La rivoluzione del Momo

di Servallo Curioso
(/viewuser.php?uid=57725)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** “E tu che ci facevi con una rivista del genere?” ***
Capitolo 2: *** Un gatto di porcellana ***
Capitolo 3: *** Smettila con questo porro! ***
Capitolo 4: *** Cocon Punch ***
Capitolo 5: *** Le piacciono i fumetti giapponesi porno ***
Capitolo 6: *** È più sconvolgente che vedere una scimmia mangiarsi dei frullatori. ***
Capitolo 7: *** Chiunque potrebbe fare una cosa del genere! ***
Capitolo 8: *** Ti sto spiando ***



Capitolo 1
*** “E tu che ci facevi con una rivista del genere?” ***


Chapter 1:
E tu che ci facevi con una rivista del genere?”

Riesco a ricordare solo poche cose: il mio nome, la mia età, dove si trova il portafoglio e la mia innaturale paura di essere letto nel pensiero. Il resto è una matassa di concetti e idee che non posso sciogliere, non ora.
In questo momento la mia testa è impegnata a spiegare qualcos'altro.
Sono confuso, ma voglio pensare che tutti lo siano la prima volta.
Prima d'ora non sono mai stato in una metropoli, la avevo solo immaginata.
Appena messo piede nella piazza davanti alla stazione mi sono ritrovato in un mondo assurdo: una folla multicolore passeggia mescolandosi, come le verdure dentro il frullatore di mia madre.
Non la trovate una cosa strana? Io sì.
Io che ho vissuto in un paese di cento vite trovo irreale tutto questo via vai di gente. Ognuno ha il suo passo, rabbia o pazienza, fretta o tempo da perdere. Nessuno sembra osservare chi ha vicino, ma come macchine perfette evitano di toccarsi anche in mezzo a quel caos.
Dove devo andare?
Ah, giusto: l'indirizzo è scritto su un fogliettino che ho messo nel portafoglio.
Piccolo riepilogo: ricordo dov'è il portafoglio? Lo ricordo.
Lascio cadere le valige a terra, prendo il borsello nero ed estraggo quel piccolo pezzo di carta.
Via Isola Verde n°45”
Piccolo riepilogo: so dove si trova questa via? Non lo so.
Alternativa: ricordo le indicazioni per trovarla? Non le ricordo.
Ottimo: devo chiedere informazioni. Ma io odio farlo.
Mi guardo attorno cercando un essere umano capace di aiutarmi, perché si sa: non tutti sono capaci di dare informazioni dettagliate sulle vie. Prima di tutto devo trovare un indigeno e non un turista, e neppure un povero errante come me; dopodiché devo riconoscerne uno dall'aria intelligente che sappia i nomi delle vie e sia capace di spiegare la strada per raggiungerle.
Tutto ciò non è ovviamente facile, neppure per me che mi reputo uno capace di riconoscere gli individui al primo colpo.
Coloro che mi circondano sembrano degli idioti vestiti per bene, oppure persone sveglie ma del tutto estranee all'ambiente. Cosa potevo aspettarmi da una stazione?
Alla fine decido e vado verso un uomo, che sembra aver superato i quaranta. Porta una polo, o qualcosa che le assomiglia, color bianco e dei jeans. I capelli sono pochi e la pancia è troppa, eppure i suoi occhi scuri lasciano trasparire una certa esperienza.
Mi scusi” dico avvicinandolo. Lui si guarda un po' attorno, dubbioso. Si chiede se dico a lui e si risponde di sì. Adesso ho la sua attenzione. “Vorrei un'indicazione... lei è di queste parti?”
Lui annuisce con la testa e si avvicina al foglio che gli ho allungato.
Che cosa stai cercando?” La sua voce è forte. Sembra il tipo disposto a tutto per fare buona impressione.
Questa via” sospiro indicando ciò che c'è scritto sul foglio. L'uomo sembra concentrarsi più del dovuto, forse ha dimenticato a casa gli occhiali, ma riesce a darmi una risposta. Ascolto le sue indicazioni con attenzione, comprendendo quale direzione devo prendere e dove girare; davanti a quale negozio passare e a quale portone fermarmi.
Non sembra lontano da qui.
Lo ringrazio e me ne vado, penso che a piedi impiegherò dieci minuti al massimo. Ho un trolley e un bagaglio leggero, che posso tranquillamente portare a mano, li afferro e parto.
Sono cosciente che inizierà un nuovo capitolo della mia vita, un nuovo difficile capitolo.
Perché sono lì? Semplice: per studiare.
Per una serie di avvenimenti che non vi sto a spiegare i miei hanno pensato di farmi trasferire. La cosa non mi dispiace, anche se cambiare all'ultimo anno liceo è leggermente seccante. Mi toccherà conoscere nuovi professori, nuovi ritmi e comprare nuovi libri.
In quella città potrò farmi dei nuovi amici, mi hanno detto i miei, ma io continuo a preferire quelli vecchi.
Andrò ad abitare in un appartamento al sesto piano di un condominio, i miei hanno già pagato la quota per questo mese. Quando sono andati a vederlo io avevo la febbre, in piena estate, così la sua conformazione è una sorpresa.

*

Sono davanti alla porta.
Ci ho messo quindici minuti per arrivare fin sotto il condominio. La strada indicata dal signore era esatta, non ci sono stati problemi.
Il mazzo che tengo in mano ha due chiavi : una per il portone e l'altra per la porta di casa. Com'era ovvio auspicarsi, la prima che ho inserito all'ingresso era la sbagliata e solo al secondo tentativo sono riuscito a entrare. Non era comunque finita qui: appena messo piede nell'atrio al pian terreno mi sono reso conto che al palazzo manca l'ascensore.
Non so se la gravità della cosa vi è chiara. Insomma: sei piani a piedi con i bagagli sono un brutto affare. Facendo una pausa a ogni pianerottolo, comunque, ho iniziato a salire.
Adesso però sono arrivato. Posso costatare che il mio è l'unico appartamento di quel piano, l'ultimo. Non mi piace questa cosa.
Solo dopo aperto posso averne la certezza. Varcata la soglia mi trovo nel salotto: spoglio e polveroso. Da lì posso vedere altre due porte: la camera da letto e il bagno. La cucina invece si trova alla mia sinistra, nella direzione opposta alle altre due stanze.
Una cosa sola accomuna tutte le stanze: la puzza di chiuso e muffa.
I miei non hanno fatto un buon affare, o forse lo hanno fatto apposta. Dannati!
Che mi piaccia o meno questa sarà la nuova abitazione per il resto dell'anno. Domani, o dopodomani, lavorerò per sistemarla. Forse fra tre giorni.
La camera è munita di un vecchio armadio e un letto singolo, temo poco comodo. Vicino a esso c'è anche un comodino provvisto di abat-jour vecchio stile.
Il bagno crema sembra avere molti anni alle spalle. È fornito dell'indispensabile, funzionante e tenuto in ordine, ho solo paura di eventuali creature munite di più zampe che vi albergano.
La cucina è stretta: frigorifero, forno, fornelli e una serie di sportelli e cassetti dove tenere posate o piatti. C'è anche un tavolino quadrato munito di due sgabelli. Molto entusiasmante.
Non potevo immaginarmi nulla di meglio, forse un tempo era una soffitta...forse due secoli fa.
Torno in salotto e lo guardo deluso un'ultima volta. Non posso ancora credere che dovrò vivere lì per circa dodici mesi. La cosa è spaventosa.
Sono già nostalgico della vecchia dimora, dei vecchi amici e della vecchia scuola.
Aspetta: no, della scuola no. Non esageriamo.
Guardo l'ora sul cellulare: le sei e mezzo. Devo organizzarmi per la cena.
Il frigo è vuoto e anche la pseudo-dispensa non ha nulla al suo interno.
Urge una soluzione.
Urge trovare una soluzione.
Di solito mi accontento di poco: una verdura, qualche salume. Ci fosse del prosciutto e del pane mi farei una cena perfetta. Sfortunatamente così non è.
Di questa città non so nulla, è del tutto giustificato il fatto che io non sappia la locazione di pizzerie, market e ristoranti di lusso, benché a questi ultimi non sia interessato. Certo: anche quando abitavo in quel piccolo centro conoscevo poche cose, ma quelle cose mi bastavano.
Afferro le chiavi e apro la porta di casa: andrò a chiedere a qualche vicino. Mi pare anche una buona scusa per fare conoscenze e, perché no, ricevere inviti a cena. Percorro le scale di fretta, scivolo sul finale ma riesco a mantenere l'equilibrio. Il quinto piano è un traguardo più che sufficiente.
Passo un paio di minuti a guardarmi attorno e più precisamente a decidere a quale delle due porte suonare: quella di sinistra; o quella di destra?
Il coraggio che avevo inizialmente è scemato, in ogni modo con la poca forza (di volontà) che mi rimane mi muovo verso quello di destra e suono il campanello.
Lo sento riecheggiare all'interno della casa rompendo il suo silenzio.
Un secondo.
Due secondi.
Cinque secondi.
Dieci secondi.
Deduco che non c'è nessuno al momento. Torno indietro e mi dirigo verso la porta di sinistra.
Il pianerottolo e lungo e stretto, adornato con vasi di fiori. Devo correggermi: il pianerottolo è decorato con vasi di piante, dei fiori non ce n'è neppure l'ombra.
Suono e attendo. Un rumore di passi mi fa intuire che l'abitazione non è vuota.
Senza neppure domandare nulla, o scrutare dallo spioncino, la porta si apre e appare una ragazza, più o meno della mia età.
Mi scruta attentamente e io faccio lo stesso: ha dei capelli color cenere che cadono ai lati della faccia perfettamente lisci e curati, gli occhi scruti e un naso aquilino.
Cosa c'è?”.
Rimango perplesso. Questa giovane emana una strana aura, la stessa che potrebbe emanare una vecchia cassapanca contenente documenti datati millenovecentosessantadue. Non che la stia paragonando a ciò, ovviamente. Ci mancherebbe.
Odora di qualche rimpianto, la sua pelle traspira ciò; o forse è nostalgia ciò che sento.
Qualunque cosa sia è abbastanza forte da raggiungermi.
Scusa, visto che sono nuovo: mi indicheresti una pizzeria nelle vicinanze? Sai, per la cena di stasera...”.
Lei mi scruta per alcuni secondi, continua a farlo.
Te devi essere quello nuovo, quello che abita nella soffitta”.
Sospiro e annuisco. Dunque avevo ragione nel dire che era una soffitta.
Grande intuizione, cara, chi vuoi che sia? Ti sembra forse logico pensare che un estraneo sia entrato nel condominio per chiedere un'informazione? È palese che sono quello nuovo.
Senti, ce n'è una proprio dietro l'angolo. Cioè: appena esci vai a destra e al primo angolo svolti a destra. La dovresti vedere”.
Grazie” rispondo, contento di aver trovato una fonte di cibo. Prima di allontanarmi decido di presentarmi, penso che sia una cosa giusta tra vicini di casa. Allungo la mia mano verso di lei e sorrido, sfoggiando una delle mie migliori espressioni.
Mi chiamo Cristian, piacere”.
Lei sospira e ricambia la gentilezza. “Il mio nome è Sabrina”.

*

Sono le undici e mezza passate.
Ho cenato con una pizza margherita e ho comprato alcune bottigliette d'acqua naturale, per domani ho deciso di dedicarmi all'acquisto di vivande per la sopravvivenza.
Mi trovo seduto sul letto, con il portatile davanti a me a parlare con mia sorella della nuova sistemazione.
Inizio a lamentarmi della casa ma lei è stranamente ottimista: pensa che alla fine non è così male e che mi abituerò, anzi, si auspica che trovi qualcosa di buono in quelle mura puzzolenti.
Invia emoticon sorridenti dopo ogni battuta che faccio su quel quasi-monolocale.
Per una settimana ancora non avrò lezioni, dunque posso svagarmi un po'. Questo periodo servirà per ambientarmi.
Ciò che però attira la mia attenzione è il rumore di una porta che cigola. Penso subito che sia quella dell'ingresso e mi affaccio in salotto, ma così non è. Forse è quella del piano di sotto, o forse me la sono immaginata.
Torno nella mia stanza e riprendo il pc, spiegando a mia sorella l'improvvisa sparizione. Lei ci scherza su dicendo che ho le visioni, colpa della nuova aria.
Poi un altro rumore, qualcosa che è caduto. Mi viene da pensare che uno scaffale ricolmo di scatole sia collassato provocando quel fragore, ma non ne colgo la provenienza.
Dico alla mia interlocutrice di aspettare e torno nella sala.
I rumori provenivano da dietro la camera, ma in teoria dietro essa non c'è nulla.
Afferro le chiavi lanciate sul divano e mi affaccio sul pianerottolo. In quel momento la vedo, la noto: c'è una seconda porta. Non conduce presumibilmente a una casa, ma forse a una soffitta. È di metallo, vecchia e con una serratura semplice, ma soprattutto: aperta.
Scalzo, in pantaloncini corti e maglia sbracciata, corro a dare un'occhiata.
La mia curiosità dice di farlo.
Quando mi accorgo che è socchiusa, ma dall'interno proviene una luce, provo ad aprirla.
Pessima idea: quella dannata porta cigola tantissimo. Forse è anni che non la sistemano.
Accorgendomi della stupidità del mio gesto faccio per andarmene, ma essa si spalanca, spostata da una forza sconosciuta.
Questa forza sconosciuta ha un nome: Sabrina. Si è catapultata verso la soglia appena ha percepito il minimo rumore. Il mio primo pensiero è che ha qualcosa da nascondere.
Ora mi guarda, sistemandosi gli occhiali che la prima volta mancavano. Mi lancia un'occhiata stupita. “Cosa ci fai qui?”
Preso in flagrante, ottimo. Devo inventarmi qualcosa. “Scusami... è che sentivo dei rumori strani da casa mia e mi sono affacciato a vedere”.
Il suo volto si rilassa, forse non è adirata con me. “No, scusami tu” risponde chinando appena il volto. “Vedi, non mi è ancora entrato in testa che là ci abita qualcuno. Farò molta più attenzione la prossima volta che vengo qui”. Provo a guardare dietro di lei. La stanza è lunga è stretta; un intera parete è coperta di cassetti e armadi. Ci sono anche degli scatoloni a terra. Per quanto possa sforzarmi non capisco bene cosa contengano.
È una soffitta?” domando.
Sì” mi risponde frettolosa. Non vede l'ora che me ne vada.
Ho sentito dei rumori, posso darti una mano?”. Qualcuno la potrebbe chiamare invadenza, io preferisco dire che è un aiuto disinteressato. Lei però scuote la testa.
È caduta una scatola. Non preoccuparti”. Mi lascia sulla soglia e torna all'interno.
Per farmi vedere che è autosufficiente raccoglie lo scatolone e lo alza, pronta a riporlo sulla mensola esatta. Un solo inconveniente la blocca.
Il fondo dello scatolone cede e riversa il proprio contenuto al suolo. Come una bomba di sola acqua, i pezzi contenuti schizzano da ogni parti, allargandosi sul pavimento. Non può più nascondere nulla.
Impallidisce: è terrorizzata dall'idea che io scopra cosa si nascondeva là dentro e cosa scivola qua e là con scarsa forza, io però sono troppo curioso per resistere. Una di quelle parti arriva ai miei piedi.
Lo guardo e sgrano gli occhi: è una rivista.
Non solo: una rivista pornografica.
Dalla copertina sembra uno di quei fumetti giapponesi dove i protagonisti fanno in continuazione sesso nelle maniere più assurde, mia sorella ne ha letti alcuni.
Sabrina si getta a terra cercando di raccoglierne il maggior numero possibile in un solo gesto, io furtivamente mi approprio di quello ai miei piedi e mi dileguo. “Ciao” sospiro alla fine prima di chiudere la porta di casa. Ora sono dentro, al sicuro con quel giornaletto da osservare. Se tutto va bene non se ne accorgerà mai.
Chi l'avrebbe mai detto che una giovane dall'aspetto tanto innocente nasconde così tanto materiale in soffitta.
Mi getto sul divano incuriosito appena e lo apro. Forse dovevo osservarlo meglio prima di prenderlo o forse mi sbaglio. Rimango interdetto per alcuni secondi.
Lo chiudo e corro al portatile, sperando che mia sorella sia ancora in linea sulla chat.
Per fortuna è lì anche se manca poco a mezzanotte.
Le dico quello che ho visto ma non è sorpresa, anzi: sembra molto ferrata sull'argomento.
Probabilmente, leggasi come certamente, quello è uno Yaoi, acronimo giapponese di qualcosa che sta a significare qualcos'altro che non ricorda. Sono storie d'amore omosessuale vagamente esplicite, in breve: fanno sesso.
Mi chiede di osservare l'interno dell'opera ma mi rifiuto, benché vagamente incuriosito. In ogni modo è certa che sia una PWP, acronimo di qualcosa di inglese che nuovamente non ricorda, usato per classificate quelle storie prive di trama e dedicate solamente al lavoro orizzontale dei personaggi.
Suona come: “Trama? Che Trama?
Grazie a delle intuizioni femminili e un processo logico assurdo arriva a dire che Sabrina è una Fujoshi, cioè una cultrice del genere. Mi avverte che sono comuni ai giorni nostri, le fan di questo tipo di storie, e che non devo spaventarmi o pensare strane cose di lei.
Ci mancherebbe, tanto della spiegazione non ho capito nulla.
La saluto ringraziandola e mi fa promettere di portargli l'oggetto incriminato. Accetto anche se indeciso, forse sarebbe giusto darlo alla sua proprietaria.
In realtà sono io che non ho intenzione di andare in giro con quella rivista.
Spengo il computer, sospiro e vado a letto.

*

SCRASH.
Un vetro si è rotto. Non saprei descrivere meglio quel suono.
Non è stato quello a svegliarmi. È una decina di minuti che vengono strani rumori dalla soffitta: qualcosa che cade, risatine, borbottii... Sabrina deve aver portato degli amici in quel luogo.
Questo lo pensavo prima che il vetro si rompesse e tre figure avvolte in mantelle nere entrassero in casa mia.
Senza un minimo tatto hanno distrutto la finestra per entrare. Io sapevo che i ladri si fanno scaltri, evitando di far rumore, ma per loro non è così.
Hanno fatto 'stomp' quando sono atterrate sulla moquette.
Io ho gli occhi aperti e mi sono anche girato per guardarli, mi stupisce che non si siano accorti di me.
Due di loro hanno una corporatura robusta, l'altra è mingherlina. Sul volto portano delle maschere bianche capaci di coprire solo gli occhi ma provviste di un lungo naso simile a un becco.
Ah, sono donne.
Posseggono anche un altro particolare, che le distingue chiaramente.
La più robusta ha stampata una A rossa sulla fronte candida della maschera, la più mingherlina ha invece una O e l'altra una Y. Forse è una gerarchia, in ordine alfabetico.
Quindi ce ne sono altre ventitré a giro?
Sembrano cercare qualcosa, si guardano attorno facendo volare qua e là le mantelle nere.
Una poi si gira verso di me e si accorge che sono sveglio. Io, dal canto mio, non faccio nulla per farle credere il contrario.
Sei sveglio”. Commenta.
Tu non tanto” vorrei dirle, ma preferisco rimanere in silenzio. Mi alzo fino a trovarmi seduto sul bordo, con le gambe penzoloni. “Cosa volete?”
Colei che mi ha parlato per prima parla di nuovo. “Cerchiamo una rivista”. Io inarco le sopracciglia.
Non ho dubbi di quale rivista loro stiano parlando, ma perché?
Una domanda mi sorge spontanea.
Tutto questo casino per la rivista?”
Lei fa spallucce, le altre due la seguono. “Sì”.
Non potevate passare dalla porta? Insomma: perché rompere il vetro!”.
Scusa, è una cosa scenica che ci piace” si giustifica. “In ogni modo ti conviene darcela immediatamente”. Io sono ancora intorpidito dal sonno, saranno le quattro del mattino.
Altrimenti?” non è stata una cosa furba da dire.
In un attimo, la A, nonché colei che ha parlato fin'ora, estrae qualcosa di lungo. La penombra non mi permette di riconoscerlo.
Altrimenti questo” dice entusiasta.
Non riesco a vederlo”.
Si sposta immediatamente, posizionandosi sotto la finestra. “Ora la vedi?” mi chiede quasi preoccupata della riuscita dell'intimidazione. La luce della luna rischiara l'oggetto rivelando che cos'è: un fallo di dimensioni spaventose. È liscio, sembra semi morbido e di almeno un metro e mezzo.
Altrimenti questo!” esclama soddisfatta.
Sono pazze, non c'è altra spiegazione. Darò loro la rivista e chiamerò la polizia, già immagino la chiamata: “Aiutatemi! Delle pazze sono entrate in casa mia dalla finestra minacciandomi con un dildo gigantesco”.
Cosa? E per quale motivo?”
Volevano una rivista Yaoi”.
E tu che ci facevi con una rivista del genere?”
Ok, forse quando lo spiegherò alla polizia cambierò un po' le cose: prima di tutto lo yaoi si sostituisce a una rivista scientifica e magari il fallo diventerà un mitra automatico. Sì, così sarà meglio.
Tornando all'immediato presente, mi pare ovvio come agire: indico loro il cassetto dove lo avevo riposto e le saluto cordialmente.
Torno a letto, senza nessun dolore e convinto di aver fatto la cosa giusta.
Dev'essere colpa del sonno, ma questa cosa mi turba appena.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Un gatto di porcellana ***


Chapter 2:
Un gatto di porcellana”

Con che cosa ti hanno minacciato?”
Il poliziotto mi osserva stupito da dietro la scrivania, forse è un bancone.
Cerca di trattenersi, non vuole scoppiare in una risata fragorosa davanti a me.
Ieri sera poi mi sono addormentato e mi è toccato venire di mattina a fare una denuncia. L'idea di raccontare la verità però forse non è stata buona, direi che è stata la peggiore dell'ultima settimana. Perché non usare quella del mitra, mi chiedo.
Con un fallo gigantesco”. Provo a dirlo nella maniera più discreta possibile ma per lui è la goccia che fa traboccare il vaso.
Inizia a ridere, non riesce a trattenersi, chiama perfino un collega che stava passando.
L'attenzione si focalizza su di noi.
Vieni! Ce n'è un altro!”. Un altro?
Quello nuovo è abbastanza grassoccio e avanti con gli anni. Lui è serio, non la trova una cosa simpatica; appena arrivato mi lancia un'occhiata severa e inizia a parlare. “Questa storia è ridicola”.
Ma è la verità!
Però essendo il settimo caso questa settimana dobbiamo crederti”.
Sobbalzo. Il settimo caso? Mio dio quante vittime hanno fatto con quel coso?
Non posso credere che sia accaduto ad altre sei persone” commento.
L'uomo con cui avevo parlato all'inizio, un giovane dalla carnagione abbronzata, mi riprende: “A cinque di loro è andata bene, come a te, poiché hanno ricevuto solo minacce”.
L'altro?”.
Ha provato a reagire e...” sta per ridere di nuovo. “... è successo”.
Successo? Cosa?
Ci penso alcuni secondi: possono essere successe molte cose, ma una sembra la più probabile, cioè: quelle pazze hanno fatto quella cosa con quel coso a quel poveretto?
Ma è enorme!” dico all'improvviso immaginandomi la scena.
Loro annuiscono, uno serio e l'altro ridacchiante.
Si trova all'ospedale, infatti, la cosa è piuttosto grave” mi dice il vecchio.
Poi, senza una ragione ben precisa, parte con una spiegazione.
Noi le chiamiamo le Yao, o le Yoa, oppure: Ayo, Oya, Oay o Aoy. Non sappiamo di preciso quale sia il loro nome”. Sì, in parole povere mettete insieme le lettere scritte sulla maschera, sarei capace anch'io. “La prima segnalazione risale a lunedì”.
Faccio un piccolo calcolo: oggi è giovedì, quindi è quattro giorni fa.
A te cosa hanno rubato?”
Ok.
Ora che cosa dico?
Come glielo spiego che avevo una rivista porno yaoi in versione fumetto nel cassetto?
Devo inventarmi qualcosa.
Un gatto di porcellana”.
Un gatto di porcellana?” mi riprende il vecchio.
Dannato vecchio! Se ci fosse stato solo l'altro magari l'avrebbe creduto, sembra abbastanza stupido.
Comunque devo ammettere che non ha senso.
Senti: abbiamo la lista di ciò che hanno preso fin'ora e direi che non è nel loro stile prendere un gatto di porcellana”.
Un gatto di porcellana! Ma come mi è venuto in mente?
Capisco che può essere imbarazzante ma devi dircelo”.
Sospiro. Sospiro. Sospiro. Non posso mica dirlo davvero!
Probabilmente inizio a sudare, con la mano destra mi gratto prima la fronte e poi la nuca. Il mio volto arrossisce, lo sento cambiare colore.
Era forse un gatto di porcellana che assomigliava vagamente a un pene?” mi consiglia il più anziano.
Io annuisco, è la risposta che fa meno male tra le possibili.
Capisco. E tu che ci facevi?”. Io direi anche di smetterla.
Non era una domanda in programma. Posso non rispondergli, non è una cosa che interessa ai fini della denuncia ma se non dico niente penseranno qualcosa che di sicuro non mi piacerà. È giunto il momento di inventarmi una storia, questa volta senza gatti di porcellana.
Ho una zia molto eccentrica” e ora come proseguo? “Sapete, mi sono trasferito qui proprio ieri per studiare e lei ha insistito affinché lo portassi con me. Ha davvero la forma di un gatto ma in realtà è... quello. Secondo lei porta fortuna, insomma: secondo il suo culto pagano”.
Se avessero un minimo di cultura a riguardo potrebbero contraddirmi. Cosa c'entra il paganesimo con i falli? Spero che non siano ferrati sulla cosa
Capisco” leggo lo stupore su di lui, per fortuna è ignorante in materia di paganesimo. “Mi dispiace che il tuo primo giorno sia stato così sconvolgente”.
Non si preoccupi” rispondo. “Non sarà questa cosa a farmi giudicare il posto”.
Iniziano a pormi altre domande, cose più tecniche.
Nome, cognome, data di nascita e simili.
Si arriva alla via. Non la ricordo, così estraggo il foglietto.
Via Isola Verde numero quarantacinque”.
Al sesto piano?”
Sì” rispondo senza pensarci.
Passano alcuni secondi prima che mi chieda come cavolo facciano a saperlo. Divento sospettoso.
Forse sono complici o più probabilmente Sabrina ha fatto una denuncia prima di me.
Oppure è stato un gatto di porcellana.
Ok, devo smettere di pensarci.


*

Quando torno a casa la incontro, proprio davanti alla porta dell'appartamento: ha suonato il campanello ma nessuno ha risposto e così è in procinto di andarsene. Oggi indossa una maglietta nera, con varie scritte rosse in una lingua dell'est che non conosco. I pantaloni invece sono degli short di jeans.
Rimane immobile davanti al portone quando mi vede, posso notare il suo volto illuminarsi appena.
Mi saluta con la mano prima di parlare. “Cristian, ti stavo cercando”.
Dimmi tutto”.
Intuisco già cosa vuole dirmi, sarà qualcosa che ha a che fare con il furto.
Ieri notte qualcuno è entrato nella mia soffitta e ha fatto un po' di casino. Volevo sapere se te hai sentito qualcosa”.
Faccio finta di nulla. “Dei ladri?”
A quanto pare”.
Scuoto la testa amareggiato. Fingo dannatamente bene a volte. “No, non ho sentito nulla”.
Ho fatto la cosa giusta, ergo, la migliore: non potevo mica dirle di aver raccolto un fumetto da quelli caduti e successivamente averlo ceduto alle pazze armate di fallo. Lei sospira abbassando lo sguardo.
Guarda che lo so che ne hai preso uno ieri sera”.
Perfetto: non credevo che avesse una vista così acuta, sulla schiena poi. Sa cosa ho fatto e probabilmente deduce cosa è successo dopo, i suoi occhi innocenti mi stanno minacciando.
Non saprei spiegare il modo con cui degli occhi minacciano qualcuno, però ora sento di dover ammettere tutto. Deglutisco, ma lei precede una qualsiasi altra mia reazione. “Leggi tra le righe, Cristian, voglio sapere se ce l'hai ancora o ti è stato preso”.
Ne parla come se fosse una cosa di valore. “Mi è stato preso”.
Con forza sbatte un pugno contro il muro ingiallito vicino alla porta, credo che abbia perso la pazienza. Poi la osservo meglio: non è arrabbiata, forse è sconfitta. Sono confuso, seriamente confuso da ciò che è accaduto ieri e dalla reazione di questa giovane sconosciuta.
Sabrina... mi dispiace” provo a dirle.
Lascia stare. Hanno vinto un'altra volta”.
Non capisco”.
Lei mi dice di lasciare perdere e io obbedisco. Ora sono sicuro che lei ha qualcosa che la lega alle tre ladre sodomizzatrici; è a conoscenza di vari punti che non vuole dire. Lei è informata dei fatti, lo deduco con facilità.
Hanno vinto, così ha detto, ma vinto a cosa? Gioca forse a nascondere la roba per vedere se le ladre la trovano? Oppure è qualcosa di più serio: una guerra nascosta.
Non si confiderà con me, ci conosciamo da un solo giorno, ma la curiosità mi implora di capirci qualcosa di più. Potrei spiarla o seguirla anche se non ne sono capace.
Ora mille possibilità mi frullano nella testa: tante opzioni, tante conseguenze, tante probabili risposte.
La seguirò stanotte, non ho nessun altro programma in agenda.
Stanotte perché le cose losche si fanno di notte, appunto.

*

Sono rimasto in casa tutta la sera ma lei non è uscita.
Sono rimasto vestito e con le chiavi pronte per ore ma non l'ho sentita scendere per le scale.
Sono rimasto sul divano cremisi con l'idea di un pedinamento da film.
Sono rimasto qui come un cretino dietro un'idea cretina.
Alla fine mi sono deciso a fare una passeggiata ed eccomi qui, in una stradina deserta all'una di notte. Passeggio nel silenzio totale, circondato solo da insegne di negozi chiusi, panchine e qualche albero.
Non mi pento di ciò che ho fatto, l'idea era buona, è stata lei a non permetterne l'attuazione. Non è stato neppure tempo sprecato quello, alla fin fine non avevo nient'altro da fare.
Mi imbuco in un vicolo stretto, circondato da due alti palazzi, alla fine dovrei sbucare in una via più grande proprio vicino al portone. Mi sembra di stare in un canyon, quelli dei film, solo che è buio e non ci sono indiani e cowboy.
Ritiro il paragone con un canyon.
Sono stanco: sto ritornando verso casa.
Un fruscio sospetto. Di notte sono sempre molto attento ai rumori, ho una innaturale paura per ciò che può accadere nei luoghi isolati e apparentemente deserti. Per i vicoli, le scale, le case abbandonate, i cantieri chiusi e i cimiteri.
Mi volto di scatto e vedo un foglio di giornale mosso dal vento.
Un altro rumore: una macchina che parte. Paura inutile.
Rumore: un gattino che salta sul cassonetto. Spavento inutile.
Rumore: una vecchia che si è affacciata al balcone. Sobbalzo inutile.
Rumore: due loschi individui sono apparsi vicino a me, uno è davanti a me e uno è dietro di me. Adesso credo di dovermi preoccupare.
Sono gemelli, identici. Hanno una felpa nera e un cappuccio sulla testa, ma il volto è ben illuminato: mento spigoloso, piccolo naso e occhi di un colore indefinito. Come due gocce d'acqua.
Sono anche alti e grassocci, insomma persone che vorresti incontrare in un vicolo isolato.
Non dico nulla, vado avanti e mi avvicino sempre di più a quello che mi para la strada, e che riesce a occuparla.
Passaggio ostruito, non posso proseguire.
Scusi, si può spostare?” domando con un filo di voce e tanta follia.
Questo è il nostro territorio” dice quello dietro di me.
Un vicolo?”.
Sì, un vicolo”.
Avete solo questo vicolo?”
Sembra scocciarsi. “Sì, abbiamo solo questo vicolo”.
La cosa suona ridicola”. Non ce l'ho fatta a trattenermi. A volte mi domando se la mia bocca non è comandata da qualcun altro. Parla senza che io ne abbia il controllo, dice cose tra le più disparate.
Forse ho una bocca senziente. Rimaniamo alcuni secondi in silenzio, loro non sembrano intenzionati a parlare e io sto rimuginando sulla mia bocca.
E così questa è la vostra via”. Mi tocca iniziare perfino una conversazione, tanto vale fare una domanda sul tempo.
Quello davanti fa una smorfia. “Sì, proprio così”.
Allora?” domando. Che è la loro via l'ho capito ma a me non interessa molto. Vediamo di sbrigare questa cosa velocemente che voglio tornare a casa.
L'uomo alle mie spalle sospira, quello davanti fa spallucce.
Nulla, così tanto per dirtelo”.
Mi fa piacere. Io sono nuovo, appunterò questa cosa nel mio diario segreto”. Mi sembrano abbastanza stupidi, così come non capisco il loro modo di fare. Cercherò di assecondarli, mostrandomi amichevole.
Interessante, mi sembrava di non averti mai visto”.
Nuovi attimi di silenzio.
Ora posso passare?”
Ci pensano un po' su, entrambi. Vedo quello che ho davanti scuotere il capo.
C'è una cosa che dobbiamo chiederti. Per quale motivo pensi che ti abbiamo fermato?” Per dirmi che è la vostra via, ovvio. “Dobbiamo chiederti dei soldi”.
In prestito?” ci scherzo un po', non sono così svegli da arrabbiarsi.
Rimangono immobili, non sanno come rispondere così prendo nuovamente la parola. “Comunque non ho il portafoglio con me, mi dispiace”.
È la prima volta che provo a fregare individui del genere, anche perché è la prima volta che li incontro. Nel mio paese non esistono.
Guardandoli bene sembrano due ippopotami gonfiabili vestiti da persone cattive, ma non sono cattivi. Solo un altro animale gonfiabile potrebbe cadere nel loro tranello; non mi stupisce abbiano solo un vicolo. Quello dietro fa una serie di rumori strani, mi volto e lo vedo frugare in una tasca. Estrae un biglietto con le istruzioni, manco fosse una lista della spesa.
Allora dobbiamo farti del male”.
Idiota lui e chi ha scritto quel foglio. Idiota io che sono uscito di notte in un luogo sconosciuto.
Non vorrete mica farlo davvero?” ora inizio a non sentirmi al sicuro. La follia è svanita.
Ieri sera vengo minacciato da un fallo gigante, stasera da due ippopotami.
Mi dispiace, ma il capo ci ha detto questo”. Quello davanti a me sembra davvero rammaricato. Povero diavolo. Non credo in Dio, ma se esiste deve intervenire subito affinché un innocente non si faccia male.
Stomp. La mia testa si gira nuovamente.
Prima che qualsiasi altra cosa possa accadere una figura è caduta davanti a me. È piombata al suolo come un sacco dell'immondizia gettato dalla finestra. È in piedi grazie a un atterraggio da film e ora si guarda attorno. In mano ha un porro, un lungo porro.
I due sono spaventati dalla verdura, chissà perché. La guardano con gli occhi sgranati.
Marco” sospira guardando colui che si trova davanti a me. “Mirko” sospira voltandosi verso quello dietro.
Se incontro la loro madre mi congratulerò per la scelta dei nomi, assolutamente.
Sabrina” rispondono loro.
Nessuno che abbia detto “Cristian” chissà perché.
Cristian” sospira lei lanciandomi un'occhiata. Mi rimangio ciò che ho appena detto, qualcuno ha detto il mio nome. Evviva!
Ciao Sabrina” rispondo cortesemente. Aspetto per alcuni secondi un chiarimento che non arriva e mi faccio avanti. Perché la gente piomba dal cielo e due stupidi pretendono di chiedere un pegno? E perché c'è un porro, ditemi per quale assurdo motivo lei maneggia un porro.
Posso sapere che cosa sta accadendo?”
Un secondo” mi risponde lei scattando in avanti.
Il tonfo del metallo che sbatte contro una testa. Poi si volta, giusto il tempo di saltare oltre di me e arrivare all'altro. Il tonfo del metallo risuona un'altra volta.
Come fa il metallo che sbatte? Tipo: Sdeng?
Nel mio diario segreto dovrò scrivere che la mia vicina ha appena picchiato due uomini con una verdura dalla dubbia provenienza.
Comunque: mi sono perso da qualche parte... non ci capisco più nulla. Cioè, devo correggermi: non capisco quasi più nulla di ciò che sta accadendo. Una cosa mi è chiara: il porro mi ha salvato.
È successo molto velocemente, ma in poche mosse li ha stesi entrambi armata di quello. Ora capisco il loro spavento.
Eccomi” sospira avvicinandomi a me.
I due stanno rantolando al suolo, me ne assicuro con un'occhiata rapida prima di tornare a fissare la mia vicina. “Grazie”. Mi fanno quasi pena, dev'essere stato un porro di piombo.
Lei sospira e mi dice di seguirla, mi sta conducendo a casa. “Erano amici di mio fratello, a volte gli piace giocare al boss e alla banda di criminali”.
Capisco e questo gioco comprende anche il fare del male agli altri? Insomma, che educazione ha ricevuto costui?
Ultimamente sono diventati più aggressivi, insomma, sono stati messi alle strette. Il quartiere non è più loro e li appartiene...”
Solo un vicolo” la precedo.
Sabrina annuisce con un sorriso. “Vedo che ne sei al corrente”.
Perché hanno perso il quartiere?” mi sembra di parlare di una cosa seria, non di un gioco per ragazzini cresciuti (male). Lei invece la prende come una sciocchezza, a sentirla sembra quasi che mi stia raccontando delle sue barbie.
Qualcun altro lo ha preso. Sono stati cacciati”.
Da chi?” alla mia domanda lei si volta di scatto fermandosi. “Se posso saperlo...” aggiungo mettendo le mani avanti a me.
Indovina? Dalle stesse che ieri sono venute da te: le Y.A.O.I.”.
Sono perplesso. Cos'è questa sigla? Sono una band musicale pop?
Magari le vedrò suonare.
Loro?”
Sì, loro”.
Arriviamo al portone, lo apre ed entriamo. Rimango in silenzio fino alla seconda rampa di scale, poi le domando: “Il tuo porro è di metallo?”
Lei si ferma. Era davanti a me, qualche gradino avanti, con l'oggetto della discussione in mano. “No, è un porro normale”.
Allora come hai fatto a tramortirli?” ora sono io che mi fermo, mentre lei riprende il cammino.
Aspetto alcuni secondi, il tempo che impiega per pensare a una risposta; alla fine si affaccia una rampa più in alto. “Non fare domande, Crist”.
Crist?” la mia attenzione è stata sviata verso questo diminutivo.
Sì, Cristian è lungo e così l'ho abbreviato”.
Ma è orrendo”.
Non ribatte e continua la scalinata, per seguirla mi tocca fare una breve corsa lungo le rampe.
Torna tra noi il silenzio fino al quinto piano, quando la lascio davanti alla porta.
Mi saluta con la mano, per evitare di fare ulteriore rumore vista la tarda ora; io non posso resistere però, sento il dovere di dire qualcos'altro, tanto per chiudere la conversazione.
Questo posto è pieno di cose strane”.
Lei apre la porta e sta entrando “Non hai visto ancora nulla”.
La porta si chiude piano e senza far rumore.
La conversazione è rimasta più aperta che mai.
La mia mente è rimasta più confusa che mai.
La casa è ancora più puzzolente che mai.
La finestra è ancora più rotta che mai.
Là fuori c'è gente più pazza che mai.
Dovrei finirla adesso.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Smettila con questo porro! ***


Chapter 3:
Smettila con questo porro!”

Ricapitolando: il mio primo giorno tre pazze mi hanno minacciato con un dildo gigantesco; ieri, il mio secondo giorno, due macchine da guerra mi volevano pestare dopo aver letto una lista della spesa ma sono stati a loro volta messi al tappeto da una ragazza con un porro, sottolineiamo la parola Porro; oggi, il terzo giorno, qualcuno mi ha svegliato e in salotto ho trovato un misterioso biglietto anonimo.
Il suddetto biglietto dice: “Tanti auguri Nonna” . Sopra ci sono anche dei palloncini.
Sul retro c'è scritto: “Ci vediamo alla fabbrica abbandonata a mezzogiorno. No, anzi: alle quattro di pomeriggio... no,no. Facciamo le sei che è più fresco”.
Interessante, c'è un certo alone di mistero intorno a questa cosa, e c'è anche una fabbrica abbandonata che non so dov'è.
A chi posso chiederlo se non a Sabrina 'la donna con il porro'?
Esco e mi dirigo verso casa sua; scendo le scale afferrando la ringhiera dipinta d'oro e logora.
Suono il campanello e attendo alcuni secondi.
Percepisco i passi e pochi attimi dopo la porta si apre. Mi domando perché nessuno in quella casa chieda mai chi è.
C'è un ragazzino dai corti capelli rossi, appena riccioluti. Mi osserva in silenzio a lungo prima di parlare. In quel lasso di tempo posso dare un'occhiata a ciò che lo circonda, o meglio: a ciò che ha dietro di sé. Vedo un corridoio e varie stanze che vi si affacciano, ma la cosa che più mi colpisce è la quantità di addobbi piazzati ovunque. Dicono più o meno tutti la medesima cosa: “Auguri”. Chissà chi è il festeggiato.
Che vuoi?” molto gentile. Credo che sia il fratello di Sabrina, anche se di simile hanno solo gli occhi.
Cercavo Sabrina, è in casa?”
Sì, è sicuramente di là che piange della sua misera vita. Aspetta te la chiamo”. Persona interessante.
Si gira e si dirige verso una delle tante porte, ma prima che abbia il tempo di entrare, questa si spalanca facendo apparire colei che andavo cercando. “La mia vita non è misera!”.
Sì, va beh, ora capisco che non vuoi che la gente non lo sappia ma devi affrontare questa cosa”. Si parlano in maniera astiosa, ogni parola deve schernire prima di tutto. Ah, mi ricordano proprio i bisticci con mia sorella.
Taci!” sbotta lei spingendolo contro la bianca parete. Pochi centimetri a sinistra e il fratello avrebbe colpito un quadro astratto, pochi centimetri a destra e si sarebbe scontrato con lo spigolo della cassettiera.
Si volta poi verso di me, sorride e mi raggiunge.
Ciao Jesus, come va?”
Che razza di nome è? Forse è ubriaca o sotto l'effetto di qualche sostanza.
Jesus?”
Sì. Ho notato che Crist assomiglia tanto a Cristo e così...”
Preferirei il mio nome”. Sabrina, oltre che la ragazza con il porro sarà la ragazza dagli strani ragionamenti. Lei sospira.
Ognuno preferisce ciò che vuole” rimane sulla porta. “c'era qualcosa che volevi dirmi?”
Mi gratto la nuca e poi la fronte. “Sì, vorrei sapere dove si trova la fabbrica abbandonata”.
Perché?”
Come perché?
Perché lo vuoi sapere”
Fatti una manciata di fatti tuoi, cara.
Così, ne ho sentito parlare ed ero curioso”.
Chi ne ha parlato?”
Rimango in silenzio, non sono proprio capace di rispondere. Potrei inventarmi una scusa ma ho la paura che salti fuori un gatto di porcellana, che stupidaggine.
Sospiro e abbasso lo sguardo. Sento di doverle dire la verità, devo farlo.
Qualcuno mi ha scritto un biglietto dove mi invitava alla fabbrica, l'ho trovato in salotto”.
Improvvisamente il suo volto cambiò. Sembrò subito assorta nei suoi pensieri, tutti suscitati dalla mia affermazione. Maneggiava anche una sigaretta per dare enfasi alla sua espressione, ma non mi spiego da dove l'abbia presa o quando sia apparsa.
E tu vuoi andarci?” mi domanda con la stessa faccia della signora in giallo che ha capito chi è l'assassino (perché mai in giallo?).
Ovvio”.
Potrebbero venirti loro a trovare, chiunque siano”.
Questa Sabrina credo stia pensando che sono dei miei amici, dovrei spiegarle che è stato un biglietto anonimo di anonime persone che anonimamente sono entrate in casa mia?
Non capisco”.
Lei sospira, è infastidita dalla mia confusione. “Se sono entrati in casa tua per lasciarti un biglietto sarebbero potuti entrare di nuovo anche un'altra volta per incontrarti, no? Oppure potevano aspettarti”.
Torna tutto, dice cose dannatamente logiche. Non avevo pensato a questa possibilità.
Comunque è giusto che tu vada se lo credi necessario, sappi che io però dovrò prepararti”.
Mi gratto nuovamente la nuca. Devo contenere questa mia reazione, penso, o la gente crederà che ho i pidocchi. “Prepararmi? Tipo porri di ferro?” provo a scherzarci su ma con lei non attacca.
Esce di casa e si chiude la porta alle spalle.
Possiamo andare a casa tua? Ti spiegherò tutto con calma”.

*

Questa città è divisa tra molte gilde segrete. Ogni giorno ne nasce una e per questo motivo qui si è in continuo conflitto”.
Una gilda segreta eh? Roba tipo Templari o Mangiamorte? C'è anche un artefatto misterioso da proteggere? Mio Dio, non posso credere di starla ad ascoltare. È una folle con strane idee di esoterismo e magia, tutto qui.
Anche le Y.A.O.I. sono una gilda, e anche il gruppo di mio fratello”.
Ci siamo seduti sul divano, con una bottiglietta d'acqua ciascuno. Lei mi spiega veramente convinta tutto ciò e io penso che devo ancora fare la spesa. Nella mia mente appare un programma dettagliato di cosa comprare e dove metterlo, ma proprio mentre decido se la pasta va negli sportelli in alto o in quelli in basso mi accorgo che tra noi è calato un imbarazzante silenzio.
Tu di cosa fai parte?” le chiedo.
Niente”.
Non fai parte di nessuna magica 'gilda' colorata?”.
No. Il mio obiettivo è distruggerne una”.
Quale?”
La stessa che ti ha minacciato con un fallo”.
Ora forse capisco qualcosa di ciò che è successo: lei le combatte rubando loro materiale pornografico ma loro riescono sempre ad averla vinta. Lei ha un porro e loro hanno un dildo di un metro e mezzo, è normale vincano.
Eravamo venuti qui per un altro discorso in ogni modo, sarà meglio riproporlo.
Avevi detto qualcosa riguardo la preparazione... cosa intendevi?”
Lei è attenta e sembra riprendersi all'improvviso. Se l'era scordato.
Giusto. Chiunque ti abbia dato quel biglietto fa parte di una gilda; le possibilità sono principalmente due: le Y.A.O.I. e il gruppo di mio fratello, in entrambi i casi tu devi stare attento”.
Grazie della raccomandazione, ma davanti a delle tizie armate di un arnese del genere sarei stato molto cauto comunque.
Quindi?” domando ingenuamente mentre il suo volto si tinge di uno strano sorriso.
Quindi ti darò qualcosa”.
Un porro?”
Smettila con questo porro!”
Va bene”. Non ha un grande senso dell'umorismo la giovincella. Cavolo (per l'appunto), l'idea di un porro assassino a me piaceva.
Si alza dal divano per frugarsi in una tasca. Cerca qualcosa in profondità che non ha intenzione di uscire allo scoperto. “Un secondo...” mi dice mentre fruga all'interno di quello stretto spazio al lato sinistro dei suoi pantaloni.
Tira fuori un foglietto piccolo e bianco.
Hai una penna?” mi chiede tranquillamente.
Sì” mi alzo anch'io, per prendergliela. Mentre mi dirigo in camera, a frugare nella borsa, cerco chiarezza. “Cosa mi darai allora?”
Il foglio era spiegazzato e risponde mentre è intenta a stirarlo bene bene con le mani. “Un sigillo da magia monouso”.
Un sigillo da magia monouso, ovvio.
Un sigillo da magia monouso, dovevo aspettarmelo.
Ma, alla fine, un sigillo da magia monouso che cos'è?
Questa Sabrina dev'essere tutta pazza. Magia, già la parola mi suscita ilarità.
Crederci è da bambini, non è questo ciò che ho imparato?
Le consegno la penna e lei si prepara a scrivere qualcosa. È però paralizzata, immobile, fermata da una forza sconosciuta.
Che stupida che sono”. Sì, dimmi che stai scherzando. “Se non mi dici il nome della magia non posso fare nulla”. No, sei dannatamente convinta.
Nome della magia? Giuro che non ci sto capendo nulla”.
Sabrina sorride. “Vedi: questo è come un buono per un incantesimo gratis. Tu non sei capace di scagliarne, quindi hai bisogno di questi”.
Tipo il buono di un supermercato?” assecondiamola, forse è la cosa migliore, con i pazzi funziona in questo modo se non ricordo male.
Sì. Se vengono fatti da un mago o una strega essi acquistano un po' di potere. Capisci il meccanismo? Tu non fai altro che sfruttare il potere già accumulato per lanciare una magia tua, devi solo dirmi il nome”.
Io non so i nomi delle magie”.
Streghe, maghi, incantesimi. Io lo sapevo che questo Harry Potter traviava le giovani menti. Quanti ricoveri ci sarebbero da fare.
Alla mia affermazione lei si lascia scappare una leggera risata. “No, no. Inventati un incantesimo!”
Inventarmelo?”.
È quello che ho detto ”.
Ma che senso ha?”.
Non pensare alla solita magia, quella dei filtri e delle bacchette, pensa a qualcosa di completamente diverso”. C'era un film che si chiamava così, era inglese. “Un giorno ti spiegherò le cose con più precisione, ora tu pensa a un effetto e donagli un nome”. Inventarmela quindi. Ah, era quello che aveva detto.
Chiamerò una clinica psichiatrica più tardi, me lo devo appuntare.
Per ora è meglio far finta di essere interessato e darle ragione, sperando che non impazzisca del tutto e beva il mio sangue.
Faccio finta di pensarci su, o forse lo faccio davvero.
Cavolo, non ho fantasia per queste cose! Pensiamo a una cosa comune, tipo un pugno portentoso.
Cocon Punch”.
È così che la vuoi chiamare?”
Sì”.
Scrive quel nome sul foglio e ne prepara poi un altro.
Mentre sta facendo quello che a me sembra solo 'scrivere su un foglio bianco con una penna nera' le faccio qualche domanda. “Ma queste gilde usano tutte la magia?”
Lei sbuffa, credo che stia pensando che sono un cretino, la stessa cosa che penso di lei. “Secondo te perché ti fornisco di magia se loro non fossero in grado di usarla? Comunque sì, tutte le gilde sono capaci di usare la magia”. Mi consegna entrambi dopo averli accuratamente piegati e mi spiega il funzionamento. Io annuisco fingendomi convinto, ma in realtà sto maledicendo il fato per questi eventi così strani. Tutti a me. Aggiunge altre cose che non sto ad ascoltare e poi mi saluta.
La fermo sulla soglia.
Ma, scusa la mia ignoranza, questa storia della magia non è per alcuni 'eletti' o comunque da tenere segreta?”
Lei scuote il capo. “Guardi troppi film”. Io? “È giusto che tu sia minimamente pronto a difenderti se mai la cosa dovesse andare male”.
Capisco”. No, non capisco.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cocon Punch ***


Chapter 4:
Cocon Punch”

La fabbrica è veramente abbandonata, decadente e forse neppure una fabbrica.
La struttura è enorme, all'interno quasi completamente vuota se non qualche macchinario o pezzo di ferro ai lati; secondo me era un magazzino.
Questa gente di città non conosce manco com'è fatta una fabbrica, sciocchi.
Sospiro entrando.
I miei passi risuonano sovrastando le due voci che prima blateravano.
Ho attirato l'attenzione degli sconosciuti che mi stavano aspettando, anche se ho battuto con troppa forza i piedi a terra per farlo. Mi fa male la pianta dei piedi.
Davanti a me c'è un pirata e un tizio vestito di nero.
Il pirata, anzi, la pirata è vestita con un bellissimo costume da carnevale, compresa fascia su un occhio e cappello. Ops, dimenticavo il pappagallo verde e finto sulla spalla.
L'altro ha una lunga tunica nera, stivali e in mano un piccolo affare metallico, forse una bacchetta.
Io ho solo una maglietta senza maniche bianca, dei bermuda celesti e scarpe nere ormai logore quanto il luogo dove ci troviamo.
I biglietti sono nella tasca destra dei pantaloni, non che creda a quelle storielle, ma è per scongiurare ogni pericolo.
Salve” dico per iniziare una discussione che vorrei non finisse con una lotta furiosa.
Risponde una voce maschile, proviene dall'uomo in nero che riconosco come il fratello di Sabrina.
Ciao Cristian...” si porta una mano davanti alla bocca per imitare un respiratore, anzi, per dare maggiore enfasi, fa anche il rumore del respiro asmatico. “Ti chiederai perché sei stato chiamato qui”.
In effetti sì” rispondo.
Bene” respiro. “Fin dalla prima volta che ti ho visto” respiro. “Ho capito che tu” respiro. “Potevi essere uno dei nostri” respiro.
Uno dei vostri?” non giocherò al piccolo teppista, sia chiaro.
Sì, potevi entrare nella nostra famiglia” respiro. “E aiutarci a combattere quelle folli”. Perfetto: anche lui è a conoscenza del mio 'incidente' con le YAOI e il dildo.
Io ci penso un po' su, non voglio dire di no senza prima farmi apparire indeciso. Faccio un volto combattuto ma prima della mia risposta interviene nuovamente.
Non devi scegliere subito” respiro. “puoi pensarci un po'”.
Quel respiro finto è fastidiosissimo, ma chi si crede? Lord Fener?
La piratessa intanto si è spostata alle mie spalle, bloccando l'uscita. Deduco che se la risposta non è 'sì' accadrà qualcosa di brutto. Una cosa è certa: sono tutti da manicomio.
Magia, pirati, fanatici di fantascienza, non posso sopportare oltre.
Allora?” mi chiede prima dell'ennesimo respiro. Alla faccia del tempo per pensarci.
Mi dispiace ma la risposta è 'no'...” sono uno stupido così dannatamente schietto che mi sono appena cacciato in qualche guaio. Sarebbe bastato dire 'sì', stare alla recita, chiamare i miei e tornare a casa facendo perdere le mie tracce; invece ho voluto dire di no e rischiare qualcosa fatto da dei folli sfuggiti al manicomio.
Ah, sono chiusi. È vero.
La piratessa alle mie spalle sguaina una sciabola di plastica, non è affilata ma è meglio non rischiare di imbattersi nel gemello malvagio del porro metallico.
È stata Sabrina, vero? Dovrei ucciderla una volta di queste così la smette di mettere in giro cattive voci sul mio gruppo”. Ha parlato nuovamente l'uomo in tunica nera, sembra che tra i due sia il capo proprio come mi aveva detto sua sorella. “Nicoletta, occupatene tu. Non ucciderlo però, feriscilo pesantemente affinché si penta della sua scelta”.
Nicoletta, fendendo l'aria con la sciabola, annuisce e si avvicina a me.
Cosa può mai fare una sciabola di plastica? Mi basterà superare quella ragazzina in forza bruta e fuggire.
Lei è seria, convinta di ciò che fa e sicura delle potenzialità di quella spada finta, io non lo sono così tanto.
Non ti conviene metterti contro di me, sono cintura marrone di karate”. Mentire e ingigantire le proprie abilità è una tattica a volte efficace per evitare lo scontro. Ps: cintura marrone è più realistica della nera, non ci avrebbe creduto nessuno.
Non importa. Non puoi nulla contro le tecniche di spada segrete del pirata della lega”. Che titolo impressionante. Vorrei chiederle se saranno tutte fatte con un'arma finta ma lei mi da subito una dimostrazione del suo potere.
Con un attacco apparentemente rivolto al terreno riesce a creare un solco sul suolo grigio della struttura. Io prima lì ho camminato e posso assicurare che era un terreno asfaltato, o cementato, non saprei.
Non c'è trucco non c'è inganno, quella cosa è pericolosa e strana, come tutto dal mio arrivo.
Nicoletta avanza verso di me tranquilla, è il tipo di persona che obbedirebbe a qualsiasi ordine, anche il peggiore. Perché tutte a me? Perché?
Lei continua a colpire l'aria e io inizio a indietreggiare. Perfino il rumore dei colpi a vuoto fa presagire che quella cosa taglia, e molto.
Mi guardo attorno: il fratello di Sabrina di cui ignoro il nome se n'è andato; dietro di me c'è solamente la parete. Continuo a muovermi in direzione opposta del pirata.
Lentamente, senza far scattare un inseguimento pericoloso, passo dopo passo mi avvicino al capolinea. Sembra durare un'eternità quella scena ma non appena tocco il muro penso che sia stato troppo breve.
Non voglio morire, non voglio essere neppure ferito!
Lei si avvicina, sempre di più.
Blatero qualcosa, lo sussurro. È incomprensibile perfino per me che lo dico. È la mia ultima carta da giocare, o la va o la spacca, come si dice. Non ci sono oggetti che posso usare come arma, non c'è nessuno cui chiedere aiuto e c'è una maledettissima spada di plastica affilata come un rasoio.
Cocon Punch” ripeto una seconda volta più forte, quanto basta per far giungere queste parole alle orecchie della piratessa che ormai è giunta davanti a me.
Sabrina mi ha detto di pronunciare la formula ad alta voce, più o meno, e io l'ho fatto.
Dopo averle spiegato la magia mi ha spiegato che è necessario che io accompagni alla formula il gesto del pugno, e l'ho fatto. Le mie nocche hanno incontrato la spalla sinistra di Nicoletta, con la potenza che un ragazzino impreparato alla lotta può avere.
Chiudo gli occhi.
Stomp.
Il mio pugno non tocca più nulla. C'è stato però un rumore, come se qualcosa finisse al suolo.
Riapro gli occhi: Nicoletta non c'è più. Mi sfugge una smorfia che rappresenta la sorpresa.
Sento prima il lamento di dolore e poi vedo il suo corpo a terra, a qualche metro di distanza da me. Forse a cinque, o sei metri, gettata al suolo dopo essere stata scagliata via.
Fottuto Cocon punch! Funziona, funziona!
Ho lanciato una magia, ho fatto del male a qualcuno, mi sono difeso efficacemente.
Non posso che sorridere soddisfatto di me e del mio pugno. Nei miei occhi brillano strane idee; penso che magari Sabrina mi insegnerà qualcosa di veramente eccezionale, mi farà sviluppare magari qualche potere da libro fantasy.
Durante le mie elucubrazioni mentali la piratessa ha avuto il tempo di alzarsi, ora si massaggia la spalla.
Tu eri capace di usare la magia? Chi se lo aspettava” sospira. Devo averle fatto male.
Ghigno eccitato come mai prima d'ora.
Cocon punch!” esclamo una seconda volta scagliando un nuovo colpo verso di lei. L'aria si sposta, un'onda d'urto si sprigiona dalla mia mano e quando arriva a lei non è altro che una brezza leggera.
Sgrana gli occhi chiedendosi che cosa diavolo ho fatto. Io sgrano gli occhi chiedendomi perché diavolo l'ho fatto.
Stupido Cristian. Preso dall'emozione l'ho attaccata di nuovo.
Eppure, pensandoci anche un solo istante, quel colpo magico si basa sull'impatto diretto, non può essere usato come una magia a distanza. Anche uno come me, che è digiuno di magia, lo sa.
Ma allora perché l'ho fatto?
Lei rimane qualche secondo immobilizzata dalla perplessità, ma alla fine ritorna ad avanzare leggermente irritata dalla mia reazione.
Se sei così abile allora dovrò impegnarmi di più” sospira. Si lancia verso di me con incredibile rapidità, prima che io abbia il tempo di reagire la sua sciabola è conficcata a destra della mia destra, ben dentro la parete del prefabbricato.
Cavolo, sei davvero abile” e tu davvero stupida. Perché non hai mirato alla testa?
Cosa?”
Ma bravo, hai previsto che il mio attacco mirava a destra e sei rimasto immobile” veramente ero solo paralizzato dalla paura, non ho mai avuto dei riflessi pronti.
A destra?”
Sì. Non fare finta di niente! Quando si riceve un colpo frontale si schiva a destra e io avevo già previsto questa tua reazione indirizzando il colpo, appunto, verso destra, ma tu sei stato ancora più furbo”.
Tutto ciò non ha senso, ma non posso perdere l'occasione.
Lascio andare le mie nocche per la terza volta, ora verso il viso della piratessa.
Cocon Punch!” esclamo.
Lei si scuote impaurita dal nome ma io so bene, avendo tenuto il conto, che non ho più magie da usare. Quello sarà un pugno normalissimo.
Il suo volto si sposta di poco, sono davvero debole. Ma la sua sorpresa e il debole dolore che scaturisce dalla guancia mi lasciano il tempo di fuggire.
La spingo via da me e scappo, rapido verso l'uscita. Mi pare di essere in uno di quei film dell'orrore dove la vittima cerca invano la salvezza.
Lei estrae l'arma dalla parete e torna verso di me, io inciampo a un passo dalla soglia.
Proprio come nei film, lo avevo detto.
Ora devo vedermela con lei e la sua spada, è stato gratificante finché è durato.
Nicoletta si lancia su di me con tutta la sua forza, preparando un fendente, io socchiudo gli occhi.
Per fortuna doveva solo ferirmi e non uccidermi.
Poi lo scontro di due cose metalliche.
Guardo sopra di me e vedo un porro che blocca la spada. Sabrina sei la mia salvatrice!
In pochi attacchi ben assestati riesce a mettere in difficoltà la piratessa. Quest'ultima bofonchia qualcosa e poi se ne va irritata.
Mi rialzo senza nessun aiuto e la ringrazio.
Come mai sei arrivata solo adesso?”
Lei alza lo sguardo. “Poco fa, mentre finivo il mio gelato, ho pensato che due fogli erano pochi”.
Io annuisco. “Grazie, li ho usati entrambi...” sono imbarazzato.
Tutto ciò che sembrava strano ma minimamente logico ora è strano e basta.
Devo ammettere che la magia esiste, è assurda ma esiste.
In ogni modo sei stato bravo. In realtà quei fogli non servivano a nulla, hai risvegliato il tuo potere nascosto” mi afferra le mani, il porro è sparito. “Jesus, sei il prescelto”.
Cosa? Davvero?”. Sono il prescelto.
Alcuni attimi di silenzio e poi si lascia sfuggire una risata. “No. Ti stavo solo illudendo! Per fortuna ti avevo dato quei fogli”. Che bastarda! Rendere vani i miei sogni con questa menzogna.
Tutto per il suo inutile diletto. “In ogni modo hai del talento. Di solito, anche se provvisti di fogli bonus, non tutti sono in grado di utilizzarli la prima volta”.
Beh, allora qualche qualità ce l'ho anch'io.
Usciamo di lì entrambi d'accordo sul tornare a casa. Non servono parole per dirlo.
Senti, vorrei chiederti...”
Vuoi che ti insegno come usare questa magia?”
Sì”.
È tutto così semplice da sembrare una trappola.
Ma finché non appare un pericolo voglio godermi questa scorciatoia!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Le piacciono i fumetti giapponesi porno ***


Chapter 5:
Le piacciono i fumetti giapponesi porno ”

Ora ho un'intera scorta di Cocon Punch. Li tengo con me nel portafoglio, vicino ai profilattici.
Sabrina ne ha preparati sei in due giorni, ha detto che non può farne di più poiché utilizza molta energia, e ha spiegato che per sfruttare il loro potere devo tenerli vicino a me.
Ovviamente ne farò buon uso.
Non riesco ancora a crederci! Sono capace di usare una magia. Certo: se vogliamo essere pignoli in realtà non ne sono capace, ma a chi importa?
Sono tre giorni che continuo a pensare a quella cosa. Quando parlo con mia sorella mi mordo in continuazione le labbra pur di fermare la pazza tentazione di raccontarglielo. Ora sono tutte danneggiate, devo trovare un rimedio meno dannoso.
Inoltre, sempre Sabrina, mi ha dato alcuni esercizi per sviluppare le capacità magiche. Ha detto che ci vorrà un po' di tempo per imparare a manipolare bene l'energia, ma io non demordo.
Giovedì prossimo, ergo domani, inizierà anche la scuola. Non capisco perché di giovedì ma sarà così.
Non potrò dare il meglio di me a scuola se devo impegnarmi nella magia. Cioè: devo, io voglio impegnarmi!
Che confusione.
Ora sono fermo, davanti a un cetriolo, cercando di infondergli la mia energia.
Sabrina mi ha suggerito di pensare a qualcosa di assurdo e stupido perché “è così che funziona la magia: è un accumulo di idee demenziali concentrate”. Sue esatte parole.
Io posso solo obbedire ciecamente.
Ho pensato però a qualsiasi cosa, mi sono anche aiutato con internet, che di demenzialità ne ha tanta, ma non è successo nulla. Tra una pausa e l'altra sono tre ore e mezzo che sto maneggiando un cetriolo.
Che cosa ridicola: se qualcuno entrasse adesso mi vedrebbe steso sul divano con un cetriolo sopra di me, tenuto stretto come se volessi strangolarlo. Se solo Sabrina mi avesse dato informazioni in più...
Alla fine cedo alla noia, ergo: mi addormento.
Il sonno è tranquillo, credo di dormire a lungo, ma ciò che mi colpisce maggiormente è il sogno.

Sono in una stanza con tre pere. Loro sono sedute dietro a un tavolo ed ognuna ha qualche particolare divertente: quella a destra ha dei baffi, quella al centro degli occhiali spessi e rotondi, e quella a sinistra un cappellino rosso. Sono anche molto grandi per essere pere e, tutte e tre, sono munite di bocca.
Tu non sei molto sveglio, vero?” Mi domanda una delle tre, quella a sinistra.
Non so cosa dire, non ho mai avuto esperienze con le pere. In ogni modo non è stato un commento carino.
Mia sorella intende che non devi essere avvezzo a certe cose per farti sottomettere da un cetriolo” interviene quella con i baffi.
Tua sorella voleva dire esattamente ciò che ha detto!” esclama quella al centro.
Posso tornare a casa'” chiedo io. Non so come, ma sono consapevole di vivere un sogno.
Non mi capita mai di solito, spesso sono solamente vittima del flusso di idee senza neppure oppormi.
Le pere mi guardano per un lungo istante. Non hanno occhi; ma io lo so: mi stanno fissando!
No” dice la prima. “No” la seconda. “No” la terza.
Non almeno non sottometterai quella zucchina” ricomincia quella di destra
Era un cetriolo, idiota!” la rimprovera quella a sinistra.
L'importante non sia un cane” borbotta rapidamente il frutto al centro. “In ogni modo devi capire che non puoi farti battere da una verdura, giammai!”
Io rimango basito. Non ho capito più niente da quando sono entrato nel sogno. “Mi dite perché ce l'avete tanto con le verdure?”
Perché sono stupide” risponde quella con il cappello.
Ma non sono molto diverse da voi, insomma...”
Con quale coraggio, ragazzino?! Non paragonare mai più noi somme a quella feccia verde”.
Sospiro, non so davvero che altro fare.

Poi il sogno finisce. Ho una mente davvero strana
Il mio amico verde è sempre lì, sopra il mio petto, immobile.
Sono in balia di una verdura. Lui mi sovrasta, mi osserva, ride di me. Forse sto impazzendo.
Eppure lui dovrà essere sopraffatto, in qualche modo che non so, ma accadrà. La mia energia imperverserà dentro di lui e scatenerà una reazione ancora ignota.
Per ora attendo, cerco la concentrazione e provo a infondere lo spirito dentro il coso verde.
Passano però altri minuti e mi viene da pensare se esiste un gelato al cetriolo.
Alla fine lo lancio da una parte del salotto e vado a comprare un cono vaniglia e cioccolato.
Basta per oggi.

La mattina dopo arriva troppo velocemente.
Alla fine ieri non ho fatto più nulla con il cetriolo, anzi l'ho dimenticato lì. Oggi tornato a casa dovrò toglierlo prima che ammuffisca.
Perché fa la muffa, no?
Appena alzatomi dal letto sono andato allo specchio. Credo che l'aspetto, almeno per la mia prima apparizione in pubblico, sia essenziale.
Non vedo nulla di nuovo in me: corti capelli neri, occhi verdi piazzati nel mezzo del volto, più o meno, e un nasetto grazioso. Come sono bello!
Indifferentemente da ciò, mi sono vestito stranamente alla svelta e sono arrivato alla scuola. Sono arrivato in bici fin qui e spero davvero di ritrovarla al mio ritorno. Più mi guardo a giro più vedo gente poco affidabile. Comunque ora mi trovo nel piazzale davanti alla struttura: una grande cosa bianca con i muri del primo piano pieni di scritte fatte con la bomboletta. Aspetto suoni la campanella di ingresso, aspetto di conoscere i nuovi compagni.
Forse non così tanto.
Quando dopo una decina di minuti entro in classe inizio a sentire un po' di agitazione. Non avevo previsto una cosa simile, ma è così. Nuove persone, nuovi eventi. Alla fine ciò che ho vissuto è stato solo un accenno del mondo, così vasto, e qui potrebbe cambiare tutto.
Sospiro e scuoto la testa, perché so che continuando così andrei a pensare a cose veramente bizzarre. E proprio mentre lo faccio entra un gruppo di ragazze. Non sembrano essere molto legate, siccome arrivano sulla soglia in momenti diversi.
Mi guardano con un certo stupore e alla fine mi salutano con un Buongiorno.
Io ricambio sorridendo.
Tu devi essere quello nuovo” mi dice una di loro dopo aver posato la propria cartella a uno dei banchi in fondo all'aula. Io ce l'ho ancora sulle spalle: un altro problema è che non so dove sistemarmi. “Piacere, il mio nome è Emma”.
È una ragazza molto carina, questa qui. Ha dei capelli castani lisci, media lunghezza, e un ciuffo che le cade sulla fronte fino a coprirle parzialmente l'occhio sinistro. Addosso una maglietta rosa a maniche corte e dei jeans a vita bassa. Non voglio scrutare oltre.
Vicino a lei ci sono altre tipe: una bassa dai capelli cortissimi neri, tenuti spettinati e dalle vesti finte punk, che inserisco nella categorie delle adolescenti senza futuro, e un'altra con dei graziosi occhiali e e dei capelli sempre neri ma lunghi e mossi, che arrivano fino alle spalle. Tra tutte è la più alta.
Io sono Patrizia, ma tutti mi chiamano Riot girl”. Posso scommetterci quel che volete che nessuno la chiama davvero così. Fingo di aver compreso e mostro i denti cercando di imitare una risata.
L'altra aspetta qualche secondo e poi fa la sua mossa.
Gaia, piacere”. Mi sorride molto cordialmente e mi stringe la mano. Poi la stretta si fa forte e mi tira a sé, sussurrandomi qualcosa nell'orecchio. “Non fare caso alla bimba, è un caso perso” poi con la coda dell'occhio mi indica la bassa.
Io annuisco. Lei ha già qualche punto in più.
Passano oltre sistemandosi in tre banchi diversi.
Emma ha il suo posticino in fondo. Patrizia, che chiamerò anche 'Fail girl', è sempre in fondo ma dall'altro lato dell'aula. Infine Gaia, quella simpatica, si è messa nella fila centrale: né in fondo, né davanti.
Ehi” mi chiama. “Puoi metterti qui se vuoi” continua. Non perderò quest'occasione.
Sistemo il mio zaino nel banco vicino al suo e mi siedo. In pochi minuti tutto il resto della classe arriva.
Uno per uno conosco tutti, ma non mi ricordo quasi nessun nome. Solo un'altra ragazza rimane impressa nella mia mente: ha dei lunghi ricci ramati e un figurino magro. Due sono i motivi: i suoi occhi sono rimasti fissi su di me tutto il tempo, chissà perché; e non si è presentata.
Devo essere particolarmente affascinante.
Durante la quarta ora mi rivolgo alla mia compagna di banco per chiarimenti. “scusa” dico sottovoce per attirare la sua attenzione. “Sai chi è quella là?”. Indico con un cenno del capo la tipa dai capelli ricci.
Il suo nome è Valeria” mi risponde.
Lasciala stare: è una pazza” aggiunge l'altra. Infatti accanto a gaia c'è un'altra ragazza, altrettanto simpatica, con un caschetto scuro e una frangia che si ferma a pochi millimetri dagli occhi azzurri. Dopo continua, ma ciò che mi dice è sia poco rassicurante che molto interessante: “Ha gusti strani... le piacciono i fumetti giapponesi porno”.
Mi è venuta un'idea.
Aspetto che suoni la campanella dell'ultima ora e saluto le mie due nuove compagne, e tutta la marmaglia dei senza nome, prima di avvicinarmi a lei. Per una qualche fortuna è tra le ultime a uscire e l'aspetto sulla porta senza che nessuno possa vedermi. Stare con una considerata pazza non aiuta alla reputazione, soprattutto se si è nuovi.
Ciao”
Ciao”
Bell'inizio!
Nessuno dei due dice più nulla. Lei continua a fissarmi, come se volesse infilarmi un coltello in gola e io apro la bocca più volte senza saper cosa dire. In realtà so cosa dire, ma non mi sembra carino per intavolare la conversazione.
Provo. “Leggi fumetti giapponesi?”
La sua espressione muta e lascia trasparire una certa simpatia. Forse spera che anch'io li legga, spero di non deluderla e fomentare il suo odio.
Sì”
Conosci qualcosa chiamato Yoai?” Se la gilda che mi ha aggredito e un genere di fumetti strani hanno lo stesso nome un motivo ci deve pur essere. Magari lei sa darmi delle informazioni utili.
Yaoi”mi rimprovera. Il modo con cui risponde sembra quasi una frusta mossa per punire la mia cattiva pronuncia. “Comunque sì... cioè no!”
Eh?” ma che sta facendo? Mi ha anche corretto! Sono abbastanza confuso.
Ora devo andare” dice infine correndo via. Scivolando vicino all'angolo, cadendo goffamente a terra, rialzandosi e correndo di nuovo via.
È pazza sul serio.

----

Grazie _Angel Black_ ^-^
Fa sempre piacere sapere che qualcuno apprezza le tue storie <.<

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** È più sconvolgente che vedere una scimmia mangiarsi dei frullatori. ***


Chapter 6:
È più sconvolgente che vedere una scimmia mangiarsi dei frullatori.

Ricapitoliamo: sono arrivato qui dalla mia tranquilla cittadina e sono stato aggredito da delle pazze con un fallo, successivamente ho scoperto che la mia vicina è una strega che lotta con un porro e suo fratello ha una passione per guerre stellari, la sua amica è una finta pirata e la mia classe è piena di casi umani.
Dopo due settimane che sono lì ancora devo imparare i nomi di gran parte dei miei compagni e con Sabrina ho fatto pochi progressi. So che quel cetriolo non vuole sottomettersi e che per caso dovesse mettersi a vibrare avrei l'assoluta certezza che Sabrina mi equipaggia con cose porno.
In ogni modo i compiti che ci danno sono talmente facili che sento di essere finito in una scuola di ritardati e quindi passo il mio pomeriggio ad assillare la mia vicina su come migliorare velocemente, leggasi come ulteriore scorciatoia, sulla strada della magia.
Poi è successo qualcosa di strano, forse l'ho assillata troppo.
Ero ancora sulla soglia quando mi ha preso violentemente per il polso e mi ha trascinato dentro. Per la prima volta vedevo casa sua.
Cioè l'ho vista già una volta, quando andai a contattarla perché qualcuno mi aveva lasciato un biglietto in casa, ed era piena di scritte di auguri.
Questa volta invece è piena di maschere maori sui muri e altre cianfrusaglie. Vicino alla porta c'è una cesta impagliata e dentro un annaffiatoio di bronzo abbastanza vecchio. Io deduco sia di bronzo dal colore, ma potrebbe essere anche ferro ridotto male. Poco più in là due lampadari sono appoggiati a terra e sulla parete, tra una maschera, maori e l'altra, c'è un mantice finemente decorato.
Sono allibito.
Mi trascina con sé fino al salotto, che è poi la prima stanza a sinistra dopo essere entrato.
Mi porta lì e subito noto che due delle quattro pareti sono ricolme di libri e altri attrezzi, che spaziano dai vasi, lattine estere, una vecchia radio a stelle marine essiccate e altra roba innominabile e irriconoscibile. Non so neppure se tutto ciò che si trova lì è legale.
Sospiro.
Su uno dei lati liberi c'è invece una finestra vicino il televisore. Al centro vedo un divano cremisi e una poltroncina della medesima tonalità. Sopra ci sono due persone.
Due uomini... e mi fissano. Sabrina non ha ancora lasciato la presa.
Questo è Cristian.”
Ciao Cristian” mi dicono insieme prima di ridacchiare, forse sono finito al circolo alcolisti anonimi. Lei poi mi spinge a sedermi e io capito accanto a uno dei due.
È alto, più di me e di corporatura media, nulla di speciale. Ha corti capelli rossi appena ricci, e occhi azzurri. Sul volto molte lentiggini sulla pelle pallida, come schizzi arancio su un foglio di carta. Un tipo, come si dice dalle mie parti. L'altro ha la pelle leggermente olivastra e liscia, capelli castani e sembra molto più atletico. I suoi occhi smeraldo sono fissi su di me.
Mi sento a disagio.
Loro sono Alessio e Dario”. Li indica ma è così rapida che non capisco.
Rimaniamo qualche attimo tutti in silenzio a guardarci e per qualche strana ragione mi pare di averli già incontrati. Eppure sono in quella città da poco e le uniche persone rimaste impresse nella mia mente sono pirati, pazze mascherate e porri.
Ah; i porri non sono umani. Poverini.
Alla fine la ragazza prende la parola. “Lui è quello che vi dicevo: l'ultima vittima delle Y.A.O.I.” li guarda e loro la guardano. Mi sento ancora peggio: ero quindi il protagonista dei loro discorsi? E sono anche loro trafficanti di magia? “Ho anche scoperto che è portato per la magia, così sto provando a insegnargliela”.
Posso sapere che sta succedendo?” chiedo.
Quindi potrebbe diventare dei nostri?” domanda Alessio, o Dario.
Ancora no. Deve fare molta pratica, però sa usare i foglietti di carta come fosse un maestro”.
Posso sapere che sta succedendo?” domando ancora.
Vorrei altro succo, grazie”.
Ah, sì te lo porto subito. Comunque dicevo: mi hanno rubato il carico, non so come agire adesso”.
I piani sono saltati!” esclama il rosso.
Bla bla bla bla bla! Oddio volete ascoltarmi?”con questo espediente ho attratto i loro sguardi, anche perché forse il mio alzarmi e agitare le mani in aria è stato abbastanza sconvolgente.
Ho esagerato, lo so, ma qui sono tutti così strani che pensavo non si accorgessero di un'uscita del genere. Invece sì.
Scusaci” interviene Sabrina. “Loro sono due miei amici” ma no, pensavo fossero dei rapinatori. Questo però non lo dico. “Mi stanno aiutando a combattere quelle tre”. Sospira con aria triste. Il suo sguardo fissa il vuoto.
La cosa le sta veramente a cuore.
Perché ci tieni tanto?” domando.
Lei si volta di scatto verso di me, poi guarda i suoi due amici e alla fine si alza. “Dario mi avevi chiesto del succo? Vado a prenderlo!” e in un attimo sparisce.
Ora sono certo che c'è ben più delle molestie fatte agli innocenti sotto.

La cosa è andata avanti un po' e abbiamo parlato di varie sciocchezze. Prima di uscire però sono stato preso da suo fratello che mi ha trascinato da una parte, credo in camera sua.
La stanza del fratello di Sabrina, che ancora non ha un nome, è molto piccola e sobria. Non ha nulla a che vedere con il resto della casa.
Ho notato che ti sei interessato alla storia di Sabrina”
Io lo osservo. “Qual'è il tuo nome?”
Cosa?”
Il tuo nome... on me lo hai mai detto.”
Lui sgrana gli occhi, deve essere stupito. “Come? È terribile!” comincia ad agitarsi e si gratta il mento. “Io sono Mister Bolla!” ottimo.
E perché non hai più l'asma?”
Quale asma?”
L'altra volta sembravi asmatico” il mio commento però lo ferisce. Sgrana ancora di più gli occhi, forse esploderanno.
Non era asma! Era un modo per caratterizzare il mio personaggio! Comunque basta di fare queste domande! Vuoi ascoltarmi o no?”
La risposta sarebbe 'no' ma non voglio peggiorare i nostri già incrinati rapporti. Si siede sul letto e mio mi sistemo su una cassapanca vicino alla porta. “Va bene, raccontami tutto”.
Lui però non mi racconta proprio nulla.
Fa lunghi respiri. Questa volta deve dire qualcosa di importante, non è finto asma.
Crea l'atmosfera.
Poi si avvicina al mio orecchio.
Mister Bolla riesce a stupirmi. “Lei era una Y.A.O.I.”
Finisce tutto. In un secondo mi ritrovo catapultato fuori dalla porta.
Sul pianerottolo però mi metto a pensare.
Lei era la 'I'. ne sono certo.
È più sconvolgente che vedere una scimmia mangiarsi dei frullatori.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Chiunque potrebbe fare una cosa del genere! ***


Chapter 7:
Chiunque potrebbe fare una cosa del genere

Stomp.
Il vetro si rompe, le tre entrano nella mia stanza e abusano di me grazie alla loro arma. È un incubo. Le risate si diffondono come un'eco dentro il mio cranio. Devo svegliarmi.
Spalanco gli occhi nel buio sudando freddo. Ho paura a richiuderli perché lo sognerò ancora, ma ho paura anche di tenerli aperti. Potrebbe comparire qualsiasi cosa.
Però è una vera rogna, cosa faccio?
Guardo la sveglia vicino al letto: sono le tre e quattordici.
Toc toc.
Qualcuno bussa. Non so perché a quest'ora dovrei ricevere appuntamenti, ma a quanto pare sono richiesto. Mi alzo insonnolito, neppure capisco appieno ciò che faccio e vado ad aprire.
Al di là mi aspetta un ragazzo con i capelli rossicci: Mister Bolla.
Sbadiglio senza alcuna vergogna davanti a lui prima di parlare: “Cosa ci fai qui?”
A causa di alcuni imprevisti oggi non siamo riusciti a parlare”.
Eh?” rispondo io abbastanza lento. “Mi hai cacciato fuori” sbadiglio.
Sottigliezze!” sbotta mostrandomi qualche cosa di metallo. Riacquistando lucidità noto che sono chiavi. Ma di cosa?
Con un rapido movimento si allontana dalla soglia e va fino alla sua soffitta, la debole luce del pianerottolo riesce però a disturbarmi. Sbuffo.
La porta di metallo cigola in modo fastidioso. Appena svegliato sono facilmente irritabile, ma lui è un mago se così si può dire... meglio stare attenti.
Vieni, ti mostro una cosa...” esco, poi rientro e prendo le chiavi di casa, esco di nuovo.
Mi affaccio in quello stanzino. Proprio come lo ricordavo è lungo e stretto, con scaffali su un solo lato. Scivolo dentro guardandomi attorno, ma è pieno di vecchia roba polverosa.
Si trova qui” indica fermandosi a circa metà stanza. Infila le mani tra degli scatoloni e tira fuori un affare avvolto dentro un panno bianco. Cioè, non proprio così candido ma un tempo lo era.
Lo consegna nelle mie mani e lo apro.
Non sono curioso, già dalla forma irregolare potevo tranquillamente immaginare cosa fosse.
Poi ne ho la conferma: una maschera bianca con un becco lungo. Proprio al centro, quasi come una cicatrice ancora aperta e sanguinante si trova un segno rosso. È la 'I'.
Sabrina la conserva lassù.
Non vuole decidersi a gettarla... per quanto faccia la piccola ribelle, mia sorella è ancora legata alla gilda...” sospira. Per un attimo sembra serio. “In realtà non fa quasi nulla, le sue azioni sono superflue e la Y.A.O.I. lo sa. Mi sembra che nessuna delle due parti voglia veramente scontrarsi con l'altra”.
Io abbasso lo sguardo su quell'oggetto. Sono incuriosito dalla sua forma e lo accarezzo. Mentre tutto il resto è freddo e liscio, la ferita ruvida sembra pulsare di vita propria.
Quel catorcio è impregnato di magia” mi spiega. Con quella frase sono certo di non essermi immaginato l'emanazione della lettera.
Con una certa indecisione e paura l'avvicino al mio volto e la provo. Stranamente non accade nulla.
Non montarti la testa, Crist, ma è da quando sei venuto ad abitare qui che lei sembra essersi impegnata un po' di più” mi lancia un'occhiata strana, forse cerca di ringraziarmi eppure mi sento messo sotto accusa da quegli occhi scuri. “Ma potrei anche sbagliare”.
Non capisco perché mi dica tutto questo. Lo so: sono curioso ma di solito a nessuno importa poi così tanto. Ottenere le informazioni che cerco è sempre inutilmente difficile, invece ora sono state messe su un bel vassoio decorato, vicino alla teiera e i biscotti.
Forse, dico forse, vuole chiedermi aiuto.
Oppure no: viaggio troppo di fantasia.
Abbassandomi riprendo lo straccio caduto a terra e avvolgo nuovamente la maschera. È veramente affascinante. “Perché è andata via?”
Lui non mi guarda più, fissa qualcosa in fondo alla stanza. Lentamente si volta e scruta oltre me.
Intendo: perché non ne fa più parte...”
Accade in un solo attimo, impercettibile quasi. I suoi occhi mettono a fuoco qualcosa, ma prima che possa girarmi capisco di cosa si tratti. Deglutendo ascolto quelle parole pronunciate da una sconosciuta. Lei non mi pare parlò al nostro primo incontro.
Sabrina se ne andò di sua spontanea volontà”.
Mister Bolla interviene facendo smorfie strane: “Sta arrivando”. Mi guarda e io lo guardo, a me pare si trovi già qui. Dopo un'altra smorfia mi spiega: “Cioè, è già arrivata.. ma faceva cool dire in quel modo”.
Io mi sto già voltando però e vedo la figura morbida della 'Y' mascherata è ferma sul ciglio.
Ho paura. Loro sono qui.
Ci sono attimi di silenzio, lunghi secondi durante i quali scruto oltre la sua sagoma alla ricerca di qualcuno o qualcosa: quella cosa. Per qualche grazia divina però non c'è nessun altro oltre lei. Anche se è comunque pericolosa.
Gli occhi di maschera sono completamente bianchi, con un foro in mezzo e non mi permette di osservarle chiaramente quelli veri, eppure so che mi sta fissando.
Non sono qui per farti del male” dice quasi come fosse un favore che mi fa. Cosa che effettivamente è. “Voglio parlarti; voglio parlarti perché sembri un pezzo importante del gioco”.
Ho una sola cosa da rispondere: 'eh?'.ma cosa diavolo dice. Indifferentemente lei continua agitando una mano in aria, tracciando cose immaginarie che nemmeno capisco.
Usando termini di paragone, che dubito capirai, possiamo dire che tu sei solo un misero insetto finito però dentro un teatrino di marionette. Non so se capisci, insomma: tu sei piccolo e debole ma sei l'unico libero di agire secondo solo la tua volontà...” finisce il suo discorsino con un lungo sospiro e provo a ragionarci su.
Ma cosa diavolo va blaterando? Fa esempi del tutto inutili.
Eppure prima che riesca ad aprire nuovamente la bocca parlo io. Ci sono delle cose che voglio sapere.
Perché se n'è andata?” Mi giro lanciando occhiate a entrambi, la lui fa spallucce e lei socchiude appena la bocca indecisa sul rispondere o meno. Alla fine la Y si decide: “Non era più d'accordo con i nostri piani, tutto qui. La Y.A.O.I. è nata dalle passioni di quattro ragazze, appassionate ai fumetti” e che tipo di fumetti aggiungerei. “Volevamo solamente raggruppare quanto più materiale possibile e spargere il verbo del porno omosessuale tra le giovani generazioni”. Abbassa la testa .
Quel gesto, quel piccolo esitare è per me un chiaro segno. Una specie di segnale gigante con scritto 'Qui c'è stata la rottura' o qualcosa di simile.
Poi i nostri obiettivi cambiarono: desiderammo accumulare così tanto materiale da poter elaborare e lanciare un incantesimo su scala nazionale”.
Che incantesimo?”
L'incantesimo del Momo...” mi rispose alzando lo sguardo. Il suo mantello nero si agitò un po', come se ci fosse una brezza invisibile che dovesse enfatizzare la sua esclamazione. “Una magia capace di darci il potere di modificare le abitudini sessuali di chiunque incontrassimo e renderlo inoltre disinibito e promiscuo”.
Ascoltai allibito. Ero veramente senza parole, questa poi.
Un mondo senza eterosessualità, potevo immaginare. A stento credo che le parti si siano invertite così. Ma per fare cosa?
Così da riprodurre dal vivo quelle cose viste sui fumetti” intervenne il rosso alle mie spalle.
Mi sarei ucciso piuttosto che fare una cosa simile, piuttosto che vivere ogni giorno sotto la manipolazione di quelle pazze.
È terribile” dissi.
Sì, lo è” disse lui.
Tacete stupidi! Non capite le nostre aspirazioni, ma neppure Sabrina le capì. A lei il mondo piaceva così, non chiedeva altro”. Capisco, lei se n'è andata per questo. “Ora puoi fare tre cose, ragazzo” aggiunge. Sorrido pensando che lei è l'unica a chiamarmi in un modo non ridicolo. Sorrido per non pensare a quella storia, altrimenti potrei anche piangere rintanandomi nell'angolino. “Indossare quella maschera e unirti a noi per un mondo migliore”. Non credo che 'migliore' si possa utilizzare in quel caso, direi: più 'gaio'. “Oppure contrastarci unendoti a Sabrina. In entrambi i casi causerai uno scontro: tu romperai l'equilibrio”.
E la terza possibilità” sospira il ragazzo dietro di me.
Non c'è, mi sono sbagliata”.
Non avevo mai pensato a ciò.
Nel momento in cui ho scoperto questa magia dentro di me si è fatta strada solo la voglia di usarla mista all'eccitazione, con poche parole invece è riuscita a incutermi timore. Sono il bug del computer, per tirare fuori queste immagini graziosamente inutili, e posso farmi correggere oppure mandare in panne il sistema.
Tutto è iniziato rubando una rivista. “Quindi?” le mie labbra si lasciano sfuggire solo questo pensiero. Quello venuto alla fine: la conclusione. “Cosa dovrei fare?”
Quello che vuoi” risponde Mister Bolla alle mie spalle. Mi ero dimenticato si trovasse lì e così per un secondo ho un sussulto e mi giro a guardarlo. “Volevo dirti la stessa cosa anch'io, anche se con parole decisamente diverse” posso immaginarlo.
Poi la ragazza mi riprende subito: “Il problema è proprio questo, tu sei dannatamente libero: non hai legami, non conosci il passato, non ti importa delle conseguenze che potresti causare con le tue azioni”. Da quel che ho capito, diciamo poco, sono l'estraneo.
Vediamo se riesco a fartelo capire: se fino a oggi Sabrina ha solo giocato a fare la nemica nei nostri confronti, e noi con lei lo stesso, tu sei la chiave che può decidere invece di scatenare un vero e proprio conflitto tra noi. Capisci cosa puoi fare?”.
Chiunque potrebbe fare una cosa del genere”.
Scuote nuovamente la testa, lui la segue. Poi Mister Bolla mi da una pacca sulla spalla. “Per me è l'ora di andare, voglio riposarmi un po' prima di domani mattina”. In effetti io ostruisco la sua uscita.
Mentre mi tolgo, e vedo spostarsi anche la sagoma in nero che è stata stranamente gentile, mi rendo conto che quel mondo nuovo è complesso molto più di quanto immaginassi.
Non ci capisco nulla.
Ciao obesa” dice il ragazzo verso la Y.
Lei si morde un labbro e stringe i pugni. “Non tentarmi, stronzo”.
Devono volersi bene.
Vorrei però fermarlo, nulla mi assicura che una volta andato lei non voglia farmi del male. Però nemmeno posso gridarlo, rischierei di farla arrabbiare. Che momento di cacca; ho anche sonno.
Chiude la porta di metallo e se ne va, passo dopo passo, giungendo fino a casa sua. Quando la porta si chiude la ragazza riprende a parlare.
Cosa vuoi fare ora che sai la situazione?”
La guardo male. “Io non so la situazione, sia chiaro. Del vostro discorso ho capito solo che siete completamente fuori”. La mia dannata bocca continua a fare di testa sua.
Lei però rimane tranquilla, anzi sorride divertita. “Deduco non ti unirai a noi... peccato. In ogni modo devo fare una cosa” si avvicina frugandosi nella parte interna del mantello con la mano. Sembra stia per far uscire qualcosa.
Mai!” esclamo dirigendomi verso le scale.
Devo scappare, devo scappare, devo scappare!
Arrivato però alla soglia delle scale lei mi afferra con forza per la maglietta del pigiama e mi fa perdere l'equilibrio. Cado, ma per fortuna la spinta indietro mi fa sbattere il sedere al freddo pavimento, fosse stata in avanti avrei fatto tutta la rampa di testa. Mi sovrasta con la sua figura, la luce del pianerottolo è ancora debolmente accesa.
Ho terrore.
Fermo, idiota. È per il tuo bene” Immagino quanto possa esserlo.
Estrae una barretta dietetica e me la porge. Io mi alzo appoggiandomi al muro e la prendo. Capisce di dovermi delle spiegazioni, anche perché il mio volto è sconvolto.
Mangiala, capirai poi”
Bah.



Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ti sto spiando ***


Chapter 8:
Ti sto spiando”

In casa, senza riuscire a prendere sonno, accendo il computer, è un po' che non lo uso.
Aspetto che si carichi, cosa che richiede forse intere ere, e controllo la mia cartella di posta: mia sorella mi ha scritto.
Spengo tutto e vado a stendermi sul letto.
Sento il bisogno di parlarle, sentirla dal vivo. Voglio parlare a Sabrina di lei: voglio descrivere chi è mia sorella.
L'ho vista piangere tante volte: in un angolo della stanza con le gambe raccolte al petto e le braccia sopra il volto, con tutti quei fastidiosi singhiozzi che martellano le orecchie. L'ho vista vincere moltissime volte: accennando un sorriso mentre guadagna premi o titoli di studio conquistati con i denti. Io la invidio: non perché è donna, sia chiaro, ma perché è Marina; mia sorella.
Né forte né debole: solo Lei.
Mi ha scritto verrà a trovarmi la settimana prossima e starà due giorni qui. Chissà come l'accoglierò; soprattutto dove l'accoglierò. Alla fin fine abito in un buco.
Ma soprattutto mi chiedo come riuscirò a tenere tutto sotto controllo, senza che un fallo di gomma appaia o una banda di pazze l'aggrediscano. Spero davvero vada tutto bene.
Mentre penso ciò vedo che sul piccolo comodino vicino al letto c'è la barretta che mi ha dato una di quelle fangirl. Ho fame... o forse è meglio dire che ho un languorino.
Ci vorrebbe una di quelle sane merende notturne, dove la sola luce è quella del frigorifero aperto e mi ripieno di robaccia cercando di non farmi scoprire. Invece prendo il regalo, lo scarto e morso dopo morso lo mando giù.
Ambrogio” mi viene da dire nel silenzio della tarda notte.
Non dovevo fidarmi di lei: avrebbe potuto averlo avvelenato. Magari mi ha drogato per trasformarmi in una sua marionetta del sesso. La stanchezza, non il sonno, però mi ha fatto abbassare la guardia. Per una qualche benedizione angelica si è rivelata niente più che una barretta energetica con poche calorie o giù di lì.

Quando mi sveglio la mattina seguente il sole è alto, troppo alto.
Sono in ritardo! Il mio primo giorno d'assenza è un giovedì. Non è che la cosa mi importi poi tanto, lo ammetto. Quella classe è noiosa e i programmi accennati mi sembrano per disabili. Uno schifo. Dove stavo prima era tutto molto più difficile, almeno il doppio.
Comunque mi alzo dal letto e cerco la sveglia che secondo logica avrebbe dovuto suonare. Scrutando la stanza la vedo immobile vicino alla porta, a pezzi. Ricado sul letto a peso morto, come un sacco di patate. Devo averla lanciata io laggiù, anche se non mi era mai capitato prima d'ora.
Almeno un altro minuto e vado definitivamente in salotto. Cioè, nell'angolo che dovrebbe essere un salotto.
Sul piccolo tavolino vecchio e pericolante davanti al divano c'è il famelico cetriolo. Guardo l'orologio e scopro che sono le undici, ormai le lezioni sono andate. Passerò il mio tempo fino all'ora del pranzo con il mio amico verde.
Così lo impugno e mi siedo sul divano. Come al solito mi concentro il giusto, rifletto su qualcosa di stupido e provo a sviluppare la magia. Pensandoci bene non saprei neppure come capire di avercela fatta o meno... nessuno mi ha detto cosa devo riuscire a combinarci con il cetriolo.
E vedendo l'andazzo della situazione ho seriamente paura.
Ho perso tanto tempo ultimamente dietro a quell'affare, tempo che potevo imparare per diventare un esperto di arti marziali o un campione di spada, entrambi alternative valide per tener testa a delle streghe. Invece continuo a sperarci, voglio riuscirci.
Dannazione ma cosa devo farci con te?”
Patetico. Un ragazzo nel pieno della sua gioventù che parla con una verdura nel suo salotto.
Se mi vedessi potrei anche offendermi pesantemente, poi tirarmi dei pomodori e offendermi ancora.
Lo alzo in aria e lo abbasso con violenza contro il tavolo. Il mio scatto improvviso mira a distruggere il male, per me incarnato nel coso. Nella mia testa si alternano mille giostre colorate, cavalli arcobaleno e tanti ornitorinchi con voglie musicali.
Stomp.
Assisto allibito alla scena.
Il cetriolo è sempre lì, intero; il tavolo è sempre lì, rotto. La verdura ha scavato una voragine sul bordo, ne ha letteralmente portato via un pezzo creando spaccature e crepe ovunque. Si è comportato come un martello.
Mi vi vuole un sacco di tempo per immagazzinare quelle immagini ed elaborarle. Mi sento come un vecchio computer. Tutta colpa della mia incredulità.
Ma poi capisco: ci sono riuscito! Ho creato un nuovo porro-spada, solo che sembra più un cetriolo-martello.
La gioia mi travolge e corro per la casa, che è abbastanza piccola da limitare i miei gesti eccitati, agitando il cetriolo qua e là come fosse un oggetto sacro. Io ho il potere. Io ho finalmente il potere.
Sento il bisogno di dirlo a Sabrina, a tutta la banda delle mascherate, a Mr. Bolla.
Tutti, tutti devono saperlo.
Sono più euforico di chiunque altro. Vorrei poter fare un paragone ma non ci riesco.
Alla fine vado in camera e mi getto sul letto, lascio cadere l'aggeggio e mi rilasso. Sabrina non è ancora a casa a quell'ora e neppure suo fratello.
Chiudo gli occhi per una manciata di secondi riacquistando un battito regolare, ma ogni tanto mi sfugge un suono di felicità, come fanno i gatti. Non riesco a tenere fermi i miei occhi, che guardano tutto ciò che c'è in quella stanza, poco, in modo nuovo.
L'attesa però è una lagna. Sento l'euforia che svanisce.
Gli attimi magici sono finiti; a quando la prossima dose?
Finisco con il prendere la carta della barretta e giocarci. Non l'avevo mai osservata per bene.
Con i miei occhietti tutti vispi cerco da qualche parte la dicitura '0,00001% di calorie' o una cavolata del genere ma niente. Mi tocca guardare sul retro, dietro una fastidiosa piegatura, dove sta la tabella dei valori nutrizionali.
Grassi, ok; zuccheri, ok; qualcos'altro di impronunciabile, ok; demenzialità; ok.
No, aspetta.
Demenzialità? C'è davvero scritto o è colpa della mia euforia. Solo dopo aver riletto per tre volte la confezione capisco che non stavo vaneggiando. Tra l'altro è al 89%.
Rimango imbambolato per lunghi attimi. Deglutisco come accade nei film durante i momenti di tensione e lascio cadere quella carta sul letto.
Non ce l'ho fatta da solo: mi ha aiutato la Y. Non so se essere contento di aver vinto o triste perché ho barato, a mia insaputa!
Il telefono mi interrompe. Prima vibrando e poi emettendo suoni incomprensibili il mio cellulare mi avverte che qualcuno chiama. Corro a rispondere. “Pronto. Chi parla?”
La voce la riconosco. “Finalmente l'hai mangiata... pensavo di dover aspettare a lungo”.
Sbuffo irritato. “Guarda che è passata una notte soltanto... e poi potevi almeno avvertirmi”
Potevo, ma... dovevo?” Questa è suonata, pazza, da rinchiudere. “Sinceramente ho trovato più divertente illuderti un po'. Spero nessun rancore”. È stata la cosa più cattiva che potesse farmi.
Credevo di aver superato me stesso e poi scopro che mi ha dopato, solo un genio del male può giungere a tanto. Rispondo abbastanza freddamente. “Molto gentile”non deve capire che ora sono spiazzato.
Poi cala il silenzio, credo voglia che dica qualcosa. Probabilmente dovrei dire qualcosa. Pensandoci trovo subito qualcosa da domandarle: “Come diavolo fai a saperlo?”
Ti sto spiando” sogghigna. “Ma è inutile cercare di capire come... “
Io corro alla finestra, la spalanco e guardo fuori. “Sei nel palazzo davanti, sesto piano”
La sento esitare, l'ho stupita. “Sei diventato davvero abile”.
No. Era semplice: sei l'unica con un binocolo che punta verso di me”. Non passa inosservata.
La saluto con la mano e lei ricambia. Non indossa la maschera, ma oltre ai capelli castani non riconosco altro. Chissà se la vedrò mai da vicino.
Devo lasciarti. Dillo il prima possibile a Sabrina, deve prepararti” Riattacca senza neppure dire 'ciao'. Un bellissimo inizio per una relazione duratura.
Sbuffo e mi abbandono di nuovo al letto.
L'unica cosa che adesso potrebbe rassicurarmi è un grande gatto di porcellana.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=398151