un vulcano di energia

di gin_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ma cavolo ***
Capitolo 2: *** ma che mi succede ***
Capitolo 3: *** un venerdì quasi perfetto ***
Capitolo 4: *** angelo custode ***
Capitolo 5: *** sogno o son desto? ***
Capitolo 6: *** un nuovo sguardo ***
Capitolo 7: *** l'appuntamento ***
Capitolo 8: *** occasione o disastro? ***
Capitolo 9: *** quanto manca ancora? ***
Capitolo 10: *** alta marea ***
Capitolo 11: *** tsunami ***
Capitolo 12: *** "distruggeremo i popoli della devastazione" ***
Capitolo 13: *** il ritorno in Italia ***



Capitolo 1
*** ma cavolo ***


1. Ma cavolo!
 

Forza! Oggi è giovedì. Sì oggi è giovedì. Ogni settimana è il giusto incoraggiamento per passare anche questa lunga, difficilissima, schifosissima settimana interminabile di noiosissimo lavoro e ricordarsi che oggi è giovedì. 

Domani venerdì e poi... a casa! Sì, ovviamente io non lavoro il sabato. Sia mai! 

- Hei Enrico, Stasera ci sei al Doge? - mi aveva chiesto Stefania. Col cavolo che ci vado! Preferisco mille volte starmene a casa mia facendo scivolare giù per il mio stomaco grandi bocconi di un panino freddo al tonno e salsa rosa piuttosto che andare lì. 

- No, uff… mi dispiace, ma stasera ho un sacco di cose da fare - Ovviamente non era vero. 

Anzi, era vero eccome: dovevo esercitarmi con la chitarra (che non sono in grado di suonare) e andare avanti a leggere un romanzo (fermo al terzo capitolo ormai da due anni). 

Sì, avevo proprio un sacco da fare. 

Anche se prima di mettermi all’opera, dopo cena, mi sarei preso giusto una pausa lunga quanto un film di Jackie Chan e Owen Wilson, mentre mi gustavo un altro paio di birre fino a quando non sarebbe stato il momento di andare a letto. 

 

Ed è andata proprio così! Ho dormito sul divano e non mi sono nemmeno lavato i denti.

Ora ho un po’ di rammarico. In effetti mi avrebbe fatto proprio bene uscire… ora è quasi ora di andare al lavoro e mi trovo solo tra i miei malumori a rimuginare su vecchi episodi della mia vita passata. E ogni volta sono sempre gli stessi, come se la mia vita fosse tutta lì. 

Ma col cavolo che ci sarei andato! L’ho già detto? In realtà il locale mi piace e avrei ascoltato volentieri un po’ di confusione, di vita, ma col cavolo che sarei andato a vedere l’amorino di Stefania che faceva “chiky chiky” con una consolle da deejay per ragazzini. 

Intendiamoci:Stefania è una ragazza favolosa, sempre gentile, con una buona parola per tutti, con due occhi scuri che vorrei affogarcidentro, ma col cavolo che vado a vedere loro due insieme! Se fossimo stati io e Stefania soli soletti, ok. 

Se fossimo stati io, lei e forse giusto un paio di amici, dico la verità , lo potevo accettare.

Lo so, lo so. Lei non è il mio tipo, so che siamo solo buoni amici e che se mi sorride (cavolo che sorriso) lo fa sempre con tutti… (pure col capo… ). So che infondo l’unica cosa che funziona ora sono solo le mie fantasie e che se ci fosse davvero qualcosa di più, oltre a questa tenera dolcezza tra noi, comunque non funzionerebbe… 

Ma cavolo!Ieri serasono andati lì pure gli unici due colleghi con cui vado d’accordo. Potrei uscire con degli altri amici, ma fatalità hanno tutti da fare (tutti e tre). Che stiano cercando di evitarmi? Forse mi lamento troppo.

 

7.30 di venerdì mattina

Sono tardi, sono tardi, sono tardi, SONO TARDI! Cavolo non riesco a fare colazione. Tragedia! Sì, so perfettamente che nonostante la colazione venga considerato il pasto numero uno della giornata molta gente riesce a farne tranquillamente a meno. Ma non è il mio caso!

Se non mangio qualcosa a colazione entro la mattinata avrò la sensazione che mi si sgretolino le ginocchia. Sì, lo so che lavoro in ufficio, ma non è solo una questione di cibo, ma anche di rito e di concentrazione sul lavoro. 

Qualcuno sta ridendo? Lo so, non potete capire. Farò colazione al bar davanti all’ufficio…

 

Sono tardi, sono tardi, sono tardi, sono tardi, ah la riserva! Vabbè, faccio benzina dopo… no! È da due giorni che sono in riserva. Il distributore più vicino è solo a due chilometri da qui… dalla parte opposta all’ufficio. Ed è agosto. Tanti saranno già in ferie. E cavolo! Il distributore sarà strapieno. Pronti… mezzo… via!

 

Tra casa di Enrico e il distributore di benzina c’era un lungo tratto di strada provinciale delimitata da alberi e campi. Enrico distrattamente vide una sorta di bagliore nel cielo, una sorta di stella cadente in pieno giorno. Niente di preoccupante, in quell’istante gli sembrò un normalissimo bagliore dovuto alla combinazione simultanea di: sole estivo, parabrezza trasparente e riflesso di uno degli specchietti. Subito dopo ci fu un forte spostamento di vento che fece agitare le foglie degli alberi e lo costrinsero a tenere stretto il volante.

 

Oh guarda, un trattore è finito dentro al fosso. 

L’ometto che ci sta girando intorno non sembra essere di buon umore. Bè… forsea me non sta andando poi così male; solitamente arrivo sempre con 15 minuti di anticipo al lavoro, che sarà mai se oggi ritardo un pochino.

 

Ecco il benzinaio, faccia 20€ per favore. No, aspetta. Non ho altri soldi per la colazione.

- Come scusi? -

- Facciamo 15… anzi, 10€ -.

Bene, visto che questo distributore ha anche il bar mi prendo un bel cappuccino e una brioche. Straordinariamente non c’è nemmeno tutta quella confusione che mi aspettavo. 

Cavolo, dalla fretta non mi sono nemmeno reso conto che mi scappa un sacco la pipì… tornerò subito.

 

 

Tornando dal bagno… 

 

- Mi scusi… hei mi scusi signore, quella era la mia colazione! - un tizio si stava pappando la mia colazione e per di più stava facendo finta di niente. Avrei voluto staccargli la testa a pugni.

Lo presi per la spalla della giacca e gli dissi -Sto parlando con te, avevo già pagato sia il cappuccino che la brioche, era roba mia quella! -.E questo con quella faccia da sberle ha avuto il coraggio di rispondermi -Guardi che si sta sbagliando -.

Credo di essere diventato paonazzo in quel momento. 

- Che razza di… quella era la mia colazione, sono andato un secondo al bagno, un secondo! Me l’aveva appena preparata la signora, se vuoi puoi chiedere conferma a lei -.

La barista fece una smorfia di disgusto e si allontanò per continuare a lavorare.

Questa baldracca era contro di me! Avevo una tale rabbia che mi misi a discutere con la barista, ma ero troppo in ritardo quindi lasciaiperdere subito e uscii dal bar dirigendomi furioso verso l’auto. 

-Ma che cosa? -il signore vestito elegante che mi aveva appena rubato la colazione mi stava rubando pure la macchina! Ma come ha fatto?

Salì al posto del guidatore, io maldestro avevo lasciato le chiavi sul quadro. Feci uno scatto propulsivo così forte che mi sembrava che si stessero spezzando le giunture delle ginocchia, in quei pochi metril’uomo mi lanciò una busta di plastica addosso con dentro probabilmente della stoffa, ma non controllai ovviamente. Mi fiondai al volo all’interno della vettura dallo sportello posteriore, che l’uomo aveva aperto prima di mettersi al volante senza alcun motivo.

Una volta che ero dentro la macchina partì facendo fischiare le gomme, ma le mie gambe erano ancora fuori dalla vettura! 

Le prime manovre sono state molto brusche, avevo il terrore di scivolare fuori dall’auto, quindi cercai di dimenarmi strisciando come un verme affondando le mie unghie sui sedili sperando di tirarmi su. Ci riuscii, chiusi lo sportello, ma ero talmente terrorizzato che la rabbia sparì e cercai di non infastidire troppo il guidatore per paura della mia stessa incolumità.

Lo implorai - Ti prego dimmi chi sei? Cosa vuoi da me? - non mi rispose, quindi continuai sempre con il cuore in gola - Ti prego non farmi del male, prendi tutto quello che vuoi, anche se non ho niente. Basta che mi porti davanti all’ufficio dove lavoro -.

Sorprendentemente sembrava stesse andando proprio verso l’ufficio. Pensai che avrei potuto lanciarmi in corsa quando avrebbe raggiunto il punto più vicino. Anche se a dire il vero sarebbe stato più saggio lanciarsi vicino direttamenteal pronto soccorso… 

- Beh, è un po’ difficile da spiegare… -

Alleluia! Aveva parlato. Che razza di sistema operativo aveva il suo cervello per avere ritardo così lungo?

- Non sono molto pratico dei vostri modi di dire o parlare. Posso solo dirti che puoi stare sereno perché credo che non voglio farti del male -

Decisamente inquietante quel “credo”.

- Sì adesso ti faccio scendere, ma ci rivediamo. Forse ho scelto il modo più sbagliato di farmi conoscere…- .

Incredibile! Si era fermato proprio davanti all’ufficio. Non aspettai neanche un millesimo di secondo per uscire dalla macchina. Avevo paura che quel pazzoide prendesse l’iniziativa di fare qualche altra follia. Avevo ancora in mano la busta di plastica che mi aveva lanciato prima, la guardai. Lui abbassò il finestrino e mi disse -Mi raccomando, lavala! -e partì facendo fischiare di nuovo le gomme. 

Se ne era andato con la mia macchina… 

 

 

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Capitolo 2
*** ma che mi succede ***


2. Ma che mi succede?
 

Non sono stato mai così confuso nella mia vita come lo sono ora.

Sto seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi che tutto quello che mi è successo stamattina fosse solo una grandissima allucinazione. Non so se è stata tutta colpa della birra o della psichedelia di “2001 odissea nello spazio”. 

Sì, lo so avevo detto che avrei guardato Jackie Chan e Owen Wilson, ma ieri alla fine ho voluto provare a cambiare. 

Ebbene è stato un esperimento fallito, una cosa che non si deve più ripetere. Jackie ed Owen tutta la vita! Inoltre ho deciso che mi prenderò un periodo di pausa anche dalla mia tanto adorata birra. Basta.

 

 

Dopo qualche ora quel giorno… 

 

Oggi ho fatto la più grande figuraccia della mia vita: ho denunciato l’accaduto ai carabinieri e gli ho anche dato quella busta timoroso del fatto che in mezzo a tutta quella stoffa si nascondesse un ordigno esplosivo. 

Di ‘sti tempi… magari hanno inventato una tecnologia altamente sffisticata per colpire i miscredenti come me.

Comunque i risultati di 3 ore di indagine furono: la mia macchina era parcheggiata al suo solito posto davanti al condominio dove vivo, la busta conteneva solo stracci sporchi e non c’era alcun testimone ad avermi visto partire dal distributore di benzina con le gambe che sventolavano come delle bandierine fuori dall’auto. 

Per fortuna, non so per quale motivo, avevo le chiavi di riserva dell’auto in tasca (questo non lo sa nessuno). 

Praticamente sono stato condannato all’ergastolo degli zimbelli. Tutti in ufficio mi prenderanno per il culo fin dopo la pensione (se ci arriverò mai). 

Almeno Stefania non c’era oggi. Non so perché non sia venuta al lavoro, ma comunque non volevo chiederlo a qualcuno. Avevo paura che qualsiasi domanda avessi fatto o qualsiasi frase avessi detto, non avrebbe fatto altro che dare un valido appiglio a qualcuno per attaccare la mia autostima e farla scricchiolare a suon di battute.

Stefania sarebbe stata l’unica a non fare dello spirito sulla mia stupidità, anche se avrebbe riso di gusto alle battute sprezzanti sul mio conto. L’armonia della sua risata avrebbe attenuato i colpi inflitti alla mia persona ormai ridotta a uno straccio.

 

Ho deciso che più tardi andrò a prendere qualcosa al supermercato visto che sono di strada. Stasera non esco.

Però non voglio bere solo acqua, perciò in virtù delle promesse fatte oggi, farò scorta di succhi.

Cavolo! Non mi ricordavo più di aver prestato il mio hard disk con dentro i film Owen Wilson e Jackie Chan a Stefania! Per quello ieri ho guardato “2001 Odissea nello spazio”… altri film disponibili? “Shining”. Per un po’ preferirei lasciar perdere Kubrick. Stasera suono la chitarra e leggo romanzi.

 

 

5:30 di venerdì mattina

 

Alla fine oggi non sono né un musicista né uno scrittore migliore di ieri. Mi sono addormentato prestissimo non avendo intrattenimenti degni di regalarmi qualche altra ora di veglia in più.

Grazie a questo cambio di programma improvviso, però sto vivendo dei minuti meravigliosi. 

Sentivo l’aria fresca del mattino d’estate che prima mi accarezzava il viso e poi cercava di abbracciarmi teneramente attraverso la fessura del collo della mi felpa. Quella era l’ultima tregua prima del fuoco giornaliero. Non lo avevo mai fatto da quando vivevo da solo.

Gli unici ricordi di sveglie alle prime luci dell’alba risalgonoa quando ero bambino. Le sofferenti levate dal letto, per partire e fare quei viaggi tanto desiderati da mio padre, per visitare le bellissime città storiche d’Italia: Torino, Verona, Genova, Firenze… era bellissimo. Mi mancano...

Il momento migliore era la prima parte del viaggio, quando stavo insolitamente comodo a sonnecchiare nel posto dietro con gli occhi ridotti a delle fessure, abbracciato su me stesso, mentre il cielo lentamente si colorava di luce.

Non avrei mai creduto che avrei potuto riprovare di nuovo quella sensazione a 27 anni, e per di più in una mattinata prima di andare al lavoro! 

Il mio risveglio era in perfetta sintonia con quello del paese, qualche macchina solitaria sorpassava il mezzo dotato di spazzole del netturbino, poco più avanti c’era anche un uomo che portava a spasso il cane.

Mi venne da ripensare a quel pazzo che mi aveva “rapito”. E arrivai alla conclusione che era impossibile che si trattasse della mia immaginazione, mi aveva lascito una busta con dentro degli stracci. Degli stracci di cui non sono per niente convinto della loro innocuità.

Getterei la busta dal terrazzino…

Al massimo se c’è una bomba esploderà giù vicino al piano terra. 

Poco male visto che lì ci vive quella vecchia, acida e cattivissima nonna che non so nemmeno come si chiama. Non ci ho mai parlato. Ehm... nel senso che è impossibile parlarci. 

La vecchia sa solo imprecare e offendere, senza contare i gesti che fa poi…

Dai scherzo, non voglio far saltare in aria la vecchia, al massimo le si romperanno i vetri delle finestre. Lancio.

Non è successo niente.

- Coglione! -

Ok, avevo capito che la vecchia era malefica, ma si può sapere perché è sveglia a quest’ora!?

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Capitolo 3
*** un venerdì quasi perfetto ***


3. Un venerdì quasi perfetto
 

Oggi è venerdì! Sarà una giornata fantastica, sono pieno di energie come non mai. Il tempo vola e tra poco sarà già pausa pranzo. 

Stamattina ho addirittura fatto in tempo a lavare quello straccio che ho fatto volare giù dal terzo piano.

Sì, non era niente di pericoloso, ma per sicurezza l’ho lavato da solo senza mischiarlo con altri capi. Va bene che non era una bomba, ma se si fosse trattato di un capo impregnato di acidi, agenti chimici, batteri mutanti resistenti ai detersivi aggressivi, disinfettanti, ultra sbiancanti!? 

Non potevo correre questo rischio…

Il risultato finale è stato una toga bianca, ma sopratutto pulita, pronta per l’uso durante un’assemblea di antichi filosofi greci seduti tra gli scogli del mar mediterraneo.

Ho fatto proprio un bel lavoro; sembrava che l’ultima volta che qualcuno l’ha indossata si trovasse nel bel mezzo di una grigliata dentro una casa che andava a fuoco. 

Dovrebbero eleggermi tra gli dei dell’Olimpo! 

Anche se ho paura che rimarrà solo una inutile soddisfazione personale dal momento che non saprei proprio come fare per portarla al legittimo proprietario. Ero quasi tentato a portarla via con me, ma temevo che sarebbe stato come lanciare una bistecca succulenta a quei cani dei miei colleghi, che non aspettano altro che io faccia qualcosa di strano per avere nuove idee per sotterrarmi con le loro prese per il culo.

Comunque sia oggi è venerdì…

 

Ormai è quasi finita la giornata. Sì, stasera torneo di freccette e birra. Dai, per stasera faccio uno strappo alla regola. 

Solo per oggi… 

 

Più tardi quando Enrico torna a casa 

 

- Aaaaaaah! Cavolo! Come sei entrato qui?! -

- Ho aperto la… porta - disse l’uomo responsabile del suo giovedì infernale. 

Era seduto come se niente fosse sul divano. Ora quel uomo gli stava rovinando pure quella meravigliosa giornata. Si trattava di un venerdì perfetto, si era persino concesso un aperitivo dopo lavoro… e c’era pure Stefania!

- Mi pare che tu sia una persona troppo agitata, hai delle brutte reazioni quando ci incontriamo - continuò l’uomo sconosciuto alzandosi in piedi con un’ aria di qualcuno che si sentiva proprietario di quella casa.

Era vestito elegante: giacca grigia, pantaloni abbinati, camicia bianca e cravatta. Sembrava un rappresentante, un venditore.

- Mi prendi in giro? Sei entrato in casa mia come un ladro! -

- Non è casa tua -

- Sì che è casa mia! -

- Non è casa tua, sei in affitto -

Enrico sentì un brivido lungo la schiena, quella situazione gli stava mettendo terrore. Provò a parlare, ma la gola secca glielo impedì, ci riprovò con più forza: - Tu chi sei? Il diavolo? -

- Che cos’è il diavolo? Non credo esista… volevo solo prendere la mia roba pulita -

- Lì, sopra il divano - Enrico gliela indicò sperando che una volta presa quella roba se ne sarebbe andato all’istante, ma l’uomo non sembrava avere questa intenzione.

- Ah, grazie! E poi vorrei parlare un po’ con te… da qualche parte magari, dove fanno da mangiare. Cosa fai di solito per passare il tempo fuori di qui? -

Enrico era esterrefatto, - Io non ci vengo con te, anzi se non te ne vai chiamo i carabinieri -

L’uomo sospirò - Ecco che ricomincia ad agitarsi… pago io -

A pensarci bene per Enrico non era una brutta offerta: viveva con uno stipendio non molto alto, 500€ di affitto, bollette… -Aspetta che ci sto pensando - poi questo tipo era vestito bene, magari era pieno di soldi, e se proprio avesse voluto ucciderlo sarebbe morto con la pancia piena…

- Allora? - l’uomo esortava una risposta.

- Ok, ci sto! - meglio confermare prima che decida di ammazzarlo a stomaco vuoto - Prima mi faccio una doccia -.

Enrico corse verso il bagno, si chiuse la porta. Poi la riaprì uscendo solo con la testa - Ma la prossima volta chiamo i carabinieri -.

- Muoviti! -.

 

- Il fatto che tu sia di nuovo alla guida della mia macchina mi inquieta - ed era proprio così per Enrico che si affrettava ad allacciarsi la cintura.

Il sole non era ancora tramontato e la luce del sole si stava facendo parecchio fastidiosa a quell’ora.

L’uomo accese il motore della macchina ed Enrico disse - Forse ho cambiato idea e scappo - pensandoci veramente..

- Se lo fai non ti posso pagare la cena - rispose l’uomo con la solita calma che in quel momento Enrico gli invidiava tanto. 

Si stava facendo rapire di nuovo, di sua spontanea volontà e per giunta solo per una misera cena gratis. 

Enrico vide la macchina prendere sempre più velocità e la lancetta della velocità saliva… saliva… 120 Kmh… l’aria attorno a sé si fece sempre più rarefatta, il cuore gli batteva forte.

- Beh, vedo che guidi bene… Potrei sapere almeno chi sei? - chiese il povero ragazzo sgranando gli occhi vedendo i platani che gli scorrevano sempre più veloci a fianco… 140Kmh… aveva l’angoscia che uno di questi sarebbe potuto diventare la sua tomba. E così tanti saluti cena gratis… 

L’uomo rispose senza togliere gli occhi dalla strada - Èmeglio che ne parliamo dopo, è difficile fartelo capire ora… e poi ho bisogno di adeguarmi -

L’auto penetrò il centro urbano alla velocità da condanna a morte di 150Kmh.

- Rallentaaa! - Enrico urlò pentendosi di non aver cercato di fermarlo prima. La Clio sfrecciò in maniera surreale tra pedoni, auto parcheggiate e in movimento miracolosamente senza causare danni o vittime.

-Non riesco a trovare il posto -si giustificò il pazzoide al volante.

- E come credi di trovarlo a questa velocità? Ormai siamo più vicini al prossimo paese che al centro! - Enrico aveva i nervi a fior di pelle. Se l’era vista troppo brutta, non aveva più intenzione di stare zitto ora.

L’uomo elegante fece un’imprevista inversione a “U” così violenta da far spiaccicare Enrico addosso alla porta della macchina, rimasero fermi un paio di secondi e la corsa ripartì con dolcezza.

-Tu non sei di qui, vero? Sei un latitante? Vieni dalla luna? Cosa cavolo sei tu? -chiese Enrico confuso dai bizzarri comportamenti di questo anomalorapinatore.Tornando indietro si stava ripetendo la stessa storia: l’auto cominciò ad aumentare gradualmente la sua velocità… 65Kmh… 80Kmh… 

- Diciamo che io sono una specie di straniero per te - Enrico non capiva, ma in questo momento non ci stava dando tanto peso… 85Kmh… 90Kmh…

- Fermati oraaaa! - ce l’aveva fatta! Nessuno si era fatto male e forse ora sarebbero andati a mangiare. 

Questo venerdì poteva ancora salvarsi, ma il povero ragazzo doveva comunque sfogarsi e riempì di insulti e imprecazioni il suo autista per tutto il tragitto dal parcheggio al locale.

Se le sue parole fossero scintille, quella notte la città sarebbe arsa al suolo.

Quello straniero, però sapeva dire le cose al momento giusto -Mangiamo un galletto? -questa frase spense in un secondo la collera diEnrico.

Al ragazzo in un secondo ritornò in mente il grosso buco nello stomaco che ormai per la paura di morire aveva momentaneamente cancellato, la sua bocca si stava allungando in un sorriso di pura felicità infantile, come se avessero regalato un camion di caramelle a un bambino, ma il suo orgoglio lo trattenne e con sufficienza rispose <>.

Ormai non si trovavano più dentro alla macchina, erano in un posto pubblico, nel bel mezzo di una stagione estiva in una cittadina balneare. Praticamente non doveva più preoccuparsi per la sua incolumità, l’idea di scappare non era più un’opzione, c’era solo tanta voglia di farsi una bella mangiata e bevuta in un venerdì quasi perfetto.

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Capitolo 4
*** angelo custode ***


4.Angelo custode
 

Arrivò da bere. Tutti e due avevano ordinato una birra Waizen da mezzo. 

Enrico aveva ufficialmentecompletamente abbandonato il suo timido tentativo di astinenza dall’alcol. Non ne valeva la pena.

Gliene erano successe di tutti i colori e tanto valeva che bevesse perché sicuramente non era finita lì… 

- E così voi vi inebriate con questa spremuta d’orzo -.

Enrico scoppiò in una risata fragorosa, poi resosi conto che forse l’uomo non stava scherzando lo guardò come se fosse uno scherzo della natura e disse -Come dici?Tu sei davvero strambo…-.

- Scusa, ma mi ci devo abituare. Adesso bevendo questa dovrei riuscire a migliorare - prese il bicchiere snello con entrambe le mani e ne bevve un sorso, gli si formarono dei baffi di schiuma che non si pulì, decretando - Mh… buona-.

Enrico fece una smorfia con la bocca come inorridito 

- Sì, bevi bevi… speriamo che quella ti aiuti. Ma dimmi, scusa se insisto, vieni da un’altro pianeta? -.

-Più o meno… -e bevve un altrosorsostampandosi dei nuovi baffi di schiuma.

- Dai, andiamo! Mi dici qualcos’altro o hai preso una botta in testa, non ricordi nulla e adesso ti diverti a torturare le persone come me? -.

- No. Sto cercando di aiutare la gente come te -

Enrico a questa risposta non sapeva che dire. 

Bevve.

Ci pensò un po’ su.

Poi pensò che la cosa più plausibile era che chi aveva davanti a sé era solo uno squilibrato.

- Cavolo amico! Ma tu… tu almeno ce lo hai un nome? - e bevve.

- No - e bevve pure l’uomo.

-Quindi…ehm, per piacere pulisciti la bocca -Enrico non sopportava più quei baffi bianchi, gli sembrava di essere in birreria assieme a un bambino caffè-latte dipendente -Quindi dovrei chiamarti signor “Nessuno”? -a Enrico sembrava molto strana questa storia, ma decise comunque di giocarci un po’ su.

-No, ma mi rendo conto che per te è difficile concepire che io non abbia un nome, perciò se vuoi, prendendo spunto da una qualche storia mitologica, potresti chiamarmi… come si chiama quell’eroe? Ercole -

A Enrico venne da ridere di nuovo.Se la stava spassando quella sera-Hai detto che paghi tu stasera, vero? Se non ti dispiace… -bevve in un sorso lungo quel che rimaneva nel bicchiere e poi: -Cameriere! Un’altra per favore -.

Ercole non sembrava offeso dall’atteggiamento di Enrico, anzi -So che per te è difficile capire, ma non c’è altro modo che parlarne per cercare di spiegartelo: io sono uno spirito e come tutti gli spiriti non possediamo alcun tipo di attaccamento. Non solo alla materia, quindi soldi, amuleti, ma anche idee, opinioni e appunto il nome. Tra noi spiriti non abbiamo bisogno di chiamarci, siamo una cosa sola, ma pur sempre tutti diversi -e bevve.

Enrico rise di nuovo, ma ora in maniera sempre più scomposta, cominciava a pensare che questo squilibrato lo stesse prendendo per il culo. Non era offeso, anzi. 

Non era come quando lo prendevano in giro i suoi colleghi facendo a gara per chi riusciva a ridicolizzarlo di più, questo strano tizio lo stava divertendo.

- Allora Ercole, facciamo così: se sei venuto qui per farmi diventare un dio e uno di questi giorni mi porterai sull’Olimpo, il prossimo giro di birre lo offro io! - e rise di gusto.

Ercole finì la sua birra d’un sorso e, imitando l’azione di Enrico - Cameriere! Un’altra per favore -

Enrico rise ancora - Sì, così ti voglio! Anzi, non perdiamo tempo, prendiamo una caraffa direttamente. Cameriere! -.

 

Sul tavolo continuavano a formarsi nuovi “caduti” (ovvero i bicchieri snelli e la caraffa di birra ormai vuoti), ma i due erano arrivati a mangiare solo metà del galletto ordinato. Sicuramente ci sarebbero state altre ordinazioni. 

Il locale era parecchio affollato e chiassoso, proprio per questo, quando Enrico attaccava verbalmente il suo commensale in maniera sguaiata e scomposta per i suoi strani comportamenti, nessuno dei clienti si infastidì. Ormai, però non aveva più senso continuare in quel modo. Si diede una calmata. Non c’era alcun gusto nel trattare così male quell’uomo così elegante che continuava a non reagire alle provocazioni. 

Ora Enrico, dopo un lungo silenzio per divorare alcuni bocconi della “preda” che aveva sul piatto disse - Sei proprio uno spiritello buffo - e ridacchiò.

Intanto Ercole inforcava il galletto da un lato piantandolo sul piatto e ne strappava i pezzi con la mano libera. 

- Temo che sia perché non mi sono ancora abituato a questo mondo - disse Ercole. 

Enrico questa volta lo lasciò parlare, anche se non dava molto peso a ciò che diceva. 

- Noi spiriti non siamo materiali. Noi siamo così sottili che a volte ci infiliamo tra le più piccole fessure presenti tra gli agglomerati di particelle che vi compongono; alcuni di noi preferiscono fondersi con qualcosa di più ampio, come ad esempio l’acqua. Oppure animano i banchetti del fuoco. 

In questo genere di mondo in cui vi trovate è estremamente difficile trovare un equilibrio che funzioni. Il vostro corpo è così pesante… senza contare che avete una lista lunghissima di cose a cui siete attaccati che continua a rallentare la vostra espansione - continuò a parlare con un boccone in bocca senza rendersi conto di sputacchiare qua e là - La cosa peggiore è che non ve ne rendete conto -.

Enrico si sentiva quasi a disagio per la stranezza dei discorsi di quell’uomo e comunque non era molto attento alle sue parole. Il ragazzo era schifato da ciò che gli sembrava di aver visto con la coda dell’occhio; sembrava che uno degli sputacchi di Ercole gli fosse finito nel piatto. 

Nonostante ciò, Ercole stava pian piano guadagnando l’attenzione di Enrico. Infatti il ragazzo cominciava a riflettere seriamente sulle parole di Ercole: parlava di cose già sentite e riascoltate da qualche parte, in un qualche discorso di chiesa o di un illuminato indiano, oppure maestro Buddha, ma le diceva in un modo che non aveva mai sentito prima. 

Poi cominciò a pensare alla toga e a domandarsi se potesse centrare qualcosa in tutto questo. I pensieri gli giravano velocemente in un’orbita circolare attorno alla testa con la forza propulsiva dell’alcol.

Guardava Ercole e la sua testa pensava senza chiedergli il permesso. Finché domandò - Perché sei venuto qui? -.

- Perché c’è una presenza negativa -.

La risposta era stata semplice, diretta. Anche un po’ spaventosa. 

 

Un boato tremendo spezzò sul colpo la conversazione tra i due, Enrico di istinto, sentendo il rumore alla sua destra si gettò a terra, con gli occhi serrati. Ercole, con una reazione a nervi saldi, si gettò a terra verso Enrico, afferrò il tavolo su cui stavano mangiando e con una agilità, possibile solo se la Terra fosse priva di gravità, lo ribaltò usandolo come scudo per riparare entrambi.

Una Punto azzurro metallizzato aveva sfondato la vetrata del locale che si affacciava sulla piazza, ne erano usciti due tizi vestiti con canottiera e jeans dal fisico magro, ma muscoloso. In mano uno teneva una mazza da baseball e l’altro delle catene di metallo. 

Percuotendo qua e là le loro armi stavano seminando il panico tra i presenti, i quali tra le urla cercavano di darsela a gambe, riuscendoci quasi con facilità, visto che i due felini affamati di vittime una volta puntata una preda si lasciavano distrarre dai movimenti di qualcuno che scappava dal lato opposto. Scheggiavano un tavolo o una sedia e poi i loro occhi grigio-blu senz’anima, incastonati in un teschio dagli zigomi sporgenti, balzavano con uno scatto felino verso una direzione, per poi fermarsi di nuovo cambiando idea.

Fuori dal locale la situazione non era migliore: un gruppo di persone non definito stava buttando nel caos tutta la piazza. Sembravano degli ultrà arrabbiati per una partita persa. Enrico sentiva i vetri delle vetrine che esplodevano sotto i colpi di gente urlante. Il panico per lui ora era insostenibile, quindi con uno scatto imprevisto cercò di svignarsela, ma il momento era sbagliato… gli occhi vitrei degli uomini malvagi lo agganciarono subito, si trovavano alla portata di un colpo di catene che non tardò a partire. Ercole capì immediatamente la situazione. Si alzò piuttosto rapidamente, ma gli effetti dell’alcol si facevano sentire, molto più che su Enrico, visto che per lui era la prima bevuta della sua esistenza terrena. Provò anche ad urlare per intimare ad Enrico di gettarsi a terra, ma quel che ne uscì fu solo un biascico indistinto. 

L’eroe greco si sbilanciò completamente su un fianco dando inizio ad una rovinosa caduta, ma a tutti i costi voleva proteggere il ragazzo, quindi distese al massimo delle sue possibilità il braccio sinistro, la catena quindi vi si avvolse attorno evitando di frustare Enrico alle spalle, Ercole cadde.

Enrico, sentendo lo spostamento di tavoli e sedie dietro di sé, si voltò di istinto. La catena era strettamente avvolta al polso di Ercole che con uno strattone poderoso fece dare una testata fortissima al malvivente sullo spigolo di un tavolo ribaltato, facendolo svenire.

Enrico era incredulo, ebbe qualche istante di esitazione.

- Vattene Enrico! - urlò Ercole da terra.

Il ragazzo corse via con tutte le sue forze.

 

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Capitolo 5
*** sogno o son desto? ***


5. Sogno o son desto?
 

6.30 di sabato mattina

 

Enrico aveva dormito circa due ore in tutto. Avrebbe voluto riposare ancora un pochino, ma aveva capito che sarebbe stato inutile. Si alzò.

Si sentiva un po’ scosso dalla sera precedente, ma sopratutto fortunato. Aveva realizzato di aver corso un bel pericolo e se non gli era capitato nulla era tutto merito di Ercole.

A pensarci gli venne da sorridere… chi l’avrebbe mai detto che un giorno sarebbe stato salvato da un “Ercole”? Gli sembrava tutto così surreale! 

Anche se il suo piccolo appartamentino gli sembrava quello di sempre, per essere più sicuro controllò il frigo. Era vuoto… ovviamente. 

A quanto pare tutto quanto era al suo posto. 

Magari soltanto Ercole non era reale. Forse era proprio uno spirito come diceva lui, una specie di presenza, molto stramba, che mangia e beve come un maiale in una stalla, ma che appare solo per aiutarlo nel momento del bisogno. 

Mica male… 

Al giovane venticinquenne, però non tornavano i conti: oltre a mangiare e bere Enrico non capiva come anche le cose che avevano a che fare con lui potevano essere viste da altri. Ad esempio, perché la vecchia del piano terra aveva urlato -Coglione! - alla vista della borsetta che era caduta? 

Irrilevante, quella baldracca non ha bisogno di un motivo per insultare.

Enrico si sedette sul divano con ancora addosso il suo pigiama estivo (maglietta intima bianca e mutande nere) e continuò a pensare. 

Pensava che se effettivamente Ercole era uno spirito benevolo che gli faceva fare sempre la cosa giusta, ora si sarebbe presentato davanti alla sua porta con una colazione abbondante… perché è una cosa giustissima fare una colazione abbondante il sabato mattina!

Accese la televisione per noia. Un notiziario mostrava le immagini della sera precedente. Enrico provò un po’ di terrore immaginando ciò che avrebbe potuto succedergli. 

Una morsa gli strinse lo stomaco e qualche battito più forte gli colorò le guance. Era veramente grato ad Ercole, sopratutto ora che si era reso conto che tutto ciò che gli era accaduto era vero, pure Ercole.

Driiiiiiin.

Il campanello dell’appartamentino suonò. Enrico guardò sorpreso l’ora - Le 7.00!? Chi cavolo è che rompe le pa… Ercole! Amico mio! -.

Ercole era sulla sulla soglia della porta con in mano un sacchetto di carta che avrà contenuto almeno sei brioche.

- Ma hai preso anche i crafen! Oh, tu sì che sei un grande, ma come ti è venuto in mente? Solo che io da bere non ho niente da offrirti… cavolo, hai portato anche il caffè. Mitico! Sì, la moca ce l’ho… Voi spiriti vi potete sposare per caso? No, perché magari ti prenoto per tempo… -

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Capitolo 6
*** un nuovo sguardo ***


6. Un nuovo sguardo
 

Oggi è lunedì e ora va mooolto meglio. Parlare con quello “psicologo” è una cosa fantastica.

Sapeva un sacco di cose. 

Sapeva spiegarmi splendidamente tutto ciò che, pur non vedendo, accade intorno a me. 

Che sia chiaro: non ho mai avuto simpatia per tutti coloro che mi obbligavano a credere e a pregare un certo signore dio che, a quanto pare, sembra che la situazione gli stia sfuggendo un po’ di mano. Al contrario le cose che mi ha raccontato Ercole mi sembravano così… sensate.

 

Nonostante stia per iniziare una nuova settimana di lavoro, la più lunga dato che poi sarò in ferie, oggi ho deciso di alzarmi molto presto e godermi le prime ore di luce del mattino e la sua aria fresca e respirabile, visto che siamo in agosto e il mio corpo già alle 9.00 va in allarme per il caldo.

Questa volta, però non mi bastava il mio piccolo balcone. Ho parcheggiato la macchina in centro, a 5 minuti da dove lavoro, così mi sarei fatto una passeggiata in spiaggia. 

 

Camminavo e osservavo l’orizzonte. Pensavo ancora alle parole di Ercole, più ci pensavo e più mi rendevo conto che i miei pensieri non potevano espandersi più del mare che avevo di fronte. La mia mente materiale da essere umano offuscava, come una benda di tela molto sottile, la visione del mondo che Ercole mi aveva gentilmente mostrato.

Oggi sono quasi sicuro che andrò a pranzo con Stefania e gli parlerò dello stato materiale in cui ci troviamo, della nostra anima compressa dentro ai corpi, dei movimenti dell’etere… si annoierà sicuramente. 

E poi, anche se riuscissi a raccontarle tutte queste cose in un modo romantico, abbastanza da farla cadere stordita d’amore ai miei piedi, a che scopo? È già impegnata con quel DJ da quattro soldi. 

Che tra l’altro di recente ho scoperto che fa l’autista.

Vabbè… potrei fare un tentativo ad affascinare qualche altra ragazza sconosciuta, con questa visione poetica del mondo.

In quel bar!

Sì, proprio quello di fronte alla stazione. Ecco, quella barista sembra abbastanza giovane. 

- Buongiorno! -

Ah, che gentile. Mi ha salutato con un sorriso, mi ha già notato. - Buongiorno. Un caffè, grazie -

Occhi verdi, capelli scuri legati in una coda, cordiale. Mi piace un sacco.

- Ecco a lei - 

Sembra proprio una ragazza fantastica, devo assolutamente provare a dirle qualcosa: - Grazie. Che bella mattinata! L’etere mi ha addirittura portato ad incontrarti -

- Cosa? -

- Niente, posso pagare subito? -.

 

Cavolo! La sua faccia stranita mi ha bloccato. Forse devo ancora aggiustare qualcosina.

Vorrei tanto trasmettere il fascino di ciò che sono venuto a sapere. Vorrei farlo in poche parole, con parole sottili come punteruoli colpire ripetutamente il cuore di chi mi ascolta mandandolo in fibrillazione.

Non ricordo da dove era partito con le spiegazioni Ercole, ero troppo distratto dall’osservare i suoi modi goffi di muoversi e spiegare le cose. Non solo, dovevo pure stare attento che non mi combinasse disastri in casa: per pranzo doveva cucinare della semplice pasta e ha riempito la pentola con sale, acqua, pasta e il sugo tutti assieme e poi ha acceso il gas. Mah… 

Potrei raccontare a Filippo di tutti gli eventi che mi sono capitati ultimamente, è da un sacco che non lo vedo. Potrei parlargli dei segreti dell’universo partendo da alcune nozioni scientifiche: “Allora, hai presente la struttura della materia che è formata da atomi, molecole e tutto il resto? Scientificamente sappiamo che i corpuscoli più piccoli che compongono queste cose sono i protoni e gli elettroni, no? Ecco, è noto che dell’intero atomo, la parte materiale che è composta unicamente dal nucleo, costituito da protoni e neutroni, rappresenti solo l’1% dell’intero atomo. Il restante 99%, invece è costituito da elettroni e da un grandissimo spazio vuoto (se consideriamo che gli elettroni sono più piccoli dei protoni)…

No, aspetta. Filippo è troppo stupido per capire queste cose. Lentamente ho cercato di perdere i contatti con lui perché non sapeva parlare di altro che di calcio. Non lo sopportavo più.

Comunque non posso trattenermi dal raccontarlo a qualcuno, quindi ora finisco il discorso. Dicevo…

Solo l’1% della materia è veramente tangibile, il restante 99% è “fuffa”! Aria, anzi energia, forza magnetica di attrazione e repulsione continua. Flussi e vortici costantemente in movimento destinati a spostarsi da una parte all’altra, senso orario e antiorario, da destra a sinistra, su e giù, corrono all’infinito messi in moto da una reazione a catena. Come una colossale cascata che non conosce punti di arresto, come un domino grande quanto il nostro universo e chissà, forse anche di più.

Questa energia inesauribile si chiama Etere. E se ci fosse possibile ingrandire ulteriormente un protone di un atomo, ci accorgeremmo che l’Etere è presente persino lì; con un legame ancora più forte e potente, a tal punto che il suo flusso supera la velocità della luce.

Perciò tanti saluti relatività! Caro Einstain, la velocità della luce non è una costante. 

 

Cavolo, sono le 8.00! Devo andare in ufficio, al terzo piano! Ascensore rotto… uff, devo ricominciare ad allenarmi, queste scale mi faranno venire l’infarto. 

- Hei Enrico! Anche stamattina hai dimenticato la macchina parcheggiata a casa? -. Pausa risate d’ufficio.

Forse questa posso concedergliela, ho l’aspetto di chi ha appena corso per 10Km.

- Enrico! Come mai non sei già alla tua postazione? -

- Scusi signore! Ci vado subito -.

Adesso non vola nessuna mosca. Il capo è nervoso e tutti fanno i bravi bambini.

Peccato che non ho molto da fare, tutti i lavori più grossi li ho già finiti e tra poco ci sono le ferie, quindi non ho intenzione di avvelenarmi l’anima con altre torture grafiche dettate da clienti deliranti che non hanno idea di ciò che vogliono.

Sbircio Stefania, ma sembra che lei abbia molto da fare… 

Al diavolo! Oggi mi tengo occupato scrivendo. 

Dal momento che Filippo possiede un’intelligenza troppo striminzita per reggere la rivelazione del momento e questo è il più grande argomento che mi abbia mai affascinato negli ultimi 10 anni: la scienza che insegna la scienza, ho deciso che lo urlerò al mondo. Sarò un ottimo scrittore.

 

Il flusso dell’Etere in costante movimento viene percepito dal nostro cervello come delle vibrazioni. In particolare la parte sinistra, quella razionale, del nostro organo più importante, riorganizza le informazioni vibratorie ricevute dai nostri sensi in una maniera leggibile dal nostro “software”che noi riconosciamo come suoni, colori, sensazioni e profumi. 

Questa è la realtà che conosciamo, quella principale, quella evidente e che non non c’è motivo di metterne in dubbio l’esistenza.

Non si può dire la stessa cosa, però per quanto riguarda il funzionamentodella parte destra del nostro cervello, quella artistica, quella senza regole, senza schemi, che se molto sviluppata può avere contatti o visioni provenienti da “altrerealtà”

I soggetti più portati a questo genere di attività riescono a rielaborare le visioni, o altri tipi di stati vibratori, con l’emisfero sinistro per poi poterle spiegare, come fossero reali,a chiunque faccia parte di questo nostro triste mondo materiale. 

Anche se si tratta pur sempre di mondi paralleli con un’evoluzione spirituale superiorealla nostra, si tratta solodellivello appena successivo, di un gradino di consapevolezzaappena sopra a quella umana,di cui fan parte le anime o le entità di coloroche son riuscitia spezzare il circolo delle reincarnazioni della nostra “realtà” materiale.

Ovviamente questo non è l’unica “dimensione”extra materiale esistente, ma ne esistono diversein base algradodi consapevolezza. Ad ogni gradino, ad ogni evoluzione, quello che noi molto sommariamente identifichiamo come “l’anima” si espande sempre più, diventa sempre più grande fino ad abbracciare l’infinità dell’universo e diventare così “tutto”.

Ogni “realtà” funziona come un mondo a sé stante con tutte le sue regole fisico-chimichee possiedono tutte le difficoltà di equilibrio spirituale tra gli esseri che li compongonoche anche noi sperimentiamo ogni giorno

Tuttavia, anche se questi mondi paralleli superioripossiedono delle caratteristiche molto specifiche non comprensibili da chi abita il livello di spiritualità inferiore, sono a loro volta influenzati da chi sta più in “basso”, perché appunto formati tutti dalla stessa forza impazzita di nome Etere. 

In particolar modo, sopratutto i mondi limitrofi percepiscono un rallentamento della propria evoluzione se chi sta nel livello inferiore rallenta, ed è proprio quello che sta succedendo alla popolazione del pianeta Terra: il nostro sistema solare sta transitando in una zona della nostra galassia in cui l’Etere è particolarmente turbolento causando al nostro pianeta un’atmosfera di stress spirituale che sta portando gli abitanti del pianeta ad una lenta, ma inesorabile recessione che sta disturbando in maniera significativa gli abitanti della realtà appena successiva alla nostra.

Il problema è talmente grave che alcuni di questi esserisuperiori”, tra cui uno che si fa chiamare Ercole, hanno deciso di forzare una loro recessione sottoponendosi ad un dolorosissimo processo di materializzazione pressando le loro “molecole” di energia cosmica ad un livello materiale, appunto.

Il processo è estremamente rischioso, sia perché potrebbero non farsi capire in tempo non essendo ormai più abituati ad un genere di linguaggio così diverso, sia perché se qualcosa va storto comprometterebbero in scala universale l’equilibrio spirituale di tutte le “realtà”. Essendo pure loro, questi esseri superiori, troppo lontani dal raggiungimento del grado assoluto di consapevolezza, ovvero il “tutto”, non possono calcolare che genere di disgrazia potrebbe verificarsi. 

Perché se il “tutto” collassa, che cosa rimane?

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Capitolo 7
*** l'appuntamento ***


7. L’appuntamento
 

Dopo lavoro…

Era, Eurinome, Temi, Mnemosine e… Nemesi! Che razza di donnaiolo il grande Zeus! 

Queste sono solo alcune delle dee con cui si è congiunto, poi ci sono anche le donne mortali; tra cui Alcmena, madre di Ercole.

Sì, lo so, lo so… sento già i fischi provenire dal fondo della sala dove si trova il mio pubblico immaginario. 

State calmi, so benissimo che l’Ercole che conosco io non è per certo il semidio dell’antica Grecia. La toga che gli ho lavato qualche giorno fa, però me lo ha fatto venire in mente ed ha acceso in me una forte curiosità riguardo questo argomento.

Certo che un tipo come me che crede di vivere in una sit-com costruita sulla propria vita e che beve birra assieme ad uno spirito di nome Ercole forse non ha proprio tutte le rotelle apposto. Forse mi sto immaginando tutto quanto… 

Comunque sia non me ne frega niente. 

Sono completamente preso dalla lettura di questo libro sulla genealogia degli dèi della Grecia.

Incredibile! Iolao è il nipote di Ercole. Quando da ragazzino guardavo la serie tv su italia1 ho sempre creduto si trattasse di un poveretto a cui Hercules faceva la carità portandoselo appresso rendendo la sua vita più interessante. Invece si tratta del figlio di Ificle, fratello gemello di Ercole.

Ercole un fratello gemello? Esattamente. Gemello, ma completamente mortale. Strambi questi greci…

Come è potuto succedere? Praticamente mentre re Anfitrione, marito di Alcmena, era impegnato in un’importante battaglia lontano da casa, alla porta di questa si presentò Zeus con le sembianze del marito fingendo di aver combattuto la battaglia e… Beng! Fu concepito Ercole e quella notte la luna sorse tre volte.

Dopo qualche giorno, però arrivò il vero Anfitrione, fiero di raccontare le incredibili gesta a una moglie poco sorpresa di vederlo.. 

Che il nostro re si sia tirato indietro dopo aver scoperto l’inganno? Certo che no, e… Beng! Fu concepito Ificle. Ed ecco perché Ercole semidio ed Ificle mortale.

Se domani vinco un milione di euro mollo il lavoro e vado a studiare mitologia greca.

 

Il display dell’orologio in cucina segnava le 20. Enrico aveva ancora un po di tempo prima dell’appuntamento. Era su di giri e per distrarsi non gli bastava più l’eccitazione appena nata per la mitologia greca.

Guarda l’orologio: 20.02.

Gli sembrava di essere tornato adolescente, quando era riuscito a procurarsi il suo primo appuntamento con la sua prima ragazza.

Incominciò a rispolverare un po’ di ricordi e si domandò che fine avesse fatto Emily. Ripensò a quando aveva 13 anni e gli sembrava di essere già grande, abbastanza maturo da potersi divertire come i grandi: tornare a casa alle 23 e andare al paese vicino in autonomia per prendersi un gelato con gli amici. Era diventato un ometto.

 

20.03.

Uff… era lunga l’attesa; non si era ancora lavato ne cambiato perché voleva fino all’ultimo conservare l’odore e la freschezza del dopo doccia senza quella sensazione appiccicaticcia dell’umidità dovuta al caldo.

 

20.06

- E che cavolo! -

Per fortuna gli venne in mente un’altra strampalata cosa che gli aveva raccontato Ercole. Fin da subito non ci voleva credere, ma comunque lo ha incuriosito molto… 

 

A quanto pare questi così detti “spiriti” per riuscire nel loro immenso piano di salvataggio della terra, hanno pensato bene di organizzare una cosa che noi comunemente chiameremmo “conferenza”, “meeting”, “la giornata della pace”… insomma una di quelle manifestazioni immense che in genere coinvolgono telegiornali, attivisti, politici, politici radicali, no TAV, no vax, il papa! 

Una di quelle cose che farebbe un sacco di caos, specialmente se organizzato in una delle capitali più grandi d’Europa; gente a forma di sardina, cordoni di pullman, tram in tilt, traffico pedonale soffocante… ebbene questo incontro avverrà proprio a Parigi, (ho sempre desiderato visitare Parigi) e siccome, devo ammetterlo, comincio a voler veramente bene ad Ercole, per queste ferie approfitto di andarci, così da un lato riuscirei a esaudire il mio vecchio sogno di dirigermi verso la torre Eiffel con un basco in testa e una baguette sotto braccio, e dall’altro potrò consolare direttamente in loco il mio nuovo amico, visto che sicuramente anche i suoi colleghi (se esistono) hanno certamente poca dimestichezza di questo mondo quanto lui e la cosa si tramuterà sicuramente in un flop celestiale.

 

20.15

Doccia fatta! Il tentativo di mantenersi fresco e profumato al massimo delle possibilità era stato vanificato dalle veloci corse su e giù dalle scale per recuperare in quest’ordine: portafoglio, cellulare, chiavi della macchina.

- Usa l’ascensore idiota! L’eco dei tuoi passi rimbomba per tutto il palazzo! -

- Zitta vecchiaccia! -. 

 

“Ormai, durante le serate estive, non fa più freschetto come una volta” ricordava spesso mio padre. Ma a parte questa sensazione di disagio appicicaticcio, il clima che si respira in un paese turistico balneare come questo ti fa sentire un po’ in vacanza anche se non lo sei. 

E poi questa sera è una serata speciale… questa è la prima volta che esco da solo con Stefania da quando la conosco.

Ovviamente è in ritardo, che vi credevate? Che io vivessi nelle favole?

La aspetto seduto su una panchina davanti a una gelateria, quando ad un certo punto eccola che scivola seduta accanto a me arrivando da un angolo cieco

- è tanto che aspetti? - mi chiese con un tono da bambina colpevole. 

- Ahah, no. Penso al massimo… - guardo il telefono senza vedere l’ora - 5 minuti - in realtà almeno 20, comunque chi se ne frega. 

- Allora cosa facciamo? - mi chiese mettendomi in una grossissima difficoltà. Che cosa le piace fare a lei di solito? Perché me lo chiede? 

Improvvisamente mi rendo conto che la conosco veramente poco e che questo sarebbe stato un grosso, anzi un enorme ostacolo per me…

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Capitolo 8
*** occasione o disastro? ***


8. Occasione o disastro?
 

- Sei completamente impazzito!? Prima sei diffidente nei miei confronti e dei progetti a cui ti chiedo di partecipare e poi ti diverti a prendere l’iniziativa invitando chi decidi tu!? - 

Ercole era furibondo, stava prendendo dimestichezza con le emozioni umane. 

Erano le 12 del giorno successivo all’appuntamento tra Enrico e Stefania e i postumi della sbronza si stavano facendo sentire più intensi di quanto si aspettasse.

- Potresti non urlare in questo modo, per favore? -

Ercole in quel momento non aveva il suo solito animo gentile, ma fregandosene delle sofferenze di Enrico aprì le persiane e gli sfilò il cuscino a cui si stava accoccolando. 

Enrico rassegnato, con la testa pulsante e gli occhi chiusi si mise seduto. In piena notte sarebbe sembrato un sonnambulo.

Ercole camminava avanti e indietro, si capiva che non sapeva cosa fare e anche Enrico lo percepiva pur non vedendolo.

- Ercole io ti voglio bene, mi fai un sacco di compagnia, ma puoi dirmi che ti succede? Mi hai svegliato in un modo orribile eh..eh...- uno sbadiglio gli interruppe la frase - E sì, insomma, vorrei capire cosa succede -.

- Succede che tu non hai capito niente, niente e ancora niente! Sei un essere così stupido che non hai capito che tu certe cose non le puoi comprendere con la tua mente e non le puoi percepire, e non puoi per alcun motivo permetterti di coinvolgere gente non idonea a questo tipo di esperienze! -.

Enrico era confuso, aprì gli occhi per parlare seriamente con Ercole per capire la situazione, evidentemente era qualcosa di serio - Non capisco...a che cosa ti riferisci? -

- Che ti è venuto in mente di fare ieri sera? -.

 

La sera prima? 

Enrico era entrato nel pallone, Dopo i primi 10 minuti di convenevoli aveva cominciato a balbettare e Stefania non era da aiuto. Continuava a chiedere “allora cosa facciamo?”. 

A ogni proposta faceva una smorfia poco convinta e non diceva nient’altro.

Poi non si sa come la serata si è sbloccata. 

Avevano cominciato a passeggiare, salutato un paio di amici che passavano nelle vicinanze per caso, Enrico non balbettava più e… cominciarono a bere passando da un bar all’altro, finché non finirono nel bel mezzo di una festa in un discobar all’aperto che si affacciava sulla spiaggia.

Qui è successo quello che Ercole non avrebbe voluto che succedesse. 

In quei momenti le basse frequenze pompate dalle casse martellavano i pochi pensieri rimasti dentro alla testa di Enrico, ribollivano in pochissime sequenze di desideri che credeva si sarebbero avverati in quella stessa sera.

Anche Stefania aveva bevuto parecchio e dopo aver ballato per più di un’ora, come se fossero un po’ più che amici, si stesero su degli sdrai in spiaggia di fronte al mare spumeggiante e chiacchierarono.

Certo non parlavano più come se fossero ancora Enrico e Stefania, ma piuttosto Mojito e Cubalibre.

E furono proprio in quei momenti che Stefania, senza più alcun freno, confidò ad Enrico le sue preoccupazioni. 

Scoppiò a piangere.

Ormai da un po’ Stefania e Alessio, così si chiamava il deejay, avevano deciso di sposarsi.

Alla notizia Enrico sentì un pungolo al cuore. 

Ma le cose erano cambiane all’improvviso, l’indifferenza si era impossessata di Alessio. Spesso si fermava a guardare il nulla senza dire una parola. Stefania preoccupata le stava accanto e lo stringva più forte che poteva con gli occhi lucidi e la gola che le bruciava.

Stefania era una creatura fragilissima in quel momento e in questo Enrico vide un’occasione imperdibile.

Un caldo lo pervase in ogni parte del suo corpo, non sentiva più la brezza della sera e il profumo del mare, ma tutto lo sfondo si era annullato davanti alla sua vista, occupata unicamente dal volto sconsolato di Stefania e i suoi contorni luminosi. Non poteva farsela sfuggire.

 

- Dai Ercole che sarà mai… lo pago io il suo biglietto e l’hotel, tu dovevi vederla, era così triste e poi tu non sai quanto l’ho desiderata in tutti questi anni e poi… - Enrico si alzò, come se il suo mal di testa fosse stato nascosto dai suoi sogni ad occhi aperti.

Ercole lo prese per le braccia per cercare di riportarlo sulla Terra 

- Enrico, no! Questo non è un gioco, non è uno scherzo, lei non può venire -.

Queste parole innervosivano Enrico 

- Si può sapere perché? -

- Sarebbe troppo pericoloso -

- Oh, troppo pericoloso? Sto ancora parlando con il pazzoide che ha guidato ad una velocità folle con le mie gambe a penzoloni fuori dalla macchina? -

- Non si tratta della stessa cosa -

Ercole si sforzava di fare capire ad Enrico con estrema pazienza, lui invece rispondeva sempre più irritato.

- Si può sapere che cazzo stai dicendo? Tu che non ho ancora capito chi sei, ti lascio entrare in casa mia e pretendi di decidere che cosa devo fare e con chi devo andare in vacanza? Ma tu guarda che insolente! -

- Enrico calmati, Stefania non può venire con te perché noi spiriti abbiamo scelto con molta cura gli individui che energeticamente posso assolvere a questa impresa, ma non può venire chiunque, ci sono degli equilibri da rispettare. -

- Lei viene a Parigi, ma solo io vengo alla manifestazione e lei sta in hotel -

- No, è pericoloso -

- Che cavolo stai dicendo! -

Enrico agitava i pugni dalla rabbia.

- Il fatto che il futuro marito di Stefania si comporti in modo strano e lei stessa è finita in una spirale di negatività è il segno che gli individui più deboli stanno collassando su sé stessi, hanno bisogno di espandersi dall’interno con forza nuova per vincere queste catene strette che li soffocano. -

- Andiamo, non esistono mica spiriti malvagi -

- Non per definizione, ma tutto ciò che non è in equilibrio non fa respirare o collassa o… Stefania non può venire, il suo stato d’animo potrebbe mettere in pericolo la tua incolumità e la riuscita del nostro piano -.

- Non me ne frega niente di quello che pensi tu! -

- Perché la vuoi portare con te? Credi davvero che lei mollerebbe Alessio? E poi tu ne sei veramente innamorato? Com’è andata ieri sera, eravate affiatati? -

Ercole stava colpendo Enrico come un pugile che mirava dritto alle budella, per questo il ragazzo si infuriò perdendo completamente il controllo

s- Tu non sai niente di me! Ieri è stata una serata stupenda, la migliore della mia vita e tu stai cercando di distruggere tutto quanto, sparisci! -

- Enrico, adesso calmati. Quello che provi tu è solo attaccamento, devi sbarazzartene -

- Tu mi parli di attaccamento!? Tu che ti attacchi alla birra più di me, tu che non vedi altro che la riuscita della tua stupida missione, tu… -

- Io devo creare dell’attaccamento per riuscire a stare a questo mondo -

- Sparisci! - Enrico prese a lanciare contro Ercole tutto ciò che trovava

– Sparisci! - le chiavi, un libro… 

Ercole se ne andò.

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Capitolo 9
*** quanto manca ancora? ***


9. Quanto manca ancora?
 

Lunedì. Ultima settimana di lavoro. 

Enrico era così triste che gli sembrava di strisciare a ogni passo, l’amaro del suo stato d’animo stona con la calda giornata di sole che sta già alleviando le sofferenze di chi ha già smesso di lavorare. 

A lui mancava poco…

Il rammarico di ciò che aveva fatto due giorni fa gli toglieva le forze.

- Tu! Tu giovanotto rompipalle mi hai rubato il gatto! -.

Stamattina non va l’ascensore e per giunta la vecchia si è svegliata male.

- Non questa mattina, mi lasci stare - le disse a bassa voce sperando che capisse comunque.

A quanto pare non serve a niente, lo stava insultando. 

Ci riprovò con più energia.

- Signora, non è colpa mia, ma del governo ladro! - 

Cavolo! Si era reso conto che aveva pure dimenticato le chiavi della macchina in appartamento. 

Quanto manca ancora perché finisca questa giornata?

 

“Sono passate già due settimane ed Ercole non si è più fatto vivo.

La vita qui nel palazzo sta diventando sempre più difficile, ora non c’è solo la vecchia giù dal profondo degli inferi a mettersi a urlare e litigare con chiunque, ma tutti i condomini!

Persino la mia dirimpettaia è diventata più rumorosa. 

Certo è colpa anche dei suoi 5 figli senza padre (anche se sarebbe più giusto dire che il padre o i padri ci sono, ma non si sa chi siano) che urlano, piangono e martellano le mura di casa con i loro giocattoli. Ma ora è peggio! Spesso anche la televisione viene alzata a volumi proibitivi.

Non ho il coraggio di protestare. 

Sembrano tutti fuori di testa e non vorrei mai che si scatenasse in loro un desiderio omicida.

Era un bravo ragazzo, salutava sempre” avrebbero detto al telegiornale. 

Lasciamoli lì nel loro mondo confusionario, buoni buoni.

Carlo del primo piano l’altro giorno stava litigando con un bulldog, lo provocava ringhiando (intendo Carlo) e quando l’altro rispondeva abbaiando, si ritirava impaurito.

Un botta e risposta durato almeno 5 minuti prima che io andassi al lavoro. Da allora non ho più visto il bulldog, Carlo deve averlo proprio spaventato.

Non vedo l’ora di andarmene in ferie. 

Si sente che è già iniziato settembre, anche se è rimasto ancora un bel po’ di caldo.

Domani iniziano ufficialmente le mie ferie! 

Incredibile, ma vero, Stefania non ha cambiato idea. 

Andremo insieme a Parigi! 

La sua situazione con Alessio dev’essere proprio critica… comunque ci penserò io a farla divertire, non andremo a quella specie di manifestazione che voleva Ercole.

Ercole… spero stia bene.”

 

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Capitolo 10
*** alta marea ***


10. Alta marea
 

Mattina della partenza

Il tempo non era proprio quello che Enrico si aspettava. Era una mattina grigia con una spolverata di malinconia. 

Anche se tutto sommato l’eccitazione per il viaggio dona al petto e allo stomaco una bella sensazione.

 

L’aereo sta facendo delle manovre in preparazione al decollo. Enrico era felicissimo, anche se si sentiva un punteruolo conficcato al cuore. 

Stefania sembrava un’estranea.

Non era la stessa persona che sorrideva sempre salutando tutti o la stessa che ha accettato senza domande il viaggio a Parigi.

Enrico, stando attento a non fissarla come un tontolone ritardato, la guardava facendo in modo che lei non si accorgesse.

Stefania non parlava. 

Indossava un paio di occhiali da sole enormi e mangiava tantissimo. In aeroporto ha comprato una stecca di sigarette, ma lei non fuma!

Enrico, sempre attento a non sembrare un maniaco, pensava a quanto avrebbe voluto stringerla in quel momento, avere delle parole giuste da dirle, e perché no, magari baciarla; ed infine far sfociare tutto in una danza tra le lenzuola una volta arrivati, ma no… era inavvicinabile.

Enrico capì che forse tutto ciò che si era immaginato tra lui e Stefania fosse tutto una fantasia. 

Si sentiva un pirla. Aveva forse sbagliato qualcosa? No, probabilmente non c’era mai stato niente tra di loro, lei sta con Alessio… 

Dove sei Stefania? Che fine hai fatto?

 

Un arrivo a Parigi tristissimo, un cielo ancora più grigio di quando erano partiti, una ricerca dell’hotel in silenzio, così denso e pesante che pareva fosse legato alle caviglie come catene e rallentava il passo. Enrico voleva morire.

Qualsiasi suo tentativo di conversazione la faceva scattare d’ira, ad un certo punto provò la strada dell’ironia chiedendole se era colpa del ciclo. 

Inutile dire che peggiorò solo la situazione.

 

Passò il primo giorno e non aveva visto nulla di Parigi se non la strada tra l’aeroporto e l’hotel. 

Oggi voleva uscire, ma il problema era trovare il modo giusto per dirglielo senza farla incazzare. 

Stefania è una dormigliona, e questo gioca a favore di Enrico. 

- Credo che questo sia il momento migliore per andare – pensò guardando le lancette di un orologio a muro che segnavano le 7. 

Quella mattina si sentiva ben riposato. Probabilmente perché il giorno prima non aveva fatto altro che guardare la televisione (non avete idea di quanto sia frustrante guardare Grey’s Anatomy in francese) e oggi aveva voglia di riscattarsi.

- Teoricamente ho mezza giornata di libertà, per precauzione le lascio un biglietto scritto da qualche parte e anche se si incazzerà di nuovo, pazienza. Mi manca solo un’altra giornata prima di tornare a casa! - 

- Evvai! Parigi arrivooooo! -.

 

Era gasatissimo, la prima cosa che andò a vedere fu il simbolo dei simboli di Parigi: la torre Eiffel.

Prese la metro, il ritiro dei biglietti dallo sportello automatico è stato più semplice del previsto. I corridoi della metropolitana sono un labirinto, anzi un formicaio nel quale Enrico si trovò in balia di una corrente umana che però alla fine lo portò dove voleva e alla fine eccola lì! Proprio quello che cercava. 

La piantina delle 14 linee della metropolitana di Parigi. 

Un groviglio di capillari multicolore gli fece capire di essere nella fermata di “Belleville” e che si doveva proiettare senza vergogna lungo la linea 2 fino alla fermata “Charles de Gualle Étoile”. Avanti tutta!

E via nella linea 6, di colore giallo, che lo porta dritto per dritto verso la fermata “Bir Hekeim”, che tra l’altro non sembra neanche un nome francese.

Tempo totale del percorso: 30 minuti circa.

C’è un bel movimento di gente, ma tutto sommato non così caotico, e anche questa volta riesce a non farsi trasportare in maniera incontrollata dalla marea umana. 

Trascorse altri buoni 5 minuti dentro la metropolitana prima di capire che l’uscita non era segnalata dalla classica scritta verde illuminata “EXIT”, ma piuttosto “SORTIE”. 

- Bene, la parte più difficile è passata, ora che sono uscito sarà un gioco da ragazzi vedere la… non vedo la torre Eiffel -.

Incredibile, il monumento che spicca tra i palazzi e che puoi vedere da qualsiasi angolo di Parigi, quando ci si trova nelle vicinanze viene nascosto dagli alti palazzi che ricoprono la città.

Quando poi girando un angolo eccola là!

Un enorme antenna metallica. 

Eh già, sarà pure il monumento numero uno di Parigi, ma dal vivo si mostra in tutto il suo splendore per quello che è veramente: un enorme ammasso di ferraglia a forma di antenna. - Avrei dovuto immaginarlo da tutte le foto che ho visto nella mia vita… -.

Per di più l’entrata era chiusa.

Era così presto che non si nemmeno formata la lunga coda di visitatori. Che sfigato.

Niente paura! I monumenti di Parigi non sono di certo finiti qui.

L’ansia di finire la sua visita parigina prima di mezzogiorno lo fanno camminare ad un ritmo elevatissimo, i muscoli delle gambe cominciarono a bruciargli. Si stava dirigendo verso l’arco di trionfo, o meglio “Arc de Triomphe”, che si è rivelato essere molto più lontano di quel che immaginasse.

Il terrore dell’ira di Stefania lo faceva sembrare un nevrotico talmente fastidioso da non riusce a sopportarsi da solo. 

Visto l’arco, via lungo gli Champs-Élysées!

Continuò per la piazza della concordia con il suo splendido obelisco, che non ha ammirato per tagliare corto, e solo dopo la lunga attraversata di un parco di cui non conosco il nome eccolo a Louvre!

- Bene. Direi che i prossimi monumenti li vedrò in un’ altra occasione, ora è giunto il momento di tornare alla metro - .

“Louvre Rivoli”, la più vicina al museo d’arte.

Uscito a “Hotel de Ville” decise di abbandonare la linea 1 per prendere l’affollatissima linea 11 diretta a “Belleville” la fermata più vicina all’ hotel.

Riuscì ad entrare appena nel vagone. Era talmente schiacciato al bordo che la gente uscendo ed entrando a ogni fermata rischiava di fargli abbandonare definitivamente la carrozza, quando infine successe proprio così. 

Proprio quando mancavano solo un paio di fermate al raggiungimento della sua meta venne fagocitato da una folla più nervosa di lui che come una marea lo trasportò fuori dal treno. Provò ad opporsi, ma fu inutile.

Cosa fare? Si trovava alla fermata “Republique” dove c’è la loro piazza della Repubblica. 

Decise di non opporre resistenza e di farsi guidare dall’enorme gregge soffocante fino all’uscita per poi farsi il tragitto rimanente a piedi.

- Che può succedere di male? Ho saltato solo un paio di fermate… -

 

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Capitolo 11
*** tsunami ***


11. Tsunami

Uscito dalla metropolitana lo scenario rimaneva caotico. Probabilmente è in corso una manifestazione o qualcosa di simile. 

Parole incomprensibili urlate al megafono, cori e stati d’animo frizzanti come bollicine incontrollabili rendono difficoltoso l’imbocco della via che avrebbero finalmente portato in hotel Enrico.

Si stava allontanando dal risucchio della corrente della folla, quando all’improvviso sentì - Sì! Salveremo la nostra Terra! -.

Si voltò di scatto, ma era impossibile riconoscere la sorgente di quell’urlo. Sicuramente si era sbagliato… 

Poco più avanti c’erano tre ragazzi che importunavano una signora per convincerla ad aiutarla a portare le borse della spesa a casa. Ma dico, siete seri? Non vedete che la state terrorizzando?

Enrico si voltò di scatto un’altra volta. 

Niente, gli era sembrato di sentire di nuovo delle frasi in italiano.

Tre ragazzi festosi urlanti incomprensibili parole francesi si avvicinarono con velocità sostenuta a Enrico, uno di questi lo prese sotto braccio.

- Fermo lì! Che cavolo fai? Stammi lontano! -

Enrico cercò subito di allontanarli. Era impaurito, erano ubriachi o volevano derubarmi? Pensò

- Ah, ma sei italiano, anche noi lo siamo! Ragazzi, abbiamo trovato un nuovo compagno! -.

Tutta questa confidenza… 

- Hei, io non sono il compagno di nessuno, statemi alla larga che ho da fare -

Rispose brusco Enrico accelerando il passo.

- Caro ragazzo italiano, sei un tantino nervosetto. Noi vogliamo solo aiutarti - disse uno。

- Sì, tu e il nostro pianeta - disse l’altro.

Il terzo gli sbarrò la strada appoggiando le mani alle spalle di Enrico. 

- Dobbiamo ristabilire l’equilibrio energetico e abbiamo bisogno anche del tuo aiuto -.

In quella posizione Enrico avrebbe tanto voluto tirarli un pugno in muso, anzi una testata visto che si era appoggiato alle sue spalle con tutta quella confidenza. 

Lo avrebbe sicuramente fatto, se non fosse che quel genere di discorsi gli erano alquanto familiari.

- Abbiamo bisogno anche delle tue energie positive, la Terra sta passando una zona di negatività in questo periodo -

Aggiunse l’altro avvicinandosi sempre di più esprimendo il suo insensato affetto in un abbraccio piuttosto fuori luogo e imbarazzante.

- No, aspetta, no. Io non… -

Impossibile divincolarsi, si erano aggiunti anche gli altri due a rendere più stretta la morsa.

- Ditemi chi vi ha detto tutte queste cose chiese Enrico -.

Non ricevette risposta, proprio in quel momento un sacco di altra gente si stava riversando in quella strada portando via Enrico e gli altri come delle rapide fanno rotolare i massi.

Venne alzato di peso come un rockstar e malgrado tutte le offese che urlò ai francesi sforzandosi di inventarne sempre di nuove nessuno osò posarlo a terra.

Era in balia di una marea di folla che faceva sempre più chiasso, le sue urla venivano coperte. Cercava di divincolarsi, di cercare in qualche modo di scendere, ma non ci riusciva; durante certi tentativi si trovavo con le gambe all’aria e la testa proiettata verso terra. Panico! 

A volte lo lanciavano in aria, aveva il terrore di cadere di testa e spezzarsi l’osso del collo.

Ora era ufficiale: questo era il peggior viaggio della sua vita. Sicuramente non sarebbe tornato in hotel ad un orario decente, tanto valeva cercare di godersi il momento.

Sì, perché più il tempo passava e più si sentiva una vera star. Finalmente riuscì a scivolare giù dal tappeto di folla miracolosamente in piedi. Si aggregò ai cori, alle festività, ritrovò i ragazzi italiani che lo avevano infastidito prima e se ne aggiunsero degli altri.

Era diventato parte integrante della loro squadra, un vero e proprio molestatore del bene. 

Per tutto il giorno non fecero altro che: urlare in faccia alla gente di fare cose buone riempiendoli di buoni consigli, ma sopratutto di caramelle ai bambini (che neanche i pedofili) e ascoltarono le lamentele di qualche bagordo qua e là (quasi sicuramente ubriaco).

Era ormai già arrivata sera e con Enrico erano rimasti solo i primi tre ragazzi che aveva conosciuto all’inizio.

Non sapeva il loro nome, ma non era importante, bastava attirare la loro attenzione con un rassicurante - Hei amico! -. 

Aveva proprio intenzione di proporgli di concludere in bellezza con una serata in compagnia, aveva una gran voglia di scolarsi una gran birra, e poi chissà, la prima chiama la seconda… non c’è due senza tre… e così via. 

Erano gentilissimi, ormai lo avevano scortato fino a quasi il suo Hotel, ma ormai non aveva più voglia di tornare in quella stanza, quindi si decise a prendere sotto braccio uno di loro 

- Hei amico! Prima di tornarcene a casa, per concludere in bellezza questa fantastico avventura dovremmo andare a berci una birra tutti assieme! -

- Che stai dicendo? La birra? - rispose con orrore il ragazzo.

Enrico si spaventò subito e gli mollò il braccio per allontanarsi. 

Poi l’altro ragazzo - L’alcol è uno dei nemici per il raggiungimento della nostra missione! -.

I loro volti cominciarono a cambiare in maniera minacciosa come fossero dipinti paurosi.

- Hei, aspettate un attimo, non siete mica obbligati, ci salutiamo qui e amici come prima -.

Provò a rimediare Enrico.

- Non puoi rimangiarti tutto! la tua anima è ancora sporca. Dopo la giornata di oggi non ti sei purificato? Bisogna passare a metodi più incisivi - .

Enrico indietreggiava come un gattino intimorito mentre loro si parlavano sul da farsi senza perderlo d’occhio. 

- Franco lo dobbiamo portare a casa tua! -.

Ecco svelato il nome di uno di loro… peccato che non gli servisse più a niente.

- Meglio a casa di Mattia, ho prestato le catene a mio cugino -.

Uh! Qui si mette male… Il loro passo era sempre più veloce e deciso, avevano degli sguardi minacciosi da far paura. 

Enrico si guardò le spalle, non c’era nessuno a cui poter chiedere aiuto o qualche possibile testimone, ma aveva campo aperto per poter fuggire.

Si mise a correre come al via di una competizione di 100m di atletica leggera, solo che forse non riuscì a percorrerne neanche 50 a quella velocità. Fece il tremendo errore di guardarsi alle spalle perdendo terreno prezioso. Franco era il più vicino, Enrico diede una spinta più forte alla sua corsa come fosse un razzo in piena propulsione. 

Forse aveva allungato di due falcate il distacco, ma i suoi polmoni non riuscivano più a riempirsi d’aria in modo adeguato per lo sforzo che stavo facendo. 

Gli faceva male il petto e le gambe non si muovevano veloci quanto la sua testa comandava.

Catene? Questi sono pazzi! Non hanno di sicuro sentito i discorsi di Ercole, sono semplicemente degli squilibrati, fanatici delle opere pie oppressive.

- Fermati! Vogliamo solo pulire la tua energia! - urlavano.

Attraversò una strada trafficata mettendo a repentaglio la sua vita, per poi infilarsi in una stradina stretta.

Il fiato era corto. Praticamente non correva più, le ginocchia non si alzavano più per i dolori. I piedi sfioravano l’asfalto col rischio di inciampare. 

Cominciava a vedere dei piccoli bagliori ogni volta che sbatteva le palpebre, guardò il cielo e vide gli stessi bagliori.

- Sto per svenire? -

Inciampò.

 

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Capitolo 12
*** "distruggeremo i popoli della devastazione" ***


12. “Distruggeremo i popoli della devastazione”

 

Enrico aprì gli occhi e vide il soffitto sopra di sè. Niente di strano, non ricordava nulla.

Si alzò indolenzito dal letto non ricordandosi la causa. 

- Non ho più meno di vent’anni… -pensò.

Non ricordava come fosse tornato in albergo e tanto meno perché Stefania non fosse lì.

Si diresse in bagno per svuotare la vescica quando… 

- AAAH! La mia faccia! -.

Si vide allo specchio e incredulo constatò di avere tutta la parte sinistra gonfia con un occhio nero.

- Sei svenuto mentre correvi -

- AAAH! - Enrico urlò di nuovo.

Ercole era seduto sulla poltroncina nell’angolo buio della stanza.

Il ragazzo in un primo momento rimase bloccato incredulo.

Aspettò qualche istante… poi si lasciò andare in uno sfogo lunghissimo, forse era felice che Ercole fosse riapparso e si tuffò subito verso lo spirito.

- Tu non sai che cosa mi è successo lì fuori! Un inferno! Gente che continuava a importunarmi. Prima soffocavo che non riuscivo a muovermi dove volevo, dopo sono stato lanciato in aria e ho rischiato un sacco di volte di morire! Che confusione! Voci ovunque, parole incomprensibili, ansia! - 

Enrico parlava come stesse recitando in una tragedia, il trauma cranico e lo shock lo avevano reso un po’ stupidotto. 

- Una cosa spaventosa! Mi avevano minacciato e io ho cominciato a correre e non sapevo dove andare, poi ad un certo punto… tu sai dov’è Stefania? -.

- Sta bene, è andata a farsi una passeggiata -

- Cosa!? L’hai lasciata andare tra gli importunatori seriali?! Tu non hai idea di che cosa hai combinato! Dobbiamo andare a cercarla e riportarla in hotel! -

Enrico scuoteva Ercole per le spalle in modo isterico.

Poi si fermò e chiese: 

- Tu per caso avevi già incontrato della gente qua a Parigi? - chiese con sguardo sospettoso, zittendosi per qualche istante.

- Dicevano alcune cose riguardo l’energia negativa della Terra… -.

- Vedi, Enrico… - cercò di iniziare la sua spiegazione Ercole.

- Ah caro amico, quanto mi sei mancato! - lo interruppe subito Enrico in preda alla schizofrenia e lo abbracciò teneramente.

Ercole, nel tentativo docile di divincolarsi dalla presa, provò nuovamente a spiegare la situazione ad Enrico.

- Stavo dicendo, durante il grande ritrovo o grande manifestazione alla quale tu hai deciso di non venire, le cose non sono andate proprio come immaginavamo. Ovvero, io e gli altri spiriti abbiamo fatto un errore di valutazione. Anzi, forse non abbiamo usato il linguaggio più adatto. Non sappiamo esattamente cosa sia andato storto, ma molta gente deve aver completamente frainteso il nostro messaggio spirituale. In altre parole, io e gli altri spiriti abbiamo selezionato troppe persone sbagliate per questo genere di missione. E pensare che tu volevi portarti la tua amica - .

Enrico mollò la presa e sinceramente dispiaciuto disse 

- Sì, hai ragione, ti chiedo scusa. Ma mi sapresti dire come sono tornato in hotel? - 

Ercole vide che il suo amico era un po’ scosso e confuso riguardo gli ultimi avvenimenti 

- Siediti - gli disse.

Ercole gli si sedette accanto e con una pazienza di un vecchio zio saggio gli spiegò tutta la storia di ciò che era successo, compreso quando si accorse di Enrico che ormai correva a tutta velocità scappando dal nulla, visto che era già riuscito a seminare chi cercava di seminare. Una volta svenuto Ercole lo raccolse e lo riportò in hotel.

- Quindi, stammi bene a sentire. Io e gli altri spiriti miei compagni abbiamo deciso di riprovarci. Ovviamente dovremo cambiare il modo di procedere, dovremo cambiare metodo, non sappiamo ancora esattamente come faremo, ma avremo bisogno ancora di alcuni appoggi umani e molto probabilmente tu rimarresti dentro all’operazione -.

Enrico, dopo le ultime parole di Ercole, cambiò sguardo. Era di nuovo vispo - Ma allora sono un ganzo! -.

- Sì, ma questa volta devi starmi a sentire, non seguire i tuoi capricci - disse Ercole severo.

Enrico con un balzo saltò sul letto e con toni epici e il braccio alzato si mise a recitare. 

- Mi farete capitano dell’operazione, io avrò una squadra che si chiamerà “Enrico e gli spiriti”. Distruggeremo i popoli della devastazione e uniremo i territori della nostra nazione! Saremo come gli Avengers, ma al posto di combattere i super cattivi ci scaglieremo contro i molestatori della bontà e diventeremo dei super portatori di energie positive! -.

- Enrico finiscila! Ma ti stai sentendo? Se fai così potresti diventare come loro! -

Enrico si calmò all’istante e, con la stessa velocità con cui era salito sul letto, si lasciò cadere seduto e composto.

Qualcosa nel suo profondo gli suggeriva che ora era il caso di dare retta veramente ad Ercole. Non sembrava essere un impostore, ma sopratutto gli aveva salvato di nuovo la vita riportandolo all’hotel dopo quella rovinosa caduta di cui portava ancora i segni. 

Crisi di negatività o no, Ercole era forse la “persona” che gli voleva più bene in quel periodo.

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Capitolo 13
*** il ritorno in Italia ***


13. Il ritorno in Italia
 

Una volta rientrati in Italia, la routine quotidiana non ci mise molto a riprendere in mano le redini della vita di Enrico.

In poco meno di un mese tutto era regolare. Piatto, forse addirittura più noioso di prima.

Se non fosse per le visite frequenti di Ercole forse avrebbe tentato il suicidio. 

Lo spirito, con le sue azioni, riusciva ad emettere delle vibrazioni che il ragazzo scapolo riusciva a percepire, anche se non riusciva a definire di cosa si trattasse.

- Tutto il mondo che ti circonda è il risultato di vibrazioni: il suono, la luce, la materia stessa. Voi umani sapete usare molto bene i sensi adibiti a questo tipo di vibrazioni, ma ce ne sono altre, il problema è che vi mancano gli organi adatti a decifrarle - gli ripeteva qualche volta Ercole.

Enrico era stupefatto da come Ercole parlava in modo misurato, poche parole, poche gocce alla volta per far crescere una piccola piantina ancora troppo debole per affrontare il più dolce dei venti o il calore più intenso del sole.

Questo faceva Ercole. 

Enrico gliene era veramente grato.

La negatività si diffondeva come nebbia tra gli abitanti della Terra. Ora un po’ più ad est, ora un po’ più ad ovest, in base a dove soffiava il “vento”. 

Ormai la nube tossica era tale che non c’erano più molte aree “pure”, ma perlopiù aree a negatività debole o aree a negatività forte.

Purtroppo Enrico lo percepiva quando usciva di casa, la sua ironia ed il suo desiderio di felicità si consumava come una roccia esposta alle radiazioni cosmiche. 

Stefania non gli parlava quasi più, le prese in giro dei colleghi si erano caricate di cattiverie e la vecchia del piano terra si era ammalata.

Sì, era una vecchia rompicoglioni, ma pur sempre una vecchia che faceva rigare dritto il palazzo.

 

Passarono i mesi e la presenza di Ercole andava mano a mano a svanire. 

Enrico sentiva che la sua vita era senza sapore.

- Ben tornato Enrico, com’è andata oggi? -.

C’è stato un piccolo periodo in cui Ercole non sembrava più uno spirito, ma il custode della casa.

- Eh… normale - sospirava il ragazzo spossato lasciando chiudere la porta alle sue spalle.

- Questa sera non ho cucinato la cena, ho pensato ti avrebbe fatto bene uscire -.

Enrico si lasciò cadere sul divano sprofondando la faccia nel cuscino, poi rispose con un ovattato - Eh… perché no -.

- Potremmo vincere una caraffa di birra, stasera c’è il megaquiz al Drolingdog bar -.

Questa frase rimise un po’ di brio ad Enrico che non aspettò più di qualche secondo per dirigersi verso la doccia e mettere in guardia Ercole: 

- E vedi di rispondere anche te alle domande, pure usando qualche trucchetto da spiritello, perché se stasera non vinciamo la caraffa di birra la paghi tu alla fine del gioco, chiaro? -.

 

- Esatto! -

L’atmosfera nel locale era molto festosa, gruppi di persone in preda alla competizione si affannavano a rispondere alle domande del quiz tramite il telecomando. 

Gli argomenti trattati toccavano i più disparati argomenti, dalla geografia al gossip, dalle scienze all’attualità, ma anche argomenti più piccanti.

Enrico era su di giri, tra i suoi avversari c’erano amici di vecchia data. Ercole lo era un po’ meno, ma comunque dava il suo contributo 

- Cameriera! Per piacere bagigi! - e così strappava sorrisi, battute improvvise e commenti privi di freni inibitori.

Frasi pungenti e divertenti rimbalzavano da una parte all’altra del locale tra gli avversari, come in una partita di tennis. L’annunciatore delle domande non si faceva certo da parte, ogni tanto si infilava anche lui in un qualche siparietto.

Era una serata magica, doveva ringraziare nuovamente il suo spirito.

Tra la confusione c’era in particolare una cameriera di nome Ilaria che Ercole aveva notato. Lo spirito guardò Enrico completamente preso dal gioco e poi riguardò la ragazza che passava tra i tavoli per portare le continue birre che venivano ordinate.

A Ercole, per quanto ormai stesse più in questo mondo piuttosto che nell’altro, aveva percepito qualcosa che Enrico non poteva assolutamente vedere.

- Hei Enrico, l’hai vista quella cameriera? -

- Dai svelto Ercole! Come si chiama la testimonial di quella pubblicità che abbiamo visto l’altro giorno? -.

Ercole lasciò perdere… prima o poi se ne sarebbe accorto anche Enrico… 

 

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