all’interno del rifugio e la potenza assordante dei tuoni.
Uno più forte degli altri fece sobbalzare Hermione che, d’istinto, si aggrappò alle spalle di Draco, affondando il viso nell’incavo del suo collo. Facendosi cullare dal suo calore, inspirò quel suo profumo tipicamente maschile, un misto di note agrumate e speziate che le inondava i sensi.
Averla tra le sue braccia così, quasi indifesa, convinse Draco a osare: chinò la testa e le catturò le labbra dischiuse, leccandole e succhiandole come un dolce prelibato, gustandone il sapore reso leggermente salato per le lacrime. La rabbia di Hermione scemò, mescolandosi tra i loro sospiri, lasciando il posto a un reciproco desiderio che si stava condensando tra quelle pareti di pietra, diventando vivo e reale.  
«Draco, non giocare con me» ansimò Hermione tra un bacio e l’altro, mentre con le mani gli sfilava la camicia dai pantaloni, insinuandosi sotto la leggera stoffa per carezzargli la pelle nuda del torace, strappandogli un gemito roco di piacere.
«Mai avuto l’intenzione» le soffiò sulla bocca, spingendola piano a distendersi davanti al camino. Hermione chiuse gli occhi davanti alla frenesia delle mani e delle sue labbra, ricambiando baci e carezze con uguale passione. Sorrise mentre la spogliava, liberandola da quegli indumenti diventati superflui, lasciandole scie ardenti di saliva dal collo ai capezzoli che, abilmente stuzzicati, divennero duri come due boccioli di rosa.
Draco non ebbe il minimo dubbio: amava quella donna. Amava tutto di lei: i suoi occhi ambrati e i suoi capelli che diventavano ingestibili solo con un po’ di umidità, il suo profumo dolce e fiorito e quelle sue piccole manie da perfezionista che aveva tanto odiato a scuola.
Ma non glielo avrebbe confessato neanche sotto tortura.
La pioggia continuava a cadere ritmicamente sul tetto, coprendo il battito accelerato dei loro cuori.
Con le mani ancora tremanti, la ragazza cominciò a sbottonargli la camicia, lasciandogli un bacio sulla pelle diafana per ogni asola aperta. Dopo il terzo bottone però, impaziente, gli tolse quel pezzo di stoffa facendolo passare sopra la testa, perché era troppo il desiderio di averlo pelle a pelle, e di accarezzargli il torace, da non poter attendere un solo istante di più.
Infilò le dita tra i suoi capelli dietro la nuca per avvicinarlo di più al suo corpo bruciante.
In quel momento, Hermione seppe con certezza di amare quell’uomo. Amava tutto di lui: le sue mani sottili come quelle di un pianista e quel suo ghigno che la mandava ai matti, facendole venir voglia di strapparglielo a suon di schiaffi, i suoi modi da gentiluomo d’altri tempi e quel suo atteggiamento schivo e riservato.
Lo amava così tanto da lasciarlo andare, se era ciò che desiderava.
Senza smettere di baciarlo, portò le mani alla cintura per sfilargliela, poi gli aprì i pantaloni spingendoli verso le caviglie insieme ai boxer.
Erano completamente nudi, ora, come Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, un uomo e una donna il cui unico desiderio era quello di annullarsi l’uno nell’altra, perché sapevano che solo così avrebbero ritrovato loro stessi.
Perché la vera libertà era quella di scegliersi, ogni giorno, amandosi senza riserve e donandosi reciprocamente.
Stavano tracciando insieme un solco profondo, incancellabile, contro il quale né venti né maree avrebbero potuto nulla, ma che avrebbe seguito sempre la stessa direzione, quella dell’amore.
Un altro lampo illuminò il cielo mentre Draco, con un fremito, entrava in lei facendole inarcare la schiena e riempiendo quel vuoto che sentiva nel cuore.
Per entrambi fu come se facessero l’amore per la prima volta, perché l’emozione che sentirono in quegli attimi non aveva paragone e li colse così, impreparati, mentre si muovevano lentissimi, senza fermarsi. Trovarono insieme il ritmo giusto, tenendosi stretti, le bocche unite su cui mescolavano parole sconnesse e gemiti. Hermione sentì come un dolce fremito nel basso ventre irradiarsi dolcemente per tutto il corpo, sconvolgendole i sensi e la mente. E il piacere arrivò, inarrestabile come una marea che sale fino a invadere ogni cosa. E fu talmente forte da farle chiudere gli occhi, ma non prima di vedere Draco guardarla con ardore e passione.
La visione di lei che gemeva sempre più intensamente fu irresistibile, e lo portò ad aumentare le spinte finché un orgasmo potente e violento non raggiunse anche lui, lasciandolo senza fiato.
 
Il dolce richiamo dell’allodola si perse nel chiarore del mattino, dopo il temporale della notte precedente. Una flebile luce penetrava all’interno di quell’angolo di mondo illuminando i loro corpi ancora addormentati, coperti da un plaid che Hermione aveva appellato dall’unico letto presente nell’ambiente.
Si erano abbracciati stretti, dopo l’amore, e non si erano mossi più, beandosi del reciproco calore che, finalmente, aveva raggiunto anche il cuore.
La donna socchiuse gli occhi, svegliata da qualcosa di caldo e umido che le solleticava il collo e che si spostava verso l’orecchio. Girando la testa, si trovò faccia a faccia con il viso di Draco. Era alle sue spalle, e le stava lasciando una scia di baci che le provocarono brividi di piacere.
«Signor Malfoy, sta per caso cercando di corrompere la direttrice del laboratorio del San Mungo?» disse sorridendo con la voce ancora impastata dal sonno.
«Ovvio che sì, dottoressa Granger», celiò di rimando, mentre continuava le sue esplorazioni con la bocca, ora indaffarata a mordicchiare il lobo destro.
«Non si preoccupi, la direttrice è una persona comprensiva» si girò verso di lui per annegare in quegli occhi così intensi da rubarle l’anima, «sicuramente le farà avere tutto il necessario per andare in America. Se lo merita, Sig. Malfoy». Era sincera.
Se Draco aveva intenzione di accettare quell’incarico, non gliel’avrebbe impedito.
A quelle parole, un lampo di qualcosa di indefinito gli illuminò lo sguardo. Anche se fosse andato lontano, oltreoceano o in qualsiasi altra parte della terra, sarebbe tornato sempre da lei.
«Abbiamo tutto il tempo, Granger, tutto il tempo del mondo», le sussurrò mentre scendeva nuovamente su di lei.
 
“Sapere allontanarsi e avvicinarsi è la chiave di qualsiasi relazione duratura”
Domenico Cieri Estrada
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Alla fine non ho resistito alle richieste di dare un degno finale a “Novantasette giorni (accanto a te)”.  So che molti di voi erano rimasti un po’ male per la conclusione un po’ “appesa”, così ho pensato a scrivere questo secondo capitolo. Spero che, in questo modo, io non abbia deluso invece coloro che, al contrario, avevano apprezzato il finale della precedente one-shot.
Purtroppo non si può mettere tutti d’accordo ma, come si dice, il mondo è bello perché vario.
Il titolo “Flammable”, riprende l’omonima canzone dei Biffy Clyro.
La frase che descrive la volontà di scegliersi reciprocamente ogni giorno sono riprese da un testo della s
crittrice Anne Cagiati.

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